ION 2 OOPE Tur DESCRIZIONI RO I evi MM AL 1 Corrifpondenti alle cinquanta Figure contenute in quefto SECONDO VOLUME P.OScUADRU PEDI Dilonoit ff) E Vial al'raturd D A | INNOCENTE ALESSANDRI E BISTRO SCATTAGLIA,. ( %) = ; in = (((A0 k VWNWN_== Ch SA & ©) \ \Ò ) RAT I ù S, ge \ / GA & DIM } 7) Ò \)/ / D\ \ \ ft I}7 IN VENEZIA MDCCLXXILI Nella Stamperia di CARLO PALESE GONO RT LD PO; URTI Pit Mali Ù ?. sn di ta+ 15 A Civ nrk, Bo. Tav. II. (@225 E alla leggiadria, all'intelligenza, all’utilità di quefto animale fi E° aveffe potuto avere riguardo in confronto della forza del Leone, ; be egli farebbe ftato per certo dichiarato Re a preferenza. Il Caval- dr È lo è il più fnello, il più maeftofo di tutti i Solipedi, fra’ quali è pa il primo luogo. Molti nobiliffimi Autori fcriffero di lui, fia per in- A fesnare i migliori modi di moltiplicarne le buone razze, fia per dar precetti, e metodi, onde iftruirlo al maneggio. Non v'è fra noi chi non cono- {ca i Cavalli, e ne vegga fovente adoperati a portare uomini, a ftrafcinar cocchi, e a’ più baffi ufizj: O fe pur v'è un numero di perfone abitanti di queta Dominante, che mai non ne anno veduto, egli è probabile che nemmen quefto libro fian per vedere. Io ftimo quindi fuperflua la defcrizione delle parti del Cavallo, quantunque breve al fo- (/ Il lito dell’altre aveffe potuto riufcire. Siccome però il conofcere l’efteriore d'un ani- male non è conofcerlo pienamente, così delle di lui qualità più pregevoli, e de’ di lui coftlumi darò qualche cenno. Non è feroce di fua natura il Cavallo, ma è fdegnofo, altero, felvaggio. Quefti difetti però fono relativi a noi: E' non gli à co fuoi fimili, che anzi è focievole, fufcettibile d'amicizia, e pacifico. L'uomo a forza d'induftria giunge a domarlo, e co’ buoni trattamenti lo rende attento, e affettuofo. Gli Arabi vivono fotto una ftef- {a tenda co loro Cavalli, e parlano con effi, e fono intefi. Noi vediamo tuttodi il Cavallo dar prove di fottigliezza nelle gare della corfa; sbuffare, nitrire, e moftrar impeti di coraggio al fuono delle trombe guerriere; ipveftirfi del piacere di chi lo monta alla caccia, e piegare con ifcrupolofa docilità fotto l’arbitrio della voce, o della mano, che lo conduce. Fa pero d’ uopo che una mano prudente, e una voce faggia il conduca, perch' ei fia docile; l’impazienza, l’oftinazione , la difperazione potrebbono ridurre il Cavallo ad eftremità fatali all’ imprudente capricciofo, che abu- faffe della propria fuperiorità. Com'è capace di precipitarfi. per ifdegno e difperazio- ne, ZA I ne, così è capaciflimo il Cavallo di non penfare alla propria vita per ben fervire il Padrone. Le razze de’ Cavalli imbaftardifcono, fe non fi ufi l’attenzione d’incrociarle di tanto in tanto. Dipende dal faper fare queft' incrociamenti la maggiore, o minor bellezza degli ftuoli. I Cavalli d’ Arabia, e di Spagna fono riputati i migliori pel maneggio; ‘quelli di Frifia, del Regno di Napoli, del Polefine fogliono effere defti- nati a tirare i cocchi de Pinto. e de’ Signori più rag gguardevoli. V' ebbero in altri Jorapi de’ Cavalli moftruofi come il Bucefalo d’ Aleffandro, di cui non.fi fa che di- re: a di noftri fra le moftruofità men ordinarie della fpezie de’ Cavalli va 1 Erma- froditilmo, vale a dire, quella viziofa configurazione di parti feffuali della femmina, che nella fpezie noftra, e agli occhi del volgo può far nafcere equivoco, e lo fa nafcere di fovente. Io ò veduto non a molto a Zara in Dalmazia una Cavalla, che à quella fteffa viziatura degli organi della generazione, per cui fono credute Erma- froditi alcune Donne, lunga oltre quattro pollici. re Eee ATTS: ET OR Tav. LII. L più ingiuriato, cl più tollerante di tutti gli animali fi è certamente l'Afino, In quafi tutte le lingue d'Europa il di lui nome è trafportato a indicare un uo- mo pigro ignorante, ftupido, fcreanzato. Queglino fteffi, che con tanto ftrapazzo adoperano il di lui nome, dovranno però confeffare d° effere ingiufti, folo che voglia- no riflettere alcun poco alle folide qualità, e alle vere virtù fociali di quefto mal. trattato animale. Egli è robufto, e paziente nelle fatiche; porta pefi fproporzionati alla fua corporatura; è frugalifimo, e di quafi neffun difpendio al Padrone; ferve del pari al lavoro del campa, ed al traforo de’ prodotti; è prudentiffimo nel cam. minare pelle balze più dirupate, e conofce si bene le leggi dell’ equilibrio, che quan- tunque indiferetamente carico, e talvolta cacciato a È di baftonate, non mette pie- de in fallo giammai viaggiando per anguftiffimi fentieri, e fugli orli de’ precipizj. Egli è utile anche dopo morte, e del di lui cuojo fi fanno Crivelli 3 fcarpe, tambu, ri, pergamena, e fagrino. La patria dell’Afino fembra che in origine pofla effere I’ Arabia; egli a perduto di molto allontanandofene. L' Afino Arabefco è il pelo lifcio, l incollatura alta, il piede fnello; quindi è che que’ popoli ne ufano folamente per cavalcare. Le: razze degli Afini vi fono mantenute con attenzione uguale a quella, che vi fi ufa ne Cavalli, e non ifdegnano i Signori Orientali d' effere paragonati da’ loro Poeti ad un Afino, co- me non ifdegnano talvolta i noftri Europei d’ effere paragonati a un generofo Deftriero, Quantunque avvicinandofi ai paefi freddi l’ Afino perda del fuo merito, e della fua eftimazione, v' anno pero de’ paefi, ne’ quali fiorifcono di belle razze afinine. Erano celebri preffo gli antichi le razze d’' Arcadia; a° giorni noftri fono. famofi in Italia gli Afini della ‘Marca; e in Francia (che pur il Ipaehé della gentilezza) fi pai sa Lisi un Afino di Mirebalais dugento quaranta, e trecento Scudi Romani, prez- zo al quale non mai fi fa montare il valore d'un uomo fu le Cofte della Guinea. A quefta mortificante differenza penfino prima di parlare colora; che difprezzano l' Afino inconfideratamente. de Afi. L’ Afina di rado partorifce gemelli; il di lei latte è raccomandato a’ podagrici, e guarifce alcuna volta i Tifici non troppo inoltrati. Gli antichi Perfiani, e i Roma- ni ftimavano un boccon ghiotto la carne d’ Afinello: ma nè quefto, nè altri loro manicaretti farebbero aggradevoli al noftro palato. V' ebbe chi volle fare una cena . fesuendo alla lettera i precetti d’ Apicio; i convitati la trovarono deteftabile, nè vi fu chi poteffe guftare la veneranda antichità degl’ intingoli. Dec. L Be OE) TavLIII. Ni l Bue non è il più intelligente di tutti i Bifulci ruminanti domeftici, egli è certamente uno de’ più neceffarj, e che arreca all’ uomo innumerevoli utilità. La- fciato crefcere, com'è ufcito dalle mani della Natura, egli è un Toro feroce, ed in- docile, che divien furiofo e indomabile nella ftagione, in cui fente la voglia di pro- pagare. L'uomo non potrebbe ritrarne agevolmente fervizio, fe non rendeffe meno impetuofo coll’ efpediente della caftrazione quefto formidabile animale. Dopo quefta operazione fi chiama Bue. Egli non perde molto confiderabilmente la forza; ma cre- fce di corporatura, divien più tardo al moto, e quindi più docile, più paziente, più laboriofo e trattabile. Un giovane bifolco fi fa ubbidire fenza fatica da dieci Buoi; un Toro fi fa temere, quando è infuriato, da qualunque numero d’ uomini. Il color roffo fa entrar in furore i Tori; ma ben più fdegnofi ufa renderli la voglia d’ ave- re un ferraglio numerofo. Due Tori, che s' incontrino all'aperto feguiti dalla mandra, fi sfidano infallibilmente, e combattono colla maggior ira che dar fi poffa. Se non v'a chi voglia fepararli, dura il loro duello, fino a tanto che il più debole fi dia per vinto, e vada a nafcondere la propria vergogna; il vincitore da fegni non equi- voci di foddisfazione, e di fuperiorità . La moltiplicazione della fpezie Bovina è un articolo de’ più importanti; quindi forfe gl’ IHir} antichi aveanfi fatto quafi un dover facro dell’aftenerfi dal mangiare i Vitelli. Lungi dall’ effere a carico del Padrone, o del prato, queflto animale arricchifce l’ uno e l’altro, a mifura che va crefcendo in età. La mal economizzata difpofizione de’ po- deri, e l'avidità del picciolo guadagno prefente inducono i poffeditori ad uccidere il Vitello; la moltiplicità di quefte vittime diviene un sraviffimo danno allo Stato. Tutto il pefo dell’ Agricoltura in quafi tutti i Paefi è appoggiato alle fpalle de’ Buoi. Eglino lo foffrono con raffegnazione, o fia che pieghino il collo fotto d’ un giogo, o fia che facendo forza colle corna debbano ftrafcinare l’ aratro, e il carro. Le carezze, e la pazienza fono le armi, che fi devono impiegare con quefta fpezie d’ animali; eglino riufcirebbero male, e coverebbono fempre vendetta, fe fi voleffe trat- tarli con tirannia. I vantaggi, che apportano le Vacche, non ànno confine. Il lavoro, i parti, il lat- te, il burro, il cacio, il letame fono articoli tutti di srande importanza. Molte fa- migliuole di poveri contadini fono ridotte a vivere del prodotto d’ una Vacca, e fono oggetti d' invidia per un maggior numero, che non anno altrettanto. ParTE II. B DELL’ DELL'ARIETE,: E DELLA. PEGORAr Tav.LIV. LV. A fpezie delle Pecore che ferve ai bifogni dell'uomo tanto utilmente, è più d° ogni altra un'obbligazione di farlo. Senza l'attenzione, la cuftodia degli uomi. ni non avrebbe potuto propagarfi quefto animale, che è molti nemici nelle fiere car- nivore, e va foggetto a un gran numero di malattie, cuil difagio, e l'abbandono renderebbe fatali. Prova di quefta verità fi è il non trovarfi Pecore felvaggie in nef- funa parte del mondo, mentre degli altri animali domeftici trovanfi gli analoghi pelle bofcaglie. La Pecora fia mafchio, o femmina è il più ftupido fra’ bruti, che vivono vicini all'uomo; la timidezza dall’una parte, l'infenfibilità dall'altra ne formano principalmente il carattere. Ad ogni menomo romore ella fusse: nè modula il fuo belare differentemente per ‘efprimere differenti paffioni, o o. a sì poche, e sì po- co fenfibili varietà di modularlo, che non fembra fufcettibile di grandi fcoffe. L'amo» re, che ravviva anche le piante, è il folo che metta ‘in qualche forta di movimen- to quefta ftupida razza di beftie. L' Ariete ‘diviene infolente, quando fente il fuoco amorofo ; egli cozza cogli altri mafchj della greggia, e ardifce talvolta d'attaccarla col Paftore medefimo. Non è pero lo fteffo della Pecora; ella non cerca d’accoppiarfi, e non ricufa l’ avvicinamento del mafchio, portando l’ indifferenza anche in quella funzione, cui la Natura volle render atta a’ fcuotere qualunque altro animale. For. fe lo ftar in calore fei-mefi rende ottufo il fenfo delle femmine di quefta fpezie? Le Pecore amano il fale,, che lor conviene moltiffimo; quindi fogliono diftribuime ad effe alcuna piccola porzione i Paftori. Le carni delle greggie, che pafcolano in prati falmaftri, fono d’ottima qualità; e fi pretende che le lane acquiftino. molto dall’ufo del fale. Se quefto foffe da replicate fperienze dimoftrato, farebbe util cofa il dare a minor prezzo il'fale a' Paftori, ‘Le lane fono una vera ricchezza del paefe, che ne produce in abbondanza; quando fieno di buona qualità; a quefto contribuifce non meno il modo di tenere le greggie, che l’avvedutezza nello fceglierne le razze. I Montoni di Fiandra danno fino a otto e dieci libbre d’ ottima lana, che non cede alla lana d' Inghilterra; eglino fono Indiani d'origine, trafportati dagli Olandefi nel fecolo paffato. Quattro coli fa Don Pedro IV. Re di Caftiglia svtnadudte la più bella fpezie di Pecore di Barberia nelle Spagne; un fecolo dopo Odoardo IV.: ne fè paffare tre mille in Inghilterra, dove l'antica razza dava peffime lane. I noftri mer- cadanti da panni fanno per ifperienza, quanto denaro facciano entrare annualmente in que’ Regni le provvidenze di quegli antichi Monarchi. La Svezia, che pur è fituata fotto d'un Cielo rigido, è di frefco propagato le razze di Spagna, ec d’ Inghilterra nelle fue Provincie, e non è più d’ uopo di lane ftraniere. Quefti efempj, e l'efor- bitante difpendio, che fi fa ogni anno per sì fatto genere, dovrebbono fcuotere l'at tenzione d’ oghi Governo, e paetivolariliente degl’ Italiani. DEL DEL BECCO, E DELLA CAPRA. Tav.LVILVILLVIIT.LIX. L Becco, o Caprone fomiglia nell’ offatura, e nella ftatura all’Ariete, ma fuol avere le corna più lunghe ed erette, che in vece di voltarfi dietro gli orecchi fpiralmente s alzano quafi perpendicolari girandofi come una vite. Oltre a quefta dif- ferenza ed altri meno efprefli caratteri diftintivi egli è coperto di pelo anzichè di lana, ed a una lunga barba. E' bello animale da vedere di ‘lontano, quando fia ben tenuto; ma puzza da vicino. Il Becco è robuftiffimo, e calorofo;.un folo può bafta- re a cencinquanta, e dugento Capre, che non fono indifferenti come le Pecore. Del- la barba del Caprone mefcolata con capelli fi fanno parrucche; la pelle tanto di que- fto Animale quanto della Capra, quando fia ben preparata, diviene paftofa quanto quel- la del Daino. I Tartari della Crimea, e i Cofacchi dell’ Ukraina ne fanno il mar- rocchino. La Capra a molto più fentimento della Pecora; ell’ama la focietà dell’uomo, e gli fi affeziona agevolmente; non è così timida, non così ftupida L' agilità del fuo cor- po, la pieghevolezza, e la forza rendono la Capra temeraria, intraprendente: fembra ch ella preferifca i luoghi più dirupati e pericolofi per andarvi a pafcere, o.a dor- mire. Qualunque fpezie d'erba le ferve di cibo; è particolarmente ghiotta del titi- malo: .ma preferifce a quefto.i nuovi rampolli, e la corteccia delle quercie, è dei cerri, cofa che rende atto un branco di Capre a diftruggere in poco tempo i miglio- ri bofchi. Elleno dovrebbero effere relegate, come forfe lo erano anticamente, nell’Ifo- le, dove non crefcono alberi d'alto fufto. Il latte della Capra conviene moltiffi- mo agli emaciati; che fi vogliono riftabilire a poco a poco, ed è ottimo pei fan- ciulli ; fa d’uopo però in quefti cafi tenerla lontana dal titimalo, le di cui qualità malefiche porterebbero danno alla debole coftituzione de’ convalefcenti, e de’ bambini. Del pelo delle Capre noftrali non fi fa grandiffimo ufo; ben fe ne fa di quello delle Capre, e de' Caproni di Barberia, della Siria, dell’ Afia minore, e dell’ Indie. In quelle contrade quefta fpezie di animale è il pelo bianchiffimo, lunghiffimo e fino oltremodo; i lavori, che fe ne fanno a telajo, non la cedono in lucidezza ai noftri. lavori di feta. Il Becco d’ Angora moltiplica beniflimo colle Capre noftrali, e può migliorarne la fpezie di molto. babies da i Ri d_r Tav. EX.EXI:; Oi vediamo fovente pelle Città condotto quefto Animale da gente poltrona, che per fuggire la fatica fi contenta di vivere vagabonda alle fpalle d’una po- vera beftia. Le sgoffaggini, ch'egli è coftretto a fare foraziatamente danzando al fuo- no di qualche rozzo ftromento, il terrore del baftone, le catene, la mufaruola, il mangiar male, e la continua fatica devono renderlo tutt’ altro da quello ch’ egli è naturalmente. Per conofcere l’ Orfo fa d'uopo andarlo a cercare pei bofchi. Colà felvaggio non folo, ma folitario egli fugge per iftinto qualunque focietà anche de’ fuoi fimili; odia i luoghi frequentati dagli uomini, e cerca d’alloggiarfi nelle caver- ne ne più cupe fra’ dirupati greppi, o nel più nero d'una felva fcegliendo per tana qualche vecchio tronco d’ albero guafto. Egli vi refta folo ed immobile per molti giorni, non perchè vi fi addormenti come i Ghiri, e le Marmotte, ma perchè può {tar fenza mangiare, confumando col digiuno rigorofo il foverchio graffo, che lo ren- de pefante. L’Orfo felvaggio va pella fua ftrada, quando incontra un uomo che non lo molefti: ma gli uomini vanno efpreffamente in cerca di lui per moleftarlo. Quan. do egli è ferito diventa feroce, s'alza in due piedi, e fe può afferrare il cacciatore, lo abbraccia sì ftrettamente, che lo affoga. Lo fdegno fa urlare l'Orfo, che natural- mente è taciturno, e lo fa digrignare con ifpaventofo romore i denti. Verfo la fine d'Autunno gli Orfi mafchi e le femmine fentono bifogno d'un po- co di compagnia, e fi cercano. Pretendono alcuni Naturalifti, che l' Orfa fia più ar- dente del mafchio negli abbracciamenti deftinati alla propagazione: ma non fifa be- ne qual di effi abbia fervito di Paraninfo alle tenerezze di quefte fiere. Dicefi anco- ra che fi accoppjno all'ufo della fpezie umana: ma forfe da una goffa raffomiglianza dell'Orfo coll’uomo è nata quefta opinione, anzichè dall’ averli veduti. Quando ll Orfa conduce feco i piccioli Orfacchini ella è feroce, e formidabile; il timore che fiano attaccati da’ Cacciatori i deboli figliuoli, la determina ad aggredir l’uomo con furore. Vanno delle varietà nel mantello degli Orfi. I neri abitano ne’ Paefi freddi, do- ve fe ne trovano anche di color bajo, e di grigi. L’Orfo nero non è carnivoro, anzi ricufa di cibarfi di carni a qualunque eftremità fia ridotta; egli è si ghiotto di miele, e di latte che quando ne trova fi lafcia uccidere piuttofto che lafciarlo . L' Orfo bajo chiaro è carnivoro quanto il Lupo. Và una fpezie d’ Orfo bianco, la di cui candidezza non dipende dal freddo. de’ paefi Settentrionali. Non fi fa che abbia coftumi, o indole differente dagli altri Orfi. Day EL & Cin 05 LT 1. RaanOy TavoLXIE L Caftoro è lungo tre, o quattro. piedi; il di lui corpo è coperto di due forti di pelo; il più corto è finiffimo e folto, il più lungo lo preferva dalle immondez- ze, e dall'umidità. Il capo di quefto Animale s' accofta alla figura quadrata, è bre- vi e rotondi gli orecchi, piccioli gli occhi; à quattro denti incifivi fortiffimi e ta- glienti nella parte anteriore delle mandibole, due di fopra, e due di fotto, come àn- no gli Scojattoli, i Topi, gli Spinofi; oltre a quefti quattro è fedici denti molari quattro per parte di fopra e di fotto. Con si fatti ftrumenti egli fa cader un albe- ro, lo diframa, lo trafporta. Ufa quefto anfibio delle zampe dinanzi come lo. Sco- jattolo; elleno anno forma di mani, e le dita ne fono ben divife. Le zampe di die- tro gli fervono per nuotare, e quindi la Natura provvidamente ne a congiunto le dita col mezzo d’ una forte membrana. Avendo le zampe anteriori molto più corte che le derctane egli cammina fempre col capo baffo. A' finiffimo odorato, nè può foffrire puzza o. fucidume. La coda di quefto Animale è attiffima all’ ufo, cui egli ne fa; ella è lunga, piatta, fquamofa, mufcolofa, e fempre inumidita da una foftanza pingue cd olcofa, che non permette all’ umido di penetrarvi. E' una E' una delle folite fanfaluche degli antichi Naturalifti tutto ciò, ches' è feritto, e riferitto le mille volte della proprietà, che a il Caftoro di ftrapparfi i tefticoli, quan- - ‘ do è infeguito dal Cacciatore; non v'è altro Animale che l’uomo, di cui fi pofla fcrivere quefta mutilazione volontaria. E' ben vero che i Caftori mafchi, e femmi- ne anno ferbatoj d’ untume puzzolente, ch' è ricercato dagli uomini, ed in commercio a il nome di Caftorio. Quefti ferbatoj pendono fotto ’! ventre de’ Caftori, e fervono loro forfe per ungerfi, onde non: effere incomodati dall'umidità: eglino fe ne pri- vano, quando: fono infeguiti. Le parti mafchili del Caftoro non apparifcono al di fuori, fe non quando egli abbia da farne ufo; e i tefticoli nemmeno allora compa- rifcono. Il Caftoro abitante di luoghi deferti, o popolati da uomini felvaggi, come il Ca- nada, e le rimote parti della Norvegia, che non fi facciano un barbaro piacere del dargli noja, vive in focietà, e dà fegni di difcernimento e d'ingegno fuperiore agli altri bruti; ne luoghi popolati, dov’ è coftretto a viver fuggiafco, e folitario, è uno ftupido Animale. Nelle vafte pianure d’ America irrigate da’ sran fiumi, o interrotte da laghi, i Caftori danno le maggiori prove, de’ loro talenti Architettonici, i quali, inalsrado all’ indole di quefto feritto ch’ efige brevità, non fi ponno paffare fotto filenzio. I Caftori vivono lungo i fiumi, o i laghi, come fi è detto; gli accidenti, che fan- no danno alle loro abitazioni fono ‘l efcrefcenze delle acque, e non di raro la crudeltà diftruggitrice dei Cacciatori. Quando. l'uno, o l’altro di quefti malori abbia meffo la popolazione in bifogno di fabbricare, fi unifcono. due o trecento Caftori per dar mano all opera nel mefe di Giugno, e di Luglio. Scelgono il luogo più opportuno a lavori, che fuol effere una riva dove fia poco fondo d'acqua. Se v'è qualche grand’albero, incominciano dall’ atterrarlo a forza di dcuti; colcaro che l'abbiano, mol- ti fi mettono a diframarlo colla medefima fega, intanto che altri vanno pe’ contorni a far provvifta di legname. Con uno, due, o tre grandi alberi ftefi. per lo lungo piantano il fondamento della fabbrica comune. Quefta è una diga, che fovente è ot- tanta, e cento piedi di eftenfione, e dodici di larghezza alla bafe. I Caftori guafta-. tori conducono pali ben lavorati da ogni parte d' egual lunghezza, e fabbia e terra, e quanto fa d'uopo all edificio, che forge rapidamente. Eglino anno.l’ arte di battere i pali, d’intrecciarvi rami per dar loro maggior refiftenza, di riempiere con terra ben battuta i vacui per modo, che l’acqua del fiume non poffa penetrarvi, oltre. al fesno opportuno. E' degna d' offervazione l'intelligenza de’ Caftori nel piantare la palizzata in differente fenfo, facendo perpendicolare la parte, che tocca il corfo del fiu- me, e l’interiore a fcarpa, perche foftenga meglio il pefo dell'acque. Quefto argine, che è pell’ordinario dodici piedi di bafe, e largo tre nella fommità, dove non man- cano di praticare delle aperture in pendio, cui allargano o riftringono, a mifura che il fiume cala o fi gonfia. La loro diligenza nel riparare ai buchi, e alle feffure, che l’acqua o i cacciatori vi fogliono, fare è meravigliofa: ma fe quefti ultimi li mole- ftano troppo oftinatamente, eglino abbandonano ogni cofa. Finita l opera pubblica i Caftori fi fanno le loro cafe particolari; chi vuole ftar colla moglie fola fe la fa picciola, chi ama la compagnia la fa grande. V' anno delle capanne di due di quat- tro, e fino di diciotto e venti abitanti, metà mafchi, e metà femmine. La co. Parte II, G ftru» ftruzione della capanna è beniffimo intefa. Per lo più fono di fisura ovale @ roton- da fopra cinque fei, e dieci piedi di diametro. Pofano fu d' una palizzata piena pian- tata nell'acqua, e anno due ufcite, l'una delle quali verfo terra. Le mura di quefte capanne fono groffe due piedi; il tetto è fatto a volta così folidamente, ‘che non v° à dubbio la pioggia vi penetri mai. Taluna di quefte cafe è due, e tre piani. In ciafcuna è un magazzino pieno di corteccie d’ alberi, ch'è il cibo ufato da quefti ani. mali; ognuno de'coabitanti è diritto fu le :provvifioni . La pace domeftica regna in quefti Rabilimenti, che forfe perpetuerebbero, fe l'avarizia umana non li diffipafle. I Caftori fpaventati e difperfi non fabbricano più, e pajono degradati; del che non à luoso di rimproverarli l' uomo, che trovafi alla condizione quafi medefima nello tato felvaggio. ID: ibi atà + Lili E 0 N (Ra Tavi LXIII. LXIV. E Ben inferiore all’ anfibio, di cui abbiamo parlato finora, quello di cui ci faccia» mo a parlare; ad ogni modo però non è del tutto indegno d’offervazione. Noi mettiamo fra gli anfibj la Lontra per accomodarfi all’ ufo comune; quantunque la fperienza dimoftri, ch’ ella non può vivere lungamente fott' acqua, quantunque abiti vicino all’ acque, e vi vada a caccia. Se la Lontra incappa in una naffa, e non pof- fa romperla prefto (come fuol fare) vi fi affoga per mancanza d’aria. Quefto Ani. male è il capo ftiacciato, il mufo largo, e fornito di moftacchj come il gatto; & il collo cortiffimo, la coda irfuta groffa ed acuta all’ eftremità. A' due forti di pe- lo come il Caftoro; il più corto è grigio chiaro e morbido come la feta. La Lon. tra nuota velocemente; perchè è le dita di tutte quattro le zampe congiunte da forti membrane. Da la caccia al pefce a fegno di fpopolare le pefchiere, vicino alle quali fi ftabilifce. In mancanza poi di buon pefce, di rane, di topi d'acqua, e di gamberi, fi ciba di ramicelli teneri, e d’ erba. E' d’indole fanguinaria, difpettofa; va in ca- lore nell’ inverno, e [Rao di Marzo tre o quattro nafcenti. Pa Un Accademico Svedefe è pubblicato una Memoria fopra l’ Arte di prendere le Lontre vive, e d’avvezzarle a portar il pefce al Padrone. Non è: però riufcito in Francia il tentativo d’ educarle. Fa però d’uopo che in Ifvezia fia antica ufanza I° averne di domeftiche, da che Jonfton nella fua Storia degli Animali riferifce; che i Cuochi Svedefi aveano delle Lontre domeftiche, cui mandavano a prendere il pefce ne vivaj. Sarebbe da tentare anche ‘in Italia il metodo dell’ Accademico Lots, da che non di. raro trovanfi le Lontre lungo i noftri fiumi, e nelle Valli paludofe. E' fre- quentiffimo nel Canada quefto Animale, poco vario di forma, e niente di coftume, dalle Lontre noftrali. Di là ce ne vengono le pelli in gran numero. DELL si det ue La IPPOPOTA MO. neve CESIV, NE gran fiumi dell’ Africa ed alle fponde di effi trovafi affai frequentemente 1 A. N Ippopotamo. Egli fomiglia nell’abitoefteriore al. Cavallo, ed al Bue: ma non è Solipede né Bifulco, poichè è quattro dita per ogni zampa. Egli è quarantaquate tro denti, vale a dire otto incifivi, quattro canini, e trentadue ‘molari; la foftanza loro è d'avorio. L'ordinaria lunghezza di quefto Animale è di tredici piedi; egli pefa talvolta mille cinquecento libbre. Il di lui capo è due piedi e mezzo di. lar- ghezza, e il ventre quattro piedi e mezzo di diametro orizzontale. A' i piedi pro- porzionati a quefte gigantefche mifure, e le dita coperte d'unghioni. Il fuo grugno è groffo, e carnofo, a gli occhi e gli orecchi piccioli. I piedi, e i denti fono le fole armi, cui quelto Animale abbia avuto dalla Natura: ma fono tanto formidabili che il Coccodrillo medefimo ne a paura. Quando efce dall'acqua col capo per re- fpirare egli nitrifce in modo non affatto diffimile dal nitrito de’ Cavalli. Suol dor- mire fra le canne preffo ai fiumi, e ronfa sì fortemente che i Negri lo fentono da lontano. Eglino ardifcono d' affalirlo addormentato: ma. lo temono quando egli è de- fto, quantunqu' ei non poffa velocemente infeguirli. La prima cofa cui fanno fi è di chiudergli il regreffo al fiume; dove ancorchè ferito fi rende formidabile. Egli può rovefciare a zampate una picciola barca, o co' denti forarla. Le femmine di quefta fpezie partorifcono in terra, e avvezzano i figliuolini a rifu- giarfi nell’ acqua.ad ogni menomo romore. Si fa grand’ ufo della pelle dell’ Ippopo- tamo, che quando .fia ben preparata refifte alle palle d'arcobugio. I Negri, e i Portoghefi ftabiliti in Africa ne mangiano la carne, ela trovano d’ ottimo fapore. DSL lati Ps O. Tav. LXVI. Uantunque non fi ‘conofca molto nelle Città, dove fi vede di raro, è pero no- Quito, e paffata in proverbio anche fra’ Cittadini l'indole vorace e fanguina- ‘ria del Lupo. Egli raffomiglia sì fattamente al Cane nella fua forma efteriore, che: agevolmente dovette accadere lo metteffero nel genere de’ Cani parecchi Natura- lifti. Farebbe «d’ uopo replicare le fperienze con diligenza per afficurarfi; fe moltipli: caffero infieme quefte due fpezie addomefticate;. gli Antichi credettero che sì, alcuni offervatori moderni afferifcono che no, ma con deboli ragioni. Se la figura però del Lupo raffomiglia a quella del Cane, non fono; punto analoghe le inclinazioni, e fembra che la Natura abbia combinato una reciproca antipatia coll’ efiftenza di quefte due razze d'Animali. Un Cane giovine trema di paura al folo odore del Lupo; un groffo maftino inferocifce. Il Lupo è il più determinatamente carnivoro Animale, che viva nelle noftre mon- tagne, e il più formidabile alle greggie. Egli è ftato dalla Natura provveduto di forza, d’agilità, d’aftuzia quando fa d’ uopo: ma ciò non pertanto trovafi efpofto fovente a morire di fame. L'uomo avendogli giuftamente dichiarato la suerra € meffo un prezzo alla di lui tefta, egli è perfesuitato, cacciato, infidiato da mille par parti, e quindi coftretto ad abitare nel più fitto delle felve, dove non trova preda fenza infinite difficoltà. E' il Lupo per fua natura goffo e poltrone: ma il bifogno lo rende ingegnofo, la neceffità temerario. Spronato dalla fame egli affronta ogni pericolo, viene ad affalire gli Animali che fono cuftoditi da' Paftori, e le greggie in particolare; ferito dall'uomo, e coftretto a ritirarfi nelle fue tane, egli ritorna di nottetempo inviperito, fa la ronda intorno alle cafe, affalifce gli Animali abbando- nati, sforza le porte e fa ftragi crudeliffime nel beftiame prima di fceglierfi, e por- tar feco una preda. L'eftremo bifogno lo rende furiofo ed arrabbiato; guai al pae- fe, pel quale egli trafcorre in quefto ftato lafciandofi andare fu gli uomini e fagli Animali; la rabbia, e la morte fono pell’ordinario le confeguenze del di lui morfo. La carne umana gli piace più che qualunque altra. I Lupi fi vedono talvolta uniti; non è quindi pero da credere ch° eglino fieno fo- cievoli; la brigata è raccolta per uccidere qualche groffo Maftino, o per affalire una mandra. Finita la fpedizione fi fepara la picciola truppa. Sogliono anche radunarfi molti Lupi nel tempo che le loro femmine fono calde; eglino fi difputano crudel- mente il poffeffo della Lupa, e non di raro avviene, che fia ftraziato e meffo a mor- te quello ch’ ella è preferito. La fpezie de Lupi è fparfa per tutte le parti conofciute del Mondo; le varietà, che fe ne incontrano, fono fempre coftanti nell’ indole perverfa ed atroce, cui l’arte, e l'educazione difficilmente giungono a mafcherare per qualche tempo. DI ErboblyA Voi Quod iP dB Tav. LXVIE. I Aftuzia della Volpe è anche paffata in proverbio come la voracità del Lupo ; ella merita d’ efferlo veramente. Come il Lupo infidia le greggie, così la Volpe i pollaj: ma v'a gran differenza nel procedere di quefti due nemici dell’ economia rurale. La Volpe non ufa violenze aperte; ma fottigliezza per ottenere il fuo fine, e fomma avvedutezza per non perderne il frutto. Ella fceglie per abitazione un luo. go, che fia a portata di qualche pollajo; e ftudia bene tutte le maniere per entrarvi ficura. Nel momento ch' ella va meffo il piede tutti i volatili domeftici fono mor- ti l'un dopo l'altro, onde non la fcoprano facendo romore. Ella porta con fe ad uno ad uno gli uccifi, e li nafconde in differenti luoghi, onde non perdere ogni cofa, fe veniffe fcoperta prima del tempo che le fa d’uopo impiegare. La Volpe non ama i pollaj per si fatto modo, ch' ella non fegua anche qualche altra preda. Tutti gli uc- celli, le Lepri, i Conigli fanno a propofito per lei. Dicono ch’ ell’ abbia un inge- gnofo modo di fpulciarfi mettendofi a poco a poco in acqua incominciando dalla par- te pofteriore; le pulci vanno ritirandofi verfo il capo, e poi verfo il mufo; allora ella fi tuffa tutto ad un tratto, e fi libera dall’ incomoda compagnia. La Volpe abbaja a un di preffo come i Cani, a’ quali fomiglia moltiffimo. Gli an- tichi Spartani aveano una celebre forta di Cani nati dalla unione delle due fpezie. La caccia della Volpe a per oggetto del pari il liberare i pollaj da un nemico, e V acquiftare pelli preziofe. Le pelli delle Volpi nere fono rariffime, e coftano molto; fogliono venire dallo Spitzberg, dalla Groenlandia, dal Canadà. . DELLA DA eno Ipse vali Aggela NELLA: Tav. LXVIIL On è raro l’° incontrare quefto Animale ne’ buchi delle muraglie; e ne’ fenili; egli non è però erbivoro nè frugivoro: ma fi ritira dov’ è a portata di co- gliere qualche pollo, o piccione, o altro uccello domeftico. Egli ama .il miele, le uova, e in mancanza di miglior cibo va a caccia di topi, di pipiftrelli, e di tal- pe. Ella è della ftatura d'un AS Gatto, ma più agile, e difpofta ad aggrapparfi pelle muraglie, quando non fieno ben lifcie. A' un odore forte, che fetta la tradi fce fcoprendo il luogo, dove s' annida. E' difficiliffima da manfuefare; crefcendo in età ritorna felvaggia, e fusge. La carne della Faina è di cattivo fapore; le pelli fono di poco prezzo. Vive naturalmente otto o dieci anni: ma per.lo. più muore impiccata; come tutti i ladri dovrebbono morire. I contadini tendono. i loro lacci alle porte, e alle fineftre de’ pollaj. UO Re RL RCA. Tav. LXIX. A Martora è l’ indole della Faina, cui raffomiglia moltiffimo : I caratteri diffe- renziali che la diftinguono, fono la tefta più groffa e corta, le gambe più lun- ghe, il petto giallo, il pelo più folto e più fino. Alcuni Scrittori anno . detto, che quefte due fpezie s' accoppiavano IRR lo che potrebbe darfi in cafo di bifogno, ma non è ben provato . La Martora s' impadronifce grende può de’ nidi dello Scojattolo per. rifparmiare la fatica di farfene di nuovi. Ella s' arrampica fu le più alte cime degli alberi, e di- Atrugge un’ infinità d'uova, e d' uccelli. Malgrado quefto. fuo genio fanguinario ella s' ammanfa PE e diviene affet- tuofiffima. Le fredde regioni del Nord ne fono oltremodo abbondanti; ne’ climi tem. . perati, e nei caldi fi trova, ma non affai frequentemente , fe qualche Ifola poco po- polata fe n’ eccettui, dove abbia avuto libero campo di moltiplicare. Le pelli della Martora del Nord fono di molto prezzo. Dietro L.A Be: NoslNOseL. Au Tav. EXX. L' fisura di quefto. picciolo Animaletto, che non fuol eccedere la mifura di quin- dici pollici, è graziofa; non fi può chiamar elegante, perchè è le zampe troppo baffe, e il corpo lunghetto anziche no. Quefta architettura di macchina rende la Don- nola attiffima a cacciarfi per tutti i buchi. Ella è vivace ed agiliffima; ufa d'abi- tare alcuna volta ne’ fenili, e ne’ grana}, ma per lo più in tane fotterranee lungo i foffi. Cerca avidamente lé uova, e i pulcini; da la caccia a topi, e fovente s' inge- ra, d’agguantare per aria i pipiftrelli ed altri uccelletti, de' quali fucchia il fangue. p' qll impoffibile l’ammanfarla; e I odor difaggradevole ch’ ella tramanda fa- rebbe atto a farne paffar la voglia a chiunque. Le Donnole abitano quafi in ogni clima. Parte II. D DEL TR ENEL Fi. RE BT Dea Tav. LXXI. ‘.Quefto Animaletto del genere delle Donnole, né molto è diffimile da effe nel la ftruttura del corpo. Egli è però molto più docile, e fi ammanfa facilmente, quantunque confervi fempre della difpofizione alla collera. Il cattivo odore ch' egli è s'accrefce, e diviene infofferibile, quando l’Animaletto è irritato. Si crede, che il Furetto fia Africano d'origine, e che gli Spagnuoli fieno ftati i primi a farlo paffare in Europa per ifterminare i Conigli, che s'erano prodigiofa- mente moltiplicati nel loro paefe. Il Furetto è il nemico naturale di quella fpezie, quantunque quattro volte più picciolo: ma fa d’ uopo mettergli la mufernola avanti di lafciarlo andar nella tana de’ Conigli, altrimente non fi ricupera più, poich' egli fucchia loro .il fangue,. e .s' addormenta ful fatto. DEL PUZZOLENTE, E DEL FURETTO PUZZOLENTE. Tav. LXXII. LXXIII. Uantunque il Puzzolente raffomigli di molto alle Faine nell’ indole, nelle abitu- Qui , e anche nell’efterior figura del corpo, non fembra però ch' egli fia del medefimo genere, o almeno i Naturalifti non l’anno ben dimoftrato fino ad ora. Egli .à il nome dall odore cui efala da’ due Serbatoj, che è preffo dell'ano co- me il Tafflo, la Donnola, e il Furetto; nel Puzzolente l’ efalazione che n° efce è in- fofferibile. Egli vive come le beftiolùzze fopradefcritte non dilungandofi molto da’ luoghi abitati. Volendo. diftruggere una popolazione incomada di Conigli bafta intro- durvi una coppia di Puzzolenti, da’ quali fa d’uopo guardare le Api, cui difturbano e cacciano dall’ alveare per fucchiarvi il miele. Del Furetto Puzzolente non va che dire di particolare; egli a la puzza, e l'in- dole tolte dalle due varietà, delle quali porta il nome ad un tempo. DUE Lal aio E DIE O Fave ER NIN ° Ermellino è una fpezie di Donnola candida, le di cui pelli ci vengono dal Ca- po di Buona Speranza, o dal Nord. Dall’ Armenia, dove anche fi trova, e do- ve fe ne principiò a far commercio, ebbe il nome primieramente. Non è così can- dida nel tempo di State, come nel Verno: ma fempre è nera l'eftremità della co-., da, che per una delle folite bizzarrie degli uomini è un prezzo molto fproporzionata alla piccioliffima mole, e al ridicolo ufo della medefima. DELLO DiRL LO SCOJATTOLO. Tav. LXXV. F® le delizie delle. Dame, che tengono fchiavo qualche Animaletto per farfene un paffatempo, il principal luogo deefi per certo allo Scojattolo.. Egli è così net- to, docile, gentile, e di così innocenti coftumi, che merita piucchè qualunque altra beftioluzza di ftare in buona compagnia. A° gli ‘occhi pieni d’anima;-e d’ efpreffio« ne, il corpo agile, nerboruto nella fua picciolezza, le membra: fnelle, e tutta la figura graziofamente formata. La bella coda, ch'egli può curvare allo insù fino a co4 prirfene la tefta, da l’ultimo grado di ornamento 2 quefto Animaletto. Egli è men Quadrupede, che gli altri, e fta pell’ ordinario feduto. Quando è nella libertà fua naturale, abita fu gli alberi cibandofi de’ femi, e bevendo la rugiada o la pioggia; al minimo romore fi fcuote dal fonno , e fugge faltando d'albero in albero con mol- ta deftrezza ed agilità. Dicefi che coftretto a ‘varcare qualche foffato, egli fi metta fu d’un pezzo di corteccia d'albero, e faccia vela della propria coda: ma quefta novella è forfe inventata; parrebbe che in tal cafo lo Scojattolo doveffle avere una vela poco utile. TE a ARI FLO e CAST. ETICI CUT O Tav. LXXVI. L Taffo è un brutto Animale, e puzzolente; egli fa molto bene:a ftar nafcofto per la maggior parte del tempo. A' il mufo aguzzo come i Cani, il corpo'groffo e corto, brevi gli orecchi, e METEaA a quelli del Topo, il pelo lungo ed afpro come .le fetole de' Majali. Il difotto del ventic, chv fuol efese-biancaftra: negli altri Animali, è più fcuro che ; i della pelle in coftui, e quafi nero. Il carattere del Taffo e d' effer pigro, diffidente, folitario; egli fi fcava la tana fotterra, fugge la focietà, e la luce, nè fenza la maffima neceffità di provvederfi di cibo efce dalle {fue tenebre. La Volpe, che non a grande abilità nello fcavare, profitta fovente della . tana del Taffo, e lo sloggia. Non è difficile lo ammanfare il Taffo; egli è docile, e fegue il Padrone come un Cane. Suol dormire tutta la notte, e tre quarti del giorno. Abita in Europa; non pero ne climi caldiffimi; ed è raro anche ne’ tempe- rati. La di lui pelle è poco apprezzata. Db O PO, DEL: SORCIO, E DEL YTO PO DI CAMPAGNA. Tav. LXXVII. LXXVIII. LXXIX. ° Anno di molte varietà nella fpezie de’ Topi: ma eglino fi fomigliano tutti nella figura, e a un di preffo nell’indole; quindi non meritano moltiplicità di figure, e diverfità efpreffa di defcrizioni. Quefta fpezie d' Animali è omnivora; pre- ferifce però le cofe folide a cibi fluidi, e fra le folide predilisse le più dure. Il Topo rode i panni, le lane, la feta, il legno, e l'intonaco fteffo delle muraglie. Guai Guai fe i Gatti, i lacci, le trappole mon impediffero in parte la moltiplicazione di così incomoda genia! Ne' paefi del nuovo Mondo, dove furono portati con molti al- tri mali d’ Europa, coftrinfero talvolta gli uomini ad abbandonare i loro ftabilimen- . Le Città piantate full'acqua, come Venezia, fono infeftate da’ Topi capaci di far sa col Gatto, e di morderlo fanguinofamente. I Topi, e i Sorci fono lafcivi del pari che voraci, e fecondi quanto lafcivi. Il Signor Morand celebre Chirurgo Fran- cefe offervò, che quefta fpezie d'Animali è foggetta al mal di pietra. I freddi paefi del Nord non fono infeftati da'Topi; quell’ Animale, ch'è conofciu- to fotto nome di Sorcio di Norvegia, è d'un altra fpezie affatto diverfa. DELLA MARMOTTA. Tav. LXXX. L' ftupidezza fonnolente è pell’ ordinario rimproverata agli uomini, applicando ad effi il nome della Marmotta. Ella merita di fatto quefto difprezzo, perchè dor- me la maffima parte della fua vita, e per quanto fi ftudj alcuno nell’educarla, mai non divien atta a far molto. La meglio educata Marmotta non è mai gefti più graziofi; nè mai più acuta intelligenza dell’ Orfo. Quefto picciolo Animale, che non giunge quafi mai alla grandezza d'un Coniglio, ardifce d’affalire colle morficature i più groffi Maftini, quando fi trovi accarezzato e protetto dal Padrone. Con queft' antipatia na- turale, che lo rende fimile al Gatto, egli unifce molte inclinazioni comuni ai Topi, e rode i panni, i mobili, ogni cofa, e perfino il legno, fe fi trova racchiufo. La Marmotta è omnivora, e mangia indifferentemente carni, frutta, grani, infetti , erba fecca; preferifce pero il latte, el burro ad ogni altro cibo. Le abitazioni di quefta. beftioluzza fono le più alte. c fredde Montagne: ma quantunque di fua ele- zione ell’abiti regioni cosi agghiacciate, è fogsetta ad iftupidire pell’azione del freddo. DEL CIGNALE, DEL PORCO DI SIAM, E DEL PORCO DA RAZZA. Tav. ELXXXI. LXXXII, EXXXIIT. Pi e tre quefte varieta di Porci anno caratteri così comuni fra loro, che fa- rebbe una fuperfluità il fare per ciafcuna di effe un articolo feparato. Il Ci- gnale non è altro che un Porco infalvatichito, e refo più robufto, più ifpido, più feroce dalla vita errante e dura ch'egli conduce. Nella ftruttura interiore è fimiliffi- mo al domeftico, né a gufto differente nella fcelta degli alimenti. Non è così pre- cifamente de’ Porci di Siam, della China, e dell’ Indie, che fono un po’ più piccioli, e molto più baffi di gambe che gli Europei; eglino fono meno voraci di brutture, e quindi anno carne più dilicata. Ella è però fempre un cattivo cibo, e tanto peg- giore, quanto più piace al palato. Alcune Nazioni Orientali lo guardano tuttora co- me un cibo immondo; e forfe la Religione s' è combinata colla Politica per vietar- lo. Fra noi la caftrazione rende meno diffi da digerire, è più faporita la carne del Majale; quella del Cignale è un fapore del tutto differente, che trae al dolcigno. I co- I coftumi del Porco, Ciacco, o Majale domeftico fono fra lo ftupido e il feroce. Per quanto fia ben fervito quefto fozzo Animale non concepifce verun fentimento di gratitudine verfo dell’uomo, e non di rado accade ch' egli guafti i bambini di chi lo nodrifce, fe per mala ventura li trova mal cuftoditi. Il fango putrido e puz- zolente per lui è un letto deliziofo, e vi fi voltola bruttandofi da capo a piedi ga- \glioffamente. Crefce a vario pefo, e grandezza in relazione del nutrimento; dell'età, e del clima, fotto cui vive. Sembra però che tutte egualmente le temperature con- vengano alla fpezie, da che per tutto ella è fparfa. DIFLECRORCELEBEINO:, DENDIA. Tav. LXXXIV. | Uefta fpezie d’ Animaletto più picciolo del Coniglio è di già moltiplicata fra noi, e refa volgare, quantunque fia originaria delle contrade ardentiffime del Brafile, e della Guinea. Il Porcellino d'India non è coda; i di lui denti fo- migliano a quelli del Topo; il pelo corto e fetolofo varia bensi di colore, ma non è diffomigliante granfatto dalle fetole del Porco noftrale. Egli è quafi totalmente privo di talenti, e di fentimento, fe quello dell’ amore fe n’ eccettui, al quale fono così precocemente difpofti, che fei fettimane dopo d' effer nati s'accoppiano. La Scro- fetta non porta che venti giorni, o ventidue, e partorifce fei ed otto porcellini ogni due mefi per lo meno. Si mordono furiofamente i mafchi fra loro per dirti il poffeffo d'una femmina; e con un grugnire a mezza voce moftrano il loro piacere, quando vi fi trovano vicini. Patifcono del freddo, e dell Lio da cui fa d'uopo li guardi chi mangia con piacere la loro carne, che non è pero molto merito; la pelle non ne a veruno. DEE eva Rob. Tav. LXXXV. LXXXVI. °.E' detto molto dagli antichi Naturalifti più creduli che offervatori dello {degno dell’ I&rice, e delle ferite mortali, cui facevano le di lei fpine cacciate con vio- lenza contro i Cacciatori: ma un efame più diligente de’ coltumi e della ftruttura di quefta beftia è meffo in difcredito si fatta novella. L'Itrice non è. Animale Euro- peo, quantunque viva beniffimo trafportato in Europa da Sumatra, da Java, dall Africa, dalla Baja d’ Hudfon. La fua lunghezza è di due piedi e mezzo; non à co- da; le di lui gambe fono corte, il labbro feflo come quel della Lepre, le orecchie fimili all’umane. Il dorfo, e i fianchi dell’Iftrice fono veftiti di acute. fpine varie- gate, che anno varia lunghezza e groffezza. Allorch'egli è irritato gonfiafi di rabbia; folleva le pine, e fcagliafi faltando in fianco verfo di chi l’'offende per ferirlo coll’ urto del corpo tutto; egli muove tutta la pelle quafi ondulandola, batte la terra col piede, e dalla coninione delle fpine s'alza un romore come di gragnuola che ca- da. In quefto cafo dal violento moto alcuna delle fpine fi diligia ma non vola gia pell’ aria cacciata dall’ Animale. Il tempo degli amori dell’ Iftrice è il mefe di Settembre; credefi ch egli dorma fei mefi (oiierra, nel qual periodo gli cadano le Parte II. E fpi- «dia {pine vecchie, e {i rivefta delle nuove. Perchè poffa ognuno far idea della Mruttura di quefto Animale, fi è creduto bene di farne incidere anche la figura fpoglia delle fpine, D., È bob. O SP, I N° 08: 9 Tav. LXXXVII. LXXXVIII. O Spinofo è a un di preffo grande quanto un picciolo Coniglio. A' il mufo lun- fa so come il Porco, cui raffomiglia anche nella fifonomia; i di lui piedi fono di- gitati, e ne fa buon ufo per maneggiare le frutta, ond’ei fi ciba. Tutto il dorfo e i fianchi dello Spinofo fono veftiti di fpine, dalle quali egli è il nome; egli può abbaffarle, ed erigerle a fuo talento. Il mufo, il petto ed il ventre fono coperti di pelo. Quefto Animaletto vive pell’ordinario ne bofchi, dove fi nodrifce fpezialmente di nocciuole, e di caftagne; non di raro difcende al piano in cerca di noci, o di grani. Quando egli è forprefo dai Cani, o dagli uomini, e vede di non poter fug- gire correndo, fi ravvolse nella pelle fpinofa del dorfo, e diviene una palla roton- da. Lo Spinofo fi manfuefà agevolmente, e diviene affai domeftico per dormire col. le fpine diftefe nel letto del Padrone, e per aggrapparglifi fu per le gambe all'ora di pranzo. Egli grugnifce fotto voce; quando fi trova folo, a crede d’ efferlo. La di lui carne da molti è tenuta per un ottimo boccone. D EL LIA 4 E BRA. Tav. LXXXIX. Ra le altre curiofe fpezie d' Animali, che dal Capo di Buona Speranza, dal Con- i go, e d'altri Regni d' Africa paffano talvolta in Europa, non ultimo luogo è la Zebra. Ella fu confufa da qualche poco efatto Naturalifta coll’ Afino, ma il Sig. di Buffon la dichiara dopo un diligente efame di genere differente. E' quefto Ani- male grande a un di preffo come il Cavallo, ed è robufto, manfueto, ben fatto. Gli orecchi è più lunghi che "1 Cavallo, e più corti che quelli dell’ Afino; il di lui erine è poco lungo, la pelle macchiata perfettamente bene. Tutto il di lui corpo è come dipinto a fafcie trafverfali, che ne fanno il giro; elleno fono alternativamen- te gialle, e nere ne’ mafchi, ed alternativamente bianche, e nere nella femmina. Il pelame è lifcio, e fopra le fafcie fpruzzato di varj colori. L’indole della Zebra è analoga a quella del Cavallo; il di lei corfo è sì rapido, che i Portoghefi ne ànno fatto un proverbio, Il Re di Portogallo n’ ebbe quattro, delle quali fervivafi fotto la. Carrozza: ma il prezzo, e la rarità di quefti Animali fanno che per lo appunto un Re folamente ne pofla avere. La rapidità loro al corfo rende oltremodo difficile il prenderli vivi, e. DELLA DELLA GA ZZELRLLÀA. Tave XG, E contrade più aride, c le più paludofe dell’Africa, dove la fpezie umana dege- nerata offre difsuftofi fpettacoli di bruttezza felvaggia agli occhi de’ viaggiatori, fono popolate da belliffime fpezie di Animali. La Gazzella è certamente da annove- rarfi fra quefte, poich' ella è tanto degna d'offervazione nell’ elegante fua picciolez- za, quanto le maggiori fiere pella gigantefca loro ftatura. Non è più groffa la Gaz- zella d'un Coniglio: ma le sambe avendo alte, ben tornite e non più groffe che una canna di pipa, le corna picciole e nere, il corpo velluto, raffomiglia molto ad un picciolo Cavriuolo. Ell'ama la focietà; e quindi gran brigate fe ne veggono al Senegal, e lungo la Gambra. La Gazzella Indiana è più grande, ed eguaglia la grandezza della Capra domeftica. Da quefta fpezie traefi il Bezzuarro, che di là viene in Europa. Da una fpezie di Gaz- zella dell’ Indie traefi anche il mufchio, con metodo barbaro, e che fa vergogna all’ uomo. Ufano gl'Indiani baftonare crudelmente la Gazzella, che fomminiftra il mu- fchio, e coprirle il dorfo di contufioni, nelle quali raccolgafi il fangue. Quefte con- tufioni legano ftrettamente alla bafe loro con una funicella di modo, che la pelle fi ficcia come una veflica ben piena; in quefto modo lafciano feccare quel fangue, che cade di doffo all’ Animale, quando è ben inaridito; egli a l'odore di mufchio. Che non fi dee credere permeflo l’uomo per fupplire a'proprj bifogni, fe per foddisfare a' cappriccj abufa così barbaramente della fuperiorità fua fopra le beftie? Die eee N E Ri XOTE. SCI XCIV, XCV.AXCVI XGVIL XCVIII- XCIX."C. Ra tutti gli Animali domeftici quello, che per un iftinto particolare s' affeziona all’uomo, e ad effo rende fervigj da vero amico, moftrando di ben comprende- re ciò ch'egli fa, onde più al di lui fentimento che all’ abitudine macchinale fi deb- ba attribuire, egli e il Cane. Tutte le varietà della fpezie cagnefca confervano a un di preffo l'indole medefima; i gradi foltanto ne fono differenti. Il Cane, cui noi co- nofciamo fotto la denominazione di Can da Toro, il Can Barbone, e’l Cane da Fer- ma fono quelli, che fembrano effere ftati dalla Natura dotati di più fquifita intelli- genza. Eglino modificano l’iftinto loro con tanta ragionevolezza; fi fanno ed offerva- no così precife lessi, e doveri verfo il Padrone, e gli Amici fuoi; danno prove così manifefte di memoria condotta dal raziocinio, che talvolta fifuole defiderare i talenti e l'animo loro agli uomini di fcarfa levatura, e di poco benfatto cuore. Tutte le varie forti di Cani, delle quali s' incontrano in quefto Volume dieci Figure, fono abbaftanza conofciute dagli Amatori della loro Compagnia, nè anno d’uopo di deferi- zione. Un Cacciatore faprà fempre più di chi fcrive le qualita del Cane, cui egli conduce feco; un Paftore potrà dar conto del fuo; un Macellajo farà conofcere vir- tù non afpettate nella razza, cui deftina all’ufo fanguinario del.fuo meftiere, nè vi farà mai fcrittore che poffa dirne di più, o altrettanto, o qualunque cofa egualmen- te bene. Che non diranno poi le Dame interrogate delle meravigliofe doti de’ loro Cagnuolini Inglefi, Danefi, di Bologna, di Malta ? Lun. Lungo farebbe anche il deferivere l'efterna forma delle tante razze dei Cani, che tuttodì crefcono di numero pell’ induftria di coloro, che del venderne fi fanno un me- ftiere. Malgrado la gran differenza, che v'a fra un Cane mafchio e una femmina, quando la difproporzione del corpo non lo impedifca, eglino s' accoppiano e molti- plicano felicemente. La rabbia, o l’Idrofobia è la malattia, cui più d'ogni altra fono foggetti i Cani, e ch'è più di qualunque altra formidabile all'uomo, che la può agevolmente da efli contrarre. Non è folamente la mancanza d'acqua nella ftagione più calda, che faccia divenire rabbiofi i Cani; a quefto fi potrebbe metter riparo invigilando full’ efat- ta efecuzione di que’ provvedimenti, che in ogni ben regolato paefe fono ftati fatti fu di tale propofito. Ma la fcarfezza di trafpirazione dopo una lunga corfa, il cattivo nudrimento, forfe l’effere irritato da fanciulli impertinenti all’ecceffo può far venire la rabbia a un Cane. Quefta terribile malattia lo rende st furiofo: ma non fempre accompagna egli, o manifefta coll’impeto il male che lo divora. Sovente acs cade, che la di lui crudeltà fia melanconica, e accompagnata da un'apparenza di ri- fleffione. Il Cane arrabbiato fcagliafi del pari contro gli uomini, contro gli ani. mali, e li morde. Dalla morficatura paffa la rabbia nel fangue del morficato, che ne muore fra’ più crudeli tormenti, fe per difavventura o non s avvegga dello ftato del Cane, o non fia in tempo, e in luogo opportuno per mettervi prontiffimo ripa» ro. A molte altre malattie come alla fcabbia, e ai calcoli fono foggetti i Cani, che pur troppo fpeffo. perdendo innocentemente per sì fatte diferazie il merito acquifta» tofi col lungo fervigio fono abbandonati da’ loro Padroni. I Turchi, moffi a pietà di quefto Animale tanto utilmente amico dell’uomo, fogliono. lafciare per teltamento confiderabili penfioni ad Ofpitali deftinati unicamente a diftribuire alimenti ai. pove- ri Cani ammalati e derelitti de’ varj quartieri. Delle pelli di Cane acconciate fi fanno guanti, manicotti, € fodere di pellicie. I Negri ne mangiano le carni. Rn DI 3 ©) TA- IAHO L'A BEGGI A NESTME CA: NEL SECONDO VOLUME. : Der Cavallo. Dell’ Afino. Del Bue. Dell Ariete. ° Della Pecora. Del Becco. Della Capra. Del Becco d' Angora . Della Capra d' Angora: Dell Orfo Nero. — Dell Orfo Bianco. Del Caftoro. | Della Lontra. Della Lontra del Canada. Dell Ippopotamo . Del Lupo. Della Volpe. Della Faina. Della Martora. Della Donnola. Del Furetto. Del Puzzolente: Del Furetto Puzzolente. Dell’ Ermellino. Dello Scojattolo. che fi contengono Fav si Del Taffo. 52 Del Topo . 53 Del Sorcio . 54 Del Topo di Campagna. 55 Della Marmotta . 56 Del Cignale. 57 Del Porco di Stam. 58 Del Porco da razza. Soto Del Porcellino d' India. 60 4 Dell'Iftrice. 61 Dell Iftrice isnuda . 62 Dello Spinofo. 63 Altro Spinofo. 64 Della Zebra. 65 Della Gazzella. 66 Del Maftino . 67 Del Cane Danefe grande. 63 Del Cane Levriere. 69 Del Cane da Paftori. 70 Del Can- Lupo. 71 Del Cane di Siberia . 72 Del Cane d' Islanda . 73 Del Cane da Corfa. 74 g Del Can Bracco. 75 b Del Bracco di Bengala. Tav. 80 (ole) La ud. Pi guiia LD Ga ; ' te 5 È Zig LN A i n è È po ) A: Org CORE, VI, d di Ù È ul dI SA 5 SU ky ì o Be Ì ". : po % a. ui by È- ri È: tal È DEL a dial (47 NA pi di dg Ù cx A & Lù SIR A % % È ; Md». pis IL ai ; "n co VARE RACE ; A n IS a hi SORTA Pai da PR A PURA VAS È Tua da I si (AA 9 retti ao (018) i SII, di 1 GRURE si Ya EIA i ; ; di ne Di RL; È : (a | è REN af x } % LI vd rt: » n P } i A w | « ’ È î a iena a LR Tu ME prog i j ITA È: Mit Wai FORTOLO. VE, «Rione n da Ì y IA a, i DI dn ; È x 100 pete? Da) i - fi K De è Va VAS " Li #, di #y ut, eta i a MARONE La vl, SL] Di meli 1951 PSE n PRo EZIO ss AU ) Pia Î SI 4 PEA, I NO —— *——————_—rrr(«rr<< ATE LOI Dt ii A, dh Vu Ù DE dI . i su hi BECCO D’'ANGORA RA” ; RARSTOTO RARO Na ida mA aa Le d LIX. tI) ) A di RN o) N )) (UG, i ti, dr "I ul Ù i So \LS N DL dg aa (I ì su MR, } (\ \ Suor ii { N — Qi I Ì O DO) G du di ‘{( O Di | IT di 1 = Wu Bi ì iÙ INIT \ e) I (006 I | ) )) ) N N) a; À ; nà i, da l “ot ii Rn Pri pnt DAI ARIANO "A di ha DI dl NI See | Si bo: Sig AA < (eg. pr A È VUZZA AE i, * i 2 sf cas MZ ld SiR ORSO BIANCO \W LL me eu, ("= | dl War se : a > soma S SIAE \\ CASTORE pus. % \ Il ) LONFTRA i iL LL tara aci Pi. LONTRA DEL CANADA LXIV. Gi ULTI VI]; [ft INEAATT, (A VA YY} IPPOPOTAMO LXV fn PSA Si ar (te: PEAS PEN rg DA TITO A | Li 3 (Me # ai È ar dale sc rg ic LXVI, à Stat dd N “È YI WNW oa am _ VI LUMI LI iN, Il toni fi ci "l Dì À S VW, ) I) DI porno ui n ia ii Ò Ù | ì NDS il VOLPE LE Di a LIME mi ; sor ALATI IVI i pargtn | È di 4 LXIX. ARTORA M i ti. Dada Mi a . Ù Li la DONNOLA FURETTO SR Pi, TR DIS sE POSTO na bei; SS ; I LCLE vet De - Lat TERA di d LXXII. Divwrnafi ina nigiip LOT te iù Hi; Puy tin ni ì Ut I no Ji il i: i | n) i Ni i (NI ‘i Hi i : = | Mie (i i PUZZOLENTE LAÙ } IERI LAN “ dina i AT } Lit i) a “3 O] - O = # Li n ;} È LI Z Lg À ni I à î vat, GI I E Do Nec \ È di n . ai hi I gio: n Ù si P 3 di i i . REN ì IO) È s Li uf w y” DI È . (5 dr: tas t ; FR si0 È e i, pr 34 Me = VI AI x k t Li Y ; x La ‘ i ’ "TE , » ib È "dI po” W i A i n x È Ò * a @ a 1 : Arto BA A do Ma 00, rata e Sp 4 FURETTO PUZZOLENTE ea è A Ls n ih SPA x ria metri RAIL Sten? tz, x Rie ani 10