/ MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO DIREZIONE DELL’ AGRICOLTURA ANNALI ili AHI! ISSI Num. SS LA FILLOSSERA IN ITALIA (dall agosto 1879 al giugno 188 !.. con 8 tavole) ROMA TIPOGRAFIA CENNINIANA Digìtized by thè Internet Archive in 2017 with funding from University of Illinois Urbana-Champaign https://archive.org/details/annalidiagricolt35ital La Commissione consultiva per la fillossera tenne cinque adunanze dal dì 4 all’ 8 luglio 1881. 11 Ministero presentava alla Commissione il volume: La fillossera in Italia , contenente i rapporti dei Delegati governativi per la distruzione dell’insetto nelle pro- vinole di Como, Milano, Porto Maurizio, Messina e Calta- nissetta, e la relazione che precede il volume medesimo, compilata, dalla Direzione dell’agricoltura. Venivano inoltre comunicati alla Commissione i risul- tati ottenuti dagli studi e dalle esperienze fatte in ordine « alla diffusione del solfuro dì carbonio (Annali di agri- coltura del 1880, N. 28) ed alla ricerca di -un metodo per la disinfezione delle piante . La Commissione applaudì gli studi fatti in ordine al solfuro, e prese atto del proponimento dell’Amministra- zione di continuare, ove sia possibile, gli studi stessi, in rapporto più specialmente alla diffusione del solfuro, se- condo i vari gradi d’umidità dei terreni, e secondo, la varia loro natura, ed alla minima quantità capace di produrre i migliori effetti, sia insetticidi che per ucci- dere le viti. iv Rispetto alla disinfezione delle piante, avvisava: 1° che fossero continuati gli studi, specialmente per la disinfe- zione della parte sotterranea, essendosi, per quella aerea, ottenuti risultati soddisfacenti. Vennero dal Ministero rivolte alla Commissione le se- guenti domande: da Data la scoperta di nuove infezioni fìllo sseriche 7 quali norme deve V Amministrazione seguire , distin- guendo il caso di scoperte nei territori già riconosciuti infetti e di quelle in altri territori finora ritenuti im- muni ; 2a Quali provvedimenti conviene emettere in ordine alVuso dei terreni pei quali furono eseguite , negli anni 1879-80 , le operazioni per distruggere la fillossera ; 3a Date le attuali condizioni d3 Italia in rapporto alla invasione della fillossera, e dato lo stato della dot- trina fitto s serie a può il Governo aderire alla conven- zione di Berna , (Seduta della Camera dei Deputati del 6 dicembre 1879). L’inchiesta fu affidata ad un sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Milano, e fu per due volte riaperta; ma i risultati, ai quali si XXII giunse, non sparsero luce sulla origine della infezione. Eppure a molti sembrava che questa ricerca non do- vesse riuscire difficile, molti essendo facili a discutere e ad emettere opinioni ed, occorrendo, anche a citar fatti nelle private conversazioni, non avendo poi, innanzi all’autorità, o il mezzo di provare ciò che asseriscono, or meglio, la volontà di farlo. I nuovi centri scoperti nella provincia di Como, tutti di data recentissima, provano la loro dipendenza dai grandi centri scoperti nel 1879, sia pei trasporti operati i dal vento, sia per quelli fatti inconsciamente dai contadini Cogli strumenti o con parti di viti. L’origine dei centri di Carugate, Pessano e Vimercatey secondo ravviso del delegato fillosserico, risalirebbe al 1870, epoca in cui vennero importate barbatelle fran- cesi, le quali presto perirono e comunicarono l’infezione alle viti del paese. La infezione di A grate sarebbe di- pendente dalie anzidette infezioni. L’infezione di Gessate deriverebbe da quella di Agrate per trasporti di viti; inconsciamente operati dagli ammi- nistratori della casa Fè. Dal possesso di casa Fè l’infe- zione si è propagata in altro punto del territorio. Circa l’origine della infezione nel territorio di Porta Maurizio, si può ritenere provata la importazione della fillossera con vitigni francesi, venuti di contrabbando, in uno dei centri, mentre, per l’altro, tale origine può dirsi probabile. Rispetto alla infezione di Riesi, le indagini per Sco- prirne la origine, affidate ad un magistrato della Corte di appello di Palermo, ebbero anche risultati negativi. Fu però asserito, fin da principio, e pare con fondamento* che la infezione abbia avuto origine da barbatelle di XXIII Pinot comperate a Palermo sette in otto anni fa, da un negoziante francese. L’infezione di Messina risale a sei o sette anni. Co- minciò nel gran centro del Ritiro, ma nulla si è potuto sapere intorno alla sua origine. Esplorazioni eseguite intorno ai centri infetti . — La determinazione delle zone, od aree infette, non può essere, e non è mai stata, che la conseguenza delle ricerche della fillossera, e il valore di queste ricerche, praticate col do- vuto rigore, non può essere soggetto di ragionevole dubbio per alcuno. L’Amministrazione però volle che, al di là dei limiti estremi della infezione, le esplorazioni si spingessero fino dove era possibile, e con tutta l’alacrità necessaria. Così avvenne che, oltre i territori di Yalmadrera, Ci- vate e Pescate, ove complessivamente furono scoperti 22 centri, il cui numero di viti infette ascende a 111, furono esplorati i territori di Snello, S. Fermo, Sala al Barro, Galbiate, Bartesate, Imberido, Elio, Oggiono, Cariate, 01- ginate, Val Garghentino, Lecco, Rancio, Castello, Acquate, Laorca, Germanedo e Maggianico, estendendo così le in- dagini a territori assai lontani da quelli trovati infetti, e constatando la immunità dei territori stessi. Le esplorazioni furono molto minute vicino alle località infette; ma, allontanandosi da queste, fu esplorata una vite ogni due, ogni tre, per cui si ha ragione a ritenere che forti infezioni non possono esser rimaste inosservate. Come conseguenza dei centri infetti nella provincia di Milano, furono fatte ispezioni straordinarie nei territori di Busserò, Cesano Maderno, Lentate, Morimondo (cir- condàrio di Abbiategrasso), Pioltello. In seguito si fecero xxrv ispezioni a Magenta, 'Cassinetta di Lugagnano, Monza e Castellanza (frazione Buon Gesù). Le esplorazioni furono molto minuziose nelle vicinanze dei centri infetti, poiché si giunse fino ad esplorare varie volte tutte le viti, e, lontano dall? infezione, si esplorò una vite ogni due, tre, quattro, cinque, sei. Furono fatte eziandio esplorazioni saltuarie su parte dei circondari di Monza, Milano e Gallarate, per aver un concetto dello stato della provincia. Le esplorazioni regolari, oltre che nel territorio di Porto Maurizio, furono estese a parte del territorio di Oneglia, Caramagna, S. Lorenzo, ispezionando complessivamente circa 82 ettari di vigneti trovati immuni; parte dei quali furono esplorati, ispezionando tutte le viti, parte una vite ogni due, ogni tre, ogni quattro. Furono inoltre ispezionati vari vigneti nei comuni di Borgomaro, Lucinasco, Borgoratto, Torria, Cesio, Cal- derara, Cosio d’Arroscia, Mendatica, Montegrosso Pian Latte, Pornassio, Pieve di Teco, Lavina, Rezzo, Conio, Torrazza, Piani, Poggi, Moltedo, Gazzelli e Sarola. A Messina le esplorazioni furono estese a 1428 ettari di vigneti, sparsi sopra una superfìcie di 54 chilometri quadrati, e compresi fra il mare e la catena dei monti che, correndo da nord a sud, divide il versante Calabro dal Tirreno. Nel territorio esplorato fu compresa la città di Messina ed i seguenti villaggi: Canzirri, S. Agata, Faro superiore, Curcurace, Pace, Contemplazione, Paradiso, Annunziata, S. Licandro, Ritiro, S. Michele, Scala, Tremonti, Giostra, Trapani, Scoppo, Scirpi, Catarratti, S. Marta, Casalotto* XXV Mammari, Gazzi, Santo, Bordonaro, Cumia Inferiore e Cumìa Superiore. Nelle vicinanze dei centri infetti, fin dove non vi era più sospetto di infezioni, furono ispezionate tutte le viti, poscia di ogni due viti una, ogni tre viti una, e final- mente ogni quattro viti una, là ove la possibilità d’ in- fezione non era da nulla indicata. Oltre a ciò, furono fatte esplorazioni saltuarie alle Masse, al villaggio Castanea e nella regione Zaffaria. Intorno ai centri infetti della provincia di Caltanissetta, la esplorazione si estese sulla superfìcie di ettari 4599. Il territorio di Riesi venne esplorato interamente; dei territori di Mazzarino e Butera, fu esplorata la parte pos- seduta da proprietari riesani. Anche a Ravanusa ed a Campobello, furono fatte esplorazioni saltuarie, perchè era nato il sospetto della presenza della fillossera in quella località. Determinazione della zona o area infetta e della zona di sicurezza. — Per gli effetti finanziari e tecnici, si chia- riva indispensabile di precisare bene i criteri, secondo i quali doveva essere determinata la zona infetta dalla fillossera. Ciò fu fatto con le istruzioni del 3 giugno 1880, che, approvate dalla Commissione della fillossera, fu- rono presentate alla Camera con il disegno di legge del 10 dello stesso mese. Ecco quali sono queste disposizioni: « Se si è scoperta la fillossera in una vite, o se si hanno indizi diretti od indiretti, o semplici supposizioni della presenza dell'insetto in un punto di vigneto, questa vite o questo punto, opportunamente contrassegnato, si farà centro di un sistema di esplorazioni centrifughe. .•XXVI « Le viti riconosciute infette devono tutte essere con- trassegnate visibilmente. « Le ultime viti, riconosciute infette alla periferia, se- gnano il limite estremo al quale la fillossera sr è trovata. Fissati questi punti estremi , essi servono a tracciare la figura geometrica la quale rappresenta la zona infetta semplice. « Qualora sullo stesso terreno si incontrino più zone infette semplici , e le zone di sicurezza, che si determine- rebbero ad esse aderenti, rientrino Luna nell’altra, do- vranno le diverse zone semplici essere ritenute come una unica zona infetta multipla ». Intorno alla zona infetta si circoscrive anche una zona di sicurezza con le seguenti norme: « Intorno alia zona infetta, si fìssa, uno spazio di terreno di 10 metri di larghezza per lo meno. É la- sciato al criterio del delegato di fissare il massimo, in rapporto alle condizioni locali, di questa che è la zona di sicurezza. « In questo caso, la zona di sicurezza va circoscritta al di fuori del perimetro' dell’ area includente le zone stesse ». Prima delle istruzioni del 3 giugno, la zona infetta, co- stituita dal terreno occupato, anche saltuariamente, da viti fìllosserate, e da quelle più prossime, a discrezione del Delegato, sacrificate con esse, era circoscritta da una zona di precauzione, la cui larghezza era di metri 25 al minimo. Quest’ultima zona non veniva distrutta, ma rice- veva soltanto iniezioni di solfuro di carbonio a dosi rela- tivamente elevate, nella speranza di distruggere qualche infezione incipiente sfuggita alle ricerche. XXVIL Colle anzidette istruzioni del 3 giugno 1880 furono, come si è visto, fissate -le norme per determinare l’area, infetta e la zona di sicurezza, fu data a questa ultima una maggiore larghezza, prescri vendo che la distruzione ed i trattamenti insetticidi fossero estesi anche alla zona di sicurezza. Nel comunicare le istruzioni stesse ai delegati fìllosse- rici. il Ministero li invitò a tener conto delle difficoltà che si sarebbero sperimentate nelFapplicazione di esse, e di riferirne. Nei rapporti, compresi nel presente volume, varie sono le osservazioni fatte. Il delegato per Ja provincia di Como osserva che la zona di sicurezza minima di 10 metri, là ove la vite è piantata a filari, è superflua a lato dei filari [stessi, invece basterebbe si estendesse fin dove arrivano le radici; è troppo piccola là ove esistono le viti. 11 delegato per la provincia di Milano osserva che sa- rebbe utile il comprendere nella distruzione, come zona di sicurezza distaccata, qualche gruppo di viti, le quali, coltivate dallo stesso proprietario si trovassero a poca distanza da quelle infette (30 o 40 metri). Crede al- tresì che debba essere lasciato al criterio dei delegato Faumentare o diminuire la zona di sicurezza, che dalle normali condizioni è stabilita ad un minimo di dieci metri. Il delegato per la provincia di Porto Maurizio si ac- corda con quello di Milano circa la libertà di azione del delegato nello stabilire la larghezza della zona infetta. Al delegato fìllosserico di Riesi sembra eccessivo il di- struggere un circolo di 10 metri di raggio, cioè 314 me- tri quadrati di vigna per un sol ceppo infetto, e ciò sia perchè in questi casi il ceppo è sempre poco fìllosserato. XX Vili sia perchè c'è tanta probabilità che un altro ceppo in- fetto sia sfuggito all'esploratore nel raggio di 10 metri, quanto che esso possa trovarsi a 50 o 100 metri di di- stanza. Crede perciò che meglio sarebbe lasciar libero il delegato nello stabilire le zone, appunto come si praticava pria delle istruzioni del 3 giugno. A rimuovere le dubbiezze conferirà una notizia delle ragioni che determinarono l’Amministrazione a stabilire i termini delle citate istruzioni. Esse ragioni sono: probabilità di comprendere nella di- struzione qualche ceppo che può essere sfuggito alle ricerche; probabilità di includere nel trattamento tutte le radici delle viti, specialmente ove esse hanno una considerevole estensione; maggior probabilità di evitare che, pel fatto delle varie operazioni, si porti la fillossera fuori della parte distrutta ; necessità che la vite o le viti infette si trovino, per un certo tempo necessario alla estinzione degli insetti, circondate da un'atmosfera molto spessa di vapori di solfuro. Circa la larghezza maggiore di 10 metri da dare alle zone di sicurezza, l'Amministrazione non ha mai negata la fa- coltà di estenderla fin dove il Delegato credesse utile, però ha creduto prudente che, insieme alla domanda telegrafica del decreto di distruzione, si indicasse la larghezza a cui si vorrebbe portare la zona di sicurezza, qualora dovesse -essere superiore ar 10 metri. Tale richiesta, mentre non intralcia per nulla l'andamento e la speditezza delle operazioni, è per l'Amministrazione uria garanzia della necessità del provvedimento. Fissazione degli indennizzi ai proprietari. — Deli- mitate le zone infette e quelle di sicurezza, pria di passare ài taglio ed all’ abbruciamento delle viti, un XX IX perito, nominato d’accordo dal Prefetto e dal proprietario od, in difetto, una commissione di tre periti, uno nomi- nato dal Prefetto, uno dal proprietario interessato ed il terzo dal presidente del Tribunale civile, procedono alla stima del frutto pendente. La legge 3 aprile 1879 dice esplicitamente che, per la zona od area infetta, bisogna indennizzare il proprietario del valore del frutto pendente; su questa disposizione di legge non è quindi possibile alcun dubbio. I dubbi, o meglio le diverse interpretazioni, cornine ciano per le zone di sicurezza, per le quali la legge vuole che si abbia a tener conto della probabilità di infezione nel computare le indennità. Vi è chi crede che il legislatore abbia voluto .conce*- dere per le zone di sicurezza indennità corrispondenti al valore capitale delle viti, scemato del deprezza^ mento che il pericolo della invasione induce nel capitale istesso. Ma ciò è contrario allo spirito della legge, la quale, dal momento che dà soltanto il valore del frutto pendente per la zona infetta, non poteva, per la zona di sicurezza, volere un trattamento inspirato a principi, affatto diversi da quelli della zona infetta. Il legislatore, . accennando alla probabilità di infezione,, ha voluto trattare le zone di sicurezza alla stessa stregua delle infette,, quando le prime, pel propagarsi della infezione, fossero invase dalla fillossera. A tale interpetrazione TAmministrazione si attenne, e- ritenne che per le zone di sicurezza si dovevano con- cedere tanti anni di prodotto per quanti la fillossera avrebbe impiegato ad invaderla, più il valore del frutto pendente di quell’anno in cui si suppone che si farebbe la distruzione, nel caso che la distruzione medesima si XXX \ eseguisse' in un tempo in cui vi fosse frutto pendente. Questo, della liquidazione] delle indennità a' proprie- tari dei vigneti sui quali si opera, è uno degli argomenti che abbiano di più affaticata l'Amministrazione; la quale si è trovata più volte di fronte a pretese che aveva la ferma convinzione fossero molto esagerate, onde ha reputato in- dispensabile di rimettersene alle decisioni dei tribunali,. Ciò giustifica anche la ragione per la quale, sopra un argomento di tanta importanza, F Amministrazione non entri qui in maggiori particolari. , Ma altra questione rimaneva a risolvere. La legge 3 aprile 1879 non è esplicita nel dichiarare a chi realmente spetta lo stabilire la probabilità d'infe- zione ; sorge quindi naturalmente la domanda se un ordi- nario perito, ignaro delle dottrine fillosseriche, sia al caso di dare queste probabilità. L'unico che si trovi in grado di far ciò è il delegato fìllosserico; a lui spetta di indicare al perito la probabilità d'infezione, e su questa base il perito deve calcolare le indennità. Infatti una delle prime ricérche, che il delegato fìllosserico isti- tuisce nel recarsi in un territorio infetto, è quella di stabilire la età dell' infezione, il luogo ove cominciò ed il cammino fatto dalla fillossera. Tenendo conto della distanza percorsa, e del numero di anni impiegato a percorrerla, si ha il medio percorso annuale della fillossera, percorso che può essere stabilito anche soltanto sulla così detta costellazione del focolare, quando mancassero altri dati. Varie essendo però le circostanze modificatrici di esso percorso, il delegato fìllosserico le prende tutte in considerazione, e tiene conto delle variazioni che pos- sono essere indotte dalla natura dei terreni, dalla dire- XXXI zione dei venti, eco. Non tiene conto a preferenza di una via pittosto ehe di un’altra peroni la diffusione della fillos- sera può aver luogo, ma di tutte le vie possibili, e non le. esamina punto separatamente, ma come componenti di un’unica risultante, quand’anche una delle componenti, come spesso avviene, avesse il predominio sulle altre. In talune regioni, il vento è un potente mezzo di diffu- sione, ma per la semplice opera sua si avranno alcuni ceppi infetti, ma non infetti tanti quanti occorrono perchè una zona di sicurezza si trasformi interamente in una area infetta. Avendosi da fare con un essere organizzato, tutti questi elementi non possono fornire un criterio esatto, ma in questi, come in altri casi, noi) si può avere che un criterio, il più che possibile, approssimativo; un criterio esatto non sarà possibile averlo, qualunque passo faccia la dot- trina fìllosserica. Operazioni di distruzione della vite e dello insetto. — Dell’attività spiegata contro la fillossera nel 1879, dei mezzi adottati, di quei nuovi escogitati in rapporto alle condizioni locali, delle norme razionali accolte per la condotta dei lavori, è detto largamente nella relazione dei signori Lawlev e Targioni. I lavori eseguiti nel 1879 furono la base di quelli che furono condotti nel 1880 con quelle modificazioni che le fatte esperienze venivano consigliando. Ricordando brevemente il procedimento seguito, diremo che, eseguita la stima sia della zona in- fetta sia della zona di sicurezza, si è proceduto al taglio delle viti in esse esistenti, recidendole a 20*30 centimetri sulla superficie del suolo, previamente appianato, ove occorreva. XXXII Si è proceduto dipoi ai lavori di iniezioni fatte in mas- sima con 150 grammi di solfuro di carbònio amministrato in due o tre trattamenti a mezzo delle siringhe Gastine. Nel 1880 fu anche provato l’uso dei Déverseur Calvet,. ma si dovettero abbandonare, poiché si constatò lentezza nel lavoro, poca precisione nella messa del solfuro nel terreno, il quale (solfuro) seguita a sgocciolare allorché si estrae il tubo adduttore da un foro per immetterlo in un altro. 1 tubi adduttori si ostruiscono colla terra, riesce impossibile di adoperarli senza l’uso di avampali, di guisa, che, nei terreni soffici, ove non occorre avampalo, biso- gnerebbe inutilmante adoperarlo. Quando le iniezioni furono due, nel primo trattamento furono dati 80 grammi di solfuro per metro quadrato e nel secondo 60, in modo che per entrambi i trattamenti la quantità di solfuro fu di 140 grammi. Quando i trat- tamenti furono tre, la quantità di solfuro fu spesso di 54 grammi pel primo trattamento, 54 pel secondo e 58 pel terzo. Sicché, complessivamente, si iniettavano 166 grammi di solfuro. Il periodo di tempo fra una iniezione e l’altra fu molto limitato. In alcuni luoghi fu di 5-7 giorni, in altri, quasi invariabilmente, di tre. Oltre di questi trattamenti, che dobbiamo dire normali r furono fatti altresì trattamenti complementari , limitata- mente a quei punti ove, per prossimità dei muri a secco, il solfuro non poteva dimorare per un tempo sufficiente ad ottenere il duplice scopo che TAmministrazione si pro- poneva di conseguire, cioè la uccisione delle fillossere e quella di gran quantità almeno delle viti, per la soia- azione del solfuro. XXXIII Lo studio accurato di quest’ultimo ufficio del solfuro era importantissimo, poiché l’Amministrazione, pur avendo di mira di ottenere tutto l’effetto che col metodo razionale di distruzione si può raggiungere, doveva indagare il modo come conseguire l’effetto stesso il più economicamente possibile. La fillossera nel nostro paese può essere tanto più energicamente combattuta, quanto più si rendano eco- nomici i mezzi all’uopo impiegati. Su di questa via, l’Am- ministrazione crede che si sieno fatti passi molto notevoli. Sui trattamenti normali nessuno dei delegati fillosserici ha fatto osservazione in merito alle norme date dalla Amministrazione; circa i trattamenti complementari vi è stato chi ha proposto variazioni che l’Amministra- zione non ha potuto accettare. Il delegato fillosserico per Porto Maurizio proponeva un trattamento misto di solfuro di carbonio e solfocar- bonati sui muri a secco, ove, com’è conosciuto, i vapori di solfuro sfuggono con una grande rapidità. Questa proposta pare la conseguenza di un sistema, presso che identico, adoperato nel vicino dipartimento di Nizza dal delegato sig-. Laugier. Sulla maniera di agire dei solfocarbonati, e sulla loro efficacia, avremo più tardi occasione di dire qualche cosa. Agendo i solfocarbonati pel solfuro di carbonio che si ottiene durante la' decomposizione, ed avvenendo la me- desima molto irregolarmente, è naturale che metta più conto di applicare direttamente il solfuro, col quale si possono ottenere effetti che, coi solfocarbonati, non è possibile di raggiungere. Prima di disporre le operazioni di sradicamento, fu giuocoforza risolvere alcuni quesiti. Per i piccoli centri b xxxiv della provincia di Corno, di Milano e di Porto Maurizio fu seguito il sistema dell’anno precedente, cioè del com - plèto estirpamento delle radici, comunque a Porto Mau- rizio le radici stesse raggiungessero una considerevole profondità. 11 focolare era però di una piccola estensione. A Messina, e soprattutto, ed anzi principalmente, a Riesi si aveva a fare con viti che protendevano di molto le radici nel terreno; volendo ricorrere allo estirpamento completo di esse, si andava incontro a spese considere- voli ed a difficoltà non lievi. La Commissione della fillossera, prevedendo già queste difficoltà, aveva, fin dal giugno 1880, raccomandato di sperimentare il metodo indicato dal Babo, di iniettare cioè nel ceppo delle viti sostanze venefiche. Le esperienze furono fatte, ma non diedero soddisfacenti risultati. Con- venne quindi appigliarsi ad altro partito. Da informazioni, che rAmministrazione aveva raccolte, risultava che il magliolo era piantato a Riesi alla pro- fondità massima di 80-90 centimetri. Ordinariamente però si rinveniva la sua estremità o il Ghiodo , come lo chiamano nel Riesano, a 40-50 centimetri. Si pensò quindi, di accordo col professore Targioni Tozze tti, che spingendo lo scasso fin là ove il magliolo arrivava, ed, estraendo il ceppo della vite con tutta la sua parte sotterrata, sarebbero rimaste nel terreno le sole radici. Queste radici, da sè stesse inette per lo più a generare gemme capaci di ricostituire la pianta, sono quasi certamente destinate a perire. Si pensò inoltre di accelerare questa morte colle iniezioni di solfuro di carbonio, il quale d’altronde sarebbe stato necessario per soffocare fillossere per avventura rimaste nel terreno. Eseguendo inoltre le iniezioni di solfuro ad intervalli di XXXV tre giorni runa dall altra nella stagione calda, era spe- rabile che tutte le radici sarebbero perite in poco tempo. 11 terreno, smosso a causa del parziale estirpamento, si sarebbe, prima delle iniezioni, rimesso nelle stesse condi- zioni di compattezza di quello rimasto non scassato, per mezzo di rulli compressori. Fu tale appunto il metodo, al quale rAmministrazione si attenne, per Riesi e per Messina. Le particola- reggiate istruzioni date a questo proposito si leggono a a pag. 526 e seguenti del presente volume. Evidentemente codesto sistema costituiva unainno\a- zione su quelli finora praticati, là ove si è seguito un sistema razionale di distruzione. Più tardi però si è venuto a conoscere che era stato nel decorso anno adot- tato anche nella Svizzera, come rilevasi a pag. 529 del presente volume. Le considerazioni d’indole tecnica, che consigliarono d’appigliarsi al sistema stesso, sono state brevemente accennate di sopra. Ma ciò non basta; di fronte alle previsioni di spese degli altri sistemi, quello adottato si raccomandava anche dal punto di vista della economia; esso richiede una spesa di circa lire 500 all’ettaro. Si è accennato di sopra che, ni lavori di scasso par- ziale, si sarebbe fatto seguire la iniezione di solfuro di carbonio nel terreno, ed è stata in effetti eseguita sulle base di grammi 150 per m. q. divisi in tre trat- tamenti. Risultati ottenuti dalle operazioni eseguite. — Con- viene innanzi altro premettere che sarebbe molto lungi dal vero chi si cullasse nella speranza che la fillossera possa essere debellata in uno o due anni, anche quando essa abbia invaso limitate eslensioui. XXXVi Un centro fìllosserico, che si scopre, ha sempre alcuni anni di vita, lo che vuol dire che esso ha avuto la op- portunità di formarne altri, entro un determinato raggio, sia con le fillossere alate, sia con altri mezzi di tra- sporto dello insetto. Perciò, anche nel caso in cui si giunga ad aver nelle mani il focolare principale ed a spe- gnerlo completamente, vi è da attendersi, per una serie di anni, di scoprire, nei. dintorni di esso, e ad una certa distanza, altri piccoli focolari, i quali combattuti nella stessa guisa debbono, molto probabilmente, condurre alla scomparsa totale dei focolari di infezione, ed, in ogni caso, a limitare sensibilmente la diffusione del male. Ogni focolare che si spegne, fa cessare la causa di altri nu- merosi focolari a’ quali esso darebbe luogo. Premessa questa avvertenza, ritorniamo alla narrazione dei risultati ottenuti dalle operazioni eseguite. Richiamiamo innanzi altro i documenti annessi alla relazione dei signori Targioni e Lawley sui risultati con- seguiti a Valmadrera e ad A grate nel 1879. Dalle veri- fiche fatte durante la campagna estiva, non che da quelle che si fecero durante l’estirpamento delle viti, praticato neirinverno 1879-1880, venne a risultare che completa, quasi da per tutto, fu l’azione del solfuro di carbonio. Questo risultato affermativo trovava una conferma in quegli stessi casi parziali nei quali la fillossera fu ancor rinvenuta su radici di viti che, per cause diverse, come è indicato neH’accennata relazione, non erano state sot- toposte al trattamento del solfuro di carbonio. Le ricerche fatte nel 1880, e le conseguenti scoperte di N. 22 picco- lissimi focolari, non infirmano le affermazioni di cui sopra. Questi piccoli focolari, scoperti in una estensione di molti chilometri quadrati, provano che nel 1879 si ebbe a XXXVII fare con il focolare principale, e che fortunatamente noi siamo ora di fronte a ciò che il dott. Fatio di Gi- nevra chiama scintille. Non abbiamo, è vero, a fare con grossi focolari, ma conviene però avere bene presente che anche i piccoli focolari sono, alta loro volta, origine di centri minori, che conviene scoprire e combattere. Fra’ mezzi adoperati per tentare la distruzione della fillossera nel 1879, vi fu quello della sommersione di uh vigneto ad Agrate. Era codesto un mezzo che la pratica fìliosserica indicava come più efficace, e che la Commissione superiore della fillossera in Francia classi- fica primo fra quelli raccomandati per distruggere l’in- setto. L’esperimento in casa nostra era raccomandato, non solamente per le ragioni per le quali altrove viene propu- gnato, ma ancora perchè poteva questo esperimento tor- nare utilissimo per molte provincie d’Italia, le quali, di- sponenendo di considerevoli masse di acqua, avrebbero potuto, nel disgraziato caso di una estesa invasione fìlios- serica, trovare forse nella coltivazione della vite una nuova fonte di lucro. Ed al risultato di questo esperimento si interessavano appunto le provincie che in codesta condi- zione si trovavano. Ma la scienza e la pratica fìliosserica è ben lungi dal- l’avere chiarito ogni dubbio intorno a questo argomento, e d’altronde alcune norme generali subiscono modifica- zioni secondo le località alle quali si applicano. Ad A grate si ebbe a, fare con un sottosuolo permea- bilissimo. La massa di acqua immessa sul terreno fu ol- tremodo considerevole, in ragione cioè di 1,600 metri cubi per giorno e per ettaro, e nemmeno fu sufficiente. Mentre XXXVIIÌ da noi si faceva questo esperimento, il Faucon, condotto da nuove esperienze, indicava, a modificazione delle prece- denti sue proposte, che la sommersione non era applica- bile in quei terreni che richieggono 1,000 metri cubi di acqua per giorno e per ettaro; e non basta, bisogna, egli soggiungeva, in ogni caso prolungare il periodo di sommersione fino a 90 giorni, per i terreni ordinari, e 120 per i permeabili. Le accurate esplorazioni fatte nel vigneto sommerso confermarono disgraziatamente le ultime asserzioni del Faucon, onde il vigneto stesso fu distrutto, in conformità del parere della Commissione della fillossera, non appena sulle radici di qua1 che vite fu trovato l’insetto. La sommersione non deve attualmente ascriversi che fra i metodi curativi, poiché pare non riesca che ad ot- tenere un equilibrio fra la fillossera e la pianta, laddove almeno il luogo che si sommerge si trova in mezzo ad una plaga infetta che non si cura, o si cura soltanto con metodo culturale. Veniamo agli effetti che dalle iniezioni di solfuro si sono ottenute sia sulla fillossera, sia sulle radici delle viti, tanto nel 1879 che nel 1880. Nella più volte citata relazione Lawley-Targioni sono registrati i risultamenti ottenuti nel 1879, e possono ri- assumersi in questo che la fillossera rimase colpita ed estinta con i due trattamenti, sempre che non interven- nero ragioni perturbatrici dell’ azione del solfuro ; che l’azione sulle viti fu in certa misura, proporzionale al grado, alfantichità delle infezioni ed allo stato delle viti; che sulle altre piante, gelsi, ecc., può formarsi una scala di resistenza diversa. XXXIX Rispetto al 1880, il delegato fìllosserìco per la provincia di Como, quantunque non dia nel suo rapporto un quadro della verifica del risultato della campagna, pure dice che Fazione insetticida del solfuro di carbonio fu completa. I trattamenti fatti nell’ estate hanno maggiormente danneggiata la vegetazione. Sulle viti le ripetute iniezioni poco o punto influirono, poiché, dopo un mese circa, ave- vano emessi vigorosi tralci. Sembra dunque, dice il dele- gato, che bisognerebbe fare su questo fatto studi accurati, poiché « se al solfuro, applicato a dosi tali da distrug- gere completamente la fillossera, le viti resistessero, si potrebbe operare senza tagliarle al piede. » Per ciò che riguarda fazione del solfuro sulle piante diverse dalle viti, il delegato riferisce che, dopo il se- condo trattamento, quasi tutte le piante mostravansi deperite; però, dopo alcuni giorni, salvo poche eccezioni, esse avevano ripresa la vegetazione normale. Le piante di gelso mostravano maggiore sofferenza. II delegato fìllosserico per Porto Maurizio, in un colla rappresentanza del Comizio agrario, della Commissione ampelografìca e della Delegazione fìllosserica provinciale (come risulta da processo verbale firmato il 19 novembre istesso da tutti i membri di tale Commissione), consta- tava l’effetto completo insetticida; però questo effetto completo fu infirmato da ulteriori ricerche, le quali pro- varono l’esistenza della fillossera su varie viti non esa- minate precedentemente. Circa l’effetto del solfuro sulle viti , il delegato asserisce che esso non è per nulla letale, poiché, dopo poco tempo dalle iniezioni, le viti diedero nuovi germogli. Crede che la stessa resistenza si sia verificata a Messina, a Riesi ed Agrate, contraria- XL mente a quanto asseriscono i francesi, pei quali 60-100 grammi di solfuro bastano per ammazzare le piante. Conchiude che, per la materiale resistenza delle nostre viti, si potrebbe ricorrere a forti trattamenti di solfuro, senza che si abbia il bisogno di uccidere le viti stesse. In quanto all’azione che il solfuro ha esercitata sulle altre piante il delegato asserisce che i limoni, gli aranci ed i fichi hanno molto sofferto, alcuni son morti, altri hanno subito deperimento. Il delegato fìllosserico per la provincia di Milano giu- dica che l’effetto insetticida prodotto dal solfuro fu com- pleto dopo la seconda iniezione, o dopo la terza, là ove la medesima fu giudicata necessaria. Circa l’effetto sulla vegetazione, il delegato riferisce che « le viti mostrano molta resistenza, » e ne dà una prova, accennando che, « benché tagliate al piede, e trat- tate con l’insetticida, in una stagione aridissima, delle 5700 viti, esistenti neh vigneto d’Adda, ne morirono ap- pena 1563. » Intorno a che va ricordata la natura del sottosuolo del vigneto d’Adda, evidentemente poco adatto a ritenere i vapori di solfuro, come poco adatto riesci a mantenere l’acqua che vi si versava per tenerlo som- merso. Asserisce il delegato che i peschi ed i gelsi mostrano di soffrire sensibilmente, alcuni essendo morti. 11 delegato fìllosserico di Riesi espone^ in 12 tavole i risultati constatati nella verifica della campagna. Le viti esaminate furono 44, e di esse 10 si rinvennero infette, sicché le fìllosserate rappresentano il 22,72 °|0 delle viti osservate. ÌLI « Quanto alP efficacia del solfuro di carbonio, dice il delegato di Riesi, sono certo che ben difficilmente si potrà trovare un’altra sostanza .che lo superi o lo uguagli nella sua potenza insetticida; i risultati che da esso si ottengono, e la prontezza con cui agisce sulle fillossere li anno, in molti casi, qualche cosa di miracoloso. » Circa l’azione, prodotta dal solfuro sulle viti, il dele- gato asserisce di avere osservato che circa il 92 al 94 per 100 delie viti trattate ha mostrata una grande resi- stenza, poiché esse diedero germogli che vennero ri- petutamente soppressi, a misura che si riproducevano,- senza poter ottenere la loro completa scomparsa. La presenza di questi germogli fa supporre al delegato fìl- losserico che, non solo le dosi di 155 grammi di solfuro per m. q. non producono danno sensibile alle viti, ma anche 311 grammi di solfuro per m. q., dopo quattro giorni dall’applicazione, producono lo stesso effetto. Crede quindi che la resistenza delle radici di viti di Riesi al- l’azione del solfuro sia « qualche cosa di eccezionale, fino ad oggi non mai stato osservato. » 11 delegato esprime, in seguito a ciò, l’opinione che, senza distruggere le viti, si potrebbero eseguire gli stessi trattamenti insetticidi fatti finora. L’asserzione, rispetto alla resistenza delle viti, non è confermata dalla grandissima mortalità delle viti, veri- ficata nello eseguire gli sradicamenti, cosa che il dele- gato non poteva naturalmente verificare subito dopo le iniezioni, come si vedrà particolareggiatamente nel ri- ferire i risultati dei lavori invernali. Il Delegato ha osservato, in seguito alle iniezioni, deperimenti repentini nei fichi, peri, peschi, mandorli e nei nespoli del Giappone, ma però queste piante, dopo qualche mese, sono rientrate nelle condizioni normali di vegetazione. 11 delegato per la provincia di Messina espone in 14 ta- vole la verifica ilei risultato della campagna fìllosserica. Queste tavole danno il risultato dell’ispezione di 496 viti, fatta dopo le iniezioni in tutti i fondi fìllosserati. In queste osservazioni, non solo è tenuto conto dell’effetto insetticida raggiunto col solfuro, ma anche dello stato di vegetazione delle viti. Nel territorio di Messina, nelle colline ove si è rinve- nuta la infezione, il terreno è ridotto a terrazze , la cui larghezza varia coll’inclinazione delle colline istesse. Tali terrazze sono sostenute da muri a secco, la cui quantità nei fondi fìllosserati è molto grande. Tale essendo la disposizione del suolo, bisognava cer- care due effetti nell’azione del solfuro; quello che è stato ottenuto nel terreno prossimo ai muri a secco, e quello ottenuto nei siti ove il terreno è lontano dai muri medesimi. Dalle osservazioni fatte dal delegato risulta che, allontanandosi generalmente 89 centimetri dalla fac- cia delle macìe, internandosi nella terrazza, o al massimo m. 1,20, si trova, in questo parallelogrammo di terreno, un risultato, al di là di questa distanza, misurata sulla perpendicolare alla faccia della macìa, ed a partire dalla medesima, sene trova un altro affatto diverso. 1 ceppi fìllosserati, rinvenuti nei muri a secco, rappre- sentano 1,04 per 100 delle viti osservate. Nelle terrazze invece, cominciando dalla distanza di 80 centimetri dalla faccia delle macìe, l’effetto insetticida è affatto completo. 11 delegato però non si dissimulava che, nonostante questo fosse un risultato confortevole, nello X.LIII scasso generale di tutte le viti non se ne sarebbero tro- vate alcune fillosserate. Confidava però, affidandosi sulle numerose osservazioni fatte, che tal numero sarebbe stato limitato. Circa lo stato di vegetazione dèlie viti, il delegato di Messina asserisce che le viti a Messina son morte sotto Fazione del solfuro di carbonio. Le 14 tavole, alle quali abbiamo accennato, lo autorizzano a queste conclusioni. Là, ove le viti delle terrazze non compariscono morte, il delegato opina che non era possibile giudicare della morte nel momento in cui furono fatte le osservazioni, giacché poco tempo era passato dalle iniezioni. Sotto Fazione del solfuro, quasi tutte le viti, egli dice, dei campi fìllosserati di Messina sono morte, e F apparenza di vitalità in alcune di esse, per la presenza dei ger- mogli, è affatto effimera. Le viti che presentavano germogli avevano perdute tutte le radici, che si trovavano in preda ad avanzata putrefazione. Ora queste piante non avevano più alcuna relazione col terreno, e però vivevano dei materiali accu- mulati nel ceppo, ossia vivevano consumando sé stesse. La linfa accumulata nel tronco veniva a poco a poco richiamata nella parte superiore, ove esistevano tralci in vegetazione; e però quella parte del fusto, dalla linfa abbandonata, a poco a poco marciva. Onde è che la vegetazione, spesso anche florida, che si osservava, era da ritenere, dice il delegato, di una durata brevissima. Come era naturale, questo problema meritava ogni maggiore attenzione possibile. La ricerca degli effetti, che con l'impiego del solfuro di carbonio si ottengono sulla XLIV fillossera e sulle viti, è della piu grande importanza. Quindi furono emanate istruzioni perchè, nell’operare gli scassi, si raccogliesse il maggior numero di elementi atti a chiarire questo importante punto. Ed ecco le notizie raccolte: A Valmadrera, di 3294 viti estirpate, 1600 furono tro- vate morte o deperite, 1688 sane, senza che si conosca il numero preciso delle fìllosserate. Nel circondario di Monza, delle 8849 viti estirpate, circa un terzo fu trovato morto e 2 fìllosserate. A Porto Maurizio 3881 furono le viti estirpate e, di esse, 763 sono state rinvenute morte completamente, e 692 deperienti, il rimanente vivo. Le viti fìllosserate non furono numerate. A Riesi le viti estirpate dal 14 marzo (epoca in cui si principiò una regolare osservazione) al 27 aprile (epoca in cui terminarono gli scassi) furono 82,094, delle quali: Morte completamente 41,043 » incompletamente 9,984 Vive 29,324 Fillosserate 1,743 Totale . . . 82,094 Sicché su 100 ceppi delle viti estirpate dal 14 marzo al 28 aprile, se ne rinvennero: Morte completamente 50.00 » incompletamente 12.16 Vive 35.72 Fillosserate 2.12 Totale . . . 100.00 XLV A Messina l’effetto insetticida, e l’azione del solfuro sulle piante, sono stati ricercati per due categorie: azione del solfuro sulle viti prossime o fra le pietre dei muri a secco, azione del solfuro sulle viti delle terrazze. Nei muri a secco sono stati sradicati 12,699 ceppi, dei quali se ne trovarono: Morti 10,129 Vivi 2,437 Fillosserati 133 Totale . . . 12,699 Sicché, su 100 ceppi di viti estirpate nei muri a secco, se ne rinvennero: Morti 79.77 Vivi 19.19 Fillosserati 1.04 Totale . . . 100.00 Nelle terrazze il numero dei ceppi estirpati fu di 1 15,518, di cui : Morti completamente Morti inferiormente, fino alla distanza di 10-35 centim. dalla superficie del terreno. Vivi. Fillosserati. ' Totale . . . 75,046 35,833 4,445 194 115,518 Sicché, su 100 ceppi estirpati sulle terrazze, se ne tro- varono : Morti completamente 64.97 Morti in feriormente, fino a 10-35 centi- metri dalla superficie del terreno, ed aventi tutte le radici marcite. ...... 31.02 Vivi , 3.85 Fillosserati . 0.16 Totale . . . 100.00 IL VI Il giudizio, dato da vari delegati sulla vitalità delle viti, non è confermato dalle osservazioni numerosissime, fatte durante lo estirpamento delle radici. Ciò è spie- gabile dacché i detti delegati. furono obbligati a giudicare l’effetto del solfuro poco tempo dopo la sua azione, in un'epoca cioè, in cui l’effetto stesso non poteva mani- festarsi con segni appariscenti. Ma l’ Amministrazione non si limitò a chiedere ai de- legati una esatta classificazione dello stato dei ceppi, sia riguardo all’ effetto su essi prodotto dal solfuro, sia riguardo alle condizioni di infezione; ma domandò eziandio un altro dato importantissimo, cioè Fetà dei ceppi mede- simi, sia morti, sia morti nella loro parte inferiore, sia completamente vivi. Questa classificazione si vede este- samente nelle relazioni sui lavori invernali di Messina e Riesi, riportati nell’appendice di questo volume. Essa era importante per lo scopo al quale l’Amministrazione mirava, scopo che oggi può dirsi, in base ai fatti, essersi raggiunto. Se a Riesi il 62 per 100 delle viti si è trovato morto, se, facendo tre iniezioni di solfuro di carbonio, a distanza di tre giorni l’una dall'altra, si è giunto a Messina ad uccidere- il 96 per 100 delle viti, su cui i trattamenti vennero fatti, possiamo in avvenire rinun- ziare agli sradicamenti, risparmiando una somma ingente ì L’economia, che si otterrebbe da questo sistema, si li- solvere bbe in una maggior convenienza nell’ attaccare la fillossera con grande energia, come facciamo attual- mente, còl metodo razionale di distruzione. Ma rimane una frazione, a Messina il 4 per 100 circa dei ceppi vivi. Ora questi ceppi, rimanendo, potrebbero compromettere le operazioni. XI VII Come si potrebbe fare scomparire? Tre sistemi possono essere seguiti, e tutti e tre meri» tano di essere seriamente discussi. I ceppi rimasti vivi potrebbero essere tagliati là ove termina la parte sotterrata del tronco, e cominciano le radici od estratte anche queste ultime. Potrebbe farsi, oltre alle tre iniezioni, una quatta ed una quinta inie- zione generale. Potrebbero finalmente cercarsi questi ceppi vivi e fare attorno ad essi, per una conveniente superficie, delle iniezioni fino ad ucciderli. Quale di questi sistemi merita la preferenza, o a quale altro converrebbe appigliarsi ? Sta alla Commissione della fillossera di pronunziarsi; però è utile avvertire come non si possa indicare una via da seguire invariabilmente, poiché la scelta del si- stema è subordinata al numero, alla rispettiva posizione dei ceppi vivi, e finalmente alla loro ubicazione. . Per uccidere completamente la fillossera, occorre un certo numero di iniezioni, ripetute ad intervallo, e con una data quantità di solfuro; per uccidere le viti, può oc- correre una quantità maggiore, uguale o inferiore a quella necessaria per uccidere la fillossera. Dallo stato dei ceppi, specialmente a Riesi ed a Mes- sina, molte cose scaturiscono (1), molte altre si possono dedurre. Si vede nettamente come f maglioli di un anno a tre sono tutti morti. Ora qui appunto abbiamo il caso che, per la morte della pianta, occorra una quantità di solfuro inferiore a quella necessaria ad ottenere la morte com- pleta della fillossera; le viti di 4 a 7 anni possono ri- (1) Vedi l’Appendice al presente volume. XLVIII chiedere una quantità di solfuro uguale a quella che si richiede per la morte della fillossera; e finalmente le viti di 14-17 anni, con un sistema radicale sviluppatissimo, ne richiedono certamente una quantità superiore. Ma l’età non sempre ha relazione coll'azione del sol- furo. Possiamo avere viti più giovani, le quali resistono più delle vecchie. Però, generalmente, circa la resistenza delle viti al solfuro, a seconda dell’età, si ha una vera parabola i di cui termini estremi sono le giovanissime e le viti vecchissime, il culmine della parabola apparte- nendo alle viti di media età. Infatti, partendo dalle viti giovanissime, ed avanzandoci nell’età, la resistenza si fa sempre più grande, finché si arriva ad un massimo, e poi lentamente decresce, finché si va alle viti vecchissime, che dànno la mano alle giovanissime. Ma questa parabola della vita dell’am pelidea, combat- tuta dal solfuro, non tiene strettamente all’età, ma più specialmente allo sviluppo del sistema di vegetazione. Possiamo aver viti vecchie, che si conservano tut- tora robustissime, e viti giovani con sistema radicale non molto sviluppato; ebbene la legge generale qui subisce ec- cezione. Peroni, volendo essere più esatti, si dovrebbe costituire la parabola della resistenza sul sistema di ve- getazione. Ora nei casi in cui la quantità di solfuro, per uccidere le viti, è inferiore od uguale a quella che occorre per uc- cidere la fillossera, è naturale che non vi è alcuna qui- stione da fare nell’applicazione di esso. Nel caso in cui la quantità di solfuro è superiore, conviene risolvere il problema con uno dei tre sistemi ai quali abbiamo ac- cennato. XLIX E sui problemi, che la distruzione delle fillossere ci pone tuttodì innanzi, conviene ricordare quest’altro. Si sa, ad esempio, che il terreno ha per i vapori di sol- furo una data capacità, percui, se noi accresciamo la quantità di solfuro liquido fino ad un certo punto, pos- siamo ottenere da questo accrescimento un effetto utile; ma, oltrepassato questo limite, seguitando ad aumentare la quantità, il dipiù rimane senza azione. Ora quale è la quantità minima di solfuro che, immessa nel terreno per ogni iniezione, può dare il massimo effetto utile? Questo problema è tecnico ed economico nello stesso tempo, e converrà studiarne la soluzione. Ed eccoci al termine della narrazione dei lavori ese- guiti per combattere la fillossera scoperta nel 1879 e nel 1880. Sorge pertanto naturale la domanda di ciò che avrà a farsi nella estate in corso. Operazioni da eseguire nel 1881. — Mentre si attende su di ciò ravviso della Commissione superiore della fil- lossera, T Amministrazione non si perita dalfaccennare come sia, a suo modo di vedere, necessaria conseguenza di quanto si è fatto, la esplorazione dei terreni circo- stanti ai vigneti distrutti. A Riesi, non solo converrà esplorare minutamente i 4590 ettari, esplorati in gran parte sommariamente nel passato anno, ed in cui certamente si troveranno nuove infezioni, ma converrà estendere le esplorazioni ai ter- ritori vicini. I territori di Riesi, Butera e Mazzarino formano un tutto che non può scindersi; e, siccome intorno ad essi vi è una grande soluzione di continuità di vigneti, conviene approfittare di questo fortunato stato di cose, conviene aver di mira tutta codesta località, e cercare, con ogni mezzo, che da essa non esca l’insetto distruttore. A Messina, oltre la parte esplorata nello scorso anno, conviene aggiungere la punta del Faro e la regione Zaf- farla, colle quali la regione esplorata viene compresa in- teramente dal more e da un’alta catena di monti. A Porto Maurizio, nel circondario di Lecco, ed in quelli di Monza e di Milano, converrà esplorare nuovamente i territori esplorati nello scorso anno, ed estendere le ispe- zioni ai territori limitrofi. I territori di Pescate, Civate e Valmadrera debbono essere anche esplorati. La estensione da dare alle ricerche non può però preci- sarsi anticipatamente ; i risultati che si otterranno ser- viranno di guida. In Italia, ed all’estero, si è molto discusso rispetto alla utilità di siffatte esplorazioni. Si è detto che, non esami- nando tutte le viti, è probabile che, sopra alcuna di quelle rimaste inesplorate, si annidi il fatale pidocchio; può anche darsi, dicono, che sulla stessa vite esplorata il pidocchio si trovi sopra una radice superficiale o pro- fonda, che non è stata esaminata. Crediamo che queste osservazioni sieno conseguenza di un apprezzamento poco esatto dello scopo delle anzi- dette esplorazioni. Non è chi possa assicurare che la scoperta della fil- lossera non possa sfuggire alle ricerche. Chi è al cor- rente degli studi fìllosserici codeste verità non mette in dubbio. Nella Svizzera le esplorazioni sono meno estese di quello che si faccia fra noi; attorno ai focolari pre- cedentemente scoperti, le ricerche sono relativamente LI minuziose, eppure rilevasi dalla relazione presentata sui lavori eseguiti nel cantone di Neuchàtel nel 1880 che alcuni dei focolari, scoperti nella Favarge , a Ghamprè- veyres e a St. Blaise , si trovavano su terreni esplorati negli anni precedenti. Però, anche nel caso in cui le ri- cerche sieno fatte con non abbastanza accuratezza, alle ricerche’ stesse possono sfuggire limitati focolari di infe- zione, ma non sfuggono focolari di infezione di una certa importanza. Scoperti questi focolari, le ricerche intorno ad essi vanno condotte con ogni cura, e così gradata- mente si giunge a riconoscere anche le piccole infezioni. Ai risultati delle ricerche non si può attribuire che quella portata che possono, e debbono avere ; ma è sempre da ritenere, ciò che ornai l’esperienza ha mostrato a tutti, e dovunque, che quando esse sieno regolarmente eseguite ci danno quella relativa, se non assoluta, sicurezza che basta per lo scopo che ci prefiggiamo. Chi crede che la fillossera possa- distruggersi in un sol colpo ha ragione di non affidarsi alle esplorazioni; coloro i quali, istruiti delle dottrine fììlosseriche, giustamente ritengono, che a questa opera di difesa dei nostri vigneti occorre un de- terminato numero di anni, attribuiscono giustamente alle esplorazioni la più grande importanza, e non le ten- gono però responsabili che entro alcuni ragionevoli limiti di ogni nuovo centro che successivamente si scopre. Ri- mane però sempre come verità indiscutibile quella che fu da molti, e ripetutamente, proclamata che la speranza di riuscita nella guerra che si combatte deve principalmente, e quasi esclusivamente, fondarsi nella scoperta dei fo- colari di infezione in un tempo più che possibile pros- simo a quello in cui essi sono stati formati: « Une « surveillance (dice il rapporto della Commissione federale LII cc svizzera) assez incessante et minutìeuse pour décou- « vrir toujours les points d’attaque dés leur premier « développement, et une intoxication des foyers assez « rapide et energique pour amener au plus vite la mort, « tant de la piante que de l’insecte et de ses oeufs. » Ed eccoci così naturalmente condotti ad accennare le opinioni che si manifestarono nel decorso anno rispetto al sistema seguito dalFAmministrazione per combattere la fillossera. Opinioni emesse sul sistema adottato dal Governo per distruggere la fillossera . — Nelle provincie di Como e di Milano non vi furono fatti speciali che meritino di essere segnalati. Nel 1879 l’opinione pubblica erasi troppo chiaramente e premurosamente manifestata a favore di provvedimenti energici, in guisa da non consentire nem- meno il tempo che era necessario a coordinare gli ele- menti diversi che debbono concorrere alla efficacia delle operazioni contro la fillossera. Avendo nel 1880 l’ Ammi- nistrazione persistito nella via seguita nel 1879, ogni nuovo incoraggiamento non sarà parso necessario. Però le preoccupazioni in quelle località sono sempre gravi e, come si è di sopra accennato, TAmministrazione fu chia- mata ad emettere provvedimenti perchè dal territorio di Valmadrera non si esportassero fiori ed altre piante. La vicina provincia di Sondrio, che, nella coltivazione della vigna, ha fonte principale della sua ricchezza, ha organizzato un servizio attivo di sorveglianza sui vi- gneti, e non si è peritata di adottare anche provvedi- menti speciali. La Rappresentanza agraria della provincia è fra le caldi sostenitrici di ogni più energico provve- dimento. LUI A Porto Maurizio, i provvedimenti adottati dall’Ammi- nistrazione non parevano eseguiti con abbastanza solle- citudine; del breve, ma inevitabile ritardo, a cui deve dare luogo il necessario adempimento delle disposizioni di legge, si dava colpa alPAmministrazione, ed ogni ressa si faceva per un’azione immediata. A Portoferraio, a Brindisi, a Lecce, a Reggio Cala- bria, le preoccupazioni di una invasione fillosserica spin- sero a chiedere l’applicazione di divieti per le provenienze di piante vive, parti di viti, vinacce, ecc., ecc. dai luoghi infetti del continente e dall’isola di Sicilia. Il Ministero rispose che il divieto non poteva ordinarsi, ma raccomandò a tutti di non acquistare ed importare prodotti provenienti dalle località infette, i quali potes- sero essere mezzo di trasporto della fillossera. Nell’isola d’Elba ed a Brindisi legni provenienti dalla Spagna, o dalle coste Mediterranee della Francia, deposi- tavano a terra le zavorre raccolte nei luoghi di partenza. Fu chiesto mstantemente che ciò non avesse luogo, e l’Amministrazione marittima consentì che, invece che . a terra, la zavorra fosse buttata in mare. Un veliere, che aveva a bordo ceppi di viti, fu sottoposto, nel mare di Brindisi, a procedimenti di disinfezione. La scoperta della fillossera a Riesi ha dato luogo a vive preoccupazioni d’indole diversa. La vite nella Sicilia ha una grandissima importanza, vi è quasi da per tutto razionalmente coltivata, e dà luogo ad una industria che è fonte di grande ricchezza per la regione. Le cure incessanti, che richiede questa coltivazione, permettono ai una popolazione numerosa di addensarsi sopra una piccola superficie di territorio, e di trarre dalla LIV coltivazione stessa pane e lavoro. In questa condizione è naturale che i legami fra i vigneti e i coltivatori sieno molto stretti. La comparsa della fillossera veniva quindi a mettere in pericolo, o a disturbare, vitali interessi. Chi temeva che i focolari scoperti potessero far divam- pare l’incendio in tutta l’isola, non si arrestava innanzi ad alcuna insistenza, e non era mai pago del modo come l’Amministrazione procedeva; censurava l’azione di essa, perchè credeva fosse troppo lenta. L’Amministrazione della provincia di Catania, e le Rap- presentanze agrarie locali, si distinguevano fra tutte sulla via dello insistere. La Deputazione provinciale e la Camera di commercio di Girgenti, le Commissioni ampelografiche di Caltanis- setta e di Siracusa, alcuni Municipi, tutti facevano voti perchè, con sollecitudine ed energia, si continuasse la di- struzione dei vigneti infetti a Riesi. Per mezzo della stampa, e con reclami fatti per venire direttamente al Ministero, si voleva che ogni indugio fosse rotto. E tutte queste spiegabili preoccupa- zioni furono energicamente portate innanzi al Parla- mento (1). (1) A spiegare l’interesse, che destò in Sicilia la comparsa della fillossera, riportiamo le seguenti informazioni : Caltanissetta. — La Deputazione provinciale, il giorno 5 marzo, dichiarossi pronta a sostenere le spese per l’invio di delegati a Riesi ad assistere alle operazioni per la distruzione della fillossera. Col Prefetto della provincia, re- caronsi delegati a Riesi l’avv. Giuseppe Mancuso Lima, presidente della Com- missione ampelografica e l’avv. Giuseppe Correnti, presidente del Comizio agrario di Caltanissetta. Catania. — L’Amministrazione provinciale assunse a suo carico la spesa. % per l’invio dei delegati a Riesi, e per la ispezione straordinaria dei vigneti della provincia. Dichiarossi inoltre pronta a pagare quanto fosse stato ne- cessario per scongiurare il pericolo della invasione della fillossera. LV D’altra parte quei di Riesi che vedevano devastati i propri vigneti, alzavano, alla loro volta, alte grida contro l’opera dell’Amministrazione, la quale opera ai loro occhi non pareva punto giustificata. A Riesi, come altrove si è detto, la vite ha spesso radici profonde, ed il sistema vegetativo è in genere molto svi- luppato, onde resiste all’attacco della fillossera per un tempo maggiore di quello che ordinariamente le viti resistono in altre contrade. Il termine di paragone per quei di Riesi in fatto di resistenza, era sempre la gran massa dei vi- gneti francesi, quelli della Svizzera ed i pochi colpiti in casa nostra nel nord della penisola. La relativa resistenza delle viti di Riesi fu scambiata con una resistenza assoluta; e, siccome in generale non si avevano intorno allo insetto notizie esatte, così nella comune credenza, la fillossera era un male che doveva, instantaneamente fulminare le viti. La grande quantità di esse viti essendo invece in piena vegetazione, l’opera distruttiva non si spiegava ai più, e l’opinione pubblica si ribellava contro l’Amministrazione, che si diceva vo- lesse distruggere viti sane e resistenti alla fillossera. Girgenti. — La Deputazione provinciale avvisò clie avrebbe presentato al Consiglio provinciale le proposte per lo stanziamento di fondi per una ispe- zione straordinaria dei vigneti. Palermo. — * La Deputazione provinciale deliberò di essere pronta a con- tribuire, oltre che a tutto ciò che la legge pone a carico della provincia, anche a quanto altro avesse potuto occorrere allo scopo di preservare il ter- ritorio della provincia dalla fillossera. Siracusa. — D’accordo tra la Deputazione provinciale e la Commissione ampelografica, furono inviate tre persone a Riesi per acquistare conoscènze pratiche relative alla fillossera. Trapani. — Vennero mandati delegati nei vigneti infetti dalla fillossera a Riesi. La Deputazione deliberò di sostenere le spese per la ispezione stra- ordinaria dei vigneti. LVI E non ricordiamo nemmeno alcune teorie allora pro- pugnate intorno all’ insetto, non esclusa quella che di fillossera non si trattasse, o che fosse diversa da quella che mena stragi in Francia. A Messina non mancarono voci contro la distruzione dei vigneti, nè mancò qualche Yneeting , ma le difficoltà furono minori che a Riesi. L’Amministrazione non si fece scuotere da codeste que- rele, e si appigliò, anche per la Sicilia, al sistema adottato sul continente, sistema che, nell’isola, essa crede abbia ra- gione maggiore di essere applicato. Alla vite difficilmente si sostituisce, quasi da per tutto, con altrettanto profitto, altra coltivazione; in Sicilia ciò sarebbe quasi impossibile. I paesi del mezzogiorno, e specialmente quelli in cui l’acqua fa in gran parte difetto, debbono fare grande assegnamento sulle culture arboree, e fra queste la vite occupaci primo posto. Conviene quindi tenere in gran conto questa pianta, essa è, ed in avvenire potrà essere sempre di più, fonte di immense ricchezze nell’Isola. Se si giungerà a cacciar via dalla Sicilia quest’insetto, la Sicilia stessa, come tutte risole, si troverebbe in una fortunata condizione; e, se la malvagità umana non vi im- portasse di nuovo la fillossera, essa non vi tornerebbe certamente per le vie naturali (1). (1) Il delegato regionale fillosserico francese Catta, fece un caldo appello perchè si tentasse ogni mezzo per distruggere la fìllosera in Corsica. « Il « est certain — egli conchiudeva — que ces foyers une fois détruits on « pourrait, en toute sècurité étendre la culture de la vigne sur une grande « quantité des terres qui sont éminemment favorables à cette production. * La Corsica conta già 800 ettari di terreno invaso. LVII Ma non è possibile, dicevano gli oppositori, che la fil- lossera venga debellata. L’Amministrazione non ha mai asserito che essa, in modo assoluto , garentiva questo risultato; ma, se anche non si potesse raggiungere, resterebbe sempre F altro risulta- mento indiscutibile di aver oppòsta una energica difesa alla diffusione del male. Con ogni focolare che si spegne, si spegne il centro di moltissimi altri. « Chaque année gagnée (dice il rap- porto della Commissione federale Svizzera), représente « des millions, en mème temps qu’elle donne à la Science « et à la pratique le temps de trouver, peut-ètre, le pro- « cédé qui nous sauvera définitivement, en justifìant notre « système de défense. » Anche nel caso, in- cui non si giungesse che a limitare e ritardare la diffusione delFinsetto, si sarebbe compiuta sempre un’opera di tornaconto; le spese fatte, e che ri- mangono a farsi, sarebbero impiegate ad usura. Così la intende la Svizzera, la quale lotta dal 1875. In alcuni punti, i focolari sono spenti; altri ne sono comparsi, è vero, ma se l’opera non fosse stata iniziata e seguita così energicamente, quanta parte degli stupendi vigneti dei contorni di Ginevra e di Neuchàtel sarebbero ancora lussureggianti? E ciò senza tener conto che i lavori fatti in questi due cantoni hanno salvati i vigneti di quelli di Vaud, di Berna, di Friburgo e di Valais, della Svizzera occidentale. L’opera iniziata, e seguita in Svizzera, non è dovuta alla sola iniziativa del Governo. Tutto il paese è entrato in questa via; una lega fra i cantoni anzidetti rende obbligatoria F applicazione del sistema finora seguito, ed una apposita imposta sui ter- LVJII .reni vitati offre, in gran parte, i mezzi per l’applicazione del sistema adottato. L’Austria, che non aveva potuto spegnere, per ragioni che non è uopo qui di ricordare, il focolare di Kloster- neubourg, non ha esitato a ricorrere al sistema della distruzione, per i due focolari scoperti nel 1880 nella Stiria e nella Carinzia. La Germania non si è finora condotta diversamente; ed a Metz, nel decorso anno, procedette come noi abbiamo proceduto. La Russia, in Crimea, non si comportò altrimenti. Ep- pure, in nessuno di codesti paesi, la viticoltura ha lonta- namente l’importanza che essa ha presso di noi. Allorché si presenta uno di codesti grandi problemi, i criteri per risolverlo non si debbono prendere in un campo ristretto e circoscritto ad una data località ; con- viene abbracciare tutto un complesso di interessi, con- viene avere la mente rivolta ai casi tutti che si intrec- ciano e si annodano. L’agricoltura d’Europa è vivamente minacciata dalla concorrenza d’oltre mare; privati, associazioni, Parla- menti e Governi si affaticano alla ricerca dei mezzi per superare questa che è più che una crisi passeggera. Ora, non è mentre che così potentemente si lotta che dobbiamo abbandonare una delle produzioni più rimune- ratrici, una delle produzioni che, per ora almeno, non va soggetta alla concorrenza americana, una produzione che, nel nostro paese, può ancora acquistare una grande estensione, e che può anzi rinfrancare la proprietà dalle perdite che soffre per altre vie. Anche nel caso in cui non si raggiungesse altro scopo che di ritardare conside- revolmente la diffusione dell’insetto, l’interesse pubblico, LIX ripetiamo, sarebbe largamente compensato dalle spese fatte. Chi trova eccessiva la lotta contro la fillossera in Sicilia, ricordi che la concorrenza americana minaccia di farsi sentire anche a danno degli agrumeti, e che la vite sola ancora resiste. Con questi criteri, dica chi ha conoscenza del paese, se si possono dire soverchi i lavori fatti nei centri in- fetti di Messina, in rapporto agli ubertosi vigneti del Faro, di Milazzo e di Mascali, per non dire di quelli in- direttamente minacciati. Tenga presente il movimento commerciale degli ultimi anni in ordine alla esportazione dei vini, e dica se una vista comprensiva degli interessi generali, e dell’armonia di essi, non doveva condurre alla risoluzione che è stata adottata. E chi tenesse conto delle manifestazioni fatte in favore dei provvedimenti radicali applicati, non giungerebbe a conclusioni diverse. La Camera dei Deputati votava, il 6 dicembre 1879, un ordine del giorno, invitando il Governo ad applicare di- vieti anche per le provenienze da territori infetti nell’in- terno del paese. La Giunta della Camera, che ebbe a riferire sul disegno di legge, presentato il 27 febbraio 1880, in ordine a provvedimenti contro l’invasione della fillossera, conchiudeva proponendo un ordine del giorno, col quale il Governo era invitato a continuare a combat- tere la fillossera esclusivamente col metodo della distru- zione, finché l’estensione dei focolari lo permettesse. La Commissione, incaricata di riferire sul disegno di legge, presentato il 10 giugno 1880, chiudeva la sua re- lazione col seguente ordine del giorno: « La Camera confida nell’azione perseverante, vigo- « rosa e pronta del Governo del Re per la difesa del LX « territorio nazionale contro la minacciata invasione « della fillossera. » A Torino, un Congresso di Comizi agrari, tenuto nel marzo 1880, respinse la proposta di chi voleva si faces- sero voti « perchè fosse 'proscritta la distruzione dei vigneti, invasi o sospetti, mediante estirpamento delle viti. » 11 Congresso degli agricoltori italiani, tenutosi a Cre- mona nel settembre del 1880, applaudì all’opera gover- nativa, e incoraggiò il Governo a persistervi. Ed il Consiglio di agricoltura, che nell’adunanza del 1879 avea incoraggiato il Governo a tener fermo nelle misure energiche preventive, « applaudì, nell’adunanza del 1880, « all’operato del Ministero, confidando che, con l’opera « sua energica e provvidente, si arriverà a liberare il « paese dalla fillossera. » Infine la Commissione della fillossera, nelle sue adu- nanze di gennaio e giugno 1880, deliberò che si avesse a seguitare ancora nel sistema della distruzione razio- nale della fillossera, di cui parte integrante è la distru- zione dei Vigneti infetti. Coloro, che hanno oppugnato il sistema della razionale distruzione dei vigneti, hanno sostenuto che il partito, al quale l’Amministrazione avrebbe dovuto appigliarsi, era quello che in Francia è conosciuto sotto il nome di me- todo colturale . 31 sistema colturale , o curativo, come è stato appellato presso di noi, non risolve il problema di distrug- gere la fillossera, conservando la pianta in condizioni normali di produzione. Con esso sistema si ottiene, fino ad un certo punto , di stabilire fra la fillossera e la pianta un equilibrio, in guisa che la fillossera che rimane non comprometta la vita della pianta. Bisogna dunque ras- LXI segnarsi a vìvere colla fillossera , lasciarla diffondere, cu- rare le viti là ove essa si manifesta, e sobbarcarsi annualmente ad una spesa enorme. I metodi curativi aggravano in Francia il bilancio della coltivazione della vite di circa 200 lire per ettaro. Presso di noi questa cifra dovrebbe essere sorpassata; poiché, mentre in Francia le iniezioni al solfuro di car- bonio possono nei terreni soffici, in cui generalmente trovasi la vite, eseguirsi con grande facilità, adoperando esclusivamente il palo iniettore, nella gran maggioranza dei nostri terreni, occorre un lavoro preliminare di pre- parazione dei buchi, che richiede una spesa considerevole. È vero che in Francia gli studi sono rivolti ad otte- nere lo scopo, che il metodo curativo si prefigge, con la minore spesa possibile, e quindi col più razionale impiego del solfuro, ma, checché si faccia, il bilancio della coltiva- zione della vite dovrà sempre rimanere aggravato di una spesa relativamente considerevole. Quanti vigneti potrebbero in Italia sopportare questa spesa ? Noi non abbiamo nè i vigneti dei grandi vini francesi, nè, salve eccezioni, una produzione considerevole per quantità , come si ha nel mezzodì della Francia. Ma, anche in Francia, a quale estensione di vigneti si applica il sistema curativo? L’ultima relazione ufficiale ci apprende che su 454,254 ettari di vigne, invase nel decorso anno, non furono trattati al solfuro di carbonio che ettari 5,547. Circa 400,000 ettari rimasero quindi a disposizione dello insetto; e, se non in tutto, in buona parte vi rimasero perchè i proprietari non trovarono tor- naconto a fare la metà delle spese necessarie, poiché l’altra metà, per le leggi del 1878 e 1879, è a carico dello Stato, LXIl Chi vuole oggi i metodi curativi, perde evidentemente di vista l’avvenire, non pensa alla enorme spesa a cui essi darebbero luogo, gli par molto ciò che si spende ora, e si inganna. Per trattare 400,000 ettari di terreni a vi- gneti, la Francia dovrebbe spendere annualmente circa L. 80,000,000. E questa somma aumenterebbe annual- mente, perchè la infezione, con i metodi curativi, progre- disce più lentamente, ma progredisce. Conviene meditare su queste cifre! Disgraziatamente per l’Italia, il tempo di appigliarsi ai metodi curativi potrà anche venire, ma è giunto il momento di rinunciare alla lotta? La lotta intrapresa non ci dà assolutamente alcuna speranza? Le spese, a cui si va incontro, sono così eccessive da non essere punto in relazione al risultato che si ottiene? Questo è ciò che P Amministrazione non crede. L’Am- ministrazione non si è fatta mai illusione, non ha acca- rezzato mai partiti assoluti; e, come si è trovata prepa- rata ad agire allorché il male si è scoperto, sa che, in questa via molto dolorosa, raccogliere l’uno o l’altro si- stema è la consegueuza dell’esame dello, stato delle cose, il quale vuole essere apprezzato con chiara e profonda conoscenza. Fu l’Amministrazione che chiese, ed ottenne, che il Parlamento modificasse la proposta di iniziativa parla- mentare, che poi fu legge del 3 aprile 1879, con la quale proposta si prescriveva che sempre , ed in ogni caso , la fillossera dovesse distruggersi col mezzo della distruzione . 1 1 dei vigneti. L’Amministrazione domandò che questo si- stema fosse fra’ mezzi ai quali essa avrebbe potuto ap- pigliarsi, in una data situazione di cose, ma non credeva che fosse l’unico al quale sempre avrebbe dovuto ricorrere. LXIll Ciò che oggi è necessario nell’interesse generale, più tardi potrebbe essere un’opera non che inutile, dannosa. Così è sempre stata posta la quistione, molto prima che il bisogno sorgesse, e quando il pensare a questo grave argomento era obbligo imposto a pochi. Oggi la difesa estrema è raccomandata, domani potrà essere con- sigliata altra via, ed il mutare strada non è segno di er- rore commesso, ma è conseguenza di una veduta pro- fonda e comprensiva della situazione, la quale insegna ad adattare il provvedimento alla condizione delle cose. I richiami fatti agli esempi di altri paesi, e specialmente della Francia, dimostrano che non si apprezzano giusta- mente le condizioni fillosseriche di quel paese. Quando si ha mezzo milione di ettari di viti distrutte, e quasi altret- tante invase, sarebbe follia fare diversamente da quello che ivi si fa, e ciò che colà si fa lo abbiamo detto di sopra. II Portogallo, che sino al 1878 è rimasto in una quasi completa inazione, e che ha circa 5,000 ettari invasi, fa bene a seguire il sistema curativo. E molto opportuna- mente il Governo spagnuolo ha sottoposto ad esame il quesito se debba modificare la legge del 30 luglio 1878, la quale prescriveva che, in ogni caso, si avessero a di- struggere i vigneti. Dopo che la Spagna si è accorta che più di 30 mila ettari si trovano compromessi dalla fillos- sera, doveva necessariamente avvisare alla via da seguire. La fillossera ha messo innanzi alla scienza ed all’Am- ministrazione molti ed ardui problemi, e guai a chi vo- glia risolverli esclusivamente con massime generali, con ricordi e con esempi. L’esperienza altrui ci deve essere maestra, ma,, nel prenderla a guida, dobbiamo ricordarci ohe ogni luogo ha circostanze così sue proprie, condi- zioni così individuali, che da esse veramente si può, e si deve tirar profitto. LXLV CAPITOLO IL Rendiconto delle spese fatte. Per ragioni contabili, le notizie contenute in questo capitolo giungono sino al 31 dicembre 1880. I fondi che, a più riprese, furono consentiti per le spese di ispezione, sorveglianza e distruzione della fillossera, a tutto il 31 dicembre 1880 , sommano a L. 600,000, e cioè: Stanziate colla legge 3 aprile 1879 L. 100,000 Prelevamento dal fondo di riserva nel 1879 » 100,000 Stanziate col Bilancio del 1880 •. » 100,000 Prelevamanti, come sopra, nel 1880 » 300,000 Totale . . . L. 600,000 Di fronte a cotesto attivo, nel biennio 1879-80 furono eseguiti pagamenti per la somma di L. 467,526 88, talché, al chiudersi dell’esercizio 1880, rimanevano altre L. 132,473 12 impegnate per far fronte alle molte spese residue, che non furono liquidate nello esercizio medesimo. Ma Tammontare anzi accennato di L. 467,526 88 di pagamenti, eseguiti negli esercizi 1879-80, non costi- tuisce la vera spesa, che deve andare a carico di co- teste gestioni. LXY Ad alcuni funzionari delegati, incaricati di provvedere alle spese urgenti, avanzarono somme che versarono in Tesoreria; altri invece di cotesti funzionari sostennero spese al di là dei fondi loro accordati, per modo che risultarono al 31 dicembre ultimo creditori verso l’erario. Conseguenza naturale di tutto ciò è che la spesa di com- petenza della gestione 1879-80 rimane modificata, e non può affatto concordare coi pagamenti eseguiti. Nè questo è tutto; molta parte della spesa sostenuta, ai termini della legge 3 aprile 1879, n° 4810 (art. 5), deve gravare rispettivamente le provincie, nelle quali avvennero le distruzioni della fillossera. Ora le somme dovette, di cui una frazione fu già versata nella Tesoreria dello Stato, debbono computarsi a deduzione delle spese fatte, se vuoisi conoscere la vera spesa rimasta a carico dello Erario. Per conoscere da vicino le risultanze definitive, con- verrà entrare in una disamina minuta di tutto l’anda- mento contabile fìllosserico, lo che brevemente facciamo. Bicisione dei pagamenti e delle spese, — È detto più innanzi che i pagamenti, eseguiti nei decorsi anni 1879 e 1880, ascendono a L. 467,526 88. In cotesta cifra figurano lire 5209 49 versate in Tesoreria per avanzo di anticipa- zioni al 31 dicembre 1880, e vi figurano ancora lire 2349 97 di residui attivi, tuttora in mano dei funzio- nari stessi. Deducendo queste somme dalla prima, sono lire 459,967 42 di spesa vera sostenuta, a cui aggiun- gendo lire 23,918 33, delle quali era creditore il Pre- fetto di Caltanissetta col chiudersi dell’anno decorso per anticipazioni fatte, ed aggiungendo lire 300 equivalenti al valore del solfuro acquistato sino dal 1877 sui fondi generali dell’ agricoltura, per costituire in Firenze un d L'X'VI piccolo deposito di cotesto insetticida, risulta l’effettiva spesa liquidata, per il periodo in disamina, in L. 484,185 75. E questo è il caposaldo dal quale partiremo per vedere quanta di cotesta somma fu impiegata nell’acquisto degli strumenti, nonché nel servizio generale di ispezione e sorveglianza , e quanto in quello di distruzione dei centri infetti. Il primo costituisce, per così dire, un servizio di pre- videnza. volto non solo ad esercitare una attenta vigi- lanza in ogni parte del Regno, ed a compiere ispezioni là ove nasce il sospetto della comparsa del flagello, ma ancora a provvedersi di tutto il materiale occorrente per reprimere l’ infezione ove malauguratamente si manife- stasse. Il secondo invece costituisce l’opera vera di distruzione dello insetto, e si vedrà, pei singoli focolari di infezione, quanta fu la spesa a cui si dovette andare incontro. Spese pel servizio generale . — Il primo servizio adunque, quello di sorveglianza ed ispezione, costò allo Erario, per gli anni 1879 e 1880, L. 98.425 55, e cioè: Per acquisto di strumenti ed utensili occorrenti alla di- struzione L. 50,801 47 Per acquisto di solfuro di carbonio destinato alla costi- tuzione di depositi in diverse regioni » 16,954 25 Per ispezioni nel Regno, studi, missioni all’estero ed altre spese inerenti al servizio fillosserico » 30,669 83 Totale . . . 98,425 55 Questa spesa può ritenersi come l’effettiva occorsa nel periodo in esame, inquantochè insignificanti possono es- sere i residui che, al solo titolo di ispezioni compiute sullo scorcio del 1880, debbono per avventura essere an- Lxvrt €ora rimborsate ai delegati fillosserici provinciali, che le hanno compiate. Pel materiale, molto presumibilmente, non occorre- ranno molte spese, giacché di esso Y Amministrazione è abbastanza fornita. La cifra di L. 50,801 47 può forse sembrare eccessiva a chi pensi alla quantità di strumenti che con cotesta somma si può acquistare, ma è bene notare che PAmministrazione non dovette limitarsi allo acquisto dei pali iniettori Gastine, o di altro sistema, delle bombole relative, delle zappe d’ogni specie, degli avampali, delle corde metriche e di tanti altri oggetti minori, nonché di quelli ottici e di precisione che si mostrarono indispensabili, ma dovette ben anco pensare a provvedersi di una fortissima scorta di recipienti in ferro, destinati a ricevere il solfuro di carbonio, poiché, se le fabbriche nazionali di questo prodotto potevano fornirne quantità spesso sufficienti al bisogno, erano affatto man- canti di recipienti per poter provvedere in breve volgere di tempo ad una commissione di qualche importanza. E, quando si pensi che le iniezioni, tanto a Riesi che al Ritiro presso Messina, avevano bisogno giornalmente di essere alimentate di parecchi quintali di solfuro, ognuno comprenderà quali fossero le preoccupazioni del- rAmministrazione, la quale dovette trovarsi di fronte a difficoltà che compromettevano il sollecito procedere dei lavori, ed a cui non era consentito rimediare lì su due piedi. In commercio non si trovavano fusti pel trasporto del solfuro di carbonio, e fu mestieri commetterne la fabbricazione espressamente agli stabilimenti di costru- zioni in ferro. Ora la spesa, incontrata per la dotazione di recipienti in ferro, sale a L. 26,911 16; e codesti recipienti ascen- LXY1II dono a 130 botti, della capacità inedia di cinque quintali ciascuna, ed a 239 barili della capacità di un quintale circa. Si tratta pertanto di una capacità complessiva di oltre 850 quintali, la quale, pure diminuita, di quella impegnata nei diversi depositi fìssi, sarà sempre sufficiente per far fronte ad ogni evenienza. Fu accennato ai più importanti strumenti del mate- riale fillosserico; ma, se a qualcuno prendesse vaghezza di sapere in quale misura lo Stato sia di essi fornito., si danno le cifre corrispondenti: Pali iniettori G astine . N. 356 Déverseurs Calvé » 10 Avampali di ferro , . . . > 357 Bombole . » 225 Zappe, zappini » 328 Corde metriche » 241 Vanghe » 10 Picconi » 24 Lenti d’ingrandimento » 104 Rastrelli > 30 Inoltre esiste molto materiale costruito per le espe- rienze fatte a Riesi in ordine alla diffusione del solfuro di carbonio. I depositi di solfuro di carbonio rappresentano, al 31 dicembre 1880, un capitale di lire 16,954. 25 così diviso : Milano . quintali 91 92 per L. 3,447 29 Cagliari . id. 101 52 » 6,015 42 Sassari . id. 99 — » 5,965 70 Conegliano . id. 20 81 » 1,049 45 Porto Maurizio . id. 11 60 » 435 — Spesa fatta per futuri depositi . » 41 40 Totale L. 16,954 26 LXIX Questi non erano i soli depositi che fossero istituiti dalPAmministrazione. Anche in Sicilia ne vennero ordi- nati tre altri, ma Y estendersi della fillossera a Riesi ed a Messina fece consumare le provviste di quelli di Pa- lermo, Catania e Caltanissetta. Spesa pel servizio locale di distruzione . — Passiamo ora ad esaminare le spese delle distruzioni, le quali si ripartiscono in due categorie. Quelle sostenute nel biennio decorso, e quelle che, dipendenti dalle scoperte fillosse- riche dello stesso periodo, non erano ancora liquidate al 31 dicembrè 1880, o non erano pagate. Nè qui è tutto, giacché, ove si voglia sapere che cosa importino definitivamente le distruzioni di cui è fatta menzione, converrà alla spesa citata aggiungere quella, che si dovrà sostenere nel corrente esercizio pel comple- tamento della serie dei lavori, iniziati Panno decorso, cioè scasso del terreno e sradicamento dei ceppi infetti, rinterro, disfacimento dei muri a secco (macìe) e loro ricostruzione ed iniezioni complementari. La spesa, sostenuta complessivamente per le distruzioni dei vari centri infetti è dì L. 385,760 20; a ciascun centro infetto corrispondendo la spesa seguente : Lecco . . . ... h. 115,212 55 Monza. 33,723 64 Terranova di Sicilia . . . . 159,804 32 Messina 71,369 76 Porto Maurizio 5,649 93 Totale L. 385,760 20 I.XX Ma cotesta spesa non è tutta a carico dell’Erario pub- blico, sebbene esso rabbia sostenuta. L’articolo 5 della Legge 3 aprile 1879, N. 4810, prescrive che le spese per le ispezioni, per gli studi e per le visite sono a carico dello Stato; mentre quelle pei metodi curativi, per la di- struzione dei vigneti, e per le relative indennità ai pro- prietari, sono per una metà a carico dello Stato, e per l’altra metà a carico della provincia. Ora la misura dell’uno e dell’altro onere risulta a questo modo ripartita: CENTRI INFETTI SPESE A dello Stato l CARICO dello Stato e delle provincie Circondario di Lecco 43 224 41 71988 14 > di Monza,, . . 5 854 59 27 869 05 TP di Terranuova di Sicilia 54 066 26 105 738 06 » di Messina ............ 10487 86 60 881 90 3> di Porto Maurizio . . 2 069 75 3 580 18- Totale . , . L. 115 702 87 270 057 33 385 760 20 LXX2 Spesa di distruzione dei diversi centri a totale carico dello Stato . — Ripartendo la spesa a totale carico dello Stato secondo diverse categorie, si ha quest’ altra dimo- strazione : LOCALITÀ INFETTE Indennità diarie e assegni compensi ai personale incaricato della direzione dei lavori Riparazioni al materiale spese d’ ufficio di posta e di telegrammi non che altre varie Mano d’opera degli operai impiegati nelle ispezioni generali dei comuni infetti TOTALE Lircnnd di Lecco. ..... L. 31 197 25 12 027 66 43 224 41 » di Monza. ..... » 5 505 39 349 20 5 854 59 » di Terranuova di Sic. » 22 611 10 (.1) 4 441 53 27 013 63 54 066 26 » di Messina. » 9 099 33 1388 53 10 487 86 » di Porto Maurizio . » 1822 50 247 25 2 069 75 Totale . . . L. 70 235 57 18 453 67 27 013 63 115 702 87 Soffermiamoci per poco a queste cifre, sia perchè esse non costituiscono il complesso della spesa sostenuta nel periodo che abbraccia questo paragrafo, sia perchè bi- sognerà tenere conto di altri elementi che andremo esponendo. Il personale, incaricato delia direzione dei lavori fìllos— serici, si compone di funzionari dello Stato (ufficiali fo- restali, direttori di Stazioni agrarie ed ispettori del Mi- nistero), che godono già sul bilancio dello Stato uno stipendio. Questo stipendio non è compreso nel computo da noi fatto, perchè grava altri cespiti di spesa, che non sono (1) Comprese L. 977 90 di compensi ai proprietari per danni cagionati da esperienze fatte e di L. 96 per onorari ai periti nella valutazione dèi detti compensi. LXXII inerenti alla distruzione della fillossera; e perchè essen- zialmente non sarebbe agevole tener conto di quanta parte dovrebbe riferirsi ad una distruzione più che ad un’ altra. Ad ogni modo, se per avventura si volesse tener conto di questi stipendi, per un apprezzamento complessivo della spesa occorsa pel personale direttivo dei lavori, diamo qui l’elenco degli individui assegnati ai diversi centri infetti, colla indicazione del loro stipendio e del periodo di tempo durante il quale prestarono la loro opera: Infezione nel Circondario di Lecco Delegato speciale Targioni Tozzetti prof. Adolfo dirett.e della Stazione entomo.a in Firenze stipendio annuo L. 8000 dal 25 agosto 1879 alla fine di ottobre 1879. Delegati per la distruzione Pianeggiani Ulisse Alunno forestale . . . dal 22 agosto 1879 al 15 gennaio 1880. stipendio annuo L. 1000 Cittolini Luigi alunno forestale dal 27 agosto 1879 al 9 settembre 1879. dal 1® ottobre 1879 al 31 dicembre 1880. id. P 1000 Zarpelloni Antonio alunno forestale id. dal 13 settembre 1879 al 13 gennaio 1880. » 1000 Soravia Roberto sotto ispettore forestale dall’ 8 ottobre 1879 al 27 novembre 1879. id. P 1200 Piccioli Luigi alunno forestale dal 4 dicembre 1879 al 15 gennaio 1880 id. P 900 Vecellio Osvaldo sott’ispettore forestale dal 17 giugno 1880 al 6 luglio 1880. id. P 1200 Basso Giovanni alunno forestale dal 1 aprile 1880 al 23 novembre 1880. id. P 900 Bassi Edoardo sotto ispettore forestale dal 14 giugno 1880 al 25 novembre 1880. id. » 1200 LXX1II D’Grlandi Giov. Batt. alunno forestale id. » 900 dal 28 marzo 1880 al 9 agosto 1880. Morocutti Cristoforo sott’ispettore forestale. id. » 1200 Infezione del Circondario di Monza Oittolini Luigi alunno forestale stipendio annuo dal 9 settembre 1379 al 30 settembre 1879. foravia Roberto sotto ispettore forestale dal id. 12 settembre 1879 all’ 8 ottobre 1879, dal 20 giugno 1880, al 21 agosto 1880. Vecellio Osvaldo sotto ispettore forestale id. dal 4 luglio 1880 al 23 novembre 1880. Morocutti sotto ispettore forestale id. dal 5 settembre 1880 al 23 novembre 1880. Infezione del Circondario di Terranova di Sicilia Macagno Ippolito Diret. staz. Agraria Palermo stipendio annuo » 4000 dal 6 Marzo 1880 al 31 dicembre 1880. Lazzaroni Giacomo Alunno forestale dal 10 Maggio 1880 al 31 dicembre 1880. Piccioli Luigi alunno forestale dal 13 maggio 1880 al 2 agosto 1880. Zarpelloni Antonio alunno forestale dal 19 maggio 1880 al 31 dicembre 1880. -Sinisgalli Andrea sotto ispettore forestale dal 1 aprile 1880 al 31 dicembre 1880. Buscemi Antonino alunno forestale dal 3 aprile 1880 al 19 agosto 1880. Spigno Federico sotto ispettore forestale dal 23 aprile 1880 al 16 ottobre 1880. Guarinoni Giovanni sotto ispettore forestale dal 4 maggio 1880 al 19 agosto 1880. Albertoni Benedetto alunno forestale dal 4 novembre 1880 ai 31 dicembre 1880. Infezione del circondario di Messina Preda prof. Pasquale Ispettore dell’ agricoltura stipendio annuo L. 3500 dal 1° agosto 1880 al 31 dicembre 1880. La Fauci Pasquale sotto ispettore forestale id. > 1200 Dal 1 agosto 1880 al 31 dicembre 1880. id. » 1000 id. > 900 id. » 1000 id. » 1200 id. » 1000 id. » 1200 id. » 1200 id. » 1000 L. 1000 » 1200 » 1200 » 1200 LXXl'V Piccioli Luigi alunno forestale id. » 900 dal 3 agosto 1880 al 31 dicembre 1880. Panisi Yito sotto ispettore forestale id. x> 1200 dal 5 agosto 1880 al 31 dieembre 1880. Bonanno Naselli guardia forestale id. » 900 dal 9 agosto 1880 al 31 dicembre 1880. I) 'Orlandi Giovanni Batt. alunno. id. * 900 dal 15 agosto 1880 al 31 dicembre 1880. Guarinoni Giovanni Batt. sotto ispettore id. » 1200 dal 20 agosto 1880 al 13 ottobre 1880. Buscemi Nunzio sotto ispettore id. * 1500 dal 20 agosto 1880 all’ 11 ottobre 1880. foravia Roberto sotto ispettore id. > 1500 dal 24 agosto 1880 al 13 ottobre 1880. Infezione del Circondario di Portomaurizio Bora via Roberto sotto ispettore suddetto. . . stipendio annuo L. 1500 dal 16 ottobre 1880 al 20 novembre 1880 Guarinoni Giovanni sotto ispettore id. » 1200 dal 19 ottobre 1880 al 13 novembre 1880 Spigno Federico sotto ispettore id. » 1200 dal 22 ottobre 1880 al 13 novembre 1880. So sì può però prescindere dal tener conto, nella spesa pel personale dirigente i lavori, dello stipendio che il personale stesso, per altri titoli, ha percepito, non si può rinunziare a tener presente le quote di cui il personale suddetto risultava creditore al 31 dicembre per indennità non ancora pagate, e la spesa a cui si dovrà ancora sot- tostare nel corrente esercizio per il compimento della serie dei lavori dipendenti dalle scoperte fillosseriche del perduto anno. Ciò facendo, otterremo la effettiva spesa che verrà a costare all’Erario il personale in parola. LXXV Le somme, liquidate al 31 dicembre 1880 che rimane- vano a pagarsi, sono le seguenti: Al signor Franceschini delegato per la distra- zione della fillossera nel circondario di Monza L. 269021 Al signor Freda per la distruzione stessa a Messina » 643 80 Totale . . . L. 3333 91 L’importo poi di quanto sarà per pagarsi nel 1881 per il compimento dei lavori converrà desumerlo dai pre- ventivi pei lavori invernali, compilati dai singoli delegati. Ecco le risultanze approssimative: CENTRI INFETTI Diarie ai delegati Spese di mano d’ opera Lecco 1 000 00 3 500 00 Monza 1 100 00 6 812 50 Terranuova di Sicilia 2 473 00 58 468 00 Messina . 5 080 00 9 869 00 Porto Maurizio 800 00 5 000 00 (1) Totale . . . . . L. 10 453 00 83 649 50 Per la qual cosa adunque la spesa approssimativa, a cui darà luogo il personale direttivo per effetto delle di- (1) In questi preventivi i delegati non hanno tenuto conto delle spese per le iniezioni «omplementari e pel solfuro di carbonio, per il quale occorrono circa lire 35,000. ’LXXVI frazioni dei focolari d’infezione scoperti negli anni 1879 •ed 1880, sarà di L. 81,022 48, che si ripartisce nel se- guente modo : Lecco , . . . L. 32,197 25 Monza » 9,295 60 Terranova * » 25,084 10 Messina * 14,823 03 Porto Maurizio » 2,622 50 Totale ... Li. 84,022 48 Se si dividessero le cifre parziali di cotesta somma per l’estensioni distrutte, si potrebbe conoscere a quanto am- monta la spesa di direzione ragguagliata ad ettaro; se nonché l’opera dei delegati fu promiscuamente dedicata alle esplorazioni ed alle distruzioni, per cui non si può dedurre, con precisione di calcolo, quanto importi l’una attribuzione piuttosto che l’altra. Di più, l’apparire della fillossera per la prima volta in Valmadrera diede luogo all’invio di delegati speciali incaricati di disporre l’opera della distruzione, e preparare elementi per lo avvenire. Non sarebbe quindi giusto di mettere a carico di Val- madrera, ciò che si è riversato a benefìcio di altra parte del paese. Intorno alle spese per riparazioni, e diverse di am- ministrazione non occorre spendere parola, ma solo con- viene osservare che, nelle spese di telegrammi rimane sco- perta una parte della corrispondenza telegrafica che fu fatta a credito. Occorre fare una riserva a proposito della mano d’o- pera, per le ispezioni generali dei comuni infetti, giacché, LXXVIE dal prospetto anzi esposto, pare che coteste ispezioni non fossero avvenute che a Riesi solamente, mentre furono fatte anche in tutti gli altri centri fìllosserati; se nonché,, in questi ultimi, dai resoconti, trasmessi dai funzionari delegati, non appariva la spesa degli operai, secondo la duplice classificazione per iniezioni e per esplorazioni. Di ciò terremo parola in appresso, ma intanto, nel dichiarare che, anche a questa lacuna sarà provveduto in avvenire, rimane riassunta la probabile spesa a totale carico del l’Erario in L. 129,489 78. Spesa di distruzione dei diversi centri metà a carico dello Stato e metà a carico delle provincie. — Passiamo ora ad esaminare l’altra parte della spesa sostenuta nel biennio, quella che, a termine di [legge, sta per metà a carico dello Stato e per metà a carico delle provincie, già accennata in L. 271,131 23. Cotesta spesa si ripartisce così: Zixxvm sriViLOx tljqnogissnio non osods o.niY 635 99 Ci Ci Co pjX aod osodg 108 50 200 00 1 308 50 oijossooob pò oizuod oi jod osodg 2 782 91 814 78 5 572 46 1 ’ 9170 15 «njoi.ido.id in njtuuopui 20 509 42 3 433 21 15 000 00 3 638 36 42 580 99 (1) nppy tp ojouSia iop ouoisjoramog j 2 881 61 2 881 61 ipojui ipuoj TOP nzuniiSoA.iog 3 037 00 4 850 00 14 629 00 5 424 80 27 940 80 iSSnnnqmt po iSSnmqoonj ‘ij.iodsu.ix 2 379 90 1 229 15 7 747 05 2 741 49 182 45 14 280 04 onmsnoo xp ijouoS o ipioijjosui «jtu ip ojsinboy 63 40 910 34 1 204 52 321 71 50 30 2 550 27 omoq.iuo ip oanjios Top ojsinboy 8 282 35 2 658 76 27 058 99 14 727 73 416 25 53 144 08 pouSiA xop ouoizn.ij8ip •iod naodo^p ouuj\[ 34 933 16 10 346 71 34 326 04 34 027 81 2 931 18 116 564 90 (1) Aggiungendo a questa cifra la somma di lire 977 90 a totale carico dello Stato, come si è accennato altrove, sarebbero lire 43 558 89. LX. XIX Questa è la spesa pagata, ma non ò tutta; fu già visto poc’ anzi che altre spese saranno da fare per le opera- zioni invernali, le quali, come vedemmo, ascenderanno a L. 83,649 50; di più saranno a pagarsi quasi per intiero gli indennizzi ai proprietari, gli onorari ai periti, e fi- nalmente, volendo rendersi conto approssimativo della spesa totale, a cui giungerà la distruzione, si dovrà aver riguardo . altresì a quelle spese che già furono sostenute direttamente dalle provincie, come quota loro spettante. Anche queste ultime spese si riferiscono ad indennizzi ai proprietari, ed onorari ai periti, e raggiungono le lire 39,727 68, per le indennità, e lire 4,969 14 per gli onorari. Le indennità e gli onorari invece che rimangono tut- tora da pagarsi risultano nel seguente modo: CENTRI INFETTI Indennità ai proprietari Spese di perizie Lecco 5 832 27 1 688 60 Monza . • 7 639 90 1 200 00 Terranova di Sicilia (1) 231882 89 2 432 20 Messina 15 567 68 2 394 78 Porto Maurizio . . . » 739 10 418 00 Totale . . . 261 661 84 8 133 58 Ricordiamo, l’avvertenza che intorno alle cifre riferibili al circondario di Terranuova di Sicilia, vi sono molte con- testazioni; ma intanto, riassumendo la spesa a carico metà (1) Questa cifra non è però liquidata, esiste anzi contestazione, e pendono liti innanzi i magistrati. LXXX del Governo e metà della Provincia, in base agli elementi oggi esistenti, si hanno le seguenti cifre: Somma già pagata dal Governo L. 270,057 33 £d. a cui ascenderanno i lavori invernali. . » 83,649 50 Id. già pagata direttamente dalle provincie » 44,696 82 Id. per onorari ed indennità da pagarsi . . » 269,795 42 (1) Totale L. 668,199 07 Ed, in uno colla spesa che deve stare a .totale carico' del Governo di L. 129,489 78, si avrà la spesa totale per le distruzioni locali di L. 797,688 85. Riunendo le cifre parziali, per ciascuna categoria del quadro precedente, con le cifre enumerate poc’anzi di spese a farsi, restano generalmente per la più parte invariate le categorie stesse, solo sono suscettibili di va- riazioni le seguenti tre: mano d’opera, indennità ai pro- prietari, onorari ai periti. La mano d’opera, già pagata in lire 116,564 90, colle lire 83,649 50 di opere invernali, salirà ad un totale di lire 200,214 40: come sia ripartibiìe, lo si vede esami- nando i precedenti dati, dai quali potrà forse sembrare che a Lecco, a Monza, a Messina ed a Porto Maurizio, si sia speso molto inconfronto di Riesi, centro il più impor- tante di tutti. La ragione della disparità sensibilissima dipende dal fatto già accennato, che nella mano d’opera in parola è compresa anche quella per le esplorazioni, mentre per Riesi questa fu tenuta distinta, e figura nelle spese go- vernative per L. 27,013 63. Non comprese L. 35,000 circa di solfuro di carbonio, che sarà per oc- correre nelle iniezioni complementari, oltre le spese di direzione e di mano d’opera. LXXXI Questa distinzione non è stato possibile all’Ammini- strazione tenerla in evidenza per ciascuno dei centri in- fetti, giacché, sulla scorta dei resoconti, non potè scindere nelle due parti le paghe agli operai, che dai delegati fu- rono iscritti in unici listini settimanali. Pertanto, se si aggiunge la spesa di mano d’opera delle esplorazioni alle spese di mano d’opera per le distruzioni avvenute a Riesi, si avrebbero L. 61,339 67. Volendo ad ogni modo, se non scrupolosamente, almeno con molta approssimazione, offrire in proposito dei dati, si sono raccolti alcuni elementi dai delegati fìllosserici, e questi elementi si danno nel prospetto seguente; a cui si aggiungono, per quei confronti che si volessero fare, le estensioni delle zone manomesse e di quelle esplorate, nonché dei vitigni recisi e distrutti. CENTRO INFETTO Spesa per distruzione Spesa per ispezione ESTENZIONE DELLE ZONE distrutte esplorate Terranuova 34 326 04 27 013 63 [ 36.09.39 3000 00 00 Messina 9 299 52 24 728 29 15.46.52 i) 1413.00.00 Lecco . 23 149 14 11 784 02 3) 23.41.70 3600 00.00 Monza. 7 595 81 S) 2 750 90 *) 7. 24. 70 2) 49000 00 00 Porto Maurizio .... 282 50 2 648 67 0. 84. 53 800 00.00 83. 06. 84 57813.00.00 NB. Le spese d’ispezione contenute nel presente quadro, sono esclusivamente per la mano d’opera; la spesa che si riferisce al personale direttivo è compresa fra quella delle distruzioni, di cui fu detto precedentemente. 1) Sparsi sopra una superficie di 54 chil. quadrati. — 2) Esplorazione saltuaria di cui 6000 con magggior diligenza. — 3) In questa cifra sono compresi Ett. 21.58.80 di infezioni del 1879. — 4) In cotesta cifra sono compresi Ett. 2.99.70 di infezioni del 1879. — Nel quale anno, oltre cotesta superficie distrutta, Ettari 1.17.10, vennero semplicemente trattati col solfuro di car* bonio, senza distruggere leviti — 5) L’ispezione sommaria, che si estese su 43 mila ettari nei circondari di Monza, Milano e Gallarate, «ostò solo per gli operai L. 422, il residuo si riferisce ai 6000 ettari esplorati rigorosamente . lxxxii lì solfuro di carbonio, consumato nella somma esposta di L. 53,144 08, trova riscontro nelle quantità che seguono: Lecco Quint. 166 11 L. 8,282 35 Monza id. 57 83 » 2,658 76 Terranova id. 496 46 * 27,058 99 Messina id. 284 68 » 14,727 73 Portomaurizio id. 11 10 » 416 25 (1) Totale Quint. 1,016 18 L. 53,144 08 e cioè a Lecco quint. 7,09 per ettaro, a Monza 7,16, a Riesi 13,79, a Messina 18,97 ed a Portomaurizio 13,06. Ad evitare equivoci nello apprezzamento che può portarsi sulle cifre anzidette, si ricorda che i vigneti distrutti non hanno tutti la stessa intensità, e che in Lombardia le zone di sicurezza prima delle istruzioni 3 giugno 1880 ricevevano una iniezione di circa 70 grammi per metro quadrato. Il prezzo, a cui PAmministrazione acquistò il solfuro, varia secondo i luoghi ed i tempi. Nel 1879 le prime provviste di solfuro furono fatte a Marsiglia al prezzo di lire 50, in oro, per ciascun barile della capacità di un quintale, di poi presso la fabbrica Rietti Walmarin di Firenze al prezzo di L. 44 il quintale quello rettificato e L. 41,50 quello grezzo. Nel 1880 l’improvvisa comparsa della fillossera in Si- cilia mise PAmministrazione nella necessità di provvedere il solfuro come meglio poteva. Essa fece capo alle più stimate fabbriche italiane, e Io ebbe a prezzi vari, da L. 44 a 50. Acquistò sempre solfuro rettificato come più idoneo alle distruzioni, ed anche perchè non arreca danno agli strumenti con i quali si adopra. (1) Per le injezioni complementari in Sicilia occorreranno altri 850 quin- tali per un valore approssimativo di L. 35,000. LXXXI1I Oggi PAmministrazione, in seguito a pubblica subasta, acquista, dal Labi Clemente di Livorno, il solfuro rettiti- , cato al prezzo di L. 37,50 il quintale. Sulle altre categorie di spese non è il caso di fare considerazioni di sorta, tranne che nella parte che si riferisce alle indennità ai proprietari, intorno alle quali bisognerà spendere qualche parola. Le indennità pagate sinora, come si disse altrove, con- stano di due parti; una intieramente dal Governo in L. 43,558 89 P altra direttamente dalle provincie, come quota loro spettante in L. 39,727 68. Quelle da pagarsi, fu anche visto, ascenderebbero a lire 261,661 84. Riassumonsi codesti dati per provincia. CENTRO INFESTO Pagate dal Governo Pagate dalle provincie Da pagarsi TOTALE Estensione distrutta ettari Media per ettaro Monza 3 433 21 579 90 7 639 90 11653 01 7.25 Lire 1394 Lecco 20 509 42 20 509 42 5 832 27 46 851 11 23.42 1994 Messina 3 638 36 3 638 36 15 567 68 22 844 40 15. 46 1523 Terranova 15 977 90 15 000 00 1 231 882 89 262 860 79 36. 09 2) 5 846 Porto Maurizio .... 739 10 739 10 0. 85 870 43 558 89 39 727 68 261661 84 344 948 41 83. 07 4120 Questi indennizzi comprendono, oltre il compenso per i ceppi di vite distrutti, quello pei frutti ed i raccolti che a causa delle iniezioni andarono perduti o ne fu vietato il raccolto. Vi sono poi i deperimenti degli alberi da frutto e specialmente dei gelsi in Lombardia, per i quali non si conosce ancora l’entità del danno. Le somme, dovute ai proprietari dei diversi centri in- fetti, possono ritenersi liquide, meno quelle ai proprietari di Riesi, su cui, giova ripeterlo, pendono gravi quistioni, per le quali non è dato ancora di formulare una spesa, che abbia qualche approssimazione con quella che si dovrà di fatto sostenere. l) Nelle lire 231 882 89 sono comprese lire 52 414 12 di compensi per alberi da frutto, pei quali non è ancora riconosciuto il loro deperimento. — l 2) Nella media non si tenne conto delle lire 52 414 12 di cui sopra. LXXX1V SPESA A TOTALE CARICO DELLO STATO CENTRI INFETTI servizio generale Spese diverse destinate pel servizio generale di ispezione e distruzione Infez. diValmadrera, Givate ecc. ( Lecco J Spese fatte Spese da farsi già liquid. Spese preventivate pei la- vori invernali .... Spese pagate direttamen. dalla Provincia. . . . Totali. . Inf. di Agrate Brianza (Monza) Spese fatte Spese da farsi già liquid. Spese preventivate pei la- vori invernali .... Spese pagate direttamen. dalla Provincia. . . . Totali. . . Inf. di Riesi (Terranova di Sicilia) Spese fatte Spese da farsi già liquid. Spese preventivate pei la- vori invernali .... Spese pagate direttamen. dalla Provincia. . . . Totali. Infezione di Messina Spese fatte. ...... Spese da farsi già liquid. Spese preventivate pei la- vori invernali . . . . Spese pagate direttamen. dalla Provincia. . . . Totali. . Infezione di Porto-Maurizio Spese fatte . . • • • • • Spese da farsi già liquid. Spese preventivate pei la- vori invernali . . . . Spese pagate direttamen. dalla Provincia. . . . Totali. Totali generali. PEL SERVIZIO GENERALE .s a H. ==* O* Sh 50801. 47 50801.47 16954. 25 M © — U © a Te 3 O © 30669.83 16954. 25 30669.83 98425. 55 98425. 55 PEL SERVIZIO LOCALE Indennità, trasferte, diarie, assegni, compensi al personale dirett Riparaz. al mater. spese d’amministr. ed altre varie Mano d’opera agli operai addetti alla ispezione dei comuni infetti Totale 1 Mano d’ opera per la distruzio 31197.25 12027. 16 43224. 41 34933.1 ì 1000. 00 1000.00 3500-ij 1 32197. 25 12027. 16 44224.41 38433.) 5505.39 349. 20 5854. 59 1 •10346.1 2690. 21 2690.21 1100. 00 1100. 00 6812.' 9295.60 349.20 9644. 80 17159.1 22611. 10 4441.53 27013. 63 54066. 26 34326,1 2473. 00 2473. 00 58468JÌ 25084.10 4441. 53 27013.63 56539. 26 92794. 9099. 33 643. 70 5080. 00 1388. 53 10487. 86 34027. 643 70 5080. 00 9869. J 14823. 03 1388. 53 16211.56 43896. 1822 50 247. 25 2069.75 2931. 800. 00 800. 00 5000. LI 2622.50 247. 25 2869. 75 7931. j 84022. 48 18453. 67 27013. 63 129489. 78 8.76 910. 34 1229. 15 4850. 00 2881.61 i 3433.21 ' 2853. 31 814. 78 1200.00 108. 50 635. 99 27869.05 2853.31 5986.59 6812.50 1394.68 44916. 13 33723.64 2853. 31 8676. 80 7912.50 1394. 68 54560. 93 i 1 4786.59: ì i 579.90 11653.01 814.78 2829. 56 >8.76 910. 34 1229.15 4850. 00 2881.61 108. 50 635.99 >8.99 1204.52 7747 05 14629. 00 ’) 15000 231882. 89 5772.461 2432. 20 200. 00 105738. 06 234315.09 58468. 00 16371.45 414892.60 159804. 32 234315. 09 60941. 00 16371.45 471431. 86 15000. 00 261891. 89 1371.45 9376. 11 >8.99 1204. 52 7747. 05 14629. 00 200. 00 17. 73 321.71 2741.49 5424.80 3638. 36 1556 7.68 2394. 78 60881.90 17962. 46 9869. 00 3638.36 92351. 72 71369.76 18606.16 14949. 00 3638. 36 108563. 28 3438. 36 22844 40 17.73 321.71 2741.49 5424.80 2394. 78 6. 25 50. 30 182.45 3580.18 1157. 10 5000.00 5649. 93 1157.10 5800. 00 739. 10 418 00 6.25 50. 30 182. 45 739. 10 418.00 9737.28 12607.03 2I 4. 08 2550.27 14280. 04 27940. 80 2881.61 342095 10 22368 87 308. 50 635. 99 668199.07 797688.85 hè dipendenti da esperienze fatte, cosicché le lire 261891.89 d’indenniazo totale per le proprietà di Rioni. 35,000 circa). Conviene tener conto delle spese per la mano d’opera. LXXXVI Fu (letto altrove che la spesa per le distruzioni dei diversi centri infetti presumibilmente ascenderebbe a L. 797,688 85, delle quali 129,489 78 a totale carico dello Stato. Sono pertanto L. 668,199 07 che verranno in parti uguali ripartite colle diverse provincie come quota che deve gravare su di esse. Il riparto per provincia risulterebbe a questo modo: Como Milano Caltanissetta Messina Porto Maurizio - . . L. 53,150 67 » 22,458 06 » 207,446 30 » 46,175 86 » 4,868 64 L. 334,099 53 Deducendo questa somma dalla spesa totale presumi- bile, a cui ascenderebbe il servizio generale d’ispezione e quello locale di distruzione, in L. 896,114 40 (1) reste- rebbero come onere difini tivo dello Stato L. 562,014 87. Il Governo, per la regolarità e speditezza delle distru- zioni, e per desiderio delle Amministrazioni provinciali, anticipa le spese, salvo a reclamare poi il rimborso dalle provincie delle somme dovute. Però, siccome i contributi delle provincie sono limitati ad un massimo corrispondente a 4 centesimi di sovrim- posta su ogni lira d’imposta diretta governativa, così per la provincia di Caltanissetta è indubitato che il ricupero delle L. 207,446 30, come spesa di distruzione della fil- lossera latta nel 1880, non potrà per intiero aver luogo, ma rimarrà molto al disotto di cotesta cifra. (1) In questa somma non sono comprese le lire 35,000, preventivate per il solfuro necessario per le iniezioni complementari in Sicilia e le spese di mano d’opera. , LXXXVII CAP. III. Yiti americane. Il Congresso fillosserico di Losanna del 1877 aveva dichiarato che, fra i mezzi sicuri per la ricostituzione dei vigneti con piante reputate resistenti alla fillossera, era da annoverare la riproduzione per semi delle viti ame- ricane. L’Amministrazione aveva già cominciato a diffondere, sebbene in piccola quantità, i semi della detta pianta, ma più tardi quando il pericolo ci era più da vicino, e quando il male si scoprì in casa nostra, la distribuzione dei semi fu fatta in proporzioni di ben lunga maggiori delle precedenti. Ecco la indicazione delle distribuzioni fatte nelle pri- mavere degli anni 1880-1881. 1881 1880 LXXXVIIl Semi di viti americane distribuiti negli anni 1880-81. Quantità Importo VARIETÀ medio SPECIE in SPESA per Osservazioni chilogram. chilogram. L. C. L. C 1 Rotundifolia. . . Scuppernong. . . . 72. 933 1046.50 Herbemont 24. 009 275.60 \ | Jacquez 14. 500 166.40 ] iEstivalis .... Herman 8.154 93.60 Norton’s Virginia. 28. 086 241.80 Clinton 137. 713 1 185.60 Marion 56.172 644.80 1 Riparia ..... Elvira 22. 650 195. 00 Sylvestre 43. 035 370.50 2. 260 Avuti in dono 409.512 4 2191 80 Trasporto e ij2 p. °|j di provvigione . 79. 14 Più spedizione da Livorno a Roma. . Ì50. 58 Totale 4 449.52 10.86 Rotundifolia. . . | Scuppernong. . . . 122.250 1 903. 12 ( ’ Herbemont 217.700 2 625.00 l iEstivalis ) Jacquez 78. 050 • 918. 75 \ j Herman 52.850 656. 25 1 i Nortons Virginia . 40.800 374.06 \ | Taylor 52.900 492. 19 1 Elvira 92.700 1 050. 00 Riparia < { Marion ..... 210. 860 2 008. 13 f Clinton . . ... 19. 050 236. 25 k Noali 210. 350 1 968.75 | miscuglio 2.490 1 100. 000 12 232.50 Meno sconto . . . 114. 97 Più trasporto, nolo, imballaggio, prov- 12 117.53 è vigione ecc. . ’ ‘ 625. 63 Totale 12 743. 16 11. 58 RIASSUNTO Anno 1880 semi distribuiti 409. 512 4 449.52 10 86.50 * 1881 - 1 100. 000 12 743. 16 1158.00 Cioè pel biennio 1880-81 1 509.512 17 192.68 11 67. 25 LXXX1X I semi sono stati ritirati direttamente dall’America ed acquistati dalla Casa Bush Son et Meissner. Nel novembre del 1880, fu rivolto, a tutti coloro, ai quali erano stati inviati semi nel 1879 e 1880, un ap- posito questionario, per avere notizia dei risultamenti ottenuti. Col detto questionario si chiesero brevi e concise ri- sposte sulla costituzione dei terreni nei quali era stata fatta la sementa, sulle loro condizioni topografiche, sul- l’epoca e condizione in cui fu eseguita la seminagione e il trapiantamento, sull’andamento della stagione, sulle operazioni agrarie eseguite posteriormente alla semina o al trapiantamento, sul tempo che occorse perchè avesse luogo la germogliazione, a partire dal giorno in cui fu praticata la semina, sullo sviluppo massimo, medio e mi- nimo delle piantine poste in piena terra, sul rapporto fra il seme adoperato e le piante ottenute, e quello fra. le piante trapiantate e le bene attecchite, sulle cause più attendibili delle differenze, ove ve ne fossero, dello sviluppo diverso delle piantine, e delle cause della loro morte, sulla convenienza di ripetere gli esperimenti nel caso che questi avessero avuto esito sfavorevole. Si chiese infine, sebbene con poca speranza di avere, dalla generalità, risposte molto attendibili, se co’semi si erano ottenute piantine che rispondessero al nome che portavano i semi stessi, o se si avvertissero variazioni; ed infine fu chiesto se, dove comparve la peronospora, le viti americane furono attaccate tutte o quali specie o varietà di esse, e quale grado di resistenza avessero op- posto alla crittogama. Più tardi verrà pubblicato il sunto delle risposte ot- tenute. Frattanto ne diamo un cenno. xc Le risposte sono numerosissime, ed interessanti, e da esse si può, fin d’ora, con qualche approssimazione, inferire che le differenze di suolo non danno ragione dell’ insuccesso dell’ esperimento avvenuto in qualche località, avvegnaché i semi di viti americane germi- narono dappertutto nel nostro regno, sia coltivati in vaso o in cassetta, come in piena terra, e in terreni di ogni natura. Lo stesso può ripetersi rispetto alle con- dizioni topografiche. L’epoca in cui fu eseguita la seminagione, ed il modo come essa fu fatta, pare invece abbiano avuta qualche in- fluenza. La peronospora, in alcune località, non risparmiò alcuna varietà di vitigni, in altre risparmiò interamente la V. Scuppernong, la V. Riparia, e furono leggermente colpite le varietà della V. Cordifolia, la V. Marion e la V. Volpina. I risultati ottenuti, quantunque l’allevamento delle viti da seme non sia operazione ordinaria, sono buoni; e, messe a confronto le esperienze fatte in Italia, per iniziativa del Ministero di agricoltura, con quelle fatte in istituti scientifici ed anche da privati, in Austria, in Germania e in Francia (delle quali ultime esperienze sarà fatto cenno nella anzidetta pubblicazione), si rileva che la semina- gione delle viti americane presso di noi, se non ha avuto successo migliore, è per nulla inferiore a quello ottenuto nelle accennate nazioni. In ordine poi alle varietà, che nel nostro paese hanno fatto migliore prova, se non si può, per ciascuna varietà, precisare il rapporto numerico fra i semi adoperati e le piante ottenute, e quello fra le trapiantate e le attec- chite, siamo al caso però di offrire alcuni dati che danno prova del buon esito della cultura di alcune fra le va- rietà di viti americane. XCI La Cordifolia, il Clinton, il Marion e il Franklin hanno dati buoni risultati; in molte località il rapporto fra i semi adoperati e le piante ottenute è stato del 45 per °|0; in una provincia del Piemonte, col Franklin il suac- cennato rapporto raggiunse il 90 per 100. Della specie Aestivalis, le varietà che hanno dato migliori risultati sono la Jaquez e l’Herbemont: in Lombardia in vari vivai si ebbe il rapporto del 30 per 100; in qualche località, questo rapporto raggiunse il 65 per 100. Anche la Rotun- difolia ha dato risultati soddisfacenti: la Scuppernong ha raggiunto, in qualche contrada dell’ Italia del nord, il 75 per 100. 11 rapporto fra le piantine trapiantate e quelle attec- chite ha offerto variazioni significantissime: mentre al- cuni hanno riferito che, nel trapiantamento, le pianticelle perirono tutte, in altri luoghi si è avuto 1’ 80 per 100 di attecchite. In ordine al quesito, se con semi si sono ottenute pian- tine che rispondono esattamente al nome che portano i semi stessi, o se si sono avvertite variazioni, si hanno notizie poco soddisfacenti. La maggior parte degli inter- pellati ha riferito che non è in grado di dare un’esatta risposta, altri hanno asserito che le piantine ottenute ri- spondono esattamente al nome della specie e non a quello della varietà; vi è chi afferma che dette piantine rispon- dono perfettamente, ed infine chi afferma che non rispon- dano affatto al nome che portavano i semi. E noto che, in diverse parti d’Italia, furono, in seguito alla comparsa dell’oidio, introdotte, ed in non piccole quantità, viti americane; si sa del pari che la quasi to- talità di esse viti appartiene alla varietà Isabella , non resistente all’insetto. Si chiariva, ad ogni modo, oppor- XCII timo di conoscere le località nelle quali si coltivavano viti americane, per venire più tardi a sapere se fra esse ve ne fossero di quelle ora ritenute resistenti. La prima parte delle indagini è stata compiuta. La seconda, in seguito a voto del Comitato Centrale Ampelografìco, è stata affidata alle Commissioni provinciali Ampelogra- fiche ed agli Ispettori ampelografìci. Nel decorso anno, la comparsa delle peronospora rese difficile questo la- voro, il quale sarà continuato nel corrente. Nell’adunanza del 24 gennaio 1880 la Commissione per la fillossera approvò una doppia proposta: di bandire un concorso a premi per piantonai e semenzai di viti americane; di impiantare, in una delle nostre piccole isole, un vivaio di viti americane per mezzo di magliuoli importati dall’estero. Con decreto del 15 febbraio dell’anno stesso (1) fu provveduto alla prima parte. Le domande ammesse al concorso sono in numero di 33. (1) Riconosciuta l’opportunità d’incoraggiare, oltre che con la distribu- zione gratuita di semi da parte 'del nostro ministro di agricoltura, industria e commercio, anche con premi in danaro e con medaglie la introduzione per semi, e la coltivazione di specie o varietà, di viti americane resistenti alla fillossera; Udito l’avviso della Commissione consultiva per i provvedimenti contro la fillossera; Sulla proposta del nostro ministro segretario di Stato per gli affari del- l’agricoltura, industria e commercio. Abbiamo decretato e decretiamo ; Art. 1. È aperto un concorso a premi per la costituzione di piantonai di piante madri atte alla moltiplicazione di specie o varietà di viti ameri- cane resistenti alla fillossera. I premi sono: Uno di lire 3,500 e medaglia d’oro, » » 3,000 e medaglia d’argento, » » 2,500 e medaglia di rame, » » 2,000 e medaglia di rame. xeni Della secondasi fece, come era naturale, oggetto di speciale proposta nei due disegni di legge che furono presentati alla Camera il 27 febbraio ed il 10 giugno 1880. Però siccome quei due progetti non avevano avuta la sanzione alla fine del decorso anno, e siccome il ritardo induceva la perdita di un anno di tempo, il Ministero, visto anche il voto favorevole della Commissione della Camera, che aveva esaminato i disegni di legge anzidetti, Art. 2. Per adire al concorso è necessario : a) che il concorrente dichiari di mettere in coltivazione un numero complessivo di piante ottenute da seme ed in paese, di una o più specie, o varietà, non inferiore a 8000, e che qualunque delle specie o varietà sia rappresentata da non meno di 500 individui; b ) che il concorrente dichiari di tenersi obbligato a vendere i pro- dotti della moltiplicazione ottenuta dalle piante coltivate (barbatelle, ma- gliuoli, epe.) ai prezzi che verranno stabiliti dal Ministero di agricoltura, sul parere della Commissione giudicatrice. Le domande di ammissione dovranno essere presentate non più tardi del 31 dicembre 1880. Le domande dovranno indicare: il nome e cognome del concorrente, il di lui domicilio, il luogo dove intende di stabilire la coltivazione. Art. 3. Per conseguire un premio è necessario: a) che i vivai di piante madri, al momento della verificazione defi- nitiva, per parte della Commissione giudicante, contengano realmente il numero complessivo di piante, e parziale per ciascuna varietà, indicata al comma a) dell’articolo 2; b ) che le piante siano di quelle specie o varietà che, al momento della verificazione, siano indicate dalla esperienza siccome dotate del pregio di resistenza alla fillossera. Le piante dovranno: 1° aver raggiunto il loro 5° anno di età, o essere altrimenti in tale stato, da potere identificare la specie o la varietà cui appartengono ; 2° essere piantate in terreno convenientemente scassato, e disposto ad intervalli sufficienti, da trovarsi in condizioni di acquistare il loro com- pleto sviluppo, e prestarsi alla più abbondante e sicura moltiplicazione. Il concorrente dovrà giustificare, per mezzo di documenti, sulla validità dei quali giudicherà inappellabilmente la Commissione, l’origine delle piante da esso coltivate, e dovrà pure far conoscere, con rapporto scritto, il me- todo di sementa o di moltiplicazione adoperato, le pratiche della coltiva- zione seguita e le osservazioni fatte rispetto alla vegetazione delle varietà o della specie, secondo le diverse condizioni di terreno, di situazione e di clima. XCIV ordinò l’acquisto dei magliuoli, e poscia con R. decreto del 3 marzo 1881, che doveva essere convertito in legge, permise la importazione dei magliuoli stessi e la forma- Art. 4. I premi verranno aggiudicati alla fine deiranno 1887 ed il giu- dizio sarà pronunziato da una Commissione speciale nominata dal Ministero di agricoltura, industria e commercio. Dal giorno dell’ammissione della dimanda al concorso a quello dell’ag- giudicazione dei premi, il ministro di agricoltura ha facoltà di fare eseguire tutte quelle ispezioni che esso reputerà opportune sulle coltivazioni designate. Art. 5. Sarà titolo di preferenza al conseguimento del premio : a) il maggior numero di varietà o di specie resistenti comprese nella coltivazione ; b) la prevalenza numerica data alle piante delle diverse specie o varietà, in proporzione al grado di resistenza per ciascuna di esse ricono- sciuto dalla pratica; c) il migliore impianto e la migliore distribuzione data alle piante sul terreno, all’effetto dei confronti e delle moltiplicazioni; d) il miglior sistema di potatura iniziato ed i migliori sistemi di cure annuali adottate nella coltivazione. Art. 6 È aperto altro concorso per quattro premi, due di lire 500 e medaglia d’argento, e dite di lire 300 e medaglia di rame, da conferire ai semenzai meglio ordinati e più popolati di piante di specie o varietà di viti americane resistenti alla fillossera, ottenute, in paese, da semi, e arri- vate al terzo o quarto anno di età. Sarà titolo di preferenza al conseguimento del premio: 1° il maggiore numero delle barbatelle coltivate, purché non sia in- feriore a 2000; 2° la migliore e piu conveniente distribuzione data alle barbatelle per essere quindi piantate a dimora; 3° lo stato più soddisfacente delle barbatelle, sia per lo sviluppo rag- giunto. come per la potatura iniziata. Le domande per l’ammissione al concorso dovranno essere presentate nel tempo indicato (1) pel concorso precedente e con le medesime indicazioni I premi verranno conferiti, due nell’anno 1884 e due nell’anno 1886, da una Commissione nominata dal ministro di agricoltura, industria e commercio. Art. 7. La spesa del concorso andrà a carico del cap. 42 del bilancio passivo del Ministero « Spese per impedire la diffusione della fillossera. » Ordinaniamo, che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi 15 febbraio 1880. (1) Con altro R. Decreto il termine utile per la presentazione delle domande d’ammissione ai due concorsi fu prorogato fino a tutto il dì 30 agosto 1881. xcv zione di un vivaio nell’isola di Montecristo, dove fu ef- fettivamente impiantato nello scorso mese di aprile (1). Nella Commissione della fillossera era stato discusso se l’acquisto dei magliuoli dovesse farsi in America od altrove; ma, al ritorno dei signori Kònig e Pedicino da Montpellier, fu deciso di rivolgersi alla Francia, dove vi è possibilità di fare, ed opportunamente, l’acquisto an- zidetto. Codesto acquisto fu però circondato dalla se- guente guarentigia. L’Amministrazione dell’agricoltura, a mezzo di un delegato speciale, acquistò, nel tempo della vegetazione, tralci di viti riconosciuti appartenenti a quelle specie o varietà ,che si desideravano. Più tardi l’incaricato stesso fece direttamente la raccolta dei tralci, e ne curò, non solo la spedizione in Italia, ma il colloca- mento a posto nell’isola di Montecristo. L’acquisto si è esteso a magliuoli 150,071, così ripartiti: / Black-July 300 1 Cyntliiana . . . 1,000 1 i Cunningliam . . . 27,000 Vitis aestivalis . Eumelan 300 | i Herbemont . . . 10,000 Jacquez . . . 29,000 \ 1 Rulander . . . 4,930 1 ! Clinton . . . 6,566 Elvira 1,200 Vitis riparia. - . ' ) Solonis . . . 14,475 j Riparia selvaggia. . . . . . . 23,000 Taylor . . . 21,000 ^ Vialla . . . 8,000 Vitis rupestris. . Rupestris 500 Id. Labrusca . York Madeira . . . 4,200 Id. Berlandieri Berlandieri 400 150,071 (1) Il provvedimento fu approvato con l’art. 3 della Legge 14 luglio 1881, N. 301 (serie terza). XCVI Le 150,071 piantine importarono L. 14,533 65. Le spese accessorie, compreso l’acquisto di strumenti, fra’ quali alcune macchine per innesti L. 6,434 51 ; in uno L. 20,968 16. I lavori di impianto furono fatti in condizioni abbastanza normali, comunque la stagione fosse inoltrata. Le pian- tine danno al giorno d’oggi segno di attecchire bene. Le varietà che meglio promettono, sono Taylor , Riparia , Solonis, Jacqez . Cunningham . Non entriamo nelle gravi quistioni che alle viti ame- ricane si riferiscono. Quelle in ordine alla resistenza allo insetto, alLadattabilità al terreno, alla facilità a ricevere lo innesto, sono vivissime, e meritano di essere seguite con ogni attenzione. Conviene che anche da noi si porti un con- tributo di ricerche, di studi e, se non altro, di raccolta e di esposizione di fatti. Nulla possiamo dire in ordine alla resistenza ; ma le altre quistioni possono, e debbono da noi essere studiate. La massa di piantine allevate in questi ultimi anni e il vivaio di Montecristo offrono già materia a ricerche. E soprattutto è pensiero dell’Ammi- nistrazione di richiamare su questo argomento la speciale attenzione della Scuola viticola ed enologica di Alba, alla cui testa trovasi un giovane che delle viti americane lungamente si è occupato a Montpellier, che ha acqui- stato i tralci, e che ha impiantato il vivaio a Montecristo. Prima di chiudere questo breve cenno, conviene ricor- dare la preoccupazione di molti che la propagazione, per semi, delle varietà di viti americane conduca a risultati diversi da quelli a’ quali si mira, poiché le piantine avute da semi possono non conservare le qualità della pianta da cui emanano, tendendo esse, generalmente parlando, a X0V1I riprendere l’abito originario e selvaggio. E ciò senza te- nere anche conto degli ibridismi, ai quali sono dovuti semi che in commercio figurano come appartenenti alla tale o tal altra varietà. Questa obbiezione ha senza dubbio la sua importanza; e, senza trincerarci , dietro la risposta che l’Amministra- zione non poteva procurare la diffusione delle viti ame- ricane altrimenti che per seme, conviene ridurre al suo giusto valore l’obbiezione anzidetta. Nelle varietà di viti americane si cerca innanzi tutto, e quasi unicamente, lo attributo della resistenza alle punture dell’insetto. Ora questo attributo non è provato che venga a mancare nella riproduzione per seme. E, se anche ciò si verificasse in qualche caso, sarà sempre giusto, nella maggioranza, lo asserire che le viti in tal guisa ottenute, tendendo a riacquistare la loro natura selvaggia, che le rende immuni dai danni della fillossera, saranno in grado di resistere meglio che le piante non rappresentate dal tipo o specie. D’altronde, senza neanche qui entrare nella grave disputa sulla differenza che corre fra varietà e specie, conviene ricordare come sia opinione, che pare fondata, che alcuni attributi, ben definiti e ben determinati delle varietà, si ottengono anche con la riproduzione per seme. Il Blankenhorn ( Annalen der Oenoiogie , fase. 1 2 del 1880 pag. 16), dopo aver riferito i risultati di una estesa coltivazione di viti americane, alla quale egli intende, così soggiunge « dietro questi risultati, credo assoluta - rnente che le viti di seme si riproducono pure nella loro natura, se il frutto ha raggiunto il più aito grado di maturità, mentre invece, da semi di uve immature o xcrni mezzo mature, prendono origine ceppi di viti selvatiche , WUdling . » Con ciò non intende V Amministrazione di aver risoluto» una quistione altamente scientifica. D’altronde era necessità assoluta di fare ; e se anche tutto lo scopo, che si voleva ottenere, non si è conseguito, ne rimane sempre tanta parte da compensare largamente il tempo e le spese occorse. XCIX CAPITOLO IV. Esperienze, studi, opinioni intorno agli insetticidi. Esperienze sulla diffusione del solfuro di carbonio e sulla sua potenza insetticida . — Dopo la scoperta della fillossera a Riesi, noi ci siamo trovati di fronte al pro- blema di conoscere, non solo la profondità, alla quale il solfuro di carbonio poteva scendere, ma anche fino a quale strato di terreno poteva produrre effetto utile. Nel mezzogiorno d'Italia bandita del suolo, durante la stagione estiva, obbliga le radici ad approfondarsi più o o meno nel terreno in cerca dello strato di esso, in cui possono trovare e Tumidità necessaria e Palimento. Con- veniva quindi studiare lo sviluppo del sistema radicale delle viti, la distribuzione delle loro radici, nonché la dif- fusione della fillossera, per sapere a quale profondità il solfuro si doveva spingere per esercitare la sua azione su tutte le fillossere. Queste ricerche erano tanto più interessanti, inquantochè, mentre servivano a dirigere razionalmente le operazioni, si prestavano nello stesso tempo a spiegare la resistenza che le viti siciliane, che sono state oggetto di studio, oppongono, per un certo pe- riodo, alla fillossera. Soltanto quando si conoscono le condizioni in cui si opera, le operazioni possono essere condotte con sano criterio direttivo. Non è dato, nei limiti concessi ad un’introduzione, esporre particolareggiatamente gli studi in proposito ordinati, cosa del resto che è fatta nel voi. 27 degli Annali di agricoltura 1880 , ed in questo stesso volume ; ma è necessario però esporre sommariamente le conclu- sioni alle quali gli studi condussero. Nel Riesano, ove furono fatti 1 primi studi, la vite è piantata in due modi distinti: con propaggini o magliuoli. Le viti provenienti dalle propaggini sviluppano nume- rose, ma esilissime radici, le quali raramente si spin- gono al di là del terreno smosso della fossetta che venne scavata per la propagginazione. In queste condizioni de- vono necessariamente condurre una vita stentata, e perire quando il terreno smosso della fossa è esaurito dei ma- teriali di nutrizione che poteva fornire alla pianta. Il piantamento coi magliuoli è fatto in due modi; o colla fossa o col palo. Nel primo caso la vite, che dal magliuolo proviene, è fornita sempre di numerosissime radici, le quali però sono di piccolo diametro, ed arreti- scono il terreno smosso della fossa, ond’è che raramente si trova che le medesime si spingono al di là della pro- fondità dì essa (80-90 centimetri ordinariamente). Ciò che avviene nel senso verticale, avviene anche in quello oriz- zontale. Diversamente stanno le cose per i magliuoli piantati col palo, i quali, messi come sono da principio in un foro del diametro di 3 o 4 centimetri, si trovano, fin dal loro nascere, a lottare contro le condizioni del mezzo in cui furono messi. Moltissime radici tentano di penetrare il terreno, però non tutte riescono a vincere la dura prova. In queste condizioni il sistema radicale si può sviluppare in due maniere distinte. Si può avere contemporanea- CT mente lo sviluppo di radici superficiali e profonde, si può avere semplicemente lo sviluppo di quelle; poiché radici che si sviluppano nell’estremo nodo del magliuolo, o sono mancate addirittura o, non avendo potuto appro- fondarsi verticalmente nel terreno, si dirigono verso la sua superfìcie. Nell’uno e nell’altro caso sono però poco numerose, ma in contraccambio robustissime. Le radici superficiali si protendono nel terreno nel senso orizzontale, e formano una fitta rete, congiungen- dosi ordinariamente le radici di una pianta a quelle del- l’altra. La loro lunghezza arriva qualche volta a 2m,40. Le radici, che si approfondano verticalmente, sono ge- neralmente in numero di tre, ma non tutte però con- tinuano la loro corsa negli strati più profondi del sotto- suolo. La maggior parte giunge alla profondità di lm,50, quando le condizioni del terreno non oppongono un osta- colo insormontabile, ma qualche volta ve ne sono di quelle che colle loro estremità capillari raggiungano i 5 metri. A Messina le viti si piantano quasi sempre con ma- gliuoli (trattandosi di nuovi vigneti) che si mettono nel terreno interamente scassato alla profondità di metri 1 ad 1,30. Le radici che si sviluppano tengono il mezzo tra quelle piantate colla fossa e quelle piantate col palo e spesso uguagliano lo sviluppo di quest’ultime. Tale essendo la distribuzione delle radici, era del più grande interesse lo studiare anche la diffusione della fillossera sulle radici istesse. Se l’insetto non avesse po- tuto trovare le condizioni della sua esistenza negli strati profondi del terreno, le viti nel mezzogiorno d’Italia, se non per qualità intrinseche, sarebbero state, senza dubbio, resistenti alla fillossera per le condizioni di clima in cui CII vegetavano ed anche, fino ad un certo punto, pel modo di coltivazione, che, dovendo seguire le condizioni natu- rali, procura lo sviluppo delle radici profonde. Le ricerche fatte provarono però, sfortunatamente, che la fillossera comincia dallo invadere le radici superficiali, e poi man mano si approfonda fino a raggiungere la estremità radicale anche la più profonda. Trovandosi poi sulle radici profonde di una vite, può anche passare da queste sulle radici profonde della vite vicina. Da ciò emerge che il lavorìo di distruzione delle viti può avvenire in due maniere, e sì nell’una come nell’altra, trattandosi di piante a radici superficiali e profonde, come spesso accade, possono continuare a vivere per un certo tempo, nonostante la fillossera. Infatti, mentre la fillossera distrugge le radici super- ficiali in un caso, rimangono le profonde a nutrire la pianta, e nell’altro, mentre la fillossera distrugge le ra- dici profonde, le superficiali alimentano la pianta-. Ma la fillossera, invadendo posteriormente le radici profonde nel primo caso, le superficiali nel secondo, finisce coì- lTicciderla addirittura. A questo punto bisogna notare che è inesatto il cre- dere che la fillossera abbia bisogno di invadere tutte le radici, od avendole invase, abbia bisogno di percorrerle per tutta la lunghezza per uccidere la pianta. Ad ottenere questo risultato è sufficiente che sia distrutta una gran parte delle radici, ossia che si generi un forte squilibrio fra la parte aerea e' sotterranea del vegetale. È perciò che l’unica, o le poche radici profonde, o anche le poche estremità radicali non attaccate dall’insetto non possono, malgrado qualunque sforzo, mantenere in vita la pianta* specialmente poi se queste radici sono invase, fino ad CHI un dato punto, e questo tratto comincia ad imputridire? separandosi così quello immune ed ancora sano dalla pianta. Trovata la fillossera a 2m,10 e, posteriormente, anche a profondità maggiore (1), era del più grande interesse il ricercare se i vapori di solfuro di carbonio giungevano a tale profondità per poter uccidere la fillossera ed anche le radici. Poiché, nel caso in cui ciò non si fosse verifi- cato, era necessario di studiare i mezzi per ottenere altrimenti lo scopo. Di ricerche sulla diffusione del solfuro non esistevano che quelle eseguite a Marsiglia dal Marion, il quale, non avendo da fare con piante, le cui radici si spingono molto profonde, non aveva ricercato il solfuro a profondità mag- giore di m. 1,20. In queste condizioni, TAmministrazione fece eseguire esperienze, non solo sulla diffussione del solfuro a grande profondità, ma anche sul suo effetto insetticida a pro- fondità varie. 1 olezzi , di studio adoperati, ed i risultati ottenuti, si trovano ampiamente descritti nei n° 28 degli Annali cT Agricoltura, 1880 . Da queste ricerche risulta che il solfuro, non solo si spinge fino a m. 2,25 (massima profondità a cui fu cer- cato) ma la sua quantità è tale da far supporre che si spinga anche a profondità maggiore. Dippiù la quantità istessa è sufficiente ad avere un completo effetto inset- ticida. Nè TAmministrazione ha inteso di fermarsi a queste ricerche, ma ha già provveduto che questi studi (1) A Messina fu trovata a metri 2,75. A Riesi alla profondità di metri 3,13, dopo le iniezioni però. In quest’ultimo caso, potrebbe essere anche stata fugata dal solfuro. siano allargati sotto tutti i riguardi, sia per avere una guida sicura per una pratica razionale, sia per riguardi economici. Interessa di raggiungere il maggior effetto possibile dai metodi che si impiegano colla minore spesa. Proposta di un metodo creduto efficace per uccidere le viti, — Come mezzo efficacissimo per la uccisione delle viti, era stato consigliato di somministrare sul ceppo della pianta, sterrato a 10 o 15 centimetri di profondità, 200 o 300 grammi di solfuro, a seconda del vigore della pianta. Con questo metodo si diceva che « il solfuro sarebbe stato spinto allo stato liquido fino alle più profonde radici, scegliendo le medesime come di con- duttura ». Pur avendo in questo consiglio poca fiducia, per non essere in alcune parti in armonia colle conoscenze che si hanno sul potere assorbente dei terreni, TAmministra- zione volle che su di esso si fosse portato un partico- lareggiato esame, per vedere se, in qualche parte, fosse capace di utile applicazione. Nel n° 8, anno III del Bollettino di notizie agrarie , si trova una particolareggiata relazione circa l’esame por- tato sul metodo in parola. Da esso risulta che, per as- sorbire 300 grammi di solfuro, occorrono da 1236 a 1357 centimetri cubici di terreno, e che la profondità, alla quale il solfuro si può spingere allo stato liquido, è 26 a 32 centimetri, applicando il metodo del quale si è parlato. Azione del solfuro di carbonio sulle viti quando il terreno è inzuppato di acqua. — Durante la campagna fillosserica 1878-1879, il signor Catta, ha osservato nel Bordolese che il solfuro di carbonio, amministrato anche cv a piccole dosi in un terreno troppo umido, o recente- mente disgelato, diviene pernicioso alle viti. Senza dubbio questa osservazione merita tutta Fatte n- zione, poiché quello che è stato sfavorevole per le ope- razioni curative , sarebbe di un grandissimo vantaggio per noi che vogliamo ottenere la morte delle piante, che è parte principale nelFapplicazione dei metodi di- struttivi razionali. Questo insuccesso nei metodi curativi si spiegherebbe col fatto che al solfuro sarebbe impedito il passaggio dallo stato liquido al vaporoso, e però quello, dimorando a contatto delle radici delle piante, ne morti- ficherebbe il tessuto. Nei nostri campi fìllosserati si sono osservati fatti i quali non sono di accordo con quelli esposti dal Cattà. Infatti a Messina, là ove venne permessa la irrigazione durante le iniezioni, gli effetti delFapplicazione del sol- furo furono molto sfavorevoli pel nostro sistema; inquan- tochè quasi tutte le piante rimasero in vita, ed anche una gran quantità di fillossere si rinvenne sulle piante sopravvissute. Ora in questi terreni, ove la irrigazione venne permessa, la quantità di solfuro iniettato ed il modo di applicazione non differirono da ciò che si fece su terreni asciutti. La sola differenza fra questi ultimi, in cui si ottenne la morte di quasi tutte le piante, e quelli in cui la irrigazione fu permessa, si spiega col fatto che in quest’ultimi il terreno era bagnato in seguito alle irri- gazioni. E fuori di dubbio che, quando nel terreno si immette una data quantità di acqua, la medesima agisce come refrigerante, e lascia condensare buona parte o quasi tutto il solfuro in tante piccole gocciolette. Ora sono appunto queste gocciolette, le quali, venendo a contatto evi delle radici delle piante, possono mortificare quella parte di tessuto che hanno lambito. Ma questa sarà un’azione locale, e non può essere limitata che a pochissime radici. L’acqua riempie gli spazi interstiziali del terreno, e però impedisce, sia al solfuro liquido che al gassoso, di venire a contatto colla maggior parte delle radici e delle fillossere, onde è che tanto le ime quanto le altre devono rimanere in vita. Codesto è un argomento di grande importanza, e FÀm- ministrazione si propone, ove sia possibile, di sottoporlo a ricerche. Un’altra scoperta intorno agli effetti del solfuro eli carbonio è stata segnalata, come la precedente, dalla Com- missione superiore della fillossera di Francia. Essa è do- vuta al sig. Marion, il quale, dice la Commissione, ha sco- perto « che il solfuro di carbonio, iniettato a dosi tra 5 e 10 grammi a 25 centimetri di profondità a fianco del piede stesso della vite, produce effetti sorprendenti. » Siamo sempre, è vero, nel campo del sistema culturale, ma ciò non esclude che non debba essere segnalata questa pro- posta, che potrà essere meglio apprezzata allorché il si- gnor Marion ne avrà diffusamente parlato nel suo rapporto* annuale. Esperienze di disinfezione di piante e di parti di esse ~ — Nelle sedute del gennaio e del giugno 1880 della Commissione consultiva della fillossera, si agitò la impor- tantissima quistione della disinfezione delle piante, già qualche anno prima messa innanzi, e fatta argomento di studio da parte del prof. Targioni. Trovato un mezzo sicuro come raggiungere un tale scopo, si sarebbe senza CY1I dubbio tolta la ragione di esistere di alcune proibizioni intese ad impedire la diffusione della fillossera. Si trattava dunque di trovare mezzi di disinfezione coi quali, uccidendo tutte le fillossere, nonché le loro uova* non si arrecasse danno alle piante. I mézzi di disinfezione rispetto ai quali si agitò la di* scussione furono chimici e fisici. Intorno ai primi, (V. Annali d* Agricoltura 1880 > n° 25),. il dott. Koenig fece nelle adunanze del maggio una comu- nicazione di studi da lui fatti, dai quali risultava come l’acido cianidrico fosse un insetticida molto potente. II prof. Cornali a proponeva si esperimentasse anche Fazione del calore. Dei mezzi chimici si occupava posteriormente una Sotto- Commissione, eletta nel seno della Commissione consul- tiva, e composta del prof. Targioni-Tozzetti, prof. Pedi- nino e dott. Koenig, i quali, dopo aver conferito a Ginevra col dott. Patio, che, con altri intenti, si occupava anche di questo argomento, continuarono, i due ultimi, gli studi a Montpellier per poter aver agio di fare esperienze sulla fillossera, ciò che in paese non era possibile senza pericolo di diffusione della fillossera stessa. Dalla relazione del dott. Koenig, che si presenta alla Commissione, risulta che le piante perenni resistono rela- tivamente molto all’azione dell’acido cianidrico, mentre le piante annuali sono molto sensibili alla sua azione venefica. Le talee di viti, per esempio, esposte per una o due ore in un ambiente contenente 20 o 50 milligrammi di acido cianidrico, per ogni litro di aria, non soffrono alcuna alterazione, ciò che avviene anche pei semi di piante diverse. «Vili Per uccidere completamente la fillossera e le sue uova, basta esporre le parti di vegetale che le contengono per circa un' ora e mezzo in un ambiente che contenga mezzo gramma di acido cianidrico per un metro cubo di aria. Se la parte aerea delle piante è facile a disinfettarsi, non così avviene della parte radicale immersa nel terreno. Gli studi intorno a quest’ altra parte del problema si possono dire semplicemente avviati. Il dott. Macagno, direttore della Stazione agraria di Palermo, ha studiato qualche mezzo chimico ed anche fìsico. Partendo dalle esperienze del Dumas, le quali prove- rebbero che 7 grammi, di solfuro di carbonio in un metro cubo di aria, bastano ad uccidere la fillossera; del Cornu e Mouillefert che 119 grammi od anche 120, dietro un sog- giorno di 24 ore, uccidono tanto la fillossera che le uova; di quelle del Balbiani che, coll’immersione per 12 ore in un ambiente che contenga 95 a 126 grammi di solfuro per metro cubo, le uova muoiono completamente, egli ha voluto sperimentare per quanto tempo, e con quale quan- tità di solfuro, possono resistere le talee di viti in un dato ambiente. Egli ha trovato che in un ambiente che contenga anche 214 a 322 grammi di solfuro per metro cubo, le talee possono impunemente soggiornarvi per 36 ore, tempo nel quale tutte le fillossere rimangono senza dubbio uccise. Partendo dall’idea fornita dal prof. Cornalia, di appli- care il calore per distruggere la fillossera, risparmiando ie talee, e da alcuni stridi fatti dal Balbiani sulle uova, CIX da Sachs, e da altri autori, sulle piante, il dott. Macagno, ha sperimentato che, tanto la fillossera quanto le loro uova, muoiono completamente, quando soggiornino per 4 ore in un ambiente umido, la cui temperatura oscilli dai 41°. 5 ai 42°. 5. Ha trovato inoltre che le talee di viti resistono, senza alcuna alterazione, anche quando vengano esposte per 5 ore alla temperatura di 44-45° ed anche di 45-46° per 6 ore, parimente in ambiente umido. Solfocarbonato e solfuro di carbonio . — Anche presso di noi si tentò di sollevare la questione, così accanita- mente dibattuta in Francia, intorno alla efficacia del solfuro di carbonio e del solfocarbonato di potassio come insetticidi, e vi fu chi a quest’ultimo avrebbe data la preferenza. I signori Targioni e Lawley nel rapporto, che abbiamo di sopra accennato, giustificarono piena- mente l’opera loro, e dimostrarono come al primo, e non al secondo, si dovesse mettere capo. La Commissione superiore della fillossera in Francia, nelle sue adunanze del 1879 e del 1880, ha dato la pre- cedenza, nella classificazione degli insetticidi, al solfuro di carbonio sul solfocarbonato di potassio. Nel cantone di Neuchatel, si è quasi completamente sostituito, nel 1880, il solfuro di carbonio all’anidride solforosa sciolta nella neolina. Nel cantone di Ginevra, nella Stiria e nella Carinzia, hanno esclusivamente usato il solfuro di carbonio. Nella Crimea si è ricorso dap- prima ad altri insetticidi, ma, in seguito ad una recente visita di un delegato Russo in Svizzera, pare si voglia ricorrere anche al solfuro di carbonio. ex Ai Thenard spetta il merito di aver indicato il solfuro di carbonio, ma la sua applicazione ebbe dapprima assai poca fortuna, poiché le piante, su cui il solfuro veniva applicato, in gran parte, morivano. Ben presto fu dunque abbandonato questo potente insetticida, poiché una delle condizioni richieste dai metodi curativi, la conservazione della pianta, non veniva punto soddisfatta. È dovuto alla Compagnia ferroviaria Parigi-Lione- Mediterraneo, ed al professor Marion, il merito di aver diffuso la conoscenza delle preziose qualità di questo in- setticida. Il solfocarbonato di potassio fu, nel 1874, proposto dal nestore dei chimici viventi, l’illustre Dumas. Il nome dell’autore, la maniera di decomporsi dei solfo- carbonati, fecero ritenere come risoluto scientificamente il problema dei metodi curativi, e pareva rimanesse sol- tanto una soluzione economica, la quale non sarebbe al certo mancata. 1 solfocarbonati non agiscono per sé stessi come in- setticidi, ma per i prodotti di decomposizione, quali l’idrogeno solforato o acido solfìdrico, il solfuro di car- bonio ed il carbonato di potassio, prodotti che si otten- gono sotto l’azione dell’anidride carbonica e dell’ umidità.. Tanto l’idrogeno solforato, quanto il solfuro di carbonio, sono due potenti insetticidi; rimane come residuo nel ter- reno del carbonato di potassio, che è una materia con- cimante molto ricercata, specialmente per le viti. I solfocarbonati adunque per sé stessi non danneggiano in nessun modo la pianta, nè possono danneggiarla i suoi prodotti di decomposizione, poiché questa avviene così lentamente da ottenere un effluvio gassoso costituito da una miscela di solfuro di carbonio ed idrogeno solforato, ■ CXI a proporzioni tali da uccidere la fillossera, senza dan- neggiare la pianta. Presentati con tali proprietà, i solfocarbonati suscita- rono quell’entusiasmo che tutti quelli, che han tenuto dietro allo sviluppo della dottrina fìllosserica, han potuto constatare in quell’epoca. Però questo entusiasmo andò a poco a poco scemando, poiché, oltre al fortissimo prezzo del solfocarbonato, oltre alla difficoltà di procurarsi ovun- que la quantità enorme di acqua richiesta per la sua applicazione (30 a 35 litri di acqua per ogni ceppo di vite), si aggiungevano gli effetti insetticidi, i quali non rispondevano alla generale aspettativa. I solfocarbonati si dimostrarono impotenti ad uccidere tutte la fillos- sere, per cui, applicando questo insetticida in un anno, conveniva applicarlo anche nei successivi, onde fu detto che coi solfocarbonati la vite vive in compagnia della fillossera . Si trattava infatti di ottenere semplicemente un equilibrio tra la vita della pianta e della fillossera, equilibrio che ha lasciato molto a desiderare. Consecutivamente è stata semprepiù dimostrata la in- feriorità dei solfocarbonati rispetto al solfuro di car- bonio, ed ora si è in grado di poterne dare anche una plausibile spiegazione. I solfocarbonati dànno, decomponendosi, dell’idrogeno' solforato, del solfuro di carbonio, e del carbonato di po- tassio. L’idrogeno solforato è una sostanza solubilissima nell’acqua e decisamente acida. Ora avviene che, non ap- pena esso si sviluppa dalla decomposizione dei solfocar- bonati, si scioglie nell’acqua interstiziale del terreno, perdendo una delle proprietà più essenziali, la mobilità, cioè la facilità di circolare liberamente inalterato da un punto ad un altro del terreno. Sciolto nell’acqua, non 0X11 tarda a combinarsi coi materiali basici nel suolo abbon- dantissimi, dando luogo alla formazione di solfuri, i quali non hanno più azione insetticida. L’idrogeno solforato non adempie dunque a tutte le condizioni richieste in un insetticida fillosserico, applicato per la distruzione della fillossera. Sul carbonato di potassio non si può fare molto assegnamento per la sua limitata quantità. Rimane dunque ad agire il solfuro di carbonio, e perciò i solfo- carbonati possono e devono riguardarsi economicamente come solfuro di carbonio molto impuro. Non ostante ciò, vi potrebbe essere forse tornaconto nell’uso dei solfocarbonati, ove i medesimi, decomponen- dosi, potessero dare un regolare effluvio di vapori di solfuro, ed ove fòsse molto facile il procurarsi una grande quantità d’acqua. Infatti se ne potrebbe accumulare im- punemente nel terreno, senza gravi perdite, una gran quantità, cosa che non si può fare col solfuro. Ma poiché la loro decomposizione varia colle condizioni in cui si avvera, condizioni che non si possono dominare, mette più conto applicare il solfuro direttamente, potendosi immettere questa sostanza nel terreno a piacimento, e regolarne la diffusione e la durata del soggiorno. Nel 1880 furono trattati a solfocarbonati di potassa, in Francia, ettari 1472 di vigne, cioè una quantità assai inferiore a quella inquinata di solfuro di carbonio. CXI1I Viti italiane mandate per esperimento a Montpellier . — Dietro cortese offerta della Direzione della Scuola Na- zionale di Agricoltura a Montpellier, il Ministero mandò, per coltivazione di esperimento nel terreno fìllosserato della detta Scuola, alcune varietà di vitigni coltivati in Italia. Le varietà prescelte sono le seguenti : 1. Sangioveto 2. Canaiolo 3. Mammolo 4. Trebbiano 5. Verdicchio bianco dalle Marche ; 6. Montepulciano nero dagli Abruzzi ; 7. Nero amaro da Lecce; dalla Toscana; 8. Malvasia nero 9. Calabrese dolce 10. Silvana 11. Nocera 12. Nerieddu Cappuccio 13. Ce tana da Riesi (Caltanissetta); da Messina. / CX IV CAPITOLO V. Ricerche ed ispezioni fatte all’interno. Personale' fìlìosserico. L’8 maggio 1880 il Ministero raccomandò ai Prefetti, alle Commissioni ampelografìche, ai Comizi, ai sindaci, alle Associazioni agrarie, di fare in guisa che ogni e qualsiasi segno esterno di deperimento della vite venisse portato a conoscenza dell’autorità. Disse che la salvezza dei nostri vigneti può essere conseguita mercè una vigi- lanza, alla quale tutto il paese concorra, e vi concorra con la intima convinzione di far cosa utile agli interessi individuali e generali. Non prescrisse un sistema a se- guire ; raccomandò che si scegliesse quello che si chia- riva meglio confacente alle condizioni dei luoghi. Più tardi fu raccomandato ai municipi di inserire nei rispet- tivi regolamenti di polizia rurale la disposizione che ob- ligava le guardie campestri a denunziare ogni e qualsiasi malattia nelle piante, e specialmente nelle viti. Diamo, riassunte per provincie, le indicazioni delle località visitate in seguito a denunzie, ed i risultati otte- nuti. CXY Nella provincia di Alessandria furono fatte ispezioni nei comuni di Monastero Bormida, Isola d’Asti, Mon- tabone, Cocconato, Montaldo Bormida, S. Damiano d’Asti, Castell’Alfero, Ricaldone, Orsara Bormida ed Ovada. Tutti furono riconosciuti immuni dalla fillossera , essendo i de- perimenti, manifestatisi nelle viti, dovuti principalmente all’antracnosi, ad insetti diversi, ed all’umidità eccessiva nel suolo ecc. Nella provincia di Novara furono visitati i comuni di Lessona, Ternengo, Moncrivello ed Aléggio Castello, ove il sospetto d’ invasione fu dileguato interamente , poiché trattavasi di viti accidentalmente morte. Nella vicina provincia di Torino non meno ingiustificati furono trovati i sospetti per ciò che riguardava i vigneti, inquantochè le ispezioni fatte nei dintorni di Torino, a Mompantero, Revigliasco Torinese, Rivoli e San Didero, mostrarono la loro assoluta immunità . Nella città di To- rino però furon trovate alcune fillossere su quattro piante coltivate in vasi. La fillossera fu importata apposta, poiché colui che Tintrodusse credeva potesse trovare dei rimedi per liberarci dal fatale pidocchio. Nella provincia di Bergamo fu fatta una ispezione nel comune di Barzana, e le viti sospette furono trovate im- muni da fillossera. Risultati identici si ottennero nella provincia di Brescia , ove le ispezioni si portarono nei comuni di Coccaglio e Gussago. Risultati parimente negativi si ebbero nella provincia di Mantova , ove furono fatte ispezioni nei comuni di Cur- tatone e Rivarolo Fuori. Nel comune di Bereguardo, provincia di Pavia , venne eziandio esclusa la presenza della fillossera . CXYI Nella provincia di Sondrio furono fatte ispezioni, e per- vade volte, nei comuni di Delebio, Piantedo, Ardenno e Tresivio con risultato negativo . Nelle provincie di Como e Milano furono fatte este- sissime esplorazioni, e non si trovarono che le infezioni di cui è fatto parola nel presente volume. . Furono ispezionati, nella provincia di Verona, i comuni di Soave e Minerbe in varie località, e non fu rinvenuta fillossera . Si constatò però la presenza della Peronospora viticola . Nella provincia di Bellun'q, furono eseguite ispezioni nei comuni di Puos d’Alpago ed Alano di Piave, senza rinvenire infezione fìllosserica. » Non diverso risultato si ebbe nella provincia di Udine , ove furono ispezionati i comuni di Manzino e Fiume; e nella provincia di Treviso , ove furono fatte ricerche nei comuni di San Polo di Piave, Gorgo, e Farra di Soligo. Nella provincia di Venezia, nel comune di Musile, fu fatta una ispezione su viti sospette, e si constatò di es- sere state danneggiate dal gelo. Non diversa fu la causa del deperimento delle viti nel comune di Polesella, pro- vincia di Rovigo. Nella provincia di Porto Maurizio , come finitima al dipartimento francese delle Alpi Marittime, furono ese- guite generali esplorazioni, fatte dalla provincia. A queste si aggiunsero poi quelle ordinate dairAmministrazione, dietro la scoperta della fillossera nel territorio di Porto Maurizio, la quale, fortunatamente, è limitata ai due centri delle ville Durazzo e Pertusio, come è detto ampiamente nel presente volume. Risultati negativi ebbero le indagini fatte nella pro- vincia di Genova , nei comuni di Chiavaresè ed Andora, che furono ispezionati. CXVII Nei comuni di Gastei S. Giovanni, Ponte dell’Olio ed Agazzano, in provincia di Piacenza , si ottennero, dalle ispezioni, parimente risultati negativi. Identici risultati si ebbero dalle ispezioni nei comuni di Piacenza, Carpa- neto, Corte Maggiore, Folignano Piacentino e Lugagnano Yal d’Arda, nella stessa provincia. Nella provincia di Parma , nel comune di Salsomag- giore, e nella provincia di Reggio d'Emilia , nei comuni di Castellarano, Guastalla e Castelnovo nei Monti, 'pari- mente non si rinvenne fillossera. Nel territorio di Castel- vetro di Modena , i sospetti di infezione furono dileguati da una ispezione fatta. Nel comune di Praduro e Sasso, in provincia di Bolo- gna, come nel comune di Alfonsine , e nei dintorni di Ravenna , ove erano sorti sospetti di infezione, non fu trovata fillossera. Nei comuni di Arcevia, Rosora e Iesi, in provincia di Ancona, le ispezioni fatte esclusero la presenza della fillossera . Nella provincia di Macerata , nel comune di Freia, ed in quella di Ascoli-Piceno nel comune di Montalto delle Marche, ove erano nati dei sospetti, non si rinvenne infezione. Nella provincia di Perugia, nei dintorni della città e nei comuni di Guado Tadino e Cannara, ove furono fatte ispezioni, non fu costatata la presenza della fillossera; si costatò però che Vacarus vitis era la causa del depe- rimento osservato nelle viti del comune di Guado Tadino. Nella provincia di Lucca , furono manifestati sospetti nei comuni di Capannori e nei dintorni di Lucca nel villaggio Vaccali, ma le ricerche fatte diedero risultato negativo. CXYIII Nel comune di Cascina, provincia di Pisa , si sospettò esistesse la fillossera, ma le radici sospette, inviate alla Stazione entomologica di Firenze, furono dichiarate im- muni dal terribile ampelofago. A Porto Longone, provincia di Livorno , la ispezione- fatta escluse la presenza della fillossera. Nel comune di Monterotondo, nella provincia di Romay e nei territori di Nepi, Zagarolo, della stessa provincia,, ed, anche nei dintorni della città di Roma, le ispezioni fatte ebbero risultato negativo . Nel comune di Montero- tondo, il malore delle viti proveniva dalla presenza della Melolontha vulgaris . Nella provincia di Teramo , ebbero luogo ispezioni, in seguito a sospetti, nei comuni di Mosciano, S. Angelo, ed escludendo la presenza della fillossera , fu constatato che- il deperimento nelle viti proveniva dall’antracnosi. Nel comune di Ferrazzano, nella provincia di Campo- basso ^ i sospetti di infezioni furono dileguati da un esame delle radici sospette eseguito dalla Stazione entomologica di Firenze. Nella provincia di Foggia , nacquero sospetti di infe- zioni a S. Severo ed a Cerignola, ove la presenza della fillossera fu esclusa da un esame, fatto sulle radici so- spette, dalla Stazione entomologica di Firenze. Risultati non dissimili si ebbero da sospetti di infe- zione sorti a Gravina di Puglia nella provincia di Bari; e nei comuni di Brindisi, Carovigno e Nardo nella pro- vincia di Lecce . Nella provincia di Napoli , nel comune di Procida, nei dintorni di Napoli (Fuorigrotta), nel comune di Ottaiano e di S. Giovanni a Teduccio^ i sospetti vennero dileguati. A S Giovanni a Teduccio, c ad Ottaiano, la mortalità. CXIX delle viti proveniva dai danni cagionati dall’apate (Synoxy- lon muricatum). Nei comuni di Barano d’Ischia, Serrana Fontana e Pozzuoli, si ebbero anche risultati negativi . Nei comuni di Pietra Elcina e di Pescolamazza, nella provincia di Benevento, fu esclusa la presenza della fil- lossera., Nella provincia di Avellino , le ispezioni alle viti so- spette di infezione in S. Angelo Lombardi, Atripalda, Ariano e Salza Irpina, misero in evidenza Ja immunità dalla fillossera dei vigneti visitati. Nella provincia di Salerno, i sospetti sorti nel comune di Aquara , di Montecorvino ed Orria, furono dichiarati infondati. Non diversamente avvenne pei comuni di Picerno e Lagonegro nella provincia di Potenza . Nella provincia di Cosenza , nei comuni di Rogliano, nei contorni di Cosenza e a San Demetrio Corone; e nella provincia di Catanzaro nel comune di Cerva, le ispezioni fatte constatarono la immunità dalla fillossera. Nella provincia di Reggio di Calabria , il sospetto nato nel comune di Pellaro fu dichiarato infondato . Nella provincia di Palermo , nei comuni di S. Giuseppe Iato, Palermo e Monreale, le ispezioni fatte ebbero ri- sultati negativi . Nella provincia di Messina , le esplorazioni estesissime constatarono l’infezione unicamente nei centri, di cui si fa speciale menzione in questo volume. Nei comuni di Leonforte, S. Michele di Ganzaria, Mi- rabella Imbeccari, San Cono, Grammichele, Assoro, Cen- turipe, S. Maria di Licodia, Bronte, Riposto, Giarre, nella provincia di Catania , ove nacquero sospetti di in- fezione, furono dileguati , e fu riconosciuto che, in molte località, infieriva il mal nero. cxx Nella provincia di Siracusa le ispezioni fatte, in se- guito a sospetto di infezione, nei comuni di Vittoria, Siracusa, Solarino , Sorti-no, Florida, Modica e Noto, esclusero la presenza dell* infezione. Nella provincia di Caltanissetta , molte esplorazioni vennero fatte con risultato negativo . Di esse si fa spe- ciale rassegna nel presente volume, ove è fatta menzione delle infezioni scoperte. Nella provincia di Girgenti, furono fatte ispezioni nei dintorni di Girgenti e nei comuni di Licata, Caltabel- lotta, Cattolica Eraclea, Burgio, Vilìafranca Sicula e Sciacca, in seguito a sospetti di infezione, ma furono constatati infondati . Si notò che una buona parte dei danni era da attribuirsi alla antracnosi. Nella provincia di Trapani , furono fatte ispezioni nel comune di Marsala e Trapani con risultato negativo . Anche in Sardegna, nella provincia di Cagliari, pei co- muni di Ortueri, Gairo, Osini, i sospetti di infezione furono trovati infondati . Per tutte le provincie, non comprese in questa rassegna, non si ebbe alcun sospetto di invasione fillosserica. Alle cose dianzi esposte, aggiungiamo che, in seguito a premure fatte dal Ministero ai signori Prefetti , ven- nero nell’autunno del 1879, e nella primavera del 1880, eseguite, a spese delle rispettive Amministrazioni pro- vinciali, ispezioni ai vigneti ed ai vivai nelle provincie di Alessandria, Pavia, Milano, Mantova, Udine, Treviso, Padova e Piacenza, ai soli vigneti nelle provincie di No- vara, Sondrio, Bergamo, Brescia, Cremona, Verona, Vi- cenza, Bologna, Modena, Forlì, Cosenza, e finalmente ai soli vivai nelle provincie di Torino e Firenze. Il Mini- stero ordinò poi ispezioni straordinarie nelle provincie CXXI di Genova e Porto Maurizio. Nello stesso tempo il Mi- nistero, preoccupandosi del pericolo che potevano presen- tare i vivai e gli stabilimenti orticoli per la. diffusione della fillossera, con circolare 8 ottobre 1879, diretta a tutte le Prefetture del Regno, faceva eccitamenti per l’accurata sorveglianza di cotesti vivai e stabilimenti, ordinando pure un’inchiesta per conoscerne il numero e le località nelle quali si trovavano. L’inchiesta diede i seguenti risultati: Piemonte. — La provincia di Alessandria ha 17 sta- bilimenti orticoli nei comuni di Alessandria, Asti, Ovada, Càstellalfero, Isola d’Asti, Passerano, Castelnuovo Seri- via, Basaluzzo e Novi-Ligure; Cuneo 21 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Alba, Ceva, Cherasco e Savigliano; Novara 34 stabilimenti orticoli nei comuni di Novara, Biella, Domodossola, Pallanza, Intra, Ariz- zano, Baveno, Stresa, Beigirate, Lesa e Vercelli; Torino 11 stabilimenti orticoli nei circondari di Torino, Susa, Ivrea ed Aosta. Lombardia. — Brescia , 3 stabilimenti orticoli nei co- muni di Brescia, San Nazzaro Mella e S. Alessandro ; Como , 9 stabilimenti orticoli nei comuni di Como, Lurate Abbate, Varese, Galliate Lombardo e Lecco (Pescarenico); Cremona , 37 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Acquanegra Cremonese, Casalbuttano, Casaligone, Corte dei Frati, Cremona, Grumello Cremonese, Isola Bovarese, San Martino in Béliseto, Piadena e Crema; Mantova, 55 stabilimenti orticoli e piccoli vivai nei comuni di Acqua- negra (sul Chiese), Asola, Borgoforte, Bozzolo, Canneto (sull’Oglio), Casaloldo, Felonica, Garzuolo, Mantova, Mar- mirolo, Marcaria, Pieve di Coriano, Ponti sul Mincio, Quattro ville, Rivarolo Fuori, Roncoferraro, Roverbella,. exxn Villa-Poma, S. Giorgio di Mantova e Serravalle al Po; Milano , 83 vivai e stabilimenti orticoli nei comuni di Milano, Castellanza, Bovisio, Monza e Lodi; mancano di vivai e di stabilimenti orticoli le provincie di Bergamo , Pavia e Sondrio. Veneto. — Padova , 5 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Padova, Saonora ed Este; Treviso , 13 stabi- limenti orticoli nei comuni di Treviso, Mogliano, Vacil di Breda, e nei territori di Candela (frazione di Mase- rada), Saletto e S. Bariolomeo (frazione di Breda); Venezia, 3 stabilimenti orticoli nei comuni di Spinea, Chirignago, e Dolo ; Verona , 7 stabilimenti orticoli nei comuni di Ve- rona, S. Michele Extra e S. Giovanni Lupatolo; Vicenza, esistono piccoli stabilimenti orticoli e vivai (ignorasi il numero) nei distretti di Vicenza, Schio e Marostica; nelle provincie di Belluno , Rovigo ed Udine non esistono vivai e stabilimenti orticoli. Liguria. — Genova , 17 stabilim3nti orticoli solo nel circondario di Genova, nel resto della provincia vi sono vivai e piantonai (non è conosciuto il numero) per viti, agrumi, olivi, ecc. ; Porto Maurizio , 6 stabilimenti orti- coli in San Remo, Riva Ligure e Bordighera; Massa Car- rara, non esistono stabilimenti orticoli e vivai. Emilia. — Forlì , 4 stabilimenti orticoli nei comuni di Bertinoro e Cesena; Modena , 18 stabilimenti orticoli nei comuni di Concordia, Fiorano e Marano; Parma , 5 stabilimenti orticoli nei comuni di Parma e Castel Guelfo; Piacenza, 11 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Piacenza, San Nicolò a Trebbia, San Pedretto, Fogarole, Breda e San Giovanni ; Ravenna, piccoli stabilimenti or- ticoli e vivai (non è conosciuto il numero) nei comuni di Russi, Castel Bolognese, S. Agata, Lugo, Alfonsine, CXXIII Fusignano e Faenza; Reggio Emilia ± 8 vivai a Villa- dei Cavazzoli, Villa S. Prospero, Quattro Castella, S. Pel- legrino ed Albinea, Castellarano, S. Prospero dei Stimati, S. Donnino di Liguria e Tivalta; nelle provincie di Bo- logna e Ferrara non esistono veri stabilimenti orticoli, nè vivai ; soltanto a Corticello (Bologna) avvi un piccolo stabilimento orticolo. Marche ed Umbria. — Perugia > esistono vivai (non è ben conosciuto il numero) nei comuni di Todi, Spoleto, S. Anatolia di Narco, Scheggino, Castel S. Felice, Labro, Montefranco, Morro Reatino, Narni e Torricella in Sabina; nelle provincie di Ancona e di Ascoli Piceno non esistono stabilimenti orticoli, ma alcuni vivai (non è conosciuto il numero); nella provincia di Ravenna mancano tanto stabilimenti orticoli che vivai; nella provincia di Pesaro trovansi vivai in S. Lorenzo in Campo e in Fano. Toscana. — Arezzo, 20 stabilimenti orticoli nel co- mune di Montevarchi e 2 in quello di Monterchi; inoltre nei comuni di Caviglia e Castiglione Fiorentino esistono 10 piantonai per Pallevamento di oppi, gelsi, olivi, ci- pressi eco. ma non di viti; Firenze 43 stabilimenti or- ticoli, nella maggior parte dei quali coltivansi viti, nei comuni di Firenze, Sesto Fiorentino, Dicomano e Pistoia; Livorno; non vi sono che 6 stabilimenti orticoli nel co- mune di Livorno; Lucca , 10 stabilimenti orticoli nei comuni di Lucca, Pescia e Monsummano; qualche piccolo vivaio di olivi nel comune di Pescaglia e di eucalitti nel territorio di Villa Basilica; Pisa , 1 vivaio di piante ornamentali nella città di Pisa, e nei comuni di Bientina e Volterra alcuni piantonai di olivi, viti ecc., quasi esclu- sivamente per uso dei proprietari rispettivi; Grosseto e Siena , non hanno nè stabilimenti orticoli nè vivai. CXX1V Lazio. — Roma , 22 stabilimenti orticoli soltanto nel comune di Roma. Provincie Meridionali Adriatiche. — Bari , nel co- mune di Bari esiste uno stabilimento orticolo, dove si allevano, per la vendita, viti, piante industriali e d’orna- mento; Aquila , Campobasso , Chicli , Foggia , Lecce, Potenza e Teramo mancano di stabilimenti orticoli e di vivai; soltanto nell’Orto agrario della città di Potenza allevansi, per la vendita, viti e piante d’ogni genere industriali e di ornamento. Provincie Meridionali Mediterranee. — Napoli , 38 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Napoli, Portici, Resina e Casoria ; Caserta , 2 soli stabilimenti orticoli, cioè POrto dell’Istituto agrario ed il giardino unito al règio parco; Reggio Calabria, 4 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Reggio Calabria, Pellaro e Palmi ; le provincie di Avellino , Benevento , Salerno * Catanzaro e Cosenza mancano di stabilimenti orticoli e di vivai per l’allevamento di viti, piante industriali e d’orna- mento. Sicilia. — Palermo, 3 stabilimenti orticoli soltanto nel comune di Palermo; Messina , circa 10 stabilimenti orticoli e vivai nei comuni di Messina, Calvaruso, Maz- zarrà S. Andrea, Patti, Naso e S. Agata; in nessuno però degli stabilimenti orticoli di questi tre ultimi comuni vengono allevate viti; nelle provincie di Caltanissetta , Catania , Girgenti , Siracusa e Trapani mancano stabili— limenti orticoli e vivai; nella sola città di Catania però alcuni rivenditori limitansi a commerciare piante orna- mentali, piante di agrumi e di eucalitti. Sardegna, — Nella provincia di Cagliari non esistono veri stabilimenti orticoli ; ma alcuni vivai (6) anche di OX XV viti, ed a scopo commerciale, trovansi nei comuni di Ca- gliari, Iglesias, Fiumimaggiore e Santadi; la provincia di Sassari manca tanto di stabilimenti orticoli che di vivai. La notizia dei piantonai e vivai esistenti conferisce a rendere agevole la sorveglianza, che FAmministrazione, nei limiti del possibile, non manca di esercitare. A Valmadrera ed Agrate cominciò a formarsi un per- sonale di pratici ricercatori e di operai, donde pai uscì parte del personale superiore altrove impiegato. I centri scoperti nel 1880 furono scuola a molte altre persone che vi si recarono volontariamente, o per incarico di Amministrazioni provinciali, sollecitate dal Ministero. Il quale mirava ad avere almeno una persona capace di conoscere la fillossera in ogni provincia. Nelle pagine seguenti diamo l’elenco dei delegati fìl- losserici. Delegati governativi per la fillossera nelle Province del Regno, CXXVI Ranchet abate Giovanni. Biandronno (Varese) 24 giugno 1880. CX XVII CXXVIII CXXIX £7 ex XX ^ «Sg e« ’3 ^ a> a e ° ** .2 li®ls s a * a g 2 «t o a — Js a ^3 Ss a. p a — ’"' o 35£s.s8 c« s y « a bp * 72 SS- ai ® bC O „ £ O - S = ’l O 3 « » g* «*> c4 © o .2 & S a ^ 00 ^5 ^ - S M O <1 > a o ^ “• a JX> Q« 11 PROVINCIE j COGNOME E NOME | RESIDENZA CXXXI 55 O tsj ◄ > « W 02 02 O S t-, *■> T3 3 © a . s « « o o a .2 S8'°|’g «-.2 A j3 •- -cs ,2 9 $ a> s ® 2 u u ~ 3 0«2 * 00 o4 £ ’S ®* o V a S « O « ,5 O a ot "S jr* cc ^ _ 'o es Ci '2 « CXXXII Mentre nell’agosto 1879 pochissimi erano coloro che avessero conoscenza della fillossera, al 31 dicembre 1879 vi erano 34 delegati governativi alla sorveglianza sui vigneti. Di cotesti 34 delegati, 21 erano nel Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto, cioè, nella regione dove era allora stata scoperta la fillossera, e nelle più prossime alla regione stessa, ed i rimanenti 13 nelle altre regioni. Al 31 dicembre 1880, il numero dei delegati fillosserici era salito ad 81. Le provincie fornite di più delegati si dividono in tante zone di sorveglianza quanti sono i delegati. Mancavano di delegati propri, al 31 dicembre 1880, le sole provincie di Venezia, Massa-Carrara, Siena, Foggia, Potenza e Reggio Calabria. Siena fu provveduta di delegato il 10 febbraio 1881, ed è la sola nomina che sia stata fatta nel corrente anno. Devesi notare che la sorveglianza non fa difetto nelle provincie che mancano di delegato, e che, in caso di sospetto di contagio fìllos- serico in qualche vigneto, il Ministero incarica imme- diatamente delle ispezioni delegati di provincie vicine. La Stazione di Entomologia agraria in Firenze, diretta dal prof. Targioni, concorre efficacemente a questo lavoro, e l’opera sua si esercita specialmente nei casi di dub- biezze che sorgano, sia al Ministero, che ai delegati stessi. CXXXIII CAPITOLO VI. Stato della fillossera alP estero. Austria. Finora i punti attaccati dalla fillossera sono i seguenti, cioè: 1. I vigneti dei comuni di Klosterneuburg, Weidling (fin dal 1872), Nussdorf, Heiligenstadt (dal 1875) e Kah- lenbergerdorf (dal 1879), vigneti tutti situati nella bassa Austria, e che comprendono una superficie di circa 100 ettari; 2. I vigneti dei comuni di Pirano e d’isola (dal lu- glio 1880) nel distretto di Capo d’Istria, d’una superficie totale di 140 ettari (1); 3. I vigneti dei comuni di Podvine, Altendorf, Ka- pellen ed Ursell (dall’agosto 1880) nel distretto di Rann in Istiria, sopra una superficie totale di circa 10 ettari. (1) La origine della infezione, secondo il prof. Roster, incaricato dal G-o- verno d’ispezionare quelle località, rimonta a 7 e forse anche a 10 anni, ed è dovuta ad importazioni di viti dalla Francia e dalla Svizzera. Nei centri infetti fu adoperato il solfuro di carbonio, iniettandolo nella dose di grammi 250 al piede di ciascun ceppo, e disinfettando nello stesso tempo le peri- ferie che conducevano ai diversi centri del contagio. CXXXIV In Croazia la fillossera fu constatata la prima volta il 14 agosto 1880, nel comune di Berdovec presso Agram. Le ricerche fatte condussero ad accertare che nei co- muni di Pusca, Laduc e Kraj, aventi una estensione vitata di 760 ettari, esistevano circa 150 ettari fillosserati. Il centro dell’ infezione sembrava trovarsi nel comune di Kraj, sulla frontiera della Stiria, d’onde il contagio si è propagato verso il nord nel comune di Pusca, e verso il sud in quello di Laduc. È stato finora impossibile accer- tare la provenienza dell’infezione. Nello stesso tempo furono trovati, molto vicino alla frontiera della Stiria, ad una lega, vigneti croati infetti. Fu mandato in Stiria, come perito, il dott. Ròster, di- rettore della Stazione sperimentale chimico-fisiologica di Klosterneuburg. Le piantagioni di viti infette furono in parte sradicate, dopo essere state trattate con alte dosi di solfuro di carbonio, e con dosi minori della stessa ma- teria insetticida, le periferie dei centri infetti. Per iniet- tare il solfuro fu fatto uso del palo Castine . Ungheria. La infezione fìllosserica in Ungheria ha una inconte- stabile importanza. I principali centri fillosserati ascen- devano, nel 1880, al numero di 17, su di una superficie di circa 1,500 ettari. Cotesti centri, sparsi nei vari Co- mitati, sono i seguenti : 1. Pancsova ; 2. Franzfeld; 3. Per, Pele , Pele-Szarvad e Szdntó; 4. Nagy-Karoly; 5. Székes- fehérvar; 6. Sòly; 7. Batorkeszi; 8. Versecz ; 9. Paulis ; ex XXV 10, Ritisova (1); 11. Tahi-Tótfalu; 12. Gornba; 13. Ken- deres; 14. Adony; 15. Titel; 16. Szendrò; 17. Barca. Vennero disinfettati per mezzo del solfuro di carbonio, ed intieramente scassati, dopo due o tre disinfezioni, i punti seguenti: 1. Mesces-Gyòròk ; 2. Szatmar-Nemeti ; 3. Beregszasz; 4. Talya; 5. Bfódmezò-Vasàrhely ; 6. Zilah; 7. Bogdany; 8. Leanyfalu; 9. Szt. Endre, 10. Kassa; 11. Porsony; 12. Arad; 13. Kis-Keszi; 14. Kenese; 15. Feheertemplan. Il Governo mandò un distinto viticultore, il sig. Eu- genio Nedeczky, in America per acquistarvi magliuoli e semi delle varietà di viti più resistenti alla fillossera. Egli tornò in Ungheria recando 100,000 magliuoli ed una certa quantità di semi di viti, da distribuirsi alle varie Stazioni sperimentali ed alle Scuole di viticultura. Russia. Il governo russo mandò sul luogo infetto una com- missione, con l’incarico di combattere prontamente la malattia. Rimasto senza risultato un trattamento con calce e sali di soda, vennero poi le viti infette trattate con solfuro di carbonio, scassato il terreno e distrutte le piante. Un esperto del cantone di Ginevra, il signor Iaeger, è stato impegnato per dirigere le ricerche, sulla racco- (1) A Ritisova, località importante per la coltivazione della vite, la infe- zione si presentava sotto forma di un gran numero di macchie sparse sopra una superficie considerevole. Venne adoperata la sommersione per combat- tere il male. CX XX VI mandazione del dottor Fatio di Ginevra, al quale lo stesso Governo russo avea volto preghiera di assumere la dire- zione delle operazioni contro la fillossera in Crimea. La prima scoperta della fillossera avvenne nell’ottobre del 1880, su tre viti, nella parte meridionale della Crimea nette vicinanze di Baydarskia Norota. La superficie del vigneto infetto era detta estensione di 14 iugeri circa. Gli stabilimenti orticoli di Riga, donde proviene la più parte dette viti che si piantano in Russia, sono sottoposti ad una rigorosa sorveglianza. La importazione di vitigni esteri in Russia è vietata fin dal 6 aprile 1873. Il governo russo ha deciso la immediata distruzione di tutti i vigneti riconosciuti fillosserati, seguendo il si- stema adoperato netta Svizzera. Germania. Dal 1874 furono scoperti in Germania diversi focolari d’infezione, cioè: 1. Su tre viti che facevano parte di vari giardini di orticultura ad Erfurt ; 2. In un albergo a Wernigerode (Prussia); 3. In un vivaio a Klein-Flottbeck nell’Holstein ; 4. Nette piantagioni di viti dell’Istituto Pomologico di Proskau (1877); 5. Nelle viti delle Ville Reali del Wurtemberg « Wilhelma » e « Villa Berg » presso Cannstadt (1876), come pure in una piantagione privata nei dintorni di Stuttgart ; CXXXVXI 6. In una piantagione di viti a Bergedorf presso Hambourg ; 7. In un vivaio a Bolweiler, neiralta Alsazia. 8. In alcune piccole piantagioni di viti nel territorio di Saxe-Cobourg-Gotha a Cobourg Ahorn , Gotha ed Arlesberg ; 9. In un vivaio a Plantières presso Metz; 10. In un giardino a Rauschwitz presso Glogau; 11. Nella proprietà d’Annaberg, a Poppelsdorf presso Bonn. (I focolari seguenti sono stati scoperti dopo il mag- gio del 1878). NEL 1878 12. A Sachsenhausen presso Francoforte sul Meno; 13. In un vivaio a Cannstadt; 14. Sopra un ceppo di vite isolata nella proprietà di un giardiniere a Kiel; 15. Nelle piantagioni di viti delhlstituto di orticoltura .a Postdam; nel 1879 16. In un vigneto posto sul Rothenberg presso Fran- coforte ; 17. In un’altra vite nelle vicinanze del medesimo fo- colare d’infezione; cxxxviii NEL 1880 18. In un giardino ad Erfurt; 19. In una proprietà di un orticoltore a Ilversgehofen presso Erfurt; Al tempo delle ispezioni, che ebbero luogo negli ultimi anni, in un certo numero di questi focolari, non vi fu più trovata la fillossera. Sono i focolari indicati ai nu- meri 3 al 17. Nelle vigne di Plantières presso Metz (distretto della Lorena) dove era stata scoperta la fillossera, le viti fu- rono divelte, i ceppi, le radici e le foglie distrutte sul luogo, e il terreno venne sottoposto ad una completa disinfezione. Una ispezione, fatta nel luglio del 1880, non constatò la presenza della fillossera nelle dette vigne, nelle cir- costanti e nei vivai, che furono pure attentamente ispe- zionati. Inghilterra. In Inghilterra fu constatata resistenza della fillossera in un certo numero di serre. OXXXIX Svizzera. Dorante l’armo 1880, la fillossera fu ancora scoperta sul territorio della Repubblica federale, nei due can- toni di Neuchàtel e di Ginevra. Nel cantone di Neuchàtel, si rinvennero tre nuovi centri d’infezione: uno alla Favarge presso la Coudre, un altro a St-Blaise nel vigneto dei Couquards, al disopra del tunnel d’Egléry, ed un terzo a Champreveigres. Il focolare della Favarge è relativamente considerevole, e può avere circa 4 anni di età. Sembra che la prove- nienza dell’insetto sia stata artificiale. I focolari di Cham- preveyres sono più importanti, e più antichi che il pre- cedente, dal quale distano circa 700 metri. 11 focolare di St-Blaise è isolato, e perciò la lotta contro il contagio si presenta in condizioni favorevoli. L’età di questo foco- lare può essere di 4 anni. Riguardo ai vecchi focolari, ecco lo stato delle cose: Trois-Rods. Nel gran vigneto si hanno sette punti nuovi. Sons- Trois-Rods, ossia al disopra della stazione fer- roviaria di Boudry, si sono rinvenuti 33 punti, sparsi prin- cipalmente nella parte sud-ovest del vigneto; infine, in una piccola vigna, posta fra le due precedenti, 3 punti di 1, 1 e 6 ceppi. Si ha l’intenzione di proporre l’intero estirpamento di questo piccolo vigneto (ettari 1,78 circa) nel caso in cui le ricerche, da farsi nel 1881, condur- ranno ad altre scoperte di contagio. CXL Colorrìbier . I 19 punti, che vi furono trovati, sono entro i limiti della zona immediata. A Neuchàtel ven- nero constatati 6 nuovi punti di attacco, prossimi a quelli delFanno precedente. 11 signor Roulet, esperto federale fìllosserico, da un rapporto del quale, vengono tolti questi particolari, chiede la cancellazione dalla carta fìllosserica dei punti del- YEvole e dei Parcs . Le minute ricerche, fatte da tre anni intorno al focolare di Corcelles , non hanno condotto alla scoperta di alcun nuovo punto di attacco, e si crede perciò possibile di autorizzare il ripiantamento dei terreni di- sinfettati, facendo così sparire dall’anzidetta carta ogni menzione di questo focolare estinto. Le ricerche nei din- torni di Corcelles saranno continuate nel 1881. Ecco il risultato generale delle ricerche nel 1880: Trois-Rods 570 ceppi infetti in 42 punti Colombier 196 id. 19 id. Neuchàtel 18 id. 7 id. Favarge 260 id. 4 id. Haut- Champreveyres 1826 id. 36 id. Bas-Champreveyres . 588 id. 23 id. St-Blaise 502 id. 16 id. Le ricerche furono eseguite sopra una estensione di 66 ettari, e costarono la somma di franchi 7,254 75, cioè, in media, franchi 109 90 per ettaro. Durante quest’ultima campagna, vennero usati tre modi di trattamento : 1° Il primo ed il secondo trattamento con anidride solforosa sciolta nella neolina, * 2° Il primo trattamento al solfuro di carbonio, il se- condo alL anidride solforosa; CX LI 3° Il primo ed il secondo trattamento al solfuro di carbonio. La spesa per cotesti trattamenti ammontò a fr. 6,675 sopra un totale di 11,737 ceppi trattati, di cui 3960 in- fetti, e 7777 nella zona d’isolamento . Nel cantone di Ginevra, il 18 agosto 1880, in località sospetta, presso il Grand- Saconnex , constatavasi la com- parsa della fillossera. Era una piccola vigna (ettari 0,07,50 con circa 1000 viti) del signor Budin, a nord-est di quel villaggio, ed a 300 metri dai limiti del luogo, ove era stato eseguito lo sradicamento nel 1875. L’origine del- l’attacco fu attribuita al passaggio, sulla detta vigna, di operai addetti in quell’anno alla distruzione di altro cen- tro infetto. Quella piccola vigna avea più di 600 ceppi infetti. Inoltre due ceppi fillosserati, l’un presso l’altro, si rinvennero in altro terreno appartenente al medesimo proprietario del primo. Le rigorose esplorazioni, eseguite nei dintorni fecero scoprire una seconda vigna (Giroud) della estensione di un ettaro circa, con 167 ceppi malati su 12,750. La Commissione cantonale fìllosserica decise d’impie- gare il solfuro di carbonio alla dose di 300 grammi per ceppo, in due iniezioni, a dieci giorni d’intervallo. Vennero nella vigna Giroud fatte ricerche per le fil- lossere alate. Coteste ricerche non ebbero risultato al- cuno per due giorni; ma, al terzo, si rinvenne una doz- zina di alate impigliate fra i ragnateli, contro la siepe che separava la vigna Budin dalla vigna Giroud. Tale scoperta confermava una probabile sciamatura di fillos- sere, e spiegava uno dei modi d’infezione della vigna Giroud. Sebbene T accertamento di questo fatto, nuovo nel paese, abbia importanza, non bisogna però concili- ■CXLII derne che Y insetto alato perfetto, fino ad allora, non si sia sviluppato nella Svizzera. Fu cercato pure, sotto le foglie della vite, l’insetto alato, ma non se ne rinvenne che un solo, nonostante fossero state osservate alcune migliaia di foglie. Nel dicembre, fu proceduto alla distruzione ed allo scasso dei focolari del contagio e della zona di sicurezza . Lo scasso fu parziale, cioè fino alla profondità dove si arrestano le radici grosse e medie, iniettando nel fondo del fossato una nuova dose di 50 grammi di solfuro di carbonio per metro quadrato di superficie. I lavori costa- rono : L. 4,018 15 gli estivi » 7,732 80 gli invernali, e perciò in totale L. 11,750 95 Francia. Il quadro seguente dà un’idea dei danni prodotti dalla fillossera nei vari dipartimenti francesi, e dei mezzi adoperati, nel 1880, pel trattamento delle viti, o per la ri- costituzione dei vigneti per mezzo di vitigni americani : Superficie vitata Estensione dei vigneti invasi che non sono ancora morti Superficie dei vigneti distrutti dalla fillossera Vigneti sottoposti alla sommersione Vigneti trattati col solfuro di carbonio Vigneti trattati con i solfo- carbonati | Vigneti ripiantati con vitigni americani prima della malattia attualmente Ettari 2. 296. 206 Ettari 2. 047. 685 Ettari 454. 254 Ettari 558. 605 Ettari 8. 093 Ettari 5.547 Ettari 1.472 Ettari 6.441 CXLIII Portogallo. La infezione fìllosserica, che, nel 1879, era limitata ai comuni di Santa Martha, Régua, Sabrosa, Alijò, La- mego, Armamar, Tabuaco, S. Ioao da Pesqueira, Villa Nova de Foscòa, Carrazeda de Anciaes, Macedo de Ca- valleiras e Mirandella, nel 1880 si estese ai comuni di Vinhaes, Villa Fior, Celorico da Beira e Coimbra, pro- gredendo così dal bacino del Duero nelle province di Tras-os-montes e Beira alta e bassa. Si calcola a 5000 ettari la estensione delle vigne più o meno infette. Spagna. In sul finire del 1880, la fillossera occupava gran parte dei vigneti della provincia di Malaga, ponendo in pericolo regioni viticole assai importanti, come quelle di Cadice, Cordova, Siviglia e Granata. NelPAmpurdan, F insetto si propagava, minacciando da vicino le provincie di Lerida e Barcellona, e gettando F allarme nei centri di produ- zione, tanto ricchi e fiorenti, di Saragozza e Tarragona. I centri infetti del finitimo regno del Portogallo costitui- scono un grave pericolo per le provincie di Zamora, Sa- lamene, Orense e Pontevedra. CXLIV A Malaga, la plaga infetta misura già circa 30,000 et- tari con 1500 circa focolari di infezione. Nella provincia di Gerona si contano 15 focolari. La Spagna impianta nei suoi presidii sulle coste del Marocco, e propriamente a Ceuta ed a Melilla, vivai di tralci di viti americane importati direttamente dagli Stati Uniti. Quei vitigni non saranno tolti da quella specie di lazzeretto agricolo, per importarli nella penisola, senza la certezza della loro immunità dalla fillossera. Stati Uniti dell5 America del Nord. Venne accertata resistenza della fillossera in tutti gli Stati viticoli dell’Unione. È soltanto negli Stati marittimi della parte meridio- nale, ed in alcune località della California, dove il paras- sita si è poco esteso. Tuttavia, soltanto alcune varietà di viti hanno sofferto dall’azione dell’insetto. In California, la malattia ha prodotti maggiori danni, più specialmente nelle regioni di Sonoma, Napa, Solano e Volo. Le viti, piantate in questo Stato, sembrano resistere al parassita meglio che le europee. Repubblica Argentina. Nel luglio 1879 fu constatata la presenza della fillossera in due giardini nei dintorni di Buenos-Ayres. Ciascuno dei due focolari ha una superficie di circa 400 metri. Le viti, poste a circa 40 metri da questi focolari sono, in parte infette. LA FILLOSSERA IN ITALIA (1879-1880) CENTRI FILLOSSERATI PROVINCIA DI COMO Cenni sulle operazioni eseguite nel 1879 e nella primavera del 1880. Onorato del difficile incarico di dirigere le operazioni di distruzione della fillossera nella Provincia di Como , durante Panno 1880, riassumo in poche pagine la relazione dei lavori com- piuti in quest’anno, facendo precedere alcune notizie, estratte dalla relazione del prof, commendatore Adolfo Targioni-Tozzetti e comm. Francesco Lawley, sui lavori compiuti durante Panno 1879. A Valmadrera alcuni anni addietro si era notato un deperi- mento nelle viti nella località Ca-Bianca, alle falde del Monte Barro, che godeva rinomanza di essere la migliore del paese, per produzione di vino e robustezza delle viti. Tale deperimento si diceva dipendere da tutt’altra causa che non fosse la fillossera, e ad avvalorare questa supposizione, concorrevano i fatti esami delle radici, che qua e là si erano mandate, e che vennero dichiarate immuni. Ma, sul principio del 1879, si osservò che il male an- ziché cessare, cresceva ognora più, per la qual cosa s’inviarono nuovamente delle radici alla R. Scuola di Viticoltura ed Eno- logia in Conegliano, che, senza dubbio, per colpa dei saggi me- desimi, si trovarono immuni da fillossera. — 4 — Ciò nondimeno alcuni proprietari del luogo fecero domanda alla R. prefettura di Como, perchè ordinasse un'ispezione di pe- riti, che ebbe i medesimi risultati negativi. Di ciò venuto a con- tezza il Ministero di Agricoltura, ordinava che si continuassero le ispezioni e che s'inviassero saggi di radici sospette alla Stazione di Entomologia Agraria di Firènze. Detti saggi pervennero il giorno 1 8 agosto , ove si riconobbe tosto l' infezione. Di ciò informato il Ministero, inviò tosto sul posto il delegato Pianigiani e pochi giorni dopo io pure vi giunsi. Il 23 agosto il Pianigiani incominciava le esplorazioni ricono- scendo infetta non solo la località Ca-Bianca, ma ancora quella del Viale Gavazzi, discosta dalla prima circa 2 chilometri. Giun- sero intanto sul posto i delegati speciali prof. Adolfo comm. Tar- gioni-Tozzetti e comm. Francesco Lawley, ai quali venne affidata la direzione dei lavori. S’incominciò ad ispezionare le viti degli appezzamenti fini- timi a quelli riconosciuti infetti, per determinare l' area occupata dall' infezione. La mancanza di operai pratici a tal genere di lavori influì non poco a ritardare il compimento delle operazioni, non potendo essere a ciò occupati che i soli delegati. Nondimeno, il giorno 7 settembre, le esplorazioni erano compiute nelle località Ca-Bianca e Viale Gavazzi, e in qualche altro punto della valle e delle vicinanze di Lecco. Si riconobbe la fillossera essersi estesa molto più di quanto si credeva dapprima, poiché la zona di Ca-Bianca misurava circa 14 ettari e quella del Viale Gavazzi ettari 2,74. E vero che l'in- fezione non occupava tutta questa superficie, ma la distribuzione delle viti infette era tale che conveniva comprendere nelle opera- zioni anche quelle che non lo erano, onde impedire che il male avesse a manifestarsi più tardi anche colà. Occorreva tosto provvedere per la distruzione del malefico in- setto e scegliere il rimedio che veniva ritenuto migliore, poiché si era osservato che qualche fillossera appariva già sotto forma di ninfa , che in breve passerebbe allo stato alato con grave pe- ricolo di diffondere il male. — 5 — Si adottò il sistema delle iniezioni di solfuro di carbonio. Ven- nero intanto spediti da Firenze alcuni pali Gastine e sei barili di solfuro, che il Ministero aveva acquistato a Marsiglia in precedenza. Più tardi altri pali iniettori e altri barili di solfuro vennero da Marsiglia. Non si era ancora stabilito se le iniezioni di solfuro di car- bonio si sarebbero fritte lasciando intatte tutte le piante, o se doveansi far precedere dal taglio e abbruciamento delle viti, dei pali e delle piante erbacee. Più tardi fu disposto di attenersi a quest’ultimo partito. Il giorno 18 settembre incominciarono il taglio e F abbrucia- mento che vennero compiuti il giorno 21. Contemporaneamente si applicavano le iniezioni, in ragione di 140 grammi per m. q., divise in due trattamenti. Il primo trattamento nelle zone infette incominciò il giorno 8 settembre e durò sino al giorno 23 il se- condo dal giorno 24 al 30 settembre. Le iniezioni di primo e secondo trattamento nella zona di sicurezza a Ca-Bianca incominciarono il giorno 24 settembre e furono compiute il 5 ottobre, lasciando un intervallo di sei giorni fra i due trattamenti. Il modo di procedere nelle iniezioni fu lo stesso di quello adot- tato in Francia, senonchè qui occorreva distruggere le fillossere senza pensare alle viti, applicando, come si disse, il solfuro in forti dosi. Il terreno accidentato ed il modo irregolare di piantamento presentarono alcune difficoltà per F eseguimento delie operazioni. Perchè la distribuzione del solfuro nel terreno fosse ripartita esattamente, si fece uso di cordicelle della lunghezza di 50 metri circa, aventi di metro in metro nodi coloriti in rosso, le quali servivanno a dividere F appezzamento in metri quadri. La na- tura del terreno sassosa e dovunque durissima, non permetteva di sprofondare nel terreno il palo iniettore, ragion per cui si fecero costruire avampali di ferro del diametro presso a poco eguale alla parte inferiore del palo iniettore, che servivano ad apparecchiare i fori, nonché a chiuderli quando erano stati iniettati. Per formarsi — 6 — un’idea della coesione del terreno, basti il dire che erano necessari da quattro a sei operai perforatori per preparare un lavoro con- tinuato all’operaio iniettatore. La coltura essendo mista, e le viti trovandosi o in filari o isolate, e non molto ravvicinate fra loro, fu stimato essere affatto inu- tile V applicazione del solfuro su tutta la superficie, ma si stabili di trattare una zona lateralmente ai filari e alle viti isolate, va- riabile in larghezza, e secondo la natura del terreno e Y età delle viti. Il secondo trattamento veniva applicato con le stesse norme, ad intervallo di sei ad otto giorni, con l’ avvertenza di alternare la disposizione dei fori per modo che il terreno venisse ad essere impregnato tutto dei vapori di solfuro. Non sempre furono sufficienti due applicazioni di solfuro, perchè, vuoi la natura del terreno troppo sciolto o troppo compatto, vuoi il continuo smovimento di terra intorno alle viti, allo scopo di to- gliere le radici da mostrare ai visitatori, furono causa che l’azione riescisse incompleta, percui si praticò una terza iniezione facendo prima battere il terreno, onde i vapori di solfuro non avessero tosto a sfuggire. Gli operai erano divisi in squadre di sei o sette uomini ciascuna. Ai più abili veniva dato l’incarico di far agire il palo iniettore, mentre gli altri praticavano i fori e stendevano le corde. Ad ogni squadra veniva assegnato un appezzamento dove essa lavorava sotto l’immediata sorveglianza di un delegato o di un sorvegliante. Il numero dei fori, che ogni operaio perforatore eseguiva per ora, era di 150 fino a 300, a seconda le condizioni del terreno, ma si può ritenere in media che fosse di 170 fori all’ora, ciò che dà 1530 in una giornata di lavoro di nove ore. Invece si osservò che il numero dei fori iniettati per ora variava da 500 a 975, secondo il numero dei colpi di stantuffo, e secondo l’abilità del- l’ operaio. Si deve qui osservare però, come il lavoro compiuto in una giornata non si ottiene moltiplicando le ore di lavoro per la media dei fori iniettati, perchè circa un quarto di lavoro utile viene consumato nell’ accomodatura dei pali, che troppo frequen- temente si guastano. — 7 — Compiute le iniezioni, il giorno 2 ottobre si ripresero le esplo- razioni. Si divisero gli operai in gruppi ognuno sotto la sorve- glianza di un delegato, ed ogni gruppo venne composto di tre a quattro squadre, a volta formate da un capo-squadra, munito di lente, e da due operai con zappe a bidente, che scalzavano la vite per toglierne le radici da esaminare. L’ esame fatto dal capo-squadra veniva controllato dal delegato. S’ispezionarono dapprima gli appezzamenti confinanti con quelli infetti, indi si passò all’ ispezione di tutto il territorio del comune di Valmadrera non solo, ma ancora di quelli di Civate, Sala, Galbiate e Malgrate, e di altri ancora, ma saltuariamente, dove cioè i delegati venivano richiesti. Il risultato di queste operazioni fu la scoperta di numerosi centri nel comune di Valmadrera e di uno in quel di Civate, come rilevasi dal quadro Alleg. n. 12, del voi. n. 25 degli Annali di Agricoltura 1880. La stagione avanzata non permise di continuare le esplora- zioni che si sospesero il giorno 6 novembre. Nei nuovi centri scoperti dovendosi tosto fare 1’ estirpamento, si ritenne inutile di trattarli col solfuro di carbonio, abbruciando prima pali e viti, e solo nel vigneto Gavazzi, che fu il primo scoperto (2 ottobre), si fecero i trattamenti di solfuro. Il giorno 11 novembre s’iniziarono le operazioni di scasso. Il freddo eccezionale, in quell’anno fu tale che le operazioni non poterono farsi con la dovuta prestezza, ed il lavoro si dovette sospendere più volte a causa delle nevi cadute. Prima di dar principio regolarmente ai lavori, si fecero nei vari centri alcune prove per vedere quali strumenti fosse convenuto meglio ado- prare, e per esaminare il sistema radicale delle viti, onde accer- tarsi se un lavoro parziale fosse stato possibile. Gli operai vennero divisi in squadre composte da 10 a 16 operai sorvegliati da un caporale incaricato a invigilare il buon andamento dell’ operazione. Dapprima il numero degli operai im- piegati fu di 60, ma più tardi venne portato a 600, divisi in quattro gruppi, composto ognuno di sei o sette squadre, sotto la direzione di — 8 — un delegato. I ragazzi aveano il compito di raccogliere le radici con rastrelli di ferro, metterle entro grandi ceste, portandole ai fuochi, in vari punti stabiliti. Il lavoro di scasso veniva principiato ad un’estremità dell’ap- pezzamento alla profondità di 60 a 70 centimetri in media, pro- fondità che nei terreni sabbiosi non era sufficiente. La media del lavoro , teoricamente possibile, si era pre- ventivata in 15 metri quadrati ; quella in pratica ottenuta fu alquanto inferiore, ed alcune volte discese fino 7 metri qua- drati; però si può ritenere essere stata in media di 12 metri quadrati. I lavori incominciati in buone condizioni, subirono una prima interruzione dal giorno 20 al 26 novembre, causa la neve caduta. Si credeva ormai impossibile il poterli continuare, ma scomparsa la neve, si ripresero con maggior alacrità. Una seconda inter- ruzione si ebbe dal dì 4 dicembre al dì 8, per nuova neve ca- duta, che, avendo protetto il suolo dal congelamento, permise di riprendere nuovamente i lavori e si continuarono fino al 31 di- cembre, compiendo lo scasso in tutti gli appezzamenti, eccettuato parte di quello di Ca-Bianca e del Viale Gavazzi, dove il gelo era penetrato così profondamente nel terreno da rendere impos- sibile qualunque operazione. Prima ancora d’incominciare le operazioni invernali (vedi al- leg. n. 1 7, Annali di Agricoltura num . 25), si erano scalzate in alcuni appezzamenti le viti maggiormente infette, onde esaminare 1’ effetto ottenuto dal solfuro. In generale si osservò come il ri- sultato era stato soddisfacente, sebbene non completo, poiché alcune madre generatrici e ova erano sopravvissute, sebbene in piccolo numero. Una terza iniezione venne applicata con ottimo risultato. Negli appezzamenti superiori di Ca-Bianca, la natura del terreno compattissima, e la conformazione del suolo, aveano influito non poco sulla mancanza di uniformità nella distribuzione dei vapori di solfuro, per modo che, alla estremità di alcune poche radici internatesi fra i muri a secco, alcune colonie d’ ibernanti erano sopravvissute. — s — Nei centri scoperti nel mese di ottobre e lasciati senza trat- tamento; si riscontravano sulle viti infette numerosissime colonie con molte ova. In generale lo stato delle radici delle viti era pessimo, salvo per pochi centri, dove Y infezione ancora incipiente non lasciava scorgere il deperimento. Le fillossere, negli appez- zamenti non trattati, si riscontravano su tutte le radici, tanto su quelle profonde che su quelle superficiali, su quelle grosse e sulle capillari, però il maggior numero si riscontrava sulle radici aventi una certa grossezza e le fillossere erano ricoverate sotto la scorza. Alcune radici portanti numerose colonie ed aventi molte ova, furono raccolte e messe in vasi ripieni di terra, per vedere se al giungere della buona stagione le ova si schiudessero, ma esami- nate dopo qualche tempo, ibernanti ed ova erano scomparsi, senza lasciare traccia alcuna. Fra le piante arboree, coltivate promiscuamente alle viti, quelle che più, d’ ogni altra risentirono Y azione del solfuro, furono i gelsi. Si notò dapprima un forte ingiallimento nelle foglie, che alcuni giorni dopo avvizzite, caddero. La radici solitamente di colore aranciato, aveano assunto un colore nerastro e cominciavano a marcire, staccandosi in pezzetti. Anche le altre piante soffersero. Così i peschi, i ciliegi, i peri, ecc., dopo alcuni giorni portavano le foglie ingiallite ed alcune già secche. Però si è osservato in pro- gresso di tempo un risveglio nella vegetazione, e di questi alberi nell’ anno appresso si riscontrò solo pochi essere morti, mentre i gelsi erano già secchi. Le operazioni invernali influirono anche non poco sulla moria delle piante. Quelle che si trovavano avere le loro radici fram- miste a quelle delle viti dovevano essere levate, trapiantandole poscia sprovviste di gran numero di radici. I lavori di estirpamento, che sul finire di dicembre erano ri- masti incompiuti, vennero ripresi il di 8 marzo 1880, con 69 operai. Circostanze più propizie permettevano di effettuare un lavoro superiore a quello ottenuto nel passato inverno,, e si calcolò che la media, che ogni operaio compieva giornalmente, fosse di 33 metri, — 10 — sebbene in alcuni appezzamenti inferiori di Ca-Bianca, dove la natura del terreno eccessivamente calcare silicea permetteva alle radici di approfondirsi più oltre un metro e mezzo, la media discendesse in tali condizioni a 6 m. q. Erasi calcolato che per compiere tali lavori fossero bastanti da 35 a 40 giorni, ma circostanze impreviste furono causa che i lavori si protraessero sino ai primi giorni del maggio. Gli appezzamenti inferiori di Ca-Bianca, che rimanevano da scassare erano quelli distinti da n1 di Mappa 800, 855, 872, 1425, 875, 912, 926, 925, 1618, 911,910,873, 936, ed inoltre al Viale Gavazzi circa m. q. 2500. In alcuni appezzamenti superiori di Ca-Bianca gli estirpamenti essendo incompletamente eseguiti, fu d’uopo rinnovarli, e di ciò fu causa Tessersi tagliate le viti troppo basse. Qua e là, sempre nella zona accennata, verso gli ultimi giorni di aprile vennero scoperte trecento e piu viti , site per la massima parte in mezzo ai boschi, alcune di esse infette. Si ebbe cura di fare delle iniezioni reiterate di solfuro, là dove venivano scoperte queste viti. Sebbene fosse massima cura dei delegati che nessuna vite sfuggisse alle ricerche, nondimeno non poche sfuggirono, e dalle guardie incaricate alla sorveglianza dei centri infetti, alle quali erasi dato ordine speciale di minutamente osservare, se avessero a comparire delle gettate provenienti dalle radici rimaste sot- terra, durante Testate vennero scoperte oltre 150, che, esaminate attentamente nelle radici sul finire di agosto, si riconobbero im- muni da fillossera, sebbene chiaramente si scorgesse dalle gibbo- sità che un tempo erano state infette. Dette gettate man mano che venivano scoperte si segnavano con paletti portanti un car- tellino rosso, visibile ad una certa distanza. Contemporaneamente si procedeva al ripianamento degli appez- zamenti scassati nelTinverno, operazione che in allora non si era potuta fare causa il gelo. Il giorno 17 marzo incominciarono le operazioni di pulitura delle viti nella zona di sicurezza. — 11 — Tale operazione consiste nel decorticare i tronchi delle viti mediante guanti in maglia di acciaio; la scorza veniva raccolta in piatti di latta, applicati alla base del tronco, poscia veniva abbruciata. Si spalmavano in seguito le viti con una soluzione di solfo- carbonato di potassa, e si imbiancavano con l’acqua di calce. Scopo di tali operazioni era di distruggere Yovo d’inverno , che per av- ventura si trovasse fra le screpolature dei tronchi. Di tale lavoro erano incaricati ragazzi, sotto la sorveglianza di un capo-squadra. Nei primi giorni di aprile furono compiute le operazioni. Nel medesimo tempo s’iniziarono le iniezioni di solfuro di car- bonio negli appezzamenti scassati allo scopo di disinfettare il ter- reno, e di distruggere quelle fillossere che ancora sopravvivessero. Furono eseguite iniezioni di solfuro anche nelle zone di sicurezza. Si stabili di applicare il solfuro in ragione di 60 grammi per m. q. in un unico trattamento pei primi, di 40 gr. nelle seconde. Si divise il terreno in tanti m. q. col mezzo delle cordicelle a nodi. L’operazione procedeva speditamente negli appezzamenti smossi di fresco, non essendovi bisogno di fare preventivamente i fori con gli avampali. In media un operaio iniettatore insuf- flava da 6 a 7000 fori in una giornata di nove ore. Nelle zone di sicurezza si procedeva più lentamente stante il terreno ingom- bro, e la troppo tenacità del terreno, che rendeva necessario l’uso dell’avampalo. Non tutta la superficie delle zone infette nè di quelle di sicu- rezza venne trattata , ma nelle prime si operò solo dove il ter- reno era stato scassato, nelle seconde lateralmente ai filari di viti, fin dove potevano giungere le radici. Queste operazioni, incominciate il 20 marzo, furono compiute il 25 aprile. Lo schema adottato è quello indicato nella fig. la, dove non si è tenuto calcolo della disposizione delle viti nelle zone di sicu- rezza, stante il modo irregolare di piantamento, ma invece si è distribuito il solfuro per m. q. — 12 — Nelle zone infette e in quelle di sicurezza, dove non si era precedentemente fatto alcun trattamento, le piante arboree come pure i cereali non soffersero punto, ed anzi si notò come il fru- mento, là dove si erano praticate le iniezioni, era molto più vegeto. Lavori compiuti nell’ anno 1880 nei fondi infetti dalla fillossera, nei comuni di Valmadrera, Civate e Pescate. Il giorno 24 maggio cominciarono le ispezioni alle viti della zona di sicurezza, come a quelle che, per la loro vicinanza ai centri infetti, si trovavano maggiormente esposte al pericolo d’inva- sione, e 5 giorni bastarono con 27 operai, divisi in 9 squadre, per portare a termine l’ispezione esaminando il 50 °| 0 delle viti, dove il deperimento non esisteva affatto, e esaminandole tutte in caso diverso. Il risultato fu la scoperta di un piccolo centro, costituito da 4 ceppi infetti, nella zona di Carascée, il giorno 25 maggio, mentre nelle altre 16 zone non un solo ceppo infetto si rinvenne, Nella zona di sicurezza di Ca-Bianca e del Ronco Gavazzi in ispecial modo, le radici presentavano caratteri sospetti. La vege- tazione aerea meschinissima, e le radici gibbose e sprovviste affatto di barboline lasciavano molto a dubitare, ma l’esame il più accurato non constatò la presenza del fatale insetto. Il focolare di Carascée ha una superficie di m. q. 2260, dei quali soli 30 m. q. veramente infetti. Le viti fìllosserate non presentavano caratteri esterni tali da lasciar intravedere che fos- sero infette. Le colonie, alcune delle quali ancora allo stato di ibernazione, erano in piccol numero. Le radici si trovavano in pessimo stato, come anche quelle delle rimanenti viti comprese nella zona infetta in n° di 280. La coltivazione è mista. I filari di viti sono intercalati da coltivazioni a cereali e da piante fruttifere e gelsi. — 13 — Le viti infette si trovano in vicinanza a quelle già distrutte nelFanno precedente, e si crede 1’ origine della infezione dipen- dere dalla emigrazione ipogea. Il giorno 31 maggio si dette principio all’esplorazione del ter- ritorio di Valmadrera, e ben 10 nuovi centri vennero scoperti ; per ordine di tempo, di estensione, ecc. segnati nell’ All. n° 1, nonché segnati nella carta pianimetrica annessa. Di tutti questi nuovi centri, in uno solo l’infezione presentava caratteri manifesti di deperimento. E questo il centro dello In- ferno, costituito da 25 ceppi infetti, sparsi qua e là nell’appez- zamento. Le viti presentavano chiaramente il festone filo sserico, 0 bacino fillosserico . Mancavano quasi affatto in alcune più de- perite le radici capillari, nelle altre erano rare e provviste di qualche nodosità. Non si conosce quale sia l’origine della infezione; si può però asserire, quasi con certezza, provenga per l’emigrazione degli alati. Infatti il centro del Viale Gavazzi non è da questo diviso che da una stradicciuola fiancheggiata da due bassi muri. La coltivazione in tutti i nuovi centri scoperti è mista. Cereali, ortaggi, piante diverse sono frammiste alle viti, piantate in filari od isolate. Non di rado avviene d’incontrare in mezzo alle nume- rose varietà di viti nostrali, delle viti francesi, provenienti da vivai del signor Gavazzi, viti che i piccoli proprietari desiderano ardentemente di possedere, essendo opinione loro che il buon vino si ottenga da molteplici varietà. Anche qui intorno all’origine di questi piccoli centri nulla si sa di positivo. Che le fillossere alate ed attere emigranti, siano causa prima, appare chiaramente dal modo come i centri stessi sono distribuiti. Difatti si osserva che dove esistevano più centri 1 nuovi si trovano ad essi interposti a breve distanza. Non è però inammissibile il caso che da trasporti di piante e dal passaggio di lavoranti possano essere anche derivati i nuovi centri. Così in alcuni di questi si osservò che le viti infette si trovavano lungo i sentieri, per modo che non è al certo impossibile che di là transitando qualcuno, passato prima pei luoghi infetti, vi abbia — 14 — portato il germe deirinfezione. È vero che agli operai a noi soggetti erano stati dati ordini severi perchè non avessero ad uscire senza prima immergere gli strumenti in una soluzione di solfo-carbonato di potassa, e di essersi ben bene puliti le cal- zature, ma non sempre tali disposizioni vennero rigorosamente osservate , e più volte fummo costretti a scacciare qualche operaio. In altri centri invece, Campo Aperto, Cadelloggia n° 1, le viti infette erano giovani barbatelle di 2 a 3 anni, che, per quante ricerche si sieno fatte, non si potè conoscere donde provenissero. Più tardi, quando cioè si passò a fare le esplorazioni nel co- mune di Pescate, un nuovo centro venne scoperto il giorno 27 agosto. Questo nuovo focolare si trova lungo la strada provinciale che da Lecco conduce a Milano, a un chilometro al disotto del Ponte Grande di Lecco, e a sei chilometri circa da Valmadrera. E diviso dai centri quivi esistenti del Monte Barro, che s'innalza 600 e più metri, e si trova alle falde di esso diametralmente opposte a quelle dove si trova la Ca-Bianca. L'infezione è estesa a 12 ceppi di vite, alternati, e nel mede- simo filare che corre parallelo alla strada, distante da essa circa 6 metri. Molte e diverse sono le varietà di viti esistenti, dell’età di circa 10 anni. Quelle che presentano caratteri più distinti di deperimento sono varietà francesi: Gamay e Pinot. Non si conosce affatto l’origine della infezione. Il proprietario assicura che quelle viti francesi provengono da maglioli di altre viti francesi, che egli importò dalla Francia nel 1865, e con le quali formò un vigneto, che dopo cinque anni scomparve. Non si può assolutamente ammettere che tali viti fossero infette, per- chè in quindici anni molto più si sarebbe diffusa l'infezione. Che questa provenga da emigrazione degli alati è cosa estremamente difficile. Difatti, come si disse, il Monte Barro protegge quella località dal soffio dei venti, che vi avrebbero potuto portare l’in- fezione. Nè concimi, nè piante di altro genere vennero quivi importate, così almeno asserisce il proprietario. — 15 L'infezione non vi esiste che da un anno. Infatti le viti/ due eccettuate, presentano florido aspetto e sono sovraccariche d'uva. Le radici, sebbene portanti numerosissime colonie, pure conser- vano ancora le radici capillari, che hanno molte nodosità, e le radici più grosse sono in buono stato di vegetazione. La natura del terreno è eccessivamente argillosa. La superficie è di 840 m. q. Oltre le viti infette, 72 viti sane vennero com- prese nella distruzione. Il giorno 15 ottobre ricominciano le ispezioni delle zone di sicurezza e degli appezzamenti finitimi nel comune di Valma- drera ; e, mentre nel maggio non si era trovata infezione alcuna nelle zone accennate, eccettuata quella del Carascée, ora ben cinque zone vengono riconosciute infette, cioè quella di Campo Aperto, di Campo Saroc , del Dosso presso lo stabilimento Ciceri , di S. Martino e del Vigneto o Ronco Gavazzi, oltre a cinque nuovi centri. In tutte queste macchie l'infezione è recentissima. Una o poche viti sono fillosserate. L'aspetto non è punto florido, ma è questo un fenomeno generale, che presentano tutte le viti della pia- nura, sia perchè trovansì in terreni umidi, sia perchè aleggiate dalle altre piante, sia ancora perchè mal coltivate. L'origine dell'infezione anche qui appare esser dovuta alla emigrazione. Complessivamente ben 22 nuovi centri vennero scoperti, dei quali 20 nel comune di Valmadrera, uno nel comune Civate, ed uno in quello di Pescate. Il numero totale delle viti infette è di 111, di quelle immuni distrutte per precauzione di 2.147. La superficie è di ettari 1,82,90. I sistemi di coltivazione della vite nei luoghi del circondario colpiti dalla fillossera, ed anche nei luoghi circostanti, differiscono assai poco fra loro. Dovunque le viti sono piantate in file, intercalate da coltiva- zioni annue diverse, e distanti fra loro da tre a dieci e più metri. Nei filari i gambi mantengonsi fitti, ed il più delle volte pian- tati a due a due, a 60 centimetri di distanza. Le viti sono so- — 16 — stenute da legname secco conformato a per golino orizzontale. Nel primo caso un bastevole numero di pali, piantati verticalmente e collegati da pertiche orizzontali in due ordini , forma la inte- laiatura del per golino verticale. Il gambo della vite, con questo sistema, si eleva da terra circa un metro, e qui in corrispondenza ad uno degli ordini delle pertiche orizzontali, si sviluppano i tralci. Ogni gambo porta da due o tre tralci a frutto, e da uno spe- rone a due o tre gemme emette tralci a legno per il venturo anno. I tralci a frutto, legati all’ordine di pertiche orizzontali più alte, con vimini, sono tesi in basso e fissati per l’estremità al- l’ordine inferiore di pertichette orizzontali; i tralci a legno si fanno arrampicare liberamente sopra un ramoscello secco di car- pino, di rovere o di altra pianta, fissato all’intelaiatura in modo da sopravanzarla di ottanta centimetri circa. II pergoleto orizzontale invece è costituito da pali verticali, tanti che bastano, collegati fra loro da un solo ordine di per tichette orizzontali, mantenute all’altezza di 60 centimetri circa dal suolo. A quest’ordine di pertichette si fissa il gambo della vite, che appunto fino ad esso si eleva, e da questo punto par- tono ordinariamente uno o due tralci per gambo, tesi orizzon- talmente e in direzione perpendicolare alle file dei pali dei per- golini. Si mantengono tesi i tralci a frutto con paletti infissi nel terreno, ed ai pali posti nelle file delle viti è adattata una pertica intorno alla quale si avviticchiano verticalmente i tralci a legno. Fanno eccezione a questi sistemi pochi vigneti piantati in foppe come si suol dire qui nel circondario, ossia poche viti unite a quattro a quattro, ed anche in numero maggiore, e messe nella stessa fossa, che poi si elevano, appoggiandosi ad adatti pali, fino a circa 80 cent, da terra. Dall’unione dei gambi partono di solito due tralci, che, attor- cigliati l’uno sull’altro, si tendono orizzontalmente in quattro di- rezioni opposte, fissandoli ad appositi paletti, detti comunemente ; gali tenditori , dall’ufficio che fanno di tendere i tralci a frutto. — 17 — Al palo centrale sono appoggiati i tralci a legno che vi si arrampicano naturalmente, essendo assicurati alle incannature secche che vi si collocano per questo scopo. In alcune località di Valmadrera questo sistema viene modi- ficato in modo da far protendere di più i gambi, appoggiandoli a buon numero di pali tenditori, e ad ogni intervallo di 35 a 40 centimetri si usa tendere da ciascun ceppo numerosi tralci a frutto, sostenuti da piccoli pali. Nei dintorni di Oggiono, il sistema è alquanto diverso. Pian- tate le viti in filari, compiuto rimpianto secco del pergolino ver- ticale, si fanno correre i gambi in fasci lungo le pertiche oriz- zontali dell’ordine più basso , e ad intervalli se ne staccano i tralci a frutto, che si tendono verticalmente, fissandoli all’ordine delle pertiche orizzontali più alte. In tutte queste località le viti si piantano senza radici, in fossati poco profondi e poco larghi; mezzo metro di altezza e 60 centimetri di larghezza sono dimensioni eccezionalmente grandi per i fossati delie viti in discorso. Non ci si mette concime di sorta, ed il terreno in seguito non riceve che le coltivazioni ri- chieste dalle colture annuali interfilari. I vitigni che predominano sono tre, detti in luogo e nei din- torni, Irìzaga , Margellana e Vergonese. Qua e là liavvi ancora un certo numero di viti della varietà Barzamina che, prima del- l’invasione dell’oidio, era annoverata fra i vitigni predominanti. Non mancano infinite altre varietà che i proprietari poco intel- ligenti tendono a riunire nel loro piccolo podere. Da parecchio tempo la fallanza dei ricolti ha indotto i pro- prietari di terreni vitati a coltivare le viti americane (Isabella e Catawba), ed ogni anno più si dilata la piantagione di questi vitigni feraci, ma che producono uva scadente. In tutte le regioni esplorate la rotazione agraria è biennale, coltivandosi nel primo anno il granturco, nel successivo il fru- mento. Nel mese di aprile da molti si getta nel frumento il seme di trifoglio, che si taglia come foraggio in settembre, o se ne fa il sovescio. 2 - 18 — In tutte le località esplorate, si riscontra estesa ed intensa la coltivazione del gelso, la cui durata in questi terreni è breve. In alcuni luoghi la vite si sposa al gelso, il quale le serve di sostegno. Il giorno 22 maggio, come si disse, ebbero termine i lavori così detti à’ inverno, e tosto si diede principio ad esplorare le viti tanto nei paesi già infetti quanto nei territori circonvicini. Per così importante operazione richiedevansi disposizioni pre- liminari, che i delegati presero in apposite riunioni. Innanzi tutto venne presentato al Ministero, per 1’ approvazione, il piano di esplorazione, che si estendeva per il raggio di 10 chilometri, in tutti i sensi, dividendo detta superficie in altrettante zone ben delimitate, per rendere così più agevole e più esatta l’opera dei delegati stessi. Si ebbe cura di provvedersi di personale attivo e capace; ed a tal fine furono scelti tutti gli operai che nell’anno precedente attesero alla sorveglianza dei lavori, e mostrarono, dopo rigorose prove, di essere esperti nell’esame alle radici e nel modo di esplorare i ceppi. I migliori fra questi operai vennero nominati capi-squadra, e loro incombeva l’obbligo di scegliere gli scalzatovi , che a loro volta doveano essere accettati dalla Delegazione. Ogni capo- squadra ebbe sempre con sè due scalzatori, perchè l’opera sua nell’esame delle radici non fosse mai interrotta. Ogni caporale si munì di una lente semplice a due diametri e mezzo circa d’ingrandimento, d’un tubetto in vetro per riporvi insetti o radici sospette, e di due zappe bidenti pe’ suoi su- balterni. Nella domenica i capi-squadra insieme riuniti ricevevano dai delegati particolareggiate istruzioni sul modo di esplorare i ceppi, esaminare le ràdici e rinvenirvi l’insetto. Il sistema adottato per l’esame consisteva nell’estrarre con la massima precauzione e cautela una o più radici dal ceppo, osser- vandole accuratamente con la lente in tutte le loro parti; quindi, raccolte le radici d’ogni filare, il capo squadra le rimetteva al delegato perchè controllasse l’esame fatto. — 19 — Ordinata la schiera degli esploratori, composta di 16 caporali, 32 scalzatori e 3 ragazzi, fu divisa in tre gruppi, sorvegliato ciascuno da due delegati. In sulle prime si ebbe a superare una certa opposizione che i proprietari facevano per l’accesso nei fondi, ma in processo di tempo, persuasi più dalla forza che dalla necessità di tali opera- zioni, lasciarono piena libertà di fare. Accennato così in breve quanto predisposero i delegati per l’adempimento delle loro mansioni, passerò ora a descrivere suc- cintamente i lavori fatti per le esplorazioni. Si dette principio il giorno 24 maggio all’ispezione, e si esa- minarono prima, come si disse, le zone di sicurezza nel comune di Valmadrera. Si osservò che molte viti erano morte pel freddo invernale, avendo il tronco spezzato longitudinalmente. La qual cosa di- mostra che non è da attribuirsi totalmente al solfuro di carbonio la mortalità delle viti, come alcuni erroneamente reputano, seb- bene si sia constatato che il solfuro, iniettato nella primavera, rallenta di molto la circolazione della linfa. In tutto il territorio di Valmadrera venne esaminata una vite ogni due o tre, ma nel luogo denominato Sotto-Cadelloggia, per l’estensione di circa 15 ettari, infestato da 5 centri fillosserici, tutti i vitigni si assoggettarono all’esame, e le nostre ricerche fatalmente approdarono alla scoperta di quattro nuovi centri, più tardi aumentati di altri tre. Le radici esaminate in questa località si presentavano alterate nella parte corticale, i cui tessuti facilmente si staccavano dalla parte legnosa, ed apparivano guasti, scabri e nerastri. Le dette radici mancavano affatto di capillari, e vi si riscontravano quelle deformazioni tanto comuni nelle radici fillosserate. Un tale stato anormale delle radici fu pure riscontrato nella zona di sicurezza di Ca-Bianca e nelle viti del Ronco Gavazzi. Esplorando il comune di Valmadrera si constatò che la vite, nella parte elevata, si presenta rigogliosa e vegeta, mentre nella piana cresce esile e stentata. — 20 Terminate le ispezioni nel territorio di Valmadrera, si passò su quel di Civate, dove, in vicinanza alla zona di sicurezza a Santa Nuova, si rinvennero tre viti infette. Qui giova rammen- tare che a Civate l’aspetto delle viti in generale è assai migliore che non a Valmadrera. La coltivazione di questa pianta è sparsa, mista ad altre colture, raramente formante vigneti. Si esaminarono in seguito le viti del comune di Suello e S. Fermo, dove sono tenute con cura, ma le spesse grandinate vi hanno ridotto la vegetazione in cattivissimo stato. Le radici erano sane e compatte nei loro tessuti. Le varietà predominanti di vitigni sono nostrali, e vi abbondano la Margellana e Y Imago, in particolar modo. Sono coltivate promiscuamente ai cereali. Mancano veri vigneti. Al limite del territorio di S. Fermo, verso Como, si pose ter- mine alle nostre investigazioni per due motivi; primieramente perchè ci sembrò di aver percorso un tratto bastevole, avendo superato la distanza di 10 chilometri dall’ultimo centro d’infe- zione, ed in secondo luogo per averci enunciato il delegato per la provincia di Como, prof. Innocenzo cav. Ilegazzoni, che da questo punto incominciava egli stesso le esplorazioni (1). Ci volgemmo quindi verso il territorio di Sala al Barro, dove abbiamo fatto indagini accurate in molte piantagioni novelle, che presentavansi intristite, causa la grandinata dello scorso anno. Di là ci dirigemmo a Galbiate, paesello posto su di un colle elevato ed arioso. Le viti presentavano aspetto migliore che nei dintorni, e la coltivazione era sufficientemente curata. (1) Infatti il delegato fillosserico prof. Ragazzoni eseguì dall’aprile al- l’ottobre 1880 ispezioni di vigneti nei comuni di. Ronago, Biandronno, Cor- rido, Pusiano, Monte Olimpino, Olgiate Comasco, Bosisio e Garbagnate Rota, sempre con risultati negativi in quanto alla presenza della fillossera A Biandronno, dove il sospetto della infezione era più grave, furono ripetute le esplorazioni dal prof. Ragazzoni in compagnia dei delegati Cittolini ed abate G. Ranchet. Quest’ultimo poi ispezionò vari vigneti nei territori di Lomnago, Coquio, Malgesso, Cadruzzate, Ispra e Besozzo. — 21 — I principali vigneti sono quelli di proprietà Ronchetti, posti a ridosso del Monte Barro e popolati per la massima parte di viti novelle. La coltivazione delle viti americane (Isabella e Catawba) va ognora più estendendosi , essendo persuasione di quei coloni che il loro prodotto, sebbene di qualità inferiore, pure non falla mai. Nulla offrirono di rimarchevole i comuni di Bartesate, Imbe- rido, Elio ed alcune frazioni di quello di Oggiono ove è poco o punto curata la coltivazione della vite. Un gruppo di esploratori discese a Garlate, paesello posto sulla destra dell’Adda, dove mancano quasi affatto le viti no- strali, e si trovano invece in grande quantità le viti Isabella , che hanno una vegetazione lussureggiante. Raramente s’incontrano tali viti deperenti. Le radici sono in grande numero e robustissime. Gli altri due gruppi di esploratori scesero a Pescate, dove si trovò una palese riluttanza nei terrieri a permettere l’entrata nei fondi ; ma, in seguito a provvedimenti presi dalla Sotto Prefettura e dall’autorità locale, si eseguirono dovunque le volute indagini. Fatalmente un nuovo centro venne scoperto alla località Pe- scate. Ben dodici viti erano infette, però i caratteri esterni di deperimento erano appena visibili. Sulle radici superficiali di al- cuna di esse si riscontrarono delle ninfe , sebbene in piccol nu- mero. Scoperto questo nuovo centro lontano sei chilometri da Valmadrera nella direzione di sud-est, furono impartiti gli ordini opportuni perchè tutte le viti venissero esaminate, onde delimitare la macchia. Alla scoperta di questo centro, come di tutti gli altri, veniva imposto agli operai di provvedere con ogni diligenza alla puli- tura dèlie calzature, nonché di sottoporre le zappe all’azione del fuoco, per essere guarentiti dalla loro disinfezione. L’altro gruppo di esploratori frattanto procedeva, fortunata- mente senza trovare infezione, verso Olginate, e di là arrivato a Val Garghentino, si pose fine alle esplorazioni da quella parte, posta a mezzodì di Valmadrera e lontana da questo comune di circa 13 chilometri. — 22 — Finite l’ispezioni sulla riva destra dell’Adda, si esaminarono le località dell’altra riva del fiume, ed il territorio di Lecco. I delegati erano solleciti di eseguire tale operazione pel fatto che la mortalità di molte viti, in alcune località, rendeva insistente il sospetto di una invasione fillosserica. Le ispezioni incominciarono il 23 settembre su quel di Lecco? che presenta ne’ suoi orti e giardini viti di varia origine ; ma le nostre investigazioni nulla offrirono di notevole. Nel comune di Rancio alle falde di San Martino sorgono vigneti a viti nostrali e francesi, dove la vegetazione versa in cattive condizioni, a causa degli eccessivi freddi dello scorso inverno, che produssero la morte di molte viti. Anche nei comuni di Castello sopra Lecco, Acquate e dintorni, le viti presentano in generale una vegetazione debole e stentata ed in tutti questi luoghi che, prima della comparsa dell’ oidio, erano fertilissimi in vini, ora tale prodotto è così scemato da po- terlo giudicare quasi del tutto perduto. La vite si coltiva sino all’altitudine di 500 e più metri, piantata generalmente in terrazze. Nel comune di Laorca, al limite supe- riore la vite cessa, e qui incomincia la Valsassina ove per il clima e per l’esposizione la vite più non vi alligna. Compiute le ispezioni di nord-est, ci volgemmo a levante verso Germanedo, dove molte viti morirono negli ultimi tempi a cagione del forte mal nero e dei geli dell’ultimo inverno. Fu specialmente in questa località che l’eccessivo deperimento dei singoli vigneti, fece concepire il sospetto d’una infezione fillos- serica nei dintorni di Lecco. Scendemmo a Maggianico, dove la viticoltura è ben poca cosa e di là ci spingemmo fin oltre la Chiusa sui confini del Berga- masco, ed ivi, dopo aver esplorata un’estensione di circa 3600 ettari di terreni vitati si terminarono le nostre indagini, stante la sta- gione troppo avanzata (13 novembre). Nel comune di Valmadrera per le località sospette si osserva- rono tutte le singole viti, e per le altre una ogni due; mentre man mano che ci allontanavamo dal focolare principale d’infezione — 23 — (Valmadrera), si esaminavano le viti di tre in tre persin di quattro in quattro, senza però mai sorpassare questo ultimo numero. Nelle nostre indagini ai singoli vigneti avemmo ad accertarci che la Peronospora viticola esisteva in tutti i paesi esplorati, più intensa nelle regioni basse e piane che sulle alture. Questa malattia si presentava sulla pagina inferiore delle foglie della vite, sotto forma di piccole macchie di color bianco can- dido, che in seguito scomparendo, lasciavano macchiuzzata la foglia, la quale disorganizzata ben presto si staccava dal ramo. Fu sulla fine di agosto che la peronospora ebbe maggior diffusione. Essa arrecò gravi danni a’ vigneti, che promettevano discreto ri- colto, perchè producendo la caduta delle foglie innanzi tempo, impedì la completa maturazione 'dell’uva, e non di rado era dato scorgere nel mese di ottobre molte viti con grappoli ancora acerbi. Si è osservato che il mal nero serpeggia dappertutto ed in ispecial modo infierisce nelle vigne di Germanedo, Laorca e Belledo. L’ oidio appariva manifesto in quasi tutte le località visitate, ma maggiormente intenso si riscontrò nei comuni di Garlate, Galbiate e Laorca, nei quali luoghi non si usa solforare, o si solfora assai poco e male. Il vaiuolo, antracnosi , non si scoperse che in qualche vite isolata, per cui il danno da esso cagionato si può considerare quasi nullo. Per quanto concerne il lavoro fatto dagli operai, è mestieri distinguerlo, sia rispetto alle località e condizioni del terreno, sia rispetto alla stagione ed alla disposizione dei ceppi. In terreni sabbiosi e sciolti, ed in giorni asciutti, la media del lavoro compiuto da ogni squadra, composta di due scalzatori e di un caporale, era al giorno di ettari 2, e si esaminavano le radici di 1200 ceppi. Al contrario in terreno argilloso e compatto la media giornaliera non era che ettari 1 *j2 circa, e venivano esa- minate circa 1000 radici. Nei giorni umidi e piovosi il lavoro diminuiva sensibilmente, nei terreni sabbiosi scendeva a 1000 il numero delle radici ispezionate, in quelli argillosi compatti a 860 circa. - 24 — È anche da osservare che più proficuo e spedito riusciva Tesarne delle radici, in quelle località, in cui i ceppi erano disposti a breve distanza fra loro ed in posizione piana, che nei luoghi elevati e dove le viti si trovavano piantate a scaglioni, lontani fra loro. Alle medie ottenute però non si può dare un valore assoluto, essendo, per così dire, infinite le circostanze che possono farle variare. Il giorno 15 ottobre s’intraprese una nuova esplorazione per le zone di sicurezza di Valmadrera e Civate, e per gli appezzamenti circonvicini, esplorando vite per vite, e la ricerca approdò alla scoperta di dieci nuovi centri, come già si disse. In tutte le escursioni eseguite, i delegati non mancarono, allorché l’occasione si presentava propizia, di dare ai coltivatori gli op- portuni avvertimenti intorno ai rimedi suggeriti dalla scienza per combattere le malattie riscontrate, ed ebbero altresì cura d’indi- care loro in ogni circostanza i sintomi più manifesti per ricono- scere la fillossera e d’inculcare nell’animo dei coltivatori medesimi l’idea dell’obbligo che ad essi incombeva d’una pronta denuncia all’autorità del luogo, nel caso malaugurato della scoperta del male. I criteri adottati per la delimitazione delle zone infette e di quelle di sicurezza, prima delle istruzioni 3 giugno 1880, furono quelli stessi praticati lo scorso anno. Scoperta una vite infetta, si esaminavano accuratamente per un dato raggio tutte le viti, e lateralmente al filare, dove esisteva l’infezione, si prendeva una zona di 5 a 6 metri, ed il filare veniva compreso per una lun- ghezza di 15 a 20 metri a partire dall’ultima vite infetta, per modo che ne risultavano dei centri con forma rettangolare ; che se invece i puntamenti erano abbastanza fitti, allora più filari di viti venivano compresi per modo che le viti infette si trovassero al centro del quadrato, formante la zona infetta. In seguito alle accennate istruzioni, nella delimitazione dei centri infetti essendo prescritto un limite minimo di 10 metri, esteso in ogni senso a partire dall’ultima vite infetta, si nota l’inconveniente, nelle coltivazioni miste, di comprendere una troppo larga zona, là dove il suolo è coltivato a cereali od altro, mentre si osserva 25 — che troppo ristretta è dessa, dove esistono le viti. Dette istruzioni sono razionali e sempre applicabili quando si tratta di terreni coltivati esclusivamente a viti, ciò che si verifica in questa regione molto raramente. Con tale sistema s’incontrano gravi spese senza ottenere lo scopo. Infatti a che ò buono comprendere nella zona da distruggere, e piante arboree, e grano e prati, più di quanto non convenga? L’estensione dei terreni non coltivati a viti, cir- costanti alle viti infette, deve essere regolata a seconda dell’età di esse e della natura del terreno. Quando la zona laterale è estesa tanto quanto lo sono le radici delle viti non è egli sufficiente? Ma qui si obbietterà che le fillossere potrebbero così sfuggire al- l’azione del solfuro; ma, se ciò è vero, è anche vero che esse lasciando le radici delle viti trattate, e non trovandone per largo trattò altre, saranno costrette a perire. Sarebbe quindi cosa migliore che la delimitazione delle zone infette, nelle colture miste, venisse regolata non già da tali istru- zioni, ma bensì dal criterio del delegato. Che più non esistano zone di sicurezza, con differente tratta- mento, è cosa giustissima. E noto che per l’addietro la superficie infetta veniva circoscritta da una zona più o meno estesa, sog- getta a soveglianza, e a trattamenti a piccole dosi. Ma queste zone presentando piccoli vantaggi, sovraccaricavano lo Stato di spese enormi pel pagamento dei prodotti pei quali non era permessa la esportazione. Così delle 15 zone di vigilanza dei centri scoperti nel 1879, solo in sei venne scoperta l’infezione, mentre, nelle rima- nenti, l’accurato e ripetuto esame ha dimostrato, come esse sieno immuni, ma ciò nondimeno i prodotti non si possono esportare e devono essere pagati. Ora invece un tale inconveniente scompare, perchè le zone di sicurezza sono estese molto meno, e vengono trattate egualmente a quelle infette. Nelle esplorazioni fatte la primavera ben undici nuovi centri erano stati scoperti, ma il taglio e abbruciamento delle viti e piante erbacee, nonché le iniezioni di solfuro, non poterono aver prin- cipio che il giorno 19 luglio. Le cause che ritardarono le opera- zioni di distruzione furono diverse, ma la principale fu la man- — 26 - canza del perito per la valutazione dei prodotti. Si era provvisto con ogni sollecitudine alla nomina delFingegnere incaricato di ciò, ma appena iniziate le perizie ammatassi, tantoché si dovette prov- vedere alla nomina di altro ingegnere, il signor Camillo Martelli, che, trovandosi occupato in altre faccende, si assunse l’impegno di cominciare non sì tosto quelle sbrigate. Compiute le perizie il giorno 19 luglio, si dette principio alle operazioni alla zona detta Inferno. Qui come altrove la coltura è mista e le viti trovansi piantate in filari distanti da 12 a 20 metri, ed irregolarmente disposte nel filare. Era quindi impossibile il determinare la quantità di solfuro per pianta, variando la quantità stessa col variare della distanza fra un. ceppo e l’altro. Si adottarono quindi schemi generali d’iniezione a metro qua- drato, senza punto preoccuparsi della disposizione delle viti. I filari essendo molto distanti fra loro, come si disse, tornava superfluo l’iniettare tutta la superficie compresa fra essi, e si stabilì di prendere lateralmente una zona di 4 a 5 metri (lunghezza mas- sima che raggiungono normalmente le radici in queste località) dove veniva applicato il solfuro di carbonio alla dose di 140 grammi in due trattamenti. * Per distribuire il solfuro esattamente secondo lo schema indi- cato (fig. la) si faceva uso di cordicelle a nodi che, stese sul terreno, guidavano l’andamento dell’operazione. La natura del terreno argillosa compattissima rendeva 1’ ope- razione di perforazione difficile, che lo era resa ancor più, stante l’arsura del terreno, perchè da un mese e più non si era avuto la pioggia. Per dimostrare quale influenza ciò abbia recato, basti il dire, che non sempre dieci operai perforatori erano sufficienti a mantenere un lavoro continuato ad un operaio iniettatore, mentre nelle condizioni ordinarie da quattro a sei erano sufficienti. Il lavoro medio giornaliero che un perforatore eseguiva era di circa 900 fori in 10 ore di lavoro, mentre si osservò che il lavoro può ascendere fino a 1600 fori. Un operaio iniettatore compieva l’operazione su 650 a 700 fori all’ora. — 27 — Oltre ai due trattamenti, dopo il primo trattamento, alla base di ogni vite si iniettarono 20 grammi di solfuro alla profondità di 10 e 25 centimetri. Il solfuro adoprato proveniva da Firenze. Dap- prima si adoprò il solfuro greggio, contenente cioè un eccesso di solfo, ma Fazione insetticida di esso si osservò essere meno potente di quello rettificato. Inoltre un grave inconveniente si verificava, perchè, depositando lo zolfo sui vari pezzi costituenti il palo iniet- tore, lo rendeva dopo poco tempo inservibile, ed occorreva troppo frequentemente smontare il palo per le puliture volute. Le iniezioni di primo trattamento, cominciate il 19 luglio nella zona Inferno , vennero continuate negli altri dieci centri, e furono compiute la mattina del giorno 27, impiegandovi sette giorni e mezzo. Il secondo trattamento cominciò nelle ore pomeridiane del giorno 27 e si compì il 3 agosto, impiegando così sei giorni e mezzo di lavoro. La superficie complessiva degli 11 centri trattati è di ett. 1,37,10. Il tempo interposto fra la prima e la seconda iniezione fu di otto giorni. Le osservazioni fatte sulla diffusione del solfuro hanno dimo- strato come dessa era stata irregolare stante la troppa compattezza del sùolo. Un esame accurato alle viti infette, dopo il primo trattamento, ci dimostrò come il 20 per cento delle fillossere erano sopravvis- sute, e più specialmente le giovani larve e le ova. L’esame pra- ticato alcuni giorni dopo il secondo trattamento, in presenza di alcuni incaricati delle varie provincie, qui accorsi per fare studi pratici, dimostrò chiaramente come V azione insetticida del solfuro fosse stata completa, non essendosi rinvenuta una sola fillossera superstite. Nel centro scoperto il giorno 27 agosto nel comune di Pescate, le iniezioni di primo trattamento si fecero il giorno 16 settembre, impiegandovi mezza giornata pel compimento, e il giorno 22 venne applicato il secondo trattamento. Lo schema adottato è quello stesso indicato nella fig. l.a 28 — Negli altri 10 centri scoperti nel mese di ottobre e novembre le iniezioni e l’abbruciamento incominciarono il 1° novembre, e 11 primo trattamento venne compiuto il giorno 2, impiegando 12 operai. Il secondo trattamento s’incominciò il giorno 7 e venne compiuto nella mattina del giorno seguente. Lo schema adottato in tutti questi centri, ad eccezione di quello per il Ronco Gavazzi e vigneto Ciceri, è indicato nella fìg. l.a Nel vigneto Ciceri il puntamento essendo regolare e le viti essendo piantate a lm, 10 in quadrato, si adottò lo schema figura 2. Nel Ronco Gavazzi le viti si trovano a 0,80 centim. in un senso e ad un metro nell’altro. Lo schema adottato è indicato nella fìg. 3. Il lavoro eseguito era di molto maggiore di quello avuto nel- l’estate, e raramente faceva bisogno di adoprare l’avampalo per apparecchiare i fori. Le osservazioni fatte sulle piante vegetanti nelle zone infette sono le seguenti: le piante di gelso due giorni dopo le iniezioni portavano segni evidenti di sofferenza. Le foglie erano ingiallite ed alcune già secche, locchè dimostra essere causa di ciò non l’azione sotterranea del solfuro, che non avrebbe così presto po- tuto manifestarsi, ma bensì l’azione aerea di esso. Le piante frut- tifere anche ebbero a soffrire, e specialmente i peschi. Dopo il secondo trattamento, quasi tutte le piante comprese nelle zone infette erano deperite, ma, alcuni giorni dopo, le piante medesime, poche eccettuate, aveano ripreso una robusta vegeta- zione. I trattamenti d’estate recarono maggior danno alla vege- tazione. Sulle viti poco o punto influirono le ripetute iniezioni, e seb- bene tagliate a 20 centimetri da terra, dopo un mese circa esse avevano cacciati vigorosi succhioni. Questo fenomeno si è osser- vato altre volte, così ad Agrate come a Yalmadrera, dove in alcune zone di sicurezza essendosi data una maggior dose di quella prescritta, fino 200 grammi per m. q., le viti continua- 29 - rono a vegetare senza dare segni evidenti di deperimento. Questo fatto si trova in aperta contraddizione con quanto si asserisce dai francesi, che sostengono che dosi siffatte non lasciano soprav- vivere le piante, specialmente nelle regioni calde. Merita quindi che studi accurati sieno fatti su di ciò, perchè se al solfuro di carbonio applicato in dosi tali da distruggere completamente la fillossera, le viti resistessero, si potrebbe ope- rare allora senza tagliarle al piede. Gli operai impiegati, sia nelle operazioni d’iniezione, sia nelle esplorazioni, mostrarono sempre la massima cura e diligenza, e non si verificò mai inconveniente alcuno. Nei centri scoperti in quest’anno gl’indennizzi per il prodotto delle viti vennero pagati per un solo anno per quelle infette, per due anni per le altre più prossime a queste, tenuto calcolo che se anche subito fossero state invase, il prodotto non si sarebbe perciò perduto per i primi due anni, e per tre anni fu compensato il prodotto per quelle più lontane dalle infette. Da quanto precede appare come le operazioni d’iniezioni ven- nero fatte a più riprese. Negli 11 centri scoperti nel maggio e giugno, si fecero dal 19 luglio al 3 agosto. In quello di Pescate il 16 e 22 di settembre, e negli ultimi 10 centri scoperti a Val- madrera dal 1° all’8 novembre. Le esplorazioni cominciate il giorno 24 maggio, furono sospese il giorno 13 novembre, essendosi esplorati complessivamente 3600 ettari di terreni vitati. Nessuna delle tante varietà di viti coltivate nei centri infetti mostrò di resistere maggiormente delle altre agli attacchi della fillossera. Si notò che quanto maggiore era l’infezione, tanto maggiore era pure il deperimento. A completo compimento dei lavori eseguiti nel corso di que- st’anno si devono ancora fare gli estirpamenti. La superficie da scassarsi dei 22 centri è di ettari 2.62.50, e trattandosi di ter. reni pianeggianti e di facile penetrazione, si può calcolare che il lavoro medio giornaliero di scasso sia di 12 m. q., locchè im- porterebbe 1354 giornate che dovrebbero essere impiegate, e — 30 — tenuto conto della spesa occorrente per il personale direttivo, per i caporali e i ragazzi che devono raccogliere le radici, credo che la spesa sarà di L. 4500 circa. La gravità dell’infezione fillosserica non è nulla affatto com- presa dalla massima parte dei proprietari del luogo, che inter- pretano le cure e le gravi spese del Governo come continue vessazioni. Prima di chiudere questa mia breve esposizione di fatti, che prego l’E. V. di accogliere con benevola indulgenza, mi sia per- messo di ricordare lo zelo e la diligenza in ogni occasione di- mostrata dai delegati coadiutori, dei quali consegno nell’Allegato n° 2 il nome e il tempo delle rispettive funzioni, e che effettuarono il compimento di tali lavori in modo da soddisfare, come io spero, i desideri dell’E. V. Roma, 17 gennaio 1880. Cittoltni Luigi. Delegato speciale fìllosserico per la provincia di Como. ALLEGATI — 32 — All. I. PROPRIETARIO COLONO o UTENTE Anghileri Eusebio . . Stesso I ( Mapelli Pietro e j ^ Fratelli Gavazzi . . . / ( Anghileri Giusep. H. ) < Bonacina C. q. Agost. ( > Butti Giovanni. . ‘ Id. q. Anton. ) Fratelli Gavazzi . . . Fratelli Crimella . Ospizio fate bene Frat. Rusconi Giovanni Id. Rusconi Pietro . . Giuseppe ^ Gavazzi . . M. Butti Giovanni. . 1 Dell’Oro Fedele . . . Dell’Oro Stefano, j Ciceri G. Battista . . Fratelli Crimella. { 1 Fratelli Gavazzi . . . Id. . ì ^ Ciceri G. Battista . . Id. . j ì Fratelli Gavazzi . . . Dell’Oro Stefano, i Id. Testori Carlo Poivara Stefano . t Dell’ Oro Fedele . . . < | Butti Giovanni. . ^ Fratelli Gavazzi . . . \ Vari Vari Ciceri G. Battista . . Fratelli Crimella. Vari Vari Ospizio fate bene Frat. Rusconi Giovanni 1 u' , Vassena Luigi . . / 1 Butti Giacqmo . , ) ^ Ciceri G. Battista . . Dell’Oro Giacomo ) ( Prebenda Prepositur. Castagna Pietro . \ \ Cesena Giacomo . . . Cesana Giacomo . ì Barberini Giovanni . Dell’Oro Gius.Ant. Ciceri G. Battista . . Fratelli Gavazzi . . . Viti 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 LOCALITÀ E NUMERO DI MAPPA Zona sicurezza - Carascée - N. 800, 801 Podere Gavazzi - N. 2103, 2104 Inferno - N. 1973, 1974, 1971, 1972 Campo Grande - N. 2207 . . Cadelloggia - X. 1231 Campo dell’ O - X. 1085 . . . Fontana - X. 322, 326 Sotto Cadelloggia - X. 1100, 1891, 1909 Gliiavasca - N. 1176, 1195. . Santa Vecchia - X. 1196, 1190 Campolungo - X. 669.-. . . . Pescate - X. 16 ....... . Sotto Cadelloggia X.2°- X. 1 909 1891 Zona sicurezza - Campo aperto - X. 1193 Cliiavasca X. 2° - X. 1196 . . Cadelloggia N. 2° - N. 1231 . Foppa - N. 1231 Zona sicurezza - Campo Saroc X. 2063 Zona sicurezza - Dosso presso lostabil. Ciceri -N. 1138,1237 Zona sicurezza - S. Martino - X. 1333, 1332 Vigneto Ciceri - X. 2043. . . Zona sicurezza - Vigneto Ga- vazzi - N. 2151 2£ Ili 1 ) — 33 — UPERFICIE DATA O S P? "X dell’area INFETTA DELLA SCOPERTA SCOPRITORE \ H =3 8 S & 53 = Osservazioni ìtt. 0.2260 25 maggio D’Orlandi G. Batt., delegato 280 Com. di Valmadera [d. 0.0540 28 id. Gazzinelli prof. Agost. deleg. 72 Id. [d. 0.4950 28 id. Vigano Carlo, assistente . . 322 Id. !d. 0.0320 7 giugno Gazzinelli prof. Agost. deleg. 67 Id. !d 0.0600 16 id. Viganò Carlo, assistente. . . 28 i Id d. 0,1800 19 id. Id. 122 Id. Id. d. 0.0560 21 id. Cittolini Luigi, delegato . . 207 d. 0.0810 23 id. Viganò Carlo, assistente . . 98 Id. d. 0.0490 25 id. Id. 90 Id. d. 0.0880 Id. Id. 130 Id. d. 0.0370 d. 0.0840 2 luglio 27 agosto Id. Gazzinelli Agostino, deleg. 70 72 Comune di Civate Id. di Pescate i 0.0330 20 ottobre Viganò Carlo, assistente . . 66 Com. di Valmadera 1. 0.0240 31 ottobre Bassi Edoardo, delegato . . 58 Id. Id. Id. Id. 1. 0.0350 Id. Id. 22 1. 0.0730 25 ottobre Cittolini Luigi, delegato . . 78 I. 0.0120 26 id. Basso Giovanni, delegato . . 30 1. 0.0630 Id. Cittolini Luigi, delegato . . 54 Id. 1. 0.0610 27 ottobre Viganò Carlo, assistente . . 41 Id. l. 0.0370 30 id. Bassi Edoardo j delegato . . 88 Id. 1 0.0270 31 id. Id. 111 Id. Il 0.0220 6 novemb. Basso Giovanni, delegato. . 152 Id. t. 1.8290 Viti 1: 2258 3 34 — Alleg. N. 2 COGNOME E NOME TEMPO nel quale prestarono servizio QUALITÀ DEL SERVIZIO Gazzinelli Prof. Agostino .... dall’ 8 marzo al 25 nov. Lavori di scasso, iniezioni ed esplorazioni. Vigano Carlo dal 1 aprile al 25 nov. Lavori di scasso, iniezioni ed esplorazioni. D’ Orlandi Giovanni Battista . . dal 28 marzo • al 9 agosto Lavori di scasso, iniezioni ed esplorazioni. Basso Giovanni dal 1 aprile al 25 nov. Lavori di scasso, iniezioni ed esplorazioni. Bassi Edoardo dal 14 giugno al 25 nov. Esplorazioni ed iniezioni. Morocutti Cristoforo dal 16 giugno al5settem. Idem. Vecellio Osvaldo dal 17 giugno al 6 luglio Esplorazioni. — 35 — Elenco dei visitatori concorsi sul luogo delle infezioni e dei lavori a Valmadera nell’anno 1880 All. N. S COGNOME E NOME PATRIA 0 RESIDENZA Osservazioni Frecla prof. Pasquale . Roma. . (ispettore dell’Agricoltura e del- Pasqui prof. Tito . . . Id * l’Insegnamento agrario Id. Ricca Rosellini prof . . Id Id. Cariucci dott. Michele Conegliano Diretttore della Scuola di viti- Fachleitner Ferdinando Id . . coltura ed enologia di Avellino Enologo e viticoltore nella Regia Scuola di Enologia e viticoltura in Conegliano Alunni della Scuola di Enologia e viticoltura Id. di Conegliano ...... Bernasconi ting. Emilio Milano Gerente Agen. Enologica Italian. Beilati dott. cav. Giamb. Feltre Delegato per la prov. di Belluno Gherardi dott. Aldelson S. Giustina di Feltre Id. Pellini cav. Luigi . . . Vicenza Viticoltore enologo e bachicolt. Grazzi Soncini dott Dirett. della Scuola di agricol. di Grumello del Monte (Bergamo) * Gustave Emidi d’Emoke Scudiero di S. M. Flm- peratore d’Austria. . . Membro della Commiss, superiore Geyza dott. de Horvàtli per la fillossera dell’Ungheria Capo della Staz. fìloss. Ungherese M. Thomas W. Kelly. . Milano R. Console Britannico Sintoni Antonio .... Forlì . Assistente alla cattedra di Eco- Zantoni Alfredo Brescia nomia e di Estimo dell’Istituto Tecnico Trottarelli prof.Giacom. Macerata Colombo (agente) .... Pavia Fumagalli Luigi .... Merate Rognoni prof. Carlo . . Parma Delegato per la prov. di Parma — 36 — Segue All. N. 3 COGNOME E NOME PATRIA O RESIDENZA Osservazioni Grilli prof. Costantino . Pesaro Delegato per la prov. di Pesaro Tassi cav. prof. Attilio Siena Direttore del R. Orto Botanico dell’Università di Siena Vaccà dott. Rocco . . . Massa Carrara . . . Presidente del Comizio agrario Beliucci prof. Giuseppe Perugia Incaricato della Deput. Provin- ciale di Perugia Barberi prof. Guglielmo Ravenna Preside dell’Istit. tecn. Ravenna Baruffaldi prof. Tomm. Ferrara Id. Ferrara Foresi TTlisse P ortoferraio Presidente del Comizio Agrario Segretario id. Pullè conte Giulio . . . Id Zampieri conte Ignazio. Firenze Desideri cav.prof.Cesare Roma Dirett. della Scuola podere Roma Tagnuzzi Giusuppe. . . Id Perito agronomo Brizzolari prof. Alessan. Arezzo Delegato per la prov. di Arezzo Yannuccini ing. Luigi . Scansano Niccoli prof. Pietro. . . Dirett. dell’Istit. agrario Padova Delegato per la prov. di Padova Delegato per il circond. di Como Banfichi prof. . Padova Regazzoni prof. Innoc. Como Lava avv. Giuseppe . . Piadena Delegato per la prov. di Cremona Santoni Luigi Lonigo Presidente del Comizio agrario Beglieni Giuseppe ... Travona Numero dieci contadini inviati dalla Deputaz. provinciale di Vicenza. Numero sei contadini inviati dalla Deputaz. provinciale di Belluno # Numero due contadini - inviati dalla commis- sione ampolografìca di Como Mollino prof. G. Maria Genova Delegato per la prov. di Genova Riassunto delle contravvenzioni accertate per infrazione alle disposizioni della Delegazione Governativa a senso degli art. 2 e 7 della legge sulla fillossera 3 aprile 1879 n. 4810. 37 — < c? H cS B « O s li 'rS & < ri 0 a C m O Q o v* o ’5) o3 Ph > o a. £ « o Q < H ci o *3 M % o o tn ° .2 ‘3 o o o m w fì -ri a « a o o ► « 5 « 3 OSSI ojqono is l* UKlOHId 3ISYHIH 8UOTZtllOSSB .19(1 axnmvsg; ■euirepuo» aod axianvsa 0*81 wqowo x8 U axxoaonxKi Spesa incontrata per la distruzione della fillossera negli anni 1 879-80 nella provincia di Como. All. N. 5 Num. d1 Ordine TITOLO SPESA Spese Generali 1 Indennità al personale direttivo, compensi, re- tribuzioni (escluse quelle ai delegati provili- ciali locali) L. 31,197. 25 2 Riparazioni al materiale, spese di posta, tele- grammi d’ufficio ed altre varie 12,027. 16 Totale . ... Li. 43,224. 41 43,224. 41 Spese per la distruzione dei centri infetti 3 Mano d’opera per le perforazioni, iniezioni, scassi, ispezioni, ecc L. 34,933. 16 4 Solfuro di carbonio iniettato, quint. 166 . . . 8,282. 35 5 Altri insetticidi 63. 40 6 Trasporti, facchinaggi ed imballaggi pel sol- furo e pel materiale 2,379. 90 7 Sorveglianza ai luoghi infetti 3,037. 00 8 Indennità ai proprietari per la distruz. 1879 41,018. 84 9 Onorari ai periti compilatori delle stime . . . 5,565. 82 Totale . . . . L. 95,280. 47 95,280. 47 Totale somma pagata nel biennio . . 138,504. 88 Spese insoddisfatte riferibili all’infezioni 1879-80 a cui sì provveder! nell’Esercizio 1881 10 Indennità suppletorie e nuovi centri dell’ au- tunno 1880 L. 5,832. 27 11 Somma a calcolo per gli onorari ai periti . . 1,665. 15 12 Somma a calcolo per le operazioni invernali di scasso 4,500. 00 Totale . . . . L. 11,997. 42 11,997. 42 Totale generale, spesa presunta . L. 150,502. 30 - 39 — SCHEMA DI PRIMO TRATTAMENTO — Fig. 1.* Ao o o 30 gr. mì o A' 20 gr. 20 gr. mi 20 gr.1 o B 30 gr. mi o o C' o Bf Leggenda Dose per foro Gr. 20 (eccettuati quelli del centro del quadrato) A. A’ ecc * 30 Dose per metro quadrato » 70 SCHEMA DI SECONDO TRATTAMENTO Si sopprimono B. B\ sostituendovi C. C\ 1.10 SCHEMA DI PRIMO TRATTAMENTO — Fig. £.a Leggenda Superficie occupata da ogni ceppo Dose di solfuro per questa superficie Dose per foro eccettuato A. A' ecc. a 21 grammi . . Dose per metro quadrato circa — 41 — SCHEMA DI SECONDO TRATTAMENTO — Fig. 2.a 0.55 0.55 © o © o © o o 0 o o o o © o © o o o © o 0 o o © o © • o o o © o © o © o o o © o © O 0 o © O O 0 0 o 0 0 0 © O o o © o 0 © Leggenda Superficie occupata da ogni ceppo Dose per questa superficie Dose per foro * . . Dose per metro quadrato circa Mq. 1.110 Gr. 80 » 20 « » 71 Dose nei due trattamenti per metro quadrato . Gr. 140 1 metro — 42 — SCHEMA DI PRIMO TRATTAMENTO — Fig. 3.H 0. 80 X o X X X o o o o X o X o x 0 o X o X o X X X X X X X X X X Lesrffenda Superficie occupata da ogni ceppo Mq. 0.800 Dose per questa superficie . Gr. 60 Dose per foro » 20 \ Dose per metro quadrato » 75 SCHEMA DI SECONDO TRATTAMENTO — Fig. 3.d Si sopprime A, sostituendovi B , Br B" , B"' . Dose totale nei due trattamenti . Gr. 150 CENTRI FILLOSSERA!! NELLA PROVINCIA DI MILANO § 1° — Brevi cenni intorno alle infezioni scoperte ed alle operazioni compiute nel 1879 Scoperta della infezione. — Il 1 settembre 1879, il sig. Gae- tano Colnago, agente della nobile casa d7 Adda, di già istruito sui caratteri della pericolosissima infezione fillosserica, mediante una visita da esso fatta ai vigneti della Ca-Bianca in Valma- drera, acquistò la desolante certezza che il parassita americano andava distruggendo un bellissimo vigneto, da pochi anni im- piantato con molta cura, con viti di varietà francesi, avute da coltivatori delle vicine terre, e specialmente da Concorezzo e dal Gernetto. Estensione delle zone infette. — Nei successivi giorni 4, 5 e 6 settembre, sia per opera dei membri della Delegazione speciale governativa, prontamente recatasi ad Agrate, sia dell7 agente della casa Fé-Basana, sig. Angelo Porta, veniva scoperta la fillossera in altre sette località, nell7 interno del paese. (Alleg. A). La totale superficie di terreno riconosciuto infetto in quei di- sgraziati giorni, ascese quasi a tre ettari (ettari 2,99,70). — 44 — Distribuzione dell’ infezione, e suo allargamento . — La carta topo- grafica, unita al n. 25 degli Annali di Agricoltura 1880 , fornisce una idea esatta della distribuzione di questa infezione, e solo vuoisi qui avvertire, che se nel settembre 1879, si potè sospettare che i centri di proprietà della casa Fé fossero i piu antichi, ora dopo oltre un’ anno di osservazioni questo sospetto, benché non per anco appoggiato a prove, ha preso, direi, la forma della cer- tezza, e chi scrive non esita a dichiarare che è sua convin- zione che fu dai centri Fé, che il male ha mosso per assalire le viti dei diversi altri proprietari. Facilmente può spiegarsi la infezione del giardino del parroco e quella degli attigui orti del sig. Gervasoni e della Cappellani d’ Adda, osservando la grande vicinanza di questi coi centri fil- losserati della casa Fé 5 nè è difficile, sia basando il proprio cri- terio sullo sviluppo delle alate , sia sopra di un inconsciente tra- sporto delhinsetto a mezzo dell’uomo, spiegare anche la presenza delle due macchie del vigneto d’Adda, che appena di un cen- tinaio di metri dista dai vari punti infetti. Della infezione del- T orto Melzi, è evidente la provenienza, poiché si sa che impian- taronsi in quello molte viti tolte dai centri Fé. Origine della infezione . — Se è facile immaginare come andò allargandosi la fillossera in Agrate, è davvero invece, almeno finora, impossibile scoprire come vi fece la sua prima comparsa. Le più accurate inchieste fatte dai Delegati e dall’Autorità giu- diziaria, in seguito a voto del Parlamento Nazionale, ebbero su di questo punto un completo insuccesso. Le dichiarazioui fatte dagli interessati e dai non interessati, lungi dal rischiarare la que- stione, la oscurarono. Dallo stato di deperimento delie viti, in vari dei centri fillos- serati, specialmente nel vigneto Fé, si fu però indotti a ritenere che l’infezione datava da circa sei anni. E come il triste afide abbia impiegato questo tempo è reso evidente non solo dalle in- fezioni scoperte nel settembre 1879, ma ben più da quelle rico- nosciute nel corrente anno. E fu davvero una fortuna, se l’espres- sione può correre, mentre si parla di un argomento tanto triste, — 45 — che, nel comune di Agrate, la coltivazione della vite fosse assai ristretta ; diversamente la sciagura avrebbe forse assunte propor- zioni irreparabili. Basti qui accennare di sfuggita a quanto esporrò con qualche particolare nella Relazione sui lavori praticati nel 1880; che cioè ben altri 22 punti infetti si scopersero in terri- torio di Agrate, nella decorsa estate, e che di questi, 14 appar- tengono alla casa Fé. Operazioni di distruzione. — Non appena fu riconosciuta F in- fezione, il Ministero decretò Y immediata distruzione dei vigneti fillosserati, mediante Y applicazione del solfuro di carbonio, e l’ab- bruciamento delle parti aeree delle viti nonché dei pali di soste- gno e di ogni prodotto erbaceo che si trovasse nelle zone infette; escluse dalla distruzione le sole piante arboree, che però potevano essere aneli’ esse tagliate ed abbruciate, ogni qualvolta a giudizio del Delegato, fosse ciò ritenuto utile, nell’ interesse della buona riuscita delle operazioni. Solo pel vigneto d’Adda, il Ministero ordinò la conservazione, tentandone la guarigione colla sommersione, che a priori sembrava facilmente applicabile, essendo il terreno piano e prossimo ad una ricca roggia (Roggia Ghiringhella). Il delegato Luigi Cittolini, incaricato dei lavori di distrazione in Agrate, con una lodevole energia diede mano alle operazioni il 9 settembre, coadivato dai Delegati sigg. Roberto Soravia e Fantini. Le viti furono subito tagliate al piede ed abbruciate in carbonaie appositamente formate, allo scopo di impedire che le faville potessero appiccare il fuoco ai prossimi fabbricati rustici e pagliai. Per facilitare l’ustione delle parti verdi, servirono, oltre al legname secco fornito dai pali di sostegno, delle convenienti inaffiature di petrolio. Poi praticavasi F injezione di solfuro di carbonio, che [dopo qualche giorno veniva replicata. (Alleg. B). Tutte queste operazioni furono praticate in brevissimo tempo,, così che dal giorno della prima scoperta della fillossera al com- pimento delle operazioni di sommersione del vigneto d’ Adda, e di distruzione negli altri centri, non occorsero che 15 giorni, come risulta dal seguente specchietto : — 46 — Ricerca e delimitazione delle aree infette dal 5 al 10 Settembre ; Lavori preparatori per la sommersione del vigneto d’ Adda » 10 » 15 » Lavori di distruzione, abbruciamento e prima iniezione » 10 » 13 » Seconda iniezione » 18 » 20 » Effetti ottenuti. — L* 8 ottobre, dietro invito del Ministero, una commissione speciale (1) si recò ad Agrate onde constatare quali effetti vi si fossero ottenuti colle prime operazioni di distru- zioni. La Commissione riconobbe che tanto la sommersione del vigneto d’ Adda (che vi era praticata solo da 18 giorni), quanto i trattamenti col solfuro di carbonio avevano dato buoni risul- tati. Infatti, estratte varie radici delle viti sommerse, si riconob- bero « su di esse alcune fillossere a colore inalterato , ma quali più , quali meno , tutte in stato di sfacelo e quasi disfatte » . Eguali risultati si erano già osservati il 30 settembre dal commendatore Targioni, in occasione della visita di S. A. il Principe di Napoli, ed il 1 ottobre dal delegato Cittolini. Sulle radici trattate col solfuro di carbonio non si potè ac- certare la presenza delle fillossere, vive o morte, « sebbene le radici stesse accennassero indubbiamente di esserne state invase » cosicché la Commissione non esitò di dichiarare nel verbale che eravi luogo a credere che le fillossere erano state distrutte com- pletamente dall’ azione del solfuro di carbonio. Questo brillante risultato, per quanto si riferisce ai trattamenti col solfuro, fu dappoi verificato all’ epoca delle operazioni d’ in- (1) Questa Commissione era composta dei signori Scalini senatore avv. Gae- tano, presidente della commissione ampelografica di Como, Targioni- Tozzetti prof. comm. Adolfo, Cornalia prof. comm. Emilio, Guaita comm. Giuseppe sotto-prefetto del circondario di Monza, Franceschini Felice, delegato go- vernativo fillosserico, Sandri dott. Giovanni direttore della scuola agraria di Brescia, Grassi Soncini direttore della scuola agraria di Grumello del Monte, Cittolini Luigi e Roberto Soravia delegati governativi fillosserici e Rubini ing. Giulio membro della commissione ampelografica di Como. — 47 — verno, allorché si estirparono, mercè lo scasso, tutte le radici delle viti ammalate. Sommersione del vigneto di Adda. — La sommersione del vi- gneto d’Adda durò regolare fino verso la terza decade di otto- bre. Ma, più. tardi, la permeabilità del terreno aumentò di tanto, da riuscire impossibile il buon andamento della operazione. Fu in vista di questo gravissimo inconveniente, che in mal punto veniva a paralizzare gli effetti di un trattamento che si sperava radicale (basando le speranze sugli studi del sig. Faucon, che fino allora avea ritenuto sufficiente circa 60 giorni di sommersione non interrotta per purgare un terreno infetto da fillossera), che io, già da più giorni onorato, per la fiducia del R. Governo, della direzione dei lavori di distruzione della fillossera nella provincia di Milano, verso gli ultimi di ottobre domandai al comm. Targioni- Tozzetti, in rappresentanza del Ministero di Agricoltura, che volesse ordinare la cessazione dell’allagamento in quella parte del vigneto che era sommergibile solamente coll’ uso della pompa a vapore, tornando inutile ogni maggior sacrificio di danaro, dal momento che la natura del sottosuolo non consentiva di poter mantenere l’acqua, in conveniente strato, su tutta l’area del vigneto. Così tutta l’acqua della Roggia Ghiringhella, il 1° novembre ' non appena giunse l’ ordine di rinunziare all’ uso della pompa , fu immessa nella rimanente parte del vigneto, sommergibile natu- ralmente. Ma ben presto, con vera sorpresa, trovai che, neppure in quella parte, era più possibile mantenere un regolare allagamento, così che il 16 novembre i signori Targioni e Lawley , delegati spe- ciali del Ministero, riconobbero la convenienza di levare total- mente 1’ acqua dal vigneto d’ Adda. Sospensione delle operazioni autunnali. — Coll’ ordine dato dai signori Targioni e Lawley, di terminare la sommersione, e di passare alla urgente operazione di agguagliamento del suolo, lad- dove, per la formazione delle arginature, si erano poste allo sco- perto le radici delle viti, cessavano le operazioni autunnali. E subito presi le necessarie disposizioni per dar principio alle ope- — 48 — razioni invernali. (Intorno alla sommersione del vigneto d’ Adda veggasi la unita relazione dei signori ingegneri cav. Michele Maggi e Giacomo Monti, Alleg. C). Operazioni invernali. — Proprio il 20 novembre, giorno stabilito per dare principio alle operazioni invernali, oltre 50 centimetri di neve coprirono il terreno. Poiché la superficie da scassare era relativamente piccola, confrontata col numero di operai di cui poteva disporre, non esitai a chiedere al Ministero che volesse attendere una stagione migliore per far praticare il lavoro. A peggio andare, io pensavo che si poteva rimandare lo scasso al marzo. L’inverno tristissimo obbligommi infatti a ritardare tale operazione, non che varie altre, fino al 24 febbraio 1880. Il riposo, come ho detto, fu dapprima consigliato dalla neve; poi dal profondo gelo. A tutto rigore, nè la neve, nè il gelo po- tevano essere un insuperabile ostacolo ai lavori ; ma, se per questi motivi non tornavano impossibili, sta però il fatto che la spesa per effettuarli poteva risultare più che doppia , e che , ad onta delle maggiori attenzioni, Y estirpamento delle radici, non avrebbe avuto una riuscita perfetta, poiché dalle zolle, rese dal gelo com- patte come granito, sarebbe stata difficile opera estrarre tutte le radichette. Situazione alla fine dell’ anno 1879. — Agli ultimi del decorso anno 1879, la situazione di Agrate si poteva così riassumere : 1° Distrutta col fuoco tutta la parte area delle viti negli appezzamenti infetti, salvo che nel vigneto d’ Adda, dove invece colla sommersione si tentò di uccidere il parassita, salvando le viti; 2° Trattato il terreno delle zone infette, e delle zone di sicurezza (1) col solfuro di carbonio; 3° I saggi praticati replicatamente non avevano più permesso di accertare la presenza di fillossere, nè vive nè morte. (1) La Delegazione allargò l’opera sua sopra le viti, benché sane, esistenti intorno alle zone infette. Queste viti furono trattate colla metà della dose di solfuro, applicata ai terreni fillosserati. In Agrate questi trattamenti si pra- ticarono nei giorni 23, 24 e 25 settembre. — 49 — Questi risultati, per se stessi incoraggianti, si erano dalla dele- gazione ottenuti con una spesa relativamente tenue, specialmente se si tien conto che Y esperimento della sommersione era per sua natura costosissimo. In vero, per applicare questo metodo, si dovette usare dell’acque di una roggia, che veniva così sottratta ad altri usi, (così che Y indennità da pagarsi a chi l’avrebbe utilizzata di diritto doveva riuscire grave), che abbisognò anche un forte movimento di terra per la formazione delle arginature, ed infine che occorse di prendere a nolo una forte pompa centrifuga Gwynne, della portata di 90 litri d’ acqua per minuto secondo, ed una conveniente locomobile. (Veggansi maggiori particolari nella citata relazione dei signori ing. Maggi e Monti). Allegato C. Sorveglianza. — La vigilanza sulle zone infette e di sicurezza fu dapprima stabilita con Guardie di pubblica sicurezza e campari. Poi, col giorno 30 dicembre 1879, fu affidata a due guardie cam- pestri provvisoriamente nominate sopra istanza della Delegazio- ne, appoggiata dalla Sotto-prefettura, dalla Giunta comunale dì Agrate. Queste guardie sono a carico della Amministrazione go- vernativa. § 2° — Le operazioni invernali. Natura ddle operazioni. — Come ho già avvertito, la neve ed il gelo (1) consigliarono di attendere una migliore stagione per intraprendere le così dette operazioni invernali, consistenti : 1° Nello scasso del terreno delle zone infette, per levarvi le radici delle viti; (1) 20 Novembre 1879, nevicata straordinaria : Il terreno è coperto da oltre 50 centimetri di neve. 27 dicembre: Il terreno è ancora coperto da neve (circa 15 centimetri) ed è gelato fino alla profondità di 25 a 30 centimentri. 15 Gennaio 1880: Il gelo scende, a circa 50 centimetri di profondità. 2 Feb- braio: Rimangono ancora circa 5 centimetri di neve. Il gelo, a tramontana, scende a circa 34 centimetri ; a mezzodi a 26. 13 Febbraio: La neve è pres- soché scomparsa ; il gelo varia da 10 a 15 centimetri di profondità. 24 Feb- braio: Il gelo è cessato. 4 — 50 — 2° Nella distruzione; mèdiante abbruciamelo, delle radici ; 3° Nella ripulitura delle viti risparmiate, appartenenti al vigneto d’ Adda, e di quelle esistenti nelle zone di sicurezza ; 4° Nei lavori di agguagliamento del suolo, concimazione e po- tatura alle viti del vigneto d’Adda, ecc. ecc. Solo il 24 febbraio si potè dare principio a questi importanti lavori, che terminarono nella prima quindicina di aprile. Iniziati collo scasso, mediante 30 zappatori, sorvegliati da tre capi squadra, chiamati espressamente da Valmadrera, continuarono poi con un numero maggiore o minore di operai, a seconda che era richiesto dal caso. Ed allorché si ebbe modo di riconoscere quali fra gli operai avevano maggiore abilità ed ascendente sui compagni, per funzionare da capi-squadra, si elevò il numero delle squadre a sei, ognuna formata da 15 operai. Io stesso ho diretto le opera- zioni invernali, coadiuvato dal sotto-ispettore forestale sig. Gua- rinoni. Complessivamente queste operazioni costarono L. 2,917.60. (Vedi Allegato A7). Lo scasso. — Per lo scasso, accompagnato dall' estirpamento delle radici, la media del lavoro effettivo risultò giornalmente di metri quadrati 10 per operaio. Calcolando una profondità media di metri 0,80, si hanno Me. 8,00 per operaio e per giorno. (Vedi T Allegato D). I zappatori lavorarono continuamente con ferri propri, che però dovevano nelle ore di riposo lasciare sul terreno, e che in ogni caso non era loro permesso di asportare se non previa ripulitura e disinfezione, passandoli sulla fiamma. Gli operai tutti, prima di escire dai terreni infetti, dovevano pure scuotere le vesti- menta, nettare le scarpe, ed usare insomma tutte quelle precau- zioni che sono imposte dal costante pericolo di poter casualmente ed inscientemente trasportare altrove Finfezione. Le radici, man mano che venivano levate dal terreno, appositi operai le raccoglievano in cesti e le trasportavano alle carbonaie. Stato delle radici. — Lo stato delle radici, che si estraevano dal terreno, era tale da dimostrare che da lungo tempo, sopra molte, la fillossera vi aveva fissato il suo domicilio. Specialmente — 51 — nei possessi Fè le radichette minori erano scarsissime. Laddove queste esistevano portavano rigonfiamenti appassiti ed annerriti, non dubbia traccia della precedente presenza della fillossera. Molte radici, sia per la gravità della infezione, sia per gli effetti delle abbondanti iniezioni di solfuro di carbonio, erano morte, od in uno stato che alla morte era assai prossimo. Però, per quanto io abbia fatto per scoprire sulle radici qual- che fillossera, sfuggita all’azione del potentissimo insetticida, e benché coadiuvato benissimo in queste ricerche, sia da parte del signor Guarinoni, sia dei capi-squadra Villa, Colombo e Crippa, a tutto il 10 marzo non mi riuscì di trovare alcuna fillossera, neppure nei punti dove l’infezione, nel decorso autunno 1879, si era riscontrata intensissima. Tale risultato, a parer mio, prova che la replicata applicazione del solfuro di carbonio ebbe dovunque nel territorio di Agrate un effetto completo, brillante. Scoperta di fillossere. — E che solo al solfuro di carbonio deb- basi attribuire la scomparsa della fillossera da tutti i terreni in- fetti ed iniettati, escludendo la influenza, da taluni sospettata, del freddo intenso del passato inverno, risultò provato dal fatto che in una parte del giardino Fè (N. 103 di Mappa) il giorno 11 marzo si ritrovarono numerosissime le fillossere ibernanti a solo metri 0,30 di profondità, sopra le radici che da un pergo- lato e da una grossa vite isolata si erano diramate nel suolo, allontanandosi moltissimo dai tronchi, e per tal modo sottraen •dosi agli effetti dei trattamenti di solfuro di carbonio. Così mentre le iniezioni furono praticate lungo il pergolato in una lista di terreno larga appena metri 2 l/% a 3, le radici si sviluppavano numerose fino ad 8 metri di distanza. E si fu precisamente al di là della zona iniettata che si rinvennero numerosissime le ibernanti. Il freddo e le fillossere. — Fra gli individui costituenti le forti colonie di ibernanti, infettanti le radici nel giardino Fè, se ne riscontravano di essicati; la loro morte, a giudicare dallo stato di conservazione delle spoglie, doveva essere recente, e forse per questi potrebbesi accettare la supposizione che siano rimasti vit- — 52 — time del gelo e di altre cause sconosciute. Ma è un fatto, benis- simo accertato ed indiscutibile, che migliaia e migliaia di fillos- sere passarono F inverno, senza soffrire, in un terreno che gelò fino alla profondità di metri 0,50. Trattamento col solfuro di carbonio. — Lo scasso di questa parte del giardino Fè fu immediatamente sospeso, perchè giu- dicai che poteva riuscire dannoso; molte fillossere, nel maneggio delle radici, staccandosi e cadendo al suolo, sarebbero sfuggite alla distruzione col fuoco ; altre potevano attaccarsi agli abiti degli operai, e per tal modo essere trasportate altrove. Perciò domandai telegraficamente al comm. Targioni-Tozzetti l’autoriz- zazione di fare precedere allo scasso una iniezione di solfuro di carbonio. Ottenuta prontamente tale autorizzazione, il 17 marzo feci praticare nel N. 103 di Mappa una iniezione di solfuro di carbonio, dandone grammi 70 per metro quadrato, ed impie- gando così per tutta Farea ritenuta o constatata infetta (circa, m. q. 400) un totale di chilogr. 28 di solfuro (1). L’iniezione fu praticata col seguente schema: 1 Mq. 20 • ...M.0, 50... 10 ..9 20 ' 9 10 9 \ 4 fori X 10 gram. Solfi Carb. o 4 — Gr. 10 © ss j IO • 30 9 10 9 30 , 9 | ) 1 X 10 == > 10 20 • 10 9 20 9 10 • 2 X 2 20 = » 20 2 X 30 o co A 10 30 10 30 2 = 9 9 9 Totale Gr. 70 (1) Questa operazione fu praticata da cinque operai così distribuiti: 2 a perforare il terreno per mezzo degli avampali di ferro; 1 ad iniettare col palo Gastine; 2 a segnare le distanze, otturare i fori, ecc. — 53 — Efficacia del solfuro di carbonio. — Poiché nel precedente autunno, non essendo ancora investito della direzione dei lavori, non mi fu possibile di istituire qualche osservazione sugli effetti del solfuro di carbonio, ho colto questa occasione per verificarne l’efficacia. Il secondo giorno dopo l’iniezione (il 19 marzo) in seguito a diverse osservazioni, che qui per brevità tralascio di accennare, ma che riporto nell’Alleg. Ey acquistai la certezza che risultato migliore non si poteva desiderare. Nessuna delle fillossere osser- vate si presentò tuttora viva. Il solfuro di carbonio aveva ancora una volta dimostrata la sua efficacia. È indubitabile che il terreno di Agrate è fra quelli che meglio corrispondono all’impiego del solfuro di carbonio; perchè, mentre lo strato coltivo, circa mezzo metro, è sciolto e facilmente per- meabile, il sottosuolo invece è d’ordinario assai compatto (fer- retto od argilla ferruginosa), così che l’insetticida non precipita troppo in basso, ma è costretto a mantenersi nella parte del suolo in cui sono maggiormente sviluppate le radici. Il solfuro di carbonio e la vegetazione . — Lo stato dei gelsi e degli alberi fruttiferi, esistenti nelle zòne trattate col solfuro di carbonio, non mi sembrò, all’epoca dello scasso, tale da conva- lidare i sospetti dei proprietari e coltivatori. A detta di questi, le iniezioni di solfuro avrebbero di molto pregiudicata la vitalità d’ogni pianta. Essi appoggiavano la propria opinione al fatto che subito dopo il trattamento, le foglie degli alberi avvizzirono in tutto od in parte. Le radici però, osservate in marzo, erano belle e sane, cosicché laddove non furono manomesse, tagliate o guaste dalle opere di scasso , osservai più tardi una vegetazione normale. Anche le viti delle zone di sicurezza, trattate nell’autunno 1879 con grammi 70 ad 80 di solfuro di carbonio, per metro quadrato di terreno, non presentarono una mortalità superiore alla normale, e vegetarono in modo regolarissimo, come ebbi campo di osservare, specialmente nella parte nord-est del vigneto Fé, e nell’ortaglia d’Adda. — 54 — Divieto di estirpare le viti. — Sembrandomi: 1° che le zone di sicurezza stabilite intorno ai centri lillosserati di Agrate fos- sero relativamente ristrette, avuto riguardo al fatto, che in paese,, quasi dovunque, nei cortili, negli orti e nei giardini, vi sono viti, e che frequente è il trasporto di terra, concimi, legna, ecc. da uno in altro posto ; 2° che a molti proprietari, evidentemente punto non è gra- dita Tintromissione di agenti del Governo nei propri affari, e che di conseguenza questi proprietari nel caso avessero dei so- spetti di infezione fillosserica sulle proprie viti, o meglio poi nel caso ne avessero la sicurezza, senza nulla dire, si affretterebbero ad estirpare le piante sospette od infette; 3° che r estirpamento, in simili casi, non accompagnato da tutte quelle misure che sono imposte dalla scienza, lungi dal sanare il terreno, servirebbe anzi ad allargare la infezione; domandai, d’accordo coll’illustr. signor sotto-prefetto del cir- condario di Monza, all’autorità municipale di Agrate, che volesse severamente proibire nel territorio del comune qualsiasi estirpa- mento o taglio di viti, senza averne dato preventivo avviso al sindaco e riportato dal medesimo analogo permesso. Con ciò, senza troppo incagliare le operazioni colturali dei proprietari, venivano salvati gli interessi del pubblico, perchè nessun permesso viene accordato dal sindaco, se non dopo che le viti da estirparsi si sono con una accurata visita riconosciute sane dagli agenti della Delegazione (Vedi Alleg. F). Effetti della sommersione. — Il Ministero ordinò che lo scasso fosse praticato anche per le due macchie del vigneto d’Adda, trattato colla sommersione. Fu questa una nuova occasione per verificare l’efficacia del trattamento. Ancora una volta l’ispezione accuratissima delle radici diede un risultato totalmente negativo. Ma nel vigneto d’Adda erano le fillossere tutte perite? o ne rimaneva alcuna illesa, sotto la scorza di qualche grossa radice, al riparo dell’acqua, difesa da qualche bolla d’aria? In allora non era facile rispondere a queste domande ; ma, dall’esame di recenti studi del Faucon, vi era da temere che qualche ibernante si fosse salvata — 55 — La sommersione non riesce nei terreni molto permeabili, ed in quelli dove per qualsiasi causa viene interrotta. Ed il signor Faucon, il 21 ottobre 1879, in una sua lettera al senatore Dumas, allungava di molto il tempo necessario per ottenere colla som- mersione l’estinzione totale di un focolare fillosserico. Da cin- quanta giorni, dapprima proposti, ne portava la durata a no- vanta pei terreni ordinari, ed a 120 per le terre permeabili. Ora è noto di quanto, dopo pochi giorni di allagamento, siasi aumen- tata la permeabilità del vigneto d’Adda. Faucon dice che nei terreni che abbisognano di almeno 1000 m. c. d’acqua per giorno e per ettaro, non crede utile di tentare l’operazione, perchè « il est tres proiettile qu’elle ne rtussirciit pas. » Il vigneto d’Adda aveva assorbito una quantità ben maggiore d’acqua ! Nello spazio di 66 giorni aveva consumato m. c. 909,360 di acqua, corrispondenti a m. c. 8611 per giorno e per ettaro! Mondatura delle viti. — La mondatura dei tronchi e dei tralci delle viti, nelle zone di sicurezza, e nel vigneto d’Adda, la si fece mediante appositi guanti metallici (1). Questa operazione, che si pratica per distruggere le uova d’inverno (uova delle fil- lossere sessuate), temo assai che praticamente sia ben lungi dal compensare la fatica e la spesa che richiede. Dico così, perchè è estremamente difficile il raccogliere tutta la scorza che si stacca dalle viti, cosicché molti pezzettini cadono a terra, e perchè per quanto l’operaio sia abile ed attento, non riesce mai perfetta. La mondatura fu seguita da una abbondante lavatura dei tronchi e dei tralci , con una soluzione di solfo carbonato . di potassa. Lavori colturali nel vigneto d’Adda. — La potatura, l’aggua- gliamento del terreno, la concimazione e tutti gli altri lavori di coltura, furono eseguiti da operai della Delegazione, ma diretti dal signor Gaetano Colnago, agente della nobile casa D’Adda, secondo le istruzioni ad esso impartite dai signori comm. Tar- gioni-Tozzetti e cav. Lawley (Vedi Alleg. G). * (1) Vedi Annali di Agricoltura 1880, n° 25, tav. 1% e pag. 117. — 56 Colture permesse neHe zone infette. — Con sua nota n° 4021-3909 del 6 marzo anno corrente e successiva n° 7434 del 27 stesso mese, il Ministero di Agricoltura autorizzò il delegato fìllosserico a permettere nelle zone infette la coltura del grano turco e del trifoglio, nonché l’utilizzazione della foglia dei gelsi, sotto l’osser- vanza di speciali precauzioni. Il delegato convocò all’uopo i signori proprietari ed agenti in una delle sale del Municipio di Agrate, per dar loro comunica- zione delle condizioni sotto la di cui osservanza venivano per- messe le coltivazioni nelle zone infette ; e si fece constare la accettazione dei patti, da parte dei signori proprietari o loro rappresentanti, mediante apposito verbale, che si allega alla presente relazione (Vedi Alleg. 77). Indennità liquidate. — La somma complessiva, pagata ai pro- prietari od utenti dei fondi colpiti dalla fillossera e danneggiati dalle operazioni di distruzione praticate dalla Delegazione ascende a L. 3069 54 (Vedi Alleg. 7). La liquidazione delle indennità fu praticata, in base dell’arti- colo 3 della Legge 3 aprile 1879, n° 4810, 2a serie, dall’illustr. signor cav. ing. Michele Maggi, perito nominato dall’autorità governativa. Con soddisfazione noto qui che l’equo compenso, assegnato dal nominato signor ing. Maggi ai danneggiati, fu senza importanti rimostranze accettato dalle parti. Oltre a queste indennità, altre vennero pagate a diversi , per una complessiva somma di L. 3796 88 per l’uso dell’acqua della roggia Ghiringhella, adoperata per la sommersione del vigneto d’Adda, nonché per momentanea occupazione di terreno, ecc. (Vedi Alleg. L ). Trattamento del vigneto d’Adda col solfo -carbonato. — Le sgra- ziate circostanze che accompagnarono la sommersione del vigneto d’Adda ed il dubbio che l’operazione non avesse avuto una riu- scita completa — dubbio, che come si è vislo, appoggia vasi a recenti studi del signor Faucon — mi indussero a domandare all’illustr. signor comm. Targioni-Tozzetti, delegato speciale, un — 57 — trattamento del vigneto col solfo-carbonato di potassa. Appena ricevetti l’ordine di praticare tale operazione, curai che riuscisse a dovere, prendendo a guida quanto si era già fatto in Francia. Per l’acquisto del solfo-carbonato di potassa, mi sono diretto dal signor Candiani, della ditta Candiani e Biffi, che conta fra le primarie per la fabbricazione dei prodotti chimici. li signor Candiani, che già nel decorso autunno 1879 aveva, in nome della ditta, offerto all’Amministrazione governativa, in dono, un quin- tale di solfo-carbonato di potassa, a titolo di saggio, il qual dono fu accettato ed utilizzato in parte per la lavatura delle viti nelle zone di sicurezza, il signor Candiani, dico, di buon grado as- sunse l’incarico di preparare il necessario quantitativo di solfo carbonato al prezzo di L. 35 a 40 il quintale (1). Avanti di esporre come praticai l’applicazione del solfo carbo- nato di potassa, giova qui osservare che fu preferito questo al solfuro di carbonio, perchè oltre all’azione insetticida, ha anche una marcata azione ricostituente sulle viti, favorendo l’emissione di numerose radici; nè tale azione era da trascurarsi, mentre era intenzione dell’Amministrazione governativa di conservare il vigneto d’Adda per esperimentare la possibilità di distruggere il dannoso insetto, salvando le viti. Intorno ad ogni vite feci formare delle fosse, profonde circa 7 centimetri, l'une dalle altre separate da esili arginelli. In tal modo la superficie del vigneto prese l’aspetto d’una vasta scac- chiera, che nel mezzo d’ogni quadrato aveva una vite. E noto che i trattamenti col solfo-carbonato di potassa riescono molto più efficaci quando vengono fatti con una conveniente quan- tità d’acqua; epperò, regolandomi su quanto praticasi in Francia, decisi di dare ad ogni vite (e così per ogni metri 2 1 [ ^ di super- ficie, che tale è l’area occupata da ogni vite, distando l'una dal- l’altra metri 1,50), cento centimetri cubici di solfo-carbonato, diluito in 36 litri d’acqua. (1) A Parigi, la ditta Gélis vende il solfo-carbonato di potassa a 50 fr. il quintale, in fusti di circa L*50 litri cadauno. — 58 — Coll’uso di una piccola pompa (presa a nolo) e mediante una tubatura di tela (circa metri 110 avuti gentilmente in prestito dai Municipi di Milano e di Monza), l’acqua veniva inalzata dalla roggia Ghiringhella e mandata in una tinozza presso gli operatori. Il solfo-carbonato di potassa a 35° B, venne portato in posto entro barili e damigiane, e man mano che abbisognava, versato entro apposito secchiello. Un operaio, mediante un appropriato misuratore, versava 50 cent. c. di solfo-carbonato, prendendolo dal secchiello, entro grandi inaffiatoi, della capacità di 12 litri cadauno. Ad ogni vite veniva somministrato il contenuto di due inaffiatoi (litri 24 d’acqua con 100 cent. c. di solfo-carbonato di potassa), e nel versare la soluzione nel quadrato o fossa, l’ope- raio curava di aspergere il gambo della vite , e di ripartire la soluzione medesima uniformemente sul terreno; subito appresso versavansi nella fossa, con un terzo inaffiatoio, 12 litri di acqua semplice. Per tal modo ogni vite riceveva, come ho detto, 100 cent. c. di solfo-carbonato, diluiti in 36 litri d’acqua. Subito appresso altri operai colmavano le fosse colla terra degli arginelli. Questa operazione fu praticata nei giorni 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23 e 24 aprile. Nel primo giorno sette operai trattavano circa 40 viti per ora. In seguito il numero degli operai fu por- tato a nove, ottenendo un sensibile aumento nel lavoro. La superficie totale trattata fu di metri q. 13,100 circa con n° 5810 viti. La spesa, tutto compreso, cioè giornate agli operai, insetticida, attrezzi, ecc. ascese a L. 577 57, pari a L. 441 per ettaro (Vedi Alleg. M). Si è con questa operazione, praticatasi nella speranza che do- vesse realmente completare i benefici dati dalla sommersione, che si chiusero le operazioni invernali. Dal rapporto sulle operazioni estive ed autunnali della cor- rente annata si vedrà che, pur troppo, i fatti non corrisposero in tutto alle concepite speranze. Milano, 4 dicembre 1880. * Felice Franceschini delegato governativo per la fillossera. ALLEGATI A — Distribuzione dei centri di infezione ad Agrate. B — Solfuro di Carbonio impiegato nei trattamenti. C — Sulla sommersione del vigneto D’Adda, rei. degli Ing. Maggi e Monti- D — Scasso del terreno nelle zone infette. E — Alcune osservazioni sugli effetti del Solfuro di carbonio. F — Divieto di estirpare le viti in territorio di Agrate. G — Spese colturali pel vigneto D’Adda H — Patti per la coltivazione dei fondi infetti. I — Indennità ai Proprietari per le distruzioni ecc. L — Indennità ai Proprietari per danni derivanti dalle operazioni di sommersione. M — Trattamento del vigneto D’Adda col Solfo Carb. di potassa. N — Riassunto delle spese per le operazioni di scasso, ecc. O — Personale della Delegazione. — 60 ( I) 05 o CO • io ^ -_i co o CO rH CD © • rH H OD 00 o I>- N •jjaca 9qaijJ9d d © * o o o co* d o K CU gppjodng rH D O cc d ■fi £ ib" o rH • -, « CO o S ^ l—i « T-I OO 1-H 1-h no o> c s v P, a a OC <05 z£ -,t-H CO ^ o - *-h io 8 i» o rH 05 CO DJ h*i iO o 05 H •jjgra gqoTiJOti d © OD dòdo co o* 05 Eh Eh 9ioqj9dng s 'co no CO O rH ■hH IO ^ *© iO o » a£E83“ 8 TH O ^ 05 r- 05 H 05 O Eh H S I i o O bb . 0) bC-3 c^Q o Oh . o T3 'a; i— ' bc fi H à w. 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TOTALE grammi grammi grammi 1 Cappellania d’Adda e D’Adda Salvatemi 83. 3 83. 3 166. 6 2 Melzi Nob. Luigia (1) 130. 0 3 Gervasoni Martino 62. 5 62. 5 125. 0 4 Fe Besana (giardino) 100. 0 75. 0 175. 0 - Id. id 66. 6 80. 0 146. 6 - Id. id 60. 0 37. 5 97. 5 5 Id. (vigneto) 62, 5 62. 5 125. 0 6 Id. (Cascinettone) 93. 3 81. 4 175. 8 7 Prebenda Parrocchiale 93. 3 81. 4 175., 8 (]) Trattamento unico. — 62 — All. G. Relazione della sommersione stata praticata nell’ autunno del- 1’ anno 1879 al vigneto posto in Agrate-Brianza, proprietà del signor marchese Gioacchino d’ Adda Salvaterra, onde distrug- gere 1’ infezione fìllosserica. Quali incaricati, noi sottoscritti ingegneri, di effettuare nell’au- tunno del 1879 la sommersione del vigneto attaccato dalla phil- loxera vastatrix , posto in Agrate-Brianza, proprietà del signor mar- chese Gioacchino D’Adda Salvaterra, fummo invitati dal signor commendatore Miraglia, Direttore dell’agricoltura, a stendere una dettagliata relazione delle operazioni state a tale scopo eseguite. Nel mentre corrispondiamo, nel modo per noi migliore, all’invito, ci crediamo in obbligo di dichiarare: in primo luogo, che esso ci venne fatto in tempo opportuno ed anche ripetuto in seguito più volte, e che perciò il ritardo, certo soverchio, della presente rela- zione, non è ad altri imputabile, che a noi, distratti da altri impegni professionali ; ed in secondo luogo, che riconoscendo noi pei primi, come i lavori fatti per la sommersione di quel vigneto, abbiano presentato, almeno per quanto riguarda l’ingegneria, nulla di nuovo e nemmeno di rimarchevole, non avremmo sicuramente avuto l’ardire di farli noti, se l’invito suaccennato non ce ne avesse fatto uno stretto dovere. Ciò premesso entriamo in argomento. § 1° — Descrizione dello stato del vigneto anteriormente alla sommersione. Il vigneto stato sommerso nell’autunno del 1879 per distrug- gervi la fillossera è posto nel comune di Agrate-Brianza, circon- dario di Monza, provincia di Milano, appena fuori ed a ponente dell’abitato. Esso, come già si disse, è proprietà del signor mar- chese Gioacchino D’Adda Salvaterra e nella mappa del nuovo censo vigente del detto comune è distinto sotto porzione del n. 405. — 63 - Esso è rappresentato tanto planimetricamente che altimetrica- mente dal tipo allegato alla presente sotto A. La sua configurazione è presso a poco quella eli un rettangolo lungo da settentrione a mezzodì metri 125 (centoventicinque) siepi comprese, da ponente a levante metri 127 (centoventisette), pure siepi comprese, e quindi della superficie di are 158,75. È circondato tutto all'ingiro da altri beni dello stesso signor marchese D’Adda Salvatemi, coltivati a cereali e gelsi con qualche vite sparsa lungo gli intieri lati di mezzodì e ponente e metà circa di quello di settentrione. Nel rimanente di questo lato vi è il giar- dino unito alla casa padronale di villeggiatura; nella seguente metà del lato di levante vi è un’ortaglia in godimento padronale con prateria e viti in diversi filari ed a pergolato, nel resto di questo lato un altro piccolo orto con sole verdure. La divisione del vigneto coi fondi a cereali è costituita da una fitta siepe di gladizie, col giardino e coll’ortaglia da muri di cinta, col piccolo orto non vi è divisione; però esso piccolo orto è chiuso da muro a settentrione e da siepi come le suindicate a levante' e mezzodì. • In angolo di questi due lati, il vigneto ha un ingresso, anche per carri, chiuso da un solido cancello di legno con catenaccio e serratura, a metà circa del lato di levante nel muro di cinta vi -è un ingresso per soli pedoni, anch’esso munito da serramento in due volanti con serratura e stanga di legno. In conclusione il vigneto si può ritenere tutto chiuso o da fitte siepi o da muri, ed il suo accesso impedito da ogni parte. Appena al di dentro delle siepi e dei muri, gira intorno al vi- gneto un sentiero, un altro lo attraversa da levante a ponente, partendo dalla portina accennata nel muro di cinta a levante. La superficie del vigneto è piana, con inclinazione da setten- trione a mezzodì e da ponente a levante, onde il punto più alto trovasi nell’angolo di settentrione con ponente, ed il più basso in quello di mezzodì con levante; il dislivello fra questi due estremi è di metri 1.14 (uno e quattordici). Però la pendenza non è eguale m ogni sua parte ; pel terzo, verso ponente, comprendente i quadri — 64 — sommersi segnati in tipo coi n* 1 , 6, 11, 16, 21 e 26 quella nel senso da ponente a levante è piccolissima od anche nulla; circo- stanza questa di cui si è tenuto il debito conto nella distribuzione degli arginelli costrutti neirinterno del vigneto, come si dirà a suo luogo. Il fondo alla superficie presentasi di natura piuttosto silicea con ghiaie così dette morte, ossia in decomposizione, esso è quindi ba- stantemente sciolto e per conseguenza permeabile in proporzione. Nell’assumere informazioni, prima della sommersione, ci si disse che il sottosuolo constava di quell’impasto siliceo-argilloso-ferrug- ginoso, volgarmente detto ferretto. Ed infatti in diversi assaggi, eseguiti posteriormente e per altro titolo, lo si rinvenne sempre, però a profondità variabili da metri 0.50 a metri 0.80 ed esso pure in evidente decomposizione. Inoltre, nel mentre si stavano costruendo gli arginelli, si vide il sottosuolo in diverse tratte degli accennati sentieri, che stanno alFingiro e nell’interno del vigneto, composto di ghiaie grosse e ciottoli. Fatte le opportune indagini presso l’agente, in luogo della casa D’Adda Salvaterra, il quale per aver impiantato il vigneto è infor- matissimo di tutto quanto lo riguarda, si venne a sapere che le dette grosse ghiaie e ciottoli erano stati cavati dal vigneto nel suo impianto e poscia seppelliti qua e là, dove dovevansi prati- care i sentieri. Dal complesso di tutte queste circostanze, si può con sicurezza argomentare, che il terreno del vigneto è assai bibace e questa sua bibacità era, al momento della scoperta in esso della fillos- sera , anche maggiore del solito , per lo stato di aridità in cui trovavasi in conseguenza di una precedente prolungata siccità. Il vigneto era coltivato col sistema Guyot; si componeva di ottantatre filari di viti Pinot et Gamai, disposti in direzione da settentrione a mezzodì, ed enumeranti ciascuno settantanove gambi, cosicché in totale le viti dovevano ascendere a n. 6557 ; in realtà, in causa di qualche mancanza, esse erano soltanto n. 6474 colla — 65 — deficienza perciò di 1.27 ogni cento viti. Tanto i filari, quanto le viti di ciascun filare distanziavano fra loro metri 1.50 (uno e cin- quanta). Il sentiero attraversante il vigneto divideva i filari nella pro- porzione di trentasei viti a settentrione e quarantre a mezzodì. Nei primi trentatre filari, a cominciare da ponente, ogni vite era sostenuta da un palo di castagno, tutti i pali di uno stesso filare erano collegati tra loro da filo di ferro in due ordini, tesi me- diante paloni tiratori posti alle estremità di ciascuna porzione dei filari, ed i cui capi erano assicurati ad altri pali sporgenti dal suolo, circa trenta centimetri e distanti dai pali tiratori metri 1.50. Questi filari erano impiantati da anni sei. Nei rimanenti cinquanta filari ogni vite era sussidiata da un palo, e fra vite e vite eravi un altro paletto per la tesa dei tralci. Questi filari erano piantati da quattro anni. Oltre le viti, nel vigneto allignavano sessantasette gelsi, tutti innestati, di bella vegetazione e col diametro per la massima parte da metri 0,20 a metri 0,25. Subito al di là della siepe, a mezzogiorno, scorre un ramo di Roggia Ghiringhella detta la Roggetta del Sabbato, ed interna- mente al muro divisorio col giardino annesso alla casa padro- nale di villeggiatura, scorre un’adacquatrice proveniente dal detto ramo. La Roggia Ghiringhella si deriva in fregio sinistro dal fiume Lambro poco superiormente al Molino detto Cassina Molinetto o Molino di Sotto, in territorio di Ancore, mediante un bocchello aperto in una lastra di pietra, di luce, in larghezza, metri 0,25 ed in altezza metri 1,40, sprovvista di paratoia, di modo che Y acqua del fiume Lambro vi entra liberamente in quantità variabile a seconda del suo stato. Poco dopo la sua estrazione, questa Roggia riceve le acque sor- give del Fontanile detto di Peregallo, dal nome dell’abitato presso cui è situata la sua testa e così impinguata attraversa, come sem- plice acquedotto, i territori di Arcore, Villa S. Fiorano e Conco- rezzo colla dominante direzione da nord-ovest a sud-est. 5 — 66 — Entrata la Roggia nel territorio di Agrate, dopo un certo per- corso, serve ad animare il Molino detto Cassina Molino o d’Agrate, proprietà dello stesso signor marcii ese D’Adda Salvatemi, ed indi si dirige all’irrigazione dei fondi inferiori di compendio delle pos- sessioni Ghiringhella e di Casa di ragione dell’eredità De-Capitani d’Arzago e delle possessioni Cassignolo, di ragione D’Adda Sal- vatemi. Poco prima di entrare in questo territorio, dalla Roggia Glii- ringhella estraesi il ramo sopradetto denominato la Roggetta del Sabbato, la quale, dopo un tortuoso giro, passa sotto la strada co- munale da Agrate a Monza al punto segnato in tipo colla lettera L ; indi continuando in direzione, ora verso mezzodì ora verso levante, viene a scorrere al lato di mezzodì del vigneto, esternamente ed a pochissima distanza delia siepe. Al termine di detto lato ab- bandona il vigneto, piegando di nuovo nel senso di mezzogiorno, e seguitando il suo corso verso i beni cui è diretta. Da questa Roggetta del Sabbato, poco dopo il sottopasso della accennata strada comunale, derivasi, pure in fregio sinistro, l’adacquatrice segnata in tipo colla lettera A/, la quale, nella sua prima tratta diretta verso levante, serve aH’innaffiamento di un prato D’Adda Salvatemi in mappa al n. 406, indi dopo due pie- gature la prima verso mezzodì e la seconda di nuovo verso levante, viene a scorrere al lato di settentrione del vigneto, sortendone per un foro munito da paratoia, praticato al piede del muro di cinta divisorio coll’Ortaglia. Sono questi i due corsi d’acqua, che si sono accennati scorrere nei lati di mezzodì e settentrione del vigneto. Per l’introduzione e giro delle acque nei suddetti cavi sonvi gli opportuni edifìci ed incastri. Tutto il corpo d’acqua della Ghiringhella può essere introdotto nella Roggetta del Sabbato, e lo è difatto nella stagione estiva, e cioè dal 25 marzo all’ 8 di settembre di ciascun anno negli orari competenti ai diversi utenti inferiori, fra i quali le sunnominate Case De-Capitani d’Arzago e D’Adda Salvatemi. Durante tali orari il Molino d’Agrate rimane inattivo. - G7 Nel tempo jemale poi, e cioè dall’ 8 settembre al 25 marzo, tutte le acque della Ghiringhella, dopo di avere animato il suin- dicato Molino, vengono dirette sui prati delle possessioni Ghirin- ghella e di Casa e della possessione Cassignolo, già menzionate. La portata normale della Roggia Ghiringhella. viene dai pratici del luogo ritenuta di circa sette once magistrali milanesi, ossia di circa litri 241,50 al secondo. All’intento di sapere quanta fosse attendibile la suddetta indi- cazione della portata, abbiamo fatto, precedentemente alla som- mersione, una misura in luogo col sistema del galleggiante semplice, il quale, benché non dia che risultamenti approssimativi, era per noi in causa della ristrettezza del tempo, il preferibile, perchè assai speditivo e sufficiente al caso, volendo noi più che una pre- cisa misura un semplice controllo alle indicazioni, che di essa for- nivano le informazioni locali. Scelta adunque una tratta di un ramo della Roggia Ghiringhella stessa e prese due sezioni distanti fra loro metri 37,70, il tempo impiegato dal galleggiante a percorrere tale distanza, fu trovato, dopo più esperimenti, di 35 secondi, ossia l’acqua aveva la velocità di metri 1,08 al secondo. La superficie media della sezione si riscontrò di metri quadrati 0,36. Ritenuta la velocità media di una sezione eguale a due terzi della velocità alla superficie data dal galleggiante, dalia formola Q = A Vm, si ricaverebbe la portata essere di litri 259,2 al secondo. Tale era lo stato del vigneto quando fu riconosciuto attaccato dalla fillossera; noi l’abbiamo premesso per la migliore intelligenza di quanto verremmo esponendo, benché, come abbiamo già avver- tito, alcune delle circostanze relative alla sua permeabilità non siano state da noi completamente cerziorate che a sommersione già in corso ed altre anche posteriormente. - 68 — § 2° — • Studi e proposte relative alla sommersione. La Commissione governativa incaricata dei provvedimenti contro l’infezione fillosserica, appena si fu accertata della presenza della fillossera, nel vigneto D’Adda-Salvaterra, pensò tosto al modo d1 distruggerla. Nell’ispezionare la località, ebbe campo ad osservare, che essa era in parte lambita da cavi adacquatoli:, nei quali, a quanto le si asseriva dall’agente di Casa D’Adda, poteva essere introdotto- l’intiero corpo della Roggia Ghiringhella, scorrente nelle imme- diate vicinanze e poscia riversato sul vigneto. Ideò quindi di adot- tare quale metodo curativo la sommersione a mezzo delle acque suddette. Per sapere se questo progetto era attuabile, nel giorno 6 e 7 set- tembre del 1879 venivamo chiamati in luogo noi sottoscritti inge- gneri, ed interpellati se il corpo d’acqua della Roggia Ghiringhella poteva ritenersi sufficiente a mantenere su tutta la superficie del vigneto, e per 50 giorni continui, un’altezza d’acqua da metri 0,20 a metri 0,30. Conoscendo noi l’importanza della Roggia, e prossimamente anche la quantità/ dei terreni da essi irrigati, presa cognizione della su- perficie da sommergersi, esaminata la superficie del terreno ed informatici della natura del sottosuolo, rispondemmo, che qualora la permeabilità non fosse eccezionale, l’acqua disponibile era più che sufficiente. La Commissione governativa, all’ appoggio di questo giudizio, deliberava senz’altro la sommersione del vigneto ed il signor sotto- prefetto di Monza, ci incaricava di fare analoghe proposte per la sua attivazione. In evasione dell’incarico, nei susseguenti giorni, 7 ed 8 settem- bre, praticammo, benché affrettatamente per la pochezza di tempo, due visite alla località infetta ed alle sue adiacenze ; nella prima delle quali prendemmo i dati e le informazioni principali, che ci occorrevano sulla possibilità della sommersione, e quindi sulla dispo- sizione altimetrica del vigneto in confronto dei cavi, che si dovevano — 69 — usare, sulla portata della Roggia Ghiringhella e sulla permeabilità del terreno ; nella seconda quelli concernenti i compensi che sareb- bero conseguiti dalla deviazione delle acque della Roggia, e per conseguenza ci informammo sull’uso di esse, dei terreni da essa irrigati, del lavoro del Molino d’ Agrate, ed in base alle emergenze ottenute rassegnammo al signor sottoprefetto di Monza le seguenti proposte : 1° Si introducesse tutto il corpo d’acqua della Roggia Ghi- ringhella nella Roggetta del Sabbato e lo si adoperasse per intero nella sommersione del vigneto per lo meno fino a tanto, che il terreno fosse, per così dire, saturo d’acqua ; 2° Si impiantasse un opportuno meccanismo mosso possibil- mente da una locomobile a vapore della forza di quattro cavalli, di settantacinque chilogrammetri per l’elevazione ad un metro di altezza del detto corpo d’acqua condotto dalla detta Roggetta del Sabbato al meccanismo mediante un nuovo cavo da aprirsi in luogo conveniente ; 3° Si dovesse recingere il vigneto con un arginetto di congrue dimensioni per rattenervi l’acqua ed attraversarlo, mediante altri arginelli, per ripartirne la superficie sommersa in tanti serbatoi o bacini, sboccanti uno nell’altro ad uso risaia ; 4° Si dovessero fare i dovuti compensi agli utenti della Roggia Ghiringhella, che per la variata destinazione dell’acqua, venivano privati del suo uso. La prima proposta traeva la sua origine dall’aver noi consi- derato, che il terreno doveva ritenersi per la sua composizione fino ad una certa profondità, e per la sua presentanea aridità, molto bibace e che, ad onta di ciò, la Commissione governativa voleva, che la sommersione si facesse nel minor tempo possibile, perchè si era ancora nel periodo delle fillossere alate. Il volume dell’acqua veramente disponibile, in vista di eventuali perdite, venne da noi stabilito in litri 200 al secondo. Ora, supposto il terreno impermeabile affatto, supposto che la superficie a sommergersi si riducesse, in causa degli arginelli a metri quadrati 15,000 00, che lo stato d’acqua dovesse avere sulla — 70 — detta superficie metri 0,25 di altezza, e che infine si scaricassero in questo bacino, ritenuto impermeabile, i duecento litri, ogni secondo disponibili, il tempo T impiegato ad ottenere quell’altezza d’acqua non poteva essere minore di ore cinque ed un quarto circa, come emerge dalla risoluzione della seguente semplicissima formula : 15000 X 0. 25 = 5,h 12' 30" T = 0.200 X 3600" In causa della permeabilità ed anche delle fughe, che si pote- vano eventualmente verificare lungo gli arginelli d’ ambito, il tempo T doveva diventare assai maggiore, e certamente invece di ore sarebbero occorsi giorni. Per questo ci parve necessario, che si usasse tutto il corpo d’acqua disponibile nel principio della som- mersione e fino a tanto che, com’era ragionevolmente da attendersi stando alle assicurazioni dateci in luogo circa l’esistenza nel sot- tosuolo del ferretto , d’ordinario assai poco permeabile, il terreno- si fosse saturato d’acqua. La seconda proposta era indispensabile per poter sommergere anche le parti del vigneto, sulle quali le acque non potevanu giungere ed innalzarsi all’altezza richiesta in via naturale. Era poi evidente, che mediante la sommersione delle parti più alte, conseguivasi anche quella delle parti più basse, come la si voleva, purché si fossero addottati metodi opportuni, e che sono quelli contenuti nella terza proposta. Stabilimmo che l’acqua venisse elevata artificialmente all’ al- tezza di un metro, perchè avevamo osservato, che il pelo d’acqua dei cavi esistenti nelle adiacenze del vigneto era inferiore al piano di campagna ed anche alle parti più alte del vigneto menu di un metro, e che il pelo si sarebbe potuto mantenere costan- temente all’ altezza osservata, quando si introducesse continua- mente nei cavi tant’acqua, quanta se ne sarebbe cavata per la sommersione, e non se ne disperdesse in altro modo, il che era facilmente ottenibile tenendo chiusi gli incastri opportuni esistenti sui cavi stessi. La forza nominale in cavalli-vapore di 75 chilometri della macchina elevatoria, veniva da noi determinata mediante la — 71 — risoluzione di quest’ altra semplicissima forinola, nella quale F indica la forza nominale e 0.666 è un suo coefficiente di ridu- zione : 0.666 F = 200 k. X lm.00 7ò k. dalla quale 200 k. X lm-00 F= 0.666 X 75 k.' = 4 cavalli-vapore d, 7o k. Non spenderemo parole per dimostrare la necessità di cingere il vigneto con un arginello, piuttosto diremo il perchè abbiamo proposto gli arginelli interni. Facendo la sommersione senza il loro sussidio, era chiaro che quando nel punto più alto del vigneto si avesse avuto uno strato d’acqua alto metri 0,25, in un altro punto qualunque più de- presso, l’altezza dello strato sarebbe stata di metri 0,25, più la differenza di livello fra i due punti ; cosicché, per un esempio, nel punto più basso in angolo di sud-est 1’ altezza d’ acqua sa- rebbe stata metri 0,25 -4- 1,14 = 1,29, essendo di 1,14, come si disse, il dislivello fra il più alto ed il più basso punto del vigneto. Ne sarebbe quindi conseguita la necessità di argini robusti all’ingiro del vigneto, e quindi maggior difficoltà nella loro costru- zione e conservazione, maggiore probabilità di rottura e conse- guenti danni molto maggiori in occasione di rotture, un’ altezza d’acqua eccessiva su quasi tutto il vigneto, perdita di tempo notevole a dar principio alla sommersione, dovendosi attendere, che quest’unico argine d’ ambito avesse raggiunto una certa al- tezza, maggiore quantità d’acqua occorrente alla completa som- mersione, per conseguenza maggior tempo ad ottenerla, maggior disperdimento sul fondo per la maggior pressione, ecc. L’unico vantaggio sarebbe stato quello di non estirpare le viti, come si fu obbligati a fare nel costrurre gli arginelli interni ma il risparmio del tempo e l’altezza d’acqua presso a poco uni- forme su tutto il vigneto, essendo le principali condizioni del buon esito della sommersione, noi non esitammo a proporli. — 72 — Infatti, suddividendosi il vigneto in bacini mediante gli argini interni, anche la differenza di livello fra i due punti più alto e più basso veniva suddivisa e ridotta ad essere trascurabile, quando il numero dei bacini fosse conveniente; la sommersione poteva cominciarsi appena fossero compiti gli arginelli dei quadri più alti (n. 1 e 2 del tipo) ed indi progredire quadro per quadro mano mano che gli arginelli erano costrutti. La quarta proposta, se proposta si può chiamare, era di stretta giustizia. é § 3. — Disposizioni prese ed opere eseguite per F effettuazione dei lavori. Le riferite proposte venivano accolte, Y incarico di effettuare la sommersione veniva affidato pure a noi sottoscritti ingegneri, ed il sig. Sotto-Prefetto di Monza con lodevole alacrità conclu- deva colla ditta Almici e C. di Milano un contratto di nolo per una pompa centrifuga mossa da una locomobile a vapore, che giungeva in Agrate nel pomeriggio del giorno 10 settembre e veniva da noi assunta nell' interesse dello Stato in regolare consegna. Essa pompa colFunita locomobile che Y animava, fu installata nello stesso giorno dieci, come vedesi nel tipo, appena esternamente al vigneto in vicinanza al suo punto più alto, e ciò per poter ottenere Y altezza dello strato d’ acqua presso a poco eguale su tutti i bacini. Per condurre Y acqua alla pompa venne fatto escavare P ap- posito fosso segnato in tipo colla lettera N. Le sue dimensioni si tennero tali che vi poteva essere introdotta tutta l’acqua della Roggia Ghiringhella. La terra proveniente dallo scavo venne depositata sui due cigli laterali, onde formasse una specie di arginatura atta ad impedire i debordamenti delF acqua dal muovo cavo. — 73 — Può domandarsi perchè, a risparmio di spese, questo nuovo cavo non siasi derivato dal punto dell’ adacquatrice segnata in tipo MM più vicino al luogo della pompa. La ragione fu che il risparmio non era che apparente e Y esito meno certo. Quella adacquatrice ha una sezione assai stretta, per cui, volendo ap- proffittare di essa per condurre Y acqua alla pompa, bisognava allargarla dalla sua origine ai punto di derivazione del nuovo fosso e poi scavare questo nuovo fosso. Aggiungasi, che, per la stessa sua destinazione d'adaquatrice, sarebbe occorso di arginarla, per impedire che V acqua fermata alla pompa e tenuta alta avesse a debordare. Per ultimo Y indennità che si doveva dare al proprietario sa- rebbe stata maggiore. Imperocché, Y adacquatrice scorre in un prato, in quel momento coperto da una abbondante erba; no- tevoli quindi sarebbero stati i danni, non tanto per Y allarga- mento in sè stesso e per l'arginatura, quanto pel calpestamento prodotto dagli operai che si sarebbero dovuti impiegare nelle suddette opere. Il cavo invece eseguito attraversava un campo di stoppie di frumento, in quell'anno assai scarse per la siccità straordinaria del mese di agosto. La locomobile, per riguardo alla durata delia sommersione (giorni cinquanta) e della stagione a cui si andava incontro, venne coperta con una tettoia di tavole di legno, sostenuta da pali e grande abbastanza da riparare dalle piogge anche gli operai addetti al servizio. Dalla bocca d’efflusso del tubo d' elevazione della pompa al vigneto, l'acqua era convogliata mediante una doccia con fondo e pareti di tavole di abete, lunga metri 3,00, larga di netto metri 0,25. La proporzione di essa più vicina alla bocca d' ef- flusso era assai inclinata, dovendo con un’estremità alzarsi fino alla bocca stessa e libera; la porzione rimanente era quasi oriz- zontale ed interrata ai lati. Con questa disposizione si impediva che l'acqua uscente dalla bocca avesse, colla grande velocità che acquistava nel percorrere la fratta inclinata della doccia, a fare «scavazioni al suo piede. Nello stesso giorno dieci settembre veniva da noi rilevata la planimetria e 1’ altimetria del vigneto, quali sono rappresentate nell’unito tipo sotto A; e colla scorta dei rilievi fatti disponevasi tosto la costruzione degli arginelli tanto all’ ingiro che nello interno. I primi a costruirsi furono quelli dei sei bacini grandi a po- nente, cominciando però naturalmente dai superiori e passando agli inferiori ordinatamente. Gli operai badilanti erano diretta- mente somministrati dai Delegati per la fillossera; essi operai furono divisi in diverse squadre, di cui alcune attendevano alla costruzione dell’argine in giro, altre a quelli interni, onde questi e quello fossero completati per ogni bacino contemporaneamente. Per fare gli arginelli praticavasi nel luogo che veniva desi- gnato, una fossa lunga quanto 1* arganello e la terra che se ne estraeva, convenientemente battuta, serviva alla loro forma- zione. Agli arginelli era stata prescritta un’ altezza di metri 0,60 sopra il suolo naturale, una larghezza in cresta di metri 0,50, coi fianchi inclinati a tutta scarpa, per conseguenza la loro lar- ghezza alla base doveva essere di metri 1,70. Ora siccome la distanza dei filari di vite e delle viti di ciascun filare era sol- tanto di metri 1,50, così per far luogo agli arginelli interni si dovettero estirpare intieri filari quanti erano quelli diretti da settentrione a mezzodì ed una o due di ogni filare per ciascuno di quelli da ponente a levante, eccezione fatta però dell’ arginello longitudinale a metà del vigneto che fu piantato sul sentiero che lo attraversava. Dagli arginelli in giro si potè risparmiare la costruzione di parte di quello a settentrione, perchè l’altezza del coerente fondo bastava per tutta quella tratta a contenervi l’acqua; all’incontro, per preservare possibilmente dai danni del contatto di questa il muro di cinta a levante, si credette opportuno di costruirne uno al suo piede. Benché le dimensioni prescritte per gli arginelli potessero rite- nersi maggiori delle occorrenti, ove la terra fosse stata di quella — 75 — conveniente per simile genere di lavori, tuttavia all’atto pratico si trovò che essi non solo non resistevano a pioggie di una certa intensità, ma nemmeno all’acqua che si introduceva nei bacini per la loro sommersione. Infatti si notava che mano mano che l’acqua innalzavasi in essi, in molti punti i fianchi degli argi- nali che ne erano imbevuti si sfasciavano, e ciò evidentemente in causa della pochissima tenacità della terra, con cui erano formati. A questi sfasciamenti si rimediò volta per volta otturando le buche che si formavano, o mediante terre migliori che si le- vavano dagli immediati contorni del vigneto, o mediante paglia e terra, o finalmente anche col sostenere in qualche luogo i fianchi mediante tavole di legno sussidiate da paletti. Ben più serie e temibili erano le conseguenze prodotte dalle pioggie. Queste caddero in abbondanza nella notte dal 16 al 17 settembre, continuando ad intervalli nel 17 e nella sera di questo giorno si ebbe un forte temporale, con pioggia abbondante che durò buona parte della notte. Becatici sul luogo la mattina del 18, constatammo che gli ar- ginelli non solo erano tutti abbassati ed allargati, come se fossero stati schiacciati, fatto che sempre si avvera per le terre smosse ed ammucchiate di recente, quando sono colpite da una pioggia di una certa durata, ma che in qualche punto eransi come squa- gliati con evidenti indizi, che questo squagliamento avrebbe potuto estendersi a tutto l’insieme dell’arginatura, se le pioggie avessero ripigliato. Per scongiurare questo pericolo, che avrebbe compromesso l’esito delle operazioni fatte fino allora con gravi spese, e forse anche obbligato a dover rinunciare alla sommersione, ci si presentavano due mezzi: o ricostruire colie dimensioni medesime, ma con terra tenace, da procurarsi anche a distanze ragguardevoli, le parti disfatte e colla medesima terra ripristinare i guasti delle altre non disfatte, oppure riparare e rinforzare gli argini, aumen- tandone le dimensioni e rialzandone le creste, colla terra stessa del vigneto. — 76 - La neccessità impreteribile di riparare subito e la maggior spesa cbe sarebbe occorsa per avere la terra tenace, ci consi- gliarono ad attenerci al secondo partito, che, favoriti dal bel tempo, mandammo tosto ad effetto, distribuendo tutti gli operai disponibili lungo le arginature, in modo che il lavoro di ripa- razione e riforzo fosse fatto contemporaneamente in ogni punto. Il rimedio fu efficace, ed ebbimo la soddisfazione di vedere gli arginelli resistere e fare buonissima prova e contro pioggie pro- lungate e dirotte cadute nel 25, 26 e 27 detto mese di settembre ed alle posteriori e contro i geli straordinari per intensità e durata della scorsa invernata 1879-80, onde alla susseguente primavera essi si presentarono coi fianchi coperti di zolle erbose, colla cresta compatta e capace anche di sostenere un leggiero carreggio; tali insomma che sarebbero stati, senza alcun dubbio, atti a servire per le sommersioni, che, come s’ andava dicendo, dovevano farsi negli anni successivi. Per riguardo però agli arginelli fatti lungo i lati di mezzodì e ponente, si dovette ovviare anche ad un altro inconveniente, quello cioè delle filtrazioni, che avevano luogo attraverso il loro corpo. Appena le filtrazioni si manifestarono, non mancammo di sor- vegliarle attentamente, e ben tosto ci accorgemmo come esse au- mentassero d’ ora in ora, al punto di dare origine ad un vero rigagnolo scorrente esternamente al loro piede, con evidente minaccia della loro rovina. L’ arginello di mezzodì insisteva sul sentiero interno, che si è accennato nella descrizione del vigneto; la fossa per cavarne la terra occorrente alla sua formazione venne aperta al piede della siepe e Y argine costrutto sul ciglio opposto a settentrione. Benché questa disposizione della fossa esterna all’ argine non fosse la più opportuna, tuttavia fummo costretti ad adottarla, perchè nel sentiero stesso in vicinaza di trentatre filari di viti collegati col filo ferro, trovavansi infissi nel terreno i paloni; a cui, come si è accennato, si avvolgevano ed erano assicurati i suoi capi, cosicché, se si fosse praticata la fossa verso i filari, ossia dove — 77 — fu costrutto l’argine, tutti i suddetti paloni sarebbero stati estir- pati con grave pregiudizio della conservazione di quella parte del vigneto. La fossa attraversava alcuni dei depositi di ciottoli e grosse ghiaie, fatti sotto il sentiero neirimpianto del vigneto ed era aperta soltanto all’ estremità di levante, dove comunicava col cavetto, che serviva allo scarico dell’acqua eccedente alla sommersione, del quale parleremo in appresso. Fatta la sommersione, del bacino n. 6, si manifestarono, dopo qualche tempo, diverse fughe d’acqua, alcune filtranti dal corpo dell’argine, altre sorgenti dal fondo della fossa. Per ripararvi, dapprima pensammo di impedire la sortita del- l’acqua, che entrava nella fossa, otturando l’unico sbocco che questa aveva, onde l’acqua vi si potesse alzare, tanto che le filtrazioni avessero a cessare per effetto della contro pressione, che avrebbe esercitato. Infatti sul principio le filtrazioni si fecero sensibilmente minori, ma, dopo qualche giorno, in causa della presenza dei ciottoli nel sottosuolo, e fors’anche delle radici della vicina siepe, che agivano da veicolo, le acque contenute nella fossa cominciarono a colare abbondantemente neH’attigua roggetta del Sabbato. Non rimanen- doci altro mezzo, facemmo colmare la fossa con terra della maggior tenacità possibile a trovarsi nelle adiacenze, fintantachè vedemmo le fughe cessate affatto. L’ arganello di ponente fatto eseguire da noi insisteva esso pure sul sentiero di questo lato. Già sapevamo, che per fare gli arginelli interni eravamo obbligati ad estirpare una notevole quantità di viti ; all’intento quindi di risparmiarne il maggior numero possibile,, facemmo scavare la fossa occorrente per avere la terra al piede della siepe ed alzare l’ argine in prossimità al filare di viti, che in tal modo non veniva distrutto, nè tampoco danneggiato nelle radici ; cosicché anche qui, come a mezzodì, la fossa era estrema all’ argine. Questo venne fatto per il primo sotto la nostra immediata di- rezione e debitamente costipato, onde potesse servire di modello per la costruzione degli altri. — 78 — Praticatasi la sommersione nei bacini grandi, che ne erano lambiti, esso non presentava alcuna filtrazione. Dopo alcuni giorni, una mattina recatici in luogo, nel fare la solita ispezione degli arginelli, trovammo quello di ponente di- strutto e rifatto a ridosso ed esternamente alla siepe, mediante terra levata dal contiguo fondo aratorio. Il peggio era che il nuovo argine dava adito ad abbondanti nitrazioni, mentre quello disfatto ne era immune-, e che era stato tolto, in questa parte del vigneto, il mezzo di poter camminare lungo i bacini sommersi, cosa tanto utile per la sorveglianza del- P andamento della sommersione. Non potendo ricostruire 1’ argine nella sua primitiva sede senza interrompere l’adacquamento dei bacini, giudicammo miglior partito quello di conservare il nuovo argine esterno alla siepe, togliendone possibilmente le filtrazioni. Questo scopo non si raggiunse che dopo molti sforzi-, non ba- stando rinvestire la scarpa esterna con terra compatta, si dovette ricorrere all’ otturamento dei fori, mediante paglia, ripetendo più volte il rivestimento e l’otturamento, ove occorrevano, finché il lamentato inconveniente venne ridotto a proporzioni piccolissime « tali che si riputarono di nessun danno. Però l’argine così emen- dato finì per aver dimensioni molto maggiori degli altri. • § 4° — Effettuazione della sommersione. Appena installata la pompa centrifuga e fatte le arginaturf ai primi due bacini superiori a ponente, e cioè nel pomeriggio del giorno undici settembre, questi vennero assoggettati alla som- mersione. Lavorando la pompa a bocca piena e la macchiana a vapore u tre antmosfere e mezzo, occorsero circa otto ore per ottenere 1’ altezza d’acqua voluta metri 0.25 in quei due primi bacini, il che, fatta la debita parte alla permeabilità del terreno, ci fece subita •dubitare, che la pompa non potesse bastare alla sommersione del- l’intiero vigneto. — 79 — Infatti compiuta la sommersione dei bacini di ponente, nell’esten- derla ai successivi sei segnati in tipo coi n. 2, 7, 12, 17, 22, e 27, ci dovemmo convincere, che i nostri dubbi erano pur troppo fon- dati, poiché con essa si riesciva a mala pena a tener sommersi colf altezza d’acqua prescritta i n. 2, 7 e 12. Questa insufficienza della pompa proveniva in parte dalla lun- ghezza del tubo d’ elevazione, che era di metri 1.80 dal piano superiore del tamburo della pompa al centro dell’ orificio d’efflusso del tubo d’elevazione, e questo eccesso notevolissimo d’innalza- mento, in confronto dell’altezza di metri 1.00 su cui erasi basato il calcolo della forza occorrente, si risolveva in proporzionale minor volume d’ acqua innalzata ed introdotta nel vigneto ; in parte dalla permeabilità del terreno, che si rinvenne veramente assai forte, tanto che, essendosi per fare delle riparazioni ad un arginello, in- terrotta l’introduzione dell’acqua in una dei bacini sommersi da più giorni, questo si asciugò in poco più di un’ ora. Un’altra prova della grande permeabilità del terreno è stata fornita in seguito dal fatto, che a sommersione completa di tutto il vigneto, per mantenerla vi si introdusse quasi tutto il corpo d’acqua della Ghiri nghella, ossia non meno di litri 200 al secondo, mentre la bocchetta appositamente praticata in angolo di levante-mezzodì per lo sfogo dell’ acqua eccedente, non ne scaricava che una pic- colissima frazione. In parte vi concorreva fors’anche una reale deficienza dell’effetto utile della macchina; poiché, in condizioni ordinarie di lavoro essendosi misurato il volume d’acqua, che scorreva nel nuovo cavo di condotta per dedurne 1’ erogazione effettiva della pompa, lo si trovò di circa litri 75, ossia di un terzo della portata della Ghi- ringhella. Non potendosi dalla pompa attendere un maggiore rendimento, ed essendo assolutamente da rigettarsi per più considerazioni il pensiero di sostituire meccanismi più potenti, stabilimmo di som- mergere il bacino n. 12, i tre inferiori successivi e tutti gli altri rimanenti, mediante il cavo aperto in parte del lato di sottentrione, poiché dalla livellazione stata fatta, ciò ci era emerso possibile. — 80 — A tale scopo introdotta P acqua nel detto cavo, si tenne chiuso T incastrino della bocca praticata nel muro di cinta di levante ed alla benda di terra interposta fra esso ed il cavo si scavarono i fossetti segnati in tipo D D 1 D 11 per P introduzione dell’acqua nei tre bacini n. 3, 4 e 5, dai quali si sarebbe riversata negli infe- riori. Onde poi ottenere, che l’acqua in ognuno dei detti tre bacini avesse a mantenere la prescritta altezza di venticinque centimetri circa, veniva opportunamente sostenuta nel cavo e regolata me- diante due tavole di legno poste attraverso ad esso, uno» subito dopo il fossetto D, l’altra subito dopo il fossetto D1. L ’ acqua però così sostenuta avrebbe certamente debordato dal cavo lungo il suo percosso nel prato d’ Adda in mappa al n. 406, a cui serve d’adacquatrice. Perciò si fu costretti ad eseguire la- teralmente ai suoi due cigli una piccola arginatura di terra per tutta la sua lunghezza. Per sommergere coll’acqua del cavo i quattro suindicati bacini (12, 17, 22, e 27) levati alla pompa, facemmo fare attraverso al crocicchio degli argini, in angolo di levante con settentrione del bacino superione (12), un piccolo taglio segnato E ed otturare la bocchetta segnata G C. Siccome ebbimo ad osservare dopo uno o due giorni, che il cavetto D non bastava a somministrare tutta l’acqua occorrente per avere l’altezza di metri 0.25 nei dieci bacini, che venivano ad essere da esso alimentati, facemmo aprire un canalino come il precedente nell’angolo suddetto del bacino num. 8, onde l’alimentazione venne sussidiata ed assicurata me- diante il cavetto D1. Dopo questi provvedimenti, la sommersione si potè praticare ed estendere su tutto il vigneto. L’ altezza d’ acqua, che ci era stata prescritta venne presto rag- giunta dappertutto, ed eccezione del bacino num. 7, che rimaneva tuttora inaffiato mediante la pompa. Allora pensammo di sottrarle anche questo ed unirlo agli altri sommersi mediante il cavo di tra- montana, facendo 1’ altro piccolo taglio Eu, riaprendo la bocchetta G, ed otturando quella segnata H. Questo si faceva il 24 settembre, e da questo giorno in avanti la sommersione fu completa e regolare. — 85 — In questo pozzo e negli altri del paese notasi sempre uno stra- ordinario alzamento d’acqua quando avvengono le piene del tor- rente Molgora, scorrente a levante d’ Agrate, alla distanza di circa chil. 2. Però, nel caso attuale, l’alzamento dell’acqua si ma- nifestava soltanto in questo pozzo. Esso è situato nell’angolo sud-ovest della corte in Mappa di Agrate al n° 121, ed a sud-est del vigneto, dal cui punto più vicino dista metri 80,00. Portatici poi a visitare il vigneto, e precisamente la bocchetta servente allo scarico delle acque eccedenti, trovammo che da essa non effettuavasi alcun efflusso, e che l’altezza d’acqua nei bacini, ad onta di ciò, era sempre in diminuzione. Da questi due fatti dovemmo indurre, che l’acqua continua- mente filtrando attraverso il sottosuolo, e depurando le vene di ghiaia in esso contenute delle materie terrose, erasi finalmente aperte delle vie, per le quali disperdevasi con grande facilità, in modo che la sola permeabilità, a quest’epoca, bastava a smal- tirne tutto il volume introdotto. La sommersione diventava quindi di giorno in giorno più dif- ficile ad essere mantenuta anche in questi bacini; tuttavia si potè compiere, per la massima parte di essi, in discrete condizioni di acqua l’intiero periodo di giorni cinquanta stato prescritto, che aveva termine col giorno 15 novembre. Con esso giorno la som- mersione cessò del tutto. § 6. — Osservazioni finali. Da quanto abbiamo detto emerge che la sommersione ebbe tre distinte fasi. La prima colla sola pompa pei quadri a ponente dall’ 11 al 25 settembre; la seconda colla pompa e colla roggetta di settentrione su tutto il vigneto, dal 25 settembre al 31 otto- bre; la terza finalmente colla sola roggetta di settentrione sui quadri a levante, dal 31 ottobre al 15 novembre; per conse- — 8G — guenza il vigneto fa sommerso per intiero soltanto per giorni 35. Però, ad eccezione dei numeri 21 e 26 alimentati colla pompa,, e dei numeri 25, 29 e 30 alimentati colla roggia, tutti gli altri bacini furono allagati per giorni 50, compresivi fra questi anche i numeri 22, 27 e 28 e parte del 23, i quali dal 7 novembre in avanti furono asciutti, ma avevano ricevuta l’acqua poco dopo la metà di settembre, ossia appena da noi decisa l’alimentazione della sommersione col cavetto di tramontana. Delle due macchie fillosseriche adunque, quella più a nord fu sommersa pel tempo e nel modo prescritto; l’altra ebbe compite il tempo, ma l’altezza d’acqua nei primi ed ultimi giorni lasciò- a desiderare. Volendo ragionare sulle conseguenze che i surriferiti inconve- nienti della sommersione possono aver prodotto sul conseguimele dello scopo, che da essa attendevasi, pare a noi che, se fosse vero quello che ci venne più volte asserito, e che abbiamo tutti i motivi per credere, che cioè, fuori le macchie fillosseriche, tutte il rimanente del vigneto, prima ed assai tempo dopo la sommer- sione, sia stato trovato immune dall’infezione, si debba ragione- volmente ritenere, che la mancanza nei bacini numeri 21, 25, 26, 29 e 30 di qualche giorno al compimento del periodo d’allaga- mento non abbia recato danno alcuno, e che la sussistenza di qualche fillossera, tuttora viva dopo la sommersione, non si possa con sicurezza addebitare al difetto che si è notato nella sommer- sione della macchia meridionale ; mentre è molto più verosimile che, per la sua grande permeabilità, il sottosuolo non siasi imbe- vuto completamente d’acqua, ed abbia così offerto al terribile insetto vie di scampo. Nella prima fase l’acqua affluente al vigneto poteva calcolarsi al minimo circa 75 litri al secondo; nella seconda a litri 200; nella terza a litri 150. La pompa e la locomobile, tuttoché insufficienti, agirono lode- volmente per tutti i 50 giorni di nolo. Avvennero due interru- zioni di un’ora ciascuna: la prima per la riparazione della rot- tura della cinghia di trasmissione del movimento del volante — 87 — della locomobile alla pompa; la seconda per la pulitura del tam- burro di questa ; ed una interruzione di qualche ora nel 24 ottobre per rimettere il chiodo fusibile di sicurezza della caldaia, che 'produsse V asciugamento momentaneo di diversi quadri. Circa il consumo di combustibile , nulla possiamo dire perchè somministrato direttamente, crediamo, dalla Sotto-prefettura di Monza, airinfuori di ogni nostra ingerenza e controllo. La lunghezza complessiva degli argini era di metri 1550, con una larghezza media, presa a metà altezza, di metri 1,50 in causa del loro rinforzamento ed un’altezza di 0,75. Il loro vo- lume in totale era quindi di 1,50 X 0,75 X 1550 pari a cubi metri 1743,75. Però questo volume non rappresenta il movimento della terra stato effettivamente eseguito ; in primo luogo perchè quel volume è di terra costipata, ed in secondo luogo perchè diverse tratte degli arginelli si dovettero rifare, come si è accennato. Per avere quel movimento di terra con qualche approssimazione, va aumen- tato quel volume non meno della metà, e può essere calcolato in cubi metri 2500. Il cavo, stato aperto per la condotta dell’acqua dalla roggietta del Sabbato alla pompa, era lungo metri 110,00, profondo sotto il piano medio di campagna metri 1,60, colla larghezza media presa a metà altezza metri 1,50; il movimento di terra fu quindi per esso di metri 264. Le bocchette erano 42, di cui qualcuna fu poi otturata, come si è indicato. Tutti questi lavori si cercò di condurli con tutta la sollecitu- dine possibile. Nei loro primordi, il numero degli operai fu forse superiore allo stretto bisogno, ma ciò deve ascriversi in parte all’urgenza, in parte alla circostanza che alcuni di essi venivano distratti ed impiegati in opere estranee alla sommersione, ed in parte anche a qualche incertezza nelle attribuzioni direttive, cosicché qualcuno si credette dapprincipio autorizzato a dare ordini e far eseguire lavori, benché non ne avesse speciale ( incarico. — 88 — L’insufficienza della pompa non produsse alcun inconveniente, essendovisi potuto rimediare, con evidente vantaggio anzi della distribuzione dell’acqua. Che se fino dal bel principio non ab- biamo proposto di sommergere le parti basse del vigneto, me- diante il cavetto scorrente al suo lato di settentrione, ciò dipese dal non aver noi potuto, per mancanza di tempo, fare prima della sommersione un’esatta livellazione del vigneto stesso, colla sola scorta della quale potevamo essere certi del buon esito del- l’operazione, approfittando anche di quel cavetto. Nella speranza di avere soddisfatto alla fiducia in noi riposta, ci sottoscriviamo. Monza, 29 gennaio 1881. Ing. Michele Maggi Ing. Giacomo Monti. — 81 — § 5° — Andamento e sorveglianza della sommersione. Il giro delle acque era semplicissimo. Dai cavetti d’ introdu- zione dalla pompa e dalla roggia, V acqua si riversava nei quadri superiori, da questi ai successivi inferiori, mediante bocchette a stramazzo aperte negli argini trasversali in numero di una o due, a seconda della lunghezza dei bacini. I cinque quadri a mezzodì comunicavano fra loro mediante bocchette simili alle precedenti aperti nei loro argini laterali, cosicché tutta l’eventuale eccedenza d’ acqua affluiva nel bacino più basso in angolo di levante con mezzodì, dal quale veniva scaricato mediante una doccia in legno , in tipo segnato 8 nella Roggietta del Sabbato suddescritta. Le bocchette avevano sponde e fondo di tavole d’ abete di suf- ficiente lunghezza e larghezza. Le sponde erano sostenute da paletti infissi nel terreno ; erano divergenti ad uso d’imbuto doppio, in modo che l’imbocco e lo sbocco fossero maggiori della luce della bocchetta. Ogni bocchetta era munita da un soglino di legno, sul quale al caso se ne sovrapponeva un secondo, per sostenere l’acqua nei bacini e regolarne l’efflusso. La luce delle bocchette era in- distintamente per tutte metri 0. 60. Per sorvegliare l’andamento della sommersione, per alzare ed abbassare i soglini, a seconda che l’acqua si alzasse od abbas- sasse di troppo, per riparare ai guasti degli arginelli, consistenti di solito nelle corrosioni prodotte lateralmente, o sotto il fondo delle bocchette dall’acqua sgorgante, eravi una squadra di operai muniti dei necessari strumenti e diretti da un capo squadra. Per andare da un punto ad un altro del vigneto anche con carriole, si percorrevano gli arginelli, che servivano benissimo. Anche noi ci portavamo da Monza a visitarli di quando in quando, e tutte le volte che ne eravamo richiesti. Onde poi non avvenissero sottrazioni d’ acqua, ossia onde l’acqua della roggia Ghiringhella non venisse clandestinamente deviata, o rattenuta nel Lambro dai mugnai del Molino di sotto, già accennto, venivano quasi giornalmente fatte delle ispezioni o da uno degli 6 — 82 operai o più spesso da una delle Guardie di pubblica sicurezza, stazionanti in luogo per impedire che niuna cosa venisse trasportata fuori del vigneto. Mediante le dette cure, possiamo asserire che la sommersione su tutta la superficie del vigneto dal 25 settembre fino oltre la metà del mese d’ottobre, ha continuato regolarmente, favorita dall’ au- mento, che le pioggie già accennate dei 25, 26 e 27 settembre avevano prodotto nella portata del Lambro e per conseguenza in quella della Ghiringhella, talché il mugnaio del molino d’ Agrate nel 26 detto mese aveva macinato con due delle tre ruote di cui il molino stesso è provvisto, ed avrebbe forse continuato a macinare per qualche altro giorno, se la Delegazione della filossera non glielo avesse impedito. Tornato ben presto il fiume ad acque ordinarie e poscia basse, la portata della roggia Ghiringhella cominciò a dar segni di va- riazioni giornaliere ed anche più frequenti ; ma siccome essa, nella sua condizione normale, era piuttosto abbondante che scarsa al bisogno , così accadeva che anche nei momenti di scarsezza, causata dagli invasamenti d’acqua nel Lambro, di cui parleremo in seguito, fosse sufficiente. Di solito la diminuzione aveva luogo durante la notte e l’aumento nelle prime ore del mattino, qual- che volta con riproduzione dell’una e dell’altro durante la giornata. Verso la fine di ottobre, tornata la magra del fiume, queste variazioni presero tali proporzioni da lasciare quasi all’asciutto i due quadri inferiori (n* 21 e 26 del tipo) alimentati dalla pompa. Allora fummo invitati dalla Delegazione governativa per la fillossera a riferire in proposito. A tal fine nel 25 detto mese di ottobre ci siamo recati ad Agrate, e prima nostra cura fu di assicurarci, se il lamentato inconveniente dipendesse dall’opera maliziosa degli uomini. Perciò risalimmo tutto il corso della Ghiringhella, spingendoci fino alia sua estrazione dal Lambro ed alla testa della fontana di Pere- gallo, presso l’abitato omonimo, esaminando minutamente ogni cosa ed assumendo opportune informazioni. — 83 — Dalle indagini fatte in questa nostra visita tutt’affatto improv- visa, non ci fu dato scoprire alcuna traccia di clandestini devia- menti dell’ acqua, nè d’ impedimento al suo libero corso in tutto l'andamento della roggia. Notammo però che la portata di questa • variava in ragione degli invasi, che d'ordinario, benché abusiva- mente, si fanno dai mugnai o dai proprietari d'opifici situati su- periormente, e mossi colle acque del Lambro in tempo di loro scarsità, come appunto verificavasi in quei giorni. Si può dire impossibile l’impedire questi invasi, perchè praticati su una scala estesissima a principiare qualche volta dagli emissari del fiume decadenti dai laghetti di Pusiano e d'Aìserio e discendendo fino al di sotto di Monza. Dalle guardie e dai giornalieri, che attendevano alla sorve- glianza del vigneto, ci venne poi anche confermato, quello che già pensavamo, che cioè alla diminuzione di acqua nei bacini corrispondevi sempre una diminuzione di acqua nella roggia. Per conseguenza, non essendosi fino allora presentate circo- stanze che ci potessero fare accettare come ammissibile un aumento della permeabilità del sottosuolo, opinammo che rasciu- gamento dei suddetti bacini e la continua variazione d'altezza d'acqua negli altri provenisse da minorazione e variazione del volume d'acqua introdotto nel vigneto in causa di minorazione o variazione della portata della Ghiringhella, prodotte dagli in- vasi nel Lambro superiore; chè, se un aumento di permeabilità fosse stata l'origine della diminuzione d'acqua nei bacini, questo doveva essere costante e progressivo. Dei risultamenti di questa visita demmo partecipazione alla Delegazione della fillossera con lettera dello stesso giorno 25 ot- tobre, esprimendo in essa il parere, che però non si cessasse dalla sommersione, perchè le condizioni della Ghiringhella pote- vano migliorarsi. Agli ultimi giorni di detto mese, non solo perdurava il quasi totale asciugamento dei due quadri inferiori alimentati dalla pompa, ma osservavasi un certo decremento anche nell'altezza d'acqua degli ultimi quadri alimentati col cavo di tramontana. — 84 — Perciò, considerando che pei sei quadri alimentati dalla pompa la sommersione era durata presso a poco tutto il periodo stata prescritto di giorni cinquanta, avendo essa cominciata coirli set- tembre, e che coll’ultimo del mese in corso (ottobre) scadeva il contratto di nolo della pompa, venne dal Ministero saggiamente deliberata la sospensione del suo esercizio pel suddetto giorna 31 ottobre, e disposto che tutta l’acqua della Ghiringhella venisse convogliata sui quadri sommersi col cavetto di tramontana, sugli inferiori , dei quali la sommersione venne estesa soltanto versa il 25 settembre, e perciò doveva durare fino alla metà del successivo novembre. Attuate queste disposizioni, non avvertivasi per altro alcun miglioramento nelle condizioni dell’allagamento dei quadri tut- tora sommersi, ossia continuavano le variazioni d’altezza d’acqua,, ed anzi questa vedevasi lentamente, ma giornalmente a diminuire. Invitati di nuovo dalla Delegazione della fillossera a riferire in proposito, ci siamo recati ad Agrate insieme al signor dele- gato Franceschini, dove, appena giunti, fummo avvertiti da alcuni terrieri che dalle pareti di un pozzo, in godimento promiscuo fra la nobile casa D’Adda-Salvaterra ed un signor Annoni sgorgava da qualche giorno un’abbondante quantità di acqua, che sem- brava provenire dal sottosuolo del vigneto. Recatici immediatamente al detto pozzo, e tenuta rischiarata l’interno della sua canna, riverberando in essa con uno specchio la luce solare, potemmo distintamente osservare lo sgorgarvi del- l’acqua e fare i seguenti rilievi: Il pelo d’acqua del pozzo si trovò di metri 11,75 sotto il piano della contigua corte. L’altezza d’acqua era di metri 11,00, mentre d’ordinario, da quanto ci venne asserito da persone solite a ser- virsene, non superava i metri 3,00. Lo sgorgo si verificava su tutto il giro della canna ad una altezza di metri 10,70 sotto il piano di detta corte, però assai più copioso dalla parte corrispondente al vigneto. Raccolta una certa quantità dell’acqua sgorgante, la si rinvenne intorbidita da materie terrose. — 93 All. H. Atto constatante i patti sotto la cui osservanza dovranno avve- nire, durante la corrente annata agricola, alcune speciali col- tivazioni nei fondi infetti dalla fillossera in Agrate Brianza. Agrate Brianza 7 aprile 1880. Premesso che il Ministro {l’Agricoltura Industria e Commercio con suo dispaccio 27 marzo 1880, n. 7434, confermava Fante- cedente permesso accordato, per la coltivazione dei fondi infetti dalla fillossera, coi seguenti generi: 1° Grano turco ; 2° Trifoglio; Volendosi ora, in esecuzione delle disposizioni ministeriali, re- golare il modo col quale le coltivazioni stesse debbono avvenire, onde fornire del permesso, si fa ‘col presente constare che ven- nero invitati i singoli coltivatori a prendere cognizione delle dette condizioni che sono : 1° Non si potrà esportare dal fondo che il solo frutto del grano turco, restando esclusi i fusti, le foglie ed i cartocci ; 2° Non si potrà esportare il trifoglio, nè qualsiasi altra qua- lità di erbe esistenti nelle zone infette ; 3° Non potranno altresì esportarsi dalle dette zone la legna i rami fronzuti, le foglie ecc. a qualsiasi pianta appartengono ; 4° Sarà permesso invece il pascolo sul posto, nonché il taglio delle erbe e V ammasso delle stesse in ripostigli ergentisi nelle dette zone ; 5° Il grano turco dovrà essere coltivato a filari, distanti l’uno dall'altro da 0,50 a 0,60, secondo l’uso del paese ; 6° I lavori dovranno condursi con le precauzioni necessarie per impedire la diffusione dell’insetto; perciò le zappe, i badili, ed altri altrezzi inservienti alla coltivazione, dovranno essere custoditi sul posto. Nel caso poi fosse assolutamente necessaria la loro esportazione, non potrà questa avvenire, se non previa diligente lavatura, da farsi in presenza di una delle guardie governative ; - 04 — 7° È permessa l’utilizzazione della foglia dei gelsi per l’al- levamento dei bachi, semprechè le coltivazioni si pratichino in locali confinanti colle zone infette; e coH’obbligo nei coltivatori di portare nelle zone infette i così detti letti, le mondature ecc. 8° Al Governo, ed alla delegazione governativa è riservata la massima libertà di azione per qualsiasi lavoro, o misure di precauzione che si ritenessero in seguito necessarie ; 9° Il raccolto delle suddette coltivazioni dovrà essere valu- tato dal perito governativo, o da periti scelti dalle parti a ter- mine di legge, e ciò onde poterlo detrarre da quelle eventuali somme di compenso che potrebbero spettare ai proprietari, a ca- rico dello Stato e della provincia. Chiamati pertanto nell’ ufficio comunale i singoli proprietari o loro agenti, a nome e per commissione del prelodato Ministero, e per incarico espresso ricevuto dalFill."10 sig. Sotto Prefetto del circondario, chiamato dal Ministero stesso ad intervenire al pre- sente atto, venne loro dato lettura del contesto superiore, ed invitati a manifestare la loro adesione ed accettazione, mediante apposizione delle firme. Il presente atto viene eretto in concorso del sig. Sindaco di Agrate, del sig. Franceschini Felice, delegato governativo per la distruzione della fillossera in Agrate, nonché del sig. Luigi Negri, incaricato della contabilità. Si ritiene come fosse presente rill.rao sig. Sotto Prefetto del circondario, il quale ebbe a dare in proposito gli ordini relativi, alla erezione del presente atto. Firmati suiroriginale : Per il sig. dott. Giuseppe Fé Besana, Angelo Porta, incaricato. — Per l’ ili. ,no sig. march. Gioacchino D’Adda Salvaterra, V incaricalo, Gaetano Col- nago. — Prete Magni Pietro Cappellano Coadiu- tore. — Per l’illustrissimo sig. March. Melzi di Soragna, l'incaricato fattore , Luigi Resnati. — M. Gervasoni Martino. — P. Antonio Rossi, Parroco. — il ff. di Sindaco, A. Porta — Felice Franceschini, delegato governativo per la fillossera. — Luigi Negri, incaricato della contabilità. d’Ordine — 95 Indennità ai Proprietari utenti e coloni per i danni derivati dalle operazioni di distruzione in Agrate, nell’autunno 1879 e nel- l’inverno 1879-80. All' 1. PROPRIETARIO, UTENTE O COLONO D’Adda Salvaterra March. Gioacchino, (pel vigneto trattato colla som- mersione) L. Fè-Besana Cinquevie Giuseppe .... Prebenda parrocchiale, e per essa al Parroco Sac. D. Antonio Bossi . . Melzi nobile Luigia maritata Soragna- Tarasconi Cappellania d’Adda, e per essa al Sacerdote Don Pietro Magni . . . Gervasoni Martino ' D’Adda Salvaterra e per esso all’ af- fittuario Parroco D. Antonio Bossi ed al colono Dell’Orto (orto al N. 488 della Mappa) \ Totale L. TOTALE INDENNITÀ liquidata QUOTA SPETTANTE al GOVERNO alla PROVINCIA. 2,022. 81 1,011. 40 1,011. 41 547. 14 273. 57 253. 57 229. 42 114. 71 114. 71 110. 00 55. 00 55. 00 58. 38 29. 19 29. 19 55. 37 27. 68 27. 69 46. 42 23. 21 *23. 21 3,069. 54 1,534 76 1,534. 78 Ordine — 96 — Indennità ai Proprietari utenti o coloni danneggiati a causa della sommersione del Vigneto d’Adda, e per temporanea occupa- zione di terreno, sequestro dell’acqua della Roggia Ghiringhella, passaggio d’acqua ecc. All. L. TOTALE QUOTA SPETTANTE PROPRIETARIO, UTENTE 0 COLONO INDENNITÀ liquidala al GOVERNO alla PROVINCIA Ai mugnai Bosisio Ambrogio e Peliz- zoni Giuditta, per uso d’acqua . L. 1,159. 80 579. 90 579. 90 A Ratti Angelo e cointeressati, per uso d’acqua 2,492. 43 1,246. 21 1,246. 22 A Sala Giuseppe colopo, per tempo- ranea occupazione del terreno, e passaggio di una roggia ecc 97. 50 48. 75 48. 75 A Villa Giuseppe colono, per terra adoperata nella formazione degli arginelli del Vigneto, ecc i— * cn 23. 57 23. 58 Totale . . . L. 3,796. 88 1,898. 43 1,898. 45 — 89 — K ' * Scasso del terreno nelle zone infette La media effettiva del lavoro giornaliero praticato da ciascun operaio risultò come segue : All. D ZONE INFETTE NUMERI DI MAPPA PROFONDITÀ DELLO SCASSO SUPERFICIE SCASSATA MEDIA effettiva Metri Metri quad. Metri cubi 113 0. 65 14 9. 10 101, 456, 455, 103 0. 70 11 7. 70 410 0. 80 10 8. - 45, 110 0. 85 10 8. 50 405, 118, 483 0. 85 9 7. 65 106 1. 00 7 7. — — 90 — All. E. Alcune osservazioni sugli effetti del Solfuro di Carbonio. (Estratto da un Rapporto a S. E. il signor Ministro per l’ Agricoltura In- dustria e Commercio.) Il 17 marzo praticai, in parte del giardino Fè, una iniezione di grammi 70 di solfuro di carbonio per metro qua- drato di superficie Il 19, cioè il secondo giorno dopo l’effettuato trattamento, feci incominciare lo scasso del terreno. Dapprincipio, trovando le fillossere di un colore affatto simile a quello osservato alcuni giorni prima, sulle fillossere vive, dubitai che non si fosse avuto alcun risultato; ma il puzzo di solfuro di carbo- nio, che emanava da tutte le radichette che si estirpavano, era un te- stimonio della diffusione che l’insetticida aveva raggiunta nel suolo. Presi allora varie fillossere vive, che avevo conservate in un tubetto ermeticamente chiuso, e le divisi in due lotti. Uno di questi lo chiusi in un tubo con qualche goccia di solfuro di carbonio, lasciando gli insetti in balia dei soli vapori; le fillos- sere dell’altro lotto furono immerse nel sulfuro di carbonio liquido. Nè l’uno nè l’altro trattamento fece cambiare di colore gli insetti ! Incoraggiato dal risultato che mi ritornava la fiducia nella riuscita della praticata iniezione, presi dal suolo trattato delle radichette, coperte da numerose colonie di ibernanti, e parte le esposi all’aria, parte le collocai sotto poca terra umida. Le fillossere esposte all’aria, dopo circa tre ore, erano tutte essic- cate; e l’altre poste sotto terra, dopo tre a quattro giorni, anne- rirono e si sfecero; prove queste non dubbie della loro morte causata dal solfuro di carbonio, iniettato nel terreno. E, per as- sicurarmi che veramente, ad onta dell’apparenza, le fillossere già il 19 erano morte col trattamento praticato il 17 marzo, ne esaminai trentaquattro al microscopio, confrontandole con cinque prese dalle radici raccolte avanti l’ applicazione del solfuro di carbonio. Mentre delle 5 due mostravansi ancora vive e move- vano continuamente le zampine e le antenne, delle trentaquattro, non una fece alcun movimento Felice Francesceini. — 91 — All. F. AGRATE BRIANZA CON OMATE Avviso Il sottoscritto, valendosi delle facolta a lui conferite dalla legge, ed uniformandosi agli ordini ricevuti dallTll.n,° sig. Sotto Prefetto del Circondario, avverte il pubblico che d’ora in avanti resta severamente proibita nel territorio di questo Comune qualsiasi estirpazione di viti, senza averne dato preventivo avviso all’au- torità comunale, e riportato dalla medesima il relativo permesso. E nell’istesso modo è vietato il taglio al piede delle viti. Agrate Brianza 5 aprile 1880. Il ff. da Sindaco (firmato) A. Porta. Num. d’Ohdink! — 92 — Spese Colturali pel vigneto D’Adda nell’inverno 1879-80. All. G. TITOLI IMPORTO 1 2 S 4 5 6 7 Per operazioni diverse, cioè potatura, legatura ecc. . L. Vangatura Quintali 180 di stallatico acquistato dalla S. A. Omnibus Quintali 2 di solfato di ferro a . . . L. 11 . . i L. 22 Id. perfosfato di calce a ... 17 34 Id. cloruro di potassio a ... 39 60 Trasporto da Monza ad Agrate dello stallatico, sua pre- preparazione e mano d’opera per la concimazione . Tutori per le viti. N. 650 canne Ripulitura delle viti col guanto a maglia metallica. . Totale . ... Li. 81. 30 50. 04 287. 00 116. 00 150. 74 46. 65 50. 71 782. 44 Num. d’Okdine — 97 — Trattamento del Vigneto D’Adda col Solfo -Carbonato di potassa, praticato nei giorni 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23 e 24 aprile 1880. (Viti 5,810 — Metri quad. 13,100) All. M. 1 2 3 4 5 6 7 Formazione delle fossette intorno alle viti Nolo di una pompa per inalzare l’acqua dalla roggia Ghiringliella Per quintali 7. 50 di Solfo-carbonato di potassa . . . . Spese di trasporto pel Solfo-carbonato di potassa. . . Spese di trasporto per la tubatura, gentilmente pre- stata dai Municipi di Milano e di Monza Per secchielli, inaffiatoi ecc. Mano d’opera per l’applicazione del Solfo-carbonato. Totale L. 58. 10 20. 00 303. 50 18. 00 6. 25 46. 00 125. 72 577. 57 7 Riassunto delle spese sostenute in Agrate nell’inverno 1879-80 per le operazioni di scasso del terreno, estirpamento e distru- zione delle radici, ecc. ecc. All. N H J25 Q OS o 0 TITOLO IMPOSTO a D • £ 1 Scasso ed estirpazione delle viti nelle zone infette. . L. 2,559. 00 2 Agguagliamelo del terreno scassato 205. 00 3 Formazione e custodia delle carbonaie 53. 00 4 Trattamento col Solfuro di corbonio nel n. 103 di mappa per mano d’opera 10. 00 5 Mondatura, con guanti, delle viti nelle zone di sicurezza (1) 58. 00 6 Lavatura col solfo carbonato di potassio delle viti sud- dette per mano d’opera (2) 20. 00 7 Per Kil. 28 di solfuro di carbonio, consunto nel tratta- mento del giardino Fé 12. 60 Totale L. 2,917. 60 (1) La spesa per la mondatura delle viti del Vigneto D’Adda figura fra le spese colturali di quel vigneto. (2) L’ onor. ditta Candiani e Biffi di Milano donò alla delegazione governativa a titolo di saggio un Quintale di solfo-carb. dt potassa. — 99 ~ All. 0 DELEGAZIONE GOVERNATIVA FILLOSSERICA PER LA PROVINCIA DI MILANO r Direzione e sorveglianza dei lavori intrapresi contro la fillossera in Agrate Brianza (Circondario di Monza.) Dal 4 settembre all’ 8 ottobre 1879 Cittolini Luigi, delegato governativo fillosserico, sotto ispettore forestale. ^ Sorayia Roberto, ufficiale foresi deleg. fillosserico gov. ( Fantini Luigi, sotto ispettore forestale. Dall’ 8 ottobre 1879 in avanti Direttore Franceschini Felice Delegato Governativo fillosserico. Aiuto Guarinoni Giovanni, ufficiale forestale (dal 23 feb- braio al 26 aprile 1880.) Contabile Negri Luigi, segretario comunale di Agrate. ( Vergani Giovanni, nominato il 30 dicembre 1879. Guardie (1) • ( Giussani Giovanni, nominato il 30 dicembre 1879. Direttore, Coadiutori tl) Avanti la nomina di queste due guardie giurate, il servizio di sorveglianza fu prati cato da guardie di P. S. e da contadini. — 100 — Infezioni iillossericlie scoperte nel 1880 § 1. — 'Notizie intorno alle infezioni scoperte nel 1880. Centri infetti. Considerazioni. — Nessuno, per quanto poco pratico della questione fillosserica, poteva illudersi al punto da ritenere che, colle operazioni praticate per la distruzione della fillossera nei centri infetti scoperti nell’autunno del 1879, tutto fosse finito. Al contrario dominava in tutti il timore che, col ri- torno della bella stagione, si dovessero riconoscere ben più gravi, di quanto in prima non si fossero giudicate, le condizioni della viticoltura nazionale. Ed in seno alla Commissione consultiva per i provvedimenti da prendersi contro la fillossera, nell’adunanza del 24 gennaio u. s., S. E. il Ministro per l’agricoltura ricordava appunto che il paese viveva nel panico, e temeva che, ai cessare dell’ inverno, la infezione fillosserica potesse risorgere più vasta a minacciare la nostra importante produzione. Come si vedrà da quanto esporrò nella presente relazione, per la nostra provincia, le condizioni, fortunatamente, si riconobbero relativamente buone. Nuove infezioni si rinvennero, sì, ma ristrette, di lieve impor- tanza, cosicché, per la maggior parte, più che nuovi focolari, si possono chiamare esilissime scintille, che trascurate potevano però allargare l’incendio e rendere il male irreparabile. Infezione di Agrate. — Terminate le operazioni invernali nei centri infetti scoperti nel 1879, ad incominciare le nuove ispe- zioni, aspettai la stagione favorevole. Le ispezioni troppo precoci, primaverili, possono riuscire negative anche allorché la fillossera vi esista. Egli è che le nuove colonie possono tuttora essere sì povere di individui, da facilmente sfuggire alle osservazioni, così che in tal caso bisognerebbe rinnovarle ancora al principio della estate. — 101 — D’altra parte, siccome nel nostro clima, e nelle condizioni col- turali di Agrate, non v’è pericolo clie il male si allarghi tanto rapidamente, sia per la ristretta coltura della vite intorno ai vecchi centri, sia perchè è piuttosto tardivo lo sviluppo delle fillossere alate (da quanto si può argomentare dalla tardiva com- parsa delle ninfe), pensai di rimettere, col consenso del Mini- stero d’agricoltura, al giugno le prime ispezioni. Queste furono infatti iniziate TU giugno, nel vigneto d’Adda, come quello che per essersi già nel settembre riconosciuto infetto, ad onta dei trattamenti in esso praticati (sommersione e solfo carbonato di potassa, scasso ed estirpamento delle viti nelle due macchie), la- sciava sospettare la possibilità di rinvenirvi ancora il temuto insetto. Dopo poche ore di lavoro, si scoperse una vite avente un piccol gruppo di fillossere sulle radici del colletto. Il 12, m’im- battei in una seconda vite infetta; il 14, 15, 16 e 17 l’esplora- zione ebbe un risultato completamente negativo. Fino a tutto il 17, visto che le due viti infette appartenevano a due quadri, nei quali la sommersione era riuscita più che incompleta, mi era lusingato che nel resto del vigneto l’effetto dei trattamenti fosse riuscito radicale. Ma il 18 giugno questa speranza mi fu tolta dalla scoperta di altre due viti infette nel centro del vi- gneto. In seguito poi, il delegato signor Roberto Soravia (1), che il Ministero mandò ad Agrate per coadiuvarmi, ne scoprì altre due. Subito dopo l’ispezione del vigneto d’Adda, si intrapresero accurate esplorazioni nelle zone di sicurezza, ritenute maggior- mente esposte al pericolo; ed infatti il 26 giugno trova vasi una vite infetta in un angolo del giardino della nobile signora con- tessa Melzi Soragna. Nè le tristi scoperte si fermarono qui, che altre se ne fecero man mano che si allargò la prima ispezione, e dappoi ancora si accrebbe il numero con una esplorazione, pra- ticata in luglio ed agosto. (1) Il sig. Soravia arrivò ad Agrate il 21 giugno. — 102 — La tabella (allegato A) segna la data della scoperta dei centri fillosserati, trovati nel comune di Agrate e nei prossimi comuni di Pessano, Carugate, Gessate e Vimercate. Delle infezioni di questi comuni darò in seguito i particolari. Estensione dei diversi focolari scoperti in Agrate. — Trala- sciando di parlare qui del vigneto d’Adda, perchè è già nota che la sua superficie è di Pm. 16, osservo che solo i centri esi- stenti nel paese, o per essere più esatto dirò sul confine del- l’abitato, a nord del vigneto Fè, presentano una superficie re- lativamente importante. (N° 8 centri della misura complessiva di Pm. 3; 16 cui vanno unite Pm. 5, 23 di zona di sicurezza). Sono, salvo eccezioni, ortaglie, nelle quali la vite è coltivata senza molte cure, e, fra le varietà allevate, predomina l’ Isabella, come quella che dà un prodotto più abbondante. Dal prospetto allegato, (V. allegato B ), risulta però che il numero delle viti colpite dal flagello fillosserico è relativamente ristretto, confron- tato col numero delle viti sane che, per la loro vicinanza ai punti infetti, si dovettero necessariamente distruggere. Di tutte le infezioni di Agrate, sparse nella campagna, una sola è al nord dei grandi focolari deirabitato: quella del Villa Luigi, co- lono della casa Fè, nel n° 444 di mappa. L’altre sono ad est ed a sud-est. Ed in quest’ultima direzione sono anche le infezioni dei prossimi comuni di Pessano e Carugate. Causa a cui si attribuiscono le infezioni di Agrate scoperte nel 1880 - — Ho già espresso Fopinione, nella relazione intorno alle opera- zioni invernali, che l’infezione di A grate, ebbe principio nel vi- gneto Fè, e dissi che le scoperte fatte in seguito appoggiavano tale sospetto. Se ora si guarda l’allegato B , riesce evidentissimo e notevole il fatto che 14 dei 22 nuovi centri, appartengono alla casa Fè, 3 alla casa Melzi Soragna, 1 alla casa De Capitani d'Arzago, 1 alla casa Schira, 1 al sig. Ferrazzoli, 1 alla casa d’Adda ed 1 al sig. Gervasoni Martino. E, se si confronta la tabella colla carta topografica di Agrate, si è facilmente tentati di ammettere, come causa di infezione per tutti i centri esistenti nell’interno — 103 — del paese, l’allargamento naturale per mezzo delle alate. La teoria è certo comoda, ma, senza negare ogni importanza alle alate, anzi ammettendo il fatto per qualcuno dei centri, (come sarebbe per le infezioni De Capitani, Ferrazzoli, d’Adda e qualche altra), non trovo ragionevole accettarla per quasi tutti i centri Fè. Per ammetterla, dovrei prima spiegarmi la predilezione che le alate avrebbero avuta per le viti cresciute nei campi della casa Fè, dei quali alcuni sono a circa chilometri 1 e mezzo dal paese. Come dunque si spiega l’allargamento della infezione? Premetto che le viti, fuori dell’abitato, sono quasi esclusiva- mente coltivate intorno a speciali casotti, costrutti con paglia e mattoni, nei quali casotti i contadini usano passare quasi tutta la bella stagione, per occuparsi con maggiore comodità delle opere colturali e dei raccolti. Aggiungo che è uso, nei contratti colonici, obbligare i contadini a prestare la propria opera, con una prefissa modica mercede, pel lavoro dei terreni che i pro- prietari tengono ad economia. A parer mio, è più che probabile che i contadini della casa Fè, inscientemente, abbiano portato nei campi da essi coltivati le fillossere, in seguito ai lavori di vangatura, zappatura od altri, praticati nei giardini e nel vigneto della casa padronale. Zappe, vanghe e badili ! Ecco i veicoli di cui si è servita la fillossera per allargare il suo dominio. In tal caso si può ben dire che fu l’uomo stesso che l’ha forzata a nuove conquiste ! Venti dominanti. — In Francia, specialmente dopo le esperienze del Faucon e d’altri, si dà non piccola importanza al vento, come propagatore della infezione fillosserica. Non avendo in pro- posito alcuna mia esperienza od osservazione da riferire, al solo scopo di soddisfare ad un desiderio espressomi dal Ministero d’agricoltura, e per raccogliere dei dati che forse potranno gio- vare in seguito, allego alla presente relazione (Vedi allegato C) una tabella nella quale è registrata, giorno per giorno, la dire- zione del vento dai 1° aprile al 31 ottobre u. s. , notando ch& devo questi dati alla gentilezza dell’osservatore, il molto reve- rendo sac. prof. D. Achilie Varisco di Monza. — 104 — Infezione di Gessate. — Che l’u omo, scientemente od inscien- temente, sia il maggior colpevole nella diffusione della fillossera, fu già detto e ripetuto a sazietà. Ma poiché il pubblico, pur troppo, tratta con leggerezza questa questione, e non vuole per- suadersi del grave pericolo che si affronta, prendendo viti da paesi infetti, giova qui ricordare in modo speciale che anche la infezione di Gessate è figlia di quella del vigneto Fé di Agrate. Spiacemi dover sempre citare il nome della casa Fé, e certo deve spiacere immensamente anche al sig. Fé di vedere il pro- prio nome di continuo ripetuto da me in questo rapporto. Egli però sa che quanti lo conoscono punto non sospettano che abbia mai infranto i divieti dal Governo emanati, per tutelare il paese contro l’invasione della fillossera; così che in ogni modo nessuno può chiamare lo stesso sig. Fé responsabile di fatti compiuti a sua insaputa. Ho detto che l’infezione di Gessate è figlia di quella di Agrate. Infatti, la fillossera entrò nel giardino Fé, in Gessate, e da questo passò nel giardino della Casa comunale con barbatelle che l’a- gente di Agrate mandò al collega di Gessate, e che questi, in parte poi, donò al maestro, che ha in affitto il giardino della Casa comunale. Fortunatamente tale trasporto data solo dalla primavera 1879, ed il male, da quanto è lecito credere e spe- rare dopo l’ispezione praticata in tutto il territorio di Gessate, non pare siasi esteso fuori dei due giardini direttamente conta- giati colle piantine infette. Infezione di Carugate e di Pessano. — I risultati avutisi nella ispezione di Agrate, fattasi esplorando vite per vite, consiglia- rono di allargare l’ispezione ai comuni direttamente confinanti, e fu un’idea buona, perchè condusse alla scoperta di altri 7 pic- coli focolari, in prossimità della cascina Canepa, di proprietà del sig. Giuseppe Gargantini Piatti, nei comuni di Carugate e Pessano. Da varie notizie raccolte sul luogo dal delegato Soravia, si venne a conoscere come, in vicinanza delle scoperte infezioni, fosse stato impiantato or sono dieci anni un vigneto con viti di — 105 — qualità forestiera, ma che quel vigneto deperì rapidamente, cosi che, dopo qualche anno, si dovette abbandonarne la coltura ed estirparlo. Sentito in proposito il fattore di casa Gargantini, egli confermò la cosa, e disse che le viti impiantate furono acquistate da certo Pirola, ex giardiniere della stessa casa, ed in fine di- chiarava che qualche centinaio di viti, della medesima prove- nienza e qualità, furono anche impiantate nel giardino della casa padronale in Vimercate, e che anche là intristirono subito; ma siccome vi subentrò poi una sensibile mortalità, si dovettero sostituire le piante morte con altre del paese. Aggiunse che il deperimento delle viti nel giardino era anche oggidì gravissimo, e che andava estendendosi. Infezione di Vimercate. — Una visita, prontamente praticata nel giardino Gargantini in Vimercate, provò purtroppo che anche là esisteva la fillossera, precisamente nei vari posti dove dieci anni sono si collocavano le viti di provenienza eguale a quelle del vigneto della cascina Canepa (1). Ogni dubbio era scomparso. Le viti, che si dicevano acquistate dal Pirola, dovevano essere fillosserate. Ispezionate subito, le località prossime dapprima, ed in seguito tutte le campagne vitate del comune, si ebbe la for- tuna di verificare che la fillossera dal giardino Gargantini, di- sturbata nel suo movimento espansivo dai muri di cinta e da fabbricati d’ogni genere, non aveva allargato il suo dominio, se non leggermente, ed in due soli posti immediatamente attigui al giardino stesso, cioè, nel giardino del signor Antonio Casanova, e nel campo del conte signor Filippo Scotti, affittato al colono Francesco Pennati. Inchiesta sulle infezioni di C arugate, Pessano e Vimercate. — Nessuna dichiarazione poteva maggiormente dare a pensare alla Amministrazione governativa, quanto quella che le viti infette erano state acquistate già da una diecina d’anni da un orticul- tore, che, come era noto alla Delegazione, fece per vari anni parte di una ditta orticola importantissima di Milano. Intendo (1) Il numero dei centri infetti nel giardino Gargantini è di quattro. — 10G parlare della casa Gasparetti, Pirola e C. Era naturale il sospet- tare che, se le viti escivano dai vivai di un orticultore, molte altre infezioni si dovevano scoprire, aventi la stessa origine. Ep- però fu mia precipua cura di appurare il fatto, istituendo una inchiesta, che ebbe una riuscita completa e felice, non solo perchè risultò ben constatato il fatto dell’acquisto delle viti nel novem- bre 1870, come già aveva affermato il fattore di casa Gargan- tini e lo stesso proprietario, ma perchè provò che quelle viti infette il venditore (che fu certo Rosso orticultore e non il Pi- rola, la cui parte si limitò a servire di mediatore nei contratto) le fece appositamente venire da uno stabilimento orticolo della Francia meridionale e le passò immediatamente all’acquisitore. E inutile aggiungere che, nè verso i signori Rosso e Pirola, nè verso il signor Gargantini, era il caso di agire giudizialmente, perchè la importazione delle viti, datando dal 1870, non poteva cadere sotto il disposto di leggi pubblicate solo più tardi. Possibile relazione fra l’infezione della cascina Canepa e quella di Agrate. — Dopo la scoperta delle infezioni di Carugate e Pessano, e dopo che ebbi constatato che esse rimontavano all’au- tunno 1870, mi sono domandato se fosse mai possibile che la infe- zione di Agrate derivasse da quelle. Allo stato attuale delle cose, non è certo permesso di dare una risposta nè affermativa, nè ne- gativa. Ma, davanti alle continue proteste di non aver mai impor- tate viti dall’estero, e di non averne mai acquistate da orticultori, proteste fatte dai diversi proprietari di Agrate e loro agenti, e specialmente dal signor Angelo Porta, agente del signor Fè, e te- nendo calcolo della distanza relativamente breve (circa chil. 2,700) che corre tra la cascina Canepa ed il paese di Agrate, credo siavi motivo di sospettare una possibile relazione tra l’infezione di Agrate e quelle di Pessano e Carugate. Sistemi di coltivazione della vite nei luoghi colpiti dalla infe- zione e paesi circostanti. — Nel territorio di Agrate, la vite non è coltivata intensivamente che nei pochi orti o vigneti esistenti nell’interno del paese. Vari dei vigneti colpiti (Fè, D’Adda, Parroco) erano governati col sistema Guyot, più o meno modi- — 107 — ficato. Nel resto del territorio, avanti die comparisse l’oidio, la vite era coltivata in pressoché tutti i campi, lungo i filari dei gelsi, fra colture di frumento, grano turco , ravettone od altre ; oggidì è invece di molto ristretta, e va limitandosi, come ho già detto, a poche viti poste intorno alle capanne dei contadini, le quali Fune dall’altre distano di rado meno di 180 a 200 metri. All’epoca dell’ultima ispezione, si contarono complessivamente nel territorio di Agrate (avente una superficie di Pm. 7802,56) viti 18,961, e di queste 3,326 furono estirpate volontariamente dai proprietari e coloni nel decorso novembre, col permesso della autorità municipale^ ed in seguito ad avviso favorevole della Delegazione, che con apposita ispezione si assicurò nuovamente della loro sanità, (Vedasi Alleg. D). Nei circostanti comuni, compresi quelli di Carugate, Pessano e Vimercate, le condizioni di coltura sono pressoché eguali. Di veri vigneti ne esistono pochissimi, e devesi a questa condizione se la fillossera non si allargò maggiormente. A Gessate esistono invece molti vigneti, alcuni dei quali, per estensione, importantissimi. Sono in generale tenuti alla francese, con viti l’una dall’altra distanti da metri 1 a 1,50. Di frequente la coltura della vite, anche intensiva, è associata a quella del gelso o di alberi da frutto. Varietà dei vitigni. — Dovunque le vecchie qualità nostrali sono in abbandono. I contadini pei loro limitati impianti prefe- riscono la varietà americana Isabella. I proprietari danno la pre- ferenza alle varietà del Piemonte e della Francia. Stato delle viti riconosciate infette. — Salvo che per le viti di qualche centro, dove era manifesto il loro deperimento (centri Gargantini), per Fai tre l’aspetto esterno avrebbe facilmente in- gannato anche espertissimi viticultori. L’ispezione praticata alle radici dimostrò che, nel maggior numero dei casi, l’infezione era piuttosto recente, poiché le viti erano ancora dotate di moltissime capillari, nè la vegetazione aerea sembrava avesse ancora risen- tita la maligna influenza della fillossera. Al contrario il grave deperimento della pianta, osservata esternamente, era sempre — 108 — accompagnato da radici gravemente danneggiate dal parassita, prive di barbe, e spesso mezzo imputridite. In casi meno gravi, le radici erano coperte da rigonfiamenti appassiti ed anneriti, della precedente annata; spesso questi rigonfiamenti, benché pu- trefatti, erano soli a rappresentare le radichette; altre volte erano accompagnati da nuove barbe e da nuove nodosità. § 2. — Esplorazioni e delimitazione delle zone infette e delle zone di sicurezza. Esplorazioni. - Personale impiegato. — Le esplorazioni si ini- ziarono con pochi cóntadini, che già avevo sperimentati esperti in tal genere di lavoro, e che avevano avuto campo di imprati- chirsi, sia nel settembre 1879, sia nel marzo ultimo scorso, allor- ché durante lo scasso si scoprì l’infezione in una parte del giar- dino Fé. Dopo la scoperta di nuove infezioni, si poterono istruire altri contadini, e per tal modo aumentare il numero degli esplo- ratori. Controlli. — Gli esploratori, divisi in squadriglie più o meno numerose (salvo rare eccezioni, non più di otto per squadriglia) erano diretti da un Delegato e da un capo-squadra. Sì l’uno che Taltro, di tratto in tratto, controllavano le osservazioni degli esplo- ratori, facendosi dare qualche radice, e visitando i ceppi dai quali queste venivano tolte. Come furono eseguite le esplorazioni. — In territorio di Agrate, c per qualche chilometro intorno ai centri infetti di Pessano e Carugate, le viti furono visitate due volte, una per una. Anzi in qualche località, che per la prossimità a centri infetti era in maggior pericolo, si fecero tre ispezioni. Una esplorazione, egual- mente rigorosa, fu praticata intorno ai centri di Gessate e Vi- mercate. L’ispezione fu in seguito estesa a molti altri comuni, prossimi ai centri infetti, ma limitando l’osservazione ad una parte delle viti. Questa però non si abbassò mai al disotto di una pianta ogni sei; si incominciava dall’esame saltuario di una — 109 — pianta ogni due, per passare a quello di una ogni tre, ogni quattro, ecc., e così fino a giungere, allorché il risultato, mante- nendosi buono, conduceva a maggiore sicurezza, ad una vite ogni sei. Secondo le istruzioni diramate dal Ministero, si curava anche che, nei filari paralleli, le esplorazioni fossero intercalate in modo che la vite esplorata dovesse corrispondere a quella non visitata, od alla mediana fra le non ispezionate del filare pre- cedente. Prima di procedere alla esplorazione in un comune, i Delegati trovarono conveniente di prevenire il sindaco, e di prendere a guida, nelle ispezioni, il cursore comunale o qualche guardia campestre. Negli ufiìci muniti di mappa catastale talvolta riuscì anche utile di prelevare un lucido dello schizzo in scala di Vsooo» (che serve alla connessione dei vari fogli) per saper dividere e calcolare approssimativamente il lavoro da eseguire. Esplorazione sommaria. — Il sistema di ispezione sopra de- scritto fu sensibilmente modificato per Tesplorazione sommaria, che, secondo i desideri manifestatimi dall’illustr. comm. Miraglia, fu intrapresa il 20 settembre e terminata agli ultimi giorni di novembre. Questa speciale esplorazione, destinata a riconoscere lo stato dei vigneti della provincia di Milano, fu affidata ai de- legati coadiutori Vecellio e Morocutti, accompagnati ognuno da un operaio esploratore (1). Era loro missione di visitare due estese zone, dal più al meno vitate, servendosi come guida delle risposte date dai comuni ad una circolare che la Prefettura diramò dietro istanza della spe- ciale Commissione riunitasi per ordine ministeriale in Milano il 29 maggio ultimo scorso. Le esplorazioni furono necessariamente ristrette a poche piante per cadauna località di campagna vitata, vigneto o giardino, in modo da poter giudicare in breve tempo dello stato dei vigneti del Milanese rapporto ali’ infezione fillos- (1) Siccome tal genere di esplorazione obbliga il delegato a fare spesso uso della carrozza, così un numero maggiore di esploratori riuscirebbe di incaglio invece che di utile. — 110 serica. Qualora poi si fossero incontrati, come avvenne in fatto, vigneti o giardini che la voce pubblica additava come sospetti per recenti impianti con viti estere, Y ispezione doveva farsi, e fu fatta, in modo rigorosissimo. Estensione esplorata sommariamente. — In due mesi, colla spesa di poco più che L. 2600, vennero sommariamente esplorati circa chil. quadr. 490, divisi in due zone, cioè: la Tutto il territorio chiuso fra il Ticino ed il confine della provincia di Como, a nord di Busto Arsizio, esclusi alcuni co- muni sulla sinistra dell’Olona (Cislago, Rescalda, Gerenzano, ecc.); superficie circa 285 chil. quadr.; 2a A nord del Naviglio della Martesana, tutto il territorio limitato a levante dal fiume Adda, a notte dal confine della provincia di Como, a ponente dal fiume Lambro fino a Monza e superiormente dai comuni compresi fra il Reai Parco ed il paese di Paina, sulla strada provinciale per Erba, esclusi però sei comuni del circondario di Monza e quattro del circondario di Milano, che furono esplorati col metodo ordinario. Superficie chil. quadr. 205. Totale superficie esplorata sommariamente: chil. quadr. 490. A questi sono da aggiungersi circa chil. quadr. 60, esplorati con maggior rigore, coi metodi ordinari. Precauzioni. — Gli esploratori, avanti di passare da una in altra proprietà, o benanco da una in altra campagna del mede- simo proprietario, avevano severo ordine di ripulire le zappe e le calzature, nonché di scuotere i propri abiti. La pulizia era poi sempre portata al massimo possibile allorché gli esploratori escivano da un posto infetto. In tal caso la disinfezione delle zappe bidenti, usate per scalzare le piante e mettere allo scoperto le radici, e quella di ogni altro arnese adoperato, come coltelli, fal- cetti, ecc., venivano praticate, oltre che colla ripulitura a secco o con lavature, anche col fuoco, passando replicatamente tutti gli attrezzi sulla fiamma. Estensione esplorata rigorosamente. — Chiamo esplorazione rigo- rosa, per distinguerla da quella sommaria, l’esplorazione praticata sia vite per vite (come si è fatto nel comune di Agrate ed in- — Ili — torno ai centri infetti di Carugate, Pessano, Vimercate e Ges- sate); sia quella fattasi saltuariamente visitando; come ho già detto; non meno di una vite ogni sei. L 7 estensione visitata in tal modo è di c'hil. quadr. 60 circa, e comprende i comuni di Agrate, Ornate, Carugate, Caponago, Concorezzo, Vimercate, Pessano, Bornago, Gessate e Basiano. La spesa, verificatasi per questa ispezione rigorosa, che in più posti, e segnatamente nel comune di Agrate (avente una superficie di chil. 7,800) fu anche replicata, ascese a circa L. 2336, esclusa l’indennità ai delegati che si può calcolare a circa L. 1500. Esplorazioni straordinarie. — Per cura della Delegazione , furono ispezionate altre località, oltre quelle diggià accennate. Queste ispezioni straordinarie furono motivate da sospetti di varia natura, come è qui sotto esposto : la In territorio di Busserò (27 luglio), alle viti dei coloni Gervasoni e Giussani, che nel 1876 esportarono delle viti da Agrate, e precisamente dagli orti Fè. Nessun indizio di infezione; 2a In territorio di Cesano Maderno (28 luglio) nel giardino del reverendo sacerdote don Quirino Bonghi, già investito della cappellania D’Adda, e che ritenevasi avesse dall’orto di quella esportate delle viti. Le viti visitate col massimo rigore furono riconosciute sane. Credeva egli potere asserire che, quando lasciò Agrate, non esisteva la fillossera nell’orto della cappellania, appog- giando l’asserzione al fatto che esso allora regalò molte viti ad un contadino, certo Passoni, e che questi le ha tuttora esenti da fillossera ; 3a In territorio di Magenta (30 luglio) al vigneto del signor Beretta Enrico, segnalatomi come sospetto, per manifesto depe- rimento. Questo riconobbi che doveva attribuirsi, non già ad infe- zione fillosserica, ma bensì a non conveniente coltura ; 4a In territorio di Cassinetta di Lugagnano (30 luglio) al vigneto del nobile don Gaetano Calderari, pure in grave deperi- mento, per coltura trascurata e presenza di rogna ; 5a A Copreno, frazione di Lentate (15 settembre) sulle viti esistenti nei fondi della casa Fè. Risultato negativo; — 112 — 6a In Monza (21 luglio) nel giardino del signor Camperio, alla Santa. Viti deperite a causa della cattiva esposizione e del terreno aridissimo ; 7a In Monza nel giardino del signor Fossati viti gravemente danneggiate dalla peronospora viticola (21 settembre 1880); 8a In Morimondo, circondario di Abbiategrasso (27 settembre) alle viti dei giardini ed orti vitati della nominata casa Fè, dove si trovarono bensì poche viti provenienti da Gessate, fra molte altre vecchie del paese, ma che fortunatamente si riconobbero sane ; 9a In Pioltello (9 novembre) nella proprietà Bosotti, alle viti provenienti dall’orto D’Adda di Agrate, ed ivi trasportate or sono 5 a 6 anni. Risultato negativo; 10a In territorio di Castelianza, frazione Buon Gesù, di pro- prietà del barone Eugenio Cantoni (7 novembre), a viti che la voce pubblica dice siano state importate dalla Francia in questi ultimi anni. Nessun indizio di infezione ; lla Alla cascina Cascinetta , nel riparto IV di Milano (19 ot- tobre). Viti gravemente deperite a causa della rogna. Per quanto concerne la fillossera, tutte queste ispezioni straor- dinarie ebbero così un risultato negativo. Ma giova notare che fu in seguito ad una ispezione di questo genere, fondata sopra un sospettato possibile trasporto di viti da una ad altra proprietà, che si scoprì la infezione di Gessate. Delimitazione della zona infetta e della zona di sicurezza . — Speciali istruzioni ricevette la Delegazione, in data 3 giugno anno corrente, dal Ministero, sul modo di determinare le zone infette e le zone di sicurezza (1). La Delegazione seguì stretta- mente le istruzioni ministeriali per la parte riguardante la deli- mitazione delle zone infette, nè trascurò mai di segnare le viti riconosciute fillosserate. Quanto alla delimitazione della zona di sicurezza, col consenso del Ministero, la Delegazione si allontanò talvolta da quanto è stabilito nelle accennate Istruzioni 3 giugno 1880, sia per al- ti) Veggasi Bollettino di notizie agrarie , Anno li, N. 29, giugno 1880. — 113 — largare oltre il normale (metri 10 di spessore intorno alla zona infetta) la zona di sicurezza , sia anche per ridurla quando da condizioni speciali era ciò richiesto. In simili casi la Delegazione, più che ad altro, guardò alle condizioni di coltura circostanti, ed alla topografia del sito. Un muro di cinta od una roggia, se al di là per esempio, avvi una strada od una prateria, oppure un fabbricato, possono benissimo consigliare di restringere la zona di sicurezza od anche da soli delimitare la zona infetta, sopprimendo totalmente quella di si- curezza. Al contrario, la zona di sicurezza fu aumentata allorché, per la vicinanza d’ altre viti coltivate dai medesimi contadini che possedevano le infette, vi era maggior pericolo di diffusione del male. Siccome vari dei siti fillosserati racchiudevano nel loro peri- metro capanne e stalle, così necessariamente, in simili casi, si dovettero sequestrare i concimi raccolti intorno alle medesime. Fu però permesso di utilizzarli nelle zone infette e di sicurezza. Osservazioni in merito alV applicazione delle istruzioni 3 giugno 1880. — Credo che sarebbe conveniente di modificare la di- citura dell’ articolo 3° « Determinazione della zona di sicurezza » nel modo seguente : « Intorno alla zona infetta, si fissa, seguendo « la stessa figura, uno spazio di terreno che in casi normali non « sarà minore di 10 metri di spessore. È questa la zona di sicu- « rezza. E però lasciato al criterio del delegato di aumentare « o diminuire l’estensione della zona di sicurezza, in rapporto « alle condizioni locali. » Avviene spesso che dei gruppi di viti sane, siano lontani 20, 30 o più metri, dal gruppo di viti infette. In simili casi, il de- legato, o deve assoggettare a sequestro una estensione di terreno relativamente troppo grande, sotto il titolo di zona di sicurezza, allo scopo di comprendere nella distruzione anche quelle viti, oppure deve rinunziarvi e non occuparsi di loro, abbenchè fac- ciano parte del terreno lavorato dall’istesso colono, e che perciò con maggiore facilità possono ricevere Tinfezione, o magari anche nasconderla diggià sulle radici più profonde di quelle che l’esplo- ratore può vedere. 8 — 114 A levare questo inconveniente, potrebbesi stabilire cbe anche sui punti citati, divisi dal centro infetto e dalla immediata zona di sicurezza, mediante colture intercalari, praterie, frumento, grano turco, ecc. il delegato può estendere l’opera di distruzione e di sequestro, classificandoli come zone di sicurezza staccate. Suggerisco questa misura specialmente in seguito a quanto si verificò nel n. 100 di mappa del comune di Carugate. § 3. — Operazioni eseguite per la distruzione della fillossera. Preliminari. — Man mano che si scoprirono dei centri fillos- serati, si diede pronto avviso sia al Ministero, sia alla locale Prefettura o Sotto-Prefettura, e poiché il perito era giàv nominato nella persona deir egregio signor ingegnere Michele Maggi, a questo pure veniva mandato espresso avviso direttamente dalla Delegazione, onde subito potesse recarsi sui posto per fare i rilievi stabiliti dalla legge 3 aprile 1879. Nel telegramma, che annunziava la scoperta di un centro in- fetto al Ministero d’ agricoltura , venivano brevemente riassunti tutti i dati necessari perchè questo, senza perdita di tempo, potesse emettere il relativo decreto di distruzione. Per tal modo, fra la scoperta di un centro infetto, la sua perizia, e le operazioni di distruzione, passavano d’ ordinario solamente da due a quattro giorni. Forse la Delegazione dava uno strappo alla legalità, non aspettando che, per le vie d’ufficio, venisse ricapitato ad essa ed al proprietario il Decreto di distru- zione (che giungeva magari 15 giorni dopo emesso), ma tali strappi alla legalità erano imposti dalla istessa pubblica opinione, che in ciò assecondava perfettamente i desideri della Delegazione che sono pure quelli di quanti conoscono la vita del malefico afide. Vi è un’epoca dell’anno, in cui ogni ritardo, anche piccolo, può riuscire dannosissimo. Alludo ai mesi di estate, quando già — 115 — l’esploratore vede le radici infette coperte da ninfe, prossime a mettere le ali ed a volare sulle piante prossime, magari ancora sane, per fondarvi nuove colonie. Taglio ed abbruciamento delle viti. — La prima operazione di distruzione consiste nel tagliare tutte le viti al piede, a circa 10 centimetri sopra il suolo. La parte aerea delle piante, tralci e fronde, assieme ai sostegni o tutori, e magari anche ad altri generi di vegetali esistenti sul terreno fillosserato (quali sono : pomidoro, fagioli, grano turco, ecc.)', viene abbruciata col sistema del rogo, se si è in aperta campagna, oppure entro carbonaie, se la prossimità di casupole, fienili, stalle od altro fabbricato facil- mente incendiabile consiglia questo secondo metodo. Allorché si usano le carbonaie, conviene spesso di attendere a dare il fuoco alle stesse, che prima siano terminate le iniezioni nel terreno col solfuro di carbonio, perchè il fuoco, che nelle carbonaie si man- tiene talvolta per molti giorni, potrebbe, incendiando il solfuro, mettere in pericolo gli operatori, I ceppi, secondo le istruzioni ministeriali, vengono imbiancati con latte di calce, onde impedire che le fillossere vi si arram- pichino. L’osservazione, avendomi però provato che dopo breve tempo, all’ aria, la calce trasformandosi in carbonato è affatto innocua agii insetti, domandai al Ministero che volesse permet- tere di sostituirla con qualche altro prodotto economico ed efficace, suggerendo il petrolio e gli olii pesanti di catrame. Il Ministero acconsentì che si esperimentino questi ultimi, ciò che farò nel prossimo anno dato che, come pur troppo è presumibile, si tro- vino nuovi centri intorno alle maggiori infezioni. Iniezioni col solfuro di carbonio. — Il trattamento col solfuro di carbonio, nei centri infetti, e nelle relative zone distrutte per sicurezza, si praticò in due volte. Una prima applicazione la si fece subito dopo il taglio della vegetazione aerea; l’altra circa cinque giorni dopo (1). Le iniezioni non si praticano mai a ca- (1) Dapprincipio la distanza fra il primo ed il secondo trattamento fu spesso molto maggiore a causa di ritardi nelle spedizioni del solfuro, ritardi non imputabili alla amministrazione governativa. — 116 — * saccio, ma bensì sopra schemi preparati in modo (vedi Alle- gato E) da ripartire nel terreno il solfuro colla maggiore possi- bile regolarità, così che le radici delle viti possano in egual grado sentirne Feffetto. I fori nel terreno, per le iniezioni, vennero d’ordinario pre- parati coll’uso di un avampalo di ferro, e 1’ iniezione fu sempre praticata col palo o pompa Gastine. Esperimentai anche Fuso di un Déverseur di Calvet , gentilmente prestatomi dall’illustre com- mendatore Gaetano Cantoni, ma subito riconobbi che, oltre ad essere di maneggio incomodo, richiedeva un tempo maggiore per effettuare il trattamento. Per ogni metro quadrato di terreno, si impiegarono in media grammi 140 di solfuro di carbonio, ripartiti in due iniezióni di circa grammi 70 cadauna. Complessivamente la Delegazione, nel corrente anno, impiegò quintali 40,41 (1) di solfuro di carbonio, compreso le perdite naturali per evaporazione, e trattò una superficie di metri qua- drati 28000 notando però, come vedesi nell’ Allegato F che in alcuni punti, essendosi riconosciuta Y esistenza di qualche fillos- sera viva, ancora dopo il secondo trattamento, vi si fece una terza iniezione. Osservazioni sugli effetti 'prodotti dal solfuro di carbonio. — La Delegazione non ha intrapreso alcun esperimento sulla diffusione del solfuro di carbonio nel terreno, perchè esperimenti di tale natura non hanno un serio valore, se non quando sono praticati con un appropriato materiale che ad Agrate manca compieta- mente. La bella memoria del prof. Kónig (2) e le interessanti esperienze praticate dai signori Freda e Macagno a Riesi (3), giustificano, ritengo, questa mia opinione. Ciò che non fu fatto (1) In questa cifra entrano chilogrammi 32 di solfuro consunti avanti il 1° giugno nel trattamento del 'giardino Fé e precisamentè all’ epoca dello scasso. (2) Konig. Mezzi per studiare la diffusione del solfuro di carbonio nel terreno. (3) Freda e Macagno. Esperienze sulla diffusione del solfuro di carbonio. Annali di Agricoltura , 1880, N. 28. — 117 — finora può farsi in seguito , ed io spero che il Ministero vorrà ordinare studi d’eguale natura anche a questa Delegazione, onde poter basare i trattamenti e la posatura del solfuro da applicarsi, sopra dati positivi. Non mancai però, con replicate visite ai centri infetti di assi- curarmi degli effetti ottenuti coi trattamenti di solfuro di carbonio, e ben posso ripetere qui, quando già ebbi l’occasione di scrivere piu volte al Ministero di agricoltura , che cioè 1’ efficacia del- l’insetticida fu grandissima, ottima, sorprendente. Solo in qualche posto, pochi di fronte al numero ed alla estensione dei centri trattati, si dovette ricorrere ad una terza iniezione ; ma conviene che io noti qui che, per questi parziali insuccessi, fui indotto a sospettare l’esistenza di altre cause, quali sono: la La possibilità che qualche operaio abbia lavorato col palo Oastine vuoto (1) ; 2a La possibilità che, in seguito alle replicate zappature fatte intorno alle piante infette (per mostrare radici con nodosità e fillossere vive alle molte persone, che d’ ogni regione d’Italia vennero a visitare i centri di A grate), alcune fillossere siano rimaste sopra il suolo , e per tal modo siano sfuggite all’ azione del solfuro di carbonio. Dopo la terza applicazione di solfuro, l’effetto fu completo, e non si trovarono più fillossere vive. Influenza del solfuro sulle piante. — L’applicazione del solfuro di carbonio, colla dose elevata da noi usata, causa una momen- tanea fermata nella vegetazione; questa è più o meno sensibile nelle diverse specie di vegetali. Soffrono sensibilmente i peschi, dei quali anzi vari perirono; i gelsi pure danno evidenti segni di sofferenza, ma molti ripigliano presto le condizioni normali di vegetazione. Le viti mostrano molta resistenza, e ne do una prova, accen- nando che, benché tagliate al piede e trattate coll’insetticida, in (1) Si potrà impedire la ripetizione di tale inconveniente, obbligando gli operai a non vuotare mai completamente il palo Gastine. — 118 — una stagione aridissima, delle 5700 viti esistenti nel vigneto D’ Adda, ne morirono appena 1563, così che fui costretto per le rimanenti di replicare l’ispezione sul finire dell’agosto e di farle di nuovo sfrondare. Personale impiegato . — Le operazioni di distruzione furono praticate dal medesimo personale che eseguì le esplorazioni. Spesso anche fu utilizzata l’opera delle guardie per sorvegliare gli operai ed anche per lavori manuali. Le operazioni si fecero sempre sotto la direzione di un delegato fillosserico. Spese fatte per le operazioni . — Le spese, come risulta dall’al- legato H , non fu possibile tenerle distinte per le operazioni ine- renti alle infezioni scoperte nel 1879 dalle altre del 1880, a motivo che molti pagamenti postumi avrebbero dati delle risultanze non conformi alla vera situazione delle spese. Riassumendo invece le erogazioni per le due campagne fillosseriche 1879-80, e tenendo conto di alcune spese che tuttora sono da pagarsi, è stata possibile ottenere una cifra approssimativa che valga a rap- presentare il dispendio a cui ha dato luogo la distruzione compiuta. Indennità ai proprietari. — Finora non conosco la cifra precisa cui ascendono le indennità da pagarsi ai proprietari e coloni. Ritenga che sarà poco importante, a^uto riguardo alla ristretta superfìcie dei centri riconosciuti infetti nel 1880. E solo risulterà un poco aggravata dalla indennità dovuta alla nobile casa D’ Adda per la distruzione del suo vigneto, che fu anche molto danneggiato dalla sommersione. Criteri prevalsi nel fissare le indennità per le distruzioni operate nelle zone di sicurezza e nelle zone infette. — Nel fissare le in- dennità, per le distruzioni operate nelle zone di sicurezza, si è tenuto calcolo non solo dello stato delle viti (età, robustezza, ecc.), ma anche della loro maggiore o minore vicinanza alle piante infette, al grado di intensità del male nel centro fillosserato, ed infine si è tenuto calcolo di tutte quelle cause che eventualmente potevano influire a produrre un allargamento più o meno rapido delia infezione. — 119 — Il deperimento manifesto delle viti in alcuni centri fillosserati, che si ha motivo per ritenere recenti, permise di giudicare che debole è il grado di resistenza che le viti di Agrate presentano agli attacchi del parassita. Perciò, solo in via eccezionale per qualche vite da pergola, robustissima e coltivata nel terreno compattissimo dei cortili, dove è meno facile il progresso del triste insetto, la Delegazione accordò un compenso equivalente a due e fino a tre raccolti normali, ammettendo per tal modo che tali viti, ancor oggi sane, avrebbero vissuto fruttifere, ma con un frutto ogni anno minore, da 4 a 5 anni. Così due raccolti normali equivarrebbero: ad 1 raccolto normale per 1° anno, I{2 raccolto pel 2° anno, 1{4 di raccolto pel 3° anno, 1|4 di raccolto complessivamente pel tempo che ancora potrebbe la pianta vivere dopo il terzo anno. Per le zone infette provvede la legge 3 aprile 1879, accordando solo il raccolto dell’ annata in corso. In via eccezionale però, usando delle istruzioni ricevute dal Ministero , accordai per viti poco infette, di portamento robustissimo, quali appunto le viti di pergola, un compenso da un raccolto e mezzo a due. Per le piante fruttifere d’ogni genere, fu capitalizzata la loro rendita, fatte le opportune deduzioni per deperimento, mortalità naturale, ecc., come è uso. Degli altri vegetali annuali, granturco, frumento, legumi, ecc., fu compensato il valore del prodotto distrutto. I pali o tutori si valutarono al prezzo della legna da fuoco, e nessun compenso fu accordato pel filo di ferro od altri sostegni metallici, che la Delegazione restituì ai proprietari, previa una accurata disinfezione praticatasi colla immersione per vari minuti entro acqua bollente. Le indennità, così valutate, sembrami che raggiungono comple- tamente lo scopo per cui sono stabilite dalla legge: quello cioè di compensare i proprietari del danno che loro si arreca privan- 120 — doli, prima del tempo, di un reddito che naturalmente non per- derebbero che più tardi, in seguito al progresso delia infezione, e ciò allo scopo di tutelare l’interesse pubblico. Nè, pel modo con cui è la indennità valutata, potrà mai essere questa di incentivo ai proprietari o coloni d’infettare appositamente e criminosamente i propri fondi ; tanto più che le noie, inerenti al sequestro dei centri infetti e delle relative zone di sicurezza, devono realmente riuscir loro moleste. Anzi, è appunto per sottrarsi a queste noie, dalla indennità non compensate, che molti in Agrate estirpano volontariamente le viti. Data della, sospensione delle operazioni estive ed autunnali. — Col giorno 19 di settembre si chiuse Y esplorazione dei comuni circostanti ad Agrate, e di conseguenza la serie delle operazioni estive, di distruzione, reclamata dalla scoperta della fillossera nei diversi posti già indicati. Tuttavia qualche ispezione ai centri in- fetti, od a località sospette, fu praticata anche dopo il settembre. La scoperta della infezione nell’orto D’Adda avvenne il 6 ottobre, in seguito ad una ispezione reclamata dall’agente signor Colnago, che intendeva estirpare alcuni filari di viti. Ed ispezioni di questa natura si fecero, sopra istanza dei sindaci di Agrate, Gessate, Vi- mercate, Carugate, ecc. anche durante tutto il mese di novembre. Vitigni e fillossera. — Fra le diverse varietà di viti, coltivate nei comuni fillosserati, non può la Delegazione segnalarne alcuna che sia risultata, anche solo apparentemente, resistente alla fillos- sera. Ritengo, come ebbi già occasione di dire in questo rapporto, che le viti da pergola, pel forte sviluppo delle radici, possono resi- stere qualche anno di più delle viti in altro mooo governate. Spesso poi la maggiore resistenza delle viti a pergola è aumentata dal compatto terreno dei cortili, nei quali sono piantate. Queste con- dizioni però non possono che prolungare di qualche anno la vita, e direi quasi l’agonia delle piante attaccate dal parassita, non mai, a mio giudizio, sottrarle alla conseguenza ultima della infezione, la morte. 121 — §4, — Operazioni invernali e possibili provvedimenti per impedire la costituzione di nuovi focolari. Operazioni da eseguire nella stagione invernale nei centri distrutti . — - A complemento delle operazioni già praticate nei centri di- strutti, intendo di parlare di quelli del 1880, necessita ora di ef- fettuare l’estirpamento delle radici, mediante lo scasso, come si fece per le infezioni scoperte nel settembre del 1879. Siccome non tutto il terreno posto sotto sequestro dalla Delegazione è inquinato dalle radici delle viti, così approssimativamente si può calcolare che la superficie da scassare risulterà di circa metri quadrati 31000, compresi metri quadrati 16000 del vigneto D’Adda, triste eredità ricevuta dal 1879. La spesa, calcolandola sulle operazioni di egual genere praticate in febbraio e marzo u. s., credo che potrà ascen- dere a circa L. 7900. (Veggasi l’Alleg. G). Nei terreni già scassati, nella decorsa annata, converrà passare alla distruzione, col fuoco, dei steli e delle radici di granoturco, che i proprietari o coltivatori dovettero, come fu loro imposto nel permesso di coltura, lasciare sul sito. Però ritengo che senza incon- venienti, si potrebbe permettere ai coltivatori di ridurre sin le radici delle canne a concime, coll’obbligo di prepararlo e consu- marlo sul terreno già dichiarato infetto, e non mai esportarlo. Sia la prepazione del concime, sia la stessa concimazione dovrebbero effettuarsi colle necessarie precauzioni, e sotto la sorveglianza del personale della Delegazione. Estensione del male ed opinioni intorno ai metodi seguiti o da seguire per combatterlo . — Si è già visto che, per quanto è noto, allo stato attuale delle esplorazioni, il male è confinato in pochi comuni, e che fortunatamente in uno solo, e precisamente nel paese d’ Agrate, esistono focolari importanti. Le operazioni radicalissime di distruzione, ordinate dal Mini- stero di agricoltura, ed accuratamente eseguite da questa Dele- - 122 — gazione , sia a chi scrive , sia a molti studiosi della grave que- stione fillosserica'*, sembrano le sole che possono realmente giovare alhinteresse della viticoltura. Godo di aggiungere che il pubblico, come è noto , non troppo facile ad accettare 1’ opera governa- tiva, anche quando è benefica, in questa materia, col mezzo dei propri organi, la stampa, riconosce e loda gli energici mezzi usati, ed in questi confida per ripristinare l’incolumità del territorio na- zionale. E di questa opinione si mostrarono anche gli agricoltori italiani riuniti in Cremona nel decorso settembre, approvando vari ordini del giorno, che sono un eloquente voto di fiducia nel Mini- stero deir agricoltura, voto di cui certo l’autorità vorrà tener calcolo. Passando dalle generalità ai particolari , sento il dovere di esporre qui francamente la mia opinione sulle operazioni che credo necessarie per raggiungere lo scopo prefissoci, cioè l’estinzione della infezione nella provincia di Milano. Avanti tutto, come ho detto, ritengo conveniente di perseverare nel metodo della completa distruzione delle viti o dei vigneti in- fetti, col taglio, col solfuro di carbonio e coll’estirpamento accurato e completo delle radichette, mediante lo scasso del terreno. Poi credo che sarebbe utilissimo , di ordinare lo sradicamento di quante viti esistono tuttora nel paese di Agrate, intendo nell’abitato, centro dell’ infezione, e di incoraggiare l’ estirpazione volontaria delle viti in tutto il resto del comune, offrendo ai proprietari delle viti (e proprietari delle viti sono d’ordinario i coloni) un piccolo premio. Queste misure dovrebbero completarsi con una legge che proi- bisse d’impiantare nuove viti nei comuni infetti, fino a che si fosse persuasi che la fillossera è totalmente scomparsa. L’esplorazione rigorosa, nei comuni fillosserati e nei circostanti, dovrebbe essere praticata non prima del giugno 1881, e replicata nei mesi di agosto e settembre. Soprattutto sarebbe necessario sor- vegliare attentamente le viti esistenti intorno ai centri fillosserati, e quelle che appartengono ai coltivatori che hanno la disgrazia di possedere qualche campo infetto. — 123 — L’esplorazione sommaria dovrebbe essere estesa a tutto il rirna- nente territorio della provincia di Milano, e specialmente alle zone dove la coltura asciutta lascia maggior posto alla vite. In appoggio alla proposta di estirpare tutte le viti esistenti nel paese di Agrate, e di facilitare l’ estirpamento delle altre sparse per la campagna, credo utile di unire a questo rapporto l’elenco delle viti esistenti in tutto il comune. (Vedi Allegato D). Pure accordando la maggiore fiducia all’opera benefica del sol- furo di carbonio, ed io in questo insetticida l’ho completa, non è possibile di ritenere che, allo stato attuale delle cose, qua e là, specialmente nell’interno del comune di Agrate, non debbano ricomparire nuove infezioni. In tal caso le ispezioni e le opere di distruzione, a conti finiti, costeranno di certo molto di più di quanto si potrà spendere colla immediata distruzione delle viti, nei posti più minacciati , e favorendo 1’ estirpamento volontario delle viti medesime. A me sembra che, dal momento che le condizioni dell’agricoltura, nel paese fillosserato di Agrate, ne permettono 1’ applicazione, non sia da trascurarsi quel potente mezzo che è la fame. Opposizioni e concorso trovato da parte dei privati. — Durante il corso de’ suoi lavori, la Delegazione non incontrò mai vere opposizioni. Tutto al più si ebbero talvolta rimostranze, fatte in forma piuttosto ragionevole, da parte di qualche contadino sospettoso, a cui sembrava che già, all’ atto delle operazioni di distruzione, si dovessero pagare i compensi. Non posso, però, su questo punto tacere, che un po’ di celerità nel liquidare i danni e pagare le indennità sarebbe una cosa ottima. Allo scopo di im- pedire che avvengano ritardi, che potrebbero nuocere al buon andamento delle operazioni ed al buon accordo tra 1’ amministra- zione governativa ed i privati, sarebbe forse necessario che il Governo stabilisse un termine, entro il quale il perito, od i periti, dovessero presentare i propri lavori. In generale, mi compiaccio di notare che i signori proprietari e loro agenti, non solo rispettarono sempre le disposizioni date dalla Delegazione, ma anche cercarono di facilitare col loro concorso la — 124 — missione dei delegati. Il signor Gaetano Colnago merita d’essere in special modo notato, oltre che per le gentilezze usate alla Dele- gazione, anche per aver prestato Y opera sua intelligente nella direzione dei lavori colturali del vigneto D’Adda. Nè posso chiudere quest’ ultima pagina del mio rapporto, senza tributare una parola di meritato elogio anche ai colleghi e subor- dinati, che con rara premura e molta intelligenza ed assiduità mi coadiuvarono, e resero così meno difficile l’onorevole incarico affi- datomi dal Ministero. Milano, 15 dicembre 1880. Felice Franceschini Delegato governativo per la fillossera. ALLEGATI A — Infezione fillosserica ecc. Elenco dei centri scoperti e trattati nel 1880. B — Centri fillosserici di Agrate. Prospetto dimostrante il grado di infezione nei singoli centri. C — Direzione dei venti dal 1° aprile al 31 ottobre del 1880. D — Quadro delle viti esistenti nel territorio di Agrate. E — Tavole degli schèmi delle perforazioni ed iniezioni. F — Trattamenti col solfuro di carbonio praticati nel 1880. G — • Preventivo per le operazioni invernali nei centri infetti. H — Spese per le operazioni di distruzione, esplorazioni, sorveglianza, amministrazione ecc. sostenute dall’epoca della scoperta della fillossera al 31 dicembre 1880. I — Personale della Delegazione. — 126 — o <3 u £5 a g3 m o et m o .gi r» (1) Il Ministero non fu in grado di verificare l’esattezza delle estensioni delle zone infette e di sicurezza, non essendo ancora in possesso delle relativo nerlzio. Segne All. — 127 — ’ia J CM i rH rH tH rH t t- Hf( •HtH • * •un •o o o o IO t-H OD o IO IO rH t-H ci © d HH 25 a 03 d HH .1^ 5*. 02 > ai F> ^5 o # hJ a> 2 Oj ^ O c3 O Sd .6 g S "n 0 Ib d d d rs A « ^ ]S ’bb -2 "o CO 03 o o o 13 CM Ol CN CN bb • A 03 03 • ’ 55 g m O A H A <3? C$ w O C3 • 13 ai o A O o 23 o m 2) -M ci a Ah 03 ai 3 o A cS 03 Q 03 bb [bb o ci Q o 'o c3 Ph cS d d HH 55 O *2 oS *3 cS 3 o N c$ 0 13 ci ai < d 2 £ %-j 2 O ai ai ai ai c$ .05 c3 5A 'Zi c3 ai ai ai ai 3 a .5 Oh .3 A* 3 -H> cS 23 0 3 > m > S Ph > 3 3 0 o bD o c3 03 £ a o £ £ "H c$ DATA la scopert della nfezioue 6 U) o 02 O h£ re id. o -H 02 O bD re d m O bC <1 CU T“ 1 -fi t-H rH t-H co cn rù CN CN o H se K H t> \ ' . 03 2 È o 'So o o J3 ’o .-H 3 03 'bJD Q O O 55 O lU o 2 re > .o 3 cf o5 .2 03 Cu cs T5 03 .2 *Sb o rO re -H <$ "So re 3 o .2 'bb re 02 re >- _o 3 re 03 03 fl re £ .2 *02 j s re 02 02 ‘So W) re i Luigi. . o Pi *02 02 03 ’t» re fl m O 03 re re o o Cu o cc O <5 « . CQ CQ o 6 o o 03 • • Oh 5 . . . r>- GO . o ; a M I CI aQ ta tH rH t-H H Segue All. 129 Il « •tu J CO iO r- IO o »o o o o CO H (M t- CO co co s N !l H aiogaadng tH o o d d ©i d d o K « tH 1 1 o 5 li N 5 ■eddaj^ ip ,—t co co o o o OS OS co OS o o o 3 oueuinij CM rH 1— i rH 'tu •3 ■eddBjv; ip m. T— < o CO co 98 g o o o o o o oj9um& Oh' ©i Pu 1— i 1—1 i—i K O H © 'à '3 cq Eh • S cu o o co © .& © 02 © © ti #© *3 © © © 02 © © c ti Hj ti © <1 55 .2 '© © © no Hi no £ £ 1-1 > ti © d g © -ti © 3 DATA la scoperta della nfezione O -h> 02 © fcJD © 02 © ti 3 ti » cu © rXt W Eh <1 .© Tb id. . , d g © -h> © 02 13 CO 02 CO » o co co 'd ©1 T* ©1 CM ©1 1—1 ■Hi © Eh i— 9 05 H <5 Eh 55 O H Eh t> *3 © gl *3 Q ti © 02 a ti © jO O t> ti > O .2 3 #© *© fcG ti o 5: 3 3 ti no* nò o ti *3 © ti ti cu HH HH o o •+-■ © ti © -ti © *02 .£< - ■ Oh Ph o 6 . © . . . .ti • • • © 13 . © -u> o cu tin © © ti 0 ti £P 3 © © 3 ti Ph 0 Q 0 amaaOiO ‘N O : i-H cm eo CM CM ©I CM CM CO «£> CM 9 Totale Superficie in Carugate . . . . P. m. 0.12 ... 1.40 130 < *ra 'd N < » p= 5 aiogjadng o 8 N3 3 «dduj\[ tp 5 o.i9uin^i •ni -j apgjadng ° 2 & •Bddnj\[ ip " ojacnn^i O < m m W P-i et PQ <13 > a 8 02 T3 ce « PL-, « H <1 CQ o Ci <5 H H 5 03 « ce ajsiaaò CM . CO tH : ^ !>- CO Gì © H 03 » 00 CO co co co co — 132 — RIASSUNTO. Segue All. A. COMUNI centri FILLOSSERICI ZONA INFETTA DI SICUREZZA Agrate 23* 22.21 12.85 Carugate 3 0. 12 1.40 Pessano • . . . 4 0.16 1. 55 Gessate , 2 0. 75 0. 65 VlMERCATE 6 1.21 1.60 Superficie Totale . ... F. m. 24.45 18. 05 CENTRI PILLOSSERATI DI AGRATE Prospetto dimostrante il grado di infezione nei singoli centri. (1) — 133 — — O O O o 05 05 o < cd cd co Ci Ci CO Ci CO CO co 11- t— co E-1 *s .2 r— I>- OS 1^- OS OS OS cò GO OS <1 ,H *N oo co co C— co t— t— c- Il- t— il- fi o « «2 ì— 1 T-H *rH CO rH CO co co eo GO eo £ < cd .p T— i T— 1 tH 1—1 1— 1 1— 1 1—1 p cd QJ w Et co ©I (M tH C— iH T-H tH rH co c— i— i co cd si » « a-B l-H ° O IO CO 1-H c- CO a oS o o ‘So © ,-Q g oS p cS CO *5 iP E> O ’Sc ’B hJ g 3 o a o bD OS N < Q & cS Q © « © SP Ph © c» .S 3 cS P cS te © PQ -© Ph *73 5 g « K © .5*4 o ,op 15 '2 a « .2 o H3 OJ cd Jj3 -O 2 ed q o ® ° a ‘r© a> S ° 11 P fc© cd a .s m 3 O '*•> a. a a. o ed a o asiano ia ‘N th©*coh CO 05 05 l'- 05 05 cò co CO co t- co t- l'- oc r- l'- l'- 00 co tH GO rH 00 co rH GO oc ex) rH rH rH T— ( rH rH T— 1 T— I V co . C^I 0 0 0 0 co O (M CO co 1 Z © SANI hM rH 0 rH . CN co rH lO io % T3 CO CfiT • co rH * rH Htl 1 t'-*' 1 52; 2 o N -O ^ s <2 asiaaota p O _ 0 "S O Irò Id. 0 bD 6 ? O* .gs C=H o T3 fi 1-1 bD O O .2 ci O rQ5 bD m s J- c5 fi c$ • rH 'o fi c$ O r2 c3 N c$ ai 0) AH ai a > u 35 0 0 'i 0 CO rR £ O fì 05 O CN co CN Marchese d’Adda. . Gervasoni Gaetano. 6 30) Nava Luigi . . . . . 11 31 Vismara Giuseppe . 39 .... 32 Sala Giovanni. . . . 3 .... 33 f \ \ iCarera Paolo .... 15 34 / .Casa Fè-Besana. . . Fratelli Porta. . . . 12 .... 35 Meroni Luigi . . . . 9 • . . • i i /Caseggiato 36’ 'Cereda Aquilino . . 6 1 87 1 _ \ Tresoldi Angelo. . . 3I 38 Ferazzoli D. Gius. Buchi Francesco . . 13 39 Ferrano Carolina. . Ferrano Carolina. . 22 40 Marinelli Carlo . . . Marinelli Carlo . . . 24 .... 41 Ferrano Antonio . . Ferrano Antonio . . 11 - 42 Oggioni Carlo .... j Oggioni Carlo . . . . 24 22 43 / l Sala Angelo k 4 * 441 i 'Marchese d’Adda . . (Teragni Giuseppe . 25 45 [Sala Carlo 25 .... 46 Spreafico Paolo . . | 1,330 303 47 D’Adda M. G. (orto) 400 A riportarsi . L. 2965 429 138 — Segue Ali. D. a y. 5 Q D PROPRIETARIO DEL. FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO DELLE VITI estirpale dietro permesso ed altra visita | Osservazioni Riporto . L. 2965 429 48 229 1 (Casa Schira 49 49 50 Casa d’Adda . . . . Rota Modesto . . . . 440 51 Bosisio Paolo . . . . Bosisio Paolo . . . . 89 52 .Tremolada Silvestro 15 rCasa Fe-Besana. . . 53 ^Gervasoni Luigi - . 35 51 Sangalli Carlo . . . 23 _ OD "Casa d’Adda Beretta Ambrogio . 68 56 .Sala Giuseppe. . . . 155 57 Casa Fé-Besana. . . Villa Giuseppe . . . 43 58 j L Missaglia Gaetano . 50 < Casa Melzi . . . . . 1, 1 59< » )Roccr Giovanni. . . 18 i Caseggiato 60 Capp. d’Adda (orto) 24 61 jFerazzoli D. Giusep. Porta Giov. e Ant. 39 13 62 Annoni Anton, (orto) 22 22 63 Casa d’Adda .... Brambilla Antonio . 30 64 Amati Claudio . . . 169 160 65 Parroco Bossi . . . 6 66 Benefizio Parrocch. Cereda Antonio. . . 6 67 i 1 ! 6 V Parroco \ 68 j > t 'Villa Carlo 14 69 Casa d’Adda .... Brambilla Giulio . . 15 70 Passoni Francesco . Passoni Francesco . 171 71 Ferazzoli D. Giusep. Porta fratelli .... 184 A riportarsi . L. 4865 621 — 139 — Segue All. B. Num. d’Ordxne PROPRIETARIO DEL FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO DELLE VITI estirpate dietro permesso ed altra visita Osservazioni Biporto . L. 4865 624 72 Arnaghi Luigi . . . 5 5 73 Orsi Luigi 8 74! Arnaghi Gaetano . . 7 7 .Casa Schira 75 iVarisco Carlo. . . . 6 .... 76 Orsi Gaetano .... 13 13 77 Brambilla Francesco 10 78j_, , , . iMissaglia Giuseppe. >Casa Melzi 4 79) 1 Prada Giuseppe . . 9 80) (Sala Carlo 'Casa De-Capitani. J 25 .... 81^ (Sala Antonio . . . . 17 . . . . ^Caseggiato 82 Sala Luigi 5 / /Casa d’Adda . . . .< 83( j 'Sala Biagio 72 84 Beretta Giuseppe. . 12 85i ì | .Gervasoni Luigi . . 12 86 Ratti Giuseppe . . . 4 1 Casa De-Capitani. 1 87/ ) \ iBeretta Luigi .... 13 88 1 ■Sala Arcangelo . . . 6 89 f Asnaghi Francesco. 4 90 Casa d’Adda Porta Giuseppe . . 4 .... 91 Ida Ripamonti . . . Sala Carlo 5 Totale viti nel paese . . L. 5106 649 — 140 — Segue All. D. Num d’Ordine PROPRIETARIO DEL FONDO COLONO 92 Marchese d’Adda . . Villa Battista . . . 93 Villa Giuseppe . . ^Missaglia Carlo . . 94 95 Riva Paolo .... 96 iMissaglia Bangi. . 97)Casa Carmine. . . 'Villa Giuseppe . . 98' Riva Giuseppe . . 99 Villa Costante. . . 100 Villa Angelo . . . 101' \Villa Alessandro 102< 1031 ì . i . Martini Battista . jCasa De-Capitani. . /Gironi Carlo. . . . 104 Casa d’Adda . . . . Beretta Giovanni . 105 Casa Schira Crippa Enrico. . . 106 j Gervasoni Stefano 107 1 ,Casa d’Adda . . . .. iSala Carlo 108| i , j Beretta Gaetano . 109 ) I Vergani Giovanni 110 Gravelli Giacomo . Hlj I 1 [Crippa Giovanni . 112, Casa Fè-Besana. . . 1 Brambilla Giuseppi 113' /Brambilla Luigi. . 114 / ^Brianzoli Battista. 1151 (Corti Domenico. . 116\Casa d’Adda . . . . Id. 117 (vergani Paolo . . A riportarsi . L. h _ ? o ~ e < - > » g S ” ” « W NUMERO DELLE VITI estirpate dietro permesso ed altra visita Osservazioni 1 64 64 Campagna 25 \ 10 ! i 1 o co 30 .... 51 \ Nelle vicinanze di ; Cassina Offellera 24 ••••! 1 26 8 38 18 j Q*j 1 OO .... 66 Sulla strada di Ca- rugate 2 ’ * '< ,A1 Roccolo sulla 15 . . . . | , strada di Carugate 6 1 92 .... 23 164 Quadro Rovelli a 134 sinistra della stra- , da di Carugate al disotto della Casci- 227 .... na Abitacola 118 195 .... 483 . . . . i 15 1 19 [ All’ingiro della Ca- l scina Abitacola al 39 Sud di Agrate ì 42 .... J 1,971 1231 a a O a a A 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129, 130 131 132 133' 134, 135, 136 137' 1381 1391 140 14l| 142j 143 — 141 — All. D PROPRIETARIO DEL FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO PELLE VITI estirpate dietro permesso ed altra visita Riporto . L. Beretta Gaetano . . 1,971 65 123 [Colombo Gaetano. . 28 Casa d’Adda . . . . ^Vergani Carlo. . . . 115 IVergani Angelo. . . 14 Gervasoni Angelo. . 53 Casa De-Capitani. . Ter agni Pietro . . . 8 Sala Gerolamo . . . 86 86 Casa d’Adda Villa Antonio . . . . 31 1 * * * *1 Sala Luigi 78 Casa Fé-Besana. . . Meroni Carlo . . . . 9 . . . . | ( Villa Giovanni . . . 9 1 1 ! Piazza Angelo. . . . 5 Casa Scotti < \Brambilla Gaetano . 10 1 • 1 ^Piazza Giovanni . . 5 Brambilla Gerolamo 13 8i 1 Appiani Ambrogio . 48 i \ Appiani Carlo. . . . 48 Casa Schira ' Varisio Angelo . . . 24 24 Ghioni Battista . . . 4 } l Crippa Luigi . . . • 8 • • • • i Spreafico Paolo . . .j Quirino Luigi . , . . 28 ì \ Quirino Angelo . . . 32 ( Ratti Antonio .... 22 Casa Melzidi Agrate. Missaglia Giovanni. 78 Villa Francesco . . . 8 ■ ■■■\ ( Assi Pietro 181 . . . . / | A riportarsi L. 2,981 241 1 Osservazioni All’ingiro della Ca- scina al Sud di Agrate Quadro Brela (Sud , Est .d’ Agrate) Quadro Campagna A mattina di Agrate Quadro Famella a * (S. E. di Agrate) Quad. Cascina Fab- ' brica (S. E. d’A- grate) I Quadro Pubblia(B | di Agrate) Quad. Cascina Ver- gana (N E) — 142 — Segue All. B. H ìs 0 as O 0 t3 Y PROPRIETARIO DEL PONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE . Riporto . N. 2,981 144 Brambilla Serafina . 81 145' Casa Melzi di Agrate (Brambilla Francesco 92 146 1 Brambilla Antonio . 22 147 Melzi, S. M. Molgora Provano Antonio . . 27 148 Missaglia Ambrogio 19 149 CasaMelzi di Agrate Bosisio Francesco. . 22 150 1 Brambilla Antonio . 7 151 /Bimoldi Luigi. . . . 93 152/ ( \Perego Alessandro . 53 Casa De-Capitani. .< 153. (Meroni Luigi . . . . 7 154/ Gervasoni Angelo. . 7 155 ì ' vPorta Giovanni . . . 52 i (Ferrazzoli D. Gius.. 156 s (Porta Antonio . . . 160 157 .Gervasoni Giuseppe 74 158/ ì \Porta Carlo 32 i /Casa Fè-Besana. . . 1591 iGiussani Luigi . . . 17 160 ' Bosisio Francesco. . 171 161 Buchi Amedeo . . . Buchi Amedeo . . . 198 162, t i Sala Paolo 21 163 Casa Melzi d’Agrate 'Ratti Giosuè . . . . 3 164 f (Ratti Luigi 12 165 1 i ^Sala Battista . . . . 58 166)na.Kfl, rl’Adda (Sala Angelo 69 167 1 (Sala Biagio 79 A riportarsi . N. 4,357 Osservazioni 241 (Quadro Vigna (N ) Quadro Vigneta (NE) 93 53 1 °° (Quadro Beneficio . ) Quadro Rovella . \ * \ Quadro Rovella / (N. E. d’Agrate) 70/ :) , Quadro Rovella . \ (N. E. d’Agrate) 50\ Quadro Brela al S. d’Agrate 507 143 — . Segue All. D. r a ^ _ d 5 a PROPRIETARIO O “-* 1 S < ti > K g § J 2 « o 0 DEL COLONO s FONDO ^ B W 0 H « Jìiporto . L. 4,357 168( ( 1 Passoni Bartolomeo. 145 169( Ida Ripamonti . . .j Sala Giuseppe. . . . 17 170 Casa d’Adda .... Colombo Gaetano. . 24 171 Casa Fé Cereda Aquilino . . 21 172 Ida Ripamonti . . . Passoni Battista . . 31 173 174 1 >Casa de Capitani. . i jBonalumi Carlo. . . ^Calloni Luigi . . . 240 17 175 Casa d’Adda . . . . Ghioni Ambrosio . . 60 176( 177( 178 ) 1 kSala Antonio . . . . 6 >Casa de Capitani. .‘ 'Sala Carlo 5 Casa Fé Eesana . Mandonico Domen . 5 179 1 [ Berretta Luigi . . . 65 180] * 1 iGervazoni Luigi . . 15 181; Casa de Capitani. .< Sala Arcangelo . . . 16 182) 1 | 'Galloni Carlo . . . . 2 183 ) 1 Asnaghi Innocente . 40 184' /Gervasoni Giuseppe 302 185 Gervasoni Cesare. . 157 186 J^Casa d’Adda . . . ., iGervasoni Giacomo. 244 1871 \Gervasoni Gaetano. 150 188 Meroni Antonio. . . 47 189 1 [Colombo Angelo . . 78 190 Casa Fè Besana . . Brambilla Luigi . . 126 191 Forazzoli D. Gius. . Buccbi Francesco. . 497 A riportarsi . L. 6,667 Sii > H g.'S l&is 507 ! ! Quadro Gattina (S. E.) Quadro Campagna (S. E. ( Quadro Gattina 1 (S. E ) ^Quadro tino (S S Mar- E.) \ 16 Quadro Pubbia (E) 120 Qnadro Bonaroli (E) Quadro Dom (E) a mattina del paese 643 Segue All. D. PROPRIETARIO PEL PONDO Casa d’ Adda . . Casa Fé Besana Casa de Capitani. . Casa d’Adda 192 1935 194) 1951 196’ 197 1981 199$ 200/ 201 202) 203) Casa d’Adda 204) 205\ 206( COLONO /Casa Scotti Riporto . L. ^Passoni Gaetano . . 'Passoni Giuseppe. . ^Colombo Luigi . . , •iGalbiati Giuseppe Porta Biagio . . . Mattarelli Giacomo Bestetti Antonio . J /Brambilla Giuseppe ÌAndreoni Francesco Gavironghi Teresa ^Gussi Francesco . . .j Brambilla Giuseppe VBerretta Giuseppe Mattavelli Ernesto 207 j Casa Fé Besana . . Orsi Angelo /Santambrogio Giov 208, Meroni Luigi . . . 209 Spreafico Paolo . . . Bosisio Luigi . . . 210) (Bestetti Francesco (Casa d’Adda . . . .) 211) (Beretta Gaetano . 212\ /Galbiati Pietro . . 213/ 4 iCantù Francesco . (' Casa Melzi di Agrate > iTrippa Carlo . . . Cantù Felice . . . A riportarsi . L "M J " te ^ j 10 K £ t H « 6,667 72 1,627 184 24 87 22 255 252 39 10 17 10 8 54 21 5 51 28 77 39 8 19 15 9,591 H s _ o ~ s s X > ^2 Osservazioni | 643! ' ^Quadro Brella (al 418$ sudJ* 119/ / Quadro Per retta 235 fs- E0 87 Quad. Clera (S. E.) Quad. Croce (S. E.) I . . 1 206l 27 1 10, Quad. Campirò (E) 10' Quadro fornace Distrutte le viti perchè 4 trovate infette Quadro Fornace : Quadro S. Giorgio Quadro Campagna 1,550 — 145 Segue All D. Num. d’Ordink PROPRIETARIO PEL FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO DELLE VITI estirpate dietro permesso 1 ed altra visita Osservazioni Riporto . N 9,591 1,550 216 ') Villa Angelo . . . . 2 \ 217 Cantò Luigi 59 j 9 f 218 >Casa Melzi d’Agrate Cantò Carlo 20 .... Quadro Campagna 219 I Villa Antonio .... 42 ....I i 220 ■ Cantò Giuseppe. . . 6 221 \ Casiraghi Stefano. . 13 222 Brambilla Luigi . . 14 Simonetta Sindaco di 223^ Caponago Casiraghi Antonio . 78 224 J • ( Ca&iraghi Clemente. 260 ) Altorno alla Casina Pescarola. 225 Casa d’Adda .... Scalearozzi Giuseppe 44 226 Casa Melzi Trippa Carlo . . . . 40 227 Casa a' Adda Simonetta e Me'zi Id. ed altri. . . 17 2281 1 ^ Tremolata Silvestro 1 . • • • \ 229 Casa Fè-Besana. . . Villa Giuseppe . . 25 2301 i / Villa Gerolamo . . . 19 19[ , Quadro S. Pietro 231] i ^Berretta Giovanni. 52 (Nord). Casa d’Adda ... A l # 232; > l Berretta Ambrogio. 35 233 Gervasoni Martino . Gervasoni Martino . ‘ 35 234' /Balconi Gaetano . . 11 235» \ [ jBalconi Giuseppe . . 11 • • ■ b Quadro due Cam- 236 Classi, Mp.lzi . ... A Villa Luigi 12 pagne 237^ , ì bantu Angelo .... 6 . ... i 238 1 [ Casiraghi Leopoldo. 37 .... Quadro di Sotto A riportarsi . N. 10,433 1,569 10 — 146 — Segue All. D. Ndm. d’Ordine PROPRIETARIO PEL, FONDO COLONO S g Oh-< ai > p m H S « e« £ 'Z. j «j B b a a « f* E O « fLg ai > .a a £ - S ®-|a Ssj; Osservazioni Biporte N. 10,433 1,569 239 / Casiraghi Luigi . . . 17 * ’ * # j 1 Quadro di Sotto 240 \ De Magistris Ant. . 9 . . . 241, Casa Melzi Ripamonti Giuseppe 31 * * * *i 1 212| Bernaregi Antonio . 25 1 \ Alla Cascina Mo- ' cosina 243 ( Bernaregi Luigi . . 50 244) Gervasoni Luigi . . 9 Quadro Baghina Casa Fè Besana . .< 245) Tresoldi Angelo . . 29 ! 246; Orsi Luigi 25 ■Quadro Batestrè 247 Casa, di iva, < Nava Luigi 26 | 248 \ 1 ^Orsi Gaetano . . . . 27 Quad. Sanuazzaro 249 Casa Fè Besana . . Santambrogio Fran. 7 Quadro Piatta 250 Cereda Emilia . . . 28 Quadro Piatta 251 j ( Cereda Felice .... 21 20 252f 1 \ ^Castoldi Battista . . 31 1 f Casa Fè Besana . . Quadro Pomè 253^ i 1 /Porta Antonio . . . 22 ( \ 254 1 1 \Carrera Paolo . . . 4 255 i i Bosisio Ambrogio. . 22 Cascina Molino 25o| 1 ! Frigerio Francesco . 22 Quadro Campagna 1 ^Casa d’Adda . . . .< 257 { i lBrambilla Giulio . . 19 . . . . i | • (Quadro Ronco 258 1 ! [Ornaghi Angelo. . . 67 ) 259 jcasa Fè Besana . . Giussani Vincenzo . 23 .... 1 Quadro Bartolezza 260 j . 1 'Ornaghi Luigi . . . 28 12. ì i >Casa Schira - (Quadro S. Martino 261' ) 1 ^Ornaghi Gaetano . . 83 83 ) A riportarsi N. 11,058 1,702 — 147 Soglie All. D. ta 1 « h _ s a PROPRIETARIO o - s « « ► % 3 o « 5 ~P PEL. COLONO | ® £ j 1 W S g/“ Osservazioni D PONDO « £ M * Q -y a O & a « a — Riporto . N. 11,058 1,702 262 263 .Casa Schira fariseo Carlo. . . . 17 17 Brambilla Francesco 4 (.Quadro Lazzaretto 264 Casa Melzi di Argate Missaglia Giuseppe. 31 . . . .1 j 265 >Casa D’Adda . . . . Gaviraghi Giovanni 66 . . . . / 1 266 Aleroni Fratelli . . . 52 | . . . . Cascina Casignolo 267 \ Casali Giuseppe. . . 17 • i 268 Casa De-Capitani. . Vicario Giuseppe.. . 30 1 Quadro Dofiro 269 1 Ratti Luigi 29 ) 270J 271N Casa D’Adda . . . .< ,Beretta Giovanni. . Beretta Giuseppe . , 24 32 ' • • • j 'Cassina Ghirin- ^ ghella-Orba 272l 1 _ \ Tresoldi Ambrogio . 5 . . . . 1 273 ■Casa De-Capitani. .< Colombo Ambrogio . 7 ( «Quadro S. Albino 274] ì ( Brambilla Giuseppe 9 ( 275» Fedeli Carlo 27 Quadro Fagnana 276 ■ ( Oggioni Paolo . . . 191 Id. Vign. Offellera 277 j < Porta Angelo .... 12 . . . Quadro Quaranta 2781 1 [Missaglia Carlo . . . 18 ’ ‘ * -j Quadro Romolo 2 <9, Casa Carmina. . . . Missaglia Liiioà . . . 27 . . . . i 1 280» J (Riva Giuseppe . . . 30 • • • • \ 2811 232 j 1 Villa Giuseppe . . . 25 Quadro Rovella 1 Ottolina Cherubino. 5 ••••( 283 1 Ottolina Fortunato . 7 ! to co tf*- Casa d’ Adda .... Porta Giuseppe . . . 58 58 Quadro della Piatta A riporto r si . N. 11,784 1,777 — 148 — Segue Ali. I). 0 a 5 Di 0 Q 1 a £ PROPRIETARIO PEL FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO DELLE VITI estirpate dietro permesso ed altra visita Osservazioni Riporto . N 11,784 1,777 285 1 (Bricchi Giuseppe . 135 (Casa D’Adda . . . . [Quadro della Piatta 286 1 Nava Angelo . . . 44 287 Balconi Giuseppe . 51 .... 288/ (Casiraghi Ambrogio 2 ••••[ 1 289\Casa Metri di Agrate, Rocca Giovanni. . 20 ( * / Quadro Balestrò 290 [Villa Antonio . . . 10 1 291 Missaglia Domenico 15 ] 292 i j 'Galbiati Angelo. . . 260 Quadro della Piatta 293 1 Bucchi Giuseppe . . 27 Quadro Romo 294 Piazza Battista . . . 20 20 1 295 Colombo Giuseppe . 75 ...A ! ! ^Quadro Lazzeretto 296/ Casa D’Adda .... Brambillasca Anton. 21 1 297 Villa Paolo .... 27 23j 1 298' Meròni Luigi .... 15 ( 1 299^ 1 1 Porta Francesco . . 12 ' [ Quadro Cassignolo 300 1 Vergani Gaetano . . 68 1 301 Perego Carlo .... 24 . ... \ i 302^ 1 * \ (Calloni Giuseppe . . 17 ....1 1 Casa De-Capitani. . ! 1 A ^Quad. G-hiringhella 303i 1 (Calloni Ambrogio. . 24 \ I 304, 1 f Casati Carlo. . . . 20 . . . ./ ) 305 Casa Melzi d’ A grate Missaglia Metilde. . 39 Ì 1 306 Casa De-Capitani. . Ratti Angelo .... 12 ; CascinaGhirighella 307 Casa Melzi Missaglia Gaetano . 6 \ A riportarsi . N. 12,728 j 1,820 — 149 — Segue All. D a S5 5 ot o Q s u 6 PROPRIETARIO PEL FONDO COLONO NUMERO DELLE VITI ESISTENTI ED ESPLORATE NUMERO | DELLE VITI estirpate dietro permesso ed altra visita Osservazioni 4 Eiporto . N. 12,728 1,820 308 l I /Fedeli Luigi 83 . . . . ! 309( ) . 1 Fedeli Carlo. . . . . 25 ( ' * ‘ Quadro giardino ppul 1 PVQ >Casa Carmine. . . J 1 LFneiici a 310< Fedeli Giuseppe . . 72 311 Giardino 947 857 Offellera Totale campagna . N. 13,855 2,677 Totale paese 5,106 649 Totale generale . . . 18,961 3,326 Rimangono viti N. 15,635 delle quali N 4457 nel caseggiato. — 150 Tavole degli schemi delle perforazioni ed iniezioni di solfuro dì carbonio praticate nei centri infetti e relative zone di sicu- rezza nel 1880. All. E. A M. 1.50 Mq. 2,500 Xo o O X° ° 0 X° o o .... X° o o o a " o o o o o o o Xo o o x° ° ° X° 0 0 Xo Xo o o 0 0 o 0 o Xo o o o o Xo o o Xo O O X° O O X° O O X° (XX) Viti (oo) Fori a' 4X30 Gr. 30 4X30 o co U 4 ” 4 “ 5X30 = » 150 8x30 2 » 120 9 l § 1X30 = » 30 Gr. 180 Superficie occupata per ogni ceppo Mq. 2.250 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » 180 Dose per metro quadrato » 80 F. Franceschini. — 151 — Segue All. E. 15 <>X °X oX oX ! a' > OO 0 0:0 0: o o o o o o °X °X °X oX o O 0 0 o o O O 0:0 / O j o oX °X °X oX o o o : o o ; o 0 0 0 0 o o oX oX oX «X (XX) Viti (oo) Fori a' a" 4 X 30 — f— = Gr. 30 5x30 = Gr. 150 4 ^ 4 x 30 = » 120 Gr. 150 Superficie occupata per ogni ceppo Mq. 2.250 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » 150 Dose per metro quadrato » 66 */# JF. Franceschini . — 152 — Segue Al LE. X <> X o x o X V-/ 0 0 o o o o o o o o o o o o o o X o X o X o X O O O O 0.0 o o o o o o o o o X o X o X o X O O 0:0 O i o .0 o o o O O 0-0 o o X o x o x o X a' a" 4X20 = Gr. 40 4X20 Gr. 40 (XX) Viti 2 2 4 X 20 '= » 80 4X20 == » 80 (co) Fori Gr. 120 Gr. 120 Superficie occupata per ogni ceppo . . Mq. 2.250 Dose per foro . . Gr. 20 Dose per vite . . » 120 Dose per metro quadrato . . . » 53' / s R. Soravia. — 153 — Segue All. E. x> O O : O O O O O O O O O 0 o o o o ^ X o Xo X 0X0X0X0X o o o o o o 75 o o o o o : o ; o o o o Mq. 8X30 2 2X30 = Gr. 120 = » 60 Gr. 180 Superficie occupata per ogni ceppo Mq. 3 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » 180 Dose per metro quadrato » 60 R. Soravia. — 154 — Segue All. E. 0 0 O 0 o o O 0 o o o 0 o 0 a o c > o o 0 M. 3 X o X o ^ Xo Xo Xo Xo x° o 0 c ! ... 75 ... ) o 0 o 0 0 ° o 0 o o o o < > 0 o 0 Mq. 2,250 a 4x30 = Gt. 60 2 4X30 30 4 % 3X30 = » 90 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 2.250 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » ISO Dose per metro quadrato » 80 R. Soravia, 155 — Segue All. E. ,.o o o o o o o o ooo ooooo o o o ooooo 3 : X ° X ° X o X o X-60.X.60XO x «X 0 0 0 ooooo ooo ooooo "O o o o ooooo Mq.3 8X30 = Gr. 120 2 X 30 = » 60 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 3 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » 180 Dose per metro quadrato * 60 R. Soravia. — 156 — Segui; All. E. G 0 0 o o o o o o o o o o o o o o oo o o oooo Z-Xo Xo Xo S .60. Xo i Xo Xo Xo Xo Xo oo o o oooo o o o o o o o o 0 o o o o o Mq. 2,400 a 4X30 4 4X30 2 = Gr. 30 60 3 X 30 = » 90 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 2.400 Dose per foro Gr. 30 Tose per vite » 180 Dose per metro quadrato » 75 FI. Soravia. — 157 — Segue All. E. .000 o 0000000 H 000 0000000 00 0 0 0000000 H X°X°Xo X o X°X0X»X0XoX0X OOO 50 0000000 000 0000000 000 o 0000000 Mq. 2,500 a 8x30 2 2X30 = Gr. » 120 60 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 2.500 Dose per foro Gr. 30 Dose per vite » 180 Dose per metro quadrato » 72 Ft. Soravia . — 158 — Segue All. E I o o o o o O 0 o o o o o gX°X°X0X0X o X o X0X0X0X0X ooooojojooooo o o 50. o o o O O O o o Mq. 1,500 2X30 4 4X30 = Gì 2 X 30 = » 15 60 60 Gr. 135 ►Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 1.500 Dose per foro . Gr. 30 Dose per vite » 135 Dose per metro quadrato » * 90 R. Soravia. — 159 — Segue All. E \ oo o o oooooo X° Xo X° Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo 00 o o oooooo Mq 2,500 f a = Gr. 4 4X30 2 — * 3 X 30 = » 30 60 90 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. Dose per foro Gr. Dose per vite » Dose per metro quadrato 2.500 30 180 72 Ft. Soravia. — 160 — SegueAll. E. M o 0 O 0 O O O 0 O 0 o o 0 0:0000000 a 5 00 0 ooooooo o o o o ooooooo g-XoXoXo x oXoXoX°XoXoX<>X ;oo o o ooooooo o o o . 50 o o o o o o o O O 0:0:0 O 0 O O 0 .0 O O O O O O O O 0 o Mq.2 a Gt. 20 » 60 » 80 Gt. 160 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 2 Dose per foro Gr. 20 Dose per vite » 160 Dose per metro quadrato » 80 4X20 4 — 6 X 20 2 = 4X20 = Fi. Soravia. — 161 — Segue All. E. Mq. 1,500 IV o o o ■ B O o o o o o Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo o d: .50.. Xo o o o o Xo Xo Xo Xo o o o > viale o o o o o Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo Xo o o o o o o 0 0 0-0 o o o a a a b a b o o o o o o o 2X30 4x30 4X30 = Gr. 4 15 2 = Gr. 60 4 = Gr. 30 3X30 1X30 s 30 1X40 » 40 2 ~ * 45 - . . — Gr. 90 Gr. 70 1X40 > 2 - * 20 d 1 X 30 = » 110 4X30 A = Gr. 30 Gr. noi TC 1X30 = » 30 Gr. 60 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. 1.500 Dose per foro ( ° ) Gr. 30 Dose per foro (■) . . » 40 Dose per vite » 110 Dose per metro quadrato in media » 73 11 /s F. Franceschi ni. Il — 162 — Segue All. E. o M. 0,90 ©00©00©00 © o o © o o © o o o o o o O O O 0.0 o o o o o o o o © o o © o o o A o a o o o o Mq. 1,80 o©o:o©oo© o o o o o oM.0,90o o o o o o o o A o o o o o o o o o o o ©oo©oo©oo © o o © o o @ a Gr. 100 * 60 Gr. 160 Superficie iniettata per ogni ceppo Dose per foro Dose per vite Dose per metro quadrato 5X30 = 6X20 2 = Mq. 1.80 Gr. 20 » 160 » 88.88 N. B. In alcuni casi i filari distavano metri 3 invece di 2. — In pratica quando ci siamo trovati con filari distanti metri 3, abbiamo duplicata la linea dei fori A. H. Soravia. — 163 — Segue All. E. 1» X o X o X o X o x o X oooooooooo B • o o o o o o o o o O X o X O X o o o o o o o o o o o ; M.0,90 : o I .o o ! o X p A o B X o B oooooooooo B x o x o X o x o X o X a 4X30 = Gr. 120 2X30 30 ^ — > 2 4X30 30 4 - 8 Gr. 180 Superficie iniettata per ogni ceppo Mq. Dose per foro Gr. Dose per vite » Dose per metro quadrato. » 2.70 30 180 66’/, N. B. Quando la distanza dei filari fu di soli 2 metri abbiamo soppressa la- linea A, disponendo le linee B a 75 centimetri dai filari. Ft. Soràvia. 164 Segue All. E. Mq. 3. 75 Mq. 5. 25 Q x°x°x°x°© o a o o o M. 1.50 Muro 1° trattamento 2° trattamento a b 6 X 30 = Gr. 180 8 X 30 = Gr. 240 4X30 2 - * 60 4X30 60 Gr. 240 Gr. 300 1° trattamento 2° trattam. Media Superf. iniet. per ogni ceppo . Mq. 3.75 — id. 5.25 — Dose per foro Gr. 30 — id. 30 — Dose per vite » 120 — id. 150 Gr. 140 Dose per metro quadrato . . » 64 — id. 57.2 » 60.6 FI. Soravia . — 165 Segue All. E. IZ (1) Mq.l o o o o o o o o o i a ooooooooo O O O O O O O O 0 ooooooooo ooooooooo ooooooooo ooooooooo ooooooooo (1) Per terreni compatti. a 1X20 = Gr. 20 4X20 2 4X20 = » 40 20 4 Gr. 80 Dose per foro Gr. 20 Dose per metro quadrato » 80 N. B. In questo e nei seguènti schemi &, T, U, si trascurò affatto la dispo- sizione delle viti - (che nei giardini, orti e vivai, varia moltissimo ed è di frequente assai irregolare) - curando invece di distribuire il solfuro nel terreno colla maggiore regolarità possibile. F. Franceschini. 166 Segue All. E. Mq. 1 1° trattamento . . o 1® e 2° trattamento 2° trattamento . . Mq. 1 1x30 = Gr. 30 4x30 = Gr. 60 4X30 * 30 Gr. 60 Gr. 30 » 60 Dose per foro .... Dose per metro quadrato F. Franceschini. — 167 Segue All. E. a b c 2X30 = Gr. 30 4X30 = Gr. 30 4X40 = Gr. 40 2 4 4 2x40 o „ 40 1X40 = » 40 1X30 = » 30 Gr. 70 Gr. 70 Gr. 70 — ' — • Dose per foro («) Gr. 30 Dose per foro (•) * 40 Dose per metro quadrato * . . . . » 70 F. Franceschi ni. — 168 — Segue All. E. u Mq.l Mq. 1 0 o o o o b ;C ; d o o o o o Mq. 1 Mq.l 1X20 = Gr. 20 1X20 = Gr. 20 2X20 2X20 Gr. 20 - = Gr. 20 _ 2X20 » 20 2X20 > 20 2 2 4X20 4x20 2 2 _ - » 20 » 20 4X30 » 30 2X30 > 30 4 4 2 ““ 2 ” 2X30 2 = » 30 1X30 = > 30 Gr. 70 Gr. 70 Gr. 70 — . Gr. 70 . Dose per foro ( 0 } . . Dose per foro ( • ) . . Dose per metro quadrato .... Gr. 30 .... > 20 .... » 70 F. Franceschini. ALLEGATO F. — 170 — Trattamenti col Solfuro di Carbonio praticati nei Centri fillossera All F. B es a © --■■■■ -fj ’3 DITTA COLONO IT & *3 ci c5 1° TRJ! •p 5 'd 6 PROPRIETARIA OD UTENTE © » © © Data Schema di iniezione 1 D’Adda M. Gioacchino inf. 23, 24, 28, 30 giugno A 2 Fé-Besana Giuseppe. Villa Gerolamo. . . . 108 inf. 3 luglio D 3 Id. Riboldi Pietro .... 145 inf. Id. F 4 Melzi Nob. Luigia. . 45 inf. sic. Id. N j 5 Id. Villa Antonio 137 inf. Id. o G Id. Id 137 inf. Id 0 ! 7 Fé-Besana Giuseppe. Santambrogio Carlo . 144 inf. Id. h 9 ,Id. Villa Luigi 144 inf. Id. H 9 Id. Santambrogio Frane. 144 inf. Id. H l 10 Id. Id. 144 inf. Id. H 11 Id. Giussani sorelle. . . . 144 inf. Id. H 12 Id. Giussani fratelli . . . 109 inf. Id. D | 13 Id. Villa Giuseppe .... 145 inf. Id. F 14 Id. Brianzoli Giov. Batt. 145 inf. Id. F 15 Id. Villa Gaetano .... 137 inf. Td. ° 1 16 j Id. Casiraghi e Rocca. . 137 inf. Id. O | 17 De-Capitani D’Arzago Merli Sac. Ermen. . . 46 inf. Id. Qj 18 Id. Ratti Angelo e Con.te 46 inf. Id. H/j 19 Fé-Besana Giuseppe. Villa Luigi 444 inf. sic 17 luglio H 20 Id. Giussani Carlo .... 219 inf. 24 id. H A riportarsi . — 171 — li Agrate, Carugate, Pessano, Gessate e Vimercate nel 1880. INIEZIONI T AMENTO 2° TRATTAMENTO 3° TRATTAMENTO Solfuro di Carbonio Data Schema di iniezione Solfuro di Carbonio Data Schema di iniezione Solf. di Carbon. per met. q Gr Totale Chil. per met. q. Gr. Totale Chil. per m q. Gr. Totale Chil 80 1,119. 40 30 giu. 3, 7, 12, 14 lug. B. C. B 66 2 C 53 i li 926. 20 21 agosto A 80 7. 00 60 9. 10 12 luglio E 80 12. 80 14 settem. U 70 8. 20 60 5. 05 14 id. G 75 6. 55 Id. U 70 2. 10 73 7, 111. 20 16 id. N 73 Va 112. 50 71 1 14 id. P ^3 Va / 1 14 settem. U 70 8. 20 79. 38 13 ( 70. 08 71 ' i 14 id. P 66 Va ! ) 72 8. 79 14 id. H 72 7. 65 14 settem. U 70 8. 00 72 25. 60 16 id. H 72 25. 68 72 | 1 14 id. H 72 t l 20. 67 20. 37 72 ' i 14 id. H 72 j I 72 8. 70 16 id. H 72 8. 58 60 10. 20 14 id. E 80 13. 90 60 5. 70 15 id. G 75 7. 74 60 4. 35 15 id. G 75 6. 12 88.8 21. 50 16 id. P 66 V. 21. 90 88.8 8. 02 14 id. P 66 Va 7. 62 64 ( i Q 57.2 i > 21. 40 16 id. 1 23. 30 14 settem. U 70 2. 20 72 ' > H 72 < ) 72 5. 49 27 id. H 72 6. 12 72 9. 42 30 id. H 72 10. 00 6 agosto U 70 1. 30 Chil. 1,473. 97 A riportarsi Chil. 1,237. 11 A riportarsi Chil. 37. 90 — 172 — Seprue All. F. B CS ci A = c3 DITTA COLONO rt 8 « 1° TRAT X. d’ord d PROPRIETARIA OD UTENTE o i . 4) s 3 53 9 a © N Data Schema di iniezioue 21 Fé-Besana Giuseppe. Giussani Paolo . . . . 463 inf.sic. Ripor 24 luglio •to . . . .[ I 22 Id. Galbiati Francesco. . 243 inf. Id. H 23 Id. Id. 245 inf. Id. H 24 Id. Porta Giovanni. . . . 245 inf. sic. Id. H 2:> Id. 106 inf. sic. 17 agosto T più 10 grata, per cep. U 23 Id. Cereda Felice 144 inf. 27 agosto 27 Id. Santambrogio Frane. 144 sic. Id. U 28 Melzi Nob. Luigia. . Casiraghi Ambrogio . 137 sic. Id. u 29 Id. Missaglia Gerolamo . 137 sic. Id. u 30 Id. Rocca Giovanni . . . 137 sic. Id. u 31 Fé-Besana Giuseppe. Bosisio Frane, e Giov. 145 inf. Id. u 32 Id. Brambilla Luigi . . . 145 inf. Id. u 33 Id. Giussani Paolo .... 145 sic. Id. u 34 Scliira Angelo .... Ornaghi Luigi .... 88 inf. 28 agosto u 35 Id Orsi Luigi 88 sic. Id. u 36 Ferrazzoli Sac Porta Giovanni. . . . 91 sic. Id. u 37 Id Monesi Giuseppe . . . 91 inf. Id. u 38 Id Porta Giovanni. . . . 91 sic. Id. u ì 39 Fé-Besana Giuseppe. Orsi Angelo 238 inf. sic 7 settem. v f 40 Gervasoni Martino. . 98 inf. sic 28 agosto u 1 41 D’ A dda Mar. Gioac- chino inf. sic ottobre i A riportarsi. . . • — 173 — INIEZIONI AMENTO 2° TRATTAMENTO 3° TRATTAMENTO Solfuro di Carbonio Data Schema di iniezione Solfuro di Carbonio Data Schema di iniezione Solf. di Carbon. per met q. Or. Totale Chil. per met. q Gr. Totale Chil per m. q Gr Totale Chil. 1,473. 97 L. 1,287. 00 38. 20 90 13. 80 30 luglio L 72 11. 30 6 agosto u 70 1. 20 72 9. 12 Id. M 80 9. 64 72 8. 04 Id. H 78 7. 08 80 88. 00 26 agosto T 70 85. 00 70 45. 20 1 settem. U 70 45. 40 70 6. 30 Id. U 70 7. 00 70 7. 30 Id. U 70 6. 30 70 9. 60 Id. U 70 9. 10 70 6. 10 Id. U 70 6. 80 70 16. 10 Id. U 70 16. 00 . • . • 1 .... 70 5. 60 Id. U 70 5. 60 70 2. 50 Id. U 70 2. 54 70 11. 50 2 settem. U 70 11. 40 70 7. 65 Id. u 70 7. 60 70 3. 80 Id. u 70 3. 80 70 21. 00 Id. u 70 19. 90 70 20. 90 Id. u 70 20. 80 • 70 11. 70 14 settem. u 70 12. 30 70 11. 75 2 settem*. u 70 10. 25 70 15. 80 ottobre u 70 16. 00 Clhil. 1,795. 73 1 A riportarsi Chil. | 1,600. 92 A riportarsi Chil. 38. 20 — 174 — (Segue All. F. «8 o. COLONO e « % 2 cS 1° TRA OD UTENTE O V 3 2 © Data Schema di iniezione Crippa Carlo Contur- CARI j Riporto . . . bivo Crippa Carlo Contur- 100 inf. sic. agosto H | bivo Crippa Carlo Contur- 100 1 inf. sic. agosto j H bivo 1 100 inf. sic. ,18 settem.j U PE i Barretta Giuseppe. . 128 inf. sic. 11 agosto T Verri Fedele 132 inf. Id. T Pastori Francesco . . 132 sic. Id. T 1 Redaelli Gerolamo. . 140 inf. sic Id. T ' Barretta Costanzo . . 142 1 inf. sic. Id. T G E i 1 inf. sic. 10 agosto E Ghillio Giuseppe . . . 7 sic. Id. 4 Sella Federico .... 73 inf. Id. si! Più g Jc per vitt DITTA PROPRIETARIA 42 43 44 45 46 47 48 49 51 52 Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe Gargantini Piatti Giu- seppe 50 Fé-Besana Giuseppe. Id. Casa Comunale. A riportarsi . .1 — 17& — INIEZIONI MENTO 2° TRATTAMENTO 3° TRATTAMENTO olfuro di Carbonio Schema di iniezione Solfuro di Carbonio 53. 00 ; > ì ■ 1 Id. s 60 , 1 ( • • . 49. 00 Id. s 60 48. 10 1,950. 73 A riportarsi Chil. 1,750. 62 A riportarsi Chil. lil. 38. 20 — 176 — Segue All. F. ======—====== a Cm DITTA COLONO c? s * 1° TR PROPRIETARIA OD UTENTE Numero ( a> o CS3 Data s i « 5 C- Cj m H YIMEÌ Riporto . . 53 Gargantini Piatti Giu- 413 428 inf. sic 18 agosto 19 agosto 54 Casanova Antonio . . 79S inf. 55 Banfi Antonio .... 415 sic. Id. 56 Scotti conte Filippo . 116 inf. Id. 57 Id. Pennati 116 sic. Id. Solfuro di Carbonio. RIA! Solfuro di Carbonio adoperato pel 1° trattarne! Id. 2° id Id. 3° id. — 177 — INIEZIONI MENTO 2° TRATTAMENTO 3° TRATTAMENTO Solfuro di Carbonio Data Schema di iniezione Solfuro di Carbonio Data 1 Schema j di iniezione Solf. di Carbon. per | Totalk md?-\ c“- per ìet. q. Gr. Totale Chil per met q Gr. Totale Chil. j AT E. Chil. 1,950. 73] Riporto 1 Chil. 1,750. 42 R ! iporto ( Chil. j 33. 20 80 1 50. 90 26 agosto T 70 47. 10 70 29. 60 27 id. U 70 29. 00 21 settem. U 70 3. 00 70 24. 50 27 id. U 70 22. 30 27 id. U 70 . | 70 21. 80 l ' 21. 20 27 id. 1 u 70 1 ) Chil. 2,077. 53 | Solfuro di Carb. 1 Chil. 1,870. 22 Solfuro di Carb. Cliil. 41. 20 i xj isr t o 1 23 giugno a tutto novem. 1880 Chil. 2,077. 53 1,870. 22 41. 20 Chil. Perdita 3,988. 95 20. 05 Chil. 4,009. 00 12 — 178 — Preventivo per le operazioni invernali da praticarsi nei centri infetti di Agrate, Pessano, Carugate, Gessate e Vimercate nell’inverno 1880-81. All. G. 1 Superfìcie da scassare alla profondità media di M. 0.75 M. quad. 31,000, pari a M. cubi 23,250 a centes. 25 per metro L. 5,812. 50 2 Formazione e custodia delle carbonaie 150. 00 3 Agguagliamento del suolo 450. 00 4 Sorveglianza ecc, 400. 00 5 Competenze al personale direttivo 1,100. 00 Totale . . L. 7,912 50 — 179 — Spese fatte par le operazioni contro la fillossera nella provincia di Milano dal 1° settembre 1879 al 31 dicembre 1880. All. H Num. d1 Ordine' TITOLO SPESA Spese generali 1 Indennità al personale direttivo comprese le spese borsuali, ed esclusele indennità ai dele- gati provinciali locali per le ispezioni com- piute in alcuni luoghi denunz. come sospetti L. 5,505. 39 2 Riparaz. al materiale e spese varie d’ammin.110 349. 20 Totale L. 5,854. 59 5,854. 59 Spese per le operazioni di distruzione PRATICATE NEI CENTRI INFETTI 3 Mano d’opera agli operai per le perforazioni, iniezioni, scassi, esplorazioni, ecc L. 10,346. 71 4 Solfuro di carbonio consumato, quint. 57-83 . 2,658. 76 5 Altri insetticidi e generi di consumo 910. 34 6 Trasporti, facchinaggi ed imballaggi inerenti al materiale ed al solfuro di carbonio . . . 1,229. 15 7 Sorveglianza ai centri infetti 4,850. 00 8 Sommersione del vigneto D’Adda 2,881. 61 9 Indennizzi ai proprietari pei valori di stima . . 4,013. 10 10 Onorari al perito per la redazione delle perizie 1,629. 56 11 Spese di liti per contestazioni insorte 108. 50 12 Altre spese varie 635. 99 Totale L. 29,263. 73 29,263. 73 Totale dei pagamenti eseguiti nel detto periodo L. 35,118. 32 Altre spese non pagate nel 1880 riferibili alle infez. 1879-80 E CHE VERRANNO SODDISFATTE NEL 1881 13 Saldo degli indennizzi dovuti ai proprietari per le perizie del 1879 L. 2,853. 31 14 Diarie e competenze al personale direttivo (spese generali) 2,690. 21 15 Indennità dovute per le perizie del 1880. . . 4,629. 69 16 Somma approssimativa di onorari al perito . 1,200. 00 17 Spese per lavori invernali (allegato G) ... . 7,912. 50 Totale L. 19,285 71 19,285. 71 Totale generale, spesa presunta L. 54,404. 03 — 180 — Allegato I. DELEGAZIONE GOVERNATIVA FILLOSSERICA V tn Agrate Brianza Direttore Franceschini Felice, Deleg. govern. per la fillossera per la provincia di Milano. I Soravia Roberto, sotto-ispettore forestale, delegato govern. per la fillossera. (dal 21 giugno all’agosto 1880) Vecellio Osvaldo, sotto-ispettore forestale, delegato- Delegati-coadiutori . ^ govern. per la fillossera (dal 6 luglio al 1 dicembre 1830) Morocutti Cristoforo, sotto-ispettore forestale, dele- gato govern. per la fillossera. (dal 5 settembre al 1° dicembre 1880) Contabile Negri Luigi, Segretario comunale di Agrate. CENTRI FILLOSSER.ATI NELLA PROVINCIA DI PORTO MAURIZIO Ho l’onore di presentare; raccolta in brevi pagine, la relazione intorno ai lavori per la ricerca e per la distruzione della fillos- sera da me diretti nella provincia di Porto Maurizio durante i mesi di ottobre e di novembre del corrente anno. La presenza della fillossera nel comune di Porto Maurizio venne accertata dal professore Giacomo Gentile, delegato fillos- .serico governativo, la mattina del 13 ottobre 1880 nella vigna del marchese Giuseppe Durazzo, posta sulla strada che unisce questo capoluogo di provincia ad Oneglia, e per lo appunto sul •colle S. Lazzaro. Il suddetto professore, della cui opera intelligente e solerte tanto ebbi a giovarmi nella prosecuzione dei lavori di esplora- zione, aveva incominciato le sue esplorazioni saltuarie fino dal giorno 17 di settembre, e visitato, sempre con risultamento fa- vorevole, vari vigneti dei comuni di Borgomaro, di Lucinaàco, di Borgoratto, di Torria, di Cesio, di Calderara, di Cosio d’Ar- -roscia, di Mendatica, di Montegrosso Pian Latte, di Pornassio, di Pieve di Teco, di Lavina, di Rezzo, di Conio, di Torrazza — 182 — di Piani, di Poggi, di Moltedo, di Gazzelli e di Sarola. Non lo traeva ad una esplorazione nella villa Durazzo un sospetto mag- giore che negli altri luoghi da lui visitati : solo la condizione del vigneto, ridotto quasi del tutto improduttivo, lo consi- gliava ad una ricerca, per la quale purtroppo si ebbe certezza che anche la provincia di Porto Maurizio ospitava il parassita funesto. Informati della scoperta l’E. V. e il Prefetto, con sagace pru- denza, ogni esportazione dalla vigna fillosserata venne proibita, e si procede a nuove, più accurate e più intense investigazioni nei prossimi vigneti, affine di riconoscere se si trattava di un focolare isolato, o se altri, indipendenti o derivati da questo, ancora vi fossero. Circolari vennero ripetutamente dirette dalla Prefettura ai sindaci di tutta la provincia, perchè, davanti al pericolo dello estendersi della infezione, vigilassero con alacrità e dessero notizia di ogni minimo sospetto. La Prefettura rivaleg- giava così con il Comizio agrario e con la Commissione Ampe- lografica Provinciale, che più e più volte, prima della scoperta, avevano con tali ammonimenti tenuto in suiravviso i viticultori minacciati dalle infezioni della vicina Francia. Al professore Gentile, due giorni dopo la scoperta, si univa il cav. professore Francesco Panizzi, altro delegato governativo fìllosserico pel circondario di S. Remo, e si fu insieme che il giorno 16 dello stesso mese, sopra una gronda del monte Cal- vario, in un giardino del signor Giovanni Battista Pertusio, eb- bero scoperto un secondo, e fortunatamente ultimo, centro d’in- fezione. Il focolare fìllosserico del marchese Durazzo ha una superficie vitata di m. q. 6165: di questa m. q. 4844, costituenti la vera vigna, erano infetti, e m. q. 1321, in cinque brevi appezzamenti sparsi qua e là per il rimanente del vasto possedimento, erano, o almeno si presentavano, immuni. Il focolare fìllosserico del signor Pertusio aveva una estensione di m. q. 1731 infetti saltuariamente, ma così da costituire una macchia multipla. Per zona di sicurezza si assunse una striscia — 183 — di vigneto immune, sottoposto allo infetto, di proprietà della si- gnora Giuseppina D’Audifret-Littardi, per la estensione di metri quadrati 557. Di modo che la estensione complessiva del foco- lare, senza avere riguardo alla diversità di proprietario, som- mava a m. q. 2288. Il secondo focolare trovasi a sud-ovest del primo, e a circa 2 chilometri di distanza in linea retta. Mancando un catasto, ho dovuto ordinare al perito, scelto d’accordo coi proprietari per la valutazione dei danni, il rilievo dei fondi fìllosserati, tanto più dovendo le perizie recare allegato il tipo dei fondi; ma meglio di quella mappa desunta con larga approssimazione, renderanno all’E. V. esatto conto delle condi- zioni topografiche dei due centri i disegni che ne ha tratti il sott’ispettore forestale del distretto di Porto Maurizio, signor Annibaie Franchi, procedendo ad un esatto rilievo. Intorno all’origine di queste infezioni, se posso addurre fatti per quella della vigna Durazzo, a mere ipotesi devo abbando- narmi riguardo all’altra del giardino Pertusio. Il marchese Giuseppe Durazzo ha acquistato il possedimento ora infetto, solo due mesi prima che la fillossera vi si conoscesse, dai sindaci del fallimento del cav. Reinfeld, il quale, cinque anni or sono, popolava la sua villa acquistando piante ornamentali e viti all’estero, siccome risulta provato dalla relazione d’inchiesta che il delegato di pubblica sicurezza Rotta presentava alla Pre- fettura di Porto Maurizio. Taluno vuole che il Reinfeld facesse venire le viti infette di Francia a mezzo di contrabbandieri, i quali avrebbero passato a Breglio il confine; altri assicura che egli, di ritorno dalle frequenti sue gite all’estero, portasse quasi sempre seco alcuni vegetali esotici, sia da frutta che da abbel- limento, eludendo la vigilanza alle frontiere col celarli nelle va- ligie ovvero sotto al soprabito e nelle maniche. Comunque sia , non mancherebbero forse, all’ iniziamento di un processo contro il trasgressore della legge sulla fillossera, gli elementi compro- vanti il reato; ma il Reinfeld è morto, ed azione penale di sorta non può essere incoata contro i suoi eredi, i quali tutti dimorano 184 — fuori del regno ed in diversi Stati , nè contro il marchesa Giu- seppe Durazzo, che è naturalmente irresponsabile della contrav- venzione perpetrata prima ch'ei fosse possessore del fondo. A poco di positivo ha condotto l’inchiesta praticata dall’ufficio di pubblica sicurezza intorno alla origine della infezione Pertusio. Risulta provato nullameno, per il consenso dello stesso proprie- tario, che nei mesi di marzo, aprile e maggio dell’ anno 1874, egli si è provveduto a Marsiglia di gran copia di piante orna- mentali e fruttifere, le quali ora vegetano prosperose nel giardino, interpolate a viti riconosciute infette, e avute, in gran parte e forse tuttef da vari proprietari di questi luoghi. Il proprietario vorrebbe trovare nelle piante da abbellimento e da frutto il veicolo delfinfezione 5 ma devo rifiutare assolutamente tale sup- posizione, avvegnaché le viti di quel focolare dimostrino una infezione alla quale non si può concedere oltre a due anni di data. Se la fillossera fosse entrata nel possedimento del signor Pertusio nel 1874, oltre a raggiungere tutte le viti che si tro- vavano nel giardino, avrebbe valicato il semplice muricciolo che divide dall’invaso un altro suo possedimento tenuto collo stesso sistema di coltura, e sarebbe poi senza dubbio penetrata nella vigna della signora Giuseppina d’Audifret-Littardi, sottoposta al- l’infetta e non divisa da questa se non per uno scaglione di circa 2 metri di altezza. Lo stato inoltre delle radici primarie e se- condarie delle viti attaccate era in generale ancora così normale da oppugnare al pensiero che la fillossera dimorasse su quei ceppi da lungo tempo. Restano adunque due vie di spiegazione: 0 questo di Pertusio è un centro derivato da quello del Durazzo, 0 anche il signor Pertusio è colpevole di una importazione clandestina di viti. E io mi attengo a questa seconda ipotesi più che alla prima, con- siderando essere molto inverosimile che fillossere alate 0 fillossere aperte radicicole, per la forza dei venti, dalla villa Durazzo, posta in una conca contornata di olivi, e divisa dalla villa Pertusio dal colle sul quale sorge Porto Maurizio, e da due chilometri di coltivazioni variate e di caseggiati, possano giungervi, tanto più — 185 che quest’ultimo centro si trova, rispetto al primo, nel periodo favorevole a tali migrazioni, in opposizione diretta dei venti do- minanti che sono l’est e sud-ovest. Prendendo in fatti ad esame gli annali dell’Osservatorio meteorologico di Porto Maurizio, e precisamente epilogando i riassunti delle osservazioni eseguite nell’ultimo quadriennio, trovo: ANNO MESE Venti Dominanti principalmente secondariamente ( Luglio E 1877 ’ / Agosto E w-sw ( Settembre E ( ' Luglio E 1878 Agosto E 1 Settembre E | ' Luglio E .. 1879 1 Agosto E SW ! i s Settembre SW E Luglio E SW 1880 ; Agosto E SW 1 j Settembre E SW C’è però un’obbiezione alla quale conviene rispondere. Il signor Pertusio assicura, e noi non potemmo accertarlo essendo già com- piuta la vendemmia, che tutte le viti vegetanti nel suo giardino appartenevano a varietà indigene. Questo fatto, se decisamente vero, condurrebbe di prima giunta a supporre reale la importa- zione della fillossera mediante le piante esotiche venute da Mar- siglia ; ma, secondo me, può essere conciliabile anche questa sua asserzione con la infezione prodotta per viti venute posterior- mente di Francia. In fatti, sta bene che il giorno della scoperta — 186 — non vegetassero più che viti indigene nel suo fondo, ma' chi ci assicura che, uno o al più due anni fa, esse non avessero per alcun tempo a compagne barbatelle infette, che presto soccom- benti, perchè giovani e gracili, si saranno o seccate sul luogo stesso del loro impianto scomparendo marcite, o saranno state dal proprietario levate via, visto che non promettevano di at- tecchire? Con esse egli non ha potuto, com’era naturale, strappare la fillossera, la quale, incontrando altre radici robuste, a quelle per naturale istinto dev’essersi di subito attaccata. Tale è la mia opinione , rifiutando ogni altra soluzione la origine del focolare Pertusio, al quale, ripeto, non potevasi concedere una data ante- riore agli anni due. Dove sorge la vigna Durazzo, pochi anni fa, c’ era una cava di pietra. Un forte smottamento della parte superiore del fondo ricovriva la cava con detriti rocciosi e poca terra, facendo intra- vedere al proprietario, bizzarro, quanto ricco, l’idea di una col- tura prima impossibile. Ed invero, fatti minare i macigni più grossi e pestare le pietre più piccole, asserragliata con ciglioni in muro a secco la frana, e profusi sui ripiani i minuzzoli della roccia e altra terra, con una spesa ingente arrivava ad avere un sottosuolo idoneo ad accogliere piantagioni di varia natura e a farvele prosperare. Era quasi logico con una tale premessa che, in una cornice di tanto costo, il signor Reinfeld volesse far en- trare un quadro di corrispondente valore; di qui le molte e belle piante esotiche del giardino e le viti di Francia. Le viti della zona infetta erano 2451 distribuite molto singo- larmente in dieci fasce , quali a filare unico, quali a tre filari longitudinali, quali a filari longitudinali e trasversali. Un pergo- lato inoltre scendeva sul lato est del vigneto coprendo la strada d’accesso. Una sola di queste fasce era coltivata esclusivamente a vigneto; le altre accoglievano qualche pianta fruttifera, spe- cialmente aranci, limoni, chinotti e mandarini, e qualche pianta ornamentale, oltre a diversi ortaggi. Nelle zone di sicurezza, che sono cinque appezzamenti, vi erano solo 366 viti adulte e 420 giovani provenienti da ma- — 187 — gliuoli. Di questi brevi spazi di terreno, nei quali pure s’interca- lavano alle viti diverse piante di arancio, di frutti e di orna- mento e qualche carciofo, uno si trovava sul viale ad est del piazzale centrale, un intorno alla scuderia, uno ad ovest in pergolato, uno più ad ovest ancora intorno ad un chiosco, ed uno finalmente in basso della villa, dappresso al muro che di- vide la tenuta dalla strada provinciale. Le viti di quella parte della zona infetta, che poteva per la sua estensione prendere il nome di vigneto, erano coltivate basse con sostegno di canna; le altre erette lungo le pareti dei pergo- lati e fissate con cerchi e con pertiche orizzontali e con filo di ferro zincato, come è costume in molte parti d’Italia. Non tutte le fasce erano spianate o lievemente declivi, che ve n’avea taluna, massime fra le centrali, inclinata per oltre 30°. Ho pregato il professore N. F. Vassallo di compiere un’ ana- lisi meccanica del terreno, rimettendogli nove saggi presi in tre punti diversi della zona infetta ed a tre diverse profondità, così da avere una precisa nozione sulla natura dello strato in cui le radici si profondavano, ed eccone i risultati: Argilla Sabbia Sabbia. Materie solubili Materie Solubili Facoltà d' imbibizione Ciottoli o detriti in 100 p. Silicea Calcarea Fisse Volatili 31,883 65,117 26,112 39,005 00,460 00,280 00,180 73,300 66,700 Questo focolare è completamente isolato, da poi che lo attor- niano sui lati SW-W-N e NE fitti oliveti, e ad E e a S la strada provinciale che sovrasta, vicinissima, il mare. Inoltre le zone di sicurezza, delle quali taluna è di molto lontana dal centro infetto, e solo vennero comprese nella distruzione perchè facienti parte della stessa tenuta che un muro a cemento tutt’attorno recinge, sono le sole colture a vite che si trovino nel raggio di circa 290 metri. — 188 — Quando esplorai per la prima volta radici in quel vigneto, benché fosse avvenuta la vendemmia, che dette un quintale di uva, e la stagione fosse avanzata, potei riconoscere che in due punti, e per lo appunto ad est e a nord-est della vasca che sorge nel centro del vigneto, 32 piante erano morte. E dico morte realmente , che più che 600 lo erano economicamente. Le piante morte realmente apparivano quasi del tutto sprovvedute di foglie -e, se ne recavano qualcuna, essa era clorotica, secca e accartoc- ciata. Le loro radici, primarie e secondarie, nere, friabili, am- muffite, piene di gibbosità, davano all’olfatto un odore sgradevole di marciume, e reggevano morte le radici terziarie e quaterna- rie, e le poche barbicole non peranco disciolte nel terreno. Rare fillossere ebbi a riscontrare su qualche ceppo meno putrefatto; una o due sui già morti. Invece maggiore il numero delle foglie, come maggiore quello delle barbe, si mostrava sui ceppi delle viti morte economicamente e sugli invasi di recente. Notevole la cortezza degli internodi e il pallore di qualche foglia ancor ve- geta; pochi rigonfiamenti freschi, ma molte traccie e residui di nodosità della stagione calda, e in generale poche fillossere, ciò che vuoisi attribuire, più che ad una leggera intensità di infezione, come parve a taluno, alla condizione di ibernanti nella quale già una parte delle fillossere trovavasi, non occorrendo frequenti le solite larve giovani e le madri partenogeniche. E qui noterò come io non possa accettare l’opinione del pro- fessore Lichtenstein, il quale nel Congresso fillosserico tenutosi in Lione, almeno secondo la relazione che ne diede all’E. V. il signor Cavazza, affermava che, nel tempo in cui incomincia la ibernazione, nessuna fillossera muore. E non la posso accettare questa opi- nione, giacché, tenendo presente simile asserzione, la quale trovavo in contraddizione aperta e con le osservazioni di tanti pratici e con le mie stesse degli anni decorsi, volli esaminare con scrupo- losa diligenza parecchie radici, sicuro che per tale esame la ve- rità sarebbe scaturita. Ed oggi posso, senza tema di essere con- traddetto, opporre a quella affermazione il fatto di parecchie madri partenogeniche e di molte larve, o comuni o già ibernanti, — 189 — eia me raccolte morte, e sottoposte alla prova dell’acqua, del fumo d’ un sigaro e del calore solare per riconoscere se si trattasse piuttosto di letargo che di morte. Una sola, fra le cinquanta e più fillossere da me esaminate, e fatte cadere sopra un foglio di carta, solo percuotendo leggermente il pezzo di radice, ciò che non avviene con fillossere vive, una sola, ripeto, rimanifestossi vivente; le altre flosce. con le zampe rattratte sotto il ventre, e coperte di minuzzoli di terra, ressero a tutte prove. Sarà una condizione eccezionale quella in cui si sono trovate quelle radici? Non saprei riconoscerla. Comunque, aspettando nuovi studi e nuove osservazioni, che apportino piena luce su questo fatto bio- logico, che non manca d’importanza pratica, segnalo in questa relazione il risultamento al quale mi hanno condotto i fatti e i ripetuti miei esperimenti. Vengo alla vigna del signor Gio. Battista Pertusio. Ho detto vigna, ma non esattamente, che vigna quella non era, sì piuttosto un giardino alla foggia inglese, dove le viti en- travano per un di più. Gli aranci coltivati ad alto fusto, i man- darini tenuti bassi, i chinotti, gli olivi, le palme, molti e pregiati alberi da frutto, pini, thuie, jucche, crategi, chameraps, falsi-pepe e cento altre specie di piante legnose arborescenti ed erbacee da abbellimento erano state poste in quello stretto spazio, quale con- torno alla elegante palazzina. Una cupola di verdura, ricoverta da vegetali rampicanti, sorgeva da un lato, seguitata da una, lunga pergola in legno che le viti ombreggiavano addossate. Un secondo pergolato trovavasi a ponente , sostenuto anch’ esso da pali di legno e costituito da viti che vi si fissavano. Inoltre qua e là, o sparse nell’ interno dei vari compartimenti, e più comu- nemente sugli orli di queste stesse e di altre aiuole, parecchi altri ceppi di vite tentavano di farsi strada fra quello affollarsi di foglie multiformi ed avide di luce. Erano 404 le viti com- prese nel giardino, quali più e quali meno prosperose. Devo ripetere che il luogo, separato con muri da un’ altra, piantagione dello stesso proprietario, non lo era, se non mediante uno scaglione a secco, da un vigneto della signora Giuseppina — 190 — D’Audifret-Littardi, il quale finiva sfaldando verso la ìnarina. Per confessione delle persone addette ai lavori del giardino Per- tusio, spesso avveniva che il cascame e il pattume tutto, rac- colti per le redole del giardino infetto, venissero rovesciati dal muro in una fossa compresa nella tenuta sottostante ; ond’ è che alla fossa seguendo subito le viti della signora suddetta, mi è sembrato misura prudente il provvedere. a che tutta quella ma- teria raccogliticcia venisse abbruciata e lo estendere la zona di sicurezza a 20 metri, fino a raggiungere cioè alquanti filari di quella vigna, la quale non cessava dall’essere molto sospetta, seb- bene rivelata immune dalle ispezioni praticatevi. Caddero per conseguenza compresi nella distruzione anche 157 ceppi appartenenti al vigneto della signora D’Audifret-Lit- tardi, tenuto basso con sostegni di canne e sufficientemente esteso, benché a vero dire assai malandato. Questo centro infetto, che ho detto prossimo ad altro giardino dello stesso proprietario, a nord e ad ovest, è chiuso da folto bosco di olivi. Nei pressi però si dilungano altri vigneti ed orta- glie con viti, così che il detto centro non può dirsi isolato quanto lo è quello del marchese D arazzo. La stessa analisi del terreno ebbi dalla compiacenza del pro- fessore Vassallo, e ne riporto gli elementi principali: | Sabbia Materie solubili Materie SOLUBILI Facoltà d’imbibizione Ciottoli Argilla Sabbia Silicea Calcarea Fisse Volatili o detriti in 100 p. 34,200 65,800 41,783 24,017 00,740 00,560 00,180 54,900 j 36,550 Il 19 di ottobre, cioè nel giorno stesso del mio giungere in Porto Maurizio, presi conoscenza della infezione Pertusio, rico- — 191 — noscendola a primo vedere molto più leggera dell’altra, avvegnac- chè le piante veramente infette fossero poche e saltuarie, e i sin- tomi esterni non si presentassero così patenti come nell’ altro centro infetto, nè di molto mortificate apparissero le radici anche sottili , quantunque non senza rigonfiamenti caratteristici sulle barboline. Le fillossere vi erano anche in maggior numero, e la ibernazione mostravasi alquanto più ritardata, ciò che probabil- mente era dovuto alla esposizione culminante e meridiana del luogo. Fenomeno però non nuovo, perchè a Riesi è stato frequente- mente notato, ma che qui ammette spiegazione diversa, si era quello della condizione miserissima alla quale si trovavano ridotte molte viti della villa Fertusio, che accurati scandagli e lunghi esami dimostrarono del tutto sane. Quasi si sarebbe stati tentati a dire, se non a credere, che la fillossera, intaccandone alcune, ne promuovesse la ricostituzione. Questo, come già prevenni, non dipendeva dalle cause addotte dal professore Freda a spiegare lo stesso fatto comune nelle infezioni riesine, chè qui e coltura e terreno presentavano caratteri del tutto diversi; sì piuttosto da ciò che quelle viti, e, per una strana combinazione, più le immuni che le fillosserate, crescendo in grembo a quella rigo- gliosa vegetazione di piante esotiche e nostrali, non Sfuggivano agli effetti funesti dell’aduggiamento, e prive della luce neces- saria, con poco nutrimento, trasandate quali Cenerentole fra lo sfoggio delle sorelle straniere, soccombevano vittime di quella continua lotta per resistenza nella quale, nè per forza insita di natura, nè per artificiali aiuti, avrebbero potuto rivaleggiare con le altre. A complemento di questi cenni particolari alle colture dei due centri infetti, e secondando il desiderio espresso dal Ministero nel sommario che dev’ essere schema alla relazione , riaffermerò in succinta esposizione i sistemi di coltivazione della vite in uso nel circondario, accennando in pari tempo, e alle varietà princi- pali dei vitigni coltivati, e a qualche altra attinente condizione. Mi servono in questo riassunto, oltre le conoscenze desunte sopra — 192 — luogo nella breve mia permanenza, alcune pregevoli pubblicazioni che gli autori ebbero cortesemente a favorirmi (1). Non molto disparate sono le opinioni degli scrittori di cose viticole intorno alla estensione del territorio coltivato a vite. Il signor Tito Ricci, del quale mi vennero sott’ occhio alquante note manoscritte sopra lo stato della viticoltura nel territorio di Porto Maurizio, crede che tale superficie raggiunga i 2500 et- tari, non tutti a vigneto puro, chè anzi di veri vigneti assicura scarsissimo il numero, ma compresevi tutte quelle colture miste agli ortaggi, ai legumi, e specialmente ai cereali, dove la povera vite, per servirmi della espressione dell’egregio enologo Accame, entra per un di più. L’avvocato Anastasio Sulliotti, nel Bollettino del Comizio agrario di Porto Maurizio, dell’anno 1868, assegnava ettari 2453 a questa coltura, comprendendovi 500 ettari di ter- reni appartenenti a comuni che si erano rifiutati di fornire le indicazioni, e calcolava che, sui 1953 ettari denunziati, solo 727 fossero coltivati esclusivamente a vite. Il professore Vassallo crede ettari 1274 siano costituiti da vigneto puro ed ettari 1226 da vigna mista. La vite qui, in generale, è tenuta bassa; logico sistema, fino ad un certo punto, per i luoghi molto sbattuti dai venti. Le nuove piantagioni si fanno in principio di primavera, usando di tralci o di magliuoli che si affondano a circa 50 centimetri nel foro praticato da un palo di ferro, previo dissodamento di tutto il terreno per un metro di profondità. Poco riguardo si ha alla esposizione del vigneto o alla natura del suolo che accoglie la nuova coltura, onde non è raro incontrarla in bassure umide e paludose in nessun modo corrette. Varia da 30 a 60 centimetri la distanza di ceppo a ceppo; da 1 a 2 metri quella dei filari (1) Atti ufficiali del VII Congresso dei Comizi agrari della zona ligure tenuto in Savona dalTll al 18 agosto 1878. — Bollettino del Comizio agrario del circondario di Porto Maurizio. Anno I, 4° trimestre 1868. — Sullo stato dell’ Agricoltura, relazione dell’avv. Anastasio Sulliotti. — Cristoforo Accame, Conferenze enologiche , Savona, 1880. — Prof. Gian Maria Molfino, Ampe- lografia. — Eugenio Rambaldi, Memoria che accompagna i vini mandati alla Esposizione di San Remo. Genova, 1872. — 193 — fra loro, quando non vi s’intercalino altre colture, nel qual caso si giunge a 3 metri e talvolta la si supera. S’ incontrano anche qualche volta vigne nelle quali sorgono due piante vicinissime fra loro, per esempio a 25 centimetri, e ad un metro e più di distanza .altre due, seguendo tale regola poco razionale per tutto il filare. I pali secchi e le canne sono gli appoggi ai quali la vite si assicura. Solo nel mandamento di Pieve di Teco si piantano a distanze di metri 1,50 i pali, cui si fissano, all* altezza di circa 1 metro, pertiche formando in certo modo una spalliera, alla quale si avvinghiano i due, tre o più tralci fruttiferi che si lasciano per ogni pianta. Tali colture per solito si fanno sopra ripiani, detti fasce o terrazzi , le più volte asserragliati con muri a secco. Lo stallatico è il concime generalmente adoperato, e lo si som- ministra due volte; cioè in primavera e in autunno, in una delle quali stagioni si praticano anche le arature o annuali o biennali. Da taluno si usa anche la colombina e il guano, ma di rado. Con la potatura si procede malissimo, punto badando alla forma più conveniente cui foggiare la pianta, nè serbando misura o armonia nel lasciarvi i tralci. V’ha in una stessa vigna piante potate alte, a mezzo e basse ; taluna vite reca un solo tralcio, tale altra cinque o sei, dimodocchè trovansi, in autunno, grappoli che si strascicano in terra, mentre altri pendono in alto dalla cima dei pali tutori. Non si tolgono, ciò che giova cotanto, alla fine di autunno i tralci infruttiferi, ma si aspetta la fine dell’ inverno a compiere una potatura generale. I succhioni, che spuntano lungo il ceppo, vengono d’ordinario levati, e in qualche luogo si pratica anche con saggia norma la spampanatura, massime in vicinanza della vendemmia. Si solfora la vite da mezzo aprile a tutto luglio, e con me- diocre effetto, da poi che 1’ oidio resta in parte vinto, ma con spreco di tempo e di solfo, per nulla avendosi, in generale, ri- guardo allo stato dell’atmosfera e alle ore del giorno. 13 — 104 Le varietà di vizzati, che meglio prosperano in questo circon- dario, sono le seguenti, che classifico secondo la loro importanza: Salerna nera , Cr ovina y Vermentino , Dolcetto o Onneasca , Rossese, Bianchetta , Barbarossa , Pignola bianca , Pignola nera o Negriny Negrày Granacela, Rollo , Taggia , Moscatellone , Treggia e V Isabella. Ma pur troppo, con gara poco lodevole, ogni proprietario tende a fare delle proprie vigne un mosaico di tutte queste varietà, reputandosi soddisfatto quando possa vantare non duplicato il prodotto delle sue nuove piantagioni, ma centupli i sapori e le apparenze delle sue uve. Non mancano, in tanta assenza di razionali discipline viticole, alla quale corre parallela la trascuranza di sagge norme di vini- ficazione, nè voci autorevoli, nè esempi efficaci di ammaestra- mento, chè qualche vigneto vorrebbe essere segnalato come ben tenuto, se, con la natura sommaria di questo cenno, non fosse incompatibile una diffusione maggiore. Ond’è elido m’arresto, senza entrare nelle generalità della ven- demmia e delle altre pratiche enotecniche, non direttamente im- portanti per questa relazione, per continuare la narrazione speciale dei lavori di ricerca e di distruzione della fillossera. Scoperti i due centri d’infezione, rendevasi indispensabile una esplorazione accurata nei loro dintorni, per la quale assicurarsi se si trattava di fomiti fillosserici che avessero dato luogo a centri secondari, o se di focolari isolati. In pari tempo, come avviene sempre quando una subitanea scoverta tronca le illusioni d’immunità, nelle quali troppo facil- mente le regioni si cullano, un po’ di timor panico e di sovrec- citazione naturale, in momenti di così prossimo pericolo, fecero piovere alla Delegazione governativa molte denunzie di sospetti e molte dimande urgenti di ispezioni dai vari comuni della provincia. Edotto che questi facili timori vogliono essere, quanto più sollecitamente è possibile, dileguati, e deciso nello stesso tempo di non ritardare l’incominciamento delle esplorazioni regolari, ho pensato di assegnare ai delegati governativi della provincia, prò- — 195 — fessore Giacomo Gentile e professore cav. Francesco Panizzi, il compito di accorrere dovunque erano stati manifestati sospetti, procedendo in pari tempo col delegato Guarinoni alle ispezioni regolari. E difatti, secondo tale criterio, procedettero le cose. Percorsa, nei due sensi di Oneglia e di S. Lorenzo, la linea litorana, e visitate le valli che confluiscono al mare, mi è parso sufficiente di chiudere le due infezioni in una zona di circa otto chilometri di lunghezza e di un chilometro di larghezza per essere garantito del loro isolamento. E perciò, ristando sulla linea di Oneglia alla Valle Impero #che, sebbene distante solo due chi- lometri dal focolare Durazzo, e per la sua ampiezza e per essere solcata da un torrente relativamente agli altri ricco di acque, e perchè l’intera città di Oneglia si opponeva quale potente ba- luardo alla diffusione della fillossera nei vigneti che si trovano al di là, ho deciso in quella vece di più spingermi verso po- nente, e perchè maggiori vi erano le vigne, e perchè un così sicuro ostacolo non si frapponeva al trasporto dell’ insetto per l’azione dei venti. Il professore Gentile ben presto soddisfece alle domande e ai sospetti con esplorazioni saltuarie, e potè assumere la direzione d’una squadra, operando sulla linea di levante, mentre l’ufficiale forestale Guarinoni prendeva la valle di Caramagna, che retrostà al paese, per passare indi da quella alle altre valli di Prino e 'dell’Inferno, sino a raggiungere la punta di S. Lorenzo, cioè alla meta prefissa. Nei giorni d’intermezzo fra l’uno e l’altro trattamento delle zone infette, anche F ufficiale forestale sig. Spigno, addetto spe- cialmente alle operazioni di distruzione, nelle quali è peritissimo, ispezionava qualche vigneto o qualche ortaglia nello interno della città. Meglio che riportare il diario, dal quale difficilmente senza lunghi computi potrebbesi desumere con netto criterio la somma del lavoro eseguito, presento all’ E. V. un quadro, nel quale, giorno per giorno, ho consegnati gli elementi statistici a tal ma- niera di operazioni relativi. (Allegato A ). — 196 — Da esso rileverà come la prima squadra injettatori abbia, nei pochi giorni in cui ha potuto dedicarsi alle esplorazioni, ispe- zionati 8608 metri quadrati di terreno vitato, visitando ad una ad uno 7793 ceppi; come la seconda squadra, diretta dal pro- fessore Giacomo Gentile, abbia esplorato m. q. 279746, visitando 83832 ceppi, dei quali 8200, uno per uno, sopra una superficie di m. q. 22490; 36503 uno ogni due, sopra una superficie di m. q. 99303; 32474 uno ogni tre, sopra una superficie di m. q. 126199; e 6655 uno ogni quattro, sopra una superficie di m. q. 31754 ; come finalmente la terza squadra, affidata al de- legato coadiutore sig. Guarinoni, abbia esplorato m. q. 536299,. visitando 133979 ceppi, dei quali 11376, uno per uno, sopra una superficie di m. q. 17828; 56397, uno ogni due, sopra una su- perficie di m. q. 176390; 39121, uno ogni tre, sopra una super- ficie di m. q. 197718 e 27085, uno ogni quattro, sopra una su- perficie di m. q. 144363. In complesso vennero esplorati m. q. 824653 visitando 225604 ceppi sopra 561734 esistenti sul territorio visitato. Di questi 225604, 27369 vennero esplorati uno per uno sopra una super- ficie di m. q. 48926 ; 92900, uno ogni due, sopra una superfìcie di m. q. 275693; 71595, uno ogni tre, sopra una superficie di m. q. 323917; e 33740, uno ogni quattro, sopra una superficie di m. q. 176117. Tale lavoro di esplorazione, che ha l’intensità di circa 2| 5, è stato compiuto mediante un lavoro di 944 giornate di operaio e di 180 di caporale; ond’ è che ogni operaio ha effettuato quale media giornaliera di lavoro lo scoprimento delle radici di 239 viti, senza tener calcolo delle distanze talvolta grandi che incorrono fra vigneto e vigneto, e ogni caporale ha potuto esaminare gior- nalmente circa 1253 radici. Particolareggiare ancora , cercando la media giornaliera del- l’operaio in correlazione alla intensità della ricerca e alla natura del suolo, mi torna impossibile, imperocché entrano a modifi- care questi elementi i coefficienti importantissimi della distanza da vigneto a vigneto, e del genere misto o puro della coltura vitata. — 197 — Per attuare con speditezza e con efficacia tali operazioni, la -esperienza m’indicava siccome ottimo il sistema di distrubuire in squadriglie, di sei scalzatori con un caporale esaminatore, gli operai. Al personale pratico, che faceva assolutamente difetto, ho potuto supplire mediante alcuni giovani, allievi dell’ Istituto tecnico la più parte, due de’ quali avevano presa conoscenza della fillossera nel Nizzardo, e con tre guardie forestali della provincia. La mercè di visite praticate nelle zone infette, quelli, cui riesciva del tutto nuovo tale genere di ricerche, si ammaestrarono così da garantirmi che, anche fuori di là, avrebbero saputo avvertire la presenza dell’insetto sulle radici. Questo numero di sei operai non fu costante, perchè dovetti ridurlo talvolta sino a tre, co- stretto com’ero a licenziare i molti esigenti e svogliati, che dap- prima avevo dovuto accozzare nei dintorni della città, per rivol- germi in paesi più lontani in cerca di personale più attivo , e con pretese minori. Solo da ultimo potei raggiungere una certa stabilità. I delegati coadiutori, presenziando sul terreno le visite, aiu- tavano i caporali nello esame delle radici, dissipavano i dubbi che la presenza di qualche sottile germoglio giallognolo, di qualche 0,‘Ì5 Distanza fra il muro e la vite ... » 0,20 Lunghezza massima delle radici ... >1,10 Profondità massima » 1,00 Direzione predominante : le radici tendono a volgersi dalla parte opposta del muro, di quelle nate verso il muro taluna si piega, gira il fusto e s’inoltra nella terra, tal altra scende verticale. 3a Vite. Lunghezza del magliuolo m. 0.40 Distanza dal colletto al gomito ... » 0,20 Distanza fra il muro e la vite ... » 0,20 Lunghezza massima delle radici ... » 1,00 Profondità massima » 0,80 Direzione predominante: come la prima e la seconda. Sfavorevoli erano le condizioni della vigna Dnrazzo per Y ap- plicazione del solfuro di carbonio , in quanto che i muraglioni , sui quali si stendevano le fasce vitate, spingendo i loro filari sino alborlo, mi facevano temere che la più parte dei vapori in- setticidi sarebbe sfuggita per i larghi pertugi che intercedevano fra huna e Taitra delle malconnesse pietre. Gli esempi ammaestrativi della Cà Bianca a Valmadera, e di Ritiro a Messina, mi confermavano nella supposizione suddetta della dispersione del solfuro, e si fu allora che mi volsi al Mini- stero proponendo un sistema misto di trattamento a solfocarbo- nato di potassa e a solfuro di carbonio, sistema che non venne approvato, ma che chiedo licenza di poter qui ricordare. Non consideravo il solfocarbonato di potassa altrimenti che come un diverso mezzo di applicare il solfuro, e del quale volevo moderare la eccessiva forza di espansione. La mia proposta era la seguente: 1° Trattare da principio il terreno con 50 grammi, per metro quadrato, di solfuro di carbonio; — 201 — 2° Dopo sei giorni, ritrattarlo con 30 grammi di solfuro per metro, immettendo nelle fossette, che avrei fatto scavare in- torno ai ceppi, il solfocarbonato di potassa nella misura di 10 grammi di soluzione normale per cinque litri d’ acqua, da som- ministrarsi in varie riprese, per evitare, nel caso di pioggia, una diluizione esuberante e quindi inefficace ; 3° Dopo altri 6 giorni, ripetere lo stesso trattamento che in principio, solo badando ad alternare i fori. Mi traeva inoltre a questa proposta il sapere a quali buoni risultamenti si era condotto il signor Laugier, in quel di Nizza, attuando tale procedimento misto nei metodi curativi, in seguito ai quali il mio valente coadiutore, prof. Gentile, non era stato capace di rinvenire nel terreno, anche sfavorevole per condizioni naturali, una sola fillossera viva. E mi vi traeva ancora la con- vinzione che il solfuro di carbonio, svolgendosi lentamente dal solfocarbonato potassico, più avrebbe corrisposto all’ effetto perchè più avrebbe durato nel terreno; la necessità del detto procedi- mento, anche per riguardi di temperatura, veggo presentemente altrove riconosciuta (1). Tuttavia, non consentita questa prova, e ordinata Y applica- zione del solfuro di carbonio, mi sono tosto apparecchiato ad eseguirla, secondo il procedimento dimostrato più efficace. Suddividere in tre trattamenti la dose di 140 gr. di solfuro, ritenuta sufficiente nei procedimenti distruttivi; adottare schemi generali d’iniezione a metro quadrato, non consentendo la irrego- lare distribuzione delle viti l’applicazione di quelli che vogliono per fondamento costante e la distanza delle file e quella dei ceppi, e accompagnare ciascuna delle tre iniezioni con tratta- menti suppletori ai ceppi tutti e ai filari estremi dei soli sca- glioni murati : questo fu il mio programma, in correlazione al quale, dopo il primo trattamento, a grammi 40 per metro quadr. (Schema I - Alleg. 6), che durò dal 26 al 29 di ottobre, nei giorni 1 e 2 del successivo novembre feci insufflare lungo i filari (1) Annali cT agricoltura, n° 28, pag. 18. — 202 - dei scaglioni murati, per la lunghezza di metri 1002, 10 grammi di solfuro ad ogni mezzo metro (Schema IV - Alleg. C). Attuato il secondo trattamento a 60 grammi per metro quadrato (Schema II - Alleg. C) spostando di mezzo metro la rete dei fori in una sola direzione, nello stesso dì 2 e in parte nel 3 novembre, facevo in quest’ultimo giorno ripetere il trattamento suppletorio suddetto, rinnovandolo il giorno 6. Sorpreso dalla pioggia, e temendo che le uova, resistenti a queste dosi blande, avessero a riprodurre, il" giorno 11 procedevo alla iniezione (Schema V - Allegato C) di 20 grammi per ogni ceppo, insufflandone 10 alla profondità di 10 centimetri e altri 10 dal lato opposto del fusto alla profondità di cent. 25, secondo la figura seguente. Nel contempo incominciavo il terzo trattamento a grammi 10 per foro (Schema III - Alleg. C), spostando la rete dei fori di 25 centimetri sulle due direzioni normali, e allargando la zona da trat- tare, pel sospetto che talune fillossere riparassero nella terra vicina alla già solforata per isfuggire all’azione dell’insetticida. Davo ter- mine alle operazioni il giorno successivo. In complesso, nelle tre iniezioni normali, la zona infetta si ebbe un trattamento com- plessivo di grammi 140 per metro quadr., come rilevasi chiara, mente dall’esame dello schema VI (Alleg. D) che compendia i tre trattamenti. — 203 — Gli avampali per le perforazioni, dopo due giorni di prova, si dimostrarono superflui, meno che sui sentieri battuti; onde ser- virono più specialmente agli operai ostruttori, Non posso quindi presentare elementi statistici intorno alla quantità di lavoro ef- fettuato nelle perforazioni. Gli elementi consegnati nel quadro (Allegato B ) permettono in quella vece di dedurre qualche media intorno ai lavori d’ inie- zione. Risulta infatti che ogni operaio, computata la parte di tempo che occupa a versare il solfuro dai barili nelle bombole e da queste nei pali iniettatori, nonché a stendere le corde a nodi secondo gli schemi prestabiliti, computate le sospensioni ine- vitabili cagionate dalla rottura degli strumenti e arnesi che adopera e i viaggi fra un punto e 1’ altro dei luoghi da trattarsi, può in un giorno iniettare, facendo il foro con la siringa stessa, circa 750 fori a 10, 20 o 30 grammi, di poco variando lo spazio di tempo impiegato se dà uno, due o tre colpi di stantuffo. Avrei trovato a questo proposito la sola differenza di circa 50 fori, in ragione inversa dei decagrammi insufflati nel terreno. Questi elementi sono desunti anche tenendo calcolo di quanto si operò nella villa Pertusio, dove però le condizioni del suolo molto più favorevoli mi consigliarono bastevoli due trattamenti sussidiati da altrettante iniezioni suppletorie ai ceppi, e dove ho dovuto seguire, per -le ragioni accennate in argomento alla villa Durazzo, l’adozione di schemi generali per metro quadrato. Il primo trattamento a gr. 60 per metro quadr. (Schema II - Alleg. C) ebbe luogo nei giorni 30 e 31 ottobre nella zona infetta e il giorno 1° novembre nella zona di sicurezza Littardi. Il secondo, ritardato di tre giorni a cagione della pioggia, venne effettuato il dì 10 con grammi 70 per metro quadrato (Schema VII - Alle- gato E). Una delie iniezioni suppletorie di grammi 20 ai ceppi, somministrati a 10 e a 25 centimetri, come nella villa Durazzo,. seguì immediatamente al primo trattamento; l’altra, nelle iden- tiche misure, al secondo. In complesso, nei due trattamenti nor- mali, la zona iniettata ebbe 140 grammi di solfuro per m. quadr.,. come si rileva dallo schema Vili (Allegato F) che li riassume. — 204 L’iniezione ripetuta ai ceppi completava, con altri 10 'grammi circa di solfuro per metro quadrato, il trattamento nelle dosi prescritte, portandolo a grammi 140 per metro quadrato. Le mie osservazioni sullo stato della fillossera, dopo i primi trattamenti, si sono limitate all’ esame di due soli ceppi, perchè mi apprendeva la pratica essere pericolosi questi sommuovimenti del suolo. Infatti ricordo che a Valmadrera e ad Agrate in certi punti dove, a soddisfare le esigenze dei molti visitatori, si leva- rono, a trattamenti non compiuti, alquanti ceppi, si resero neces- sarie altre iniezioni , ciò che non occorse per le viti lasciate sotterra. Su questi due ceppi esaminati il giorno 4 di novembre, uno nella zona infetta Durazzo e F altro nella zona Pertusio, trovai ancora fillossere ed uova vive, non molte, ma, in ispecie sui ri- gonfiamenti freschi, certo un 20 °[0 di quante ne ebbi a rilevare prima delle iniezioni. Il giorno 19 però, cioè sei giorni dopo che era finito l’ultimo trattamento sì nell’una che nell’altra villa, invitata una rappre- sentanza del Comizio agrario, della Commissione ampelografica e della Delegazione fillosserica provinciale, la Delegazione gover- nativa si recava nelle ore antimeridiane alla villa Pertusio. Ivi, compiutamente sradicati 17 ceppi già infetti, riconoscevansi ottimi gli effetti delle iniezioni eseguite, nessuna fillossera e nessun uovo manifestandosi vivo sulle radici minutamente esplorate con la lente. La pioggia aveva in gran parte aiutata la dissoluzione degl’insetti, e rare trovaronsi le fillossere e le uova nerastre e verdognole in via di emaciazione. Identico risultamento, del quale gran merito spetta al diligente e solerte delegato Spigno che ha soprainteso a tutte le iniezioni, diede l’esame praticato nella villa Durazzo nelle ore pomeridiane, dove sradicaronsi del tutto 34 ceppi, scegliendone 17 lungo i temibili ciglioni murati. Ho creduto conveniente redigere di tale visita il processo verbale (Alleg. G). Varie sono state le osservazioni effettuate sulle piante vege- tanti nelle zone iniettate*, il giorno 1° di novembre, quando an- — 205 — cora il primo trattamento nella villa Durazzo non era compiuto, ebbi a notare un forte ingiallimento nelle foglie coriacee degli agrumi e una certa flacidezza nelle frutta. Il giorno dopo rilevai che questo ingiallimento non era dovuto all’azione ipogea o sot- terranea del solfuro, chè troppo pronta essa si sarebbe dimostrata, ma sì piuttosto all'azione epigea o aerea, e mi convinsi di ciò coiraccertarmi che molte piante, crescenti in terreno non iniettato, ma in prossimità ai muri, per i quali il solfuro iniettato superior- mente sfuggiva, manifestavano lo stesso pallore e la stessa floscezza. Il 6 novembre 21 pianta di limone e 4 di arancio mostravano le foglie appassite o in via di esserlo ; due limoni anzi e un arancio le avevano ingiallite e quasi secche. Il 12 dello stesso mese si mostravano deperiti fortemente 4 aranci e 13 limoni. Finalmente il giorno 19, 7 limoni, 6 aranci e 1 salice erano già disseccati, e 14 limoni e 7 aranci molto danneggiati. Meno letale si dimostrò il solfuro nella villa Pertusio, dove si manifestò in tenue misura tanto l’azione epigea che la ipogea, e dove, a trattamento finito, nel giorno 19 novembre rilevai soli 7 aranci ed 1 fico deperienti in mezzo alla vegetazione rigogliosa delle molte altre piante indigene ed esotiche. Le viti, così nell’ uno come nell’altro centro, presentavano tracce di solfo lungo le diramazioni sotterranee superficialmente de- composte, ma taluna, nonostante la stagione avanzata, la recisione delle parti aeree e la forte iniezione subita, aveva conservato ancora tale robustezza da emettere germogli freschi. E qui, giacche si desiderano manifeste le opinioni di coloro che si occupano degli studi fillosserici, e avvisate le conseguenze che i fatti notati possono avere sulla natura dei procedimenti da adottarsi nel seguito di questa lotta, mi permetto di richiamare l’attenzione della E. V. sopra un fenomeno non nuovo, ma, a mio parere, non abbastanza studiato. Intendo accennare alla re- sistenza, opposta per rusticità naturale delle nostre viti, all’azione deleteria del solfuro di carbonio. Fino dagli anni passati, studiando le relazioni dei francesi, e più specialmente i rapporti del professore Marion sui lavori della — 206 — Compagnia Parigi-Lione-Mediterraneo , la quale avrebbe avuto interesse a non menomare le buone qualità del solfuro di carbonio, lio trovato che le viti infette di quei luoghi, assoggettate ad in- sufflazioni che stiano fra i 60 e i 100 grammi in due trattamenti, soccombono in gran parte all’azione venefica dell’ insetticida. Nella Borgogna poi, e principalmente a Meursault e a Chénove, dove i trattamenti distruttivi si spinsero sino a 144 grammi, le piante più o meno infette sarebbero tutte morte. Non cito nè libri nè autori, chè tali fatti sono noti a tutti coloro che si oc- cupano di cose fìllosseriche. In Italia, almeno nei vigneti di Lombardia, di Sicilia e di Liguria, dove ebbi o a coadiuvare o a dirigere operazioni di- struttive, le cose corrono alquanto diverse; le viti resistono ad iniezioni di molto più intense, ed io posso addurre, fra gli altri, due fatti che lo comprovano chiaramente. Ad Agrate, nel vigneto Fè, Tanno scorso in autunno veniva lasciato in piedi un appezzamento di circa 1000 metri quadrati, quale zona di sicurezza da trattarsi con una dose di solfuro mi- nore di quella usata per la zona infetta, cioè con grammi 100 per metro quadrato anziché con 140 o 150. Ora avvenne, per un equivoco ben scusabile in momenti di fretta e di febbre quali furono quelli, che quella zona, trattata dal mio collega Cittolini con 100 grammi di solfuro, venisse a pochi giorni di intervallo da me ritrattata con pari dose, e accogliesse per ciò nel suo grembo 200 gr. di solfuro di carbonio nello spazio di 9 giorni. Di quelle viti, che patirono per soprassello il rigore del passato inverno, non morirono se non tre o quattro, vale a dire nulla più del percento che la mortalità segnò negli altri orti e vigneti del comune di Agrate. La inefficacia della sommersione e dei trattamenti a solfo car- bonato potassico ha indotto quest’anno il Governo alla recisione del vigneto D’Adda e al successivo trattamento a solfuro. Il 26 ed il 28 dello scorso giugno quelle viti, circa 6000, furono stron- cate ; il 30 dello stesso mese incominciava il primo trattamento per finire il 1° di luglio. Nei giorni 6 e 7 aveva luogo il se- — 207 — condo. Orbene, questi ceppi, stati sommersi per oltre 60 giorni, e sprovvisti di gran parte del terreno vegetale, avvelenati con solfocarbonato di potassa , recisi a pochi centimetri sopra terra, e finalmente impregnati con 140 grammi di solfuro di carbonio per metro quadrato, il giorno 30 di luglio, cioè soli 23 giorni dopo l’ultima iniezione, avevano tutti emesso dai tronconi nume- rosi e robusti getti, che misuravano oltre un metro di lunghezza e davano al vigneto l’aspetto di un vivaio rigoglioso. I delegati delFUngheria, che in quel giorno visitavano Agrate, non finivano dal farne le maraviglie. A Messina ho notato lo stesso ; qui in Liguria anche. So che il professore Macagno ha pure riconosciuto lo stesso fenomeno a Riesi, e quanti hanno preso parte ai lavori fillosserici in Italia possono testimoniarlo. In presenza a tali fatti, credo non inutile renderli manifesti, richiamando su di essi l’attenzione di coloro che certamente ne sanno trarre profitto, tanto più nell’idea che, se la immissione del solfuro di carbonio nel terreno potrà essere mano mano attuata così da assicurare, in uno o due trattamenti, la totale distruzione delle fillossere e dei suoi prodotti, gioverà sapere che, per una naturale resistenza delle nostre viti, possiamo farlo senza reciderle, ma conservandole anzi fruttifere. Ritorno ai lavori e, per meglio dire, ai lavoratori e ai sorve- glianti o caporali, dei quali il sommario della relazione prescrive sia detto qualche cosa. Come già ebbi l’onore di accennare più indietro, la questione degli operai e dei caporali mi si presentò da principio un cotal poco intricata. I molti che mi erano stati offerti in paese, male avvezzati da proprietari troppo condiscendenti, possessori di ter- reno anch’essi la più parte, usi a trarre dalla vicina Francia laute mercedi, e dal natio mare facile il mezzo di provvedere ai bisogni più urgenti della esistenza^ pretendevano salari esagerati, poco lavoro e punto disciplina. Li ho dovuto subire per alcuni giorni, affidando la cura dei peggiori al delegato Guarinoni, nel quale vanno del pari la severa energia e il buon volere infati- cabile; ma a poco a poco le ricerche, estese ai comuni della — 208 — montagna e alla vicina provincia di Cuneo, mi permisero di eli- minare gli esigenti e gli infingardi, conducendomi ad avere un perso- nale che si accontentava di parco emulomento, lavorava e ubbidiva. I migliori operai erano di Ormea, di Mendatica, di Conio e di Pornassio; i peggiori di Porto Maurizio e delle frazioni aggregate al comune. Fra i caporali ve n’era di buoni e di mediocri; non ho potuto fare cerna di sorta, esiguo essendo il loro numero, e dovendo, in tanta deficienza di personale pratico, non badare tanto pel sot- tile con chi, se non altro, conosceva l’insetto. Tre guardie fore- stali provinciali mi prestarono sempre ottimo servigio. Riassumo in uno specchietto le spese fatte per l’attuazione dei diversi lavori dal giorno della scoverta della fillossera, 13 ottobre, al giorno della sospensione delle operazioni autunnali, distin- guendole nelle loro varie categorie: o > s EH 2 55 _ 'S MERCEDI agli Operai e Caporali ACQUISTO di Solfuro SPESE di SPESE TOTALE 55 a; R 7? O £ Z o W “ s 0- Lavori di Iniezione Lavori di Esplorazione Trasporti facchinaggi Diverse L. c. L c. L. c. L. c. li. c. L. c. li. c. 1,822. 50 282. 50 2,648. 68 416. 25 182. 45 297. 55 5,649 93 Le perizie, redatte dal signor Giovanni Ascheri per conto del Governo, della Provincia e dei proprietari, dimostrano l’ammontare delle indennità dovute ai possessori delle zone distrutte, e sono complessivamente : Per la zona infetta del marchese Dimazzo . L. 503,78 Per la zona di sicurezza id. . » 86,90 Per la zona infetta del signor Pertusio . . » 111,52 Per la zona di sicurezza Littardi » 36,70 In complesso. . . . L. 739,10 — 209 — Non ho creduto di poter assegnare alle varie zone di sicurezza, così del primo come del secondo focolare, indennizzi superiori ad un anno del prodotto medio, giacche la prossimità di qualcuna ai centri fillosserati, e la circostanza di qualche altra delFappar- tenere al medesimo proprietario, e lo stato di tutte, molto deperito, non ammettevano compensi maggiori. In argomento a queste indennità da concedersi ai proprietari delle viti distrutte, tenendo presente le ultime discussioni della Commissione consultiva e il nuovo progetto di legge sulla fillos- sera, pel quale tanto la zona infetta quanto la zona di sicurezza avrebbero un trattamento finanziario analogo, desidero richiamare F esame della E. V. sopra la determinazione del grado d’infe- zione, che entra quale un elemento di somma importanza nei calcoli periziali. Io stimo dannoso all’ interesse del Governo, e lesa a suo scapito la giustizia, se si procede a tale determinazione nel modo finora seguito, cioè esplorando, di ogni pianta, una o due sole barboline per poi arguire, dal per cento delle piante ricono- sciute infette, il grado percentuale della infezione. E ammesso, almeno da molti fra i delegati fillosserici, che tali visite non offrano all’ esploratore la piena sicurezza della immunità di un vigneto: anzi la più parte non concede ad esse oltre ad un terzo di probabilità. In Riesi, dove è dimostrato che la fillossera può con frequenza aver assaliti i palchi inferiori delle radici, lasciando provvisoriamente intatti i superiori, tale coefficiente di un terzo è forse esuberante; ma, lo si tenga pure per generale, finché una tavola comparativa fra il numero delle piante rico- nosciute infette con la ispezione superficiale e quelle che rivelino la presenza dell’insetto nell’esame minuzioso dei ceppi sradicati, non permetta un giudizio sicuro, dovrà il Governo rinunziare a questo aumento di un terzo nel grado d’ infezióne ricono- sciuta, soddisfacendo al di più che, naturalmente, le inden- nità dovute ai proprietari importeranno? Credo assolutamente che no. Ritornando al seguito dei lavori, noterò come dessi siano stati sospesi, per quanto riguarda le iniezioni, il giorno 12 del corrente 14 — 210 — novembre, e, per ciò che riflette le esplorazioni, il giorno 13 dello stesso mese , come l’E. V. può rilevare dai quadri al- legati Aj B. Nessuna vite, nel campo delle iniezioni, mi ha rivelato un grado di resistenza maggiore di quello delle altre contro gli attacchi della fillossera. Al grado d’infezione corrispondeva sempre il de- perimento in misura conseguente, fatta eccezione per le viti del giardino Pertusio, dove altre cause cospiravano a presentare in- vertite tali condizioni. Così nell’uno come nell’altro focolare, ma più specialmente in quello del marchese Durazzo, a rendere malandato lo stato del vigneto, oltre la fillossera, contribuivano, quali più e quali meno, le concomitanti infezioni di antracnosi e di peronospora. Rare le tracce di oidio, nessuna di mal nero. Col compiersi delle esplorazioni sopra una larga zona circuente i due focolari scoperti, essi vennero dichiarati con molta proba- bilità isolati, e isolati del pari saranno sempre tutti quegli altri centri d’infezione che negli anni avvenire potranno farsi palesi in queste contrade. Sono confortato a credere ciò, più che da altro, dalla condizione fortunata in cui, per rispetto alla fillossera, tutti i terreni vitati si trovano nella Liguria, dove è ben raro che una coltura a vite possa estendersi ad una diecina di ettari senza che s’interpolino a frammezzarla gli olivi in folto bosco , valido riparo contro le possibili diffusioni. Qui la fillossera si limiterà sempre a danni molto parziali. Quasi si può dire che la si troverà nei vigneti solo di quel proprietario che ve la importi: difficilmente, e nel raro caso di proprietà vitate l’una all’altra contigue, sarà ammis- sibile una infezione non colpevole. È certo che la facilità con la quale il contrabbando viene esercitato alla frontiera, se provvedimenti molto seri non vengano adottati, perdurerà come una grave minaccia contro F immunità del nostro paese. E fra questi provvedimenti, principalmente devo annoverare quello di esigere che la stazione internazionale sia trasportata dal paese di Ventimiglia, che trovasi da sette ad otto — 211 — chilometri entro al nostro confine, al ponte o almeno nei pressi di S. Luigi, altrimenti si rinnoverà spesso il caso di persone che, come il prete Lantrua, sul quale pende una procedura giudiziaria, gettate dal finestrino del convoglio negli orti limitrofi alla strada le viti di provenienza vietata, passino la visita doganale, e quindi retrocedano a raccoglierle per altra via non soggetta a controlli. Gioverà ancora, massime se sarà dato più largo adito al com- mercio di piante vive, sia preposto alle visite un impiegato il quale sappia distinguere una vite da un’ altra pianta (blematis, ribes, ecc.) che possa assomigliarle, ciò che oggi certamente non è, e gioverà ancora che una speciale sorveglianza venga eser- citata alla frontiera, massime in quei luoghi dove si ha proprietari che posseggono, di qua e di là del confine, terreni vitati nei quali lavorano gli stessi coloni o fittaiuoli, come appunto avviene nella regione Grimaldi in quel di Mentone, comune fortunatamente illeso sinora. Ed è appunto, per questa disgraziata condizione di cose, che reputo d’interesse generale una minuta esplorazione alla frontiera, nelle cui vicinanze, più che altrove, abbondano gli amatori di piante di moda, e dove questi, allettati dalla facilità con la quale possono eludere i divieti , aprono agevole ingresso ai pericolosi prodotti degli stabilimenti di orticoltura. Le ispezioni saltuarie, senza dubbio utilissime, effettuate negli anni decorsi e nel corrente dal professore Macagno, dal mio collega Cittolini, dal professore Panizzi e dal professore Gentile, sono però sempre parziali, e non valgono a rimuovere il dubbio che in qualche altra ortaglia, o in qualche vigneto, la fillossera non abbia avuto ricetto. Solo per una minuziosa ispezione, da effettuarsi nella stagione opportuna, ogni timore potrà essere dis- sipato, e si è in tale convincimento che io propongo all’E. V. di approvare il seguente progetto di lavori che credo indispensabili nell’anno venturo : 1° Ripetere le esplorazioni effettuate in quest’anno nei din- torni di Porto Maurizio, limitando però la visita ai vigneti più prossimi ai due focolari, per conoscere se disgraziatamente da — 212 — essi si siano diramati centri secondari nel corso della passata stagione, ciò che sarebbe stato quasi impossibile determinare in quest’anno. A questo proposito, noto come il sig. Gio. Battista Pertusio abbia già provveduto da se ad evitare il pericolo d’una nuova infezione, sradicando tutti gli altri ceppi di vite che pos- sedeva nei fondi attigui agli infetti, e come la signora Giuseppina Audifret-Littardi sia intenzionata di fare lo stesso nel rimanente del vigneto che limita la zona di sicurezza ; 2° La ispezione di tutta la frontiera, partendo dalla vallata di Ventimiglia, e salendo lungo il confine, per quanto si estende la zona vitata. Ho già fatte argomento di proposta speciale le operazioni che credo indispensabili per la compiuta distruzione dei due centri trattati. Esse si limitano agli sradicamenti, che non importeranno* gravi spese, trattandosi di terreni poco tenaci e di facile lavoro perchè di frequente smossi. Queste operazioni sono anche molto desiderate in paese , dove tutte le operazioni ebbero sempre il plauso delle persone per bene. Stimando di 10 metri quadrati il lavoro giornaliero di scasso profondo circa 80 centimetri, al quale può soddisfare un operaio, e tenuto conto dei ragazzi necessari per l’estrazione delle radiceli e dal terreno, nonché dei caporali sorveglianti per il dissodamento dei 7170 m. q., che rappresentano la superficie totale da disso- darsi, credo che la spesa non supererà L. 2,000. (1) La gravità della infezione fillosserica e il pericolo, dal quale trovansi minacciati i proprietari, sono interamente compresi da questa laboriosa popolazione, dove la Delegazione governativa trovò nelle associazioni private valevole appoggio, come pure nei Delegati che mi furono coadiutori nelle operazioni di ricerca e di distru- zione, i quali gareggiarono di zelo e di diligenza perchè 1’ effet- tuazione di tali lavori avesse a compiersi in modo da corrispondere alla fiducia che la E. V. aveva in me, come in loro, riposta. (1) Dietro ulteriori indagini, appoggiate alla maggior compattezza del suolo di quello che si credeva, ed alla maggior profondità dell’apparecchio radicale delle viti nel terreno, nonché sulla scorta dei lavori intrapresi, la spesa si ritiene salirà a L. 5800 circa. — 213 — Consegno nel prospetto che segue i loro nomi, il tempo e la specialità delle rispettive funzioni: N. D’Ordine NOME E COGNOME TEMPO nel quale prestarono servigio QUALITÀ DEL SERVIZIO 1 Prof. Giacomo Gentile. . dal 13 ott. al 13 nov. Esplor. saltuarie e regol. 2 Prof. cav. Frane. Panizzi. dal 13 ott. al 1 nov. Esplorazioni saltuarie. 3 Federico Spigno dal 22 ott. al 13 nov. Lavori di distruzione. 4 Guarinoni Giovanni . . . dal 19 ott. al 13 nov. Esplorazioni regolari. E qui chiudo la mia breve esposizione, sperando che la E. V. vorrà accoglierla con quella benevola indulgenza, della quale ha sempre bisogno chi, come me, si trova per la prima volta alla direzione di lavori così fatti. Porto Maurizio, li 20 novembre 1880. Koberto Soravia Delegato speciale del Ministero di agricoltura per la provincia di Porto Maurizio. ALLEGATI 'ALE NUMERO MEDIA Ceppi DEI CEPPI ESPLORATI in terreno per OPERAIO CONDIZIONE DEI VIGNETI esistenti visitati a a ej fl a Eh Medio Sciolto Metri quadrati Ceppi esplorati 7 990 7 990 477 242 135 Meno rarissime ec- 220 6 220 386 cezioni, tutti i vigneti ; 070 8 190 293 174 esplorati si mostrano G 758 13 319 422 277 piji o meno affetti dal- l’Oidium, dall’Antra- cnosi, da Clorosi, da Rogna, da marciume delle radici e da Pe- 1 400 7 133 1 421 348 1028 3 601 1047 190 ronospora. Quest’ul- tima nel comune di G 852 5 891 840 256 Pieve di Teco ar- recò danni rilevanti, avendo attaccate tutte le foglie prima della 4 472 5 524 820 178 maturazione del frut- to : del resto anche nel comune di Porto Maurizio, o intensa- 8 721 12 194 1040 339 mente o in leggera misura, tutte le vigne ne manifestano la 8 720 6 860 1 121 362 396 presenza. 1 100 5 550 1 200 4 390 15 852 1401 396 1 oso 7 759 974 225 1 324 9 492 860 202 7 624 15 655 . 1051 223 0 638 14 746 832 209 2 671 8 247 7 601 646 1156 371 ,6 322 18 889 9 964 6 088 1309 890 320 51 593 10 964 5 406 428 5 130 681 160 57 064 12 447 7 282 2 698 2 476 885 177 )2 597 14 212 2 508 6 212 5 492 1 117 233 35 104 14 879 14 879 939 219 61 734 225 604 47 640 16 072 14 407 OSSERVAZIONI Fino al giorno 25 di ottobre gli operai non lavorarono che 7 ore ; dal 25 in poi sempre 8 Oltre a queste esplo- razioni eonse g n a t e nel quadro, da parte dei Delegati fillosse- rici provinciali, cav. prof Francesco Pa- nizzi e prof. Giacomo Gentile, vennero vi- sitati, e prima e dopo scoperta la fillossera in comune di Porto- Maurizio, vari vigneti sospetti nei comuni di San Remo, di Taggia, di V allecrozia,di V en- timigl;a, di Campo- rosso, di Borgomaro, di Lucinasco, di Bor- goratto, di Torria, di Cesio, di Calderara, di Cosio, di Mendati- ca, di Moutegrosso, di Pomassio, di Pieve di Teco, di Lavina, di Rezzo, di Conio, di Torrazza, di Piani, di Poggi, di Moltedo, diGazzelli, di Sarola di Cara magna, di Montegrazie, di Ca- stelvecchio, di Can- talupo, di S Agata, di Oneglia e di Bus- sana — 217 — All. A. ’KIMA SQUADRA (S P I JNOl SECONDA SQUADRA (GENTILE) TERZA . SQUADRA (GUAKINONI) TOTALE NUMERO MED 1 A Giornate 4 Num. db CEPPI Giornate • Num. dei ceppi Giornate G Num. dei ceppi Ceppi DEI CEPPI ESPLORATI in terreno per OPERAIO CONDIZIONE DATA di operaio di caporale li Superficie esplorat esistenti esplorati OSSERVAZIONI Di operai s Superfìcie esistenti esplorati OSSERVAZIONI Di operai | Di caporale Intensità | dell’ ispezic Superficie esistenti esplorati OSSERVAZIONI Superficie esplorat esistenti I I E* Medio 1 Metri quadrati Ceppi | DEI VIGNETI OSSERVAZIONI in. q. Le cifre con le quali è indicata 2 470 2 420 3 310 7 752 360 14 550 5 478 3 300 2 470 1 5 240 5 510 5 510 15 740 t 990 lì 220 7 990 477 212 Meno rarissime ec- cezioni, tutti i vigneti Fino al giorno 25 di ottobre gli operai , prese le esplora- 1 10 170 3 800 3 800 questa squadra a 17 760 6 220 386 135 83‘ la intensità della ispezione capri - mono ogni quante 3 310 3 876 120 4 850 1 826 zioni che questa 2 9 300 9 760 4 S80 cagione della 13 700 18 070 26 758 8 190 293 174 esplorati si mostrano pi.; o meno affetti dal- roidium, dall’Antra- non lavorarono che 7 ore ; dal 25 in poi sempre 8 18 5 6 300 sa 1 1 uariamente 30 2 13 640 18 616 9 323 lavorare che solo 2 i 210 13 319 277 , viti si esplorava fuori della zona mezza giornata. cnosi, da Clorosi, ila Rogna, da marciume delle radici c da Pc- Oltre a queste esplo- razioni conse g u a t e 1 1 Li 10 572 9 100 splorazione rego- 81/2 14 3 18 552 6 850 2 283 29 124 21 400 P 028 18 852 7 133 3 601 5 891 1 421 348 3 lare. 2 10 798 3 550 5 712 1 775 19 893 19 329 1047 190 ron«»8pora. Quest’ul- tima nel comune di Pieve di Teco ar- nel quadro, da parte dei Delegati fillosse- rici provinciali, cav. 0 2 11079 2 856 840 256 La prima squa- dra era esclusi- vainentc dedicata 25 12 0 700 recò danni rilevanti, prof Francesco Pa- 0 !Im le foglie prima della Gentile. vennero vi- alle inlezionijnon ? 786 5 994 393 1998 questa squadra 20 2 6 220 4 252 2 126 25 428 l4 472 5 524 820 178 maturazione del frijt- sitati, e prima e dopo scoperta la fillossera parte ai lavori di a cagione della pioggia non potè i 3 6 400 587 nel comune di Porto in comune di Porto- Mai» rizio, vari vigneti sospetti nei comuni di San Remo, di 'l aggia, esplorazione che Maurizio, o intensa- sta fra un tratta- 10 mezza giornata 1 2 418 ”066 2 066 34 329 1 23 7‘M 12 191 1040 339 misura, tutte le vigno mento e l'altro. 1 2 14 372 7 186 ne manifestano la di Vallecrozia,di Yen- 81 4 227 1409 19 4 2 21303 16 800 42 016 13 720 6 860 5 550 21 303 13 720 11 100 6 860 1 121 362 presenza. rosso, di Borgoinaro, di Lucinasco, di Bor- goratto, di Torria, di Cesio, di Calderara, 4 2 16 800 5 550 1 200 396 8 3 2 816 408 2 686 32 25 516 12 758. 56 042 34 390 15 852 1401 396 2 3 IO di Cosio, di Mendati- ca, di Moutegrosso, a <• 2 6 334 4 382 # 330 4 544 2 320 356 16 080 3 26 962 16 374 5 458 33 596 21 086 7 759 974 225 di Pomassio, di Pieve 3 2 110 25 l/s di Teco, di Lavina, di Rezzo, di Conio, di 4 • 7 1 1 3 476 1 865 1 865 17 4 2 7 1 w 2 272 23 5i/s 3 28 476 12 585 4 195 40 426 21 324 9 492 860 202 Torrazzo, di Piani, di Poggi, di Moltedo, di Gazzelli, di Sarola 5 5 1 1 2 200 3 040 3 010 20 2 3 178 45 « 2 3 22 618 6 166 11 982 3 083 3 994 73 613 37 624 15 655 . 1051 223 di Cara magna, di Montegrazie, di Ca- stelvecchio, di Can- ({ . 3 Mi 1 i m 1 360 1 360 20 4 2 3 S! '20 1 760 5 880 47 7 3 32 000 21 990 7 330 58 682 40 638 14 746 832 209 talupo, di S Agata, di Oueglia e di Bus- tì 3 15 528 7 0 ” 1 5 310 25 442 8 247 646 1156 371 7 - 2 */o 3 10 2 601 14 588 354 2 867 13 3 • 16 218 15 930 22 671 7 601 ® 5 1 1 2 100 1528 1538 23 4 2 3 16§64 7 279 118 31 5 3 33 503 29 852 9 964 32 507 46 322 18 889 9 964 6 088 1 309 890 320 U • la 10 • 43 loggia. 10 964 681 160 10 25 1/ 25 o 3 li U08 11 850 1 239 5 925 4 27 551 1 504 4 626 46 626 31593 5406 428 5 130 11 ’ 5 347 885 177 11 38 * 3 10 V42 10 694 6 090 42 G 4 31 o93 20 280 5 070 61 971 17 064 ‘ 447 12 447 7 282 2 608 2 476 18 » 3 >82 1599 1 117 233 12 - 2o * 3 198 3 159 36 6 4 39 518 31 776 7 944 68 133 52 507 14 21 2 508 6 212 5 492 12 - 4 19 )50 14 464 3 616 939 219 13 . 2b 1 * 2 - >56 >20 1824 7 764 7 736 ^ 912 2 588 42 7 4 45 701 37 780 9 445 63 861 55 104 14 879 14 879 13 » 4 1934 1 201/ 2 3 1 8 608 7 733 7 783 M7i 1 QOI CSH 225 604 47 640 16 072 14 407 1 1 1 | 536 299 r SOLF impie Sorveglianaa SPESA TOTALE ANNOTAZIONI URO gato Giornate Spesa Spesa L. C. R. Gr. N. L. C. L C 10. 50 13. 00 3 8. 00 45. 50 Occuparono gran parte del giorno nel raccogliere le spoglie e nel formare la carbonaia. 9. 00 29 600 27. 00 18 00 71 200 25 00 9.Ì 00 84 800 21 00 Non si trovarono più necessari gli avampali. 2. 25 22 2. 25 Solo mezza giornata di lavoro, causa del cattivo tempo. 2. 25 15 440 2. 25 2. 00 4 600 2. 00 19. 00 267 600 19. 00 4. 40 43 800 4. 40 12 60 20 040 12. 60 Due uomini vennero impiegati nel trasporto del solfuro dalla villa Durazzo. 7. 50 20 040 7. 50 La prima squadra esplorò nelle ore aut. — Vedi quadro Esplorazioni. 4. 00 26 500 4. 00 Non si reputò necessario il trattamento supple- torio per i maglioli che erano 420. 14. 00 110 800 14. 00 La superficie trattata aumenta di 204 metri es- sendosi spinto lo schema sino a metri 3 dai filari, nel dubbio che qualche fillossera trovasse ’ rifugio nella terra non iniettata. 14. 62 104 960 14. 62 5. 50 L’uso degli avampali si è limitato alle redole del giardino, cosi che non se ne tenne conto. 4 8. 00 11. 00 3. 00 18 3. 00 11. 00 66 11. 00 3. 75 34 800 3. 75 5. 25 11 200 5. 25 15. 00 138 600 15. 00 3. 38 11 220 3. 38 — 221 — Alleg. S. 1.00 Schema I f © g : @ © © @ S; °© © ; © © I © © © A © © © © 1 © © © © B© | © © © © © © © © © © @ Per foro Gr. 20 Per metro quadrato . » 40 Fori per metro quadrato N.° 2 1. oo Schema II / | g ; (§) o| (§) ( (§> (§> <§> (§) (§) (§> (§) <§> (§) # (§> (§> v # ; (§) (§) a (§> # (§> Per foro Gr. 30 Per metro quadrato » 60 Fori per metro quadrato 2 — 222 — Segue All. C. III ol < i ° o o -O o o o o °< !» o o o o o o o o o o o o o o o o o o Q o Q Q o Per foro Gr. 10 PejL* metro quadrato » 40 Fori per metro quadrato N.° 4 Annotazioni. — Ad ogni circoletto corrispondono 10 grammi di solfuro di carbonio. Schema IV 0. 50 0- X 0---X--OX---XC -xo X-G-X - - j Distanza tra foro e foro M. 0,50 Dose per foro Gr. 10 Schema V oXo rxn cxo cXo tìXn oV<’ Fori per ceppo N.° 2 Dose per foro Gr. 10 — 223 — All, D. Schema VI Leggenda Per foro Per metro quadrato . . Fori per metro quadrato Gr. 10 — 20 — 30 » 140 N.° 8 1° Trattamento ( o ) 11° idem (@) III0 idem ((fH) — 224 — All. E. Schema VII o W o W o o W o Leggenda Per foro Gr. 10 — 30 Per metro quadrato » 70 Fori per metro quadrato N.° 3 — 225 — All. F. Schema Vili Leggenda Fori per metro quadrato N.° 4 Per foro Gr. 30 — 40 Per metro quadrato . . 140 — 226 — VERBALE degli esami praticati sui ceppi trattati nelle zòne in- fette del Marchese Giuseppe Durazzo e del sig. G. B. Pertusio in comune di Porto Maurizio. Alleg. G. Quest'oggi, riunitisi i sottoscritti alle ore 10 antimeridiane nel giardino fìllosserato del signor G. B. Pertusio per conoscere quali effetti avessero avuti i trattamenti a solfuro di carbonio che si applicarono, ebbero con soddisfazione a constatare, mediante lo sradicamento di 17 ceppi, dei quali vennero esaminate tutte le radici, che nessuna fillossera e nessun uovo perduravano vivi. Letto il presente verbale, venne confermato e sottoscritto se- duta stante dagli intervenuti. N. F. Vassallo Presidente del Comizio Agrario. — Gio- vanni Battista Annovazzi membro della Commissione ampelografìca. — Gentile Giacomo Delegato governa- tivo. — Roberto Soravia Delegato speciale per la provincia di Porto Maurizio. — Antonio Federico Spigno Delegato governativo coadiutore. Alle ore 2 pomeridiane dello stesso giorno i sottoscritti, riuni- tisi nella vigna fillosserata del marchese Giuseppe Durazzo per lo stesso scopo, ebbero a verificare identici risultamenti visitando saltuariamente 34 ceppi, dei quali 17 sradicati lungo i ciglioni murati, che più davano a dubitare del buon esito dei trattamenti a sulfuro di carbonio. Letto il presente verbale, venne confermato e sottoscritto dagli intervenuti seduta stante. Porto Maurizio 19 novembre 1880. N. F. Vassallo Presidente del Comizio Agrario. — Eugenio Rambaldy Presidente della Commissione Provinciale ampelografìca. — Gentile Giacomo Delegato gover- nativo. — Roberto Soravia Delegato speciale per la provincia di Porto Maurizio. — Antonio Federico Spigno Delegato governativo coadiutore. — G. Andrea Guerinoni Delegato governativo coadiutore. CENTRI F1LL0SSERATI NELLA •PROVINCIA DI MESSINA. Scoperta ed importanza delle infezioni fìllosseriche nel territorio di Messina. La scoperta della fillossera a Valmadrera ed Agrate aveva scosso non poco gli animi dei proprietari, i quali colPapparsa del malefico insetto videro, e non a torto, minacciata una delle colture più estese e più rimuneratrici. In Sicilia questa scossa si risentì più potentemente che nelle altre regioni, poiché paese eminentemente montuoso, ricchissimo di ridenti colline, sembra fatto apposta per essere la terra prediletta di Bacco. La sua positura geografica fece intravedere agli abitanti la probabilità di conservarsi immuni dall’afide distruttore, qualora il Governo, con una legge speciale, avesse proibito assolutamente, o regolata con certe norme, la importazione dal continente. Come spesso avviene, la sfortuna di talune regioni è la fortuna dEaltre, perciò la Sicilia era predestinata ad avere il monopolio della coltivazione della vite ! Ma pur troppo questa illusione non doveva durare a lungo. La scoperta della fillossera a Riesi mostrò che il paese, che ten- tava conservarsi immune, era attaccato nel suo centro. — 228 — Grande fu lo scuoramento dei siciliani all’annunzio del nuovo caso, ma, trovando nel timore la necessaria energia, furono fatte al Governo vive istanze perchè si fosse combattuto immediata- mente il malefico pidocchio. Nulla fu risparmiato dal Governo centrale per attaccare di fronte energicamente e subito la fillos- sera, ma ciò non bastò a far cessare il panico generale, l’agita- zione insolita. Le visite ai propri vigneti divennero più frequenti ; mentre per lo innanzi molti deperimenti erano trascurati, dopo i fatti di Valmadrera e di Riesi, subentrò un periodo attivo, pieno di sospetti, e di ogni malessere della vite si volle responsabile la fillossera; Non furono perciò infrequenti i casi di allarme dile- guati con ispezioni minute affidate ai delegati fillosserici gover- nativi, che il Governo centrale aveva già nominati per quasi tutte le provincie. Di deperimenti insoliti nelle viti parecchi se ne erano mostrati nel territorio di Messina, e di questi alcuni erano gravi per inten- sità e per estensione, la qual cosa fece seriamente impensierire parecchi proprietari. Fra quest’ ultimi è da annoverarsi il signor Ferdinando Toscano, il quale da vari anni tentava tutti i mezzi per far tornare il suo vigneto nel villaggio Ritiro all’antico stato di vegetazione; ma ogni cura apprestata tornava inutile. Durante le zappature ordinarie apprestate al vigneto molti ceppi troncavansi al minimo urto, poiché tanto la loro parte infe- riore quanto le radici erano fradicie. Circa un migliaio e mezzo di viti venne così estirpato. Varie erano le opinioni che su tale grave mortalità si emettavano. Il proprietario incolpava i coloni, ma generalmente si credeva fossero questi gli effetti dell’abban- dono, nel quale il padrone precedente aveva lasciato il vigneto. Mentre le varie opinioni si affacciavano e si discutevano, il signor Toscano, udito parlare della fillossera e delle sue abitudini, e sospettando (1) si potesse trattare della sua presenza, fece sca- vare talune radici e pregò, per mezzo di un suo commesso, l’uffiziale forestale signor Buscemi, facente parte della Delega- ci Questo sospetto pare sia stato emesso da un francese che aveva m fitto una delle ville esistenti nel vigneto Toscano. — 229 - zione fillosserica di Riesi, di osservarle. Ma, sia perchè le radici apprestate fossero state scavate da alcuni giorni, e perciò in gran parte disseccate, sia perchè realmente fossero immuni dalla fil- lossera, certo è che la medesima non fu rinvenuta. Mentre nel vigneto Toscano avvenivano i danni ai quali ho accennato, danni consimili avvenivano in una parte del vigneto del signor Antonino Roberto nel villaggio Ritiro, contrada Piano delia Monaca . I due vigneti erano confinanti da un lato. Anche il Roberto tentò curare le viti, che i coloni credevano affette da muffia (muffa), ed anche qui la ricetta fu la stessa: laute conci- mature, zappature ordinarie e straordinarie. Le viti però erano gravemente attaccate, e le cure tornarono inutili affatto. Di questo novello caso si menò molto rumore, e verso la fine di luglio la stampa locale pregava il Prefetto della provincia perchè ordinasse una ispezione al vigneto del signor Roberto. Mentre tale ordine preparavasi, il 29 o 30 luglio il signor Ro- berto faceva recidere quei ceppi fortemente attaccati un 30 cent, al disotto della superficie del suolo, ed il terreno venne zappato. La superficie di vigneto così distrutta fu di m. q. 869,50. Ma pur troppo questo mezzo non valse a celare Tinfezione. L’ispezione tanto reclamata veniva affidata al delegato fillosse- rico signor Borzì, professore di botanica nella R. Università di Messina, il quale il 1° agosto constatava difatti la esistenza della fillossera nel vigneto Roberto, ed informava il Ministero di agri- coltura per le opportune disposizioni. Il Ministero di Agricoltura dava telegraficamente al Prefetto le istruzioni perchè si fosse immediatamente isolata la parte in- . fetta ed energicamente custodita. Nello stesso giorno in cui si ebbe il triste annunzio, fu ema- nato il decreto della mia nomina a Delegato speciale per la dire- zione dei lavori di ricerca e distruzione della fillossera nella provincia di Messina. Lo stesso dì partii per Messina, ove giunsi il giorno 3. Frat- tanto dal primo alle ore pomeridiane del giorno 3 agosto, il de- legato fillosserico Borzì ispezionò qua e là delle viti nel fondo 15 — 230 — Roberto, tanto per farsi un concetto dell’intensità del male, e la mattina del 3 trovava infezione anche in alcune viti di una pic- cola parcella del vigneto Toscano, confinante colla parte infetta del vigneto Roberto. Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno 3, accompagnato dal delegato fillosserico signor Borzì e dal sotto-ispettore fore- stale signor Pasquale La Fauci, già dal Ministero messo a dispo- sizione della Delegazione, mi recai immediatamente nel fondo Roberto, ove ebbi a convincermi che il male era di vecchia data, sia per la quantità delle fillossere, sia pel fortissimo deperimento delle viti. Visitai il vigneto Toscano, ed acquistai convinzione identica. Senza por tempo in mezzo, cominciai la delimitazione della zona infetta secondo le istruzioni ministeriali 3 giugno 1880, cercando nello stesso tempo di formarmi un personale adatto alla ricerca della fillossera. Sopraggiunse verso sera l’ufficiale fore- stale signor Luigi Piccioli, delegato fillosserico a Riesi, il quale, dietro mia proposta, fu dal Ministero destinato a Messina. Col Piccioli si recò sul posto il signor cav. Giuseppe Saija-Moleti che, fatta conoscenza della fillossera, prestava, con lodevole iniziativa, per alcuni giorni servizio nelle esplorazioni. Nel giorno 4 agosto continuarono le esplorazioni nel fondo Roberto, interrotte per alcune ore a causa della pioggia caduta. Giunse, delegato della provincia di Chieti, il prof. Macchia, il quale, non appena ebbe fatta la pratica conoscenza della fillos- sera, si offerse spontaneamente a prestare servizio nelle esplora- zioni, la qual cosa fece con diligenza ed amore rarissimo. Avendo bisogno di personale, chiamai come apprendista, e poscia al servizio, il perito agronomo agrimensore signor Lorenzo Scarcella. La sera dello stesso giorno 4 giungeva il sotto-ispettore fore- stale signor Vito Danisi, che venne dal Ministero richiamato da Catanzaro e destinato a Messina pel servizio della fillossera. Come nuovi elementi si aggiungevano ed imparavano a rico- noscere praticamente la fillossera, veniva aumentato il numero dei contadini destinati all’escavazione delle radici. — 231 — Il 5 agosto continuaronsi le esplorazioni nel vigneto Roberto. Nelle ore pomeridiane si vide un forte deperimento nel vigneto del signor Rosario Bonaviri, sottostante al vigneto Roberto, ed una breve visita mi fu sufficiente a constatare anche qui l’infe- zione fillosserica. Il 9 agosto giungeva l’impiegato forestale signor Domenico Bonanno Naselli, messo dal Ministero di Agricoltura a disposi- zione della Delegazione fillosserica. In seguito giunsero vari dele- gati di provincie, parte dei quali, conosciuta la fillossera, non ostante la poca resistenza al lavoro, furono utilizzati, come meglio si poteva, pel servizio delle esplorazioni. A questi si ag- giunsero vari proprietari, i quali, con lodevole iniziativa, si esi- birono volontariamente a prestar servizio nelle esplorazioni. Con tali elementi continuarono le esplorazioni per molti giorni scovrendo, il 12 agosto, infezione nel vigneto della signora mar- chesina Carmela di Gregorio di Squillaci, posto nella contrada San Nicola al Ritiro ; nei vigneti dei signori Agostino ed Ignazio Corica (1) nella stessa contrada. Il giorno 13 agosto giungeva l’ingegnere Corradi, professore nel R. Istituto tecnico di Terni, e, dopo conosciuta la fillossera, prestò gratuitamente, e per molto tempo, un servizio ammirabile. Il giorno 15 agosto giungeva da Valmadrera l’ufficiale fore- stale signor Gian Battista D’ Orlandi, già provetto nella ricerca della fillossera, e prendeva subito parte ai lavori. Il giorno 17 si scovriva infezione nel vigneto del signor En- rico Cherubini nella regione Tremonti ; il 19 nel vigneto del signor Pizzimenti Alessandro e nella villetta del signor France- sco Lisciotto; il giorno 20 agosto giungevano da Riesi gli ufficiali forestali signori Gian Battista Guerinoni e Nunzio Buscemi, messi dal Ministero a disposizione della Delegazione fillosserica di Mes- sina. Lo stesso giorno 20 agosto si scovriva infezione nel vigneto del signor Letterio Guarnera nel villaggio Trapani (2) ; il 21 dei (1) In seguito a denunzia degli stessi proprietari, cosa che molto li onora, tale ispezione veniva fatta dal delegato prof. Borzì. (2) Infezione constatata dal delegato Borzì. — 232 - signori Napoleone Romeo ed Antonino Lisciotto in regione Tre - monti e Raimondo Ribera in contrada S. Nicola. Man mano che si procedeva nel lavoro, mirando sempre ad aumentare il numero degli operai, chiamai ed educai alla ricerca della fillossera vari giovani messinesi (3). Formato il personale adatto, aumentai considerevolmente il numero degli operai. Così si scovrirono nel giorno 23 le infezioni dei vigneti dei signori Filippo Simeone nelle regioni Tremonti , Agatino Osmundo Gesira, nel villaggio Trapani. Il giorno 24 giunse il sotto-ispettore fore- stale signor Roberto Soravia, or ora così improvvisamente rapito alF Amministrazione forestale; lo stesso giorno 24 agosto si sco- vriva infezione dai signori Francesco Lisciotto in contrada Tré- monti e conte Luigi Arduino nel villaggio Trapani ; il 25 nel vigneto della vedova Murat (tenuto da Placido More) nel villaggio Giostra, Domenico Fileti, id., cav. Tommaso Cassisi nel villaggio Ritiro, Letterio Perrone, Cosimo Grillo e conte Michele De Gae- tani nella contrada S. Nicola; il 27 dal signor Giuseppe Sterio nel villaggio Ritiro ; il 28 dai signori Onofrio Basile e Filippo Alibrandi in contrada Agliastro ; il 30 dal signor Pietro Gangemi nella contrada Guatar a ; il 1° settembre dai signori Pietro Fur- fari nella regione Tremonti e Michele Laudano nel torrente Ba- rile; il 2 dal signor Michele Bonanno in contrada Quatara e Grazia Caristi vedova Mangano in regione Tremonti e Francesco Viola nel torrente S, Licandro ; il 3 dal signor Giuseppe Muso- lino nel torrente S. Licandro . Il giorno 5 giunse il prof. Tom- maso Simonetti, direttore della Colonia agraria di Caltagirone, e prese servizio nelle esplorazioni insieme a sette alunni; il 6 si scovrì infezione dal signor Giuseppe Villari e dal signor barone Gaetano La Corte nel torrente S. Licandro; il 7 dal signor Gio- vanni Rizzotti nel torrente S. Licandro; V 8 dal signor Natale (3) Tra questi devo segnalare il perito agrimensore signor AntonioRug- gieri ed il signor Salvatore Bensaja che prestarono lodevolissimo servizio, sotto tutti i riguardi. — 233 — Vinciguerra nel torrente de\Y Annunziata; il 10 dal signor Gio- vanni Galbo in contrada Ciaramita ; il 13 dal signor Orazio Malfa nel villaggio Annunziata ; il 14 dal signor Nunzio Magliano nel villaggio Annunziata ; il 15 dai signori dottor Giuseppe Pugliatti, Giovanni Nicolosi e Gaetano Caratozzolo nel villaggio Annun- ziata; il 20 dal signor Francesco Fumia in regione Paradiso. Questi sono tutti i focolari d'infezione scoperti, i quali hanno rispettivamente le zone infette e le zone che bisognò distruggere per sicurezza della estensione segnata nel quadro seguente: — 234 — COGNOME E NOME DiSI PROPRIETARI Numero delle parti infette per ogni propriet. o fondo SUPERFICIE della zona infetta m. q fi J SUPERFICIE della zona di sicurezza m q SUPERFICIE TOTALE distrutta m. q. Roberto Antonino 4 17,037. 00 5,233. 50 22,270. 50 Toscano Ferdinando 7 13,603. 80 3,058. 00 16.661.80 Bonaviri Rosario 2 ' | 2,001.00 2,197,47 ( J 4,239. 47 ) 41.00 1 Squillaci march. Carmela . . . 2 i ) 128. 00 } 150. 00 223.00 1 931. 00 430.00 \ | 1 2,885. 00 1 Cherubini Enrico 2 ■ i j 9,197. 00 5,502. 00 810.00 1 Romeo Napoleone 1 596. 00 486.00 1,082.00 Ribera Raimondo 2 ! 1,422. 00 1 752. 00 825.00 ( 908.00 ( j 3,907. 00 Simeone Filippo 1 2,931. 00 2,200.00 5,131. 00 1 1.00 113.00 1 l 1,122.50 1,194. 00 1 1 Gesira Agatino Osmundo . . . 5 6.00 509. 00 6,814. 00 1 j 1,460.50 2,005. 00 \ \ 1 3.00 400. 00 Pizzimenti Alessandro 2i ) 171.50 2. 00 431.00 ) > 888. 50 284.00 \ Guarnera Letterio 2 j 1,821.00 ! 20. 00 554.00 j 28. 00 ( 2,423. 00 Lisciotto Francesco 2 ( 160. 00 1.00 240.00 | 125. 00 526. 00 Corica Ignazio 1 5,948. 00 5,820. 00 63,544.30 1 5.948. 00 5.820. 00 85,839. 27 Corica Agostino I A riportarsi .... 34 22,294. 97 fi) Per i piccoli centri invece della superficie della zona infetta è stato dato spesso il nu- emro dei ceppi infetti. - 235 — COGNOME E NOME DEI PROPRIETARI Numero delle parti infette per ogni propriet. o fondo SUPERFICIE della zona infetta m. q. SUPERFICIE della zona di sicurezza m. q. SUPERFICIE TOTALE distrutta m. q. Riporto .... 34 63,544. 30 22,294. 97 85,839. 27 Arduino conte Luigi 2 ( 42. 50 j 319. 00 811.00 | 155.00 ' [ 1,327.50 1 l 3.00 314. 00 1 ì Porco Antonia vedova Murat . 3 < 2.00 272. 00 879. 00 , 5.00 283. 00 Fileti Domenico 1 1.00 293. 50 294. 50 Grillo Cosimo . . 1 1,000. 00 850. 00 1,850 00 De Gaetani conte Michele. . . 1 1.00 313. 00 314. 00 Cassisi Tommaso 2 ; 1 1.00 } 1.00 312.00 115. 00 1 429.00 Stereo Giuseppe 1 3. 00 387. 00 390. 00 Basile avv. Onofrio 1 10. 00 442. 00 452. 00 Alibrandi Filippo ........ 1 1.00 313. 00 314. 00 Gangemi Pietro 2 ! 1 3.00 ì 550. 00 594. 00 700.00 ( ! 1,847.00 Laudamo Michele 3 45. 00 1,105. 00 1. 150. 00 Bonanno Michele 3 1.785. 50 1,809. 25 3, 594. 75 D’ Amico Pietro. 308. 50 308. 50 Furfari Pietro 1 123. 75 418. 25 542. 00 Caristi Grazia vedova Mangano 1 12. 00 354. 75 366. 75 Musolino Giuseppe 1 7,030. 00 1,220. 00 8, 250.00 Pizzimenti Pasquale 158. 00 158. 00 A riportarsi .... 58 74,483. 05 33,823. 22 108,306.27 — 236 — COGNOME E NOME DEI PROPRIETARI Numero delle parti infette per ogni propriet. o fondo SUPERFICIE della zona infetta in. q SUPERFICIE della zona di sicurezza in. q. SUPERFICIE TOTALE distrutta m. q. Riporto .... 58 74,483. 05 33,823. 22 108,306. 27 \ 3.00 393.00 ì 1 La Corte barone Gaetano. . . 2 829.00 r 7.00 426.00 < 1 i > 1.00 313. 00 ( Villari Giuseppe 2 ì 2.00 338. 00 \ 654.00 50. 00 730.00 j 1 ' Rizzotti Giovanni 3 j 9.00 400.00 • 1,598.00 9.00 400. 00 539. 70 231.00 1 5,203.28 2,900.00 1 1 • ! 136. 20 765. 00 ! Vinciguerra Natale 6 i ) 15,009. 63 | 309. 85 1,140.00 j ' 2,121.00 1.281.60 \ 3. 00 379.00 Galbo Giovanili 1 3. 00 377.00 380.00 2.00 225.00 Malfa Orazio 1 272. 00 45. 00 Magliano Nunzio 1 2. 00 184. 00 186.00 Pugliatti dott. Giuseppe .... 2 1.240. 75 1,584. 75 2.825. 50 Nicolosi Giovanni 1 669.00 771.00 1,440.00 Caratozzolo Gaetano 1 4.507. 50 1,282. 00 5.789. 50 Di Piotro Antonino. . . 1 584.00 584. 00 Fumia Franceseo 2 12.00 509. 50 521.50 Perrone Letterio 2 7.00 385. 00 392. 00 Lisciotto Antonino 1 1.00 11.00 12.00 A riportarsi .... 84 89,321.33 49,478 07 138,799. 40 — 237 - COGNOME E NOME DEI PROPRIETARI Numero delle parti infette per ogni propriet. o fondo SUPERFICIE della zona infetta m. q. SUPERFICIE della zona di sicurezza ni. q. SUPERFICIE TOTALE distrutta m. q. Riporto .... 84 89,321. 33 49,478. 07 138,799. 40 De-Stefano Letterio. ...... 186. 00 186. 00 1 1 5,431.30 3,120. 84 \ 8.00 476. 82 l 1 1,430. 96 594. 62 , 1,301.58 1,065. 26 1 1 Viola Francesco 9 \ 1.00 451.16 ) 15,667. 28 i 1.00 313. 15 1 i 172. 99 836.21 > | 1 1.00 220.82 i 1.00 239.57 Totale .... 93 97,670. 16 56,982. 52 154,652. 68 — 238 — Posizione ed estensione dei vari centri infetti. I vigneti fillosserati trovansi a nord-ovest di Messina e direi quasi alle porte della città. Fortunatamente però non sono sparsi, ma limitati nei versanti di tre torrenti contigui : il torrente S. Leone, S. Francesco di Paola e dell’ Annunziata. Oltre a questi però una piccola infezione fa capolino nel torrentello Paradiso contiguo alfAnnunziata. Due dei torrenti nominati, il S. Leone e l’Annunziata hanno un bacino esteso, ed originano direttamente da quella catena di monti, spesso altissima, che correndo da sud a nord inclina a nord-est avvicinandosi allo stretto, e mante- nendosi a poca distanza dal Faro superiore ove termina. • Il torrente S. Leone (1) ha due origini distinte. Il ramo sini- stro origina alle falde del monte Telegrafo, bagna il villaggio S. Michele, da cui prende il nome, e, vicino al convento del Ritiro, si congiunge all’altro ramo che, avendo le sue origini al monte Maulli, bagna il villaggio Scala da cui prende il nome. Durante il suo tragitto fino al mare, ove sbocca direttamente, il S, Leone riceve molti piccoli confluenti, diversi torrentelli i quali traggono le loro acque da queirimmenso numero di colli di con- formazione ed altezza diversa da cui l’agro messinese si trova frastagliato. L’infezione si trova dal Ritiro al mare sui due versanti. II torrente S. Francesco di Paola (2) trovasi in mezzo a quello di S. Leone e dell’ Annunziata e prende le sue acque dalla collina di S. Iachiddo. Ha pur esso alle origini due rami. Il sinistro detto torrente Barile è il più importante e presenta infezione, il destro detto la Vinedda Tremonti , giacché riceve parte delle acque (1) Il nome di S. Leone è tolto dalle carte topografiche dello stato mag- giore, ma i messinesi lo chiamano S. Francesco di Paola. (2) Questo nome è tolto convezionalmente dalle carte dello stato mag- giore, ma i messinesi d'inno realmente a questo torrente il nome di torrente S. Licandro. — 239 — della regione omonima, presenta pur esso infezione. I due rami si riuniscono in prossimità al fondo Viola e sboccano al mare sotto il nome di torrente San Francesco di Paola (San Li- candro). Procedendo verso nord trovasi il terzo torrente, F Annunziata, che trae il suo nome dal villaggio dello stesso nome. Anch’esso è diviso in due rami. Il sinistro, che origina alle Portelle del- l'Arena e monte Cicci, non ha per noi nessuna importanza, giac- che è immune da fillossera. Il destro invece, originando anche dal monte Cicci, presenta infezioni fin dalle sue origini. I due rami riunisconsi presso al villaggio Annunziata e sboccano diret- tamente al mare. Dalla biforcazione al mare presenta campi fil- losserati sùl versante sinistro. Altri due microscopici centri trovansi alle origini del torren- tello Paradiso, che è il primo torrente, procedendo verso il Faro, dopo F Annunziata. Non è da credere che i tre torrenti ove si trovava Finlezione siano fra loro molto distanti, anzi mi affretto a dire che sono vicinissimi e le colline che li separano formando coi ioro declivi il versante sinistro di un torrente, formano anche il versan-te destro dell’altro. Nè le colline istesse determinano delle separa- zioni nettissime tra un torrente e l’altro, ma in qualche punto una depressione delle medesime forma un naturale sbocco da una vallata all’altra. Del resto, per dare una idea chiara della conformazione della superficie del suolo tanto accidentato, ho fatto eseguire la carta annessa alla presente relazione (1). Data una idea generale della positura topografica delle val- late infette, vediamo qual è il numero dei centri infetti per ogni vallata e quale la loro estensione. (1) Tale lavoro è dovuto al sotto-ispettore forestale signor Pasquale La Fauci ed all’ufficiale forestale signor Gian Battista D’Orlandi, due egregi giovani che, con una operosità rarissima e con ammirabile zelo, seppero in poco tempo condurre a termine il lavoro. — 240 - Sul versante sinistro del torrente S. Leone, e propriamente nelle adiacenze del convento del Ritiro, trovasi il centro più grande scoperto nel territorio messinese. La sua estensione è di ettari 5,7018 e vi entrano a formarlo i vigneti seguenti : Antonino Roberto . Filippo Simeone . . Enrico Cherubini Ferdinando Toscano Raimondo Ribera . Ignazio Corica . . Agostino Corica . . Cosimo Grillo . . . . per ettari 1,7906 (1) 0,2931 0,8387 1,3604 0,1422 » 0,5947 0,5832 » 0,1000 Totale ettari 5,7029 Attorno a questo gran centro vi sono dei centri minori di estensione variabile, i quali sono, rispetto al medesimo, così orientati : A nord del gran centro, che chiamerò d'ora in poi del Ritiro, si trovano due centri nei vigneti del signor Francesco Lisciotto. Uno, formato di un sol ceppo, trovasi nel giardinetto del villino, confinante col vigneto infetto Toscano; l'altro di ettari 0,0160 trovasi in un piccolo vigneto in contrada Tremonti; due centri nel vigneto del signor Alessandro Pizzimenti dei quali uno di ettari 0,0171, l'altro di due ceppi fillosserati. A nord-ovest si trovano 3 centri nel vigneto della vedova Murat, dei quali uno formato di 5 ceppi fillosserati molto vicini, uno di 3 ceppi ed il terzo di 2 ceppi soltanto. (1) In questa estensione ho compresi i m. q. 869,50 di vigneto che il Roberto distrusse per causa dell’infezione pochi giorni prima che la mede- sima venisse scoperta. E esclusa la parte del vigneto del signor Toscano estirpata a poco a poco poiché di data remota. — 241 — Ad ovest si trovano tre centri nel vigneto Roberto, due di un sol ceppo ed uno di due ceppi; un centro di un sol ceppo nel vigneto del signor Domenico Fileti, poco distante da quello del Roberto e Lisciotto. A sud-ovest vi sono due centri nel vigneto del signor Tom- maso Cassisi, entrambi costituiti di un sol ceppo fillosserato. A sud trovansi due centri nel vigneto Bonaviri, confinante col vigneto Roberto, uno esteso ettari 0?2001 ; l’altro di due ceppi fillosserati ; due centri nel vigneto della marchesina Carmela De Gregorio di Squillace, confinante col vigneto Bonaviri, uno di ettari 0,0150, l’altro esteso ettari 0,0128 ; un centro in una parte del vigneto del signor Raimondo Ribera esteso ett. 0,0752. A sud-est due centri nel vigneto del signor Letterio Perrone, uno costituito di due ceppi fillosserati, l’altro di un ceppo sol- tanto; un oentro nel vigneto del signor conte Michele De Gae- tani, costituito di un sol ceppo ; uno nel vigneto del signor Ono- frio Basile, costituito di dieci ceppi fillosserati; due nel vigneto del signor Pietro Gangemi , dei quali uno esteso ettari 0,0550, l’altro costituito di tre ceppi fillosserati; uno nel vigneto del signor Filippo Alibrandi, costituito di un sol ceppo ; tre nel vi- gneto del signor Michele Bonanno, uno esteso ettari 0,1782, un altro costituito di due ceppi fillosserati, ed il terzo finalmente di un ceppo soltanto. Questi ultimi centri sono a poche centinaia di metri da Messina, e confinanti colla sponda sinistra del tor- rente S. Leone. A nord-est trovasi il centro costituito dal focolare esistente nel vigneto Napoleone Romeo, esteso ettari 0,0596, e di quello di un sol ceppo fillosserato che trovasi nel giardinetto del villino del sig. Lisciotto Antonino ; abbiamo finalmente un altro piccolo centro esistente nel vigneto Toscano, e costituito di un sol ceppo fillosserato-. Nel versante destro dello stesso torrente S. Leone troviamo i seguenti centri procedendo dall’alto al basso: Nel vigneto del signor Giuseppe Sterio, confinante colla sponda destra del torrente, e vicinissimo al convento del Ritiro, trovasi un centro costituito di 3 ceppi fillosserati. — 242 - Sull’altipiano, che prende nome dal villaggio Trapani ivi esi- stente, trovansi sei centri. Uno è costituito dal focolare infetto di una parte del vigneto del signor conte Luigi Arduino, ed è esteso ettari 0,0319; un secondo è costituito da una parte d’ un altro vigneto del conte Arduino, esteso ettari 0,0042, e da una parte del vigneto Gesira, esteso ettari 0,1122; un terzo trovasi nello stesso vigneto del signor Agatino Osmundo Gesira, costituito di tre ceppi fillosserati; un quarto costituito di una parte del vi- gneto Guarnera, esteso ettari 0,1821, dell’infezione del pergolato esistente nel giardino annesso alla villa dello stesso proprietario, formato di undici ceppi fillosserati, delTinfezione di un’altra parte del vigneto Gesira dell’estensione di ettari 0,1460 Sicché tutto il centro Guarnera-Gesira è esteso ettari 0,3301; abbiamo un quinto centro ad est del centro Guarnera-Gesira e trovasi nel vigneto Gesira, ed è costituito di sei ceppi fillosserati ; finalmente il sesto centro a sud-ovest del gran centro Guarnera-Gesira, e trovasi nel vigneto Gesira sul versante destro del torrente Tra- pani, ed è costituito di un sol ceppo fillosscrato. Riepilogando vediamo che nel torrente San Leone esistono 39 centri la cui estensione, classificata in ordine decrescente, è data dal seguente quadro : — 243 — ESTENSIONE dei centri grandi in ettari e dei piccoli in ceppi fillosserati PROPRIETARI DEI VIGNETI CHE LI FORMANO CONTRADA IN CUI I CENTRI SI TROVANO 5,7029 Roberto, Simeone, Cherubini, To- scano, Ribera, Corica I., Corica A., Grillo Diverse contrade del Ritiro 0,3301 Guarnera-Gesira Villaggio Trapani 0,2001 Bona viri Villaggio S. Nicola (Ritiro) 0,1782 Bonanno Quatara 0,1164 Gesira-Arduino Villaggio Trapani 0,0752 Ribera S. Nicola (Ritiro) 0,0596 Romeo Tremonti (Ritiro) 0,0550 Gangemi Quatara 0,0171 Pizzimenti Tremonti (Ritiro) 0,0160 Lisciotto Francesco Tremonti (Ritiro) 0,0150 Squillaci , S. Nicola (Ritiro) 0,0128 Id S. Nicola (Ritiro) 0,0042 Arduino Villaggio Trapani 10 Basile Agliastro 6 Gesira Villaggio Trapani 5 Murat Villaggio Giostra (Ritiro) 3 Id Villaggio Giostra (Ritiro) 3 Sterio. .... Ritiro 3 Gesira Villaggio Trapani 3 Gangemi Quatara 2 Murat Villaggio Giostra (Ritiro) 2 Roberto Piano della Monaca (Ritiro) 2 Perrone S. Nicola (Ritiro) 2 Bonaviri S. Nicola (Ritiro) 2 Bonanno Quatara 2 Pizzimenti Tremonti (Ritiro) — 244 — ESTENSIONE dei centri grandi in ettari e dei piccoli in ceppi filiosserari PROPRIETARI DEI VIGNETI CHE I.I FORMANO CONTRADA IN CUI I CENTRI SI TROVANO 1 Roberto Piano della Monaca (Ritiro) 1 Id Piano della Monaca (Ritiro) 1 F ileti Villaggio Giostra (Ritiro) 1 Cassisi Villaggio Giostra (Ritiro) 1 Id Villaggio Giostra (Ritiro) 1 Perrone S. Nicola (Ritiro) 1 De Gaetani S. Nicola (Ritiro) 1 Alibrandi Agliastro 1 Bonanno Quatara 1 Lisci otto A Tremonti (Ritiro) 1 Toscano Tremonti (Ritiro) 1 Gesira Villaggio Trapani 1 Lisciotto Francesco ; Tremonti (Ritiro) Il torrente S. Francesco di Paola o S. Licandro è, come ab- biamo detto, diviso in due rami, che riunisconsi là ove trovasi il fondo Viola, gran parte del quale rimane compreso nella bifor- catura. Il ramo destro detto la Vinedda Tremonti presenta cinque centri, due nel versante sinistro e tre nel versante destro. Nel versante sinistro trovasi al fondo della vallata il centro infetta del vigneto del signor Pietro Furfari costituito di 29 ceppi che occupano la superficie di ettari 0,0123 ; sull’altipiano, posto tra la Vinedda ed il torrente Barile, trovasi il centro infetto del vigneto della signora Grazia Garisti vedova Mangano costituito di 7 ceppi infetti constituenti un sol gruppo. Sul versante destro, in prossimità del punto ove i due rami del torrente si confondono in un solo, tro- vansi tre centri nel vigneto del signor Giovanni Rizzotti. Il centra più grande costituito di 25 ceppi che occupano una zona estesa et- tari 0,0050 ; degli altri due uno costituito di due ceppi e l’altro di tre ed entrambi occupavano la superficie di ettari 0,0009 ciascuno. — 245 — Rimpetto a questi centri, ma sul versante sinistro, trovasi uno dei centri del vigneto Viola che presentava infezione saltuaria, ma che costituiva una zona infetta di ettari 0,5431. Il torrente Barile, Y altro ramo del torrente S. Francesco di Paola, presenta infezione, tanto sul versante destro che sul si- nistro. Sul versante destro in prossimità delle origini trovansi quattro centri infetti nel vigneto del signor Michele Laudamo. Uno è costituito di 15 ceppi, un’altro di 5, il terzo di 3, ed il quarto finalmente, posto a circa 60 metri dagli altri tre che formano un sol gruppo, è costituito di 1 sol ceppo fillosserato. Più in giù assai, prossimo al punto ove i due torrentelli riuniti ne formano uno solo, sullo stesso versante destro trovansi altri sette centri nel vigneto del signor Francesco Viola. Di essi uno ha una zona infetta di ettari 0,0173, tre sono costituiti di 1 sol ceppo fillosserato, uno di 2 ceppi, un’ altro di 5 occupanti una zona di ettari 0,0008 e finalmente 1’ ultimo esteso ettari 0,1431 che si riunisce, a costituire centro unico, con un altro pezzo di vigneto dello stesso Viola, situato dirimpetto, ma sul versante sinistro esteso ettari 0,1301. Questa porzione a sua volta si con- giunge, essendone separata da un muro in parte diroccato, con la forte infezione esistente nel vigneto del signor [Giuseppe Mu- solino estesa ettari 0,7030 e di cui la più gran parte rimane sul versante sinistro dei due torrentelli riuniti o il S. Francesco pro- priamente detto. Poco al di sopra di questo centro che è il più grave del S. Francesco di Paola si trova, sul versante sinistro del Barile, due piccoli centri esistenti entrambi nel vigneto del signor Giuseppe Villari, uno costituito di 2 ceppi fillosserati, di 1 l’altro. Seguendo la corrente troviamo sul versante sinistro del S. Fran- cesco o S. Licandro altri due centri nel vigneto del sig. barone Gaetano La Corte, uno costituito di 7 ceppi fillosserati e tro- vatesi nel vigneto vecchio, l’altro di 3 ceppi esistenti in un vi- gneto giovanissimo, di un anno appena. 16 — 246 — Riassumendo, nel torrente S. Licandro abbiamo ventuQ centri la cui estensione classificata in ordine decrescente è data dal seguente quadro: ESTENSIONE dei centri grandi in ettari e dei piccoli in ceppi fillosserati NOME 0 NOMI DEI PROPRIETARI DEI VIGNETI che formano i centri contronotati CONTRADA IN CUI I CENTRI SI TROVANO 0,9762 Viola-Musolino , . . . . San Licandro 0,5431 Viola Id. 0,0173 Id Id. 29 Furfari Tremonti 25 Rizzotti San Licandro 15 Laudamo Torrente Barile 7 Caristi Tremonti 7 La Corte San Licandro 5 Laudamo Tremonti 5 Viola San Licandro 3 La Corte Id. 3 Laudamo Tremonti 3 Rizzotti San Licandro 2 Id Id. 2 Villari Id. 2 Viola Id. 1 Id Id. 1 Id Id. 1 Id Id. 1 Villari Id. 1 Laudamo Tremonti — 247 Vediamo finalmente quali sono i centri infetti che si presentano nella vallata del torrente Annunziata. Abbiamo detto che solo il ramo destro presenta infezione e la medesima si trova anche dopo la riunione dei due rami in un torrente solo. Nella vallata di questo ramo destro abbiamo sei centri infetti. Uno formato di 3 ceppi fìllosserati trovasi nel vi- gneto del sig. Giovanni Galbo posto su di una collina addossata al monte Cicci, collina che si trova precisamente in mezzo alla biforcatura di questo ramo di torrente. Cinque altri trovansi nel versante destro e tutti nel vigneto del sig. Natale Vinciguerra. Un centro è costituito di due parti divise fra loro da un bur- roncello, una è estesa ettari 0,5203, V altra di ettari 0,0540. Altro centro è esteso ettari 0,0136, un terzo ettari 0,0310; il quarto centro occupa una zona infetta di ettari 0,2121 ; final- mente il quinto era costituito di 3 ceppi fìllosserati. Sul versante destro non esiste altra infezione. Nel versante sinistro invece ed in prossimità del villaggio Annunziata trovansi altri quattro centri, uno molto esteso, di poca importanza gli altri tre. Il centro grande è costituito per ettari 0,4507 dal vigneto del signor Gaetano Caratozzolo, per ettari 0,0669 dal vigneto del signor Giovanni Nicolosi ed ettari 0,1241 dal vigneto del sig. dott. Giuseppe Pugliatti. Ad est di questo centro se ne trovano tre altri piccolissimi, uno di un sol ceppo era nel vigneto del dottor Pugliatti, degli altri due uno nel vigneto del sig. Nunzio Magliano e Y altro in quello del sig. Orazio Malfa entrambi costituiti di un sol ceppo fillosserato. i Riassumendo, troviamo nel torrente deir Annunziata dieci centri che diamo classificati in ordine decrescente della loro estensione : ESTENSIONE dei centri grandi in ettari e dei piccoli in ceppi fillosserati NOME 0 NOMI dei PROPRIETARI DEI VIGNETI CHE LI FORMANO CONTRADA IN CUI I CENTRI SI TROVANO 0,6417 Caratozzolo, Nicolosi, Pugliatti . . Annunziata 0,5743 Vinciguerra Piano della Fornace (Annunziata) 0,2121 Id Id. 0,0310 Id Id. 0,0136 Id Id. 3 Id Id. 3 G-albo Ciaramita 2 Mugliano Annunziata 2 Malfa Id. 1 Pugliatti Id. A nord del centro Caratozzolo-Nicolosi-Pugliatti, e con ogni probabilità da esso dipendenti, trovansi sul versante destro del torrentello del Paradiso due piccoli centri, uno di due ceppi fil- losserati, Y altro di dieci, entrambi esistenti nel vigneto del sig. Francesco Fumia ed a poca distanza fra loro. Dati che occorrono per stabilire l’epoca della importazione della fillossera. Il numero dei centri infetti , la estensione loro non ci lascia il menomo dubbio che la importazione della fillossera a Mes- sina deve essere avvenuta in un’ epoca abbastanza remota , epoca alla quale noi possiamo risalire, e stabilire con un certo grado di probabilità, qualora abbiamo sott’ occhio un certo nu- mero di dati, e cioè il modo di coltivare della vite in questo - 249 — territorio, le varietà coltivate, le qualità dei terreni in cui le medesime sono impiantate e finalmente tutti i fatti osservati e prima e dopo la scoperta deir infezione. E colla base di tutti questi elementi, debitamente discussi e raffrontati, che si può raggiungere lo scopo a cui miriamo, cioè la soluzione di varie quistioni : Quale è l’epoca dell’ importazione della fillossera nel territorio di Messina? Ove fu per la prima volta introdotta? Lo fu col mezzo di viti o di altre piante? Tutte le infezioni dipendono da un centro unico primitivo o vi furono varie importazioni per i vari centri ed in diverse epoche? Qualora non risulti una im- portazione per ogni singolo centro, con quali mezzi naturali od artificiali la fillossera si è propagata? Coltivazione e sviluppo del sistema radicale della vite a seconda la natura dei terreni in cui vive. Nell’ Agro Messinese i piantamenti della vite sono fatti con magliuoli qualora si tratti di impianto di nuovi vigneti, più spesso per propaggini quando nei vecchi vigneti si tratti di rimpiazzare qualche spazio vuoto. Nei mesi di gennaio e febbraio ed anche in marzo là ove i terreni sono umidi (terreni argillosi) si aprono nel suolo dei grandi solchi larghi e profondi quattro palmi (lm,057) e lunghi quanto Finterò campo da piantare o quanto le terrazze, nel caso il terreno sia ridotto a poggi. Il terreno prima viene smosso col piccone, se occorre, poi sminuzzato colla zappetta e finalmente sterrato col zappone . Ogni ope- raio è fornito di questi tre strumenti più un palo in ferro ed un palo in legno entrambi della forma della figura qui contro. Aperto il gran solco ( battale , sajone , sorca) al principio del campo e nella parte più bassa si soleva dieci anni fa per tutti i terreni, oggi soltanto per quelli sciolti, aprire in a (figura seguente) col palo un foro profondo da 30 a 35 centim. poscia in esso veniva e viene tuttora messo il magliolo lungo da metri 1,30 a 1,40. Nel foro che ha ricevuto il magliolo, si lascia cadere un poco del terreno superficiale come quello più aerato, e si comprime delicatamente col palo in legno attorno al magliuolo in guisa da non arrecare a quest’ultimo il minimo danno. L’ estremo libero del magliuolo viene conficcato nel terreno onde non subisca spo- stamenti, stia verticalmente nel terreno e conservi la distanza di 'quattro palmi con gli altri maglioli. La posizione del magliuolo a piantato è rappresentato dalla figura seguente. Come dicevo precedentemente, nei terreni compatti da un de- cennio in qua questo sistema non è usato, poiché i contadini hanno osservato che quel tratto del magliolo messo nel foro pra- ticato dal palo muore ed infradicia, per cui quello del palo nei terreni compatti riescirebbe un lavoro inutile. Ben altrimenti avviene nei terreni sciolti. Per questa osservazione adunque attualmente si usa nei terreni umidi e compatti di piegare il magliuolo a gomito in a (figura seguente) adattandolo all’angolo della fossa, poscia si covre del solito terreno superficiale. V//////////////A m/m/m — 251 — • Piantati i magliuoli in tutto il solco a (figura seguente) si covrono, col terreno che si sterra nello scavare altro solco b delle medesime dimensioni del precedente e ad esso confinante. Con tale ordinamento del lavoro si provvede contemporanea- mente all’escavazione del nuovo solco per piantare l’altro filare ed al ricoprimento dei magliuoli piantati precedentemente. E provvisto eziandio alla lodevolissima pratica di mettere a contatto della talea del terreno aerato, evitando così di fare lo scasso molto tempo prima. In tal modo seguita il lavoro per l’intera superficie del campo, perciò il terreno, come si vede, viene scassato interamente alla profondità di un metro nello stesso tempo che si esegue la pian- tagione. Le varietà di uva che vengono spesso adoperate sono la diana, nerieddo cappuccio e la nocera bianca e nera. A queste però si aggiungono la jeffola, insolia , zibibo , zinnerico e russu in quantità minore. In questo primo anno il magliuolo viene tagliato a circa 25 centimetri dal livello del terreno, tratto questo che può avere due o tre gemme al massimo. Nella primavera vegnente ogni magliuolo sviluppa uno, due o tre tralci a seconda del numero delle gemme che furono rimaste o di quelle conservatesi e delle avventizie che si producono. Questi tralci vengono lasciati intatti durante l’estate perchè la pianta si sfoghi, come dicono i contadini. Nell’inverno successivo, dopo che i grandi freddi han fatto sospendere la vegetazione, questi tralci vengono tutti tagliati onde procurare lo sviluppo delle gemme avventizie sul legno vecchio o meglio in quel punto ove il tralcio giovane si congiungeva al tralcio di due anni. Da tali gemme si hanno vari tralci robusti che nella primavera sue* cessiva vengono lasciati sulla pianta. Nel terzo anno, dei tralci esistenti sul piccolo ceppo, non si lascia che quello più basso (bordone) che ordinariamente è anche il più robusto e quello che mostra, per i suoi internodi cortis- simi, maggiore attitudine alla fruttificazione. Il bordone viene tagliato ordinariamente a quattro gemme. Nella primavera si hanno tre o quattro tralci robustissimi i quali danno ordinariamente alcuni grappoli. Neirinverno del quarto anno dei tralci sviluppati se ne lasciano due, l’inferiore tagliato a due gemme detto spadda che serve a preparare il legno per Fanno seguente, l’altro lungo un novanta centimetri (stocco) che può contenere dieci gemme. Questo tralcio viene avvolto su se stesso. Ciò si fa quando il tralcio, come per l’ordinario, è robusto, ma quando per avventura fosse de- bole si taglia più corto, o, come dicono in dialetto, a mezzo stocco . La potagione degli anni consecutivi è del tutto simile a quella del quarto anno salvo a rimanere due spadde (speroni) invece di una quando la pianta si è fatta più robusta. La robustezza della pianta porta con se anche Finnalzamento del ceppo, cosa che si ottiene tagliando le gemme inferiori del tralcio quando si è disposti' a fare quest’operazione. Alla potagione annuale vanno congiunte tre zappature perio- diche, le quali sono sempre le stesse dal primo anno finche dura il vigneto. Per numero sono tre. La prima zappatura (prima scogna) si fa alle prime acque di ottobre ed anche novembre. Il terreno viene smosso da 30 a 35 centimetri, togliendo nello stesso tempo le radici superficiali, e disposto in modo che la pianta rimane in una conca, ed in mezzo al quadrato, ai cui angoli trovansi le viti, si formano dei cumoli conici di terreno. Invece delle conche alcune volte costituiscono dei cavalli di terra tra un filare e l’altro di viti. La seconda zappatura si segue dall’ultima quindicina di marzo alla seconda decade di aprile. 253 — Il suolo viene smosso più che è possibile ed il terreno dei cumoli quasi appianato, rimanendo una conca leggermente pro- fonda là ove trovasi la pianta. La terza zappatura finalmente si fa da maggio a giugno. Il terreno viene smosso colla zappetta e rimane in posto, salvo ad .accomodarlo in guisa che non soffrano quei grappoli che lam- biscono il terreno, la qual cosa si cerca di impedire più che è possibile. Da ciò che precede si vede come la coltivazione della vite è e deve essere essenzialmente specializzata. Varie cause impedi- scono però la specializzazione completa. Gli infortuni atmosferici, la scemata o mancata produzione di determinate piante, la im- portanza commerciale variabile di certe derrate, lo spazio angusto in cui una numerosa popolazione è costretta a vivere, il pregiu- dizio di fare dei propri fondi delle arche di Noè, per non procu- rarsi nulla al difuori pei bisogni della vita, il clima favorito, sono tante cause che combattono la completa specializzazione, quantunque la vittoria è in gran parte destinata alla me- desima. Per queste condizioni inerenti al territorio messinese, alla vite è spesso consociata la coltura di altre piante da frutto e di piante erbacee. Anzi non è raro trovare che la coltivazione della vite è affatto secondaria; la qual cosa avviene là ove fu piantato r agrumeto. Finché quest'ultimo non dà produzione, finche la medesima non è rimuneratrice, o non raggiunge il grado d’ ingordigia dei proprietari, la vite viene lasciata nell’agrumeto. E soltanto dopo di questo periodo di dodici a quindici anni che viene lasciato libero il campo agli agrumi, la cui importanza commerciale va sempre aumentando. Le piante arboree che si trovano ordinariamente nei vigneti sono gli ulivi, fichi, peri, susini, peschi, nespoli e sorbi. Le piante erbacee che si consociano sono il frumento, le fave, i piselli, le favette (fauzza) o fave cavalline ed i fagioli. Soltanto raramente vengono coltivate altre piante. — 254 — La coltivazione del frumento è la più importante, sia pel suo prodotto, sia per la estensione che vi si dà come mezzo di ese- guire la caccia delle quaglie. Il terreno degli interfilari che devono ricevere il frumento viene, nell’epoca della prima zappatura, lasciato piano invece di ridurlo in cumoli. Si aprono in esso due solchi longitudinali, si sparge al fondo di questi del concime e, seminato il frumento in linea, si covre. A questo frumento vengono poi fatti i lavori ordinari che si ri- chiedono dalla sua seminagione alla sua raccolta, che avviene intorno agli ultimi di giugno ed i primi di luglio. Non appena raccolto il frumento, la superficie del terreno viene rotta colla zappetta. La piantagione delle fave non disturba per nulla la distribu- zione dei terreno che viene eseguita allorché si fa la prima zap- patura della vite. Infatti è soltanto fra un cumulo e 1’ altro di terreno che si apre un fossetto colla zappa, si mette del concime, e poi un seme di fava, previamente ammollita nell’ acqua, e si copre. In tal modo le fave sono disposte in linea e nel mezzo dei lati del quadrato formato dalle viti. Per la seminagione dei piselli precoci, il terreno degli interfilari viene lavorato come pel frumento lasciandolo in piano, poscia nella parte media si apre longitudinalmente un solco, si sparge nel fondo di esso del con- cime, indi i piselli e si covrono. Per la seminagione delle fa vette e dei fagioli il lavoro del terreno e la piantagione è identica, tranne che per la favetta non è adoperato concime. Non sempre le surnominate piante erbacee sono messe sopra un appezzamento qualsiasi di terreno, anzi il più delle volte vi è un ordine nella distribuzione del medesimo e viene religiosa- mente osservato. Quando il frumento è 1’ unica pianta erbacea coltivata, non viene seminato in tutti gli interfilari, ma una volta si seminano gl’ impari altra volta i pari. 255 — Intanto i filari che nell’anno non ricevono coltivazione vengono accuratamente lavorati, onde nell’ anno prossimo siano atti ad entrare in coltura. A loro volta son seminati a frumento, mentre il terreno, che nell’anno precedente fu coperto dal cereale, viene lavorato. Qui vediamo in pratica il sistema del reverendo Smith bello e buono. Anzi si incontra qualche volta una modificazione che lo rende più perfetto, inquantochè viene allargato il periodo di suc- cessione della coltura estenuante sullo stesso terreno. In vero il campo viene diviso in varii appezzamenti ed in ognuno di essi si fa la coltivazione alternativa di frumento, però mentre gli in- terfilari impari di un dato appezzamento ricevono la coltura del frumento in un dato anno, gli altri appezzamenti sono in ri- poso; nell’anno consecutivo non sono i filari pari dello stesso appez- zamento che ricevono coltivazione, ma quelli impari di un altro. Finito il turno o l’avvicendamento dei varii appezzamenti, la cultura ricomincia daH’appezzamento da cui si è partito, ma non più nei filari impari, ma nei pari, e vien di poi seguitata negli interfilari pari degli altri appezzamenti. Bisogna notare però come questo sistema è adoperato soltanto assai raramente e quando fa difetto il concime. Più spesso viene seguita nel vigneto una rotazione quinquennale di piante che si succedono coll’ordine seguente: frumento, fave, piselli, favetta e fagioli. Detto il modo di piantare la vite, la maniera con cui viene coltivata e le piante arboree ed erbacee ad essa consociate, mi sono spianato il terreno per parlare dello sviluppo che gli organi di vegetazione possono prendere. Abbiamo visto come lo scasso del terreno non arrivi a pro- fondità maggiore di un metro e pochi centimétri; ebbene le ra- dici che dal magliuolo si sviluppano prediligono di svilupparsi nel terreno smosso in cui si distendono facilmente, corrono in esso in varie direzioni, lo arretiscono e rimangono per la maggior parte in esso. Questo sviluppo delle radici non è uguale però in tutti i terreni, ma varia col variare dei medesimi. — 256 — Tanto nei fondi fìllosserati quanto in quelli prossimi ai mede- simi abbiamo terreni di costituzione mineralogica svariatissima. Dai terreni eminentemente argillosi e compatti ai terreni ghiaiosi ed arenosi scioltissimi, abbiamo tutte le gradazioni e direi quasi tutte le combinazioni possibili. E non è a credere che i terreni di una data costituzione mineralogica occupino una grande su- perficie, abbiamo invece un succedersi continuo di una varietà all’altra e tutte le mescolanze che nei punti di contatto si pos- sono fare colle medesime. Abbiamo diversi strati sovrapposti per cui mentre qua si osserva una sabbia miocenica felspatica scioltissima, come vedesi in una parte del vigneto infetto del signor Bonaviri Rosario, Ferdinando Toscano ed Antonino Roberto, là apparisce il miocene superiore colle sue argille e forma ter- reni compatti, come si vede negli stessi fondi dei proprietari sunnominati. In altri punti (vigneto infetto del signor Filippo Simeone, Agostino Corica ecc.) abbiamo dei ciottoli calcarei ricchissimi di concamerazioni e senza fossili, che ci mostrano altra formazione del miocene. In qualche altro fondo (vigneto Lisciotto prossimo alla cava di pietra in Tremonti) abbiamo un calcare risultante da un ammasso di conchiglie e siamo nel pliocene molto recente. Portiamoci nella vallata del torrente S. Leone e troveremo parecchi vigneti, e segnalatamente quelli dei signori Giuseppe Sterio e Michele Bonanno, impiantati nei detriti di gneiss, gra- nito, schisti; in una parola detriti di rocce cristalline, che, sca- vati dalle acque dalla catena dei monti ove il torrente S. Leone origina, costituirono, cogli alluvioni recenti e cogli straripamenti frequenti, quei terreni in cui i vigneti suddetti si trovano im- piantati. Qua e là fanno capolino delle sabbie quaternarie (vigneto To- scano) a ciottolini di dimensione varia. Se, partendo dal torrente S. Leone, ci portiamo poi verso il Faro, giungendo nella regione del Paradiso (ove trovasi nell’arena l’infezione del Fumìa), lasciamo indietro tutta questa stragrande — 257 — varietà di terreni è troviamo fino all’altro mare quasi costante- mente delle sabbie quaternarie di origine marina. Avendo a propria disposizione terreni di indole così svariata, non dovrà essere difficile ad avverarsi, come col fatto si è av- verato, che la colonna avanzante della fillossera per propagarsi avesse provata l’occupazione di tutti i terreni. Vedremo fra non molto se di questa prova abbia o no trionfato. Ritornando intanto al punto da cui siamo partiti, e cioè allo sviluppo del sistema radicale della vite, possiamo dire che là ove i terreni sono argillosi e molto compatti le radici si sviluppano preferibilmente nel terreno smosso durante rimpianto della vite e si mantengono intorno alla profondità di metri 1,30. Nei terreni sabbiosi invece la profondità diventa maggiore per due cause. Le radici non trovano difficoltà ad attraversare il terreno e sono anche costrette a spingersi negli strati profondi del medesimo, per trovare il necessario grado di umidità, di quella umidità che alla superficie fa difetto o manca affatto, specie durante l’estate, in cui sotto la sferza degli scottanti raggi solari i terreni sabbiosi si asciugano fino a profondità a volte considerevole. In queste condizioni si trova che le viti spingono le loro radici alle profondità di metri 1,50, 1,60, 1,70 ed anche a quella di metri 1,90, 2,50 ed anche superiore. Nè mancano esempi di radici a considerevoli profondità anche nei terreni ar- gillosi, soltanto questi casi sono più rari, eccezionali. Molte volte, per un rinterro avvenuto dopo la piantagione, i maglioli si trovano profondi ad 1 metro e 50 ed anche più, in modo da aver viti colle radici profonde anche a 3 metri. Tanto nei terreni sabbiosi che in quelli argillosi le piante si mostrano com’è naturale con una vigoria direttamente propor- zionale allo sviluppo del sistema radicale, e però nello stesso ap- pezzamento di terreno, nella stessa terrazza, abbiamo viti in condizione diversa. Stato delle viti e della fillossera al momento della scoperta dell’ infezione. Lo stato delle viti, del quale finora abbiamo parlato, è quello che possiamo e dobbiamo dire normale. Questo stato però cangia qualora intervenga una causa disturbatrice, ed il cambiamento sarà più o meno grande a seconda che la causa medesima si è fatta sentire più o meno potentemente. Fin dal primo giorno che visitai il vigneto del signor Ferdi- nando Toscano ebbi a persuadermi come quivi Tinfezione fillos- serica fosse assai grave, giacche quasi tutte le viti presentavano una fortissima depressione nella vegetazione. Le viti general- mente presentavano pochi e stentati tralci sui quali pochissimi grappoli avevano trovato di che vivere. Dall’aspetto, generale scendendo a quello dei singoli appezzamenti di cui il vigneto Toscano era composto, trovai fra esse delle grandi differenze. Infatti negli appezzamenti prossimi alla villa segnati coi nu meri 41 e 42 nella mappa, molti ceppi erano morti compieta- mente, molti altri avevano pochi altri giorni di vita, inquan- tochè, sforniti quasi totalmente anche di tralci tisici, mostravano già le poche foglie di color giallo e molte erano accartocciate. Se si osservavano le radici di queste viti, se ne trovavano ra- rissimamente delle sane, giacche la massima parte si trovava marcita, come marcita si presentava la parte inferiore del tronco. Le radici capillari erano totalmente distrutte, e non rimaneva vivo che qualche moncone di quelle radici grosse del diametro di mezzo centimetro o di un centimetro. Queste radici però erano totalmente coperte di fillossere partenogenetiche ed uova, ed erano altresì tempestate di tumefazioni, di piccole bolle quali disfatte, quali in via di disfacimento; colla corteccia qua e là staccata, sbrandellata ed erosa insieme al legno, già in gran parte in via di marcimento. Nè questo era lo stato più grave e Talterazione più avanzata che in quel posto precisamente si era -- 259 - presentata, poiché i due pezzi surnominati si trovavano negli anni antecedenti perfettamente riuniti fra loro, nessuna soluzione di continuità esisteva nel vigneto. Ma è in questa parte appunto, mancante al momento della scoperta della fillossera, che le viti, come abbiamo detto nella parte storica della scoperta, comincia- rono a dare il primo segno di deperimento. Negli anni 1876-77 molte di quelle viti colà impiantate mostrarono fortissimo depe- rimento, e nel 1878, durante le lavorazioni ordinarie del vigneto molti ceppi cadevano al minimo urto della zappa, al più piccolo spostamento di una zolla alla quale rimanevano attaccati. Questi ceppi avevano perdute tutte le radici. Nello stesso posto fu tentato di mettervi delle propaggini, ma tosto morirono colla stessa sintomatologìa delle altre viti quantunque più rapi- damente. Intanto nell’anno 1879 la mortalità acquistò proporzioni più allarmanti, e, come nell’anno precedente, moltissimi ceppi cadevano pel semplice urto della zappa contro il terreno. Nell’anno 1880, nel tempo delle prime zappature, furono tolti quegli altri ceppi che, non presentando addirittura tralci o di quelli lunghi appena pochi centimetri, non lasciano nessun dubbio della prossima fine non dissimile alle precedenti viti. Durante il periodo di tre anni, circa un , migliaio e mezzo di viti venne così distrutto, e troviamo perciò il pezzo n° 41 staccato dal pezzo n° 42 ma che originariamente erano riuniti. In una parte del vigneto Roberto, e propriamente là ove il proprietario distrusse gli 869m,50 di vigneto (1) avevamo, nel momento della scoperta (/° agosto 1880), delle viti molto deperite ed in uno stato tale che si potevano considerare economicamente morte, ed assai prossime alla morte reale. Parla abbastanza di questo grave deperimento il fatto che il proprietario tagliò ap- punto quella parte del vigneto, la quale si presentava tanto maltrattata da dare subito nell’occhio al Delegato fillosserico che doveva fare l’ispezione domandata dalla stampa locale. Questo (1) Vedi la parte storica della scoperta deH’infezione. — 2G0 — mezzo non riuscì, nè poteva riuscire, ad eludere l’attenzione del Delegato fillosserico, inquantocchè intorno intorno alle terrazze ove le viti vennero tagliate esisteva una forte depressione nella vegetazione, la quale faceva palese una macchia fillosserica, di cui il centro appunto era la parte distrutta dal proprietario. Credo utile qui notare che un deperimento in questa parte del vigneto Roberto si era fatto avvertire fin dal 1879, ma nella primavera del 1880 le viti rimasero arrestate nella loro vegeta- zione a tal segno da destare giustificati allarmi. Nel 5 agosto dell’anno passato, stando nei vigneto Roberto, e guardando i vigneti circostanti, posai lo sguardo sul vigneto con- tiguo e sottoposto del signor Rosario Bonaviri. Fui colpito dal vedere, nel mezzo del vigneto, delle viti morte totalmente, at- torno a queste delle viti morenti, e man mano allontanando lo sguardo da quel centro, le viti si presentavano di meno in meno intristite, finché si trovavano quelle in istato affatto normale. Era questa una macchia fillosserica bellissima, la più bella ch’io m’abbia vista. Mi è indispensabile qui notare che tal parte del vigneto era molto giovane, contava soltanto circa 5 anni (pochi mesi meno) all’epoca della distruzione. In istato di fortissimo deperimento si trovava la parte del vi- gneto Guarnera (n° 4 della mappa) prossimo ab villino dello stesso proprietario. Quando nell’agosto p. p. osservai quel vigneto vidi una bella macchia fillosserica, non ostante fosse aperta dal lato appunto della villa. Nelle terrazze prossime alla medesima le viti ave- vano dati dei tralci di vita stentatissima e tali da non esser capaci; o almeno rarissimamente, di caricarsi di qualche grappolo. Basta dire che, allorquando ho distrutto quel vigneto, per distruggere con esso la fillossera, non occorsero dei roncoli per tagliare i ceppi ; bastarono dei piccoli ed anche delicati coltelli per reci- dere quei pochi tralci che la pianta si era sforzata a produrre. Anche qui molte piante erano morte totalmente e la massima parte poi era morta economicamente e vicinissima alla morte reale. Tal vigneto contava otto anni di età. — 261 — Confinante al medesimo trovavasi il vigneto Gesira (n° 3 nella mappa), il quale presentava anche un forte deperimento (però non paragonabile a quello del vigneto Guarnera) e lo presen- tava appunto in quella parte sottostante al parterre del villino Guarnera. Tal parte del vigneto del signor Gesira contava l’età di venti anni circa. Gli altri pezzi di vigneti distrutti, che si trovavano nel vil- laggio Trapani, presentavano infezione saltuaria senza deperi- menti appariscenti. Ritornando ai vigneti adiacenti a quello del Toscano, avevamo in parte deperiti i vigneti del signor Ignazio ed Agostino Corica, ed il deperimento era appunto forte in quella parte là ove i medesimi si attaccavano al vigneto Toscano. Anzi in un punto avevamo una parte di vigneto molto giovane, di circa quattro anni, che nella primavera del 1880 mostrò vegetazione stenta- tissima. Infezioni continue, in parte continue ed in parte saltuarie, ma senza deperimenti notevoli, presentavano i vigneti del signor Che- rubini (n° 22 e 23), Simeone (n° 21), Ribera (n° 33 e 36), Grillo (n° 49), Romeo (n° 47), Gangemi (n° 54), per non parlare di centri minori, la cui data d’infezione doveva essere recentissima. Mi piace però intrattenermi alcunché suirinfezione esistente nel vigneto del signor Bonanno (n° 57 della Mappa), come quella che presenta qualche particolarità per trovarsi le viti piantate nei ciottoli e sabbie cristalline trasportate dal torrente S. Leone, e per l’età che presentano le viti. Quivi, nel vigneto Bonanno, avevamo una infezione continua, e solo in piccola parte saltuaria, della estensione di metri quadrati 1782. Se teniamo conto dello stato delle radici fillosserate, ci persuadiamo facilmente come la infezione si trovava nel primo periodo di attacco. Infatti sulle numerosissime spongiole che le radici presenta- vano vi era una certa quantità di fillossere, le quali avendo di già prodotta la puntura, e cominciato a succhiare dell’umore, avevano prodotti quei rigonfiamenti caratteristici della fillossera ; 7 — 262 — fillossera che si rimane appunto nella parte concava delle geni- colature da essa prodotte. Assai raramente si presentavano ri- gonfiamenti secchi o marci, tutti o quasi tutti erano gonfi di umore, turgidi. Le radici principali avevano in istato perfetta- mente sano le radici secondarie e terziarie, e le spongiole rigon- fiate, in modo che avevamo un vero grappolo di nodosità fillos- ser ielle. Le viti erano giovanissime, non ancora venute in frutto, ma di una robustezza che ha sempre destato la mia ammirazione. I ma- glioli furono piantati nel febbraio del 1878, sicché quando furono distrutti avevano circa due anni e mezzo. Tra i vigneti esistenti nella vallata del torrente S. Licandro, per parlare sempre di quelli ove l’infezione era più estesa, ave- vamo l'infezione continua di 25 ceppi nel vigneto del signor Furfari (n° 61 della Mappa), continua altresì nel vigneto del signor Musolino (n° 78 della Mappa) e saltuaria nei diversi ap- pezzamenti (n° 65, 73, 68, 77 della Mappa) del vigneto Viola. L’infezione continua del Musolino era gravissima, guardata dal lato della estensione, poiché misurava circa un ettaro, e di questa superficie, piccolissima era la parte che presentava infezione sal- tuaria. Le cose cangiano quando si guarda dal punto di vista dell’intensità dell’attacco, o meglio del periodo in cui l’infezione trovavasi. Anche qui, come nel vigneto Bonanno, la fillossera aveva quasi esclusivamente attaccate le spongiole e raramente le radici di grande diametro. Però la quantità di fillossere che si rinveniva sulle spongiole era molto grande, e ve ne erano molte che si potevano dire totalmente coperte. Lo stato delle viti (di circa quindici anni di età) era floridis- simo, e la quantità di grappoli molto grande, una produzione punto ordinaria di queste contrade. Nel torrente dell’ Annunziata avevamo l’infezione del Vinci- guerra (n° 82, 83, 84, 85, 86 della Mappa) che era in parte continua in parte saltuaria. La prima (la continua) non si tro- vava in condizione diversa da quella del Musolino, o in altri termini avevamo anche qui una infezione a periodo poco avan- — 263 — zato. Le viti presentavano in qualche punto soltanto una legge- rissima depressione, e tanto leggera che bisognava proprio cer- carla là ove le paline bianche erano addensate e numerose. Nello stesso torrente Annunziata avevamo l’infezione del Cara- tozzolo (n° 89 della Mappa), quasi tutta continua, l’infezione del Nicolosi pur essa continua, e finalmente quella del Pugliatti sal- tuaria piuttosto addensata. In questo centro la fillossera si rinveniva tanto sulle spongiole che sulle radici terziarie, non erano rari i casi di fillossera che si rinveniva sulle radici secondarie, ed anche sulle primarie. Anzi su queste radici si trovavano quelle tumefazioni caratteristiche dell’attacco della fillossera a volta marcite, ed anche in qualche punto la presenza di quelle erosioni che sono la conseguenza necessaria del marcimento dei tumori. Le colonie di fillossere molto numerose, e non mancavano punto le radici anche grosse che ne erano coperte a macchie estese sparse qua e là sulla loro superficie. Da tutto quello che precedentemente abbiamo esposto si vede come questo centro Caratozzolo-Nicolosi-Pugliatti era grave per estensione ed intensità della malattia. Non in tutte le viti la fillossera si rinveniva alla stessa pro- fondità, ma questa variava secondo lo stato dell’ infezione e cioè coll’essere la medesima più o meno vecchia. Infatti la fillossera, diffondendosi, comincia dallo attaccare le radici superficiali e poi man mano si spinge sulle radici profonde quando quelle son morte o molto deperite (1). La profondità massima alla quale a Messina è stata rinvenuta è di 2m. 75. Del resto , dopo le mie ricerche fatte a Riesi (2) non deve far meraviglia che la fillos- sera si trovi a qualunque profondità, giacche si accontenta di respirare un’aria profondamente alterata pel contatto degli ingre- dienti del suolo. (1) Di altra maniera di diffusione che osservai in un sol caso a Riesi, è fatto parola nel n° 27 degli Annali di Agricoltura — 1880. (2) Vedi il n° 27 degli Annali di Agricoltura — 1880, già citato. — 264 — Se vogliamo ora ricercare in quale stato la fillossera si tro- vava sulle radici, la ricerca ci riescirà semplicissima. Invero co- minciando dalle uova , e passando per tutto lo sviluppo delie larve fino a divenire generatrici partenogenetiche adulte , ninfe ed alate , ho potuto osservarli tutti questi stadi, quantunque in tempi diversi. Al momento in cui fu scoperta l’infezione avevamo generatrici in piena attività, e moltissime se ne vedevano nell’atto di de- porre le uova. Nè mancavano in agosto delle ibernanti, quan- tunque limitate alle grandi profondità. Fin da questo tempo avevamo delle ninfe a sviluppo più o meno avanzato (1); e dai sacchettini trasparenti si andava ai brunastri che mostravano dei rudimenti di ali. Rapidi e frequenti erano i loro movimenti. Però quel che è degno di nota è che le ninfe non si mostravano coi rudimenti di ali al di là di un certo limite di sviluppo. La trasformazione delle ninfe in alate, secondo le osservazioni fatte a Montpellier, Vienna e Ginevra, si compirebbe in un pe- riodo brevissimo, due o tre giorni al massimo, ma fu impossibile rintracciare gli stadi diversi dello sviluppo delle ali. Io credo che ciò debba essere attribuito al fatto che le ninfe durante questo brevissimo periodo abbandonano le radici per guadagnare la superficie del terreno e trovarsi all’aria libera. Conseguente- mente sulle radici si troverebbero quelle che stanno per mettere i rudimenti delle ali e quelle che hanno le medesime fino ad un certo stadio. La quantità delle ninfe nel mese di agosto era stragrande in moltissimi vigneti, ma singolarmente si presentavano in più gran quantità nel vigneto del signor Ignazio Corica esplorato il giorno 24 dello stesso mese, e tale quantità si mantenne fino nel set- tembre in una parte di esso vigneto lasciato per esperienze. Non essendosi mai trovata in Italia la fillossera alata, e dan- dosi alla medesima una grande importanza, credetti utile vedere (1) Le ninfe furono trovate a Riesi dal delegato Luigi Piccioli fin dai pniF»T di giugno. — 265 — se realmente nella nostra regione si rinveniva, specialmente dopo talune curiose osservazioni che sembrano dimostrare che nei paesi molto meridionali la fillossera alata non si rinviene in grande quantità. A tal uopo lasciai senza iniettare nel vigneto del signor Igna- zio Corica sunnominato, ove le ninfe abbondavano , un pezzo di terreno di 31 metri quadrati per disporre in esso sulle viti varie campane di tulle finissimo. Le campane adoperate sono rappresentate dalla figura se- guente : Il ceppo della vite coi suoi traici carichi di foglie e frutto rimane affidato alla stessa canna che lo sostiene ed attorno di esso si dispongono circolarmente altre canne. Siccome è stato osservato che sulle tele di ragno poste sui ceppi della vite facil- mente rimane impigliata la fillossera alata, così ho messo vari — 266 — triangoletti di tulle stoppaccioso attaccati al sostegno della vite ed alle canne che lo circondano. Questi triangoletti, posti a di- verse altezze, chiudono perfettamente, nella proiezione, il circolo della sezione della campana cilindrica; in modo che se la fillos- sera alata, uscita dal terreno, volesse librarsi al volo, rimarrebbe impigliata in quei triangoletti stoppacciosi di tulle. Il tutto viene coperto con tulle fissato nel suolo piegandolo nel medesimo e coprendolo collo stesso terreno. Per mezzo di spilli si connettono le altre parti fino a chiudere ermeticamente la campana. Di queste campane nel giorno 17 settembre ne allestii sette di dimensioni variabili, ed incaricai il delegato signor Luigi Pic- cioli, accurato osservatore, di esaminare i veli tre volte al giorno almeno, la mattina, nelle ore più calde e verso sera, per vedere se la fillossera alata si rinveniva. Lo stesso giorno 17 nelle ore pomeridiane cadeva una grandine di grandezza meravigliosa (1) che fortunatamente sfondava una sola delle campane. La mattina seguente (18 settembre) il Piccioli rinveniva nei veli una fillossera alata con ali completamente sviluppate, ma con movimenti assai torpidi. Non si librava al volo, ma eseguiva dei salti più o meno forti. Al minimo soffio agitavansi le ali e l’insetto tentava arrestarsi nei suoi movimenti. Le osservazioni alle campane furono seguitate per altri due giorni consecutivi, nei quali la temperatura, a causa della pioggia, si era abbassata di molto. Sarebbe stato mio desiderio continuare queste osservazioni per giudicare anche della quantità di alate che nella regione si hanno; ma sia perchè non potevo distrarre gli impiegati da cure urgenti , sia perchè non volevo tenere aperto ulteriormente un fomite d’infezione, feci eseguire nel ter- reno le iniezioni al solfuro e furono portati via i veli. Dei resto, tenuto conto della quantità grandissima delle ninfe esistenti nel terreno, considerata la loro scomparsa non appena (1) I pezzi raggiunsero il mezzo chilogramma. — 267 — han messi i rudimenti di ali, visto la possibilità di trasformarsi in alate, io credo che la quantità di quest’ultime non deve essere punto limitata. Epoca dell’importazione della fillossera. — Sua propagazione. Ostacoli alla diffusione. Se vogliamo pertanto stabilire l’epoca in cui la fillossera venne importata nel territorio messinese, non abbiamo che a discutere i fatti che a bella posta ho fatto precedere. Per dare tale giu- dizio dobbiamo innanzi tutto stabilire quale è il numero di anni che strettamente occorre alla fillossera per distruggere le viti di questa regione. Abbiamo visto a pagina 260 come la parte infetta del vigneto Bonaviri sia stata trovata morta quando il vigneto aveva circa cinque anni di età. Dall’osser- vazione attenta della macchia fillosserica risulta che le viti centrali morte non presentavano nessun germoglio, mentre al- cune prossime alle medesime, pur essendo morte, presentavano un germoglio stentatissimo. Da ciò si vede chiaramente come le viti col germoglio erano morte dopo o durante la primavera, mentre le altre in questa stagione non avevano potuto svilup- pare germoglio. Dunque le morte centrali prive di germoglio son morte certamente a quattro anni di vita. Ora, ritenendo anche che la fillossera l’abbia potute attaccare fin dall’anno in cui furono piantate, è chiaro che l’insetto non ha potuto impiegare più di quattro anni per distruggerle. Ma bisogna por mente come nel primo anno l’attacco è assai inverosimile. Invero, piantati nel gennaio o febbraio dei maglioli questi soltanto nella primavera vegnente han potuto mettere le radici, quindi è che l’attacco proficuo non poteva aver luogo che verso l’agosto con germi limitati per quantità. Se l’attacco fosse avvenuto in questo tempo, è naturale che il magliolo radicato, avendo poche radici, non avrebbe durato per due anni forse ad essere distratto. Ma ammettiamo anche tre anni. Ebbene il ma- - 268 — gliolo attaccato pel primo, morto in precedenza, avrebbe dovuto mancare nel centro della macchia, giacché nel tempo della zap- patura non solo non si sarebbe lasciato inutilmente un pezzo di legno, ma anche se si avesse voluto lasciare sarebbe stato troncato pel semplice strappo della zolla in cui era impiantato, avendo un piccolo diametro Ma ogni vuoto mancava nella mac- chia. Onde che è assai probabile che le viti nel vigneto Bonaviri erano state attaccate e sono morte nel periodo di tre anni. Stabilita questa data, non possiamo fare a meno di notare che le viti della parte infetta del vigneto Bonaviri erano molto gio- vani, quindi non avevano un sistema radicale molto sviluppato; nè albergando un ospite di quel genere avevano potuto fornirsi di robuste radici. Si erano trovate quasi lin dal loro nascere a combattere con un nemico col quale si può lottare fino ad un certo punto, ma necessariamente bisogna soccombere. Dalla qual cosa scaturisce che le viti avanzate in età, avendo un sistema radicale più sviluppato, possono resistere qualche cosa di più, un anno certamente. Non più di un anno però, inquanto- chè le viti in questa regione hanno un sistema radicale non molto sviluppato. Dunque le piante adulte possono morire nel periodo di quattro anni. Ma badiamo che, indicando questo periodo probabile, io non intendo parlare di tutte le viti, inquantochè fra le medesime ve ne sono di quelle eccezionalmente robuste, e potrebbero resistere qualche anno di più per giungere alla morte reale , ve ne sono di deboli con radici maltrattate e delle piante vecchie che pos- sono resistere meno di quattro anni. A questa minore resistenza influisce anche il modo con cui furono coltivate, le cure appre- state. Stabilito il periodo medio di quattro anni perche una vite possa morire in questa regione , dobbiamo farci la domanda: quale è il centro più antico fra quelli scoperti ? A pagina 258 e seguenti noi abbiamo descritto lo stato delle viti al momento deirinfezione. Da quésto si rileva che nei centri più gravi vi erano piante morte di recente o morenti; per la — 269 — qual cosa o le piante Tlio trovate sul posto od ho potuto accer- tarmi che erano state tolte da pochi giorni. Il solo centro in cui troviamo delle viti sradicate da tempo assai remoto è quello dei vigneto Toscano. Infatti noi abbiamo visto (pag. 259) che fin dal 1878 nel vigneto Toscano morirono dei ceppi di vite i quali cadevano al minimo urto o rimanevano attaccati alle zolle du- rante le zappatture apprestate al terreno. Nel 1879 continuò la mortalità e più grave; nel 1880 circa un migliaio e mezzo di viti si trovarono così completamente distrutte, ed erano appunto quelle viti che si trovavano nella zona di terreno che congiun- geva i pezzi di vigne fillosserate n° 41 e 42, i quali anche pre- sentavano grave infezione e viti morte al momento della sco- perta (agosto). Dunque è fuori di dubbio che quelle viti, che morivano da tre anni nel vigneto Toscano, morivano per ragione della infezione fillosserica. Con questi dati l'anno in cui avvenne Y importazione è già stabilito. Il vigneto Toscano, e lo abbiamo già detto, era stato molto trascurato nella sua coltura, per la qual cosa anche essendo vi- gneto adulto, le viti possono essere morte benissimo dopo tre anni dell’attacco, mettiamo quattro ai massimo. Da ciò emerge che V infezione nel vigneto Toscano daterà dal 1874 o 1875 , ossia da sei o sette anni. Ora ci rimane a ricercare come si generò l’infezione nel vigneto Toscano, come in quegli altri che pur furono trovati infetti. Certamente la infezione è stata importata, checché dicano molti sapienti forniti di buoni polmoni e molto inchiostro. Non possiamo interrogare l’opinione pubblica su questa impor- tazione, poiché la medesima è falsa o è vera secondo il modo come si è formata. In questa circostanza poi non può servire proprio a nulla, inquantochè in occasioni simili moltissimi, forse dominati da forza irresistibile, han bisogno di parlare o di scri- vere, e naturalmente dicono o scrivono quel che possono. Gli uomini di buon senso riconoscono presto la loro incompetenza, — 270 — se incompetenti sono, e lasciano libero il campo a chi nom sente per le proprie manifestazioni nessuna responsabilità. L’opinione pubblica dice, per esempio, che la fillossera fu im- portata dal Roberto, e con vitigni francesi, che da Roberto prin- cipiò l’infezione. Non mancano di quelli che dicono fosse stato anche il Guarnera ad introdurre la fillossera, e vi è qualcuno che ne incolpa anche il Musolino. Dove l’infezione è più antica l’abbiamo visto. Perchè si dica fosse il Roberto ad importare la fillossera lo si spiega dal perchè nel suo fondo fu per la prima volta scoperta, e per le sue relazioni commerciali. Pel Guarnera si dice che uno dei suoi figli, reduce da un viaggio in Francia, abbia di là, e contro i divieti, introdotto delle piante. Pel Musolino non si giunge al punto di dire le particolarità della importazione, la storia è incompleta. Questi proprietari negano recisamente che da loro fu fatta importazione alcuna. Interrogate il Roberto se ha importate piante di fuori e ne avrete per risposta che, piantando una parte del suo vigneto otto anni fa, importò dei maglioli da Museali (1), e, caso curioso, conserva ancora le bollette della ferrovia ! Interrogate il Guarnera e la risposta è identica. E pur troppo non può essere altrimenti. L’interesse del naturalista è sacrificato dalle esigenze della giustizia! Ma lasciamo da parte l’opinione pubblica e le dichiarazioni dei proprietari e lasciamoci guidare unicamente dai fatti e dalla logica. La fillossera fu dunque per la prima volta importata nel vi- gneto Toscano, ma non sappiamo se con viti od altre piante, inquantochè, per quante ricerche avessi fatto, fra le abitudini del signor Francesco Margarici (proprietario del vigneto Toscano fino al 1879) che mi sono state riferite, non ho trovato quella di introdurre piante. Questa importazione non esclude però la possibilità che la fillossera fosse stata importata, indipendentemente da questa infe zione, da altri proprietari. (1) Mascali è località riconosciuta immune. — 271 — Al Roberto non vi è molto da pensare, poiché, oltre il non avere passione per le piante, nel suo fondo non sono state real- mente rinvenute piante che non erano della regione. Nel suo vigneto mancavano affatto viti forestiere; nel pezzo di vigneto da lui distrutto vi sono, è vero, delle viti di quattro anni, ma queste erano propaggini provenienti dalle viti vicine dello stesso vigneto, assai vecchie e che per la loro posizione lasciavano scor- gere perfino la vite da cui pervennero. Ciò mi ha dileguato i sospetti in gran parte, e, dico in gran parte, poiché non trovo impossibile che insieme alle propaggini di cui potevasi scorgere la provenienza, ve ne fossero state delie altre importate di Fran- cia, ove il Roberto ha relazioni commerciali, e che fossero morte poco dopo il piantamento. Del resto la vicinanza dell’ infezione del Toscano, confinante al suo vigneto, fa giudicare che la me- desima siasi piuttosto da questo fondo propagata a quello del Roberto che può rimontare a tre o quattro anni. Non stanno così le cose pei Guarnera , inquantochè lo stesso proprietario, volendomi far notare i gravi danni che 1’ iniezione del solfuro avrebbe fatti nel giardino della sua villetta, mi disse che una pianta di melo o di pero, non ricordo, gli costava circa 100 lire perchè gli veniva tanto lontana. Delle piante nane di pomacee francesi esistono nella sua villa. Rimarrebbe a sapere se queste piante furono acquistate in Italia o all’estero, cosa che il Guarnera non ha dichiarato. Anche questa ricerca non avrebbe molta importanza dal momento che la fillossera già esisteva in Paese (1). L’infezione del Guarnera data da tre o quattro anni. Le altre infezioni sono di data assai più recente, e con ogni probabilità dipendono da quelle di cui abbiamo finora parlato. Rimane a sapere come possono essere provenute da quelle. Il vigneto Toscano è tenuto in colonia da una famiglia Saccà numerosissima e di un parentado assai esteso. Quasi tutti i din- fi) Questa infezione potrebbe essere stata trasportata con molta pro- babilità dal vigneto Toscano colla tramontana che spira frequentemente nella regione. — 272 — torni del vigneto Toscano (Corica Ignazio ed Agostino, ' Per - rone, ecc.) son tenuti in colonia da parenti prossimi di questa prolifica schiatta. Ora è nelle abitudini dei Sacca di prestarsi aiuto scambievole tanto durante le lavorazioni del terreno, quanto durante la potagione delle viti. Dippiù dovendo piantare maglioli o altro, li prendevano indifferentemente da un vigneto o dall'altro, in altri termini regna fra loro sovrano raccordo, e tutti i fondi da essi tenuti in colonia sono direi quasi in comunione. Continui dunque sono stati i passaggi da un fondo all'altro, continui i trasporti degli strumenti che furono adoperati nelle lavorazioni, onde è che questo scambio continuo deve essere ri- tenuto la principal causa della propagazione della infezione. I Sacca non hanno nei fondi da essi tenuti in colonia lavoro per tutto Tanno, perciò parte di essi ed anche tutti divengono giornalieri per un certo tempo, e prestano nei fondi dei dintorni la loro opera. Onde è che anche nuovi centri lontani da quelli del Toscano, Corica e Roberto, possono originare da trasporti inconsciamente fatti da quella buonissima progenie. Un giorno domandai al Bonanno quali erano i suoi sospetti per la importazione della fillossera nel suo fondo, e ne ebbi per risposta che un solo dubbio aveva, ed erano gli operai prove- nienti dal gran centro del Ritiro. Infatti i Saccà mi dissero che due di loro furono a lavorare nel vigneto del Bonanno. Certamente questi trasporti artificiali, di cui l’unica causa è Tuomo, devono avere un'importanza assai maggiore di quella alla quale io ho accennato. Sfortunatamente sono informazioni che non si possono assumere subito, bisogna vivere in mezzo ai contadini e non lasciare so- spettare nessuna azione fiscale. Gruai se hanno l'ombra di un sospetto, poiché i meno scaltri dicono di non saper nulla, e vi dirigono da quelli che nell’arte del diniego sono abituati. II trasporto operato dai cacciatori non deve essere dimenticato. Ai mezzi artificiali, ai trasporti operati inconsciamente dal- l'uomo, bisogna aggiungere quelli naturali. — 273 — È conosciuto il propagarsi della fillossera ipogea da una vite all’altra per irradiazione, ed il passaggio dall’uno all’altro vigneto. E conosciuto eziandio come anche le fillossere radicicole p9ssono venire alla superficie del terreno, e portarsi anche sulla parte aerea delle piante. Le ninfe più agili e più spedite nei loro movimenti fanno lo stesso con una facilità assai più grande. Ora un buffo di vento più o meno forte è naturale che, come trasporta della polvere leggera, e talvolta della sabbia anche grossolana, può trasportare la fillossera tanto radicicola che le ninfe , e non vi è chi non comprenda come venti impetuosi, tanto frequenti in questa re- gione, possano incaricarsi di trasportare l’infezione anche in re- gioni lontanissime. E badiamo che finora non abbiamo tenuto conto delle alate, le quali devono essere piuttosto numerose. Ora chi consideri il piccolissimo peso ed il gran volume delle medesime vede chia- ramente in esse altra e più potente causa di propagazione del- l’infezione. E vero che un piccolo soffio di vento basta ad intor- pidirle nei loro movimenti, ma è vero altresì che anche un vento di tenue forza è sufficiente a trasportarle. Non tutte le radicicole, non tutte le ninfe, non tutte le alate cadranno su terreno adatto a riceverle e sorreggerle, alcune tro- veranno nelle condizioni esterne la loro morte, molte cadranno nei vigneti e troveranno di che vivere. Il trovarsi l’ infezione nella direzione sud-ovest è una prova che tal vento molto dominante anche nel periodo della fillossera alata, non rimase estraneo al propagarsi dell’ infezione, e che il suo lavoro non rimase infecondo, non ostante gli ostacoli nume- rosissimi che frequentemente ha trovati. Ho detto che non tutte le fillossere, siano radicicole, ninfe o alate, trovavano condizioni adatte alla loro vita ed alla con- quista di nuovo territorio per la loro specie. Ciò può avvenire per cause diverse. Quando un vento impetuoso trasporta una radicicola, una ninfa , un’alata a nord-ovest, ovest o sud-ovest dei fondi fillosserati, è — 274 — difficilissimo, quasi impossibile, che la fillossera possa dal ver- sante calabro trasportarsi nel Tirreno; poiché troverebbe nell’al- tissima catena di monti che, correndo da sud a nord, determi- nano la separazione dei due versanti, un ostacolo insormontabilo. Invero questi venti dovrebbero infrangersi contro questi monti e però la fillossera rimarrebbe in essi. Ora, qualunque sia il loro numero, qualunque il grado di resistenza, dovrebbero necessaria- mente perire, inquantochè non troverebbero nelle colture arboree, pini per lo più, il nutrimento indispensabile alla loro esistenza. In condizioni non dissimili sarebbe qualora nelle sue vanda- liche escursioni si trovasse in mezzo a campi estesi non colti- vati a vite. Bisogna proprio dire che i territori prossimi al messinese si trovano per ciò in condizioni fortunatissime; inquantochè il ter- ritorio che si presenta infetto è chiuso direi quasi ermeticamente a sud-ovest, ovest, nord-ovest dalla catena di monti sunnominata, a nord ed all’est dal mare. Nè il territorio istesso è sgombro di ostacoli, anzi per essi si trova nelle migliori condizioni. Infatti l’infezione è limitata in tre vallate e da esse non è fortunatamente uscita. Del resto, se escita fosse, avrebbe trovato nella gran serie dei torrenti, e quindi nelle loro vallate, tanti ostacoli difficili a vin- cere, quantunque non insuperabili. Ma ho detto che, procedendo da sud a nord, dalla regione del Paradiso al Faro, troviamo delle sabbie quaternarie. Possono le viti piantate in queste sab- bie conservarsi immuni dalla fillossera, possono per un certo tempo resistere ai suoi attacchi? Ecco una quistione che va se- riamente discussa. Oramai anche a quelli, che tengono poco dietro allo sviluppo della dottrina fillosserica, non può essere sfuggita la grande im- portanza che si è data e si dà tuttora alla sabbia per combat- tere la fillossera. Fu osservato che nelle sabbie mobili della Duranza e delle imboccature del Rodano le viti continuavano a prosperare, men- tre quelle delle regioni vicine, che avevano terreni diversi, mo- - 275 — rivano per l’attacco della fillossera. Di qui venne l’idea che le sabbie potessero essere considerate come un potente insetticida meccanico. Di questo non mancarono i fautori e ben presto gli insabbiamenti furono di moda. Le sabbie di Aigues-Mortes diven- nero presto celebri per il grado assoluto di resistenza e le con- seguenti esportazioni fatte. Dagli insabbiamenti non si ottenne però quel risultato che se ne aspettava, anzi, là oveTurono operati, le viti non tardarono a morire come le altre. Deve dunque l’effetto insetticida delle sabbie del littorale di Aigues-Mortes essere attribuito a qualche causa puramente acci- dentale ? Questo quesito è stato perfettamente risoluto da un’esperienza assai concludente che il professore Marion ha fatto a Marsiglia, località gravemente infetta, come del resto tutto il dipartimento del Rodano. Una fossa lunga 7 metri, larga 2 e profonda 80 centimetri venne riempita della sabbia di Aigues-Mortes tanto celebrata. & Trenta ceppi radicati, dice il signor Marion, di due anni, scelti in una pipiniera fillosserica, furono messi in questa sabbia nella fine di aprile. Gli insetti erano estremamente numerosi al momento della piantagione, le radici erano già in gran parte decomposte, ed erano prive di spongiole. A capo di un mese era facile riconoscere che la ripresa era perfetta. Molti ceppi furono sradicati, il sistema radicale era ristabilito, si constatavano ancora le tracce del parassita, ma era impossibile di trovare un solo insetto là ove per lo innanzi si vedeva ad occhio nudo uno strato di generatrici e di uova. Questo fenomeno era generale. Noi lo abbiamo riprodotto più volte introducendo dei nuovi ceppi fillos- serati nella fossa, e non è giammai occorso più di un mese per avere la completa sparizione della fillossera. La quistione è dunque perfettamente risoluta. Vi sono delle sabbie che non solo si oppongono alla discesa del pidocchio sulle radici, ma che operano ancora un’azione insetticida rapida e si- cura per tutti i parassiti che vi saranno infossati accidental- — 276 — mente al momento della piantagione. Non può esistere un solo dubbio a quest’oggetto, e si comprende tutto l’interesse di questa osservazione per i viticoltori che posseggono delle zone di terreni sabbionicì fin’oggi senza impiego» (1). Da questa esperienza si vede facilmente perchè in quei di- partimenti francesi , in cui le sabbie abbondano , si affrettano a piantare in esse dei vigneti, perchè il solo dipartimento del Gard ha 4000 ettari di vigneti piantati nella sabbia, e perchè il prezzo dei terreni sabbiosi è meravigliosamente aumentato. Il nostro Ministero di agricoltura, che tien dietro con grande cura a tutte le questioni che si agitano sulla fillossera, non ri- mase estraneo a questo movimento per la sabbia. Fin dalla pri- mavera dello scorso anno chiedeva al Reai Corpo delle Miniere un rapporto particolareggiato intorno alle sabbie che esistono nel nostro littorale, tanto sul continente che nelle isole, ed in gene- rale su tutti i depositi di sabbie esistenti nel territorio na- zionale. I rapporti pervenuti al Ministero sono dei più lusinghieri, poiché immensi sono i depositi sabionicì, che abbiano sul litorale, grande la quantità di sabbie che esistono anche all’in- terno. La Sicilia si trova, sotto questo punto di vista, nelle migliori condizioni. Infatti ha moltissimi banchi di sabbia sul litorale e, per citarne qualcuno, ne ha uno che da Terranova si estende a Licata per una lunghezza di circa 30 chilometri, largo da 3 a 6 chilometri. Abbondanti sono le sabbie plioceniche, ed in qualche posto se ne rinvengono, come in Messina, delle mioceniche. Ma tutte le sabbie, e specialmente le nostre, possono darci terreni assolutamente refrattari alla fillossera? (1) Marion. Application da sulfure de carbone aa traitement des vignes phylloxérées. — Campagne de 1878 pag. 15. — 277 — Se noi esaminiamo la costituzione delle sabbie di Aigues-Mortes, troviamo, secondo l’analisi del signor Duny la seguente compo- sizione : Acqua igroscopica (perdita a 110'') . 0,430 Acqua degli idrati (perdita a 300°) 0,788 Materie organiche 0,082 Acido carbonico 7,310 Acido fosforico 0,011 Acido solforico 0,034 Cloro 0,015 Potassa 0,107 Soda 0,132 Calce 10,100 Magnesia 1,061 Allumina 0,123 Ossido di ferro 0,957 Silice e silicati insolubili nell’acqua regia 78,470 Corpi non dosati e perdite , . . 0,380 100,000 Mi rincresce moltissimo di non poter dare l’analisi delle nostre sabbie italiane e specialmente dei fondi fillosserati di questo ter- ritorio, giacché, durante la missione, non ho avuto il tempo di occuparmi di queste ricerche. E uno studio però che mi riservo di fare non appena mi sarà possibile. A priori però possiamo dire che le sabbie nostre non si trovano nella condizione di quelle di Aigues-Mortes. Perchè una sabbia possa considerarsi resistente alla fillossera occorre che sia molto tenue, che abbia una grande mobilità anche a profondità considerevole, al minimo 60 centimetri. Per- chè un terreno risponda a queste condizioni, cioè perchè sia resi- stente bisogna'che abbia non meno del 60 per cento di sabbia pura. Nella provincia di Caltanissetta si trovano banchi molto estesi di pure sabbie plioceniche fertilissime. In questi banchi abbiamo alla superficie sabbie sciolte e, a mano a mano che ci spingiamo nella profondità, le troviamo di più in più coerenti, finché si 18 — 278 — giunge ad un limite nel quale i granelli di sabbia non possono più facilmente scorrere gli uni sugli altri, hanno perduta ogni mobilità. Invero, come ci allontaniamo dalla superficie del suolo, la quantità di umidità in esso contenuta diventa sempre di più in più forte. A 10 o 15 centimetri abbiamo già una sabbia di- scretamente coerente, a 20 centimetri poi lo è molto. E badiamo che io parlo di queste sabbie osservate nel mese di luglio, quando per i grandi calori essendosi disseccate, si presentavano con un grado di coerenza di gran lunga minore a quello della primavera e deir autunno, per non dire dell’ inverno. E questa coerenza è naturalissima, inquantocchè, badando alla natura mineralogica delle sabbie stesse, ci accorgiamo che abbiamo da fare con fel- spati, i quali colla loro decomposizione forniscono le argille. Ora quando queste argille si aggiungono alle sabbie felspatiche inde- composte, abbiamo un’altra causa che, aggiunta all’ umidità, pa- ralizza l’azione insetticida. Ponendo mente alla positura geologica di queste sabbie plioce- niche, noi vediamo che al di sotto di esse si trova il miocene su- periore spessissimo colle sue argille. Ora molte volte queste sabbie hanno un piccolo spessore e perciò, messe a coltivazione, vengono a mescolarsi colle argille. Là ove questa mescolanza non si ve- rifica ed è coltivata la vite, la medesima pesca per una parte nella sabbia e per una parte nelle argille. Ora avviene che le sostanze organiche che si apprestano al vigneto sia coi sovesci, sia coi concimi, rendono coerenti anche gli strati di sabbia. Ma poniamo per un momento che non si amministrino concimi or- ganici, invece dei minerali; ebbene in questo caso le sabbie non conserverebbero dappertutto la loro mobilità. Infatti noi sappiamo che la vite cangia continuamente il suo periderma che si sfalda e cade a brandelli tutti gli anni. Non ignoriamo neppure come tutti gli anni, per ragioni diverse, muore un certo numero di radici . Ora il periderma che si stacca, le radici che muoiono si de- compongono nel terreno e dànno luogo, almeno in giro alla pianta, alla formazione di uno strato di humus che dà al terreno — 279 — quella coerenza di cui mancava; onde un terreno inizialmente refrattario alla fillossera diventa attraversabile dalla medesima, almeno nelle prossimità del ceppo. Penetrata la fillossera nello strato argilloso non ha bisogno di altro per propagarsi. Kimarrebbero le sabbie del nostro litorale. Ebbene io voglio ammettere che le medesime siano quasi esclusivamente quarzifere come quelle di Aigues-Mortes, di cui ho potuto avere un saggio dalla cortesia del mio collega di Grecia, sig. P. Gennadius. Ammetto che, come ad Aigues-Mortes, si usino i concimi chi- mici poivirulenti e non si aggiunga artificialmente nessuna ma- teria organica. Ma il periderma dalla vite che continuamente va via in brandelli, le radici che muoiono nel terreno, quella parte di foglie di viti che cade sul medesimo, non sono forse sufficienti a costituire intorno al ceppo della pianta uno strato di terreno attraversabile dalla fillossera e che permetta alla mede- sima di andare fino alle radici? Io lo credo, e penso che vi è qual- che altra ragione che milita a favore del mio modo di vedere. Quando noi riduciamo a coltivazione un banco di sabbia ap- prestiamo al medesimo dei concimi, e però indirettamente pro- curiamo lo sviluppo di cattive erbe, di quella vegetazione spon- tanea che si ha in tutti i terreni in cui trova di che alimentarsi. Ora ammetto pure che le cattive erbe vengono, come del resto si deve fare, tolte con una grande cura, ma qualunque sia questa cura noi non possiamo impedire che dei pezzi di radici, delle foglie cadano e si imputridiscano nel terreno. Per tutte queste ragioni io credo che questo potere delle sabbie •di preservare le viti dalla fillossera è limitato ad un certo pe- riodo più o meno lungo; le sabbie non hanno una resistenza assoluta , ma relativa , onde è che anche le .viti piantate nelle sabbie sono destinate a soccombere. I fatti sono là a dimo- strarlo; le dune ridotte a coltura per l’opera stessa della vege- tazione lo provano. Nè per queste vedute manchiamo di prove dirette, che pos- siamo cercare nelle stesse esperienze del Marion, le quali sono di data posteriore a quelle che abbiamo precedentemente citate. — 280 — Quando nella fossa della sabbia di Aigues-Mortes, posta vi- cino ad una pipiniera fillosserica, fu gettato un pò di stallatico, e questo si era, in parte, mescolato alla sabbia attorno al fittone della vite « bruscamente apparirono, dice il Marion, delle co- lonie numerosissime di fillossere al colletto di tutte le viti della sabbia, e si moltiplicarono in gran numero al punto da nuocere fortemente alla vegetazione ». (1) Che questa materia organica venga immessa col concime, che venga procurata dalla stessa pianta, l’effetto è identico. In una parte del vigneto del sig. Rosario Bonaviri, Roberto e Toscano si trovano, come ho detto altrove, delle sabbie mio- ceniche, le quali osservate in estate sono di una scioltezza tale che oppongono un grande ostacolo ad essere attraversate, poiché sfuggono sotto la pressione del piede. Ebbene si osservino alla profondità di 30, 35 centimetri, anche durante i più forti calori dei primi giorni di agosto, e si trovano con un certo grado di umidità e quindi di coerenza che aumenta colla profondità. Si osservino le sabbie medesime nell’autunno dopo la caduta delle prime pioggie e si vede come lo strato coerente si è avvicinata alla superficie del terreno. Si osservino finalmente nell’inverno, e tra esse ed i terreni adiacenti, di natura diversa, non si os- serva una grande differenza. In queste sabbie si trova infezione; però mentre sulle piante che vivono in terreni compatti troviamo la fillossera sulle radici superficiali, quivi l’insetto bisogna cercarlo sulle radici profonde, su quelle che, pescando appunto nel terreno coerente, non tro- vano ostacolo alcuno per attraversarlo. Onde è che se gli strati superficiali di questi terreni nella stagione estiva sono refrattari al pidocchio; se il medesimo anche in questa stagione giunge a portarsi negli strati profondi, può cominciare e seguitare il la- vorìo di distruzione, senza che altri caldi ed altre està potessera disturbarlo. Può così allargare il suo campo di azione, come di- fatti lo ha allargato. (1) Marion, Application da sul/are de carbone au traitement des vignes phylloxérées. Kapport sur les travaux de l’ annue 1879 pag. 19 e 22. — 281 — La propagazione dell’infezione si può poi fare in essi libera- mente nell’autunno. Per ragioni identiche, ed anche per una coerenza assai più grande che deriva dal più grande e vario volume e dal maggior peso delle particelle componenti, si spiega la infezione del Bo- nanno in cui esistevano 1782 metri quadrati infetti di infezione continua (1). Anche minore resistenza possono opporre le sabbie quaternarie all’attacco della fillossera, inquantocchè, avendo dei granelli molto voluminosi e molto pesanti, diffìcilmente si muovono, e però non possono opporre che una resistenza limitatissima alla propaga- zione dell’infezione. Infatti in esse si è trovata infezione, la quale, non ostante fosse recentissima (Fumìa), cominciava ad estendersi con una certa rapidità. Per queste, come per le altre sabbie, è da osservare che la fillossera si trovava generalmente là ove prin- cipiavano gli strati umidi e maggiormente coerenti. Ricerca della fillossera. Assicuratomi il 3 agosto della presenza della fillossera nel vigneto Roberto e Toscano, nello stesso giorno ebbero principio i lavori di determinazione della zona infetta, secondo le istruzioni ministeriali 3 giugno 1880, cioè esplorando tutte le viti là ove esisteva infe- zione. Nei siti molto prossimi alla medesima le esplorazioni veni- vano fatte anche esplorando tutte le viti, ma allontanandosi molto dalla infezione, di ogni due viti se ne esplorava una, e successi- vamente, allontanandosi ancora, ogni tre viti una, e finalmente ogni quattro una. Questo limit'e non fu mai sorpassato. In prin- cipio si ispezionavano le radici superficiali e poi man mano quelle più profonde e più grosse a seconda l’abbassamento di temperatura. (1) Per chi noi ricordi, il vigneto Bonanno aveva due anni e mezzo al tempo della scoperta dell’infezione ed era impiantato nel fondo di un tor- rente, ossia in terreno formato di arena e ghiaia. — 282 — Se durante le esplorazioni si rinveniva infezione, la vite, attac- cata veniva contradistinta con carta bianca affidata alla canna, che la sosteneva, e si ricominciavano le ispezioni di tutte le viti indistintamente, e successivamente poi di una vite ogni due e così di seguito. Ciò si faceva anche quando si incontravano viti deperite. Nel vigneto infetto si spianava il terreno, qualora lo si repu- tava necessario, per prepararlo alle iniezioni, e veniva custodito giorno e notte da un numero di guardie proporzionato alla sua im- portanza onde da esso nulla fosse esportato. Tali guardie fillosse- riche raggiunsero il numero di 54, escluso il sorvegliante, e presta- vano servizio da mezzogiorno a mezzanotte, ed erano smontate da altre che da mezzanotte rimanevansi fino al mezzogiorno successivo. In principio tal servizio veniva fatto cumulativamente da reali carabinieri, guardie di pubblica sicurezza a cavallo e guardie arruolate fra i contadini, ma avendo trovato che al genere di servizio poco si adattavano i regolamenti dei reali carabinieri e delle guardie di pubblica sicurezza, preferì più tardi affidare la custodia dei fondi fillosserati esclusivamente a contadini che fe- cero un servizio inappuntabile. Come i vigneti venivano distrutti ed iniettati, il numero delle guardie veniva diminuito, finche ri- masero due soltanto per la custodia di tutti i fondi distrutti. Gli schemi di esplorazione seguiti sono rappresentati dalle se- guenti figure in cui il segno ^ rappresenta le viti esplorate ed il segno -f- le non esplorate. Esplorazioni di tutto le viti (zone infette ed adiacenze). © © © © © © © © © © ' © Il Esplorazioni di ogni 2 viti una Esplorazioni di ogni 3 viti una (lontano dall’infezione). (assai lontano dall’ infezione). + © + © + > V 4- + © + + © > * + © + © : + '© + + © + 4, © + © + $ * + + © + + | © 4 © + © i + + * 4- + © £ — 283 — Nelle esplorazioni di ogni quattro viti una furono adottati vari schemi, alcuni dei quali ideati dagli stessi operai quando potet- tero formarsi un concetto esatto del lavoro. Quelli adoperati sono i seguenti : IV.0 1. — 7 operai si disponevano secondo la posizione dei segni ^ più forti, e così continuavano il lavoro che procedeva nel senso indicato dalla freccia. 4 4 © 4 •+ 4 + 4- © 4 + * 4 © + 4 + © .+ 4 * 4 -f' 4. © 4 © 4- + © 4 _L 4 4 © 4- + + 4 +' 4- * + 4 4 4- + © 4 4. 4 4 4 4 4 4- © 4 + * 4. 4 4 4 © X 4 4 4- -J- 4 4 4- * + + 4 IV.0 5 operai si disponevano secondo la posizione dei segni ^ più forti, e cosi continuavano il lavoro che procedeva nel senso indicato dalla freccia. © 4 4 4 © 4 4 4 © 4 4 4 - -;- 4’ 4 4 4 4 4 4 4 © 4 4 + © 4 4 4 4 © + © 4 © 4 © 4 © © 4 4 4 © 4 4 4 © 4 ■ 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 © 4 4 4 4 4 + 4 4 © 4 © 4 © 4 4 4 4 4 4 4 4- © 4 À 1V.° 3. — 3 operai cominciano il lavoro secondo i segni ^ più forti, e poi viene seguitato su quella base nel senso indica to dalla freccia. x 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 © 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4» 4 4 4 4 4 4 4 4 4 4 . 4 4 4 4 4 © 4 © 4 © 4 © 4 9 •f* 9 4 © 4© 4 © 4 © — 284 — Potrebbero essere seguiti i due schemi seguenti, dei quali Tultimo (N. 2) è il più conveniente fra tutti quelli dati finora. IV.0 1. — 5 operai si dispongono al lavoro occupando la posizione dei segni ^ più forti e su quella base si dispongono gli altri. 4 * + + 4 * 4 4 4 * * 4 + 4- * 4 4- 4 * 4 y ». 4 4 + 4 4 4 4 * 4 4 4 8 4- 4 4- * 4 4 4 s 4- * + 4 + * 4 4 4 * 11 4 4 + + * 4 4- 4- * 4- IV.0 — Gii operai si dispongono su tutte le file, però mentre gli uni cominciano dal primo ceppo gli altri dal terzo e poscia segui- tano a lasciarne 3 inesplorate. 4 + * 4 4 4 e 4- 4 4 * 4 4 4 * 4- 4 4 * 4 4- 4 * + + 4 « 4 4 4 * 4 + 4 * 4 4 4- * 4 4- 4- * 4 4 4- « 4 4 4 4 4- 4- 4- * 4 4- 4- * 4 Dal giorno in cui incominciarono le esplorazioni fino al 22 ago- sto , il servizio di ricerca della fillossera era fatto da contadini ed ufficiali forestali, nonché da alcuni volonterosi proprietari e delegati di provincie (1). I contadini erano destinati alFescava- (1) I proprietari che, dopo avere imparato a conoscere la fillossera, pre- starono servizio per alcuni giorni sono i signori cav. Giuseppe Sava-Moleti, che pel primo diede l’esempio fecondo , Giuseppe Bonomo di Barcellona, Felice Siracusano, perito agrimensore, ed il signor architetto Sebastiano Savoia. Assistette ai lavori, ma senza prestar servizio, il signor dottor Se- bastiano Speciale. I delegati provinciali che prestarono servizio sono i signori professore Camillo Macchia, ricordato, delegato della provincia di Cliieti, accompa- gnato dal suo assistente; prof. ing. Corradi; dott. Angelo Scorciarmi, dele- gato della provincia di Caserta; Salvatore Ranieri, Prospero Ferrari ed Alberto Innocenti, delegati della provincia di Pisa ; Alfredo Magnani, dele- gato della provincia di Lucca; dott. Carlo Casaburi, delegato della pro- vincia di Salerno, e Claudio Romano, delegato della provincia di Basilicata. Vari altri delegati di provincie assistettero ai lavori, ma senza prendervi parte. In questa categoria vanno annoverati i signori Domenico Bellini, pre- — 285 — zione delle radici, i secondi alla ricerca della fillossera, ricerca che facevano ad occhio nudo o armato di lente. Impratichiti a sufficienza, le lenti venivano adoperate soltanto nei casi dubbi. Tal personale mi riusciva però insufficiente, per esplorare, come desideravo, vaste contrade, ond’è che fin dai primi giorni cercai di educare numerosi ricercatori di fillossera, i quali mi permi- sero il 23 agosto di portare a 257 il numero degli operai. Questo numero aumentò successivamente in guisa che, pur raggiungendo i 340, si mantenne intorno ai 300, finché il giorno 22 novembre, a causa di una pioggia torrenziale disastrosa, che mise in peri- colo di vita e delegati e operai, cessarono le esplorazioni. Ciò che mi diede molto da pensare fu l’ordinamento degli operai, poiché non mi sembrava difficile che con un personale tanto numeroso si generasse confusione, nè parevami molto facile l’avere una sicura garanzia delFesatto e scrupoloso andamento dei lavori. A queste preoccupazioni se ne aggiungeva un’altra non meno grave, quella dei possibili danni che individui appar- tenenti a classi sociali tanto disparate avrebbero potuto arrecare nei fondi in cui si trovavano pendenti tutti i raccolti. L’ordinamento che studiai, e di cui fin dal primo giorno fui sempre contento, credo utile qui esporlo. Scelsi i contadini più intelligenti che già conoscevano la fil- lossera, furono istruiti nell’uso delle lenti e creati caporali. I ca- porali, forniti di lenti, erano deputati unicamente all’osservazione delle radici. Ad ogni caporale venne affidato un gruppo di cinque o sei operai che scavavano le radici. siderite del Comizio agrario di Campobasso e delegato di quella provincia, elle assistette e si rese conto esatto di tutti i lavori fino alla verifica del- l’azione insetticida; prof. cav. Nicolorazio Albino, delegato della provincia di Benevento; prof. Tonnoni, delegato della provincia di Foggia; Ulisse Grandi, delegato della provincia di Umbria; Angelo Puglia di Palermo; Santamaria della provincia di Reggio-Calabria. Gli alunni della Colonia agricola di Caltagirone che per vari mesi presta- rono servizio sono: Damigella Arcangelo, Caniglia Giuseppe, Piccione France- sco, Leanza Mariano, Simola Francesco, Cannizzo Giuseppe, Gangi Ignazio. Prestarono altresì servizio i signori Aloisio, Di Bella, Scaglione e Santa Maria Nicolò, tutti messinesi. — 286 — Non sempre il capo grappo era un semplice contadino, ma anche gli assistenti di fiducia, e persino i delegati governativi, facevano quest’ ufficio. Anzi questi assistenti e questi delegati erano indispensabili, poiché erano disposti in guisa che al loro fianco ave- vano due caporali contadini onde poter controllare il loro operato. Vari gruppi riuniti formavano una squadriglia, a capo della quale era un assistente molto abile e di piena fiducia o un delegato go- vernativo. Ogni squadriglia nei pesi più caldi aveva un acquaiolo. 11 capo-squadriglia (1) curava l’ordine del lavoro in tutti i suoi gruppi e si recava qua e là per controllare i risultati ne- gativi o positivi ottenuti dai caporali. Due o tre squadriglie componevano una squadra. La squadra aveva a capo un delegato governativo o un assistente distinto per abilità e zelo nel disimpegno del proprio dovere. Ufficio del capo-squadra era la ricognizione dei vigneti a lui affidati e la disposizione delle squadriglie in guisa che il loro movimento procedesse nel modo ch’io indicavo. Ufficio del capo-squadra era altresì il controllo deH’operatcr dei caporali e capi-squadriglia e l’applicazione delle pene a quelli che se ne mostravano meritevoli. Di queste squadre ve ne erano di due categorie : le squadre esploranti e le squadre di distruzione e di iniezione. Dell’ordinamento delle prime abbiamo già detto, di quello delle seconde si parlerà a proposito delle iniezioni. Intanto le squadre di esplorazione e di iniezione lavoravano contemporaneamente, le prime preparando il lavoro alle seconde. Con tale ordinamento è naturale che i risultati ottenuti da una squadra erano ignorati dall’altra, poiché ognuna seguiva quella parte del piano generale ch’io aveva prestabilito e loro affidato. Dall’ordinamento istesso veniva ancora di conseguenza che ognuno aveva la responsabilità insita al proprio grado, ed ogni qualsiasi piccola irregolarità veniva immediatamente avvertita e severamente punita in tutta la gerarchia. (1) Fu capo- squadrigli a prestando lodevolissimo servizio anche il signor Giuseppe Ferrari. — 287 — Di queste pene in principio ho usato ed anche abusato, poiché bastava che un operaio staccasse un grappolo d'uva, qualche frutta, o si allontanasse anche di poco dal proprio dovere, per perdere il lavoro di tutta la settimana ed essere perennemente espulso dai lavori. I nomi degli espulsi o puniti venivano la sera ripetuti a tutti gli operai riuniti, indicando la causa deirespulsione. Con tali mezzi di repressione, da parte dei proprietari non si è levato nessun lamento, ed io stesso che ho dovuto essere così severo sono rimasto non solo contento, ma meravigliato del con- tegno dignitoso che i contadini rimasti han serbato. Vi furono, è vero, di quelli che, non ostante il rigore, si az- zardavano ad infrangere, sebbene per cose di niun valore, i di- vieti, ma per costoro bisognava proprio ammettere la forza irre- sistibile, e bisognava forse anche perdonarli se le leggi inesora- bili della disciplina non lo avessero vietato. Ad impedire la propagazione della infezione pel semplice fatto delle esplorazioni, non appena gli operai si erano allontanati di una quarantina di metri dall' ultimo ceppo infetto senza rinve- nire ulteriormente infezione, si passavano le zappe (1) servite alle esplorazioni, sul fuoco e venivano puliti i piedi o le calzature. Allo stesso scopo, quando gli operai si allontanavano dai lavori ed anche durante i medesimi, venivano perquisiti dai carabinieri alla presenza dei delegati onde impedire la esportazione delle radici. Un operaio, che il 6 agosto aveva tentato questa esportazione^ fu espulso dai lavori e denunziato all'autorità giudiziaria. Per lo stesso oggetto l’accesso ai fondi fillosserati era proibito a persone estranee al lavoro, salvo ne avessero ottenuto permesso,, ma sempre accompagnati dai delegati. Seguendo tutte queste precauzioni, la superficie esplorata e la parte di essa riconosciuta infetta è data per esteso dal Diario (Alleg. B) ed in riassunto dai quadri seguenti : (1) Le zappe adoperate per le esplorazioni furono quelle del paese, le quali sono a lama lunga e stretta, e difettano unicamente perchè il manico si inserisce alla lama facendo con la medesima un angolo troppo acuto. In avvenire intendo però di esigere che gli operai siano forniti di zappe costruite su speciale modello. . — 288 — DATA della ■esplorazione Numero degli operai impiegati ossia giorni di lavoro (1) Superficie dei vigneti esplorati met. quad. (2) Superile, dei vigneti trovati infetti met quad. (2) LOCALITÀ IN CUI FURONO FATTE LE ESPLORAZIONI e proprietari dei fondi 43 agosto 1 non si misurò lavoro (3) non si mi- surò lav. Ritiro (Roberto) 4 id. 8 1,857 1,857 Id. id 5 id. 15 2,400 2,281 Id. id. (3 id. 31 4,100 3,000 Id. id. 7 id. 30 3,600 2,400 Id. id. 9 id. 34 7,000 5,720 Id. Id. 10 id. 4 non si misurò lavoro non li m:- surò lav. Id. id. 11 id. 26 4,850 1,942 Id. id. 12 id. 62 10,794 2,112 Id. (Roberto, Bonaviri e Toscano) 13 id. 54 11,517 2,148 Id. (Bonaviri e Squillaci) 14 id. 32 4,721 .... Id. (Bonaviri) 16 id. 48 10,705 5,900 Id (Toscano e Bonaviri) 17 id. 59 8,017 5,527 Id. (Cherubini e Toscano 18 id. 35 5,612 5,612 Tremoliti (Toscano e Cherubini) 19 id. 19 4,417 3,031 Id. (Toscano, Pizzimenti A. e Lisciotto F.) 20 id. 36 8,242 112 Tremonti (Toscano) 21 id. 49 8,312 1,351 Ritiro (Toscano) 22 id. 32 7,916 1,400 Id. (Ribera e Pizzimenti Pasquale) 23 id. 226 46,282 2,931 Trapani, Ritiro, Giostra (proprietari diversi) 24 id. 232 52,575 12,222 Tremonti, Ritiro, Trapani (proprietari diversi) 25 id. 239 95,397 1,019 Giostra, Ritiro (proprietari diversi) 26 id. 240 93,382 2,946 Ritiro, Trapani (proprietari diversi). 27 id. 239 152,871 3 Ritiro, Quatara, Trapani (proprietari diversi). — 289 — DATA della esplorazione Numero degli operai impiegati ossia giorni di lavoro (1) Superficie dei vigneti esplorati met. quad. (2) Superfic. dei vigneti trovati infetti met. quad. (2) LOCALITÀ IN CUI FURONO FATTE LE ESPLORAZIONI e proprietàri dei fondi 28 agosto 238 130,481 31 Quatara (proprietari diversi). 30 id. 138 77,782 557 Scala, Quatara, Trapani (proprietari diversi). 31 id. 194 147,011 3 Scala, Quatara, Trapani (proprietari, diversi). 1 settem. 169 141,943 145 Scala, Quatara, Tremoliti (proprietari diversi). 2 id. 164 117,704 6,315 Scala, Scirpe, Quatara, Tremoliti e San Licandro (proprietari diversi). 3 id. 129 109,964 7,330 Quatara, Scoppo, Scirpe, S. Licandro (proprietari diversi). 4 id. 197 121,112 5,400 Scirpe S. Licandro (proprietari diversi). 6 id. 244 135,111 15 S. Michele, S. Licandro (propr. diversi) 7 id. 212 153,719 68 Id. id. 8 id. 130 65,140 6,179 S. Michele, Annunziata id. 9 id. 188 222.500 2,123 Id. id. 10 id. 193 118,250 3 Tremonti, Annunziata id. 11 id. 200 134,668 .... Id. id. 13 id. 195 114,800 6 Annunziata id. 14 id. 192 131,271 2 Id. id. 15 id. 194 139,700 1,900 Id. id. 16 id. 192 128,555 4,525 Id. id. 17 id. 179 133,180 .... Id. id. 20 id. 201 187,050 12 Annunziata, Paradiso id. , 22 id. 193 143,800 .... Contemplazione, Paradiso id. 23 id. 192 208,400 Versante destro torrente Curcurace. Contemplazione, Pace (prop. diversi). 24 id. 185 212,100 .... Versante destro torrente Cui Contemplazione, Pace (prop •carnee ), . diversi. — 290 — DATA della •esplorazione Numero degli operai j impiegati ossia! giorni di lavoro (1) Superficie dei vigneti esplorati mèt. quad (2j aS 0/ .B ~ *S «22 . — te C$ u a ® c$ Vi £ 2 © *4 d « © o 5 P< d V © Ph o d o i =, PROPRIETARIO Mese o a Vi .2 ’S d 1.5 *3 d 0.53 o © “ ’O 0 *35 d iJ *3 N .2 *S 1 a «O DEL. FONDO INIETTATO 5 a g * 2 cu Num bb © T3 Num é z. a d z o H © o. 3 co Settem. 29 Id. Ottobre Id. 30 31 1 36 36 7 7 5 7 7 11 8 8 10 5 5 5 3 3 4 9 9 13 I ' 1 4,320 Viola 1 53; : 2 J 36 Corica Ignazio 1 3 2,770 Id. I 3 1,910' Gangemi 3 452 Basile 3 314 Alibrandi 3 1,449 Grillo 3 270 F ileti 61 3 718 More 1 1 ; 200 Simeone 300 Gesira 3 80 Guarnera 3 78 Corica Ignazio 1 4,505 Viola 6 578 Cherubini 6 49 Pizzimenti Alessandro 1 2,700 Gesira 65 1 816 Arduino 2 1,713 Guarnera 3 330 Id. 3 590 Lisciotto 39 2 780 Viola 23 1 2,641 Gesira ( 1 1,650 Viola 70< 1 2 1 8,044 Id. ( 1 2 3,000 Gesira Id. 4 1 — 322 — Segue Quadro B. «2 o c« a* DATA 03 c£ •£ cr 13 2 o > Z .2 > b£jà «2 25 2 « 53 "U ? Sh ^ ®5 p. c4 » s a. o a .2 2 900 Caratozzolo 1 ! 4 806 Viola Id. 26 7. 5 4 4 2 1 16 ' 4 806 Musolino 1 ' 4 81 Rizzotti j / 1 3,000 Pugliatti ! i 1 923 La Corte Id. 27 1 7 7 7 3 2 26' ‘ i i 1,150 Laudamo 1 1 1 542 Furfari 1 \ 2 4,248 Caratozzolo ' 1 140 Lisciotto 1 104 De Stefano 1 1 1,370 Nicolosi Id. 28 1 10 7 7 2 2 28, ' 1 315 Magliano i 1 285 Malfa 1 bis 330 Caristi , 2 314 De Gaetani • 1 1 4 2,050 Vinciguerra 4 125 Lisciotto l 1 4 1,340 Gesira Id. 29 1 6 9 9 2 2 28; 4 193 Arduino i 1 6 640 Guarnera 1 5 120 Murat ì \ 5 87 Fileti — 325 - Segue Quadro B. DATA Parte della giornata in cui si è lavorato Num. dei foratori N umero degli iniettatori Num dei turatori Num. dei port’acqua e solfuro II Num. dei caporali To ale operai Iniezioni Superficie iniettata j m q PROPRIETARIO DEL FONDO INIETTATO Mese Giorno / 1 12 Lisciotto Antonino ! 2 572 Fumia ) 4 50 Alibrandi Ottobre 30 y, 5 8 8 2 2 25 ì 4 357 Gangemi ! 5 612 Gridilo I ' 1 1 158 Pizzimenti Pasquale i 1 l 5 2,097 Viola Id. 31 V, 6 6 1 1 14 ' 5 l 1,680 Musolino 1 5 155 Rizzotti 2 3,000 Pugliatti Novem. 4 i 5 7 7 2 2 24< 2 923 La Corte I i ' 3i 5,148 Caratozzolo I 1 1 2 315 Magiiano 2 285 Malfa 2 1,370 Nicolosi 2 104 De Stefano 2 1,150 Laudamo 2 330 Vedova Mangano Id. 5 i 6 7 7 2 2 24; j 2 542 Furfari 2 140 Lisciotti Francesco 1 2 10 Lisciotti Antonino 1 2 158 Pizzimenti 1 1 3 314 De Graetani 1 1 6 612 Grillo i 3 572 Fumia Id. 6 i 3 8 8 2 2 22 1 5 1,3401 Gesira 21 — 326 — Seguo Quadro B. DATA Parte della giornata in cui si è lavorato j Num. dei foratori Numero degli iniettatori Num. dei turatori Num. dei port’acqua e solfuro Num dei caporali Totale operai Iniezioni Superficie iniettata m q. PROPRIETARIO DEL FONDO INIETTATO Mese Giorno 1 i i 5 193 Arduino 1 5 125 Lisciotti Francesco \ i & 2,050 Vinciguerra ! 5 357 1 Gangemi Novem. 6 1 3 8 8 2 2 23 ) 5 50 Alibrandi 1 1 1 6 87 Fileti 6 120 More ' 6 155 Rizzotti 1 3 3,000 Pugliatti 1 \ 3 923 La Corte Id. 8 1 3 8 8 2 2 23 1 ì 6 1,680 Musolino i 1 6 2,097 Viola i 1 3 315 . Magliano j i 3 285 Malfa 3 1,370 Nicolosi | 1 3 104 De Stefano ] 3 1,150 Laudani o Id. 9 1 4 7 7 2 2 22 ì 3 330 Caristi 3 542 Furfari 3 140 Lisciotto Antonino : 3 10 Id. 1 i 4 722 Caratozzolo 1 1 3 158 j Pizzimenti Pasquale 1 \ 6 1,340 Gesira Id. 10 1 4 00 co 2 2 24 | / 6 193 Arduino 1 i 1 1 [ 6 125 Lisciotto Francesco — 327 — Segue Quadro B. DATA Parie della giornata in cui si è lavorato Nura dei foratori Numero degli iniettatori Num. dei turatoli Num dei port’acqua e solfuro Num. dei caporali Totale operai Iniezioni Superficie iniettata m. q. PROPRIETARIO DEL, FONDO INIETTATO Mese Giorno 6 2,050 'Vinciguerra Novem. 10 1 4 8 8 2 2 24/ 1 6 357 Gangemi ( 6 50 Alibrandi f 1 457 Perrone 1 1 584 Di Pietro Id. 11 7 4 11 5 5 2 2 25 1 280 Galbo I I 4 50 De Gaetani l 5 722 Caratozzolo ’ 4 55 Magliano 4 225 Nicolosi 4 195 Pugliatti Id. 12 1 8 Q O 3 2 2 18 4 92 La Corte 4 527 Laudamo ! 4 188 Caristi l. 4 316 Furfari l / 2 457 Perrone 1 \ 2 584 Di Pietro Id. lo 1 8 3 3 1 1 : ii 2 380 Galbo 5 50 De Gaetani [ | 1 ( 6 722 Caratozzolo I 5 55 Magliano i 5 195 Pugliatti 1 5 525 Nicolosi Id. 16 1 3 3 3 1 1 11 ' 5 92 La Corte ! 5 527 Laudamo 1 5 188 Caristi i | 5 '1 316 Furfari 328 Segue Quadro B. DATA Parte della giornata in cui si è lavorato Num. dei foratori Numero degli iniettatori Num dei turatori Num dei port’acqua e solfuro Num. dei caporaii Totale operai Iniezioni Superficie iniettata m. q. PROPRIETARIO DEL FONDO INIETTATO Mese Giorno j ( 8 457 Perrone 1 \ 3 584 Di Pietro Novem. 18 1 3 3 3 1 1 11< 1 V 1 3 380 Galbo 1 ' 6 50 De Gaetani 6 55 Magliano 6 195 Pugliatti 6 225 Nicolosi Id. 19 1 3 3 3 1 1 IL 6 92 La Corte * 6 527 Laudamo 6 188 Caristi \ ! 6 1 316 Furfari — 329 — Ma sorge ora naturalissima la domanda: Quale è stato l'effetto del solfuro sulle piante arboree consociate alle viti? Quale è stato quello che si è raggiunto perciò che riguarda la mortalità delle fillossere ed anche delle viti? Le piante arboree che più mostrano di soffrire per Fazione del solfuro sono i fichi, poiché, appunto dopo l’iniezione, si mo- strano colle foglie afflosciate che non tardano poi ad avvizzire. Però mentre in principio tutte le piante indistintamente si mo- stravano apparentemente morte, più tardi molte han mostrato di rimettersi sviluppando le gemme. Se questo ridestarsi della ve- getazione sia dovuto alla linfa immagazzinata nella pianta, o ve- ramente reale, ora non si può dirlo. È soltanto a primavera avanzata che si potrà giudicare quali sono state le piante che han subito deperimenti, e quali quelle che realmente son morte. Ed è stato appunto per questa considerazione che ho sospesa ogni stima delle piante che mostra vansi morte, ed ho creduto la primavera avanzata l’epoca opportuna per la stima medesima. Dopo i fichi, la pianta che ha più sensibilità pel solfuro è il limone, a cui, specialmente quando è giovane, l’azione del solfuro riesce fatale. I peschi tengono dietro ai limoni e dopo i peschi vengono gli ulivi, la cui mortalità è e sarà certamente forte, prugni, nespole e sorbi. Bisogna però notare che la più o meno sofferenza non ha tanta relazione coll’età quanto col numero e la distribuzione delle radici. Infatti vi sono delle piante giovanissime che resi- stono, ve ne sono di vecchie e di adulte che soccombono. Anche le viti non si mostravano tutte morte subito dopo le iniezioni ed anche per qualche periodo dacché le medesime fu- rono eseguite. Molte dettero dei germogli piccolissimi (molti mi- suravano 4 a 5 centimetri e furono quelli che più facilmente fruttificarono), i quali nel settembre si mostrarono già fioriti, e più tardi fruttificarono e portarono persino a maturità quei pic- colissimi grappoli che potettero produrre. E bisogna notare come non sempre le viti dettero dei germogli, ma direttamente delle infiorescenze e quindi dei grappoli senza che — 330 — esistesse una sola foglia. Bisogna proprio dire che anche morendo le viti non vollero venir meno alle loro tradizioni! Molti di questi aborti curiosissimi conservo in alcool. Intanto, se estirpavasi un ceppo di vite con germogli, si trovava tutto secco e fradicio e soltanto 25-30 centimetri vivo. Ora dal trovarne degli altri vivi per un tratto più lungo, il trovare, in una parola, tutte le gra- dazioni di questa lunghezza del pezzo vivo da 70 a 25 centim., faceva vedere chiaramente coinè per la semplice linfa imma- gazzinata nella pianta potette svilupparsi un certo numero di gemme avventizie ed alimentarsi i tralci che da essi provennero. Intanto, come i tralci venivano alimentati, la linfa veniva richia- mata sulla parte superiore della pianta e la sottostante moriva e poscia cadeva anche in sfacelo. Di questi risultati delibazione del solfuro sulle viti riparleremo più tardi, dopo che si è potuta considerare una gran massa di osservazioni fatte sulla mortalità delle fillossere e delle viti nelle condizioni più svariate. Tali osservazioni sono consegnate nei se- guenti quadri: VERIFICA DELL’AZIONE INSETTICIDA DEL SOLFURO DI CARBONIO — 332 — Verifica dell’azione insetticida Quadro C. NOME del proprietario del vigneto distrutto, trattato ed ispezionato Data dell’ispezione ed impiegato che la eseguì 1 CONTRADA SUPERFICIE distrutta m. q QUALITÀ dei terreni NUMERO delle viti saggiate Trovate fillossere od uova, in che quantità, a quale profondità dalla superficie j del terreno G e s i r a Agatino Osmundo. - 25 otto- bre 1880 (Delegato Pic- cioli). 1 Trapani . . . 6 814. 00 Argilloso . . 10 Si trovarono 3 fillossere car- bonizzate alla profondità di mt. 0. 37. ld. ld. . . . ld. . . . 7 Si rinvennero delle colonie i carbonizzate. ld. ld. . . . ld. ... 8 Trovaronsi colonie ammuf- 1 fite, a circa mt. 0. 15 ld. ld. . . . ld. . . . 8 » Si trovarono colonie in molta quantità, nere marcescenti da mt. 0. 30 a 0. 65. ld. ld. . . . ld. . . . 6 Nulla 26 ottobre (Delegato Piccioli . ld . . . . ld. . . . 4 ld. Guarnera Letterio ld. . . . 2 423.00 Argilloso cal- careo. 2 Si osservarono delle fillos- 1 sere morte raccolte in colonie ld. ld. . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 In una riscontrossi una numerosa colonia a mt. 1. 57. ■ completamente distrutta. ld. ld. . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . 1 ld. . . . 2 Arduino conte Luigi 27 ottobre 1880 (De- legato Piccioli). ld. . . . 1 327. 50 Argilloso . . 4 ld ld ld. . . . ld. . . . 1 ld Bonaviri Rosario 27 ottobre 1880 (Dele- gato Piccioli) . S. Nicola . . 4 239.47 Sabbioso ed Argilloso, Si- liceo. 2 ld ld. ld. . . . ld . . . 1 ld. — 333 — 5l solfuro di carbonio. SITO OSSERVAZIONI OVE VENNE FATTO II, SAGGIO Nel centro della terrazza. Tutte le radici risentirono molto l’effetto del solturo essendoché tanto le superiori quanto le inferiori erano quasi tutte disseccate. Le radici erano muffite. Trovaronsi anche dei rigonfiamenti prodotti dalla fillossera in istato marcescente. Una nel muro a secco le altre nel centro della terrazza In quella esaminata nel muro a secco non rinvennesi alcuna fillossera però le radici non erano molto disseccate. Nelle altre le radici erano completamente disseccate e presentavano rigonfiamenti fillosserici in mol- tissima quantità e secchi. Delle esaminate due erano distanti circa 2 mt. dal muro a secco, le altre nel centro della terrazza. Si trovarono tanto le radici principali come le secondarie tutte deperite. Una esaminata nel muro a secco, le altre nella terrazza. Le radici che si esaminarono erano in parte disseccate. ld. 0$servaz!one idem. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 0,95 e a 1 metro. Saggiate nel mezzo della terrazza. Le radici risentirono in parte l’azioue del solfuro : pochi rigonfiamenti fillosserici, e le radici non oltrepassavano la profondità di mt. 2. 20 In un muro a secco. Queste viti saggiate correvano orrizzontalmente dal muro a secco alla terrazza per una lunghezza di mt 1 30 Le radici erano con molti rigon- fiamenti neri ed in parte marcescenti Nella terrazza. Le due viti esaminate erano completamente morte per l’azione del solfuro Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1. 30 ld. Morte. Profondità delle estreme radici mt 1.40 Saggiato nel mezzo della terrazza Le due viti esaminate erano completamente morte per 1’ azione del solfuro Profondità raggiunta dalle estreme radici mt 1. 65 A circa 2 mt. dal muro a secco. Morte tanto. le viti che le radici. Profondità a cui giungevano le estreme radici mt. 0, 80. A mt. 5. 50 dal muro a secco. Furono scavate le fosse in vicinanza del muro a secco. Morte tanto le viti che le radici. Profondità delle estreme radici mt. 1.55. Le radici di queste viti risentirono poco l’effetto del solfuro. Profon- dità a cui arrivano i maglioli mt. 1. 10. Sotto un muro a secco. Si trovano le radici per niente attaccate dal solfuro, fusto serpeggiante nel terreno alla profondità di mt. 0. 55 dalla superfice di questo ultimo e per una lunghezza di mt.l. 30. Alla distanza di mt. 1 dal muro a secco. Una delle viti esaminate andava verticalmente nel terreno per mt 1. 50 un altro tratto si estendeva orizzontalmente per m. 1.20 Le radici di am- bidue i tratti erano secche fino alle loro estremità: solo superiormente da 10 — 15 centimetri si presentavano verdi. Id Le estremità delle radici erano, come il resto della pianta, morte del tutto. Il magliuolo venne preso dalla terrazza sottoposta a quella dalla quale emergeva. Intanto serpegiava nella terrazza sottoposta per la lun- ghezza di mt. 1 50 poi s’internava nella terrazza superiore, dietro l’ar- macera verticalmente per un’altezza di m 1. 70. — 334 — Segue Quadro G. NOME del proprietario del vigneto distrutto, trattato ed ispezionato Data dell’ispezione ed impiegato che la eseguì CONTRADA SUPERFICIE distrutta m q QUALITÀ del terreni NUMERO delle viti saggiate Trovate fillossere od uova, in che quantità, a quale profondità dalla superficie del terreno Bonaviri Rosario, 17 ottobre 1880 (Dele- gato Piccioli). S. Nicola.. . t 4 239.47 Sabbioso ed argilloso - Si- liceo. 3 Nulla ld. ld. . . . ld. . . . 4 ld. ld. ld. . . . Idi . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld. Roberto Antonino 27 ottobre 1880 (Dele- gato Piccioli). Piano della Monaca. 22 270 50 Varia dall’ar- gilloso al sab- bioso. 1 Si trovò un numero gran- dissimo di fillossere vive a mt. 1 di profondità, e 0. 70 dal muro a secco, in più gran copia ancora a mt. 1. 20 dalla superficie del terreno, e a 0. 70 dal muro a secco. ld. ld. . . . ld. . . . 1 Si trovò una ninfa , due uova e parecchie fillossere a mt. 2. 15 di profondità. " ld. . . . * * ld. . . . 1 Diverse fillossere vive alla profondità di mt. J. 90 dalla superficie del terreno e 0. 85 dal piede del muro a secco. ld. ld. . . . ld. . . . I 1 Risultato identico. Dalla superficie del terreno mt. 1. 85 dal muro a secco mt. 0. 75. ld. ld. . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . lb. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 Id. ld ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld — 335 — SITO OSSERVAZIONI OVE VENNE FATTO IL SAGGIO Al piano di una terrazza. Si trovarono le radiei ed il magliuolo morti dal Solfuro. La profondità raggiunta era di mt. 1 55. Si osservò qualche rigonfiamento in putre- fazione. Nel mezzo della terrazza. Morte tanto le viti che le radici. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1. 45 ld. Morte tanto le viti che le radici. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1. 35 e 1. 45 Vicino un muro a secco. Morte tanto le viti che le radici. Profondità delle estreme radici mt. 1. 80 e 1. 70 Sopra un muro a secco. Si vide, che le radici risentirono assai poco l’effetto del solfuro. Pro- fondità a cui arrivavano le estreme radici mt. 1. 35. ld. Osservazioni idem. Profondità del saggio mt. 2. 15 ld Osservazioni idem. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1. 90. ld. Osservazioni idem. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt 1. 85 Alla distanza di mt. 6 dal muro a secco. I vitigni erano secchi e marciti. Profondità raggiunta mt. 1. 25 Distanti dal muro a secco mt. 3. Si trovarono molti rigonfiamenti senza fillossera. Radici e fusto in via di deperimento Profondità delle radici estreme m. o- 95 e 1 mt. Nel centro di uua terrazza. Le loro radici, come il fusto, erano morte. Pronfondità raggiunta dalle estreme radici m 1. 30 e 1. 45 Ad 8 mt. da un muro a secco. Morte tanto le viti che le radici. Profondità delle estreme radici mt. 1. 20 e m. 1. 30. A 2 mt. dal muro a secco Le loro radici, come il magliuolo in via di deperimento. Profondità delle radici estreme mt. 1. 10 e 1. 15. Sotto un muro a secco Si trovarono tanto le radici, quanto il magliuolo perfettamente morti. La profondità raggiunta dalle estreme radici è mt. 1. 20 e 1. 35. ld. Morto tanto il ceppo che le radici. Le radici si spingevano fino alla profondità di mt. 0. 95 e 1. 18 Nel mezzo di una terrazza. Morto tanto il ceppo che le radici. Una della lunghezza di mt 3. 70 per essere stata propaginata. Le 1 radici estreme raggiungevano la profondità di mt. 1. 40 e 1. 30 336 Segue Quadro C. NOME del proprietario del vigneto distrutto, trattato ed ispezionato Data dell’ispezione ed impiegato che la esegui CONTRADA SUPERFICIE distrutta m. q. QUALITÀ del terreni NUMERO delle viti saggiate Trovate fillossere od ucva, in che quantità, a quale l profondità dalla superficie del terreno Roberto Antonino 28 ottobre 1880. (Dele- gato Piccioli). Piano della Monaca. 22 270. 50 Varia dall’ar- gilloso al sab- bioso. 1 2 Nulla ld- ld. . . . ld. . . 2 ld. Id. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 1 ld. ld. ld . . . ld. . . . 2 ld. 29 ottobre 1880. . . ld. . . . ld. . . . 3 Si trovarono fillossere vive piccole in poca quantità, alla distanza di mt. 0 30 dalla superficie del terreno, su di una vite. Le altre erano im- muni. ld. ld. . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . ld . . . 1 ld. ld ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . Id . . . . 1 Si trovarono 4 giovani fil- lossere a mt. 1. 25. ld. ld. . . . ld . . . 1 Si trovò una fillossera alla profondità di mt. 0 79 e di- verse colonie distrutte. 30 ottobre 1880 . . ld. . . . ld. . . . 2 Si osservò qualche colonia appena distinguibile per es- sere marcita. id. ld. . . . ld . . . 1 Trovossi una piccola colonia viva a mt. 1. 10 anche di- verse altre ma morte ld. ld. . . . ld. . . . 1 Si trovarono poche fillossere vive ed un solo uovo alla profondità di mt. 0. 20 diverse colonie distrutte. id. ld. . . . ld. . . . 1 Osservaronsi delle fillossere vive in poca quantità da mt. 1 a 1. 60 — 337 — K SITO OSSERVAZIONI OVE VENNE FATTO IL SAGGIO Sopra un muro a secco. Le radici osservate davano pochi segni dell’effetto del solfuro, rag- giungendo la profondità di mt. 1 65 e 1. 80 con pochi rigonfiamenti fillosserici. Sotto un muro a secco. Si troncarono al più piccolo urto della zappa contro il terreno per essere del tutto marcite. Profondità dello scavo m. 0.40. Id. Ceppi e radici morte come le precedenti. Profondità idem. In un muro a secco. Furono osservate sane molte radici. Trovaronsi pochi rigonflament La profondità raggiunta dalle estreme radici era mt. 2 ld. Osservazioni idem Profondità a cui si spingevano le estremi radice mt. 1 90. Sopra un muro a secco. Le radici non erano del tutto morte ; due fra questi vitigni propag- ginati. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 0. 60, 0 95 e 1. 70., ld. Si trovarono le radici ed i magliuoli completamente morti con rigon- fiamenti fillosserici marcescenti. Profondità raggiunta dalle radici estreme metri 1. 10 e 1. 15 Su di una terrazza. Le radici osservate erano completamente morte, spingendosi vertical- mente fino a mt. 1. 15. ld. Non osservossi alcun rigonfiamento. Le radici erano poco attaccate dal solfuro. Profondità delle radici estreme mt. 1. 70 e 1. 95 ld. Si trovarono quasi mortele radici più basse senza rinvenire rigonfia- menli fillosserici. Le radici spingevansi fino a mt. 1. 58 e 1. 75 Su di un muro a secco. Le radici di questa vite risentirono poco l’effetto del solfuro. Profon- dità delle estreme radici mt 1. 40 ♦ ld. Si osservarono diversi rigonfiamenti marciti. Profondità delle radici estreme mt 1. 35. ld. Le radici sentirono molto l'effetto del solfuro. Presentavano diversi ri- gonfiamenti. Le radici si spingevano a mt. 1. 45 e 1, 60 di profondità. ld. Questa vite serpeggiava alla profondità di mt. 1. 10 per una lun- ghezza di mt 3. 50. Si trovarono diversi rigonfiamenti fillosserici, freschi nelle radici più superficiali, ma senza fillossera. ld. Detta vite internavasi orrizzontalmente nel muro a secco per m. 6. 70. Si trovarono le radici molto attaccate dal solfuro, tranne alcune superiori in parte ancor vive. Fittone morto. Profondità raggiunta dalle radici estreme mt. 1 95. ld. La vite saggiata camminava orizzontalmente per mt 4. 95 presen- tando fittone morto, radici fresche con. rigonfiamenti fillosserici. Profon- dità delle estreme radici m. 1. 60. Segue Quadro G NOME del proprietario del vigneto distrutto, trattato ed ispezionato Data dell’ispezione ed impiegato che la eseguì CONTRADA SUPERFICIE distrutta m. q. QUALITÀ 1 del terreni NUMERO delle viti saggiate Trovate fillossere od uova, in che quantità, a quale . profondità dalla superficie del terreno. Roberto Antonino 30 ottobre 1880 (Dele- gato Picc oli). Piano della Monaca. 22 270 50 Varia dall’ar- gilloso al sab- bioso. 1 Si videro pochissime fillos-, sere vive a mt 0. 50. ld. ld . . . ld. . . . 2 Nulla ld ld. . . . ld. . . . 3 Si trovarono molte fillossere e qualche uovo sino alla pro- fondità di mt. 1 50. ld ld . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . ld. . . . 3 ld. ld. ld. . . . kl . . . 1 2 ld ld. ld. . . . 1 ld. . . . 1 ld. 1° novembre 1880. ld. . . . ld . . . 2 Id. ld. ld . . . id. . . . 1 Si videro pochissime fillos- sere alla profondità di me- tri 1 65. ld. ld. . . . ld. . . . 2 Nulla ld. ld. . . . ! ld. . . . 2 ld. ld. ld . . . ld. . . . 1 ld ld ld. . . . id. . . . 2 ld. 4 novembre 1880. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld ld. . . . 1 ! ld. . . . 2 ld. Simeone Filippo. 5 novembre 1880 (De- legato Piccioli). Tremonti. 5 131.00 Calcareo ricco di sassolini. 2 ld. ld. ld. . . . 1 1 ld. . . . 2 1 ld. — 339 SITO OSSERVAZIONI OVK VENNE FATTO IIj SAGGIO Sul muro a secco che so- stiene la stradella. Per 8 mt e 50 cent, serpeggiava lungo il muro a secco alla profondità di mt. 0. 50 dando origne a 12 ceppi sulla faccia di detto muro. Le ra- dici in parte morte Sul muro a secco. Si trovarono le radici in parte sane, in parte attaccate dal solfuro presentando qualche rigonfiamento. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1 20 e 1 45. Nel muro a secco che so- stiene la stradella. Queste viti presentavano molti rigonfiamenti freschi e secchi : poche radici capillari quasi tutte disseccate Le radici si spingevano nel terreno fino a mt 1. 95, 1. 70 e 1. 85. Sul muro a secco. Trovaronsi magliuoli e radici in parte fresche Nessun rigonfiamento. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt 1. 55 e 1. 65 Nel mezzo di una terrazza. Questi vitigni presentavano fusti e radici perfettamente morti. Solò si scavarono alla profondità di mt.0. 65 per essersi rotti allo smuovere del terreno con gli strumenti, causa appunto del perfetto marcimento delle piante. ld. Osservazioni idem. Si spezzarono alla profondità di mt 0 70. ld. Le radici si presentavano morte : il fittone morto in parte. Nessun rigonfiamento fillosserico. Profondità delle estreme radici mt. 1. 85. Alla distanza di mt. 1 dal muro a secco superiore. Furono scavate fino a m. 45 per essere marcite completamente. Sul muro a secco. l.e radici erano pochissimo attaccate dal solfuro, con pochi rigonfia- menti. La profondità a cui giungevano le estreme radici era di mt. 2. 05 distanti dalla base del muro a secco mt 1. ld. Le radici erano poche, ma qualcuna presentavasi sana. Pochi rigon- fiamenti Profondità delle radici mt. 1. 75 e 1. 90. Nel mezzo della terrazza. Di queste viti le radici superficiali avevano aspetto quasi sano, ma pure erano alterate dal solfuro le rimanenti radici come i magliuoli per- fettamente morti. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt. 1 70 e 1 80 Sul muro a secco. Si vide che le radici vicino al muro erano poco attaccate dal solfuro, mentre le altre internandosi nella terrazza erano disseccate. Profondità cui giungevano le estreme radici m. 1. 95. ld. Le radici di queste due viti presenta vansi alterate per l’azione del solfuro. Non mostravano rigonfiamenti fillosserici Profondità delle radici metri 1. 80 e 1. 85. Su di un muro a secco. I due vitigni avevano radici e magliuoli verdi, poco toccati dall’azione del solfuro Le radici si approfondavano mt. 1. 95 e 2 fino a mt. 2. 15. ld. Osservazioni idem. Profondità delle radici estreme mt. 2. 25 e 2. 60. Vicino ad un ciglione. Ambo le viti avevano ceppo e radici completamente morte. Le estreme radici s’internavano nel terreno sino alla profondità di mt. 0. 95 e 1. 30. Nel mezzo di una terrazza. Queste mostravano ceppo e la rimanente parte di esse in incipiente marcimento. Poche radici sane con qualche rigonfiamento. Le radici spingevansi sino alla profondità di mt. 1. 10 e 1. 70. 340 Segue Quadro C. NOME del proprietario del vigneto distrutto, trattato ed ispezionato Data dell’ispezione ed impiegato che la esegui CONTRADA SUPERFICIE distrutta m. q. QUALITÀ del terreni NUMERO delle viti saggiate Trovate fillossere od uova, i in che quantità4 a quale l profondità dalla superficie del terreno Simeone Filippo. 5 novembre 1880 (De- legato Piccioli). Tremonti. 5 131. 00 Calcareo ricco di sassoliui. 2 Nulla 6 novembre 1880. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . j 2 ld. Toscano Ferdi- nando 8 novemb 1880 (Delegato Piccioli) S. Nicola. 16 661. 80 Varia dallo argilloso com- patto alle sab- bie mioceniche e quaternarie. 4 1 ld. ld ld. . . . ld . . . 4 ld. ld. ld . . . td. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 2 M. ld. ld . . . ld . . . 2 td. ld ld. . . . ld . . . 2 ld. ld ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 3 Quattro fillossere di recente sviluppo e qualche uovo. ld. ld. . . . ld. . . . 4 Nulla ld ld. . . . ld. . . . 2 ld. ld. ld. . . . ld. . . . 32 ld ld. ld. . . . ld. . . . 2 ld. !d. ld. . . . ld. . . . 2 ld. ìd. ld. . . . ld. . . . 2 ld. — 341 SITO OSSERVAZIONI OVE VENNE FATTO IL SAGGIO Nel mezzo di una terrazza. Queste mostravano il ceppo e la rimanente parte di esso in incipiente marcimento. Poche radici sane con qualche rigonfiamento. Le radici spin- gevansi alla profondità di mt. 1 65 e 1 80. Id. Queste due viti che erano propagginate e presentavansi morte comple- tamente. Le loro estreme radici erano profonde mt 0. 90 e 1. 10. Sopra un muro a secco. Presentavano molti rigonfiamenti marcescenti. Profondità raggiunta dalle estreme radici mt 1. 35 e 1.65 distanti dal muro a secco me- tri 1.40 e 1. 55. In una terrazza. Le piante si mostrarono intieramente deperite fuorché alla parte supe- riore Profondità a cui arrivavano le estreme radici mt. 1. 65. ld. Osservazioni idem Profondità delle estreme radici m. 1.70. Su di un muro a secco. Si videro sane le radici accosto al muro, morte all’internarsi nella terrazza Pochi rigonfiamenti e marcescenti Profondità a cui si spingevano le estreme radici mt. 1. 50 e 1. 95. In una terrazza. Le viti erano del tutto morte. Le loro radici erano profonde mt. 1. 50 e 1. 60. ld. Osservazioni idem Profondità delle radici m. 1. 10 e 1. 60. ld. Osservazione idem. Profondità delle radici estreme mt. 1. 10 e 1. 25. id. Osservazioni idem. Profondità delle radici mt, 1. 20 e 1 45. Alla distanza di mt. 1. 30 dal muro a secco. Osservazioni idem. Profondità raggiunta dalle radici mt. 1. 80 e 2. 15 Sul muro a secco. Dette fillossere si trovarono sulle nuove radici dei tre magliuoli di un anno, la p da Grillo m. q. 202, da Murat m. q. 51 ; da Fileti m. q. 40 e da Corica Agostino di sesto trattamento m. q. 43. La terza squadra, composta di 73 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 102,000 nel torrente Sant’Agata, nelle contrade Zuccaro e Caricanova. La quarta squadra, costituita di 74 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò 97,340 m. q. nella regione Faro Superiore, nelle contrade: Vinedda, Cipriana, Carcarazza, Casale, Guardia e Conte. La quinta squadra, composta di 90 operai, di cui 3 acquaioli esplorò, nella regione Sant’Agata, m. q. 129,000 divisi nelle contrade : San Placido^ Pennacchi, Chierico e Barone. Tutte le squadre esplorarono com- plessivamente metri quadrati 328,340 senza rinvenire infezione. 9 ottobre. — Lavorarono 298 operai divisi in cinque squadre di cui 2 iniettanti. La prima, composta di 42 operai (6 iniettatori, 6 otturatori, 5 port’acqua e solfuro, 2 caporali, 23 perforatori^) iniettò di secondo trattamento da Viola m. q. 2,470, da Rizzotti m. q. 663, da Musolino 8,250 m. q. La seconda squadra, composta di 29 operai (1 caporale, 2 ragazzi, 26 tagliatori) tagliò e bruciò m. q. 14,425 nel vigneto del signor Vinciguerra. La terza squadra, composta di 72 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò nella regione Sant’Agata e Muto 109,000 m. q. La quarta squadra, composta di 68 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò, nella regione Faro Su- periore, m. q. 99,900 divisi nelle contrade Casale, Carcarazza, San Placido, Genovese, nella Fiumara della Guardia e Conti. La quinta squadra, formata da 87 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò — 434 — m. q 134,500 nella regione Sant’Agata nelle contrade Carbone, Pennacchi, Gelso e Conca d’Oro. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 343,400 senza trovare infezione. 10 ottobre. — Domenica. Fu fatto il pagamento agli operai* 1 1 ottobre. — Lavorarono 290 operai divisi in quattro squadre, di cui 1 iniettante. La prima, composta di 58 operai (7 iniettatori, 7 tura tori, 5 port’acqua e solfuro, 2 caporali, 37 perforatóri) iniettò di primo trattamento da Vinciguerra m. q. 7,350; di terzo da Villari m. q. 635; da Viola m. q. 3,646. La seconda squadra, composta di 70 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò nel torrentello Martini e regione Guardia m. q. 108,000. La terza squadra, com- posta di 73 operai, esplorò m. q. 104,700 nella regione del Faro Superiore, nelle contrade : Genovese, Miracoli, Cavalieri e Car- carazza. La quarta, composta di 89 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò m. q. 138,000 nella regione Sant’Agata, nelle contrade: Papardo, Cariddi, Calamari, Fiumara Papardo e Pennacchi. Tutte le squadre esplorarono in complesso m. q. 350,700, senza trovare infezione. Per irregolarità nel servizio, 1’ ufficiale forestale signor Nunzio Buscemi venne, dietro proposta del Delegato speciale, esonerato dallo incarico, ed il Ministero lo sospendeva per un mese dalle funzioni e stipendio, col trasloco dall’ Ispezione forestale di Mes- sina a quella di Cagliari. 12 ottobre. — Lavorarono 292 operai divisi in quattro squadre di cui una iniettante. La prima squadra, composta di 52 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 2 caporali, 5 port’acqua e solfuro, 3 adi- biti al travaso del solfuro, 28 perforatori) iniettò di primo trat- tamento nel fondo Mussolino m. q. 6,840; di terzo trattamento da Viola m. q. 2,470, da Rizzotti 663 m. q. , da Musolino 1,410* La seconda squadra, formata di 76 operai, di cui 2 acquaiuoli, esplorò m. q. 103,600 nelle regioni Guardia e Canzirri. La terza squadra, costituita di 77 operai, di cui 2 acquaiuoli, esplorò nella regione Faro Superiore m. q. 125,200, nelle contrade: Cavallieri e Cavatori. La quarta squadra, composta di 87 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò nella regione Sant’Agata m. q. 142,200 nelle — 435 — contrade: Calamarà e Pennacchi. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 371,000, senza rinvenire infezione. 13 ottobre . — Lavorarono 294 operai divisi in quattro squadre di cui una iniettante. La prima squadra, composta di 51 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 4 portaacqua e solfuro, 2 caporali, 3 adi- biti al travaso del solfuro, 28 perforatori) iniettò di primo trat- tamento da Vinciguerra m. q. 7,038. Tagliò e bruciò da Cara- tozzolo m. q. 5,148. La seconda squadra, composta di 78, operai, esplorò m. q. 1 13,600 nel versante sinistro del torrente Papardo, nelle contrade: Cacalupo, Burraccino e Sperone. La terza squadra- composta di 78 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 118,600 nella regione Faro Superiore, nelle contrade: Castellano, Casa, lotti, Mazza e Cinniglia. La quarta squadra composta, di 8 7 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò m. q. 118,500 nella regione Faro Su- periore nelle contrade : Santa Caterina, Carbonara e Solara. Tutte le squadre esplorarono in complesso m. q. 350,700, senza rinvenire infezione. 14 ottobre. — A causa della pioggia non si lavorò. 15 ottobre. — • A causa della pioggia, caduta nella notte pre- cedente e nella mattina, non si lavorò. 1 6 ottobre. — Lavorarono 256 operai divisi in quattro squadre, di cui una iniettante. La prima di 41 operai (8 iniettatori, 8 tu- ratori, 4 portaacqua e solfuro, 2 caporali, 1 porta bombole da solfuro, 18 perforatori) iniettò di secondo trattamento da Vinci- guerra m. q. 14,388. La seconda squadra, composta di 67 operai di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 58,500 nella regione Scoppo, nelle contrade : Baraccone -e Casazza. La terza squadra, composta di 67 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò nella regione Catarratti m. q. 46,000 divisi nelle contrade : Chianazze, Saline, Piana dell7 Orto, Belloni. La quarta squadra, composta di 81 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò m. q. 113,300 nella regione Catarratti? divisi per le contrade: Pioppaccio e Mancuso. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 217,800, senza trovare in- fezione. 1 7 ottobre. — Domenica. Si fece il pagamento agli operai. — 436 18 ottobre. — Lavorarono 284 operai divisi in quattro squadre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 45 operai (8 iniet- tatori, 8 turatori, 21 perforatori, 2 caporali, 2 travasa-solfuro, 4 port'acqua e solfuro) iniettò di primo trattamento da Caratoz- zolo 5,148 m. q. , di terzo trattamento da Musolino 6,840 m. q. La seconda squadra, composta di 80 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 96,000 nel torrente Scoppo, nelle contrade: Scoppo, Porro, Porta Pertuso ; furono esplorate ancora 300 pergole. La terza squadra, composta di 68 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 88,000 nella regione Catarratti nelle contrade : Cacaci^ Spadafora, Bisconti e Catarratti. La quarta squadra composta di 89, operai esplorò nella regione Portalegni m. q. 88,000 nelle contrade: Janco, Porticatello, Catarratti, Murorotto, Bisconte. Tutte le squadre esplorarono m, q. 293,900 senza, rinvenire in- fezione. 19 ottobre. — Lavorarono 296 operai divisi in quattro squadre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 45 operai (10 iniet- tatori, 10 turatori, 4 portaacqua e soffuro, 2 caporali, un travasa- solfuro, 18 perforatori) iniettò di terzo trattamento da Vinciguerra m. q. 14,388. La seconda squadra, composta di 81 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò. m. q. 84,716 nel torrente Gravitelli ed adia- cenze, nelle contrade Portalegni, Arcipeschieri, ove furono esplorate delle pergole, contrada Alvario, San Corrado. La terza squadra composta di 74 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò nella regione Catarratti e Cammaro inferiore m. q. 112,400 nella contrada Bisconte ed altre. La quarta squadra composta di 86 operai di cui 3 acquaioli, esplorò m. q. 118,460 nella regione Catarratti nelle contrade Bisconte, Monte Piselli, Vignazza, Santa Marta, Muro- rotto, Campolo, Gravitelli, esplorando anche tutte le pargole rin- venute. Tutte le squadre esplorarono m. q. 315,576, senza rin- venire infezione. 20 ottobre. — A causa della pioggia, non si potette lavorare. 21 ottobre. — A causa della pioggia precedente, non fu possi- bile il proseguimento dei lavori, giacche il terreno era eccessi- vamente inzuppato d’acqua. ( — 437 22 ottobre. — Anche in questo giorno il terreno era inzuppato di acqua in guisa da non essere possibili nè iniezioni, nè esplo- razioni. Per utilizzare però la giornata, con 28 operai, di cui 2 ca- porali, furono tagliati e bruciati : da Pizzimenti Pasquale metri quadrati 158, Furfari m. q. 542, La Corte m. q. 923, Pugliatti m. q. 2,998, Fumia m. q. 572, Laudamo m. q. 550, sicché in tutto si tagliarono e bruciarono in diversi vigneti m. q. 6,743. 23 ottobre. — Essendo il terreno ancora inzuppato di acqua, non si fecero nè esplorazioni, nè iniezioni. 24 ottbre. — Domenica, furono eseguiti i pagamenti agli operai. 25 ottobre. — Lavorarono 213 operai divisi in quattro squadre. La prima squadra d’iniettatori composta di 27 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 8 perforatori, 2 port’acqua e solfuro, 1 travasa-solfuro, 2 caporali) iniettò di primo trattamento da Fumia m. q. 572; di secondo trattamento da Caratozzolo m. q. 900, e ciò lavorando soltanto 2 ore e mezzo, a causa di una pioggia burrascosa so- pravvenuta. La seconda squadra, composta di 59 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 34,623 esplorando nella regione Ga- vitelli e delle pergole nei sobborghi di Messina. Lavorò soltanto 5 ore, a causa della pioggia sopravvenuta. La terza squadra com- posta di 66 operandi cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 10,100 nella regione Cammaro, nelle contrade: Casalotto, Vadala, Spadafora. La quarta squadra, composta di operai, 61 esplorò, lavorando per cinque ore, m. q. 57,500 nelle regioni Gravitelli e Casalotto. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 152,223, senza rinvenire infezione. Una squadriglia di 6 operai, con a capo un delegato, lavorò nella verifica del risultato della campagna fil- losserica. 26 ottobre. — A causa della pioggia dirotta, caduta durante il giorno e la notte precedente, si sospesero le esplorazioni lavorando soltanto con 25 operai divisi in 2 squadre. La prima squadra d’ iniettatori composta di 16 operai (4 iniettatori, 4 turatori, 1 ca- porale, 5 perforatori, 1 port’ acqua, 1 travasa-solfuro) lavorando per una metà di giornata, iniettò di quarto trattamento da Viola m. q. 806, Musolino m. q. 806, Rizzotti m. q. 81. La seconda 28 — 438 — squadra, composta di 9 operai per metà deila giornata, di 6 nella seconda, esplorò delle pergole in diverse contrade della città di Messina. 27 ottobre. - — Lavorarono 216 operai divisi in 4 squadre. La pri- ma squadra d’ iniettatori composta di 26 operai (7 iniettatori, 7 tura- tori, 2 portaacqua e solfuro, 1 travasa-solfuro, 2 caporali, 7 per- foratori) iniettò di primo trattamento da Pugliatti m. q. 3,000; La Corte 923 m. q., Laudamo 1,150 m. q. Furfari 542 m. q. ; di, secondo trattamento; da Caratozzolo m. q. 4,248. La seconda squa- dra composta di 52 operai, esplorò m. q. 79,080 nel versante sinistro del torrente Bordonaro nelle contrade Fucile, Angioli, e delle pergole in città. La terza squadra, composta di 57 operai, di cui 2 acquaioli, esplorò m. q. 39,800 nella regione Cammaro e circa 45,000 m. q. nella regione Zaffaria nel vigneto Cianciafara sospetto d’infezione. La quarta squadra, composta di 72 operai, di cui 3 acquaioli, esplorò m. q. 82,000 nelle regioni Borgo San Clemente, Gazzi, Santo, nelle contrade: Api, Carrubara, Pietrazza. Quattro operai con a capo un Delegato attesero alla verifica del risultato della campagna fìllosserica. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 201,360, senza rinvenire infezione. 28 ottobre. — Lavorarono 237 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 28 operai (2 caporali, 7 iniettatori, 7 turatori, 10 perforatori, 2 port’ acqua e solfuro, iniettò di primo trattamento da Lisciotto Francesco m. q. 140; Letterio De Stefano 104 m. q. ; Nicolosi 1,370 m. q., Magliano 315 m. q., Malfa 285 m. q.; primo trattamento bis da Grazia Caristi vedova Mangano m. q. 330 ; di secondo trattamento dal Conte Gae- tani 314 m. q. Tagliò e bruciò da Lisciotto Francesco m. q. 140 ; De Stefano 104 m. q. ; Nicolosi 1,320 m. q.; Magliano 315 m. q.; Malfa m. q. 165. La seconda, squadra composta di 66 operai, esplorò m. q. 86,500 nel versante sinistro del torrente Bordonaro nelle contrade Marino e Loreto. La terza squadra, composta di 64 operai, esplorò m. q. 56,000 nella regione Cammaro, nelle con- trade Spadafora e Verginelle. La quarta squadra, composta di 65 operai, esplorò m. q. 99,500 nelle regioni Santo e San Clemente — 439 — nelle contrade: Casa delle Api, San Cosmo, Cordaro. Quattro operai con a capo un delegato attesero alla verifica del risultato della cam- pagna. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 242,000 senza rinvenire infezione. 29 ottobre. — Lavorarono 247 operai divisi in quattro squadre. La prima squadra d' iniettatori composta di 28 operai (9 iniettatori, 9 turatori, 6 perforatori, 2 caporali, 2 port'acqua e solfuro, iniettò di quarto trattamento, da Vincignerra m. q. 2,050; Lisciotto m. q. 125; Gesira 1,340 m. q. Arduino 193 m. q.; di quinto trattamento da Murat 120 m. q.; Fileti 85 m. q.; da Guarnera di sesto trattamento m. q. 640. La seconda squadra, composta di 70 operai, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 103,000 nelle contrade Loreto e Bonsignore. La terza squa- dra, composta di 66 operai esplorò nel versante sinistro del tor- rente Cammaro m. q. 56,900 nelle contrade Colle dei Cammari, Ceminna, Macerari, Sollima e nella contrada Zaffarla nella vigna del senatore Cianciafara. La quarta squadra esplorò m. q. 126,210 nella regione Commaro inferiore e torrente Zaera, essendo composta di 79 operai, esplorò nelle contrade: Pietrazza, S. Barbara, S. Bar- tolomeo, S. Erasmo. Tutte le squadre esplorarono complessiva- mente 286,110 m. q., senza rinvenire infezione. Quattro operai con a capo un delegato attesero alla verifica del risultato della campagna. 30 ottobre. — Lavorarono 255 operai divisi in quattro squadre. La prima squadra d' iniettatori, composta di 25 operai (8 iniet- tatori, 8 turatori, 5 perforatori, 2 caporali, 2 por t'acqua e solfuro) iniettò di primo trattamento da Lisciotto Antonino m. q. 12; Piz- zimenti Pasquale 158. Di secondo trattamento da Fumia m. q. 572. Di quarto trattamento da Alibrandi m. q. 50 ; Gangemi 357. Di quinto trattamento da Grillo m. q. 612. Questa squadra lavorò per metà giornata. La seconda squadra composta di 81 operai esplorò nella regione Gazzi m. q. 79,100 nelle contrade Gazzi e Bagno. La terza squadra, composta di 69 operai, di cui 2 acquaioli esplorò m. q. 49,000 nella regione Cammaro, nelle contrade Mulini, Babbano, Costa d'Adamo e Piano Barone. La quarta squadra — 440 — di 76 operai esplorò nelle regioni Cammaro superiore ed inferiore, San Clemente e Bordonaro m. q. 124,518 nelle contrade Santa Barbara, Pietrazza, Croce, Monte Santo, Perara, Sant’Anna, Arco. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 252,618 senza rinvenire infezione. Un delegato con 4 operai attese alla verifica del risultato della campagna. 31 ottobre. — Domenica si fecero i pagamenti. Nella notte pre- cedente fuvvi pioggia dirotta. Lavorarono 14 operai, costituenti una squadra iniettante (6 iniettori, 6 turatori, 1 caporale, un port’acqua e solfuro) che iniettò, lavorando per mezza giornata, di sesto trattamento da Viola m. q. 2,047 ; Musolino 1,680 m. q. ; Rizzotti m. q. 155. 1 novembre. — A causa dalla pioggia, caduta nelle ore pom. di ieri, durata fino alle 2 ant. di questo giorno, impossibilitato lavoro* 2 novembre. — A causa della pioggia dirotta caduta ieri, è impossibile il proseguimento dei lavori. 3 novembre , — Bellissima giornata, ventilata, ma impossibile lavoro per aspettare il prosciugamento del terreno. Soltanto 3 operai con a capo un Delegato esplorarono 141 pergole in città. 4 novembre. — Lavorarono 252 operai divisi in 4 squadre* Prima squadra iniettatori composta di 23 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 2 caporali, 2 port’acqua e solfuro, 5 perforatori) iniettò di secondo trattamento da Pugliatti m. q. 3,000; La Corte metri quadrati 923: di terzo trattamento da Caratozzolo m. q. 5,148. La seconda squadra composta di 81 operai esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro 135,500 m. q. nelle contrade: San Domenico, Mazzetti, Signorelli, Chianca, Arco. La terza squadra, composta di 68 operai, esplorò nella regione Colle dei Cammari m. q. 48,600 nelle contrade Banano, Bagliaro e Madonnina* La quarta squadra, composta di 73 operai, esplorò nella regione Cammaro superiore m. q. 104,500 nelle contrade Faraone e Sant’Anna. Tutte le squadre esplorarono complessivamente metri quadrati 288,000 e 267 pergole in varie strade della Città, senza rinvenire infezione. Un Delegato con 4 operai attese alla verifica del risultato della campagna. — 441 — 5 novembre. — Lavorarono 280 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’iniettatori, composta di 24 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 6 perforatori, 2 caporali, 2 portaacqua e solfuro) iniettò di secondo trattamento da Magliano m. q. 315 ; da Malfa metri quadrati 285 ; Nicolosi m. q. 1,370 ; De Stefano m. q. 104 ; Lau- dando m. q. 1,150; Caristi m. q. 330; Furfari m. q. 342; Li- sciotto Francesco m. q. 140 ; Lisciotto Antonino m. q. 12 ; Piz- zimenti Pasquale m. q. 158; di terzo trattamento da De Gaetani m. q. 314; di sesto trattamento da Grillo m. q. 612. La seconda squadra, composta di 93 operai, esplorò m. q. 138,600 nel versante sinistro del torrente Bordonaro nelle contrade: Naseri, Buccerotto, Armaleo, Arco, Maratti, Badia e S. Pantaleo. La terza squadra composta di 72 operai, esplorò m. q. 72,700 nei colli dei Cammari nelle contrade Palmenti, Cannavazzo, Santa Maria e Ceserà. La quarta squadra, composta di 86 operai, esplorò m. q. 11,800 nella regione Cammaro superiore nelle contrade Faraone e Sant’Anna c 177 pergole in città. 5 operai con a capo un Delegato attesero alla verifica del risultato della campagna. Tutte le squadre esplo- rarono complessivamente m. q. 309,300 senza rinvenire infezione. 6 novembre. — Lavorarono 288 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’iniettatori, composta di 23 operai (8 iniettatori, 8 turatori, 3 perforatori, 2 caporali, 2 port’acqua e solfuro) iniettò di terzo trattamento da Fumia m. q. 573; di quinto trattamento da Gesira m. q. 1340; Arduino m. q. 193; Lisciotto Francesco m. q. 125; Vinciguerra m. q. 2,050; Gangemi m. q. 357; Ali- brandi m. q. 50; di sesto trattamento da Fileti m. q. 87 ; Murat m. q. 120 ; Rizzotti m. q. 155. La seconda squadra, composta di 96 operai, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 145,000 nelle contrade S. Pantaleo, Montagna, Livitello, Pantano, Torre. La terza squadra, composta di 82 operai, esplorò m. q. 65,000 nelle contrade Gesira, Feudo, Canetto, Focarozza. La quarta squadra, composta di 79 operai, esplorò nella regione Cammaro superiore m. q. 72,034 nelle contrade Nobile, Fontana. Esplorò purancbe 489 pergole in città. Tutte le squadre esplo- rarono complessivamente m. q. 282,034, senza rinvenire infezione. — 442 — Piccioli con 5 operai attese alla verifica del risultato della cam- pagna. Giunti i signori commendatori Dottore Nicola Miraglia, Direttore deir Agricoltura, e Professore Adolfo Targioni-Tozzetti, Direttore della R. Stazione Entomologica di Firenze. In questo stesso giorno visitarono parte dei campi fillosserati. 7 novembre. — Domenica si fecero i pagamenti. I signori Di- rettore Miraglia e Prof. Targioni hanno- visitato l’altra parte dei campi fillosserati. La sera partono per Catania diretti a Riesi. 8 novembre. — Lavorarono 324 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’iniettatori, composta di 23 operai (8 iniettatori, 8 turatori, 3 perforatori, 2 caporali, 2 port’acqua e solfuro), iniettò di terzo trattamento da Pugliatti m. q. 3,000 ; La Corte metri quadrati 923; di sesto trattamento da Musolino m. q. 1,680; Viola m. q. 2,097. La seconda squadra, composta di 126 operai, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 185,500 nelle contrade Torre, Imbriacosa, Canaletto, Lavigga. La terza squadra, composta di 86 operai, esplorò nella regione Colle dei Cammari 81,100 m. q. nelle contrade Bologna e Castagneto. La quarta squadra, composta di 89 operai, esplorò nella regione Cam- maro superiore m. q. 108,000 nelle contrade Piano, Spadone, Aria. 9 novembre. — Lavorarono 341 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’iniettatori, composta di 22 operai (7 iniettatori, 7 turatori, 2 caporali, 2 port’acqua e solfuro, 4 perforatori) iniettò di terzo trattamento da Magliano m. q. 315 ; Malfa m. q. 285 ; Nicolosi 1,370; De Stefano m. q. 104; Laudamo m. q. 1,150; Caristi 330; Furfari m. q. 542; Lisciotto Francesco m. q. 140; Lisciotto Antonino m. q. 12; di quarto trattamento da Carataz- zolo m. q. 722. La seconda squadra composta, di 114 operai, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 155,050 nelle contrade : Ballerina, Lavigga e Badia. La terza squadra, composta di 90 operai, esplorò nei colli dei Caulinari m. q. 80,400 nelle contrade Castagnolo e Gerica. La quarta squadra, composta di 111 operai, esplorò m. q. 136,700 nella regione Cammaro supe- riore, nelle contrade Ferri, Aria, Petriera, Piano, Pianazzo. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 372,150 senza — 443 — rinvenire infezione. Un Delegato con 7 operai attese alla verifica del risultato della campagna. Partito il Prof. Simonetti, Direttore della Colonia agraria di Caltagirone, con 7 alunni della me- desima. 10 novembre. — Lavorarono 340 operai divisi in quattro squa- dre. La prima squadra di iniettatori, composta di 24 operai (8 si- ringhe, 8 turatori, 2 caporali, 2 port’acqua e solfuro, 4 perfora- tori) iniettò di terzo trattamento da Pizzimenti Pasquale metri quadrati 158* di sesto trattamento da Gesira m. q. 1,340 ; Ar- duino 143; Lisciotto F. 125; Vinciguerra 2,050; Gangemi 357 ; Alibrandi 50 m. q. La seconda squadra, composta di 114 operai, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 141,320 e 409 pergole in città. La parte esplorata è situata nelle con- trade Torretta, Piano Grande, San Pantaleo. La terza squadra, composta di 89 operai, esplorò nei colli dei Cammari m. q. 103,500 nelle contrade : Castello dell’ Orso e Badia. La quarta squadra composta di 109 operai esplorò nella regione Cammaro superiore e Casalotto m. q. 124,100 nelle contrade Rovere, Pietrazza. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 369,329, senza rinvenire infrazione. Un delegato con 4 operai attese alla verifica del risultato della campagna. / 1 novembre. — Lavorarono 929 operai divisi in quattro squa- dre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 25 operai (5 iniettatori, 5 taratori, 2 port’acqua e solfuro, 2 caporali, 11 fra perforatori e tagliatori) lavorando per tre quarti di giornata tagliò e bruciò da Di Pietro m. q. 584; Perrone 457 ; Galbo 380; iniettò di primo teattamento da Perrone m. q. 457; Di Pietro 584; Galbo 380 ; di quarto trattamento dal conte De Gaetani 80 m. q. di quinto trattamento da Caratazzolo m. q. 722. La seconda squa- dra composta di 114 operai, esplorò nel versante sinistro del tor- rente Bordonaro e Cumia m. q. 122,900 e 100 pergole in città. Esplorò nelle contrade San Pantaleo, Annunziata, Rizzina e Ca- stellacelo. La terza squadra, composta di 89 operai esplorò, nella regione Colli dei Cammari m. q. 59,100 nelle contrade S. Nicolò, Muschitto, Portella, Banano. La quarta squadra, composta di 111 — 444 — operai, esplorò nella regione Casalotto dei Cammari e nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 120,300 nelle contrade Moda, Morso e Sparta. Tutte le squadre esplorarono complessivamente 302,400 m. q., senza rinvenire infezione. 12 novembre. — Lavorarono 334 operai costituenti quattro squadre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 18 operai (3 iniettatori, 3 turatori, 8 perforatori, 2 port’ acqua e solfuro, 2 caporali) iniettò di quarto trattamento da Magliano m. q. 55 ; Nicolosi m. q. 225; Pugliatti 195; la Corte 92; Laudamo 527; Caristi 188; Furfari 326. La seconda squadra, composta di 116 ope- rai, esplorò nel versante sinistro del torrente Cumia m. q. 112,225 e 191 pergole in città; esplorò nelle contrade: Oinquegrana, Spa- daco. La terza squadra, composta di 87 operai esplorò, nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 94,400 nelle contrade Cazzi, Zafferena, Contesse e Zoliari. La quarta squadra, composta di 108 operai esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro in. q. 63,000 nella contrada Morso. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 269,625, senza rinvenire infezione. Un delegato con 5 operai attese alla verifica del risultato della cam- pagna. Qualcuna delle squadre fu sopraggiunta dalla pioggia fin dalle quattro pomeridiane, le altre alle cinque pomeridiane. 13 novembre. — A causa della pioggia, sopraggiunta nelle ore antimeridiane, e che durò poi tutto il giorno, una sola delle squadre esploratrici misurò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 8,509 nelle contrade Cazzi e Condussi; questa squadra era composta di 63 operai e lavorò fino alle 8 antimeridiane. 14 novembre. — Domenica, eseguiti i pagamenti agli operai. 15 novembre. — A causa della pioggia caduta il giorno 13, lavorò soltanto una squadra iniettante composta di 11 operai (dei quali 3 iniettatori, 3 otturatori, 1 caporale, 1 port’ acqua e sol- furo, 3 perforatori), che iniettò di secondo trattamento da Per- rone m. q. 457 ; Di Pietro 584; Calbo 380; di quinto trattamento dal Conte Caetani m. q. 50. Di sesto trattamento da Caratozzolo m. q. 722. — 445 — 16 novembre. — Lavorarono 298 operai costituenti quattro squadre. La prima squadra d’ iniettatori, composta di 11 operai (3 iniettatori, 3 turatori, 3 perforatori, 1 caporale, un por t’acqua e solfuro) iniettò di quinto trattamento da Magliano m. q. 55; Pugliatti 195; Nicolosi 225; La Corte 92; Laudamo 527; Ca- risti 188 ; Furfari 31G. La seconda squadra, composta di 108 operai, esplorò m. q. 122,000 nel versante sinistro del torrente Cumia e 439 pergole da Salvatore dei Greci al torrente Guardia ; esplorò nelle contrade Mastro Iacopo, Serro, Locovansi e Mulinazzo. La terza squadra, composta di 83 operai, esplorò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 89,300 nelle contrade Contes, Fucile Minestraro. La quarta squadra, composta di 98 operai,, esplorò nel versante sinistro del torrente Bordonaro m. q. 94,000 nella con- trada Foresta; 8 operai con a capo un delegato attesero alla ve- rifica del risultato della campagna. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 305,739, senza rinvenire infezione. 17 novembre . — Lavorarono 310 operai costituenti 3 squadre esploratrici. La prima squadra, composta di 117 operai, esplorò 116,500 m. q. nel versante sinistro del torrente Cumia eli pergole in città; esplorò nelle contrade Mulinazzo, Peraino, Mezzanama, Rovere, Bottone. La seconda squadra, composta di 82 operai, esplorò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 80,000 nelle •contradeSanto ed Acetana. La terza squadra, composta di 104 operai, esplorò m. q. 122,000 nel versante sinistro del torrente Bordonaro nella contrada Salice. Tutte le squadre esplorarono complessiva- mente m. q. 318,611, senza rinvenire infezione. Un delegato con 7 operai attese alla verifica del risultato della campagna. 18 novembre. — Lavorarono 230 operai costituenti quattro squadre. La prima squadra di iniettatori, composta di 11 operai (3 iniettatori, 3 turatori, 3 perforatori, 1 caporale, 1 port’acqua e solfuro) iniettò di terzo trattamento da Perrone m. q. 457 ; da Di Pietro 584; Galbo 380. Di sesto trattamento da De Gaetani m. q. 50. La seconda squadra, composta di 126, operai, esplorò m. quadrati 95,000 nel versante sinistro del torrente Cumia e 196 per- gole in città; esplorò nelle contrade: Morabito, Marino, Macca- — 44 G — rone, Chiuppazzo. La terza squadra, composta di 83 operai, esplorò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 76,000 nelle contrade Acetana e San Giovanni. La quarta squadra, composta di 102 operai, esplorò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 105,000 nelle contrade: Mazzuddo e Portone. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 276,196, senza rin- venire infezione. Un delegato con 8 operai seguitò la verifica del risultato della campagna. 19 novembre. — Lavorarono 329 operai divisi in 4 squadre. La prima squadra d’iniettatori, composta di 11 operai (3 iniet- tatori, 3 turatori, 3 perforatori, 1 caporale, 1 portaacqua e sol- furo) iniettò di sesto trattamento da Magliano m. q. 55; Pu- gliatti m. q. 195; Nicolosi m. q. 225; La Corte m. q. 92; Lau- damo ni. q. 527; Caristi m. q. 188; Furfari m. q. 316; la seconda squadra, composta di 125 operai, esplorò m. q. 112,000 nel versante sinistro del torrente Cumia e 232 pergole in città; esplorò nelle contrade Manterazza, Fraccuca, Chiuppazzo, Ac- qualattara e Mammirazza. La terza squadra, composta di 86 operai, esplorò m. q. 88,500 nel versante destro del torrente Cumia, nelle contrade S. Giovanni e Monte Vergine. La quarta squadra, composta di 102 operai, esplorò m. q. 130,000 nel versante destro del torrente Bordonaro,, nelle contrade Cacalupo, Cuba, S. Giu- seppe e Cortone. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 310,732, senza rinvenire infezione. Un delegato con sette operai seguitò la verifica del risultato della campagna. 20 novembre. — Lavorarono 310 operai divisi in 3 squadre. La prima squadra, composta di 125 operai, esplorò m. q. 115,500 nel versante destro del torrente Cumia e 179 pergole in città; esplorò nelle contrade Fraccuca e Sacco. La seconda squadra di 84 operai esplorò nel versante destro del torrente Cumia m. q. 85,500 nelle contrade Concetta e Spara. La terza squadra, composta di 101 operai, esplorò m. q. 124,000 nel versante destro del torrente Bordonaro; nelle contrade Fava, Maiolino, S. Nicola, Ianco, Casalotto. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 325,179 senza rinvenire infezione. — 447 — Un delegato con 8 operai seguitò la verifica del risultato della campagna. Altro delegato con 1 operaio eseguì il quarto trattamento da Perrone su pochi m. q. 21 novembre. — Domenica si eseguirono i pagamenti agli operai. 22 novembre. — Lavorarono 305 operai divisi in 3 squadre fino ad 1 ora pom. La prima squadra composta di 125 operai esplorò m. q. 65,000 nel versante destro del torrente Cumia e 1,300 m. q. nella contrada Mosella; esplorò nelle contrade Ma- sitto e Sacco. La seconda squadra esplorò nel versante destro del torrente Cumia m. q. 58,200 essendo composta di 79 operai. Esplorò nella contrada Spara, Piano, Spuzzo, Convitto. La terza squadra, composta di 101 operai, esplorò nel versante destro del torrente Bordonaro m. q. 57,000 nella contrada Immacolata. Tutte le squadre esplorarono complessivamente m. q. 181500 senza rinvenire infezione. Ad un’ora ed un quarto sopraggiunse una pioggia torrenziale disastrosa, che durò senza interruzione fino alle 5 e mezza pom. Delegati ed operai si ritirarono dai luoghi dell’esplorazione senza non gravi pericoli. Essendo il ter* reno eccessivamente inzuppato di acqua da durare in questo stato per molto tempo, le esplorazioni ebbero termine in questo giorno. 23 novembre. — Non fu eseguito nessun lavoro a causa della pioggia del giorno 22. 24 novembre . — Un delegato con 4 operai esplorò 242 pergole in città. 25 novembre. — Un delegato con 4 operai esplorò 523 per- gole in città, e 450 viti in un giardino parimenti di città. Furono misurate gran parte delle macie per fare il preventivo dei lavori invernali. 26 novembre. — Un delegato con 7 operai esplorò 4700 viti in un giardino di città. Con questo giorno ogni esplorazione ebbe termine. N. B. Nella compilazione di questo diario furono omessi i nomi dei pro- prietari, nei cui fondi vennero eseguite le esplorazioni, sicché il medesimo deve essere considerato come un estratto di quello esistente presso la De- legazione Speciale. CENTRI FILLOSSERATI NELLA , PROVINCIA DI C A L T ANISSETTA Scoperta della fillossera — Estensione del male Storia dell’ infezione. § 1. — Il 2 marzo del corrente anno mi venivano presentate a Palermo; nel mio laboratorio alla Stazione agraria sperimentale; alcuni pezzi di radici di vite, sulle quali si sospettava resistenza della fillossera. Dopo ricerche infruttuose sopra alcune di quelle radici, forse perchè deperite e disseccate durante il viaggio, mi riuscì di trovare alcuni individui del malefico insetto sopra altro campione delle dette radici, fattomi pervenire espressamente. Ne feci subito alcune preparazioni che, unitamente ad un pezzo di radice, spedii, colle debite cautele, al professore A. Targioni- Tozzetti a Firenze ; nel tempo stesso telegrafavo a S. E. il Ministro d’agricoltura ed al Prefetto di Caltanissetta, dando avviso del- P accaduto. Quelle radici provenivano da Riesi, e propriamente dalla regione Due Palmenti , ove è proprietario del vigneto infetto lo stesso Gio- vanni Calamita, che me le aveva portate ad esaminare a Palermo. Questo proprietario si era già altra volta messo in sospetto circa la possibile presenza della fillossera nel suo vigneto, a causa del deperimento notevole che egli andava osservando in molte viti. Nel maggio 1879, dietro denunzia fatta dal suddetto proprietarie — 450 — al Prefetto della provincia, venivo invitato dal Ministero d’ agri- coltura a fare un’ispezione in quel vigneto. Per quante ricerche abbia fatte, non riuscii a trovare nè rigonfiamenti, nè insetto qualsiasi, e perciò non potei dichiarare che si trattasse di fillos- sera, e credetti quel deperimento dipendente dalla natura troppo compatta del suolo (1). Questo risultato negativo, che servì ripe- tutamente di appiglio agli oppositori dell’opera del Governo per attaccare la persona del Delegato speciale, e che destò in tutti, come in me stesso, una grande impressione, trovò la sua ragione in una serie di fatti e di osservazioni sulla natura dell’infezione fillosserica in quelle contrade, di cui dovrò in appresso intratte- nermi. Basti qui il dire che, nel corso di tutti i lavori d’esplorazione eseguiti dal marzo al novembre, ripetutamente nelle varie sta- gioni, non solo a me, ma ad altri delegati mandati in mio aiuto, questo stesso fatto di non trovare oggi fillossere, e di tro- varle invece dopo qualche giorno, o dopo qualche mese, si andò verificando (vedi paragrafo 8). Basti il dire che si trovarono in molti luoghi, e per estensioni considerevoli, viti deperite, con tutti i caratteri esterni della fil- lossera, senza potervi trovare traccia d’ insetti sulle radici, ed effettivamente deperite per cagione del suolo ; che anche in mezzo ai focolari fillosserici più antichi, si trovarono viti affatto immuni dallo insetto; che la fillossera, in certe stagioni specialmente, si trovò, di preferenza, negli strati più profondi e remoti del terreno, mentre, in altre, abbondava in quello strato d’ordinario esplorato allorché si fanno le ricerche; che infine sulle viti più belle e produttive, molto lungi dai focolari principali, ove nessuno mai avrebbe potuto sospettare la presenza di questo malanno, si tro- varono radici oltremodo cariche d’insetti (vedi paragrafo 6). Questi fatti, che svilupperò meglio in seguito, erano sconosciuti nel maggio 1879, e furono per noi di grande ammaestramento pel (1) Oltre ciò, nessun deperimento di grande rilievo era mai stato lamentato dai proprietari circonvicini, o lontani, di quella regione. — 451 — modo con cui condurre le esplorazioni. Il tempo, giudice impar- ziale e sincero, ha dato ragione dell’accaduto (1). In seguito a quanto accadeva il 2 marzo a Palermo, venivo immediatamente incaricato da S. E. il Ministro d’agricoltura di fare ricerche di solfuro di carbonio, e di recarmi poscia subito a Riesi per esercitarvi le funzioni di Delegato speciale, come da decreto del 6 marzo. Passando per Caltanissetta, mi presentai al signor Prefetto comm. Quintino Movizzo, che immediatamente partiva per Riesi in unione al presidente della Commissione ampelografica, cavaliere Giuseppe Mancuso-Lima, ed al presidente del Comizio agrario comm. Correnti. § 2. — Il giorno 7 marzo, alla presenza dei suddetti signori, dei sindaco locale, cav. P. D’Antona, e di molti proprietari in- tervenuti, si constatava sul luogo la fillossera nel vigneto Ca- lamita. Date le opportune disposizioni dalle autorità locali per la sorveglianza della plaga infetta, da quel giorno cominciarono le operazioni di ricerca nelle proprietà vicine. La zona infetta andò rapidamente estendendosi, fino a raggiungere, verso la metà di aprile, la superficie di ettari 10 circa. Si trovò sempre fillossera, tanto sulle viti deperite, come su quelle in floridissimo stato, e la difficoltà, che presentava la scoperta delie ultime infezioni, lasciava sperare che tutto fosse presto terminato. Ma così non fu ; sul finire dello stesso mese si trovava altro centro importante nella proprietà Rizzo; e, dopo d’ allora, altri centri si trovarono, fino a che, colle più minute ricerche nei dintorni, ci siamo persuasi che la zona principale poteva ritenersi determinata. Ciò avve- niva in agosto, raggiungendo una superficie totale infetta di et- tari 19,10. (1) Anclie in Francia è ripetutamente accaduto a Marion, a Catta, e ad altri distintissimi ricercatori della fillossera, come in Svizzera a Roulet, di non trovare l’insetto in luoghi anche molto colpiti, mentre invece esso vi esisteva. Si volle cercare la ragione di ciò in nuovi fenomeni biologici della fillossera, ma per ora nulla havvi di positivo. — 452 — La scoperta successiva dei vari centri, l’ordine in cui avvenne, la superfìcie di ogni singola proprietà infetta, e la data della scoperta, tutto è indicato dettagliatamente nell’Allegato A. I dati riflettenti il numero delle viti distrutte, tanto nella zona infetta come nella zona di sicurezza, vennero ricavati dalle singole perizie dei danni arrecati. In quanto alla rispettiva disposizione delle località infette, troppo lungo sarebbe il volerne dare un’ idea a parole, e forse non si riuscirebbe a chiarire giustamente la cosa. Basta invece consultare la qui unita Tavola I per comprendere subito di che si tratta. Le singole proprietà sono numerizzate, ed i numeri della pianta topografica corrispondono a quelli della prima colonna dell’Al- legato A, ove sono raccolti tutti gli altri dati. La superfìcie delle zone infette, delle zone di sicurezza sono segnate nelle tavole con colori diversi. Nelle zone infette osservansi qua e là stellette in rosso carico; queste rappresentano quei pochi punti, ove si os- servò qualche gruppo di viti in istato di deperimento per causa della fillossera; sono piccoli gruppi di 20 a 50 viti non di più. In tutto il rimanente della zona infetta, le viti nulla presentavano di eccezionale allo esterno, tutte erano in florido stato, ed all’epoca della vendemmia cariche di frutto, come nelle loro normali con- dizioni, non ostante l’infezione fìllosserica. In planimetria la distanza fra quei punti maggiormente infetti varia da 150 a 400 metri all’incirca, e sarebbero distanze queste di poco rilievo circa lo sviluppo preso dall’ infezione, se si trat- tasse di una estensione di vigne in piano e continua. Ma qui invece siamo in collina; la strada mulattiera, che attraversa quasi nel centro la zona, passa sulla parte più alta, e l’infezione trovasi disseminata in parte sul versante nord, in parte sul versante sud-est della collina, per cui la comunicazione fra un centro e l’altro diventa molto diffìcile. Ad aumentare questa difficoltà, si deve aggiungere 1’ esistenza di appezzamenti non coltivati a vigna, qua e là intercalati. — 469 — infetto, sempre si praticò di far ripetere la esplorazione pochi giorni dopo, e qualche volta si esplorò anche una terza volta, quando i sospetti erano maggiori. Con tutto questo è tanto vero quanto dissi dianzi che si veri- ficarono i seguenti fatti : Il 10 marzo si esplorano i vigneti Fasulo (N. 9), Turco (N. 10) ed una frazione di quello Di-Benedetto (N. 4), senza trovare infe- zione. Il 16 marzo invece trovansi infetti. Il 4 aprile si esplorano le proprietà Rizzo (N. 21) e Golisano (N. 24), che erano allora sui limiti della zona infetta; se ne vi- sita quella porzione che confina colla zona stessa, e non si trova fillossera. Il 24 aprile ed il 19 maggio si riconoscono infette queste due proprietà non solo, ma si trovano a pochi metri dai punti, ch’erano stati esplorati prima, due centri gravissimi ed im- portantissimi, con viti deperite. Questo deperimento non poteva apparire alFocchio del delegato il 4 aprile, perchè allora le viti cominciavano appena a germogliare, e nel vigneto Golisano le viti deperite erano state distrutte dal proprietario. D’altronde in quei due vigneti esistevano molte viti deperite, ma senza fillossera. Il 7 aprile si esplorano, con risultato negativo, i vigneti Di Le- tizia (N. 36), Quattrocchi (N. 35) e Nocilla (N. 38). Il 10 giugno si trova nei due primi una infezione sparpaglia- tissima, ed il 14 si trova un ceppo solo infetto nel terzo; circo- stanze queste che spiegano come la prima ispezione sia riuscita infruttuosa. Il 21 aprile si va ad esplorare la proprietà N. Scibetta a Ca- preria, e non si trova fillossera, mentre il 27 ottobre la squadra degli esploratori, passando per quella regione, vi scopre due ceppi infetti. Il 18 aprile si determina la zona infetta e di sicurezza del vigneto di Rocco Paterna (N. 19). Pochi giorni dopo, al momento di cominciare la cura in quella di sicurezza, si ripete Fesplora- zione, e vi si incontrano vari ceppi fillosserati, tantoché si dovette estendere la distruzione. 30 — 470 — Finalmente nei vigneti Cortese e La Marca (N. 25 e 26), il 21 maggio si fanno le esplorazioni le più. minute per la deter- minazione delle zone infette e di sicurezza. Il 1° novembre si trova in queste ultime qualche traccia di fillossera. Tutti questi fatti, accaduti non ad un solo, ma a diversi osser- vatori, ed in epoche così differenti, dimostrano che le esplorazioni presentano difficoltà speciali, generalmente non considerate, le quali forse avranno rapporto con qualche sconosciuto fenomeno biologico delFinsetto. § 9. — In quanto al personale impiegato nelle esplorazioni, fin dai primi giorni di marzo, appena giunto in Riesi, ho cercato di for- marmelo, procurando di istruire anche gli stessi operai nella ricerca delFinsetto, onde servirmene poi per formare delle squadre. Con questo sistema procedei per un mese circa, ed anzi si era stabi- lito un piccolo premio a quegli operai, od a chiunque anche estraneo ai nostri lavori, che avessero scoperta in qualche punto la fillossera. Però mi trovai subito di fronte- ad un grave incon- veniente. I proprietari, allarmati dalla distruzione dei vigneti che vedevano man mano scomparire, e nella falsa credenza- che il trovare o no la fillossera dipendesse dagli operai zappatori, e non dal delegato incaricato delF esame delle radici, davano invece agli stessi nostri uomini una mancia ben maggiore perchè non dichiarassero Finfezione. Vissero in questa credenza per qualche settimana, lasciandosi gabbare dagli operai, ma quando videro che la fillossera si andava scoprendo del pari anche in quelle pro- prietà, per le quali si era pagata la mancia, compresero d’essere stati vittima d’un vero scrocco; le lagnanze ed i reclami viva- mente sorsero d’ogni lato, e la massima parte della popolazione, che ignorava tale stato di cose, eccessivamente allarmata, implorava un pronto provvedimento. Mio primo pensiero fu quello di sotto- porre a processo gli autori di un atto tanto vergognoso, ma mi trovai di fronte la grave difficoltà di trovare le testimonianze; poiché gli stessi proprietari scroccati, o per tema di andar incontro a qualche vendetta privata, o per vergogna d’essere stati gabbati, non avrebbero più avuto il coraggio di dichiarare ogni cosa all’au- — 471 — torità competente. Perciò, per consiglio stesso del sindaco, e delle persone meglio pratiche del paese, dovetti escludere assolutamente gli operai dalle esplorazioni, e servirmi invece dei soli alunni della Colonia agricola di Caltagirone, che proseguirono in questo lavoro fino alla metà di novembre, lavorando ad un tempo e come scal- zatori e come esaminatori di radici. Così si tranquillizzò il paese. Avrei passato sopra questo doloroso particolare, se non vi fossi stato costretto dal bisogno di far cono- scere il perchè non si è potuto subito organizzare le squadre esplo- ratrici, come si è fatto negli altri centri infetti, e perchè ancora bisogna che siano note le ragioni per cui il lavoro d’esplora- zione non potè essere fatto subito con quella rapidità che si po- teva desiderare. Gli alunni di Caltagirone variavano in numero di 8 a 12, alter- nandosi tratto tratto coi loro compagni rimasti alla Colonia. Riu- niti in una sola squadra, o divisi in due, sorvegliati da uno o da due delegati, eseguirono le esplorazioni, facendo ad un tempo e da zappatori e da esploratori, dalla metà di aprile al 21 set- tembre, epoca nella quale, essendo calmate completamente le opposizioni dei proprietari (1), ed essendo disponibile molto per- sonale pratico, perchè terminato il forte del lavoro delle iniezioni, si poterono organizzare le squadriglie nel modo seguente: Ogni squadriglia venne composta di tre uomini, due scalzatori ed un esaminatore pratico della fillossera. Gli allievi della Co- lonia furono dispensati dal maneggio della zappa, ed incaricati di esaminare le radici. Poscia vennero man mano aggiunti a questo servizio altri operai, in modo da formare da 40 fino a 60 squadriglie. Per ogni 20 di queste venne nominato un capo squadra, (1) Le opposizioni dei proprietari provenivano anzitutto dal timore di non essere indennizzati equamente, e da questo lato si calmarono q.uando, nei primi di luglio, fu loro distribuito un primo acconto. D’altra parte li spaventava l’idea dei danni che, volontariamente od involontariamente, molti operai sparsi per i vigneti, coll’uva quasi matura, avrebbero prodotti. Col 21 settembre le vendemmie erano pressoché ultimate ; inoltre, prima di tale epoca, il lavoro d’ iniezione non mi permetteva di disporre . d’ un personale sufficiente per formare le' squadriglie. — 472 — e tutto questo complesso di circa 60 uomini formava il personale affidato alla direzione di uno dei delegati addetti alle esplora- zioni. Più di due delegati non si poterono mai destinare a questo servizio, vale a dire due squadre composte al massimo di 40 scalzatori e di 20 esaminatori ciascuna. Non è possibile che un solo delegato possa sorvegliare un personale maggiore. L’istrumento adoperato è la solita zappa, munita da un lato di bidente, come già dissi. Molte di dette zappe si dovettero costrurre in paese, poiché quelle giunte dal continente erano troppo deboli per le terre compatte di Riesi, e si rompevano facilmente. § 10. — Per quanto riflette la quantità di lavoro fatto per giorno dagli esploratori, non si potè tenerne conto dettagliato nei primi mesi, perchè gli stessi alunni di Caltagirone, ed i de- legati che li sorvegliavano, dovevano spesso essere richiamati al servizio delle iniezioni, e l’esplorazione subiva frequenti interru- zioni. Oltre ciò, nei mesi più caldi di luglio ed agosto, solo nelle prime ore del mattino, e nelle ultime della sera, questo, come tutti gli altri lavori, era possibile. Il caldo eccessivo di alcune ore del giorno (da 38° a 41° cent, all’ombra), specialmente in certi punti bassi e riparati dai venti, rendeva pericoloso l’osti- narsi ad un lavoro quasi sedentario, com’è quello delle esplo- razioni. Fino al 17 agosto continuarono le ricerche minute nei dintorni della zona infetta principale, onde conoscere il limite ove il male poteva giungere. Da tale epoca in poi si cominciarono le esplo- razioni nelle varie regioni viticole del territorio di Riesi, come è indicato dalla seguente tabella, e, ciò fatto, l’ispezione venne diretta nei vigneti posseduti da riesani nei territori confinanti di Mazzarino e di Butera. — 473 DATA REGIONE Numero di esaminatori Numero di scalzatori Superficie esplorata Numero di ceppi infetti OSSERVAZIONI ettari are 17-18 Agosto 1880 Figotto 10 10 5 25 Dal 17 agosto al 20 settembre l’esplorazione 19 id. id. 10 10 2 28 8 fu fatta dai soli alunni di Caltagirone in nume- 20-21 id. id. 10 10 5 91 ro di 12 funzionanti, ad un tempo, da scalzatori 23-27 id. id. 10 10 13 54 e da esaminatori. 28 id. id. 10 10 3 04 3 30-31 id. id. 10 10 5 ••••.. 1 1-11 Settembre id. 10 10 28 29 5 -18 id. id. 10 10 10 66 21 id. id. 7 14 3 85 2 22 id. id. 14 28. 4 86 23 id. id. 14 28 5 53 24 id. id. 14 28 8 03 25 id. id. 14 28 8 27 id.- id. 22 44 12 70 29 id. id. 18 36 13 •30 id. id. 32 64 22 75 1 Ottobre id. 32 64 23 50 17 2 id. id. 39 78 30 50 4 id. id. 39 78 29 2 6 id. id. 39 78 25 5 fi id. id. 39 78 28 7 id. id. 39 78 35 s id. Castellazzo 39 78 29 50 2 9 id. id. 39 78 26 135 11 id. id. 39 78 25 24 12 id. id. 39 78 26 13 id. id. 39 78 28 14 id. id. 39 78 15 A causa del tempo cat- tivo si lavora mezza 15 id. id. 39 78 26 50 6 giornata. 16 id. id. 39 78 27 - A riportare 526 69 205 474 DATA REGIONE Numero di esaminatori Numero di scalzatori 1 diporto 18 Ottobre 1880 Castellazzo 39 78 19 id id. 39 78 21 id. Montagna 39 78 22 id. Passo- Lettiga 39 78 23 id. id. 39 78 25 id. Calamuscini 40 80 26 id. id. 40 80 27 id. id. 40 80 28 id. id. 40 80 29 id. id. 40 80 30 id. id. 40 80 31 id. Ficuzza 40 80 1 Novembre id. 48 68 2 id. id. 39 66 3 id. id. 45 90 4 id. id. 49 90 5 id. id. 49 98 6 id. id. 48 117 7 id. id. 48 111 8 id. Contessa 48 114 9 id. Pantana e Negro 46 109 10 id. id. 47 115 11 id. Negro e Pergola 48 114 12 id. Milione 1 47 113 13 id. id. 50 115 14 id. id. 31 58 15 id. id. 61 125 16 id. id. 62 115 17 id. ' Montagna e S. Fran- cesco di Paola i 61 108 18 id. Martella Vespa Fontana | 62 117 Superficie ! s plorata ettari are 526 26 25 44 39 40 51 49 47 50 52 49 36 29 45 49 32 13 28 21 51 35 62 53 51 60 11 58 55 58 75 205 7 55 660 232 OSSERVAZIONI Si lavorò mezza giornata Si termiua il territorio di Riesi. Territorio di Mazzarino id. id. Territorio di Butera id. Territorio di Butera. Si lavorò mezza giornata Territorio di Butera. id id. id. A riportare . 1829 97 1409 — 475 — DATA REGIONE Numero di esaminatori Numero di scalatori Superficie esplorata Numero dei ceppi infetti OSSERVAZIONI ettari are Riporto 1829 97 1409 Montagna. Muscamcn- 19 Novembre to Poggio del Sig. 64 130 .81 74 Territorio di Butera Cam ni arata. 20 id 64 128 63 id. 21 id. id. 30 60 20 id. 22 id. id. 66 132 90 id. 23 id. id. 66 132. 88 id. 24 id. id. 66 135 99 id. 25 id. id. 66 132 99 id. 26 id. id. 67 134 91 id. 27 id. id. 66 134 82 5 id. 29 i‘d. id. 65 132 78 3 id. 30 id. id. 66 132 77 47 Terminalo il territori di Butera. * Totale . . . 2699 26 1409 RIEPILOGO Territorio di Riesi Ettari 1308 66 Proprietà di Riesani sul territorio di Mazzarino Territorio di Butera 151 25 1239 35 Totale. Ettari 2699 26 N. B. Terminato il territorio di Riesi il giorno 8 novembre, si passò ad esplorare le proprietà dei Riesani sui territorii di Mazzarino e di Butera, 9 si terminò il giorno 16. In seguito continuarono le ricerche nel territorio di Butera. — 476 — A parità di personale e di condizioni di terreno, si è osservato che, allorquando si trova infezione, si esplora una superfìcie minore, e questo è dovuto alle ricerche che si debbono fare all' intorno del primo ceppo infetto trovato, per vedere fin dove la infezione si estende. Quando ciò succede, la squadra si divide; alcuni pochi, non più di 6 scalzatori con 3 esaminatori, più il delegato, restano a fare ricerche all’ intorno dei ceppi trovati infetti, esaminando vite per vite, gli altri proseguono il loro cammino. Se presto si rag- giunge il limite dell' infezione, la squadra si riunisce ; del resto, si aumenta il personale nel luogo infetto in proporzione dell'in- tensità del male, e, dopo averne trovato il limite, si estendono le ricerche sempre minute, ceppo a ceppo, per una zona di 10 metri all’ intorno, se le viti infette costituiscono un gruppo unico, ed anche di più, se quelle invece sono sparpagliate. §11. — Perciò si capisce come, in simili occasioni, il lavoro fatto nella giornata sia minore, ma si ha il vantaggio di avere bell' e determinata la zona infetta. Una volta fissate con paline, come abbiamo detto, le viti tìllosserate, non rimane che cingere con una linea le viti infette estreme per avere la zona fissata. Agli angoli più visibili di questa linea si piantano bandiere rosse, per indicare dove deve cominciare la zona di sicurezza. Pesta ora a vedere con quale criterio queste zone infette ven- gono delimitate, quando due gruppi di ceppi infetti debbono con- siderarsi componenti un’ unica zona, o quando invece debbono appartenere a due zone distinte. Prima delle istruzioni 3 giugno ultimo scorso, il delegato era lasciato in piena libertà d’azione: dopo invece le cose cambiarono. Per meglio dire, prima del 3 giugno si chiamava zona di sicu- rezza una fascia di viti sane della larghezza almeno di 25 metri all' intorno della zona infetta, e questa zona la si sottoponeva a cura di precauzione con deboli iniezioni di solfuro di carbonio. Quando, fra gli estremi lembi di due zone infette vicine, veniva a trovarsi una distanza maggiore di 50 metri, si stabilivano le due zone di sicurezza ; quando invece tale distanza riusciva — 477 — minore, bisognava tutto distruggere. Questa era l’unica regola, e della sua applicazione trovasi un esempio alla tavola I tra le pro- prietà numero 1, 8, 12 e 19 dove la parte che è segnata col colore che indica la zona di sicurezza fu distrutta per precauzione, es- sendoché non eravi lo spazio per costituire quattro zone di sicu- rezza di fronte ai quattro limiti delle zone infette circostanti. Però, sembrandomi poco ragionevole che, nei casi di forte infe- zione, alla zona infetta dovesse immediatamente seguire una zona da trattarsi a dosi curative, colle viti rispettate, ho creduto op- portuno interporre, in simili casi, una specie di barriera, distrug- gendo, oltre la zona infetta, altri 10 a 12 metri di vigneto, come me ne davano ampia facoltà i decreti ministeriali (1). Quando re- fezione procedesse sempre regolarmente, da un centro potente affievolendosi verso gli estremi fino a scomparire, simile distru- zione nella zona di sicurezza sarebbe inutile. Ma, quando si tratta di centri ragguardevoli, quando non esistono difficoltà naturali che dividono Funa dall’altra le due zone, l’estendere la distru- zione a parte delle viti sane circostanti alla zona infetta, credo sia necessario. Di ciò abbiamo parecchi esempi nella Tavola I, Veggasi la proprietà numero 9 e quella numero 2 , nella quale ultima, dal lato ovest, si fece a meno di distruggere viti per pre- cauzione, essendoché l’esistenza di un muro munito di siepe per- metteva di farne a meno. Posteriormente alla riunione della Commissione consultiva del giugno ultimo scorso, si credette opportuno di stabilire per regola quello che io avevo fin allora operato in base alle facoltà con- cesse al Delegato dai decreti ministeriali, e si abolì la zona di sicurezza a dosi curative. Si stabilì insomma che, alFintorno delle zone infette, si deve distruggere sempre una zona di sicurezza della larghezza di 10 metri (1) « La distruzione (era detto nei decreti) , od il semplice trattamento * al solfuro, potrà essere esteso a quella zona di sicurezza, che sarà creduta » necessaria, ecc. » 478 — almeno, essendo fatta facoltà al delegato di domandare al Mini- stero T autorizzazione per distruggere una zona maggiore , se lo crede opportuno. Alfintorno del poligono, che comprende le viti infette, se ne circoscrive un altro alla distanza di 10 metri, e si distrugge fino al limite di questo secondo poligono. La cosa è tanto semplice che non occorre maggiore spiegazione, cosicché, quando due gruppi di viti infette saranno fra loro ad una distanza maggiore di 20 metri , possono far parte di due zone separate ; se la di- stanza è minore, debbano i gruppi medesimi essere compresi in un’ unica zona. Parecchi inconvenienti ebbi a notare nell’applicazione di quelle istruzioni. Quando avviene il caso, che a Riesi fu frequentissimo, di tro- vare, in una estensione considerevole di viti, un unico ceppo in- fetto, ed assai debolmente colpito dalla fillossera, sembrami una esagerazione il distruggere un circolo di 10 metri di raggio, cioè 314 metri quadrati di vigna sana. Sembrami una esagerazione per due motivi : 1° perchè, quando si verificano di questi casi, il ceppo è sempre pochissimo fillosserato, e, per quanto minutamente si esaminino i circonvicini, non si trova più fillossera, e si tratta d’invasione recente ; 2° perchè c’ è tanta probabilità che un altro ceppo infetta sia sfuggito all’esploratore nel raggio di 10 metri, quanta che questo altro ceppo possa trovarsi a 20, a 50, a 100 metri di distanza. Lo stesso dicasi nel caso, pure frequentemente osservato, della infezione sparpagliata. Si tratta sempre di ceppi pochissimo fillos- serati, molto distanti l’un dall’altro (molto più di 10 metri), ed il determinare allora la zona di sicurezza secondo le istruzioni parmi non abbia alcun valore pratico per le ragioni dette dianzi. Tanto è vero che, in questi casi, si tratta sempre di infezioni recenti, che abbiamo trovati due soli ceppi infetti nel vigneto Scibetta, ove sappiamo di certo che l’ insetto venne portato con con barbatelle del fondo Calamita nel febbraio 1880. Inoltre questi ceppi isolati si riscontrano sempre nelle vicinanze di de- — 479 — boli infezioni sparpagliate. Nel caso appunto del vigneto Scibetta, i due ceppi infetti distano 20 metri l’uno dall’altro; si è dovuto quindi circoscrivere un rettangolo di 20 per 40 metri, ossia di 800 metri quadrati, contenente 513 viti sane, che vengono distrutte per 2 sole infette. Ciò, ripeto, è una esagerazione tanto dal lato tecnico, come dal lato economico, per V indennità che si deve pagare al proprietario. Prima delle istruzioni 3 giugno, quando mi si presentavano di questi casi, facevo procedere alla distruzione di viti sane circo- stanti per un raggio di 4 a 5 metri, proporzionatamente all’ in- tensità deli’ infezione. Domandai al Ministero di poter seguire questo sistema, anche dopo le dette istruzioni, ma non mi si per- mise variante alcuna. Per queste ragioni, io ritengo che lo stabilire lo spessore della zona di sicurezza da distruggere debba dipendere essenzialmente dal criterio, che il delegato si fa sul posto, circa l’intensità del- l’infezione, e che sia meglio lasciarlo libero di procedere a seconda dei casi, come appunto si praticava prima del 3 giugno, mentre d’altra parte approvo pienamente l’abolizione della zona di sicu- rezza a dosi curative. Lavori di distruzione — Iniezioni di solfuro di carbonio. § 12. — A misura che le esplorazioni ci facevano conoscere l’estensione delle zone infette, colla massima sollecitudine possibile, e compatibilmente colle disposizioni di legge, le quali impongono che prima di cominciare i lavori debbono essere eseguite le ope- razioni di stima dei danni, si passava alle opere di distruzione. Il taglio delle viti, a 30 centimetri dal suolo, non ha bisogno di descrizione, l’ abbruciamento immediato della parte aerea e 1’ imbiancamento con latte di calce dei monconi rimasti, per im- pedire alle fillossere di salire fuori terra, sono pure operazioni semplicissime. Un’ altra operazione si rendeva però a Riesi neces- saria. Il terreno è coltivato a cavalli , alti da 50 ad 80 centimetri, — 480 — i quali sono costituiti di terreno tutto smosso. A causa di questa ineguaglianza del terreno, l’iniezione del solfuro non era possibile, sia perchè non si poteva più giudicare della profondità dei fori, sia perchè quella terra molto soffice dei cavalli, muovendosi facil- mente sotto i piedi degli operai , veniva a chiudere i fori di fresco aperti nei solchi sottostanti. Perciò, appena terminato il taglio delle viti, od anche contem- poraneamente, il terreno veniva spianato colle zappe. Con questa operazione, uno strato di 10 a 15 centimetri di terreno soffice viene ad essere sparso uniformemente sul suolo, e quindi rapida- mente si indurisce dopo pochi giorni, specialmente se abbonda la rugiada, diminuendo assai di spessore. Ciò fatto, si poteva subito cominciare F iniezione. La durezza eccezionale del terreno rese necessario Fuso di pali perforatori speciali, in Riesi di solito adoperati per il piantamento dei vigneti, e conosciuti sotto il nome di virrine per la loro somiglianza di forma con una trivella. Sono pali di ferro lunghi circa 90 centi- metri, e sormontati da un pesante manico a croce, di legno com- patto, e pesano, in media, chilogrammi 15. Fu una gran fortuna F averne trovati in paese in quantità illimitata, giacche cogli altri pali, che servirono a Valmadrera, sarebbe stato impossibile per- forare il terreno. Fu anche una fortuna il trovare sul posto operai, chiamati vol- garmente per datori, abilissimi nel maneggiare la virrina. Una volta fissato ed aperto il foro nel terreno, Foperaio solleva il palo sopra la testa, lo afferra verso la metà della sua lunghezza, e, scagliandolo come una freccia, lo conficca con forza nel buco già cominciato. Con questo lavoro a poco a poco si ottiene la profondità del foro anche nei terreni più duri, e fino ad un certo punto, pure quando si trova il sottosuolo sassoso. Così si poterono fare buchi profondi 50 centimetri, per il primo trattamento, e 30 centimetri, per il secondo. In quest'ultimo caso però, trattandosi di minore profondità, servivano anche abbastanza bene gli avampali ordinari giunti dal continente. — 481 - § 13. — Fatti i fori colla voluta disposizione, veniva iniettato il solfuro di carbonio, introducendo in essi il palo Gastine, e spin- gendo la pompa per quel numero di colpi che era fissato in rap- porto alla dose da iniettare. Subito dopo, un operaio, che seguiva sempre Y iniettatore, con apposito palo di ferro chiudeva il meglio possibile i fori rimasti aperti, onde evitare ogni perdita di vapore di solfuro. Le squadre fissate per questo lavoro erano così composte : Un capo squadra; Due iniettatori con due pali Gastine ; Due turatori dei buchi; Diciotto perforatori con virrina ; Due portatori di bombole con solfuro. In totale 25 uomini per squadra. Qualche volta però fu necessario portare fino a 26 il numero dei perforatori. Ciò dà un’ idea della durezza eccezionale del ter- reno, non solo per il numero dei perforatori, da 9 a 13 per ogni iniettatore, ma eziandio per la costruzione ed il peso speciale dei pali adoperati. Con cinque di queste squadre, in un giorno, si potevano iniet- tare da 12 a 16 mila metri quadrati, vale a dire quasi un ettaro e mezzo, in media. I depositi di solfuro vennero fatti in aperta campagna, ripa- rando le botti di ferro dai cocenti raggi del sole mediante co- perture di frasche, o di canne, mantenute umide con acqua. Ap- posito personale venne addetto alla custodia di questi depositi, ed incaricato di riempire e tenere pronte le bombole di zinco da recare in campagna, le quali venivano trasportate, o a braccia d’uomo, o sulla schiena dei muli, a seconda delle distanze. Con questi recipienti venivano caricati i pali Gastine . In vicinanza di questi depositi, trovavansi pure gli operai in- caricati della pulitura e delle riparazioni necessarie ai pali Ga- stine, di volta in volta che il bisogno si presentava. Ed a questo riguardo abbiamo avuto ripetutamente da deplorare Y imperfetta costruzione di certi pali iniettatori fabbricati a Milano dalla ditta 482 — Salmoiragiii. Fin dai primi giorni di aprile, quando arrivarono a Riesi i primi 20 pali della detta fabbrica, osservai subito che, mentre funzionavano bene se riempiti d’acqua, la pompa cessava di agire quando il serbatoio era caricato di solfuro. Ciò dipendeva da una imperfetta disposizione del cuoio, ove scorre lo. stantuffo, per la quale si richiedeva che esso rimanesse sempre unto d’olio, cosa impossibile col solfuro di carbonio. Oltre questo, molti altri difetti si scopersero, ai quali tutti si cercò riparare nel miglior modo possibile. Ciò non ostante, mentre con 4 pali Gastine originari di Marsiglia era possibile averne sempre 2 almeno in azione per tutto il giorno, le riparazioni in quei di Milano erano così fre- quenti che 9, in media, ne abbisognavano perchè 2 iniettatori po- tessero sempre lavorare. Il solfuro di carbonio adoperato era tutto rettificato, essendo pericoloso adoperare quello greggio per la facilità con cui esso può guastare il palo Gastine. Generalmente però il solfuro era molto ricco di idrogeno solforato, per il che, fin dai primi di marzo, ho dovuto subito far cambiare le spirali della valvola terminale del palo iniettore. Queste spirali erano di ferro ed, in pochi minuti, corrose dall’idrogeno solforato, andavano in frantumi; ne sostituii altre in filo d’ottone, e queste funzionarono sempre bene. La quantità di solfuro, adoperato per vite e per metro qua- drato, risulta dagli schemi d’iniezione. Il piantamento delle viti in tutta la zona infetta essendo in media ad 1. 50 in tutti i sensi, lo schema adottato è uno solo' rappresentato dalle due figure qui in seguito, ove X — viti e o = fori I. TRATTAMENTO II. TRATTAMENTO X . o o X o o o o o X O 0 X O O © O o — 483 — Primo trattamento. — Cinque fori di’ iniezione. Profondità dei fori centimetri 30 Solfuro di carbonio, per foro, grammi 40 Superficie d’una vite, metri quadrati 2 25 Solfuro di carbonio, per vite, grammi 200 Solfuro di carbonio, per metro quadrato, grammi . . 88 88 Secondo trattamene. — Cinque fori di’ iniezione. Profondità dei fori, centimetri 30 Solfuro di carbonio, per foro, grammi 30 Solfuro di carbonio, per vite, grammi 150 Solfuro di carbonio, per metro quadrato 66 06 RIEPILOGO Primo trattamento, per metro quadrato, grammi 88 88 Secondo trattamento, per metro quadrato, grammi. 66 66 Totale per metro quadrato, grammi . . . 155 54 Questo è il sistema generale seguito (1). In alcuni casi, limi- tatissimi però, avendo a che fare con piantamenti irregolari, non si potè praticare altro, fuorché dividere con cordicelle metriche il terreno in tanti metri quadrati, senza curarsi dei ceppi, e fare quattro fori ai quattro angoli ed uno ai centro nel modo che segue. 1 met. < O o o o (1) Nella zona di sicurezza ove, rispettando le viti, prima delle istruzioni 3 giugno, si applicarono come dose curativa 70 gr. di solfuro in due volte, si adottarono gli stessi schemi, iniettando solamente gr. 16 per foro, tanto nel primo come nel secondo trattamento. — 484 tanti) pel primo come pel secondo trattamento, avendo cura però che i fori, fatti in questo secondo caso, non corrispondessero coi primi; allora: Primo trattamento Solfuro di carbonio, per foro, grammi 40 Solfuro di carbonio, per metro quadrato, grammi 80 Secondo trattamento Solfuro di carbonio, per foro, grammi 30 Solfuro di carbonio, per metro quadrato, grammi 60 Totale grammi 140 Inoltre, ad ogni ceppo, venne fatta una iniezione di 20 grammi, quando però non accadeva che qualcuno dei fori così disposti venisse a coincidere col ceppo stesso. Di maniera che, anche in questo caso, la dose per m. q. viene a superare i 150 grammi. La dose per vite non si può calcolare. Nei luoghi, ove l’infezione non era molto forte, adottando sempre i due schemi normali dianzi indicati, venne ridotta la dose per * foro a 36 gr., in modo da avere gr. 140 esatti per metro qua- drato. In nessun caso, si impiegò meno di tale quantità di solfuro. Nella stagione primaverile, fino alla fine di giugno, le due inie- zioni vennero fatte alla distanza di 5 a 6 giorni l’una dall’ altra; poscia si trovò conveniente di restringere questo intervallo a tre giorni, e si continuò così fino alla fine di settembre. In pochi casi soltanto, le ricerche, fatte in seguito alle iniezioni, mi hanno obbligato a farne una terza perchè esistevano ancora fillossere, e questa ebbe luogo solamente in una parte delle pro- prietà Calamita, Scichilone e La Monaca Raffaele (Tav. I,N.l, 5, 11). In quanto al personale impiegato, ed al lavoro fatto per ora e per giorno, presento nell’allegato B un quadro generale di tutto il lavoro d’ iniezione eseguito dal 24 marzo, epoca in cui si co- minciò, fino a tutto novembre 1880. — 485 — Da quel quadro appare come la quantità di lavnro abbia su- bite gravi modificazioni, a seconda della stagione. Di primavera e d’autunno, quando il terreno è un po’ fresco ed umido, un per- foratore poteva fare da 42 a 58 buchi all’ ora, d’ estate invece, per la siccità del suolo, questa cifra si ridusse a 30, poi a 20 e perfino a 10 soli fori all’ora. Questo minimo eccezionale di fori dipendeva non solo dalla durezza del terreno, ma eziandio dalla frequenza di certe correnti sciroccali caldissime ed asciutte, contro le quali non c’è fibra umana che possa resistere senza soffrire. Ciò snervava gli operai. Oltre questo, alla superficie del suolo, per la continua siccità, venne formandosi uno strato di 20 centimetri circa di terreno affatto sabbioso , e l’operaio, prima di fare il buco, era obbligato, con una zappa o coi piedi, a smuovere questo strato? e fare una piccola conca per andare a toccare il terreno sodo. Ciò portava un grande ritardo nelle operazioni. Per alcune ore poi di parecchie giornate di luglio e di agosto, fummo costretti a sospendere i lavori, perchè, con 40 a 41 gradi centigradi al- l’ombra, e con 50 a 52 al sole, il solfuro di carbonio entrava in ebollizione. § 14. — Gli operai, che servirono a questi lavori, vennero tutti scelti in Riesi. Da principio si incontrava grande difficoltà nel tenere disciplinate le squadre, e nel far comprendere ai perforatori la disposizione dei fori; sicché si dovevano prima far disporre sul terreno tante canne quanti erano i fori da farsi, piantandole ver- ticalmente nei punti da perforare. Fortunatamente, uno solo es- sendo lo schema d’iniezione, gli operai arrivarono presto a com- prenderlo, ed avendo anche potuto scegliere i migliori ed elevarli al grado di capi squadra, le cose presero quel giusto indirizzo e disciplinato avviamento che erano necessari. Alle iniezioni, e per i lavori specialmente di secondo trattamento, siccome meno faticosi, presero pure parte attiva i giovani allievi della Colonia agricola di Caltagirone, i quali, unitamente al loro sorvegliante, costituivano una squadra, che lavorò sempre con molto zelo ed intelligenza. Questo però si potè fare soltanto nei primi mesi, perchè in appresso si dovette destinare quei giovani esclusivamente alle esplorazioni. 31 — 486 — Oltre ciò, il lavoro delle squadre veniva di continuo sorvegliato da taluno degli ufficiali forestali qui di servizio. Quando non era comparso ancora altro focolare d’ infezione in Sicilia, potendo io disporre di un sufficiente personale dirigente, avevo in certo modo divise le attribuzioni degli ufficiali suddetti nel modo seguente : Zarpellon Antonio, incaricato specialmente della determinazione delle zone, delle riparazioni del materiale, dei rilievi topografici e di sostituirmi in caso di assenza ; Spigno Federico e Lazzaroni Giacomo, incaricati degli operai e della sorveglianza delle iniezioni ; oltre ciò lo Spigno mi coa- diuvava negli studi ed esperimenti ; Guarinoni Giovanni e Piccioli Luigi, incaricati delle esplora- zioni cogli allievi di Caltagirone; Sinisgalli Andrea, incaricato il sabato e la domenica di tutte le operazioni contabili di paga degli operai ; negli altri giorni, addetto alla sorveglianza dei lavori di iniezione ; Buscemi Nunzio, incaricato del disegno topografico delle zone infette ed, in mancanza di questo incarico, addetto pure o alle esplorazioni od agli altri lavori. E bene però avvertire che questa suddivisione di lavoro non fu assoluta, ma che frequentemente Fun l’altro ufficiale forestale sosti- tuiva, secondo il bisogno. In tutti ho trovato sempre di che lodarmi per l’attitudine e lo zelo dimostrato nel compiere le proprie funzioni. Più tardi, privato a poco a poco di questo personale a causa della comparsa di altri focolari d’infezione nel regno, i pochi rimasti non poterono a meno che di cercare, di comune accordo acciò, ogni cosa procedesse per lo meglio, aiutandosi e sostituendosi, secondo l’op- portunità. § 15. — Terminate le iniezioni, qualche mese dopo, in ogni singolo focolare, vennero fatti numerosi saggi, scavando fosse pro- fonde fin dove le radici arrivavano, allo scopo di esaminare lo stato in cui esse si trovavano e la condizione delle fillossere. Per questi saggi, che furono eseguiti dal delegato Zarpellon, vennero scelti, nelle singole proprietà, i punti maggiormente infetti, onde formarsi un giusto criterio sull’effetto prodotto dall’ inie- — 487 zione. Le varie fosse vennero scavate a distanza fra loro, e nel fare Y esame delle radici, si tenne conto della profondità a cui furono estratte, come appare dai quadri che seguono : Saggi fatti ai primi di giugno Parte inferiore della proprietà Calamita (N. 1) ftUMERO DELLA FOSSA PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI , 0. 60 Radici molto deperite, senza fillossere nè vive nè morte 0. 70 Id. la 0. 80 Id. | / . 1. 00 Id. ( 1. 30 Id. 1 0. 60 Radici marcite, senza fillossere i i 0. 70 Id. 2a < ì 0. 80 Id. i j 0. 90 Id. i 1. 00 Id. 0. 60 Radici marcite o quasi putride, senza fillossere 3a < 0. 80 Id. ' 1. 00 Id. ( ' 0. 35 Radici sane con poche fillossere ed uova 4a ■ ’ 0. 65 | Radici sane con qualche uovo secco I ! 0. 70 Id. ! 0. 38 Radici putrefatte, senza fillossere 5a < 0. 60 Id. 1 f 0. 80 Id. — 488 — Nella stessa proprietà, parte superiore. ◄ w c ® § £ w h g « D j 5r J H fi PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI 1* 0. 35 Radici deperite, senza fillossere 26 0. 40 Radici deperite, con fillossere morte 3a 0. 40 Id. 4a 0. 60 Radici quasi putrefatte, senza fillossere 5a 0. 60 Id. 6* 1. 00 Radici in parte sane, ma senza fillossere Non si trovarono radici più profonde d’un metro, a causa della sottostante roccia. — m — Nella proprietà, Raffaele La Monaca (N. 11). NUMERO > DELLA FOSSA PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI f 0. 40 Radici sane, senza fillossere 1^ 0. 70 Radici quasi putrefatte, senza fillossere ( 1. 00 Id. 0. 40 Radici disseccate 1. 00 Radici quasi putrefatte 2a 1 f 1. 60 Radici sane, senza fillossere 2. 25 Id. 1 0. 90 Radici e nodosità putrefatte 3a < 1. 10 Radici sane, senza fillossera ! 1. 90 Id. 1 0. 25 Radici sane, molte fillossere ed uova fresche (1) 4a < 0. 60 Radici marcite, senza fillossere ' 1 : i. oo Id. 5* 1. 20 Radici putrefatte, senza fillossere [ 0. 50 Radici e rigonfiamenti putrefatti ! 1 0. 90 Radici buone, con fillossere nere e morte 6a < | i. io Id. ■j j 1. 50 Radici sane, senza fillossere ! 1. 70 Id. (1) Questa radice a m. 0. 25 trovavasi rannicchiata e compressa fra grossi sassi, che, quasi scoperti di terra, giungevano alla superficie del terreno. — 490 — Nella proprietà Scichilone (N. 5). NUMERO DELLA FOSSA PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI 1“ 1. 30 Tutte le radici sono putride, senza fillossere ( ' ' 1. 60 Radicrsane, con molte fillossere \ \ 2a ; i 1. 70 ì Radici sane, con poche fillossere Wl) ( , 2. 25 ] Id. ) Nella proprietà Di-Benedetto (N. 4). NUMERO DELLA FOSSA PROFONDITÀ IN METRI / STATO DELLE RADICI la 0. 50 Tutte le radici marcite, senza fillossere 2a 1. 20 Id. 3a 1. 10 Id. (1) La porzione nel vigneto Scichilone, ove fecesi questo saggio, è intieramente sassosa fino a grande profondità. Molte radici non si poterono svellere ed esaminare perchè compresse e trattenute dalle pietre. — 491 — Nella proprietà Salomone (N. 2). NUMERO DLI/iA FOSSA PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI 0. 40 Radici nello stato di putrefazione, senza fillossere 1. 00 Id. la 1. 30 Id. 1. 80 Radici sanissime, senza fillossere 0. 70 Radici sane, senza fillossere 0. 90 Id. 1. 55 Radici sane, con poche fillossere vive 2a 1. 70 Radici sane, con poche fillossere vive e alcune morte | 1. 90 Id. 2. 00 Id. \ v 2. 30 Radici sane, senza fillossere 1. 00 Radici abbastanza buone, senza fillossere 1 1 1. 25 Id. ^ 1. 55 Radici sane, poche fillossere vive 3» ’ j 1. 70 Id. 1 1 2. 00 Id. ! 2. 40 Radici sane, senza fillossere 1 0. 30 Id. 1 ì 0. 50 Radici quasi marcite, senza fillossere 1 0. 70 Radici marcite, senza fillossere 4a j 0. 80 Id. i f 1. 00 Id. ! ! 1 1. 25 1 Radici sane, senza fillossere 1 ( . 0. 40 Radici marcite, senza fillossera 5- ) 0. 60 Radici quasi marcite, senza fillossera 0. 80 Id. 1 ! 1. 00 Radici marcite,* senza fillossera — 492 — Saggi fatti ai primi di agosto Nella proprietà Rizzo (N. 21) II NUMERO i DELLA FOSSA PROFONDITÀ IN METKI STATO DELLE RADICI 0. 20 Radici quasi putrefatte, senza fillossera 0. 40 Id. 1* < | | 0. 60 Radici guaste, senza fillossera 1 0. 80 Id. 1 1. 30 Id. 1 1. 60 Radici sanissime, senza fillossera 1 0. 20 Radici sane, con qualche fillossera viva 1 0. 40 Radici in incipiente putrefazione, senza fillossere \ 0. 60 Radici intieramente guaste, senza fillossere 2» < 0. 80 Id. i 1. 00 Id. 1 f 1. 30 Radici quasi sane, senza fillossere 1. 50 Radici sane, senza fillossere j 0. 20 Radici marcite, senza fillossera ! ^ 0. 40 Id. 3* 1 0. 60 Id. i 0. 80 Radici nello stato d’incipiente putrefazione, senza filloss. \ 0. 90 1 Id. — 493 — Nella proprietà. Triodi (N. 22). NUMERO i DELLA POSSA | PROFONDITÀ IN METRI STATO DBLLE RADICI j 0. 20 Radici poco buone, senza fillossere 1 \ 0. 40 Id. 1* < j j 0. 60 Radici putrefatte, senza fillossere ( 0. 80 Id. 0. 20 Radici sane, senza fillossere i 0. 40 Id. 2" ' o CJ> © Id. | 1 0. 80 Id. o <31 o Radici marcite, senza fillossere DELIBA FOSSA — 494 — Nella proprietà Golisano (N. 24). PROFONDITÀ IN METRI 0. 20 0. 40 0. 60 1» < 0. 70 1. 00 1. 20 STATO D E L L E RADI Radici quasi putride, senza fillossere Id. Id. Id. Radici sane, senza fillossere Id. oi 2a 0. 20 0. 40 0. 60 0. 80 0. 85 Radici guaste, sepza fillossera Id. Id. Radici buone, senza fillossera Termina la radice DELLA FOSSA — 495 — Nella proprietà D’ Antona (N. 27) PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI IO. 20 0. 40 1* ( 0. 60 f 0. 80 0. 90 Radici marcite, senza fillossere Id. Id. Radici buone, senza fillossere Termina la radice, con fillossere nere morte 2» 0. 20 0. 40 0. 60 0. 80 0. 85 Radici quasi putrefatte, fillossere nere morte Radici in discreto stato, senza fillossere Id. Radici guaste, senza fillossere Id. Nella proprietà Russo (N- 32) NUMERO DELLA FOSSA PROFON DIT À IN METRI STATODELLE RADICI 0. 20 Radici marcite, senza insetti 1* 1 0. 30 Radici buone, fillossere nere carbonizzate 0. 40 Id. ( 0. 20 Radici marcite, senza insetti 0. 40 Id. 2* 0. 70 Radici buone, molte fillossere nere e morte © co o (i) id. 0. 20 Radici buone, fillossere nere morte moltissime 1 1 0 40 Id. 0. 50 Id. 0. 80 Id. 3* ■ j 1. 10 Radici buone, molte fillossere carbonizzate 1 f 1. 20 Id. 1. 40 Poche fillossere carbonizzate, radici sane 1 l 1. 50 | Una colonia carbonizzata, radici sane (1) Non si trovarono radici più profonde. DELLA FOSSA — 497 Nella proprietà Ministeri (N. 41) PROFONDITÀ IN METRI STATO DELLE RADICI 0. 20 0. 40 0. 60 0. 80 1. 10 1. 70 Radici disseccate, senza insetti Id. Radici buone, con fillossere carbonizzate Id. Id. Radici buone, senza fillossere 2a 0. 20 0. 40 0. 60 0. 80 1. 20 Radici sane, fillossere vive nel terreno sciolto. Radici marcite, senza fillossere Radici sane, fillossere carbonizzate Id. Radici sane, senza fillossere 0. 10 0. 20 ) 0. 60 v 0. 80 Radici sane, fillossere vive 2 colonie Radici guaste, fillossere carbonizzate Id. Id. — 498 — Nella proprietà Cutaia (N. 42) Le radici qui giungono a non più di in. 1,20 in profondità ; quattro saggi, fatti in quel piccolo centro, diedero per risultato tutte fillossere carbonizzate, e morte a tutte le profondità. Nella proprietà Di-Lorenzo (N. 46 . | NUMERO DELLA FOSSA 1 PROFONDITÀ IX METRI STATO DEL LE RADICI ( 0. 10 Radici sane, con fillossere vive 1 ! 0. 20 Radici sane, fillossere morte tutte la I J 0. 50 ; Id. ( © co © Td. : o. 20 Radici sane, fillossere vive, tre colonie ! 1 0. 40 Radici sane, fillossere morte carbonizzate 0. 60 Id. 2a ; o. so Id. 1 0. 90 Radici sane, senza fillossere j 1. 30 Id. ' 1. 70 Id. 1 — 499 — La prima serie di saggi nei primi giorni di giugno venne eseguita sopra proprietà iniettate da aprile fino al 20 maggio. La seconda serie (dei primi d’agosto) riguarda proprietà iniettate dalla metà di giugno a tutto luglio. Per le ultime specialmente, era appena terminato il secondo trattamento. Ciò spiega il perchè, nella se- conda serie, si osservano ancora fillossere morte, mentre nella prima ciò non ha luogo, stantechè il maggior tempo, trascorso dal termine dell’iniezione, aveva permesso il completo sfacelo delle fillossere stesse. Dal complesso di questi risultati appare come siano stati molto soddisfacenti gli effetti ottenuti colf iniezione del solfuro di car- bonio. Infatti sopra 174 campioni di radici esaminate, prese a varie profondità, e nei differenti focolari maggiormente infetti, in 17 casi soltanto abbiamo ancora trovato qualche traccia di fil- lossera. E qui bisogna notare che, pei primi 12 casi riscontrati nei saggi della prima serie, le radici riconosciute fìllosserate pro- venivano tutte da terreno sassoso, e da focolari potentissimi, e che, quando una radice trovasi schiacciata e nascosta fra le pietre, non si può pretendere che il solfuro di carbonio la vada a colpire. Gli altri 5 campioni fìllosserati della seconda serie (agosto) sono stati trovati nella strato sabbioso superficiale , di cui ho parlato a ri- guardo delle iniezioni (vedi parag. 13), e nei quale pure, coi calori delle giornate di luglio, non si può pretendere che il vapore in- setticida resti il tempo necessario per uccidere tutti i pidocchi. Riguardo alla condizione delle radici, vediamo dai risultati che precedono come moltissime siansi conservate sane, specialmente a notevoli profondità. Su quest’argomento dovendo tornare (vedi § 19), non mi estendo; per ora solamente osserverò che dal 92 al 94 per cento delle viti della zona infetta, tranne qualche piccolo gruppo nei focolari più. fìllosserati, hanno mostrata una grande resistenza al solfuro di carbonio. Iniettate tali viti nel modo dianzi descritto, tagliate ed incalcinate, hanno rimessi nuovi germogli che ven- nero ripetutamente soppressi a misura che si riproducevano, senza poter ottenere la loro completa scomparsa , ossia la morte delle viti. • — 500 — In quanto alle piante da frutto, coltivate fra le viti, ebbi ad osservare danni repentini nei fichi, nei peri, nei peschi, nei man- darli e nei nespoli del Giappone. Le foglie disseccano poche ore dopo T iniezione; però la pianta non muore, e dopo un mese o due, si rimette completamente con nuovi germogli. Gli ulivi, i fichi d’ India ed i carubbi, invece, non hanno mostrato di soffrire per la presenza del solfuro di carbonio nel terreno. Nelle zone di sicurezza ove, prima delle istruzioni 3 giugno, si applicò il folfuro di carbonio a dosi curative di 70 gr. per m. q. in due distinti trattamenti di 35 grammi, ed alla distanza di 5 giorni fra V uno e Y altro, non osservai alcuna sofferenza nelle viti fino alla fine di maggio. Le viti di queste zone, che furono inve- ce iniettate in giugno, e più specialmente in luglio, manifestarono sensibile sofferenza, con disseccamento repentino di foglie e perdita di prodotto, anche dopo il solo primo trattamento di 35 gr. Ciò in particolare ebbi a notare in terreni bianchi, sassosi, molto caldi e permeabili ; in quelli neri e freschi, il danno prodotto fu molto minore. Sembra dunque che, dopo la fioritura, o nel momento in cui essa si compie, le viti sentano troppo facilmente Y influenza dan- nosa del vapore di solfuro. Nelle stesse condizioni di viti e di terreno, ove osservavo questi danni, ma prima assai della fioritura, cioè il 12 maggio, ho iniet- tato, in una sola volta, 80 gr. per m. q. nella proprietà Tricoli (n. 22), senza tagliare prima le viti, perchè, non essendo ultimate le operazioni di stima, non potevo distruggerle, però non volevo lasciare a se stessa quella proprietà fillosserata. Ebbene quelle viti, tutte rigogliose e belle non soffrirono danno alcuno, e soppor- tarono perfettamente quella non indifferente dose di solfuro, senza che ingiallisse o disseccasse una foglia. — 501 — Spese sostenute. — Indennità ai proprietari. Opinioni in proposito. § 16. — Le spese da me fatte in Riesi, dal 1° marzo a tutto novembre, si riassumono come segue : Per indennità al personale direttivo L. Spese pel personale esecutivo, cioè per operai, capisquadra, trasporti L. Spese per il personale di custodia alle zone infette dal 15 luglio in poi, giacché fin a tale epoca simile servizio venne gratuitamente prestato dai soldati del fi0 fanteria . . L. Per acquisto di strumenti » Per studi ed esperimenti » 17,415 15 59,854 47 10,588 05 453 10 1,276 47 Totale L. 89,617 24 Oltre questo, bisognerebbe aggiungere tutti gli strumenti in- viati dal Ministero d’agricoltura e le spese per il solfuro di car- bonio e pei recipienti di trasporto, le quali non essendo state fatte da me, nulla posso dire in proposito (1) (* *). quanto alle indennità ai proprietari per compenso dei danni sofferti per le opere di distruzione dei loro vigneti, io so sola- mente cbe furono date in acconto L. 30,000, distribuendole fra i proprietari più bisognosi, nella prima metà di luglio. Le perizie vennero man mano trasmesse alla Prefettura, e sono tutte in corso di liquidazione presso la Deputazione provinciale, eccetto tre, per le quali, essendo state fatte opposizioni dalle parti, havvi giudizio vertente, e trovansi o al Tribunale o alla Corte d’appello. (1) Il solfuro di carbonio consumato è di circa 450 quintali, inviato tutto dal Ministero. Alle spese di trasporto hanno provveduto i Prefetti di Cal- tamssetta, di Palermo e di Messina. (*) Nell’ allegato C, in fine della relazione, sono indicate le spese a tutto dicembre 1880 fatte tanto dal delegato fillosserico che dal Prefetto della Provincia, come pure direttamente dal Ministero. (Nota del Ministero). 32 — 502 — Il primo giudizio venne intentato da Giovanni Calamita, il quale pretendeva di poter contestare al Governo il diritto di distruggere i vigneti fìllosserati. Basandosi egli sopra un preteso reddito favolosò del suo vigneto di tre ettari e mezzo, domandava il capitale corrispondente in lire 200,000, quale indennità dovu- tagli. Il tribunale di Caltanissetta, non ammettendo simile do- manda, condannò il Calamita fin nelle spese ; però, avendo il Tri- bunale suddetto liquidato in una misura troppo larga la inden- nità spettante al proprietario a termine di legge, il Prefetto fece ricorso in appello. Il secondo giudizio fu promosso da altro proprietario, Di Be- nedetto-Manarà, il quale, pure avendo ricevuta una anticipazione conveniente sulla somma portata dalla perizia, fece citare il Pre- fetto per essere immediatamente pagato di tutto l’ammontare del- l’indennità. La causa è in corso. Un terzo giudizio infine venne promosso dal Prefetto circa la perizia dei danni riflettenti il vigneto Dibilio-Inglesi, per il modo esagerato con cui questi vennero calcolati. Per i rimanenti proprietari, come già dissi, sono in corso le trattative presso la Deputazione provinciale per un’amichevole transazione. § 17. — A termini della legge 3 aprile 1879 n. 4810, spetta al Prefetto il provvedere a tutto quanto riflette la stima dei danni; e sarebbe proprio desiderabile che i delegati non avessero ad im- mischiarsi in queste questioni, siccome estranee affatto al com- pito loro, ed anche alla loro competenza. In una cosa sola il delegato, preposto alla direzione dei lavori, può essere tenuto ad influire col suo intervento, voglio dire nel somministrare i criteri per lo apprezzo delle viti distrutte per misura di precauzione nelle -zone di sicurezza. La legge stabilisce nè più nè meno che il valore dei frutti pendenti per le viti distrutte comprese nella zona infetta; e quindi, per queste, non havvi discussione a fare. Ma per quelle altre che, benché sane, vengono sottoposte alla distruzione per semplice cautela, la legge dice che il perito deve tener conto del pericolo « — 503 — d’invasione cui possono andar soggette, ossia che si deve pagare un prodotto proporzionale al tempo che esse possono vivere, e dar frutto colla fillossera. Così avendo interpretato il senso della legge, e, per le ragioni che addurrò in seguito (vedi paragr. 21) essendo un fatto incon- testabile che le viti di Riesi, colpite oggi dalla fillossera, possono vivere e dar frutto per cinque o sei anni ancora, bisognava che il delegato intervenisse nel giudicare di questa resistenza. Tale fu infatti il sistema seguito per tutte le perizie; ed, oltre al suggerire questo criterio al perito, lasciandolo però libero di fissare il numero d’anni, mi sono sempre creduto in dovere di dare al perito stesso la pianta topografica di ogni singola pro- prietà con indicazione, a colori diversi, dello spazio distrutto per precauzione (zona di sicurezza) e di quello occupato dalla zona infetta. Ultimamente però il Ministero di agricoltura credette cam- biare sistema, (1) interpretando diversamente la legge. Con nota del 27 ottobre u. s. vennero date speciali e categoriche istru- zioni, tanto al Prefetto come a me, e con esse si stabilì che, in ogni singolo caso, il Delegato dovrà dichiarare quanto tempo la fillossera può impiegare per passare dalla zona infetta a quella di sicurezza, da quel giorno le viti di quest’ultima diventano in- fette, ed allora per esse, secondo la legge, non si deve pagare che un anno. Per esempio, il delegato dichiara che, per questo passaggio della fillossera, occorrono due anni; ebbene sono tre anni di prodotto da pagarsi per le viti distrutte per precauzione. E egli possibile al delegato di poter dichiarare con coscienza il tempo che deve impiegare la fillossera a fare un determi- nato tragitto? Egli non può a meno di fare dichiarazioni affatto arbitrarie, perchè, stante il modo con cui qui si coltiva la vigna, la diffusione del male col mezzo del vento è facilissima ; e (1) Il Ministero non mutò sistema. Appena ebbe sott’ occhio le prime perizie, si avvide che la interpetrazione data alla legge non si accordava nè alla lettera nè allo spirito di essa, e richiamò alla stretta osservanza della legge stessa. (Nota del Ministero). — 504 — la fillossera, se, camminando sotto terra, deve ‘ impiegare 10 anni per fare, ad esempio, 10 metri, può fare invece lo stesso tragitto, e anche assai più, in meno di 10 secondi, trasportata dal vento. Come farà dunque il delegato a prevedere la strada che l’insetto potrà fàre? A Riesi abbiamo frequenti casi di infe- zione sparpagliatissima, la quale, o cogli alati o senza alati, è, per lo più, dovuta al vento. Dovrà dunque il delegato sempre dichiarare che fra la zona infetta e quella di sicurezza (che sono vicinissime) occorrono pochi minuti per il passaggio della fillossera, o dovrà egli tener conto delle difficoltà d’una comunicazione sotterranea? Trovo possibilissimo al delegato di poter asserire con tutta co- scienza, basandosi sui numerosi fatti osservati, quanti anni una vite, colpita oggi dalla fillossera, può resistere, e quindi trovo equo non solo, ma applicabilissimo, il precedente sistema. Col sistema invece, che ora si vorrebbe inaugurare, si mette il dele- gato in una posizione strana ed impossibile, col fargli dichiarare cose su cui mancano criteri di fatto, e sulle quali non potrà mai dare un giudizio coscienzioso. Sospensione dei lavori estivi ed autunnali. — Effetti e risultamenti ottenuti. § 18. — Le operazioni di esplorazione e di distruzione hanno continuato, a tutto novembre, nel modo precedentemente descritto, ed a misura che la scoperta di nuovi focolari lo rendevano ne- cessario. Per quanto riguarda gli effetti, raggiunti col solfuro di car- bonio contro la fillossera, non potrei a meno di ripetere quanto dissi, dove sono esposti i risultati dei saggi fatti, i quali si man-, tennero costanti tutte le volte che ebbi occasione di ripeterli. Aggiungerò solamente, in prova di ciò, che, il 10 ed 11 no- vembre essendo stato onorato di una visita dei signori commen- datore Muraglia, direttore dell’agricoltura e comm. prof. Targioni- Tozzetti, presidente della Commissione consultiva per i provvedi- menti contro la fillossera, i risultati delle ricerche da loro fatte in vari punti delle zone infette furono una conferma di quanto già dissi* — 505 — Essi .ebbero occasione di apprezzare nel focolare della Ficuzza, di recente scoperto, la potenza deir invasione dal numero stra- grande di fillossere osservate sulle radici, tanto di quelle viti che, per limitato sviluppo radicale, presentavano un visibilissimo deperi- mento, quanto di quelle altre che, non ostante le numerose e fitte co- lonie sulle radici, non mostravano alcun indizio esterno di sofferenza. Fecero saggi sullo stato delle radici in quei potenti focolari, ove in primavera ed in estate la quantità delle fillossere era ben maggiore di quella da essi osservata alla Ficuzza, e dove erano state praticate, a tempo debito, le iniezioni. Nel focolare principale della proprietà Calamita, esaminarono quattro viti, estraendole completamente dal terreno, senza più trovare traccia di fillossera. In altro punto della stessa proprietà, sopra piccoli terrazzi con muri a secco, dove pure Y infezione era fortissima, i predetti si- gnori comm. Miraglia e prof. Targioni Tozzetti fecero estrarre otto viti, prendendole proprio sui bordi dei terrazzi , ed atterrando i muri. In una sola vite, osservarono sulle radici e sul ceppo qualche colonia di fillossere ancora vive; le altre viti non mostrarono segno d’ infezione. L’applicazione del solfuro era stata fatta in marzo, e, come è ben noto, in simili condizioni di terreno, gli effetti del solfuro non possono mai essere completi, giacché, grazie al peso del suo vapore, scendendo in basso, esce di fianco frammezzo ai sassi dei muri medesimi, senza poter restare nel terreno il tempo ne- cessario per soffocare tutti i pidocchi. In altri punti della stessa proprietà, e dei più fillosserati , ove stavo facendo prove di scasso e di estirpamento, osservarono pure molte radici anche a notevoli profondità, senza più trovare traccia di fillossera. In altro focolare importantissimo, quello della proprietà Rizzo, iniettato in giugno, con enormi difficoltà, per Y abbondanza dei sassi, esaminarono pure quattro viti completamente, senza rinve- nirvi traccia d’insetti. In altro vigneto, quello di Dibilio-Inglesi, ed in uno dei tanti suoi centri, composto di 67 viti, fecero pure scavare ampie fosse estraendo radici in quantità; trovarono sopra una radice una sola — 506 — piccola colonia. Anche qui il terreno molto compatto aveva reso assai difficile il lavoro d’iniezione, a causa della stagione caldissima in cui fu fatto, cioè nei primi di settembre. Anche nel vigneto Di-Letizia non trovarono più. fillossera, ma qui non è da farne caso, stantechè l’infezione era in questo vi- gneto debolissima e sparpagliata. Piuttosto ebbero ad osservare lo stato rigoglioso delle radici, anche più piccole e superficiali, non ostante la fatta iniezione di 140 grammi al m. q. Il profes- sore Targioni notava pure nella corteccia delle radici uno spes- sore ed una durezza insolita e rimarchevole. § 19. — In quanto agli effetti che il solfuro di carbonio può aver prodotti sulle radici, moltissimi altri fatti interessanti ebbi a constatare. Ha già detto nel § 15, come le viti in Riesi, non ostante le iniezioni ed i ripetuti maltrattamenti subiti, non sono morte, e che, nella proporzione del 92 al 94 per cento, hanno rimessi nuovi germogli. Appena questi comparivano, venivano le- vati da apposite squadre di ragazzi, ma subito dopo spuntavano altri germogli, e nella calda stagione, in pochi giorni, giungevano a 60 o 70 centimetri di lunghezza. Sulla fine di ottobre, ed ai primi di novembre, nel fare ricerche sull’ apparecchio radicale delle viti, e sulla probabilità e sul costo delle opere di estirpamento, ho potuto raccogliere alcuni dati in proposito non privi di’importanza. Ove le viti hanno ripetutamente messi nuovi tralci , non ostante la soppressione fattane, ho notato che, tanto nello strato superficiale, come nei più profondi, a 75 centimetri fino ad 1,20, parecchie radici si rivoltavano all’insù, mettendo vigorosi e nu- merosi, germogli, che, dirigendosi verticalmente di basso in alto, tentavano aprirsi una via attraverso il terreno per uscire fuori terra. Oltre questo, ho estirpate molte viti per determinare in esse la quantità di radici vive e di radici morte, onde giudicare fino a qual punto il solfuro di carbonio aveva esercitata la sua azione sull’apparecchio sotterraneo. 507 — Ecco i risultati : I. SAGGIO Viti che hanno ripetutamente germogliato dopo la iniezione a 155 grammi per metro quadrato, ossia 200 grammi per vite Fino a 0. 30 Da 0.30 a 0. 60 Da 0.60 a 1. 25 Da 1.25 a 2 50 Da 2.50 a 3. 00 Da 3.00 a 4. 00 Da 4. 00 | a 5.00 | Media delle man 1 per centi la vite ^ Totale peso delle radici sane gr. 117 803 958 425 114 86 95 [ Per cento di radici marcite. . . . 39 12 6 2 0 0 0 8.4 L Totale peso delle radici sane gr. 520 822 960 421 94 93 92 f Per cento di radici marcite. . . . 5 8 8 3 0 0 0 3.4 3a vite f Totale peso delle radici sane gr. 121 798 894 328 82 73 . . Per cento di radici marcite. . . . 12 24 31 7 0 0 12.3 4a vite , Totale peso delle radici sane gr. 321 833 924 121 1 Per cento di radici marcite. . . . 24 12 8 3 12.0 5a vite < i Totale peso delle radici sane gr. 182 729 894 203 78 1 ' Per cento di radici marcite. . . . 9 12 21 4 0 • • 9.2 6:| vite , ^ Totale peso delle radici sane gr. 224 821 923 180 84 81 88 ^ Per cento di radici marcite. . . . 12 23 4 2 0 0 0 6.0 7a vite < l Totale peso delle radici sane gr. 421 728 894 521 83 91 87 ( Per cento di radici marcite. . . . 14 21 11 3 0 0 0 7.0 8a vite ) 1 Totale peso delle radici sane gr. 131 394 428 391 72 ì Per cento di radici marcite. . . . 24 13 2 1 0 8.0 9a vite ; Totale peso delle radici sane gr. 228 424 891 415 102 ì Per cento di radici marcite. . . . 31 25 12 3 4 15.0 Totale peso delle radici sane. . . 10a vite.) r 321 724 913 512 102 99 . . ■ ì Per cento di radici marcite. . . . 24 31 12 4 7 2 13.3 PROFONDITÀ IN METRI — 508 — II. SAGGIO PROFONDITÀ IN METRI 3 £ 2 Viti che hanno germogliato debolmente o che non hanno germogliato affatto, dopo l’ iniezione alla dose di grammi 155 per metro quadrato, ossia 200 grammi per vite. Fino a 0. 30 Da 0.30 a 0.60 Da 0. 60 a 1.25 ! Da 1. 25 | a 2. 50 Da 2. 50 a 3.00 | Media delle mar per ceni la vite ) Peso totale delle radici . . . . . gr. 539 450 47 . / Per cento di radici marcite. 19 22 4 150 2a vite ) Peso totale delle radici . . . . . gr. 611 373 91 38 ì Per cento di radici marcite. 24 41 14 12 25.0 3a vite < Peso totale delle radici . . . . . gr. 528 489 215 121 77 / Per cento di radici marcite. 38 39 29 31 0 27-0 4a vite ) Peso totale delle radici . . . . . gr. 424 591 348 88 39 ì Per cento di radici marcite. 52 41 38 19 15 33.0 5a vite < Peso totale delle radici . . . 329 684 98 * Per cento di radici marcite. 20 21 8 17.0 a vite j Peso totale delle radici . . . . . gr. 424 513 102 49 Per cento di radici marcite. 21 31 19 4 19.0 Avrei desiderato di fare un numero di saggi ben maggiore, ma il tempo che s'impiega, e le difficoltà che si oppongono a sca- vare le fosse per andar in traccia di radici tanto profonde, stante la durezza del terreno, mi hanno impedito di proseguire. Ad ogni modo, queste indagini, fatte sopra un numero discreto di ceppi^ scelti nelle condizioni più generali della zona infetta, ed in punti diversi, bastano perchè si possa avere un criterio del modo con cui le radici delle viti di Riesi si comportano rispetto al solfuro di carbonio. — 509 — Laddove le viti germogliarono stentatamente, o non germoglia- rono affatto, le radici non si spingono oltre tre metri in profon- dità, la quantità di radici, per ogni ceppo, è assai minore della normale, ed il percento di quelle marcite è maggiore. Questi casi, come già dissi, sono assai scarsi, e, per fare i saggi su esposti sopra sei viti, ho avuto difficoltà a trovare i soggetti. Con tutto questo però non si può conchiudere che, quando il peso delie radici è relativamente piccolo, e che il percento di quelle uccise sta sopra il 15, le viti siano morte. Nelle radici di queste me- desime viti ho osservato, a varia profondità, gli stessi germogli di cui ho detto poc’anzi. Alla primavera prossima comincierebbero certo a mettere nuovi tralci. Nel caso invece più generale di viti, che per nulla dimostrano avere sofferto Y effetto dell’ iniezione, si osserva che esse raggiun- gono colle radici profondità assai maggiori, che l’ apparecchio radicale è molto più esteso, e che il percento delle radici morte è invece assai minore. Ciò poteva benissimo prevedersi, senza il bisogno di questi dati speciali di esperimento. E ben naturale che, quando una vite gei* moglia con forza, deve avere sane tutte o quasi tutte le radici; ma è importante ridurre questa forza vegetativa a dati numerici, perchè meglio si può comprendere quanto è accaduto. E un fatto quindi che le dosi elevate di solfuro di carbonio, fino a 155 gr. il m. q., producono, nelle condizioni nostre normali, pochissimo danno alle radici, e che queste restano sane in tanta quantità, da permettere alla vite di continuare nel suo regolare sviluppo. Oltre ciò, vennero fatte alcune altre prove con dosi ancor più elevate di solfuro, per vedere se si poteva, in qualche modo, ucci- dere un maggior numero di radici. Sopra una superficie di 30 metri quadrati, contenente 14 viti, il 31 ottobre vennero iniettati, in una sola volta 311 grammi di solfuro per m. q., ossia 700 gr. per vite. Dopo 4 giorni, quando da’ saggi fatti mi risultava che solfuro nel terreno quasi più non esisteva, feci abbattere tutta la terra dal lato già aperto di una trincea profonda 1,40, stata preparata espressamente. Così ho potuto raccogliere completamente le radici — 510 — di 6 viti centrali dell’ appezzamento iniettato, giacché, per quelle laterali dei bordi, potevasi temere che non avessero subita l’in- tiera dose. Il peso totale delle radici delle sei viti fu di Chil. 17,150; le marcite pesavano Chil. 2, 150. Vale a dire che queste ultime risultarono nella proporzione del 14, 3 per cento. Un altro saggio, fatto allo stesso modo, sopra 16 viti con tre iniezioni successive, alla distanza di tre giorni 1’ una dall’ altra, in modo da somministrare in totale 900 gr. di solfuro per ceppo, ossia 400 gr. al m. q. , diede i seguenti risultati: Totale peso delle radici delle sei viti centrali Chil. 20, 823 Peso delle radici marcite » 3,414 vale a dire il 16, 4 per cento di radici uccise. La resistenza quindi delle radici di queste viti di Riesi all’azione distruttiva del solfuro di carbonio è una qualche cosa di eccezio- nale, e credo, fino ad oggi, non mai stata osservata in altra loca- lità. E si noti che, in tutte le viti le più belle, sempre si trovano radici marcite, anche senza che sia stato applicato un insetticida qualunque. Per cui non si può dire che le quantità trovate siano intieramente da attribuirsi all’ azione soffocante del solfuro di carbonio. Questi fatti infine servono di conferma a quanto dissi sul finire del paragrafo 15, circa il risultato avuto con una iniezione di 80 gr. al m. q. sopra viti in piena vegetazione. § 20. — Riguardo alla diffusione del solfuro di carbonio nel terreno, ed agli effetti che con essa si possono sperare, non avrei che a ripetere quanto dissi nel mio rapporto sulle esperienze spe- ciali eseguite in proposito a Riesi (1). Volendo riassumere bre- vemente, ecco quanto osservai. Dieci o dodici ore dopo il primo trattamento di 80 gr. al m. q., il vapore di solfuro è già arrivato fino a m. 2, 25 di profondità nel terreno, e, dopo poche ore, si osservano già in quel punto fillossere annerite e morte. (1) Y. Annali d’ Agricoltura 1880, N. 28. — 511 — L’ effetto più completo si ottiene dopo il secondo trattamento di altri 60 gr. , il quale bisogna sia fatto al momento in cui esiste ancora vapore di solfuro nel terreno. In tal caso, si accu- mula in certo modo una dose di vapore nell' aria del terreno da renderla micidiale contro Y insetto, e da ucciderlo completamente fino a m. 2, 25 di profondità. La temperatura elevata del terreno, osservata in Riesi, da 26° a 27°, a 50 centimetri, sui 25° in media, ad 1 m. di profondità, produce una perdita di vapore di solfuro per evaporazione alla superficie del suolo. Ecco i risultati medii delle analisi d’aria, eseguite a tutte le profondità, dopo aver fatte le solite iniezioni, con fori profondi da 30 a 50 centimetri : PER METRO CUBO D’ARIA Grammi di solfuro di carbonio allo stato di vapore, in media, dopo il I TRATTAMENTO ' Il TRATTAMENTO Alla superficie del suolo 3,01 4,50 A m. 0,25 di profondità 6,08 29,64 A m. 0,50 id 5,32 31,92 A m. 0,75 id 6,08 28,88 A m. 1,00 id 7,65 35,72 A m. 1,25 id 4,56 71,22 A m. 1,50 id 4,56 28,24 A m. 1,75 id. 4,56 57,76 A m. 2,00 id 5,32 39,52 A m. 2,25 id. 6,08 9,12 Questi sono i risultati medii di molte analisi. Bisogna notare che, nel corso dei numerosi saggi fatti di giorno in giorno, l’aria — 512 — del terreno si deve essere rinnovata parecchie volte, e che quindi queste dosi debbano, per lo meno, essere duplicate o triplicate, a seconda del tempo trascorso, se si vuole conoscere la quantità reale passata nel terreno. Questo spiega la facilità con cui tutte le fillossere, disposte in appositi tubi sotterra, ed alle succitate profondità, siano morte facilmente in 8 giorni dal primo trattamento, perchè, secondo i dati delle esperienze di Dumas, grammi 7 di solfuro, per metro cubo d’aria, bastano per costituire un ambiente micidiale per T insetto. Il peso specifico elevato (2,645) del vapore di solfuro, e la sua grande potenza espansiva fanno sì che rapidamente scende negli strati più profondi. Questa rapidità, aumentata dall’elevata tem- peratura del terreno, ha i suoi inconvenienti. Basta che detto vapore trovi un crepaccio, od uno strato più permeabile dei circo- stanti, perchè facilmente se ne sfugga. Le esperienze succitate vennero eseguite in un terreno compattissimo, non mai stato scas- sato; eppure, tanto l’esame delle radici fillosserate, poste in speciali tubi sotterra, quanto le analisi d’aria, mi hanno dimostrato che la diffusione non è regolare. Per evitare quindi quest’ inconveniente, bisogna procurare che il vapore di solfuro rimanga sotto terra il maggior tempo possi- bile, onde si vengano a correggere da se le irregolarità di diffu- sione. Nè sarebbe fuori del caso il tentare di raggiungere questo scopo mescolando al solfuro ancora liquido, prima di iniettarlo, sostanze, come il petrolio, l’olio di gondron ecc., che valessero ad inceppare la rapidità con cui il solfuro si evapora. In quanto all’efficacia del solfuro di carbonio, sono certo che ben difficilmente si potrà trovare un’altra sostanza che lo superi o lo eguagli nella sua potenza insetticida ; i risultati che da esso si ottengono, e la prontezza con cui agisce sulle fillossere, hanno, in molti casi, qualche cosa di miracoloso. Solamente non bisogna da esso pretendere più di quanto può dare ; è un vapore che s’ in- filtra negli interstizii aerei minutissimi del terreno ; dove questi mancano, dove cioè le radici delle viti si cacciano in mezzo a — 513 — grosse pietre, approfittando dei sottili strati terrosi che stanno fra Tuna e l’altra, è impossibile pretendere che arrivi il vapore di solfuro a colpire le fillossere, che su quelle radici possono trovarsi. Così pure, quando la terra è disposta a terrazzi sostenuti da muri a secco, e, sul bordo di questi, le viti mettono radici, per quanto si inietti solfuro nella terra, esso, diffondendosi, sfugge late’ ralmente frammezzo alle pietre, e non può rimanere il tempo neces- sario per soffocare tutti i pidocchi. Questi stessi inconvenienti però, ed in iscala forse maggiore, sarebbero presentati da qualunque altro insetticida volatile, quando non possedesse le proprietà venefiche del solfuro di carbonio. Un’ultima cosa sembrami raccomandabile a riguardo delle inie- zioni di solfuro. Le esperienze fatte hanno dimostrato che, con fori d’iniezione non più profondi di 50 centimetri, il vapore insetticida si diffonde in quantità ragguadevolissime, anche al disotto di 1 metro fino a 2 metri e più. Nel caso quindi di viti, che spingono le loro radici a profondità non maggiore di un metro circa, sarà utile, a mio giudizio, tenere la punta del palo iniettatore a non più di 25 a 30 centimetri 'nel suolo, onde evitare che la massima parte del vapore di solfuro se ne vada perduta negli strati sot- tostanti a quello occupato dalle radici. E ciò sarà molto più ne- cessario quando il sottosuolo è ghiaioso e assai permeabile. Resistenza delle viti — Opposizioni incontrate — Appoggio avuto. § 21. — I numerosi fatti nuovi, esposti nei paragrafi precedenti, sullo stato della infezione, sui caratteri da essa presentati e sul modo di comportarsi delle viti rispetto al solfuro di carbonio, dicono di per sè stessi chiaramente come nelle viti di Riesi si debba riconoscere una considerevole resistenza alle punture della fillossera. Il 20 aprile ultimo scorso, in un rapporto presentato al Prefetto della provincia di Caltanissetta, e che fu poi pubblicato nel bul- lettino della stessa Prefettura, mi esprimeva con queste parole a — 514 — riguardo dei reclami vivissimi allora insorti nella popolazione contro le disposizioni del Governo : « Questi reclami, in parte dovuti alla ignoranza ed al timore di non avere nessun compenso per le viti distrutte, in parte dovuti alla credenza che la fillossera sia un male da poter curare come tutti gli altri, senza pregiudizio alcuno per l’avvenire della viti- coltura dell’ Isola, trovano una certa giustificazione nello stato florido e produttivo di quasi tutta la superficie fillosserata. Tranne tre punti ristrettissimi (1), nel rimanente si trova il male sopra viti assai belle, e che, fino alFanno decorso, non solo non diedero segno di deperimento, ma diedero un prodotto affatto normale. Eppure la fillossera vi si trova, ed in tale sviluppo, da dover dire che vi esiste almeno da 4 a 5 anni ; non si tratta di pochi metri quadrati, ma bensì di ettari intieri, che a nessuno potevano lasciar sospettare la presenza di un malanno così grave. Questo fatto, dovuto probabilmente alla profondità a cui si spinge l’apparecchio delle radici, lasciava temere ai proprietari di questa regione che tutte le loro vigne potessero essere infette, ecc. » Quando scrivevo queste parole (il 20 aprile 1880) le viti ancora non avevano che cominciato a germogliare ; eppure questa speciale resistenza si rendeva già manifesta dal semplice esame dei tralci legnosi e dalla quantità di fillossere sulle radici. Più tardi gli studii eseguiti al riguardo confermarono pienamente quel mio giudizio, e numerosissimi fatti sono venuti man mano a pro- vare che, quantunque non si possano ritenere quelle viti assolu- tamente resistenti, pure bisogna ammettere che parecchi anni oc- corrano prima che il deperimento si manifesti con segni esteriori. Sui limiti della zona infetta principale, nel vigneto di Dibilio Napoleone (Tav. I, N. 48) le viti sono tutte di 3 anni, e sono state piantate con barbatelle. Sulle radici di queste viti così giovani abbiamo trovato una tale abbondanza di fillossere, che ci bisognò forzatamente ammettere essere l’infezione dell’età stessa (1) La zona infetta era allora di soli 10 a 12 ettari. delle viti. Eppure quei giovani ceppi portavano foglie verdi in condizioni normali di sviluppo vegetativo, proporzionato all’ età delle viti, senza alcun deperimento esterno. In altro focolare fillosserico di giovani viti, nella proprietà Gucli, regione Castellazzo, abbiamo osservato su 153 viti di 5 anni, tutte in un gruppo, un considerevole deperimento ; però nel- T anno 1880 diedero ancora frutto. Le radici erano così coperte di pidocchi, da dover considerare l’ infezione siccome cominciata all’epoca stessa del piantamento, o poco dopo. D’altronde questo è uno dei pochi focolari, pel quale, come dissi al paragrafo ■ 3, esistono dati positivi circa l’importazione dell’ insetto, mediante magliuoli e barbatelle tratte da luoghi infetti dei Due Palmenti. Abbiamo dunque il caso di viti, giovani di 5 anni, che nacquero colla fillossera, e che, in simili condizioni, al quinto anno sola- mente, manifestano un deperimento rimarchevole. Queste viti inoltre costituiscono una macchia isolata, lontana assai dalle altre del territorio, e posta sul fondo d’una valletta, in un punto ben difeso dai venti, ove solamente per importazione la fillossera può essere venuta. Questo deperimento, ritardato fino al quinto anno di vita della pianta, conferma quanto osservammo nel vigneto Dibilio circa la resistenza dimostrata da viti di 3 anni, ed al tempo stesso è una prova chiarissima del come si debbano comportare le viti adulte di fronte alla fillossera. Ed in vero, se il deperimento tanto ritarda per viti così giovani, cosa dovrà accadere quando la fillossera va a colpire le radici di una vite di 15 o 20 anni, nel fiore del suo sviluppo, e fino a quel giorno rimasta sempre immune da infezione? Questa vite certo dovrà resistere di più, perchè ha già bello e formato il suo apparato radicale, perchè è un individuo più forte, perchè nessun impedimento questo ha trovato nel compiere la sua evoluzione. Mal quindi non mi apponevo quando, fin dai primi giorni, di- chiaravo che le viti di Riesi presentavano una resistenza degna di considerazione. Se giovani viti cariche di pidocchi, in modo dai dover ammettere che furono piantate colla fillossera, riescono — 516 a produrre uva ancora al quinto anno di loro vita, non credo si possa indugiare nel riconoscere come resistente, per 6, 8 o 9 anni, una vite invece quando riceve il germe dell' infezione ad età avanzata. Queste considerazioni, d’ altronde, provano pure che una resi- stenza assoluta alla fillossera è ben lungi dal sussistere ; e, qua- lora anche non bastassero questi fatti, basterebbe ricordare quanto già dissi al paragrafo 2, a proposito di quei diversi punti, spe- cializzati nella Tav. I, ove si osservarono viti deperite. Quan- tunque queste siano in piccolo numero, e piantate in terreni poco profondi e poco adatti, la sofferenza che dimostravano, in confronto ad altre in prossimità non infette, o debolmente colpite, esclude sempre l’idea d’una resistenza assoluta. Sopra questi fatti sono stati fondati i criteri somministrati al perito agronomo per la stima dei danni, da rimborsare ai pro- prietari, per le viti sane distrutte nelle zone di sicurezza, di cui ho parlato al paragrafo 17. Però, anche in un altro modo ragio- nando, si può giungere ad eguale conclusione. Sappiamo che in Francia, dove le viti sono generalmente mu- nite di scarso apparecchio radicale, il quale non giunge a più d’un metro di profondità, e spesso a soli 50 centimetri, e dove le radici si presentano sotto Y aspetto di minute ramificazioni, tranne le prime più vicine al ceppo, la fillossera produce qualche segno di deperimento all’ esterno, fin dal primo anno di sua presenza. Al secondo anno i pidocchi, invadendo quasi intieramente l’apparato delle radici, rendono scarsissima e stentata la vegetazione. Al terzo anno le radici marciscono quasi tutte, e se le viti non sono morte, fisiologicamente parlando, lo sono però economicamente, perchè più non producono. Tanto ciò è vero che quei proprietari viticoltori, abituati ai danni della fillossera, sanno distinguere, dal semplice aspetto esterno delle viti, la macchia di un anno da quella di due, da quella di tre o di quattro, nei casi in cui la robustezza maggiore delle viti loro permette di produrre un anno di più. La descrizione che ho fatta, e le notizie che ho fornite sull’ ap- parato radicale delle viti di Riesi, ci permettono di asserire come* — 51? — ta,frto per la sua estensione, quanto per la robustezza degli eie* Menti - di cui si compone, esso apparato sia almeno il triplo di quello delle viti francesi. Se quindi tre anni occorrono in Francia per la completa distruzione economica della vite, credo di non esa- gerare con dire che 8 a 9 anni debbono essere necessari per le viti di Riesi. E si noti che, in questo calcolo, è tenuto conto semplice- mente dell’ estensione delle radici, lasciando da parte la questione della resistenza speciale, che la durezza* e lo spessore della loro corteccia potrebbero di per se sole esercitare (Vedi paragr. 18). E invero, che così si debba considerare il procedimento, con cui va estendendosi sull’ apparato delle radici l’ infezione fillos- serica, ce lo dimostrano altri fatti. Come dissi a proposito dei caratteri dell’infezione V(Y. paragr. 6), la fillossera tende a localizzarsi, non solo sulla prima vite colpita, ma sopra una parte sola dell’ apparecchio radicale, fintantoché questa non sia esaurita. In casi frequentissimi di viti in piena e rigogliosa vegetazione, con radici stracariche d’insetti, ho sempre trovate sullo stesso ceppo, e frammiste alle prime, altre radici in istato perfetto senza pidocchi. Se dunque la fillossera passa gra- datamente da un ramo all’ altro della radice, col suo graduale moltiplicarsi, è evidente che assai lentamente, e solo in un tempo proporzionale alla superficie totale delle radici, essa potrà far perire le viti. La resistenza insomma, che le viti di Riesi presentano alla fil- lossera, è qualche cosa d’analogo a quella che le stesse viti dimo- strano rispetto al solfuro di carbonio ; questo come quella non uccidono la vite fintantoché non interessano che una parte del- l’apparato radicale. § 22. — Questa particolare resistenza delle viti, in grazia della quale estesi vigneti non potevano presentare segno alcuno di de- perimento, e pure per la presenza dell’insetto si dovevano distrug- gere, fu la prima cagione delle opposizioni insorte nei Riesani contro l’opera del Governo. Quei coltivatori non potevano per- suadersi che si trattasse di un male così grave, da dover ricorrere ai mezzi estremi della distruzione-, e d’altra parte, siccome a loro ss — 518 — non appariva alcuna differenza fra viti sane e viti fillosserate, temevano che lo stesso malanno potesse sussistere in tutti i vigneti della contrada, e che perciò tutti dovessero subire a poco a poco la distruzione. * A ciò si aggiungeva anche il timore di non essere indennizzati equamente, o troppo tardi forse, dei danni che l’esecuzione della legge loro cagionava. Le prime vigne distrutte appartenevano tutte a piccoli e poveri proprietari, che in esse vedevano Tunico mezzo di sussistenza ed il loro avvenire. Abituati a veder giun- gere di solito molto tardi, e spesso parecchi anni dopo, i com- pensi per opere di pubblica utilità, quando queste sono causa di espropriazione di terreni, li sgomentava l’idea di rimanere senza vigna e senza risorse. Egli è perciò che, fin dai primi giorni, mi accorsi che, per eli- minare queste difficoltà, bisognava far in modo che prontamente, a titolo di acconto, venisse pagata una parte dei danni cagionati ad ogni singolo proprietario. Feci subito opportune pratiche al riguardo, e presso il Ministero, e presso il Prefetto, perchè almeno la metà dell’ammontare delle perizie fosse pagato. Il Ministero subito aderì per la parte sua; le pratiche continuarono per otte- nere la stessa adesione per conto della Provincia. Frattanto il tempo passava, indennità non si pagavano (1) e la distruzione continuava. Anche i proprietari, maggiori benestanti del paese, che tanto bene avrebbero potuto fare coi loro buoni uffici verso i piccoli e poveri ignoranti, con la massima veemenza si associarono agli oppositori. Nè mancarono i maligni, che pur comprendendo di che si trattava, andavano spargendo sinistre voci sul conto di chi era esecutore diretto della legge, e mettevano in dubbio l’obbligo dei compensi ai proprietari. Secondo i maligni la fillossera nessun male produceva, nè poteva produrre ; era una pazzia distruggere le viti, bisognava adottare tutt’al più qualche (1) Il pagamento non poteva farsi perchè le perizie non erano state ac- cettate nè dalla Deputazione provinciale, nè dal Ministero, atteso la loro esagerazione: e, se furono dati acconti, fu semplicemente per acquietare gli animi. (Nota del Ministero). 1 — 519 — metodo di cura, e fingevano di non comprendere che tutto quanto ii Governo aveva disposto di fare, era allo scopo d'annientare la fillossera nell’interesse principalmente dell’Isola, e non del solo Kiesi. Quasi come isolatile chiusi nel loro territorio, fingevano di non conoscere i reclami e le istanze vivissime che, con vera frenesia, sotto ogni ogni forma, e per mezzo di tutte le rappre- sentanze, venivano fatte da tutti i comuni viticoli, e da tutte le amministrazioni delle altre provinole Siciliane, per una pronta ed immediata distruzione. Strano era il contrasto che ferveva in quei primi giorni. Da un lato ferro e fuoco si voleva, e colla prontezza del fulmine, dall'altro metodi curativi, studi e ricerche, rispettando le viti. Intervenne, com’è naturale, anche la stampa. Non mancarono i soliti inventori di rimedi, che, senza avere mai ‘vista la fillos- sera, senza conoscere punto quella enorme serie di studi, che, in fatto di rimedi, si sono eseguiti da 20 anni a questa parte, e se- gnatamente in Francia, si credono proprio venuti al mondo col bernoccolo della fillossera per salvare l'umanità, e colla più grande ingenuità immaginabile, propongono nuovi insetticidi infallibili, mentre si tratta, per lo più, di sostanze già sperimentate, sulle quali sono già stati stampati rapporti sfavorevoli, che quei signori inventori non hanno avuto il tempo di leggere. Del rimanente, la stampa rappresentava le stesse idee che si andavano dibattendo fra le persone, cioè distruzione e non di- struzione ; e fin qui, la polemica essendo rimasta nei limiti di una semplice discussione, quantunque vivissima, nulla ho da dire. Ma di molto maggior male invece fu causa un’altra stampa di- sonesta, che si scagliò ripetutamente contro le persone dei de- legati, attaccandoli in quanto possono avere di più geloso, fa- cendo credere che la fillossera non era fillossera, ma un semplice pretesto di bassa speculazione dei delegati stessi. E su ciò faccio punto, perchè temerei di sporcare queste pagine coH’iii trattener- mene maggiormente. Data questa condizione di cose, data una popolazione di pic- coli e, per lo più, ignoranti proprietari di vigneti, che si vedono — 520 — sparire tutte le loro risorse, e !e loro speranze, senza compren- derne il perchè ; incapaci di capire cosa può essere una legge, ed il dovere che incombe di eseguirla; abituati a non riconoscere altra autorità fuorché 'quella della persona ; privi intieramente di una parola di conforto e di rassicurazione per parte di coloro in cui, per vecchia abitudine, sogliono riporre intiera e cieca fiducia, è ben naturale che essa popolazione dovesse trascendere ad eccessi deplorevoli. Cominciarono quindi reclami d’ogni natura al sindaco, al Pre- fetto, al Ministero ed al Delegato speciale per la distruzione della fillossera, poscia libelli e lettere minatorie all’indirizzo di quest’ul- timo, ed infine dimostrazioni di piazza con grida e schiamazzi contro i provvedimenti adottati, e contro chi li eseguiva, tanto da obbli- gare le autorità ad accorrere sul luogo, per tema di vedere l’ordine pubblico compromesso. Ma, per le ragioni dette dianzi, io credo che quella popolazione debba essere più compatita che condannata; le condizioni in cui si trovava, le incertezze da cui era circondata, ed il contegno della stampa dovevano produrre tali effetti. Questa serie di avvenimenti si sviluppò dai primi di marzo fino alla fine di maggio, quando, per la riunione della Commis- sione consultivi al Ministero, la mia partenza per Roma, avendo avuto luogo due o tre giorni dopo le dimostrazioni di piazza, fu creduta generalmente un atto di riparazione al mal fatto ed una punizione a me inflitta dal Governo. Quest’idea calmò gli animi irritati; ma questa calma sarebbe stata nuovamente compromessa se, col mio ritorno a Riesi, non fossero pervenute al sindaco le somme necessarie per pagare acconti ai proprietari più bisognosi. Quella distribuzione di danaro, non tanto perchè molti vera- mente ne abbisognassero, ma principalmente perchè essa smentiva i dubbi insorti a riguardo delle indennità, produsse il magico effetto di sedare ogni apprensione, come appunto avevo io stesso preveduto fin dai primi giorni. Da quell’epoca in poi tutto cam- minò regolarmente, senza ostacoli di sorta. Se da un lato si ebbero a lamentare inconvenienti di questa natura, dall’altro però non mancò mai l’appoggio vigoroso e pronto — 521 — delle autorità locali. Ed innanzi tutti debbo mettere il Prefetto della provincia, comm. Quintino Movizzo, il quale, in mezzo alle infinite noie che questo servizio gli procurò, per provvedere i fondi necessari alle spese, per i trasporti del solfuro di carbonio, per i reclami frequentissimi, che tanto a voce quanto in iscritto gli venivano diretti d’ogni parte, e per tutti i lavori amministra- tivi che la legge sulla fillossera gli affida, seppe sempre interve- nire a tempo, sia per càlmare gli eccessivi ardori dei malcon- tenti, sia per reprimere colla sua autorità chi tentava rendersi ribelle od incepparne l’esecuzione dei provvedimenti governativi. Anche il sotto-prefetto del circondario, cav. Giovanni Plescial si prese molto a cuore la questione, tenendosi minutamente sem pre informato di tutto, ed intervenendo sul luogo per incarico del Prefetto nei momenti in cui le opposizioni e le difficoltà erano giunte al colmo. Una parola di vivissimo ringraziamento è pure dovuta al co^ onnello Pallavicini, comandante il 6° reggimento fanteria in Caltanissetta, il quale permise, non solo che i soldati del distac- camento di Riesi facessero servizio di vigilanza nelle zone fillos- serate, ma ne aumentò il numero successivamente, ed a misura che il bisogno lo richiedeva. La sorveglianza continua in questo modo e con quel rigore, che la disciplina militare impone, dai primi di marzo fino al 15 di luglio, quando per ragioni che non posso discutere, e che debbo anzi rispettare, siccome inerenti al servizio militare, i soldati dovettero lasciare i loro posti di sen- tinella ai campi fillosserati, per fare invece servizi di pattuglia (1). Anche il tenente dei reali carabinieri signor Robbotti, coman- dante le stazioni del circondario, volenterosamente si offerse per quanto poteva al servizio della Delegazione, cogli uomini di cui in Riesi poteva disporre. E la Delegazione, che ne approfittò in vario modo, ed in differenti occasioni, è lieta di attestare la. sua riconoscenza anche a quest’arma rispettata e benemerita. (1) Il servizio di vigilanza venne diretto dai tenenti Girardi e Bovier, quello di pattuglia dal sottotenente Luno, tutti del 6° fanteria. — 522 — Proposte intorno alle operazioni invernali da eseguirsi. Estensione probabile dell’invasione. Opinioni sui lavori fatti e su quelli da farsi in avvenire. § 23. — Tutto quanto ho esposto in questo rapporto, a riguardo dei lavori compiuti, non è altro fuorché una parte solamente delle operazioni, che si dovrebbero compiere per la completa distru- zione della fillossera. Dopo le iniezioni, per quanto accurate esse siano, non si può pretendere d’aver distrutti tutti i pidocchi; per condizioni spe- ciali di terreno, e di apparecchio radicale, abbiamo visto coll’espe- rienza fatta che si realizzano circostanze tali, le quali si oppon- gono all’azione completa di qualunque insetticida distribuito nel terreno. Bisogna quindi uccidere le viti, disorganizzarne le radici, e con questo obbligare l’insetto a morire per mancanza di pascolo. È un problema questo arduo assai, in qualunque condizione si trovino le vigne fillosserate, difficilissimo poi nelle condizioni speciali di Riesi. Gli esperimenti, fatti per uccidere le radici con prolungate e ripetute iniezioni di solfuro di carbonio a dosi eccessive, fino a 900 gr. per vite, ossia 400 gr. per in. q., hanno dimostrato essere impossibile raggiungere lo scopo, compatibilmente colla spesa cui si può ragionevolmente andare incontro (vedi § 19). Un’iniezione di tal fatta, eseguita in tre volte, costerebbe L. 2000, per ettaro, di solo solfuro (40 quintali), oltre ad altre 800 lire almeno di mano d’opera e direzione. Poco ancora sarebbe se si potesse con ciò far putrefare tutte le radici, ma invece ne siamo ben lontani ; bisognerebbe aumentare ancora le dosi, tanto forse da spendere più di quanto può costare qualunque altro procedi- mento distruttivo applicato direttamente alle radici. Perciò, e per quanto fino ad oggi si conosce sull’ argomento, non resta altro a fare fuorché lo scasso del terreno, l’estirpamento — 523 — e V abbrjiciamento di tutta la parte sotterranea delle viti, sia essa sana o fillosserata. E un’ operazione che completa non riesce mai; qualche frammento di radice può sempre rimanere nel suolo, e da questo frammento a poco a poco sorge un’ altra nuova vite, in modo da offrir pascolo alle poche fillossere sfuggite alla distruzione. Quanto dissi sull’ apparato radicale delle viti di Riesi (vedi § 5 e 6) basta per lasciar intravedere le enormi difficoltà che un lavoro d’estirpamento può presentare. Ho voluto però persua- dermi del tempo che si impiega, e della mano d’opera necessaria, e per questo ho eseguiti alcuni saggi in varii punti delia zona infetta principale dei Due Palmenti. V Saggio. — Vennero fatte due fosse una lunga metri 6,45 larga 1,80; l’altra 6,35 per 3,25; ambedue profonde 1,25 ; vale a dire un movimento di 40,300 metri cubi di terra. Furono necessari per ciò 4 picconieri e 4 altri uomini col badile per 15 ore. In inverno la giornata d’ un uomo non può calcolarsi più di 8 ore; per cui 2 uomini, uno col badile e 1’ altro col piccone, hanno fatto un lavoro di 5,373 metri cubi in un giorno. 2- Saggio. — In altro punto, con terreno della stessa natura, 8 operai disposti come sopra hanno potuto fare una fossa lunga 8,22, larga 2,40, profonda 1,15 in ore 8 */,• Due operai, uno col piccone e l’altro col badile, hanno dunque potuto muovere m. c. 5,338 di terra in una giornata di 8 ore. 3° Saggio. — In altro punto, con terreno molto compatto, ma della stessa natura del precedente, lavorando per ore 8 '|2, nove operai, 5 col piccone e 4 col badile, hanno potuto scavare una fossa lunga 20 metri, larga 1,50 profonda 0,90, vale a dire m. c. 27. Perciò due uomini, come precedentemente abbiamo detto, avreb- bero scassati metri cubi 5,647 in un giorno. 4° Saggio. — In altro terreno, con sottosuolo sassoso, vennero scavati m. c. 21,690 in due fosse distinte, e risultò un lavoro di m. c. 4,820 per due uomini in 8 ore, sempre nel modo sopra descritto. 5° Saggio. — Le prove fatte fin qui consistono tutte nello scavare larghe fosse profonde; bisogna non solo muovere la terra ma anche — 524 innalzarla c toglierla dalla fossa; sarebbe il lavoro che occor- rerebbe per r estirpamento di piccoli focolari. Quando invece viene aperta una lunga fossa7 in modo da costituire una trincea, il mo- vimento della terra è più spedito, ed anche il lavoro di scasso è più facile. Operando in questo modo, si hanno risultati migliori, ed ecco difatti alcuni dati ricavati dall’ esperienza. Aperta una fossa lunga metri 9, larga 3, profonda 1,50, ho dispo- sto nell7 interno di essa 8 picconieri e 4 operai col badile, per spo- stare le pietre ed i materiali che i primi andavano man mano scavando contro il muro di terra che loro stava di fronte. La- vorando in questo modo in trincea, non ostante si, trattasse d’ un terreno molto duro e ricco di grosse pietre, si, procedette più ve- locemente. In una giornata di 8 ore di lavoro, la fossa si allargò di m. 3,20; si fece così un lavoro di m. 9,00 per 3,20. per 1,50, ossia di m. c. 43,200. Ogni picconière ha così fatto un lavoro di m. c. 5,400 in otto ore, coll’aiuto di un altro operaio, munito di badile, che serviva anche il suo vicino. Yale a dire che, con un uomo e mezzo, e con questo sistema, si è fatto un lavoro mag- giore di quello che si ottiene nelle fosse con 2 uomini. Oltre questo, calcolando il lavoro di trasporto e d’ abbrucia- mento delle radici, non sarà lontano dal vero il dire che, per 5 metri cubi di estirpamento, occorre il lavoro di 2 uomini in una giornata, ossia L. 4. Di sola mano d’opera, un metro cubo costa dunque cent. SO, al che mi limito ad aggiungere cent. 5 per ri- parazioni e consumo degli strumenti. § 24. — È facile, su questi dati di fatto, fare il preventivo della spesa di un totale estirpamento dei focolari di Riesi. Anche per soli 30 ettari, uno scasso di 2 metri cagionerebbe un movimento di 600 mila metri cubi, i quali a L 0,85 importerebbero una spesa di L. 510,000, senza tener conto delle indennità ai delegati per la direzione e sorveglianza fi). (1) Furono calcolati soli 2 metri di scasso siccome profondità media, giac>- in alcuni iuoghi, le viti non si profondano più di 1,50, ed il caso di radici a profondità maggiori di 3 metri si dà soltanto in terreni buoni ed in ge- nerale' dove l’infezione è debole. ■ — 525 — Ora io tion credo che le condizioni attuali delle vicende fil- losseriehe- debbano imporre un simile sacrifizio, quando con esso non siamo neanche certissimi d’ arrivare ad interamente soffocare il male in quella sola località. Una spesa di 17,000 lire all’et- taro, quale sarebbe appunto quella causata da una tale opera- zione, parafi debba impensierire, e soltanto la troverei giusta nel caso di infezioni limitate, e dove si può avere speranza, od in- dizio abbastanza certo, che il male sia localizzato ai primi foco- lari scoperti. Alle ultime riunioni di giugno della Commissione Consultiva per la fillossera, prevedendo la grave spesa dell’estirpamento, avevo già dichiarato che non intendevo assumermi la responsabilità di proporla, ed ora mi trovo perfettamente nel caso di mantenere lo stesso avviso. Anzi allora almeno mi rimaneva la speranza che, con trattamenti speciali ed eccessivi di solfuro di carbonio, si sarebbero forse potuto distruggere le radici completamente, soffo- cando così e vite e fillossera ; ma ora invece V esperienza, pur troppo, mi ha fatto vedere che con questo sistema non si può sperare di raggiungere un utile scopo Nei giorni, in cui a Riesi ebbi l’onore della visita dei signori com- mendatori Miraglia e Targioni, la difficoltà di prendere una riso- luzione sul da fare per quest’inverno fu oggetto di discussione. Dopo avere ben bene esaminato lo stato delle cose, questi signori ammettevano la possibilità dell’ estirpamento totale in taluni fo- colari della regione Ficuzza, ove il terreno non è duro, e le viti sviluppano poche radici ; ma, per quanto rifletteva la totalità del territorio infetto, inclinavano piuttosto ad un estirpamento parziale sussidiato dalle iniezioni. Ecco, in poche parole, il progetto che mi formulava lo stesso prof. Targioni : Giunto il tempo adatto per le opere invernali, fare uno scasso a 50 cent, nel terreno su tutta la zona infetta, estirpando e di- struggendo col fuoco tutto quanto di radici o di ceppi si può incontrare. Lasciare aperte le fosse e, nel fondo di esse, ripetere le iniezioni nei luoghi, ove il lavoro stesso di scasso ne avrà di- mostrata la necessità, per riscontrata presenza di fillossere. In tal — 526 — caso, se le radici rimaste nel terreno muoiono, periranno pure le fillossere; diversamente si ripiglieranno le iniezioni su tutta la zona, e se ne faranno tante quante basteranno per fare imputridire le radici. (1) (1) A Riesi non fu presa alcuna definitiva risoluzione dai signori Targioni e Miraglia. Esaminato attentamente lo stato delle cose, vennero sottoposti a discussione i metodi diversi che avrebbero potuto adottarsi. Più tardi il Ministero, di pieno accordo col detto professore Targioni, dava le necessarie istruzioni, sul modo di eseguire i lavori invernali, con la nota del 29 di- cembre 1870, n. 27,812. « In seguito all’ispezione compiuta a Riesi dal Direttore dell’agricoltura, e dal Presidente della Commissione consultiva per la fillossera, questo Mi- nistero ha deciso che nei vigneti, distrutti costà a causa della invasione fil- losserica, debbano essere eseguiti i lavori seguenti : l0- Disfacimento dei muli a secco là ove esistono; 2° Estirpamento delle viti nei modi e eoi mezzi che verranno qui ap- presso indicati. Mi è noto che costà, nei campi fillosserati, si trovano dei muri a secco; mi è noto puranche come l’effetto insetticida, raggiunto sulle viti prossime ai medesimi, sia affatto incompleto. È perciò che i muri medesimi debbono essere disfatti per tutta la loro altezza e per m. 1,50 misurati dal ciglio del muro verso la terrazza. Sia ABC I) una sezione della terrazza, B C il muro a secco che la sostiene. Bisogna disfare il prisma rettangolare, la cui sezione è a B C ht e la cui larghezza è la larghezza stessa della terrazza. Mentre degli operai robusti, muniti di piccone e zappa, scassano il terreno, bisogna vi siano dei ragazzi che raccolgano scrupolosamente tutte le radici, le quali devono essere bruciate, dopo che furono osservate per accertarsi della presenza od assenza della fillossera, della quale cosa occorre sia presa esatta annotazione. Per ogni sei operai robusti bastano 2 ragazzi, i quali possono essere addetti anche al trasporto delle pietre. Si curi che una parte del terreno, prima che si scassa, sia messa nella terrazza che il muro a secco sosteneva, e parte nella terrazza inferiore. Pel trasporto si faccia uso di cofani. Siccome i muri a secco devono esser rifatti, ed il terreno messo nella sua primitiva posizione, è necessario che venga curata la divisione del lavoro e — 527 — Sarebbe questa una via di mezzo; sarebbe un tentativo per veder di ottenere, col solfuro di carbonio, quello che si vuole coll’ estirpa- mento, aiutandone però Fazione, tanto con diminuire l’.apparec- creati, se non si trovano, degli specialisti, per la costruzione delle terrazze. A mano a mano die si ricostruisce il muro a secco, si riempie lo spazio vuoto prima del terreno accumulato nel piano della terrazza inferiore, e poi in ultimo soltanto di quello accumulato nella terrazza superiore. Sulla superficie del terreno cosi scassato e rimesso in posto, si fanno pas- sare dei rulli che spedirò fra poco, rulli che servono alla compressione del terreno. Giorno per giorno, nel consueto telegramma, desidero di essere informato della cubatura del terreno scassato e rimesso in posto, e del numero degli operai che occorse per fare il lavoro, operai divisi in adulti e ragazzi. Raccomando assai che la costruzione dei muri a secco sia fatta regolar- mente, poiché, quando sono ben costruiti, si evitano i danni delle frane e ulteriori spese. Non appena avrà terminato lo scasso e la ricostruzione delle mura, rico- struzione che deve esser fatta immediatamente dopo lo scasso, e preferibil- mente nello stesso giorno, può passare al lavoro di estirpamento delle viti L’estirpamento delle viti deve esser fatto nel modo seguente: X X X X X x X x Rappresento le viti col segno X e immagino, come esse si trovane costà, a filari. Ora lo scasso non deve esser totale, ma parziale, secondo le linee A B C, per la larghezza di 60 centimetri. Dall’uno e dall’ altro late delle viti si scassi il terreno per 30 centimetri e l’operaio lo tiri molto in- dietro, in modo da aver dietro di sé un vuoto lungo un metro almeno, e largo 60 centimetri, cioè la larghezza della striscia di terra per cui si fa lo scasso, e profondo 90 centimetri, profondità a cui bisogna fare lo scasso — 528 — chio radicale delle viti, quanto col togliere uno strato di terreno ragguardevole, e facilitare così T espandersi del solfuro di carbonio negli strati più profondi. della striscia di terreno. Procedendo a questa maniera, si mette a nudo il ceppo delle viti fin là ove arriva l’estremo del magliolo, da cui la vite prese origine, e dove si attaccano le radici più profonde. Giunti a questo punto un colpo di zappa, della stessa zappa che si adopera per scavare, è sufficiente per recidere il ceppo. Il ceppo reciso viene gettato indietro dall’operaio sulla striscia non smossa, e là può venire osservata dai Delegati fillosserici per assicurarsi della pre- senza od assenza della fillossera, cosa di cui bisogna tenere esatto conto. Considerando la durezza dei terreni costà, preveggo che per raggiungere la profondità di 90 centimetri, dovrà ricorrere all’ uso dei picconi, oppure del bidente attaccato alle zappe di esplorazione. Raccomando però che le zappe, che gli operai devono adoperare, siano robuste ed a lama stretta , inquantochè con queste si ha bisogno molto raramente del piccone. Rappresento con ABC un vigneto distrutto, avente l’ inclinazione del suolo nella direzione indicata dalla freccia. D X X X X X X X X X X X X X X X X II ? X X X X I 1 X X T X X X X X X X Nel fare lo scasso a solchi, del quale ho parlato or ora, non faccia i solchi nella direzione della freccia, ma in una direzione a questa perpen- dicolare, altrimenti lo scolo delle acque, dietro le piogge, solcherebbe, e prò. fondamente, il terreno. Fatto lo scasso a strisele trasversali, per comprimere il terreno adopererà il rullo, di cui ho detto precedentemente. La forza motrice, che dovrà ado- perare per mettere in moto il rullo le sarà a suo tempo indicata. — 529 — Alcune obbiezioni debbo fare a simile progetto. Le radici che si tolgono, col fare uno scasso a 50 centesimi, sono ben poca cosa in confronto di quanto rimane nel terreno. Basta dare una oc- chiata alle tabelle del paragrafo 19 per persuadersene. Lo strato di terra che si esporta permetterebbe di guadagnare 50 cent, nella profondità del foro di iniezione, e ciò, nella maggior parte dei casi, non sarebbe punto un vantaggio, perchè, secondo le espe- rienze fatte sulla diffusione del solfuro, il vapore insetticida ver- rebbe, in massima parte, portato al disotto di 1,50 dal livello primitivo del terreno, dove cioè cominciamo ad avere il minimo Anche per questo lavoro dello scasso parziale, nei modi e coi mezzi che le ho indicati, mi dirà giorno per giorno, a suo tempo, la cubatura scassata ed il numero degli operai per essa impiegati. Lo scasso delle mura può essere principiato fin da ora; in seguito, sarà fatto lo scasso parziale su tutti i vigneti distrutti. Raccomando assai la vigilanza del lavoro, e che il numero degli operai non sia maggiore di 100. Ogni Delegato sorvegli un gruppo di operai. Raccomando ancora che il prezzo degli operai non sia esagerato, inquan- tochè ora è possibile realizzare dei risparmi, in vista della mancanza di lavoro, e quindi della non facile concorrenza. Voglia darmi ricezione deUa presente. » A proposito delle disposizioni pei lavori invernali a Riesi, si trova oppor- tuno di qui riportare il seguente brano tolto dalla Relazione del Commissario signor Covelle sulla Fillossera nel Cantone dì Ginevra nel 1880: « Un examen minutieux de ces racines nous permit de supposer que le sulfure de carbone avait entièrement tué la vigne. Aucune racine ne con- servai de parties saines; ce bois était rouge-brun et commencait à pourrir, il se cassait facilement et il n’y avait pas lieu de craindre que, laissées en terre, les radicelles profondes repoussent l’année suivante. Le méme examen nous montra qu’aucun phylloxéra ne se trouvait sur les racines profondes; l’insecte avait été tué dans ses stations d’été, c’est-à-dire qu’il n’avait pas pu deseendre sur les racines inférieures. « Après en avoir discutè avec MM. Patry et Jaeger, je proposai à la Com- raission cantonale d’arréter le minage à une profondeur de soixante-dix à quatre-vingts centimètres, c’est-à-dire à la profondeur où s’arrétent les raci- nes grosses et moyennes, puis d’injester, par surcro'it de précaution, le fond du fossé d’une nouvelle dose de cinquante grammes de sulfure de carbone, par mètre carré de surface. Cette proposition, qui procurai sans danger une notable économie de maiu-d’oeuvre, fut adoptée par la Commission canto- nale et le minage se continua ainsi. » — 530 — di radici da attaccare (1). L’unico vantaggio che questo scasso arreca è in quei casi, in vero limitatissimi, di coltivazioni sopra terrazzi con muro a secco, ove il solfuro non fa grande effetto. Nella zona infetta di Riesi questi muri sono rari non solo, ma così piccoli, che con uno scasso di simile profondità, vengono distrutti, ed allora il vapore di solfuro fa meglio sentire la sua efficacia. Infine bisogna considerare che, come dissi nel corso di questo scritto, abbiamo in parecchi punti un sottosuolo molto ricco di sassi, i quali per lo più cominciano a comparire dopo un metro di profondità. In simile condizione trovansi pressoché tutti i fo- colari di potente infezione, per cui nulla si ottiene con uno scasso di 50 centimetri; gli effetti dell’ iniezione resteranno sempre in- completi per la presenza delle pietre. In questi casi speciali, un simile lavoro sarebbe troppo poca cosa, e di nessuna efficacia; mentre lo stesso scasso, eseguito in terreni buoni con infezione spar- pagliata e debole (come si verifica per la massima parte del territo- rio), è, a mio credere, un lavoro superfluo, per le suddette ragioni. Quale sarà dunque il sistema da preferire? In mezzo a tante difficoltà, non è certo facile il fare una proposta; però, basandomi su quanto ho ripetutamente osservato, sulle impressioni ricevute, e sul concetto che mi sono formato dello stato delie cose, panni che si possa seguire un’altra via, che conduce allo stesso scopo, con minori difficoltà. § 25. — Partendo dal principio che P infezione di Riesi è in- tensa soltanto in pochi punti, quelli indicati con stellette rosse nella tavola I, che questi punti rappresentano gruppi di poche viti, per lo più in terreno sassoso, dove il solfuro di carbonio non può agire con tutta la sua potenza, mentre nel rimanente l’infe- zione è più debole assai e generalmente sparpagliata, io crederei (1) Vedi paragrafo 20, ove si dimostra come la massima parte del vapore ' di solfuro stia al disotto di 1 metro, dopo [specialmente il secondo tratta- mento. Se si guadagnano 50 centimetri coll’ abbassare il livello del terreno da iniettare, ciò, cbe succedeva prima sotto 1 metro, succederà sotto 1,50 ; avremo cioè, sotto questo limite, i massimi di vapore insetticida (39; 57: 71) preci- samente dove scarseggiano la radici. opportuno dì eseguire Festirpamento totale in questi focolari spe- ciali soltanto; poiché, senza di esso, quivi non arriveremo mai colle iniezioni, nè ad uccidere le radici, nè a distruggere tutti gli in- setti, a causa delle condizioni del sottosuolo. Ho preso nota della estensione di questi focolari principali, che si dovrebbero estirpare, e mi è risultato quanto segue: Nella proprietà Calamita m. q. 3,696 Id. La Monaca » 784 Id. Russo » 512 Id. Di-Lorenzo » 428 Più 6 altri piccoli centri di circa 100 m. q. ciascuno, in complesso » 700 Totale in. q. 6,120 Su questi 6,120 metri quadrati si dovrebbe fare F estirpamento totale con scasso a 2 metri, in media. Oltre ciò, nei recenti focolari della regione Ficuzza abbiamo sopra una estensione di 3,400 metri, una infezione pure molto potente, e che meriterebbe lo stesso trat- tamento, però sono viti assai deboli, poco profonde, non più di un metro, e per di più il terreno è facilissimo a scassare. È un lavoro da non confondersi col primo, sia per le minori difficoltà tecniche, sia per la spesa assai minore. Pel rimanente della zona infetta, io crederei che si possa far a meno di qualunque estirpamento, anche parziale: solamente do- vrebbesi proseguire con abbondanti applicazioni di solfuro. Uno scasso di 50 centimetri non produce vantaggi di grande rilievo e costa molto, mentre lo, stesso effetto puossi raggiungere conti- nuando ad iniettare le viti troncate, quali attualmente si trovano, allo scopo di soffocare gli insetti che ancora esistono, e di uccidere anche le radici, se sarà possibile. Tanto nel primo, come nel se- condo caso, avremo le stesse difficoltà per far marcire le radici, e per far sparire tutte le fillossere ; giacché, come già dissi, 50 centimetri di scasso non servono che ad estirpare una porzione limitata di radici, e in quanto all’ azione del solfuro c- è più scapito che vantaggio. Perchè dunque non si potrà far a meno di questo lavoro? Se le radici debbono morire per effetto del solfuro di carbonio, ciò potrà aver luogo tanto nel primo — 532 — come nel secondo caso. In quanto poi alla loro morte spontanea non credo, nè è ragionevole il supporre che, coll’aver esportata la parte aerea e porzione della sotterranea delle viti, le gemme sot- terranee delle radici debbano perciò cessare dal germogliare e produrre nuove viti, come ebbi ad osservare ripetutamente (vedi § 19). Ma si domanderà, perchè dunque si sono distrutte le viti? Non si poteva, fin da principio, operare in tal guisa? Non si poteva, perchè quei numerosi fatti, riconosciuti nel corso delle operazioni, e che ora ci additano una via un po’ diversa, erano del tutto ignoti. D’altra parte, non si poteva a meno di far omaggio alla volontà del paese, sì decisamente manifestatasi, il quale pretendeva, come ancora pretende, 1’ applicazione la più rigorosa di quanto di meglio la pratica- fatta altrove ci può insegnare. L’avere esportata la parte aerea delle viti non fu un errore ; anzi fu opera utilissima per porre ostacolo allo sviluppo esteriore dell’ insetto, ed impedirne la propagazione a distanza. Lasciando anche da parte gli alati, sul cui ufficio oramai non . si fa più grande assegnamento, nelle zone infette di Riesi, ho ripetutamente osservate colonie di fillossere, delle radici sotto la corteccia del ceppo fino a 10-12 centimetri fuori terra. Per esperienze fatte in altri paesi, sappiamo che queste fillossere montano anche sui tralci e; sulle foglie, donde il vento poi le trasporta facilmente a grandi di- stanze. Il distruggere quindi 1’ apparato esteriore della pianta, e 1’ imbiancamento dei monconi con calce, come appunto si è fatto, hanno precisamente per effetto di contrastare alle fillossere ogni mezzo d’uscita dal suolo. Perciò non solo trovo utile il fin qui fatto, ma ritengo che, nel tempo stesso in cui si continuerebbero le iniezioni di solfuro di carbonio nel terreno non scassato, si dovrebbe pur continuare ad incalcinare ripetutamente i ceppi, ed a sopprimere i germogli che nascono da questi. Forse parecchie viti moriranno con questi pro- lungati trattamenti, altre no ; siamo cioè nella stessa condizione di iniezioni eseguite dopo uno scasso parziale. — 533 — E questo lavoro fino a quando dovrà proseguire? Si segua l’uno, si segua l’altro sistema, si potrà cessare soltanto quando o si crederà d’aver distrutte tutte le fillossere, o si saranno effet- tivamente disorganizzate tutte le radici. Non credo che 1’ uno, piuttosto che F altro dei sistemi, ci debba portare più presto ad uno di questi risultati. Anzi io ritengo che la spesa, che si do- vrebbe fare per uno scasso ed estirpamento a 50 centimetri su tutta la zona, convertita invece in solfuro di carbonio iniettato, potrebbe darci risultati molto più completi circa la totale distru- zione delle fillossere. Bisogna poi anche considerare che, si faccia o non si faccia un estirpamento completo, le iniezioni di solfuro saranno sempre ne- cessarie, per un certo tempo, sul terreno scassato e rimesso in posto, onde uccidere gli insetti, che possono essere sfuggiti all’azione distruttiva, e far morire quei frammenti di radici che, rimanendo nel terreno, potrebbero formare nuove viti, e servire di alimento alla infezione (1). Dal momento che non siamo sicuri che questi frammenti, rimasti nel terreno, muoiono da sè, e nemmeno siamo certi di poterli disor- ganizzare colle iniezioni, tanto vale lasciare tutto l’apparato ra- dicale intero al suo posto. Iniettare un metro cubo di terra contenente, ad esempio, cento radici, od iniettare lo stesso volume contenente un solo frammento di radice, è precisamente la stessa cosa. Bisogna sempre che il vapore insetticida si diffonda in tutta la massa del terreno, ed allora, siano poche, siano molte le radici con fillossere, queste ultime dovranno perire. Vi saranno dei punti, ove la iniezione del solfuro non potrà avere completo effetto per la natura del terreno, ma a ciò si provvederebbe, come già dissi, con un completo estirpamento. Insomma, io non trovo la necessità di una parziale distruzione della parte sotterranea delle viti, mentre trovo la necessità della (1) Nelle vicinanze delle zone infette dei Due Palmenti, esiste un campo annualmente coltivato con grano e fave. Trenta anni addietro, il proprietario distruggeva colà un vigneto ; tutti gli anni, non ostante la lavorazione richiesta dalle colture che vi si fanno, nuove giovanissime viti sorgono da terra, pro- dotte dalle radici rimaste in piccola parte nel terreno. 34 — 534 — iniezione, continuando ad impedire che le fillossere trovino pascolo nella parte aerea del vigneto, col continuare a sopprimerla. Ma questo lavoro quando avrà termine ? La stessa domanda posso fare a chi sostenesse la necessità dello estirpamento totale o parziale. Nelle condizioni di Riesi, dopo un simile lavoro, le iniezioni debbono continuare come cautela indispensabile. Quando si potranno abbandonare? Quando saremo in caso di poter rite- nere che le poche radici, sfuggite allo estirpamento, saranno morte colle fillossere, che su di esse stavano. Egualmente ragionando, le iniezioni sul terreno occupato dalle viti, prive semplicemente della parte loro esteriore, termineranno quando si crederà d’aver rag- giunto lo stesso scopo nel miglior modo possibile. 0 le viti sa- ranno morte per disorganizzazione delle loro radici, e tutto è terminato ; o lo saranno soltanto in parte, o saranno tutte in caso di germogliare ancora, e, comunque si trovino, si rilasciano al prò- • prietario. Se, colle iniezioni, crediamo di poter distruggere i fram- menti, o le porzioni d’ apparecchio radicale rimaste nel terreno dopo F estirpamento, lo stesso possiamo conseguire su tutta la pianta, senza bisogno di estirpare, senza fare questa grave spesa, che possiamo più utilmente convertire in tanto solfuro di carbonio. Se al detto scopo non possiamo riuscire, tanto vale rilasciare al pro- prietario un terreno, che contiene poche radici vive, come il resti- tuirne un altro, con viti semplicemente troncate alla superficie del suolo; le probabilità di una successiva invasione di fillossere sono le stesse in ambedue i casi. Io non trovo nient’affatto nè strano, nè pericoloso, il restituire in tal modo la vigna al proprie tario, invece di un terreno scassato e denudato. La legge ci autorizza a tenere a nostra disposizione quelle terre per quanto tempo vogliamo. Ebbene, dopo avere iniet- tato tanto che basti per la distruzione completa delle fillossere, senza darsi cura delle viti, dopo aver continuato a sopprimere tralci e foglie, dopo avere estirpati, ed iniettati i focolari principali, dopo aver constatata la scomparsa delle fillossere, per quanto è uma- nemente possibile, se le viti non sono morte, esse vengono resti- tuite in una condizione tale da poter dare, entro tre o quattro — 535 — anni al più, la produzione normale di prima, mentre un decennio è per lo meno necessario per avere lo stesso risultato con nuove piantagioni. Trascorso il tempo giudicato conveniente, non possiamo impe- dire al proprietario di ripiantare la vigna, nel caso in cui le viti non esistessero più. Una sorveglianza speciale sarebbe necessaria su questi nuovi vigneti, come essa è pure necessaria nel caso di viti parzialmente distrutte^ che vengono lasciate liberamente al proprietario per la regolare coltura. Parmi, in conclusione, che con questo sistema si raggiungerebbe con minor spesa lo stesso intento, e si diminuirebbero i danni da pagare ai proprietari. § 26. — E, giacche ho toccato quest’ argomento, vediamo pn po’ia cosa dal lato economico. I sistemi in questione sono due : a) Estirpamento parziale su tutta la zona infetta e di sicu- rezza, mediante scasso di 50 centimetri, poscia iniezione di solfuro per tentare di distruggere le radici rimaste nel suolo ; b) Estirpamento completo dei focolari maggiormente infetti, ed iniezione su tutta la zona distrutta, conservando le viti nello stato in cui sono attualmente, cioè prive della loro parte aerea. Sistema A AMMONTARE per ettaro TOTALE Scasso generale di 50 cent, su tutta l’estensione dei vigneti distrutti, vale a dire 5000 metri cubi per ettaro, i quali a L. 0. 85 ciascuno importano per ettaro L. La -superficie distrutta essendo di ett. 34 circa, la spesa ammonterà a » In seguito, bisognerà eseguire una iniezione di almeno 140 grammi, in due volte, su tutta la superficie scassata, la quale costa per ettaro L. 700 di solfuro di carbonio e L. 608 di mano d’opera, sorveglianza ed altre spese, per cui » E quindi per ett. 34 » 4,250. 00 144,500. 00 1,308. 00 44,472. 00 Ammontare totale . . L. 188,972. 00 — 536 — AMMONTARE Sistema B Estirpamento completo con scasso a 2 metri, ossia movimento di 20,000 metri cubi all’ et- taro, a L. 0. 85 caduno. L. per ettaro TOTALE 17,000. 00 La superficie da estirpare in tale maniera è di m. q. 6,120 (come si dimostrò al paragr. 25); consideriamola pure di 8,000 m. q. , avremo una spesa di > Oltre ciò, scasso completo ad un metro nella regione Ficuzza, per una superficie di metri quadrati 3,400 ; quantunque il terreno sia molto facile a lavorare in quella località, calcoliamo pure sulla stessa base > 13,600. 00 17,000. 00 e per la superficie di m. q. 4,000, avremo un ammontare di 3,400. 00 L’ incalcinatura dei monconi fuori terra costa, all’ettaro » 12. 00 calcolando di farla tre volte per 34 ettari, avremo » L’estirpamento dei germogli costa » ed ammesso di doverlo fare cinque volte su- gli stessi 34 ettari » 1,224. 00 8. 00 1,360. 00* L’iniezione di solfuro dovrà essere abbondante perchè diretta ad uccidere le radici. Poniamo ad esempio 200 grammi per m. q. in tre trat- tamenti (450 per vite) vale a dire 20 quintali di solfuro, per ettaro L. 1,000. 00 Mano d’opera pei tre trattamenti, ed altre spese » 762. 00 1,762. 00 Per ettari 34 abbiamo la spesa di 59,908. 00* Ammontare totale . L. 79,492. 00 — 537 — Havvi pertanto una grande differenza tra i due sistemi : il primo costa lire 189,000, con una iniezione di soli 140 grammi in due volte, il secondo costa lire 79,000 con iniezione di 200 grammi in tre volte. Quest’ultimo adunque costa poco più di due quinti del primo ; ed avevo ben ragione di dire poc’ anzi che, trasfor- mando in tanto solfuro di carbonio il dipiù, cioè i tre quinti re- sidui, si avrebbe certo un migliore risultato. E evidente che, volendo spendere lo stesso, cioè lire 189,000, ed applicare invece il sistema b , questo potrà essere ripetuto almeno un paio di volte, si risparmierà ancora nella spesa, e si saranno iniettati 400 grammi di solfuro di carbonio in sei trattamenti diversi. Per tutte queste considerazioni, sia d’ordine tecnico, che d’ordine economico, la mia proposta pei lavori invernali è di seguire il sistema à, testé specificato, cioè estirpamento completo dei foco- lari di maggiore infezione e iniezioni abbondanti di solfuro di car- bonio su tutta la zona distrutta, continuando ad incalcinare i ceppi e ad estirpare i germogli. Simili operazioni, tranne lo scasso, possono, senza pericolo, essere protratte anche nella stagione estiva. § 27. — A completare questo rapporto sulle cose fatte ed os- servate, durante questa prima parte della campagna intrapresa in Riesi contro la fillossera, non mi rimane che ad esprimere l’opi- nione, che ho potuto formarmi, circa la probabile estensione della infezione, circa il valore delle operazioni fatte, e circa la via da scegliere per l’avvenire. Come già dissi ripetutamente, nell’infezione di Riesi dobbiamo distinguere una zona infetta principale, che ha sede ai Due Pal- menti, e parecchi altri focolari sparsi, in vario senso, nel territorio dello stesso comune. Al di là dei limiti di Riesi, la vigna colti- vata continua da due sole parti, cioè ad Est verso Mazzarino ed a Sud-Est verso Butera. Sul territorio di Mazzarino abbiamo una estensione di vigneti quasi doppia di quella di Riesi, la quale trova poi il suo limite in un’ampia barriera di oltre 10 chilometri di terreno seminato. Sul territorio di Butera, la vite tiene poca estensione , ed anche qui trovasi limitata da un’ eguale barriera. — 538 — Dagli altri lati del territorio di Riesi, abbiamo potenti zone di difesa, costituite pure da terre arabili. In Sicilia, il terreno è ovunque accidentato; per cui barriere di questo genere, anche di soli tre o quattro chilometri, sono insormontabili alla propagazione dell’ insetto : solo questa può avvenire per malvagità od igno- ranza umana. Sul territorio di Mazzarino furono esplorate tutte le vigne di proprietà di Riesani, e non si trovò infezione. Su quel di Butera furono esaminati tutti i vigneti, e si trovarono tre piccoli centri soltanto, nelle prossimità del confine di Riesi, ed in proprietà ap- partenenti a Ri esani. Riepilogando, oltre la zona infetta . principale, abbiamo 24 foco- lari nel territorio di Riesi e tre in quel di Butera, sparsi quà e colà, a varia distanza, in totale 27 (1). Se, con una linea, si uniscono tra loro i focolari estremi, si viene a costruire un poligono, il quale racchiude una superficie vignata di 2,714 ettari, variamente tempestata di punti infetti dì diversa importanza. Tale è, in poche parole, lo stato delle cose al 30 novembre 1880. Le carte topografiche unite a questo scritto danno un’idea chia- rissima dell’infezione. Non puossi fare a meno di confessare che, al primo apparire della fillossera in Sicilia, si era ben lontani dal supporre quanto è avvenuto. Non pareva che l’infezione dovesse essere così vec- chia o, per lo meno, si sperava che sarebbe rimasta racchiusa in un’unica superficie, costituendo una sola zona infetta, circondata dalla sua rispettiva zona di sicurezza. Stando le cose in questi termini, per quanto vasta fosse stata l’infezione, certo le condizioni erano immensamente più favorevoli^ di fronte alla possibilità di distruggere completamente il male. Sopra un’estensione determinata, e tutta unita, di terreno non c’è provvedimento che non possa adottarsi, in ordine sopratutto alla sorveglianza dei terreni disinfettati, sia per impedire le comuni- (1) Per le superficie corrispondenti a questi vari focolari, vedi allegato A . — 539 — cazioni con vigneti immuni, sia per verificare lo stato delle viti trattate, e riattaccarle, se occorre, per completare le operazioni in- traprese. Un’infezione, tutta unita in un solo gruppo di vigneti, come sarebbe quella dei Due Palmenti, ci permetterebbe di avere fon- date speranze circa la ristrettezza dei limiti dell’invasione, non solo in quel territorio speciale, ma in tutta l’isola; ci permetterebbe di credere che la fillossera, quantunque introdotta da tempo antico, abbia potuto localizzarsi. Ma un’infezione, come quella teste riscontrata, con focolari di- versi sparpagliati a notevoli distanze, e di notevole intensità, disposti non su d’una superficie pianeggiante, ma in valli e bur- roni irregolari, difesi dalla zona infetta principale per le alture che loro stanno intorno, è qualche cosa d’assai più grave. Non si può credere che questi piccoli centri siano la conseguenza del vento, che possa avere trasportato materiali infetti. Essi centri sono conseguenza di avvenute comunicazioni di prodotti, come per taluni casi avemmo a constatare, ed allora chi ci garentisce che lo stesso non sia accaduto per punti molto più lontani sparpagliati nel- l’isola ? La scoperta dei focolari di Messina accresce questo dub- bio, e sia per il tempo dacché l’infezione di Riesi deve avere cominciato, sia per la mancanza, durante molti anni, d’ogni indizio esterno di sofferenza delle viti, che non permette di avvertire subito la presenza della fillossera, io ritengo che, se sgraziata- mente si scoprirà qualche altro focolare in altra regione viticola di Sicilia, ci troveremo nuovamente di fronte a gravi condizioni di estensione e potenza del male. Lo stato delle viti, generalmente, non permette nè al proprie- tario del fondo infetto, nè al proprietario vicino, di avvertire la presenza dell’afide distruttore. D’altra parte, l’idea della distru- zione di viti, che, all’esterno, sono come quelle sane, ha prodotto un tale allarme nei viticoltori, che le più grandi difficoltà incon- treremo sempre nelle denunzie di nuove infezioni. E non solo il proprietario di un vigneto, in cui osservasi deperimento, non fa alcuna denunzia, ma anche nel caso, in cui qualche suo amico o — 540 — vicino, per conoscenza pratica acquisita abbia realmente constatata la presenza della fillossera, 1’ autorità nulla viene a sapere, perche questo amico o vicino non vuol rendersi causa di un disastro così grave, quale è volgarmente reputata la distruzione dei vigneti. Per gli effetti tecnici delle operazioni che si fanno, vengono com- prese nelle zone infette molte viti sane, ed altre molte se ne di- struggono nelle zone di sicurezza, e tutto questo contribuisce ad aumentare nei proprietari la ripugnanza a denunziare. Cito queste difficoltà non a caso, ma perchè simili fatti sono accaduti nel territorio di Riesi ripetutamente. Quando ciò suc- cede nelle vicinanze di luoghi infetti, ove, per la presenza dei Delegati, i proprietari debbono aspettarsi da un momento all’altro una visita nei loro vigneti, è facile figurarsi cosa debba accadere a grandi distanze, ove i viticoltori credono di godere tanto più le loro viti quanto più ritarderanno la scoperta del parassita. È inutile illudersi, le difficoltà di ricerca dei focolari d’ infe- zione, nell’attuale condizione delle cose, sono gravissime, poiché nessun aiuto si può sperare per parte degli interessati. Bisogna proprio che i Delegati, a tale ufficio addetti, passino di vigneto in vigneto; e, fintantoché non sarà fatto questo lavoro, non potremo avere dato alcuno attendibile sulla estensione di questo malanno in Sicilia. § 28. — Ma, senza andare tant’oltre in queste considerazioni, e limitandoci per ora al focolare di Riesi, possiamo dire, senza tema di esagerare, che tutto quel territorio devesi oggi considerare, se non completamente infetto, almeno molto sospetto. Le esplora- zioni, eseguite fino ad oggi, ci hanno fatto conoscere un bel numero di focolari ; ma siamo noi certi che quelli siano i soli ? Oramai per prova conosciamo quanto dubbio sia il risultato delle esplo- razioni (vedi paragrafi 6 ed 8), e come su di esse non si debba fare un grande assegnamento. E molto probabile, e da aspettarselo, che, alla prossima primavera, riprendendo ad esaminare quel ter- ritorio, nuovi focolari abbiano a manifestarsi ; e nemmeno siamo sicuri che, in un terzo anno, ancora si possa dire d’aver definita completamente l’infezione. Si può sperare che quanto fino ad ora — 541 — si conosce costituisca l’assieme dei centri principali, che nel 1881 si abbia a trovare molto meno, che nel 1882 si trovi meno ancora, e che, procedendo di questo passo, si arrivi all’ incolumità com- pleta. Ma questa non è che una speranza. Pur troppo la pratica fatta in simil genere di operazioni, ha dimostrato che la fillossera può ricomparire nelle zone di sicurezza e nelle vicinanze delle piaghe infette trattate precedentemente. Dove furono eseguite le opere di distruzione non possiamo essere certi di aver annientate tutte le fillossere fino all’ultima che esisteva. Trattandosi d’infe- zioni molto estese, tanto le opere di distruzione, come quelle di esplorazione, richiedono un tempo considerevole, specialmente dove le viti, con indizi esterni di deperimento, non ci abbreviano la strada alle indagini. Di conseguenza si può anche correre peri- colo di essere racchiusi in un circolo vizioso, di vedere cioè man mano ricomparire, e farsi strada il male da un lato, mentre dal- l’ altro si lavora alacremente per annientarlo. Non voglio essere pessimista, ma tutto è possibile laddove si lavora in questo senso su così larga scala, laddove gli operai stessi ed i ferri, che si adoperano per la distruzione o per le esplorazioni, dovendo attraversare in vario senso vastissimo territorio vignato, possono essere un mezzo innocente di diffusione del male nel mentre stesso che si mira a combatterlo. Sono cose queste acca- dute durante lotte intraprese contro focolari molto ristretti nella Svizzera, dove si sono potute adottare tutte le più esagerate cautele, che, nei casi nostri, divengono impossibili. Può darsi che le cose procedano nel senso a cui mirano le nostre speranze, che cioè, in pochi anni, i punti infetti andando sempre diminuendo di estensione e di intensità, si arrivi ad annientare completamente il male. Ma, siccome nessun esempio abbiamo ancora dei risultati di una lotta intrapresa su così vasta scala, po-^ trebbe anche darsi che si camminasse su d’ una via molto diversa, e che, procedendo di questo passo, si arrivasse a dover distruggere, non dico tutti i 2,714 ettari di Riesi, ma plaghe tanto estese da incontrare insormontabili difficoltà tanto tecniche che eco- nomiche. 542 — Se la lotta si fosse impegnata sempre sopra focolari costituiti da un’unica macchia, ammesso anche che parecchi di questi esi- stessero nell’ isola, avrei creduto possibile il continuare la lotta medesima per un tempo molto più lungo, e di arrivare forse ad un grande risultato. Ma il lottare contro una infezione del genere di quella di Riesi, con tremila ettari di superfìcie sospetta, è cosa troppo imponente e le difficoltà tecniche aumentano in tale misura, da lasciar intravedere non molto lontano il giorno, in cui si dovrà cambiar sistema. Spesse volte, quando si parla di distruzione completa delle viti e della fillossera, non si comprende tutto il valore della parola. Non si pensa cosa voglia dire distruggere un vigneto, non si sa misurare tutta la difficoltà dell’arduo problema, perchè a pochi è toccato di tentarne la soluzione. Perciò, ripeto, finche si trattava di un’unica macchia, per quanto vasta essa fosse, ammessa anche impossibile la completa distruzione delle viti e della fillossera, si poteva sempre proseguire nelle indagini e nelle opere col massimo rigore, circuire ed isolare il male, perchè il lavoro nostro restava localizzato. Ma, coll’ attuale disposizione dei focolari d’ infezione, non è più umanamente possibile il prevedere ed il prevenire tutte quelle circostanze che possono essere causa di diffusione del male. § 29. — Con tutto questo però non intendo che di avere espressa la mia opinione sulla probabile estensione dell’ invasione attuale, e su quello che essa potrà diventare in seguito. Non di- sconosco 1’ importanza grandissima delle disposizioni date ; anzi bisogna confessare, ad onore del vero, che col sistema adottato si arriverà di certo a distruggere la massima quantità possibile di fillossere, in confronto con qualunque altro sistema che la scienza possa indicare oggidì. Se quindi noi fossimo certi di conoscere, con precisione, ed in breve tempo, tutti i focolari d’ infezione , attac- candoli tutti ad un tempo in questo modo, e colla massima energia, si potrebbe con fondamento sperare, se non di liberare il paese da questo malanno, almeno di ritardare immensamente il suo avan- zarsi ; e con ciò, senza dubbio, si verrebbe egualmente a rendere un grandissimo servizio alla viticoltura. — 543 — Si è ripetutamente parlato, a proposito dell’infezione di Sicilia, di metodi curativi. Molti non hanno capito il significato di queste parole, come molti altri non si sono formati un’ idea ben chiara del valore tecnico della distruzione. Il sentir dire che si potevano curare le viti, senza distruggerle, ha ingenerato in molti l’errore che ciò potesse valere a liberarsi completamente dalla fillossera, ed, in tale caso, sarebbe di certo stato ben strano il devastare tanti vigneti col ferro e col fuoco. Bisogna invece persuadersi che in questa, come in tutte le malattie prodotte da parassiti nei ve- getali, la cura non ci libera dal male, ma tende a far in modo da permetterci una transazione coi parassiti stessi, e, nel caso nostro, di vivere colla fillossera. Resta sempre il pericolo di un progres- sivo espandersi della malattia, quello appunto che si vorrebbe evitare colla distruzione; e questo allargarsi della infezione, se non porterà altro danno maggiore, sarà sempre causa per lo meno di una maggiore spesa per la viticoltura. Quali dunque saranno i criterii che dovranno servire di base nella scelta? Fino a quando si potrà continuare a distruggere le viti? Quando invece si dovrà cominciare a rispettarle, occupandosi soltanto di distruggere, per quanto si può, le fillossere? Queste questioni formarono oggetto di discussione in una delle prime sedute della Commissione consultiva per la fillossera (1), e fin d’ allora essa credette opportuno non impegnarsi con un voto nel determinare a 'priori la via da seguire, e si deliberò di lasciare intatto l’art. 2 della legge 3 aprile 1879, il quale dà libertà al Governo di scegliere il sistema che crede, a seconda delle con- dizioni della invasione. E che in questo liberamente debba decidere l’Amministrazione dell’agricoltura, in base alla esatta conoscenza dei fatti che si vanno svolgendo, è giusto e ragionevole, perchè la scelta di un sistema, a preferenza dell’ altro, dipende sopratutto da una que- stione economica. (1) 'Vedi Annali dell’Agricoltura 1880 , n. 25, seduta 24 gennaio 1880. 544 — La spesa, che si deve sostenere per eseguire le attuali opera- zioni di distruzione, ammonta, in media, ed approssimativamente, alle cifre seguenti : PER ETTARO Per le esplorazioni . . L. 16 00 Per taglio ed abbruciamelo delle viti, compresa l’ incalcina- tura dei ceppi troncati L. 21 00 Estirpamento di germogli, ripetuto otto volte nel corso del- l’annata L, 64 00 Solfuro di carbonio per la iniezione di 140 grammi al metro quadrato, in due trattamenti, quintali 14.5 comprese le perdite L. 725 00 Mano d’opera per due trattamenti successivi, compresa la sor- veglianza e direzione L. 509 00 Spese di trasporto, riparazione di strumenti, personale ai de- positi di solfuro di carbonio ed impreviste L. 75 00 Indennità al proprietario per le viti distrutte; a Riesi ammon- tano, in media, a L. 5000 00 Queste sono le spese del primo anno. Per un 2° e 3° anno, affitto al proprietario, sorveglianza, iniezioni necessarie in * qualche parte ecc. ecc. (a calcolo) L. 800 00 Opere invernali, a complemento delle precedenti , secondo il sistema di cui al § 26 L. ' 5558 00 Totale . . . L. 12,768 00 Adottando invece il sistema B per le opere invernali, la spesa per ettaro si riduce a L. 2,324, ossia L. 3,234 in meno, per cui dalla somma totale L. 12,768 00 deducendo » 3.234 00 resterebbero L. i 9,534 00 Cosicché, in cifre tonde, a seconda del sistema che si sceglierà per le opere invernali, il lavoro di distruzione, sopra un ettaro di vigna a Riesi, può costare da 9,500 a 12,700 lire. — 545 — Tranne che per le opere invernali, sulle quali ci mancano dati di fatto, queste cifre provengono da risultati medii della lunga pratica fatta in Riesi, per cui le ritengo attendibilissime. Possono essere piuttosto inferiori al vero, perchè sono state valutate con molta parsimonia le spese per i lavori complementari d’inverno. Ora è evidente la gravità della spesa, cui si va incontro, e bi- sogna sempre tener presente che non siamo sicuri di avere con questo terminate tutte le operazioni necessarie, e di aver quindi terminato di spendere per distruggere completamente la fillossera. Solo l’esperienza pratica, che si farà, potrà dire l’ultima parola al riguardo, e solamente le condizioni locali potranno permettere o non permettere questo risultato ; finora non si fanno che congetture, basate su semplici speranze. Un metodo curativo, inteso a rispettare le viti per farle vivere colla fillossera, e per menomarne ad un tempo i danni, costa cer- tamente assai meno. Giacche sono nel campo delle cifre, ecco a quanto ammonterebbe tal metodo, tenuto calcolo che per la resi- stenza speciale, che presentano le viti di Riesi all’ azione del solfuro di carbonio, questo si potrebbe impiegare in inverno od in primavera alla dose di 80 grammi per metro quadrato, ed in due trattamenti, senza pericolo di danneggiare le viti. | | PER ETTARO Per esplorazione e determinazione della zona infetta. . . . L. 16 00 Solfuro di carbonio, 8 quintali per ettaro, a L. 50 .... ». 400 00 Mano d’opera, direzione e sorveglianza per i due trattamenti » 509 00 Per consumo e riparazioni di strumenti e per impreviste . » 25 00 Totale L. 950 00- — 546 — PER ETTARO La dose di 80 grammi, come metodo curativo, è già una dose elevatissima, ed efficace anche a grandi profondità, come lo dimostrarono le esperienze fatte sulla diffusione del solfuro di carbonio (1). Volendo, si potrebbe però impu- nemente aumentare la dose anche a 140 grammi all’ettaro; allora, avendo un consumo di 6 quintali di più di solfuro, alla somma precedente L. bisognerà aggiungere » 950 00 300 00 ed avremo in totale L. 1,250 00 Io ritengo che con 80 grammi si fa una cura quanto mai ener- gica; però, volendo anche esagerare per taluni punti molto infetti fino a 140 grammi, si verrebbe sempre a spendere meno del decimo di quanto costa il metodo distruttivo. Oltre ciò, bisogna notare che, essendo resistenti le viti per 6 anni e più alla fillos- sera, le cure si potrebbero fare benissimo con intervallo di 5 anni ; cosicché, con 80 grammi di solfuro, si verrebbe a spendere lire 190 all’ettaro, e, con 140 grammi, lire 250. Di fronte adunque al costo dei metodi attualmente in corso, la spesa pel metodo curativo nei vigneti fillosserati di Riesi risulte- rebbe affatto insignificante. Ma è un fatto pure che con esso metodo non si arriva alla completa distruzione della fillossera, e che quando anche questa distruzione non si potesse raggiungere in alcun modo, i metodi, che tendono ad annientare completamente le viti, hanno senza dubbio per effetto di distruggere un assai maggior numero di fillossere. § 30. — La questione di scelta dell’uno, piuttostochè dell’altro sistema, è, come dissi, anzitutto una questione economica. Quando, sia il numero, come l’estensione dei focolari ove ferve la lotta, arriveranno ad essere causa di una spesa quasi eguale o superiore (1) Vedi Annali dell’agricoltura , 1880, n. 28. Con 80 grammi, in una sola volta, osservansi fillossere morte fino a metri 2,25 di profondità nel terreno. — 547 ai danni che ia fillossera può produrre, comprendendo in questi danni anche la spesa dei metodi curativi, allora è evidente che bisognerà cambiare sistema. Ma oltre a ciò, bisogna tener conto di altre difficoltà che po- tranno, forse in taluni casi, obbligarci ad affrettare un cambia- mento nel sistema attuale. Tenendo sempre presenti le difficoltà gravissime che il caso di Eiesi ci offre per una completa distruzione delle viti, e della fillossera insieme, io credo sia giunto il momento di fare una specie d’esame di coscienza, e domandare a noi stessi quale sia il risultato che ci possiamo ripromettere dalla lotta intrapresa. Eiusciremo noi a distruggere completamente V insetto devastatore ? Oppure riusciremo soltanto a distruggere una tale grande quantità di fil- lossere da ritardare ed inceppare poderosamente il progredire dell’ invasione? L’esempio degli altri paesi, che in questo sistema ci precedettero, ed in condizioni mille volte meno sfavorevoli, non ci autorizza a dare come certo il risultato di una completa distruzione. Quello, che possiamo dire con sicurezza, è che certamente ritarderemo T invasione. Io mi auguro che si raggiunga il primo dei risultati ; ma, nel dubbio che si debba contentarsi del secondo, può nascere discus- sione sulla* opportunità o meno dei metodi adottati. Ed invero, coirattuale sistema, si combatte col massimo ardore la infezione nei focolari conosciuti, ed, in questi, si otterrà la massima possibile, od anche la totale, distruzione delle fillossere. Però noi non sappiamo quanti altri centri d’ infezione possano sussistere, l’idea delia distruzione spaventa i proprietari, e questi non ci aiutano a cercare i centri medesimi; per cui, mentre tanto si opera in un punto per annientare il grave malanno, questo va forse allargandosi, e prendendo piede in altri punti a noi sco- nosciuti. Coi metodi curativi, è vero che non si distruggeranno tutte le fillossere, è vero che si raggiungerà solo una piccola parte dei risultati, che ora si conseguono, ma, col cessare della distruzione — 548 — delle viti, cessa la riluttanza dei proprietari. E, giacché la legge vigente mette a carico esclusivo dello Stato e della provincia le spese della cura, senza caricare direttamente di onere alcuno la proprietà, la scoperta dei focolari d’infezione diverrà facilissima. La lotta allora, quantunque intrapresa con minore intensità, ma estesa fin dapprincipio a tutta la superficie infetta, potrà darci risultameli di un valore certo molto ragguardevole, ritardando in tal modo l’invasione, da renderla insignificante. Credo siavi molto da discutere in proposito, e che, di fronte agli eventi cui andiamo incontro, si debba cominciare a ponderare le situazioni in cui possiamo o potremo trovarci. Ho così esposto, colla maggiore schiettezza che mi è stata pos- sibile, il criterio che mi sono formato sui dolorosi avvenimenti di Riesi, e sulle conseguenze che questi potranno portare. Sono ben lungi dal mettere in dubbio l’opportunità ed il valore gran- dissimo delle disposizioni date, e dei provvedimenti messi in pratica. Anzi bisogna rendere sincero e riconoscente omaggio all’attività ed alla energia, con cui il R. Ministero d’agricoltura ha preso a combattere la nascente infezione. Ma ritengo sia giunto il momento di cominciare a prepararsi, nel miglior modo possibile,, a proseguire la lotta su di una altra base. Chiudo perciò questo scritto, esprimendo il desiderio che, nella prossima campagna, se avrò ancora l’onore di dirigere le opera- zioni di Riesi, mi sia concesso, in qualche novello punto fillos- serato, sperimentare metodi di cura. Molti fatti importanti e sconosciuti, 1’ infezione di Riesi ha messi in luce, come la resistenza delle viti alla fillossera per alcuni anni, e la resistenza delle radici a dosi elevatissime di solfuro di carbonio, i quali fatti, per sé soli, valgono moltissimo (1). Perchè dunque non continuare nelle ricerche? Perchè trasandare esperimenti tecnici ed economici sul modo di poter conservare le viti, esperimenti che potranno tanta utilità arrecare per l’ av- venire ? (1) Vedi i paragrafi precedenti 19, 21 e, sul fine, il 15. 549 Io vedo che si studia con alacrità la questione delle viti americane, e che si procura fornirne il nostro paese, nella sem- plice speranza che esse costituiscano un mezzo serio di difesa. E perchè non fare altrettanto per gli insetticidi, che oramai ci hanno dato prove così evidenti della loro potenza? Le esperienze, fatte in altri paesi, non bastano per poterci indicare quanto pos- siamo aspettarci nelle nostre condizioni. Simile proposta venne già fatta da un illustre collega della Commissione consultiva per la fillossera, durante la sessione ul- tima di giugno (1). Allora la proposta parve inopportuna e peri- colosa, ma oggi lo stato delle cose è molto cambiato. Sopra quasi tre mila ettari di vigne, che a Riesi dobbiamo tenere in grande sospetto di infezione, un piccolo focolare più o meno non porta grande conseguenza. D'altronde, la vigna colà non è assolutamente continua, si possono trovare vigneti isolati, tutto il territorio vi- gnato è cinto da una zona potente di seminati, ed infine non si tratta di lasciare a sè stesse quelle fillossere, ma bensì di con- trastarne la esistenza in altro modo. Nel dubbio che non sia per arrivare quel giorno, in cui si potrà dire al paese: abbiamo distrutta completamente la fillossera , credo merito dell'opera preparare tutti i materiali di studio, di fronte alle vicende possibili. Giacché sarebbe pure un grande risultato il poter dire, fin d'ora, ai viticoltori della Sicilia, che la esperienza fatta, e gli studi intrapresi, ci hanno dato tali risultati, da dover cessare quella specie di orgasmo e trepidazione, in cui ci mette la questione della fillossera, e da poter affrontare gli eventi con animo sereno. .Riesi, 30 novembre 1880. I. Magagno Delegato speciale per la fillossera (1) La proposta venne fatta dal professore Costa per lo studio della re- sistenza delle viti. Vedi Annali dell' Agricoltura 1880, N. 27, pag. 41. 35 — 550 - Elenco del personale direttivo. GIORNO NOME dell’ entrata in funzione E COGNOME QUALITÀ OSSERVAZIONI 6 mar. 1880 Cav. Dott. Ma- cagno Ippolito Dirett. della R. Sta- zione Agraria di Palermo, Delegato speciale per la direz. dei lavori di distruzione della fillossera in Riesi. 10 id. Lazzaroni Gia- como Ufficiale forestale, ff. di Delegato fìl- losserico. 13 id. Piccioli Luigi . Ufficiale forestale, ff. di Delegato fìl- losserico. Partito per Messima il 2 agosto 1880. 19 id. Zarpellon An- tonio Ufficiale forestale e Delegato fillosse- rico, ff. di Delegato speciale in caso d’assenza del dot- tore Macagno. 1 aprile Sinisgalli Andrea Ufficiale forestale, ff. di Delegato fìl- losserico. 3 id. Buscemi Nunzio Ufficiale forestale, ff. di Delegato fìl- losserico. Partito per Messina il 19 agosto 1880. co CM Spigno Federico Sott’ ispettore fore- stale ff. di Deleg. fillo sserico. Partito per Porto Maurizio il 16 ot- tobre 1880. 4 maggio Guarinoni Gio- vanni Ufficiale forestale, ff. di Delegato fìl- losserico. Partito per Messina il 19 agosto 1880. ALLEGATI Elenco dei Proprietari di VigN Numero delle viti distrutte. Superficie della zona infetta e di qujl Al leg. A. | Numero d’ordine j PROPRIETARIO LOCALITÀ Numero delle viti infette (Zona infetta) Numero delle viti distrutte SUPEI Zona infetta tFICIE INI Zona || di sicure» Ett. Are Cent. Ett. Are 1 1 17 535 17 535 3 94 53 2 Salomone Filippo ld. 4 521 5 108 48 91 15 3 Scibetta Giuseppe. ...... ld. 2 500 3 050 50 25 11 4 Di-Benedetto Pietro ld. 5 343 6 349 1 20 22 22 5 Scichilone Filippo ld. 1 512 1 f 90 26 51 6 6 Di-Gregorio eredi ld. 734 1 196 18 79 11 7 Fasulo Luigi ld. 1 377 1 740 33 05 8 8 ld. 1 120 1 120 25 20 9 Fasulo Angelo ld. 3 036 3 700 • • • . 68 31 14 10 Turco Vincenzo ld. 301 794 6 77 11 11 La-Monaca Raffaele ld. 2 374 3 120 48 91 15 12 Patri Carmelo ld. 3 772 4 166 71 67 7 13 Pistone Calogero ld. 1 000 1 000 22 50 14 Riccobene Vincenzo ld. 4 117 5 370 90 18 27 15 Ferro Giuseppe ld. 2 216 2 804 53 18 14 16 Riccobene Luigi ld. 220 1 300 5 28 25 17 Giuliana Rosario ld. 3 218 3 300 72 41 1 18 Ficili Liborio ld. 674 1 000 14 16 6 19 Paterna Rocco ld. 2 752 3 500 66 05 17 20 Lo- Giudice Pietro ld. 130 662 2 26 9 21 Rizzo Giuseppe ld. 10 473 12 345 1 53 83 28 22 Tricoli Francesco ld. 2 133 * 2 600 44 80 9 23 Ferro eredi. ld. 1 243 1 741 26 92 11 24 Golisano Carmelo ld. 2 375 5 010 .... 60 80 67 25 La-Marca eredi ld. 1 329 2 745 25 47 28 26 Cortese Ignazio ld. 1 313 2 260 33 61 24 27 D’Antona Rosario ld. 2 929 4 895 49 30 33 28 Porrovecchio Carmelo e Luigi. . . . ld. 1 605 2 193 46 33 17 A riportarsi . . . 81 352 102 493 16 1 1 SO ' 20 4 47 — 553 — tetti dalla Fillossera. sicurezza. Stato ed età delle viti. Data della scoperta ecc. ece. .RI totale 1 istrutta DATA della scoperta della ASPETTO ESTERIORE DELLE VITI FILLOSSERATE OSSERVAZIONI tt. Ave Cent. infezione 3 94 53 Marzo 2 Circa per 1|2 ettaro in deperimento, le altre in buona condizione. Dal 1 al 93 focolari del ter- ritorio di Riesi, poscia se- 64 27 Id. 9 Tutte in ottimo stato. gue Butera. 61 30 ld. 10 Idem P 42 85 Id. 10 Da 6 a 7 deperite, le altre in buono stato. 33 08 ld. 11 Da 15 a 20 deperite con qualcuna morta, le altre in istato normale. 30 61 ld. 13 Tutte in floridissimo stato. 41 76 ld. 13 Da 8 a 10 deperite, le altre bellissime. ,25 20 ld. 13 Tutte in condizione normale. 83 25 ld. 17 Come il n 7. ... 17 86 ld. 17 Tutte in condizione normale. 64 27 ld. 20 Come il n. 5. 79 15 ld. 20 Tutte in condizione normale. 22 50 ld. 27 Idem 1 17 60 ld. 29 Idem 67 29 ld. 30 Idem 31 20 ld. 30 Idem 74 25 ld. 31 Idem 21 .... ld. 31 Idem 84 • Aprile 10 Idem 11 51 ld. 10 Idem 1 81 83 ld. 24 Come il n. 5. 54 60 ld. 25 Tutte in condizione normale. 38 17 Maggio 19 Idem 1 28 25 ld. 19 Circa 40 viti deper. ed estirp. dallo stesso propriet.,le rimanenti in buoniss. stato. Questo estirpamento , come pure quello del n. 47, ven- 53 79 ld. 21 Tutte in ottimo stato. nero fatti appositamente dal proprietario per impe- 57 85 ld. 21 Tutte in condizione normale. dire la scoperta della fil- lossera. 82 72 ld. 26 Come il n 7. 21 63 28 06 ld. 30 Tutte in condizione normale. — 554 — Segue Alleg. A. j Numero d’ordine il PROPRIETARIO LOCALITÀ Numero delle viti infette (Zona infetta) Numero delle viti distrutte SUPE1 Zona infetta mCIE IN ] Zona di sicurezza Ett. Are Cent. Ett. Are Celi Riporto . . . 81 852 102 493 16 80 20 4 47 8( 29 Todaro eredi Due Palmenti 435 795 12 53 10 4 4 30 Martorana Gaetano ld. 471 1 071 8 33 . .. • 11 7( 31 Butera Luigi ld. 1 108 1 600 30 14 13 38 32 Russo eredi ld. 587 944 12 33 .... 7 4S 33 Martello Antonino ld. 787 947 21 40 4 35 34 Castelli Raimondo ld. 2 44 05 05 35 Quattrocchi eredi ld. 1 380 2 643 .... 28 98 26 . 52 36 Di-Letizia Calogero ld. 3 178 5 082 76 27 45 69 37 Buscemi Antonino ld. 1 60 .... 02 .... 1 33 38 Nocilla Giuseppe ld. 1 64 .... 02 1 ±2 39 Vitello eredi ld. 1 753 2 997 39 54 27 82 40 Villardita Giacomo ld. 16 3t: 41 Ministeri Calogero ld. 214 1 227 4 19 .... 19 85 42 Cutaja Salvatore ld. 173 958 .... 3 49 15 38 43 Ministeri eredi ld. 4 84 09 1 80 44 Ballaghera Calogero ld. 1 84 03 1 49 45 Chiantia Giuseppe ld. 150 J. 3 37 46 Di-Lorenzo Francesco Bannuto 1 297 1 764 24 62 8 09 47 Verso Salvatore lcT. 57 341 1 5 68 48 Dibilio Napoleone Due Palmenti 609 2 601 io 09 .... 33 86 49 Dibilio-Inglesi Frances Piano del Lago 4 692 10 647 78 70 i 01 23 50 Janni Concetta Giarratana 505 1 350 11 36 . . . . 19 01 51 Janni Vincenzo (eredi) .... ld. 3 162 07 1 3 57' 52 . Chiantia Giuseppe ld. 164 908 3 69 I 16 74 53 Zagarella Giuseppe ld. 151 1 507 3 39 j 30 06 54 Di-Loren/.o Maria (ved.) . . . . Fi gotto 18 279 41 5 86 55 Bartoli Crocefissa ld. 4 62 09 4 30 56 Altovino Teresa ld. 4 272 09 4 50 57 Dibilio Giuseppe ld. 6 260 05 i 4 79 jj 4 riportarsi . . . 99 457 141 412 20 51 | 17 j 8 76 12 1 555 LRI TOTALE distrutta della scoperta della ASPETTO ESTERIORE DELLE VITI F1LLOSSEBATE OSSERVAZIONI !tt. Are Cent. infezione 21 28 22 06 97 Maggio 30 Tutte in condizione normale. Viti di 5 anni. 20 09 ld. 31 Idem !.. 48 52 ld. 31 Idem 19 82 ld. 31 Da 40 a 50 deperite , le rimanenti in 25 75 ld. 31 condizione discreta Tutte in condizione normale. 1 10 ld. 31 Idem r 55 50 Giugno 10 Tutte in ottimo stato. i 21 96 ld. 11 Idem 1 35 ld. 15 Idem ... 1 44 ld. 15 Idem 67 43 ld. 17 Idem ... — 36 - - - Zona di sicurezza del n 37. 24 04 ld. 19 Da 5 a 6 viti deperite leggermente , le 18 87 ld. 19 altre in eccellente condizione. Tutte in condizione normale. 1 89 ld. 19 Idem ... 1 52 ld. 22 Idem ... 3 37 - - - Zona di sicurezza del n. 58. 32 71 ld. 26 Tutte bellissime, ed anzi più rigogliose 6 68 Luglio 8 delle viti sane cii’costanti. Lo stesso caso del n. 24. Vedi la nota al n. 24. 43 95 Agosto 6 Tutte in condizione normale. Viti giovani di 3 anni. i 79 93 ld. 9 Idem Viti giovani di 8 anni. ... 30 37 ld. 14 Idem 3 64 ld. 14 Idem 20 43 ld. 14 Idem 33 45 ld. 16 Idem Termina la zona infetta prin- ... 6 27 ld. 19 Idem cipale. Viti di 40 anni. 1 39 ld. 28 Idem Viti di 50 anni. 4 59 Settembre 15 Idem Idem ... 4 84 ld. 21 Idem Idem 29 27 29 Seg uè Alleg. A. — 55G — eS ai ; sicurezza1 s o o © £ 2 ^ "3 Ett. Are Ceat. Ett. Are 1 Riporto . . . 99 457 141 412 20 51 17 8 76 12 58 Figotto 1 60 03 1 32 59 Butera Rosario ld. 28 285 39 6 90 60 D’Antona Franco ed altri. . . ld. 2 195 05 5 67 61 Amarù Rosaria ld. 5 360 12 8 27 62 Calafato Salvatore ed altri . . Castellazzo 2 216 05 5 53 63 Gueli Salvatore ed altri . . . ld. 425 1 224 3 44 31 09 64 Rinnoni Salvatore ld. 2 130 16 5 03 65 Di-Letizia Vinc (eredi) .... ld. 4 204 14 4 83 66 ld. 22 49 67 La-Monaca Raffaele ed altri . ld. 4 305 16 5 46 68 Riggio Salvatore Calamuscini 92 555 i 48 10 15 69 Scibetta Nicolò. ld. 4 158 05 7 95 70 Golisano Maria Filippo .... ld. 45 211 23 4 29 71 Giambusso Giuseppe . . ld. 66 484 i 10 56 72 Cutaia Giuseppe ....... ld. 1 160 03 5 16 73 Dibilio Pietro ld. 1 115 03 2 40 74 Dibilio Napoleone ld. 11 224 25 .... 2 58 75 Lupo Calogero ed altri .... Ficuzza 172 830 2 36 27 06 ! 76 Amarù Francesco ld. 9 204 25 4 . 64 77 Lupo Salvatore ld. 10 149 25 4 17 [ 78 Russo Giuseppe ed altri . . . ld. 451 2 131 4 92 41 34 79 Sardella Francesco ld. 150 806 1 80 13 44 80 Bordonaro Calogero ld. 2 008 3 442 32 66 35 47 81 Bordonaro Marco. ...... ld. 100 578 3 20 9 08 82 Cosenza Salvatore ld. 990 1 400 32 40 11 90 1 83 Azzolino Salvatore ld. 3 447 850 10 40 6 88 84 Bordonaro Giuseppe ed altri . ld. 163 5 000 86 60 9 08 85 Picadace Calogero ld. 390 627 8 72 11 01 86 Grotta-D’auria Salvat. ed altri ld. 284 1 G80 5 80 34 38 A riportarsi . . . 108 324 164 047 22 48 14 12 02 78 557 lri DATA della scoperta della infezione ASPETTO ESTERIORE • DELLE VITI FILLOSSERA TE OSSERVAZIONI T J i S tt. OTAT, t r n Are E t a Cent. 19 27 29 1 35 Settembre 21 Tutti in condizione normale. Viti di 50 anni. 7 29 Ottobre 1 Idem Idem 5 72 ld. 4 Idem Idem 8 39 ld. 5 Idem Viti di 40 anni. 5 58 ld. 8 Idem Viti di 3 anni. u. 34 53 ld. 9 Tutte deperite con poco frutto. Viti di 5 anni. 5 19 ld. 11 Tutte in condizione normale. Viti di 40 anni. 4 97 ld. 15 Idem Viti di 8 anni 49 - - Zona di sicurezza del n. 55, 5 62 ld. 18 Idem Viti di 100 anni. 11 63 ld. 26 Idem 8 ld. 27 Idem Viti di 2 anni. 4 52 ld. 23 Idem 11 56 ld. 29 Idem Viti di 7 anni. 5 19 ld. 29 • Idem Idem 2 43 ld. 29 Idem 2 83 ld. 29 Idem 29 42 ld. 31 Idem Viti di 6 ad 8 anni. 4 89 ld. 31 Idem Idem 4 42 Novembre 2 Idem Idem 46 26 ld. 4 Idem 15 24 ld. 4 Idem 68 13 ld. 4 . Quasi tutte deperite. Terreno cattivo. 12 78 ld. 5 Tutte in condizione normale 44 30 ld. 5 Idem 17 28 ld. 5 Idem 95 68 ld. 5 Tutte molto deperite, con 27 viti morte al centro. Tutte con poca radice. 19 76 ld. 5 Tutte in condizione normale. 40 18 ld. 5 Idem 34 50 32 558 Segue Alleg A. | Numero d'ordine I1 PROPRIETARIO LOCALITÀ Numero delle viti infette (Zona infetta) Numero delle viti distrutte SUPE | Zona infetta RFICIE IN E Zona di sicurezza Ett. ! Are Cent. Ett. Are Cen Riporto . . . 108 324 164 047 22 48 14 12 02 78 S7 Cammarata Filippo Ficuzza 58 403 31 16 7 12 88 Martorana Giuseppe ld. 1 369 2 410 79 60 9 37 89 Martorana Angelo ed altri . . ld. 140 894 2 60 13 59 90 Butera Maria Catena ld. 1 083 1 340 33 86 5 91 91 Labbato Gaetano ld. 155 562 .... .... 25 7 63 92 Sesa Giuseppe ld. 63 516 .... 80 10 03 93 Butera Francesco. . . « . . . ld. 27 363 25 5 19 94 Martorana Giuseppe Millione 11 272 32 5 70 95 Dibilio Pietro ld. 210 702 .... 1 20 13 90 96 Pozzanghera Salvatore .... ld. 42 420 .... 62 8 38 Totale . . . 111 482 171 929 23 19 80 12 89 59 RIEP Zona infetta principale Due Palmenti dal n. 1 al 53 (incluso) del presente Catalogo Focolari della regione ld. Id. Id. Figotto dal N. 54 al 61 id. Castellazzo » 62 » 67 id. Calamuscini » 68 » 74 id. Ficuzza » 75 » 93 id. Focolari di Butera regione Millione 94 96 id. Zona infetta Ett. Are Cent. 20 50 53 23 3 95 3 07 2 58 88 2 14 23 13 80 — 559 ARI TOTALE distrutta DATA della scoperta della infezione ASPETTO ESTERIORE DELLE VITI FILLOSSERATE OSSERVAZIONI Stt. Are Cent. 34 50 7 40 16 39 7 10 5 6 15 9 92 28 97 19 77 88 83 43 02 10 Novembre id. id. id. id. id. id. id. id. id. 5 5 5 6 6 6 6 12 16 13 Tutte in condizione normale. Idem Idem Idem Idem Idrm Idem Idem Idem Idem Viti di 5 anni. Territorio di Butera. Idem Idem 39 o o Le esplorazioni fatte su tutto il territorio di Butera non hanno segnalato altri fo- colari Questi tre apparten- gono a proprietari di Riesi su quel territorio. Sul territorio di Mazzarino si esplorarono tutto le vigne appartenenti a Riesani, sen- za trovare infezione. Zona di sicurezza Totale distrutta Ett Are Cent. Ett. Are Cent. 8 59 67 29 10 20 38 61 39 84 52 43 56 38 43 09 46 16 2 67 81 5 26 69 27 98 30 12 i 12 89 59 36 09 39 Butera e Mazzarino sono gli unici territori viticoli con- finanti. le cui vigne siano in continuila conquelledi Riesi, Specchio generale del lavoro d’iniezione del solfur All B. DATA LAVORI DI PRIMO TRATTAMENTO OSSERVAZIONI NELLA ZONA Vitigni trattati Perforazioni eseguite Operai impiegati Ore di lavoro impiegate Numero proporzionale per operaio e per ora infetta (li sicurezza Nella perforazione Nella iniez del solfuro Nelle perfor. Nelle iniez. Di fori Di iniezioni ri K 9 < « .2 a o O Ettari | 1 Are Centiare O U o Minuti 1 J U O Minuti 1 15 30 482 3142 7 1 7 7 62 434 Dosq di solfuro , — 1 Fino a tutto maggio lai 23 22 94 1049 4570 8 1 11 11 52 415 doso di solfuro di car* i bonio fu di gr. 88.8 al 27 id. ... 16 820 3216 8 1 10 10 40 322 m. q. nella zona in- fetta e di gr. 35 nelle 31 zone di sieuvezza cu~ rate, e ciò per il solo 1 1 0 trattamento Nei mesi di giugno, luglio 2 id. ... 26 . . 1728 5200 10 2 11 11 47 235 e agosto, avendo avuto a chetare con infez i oni 3 id. ... 25 90 1350 5190 10 2 11 11 47 235 debolissime e sparpa* gliate, vennero iniet- 4 id. ... 9 50 475 1890 7 1 6 6 45 315 tati gr. 80 per m. q. 5 id. • • . 11 id. . . . 5 80 265 1260 6 1 5 5 42 252 12 id. ... 12 90 540 2860 8 1 10 10 36 286 13 id. ... 24 41 1080 5390 10 2 10 10 54 269 14 id. ... 29 25 1305 6380 12 2 10 10 53 319 18 id. • . . 20 id. ... 21 id. ... 47 44 4200 10801 27 3 11 11 37 327 23 id. ... 34 80 1575 7700 32 4 10 10 24 192 24 id. ... 40 66 1823 8800 16 2 10 10 55 440 id. • . . 41 16 1845 9020 27 3 10 10 34 301 26 id- ... • 2 85 105 605 7 1 3 3 29 201 27 id. ... Maggio . . . 34 24 1530 7530 15 10 10 50 376 3 id ... 45 81 2048 10078 21 3 10 10 48 335 4 id. . . . i 02 58 4590 22570 60 8 10 10 38 282 id. ... i 18 99 5350 26158 45 6 10 10 58 436 A riportarsi . . 6 56 53 32160 5G1 ii carbonio dal 22 marzo a tutto novembre 1880. LAVORI DI SECONDO TRATTAMENTO NELLA ZONA infetta ili sicurezza gni trattati 0> *5 bD QJ O *3 .2 Operai impiegati Ore di lavoro impiegate Numero proporzionale per operaio c per ora i'je .2 , •= 3 Nelle perl'or. Nelle iniez. .2 > <2 5 d, Nelli perforaz Nella ii del solf 2 O 1 Minuti P 6 | Minuti 1 O s 0) ‘a 5 OSSERVAZIONI 4 [06 551 18201 1125 220 995 720 810 482 855 585 158 495 1980 630 2160 338 270 3465 1675 1238 5610 941 4840 3500 3966 2310 4331 2862 769 2530 8891 3081 10560 1650 1430 16984 7682 6072 281 156 269 250 247 231 216 286 256 253 273 280 352 275 286 285 192 303 Dose di solfino. — Fino a tutto maggia la dose di solfuro di carbonio fu di gr. 66. 6, al metro quadrato, nelle zone infette e di gr. 35 in quelle di sicurezza curate, in modo da avere coi due trattamenti in totale grammi 155 per metro quadrato nelle prime, e 70 nelle seconde. Nei mesi di giugno, luglio e agosto, avendo avuto a che fare con infezioni debolissime e sparpagliate, si iniettarono grammi 60, in modo da fare coi Jue trattamenti un totale di grammi 140 per metro qua- drato. — 562 — Segue All. B. DATA LAVORI DI PRIMO TRATTAMENTO OSSERVAZIONI NELLA ZONA Vitigni trattati Perforazioni eseguite Operai impiegati Ore di lavoro impiegate Numero proporzionale per operaio e per ora infetta di sicurezza Nella perforazione Nella iniez. del solfuro Nelle perfor. Nelle iniez. Di fori Di iniezioni Ettari Are Centiare Ettari Are Centiare 2 0 1 Minuti | 5 Minuti 1 ltivorto 6 56 53 32160 6 1 16 73 5220 25680 45 g 10 10 57 428 7 id. ... 1 30 49 5850 28708 45 6 10 10 64 478 $ 45 36 2025 9979 30 4 10 10 33 94 Q 9 id. ... 58 79 2655 12934 38 5 10 10 34 259 10 id. ... 1 10 31 4950 24268 60 8 10 10 41 303 11 id. ... 71 16 3195 15655 15 2 10 10 104 782 12 id. ... 31 48 1421 6925 8 1 10 10 86 £09 14 id. ... 23 87 . . 93 60 5286 25843 15 2 10 10 , . 172 O %) £ 1292 15 id. ... 27 80 38 24 2970 14528 15 o 10 10 97 726 16 id. ... • • 11 42 17 60 1305 6384 15 2 10 .. 10 43 319 17 id. ... 76 62 3452 16852 38 5 10 10 .. 44 337 18 id. ... 73 60 3312 16192 38 5 10 10 43 324 19 id. ... 53 24 2396 11713 30 4 10 10 39 293 20 id. ... 21 id. ... 16 20 729 3564 8 1 10 10 44 356 22 id. ... 24 id. ... 25 id ... 44 21 1990 9726 30 4 IO 10 32 243 26 id. ... 50 22 2260 11048 30 4 IV 10 10 33 276 27 ’d. ... 61 01 2745 13422 30 4 10 10 45 335 31 id. ... 41 20 1854 9064 30 4 10 10 30 226 1 Giugno . . . 35 2330 7700 30 4 10 10 26 192 2 id. ... 70 4596 15400 30 4 20 20 26 192 3 id. . . . A riportarsi. . . 14 39 38 5 15 30 92701 — 563 LAVORI DI SECONDO TRATTAMENTO NELLA ZONA infetta di sicurezza Operai impiegati J2 N ’S 2 «<2 V a Ore di lavoro impiegate Nelle perfor. Nelle io iez. Numero proporzionale per operaio o per ora 55 63 12 80 35 3 61 62 71360 39 76 21 09 22 33 81 21 15 23 81 18201 1283 675 2970 5715 4770 3185 5596 1184 2947 2042 3365 3360 7035 5490 1521 950 1071 6298 3190 14537 27896 35109 15776 27359 5792 14808 9983 16451 16425 34395 26840 7438 4643 5238 10 10 79 629 319 726 398 439 263 342 193 370 333 274 274 382 298 372 232 261 OSSERVAZIONI 564 Segue All. B. LAVORI DI PRIMO TRATTAMENTO © 1 Numero NELLA ZONA Operai d i lavoro proporzionale cS bC O impiegati impiegate per operaio D A T A cS © e per ora OSSERVAZIONI infetta di sicurezza c o a N o Selle Selle •- bD N o .9 perfor. ■ iniez. .H s 1 s

r * Minuti | Riporto. . '. . 17 96 42 5 76 54 113499 8 25 56 1 140 5010 36 4 g 8 I 1 0 1 7X 9 51 04 1 2295 54 io 10 “ 1 19 ' 91 J Onorari ai periti ed altre spese relative alle stime (quota governativa) » Spese per gli operai impiegati nelle esplorazioni e nella distruzione . > Acquisto di solfuro di carbonio per le iniezioni quin- tali 496 ■ » Acquisto di altri insetticidi, e generi diversi di consumo » Trasporti, facchinaggi, imballaggi degli strumenti e del solfuro » Sorveglianza ai luoghi infetti » Altri onorari ai periti » Riparazioni, spese di posta, telegrammi e varie » 22,611. 10 15,977. 90 1,467. 45 61,339. 67 27,058. 99 1,204. 52 7,747. 05 14, 629.. 00 4,201. 01 3,567. 63 Totale L. 159,804. 32 NB. La provincia di Caltanissetta, da parte sua, ha pagato direttamente ai proprietari ed ai periti altrettanta somma di quella sopra indicata come quota governativa. Restarono al 31 dicembre 1880 a pagarsi: Ai proprietari sui valori di stima, sui quali però cadono gravi contestazioni L- 231,882 89 Ai periti per onorari liquidati dopo quel tempo » 2,432 20 Per preventivo dei lavori invernali » 96,041 00 Totale L. 295,256 09 APPENDICE .AVORI INVERNALI ESEGUITI NEL ISSI NEI CENTRI FILLOSSERATI DELLE PROVINCIE di Como, Milano, Portomaurizio, Messina e Caltanisseita Relazione sui lavori invernali eseguiti nei centri fìllosserati della provincia di Como. Il 22 marzo, con 30 operai e 3 caporali, s’incominciarono i lavori di scasso al centro Fontana , in comune di Valmadrera, e a quello di Pescate nel comune omonimo. Non si era determinata la profondità dello scasso, che dovea essere regolata dalla profondità delle radici. Nel primo centro la profondità media giornaliera variò da m. 0,98 a m. 1,01; invece al centro di Pescate da m. 1,07 a m. 1,24. In tutti gli altri centri, finora scassati, la media si tenne fra m. 0,45 a m. 1,30. Il 12 aprile il numero degli operai venne aumentato di 16 e di 1 caporale. Si estirparono complessivamente 3,030 viti, delle quali ancora vive e sane 1,562, morte o deperite 1,468. Le viti estirpate erano ripartite nei diversi centri come segue : CENTRI VITI ESTIRPATE 1 Deperenti Sane 1 o morte TOTALE Fontana N. 99 58 157 Pescate 73 73 Vigneto Ciceri 75 18 93 Dosso presso lo Stabilimento Ciceri 49 25 74 Campo Grande 16 76 92 Vigneto Gavazzi 141 28 169 Inferno 335 267 605 Viale Gavazzi 20 46 66 San Rocco 58 9 67 San Martino 76 21 97 Cadelloggia (Foppa 1° e 2°) 125 82 207 Sotto Cadelloggia 1° e 2° 162 117 279 Chiavasca 1° . . 33 50 83 Santa Vecchia lui 131 232 Campo dell’ 0 5 121 126 Santa Nuova 1 70 71 Chiavasca 2° 18 20 38 Campo aperto 51 18 69 Carascé 194 238 432 N. 1,562 1,468 3,030 Varie cause influirono sulla morte delle vit;, ma indubitata- mente la principalissima fu V azione deieterea del solfuro di carbonio. Nelle varie località, vi furono dei casi in cui le radici mo- stravansi infette poiché, per essere molto lunghe, si trovavano in — 577 — terreno non iniettato; giacché non si era preveduto che si spin- gessero tanto lontano dal ceppo. In altri casi Y infezione dipendeva dal trovarsi le radici molto prossime ai muri a secco ove, come si sa, i vapori di solfuro sfuggono rapidamente. Oltre alle viti infette accennate, altre due ne vennero rico- nosciute infette alla località Cabianca, nei primi giorni di marzo, che iniettate, a dosi fortissime di solfuro, vennero poscia estirpate, proibendo la coltivazione per LO metri in giro. Infine il giorno 13 maggio, ai N. 870 di mappa, sempre al centro di Cabianca, si rinvenne un piccolo pezzo di radice, della lunghezza di metri 0.50 e del diametro di 8 millimetri, appartenente a viti estirpate nel 1879, portante ancora numerose colonie di fillossere, in diversi stadi. Anche qui venne proibita la coltura, si abbruciò la radice, e s’iniettò il rerreno. Valmadrera, 16 giugno 1881. Il Delegato Speciale L. ClTTOLINI. Relazione sulle operazioni invernali eseguite nei centri fìllcsserati della provincia di Milano. In adempimento degli ordini, impartiti a questa Delegazione fil- losserica dal R. Ministero di agricoltura industria e commercio, con sua nota del 4 marzo anno corrente, il dì 12 dello stesso mese coll’aiuto del signor G. Guarinoni sotto ispettore forestale e con 112 operai, intrapresi le operazioni così dette invernali nei centri in- fetti della provincia di Milano. Torna inutile il ricordare che tali operazioni consistono nello sradicamento di tutte le viti infette o non (di già tagliate al piede, e poi replicatamente trattate col solfuro di carbonio nella decorsa annata) allo scopo di distruggerle col fuòco, e di purgare, per tal modo, il terreno da ogni radice di vite, che eventualmente po- trebbe ancora nudrire delle fillossere. Lo sradicamento fu praticato, come già erasi usato nel 1880, mediante lo scasso del terreno ad una conveniente profondità la quale viene determinata dalla profondità a cui scendono le radici delle viti. Superficie infetta. — La superficie dei centri fillosserati, sco- perti nel decorso 1880, ascende a metri quadrati 8,700. A questi si devono aggiungere mq. 15,250 costituenti parte del vigneto d’Adda, trattato - colla sommersione nel 1879, ove per esservi riapparsa, nel giugno 1880, la fillossera sopra alcune viti, si riconobbe la necessità, od almeno la convenienza, di distruggerli. E si devono anche aggiungere altri mq. 17,850 costituenti le così dette zone di sicurezza. Complessivamente si avevano così mq. 41,800 sui quali praticare le operazioni invernali, per poi poter rimettere il terreno, sotto speciali condizioni e restrizioni, ai proprietari col- tivatori. Generalità sulle operaz 'oni invernali. — Le operazioni di scasso, l’estirpamento delle viti, la loro distruzione col fuoco (1) ed il ne- cessario agguagliamelo del terreno, incominciarono, come dissi, il 12 marzo u. s. con 112 uomini, e proseguirono con un numero maggiore o minore di operai, a seconda del bisogno e dell’esten- sione degli appezzamenti nei quali dovevasi lavorare. Così in Agrate, dove avevansi i maggiori centri, trovai con- veniente di portare a N. 160 gli operai, in vista specialmente del bisogno di affrettare il compimento delle operazioni, sia per poter fruire del vantaggio di un tempo, in cui le mercedi pei contadini sono tuttora modiche, sia anche perchè simili lavori, si ritiene che possano riuscire dannosi, invece che utili, se praticati a stagione inoltrata, allorché per V aumentata temperatura le fillossere, che eventualmente potessero ancora esistere, dallo stato d’ibernazione sono già passate a quello della loro perniciosissima attività. Il (1) Nei centri prossimi all’abitato, le radici furono abbruciate entro car- bonaie, appositamente formate sul posto. - 579 — numero degli operai fu invece sensibilmente ridotto per la distru- zione dei pochi e piccoli centri esistenti nei comuni di Vimercate, Carugate, Pessano e Gessate. Gli operai furono divisi per squadre di 1 5, sorvegliata ognuna da un capo squadra. Per rendere migliore il servizio, stabilii che qualsiasi mancanza agli ordini dei delegati o dei capi squadra, fosse punita con multe, che, per quanto lievi, bastarono però a raggiungere lo scopo. Durata dei lavori. — Le operazioni di scasso, estirpamento e livellazione, durano dal 12 marzo al 30 aprile. Ma giova notare che, oltre ai soliti riposi festivi, molti altri ve ne furono a causa delle pioggie, così che, in realtà, si ebbero solo 24 giorni di lavoro. Superficie scassata e relativo costo dei lavori. — La spesa per le operazioni invernali era stata da me preventivata, sopra ri- chiesta del R. Ministero, in lire 6,812 50 (1), sulla base di quanto fu speso pei lavori del 1879-80. Risultò invece di sole lire 4,350 (2). La spesa minore fu l’effetto di varie circostanze, fra le quali due primeggiano : la Lo scasso non risultò necessario che per una superficie di mq. 25,643. 87 in luogo dei preventivati mq. 31,000, stante uno sviluppo delle radici minore del supposto ; 2a La profondità dello scasso, in media, fu pure minore di quella calcolata sull’esempio delle operazioni del 1879-80, essen- dosi limitata a circa 63 centimetri. Complessivamente fu operato il movimento di 16,141 90 metri cubi di terra, con una spesa per mano d’opera di lire 3,423. Il costo medio unitario per metro cubo, tenuto calcolo della sola mano d’opera, variò sensibilmente da posto a posto, anche dove fu praticato il lavoro ad una stessa profondità, influendovi, più di questa, la natura del terreno, più o meno compatto. Com- plessivamente risultò di lire 0,21 *[ 8 per metro cubo. (V. allegato A). (1) Escluse le spese di direzione. (2) Comprese le spese di direzione. - 580 — E si noti che, in questa cifra comprendonsi, oltre lo scasso, anche i lavori complementari, cioè la distruzione delle viti, e l'àggua- gliamento del terreno. Se alle dette lire 3,423 spese per mano d'opera, si aggiungono le spese di direzione e sorveglianza, come pure alcune altre rico- nosciute necessarie (V. l’allegato B) si ha l'accennata spesa totale di lire 4,350. Numero e stato delle viti estirpate. — Il numero delle viti estir- pate ascende a 8,849 che, per località, si dividono come segue : Nel territorio di Agrate » Carugate . . » Pessano . . . . >' Vimercate. . » Gessate . . . N. 7,810 » 94 » 31 » 514 » 400 Totale . . . N. 8,849 Le viti, sia pei subiti trattamenti di solfuro di carbonio, sia pei replicati tagli praticativi nella decorsa estate, si presentarono allo sradicamento assai deperite. Molte anzi, circa un terzo, erano morte e colle radici in decomposizione (1). Pochissime trovavansi in uno stato da lasciar credere ad una possibile vitale ripresa, qualora si fossero convenientemente coltivate. Degli altri alberi coltivati assieme alle viti, e di conseguenza soggetti alla influenza del solfuro di carbonio, soffersero sensibilmente i gelsi, i peschi ed i ciliegi; lo scasso del terreno ha attualmente aggravata la loro condizione, e si può ritenere che pressoché tutti periranno. Presenza della fillossera. — Allo scopo di meglio accertarmi dei risultati ottenuti colle precedenti operazioni praticate contro il dannoso afide, come già avevo usato nel 1879-80, promisi un premio a quelli operai o capi squadra, che, durante lo scasso, scoprissero qualche fillossera sulle radici estirpate. Tanto per gua- (1) La delegazione non ha tenuto una nota esatta dello stato delle viti estirpate; le proporzioni sopra notate sono desunte da prove salutane. — 581 — dagnarsi il premio, quanto pel desiderio di distinguersi, e meri- tare la preferenza nella prossima estate pei lavori di ispezione, molti, specialmente i più pratici, non risparmiarono osservazioni. A queste, naturalmente, si aggiungevano le osservazioni di chi scrive e del coadiutore signor Guarinoni. Ma fu davvero con viva soddisfazione che constatai come sopra 38 centri, dei quali vari gravemente colpiti, solo in due si sia ripresentata la fillossera, ed anche in questi, in ristrettissimo numero. Nella maggiore macchia del giardino Gargantini-Piatti in Vi- mercate, una ventina di insetti erano sparsi sulle radici di un grosso ceppo, e nell’ orto Bosisio, in Agrate, si trovarono alcune fillossere ai colletto di una giovane vite. Le due viti infette fu- rono immediatamente abbruciate. Con cura grandissima si os- servarono le altre viti prossime alle infette, ma con risultato ne- gativo. Però, avanti di rimettere ai proprietari i due centri, per le operazioni colturali, ho ritenuto conveniente di praticarsi una nuova iniezione di solfuro di carbonio, nella dose di grammi 80 per metro quadrato. Milano, 28 maggio 1881. Il Delegato governativo per la fillossera Felice Franceschini. 37 Numero d’ordine 582 — Lavori invernali nei centri infetti della Provincia di Milano. All. A. COMUN E 1 Agrate 2 Vimercate 3 Carugate e Pessano 4 Gessate Totale M. . . Totale L. . . Superficie scassata e conguaglio Spesa per la sola mano d’opera Media profondità della trincea Movimento del terreno metri cubi Costo medio al metro cubo in q. L. C. metri m. cubi L. C. 22257 22 2720. 00 | — 60 13354 33 - 201/3 1388 65 249 78 — 80 1110 92 — 22 i/o 433 00 77 14 — 80 346 40 - 22 l/2 1565 00 ! 376 08 — 85 1330 25 - 28 l/3 25643 87 — 63 16141 90 3423 00 1 - 211/s Milano, 28 maggio 1881. Il Delegato governativo per la fillossera Felice Franceschini. Osservazioni - 583 Allegato B Lavori invernali nei centri infetti dalla fillossera esistenti nella provincia di Milano Spese di direzione per indennità al delegato direttore ed al coadiutore L. 902 00 Per mano d’opera » 3423 00 Per calce, petrolio, trasporto di pali, eec. . . » 17 00 Per chilogrammi 19 di solfuro di carbonio . » 8 00 Totale . . . L. 4350 00 Milano, li 28 maggio 1881. Il delegato governativo fillosserico Felice Franceschini, Lo schema adoperato per le iniezioni, fatte nei due centri trovati infetti •durante lo scasso, è quello qui riportato. Gr. 80 per Mq. e • • 20 • • 20 20 • . • • • 20 20 20 • \ «20 • 20 20 • • — • • • • • I fori sono a mezzo metro di distanza l’uno dall’altro, ed ognuno ha ri- cevuto gr. 20 di solfuro. Totale gr. 80 per metri 700. Non ho creduto necessario, nè opportuno di praticare una iniezione nel rimanente terreno scassato, perchè non è questo immediatamente circondato da importanti terreni vitati, salvo che a Gessate nell’ortaglia d’Adda, dove però si usò la precauzione di una larga zona di sicurezza. Tanto meno op- portuno riuscirebbe ora una simile operazione, essendosi in quei terreni di già praticati i lavori colturali permessi. Di solfuro di carbonio ne ho qui al magazzeno di Milano tanto, che spero supererà sempre i bisogni di questa delegazione. Milano, 16 giugno 1881. Il Delegato governativo per la fillossera F. Frarceschini — 584 — Relazione sui lavori invernali eseguiti nei centri fìllosserati della provincia di Portomaurizio. I lavori di scasso e di estirpamento dei vigneti infetti dalla fillossera nel comune di Portomaurizio cominciarono il giorno 9* del mese di marzo p. p., sotto la direzione del mio collega si- gnor L. Cittolini, delegato fillosserico per la provincia di Como,, ed in seguito alla partenza per Valmadrera veniva affidato a me il proseguimento dei lavori medesimi, che cominciarono dalla villa Durazzo. II vigneto Durazzo è costituito da numero 21 ripiani, fra grandi e piccoli, sostenuti da muri a secco, dei quali non pochi superano l’altezza di tre metri. Di questi ripiani, 15 appartengono alla zona infetta , e 6 alla zona di sicurezza. Le viti avevano un sistema radicale ordinariamente molto sviluppato. Basti accennare che di queste viti non poche si estendevano orizzontalmente per fino a metri 6, e qualcheduna li oltrepassava; mentre poi, di quelle verticalmente dirette, alcune scendevano fino a 4 metri. Ed è questo un fatto che, fra gli altri, mentre ha contribuito a ritardare l’esecuzione degli estirpamenti, mi ha tratto in errore circa il tempo necessario al completamento dei lavori ; poiché, basando i miei calcoli sulle profondità raggiunte dalle viti di buona parte del vigneto prima scassato, le quali profondità dal 9 marzo al 2 aprile, oscillano fra le medie m. 0,95 e 1,96, io aveva fatto conto di condurre a termine tutti i lavori prima della fine di aprile suddetto. E lo avrei indubitatamente fatto, senza questo ed altri inconvenienti. Gli sradicamenti di Villa Durazzo proseguirono, senza inter- ruzione fino al giorno 8 aprile, quando si rinvennero sulle radici rigonfiamenti con fillossere generatrici vive e uova nate di re- cente. Fatti sospendere i lavori in quel tratto di vigneto, lo sot- — 585 — toposi ad un trattamento di 140 grammi di solfuro di carbonio per metro quadrato non compresi grammi 20 ad ogni ceppo di vite, cosa che venne ripetuta in molti casi simili. Intanto che procurava di ottenere la- disinfezione dei tratti di vigneto succitati, proseguivano gli estirpamenti nei ripiani vicini, ove le difficoltà per gli scassi furono molto grandi per la con- derevole profondità raggiunta dalle radici delle viti. Quivi però non si fecero le preventive iniezioni, ma seguendo i suggerimenti del sig. prof. ing. cav. Tito Pasqui, ispettore del- l’agricoltura, che in quei giorni trovavasi qui presente, fu fatto l’estirpamento completo e rigoroso di tutte le radici, bruciandole dopo l’aspersione con petrolio per favorire la combustione. Le ragioni, colie quali puossi spiegare la persistenza della fil- lossera, variano per le varie infezioni, e, secondo il mio debole -avviso, sono le seguenti, che brevemente verrò esponendo e che si possono ridurre ad una sola; cioè: la composizione fisica del terreno e la sua disposizione. Infatti, nel tratto di vigneto, che fu pel primo riconosciuto an- cora infetto F 8 aprile, il suolo del ripiano è fortemente inclinato, e per uno strato di circa un metro, è costituito da piccole sca- gliette miste a pochissima terra, provenienti dal disgregamento ■di una roccia marnosa che lo sovrasta. Il terreno è quindi scioltissimo, e i vapori di solfuro facilmente sfuggono dai meati sotterranei per diffondersi nell’aria prima di avere prodotto la morte dell’insetto ; e 1’ effetto quasi nullo dell’ ultima recente inie- zione lo ha dimostrato chiaramente. Le altre infezioni, quasi tutte, sono dovute alla vicinanza delle radici infette al muro a secco di sostegno, ove i vapori di sol- furo dovevano trattenersi pochissimo tempo. Tre sole viti devono la persistente presenza della fillossera a -diversa causa dalle accennate. Una di esse viti era infetta su di una radice a metri 6 dal ceppo, in senso orizzontale, ove non venne fatta iniezione di solfuro nell7 autunno decorso, poiché questa non si estese oltre i metri 2,50 ; l’altra vite deve l’infezione al trovarsi la estremità della radice infetta sotto la base del muro a — 586 — metri 4,30 dal colletto della vite medesima; la terza vite infine era ancora infetta probabilmente perchè le sue radici trovavansi fra massi e pietre, ove difficilmente il solfuro avrebbe potuto penetrare. Le viti riconosciute ancora infette, durante lo scasso, sono in tutto 43, delle quali 35 tutte appartengono airappezzamento tro- vato infetto pel primo, e che è costituito di terreno scioltissimo. Il modo con cui gli scassi furono eseguiti fu uguale tanto per le zone di Villa Durazzo, come per quelle di Villa Pertusio e Littardi. Da un capo d’ogni ripiano, aperta una trincea della profondità a cui arrivavano le radici delle viti, si procedeva nello scasso sempre mantenendola allo stesso livello, ed impiegandovi gli operai che potevano capire in essa. Se il ripiano era vasto nel senso della sua maggiore lunghezza, veniva attaccato in un altro punta intermedio, per modo che una fila di operai seguiva l’altra, fino a raggiungere lo scasso fatto da questa, che si avanzava verso l’estremità opposta a quella ove erasi cominciato lo scasso. E a ciò mi costrinse la necessità di mantenere più uniti che fosse possibile i giornalieri, affinchè, durante questa delicata ope- razione, non venissero meno una non solo continua, ma generale e assoluta direzione, ed una rigorosa sorveglianza. Se riscontravasi qualche radice, che raggiungesse profondità maggiori delle altre, si spingeva l’osservazione fino a tanto che era possibile e necessario. Ogni volta che, per uno dei molte- plici ostacoli, che possano impedire l’approfondirsi di uno scavo,, qualche rimasuglio di radice, quantunque non infetto, restava nel suolo vi veniva iniettato il solfuro nella dose di grammi 50 ; solo però quando non si riscontrava infezione o sospetto di in- fezione. Tutte le radici e i tronchi di vite estratti venivano esaminati onde accertarsi che non fossero infetti dalla fillossera, e raccolti in grandi ceste, venivano quindi portati su di un rogo e ridotti in cenere, insieme alle erbe e frammenti di vegetali che trova- vansi sparsi sul terreno. — 587 — Dietro ogni trincea, qualche ragazzo od operaio, nel mentre colla zappa ritirava all’indietro la terra, allo scopo di sgombrare 10 spazio ove dovea gettarsi quella da scassarsi, esaminava se qualche pezzo di radice era sfuggito agli operai scassatori. Lo scasso venne eseguito quasi tutto col bidente, in qualche tratto roccioso col piccone, e lo scavo, e 1’ innalzamento della terra smossa, colla zappa, alla quale nelle escavazioni più pro- fonde aggiungevansi piccole ceste, che riempite, di due o tre zappate di terra, oltre al renderne più facile l’innalzamento, lo acceleravano. In due punti, fui costretto a fare uso di piccole mine per rompere la roccia, e non solo allo scopo di agevolare l’estirpazione delle radici, ma pur anco per estrarre le pietre occorrenti alla ricostruzione dei muri. Terminato lo scasso di un ripiano, coll’opera di qualche gior- naliere, si eseguiva lo spianamento, allo scopo di eguagliare 11 peso del terreno smosso su tutta 1’ estensione dei muri, to- gliendo così considerevoli mucchi di terra da gravitare su una parte qualsiasi di essi, perchè ciò sarebbe stato pericoloso, spe- cialmente in caso di pioggia. Lo spianamento, a seconda dei casi e della disposizione del terreno, veniva eseguito a sbraccio o con trasporti col mezzo di ceste e carriole. Le ceste erano in generale portate da ragazzi. Le piante da frutta, tanto le disseccate come le sane, erano possibilmente lasciate a posto, o, in caso di bisogno, tolte, e quindi riposte, al fine di evitare possibili contestazioni sull’ apprezzo degli indennizzi che potessero essere dovuti al proprietario del vigneto. Qualche volta il muro di sostegno veniva atterrato onde ot- tenere la estirpazione di radici, che trovavansi sotto la base di esso, e quindi, proseguendo nello scasso, veniva ricostruito. Sono ben m. q. 669.89 di muro che vennero demoliti e ri- costruiti. Nella Villa Durazzo furono scassati m. q. 5,501 72 di terreno ed estirpate viti 3,491 ,non compresi 400 maglioli del vivaio, — 588 — di cui 112 secchi. Delle viti, 751 erano totalmente disseccate e 589 deperienti, con radici in parte marcite. Le viti sane erano 2,151. Suppongo che la maggior parte delle viti secche è data dalle località che erano le più attaccate dalla fillossera; e da quelle in cui il terreno era meno ferace. Gli estirpamenti a Villa Durazzo durarono dal 9 marzo al 21 maggio, senza interruzione, eccettuati alcuni giorni festivi e piovosi. Nella Villa Pertusio lo scasso ebbe principio il giorno 24 di marzo; ma in seguito a qualche giorno piovoso e all’eccessiva umidità del terreno, venne tralasciato per essere ripreso il giorno 22 aprile e completato il 2G successivo. Qui le difficoltà prodotte dai muri a secco e dallo straordi- nario sviluppo delle radici erano scomparse, ma se ne presentava un’altra, la quale consisteva nel trovarsi le viti sparse qua e là irregolarmente entro un folto bosco di piante ornamentali, da frutta e forestali, che oltre al nasconderle alle ricerche, incep- pavano lo scasso e colle radici e coi rami che toccavano a terra. Le viti estirpate sono 390, delle quali 103 deperienti, 12 af- fatto secche. Le altre 275 erano sane. Non si rinvenne più fillossere. La superficie scassata è di m. q. 1,138 35. Nella zona di sicurezza Littardi, come quella che non con- teneva viti che fossero state infette, si eseguirono per gli ultimi i lavori di scasso. Vennero estirpate 173 viti, delle quali 141 sane, 7 secche e 25 deperienti. Lo scasso si estese su di una superficie di m. q. 279. Portomaurizio, 22 maggio 1881. Il Delegato jillosserico A. F. Spigno. Relazione sui lavori invernali eseguiti nei campi fìllosserati dell’agro Messinese. Come dissi nella relazione dei lavori estivi eseguiti nei campi fìllosserati di Messina, trovandosi i vigneti per la maggior parte in collina, i proprietari più diligenti dividono la superficie del terreno in tante terrazze, la cui larghezza varia col pendìo di quello. I poggi son sostenuti da muri a secco, spesso altissimi, costruiti con molta cura. Alcuni di questi muri sono di costru- zione recente, altri antichi, sicché gli spazi interstiziali fra pietra e pietra son riempiti di terreno molto compresso, che una vege- tazione crittogamica mantiene in poste a far V ufficio di cemento. La quantità di questi muri esistenti nei campi fìllosserati è grandissima. I risultati che si ottennero dall’ iniezione del solfuro di car- bonio sulle fillossere e sulle viti prossime ai muri a secco o fra le pietre dei medesimi, sono diversi da quelli che si ottennero nelle terrazze che i muri istessi sostengono, non ostante che sui muri a secco si fossero fatte tre iniezioni complementari in aggiunta alle tre normali. II solfuro di carbonio iniettato nel terreno prossimo alle macìe non ha potuto dimorare in esso molto tempo nè ha potuto ap- profondarsi, inquantochè i suoi vapori, trovando una uscita faci- lissima fra gli spazi vuoti esistenti tra le pietre, sono sfuggiti producendo un effetto utile inferiore assai a quello che avreb- bero prodotto se tali vie non fossero state aperte. Infatti là ove i muri a secco erano di remota costruzione e le pietre naturalmente cementate dal terreno, l’effetto prodotto è stato uguale a quello verificatosi sulla parte centrale delle ter- razze a 0,80, 1,50 lontano dalle macìe. — 590 — Tali risultati non solo erano stati previsti pria delle iniezioni, ma furono anche verificati dopo delle medesime ed i saggi nu- merosissimi fatti si trovano consegnati in 14 tavole nella rela- zione dei lavori estivi. Da questi saggi risultava che nella parte del terreno molto prossimo alle pietre dei muri a secco si rinve- nivano alcuni ceppi fillosserati ed anche in vegetazione, mentre che al di là di 1,50 di distanza, misurata dalla faccia della macìa e sulla perpendicolare alla medesima, non si rinveniva più fillossera e le viti si rinvenivano anche o morte completamente o con un tratto soltanto di fusto vivo, ma separato affatto dal terreno per aver tutte le radici marcite. Tali essendo i risultati conseguiti, gli scassi per l’estirpamento delle viti dovevano essere, come di fatti furono, divisi in due periodi: disfacimento delle macìe, e scasso completo del terreno posto dietro alle medesime; estirpamento delle viti esistenti nelle terrazze. Nello estirpare le viti dalle terrazze, gli operai impiegati furono divisi in squadre costituite ciascuna di 1 1 operai adulti e 5 ra- gazzi. Quelli erano deputati allo scasso ed al riporto del terreno, questi alla raccolta e trasporto delle viti e radici, nonché all’ap- prestamento di pietre ai mastri di macìe che, in numero di 3, facevano parte degli operai adulti. Di queste squadre ne lavora- rono 5, sicché ogni giorno erano impiegati 80 operai. A disfare le macìe furono impiegati 32 giorni di lavoro, dal 4 gennaio al 5 marzo, stante il numero grandissimo di giorni piovosi. Il numero degli operai impiegati fu di 1,701 e quello dei ragazzi 774. Le viti che si rinvennero fillosserate, furono completamente estirpate con tutte le loro radici e, ciò non ostante, fu disinfettato anche il terreno con laute iniezioni di solfuro; volli eziandio si fossero individualizzati i punti in cui la fillossera si rinveniva, facendo misurare la profondità alla quale la fillossera si trovava, e la distanza dalla faccia della macìa. Le due perpendicolari Funa alla superficie del terreno, l’altra alla faccia della macìa, dànno il punto preciso in cui la fillossera si rinveniva. Tali mi- — 591 — surazioni sono espresse nelle tavole annesse sotto forma di fra- zioni, di cui il numeratore rappresenta la profondità alla quale fu trovata la fillossera, ed il denominatore la distanza dalla faccia della macìa. Ciò disposi poiché, mentre ho fatto sempre del mio meglio per avere i migliori risultati possibili dalle operazioni di distruzione, ho mirato nello stesso tempo di raccogliere, come mi era stato suggerito dalla Direzione dell’ Agricoltura, osservazioni e dati che potessero servire di guida per le operazioni che dovranno farsi in avvenire. Ho fatta eziandio eseguire giornalmente una classificazione dello stato dei ceppi a seconda la loro età facendoli dividere in morti, vivi e fillosserati, classificazione questa che mi sembrò molto im- portante, poiché nell’eseguire le iniezioni ho mirato, come dovevo, ad un doppio obbiettivo : distruzione della fillossera e viti che l’albergavano per semplici iniezioni di solfuro di carbonio, cioè al doppio intento cui mira il metodo razionale di distruzione. Ecco intanto dei quadri in cui sono esposti tali risultati: Stato dei ceppi delle viti estirpate durante lo scasso delle macìe esistenti nei fondi fìllosserati di Messina. Tav. A. — 592 — T-. O o O I O »C o lo | o co ko io CO CO CO co ° IO IO O IO CO * Tf t-H il'BJSssong iddaQ iO h- <50 co CO iO 50 co o TATA Tdd8Q 05 CO T“l CO 1— 1 o Tf CO >o CM CO <50 <50 tH 05 co 50 05 co tO Tijoni xddaQ o tH io co o 50 05 CSJ io co CO co CN T— 1 O P3 o > < •N ° CO p o * HH Eh • m o k ■+3 CD ro nS 'p d d d O HH 1— ( HH hH 1— l h- 1 HH « Pi o . E-1 « o < J *<3 # . 0 s d rs d 3 d '■d 3 p) • i-H • pH w a> a o lO tH co lO GO a* rH CM tH tH T— » T—i rH T-H CM Segue Tav. 593 — g 3 ^ *o *= è Oh BJ o o io 0 IO I O io | o m ! o oo t- | eo IH lo ,4 lo o io o'io - \C> t- co ai no CM rH tH (N tH CM eo TH co co ijjoui iddoQ -*j c £ £ g 03 0-2 o «f J g © o aS o ©\S ■S § S ® Ss -§ ao Ph cc > .tì > c« tì O W _ 03 c3 S3 a © O 00 Ol CN rjjoui iddao CO lO co t- co cr> as o t— «£> iO ° a d § o W O « 03 '%£ s O JZj D'C bD cT^ § S oO •i g ® ai O.h J O fl •pT _ a> d i 08 g g 03 2’SQ o o o ce rd d fi oo d'^S d CO OS $è o< d .^r *d B ■g S) ^ g <& g g « oc 8 « EH © 03 N n ce 2.2 ce^ 03 O g a C3* d^3 o N s 03 O d ce bC d ce £ «d I? 'C t TI © i-t (M CO 05 T-t C < J co P o >5 E-< K 5Z O > O 'O o o t3 05 05 05 CN co 1—1 of cT 11 numero delle viti estirpate nelle macìe, come si vede nelle tavole precedenti, fu di 12,699 delle quali se ne rinvennero: Morte 10,129 Vive 2,437 Fillosserate 133 Ossia su cento ceppi estirpati nelle macìe si rinvennero : Morti 79.77 Vivi 19.19 Fillosserati 1.04 100.00 Questi risultati non hanno bisogno di commenti e però mi limito ad osservare che il 19.19 per cento dei ceppi vivi appartengono generalmente al primo filare di viti più prossimo alle pietre delle macìe, quello cioè che potette risentir meno 1* effetto del solfuro pel soggiorno relativamente breve, non ostante avessi avuto cura di fare le tre iniezioni supplementari. Il solfuro nel terreno prossimo alle macìe agì meno a grande profondità che alla superficie del terreno, inquantochè prima di approfondarsi, ha trovato le vie di uscita fra le pietre dei muri a secco. La sua azione fu per conseguenza più completa là ove del macìe erano meno alte. Nella ricostruzione dei muri a secco, e nel riportare il terreno, ho trovato necessario di comprimerlo colle mazzeranghe onde impedire che le acque piovane vi si fossero accumulate, deter- minando la caduta dei muri e del terreno scassato. Il giorno 8 marzo furono principiati gli scassi nel terreno delle terrazze e furono completati il 5 maggio, impiegando 42 giorni di lavoro durante i quali furono impiegati complessivamente operai 2,351 e 356 ragazzi. — 597 — In vista del risultato ottenuto dalle iniezioni, questi scassi non furono totali, ma parziali (1) ed ebbero per iscopo lo estirpamento dei ceppi fino a 60 o 70 centimetri di profondità, percui furono aperti dei solchi della larghezza (35-40 centimetri) strettamente necessaria per poter spingere il piccone e la zappa a quella pro- fondità. Il lavoro era condotto in guisa da aver questi solchi paralleli e scavati perpendicolarmente alla linea di pendenza del terreno. L'operaio mentre eseguiva lo sterro, eseguiva anche il rinterro disponendo dietro a sè il terreno in forma di un piccolo cumulo prismatico, che qualche giorno dopo era compresso me- diante l’azione di rulli compressori molto pesanti (circa 9 quin- tali) fatti appositamente costruire. Il lavoro di questi rulli cilin. drici costituiti di sette tamburi (diametro 40 centimetri) girevoli indipendentemente gli uni dagli altri, era quello di rimettere il terreno scassato nelle stesse condizioni di compressione del cir- costante, onde impedire che nelle tre iniezioni complementari di questi lavori, il solfuro si fosse irregolarmente diffuso e non avesse trovato nel terreno smosso una facile via di uscita. I ceppi, come venivano estirpati, erano subito minutamente os- servati per vedere se erano o no fillosserati. Qualora si rinve- niva la fillossera si misurava la profondità alla quale si trovava, ed i ceppi venivano estratti con tutte le loro anche più piccole radici a qualunque profondità si trovassero. I ceppi verdi veni- vano scavati fin là ove terminava la parte sotterranea del tronco in modo da non rimanere nel terreno che le semplici radici. I ceppi venivano eziandio classificati per la loro età e stato di vegetazione secondo è indicato dalle tavole seguenti: (1) Per alcune migliaia di metri quadrati furono fatti scassi generali ad 80 centimetri di profondità là ove la parte sotterranea dei ceppi di viti era talmente intrecciata da riuscire gli scassi generali anche più economici di quelli parziali. S8 Tav. B. — 598 — Stato dei ceppi di viti estirpati nelle terra DATA DEI LAVORI VIGNETI IN CUI SI LAVORÒ CEPPI da 1 a 5 anni CEPPI da 6 a 8 anni CEPPI da 9 a 14 ar © © •- 2 £ e« o S ^ a, e o © © — © 5 i « u <2 a 1 > © c © ~ fi fi © ^ *5. 2 o © » ._ 4> ® O ‘t «2 © © ' 2 ! © *2 b- © i 8 ! ! © £ o «2 1 8 Marzo . . Roberto 43 18 7 223 114 51 125 93 9 id. Id 217 138 34 32 j 138 Id 46 18 10 288 105 25 33 11 id. . . Id * • 107 30 31 169 32 28 334 18 12 id. . . Id 110 70 36 225 69 7 298 35 14 id. . . Id 158 47 28 81 29 26 248 68 15 id. . . Id 230 117 12 91 35 16 271 152 16 id. . . Id. 191 123 39 157 118 18 196 86 17 id. . . Id 124 166 25 90 53 18 116 ; 108 18 id. . . Id 418 115 46 169 35 43 100 28 21 id. . . Id 381 79 9 491 56 23 222 77 28 id. . . Id 593 124 ;i 264 6 15 172 1 69 24 id. . . Id 739 128 7 300 21 3 196 37 26 id. . . Roberto, Simeone 226 38 15 303 176 12 297 113 OD Id. 147 88 1 188 73 5 241 108 29 id. . . Simeone, Cherubini . 409 148 22 127 12 24 168 243 30 id. . . Cherubini 309 127 51 293 206 10 986 215 31 id. . . Cherubini, Pizzimenti A 367 209 58 64 ì 89 13 607 78 1 Aprile. . Pizzimenti, Toscano 509 254 99 80 582 451 Morti completamente 599 — ei campi fìllosserati dell’Agro Messinese. ceppi da 15 a 20 anni 110 106 121 143 85 20 21 16 14 2 91 174 208 220 314 713 877 580 182 o © 55 99 60 26 66 39 6 12 14 7 31 68 92 121 91 139 334 51 346 CEPPI di età superiore a 20 anni 340 60 20 101 404 139 105 101 583 23 1 50 122 165 40 42 Profondità alla quale si rinvenne la fillossera 0. 60 1.00 0.40 0.50 0.60 0.40-2.10 2.48-0.70 0. 25-0. 40 0. 30-1. 30 0.85-1.70 0. 25-0.72 0. 10 0. 25-0.70 0. 80-1. 40 OSSERVAZIONI 0. 10 Il ceppo fìllos8erato fu rinvenuto in un luogo ove il proprietario aveva tagliate le viti perchè infette. La fillossera si rinvenne sopra una delle ra- dici vive (3 o 4 radici soltanto erano vive). 3 delle viti fillosserate erano dietro una macìa. 2 viti delle fillosserate erano scmiverdi l’altra aveva soltanto alcune radici verdi ,che si trova- rono fillosserate. Tutte le viti fillosserate erano vicine a viti morte. Una delle viti fillosserate era una propag- gine profonda 0. 25. Molte di queste viti fillosserate erano in gruppo. A m. 1. 30 non vi era più fillossera perchè vi era dell’ acqua. Alcune fillossere erano sul ceppo allo sco- perto. La fillossera si rinvenne su poche radici ri- maste ancor vive mentre tutto il rimanente era morto. Il ceppo fillosserato era pressoché secco. 600 — Segue Tav. B. DATA DEI LAVORI VIGNETI IN CUI SI LAVORÒ CEPPI da 1 a 5 anni CEPPI da 6 a 8 anni ~ H CEPPI | da 9 a 14 anni 1 Morti completamente Morti inferiormente Vivi Morti completamente Morti inferiormente Vivi Morti completamente Morti inferiormente Vivi 2 Aprile. . / Toscano 171 50 2 211 3 6 261 67 6 4 id. . . id 174 511 36 831 51 1 5 id. . . Id 807 66 8 387 63 ... 385 117 5 6 id. . . Toscano, Ribera, Romeo 426 58 1 253 22 471 223 13 7 id. . . Id. 324 56 1 195 103 5 1097 191 27 8 id. . . Toscano, Ribera, Pizzimenti P. Co- rica I. Corica A 657 224 24 741 487 24 216 88 11 9 id. . . Toscano, Ribera, Corica I. Corica A. 784 20 7 99 87 ... 245 27 4 12 id. . . Toscano Corica I. Corica A. . . . 1 138 369 11 17 823 303 2 14 id. . . Corica, Grillo, Perrone, De Gaetani. Basile, Gangemi, Squillaci, Bo- naviri 1638 277 58 365 335 34 485 192 41 15 id. . . Bonaviri, De Gaetani , Alibrandi , Gangemi, Basile 558 317 63 374 358 35 337 295 124 16 id. . . Gangemi, Bonanno, Bonaviri, Squii- laci, Sterio 581 1 274 82 322 234 109 251 111 154 10 id. . . Gangemi, Bonanno, Sterio, Lisciotto D’ Amico 301 80 61 306 393 38 275 313 68. 20 id. . . Guarnera, Gesira 62 80 31 449 213 3 997 312 44 21 id. . . Viola, Gesira, Guarnera, Laudamo. 587 515 32 298 292 48 492 392 9 22 id. . . Viola, Laudamo, Mangano, Furfari, Gesira, Arduino, Rizzotti. . . . 439 351 1 6 265 55 ... 560 310 — 601 CEPPi la 15 a 20 anni CEPPI di età superiore a 20 anni Profondità fS Morti completamente Morti nferiormente Vivi Morti completamente Morti inferiormente Vivi QJ CO JO 2 *£< ci. 0) O alla quale si rinvenne la fillossera OSSERVAZIONI m. 597 219 64 16 1 135 125 10 19 2 236 109 3 i 0.20 % Il ceppo filosserato si rinvenne in un sentiero sotto una siepe. 361 138 9 132 63 4 4 0.10-1.15 Queste viti fillosserate furono trovate indi- strutte nascoste sotto una siepe percui probabil- mente, quasi certo, non dovettero essere iniettate. 183 141 9 205 105 7 0.55-1.95 Dei contronotati 7 ceppi uno era in una ma- cìa, gli altri sei avevano le loro radici sotto un monte di terra incolto che non venne iniettato, ma quand’ anche lo fosse stato l’effetto non sa- rebbe stato diverso, poiché il solfuro non avrebbe potuto penetrarlo. 438 243 32 23 40 1 8 0. 60-1.30 Delle contronotate viti 5 erano vicine alle 6 del giorno precedente e 3 in una macia che nello scasso delle medesime non fu disfatta. 288 240 27 285 208 16 7 0.40-2. 00 Questi ceppi fillosserati furono trovati nella parte tagliata dal proprietario. I ceppi si rin- vennero alla profondità di 25 centimetri. Questa zona non fu iniettata perchè si credeva non vi fossero viti, essendo nudo il terreno. 479 142 1 497 149 16 ’ 3 0.65-0. 80 Per questi ceppi vale la precedente osserva- zione. 328 125 2 4 26 6 0. 30-0. 80 621 451 25 346 101 13 19 0. 20-0.75 Delle controsegnate viti fillosserrate 11 si trovarono da Bonaviri. 170 271 18 36 0. 10-0. 70 Rinvenute le viti fillosserate sette da Bona- viri ed una di esse era nella zona di sicurezza. 117 37 6 193 5 27 0. 10-1. 20 21 viti fillosserate da Bonaviri, 4 da Gangemi. La vite fillosserata si rinvenne da Squillaci. 1 ceppo fillosserato da Guarnera ed 1 da Gesira. .469 625 180 23 161 5 1 0.40-1.50 372 6 156 43 2 0. 60 319 337 19 462 227 1 161 915 13 341 284 8 1 Il ceppo fillosserato all’estremo limite della zona di sicurezza. — 602 Segue Tav. B. CEPPI da 1 a 5 anni CEPPI da 6 a 8 anni CEPPI da 9 a 14 anni | DATA DEI LAVORI VIGNETI IN CUI SI LAVORÒ Morti completamente Morti inferiormente Vivi Morti comp etamente Morti inferiormente Vivi Morti completamente o S 3 S 1 Vivi 23 Aprile. . Viola, Rizzotti 416 535 10 141 106 2 435 239 25 id. . . Id. 145 165 9 46 40 86 171 26 id. . . Viola, Villari, Musolino, Rizzotti 333 387 20 734 431 4 865 310 27 id. . . Viola, Musolino, Rizzotti, De Stefano 287 93 15 291 103 1 121 578 2 Maggio . Musolino, Caratozzolo, La Corte. 1570 773 4 298 132 60 21 3 id. . Caratozzolo, Di Pietro, Nicolosi, Pugliatti, Vinciguerra, Malfa, Ma- gliano, Fumia 447 383 12 508 552 19 618 464 2: 4 id. Vinciguerra e Pugliatti 795 326 21 800 627 16 1800 293 3 5 id. Perrone, Gangemi, Vinciguerra, Galbo 940 350 3 466 130 27 750 493 2 Totale di ogni eateg. di ceppi 19187 9 638 98§ 11897 6147 763 [18 685 7 678 143 Su 100 CEPPI DI VITI ] ETÀ di ciascun gruppo Morti completala. Da 1 a 5 anni 64. 57 » 6 a 8 » 63. 27 » 9 a 14 » 67. 22 » 15 a 20 »> 63.48 Di età superiore a 20 anni . . . 68. 89 Totale generale dei ceppi di viti estirpati nelle terrazze N. 115 51S di cui: Morti completamente .... 75 046 Morti inferiormente fino alla distanza di 10-35 cent, dalla superficie del terreno. . 35 833 Vivi . . . j 4Ì45 Fillosserati 194 — 603 — ceppi i 15 a 20 anni CEPPI di età superiore a 20 anni 716 588 660 809 308 1 451 797 882 .6 583 29 302 274 314 583 431 309 659 393 259 8 721 11 127 96 85 26 981 512 909 191 591 120 237 608 376 93 31 8 6941 3 649 17 Profondità alla quale si rinvenne la fillossera OSSERVAZIONI 0. 05-0. 10 La vite fìllosserata era sotto un muro a secco (qualche fillossera). 278 0. 05-0.30 0. 40-0. 85 0. 15-0. 85 1941 Le 3 viti pochissimo filosserate si trovarono nel fondo Viola La fillossera si rinveniva sulle pochissime radicette rimaste vive. 1 ceppo filosserato da Viola, 1 da Rizzotti. I 5 ceppi fillosserati furono rinvenuti da Mu- solino sotto un sentiero battuto costituito di ar- gilla. Dei due ceppi filosserati uno fu trovato vi- cino ai 5 precedenti ed uno sotto macia. Fillos- sera in poca quantità. NI GRUPPO SE NE TROVARONO Morti inferiormente Vivi Totale 32.12 3. 31 100. 00 32.68 4. 05 100.00 27. 62 5.16 100.00 33.17 3. 35 100.00 28.91 2. 20 100. 00 Su 100 ceppi estirpati nelle terrazze se ne trovarono : Morti completamente ; Morti inferiormente fino a 10-35 cent, dalla superficie del terreno ed aventi tutte le radici marcite Vivi Fillosserati 64.97 31.02 3. 85 0.16 100. 00 — 604 — Come si vede, i ceppi si trovano classificati in sei gruppi. Nel primo gruppo sono contenuti i ceppi da 1 a 5 anni di età, nel secondo da 6 a 8, nel terzo da 9 a 14, nel quarto da 15 a 20, nel quinto i ceppi di età superiore ai 20 anni. Vi è final- mente il sesto gruppo in cui son compresi i ceppi fillosserati. I primi cinque gruppi sono suddivisi ognuno in tre sottogruppi, dei quali il primo contiene i ceppi morti completamente, il se- condo quelli morti inferiormente ed il terzo i ceppi vivi. Nei quadri precedenti vi son tuttavia i nomi dei vigneti e la data in cui i lavori furono eseguiti. Come dissi nella relazione sui lavori estivi, nei vigneti distrutti in seguito alla invasione fillosserica e trattati al solfuro di car- bonio, si trovavano dei ceppi i quali avevano tutte le radici morte ed anche un buon tratto della parte sotterranea del tronco morto. Queste viti, che spesso presentavano dei germogli, non ave- vano piu alcuna relazione col terreno, vivevano consumando se stesse, ossia la linfa che, accumulata nel ceppo, veniva man mano richiamata alla parte superiore della pianta, intanto che la parte del vegetale da essa abbandonata, subiva la metamorfosi verso la putrefazione. Questi ceppi che presentavano un tratto vivo soltanto superior- mente e che si approfondava nel terreno soltanto per 10-35 cen- timetri al massimo, furono classificati nelle tavole col nome di ceppi morti inferiormente, per distinguerli da quelli morti com- pletamente. Volli far questa divisione non perchè io consideri questi ceppi vivi, ma per fare dei morti due categorie. Ond'è che, ben s'intende, i ceppi della categoria dei morti inferiormente devono essere riguardati come del tutto morti, poiché mancanti come sono di radici, morirebbe indubitatamente anche quel tratto che nell' epoca dell' estirpamento si presentava apparentemente vivo. Ho detto apparentemente vivo e l'ho detto apposta, poiché ai delegati ho date istruzioni di riguardare come morti unicamente quei ceppi che su tale stato non cadeva il minimo dubbio, per- cui dovevano presentarsi o marciti o secchi. Quei ceppi tro- — 605 — vantesi in condizione diversa, dovevano esser messi nella categoria dei vivi. Ond’è che il numero reale dei ceppi morti è superiore a quello che apparisce dalle tavole. Ecco intanto quale è lo stato dei ceppi rinvenuti nelle terrazze quale si legge nelle tavole. Furono estirpati N. 115,518 ceppi di cui: Morti completamente 75,046 Morti inferiormente 35,833 Vivi 4,445 Fillosserati 194 Dai ceppi fillosserati, volendo giudicare i risultati di cui il si- stema di distruzione è capace, bisogna escludere 32 ceppi, dei quali 4 si rinvennero non distrutti sotto una siepe e non stati perciò iniettati, perchè non visti; 11 diramavano le loro radici sotto un gran monte di terra che non fu iniettato, perchè non si sospettava che le radici si fossero colà diramate: 10 perchè esi- stevano nella parte del vigneto tagliato dal proprietario e che non si era iniettato, perchè il terreno nudo non lasciava sospettar la loro presenza; finalmente altri 7 perchè mandavano le loro ra- dici sotto un sentiero di argilla battuta e che non fu iniettato, perchè non si sospettava le radici potessero avere tale capric- ciosa disposizione. Gli altri ceppi fillosserati erano in massima parte (126) nella proprietà Roberto e Bonaviri, fondi che essendo stati i primi ad essere iniettati, gli operai impiegati non erano molto pratici e però, in principio, qualche irregolarità fu inevi- tabile. I ceppi, di cui si è dato il numero, sono così distribuiti nei vari gruppi : I CEPPI DA 1 A 5 ANNI NE PRESENTAVANO : Morti completamente 19,187 Morti inferiormente 9,638 Vivi 988 — 606 — I CEPPI DA 6 A 8 ANNI NE PRESENTAVANO: Morti completamente 11,897 Morti inferiormente 6,147 Vivi 763 I CEPPI DA 9 A 14 ANNI NE PRESENTAVANO: Morti completamente 18,685 Morti inferiormente 7,678 Vivi 1,435 I CEPPI DA 15 A 20 ANNI PRESENTA VANSI : Morti completamente 16,583 Morti inferiormente 8,721 Vivi 981 1 CEPPI DI ETÀ SUPERIORE AI 20 ANNI SI PRESENTAVANO: Morti completamente 8,694 Morti inferiormente . . . 3,649 Vivi 278 Se guardiamo intanto alla quantità percentuale dei ceppi vivi per ogni categoria, troviamo che le viti più giovani (1 a 5 anni) e le più vecchie (età superiore a 20 anni) presentano il per cento di viti vive minore, e le vecchie inferiore alle giovani. Il per cento di viti rimaste vive è superiore nelle viti di 6 a 8 anni e nelle viti di 9 a 14, cioè dell’età in cui la pianta è nel pe- riodo di massima vigorìa. Infatti rimasero vivi nel gruppo: Da 1 a 5 anni 3.31 per cento » 6 a 8 » 4.05 » » 9 a 14 » 5.16 » » 15 a 20 » 3.35 » » 21 anno in sopra 2.20 » Questi dati ci autorizzano a costruire una curva di resistenza delle viti o la parabola della vita dell’ampelidea sotto l’azione del solfuro. Infatti cominciando dall’epoca della piantagione ed avan- zandoci man mano verso un periodo più inoltrato di sviluppo, — 607 — troviamo che la resistenza si accresce continuamente finché rag- giunge un massimo che nel nostro caso è rappresentato dal gruppo di 9 a 14 anni, e poi decresce a seconda che ci avanziamo nella vecchiezza. Gli estremi giovinezza e vecchiezza si dànno, come sempre, la mano. Ma se noi potessimo valutare lo sviluppo del sistema radicale e ad esso rapportare la mortalità, noi daremmo certamente una classificazione più esatta, poiché la resistenza delle viti al sol- furo deve indubitatamente dipendere dallo sviluppo più o meno grande del sistema vegetativo. Se intanto riuniamo tutti i singoli risultati ottenuti nei vari gruppi, noi troviamo che che su 100 ceppi estirpati nelle terr razze se ne trovarono: Morti completamente 64.97 Morti inferiormente fino a 10-35 cent, dalla super- ficie del terreno ed aventi tutte le radici morte. 31.02 Vivi 3.85 Fillosserati 0.16 Questi risultati dispensano da ogni commento e sono la più bella conferma della bontà dei metodi distruttivi. Durante le iniezioni tre proprietari di fondi fillosserati, il Per- itone, il Gangemi ed il Viola, mi domandarono un permesso di inaffiare gli agrumi esistenti nei vigneti distrutti. Questo permesso diedi dopo la seconda iniezione di solfuro. Ora durante lo scasso si è osservato che le viti ove la irriga- zione fu permessa, si mostravano, ad eccezione di pochissime, tutte vegete e si trovò anche su alcune di esse una certa quantità di fillossera non molto inferiore a quella rinvenuta nell’epoca della scoperta dell’infezione. Questo fatto è in pieno accordo colle con- seguenze che si ricavano nel considerare l’azione delle piogge e dell’irrigazione sulla diffusione del solfuro di carbonio, che viene impedita dall’acqua che riempie gli spazi interstiziali del ter- reno. Il solfuro già evaporato, venendo a contatto coll’acqua in- terstiziale del terreno, che serve di refrigerante, si condensa e però non può esercitare la sua azione che per le piccole goccio- — 608 — lette che si formano, le quali mortificano localmente il tessuto delle radici di viti con cui vengono a contatto ed uccidono solo quelle fillossere che lambiscono. Queste osservazioni però pare non coincidano con quelle del signor Catta, il quale giudica la morte delie piante più grande in seguito alle iniezioni praticate dopo le piogge. Impedito da altre occupazioni, non ho potuto finora studiare la ragione di questa discrepanza nelle osservazioni di fatto, cosa che credo di poter fare fra non molto, avendo già preparato all' uopo delle esperienze sulla cui importanza la Direzione deH’agricoltura richiamò la mia attenzione. Se badiamo intanto alla spesa sostenuta per eseguire i lavori invernali, essa è, come abbiamo analizzato in una nota inter- calata nella relazione intorno ai lavori estivi, di lire 1,300 per ogni ettaro. Di questa spesa i due terzi circa sono da addebitarsi al disfacimento e ricostruzione delle macìe e soltanto un terzo circa allo estirpamento delle viti nelle terrazze. Bisogna però notare che le viti rinvenute nelle terrazze essendo tutte o morte completamente o morte inferiormente fino a 10-35 centimetri dalla superficie del terreno, non occorreva che i ceppi si fossero recisi a 60 o 70 centimetri di profondità, ma bastavano dei solchi profondi da 30 a 35 centimetri per ottenere lo stesso scopo. In questo caso gli scassi sarebbero costati, escluso il disfa- cimento delle macìe, lire 60 circa all’ettaro. E tali appunto do- vevano essere i lavori di scasso nelle terrazze dei campi fillos- serati di Messina, se una eccessiva precauzione, di cui ora son pentito, non mi avesse indotto a fare come fu fatto; introducendo una forte modificazione a ciò che precedentemente, di accordo col Ministero, avevo stabilito. Peraltro ora son persuaso che lo scasso di 30-35 centimetri fatto a solchi, è sufficiente allo scopo che si vuole raggiungere e capace di dare lo stesso grado di sicurezza con una spesa immensamente minore. Roma, 24 maggio 1881. Il delegato speciale P. Freda. — 609 — Relazione sui lavori invernali eseguiti nei campi fillosserati della Provincia di Caltanissetta. Il 7 gennaio 1881 s’ incominciarono i lavori invernali col di- sfacimento dei muri a secco e della parte delle terrazze ad essi adiacente, osservandosi le istruzioni Ministeriali del 30 dicem- bre 1880, meno in alcuni casi, già da me comunicati con lettera 10 febbraio. In questo primo lavoro, che durò sino ai 3 febbraio, si esegui 11 disfacimento e la ricostruzione dei muri a secco, nonché lo sterro ed il riporto del terreno da essi sostenuto, su metri cubi 7,96 lr estirpandosi 3,570 ceppi. Il per cento dei ceppi classificati secondo lo stato di vegetazione e à’ infezione è il seguente : Morta Morti completamente parte del ceppo o radici In vegetazione Filosserati 29.25 54.25 8 8.50 I lavori di scasso parziale conviene considerarli in due epoche distinte, tanto pel modo di esecuzione che per le dimensioni di esso scasso e le osservazioni fatte. Dal 4 febbraio al 14 marzo alcuni operai scassarono dai 20 ai 30 centimetri di profondità disponendo la terra nelle zone non scassate ; altri invece dai 30 centimetri in poi, sino alla profondità del chiodo del ceppo (1) gettando per altro la terra all’ indietro* nel solco che, largo 60 centimetri, lungo il filare veniva aperto» (1) La estremità del magliuolo nel riesano viene denominata chiodo. — 610 — Da principio, essendo pochi gli operai, le osservazioni sull’effetto del solfuro vennero fatte in tutti i ceppi, ma quando* per ordine di cotesto Ministero il numero degli operai si aumentò, allora le osservazioni divennero parziali. Degli 80,849 ceppi estirpati, 9537 furono esaminati, trovandosene: Morti completamente 5,064 Morta parte del ceppo o radici In vegetazione 2,224 1,818 Filosserati 431 IL PER 100 RELATIVO È: Morti completamente 53,079 Morta parte del ceppo o radici 23,319 In vegetazione 19,062 Fillosserati Dal 14 in poi l’Ispettore Freda cambiò il modo di esecuzione, la misura dello scasso e dispose inoltre le cose in modo che le osservazioni fossero fatte su tutte le viti. Vennero cambiati alcuni strumenti, altri modificati, acquista- ronsi daH’amministrazione 35 pali di ferro a punta da una parte ed a taglio un po’ ricurvo dall’altra per l’estirpazione delle viti tra le pietre. Gli operai muniti di zappa e di piccone, scassarono una zona la cui larghezza non oltrepassando mai i 40 centimetri, variava col variare della profondità del chiodo delle viti. Tra vite e vite lo scasso non si fece alla medesima profondità, la quale fu sempre maggiore nel punto dove esisteva la vite, e minore invece nel punto di mezzo della linea che univa due ceppi vicini. La terra inoltre veniva disposta in modo che per eseguire la compressione non dovesse occorrere nessun altro lavoro. Le osservazioni furono fatte indistintamente su tutti i ceppi ed i risultati ottenuti sono esposti nelle seguenti tabelle. STATO DEI CEPPI DELLE VITI ESTIRPATE NEI VIGNETI FILLOSSERA!! DI RIESI » dal 14 Marzo al 28 Aprile 612 — Stato dei ceppi delle viti estirpate nei vigneji Tav. A. da CEPPI 1 a 5 anni CEPPI da 6 a 8 anni 1 « o DATA DEI LAVORI VIGNETI IN CUI SI LAVORÒ 5 o 5 Z CS Z ’> 1 Si a, g js -a © > fio * g- o ,2 o > 8 c 8 .5 14 Di Bilio Inglesi Fi\, Tricoli. Vitello, Rizzo Tricoli, Di Bilio Inglesi Fr., Rizzo, Vitello Di Bilio Inglesi, Rizzo, Vitello, Tricoli 4 1 25 22 1(1 1 5 id 122 236 94 r. 16 17 id 26 36 34 21 id Rizzo, Cortese, Vedova Ferro, Tricoli, Golisano 352 37 70 20 9 li 22 id Cortese, Vedova Ferro, Rizzo, Golisano, 32 6 12 23 id Cortese, Vedova Lamarca, Lo Giudice, Rizzo Grolisano * t t t , . . , 12 21 id Golisano, Rizzo, Lamarca, Cortese . . 151 6 21 25 id Golisano , Rizzo , Lamarca , Cortese, 5Q 3V 550 13 26 id D’Antona, Rizzo, Golisano, Vedova La- 22 7 28 id D’Antona, Rialzo, Golisano, Vedova La- 671 2 52 29 id Rizzo, Tricoli, Golisano, Di Letizia, 741 40 92 30 id Porrovecchio, Di Letizia, D’Antona, 2 542 35 231 31 id ' . Porrovecchio, D’Antona, Todaro, Di Le- tizia . 320 28 250 20 335 193 1 Porrovecchio, Butera, Todaro, Di Letizia 18 796 140 657 1 Api ile 2 id Butera, Martello, Porrovecchio, Debilio Nap , Di Letizia 621 136 557 236 84 338 4 id Russo, Martorana, Piccadaci, Bordonaro, 88 20 253 5 id Russo, Lamonaca, Martorana , Picca- 88 33 234 6 id Bordonaro, Lupo, Sardella, Russo, Ma- lerba. Grotta. Martorana, Bordonaro 70 60 117 - 613 — losserati di Riesi dal 14 marzo al 28 aprile. Ceppi da 15 a 20 ; anni di et a Ceppi à superiore 20 anni O C U U 3 O O > 1 -2 0) ! 2 3 _ a C 3 S 3 g P. o £ g| 0 g li O £ § .5 « fl 30 5 20 321 206 598 98 297 111 209 430 18 15 27 409 97 51 387 65 32 868 110 300 85 50 14 212 121 245 352, 96 231 342 20 96 473 239 Ceppi da 9 a 14 anni « a © ì ée § © * P. o Morti incompletamente > 248 166 306 172 183 396 373 298 630 318 526 799 836 619 1 236 1011 207 320 592 84 114 609 51 200 t 061 342 364 665 150 313 184 91 270 25 28 160 536 308 480 159 94 351 42 25 236 280 278 718 375 134 949 293 100 1003 109 OSSERVAZIONI Le squadre fecero sciopero per riduzione di mercede. 39 614 Segue Tav. A. DATA BEI LAVORI 7 Aprile 8 id. 9 id. 11 id. 13 ìd. 14 id. 16 id. 18 id. 19 id. 21 id. 25 id. 26 id. 28 id. VIGNETI' N CUI Si'lAVOKÒ Grotta, Bordonaro, Azzolino, Sardella. Grotta, Azzolino, Bordonaro, Sardella, Cammarata Grotta, Bordonaro, Di BilioN., Calamita Calamita, Scichilone Calamita, Scichilone, Scibetta Calamita, Salomone, Scibetta. . . . . Ceppi da 1 a 5 anni Ceppi da 6 a 8 anni Calamita, Patri, Salomone, Scibetta. . Calamita, Patri, Scibetta, Salomone, Di Benedetto Di Benedetto, Calamita, Scibetta, Patri, Salomone, Lamarca ........ Patri, Di Benedetto, Calamita, Giuliana Paterna, Patri. Fasulo, Di Benedetto . Di Benedetto, Salomone, Fasulo, Paterna Paterna, Salomone, Di Benedetto, Fasulo Salomone, Paterna, Fasulo ...... Fasulo, Giuliana, Salomone, Turco . . Totale 106 372 193 41; 45 328 16 2 733 121 168 534 354 237 119 258 85 1113 2 — 615 - da 9 Ceppi a 14 anni da 15 Ceppi a 20 anni Ceppi di età superiore a 20 anni Ceppi fillosserati OSSERVAZIONI Morti completamente Morti incompletamente Vivi Morti completamente Morti i ncomplet amen te Vivi Morti completamente Morti Incompletamente Vivi 1017 304 2 657 10 110 188 375 336 605 1 69 77 634 12 349 480 222 315 «48 50 178 33 248 q.8f? 146 282 ! 103 I ceppi filosserati tutti nella proprietà Calamita. i ri fi A A 569 2 056 „ 516 502 179 v i 1 OIU O 1 QA 234 994 275 56 210 130 i nm 50 307 746 56 210 95 1 UUI 590 30 320 973 145 329' 74 259 53 80 1 153 80 258 290 4 97 99 ' 869 118 267 399 35 45 16S 22 42 63 817 60 242 789 119 1 166 91 I 764 930 127 413 938 34 216 165 135 ì 165 i 780 72 1 136 , 797 , | i 1 81 914 195 > 438 | 57 19 21( 5 5 485 > 18 005 1 9 374 L 1667 ' 4 435 ! 4 507 ’ 1185 j 2 285 1 j 1 743 — 616 — RIASSUNTO DEf CEPPI DI VITI ESTIRPATE Da 1 a 5 anni 5/211 » 6 a 8 » 8,955 » 9 a 14 » 42,704 » 15 a 20 > 15,474 Di età maggiore di 20 anni 7,977 Ceppi fillosserati delle varie età 1,743 Totale dei ceppi estirpati 82,094 • Su 100 curri di viti estimati dal 14 marzo al 28 adrile ne esistevano : CEPPI classificati per età Morti completamente Morti incompletarn Vivi Totale Da 1 a 5 anni 52. 46 10. 24 37. 30 100. 000 » (5 a 8 » 58.03 12. 38 29.59 100.000 » 9 a 14 » 45. 01 12. 84 42. 15 100. 000 » 15 a 20 » 60.59 10.77 28. 64 100. 000 Di età superiore a 20 anni. . . 56. 54 14.81 28. 65 100. 000 Dal 14 marzo al 28 aprile furono estirpati ceppi di viti 82,094, dei quali ne esistevano : Morti completamente . . . . Morti incompletamente . . . Vivi Fillosserati . . . 41,043 . . . 9,984 . . . 29,324 . . . 1,743 Totale . . . . . . 82094 Su 100 ceppi di viti estirpati dal 14 marzo al 28 aprile se ne rinvennero : Morti completamente 50.00 Morti incompletamente 12.16 Vivi 35.72 Fillosserati 2.12 100.00 — 617 — Riepilogando si ha che: nei lavori concernenti le terrazze si estirparono ceppi 3,570 id. id, lo scasso parziale si estirparono ceppi .... 162,849 Totale 166,419 Il per cento dei ceppi estirpati nella parte delle terrazze pros- sima ai muri a secco per ciò che riguarda lo stato di vegeta- zione e d’infezione, è: Morti completamente 29.25 Morta parte del ceppo o radici In vegetazione 54.25 8 Fillossera^ 8.50 Il per cento nello scasso parziale risultante da osservazioni parziali sino al 14, e da quelle generali dal 14 in poi è il se- guente : Morti completamente 51.157 Morta parte del ceppo o radici 17.654 Tn vegetazione 27.814 Fillosserati 3.373 L’azione del solfuro sulle radici, e di conseguenza sulle fillossere, sarebbe stata di certo assai migliore se l’intervallo tra una inie- zione all’altra fosse stato quello suggerito dalle esperienze sulla diffusione, i cui risultati furono noti quando già la maggior parte dei vigneti era stata trattata. I lavori di compressione con mazzeranghe nelle forti pendenze e nei piccoli centri sono già ultimati ; fra 20 giorni tutto il ri- manente sarà compresso coi rulli. Contemporanemente in tutta la superficie saranno piantati pezzi di canna per poter poi cominciare le iniezioni. Riesi, 25 maggio 1881. Il Delegato jillosserico A. Zarpelloni. CORREZIONI Pag. 9 riga ult, - fosse di 35 metri leggasi invece: fosse di 15 metri *> 119 » 21 - viti poco infette . . . . . . » 243 col. 3 riga 3 - Villaggio S. Nicol* (Ritiro) » 252 riga 22 - vanno congiunte tre zappature » » » 27 - da 30 a 35 centimetri, ... » 259 » 20 - non lasciano » 268 » 7 - Onde che è » viti prossime ad infette « S. Nicola (Ritiro! » vanno congiunte delle zappature » da 30 a 35 centimetri di profondità. » non lasciavano * Onde è » » » penult. - al momento dell’infezione. » 317 e 320, col 10 - Infezioni * 339 riga 20 - a m 45 * 370 » 15 - di terreno smossa » 371 * 14 e 15 - Ma concediamo che germogli » 375 » 383 » 389 » 411 » 421 » 426 » 443 » 526 5 - frequentatissimo antipen. - un ceppo. Ogni 3 - lìllosserici di molti 6 - Nelle ore pom 12-11 perforatori e porta .... ll-o ove esistono 20 - infrazione 25 - la cui larghezza è la larghezza stessa 17 - Rappresento con ABC. . al momento della scoperta della infezione. Iniezioni a m. 0 45 di terreno non smossa Ma concediamo che germogli se ne possano ecc. (facendo seguito il brano a pag. 372) frequentissimo un ceppo ogni tìllossericidi molti Nelle ore antim. 11 perforatori, 3 porta ove esistevano infezione la cui lunghezza è la lunghezzaa stessa Rappresento con A B C D 528 INDICE DELLE MATERIE PAGINA. Voti della Commissione Consultiva per la fillossera in Introduzione. Capitolo I. — Importanza e stato delle infezioni fili osseric\e, opera- zioni eseguite , risultati ottenuti, opinioni eoe. Centri infetti scoperti nel 1879 ed operazioni eseguite su questi centri nel 1879-80 vii Centri scoperti nel 1880 xn Stato delle viti al tempo della scoperta della fillossera. Stato della fillossera, natura dei terreni xvi Origine e data delle infezioni fillosseriche xxi Esplorazioni eseguite intorno ai centri infetti xxm Determinazione della zona o area infetta e della zona di sicurezza xxv Fissazione degli indennizzi ai proprietari xxvm Operazioni di distruzione della vite e dell’ insetto xxxi Risultati ottenuti dalle operazioni eseguite . xxxv Operazioni da eseguire nel 1881 xlix Opinioni emesse sul sistema adottato dal Governo per distruggere la fillossera ... ni Capitolo II. — Rendiconto delle spese fatte. Divisione del pagamenti e delle spese ...... lxv Spese pel servizio generale lxvi Spesa pel servizio locale di distruzione lxix Spesa di distruzione dei diversi centri a totale carico dello Stato lxxi Spese di distruzione dei diversi centri, metà a carico dello Stato e metà a carico delle provincie lxxvii — 622 — Capitolo III. — Viti americane. PAGINA LXXXVIl Capitolo IV. — Esperienze , studi, opinioni intorno agli insetticidi Esperienze sulla diffusione del solfuro di carbonio e sulla sua potenza insetticida xcix Esperienze intorno ad un metodo creduto efficace per uc- cidere le viti oiv Azione del solfuro di carbonio sulle viti quando il terreno è inzuppato di acqua civ Esperienze di disinfezione di piante e parti di esse . . . evi Solfocarbonato di potassio e solfuro di carbonio cix Viti italiane mandate per esperimento a Montpellier. . . cxm Capitolo V. — Ricerche ed ispezioni fatte all' interno. Capitolo VI. — Stato della fillossera all'estero exiv Austria cxxxnr Ungheria cxxxiv Russia exxxv Germania cxxxvi Inghilterra cxxxviii Svizzera . cxxxix Francia cxlii Portogallo - cxLin Spagna cxliii Stati Uniti dell’America del Nord cxliv Repubblica Argentina . . ' cxliv Rapporti dei delegati fìllosserici. Centri fillosserati nella Provincia di Como 1879-80. (Rapporto dei De- legato sig. Cittolini) 3 Centri fillosserati nella Provincia di Milano 1879-80. (Rapporto del Delegato dott. Franceschini) . 43 Centri fillosserati nella Provincia di Porto Maurizio, 1880. (Rapporto del Delegato sig. Soravia) , 181 Centri fillosserati nella provincia di Messina, 1880. (Rapporto del De- legato speciale prof. Freda) 227 Centri fìllosserrati nella Provincia di Caltanissetta, 1880. (Rapporto del Delegato speciale prof. Macagno) 449 623 — PAGINA Appendice Lavori invernali eseguiti nel 1881 nei centri fillosserati della Provincia di Como 575 Lavori invernali eseguiti nel 1881 nei centri fillosserati della Provincia di Milano 577 Lavori invernali eseguiti nel 1881 nei centri fillosserati della Provincia Maurizio 584 Lavori invernali eseguiti nel 1881 nei centri fillosserati della Provincia di Messina 589 Lavori invernali eseguiti nel 1881 nei centri fillosserati della Provincia di Caltanissetta . 609 Correzioni 619 TAVOLE 1. Pianta dei terreni e delle infezioni fillosseriche nei Comuni di Valmadrera, Givate e Pescate (Como). 2. Infezione fìllosserica nella Provincia di Milano. 3. Tipo pianimetrico ed altimetrico del vigneto D’Adda Salvatemi, som- merso nel 1879. 4. Terreni esplorati, in ottobre e novembre 1880, nella Provincia di Porto Maurizio. 5. Carta fìllosserica dell’ Agro messinese. 6. Pianta delle esplorazioni fillosseriche, eseguite nei 1880, nella Provincia di Messina. 7. Carta fìllosserica del Comune di Riesi (Caltanissetta). 8. Infezioni fillosseriche nella Provincia di Caltanissetta. Nota. — La Carta dell'infezione fìllosserica di Caltanissetta è in iscala di 1 a 100 mila, indicazione che è stata omessa nella Carta medesima. Le scale indicate nella Pianta delle infezioni fillosseriche nei Comuni di Valmadrera, Civate e Pescate debbono correggersi nel seguente modo: Scala di 1 a 7500 (Valmadrera e Civate) « la 3000 (Pescate) . . v • N ■ ? A 1, CoLiBrì Made In Italy 06-1 4 STD 8 032919 991409 www.colibrisystem.com 3 0112 051742135 tomi • . ■ •- ^ 'ti ìm?£iBC f?v| ( * • hPS;