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ANNALI D' ITALIA

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LODOVICO-ANTONIO MURATORI

ADIZIONE NOVISSIMA.

TOMO IL

IN VENEZIA MDCCXCIV.

Presso Antonio Curti q. Giacomo

WELLA TIPOGRAFIA P E P O L I A V A

Con Approvazione ,

In questo

TOMO IL

Si comprende Io spazio di tempo scorso dair anno di Cristo hx. IndizÌGne ir. iìno all'anno di Cristo^ cxxi. di Adria- na imperadore 5.

i>Gi

m

ANNALI D'ITALIA

Dal principio dell' Era Volgare fino air anno 1500.

Anno di Cristo lix. Indizione 11. di Pietro Apostolo papa 31. di Nerone Claudio imperadore 6,

p, ,. j" Lucio Vipstano Aproniano, Consoli S^ Lucio Fontejo Capitone .

V-^omunemente da chi ha illustrato i Fa- sti consolari , il primo di questi consoli è chiamato Vipsanio . Ma secondo le os- serva zipni del cardinal Noris ^ il suo vero nome fu Vipstano ; e ciò può anco- ra dedursi da un' iscrizione pubblicata an- che da me * . Jn essa s' incontra Gajó Fon- tejo . Se ivi è disegnato il console di que- sti tempi , Gajo ^ e non Lucio sarà stato il suo prenome . Giunse in quest' anno ad un orrido eccesso la più che maligna na^- tura di Nerone. Erasi rimessa in qualche credito Agrippina sua madre ^ dappoiché le riuscì di superar le calunnie di Giunia Sila" na ; ma dacché entrò in corte Poppea Sabl' na , cominciò una nuova e più fiera guerra contra di lei. Aspirava questa ambiziosa ed adultera donna alle nozze del regnante, al

A 2 che,

Noris Ef. Consuh » Thes. Ncv. reter. Ime /». 305- «• j'

4 Annali d'Italia

che, vivente Agrippina , le parea troppo dif- ficile di poter giungere , perchè Agrip- pina amava forte la saggia e paziente sua nuora Ottavia , e perchè non avrebbe potuto soiFerire presso ii figliuolo chi a lei fosse superiore negli onori e nel co- mando . Cominciò dunque Poppea a sti- molar Nerone con dei motti pungenti , de- ridendolo , -percìih tuttavìa fosse sotto la tutela; ed oh che bel padrone del mon- do ^ che ne pure è padrone di se stesso ! Passò poi in varie guise , e coli" ajqto de' cortigiani nemici d'Agrippina, a fargli credere che la madre nudrisse de' cattivi disegni contra di lui . Ingegna vasi air in- contro anche Agrippina di guadagnarsi V aflFetto del figliuolo contra di questa ri- vale ; e fanno orrore le dicerie che cor- sero allora , delle quali Dion Cassio ^ e Tacito ^ fanno menzione , contraddicen- dosi quegli autori anche in parlar di Se- neca , che alcuni vogliono concorde colT iniqvio Nerone alla rovina della madre , ed altri parziale della, medesima , anzi macchiato di un infame commerzio con lei. La stessa battaglia fra quegli scrit- tori si osserva , rappresentando alcuni ^ ^ eh' ella con carezze nefande , ed altri colla fierezza e colle minacce procurava di rompere 1' abbominevole attaccamento del figliuolo a Poppea . Se nulla è da cre- dere , è l'ultimo. Perciò Nerone annoja-

to

^ JDf'o eod. lib. * Tac /. 14. r. a. ^ Sueton. in Nrone^

Anno LIX. 5

to cominciò a sfuggirla , e ad aver caro eh' ella se ne stesse ritirata nelle delizio- se sue ville, benché quivi ancora l' in- quietasse, con inviar persone, le quali in passando le diccano delle villanie , p del- le parole irrisorie . Finalmente si lasciò precipitar nella risoluzione di torle la vita. Non si arrischiò al veleno, perchè non apparisse troppo sfacciato il colpo 5 siccome era avvenuto di Britannico , e perchè ella andava ben guernita d' antido- ti . Nulladin^eno Suetonio scrive , che per tre volte tentò questa via, ma indarno. Pensò anche a farle cadere addosso il volto della camera , dov' ella dormiva , e vi si provò. Ne fu avvertita per tempo Agrippina, e vi provvide.

Ora Aniceto liberto di Nerone , presi- dente deir armata navale ,. che si tenea sempre allestita nel porto di Miseno , sic- come nemico di Agrippina ;, si esibì a Ne- rone di fare il colpo con una invenzione che parrebbe fortuita , e risparmierebbe a lui r odiosità del fatto . Ck)nsisteva que- sta in fabbricare una galea congegnata in maniera, che una parte si scioglierebbe^ tirando seco in mare chi v'era di sopra, ^^sempio preso da una simil nave , già fabbricata nel teatro. Piacque la proposi- zione ; fu preparato nella Campania V insi- cliatore legno ; e Nerone per celebrar 1 giuochi d'allegria in onor di Minerva, chiamati Quinquatrui ;, si portò al palaz-

A 3 zo

6 Annali d' Italia zo -li Bauli, situato fra Baja e Mi seno ^ conducendo seco la madre sino ad Anzo, giacché era qualche tempo che le niostra- ya un finto aiFetto , ed usavale delle fi- nezze . Quivi stando Nerone si udiva di- re : che toccava ai figliuoli il sopporta- re gli sdegni di chi avea lor data la vi- ta , e che a tutti i patti volea far buona pac<{> colla madre ; acciocché tutto le fos- se riferito , ed ella secondo V uso delle donne, facili a credere ciò che bramano, si lasciasse meglio attrappolare. Invitol- la dipoi a venire ad un suo convito ad Anzo 5 ed ella v' andò , accolta dal figliuo- lo sul lido con cari abbracciamenti , e te- nuta poi a tavola nel primo posto : il che maggiorm.ente la assicurò . O sia , come vuol Tacito , eh' ella quivi si fermasse quella sola giornata , oche al dire di JDio- ne si trattenesse quivi per alcuni giorni , volle ella infine ritornarsene alla sua villa . Nerone dopo il lungo e magnifico convi- to , la tenne fino alla notte in ragionamen- ti ora allegri , ora serj , baciandola di tan- to in tanto , ed animandola a chiedere tutto quel che voleva , con altre parole le più dolci del miondo . Accompagnata da lui sino al lido , s' imbarcò nella nave traditrice , superbamente addobbata , e andò servendola Aniceto. Era quietissi- mo il mare , e parve quella calma venuta apposta , per far conoscere ad ognuno, che non dalla forza de' venti, ma dal tra- dì-

Anno IJX. 7

flimento pvocedea lo sfasciarsi della na- ve. Alla divisata ora cadde, secondo Ta- cito ^ il tavolato di sopra j, che soffocò Crcperiò Gallo cortigiano d'Agrippina ; ma essa con Acerronia Polla sua dama d' onore si attaccò alle sponde , cadde . In quella confusione i marinai credendo che Acerronia fosse Agrippina, coi remi la uccisero ; Ad Agrippina toccò solamen- te una ferita sulla spaila. Fu .voltata in un lato la nave , perchè si affondasse j .ed Agrippina cadutavi pian piano dentro , parte nuotando , e parte soccorsa dalle barchette che venivano dietro, si salvò, e fu condotta, al suo palazzo nel lago Lucrino. Dione in poche parole dice , che sfasciatasi la nave , Agrippina cadde in mare, ne si annegò. Più minuta ^ ma im- brogliata è la descrizione che fa di que- sto fatto Tacito 3 ma comunque succedes- se, per consenso di tutti Agrippina scam- pò la Vita.

Ridotta nel suo palazzo, e in letto , per farsi curare^ ricorrendo col pensiero tutta la serie di quel fatto , non durò fa- tica ad intendere chi le avesse tmmata la morte . Prese la saggia determinazione di tutto dissimulare , ed immediatamente spedì Abetino suo liberto al figliuolo, per dargli avviso d' avere per benignità degli dii sfuggito un gravissimo pericolo , e

A 4 per

* Trichus iih, 14. cap. 3.

8 Annali d' Italia

per pregarlo di non farle visita per ora,' avendo ella bisogno di quiete per farsi medicare. Nerone, ch'era stato sulle spi- ne la notte , aspettando nuova dell' esi- to degli escrandi suoi disegni , allorché intese come era passata la cosa , ed es- serne uscita netta la madre , fu sorpreso da immensa paura -, immaginandosi eh' ella potesse spedirgli contro tutta la sua servitù in armi , o muovere i pretoriani contra di lui , o comparire ad accusarlo in Roma al senato e al popolo . Sbalor- dito non sapeva allora in qual mondo si fosse. Fece svegliar Burro e Seneca, chia- mandogli a consiglio , essendo ignoto , s' eglino o no fossero prima consapevo- li del delitto. Restarono un pezzo amen- due senza parlare , o perchè non osas- sero di dissuaderlo, o perchè credessero ridotte le cose ad un punto , che Nerone fosse perduto , se non preveniva la madre. Nerone in fatti propose di levarla dal mondo ^ e Seneca , imputato da Dione d'aver dianzi dato questo medesimo con- siglio, voltò gli occhj a Burro , come per domandargli che ne comandasse ai suoi pretoriani V esecuzione . Ma Burro , non dimenticando che da Agrippina era pro- ceduta la propria fortuna , prontamente rispose_, che essendo obbligate le guardie del corpo a tutta la casa cerasea , e ri- cordandosi del nome di Germanico, non si potea promettere in ciò della loro ub-

bi-

Anno LIX. 9

bidienza ; e che toccava ad Aniceto il compiere ciò ch'egli aveva incominciato. Chiamato Aniceto ;, non vi pose alcuna difficoltà , cosicché Nerone protestò che in quel giorno egli riceveva dalle sue mani ì' imperio ; e quindi gli ordinò di pren- dere quegli armati che occorressero dalla guarnigione delle sue galee . Intanto ar- riva per parte di Agrippina Agcrino . Sovvenne allora a Nerone un ripiego de- gno del suo capo sventato . Allorché V ebbe ammesso all'udienza^ gli gittò a' piedi un pugnale , e chiamò tosto ajuto , con fingere costui mandato dalla madre per ucciderlo , e il fece tosto imprigio- nare ) e poi spargere voce ^ eh' egli s' era ucciso da se stesso per la vergogna della scoperta sua mala intenzione . Intanto Agrippina , eh' era negli spasimi per non veder venire Agerino , altra persona per parte del figlio, in vece di essi mira entrar nella sua camera Aniceto , accom- pagnato da due suoi ufiziali , senza sa- pere se in bene, o in male. Poco stette ad avvedersene : un colpo di bastone la colse nella testa ; e vedendo sguainata la spada da un di essi, saltando su, gridò: Ferisci questo , mostrandogli il ventre . Fu dipoi morta con. più ferite ; e porta- tane la nuova a Nerone. Non mancò chi disse , d' averla voluta vedere estinta e nuda, non fidandosi di chi gli riferì il fatto, e d'aver detto; Io non sapea d/

ci\e^

IO Annali d Italia avere una madre bella. Tacito lascia in forse questa circostanza . Fu in quella stessa notte bruciato secondo il costume d' allora il suo corpo , e vilmente sep- pellito. Ed ecco dove andò a terminare la sbrigliata ambizione di questa donna , figliuola di Germanico , nipote del grande Agrippa, pronipote d.'' Augusto, moglie e madre d' imperadpri . Le iniquità da lei commesse , per salire il figlio al trono ^ riportarono questa ricompensa dallo stesso suo figlio, mostro d'ingratitudine e di crudeltà .

Fece susseguentemente Nerone una bella scena , mostrandosi inconsolabile per la morte della madre , e dolendosi d' aver salvata la vita propria colla perdita della sua^ giacché voleva che si credesse aver ella inviato Agerino per ucciderlo^ e eh' ella dipo? si fosse uccisa da se stessa . Lo stesso ancora scrisse al senato , con ag- giugnere una filza d'altre accuse contro la madre per giustificar se medesimo, e con dire fra l'altre cose ^: Ch^ io sia salvo , appena lo credo , e non ne godo . Perchè quella lettera o era scritta da Se- neca^ o si riconobbe per sua dettatura, fu mormorato non poco di questo adula- tor filosofo , il quale compaì:*iva appro- vatore di nero delitto . Mostrò il se- nato ^ di credere tutto; decretò ringra-

zia-

* Qjuntillianus Iti. 6. Insti t. ^ Tacitus lib- 14- f-^^-

Anno LIX. ii

^lamenti agli dii, .e giuochi per la sal- vata vita del principe j e dichiarò il natalizio .di Agrippina per giorno abbo- minevole . 11 solo Publio Feto Trase.a , senatore onoratissimo , dappoiché fu letta quella lettera , uscì dal senato , per non approvare disapprovare il che poi gli costò caro . Ma Nerone dopo il misfatto ^ si sentì gran tempo rodere il cuore dal-' la coscienza ; sempre avea davanti agli occhj l'immagine dell' estinta madre , e gli parea di veder le furie che il perse- guitassero colle fiaccole accese . Ne il mutar di luogo , e 1' andare a Napoli ed altrove , servì a liberarlo .dall' interno strazio . Neppure s' attentava di ritornar più a Roma, temendo d' essere in orrore a tutti. Ma ^gl' ispirarono del coraggio i bravi cortigiani , facendogli anzi sperare cresciuto V amore del popolo ^ per aver liberata Roma dalla più ambiziosa e odia- ta donna del mondo . In fatti restitui- tosi alla città , trovò anche più di quel che sperava , movendosi e grandi e pic- cioli per paura di un spietato princi- pe a fargli onore . Andò dunque come trionfante al Campidoglio , persuaso ch'egli potea far tutto a man salva , dacché tut- ti o perchè V amavano , o perchè avviliti non sapeano se non adorare i di lui su- premi voleri . Affettò ancora la clemenza

con

* Suetort. in Neron. e. 34.

tt Annali d' I t a l i a con richiamare a Roma Glunia Calvina^' Calpurnia , Valerio Capitone , e JAcinlo Gabolo , esiliati già dalla madre . Ma iti questo medesimo anno col veleno abbre-^ viò la vita a Domizia sua zia paterna , con occupar tutti i suoi beni posti in quel di Baja e di Ravenna, prima ancora disella spirasse. Quivi alzò de' magnifici trofei , che duravano anche ai tempi di Dione ^ . Mirabil co^a nondimeno fu, che parlando molti liberamente di tali eccessi , ed uscendo non poche pasquina-^ te , pure egli , benché dalie sue spie in- formato di quanto succedea , ebbe tal pru-- denza da dissimular tutto j, e da non ga-^ stigar alcuno per questo , paventando di' accrescere, altrimente facendo , il remore nel popolo .

Anno di Cristo lx. Indizione iix» di Pietro Apostolo papa 23» di Nerone Claudio imperad. 7»'

r Nerone ClaU3!)io Augusto Consoli -^^ per la quarta volta,

L Cosso Cornelio Lentulo-

-L'icendoSuetonio, che Nerone tenn'e que- sto consolato per soli sei mesi, nelle ca- lende di luglio dovettero succedere a lui e al collega due altri cònsoli . Il nome loro

ci

» Dio lib. 61.

A N NO LX. 15

.GÌ è ignoto. Alcuni han sospettato die fos- sero Tito Ampio FlavianOj, e Marco Apo-^ nio Saturnino , perchè da Tacito son chia-» mali uomini consolari , ed ebbero poscia de' governi . Andossi poi sempre abbando-^ nando Nerone ^ ai divertimenti e piaceri , dappoiché non vi ve a più la madre^ che il tenea pure in qualche suggezione . Sin da fanciullo si dilettava egli di andare in car- retta , e di condurre i cavalli . Avca ^nche imparato a sonar di cetra, e a cantare. Diedcsi ora in preda a questi solazzi, sconvenevoli ad un imperadore. Seneca e Burro gli permisero il primo, per distor- lo dagli altri , purché corresse co' cavalli uel circo vaticano chiuso , per non lasciar- si vedere dal popolo . Ma non si potè con- tenere il vanissimo giovane ; volle degli spettatori, e il lor plauso l'invogliò ad in- vitarvi anche del popolo^ il quale godendo di veder fare i principi ciò eh' esso fa^ e perciò gonfiandolo con alte lodi , maggior- mente r incitò a quel plebeo mestiere * . Tuttavia ben conoscendo , che i saggi era^ no d'altro sentimento, credette di schivar il disonore, con cercare de' compagni no- bili , che imitassero lui ne' pubblici diverti- menti . Perciò venutogli in capo di far de' giuochi di somma magnificenza in onor del- la m^dre , che durarono più giorni, si virr. defo nobili dell'uno edeiraltro sesso, non

solo

^ Tachui Annoi. Uh. 14. e. 14. * -D/o ihid.

iZj. Annali d' Italia

solo dell' ordine equestre , ma anche del se- natorio, comparir ne' teatri, ne' circhi, e negli anfiteatri, con esercitar pubblicamen- te le arti , riserbate in addietro alle sole persone vili e plebee, con sonar nelle or- chestre , rappresentar commedie e tragedie , ballar ne' teatri, far da gladiatori, e da carrettieri : alcuni di propria loro elezio- ne, ed altri- per non disubbidir Nerone che gF invitaya. Mirava il popolo, ed an- che i forestieri riconoscevano , che quegli attori , dimentichi della lor nascita , erano chi urr Furio , chi un Fabio j, chi un Vale- rio, un Forcio, un Appio, ed altri simili della nobiltà primaria. AI veder cotali no- vità e stravaganze,' ne gemevano forte i saggi , pel disonor delle famiglie , come ancora perchè veniva con ciò a crescere troppo smisuratamente la corruttela de' co- stumi . Ptammaricavansi inoltre osservando incredibili' spese che facea Nerone; non solamente in questi sfoggiati divertimen- ti, ma anche negl'immensi regali alla ple- be , congittar dei segni^ ne'quali era scrit- to quella sorta di dono che dovea darsi a chi avea la fortuna d'aggraffarli, come ca- valli, schiavi, vesti, danari. Ben prevede- vano che tanto scialacquamento anderebbe a finire in nuovi aggravj ed estorsioni so- pra il pubblico, siccome in fatti avvenne. Istituì eziandio Nerone altri giuochi , ap- pellati Giovenali in onore della prima vol- ta, ch'egli si fece far la barba: rito festi- vo

Anno LX. 15

vo presso i Romani . Que' preziosi peli in una scatola d'oro furono consecrati a Gio- ve. Ip que' giuochi danzarono i più nobili fra i Romani I e bella figura fra T altre da- me fece Elia Catula , giovinetta di ottanta annl^ che ballò un minoetto. Chi de' nobi- li non potea ballare^ cantava^ ed eranvi scuole apposta, dove* concorrevano ad im- parare uomini e donne di prima sfera , fanciulle , giovinetti , vccchj , per far po- scia con leggiadria il lor mestiere ne' pub- blici teatri. Che se taluno , non potendo di meno , per vergogna vi compariva masche- rato, Nerone gli cavava la maschera, e si venivano a conoscere persone impiegate ne' più riguardevoli magistrati.

Ne lo stesso iSTeroné volle in fine esserie da meno degli altri. Uscì anch' egli nella scena in abito da suonator di cetra , ed ol- tre al sujonare, fece sentir la sua da lui creduta melodiosa voce, la qual nondime- no si trovò somigliante a quella de' cap- poni cantanti , che niun potea ritener le ri- sa , e molti piagneano per rabbia. Se cre- diamo a Dione ^ Burro e Seneca assistenti servivano a lui di suggeritori , e andavan- gli poi facendo plauso colle mani e coi pan- ni, per invitare allo stesso l'udienza. Ta- cito ^ anch' egli lo attesta di Burro, ma con aggiugnere che internamente se ne af- ■Qiggeva . già era permesso - , allorché

can-

* ^acitus ìib.i^^ f. 15. ^ Suéton.in Ntrcne cap. ij.

i6 Annali d'Italia

cantava questo insigne maestro, ad! alcuno l'uscir di teatro per qualsivoglia bisogno, che gli occorresse . Quella era la voce d' Apollo ; niun v' era che potesse uguagliarsi a lui nella melodia del canto. Così gli adu- latori . Volle egli ancora , che si tenesse una gara di poesia e d'eloquenza, e v'entrò an- ch' egli coir invito de' giovani nobili . Non è diÌRcile r immaginarsi a chi toccasse la palma e il premio . Furono similmente ri- chiamati a Roma i pantomimi, perchè di- vertissero il popolo ne' teatri, ma non già ne"* giuochi sacri . Apparve in quest' anno una cometa . Il volgo imbevuto dell' opi- nione , che questo fenomeno predica la mor- te de' principi, cominciò a fare i conti su la vita di Nerone , e a predire chi a lui succederebbe. Concorrevano molti in Ru- helUo Plauto^ discendente per via di donne ^alla famiglia di Giulio Cesare, personag- gio ritirato e dabbene . Ne fu avvertito Ne- rone. Si aggiunse, che trovandosi a desi- nare il medesimo imperadore in Subbiaco , un fulmine gli rovesciò le vivande e la tavola. Perchè quel luogo era vicino a Ti- voli , patria de' maggiori d'esso Plauto, la pazza gente perduta nelle superstizioni mag^ giormente si confermò nella predizione sud- detta . Fece dunque Nerone intendere a Ru- bellio Plauto , che miglior aria sarebbe per lui l'Asia, dove egli possedeva dei beni* Gli convenne andar colla sua famigli* ; m per poco tempo , perchè da a due

an-

Anno LX. 17

anni Nerone mando ad nccideiio. Venne in questi tempi a morte Quadrato governato- re della Siria , e quel governo fu dato a CorbuloiiP., da cui dicemmo che era stata acquistata' T Armenia. Trovavasi da gran tempo in Roma Tlgranc ^ nipote d'Arche-- laOy che già fu r€ della Cappadocia , av- vezzato ad una servile pazienza . Ottenne egli da Nerone di poter governare l'Arme- nia con titolo di re; e andato colà, fu as- sistito da Corbulone con un corpo di sol- datesche tali, che al dispetto di molti, più inclinati al dominio de' Parti , ne ebbe il pacifico possesso , benché poi non vi potes- se lungo tempo sussistere . ^ Pozzuolo in quest' anno acquistò il diritto di colonia , e il cognome di Nerone : intorno a che di- sputano gli eruditi , perchè da Livio e da Vellejo abbiamo , che tanti anni prima Poz- zuolo fu colonia , e Frontino fa autore Au- gusto di una nuova colonia in quella cit- tà. In questi tempi Laodicea illustre città della Frigia restò rovinata da un tremuo- to ; ma quel popolo la rimise in piedi col- le proprie ricchezze senza ajuto de' Ho- mani ,

Tom. il B An-

/ Tacitus lib, 14. Cfip. 17.

i8 Annali d' Italia

Anno di Cristo lxi. Indizione iv. di Pietro Apostolo papa 33. di Nerone Claudio imperado- re 8.

^ Gaio Cesonio Peto, Consoli J Gaio Petronio Turpilia-

i\l on è certo il prenome di Gajo pel se- condo di questi consoli , sappiamo chi nelle calende di luglio loro succedesse nel- la dignità. Motivo ^ ai pubblici ragiona- menti diedero in quest' anno due iniquità , commesse in Roma , V una da un nobile , r altra da un servo. Mancò di vita Domi- zio Balbo , ricco , e della prima nobiltà sen- za figliuoli. Valerio Fabiano senatore con un falso testamento, a cui tennero mano altri nobili colle lor soscrizioni e sigilli , corse all'eredità. Convinto di falsario , de- gradato con gli altri suoi complici, ripor- tò la pena , statuita dalla legge Cornelia . Ucciso fu da un suo servo, o vogliam di- re schiavo , Pedanio Secondo , prefetto di Roma. Ne aveva egli al suo servigio quat- trocento tra maschj e femmine, grandi e piccioli , essendo soliti i ricchi romani a tenerne una prodigiosa quantità al loro ser- vigio . Benché fossero quasi tutti innocenti

* Idem c.7^, 40.

Anno LXI. 19

di quel misfatto , doveano morire secondo il rigore delle antiche leggi ; ma fattasi 2;rande adunanza di gente plebea, per di- fendere quegl' infelici, l'affare fu portato al senato; ed intorno a ciò si fece lungo di- battimento^ con prevalere in line la sen- tenza del supplicio di tutti . Nerone man- dò un ordine alia plebe di attendere ai fatti suoi, e somministrò quanti soldati oc- corsero per iscortare i condennati i I mali portamenti degli uiìziali romani nella Bre- tagna cagion furono di far perdere circa questi tempi quasi tutto quel paese che vi aveano acquistato i Bomani ; e ciò perchè si volle rimetter ivi il confiscò de' beni de' delinquenti , da cui Claudio gli avea esen- tati. Anche Seneca , se crediamo a Dione ^_, avea dato ad usura un milione a que' po- poli, e con violenza ne esigeva non solo i frutti, ma anche il capitale . Inoltre Boen- dlcla , o sia Cundulca , vedova - di Fra-- sutago re di una parte di quella grand' iso- la , si protestava anch'essa troppo sconten- ta delle infinite prepotenze ed insolenze fatte dai Romani a se stessa, a due figlie, e a tutto il suo popolo. Questa regina, donna d' animo virile , quella fu , che sonò in fine la tromba col muovere i suoi e i circostanti popoli a sollevarsi centra degl' indiscreti romani ^ con prevalersi della buo- ila congiuntura che Suetonio Paolino, go-

B 2 ver-

' l>h lib.61, » Taiìtus lìLii. e. 29.

20 A N K A L I d' Italia

vernatore della parte della Bretagna remar na, e valoroso condottier d'armi, era itQ a conquistare" un'isola ben popolata, adia- cente alla Bretagna. Con un'armata^, dico- no , di cento ventimila persone vennero i sollevati addosso alla nuova colonia di Ga- maloduno , e la presero d'assalto. Dopo due di ebbero anche il tempio di Claudio, mettendo quanti Romani vennero alle lor mani , tutti a fìl di spada , sen2^ voler far prigionieri. Petilio Cereale, venuto per op- porsi con una legione , fu rotto , messa in fuga la cavalleria , e tutta la fanteria ta- gliata a pezzi . Portate queste funeste nuo- ve a Suetonio Paolino, frettolosamente si mosse, e venne a Londra, luogo di una colonia scarsa , ma celebre città anche al- lora per la copia grande dei mercatanti e del commerzio. Benché pregato con calde lagrime dagli abitanti di fermarsi alla lor difesa , volle piuttosto attendere a salvare il resto delia provincia. S'impadronirono i ribelli di Londra e diVerulamio, vi la- sciarono persona in vita. Credesi che in que' luoghi vi perissero circa settanta o ot- tantamila fra cittadini romani e collegati . Si trovò poi forzato Suetonio , perchè man- cava di viveri , ad azzardare una battaglia ^ ancorché non avesse potuto ammassare che diecimila combattenti ; laddove i nemici da Dione si fanno ascendere a dugento tren- tamila persone , numero probabilmente , se-r condo r uso delle guerre , o per disattenT

zion

Anno ITKL 21

iion de' copisti , troppa amplificato * Boo- dicia stessa comandava quella grande arma- ta. Dopo £ero combattimento prevalse la disciplina militare dei pochi allo stermina- to numero de' Britanni , che furono sconfit* ti , con essersi poi detta che restassero sul campo estinti circa ottantamila d'essi, nu- mero anch'esso eccessivo. Comunque sia, insigne e memoranda fu quella vittoriar. Boodicia morì poco dappoi o per malata tia , o per veleno eh' essa medesima prese , e colla sua morte tornò fra non molto alF ubbidienza de' Romani il già rivoltato pae- se , con avervi Nerone inviato un buon cor- po di gente dalla Germania , il quale servi a Suetorrio per compiere cfueli' impresa.

Anno di Cristo lxii. Indizione v, di Pietro Apostolo papa 34. di Nerone Claudio imperado-^" re 9,

r Publio Mario Celso Lucio Asinio Gallo»

Con oli -^ i^^USLIO IVI ARIO ll^ELSO 5

1 crchè Tacito sul principio di quest' anno nomitia Giunio Marnilo , console disegnato , il quale poi non apparisce console , perciò possiam credere ch'egli fosse sostituito ad alcuno d' essi consoli ordinar; , oppure all'' tino degli straordinarj , succeduti nelle ca-* Ier>dc di luglio , i quali si tiene che fosse- ro Lucio Anneo Seneca ^ maestro di Nero- fi 3 ne.

22 Annali r>' Italia ne , e Trehellio Massimo . Nel gennaj© deìP anno presente ^ accusato fu e convinto An- tistio Soslano pretore , d'aveii^xomposto dei versi contro T onor di Nerone. I senatori più vili , fra' quali Aulo Vltellio , che fu poi imperadore , conchiusero dovuta la pe- na della morte a questo reato. Non osava- no aprir bocca gli altri . Il solo Feto Tra-- sea ruppe il silenzio , sostenendo che ba- stava relegarlo in un'isola, e confiscargli i beni : nel qual parere venne il resto dei senatori. Nondimeno fu creduto meglio di udir prima il sentimento di Nerone , il qua- le mostrò bensì molto risentimento contra d'Antistio, eppur si rimise al senato, con facoltà ancora di assolverlo. Si eseguì la sentenza del bando . In quest"* anno ancora il suddetto Trasea , uom.o di petto , e ri- volto sempre al pubblico bene , propose che si proibisse ai popoli delle provincie il man- dare i lor deputati a Roma , per far 1' elo- gio dei loro governatori 3 perchè questo onore sei proccuravano e comperavano i magistrati colla troppa indulgenza , e col permettere ai popoli delle indebite licen- ze, per non disgustarli. L'ultimo anno fu questo della vita di Burro prefetto del pre- torio , uomo d' onore e di petto , che avea iìnquì trattenuto Nerone dall' abbamionar- si affatto ai suoi capricci , e massimamen- te alla crudeltà. Restò in dubbio, s'egli

mo-

' Taeitus lib. 14. cap- 48.

Anno LXII. 23

morisse di m^i naturale , oppure di veleno , per quanto ne scrive Tacito ^ ; poiché per conto di Suetonio ^ e di Dione 3 ^ amen- due crederono che Nerone rincrescendogli i oramai d' aver un soprastante che non si accordava con tutti i suoi voleri , il faces- se prima del tempo sloggiar dal mondo . Gran perdita fece in lui il pubblico, e mol- to più , perchè Nerone in vece d' uno creò due altri prefetti del pretorio , cioè Fenio Rufo^ uomo dabbene, ma capace di far poco bene per la sua pigrizia , e Sofonio TlgelLino , uomo screditato per tutti i ver- si , ma carissimo per la somiglianza de' de- pravati costumi a Nerone . Con questo ini- quo favorito cominciò Nerone ad andare a vele gonfie verso la tirannia e pazzia . Al- lora fu , che Seneca conobbe che non v'era più luogo per lui presso d'un principe^ il quale si lascerebbe da innanzi condurre dai consigli de' cattivi ^ e già cominciava a dimostrar poca confidenza a lui . Il pre- gò dunque di buona licenza, per ritirarsi a finir quietamente i suoi giorni , con of- ferirgli ancora tutto il capitale de' beni a iui fìnquì pervenuti o per la munificenza del principe, o per industria propria ^, Nerone con bella grazia gliela negò , ed accompagnò la negativa con tenere espres- siorTi d'affetto e di gratitudine , giugnendo

B 4 sino

' Idem cap.^i, * Sucton. in Nerone f;?/». 35. i Dio lib.61, 4 Siieton, in Ntrone f. 35.

24 Annali d' Italia sino a dirgli di desiderar egli piuttosto k morte , che di far mai alcun torto ad un uomo , a cui si professava cotanto obbliga- to . Quel che potè dal suo canto Seneca, giacché non si fidava di belle parole _, fu di ricusar da innanzi le visite , di non volere corteggio nel!' uscire di casa : il che era anche di rado, fingendosi mal concio di salute , ed occupato da' suoi studj . Si ridusse ancora a cibarsi di solo pane ed acqua , e di poche frutta , o per sobrietà , o per paura del veleno.

Già dicemmo , che Ottavia figliuola di Claudio Angusto, e moglie di Nerone, era per la sua saviezza e pazienza un' adora- bile principessa ; ma non già agli occhj di Nerone, troppo diverso da lei d"" inclinazio- ne e di costumi . Certamente egli non eb- be mai buon cuore per lei , e dacché in- trodusse in corte Poppea Sabina , cominciò anche ad odiarla ^ per le continue batte- rie di queir impudica , che non potea sta- bilir la sua fortuna , se non sulle rovine d' Ottavia . Tanto disse , tanto fece questa maga , che in quest' anno col pretesto del- la sterilità d'essa Ottavia Nerone la ripu- diò , e da a pochi arrivò Poppea air intento suo di essere sposata da lui . Non- dimeno qui non ^nì la guerra . Poppea ^ sov- vertito uno de' familiari di Ottavia^ la fe- ce accusare di un illecito commerzio con

un

' Tacit. lih.J^ CMp.Co, Dir) lib.ói. Su$tcnius ca^, l^.

Anno LXII. 25

un sonatore di flauto , nominato Eucero J Furono perciò messe ai tormenti le di lei damigelle, ed estorta da alcune con vio- lente mezzo la confession del fallo; ma al- tre sostennero con coraggio 2' innocenza della padrona , e dissero delle villanie a Tigellino , ministro non meno di questa crudeltà, che della morte data poco innan^ zi a Siila e a Rubelllo Flauto ^ già manda- ti da Nerone in esilio. Fu relep-ata Otta-^ -via nella Campania , e messe guardie alla di lei casa , per tenerla ristretta. Ma per- ciocché il popolo che amava forte questa buona principessa, apertamente mormorava di aspro trattamento , la fece Nerone ri- tornare a Roma. Pel suo ritorno andò all' eccesso la gioja del popolo , perchè ruppe le statue alzate in onor di Poppea, e co- ronò di fiori quelle di Ottavia, con altre pazzie d'allegria sediziosa : il che diede motivo a Poppea di caricar la mano con- tra dell'odiata principessa , persuadendo a Nerone, che il di lei credito era sufficien- te a rovesciare il suo trono. Fu perciò chia- mato a corte T indegno Aniceto, che già ayea tolta di vita Agrippina, acciocché ser- visse ancora ad abbattere Ottavia, col fin- gere d' aver tenuta disonesta pratica coti lei. Perchè gli fu minacciata la morte, s6 ricusava di farlo, ubbidì. Promossa l'in- fame accusa colla giunta d'altre inventate dal maligno principe di aborto procurata :, di ribellioni macchinate , V infelice princi-

pes*

2G Annali d'Italia pessa in età di soli ventidue anni venne re-" legata nell'isola Pandataria , dove passato poco tempo Nerone le fece levar la vita , e portar anche il suo capo a Koma , ac-^ ciocché r indegna Poppea s' accertasse della verità del suo crude! trionfo . Di tante ini- quità commesse da Nerone , forse niuna riu- scì cotanto sensibile al popolo romano, co-^ me il miserabil fine cV una saggia ed ama- ta principessa^ la quale portava anche il titolo di Augusta ;, e massimamente al ve- derla condennata per così patenti ed inde- gne calunnie. La ricompensa , eh' ebbe Ani- ceto dell'indegna sua ubbidienza, fu d'es- sere relegato in Sardegna , dove ben trat- tato terminò poscia con suo comodo la vi- ta. Fallante già potentissimo liberto sotto Claudio , morì in quest' anno , e fu credu- to per veleno datogli da Nerone , afKn di mettere le griffe sopra le immense di lui ricchezze .

Anno di Cristo lxtii. Indizione vi. di Pietro Apostolo papa 35. di NERONE Claudio imperad. io.

r Gaio Memmio Regolo , Consoli H' Lucio Virginio o sia Ver- 1^ GiNio Rufo .

Jllirano tuttavia imbrogliati gli affari dell' Armenia, dacché Nerone avea colà inviato con titolo di re Tlgrane ^ . Vologeso re

de'

* Tacitus Annui' Uh. 25. ca^.J.

Anno LXIIL 27

de' Parti persisteva più che mai nella pre- tension di quel regno , per coronarne Tiri" date suo fratello che gliene faceva conti- mie istanze . Ma andava titubando , finché Tigrane il fece risolvere a dar di pìglio air armi , per aver egli fatta un incursione nel paese degli Adiabeni o sudditi o col- legati de' Parti . Dopo aver dunque Vologe- &o coronato Tiridate come re dell' Arme- nia, e somministratogli un possente eserci- to , per conquistar quel paese , si diede principio alla guerra. CoròuZone governator della Siria , in ajuto di Tigrane spedì due legioni , .e xiello stesso tempo scrisse a Ne- rone , rappresentandogli il bisogno d' un al- tro generale , per accudire alla difesa dell' Armenia , mentre egli dovea difendere le frontiere della sua provincia . Nerone v'in- viò Lucio Ccsennio Peto^ uomo consolare^ cioè eh' era stato console : il che ha fatto ad alcuni crederlo lo stesso che Gajo Ce- sennio Peto^ da noi veduto console nelT anno superiore 61 di Cristo, ma che da al- tri vien tenuto per personaggio diverso . Intanto i Parti entrati nell'Armenia, po- sero r assedio ad Artasata capital di quel regno, dove s'era ritirato Tigrane, che non mancò di fare una valorosa difesa . Corbulone allora inviò Casperio centurio- ne a Vologeso, per dolersi dell' insulto , che si facea ^d un regno dipendente dai Roma- ni, minacciando dal suo canto la guerra ai Parti , se non desistevano da quello, violen- ze.

2:8 Annali d'Italia xe. Servì quest' ambasciata ad inchinar Ve- logeso a' pensieri di pace, ed avenda chie- sto di mandare a Nerone i suoi legati per trattarne , e pregarlo di conferire lo scet- tro dell' Armenia a Tiridate suo fratello , accettata fa la di lui proferta , con patto di far cessare T assedio di Artasata: il chs ebbe esecuzione . Ma non è ben rroto , che eonvenzioi^e segreta seguisse allora fra Gor-^ bulone e Vologesò , avendo alcuni creduto , che tanto i Parti , quanto Tigrane avessero^ da abbandonar l'Armenia. Venuti- a Roma gli ambasciatori di Vologeso , nulla potero- no ottenere ; e però il Parto ricominciò la guerra in tempo che Cesennio Peto giunse al governo dell' Armema , uomo di poca provvidenza e sapere in quel mestiere ; ma che si figurava di poter fare il maestro agli altri . Prese Peto^ alcune castella , passò an- che il monte Tauro, pensando a maggiori eonqiTÌ-ste ;- ma all' avviso , che Vologeso ve- niva con grandi forze, fu ben presto a- ri-= tirarsi, ed a: lasciar gente ne'passi del mon- te suddetto, per impedir l'accesso de' ne-= mici , con iscrivere intanto più é più let- tere a Corbulone , che venisse a soccorrer- lo . Forzò Vologeso i pa^si : a Peto cadde il cuore per terra, perchè avea troppo di-' vise le sue genti , e colto fu con- du^ sole? legioni. Però* spedi nuove lettere af? aifret^^ tar Corbulorle , il quale intanto avendo pas- sato F Eufrate , marciava a gran giornate verso la Gomagene e la Cappadocia , per

cn-

Ann® 1.XIII. 29

^entrar poi nell'Armenia .. Nulìadimeso pò* <co giovarono gli sforzi di Corbulone . In questo mentre Vologeso strinse il picciolo esercito di Peto, molti uccise^ e t^l terrore mise al capitano de' Romani , cV egli solamente pensò a comperarsi la sai» vezza coH qualunque vergognosa condizio-» ne che gli fosse esibita. Dimandato dunque un abboccamento con gli ufìziali di Volo- geso , restò conchiuso, che i'armi romane bi levassero da tutta l'Armenia , e cedesse-^ ro ai Parti tutte le Gastella e munizioni da bocca e da guerra ; e che poi Vologeso se r intenderebbe coli' imperador Nerone pel resto. Le insolenze de' Parti furono poi mol- te; vollero entrar nelle fortezze ^ prima che ne fossero usciti i Romani; affollati per le strade , dove passavano i Romani , toglievano loro schiavi , bestie , e vesti ; ed i Romani come galline lasciavano far tut- to per paura che menassero anche le ma- ni. Tanto marciarono le avvilite truppe., che piene di confusione arrivarono fìnaU mente ad unirsi con quelle di Corbulone , ii quale deposto per ora ogni pensier dell' Armenia , se ne tornò alla difesa della Si-- ria sua provincia .

Secondochè abbiam da Tacilo , tutto ciò avvenne nel precedente anno . Dione ne par- la più tardi. Nella primavera del presente comparvero gli ambasciatori di Vologeso ^ che chiedevano il regno dell'Armenia per Tlridate ; ma senz.a eh' egli volesse presen- tar-

30 Annali d' Italia

tarsi a Roma . Seppe allora Nerone da un centurione , venuto con loro , come stava la faccenda dell' Armenia , perchè Ccsennia Peto gliene avea mandata una reìazion ben diversa. Parve a Nerone ed al senato, che Vologeso si prendesse beffa di loro, e per- ciò rimandati gli ambasciatori di lui sen- za risposta , ma non senza ricchi regali , fu presa la risoluzione di far guerra viva ai Parti. Richiamato Peto, tremante fu ali* udienza di Nerone , il qual mise la cosa in facezia , dicendogli , senza lasciarlo parla- re, che gli perdonava tosto ^ acciocché es- sendo egli pauroso , non gli saltasse la febbre addosso. Andò ordine a Corbulone di muovere V armi contro de' Parti , e gli furono inviati rinforzi di nuove truppe e reclute ; laonde egli passò alla volta deli' Armenia . Tuttavia non ebbe dispiacere , che venissero a trovarlo gli ambasciatori di Vologeso, per esortarli a rimettersi al- la clemenza di Cesare.- S' impadronV poi di varie castella , e diede tale apprensione ai Parti, che Tlridate fece premura di abboc- carsi con lui . Mandati innanzi gli ostaggi romani , Tiridate comparve al luogo desti- nato; e veduto Corbulone, fu il primo a scendere da cavallo, e seguirono ai^iiche- voli accoglienze e ragionamenti, pe' quali Tiridate restò di voler riconosc/^re dall' imperador romano V Armenia ,• <^ che ver- rebbe a Roma a prenderne la corona , qua- lora piacesse a Nerone di dargliela: del

che

Anno LXIII. 31

che Corbulone gli diede buone speranze. In segno poi della sua sommessione andò Tiridate a deporre il diadema a pie dell' immagine delF imperadore ^ per ripigliarla poi dalle mani del medesimo Augusto in Roma . Noi non sappiamo , che divenisse di Ti grane ^ re precedente dellArmenia ^. Nacque nelFanno presente a Nerone una il- gliuola da Poppea^ fatta andare apposta a partorire ad Anzo , perchè quivi ancora venne alla luce lo stesso Nerone. Ad es- sa e alla madre fu dato il cognome di Augusta 3 e il senato, pronto sempre alle adulazioni , decretò altri onori ad amen- due, ed ordinò varie feste. Ma non passa- rono quattro mesi , che questo caro pegno sei rapì la morte. Nerone, che per tale acquisto era dato in eccessi di gioja, ca- de in altri di dolore per la perdita che ne fece . Si fecero in quest' anno i giuochi de' gladiatori , e si videro anche molti senato- ri e molte illustri donne combattere : tan- to innanzi era arrivata la follia de' Ro- mani .

An-

' Tacitus lih^i^. ca^.xì.

32 Annali d' I t a l i a

AiJNo di Ckisto lxiv. Indizione vir. di PiETKO Apostolo papa 36. di Nerone Claudio imperadore 11.

f^ ,. ^ Gmo Lecanio Basso,

t Marco Licinio Crasso.

jnlndò in quest' anno Nerone a Napoli ^ per vaghezza di far sentire a qne' popoli nel pubblico teatro la sua canora voce. Grande adunanza di gente v'intervenne dalle vicine città , per udire un imperadore mu- sico , un usignolo Augusto Ma occorse un terribil accidente , che nondimeno a niun recò danno , Appena fu uscita tutta la gente, ch'esso teatro cadde a terra. Pensava quel- la vana testa di passar anche in Grecia , e in altre parti di Levante, per raccogliere somiglianti plausi; ma poi si fermò in Be- nevento, né andò più oltre ^ senza che se ne sappia il motivo. Fra questi diverti- menti fece accusar Toniuato Silano ^ ìmìs^nQ personaggio , discendente da Augusto per via di donne , Il suo reato era di far trop- pa spesa per un particolare; ciò indicar disegni di perniciose novità. Prima d' es- sere condennato , egli si tagliò le vene. Tornato a Roma Nerone , volle d^re una cena sontuosa nel lago di Agrippa , co- me ha Tacito . Dione ^ scrive ciò fatto

neir

* Tacitus Ulf'iS' <:'3Ì' ' ^'O Uh. 61.

^A N N o LXIV. 33

reir anfitearo , dove dopo una caccia di fiere, introdusse l'acqua per un combatti- mento navale; e dopo averne ritirata l'ac- qua , diede una battaglia di gladiatori 3 e finalmente rimessavi 1' acqua fece la cena . N'ebbe l'incombenza Tigellino . V erano superbe navi ornate d'oro e d' avorio , con tavole coperte di preziosi tappeti , e all' in- torno taverne disposte in gran numero con delicati cibi preparati per ognuno. Canti, suoni dappertutto, ed illuminata ogni parte. Concorso grande di plebe e di nobiltà , tan- to uom.ini che donne, e tutta la razza del- le prostitute. Che Babilonia d' infamità e di lascivie si vedesse ivi , noi tacquero gli an- tichi ^ ma non è lecito alla mia penna il ridirlo . A questa abbominevole scena ne tenne dietro un'altra, ma sommamente ter- ribile e funesta. ^ Attaccossi , o fu attac- cato nel 19 di luglio il fuoco alla parte di Roma, dov'era il Circo Massimo , pieno di botteghe di venditori dell' olio . Spirava un vento gagliardo , che dilatò l' incendio pel piano e per le colline con tal furore , che di quattordici rioni di quella gran cit- tà , dieci restarono orrida preda delle fiam- me , ed appena se ne salvarono quattro . Per così fiera strage di case^, di templi, <li palazzi, colla perdita di tanti mobili, e preziose rarità ed antichità, accompagnata ancora dalla morte d' assaissime persone, Tom. il C che

* TacJt. Anììal, tib. i;. f. 38. Dio 1- 6x, Suet' :r. A'sr. e- 3^'

34 A N N A L I d' I T A L T A

che strida^ che urli, che tumulto si pro- vasse allora , più facile è 1' immaginarlo , che il descriverlo. Per sei giorni durò V incendio ( altri dissero di più )' senza po- ter mai frenare il corso a quel torrente di fuoco. Trovavasi Nerone ad Anzo , allor- ché ebbe nuova di gran malanno , si mosse per restituirsi a Koma , se non quan- do seppe che le fiamme si accostavano al suo palazzo , e agli orti di Mecenate , fab- briche anch' esse appresso involte nell' indi- cibil eccidio «

Che quella bestia di Nerone fosse l'auto- re di orrida trageclia , a cui non fu mai veduta una simile in Italia , lo scrivono risolutamente Suetonio e Dione , e chi po- scia da loro trasse la Storia romana. Ag- giungono, esser egli venuto a diabolica invenzione, perchè Roma abbondante al- lora di vie strette e torte^ e di case disor- dinate , o poveramente fabbricate , si rifa- cesse poi in miglior forma , e prendesse il nome da lui ; e che specialmente egli desi- derava di veder per terra molte case e granai pubblici , che gì' impedivano il fab- bricare un gran palazzo ideato da lui . Dicono di più , che fur veduti i suoi ca- merieri con fiaccole e stoppa attaccarvi il fuoco; e che Nerone in quel mentre stava ad osservar lo scempio, condire : Che bela- la Jiavima ! Aggiungono finalmente , eh' egli vestito in abito da scena a suon di ce- tra cantò la rovina di Troja. Ma fra le

tan-

Anno LXIV. 35

tante iniquità di Nerone questa non è cer- . la . Tacito la mette in dubbio ; e V altre suddette particolarità sono bensì in parte toccate da lui , ma con aggiugnere che ne corse la voce . Trattandosi di un scre- ditato imperadore , conosciuto capace di qualsisia enormità , facii cosa allora fu V attribuire a lui l' invenzione di gran ca- lamità, ed ora è a noi impossibile il di- scernere, se vero, o falso ciò fosse . Si ap- plicò tosto Nerone a far alzare gran copia di case di legno, per ricoverarvi tutti i poveri sbandati, facendo venir mobili da Ostia e da altri luoghi ; comandò ancora , che si vendesse il frumento a basso prez- zo. Quindi stese le sue premure a far ri- fabbricare la rovinata città , la quale ( non può negarsi) da questa sventura riportò un incredibil vantaggio . Imperciocché con bel ordine fu a poco a poco rifatta, tirate le strade diritte e larghe , aggiunti i portici alle case , e proibito V alzar di troppo le fabbriche . Tutta la trabocchevol copia de' rottami venne di tanto in tanto condotta via dalle navi che conducevano i grani a Roma, e scaricata nelle paludi d' Ostia. Vuo- le Suetonioj che Nerone si caricasse del trasporto di quelle demolizioni ^ per pro- fittar delle ricchezze che si trovavano in esse rovine; vi si potevano accostare se rìòri i deputati da lui . Determinò òi sua borsa premj a chiunque entro di un tal ter- mine di tempo avesse alzata una casa , o

C 2 pa-

3^ Annali d' I t a l i a palagio ; e del suo edificò ancora i porti-* ci. Fece distribuire con più proporzione V acque condotte per gji acquidotti a Roma , e destinò i siti dj/ esse , per estinguere al bisogno gl'incendj, con altre provvisio- ni che meritavano ^ran lode , ma non la conseguirono per la comune credenza che da lui fosse venuto orribil malanno. An- ch' egli imprese allora la fabbrica del suo nuovo palazzo , che fu rairabil cosa , e nominata poi la Casa (V oro , Suetonio ^ ce ne un picciolo abbozzo . Tutto il di dentro era messo a oro , ornato di gem-^ me , intersiato di madreperle . Sale e ca-^ mere innumerabili incrostate di marmi £-. ni ; portici con tre ordini di colonne che si stendevano un miglio j vigne , boschetti , prati , bagni , peschiere ^ parchi con ogni sorta di fiere ed animali; un lago di stra-. ordinaria grandezza , con corona di fab- briche air intorno a guisa di una città ; davanti al palazzo un colosso alto centoven-r ti piedi , rappresentante Nerone . Allorché egli vi andò poi ad alloggiare , disse : Ora die quasi comincio ad abitare in un al- loggio conveniente ad un uomo . Ma questa suntuosa e stupenda mole , con altri vastissimi disegni da lui fatti di sterminati eanali , per condur lontano sino a cento sessanta miglia per terra V acqua del ma-^ re 5 costò ben caro al popolo romano , per-.

cioc-

» Sueton. in Ner. e. n- & ^z. Tactt. /. IS- e. ^z. & seqq^i

Anno LXIV^ 57

biocche smunto e ridotto al biso^^no il pro- digo Augusto , passò a mille estorsioni e rapine, confiscando sotto qualsivoglia pre- > testo i beni altrui , imponendo non più uditi dazj e gabelle , ed esigendo contribuzioni rigorose da tutte le città , ed anche dalle libere e collegate; il che fu quasi la rovi- na delle Provincie. ciò bastando, mise mano ai luoghi sacri , estraendone tutti i Vasi d'oro e d'argento^ e T altre cose pre- ziose . Mandò anche per la Grecia e per V Asia a spogliar tutti que' templi delle ric- che statue degli stessi dii , e di ogni lor più riguardevole ornamento.

Diede occasione lo spaventoso incendio di jRoma alla prim.a persecuzione degF impe- radori pagani ^ contra de' Cristiani . S' era già non solo introdotta , ma largamente diffusa nel popolo romano per le insinua- zioni di san Pietro Apostolo e de' suoi Di- scepoli, la religione di Cristo; giacché non duravano fatica i buoni a conoscerne la santità ed eccellenza in confronto dell* empia e sozza dementili* Nerone ainn di scaricar sopra d'altri l'odiosità da lui con- tratta per la comune voce d' aver egli stes- so incendiata quella gran città: calunniosa- mente secondo il suo solito ne fece ^accu- sare i Cristiani , siccome attestano Tertul- liano , Eusebio , Lattanzio , Orosio , ed ài- tri autori , e fin gli stessi storici Pagani

C 3 Ta-

' Suiton. ibid' e, i6, Tacit. ihiti. cap, eodéfn .

38 Annali d'Italia Tacito 0 Suetonio. Scrive esso Tacito , ma non già Suetonio, che furono convinti d' aver essi attaccato il fuoco a Roma quando egli stesso poco dianzi avea attestato che la persuasion comune ne facea autore Io stesso Nerone e Suetonio e Dione ciò dan- no per certo . Non era capace di enor- me misfatto , chi seguitava la legge puris- sima di Gesù' Cristo , e massimamente durante il fervore e 1' illibatezza de"* primi Cristiani . A che fine raaij, gente dabbene , e lasciata in pace , avea da cadere in si mo- struoso eccesso ? Perciò una gran moltitu- dine d"* essi fu con aspri ed inuditi tormen- ti fatta morire sulle croci , o bruciata a lento fuoco , o vestita da fiere , per essere sbranata da' cani . Vi si aggiunse ancora V inumana invenzione di coprirli di cera , pece, e d'altre materie combustibili, e di farli servir di notte , come tanti doppieri della crudeltà , negli orti stessi di Nerone . Così cominciò Roma ad essere bagnata dal sacro sangue de' martiri . Confessa nondi- meno il medesimo Tacito , che gran compas- sione produsse un così fiero macello di gen- te, tuttoché secondo lui colpevole per una religione contraria al culto de' falsi dii . In questi tempi avendo ordinato Nerone , che r armata navale tornasse al porto di Miseno, fu essa sorpresa da così impetuo- sa burrasca, che la maggior parte delle galee e d' altre navi minori , s' andò a ffci- cassare ne' lidi di Cuma .

An-

Anno LXV. 39

Anno di Cristo lxv. Indizione viii. di Lino papa i. di Nerone Claudio imperadore 12.

r

Consoli ^

L.

Aulo Licinio Nerva Silia-

NO ,

Marco Vestìnio Attico .

>-.

1 n una iscrizione rapportata dal Doni e da me ^ , si legge SILANO ET ATTICO COS. Se questa sussiste , non Slliano :, ma Silano sarà stato 1' ultimo de' suoi cognomi . Il car dinal Noris €d altri sostentano Siliano . Per attestato di Tacito avea Nerone dise- gnati consoli per le calende di luglio , Plau- tio Laterano y dalla cui persona o casa rico- nosce la sua origine la Basilica Lateranense , ed Anìcio Cereale . Il primo in vece del consolato ebbe da Nerone la m.orte , sicco- me dirò . Fece lo stesso fine Vestìnio At- tico , cioè r altro console ordinario . Però si può tenere per fermo , che Cereale suc- cedesse nel consolato . Roma * in quest' anno divenne teatro di morti violente per la congiura di Gajo Calpurnio Pisone , che fu scoperta . Era questi di nobilissima fa- miglia , ben provveduto di beni di fortuna, grande avvocato dei rei , e però comune- mente amato e stimato , benché dato ai pia-

C 4 ceri

* Thesaurus Ncvus Inscription. pag. lo^. vum- <^'

* Tacitus Annal. lib, 15. Qap. 48. C^ ic^- Dio Uh. 61, Stiet. in Ntrone tap. 36.

40 À N ]^T A L I d' I T A L T A

ceri ed al lusso , e mancante di gravità di costumi . Sarebbe volentieri salito sul tro- no , e per salirvi conveniva levar di mez- zo Nerone ; il che non parea tanto difficile, stante V odio comune . S' egli fosse il pri- mo ad intavolar la congiura , non si sa . Certo è bensì che Subrio ^ o sia Subio Fla- vio , tribuno d' una compagnia delle guar- die , e Mario Anneo Lucano , nipote di Seneca , e celebre autore del poema della Farsalia , furono de' primi ad entrarvi , e de' più disposti ad eseguirla. Per una giovanil vanità Lucano ( era nato nelF anno 39 dell' Era nostra ) non potea digerire, che Nero- ne per invidia e pazza credenza di saper^ ne più di lui in poesia , gli avesse proibi- ta la pubblicazion del suddetto poema , ed anche il far da avvocato nelle cause. Entree in questo medesimo concerto anche Plautio Laterano , console disegnato , per V amore che portava al pubblico . Molti altri o se- natori, o cavalieri _, o pretoriani j ed alcu- ne dame ancora , chi per odio e vendetta privata , e chi per liberar l' imperio da que- sto mostro^ tennero mano al trattato. Pro- posero alcuni di ammazzarlo , mentre can- tava in teatro , o pur di notte , quando usciva senza guardie per la città . Altri giudicavano meglio di aspettare a far il colpo a Pozzuolo , a Miseno ^ o a Baja , aven- do a tal fine guadagnato uno de' principali ufiziali dell' armata navale . In fine fu sta- bilito di ucciderlo nel 12 di aprile,

in

Anno LXV. L\i

in cui si celebravano i giuochi del Circo a Cerere . Messo in petto di tanti il segre- to , per poca avvertenza di Flavio Scemino traspirò . Fece egli testamento ; diede la libertà a molti servi ; regalò gli altri ; pre- parò fasce per legar ferite: ed intanto ben- ché desse agli amici un bel convito , e facesse il disinvolto , pure comparve malin- conico e pensoso . Milico suo liberto osser- vava tutto ; e perchè il padrone gli diede da far aguzzare un pugnale ruginoso , s' avvisò che qualche grande affare fosse in volta. Sul far del giorno questo infedele j, animato dalla speranza di una gran ricom- pensa , se n' andò agli orti Serviliani , do- ve allora soggiornava Nerone , e tanto tem- pestò coi portinai , che potè parlare ad Epafrodito liberto di corte , che V intro- dusse air udienza del padrone . Furono to- sto messe le mani addosso a Scevino , che coraggiosamente si difese , e rivolse 1' accu- sa contro del suo liberto . Ma perchè si seppe, avere nel innanzi Scevino tenuto un segreto e lungo ragionamento con An- tonio Natale , ancor questo fu condotto dai soldati. Esaminati a parte, si trovarono discordi;, e poi alla vista de' tormenti con- fessarono il disegno , e rivelarono i com- plici . Air intendere numerosa frotta di congiurati , saltò tal paura addosso a Ne- rone , che mise guardie dappertutto , e pur si teneva sicuro in qualunque luogo eh' €gli si trovasse.

Vien

4a Annali d' Italia

Vien qui Tacito annoverando tutti i con-r giurati, e il loro fine. Molti firrono gif uccisi, e fra gli dlìvì Gajo Plsone ^ capo del- la congiura , e Lucano poeta ;. altri con darsi la morte da se stessi^ prevennero, il carnefice ; ed alcuni ancora la scamparono colla pena dell' esilio . Fra gli altri denun- ziati v'entrò anche Lucio Anneo Seneca^ insigne maestro della stoica filosofia ; ma che , se si avesse a credere a Dione ^ , macchiato fu di nefandi vizj d' avarizia , di disonestà , e di adulazione . Di lui par- la con istima maggiore Tacito j, scrittore alquanto più vicino a questi tempi . Consi- steva tutto il suo reato neir essere stato a visitarlo nel suo ritiro Antonio Natale , e a lamentarsi , perchè non volesse ammet-* tere Plsone in sua casa , e trattare con lui. Al che avea risposto Seneca, non es- sere bene y che favellassero insieme ; del resto dipendere la di lui salute dò> quella di Pisone , Trovavasi Seneca nella sua vil- la 5 quattro miglia lungi di Roma , e men- tre era a tavola con due amici, e con Pom- pea Paolina sua moglie cara ^ arrivò Silva- no tribuno d'una coorte pretoriana ad inter- rogarlo intorno alla suddetta accusa. Ris- pose con forti ragioni, nulla mostrò di pau- ra, e parlò senza punto turbarsi in vol- to . Portata la risposta a Nerone , dimandò il crudele , se Seneca pensava a levarsi col- le

' Di6 lib. é\.

Anno LXV. 43

le proprie mani la vita. Disse Silvano di non avene osservato alcun segno. Farh bene ^ replicò allora Nerone,, ed ordinò di farglielo sapere ? Intesa V atroce intimazio- ne , volle Seneca far testamento , e gli fu proibito » Quindi scelto di morire collo sve- narsi, coraggiosamente si tagliò le vene, ed entrò nel bagno per accelerare V uscita del sangue . Dopo aver lasciati alcuni bei do- cumenti agli amici , morì . Anche la mo- glie Paolina volle accompagnarlo collo stes- so genere di morte, e si svenò, ma per ordine di Nerone fu per forza trattenuta in vita , ed alcuni pochi anni visse dipoi , ma pallida sempre in volto . Le strordina- rie ricchezze di Seneca si potrebbe cre- dere , gì"* inimicassero V ingordo Nerone , se non che scrive Dione eh' egli le avea dianzi cedute a lui , per impiegarle nelle sue fabbriche . Ancorché il console Vestinio non fosse a parte della congiura^ pure si valse Nerone di questa occasione per levarlo di vita , e lo stesso fece d* altri , qh' egli già mirava di mal occhio .

Andò poscia Nerone in senato , per in- formar que' padri del pericolo fuggito e dei delinquenti ; ^ e però furono decretati rin- graziamenti e doni agli dii , perchè aves- sero salvato un degno principe ; ed egli consce a Giove vendicatore nel Campi- doglio il suo pugnale . Capitò in questi

tem-

^ Tacitus Annaì. lib. i6. ca^> x.

4*4 ANNALI d' I T A L I A

tempi a Roma Cesdllo Basso ^ di -nascita Africano , uomo visionario , che ammes-- so air udienza dj Nerone , gli narrò co- me cosa certa , che nel territorio di Car- tagine in una vasta spelonca stava nasco- sa una massa immensa d'oro non conia- to , quivi riposta o dalla regina Didone , o da alcuno degli antichi re di Numidia * Vi saltò dentro a pie pari 1' avido Nerone, senza esaminar meglio l' aitare , senza pren- dere alcuna informazione ^ e subito subito fu spedita una grossa nave , scelta come capace di sfoggiato tesoro, con varie ga- lee di scorta . d' altro si parlava allo- ra , che di questo mi^'abil guadagno fra il popolo. Per la speranza di un ricco aju- to di costa , maggiormente s' impoverì il pazzo imperadore , perchè si fece animo in spendere e spandere in pubblici spettacoli e in profusion di regali . Ma con tutto il gran cavamento fatto dal suddetto Basso , pure un soldo si trovò; e però delù- so il misero , altro scampo non ebbe per sottrarsi alle pubbliche beffe , che di toglie- re colle su-e mani a se stesso la vita . Ma se mancò a Nerone questa pioggia d' oro y si acquistò egli almeno un'incomparabil glo- ria .in quest'anno, coli' aver fatta una pub- blica comparsa nella scena del teatro, do- ve recitò alcuni suoi versi . Fattagli istan^ 2a dal popolazzo di metter fuori la sua abilità anche in altri studj , saltò fuori col- la cetra in concorrenza d'altri sonatori, e

fé-

Anno LXV. 45

fece uclir delle belle sonate . Strepitosi fu-* rono i viva del popolo , la maggior parte per dileggiarlo^ mentre i buoni si torce- vano tutti al mirar fatto obbrobrio del- la maestà imperiale . E guai a que' nobili che non v'' intervennero : erano tutti messi in nota. Fu in pericolo della vita Fe^spasìa- no ( poscia imperadore ) perchè osservato dormire in occasione di tanta importanza. Conseguita la corona , passò Nerone , secon- do Suatonio e Dione ^ a far correre , stan-* do in carrozza , i cavalli , Ito poscia a ca- sa * ìutto contento di gran plauso j, tro la sola Pop2?ea, Augusta sua moglie, che gli disse qualche disgustosa parola . Ben^ che r amasse a dismisura , pure le insegnò a tacere con un calcio nella pancia , Era essa gravida , e di questo colpo morì . Don- na sì delicata e vana , che tutto era davanti allo specchio per abbellirsi ; vole- va le redini d'oro alle mule della sua car- rozza ; e teneva cinquecento asine al suo servigio , per lavarsi ogni in un bagno formato del loro latte . S' augurava anche piuttosto la morte, che di arrivare ad es- ser vecchia, e a perdere la bellezza. Opi- nione è d* insigni letterati ^ che nel 29 di giugno del presente anno per comanda- mento di Nerone fosse crocifisso in Roma ri principe degli Apostoli san Pietro ; e

che

^ Sueton. in N'-'rone e. z'y. Dio lib.ói. * Tacic lìb. 1.1^. f^- ^ Baron. in /Innal. BUncbin^us ad Anr.stiiiyjn . Pa^aa m Critica Baroni ana ,

i^G Annali d Italia che nel medesimo giorno ed anno venisse anche decollato l' Apostolo de' Gentili san Paolo . Certissima è la loro gloriosa morte e martirio in Roma ; ma non sembra e- gualmente certo il tempo ; intorno a che potrà il lettore consultare chi ha maneg- giato ex professo cotali materie . Nel pon- tificato romano a lui succedette s. Lino . Dopo la morte di Poppea , Nerone , perchè Antonia figlia di Claudio Augusto , e so- rella dì Ottavia sua. prima moglie j, non volle consentir alle sue nozze , trovò de^ pretesti per farla morire . Quindi sposò Statilia Messalina^ vedova di Ve stinio At- tico console , a cui egli avea dianzi tolta la vita . Certe altre sue bestialità racconta- te da Dione , non si possono raccontar da me . E Tacito aggiunge V esilio , o la mor- te da lui data ad altri primarj Romani , che mai non gli mancavano ragioni per far del male e-

Anno di Cristo lxvi. Indizione ix!.- di Lino papa 2. di Nerone Claudio imperad. i^v

p ,0 r Gaio Lucio Telesino, t^onsoli ^^ ^^^^ SuETONio Paolino.

X unesto ancora fu V anno presente a Ro- ma per r infelice fine di molti illustri Ro- mani ^ che tutti perirono per la crudeltà di Nerone , principe giunto a non saziarsi mai

di

Anno LXVI. A7

di sangue , perchè questo sangue gli frutta-* va l'acquisto de' beni de' pretesi rei. Taci- to empie molte carte * di tristo argo- mento . Io me ne sbrigherò in poche paro- le j, per risparmiare la malinconia a chiun- que è per leggere queste carte . Basterà so- lo rammentare che Anneo Mella^ fratello di Seneca j e padre di Lucano poeta, accu- sato si svenò , e terminò presto il proces- so. Gajó Petronio^ che ha il prenome di Tito appresso Plinio^ uomo di somma leg- giadria , e tutto dato al bel tempo , era divenuto uno dei più favoriti di Nerone. La gelosia di Tigellino, prefetto del pre- torio^ gli tagliò le gambe , e il costrinse a darsi la morte o Ma prima di darsela fe- ce credere a Nerone di lasciarlo suo ere- de , e gli mandò il suo testamento. In que- sto non si leggevano se non le infami im- purità ed iniquità d'esso Nerone. La de- scrizione de' costumi di costui lasciatasi da Tacito , ha dato motivo ad alcuni di cre- derlo il medesimo, che Petronio Arbitro^ di cui restano i frammenti d' un impurissi- mo libro. Ma dicendo esso Tacito, cht5 questo Petronio fu proconsole della Biti- nia , e console : egli sembra essere stato quel Gajo Petronio TurpiUano^ che abbiam veduto console nell'anno 6i di Cristo, e però diverso da Petronio Arbitro. Più di ogni altro venne onorato dalla compassione

di

' Tacitus Uh. Ì6. cap, 14. 6* seq.

48 Annali d^ I t a l i a di tutti ^ e compianto il caso di Peto Tra- sea , e di Berea Sorano , amendue senatori e personaggi della prima nobiltà , perché non solo abbondavano di ricchezze , ma più di virtù , di amore del pubblico bene , e di costanza per sostenere le azioni giuste, e riprovar le cattive. Per questi lor bei pregi non potea di meno V iniquo Nerone di non odiarli , e di non desiderar la mor- te loro . Però il fargli accusare , benché d' insussistenti reati , lo stesso fu, che farli condannare dal senato , avvezzo a non mai contradire ai temuti voleri di Nerone. Co- sì restò priva Roma dei due più riguarde- voli senatori , eh' ella avesse in quc' tempi , crescendo con ciò il batticuore a ciascun' altra persona di vaglia , giacché in tempi tali Tessere virtuoso era delitto. Non par- lo d' altri o condennati, o esiliati da Ne- rone neir anno presente, mentovati da Ta- cito, la cui storia qui ci torna a venir me- no, perchè l'argomento è tedioso.

Secondo il concerto fatto con Corhulone governator della Soria , Tirìdate fratello di Vologeso re de' Parti, ^ si mosse in quest' anno , per venir a prendere la corona dell' Armenia dalle mani di Nerone, conducen- do seco la moglie, e non solo i -figliuoli suoi, ma quegli ancora di Vologeso , di Pa- coro , e di Monobazo , e una guardia di tremila cavalli . V accompagnava Annio VI--

■via--

' Dio lib. 6i,

Anno LXVL 49

Viano, genero di Corbulone , con gran co- pia cV altri Ronfani.., Nerone , che forte si conipiaccva di veder venire a'' suoi piedi questo re barbaro, non perdonò a diligen- za ed attenzione alcuna^ affinchè egli nel medesimo tempo fosse trattato da par suo, e comparisse agli occhj di lui la magnifi- cenza dell'imperio romano. Non volle Ti- ridate ^ venir per mare, perchè dato alla magia , peccato riputava lo sputare , o il gittar qualche lordura in mare . Convenne dunque condurlo per terra con sommo ag- gravio de' popoli romani ; perchè dacché entrò e si fermò nelle terre dell imperio , dappertutto sempre alle spese del pubblico ricevè un grandioso trattamento ( il che co- stò un immenso tesoro ) , e tutte le città per dove passò , magnificamente ornate, V accolsero con grandi acclamazioni. Marcia- va Tiridate in tutto il viaggio a cavallo, con la moglie accanto , coperta sempre con una òelata d' oro , per non essere veduta , secondo il rito de' suoi paesi , che tuttavia con rigore si osserva. Passato per Bitinia , Tracia, ed Illirico , e giunto in Italia, mon- tò nelle carrozze che gli avea inviato Ne- rone, e con esse arrivò a Napoli, dove V imperadore volle trovarsi a riceverlo. Me- nato all'udienza, per quanto dicessero i mastri delle cerimonie , non volle deporre la spada. Solamente si contentò che fosse Tom. II. D ser-

' P lini US Uh. 30. cap. a.

^o Annali n' I t a l r a

serrata con chiodi nella guaina . Per que- sta -renitenza Nerone concepì più. stima di lui; e maggiormente se gli affezionò, al- lorché sei vide davanti con un ^^itfocchio piegato a terra , e colle mani alzate al cie- lo senti darsi il titolo ài Signore., Dopo avergli Nerone fatto godere in Pozzuolo un divertimento con caccia di fiere e di tori , il condusse seco a Boma - Si vide allora quella vastissima città tutta ornata di lu- mi , di corone, di tapezzerie ^ con popolo senza numero, accorso anche di lontano ^ vestito di- vaghe vesti , e coi soldati ben compartiti coir armi loro tutte rilucenti , Fu soprattutto mirabile nella: mattina del di seguente il vedere la gran piazza, e. i, tetti anch^ essi coperti tutti di gente. Mi-, ravasi nel m^ezzo d^'essa assiso Nerone in veste trionfale sopra un alto trono coj se-, ratój e le guardie intorno. Per.' mezzo di quel gran popolo condotti Tiridate . e il suo nobil seguito , s' inginocchiarono davan- ti a Nerone 5 ed allora proruppe il popolo in altissime grida ^- òhe fecero paura:: a Ti- ridate , e il tennero" sospeso per qualche tempo. Fatto silenzio, parla a Nerone con umiltà non aspettata,, chiamando se stesso» suo schiavo^ e dicendo d' essere venuto ad onorar Nerone come un suo dia, e al pa- ri di mitra , cioè del sole , venerato dai Parti Gli pose dipoi Nerone in capo il diadema, dichiarandolo re dell' Armenia ; t dopo la funzione y passarono al' teatro ,

eh'

A.N N o LXVI. 5t

ch'era tutto messo a oro, per mirare i giuo- chi . Le tende tirate per difendere la gen- te dal sole, furono di porpora, sparse di stelle d' oro , e in mezzo d' esse 4a figura di Nerone in cocchio , fatta di ricalilo. Suc- cedette un sontuosissimo convito, dopo il quale si vide quel bestion di Nerone pub- blicamente cantare e sonar di cetra ; e poi montato in carretta colla canaglia de' coc- chieri, vestito deir abito loro^, gareggiar nel corso con loro.

Se ne scandalezzò forte Tiridate, e pre- se maggior concetto di Corbulone, dacché sapeva- servire e sofferire un padrone fat- to , senza valersi dell' armi contra di lui . Anzi non potè contenersi dal toccar ciò in gergo allo stesso Nerone con dirgli : Signo- re ^ voi avete un ottimo servo in Corhulo- ne ; ma Nerone non penetrò l' intenzion se- greta di queste parole . Fecesi conto , che i regali fatti da esso Augusto a Tiridate ascendessero a due milioni. Ottenne egli ancora di poter fortificar Artasata , e a que- sto fine menò via da Roma gran quantità d' artefici , con dar poi a quella città il no- me di Neronia . Da Brindisi fu condotto a Durazzo , e passando per le grandi e ric- che città dell'Asia, ebbe sempre più occa- sion di vedere la magnificenza e possanza deir imperio romano- Ma non ancor sazia vanità di Nerone per questa funzione, che costò tanti milioni al popolo romano , avrebbe pur voluto, che Vologeso re de' Par-

D 2 ti

52 A i?C N A L I d' I T A L I A

ti fosse venuto a neh* egli a visitarlo, e i* importunò su questo . Altra risposta non gli diede Vologeso , se non che era più fa- cile a Nerone passare il Mediterraneo: il che facendo , avrebbono trattato di un abboc^ camento. Per questo rifiuto a Nerone saltò in capo di fargli guerra ; ma durarono po- co questi grilli j, perchè egli pensò ad una maniera più facile d' acquistarsi gloria : del che parleremo all' anno seguente . Nacque ^ bensì ncir anno presente la guerra in Giu- dea , essendosi rivoltato quel popolo per le strane avanie de' Romani , mentre Cestio Gallo era governator della Siria, il quale durò fatica a salvarsi dalle loro mani in una battaglia . Fu obbligato Nerone ad in- viar un buon rinforzo di gente colà , e scel- se per comandante di quell' armata Vespa-* siano, capitano di valore sperimentato. Io so che all' anno seguente è comunemente ri- ferita la morte di Corbulone , ricavandosi ciò da Dione . Ma al trovar noi per atte-» stato di Giuseppe Storico^ allora vivente, il suddetto Cestio Gallo al governo della Siria, senzachè si parli punto di Corbulo- ne ^ può dubitarsi che la morte di questo eccellente uomiO succedesse nell' anno pre- sente . E per valore e per amor della giu- stizia non era inferiore Corbulone ad alcu- no de' più rinomati antichi Romani . Nero- ne , presso il quale passava per delitto l' es- ' sere

^ Joseph, de Bello Judaico Uh. a. ca^. 40.

Anno LXVI. 53

sere nobile , virtuoso , e ricco , non potè lasciarlo più lungamente in vita . Coli' ap- parenza di volerlo promuovere a maggiori onori, il richiamò dalla Siria, ed allorché fu arrivato a Cenere , vicino a Corinto , gli mandò ad intimar la morte. Se la diede egli colle proprie mani , tardi pentito di tanta sua fedeltà ad un principe inde- gno , e d' essere venuto disarmato a trovar- lo . Perchè a noi qui manca la Storia di Tacito , la cronologia non va con piede sicuro .

Anno di Cristo lxvii. Indiziane x. di Clemente papa i. di Nerone Claudio imperadore 140

^ ^' r Lucro FoNTEjo Capitone,

Consoli -i n n T)

V Gajo Giulio ivufo-

^econdo le congetture di varj letterati , a s. L'ino papa , che martire della Fede finì di vivere in quesf* anno , stìccedette Cle- mente^ personaggio, che illustrò dipoi non poco la Chiesa di Dio . Ho riserbato io a parlar qui del viaggio fatto da Nerone in Grecia, benché cominciato nelF anno prece- dente, per unir insieme tutte le scene di quella testa sventata . La natura in mette- re lui al mondo ^ intese di fare un uomo di vilissima condizione, un sonator di ce- tra, un vetturino j un beccajo , un gladia- tore, un buffone. La fortuna deluse le in-^

D 3 ten-

^4 Annali d' Italia

tenzioni della natura , con portare costui al trono imperiale ; ma sul trono ancora si vide poi prevalere l'inclinazion natura- le . ^ Invanito egli delle tante adulatorie acclamazioni, che venivano fatte in Roma alla suavità della sua voce , alla sua mae- stria nel suono, e bravura nel maneggiar i cavalli stando in carretta : s' invogliò di ri- scuotere un egual plauso dalle città della Grecia^ le q^li portavano anche allora il vanto di fare i più magnifici e rinomati giuochi della terra . Perciò si mosse da Ro- ma a Cjuella volta con un esercito di gen- te , armata non già di lance e scudi , ma di cetre, di maschere, e di abiti da com- media e tragedia . Con questa corte degna di un tsl imperadore, comparve egli in quelle parti , astenendosi nondimeno dal vi- sitare Atene e Sparta per alcuni suoi par- ticolari rÌ2:uardi. Fece nell'altre città in mezzo ai pubblici teatri, anii teatri e cir- chi , da commediante-, da sonatore , da mu- lÌco , da guidator di carrette, abbigliato ora da^^ervo , ora da donnei, ed anche donna parturiente, da Ercole, da Edipo, e da al- tri simili personaggi . Le corone destinate per chi vinceva ne' suddetti giuochi, tutti Fenza fallo toccavano a lui . Dicono che ne riportasse più di mille ottocento. Si gli V rano care , che arrivando ambasciatori del- le città, per offerirgli i premj delle sue

vit-

^ Dio Uh. 6-^. SiietOKÌus in N-^rone cip.ii.

Anno LXVIL 55

vittorie , questi erano i primi aila siia-ttdien- za, questi tenuti alla- sua stessa tavola . Preeato da essi talvolta di cantar e sona- re dopo il desinare, o dopo la cena, senza lasciarsi molto importunare, dava di mano alla chitarra , e gli esaudiva . Si mostrava ognuno iacantato dalla sua divina voce : egli era il dio della musica, egli un nuovo Apollo: laonde ebbe a dire^ non esservi nazione , che meglio della greca sapesse ascoltando giudicar del merito delle perso- ne, e d'aver trovato essi soli degni di se e de' suoi studj . Le viltà;, le oscenità com- messe da Nerone in tal occasione furono infinite j immensi i regali e le spese. Ma nello stesso tempo per supplire ai bisogni della borsa , impoverì i popoli della Gre- cia , saccheggiò que' lor templi , a' quali non per anche avea stese le griffe ; confiscò i beni d'assaissime persone, condennate a di- ritto e a rovescio , Mandò anche a Roma e per l'Italia Elio libei'to di Claudio con podestà senza limite, per confiscare, esi- liare, ed uccidere fino i senatori; e costui il seppe servire di tutto punto, facendo da imperadore, senza essersi potuto cònchiu- dere, chi fosse peggiore o egli, o Nerone stesso.

Volle questo forsennato imperadore, che i giuochi olimpici d'Elide, benché si do- vessero far prima, si differissero sino al ^uo arrivo in Grecia, per poterne riporta- re il premio. Colla sua carretta anch' egli

D 4 en-

f^ù Annali d' Italia entrò nel circo, ma caclutoric ebbe ad ac- copparsi , e più giorni per tal disgrazia stette in letto. Con tutto ciò il premio a Ini fu assegnato. Passava male per chi a lui non vo.lea cedere . ^ Ne' giuochi istmici un tragico^ miglior musico, che politico^ perchè non ebbe V avvertenza di desistere dal canto , per lasciar comparire quel di Nerone , che dovea certamente essere più mirabile del suo , fu strangolato sul teatro in faccia di tutta la Grecia , V.ennegli poi in pensiero di far un'opera stab\lc, per cui s' immortalasse il suo nome : e fu quella di tagliare lo Stretto di Corinto, per unire i due miari Ionio ed Egeo * : disegno conce- puto anche da Giulio Cesare , e da molti altri ^ ma per le molte difficoltà non mai eseguito. Nulla parca difficile alla gran te- sta di Nerone . Fu egli nel destinato gior- no il primo a rompere la terra con un pi- cone d'oro, e a portar la terra in una. ce- sta, per animar gli altri air impresa: il che fatto si ritirò a Corinto, tenendosi per pili glorioso d'Ercole a cagione di così gr^n prodezza. Furono a quel lavoro impiegati i soldati, i condennati , e gran copia d'al- tra gente : e Vespasiano ^ gì' inviò apposta seimila Giudei fatti prigioni . Non più di cinque miglia di terra è lo Stretto di Co- rinto; eppure con tante mani in due mesi

e mez-

' Luci/in. in Nerone.

* Dfo-iih. 6i. Suctcnitis in Nerone c.rp. 19.

i Joseph. //^. 3. f/(? Bello Judaico,

Anno LXVII, 57

e mezzo di lavoro non si arrivò a cavar neppure un miglio di quel tratto.. Non si. andò poi più innanzi , perchè affari premu- rosi richiamarono Nerone a Roma. Elio li^ berlo , mandato da lui con plenipotenza di far del male in Italia, l'andava con fre- quenti lettere spronando a ritornarsene, in- cuicando la necessità della sua presenza in queste parti. Ma Ne^'one perduto in un pae- se ^ dove giorno non passava che non mie- tesse nuove palme , non trovava la via di lasciar quel cielo caro : quand' ceco giù- gnere in persona Elio stesso , venuto per le poste , che gli mise in corpo un fastidio- so sciroppo, avvertendolo che si tramava in Roma una formidabil congiura contra di lui. Allora sì, che s'imbarcò, dopo. essersi quasi un anno intero fermato in Grecia^ alla quale accordò il governarsi co' proprj magistrati, e l'esenzione da tutte le impo-? ste ; e venne alla volta d' Italia . Sorpreso fu per viaggio da una tempesta^ per cui perde i suoi tesori , laonde speranza insor- se fra molti , che anch' egli in quel furore del mare avesse a perire. Sano e salvo egli compiè la navigazione, ma non già chi avea mostrata speranza o desiderio di vederlo annegato j perchè ne pagò la pena col suo sangue. Come trionfante entrò in Roma sul- lo stesso cocchio trionfale d' Augusto , su cui veniva anche Diodoro citarista suo fa- voritQ , corteggiato dai soldati , cavalieri , e senatori . Era addobbata ed illuminata

tUt' "

58 Annali d' I t a l i a

tutta la città,- incessanti le acclamazioni dettate dalF adulazione : Viva Nerone Er-- colcy Nerone Apollo^ Nerone Tlncltor di tutti i giuochi. Beato chi può ascoltar la tua voce! A questo segno era ridotta la maestà del popolo romano. Mentre succe- deano queste vergognose commedia in Gre- cia e in Italia, avpa dato principio F/avio Vespasiano ^ alla guerra contra i sollevati Giudei . Già il vedemmo inviato colà per generale da Nerone . La prima sua impre- sa fu r assedio di Jotapat , luogo fortissi- mo per la sua situazione. Vi spese intor- no quarahtasette giorni , e costò la vita di molti de' suoi; ma de'Giudei vi perirono circa quarantamila persone , e fra gli altri vi restò prigione lo stesso Giuseppe , stori- co insigne della nazion giudaica^ il quale comandava a quelle milizie . Perchè predis- se a Vespasiano F imperio, fu ben trattato. Di molte altre città e luoghi della Galilea s'impadronì Vespasiano , e Tito suo figliuo- lo riportò qualche vittoria in varj combat- timenti, con istraee di 2;ran quantità 'di Giudei .

An-

Joseph, eodcm Uh. .

Anno LXVIII. 59'

Anno di Cristo lxviii. Indizione xi. di Clemente papa 2. di Nerone Claudio imperadore 15. di Servio Sulticio Galea impe- radore I. ''

p T X Gaio Silio Italico, Lonsoli ^j^ M^p^co Galerio Tracalo.

Il console Siilo Italico quel medesimo è , che fu poeta, e lasciò dopo di se un poe- ma pervenuto sino ai nostri. S'era egli meritata la grazia di Nerone^ e nello stes- so tempo r odio pubblico , col brutto me- stiere d'accusare, e far cóndennare varie persone. Consisteva la riputazion di Tra-^ calo neir essere uomo di singoiar eloquen- za^ trattando le cause giudiciali. Non du- rò il loro consolato più del mese d' aprile , a cagion delle rivoluzioni insorte , che li- berarono finalmente 1* imperio romano da un imperador buffone , mostro insieme di crudeltà . ^ Ne' primi mesi dell' anno pre- sente Gajo Giulio Vindice , vicepretore e governator della Gallia Celtica , il primo fu ad alzar bandiera contro di Nerone , col muovere a ribellione que^ popoli : al che non trovò difficultà, sentendosi essi troppo aggravati dalle estorsioni e tirannie del fu- rioso imperadore , vivamente ancora ricor- da-

' Dio lib.61. Sueton. in Nerone r . 40. & seq.

^0 Annali d* Italia date loro da Vindice in questa occasione. Non teneva, egli al suo comando legione alcuna , ma avea ben naolto coraggio , e in breve tempo mise in armi circa centomila persone di que' paesi . Contuttociò le mire sue non erano già risolte a farsi im.pera- dore ; anzi egli scrisse tosto a Servio Sul- incio Galba^ , governatore della Spagna Ta- raconense ^ , ^ personaggio di gran credito per la sua saviezza , giustizia , e valore , esortandolo ad accettar l' imperio , con pro- mettergli anche la sua ubbidienza . Perciò circa il principio d' aprile, Galba , rauna- ta una legione eh' egli avea in quella pro- vincia, con alquante squadre di cavalleria ^ ed esposte la crudeltà e pazzie di Nerone^ si vide proclamato imperadore da ognuno. Egli nondimeno prese il titolo solamente di legato, o sia di luogotenente della re- pubblica. Dopo di che si diede a far leva di gente , e a formare una specie di sena- to . P^rve un felice augurio e preludio , l' essere arrivata in quel punto a Toitosa in Catalogna una nave d' Alessandria , carica d'armi, senzachè persona vivente v; fosse sopra. In questi tempi soggiornava l'impaz- zito Nerone tutto dedito ai suoi vergognosi divertimenti in Napoli, quando nel giorno anniversario , in cui avea uccisa la madre , cioè nel di 21 di marzo, gli arrivarono le nuove della ribellion della Gallia , e deir

atten-

* SuetoTì. in Qaih.\ r. «?. <jT stn^

Anno LXVIIT. 61

"attentato di Vindice. Parve che non se mettesse gran pensiero , e piuttosto ne mo- strasse allegria, sulla speranza che il gasti- go di quelle ricche provincie gli fruttereb- be degl'immensi tesori. Seguitò dunque i suoi spassi , e per otto giorni non mandò lettere ne ordini , quasiché volesse co- prii' col silenzio V affare . Ma sopraggiunta copia degli editti pubblicati da Vindice nella Gallia , pieni d** ingiurie contra di lui , allora si risenti. Quel che più gli trafisse il cuore , fa il vedere , che Vindice in ve- ce di Nerone il nominava col suo primo cognome Enobarbo ^ , e diede poi nelle smanie, perchè il chiamava cattivò sonator di cetra. Ne conoscete voi un migliore di me ? gridò allora rivolto ai suoi , i quali si può ben credere , che giurarono di no . Venendo poi un dopo V altro nuovi corrie- ri, con più funesti avvisi^ tutto sbigotti- to córse a Roma , consolato nondimeno per avere osservato nel viaggio , scolpito in marmo un soldato gallico strascinato pe' capelli da un Romano : dal che prese buon augurio. Non raunò in Roma il senato, il popolo ; Solamente chiamò una con- sulta de' principali al suo palagio., e spese poi il resto della giornata intorno a certi strumenti musicali^ che sonavano a forza d' acqua . Fu posta taglia sulla testa di Vin- dice , ed inviati ordini^ perché le legioni

dell'

' Pbilottr&ius in Apoll.

62 Annali d' Italia deir Illirico , ed altre soldatesche marcias- sero centra di lui .

Ma sopraggiunto, l'avviso,, che anche Gal- ba s'era sollevato in Ispagna ^, oh allora che gli cadde il cuore per ^^erra Dopo lo sbalordimento topiato in se , si stracciò la veste , e dandosi de' pugni in testa , gridò che era spedito , parendogli troppo inau- dita e strana cosa il perdere, ancorché fos- se vivo 5 r imperio . E pure da a non molto , perchè vennero nuove migliori , tornò alle sue ragazzerie , lautamente ce- nando , cantando poscia versi contra de' capi della ribellione , e accompagnandoli ancora con gesti da commediante . Andava intanto crescendo il partito de' sollevati nelle Spagne e nelle Gallie , e tutti con buon occhio ed animo miravano Galba , Fra gli altri che aderirono al suo partito, uno de' primi fu Marco Salvia Ottone ^ governatore della Lusitania , il quale gli mandò tutto il suo vasellam.ento d'oro e d'argento, acciocché ne facesse moneta, ed alcuni ufiziali ancora più pratici de' Gal- lici per servire ad un impcradore . Ma nelle Gallie si turbarono dipoi non poco gli affari. Lucio ( chiamato PztòZio da altri ) Virginio^ o sìa Verginio, Rufo, y governatore dell' alta Germania , che comandava, il mi- glior nerbo dell' armi romane , o da se stesso determinò , oppure ebbe ordine di

mar-

* Pltitarchvs ztt Calla. Suetcnius in Neroic cap. ^i.

Anno LXVIIL 63

marciar centra di Vindice , In favor di Nerone stette salda quella parte della Gal- lia che s'accosta al Reno, e sopra tutto Treveri^ Langres , e infin Lione si dichia- rò centra di Vindice . Pare eziandio, che V arma^ta della bassa Germania, cioè della Fiandra ed. Olanda, si unisse con Virginia Ilufo , il quale marciò air assedio, di Be- sanzone. Corse colà anche Vindice con tut- te le sue forze ^ per^ifendere quella cit- tà , e seguì, un Segreto, abboccamento fra ,0[uesti due generali ^ anzi parve nel sepa- rarsi, che fossero d' accordo , verisimilmen- te centra di Nerone . JJa accostatesi le sol- datesche di Vindice* per entrar nella città (il che si suppone concertato con Virginio) le legioni romane non informate di quel concerto , senza che lor fosse ordinato , si scagliarono addosso alla milizie galliche^ e trovandole non preparate per la batta- glia , e mal ordinate , ne fecero un macel- lo . Vuol Plutarco ^ , che contro il voler de' generali quelle due armate venissero al- le mani . Vi perirono da ventimila Galli- ci ; e tutto il resto andò disperso , con tal affanno di Vindice, che da se stesso si diede poco apprv'^sso la morte , Se di questa non voluta vittoria avesse voluta prevalersi Virginio Rufo , per farsi e man- tenersi imperadofe , poca fatica avrebbe du- rato : cotanto era egli amato ed ubbidita,

da

' Piutarchus in Cilba,

b*4 A N N A L r d' I T A L I A

eia tutfà la sM possente armata. Gliene fecero anche pia istanze/ allora e dipoi i suoi soldati 5 ma egli d^a Vero cittadiii ro- mano , e con impareggiabil grandezza d* animo ricusò , sempre dicendo , , aiiche dopo morte di Nerone , che qud solo dovea essere imperadore , che venisse eletto dal 'Senato e popolo romano . Per questo magna- nimo rifiuto si rendè poi glorioso 'Vir- ginio , e tenuto fu in sqmma riputazione presso tutti i susseguenti Augusti ^, e ca- rico d'onori menò slia vita in pace sino air anno ottantatrè di sua età , in cui re- gnando Ne r va , finì- i suoi giorni. In non picciola costernazione si trovò Galba , al- lorché intese la disfatta di Vindice , e per vedersi anche male ubbidito dai suoi , spe- dì a Virginio Rufo, per pregarlo di volere operar seco di concerto , afTmchè si ricupe- rasse dai Romani la libertà e V imperio . "Qual risposici ricevesse , tìon si sa . Sola- mente è noto =• che Galba perduto il co- raggio si ritirò con gli amici a Clunia cit- tà della Spagna , meditando già di levarsi di vita, se vedea punto peggiorar gli affari . Era intanto stranamente inviperito Nerone per questi disgustosi movimenti. Nella sua bàrbara mente altro non passava , che pen- sieri d' inumanità indicibile . Quanti di na- zione gallica 3 si trovavano ò per suoi

af-

* Piinìus junior. Ub.6. Ep.jo. Tacìt. Histor. lib. x. e 49»

* Dio lib.6^. Sueton. in Galba cap. Ji.

* S:ieton. in Nerone cap. 43.

Anno LXVIII. ^5

affari j, o relegati in Roma, tutti li voleva far tagliare a pezzi ; permettere il saccheg- gio delle Gallie agli eserciti ; levar dal mondo l'intero senato col veleno ; attaccar il fuoco a Roma , e nello stesso tempo aprire i serragli delle fiere, acciocché al popolo non restasse luogo da difendersi . Nulla poi fece per le difncultà che s'incon- travano. Quindi pensò che s'egli andasse in persona contro i ribelli , vittoria si ot- terrebbe . Figuravasi egli , che al solo pre- sentarsi piagnendo alla vista loro, tutti ri- tornerebbero alla sua divozione . Credendo inoltre _, che a vincere la Gallia fosse ne- cessario il grado di console^ per attestato di Suetonio , deposti i consoli ordinar] cir- ca le calende di maggio, prese egli solo il consolato per la quinta volta . Trovasi non- dimeno in Roma un frammento d'iscrizio- ne, da me dato alla luce ^, in cui si leg- ge NERONE V . ET TRACHA pa-

i*endo per conseguente , che Tracalo non dimettesse allora il consolato . Ridicolo fu il preparamento suo per questa grande spe- dizione . La principal sua attenzione an- dò a far caricare in carrette scelte tut- ti gli strumenti musicali e gli abiti da scena con armi e vesti da Amazoni per le sue concubine . E' certo s' egli cantava una delle sue canzonette a que' rivoltati , potevano eglino non darsi per vinti ? Ma Tom. II. E oc-

* Thesaurus Novus feter, Inscrt^tion- p- lo6, num. a.

€é An-nali d' Italia occorreva danaro , e assaissimo , a questa impresa . Pose una gravosissima colta al popolo romano^ facendola rigorosamente ri- scuotere . Servì ciò ad aumentar V odio d' ognuno contro di lui , e ad affrettar la sua rovina , tanto più che in Roma era care- stia, e quando si credette che un vascello d'Alessandria portasse grani, si trovò che conduceva solamente polve per servigio de' lottatori . Cominciarono allora a fioccar le ingiurie e le pasquinate , e tutto era dis- posto alla sedizione . Per buona fortuna av- venne ^, che anche Nlnfidio Sabino ^ eletto in luogo di Fenio Rufo , prefetto del pre- torio , uomo di bassa sfera , ma fiero , mos- so a compassione di tante calamità di Roma , tenne mano a liberarla dal furioso tiranno . Anche V altro prefetto , o sia capitan delle guardie , Tlgellino , che tanto di male avea fatto negli anni precedenti , giunse ora a tradire V esoso padrone . Essendo stato av- vertito Nerone del mal animo del popolo , e giuntogli nel medesimo tempo avviso , mentre desinava , che Virginio Rufo col suo esercito s' era dichiarato contra di lui , stracciò le lettere, rovesciò la tavola, fra- cassò due bicchieri di mirabil intaglio , e preparato il veleno si ritirò negli orti ser- viliani y meditando o di fuggirsene fra i Parti , o di andar supplichevole a trovar Galba , o di presentarsi ai senato e al pò-

po-

* Pivtare. in Gai k».

Anno LXVIII. 67

polo , per dimandar perdono . Di qucst2^ occasione profittò Ninfidio ^ , per far cre- dere ai pretoriani, che Nerone era fuggito, ^ per far acclamare Galba imperadore , pro- mettendo loro a nome di esso Galba un esorbitante donativo . Verso la mezza not- te svegliatosi Nerone , si trovò abbando- nato dalle guardie , e con pochi andò gi- rando pel palazzo , senzadio alcuno gli Tolesse aprire , e senza impetrar dai suoi , che alcuno gli facesse il servigio d' uccider- lo. Si esibì Faonte suo liberto di ricove- rarlo ed appiattarlo in un suo palazzo di villa , quattro miglia lungi da Koma ; ed in fatti colà con grave disagio per luoghi spinosi arrivato si nascose . Fatto giorno vennero nuove a Faonte , che il senato ro- mano avea proclamato imperadore Galba , e dichiarato Nerone nemico pubblico ; e fulminate contra di lui le pene consuete . Dimandò Nerone , che pene fossero queste ? Gli fu risposto d' essere strascinato nudo per le strade , fatto morire a colpi di bat- titure , precipitato dal Campidoglio , e con un uncino tirato e gittato nel Tevere. Al- lora fremendo mise mano a due pugnali che area seco , ma senza attentarsi di pro- vare , se sapeano ben forare . Udito poi , che veniva un centurione con molti cavalli per prenderlo vivo , ajutato da Epafrodito suo liberto, si diede del pugnale nella go-

£ 2 la.

^8 Annali d* I t a l i a la. Arrivò in quel punto il eenturione , fin* gendo à' esser venuto per ajutarlo _, e cor-* se col mantello da viaggio a turargli la fe^ rita. Allora Nerone, benché mezzo morto, disse : Oh adesso , che è tempo ! E questa è la vostra fedeltà ? ^ Così dicendo spirò in età d' anni trentuno , o pure trentadue nel 9 di giugno , restando i suoi occhj torvi e fieri , che faceano orrore a chiun- que il riguardava . Permise poi Icelo , liberto di Galba , poco prima sprigionato , che il di lui corpo si bruciasse. Le ceneri furono seppellite, per quanto s'ha da Sue- tonio , assai onorevolmente nel sepolcro dei Domizj . E tale fu il. fine di Nerone , degno appunto della sua vita , la quale è incerto se abbondasse più di follie o di crudeltà , Manifesta cosa è bensì , eh' egli fu conside-^ rato qual nemico del genere umano , qual furia 5 qual compiuto modello de' principi più cattivi , anzi dei tiranni , non essendo mai da chiamare legittimo principe chi per forza era salito sul trono , ed avea carpita col terrore V approvazion del senato e del popolo romano , accrescendo dipoi col cru-r del suo governo , e colle tante sue ingiu-^ stizie e rapine la macchia del violento in-! gresso . E tal possesso prese allora ne' po^ poli la fama di questo infame imperadore , che passò anche ai secoli seguenti con tal concordia, che^ oggidì ancora il volgo del

no-

' Dio l. 6z> Stieu in Ner. e 57- Euseè. in Chr^ Eutrop^ & alU .

Anno LXVIIIo %

nome eli lui si serve per denotare un uomo crudele e spietato . Nulladimeno fra il mi- nuto popolo , vago solamente di spettacoli , e fra i soldati delle guardie, avvezzi a profittare della disordinata di lui liberali- tà , molti vi furono che amarono ed onora- rono la di lui memoria . Fu anche messa in dubbio la sua morte , e si vide uscir fuori in varj tempi più d' un impostore , che finse d' essere Nerone vìvo , con gran commozione de' popoli, godendone gli uni, e temendo-* ne gli altri.

Non si può esprimere T allegrezza del pòpolo romano , allorché si vide liberato da quel mostra. V'ha chi crede, che tolto di mezzo Nerone , fossero creati consoli Mar-' co Plautio Silvano^ e Marca Salvia Otto- ne , il quale fu poi imperadore . Ma di que- sto consolato d' Otton.e vestigio non appari- sce presso gli antichi scrittori 3 e Plutar- co ^ osserva, ch'egli venne di Spagna cori Galba : dal che comprende , non aver egli potuto ottenere fatta dignità in questi tempi . Fuor di dubbio è bensì , che conso- li furono Gajo Bellico Natale , e Publio Cor- nelio Scipione Asiatico. Cia costa dalle iscri- zioni ch'io ha riferito ^. In esse Natale si vede nominato Bellico y e non Bellicio , e gli vien dato anche il cognome di Teba- niano . Galba intanto col cuor tremante se

E 3 ne

' Plutar. in Galba . Thesfiur. Novus Jnscription. fag, 30^. ntim, ^■>

Annali d'Italia

ne stava in Ispagna aspettando qiial piega prendessero gli affari ; quando in sette di viaggio arrivò colà Icelo suo liberto , ed entrato al dispetto de' camerieri nella stan- ca, dov' egli dormiva, gli diede la nuova,^ che era morto Nerone , e d' essersene egli stesso voluto chiarire colla visita del cada- vero, ed avere il senato dichiarato impe- radore esso Galba . Racconta Suetonio, eh' egli tutto allegro immediatamente prese il nome di Cesare . Più probabile nondimeno è , che aspettasse a prenderlo due giorni dopo , nel qual tempo arrivò Tito Vinio da Roma , che gli portò il decreto del se-? nato per la sua elezione in imperadore . Servio ( appellato scorrettamente da alcu^ ni Sergio ) Sulpicio Galba , che prima avea usato il prenome di Lucio , uscito da una delle più antiche ed illustri famiglie roma-^ ne, dopo essere stato console nell'anno di Cristo 53 y e dopo aver con lode in varj onorevoli governi dato saggio della sua pru- denza e del suo valor militare , si trovava allora in età di settanta due anni ^ . Ne sperò buon governo il senato l'omano , ed ancorché si venisse a sapere , eh' egli era uom rigoroso , ed inclinato all'avarizia, ma- le familiare di non pochi vecchj : pure il merito di avere in lontananza cooperato ad abbattere l' odiatissimo Nerone , fece che comunemente fosse desiderato il suo arrivo

i^ Ro-

* Suetsn. in Galha ea^^ la.

à

Anno LXVIII. 71

a Roma. Partissi egli di Spagna j e a pic^ ciole giornate in lettiga passò nelle Gal- lie, inquieto tuttavia per non sapere se V armate dell'alta e della bassa Germania, comandate 1' una da Virginio Rufo^ e l'al- tra da Fonteo Capitone ^ fossero per venire alla sua divozione . Soprattutto gli dava dell' apprensione Virginio, siccome quello a cui vedemmo fatte cotante istanze , acciocché assumesse l'imperio. Ma questi con eroica moderazione indusse ì' armata , benché non senza fatica, a giurar fedeltà a Galba ; ed altrettanto anche prima di lui fece Capito- ne . Poco dipoi grato si mostrò Galba a Virginio , perché chiamatolo alla corte con belle parole, diede il comando di quell' esercito ad Ordeonio Fiacco^ e da innan- zi trattò assai freddamente esso Virginio , senza fargli del male, ma neppur facendo- gli del bene .

I due maggiormente favoriti e potenti presso Galba cominciarono ad essere Tito Vinto , dianzi da noi mentovato , che ci vien descritto da Plutarco ^ per uomo per- duto nelle disonestà, ed interessato al mag- gior segno ; e * Cornelio Lacone , uomo dappoco, e di parecchi vizj macchiato, che Galba senza dimora dichiarò capitano del- le guardie, o sia prefetto del pretorio. Per mano di questi due passavano tutti gli af- fari. Volle anco Marco SalVw Ottone^ vi-

E 4 ce-

' Fiutare, in Caliga. * Tachus Histor. lih.\, cap,6.

72 Annali r>' I t a l t a cepretore della Lusitania , accompagnar Gal- ba a Roma . Era egli stato de' primi a di- chiararsi per lui , lasciava indietro os- sequio e finezza alcuna , per cattivarsi il di lui affetto, e quello ancora di Vinio , avendo conceputa speranza, che il vecchia Galba, sprovveduto di figli, adotterebbe lui per figliuolo. E qualora ciò non succedes- se , già macchina\*a di pervenire all' impe- rio per altre vie. Giunto Galba a Narbo- na, quivi se gli presentarono i deputati del senato , accolti benignamente da lui , ma senza eh' egli volesse ricevere i mobili di Nerone , inviati da Roma^ e senza voler mutare i proprj , benché vecchj : il che gli ridondò in molta stima, per darsi egli a conoscere in tal forma signore moderato e lontano dal fasto . Non tardò poi a cangiar di stile per gli cattivi consigli di Vinio . Intanto in Roma si alzò un brutto tempo- rale , che felicemente si sciolse per buona fortuna di Galba. Nlnfidio Sabino prefetto del pretorio , che più degli altri avea con- tribuito alla morte di Nerone , e air esal- tazione di Galba , si credea di dover essere r arbitro della corte, e far da padrone al- lo stesso nuovo Augusto che tanto gli do- vea. Perciò imperiosamente depose T'igei- Uno suo colleg a , e sotto nome di Galba si diede a signoreggiare in Roma . ^ Ma dappoiché gli fu riferito che Cornelio La--

Cime

' Pluf are, in Galha^

Anno LXVIIL ' 75 cone aveva anch' egli conseguita la dignità di prefetto del pretorio , e eh' esso con Ti^ to Vinio comandava le feste , se ne alterò forte , perchè non amava voleva compa- gno neir ufizio suo. Mutate dunque idee, meditò di farsi egli imperadore. Trasse dalla sua quanti soldati delle guardie po- tè , ed anche alcuni senatori e qualche da- ma delle più intriganti ; e giacché non si- sapea chi fosse suo padre , sparse voce d' esser egli figliuolo di Gajo Caligola . Gli si rassomigliava anche nella fierezza del vol- to, e nell'infame sua impudicizia. Voleva spedire ambasciatori a Galba , per rappre- sentargli che s'egli si levasse dal fianco Vi- nio e Lacone , riuscirebbe più grata la sua venuta a Roma. Poscia in vece di questo, tentò d'intimidirlo con fargli credere mal contente di lui le armate della Germania , Soria^ e Giudea. E perciocché Galba mo- strava di non farne caso, determinò Ninfi- dio di prevenirlo con farsi proclamar im- peradore dai pretoriani . E gli veniva fat- to , se Antonio Onorato , uno de' principa- li tribuni di quelle compagnie , non avesse con saggia esortazione tenuta in dovere la maggior parte de' pretoriani. Anzi arrivò ad indurgli a tagliare a pezzi Ninfidio: con che si quetò tutto quel romore.

Informato Galba di quest'affare, ed avu- ta nota d'alcuni complici di Ninfidio, e specialmente di Clngonio Varrone ^ console disegnato, e ài Mitridate ^ quegli probabil-

men-

74 Annali d' jI t a l i a mente, ch'era stato del Ponto, mandò r ordine della lor morte senz' altro proces- so , e senza accordar loro le difese : dal che gli venne un gran biasimo . Nella stes- sa forma tolto fu dal mondo Gajo Petronio TarpUiano^ stato già console nell'anno di Cristo Si , non per altro delitto , che per essere stato amico ed ufizial di Nerone. Giunto poi Galba a Ponte Molle colla le- gione condotta seco dalle Spagne , e con al- tre milizie , se gli presentarono senz' armi alcune migliaja di persone, che Suetonio ^ dice di remiganti , alzati all' onore della milizia da Nerone : Dione ^ pretende di soldati, che prima erano dall' armata nava- le passati al grado di pretoriani. Galba avea comandato che tornassero al loro eser- cizio nella flotta, ed eglino con alte gri- da faceano istanza di riaver le loro ban- diere. Rinforzavano essi le grida, e secon- do Plutarco 3 j che li suppone armati , al- cuni misero mano alle spade. Galba allora ordinò che la cavalleria di sua scorta fa- cesse man bassa contra di loro. Per quel che narra Suetonio, furono messi in fuga, e poi decimati. Tacito scrive che ne far rono uccise alcune migliaia; e Dione giù- gne a dire che furono settemila : il che par poco credibile. Quel che è certo, per azio- ni tali entrò Galba in Roma già scredita- to ;

" Sueton. in Galha cap.ix. * Dio Uh. 6/^, * Fiutare, in Calh .

Anno LXVIII. 75

to; ed ancorché facesse alcuni buoni rego» lamenti in benefizio del pubblico , e ralle- grasse il popolo colla morte d'Elio, Poli- ciato j Petino, Patrobio , e d'altri, che con calunnie aveano fatto perire molti innocen- ti : pure tant' altte cose operò , che fecero sparlare molto di lui il popolo . Impercioc- ché contro r espettazion di ognuno non pu- pi TLgellino , ministro primario delle cru- deltà d' esso Nerone , perchè costui seppe guadas-narsi la protezione di Tito Vinio , che tutto potea nel palazzo imperiale. Chie- dendogli i pretoriani le immense somme di danaro , promesse loro da Ninfidio , con fa^ tica donò pochissimo. E pervenutogli a no- tizia^ che se ne lagnavano forte j, diede una risposta da saggio Romano , con di- ye : ^ C/i' egli era solito ad arrolare per gra- zia , e non già a comperare i soldati . Ma se n'ebbe ben' presto a pentire. Seguitava ^ in questi tempi la guerra de' Promani sot- to il comando di Vespasiano contra de' Giu- dei . Si andò egli disponendo per far 1' as~ sedio di Gerusalemme , con prendere tutte le fortezze ali- intorno , e quella città, che nel di fuori provava tutte le fiere pensio- ni della guerra , maggiormente era afflitta nel di dentro per le funeste e micidiali di- scordie degli stessi Giudei , che diffusamen- te si veggono descritte da Giuseppe Ebreo.

Ma

' Sueton. in Galha cap. 16.

* Joseph, de Bello Jud^ico lib. 4,

7^ Annali d* Italia Ma perciocché arrivarono le nuove colà del*- la ribellione delle Gallie e della Spagna, che facea temere d' una guerra civile , e poi della morte di Nerone, Vespasiano sospese r assedio suddetto , e spedì Tito suo fi- gliuolo ad assicurar Galba della sua divo- zione ed ubbidienza ; ma da a non mol- to cangiarono faccia gli affari , siccome ve- dremo andando innanzi *

Anno di Cristo Lxix. Indizione xrf.- di Clemente papa 3. di Servio Sulpicio Galea , impe-

radore 2. di Marco Salvici Ottone impera*^'

dorè I. di Flavio Vespasiano imperad. i.-

f Servio Sulpicio Galba im-* ^ Y J peradore per la seconda ( volta , L Tito Vinio Ritf fino ,-

1 erchè Clodio Macro vicepretore dell'Afri- ca s' era anch' egli ribellato centra di Ne- rone , e continuava a far delle estorsioni e ruberie , Galba nell' anno precedente ebbe maniera di farlo levar dal mondo. ^ Fu ancora accusato di meditar delle novità nella bassa Germania Foritelo Capitone ^ il qual pure vedemmo che avea riconosciuta

Gal-

* Tacitus fUimìétt. lih^J', cap.7. Dio ìib.'ó^

Anno LXIX. 77

Galba per imperadore. Vero, o falso che fosse questo suo disegno , anch' egli fu uc- ciso , senza aspettarne gli ordini da Roma, Al comando di quell' armata ^ inviò Galba , a suggestione di Vinio , Aulo Vltellio , uo- mo pieno di vizj , eppur creduto tale da non far bene male, e cke^ purché po- tesse appagar la sua ingordissima gola , pa- reva incapace d' ogni grande impresa . Fu questa elezione il principio della rovina di Galba. Costui pieno di debiti per aver troppo scialacjquato sotto i precedenti Au*- gusti y arrivò all' armata della Germania in^ feriore, e niuna viltà o bassezza lasciò in- dietro per conciliarsi 1' amore di quelle mi- lizie, senza gastigar alcuno, con perdona- re e far buona ciera a tutti , e donar loro quel poco che potea . Avvenne che le le- gioni dimoranti nell'alta Germania^ già ir- ritate per r abbassamento di Virginio Ru- fo^ udendo le relazioni, accresciute molto nel viaggio, dell'avarizia e della crudeltà di Galba , cominciarono ad inclinar tutte alla sedizione; Ordeonio Fiacco lor co- mandante, uomo vecchio , gottoso, e sprez- zato dai soldati , avea forza di tenerle in dovere. In fatti benché nel primo giorno di gennajo dell' anno presente , secondo il costume giurassero, ma conistento, fedek ta a 'Galba, nel di seguente misero in pez- zi ^G di lui immagini, e giurarono di ri- co-

^ Suetort. in rhelh'o ca^. 7.

78 AiTN-ALi D^ Italia conoscere qualunque altro imperadore , die fosse eletto' dal senato e popolo romano ^ . Tacito scrive che la ribellione ebbe prin- cipio nelle calende di gennajo. Volò presto r avviso di tal novità a Colonia _, dove di- morava Vitellìo , che ne seppe profittare ^ con far destramente insinuare ai suoi sol- dati della bassa Germania di elegger essi piuttosto un imperadore , che di aspettar- lo dalle mani altrui . Non vi fu bisogno di molte parole . Nel seguente Fabio Va- lente , venuto colla cavalleria a Colonia , e tratto fuori di' casa Vitellio , benché in ve- sta da camera , V acclamò imperadore . Po- co stettero ad accettarlo per tale le legic^ ni deir alta Germania. Le città di Colonia, Treveri , e Langres^ disgustate di Galba , s'affrettarono ad esibir armi, cavalli, e danaro a Vitellio. Accettò egli con piace- re il cognome di Germanico: per allora non volle quello d' Augusto ; mai usò quello di Cesare, Formò poi la sua corte; e gli ufizj soliti a darsi dall' imperadore ai liberti , furono da lui appoggiati a cavalie-s ri romani. Valerlo ^Asiatico legato della Fiandra , p^r essersi unito a lui , divenne fra poco suo genero. E Giunio Bleso ^ go- vernatore della Gallrù lugdunense , perchè il popolo di Lione era forte in collera con- tra di Galba, seguitò anch' egli il partito di Vitellio con una legione^ e colla cavai;* leria di Torino.

Gal-

* P lutare in Galba . T^f/r, HistorUr- Uh- 1. c/tf' 55-

J

Anno LXIX. 79

Galba in questo mentre, il meglio che potea, attendeva in Roma al governo ', ina per la sua vecchiezza sprezzato da mol- ti , avvezzi alle allegrie del giovane Nero- ne, e da molti odiato per la sua avarizia . Il potere nella sua corte era compartito fra Tito Vinio , che già dicemmo console , e Cornelio Lacone prefetto del pretorio , e per terzo entrò Icelo liberto di Galba, uo- mo di malvagità patente . Costoro emuli e discordi fra loro , abusando della debolez- za del vecchio Augusto , si studiavano ca- dauno di far roba , e di portar innanzi chi succedesse a Galba . Ma eccoti corriere , che porta la nuova della sollevazion delle legioni dell' alta Germania . Andava già pensando Galba ad adottare in figliuolo e successor nell'imperio qualche persona, in cui si unisse la gratitudine verso del pa- dre, e l'abilità in benefizio del pubblico. Più degli altri vi aspirava , e confidato nell' appoggio di Tito Vinio sperava Marco Sai- vio Ottone , più volte da me rammentato di sopra come uomo infame per molti suoi vizj , e veterano negl' intrichi della corte Air udir le novità della Germania non vol- le Galba maggiormente differir le sue riso- luzioni, per procacciarsi in un giovane fi- gliuolo un appoggio alla sua avanzata età e alla mal sicura potenza . Fatto chiamare all'improvviso nel di io di gennajo , Lucio risone Frugi Licinlano , discendente da

Cras-

* Tadt. Hisfriar. Uh. i, caf>. 13.

So Annali d'Italia Crasso , e dal gran Pompeo , giovane di molta riputazione e gravità ^ in età allora di trentun' anno alla presenza di Vinio, di Lacone , di Mario Celso console disegnato, e di Ducennio Gemino prefetto di Roma^ dichiarò che il- voleva suo iigliuolo adotti- vo e successore . Pisone senza comparir tur- bato , molto allegro, rispettosamente il ringraziò. Andarono poi tutti al quartie- re de' pretoriani , e quivi più solennemen- te fece Galba questa dichiarazione per ispe- ranza di guadagnargli V affetto di que' sol- dati . Ma perchè non si parlò punto di re- galo, quelle milizie mal avvezze ascoltaro- no con silenzio ed anche con malinconia quel ragionamento . Per attestato di Taciu- to , la promessa di un donatiro poteva as- sicurar la corona in capo a Pisone ; ma Galba non sapea spendere , e volea vivere all' antica , senza riflettere che erano di troppo mutati i costumi. Anche al senato fu portata questa determinazione ed ap- provata .

Ottone, che di in di aspettara questa medesima fortuna da Galba , allorché vide tradite tutte le sue speranze, tentò un col- po da disperato , Coli' aver ottenuto un po- sto in corte ad un servo di Galba, avea poco dianzi guadagnata una buona somma d"" argento. Di questo danaro si servì egli per condurre ad una sua trama due oppur cinque soldati del pretorio ^ , a' quali con

tirar

^ Suetan. in Othont ca^. 5.

A N N o LXIX. 8t

tirar nel suo partito pochi altri , prodigio- samente riuscì di fare una somma rivolu- ?ion di cose . Costoro , perchè furono cas- sati in questo tempo alcur>i ufiziali delle guardie, come parziali dell'estinto Ninil- dio , sparsero voci di maggiori mutazioni . Quel poltron di Lacone, tuttr^chè avvertito di qualche pericolo di sedizione , a nulla provvide. Ora nel 15 di gennajo, Mar'- co Salvia Ottone^ dopo essere stato a cor- teggiar Galba, si portò alla colonna dora- ta, dove .trovò secondo il concerto venti- tré soldati : che cosi pochi erano i congiu- rati . ^ L' acclamarono essi imperadore , e messolo in una lettiga, T introdussero nel quartiere de' pretoriani^, senza che a pic- ciolo numero di ammutinati alcun si oppo- nesse. A poco a poco altri si unirono ai precedenti, e non finì la faccenda, che tut- to quel corpo di milizie, colla giunta an- cora dell' altre dell' armata navale , si di- chiarò per lui , mercè del buon accoglimen- to, e delle promesse di un gran donativo che Ottone andava di mano in mano facen- do a chiunque arrivava. Avvisati di questa novità Galba e Pisone, spedirono tosto per soccorso alla legione condotta dalle Spagne ^ e ad alcune compagnie di Tedeschi . Uscì Galba di palazzo per una falsa voce , che Ottone fosse stato ucciso, sperando che il suo presentarsi ai perfidi pretoriani j, li fa- ToM. II. F reb-

^ Tacitus KistoYiar. Uh. i. cap. 17. Plutavchus in Galh .

82 A N N" A L r d' I T A L r A

rebbe cedere. Ma al comparir essi in armi con Ottone , e al gridare che si facesse lar- go , il popolo si ritirò , e Galba in mezzo alla piazza rimasto abbandonato > fu steso con più colpi a terra, ed anche barbara- mente messo in brani. Il console Finio an- ch' egli restò vittima delle spade , Fisone malamente ferito tanto fu difeso da Sem- pronio Denso centurione 5 che potè fuggire salvarsi nel tempio di Vesta, ma sapu- tosi dov' egli era, due soldati inviati colà, anche a lui levarono la vita ,> e il medesi- mo fine toccò a Lacone capitan delle guar- die. Avvicinandosi poi la sera, entrò Ot- tone in senato, dove spacciando d'essere stato forzato a prendere l' imperio , ma che volea dipendere dair arbitrio de' senatori . trovò pronta la volontà e V adulazione d' ognuno per confermarlo , e per mostrar an- che gioja della di lui esaltazione.- Gli fu- rono^ accordati tutti i titoli e gli onori de' ^ precedenti Augusti ; e il matto popolo gli diede il cognome di Nerone^ per cui non cessava in molti l'affetto. Giacche non vi erano più consoli , fu conferita questa di- gnità al medesimo Marco Salvia Ottone ìttx- yeradore Augusto , e a Lucio Salvio Ottone Tiziano suo fratello , per la seconda volta . Nelle calende di marzo succederono ad es- si Lucio Virginio Rufo, e Vopisco Pompeo Silvano . Cedendo questi nelle calende di maggio furono sustituiti Tito Arrio Anto- nino , e Publio Mario Celso per la seconda

voi-

Anno LXIX. 83

^olta . Continuarono questi in quel decoro- so grado sino alle calende di settembre; ed allora entrarono consoli Gajo Fabio Va^ lente , ed Aulo Alleno Cecina . Ma essendo stato degradato il secondo d'essi nel 31 di ottobre^ fu creato console Roselo Rego- lo , la cui dignità non oltrepassò quel gior- no; perciocché nelle calende di novembre venne conferito il consolato a Gneo Cedilo Semplice , e a Gajó Qidnzio Attico . Tutto ciò si ricava da Tacito ^ .

Sul principio si studiò Ottone di procac- ciarsi r affetto e la stima del popolo. Lu- minosa fu un'azione sua» Mario Celso ^ po- co fa mentovato , che comandava^ la compa- gnia delle milizie dell' Illirico ^ ed era con- sole disegnato, avea con fedeltà soddisfatta af suo dovere, nel!' accorrere alla difesa di Galba. Dopo la di lui morte venne per ba- ciar la mano ad Ottone ^ . GÌ' iniqui pre- toriani alzarono allora le voci, gridando; Muoja. Ottone bramando di salvarlo dalla lor furia , col pretesto di voler prima ri- cavare da lui varie notizie , il fece caricar di catene, fìngendosi pronto a toglierlo di vita. Ma nel di seguente il liberò, l'ab- bracciò^ e scusò l'oltraggio fattogli sola- mente per suo bene» solamente il lasciò poi godere del consolato , ma il volle an- cora per uno de' suoi generali , e de' più in- timi amici 5 con trovarlo non men fedele

F 2 ver-

' Tdcitus ìih^ I, (. 77. * Fiutare, in Othone .

E4 Annali d' I t a l f a verso di se, che verso T infelice Galba. AU le istanze ancora del popolo indusse a dar-r si la morte Soffrilo Tigellino ^ da noi ve-* duto infame ministro delle scelleraggini di Nerone- . Inoltre si applicò seriamente al maneggio de' pubblici affari , e restituì a molti i lor beni tolti da Nerone : azioni tutte , che gli fecero del eredito , non pa-» rendo egli più quel pigro , e quel perduto nel lusso e ne' piaceri , che era stato in ad-^ dietro . Ma i più non se ne fidavano , co-« noscendolo abituato ne' vizj, e simile nel genio a Nerone, le cui statue , come ancor quelle di Poppea , permise che si rialzasse- ro. Osservavano parimente , eh' egli mostra- va poco affetto al senato , moltissimo ai soldati: laonde temevano, che se fosse ces- sata la paura dell^emuloVitellio, si sareb- be provato in lui un novello Nerone . E certo egli era comunemente odiato più di Vitellio , non tanto pel tradimento di lui fatto a Galba , quanto perchè il riputavano persona data alla crudeltà , e capace di nuo- cere a tutti; laddove Vitellio era in con- cetto di uomo dato ai piaceri , e però irt istato di solamente nuocere a se stesso : benché in fine amendue fossero poco ama-^ ti , anzi odiati dai Romani. Intanto era di-« Vno il romano imperio fra questi due com^ petitori. Ottone si trovava riconosciuto im-^ peradore in Roma, e da tutta l'Italia. Car- tagine con tutta l'Africa era per lui. T^Iu- ^iano governator della Siria, a sia della

So-

Anno LXIX. 85

ìaria , ^li fece prestar giuramento dai ipO* poli di quelle contrade . ^ Altrettanto fece V€S}msìano nella Palestina . Aveva egli in-^ viato già Tito suo figliuolo , per attestare il suo ossequio a Galba ; ma dacché arri- vato a Corinto intese la di lui morte , se ne tornò indietro a trovar il padre . Anche le legioni della Dalmazia , Pannonia , e Me- ssia aderirono ad Ottone. Così T Egitto ^^e r altre città dell'Oriente e della Grecia. Ancorché Ottone fosse un usurpatore , il nome nondimeno di Roma e del senato ro- mano , che r avea accettato, bastò perchè tanti altri paesi s'uniformassero al capo dell'imperio.

Ma in mano' di Vìtellio erano le miglio- ri e più accreditate milizie de' Romani , raccolte dall'alta e bassa Germania, dalla Bretagna , e da tina parte della Gallia . * Ne formò egli due eserciti , V uno di qua- rantamila combattenti sotto il comando di Tahlo Valente , V altro di trentamila , co- mandato da Alleno Cecina , a' quali si uni- rono varj rinforzi di Tedeschi. Ardevano tutti costoro di voglia , non ostante il ver- TìOy di far dei fatti , per aver occasione di bottinare ( fine primario di chi esercita quel mestiere ) mentre il grasso e pigro Vitel- lio attendeva a darsi bel tempo, con far buona tavola , ubbriaco per lo più . Anche

F 3 vi.,

*" Tacitus Histor. lib. I. cap. I.

* Idm Hfstw, Uh. j. cap. 61. (ff se^-

S^ Annali d' I t a l i a vivente Galba èi mossero tante forze sotto i due generali per due diverse vie alla vol- ta d' Italia ; cioè Valente per le Gallie , .e Cecina per l'Elvezia. Vitellio facea conto di seguitarli dipoi ; Nel viaggio ebbero nuo- va della 'morte di Galba, e delF innalza- mento di Ottone . Dovunque passò Valente per la Gallia, il terrore delle sue armi con- dusse i popoli all'ubbidienza di Vitellio. Sopra tutto con allegria fu ricevuto in Lio- ne. In altri luoghi non mancarono saccheg- gi ed anche stragi. Non- fece di meno Ce- cina nel passare pel paese degli Svizzeri . All'avviso di queste armate, che si avvici- navano air Italia , un reggimento di caval- leria , accampato sul Po\, che avea servito una volta in Africa sotto Vitellio, l'accla- mò imperadore , e cagion fu , che Milano , Ivrea, Novara, e Vercelli prendessero il suo partito . Perciò si affrettò Cecina ver- so la metà di m.arzo per calare in Italia , ancorché i monti fossero tuttavia carichi di neve , e spedì innanzi un corpo di gen- te ^ per sostenere le suddette città . Gran dire , gran costernazione fu in Roma , al- lorché si udì mossa di tante armi , e V inevitàbil guerra civile. ^ Mosse Ottone il senato a scrivere a Vitellio delle lettere amorevoli, per esortarlo a desistere dalla ribellione, offerendogli danaro, comodi , e una città. Ne scrisse anch' egli, e dicono

che

* Fiutare» in Othone.

'Anno LXIX. 87

fibisse segretamente di prenderlo per collega neir imperio , e per genero. Gli rispose Vitellio in termini amichevoli, ta- li nondimeno, che mostravano di burlarsi di lui. Irritato Ottone gli rispose per le rime, cioè gliene scrisse dell'altre piene di vituperj , e con ridicole sparate , ricordan- dogli soprattutto V infame sua vita passa- ta. Non furono meno obbrobriose le rispo- ste di Vitellio . alcun di loro diceva bugia . Amendue ancora inviarono degli as- sassini, per liberarsi cadauno dall' emulo suoj ma riuscì in fumo il loro disegno. Adunque chiaro si vide^ non restar altro , che di decidere la contesa coli' armi. Unì Ottone una possente armata anch' egli , com- posta della maggior parte de' pretoriani e delle legioni venute dalla Dalmazia e Pan- nonia . E lasciato al governo di Roma Ti- ziano suo fratello con Flavio Sabino pre- fetto d'essa città, e fratello di Vespasia- no, dato anche ordine, che pon fosse fat- to torto alcuno alla madre , alla moglie , a' figliuoli di Vitellio , nel di 14 di mar- zo si licenziò dal senato ;, e alla testa dell' esercito , non parendo più quelP effemmina- to uomo di una volta, s'incamminò per venir contro a' nemici . Suoi marescialli era- no Suetonio Paolino^ Mario Celso ^ ed An- mio Gallo , ufiziali non meno prudenti , che

F 4 bra-

' Sueton. in Othone cap. 8. Dio lib. 6^, Tacita ìib. J. Mi- storiar. caf. 74.

88 Annali d'Italia bravi. Mancavano ben questi pregi a Zici- nlo Procolo prefetto del pretorio, che pur faceva una delle prime iìgure in quelT ar- mata. Alleno Cecina^ general di Vitellio , arrivato al Po , passò quel fiume a Piacen- za , ed assalì quella città , da cui Arinio Gallo ^ dopo due di valorosa; difesa il fece ritirare a Cremona , malcontento per la perdita di molta gente. Fu in qiiella oc- casione bruciato l'anfiteatro de'Piaceifitini, posto fuori della città , il più capace gente , che fosse allora in Italia. Anche Marzio Macro ^ console disegnato, diede a Cecina un'altra percossa coi gladiatori di Ottone . Eppur egli ciò non ostante volle venire ad un terzo cimento : tanta era voglia in lui di vincere , affinchè V altro general di Vitellio , cioè Valente ^ non gli rapisse, o dimezzasse la gloria . In un luo- go detto i Castori, dodici miglia lungi da Cremona, tese un' imboscata a Suetotiio Pao^ Uno e a Mario Celso ; ma questi avutane notizia presero così ben le misure , che il misero in rotta , ed avrebbono anche rovi- nata affatto la di lui gente, se Paolino per troppa cautela non avesse impedito a' suoi l'inseguirli. Per questo fu egli in sospetto di tradimento ^ ed Ottone chiamò da Roma Tiziano suo fratello , accit>cchè comandasse V armi , sebben con poco frutto , perchè Li- cinio Procolo, capitan delle guardie, ben- ché

* Idem l/k. a. eap. ai»

^^^^ Anno LXIX. 89

^Wiè nomo inesperto , la facea da superiore a tutti.

Venne poi Valente da Pavia colla sua armata più numerosa delF altra ad unirsi con Cecina;» e tuttoché questi due generali di Vitellio fossero gelosi T un dell' altro , si accordarono nondimeno pel buon regola* mento della guerra , e per isbrigarla il più presto possibile . Tenne consiglio dalF altra parte Ottone; e il parere de' suoi più as- sennati generali, cioè di Suetonio Paolino , Mario Celso , ed Annio Gallo , fu di tem- poreggiare , tanto che venissero alcune le- gioni che si aspettavano dall' Illirico . Ma prevalse quello di Ottone, Tiziano, e Pro- colo , a' quali parve meglio di venir senza dimora a battaglia , perchè i pretoriani cre- dendosi tanti Marti , si tenevano in pugno la vittoria , e tutti ansavano di ritornarse- ne tosto alle delizie di Roma . ^ Lo stesso Ottone impazie nte per trovarsi in mezzo a tanti pericoli , fra l' incertezza delle cose , e il timore di qualche rivolta de' soldati., era nelle spine ; e però si voleva levar d' affanno con un pronto fatto d' armi . Ma da codardo si ritirò a Brescello , dove il fiume Enza sbocca nel Po, per quivi aspet- tar l'esito delle cose; risoluzione che ac- crebbe la sua rovina j, perchè seco andaro- no molti bravi ufìziali e molti soldati , con restare indebolita l' armata sua , in mano

di

* Fiutare, in Othone.

cjo Annali d' I t a l i a

di generali discordi fra loro , e poco ub- bidienti 5 e senza quel coraggio di più , che loro avrebbe potuto dar la presenza del principe , Seguì qualche picciolo fatto fra gli staccamenti delle due armate ; ma finalmente quella di Ottone, passato ilPo^, andò a postarsi a qualche miglio lungi da Bedria'co , villa posta fra Verona e Cremo- na , più vicina nondimeno all'ultima, ver- so il fiume Oglio , dove si crede che og- gidì sia la terra di Caneto . Molte miglia separavano le due armate ; ed ancorché Suetonio e Mario ripugnassero alla risolu- zion conceputa da Procolo di andare nel di seguente, ( cioè circa il 15 di apri- le-) ad assalire i nemici, perchè l'arrivar colà stanchi i soldati^ era un principio d' esser vinti : Procolo persistè nella sua opi- iiione , perchè sollecitato da più lettere di Ottone , che voleva battaglia , Si venne in fatti al conibattimento ^ che fu sanguinosis- simo , credendosi che fra V una e Y altra parte restassero sul campo estinte circa quarantamila persone, perchè non si dava quartiere . Ma la vittoria toccò all' arma- ta di Vitellio . I generali di Ottone , chi qua chi fuggitivi scamparono colle reli- quie della ior gente il meglio che potero- ;io 5 valendosi del favor della notte, * Ma perchè nel seguente si aspettavano di nuovo addosso il vittorioso esercito, con

pe-

* Dio hi/. 6^, * FIut(ir(b> in Othons*

^ AnìToLXI^! 91 1

Sericolo ci' essere tutti tagliati a pezzi; gUj

nfìziali, soldati, e lo stesso Tiziano, ^i'^- 1

tello .di Ottone, che si trovarono insieme ,j

s' accordarono di fare una deputazione al

Valente e Cecina , per rendersi . Fu accet-l

tata l'offerta, unitesi le non più ne-J

miche armate , ognun corse ad abbracciar J

gli amici, a detestar gli odj passati, 3.;J

condolersi delle morti di tanti. Giurarondl

1 vinti fedeltà a Vitellio , e cessarono tutti!

i rancori . Portata questa lagrimevol nuo-l

Wk ad Ottone, dimorante in Brescello , noni

mancarono già i suoi cortigiani di animar-*!

lo , con fargli conoscere arrivate già adi

Aquileja tre legioni della Mesia , salvate]

altre buone milizie a lui fedeli , non esse-]

re disperato il caso . Ma egli avea già de-J

terminato di finirla, chi credette per or-J

rore di una guerra civile , come attest||

Suctonio ^, chi per poca fortezza d' animo ^,1

e chi per acquistarsi una gloria vana coni

una risoluzion generosa . Pertanto attesel

spiritosamente nel resto del giorno a di>^

stribuir danaro a' suoi domestici ed amici J

a bruciar le lettere scrittegli da varie per-?ì

sona contra di Vitellio, affinchè non pre«*|

giudicassero a chi le avea scritte , e a dafj

altri ordini per la sicurezza di molti no^l

bili, eh' erano alla sua corte. ^ Prese anchcl

nella notte seguente un po' di sonno ^ J^^^^

di- f^

* Suetonìus in Otbnne f;?*. lo. ^ Tacita Ht'stoy. i:!;. cap\ 48.

^2 A N N A 1 1 d' I T A L I A

disturbato da un romor delle guardie , c-W minacciavano la morte a que' senatori , i quali d' ordine suo erano per ritirarsi , ^ sopra tutto aveano assediato Virginio Ru^ Jo . Uscì Ottone di camera , e con buona maniera calmò que! tumulto . Poscia suri far del giorno svegliato , intrepidamente &i diede di un pugnale nel petto , e di quelk ferita fra poco m_orì in età di trentasette anni ^ . Al suo cadavero bruciato fur data quella sepoltura che si potè , cioè in^ ter- ra, colla memoria del solo suo nome sen-* za titolo alcuno . Una massa di monete d'oro-^ trovate sui primi anni del secolo, in cui scri- vo , sul territorio di Brescello , fece crede- dere ad alcuni , che fossero i-vi seppellite in oGcasion delle disgrazie di Ottone . Ben- ché usurpator dell' imperio , e screditato per varie sue ree qualità, cotanto era ama- to dai soldati, che alcuni d'essi non me- no in Brescello , che in Piacenza e in al-* tri luoghi , pel dolore accompagnarono la di lui morte colla propria , secondo la de- testabil usanza e frenesia di que' tempi-. Dacché i soldati , eh' erano in Brescello , non poterono indurre Virginio Rufo ad ac- cettar r imperio , si diedero ai generali ài Vitellio . In un fiero imbroglio si ti'ovò allora la maggior parte del senato, che Ottone avea lasciato in Modena , perchè dair un canto temeva oltraggi dall' armi di

Vi-

' Fiutare, in Othom.

^^^H Anno LXIX/ 95

Tteli^^ e dall' altro i soldati Ottone ì tenendoli a vista d' occhio , e riputandoli nemici dei!' estinto principe , cercavano pre- \ i testi per menar ie mani contra di loro. ì ' Finalmente ebbero la fortuna di salvarsi a \ Bologna , dove si mostrarono disposti a riconoscere Vitellio ; ma per qualche tem- po se ne guardarono a eagion di una falsa ^ voce portata da Ceno , liberto già di Ne- » rone^, che i vincitori erano ^«)oi stati vin- ti . Da queste paure non si riebbero , se Hon allorché arrivarono lettere di Valen- te , che riferirono la vera positura ^egli affari . In Roma subito che s' int€3e <^uan- ' to era succeduto di Ottone , Flavio Sabino fratello di Vespasiano , fece prestar giura- mento dai senato e dai soldati , che ivi restavano , a Vitellio , e ii senato gli ac- cordò tutti gli onori consueti . i Intanto Vitellio , dopo aver lasciato a Ordeonio Fiacco un corpo di milizie per la guardia del Reno germanico , col resto delle genti che potè raecorre , si mis€ in viaggio verso V Italia . Per istrada intese la vittoria de' suoi ^ e la morte di Ottone, e che eluvio Rufo governator della Spa* gna avea ricuperate le due Mauritanie . Ar- rivato a Lione, quivi trovò non meno i vincitori che i vinti generali . Perdonò a Tiziano fratello di Ottone, perchè il cono- sceva per uomo dappoco . Conservò il con- solato a Mario Celso, Suetonio e Frocolo si acquistarono la di lui grazia con una

vii-

$4 Annali d' Itali a

viltà , asserendo di aver fatta consigliatamen- te perdere la vittoria ad Ottone nella bat- taglia di Bedriaco . Mandò Vitellio a Roma un editto, per cui proibiva ai cavalieri il ciombattere da gladiatori fra- loro, e con- tro le fiere negli anfiteatri . Un altro an- cora, che tutti gli strologhi e indovini pyi- ma delle calende di ottobre fossero fuori d'Italia. Si vide attaccato nella stessa not- te un" cartello , in cui essi strologhi co- mandavano a lui di uscire del mondo pri- ma del suddetto medesimo giorno. Se ne alterò talmente Vitellio , die qualunque d' essi, chi gli capitasse alle mani , senza pro- cesso il condannava alla morte . Grande odiosità si tirò egli addosso , coli' aver in- Tiato ordine y che si levasse la vita 3.Gnea Cornelio Bolahella ^ uno de' più. illustri Ro- mani , odiato da lui per particolari riguar- di , che relegato ad Aquino , era dopo la morte di Ottone ritornato a Roma»- L'or- dine fu barbaramente eseguito . Intanto a- poco a poco tutte le provincie si anda- rono sottomettendo a lui ; m.a V Italia era afflitta per le tante soldatesche del mede- simo-Vitellio , e dell'altre che furono di Ottone . Senza disciplina saccheggiavano 5 uccidevano , e sotto 1' ombra loro anche molti altri faceano ruberie e vendette . Entrato clie fu Vitellio in Italia , trovò modo di dividere le milizie ^ ( e special- mente i pretoriani ) che aveano servito ad Ottone , perchè le conobbe malcontente ed

in-

Anno LXIX. s5

inquiete j, e a poco a poco le andò cassan- do\ con dar loro delle ricompense . Venne a Cremona, e volle co' suoi occhj vedere il campo ^ dove s' era data ( già scorreano "uaranta giorni ) la battaglia 3 ed avve- iiachè fossero tuttavia insepolte quelle mi- glia] a di cadaveri , e menasse un insopporta- bil fetore , non lasciò ordine ^ che si sep- pellissero; anzi disse, che V odore di un nemico morto sapea di buono . Menava se- co circa sessàntamila combattenti , senza i famigli ed altre- persone destinate al ba- gaglio , eh' erano più del doppio . Dovun- que passava questa gran ciurma, lasciava lagrimevoli segni della sua rapacità e bar- barie. Verso la metà di luglio arrivò a Ro- ma , e se non era distornato da' suoi amici , volea farvi T entrata in abito da guerra, come in una città conquistata. L'accom- pagnavano m^ndre d' eunuchi e commedianti secondo V usanza del suo maestro Nerone , e questi ebbero poi parte agli affari . Tro- vata Sestil'ia sua madre nel Campidoglio , le diede il cognome di Augusta ; ma ella non se ne allegrò punto, anzi si vergogna- va di avere un indegno imperadore per figlio. Morì^ ella dipoi in quest'anno, non si sa, se per iniquità del figliuolo, o per veleno da lei preso , prevedendo i mali che doveano avvenire/Fece dipoi Vitellio una nuova leva di coorti pretoriane sino a sedici y tutte di mille uomini per cadauna^ e gente scelta * Due furono i prefetti del

pre-

9^ Air^Ti^Li d' Italia pretorio , cioè Publio Sabino e Giulio Pri- sco. Valente e Cecina potevano tutto in corte j ma sempre fra loro discordi . Die- desi poi questo ghiottone Augusto , come era il suo stile , a fare del suo ventre un dio , ma con eccessi maggiori , a misu- ra della dignità e del comodo accresciu- to. Il suo mestiere cotidiano era mangia-^ re e bere e vomitare, per far luogo ad al' tri cibi e bevande . Consumava in ciò te- sori ; e molti si spiantarono per fargli de' conviti . Non istimava , lodava questo mostro se non le azioni di Nerone , e le imitava bene spesso , inclinando anche alla crudeltà , di cui rapporta Suetonio ^ varj esempli ; e se fosse sopravvivuto molto , for- se sarebbe riuscito anche in ciò non infe- riore a lui. La maniera di guadagnarlo so-^ leva essere 1' adulazione ; ma siccome egli era timido e sospettoso^ poco ci voleva a disgustarlo »

E fin qui abbiam veduto le due trage- die di Galba e di Ottone. Ora è tempo di passare alla terza. Di ninno più teme- va Vitellio , che di Flavio Vespasiano , ge- nerale dell' armi romane nella Giudea , do- ve si continuava la guerra con apparenza^ eh' egli fosse per assediar Gerusalemme . Al- lorché gli venne la nuova , eh' esso Vespasia- .no t Licinio Mudano y governator della Bo- ria , il riconoscevano pur imperadore , ne fece

gran

* Suetott, in l^iteìlìo cap. 24. Die Uh. 64.

Anno LXIX. 97

gran festa. Ed in vero sulle prime niuno j linai s'avvisò che Vespasiano potesse arri- var air imperio , egli vi aspirava , per- I che bassamente nato a Rieti, e mancante I di danaro . Si raccontavano ancora molte ' "viltà di lui nella vita privata; e Tacito ^ ci assicura eh' egli si era tirato addosso T odio e il dispregio de' popoli ; ma i fatti mostrarono poi tutto il contrario. Comun- que sia , Dio i' avea destinato a liberar Ro- ma dai mostri, e a punire l'orgoglio de' Giudei implacabili persecutori del nato Cristianesimo . Era egli per altro dotato di molte lodevoli qualità , perchè senza fa- sto, temperante nel vitto ^ amorevole ver- so tutti , e massimamente verso i sol- dati , che r amavano non poco , ancorché li tenesse in disciplina 5 vigilante e pru- dente, buon soldato, e migliore capitano. Sopra tutto veniva considerato come ama- tor della giustizia ; la sua età era allora d' anni sessanta . Si può giustamente cre- dere che dopo la morte Galba i più sag- gi de' Romani al vedere che i due usurpa- tori Ottone e Vitellio , senza sapersi chi fosse il peggiore di loro , disputavano dell' imperio , rivolgessero i lor occhi e deside- rj a Vespasiano , e segretamente ancora V esortassero al trono. Flavio Sabino di lui fratello gran figura faceva anch'' egli , coli* essere prefetto di Roma , e le sue belle do- ToM. IL G ti

5 Tacitus Histor. lib, a. e. 97. Suitonius in respasi ano r. 4-

^8 Annali d' Italia

ti maggiormente accreditavano quelle del fratello. 0 questo fosse, o pure, che gli ufìziali e soldati di Vespasiano-mirando quel che aveano fatto gli altri in Ispagna , E.o- ma , e Germania , non volessero essere da meno : certo è , che si cominciò da essi a proporre di far imperadore Vespasiano . Quegli , che diede V ultima spinta all' irri- soluzione d' esso Vespasiano, personaggio guardingo , e non temerario , fu il suddetto Licinio Mudano governator della Soria , il quale dopo la morte di Ottone gli rappre- sentò , che non era sicura la comune lor dignità , la vita sotto queir infame im- perador di Vitellio . Si lasciò vincere in fine Vespasiano , ed essendo entrato nella medesima lega anche Tiberio Alessandro governator dell' Egittp, fu egli il primo a proclamarlo in Alessandria imperadore nel primo di luglio ^ , e lo stesso fece nel terzo giorno di esso mese anche T armata della Giudea , a cui Vespasiano promise un donativo , simile a quel di Claudio e di Nerone . La Soria , e tutte V altre pro- vincie e i re sudditi di Roma in Oriente, e la Grecia alzarono anch' esse le bandiere del novello Augusto . Furono scritte lette- re a tutte le provincie dell' Occidente, per esortar ciascuno ad abbandonar Vitellio , usurpatore indegno del trQno imperiale . * Si

fece

' Joseph, de Bello Judaic. lih.^. ^ Tacitus Ristori^)'' iilf- a. Cflp. 8i.

Anno LXIX. 99

fece intendere ai pretoriani cassati da Vi- tallio ) che questo era il tempo di farlo pen* t^re ; e veramente costoro arrolatisi in fa-

)r di Vespasiano ^ fecero dipoi delle ma- laviglie contrà di Vitellio ;

Essendo così ben disposte le cose , e pro- cacciate quelle somme di danaro , che si poterono raccogliere ^ per muovere le sol- datesche , in uri gran consiglio tenuto in Berito , fu conchiuso che Muciano mar- cerebbe con un competente esercito in Italia ; Tito , figliuolo di Vespasiano ^ già dichiarato Cesare 5 continuerebbe lentamente la guerra contro ai Giudei e Vespasiano^ passerebbe nella doviziosa provincia dell' Egitto j per raunar da- naro , ed afFam.are , ò provveder di grani Roma 5 secondochè portasse il bisogno . 3111-- ciano , uomo ambizioso , e che mirava a divenire in certa maniera compagno di Ves- pasiano nel principato , accettò volentieri quella incumbenza. Per timore delle tem-- peste non si arrischiò al mare ; ma imprese il viaggio per terra , con disegno di pas- sare lo Stretto verso Bisanzio/ al qual fine ordinò che quivi fossero pronti i va- scelli del Mar Nero * Non era molto copio- sa e possente V armata di Muciano ^ ma a guisa de' fiumi regali andò crescendo per via: tanta era la riputazion di Vespasiano, e r abbominazion di Vitellio. Nella Mesia le tre legioni che stavano ivi a' quartieri , si dichiararono per Vespasiano ^ e V esem-

G 2 pio

loò Annali d^ I t a i r a pio d' esse seco trasse due altre della Pan* nonia , e poi le milizie della Dalmazia , senza neppnr aspettare l'arrivo di Muda- no . Antonio Primo da Tolosa , sopranno-^ minato Becco di Gallo, forse dal suo naso (dai che impariamo T antichità della parola Becco ^ ) uomo arditissimo, ^ sedizioso, ed egualmente pronto alle lodevoli , che alle malvage imprese , quegli fu , che colla sua vivace eloquenza commosse popoli e soldati contra di Vitellio_, aspettò gli ordini di Vespasiano o di Muciano , per farsi gene-f rale di quelle legioni . Che più ? Chiama-: ti in soccorso i re de'Suevi, ed altri bar- bari, e trovato che quelle milizie nulla più sospiravano , che di entrare in Italia :, per arricchirsi nello spoglio di queste belle Provincie , di sua testa con poche truppe innanzi agli altri calò in Italia , e fu con festa ricevuto in Aquileja , Padova , Vicen- za , Este^ ed altri luoghi di quelle parti. Mise in rotta un corpo di cavalleria, eh' era postata al Foro d'Alieno, dove oggidì è Ferrara. Rinforzato poi dalle due legio- ni della Pannonia ( soleva essere ogni le-, gione composta di seimila soldati ) s'im- padronì di Verona j, e quivi si fortificò , Colà ancora giunse Marco ^ponlo Saturnino con una delle legioni della Mesia, e con- corse ad arrolarsi sotto di Primo gran co- pia de' pretoriani, licenziati da Vitellio,

An-

^ * Sueton. in ^i tei ho (op. i8.

A ]jr tr o LXIX. 101

fosse SI grande il suscitato inceiv dio, non s'era per anche mosso T impol- tronito Vitellio. Svegliossi egli allora sola- inente, che intese penetrato il fuoco fino in Italia, Perchè Fa Zeri re non era ben ri- messo da una sofferta maUttia , diede il comando delle sue armi ad Alieno Cecina^ con ordine di marciare speditamente contra di Antonio Primo , Venne Cecina con otto legioni almeno y cioè con tali forze , ch€ avrebbe potuto opprimerlo. Mandò parte delle milizie a Cremona , e col più della gente , armata si postò ad Gstiglia siti Po . Macchinando poi altre cose , perde apposta il tempo in iscrivere lettere di rimproveri e minacce ai soldati di Pri- mcf, ed intanto lasciò che arrivassero a Verona la due altre legioni della Mesia . Finalmente ^ dappoiché intese, che . Luciano Basso ^ governatore della flotta di Raven- na , con cui teneva intelligenza , verso il 20 d' ottobre , s' era rivoltato in favor di Vespasiano: allora, come fosse dis- perato il caso per Vitellio, si diede ad esortare i soldati ad abbracciare il partito di Vespasiano , e molti ne indusse a pre- star giuramento a lui , e a rompere le im- magini di Vitellio* Ma gli altri, che non poteano soiferir tanta perfidia , e quegli stessi che poc' anzi aveafio giurato , ^ presi dalla vergogna e pentiti, si scagliarono

G 3 con-

* -O/o //^, 65, T^fitus Histor. lih-z, f^^ l|-

102 Annali d' Italia contra di lui , e senza alcun rispetto al carattere di console , incatenato l' inviaro- no a Cremona , e cominciarono a caricar anch'essi il bagaglio, per passare colà.

Ad Antonio Primo ^ ch'aera in Verona, fu portata dalle spie Tinformaz^ione di quan- to era accaduto ad Ostigli a, e subito fu in armi , per . impedir V unione di queir esercito con quel di Cremona . Inoltratosi sino a Bedriaco, luogo fatale per le bat- taglie , e circa nove miglia lungi da quel sito , s' incontrò colle soldatesche di Vitel- lio I che uscite di Cremona venivano per unirsi con quelle d'Ostiglia. Ciò fu circa il di 26 d' ottobre . Dopo sanguinoso con- flitto le mise in rotta , obbligando chi scam- pò dalle sue spade , a rifugiarsi in Cre-- mona. Ad alte voci allora dimandarono i vit- toriosi soldati di andar dirittamente a Cre- mona , per isperanza d'entrarvi , e per avidi- tà di saccheggiarla . gli avrebbe potuto ritenere Primo , se non fosse giunto 1' av- viso, che s'appressava l'altra armata partita da Ostiglia , e in ordinanza di battaglia . Era già sopraggiunta la notte , e pure i due eserciti vennero alle mani con ardore , con fierezza inudita, combattendo, per quan- to comportavano le tenebre , senza distin- guere tavolta chi fosse amico o nemico , Levatasi poi la luna , cominciò Primo a provarne del vantaggio , perchè essa dava nel volto ai nemici . Durò il combattimen- to tutto il resto della notte, e fatto poi

gior-

Anno LXIX. 103

giorno , avendo la terza legione , già ve- nuta di Soria , secondo l'uso di que' pae- si, salutato il soie con alti ed allegri Vi- •va , questo romore fece credere a quo' di Vitellio , che V esercito di Muciano fosse arrivato , e diede loro tal terrore , che riu- scì poi facile a Primo lo sconfìggerli ed ob- bligarli alla fuga. Giuseppe ^ narrando che de' soldati di Vitellio in queste azioni perirono jtrentamila e dugento persone , e quattromila e cinquecento di quei di Vespasiano , verisi- milmente secondo l'uso delle battaglie in- grandì di troppo il racconto, ne noi siam tenuti a prestargli fede . Bensì possiam cre- dere a Dione , allorché dice , che oscuran- dosi talvolta la luna per qualche nuvola , cessava il combattimento; e che i soldati emuli vicini parlavano 1' uno all' altro , chi con villanie, chi con parole amichevoli, e con detestar le guerre civili^ e con invi- tar r avversario a seguitar Vitellio , o pur Vespasiano. Ma non c'è già ragion di cre- dere che l'uno porgesse all'altro da mangiare e da bere , finché non si provi che i soldati di allora erano bravi od industriosi da portar seco anche nel furor delle zuffe le loro bisacce al collo , coli' occorrente cibo e bevanda . Tanto poi Dione , quanto Ta- cito ci assicurano , che incomodando forte una grossa petriera con lanciar sassi l'eser- cito di Vespasiano, due coraggiosi solda-

G4 ti,

' Joseph, de Bello Judaico Uh. 5. ca^. xj.

I04 Annali d' Italia ti, dato di piglio a 'due scudi degli avvef'* sarj , si finsero Yitelliani ed arrivati alla macchina ne tagliarono le funi , con ren-^ der essa inutile , ma con restar anch' essi tagliati a pezzi senza che rimanesse memcn» ria alcuna del loro nome . Dopo questa vit- toria , e dopo lo spoglio del campo , a Gre-- mona a Cremona gridarono i vincitori sol- dati . Bisognò andarvi. Si credevano di sal- tarvi dentro ; ma trovarono un impensato ostacolo , cioè un alto e mirabil trincera- mento , fatto fuor della città nella prece- dente guerra di Ottone , alla cui difesa era accorsa quasi tutta la milizia esistente in Cremona . Fecero delle maraviglie i sol- dati di Vespasiano^ per superar quel sito: tanta era la lor gola di arrivar al sacco di quella ricca città , che Antonio Primo avea loro benignamente accordato : il che fatto assalirono la città. Contuttoché que- sta fosse cinta di forti mura e torri, e pie- na di popolo , invilirono fattamente i soldati Vitelliani , che non tardarono a trat** tare di rendersi . Scatenarono per questo Alieno Cecina , acciocché s' interponesse pel perdono ^ ed esposero bandiera bianca . Usci Cecina vestito da console co' suoi littori , cioè colle sue guardie , e passò al campo de'vincitori , ma accolto da tutti con ischer- ni e rimproveri, perchè la perfidia suo! essere pagata coli' odio d' ognuno . D' uopo fu^ che Antonio Primo il facesse scortare, tanto che fosse in luogo sicuro da potersi

por-

Anno LXIX. 105

portate a trovar Vespasiano . Fu perdona- to ai soldati di Vitellio , ma non già all' infelicissima città di Cremona, città allora celebre per bellissime fabbriche , per gran popolo , per molte ricchezze ^ , Quaranta*- mila soldati < e un numero ma2:8:ior di fa- migli e bagaglioni , come cani v' entraro- no . Stragi e stupri senza numero ; non si perdonò neppure ai templi ; tutto andò a sacco ; e in fine si attaccò il fuoco alle ca- se . Gli stessi soldati di Vitellio^ che pri- ma difendeano quella città, gareggiarono in tanta barbarie con gli altri ; anzi fecero di peggio , perchè più pratici de' luoghi . Che vi perissero cinquantam.ila di quegl' innocenti e miseri cittadini , lo scrive Dio^ ne . A me par troppo . Gli abitanti rima- sti in vita furono tenuti per ischiavi , e poi riscattati. Per cura di Vespasiano ven- ne poi riedificata e popolata di nuovo quel- la città *

Vitellio intanto se ne stava in Roma agia- to , e con isfoggiata tavola ^ niuna appren- sione mostrando di tanti romori i Ma quan^ do cominciarono sul fine d'ottobre ad ar- rivare r un dietro V altro i funesti avvisi di quanto era succeduto , allora gli corse il freddo per 1' ossa * E poscia udendo che Antonio Primo s' era messo in cammino^ pervenire a Roma , bufìava^ non sapeapià dove si fosse , ora pensando a far ogm sfor- zo

' Tacitus Histvrtar. Uh-i- r ;j. Dio lib.6s^

10^ Annali d^Italia 20 per resistere , ora a dimettere 1* impe- rio, ed a ritirarsi a vita privata, ora fa- cendo il bravo con la spada al fianco , ed ora il coniglio , con far ridere il se- nato j e con trovare oramai poca ubbi- dienza ne"* pretoriani . Tuttavia spedì Giulio Prisco ed Alfeno Varo con quat- tordici coorti pretoriane, e tutti i reg- gimenti di cavalleria , a prendere i passi deirApennino ^, e vi aggiunse la legione deir armata navale : esercito suiHciente a sostener con vigore la guerra , se avesse avuto capitani migliori . Si postò a Beva- gna quest' armata , e colà ancora si portò poi lo stesso Vitellio , benché solennissi- mo poltrone_, per le istanze de' soldati . At- tediossi ben presto di quel soggiorno , e i^enutagli poi nuova , che Claudio Faentino e Claudio Apollinare aveano indotta alla ribellione l'armata navale del Miseno^ e le città circonvicine , se ne tornò a Ro- ma , ed inviò Lucio Vitellio suo fratel- lo ad occupar Terracina per opporsi da quella banda ai ribelli . Ma Antonio Primo colle milizie fedeli a Vespasiano , alle quali egli permetteva il far quan- te insolenze ed iniquità volevano nel viag- gio , passò l' Apennino . Pervenuto che fu a Narni , se gli arrenderono la legione e le coorti inviate contra di lui da Vitel- lio. E pur Vitellio in duro frangente

se-

' Tacitus Hi storiar* lib. s- e. ^5.

^^^ Anno LXlX. J07 ^

^egmfàVa a starsene con tal torpedine in Roma , che la gente sapea bensì esser egli il principe, ma parea di non saperlo egli

Ì Stesso . Ogni nuove 1' una più dell' altra fattive . A Fabio Valente suo generale , eh' era stato preso nell' andar nelle Gallie, e ri- mandato ad Urbino 5 tagliata fu /ia testa ^ per far conoscere ai Vitelliani falsa una voce^ ch'egli avesse messa in armila Ger- mania e Gallia contra di Vespasiano . Vero all'incontro era, che anche le Spagne, le Gallie , e la Bretagna riconobbero Vespa- siano per imperadore. Poe' altro che Roma oramai non restava a Vitellio ; e però Fla- -vlo 5aòi/io, fratello di Vespasiano, che £n- qui era stato prefetto della città , con fe- deltà e buona intelligenza di Vitellio, de- siderando di salvar Roma da più gravi di- sordini , avea proposto dei temperamenti a Vitellio stesso, per salvargli la vita. Al- trettanto aveano fatto con lettere i^iucia/i^ e Primo ; e già s' era in concerto , che Vi- tellio deponendo l'impero , ne riceverebbe in contraccambio un milione di sesterzj e ter- re nella Campania. In fatti egli nel 18 di dicembre , uscito di palazzo in abito nero co' suoi domestici , e col figliuolo tut- tavia fanciullo , piagnendo dichiarò al po- polo , che per bene dello Stato egli depo- neva il comando , ma nel voler consegnare la spada al cònsole Cecilio Semplice , qué- sti, negli altri la vollero accettare . A tale spettacolo commosso il popolo protestò di

non

I08 A N N A L I d' I T A L r A

non volerlo sofFerire; ma scioGcamente-, peiì^- che tutto si rivolse poscia in danno della cit- tà , e rovina maggior di Vi teli io . Trova- vasi in questo mentre un' assemblea de' pri- mi senatori, cavalieri, ed ufiziali rnilita- ri presso Flavio Sabino ^ ^ trattando del buono stato di Roma ,. còlla persuasione clie veramente fosse seguita , o che segui- rebbe la rinunzia di Vitellio . Alla nuova deir abortito trattato , fu creduto bene , cl"te Sabino andasse al palazzo per esortare ,* o forzar Vitellio a cedere . Andò egli ac^ compagnato da una Buona truppa di sol.- dati ; ma per via essendosi incontrato colla guardia de' Tedeschi y si venne ad un pic- ciolo coihbattimento . Salvossi Sabino nella rocca del Campidoglio con alcuni senatori e cavalieri , e co' due suoi figliuoli Sabino e Clemente j e con Domiziano figlio mino- re di Vespasiano . Quivi assediato fece una:, meschina difesa; v'entrarono i Germani , ed appiccato il fuoco al Campidoglio ( non bÌ\ sa da chi) si vide ridotto in cenere quell* insigne luogo, con perir tante belle memo- rie c^e ivi erano : accidente sommamente compianto dal popolo romano . Fuggirono di Domiziano j i figli di .Saòmo; .non già r infelice Sabino ; che preso dai Germani insieme con Quinzio Attico console^ fu condotto carico di catene davanti a Vitel- lio. Si salvò Attico y ma Sabino ^: uomo di

graiì

' Dio liìf.óz, Tadtus tikz. Hhtof, CiJ^.f'9> \

Anno LXIX. 105

grati credito e di raro merito , e fratello maggiore di Vespasiano , sotto le furiose spade di que' soldati perde la vita : del che più che d" altro s"* afflisse dipoi Fespasia-* no, ma non o^ìh Muoiano che il riguardava come ostacolo all' ascendente della sua for-^ luna .

Antonio Primo informato di queste lagri- mevoli scene , mosse allora il suo campo alia volta di Roma , dove si trovò alf in- <:ontro la milizia di Viteilio, e lo stesso popolo in armi . Giacche egii e Fetilìo Ce- reale non vollero dar orecchio alle propo- sizioni di qualche accordo , varj combatti- menti seguirono, favorevoli ora ali* una, ed ora all'altra parte; ma finalmente ri- masero superiori quei di Vespasiano . Fu- rono presi varj luoghi di Koma , e il quartiere de' pretoriani , commessi molti saccheggi colle consuete appendici , e strage di tanta gente , che Giuseppe ^ e Dione la fanno ascendere a cinquantamila perso- ne. * Veggendosi allora a mal partito Vi- teilio, dalpalazzo fuggì neiTAventino , con pensiero di andarsene nel di seguente a trovar Lucio suo fratello a Terracina . Ma sul falso avviso , che non erano disperate le cose , tornò al palazzo , e trovato poi che ognun se n'era fuggito, preso un vile abito, cor? una cintura piena d'oro, andò

a na-

? JoTtpb. He bel. Jud. lib. ^. r^/. 4s. Dio lib.é^. * Sueton. in f^iteih'o ca^. io.

tio Annali d'Italia a nascondersi nella cameretta del portina- io, oppur nella stalla de'^cani, da più di uno de' quali fu anche morsicato. 'A nulla gli servì questo nascondiglio . Scoperto da un tribuno _, per nome Giulio Placido ^ ne fu estratto, e con una corda al collo, col- le mani legate al di dietro, fu menato per le strade , dileggiato , e con picciole pun- ture trafitto in varie forme da' soldati, ed ingiuriato dal popolo , senzachè alcuno com- passion ne mostrasse y anzi correndo ognu- no a rovesciar le sue statue gotto gli occhj di lui . Credette di fargli servigio un> sol- dato tedesco , per levarlo da tanti obbro- Lrj ;, e gli lasciò sulla testa un buon colpo : il che fatto si ammazzò da se stesso, ov- vero, come s' ha da Tacito^ fu ucciso da- gli altri» Termir^ò la sua vita VltelUo ^ coir essere gittato giù per le scale gemonie ; il cadavero suo fu coli' uncino strascinato al Tevere , e la sua testa portata per tutta la città* Era in età di cinquantasette anni; e questo frutto riportò egli dalla sconsigliata sua ambizione, alzato da chi noi conosce- va a sublime grado , ed abBorrito da chi sapea di sua vita , riguardandolo per trop- po indegno dell' imperio , e certamente in- capace di sostenerlo con tanti perversi co- sttimi ,' e si grande poltroneria» Kestò ben- sì libera Roma dall' usurpatore Vitellio, ma non già dalle atroci pensioni della guerra civile . Per lungo tempo durarono i sac-^ cheggi e gli omicidj . Maltrattato era chiun«

qua

Anno LXIX. ir:

que fu amico di Vitellio , e sotto queste prete- sto si stendeva ad altri la feroce avidità dei vittoriosi e licenziosi soldati : in una pa- rola, tutto era lutto ^ confusione^ e lamen- ti in Roma, ed altrove. Ancorché Donila ziano figlio di Vespasiano fosse carnato im- mediatamente col nome di Cesare^ pure ni un rimedio apportava , intento solo a sfo- gar le passioni proprie della scapestrata gio- ventù é Lucio VltelUo 5 fratello dell'estinto Au- gusto 5 venne ad arrendersi colle sue soldate- sche , sperando pure miglior trattamento j ma restò anch' egli barbaramente ucciso . Fece lo stesso fine Germanico , picciolo fi- gliuolo dei medesimo imperadore . Subito che si potè raunare il senato, furono de- cretati a Flavio Vespasiano tutti gli ono- ri , soliti a godersi dagF im.peradori roma^ ni . E bisogno ben grande v' era di un fatto imperadore si per rimettere in calma la sconcertata Roma ed Italia, come anco- ra per dar sesto alla Germania e Gallia, dove Claudio Civile avea mosso dei gravi torbidi che accenneremo fra poco . ^Guerra eziandio era nella Giudea , guerra nella Me- sia, e nel Ponto* Sovrastavano perciò dan- ni e pericoli non pochi alla romana repub- blica , se non arrivava a reggerla un Augu- sto, che per senno e per valore gareggias- se coi migliori.

An-

112 Aknali r»' Italia

Ai^NO di Cristo lxx. Indizione xiii* di Clemente papa 4. di Vespasiano imperadore 2.

'^ Flavio Vespasiano Augu^ ri V .' STO per la seconda volta.

Consoli ^ rr> -rT r^ r?

\ Tito Flavio Cesake suo n- L gliuolo

XAncorchè fossero lontani da Roma Fe^pa- siano Augusto , e Tito suo figlio , dichiara- to anch' esso Cesare dal senato , pure per onorare i principj di questo nuovo impe-^ radox'e , furono amendue promossi al con*- solato, in cui procederono per tutto giù* gno . In essa dignità ebbero per successori nelle calende di luglio Marco Licinio Mu- dano , e Publio Valerio Asiatico ; e poscia questi nelle calende di novembre succede- xono Lucio Annio Basso , e Gajo Cecina Pe- to. Dacché ^ nell'anno precedente giunj a Roma Mudano ^ prese egli il govern( facendo quel che gli parea sotto nome Vespasiano . V interveniva anche Domizia- no Cesare figliuolo dell' imperadore , per da^, colore agli affari; ma quantunque egli preidHI desse molte risoluzioni per le istigazioni degli amici ; pure V autorità era principal^, mente presso Muciano , uomo di smoderajB| ta ambizione , che s'andava vantando d^

aver

re

1

Taetius l. 4. Histor» Die l:b. 66.

J

^^ Anno LXX. 113

ShfCT^onato V imperio a Vespasiano , e di ««sere come fratello di lui , e facendo per- ciò alto e basso , come s' egli stesso fosse rimperadore. Certo la sua prima cura fu quella di metter fine all'insolenza de' sol- dati, e di ridurre la quiete primiera nella città . Ma un' altra maggiormente n' ebbe per adunar danaro il più che si potea, per rinforzare il pubblico fallito erario , dicen- do sempre, che la pecunia era il nerbo del Frincipato ; gli rincresceva di tirar so- pra di se r odiosità delle esazioni , e di ri- sparmiarla a Vespasiano, perchè ne profitta- va non poco anch' egli per se stesso . Reca-? vano a lui gelosia Antonio Primo y divenu-- to in gran credito, per aver egli abbassa- to Vitellioy ed Arrio Varo ^ perchè alzato alla potente carica di prefetto del preto- rio . Quanto a Primo , il caricò di lodi nel senato , gli mostrò gran confidenza , gli fe- ce sperare il governo della Spagna Tara- conense , promosse agli onori varj di lui amici ; ma nello stesso tempo mandò lun- gi da Roma le legioni che aveano dell' amo- re per lui, e fece restar lui in secco. An- dò Primo a trovar Vespasiano, che il ri- cevè con molte carezze; ma Muciano , con rappresentarlo uomo pericoloso a cagion della sua arditezza , e con rilevar gli ab- bcfminevoli disordini da lui permessi in Cremona, Roma ed altrove, per guadagnar- si r affetto de' soldati , gli tagliò in fine le Torvi. IL " H gamr

114 Ankali d'Ital-ìà gambe. ^ Per conto ^i, Varo gli tolse la prefettura , del j^retorio , dandogli quella cjeir annona, e sostituì nella prima carica Clemente Aretino , p^|"ente di Vespasiano .

Allorché si compiè la tragedia di Vitel- liÒ , si trovava Vespasiano in Egitto , Tito suo figliuolo nella Giudea . Non tosto eb- bg Vespasiano avviso di quanto era avve- nuto , che spedì da Alessandria a Roma una copiosa flotta di navi cariche di grano, per- chè le soprastava una terribil carestia ^ e l'Egitto da gran tempo era il granajo de' Romani , affinchè quel gran popolo abbon- dasse di vettovaglia . Se vogìiam credere a Filostrato * , Vespasiano fece di gran heno all' Egitto j con dare un saggio regolamen- to a quel paese , esausto in addietro per le soverchie imposte . Dione ^ alF incontro attesta ^ che gli Alessandrini , i quali si aspettavano delle notabili ricompense, per essere stati i primi ad acclamarlo impera- dorcj si trovarono delusi, perchè egli vol- le da loro buone somme di danaro , esigen- do gli aggravj vecchj non pagati , senza esentarne meno i poveri^ ed imponen- done dei nuovi. Questo era il solo difetto o vizio ( se pure, come diremo, tal nome gli competeva, ) che s' avesse; Vespasiano. Perciò il popolo d' Alessandria , popolo per altro avvezzo a dir quasi sempre male de'

suoi

T'^chus lib. /^. cap.og. -

Philostratus in A^o^lon. T/au. * Dio Uh. 66,

____ 'A N K o LXX 'ii^

loi padroni ^ se ne vendicò con ^elte sa- I^Ère , e con caricarlo cV ingiurie e 4i -nomi ^^BdUo oltraggiosi. Perciò vi mancò' poco, '^Kc Vespasiano^ quantun()irè ■pvincJpìc -savib ^H amorevole^ non li g^.stiga^^ a'déVere j ^Vr avrebbe fatto , se Tito suo figliuolo^ non? si fosse interposto, per ottener loro gra- zia, con rappresentare al padrey c/ie i sag" gi principi fanno quel che debbano^ o cre- dono ben fatto ^ e poi lasciano dire. Nella state venne Vespasiano Angusto alla volta di Roma . Arrivato a Brindisi , vi trovò Muoiano , eh' era ito ad incontrarlo colla primaria nobiltà di Eoma . Trovò a Bene- vento il figliuolo Domiziano , che già avea cominciato a dar pruove del perverso suo naturale con varie azioni ridicole , o con prepotenze. Perchè egli ^nella lontananza del padre si era arrogata più autorlità, che non conveniva, e trascorreva anche in ogni sorta di vizj : Vespasiano in collera parca disposto a de' gravi risentimenti contra di questo scapestrato figliuolo . ^ Il buon Ti- to suo fratello fu quegli che perorò per lui , e disarmò l' ira del padre . Non lasciò per questo Vespasiano di mortificar la su- perbia d'esso Domiziano. Accolse poi gli altri tutti con gravità condita di cordiale amorevolezza , trattando non da imperado- re , nla come persona privata con cadauno ^ Aveva egli molto prima inviato ordine a

H 2 Ro-

' Tacìms l. 4. Hirtor. cap.'sx-

11^ Ankali d* Italia Komaj, che si rifabbricasse il bruciato Cam- pidoglio, dando tal incombenza a Lucio Ve stino ^ cavaliere di molto credito. ISIel 21 di giugno s'era dato principio a si importante lavoro con tutto il superstizio- so rituale , e le cerimonie di Roma Paga- na, con essersi gittate ne' fondamenti assai monete nuove , e non usate , perchè così aveano decretato gli aruspici . Giunto da a non molto Vespasiano a Roma , per me- glio autenticar la sua premura per quella fabbrica, e per alzar quivi un' sontuoso tempio , ^ fu dei primi a portar sulle sue spalle alquanti di que' rottami, e volle che ,gli altri nobili facessero altrettanto , affin- chè dal suo e loro esempio si animasse maaggiormente il popolo air impresa. E per- ciocché neir incendio d' esso Campidoglio erano perite circa tremila tavole di rame, o sia di bronzo, cioè le più preziose anti* chità di Roma, perchè in simili tavole era^ no intagliate le leggi, i decreti^ le leghe, le paci, e gli altri atti più insigni del se- nato e del popolo romano ^n dalla fonda- zione di Roma : comandò che se ne ricer- cassero diligentemente qucile copie che si [potessero ritrovare , e di nuovo s' incides- sero in altre tavole. Parimente ordinò Ves- pasiano , che fosse restituita la buona fama a tutti i condennati al tempo di Nero- ne * , e sotto i tre susseguenti Augusti , «

la

" Sucton. int^t^asiano f . 8. * Dì$ inExceyptisValesiafìis,

Anno LXX. 117

"a libertà a tutti gli esiliati , che si tro- vassero vivi; e che si cassassero tutte Is accuse de' tempi addietro. Cacciò eziandio di Roma tutti' gli strologhi, gente perni- ciosa alle repubbliche , quantunque egli nori disprezzasse quest' arte vana , e tenesse in sua corte uno di tali pescatori dell' avve- aire, stimandolo il più perito degli altri ^ E si sa, ch'egli a requisizione di un cer- to Barbillo strologo concedette al popol di Efeso di poter fare il combattimento appel- lato sacro, grazia da lui non accordata ad altre città.

Due gucrr^i di somma importanza ebbe- ro in questi tempi i Romani , 1' una in Giu- dea , l'altra nella Gallia e Germania. Dif- fusamente è narrata la prima da Giuseppe Ebreo; l'una e l'altra da Cornelio Taci- to. Io me ne sbrigherò in poche parole. Famosissima è la guerra giudaica. Avea quel popolo , ingrato e cieco, ricompensa- to il Messia , cioè il divino Salvator no- stro , di tanti suoi beneflzj , con dargli una morte ignominiosa ; avea perseguitata a tut- to potere fin qui la nata santissima religio- ne di Cristo . Venne il tempo , che la giu- stizia di Dio volle lasciar piombare sopra quella sconoscente nazione il gastigo , già a lei predetto dallo stesso Signor nostro. ^S'erano ribellati i giudei all'imperio ro- mano,, e per una vittoria da loro riporta-»

H 3 ta

* Jose}>b. lìb. 5. de Bello Judaìco.

1 18 Annali d' I t a l i a ta contra Cestii, parca che si ridessero del- le forze romane. ^ Vespasiano irritato for- te contra di «loro, spedì Tito suo figliuolo nella primavera delF anno presente per do- marli. Gerusalemme era ;in que' tempi una delle più belle , forti , e ricche città dell' universo , perchè i Giudei sparsi in gran i^copia per l'Asia e per l'Europa, faceano gara di divozione per ma:ndar colà doni al tempio, e limosine di danari. Per dar an- che a conoscere Iddio più visibilmente, che dalla sua mano veniva ilgastigo, Tito an- dò ad assediarla in tempo , che un'infinità di Giudei era secondo -il costume concorsa colà per celebrarvi la Pasqua : nel qual tempo appunto aveano crocifisso 1' umanato flgliuol di Dio. Che sterminato numero di essi per giusto giudizio di Dio si trovasse ristretto in quella città, come in prigione, si può raccogliere dal medesimo loro Sto- rico Giuseppe , il quale asserisce , che du- rante queir assedio vi perì un milione e centomila Giudei per fame e per la peste. Sanguinosi combattimenti seguirono^ osti- nato quel popolo mai non volle ascoltar proposizioni di pace e di arrendersi. Av- vegnaché riuscisse al copiosissimo esercito romano di superar le due prime cinte di r;i\;ira,.di quella città, la terza nondimeno più forte dell'altre fu bravamente dife- sa dagli assediati, che Tito perde la spe-

ran-

* Tacftus KistoY. lib.'S.

Anno LXX. 119

''di espugnar la città colla forza , e si rirtìlse al partito di vincerla con la fame. Urf prodigioso muro- con fosse e bastioni circonvallazione fatto intorno à Gerusa- lemitie , tolse ad ognuno la via a fuggirse- ne . Però uri' orribil fartie , e la peste sua compa2:na, entrate in Gerusalemme, vi fa- ceano un orrido macello di quegli abitan- ti; i quali anche discordi fra loro e sedi- ziosi, piuttosto amavano di vedere e sof^ ferire ogni pia orribile scempio , che di sugget tarsi di nuovo al popolo romano . Non si può leggere senza orrore la descri- zione , che fa Giuseppe di quella deplorabil miseria, a cui difficilmente si troverà una simile nelle storie . Immense furono le ru- berie e le crudeltà di quei che più potea- no in quella città; le centina] a di migliaja di cadaveri accrescevano il fetore e le mi- serie di coloro che restavano in vita; fa- ceano i falsi profeti , e i tiranni interni più male al popolo^ che gli stessi Roma- ni. Ma nel 23 di luglio, il tempio di Gerusalemme fu preso , e con tutta la cu- ra di Tito Cesare _, perchè si conservasse queir insigne e ricchissimo edificio , Dio permise che gli stessi Giudei vi attaccasse- ro il fuoco , e si riducesse in un monte di sassi e di cenere. S'impadronì poi Tito della città alta e bassa nel mese di settem- bre colla strage e schiavitù di quanti si ri- trovarono vivi . Non solo il tempio , ma an- che la città , parte dalle mani de' vincito-

H 4 i-^j

120 Annali d* Italia

, parte dal fuoco furono disfatti ed at- terrati • e quella gran città rimase per gran tempo un orrido testimonio dell' ira di Dio, siccome la dispersion di quel popolo senza tempio, senza sacerdoti, che noi tuttavia miriamo, fa fede ^ quello non essere più il popolo di Dio, siccome avcano predetto i Profeti .

L' altra guerra , che i Romani sostennero in questi tempi , ebbe principio nella Bata- via., oggidì Olanda, sotto Vitellio . ^ Claiu dio Civile j persona di sangue reale, di gran coraggio-, avendo prese 1' armi;, stuzzicò que' popoli^ e i circonvicini ancora^ a ri- voltarsi contra de' Romani e di Vitellio, con apparenza nondimeno di sostenere il partito di Vespasiano . Diede sul Reno una rotta ad Aciiiiìlo generale de' Romani, e al suo fiacco esercito . Questa vittoria fece voltar casacca a molte delle soldatesche , le quali ausiliarie militavano per l' impe- rio, e commosse a ribellione altri popoli della Germania e della Gallia; e però cre- sciute le forze a Claudio Civile , non riu- scì a lui difficile il riportare altri vantag- gi. Ma dopo la morte di Vitellio, i mini- stri di Vespasiano inviarono gran copia di gente per ismorzar queir incendio . Annio Tallo , e Petilio Cereale furono scelti per ca,pitani di tale impresa. Andò innanzi il terrore di quest' armata , e c^gion fu , che

la

' Tacitus Histor, lib. 4.

Anno LXX, 121

parte rivoltata della Gallia tornasse all^ ubbidienza. -Furono ripigliate alcune città colla forza , date più sconfitte a Civile, e a' suoi seguaci , tanto che tutti a poco a poco si ridussero a piegare il collo , e a ricorrere alla clemenza romana . Domizia- no Cesare in questa occasione, bramoso di non essere da meno di Tito suo fratello, volle andare alla guerra; e ciuciano per paura, che questo sfrenato ed impetuoso giovane non commettesse qualche bestialità in danno delF armi romane , giudicò meglio di accompagnarlo. Seppe poi con destrezza fermarlo a Lione sotto varj pretesti , tan- to che si mise fine a quella guerra ^ senza- chè egli vi avesse mano ; e poscia il ricon- dusse in Italia , acciocché andasse ad incon- trar il padre Augusto, il quale, siccome già dicemmo j venne a Roma nell'anno pre- sente^ e i\i ricevuto con gran magnificen- za dappertutto.

Anno di Cristo lxxi. Indizione xrv-. di Clemente papa 5. di Vespasiano imperadore 3.

Consoli J

Flavio Vespasiano Augij* STO per la terza volta , •^ Marco Coccejo Neìiva.

i\! erva collega dell' imperadore nel conso- lato, divenne anch' egli col tempo impera- tore. Non tennero ess^i consoli se no^ per

lut-

122 Annali d' Italia tutto febbrajo quella dignità , e ad essi sue- cederono nelle calende di marzo F/a*vio Po- miziano Cesare^ figliuolo di Vespasiano, e GnfA Pedio Casto . Merito grande s! era ac- quistato Tito Cesare presso il padre per la guerra gloriosa-mente terminata nella Giu- dea. Maggior anche era il merito de' suoi dolci costumi . ^ Cotanto si faceva egli ariiar dai soldati , che dopo la presa di Gerusa- lemme , r armata romana gli diede il tito- lo militare d' imperadorc; e volendo egli venii'e a Koma , cominciarono tutti con pre- ghiere e poi con minacce a gridare , o che restasse egli , o che tutti li conducesse se- co. Per questo e per qualche altro barlu- me insorse sospetto presso della gente ma- liziosa , eh' egli nudrisse dei disegni di ri- voltarsi contra del padre : il che giammai a lui non cadde in pensiero. Ne fu anche informato Vespasiano, ma siccome egli avea troppe prove dell' onoratezza del -figliuòlo^ così non ne fece caso; anzi udito che già effli era in via^-p-io, il fece dichiarar suo collega nell'imperio, e compagno anche nel- la podestà tribunizia, ma senza conferirgli i titoli di Augusto e di Padre della Pa- tria. Questi onori equivalevano allora ali dignità dei re de'Romiani de' nostri giorni ,' ed erano un sicuro grado, per succedere al padre Augusto nella piena dignità ed au- torità imperiale. * Passando per la città d*

Ar- -

^ Sueton.in Tuo c.-$. ^ Phihstrntus in Jpolhn.Tf7neo.

A N N o LXXL 123

Argos , volle Tito abboccarsi con Apollo-^ nio Tlaneo^ filosofo di gran grido in que- sti temoi , e di cui molte favole hanno spac- ciato i Gentili. Il pregò di dargli alcune •■---le per saper ben governare. Altro non jsse egU,. se nond' imitar Vespasiano sup. padre, e di ascoltar con pazienza De- metrio filosofo cinico, che facea professio- ne, di dir liberamente , e senza adulazione^ risipetto di alcuno , la verità; è cke non h inquietasse, se l'avesse ripreso di qual- che fallo . Tito promise di farlo . Sarebbe da desiderare un filosofo fatto, e conta- le autorità in ogni corte ; e fors' anche in oc;ni paese si troverebbe volendolo. Ma è da temere, che non si trovassero poi tan- ti Titi . Ebbe Tito sentore per istrada del- le relazioni maligne portate di lui al pa- dre ( e forse n' era stato sotto mano auto^ re l'invidioso Domiziano ) con fargli an- che sospettare che Tito non verrebbe , per^ che macchinava cose più grandi. Allora egli s'affrettò, e in una nave da carico, quan- do men s'aspettava , arrivò in corte ; e qua- si rimproverando il padre , eh' era uscito in fretta ad incontrarlo , un po' agramente gli disse: Son venuto^ Signor e Fadre^ son 'venuto .

Fu decretato il trionfo dal senato tanto a Vespasiano, quanto al figliuolo, e sepa- ratamente per la vittoria giudaica. Ma Ves- pasiano che amava il risparmio in tutte le occorrenze , potea sofferir tanta spesa ,

si

làlf Annali d'Italia

^i cortteiltò d' un solo che servisse ad ameri- "due . Non s' era mai veduto in addietro un padre trionfar con un figlio : si vide que- sta volta . Memoria di questo trionfo tut- tavia abbiamo nell'arco di Tito in Roma, dato anche alle stampe dal Bellorio, e vi si mira portato V aureo candelabro dei tem- pio di Gerusalemme. L'essersi felicemente terminate le guerre della Giudea e Germa- nia , diede campo a Vespasiano di fabbri- car il tempio della Pace , e di chiudere quello di Giano ; giacché per tutto V impe- rio romano si godeva un' invidiabil calma . Questa specialmente tornò a fiorire in Ro- ma insieme colla giustizia , per tanti anni in addietro bandita da essa, e vi risorse la quiete degli animi , e l' allegria : tutti effetti dei saggio e dolce governo di Vespa- siano . Buon concetto si avea ne' tempi an- dati di questo personaggio ; ma divenuto imperadore , superò di lunga mano 1' espet- tazion di ognuno . ^ Imperocché tosto si ac^ cinse egli con vigore a ristabilire Roma e r imperio , che tanto aveano patito sotto i precedenti , o principi o tiranni ■; si diede mai posa , finché visse , per levare i disordini, e per abbellire quella gran cit- tà . Chiara cosa essendo , che i passati af- fanni principalmente erano proceduti dall* avidità, insolenza, e poca disciplina de' soldati 5 e soprattutto de' pretoriani , vi ri-

mt-

* Sue:cn. ir: Vespasiano cap^ 8

A ic N o LXXI. 125

mediò col cassare la maggior parte di quei di Vitellio , ed esigere rigorosamente la buona disciplina dai suoi proprj . Per assw curarsi meglio del pretorio , cioè delle guar- die del palazzo j, con istupore d'ognuno creò lo stesso Tito , suo figliuolo e collega , pre- fetto del pretorio: carica sempre innanzi esercitata dai cavalieri , e che perciò diven- ne col tempo la più insigne ed apprezzata dopo la dignità imperiale. ^ La vita di Ves- pasiano era senza fasto. Il venerava ognu- no come signore , ed egli amava all' incon- tro di comparir verso tutti piuttosto con- cittadino , e come persona tuttavia priva- ta. Di rado abitava nel palazzo , più spes- so negli orti sallustiani , luo2;o delizioso. Dava quivi benignamente udienza non solo ai senatori , ma agli altri ancora di qual- sivoglia grado . Vigilantissimo soleva avan- ti giorno , stando in letto , leggere le let- tere e le memorie a lui presentate , am- mettere i suoi familiari ed amici , quando si vestiva, e favellar con loro delle cose occorrenti . Uno di questi era FUnio * il -vecchio . Anche andando per istrada non rifiutava di parlare con chi avea Insogno di lui. Fra il giorno stavano aperte a tut- ti , e senza guardia , le porte della sua abi- tazione . Sempre interveniva al senato , mO' girando \\ convenevol rispetto a quell'or-r dine 'insigne j v'era affare d'importane

za,

^ Ph //>. 66, 2 piiniyj Junior. Uk. 4.. E^ist-

126 Annali d' Itali a ia , che non. comunicasse con loiO.-Soven^ te ancora andava in piazza k rendere giu- stizia al popolo. E qualora per la sua avan- zata età non potea portarsi al senato, gli partecipava i suoi sentimenti in iscritto, ' incaricava i suoi figliuoli di leggerli . Ne solamente in ciò dava egli a conoscere la stima che facea del senato, ma eziandio col voler sempre alla sua tavola molti do' senatori , e coli' andar egli stesso non rade. volte a pranzare in casa degli amici e dei familiari suoi. Sapeva dir delle burle ^ f pungere con grazia ; s' avea a male , s altri facea lo stesso verso di lui. Diletta- vasi massimamente di praticar colle perso- ne savie, per le quali non v'era portiera^ e fu udito dire ^ ; Oh potessi io comanda- re a del sagQÌ , e che anche i saggi -potes- sero comandare a me ! Non mancavano nep- pure in que' tempi pasquinate e satire con- tifa di lui ; ma egli ^ benché ne fosse av- vertito, non se ne alterava punto, segui- tando ciò non ostante a far ciò che ripu- tava utile alla repubblica. Allorché Vespa- siano era in Grècia col pazzo Nerone ^ , vedendolo un nel teatro prorompere in parole e geisti indecenti alla sua dignità , non seppe ritenersi dal fare un cenno di stupore e disapprovazione. Febo liberto di Nerone, osservato ciò, se gli accostò,

dis-

' Bto Ut;. 66. Suttoniui in p'esf asiano cap. 14.

A N N o LXXI. 127

fissegli che un par suo non istava bene in quel luogo. Dove volete di io vada? disse allora Vespasiano. E il superbo ed inso- nte liberto 'replicò , che andasse alle for- che, Costui ebbe tanto ardire di presentar- si davanti a lui, già divenuto imperadore, per addurre delle scuse . Altro male non gli fece Vespasiano , se non di dirgli , che se gli levasse davanti , e andasse alle for- che, Con rara pazienza sofferiva egli^ che gli si dicesse la verità ^ e godeva quel bel privilegio, tanto esaltato da Cicerone in Giulio Cesare, di dimenticar le ingiurie. Maritò molto decorosamente tre figliuole di Viteìlio ; e benché si trovasse più d'uno, che macchinò congiure contra di un prin- cipe sì buono , contuttociò niuno mai ga- stigò se non coli' esilio, solendo anche di-* re , che compativa la pazzia di coloro ^ i quali aspiravano all' imperio , perchè non sapevano , che aggravio e spine V accompa- gnassero . Però sua usanza fu di guadagnar coi benefizi , e non di rimeritar coi gasti- ghi , chi era stato ministro della crudeltà de' tiranni , perchè volea credere, che aves- sero così operato più per paura , che per malizia. E questo perora basti de' costumi di Vespasiano. Ne riparleremo andando in- nanzi , come potremo , giacche si son per- dute le storie di Tacito , e con ciò a noi manca il filo cronologico delle azioni lo- devoli di questo principe. -^

An-

128 Annali d' Italia

Anno di Cristo lxxii. Indizione xt, di Clemente papa 6. di Vespasiano impera dorè 4.

r Vesfasiano Augusto pe^r la ^ r J quarta volta,

Consoli ^ rr^ ^ -e !> 1

I liTo Flavio Cesare per la v seconda ,,

D=

appoichè Mudano venuto a Roma co- KHnciò a godere de' primi onori, il gover- no della Siria fu dato da Vespasiano a Ce- sennio Peto. Scrisse egli a Roma, che ^n- tioco re della Comagene ^ il più ricca dei re sudditi di Kom-a , con Eplfane suo fi- gliuolo teneva dei trattati segreti con Va- hgeso re dei Parti , disegnando di rivoltar- si. Dubita Giuseppe Ebreo ^y se Antioco fosse di ciò innocente ^ o reo , ed inclina piuttosto al primo. ^Peto gl'i volea poco be- ne , e potè ordir questa trama . Vespasia- no, a cui troppo era difficile il chiarire la verità, ne volea trascurar l'affare, essendo, jli somma importanza quella provincia per le frontiere della Soria e dell' imperio ro- mano : mandò ordine a Peto di far ciò ch'egli credesse più convenevole e giusta in tal congiuntura. Pertanto unitosi quel governatore con Aristobolo re di Calcide , e con Soemo re di Emessa ^ entrò coli' eser-^

cito

* Joscf^h. de Bella ./.vi.7;>. J:Ù. 7-

Anno LXXII. 129

cito nella Comagene. A questa inaspettata mossa Antioco si ritirò con tutta la sua famiglia , e senza volere far fronte all' ar- mi romane , lasciò che Peto entrasse in Samosata capitale de' suoi stati. Epifane e Callinico suoi figliuoli, prese T armi , fece- ro qualche resistenza : ma tardarono poco i lor soldati a rjendersi ai Romani. Si ri- fugiarono essi alla corte di Vologeso re dei Parti , che gli accolse , non già come esi- liati, ma come principi. Antioco lor padre fuggi nella Cilicia . Peto inviò gente a cer- carlo, ed essendo stato colto a Tarsi, fu caricato di catene, per essere condotto a Roma. Noi permise Vespasiano, e spedì ordini , che fosse rimesso in libertà , e che potesse abitare a Sparta, dove gli facea somministrar tutto 1' occorrente , acciocché vivesse da par suo . Per intercessione poi di Vologeso ai di lui figliuoli fu permesso di venire a Roma. Vi venne anche Antio- co, e tutti riceverono trattamento onore- vole, senza più riaver quegli Stati. Siamo assicurati da Suotonio ^ , che la Comage- ne^ siccome ancora la Tracia , la Cilicia , e la Giudea , furono ridotte in provincia sotto Vespasiano, cioè immediatamente go* vernate dagli ufiziali romani. Ma non tut- to ciò avvenne sotto il presente anno . Fe- ce in questi tempi Vologeso re de' Parti istanza d' ajuti a Vespasiano , perchè gli Tom. II. I Ala-

' Tueton. in resf asiano cip. 8.

130 Annali d'Italia

Alani , feroce popolo della Tarlarla , en- trati nella Media obbligarono a fuggirne Facoro re di quel paese , e T'iridate re delV Armenia^ minacciando anche il dominio di Vologeso. Non si volle mischiar Vespasia- no negli affari di que' Barbari ; e forse di qua venne qualche alterazion di animo fra eli loro . Sappiamo da Dione ^ , avere quel superbo re scritta una lettera con questo titolo: Arsace re dei re a Vespasiano ^ sen- za riconoscerlo per imperador de' Romani. Vespasiano lungi dal farne rimprovero o doglianza alcuna , gli rispose nel medesimo tenore: Ad Arsace re del re Vespasiano» Cretesi * che in questi tempi avvenisse qualche guerra nella Bretagna , dov' era an- dato per governatore Petìlio Cereale j con far quivi 1' armi romane nuove conquiste . Seguitava intanto Vespasiano a far dei saggi regolamenti 3 ^ per levar gli abusi<> e rimettere il buon ordine in Roma. OsfHl servate alcune persone indegne ne' due no- bili ordini senatorio ed equestre, le levc^

e perchè era scemato di molto il nu^J de' medesimi senatori e cavalieri , per-

via ;

mero

la crudeltà de' regnanti precedenti^ aggre- gò a quegli Ordini le famiglie e persone più riguardevoli e degno , non tanto di Ro- ma, quanto dell'Italia e dell' altre provin- cia . Trovò che le liti civili erano cresciu- te

» Dio Ub,66. * T.u:tus in Vita jfgricoU Cfi^'V' ^ Sueton, in f^es^Jiian. ca^. 9.

Anno LXXII. 131

ffe a clismìsiira, andavano in lungo, e si eternavano anche talvolta : in ale non fore- stiere anche in altri tempi , è in altri luo- fhi. Cercò di rimediarvi con eleggère varj ludici, che le sbrigassero senza attender- le le formalità e lunghezze ordinarie del foro. Per mettere freno alla libidine delle donne libere , che sposavano gli schiavi , rinnovò il decreto, che anch'esse perduta la libertà divenissero schiave. Per frastor- nar Coloro che prestavano danaro ad usura ài figliuoli di famiglia , vietò il poterlo esi- gere dopo la morte dei padri . Ma nulla più contribuì alla correzion de' costumi , e a far cessare il soverchio lusso de' Romani, che l'esempio dell' imperadore stesso. Par- ca era la merrsa sua; semplice è non mai pomposo il suo vestire; sicura dal di lui potere l'altrui onestà. II disapprovar egli colle parole e coi fatti gli eccessi introdot- ti , più che le leggi e i gastighi y ebbe for- za d'introdurre la riforma de' costumi nel- la nobiltà , e in chiunque desiderava d' ac- quistare o conservar la grazia di lui . Ave* va ^ egli conceduta una carica ad un gio- vane . Andò costui per ringraziarlo tutto profumato . Questo bastò , perchè Vespasia- no guatandolo con disprezzo gli dicesse : Avrei avuto più caro^ che tu puzzassi d' aglio; e gli levò la patente. Oltre a ciò per guarire V altrui vanità e superbia col

I 2 pro-

5 Sueton. in res^asiarw r^f/». 8.

T5.2 Annali d' Italia proprio esempio j parlava egli stesso della bassezza della prima sua fortuna, e si rise di chi avea compilata una genealogia pie^ na di adulazione , per mostrare ^ eh' egli discendeva dai primi fondatori della città di Rieti sua patria, e da Ercole. Anzi ta-» lora nella state andava a passar qualche giorno nella villa, dov' egli era nato, fuo^ ri di Rieti , senza voler mai , che a quel luogo si facesse mutazione alcuna , per ben ricordarsi di quello eh' egli fu una volta ,. E in memoria di Tenulla sua avola pater-r na , che V avea allevato , nei solenni e festivi solca bere in una tazza d'argento, da lei usata .

Anno di Cristo lxxHi. Indizione i, di Clemente papa 7. di Vespasiano imperadore 5,

r Flavio Domiziano Cesar Consoli -«; per la seconda volta,

L Marco Valerio J/Iessalino

1

V^onsole ordinario fu in quest'anno Pomi zia/io, * non già per li meriti suoi , pe^, elezione del saggio suo padre , ma pcrchéU| il buon Tito, suo fratello, disegnato per sostenere anche nell'anno presente riguar devol dignità, la cedette a lui, e pregò i padre di contentarsene. E si vuol qui ap

ipun-

* Idem C0p. la. * Jdent in Domi ti ano caf- a-

Anno LXXIÌL 133

pnrìio avvertire , cHe esso Tito era in tut- ti gli aiFari il braccio diritto del vecchio padre . ^ A nome di lui dettava egli le lettere è gli editti^ e per lui recitava in Senato le determinazioni occorrenti . Secon- dochè é'ha dalla cronica d'Eusebio -, cir- ca questi tempi ( se pur ciò non fu più tardi frAcaja, la Licia, Rodi, Bisanzio, Samo^ ed altri luòghi di Oriente pèidero- ho la lor libertà;, perchè se ne abusavano in danno lor proprio per le sedizioni e rie- ihicitie regnanti fra i cittadini. Non si rnandava colà proconsole o governatore ro- mano in addietro , lasciando che si gover- nassero coi proprj magistrati, e colle lor leggi . Da qui innanzi furono sottoposti al governo del presidente inviato da Roma , e a pagare 1 tributi al pari dell'altre pro- Vincie. Per attestato ancora di Filostrato ^ ^ Apollonio Tlaneo , filosofo rinomato di que- sti tèmpi , grande strepito fece contra di Vespasiano, perchè avesse tolta alla Grecia quella libertà che Nerone , tuttoché princi- pe sì cattivo , le avea restituita . Ma Vespa- dano il lasciò gracchiare , dicendo che i Greci aveario disimyarato il go'vernarsi da gente libera. II Calvisio , il Petavio, il Bianchini , ed altri , non per certa cognizio- ne del tempo, ma per mera conjettura, ri- feriscono a quest'anno la cacciata de' Filo-^

1 3 sofi

' Idim in Tito cap.6. * 'Euuh. in Chron. ^ Philostratus in Afollon, Tyan,

$34 Annali ij' Italia soji da Roma: risoluzione che par contra- ria alla saviezza di Vespasiano ^ ma che fu fondata sopra giusti motivi . Le diede ini* pulso Elvidlo Prisco nobile senatore roma- no, e professore della più rigida filosofia^ degli stoici , la qual era allora più dell' al- tre in voga presso i Romani . A questo per- sonaggio fa un grande elogio Cornelio Ta- cito ^ con dire , aver egli studiata quella filosofìa, non già per vanità, come molti faceano , per darsi all' ozio , ma per prov* vedersi di costanza ne' varj accidenti della vita , per sostenere con equità e vigore i pubblici ufizj , e per operar sempre il be-r ne^ e fuggire il male . Perciò s' era acqui- stato il concetto d'essere buon cittadino, buon senatore, buon marito, buon genero, buon ^mico , sprezzator delle ricchezze , in-!- flessibile nella giustizia , ed intrepido in qualsivoglia sua operazione . Anche Aria- no ^, Plinio.^ il giovane, e Giovenale fu- rono liberali di lodi verso di Prisco. M^ egli era troppo invanito dell' amor della gloria, cercandola ancora per vie mancan- ti di discrezione . ^ Gli esempli di Trase^ Feto , suocero suo , uomo da noi veduto lo patissimo ne' tempi addietro, gli stavan sempre davanti agli occhj , per parlare fran camente, ove si trattava del pubblico be-^ ne. Ma non sapea già imitarlo nella pru

den

X

m 1

1

' Tacitus lib. 4. Historiar, cap. 5. * Atùan. in B^i^ct. 3 Piinitfs junior lil>. ^ E^iìt,%ì' ^ Dio lib. 66,

Anno LXXIIL 135

denza . Trasea ancorché avesse in orrore i vizj e le tirannie di Nerone , pure nulla dicea o facea , che potesse offenderlo . So- lamente talvolta si ritirò dal senato , per non approvare le di lui bestialità e crudel- tà : il che poi gli costò la vita.

Ma Elvidio si facea gloria di parlar con vigore e libertà senza riguardo alcuno . Co- sì operò sotto Galba , sotto Vitellio ; ma più usò di farlo sotto Vespasiano , quasi- ché la bontà di questo principe dovesse ser- vire di passaporto alla soverchia licenza delle sue parole . Il peggio fu , eh' egli sco- prendosi nemico della monarchia, e tenen- do sempre il partito del popolo , non si facea scrupolo di darsi in pubblico e ip privato a conoscere per persona che odia- va Vespasiano. Allorché questo principe ar- rivò a Roma ^ ito a salutarlo, non gli die- de altro nome , che quello di Vespasiano. Essendo pretore nell'anno 70, in ninno de' suoi editti mai mise parola in onore di lui , anzi pure il nominò . Ma questo era poco. Sparlava di lui dappertutto, lo- dava solamente il governo popolare, e Bru- to ^ e Cassio ; formava anche delle fazioni contra del dominio cesareo . Andò così in- nanzi r ostentazione di questo suo libero parlare, che nel senato medesimo giunse a contrastare e garrire insolentemente col- lo stesso Vespasiano , quasiché fosse un suo eguale j ^ perlocchè d'ordine dei tribuni

I 4 del-

* Sueton, in ^es^ asiano cn^, 15.

13^ Annali d' Italia della plebe fu preso e consegnato ai litto- ri , o sia ai sergenti della giustizia . Il buon Vespasiano, a cui forte dispiaceva di per- dere un SI fatt' uomo , eppur non credea be- ne d' impedire il riparo alla lui insolen- za , USCÌ di senato quel piangendo, e con dire : O mio figliuolo mi succederà^ o niun altro : volendo forse indicare che Elvidio con quelle sue impertinenti maniere addi- tava di pretendere all'imperio. Pure la cle- menza di Vespasiano non permise che si decretasse ad uomo si turbolento ^ che in- quietava e screditava il presente governo , e mostravasi tanto capace di sedizioni, se non la pena dell' esilio . Ma perchè verisi- milmente neppur si seppe contener da innanzi la lingua di questo imprudente fi- losofo , fu ( non si sa in qual anno ) con- dennato a morte dal senato , e mandata gente ad eseguire il decreto . Vespasiano spedì ordini appresso , per salvargli la vi- ta; ma gli fu fatto falsamente credere che non erano arrivati a tempo . Probabilmen- te Mudano , che men di Vespasiano ama- va Elvidio, il volle tolto dal mondo c( questa frode . E fu appunto in tale occa- sione ^, ch'esso Muciano persuase all'im- peradore di cacciar via da Roma tutti i filosofi , e massimamente coloro che profes--^, savano la filosofia stoica, maestra della su-^| perbia . Imperciocché oltre al rendersi da questa gli uomini grandi estimatori di se

stes-

' Dio ab. 66.

la-H :QXìBI

Anno LXXIII. 137

stessi, e spruzzatori degli altri, i seguaci d' essa altro non faccano allora , che decla- mar nelle scuole, e fors' anche in pubblico, contra dello stato monarchico, e in favore del popolare, svergognando una scienza che dee inspirare V ossequio e la fedeltà verso qualsivoglia regnante . E tanto più dovea farlo allora Elvidio , che ai precedenti ti- ranni era succeduto un buon principe , qua- le ognun confessa che fu Vespasiano, e la sua vita il dimostra. Fra gli altri andaro- no relegati nelle isole Ostilio e Demetrio filosofi anch'essi. Portata al primo la nuo- va del suo esilio , mentre disputava contra dello stato monarchico, maggiormente s'in- fervorò a dirne peggio, benché dipoi mu- tasse parere. Ma Demetrio, siccome pro- fessore della filosofia cinica, o sia canina, che si gloriava di mordere tutti, e di non portare rispetto ai difetti e falli di chiches- sia ^ , dopo la condanna vedendo venir per via Vespasiano , noi salutò , e neppur si mosse da sedere , e fu anche udito borbot- tar delle ingiurie contro di lui . Il pazien- te principe passò oltre , solamente dicen- do : Ve' che cane ! mutò registro , an- corché Demetrio continuasse a tagliargli addosso i panni ; perciocché avvisato di tan- ta tracotanza, pure non altro gli fece di- re all'orecchio, se non queste poche paro- le : Tu fai quanto -puoi^ yerch' io ti faccia

am-

' Sutnn. in Vacati eno ca^. 13.

138 Annali d' Italia ammazzare : ma io non mi perdo ad ucci- dere can che abbai . Per attestato di Dio- ne il solo Gajo Musonio Rufo^ cavaliere romano , eccellente filosofo stoico , non fu cacciato di Roma : il che non s' accorda colla Cronica d' Eusebio , da cui abbiamo che Tito dopo la morte del padre il ri- chiamò dall' esilio .

Anno di Cristo lxxiv:. Indizione ir. di Clemente papa 8. di Vespasiano imperadore 6,

r Flavio Vespasiano augusto n tJ per la quarta volta j,

Consoli "^ m ^ -n /^ 7

Tito Flavio Cesare per la l_ terza .

A 4

-i^ Tito Cesare , che dimise il consolato" succedette nelle calende di luglio Domizia^ no Cesare suo fratello . Terminarono ijHj quest'anno Vespasiano e Tito il censo, ^^ sia la descrizione de' cittadini romani , eh' essi aveano già cominciato come censori negli anni addietro. E questo fu Fultim de' censi fatti dagl' imperadori romani Scrìve Plinip il vecchio ^ , che in tale oc- casione si trovarono fra l' Apennino e il Po molti vecchj di riguardevol età. Cioè tre in Parma di centoventi, e due di cen- to trenta anni ^ in Brescello uno di cento

ven-

' Plinius Hfster. Naturai. Hb.y. ca^'AS'

A N K o LXXIV. 139

venticinque ; in Fiacenza uno di cento tren- tuno ; in Faenza una donna di cento tren- tadue ; in Bologna e Rimini due di cento cinquanta anni , se pure non è fallato , co- me possiam sospettare , il testo . Aggiugne essersi trovati nella Regione ottava delV Italia , eh' egli determina da Rimini sino a Piacenza, cinquantaquattro persone di cen- to anni; quattordici di cento dieci ; due di cento venticinque^ quattro di cento tren- ta ; altrettanti di cento trentacinque ^ o cento trentasette; e tre di centoquaranta. Dal che probabilmente può apparire , qual fosse tenuta allora per la più salutevol aria d' Italia . Se in altre parti d'' Italia si fosse- ro osservate somiglianti età_, non si sa ve- dere , perchè Plinio 1' avesse taciuto. Circa questi tempi ^ mancò di vita Cenide', don- na carissima a Vespasiano , liberta di An- tonia , madre di Claudio Augusto . Avea Vespasiano avuta per moglie Flavia Domi- tilla^ che gli partorì Tito e Domiziano. Morta costei , ebbe pei' sua amica questa Cenide, e creato anche imperadore la ten- ne quasi per sua moglie , amandola non solamente per la sua fedeltà e disinvoltu- ra , e per molti beneiizj da lei ricevuti , -quando era privato , ma ancora perchè gli serviva di sensale per far danari . Era 1* avarizia forse l'unico vizio, per cui uni- versalmente veniva proverbiato questo im-

pe-

D/a lib. 66. SuetonJn res^asiar.o ca^.i.

t^ó Annali dìtalia peradore. ^ Mostravasi egli non mai coil^ tento di danaro. A questo fine rimise in piedi alcune imposte e gabelle, abolite giS da Galba ; ne aggiiinse delle nuove e gra- vi^ accrebbe i tributi che si pagavano dar- le Provincie _, ed alcune furono tassate :' doppio. Lasciatasi anche tii'are 3l far n mercimonio vergognoso per un par suo col comperar còse a buon mercato , per renderle poi caro. Genite anch'essa l'aju*' tava ad empiere la boTsa . A lei si acccf-^' staTa- chitmque ricercava saterdozj e cari'-* che civili e militarr , accompagnando le;- suppliche Con esibizioni proporzionate ai- profitto dei posti desiderati. si bada- va, se questi concorrenti fossero, ó no"rìt^ ft)ssero uomini dabbene, purché ^ené spre-' messe d^l sugo. Si' vendevano' in questa maniera anche T altre gracile del princiìoe^ e le pene, per chi potea , venivano riscat-' tate Col danafó. Di tutto si credeva coriì'' sapevole e partecipe Vespasiano". E tanto* egli si lasciava vincere da questa avidità ^- die cadeva in bassez'ze. * Avendo' i depu-' tati una città chièsta licenza di alzare" in onor suo una statua, la cui spesa ascen- derebbe a Venticinqùemila dracme, per far loro conoscere che amerebbe più il danaro in natura, stese la mano aperta condire: Ec- covi la base, dove potete mettere la vostra :ìtcLtua\ Era egli stesso ilprim^o a porr^ ili

bur-

* Idim ibid. ca^. J. *' Id(^ i^i^- f^P- ^3- ^io Ub'.^éi'

Anno LXXIV. 141 burla questa sua sete d' oro per coprirne la. vergogna, e si ridava di chi poco approvava le sue vili maniere, per adunarne.. Uno di questi fu suo figliuolo Tito , che nori po- tendo sofFerire uua non so quale imposta, da lui messa sopra l' orina , seriamente gliene parlò, con chiamar fetente queir ag*- gravio . Aspettò Vespasiano , che gli por-' tasserò i primi frutti di quel]' imposta , e fattili fiutare al figlio , dimandò se qiielV oro savea cfi cattivo odore. Un giorno , '^V egli era per viaggio in lettiga , si far-

j il mulattiere con dire che bisognava ferrar le mule . Sospettò egli dipoi inven- tato da costui un tal pretesto , per dar tempo ad un litigante di parlargli , e di esporre le sue ragioni . E però gli dimandò poi quanto avesse guadagnato a far fer- rare le mule j -perche voleva ecscr a -parte. del guadagno. Questo forse disse per bur- la. Ma da vero operò egli con uno de' suoi più cari cortigiani , che gli avea fatta istan- z.a d'un posto per persona da lui tenuta in luogo di fratello . Chiamato a se quel tale , YoUe da lui il danaro pattuito con fargli la grazia. Avendo poscia il cortigiano replicate le preghiere , siccome non infor- mato della beffa, Vespasiano gli disse: Va

cercare un altro fratello , perche il prò-- imto da te^ non è tuo, ma mio fratello,

Tgl^ era l' industria e continua cura di Vespasiano^ per amm.assar danari, cura in lui biasimata e non senza ragione j, dagli sto-

o rici

142 AnistAli d' Italia rici di allora , e più dai sudditi . Credevano al- cuni , che dal suo naturale fosse egli portato a questa debolezza ^ ed altri , che Musciarfo glieFavesse inspirata ^con rappresentargli che neir erario ben provveduto consisteva la forza e la salute della repubblica , pel mantenimento delle milizie , come per ogni altro bisogno. Tuttavia il brutto aspetto di questo vizio si sminuisce di molto al sapere, come osservarono Suetonio ^ e Dione * 5 che Vespasiano non fece mài morire persona, per prendergli la roba , mai per via d' ingiustizie occupò V altrui . Quel che è più , non amava , cercava egli le ric«^^ chezze , per impiegarle ne' suoi piaceri j perchè sempre fu moderatissimo in tutto , soleva spendere senza necessità , conten- to di poco . Appariva eziandio chiaramente , quanto egli fosse lontano dal covare con viltà il danaro _, perciocché lo dispensava allegramente, e con saviezza in tutti i bi- sogni del pubblico , e per ornamento di' Eoma , e in benefìzio de' popoli . Sapeva regalare chi lo meritava 3 ^ sovvenire a" nobili caduti in povertà * anzi la sua lib ralità^ si stendeva a tutti . Promosse e somma^ attenzione Tarli e scienze, fa\ rendo in varie maniere chi le coltivava; e fu il primo, che istituisse inKoma scuo le d' eloquenza greca e latina , con bu

sala-

^ Sueton. in Vespasiano cap. 16. ^ Dia Ub. f6' ^ Suetoftf in Vespasiano cap. i/*

i

Anno LXXIV. iz^^

salario pagata dal suo erario . Prendeva al suo servigio i migliori poeti ed artefici che si trovassero , e tutti erano partecipi della sua munificenza . A lui premeva spe- cialm.ente, che il minuto popolo potesse guadagnare. A questo fine faceva di quan- do in quando de^'m.agnifici conviti; e ad un valente artefice ^ che gli si era esibito di trasportare con poca spesa molte colon- ne , diede bensì un regàio, ma di lui non si volle servire , per non defraudare di quel guadagno la plebe. In Romia edificò degli acquidotti , alzò uno smisurato co- losso , solamente fece di pianta varie fabbriche insigni , ma eziandio rifece le già fatte dagli altri , mettendovi non già il nome suo, ma quel de' primi fondatori. Erano per cagion de' tremuoti cadute, o per gì' incendj molto sformate assaissime città dell' imperio romano . Egli alle sue spese le rifece, e più belle di prima. La stessa attenzione ebbe per fondar delle cc^- lonie in varie città, e per risarcir le pub- bliche strade dell'imperio ^. Restano tut- tavia molte iscrizioni * per testimonianza di ciò . Gli convenne per questo tagliar montagne^ e rompere vasti macigni 3 e per tutto si lavorava, senza salassar le borse \ de' popoli. Rallegrava ancora il popolo col- \ la caccia delle fiere negli anfiteatri j ma

ab-

* Aurelius n&or. in Breviar.

* Gruterus Thesanr. Inscription. Thesaurus Novus feter. inscrjptfofì. Muratorian.

144 ANNAti d' Italia abboniva ì detestabili combattimenti de* gladiatori . Aggiungasi per testimonianza di Zonara ^, che^ Vespasiano mai non voi» le profittar dei beni di coloro qhc aveano

JDrese Tarmi centra di lui, ma li lasciò ai or figliuoli o parenti . Ed ecco ciò che può servire , non già per assolvere questo prin^ cipc da ogni taccia in questo particolare , ma bensì per iscusarlo, meritando bene il buon uso ch'egli facea del danaro^ che si accordi qualche perdono alle indecenti ma- niere da lui tenute per raunarlo. Se non è scorretto il testo di Plinio il vecchio ^ , abbiamo da lui^ che in questi tempi mi- surato il circondario delle mura di Roma, trovò esser di tredici miglia e dugento passi . Un gran campo occupavano poi i borghi suoi.

Anno di Cristo lxxv. Indizione iij, di Clemente papa 9. di Vespasiano imperadore 7.

r Flavio Vespasiano AuguS Consoli -^ STO per la sesta volta ,

c_ Tito Cesare per la quarta .

IMclIe calende di luglio furono sustituiti nel ^ consolato- F/avio JDomiziano Cesare per la ^| quarta volta , t Marco Licinio linciano per la ^ ter^^a. In gran favore continuava Muoiano

ad

* Zonaras Annali * Plinìus Histor. Natur< lih^ 3. C: 5.

Anno LXXV. 145

acì essere presso di Vespasiano . ^ Natural- mente superbo , e più , perchè alzato ai primi onori , sapea ben far valere la sua autorità . - Sopra gli altri della corte pre-r tendea d' essere ossequiato e rispettato . Verso chi gli mostrava anche ogni meno- mo segno di x:listinzione in onorarlo , an- dava in eccessi , in proccurarglì posti ed avanzamenti .' Guai all'incontro a chi non dirò gli facea qualche affronto od ingiuria, ma solamente lasciava di onorarlo: l'odio di Muciano contra di lui diveniva impla- cabile . Costui pubblicamente era perduto nelle disonestà , e vantava tuttodì i gran servigi da lui prestati a Vespasiano : suo .dono chiamava ancora quel diadema eh' egli portava in capo . A tanto giunse tal- volta questa sua boria , e la fiducia de' meriti proprj , che nemmeno portava ri- spetto allo stesso imperadore . E pure nulla più fece risplendere , che magnanimo cuo- re fosse quel di Vespasiano, quanto la pa- zienza sua in sopportare quest' uomo , te- mendo egli sempre di contravvenire alla gratitudine , se V avesse disgustato , non che punito. Anzi neppure osava di riprenderlo in faccia ; ma solamente con qualche co- mune amico talora sfogandosi , disappro- vava la di lui maniera di vivere, e dice- va: Son pur uomo anch' lo : tutto accioc-r che gli fosse ritoito , per desiderio che si Tom. II. K emen-

^ Sueton. in Vespasiano f. IJ. * p/o in Excerptis Valesìan.

14^ Anna L I d' Itali A

emendasse . ^ Fu anche dagli amici consi- gliato Vespasiano di guardarsi da 3Ietio Fomposiano , perchè egli fatto prendere il proprio, oroscopo|si vantava che sarebbe un imperadore . Lungi dal fargli male, Vespasiano il creò console ( noi non ne sappiamo V anno ) dicendo più probabil- mente per burla , che da senno : Costui si ricorderà un giorno del bene che gli ha fat^ to . Dedicò esso Augusto , cioè fece la so- lennità di aprire e consecrare il tempio della Pace, da lui fabbricato in Roma in vicinanza della piazza pubblica > per rin- graziamento a Dio della tranquillità dona- ta al romano imperio , e particolarmen- te a Roma , dopo tanti torbidi tempi pa- titi sotto i precedenti tiranni . Plinio * chiama questo tempio una delle più bel- le fabbriche che mai si fossero 'f^edute . Ero- diano ^ anch'* egli scrive , eh' esso era il più -vasto^ il più ^ago e il più ricco edifizio che si avesse in Roma, Immensi erano ivi gli ornamenti d^ oro e d" argento ; e fra gli altri vi furono messi il candelabro ^ insi- gne e gli altri vasi , portati da Gerusalem- me dopo la distruzione di quel ricchissi- mo tempio . Ma che ? questa mirabil fab- brica circa cento anni dipoi regnante Com- _ modo Augusto , per incendio o casuale , oifj sacrilego , rimase affatto preda delle fiamme .

An-

' Sueton. Ì7t Vespasiano cap. I4. Dio lib. 66-

* Plinitts Uh. 36. cap. 15.

* Htrodian» Uy.i.c.i^' ^ Joseph, de Bello Judaic Uh. 7. c-x^-

Ann o LXXVI. t4Z

ÌÌno di Cristo' lxxvi» Indizione iv. di Clemente papa io. di Vespasiano imperadore 8.

r Flavio Vespasiano Augu-

Consoli -{ sto per la settima volta ,

L Tito Cesare per la quinta.

JiAbbiamo sufficienti lumi per credere su- stituito all'uno di questi consoli nelle ca- lende di luglio Domiziano Cesare , pro- babilmente per la cessione di Tito suo fra- tello . Secondo il Panvino' ^ succedette, an- cora air altro' console ordinario Tito Plau^ tió Silvano per la secorl i volta. Ma non altro fondamento ebbe quel ciotto uomo assegnare all' anno presento il secondo con- solato di costui , se non il sapere eh' egli due volte fu console . Che nel gennajo di quest'anno nascesse Adriano^ il qual poscia divenne imperadore , l' abbiamo da Spar- ziano . Fiori ancora in questi tempi , per attestato di Eusebio *, Quinto AscónioFe^ diano ^ storico di molto credito, di cui restano tuttavia alcuni Commenti alle Ora- zioni di Cicerone. In età di anni settati-, tatrè divenne cieco questo letterato , e ne sopravvisse dodici altri , tenuto sempre in grande stima da tutti. Era in questi tem- pi governator della Bretagnaì Giulio Fron-^

K 2 tino

* Panvin. in Fastis . » Eusebius in Chronico .

T4§ A X N A L I "l)' T T A L I A tino^ e gli riuscì di sottomettere i popoli Si- luri in quella grand' isola all' imperio ra- mano . Era venuto a Koma Agrlppa ^ re àeWIturea^ figliuolo di Agrippa il gran- de ^ stato già re della Giudea ; ed avea con-> dotta seco Berenice ^ o sia Beronlce sua sorella, giovane di bellissimo aspetto, già maritata con Erode re diCalclde suo zio*^ e poscia con Folemone re di ClUcla. Se n'invaghì Tito cesare. Fors' anche era co- minciata ia tresca^ allorché egli fu alla guerra contra de' Giudei . Agrippa ottenne il grado di pretore. Berenice alloggiata nel palazzo imperiale , dopo aver guadagnato Vespasiano a forza di regali , fattamen- te s'insinuò nella grazia di Tito^, che spe- rava oramai di cangiar l'amicizia in ma- trimonio y e già godeva un tal trattamen- to e autorità, come s'ella fosse stata vera moglie di lui. Ma perciocché secondo le leggi romane era vietato ai nobili romani di sposar donne di nazion forestiera , o sia barbara ( Barbari erano allora appellati i popoli tutti , non sudditi al romano impe- riò ) o pure perché i re, tuttoché sudditi di Roma^, erano tenuti in concetto di ti-^ ranni : il popolo romano altamente mormo- rava di questa sua amicizia , e molto pili della voce sparsa , che fosse per legarsi se- co pienamente col vincolo matrimoniale . Ebbe Tito cotal possesso sopra la sua pasr

sio-

' Dio lib. 66. ' Joseph. ArAiq- Judaicar. lib. l^.

^ Anno LXXVI, n^^

siorfé , è éV a Cuore il proprio onore , che arrivo a liberarsene, con farla ritornare al 5U0 pae^. Suetonio ^ attribuisce a Tito questa eroica azione , dappoiché egli fu crea- to imperadore , laddove Dione * pada circa questi tempi . Ma aggiugnéndo esso Dione, che Berenice dopo ìa. morte di Ve- --pasianò ritornò a Roma , sperando allora di fare il suo colpo, e che ciò non ostan- te rimase delusa , si accorda facilmente V asserzione delF utio e dell' altro storico.

AnUò di' Cristo lxxvii/ IncJizione v^' di Cleto papa i. di Vespasiano imperadore 9.

r Flavio Vespasiano Augù-

^1 V j STO per la ottava volta," consoli -^ m 17 /-. V .

.'• Tito Flavio Cesare per fa.

L sesta .

X u nerie caleride di' luglib conferito il con- solato a Domiziano Cesare per sestà vol- ta , ed a. Gheo Gliitio agricola ^ cioè a quél medesim'ó, dt cui Cornelio Tacito , suo ge- zievoj, ci ha lasciata vita. Terminò in quest' àtinb Gajo Plinio^ Secondo 3 veronese i suoi libri della Storia Naturale, eli de- dicò a Tito Cesare, eh'' egli nomina con- sole per la sesta volta , e à conoscere ,

K j quan-"

* Sueton. in Ttto cap. 7. ^ Dio Uh. 66, ^ Plinius Senior in Prafatione .

150 Annali d' Itali a quanto amore quel buon principe avesse pex lui, e quanta stima per gli suoi libri. S'è salvata dalle ingiurie de' tempi quest'Ope- ra delle più insigni ed utili dell' antichità, perchè tesoro di grande erudizione; ma è da dolersi che sia pervenuta a noi alquan- to difettosa , e che per la mancanza d' an- tichi codici non sia possibile il renderne più sicuro ed emendato il testo. Anche ai tempi di Simmaco camminava scorretta que- sta istoria 5 siccome costa .da una sua let- tera ad Ausonio . Son periti altri libri di Plinio , ma non di tanta importanza , come il stiddetto . Abbiamo dalla cronica di Eu-r sebio ^_, essere stata nell'anno presente, p pure nel seguente , sommamente afflitta Ro- ma da una pestilenza così fiera , che per molti si contarono diecimila persone morte per giorno: se pur merita fede stra- ge di tanto eccesso . Ma questo flagello for- se s'ha da riferire all'anno 80, regnando Tito . Verso questi tempi * bensì capitaro- no a Roma segretamente due filosofi cini- ci, che secondo il loro costume si faceano belli con dir male d'ognuno. Diogene s appellava l' un d'essi, come probabilmente da lui preso , per assomigliarsi in tutto ali . altro antico famoso che fu a' tempi di Alessandro Magno. Costui perchè nel pub- blico teatro , pieno di gran popolo , scari- cò addosso ai Romani una buona tempeste

d'in-

* Eusobiur in Chronic^ * Dio Uh. 66.

Anno LXXVII. 151

ingiurie e di motti satirici, ebbe per ri-

Ìompensa d' ordine de' censori un sonante egalo di sferzate . L' altro fu Eras ^ che )ensando di aggiustar la partita con tol- erabil pagamento , più sconciamente sfo- rò la sua rabbia ed eloquenza canina con- ra de' Romani , fors' anche non la perdonan- lo ai principi . Gli fu mozzato il capo . Ri- erisce Dione ^ come un prodigio , che in un'osteria in una botte piena il vino tan- to si gonfiò , che uscendo fuori , scorreva per la strada . Erano ben facili allora i Ro- mani a spacciare de' fatti falsi per veri , o a credere degli avvenimenti naturali per prodigiosi. Molti di tal fatta se ne raccon- tano di Vespasiano , eh' io tralascio , perchè o imposture ^ o semplicità di que^ tempi . E non ne mancano nella storia stessa di Tito Livio . A san Clemente martire si cre- de che in quest' anno succedesse Cleto nel .pontificato romano .

Anno di Cristo lxxvtii. Indizione vi. di Cleto papa 2. di Vespasiano imperadore io.

Consoli -T ^^^^^ Cfjonio Gommo do , \ Decimo Novio Prisco.

wJon di parere alcuni, che questo Lucio Cejonio console fosse avolo ( se pur non fu

K 4 pa-

' Dio ibid.

152 Annali d' I t a i. i a padre ) di Lucia Vero , che noi vedremo à' suo tempo adottato da Adriano imperado'» re , ciò risultando da Giulio Capitolino ^ . Abbiamo da Tacito * , che Gneo Giulio A-^ gricota , stato console nell' anno preceden- te^ fu inviato governatore della Bretagna in luogo di Giulio Frontino . Era Agricola uomo di rara prudenza ed onoratezza . Giun- to che fu , non lasciò indietro diligenza veruna^ per rimettere la buona disciplina fra le milizie, e-per levare gli abusi de' tempi addietro , per gli quali erano mal-- contenti que' popoli , moderando le impo- ste , e compartendole con-^ordine : con che cessarono le avanie de ministri del fisco y e tornò la pace in quelle contrade. Eransi negli anni precedenti sottratti alT ubbidien- za de' Romani gli Ordovici nell'isola di Mo- Ha, creduta oggidì l'Anglesei. Agricola v* andò^ coir armi ^ e guadagnata una vittoria, ridusse quelle genti alla primiera divozio- ne. Forse fu in questi tempi ^ , che si sco- pri vivo Giulio Sabino , nobile della Gal- lia, che nell'anno 70 deH' Era cristiana, avea net suo paese di Langres impugnate l'armi contra de' Romani, e fatto ribella-^ re quel popolo. ^ Sconfitto egli in una. bat- taglia y ancorché potesse ricoverarsi fra i Barbari^ pure pel singolare amore eh' egli portava a Peponilla sua moglie , chiamata

da

' Caditoi inus in Vita "Ludi Veri .

* Tacitus in Vita Agricola , ca^, 9.

^ Dio l. 66. ■* P lutar eh» in Amatorio .

Anno LXXVIIL 153

da Tacito ^ Epponiria , e da Plutarco Em~ ■pona^ determinò di nascondersi in certe ca- mere sotterranee di una sua casa in villa, con far correre voce di non esser più vi- vo. Licenziati pertanto i suoi servi e li- berti ^ con dire di Voler prendere il vele- no, ne ritenne sólamente due de' più fida- ti . E perciocché gli premeva forte , che fosse ben creduta da ognuno la propria mor- te ^ mandò ad accertarne la moglie stessa^ la quale a tal nuova svenne , e stette tre senza voler prendere cibo . Ma per ti- more , eh' ella in fatti fosse dietro ad ac- compagnare colla vera sua morte la finta del marito , fece poi avvisarla del nascon- diglio in cui si trovava , pregandola nondi- meno a continuare a piagnerlo , come già estinto* Andò ella dipoi a trovarlo la not- te di tanto in tanto , e gli partorì anche due figliuoli ( r uno de"* quali Plutarco di- ce d' aver conosciuto ) , coprendo saggia- mente la sua gravidanza e i> suo parto, che niuno mai s' avvide del loro commer- zio . Portò la disgrazia , che dopo varj an^ ni fu scoperto V infelice Sabino , e condot- to con la moglie a Roma. Per muovere Vespasiano a pietà , gli presentò Epponina i due suoi piccioli figliuoli , dicendo , che gli a-vea partoriti in un sepolcro per aver molti , che il supplicassero di grazia , ed aggiugnei:do tali parole, che mossero le

la-

* Tsiitus Hist9Y' lib. 4. f.rp. 67.

154 Annali d' Italia lagrime a tutti , e fino allo stesso Vespa- siano. Contuttociò Vespasiano li fece con- dennare amendue alla morte. Allora Eppo-? nina, saltando nelle furie, gli parlò ardi-^ tamente , dicendogli fra l'altre cose,, che jpiù volentieri avea sofferto di vivere in un sepolcro^ che di mirar lui imperadore. Non si sa, perchè Vespasiano, che pur era la stessa bontà , e tanti esempli avea dato fi- nora di clemenza, procedesse qui con tan- to rigore , se forse non l' irritò fatta^ mente l'indiscreto parlare dell' irata donna , che dimenticò di essere quel eh' egli era . Attesta Plutarco , che per questo rigor di giustizia 5 tuttoché V unico di tutto l'impe- rio di Vespasiano , venne un grande sfre- gio al di lui buon nome ; ed egli attribui- sce a odioso fatto V essersi dipoi in bre- ve tempo estinta tutta la di lui casa. Non saprei dire, se i poeti di questi ultimi tem- pi abbiano condotta mai sul teatro questa tragica avventura : ben so , che un tale ar- gomento vi farebbe bella comparsa , sicco- me stravagante e capace di muovere le la- grime oggidì , come pur fece allora

Ao-

Anno LXXIX. 155

Anno di Cristo lxxix. Jndizione yir. di Cleto papa 3. di Tito Flavio imperadore i.

•Consoli

r Flavio Vespasiano Augu- sto per la nona volta, Tito Flavio Cesare per la settima.

Urssendo in quest' anno » siccome dirò , man- cato di vita Vespasiano Augusto , potrebbe darsi , secondo le confetture da me recate altrove ^ , .che nelle calende di luglio il consolato fosse conferito a Marco Tizio Fra- , e a Tito Vinio , o Vinicio Giuliano . Pacificamente avea finquì Vespasiano ammi- nistrato l'imperio, .e meritava htnQ il sag- gio e dolce suo governo , eh' egli non tro- vasse de' nemici in casa . Tuttavia o sia perchè la morte sola di Sabino , compianta da tutti , rendesse odioso questo principe ; oppure perchè Tito destinato suo successo- re fosse, per quanto vedremo, poco ama- to j ovvero , come è più probabile , perchè non mancano , rnancheranno mai al mon- do de' pazzi , e degli scellerati .- certo è , che in quest'anno due de' principali Roma- ni tramarono una congiura contra di Ve- spasiano. "- Questi furono Alieno Cecina,

già

* Thesaurus Novus Vtter. Inscript. ptg. ili. ' Dio lib.66, Suetonius in Tito cap.ó.

i^S Annali d' I t a .- . .. già stato console , ed Epr'io Marcello , po- tenti in Roma , amati e beneficati d-^ esso Augusto. Si credeva egli d"* aver in essi due buoni amici y e non aveà che diie ingrati: vizio corrispondente ad altre loro pessime qualità. Venne scoperta la congiura : si tro- vò avervi mano r^olti soldati ; e Tiro Ce- sare ne fu assi-curato da lettere scritte di ior pugno. Non volle esso Tito perdere tempo , perchè temeva che nella notte stes- sa scoppiasse la mina , 6 però fatto invi- tar Cecina seco a cena^ dopo essa il fece trucida-r dai pretoriani senz'altro proccssoV Marcello^ citato davanti al senato', à con* vinto ;, allorché udì proferita' contra di lt*i la sentenza di morte ^ colle proprie rt?ani si tagliò' con un rasojo la gola. Non pò- tiea- negarsi che la risoluziòn presa da Ti'- to contra Cecina non fòsse giusta , o almé^' no s-cusabile : contiitto'jiò per cagion cV es- sa egli incorse nell'odio di molti. Dopò' questa esecuzione sentendosi Véspasiaho ^ alquanto incomodato nella salute per alcu^' ne febbre tte, si' fece portare alla sua^ villa paterna nel territorio di' Rieti;, siccome èra solito nella state . In quelle parti v" era- no Tacque cutilie, somm.ament'e fredde, da Strabone e da Plinio chiamare utili a ciurar varj mali. Riuscirono queste perni- ciose non poco o per la Ior natura, o pei troppo berne , a Vespasiano , di maniera che

gì'

* Idem in re sbastano caf. 24;

à

A N N o I;XXIX. 157 gì* indebolirono forte lo stomaco, e gli sur scitarono una molesta diarrea . Era egli T^incipe faceto , e dacché cominciò a sea- .c quelle febbri, ridendo e burlandosi del superstizioso ed empio rito de' &u ai tempi , ne' quali si deificavano dopo morte gì' imr peradori , disse: Pare eli io ine orni nei adl^ -ventar dio. Erasi andie veduta poco inr nanzi una cometa , e parlandone in sua pre-^ senza alcuiii : oh , -disse , questa non paria per me, Qndla sua chioma miàaccia il re de Parti ^ ehe portala capigliatura. Quan- to a me son calvo; E perciocché non osta-n-r te r infermità sua egli seguitava ad operar come prima , attendendo agli affari dell* imperio , e dando udienza ai deputati del- le città ( del che era ripreso dai i^edici e dai familiari ) rispose: Un imperadore ha da morire stando in piedi . Morì egli in -"atti , conservando sempre il medesimo co- raggio, nel di 23 , o 24 di giugno, in età di settanta anni, e non già per male di podagra , come alcuni pensarono ; molto mft- no per veleno , che taluno falsamente ^ e fi'a gli altri Adriano imperadore , disse a lui dato in un convito da Tito suo figliuo-r lo, principe, in cui non potè mai cadere un S4 nero sospetto . Si fecero poscia i suoi funerali colla pompa consueta , e gli fu da- to il titolo di Divo. DaSuetonio ^ si rac- coglie che a tali esequie intervenivano an- che

"^ Dio lib. 66. * Siic^on. in Fas^asiano cap. 19.

158 Annali d' Italia che i mimi, o sia i buftoni , ballando, at- teggiando, ed imitando i gesti, la figura ^ e il parlare del defunto imperadore. Il ca- po de' mimi , che in questa occasione rap- presentava- la persona di Vespasiano, prò- babilmente colla maschera simile al di lui volto, volendo esprimere T avarizia a lui attribuita", dimandò ai ministri delFerario , quanto costava" quel" funerale . Dissero : Dit^ gemo cinquantamila scudi. Ed egli: Da- temene solo' dugentc cinquanta j e gittate^ mi nel fiume. Gran disavventura si crede- va allora il restar senza' sepoltura; ma per urr pò"* di guadagno , secondo costui , si sa- rebbe contentato Vespasiano' di restarne privo .

Era già suo collega nell imperio , cioè nel comando dell' armi , e nella tribunizia' podestàv Tito Flavio Sabino Vespasiano Ce- sare ^ suo primogenito ; e però^ bisogno'non' ebbe di maneggi , per acquistare una digni-' di cui egli già buona^ parte godeva 5- e di cui anche il padre V avea dichiarato ere- de nel suo testamento. Prese bensì il tito- lo à' Augusto j indicante la suprema pode- stà , e quello di Pontefice Massimo; e dal senato gli fu conferito il glorioso nome di Padre della Patria^ come apparisce dalle sue medaglie. Per testimonianza di Sueto- nio ^ egli era nato in Roma nell'anno 41 dell' epoca nostra , in cui Caligola impera-

do-

' Sueton^ in Tito cap* i.

Anno LXXIX. 159

dorè fu ucciso . Siccome suo padre in que' tempi si trovava in molto bassa fortuna , così Tito nacque vicino al Settizonio vec- chio entro una brutta casuccia , in una came- ra stretta e scura ^ che si mostrava anche a' tempi del suddetto Suetonio per una ra- rità. Fanciullo fu messo alla corte, proba- bilmente per paggio, al servigio di Britan- nico figliuolo di Claudio imperadore ^ e con esso lui allevato , studiando seco , e sotto i medesimi maestri , le lettere e le arti ca- valleresche. Tanta era la familiarità d'es- so lui con Britannico , che in occasion del ve- leno, dato a quell'infelice principe^ ne toc- cò anche a lui un poco , per cui soffrì una grave malattia . Divenuto poi imperadore mostrò la sua riconoscenza ad esso Britan- nico, con fargli ergere due statue^ l'una dorata^ e l'altra equestre d'avorio. Gio- vanetto di alta statura ^ di gran robustez- za, di volto avvenente ed insieme maesto- so , con facilità imparò l'arti della guerra e della pace , peritissimo soprattutto in'ma- neggiar armi e cavalli . Egregiamente par- lava il latino e il greco linguaggio, sapea far delle belle Orazioni, sapea di musica, e tal possesso avea in far versi, che anche fra gl'improvvisatori facea bella figura. L' imitare gli altrui caratteri gli era facilis- simo y e scherzando dicea , ch^ egli avrebbe l)otuto essere un gran falsario . Fece dipoi col padre varie campagne nelle guerre del- la Germania e Bretagna , e poscia nella

Giù-

i6o Annali d* Italia Giudea , siccome di sopra fu detto , lascian- do segni di prudenza e di valore in ogni occasione , e comperandosi dappertutto V affetto delle milizie. Mirabile specialmente era in lui l' arte di farsi amare , parte a lui venuta dalla natura^ e parte acquista- ta colla saggia sua accortezza , perchè in lui si trovava unita un'aria dolce, e una rara bontà verso tutti, con affabilità popo- lare ed insieme con gravità , che guadagna- va i cuori , e nello stesso tempo esigeva il rispetto d' ognuno . Ebbe per prim.a sua mo- glie Arrlcldia Tertulla figliuola d' un pre- fetto del pretorio. Morta questa ^ sposq Marcia Furnllla di nobilissimo casato j, ma dopo averne avuto una figliuola, nomata Giulia Sabina , di cui parleremo a suo luo- go , la ripudiò . In tale stato era Tito , al- lorché succedette al padre Augusto nel go- verno della repubblica romana , ma non sen- za difetti , la menzion de' quali io riserbo all' anno seguente . Nel presente si crede ^ che avvenisse la morte Plinio il ^vecchio ^ celebre scrittore di questi tempi j, intorno alla cui patria hanno disputato Verona e Como . Nel primo di novembre comin- ciò spaventosamente il monte Vesuvio a fu- mare -5 a gittar fiamme, pietre, e ceneri, che empievano tutti i luoghi circonvicini . Plinio seniore , che si trovava allora a Mi- seno , comandante di quella fiotta , portato

dal

Pli'iius junigy lib. 6. E^ist< 16. 6* 20. Dio lib.

66^ W\

A K N o LXXIX. i&i dal suo incessante studio delle cose nata-- rali, sopra una galea si fece condurre sino a Gastell'a mare di Stabia^ per essere più vicino a contemplare il terribile sfogo di quel monte; ed ancorché vedesse le genti scappare dalla parte del mare , per non es- sere colte dal torrente del fuoco j, o dei sassi , pure si fermò quivi la notte . Allor- ché volle anch' egli fuggire , non gli fu per- messo dal mare , eh"* era in fortuna . Sicché soffocato dair odore dello zolfo, e dall'aria ingrossata da quelle esalazioni, lasciò ivi la vita . Flinio secondo , il giovai^^, coma- sco, suo nipote, e da lui adottato'^per fi- gliuolo , uomo non men dello zio dotato di maraviglioso ingegno , che soggiornava allora a Miseno , corse anch' egli pericolo della vita in quel brutto frangente , ma eh-^ be tempo da ridursi in salvo.

Anno di Cristo lxx:^. Indizione vili, di Cleto papa 4. di Tito Flavio imperadore 2.

Consoli

Tito Flavio Augusto per

l'ottava volta, Domiziano Cesare per la

settima .

V^on tutte le belle e plausibili prerogati- ve , colle quali Tito arrivò al trono impe- ciale , non si vuol dissimulare ciò che seri- Tom, il L ve

j62 Annali d' I t a l r a ve di lui Siìctonio ^, cioè aver egli sonr-* ministrata.. occasione a molti del popolo re- jnano di credere eh' egli. nel governo aves- se da riuscire un cattivo principe, anzi ^Itro Nerone, Si perdeva egli talvolta nel- le gozzoviglio co' suoi amici dal buon tem- po , stando a tavola sino a mezza notte : dal che si guardavano allora i saggi Roma- ni. Kecava loro pena il parere^ eh' egli fos- se immerso nella libidine anche più abbo- rainevole , stante la qualità delle persone della sua corte, e 1' esser egli statosi scon- ciamente^ invaghito della- regina Berenice . Temevasi inoltre di trovare in lui un prin- cipe, a cui più del dovere piacesse la ro- ba altrui , sapendosi che prendeva regali an- che neir amministrazion della giustizia . M^ dopo la morte del padre cessarono tutti questi sospetti . Tito con istupore e piacer d'ognuno comparve tutt' altro, scoprendosi esente da ogni vizio, e solamente fornito di eccellenti virtù , di maniera che si con- vertirono in lode sua tutti i conceputi ti- mori di lui. Licenziò tosto dalla sua cor- te qualunque persona che dar potesse scan- dalo , ed elesse am.ici di gran senno e pro- prietà, tali che anche i susseguenti princi- pi se ne servirono , come di strumenti uti- li o necessarj al buon governo. Tornò a Roma la regina Berenice^ figurandosi, che -potendo ora Tito far tutto, molto anch*

ella

' Suitcr.. in Tacf'po c-ìp-J*

Anno LXXX. 1^3 ^

ella potrebbe sopra di lui. Se ne sbrigò egli , e rimandolla alle sue contrade: I con- viti^ ai quali invitava or l'uno or l'al- tro de' senatori e de' nobili , erano alkgri , ma senza profusione od eccesso. Più non si osservò in lui ruggine d' avarizia 3 mai non tolse ad alcuno il sue, e neppur ammette- va i regali soliti a darsi dalle provincie , città, ed università agli Augusti. Eppur ninno d' essi imperadori gli andò innanzi nella munificenza e magnificenza. Imper- ciocché in quest'anno egli dedicò l'anfitea- tro ^ , appellato oggi il Colosseo , stupenda, mole , incominciata , per quanto si crede , da Vespasiano suo padre , e da lui perfe- zionata . Nulla più fa intendere , qual fos- se la potenza e splendidezza degli antichi Augusti , quanto i pezzi che restano tutta- via di quel superbo edifizio . Fabbricò ezian- dio le Terme , o sia bagni pubblici , pres- so al medesimo anfiteatro, le cui vestigia pur ora si mirano circa la chiesa di san Pietro in Vincula , per attestato del Nardi- 110, del Donato, e d'altri. Ed allorché si fece la dedicazion di tali fabbriche, cioè quando si misero all'uso pubblico , Tito so- lennizzò la funzione conmaravigliosi e ma- gnifici spettacoli, descritti da Dione *. Si fecero combattimenti navali, giuochi di gla- diatori , caccia di fiere , cinquemila delie quali furono uccise nell' anfiteatro in un sci

L 2 4à>

' Idem ihid, e. %. » Dio Uh. 65-

^"54 Ànìstali d' Italia Vii, e quattro altre miglia] a ne' susseguenti giorni: vi mancarono i giuochi circen- si , e una gran profusione di doni al. popo- lo. Durarono cento così allegre e di- spendiose feste .

L' incendio del Vesuvio, di sopra da me accennato, che fu de' più terribili, che mai si sicno provati , àvea portata la rovina o notabili danni alle città e terre della Cam- pania. Tito inviò colà due senatori, già stati consoli, con buone somme di danaro ^ acciocché si rimettessero in piedi le fabbri- che . Per tali spese assegnò ancora i beni di tutti coloro che erano morti sen^a ere- di^ benché secondo le leggi que' beni ap- partenessero al suo Fisco. Ed egli stesso colà si portò , non tanto per mirar la de- solazion de' luoghi , quanto per affrettarne il sollievo . Ma a questa disgrazia ne ten- ne dietro un'' altra non meno spaventosa e lagrime vole . Attaccatosi il fuoco in Roma, vi consumò il Campidoglio , il tempio di Giove Capitolino , il Pantheon , i templi di Serapide e d'Iside, siccome quel di Nettu- no , ed altri j il teatro di Balbo e di Pom- peo , il palazzo d' Augusto colla bil)liote- ca-, e molti altri pubblici edifizj . ampia fu la strage delle fabbriche , che ^fu credu- to quell'incendio non operazion degli uo- mini, ma gastigo mandato da Dio. Se ne afflisse sommamente Tito , protestando non- dimeno, che a lui come principe apparte- neva il risarcimento di tante fabbriche del

pub-

Anno LXXX. 1^5

pubblico. In fatti a questo fine alienò tut- ti i più preziosi mobili de' suoi palazzi ; e quantunque molti particolari , e varie cit- tà, e alcuni dei re sudditi , gli ofFerisse- ro, o promettessero di molto danaro per quel bisogno , non volle che alcuno si sco- modasse , riserbando tutte quelle spese al- la prepria borsa . Dopo fiero incendia succedette in Roma un'atrocissima peste, di cui parlano Suetonio e Dione , e che se- condo ^ Aurelio Vittore fu delle più mici- diali , che mai si provassero in quella cit- tà, e se ne diede la colpa alle esalazioni del Vesuvio. Dubito io, questa essere la medesima , che di sopra all'anno 77 fu ri- ferita da Eusebio , e però collocata fuor di sito, cioè sotto l'imperio di Vespasiano. La fece Tito da padre in funeste circo- stanze , consolando il popolo con frequenti editti^ ed aiutandolo in quante maniere gli fu mai possibile. Certo inesplicabile fu V amore eh' egli portava ad ognuno , e la bon- tà sua e la premura di far del bene a tutti . Era lecito ad ognuno 1' andare all' udienza sua , ed ognuno ne riportava o consolazio- ne , o speranza. E perchè i suoi dimestici non approvavano ch'egli promettesse sem- pre, perchè non sempre poi poteva marfte- ner la parola: rispondeva, noìi doi^ersi per- mettere che alcuno mal si yarta malcanten-. to dair udienza del principe suo. Tanta era

* Aurelius ViSìos: i^ì Breviar.

lèS Annali r/ I t a l i a in somma l' inclinazione sua a far dei be*- tiefìzj , che sovvenendogli una notte , men- tre cenava , di non averne fatto veruno ih quel di , sospirando disse quelle celebri e decantate parole ^ : Amici ^ io ho perdita ta questa giornata» Giunse a tanto questa sua benignità e amorevolezza, che nel po- co tempo eh' egli regnò , a niuno per im- pulso , o per ordine suo tolta fu la vita . Diceva di amar piuttosto di perir egli ^ che di far perire altrui. In effetto, ancor- ché si venisse a sapere che due de' princi- pali Romani faceano brighe e congiure per arrivar all'imperio, e ne fossero essi an- che convinti ; pure non altro egli fece , se non esortarli a desistere , dicendo che il ■principato -vien da Dio ^ si acquista col- le scelleragginl ; e che se desideravano qualche bene da lui, prometteva di far- lo . ^ Dopo di che , per timore che la ma- dre d' uno di questi senatòri si trovasse in grandi affanni , le spedì dei corrieri , ac-ti ciocché l'assicurassero che suo iìgliuolo erMI salvo. Inoltre la notte stessa tenne seco ^ cena questi due personaggi , e nel se- guente li volle allo spettacolo de' gladiato- ri a' suoi fianchi. Allora fu, che portate a lui le spade di que' combattenti , come era il costume, le diede in mano ad amendu- , acciocché osservassero , se erano ta--

glien-

' Sueron. Dio ^ Eutvop:us^ Eusibius ^ ' Sf/eton* in Tito c^ ''• t)ìo L 66.

A N NO LXXX. 1^7

iienti , per far lóro tacitamente conosc*-* re, che più non dubitava della loro fedel- tà. Ma ciò ctìé sopra ogni altra cosa gli conciliò l'amore d'ognuno, fu l'aver egli v'ato via l'insofFribil abuso introdotto sot- -) i -precedenti cattivi imperadori ; cioè ;ie a qualsivoglia persona era permesso V accusare altrui d' avere sparlato del prin- cipe , o d' avergli rtiancato di rispetto : il che era delitto di lesa maestà . Una licen^ za fatta teneva tutti sempre in un' ap- prensione e schiavitii incredibile. Tito or- dinò ai magistrati , che non ammettessero più si fatte accuse, ed egli stesso perse- guitò vivamente la mala razza di cotali accusatori, facendoli battere, omettere in ischiavitù , o pure esiliandoli . Soleva per- ciò dire : Non credo che mi si possa fare ingiuria ^ perchè non opero cosa ^ di cui con giustizia io possa essere biasimato , Che se pur taluno ingiustamente mi biasima , egli fa ingiuria più a se ^ che a me: ed io in vece d^ adirarmi contra di lui ^ ho d'aver compassione della sua cecità. E se talun dice male de^ miei predecessori con ingiù- stizia ^ quando sia vero ^ che questi abbia- no il potere che loro s' attribuisce nelV aver-^ li deificati , sapran ben essi vendicarsene senza di me . Fece parimxcnte questo buon principe circa questi tempi selciar di nuo- vo la Via Flaminia, che da Roma condu- ceva a Rimini . Ed Agricola ^ continuando

L 4 la

' Tacitv.s in Vita Agricofte 'cap ii.

ì68 Annali d' Italia ia guerra in Bretagna, stese i confini ro^ mani sin verso la Scozia , fondando ivi ca- stelli e fortezze, per mettervi delle guar- laigioni.

Anno di Cristo lxxxi* Indizione ix> di Cleto papa 5. di Domiziano imperadove i.

"" Lucio Flavio Silva Nonio Consoli -={ Basso,

(^ AsiNlO POLIONE VkRUCOSO.

X ali furono i nomi de' consoli di quest' anno , come apparisce dall' iscrizione rap- portata da m^onsignor Bianchini , e da me ^ . Ma in un' altra Iscrizione da me data alla luce , il primo console è appellato Lucie FlaVw Silvano, Di lagrime e sospiri ab- bondò Roma in quest' anno. Un ottimo principe oramai la governava , che amava tutti come figliuoli, comunemente ancora amato da ognuno^ e che perciò avea con- seguito un titolo, non prima poi dato ad alcun altro de' romani imperadori , cioè era chiamato ^ la delizia del genere urna- no. 0 sia ch'egli non si sentisse ben di salute, o che quakhc cattivo presagio gli facesse apprendere vicina la morte ; per- ciocché non si può dire , quanto i Romani iV allora fossero superstiziosi , e dai varj ac-

ci-

Thesaùrvs Novus Inscvipt. /«/t^. 311. & pag. 318. Sueu in Tito f. 10.

à

Anno LXXXI. i% cidenti vanamente deducessero i buoni, o tristi successi dell' avvenire ^ o pur badas- sero agli strologhi : fuor di dubbio è , che Tito Augusto nulla operò in quest^ anno di

j singolare. Si fecero degli spettacoli, e vi assistè ; ma nel fin d' essi fu veduto pia- gnere . Comparve ancora in quest' anno nell*

I Asia un furbo appellato Terenzio Massimo j che si facea credere Nerone Augusto ^ , già morto , e fu ben accolto da Ànabano re de' Parti, Anzi parea , che quel barbaro re si preparasse per muovere guerra a Tito , con pretendere di rimettere sul trono un fatto impostore . Se Tito se ne mettesse pensiero, non è a noi noto. Volle egli, venuta la state, portarsi alla casa paterna nel territorio di Rieti, e malenconico più del solito uscì di Roma , perchè nel voler sagrificare, era fuggita la vittima di mano al sacerdote ; ed essendo tempo sereno , s* era sentito il tuono . Alloggiato la sera in non so qual luogo, gli venne la febbre. Po- sto in lettiga^ continuò il viaggio, e co-» me già fosse certo che quelF era 1' ultima sua malattia , fu vediito tirar le cortine , e mirare il cielo , e dolersi , perchè in età immatura egli avesse da perdere la vi- ta ; giacché egli non sapea di aver com- messa azione alcuna, di cui si avesse a pen- tire , fuorché una sola. Qual fosse questa, non si potè mai sapere di certo, quantunr

que

' Zc'Jar.7 in Cbr*.-

^tfo A .. :. ALI d' 1*1 ALIA

que molte dicerie ne fossero fatt^. Dioii<*' i con più fondamento riferisce ciò al tem- po, in cui vide disperata sua salute. Arrivato alla villa paterna , dove il padif avea terminata la sua vita , anch' egli ^ cre- scendo il male;, vi trovò la nio¥t*e . Sicco me in casi tali avviene, ognun disse la sua , Per quanto scrive Plutarco *, i suoi medi- ci attribuirono la cagion di sua morte a- bagni , a' quali s' era talmente avvezzato . che noìi potea prendere cibo la mattina, se prima non s'era portato a! bagno. For- se V acque fredde della Sabina gli nocque- to . Anche un certo Regolo , che con esso lui si bagnò nello stesso giorno, fu sorpre- so da un colpo di apoplessia^ per cui mo- rì. Altri pretesero ^ , che Domiziano suo fratello il levasse dal mondo col veleno * perchè più volte anche prima gli avea in- sidiata la vita ^ ed altri ^^ che veramente egli mancasse di malattia naturale . Aggiu-^ gne Dione, che Domiziano^ allorché Tito era malato, e potea forse riaversi, il fece mettere in un cassone pieno di neve , non so, se col pretesto di rinfrescarlo , o di ot- tener quell^ effetto, che oggidì alcuni me- dici pretendono , con dar acque agghiac- ciate nelle febbri acute , ma con vero di- segno di farlo morire più presto. Quel che è certo, non era per anche morto Tìto^

che

* Dio Uh. 66. ^ Plut.iY. de Sanit.

* Aureli US in Brevi ar. ^ Dio Uh. 66.

1^^ k N N O LXXXI. 17 1

^^■le Domiziano corse a Rorna^ guadagnò i ^^Jldati del pretorio, e si fece proclamar imperadore colla promessa di quel donati- vo, che Tito avea loro dato nella sua as- sunzione air imperio.

Tale fu il fine di questo amabile impe- radore, mancato di vita nel 13 di set» tembre ^, e nell'anno quarantesimo dell' età sua , dopo avere per poco più di due anni e due mesi tenuto l'imperio . Credet- tero alcuni politici d' allora , che fosse van- taggioso per lui r essere tolto di vita gio- vane , siccome fu ad Augusto , l' essere mor- to vecchio . Perciocché Augusto sul prin- cipio del suo governo j fu costretto per la moltitudine de' suoi nemici e delle frequen- ti sedizioni, a commettere non poche azio- ni crudeli e odiose ; ed ebbe poi bisogno di gran tempo , se volle guadagnarsi il pub^ blico amore a forza di benetizj , per gli quali morì glorioso. All'incontro meglio fu per Tito il mancar di buon' ora , cioè in tempo ch'egli già era in possesso dell'amo^ re d' ognuno , perchè correa pericolo , fosse più lungamente vivuto , d'essere astret- to a far cose che gliel facessero perdere. Volata a Roma la nuova di sua morte , fu.. per gran perdita inesplicabile il dolore di quel popolo , parendo ad ognuno di aver perduto un figliuolo, o pure il padre. Al- trettanto avvenne per le provincia romane.

I sc-

' Sueton. in Tito e io.

172 Annali d'Italia

I sjenatori senza essere chiamati dai conso- li o dal pretore, corsero alla Curia, ed aperte le porte , diedero più lodi a lui morto, di quel cke avessero fatto a luivi-r vo . Portato a Roma il suo cadavero, fé-, cegli fare Domiziano il funerale^ e regi- strarlo nel catalogo degli dii , ma senz' al- cun altro degli onori, che Roma gentile soleva accordare agli altri imperadori , co- me di giuochi annuali , templi , e sacerdo- ti per eternare la loro memoria. Finquì Flavio Domiziano altro titolo non avea go- duto , che quello di Cesare ^^ e di Princl'* pe della gioventù. Appena prese le redini del governo , che siccome persona gonna di vanità ed ambizione , voile dal senato tut- ti i titoli ed onori , che altri imperadori partitamente aveano ricevuto j, cioè quelli d' Imperadore j à^ Augusto , Pontefice Mas- simo , di Censore , e di ornato della tribu- nizia -podestà^ Le medaglie ancora ci as- sicurano, che non tardò punto a voler an- che il bel nome di Padre della Patria . Qual fosse il merito suo, quali i suoi pre- gi , lo vedremo all' anno seguente . Egli era nato neir anno cinquantesimo dell' Era no- stra ; e però cominciò il suo reggimento in età giovanile; e diede il titolo d'-4u» gusta 3. Domizia sua moglie.

Anno LXXXII. 173

Anno di Cristo lxxxii. Indizione x. di Cleto papa 6. di Domiziano imperadore 2.

r Flavio Domiziano Augu- Consoli STO per T ottava volta, [^ Tito Flavio Sabino.

.£!ira questo Sabino console , cugino carna- le di Domiziano , perchè figliuolo di Tito Flavio Sabino^ fratello di Vespasiano, e prefetto di Roma >, da noi veduto ucciso ne- gli ultimi giorni di Vitellio Augusto . Avea già dato principio Domiziano imperadore al suo governo , non diversamente da alcu- ni suoi predecessori', buoni sulle prime, e nel progresso del tempo d' ogni crudeltà e scelleraggine macchiati . ^ Salito sul tribu- nale , posto in piazza , bene spesso ascolta- va e decideva giudiciosamente e giustamen- te le liti . Cassò molte sentenze date dai giudici con indebita parzialità, dichiaran- do infami quei d' essi y che si scoprivano aver preso danaro per vendere la giusti- zia * . Tanta attenzione ebbe egli anche nel resto de' suoi anni all' amministrazione di essa giustizia non solo in Roma, ma an- che nelle provincie , che per attestato di Su^tonio non si videro mai in tutto V im-

pc-

' Sueton. in Domi ti ano cap. 8.

* Auì-elius n^or ih E-.:tfù>. .

174 Annali d* Italia . perio romano i governatori e i magistrati si modesti e giusti j, eorae sotto di lui. E perchè questi dopo la sua morte lasciarono la briglia alla loro malnata avidità di far danaro , furono poi per la maggior parte condennati e puniti. Come censore perpe-- tuo fece ancora alcune belle provvisioni. Volle ne' teatri, distinti dalla plebe i se- dili de' cavalieri . Abolì le pasquinate e i libelli famosi, pubblicati contro l'onore dei nobili dell'uno e dell'altro sesso, G:astÌ2'an- done gli autori, se venivano a scoprirsi,, Cacciò dal senato CecìLio Rufino questore -, perchè si diiettava di far il buffone e ballerino . Alle pubbliche meretrici viete F uso della lettiga , e il poter conseguire eredità e legati. Levò dal ruolo de' giudi- ci un cavaliere romano , perchè dopo ave- re accusata di adulterio e ripudiata la mo- glie, l'avea dipoi ripigliata. Secondo la legge statinia condennò alcuni de' seriatori e cavalieri per la lor impudicizia ^ JSÌè il padre , ne il fratello di lui aveano presa cura degli adulterj delle vergini Vestali, le quali;, come ognun sa, venivano obbli- gate a conservar la virginità. Rigorosamen- te volle egli, siccome Pontefice massimo^ che si eseguisse contra di loro la pena ca- pitale, prescritta dalle leggi ,• ne risparmiò i dovuti gastighi o d' esilio , o di morte ai complici dei lor falli . Parve ^ parimente

ne"

D' '•vitiano ca-p. 9-

1

Anno LXXXII. 175 nc'principj del suo governo, ch'egli ab^ borrisse il levar la vita agli uomini , fosse punto avido della roba altrui. Anzi inclinava egli molto alla liberalità, e ne diede dei gran saggi verso tutti i suoi cor-, tigiani , parenti ed amici , loro poscia se- veramente incaricando di guardarsi da ogni sordida azione per far danaro. Le eredità a lui lasciate d^ chi avea -figliuoli , le ri- cusò . Mólte terre decadute al fisco restituì ai padroni di esse. Decretò l'esilio a qtìe-r gli accusatori che non provavano le lor de-^ nunzie ed accuse . jVIolto più aspramente trattò coloro che intentavano processi ca- lunniosi di contrabandi in favore del fisco; imperocché egli diceva: Chi non gastlga i falsi accu sartori ^ anima essi ed altri a que-r sto iniquo raestiere. Non fu minore la sua magnificenza nel rifare il Campidoglio : che fu mirabil cosa , perchè secondo la testi- monianza di Plutarco ^ nelle sole dorature egli v' impiegò dodicimila talenti : il che era un nulla rispetto alle spese fatte nelF adornare il proprio palazzo . Rifabbricò eziandio varj templi bruciati sotto Tito Augusto, m.ettendovi il suo nome, e non già quello de^'primieri autori. Fece di pian-r ta i] tempio della famiglia Flavia, lo star, dio per gii atleti, TOdeo per le gare de*

usici , e la Naumachia per gli combatti-?

-enti navali. Marziale fottz di questi tem-s

' p lutare, iti Vita Polite.

176 Annali d' I t a l i a

pi, sfacciato adulatore di Domiziano, esal-* ta alle stelle tutte queste sue fabbriche , ed ogni altra sua azione. Ora quanto s' è det- to iìnquj , potrà far credere ai lettori , che Domiziano comparisse figliuolo ben degno di un Vespasiano, e fratello d*un Tito, principi che aveano restituito il suo splen- dore a Roma , e air imperio romano . Ma noi non tarderemo a vederlo indegno lor figlio e fratello , e tiranno , non signore di Homa. Prese egli in quest' anno il titolo d' Imperadore per la terza volta , a cagio- ne, per quanto si crede, di qualche vitto- ria riportata da Giulio Agricola nella Bre- tagna. Colà s'inoltrò cotanto quel valente capitano coli' armi romane, che arrivò si- 2:10 ai confini dell'Irlanda ^.

Anno di Cristo lxxxiii. Indizione xi. di Anacleto papa i. di Domiziano imperadore ,^i

r Flavio Domiziano Augu- ri T j STO per la nona volta ,

Consoli -i r\ n T>

1 Quinto Petillio Rufo per L la seconda .

JTA. Quinto Pètilio fu sustituito nel con- solato, per quanto si crede, Gajo Valerio Mcssalino . In quest' anno la Storia eècl^ elastica riferisce la morte di s. Cleto papa™

eh'

Tacitus in P'it2 jSgyicol^ taf» 14.

Anno LXXXIII. 177 "he col suo sangue illustrò la Religione di Cristo . A lui succedette nella cattedra di san Pietro , Anacleto , Durava tuttavia la guerra nella Bretagna . Giulio Agrìcola co- mandante deir armi romane in quelle parti, ^ riportò un' insigne vittoria nella Scozia contra di que' popoli . Aveano i Romani trasportato in quella grande isola un reg- gimento di Tedeschi . Costoro non volen- do più militare in quelle parti , fatta una congiura,, uccisero il loro tribuno , i cen- turioni, ed alcuni soldati romani, ed im- barcatisi in tre bregantini si diedero alla fuga . Il piloto d' essi legni seppe far tan- to , che ricondusse il suo all' armata roma- na . Gli altri due fecero il giro della Bre- tagna j, e dopo una fiera fame patita, per cui mangiarono i più deboli , giacché non poteano approdare ad alcun sito d' essa Bre- tagna , p€r essere considerati quai nemici , andarono poi a naufragar nelle coste della Germania bassa Quivi dai corsari suevi e frisoni furono presi , e venduti come schia- vi . Perchè alcuni d' essi capitarono nelle terre del romano imperio , perciò allora so- lamente vennero a conoscere i Romani , che la Bretagna era un' isola , e non già terra ferma , come per la poca pratica aveano fin allora molti creduto . Intanto Domizia- no teneva allegro il popolo romano * con dei magnifici e dispendiosi spettacoli , non Tom. II. M so-

' Tacitus caf. 25. ^ seq. » Suston. /■» 'Oomìtiano e. 4

178 Annali dVItalia

solamente nelF anfiteatro , ma anche nel circo , dove si videro corse di carattere , combattimenti a cavallo e a piedi, sicco- me ancora cacce di fiere , battaglie di gla- diatori in tempo di notte a lume di fiac- cole, ^ dando nel medesimo spettacolo ce- na ^ o almen vino al popolo spettatore . Vidersi ancora zuffe d' uomini , ed anche donne combattere con le fiere , o fra lo- ro . Mirabili altresì furono i combattimen- ti navali , fatti nelF anfiteatro , oppure in un lago , cavato a mano in vicinanza del Tevere . Probabilmente a varj anni son da attribuire fatti spettacoli , benché da Suetonio e da me accennati tutti in un fiato .

Anno di Cristo lxxxiv. Indizione xii. di Anacleto papa 2. di Domiziano imperadore 4.

r Flavio Domiziano Augu- Consoli -4 sto per la decima volta , L Sabino .

i\on ho io dato alcun prenome e nome a questo Sabino console , perchè intorno a ciò nulla v' ha di certo . Da Giordano , * che altri sogliono chiamar Giornande , egli vien «appellato Fopi)eo Sabino, Parve probabile al cardinal Noris, ^ che il suo

no-

» Dio 1.67. ^ Jord. He Re!;. Getic. f.ij. ^ Neris Ep, Consul.

Anno LXXXIV. 179

nome fosse Gajo Oppio Sabino, Ma in un' iscrizione riferita dal Cùpero ( non so di qual peso ) a Domiziano per la decima vol- ta console vien dato per collega Tito Au- relio Sabino . Noi bensì vedremo nn conso- le dell' anno seguente , appellato Tito Au- relio . In tale incertezza ho io ritenuto so- lamente il di lui cognome , di cui non ci lasciano dubitare i fasti antichi . Quantun- que non si sappia di certo V anno , in cui Domiziano andò alla guerra in Germania , pure seguendo la traccia delle medaglie , * reputo io più verisimile il parlarne nel presente . Erano confinanti i Romani coi Catti , popolo per attestato di Tacito ^ il più prudente e meglio disciplinato che s' avesse la Germania , creduto oggidì quel d' Hassia e Turingia. Domiziano j, siccome sommamente vano ed ambizioso di gloria , determinò di marciar egli in persona con- tra d"* essi , 3 perchè aveano cacciato Cario- mero re de' Cherusci dal dominio a cagion òeW amicizia eh' egli professava ai Roma- ni. Andò questo gran campione^ assai per- suaso che il suo solo nome avesse <ìa sbi- gottir que' popoli; e forse fu allora, che per quanto abbiam da Frontino ^ , egli mostrò di portarsi rielle Gallie , ad ogget- to ùnicamente di fare il censo di quelle Provincie . Ma giunto colà , all' improvviso

M 2 pas-

* Medioharhuì , GoltzJus , & alii . Tacitus de Morib. Germanorum cap. 30.

* Dio if(;. 67' "*■ Fromin- in Stratagem. Uh' 1. cap» I.

l8o ANltJAlI D'iTAItA

passò coir esercito il Reno, e a bandiere spiegate andò contro ai Gatti . Se volessi- mo credere agli adulatori poeti , un de' quali era allora Publio Stazio Papinio ^ , egli domò la fierezza di que' Barbari , e mise in pace i vicini. Ma non si sa, eh* egli desse loro battaglia alcuna ; e proba- bilmente altro non fece, che ridurli ad un trattato di pace, con rovinar intanto ipo- poli suoi sudditi di dal Reno . Contut- tociò , come s' egli avesse compiuta una segnalata impresa , sparse voce di vittorie riportate ; e tutto gonfio del suo mirabil valore se ne tornò a Roma per goder del trionfo , che il senato sulla di lui parola gli accordò. Nelle medaglie di quest'an- no si truova più volte coniato il tipo della vittoria, segno di questi pretesi vantaggi nella guerra germanica , per cui cominciò egli ad usare il titolo di Germanico ^ e si fece proclamar Imperadore sino alla nona volta. Può nondimeno essere, che contri- buissero alla gloria di Domiziano anche le prodezze di Giulio ^gricoZa nella Bretagna . Imperciocché , per quanto si può conghiet- turare , ^ nell' anno presente quel saggio ufiziale sottopose al romano imperio le iso- le Orcadi, ed altri paesi in quelle parti. Di questi felici successi diede egli di ma- no in miano avviso a Domiziano . Qual ri- compensa ne ricavasse , lo diremo all' anno ses^uente .

An-

" " S/at. in Sflv. /. J. f. 1. ^ Tac. in Vita Agftc $■■ 38. «^ sfy-

Anno LXXXV< i8i

Anno Cristo lxxxv. Indizione xtix. di Anacleto papa 3. di Domiziano imparadore 5,

r Flavio Domiziano Augv« p .. ì STO per r undecima volta 5 consoli ^j ^^^^ Aurelio Fulvo , o

L Fulvio.

Q

,tiestd Tito Aurelio console, per atte- stato di Capitolino ^ , fu avolo paterno di Antonino Pio Augusto . Che solamente neir anno presente Domiziano solennizzasse il suo trionfo, per aver ridotti a dovere! popoli Catti j si ptiò facilmente dedurle dalle monete o medaglie d' allora * , nelle quali ancora con isfacciata adulazione si legge GERMANIA CAPTA , quaàichè a que-^ sto bravo imperadore, il qual forse neppu- re fu a fronte de' nemici , riuscito fosse di conquistar V intera Germania . Però da innanzi egli costumò di andare al senato in abito trionfale . Son di parere alcuni 3 , ^ eh' egli nella stesso tempo trionfasse dei Quadi, Daci,Geti^ e Sarmati. Ma per quanto sembra indicare Suetonio ^ , diverse furono quelle guerre , diversi i trionfi . Egli spontaneamente fece la prima spedizione contro ai Catti; e l'altre per necessità»

M 3 L'av-

Julius '^apitolinus in Antonino Pio . Medioh^b. in Numism. Imperator. Bianch'itius ad Anastas, -* •ì'uit^ in Dcmhianù taf' 6*

iSa Annali d'Italia L' avviso delle vittorie riportate da Agri- cola fu ric<?vuto da Domiziano con singo- lare allegrezza in apparenza ^ ; perchè in- ternamente gli rodeva il cuore, che vi fos- se altra persona, che lui, creduta valoro- sa , e da invidioso riputava perdita sua le glorie altrui . Perciò quantunque per co- prire lo scontento suo , gli facesse decretar dal senato gli ornamenti trionfali, una sta- tua , e gli altri onori , de' quali fosse ca- pace una privata persona , dappoiché si ri- serbavano ai soli imperadori i trionfi : pure determinò di richiamarlo a Koma , indorando questa pillola , col far correr voce di volergli conferire il governo riguar- devole della Siria , o sia della Soria , giac- ché era mancato di vita Atillo Rufo , governatore di quella provincia . Fu detto ancora, che gliene inviasse la patente por- tata da un suo liberto , ma con ordine di consegnargliela solamente , allorché Agricola non fosse partito per anche dalla Bretagna ; perchè dovea Domiziano temere , eh' egli non volesse muoversi , se prima non rice- veva la sicurezza di qualche migliore im- piego. Ma il liberto avendo trovato, che Agricola dopo aver consegnata la provin- cia tutta in pace al suo successore, cioè a Sallustio Lucullo y era già venuto nella Gallia j senza neppur lasciarsi vedere da lui , se ne ritornò a Roma , portando seco

?^ la

" Tachus in Vita Agricola cap, Ì9' (St seq-

I

Anno LXXXV. ^ 183

la non presentata patente . Entrò in Roma Agricola in tempo di notte , per ischivarc lo strepito di molti suoi amici , che vo- leano i^scire ad incontrarlo ; e si portò a salutar Domiziano , da cui fu accolto con della freddezza . Da ciò intese egli ciò che potea sperare da un tale imperadore j, e rimasto senza impiego, si diede poscia ad una vita ritirata e privata. Non mancò in corte ^ chi animò Domiziano a fargli del male , accusando e calunniando un de- gno personaggio , prima eh' egli giugnesse a Roma; ma non avea per anche Domizia- no dato luo2-o in suo cuore alla crudeltà , di cui parlerò a suo tempo ; e la modera- zione e prudenza d'Agricola ebbero tal for- tuna , ch'egli giunse naturalmente alla mor- te , senza riceverla dalle mani altrui . Ab- biamo da Tacito ^ , che dopo 1' arrivo idi esso Agricola a Roma , gli eserciti ro- mani nella Mesia , nella Dacia , nella Germania , e nella Pannonia o per la te- merità, o per la codardia de' generali , fu- rono sconfitti ; e che vi rimasero o truci- dati , o presi m.oltissimi ufiziali di credi- to colle lor compagnie , di maniera che non solamente si perde alquanto de' confini del romano imperio , ma si dubitò infino di perdere i luoghi forti, dove soleano star le milizie romane a' quartieri d' inverno . Tali disavventure nondimeno, si può cre-

M 4 de-

* Idem ibid, ca^. 71.

iS/f Annali d' Italia

dc-re , che succedessero in varj anni ; a noi resta luogo di distribuirle con sicurezza secondo i lor tempi, perchè son periti gli Annali antichi , e Suetonio e Dione ^ se- condo il loro uso , contenti di riferir le azioni degli antichi Augusti , poca curar si presero della cronologia.

Anno di Cristo lxxxvi. Indizione xiv. di Anacleto papa 4. di Domiziano imperadore 6.

r Flavio Domiziano Augusto I per la dodicesima volta, Consoli Servio Cornelio Dolabella Metiliano Pompeo Mar- cello •

L

A utti questi cognomi ho io dato al se- condo de' consoli , seguendo un' iscrizione , da me ^ pubblicata , e creduta spettante al medesimo personaggio. Abbiamo da Giu- lio Capitolino *, che in quest'anno venne alla luce Antonino Pio , il quale vedremo andando innanzi imperadore . E in questi tempi ancora, siccome scrive Censorino ^ ^ Domiziano istituì in Roma i Giuochi Ca^ pitoliniy i quali continuarono dipoi a ce- lebrarsi ad ogni quarto anno a guisa de' giuochi olimpici della Grecia. Si solenniz-

za-

* Thesaur. Novus Tnscript. pag. 113. ?i, a-

* Capitolinus in f^ha Aittontni P:ì . ^ Censorinus de Die N.nali cap. 18.

Anno LXXXVI. 185 zavano in onore di Giove Capitolino. Per testimonianza di Suetonio ^ in que' giuochi varie erano le gare e contese dei profes- sori dell' «rti . Chi più degli altri piaceva nel suo mestiere , ne riportava in premio una corona . Faceano un giorno le lòr for- ze gli atleti ; un altro di i cantori e so- natori ; un altro gl'istrioni o commedian- ti. V era anche il giorno destinato per gli poeti y e il suo per chi recitava prose in greco, o latino. Stazio Papinio poeta * recitò allora al popolo una parte della sua Tebaide , che non piacque ; e in confronto di lui furono coronati altri poeti . Vi si vide- ro ancora non senza dispiacer de' buoni fanciulle pubblicamente gareggiare nel cor- so. Come Pontefice massimo presiedeva a questi giuochi Domiziano, vestito alla gre- ca , portando in capo una corona d' oro , perchè i sacerdoti costumavano nelle lor funzioni di andar coronati . Abbiamo da Dione 3 e da Suetonio ^ che Domiziano ol- tre al suddetto spettacolo , ed altri straor- dinarj , usò ogni anno di fare i giuochi quinquatri in onor di Minerva , men- tre villeggiava in Albano . In essi an- cora si miravano cacce di fiere , diverti- menti teatrali, e gare d'oratori e di poeti. Non contento Domiziano di profondere im- mense somme di danaro in tali spettacoli,

tre

* Suetomut in Domiriano e. 4. ^ Stathu in Sylv, ^ t>ÌQ Uh, 67. - Sueton. ik^

i86 Annali p' Italia tre volte in varj tempi diede al popolo ro- mano un congiano , cioè un regalo di trecento nummi per testa . Così nella festa dei Set- te monti , mentre si facea uno spettacolo , diede una lauta merenda a tutto il popolo spettatore, in maniera pulita di tavole ap- parecchiate ai senatori e cavalieri, e alla plebe in certe sportelle . Nel giorno seguente sparse sopra il medesimo popolo una quantità prodigiosa di tessere, cioè di tavolette, nel- le quali era un segno di qualche dono, come di uccelli , carne , grano, ec. , che si andava poi a prendere alla dispensa del principe . E perchè erano quasi tutte cadute ne' gra- dini del teatro o anfiteatro, dove sedea la plebe , ne fece gittar cinquanta sopra ca- daun ordine de' sedili de' senatori e cava- lieri. Certo è che gF imperadori , per gua- dagnarsi l'affetto del popolo, coli' esempio d' Augusto il ricreavano di quando in quando colla varietà de' giuochi pubblici, e più li rallegravano con dei reg-ali . Ma in fine queste esorbitanti spese di Domiziano tor- narono, siccome dirò, in danno dello stesso pubblico, perchè I' erario si votava con si feri salassi, e per ristorarlo egli si diede poi alle crudeltà e alle oppressioni de' cìt- t^adini .

An-

Anno LXXXVII. 187

Anno di Cristo lxxxvii. Indizione xv. di Anacleto papa 5. di Domiziano imperadore 7.

r Flavio Domiziano Augu-

^ ,. ! STO per la tredicesima Consoli ^ ,. ^

j volta ,

[_ Aulo Volusio Saturnino.

Ijencnè Eusebio nella sua Cronica ^ non rechi un filo sicuro per la cronologia di questi tempi , pure si può ben credergli , allorché scrive che nelF anno presente co- minciò Domiziano a gustare che la gente gli desse il titolo di Signore^ e fin quello di Dio : empietà non perdonabile a mortale alcuno . Secondo il suddetto istorico , as- sistito dair autorità di Suetonio * , non so- lamente egli si compiacque , ma comandò ancora d'essere così nominato : il che, di- ce Eusebio , non venne in mente ad alcun precedente imperadore. Noi abbiam vedu- to , avere Augusto veramente vietato con pubblico editto d'essere chÌ2imdito Signore ; ma' anch' egli permise bene e gradì che in sua vita gli fossero eretti dei templi , e costituiti dei sacerdoti ad onore della sua pretesa divinità . Per attestato ancora di Aurelio Vittore ;, 3 Caligola forsennato Au-

gu-

* E use:;, in Chronico . * Suetcn» in Domstìano caf. ij.

* Aurelius n^or in Efitcmc.

i88 Ann .A 1 1 d' Itali A gusto volle essere chiamato Signore e Dio, Di tutto era vie più capace la smoderata ambizione o frenesia di Domiziano; e pron- ta ad ubbidire era 1' adulazione e la su- perstiziosa stoltezza de' Pagani. Però fon- datamente hanno creduto alcuni , che 1 aver Domiziano perseguitati i Cristiani , avesse origine di qui ; perchè certo r se- guaci di Gesù Cristo, professando la cre- denza di un solo Dio invisibile ed immor tale , non poteano mai indursi a rieono-- scere per dio un imperadore , vile e mise- rabil creatura in confronto del Creatore ^ Abbiamo dallo stesso Eusebio , clie in que- sti tempi i popoli Nasamoni e Daci aven- do guerra coi Romani, furono vinti . Quan- to ai Daci non ci somministra l'antica storia assai lume per fissare il tempo vero in cui ebbe principio la guerra con essi ,- e quanto durò, e quando finì. Tuttavia potrebbe darsi che a questi tempi appar- tenesse il primo movimento di quella guer- ra, che continuò molto dipoi, eri-usci ben pericolosa e funesta ai Rorrìani . Credesi che l'antica Dacia comprendesse quel paese che oggidì è diviso nella Transilvania ,^ Moldavia , e Valachia . Èrano popoli fieri e bellicosi quei di quelle contrade , perchè credeano la morte fine della presente vita-, e principio di un'altra-, secondo T opinion di Pitagora, che spacciò la trasmigrazion delle anime. Con tal persuasione sprezza- vano ogni pericolo-, e si esponevano alla"

iito'r-

A N K o LXXXVII. 189

inorte , sperando di risorgere con miglior mercato in altri corpi. Alcuni Greci ^ die- dero ai Dacl il nome di Gcu T e Goti -^ e ve- ramente si trnovano confusi presso gli an- tichi scrittori i nomi delle barbare nazio- ni. Quel che è certo, capitano d'essi Daci era allora Decebalo , uomo di rara maestria ed accortezza nel mestier della guerra . E questi^ se crediamo a Giordano * scrittore de' tempi di Giustiniano Augusto , mossi dall'avarizia di Domiziano, rotta l'allean- za che aveano con Roma , passarono il Danubio, e cacciai'ono da quelle ripe ipre- sidj romani. 3 Appio Sabino^ che il cardi- nal Noris * crede più tosto appellato Gajo Oppio Sabino , personaggio stato già conso- le , e governatore allora probabilmente del- la Mesia, marciò colle sue forze centra di que' Barbari, ma ne rimase sconfitto, ed egli ebbe tagliata la testa . ^ A questa vit- toria tenne dietro il saccheggio del paese, e la presa di molti villaggi e castella. Giunte a Roma queste dolorose nuove , si vide Domiziano in certa guisa necessitato ad accorrere colà , per fermare questo ro- vinoso torrente . In qual anno egli la pri- ma volta v' andasse ( perchè due volte v' andò ) non si può decidere . Sarà permes- so a me di rir.erbarne a parlar nell' anno susseguente. Dei Nasamoni , popoli dell' Af- frica

* Dio lib. 67. * Jordan, de Rebus Getter s r.t/r. li.

< ?-.itou in DoKiitiano r. 6. 4 Noris Epist, Co^sula^i .

* Buirop. lìis:or-

igo Annali d'Italja £rica di sopra nominati ,4^ Eù^iebio, noi sappiamo da Zonara ^, che a ragion delle eccessive imposte si sollevarono contro ai Romani , e diedero nna rotta a Fiacco go- Vernator della Numidia . Ma essendosi colo- ro perduti dietro a votar molti barili di vino, che trovarono nel campo dei vinti ^ Fiacco fu loro addosso , e ne fece un gran' macello. Domiziano gloriandosi delle impre- se altrui , nel senato espose d' aver annien- tati i Nasamoni ^

Anno di Cristo lxxxviii. Indizione i* di Anacleto papa 6, di Domiziano imperadore 8c

f Flavio Domiziano Augu- Qi ,. J STO per la quattordicesi-*

Mi

I ma volta,

[^ Lucio Minucio Rufo.

inicio e non Mlmicio è appellato questo console in una iscrizione da me * data alla luce . Nobil famiglia era anche la MI-» nlcia , Derisa fu l'avidità di Domiziano ( r avea preceduto colF esempio Vespasiano suo padre ) da Ausonio 3 e da altri ^ nel continuare per tanti anni il consolato nella sua persona , quasiché invidiasse agli altri un tale onore. Arrivò egli ad essere con-

so-

* Zonara in Annal.

* Thesaurus Novus Inscrij^tion. p' 314' »• J* 3 Ausonius in Panegyr.

Anno LXXXVIIL 191 sole diecìsette volte r il che ninno de' stioi predecessori avea mai fatto , amaftdó eìs,x di veder compartita anche ad altri questa onorcvolezza . Osservò nondimeno Suéto^ nio ^ , che Domiziano non esercitava poi la funzione di console , lasciandone il peso al collega , o pure ai sustituiti . Bastava alla sua boria, che il suo nome comparis- se negli atti pubblici , T anno de' quali per lo più era segnato col nome de' consoli or- dinar] . Del resto egli costum.ava di depor- re il consolato alla più lunga nelle calen- de di maggio; e i più d' essi rinunziò nel 13 di gennajo . Ma quali persone fos- sero a lui sustituite in quella dignità, e in qual anno , non si può ora accertare . Volle Domiziano , che si celebrassero nelF anno presente i giuochi secolari , ancorché secondo l' istituto di essi si avessero a ce- lebrare ad ogni cento anni ^ , più che quarantun' anno fosse _, che Claudio Augu- sto gli avea fatti. La prima spedizion di Domiziano contro ai Daci , insuperbiti per la loro vittoria , forse accadde ncll' anno presente . Andò egli in persona coli' esercito a quella volta . Eacconta Pietro patrizio nel suo trattato delle ambascerie ^ , che Decebalo veduto venire con grande apparato di gente un imperador romano contro di se , gì' inviò degli ambasciatori

per

' Sueton. in Domitian. cap. 13.

* Censori nus de Die Nat al. ca->. 17.

^ Petrus Patrie, de Legat. Hut.' Biz.^nt. Tom. L

192 Annali d' Italia

per trattar di pace . Se ne rise il superbo Domiziano , ed avendoli rimandati senza risposta , ordinò che le milizie imprendes- sero la guerra _, con dare il comando di tutta l'armata a Cornelio Fosco ^ prefet- to allora del pretorio. Decebalo assai in- formato del valore di questo generale , che avea studiata 1' arte militare solamente fra le delizie della corte,, e in mezzo ai diver- timenti di Roma , se ne fece beffe , e spe- di altri deputati a Domiziano , offerendosi di terminar quella guerra purché i Romani di quelle contrade gli pagassero annualmen- te due oboli per testa ; e ricusando essi tal condizione ^ minacciava loro lo stermi- nio . ^ Contuttociò Domiziano j eh' era un solennissimo poltrone j, come se avesse pie- namente assicurato l' imperio da quella par- te 5 se ne tornò da bravo a Roma , senza apparire se prima che terminasse il pre- sente anno , o pur nel seguente . Per quan- to scrivono Suetonio e Giordano * , Fosco avendo passato il Danubio , fece guerra a' Daci^ e probabilmente ebbe sopra di loro qualche vantaggio ma in fine restò scon- fitto e ucciso , forse nell' anno seguente . Circa questi tempi, per quanto s' ha da Eu- sebio 3 ^ Marco Fabio Quintiliano , eccel- lente maestro di eloquenza , nato a Calaor- ra in Ispagna , venne a Roma salariato dal

^ St/eton. in Domitiano cap. f- \ * Jordan, di Reb. Geticis cap< XJ. ^ ^ Eustbius in Chron-

Anno LXXXVIII. 195 jblico , per insegnar V oratoria . Ma prò- Dabilmente ciò avvenne sotto Vespasiano ;, il quale fondò quivi varie scuole , e vi chi a- degl' insigni maestri . Certo è intanto , ahe Quintiliano fiorì sotto i di lui figliuo- li ^ e fu anche maestro dei nipoti di Do- miziano .

Anno di Cristo lxxxix. Indizione 11. di Anacleto papa 7. di Domiziano imperadore 9.

r Tito Aurelio Fulvo per >^ 1* i 1^ seconda volta, onso 1 ^ Aulo Sempronio Atrati-

^iamo accertati da -Giulio Capitolino ^, che Tito Aurelio Fulvo o sia Fulvio , avolo patierno di Antonino Pio Augusto, fu due volte console . Giacché Suetonio scrive che Domiziano volle un doppio trionfo dei Cat- ti e dei Daci ^ non è improbabile eh' egli neir anno presente affettasse questo onore per far credere ai Romani , che felicemente passavano gli affari nella guerra della Da- cia . Attesta il medesimo storico , eh' era- no seguite alcune battaglie in quelle par- ti, e taluna verisimilmente vantaggiosa ai Romani : il che bastò air ambizioso Augu- sto , per esigere V onor del trionfo « Giac- ToM. IL N che

* Capito/, in AntO'ìino Pio .

1^4 Annali d' Italia che sopravvenne la sconfìtta e la nlbrte di Cornelio Fosco nella guerra che continuava nella Dacia , potrebbe attribuirsi all' anno presente la seconda spedizione del medesi- mo Domiziano contro ai Daci , essendo nói accertati da Suetonio ^ , che due volte egli andò in persona a quella guerra v Ma se non è possibile il ben dilucidare i tempi delle azioni di Domiziano , a noi bastar deve almeno la certezza . delle medesime . Tornò dunque Domiziano alla guerra ^ . ma perchè facea più conto della pelle , che deir onore , gli piacea la fatica , ma s bene il godersi tutti i comodi , siccome uo- mo poltrone , e perduto tra le femmine ( in ogni sorta di disonestà: non osò giamma di lasciarsi vedere a fronte dei nemici Fermatosi dunque in qualche città dell: Mesia , spedì i suoi generali contra di De cebalo . Seguirono varj combattimenti , ne quali per testimonianza di Dione perlbuo ria parte delle sue armate Tuttavia , per che la fortuna delle guerre è volubile , e suoi riportarono talvolta de' vantaggi , specialmente Giuliano diede una conside labil rotta a Decebalo : Domiziano di con tinuo, ed anche allorché andavano poco be ne gli affari , spediva 1' un dietro all' altr i corrieri a Roma, per avvisare il senat delle sue felici vittorie . Pertanto a cagio v: di questi creduti sx gloriosi successi, i

se-

S^'eton. /;> Dornitiano cap. 6. * Dio lib. 67.

I

Ann o LXXXIX. ^ 195 enata gli decretò quanti onori mai seppe nmaginare , e per tutto V imperio roma- .10 gli furono alzate statue cV oro e d' ar- gento , se pur non erano dorate ed inar- gentate . Con tutto il suo. valor nondime- no Decebalo cominciò a sentirsi assai an- gustiato dalle forze de' Romani ; e però inviò, degli ambasciatori a Domiziano per Ottener la pace. Nou ne volle il poco sag- gio Augusto udir parola ; ma in vece di maggiormente incalzare il vacillante ne- mico^ venuto nella Pannonia^ rivolse l'ar- mi contro ai Quadi eMarcomanni, volendo gastigarli , pei*chè non gli aveano dato soc- corso contra dei Dacie Due volte que' po- poli gli fecero una deputazione , per placa- re il suo sdegno , non solo nulla ottenne- ro , ma Domiziano fece anche levar la vita ai secondi lor deputati . Si venne dipoi ad una battaglia^ in cui dai Marcomanni , combattenti alla disperata , fu sconfitto V esercito romano , ed obbligato F imperado- re alla fuga . Allora fu , che egli died^ orec- chio alle proposizioni di pace con Deceba- lo , il qual seppe ben profittare della debo- lezza . in cui dopo tante perdite si trova- vano i Romani . Contentossi dunque egli di restituir molte armi e molti prigioni, e di ricever anche dalle mani di Domiziano il diadema del regno ; ma si capitolò , che anche Domiziano pagasse a lui una gran somma di danaro , e di mandargli molti artefici in ogni sorta d' arti di guerra e

N 2 di

^^6 Annali d' It a l i a di pace ; e quel che fu peggio , di pagaf-^ gli in avvenire annualmente una certa quan- tità di danaro à titolo di regalo. Durò questa vergognósa contribuzione sino a' tempi di Trajaho,, il quale , siccome vedre-* ano , avendo altra testa e cuore che Domi*- 2Ìano , insegnò ai Daci 11 rispetto dovuto all'aquile romane. Tutto boria Domiziano per questa pace , quasiché egli 1' avesse fat- ta da vincitore e non da vinto, scrisse al senato lettere piene di gloria, e fece in inanierà ancora , che gli ambasciatori di Decebalo andassero a Róma con una lette- ra di sommessione , à lui scritta da Dece- balo , se pur non fu fìnta , come molti sospettarono , dallo stesso Domiziano . Per altro Decebalo non fidandosi di lui , si guardò dal venire in persona a trovar Do- miziano y t in sua vece mandò il fratello Dieeis a ricevere lui il diadema . Quan- to durasse questa guerra perniciosa ai Komani , e quando cessasse , non abbiamo assai lume , per determinarlo ; ma v' è deir apparenza , che si stabilisse la pace neir anno presente , e che Domiziano se ne tornasse a Roma nel dicembre^ per pren- dere il cotisolato nell'anno seguente. Ne si dee tacere ciò che Plinio il giovane osser- vò y cioè chfe Domiziano ^ andando a que- ste guerre , per dovunque passava sulle 1:erre dell' imperio^ non pareva il principe

ben

* Plinius in Pane^fr.

Anno LXXXIX. 19 2^ .

ben venuto , ma un nemico ed un assassU no : tante ei'ano le gravezze , che impone- va ai popoli , tante I-e rapine , gì' incendj 5 ed altri disordini che commettevano le sue milizie, braccia cattive di un più cattivo capo .

AxNo di Cristo xc. Indizione in» di Anacleto papa 8. di Domiziano imperadore io.

r Flavio Domiziano Augu« I STO p^r la quindicesima Consoli -I volta,

Marco Coccejo Nerva per 'e la seconda.

i\ erva console , quegli è , che a suo tem^ vedremo imperadoi'" - Siccom-e il cardi- nal Noris ed altri mettono la seconda guer- ra dacica prima di quel eh' io abbia sup- posto, così credono che Domiziano cele- brasse nell'anno 88, o pure nel preceden- te , il secondo suo trionfo dei Daci , e pren-^ desse il titolo di Dacico . Eusebio ^ lo dif-* ferisce sino all'* anno seguente . Io sto col padre Pagi *^ che riferisce quel trionfo al presente anno. Su tal supposto adunque,, fu in quest'anno, per attestato di Dione 3, che Domiziano solennizzò in Roma le sue

N 3 glo-

^ Eusah. in Chfonico.

* P.^gius in Critica Baron, ad hw/ic Anno

'■■ Dio HI;. éT.

y"

198 Annali d'Italia glorie con magnifiche feste e spettacoli . èi fecero nel Circo varj combattimenti a pie- di e a cavallo^ e in un lago fatto a posta una battaglia navale , in cui quasi tutti i combattenti restarono morti. Levossi in- oltre durante quello spettacolo un fiero tem- porale con pioggia, che quasi ebbe ad af- fogare gli spettatori . Domiziano si fece da- re il mantello di panno grosso , ma non volle che gli altri mutassero veste, che alcuno uscisse , di maniera che tutti inzup- pati d' acqua , contrassero poi delle malat- tie , per cui molti morirono . A consolar poi il popolo per tal disgrazia , trovò lo spediente di dargli una cena a lume di fiaccole 3 e per lo più fu suo costume di eseguire i pubblici divertimenti in tempo di notte . Ma specialmente fece egli com- parire il suo fantastico cervello in un con- vito notturno , al quale invitò i principali deir ordine senatorio ed equestre . Fece ad- dobbar di nero tutte le stanze del palazzo , mura^ pavimento, e soffitte con sedie nu- de . Invitati i commensali , cadaun vide col* locala vicino a se una specie d'arca sepol- crale-, col suo nome scritto in essa , e con una lucerna pendente , come ne' sepolcri . Sopravvennero fanciulli tutti nudi , e tinti di nero , ballando intorno ad essi , e por- tando vasi 5 simili agli usati nelle esequie de' morti. Cadauno de' convitati, si tenne allora spedito , e' tanto più perchè tacendc ognuno, il solo Domiziano d'altro non par- lava ,

Anno XC. 159

...va, che di morti e di stragi . Dòpo gran paura furono in ^ne licen:iiati; ina appena giunti alla loro abitazione , ecco che parecchi di loro son richiamati alla cor- te . Oh allora che crebbe in essi lo spa- vento^ ma in vece d'alcun danno, riceve- rono poi da Domiziano qualche dono in va- si d'argento, o in altri preziosi mobili. Tali furono i solazzi bizzarri dati da Do- miziano alla nobiltà in occasione del suo trionfo . Nondimeno il popolo comunemen- te dicea , che questo era non già un trion- fo , ma un funerale de' Romani nella Dacia^ ovvero in Roma estinti . Dopo questi trion- fi la vanità di Domiziano , che studiava ogni qualche novità^ volle che il mese di settembre da 11 innanzi s'appellasse Ger- manico ^ , e T ottobre Domiziano , per non essere da meno di Giulio Cesare^ e d'Au- gusto ; e ciò perchè nel primo avea conse- guito il principato , ed era nato nel secon- do. Ma nqn durò più della sua vita que- sto suo decreto . Non si sa mai capire , co- me Eusebio * scrivesse, che molte fabbri- che furono terminate in Roma neir anno presente, o pure nell' antecedente, cioè Ca- yuailum j Forum transltorlum ^ J)ivoruì7i Ponicus , Islum ^ ac Sdraplum , Stadium , Horrea plperataria , Vespasiani Templum , Minerva Chalcidica , Odeum , Forum Tror-

N 4 jani ,

SuetoTi- in Domiti ano cap, 13. Plufrchm in Num. ' Eustb. in Chron.

200 ^ Annali d'Italia jani^ Thermoi Trajance ^ & Titianas^ Sena- tus j Ludus Matutinus j Mica aurea ^ Me-- ta sudans , & Pantlieum, Non si pensasse alcuno, che tanti ediiìzj ricevessero il lor essere o compimento in quest' anno . Forse furono risarciti. ÌÌPanteo era da gran tem- po fatto ; e per tacere il resto , la piazza e le terme di Trajano non furono , sicco- me diremo , fabbricate , se non nei tempi del suo imperioj, cioè da cjui a qualche anno .

Anno di Cristo xci. Indizione iv. di Anacleto papa 9. ' di Domiziano imperadore ii.

C n V -f ^^^^^ Ulpio Traiano.

\ Marco Acinio Glabrione .,

1 rajano console in quest' anno il medesi- mo è, che fu poi imperadore glorioso. Il prenome dell'altro console Glabrione y se- condo alcuni, fu non già Marco y ma Ma- rno 5 siccome proprio della famiglia ^ci- -4ia . Noi abbiamo da Dione ^ esser avve- nuti due prodigi, per T uno de' quali fu presagito l'imperio a Trajano ^ e per l'al- tro la morte a Glahrlone . Quali fossero noi sappiamo , se non che per attestato del me- d.esimo storico, Glabrione benché console, fu obbligato dal capriccioso ed iniquo Do-

mìf

Dìo lib* 67*

I

Anno XCI. zot

iniziano a combattere contra di un grosso lione, che fu bravamente da lui uccisq ^ senza restarne egli ferito . Questa azione ^ che dovea guadagnargli lode e stima pres- so di Domiziano , altro non fece , che in- citarlo ad invidia , ed anche ad odio, per- chè non gli piaceano i nobili di raro va- lore . Però col tempo trovò de' pretesti per mandarlo in esilio , e poi imputandogli che volesse turbare lo stato ( forse nelF anno 2S ) il f*^ce ammazzare . All' anno present» vien riferita da Eusebio^ la strepitosa mor- te di Cornelia , capo delle Vergini Vesta- li. Era ella stata accusata dianzi d'incon- tinenza , e dichiarata innocente . Sotto Do- miziano si risvegliò questa accusa ; e Do- miziano affettando la gloria di custode del- la religione , cioè della superstizione paga- na , e volendo rimettere in uso le antiche leggi , la fece condennare , e seppellir viva . Suetonio ^ dice, ch'ella fu convinta de* suoi falli ; Plinio il giovane ^ ^ eh' essa pur fu chiamata in giudizio , non che ascol- tata ^ ed essere quella stata un'enorme cru- deltà ed ingiustizia . Furono anche proces- sati alcuni nobili romani, come complici del delitto, frustati sino a lasciar la vita sotto le battiture, benché non confessassero l'apposto reato. E perchè Valerio Liciniano^ già senatore e pretore , uno da'* più eloquen- ti

' Eusebìtis in Chron, * Suetofu in Domittntìo c^ t-, i P li ni US lib. 4. E^. n.

zoz A N K A L I d' Italia ti uomini del suo tempo, per dvere nasco»- sa in sua casa una donna della famiglia di Cornelia , fu accusato , altra maniera non ebte , per sottrarsi a que'rigori , se non di confessare quanto gli fu suggerito sotto ma- no per ordine di Domiziano. Tuttavia fu egli cacciato in esilio, e i suoi beni asse- gnati al fisco. Questi poi sotto Trajano ri- tornato a Roma si guadagnò il vitto , con fare il maestro di rettorica. Così inorpel- lava Domiziano i suoi vizj , volendo ccm- jDarire zelantissimo delF onore de' suoi fal- si dii . Narrasi ancora , che essendo mor^ uno de' suoi liberti, e seppellito, dappoi- ché Domiziano intese , che costui si era fatto fabbricare il sepolcro con dei marmi presi dal tempio di Giove Capitolino, bru- ciato negli anni addietro , fece smantellar dai soldati quel sepolcro, e gittar in mare r ossa e le ceneri di colui : tanto si picca- 'Va egli d' essere zelante dell' onore delle cosp sacre.

Anno di Cpasxo xcii. Indizione v. di Anacleto, papa io. di Domiziano imperadore 12.

-^ r Flavio Domiziano Augusto

Consoli ^ per la sedicesima volta , [^Quinto VoLusio Saturnino.

^' è disputato, e tuttavia si disputa ^ in qual anno su\;cedesse la ribellione di Lucio i

An- I

Anno XCIL 203

itonlo , e la breve guerra civile che in e' tempi avvenne. Alcuni ^ la mettono ir anno 88, altri nell' 89 , e il Calvisio - difterisce sino al presente anno . A me nbra più probabile l' ultima opinione , confrontando insieme quel poco che s'ha di questo fatto da Tacito 3 ^ e da Sueto- nio ^ , e da Dione ^ o sia da Sifllino; per- chè da loro apparisce , che dopo questa sol- levazione Domiziano lasciò la briglia alla sua crudeltà , e ciò avvenne , siccome di- rò , nell'anno seguente. Lucio Antonio^ a cui Marziale ^ il cognome di Saturni- no , era governatore dell' alta o sia supe- riore Germania . Perchè ben sapea , quanto per poco Domiziano perseguitasse le perso- ne di merito , e che specialmente sparlava di lui con ingiuriosi nomi , mosse a ribel- lione le sue legioni , facendosi proclamare imperadore . Portata a Roma questa nuo- va , se ne conturbò oghuììo per l'apprensio- ne, che ne succedesse una gran guerra, e si tornasse a provar tutti i malanni com- pagni delle guerre civili, Domiziano stes- so temendo, che quest'incendio si potesse maggiormente dilatare , determinò di por- tarsi in persona contra di lui, ed avea già in ordine l'armata. Ciò che recava maggio- re spavento , era il sapersi che Lucio Au-

to-

^ Pagius in Crit. Baron. * Calvi stus ^Tillemont , ^ alti

* Tacitus in Vit.i Agricole .

* Sueton. in Domiti ano cap. 9.

lili.^, Episi. 9'

204 Annali d' Italia ionio s' era collegato coi Germani , e que- sti doveano rinforzarlo con un potente eser- cito. Ma che? Lucio Massimo^ che il Til- lemont fondatamente conjettura essere lo stesso, che Lucio Ap'pio Norb a no Massimo y^ il qua! forse governava allora la bassa Ger- mania, o pure una parte della Gallia vici- na, senza aspettare alcun de' soccorsi che-- gli promettea Domiziano , diede battaglia improvvisamente ad esso Lucio Antonio, prima che con lui si uoissero i Tedeschi ^ Volle anche la buona fortuna , che mentre erano alle mani , crescesse così forte ii Re-* no, che non poterono passare i Tedeschi, Rimase sconfìtto ed ucciso Antonio , e la sua testa fu inviata a Roma in testimo- nianza della vittoria : il che risparmiò a Domiziano gl'incomodi di continuar quel- la spedizione . Plutarco ^ e Suetonio ^ nar- rano , che nel giorno stesso , in cui fu da- ta quella battaglia , un' aquila posandosi in Roma sopra una statua di Domiziano, fe- ce delle grida d** allegria; e passando tal voce d' uno in altro , nel medesimo giorna si divolgò per tutta Roma, che Lucio An- tonio era stato interamente disfatto : ed al- cuni giunsero £no a dire d' aver veduta la 5ua testa recisa dal busto. Prese tal piede questa diceria , che gran parte de'magistra-? ti corsero a far de' sagriiizj in rendimento di grazie . Ma cominciandosi a cercare , chi

avea

? Plutarchus in B- MmH. ' 'Snetsn. in Domitiano C'-^*

ì

Anno XCIL ^05

ea portata questa nuova , niuno si tro- vo 5 ed ognuno rimase confuso . Domizia- no, che era in viaggio, ricevette dipoi i ! corrieri della vittoria , e si verificò essere la medesima succeduta nei giorno m-edesi- mo, in cui se ne sparse in Roma la falsa voce. All'* anno presente attribuisce Euse- bio ^ r editto di Domiziano contro le vi- gne. ^ Trovatosi, che v'era stata molta abbondanza di vino , poca di grano , s' im- maginò Domiziano , che la troppa quantità delle viti cagion fosse , che si trascurasse la coltura delk campagne. Ma Filostrato ^ aggiugne , che non piaceva a Domiziano sterminata copia di vino , perchè V ubbria- chezza cagionava delle sedizioni . Ora egli vietò, che in Italia non si potessero pian- tar viti nuove >, e ch-e nelle provincie se ne schiantasse la metà , anzi tutte nell' Asia , per quanto ne dice Filostrato . Ma non istet- te poi saldo in questo proposito , per -esse- re venuto a Roma Scopellano spedito da tutte Je città dell'Asia, il quale non so- lamente ottenne, che si coltivassero le vigne,, ma ancora che si mettesse pena a •chi non ne piantava. Forse ancora più d* ogni altra riflessione servì a fare smontar Domiziano da questa pretensione , 1' essersi sparsi de' biglietti 4^ ne' quali era scritto , che facesse pur Domiziano quanto voleva ,

per-

^ Euseb. in Cbron, * Sueton. ir. Domitiano cap. 7.

' Philostratus in A^-ollon. l. (,-

^ AureHus ViSior in Hgitcme . fopiscws in Prch .

2o6 Annali d'Italia

perchè vi resterebbe tanto di vino per fa--, re il sagrifizio^ in cui sarebbe la vittima lo stesso imperadore».

Anno di Cristo, xeni. Indizione vi. di Anacleto papa ii. di Domiziano imperadore 13»

ri 1' r Pompeo Collega,

Consoli ^ ri n

\ Cornelio Prisco.

v^^redesi, che a questi consoli fossero su- stituiti prima del di 15 di luglio Marco Lollio Paolino y e Valerio Asiatico Saturni- no'^ e che all'un d'essi succedesse nel con-' solato Gajo ^Jntistio Giulio Quadrato ; e il padre Stampa ^ ha sospettato che GajoAn" tlstioyO sia Anio Giulio fosse personaggio diverso da Quadrato. Ma qui son delle te- nebre, come in tanti altri siti de' Fasti con- solari , trovandosi bensì de' consoli sosti- tuiti e straordinarj , nelle antiche storie e lapidi nominati , ma senza certezza dell' ' anno, in cui esercitarono quell'insigne ufi- | zio. Poiché per altro quai fossero i due : poco fa menzionati consoli , V abbiamo da un marmo riferito dal Grutero ^, e com- piutamente poi dato alle stampe dal cano- nico Cori 3^ che fu posto M. LOLLIO PAVLLINO VALERIO ASIATICO SATVR-

NI-

^ .Stampa ad Fastos Consular' Sigontì ., * Gruter. Thesaur. Inscript. pag. 189. ' Cc'rkis T.tìSC,-:ptfon. Etna. p. é^.

Anno XCIII. 207

NINO. C. ANTIO IVLIO QVADRATO GOS. Se poi questi nelF anno presente fossero su- stituiti ai consoli ordinar]^ io noi so dire. Neil' agosto di quest' anno in età di cin- quantasei anni diede fine alla sua vita Gneo Giulio Agricola suocero di Cornelio Taci- to ^ , già stato console 3 le cui imprese mi- litari nella Bretagna di sopra accennai. Tor- nato ch'egli fu di colà a Roma, arrivò l"* anno in cui potea chiedere il proconsola- to , o sia il governo deir Asia: , o dell'Afri- ca. Ma non si sentì egli voglia d' altri ono*- ri , perchè sotto un imperador cattivo trop- po era pericoloso il servire . Poco prima avea Domiziano fatto levar di vita Civiccb Cereale proconsole dell'Asia per meri sò-^ spetti di ribellione . Questo esempio , e il sapere che Timperadore non avca caro di conferir si riguardevoli posti a persone di erimentato valore, indussero Agricola a pregarlo, che volesse esentarlo da quel pe- sante fardello . Era questo appunto ciò, che desiderava Domiziano , e ben presto 'gliel' accordò 5 e permise^ che Agricola il ringraziasse, come se gli avesse fatta una grazia . Seppe dipoi vivere questo saggio uomo anche per qualche tempo ^ senza pro- ^ar le persecuzioni del bisbetico Augusto, Acendo conoscere , che gli uomini grandi provveduti di prudenza possono stare anche sotto principi cattivi , e non fare naufra- gio.

* T.Jcitus in Fica Agricola c.i^. 44.

èoS Annali b' I t a l i a gio. Dione ^ ciò non ostante scrive, clic X)omiziano V uccise ^ ma Tacito che più ne seppe di lui, e scrisse la sua vita, di-' ce bensì essere corsa voce di veleno : noa* dimeno ne restò egli in dubbio.

Ma tempo è oramai di far vedere un principe appunto cattivo , anzi pessimo , nella persona di Domiziano; cosa da me diserbata a quest'anno, non già perchè egli comincias^se solamente ora a riconoscersi tale, ma perchè il suo mal talento dopo la guerra civile di Lucio Antonio andò agli eccessi . Certamente a Domiziano non man- cava ingegno ed intendimento ; ma questa bella dote , se va unita con delle sregola- te passioni, ad altro non serve d' ordina- TÌo^ che a rendere più perniciosi e male^ iìci i regnanti.. Ora non si può assai espri- mere, quanta fosse la vanità, la presun- zione , e la sete di dominare in lui . Egli si credeva la maggior testa dell' universo , e eh* egli solo fosse degno di comandare,* perciò iìero, superbo , e sprezzator d' ognu- no , astuto, ed implacabile ne' suoi sdegni. Era sicuro dell' odio suo , chiunque compa- riva eccellente in alcuna bella dote : che questo è lo stile delle anime basse. ^ Vi- vente il padre ^ e creato Cesare fece di ma- ni e di piedi, per non esser da meno del buon Tito suo fratello: ottenne varj ufizj , che esercitò con gran boria ed eccesso di

au-

' Dfo lib. 6y * Suetofì- in Damhiano cap- i.

A N N o xeni. 209

autorità . E giacché Vespasiano , ben cono- scente del maligno suo naturale , il teneva Jjasso , non avendo potuto conseguire , se non un consolato ordinario j, almeno si stu- diò sempre di essere susti tuito come con- sole straordinario al fratello. Morto Vespa- siano , fu in dubbio se dovesse offerire ai soldati il doppio del donativo promesso lo- ro da Tito , per tentar di levare a lui 1' imperio. Andava spacciando che il padre J*avea lasciato collega del fratello nella si- gnoria ; ma che era stato suppresso il te- stamento. Vantavasi ancora d'aver egli al- zato al trono non meno il padre , che il fratello; e l'adulatore Marziale approvò questo suo folle sentimento . Vivente esso Tito, non fece egli mai -fine a tendergli delle insidie, non solo segretamente, ma anche in palese . Tuttavia tanta era la bon- tà di Tito, che quantunque consigliato di liberar se stesso e il pubblico da peri- coloso arnese , mai non volle ridursi a que- sto passo , contentandosi solamente di far- gli talvolta delle fraterne correzioni colle lagrime agli occhj , benché senza frutto. Forse queir unica azione , di cui Tito pri- ma della sua immatura morte disse d' esse- re pentito, fu d'aver lasciato in vita que- sto fratello , ben conoscendo il gran njale che ne avverrebbe alla repubblica . Divenu- to poscia imperadore ^ non lasciava occa- ToM. II. 0 sio-

' Dio ibi ci.

210 Annali d' Italia

sione, anche in senato ^ ^ di sparlare coper- tamente , ed ancora svelatamente del padre e del fratello , biasimando le loro azioni e per cadere' in disgrazia di lui, altro non occorreva, che essere ingrazia o delT uno , o deir altro , o dir parola alla presenza di lui in lode di Tito . Per altro egli era un solennissimo poltrone : temeva i pericoli della guerra ; abborriva le fatiche del go- verno. ^ 11 suo divertimento principale con- sisteva in giocare ai dadi , anche ne' giorni destinati agli affari. Soleva eziandio ne* principj del suo governo starsene ritirato in certe ore del giorno i e la sua mirabil applicazione era in prendere mósche ^ ^ o ucciderle con uno stiletto. Celebre è intor- no a ciò il motto di Vibio Crispo , uomo faceto. Dimandando taluno^ chi fosse in camera con Domiziano, rispose Crispo : Nh ])ur una mosca.

Ora non aspettò egli , siccome dissi , a comparire quel crudele che era, a questi tempi . Anche ne' precedenti anni diede va- fj saggi di questa sua fierezza per varie e ben frivole cagioni . Fra gli altri ( non se ne sa. Tanno ) fece ammazzare Tito F/avto Sabino suo cugino , perchè avendolo dise- gnato console secondo le apparenze per seconda volta , il banditore inavvertente- mente in vece del nome di Console gli die- de

' Sueton. ibiii. * Aurelius V'i3ur in Epitome .

^ Sueton- in Domiti ano cip. 3. Dio Uh. 67- J'.'.reL n&pr ibid.

Anno XCIII. 211

de quello cV i 771 pera do re. Questo bastò per togliere a Sabino la vita. La stessa mala! sorte toccò ad alcuni altri, o pure T esi- lio : che questo era ne' primi suoi anni il più ordinario gastigo ; ed Eusebio ^ al di lui quarto anno scrive essere stati esiliati da lui assaissimi senatori. Probabilmente ciò avvenne più tardi, .Ora noi sappiamo da Suetonio * , che Domiziano prima di questi tempi avea levato dal mondo Sa Z^v io Coccejano , solamente perchè avea solenniz- zato il giorno natalizio di Ottone impera- dore suo zio ; Sallustio Lucullo non per al- tro , che per aver dato il nome di lucul- lee ad alcune lance di nuova invenzione; Materno Sofista , cioè professor di rettori- ca , per aver fatta una declamiazione con- tra de' tiranni; ed Elio Lamia Emiliano^ per cagione di qualche motto piccante , det- to fin quando esso Domiziano era persona privata . Moglie di questo Lamia fu Domi-^ zia Longbna ^ figliuola diCorbulone. Glie- la tolse Domiziano , e dopo averla tenuta per amica un tempo , la sposò , e diedele il titolo di Augusta . Ad accrescere la cru- deltà di questo imperadore,' s'aggiunse la smoderata credenza che si dava in questi tempi alle vane predizioni degli strologhi. Più degli altri loro prestava fede Domizia- no, uomo timidissimo ; e perchè fin da gio- vane gli avea predetto alcun d' essi , che

0 2 sa-

* Eusel; in Cbron- a Suetcn. ihid. cap. lo.

& I a A -V >r A L I d' I T A L I A

sarebbe un ucciso, perciò la cliffiden?a fu sua compagna finché visse , e massima* mente negli ultimi anni del suo imperio. Di qua venne la morte di varj principali signori dell'imperio; perchè egli si procace clava l'oroscopo di tutti, e trovandoli de- stinati a qualche cosa di grande, li faceva levare dal mondo» Metio Pomposiano y di cui parlamm.o air anno ^5 preservato sotto il buon Vespasiano , non la scappò sotto V iniquo suo figliuolo. Perchè fu creduto , che avesse una genitura , che vanamente gli pro-<- gnosticava l' imperio , e perchè teneva in sua camera una carta geografica del mon-r do, e studiava le orazioni dei re e dei ea^- pitani , che son nelle storie di Livio : il mandò in Corsica in esilio ^ , ed appresso il fece ammazzare . Ma soprattutto s' accese, e 2-iunse al colmo l'inumanità di Domizia-r no , dappoiché se gli ribellò contro Lucio Antonio Saturnino; del che s'è favellato air anno precedente . S' accorge più che mai allora questo maligno principe , che 1' odio universale è un pagamento inevitabile del- le iniquità. ^ Trovò anche in Roma dei complici di quella congiura^ e molti altri , che almeno sospiravano di vederla cammi- nare ad un fine felice. Incrudelì dunque contra di chiunque era stato , o si sospet-r tava che fosse stato partecipe dei disegni d' esso Lucio Antonio ; perdonò se non

a due

? Dfo lib. 57. * Sueton- in Domitiano caf. ?c.

A N 1.^ o XCIIi. 213

a due ufiziali , che con vergognosa scusa coprirono il loro fallo . D' altre illustri per- sóne da lui uccise parleremo all' anno se- guente . Anche Tacito ^ attesta avere bensì Domiziano commessa qualche crudeltà ne- gli anni addietro , ma un nulla essere in paragon di quelle eh' egli praticò dopo la m-orte d'Agricola, avvenuta nell'anno pre- sente, siccome dicemmo* O nel precedente anno , come vuole il padre Pagi ^ , Ò nel presente , come credette il cardinal Noris ^ ed altri , ebbe principio la guerra de' Ro- mani coi Sarmati . ^ Aveanò que' Barbari tagliati a pezzi una, o più legioni romane eoi loro ufiziali . Ciò diede impulso a Do- miziano di accorrere colà in persona con nn buon esercito, per frenare T insolenza di que' popoli. Da Marziale e da Stazio poeti , due trombe delle azioni di questo imperadore , noi impariamo eh' egli ebbe & combnttere anche contro ai Marcomanni . Se bene, o male, non si sa. Ben sappia- mo 5 che secondo il suo costume di attri- buirsi le vitttorie,, anche quando egli era vinto, tornato a Roma nel gennajo di quest' anno o pur del seguente , fece credere che gli affari erano passati a maraviglia bene . Tuttavia ricusò il trionfo , e si contentò di portare al Campidoglio la sola corona

O 5 d' al-

' Tac/'tus in rita Agricole Cap. 45.

* P.7gius in Crit. Baron,

^ Noris- Epjst. Consulafi ^ TilUmcni^ & alii .

E'ftrap. in Brevi ar. 5 Suetan. ir. Vomiti a no f. 6.

214 Annali d' I t a l i a d' alloro , e di offerirla a Giove Capito^ lino .

Anno di Cristo xciv. Indizione yii, di Anacleto papa 12. 4i Doiviiziano imperadore 14.

r Lucio Nonio Torq^uato a-

ri T ' SFRENATE,

Consoli ^ m e Tv/r t

I Tito Sestio Magio Latera-

1^ NO.

X ra gli eruditi è stata finora molta dispu-^ ta intorno ai consoli ordinar; di quest* an- no, né si sapea il prenome e nome di La- terano. Un'iscrizione del museo kircheria- no , da me ^ data alla luce , ha messo tut- to in chiaro . Da un marmo apparisce che in luogo di Laterano era console nel set- tembre Lucio Sergio Paolo, Moltiplicarono più che mai in questi tempi le calamità di Roma sotto Domiziano, divenuto oramai formidabil tiranno , e non inferiore a Ne- rone . Ne lasciò a noi un orrido ritratto Cornelio Tacilo ^ , presente a tutte quelle scene , con dire che si vide il senato cir- condato ed assediato da genti d' armi ; a molti, ch'erano stati consoli, tolta la vi- ta; e le piii illustri dam.e o fuggitive, o cacciate in esilio . Di persone nobili ban-

di-

' Thesaur. Novus feter. Inscript. />. 314- «• a*

* Tacftus Hist' /. !• e i. & seq. Idem in f^ita Agricola e 4^-

Anno XCIV. 215

dite^ piene erano le isole, e all'esilio te- nea dietro bene spesso la spada del carne- fice . Ma in Roma si facea il maggior ma- cello. Pareva un delitto l'aver avuto delle dignità; pericoloso era il volerne; al- tro occorreva per istar tutto esposto ai precipizj , che V essere uomo dabbene . Le spie e gli accusatori erano tornati alla mo- da; e fra questi mali arnesi, si distingue- vano Metio Caro Messalino , e Bebio Mas- sa , assassini del pubblico , non nelle stra. de , ma ne' tribunali stessi di Roma , con essersi attribuita la maggior parte del- le crudeltà d' allora più alla lor mali- gnità e prepotenza^ che a quella di Domi- ziano. Le spese .eccessive fatte da questo prodigo imperador,e in tanti spettacoli non necessarj , e in accrescere fuor di misura lo stipendio ai soldati , per maggiormente obbligarseli , 1' avcano ridotto al verde . ^ Si avvisò di cercare il risparmio col cas- sare una porzion delle milizie; e secondo Zonara ^ eseguì questo pensiero . Suetonio sembra dire ^ che solamente lo tentò, ma che trovandosi tuttavia imbrogliato a dar le paghe , rivolse il pensiero a far danaro in altre tiranniche maniere, occupando a diritto e a tòrto i beni de' vivi e de'mor- ti . Pronti erano sempre gli accusatori , de- nunziando or questo, or quello^ come rei di lesa maestà per un cenno ^ per una pa-

0 4 ro-

■/ì Domi ti ano cap. 12. ^ Zonara it Arénalih.

2i6 Annali d'Italia rola centra del principe , o centra lino de^ suoi gladiatori : delitti per lo più finti , e non provati. Si confiscavano a tutti i be- ni j e bastava che comparisse un solo a di- re d' aver inteso che un tale prima di rncH tire avea lasciata la sua eredità a Cesare , perchè tosto si mettessero le griffe su quel-^ la roba . Sopra gli altri furono angariati i Giudei , che da gran tempo pagavano un rigoroso testatico, per esercitare liberamen- te il culto della lor religione. Un'esatta perquisizion d' essi fu fatta per tutto V im- perio romano , e processati coloro che dis- simulando la lor nazione , non aveano pa- gato .

Fra gli altri personaggi di distinzione , che per attestato di Tacito ^ furono tolti di mira in questi tempi dal genio sangui- nario di Domiziano^ si contarono Elvldlo il giovane, Rustico j e Senecione, Era il primo figliuolo queW Elvldio Prisco ., che a' tempi di Vespasiano , siccome fu detto di sopra all'anno 73, perla sua stoica in- solenza si tirò addosso l'esilio, e poi la morte. ^ Eccellenti qualità concorrevano ancora in questo suo' figliuolo , per le qua- li era in gran riputazione, oltre all'aver esercitato un consolato straordinario. Quan- tunque egU se ne stesse ritirato per la mal- vagità de' tempi che correano , pure si vi- de

' Tacitus in rita Agvlcolx cap. 43.

* Suett))7. i,ì Domftfa'2(i e- io. Plinius Uh. 9- Eptst. Jg-

A N ]^ o XCIV. 217

de accusato davanti al senato, per avere ^^ secondochè diceano, in un suo poema sot- to i nomi di Paride e di Eoone messo in burla il divorzio di Domiziano, ^ il quale altrove abbiam detto che prese in moglie Domizia Longina. Questa poi la ripudiò^ perchè perduta d' amore verso Paride istrio-^ ne, ch'egli fece uccid'fere in mezzo ad Una strada . Contuttociò non si potè contenere dal ripigliarla poco dipoi : del che fu assai proverbiato. Publicio Certo ^ dianzi preto- re, ed ora uno de' giudici dati ad Elvidio , per mostrare il suo zelo adulatorio verso Domiziano , commise la più vergognosa azione , che si possa mai dire ; perchè mi-* se le marti proprie addosso ad Elvidio, e il trasse alle prigioni . Fu condennato EU vidio, e l'infame Publicio per ricompensa destinato console , senza però giugnere a godere di quella dignità, perchè Domiziano tolto di vita non gli potè mantener la parola . Contra di costui si fece poi accusatore PU^ nio il giovane ^ e tal terrore gli mise in corpo , che disperato finì i suoi giorni . £r- renio Senecione^ per avere scritta la vita di Elvidio Prisco seniore^ somministrò as- sai ragione al crudel Domiziano e al timi- do senato, per condennarlo a morte, e far bruciare pubblicamente V Opere composte da quel felice ingegno. Un altro persoiiag-^ gio, tenuto in sommo credito per la prò*

fes-

Sueton. in Domitian» ca^. 3.

^|8 Annali d'Itaìia

feesione della stoica filosofia ^ , fu Lucio Giunio Aruleno Rustico. Aveva egli in un suo libro lodati Feto Trasea^ ed Elvìdio Prisco:, -aomini insigni j, de' quali si è par- lato di sopra . Di più non occorse , perchè egli fosse condennato e fatto morire . Plu- tarco attribuisce la di lui disgrazia all'in- vidia portata da Domiziano alla gloria di quest'uomo illustre. Sappiamo parimente^ che Fannia moglie di Élvidio Prisco in tal occasione fu mandata in esilio, e spoglia- ta di .tutti i suoi beni ; siccome ancora ^r- ria, vedova di Peto Trasea ; e Fomponia Gratula , moglie del suddetto Rustico . Fe- ce anche Domiziano morire Ermogene da Tarso-, perchè in una storia di lui scritta si figurò di essere stato punto sotto certe maniere di dir figurate . I copisti di quel- la storia furono anch' essi fatti morire in croce.. Di questo passo camminava la cru- deltà di Domiziano, e Dione ^ ebbe a di- re , che non si può sapere a qual numero ascendesse la serie degli uccisi per ordine suo , perchè non voleva che si scrivesse ne- gli atti del senato memoria alcuna delle persone da lui tolte di vita. E con questa barbarie congiugneva egli un' abbominevo- le infedeltà , perchè servendosi di molti ini- qui o per accusare altrui di lesa maestà, o per rapire le altrui sostanze, dopo aver- li

* Dio Uh. 67. Plutanhus dt, Cursos.

* Z);f in Excer^tis ralesian>

Anno XCIVc 219

li premiati con dar loro onori e magistra- ti, da li a poco faceva ancor questi am- jnazzare , acciocché sembrasse che da essi soli , e non da I14Ì , fossero procedute quel- le iniquità. Altrettanto facea coi servi is liberti da lui segretamente mossi ad accu- sare i padroni, facendoli poi morire anch' essi. Molte arti usò inoltre, per indurre alcuni ad uccidersi da se stessi , acciocché si credesse spontanea e non forzata la mor- te loro . Peggiore ancor di Nerone fu per un conto , ^ perchè assisteva in persona agli esami, e ai tormenti delle persone accusa- te, « si compiaceva di udire i lor sospiri , e di mirar que' mali che facea lor sofFe ri- re , il maggior de'quali era il veder pre- s€nte l'autore iniquo de' medesimi lor tor- menti. Aggiugneva inoltre la dissimulazio- ne all' inumanità , usando finezze e carezze a chi fra poche ore dovea per suo coman- damento perdere la vita. Lo provò tra gli altri - Marco Arnclno Clemente , già pre- fetto del pretorio sotto Vespasiano , e poi console ( non si sa in qual anno ) che era anche suo parente , ed amato non poco da lui, perchè 1' ajutava nelle iniquità. Con- vertito P amore in odio, un dibattagli gran festa, il prese anche seco in seggetta, e veduto colui che era appostato per denun-, ziarlo nel di seguente^ come reo di lesa- ma e-

" Sii.ton. in Domic;^nu cip ii.

220 Annali d'Italya maestà V disse a- Clemente,: Vuol tu^ die domani ascoltiamo In gludlcio quel forfan-^ te di iServo? Posti in così duro torchio,^ se stessero male i cittadini romani, e par-i ticolarmente i nobili, non ci vuol molt-ol ad intenderlo .

Anno di Ciiisto xcv. Indizione viii,- f - di Anacleto papa 15.

di Domiziano imperadore 15.

r Flavio Domiziano Augusto Condoli "<i per la diecisettesima volta,- (^ Tito Flavio Clemente.

•i-^on zio paterno, fn a cugino di Doniizia-^ no fu questo Clemènte console, perchè fi- gliuolo di Sabino fratello di Vespasiano - Mostravagli Domiziano molto affetto , e per testimonianza di Suetonio ^ , meditava di- voler suoi successori due piccioli figliuolr di lui, a' quali avea anche fatto cangiare il nome, chiamando F uno Vespasiano, eV altro Domiziano, Ma appena ebbe Clemen^- t^ compiuto il tempo delF ordinario suo- consolato, il quale in questi tempi solca- durare solamente i primi sei mesi , che Do-' miziano per leggerissimi sospetti gli fece l^var la vita . Il cardinal Baronio ^, il Tiì-^ lemont ^ ed altri dottissimi uomini prcten- do-

^ St.:?:on. in Dor.utiann r. 15. ^ BìX-:'cìu A^y.iaì^ Ecclesrasr. ^ Tillemont Mem. E:st. Ecc/es.

Anno XCV. ^21

tlono, ch'egli morisse Cristiano e Martire jj e le lor ragionimi pajono convincenti; Im- perciocché Eusebio, Orosio, ed altri scrit- tori cristiani mettono sotto quest' anno la persecuzione mossa da Domiziano contro i professori della l<^gge di Cristo i e insin lo ètesso Dione * scrittore pagarro"^ sciìve aver Domiziano nell'anno presente fatto morir Flavio Clemente Console per delitto d* em^ pietà ^ cioè per non credere, venerare i falsi dii del Paganesimo ; e che furono mol- ti altri condennati a m.orte , per avere ab-^ bracciata la religion de' Giudei: che tali erano creduti e chiamati allora i Cristia- ni . Suetonio ^ tacciando questo Clemente di una 'vUlsslma dappocaggine { contemtis- slmce Inertice ) indica lo stesso > perchè per attestato di Tertulliano 3 ^ i Cristiani^ sic- come gente ritirata , che non compariva agli spettacoli , non cercava dignità e gloria nel sccoloj, e attendeva alla mortificazion del- le sue passioni, pareano persone di poca spirito j, e gente buona da nulla . Moglie di questo Clemente console era Flavia Domi-- lilla , nipote di Domiziano , Cristiana anch' essa, che fu relegata nell' isola Pandataria , Ebbe inoltre esso Clemente una nipote, ap- pellata parimente Flavia Domitilla , Crede- ri che amendue queste Domitiile morendo martiri illustrassero la fede di Gesù Cri- sto ,

^ Dio lib. 67.

^ Suicon. in Domitiann ibid.

^ Tumd'.. /■♦> A^olu^iticu cap. 41.

222. Annali d'Italia

sto , e la lor meaioria è onorata ne' sacri martirologi . Ne parla anche Eusebio ^ , ci- tando in prova di ciò la storia di Brutio Pagano . 0 sia perchè il Cristianesimo era considerato come una setta di filosofia, o pure perchè Senecione; e Rustico, amendue filosofi j, uccisi , come -elicemmo ^ nell'anno precedente ( se pur non fu nel presente ) irritassero non poco V animo bestiale e ti- mido di Domiziano; certo è, ch'egli cac- ciò di Roma tutti i professori della filoso- fia circa questi tempi, non potendo egli probabilmente sofFerir coloro , da'* quali ben s'immaginava, che erano condennate le sue malvagie azioni, E che ciò succed^esse nell' anno presente , lo scrive il mentovato Eu- sebio * . Però Filostrato notò ^ , che molti d' essi filosofi se ne fuggirono nelle Gallie, ed' altri nei deserti delia Scitia e della Li- Bia. jDìon G?'isos£omo , uomo insigne , se ne andò nel paese de' Goti. Epltetto^ celebre Stoico, fu anch' egli obbligato a ritirarsi fuori di Roma- Amaramente si duol Taci- to ^ di questo crudele editto di Domizia- no , perchè fu un bandire da Roma la sa- pienza ed ogni buono studio, acciocché non vi rimanesse studio delle virtù, e vi trion- fasse solamente la disonestà con gli altri vizj . Pare che a quest' anno appartenga ,

se-

1 Epsehhai in Ckrcnico , e^ Hist. Ecdesfast. Uh- J-^

* Eusebius in Chroiu ^ Philostrstv.s in AfolUn, Uh. 8.

* Tacitus in l^ita /gricoU cap. 2.

Anno XCV. 225

secondo Dione % la morte di Acllio Ola-- orione^ che fu console Tanno 91 fatto uc- cidere da Domiziano. Epafrodlto già po- tente liberto di Nerone , lungamente avea goduto gran fortuna anche nella corte di Domiziano, servendolo per segretario de'me- irioriali. ^ Fu mandato in esilio, e conden- iiato ora solamente- a morte, perchè avea ajutato Nerone a darsi la morte , in vece d' impedirlo : il che fu fatto da Domizia- no, per atterrire i suoi domestici liberti, acciocché non ardissero mai di far lo stes- so con lui . Forse ancora è da riferire all' anno presente , o piuttosto al seguente , quanto avvenne per attestato di Dione ^ a Gluvenlo Celso , creduto da alcuni Publio GLuvenzio Celso ^ che fu poi pretore sotto Trajano, console sotto Adriano, e celebre giurisconsulto di que' tempi . Fu egli accu- sato di aver cospirato contra di Domizia- no. Prima che si venisse nel senato alle prove , fece istanza di parlare all' impera- dore perchè avea cose rilevanti da dirgli . Ottenuta la permissione , questo accorto uo- mo se gli gittò ginocchioni davanti, come per adorarlo ; gli diede cento vòlte il ti- tolo di signore e di dio ; protestò di esse- re innocente ; ma che se gli volea dare un po' di tempo , saprebbe ben pescare , ed in- dicargli chiunque avea mal anima contra

di

' Dio Itb. 67. » Suetan. in Domitiano c.it>. 14. ' Dio lib. 6j.

2,24 Annali d' Italia ài lui. Fu licenziato, ed egli dipoi andò tanto tirando innanzi con varj sutterfugi senza rivelar alcuno , che arrivò la morte di Domiziano, per cui sicuro poi se ne vis- se. Abbiamo dal medesimo Dione, che in questi tempi Domiziano fece lastricar la via , che va da Sinuessa a Pozzuolo . An- che Stazio ^ parla d' una simil via accon- ciata ; ma questa forse andava da Roma a Baja ^

Anno di Cristo xcvr. Indizione ix. : di EvAKiSTO papa i.

di Nerva imperadore i.

^ T r Gaio Antistio Vetere ,

Consoli -^ ^ Tx/r ^T

\ Gajo Manlio Valente.

Abrasi ben ridotta Roma ad un compassio- nevole stato sotto il crudele e tirannico governo di Domiziano . Non si sarebbe tro- vata persona nobile e benestante , che con- tinuamente non tremasse , al vedere tanti senatori, cavalieri, ed altre persone o pri- vate di vita , o spinte in esilio , o spoglia- te di beni. ^ Si univa bensì il senato, ma solamente per fulminar quelle sentenze che voleva il tiranno , o per autorizzar le mag- giori iniquità. Ad ognuno mancava la vo- ce per dire il suo sentimento, parlava quel

so-

* Seatius Salvar, lib. 4. cap, 3.

^ Plinius in Pamgyrico ; O' Uh. 7- Bpist. 14.

Anno XCVI. ' 225 solo che portava gli ordini dell' imperado- re , e gli altri colla testa bassa , col cuor pieno dVaffanno, approvavano tacendo ciò che non osavano disapprovare parlando. ^ Esente non era da un pari timore il resto del popolo ;, perchè dappertutto si trovavar no spioni, che raccoglievano, amplificava- no , e bene spesso fingevano parole dette in discredito del principe 3 e bastava esse- re accusato, per essere condennato . Ma &e Domiziano facea tremar tutto il mondo , anche tutto il mondo facea tremar Domi- ziano : che questa è una pensione inevita- bile dei tiranni , i quali col nuocere a tan- ti ;, e massimamente ai migliori e agr in- nocenti, sanno d'essere in odio a tutti, e che da tutti almeno coi dcsiderj , se von con altro, è affrettata la morte loro. Però la difildenza, gastigo che rode il cuore di ogni principe crudele ed ingiusto, crebbe fattamente in Domiziano, che cominciò a non fidarsi neppur di Domizia Augusta sua moglie ^ d' alcuno de' suoi liberti , cioè de' suoi più intimi cortigiani . ^ Ad accrescere i suoi terrori si aggiunsero le predizioni a lui fatte in sua gioventù dai Caldei, cioè dagli strologi, che dovea pe- rir di morte violenta. Anche Vespasiano suo padre, che non poco badava alla stro- logia , vedendolo ad una cena astenersi dal Tom. II. p man-

' Tacitus in Vita Agricola cap. i. * Sueiofi. in Dvmitinno c^p. 15.

226 Annali d'Italia

mangiar funghi, gli diètie pubblicamente la burla , dicendo , che avea piuttosto da guardarsi dal ferro. Ma specialmente in quest' annOj, che verisimilmente gli era sta- to predetto come l'ultimo di sua vita, non sapea dove stare : tanta era la sua inquie- tudine e paura , tanti i suoi sospetti con- tra ancora de' suoi più cari e familiari. A tutti perciò parlava brusco, tutti mirava con aria minaccevole. Avvenne innoltre , che per otto continui mesi caddero di mol- ti fulmini, uno sopra il Campidoglio rifab- bricato da lui , un altro nel palazzo impe- riale, e nella stessa sua camera, un altro sopra il tempio della famiglia Flavia, e un altro guastò l'iscrizione, posta ad una sta- tua trionfale di lui , rovesciandola in un monumento vicino . Il popolo superstizioso di Roma , e più degli altri Domiziano , fa- cea mente a tutti questi naturali avveni- menti , e ad altri ch'io tralascio, creden- doli segni d' imminente disavventura . Nul- la nondimeno atterrì cotanto questo inde- gno imperadore ^ , quanto un certo strolo- go appellato Ascletarione , che avea predet- ta la di lui morte. Preso costui, e condot- to alla presenza di Domiziano, confessò d' averlo detto. Sai tu ^ disse allora Domi- ziano, cosa abbia da intervenire a te in questo giorno 1 Signor sìy rispose allora lo strologo y il mio corpo ha da essere man-

già--

« Dfo Uh. 6j.

Anno CVI. 22^^

giato dal cani . Ordinò tosto Domiziano j che costui fosse giustiziato^, ed immante- nente bruciato il corpo suo . Ma appena mez- zo abbrustolito , si svegliò una dirotta piog- gia , che estinse il fuoco , e costrinse gente a ritirarsi, sicché poterono i cani ac- correre , e far buon convito di quel rostOd Portatane poi la nuova a Domiziano , oh allora che smaniò per la paura. ^ Più fortunato fu un certo Largino Proclo , aru- spice, che in Germania avea predetto do- ver seguire nel 18 di settembre gran mutazione di cose; anzi chiaramente, se- condo Dione /^ , avea accennata la morte di Domiziano. Mandato perciò a Roma in ca- tene negli ultimi tempi d' esso imperadore , fu condennato a perdere la testa dopo il suddetto giorno, supponendosi, che falsa avesse da riuscire la di lui predizione. Ma verificatasi questa, egli restò salvo, e fu anche ben regalato da Nerva .

Vanissima arte è la strologia; ma Dio per suoi occulti giudizj può permettere che i suoi professori, per lo più fallacissimi, talvolta arrivino a colpire nel segno. Ma intanto è da osservare , che quest' arte in- gannatrice , piuttosto che predire la morte di Domiziano, fu essa la cagione della mor- te medesima, di maniera che fors'egli sa- rebbe sopravvivuto molto y se non le aves- se prestato fede . Imperciocché , siccome ab-

P 2 bia-

' * Sue fon. in Domiti ano cap. li. * Dio ibid.

228 Annali d' Italia biamo detto , essendosi conficcata nel di lui animo la credenza di dover es^sere ammaz- zato un dì, servì essa a lui di stimolo per commettere buona parte delle sue crudel- tà, e a divenire odioso a tutti , con toglie- re dal mondo i migliori, e chiunque egli riputava più capace e voglioso di nuocer- gli. Il rendè essa inoltre diffidente e so- spettoso, che temeva fin della moglie e de' suoi più intimi famigliari; ed arrivò, per quanto fu creduto , sino alla risoluzione di volerli privar tutti di vita. Ora tanto Do- inizia sua moglie, quanto i suoi più con- fidenti liberti, e N orò ano ^ e Petronio Se- condo^ allora prefetti del pretorio, dappoi- ché ebbero veduto, come per lievi mo- tivi egli avea ucciso Clemente suo cugino , e personaggio di tanta probità, e faceva troppo conoscere di non più fidarsi di al- cun di loro: assai intesero ch'erano anch' essi in pericolo , e che per salvar la pro- pria vita , altra maniera non restava che di levarla a Domiziano. Sicché prendendo bene il filo ^ la soverchia credenza che pro- fessò questo screditato Augusto alle ciarle degli strologi , trasse lui ad esser crudele, e a non fidarsi di alcuno ; e questa sua cru- deltà e diffidenza costò a lui la vita per mano de' suoi più cari . Scrive dunque Dio- ne di aver inteso da buona parte ^ , che Domiziano avesse veramente presa la de-

ter-

Dio lib. 67.

A it i? o CVL ^ 229 terminazione ài uccider la moglie e gli altri più familiari suoi liberti, e i capita- ni delle guardie stesse . Subodorata questa sua intenzione, s'accinsero essi a prevenir- lo, ma non prima d' aver pensato a chi po- tesse succedergli nell'imperio. Segretamen- te ne fecero parola a varie nobili persone, che tutte dubitando di qualche trappola, non vollero accettar quella esibizione. Fi- nalmente s'abbatterono in Marco Coccejo Nerva , personaggio degno dell' imperio , che abbracciò T offerta. Un accidente fece af- frettare la di lui morte , se pur è vero ciò che racconta Dione j perchè Suetonio , più vicino a questi tempi , non ne parla , e lo stesso vedremo raccontato di Commodo Au- gusto , anch'esso ucciso. Soleva Domiziano per suo solazzo tenere in camera un fan- ciullo spiritoso di pochi anni. Questi^ men- tre il padrone dormiva , gli tolse di sotto al capezzale una carta , con cui andava poi facendo dei giuochi . Sopravvenuta Domi^ zia Augusta , gliela tolse di manOj e con orrore trovò quella essere una lista di per- sone , che il marito volea levare dal mon- do, e d'esservi scritta ella stessa, i due prefetti del pretorio , Partetiio mastro di camera, ed altri della corte. Ad ognun d' essi comunicato l'affare, fu determinato di non perdere tempo ad eseguire il disegno. Venne il di 18 di settembre, in cui , se- condo gli astrologi , temeva Domiziano di essere ucciso. L'ora quinta della mattina^

P 3 quel-

quella specialmente era. di cui paventava, Però dopo aver atteso nel tribunale alla spedizion di alcuni processi , nel ritirarsi alle sue stanze dimandò che ora era . Da taluno de' congiurati maliziosamente gli fu detto, che era la sesta: perlochè tutto lie- to , come se avesse passato il pericolo, si ritirò nella sua camera per riposare. Par-- temo mastro di camera entrò da a poco per dirgli, che Stefano liberto e mastro di casa dell' ucciso Flavio Clemente , desidcva- va di parlargli per affare di somma impor- tanza. Costui, siccome uomo forte di cor- po, e che odiava sopra gli altri Domizia- no per la morte data al suo padrone, era stato scelto dai congiurati per fare il col- po . Ne' giorni addietro aveva egli finto d' aver male al braccio sinistro, e lo porta- va con fascia pendente dal collo. ]Entrato egli in tal positura , presentò a Domiziano; una carta, contenente l'ordine di una con- giura che si fingeva tramata contra di lui , col nome di tutti i congiurati. Mentre era r imperadore attentissimo a leggerla , Ste- fano gli diede d'un coltello nella pancia . Gridò Domiziano ajuto : un suo paggio cor- se al capezzale del letto , per prendere il pugnale , oppure la spada , vi trovò che il fodero , e tutti gli usci erano chiusi . ^ Ma perchè la ferita non era mortale , Do- miziano s'avventò a Stefano, si ferì le di- ta

* Dto lib' 67, Sueton, in Domitiano f. 17*

Anno CVI. 231

la nel volergli prendere il coltello , ed ab- hrancolatisi insieme caddero a terra. Far- tenio^ temendo, che Domiziano la scappas- se , aperta la porta , mandò dentro Clodia- no Corniculario , Massimo suo liberto , e Saturio capo de' camerieri, ed altri, che con sette ferite il finirono. Ma entrati al- tri, che nulla sapeano della congiura, e trovato Stefano in terra , V uccisero . In questa maniera , cioè col fine ordinario de' tiranni , terminò sua vita Domiziano in età d'anni quarantacinque. Del suo corpo niu- no si prese cura, fuorché Filide sua nutri- ce , che segretamente in una bara plebea lo fece portare ad una sua casa di campa- gna, e dopo averlo fatto bruciare secondo r uso d' allora, seppe farne mettere le ce- neri , se nza che alcuno se ne avvedesse nel tempio della casa Flavia, mischiandole con quelle di Giulia Sabina Augusta , figliuola di Tito imperadore suo fratello . ^ Fu que- sta Giulia maritata da esso Tito a Flavio Sabino suo cugino germano ; ma invaghi- tosene Domiziano , vivente ancora Tito , l'ebbe alle sue voglie. Divenuto poi impe- radore , dopo aver fatto uccidere il di lei marito , pubblicamente la tenne presso di se , con darle ^1 titolo di Augusta , e far- le un tal trattamento che alcuni la credet- tero sposata da lui . * Ma perchè gravida del marito egli volle farla abortire , cagion

P 4 f^

' hicm cjp, 11, 2 Phihstratus in A^oìlon, Tyan^ Uh. 7.

232 Annali dM t a l i a fu di sua morte . Non ho detto flnquì , ma dico ora , che Domiziano nella libidine non la cedette ad alcuno de' più viziosi . oc- corre dire di più .

Quanto al basso popolo di Roma *, non mostrò egli gioja dolore per la mor- te di micidial regnante , perchè sfogava- si d'ordinario il di lui furore solamente sopra i grandi, toccava i piccioli. I soldati si ne furono in grande affanno e rabbia , perché sempre ben trattati , e smo- deratamente arricchiti da lui ; però volea- no tosto correre a farne vendetta ; ma i lor capitani ne frenarono que' primi furiosi mavimenti , benché non potessero dipoi im- pedire quanto soggiugnerò appresso. Air incontro il senato, contra di cui special- mente era infierito Domiziano , ne fece gran festa , il caricò di tutti i titoli più obbrobriosi , ed ordina che si abbattesse- ro le sue statue , e i suoi archi trionfa- li * ; si cancellasse il di lui nome in tutte le iscrizioni , cassando anche generalmente ogni suo decreto . Ancorché Domiziano non si dilettasse delle lettere e dell'arti libera- li , e solamente si conti eh' egli gran cu- ra ebbe di rimettere in piedi le bibliote- che bruciate di Roma , con raccogliere ^ libri da ogni parte, e farne copiare assais- simi da quella di Alessandria : pure fiori- rono

' Sueton. ibid. c^jp.rz. * Dìo lib. 67' * Sueton. ibidem ea^. 14»

Anno CVI. 233

tono a* suoi tempi varj insigni filosofi , fra"* quali massimamente risplendè Epltetto , i cui utili insegnamenti restano tuttavia , ed Apollonio Tianeo^ la cui vita, scritta da Filostrato , è piena di favole . Fiorirono an- che in Roma V eccellente maestro dell' elo- quenza Marco Fabio Quintiliano^ e Marco Valerio Marziale poeta rinomato per V in- gegno, infame per gli suoi troppo licenzio- si epigrammi. Erano amendue nativi di Spagna . Vissero parimente in que' tempi Gajo Valerio Fiacco , e Gajo Silio Italico , de' quali abbiamo tuttavia i poemi , ma di gusto cattivo ; e Decimo Giiinio Giuvena- Ze, autor delle satire, poco certamente mo- deste, ma assai ingegnose e degne di stima .

Terminata dunque la tragedia di Domi- ziano , cominciò Roma , e seco V imperio romano^ liberato da questo mostro , a res- pirare , e tornarono i buoni giorni per V assunzione al trono imperiale di Marco Coccejo Ncrva . Era nato Nerva , per quanto ne scrive Dione ^, nell'anno 32 dell'Era no- stra , di nobilissimo casato . L' onestà de' suoi costumi , la sua aria dolce e pacifica, la sua rara saviezza , prudenza ed inclinazione al ben de' privati, e più del pubblico, il faceano amare e rispettar da cliichessia . Queste sue belle doti gli ottennero due vol- te il consolato 5 cioè nell'anno 71 enei 90.

Man-

^ Dio Uh. 62.

254 Annali d' Italia Mancava a lui solamente wn corpo robu- sto, e una buona sanità, essendo stato de- bolissimo Io stomaco suo. Non s' accordano gli Storici in certe particolarità della sua vita negli ultimi anni di Domiziano . Filo- strato ^ vuole che venuto a Roma Apol- lonio Tianeo , gì' insinuasse di liberar la patria dalla tirannia di Domiziano, ma eh* egli non ebbe tanto coraggio . Aggiugne che Domiziano il mandò in esilio àrTrarar+- to; ed Aurelio Vittore ^ scrive j, che Ner- va si trovava ne' Sequani , cioè nella Franca Contea , allorché trucidato fu Domiziano y e che per consentimento delle legioni pre* se r imperio . Ben più credibile a noi sembrerà ciò che lasciò scritto Dione , cioè , che Domiziano , già da noi vedu- to persecutore di chiunque o per le sue buone qualità , o per relazion degli astro-- logi , era creduto potergli succedere nell' imperio, meditò ancora di levar Nerva dal mondo 5 e T avrebbe fatto, se uno strologo amico di lui, non avesse detto a Domizia- no j, che Nerva attempato e mal sano era per morire fra pochi giorni. Dione par- la punto d'esilio; anzi suppone ch'egli si trovasse in Koma nel tempo delF uccision di Domiziano, e che passasse di concerto coi congiurati, consentendo che si toglies- se la vita a lui, giacché senza di questo egli più non istimava sicura la propria .

Estin-

* Pbilostrau in Vita A-^ollonii /. 7. * Aurei. V:^,'inEpit<

I

Anno XCVI. 235

Estinto dunque il tiranno, fu alzato ai tro- no cesareo Marco Coccejo Nerva^ che certo non era lungi da Roma , per opera ^ spe- cialmente di Petronio Secondo prefetto dbl pretorio , e di Partenio principal autore della morte di Domiziano , con approva^ I zione di tutto il senato, e plauso del po- polo . Ma eccoti alzarsi un rumore e una voce , che Donaiziano era vivo , e fra poco comparirebbe -. Nerva di naturai timido allora mutò colore , perde la favella , più sapea in qual mondo si fosse. Ma Par- tenio , che co' suoi occhj avea veduto le fe- rite e gli ultimi respiri dell' estinto Do-^ miziano , lo incoraggi , e rimise in sella . Ando pertanto Nerva a parlare ai soldati per quetarli , e promise loro il donativo solito neir assunzion de' nuovi imperadori . Di poscia passò al senato, dove ricevet- te gli abbracciamenti gioviali, ei compli- menti cordiali di cadaun de' senatori . Non vi iu se non Arrlo Antonino , avolo ma- terno di Tito Antonino poscia imperadore, suo sviscerato amico , il quale abbacciatolo gli disse^, che ben si rallegrava col senato e popolo romano^ e colle provincie per si degna elezione, ma non già con lui; per- chè meglio per lui sarebbe stato il vivere paziente sotto principi cattivi , che assu- mere un peso greve , ed esporsi a tanti pericoli ed inquietuàini , col mettersi fra

i ne-

* EutYop. in Brev. Dio Hb. 68. ^ Aurei. riSi- i.i Epst-

2^6 Annali d' Italia

i nemici ^ che mai non mancano , e fra amici, i quali credendo di meritar tutto se non ottengono quel che vogliono, diven tano più implacabili degli stessi nemici Contuttociò Nerva fattosi coraggio , presi le redini del governo , e si accinse a so- stener con decoro la sua dignità , sicco- me ancora a restituire al senato il primiei suo decoro, e la quiete e l'allegria ai po- poli. Vivente ancora Domiziano, e non pei anche cessata la persecuzione da lui mossa a' Cristiani , sant^ Anacleto papa coronò la sua vita col martirio o nel precedente , o piuttosto nel presente anno ; ed ebbe per successore n-el pontificato romano Evarisi

Anno di Cristo xcvn. Indizione di EvARiSTo papa 2. di Nerva imperadore 2.

r Marco Goccfjo Nerva Air r^ 1,. ! GUSTO per la terza volta.

Consoli -^ r X7^ -o

I Lucio Virginio Rufo per L la terza .

V,

arj altri consoli V un dietro 1' altro si credono dall' Almeloven sustituiti in quest' anno , e fra gli altri certo è , che Cornelio Tacito istorico , siccome osservò anche Giu- sto Lipsio , succedette a Virginio , o sia Verginle Rufo , Tal notizia abbiamo da Plinio il giovane ^. Era Virginio Kufo

quel

' P lini US Uè. i> ep.i.

Anno XCVII. 23?

quel medesimo che nell' anno 68 ricusò più d' una volta V imperio , datogli in Germa- nia dai soldati. Gloriosamente avea egli menata finquì la sua vita, senza incorrere in alcuna disgrazia , rispettandolo ognuno, e fin quella bestia di Domiziano , e serban- do queir animo grande, ch'era stato supe- riore agi' imperj . Ncrva anch' egli volle far conoscere a lui ed al pubblico, quanta stima ne facesse con crearlo suo collega nel con- solato . Abbiam di certo da Plinio suddetto , che questo fu il terzo consolato d' esso Vir- ginio: al che non fece riflessione il padre Stampa ^ , quantunque il cardinal Noris ^ ed altri lo avessero avvertito , e si raccol- ga eziandio da Frontino e dai Fasti d' Ida- zio . Fu egli sotto Nerone neir anno 63 per la prima volta console ordinario . Credesi che neir anno 69 gli toccasse il secondo consolato , ma straordinario , sotto Ottone Augusto . Intorno al prenome di Rufo s' è disputato. Chi Tito j chi PubblloV ha, volu- to. E' più probabile Lucio. Ora per la ter- za volta creato console nell' anno presente, siccome e' insegna Plinio il giovane , mentre sul principio dell' anno si preparava a recita- re in senato il rendimento di grazie a Nerva per la dignità a lui conferita , essendo in età di ottantatrè anni , colle mani treman- ti , e stando in piedi, gli cadde il libro di mano ; e nel volerlo raccogliere gli sdruc- ciolò

* St.impi ad Fastus Consul. Sì^. * Nurì's Epij:o.'. dmuL

2Ì38 AwNAti d'Italia ciolò il piede pel pavimento liscio e lu- brico , in maniera che si ruppe una coscia . Non essendosi questa ben ricomposta o riu- nita , dopo qualche tempo se ne morì , e gli furono fatti solenni funerali , mentre era console Cornelia Tacito^ eloquenlissimo or^^* tore e storico^ il qual fece l'orazione fu^ nebre in sua lode . Scrive il medesimo Pli- nio, che questo Virginio Rufo era' nato iri una città confinante alla sua patria Como*

Dacché V Augusto Nerva si vide sufficien- temente assodato sul trono , fece tosto sen- tire il suo benefico genio a Roma e a tut- to il romano imperio . ^ Richiamò dalF esilio una copia grande di nobili , che avea- no patito naufragio sotto il precedente t rannico governo , ed abolì tutti i processi di lesa maestà. E perciocché questi erano proceduti da mere calunnie , perseguitò i calunniatori , e fece morir quanti servi e liberti si trovarono aver intentate accuse contra de' loro padroni, proibendo con ri- goroso editto a tal sorta di persone T accu- sare da innanzi i padroni . Vietò parimen- te r accusar chichessia d' empietà , e di se guitare i riti giudaici : il che vuol dire egli estinse la persecuzione mossa de' C stiani , che dai Pagani venivano tutta confusi coi Giudei . Perciocché per conto de' Giudei era loro permesso l'osservar loro legge . Quanti preziosi mobili si tr

va-

» Dio Uh, d»'

se-

1

Anno XCVII. 239

varono neli' imperiai palazzo , ingiustamen- te tolti da Domiziano, furono da lui con tutta prontezza restituiti. Non volle per-^ mettere che si facessero statue d' oro e d' argento ( se pur' non erano dorate o inar- gentate ) in onor suo , abuso dianzi assai gradito da Domiziano. A que' cittadini ro-

: mani , che si troravano in gran povertà , assegnò terreni , eh' egli fece comperare , di valore di un milione e mezzo di drac- me , con deputare alcuni senatori , che ne facessero la divisione . Perchè trovò smun- to affatto r erario^ vendè a riserva delle cose necessarie^ tutti i vasi d'oro e d'ar- gento, ed altri mobili, tanto suoi parti- colari , che della corte , e parecchj poderi e case, con usar anche liberalità ai com- pratori. E ciò non per covare in cassa il danaro , ma per dispensarlo al popolo ro- mano , apparendo dalle medaglie ^ , eh'

, egli distribuì due volte nel breve eorso del suo governo danari e grano . Giurò che d' ordine suo non si farebbe mai morire alcu- no de' senatori ; e quantunque un d' essi fosse convinto d' aver congiurato contra di lui,, pure altro mal non gli fece, che di cacciarlo in esilio . Fu da lui confermata la legge, che non si potessero far eunu- chi ; e proibito il prendere in moglie le nipoti . Attese ancora al risparmio , dopo aver conosciuto il gran male provenuto dal- lo

' Mediobarbus in Numiimat, Irr.terat.

240 Annali d' Italia lo scialacquamento esorbitante di Domizia* no . Levò dunque via molti sagrifizj , moU ti giuochi , ed altri non pochi spettacoli^ che costavano somme immense , ^ Suppres- se tutto ciò che era stato aggiunto agli antichi tributi a titolo di pena contro quei eh' erano morosi al pagamento : siccome an- cora le vessazioni ed angarie introdotte contro ai Giudei , nel!' esigere le loro im- poste . Le città oppresse da troppe gravez- ze ebbero sollievo da lui ; ed ordinò che per tutte le città d'Italia si alimentassero alle spese del pubblico gli orfani dell'uno e dell' altro sesso , nati da poveri genitori , ma liberti : carità continuata anche dai sus- seguenti buoni imperadorij anzi accresciu-. ta , come apparisce dalle antiche iscrizio- ni . Ristrinse ancora 1' imposta della vige- sima per le eredità e per gli legati , intro- dotta da Augusto» Fra le lettere di Plinio il giovane * si trova un editto di questo imperadore , che assai esprime quanta fosse la di lui bontà, con dir egli, che ciascuno de suol concittadini poteva assicurarsi , aver egli preferita la sicurezza di tutti alla propria quiete ^ e non aver altro in animo , che di far di buon cuore de' nuo^ vi benefizi , e di conservare i già fatti da altri . E però per levar dal cuore d' ognu^ no la paura di perdere quel che aveano conseguito sotto altri Augusti , 0 di dover'-

ne

* Jitrt/. f^ici. in E^it. ' Plìnius lib. io. E^ist. 66»

Anno XCVII. 241

ne cercar la conferma eoa delle preghiere d' oro , dichiarava , che senza bisogno di nuovi ricorsi j chiunque godeva avesse da godere ; perchè egli volea solamente atten" dere a dispensar grazie e henefizj nuovi a chi non avea finora goduto .

E pure con un principe buono , il cui dolce Q salute voi governo tanto più dovea prezzarsi , quanto più si paragonava col barbarico precedente , non mancarono no-^ bili romani, che tramarono una congiura. ^ Capo d' essi fu Calpurnio senatore dell' illustre famiglia de' Crassi : degli altri non si sa il nome . Con esorbita^ni promesse di danaro sollecitava egli alla rivolta i sol- dati . Scoperta la mina , Nerva il fece se- dere presso di se, assistendo ai giuochi de' gladiatori , e nella stessa guisa che ve- demmo operato da Tito , allorché gli fu- rono presentate le spade di quei combat- tenti, le diede in mano a Crasso, accioc- ché osservasse , se erano ben affilate , mo- strando in ciò di non paventar la morte . Fu processato e convinto Crasso : tuttavia Nerva per mantener la sua parola di non uccidere senatori, altro gastigo non gli diede , che di relegar lui e la moglie a Taranto. Fu biasimata dal senato gran- de indulgenza in caso di tanta importan- za, e jn altri ancora^ perchè egli non sa- pea far m^le ai grandi , benché sei meri- ToM. II. Q tas-

' Dio lib. 6Z. Aurelius rieìor in Epitome .

242 Annali d' Italia

tasserò. ^ Trovavasi un alla sua tavola Vcjcnto^ o sia Vejentone ^ già console, uo- mo scellerato , che sotto Domiziano era stato la rovina di molti . Cadde il ragiona- mento sopra Catullo Messalina , che neir antecedente governo tanti avea assassinati colle sue accuse e colla sua crudeltà , ed era già morto. Se costui^ disse allora Ner- va , fosse tuttavia vivo y che sarebbe di lui? Giunio Maurico^j uomo di gran pet- to , di egual sincerità , e uno de' commen- sali , immantenerite rispose : Cori esso noi sarebbe a questa tavola . Ma quello che maggiormente sconcertò Nerva , fu V atten- tato d^ Eliano Casperlo\, creato non so se da lui , o pur da Domiziano , prefetto del pre- torio, cioè capitan delle guàrdie. O sia che costui movesse i soldati , o che fosse incitato da loro , certo è , che un di for- mata^ una sollevazione andarono tutti al palazzo * j chiedendo con alte grida il capo di coloro che aveano ucciso Domizia- no ^ A tal dimanda si trovò in una som- ma costernazione Nerva; contuttociò pa- rendogli , che non fosse mai da com- portare il dar loro in manoy chi avea li- berata la patria da un tiranno , ed era stato cagione del proprio suo innalzamen- to j coraggiosamente negò loro tal sod- disfazione, dicendo che se si voleano sfo- gare, piuttosto sulla sua testa cadesse il

lo-

Ph'nsus l, 4. £;>. ai. Aur. riSl. ih. * Plinius in Panegj/r»

Anno XCVII. 243 ,

loro sdegno. Ma costoro senza fermarsi per questo, e con disprezzo all'autorità' imperiale, corsero a prendere Fttrónio Se- condo ^ già prefetto del pretorio , e lo sve- narono. Altrettanto fecero a Partenlo già maestro di camera di Domiziano, trattan- dolo anche più ignominiosamente d eli'' al- tro . E Casperio^ divenuto più inso lente , obbligò Nerva di lodar quest' azione al pò- polo raunato , e di protestarsi obbligato ai soldati , perchè avessero tolta la vita ai maggiori ribaldi che si avesse la terra

Una atroce insolenza de* pretoriani ser- vì a far meglio conoscere a Nerva ^ eh' egli, stante la sua vecchia] a e poca sanità , non potea sperare l'ubbidienza ed il rispetto dovuto al suo grado , e piuttosto dovea te- merne degli altri oltraggi . Il perché da uomo saggio pensò di fortificar la sua au- torità, cori associare all'imperio una per- sona che fosse non men forte d' aninlo , che vigorosa di corpo . E siccome egli non avea la mira se nort al pubblico bene^ e desi- derava di scegliere il migliore di tutti , * così dopo maturo esame , e consigliato an- che da Lucio Licinio Sura^ senza punto badare ai molti parenti , che avea ( giac- che non si sa, ch'egli avesse mai moglie) fermò i suoi pensieri sopra Marco Ulpio ^rajano , generale allora dell' armi roma- ne nella Germania. Era questi di nazione

Q 2 spa-

* Aurfliui n^or in Epitome .

&44 AxSrNÀit d'Italia

spagnuolo , perchè nato in Italica città del- la Spagna , come si raccoglie da Dione J e da Eutropio ^ , benché Aurelio Vittore 4 il dica venuto alla luce in Todi ; aU cpno finora avea ottenuto l' imperio, che non tosse nato in Roma, o nel vicinato : contutto-^ ciò Nerva fu di sentimento , che per iscegliere chi dovea governare un vasto imperio, si avea da considerare più che la nazione, 1' abilità e la virtù . Pertanto in occasion di una vittoria riportata nella Pannonia , fat-» to raunare il popolo nel Campidoglio nel i8 di settembre, come alcuni vogliono 4 , o piuttosto nel 27 , o 28 di ottobre, come pretendono altri , ad alta voce dichiarò eh' egli adottava per suo figliuolo Marco TJlpto Nerva TrajanOy a cui nei senato diede nel giorno stesso il titolo di Cesare e di Germanico , e scrisse di suo proprio pugno , avvisandolo di tale elezione . 5 Fors' anche , secondo alcuni, non era per^ venuta questa nuova a Trajano, soggior- nante allora in Colonia , che Nerva il pro-^ clamò Imperadore ^ , conferendogli la trij bunizia podestà , ma non già il titolo fl|| Augusto ; cioè il creò suo collega nelF imperio . Può essere che ciò avvenisse alquan- to più tardi . Almen certo è , che il dise- gnò console per V anno seguente . Il meri- to assai conosciuto di Trajano ch'era stc^r

to

' Dio/. 6?. » EutY.hiJirev. ^ Aurei- l^iEì. in Epitome . 4 Pa>7vi/i. , Petav-, Pagius ., Dodyuellus ^ Fabrett- ■, Tillcnt, ' Plinius in Panegj/rico . Euseb. in Cbrofz.

Anno XCVII. HS ..

io console nelV anno 91 , ed avea avuto il padre, stato anch'esso console ( non si sa in qual anno ) fece che ognuno ricevesse con plauso una bella elezione, e cessas- se ogni sollevazione e tumulto in Roma. Si trovava allora Trajano nel maggior vi- gore della virilità , perchè in età di circa quarantaquattro anni .

Anso di Cristo xcviii. Indizione xie di Eva RISTO papa 5. di Traiano imperadore i.

r Marco Coccejo Nerva Aù- art 1*. I GtJSTo per la quarta volta ^ Consoli J ^^^^Q Ulpio Traiano per

[^ la seconda.

V^redesi che a questi consoli ne fossero sustituiti degli altri nelle calende di lu- glio , ma quali , noi possiam sapere di certo ; Poco sopravvisse il buon imperadore Nerva, già sussiste , come taluno ha pensato , eh' egli deponesse V imperio . Riscaldossi egli un giorno forte in gridando coritra di un certo Regolo ^ che doveva aver commessa qualche iniquità^ di modo che quantunque fosse di verno , sudò ; e questo raiFredda- tosegli addosso, gli cagionò una tal feb- bre, che fu bastante a levarlo di vita. Au- relio Vittore gli sessantatrè anni d'

Q 3 ^tà

j^ure/. r,-^, inBpit, Tf'Ucm, Min. Ritf Pagius Crtt. Bar,

2/iG Annali d' Italia età ^. Dione sessantacinque*, Eutropio set- tantuno 3 ^ ed Eusebio settantadue . ^ Co^ munque sia, lasciò egli anche deposi cor- to governo un glorioso nomea cagion del- le sue lodevoli azioni di bontà e saviezza : azioni tali , eh' egli ebbe, a dire di non sapere d' aver operata cosa , per cui , quando an- che egli avesse deposto l'imperio, non aves^ se da vivere quieto e sicuro nella vita pri- vata . Ma nulla certo gli acquistò piìi cre- dito e gloria , che V aver voluto per suc- cessore neir imperio un Trajano , che poi divenne il modello de' principi ottimi . Con funerale magniiìco fu portato il suo corpo , o vogliam dire le ceneri ed ossa sue , dal senato,, nel mausoleo d'Augusto. Intojrno al giorno di sua morte disputano gli eru- diti . Inclinalo i più a credere che questa avvenisse nel gennajo dell'anno presente, e nel 27 Aurelio Vittore scrive che quel giorno , in cui egli mancò di vita , fu un eclissi del sole . Secondo i conti del Calvi- sio si eclissò il sole nel 21 di marzo di quest' anno ; ma non s' accorda ciò con chi s gli sedici mesi e nove o dieci giorni d' imperio . Sappiamo bensì da Eusebio dalle medaglie 7^ e dalle iscrizioni ^, ci Nerva per decreto del senato fu alzato al onore degli dii , e che Trajano, non nu

stan-

' Aureìius ViBor ibidem . * Dio /. 69.

3- Eutrop. in Bveviar. ■* Eusehius in ChYon.

' Dio ibidem . Eutropius in Brev. ^ Eusebius in Cbron.

> Mediobarbus Numism, Imperata * Cruter, Thasaur. Insc.

Anno XCVIII. 247

-*anco di mostrar la sua gratitudine a quc- o buon principe e padre, che l' avea al- zato al trono, alzò anch'egli a lui dei templi^ secondo la cicca superstizione e temerità del gentilesimo. Allorché terminò^ Nerva i suoi giorni, Publio Elio Adriano ^ che fu poi imperadore , giovane allora , ed amicissimo , anzi parente di Trajano , lasciato già da suo padre sotto la tutela di lui , ^ si tro- vava nella Germania superiore . Arrivata colà la nuova della morte di Nerva , Adria- no volle essere il primo a portarla a Tra- jano , dimorante allora in Colonia; e tut- toché Serviano di lui cognato cercasse d' impedirglielo , i:on fare segretamente rom- pere il di lui calesso , per aver egli V ono- re di far penetrar con sua lettera il lieto avviso a Trajano: nondimeno Adriano cam- minando a piedi , prevenne il messagger di Serviano . Ricevute poi eh"* ebbe Traja- no * le lettere del senato , gli rispose di , suo pugno ;Co' dovuti ringraziamenti , fra 1' altre cose promettendo , che nulla mai fa- rebbe contro la vita e l'onore delle perso- ne dabbene; il che poscia confermò con suo giuramento. Mentre egli tuttavia trovava in quelle parti , o certo prima di tornarsene a Roma, chiamò a se Eliaao Casperio pre- fetto del pretorio , e i soldati da lui di- pendenti, facendo vista di volersi valere di lui in servigio disila repubblica. Nerva in

Q 4 r^g-

^ Spartianus in Radriano^ * D/'o Uh. 6$.

2^8 Annali i>' Italia ragguagliarlo dell'elezione sua, l'avea par- ticolarmente incaricato di far te sue ven- dette contra d' esso Casperio , e di quelle milizie che ammutinate gli aveano fatto , siccome dicemmo > un grave affron- to. Trajano l'ubbidì. Tolta fu a Caspe- rio la vita , e a quanti pretoriani si trovò che aveano avuta parte in quella sedizione. Comandava allora ad una pos- sente armata Trajano, v"* è apparenza ch'egli nell'anno presente venisse a Roma^ ma bensì eh' egli si trattenesse in quelle ed anche in altre parti per dare buon se- sto ai confini dell' imperio , e alla quiete delle Provincie . ^ Sparsasi nelle nazioni germaniche la fama , che Trajano era di- venuto imperadore ed Augusto, tale già correa la rinomanza e la stima del di lui valore e senno anche fra quelle barbare genti, che ognun fece a gara per ispedirgli dei deputati^ e chiedergli supplichevolmente la continuazion della pace . Erano soliti i Tedeschi nel verno , allorché il Danubio gelato si potea passare a piedi, di venire ai danni de' Romani . Nel verno di quest' anno non si lasciarono punto vedere . Tro- vavasi in quelle contrade Trajano, e tut- toché le sue legioni facessero istanza d^i valicar quel fiume , per dare addosso a^j Tedeschi : tuttavia egli noi permise . Una delle sue principali applicazioni era stata ,.

e mag-

* Plinius in Panegyr.

Anno XCVIIL 249 e maggiormente fu in questi tempii di ri- stabilire F antica disciplina, l' arnor delia fatica , e V ubbidienza nella milizia ro- mana ; ed egli stesso, con trattar civilmen- te tutti gliufiziali e soldati, si conciliò più che prima V amore e il rispetto d'ognunov

Anno di Cristo xcix. Indizione y^ii^ di EvAKiSTO papa zj. di Traiano imperadore 2.

>^ r J" Aulo Cornelio Palma, ^.onsoii s^ g^^^ g^gj^ Senecione .

XLrano questi consoli due de' migliori mo'--- bili che si avesse allora il senato romano, e particolarmente godevano della stima ed amicizia diTrajano. Aveano costumato al- cuni de' precedenti Augusti di prender essi il consolalo nelle prime calende di genna-^ jo, susseguenti alla loro assunzione j, Ges-* sando perciò i consoli disegnati. ^ Traja-* no tra perchè non si pasceva di fumo , e perchè gli affari non gli permettevano di trovarsi air apertura dell'anno nuovo in Ro- ma^ ricusò nelTanno precedente l'onore del consolato , offertogli dal senato secondo lo stile , e volle che entrassero i due consoli sopraddetti . Verisimilmente venuta che fu la primavera , fu il tempo in cui egli dal-* la Germania s^ inviò a Roma , Ben diverso

fa

' Id^m ibid.

z^o ANxNfALi d' Italia fu il suo passaggio da quei di Domiziano . Quegli €rano un saccheggio delle città , do- vunque passava egli colle sue truppe . Tra- jano benché scortato da più legioni , con tal disciplina, con bel regolamento fa- ceva marciare e riposar la sua gente , che diventò lieve ai popoli quel militare ag- gravio. Abbiamo ancora da Plinio l'entra- ta di Trajano in Roma. Fu ben lieto quel giorno al veder venire un bu.on principe , non già orgoglioso sopra carro trionfale , o portato dagli uomini , come costumò al- cuno de' suoi antecessori , ma a piedi , e in abito modesto : che non accoglieva con fronte alta e superba , chi gli si presenta- va , per rallegrarsi con lui e per ossequiar- lo , ma bensì gli abbracciava e baciava tut- ti , come suoi cari concittadini e fratelli . Andò al Cam,pidoglio , e poscia al palaz- zo. Seco era Pompea Flotina sua moglie , donna d'alto affare, ed emula delle virtù del marito. * Allorché ella fu sulle scali- nate del palazzo imperiale , rivolta al po- polo disse : Quale io entro or qua , tale de- sidero anche d' uscirne j cioè ben voluta, e senza rimprovero d'alcuna iniquità. In fat- ti con tal modestia e saviezza visse ella sempre dipoi, che si meritò gli encomj di tutti, e massimamente perchè cooperava anch'essa a promuovere il ben pubblico e la gloria del marito. ^ Haccontasi , che in- fo r-»

' D;ci Itif. ó8. * Aurelius P'j5ior. in Epitome .

Anno XCIX. 251

formata delle avanie e vessazioni , che si praticavano per le provincie del romano imperio dagli esattori de' tributi e delle ga- belle , sanguisughe ordinarie de' popoli, ne fece una calda doglianza al marito , come egli fosse trascurato in affare di tanta premura , permettendo iniquità , che face« vano troppo torto alla di lui riputazione . Seriamente vi si applicò da innanzi Tra- jano , e rimediò ai disordini, riconoscen- do essere il fisco simile alla milza, la qua- le crescendo fa dimagrar tutte le altre mem- bra. A Plotlna fu probabilmente conferito dopo il suo arrivo a Roma il titolo di Au- gusta ; siccome a Trajano quello di Padre della Patria , che si trova enunziato nelle monete di quest'anno, come pur anche quel- lo di Pontefice Blassimo, Avea Trajano una sorella, appellata Marciana , con cui mira- bilmente andò sempre d' accordo la saggia imiperadrice Piotina. La città di Martiano- poli , capitale della Mesia , per attestato di Ammiano ^ e di Giordano * , prese il no- me da lei . Ebbe anche Marciana il titolo d' augusta , che si trova in varie iscrizio- ni e monete. Da lei nacque una Ma t Idia ^ madre di Giulia Sabina y che fu moglie di Adriano Augusto^ e per quanto si crede, di un' altra Matidia .

Le prime applicazioni di Trajano , dac- ché fu egli giunto a Roma, furono a cat- tivar-

' AmTnianus Uh. i7« * Jordan, de Reb. Geticis

25^^ A N N A L I d' I T A i I A

tivarsi r amore del pubblico colla liberali- tà. ^ Aveva egli già pagato alle milizie metà del regalo che loro ^olea darsi dai novelli imperadori . Ai poveri cittadini ro- mani diede egli l' intero congiario , volen- do òhe ne partecipassero anche gli assenti. e i fanciulli ; spesa grande , ma senza ar- ricchir gli uni colle sostanze indebitamen- te rapite ad altri, come in addietro si fa- eea da' principi simili alle tigri , le quali nudrisCono i lor figliuoli coirà strage d' al- tri animali . Da gran tempo si costumava* in Roma, che la repubblica distribuiva gra--" tis di tanto in tanto una prodigiosa quan- tità di grano e d' altri viveri al basso po- polo de' cittadini liberi , perchè anóh' esso riteneva qualche parte nel dominio e go- \^erno. Ma i fanciulli, che aveano m/eno di' undici anni 5 non godevano di tal distribu- zione. Trajano volle ancor questi partecipi della pubblica liberalità. E perciocché, sic- come dicemmo, Nerva avea ordinato, che anche per le città dell' Italia a spese dei pubblici erarj si alimentassero i figliuoli- orfani della povera gente libera : diede al- le città danari e rendite^ afiinchò fosse con- servato ed accresciuto questo brrón uso v Rallegrò parimente il popolo romano con alcuni giuochi e spettacoli pùbblici, cono-^ scendo troppo il genio di quella gente a fatti divertimenti. Per altro non se ne di-

let^

* In Panegfu

Anno XGIX. . ^si tettava egli; anzi cacciò di nuovo da Ko-. ma i pantomimi , come indegni della gra- vità romana. Cura particolare ebbe dell' annona, con levar via tutti gli abusi e mo-' nopolj , con formare e privilegiare il col^ iegio de' fornaj : di modo che non solo in Roma, ma per tutta Tltalia si vide fiori- re r abbondanza del grano , talmente che l'Egitto, solito ad essere il granajo dell' Italia, trovandosi carestioso in quest' anno, per avere il Nilo inondato poco paese , po- tè ricevere soccorso di biade dall' Italia stessa . Ma ciò che maggiorm.ente si ijieri- io plauso da ognuno, fu l'aver anch' egli più rigorosamente di quel che avessero fat- to Tito e Ncrva^ ordinato processi e ga- stighi contra de' calunniosi accusatori, che sotto Domiziano erano stati la rovina di tanti innocenti . Nella stessa guisa ancora abolì r azione di lesa maestà , eh"* era in addietro V orrore del popolo romano. Ogni menoma parola contra del governo si ripu^ Cava un enorme delitt© . Ma egregiamente intendeva Trajano , essere proprio de' buo- ni principi r operar bene , senza poi curar- si delle vane dicerie de"* sudditi ; laddove i tiranni, male operando ;, esigerebbono an- cora , che i sudditi fossero senza occhj senza lingua ; badano che coi gastighì maggiormente accendono la voglia di spar- larti di loro, e l'odio universale contra di se stessi. Assistè Trajano nell'anno presen- te, come persona privata, ai comizj , ne'

qua-

s^4 Annali dItalia

quali si dovea far 1' elezion de' consoli per l'anno seguente. Fu egli disegnato console ordinario, ma si durò fatica a fargli ac- cettare questa dignità; ed accettata che V ebbe, con istupore d'ognuno si vide il buon imperadore andarsi ad inginocchiare davanti al console , per prestare il giuramento, come solevano i particolari ; e il console senza tur- barsi , lasciò farlo . Altri consoli da^ susti- tuire agli ordinarj , furono anche allora di- segnati, siccome dirò all'anno seguente.

Anno di Cristo c. Indizione xiii* di EvAKiSTo papa 5. di Traiano imperadore 3.'

p Marco Ulpio Nekva Tra-

I jANo Augusto per la ter-

Consoli -^ za volta,

i Marco Cornelio Fronton •^ per la terza .

I

Vj'ran disputa fra gli eruditi illustrator de' Fasti consolari ' è stata e dura tutta- via, senza aver mezzo finora da deciderla, quale sia stato il collega ordinario di Tra- jano nel presente consolato j, cioè chi con lui procedesse console nelle calende di gen najo. Parve al cardinal Noris * più proba bile, che fosse Sesto Giulio Frontino jj

la

* Panvinius , Pagius , TilUmont , Stampa

* Norfs Epistol. C§nsuìari *

Anno C. 255

ta terza volta , scrittore rinornato per gli suoi libri , conservati sino ai nostri . Poscia inclinò piuttosto a crederlo Marco Cornelio Frontone per la terza volta ^ come avea tenuto il Panvinio , e tenne dipoi an- che il Pagi . V imbroglio è nato dalla vi- cinanza dei cognomi di Frontone e Fron- tino, Certo è che Frontone fu console in quest' anno . E perciocché sappiamo da Pli- nio ^, essere stati disegnati per quest'an- no oltre all'Augusto Trajano due altri, che sarebbono consoli ;per la terza volta , perciò alcuni han creduto anche Frontino console nelT anno presente ; m^a senza ap- parire in qual anno preciso tanto egli , quanto Frontone , avessero conseguito gli altri due consolati . Credesi ben comune- mente , che nelle calende di settembre fos- sero sustituiti in quella illustre dignità Ga- jo Plinio Cecilia Secondo comasco, celebre scrittore di lettere , e del panegirico di Trajano , eh' egli per ordine del senato com- pose e recitò in questa congiuntura , e Spu-* ]rÌo Cornuto Tertullo , personaggio anch' es- so di gran merito . Secondo il Panvinio e r Almeloven , nelle calende di novembre succederono Giulio Feroce , ed ^cutio Ner^ va . Ma io * ho prodotta un' iscrizione po- sta nel 29 di dicembre dell' anno pre- sente^ da cui ricaviamo essere allora stati

con-

Ph'nius in Panegirico .

* Thesaurus Novus Injcr/^t. p/7g. 303. nura. 5.

25^ An-nali d* Ita LIA consoli Lucio Roselo Eilario e Tiberio Clau dio Sacerdote . Benché fosse assai conosciu- to in Roma il mirabil talento di Trajano Augusto, pure assunto ch'egli fu al trono, maggiormente comparì qual era , con ve- dersi inoltre un avvenimento ben raro , cioè eh' egli non mutò punto nella mutazion del- lo stato i buoni suoi costumi , anzi li mi*- gliorò 'y e che V altezza del suo grado e della sua autorità servi solamente a far cre^ 5.cere le sue virtù. Fasto e superbia spira- vano le azioni di molti suoi predecessori . ^ Continuò egli , come prima , la sua affabi- lità, la sua modestia, la sua cortesia. Am^ metteva alla sua udienza chiunque lo de^- siderava, trattando con tutti civilmente , e massimamen|:e onorando la nobiltà , ed ab^- tracciando e baciando i principali : laddo- ve gli altri Augusti, stando a sedere j, ap-^ pena porgeano la man da baciare . Gli sta- va fitta in mente questa massima, che un Sovrano In vece d^ avvilirsi coli' abbassar- si^ tanto più si fa rispettare e adorare. Usciva egli con un corteggio modesto e mediocre ; ne andavano già innanzi lacchè o palafrenieri per fargli far largo colle ba- stonate , anzi egli talvolta si fermava neW le strade , per lasciar che passasse qualche carerò , o carrozza altrui . Per un impera- dore erg assai frugaje la sua tavola , ma condita dall'allegria di lui, e da quella di

va-

PlUiiiì in Paneg^rr

Anno C. 257

irie persone sayie e scelte, ch'erano ori' .ma, or l'altra invitate. ^ Distinzione di posto non voleva alla sua mensa , sde- gnava di andare a desinare in gasa degli amici , di portarsi alle lor feste , di visi- tarli malati^ di andar talvolta nelle loro carrozze. In somma per quanto poteva^ si studiava di trattar con tutti non meno in Roma , che per le provincie con tanta ci- viltà e moderazione , come se non fosse il sovrano, ma un loro eguale, ricordando a se stesso , eh' egli comandava J3ensi agli uo- mini, ma ch'era uomo anch' egli. E per- chè un gli amici suoi il riprenfleyano , per- chè eccedesse nella cortesia verso d' ognu- no , rispose quelle memorande parole : Tg- le desidero d^ essere Imperadore \'erso i p7*i- wati^ quale avrei caro die gV imiìer adori fossero verso di 77ie, se fossi uomo priva- to . Lo stesso Giuliano Apostata *, che an- dò cercando tutte le macchie e i nei de' precedenti Augusti , non potè non confes- sare , che Trajano superò tutti gli ajtri imperadori nella bontà e nella dolcezza : il che punto non facea scemare in lui la maestà , e ne' sudditi il rispetto verso di lui . Per questa via , e col mostrar amore a tutti , egli era sommamente amato da tutti , odiato da niuno ; e dappertutto si godeva una somma pace, e un' invidiabil Tom. IT. H tran-

* Eutropius in Brevi ar.

* Julianui df C<esaribus .

258 Annali d' Italia tranquillità , come si fa nelle ben regolate famiglie .

L' adulazione come in paese suo proprio suol abitar nelle corti j non già in quella di Trajano, che l'abborriva . ^ E però nep- pur gradiva, che se gli alzassero tante sta- tue , come in addietro si era praticato con gli altri Augusti , e di rado permetteva che se gli facesse quest' otìore , altri , che puzzassero d'adulazione. Per altro mostra- va egli piacere, che il nome suo comparis- se nelle fabbriche da lui fatte o risarcite , e nelle iscrizioni de' particolari ; laonde ap- parendo" poi esso in tanti luoghi , diede mo- tivo ad alcuni di chiamarlo' per ischerzo ^ Erba Parletarlay erba che si attacca alle muraglie. Ma conferendo le cariche, nep- pur voleva esserne ringraziato , quasi eh* egli fosse più obbligato a chi le riceveva , che essi a lui. Le ordinarie sue occupazio- ni consistevano in dar udienze a chi ricor- ica per giustizia, per bisogni^ per grazie , con ispedir prontamente gli affari , special- mente quelli che riguardavano il ben pub- blico. Sapeva unire la clemenza, la piace- volezza colla severità e costanza nel puni- re i cattivi, nel rimediare alle ingiustizie de' magistrati , nel pacificar fra loro le cit- tà discordi. Sotto di lui in materia crimi- nale non si proferiva sentenza contro di

chi

Plinius in Pancgyn'co .

Ammianus tit. 27. /lurelius ri6ior. in Epitome

J

Anno C. ^59

:hi era assente ; ne per meri sospetti , co- me si usava in addietro, si condannava al- cuno. Un bellissimo suo rescritto vien ri- ferito ne' Digesti ^, cioè: Meglio è in dub-^ bio lasciar impunito un reo , che condan-^ nare un innocente. Sotto altri principi il fisco guadagnava sempre le cause. Non già sotto Trajano, che anche contra di se ama- va che fosse fatta giustizia . Quanto era egli lontano dal rapire la roba altrui , al- trettanto era alieno dal nuocere o inferir la morte ad alcuno. A'^suoi tempi un solo de' senatori fu fatto morire, ma per sen- tenza del senato, e senza notizia di lui ^ mentre era lungi da Roma: tanto era il rispetto eh' egli professava a quel nobilis- simo ordine. ^ Ed appunto in quest'anno fu un bel vedere, come creato console egli si contenesse nel senato, in esercitando queir eminente dignità . Nel primo giorno dell' anno volle salito in palco nella pub- blica piazza prestare il giuramento di os- servar le leggi, solito a prestarsi dagli al- tri consoli, ma non dagl'imperadori , che se ne dispensavano . Portatosi al senato , ordinò ad ognuno di dire con libertà e sin- cerità i lor sentimenti , con sicurezza di non dispiacergli . Così diceano anche gli al- tri Augusti , ma non di cuore , e i fatti poi lo mostravano . Ordinò ancora , che ai vo- ti , i quali non meno in Roma , che per le

R 2 pro-

' Lc^i 5. Df^estis de Pvenh . ^ Piinitis in Panegyu

i^o Annali d' I t a 1 r a Provincie nel 3 di gennajo si faceand per la salute dell'* imperadore^ s' aggiugnesr se questa condizione : Purché egli governi a dovere la Hepubblica , e proccurl il bene di tutti. Egli stesso in pregar gli dii per se medesimo , solea dire : Se pure la merirr tm'ò ^ se continuerò ad essere quale sono stato eletto , e se seguiterò a meritar la stima e V affetto del Senato. Con tal pa»- zienza accudiva egli ai pubblici affari, ascoU tava i dibattimenti delle cause, e con tan- ta attenzione distribuiva le cariche , pror- movendo sempre chi andava innanzi nel merito , che il senato non potè contenersi dal palesar la sua gioja con delle acclaraaT zioni , che mossero le lagrime al medesi-r mo Trajano, coprendosi intanto il di lui volto di rossore , cioè di tm contrassegno vivo della sua modestia . E verisimilmente il senato circa questi tempi conferì a Tra-r jano il glorioso titolo di Ottimo Principe . Plinio nelle sue epistole parla di molte caur se agitate in questi tempi nel senato , con aver Trajano ben disaminati i processi, e custodita rigorosamente l'osservanza delie leggi . Il primo gran dono , che fa Dio agli uomini , quello è di dar loro un buon na-^ turale, un intendimento chiaro, e un'in- dole portata solamente al bene . Convier ben dire , che ottimo fosse il talento d Trajano , dacché confessano gli storici , eh egli poco o nulla avea studiato di lettere ed era mancante d'eloquenza. Ma il sue

in-

Anno C, 2§r

irfgcgnD e giudizio^, e il pendìo à quel so- k), che è bene, supplivano questo difetto. E però benché non fosse letterato , somma-* mente amava e favoriva i letterati^ e chiun- que era eccellente in qualsivoglia profes-* ^ione .

Anno di Cristo ci. Indizione xiv, di EvARiSTo papa 6u di Traiano imperadore ^^

Consoli

r Marco Ulpio Nerva Tra- J jANo Augusto per la quar- ti ta volta y

Sesto Articolato,

V^i*edesi che Tuno di questi consoli aves- s'e nelle calcride di marzo per successore nel consolato Cór/ieZto Scipione Orfito ^ e ch6. rtelle calen'de di maTZo fossero, sostituiti Bebìò Macro ^ e Marco Valerio Paolino; e poi nelle calende di luglio procedessero col- la trabea consolare Ruhrio Gallo e Quinto Cello Ispone . Trovasi un' iscrizione, da me ^ riferita ;, posta a. Marco E pule] o (for- se Apvulejo ) Procolo Cepione Ispone , eh' era stato console . Sarebbe da vedere , se si tratti del suddetto Ispone . Per me ne son persuaso, quantunque chiaro non apparisca in qual anno cada il di lui consolato. Han creduto molti storici, che in quest'anno

R 3 av-

' Thesaurus Ncvus Veter. Inscri^t' ^ag' 3-i<5. num. i.

^8i A N- N A L I D I T A L r A

avvenisse la prima guerra di Trajano con- tra dei Daci . Tali nondimeno son le ra-F gioni addotte dal giudiziosissimo cardinal Noris ^ , che pare doversi la medesima ri- ferire air anno seguente. Nulladimeno il Tilìemont ^, scrittore anch'esso accuratis- simo , inclinò a giudicarla succeduta in quest'anno. Più sicuro a me sembra il dif- ferirla al seguente , quantunque si possa credere cominciata la rottura nel presen- te . Già vedemmd fatta da Domiziano una vergognosa pace con Decebalo re dei Da- ci ^ a cui egli s'obbligò di pagare ogni anno certa somma di danaro a titolo di re- galo , che in fatti era un tributo . AH' ani- mo grande di Trajano parve troppo igno- miniosa una fatta concordia e condizio- ne^ né egli si sentì voglia di pagare . ^ Per questo rifiuto Decebalo cominciò a for- mare un possente armamento^ e a minac- ciar le terre dell' imperio con delle sgara- te. Fors' anche le sue genti commisero qual- che ostilità . Pertossi perciò nell' anno sus- seguente l'Augusto Trajano in persona a que' confini^ per dimandargliene conto; ed allora, come io vo credendo, ebbe princi- pio la prima guerra dacica . Non istettt certamente in ozio in questi tempi Traja- no. Stendevasi la di lui provvidenza e li- beralità a tutte le parti dell'imperio. Ab- bi a-

' Noris Ebrstol'i Consulari .

^ Tilhmont , Memgiret dcs Em^ereurs . ^ Dio ìib. é8. ì

1

Anno CI. 2^3

)iamo da Eutropio ^^ eh' egli riparò le cit- ■1 della Germania, situate di dal Reno . rebbe ciò essere succeduto nell' anno )resente. E senza questo noi sappiamo eh' jgli fece far infinite fabbriche per le cit- tà romane , e porti , e strade , ed altre ope- re o per utilità;, o per ornamento 4 ed era facile a concedere ad esse città privilegi ed esenzioni, e a sollevarle ne' lor bisogni. Tale ancora il provavano i particolari. Ba- stava avere avuta con lui anche una me- diocre familiarità , e poi chiedere . A chi [ricchezze, a chi compartiva onori, riman- dando consolati gli altri colla promessa di dar ciò che allora pon potea . Ma partico- larmente premiava egli , chi avea più me- rito ; e laddove sotto i precedenti Augusti chi era uomo di petto , e odiava la servi- tù , e solca parlar franco , o dispiaceva , o correva pericolo dell' esilio , o della vita : questi da Trajano erano i più stimati , ben voluti, ed esaltati. E tuttoché la nobiltà sua propria si stendesse poco indietro, pu- re gran cura aveva egli di chi procedeva dagli antichi nobili romani , e li preferiva agli altri negl'impieghi. Ne' tempi addie- tro troppo spesso si vide , che i liberti de- gl' imperadori la faceano da padroni del pubblico e della corte stessa. ^ Trajano scelti i migliori fra essi, se ne serviva ben- ^ sì, e li trattava as-sai bene; ma in manie- li 4 ra

* EutYo^ius in Brevìiirlo . * Plinius in Panegyrico .

264 Annali li' Italia

che si ricordassero sempre della lór con- dizione, e d" essetè stati schiavi; e che per piacere altra maniera non v' era , che d' es- sere uomini dabbene , e persone amanti deìV onore . ^ Proibì alle città il far dei regali col danaro del pubblico, ma non volle che si potessero ripetere i fatti prima di ven- ti anni addietro , per non rovinar molte persone , conchiudendo il suo rescritto a Plinio : Perchè a me appartiene di non aver men cura del bene de' particolari ^ che di quello del pubblico. Così procurava egli an- che alle città il risparmio delle spese. Pe- rò sapendo * questa sua buona intenzione Trebonio Rufino , duùmviro , cioè principal magistrato scelto dal popolo di Vienna del Delfinato , proibì che si facessero in quel- la città i giuochi ginnici , i quali oltre al- la spesa riuscivano anche scandalosi e con- trari a' buoni costumi , perchè gli uomifl^Bj nudi alla presenza di tutto il popolo fa- ceano la lotta . S' opposero i cittadini . Fu portato V affare a Trajano , che racco!-- se i voti de' senatori. Fra gli altri Giunta Maurico sostenne^ che non si doveano per- mettere que' giuochi a quelle città, e poi soggiunse : Volesse Dio , che si potessero an- che levai; via da Roma^ città perduta dic-^ tro a simili sconci divertimenti.

An»

Anno CIL 26$ .

Anno di Cristo cu. Indizione xv. di EvARiSTo papa 7. di Traiano imperadore 5.

r Gaio Sosio Senecione peir

^ ,. f la terza volta , Consoli J T T * e t^

^ Lucio Licinio Sura per la

1^ seconda .

i^erto è bensì , che Sur-a fu console ordi- nario neir anno presente. Non v*ba la me- desima certezza di Stnecione . Il solo Gas- siodoro quegli è^ che cel mette davanti* Discordano gli altri fasti . Ho io seguitato in ciò i più che han trattato de"* consoli . Erano questi due i più cari e favoriti , che s'avesse Trajano , degni bene amendue del- la di lui confidenza ed affetto , perchè or- nati di tutte quelle virtù , che si ricerca- no in chi dee servire ad un buon principe. Ma specialmente ^ amava egli Licinio Su- ra per gratitudine , avendo questi coopera- to non poco, affinchè Nerva adottasse Tra-^ jano. Salì questo Sura a tal ricchezza e po- tenza , che a sue proprie spese edificò un superbo ginnasio, o sia la scuola de' lotta- tori al popolo romano. Non andò egli esen- te dai soiFj deirinvidia, compagna ordina- riamente delle grandi fortune , avendo più d'uno proccurato d'insinuare in cuor di

Tra-

^ Aurelio rieìor^ in F/'/;n)?f. Dj'p /• t'§.

266 Annali d' Italia Trajano dei sospetti della fedeltà di que» sto suo favorito, calunniandoro come giun- to a meditar delle novità contra di Ini. Trajano la prima volta , che Sura l'invitò seco a pranzo, v'andò senza guardie . Vol- le per una flussione che aveva pigli occhj , farseli ugnere dal medico di Sura . Fatto anche venire il di lui barbiere , si fece ra- dere la barba : che cosi allora usavano i Romani . Adriano fu quegli , che poi intro- dusse il portarla. Dopo aver anche preso il bagno j, Trajano si mise a tavola , e al- legramente desinò. Nel di seguente disse agli amici, che gli mettevano in mal con- cetto Sura : Se costili mi avesse 'voluto am-s^. m azzare ^ ri' ehhe jeri tutta la comoditajK\ Fu ammirato un fatto coraggio in Tra- jano j, ben diverso da que' principi deboli;, che temono di tutto . Aggiugne Dione , che iin altro saggio di questa sua intrepidezza diede Trajano. Nel crear sulle prime un prefetto del pretorio ( si crede che fosse Saburano ) dovea cingergli la spada al fian- co . Nuda gliela porse , dicendo : Prendi (juc sto ferro ^ per valertene in rnia difesa^ se rettamente governerò: contra di me j ^^M farò il contrario. Forse fu lo stesso Sabu-^' rano , come conghiettura Giusto Lipsio , che gli dimandò licenza di ritirarsi, perchè Pli- nio ^ attesta essere stato un prefetto del pretorio, che antepose il piacere della vi- ta,

* PI: ili US in Pane^yrico $• S^.

Anno CU. 267

ta , e della quiete agli onori della corte . Trajano, perchè gli dispiaceva di perdere un ufìzial dabbene ;, fece quanto potè per ritenerlo. Vedendolo costante, non volle rattristarlo^ col negargli la grazia; ma V accompagnò sino all'imbarco , il regalò da par suo, e baciandolo, colle lagrime agli occhj il pregò di ritornarsene presto.

L'anno yerisimilmente fu questo, in cui Trajano con poderosa armata marciò con- tro a Decebaìo re ,dei Daci . Poco sappia- mo delle avventure di quella guerra . Ecco quel poco, che ne lasciò scritto Dione ^. Giunto che fu l'Augusto Trajano ai confi- ni della Dacia , reggendo Decebaìo tante forze in ordine^ e un rinomato impera- dorè in persona venuto contra di lui , spe- di tosto deputati , per esibirsi pronto alla pace. Trajano, oltre al non iìdarsi di lui, un gran prurito nudriva di acquistar glo- ria per se , e di ampliare il romano impe- rio : però senza voler prestare orecchio a proposizione alcuna, andò innanzi. Si ven- ne ad una terribil battaglia, che costò di, gran sangue ai Komani , ma colla sconfitta de' nemici. Raccontasi che in tal congiun- tura girando Trajano , per osservare se i soldati feriti erano ben curati, al trovare che mancavano fasce per legar le ferite , fece mettere in pezzi la veste propria, per- chè servisse a quel bisogno . Con grande

ono-

^ Dio ìib. cS.

268 A N NA LI tì' Italia onore data fu sepoltura agli estinti ; ed afl- zato un altare, acciocché ne' tèmpi avve- nire si celebrasse il loro anniversario . Col vittorioso esercito s' andò poi di montagna' in montagna inoltrando Traiano, iinchè per- venne alla capitale della Dacia, òhe si ctè^ de Satmigetusa^ città posta iti quetta pro^ vincià , che oggidì appelliamo" Trdnsilva- rìia; che divenne poi colonia de' Romani , col nome di Ulpia Trajana ^ . Nel medesi^ mo tempo Lucio Quieto , Moro di nazio- ne, ufìzial valoroso, da un'altra parte fe-^' ce grande strage e mólti prigioni dei Dà- ci : e a Massimo uno de' generali riusòì diHI prendere una buona fortezza/ éntro laqua-^" Te si trovò la sorella di Decébaro . AHora dovette accadere ciò che narra Pietro Pa-' trizio * , cioè che Decebalo mandò a. Tra-*^| j-ano prima alcuni de' suoi conti, pòscia al -iB| tri de' suoi principali ufisiali a supplicarla' di pace , esibendosi dr restituir T armi e' Te macchine da guerra, e gli artefici gua---- dagnati nella guen*a fatta a tempi di Do- miziano. 3 Accettò Tra] ano Te proposi zio- lìi , con aggiugnervi che Decebalo smantel- lasse le fortezze , rendesse i desertori ., ce- desse il paese occupato ai circonvicini , é\ tenesse per amici e nsm.ici quei del popo-^ lo romano . Decebalo suo malgrado venne*' a prostrarsi a- piedi di Trajano , e ad im--i

plo-

' iFf/esaurus Novus reter- Iiùcript. p./g- itii. 7- ni/- !• i- - Petrus Patritius de Legatianib. Tom- i- Htstor. Byz,anti: i Dio ihid.

A N >^ O GII, 2%

plorar la sua grazia ed amici7-ia. Non si sa , se in questa prima guerra e pace Tra-^ jano restasse in possesso di S.ajrmig.eUisa , e di quanto egli avea conquistato in quelle contrade. Certo è, che per questa impresa riportò egli jl titolo di Dacico , aspet-r a conseguirlo nel!' anno seguente , con;ic immaginò il Mezzabarba ^ ; ma nel pre-?» sente, siccome ancora apparisce da due iscrizioni da me date alla luce -, ueU le quali è chiamato Dacico , correndo la su^ tribunizia podestà V, che terminava circ^ il fine d'ottobre in quest'anno.

Anno di Ckisto Giir. Indizione i, di EvARiSTo papa 8. di Traiano imperadore 6,

f Marco Ulpio Nerva Tra* : JANO Augusto per la quin-^ Consoli ^ ta volta,

\ Lucio Arno Massimo per L la seconda .

Intorno ai consoli di quest' anno han di- sputato varj, letterati, pretendendo che il consolato quinto di Trajano ^ e il secondo di Massimo cadano nelT anno seguente ^; e che ciò si deduca da due, o tre medaglie, nelle quali Trajano, correndo la sua setti- mei

' Mediobarbi<s Numifm.it. Imperatof.

* Thesaurus Novus Inscrìption. p.ig. 449. j. 450. i.

3 Norh Epfstol. ponsulari ,

170 Annali d' Italia

ina podestà tribunizia j è chiamato COnSuì mi. DESignatus V. Ma concorrendo gli an- tichi fasti ne' consoli sopraccitati , si può forse dubitare della legittimità di quelle monete, oppur di errore nò' monetar] . Fin- ché si scuoprano migliori lumi , io mi at- tengo qui al Panvinio , al Pagi , al Tille- mont , e ad altri j, che non ostante l'oppo- sizione di quelle medaglie, mettono in quest' Anno il consolato quinto di Ti*ajano. j7ia5- simo il secondo d* èssi consoli verisimil- mente è quel medesimo, che nell'anno pre- cedente s' era segnalato nella guerra daci- ca, e fu premiato per la sua prodezza coli* insigne dignità del consolato. Era ^ già tor- nato a E-oma ntl precedente anno il vitto- rioso Trajano- Perchè egli da saggio e buon principe cercava il proprio onore , di- menticava quello del senato romano, avea fra V altre condizioni obbligato Decebalo a spedire ambasciatori a Roma , per suppli- care il senato di accordargli la pace, e di ratificare il trattato . Vennero essi ve risi- milmente in quest' anno , e introdotti nel senato , depósero V armi , e còlle mani giù te a guisa degli schiavi , in poche paro esposero la lor supplica . Furono benign mente ascoltati , e confermata la pace : che fatto, ripigliarono F armi, e se ne to narono al loro paese. Trajano dipoi cele- brò il suo trionfo per la vittoria riporta"

ta

lel

i

Dio lib, 6S.

Anno CUI. 271

la dei Daci ; e v'ha una medaglia ^5 cre- duta indizio di questo suo trionfo, dove comparisce la Tribunizia Podestà VII; il che può far credere differita questa funzion trionfale agli ùltimi due mesi dell' anno corrente 6 Ma quivi egli è intitolato CON- SUL IIII. ; il che si oppone alla credenza, eh' egli rieir anno presente procedesse con- sole per la quinta -volta . Un qualche potrebbe disotterrarsi alcuna iscrizione o fuedaglia che dileguasse le tenebre , nelle quali resta involto questo punto di storia e cronologia . Aveva Trajano trovato nelle parti della Dacia Dione Grisostomo , elo- quentissimo oratore , e filosofo greco ; di cui restano- tuttavia le orazioni. Seco il condusse a Roma, e tale stima ne mostrò, che , se dice il vero Filostrato ^ , nel suo stesso carro trionfale il volle presso di se , con volgersi di tanto iti tanto a lui per parlargli j e far conoscere al pubblico, quan- to r apprezzasse « Al trionfo tenne dietro un combattimento pubblico di gladiatori , e un divertimento di ballerini che Trajano , do- po averli due anni prima cacciati di Ro- ma , ripigliò, dilettandosi decloro giuochi, e sopra gli altri amando Pilade uno d' es- si . Ma s' egli talvolta si ricreava con tali spettacoli , ciò non pregiudicava punto agli affari^ e massimamente s'applicava il vi-

gilan-

' Mediobarbus in Numism. Imperata * Philostratus in Sorbii i..

2^ Annali d' I t a l i a

gilante imperadore all' amministrazione del- la giustizia , Una bellissima villa era pos- seduta da Trajano a CentoccUe , oggidì Ci- vita Vecchia , dove egli andava talvolta a villeggiare j con attendere anche ivi alla jspedizion delle cause e liti più rilevanti . Plinio ^ scrive d' essere stato chiamato a quel delizioso soggiorno ( probabilmente in quest'anno ) per assistere ad alcuni giudi- ^i eh' egli descrive . Fra gli altri era accu- 3atQ Euritmo liberto e proccur?itov di Tra- jano di aver falsificati in parte i codiciHi di Giulio Tirane, i cui eredi alla presear ■za di Trajano pareva che non si attentaci spro a proseguir la causa , trattandosi " un ufÌ2.ial di casa del principe . Fece lor animo il giusto principe , con dire : Eh che colui non è PoUcleto ( liberto favorito di Nerone ) ne io son Nevane . Abbiamo dal medesimo Plinio, che Trajano in questi tempi facea fabbricare un porto vastissimo ^ foggia di un anfiteatro. Già era compiu- to il braccio sinistro, si lavorava al de- stro , e vi si andavano co.nducendo per ma^ yje grossissimi sa&si. Tolomeo * parla del porto di Trajano , lo stesso che oggidì Ci-^ vita Vecchia e Rutilio nel suo Itinerario ■^le fece la descrizione ^ ,

' Pinzi US lib.^. Episi. SJ- * Ptohir.^us Oeogrjph.

^ Rutiì:ui in Itinerar. 9^

Anno CIV. 27^

L3

Anno di Cristo civ. Indizione n. di EvARiSTo papa 9. di Traiano imperadore 7.

r Lucio Licinio Sura per la Consoli -J terza volta,

•[_ Publio Orazio Marcello.

i-l cardinal Noris , il Fabretti , e il Mez- zabarba stimarono che questi fossero i con- soli dell'anno precedente, e che nel pre- sente Trajano Augusto per la quinta volta insieme con Appio Massimo amministrasse- ro il consolato . Finché si possa meglio chia- rir questo punto , io seguito gli antichi Fa- sti , abbracciati in ciò anche dal Panvinio , dal Pagi , dal Tiliemont , e da altri. Dispu- ta ancora c'è intorno al primo d'essi con- soli , credendo alcuni , eh' egli sia stato non già Sura , ma Suburrano . Sarebbe da desi- derar qualche marmo, che decidesse la qui- stione , Uno de' più riguardevoli amici di Trajano fu il suddetto Orazio Marcello . Le conghietture dei migliori letterati concor- rono ^ a persuaderci , che in quest' anno prendesse origine la seconda guerra daci- ca . Non sapea digerir Decehalo la pace fat- ta con Trajano, perchè com.perata con trop- po dure condizioni e però subito che si vide rimesso in arnese , cominciò delle no- ToM. IL S vi-

- Lo/ditij , Pagiits ^ Tillemo-uiuSì 5ir alti >

-274 Annali d' It alia vita, e a chiedere un nuovo accordo, la- mentandosi specialmente , che molti de' suo^ sudditi passavano al servigio de' Romani. Perchè nulla potè ottenere , determinò di venir di bel nuovo alF arqii . ^ Diedesi dun- que a largente, a fortificar i suoi luoghi ^ ad accogliere i disertori rotnani, e a sol- lecitare i circonvicini popoli , acciocché en- trassero seco in lega , per timore , diceva egli, che un dietro l'altro non rimanesse- ro oppressi dall'armi romane. Gli' Sciti, cioè i Tartari, ed altre nazioni si unirono con lui . A chi ricusò di sposare i di lui disegni, fece aspra guerra, e tolse ancora ai Jazigi una -parte del loro paese . Queste furono le cagioni , per le quali il senato romano dichiarò Decebalo nemico pubbli- co, e Trajano fece tntti gli opportuni pre- paran^enti per domarne la ferocia. Se sus- siste ciò che racconta Eusebio *, in qiiest^ anno Pvoma vide bruciata la casa d'oro, cioè per quanto può credere,, una parte di quella fabbricata da -Nerone, che si do- vea essere salvata nell'incendio preceden- te. Furono di parere il Loidio e il Tille- mont , che circa questi tempi Plinio il gio- vane, già stato console, fosse inviato da Trajano al governo del Ponto e della Biti- nia, non come proconsole, ma come vice- pretore colla podestà consolare . Scabrosa è la quistione del tempo, in cui ciò avven- ne

1 Die Uh. 68. * Buschi US in Chfon.

Anno CIV. i^S

ne , e mancano notizie per poterla decide- re ^ A me perciò sarà lecito di differir più. tardi quest' impiegp di Plinio^ , siccome haa fatto il Noris , il Pagi , il Bianchini , ed altri .

Anno di Cristo cv. Indizione iii. di E VARI STO [papa io. di Traiano ixnperadore 8.

r Tiberio Giulio Candido

*^ T ! per la seconda volta, Consoli -^ A ^ r\ .

^j Aulo Giulio Quadrato pei!

(^ la seconda.

1 re iscrizioni spettanti a questi consoli lio io rapportate altrove ^ . Credesi che r anno presente quel fosse , in cui l'Augu- sto Trajano imprese la seconda sua spedi- zione contra ài Decehalo re dei Bacì ^ per aver egli creduta necessaria la sua presen- za anche questa volta conTÌ'o. ad un ri- guardevole avversario , e che non fosse im- presa da fidare ai soli suoi generali . A- driano suo cugino , che fu poi imperado- re ed era stato in quest'anno tribuno del- la plebe , ^ andò servendolo per comandan- te della legione minervia , e vi si portò cosi bene , che Trajano il regalò di un dia- mante . a lui donato da Nerva . ^ Non era-

/ S 2 no

J hesatfy. News Imcriptiov. pag.316. n. 3- & seq~

■S p.: ' ::;k'.: in i: ,:.ÌYia7iu , i Dia lib. àZ,,

&1^ ANNAti d' Italia. no certamente le forze di Decebalo tali da poter competere con quelle di Trajano^, il quale seco menava un potentissimo agguer- rito esercito . Perciò tentò il Daco altrt^ vie per liberarsi, se gli veniva fatto, dall' imminente tempesta, con inviar nella Me- sia , dov' era giunto V imperadore , dei di- sertori bene instruiti per ucciderlo . Poca mancò che non succedesse il nero attenta- to, perchè Trajano oltre alla sua facilità di dare in tutti i tempi udienza , special- mente la dav^ a tutti nelle occorrenze del- la guerra . Per buona fortuna osservati al- cuni cenni di un di costoro , fu preso , e messo a' tormenti , confessò le tramate in- sidie : il che sconcertò anche le misure de- gli altri . Up' ajtra vigliaccheria pur fec& Decebalo. Dgto ad intendere a Longino, uno de' più sperim.entati generali d' armi, che s'avessero i Romani, volersi sotto- mettere ai voleri dell' imperadore , V indus- se a venire ad una conferenza con lui ; ma da disleale il ritenne prigione , sforzandosi poi di ricavar da lui i disegni e segreti di Trajano . La costanza di questo generale in tacere fu , qual si conveniva ad un uo- mo d'onore par suo . Decebalo ij fece ben- sì slegare , ma il mise sotto buone guar- die , con iscrivere poscia a Trajano d'es- sere pronto a rilasciar Longino ^ ogni vol- ta che si volesse trattar di pace : altrimen- ti minacciava di torgli la vita. Trajano, benché irritato forte dall' iniquo procedere

di

.J

Anno CV. 27?

^i costui , gli rispose con molto riguardo ^ cioè mostrando di non fare tal caso della persona e salute di Longino , che volesse comperarla troppo caro ; ma senza trascu- rare la difesa della vita di quel suo ufizia- le. Stette in forse Decebalo , qual risolu- zione avess'egli da prendere intorno a Lon- gino; e perchè forse si lasciò intendere di volerlo far morire sotto i tormenti, Lon- gino guadagnò un liberto d'esso Decebalo , che gli proccurò del veleno ; e per salvar- lo dalle mani del padrone, ottenne di po- terlo spedire a Trajanó , sotto pretesto di proccurar un accordo. Il che eseguito, pre- se Longino il veleno , e si sbrigò dal mon- do. Allora Decebalo inriò a Trajano un centurione^, già fatto prigione con Longi- no , e seco dieci altri prigionieri , esiben- dogli il corpo di Longiuo, purché Trajano gli restituisse quel liberto. Ma F impera- tlore che trovava aliena dal decoro del ro- mano imperio una tal proposizione, gli volle consegnare il liberto, e neppur lasciò tornare a lui il centurione, siccome preso' .^ contro il diritto delle genti.

Pare che fondatamente si possa' dedurre' da quanto narra Dione ^, che nel presente anno nulla di rilevante fosse operato da- Trajano per conto della guerra contra di Decebalo. Le applicazioni sue prima di esporsi a maggiori imprese, consisterono

S 3. in

278 Annali d'Italia in far fabbricar un ponte di pietra s>il Da- nubio . Considerava jl saggio Gondoliere d* armate , che essendo egli passato Ài da quel fiume , se venissero assaliti zi Romani dai Barbari , poteva esser loro impedito il ritirarsi di qua, ed anche il ricevere^ nuo- vi rinforzjUPei:ò volendo assicurarsi di si- mili pericolosi avvenimenti , e mettere una stabile buona comunicazione fra il paese signoreggiato di qua e di dal Danubio, voliti prima , che si edificasse lui ponte su quel fiume , per quanto credono alcuni ^ tra Belgrado e Widin: intorno a che è da ve- dere il Danubio del conte Marsigli '^ . Al- tre opere di somma magnificenza fece Tra- jano, ma questa andò innanzi all'altre per sentimento di Dione^^^il quale non sapea abbastanza ammirarla, ìiè decidere , qual fosse più grande, o la/spesa^^ccòrsa persi gran lavoro , o V arditezza del disegno Ognun sa che vastissimo nume si-rin quel- le parti il Danubio, e tuttoché fosse scel- to pel ponte il più stretto* che si potesse dell' alveo suo , ciò nonnostante occorreva un ponte di lunga estensione^ e cresceva anche la difficoltà, perchè Tacque ristret- te in quel sito tanto più veloci e rapide correano, e il fondo del fiume, ricco sem- pre d'acque era profondissimo e pieno di gorghi e di fango . Ma alla potenza e al

YO-

•• CeU-irìus Geor,^. Tom- L

^- %l:irsfìius in D^inubif Dcscriptione .

.\ N :c o CV. 279

Toier (^i unTrajano nulla era difficile . jo;v za poter divjgrtirè l'acque del fiume, qui- vi furono piantate venti smisurate pile tut- t<t di grossissimi m^rnii quadrati, alte ce n- lo cinquanta piedi senza, i fondamenti, lar- ghe sessanta , distainti V una dall' altra cen- to settanta, ed unite insieme con archi e volte. L'architetto fu Apollodpro Damascfy no: ^ e di qua e di da esso ponte fu- rono fabbricati dy-é^Forti castelli p^u guar- dia deL medesimo. Eppure questa mirabil fabbrica da a pochi aqni si \^de in par- te smantellata , noìi^^ià dai Barbari , ma ca Adriano successor di Trajano, col pre- testOj che per quel med^imopaate i Bar- bari pptrebbono passare ai danni dei Ro- mani. Ma da quando in qua non potea la potenza romana difèridere un/ ponte , difeso da due castelli ?\ Oltre dir(che nel verno tutto il Danubio agghiacciato non era for- se un vasto ponte ai Barbari ,.j)er passar di qua , se volevano ? Però fu Creduto , e con più ragione , che Adriano mosso da in- vidia per non poter giugnere alla gloria di Trajano, così gloriosa memoria di lui vo- lesse piuttosto distrutta. Vi restarono in piedi solamente le pile ; e queste ancoi:a ;^' tempi di Procopio non comparivano più. Ija quest' anno parimente , per quanto sirrac- -^oglie dalle medaglie ^^ e da Dione ^ , 1'

S 4 Ara-

^ Procopi'us Uh. \. de Mdific.

^ Uojixhts NuTfihm. Imi^evat' * Dio Uh. é2r.

28o Annali d'Italia Arabia Petreà , che avea in addietro avuti i proprj re, fu sottomessa con altri popo- li all'imperio romano per valore di Aulo Cornelio Palma ^ governatore della Soria, stato già console nell' anno 99 . Una nuo- va Era perciò cominciarono ad usar le cit- tà di Samosata, Bostri, Petra, ed altre di cfuelle contrade*

Anno^ di Cristo cri. Indizione ir. di EvARiSTo papa 11. di Traiano imperadore 9.

"r Lucio Cèionio Comodo Vè-^ Consoli -i ROj,

f Lucio Tuzio Cereale

M

Il primo di questi consoli, cioè Gommo Vero , fu padre di Lucio Vero^ che noi ve- dremo a suo tempo adottato da Adriano Augusto . Il secondo concole nella cronica di Alessandria è chiamato Ceretano in ve- ce di Cereale y e fu creduto dal Tillemont ^ diverso da Tuzio Cereale . Ma sufficiente ragione non v'ha, per aderire alla di lui opinione, siccome neppure di tener con lui, che neir anno precedente avesse fine la se- conda guerra dacica. Chiaramente scrive Dione ^ , che^Trajano , dopo aver fatto il maraviglioso ponte sul Danubio (impresa,

che

TiUenìont Me-rócir^s des E/npereurs . Dio libro codem.

Anno €VI. :é8i

che senza fallo costò gran tempo e danari > passò di da quel fiume , e fece la guer- ra piuttosto con sicurezza, che con celeri- tà; non volendo arrischiar combattimenti y e procedendo a poco a poco nel paese ne- micò. Plinio ^ con poche parole riconosce , che immense fatiche durò l'esercito roma- no , guerreggiando in que' montuosi paesi ^ e gli convenne accamparsi in montagne sco-' scese , condurre fiumi per nuovi alvei , e' far altre azioni , che pareano da non cre- dersi, come simili alle fole. Dione * ag- giugne^ aver Trajano in tal congiuntura dati segni di singoiar valore e di savia condotta , e che 1' esempio suo servì ai sol- dati, per gareggiare insieme in esporsi a molti pericoli, e per giugnere al sommo della bravura . Fra gli altri un cavaliere , che ferito in una zuffa fu portato alle ten- de , per farsi curare , dacché intese dispe- rata la di lui guarigione , mentre era an- cor caldo , rimontò a cavallo , e tornato alla mischia , vendè ben caro ai nemici il poco che gli restava di vita. Le apparen* ze sono , che pure in quest' anno con. tutti i suoi progressi Trajano terminasse la guerra suddetta , come altri han credu- to . Tutte le medaglie 3 riferite dall' Oc*» cone e dal Mezzabarba , per indizio che nel presente anno Decebalo fosse vinto, e

ridot-

\

* Pliftt'us Uh. S. Episto!. 4.

* Dio iìe:d, i Medféàarha in Numismat. Imperata

28a A5J2CALI d' Italia ridotta la Dacia in provincia delFi^ipc rio romano^ nulla concludono, percliè possono appartenere anche all'anno 107 e 108. Pe- rò chr de' moderni scrive , che-Traj^o non solamente tornò in quest'anno a iloma; e dopo avere ordinata una strada psr le- pa- ludi pontine, partì tosto, alla .volta doli' Oriente, con trova]«si in Antiochia ue'pri- mi giorni dell' anno seguente , probabilmen- te anticipò di troppo le di lui imprese . E r.oi abbiamo bensì dalla cronica alessandri- na ^ sotto quest' anno, che mossa guerra dai Persiani, dai Goti , e da altri popoli al romano imperio, Trajano marciò contra di loro, e sospese 1' esazion de' tributi sino al suo ritorno ^ ma questo ha ciqra di favo- la. Più che mai abbisognava egliallQra di danaro ;'# senza dubbio avvennp molto pii tardi la guerra coi Persiani, o sia coi Par- ti . Può ben verificarci della guerra daci- ca , perchè sotto nome di Goti venivano in que' tempi anche i Daci , come attestano Dione e Giordano. Rapporta il P^nvinio - a quest' anno l'iscrizione posta a Lucio Va^ lerio Pudente , il quale benché in età di so- li tredici anni , nel sesto lustro de' giuochi capitolini fatti in Roma^, fu vincitore , e riportò la corona so^ " gli altri poeti la-^ tini .

Al

* Chronuurt Per.sch.7lc ^ seti Alcxc

* P.'tnvtaiui- Fast., Consular,

Anno CVIL 283

A:v-^o di Cristo cvii. Indizione v. di EvAiixsTo papa 12, di Traiano imperadore io.

r Lucio Licinio Sura per ,. J terza volta , Consoli -j Q^j^ g^gj^ Senecione per

L la quarta .

IVla questo Sura da Sparziano ^ vien det^ to Consiil bis neir anno presente insieme con Servlano. x\ir incontro il Panvinio * con altri fu di parere , che i due suddetti ordinar] consoli nelle calende di luglio aves- sero per successori Gajo Giulio Servilio Orso Serviano , che avea sposata Paolina so- rella d' Adriano , e cugina di Trajano , e fu molto amico di Plinio , e Surano per la seconda volta . Certo non mancano im- brogli ne' fasti consolari ; ed è ben facile il prendere degli abbagli nell' assegnare ai consoli sustituiti il preciso anno del loro con- solato. Nel presente si può ragionevolmenfe credere che Trajano con felicità bensì, ma dopo immense fatice , conducesse a fine la seconda guerra contra de' Daci . Per atte- stato di Dione ^ s' impadronì egli della reg- gia di Decebalo^ o sia della capitale della Dacia, chiamata Sarmigetusa : il che reca

indi-

' Spartt.Tiuf in riti fi. 7. i ri. ini . ">■ Panviniui ibid.

' Dio lib, i3S'.

2.84 Annali d^Italìa indizio , eh' egli non ne fosse restato in pos-* sesso nella pace stabilita dopo la prima guerra. Pertanto Deccbalo vergendosi spo- gliato di tutto il silo paese, ed in pericolo ancora di restar preso , piuttosto che veni- re in man dei nemici , si diede la morte da se stesso , e il capo suq fu portato a Roma . Cos'i pervenne tutta la Dacia in po- tere del popolo rorfiano , e Trajano ne for- mò una provincia , con fondare in Sarmi- getusa una colonia , riominata nelle iscri- zioni della Trarisilvania , che il Grutero ^ , ed io ^ abbiam datò alla luce.' In oltre abbiam da Dione che Decebalo , trovando- si in mal punto , affinchè i suoi tesori noit cadessero in rnano de' Romani , distornò il corso del fiume Sargezia , che passava vi- cino al suo palazzo , e fatta cavare una gran fossa in m.ezzo al seccato lido di quel fiume _, vi seppellì una gran copia d'oro, d'argento, e d'altre cose preziose, che si poteano conservare . Quindi ricoperto il si- to con terra e Con grossi sassi , tornò a far correre 1' acqua pel solito alveo . I pri- gioni da lui adoperati per iquelia fattura , acciocché non rivelassero il segi^eto , furo- no tosto uccisi . Ma essendo poi stato pre- so dai Romani Bicilis, uno de' familiari pia confidenti di Decebalo, questi scoprì tutto a Trajano, il quale ne seppe ben profit-

ta-

' Gruterus Thesaur. Inscriptron.,

^ Thesaur. Novui^ f^eter. Inscri^tioru

Anno CVIL '285

f^re- RijTiasto spopolato quel paese , ebbe furaTrajano di mandarvi ad abitare un nu- mero infinito di persone , e di fondarvi ^ pltre alla suddetta^ altre colonie, che si veggono menzionate da tJlpiano ^ : con che divenne la Transilvania una fioritissima provincia de' Romani , essendosi perciò in quelle parti trovate negli ultimi due secoli molte iscrizioni romane , che si leggono presso il suddetto Grutero , pressa il Rei-- nesio , e nel mio nuòvo Tesoro .

Anno di Cristo cviii. Indizione vi. di Alessandro papa i. di Traiano imperadore 11.

r Appio AnnioTrebonio Galt

Consoli -i Marco AtilioMetilio Bjia

DUA

V'

ha chi il C02;nome di Trehonlano al primo di questi consoli ; ma in due iscri- zioni , riferite dal Panvìnio * , si legge ^rebonio . Se crediamo al medesimo Pan- vinio , nelle calende di marzo succederono nel consolato Gajo Ulullo Africano , e Ciò- dio Crispino. Ma un'iscrizione, conservata in Verona 5 e riferita dal marchese Scipione Maffei , e poscia anche da me ^ ^ ci fa sufflè

'cien-

' Lege Sciendum jf. de Censthus » Panvinius Fast. Cnnsulari. Tbeyaurus I>lovuji Imcriptìon, psi^. 317. num- 4.

^86 Annali d' I t a l i a cientemente conoscere , che nel 23 eli agosto dell' anno presente erano consoli Ap- ino Amilo Gallo ^ Q , Lucio Verulano Severo. o pur Seyeriano .. O sul £ne del precedente anno , o nella primavera del presente , sbri- gato dagli affari della Dacia , se ne ritornò Trajano a Roma, edivi celebrò il secondo suo trionfo dei Daci con magnifiche feste, e massimamente perchè correvano i decennali del suo imperio , che solevano solennizzarsi con gran pompa . ^ Attesta Dione che arriva- to Trajano- a Koma ,. vennero molte ambasce- rie di nazioni barbare, e fino dell'India, a visitarlo,, chi per bisogni^ chi per osse- quio . Quattro mesi durarono ih iloma:\i pubblioi spettacoli e divertimenti , consi- stenti per lo più in combattimenti di Ho- ni e^ altre feroci bestie ,. oppur di gla- diatori . Giorni vi furono 5 ne' quali si vi- dero uccisi mille di questi fieri animali ,\c in più altri arrivò la somma a diecimila « Si fece conto che anche dieci migliaja di gladiatori diedero orrida mostra della. Io r arte, combattendo fra loro negli anfitea- 'tri . In questi tempi ancora attese Trajano a formare e selciare una strada pubblica per le paludi pontine , con fabbricar an- che, case e ponti di gran magniiicenza lun- go di essa vi(a , .per comodo de' viandanti <:. del commerzio . E perchè si trovava 'mol-^, ta moneta o di bassa lega, o strozzata^

fai.

Anno CVIII. 28?"

falsa:' ordinò il saggio imperadoi e, che luta- ta fosse portata alla zecca, dove fu disfat- ta , per rifarne della buona e di giusto pe- so» A quest'anno si crede che appartenga il terzo congiario o regalo, che Trajano diede al popolo romano , espresso da una medaglia, riferita dal Mezzabarba ^. Met- te il Tillemont ^ con altri scrittori in que- sti tempi la spedizion di Trajano contra de' Partii , o sia de' Persiani * ma certamente anteporre la sentenza d' altri , che moi::o più tardi parlano' di quelle imprese. Succedette secondo la cronica di Damaso 2 nel presente anno il glorioso martirio di sant' Evo.risto ]pa'pa , in cui luogo fu posta ^ '(' s sancir o .

Anno di Cristo cix. Indizione vir« di Alessandro papa 2. di Traiano imperadore 12.

r Aulo Cornelio Palma *per V "' ^^ seconda volta,

; Gaio Calvisiq Tullo per •_ la seconda*

>^i tien per certo, che a questi consoli ordinar] fossero sustituiti ( forse^elle ca- lende di luglio ) Publio Elio Adriano, che poi/ divenne imperadore , e Lucio Tuhlilio :, o \ piut-.

M.'di'o'yarè. in Numirrj. Inperat, T r ; s}!^,2 ont ^ Memoires tks Em^ereurs A.ìjitas. Bibliothec,

!aSS Annali d' I t a l i a piuttosto Fnblicio Celso, Era sid,to Adriano jprctore in Roma nell' anno 107 per testi- monianza di Sparziano ^ , e Trajano gli avea donato due milioni di sesterzj , che si credono far la somma di cinquantamila scudi d'ar- gento 5 acciocché potesse celebrare i giuochi soliti a darsi da chi entrava in quel ri- guardevole ufizio . Pretende il Salmasio ^ , che Sparziano scrivesse il doppio . Fu nel precedente anno inviato con titolo di le- gato pretorio , o sia di vicepretore esso Adriano nella bassa Pannonia : mise in do- vere i Sarmati, che aveano fatto qualche novità ne' confini dell' imperio romano; re- stituì la disciplina fra le milizie di quelle parti; e fece altre azioni^ per le quali si meritò il consolato nell' anno presente . Non avea figliuoli Trajano, e Adriano suo cugino non ometteva diligenza ed arte al- cuna , per giungere a succedargli nell' imperio , ajutandosi spezialmente con far la corte ali' impcradrice Plotina , e col te- nersi amico Lucio Licinio Siira , uno de' favoriti di Trajano. Fu appunto in quest' anno , che Sura gli diede la buona nuova , qualmente Trajano pensava di adottarlo ; e perchè i cortigiani ed amici d'esso im- peradore scoprirono qualche barlume di que- sta sua intenzione , laddove prima mostra- vano di poco stimare , anzi di sprezzare

Adria-

' Spartiat. in yita Uadviani . * Sadìnn» in Notis Sci S^artisn.

Anno CIX. 289

Adriano , da innanzi cominciarono ad onorarlo, e a procacciarsi la di lui ami- cizia . Mancò poi di vita , forse circa que- sti tempi, il medesimo Sura , Trajano che si serviva di lui , per farsi dettar le ora- zioni ed allocuzioni al senato e al popo- lo^ perchè egli sapea poco di lettera, jion ignorando che Adriano , siccome persona letterata, era capace di servirlo in quella funzione, il volle presso di se , e si vale- va della di lui penna : il che gli accrebbe la familiarità e l'amor di Trajano. Al de- funto Sura fece fare Trajano un solenne funerale , ed alzare una statua per gratitu- dine ^. Lo stesso fece egli dipoi alla me- moria di Sosio Senecione , e di Palma , e di Celso , che abbiam detto essere stati con- soli neir anno presente _, come ad amici suoi cari. Noi sappiamo che Gajo Plinio Cedilo Secondo , rinomatissimo autore del pane- girico di TrajanOj, dopo essere stato con- sole neir anno 100, fu poi mandato con titolo di vicepretore al governo della Bi- tinia e del Ponto . Le sue lettere scritte di a Trajano si leggono nel libro de- cimo . Ma per quanto finora abbiano di- sputato fra loro gli eruditi non s' è potuto , si può decidere in qual anno egli fos- se spedito colà . Il Loidio e il Tillemont * attribuirono la di lui andata al fine dell' anno 103^ il cardinal Noris 3 al presente Tom. il T 109,

* Dia lib. <58. * Tillemont ibid. » Noris Epist. Consulari

290 Annali d'Italijl 109 , o pure al susseguente , come anco. fece ^ il padre Pagi . Eusebio * mette all' anno decimo diTrajano, cioè al 107, delF Era nostra , la lettera celebre scrittagli Plinio , esistente allera nella Bitinia . Ida-* ciò 3 ne parla all'anno 112. In tale in- certezza di teniipi sia lecito ai lettori 1' attenersi a quella opinione che più loro aggradirà , e a me di seguitar più tosta il Noris, il Pagi, e il Bianchini . A questi terapia ma colla medesima incertezza , vien riferita dal Mezzabarba "^ e dal suddetto Bianchini ^ la selciatura della via traja- na , fatta per ordine di esso Trajano . Al- tro essa non fu , che la via descritta da Dione, di cui si parlò al precedente anno, cioè la via appia , che da Roma va a Capoa : la pili magnifica di quante mai facessero i Komani , ed opera di molti secoli avanti . Perchè la rimodernò ed arricchì Trajano di varj ponti e di fabbriche a canto alla me- desima , perciò egli , o il pubblico le die- de il nome di via trajana . Credesi parimen- te , che in quest' anno Trajano dedicasse il Circo , cioè il Massimo, ristorato da lui coi marmi presi dalla Naumachia ^ di Domiziano .

* Pagius, in Critlc. Bavon. ^

* Eusebius in Chron. ^ Idacius in fastis . ^ Módiobarbus in Numirrnat. Im^erat-

5 Blanchinitis ^d Anastasium .

* Svetontus in Domitians ca^, 15.

A N N o ex. ^Ai

Anno di Cristo ex. Indizione viti. di Alesa NDRO papa 5. di Traiano impera do 13.

p ,. r Servio Salvidieno Orfito , Uonsoli -s^ p/j^Rco Peduceo Priscìnio .

-L'è iscrizioni pubblicate dal Fabretti , dal Bianchini , e da me , ci assicurano tali es- sere stati i nomi e cognomi di questi con- soli , che si trovavano ignorati o guasti presso i precedenti illustratori de' Fasti . Non si sa intendere, perchè il Mezzabar- ba ^ e monsignor Bianchini pretendano , clie solamente in quest'anno il senato ac- cordasse a Trajano il glorioso titolo di Ottimo j quando questo ti-tolo comparisce in tante altre medaglie , che si rapportano agli anni precedenti. Plinio . anch'^ egli ne jDarla nel panegirico , che dicemmo compo- sto neir anno 100 . Dione ^ per lo contra- rio scrive che solamente dopo la conquista dell' Armenia egli fu cognominato Ottimo . Vogliono i suddetti scrittori, che Trajano l' accettasse solamente in quest' anno . Ma non era tale la di lui umiltà^ da far lunga resistenza a quest' elogio j, per altro ben meritato da lui,. Augusto non voleva esser chiamato Signore . Trajano all' incon- tro assai gradiva che gli si desse questo

" T 2 no-

' Mediobarbus in Numisnh Imper, * Dio 'ih. 68.

^^2 Annaii d^ Italia Kome. Abbiamo da Eusebio % che il fa-» nioso tempio del Panteo di Roma , oggidì la Rotonda, fu bruciato da un fulmine. Chi sa che in quella nobilissima fabbrica non entrava legno , crederà bensì , che un folgore cadesse colà; ma che T incendiasse, non saprà intenderlo . Sotto Nerone , e sot- to Domiziano , principi nemici della virtù ;, maraviglia non è , se fu perseguitata la santa religione di Cristo Potrebbe ben ta- luno stupirsi, come essa trovasse un per- secutore in Trajano - , principe ^mator del- le virtù , delle quali vera maestra è la so- la religion de'Cristiani . Pure fuor di dub- bio è , che sotto di lui la Chiesa di Dio pati la terza persecuzione, non già, come osservò il cardinal Baronio , eh' egli pub- blicasse editto alcuno particolare contro d' essi Cristiani, ma perciiè riferito a lui, co- me s'andava a gran passi dilatando la lor credenza con pregiudizio del dominante cul- to degl' idoli _, con gravi lamenti de' falsi sacerdoti del Paganesimo , e con delle sol- levazioni de' popoli contra chi professava la fede di Cristo: Trajano ordinò, o per- mise che fossero osservate rigorosamente le antiche leggi contra gl^ introduttori di nuo- TC religioni. Però i governatori delle pro- vincie , massimamente dell'Oriente, comin- ciarono ad infierire , probabilmente circa questi tempi , contra chiunque si scopriva

se-

' Eusebius in Chroniio . * £«/f^. Histot' Uh. 3. cuf- 5i-

A

Anno CX. 29^

seguace dei dogmi cristiani; laonde si vi- dero molti forti campioni attestar coi loro* sangue la verità di questa religione. Ne han trattato amipiamente il cardirfal Baro- hio ^, il Tillemont *, i Bollandisti % ed altri; Fórse a questi tempi appartiene la scoperta della congiura tramata da Cras^ so contra dei buon imperador Trajano , che vien solo accennata da Dione'*-, senza dir- ne circostanza alcuna. Altro di più non ab^ biamo , se non che Trajano ne lasciò la co- gnizione al sèaata, da cui gli fu dato il meritato gastigo , senza apparire , se pagas- se il delitto col capo , o coir esilio. Rac- conta Sparziano 5, che Adriano, successor di Trajano, ne' primi giorni del suo inipe- tio fu consigliato da Taziano di levar la vita a Lab e.r io Massimo ^ e a: Chiasso Frugl ^ relegati nelle isole, per sospetti di aver aspirato all' imperio ; ma eh' egli affettan- do sul principio il buon concetto di essere principe clemènte , niun male avea lor fat- to. Tuttavia perchè Crasso dipoi senza li- cenza era uscito fuor dell'isola, il proccu- ratore di Adriano , senza aspettarne alcun órdine da:ir imperadore , 1' avea ucciso , qua- siché egli macchinasse delle novità . Questi forse è il medesimo Crasso^ di cui parla Dione .

T 3 An-

' Baron. in Annui.

^ Tillemnnt Msm. de /' Eglise , ' ABa SanSiorum .

■* Dio Ifb» C%. \ Scarti attui in Ha ari ano»

^94 Annali d' I t a l i a

Anno di Cristo cxi. Indizione ix. di Ai^ss ANDRO papa 4. di Tua jANo imperadore 14.

c^ ^ 1. r Gaio Calpurnio Pisone ,

L Marco Vlttio Dolano.

Un'iscrizione pubblicata dal Panvinio ^ ci fa vedere console nelle calende di marzo , se pure è v^ero, correndo la tribunizia po- destà XIV. di Trajano_3 cioè nell'anno pre- sente, Oap Orso Scr viario per la seconda volta , e Lucio Fabio Giusto . Quando sia vero, cll^^ Plinio in questi tempi governas- se il Ponto e la Bitinia, probabil cosa sa-. rebbe, che a quest'anno appartenesse la ce- lebre lettera * da lui scritta a Trajano in- torno ai Cristiani . Era cresciuta a dismi- sura in quelle parti , non meno che nell* altre dell'Oriente, la religione di Cristo; e si scorge che Plinio avea ricevuto ordi- ne da Trajano di processare e punire i di lei seguaci . Plinio ne fece diligente ricer-* ca ; ma ritrovato più di quel che credea , esorbitante il numero de' Cristiani d' ogni sesso ed età; e quel che più importa, ào' ^o maturo esame scoperto , ad altro non tendere questa religione, che a professar la pratica delle viriù , e 1' abborrimentp ai

vi-

\ Panvin» Fast- Consular.

^ IHinius .lib> 10. E'£ist'^7' ^ 9^'

^ A N N o CXI. 295

. izj , volle prima informarne Trajano, per

sapere^ come s'avea da condurre in circo-

istanze tali . Abbiamo anche la risposta dell'

imperadore , che gli comanda di non fare

Icerca de' Cristiani; ma se saranno denun- ziati, e trovati costanti nella lor fede,sie- no puniti , con. perdonare a chi proverà di non esser tale, sagrifìcando aglidii, e col non badare alle denunzie orbe , cioè date contra di loro, senza il nome dell' accusa- tore . Tertulliano ^ ben inform.ato di que- ste lettere , fa conoscere V ingiustizia di Q?raj ano in non volere che sieno ricercati 'come innocenti, e in volerli puniti , se ac-

asati. Però continuò la persecuzione, cor- me prima ; e quantunque non mancassero degli apostati , pure senza paragone mag- gior fu il numero degli altri, che amaro- no piuttosto di sofferir coraggiosamente la mort_e , che di sagriiicare ai falsi dii del Gentilesimo. Crede il padre Pagi ^ , che sia piuttosto da riferire al seguente anno la let- tera di Plinio. Il vero è, che non si può accertar questo temgo .

T 4 An-

' Te^tttllr'antis in Apologetico cap. 1. * P.igius Critica Baro,ì,

z^6 Annali dItalia

Anno di Cristo cxir. Indizione x. di Alessandro papa 5. di Traiano imperadore 15.

f Marco UlpioNerva Traja-*

Consoli J '''', Augusto per la sesta j volta , (^ Tito Sestio Africano.

X ossiam credere che a quest' anno appar-^ tengano due opere di Tra] ano , fatte pri- ma d' imprendere la spedizion verso V Ar- menia , delle quali fa menzione lo storico Dione ^ . Cioè V erezione in Roma di al-^ cune biblioteche , e la fabbrica della piaz- za , che fu poi appellata di Trajano nel si- to , dove anche oggidì si mira la sua co- lonna. Un tesoro impiegò Trajano in for- mar questa piazza , perchè gli convenne spia- nare una parte del Monte Quirinale , e ser- vendosi di Apollodora insigne architetto , ornò in varie maniere tutta la circonferen- za di bei portici , e Y atrio di alte e gros^ sissime colonne con capitelli e corone , e con istatue e ornamenti di bronzo indora- to, rappresentanti uomini a cavallo^ e ar- nesi militari. Nel mezzo dell'atrio si ve- dea la statua equestre d' esso Trajano. Era vaga e magnifica tal fattura per al- tre giunte fattevi da Alessandro Severo im-

pe»

* Dìo Uh. 6%,

\

Anno CXII. 297

peradore, che restava incantato chiunque I si mirava . Ammiano Marcellino ^ scrive , che venuto a Roma Costanzo Augusto , allor-^ che giunse alla piazza di Trajano, fattu- ra, che non ha pari tutto il mondo, e che mirabil sembra fino agli stessi dii ( cosi uno storico pagano ) rimase attonito all' osservar quelle gigantesche figure , e tanti begli ornamenti. E Cassiodorio - anch' egli scriveva , che a' suoi tempi , per quanto si andasse e riandasse alla piazza di Trajano, sempre essa compariva un miracolo. In som- ma non vi fu opera fatta da Trajano, che non desse a conoscere che il suo bel genio era im.pareggiabile , e il suo buon gusto mi- rabile in tutto . Credesi che in quest' anno , e nel seguente fosse compiuta e dedicata quella piazza . Il Tillemont 3 ^ fidatosi di Giovanni Maiala, scrittore abbondante di favole e di sbagli, mise all'anno 106, e al seguente, la spedizion di Trajano verso T Armenia . Le ragioni recate dal cardinal Noris , dal Pagi , e da altri , e lo stesso racconto , che fa Dione di quella guerra , persuadono abbastanza , che solamente iri quest' anno Trajano si mosse verso quelle parti ^. V'ha in oltre qualche medaglia 5^ indicante i voti fatti pel suo buon ritor- no . Ardeva di voglia Trajano di far qual- che

* Ammianus TAarcelUnus /• t6. e. 3©. ^ Cassiodoriiis f^ar. lib. 7. e. 6.

'' Tillemont Memotres de^ Empeveurs . "^ Dio lib,6Z,

* Mediobarbus in NttmisTnai. Ivr^eratcr.

29» Annali p' ì t a l i a che altra militare impresa , per cui sem- pre più crescesse la gloria sua . Gli se ne presentò un' occasione , perche egli non era di que'principi, che trovano, sempre che vogliono nei lor gabinetti , delle ragioni di far guerra ai loro vicini . Erano soliti i re deir Armenia ( 1' abbiam già veduto ) di prendere il diadema reale dai romani imperadori , dalla sovranità de' quali si ri- conosceano in qualche maniera dipendenti. Esedare nuovo re di quella contrada T avea preso da Cosdroe re de' Farti , dominator della Persia. Trajano fece intendere le sue doglianze a Cosdroe, il quale, come se fossero burle , o per sua superbia , ninna adeguata risposta diede . Trajano allora de- terminò di farsi fare giustizia con un mez- zo più concludente, cioè coli' armi. Si mi- se dunque in viaggio nelF anno presente con un possente esercito verso il Levante «> 11 solo suo muoversi (epe calar tosto l'al- terigia di Cosdroe , e spedire ambasciatori a Trajano con dei regali , per esortarlo a desistere da una guerra di tale importan- za , giacché egli diceva d' aver deposto Ese- dare , e il pregava di voler concedere V Ar- menia a Partamasire j che forse era fratel- lo del medesimo Cosdroe. Trovarono que- sti ambasciatori T/ajano già arrivato ad Atene, ma non già in lui quella facilità^ di cui si lusingavano . Rifiutò egli i lor presenti, e disse conoscersi l'amicizia dal- le azioni^ non dalle parole, ed esser egli

in-

Anno CXII. 299

incamminato verso la Scria , dove avrebbe prese quelle misure che più converrebbo- no . Continuato poscia il viaggio per ter^ ra, secondo Giovanni Maiala, nel 7 del seguente gennajo , oppure nelF ottobre dell' anno presente entrò in Antiochia capitale della Soria con corona d' ulivo in capo *

Anno di Cristo cxiir. Indizione xr- di Alessandro papa 6, di Traiano imperadore 16.

r Lucio Publicio Celso per Consoli la seconda volta ,

L Lucio Glodio Pkiscino.

Vogliono alcuni, che nell'occasione^ che Trajano Augusto si trovò in Antiochia o sul ilne del precedente anaOj, o sul prin-- cipio del presente^ gli fosse condotto d' avanti santo Ignazio vescovo di quella cit- tà, ^ accusato d'essere cristiano^ e pasto- re de' Cristiani. Confessò il santo vecchio intrepidamente il nome di Gesù Cristo ; e però d'ordine di Trajano fu mandato a Roma , per essere esposto alle iìcre nell' anfiteatro . Gli atti del suo gloriosissimo mar- tirio , compiuto secondo i Greci nel 20 di dicernbre , e le sue lettere , spiranti un mirabile amor di Dio, e una tenerissima divozione, restano tuttavia per edifìcazion

del-

* ASìa San^ìoYum a^ud Bolhnd. (st aPud Rutnartur,*.

goD Annali D'ItALiA (iella Chiesa . Altri mettono più presto i^ suo martirio ; ma a noi basti di sapere 1: certezza del fatto , se non possianio' quella del tempo. L'iscrizione^, che si legge nella' base della nobilissima Colonna Trajana , tuttavia esistente in Roma , ci vien drcen- do , che nell' an'no presente seguì la dedi- cazione di questa maravigliosa fattura a no- me del senato in onor di TrajanOj, che non ebbe poi il contento di vederla prima di mo- rire. Nella gran copia delle figure illustra- te dalla penna .del Fabretti , rappresentata sji vede la guerra di Trajano contra ai Ba- ci. Proseguendo intanto Trajano il suo viag- gio,- arrivò con un poderosissimo eser- cito ai confini dell' Armenia . Allora i re e principi di quelle contrade * si portarono a gara a visita-rio con ricchrssiiTii presenti , fra' quali si vide un cavallo così ben am- mwiestrato , che s'inginocchiava e chinava il capo a' piedi di chi si voleva. Abgaro re ^' o principe di- Edessa nella Osroena- , parte della provincia della Mesopotamia-, gì' in- viò f egali e proteste di amicizia , ma sen- za venire i-n persona, perchè non voléa JDer- dere la bona grazia di Cosdroà re de' Farti. Tuttavia in sua vece gli mandò ? Arbando suo figliuolo, giovane di bellissi- mo aspetto , che s' insinuò così bene nel cuor di Trajano, che quando poi questo ^ im-

' Gruterus pag. 190. num. 4. * Dio /. 6S. ■'• Idem in Excerpt:s ralesian.

Ann o GXIII. 501

!mperaclore passò per Edessa, Abgaro an* datogli incontro , agevolmente , per interces- sion del figliuolo , ottenne il perdono . Far- tamasire s' era già messxì in possesso dell' Armenia con favore de'Parti , ed avea preso ii titolo di re. Con questo titolo scrisse egli lettera di sommcssionea Irajano; ma ijon vedendo venire risposta , ne tornò 3. scrivere un'altra, senza più intitolarsi re; supplicandolo di voler inviare a lui 31arco Glunlo governatore della Cappadocia ^ per trattar seco d' accordo . Trajano gì' inviò il figliuolo di Giunio , e intanto continuò il suo viaggio 5 con impossessarsi del paese , dovunque passava , senza trovarvi resistei!^ za alcuna . Arrivato a Satala città dulT Ar-» menia minore , venne ad inchinarlo Anelila^ lo re degli EniocKi , popoli della Circas- sia verso il Mar Nero . Trajano il ricevè con grande onore , il rimandò carico di Tingali . Allora fu , che anche Partamasire , considerando il brutto aspetto de' suoi affa- ri , probabilmente consigliato dal figliuolo di Giunio , a rimettersi nella clemenza ce- sarea , ottenuto il salvocondotto , venne a presentarsi a Trajano. Noi volle egli rice- vere , se non assiso sul trono in mezzo al campo . Se gli accostò Partamasire , e de- l^osG a' suoi piedi il diadema senza profe- rir parola: il che veduto dall'immensa co- rona de'soldati di Trajano , si alzò un alle- gro strepitoso grido di Viva , che quel principe atterrito fu in procinto di fuggir-

se-

go2 Annali b'Itaìià

&ene, se non si fosse veduto attorniato da gran copia d' armati . Chiesta poi una particolare udienza da Trajano , l'ottenne egli bensì , ma non già il diadema , sicco- me egli dimandava e sperava coli' esempio di Tiridate a'' tempi di Nerone . Era ben diverso dal codardo Nerone il coraggioso Trajano. Ne uscì in collera Partamasire ; ma risalito suL trono Trajano, il fece ri- chiamare , acciocché pubblicamente ricono- scesse il ragionamento seguito fra loro in di- sparte. Lamentossi Partamasire d'essere trat- tato come un prigioniero: quando egli era Volontariamente venuto , e fece nuova istan- za, per impetrare il diadema dalle mani di Cesare , a cui giurerebbe omaggio . Tra- jano gli rispose , che essendo V Armenia jiertinenza del romano imperio , non vole- va concederla a chichessia , ma bensì met- tervi un governatore ; e licenziatolo, il fece tosto partire , scortato da un corpo di ca- valleria, acciocché non potesse manipolar nel' ritorno qualche intrico colla gente del paese. Si venne dunque alla guerra , di cui altro non sappiamo , se non che Partamasi- re, dopo essersi sostenuto, finché potè, coir armi alla mano , finalmente fu ucciso , e tutta l'Armenia jrestò in potere dell'Augu- sto Trajano , il quale ne fece una provin- cia del romano imperio.

An-

Anno CXIV. 303

Anno di Cristo cxiv. Indizione xiio di ALESSANDRO papa 7. di Traiano imperadore 17.

r^ 1- r Quinto Ninnio Hasta ,

Consoli -{ n n/r . ^T

|_ Publio ManilicJ v'^opisco ,

VJran disavventura è stata ^ che uno de' più gloriosi imper adori che s' abbia avuto Koma , quale ognuno confessa Trajano , con un regno fecondo di tante belle imprese , e di grandi uomini ', qual fu il suo , non sia passato a noi con esatta e convenevole storia della vita e delle azioni di lui . Non mancò già agli antichi secoli una tale sto- ria , anzi più d'una ve ne fu, atttestando Lampridio ^, avere Mario Massimo y Fabio Marcellino ^ Aurelio Vero ^ e Stazio Valen- te scritta la di lui vita, ed asserendo Pli- nio ^ il 2;iovane , che Caninio era dietro a descrivere la guerra dacica . Pure tutti questi scritti son rimasti preda del tempo , e son periti i libri di Arriano , che avea descritte le 8:uerre dei Parti ; sicché altro a noi non resta che il compendio di Dio- ne y fatto da Giovanni Sifilino , cui si possano ricavar le imprese di Trajano^ ma appena abbozzate, e senza poterne noi trarre i tempi distinti , in cui furono fat- te .

' Lamprìdius in Fha Alex.tnd'^-i Severi . ^ Plin. lib. 8; ep. 4.

304 Annali d'Ita l'i a te . Perciò solamente a tentone andiamo ri- ferendo a questo e a quali' anno le di lui imprese , senza poterne fondatamente as- segnare il tempo preciso . Sia dunque eh' egli nel precedente anno compiesse la con-* quista di tutta l'Armenia, o che ciò av- venisse in parte ancora del presente, cer- to è per testimonianza di Dione ^ , che sparsasi maggiormente la fama del di lui valore, e de' suoi acquisti per l'Orien- te, i re e i principi circovincini venne- ro ad assuggettarsi all' aquile romane , op- pure a chiedere amicizia e pace. Diede egli un re ai popoli Albani ^3 e i re delF Iberia, de' Sauroniati , del Bosforo, e della Colchide gli prestarono giuramento di fe- deltà. Avea notato Plinio ^^ che Traja- nOy se volea ricrearsi talvolta dalle ap- plicazioni e fatiche del governo, non pas- sava già a divertimenti puerili di giuoco, meno poi ad altri di maggior vergogna , perchè illeciti e scandalosi , ma a passatem-^^ pi faticosi, per tenere in esercizio il cor- po , e giovare alla sanità . Il cavalcare , la caccia erano i suoi trastulli ; e se si tro- vava vicino al mare o ai fiumi , solea tal- volta far da piloto in una nave , e metter- si a remigare, facendo a gara co' suoi cor- tigiani a chi meglio sapea esercitar quel duro mestiere in romper 1' onde , e passa- re

* Dio Ita. óS. ' Eutro^. in Brezhr.

* P.imus in Par.egyrico r. 8l.

A

Anno CXiV. 505

te gli stretti. Non operò di meno questo saggio imperadore in Levante , insegnando coir esempio suo ai soldati V amore e la tolleranza delle fatiche. ^ Marciava anch' egli a piedi, e al pari d' essi passava a pie-» di i guadi dei fiumi ^ Ordinava egli in per^ > sona i soldati nelle marcie , e camminava innanzi, come un semplice ufiziale . Tene- va molte spie ^ per saper nuove de' nemi- ci , e talora ne spargeva egli delle false , per avvezzar la milizia ad ubbidir con pron- tezza^ a star vigilante e preparata sempre con coraggio a tutti i pericoli ed avve- nimenti. Son di parere il Mezzabarba e monsignor Bianchini, che Trajano conqui- stasse in quest"* anno V Assiria , perchè in una sua medaglia si legge ASSYRIA IN POTESTATEM POPVLI EOMANI REDA- CTA. Ma quella medaglia si può riferire ai due seguenti anni , non avendo caratteri- stica particolare dell' anno presente ; e da Dione secondo me si ricava , che più tar- di succedette V acquisto dell' Assiria , o sia della parte della Soria , che allora era posseduta dai Parti,

k

Tom. il T Att-

* Dio Hb. 6%.

^o€ Annali d' I t a l i a

Anno di CrasTO cxv. Indizione xiir. di Alessandro papa 8. di Traiano imperadore 18.

r^vtc^r S Lucio Vipstanio Messala,

Consoli ^ ^^/^ TX -n '

[_ Marco vergili ano Pedone.

v^he Vipstanio^ e non Vipstano fosse il nome del primo di cjuesti consoli , appa- risce da un' iscrizione <(a me ^prodotta, e da due- altre del Grutero * . Se credia- mo al Tillemont , l'anno fu questo delle grandi imprese di Ti'aj ano in Levante , per- chè egli entrò nel paese de' Parti, e fece quelle grandi conquiste eh' io accennerò all'anno seguente. Se non c'inganna Dio^ ne 3^ altro non sappiamo dell'operato da lui in questo, se non ch'egli s'impadronì della città di Nisibi , capitale della- Meso-^ potamia , e di Singara, e diBàrhe, città, o luogo amenissimo di que' contorni : il che indica abbastanza, che alle sue mani venne T intera ricca provincia della Mesopotamia , avendo noi anche osservato di sopra, eh* egli passò per Edessa , città parimente di quel tratto , dove signoreggiava il re , o sia principe Abgaro. Parla dipoi Dione ^ e parlerò ancor io fra poco , del tremuo- to orrendo d' Antiochia , accaduto sul fino.

del

' Thesaurus Novus Inscription- fag. 319. nunt. a. * Gruterus fag. 74- ^ 1070. ^ Dio eod, libro »

Anno CXV. jq^

del presente anno. Dopo di che descrive i gloriosi progressi di' Trajano contra de' Parti , i quali perciò debbono appar- tenere air anno seguente , e non già al presente. Anche ^ il Mezzabarba mette in quest' anno la dedicazione fatta in Ro- ma della basilica Ulpia ;, o sia di Traja- no j, che può anche riferirsi all'anno 112^ e ai quattro susseguenti Certo è che que- sta basilica era contigua alla piazza di Trajano, superbo edifìcio che accresceva la bellezza di quella piazza , sapendo noi ^ che le basiliche de' Romani furono suntuosissi- me fabbriche, simili a molte grandi chie- se de' Cristiani^ con trofei , statue , ed al- tri ornamenti in cima, e con portici ma- gnifici air intorno, destinate per gli giudi- ci che colà andavano a tener ragione , con- correndovi anche i negozianti a trattar de' loro affari . Tornando ora a Trajano , men- tr' egli attendeva all' acquisto della Meso- potamia , Manue capo d'' una nazion degli Arabi , Sporace principe dell' Antemisia , cioè di una parte d'essa Mesopotamia , e j??fanisare anch"* egli signore in quelle con- trade , faceano vista di volersi a lui sotto- mettere , ma con trovar pretesti ogni di per dichiararsi , e per venire a trovarlo ** Non si fidava Trajano di costoro, e molto meno se ne fidò, dappoiché 3Iebaraspe re deir Adiabene , avendo ottenuto da lui un

V 2 cor-

Me.iiobarhus in Numiim. Im^erat^ ' Dio lflf,68.

g:oB A IT N A L I d' I T A L r A

corpo di soldatesche per difondersi contra di Cosdroe , avea da traditore parte tru- cidati, parte ritenuti prigioni que' soldati. Fra gli ultimi fu un centurione chiamato Sentio, il quale con altri imprigionato in un forte castellò-^ allorché 1' esercito di Trajano •, irritato contra deltraditore , ar- rivò neir anno seguente in vicinanza di quel luogo ^ ruppe le catene , yccise il ca- stellano, ed aprì le porte agH altri Roma- ni. Scrive Eutropio ^, che Trqtjano s'im- possessò dell' Antemisia. Dovette essere in quest'anno, perchè quella era i^ma delle Provincie della Mesopotamia . Secondo che abbiam da Dione , per queste vittorie fu dato a Trajano il titolo di Partivo; ma egli più si compiaceva dell'altro di Otti-' mo , perchè esprimente la soavità de' suoi costumi^ e il possesso in cui egli era di tutte le virtù.

Finita la campagna coli' acquisto della Mesopotamia , venne Trajano * a svernare con parte dell' armata ad Antiochia . Ma mentre ivi soggiornava , avvenne in quella città uno de' più orribili e funesti trcmuo- ti che inai si leggano nelle storie. L' ordi- nario popolo di quella vasta città ascende- va ad un numero esorbitante : ma 1' avea accresciuto a dismisura la venuta colà del- la corte imperiale ^ e di gran copia di sol-*

da-

.' Eutrop. in BreviaV.

'* Johannes Maiala in Chran. Dio lib> éS.

Anno CXV^ '303^

datesche . V era inoltre concorsa un' im^. mensa moltitudine di persone di quasi tutn to r imperio romano , chi per negozj , chi per bisogno del principe, chi per veder quelle feste . In tale stato si trovava quel- la nobilissima metropoli dell' Oriente ; quando nel di 23 di decembre , come pre- tende il padre Pagi ^ , venne un impe- tuoso tremuoto , preceduto da fulmini e da venti gagliardissimi , che rovinò buona parte delle fabbriche della città , con re- stare oppressa sotto le rovine gran móì/ titudine di persone , ed innumerabili altH con ferite e membra rotte . Si vide il vici- no monte Corasio scuotere forte la ci- ma , che parca dover precipitare addosso alla città p uscirono da più luoghi nuove fontane , e si seccarono le vecchie . Acque-' tato il gran flagello, si comincio a pescar nelle rovine , e moltissimi vi si scoprirò-^ no morti di fame. Trovossi una sola don- na , qhe avea sostentato per più giorni se stessa e un suo pargoletto col proprio lat- te , ed amendue furono cavati vivi ; il che par cosa da non credere . Trajano che s* incontrò ad essere in brutta frangente , per una finestra del palazzo , \n cui abi- tava , se ne fuggì ; e scrivono che un per- sonaggio d' inusata e più che umana statura r ajutò a salvarsi. Tal fu nulladimeno la sua paura, che quantunque fosse cessatola

V 3 SCO-

' P-jigius in Cr/'t. Baron,

5^0 Annali -d Italia scotiménto delk terra, pure per molti gior- ni volle abitare a cielo scoperto nel Cir- co . In questa sciagura perde la vita Peclo^ ne console , che terminato il suo consola- to ordinario ne' primi sei mesi, potè mol- to ben venire per suoi affari ad Antio- chia ; se pur non fu un altro pedone ^ sta- to console in alcun degli anni precedenti.

Anno di Cristo ex vi. Indizione xiv. di Alessandro papa. 9. di Traiano imperadore 19.

i^ T r Lucio Elio Lamia. Consoli -e TT

5^ Eliano Vetere.

P .

^^-'hiaramente scrive lo storico Dione ^,

qhe dopo il tremuoto d' Antiochia ( e pera- neli' anno presente , e non già nel preceden- te ) venuta la primavera, Trajanocon tut- to lo sforzo delle sue genti si mosse per portar la guerra nel cuore del regno de' Parti . Conveniva passare il rapido fiume' Tigri, le cui sponde dalla parte del Levan- te erano ben guernite di nemiche milizie . Avea egli fatto fabbricar nel verno una prodigiosa quantità di barche con legni presi dai boschi di Nisibi ; e per introdur- la nel suddetto, fiume , pensò ad un ardi-- tissìtiio e dispendioso ripiego , cioè di ti- rare un gran canale d' acqua dalF Eufrate ne!

Ti- .

> D/# //^. 68.

i

Anno CXVI. gix

Xigri , per cui si potessero condurre le .tia» vi . Nacque sospetto , che esseiida più/ alta r Eufrate ,dj?U' altro fiume , potessero Iq^ di lui acque accrescere di soverchio la rapidità del Tigri , e che colasi volgesse tutto l'Eu- frate, con perdersene anche la navigazione ; e però non si compiè i' impresa ; o se pur compiè, non -se ne servì Trajano., L' al- tro ripiego , a cui s' attenne , fu di condur- re sopra carra le barche fatte , ma sciolte , per unirle poi insieme sulle ripe del Ti- gri, e lanciarle quivi nel fiume. Così fu fatto . Di queste si formò un ponte ; e tanta era la copia dell'altre navi cariche d' armati , che infestavano i Patti schierati sull'opposta ripa^ e d'altre che minaccia- vano in più luoghi il passaggio dell' arma- ta; che i Parti non sapendo intendere, co- me in un paese privo affatto d' alberi , fos- sero nate cotante navi , e perciò sgomenta- ti , presero fuga . Passò dunque felice- mente tutto r esercito romano , e piombo sulle prime addosso al traditor Mebaraspe re dell' Adiabene , con sottomettere tutta quella provincia. Quindi s' impadronì di Ar- bela e di Gaugamela ( dove Alessandro il Grande diede la sconfitta a Dario ) , e di Ninive e di Susa . Di passò a Babilonia , sènza trovare in luogo alcuno opposizione, perchè i Parti non erano d' accordo col re loro Cosdroe , e più d'una sedizione e guer- i:a civile in addietro avea snervata la po- tenza di quella nazione. Volle Trajano os-

V 4 ser-

3ia Annali d* Italia servare in quei contorni il lago, onde si ca- vò il bitume , con cui in vece di calce fu- rono unite le pietre delle mura di Babilo- nia. Sì fetente è l'aria di quel lago, che r alito suo fa morir gli animali e gli uc- celli che vi s^ appressano. Di passò Tra- jano a Ctesifonte , capitale allora del regno de' Parti , dove fu fatto un incredibil bot- tino , e presa una figliuola di Cosdroe col suo ricchissimo trono . ^ Cosdroe se n' era fuggito : ne parleremo a suo tempo , Stese dipoi il vittorioso Augusto le sue conquiste per quelle parti ^ soggiogando Seleucia ^ , e i popoli Marcdmedij e un'isola del Ti- gri _, dove regnava Atambilo , e giunse fi- air Oceano . Svernò coli' armata in quel- le parti , e vi corse varj pericoliper cagion delle tempeste insorte in quel fiume , vastis- simo verso le basse parti per V union dell' Eufrate -

Lo strepito di tali conquista arrivato a Roma riempiè di giubilo quel popolo, che non sapea saziarsi di esaltar le prodezze di questo Augusto , giacché l'aquile romane non aveano mai steso oltre , come sotto di lui , i lor voli . Perciò il senato gli confer- mò il cognome di Panico , con facoltà di trionfalmente entrare in Roma quante vol- t^ egli volesse , perchè in Roma non erano conosciuti tanti popoli da lui soggiogati ^

Truo-.

* Spartìanvs in Vita Ilad'/iani .

* Eutrop' in Breviau

Anno CXVI. 313

Truovasi ancora in qualche medaglia ^ ao cresciuto per lui sino alla nona volta il ti- tolo d' Imperadore ^ e datogli il nome d' Ercole, Ordinò parimente il senato, oltre ad altri onori , che gli fosse alzato un ar- co trionfale . Preparavansi ancora i Roma-* ni a fargli uno straordinario onorevol in- contro , allorché egli fosse ritornato a Ro- ma ; ma Dio altrimenti avea disposto . Tra- jano più non rivide Roma, potè goder del trionfo . Intanto stando egli ai confini deir Oceano , vista una nave che andava alle Indie , cominciò ad informarsi meglio di quel paese , di cui avea dianzi udito tante maraviglie, e gran desiderio mostra- va di portarsi colà . Poi dicea , che s' egli fosse giovane, v'andrebbe; e chiamava bea-^ to Alessandro il Grande j, per avere in età fresca potuto dar principio alle sue irapre^ se . Contuttociò gli durava questo prurito ; ma neir anno seguente gli sopravvennero tali traversie , che gli convenne cacciar que* ste fantasie , e cangiar di risoluzione. In- tanto egli fece dell'Assiria e della Meso-. potamia due provincie del romano imperio . Da una iscrizione ^ , esistente tuttavia nel porto d'Ancona, e riferita da più lettera- ti, si raccoglie^ che circa questi tem- pi fu compiuto il lavoro di quel por^o per ordine di Trajano , il quale t?opQ

ave?

' Mtdich^irbus in Numisrnat. Imperatow ' Cruterut ^a^. 147. num. é>

^14 A Njs- AL I. d' Italia avei» provvedvito,. il Mediterraneo del por- to di Civita Vecchia 5 volle ancora che V.Adriatico ne avesse il suo. A lui ha questa obbligazione Ancona , ed ivi tut- tavia sussiste uì} arco trionfale, posto in onore di cosi beneiìco principe . Abbia- mo ancora da Eusebio ^ , che verso questi tempi la nazione giudaica , sparsa per la Libia e per l'Egitto , si rivoltò dappertutto contra de' Gentili , e ne seguirono. innume- rabili morti . Ebbero i Giudei la peggio in Alessandria . Secondo i conti di Dione vi perirono dugento ventimila persone ; in Cirene essi Giudei commisero delle incre- dibili crudeltà contra de' Pagani.

. Anno di Cristo cxvii. Indizione xv. di Sisto papa i. di Adriano imperadore i.

r Quinzio Necro, Consoli •<; Gaio VirsTANio Apronia-

[_ NO .

fecondo V opinione de' migliori V anr^o fu questo, in cui santo Alessandro ipapa. glo- riosamente terminò i suoi giorni col mar- tirio. Dopo lui Sisto 5 tenne il pontificato romano. Soggiornando Trajano verso V Oceano, tuttavia co' pensieri e desiderj di veder V Indie , si fece condurre in nave

pel

* Eusehius in Chronico .

Anno XCXVIL 315

pel GolFo , che Dione ^ ed- Eutropio ^ chia* mano il Mar Rosso , ma che secondo tut- te le apparenze fu il Golfo Persico . Aggiunge Dione 5 eh' egli s' innoltrò in quelle parti sino al luogo , dove si crede che moris- se il grade Alessandro, con far' ivi le ce- rimonie funebri in memoria di lui . Ma re- stò ben deluso , perchè popò la relazio- ne di tante belle cose che si diceano di que' paesi, altro non vi trovò che fa- vole e luoghi rovinati. In questo mentre gli vien nuova, che i Parti si sor! ribella- ti,, e si son perdute tutte le conquiste del- la Persia e della Mesopotamia, colla mor- te e prigionia delle milizie lasciatevi di guarnigione. Non tardò Traj ano ad inviar colà Mlasslmo e Lucio Quieto . Differente fu fortuna di questi due generali. Massimo in una battaglia vi lasciò la vita. Lucio Quieto air incontro Moro di nazione, ri- cuperò Nisibi , ed espugnata Edessa , le die- de il sacco, e l'incendiò. Alla medesima pena fu esposta la città di Seleucia , prcsii da Ericio Claro ^ e da Giulio Alessandro^. Tali novità fecero risolvere Trajano a mu- tar disegno intorno a que' paesi, scorgendo assai , che non gli sarebbe riuscito di con- servarli , come provincia , e sotto il gover- no de' magistrati romani . Però tornato a Ctesifonte, e fatti raunare in una gi'an pianura i Komani e i Parti, salito sopra

un

* Dìo lib. d8. * Eut'ro^yus m Bre'vìar,

giG Annali r> I t a l t a un eminente trono , dichiarò re dei Paiv ti Partamaspare personaggio di quella na- 2LÌone , chiamato Psamatas siris da Spar- 2Ìano ^ , e gli pose in capo il diadema : risoluzione abbracciata volentieri , ed ap- plaudita da que' popoli. Indi passò nell* Arabia Petrea , che s' era anch' essa ribel- lata 'y ma vi trovò il paese molto brut- to , vi pQtè prendere Atra lor capi- tale , con patirvi ancora insoffribili cal- di e molti altri disastri . Credesi non- dimeno da alcuni , eh' egli pervenisse/ fi- no all'Arabia Felice. Negli stessi tempi * continuarono più che mai le sedizioni e ribellioni /de'^iudeìi nella Mesopo.tamia , nell'Egitto, e Incipri. Attesta Eusebio 3^ che in Salamina città di Cipri prevalse la forza de' Giudei contra de' Gentili^ di modo che quella città rimase spopolata. Ma Artemione capitano de^'Cipriotti così fat- tamente perseguitò i Giudei in quell'isola^ che li disertò affatto , facendosi conto , che ivi tra Gentili e Giudei perirono dugento quarantamila persone ^ Fu anche spedito Lu- cio, Quieto il Moro contra de' medesimi nella Mesopotamia , che col farne un' orri», da strage , diede fine alla loro inquietu-. dine.

Ma che? tutte queste vittorie e conqui- ste di Traj^no, che costarono tanto san-,

' Spartranus in Vita Hafìrianr. * Djo eoder» Ul^ro- ^ Busebitit in Cìj.oh,

Anno CXVIL '317 ^uè 3 e tante spese e fatiche ai Komani ^ non istettero molto a svanir in fumo ; per- chè appena ritirossi da quelle contrade Tra- jano , che le cose ritornarono nel primiero stato , senza restarvi un palmo di dominio ^e* Romani . E se ne ritirò per forza Tra- jano, perchè nel mese di luglio cominciò a sentire aggravata la sua sanità da male pericoloso , che da lui fu creduto veleno ; ma si attribuisce da altri a cessazion del- le emorroidi , e da altri ad un tocco di apople-ssia , per cui restò offesa qualche par- te del suo corpo . Altri in fine vogliono eh' egli fosse assalito dall' idropisia » Que- sto qualunque sia malore sopraggiunto a Tra] ano , allorché meditava di tornarsene in Mesopotamia 5 gli fece cangiar pensie- ro ^ e l'invogliò di ritornarsene in Italia, dove era continuamente richiamato dal se^ nato ; e però versò queste parti frettolo^- samente s' incamminò . ^ Giunto ad Antio- chia capitale della Soria, lasciò ivi EUg Adriano suo cugino con titolo di governa- tore ^ e gli consegnò T esercito romano . Continuato poscia il viaggio sino a Seli- nonte , città marittima della Cilicia , ap- pellata poi Trajanopoli , oppresso dal ma- le , che Eutropio * chiamò flusso di ven- tre, quivi in età di scssantuno , altri di- cono di sessantatrè anni , compiè il corso di Bua vita , per quanto si crede nel di io d'

ago-

' A'UYelius rìHor in Epitome \ * -Butrop. in Brevi aiu

3 18 Annali d' I t a l i a agosto. Il detto finora ha condotto i let- tori a comprendere le mirabili belle doti^ che concorsero--a rendere Tra] ano uno de' più gloriosi imperadori che s'abbia mai avuto Roma, e a. cui pochi- altri possono uguagliarsi , non che andare innanzi . Ol- tre alle belle memorie eh' egli' lasciò in Ro- ma , e in varie parti del romano imperio in fàbbriche sontuose, strade^ porti ^ pon- ti y si trovano ancora varie città o fabbricate fla lui , o che presero il nome: da lui. A lui ancora principalmente attribuisce Aure- lio .Vittore r istruzione del Corso Pubblico , oggidì appellato, le Poste, che veramente ebbe orìgine da Augusto, ma fu ampliato e regolato in miglior forma da Trajanò , acciocché si lessèi'o speditamente e rego- larmente saper dall' imperadoré lo nuove del vasto imperio romano, e andar evenir prontamente, gli^ ufiz^iali cesarei : giacché , come -dottamente osservò il tJotofredo ^, serviva allora la posta solamente per gli ministri ed uomini' dell' imperadóre , e non già per le persone private, ed era mante- nuta alle spese del Fisco con cavalli, ca- lessi^ e carrette. Ma siccome osserva Au- relio Vittore ^, e si raccoglie 'dal codice teodosiano, questo lodevol istituto col- tem- po , e sotto i cattivi imperadori degenerò in uno intollerabil aggravio' delle •pròvin-r'

eie

^ Gcthofrsdus ad Legcm S. Tit. 5. Cod/c Tbeod.o,siani . * Aureli US P'iSior. de Cxsarib. '" \^^\.^m^

Anno CXVII. 319

eie e de' sudditi .' Non fu già esente da ogni difetto Trajano , e van d' accordo Dio- ne S Aurelio Vittore*, Sparziano ^^ e Giuliano l'Apostata ^ , in dire ch'egli ca- dea talvolta in eccessi di bere : ma non si sa eh' egli commettesse giammai azione aU ciina contra il dovere, allorché era ri- scaldato dal vino. Anzi crédiamo ad es- so Vittore, egli ordinò di non aver ri- guardo a ^ciò eh' egli avesse comandato , dopo essere intervenuto a qualche convi- to. Aggiiigne Dione, ch'egli fu suggetto ad un' infame libidine , abborrita dalla na- tura stèssa j ma senza fare violenza , o tor- to ad alcuno. Tutti effetti della falsa e stolta religione de' Geritili , la quale acce- cava e affascinava talmente le loro men-^ "ti , che non si attribuivano a vergogna 6 peccato le maggiori enormità , che san Paolo chiaramente nomina e riconosce per un gran vitupero del Gentilesimo allora do- minante . Contuttociò nelle virtù politiche , e massimamente neir amóìrèvolezz^a , xfle^' menza , e saviezza fu eccellente questo Augusto, che 5 da innanzi nelle accla^ mazioni che faceva il senato al regnante imperadore , si usò di augurargli , che fos- se -pili fortunato d' Augusto , -più buono di Trajano. E ben godè sotto di lui Roma e r imperio tutto una mirabil calma, ^e non

che

* Di^ Uh. <58. » AureL Vi^. ihid,

« Spart. in Fita Hadriani. ^ JuUan, de C tesar*

' Eutrop. in Brev-

§2o Ankali d' Italia che si sentirono tremuoti in varie città ; e peste e carestia in varj luoghi; e in Horaa seguì una fiera inondazion del Te- vere ; malanni nondimeno , che servirono solaoiente di gloria a Trajano^ perchè egli in quante maniere potè si adoperò per ri- mediare ai lor pessimi effetti, e per sov- venire chi era in bisogno. Fiorirono anco- ra sotto questo insigne imperadore varj eccellenti ingegni, perchè egli al pari degli altri più rinomati regnanti amò i lettera- tij e promosse le lettere. Restano a noi tuttavia le Opere di Cornelio Tacito^ di Flinio il giovane, e di Frontino^ per ta- cer d' altri , che fiorirono anche sotto Adria- no , e d' altri de' quali si son perduti i li- bri .

Ora Plotina imperadrice^ che accompa- gnò sempre in tutti i suoi viaggi il mari- to Trajano , dacché egli fu morto , non la- sciò traspirare la di lui perdita , se non dappoiché ebbe concertato tutto per fargli succedere Publio Elio Adriano di lui cugi- no , giacché non si sa che Trajano avesse mai figliuolo alcuno . La fama è varia in- torno a questo punto. Crederono alcuni ^^ che fosse corso per mente a Trajano di hsciar r imperio a Nerazio Prisco giuris- couulto di que' tempi , e che gli dicesse un giorno : ^ 'voi raccomando le provincia , se <iualclie disgrazia mi accadesse . Altri pen

sarò-

f S^anianus in Vita Hadriani ,

Anno CXVIL 521

«arono ^ ch'egli avesse posti gli occhj so- pra Servlano cognato di Adriano, ed altri fin sopra Lucio Quieto^ che già dicemmo Moro di nazione. Lo creda chi vuole. Vi fu chi disse essere stata sua intenzione di nominar dieci persone , lasciando poi la scelta del migliore al senato , dopo la sua morte . Nulla di ciò fu fatto . Solamente sul ^n della vita adottò, e nominò suo successore Adriano , e ciò per opera di Plotina Augusta e di Celio Taziano o sia ^ttiano ^ tutore d'esso Adriano; perchè veramente Trajano non mostrò mai tenC'» rezza alcuna d' amore per lui , conoscendo- ne assai i difetti ; e 1' avea bensì solleva- to alla dignità di console , ma senza dar- gli cariche riguardevoli sussistenti : il che non si accorda con ciò che abbiam detto rivelato a lui da Licinio Sura * nell' anno 109, cioè che fin d'allora Trajano medi- tava di adottarlo per suo figliuolo . Con- vengono nondimeno gli storici indire, che Plotina co' suoi maneggi portò il marito infermo a dichiararlo suo figliuolo e suc- cessore, siccome quella che se vogliamo pre- star fede a Dione ^ ^ era innamorata di Adriano : il che facilmente potè immaginar la malizia , solita a far dei ricami alle azioni altrui, e massimamente dei graudi* Anzi non mancò chi credesse essere stata l'adozion di Adriano una tela interamen- Toivi. IL X te

' Dìo lib. 69. » Spartianus ibid' ^ Dio ibid*

3^2 Annali d' Italia te fatta da essa Plotina senza notizia e consentimento di Trajano, ed anche dopo la di lui morte , tenuta celata apposta per qualche dì, con fingere fatta da lui l'ado- zione suddetta". A questo sospetto diede qualche fondamento V essere state spedite le lettere al senato colF avviso di tale ado- zione , ma sottoscritte dalla sola Plotina . Fece la medesima Augusta per solleciti corrieri intendere ad Adriano la nuova dell' operato da Trajano ( se pur tutta sua non fu quella fattura ) nel 9 di agosto. Po- scia nel II gli arrivò la nuova della morte di Trajano ^ . Non perde tempo Adriano a scriver lettere al senato , intito- landosi Trajano Adriano , e pregandolo di confermargli 1' imperio , e protestando di non ammettere onore alcuno, ch'egli non avesse prima domandato ed ottenuto dal medesimo senato, con altre sparate di non voler fare se non ciò che fosse utile al pubblico j, di non far morire alcun senato- re,, aggiungendo a tali proteste gravi giu- ramenti ed imprecazioni , se non eseguiva ciò che prometteva . Niuna difficoltà si tro- vò ad approvare la di lui successione, ben conoscendo i senatori , che comandando egli al nerbo maggiore delle milizie roma- ne , pazzia sarebbe il negare a lui ciò che colla forza potrebbe ottenere. Oltre di che l'esercito stesso della Scria, appena

udi-

* Dio lib. 69,

d

Anno CXVII. 323

udita r adozione di lui e la morte di Trà-^ jano ^^ r avea riconosciuto per Im-pcrado- re : del che fece egli scusa col senato . Uscì Adriano di Antiochia , per veder le cene- ri ed ossa dello stesso Trajano , che Plotina sua moglie , 3Iatldla sua nipote e Taziano portavano a Roma ; è poscia se ne ritornò ad Antiochia , per dar sesto agli affari dell'Orien- te , prima d' imprendere anch^egli il suo viag- gio alla volta deir Italia . Furono accolte in Roma esse ceneri colle lagrime e con un trionfo lugubre , ed introdotte in quella città sopra un carro trionfale , in cui si mirava l'immagine del defunto Augusto^ e poscia collocate in un' urna d' oro sotto la colonna trajana , cori privilegio conce- duto a pochi ini addietro , perchè non era lecito il seppellire entro le città. * Egli certo fu il primo degl' imperadori , che fos- sero entro Ptoma seppelliti Scrisse Adriano al senato, acciocché gli onori divini, se- condo r empio costume del Gentilesimo , fossero compartiti a Trajano . Non sol que- sti , ma altri ancora, come templi e sacer- doti ^ decretò il senato alla di lui memo- ria; e per molti anni dipoi si celebrarono in cuor suo i giuochi appellati Partici «

X 2 An-

' Sfartianus in Vita Hadriani. » Eutrof. in Breviar.

324 Aniv/ali d'Italia

Anno di Cristo cxviii. Indizione i, ài Sisto papa 2. di Adriano imperadore 2.

r Elio Adriano Augusto per

Consoli J ^ ^^ '^^^;ì^^ ^'^^^^ '

I JLiBERio Claudio Fospo A-

^ LESSA NDRO.

V->/rèdesi, che Traiano avesse all' anno pre- cedente disegnato console Adriano per 1* anno presente. Ma anche senza di questo, il costume era, che i novelli Augusti prendes- sero il consolato ordinario nel primo anno del loro governo. Era nato Adriano nelP anno 76 della nostra Era , nel 24digen- najo , per testimonianza di Sparziano ^ , dacui abbiam la sua vita . Ebbe per moglie Giulia Sabina , figliuola di Matidia Augusta , di cui fu madre Marciana Augusta , sorella ài Trajano. Perchè in sua gioventù comparve scialacquatore , si tirò addosso lo sdegno di Trajano, suo parente, e già suo tuto- re . Tuttavia tal era la sua disinvoltura e vivacità di spirito , che si rimise in grazia di lui, e ricevè anche molti onori da lui; ma non mai giunse in vita del medesimo ad essere accertato di succedergli nell' im-r perio a cagion del suo naturale , in cui quel saggio imperadore trovava bensì mol- te

' Spartianus in Vita Hadrisni,

\

Anno CXVIII. ^as

te belle doti, ma insieme sapea scoprire non pochi vizj , quantunque Adriano si stu- diasse di dissimularli e coprirli, fe' ambi- zione traspariva dalle di lui azioni e paro- le , molto più k leggerezza e V incostan- za j e sopra tutto il suo essere stizzoso e vendicativo , facea temere che sarebbe por- tato alla crudeltà. Non si può negare, la penetrazione del suo intendimento , la prontezza delle sue risposte , un'applicazio- ne a tutto quanto può riuscir d' ornamento a persona nobile, Tajutavano a brillar nel- la corte e negli ufizj a lui commessi. Pro- digiosa era la sua memoria. Tutto quanto leggeva , Io riteneva a mente , Fu veduta talvolta in uno stesso tempo scrivere uria lettera , dettarne un' altra , ascoltare e fa- vellar con gli amici . Non si lasciava an- dar innanzi alcuno nella cognizion delle lingue greca e latina , sapea egregiarncnt^ comporre tanto in prosa , che in Versi ; ed anche improvvisava talvolta con garbo ^ . La medicina , V aritmetica , la geometria le possedeva; dilettavasi di sonar varj stru-^ menti , di dipignere , di lavorar delle sta- tue ; e la sua non mai sazia curiosità il portava a voler sapere di tutto, con insi- no inoltrarsi molto nel vanissimo studio della strologia giudiciaria , o nell' empio ^ella magia . Lasciò anche dopo di se varj libri di sua composizione in prosa e in

X 3 ver-

* Dio lib.6%

^26 Annali d'Italia versi . Suo maestro , o pure ajutante eli studio fu Lucio Giulio Vestinio ^ che servi poscia a lui divenuto iniperadore di segre- tario, e vien chiamato soprantendente alle biblioteche di Roma greche e latine in una iscrizione ^. Questo suo amore alle scienze rd arti cagion fu, che a' suoi tempi fiori- rono in Roma le lettere , e vidersi i profes- sori d'esse sommamente onorati e premia- ti , come attesta anche Filostrato * . Piena era la sua corte di gramatici , musici , pit- tori , geometri , ed altri simili . Spezial- mente si compiaceva di conversar coi filo- sofi , poeti, ed oratori, e li teneva bene in esercizio , proponendo loro stravaganti quistioni , per imbrogliarli, e rispondendo loro con egual vivacità tanto sul serio , che burlando. Per altro a misura del suo volu- bil cervello era anche bizzarro , ed instabi- le il suo genio e gusto. E credendosi per istajH re sopra gli altri come imperadore, di ave^" anche questa medesima superiorità nell'in-^ gegno e nel sapere ^ portava nello stess( ' tempo invidia a chi parea sapere più lui, con giugnere a maltrattarli, e a tr Var da dire sopra tutte le lor fatiche , quel eh' è peggio , a perseguitarli . Facevasi anch e ridere dietro , allorché antepone ' ad Omero un certo cattivo poeta appellati Antimaco, Ennio a Virgilio, Catone a Ci-

ce-

- Thesaurus novus Inscrip tion. * Philostratus in Sofhis$»

Anno CXVIII. 327

cerone ^ Celio a Sallustio . E questo suo maligno ed invidioso talento il trasse fino a screditar le azioni e le fabbriche di Tra- jano, quasiché egli andasse innanzi a quel grand* uomo nel giudizio enei buongusto. Ma questo per ora basti del novello impe- radore Adriano , e intorno alle sue doti e ^ostumi .

Dacché fu egli creato imperadore , giu- dicò di non dover partire di Antiochia , senza lasciare in istato quieto le cose d' Oriente ^ . Avea ben Trajano aggiunte al romano imperio le proyincie della Mesopo-r tamia, dell'Assiria, e dell'Armenia; ma il mantener quelle provincie nella dovuta ubbidienza, non era da un Adriano, prin- cipe che s' intendea del mestier della guer- ra per parlarne in sua camera _, non per esercitarlo in campagna ^ perchè mal prov- veduto di coraggio e di pazienza nejle fa- tiche . Però si rivolse egli a' trattati di pa- ce con Cosdroe , già re de' Parti , e con que' popoli^ contento di salvare la dignità del popolo romano ; giacche non si credea da tanto da poter conservar quelle conquiste. Cedette dunque l'Assiria e la Mesopotamia a Cosdroe , mandandogli probabilnicnte il diadema , con ritener qualch' omb.ra di su- periorità , e riducendo il confine romano all'Eufrate, come era prima. Levò via Par- tama spare ^ cioè quel re che Trajano avea

X 4 da-

* D;'q lib. 69' Sfarti anus in Vita Hadriani *

328 Annali d' Itali a dato ai Parti , costituendolo re iri qualche angolo di quelle contrade. Permise anche ai popoli deirArmenia l'eleggersi il loro re. Parve che in tutto questo egli cercasse d' estinguere la gloria diTrajano;, di cui per attestato di Eutropio ^, si mostrò sempre invidioso. Fece poi anche per questo distrug- gere contro il volere di tutti il teatro fab-* bricato da esso Trajano nel Campo Marzio . Poco mancò^ che non restituisse ancora la Dacia ai Barbari . Impedito ne fu dalla per- suasion degli amici , acciocché non cades- sero sotto il giogo barbarico tanti cittadi- ni romani , che Trajano aveva inviato ad abitare colà. Creò Adriano sul principio due prefetti del pretorio, cioè Celio Ta- ziano per gratitudine , avendolo avuto per tutore in sua gioventù ^ e per mez- zano a salire in alto ; e Simile per la moderazione ed onoratezza de"* suoi costu- mi . Di questi ne un saggio lo stori- co Dione * con dire che mentre Simile era solamente centurione , trovossi ncll' anticamera imperiale , per andare all'udien- za di Trajano . V erano ancora molti altri da più di lui, cioè ufiziali prima- rj , che la desideravano anch' essi . Trajano il fece chiamare innanzi agli altri ^ ma egli si scusò con dire , essere contro V or- dine, che un par suo dovesse goder quest' onore ^ con fare intanto aspettare i suoi

co-

' Eutro^. in Sreviar. * Di» lib- 69*

Anno CXVIII. ^ 329 comandanti nelF anticamera. Accettò Simile con diiTicoltà la carica di prefetto , e da forse a due anni scorgendo che verso di lui s'era raffreddato Adriano, dimandò ed ottenne il suo congedo. Ritiratosi alla cam- pagna , quivi per sette anni sopravvisse in tutta pace , comandando poi alla sua mor- te , che nel suo epitaffio si scrivesse come egli era stato settantasei anni sulla terra , ed esserne \dvuto solamente sette. D'altro umore fu ben Taziano , perchè uomo vio- lento . Egli sulle prime scrisse da Roma ad Adriano di levar dal mondo ^ Behio Marco prefetto di Roma , e Laherio alassimo , e Crasso Frugi y relegati nell'isole, come persone capaci di novità. Adriano non vol- le dar pricipio al suo governo con queste crudeltà. Alcune poi ne comniise andando innanzi, e di queste diede la colpa ai con- sigli del medesimo Taziano. Depresse Lu- sio Quieto y valoroso uiiziale , con levargli la compagnia de' Mori j, perchè si sospetta- va che aspirasse all' imperio. Mandò anco- ra Marzio Turbone ad acquetare un tumul- to insorto nella Mauritania . Probabilmente verso la primavera di quest' anno Adriano, dopo aver dato ai soldati il doppio di quel regalo che solevano dar gli altri nuovi im- peradori , e lasciato al governo della Soria Catllio Severo , si mise in viaggio per ter- ra alla volta di Roma. Il senato gli avea Tom. il X 5 de-

' Sfartioìtus tn Vita Hadriant .

530 Annali r>' I t a l i a

clecretiito il trionfo. Lo ricusò egli , volen^ do che a Trajano, benché defunto ; si des^ se quest'onore. Perciò entrò in E.oma sul carro trionfale, su cui era inalberata l'im- magine di esso Trajano . Cominciò dipoi il suo governo , come far sogliono per Io più i principi novelli , con somma bontà e dolcezza , e con far bene a tutti . Diede congiario al popolo romano ^ , e pare che n avesse dato due altri nell' anno antecedente , Rimise alle città d' Italia tutto il tributo coronario , cioè quello che si solca pagave . per le vittorie degl' imperadori , e per 1' as^ sunzione d'essi al trono. Lo sminuì anche alle Provincie fuori d'Italia, benché egli pomposamente esprimesse , quanto allora Io stato si trovasse in gran bisogno di dana- ro , che ciò nonnostante egli faceva quella remissione . Ciò nondimeno che gli produs!:||« se un incredibil plauso, fu l'aver condona-iM to tutti i debiti ^ che aveano le persone private da sedici anni in addietro coli' era-s^, rio imperiale tanto in Roma, che in Italia 5"' e nelle provincie spettanti all' imperadore , secondo la division d'Augusto: nonsapen-~ dosi, se questa liberalità si stendesse an-^ cora alle provincie governate dal senato Parla di questa sua memorabil generosità Sparziano , e ne conservarono la memori; le medaglie eie iscrizioni antiche 3. Se noi ^ fai-

' Medìob:irbus in Nurnhm.it- Tmperat. ' Dio lib- 69,

Spartianus in t'ita Hadriani . Pifnvinius Fast' Consulau

Anno CXVIII. 331

fallanno i conti del Gronovio ^ , questa re« missione ascese a ventidue milioni e mezzo di scudi d' oro : il che sembra cosà incredi- bile. Per dare maggior risalto a questa sua insigne azione, e per maggior sicurezza dei debitori , fece bruciar nella piazza di Tra- janò tutte le lor polizze ed obbligazioni . Apparisce dalle medaglie suddette , eh' egli appena creato imperadore prese i titoli di Germanico ., Dacico , e Particó , come se an- cor questi fossero passati in lui coli' eredi- tà di Trajano. Trovasi anche appellato Pontefice Massimo, Ma per conto del titolo di Padre della Patria , benché il senato non tardasse ad esibirglielo , e tornaàse da a qualche tempo ad offerirlo , noi volle sull' esempio di Augusto , che tardi V avea «iccettato .

Anno di Cristo cxix. Indizione 11. di Sisto papa 3. di Adriano imperadore 3.

' f Elio Adriano Augusto per Consoli -J la terza volta,

•^ Quinto Giunio Rustico.

1 erchè non abbiamo storici , che abbiano con ordine di cronologia distribuite le azio- ni di Adriano, e di molti altri susseguen- ti imperadori , possiamo ben rapportar con

X 6 si-

5 Qronovtus de Sesteniis .

532 Annali d'Italia

sicurezza ciò che operarono , ma- non già accertarne i tempi . Le stesse medaglie man- cano in questi tempi di note cronologiche , perchè non vi si esprime_, se non in gene- rale la podestà tribunizia , e il consolato terzo^ ripetuto sempre ne' susseguenti an- ni, perchè egli più non fu da innanzi console. Diede ( forse nel precedente, e non meno nel presente ) dei solazzi al po- polo romano , troppo vago degli spettacoli ^ correndo il suo giorno natalizio , cioè ^ il combattimento de' gladiatori , e molte cac- ce di fiere . Giorni vi furono , ne' quali cen- to lioni , ed altrettante lionesse , restarono uccisi. Tanto nel teatro, che nel circo, dove si fecero altri giuochi, sparse dei do- ni separatamente agli uomini e alle don- ne. E perciocché regnava in Roma Tabbo- rninevole abuso , che al medesimo bagno e nello stesso tempo si andavano a lavar uo- mini e donne , proibì così enorme indecen- za. Durò * il suo consolato dcir anno pre- sente solamente i primi quattro mesi, sen- za che si sappia , che gli fosse sustituito in quella dignità. Ed allora attese ad ascol- tar e decidere le cause ^ che erano portate al senato. Meglio regolò le poste, accioc- ché i magistrati delle provincie non aves- sero r incomodo di provveder le vetture ai bisogni. Ordinò che da innanzi le pene dei condennati non si pagassero al Fisco,

cioè

* Dio Uh. 69. * Spartianus in Vita Hadriani »

Anno CXIX. 333

cioè alla camera cesarea ^ ma bensì all'* er^ rio della repubblica . Accrebbe gli alimen- ti ai fanciulli e alle fanciulle orfane pove- re per tutta V Italia , ampliando la bella istituzione , che aveano dianzi fatto i buo- ni imperadori Nerva e Trajano. Ai sena- tori , che senza lor colpa aveano sminuito molto del patrimonio, che si esigeva per essere di quel!' Ordine eminente , diede egli il supplemento con pensioni ben pagate, finché egli visse . Per le spese occorrenti neir ingresso delle cariche a molti suoi ami- ci poveri somministrò un buon ajuto di co- sta , e ciò fece ancora con alcuni che noi meritavano * Sovvenne ancora molte nobili donne ^ alle quali mancava il modo onesto di sostentar la vita. Scelse i più accredi- tati deir ordine senatorio per suoi dome- stici e familiari , e li teneva alla sua ta- vola . Fuorché nel giorno suo natalizio , ri- cusò i giuochi circensi, che in altri tempi volle il senato decretare in onore di lui* Spesse volte ancora parlando al senato e al popolo , protestò di voler far conoscere nel suo governo , eh' egli proccurava il ben pub- blico , e non già il proprio .

La cronica di Alessandria mette sotto questi consoli l'andata di Adriano a Geru* .salemme ^, per quetare i tumulti eccitati dai Giudei anche in quelle parti. Prese, se vogliam credere a quello storico , la città

di

* Coronici Patthsl* Tom. I. Hirtcr. B/rantin,

354 Annali d' Italia di Terebinto, e vendè schiavi al pubbliccr i Giudei quivi trovati. Atterrò il tempio di Gerusalemme ; fabbricò ivi due piazze . un teatro, ed altri edifìzj . Divise quella città in sette rioni coi lor soprantendenti , ed abolito il nome di Gerusalemme , volle che quella città dal suo si chiamasse Elia. Anche Eusebio ^ qualche cosa di ciò parla air anno presente; e il padre Pagi ^ tien per fermo, che allora seguisse il viaggio suddetto di Adriano , e che Gerusalemme fosse da lui rifabbricata. Ma non è rautò- re della cronica alessandrina tal peso', da dovergli tosto prestar fede in questo punto di cronologia,, quando Dione e Spar- ziano nulla di ciò dicono verso ì tempi presenti; e quello scrittore patentemente s' inganna in attribuire ad Adriano la di- struzione del tempio, accaduta nella guer- ra di Tito. Non è perciò a mio credere assai sussistente il viaggio colà di Adria-^ no^ in questi tempi. Possiamo bens'ì tenere, che nell'anno presente i sediziosi Giudei facessero qualche movimento, e restassero abbattuti, come scrive san Girolamo ^ ^ e vien accennato anche da Eusebio . Abbiamo innoltre da Eutropio ">• , che Adriano ebbe una sola guerra , di cui parleremo , que- sta la fece in persona, ma per mezzo di un suo generale e

' Eusehius in Chron, * Pagius Cri tic. Barctu 3 Hieronymuy Comment, in D^^ielem (a{. 9- ^ Eutvop* in BrevfaV'

W^ Ann(

Anno CXX. 335

Anno di Cristo cxx. Indizione in* di Sisto papa 4. »di Adriano imperadore 4.

ri ^' r Lucio Catilio Severo,

Consoli -> rn V T?

|_ Tito AuifìiLio Fulvo.

1 er quanto c'insegna Giulio Capitolino ^5 r innperadore Antonino Pio fu prima nomi- nato Tito Aurelio Fulvio o Fulvo ) ed era stato console con Catilio Severo . Quando quello storico non prenda abbaglio , il se- condo de'consoli dell'anno presente dovet- te essere il medesimo Antonino , Non iu- clo Aurelio , come per errore è corso ne' Fasti del padre Stampa , ma Tito Aurelio fu il prenome e nome d' esso console , co-^ me s' ha da un'jiscrizione riferita dal Pan- vinio * . Ora all' anno presente , secondochè immaginò il padre Pagi 3 con altri , e non già al precedente,, come volle il Tillemont j, pare che s'abbia da riferire la guerra mos- sa ^ dai Sarmati e dai Hossolani contro le terre dell'imperio romano. A questo avvi- so Adriano Augusto immediatamente man- dò innanzi l'esercito romano, e poi tenen- dogli dietro, arrivò anch' egli nella Mesia, e si fermò al Danubio , frapposto fra lai e i nemici. Il Cellario j, che mette i Sarma- ti verso il Mar Nero, e i Rossolani circn

la

^ Julius Capitolinus in T. Antonino .

* Panvinius in Fast- Confutar.

^ Pagius in CritìC, Barcn. ^ Dio Hb. C9' ^ Celiar. Gcogr.

53^ Annali d' Italia la Palude Meotide, non 50 come ben ac- cordi col racconto di questa guerra . Un di la cavalleria romana , di tutte armi guer» nita, all'improvviso passò a nuoto il Da- nubio : azione sommamente ardita , che mi- se tal terrore ne' Barbari , che trattarono di pace ^ . Lamentavasi il re de' Rossola- Xìì *, che gli fosse stata sminuita la pen- sione solita a pagarsegli dai Romani . Adria- no , che abborriva i pericoli della guerra , jl soddisfece^ con accordar vergognosamen- te quanto il Barbaro richieden . Fu in que- sti tempi, ch'egli diede il governo della Pannonia e della Dacia 3. Marzio Turhone ^ eh' era stato presidente della Mauritania , conferendogli la medesima autorità , che avea il governator dell'Egitto. Fors' anche allora fu , eh' egli fece fabbricar nella Me- sia una citth, che da lui prese il nome di Adrianopoli^ oggidì Andrinopoli , città mol- to cospicua tuttavia. Secondo T ordine che tiene Sparziano nel suo racconto, parreb- be che appartenessero all' anno presente al- cune crudeltà usate da esso Adriano. Dio- ne 3 sembra metterle molto prima, cioè all'anno 118, o iig . Siccome Adriano era principe diffidente e sospettoso, e che fa- cilmente bevea quanto di male gli veniva riferito ., così prestò fède a chi accusò Do-* inizio Ntgrino 6.^ aver macchinato contro la di lui vita: dei qual delitto ( vero, o

fai-

? Euseh. in Chton.

* S^anianus in Vita Hadriani . ■* Dio h'h> 69.

Anno CXX. 537

falso che fosse ) furono creduti complici Cornelio Palma , Lucio Publicio Celso , e Lucio Qideto^ tutti e quattro personaggi di gran credito e nobiltà j, e stati già con- soli ordinar] o straordinarj . Ma non s^ ac- cordano insieme Dione eSparziano. Il pri- mo scrive che doveano ammazzare Adria*- no, allorché era alla caccia; e l'altro, mentr' egli si trovava impegnato in un sa- grifizio . Si può anche dubitare che un tal fatto accadesse, quando Adriano si trova- va nelle vicinanze di Roma^, e non già nel- la Mesia. Ne scrisse Adriano al senato. Pare che queste persone prendessero la fu- ga , perchè Palma per ordine del senato fu ucciso in Terracina, Celso a Baja^ Negri- no a Faenza, e Lucio in viaggio . Protestò dipoi Adriano^ non essere accaduta la lor morte di commessione sua , e lo scrisse an- che nella sua vita, libro che più non esi- ste . Ma per quanto egli dicesse ^ ^ comu- ne credenza fu , che per insinuazioni segre- te da lui fatte, il senato levasse a ri- guardevoli suggetti la vita ; alcuno si sapea persuadere^ che persone di tanta ri- putazione fossero giunte a meditar simile attentato . Lo stesso Adriano poi in qual- che congiuntura non negò d' aver data la spinta alla loro morte , con rigettarne poi la colpa del consiglio sopra Taziano^ prei* fet to del pretorio.

fu questa la sola crudeltà tjsata da

Adria-

- Dio lib.6$.

338 Annaii d' Italia Adriano. Altre nobili e potenti persone credute colpevoli per la suddetta congiura , o per altre cagioni^ ed in altri tempi, per- derono la vita d'ordine suo, tuttoché l'astu- to principe , anche con giuramento , atte- stasse d' essere in ciò innocente . Così in un altro anno egli fece levare dal mondo Apollodoro Damasceno ^. Siccome di sopra accennamrho , era questi un architetto mi- rabile. Avea fabbricato il maraviglioso pon- te di Trajano sul Danubio. Sua fattura pa- rimente furono la superba piazza di Tra- jano, rodeo, ed il Ginnasio in Roma. Un giorno si trovava presente Adriano, allor- ché l'Augusto Trajano ed Apollodoro trat- tavano di una di esse fabbriche , e volle anch' egli fare il saccente , come quegli che credea di sapere di tutto. Rivoltosegli A- pollodoro gli disse: Andate di grazia a dipignerc delle zucche : che di questo non "v^ intendete punto. Questa ingiuria non si cancellò mai più dal cuor di Adriano, e fu cagione che mandò poi con de' pretesti quel valentuomo in esilio. Tuttavia mag- gior male per questo non gli avrebbe fat- to ; anzi in qualche tempo si servì di lui. Avvenne che Adriano fabbricò il tempio di Venere e di Roma, dove erano le magni^ fiche statue di queste due falsamente appel- late dee. Per prendersi beffe di Apollodo- ro ch'era fuori di Roma^ e forse esiliato, gliene mandò il disegno-, acciocché inten-

des-

' Dio ibidem

Anno CXX. 339

elesse che senza di lui si poteano far del- le sontuose e belle fabbriche in Roma ; e nello stesso tempo desiderò, che dicesse il suo sentimento , se fosse o no con buona architettura formato quell' edificio . Rispo- se Apollodoro^ che conveniva fabbricar quel tempio assai più alto , se avea da fare un' eminente comparsa sopra le alte fabbriche della Via sacra; ed anche più concavo, a cagion delle macchine che si pensava di fabbricar ivi segretamente^ per introdurle poi nel Teatro . Aggiugneva , che le mae-» stose statue ivi poste, non erano prppor- 7,ionate alla grandezza del tempio , perchè se le dee avessero avuto da levarsi in pie- di ed uscir fuori, non avrebbono potuto farlo . Air udir queste osservazioni , e al conoscere V error commesso senza poterlo emendare, s'empiè di tanta rabbia e dolo- re Adriano , che privò di vita il troppo sincero architetto , degno ben d' altra mer- cede pel suo impareggiabil valore. Oh che bestia il signore Adriano / griderà qui ta- luno . Ma convien aspettare alquanto, per- chè mirandolo in un altro prospetto fra po- co , troveremo in lui tanto di buono da potere far bella -figura fra i regnanti. Non so io ben dire in che luogo dimorasse A- driano , allorché succedette la tragedia dei quattro consolari suddetti uccisi . Ben so ch'egli si trovava fuori di Roma , ^ ed av- visato della grave mormorazione che si fa-

cea

' S^artianuT in Hadì'iano .

740 Annali d' I t a l i a

feeà per la morte di illustri personaggi ^ e eh* egli s' era tirato addosso Ì' odio di tut- ti , corse frettolosamente a Roma , per pre- venire i disordini . Quetò il popolo con di- spensargli un doppio congiario. Mentre era lontano, gli avea anche fatto distribuire tre scudi d' oro per testa . Nel senato do- po aver addotte le scuse dell'operato , giu- rò di nuovo, che non avrebbe mai fatto morire senatore alcuno, se non era giudi- cato degno di morte dal senato. Ma sotto i precedenti cattivi Augusti , un solo lot cenno bastava a far che il senato proferis- se la sentenza di morte contra di chi in^ correva nella loro disgrazia . Se non falla Eusebio ^, in quest'anno, ovvero nei se- guente, un fiero tremuoto dirocca la città di Nicomedia^ e ne patirono gran danna tutte le città circonvicine. Adriano gene-^" tosaihente inviò colà g.randi somme di d^-= liaro per rifarle .

Anno di Cristo cxxi. Indizione rr.- di Sisto papa 5. di Adriano imperadore 5;

r Lucio Annio Vero per Consóli -i seconda volta,

(^ Aurelio Augurino-

JTu Lucio Annio Vero avolo paterno di Biacco Aurelio filosofo ed imperadore, di cui parleremo a suo tempo . Osservossi

in

^ Euub. in ChYùmc. * Spavtianus in Hadrianv .

Anno CXXL 341

in tutte le maniere di vivere d' Adriano Augusto una continua varietà , e una co- stante incostanza. Ora crudele, ora tutto clemenza : ora serio e severo , ora lieto buffone : avaro insierne e liberale : since- ro e simulatore . Amava facilmente , ma fa- cilmente passava dall' amore all' odio . S' è veduto, com'egli trattò l'architetto Apollo- doro, e pure abbiam daSparziano, che non si vendicò di chi gli era stato nemico , allor- ché menava vita privata. Diveputo jmpera- dore , solamente non guardava loro addosso . E vedendo uno, che più degli altri se gii era mostrato contrario , disse ; L' hai scap-^ yata , Tutto ciò può essere, se non che per testimonianza del medesimo storico , Fal-^ ma e Celso consoli , stati sempre suoi ne- mici nella vita privata , abbiam veduto qual fine fecero. In quest'anno gli ven- ne troppo a noja Celio Taziano^ che già dicemmo alzato da lui al grado di prefetto del pretorio , in guisa che, come dimentico di averlo avuto per tutore, e per gran pror motore della sua assunzione al trono , ad altro non pensava che a levarselo d' attor- no . Non poteva sofferire la grand' aria di potenza , che si dava Taziano , e perciò gli corse più volte per mente di farlo ta- gliare a pezzi. Se ne astenne _, perchè era fresca la memoria dei quattro consolari uccisi , e r odio che gliene era proi^enu- to . Ma con tutto il suo guardarlo di bis- eo , non otteneva che Taziano chiedesse ò.i

d€~

%i^2 Annali d' Italia

depor quella carica. Gli fece pertanto di- re air orecchio > che era bene il chiederlo; ed appena ne udì V istanza , che conferi la carica di prefetto del pretorio a 3Iarzio Turbane j richiamato dalla Pannonia e Da- cia.' Creò senatore Taziano^ dandogli an- che gli ornamenti consolari , e dicendo che non avea cosa più grande, con cui premiarlo. Anche Slmile^ l'altro prefetto dal pretorio, siccome dissi all'anno ii8, dimanda il suo congedo . Entrò nel suo posto Setticio Claro . Turbo ne ^ che Cla-- rcr erano due personaggi di raro meri- to i ma anch" essi provarono col tem- po , quanto instabile fosse l' amore e la grazia di questo imperadore . Per que- sta mutazion d"* ufiziali parendo oramai ad Adriano d^ aver la vita in sicuro, per- chè di loro non si fidava più, andò^ a sollazzarsi nella Campania , dove fece del bene a tutte quelle città e terre , ed ammise all'amicizia sua le persone più de- gne, ch'egli trovò in quel tratta di paese. Ritornato a Eoma Adriano , come se fosse persona privata, interveniva alle cau«^ se agitate davanti ai consoli e ai pretori ; compariva ai conviti de' suoi amici, e se questi cadevano malati , due ed anche tre volte il giorno andava a visitarli . Ne solamente ciò praticò coi senatori ^ si stesero le visite sue anche ai cavalie- ri romani infermi , e insino a persóne di schiatta libertina, sollevando tutti con

dei

Anno CXXI. 545

dei buoni consigli , ed ajutando chiunque si trovava in bisogno . Gran copia d' es- si amici volea sempre alla sua mensa .. Alla suocera sua , cioè a Matldla Au- gusta ^ nipote di Trajano , compartì ogni possibil onore , allorché si faceano i giuo- chi de' gladiatori 5 e in altre occorrenze. Ebbe sempre in sommo onore Flatlna Au- gusta ^ vedova di Trajano , da cui ri- conosceva r imperio. E a lei defunta fece un sontuoso scon'uccio * Gran rispetto an- cora mostrava ai consoli, sint) a ricondurli a casa terminati eh' erano i giuochi circen- si . Anche con la più bassa gente parlava umanissimamente detestando i principi che colla loro altura si privano del contento di mandar via soddisfatte di se le perso- ne . Con queste azioni prive di fasto ^ pie- ne di clemenza ^ si procacciava V affetto del pubblico; e lodavasi nel medesimo tempo la continua sua attenzione al buon governo ; la sua magnificenza nelle fabbri- che ; la sua provvidenza ne' bisogni occor- renti , e specialmente nel mantenere 1' ab- bondanza de' viveri al popolo. Assaissimo ancora piaceva il non esser egli vago di guerre , che d' ordinario costano troppo ai sudditi * Tanto le abborriva egli , che se ne insorgeva alcuna , piìi tosto si studiava di aggiustar le differenze coi negoziati, che di venir all'armi. Non confiscò mai i beni altrui per via d' ingiustizie ; troppo

si

* Dio lib.6^.

544 Annali d' Italia si pregiava egli di donare il suo ad altri , non già di far sua la roba altrui. In fatti ."grande fu la sua liberalità verso tholtissi- mi senatori e cavalieri ; -aspettava egli d' essere pregato : bastava che conoscesse i lor bisogni, per correre spontaneamente a sovvenirli . Se gli poteva parlare con liber- tà , senza eh' egli seT avesse a male . Aven- dogli una donna dimandata giustizia , ri- spose di non aver tempo di ascoltarla . Per" che siete 'voi dunque ìmperadore ? gridò la donna. Permessi allora Adriano con pazien- za r ascoltò, e la soddisfece. Un ne' giuochi de' gladiatori al popolo non pia- cea quel che si facea ^ e con importune grida dimandava all' imperadore, che sene facesse un altro. Comandò Adriano all' araldo , che gli era vicino , di dire impe- riosamente al popolo, che tacesse^ come solea far Domiziano . Ma V araldo fatto cenno al popolo di dovergli dir qualche pa- rola a nome del regnante , altro non dis^ se se non : Quel che ora si fa ^ è di pia- cer^ deir Imperadore . Non si offese punto Adriano j, che l' araldo avesse contro V or- dine suo parlato con tal mansuetudine al popolo , anzi il lodò d' aver così fatto . Credasi ch'egli in quest'anno fabbricasse un Circo in Koma. Comincia il Tillemont ^nell'anno 120 i viaggi d'Adriano fuori d'Italia: il Pagi * nell'anno 121. Io mi riserbo ci parlarne all'anno seguente. Fine del Tomo IL

^ TilhmMemoir^des Ir^fevciirs . ^ Pagr'us Critica B/trcfJ^

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3 DG Muratori, Lodovicìo Antonio A66 Annali d'Italia Ed.

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