= ci rese = lip" "I = . RO SRI GE SCRITTI Te i ae arpa panna cart) etico erre er rr n vi tenaci rie ARI CAI a. ga PRA CITA ANAI HARVARD UNIVERSITY. i LIBRARY Siti OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY VELI \ Mah 30, 19000 NES Io a SOT VENE ANNUARIO DEL MUSEO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (INUO VA: SBIRSIEI) Volume I. NUMERI 1-35 (con otto tavole, 48 incisioni ed una tricomia nel testo) VNAPOLI TIPOGRAFIA MELFI & JOELE Palazzo Maddaloni 1901 - 1905 DEL POLIGRANA ] | (\VT A. dv AATROI) DELLA - R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (NUOVA: SBEESIE!) Volume I. NUMERI 1-35 (con otto tavole, 48 incisioni ed una tricomia nel testo) * NPASEOzLsI TIPOGRAFIA MELFI & JOELE Palazzo Maddaloni 1901 - 1905 VIARIO SLI COL ONEUI 2 PRATI LRSDDIGTTAO 1 AA 10. 11. . SENNA A. . MovnriceLLI FR. Sav. . . MonmticeLLi FR. Sav. . SEGA Sd0O . MARTORELLI G.. ... RoseLt Wi. ..... MISENNAI Ar = SAVINTARDO II i: . GieLioLi E. H. BoLivar y URRUTIA STEVESTRI PF... ... MSILVESTRI E. ;..: MSILVESTRI Pi... MPRamroni G. 0... 0... Srossica M. fSrossica M. .... . SzèpLiceTI Gy... . TENDERE — Prefazione. 4. I. 1901 — 24. VIII. 1901 (*)] — Notizie sulla origine e le vicende del Museo Zoologico della R_ Univer- sità di Napoli. (2. I. 1901— 15. IX. 1901) — Decapodi e Stomatopodi eritrei del Museo Zoologico dell’Università di Napoli. [14. VIII. 1901 — 80. IX. 1901) . — Nota ornitologica intorno allo Sporaeginthus margaritae Grant (Estrilda ochrogaster SALVADORI). [26. VIII. 1901 — 30. IX. 1901] . — Diagnoses Heliceorum novorum in Italia collectorum (con 21 incisioni). [5. XI. 1902 — 17. Il. 1903] .. — Su alcuni anfipodi iperini del Museo Zoologico di Napoli (con 10 inci- sioni). (22. I. 1903 — 23. ILI. 1903] sia Sull' Anajapyr vesiculosus SiLv. { Projapygidae, Thysunura) Seconda nota preliminare. |Fauna napoletana| (con una incisione). (9. LII. 1903 — 11. IV. 19083] . — Observations sur les Cryptocephalus cognatus, equiseti el alnicola A. Costa. [10. IV. 1903 — 15. VI. 1903] — Il caso curioso della Mus meridionalis O. G. Cosrva e la scomparsa di quella specie. [10. VI. 1903 — 11. VII. 1903] J. — Observaciones sobre la Ephippigera coronata A. Cosra. [23. VI. 1903 — 27. VII. 1903] — Descrizione preliminare di due nuove specie di Koenenza trovate in Italia [Fauna napoietana|. [28. VIII. 1903 — 7. X. 1903] . — Miriapodi viventi sulla spiaggia del mare presso Portici [Fauna napole- tana). [9. IX. 1903 — 17. X. 1903] . — Contribuzioni alla conoscenza dei Mirmecofili: I. Osservazioni su alcuni Mirmecofili dei dintorni di Portici |Fauna napoletana). (15. IX. 1903 — 28. X. 1903] . — A proposito della Salamandrina perspicillata (Savi). (31. X. 19038 — 31. XII. 1903] ., — Sopra alcuni nematodi (con Ja tavola 1). (29. XI. 1903 — 2. II. 1904] . — Una nuova specie del genere Plagiorchis Line (con una incisione). (29. XI. 1903 — 11. II. 1904] . — Uber Gnathobracon A. Costa. [3. XI. 1903 — 2. II. 1904] .. — Sull’identità del Pandalus crassicornis A_ Costa col Chlorotocus gracilipes A. Mine Epw. (con una incisione). (5. XII. 1903 — 2. II. 1904] . — Sul Carabusr ullrichi Germ. del Museo Zoologico di Napoli. (12. XII. 1903 — 2. II. 1904] . — Nota sugli Echinorinchi di pesci del Museo Zoologico di Napoli (con 6 incisioni). (14. XII. 1903 — 23. II. 1904] (*) La prima data è quella di ricezione del manoscritto : la seconda quella della pubblicazione del Numero dell’Annuario, IV BRIANSASIEOE ot. . MonriceLLi FR. Sav.. 26. PierantonI U. . ... . MoxriceLLi FR. Sav . MazzaRELLI G..... . GHIGI A. . BextivoGLIo T. STA . BouLenGeR G. A... . . — Sull’Echinorhynchus aurantitcus Risso (con una tricromia) . PreRantoNI .U. .._.. 3. BenrivoGLio 1... .. . — Libellulidi della Sardegna esistenti nel Museo FRI della R. Uni. i — Catalogo dei Tentredinidi del Museo Zoologico di Napoli, con os zioni critiche e sinonimiche. (15. II. 1904 — 6. VIII. 190° — Einige weitere Beobachtungen an Ptychodera. erythraea SPENGEL. (con incisioni). (4. III. 1904 — 30. IV.1 — Alcuni distomi della collezione elmintologica del Museo Lie poli (con la tavola 2). [30. III. 1904 — 23. È — Sui copepodì raccolti nel Golfo di Napoli da O. G. ed A. Cosra tavole 3-4). (6. VI. 1904 — 15. — Su di un Echinorhynchus del Museo Zoologico di Napoli. E. ryhid (con la tavola 5). [BO. XI. 1904 — 2. V. raccolti nel fiume Sarno. [22. XI. 1904 — 31. XII. 1 - Storia del Dentalium politum di O. G. Costa. ; — Sopra alcuni oligocheti (con 6 incisioni). variety of the Wall Lizard PARI ta muralis var. biveol — On a new p (22. XII. 1904 — 15. L 190; [8. I. 1905 — 81. I. 1905] È — Cirrodrilus cirratus n. g. n. sp. parassita dell’ Astacus japonicus (con n È la tavola 6). [15. II. 1905 — 3. V. 190 — Libellulidi dell’ Italia meridionale esistenti nel Museo Zoologieo del R. Università di Napoli. [28. LI. 1905 -- 7. V. — Intorno all’ Euplocamus croceus Pri. (conla tavola 7). 4 5 ITI. 1905 — 13. i A. Cosra (con la tavola 8). versità di Napoli. (7. IV. 1905 — 3. VITI. 1905) — Ades ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 1. 24 Agosto 1901. PREFAZIONE Il Prof. AcuinLe Costa nel 1862, essendo direttore di questo Museo Zoologico, ini- ziava la pubblicazione di un £ Annuario del Museo zoologico della R. Univer- sità di Napoli ,, allo scopo, come è detto nella prefazione del 1.° Volume, “.di ren- “ der conto di tutto ciò che ha rapporto all’ andamento materiale del Museo e di “ illustrare le collezioni esistenti in questo e quelle che annualmente vengono ad « accrescere il suo patrimonio ,. Di questo Annuario furono pubblicati sei Volumi (1861-1866): l’ultimo, per l’anno 1866, comparve nel 1871. In essi, oltre alla ero- naca scientifica ed amministrativa del Museo, scrupolosamente condotta annualmente, si trovano molte memorie e note dello stesso Prof. Costa e dei suoi collaboratori accompagnate da tavole (parecchie in colore), che si riferiscono alle osservazioni ed agli studi fatti sul materiale del Museo Zoologico e su quello che il Costa veniva raccogliendo; e più specialmente trattano della fauna terrestre del napoletano e di quella marina del golfo di Napoli (1). Questa pubblicazione incontrò favore e già molti cambii si erano iniziati con periodici e pubblicazioni simili di altri Musei ed Istituti zoologici del regno e dell’estero; cambii che si trovano tuttora nella Biblio- teca di questo Istituto Zoologico, ma sono rimasti, pur troppo, interrotti da quando il prof. Cosra smise di pubblicare l’Annuario. Ripigliando ora io, nel succedere al compianto Prof. Costa nella direzione di questo Museo, la pubblicazione di una nuova serie dell’Annuario, mi propongo di riannodare le antiche amichevoli relazioni con gli altri Musei ed Istituti zoologici di ogni parte, stringerne delle nuove, ripristinare gli scambii sospesi ed iniziarne degli (1) Veggasi in fine l’elenco completo delle memorie contenute nei sei volumi pubblicati dell’Annuario. altri. E ciò allo scopo di largamente diffondere i lavori che in esso vedranno la luce e di procurare agli studiosi di questo Istituto Zoologico la possibilità di essere al cor- rente di quanto si pubblica dagli altri Musei e Laboratorii mercè i cambii; i quali ver- ranno ad arricchire la Biblioteca dell’ Istituto che non potrebbe altrimenti procu- rarsi tante e pregevoli pubblicazioni, necessarie ed indispensabili per lo studio delle sue collezioni zoologiche. E mi auguro che i direttori degli Istituti e Musei zoologici, ai quali mi rivolgo in- viando loro questa nuova serie dell’Annuario del Museo Zoologico della R. Uni- versità di Napoli, vorranno favorevolmente accogliere la mia proposta di scambio con le pubblicazioni degli Istituti e Musei che da essi dipendono. L’Annnario è destinato principalmente ad illustrare le molte collezioni del Museo Zoologico ora esistenti e tutte le altre delle quali continuerà ad arricchirsi: lo studio di queste sarà, per quanto è possibile, affidato a noti specialisti. Esso esce in nuova veste e diversa dall’ antica: come pubblicazioni consimili di altri Musei ed Istituti zoologici, vedrà la luce a fascicoli separati quando vi sarà elemento per la pubbli- cazione di una nota o di una memoria: un numero di fascicoli, determinato secondo i casi, formerà un Volume che avrà il suo indice per ordine cronologico dei lavori che contiene. Napoli, 1 gennaio 1901. Fr. Sav. Monticelli i Lolita tte iii i EEENGCO' D'ELLEMEMORIE CONTENUTE nell’ Annuario del Museo zoologico della R. Università di Napoli Vol. I - VI [1861 - 1866] (PRIMA SERIE) Vol. I. — Cosra A.—-1. Osservazioni su talune specie di Pleuronettidei.—2. Di un piccolo Trachittero.— 3. Di un novello genere di pesci Esocetidei. — 4. Ragguaglio di una peregrinazione zoolo- gica. — 5, Di un nuovo genere di Emilteri omotteri. — 6. Osservazioni su tulune specie di insetti stranieri all'Europa. — 7. Rivista dei generi e delle specie di Folgoridei e Dictio- foridei dell’Italia meridionale e continentale. — 8. Osservazioni sul genere Lysianassa e descrizione di una novella specie.—9. Descrizione di alcuni Anellidi del golfo di Napoli.— 10. Osservazioni sulla Diphya quadrivalvis e sui crostacei che si sviluppano entro i bottoni delle appendici urticanti. — 11. Di un novello genere di Forafimiferi.—12. Di due Scolie straniere all'Europa. — 13. Della varietà pavonina della Columba Livia. [pp. 11. 100, Tav. I-II] — 1861. Vol. Il. — Costa A. — 1. Generi e specie d’insetti della Fauna italiana. — 2. Descrizione di taluni insetti stranieri all'Europa.—3. Di due nuove specie di Crostacei Amfipodi del golfo di Napoli. — 4. Di un nuovo genere di Molluschi nudibranchi pescato nel golfo di Napoli. — 5. Illustrazione iconografica degli Anellidi rari o poco conosciuti del golfo di Napoli. [pp. 119-172, Tav. I-IV] — 1862. Yol. III. Costa A. — 1. Saggio sui Molluschi Eolididei del golfo di Napoli. — 2. Note su talune specie del genere Megischus. — 3. Descrizione di una specie di Cyamus parassita dei del- fini. — 4. Illustrazione di due specie del genere Phascolusoma del golfo di Napoli. [pp. 58- 87, Tav. I. IV] — 1863. Yo]. IV. — Cosra A.-1. Saggio sui Molluschi Eolididei del golfo di Napoli (continuazione). — 2. Sag- gio sulla collezione dei crostacei del Mediterraneo, spedito alla esposizione di Parigi.—3. Spe- cie italiane del genere Podops tra gli Emitteri Eterotteri.—4. Illustrazione iconografica degli Anellidi rari o poco conosciuti del golfo di Napoli (continuazione).—5. Illustrazione della Spirialis recurvirostra. — 6. Prospetto sistematico degli Imenotteri italiani da servire di Prodromo alla Imenotterologia italiana. [pp. 25-101, Tav. I-IV] — 1864. Vol. V.— Costa A.— 1. Nota sulla Mustela boccamela e vulgaris. — 2. Osservazioni sul Kroknius filai mentosus e sullo sviluppo della pinna codale nei Tvachyptorus.—3. Osservazioni su taluni Pteropodi del Mediterraneo.—4. Appendice al saggio dei Molluschi Eolididei del golfo di Napoli. — 5. Nuovo genere di molluschi gasteropodi prosobranchi. — 6. Di un nuovo genere di Chetognati.—7. Di un genere di Sipunculidei.—8. Descrizione di una nuova oloturia.— 9. Prospetto sistematico degli Imenotteri italiani da servire di Prodromo della Imenotte- rologia italiana (continuazione).—10. Emery G.—Deserizione di una nuova formica italiana. (pp. 39-116, Tav. I-III] — 1865. Yol. VI. — Costa A.— 1. Prospetto sistematico degli Imenotteri italiani (continuazione). — 2. Illustra- zione di un Gentrolofo pescato nel golfo di Napoli.—3. Nota sul Vexillifer de Filippii Gasc.— 4. Specie del genere Pandalus rinvenute nel golfo di Napoli.—5. Illustrazione iconografica delle specie nuove o meno conosciute di Imenotteri italiani. [pp. 28-99, Tav. I-IIl]l 1866. NB. --Di tutta la serie sono ancora disponibili aleune copie complete. da SP ANNUARIO DEL MUSKO Z0OLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 2. 15 Settembre 1901. Prof. Fr. Sav. MONTICELLI | e. Notizie sulla origine e le vicende del Museo Zoologico DELLA Ri UNIVERSITÀ DI NAPOLI Malgrado le numerose e insistenti ricerche da me fatte specialmente nel Grande Archivio di Stato a Napoli ed in molte Biblioteche pubbliche e private ‘), non mi è riuscito di poter stabilire con certezza come ebbe origine il Museo Zoolo- gico Universitario; quando esso fu effettivamente istituito e dove ebbe sua prima sede. E poichè la sua storia si collega e connette con quella degli altri Isti- tuti scientifici della nostra Università, per necessità di cose, sono stato condotto a riassumere brevemente anche la storia di questi nelle note e documenti che accom- pagnano il presente scritto. Sul finire del secolo XVIII e sul cominciare dello scorso secolo, seguendo le an- tiche tradizioni dell’ImpeRATO | 1 |, ©) vi erano in Napoli dei Musei privati di Storia natu- rale (di Mineralogia e Zoologia | 2 ]) come quelli del Cav. G. S. PoLi, del De Bots, del Real Collegio della Nunziatella [| 3 |] e più tardi quelli del CavoLini, di V. PerAGNA ed altri; ma non risulta che vi fosse un Museo di Storia naturale dello Stato, dipendente o no, dalla R. Università degli Studii. Vi era, pertanto, un Museo Mineralogico, fondato nel 1801, per il collegio delle Miniere | 4 ] del tutto in- dipendente dalla Università. Ferdinando IV, nel 1777, trasferì l’ Università dall’ antico palazzo degli Stu- dii [| 5] nella attuale sua sede [ 6 ], volendo allogare in quello il Museo Erc o- lanese e Farnese, le due Biblioteche, palatina e farnesiana, nonchè le Accademie di Scultura e di Pittura, di Scienze e Belle lettere. Leggesi nel dispaccio del 1° ottobre 1777 [ 7 ], che decreta questa !) Colgo qui l'occasione per render le maggiori grazie alla Direzione del Grande Archivio per le cortesie usatemi favorendo in tutti i modi le mie ricerche, ed a quanti altri ancora mi furono larghi di notizie e di pregevoli informazioni. *) I numeri in parentesi quadrate e di carattere grasso rimandano alle “ Note e documenti ,. i numeri in corsivo ed in parentesi tonde, così nel testo che nelle note e documenti, si riferiscono alla bliografia che è in fine dell’ articolo. nuova destinazione del palazzo degli Studii, che il Re, perchè nulia mancasse * alla perfezione di questa grande opera ed alla completa istruzione della gioventù » aveva in animo di stabilirvi ancora un Museo di Storia Naturale, un Orto bo- tanico |8] ed un Laboratorio chimico. In che modo si dovesse prov- vedere ad istituire questo Museo di Storia Naturale e se il pensiero della sua istituzione fosse in rapporto e relazione con il nuovo ordinamento (piano) universitario dello stesso anno 1777 (come parrebbe leggendo il testo del citato dispac- cio che lo accompagna | 9 |), non è facile di stabilire, ma in quello si trova appunto per la prima volta istituita, tra le nuove catledre aggiunte, una di Storia N a- turale [10]). Nè risulta che al Prof. GarrANo pe Borris che per primo occupò la cattedra di Storia Naturale (1778) [11] e più tardi al Prof. Saverio Macrì che gli sue- cesse in questa, nel 1792, come professore interino |12], fosse stata affidata la di- rezione di un Museo di Storia Naturale per uso del loro insegnamento. Ma si desume da documenti che il pensiero della istituzione di un tal Museo era sempre nell’ animo del Governo; e ne fa fede il progetto di trasformare il Museo Mineralogico in Museo di Storia Naturale che, infatti, in molti dispacci e decreti vien chiamato pure Museo di Storia Naturale [13]. Sta pertanto il fatto che nel Museo Borbonico (Museo Nazionale), sul finire del 1700 e sul cominciare dello scorso secolo, esistevano delle raccolte di Storia Naturale. Di queste facevano parte alcune collezioni zoologiche come si rileva da antichi do- cumenti del Museo Zoologico attestanti la provenienza dal Museo Bor- bonico di alcuni capi delle collezioni del Museo Zoologico, dei quali an- cora alcuni oggi si conservano in queste, come proverò più oltre. Nel 1506, riformati gli ordinamenti universitarii da Giuseppe Napoleone, fu abolita la cattedra di Storia Naturale e furono create cattedre distinte per la Minera- logia e perla Zoologia dividendo questa nelle due : 1.° di Zoologia dei Qua- drupedi, dei Cetacei e dei Volatili, 2° di Zoologia dei Vermi, Testacei, Litofiti, Zoofiti ed animali microscopici [14]. Ma in questo come in tutti gli altri decreti (1806-1807) che riguardano l'ordinamento universitario, non si fa cenno di un Museo di Storia Naturale esistente, da ripartirsi fra le varie cattedre, nè tanto meno della istitu- zione di un Museo Zoologico inrelazione e dipendenza delle due nuove catte- dre di Zoologia, alla prima delle quali fu chiamato Saverio Macrì, che già occupava la cattedra di Storia Naturale e Giosuè Sangiovanni [15] alla seconda [16]. Pertanto un decreto del 1808 lascia supporre nel governo l’intenzione di provvedere definitiva- mente alla istituzione dinun Museo di Storia Naturale ed alla costituzione delle relative collezioni zoologiche. Con esso infatti vien nominato un G. B. DeLALANDE « preparatore e conservatore degli oggetti appartenenti a tutti i rami della Zoologia che dovranno completare il R. Museo di Storia Naturale [17],; ed è probabile che questa nomina si riferisca alla progettata trasformazione del Museo Minera- logico in Museo-di Storia Naturale [v. Note e Doc. N.° 13]. Ciò sarebbe anche provato dal fatto che dalla corrispondenza privata del professore SANGIOVANM si ricava come, per accordi presi fra il Governo di Napoli e quello francese, nel Museo di Storia Naturale di Parigi sì fossero messe insieme delle collezioni zoologiche di duplicati. Se queste difatti giunsero in Napoli non ho potuto provare, ma è certo che il SANGIOVANN portò seco da Parigi aleune collezioni che furono allogate provvisoriamente in un locale dell’ex Monastero di San Marcellino attiguo alla R. Università (dove allora trovavasi temporaneamente l'Orto Botanico) per disposizione del Ministro dell’Interno dell’epoca, come da lettera da questi diretta al Prof. Saneiovanni (17 maggio 1808) [18]. E che fosse nell’animo del Governo la istituzione di un Museo di Storia Naturaie, oltrechè da quanto sopra ho detto circa le collezioni che per suo ordine andavano raccogliendosi, sarebbe ancora confermato da un'altro decreto in data 20 novembre 1808, col quale si istituisce una nuova cattedra delle “ Teorie generali della Storia Naturale dimostrata con le osservazioni, , nominan- dovi il Prof. Fiippo GavoLini “ il quale dovrà trasmettere gli oggetti raccolti ed analizzati e dimostrati con la conveniente descrizione nel Museo di Storia Naturale [19] ,. Ma non si può desumere da aleun dato che questo Museo fosse stato mai realmente istituito, e si deve concludere ch’ esso non è mai esistito altri- menti che nel pensiero del Ministro e nelle disposizioni dei decreti surriferiti [20]. Nella nuova riforma universitaria del 1811, per decreto di Gioacchino Napoleone, abbandonato, come pare, il concetto di un Museo di Storia Naturale, il Governo pensò, per la prima volta, alla istituzione di un Museo Zoologi- co, annesso all’ unica cattedra di Zoologia, che, fu creata dalla fusione delle due precedentemente istituite, come innanzi si è detto, col riordinamento degli studi del 1806 [21]. Ed un decreto del 1813 riferentesi, a quanto è prescritto nel precedente decreto del 1811 [22] in proposito della cattedra di Zoologia, stabilisce che sia istituito in Napoli un Museo di Zoologia, cui si assegna il locale di Monteverginella, ordinandosi che “se ne formi con celerità la collezione della quale il Ministro dell’ interno se ne farà render conto dalla persona incaricata di dirigere la formazione di questo Museo [23] ,. Ma non mi è stato possibile rica- vare, dalle ricerche fatte, se le disposizioni di questo decreto furono tradotte in atto e chi fosse stato destinato alla “ formazione del Museo ,. Poichè nè dal decreto che nomina il Sanerovanni professore della nuova cattedra di Zoologia (1812), nè da quello successivo che investe il Prof. Lurer PeraGnA (1813) di questa cattedra, alla quale prima era stato nominato Professore aggiunto, succedendo al dimissionario Prof. Sanciovanni, risulta che insieme alla cattedra, fosse loro affidata la dire- zione del Museo Zoologico, annesso a detta cattedra. Ma questa direzione fu affidata al Prof. Lurer PeraGna nel 1816 col nuovo decreto di Ferdinando I, che lo rinomina alla cattedra di Zoologia, che egli allora occupava. Giò lascia supporre che, nel frattempo, certo per opera dello stesso PeraAGna, si fosse iniziata la formazione del Museo Zoologico, del quale, con ogni probabilità, furono nucleo le collezioni venute di Parigi (?), quelle raccolte dal Prof. Vincenzo Pe- TAGNA, padre di Lui, e quelle da lui stesso radunate per uso dell’ insegnamento, come si ha ragione di credere per alcuni documenti [24]. Gosiechè pare debba concludersi che il Museo Zoologico Universitario sia stato ini- AlialioRe nda tro istrtulto all'imelrca mele dal Prof. Pr TAGNA. Per quanto si può ricavare dagli antichi sparsi e confusi incartamenti del Museo e dai documenti a questo relativi (esistenti nel grande Archivio) il PrTAGNA, nominato alla direzione, curò molto l’ineremento del Museo Zoologico. In esso egli andava raccogliendo quanto maggior materiale da ogni parte e fra 1’ altro richiese ed ottenne, nel 1819, che quelle collezioni zoologiche , innanzi ricordate, esi- stenti nel R. Museo Borbonico fossero trasportate nel Museo Zoolo- gico [25]. Il quale si arricchì, nello stesso anno 1819 , di una collezione di animali composta di 1516 individui di circa 800 specie che il Governo acquistò dal Prof. SanGiovannI [26]. Ma per quante ricerche avessi fatte non mi è riuscito di sa- pere dove il Museo avesse sede quando il Peragna ne assunse la direzione [27]. Si ha, pertanto , ragioni di credere che esso non ha avuto mai sede nel locale di Monteverginella, assegnatogli dal decreto di fondazione, ma che fosse, fin dal suo inizio , istallato nella Università, e con ogni probabilità, nello stesso! posto dove ce ne indica la sede un inventario manoscritto del Museo Zoologico del 1822 esi- stente nel grande Archivio. Dal quale si ricava che, in quel tempo, il Museo Zoologico occupava “ quattro stanze con sei porte che immettono nel corridoio superiore della R. Uuiversità, cominciando la prima ad aprirsi a destra della scali- nata che dà l’entrata al corridoio superiore e che guarda l'occidente [28] , che sono appunto quelle, contigue al gran salone, (alcune ora tramezzate), attualmente occupate dalla Biblioteca Universitaria [Sale (F. G.) H. (I. K.) L. e la camera del Bibliotecario]. Alle quali si accede, anche ora, dalla prima porta a destra, salendo, nel corridoio del 2° piano (entrata alla Biblioteca per i Professori) che mette capo ad un pas- saggio d’accesso alla camera del Bibliotecario (allora cattedra di Zoologia) ed alle dette sale [29]. Seguendo le vicende del Museo durante il tempo della direzione del Peraena [80], nella sede che ora gli conosciamo, si rileva come questo si accrebbe di molti doni ed in ispecie di una particol re collezione di conchiglie del Mar piccolo di Taranto donata nel 1824 dal Cav. Ferpimanpo dei M.% Ciro [31] e nel 1826 della parte zoologica delle collezioni del “ Museo Poliano,, che fu trasportato in quell’anno, dall'ex Convento di S. Lorenzo Maggiore, dove ebbe prima sede autonoma, nella R. Università, per essere ripartito fra i Musei universitarii (Zoologico e Mineralogico) [32]. Ed in seguito a questo accrescimento del Museo per le collezioni zoologiche del Port [33], venne incaricato il Prof. Srerano peLLE CHIAJE, aggiunto alla Cattedra di Anatomia patologica, di prestare presso il Museo Zoologico,. l'opera che gia disimpegnava presso il “# Museo Poliano,, di « istitutore per dimostrare la forma, la natura e l’interna struttura delle parti onde son composti i Molluschi ed altri viventi marini » [34]. Morto nel 1832 il Peragna [35], la direzione del Museo Zoologico, « perchè questo non rimanesse chiuso », fu affidata temporaneamente al Prof. Lurer LarUGArA, che la tenne dal maggio all’agosto dello stesso anno. Quando il Governo, accogliendo le proposte fatte con particolareggiato rapporto dal Ministro dell’interno sul modo di provvedere allo insegnamento della Zoologia nella nostra Università, accettava di scindere la direzione del Museo dall’ insegnamento della Zoologia nominò direttore del Museo Zoologico il Prof. Giosuè Sanciovanni — quello stesso che, come si è detto innanzi, aveva nel 1813 rinunziato alla cattedra di Zoologia — e come direttore aggiunto Srerano peLLE ChHÙiase [36]. Alla cattedra di Zoologia fu poi chiamato, nel 1839, O. G. Costa [37]. Sanciovanni, assunta la direzione del Museo, mal soffriva l’angustia . di questo, costretto nei disadatti locali innanzi descritti, e deplorava lo stato delle colle- zioni che perciò erano ammassate e deperivano continuamente. Erano sempre presenti alla sua mente le ricche collezioni ed i musei di Parigi, dove egli aveva »tudiato e lavorato col Lamarck intorno alle conchiglie, e si prefisse di tradurre in atto il pen- siero, che dal tempo del suo ritorno in patria aveva concepito e vagheggiato, cioè di do- tare Napoli diun “ Museo Zoologico, che potesse, con gli anni, gareggiare con i migliori di Europa. E si mise all’opera perchè il Museo Zoologico avesse sede più degna, più decorosa e meglio adatta: e mentre attendeva al miglioramento ed incremento delle collezioni, insisteva per iscritto e con l’ efficacia della sua parola presso il Ministro SantanerLo, lottando contro l’inerzia dei più, il malvolere di alcuni, l'opposizione di altri e le critiche di molti [38]. E tanto si adoperò tenace e tanto ] spese di attività insistente e continua che, alla fine, dopo nove anni, la sua i voce fu ascoltata e nel 1842, auspice il Ministro SanranGELO, fu deliberata la costru- zione della nuova grande sala del Museo Zoologico [per la quale fu stan- ziata la somma di D.ti 27,000] sulla terrazza corrispondente al 2° piano dell’ edificio } del collegio del Salvatore, attiguo alla R. Università, dal lato orientale del cortile del ) medesimo; dove attualmente si trova confinante e contiguo col Museo di Anato- mia umana, creato contemporaneamente a quello Zoologico (col nome di Ana- tomia patologica), che occupa il lato di mezzogiorno del suddetto edificio. E poichè nel 1845 doveva aver luogo in Napoli la “ Settima adunanza degli Scienziati italiani ,, i lavori della costruzione del nuovo Museo furono condotti sotto la direzione del SanGIo- VANNI con straordinaria alacrità per mantenere l’ impegno da lui preso d’ inaugurarlo in quella occasione. E questo Museo sorse allora, in pochi anni, su i piani del Saw- te; GIOVANNI; esso' è un monumento parlante della sua grande energia nel vincere tutte ] le difficoltà incontrate per crearlo, delle sue larghe conoscenze scientifiche per il modo come egli lo aveva ordinato. Cosiecchè ben a ragione, se al Prraena spetta il merito di aver iniziato in Napoli il Museo Zoologico, il Saxgiovanni deve ritenersi il fondatore dell'odierno Museo Zoologico della Università di Napoli. A lui spetta il merito di avere prima ideato la istituzione in Napoli di un Museo Zoologico e di aver by fondato quello ora esistente [39]. A questo museo si accede, attualmente dalla prima scala a destra del portone del si Salvatore nella R. Università. Ad esso dànno adito due grandi porte d’ ingresso che i mettono in un vestibolo, a colonne d’ ordine jonico, con volta a cassettoni formati in gesso e le pareti a stucco lucido, con base di marmo bianco. Nel vestibolo mettono altresì capo due porte: una a destra che dà accesso ad una serie di cinque camere (disim- pegnate da un corridoio esterno) del vecchio edifizio del collegio del Salvatore occu- pante il lato settentrionale del cortile | destinate in origine al prof. aggiunto (poi coadiu- tore) alle collezioni speciali, al deposito di collezioni ed al preparatore tassidermico] *), l’altra, a sinistra, che dà accesso ad una camera isolata (destinata in origine alla direzione) ?) che guarda la strada che risale lungo l’ edifizio (rampa del Salvatore). Dal vestibolo per mezzo di due grandi porte a lastre si entra nel gran salone, ma- gnifico per capacità, della lunghezza di metri 47 e largo circa 9. Lungo i quattro lati di esso corrono due ordini di bellissimi ed eleganti armadi in noce, fissi alla parete , l’ uno sull’ altro, dei quali l’ inferiore più largo e sporgente ornato di pilastri con basi e capitelli di acero intagliato mercè un largo cornicione sostiene il passaggio superiore in giro al secondo ordine, difeso da una ringhiera di legno noce artisticamente intagliata a disegno. A questo corridoio si accede per quattro scalette ai quattro angoli della sala guadagnate nello spessore degli scaffali del primo ordine. Sugli armadii poggiava la volta che, risalendo nel mezzo si appianava in un largo soffitto rettangolare, lungo quanto la sala, diviso per la lunghezza in tre compartimenti contenenti tre freschi, pregevole opera del pittore MaLpaRELLI |che rappresentavano la creazione degli animali, la creazione dell’uomo, la creazione della donna], mentre, ai lati, la volta era ornata in chiaroscuro a colori con dorature. Questa volta, una Venià.: ee a ga he dna k î !) Attualmente adibite alla meglio ad uso di Laboratorio zoologico, in attesa che si provveda ad un “Istituto zoologico,, rispondente ai bisogni della scuola e dell’insegnamento. 2) Ora vi è allogata la collezione entomologica (Sala A. Costa). (er) notte del Luglio 1889 senza alcuna ragione apparente cadde per metà rovinando, e seppellì parte delle collezioni negli scaffali che erano nel mezzo della sala [40]. Fu creduto allora più prudente demolirla tutta ed ora alla volta è stato sostituito un pesante sof- fitto a grandi cassettoni in legno; che, se ha resa più alta la sala, le ha tolto quel carat- teristicg ed armonico aspetto e nell’insieme severo ed elegante, voluto da chi ne ideò la decorazione e che ancora si può ammirare nel Museo di Anatomia umana [41], costruito sullo stesso disegno, (identico anche per gli armadii) di quello del Museo Zoologico. i L'elenco delle collezioni allora esistenti mostra quanto straordinario incremento seppe dar loro in pochi anni il SanciovanxI [42], che dotò pure il Museo di una ricca serie di modelli in cera d’ invertebrati [43]. SAnciovanni tenne la direzione del Mu- seo fino all’epoca della sua morte, nel 1849, lasciando incompleta ancora l’ opera di riordinamento delle collezioni intrapresa da lui secondo le teoriche che aveva svolte in una sua opera sulla filosofia naturale rimasta inedita. Durante la direzione del Saneiovanni il Museo acquistò una importante collezione di Rettili ed Anfibi dal prof. O. G. Costa; nel 1834 ebbe in dono dal Governo brasiliano una ricca serie di uccelli e rettili del Brasile; nel 1835, comprò dal prof. DeLLe CHIAsE una particolare collezione di conchiglie e nel 1844 ricevè il done da un Comm. Har Ber di una serie di conchiglie del Nilo [44]. Morto il SancIovannI, nel 1849, destituito nello stesso anno O. G. Cosa dalla cattedra di Zoologia per ragioni politiche, la direzione del Museo fu nuovamente riunita alla cattedra e fu affidata nel 1850 al prof. Luigi LaRUCCIA che era stato, come si,è detto, aggiunto alla cattedra di Zoologia prima col Prraena e poi dal 1839 col Cosra, al quale fu chiamato a succedere come professore di Zoologia. Laruccia durò in carica di direttore e tenne la cattedra fino al 1855; quando diventato professore emerito, gli successe, nel 1856, nella cattedra e nella direzione del Museo, ETTORE CeruLLi già professore aggiunto col Saneiovanni nella direzione del Museo e poi del suo predecessore LaRuccia, così nella cattedra che nella direzione del Museo. Il CERULLI tenne quest’ utticio fino al 1860 e lo lasciò allorchè, costituitosi il regno d’Italia, fu riordinato l’ insegnamento e rinnovato il personale insegnante. Durante la direzione di Laruccia e di CeruLLI le collezioni del Museo non risulta si aumentarono. Il LarUccIA, dovendosi procedere allo sgombero del locale dove erano state depositate quella parte delle vecchie collezioni del PerAGNA che non potevano essere utilizzate per il nuovo Museo, ne fece un nuovo spoglio che fruttò ben poco al Museo; chè solo le conchiglie furono trasportate nella nuova sala [45]. Al prof. CeruLLI successe nella direzione del Museo Zoologico il prof. A. Costa, nominato alla cattedra di Zoologia nell’ ottobre del 1860 [46]. Il Costa fece subito notare al Governo la scarsezza generale delle collezioni per quei tempi e si adoperò, con zelo ed attività grande, per accrescere il Museo e ren-. derlo meglio adatto ai bisogni della scuola e dell’ insegnamento. Dapprima ottenne un largo assegno straordinario, nel 1862, per gli acquisti più urgenti , e poichè la piccola, non sufficiente e variabile dotazione annuale del Museo, fosse determinata in somma fissa (1863). Durante la sua direzione, che ha tenuta per trentotto anni lavorando sempre con lo stesso ardore all'incremento del Museo ed all'ordinamento di questo, le collezioni furono aumentate di molto ed alcune, anzi, create di pianta; special- mente quelle entomologiche [47]. Perchè egli, da entomologo appassionato, seppe ren- dere con acquisti, cambi e con escursioni, ricchissima la scarsa ed antica collezione FRS 4 E E 7° entomologica esistente in Museo. Tale collezione ha il pregio, oltrechè di essere fra le più ricche, se non la più ricca del Museo, di contenere ancora i tipi dele specie che egli ha descritte nei suoi numerosi e molteplici lavori entomologici. Per co- modo degli studiosi, egli la divise in tre gruppi: collezione extraeu- ropea, europea e dell’Italia meridionale ed insulare [48]; della quale ultima, parte assai importante, è quella tipica di Sardegna che contiene tutto il materiale entomologico radunato personalmente dal Costa in quell’isola e da lui studiato ed illustrato nella « Geofauna Sarda ».') La collezione entomologica dell’ Italia meridionale fa parte di quella speciale della provincia e del golfo di Napoli, collezione faunistica locale, alla quale il Costa ha sempre atteso con amo- rose cura [49]. E di questa già ne fa parte quella quasi completa delle conchiglie terrestri e fluviatili ed una ricca collezione di Artropodi in genere (e più special- mente di Crostacei), di Molluschi, Vermi, Echinodermi, Gelenterati e Poriferi, co- stituita, in parte da raccolte fatte dal Costa medesimo, fra le quali figurano molti dei tipi delle specie da lui descritte °) e per la maggior parte da bellissimi esemplari acquistati in questi ultimi anni dalla Stazione Zoologica di Napoli. E fra queste col- lezioni del Golfo è pregevole quella tipica degli Anellidi-tubicoli — che illustra la Mo- nografia del Dott. SaLvatore Lo Branco 5) — da questi donata al Museo Zoolo- gico [50]. A. Cosra ebbe collaboratore assiduo il prof. Giuseppe Parma [51] che volle suo aiuto nell’ assumere la cattedra, nominandolo coadiutore [52] e se lo associò nel comune intento dell'incremento del Museo; al quale il PaLmA ha-consacrata tutta Îla sua vita. Alla morte del Costa ha tenuto per un anno la direzione del Museo il prof. Antonio DELLA VALLE, incaricato della supplenza [53 |,finchè col primo gennaio 1900 ha assunta la cattedra di Zoologia e la direzione del Museo lo scrivente [54] che. si prefigge di proseguire l’ opera di ampliamento ed incremento del Museo ‘) e delle collezioni a lui affidate. E seguendo e svolgendo il pensiero di A. Costa si propone più specialmente di arricchire e completare la collezione faunistica locale, istituendo in sala speciale, non appena ciò sarà possibile, una serie faunistica della provincia e del Golfo di Napoli — che si augura possa diventare, col tempo, un repertorio com- pleto così della fauna terrestre cone dì quella ricchissima del Golfo — dove possano essere raccolti i tipi di tutte le specie descritte nelle opere e monografie che illa- strano la fauna napoletena [55]. Il Museo ha attualmente una discreta Biblioteca, che alla morte del Prof. Costa, si è accresciuta di una ricca miscellanea da lui vivente generosamente donata. La 1) Cosra, A.— Geofauna sarda (Memorie sei, 1882-86): Atti &. Ace. Se. Napoli; Memoria 1° — Vol. 9, pag. 41; 2° —(2) Vol. 1, pag. 110; 3*—(2) Vol. 1, pag. 64; 4 — (2) Vol. 1, N. 13, pag. 31; s® — (2) Vol. 2, N. 7, pag. 24; 6" — (2) Vol. 2, N. 8, pag. 40. 2) Nei varii suoi lavori e più specialmente nell’ “ Annuario del Museo Zoologico , Vol. 1-6. Veggansi gli indici di esso nel N.0 1 “ Prefazione ,, di questa nuova serie dell’ Annuario. 3) Lo Branco, SaLv. — Gli Anellidi tubicoli trovati nel Golfo di Napoli: Atti R. Acc. Se. Napoli 12) Vol. 5, N. 11, 1892, pag. 100, 3 Tav. 4) MonriceLt1, Fr. Sav. — Per l’Istituto zoologico della R. Università di Napoli: Napoli 1901, Tipo- grafia Melfi $ Jvele. In questa memoria è esposto un progetto di ampliamento e sistemazione dell' “Istituto zoo- logico, per il rinnovellamento edilizio della R. Università e vi è pure tracciato l'ordinamento de] Museo zoologico in relazione al progetto medesimo. Direzione confida che essa potrà avere maggiore incremento specialmente per i pe- riodici che spera di ottenere in cambio con la pubblicazione di questa nuova serie dell’ ANNUARIO. Napoli nel Gennaio 1901. ELENCO CRONOLOGICO ILLUSTRATIVO DEI Direttori del Museo Zoologico e dei Professori di Zoologia della R. Università di Napoli dal 1806-1900 (*) Professori di Zoologia Direttori del Museo Zoologico 1806-1812 a Macrì °) 1) c 1806 last SANGIOVANNI *) 1812-1813 GrosuÈ SANGIOVANNI ‘) 1813-1816 Luci PerAGNA ?) 9) s 1813-1816 Professori di Zoologia e direttori del Museo Zoologico 1816-1832 Luci PeTAGNA ?) 1832. Lurer Larucora 3) 1839-1849 O. G. Costa ?) 1832-1849 Giosuè SanciovannI !°) 1850-1856 Lurr Laruccia !) 1856-1860 Errore CeruLLI !) 1860-1898 AcHirLe Costa ‘°) 1898-1899 Antonio DELLA VALLE ‘) 1990 Fr. Sav. MonmiceLLI ‘°) (*) In questo elenco non figura il Prof. Fiero CavoLini, perchè egli non è stato mai ufficialmente professore di Zoologia nella nostra Università, come fu da alcuni affermato e financo dal DeLLE CHIAJE nella necrologia del CavoLini (Atti R. Ist. Inc. Tomo III nota a piè della 1 pag.]. Per il CavoLinI, fu creata, come si è detto (v. pag. 3) una speciale cattedra, nel 1808, delle “Teorie generali della Storia naturale dimostrata con le osservazioni,. Note all’ elenco cronologico ) Gol riordinamento Universitario, pel decreto 1806, furono create le due cattedre di Zoologia : dei ertebrati e degli Invertebrati: la prima fu data a Savesio Macrì la seconda a GIOsUÈ SANGIOVANNI. 2) Profasiore di Storia naturale del 1792, tenne la nuova cattedra di Zoologia fino al 1812, quando in seguito alla unificazione della cattedra di Zoologia, pel decreto del 1811, fa nominato professore di Materia medica. > Tenne la cattedra degl’ Invertebrati, che nel 1808 fu cambiata in quella di Anatomia com- vata — la prima istituita in Italia — e ne fu il primo professore. Rinominato Professore di Zoologia, in seguito alla unificazione delle due cattedre avvenuta nel 1812, i dimise nel 1813. ta) Era professore aggiunto del SanGIOvANNI e gli successe nel 1813. sai Dal 1813, data del decreto della sua istituzione, fino al 1816 non si hanno notizie precise sulla esistenza del Museo, nè della persona del direttore, se un direttore vi fu. ®) Nominato con nuovo decreto alla restaurazione dei Borboni, gli è affidata anche la direzione del useo Zoologico, che tenne fino alla sua morte ed è così il primo direttore ufficiale del Museo e, come pare effettivamente desumersi dal complesso delle notizie raccolte, colui che, iniziandone le collezioni, lo abbia istituito. 8) Professore aggiunto del PeraGNA, tenne temporaneamente la direzione dal maggio all’ agosto 1832. 9) Nominato professore di Zoologia , in seguito al provvedimento reale del 1832 che scindeva la ; ttedra dalla direzione del Museo, con decreto del 27 settembre 1836, fu per ragioni politiche, * di- | messo » con decreto dei 9 novembre 1849. ; 10) Assunto alla direzione del Museo, ideò e creò l'attuale Museo Zoologico inaugurato nel 1845. Morì nel 1849. _) La direzione del Museo è nuovamente unita alla cattedra di Zoologia alla quale vien nominato Lui Larucora che nel frattempo (1832-49) era diventato professore aggiunto del Costa. Ebbe per pro- fessore aggiunto Errore CeRULLI, già professore aggiunto al SanGIOvANNI nella direzione del Museo. ? 12) In seguito al ritiro del Prof. Larucora, nominato professor emerito, venne chiamato alla cat- tedra ed alla direzione del Museo, che lasciò nel 1869 pel nuovo ordinamento della nostra Università. 18) Figlio di 0. G. Cosra, del quale era stato aiuto alla cattedra di Zoologia e destituito insieme col padre nel 1849. Ebbe: per coadiutore (carica restituita, nel nuovo ordinamento dell’ Università a quella di professore aggiunto) prima il Prof. Guseppe PaLma (1861-1898) poi il Dott. CArLo PATRONI (dal 1898); e, per assistenti, OLiva Auronso (1882-1883), (straordinario), RarragLe FepERICO (1887- 1891) fora Prof. di Anat. Comp. nella R. Università di Palermo]. MazzareLi Giuseppe (1891-1895) - [ora professore della R. Scuola di Agricoltura e Veterinaria in Milano]. Russo AcHILLE (1849-1895) r'a professore di Zoologia ed Anat. Comp. nella R. Università di Catania]. Romano Pasquate (1895-1896 - [ora professore di Storia Naturale nel R. Liceo Garibaldi di Napoli]. Dott. CarLo ParRONI (1896-98) "2 {ora coadiutore], CannavieLLo ENRICO (1898-1899). si 04) 14) Incaricato temporaneamente della supplenza alla morte del Prof. Costa. | 15) Attuale direttore coadiuvato dal seguente personale: Coadiutore Dott. Carro PamroNI, A s- ; sistenti Dott. Grutto Taetiani, e Dott. UneRTo PirrantoNI. Assistente onorario Cav. Caro Praus (per la collezione conchiliologica), Preparatore Emo ANTONUGOI, Tassidermi- ta sta ANNIBALE Tonini, Custode Donato de Caro, Inserviente Gennaro Tommasetti. RP I ET ee 1 [1] Nel secolo XVI-XVII fiorirono in Napoli quelli che si dissero Se m plicisti, studiosi delle cose naturali; i quali investigando le virtù medicinali delle piante (dei Semplici) furono condotti anche alla ricerca degli animali, che pareva dovessero apportare utile alla medicina; e più da vicino intrapresero ad interessarsene ed a studiarli, determinando così l’ inizio dello studio della zoologia fra noi. Fra questi semplicisti, nei quali deve ricercarsi la prima origine della scuola zoologica napoletana, fu Ferrante ImprRaro, che in Napoli, nella sua casa, in via Mon- teoliveto, dietro il palazzo Gravina (oggi sede delle Poste), aveva raccolto un museo di Storia Naturale , il primo sorto in Italia, e che divenne famoso. In esso “ erano animali di ogni regione e d'ogni specie, preparati e conservati diligentemente insieme a pregevoli erbari e collezioni di minerali e pietrefatti (fossili) ed ogni sorta di produzioni naturali ,. L’ImeERaTo salì in gran fama in patria e fuori anche per il suo libro “ Historia Naturale, (in Libri 28), stampato in Napoli nel 1599, nel quale di lato al frontespizio una tavola rappresenta il suo museo. Ferrante Inperaro nacque a Napoli verso la metà del secolo XVI, morì nel 1625. [2] Per la botanica esistevano da tempo orti botanici privati in Napoli, una derivazione degli orti degli antichi semplicisti, come quelli dell’Imperato (v. Nota 1), di DeLLa Porra (1545-1616); nella sua villa alle “due porte ,; ed era celebre l'Orto detto di Prixenti sulla collina dei Mira- coli del quale fa testimonianza il MarentA nel suo Trattato dei semplici, intitolato allo stesso PixeLui. Fin dal 1662 esisteva Orto dei Semplici, detto della Montagnola (o della Pacella; v. Cetano Vol. 5 pag. 420), piantato a cura della Pia casa dell’Annun- ziata (d’indole farmaceutica, dice il Saccarpo, pag. 200; v. pure in proposito Texore) istituito da Domenico Dr Fusco ed era piantato sopra la collina dei Miracoli appresso all’attuale Edu- catorio detto dei Miracoli. Aveva nome di “ Erbulario o Sempliciario ,, ed il Cerano afferma (Vol. 5, pag. 404) che vi sì coltivavano circa 700 specie di piante “con ogni atten- zione ed assistenza del dottor fisico Domenico Dr Fusco, giovane di ottima erudizione e stu- diosissimo di queste materie ,. Quest’ orto ben può ritenersi il precursore dell’ orto botanico pubblico in Napoli. Sullo scorcio del secolo decimottavo avevano fama gli orti di Brsienano , alla Barra presso Napoli, fondato da Pietro Sanseverino conte di Chiaromonte (che esisteva ancora fino al 1871), quello notissimo di Domenico CiriLto, della sua casa ai Fossi a Ponte- nuovo, distrutto dalla plebaglia nel 1789 (Quasi tam facile esset ejus memoriam perdere , quam suc e terra evellere! v. MoxriceLLi Teodoro 2, pag. 9), e quello del Cav. Porri nel giardino di Tarsia presso la sua casa. Ed il Crrrtro oltre al suo orto aveva cura e traeva gran profitto di studio dal surricordato giardino e parco di Bisrenano; del quale poi V. Peracxa illustrò le piante e M. Texore ne pubblicò due cataloghi a stampa. Va qui pure ricordato il giardino del Duca di Gravixa nella villa di Bellavista a Portici. Non minore rinomanza godeva il Giardino botanico della Real Casa in Caserta (cosidetto Giardino inglese) fondato per ordine di M. Carolina d’Austria, regina delle due Sicilie, nell'anno 1782 sotto la direzione dell’inglese Giovanni Andrea GraéFER, il quale l’arricchì di piante rare provenienti da lontani paesi. Questo giardino, (*) Avvertenza — Di queste Note e Documenti per ragioni indipendenti dalla mia volontà è stata di molto ritardata la stampa; cosicchè esse escono alla luce solo ora (1905), dopo quattro anni dalla pubblicazione del testo. Ciò che mi ha permesso di introdurvi alcune aggiunte dovute ad opere che interessavano l’argomento, stampate nel frattempo, ed a documenti e notizie, che ho potuto ulterior- mente procurarmi, o mi sono capitati fra mano. Devo ringraziare gli amici Prof. GeREMICCA e spe- cialmente il Prof. Fr. pe Rosa per le importanti notizie fornitemi sulla Storia della Botanica nell'ex Regno di Napoli. + Pia che tuttora sussiste, dipende dall’ Amministrazione della R. Casa d’Italia (v. TerRaccrano); in esso trovasi la prima pianta di camelia importata in Europa nel 1760 (v. pe Rosa). Quantunque la cattedra di Botanica esistesse nella nostra Università fin dalla riforma del 1735 (v. Nota 9 e 10), non si era ancora pensato ad ‘istituire in Napoli un Orto pubblico 3 per lo insegnamento di questa scienza. Va pertanto ricordato che il Conte di Lemos già nel 1616 = aveva ideato un giardino botanico a S. Teresa, a ridosso dell’edificio dell’Università (v. Nota 5); AH del quale poi non si fece più nulla per la sua partenza da Napoli (v. Cerano, Vol. 5, pag. 404). > St Ma certo, in seguito alla riforma Carolina, il bisogno di ùn orto per la Scuola di Botanica “A cominciava ad affermarsi. Difatti il prof. Niccolò Bravcer, come ci fa sapere il suo biografo Fagsora, do: aveva elaborato il progetto di un orto botanico pubblico, che doveva sorgere a Poggiorèale, e =» fu la prima idea concreta di una istituzione del genere, per l’ insegnamento, fra noi. Questo di prof. Nicola Bravcei, nato a Caivano nel 1719, fu il predecessore di Domenico Cramto nella ei Cattedra di Botanica da lui vinta con pubblico concorso nel 1754 : e pare sia stato il primo "I ad occuparla come professore interino fino al 1760, epoca nella quale alla cattedra fu chiamato, per pubblico esame, il Cristo; che vinse in questo il Bravcor, fa intendere il biografo, per avere il Crricto abbracciato ed adottato il sistema di Linneo, mentre il Bravcor, ligio al sistema di Tourwerort, criticava quello di Lixnro. Il CiritLo tenne la cattedra di Botanica della Università ‘AA fino al 1777, morì nel 1799 (1). Nel 1778 fu sostituito dal Prof. Vincenzo Prragna che dap- prima interino, fu poi nominato professore nell’anno seguente (Decreto 29 marzo 1779, v. # Awopro 1, pag. 53) (2). ut; [3] Come sirileva dai “ Calendarii e Notiziarii della Corte e della Città n: di Napoli , per gli anni dal 1787-1791. Nel secondo volume, infatti, del Calendario sud- y detto, a pag. 66, in seguito ai Musei Reali (Musei dell’ Accademia), sono enumerati per la 1% prima volta: ») musei particolari: Poni, di Storia naturale; Collegio della Nunziatella, — % di Storia naturale ; De BorrIs, pietre vesuviane. Nei Calendarii suddetti, a cominciare dal 1788, + scompare dall’ elenco dei Musei privati quello della Nunziatella, nè ho potuto ricavare perchè x È e quali vicende questo museo ebbe a subire (3). CRI Dal che si ricava che ufficialmente non vi era alcun Museo di Storia Naturale dello stato, 1% dipendente o no dalla Università, come asserisco nel testo, a pag. 1. Se fra i Musei del- “ l'Accademia (Musei Reali sopracitati) ve ne fosse uno di Storia Naturale questo non mi risulta 4 da quanto ha scritto lo Scaccai sulle Accademie “che hanno preceduta la Società Reale di È È o (1) Domenico CiriLLo (1739-1799) Medico, botanico insigne fu tra i primi botanici italiani meritamente È onorato fuori di Italia. Perdette miseramente la vita sul patibolo per amore di quel sentimento di rd libertà che ne fece un martire del 1799; cosicchè più spesso è ricordato come tale; mentre come ; scienziato dette a Napoli inizio allo studio razionale delle piante. Trattò “ Degli essenziali carat: } teri di alcune piante ,, illustrò quelle più rare del Regno di Napoli, scrisse la Monografia dei Cyperus papirus e pubblicò le istituzioni botaniche e le tavole elementari di botanica e di filosofia î botanica. Coltivò con onore anche lo studio della Entomologia: classico è il suo libro: “ Entomologiae J neapolitanae specimen primum ,,. È (2) Vincenzo Peragna (1734-1810) illustre botanico, consacrò i suoi studi sulle piante nelle “ Zstitw- È A siones botanicae , e nella “ Facoltà delle piante , e col CiriLLo intese tutta l’importanza dello studio î delle piante vive ed il bisogno di un orto botanico. Come il CiriLLo coltivò la zoologia e specialmente a si occupò di artropodi, pubblicando fra l’altro: Specimen insectorum Calabriae ulterioris (Napoli, 1786) ; i; e le Istitutiones entomologicae (2. Vol. Napoli, 1792), lavoro che va anche oggi consultato da quanti si oceupano di artropodi del napoletano; opera pregevole con tavole egregiamente disegnate. PeraGNA È radunò molte collezioni zoologiche che fecero poi parte, come pare, del nucleo di fondazione del Museo : Zoologico (v. testo pag. 3 e Nota 24, 27). ia (3) Stando a quanto serive Mimieri-Riccto possedeva un Museo di Storia Naturale anche Domenico ì GiiLLo che “ Ereditò da suo zio Sante un museo preziosissimo di Storia Naturale che parte aveva 1 fatto del tanto famoso museo dell’Imperaro e che Sante e Domenico considerevolmente arriechirono , 5 13 ti _—- —- e - - — e e Napoli 1732-1808 ,, nè dallo studio di BeLrrani su “ La R. Accademia delle Scienze fondata in Napoli nel 1778 ,. Vi è pertanto ragione di arguire che le collezioni di Storia Naturale, esistenti, 1 insieme a tutte le altre nel R. Museo Borbonico (come dico nel testo a pag. 2; v. Nota 7, 28), ed in esso radunate quando questo fu integrato, fossero alla dipendenza dell’Accademia delle Scienze e quindi indicate nei conti dell’azienda dell'Educazione del 1777 come Museo di Storia Naturale — (v. in proposito Amopro, 2, pag. 10, nota 2) (v. Nota 7). [4] Questo Museo ebbe origine autonoma perchè il Ministro delle Finanze del tempo D. Giu- seppe Zurco, nel marzo 1801, cercò di riunire di nuovo il Collegio delle miniere, fondato nel Regno nel 1796 e disciolto nel periodo repubblicano del 1799, ed ideò di formare un Museo di Mineralogia coi minerali raccolti dai sei giovani mandati nelle accademie minerarie di Europa, nel 1789, ad istruirsi nell’ arte mineraria ed a studiare l’organizzazione di questo ramo (1); in seguito agli studi dei quali fu poi istituito il Collegio delle miniere. “ E sic- come l’Università degli Studii si trovava allora al Gesù vecchio, ed essendo in quel tempo quel vasto edificio in parte vuoto, così si scelse quel locale per la formazione del Museo di Min e- ralogia coll’ intenzione di stabilire appresso un lavoratorio di Chimica docimastica, una rac- colta di modelli e macchine dell’ arte, una libreria di autori del mestiere, insomma tutto ciò che conduceva ad uno stabilimento di tal natura nel più esteso significato,. (Memoria sulla monetazione ecc. ecc. più oltre citata). E fu decretata (Dispaccio 28 marzo 1801) l istitu- zione del Museo Mineralogico, nella vasta sala dove or si trova, ad occidente del cortile del Salvatore. Sorse così in poco tempo, per opera del Ministro ZurLo che ne aveva con- cepita l’idea, e messala, al suo solito, presto in esecuzione, grandiosamente fondato, con molta spesa e gran lusso di ornamentazioni, il primo Museo delle scienze naturali in Napoli (Frauri pag. 26) (2). Nucleo della collezione pare fosse quella acquistata dal Lieri (v. Fraumi, pag. 89). La direzione ne fu affidata dal ZurLo al cav. PLaneLLI (nato a Bitonto nel 1747), fin dal 1790 Maestro della zecca (v. in proposito Viurarosa), coll’incarico di sopraintendere ai lavori e met- tere in ordine il Museo. Morto dopo poco il PrawELLI, rimase custode l’ ab. G. MeLoGraNI (mi- neralogista di corte ?) nato a Parghelia nel 1750, che era stato chiamato nel 1801 dal PranetLi per formare un catalogo ragionato di tutti i minerali del Museo. Questi tenne la direzione provvisoriamente , finchè, congedato nel 1804, fece regolare consegna del Museo (come da i inventario che si conserva) al Sopraintendente e direttore definitivo G. Saverio Pot1, nel gen- P naio 1805. Perchè non era ancora del tutto terminato il Museo, mutatosi il Ministro delle Finanze, i gimase sospesa ogni cosa al riguardo. Frattanto, congedato il MeLocranI nel 1804, fu risoluto che “il R. Museo di Mineralogia dovesse essere sotto l’immediata dipendenza della R. Se- greteria di Casa Reale , e ne fu organizzato il personale nominando D. Giuseppe Saverio Poni (V. Note 13, 33) sopraintendente e direttore (25 settembre 1804); custode Vincenzo RamoxpINI (3 decembre 1804) e sottocustode D. Giuseppe Siano (3 decembre 1804). Frattanto, per il ristabilimento nel regno di Napoli della Compagnia di Gesù questa, rien- trata in possesso del locale del Gesù vecchio (dove era l’ Università), reclamò (1804) la ricon- : segna della Sala del Museo mineralogico; e per le influenze che aveva in Corte 4 ottenne nna “Sovrana risoluzione ,, con la quale fu stabilito di trasportare il Museo mine- ralogico nel palazzo del Museo Borbonico (ora Museo Nazionale), “ ampliandolo in tutti ; 3 rami della Storia naturale ,, e fu scelto il luogo e dato ordine di costruire le fabbriche necessarie per allogarvelo (v. Nota 13). Ma di questo non si fece più nulla, perchè sopraggiunse l’occupa- (1) Essi furono: D. Vincenzo RamonpiNI, D. Andrea Saveresi, D. Giuseppe MELOGRANI, D. Carmine Antonio Lippr. D. Giovanni FarccHio, D. Matteo Toxpi. (2) Un piccolo vestibolo dà adito a questa sala lunga 38 metri per 14 di larghezza, su tutte le pa- ‘reti della quale sono disposti gli armadi in due piani; quello inferiore di ordine jonico serve di base al superiore ove, dietro una serie di colonne di ordine corinzio, fra le quali corre una balconata, sono gli armadi superiori. ei P 14 zione francese nel 1806, che restituì l’Università alla sua sede, ed il Museo mineralo- gico rimase dove era e dove è attualmente. E poichè il Port aveva abbandonato il posto per seguire i reali in Sicilia, nel 1806, fu di fatto soppressa la carica di sopraintendente e confermato custode il Ramoxpixi e sottocustode il Stavo. Queste notizie ho ricavate in gran parte, appunto, da un rapporto del Ramowpini, in data del 23 giugno 1806, al signor Boxxer, segretario generale del Ministero dell'Interno (Arch. di Stato. Segr. Casa Reale. Carte diverse. Fascio 930, Museo mineralogico) e da un altro rapporto non firmato, che precede quello del Raxowvni ed è da questo soventi richiamato “ Memoria sul sistema da tenersi per lo stabili- mento mineralogico e della monetazione, diretto a S. E. il Ministro dell'Interno ,, in data 1806 (in- nanzi ricordato). Entrambi questi rapporti sì conservano nell’ archivio del Museo mineralogico e ringrazio il collega Prof. E. Scaconi che mi ha permesso di valermene. : Il detto signor Ramoxpii fu poi, con decreto del 15 gennaio 1807, pur conservando il posto che aveva di custode del Museo Mineralogico, nominato professore di Mineralogia e Metallurgia, alla nuova cattedra creata col Decreto 31 ottobre 1806 pel riordinamento de — gli studi universitarii (v. Nota 9), in luogo del prof. M. Toxpi che, nominato professore (Decreto 14 novembre 1806), rinunziò la cattedra (24 dicembre 1806). Frattanto il Museo Minera- logico, che durante la direzione RawowpinI era passato sotto la giurisdizione del Ministero del- l'interno, fu definitivamente aggregato alla Università in dipendenza della cattedra di Min e- ralogia col successivo riordinamento degli Studi universitarii del 1811 (v. Nota 9), che sta- biliva il professore di Mineralogia quale direttore dl Museo Mineralogico. Morto nel 1811 il Ramoyprsi (1750-1811) fu, con decreto del 26 settembre dello stesso anno, no- minato direttore del Museo Mineralogico il prof. G. MeLoGrani (1750-1827), quello che fungeva da custode col PLaneLLI e fu congedato nel 1804. Questi tenne la carica fino al 1814, nel quale anno (Decreto 14 luglio) fu nominato professore di Mineralogia della R. Univer- sità e direttore del Museo, in conformità della legge 1811 innanzi citata, il Prof. Garlo Giuseppe Giswonpi (1762-1824) chiamato da Roma. Ma questi lasciò la cattedra (sarebbe stato mandato via, a dire del FLauri, pag. 89) e nel 1845 gli successe il prof. Matteo Toxpi (Decreto 25 luglio n. 1762) come professore all’Università e direttore del Museo. Morto Toxpr nel 1835 (era nato in Sanseverino nel 1762), in seguito a pubblico concorso fu nominato al suo posto Arcangelo Scacc®i (1) che, diventato professore emerito nel 1892, ha avuto per successore il figlio Eugenio Scaconi, attuale professore di Mineralogia e direttore del Museo Mineralogico della nostra Università (2). Il Museo Mineralogico fino al 1860 conteneva non solo collezioni di minerali, ma ancora raccolte geologiche e paleontologiche. Con la legge organica (ImErIaNI) del 1861 (v. Nota 9), (4) 11 Prof, A. ScaccHi, nato in Gravina (Puglia) nel 1810, fusommo mineralogista: cristallografo insigne rivelò la poliedria dei cristalli. Le sue ricerche su i sublimati, lo studio dei vulcani fluoriferi della Campania, la illustrazione della mineralogia vesuviana e tutta la serie numerosa dei suoi studi mi- neralogici, chimici e geologici lo fecero a giusto titolo considerare quale un riformatore della cristal- lografia come lo è della minerologia, nella sua classificazione dei Minerali, e della Chimica geologica con le sue ricerche sulla attività dei vulcani. Lo Scacc&i si occupò pure di paleontologia in parec- chie sue memorie illustranti avanzi fossili di zoofiti e specialmente di conchiglie, con competenza di conchiliologo. Egli difatti ha iniziata la sua carriera scientifica occupandosi di Zoologia, ed isuoi primi lavori riguardano i conchiferi (Molluschi e Brachiopodi) del golfo di Napoli. Fra questi va ricordato un catalogo delle Conchiglie del Regno di Napoli pubblicato la prima volta nel 1836 (riedito nel 1857) “ Catalogus conchyliorum Regni Neapolitani quae usque adhue reperit A. Schacchi. , (2) Nelle carte che riguardano i primordi del Museo mineralogico esso viene spesso chiamato Museo orittologico; nome che ricorre sempre nel Calendario Universitario dal 1841 - 60, quando viene indicato il nome dell’insegnante di Mineralogia pel corso che detta (per es. Anno 1851-52,. pag. 23: ArcmanceLus Scacchi, professor et director Musei Oryctologici), mentre nell'elenco dei Directores dei musei è sempre detto Museo Mineralogico. ” 15 creata la Cattedra di Geologia, fu nello stesso anno istituito il relativo Museo di Ge o- logia, fondato nel 1865 dal Prof. Guglielmo Guiscarpi che fu il primo professore della materia | e primo direttore del Museo. Il Museo di geologia fu installato nel primo piano del cortile del Salvatore della R. Università, dove tuttora si trova. Nucleo delle sue collezioni furono quelle esistenti nel Museo Mineralogico, delle quali facevano parte le raccolte geologiche del MowrrceLtr. Esse furono poi notevolmente accresciute in seguito a cura del Gurscarpi. Nella serie paleontologica sono largamente rappresentati i materiali illustrati da O. G. Costa (v. Nota 37) nei suoi studii di paleontologia (v. SertemBRINI, Captano e Bassani pag. XLVII). Alla morte del Prof. Gviscarpi nella cattedra di geologia ed alla direzione del Museo è succeduto il Prof. Francesco Bassaxt, at- tualmente in carica. Oltre il pubblico Museo di Mineralogia, nella prima metà del secolo scorso, ne esisteva anche uno privato assai importante, creato in sua casa dall’Ab. Teodoro MoxmceLLi (1759-1846) notissimo in patria e fuori (per la descrizione di esso v. Napoli e sue vicinanze Vol. 2, pag. 311). Esso conteneva riechissime collezioni mineralogiche e geologiche radunate d’ogni parte, grazie alle estesissime relazioni nel regno ed all’estero del MoxmrIcELLI; e specialmente notevole era la collezione dei minerali vesuviani (collezione vesuviana), dei quali, insieme al CoveLLi, aveva fatto oggetto di particolare studio. Della ricchezza delle raccolte del MoxriceLLi fanno fede i Gataloghi da lui pubblicati delle sue collezioni. Queste, alla sua morte, furono cedute al Museo Mineralogico universitario e fuse e confuse, come pure la collezione vesuviana, con quelle di questo Museo. Il MoxsiceLti professore di Etica nella Università di Napoli, amantissimo dello studio delle scienze naturali, si occupò più specialmente dello studio del Vesuvio e dei Campi Flegrei, pubblicando numerose memorie sull’argomento e fra le altre il “ Prodromo della Mine- ralogia Vesuviana ,, (Napoli 1825) insieme a Nicola CoveLLI (v. in proposito Ceva - Graupi Batsi e la storia del Corretta, Vol. 1, Libro 3; pag. 299, 326-327). [5] Dove l’aveva istallata, in seguito alla riforma dello Studio napoletano del 1615, il Vicerè Conte di Lemos: l’attuale Museo Nazionale (ex Museo Borbonico). Questo palazzo che ancora nella tradizione popolare (che va lentamente estinguendosi) si chiama degli “Studii, fu cominciato nel 1599, per dare appunto sede degna all’Università (questa nel 1614 trovavasi ancora nel Chiostro di S. Domenico Maggiore) che vi passò nel 1616. Ma 1’ Università non rimase a lungo nella sede all'uopo creata: nel 1688 ne fu rimossa ed allogata di nuovo nel Chiostro di S. Domenico Maggiore, perchè il palazzo degli studii fu adibito per i tribunali e successivamente per caserma (1701). Dopo varie vicende l’ Università fu restituita, nel 1735, nel Palazzo degli Studii, in seguito alla riforma universitaria di CarLo di Borbone, dove rimase fino alla riforma di Ferpimanpo IV del 1777 (v. Amopro 1). [6] L’ex collegio massimo dei Gesuiti, costruito nel 1605 a spese dei DapontE, per uso delle lezioni che davano al pubblico e delle congregazioni che essi allora tenevano per gli studenti e per le diverse professioni, che era rimasto allora vacante per la soppressione dell’ ordine nel 1767. Da questa nuova sede l’Università fu di nuovo rimossa per la retrocessione del detto locale alla ricostituitasi compagnia di Gesù nel 1804 (Breve 30 giugno), rientrata in Napoli nell’ago- sto 1804 (v. Nota 4), e fu trasferita nel soppresso monastero di Monteoliveto dove cominciarono le lezioni nel 18 gennaio del 1805. Ma nel 1806 con decreto del 9 luglio (N.° 208) l’Università fu restituita dal governo di Giuseppe NapoLrone, alla sede del Gesù Vecchio, assegnatagli dalla riforma di Ferpiyanpo IV, dove attualmente si trova, e vi passò il 31 ottobre dello stesso anno (per Pozzo, pag. 228). [7] Dispaccio diretto dal Segretario dell’ Ecclesiastico al Cappellano maggiore: esso accom- pagna il piano di riforma dell’ Università (27 settembre del 1777) che a questo sì trasmette, come dal contesto del dispaccio medesimo “..... E siccome queste Accademie si terranno 16 nell’edifizio ove finora è stata la R. Università degli Studii ha (il Re) disposto ancora che nel medesimo si situino le magnifiche due Biblioteche Farnesiana e Palatina destinandole all’uso pubblico. Ed oltracciò vi saranno trasportati i due ricchissimi suoi R. Musei Farnesiano ed . Ercolanese per lo stesso uso. E perchè nulla manchi alla perfezione di questa grande opera ed alla completa istruzione della gioventù, ha disposto inoltre che si formi nello stesso luogo un Museo di Storia Naturale, un Orto Botanico ed un Lavoratorio Chimico e che vi sieno tutte la macchine per fare le esperienze , (Grande Archivio, Scritture diverse del Cappellano mag- giore, Vol. Col. n.° 34, pag. 230-237). Questo dispaccio riassunto dall’AyeLto è riportato nella “ Raccolta ecc. , dal Gara; v. pure in proposito Amopro (1, pag. 27). Come ho detto nel testo a pag. 1 e pag. 2, a proposito appunto di questo dispaccio, non si ha prova dell’esistenza effettiva in Napoli, all’epoca di tale riforma, di un Museo di Storia Naturale (v. Nota 3); nè vi è modo di sapere se alla sua istituzione si fosse provveduto in rapporto al piano degli studii del 1777. L’Axopro (2, pag. 10, nota 2), al quale ho comunicato il testo di queste ricerche storiche sul Museo zoologico, pubblicato prima delle note, si è affret- tato a smentirmi apodotticamente senza benignarsi di aspettare la stampa di queste, scrivendo: “ Siamo in grado di affermare che esso (il Museo di Storia Naturale) esisteva fin dal 1777 per aver trovato una copia del Bilancio dell'Azienda dell'educazione, in cui sono segnati come spesa pel Museo suddetto (sic) 120 ducati e per aver trovato in un elenco di pagamenti fatti dal tesoriere della R. Accademia un ordine del 10 dicembre 1782 di pagare 40 ducati per un coccodrillo spedito al Museo da Luigi Segastiani ed altre spese per casse servite per detto Museo,. Ho vagliate queste importanti notizie dell’Amonro e credo che esse possano interpetrarsì in altro modo che come una smentita formale al mio asserto. E sarei stato gratissimo all’ Axmonro se, invece di far di questo giustizia così sommaria e fors’anco poco a proposito in una nota, che non troppo, parmi, calzi col testo, egli avesse cercato di provare come e quando fu istituito, dove aveva sede e da chi dipendeva il Museo di. Storia Naturale del quale egli afferma l’esistenza solo in base ai documenti di... tesoreria da lui rinvenuti. Da questi io traggo, invece, la con- fermà della mia negativa: chè essi vanno assai facilmente interpetrati non in contraddizione coi fatti come io li deduco; e parmi diano la chiave per spiegare la pertinenza delle collezioni di Storia Naturale esistenti nel Museo Borbonico, delle quali parlo nel testo pag. 3 (v. pure Nota 3). Va, difatti, osservato che non sì è mai troppo sicuri che le denominazioni usate nei conti e carteggi di quell'epoca (dei documenti citati dall’Amonro) ed anche dopo, corrispondano proprio alle cose ed ai fatti; ovvero che questi e quelle fossero quali si volevano nel frasario amministrativo; ciò che ho potuto constatare nello spoglio che sono stato costretto a fare di molte carte del genere per questo mio studio. Ed è, quindi, molto probabile che, col nome pomposo di Museo di Storia Naturale, si volessero indicare le collezioni di Storia Naturale esistenti nel Museo borbonico di cui sopra; conclusione alla quale, fra altro, mi conduce quanto cita l’Amopro dell’aequisto del coccodrillo: perchè vi è coincidenza di fatti nel trovar proprio nell'elenco degli oggetti zoologici esistenti nel Museo Borbonico consegnati al Museo Zoologico nel 1819 (y. Nota 25) un coccodrillo. Di più, il fatto del pagamento di questo acquisto e di altre spese da parte del tesoriere dell'Accademia (1782; v. Axmonro, 2), convaliderebbe il so- spetto sortomi che le dette collezioni di Storia Naturale del Museo Borbonico fossero dipen- denti dalla R. Accademia. Dal che si conclude che difatti non esisteva un Museo. di Storia Naturale, come io ho affermato, quantunque si fosse pensato ad istituirlo nel 1777; ma, in effetto, nel Museo Borbonico si conservavano delle collezioni di Storia Naturale ivi radu- nate insieme a tutte le altre, e con ogni probabilità di pertinenza dell’Accademia delle Scienze. E dopo tutto certo all’ Amopro, che conosce e cita il dispaccio del 1777, non può non sfuggire la contraddizione nella quale egli cade ammettendo la preesistenza del Museo di Storia Naturale (nel 1777), che appunto si intendeva di istituire col surriferito dispaccio. [S] Di tradurre in atto la istituzione di quest Orto Botanico pare sì fosse pensato, perchè si voleva ridurre il giardino dei PP. Teresiani, attiguo (a settentrione) al palazzo degli 17 Studii (Museo Nazionale; v. Nota 7) a questo uso; proprio dove il Conte di Lemos voleva (in S. Teresa) creare il giardino botanico (v. Nota 2). Furono difatti costruiti degli archi per far comunicare il palazzo con il giardino suddetto , demoliti poi nel 1810 (v. Napoli e dintorni 1845, Vol. 2, pag. 112). Ma si cercò poi luogo più adatto, essendo sempre in mente del governo il pensiero della istituzione dell’Orto Botanico. Nel 1796, fu finalmente approvato il progetto de - finitivo di un Orto Botanico nel sito dove attualmente si trova nei pressi dell’Albergo dei Poveri, che fu prescelto per la sua costruzione con l’intendimento di farlo servire anche alla istruzione agraria. Ne fu affidata la esecuzione al Cav. PLaweLLI ed all’ architetto Fran- cesco Maresca. Ma le vicende politiche del 1779 distrassero dal pensare all’Orto Botanico. Nel 1804, trasportata la sede dell’ Università nell’ex monastero di Monteoliveto, il cav. Povi procurò ed ottenne che ne fosse ridotto ad Orto Botanico il giardino che fornì di piante, a spese del suo orto privato, da lui regalato allo Stato nel 1802, e di dotazione annuale (v. Nota 33), assumendo l'incarico di formarlo insieme al Prof. Vincenzo Peragna , che te- neva allora la cattedra di Botanica nella R. Università (v. Nota 2): questi, per regolare il nascente Orto, propose per la direzione il suo allievo Michele Tewore. Sorse così 1’ Orto di Monteoliveto nel 1805, del quale in effetti fu fondatore il Tewore che nel 1807 ne pubblicò il primo Catalogo. Ciò che fu fatto, dice il Tenore (7, pag. 25), senza abban- donare il primitivo progetto. Fu questo, secondo il Texore (loc. cit.), il felice preludio di un Orto pubblico che può considerarsi come il germe dell’attuale. All’epoca della riforma del 1806 il pensiero della creazione di un vero Orto botanico risorse nell’ animo del governo, tantoppiù che si voleva, nel 1808, adattare a mercato di commestibili l’area occupata dall’Orto a Mon- teoliveto. E pare si fosse dapprima ideato, riportata la Università nella sua sede del Gesù vec- chio (v. Nota 6), di creare quest’Orto nel giardino dell’attiguo locale dell’ex convento di S. Mar- cellino, come ho rilevato da notizie frammentarie raccolte qua e là in varii documenti (lettere, corrispondenze uff. del tempo, 1808); in alcuni dei quali è dato financo per esistente quest'Orto in S. Marcellino (come p. e nella corrispondenza fra il Ministro dell’ Interno ed il sig. Sancrovanxi a proposito di locali da questo richiesti ed accordatigli in S. Marcellino per deporvi le sue col- lezioni (v. Nota 18). Ma di fatti si ritornò poi all’ antico progetto approvato del 1796, che fu ripreso e ne fu stabilita l'esecuzione con decreto del 20 decembre 1807 di Gruseppe Napo- LEONE. Sorse così l’attuale Orto Botanico che distendesi sul declivio ed ai piedi della collina di S. Maria degli Angeli, lungo la grande strada Foria verso il NE. della città, su di un piano inclinato a SE. per una superficie di ettari 7 ed are 30 con fronte d’ingresso alla strada Foria. I lavori furono incominciati nel gennaio del 1809 sotto la direzione di Giu- liano pe Fazio, e ne fu fatta l'inaugurazione nel maggio dello stesso anno; fu compiuto nel giugno 1817 (1). L'istituzione di questo Orto fu affidata al prof. Michele Texore (2), quello stesso che ebbe in cura l’Orto di Monteoliveto, che da questo trasportò nel nuovo le poche piante (1) L’Orto Botanico sorse insieme all’Orto Agrario, che fu abolito dopo il 1815 (v. TenoRE, Cat. Agr.), quando fu istituito l’Orto botanico ed agrario della Scuola di Veterinaria ed agricollura , (v. questa Nota 8 a pag. 18-19). (2) Michele Tenore napoletano (1780-1861) autore della “Flora Napoletana, e della Sylloge di questa, della “Flora medica universale e particolare della provincia di Napoli,. Egli riassunse le sue lezioni nel trattato di fitofisiologia ed in quello di fitognosia e pubblicò moltissime memorie e le relazioni dei suoi numerosi viaggi in Italia ed all’estero. Fu botanico fra i primi di Europa ed è reputatissima gloria della botanica italiana. Per oltre sessant'anni attivo studioso della sua scienza, radunò una larga schiera di cultori di botanica, fra i quali primeggiano Gussone, GasPar- RINI, Pasquare. In relazione personale ed in corrispondenza con i botanici d'ogni parte del mondo arricchì l'Orto Botanico di Napoli quanto altri mai d’ Italia affermandolo all’ estero e radunò un erbario classico, che alla sua morte donò all’ Orto, assegnando a questo una dote perchè ne pagasse un conservatore: all’Orto legò pure la sua ricchissima biblioteca. Il Tenore si occupò pure di zoologia pubblicando alcune memorie sui pesci (Giprini) del Volture e su di una specie di Squalo del Golfo di Napoli. 18 . — = = = — —— - —— - a = Pia riunitevi (v. Texore, 1-2): e furono il nucleo nel nuovo istituto del quale egli ebbe il merito di aver diretto l’ impianto. Nel maggio 1818 veniva completata l’ opera con la inaugurazione della nuova Sala per le lezioni, con un discorso del direttore prof. Michele Trexore. Questi ebbe a coadiutori il barone Ferdinando Grorpani, Giovanni Gussone (1), Federico DranHaRrDT e Giu- seppe Antonio Pasquare. Fino al 1863 il Municipio di Napoli contribuiva alla manutenzione del- l'Orto con lire 3000: questo sussidio fu poi soppresso assieme al pubblico passaggio (v. Pasquate). Morto il Texore nel 1861 gii successe nella direzione dell'Orto e nella cattedra di Bota- nica prima il prof. Guglielmo GasparRINI (2) e poi il barone Michele Crsami (3). Al Cesari successe quindi il prof. G. A. Pasevae (4) che era stato coadiutore del Texork; ed alla morte di questi in seguito a pubblico concorso ottenne la Cattedra di Botanica e la Direzione dell’orto il prof. Fe- derico DeLPINO (5). Per la cronologia dei direttori dell'Orto veggasi DetLPIxo (Descrizione dell'Orto nel 1900). Oltre l’Orto Botanico universitario esistevano ancora in Napoli: L'Orto Botanico annesso alla R. Scuola Veterinaria con destinazione speciale veterinaria, du- rato fino al 1886, istituito col decreto di fondazione della detta Scuola dell'11 ottobre 1815, (1) Il Gussoxne (1804-1866), nato a Villamaina (Prince. ulteriore), fu allievo prediletto di M. TenoRE che l’ebbe a compagno di lavoro finchè non andò, chiamatovi , direttore dell'Orto Botanico di Bec- codifalco presso Palermo. Trattò la fitologia precorrendo i tempi ed il metodo. Le Planteae rarzores del Sannio e degli Abruzzi, il Prodromus florae Siculae col supplemento di quella delle isole adia- centi e con la Syropsis e la Flora d'Ischia lo additano maestro forse insuperato nella botanica de- scrittiva. Il suo ricchissimo erbario, modello del genere, è testimonio di oltre mezzo secolo di continuate ricerche. Si conserva, come quello Tenorcino, nell’Orto Botanico di Napoli: preziosi cimelii, che è da augurarsi siano custoditi con ogni cura. (2) Guglielmo GasparrINI (1785-1866;, nato in Castelgrande (Basilicata), fu anch'egli discepolo di Michele TenorE e coadiutore del Gussone, tenne la direzione dell’ Orto di Beccodifalco finchè fu sop- presso. Insegnò botanica ed agricoltura nella R. Scuola di Veterinaria ; fu quindi capo di riparti- mento per l'agricoltura, e poi professore di Botanica nella R. Università di Pavia, chiamatovi dal go. verno austriaco; donde poi tornò in Napoli per succedere al TenorE. Fu osservatore diligente e di somma probità scientifica; trattò primo nella scuola botanica napoletana l’ anatomia e la fisiologia secondo le nuove vedute, pur coltivando la sistematica, e fece importanti ricerche di patologia vegetale. Studiò i tubercoli spongiolari delle leguminose, l'origine di taluni embrioni, la struttura dell’arillo, come la caprificazione ed i trasudamenti di alcune piante. S' occupò di botanica applicata e ragguagliò tutta l’ agricoltura del regno di Napoli. (3) Il Barone Michele Cesari (1806-1883), avviato agli studi giuridici, fu tratto allo studio della bota- nica da naturale tendenza e dalla dimestichezza col BaLsamo-GriveLLI e col pe Noraris. Botanico peri- tissimo in ogni branca di questa scienza sì distinse per numerosi ed originali lavori in crittogamia, mentre nella fisiologia vegetale e nella sistematica delle fanerogame lasciò larga impronta pubblicando il compendio della Flora italiana nella quale scelse a collaboratori PasserINnI e GieeLtI. Il suo grande erbario, fra i più completi d’Italia, è ora conservato nell’ Istituto botanico della Università di Roma. (4) Giuseppe Antonio Pasovare (1820-1893), anch'egli discepolo del Tenore, nacque in Anoia (Reggio Calabria); fu amico e compagno del Gussone e del GasparRINI. Fu, dopo il DeLLE CHIASE, professore di botanica (e Materia medica) e direttore dell'orto botanico del Collegio medico. Successo al CesatI nella Cattedra Universitaria e nella direzione dell'Orto, fu chiamato pure a dettare lezioni di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. Trattò principalmente di sistematica : conoscitore profondo della flora vivente specialmente meridionale, fu diagnosta accuratissimo ed esatto. Riordinò i preziosissimi erbarii dell'Orto botanico di Napoli che arricchì di quel suo personale frutto di 40. anni di studii e ricerche sulle specie meridionali di piante, che conosceva e ricordava in modo maraviglioso. Pubblicò la Flora vesuviana e quella di Capri e con Vincenzo Tenore (figlio di Michele) un Atlante botanico popolare ricco di interessanti monografie. Illustrò la provincia di Reggio Calabria con una monografia agraria e scrisse un trattato di Arboricoltura. (5) Morto durante la stampa di queste Note (Maggio 1905). 19 col nome di “Orto botanico ed agrario, (1) assegnandosi a tale uopo i giardini del- l’ex convento di S. Maria degli Angioli alle Groci. Quest’ Orto fu poi destinato ad essere esclu- sivamente un Orto agrario col decreto di riordinamento della Scuola del 1848 in “ Scuola di Veterinaria ed Agricoltura ,. Mai suddetti giardini non divennero mai proprietà della Scuola, come si rileva dai documenti dell'Archivio di questa: quindi l'Orto Agrario non fu mai istituito e lo stesso Orto botanico, rappresentato da una piccola zona di terreno annesso alla scuola, fu creato effettivamente tra il 1823-25 dal Prof. Scarpari. Tuttavia, per quanto ristretto, questo Orto ebbe la sua importanza per coloro che lo diressero che molto lo curarono: come il Ga- sparRINI ed il Tenore V. che lo riordinò ed arricchì costruendovi anche una Serra. Primo insegnante di Botanica nella scuola è stato Nicola CoveLLi che si ha ragione di credere sia stato anche il primo direttore dell'Orto dal 1815 al 1821. Nel 1822 gli successe nella direzione Francesco Saverio Scarpari, che insegnò botanica (Chimica e Farmacologia) nella scuola fino al 1844. Nel 1845 dettava botanica ed agricoltura Guglielmo Gasparri, che diresse l'Orto fino al 1848 quando lasciò il posto chiamato ad altro utficio. Nel 1861 fu nominato professore di Botanica (Terapeutica e Materia medica) Vincenzo Texore (2) che assunse la direzione dell’ Orto e la tenne fino alla sua morte, che segnò la fine dell'Orto botanico della Veterinaria. Dal 1848 al 1853 non ho potuto rilevare chi abbia tenuta la direzione dell’Orto. Dal 1853 al 1856 ne ebbe la direzione interina il Prof. Giuseppe VaLentini e dal 1856 fino alla nomina di TexorE fu insegnante di Botanica e direttore dell'Orto il Prof. Pietro p’ErcHia fu ispettore della Ve- terinaria Francesco BriIgantI (3). L’Orto Botanico del collegio medico-chirurgico (come si ricava dal Catalogus plantarum quae in horto ete., pubblicato dallo SreLtati nel 1818) fu istituito con decreto di }erdi- nando I nel 1817 e nel Maggio dello stesso anno cominciò a funzionare per cura di Angelo Boccanera eda spese dell'ospedale degli Incurabili. Questo ne concesse poi l’ uso al Collegio Medico-chirurgico retento solummodo agri dominio; e Vincenzo SreLLaTI (4), che insegnava nel (1) Una scuola di veterinaria con un “ direttore ed un maestro già condottosi sei anni prima da Parigi per appararvi le nuove teoriche nello scopo spezialmente di ammaestrar coloro che dei cavalli dell'esercito dovevano prender cura, esisteva già in Napoli dal 1796 ,, (v. Napoli e sue vicinanze 1845 Vol. 2, pag. 61; v. pure CELANO). (2) Nipote di Michele Tenore nato in Napoli nel 1825, allievo dello zio, fu tra i socii più attivi dell’Accademia degli Aspiranti naturalisti (v. Nota 37). Di vasta coltura, conoscitore espertissimo della flora napoletana, è autore di pregiati lavori di fitognosia. Compilò insieme con A. G. Pasquace nel 1847 un trattato di Botanica che si è conservato per molti anni libro di testo della scuola botanica na- poletana. Morì nel 1866. (3) Francesco Briganti era figlio di Vincenzo Briganti (1776-1836), allievo di CiriLLo e di Pe- taGNA, che, botanico reputatissimo , illustrò il sistema Linneano occupandosi di sistematica con le Stirpes rariores del Regno di Napoli e con la descrizione di piante indigene ed esotiche. Pubblicò le tavole elementari di botanica e l’opera sua classica rimasta incompleta “ Historia Fungorum ,. Os- servatore accurato tentò di richiamare l’attenzione della scuola di Napoli sui vegetali meno conosciuti. Mentre dava mano alle sue opere botaniche si occupava pure di zoologia descrivendo nuovi mollu- schi, illustrando la mosca dell’ olivo e contribuendo alla elmintologia per le sue ricerche sui vermi parassiti e sulle Ligule in ispecie. Francesco Briganti fu anch’ esso botanico di valore. Ispettore della R. Scuola Veterinaria fu pro- fessore di Materia medica nella R. Università di Napoli. Continuò l’opera paterna su i funghi del Napoletano illustrandone varie specie nuove. Si occupò di sistematica con un “ Saggio della Flora Lucana,. Fece ricerche sulle piante utili illustrando le “ Piante tessitorie del regno di Napoli , e richiamò nella sua scuola l’ importanza delle piante per le loro proprietà terapeutiche: studiò la macerazione del lino. Come il padre si occupò di conchiologia e pubblicò alcune note in pro- posito. Si devono a lui anche osservazioni geologiche diverse. Nacque in Napoli nel 1802 morì nel 1865. (4) Vincenzo SreLati nacque in Napoli nel 1780. Studiò medicina e Scienze naturali sotto la guida di Cirinro e di Vincenzo Peragna. Insegnò Materia medira nel Collegio medico e nell'Università. Fu » : 20 Collegio materia medica, ebbe l’incarico RE Botanica e la direzione dell’Orto. SreLLaTI nominò suo coadiutore Stefano neLLe Criase “qui botanices studiosissimus horti costitutioni plures menses strenuam operam navavit, (1) e l’arricchì di piante che coltivò diligentissime. StELLATI v' introdusse gran numero di piante medicinali indigene ed esotiche e l’Orto forniva le piante medicinali per i bisogni dell'ospedale degli Incurabili (per maggiori notizie v. l’opera citata dello SreLzami). Allo SreLnati, che passò poi ispettore degli studi del Collegio, successe così nella cat- tedra che nella direzione dell'Orto il Prof. DeLLe Caiase, che la tenne fino alla sua morte, nel 1860. Occupò poi la cattedra di Botanica (e Materia medica) e fu direttore dell’Orto G. A. Pasquane, fino a quando questo finì per la soppressione del Collegio medico avvenuta nel 1863. [9] Qui riporto, per comodo del lettore e per intelligenza dei richiami nella esposizione dei fatti, in ordine cronologico, le principali riforme dello studio napoletano delle quali fo cenno nel corso di questo scritto così nel testo, che nelle note e documenti. 1615 Riforma vicereale (Conte di Lremos). 1735 : Carolina (CarLo pi Borsone). Dispaccio 26 settembre 1777 (v. in proposito Awmopreo 7). 1777 3 Ferdinandea (Ferpimanvo IV di Borbone). Dispaccio 2 novembre 1735 (v. Amonpeo 1). 1806 5 francese [1] (Groseepr NapoLrone). Decreto 31 ottobre 1806, organico, e tutte le disposizioni seguenti a questo relative. 1811 5 francese [2*] (GroaccHimo NapoLron®). Decreto 29 novembre 1811, organico, e tutti gli altri seguenti a questo relativi. 1816 ; borbonica [1] (Ferpixanpo I di Borbone). Decreto 12 marzo 1816 (v. pure i relativi decreti complementari). 1850 È; borbonica [2*] (Ferpinanpo II). Decreto o marzo 1850 e regolamento re- lativo. 1861 nota col nome di “Legge ImpriaNnI, (14 febbraio 1861); ora vigente. Per questa Ca (nelle sue linee generali ricalcata su quella in vigore per tutto il regno d'Italia, Legge Casami 1859) speciale per l’Università di Napoli, la Facoltà di Scienze Natu- rali è distinta da quella di Matematica, e le vengono assegnati i seguenti insegna- menti ufficiali : Fisica, Fisica terrestre, Chimica organica, Chimica inorganica, oa Mineralogia, Bo- tanica, Zoologia, Anatomia comparata. Ai quali poi sono stati aggiunti in seguito |’ Antropo- logia (1880) e l’Istologia e fisiologia generale (1884). l Attualmente completano la serie i seguenti incarichi d'insegnamento : Embriologia, Paleontologia, Geografia fisica, Spettroscopia, le conferenze di Vulcanologia, ed i corsì liberi di Sismologia e di Pa- rassitologia. Alla Cattedra di Fisica terrestre fu aggregato con questa legge (1861) l'Osservatorio Ve- professore di botanica nel Collegio Medico-chirurgico del quale fu più tardi Ispettore degli Studii: ‘ medico reputato, occupò cariche elevate nella pubblica istruzione. Ha pubblicati oltre i suoi scritti me- dici e di Materia medica, memorie di anatomia, di Botanica , il citato Gatalogo dell'orto ecc., ed un trattato di Botanica, che ha avute 2 edizioni (1% 1809. Istituzioni di filosofia botanica; 2%. 1818 Istituzione botanica). (1) DeLe Chiave (v. Nota 34) aveva l’incarico delle dimostrazioni farmacologiche presso il Gol- legio medico come coadiutore dello SteLLATI col quale aveva studiato botanica, scienza che ha col- tivata con onore. Perchè egli non solo di Zoologia, intesa nel più vasto significato, sì uccupò, ma an- che di botanica, lasciando opere magistrali quali la “ Hydrophythologia Regni Neapolitani , (Genturia 1% con 100 tavole, Napoli 1829) nella quale primo trattò lo studio delle alghe marine del Golfo di Napoli, la Flora medica napoletana (una larga illustrazione delle piante medicinali); per non dire di opere minori e di quelle di Farmacologia e di Tossicologia nelle quali si contengono anche studii botanici. 21 suviano, istituto unico nel suo genere, del quale Ferpinanpo II volle la fondazione, che fu cominciato nel 1841 su i piani e disegni dell’architetto Gaetano Fazzini e condotto a ter- mine nel 1846, come da verbale di consegna con relativa pianta, firmato dall’ Architetto e dal Direttore dell’Osservatorio Macedonio MeLLonI (che si conserva nel Grande Archivio). Ma l’Os- servatorio fu inaugurato in precedenza solennemente nel 1845 in occasione del settimo con- gresso degli scienziati italiani riunitosi a Napoli. Gli eventi politici del 1848 fruttarono la de- stituzione del direttore MELLONI e ne fu più tardi affidata la direzione temporanea al Prof. PaLmeRrI, che la tenne fino alla riforma universitaria del 1861, quando, assumendo la cattedra di Fisica terrestre, alla quale come si è detto per la detta legge l'Osservatorio fu aggregato, ne fu no- minato effettivo direttore. Dopo la morte del Pareri, per recente disposizione ministeriale, l’ Osservatorio è stato tolto dalla dipendenza della cattedra di Fisica terrestre e ne è stata affidata la direzione autonoma ad un altro professore aggregato alla Facoltà di Scienze Naturali (istituendosi un corso uffi- ciale di conferenze di Vulcanologia). L'attuale direttore è il Prof. V. MartEvcor. [10] Nella nuova pianta degli studii figura, fra le sette nuove cattedre aggiunte, nella nuova sede della Università ,appunto quella di Storia Naturale, come si legge nel citato dispac- cio. (v. l' Ayesto capo IlI, $ 1; Napori SiexoreLLI, nonchè Amonro 1, pag. 27-18). La catte- dra di Botanica esisteva già da tempo, essendo stata istituita con la riforma dello Studio napoletano del 1735 (Carlo di Borbone) e di questa con dispaccio del 1745 fu fissata la retri- buzione (Ayeto, pag. 5, 6, 7). Nel 1777 all’epoca della riforma universitaria di Ferdinando IV, la cattedra di Botanica era tenuta dal prof. Domenico CrarLno (Almanacehi di Corte per il 1777 a pag. 64) (v. Nota 2). [11] Questo prof. Gaetano ne Borms destinato con decreto del 29 settembre 1777 alla cattedra di Storia naturale, come rilevo dall’ Amopro (7, pag. 29) “ maestro della soppressa lezione di Liturgia nel R. Collegio dell’Annunziatella ,, era il proprietario di quel museo privato di “Storia naturale, costituito da una collezione di pietre vesuviane, di cui si fa cenno nella Nota 3. Delle vicende di questa collezione non ho potuto finora rintracciar notizia. [12] E questo il prof. Saverio Macrì, nato a Siderno (Gerace) nel 1754, che, attratto dallo studio degli animali marini del golfo di Napoli, seguendo le orme dell’Imperato e di Fabio Co- Lonna (1566-1540), iniziava fra noi una nuova èra per gli studi di Zoologia marina con la sua classica memoria sulla “ Storia naturale del polmone marino deglian- lichi, stampata per la prima volta in Napoli nel 1778; opera che gli valse la stima uni- versale ed in patria il seggio accademico. Nel 1792 alla morte del pe Borris, vinse per pubblico concorso la cattedra di “Storia naturale, nella Università, che tenne, per- tanto, nella qualità di prof. interino (come ricavo dagli Annuarii e Notiziarii di corte dal 1792- 1805) fino al 1806: nel qual anno per la riforma universitaria di Giuseere NapoLtone, fu no- minato professore di Zoologia dei vertebrati (“ degli animali quadrupedì e cetacei, degli uccelli e degli anfibii). Insegnamento che tenne fino al 1812 e cambiò, con la soppressione di questa cattedra, per la nuova riforma universitaria del 1811, in quella di Materia medica (Decreto 1° gennaio 1812), che occupò fino alla sua morte nel 1836. Malgrado avesse mutato insegnamento, continuò ad occuparsi di Zoologia marina pubblicando ancora parecchie importanti memorie per i suoi tempi. Fu il Macrì che seppe ispirare ed avviare il Cavo in quegli studii nei quali questi doveva apportare tanta maestria e determinare un così notevole progresso nelle nostre conoscenze zoologiche \v. Nota 19). Egli sopravvisse al suo scolaro del quale contribuì a far note le osservazioni e gli studii rimasti inediti. È [13] Difatti nella relazione del Ramoxpini del 1806 al signor Boxxrr, segretario del Ministero dell’ Interno, riferita nella Nota 4, questi, riassumendo la storia del Museo di Mineralo- [59] [29] gia, a proposito del progettato trasporto di esso nel palazzo degli Studii (Museo Borbo- nico, ora Museo Nazionale) , scrive che fu determinato “si prendesse colà un locale che fosse capace di contenere tutti i rami della Storia naturale ,. E nel riferire ancora che nel detto palazzo si era pure determinato il luogo adatto soggiunge: “ e siccome si dovevano co- struire le fabbriche, così dietro la relazione del Maresca (l'ingegnere che aveva fatto il pro- getto) la R. Segreteria di Casa Reale diede ordine al Marchese peL Vasto di compiere le fabbriche necessarie per formarsi così il “Museo di Storia Naturale,. Non può, dai dati che si hanno, desumersi che questo progetto concreto d’istituzione del Museo di Storia Naturale sia un derivato, per quanto lontano, del dispaccio del 1777 (v. Nota 7) che ne ordinava la creazione; ma, evidentemente, non può non scorgersi il pensiero costante e continuativo (come per l’Orto Botanico) nel governo di dotare la capitale di un Museo di Storia Na- turale, il quale per il decreto del 1804 (v. Nota 4) doveva istallarsi proprio nell’edifizio indicato dal dispaccio del 1777. Ed è, certamente, in ordine a questo progetto che, nell’ af- fidare, nel 1804, la direzione del Museo Mineralogico al cav. G. S. Pour, gli fu con- ferito il titolo di “Sopraintendente e direttore del Museo di Storia Na- turale,.E sotto questo nome il Museo di Mineralogia viene indicato in tutte le corrispon- denze della R. Segreteria di casa Reale, della quale allora era dipendenza (v. Nota 4), nonchè nelle carte di questa, relative alle nomine per le cariche di detto Museo. Ed ancora sotto il nome di “Direttore e custode del R. Museo di Storia Naturale, il Ramoxpinr scrive il suo rapporto del 1806. Finchè, passato il Museo alla dipendenza del Ministero dell'Interno, fu semplicemente chiamato Museo Mineralogico e sotto questo nome aggregato alla. Università (v. Nota 4). Non è possibile indagare se in ordine alla progettata trasformazione del Museo Mineralogico in Museo di Storia Naturale si fossero adunate in quello altre collezioni. Ma sta il fatto che prima del 1812 esistevano nel “ deposito del Museo Mineralogico ,, delle raccolte zoologiche, come risulta da “un notamento di oggetti zoologici (339 pezzi) consegnati, dal sotto custode Strano “al prof. Luigi Prragna, professore aggiunto alla cattedra di Zoologia (prof. titolare era il Sanerovanni) d’ ordine di S. E. il Ministro dell’ Interno, in data giugno 1812; come dal documento originale di consegna. Dal quale si ricava che di questi oggetti, in massima parte conchiglie e madreporarii, una parte era proprietà nel Museo Mineralogico, una altra apparteneva ad una “collezione Mror, ivi depositata. Di questo documento si conser- vano le copie nei relativi Archivii del Museo Mineralogico e di quello di Zoologia. [14] Decreto del 31 ottobre 1806. N. 474. Giuseppe NapoLeone — Facoltà di Scienze Naturali: Titolo V. Art. 2. Elenco delle cattedre : 1. Chim'ca — 2. Botanica. — 3. Mineralogia e Metallurgia. — 4. Zoologia dei quadrupedì, dei cetacei e dei volatili. — 5. Zoologia degl’ insetti, dei vermi, testacei litofiti ed ani- mali microscopici. [15] Giosuè Saxrovanni nato a Laurino in provincia di Salerno nel 1776, morì in Pozzuoli (Napoli) nel 1849. Studiò in Napoli medicina e fu scolaro di Domenico Craruvo. Originale fi- gura di scienziato e di rivoluzionario, uomo di larga coltura, medico, naturalista, zoologo valente, lamarckista convinto, fu apostolo fra noi di quelle teorie. Spirito impaziente ed irre- quieto, prese parte attivissima ai rivolgimenti politici del 1799 e fu del manipolo dei difensori del piccolo forte di Vigliena, contro le orde del cardinale Rurro. Imprigionato col suo maestro Dome- nico CiriLco, dopo 13 mesi di prigionia nelle carceri dei Granili a Napoli gli riesce di sfuggire alla sorte di questo (v. Nota 2, in nota 1) e ripara in Francia nel 1800: di là passò in Lombardia con l’armata d’Italia, in qualità di medico (1802), che abbandonò ben presto per stabilirsi a Parigi. Entusiasta delle discipline naturali, seguì i corsi di Cuvrer, Lamarek, Grorrroy St. Hrnarre, e glì altri valentissimi allora professori e docenti del Museo del Giardino delle piante: Subito si fece notare da costoro, che ne riconobbero l’attitudine nelle discipline zoologiche, e ne apprez- zarono il valore: il Lawarer lo chiamò a coadiuvarlo nell'ordinamento delle collezioni conchilio- logiche, e Cuvrer lo accolse nel suo Museo, affidandogli uno studio preparatorio sui vertebrati Laden» È = w : 23 fossili, per il suo lavoro (ricavo ciò da carte e documenti privati del Saxerovanxi). Il Cuvrer lo presentò a LacerÈDpE come uno Zoologo eminente e questi lo raccomandò a Giuseppe Na- PoLeoNE re di Napoli (1), volendo il Saxcrovanxi far ritorno in patria, per occupare una cattedra di Zoologia nell'Università. E difatti, in seguito specialmente alle lusinghiere informazioni fornite da Cuvier (lettera autografa del 19 settembre 1806), su richiesta analoga, al Ministro dell’In- terno del regno di Napoli, il SanGIovanni fu nominato, nel 1806, mentre era ancora a Parigi, alla cattedra di Zoologia degli invertebrati, creata dalla riforma universitaria del 1806 (v. Nota 9). E venne in Napoli caldamente raccomandato al Ministro dell’Interno Mior dai Professori del Museo di Storia Naturale che gli rilasciarono un certificato di stima e benevolenza (2) e con una let- tera di presentazione al re di Napoli del LacrPÈDE (3). SanGIovanNI, assunto alla cattedra, desiderò che il titolo di questa:fosse cambiato (Decreto 1807) in cattedra di Anatomia comparata, la primaistituita in Italia (4). Ma il Saxciovansi non durò a lungo in questa carica, che lasciò per prendere altra via (nel 1811 era Consigliere d'Intendenza a Salerno). Rinominato nel 1812 alla nuova cattedra di Zoologia, istituita dalla riforma universitaria del 1811, sì dimise nel 1813: nel 1819 era Bibliotecario della R. Università, dalla qual carica fu destituito nel 1822 per i moti politici del 1820, ai quali non era rimasto estraneo (era anche stato deputato al parlamento per la sua provincia). Fu finalmente nominato direttore del Museo Zoologico e professore universitario nel 1832, alla morte di Prragna (v. Nota 25, 36): carica che tenne sino alla sua morte. Se poco numerose sono le sue pubblicazioni scientifiche, che vertono spe- cialmente su i Molluschi e su i Vermi, numerosi e pregevolissimi sono i suoi manoscritti, rimasti inediti, intorno alla filosofia zoologica, all’anatomia e fisiologia comparata ed alla distribuzione metodica degli animali ecc. Attiva spese tutta l’opera sua per la istituzione dell’attuale Museo Zoologico. [Devo alla cortesia di suo figlio E. SanGIovanNI l'avere potuto esaminare le carte, i documenti, i manoscritti delle opere inedite e la interessante corrispondenza del prof. SaxGIovaNnNI]. [16] Decreto del 14 novembre 1806 di Giuseppe NapoLroNe (N. 568) che nomina i professori alle cattedre istituite con il precedente decreto di riforma (v. Nota 9). Insieme ai professori Sa- verio Macrì e Giosuè Sanerovanni per le due cattedre di Zoologia, vengono con questo de- creto nominati D. Vincenzo Prragna professore di Botanica e D. Matteo Toxpi per la Mine- ralogia: questi fu il primo professore della materia nella nostra Università; ma non tenne la cattedra perchè si dimise nello stesso anno (v. Nota 4). [I7] Decreto 4 aprile 1808 (N. 568). Chi sia questo signor G. B. Derànpe non ho potuto sapere; nè mi è riuscito di stabilire se abbia mai prestato servizio nella carica alla quale era stato nominato con l'assegno di Duc.ti 40 al mese. Tutto lascia supporre che sì tratti di una (1) Lettera del LacerèDe a Mior ministro dell’interno del regno di Napoli. (2) È questo un prezioso documento che porta le firme autentiche, insieme raccolte, di tutti i Professori del Museum d’Histoire Naturelle nel 1807: Cuvier, LacepèDE, Gerorraoy S. HiLa1re, LamarcK, De Jussieu, Hay ecc... (3) Sire - Votre Majesté me permettra-t’elle d’avoir l’honneur de lui demander d’honorer d’un peu de bienveillance M. Sangiovanni qui part pour les états de Votre Majesté et va remplir à Naples la place de professeur et celle d’accademicien qu'il tient des bontés du roi au quel l’Italie méridionale doit son bonheur. M. Sangiovanni emporte l’estime et l’attachement de tous ceux qui cultivent avec succès à Paris les Sciences Naturelles, je ne doute pas que ses lumières, son zèl et son desir de plaire à Votre Majesté ne rendeni ses travaux très utiles au progrès des sciences et aux états napolitaines, Votre Majesté degnerà ecc. Firmato Lacerépe. Paris, 19 dec. 1807. (4) Decreto 21 marzo 1807. N. 797. GiusePPE NAPOLEONE, ecc. Art. I: La cattedra istituita nella R. Università degli studi in questa città sotto il titolo di Zoo- logia dei Vermi, degli Insetti e degli animali microscopici, assumerà d’ora innanzi il nome di Cattedra di Anatomia Comparata e Storia degli animali senza vertebre. nomina di favore fatta ad un posto che si aveva in animo di creare forse presso l’ancora da istituire Museo di Storia Naturale. [18] Ecco la lettera : “ I] Ministro dell’Interno al signor Giosuè Sanciovanni professore della R. Università — Ho scritto con la data di oggi al signor Intendente di Napoli di assegnare a V. S. Ill. il più presto possibile un locale nell’edificio di S. Marcellino ove possa comodamente allogare e riporre gli oggetti di Storia Naturale ed i libri che ella ha..........,. Dalla corrispondenza del prof. SaneiovanNI (v. Nota 15). In questa cor- rispondenza si parla dell’Orto Botanico in San Marcellino (v. Nota 8). [19] Decreto 20 novembre 1808, N. 206. GrioAccHino NAPOLEONE ecc. e Art. I, Fra le cattedre di prima classe della nostra Università degli studii ve ne sarà dal prossimo novembre in poi una delle teorie generali della Storia Naturale dimostrata con le osservazioni. Art. 2. È nominato professore della medesima il sig. Filippo Cavotisi. il quale dovrà trasmettere al Museo di Storia naturale con la conveniente descrizione, gli oggetti raccolti analizzati e dimostrati.... , Filippo Cavonii, nato a Napoli nel 1756, si era avviato alla carriera forense dove si faceva onore: per la morte del padre costretto a ritirarsi nei suoi poderi di Posillipo, lasciati i codici, si rivolse con tutto l'impegno e l’ardore allo studio della zoologia, che aveva iniziato fin da gio- vane, studente di lesse, seguendolo per diletto, spinto da sua naturale vocazione. E già aveva egli, nel 1872, pubblicato le sue osservazioni sulla caprificazione. Istigato dal suo maestro Saverio Macrì si dette con particolare cura a ricercare gli animali marini del nostro golfo, illustrandoli in maniera magistrale; rivelando per le sue opere tanta dovizie di forme e dimostrando tanta conoscenza ed acume di osservazioni, da maravigliare anche oggi per l’ opera sua lodata da italiani e stranieri che a lui rendono continuo omaggio. Meritato tributo di stima che d’ogni parte viene da tutti universalmente resa all’ opera sua, per la quale salì in così grande fama, che fu in rapporto e relazione, da questi ambita e desiderata, con tutti gli scienziati del tempo. Nè in patria il suo merito fu sconosciuto come si rileva dal decreto che qui si riporta (1). Ma questa Cattedra egli non potè a lungo godere, perchè morì nel 1810. nella sua casetta di Posillipo, dove aveva compiute le sue osservazioni, scritte le sue opere e radunato anche un piccolo Museo, lasciando larghissima messe di osservazioni inedite che furono raccolte e coordinate da una commissione della Accademia delle Scienze, della quale faceva parte il Maori (v. Nota 12), che il DeLLe Carase ha pubblicate in un Volume di “Memorie postume, stampato nel 1853: (Per la vita e le opere di Cavotoni, v. MowriceLLi Teodoro e DeLLE CAIASE). [20] Effettivamente in tutti i rapporti di pagamento e di spese per mensili per la R. Università che mi sono capitati sottocchi, sfogliando nel Gr. Arch. il Fase. 4773 (Minis. Int. 2. invent.) fino al 1809, mentre figurano le spese pel mantenimento del R. Orto Botanico e del Museo Mineralogico, nonsifa parola di un Museo di Storia Naturale o di Zoologia; nè l’esistenza di questo si ricava da altri stati di pagamento posteriori che riguadano l’Università, nè di esso è fatto cenno negli Almanacchi reali in tutti i volumi che ho potuto consultare dal 1806 al 1813: nei quali non si parla di Musei a proposito di Università; ma si citano solo i RR. Musei di Antichità, di Mineralogia e del Giardino Botanico. Pertanto dal rapporto del sig. Ramoxpini, custode del Museo mineralogico (riportato nella Nota 13), che risponde ai quesiti mossigli dal signor Boxxer, segretario generale del Minist. dell’Interno, si ricava l’inten- zione del Ministero di essere informato della storia di quel Museo, delle sue condizioni e finalmente (quesito 5) di che cosa sia conveniente di praticare per mantenere e ridurre a miglior forma questo stabilimento , in ordine al progettato ampliamento di esso in un Museo di Storia Na- turale; e quindi si desume il pensiero del governo di addivenire alla creazione di un tale Istituto. (1) Egli non fu mai, come asserisce DeLLe Caiave, professore di Zoologia (v. la nota a piè di pagina dell’Elenco cronologico del testo, a pag. 8). 25 [21] Cattedra di Zoologia che è stata sempre conservata così come fu fondata in tutti gli ulteriori riordinamenti universitarii e modificazioni agli insegnamenti (dal 1816-1848), nonchè nella riforma organica del 1850 (6 marzo) ed in quella del 1861 (16 febbraio, più comune- mente nota col nome di legge ImBRIANI) che provvide all’assetto definitivo della Università di Na- poli (v. Nota 9). Per questa legge fu pertanto aggiunta a quella di Zoologia, nella facoltà di Scienze Naturali, la nuova cattedra di Anatomia comparata, insegnamento che negli ordinamenti Universitarii precedenti rientrava in quello di Anatomia umana; ripristinando così la cattedra istituita nel 1808 pel Saneiovanni (v. Nota 15), abolita nel 1811 e risorta in progetto nel 1832 (v. Nota 36). Questa cattedra di Anatomia comparata fu affidata nel 1861 a Paolo Panceri, nato a Milano nel 1833, esatto e serupoloso osservatore, sagace sperimentatore, autore di numerosi ed importanti lavori di Anatomia e Fisiologia comparata, nonchè di Zoologia, che ha legato principalmente il suo nome agli studii sulla fosforescenza dei metazoi marini del nostro (Golfo, morto in Napoli, nel 1879. Il Panceri, mentre con i suoi studii infaticato contribuiva al pro- gresso della Scienza e dotato d’ insigne capacità didattica spendeva piena la sua attività per la scuola, seppe creare in breve tempo con costante lavoro il Museo di Anatomia Comparata della Università di Napoli; uno dei Musei più ricchi d’Italia e fra i maggiori così per l’importanza, come per il numero delle preparazioni; purtroppo assai malamente allogato al quarto piano dell’edifizio universitario: locale insufficiente per il Museo ed in generale per i bisogni dell'Istituto di Anatomia comparata, per deficienza d'ambienti da Laboratorio. Il primo nucleo della collezione generale del Museo furono le raccolte di Anatomia comparata del NanuLA e di DeLre Carase insieme ad altre esistenti nel Museo di Anatomia patologica (v. Nota 41) e provenienti in parte dal Museo Zoologico (come p. e. lo scheletro dell'elefante). O. G. Cosra donò poi al nascente museo i suoi preparati osteologici ed altri diversi furono offerti dal Pro- fessor Ricararpi, Ma presto, mercè l’opera solerte del Panceri e dei coadiutori F. LucareLLI e L. De Sanctis, il Museo crebbe meravigliosamente, cosicchè già nel 1867 fu possibile pub- blicarne un primo Catalogo sistematico che numerava 2000 preparati. A questo Catalogo tiene dietro un 1.° ed un 2.° supplemento (1878) che sarebbero stati seguiti da altri certamente, se la immatura morte del Panceri non avesse arrestata l’opera di attivo accrescimento del Museo, che in quell'epoca (1879) contava già 4000 preparazioni (per Panceri, v. Cesati 2). [22] R. Decreto organico per la istruzione pubblica del 29 novembre 1811. (v. Nota 9). Titolo V.— Università di Napoli.—Nella Facoltà di Scienze matematiche e fisiche, i professori di Astro- nomia, Botanica, e Mineralogia dirigeranno l'Osservatorio astronomico, il Giardino delle piante (leggi Orto botanico) ed il Museo mineralogico. Saranno in seguito stabiliti un Lavoratorio chimico, un Gabi- netto di macchine per la Fisica ed un Museo di Zoologia per le lezioni di queste scienze. [23] Decreto (N. 1631) del 18 febbraio 1813 che provvede alla istituzione in Napoli del Museo Zoologico (Grand. Arch. decr. orig. N. 9949). GroaccHINo NAPOLEONE, ecc. Visto l’art. 29 del R. decreto del 29 novembre 1811 col quale è prescritto di stabilirsi nella nostra buona città di Napoli un Museo di Zoologia per la istruzione della gioventù studiosa. Visto il rapporto del nostro Ministro dello Interno. Abbiamo decretato e decretiamo : Art. 1. Il Museo Zoologico sarà stabilito nel locale del soppresso monistero di Monteverginella. Art. 2. Il Ministro dell’ interno farà formare il progetto ed il calcolo della spesa e lo presenterà alla nostra approvazione. Questo progetto sarà fatto in modo che rimanga conservata la parte che si trova conceduta ad uso della Società Pontaniana. Art. 3. Si darà principio alla esecuzione del nuovo progetto subito che i locali non saranno più necessarii alla formazione dei campioni dei nuovi pesi e misure. Intanto il Ministro dell’interno assegnerà al Museo quella parte del locale che non è occupata dall’officina, e vi farà eseguire le accomodazioni necessarie. Art. 4. Il Ministro dell'interno darà le istruzioni e gli ordini più efficaci perchè si formi con celerità la collezione; se ne farà render conto dalla persona incaricata di dirigere la formazione di questo Museo. Il ministro incaricato ecc. — PIGNATELLI G. NAPOLEONE 4 [24] Nella Nota 13 ho, difatti, ricordata la consegna compiuta nel 1812 dal detto custode del Museo Mineralogico Giuseppe Srano al prof. Luigi PeraGNna, aggiunto alla cattedra di Zoologia, per ordine di S. E. il Ministro dell'interno delle collezioni zoologiche esistenti nel Museo Mine- ralogico. Ciò prova che fin dal 1812 si andavano radunando delle collezioni zoologiche per uso della cattedra e dell’istituendo Museo di Zoologia, in base al riordinamento di que- st'insegnamento pel decreto del 1811, che, nell’unificare la cattedra, stabiliva fosse a questa an- nesso un Museo Zoologico (v. Nota 22). [25] Nel Fasc. 967 (Minister. Interno Gr. Arch.) si trova tutta la corrispondenza relativa alla cessione che il Cav. Arpimi, direttore del Museo Borbonico (ora Museo Nazionale), fa a quello del Museo Zoologico di queste collezioni ed alla ricevuta che, in data 25 aprile 1819, ne rilascia il Prragna assicurando i detti oggetti essere stati già collocati in Museo. Questa corrispondenza è accompagnata da un elenco sommario degli oggetti ceduti, contenuti in sette cassette (di con- chiglie, crostacei, ecc.: nella settima è fatto particolarmente cenno di tre denti di narvalo il più grande di palmi 8 ed uno più piccolo), oltre i seguenti pezzi: “ Lo scheletro dell’elefante, il cuoio appartenente al detto elefante, l’ossame di cascialotto preso negli anni passati presso l’isola d’Ischia, una serpe boa, un coccodrillo, due lucertole ben grandi, il cuoio di un delfino, il cuoio di una volpe marina ,. Il coccodrillo in parola ed un’altra spoglia di coccodrillo pure esistente in Museo sono più tardi reclamati dal Re (1821) per metterli nel portico del Museo egizio del R. Museo borbonico (v. corrisp. relativa e ricevuta di consegna, 17 novembre detto anno, del di- rettore Cav. Arprri esistente nell'Archivio del R. Museo Nazionale). [26] Giusta la corrispondenza relativa al detto acquisto (17 aprile-13 luglio 1819), che si conserva nel Gr. Arch., Minist. Interno, 2 Invent. Fasc. 969. Nel fasc. 968 e con data posteriore, trovo fatto cenno in un rapporto (lettera del Prragna), di una collezione del SaneIovannI esi- stente in Museo giusta lo inventario; ma non mi è riuscito di intendere se questa è proprio quella acquistata dal Museo nel 1819, come, con ogni probabilità, è da credere. [27] Ma che un Museo Zoologico vi fosse non è da dubitare: ciò si rileva da documenti del Grande Archivio [Fasc. 968, Minist. Int.] dove è fatta parola di questo Museo (senza pertanto indicarne la sede); come p. e. il rapporto del Prof. Prragna del 19 luglio 1819—col quale si chiede l’uniforme per il 1° e 2° preparatore sulla foggia di quello dei bidelli “ col solo distintivo della cifra al collare dinotante lo Gabinetto cui servono ,—ed altri, fra i quali alcuni del 1819 che si riferiscono a pratiche per riattare il Museo, dove si legge pure un progetto per la co- struzione dei banchi per la Scuola di Zoologia annessa al Museo. E poichè dal progetto di rifazioni di porte e di finestre possono queste ben riconoscersi per quelle descritte nell’ in- ventario del Museo del 1822 (v. Nota 25), vi è ogni ragione per dedurne che il Museo ebbe sua prima sede dove lo troviamo nel 1822 e dove è sempre rimasto, finchè, nel 1845, passò nella nuova (attuale) Sala. Di che farebbe fede ciò che dice il FLautI che, a pag. 91, parlando del Gabinetto di Zoologia serive “ questo Gabinetto che ora occupa un intero lato del secondo ordine della Università, (si deve intendere negli anni 1837-43): perchè egli avrebbe come degli altri gabinetti, accennato ad una sede diversa precedente, se esso ne avesse avuta altra. Resta pertanto sempre a sapersi quando questo locale è stato assegnato al Museo Zoologico edin virtù di quale decreto o disposizione, e chi per primo ha curata la istituzione del Museo e delle collezioni. Da un elogio di L. Prraena (vedi Vurees) (1) si desume che questo merito tocchi a lui, successore, nella cattedra, del SancIovannI nel 1813, confermato professore di Zoo- logia e nominato direttore del Museo Zoologico alla restaurazione borbonica nel 1815. (v. Note all’Elenco cronologico a pag. 9, N.° 5.); Museo che per sovrana disposizione del 13 settembre 1815 (1) Luigi Prragna (1779-1832) era figlio di Vincenzo, botanico e zoologo, professore di botanica nella Università di Napoli (v. Nota 2 e 8); si è occupato specialmente di Entomologia; ma ha pubblicato poco lasciando molti studii inediti (VuLPES), essendosi tutto dedicato alla direzione del Museo. È j i i Te LC. E A 27 restò alla dipendenza del Ministero della Istruzione. L. Prragna avrebbe ceduto al Museo nascente le sue collezioni zoologiche e quelle raccolte dal padre Vincenzo Prragna (v. Nota 2, in nota). E questo si ricava pure da alcuni vecchi ed incompleti incartamenti dell'Archivio del Museo Zoologico, dove esistono copie e bozze di un piano d’ ordinamento (economico) del Museo re- datto dal Prragna nel 1815 ed una frammentaria corrispondenza in proposito, nonchè il pro- getto del “gran Museo Zoologico da farsi ,, in ordine alla legge del 1811 (v. Nota 9) ed al decreto di istituzione del detto Museo (v. Nota 23). Da queste carte si desume ancora che effettiva- mente furono iniziati gli studii per l'adattamento del locale di Monteverginella, che non furono proseguiti e, non ho potuto sapere perchè, ne fu abbandonato il pensiero: ma da nessuno di questi documenti si deduce notizia precisa intorno alla prima istallazione del Museo. Da un “No- tamento di animali che si conservano nel Real Museo Zoologico raccolti da Febbraio a Decembre del 1812 ,, risulta che delle raccolte zoologiche erano state iniziate per uso delle lezioni di zoo- logia e per base del Museo Zoologico fin dal tempo della direzione del Sancrovanni, da L. Prra- GNA, allora aggiunto, per autorizzazione sovrana. Esse furono radunate in un locale che doveva ser- vire provvisoriamente da Museo Zoologico, in attesa che questo fosse istituito per la legge del 1811. E questo locale, come mi riesce di interpetrare i fatti, era appunto nell’ Università e nelle stanze dove troviamo il Museo nel 1822; dapprima poche e poi aumentate fino a raggiungere il numero di quelle indicate dall’inventario del 1822, per le insistenze del Prof. PrraGna; che, come risulta dalla citata corrispondenza del tempo conservata nel Museo, ne fece richiesta, es- sendogli stato negato il desiderato locale in Monteverginella. Dove egli, accampandone il dritto per il decreto di istituzione del Museo (1813), chiedeva delle camere al Presidente della pubblica istruzione, data la insufficienza del Museo Zoologico, volendo egli allogarvi i prepa- ratori: camere che, come pare, non gli furono accordate. Da che risulta provato e dimostrato da documenti quanto asserisco nel testo, a pag. 4, che, cioè: il Museo Zoologico non ha avuto mai sede nel locale di Monteverginella. [2S] L’ inventario in parola “ riservato ,, col titolo “ Notamento di ciò che esi- ste nel Museo zoologico della R. Università, in data 10 maggio 1822 di pag. 54, controfirmato dal prof. Luigi Prraewa e dal Rettore D. Gaetano GiaxxatTASIO, si conserva nel Gr. Arch. (Fas. 967. Ministero interno). Detto inventario comincia con la deseri- zione del locale, del quale dà l’ubicazione esatta, e di ciascuna camera con |’ indicazione del- l’uso cui era destinata, nonchè l’elenco degli scaffali e dei mobili che conteneva (1). A questa segue l'elenco nominativo degli animali allora esistenti in Museo; dal quale si desume vi erano : 30 Mammiferi, — 91 Uccelli — 23 Rettili (18) ed Anfibi (5) — 70 Pesci — 422 Conchiglie — 10 Echinodermi — 30 Celenterati e Medusarii — 24 oggetti diversi. Da questo inventario ho potuto desumere l’esistenza allora nel Museo di molti dei pezzi della collezione proveniente dal Museo Borbonico (v. Nota 25); come p. e. i denti di Narvalo, gli scheletri del cascialotto e dell’ele- fante, nonchè la pelle di quest’ultimo (montata) che porta la notazione della provenienza dal Museo Borbonico ed è indicato come £. maximus. Di questa rr’ a alcuni pezzi, come gli scheletri (1) Da questa descrizione delle camere ho potuto ricavare, come ho affermato nel testo, che queste erano appunto le attuali piccole sale contigue al gran salone della Biblioteca Universitaria, che a questa furono aggregate quando il Museo passò nella nuova sua sede (v. Nota 38). La Biblioteca del- l’Università, creata, come pare, con la Prammatica del 1616 del conte di L»mos, fu riordinata e costi- tuita come biblioteca dell’Università, che egli chiamò dal suo nome GroAccHINA, con decreto del 26 feb- braio 1812 (v. Capuana e MINERVINI) da GroAconIiNo NAPOLEONE, assegnandole una dote fissa. FERDI- naNDO I mutò (1815) il nome della Biblioteca Groacc®na in quello che conserva tuttora di “Biblio- teca della R. Università degli Studii,. Questa ebbe sua prima sede nell’ex convento di Monteoliveto, dove fu per poco l' Università (v. Nota 6) e poi fu trasferita nei locali attuali del l’Università ed occupò dapprima la gran sala del primo piano (a settentrione) e poi si ingrandì a spese degli attigui locali del Museo zoologico (Minervini, CAPUANO, MioLA) (quelli dell’elefante e del casciaiotto), sono passati prima al Museo anatomico e poi al Museo di Anatomia comparata della Università, dove tuttora si conservano (v. Nota 21); altri sono andati perduti: solo pochi esistono ancora nelle attuali collezioni (p. e. uno dei tre denti del Narvalo e la pelle d' elefante), dei quali ho potuto con certezza rintracciare la provenienza. L'elefante qui ricordato, che è un grande esemplare della specie £. africanus, ha tutta una storia. Per antica tradizione si credeva che esso fosse un dono fatto dal Sultano Mahonimed V, in pegno di amicizia e di alleanza (1742), a Carlo di Borbone, che pare ne ignorasse di fatti la vera origine e per tale lo ritenesse. E come dono è riportato così negli articoli del Serao, come in altri più recenti ed in uno scritto d’ occasione del conte De La Vince Sur Yuuon. Ma lo ScHipa (1e 2, pag. 254-256) ha dimostrato, sulla scorta di documenti, che esso fu, invece, acquistato per ordine del Duca di Saras, primo ministro del Re Carlo, dal conte Finoccnierm, ambascia- tore napoletano presso il Sultano, che ebbe incarico di procurarne una coppia e non riuscì che ad averne un solo ed a peso d’ oro. Interessanti sono tutte le notizie raccolte in propo- sito di questo elefante dallo Scnma, che completano quelle anedottiche del Dre ra Vinue e di Croce (pag. 407); i quali fra l’altro ci fanno sapere come il detto elefante sia comparso financo sulle scene del R. Teatro di S. Carlo per figurare nell’ opera Alessandro in India. L’ elefante fu tenuto nel R. parco di Portici, oggetto di curiosità pel tempo che visse, che non fu lungo; morì, pare, intorno al 1756. Vivente, per comando del re, ne fu eseguito un disegno ed al dotto medico naturalista Francesco Serao (1702-1782) fu dato incarico di farne una particolare de- scrizione, che fu pubblicata, prima a parte, e poi negli “ Opuscoli di fisico argo- mento, dello stesso Serao, stampati in Napoli nel 1766. La descrizione è accompagnata dal disegno, un rame che porta in calce, a destra di chi guarda, una piccola firma: D. Cirillo del. — L. Boily S.; ciò che induce a credere che questo disegno fosse stato eseguito proprio da Domenico CirinLo (1739-1799), l'illustre botanico ed entomologo, che fu esperto disegnatore (v. Nota 2). Morto l’ elefante ne fu preparato lo scheletro , e, come ci informa lo ScHpea (2, pag. 256, in nota) fu eseguito un disegno dell’ossatura (dello scheletro) mentre “ questo sì animava con i ferri,, ed una preparazione tassidermica, quella ora esistente nel Museo zoologico. Questa, malgrado fosse stata restaurata in seguito, per le ragioni che più oltre dirò, corrisponde perfettamente al disegno dell’ opera del Serao e si vede fatta sulle misure da questi date dal vivo; ciò che sì ricava a prima giunta quando si compari la figura del Serao con l'esemplare del Museo zoologico. Scheletro e pelle (cuoio) furono (perchè e quando, esattamente non mi è riuscito di saperlo) depositati nel R. Museo Borbonico (ora Museo Nazionale), dove rimasero fino al 1819; quando, come innanzi si è visto, furono trasferiti in quello di zoologia. Tanto allo scheletro quanto alla pelle mancano le difese, che pur aveva e lunghe l’ animale vivo, come si ricava dal disegno, il quale mostra segata per metà, in lungo, una di esse: ora sono sostituite da false difese in legno dipinto. Come e quando scomparvero non ho potuto rintracciare: certo è che lo scheletro le conservava ancora nel 1808, come risulta dal rapporto che più innanzi trascrivo. Pertanto pare che nel Museo Borbonico l’ elefante non fosse troppo custodito, come si ri- leva da un rapporto in data 4 gennaio 1808 indirizzato al cav. Arpiri, Direttore degli Scavi in antichità di tutto il regno, esistente fra le carte dell’ Archivio del R. Museo Nazionale (ex R. Museo Borbonico), nel quale l’ anonimo estensore lamenta che il luogo destinato “al cuoio ed allo scheletro dell’ elefante, non è confacente alla custodia di tali oggetti per l’acqua che gli cade sopra dalle lamie del portico; alla integrità dei quali mina anche l’ indiscretezza della gente popolare “ che volendo forse rubare un ferro che passa per dentro il cuore della pro- boscide, guasta la pelle; essendo stata tagliata in più parti l’ estremità della proboscide ed un pezzo di pelle del ventre, e “ se mai, continua il rapporto, ciò è stato adoperato da qualche ciabattino, sarà capace questo colli altri compagni, di notte togliergli tutto il cuoio per acco- modarne le scarpe e così avrebbero a perdersi questi monumenti necessarii per la storia na- turale, come ancora potrebbero perdersi i tronchi di denti che nello scheletro sono rimasti. Passo tutto ciò all’ intelligenza di V. S. Ill...... » Nella preparazione tassidermica (te- 29 nendo presente il disegno dell’ opuscolo del Serao) si vedono appunto restaurati il ventre e la proboscide: ciò che fu eseguito sotto la direzione del PrraGNa, quando l'elefante fu trasportato dal Museo Borbonico in quello di Zoologia. [29] Leggesi nel detto inventario (v. Nota 28) nella descrizione delle stanze, “ Prima stanza addetta ad uso di lezione: essa ha una porta che è la prima allorchè si finisce di salire la scalinata ,. Questa sala è stata sempre destinata a cattedra di Zoologia, finchè il Museo ebbe quella sede. Il Prragna nel 1826 desiderava adibire detta stanza per la collezione Potr, di recente acquistata dal Museo (come si ricava dal testo, v. pure Nota 32). Ma il ministro d’allora negò il chiesto consenso, perchè la sala in questione non doveva essere adibita ad altro uso che a quello di Cattedra, dovendo questa essere vicina al Mu- seo per le opportune dimostrazioni (Gr. Arch. Fasc. 976-968, 1° e 2° Invent. Ministero In- terno); riconoscendosi, con sano criterio, la necessità che la Cattedra sia nell’ Istituto Zoologico. Il Ministro, conseguentemente, dispose che, essendo la collezione Poni raccolta in bacheche, queste potevano alloga»si nel mezzo delle altre sale (attigue) del Museo. Così fin d’ allora la Zoologia aveva una cattedra propria, per la quale trovo nei citati fascicoli del Gr. Archivio frequenti notizie relative all'arredamento di banchi, lavagne, telai ecc. e rinnovazioni diverse; cattedra che in appresso, in tempi più moderni e progrediti, le fu negata. [30] Da uno stato di pagamenti per l’anno 1823 (che trovasi nel fasc. 47783, 2. Invent. Min. Int. Gr. Archivio) ho potuto desumere quale era il personale del Museo durante la dire- zione Prragna fino al 1832: cioè D. Cristoforo Buoxerorno aiutante, D. Saverio Stesto prepa- ratore, D. Domenico Sresro aiutante del suddetto, D. Antonio Sresro come sopra, Michele Scoppa incaricato di raccogliere insetti. [31] Nell’ incartamento relativo (Gr. Arch. Minist. Int. Fasc. 967. Museo Zool.) la lettera che annunzia il dono (29 giugno 1824) è accompagnata da un elenco ( Conchiglie di Taranto) contenente molte interessanti notizie illustrative per ciascuna delle specie (n.° 33) donate, fra le quali quelle riguardanti le ostriche. Di queste, secondo l’anonimo autore del catalogo, ve ne sono quattro specie a Taranto. L’ostrica rondinella (l’Avieula tarentina?), l’ostrica a sfoglio di cipolla, l’ostrica comune squamosa (forse varietà dell’Ostrea edulis ), l’ ostrica spinosa detta in Taranto Scataponzolo, del quale nomignolo l’A. cerca di trovare l'origine “ nella greca voce dvoyararoros che traducesi Cibus qui aegre deglutitur, poichè sì acre e piccante è que- sto frutto, che non così volentieri si mangia crudo come le altre conchiglie, e cotto bisogna pur condirlo per temperarne l’aspro sapore ,. Questo Scataponzolo, come mi comunica il col- lega prof. Carazzi, non è altro che Spondylus gaenoropus, specie mediterranea, specialmente comune nel mar Piccolo di Taranto: egli l’ ha trovato anche frequente fossile della fine del terziario o del principio del quaternario. A Taranto chiamano anche ora questo Spondilo Ostrica Scataponzolo od Ostrica spin +;na e qualche volta anche Ostrica reale. [32[ Chiamo “Poliano, questo Museo perchè esso è così designato nel voluminoso in- cartamento che lo riguarda nel Gr. Archivio di Napoli (Minis. Int. Fas. 967) e nei frammenti di corrispondenza ad esso relativi esistenti nelle vecchie carte d'Archivio del Museo Zoologico. È questo il Museo privato di Storia Naturale del cav. Port, del quale ho accennato nel testo e nella Nota 8, raccolto in sua casa fin dal 1787 (v. Nota 33). Di questo Museo nel 1816, su analoga richiesta del Por1, il Re Ferdinando IV (v. lettera del Port in proposito), con rescritto del 18 giugno 1816, ordinò l’acquisto per ducati 15,000. Come risulta dall’ elenco annesso agli atti di compra, il Museo Poliano constava di: “ 1° una ricchissima collezione di Conchiglie di tutte le parti del mondo di diversa grandezza; 2° una ricca collezione di mi-, nerali di varie specie; 3° una simile collezione di fossili di varie contrade, fra i quali ve ne ha di quelli che sonosi convertiti in metalli, altri in sale, in gesso, in pietra, in agata; 3U 4° una collezione di prodotti vulcanici ; 5° una raccolta di madrepore e millepore, coralli ed altri zoofiti; 6° una collezione di farfalle, ciascuna delle quali è racchiusa in una cassettina di cristallo. Tutte le collezioni sono chiuse in {2 tavolini di ceraso con coverchi mobili di cristallo ed in cinque vetrine di ceraso collocate sopra altri cinque tavolini (17 tavolini) e nove scansie di ceraso con sportello (2 a tre, 6 a due, 1 ad uno sportello),. Acquistato il Museo dallo Stato gli vien destinato un locale nell’ edifizio di Monteverginella (quello stesso edifizio prescelto col decreto del 1813 per istituirvi il Museo zoologico) (v. Nota 23); e ne è nominato direttore il prof. L. Prragna (direttore del Museo zoologico universitario: v. Nota 27) e custode il sig. D. Giuseppe Siano; che è poi quello al quale effettivamente fu affidato il Museo, e che si trova sempre nominato in tutte le vicende di questo e che ne difende le sorti; mentre del direttore non si fa più parola: ciò che lascia dedurre tale carica fosse solamente onorifica. Ma il locale assegnato al Museo Poliano fu riconosciuto inadatto dall'ingegnere incaricato dei lavori d’ istallazione, che propose di allogarlo, invece, nell’ ex monastero di S. Lorenzo Maggiore, nella sala della Biblioteca. La proposta fu accolta, e nel 1817 il Museo fu istallato in S. Lorenzo. Pertanto seguì una lunga corrispondenza che dura dal 1817 al 1826, con pareri e dispareri sulla opportunità per le spese di manutenzione del Museo in rapporto alla con- venienza o meno ch’esso rimanesse in S. Lorenzo; tantoppiù che nel 1819 il monastero era stato ceduto nuovamente ai monaci. Il Strano proponeva lo si allogasse in altro locale dello stesso monastero, prima occupato dalla camera notarile; ma pare che questa non potendo trasferirsi altrove, sorgessero difficoltà per il trasporto in detto locale; al quale trasporto era favorevole il Poi, che, interrogato in proposito dal Ministro dell’ Interno principe di Cardito, si opponeva, invece, alla proposta che questi faceva, per risolvere la questione, di trasportare il Museo Poliano nell'Università; dove, così leggesi nella lettera del ministro, “or che le scienze dimostrative cominciano ad avere Gabinetti, Ja collezione del Pori acquisterebbe più lustro ed il pubblico maggior vantaggio ,. Il Poni pertanto insisteva perchè il suo Museo ri- manesse distinto dalle collezioni della Università, adducendo le ragioni che, a suo modo di vedere, rendevano necessaria questa autonomia. Finalmente, dopo lunghe trattative, in seguito pure alle insistenze dei monaci che facevano pressione per riavere anche la sala della Bi- blioteca (e, come si rileva da vivaci rapporti del Siano, nel 1824 ricorsero anche a vie di fatto, sfondando una finestra che dal monastero dava nella Sala), fu deciso il trasporto del Museo Poliano all’Università. Ciò che fu fatto ; ed il 9 ottobre 1826 il Peragna informa il ministro dell'interno che il detto Museo trovasi già in una sala del Museo zoologico e ne ha la chiave il custode D. Giuseppe Siano. In seguito le collezioni furono ripartite tra il Museo Zoologico ed il Mineralogico; ma gli scaffali di ceraso, scansie e tavolini rimasero proprietà del Museo Zoologico, dove ancora oggi se ne conservano. Disgraziatamente le collezioni del Poni furono in seguito confuse con le altre esistenti e, per conseguenza, anche quella delle conchiglie, nella quale erano i tipi delle specie da lui illustrate nella sua opera (v. Nota 88), ciò che dava pregio grande a questa collezione. Pertanto sarebbe stato non assolutamente difficile rintracciare le specie delle conchiglie napoletane determinate dal Pot, se si fossero conservati a ciascuna specie i cartellini autografi: il che non fu fatto, perchè tutta la collezione di conchiglie, è stata uniformemente riordinata e riclassificata (non posso rilevare sotto quale direzione e da chi), senza conservare per ricordo le vecchie determinazioni quando queste erano su cartelli volanti. Il FLauri già citato (v. Nota 27) parlando, e non benevolmente, delle raccolte del Museo zoologico d'allora, insinuerebbe che la collezione di conchiglie del Port venduta al Museo (pag. 91) “sarebbe stata grandemente depreziata, togliendone i migliori pezzi e rimpiaz- zandoli con le più ordinarie conchiglie del nostro mare ,: lascio naturalmente all’A. la respon- sabilità di questo asserto. [33] Giuseppe Saverio Poi nacque a Molfetta nel 1746, morì in Napoli nel 1825. Educato nel patrio Seminario, completò i suoi studi letterari a Padova, dove intraprese quelli di Me- dicina. Nel 1771 venne in Napoli e si dette a studiare la Fisica. Nel 1774 ebbe incarico di Tr pese ,* le 31 insegnare Geografia ed Arte Militare nell’ Accademia del Battaglione dei cadetti; passò poi a dirigere il nuovo Collegio Militare, fondato da Ferdinando IV; carica che lasciò nel 1780 per quella di Professore di Fisica nel detto Collegio; finchè non fu chiamato a corte come pre- cettore del principe ereditario. Pubblicò pregevoli opere letterarie, in prosa ed in versi ; si oc- cupò di numismatica e scrisse una Storia della numismatica rimasta inedita. Come professore di Geografia nel 1776 pubblicò le lezioni di Geografia e Storia Militare. Come professore di Fisica dettò quegli Elementi di fisica che ebbero otto edizioni (Napoli 1787-1824, e furono il libro di testo del quale finallora si difettava) e diede alle stampe osservazioni concernenti la elettricità, il magnetismo, la folgore ed altre opere diverse di fisico argomento fino alla sua tarda età. Ma nulla compete con l’ opera sua di naturalista sugli animali marini e dei mol- luschi in ispecie; allo studio dei quali fu sollecitato dall’Huxrer in un suo viaggio a Londra. E pubblicò l’opera memorabile che gli valse fama mondiale “ Testacea utriusque Siciliae eo- rumque historia et anatome tabulae aeneis illustrata , (1791,5. 2 Vol. in folio), monumento di maravigliosa abilità anatomica: opera che, rimasta incompleta nel testo del 3° volume (le tavole erano pronte con parte del testo), fu poi pubblicata dallo scolare e continuatore dell’ opera sua Stefano DeLLe Cate (v. Nota 34). Quest'opera rivelò lo zoologo insigne, cui MeckEt tri- butò il titolo di Molluscorum classis verum fundator, che BramviLLe proclamò il precursore dell’opera di Cuvier “ qui perfectionne ce que Poli avait inventé , e Cuvier stesso (lettera del 26 Dec. 1824) gli tributava omaggio rispettoso “ Je me suis bien gardé de rien publier sur les bivalves que vous avez si bien décrits et représentés d’ une manière étonnante ,. Con i suoi studii egli ha il merito di aver seguita e sviluppata ancora l’era iniziata dal Macrì, con- tinuata dal Cavorini, delle brillanti ricerche sulla zoologia marina del Golfo di Napoli; che per Dee Craiase ed Oronzio Gabriele ed Achille Cosra si è poi continuata fino ai nostri giorni, integrandosi per opera del Dorrx in nuova forma nella “ Stazione zoologica di Na- poli,. Il Port viaggiò molto per l’ Europa a scopo di studio : raccolse preziosi materiali di storia naturale e creò un ricco museo privato che poi cedette allo Stato (v. Note 3 e 32). Aveva costituito pure un privato Orto Botanico nel giardino di Tarsia presso la sua dimora in Napoli (v. Nota 2) che poi, per sua generosa donazione, fu nucleo dell’Orto Botanico di Monteoliveto (v. Nota 8). Nella sua qualità di precettore del principe ereditario, profittò degli agi che poteva ottenere a corte in vantaggio dei suoi studi e delle sue ricerche e per la pubblicazione delle opere sue. Affezionatissimo alla casa regnante, la seguì in Sicilia nel 1798 e nel 1806 (v. Nota 4) rima- nendovi durante tutto il tempo della dominazione francese. È fama, dicono i suoi biografi, che a Corte gli si concedesse quanto chiedeva dalla benevolenza reale: ma sta il fatto che egli seppe valersi della sua alta posizione per rendersi il protettore degli studii. Fu difatti il promotore ed il fondatore di tutti gli istituti scientifici del Regno, a Napoli edin Sicilia: propugnò l’ apertura di scuole, di collegi, ecc., e fu l’istigatore di tutto ciò che poteva essere utile alla coltura nazionale edal progresso delle scienze fra noi. Sfogliando queste note se ne ha la prova più evidente, chè il nome di Potr ricorre ad ogni occasion: si tratti dei nostri Musei ed istituti scientifici; la sua azione si rivela in ogni manifestaziv.c dello sviluppo intellettuale del tempo in cui visse. Ingegno vivacissimo, accoppiò una non comune coltura letteraria ad estesissime cognizioni scientifiche in ogni ramo del sapere; di gusto finissimo, vivendo nella Corte, sapeva mara- vigliosamente passare dalla più galante società al rigore degli studii e della ricerca scientifica, e far valere a suo tempo l’autorità, che gli veniva dalla grande considerazione della quale godeva in patria e fuori, per la fama che la sua opera scientifica gli aveva creata, affermandosi nel mondo politico. E così egli, come Alessandro HuwsoLpr in Prussia (a dire di un suo biografo), “ costi- tuitosi ministro volontario per tutti gli affari concernenti la coltura ,, abilmente sfruttando la sua autorità e l’alta posizione, fu l’ ispiratore e l’anima di tutto un rinnovamento scientifico del regno, che da lui propugnato, si svolse durante il decennio francese e continuò alla restau- razione per opera sua, finchè egli potè prodigare al paese la sua attività: ciò che si rileva fa- cilmente dalla lettura di queste note. Questa l’ azione politica civilmente patriottica di G. S. Po, alla costante iniziativa del quale tanto deve la nostra coltura scientifica, che integra nell'opera dello scienziato insigne, del geniale naturalista universalmente onorato per le sue ricerche, la figura dell’uomo; l’opera del quale sopravvive all’onore del nome, rispettato e stimato in Italia e fuori, ma purtroppo non ricordato come degnamente meriterebbe (v. Nicorucer, DeLLe Criase, Jamra fra i principali che scrissero di lui). [34] Fra i meriti maggiori di G. S. Port fu di aver addestrato nella ricerca della minuta anatomia degli animali marini Stefano DeLre Caiase, che è vanto della scuola zoologica na- poletana per la sua incomparabile perizia nella indagine anatomica degli animali marini, della quale sono testimoni l'anatomia della Carinaria che completa il terzo volume della classica opera del Poni (1826) e le Memorie sulla “ Storia e sullanotomia degli ani- mali senza vertebre del Regno di Napoli (182-30), nonchè la “ Deseri- zione e notomia degli animali invertebrati della Sicilia citeriore, per non citare delle altre sue opere zoologiche, zootomiche e quelle mediche e botaniche (v. Nota 8 a pag. 20 nota 1). Ed al Poi fu carissimo DeLLE CaraJE che aveva presso di sè come aiuto, nel suo privato museo, per le dimostrazioni e preparazioni notomiche dei prodotti na- turali ad esso relativi. Venduto il Museo allo Stato, nel 1828, con lettera 12 giugno, il Poni raccomanda al Re con le più calde parole il DeLLe Carase, perchè continuasse a prestar l’opera sua presso il “ Museo Poliano, (v. Nota 82) con la nomina di aggiunto alla cattedra di Notomia patologica. Se questa nomina ottenne non so; da altri documenti rilevo che nel 1823 era Lettore presso questa cattedra, ma in seguito a nuova lettera del 24 sett. 1823 del Pos, con decreto 12 maggio 1824, il DeLLe CÒiase fu nominato, come questi proponeva, Istitutore per dimostrare l’interna struttura delle parti onde sono composti i molluschi ed altri viventi marini, presso il f Museo Poliano ,; passato il quale all’Università, gli fu sospeso l’as- segno. Ma, in seguito a suo reclamo, fu reintegrato nel suo ufficio presso il Museo Zoologico della R. Università; carica che tenne fino a quando assunse la carica di Professore di Ana- tomia patologica con la direzione del Museo di Anatomia patologica (v. Nota 47), che occupò fino alla sua morte nel 1860. Le lettere del Por ora ricordate , insieme a tutte le notizie relative alla detta nomina del DeLLe Carase, si trovano nel Grande Archivio di Napoli (Fasc. 967, Minis. Intern.). In queste lettere e specialmente nella prima, dove il Pott fa un elogio ap- passionato del DeLre CaasE dimostrandone i particolari meriti, parla con entusiasmo dell’in- cremento da dover dare ai nostrì studii; ciò che “ accrescerebbe lustro alla nostra nazione la quale sta osservando con infinita pena che i forestieri che vengono in Napoli ci rapiscono l'onore di esser noi i primi a far conoscere al pubblico le nostre indigene produzioni con somma nostra vergogna,. (v. Nota 36, nella nota 1 dove si parla di DeLLe Chaise e si ri- ferisce un brano di questa lettera del Port: v. dispositivo N.° 3 del rapporto del Ministro dell’Imterno). DeLLe One nacque in Teano Sidicino (Terra di Lavoro) nel 1794. Oltre a quelle qui ricordate, tenne egli molte e diverse altre cariche nello insegnamento: dal Prof. FoLmmea ebbe incarico di conservare e riordinare le collezioni del Museo di Anatomia patologica della R. Uni- versità (v. Nota 41); fu coadiutore del Prof. SteLLatI nella cattedra di Botanica e nella direzione dell'Orto botanico del Collegio medico, con incarico delle dimostrazioni di farmaco- losia e successe quindi allo SreLvari nella cattedra e nella direzione dell’ Orto del Collegio medico (v. Nota 8). Medico reputatissimo, fu primario di più ospedali e protomedico di corte. Di prodigiosa attività scientifica ha trattato di ogni ramo di zoologia intesa nel piu vasto si- gnificato, si è occupato di botanica, non tralasciando la medicina (v. Nota 8). [35] Nel 1831 il Prof. Luigi Prracna, insieme con 0. Gabriele Costa, Filippo Casora, L. PiiLa e Riccarpi erano stati inviati dal Governo napoletano in Austria per studiare il colera. Essi vi sì trattennero fino al 1832 e nel ritornare in patcia il Prof. Luigi Prraewa morì il 29 marzo 1832 a Loiano ( Bolognese) in seguito ad apoplessia (così il Vurpes). Nel Fasc. 967 33 (Minist. Iut. Grande Archivio) si trova tutto un incartamento relativo ad un reclamo della moglie di L. Prragna, D. Emmanuele DeLtit Monrr SanrELICE, pel ricupero delle collezioni dal ma- rito lasciate nel Museo Zoologico : non si sa quale esito esso ebbe; pare, pertanto, che non fu potuta provare la proprietà del Prragna delle collezioni reclamate, - [36] In questo rapporto in data 9 luglio 1836, che in nota trascrivo (1), con mente illuminata e chiara veduta dello stato della scienza zoologica, si propone al re di dividere l'insegnamento della zoologia in quattro parti distinte ed insieme tutte collegate e convergenti allo stesso fine ed armonicamente fra loro coordinate: una che potremmo dire di zoologia generale, una di zoologia descrittiva (sistematica) ed a questa fu annesso, parte integrante, il Museo zoologico (Direzione), la terza che direi della fine anatomia e microsco pia, (1) Nella Regia Università degli studi per l'avvenuta morte del Cavaliere Luigi PrraGna vaca la Cattedra di Zoologia, e la direzione del Museo Zoologico. In amendue è ammaestrata la gioventù per la parte più ragguardevole della Scienza naturale, cioè nel conoscere come il Divin Creatore ha ordinata la produzione e lo esistere di quegli esseri che dotati della sensibilità e del moto spontaneo formano la serie maravigliosa, che dopo le piante fino all'uomo disvela la sua infinita sapienza. Or prescindendo dalla notoria vastità di cotesta scienza, atteso l’infinito numero di viventi che di- morano nella terra e nelle acque, o vagan pure per l’aria, si è nello stato presente della attività eu- ropea volto l'ingegno di dotti a conoscere i loro rapporti colla vita dell’uomo così per la utilità che ne può dedurre la fisiologia, fondamento delle scienze medice, come per la Veterinaria e per l’Agri- coltura, dalle quali dipende molto la prosperità dello Stato. N’è surta dalla prima applicazione una Scienza, che dicesi Anatomia comparata; ed oramai le colte nazioni hanno già professori di raro valore, che stando intorno a coltivarla intraprendon benanche lunghi viaggi, affinchè niuna parte delle tante opere della Providenza sfugga alla loro investigazione. È anche vero che il Regno delle due Sicilie, a’ cui destini presiede l’alta comprensione della Mestà Vostra è quella parte di mondo, che offre ai filosofi le più cospicue osservazioni; ed è questa una ragione di più, affinchè la Real dignità conceda a cosiffatti studi ogni possibil favore. In quattro parti convien che si divida lo studio della Zoologia, ed altrettanti o più professori nelle dotte Università la professano e la insegnano: 1.° La prima comprende il sistema analitico, desunto già per forza d’ingegno dalle diuturne e moltipliei osservazioni degli antichi come di ArisroreLe, TrorrRasto, PiinIio ed altri, e dei moderni come di Giovanbattista La Porta, di Linneo, ed altri perspicacissimi. Tal sistema bene s’insegna dalla Cattedra, richiede nel Professore profonde doltrine, e tacile co- municativa, la quale proviene dal lungo studio, che abbia in lui ben formate e chiarificate le idee generali che si applicano ad una o ad altra classe di viventi. Per questa è regolare ed indispensabile che abbia luogo il sistema generale del Concorso. 2.° La seconda dev’esser diretta alla formazione del gabinetto Zoologico; nel quale si apprende l'applicazione delle idee generali alle osservazioni individuali, pel cui mezzo si manoduce la gioventù al comprendimento del sistema sintetico, che è quello della natura, e rafferma nella sua mente il corso scientifico. Richiede questa un Professore di rara e straordinaria perizia, la quale non altrimenti si consegue che per effetto di una passione, che dalla gioventù in generale vi sia nell'animo suo e l'abbia per molto tempo coltivata in modo che facilissimo gli riesca il rapportar subito alla propria classe il più piccolo vivente quale che sia, terrestre, marino o volatile. Per questa sarebbe inutile il concorso, perchè da pertutto sono rari gli uomini di questo genio, e di tale straordinaria pazienza, per la forte ragione che non è fatica, la quale promette ampia o me - diocre fortuna. 3.° La terza è l’arte di conoscere e dimostrare la natura, la forma e la struttura delle parti, che con ordine mirabile concorrono al nascimento, ed alsussistere de’ viventi di qualunque genere, Arte non malagevole pe’ viventi di grande dimensione, ma difficilissima, rara ed astrusa per quelli, dove bisogna armar l’occhio di microscopio per vedergli, e di molto e perspicace ingegno per andargli cercand o. Egli è ben chiaro che il professore per questa terza parte è ancor più raro che per la seconda. 4.° La quarta è il rapporto dell’organismo dei viventi subalterni ed anche di microscopici a quello dell'uomo, e di bruti, la quale scienza, coordinata da poco tempo in Francia ed altrove, non ha 34 nonchè di embriologia,la quarta di anatomia comparata, come è esplicitamente detto nel rapporto. Questo progetto , come mai da nessun governo d’Italia fu prima pensato ed inteso, nè dopo seguito, rivela un largo concetto del modo di intendere l’insegnamento della zoologia: esso è una chiara manifestazione dello stato di coltura del Regno. Accettato dal re, fu subito tradotto in atto con la nomina del SanGiovanni a direttore del Museo zoologico e di DeLLE One direttore aggiunto per continuare l’incarico che aveva presso questo (v. Nota 14), datogli con R. rescritto del 12 maggio 1824, come si rileva dal dispositivo a margine del detto rapporto (Gr. Arch. Minist. Int. 2 Invent. Fas. 957). In questo stesso fascicolo vi sono i decreti di nomina del Sanerovanni (9 agosto 1832) a professore della Università e direttore del Museo (per la zoologia descrittiva) e di DeLLe Catare per le dimostrazioni ecc. (Direttore aggiunto al Museo per la minuta anatomia ecc.). Al posto di Professore di Zoologia generale si provvide presso di noi soggetti, che la professano; ma ben conviene «he sì promuova e che serva ancor essa al sapere ed all’ornamento de’ Medici, de’ chirurgi, e de’ Veterinari, ed a questi ultimi non c'è dubbio che lo studio della Zoologia e dell’ Anatomia comparata è sommamente necessario per la oscurità, che la lor professione avvolge. Premesse queste osservazioni dalle quali già vede la Maestà Vostra quanto sia necessario che il buon sistema si adotti per render utile lo insegnamento della Zoologia, vengo a proporle rispettosamente il modo come scieglierne i professori. 1.° Ho già detto che per la Cattedra si deve star fermo nella regola generale del concorso; e propongo che da ora sì ordini, affinchè si abbia pronto il professore nell’ apertura dell’ Università a novembre. 2.0 Per la Direzione del Museo è necessario che sia da ora provveduto, affinchè non si perda quel poco che ci è, e si riduca man man ad uno stato discreto, giacchè come ora è, sarebbe in certo modo vergognoso il tenerlo aperto alla curiosità degli uomini dotti. Fortunatamente è tra i sudditi della Maestà Vostra un soggetto degnissimo, cui può utilmentente affidarsi. Egli è il socio della Reale Accademia delle scienze D. Giosuè SaneIovannI, il quale da giovinetto coltivò lo studio della Zoologia, vi si distinse oltre modo presso gli esteri; ha sempre continuato a perfezionarlo con isquisite specula- zioni filosofiche, delle quali ha dato più saggi alla Reale Accademia delle scienze, e non solo colle opere, col suo nome darà lustro e reputazione al Museo. 3.° Per la Scienza di conoscere l’intima struttura de’ viventi, compresi i microscopici, io non posso far meglio che ripetere le parole del Cavaliere Potr di chiarissima rimembranza, il quale in un rapporto al Ministero dell’interno disse così del Professore Stefano DeLLe CArAIE (v. Nota 34): “ Io riguardo come un dono speciale della divina providenza di esserci presso di noi il Professore “ aggiunto alla Cattedra di Anatomia il signor DeLLe Ciare, il quale tratto da un genio singolare “ possiede una facilità ammirabile, un talento ed una maestria tale nell'apparecchiare in modo i vi- “ venti delle conchiglie da poterne conoscere la struttura, che a mio avviso non sarebbe agevole il “ rinvenirne un altro, onde è che io l’ ho scelto per aiuto nella formazione del terzo volume della “ mia Opera; e propongo che sia istallato nel Museo col titolo d’Istitutore delle osservazioni e pre- “ parazioni di prodotti naturali , (v. Nota 88). In seguito di tale proposta gli conferì l’impiego l’Augusto Re Ferdinando I con rescritto del dì 12 maggio 1824 assegnandogli un sussidio di ducati sei al mese sul fondo di letterati meritevoli di aiuto. In vista di ciò si è dovuto da me prender conto, se nel corso di otto anni abbia egli corrisposto alla preconcepita opinione del PoL1; ed ho conosciuto che con somma lode de’ dotti ha compiuto il terzo volume dell’opera di quell’Insigne Naturalista; e che inoltre con un gran numero di opere tutte sue si è fatto conoscere in patria, ed inoltre in Francia, in Inghilterra, in Germania, e presso le principali Accademie come uno dei più distinti professori della scienza Zoologica. Ciò posto e considerando che il Museo dee comprendere tutte le serie de’ viventi, nello stato proprio da essere osservati e studiati con tutta la debita esattezza, propongo alla Maestà Vostra di nominarlo Direttore aggiunto al Museo Zoologico colla mensuale gratificazione di ducati venti al mese sulla cassa delle laure, e coll’obbligo di eseguire la sopradetta incombenza d’istituire la gioventù nella conoscenza delle parti interne de' viventi, de' prodotti marini, e tenerne sempre pronte le preparazioni nel Museo anzidetto. 4.° Per la quarta parte, che sarebbe lo splendido compimento della scienza Zoologica son di parere che la Maestà Vostra dichiari da ora di doversi stabilire di quì a due anni la Cattedra di Anatomia comparata, che sarà proveduta per concorso. I [u) | più tardi, come si rileva dal testo (pag. 4,8 e Nota 9 all’Elenco cronologico), con la nomina di O. G. Cosra (v. Nota 37). Ma i rivolgimenti politici ed i mutati tempi non permisero l’espli- camento del programma suesposto, che fu deltutto dimenticato e non si pensò più alla cattedra di Anatomia Comparata. Riandando la serie dei Calendarii Universitari dal 1846 al 1848 (1) si possono seguire ì corsi annualmente dettati dal Sanerovanxi e dal Cosra: quegli spiegando con dimostrazioni la sistematica e la biologia degli animali, questi svolgendo le idee generali sui singoli gruppi e sulla zoologia in genere, mentre il DeLLe Caiare istruiva sulla fine struttura degli animali marini. [37] O. G. Cosra nacque a Lecce nel 1787; datosi prima agli studii di fisica ed astronomia, fu professore di fisica nel Liceo di Lecce. Di versatile ingegno e di nente acuta, le discipline naturali richiamarono la sua attenzione nel vasto campo della zoologia e vi si dedicò del tutto dopo la sua destituzione nel 1820 per ragioni politiche. Venuto in Napoli intraprende lo studio nella nostra fauna e concepisce il pensiero, che subito traduce in atto, di un lavoro di mole, dell’opera che è monumento della sua attività “ La Fauna dei Regno di Napoli,. Nel 1837 chiamato ad insegnare zoologia nella Università di Corfù (che allora si ricostituiva) fu invece di fatto, per autorevole consiglio, dal governo di Napoli, nel 1839, nominato professore di zoologia a quella cattedra alla quale sì doveva provvedere per pubblico eoncorsc, giusta il rapporto riferito nella nota precedente (36). Ma nel 1849 fu destituito in seguito ai politici rivol- gimenti del 1848, ai quali fu ingiustamente accusato di aver preso parte, mentre, come ho ricavato da dati e documenti e dalle stesse sue memorie manoscritte, egli ne era rimasto del tutto estraneo, Già vecchio nel 1860 rifiutò la cattedra che a lui, tarda riparazione, offriva il goverrio d’Italia, cedendola al figlio A. Cosra, e morì nel 1867. Uomo di grandissima attività scientifica ha pubblicato un gran numero di studii e ricerche su ogni branca della zoologia, nonchè sulla Paleontologia del regno di Napoli; allo studio della quale si dette più specialmente dopo la sua destituzione nel 1849. Per tutto il tempo che durò il suo insegnamento di zoologia all’ Università dettò lezioni dottissime meravigliando anche oggi storici e naturalisti per l'ampio modo col quale egli in- tendeva lo studio della zoologia (Camerano). Di ciò fanno fede alcune sue prolusioni a stampa (1842-1843), le sue “Lezioni di Zoologia Napoli 1838, ed il titolo dei corsi annuali registrati nei Calendarii (1841-1848, v. Nota 36), che rivelano come egli liberamente svol- gesse il concetto evolutivo dei viventi, illustrando quelle teorie Lamarckiane, che col Saxero- vanni (v. Nota 15) furono prima in Italia affermate nella scuola zoologica napoletana. O. Gabriele Cosra fu il fondatore della notissima e reputata “ Accademia degli Aspiranti naturalisti, che, sorta nel 18388, chiusa nel 1849, d’ordine del governo, sì ricostituì nel 1860 e si deve ritenere di fatto estinta con la morte del suo fondatore nel 1868. Perchè malgrado A. Cosra avesse, nel 1882, pensando di richiamarla in vita, organizzata V’'Ac- cademia che si chiamò “0. G. Costa, degli Aspiranti Naturalisti, (Terza era), questa non funzionò che un anno appena e poi si chiuse. Sorgeva invece nel 1882, per iniziativa di un manipolo di giovani entusiasti ed appassionati, un sodalizio fondato d’ amicizia concorde nell’istruirsi in tutte le branche delle discipline na- turali, il Circolo degli “ Aspiranti Naturalisti,, per continuare, in nuova forma, l’an- tica tradizione dell’Accademia. Circolo trasformatosi poi nella Società di Naturalisti in Napoli, che da circa venticinque anni per propria energia si è affermata centro sempre gio- vanile di coltura delle Scienze Naturali nel mezzogiorno; pubblicando un Bollettino uni- versalmente noto, per larga diffusione, che ha permesso il primo passo nella scienza a molti (1) Disgraziatamente la serie non è completa, ma va dal 1841 al '60; mancando nella Biblioteca Univer- sitaria di Napoli,la sola che li possegga, tutti i precedenti. Con l’unificazione del Regno d’Italia al Ca- lendario fu sostituito l'’ Annuario che incomincia la serie coll’anno scolastico 1860-61. 36 della scuola di naturalisti napoletani che ora occupano, in tutti i gradi dell’ insegnamento, posto onorevole. [38] Non poche furono, difatti, le difficoltà incontrate dal SanciovannI, per ottenere sì fosse presa in considerazione dal Ministero dell’Interno la sua idea di creare un nuovo apposito Museo Zoologico in Napoli; difficoltà che superò col concorso dei suoi amici uomini di scienza allora influenti e specialmente con l’appoggio valido dell’Abbate Teodoro MowwcELLI, segretario perpetuo della R. Accademia delle Scienze (v. Nota 4, pag. 15), che influì non poco sull’animo del Ministro SanranGELO, Questi, entrato finalmente nell’ordine d'idee del SaneIovanNI, addivenne a provvedere per un nuovo “Gabinetto Zoologico, e pensò pure di crearne uno per Anatomia generale e patologica, ugualmente richiesto dal Prof. del tempo, Antonio NanuLA, togliendo di mezzo tutte le difficoltà. E divisò di tradurre in atto il disegno di costruire entrambi i nuovi musei sulle due terrazze ]’ una ad oriente l’altra a mezzogiorno dell’edificio del Liceo del Salvatore, prospicienti sul gran cortile di questo e contigue, ad occidente, col preesistente Museo Mineralogico (v. Nota 4), che occupa il terzo lato del detto cortile. Ma il ministro trovò ostacoli da parte di Ms. CoraneeLo , Presidente della P. Istruzione, che oppose resistenza malgrado i progetti fossero già pronti ed approvato il relativo preventivo. Morto nel 1836 il CoranceLo e tolta così ogni ragione di ritardo, furono finalmente condotte avanti le pratiche: ma trasmessi in esame i progetti al Prof. D. Vincenzo FLautI, dal ministro SanranGELO, per deliberazione del 22 marzo 1836 della giunta di P. Istruzione, questi con critica severa non si mostrò molto favorevole ad essi, muovendo molte osservazioni. Ciò nonpertanto i progetti, modificati nelle parti trovate difettose, senza ritornare all'esame del Prof. FLaumi, furono approvati e d’ordine del ministero sì mise finalmente mano ai lavori che furono ultimati nel 1844. Di ciò dispiacquesi il Fraumi che mosse allora critica asprissima ai detti Musei, così durante la costruzione di essi che dopo ultimati, dimostrando nel suo libro (già citato) come ben altrimenti poteva provvedersi a questi Istituti con un suo progetto che espone nel detto libro. La storia di tale questione dei Musei da lui raccontata (op. cit. testo pag. 455 a 159 e documenti pag. 264-274) con molti particolari e commenti personali, io ho qui riassunta, ricavandola da varie fonti per esporla imparzial- mente. Certo la spesa incontrata per la costruzione non fu indifferente, e come giustamente notava il FLauri, molto superiore a quella preventivata. Ma non si può sconvenire che le cose furono fatte bene, con arte, con gusto e con lusso, in modo degno della capitale. E certo i due saloni nell’ insieme armonico di pareti e scaffali e nella ornamentazione del soffitto, molto conferivano alla grandiosità dei due musei. | Forse un critico esigente e pratico potrà trovare oggi inutile spesa i bellissimi scaffali, tutt! in noce ad intaglio, e non rispondenti ai bisogni di un Museo moderno. Non saprei dargli torto; ma bisogna riportarsi ad un’ epoca nella quale non s’intendeva un’opera come che sia disgiunta da un decoro d’arte e nella quale era ritenuta vera economia lo spender molto e spender bene facendo opera degna e duratura. Ed anche oggi visitando le sale di questi Musei non sì può non restarne ammirati; pur deplorando quali danni certe cosidette attuali strettezze del bilancio dell’ Istruzione abbiano arrecati agli scaffali dei musei e specialmente di quello zoologico, per non provvedere, come e quando occorreva, a riparare le ingiurie del tempo con una manutenzione dei tetti che avrebbe evitato lo sfiguramento del museo zoologico (v. Nota 40), per il crollo dell’ artistico soffitto, così malamente sostituito, e lo sfregio degli scaffali. [39] È questo un doveroso postumo omaggio alla memoria del Sanerovanni—che primo pro- pugnò e sostenne l'istituzione del Museo Zoologico in Napoli nel 1807, e seppe con tenace costanza ottenere e creare l’attuale Museo—consacrato nella lapide che lo scrivente ha collocata, a perenne memoria, fra le due grandi porte d’ingresso del Museo, che qui si traserive. 2 dae AI I E PERE I IE 0 N O E E TL RI d î Mero reno e 7 37 GIOACCHINO NAPOLEONE DECRETAVA L'ISTITUZIONE IN NAPOLI DEL MUSEO ZOOLOGICO MDOCOXIII LUIGI PETAGNA PROFESSORE DI ZOOLOGIA E PRIMO DIRETTORE NE RADUNAVA LE COLLEZIONI MDCCOXV GIOSUÈ SANGIOVANNI PRIMO PROFESSORE DI ZOOLOGIA E DI ANATOMIA COMPARATA IN QUESTA UNIVERSITÀ AUSPICE IL MINISTRO SANTANGELO CREAVA QUESTO MUSEO MDOCCXLV [40] Andarono così guasti molti degli scaffali collocati nel mezzo della sala del Museo, che contenevano la collezione conchiliologica; nella quale, come si è detto, erano fuse le forme tipiche della collezione Port (v. Nota 32). Moltissime conchiglie furono distrutte insieme ad alcune preparazioni tassidermiche di grossi animali, formanti platea nella sala, che rimasero completamente guaste per schiacciamento ; nè fu possibile ripararle. Fra gli altri pezzi va ri- cordato un bell’esemplare di Globicephalus melas Trar., raro Cetaceo dei nostri mari, pescato nel Golfo di Salerno nell’anno 1866, come si ricava dalla relazione del Prof. A. Costa sulle immissioni del detto anno nel Museo zoologico, inserita nella prefazione al Vol. 3 della 1° Serie di questo “Annuario,. Tale cattura, ed il relativo tipo esistente nel Museo di Napoli è stata dimenticata, o rimasta sconosciuta per coloro che si sono occupati di ulteriori rinvenimenti di questo Cetaceo nel mediterraneo; colgo quindi l'occasione per ricordarla. Nei manoscritti inediti del Prof, Costa che si trovano nel Museo (v. Nota 46) esistono tutte le note da lui raccolte su detto Cetaceo per una memoria sull'argomento che aveva preparata, ma che rimase incompiuta [41] Questa sala attigua e contigua al Museo zoologico, come sì è riferito nel testo, comunica col detto Museo per mezzo di due grandi porte che permettono, all’occasione, la continuità delle due sale, L’attuale Museo di Anatomia umana, finora distinto dall'istituto anatomico, fu costruito, come ho detto nel testo e nella Nota 38, contemporaneamente a quello di zoologia e fu solennemente inaugurato nel 13 settembre 1845 (DeL Pozzo, pag. 505) sotto il nome di Gabinetto di Anatomia generale e patologica (v. Fravm, pag. 91). Ma nei rapporti ed in tutte le carte che si riferiscono alla sua costruzione esso è sempre indicato col nome di Gabinetto di Anatomia patologica, o semplicemente di Patologia; così pure(Museum Anatomiae Pathologicae)è elencato nei Calen- darii Universitarii fino al 1860. Questo Museo, così denominato, esisteva già da tempo nei locali della R. Università. Esso ebbe sua origine per opera del Professore Forixra che ne fu direttore; ma, a quanto pare, non era molto ricco in collezioni, delle quali fu affidata la cura a Stefano DeLLe Carase (v. Nota 34). Alla morte del Forinra successe nella direzione il prof. A. Nanura che, dice il suo biografo “ nominato, nel 1808, chirurgo dell'Ospedale di S. Francesco immaginò di fare quel gabinetto anatomico che egli pose in una Sala terrena dell’anzidetto spedale, “ nel 1833 era talmente arricchito che egli potè offrirlo in dono a questa R. Università senza 38 alcun compenso; ma fu nominato professore con l’incarico della direzione del Gabinetto univer- sitario , (1). Ma la collezione Nanuta rimase nell’ Ospedale di S. Francesco fino al 1845 quando, costruito il nuovo Museo di Anatomia patologica, fu trasportata nella Università e fusa con le collezioni di questo; alle quali erano stati aggiunti anche i preparati esistenti nel così detto Gabinetto di Clinica chirurgica, diretto dal prof. ne Horamis. AI Nanuta successe, nel 1846, nella Cattedra come nella direzione del Museo Stefano DeLLe Caiase (v. Nota 34). Questi curò molto l’ineremento del Museo che aumentò nelle sue collezioni specialmente di Anatomia comparata e teratologia ed arricchì di nuovi modelli in cera (alcuni dei quali preesistenti in Museo pare provenissero da quelli che si trovavano da antico tempo nello Spedale di S. Giacomo). Morto il DeLre Catase nel 1860, essendo stata per la riforma Universitaria del 1861 (Legge ImerIani, v. Nota 9), scissa la cattedra di Anatomia patologica in quelle di Anatomia normale, Anatomia patologica ed Anatomia Comparata, furono ripartiti i preparati dell’antico Museo, secondo le competenze, nei nuovi Musei che sorsero: di Anatomia patologica (2) e di Anatomia comparata (v. Nota 9, 21) e vi rimasero solo quelli di Anatomia normale, che furono molto aumen- tati dal Prof. G. Barsarisi, successo al DeLLe Caiase nella direzione, e primo professore di Anatomia umana normale. Morto nel 1871 il Barsarisi, fu nominato il Prof. Giovanni ANTONELLI, che molto ha curato l’ incremento delle preparazioni del Museo. Egli seppe condurre a termine (nel 1883)la fondazione dell’Istituto Anatomico, del quale per le istanze del suo predecessore era stata deliberata la costruzione. Ma questo Istituto sorto per adattamento di un vecchio locale presso l’ex Collegio Medico e lontano dal Museo, che trovasi all’Università, presto non cor- rispose più allo scopo. In vista di ciò nel rinnovamento edilizio universitario per cura del pro- fessore AnroneLLI l’Istituio Anatomico ha avuta nuova sede e più ampia, nella quale sarà presto allogato in apposite sale anche il Museo, che sgombrerà dall’attuale Salone che verrà ceduto al Museo Zoologico (v. Nota 55). [42] Quando il Museo fu aperto al pubblico conteneva centocinquanta specie di mammiferi; settecentoventi specie di uccelli ricchissime in numero di individui, molte specie di rettili, moltissimi pesci; centocinquanta specie di molluschi e zoofiti di varii gruppi: una collezione di conchiglie in molti esemplari di circa duemila specie, settecento delle quali indigene ecc. ecc.; ed oltre a ciò circa duecento pezzi di modelli in cera di molluschi e di vermi marini come da un elenco dell’epoca di Sanciovanni e da questi comunicato con un commentario delle specie più degne di nota, al compilatore dell’opera “ Napoli e sne vicinanze, (Vol. 2, pag. 29-30). [43] Questa collezione, secondo |’ elenco dei pezzi ricordato nella nota precedente, era allora di circa duecento modelli in cera di Molluschi ecc ecc., moltissimi dei quali col tempo sono andati guasti. Ma un buon numero se ne conservano ancora in Museo quantunque un poco (1) Antonio NanuLa nacque a Bitonto nel 1780: studiò medicina a Napoli, a Roma ed a Pavia dove si laureò : quivi strinse amicizia con lo Scarpa, col quale fu sempre in relazione e dall’ esempio di questo fu spinto agli studii anatomici. Tornato in Napoli nel 1807 aprì il suo studio di Notomia ed operazioni chirurgiche nell'ospedale di S. Francesco, dove egli iniziò e formò la sua privata collezione di anatomia umana e comparata costituendo il rinomatissimo allora “ Gabinetto di notomia ,, del Na- NuLA, che egli poi donò all’Università. Fu il NanuLA chirurgo di vaglia e notomista espertissimo: ha pubblicato pure pregevoli lavori di anatomia comparata. Morì in Napoli nel 1846. (2) Istituito nel 1861, ma effettivamente creato dal Prof. O. v. ScaRòn, che ne è il primo direttore; questi col nucleo della raccolta patologica lasciata dal Prof. Amagite al Gabinetto di Anatomia patologica e di quanto a questo pervenne nella ripartizione delle collezioni dell'Antico Gabinetto di Ana- tomia patologica universitario (preparati Nanua e DeLLe Guia), ha fondato l’attuale col- lezione che trovasi ancora dove fu prima adunata nell’Ospedale di Gesù e Maria; ma presto avrà sede nel Museo del nuovo Istituto di Anatomia patologica, di recente completato. Ver.” 39 malandati e che risentono del lungo abbandono seguito alla morte del SanerovanxI. Questi modelli, assai bene eseguiti e che rendono perfetta l’immagine dell’animale che rappresen- tano, sono opera di Giuseppe SorreNTINo , che era aggiunto ai Musei di zoologia e patologia, morto nel 1850 [Grande Arch. Minist. Int. fase. 2927]. Questi, come rilevo da documenti del Grande Arch. [fasc. 968, Minist. Int.] aveva girato negli autunni del 1840-41 (V. lettera del 24 marzo 1841, nella quale si chiede il compenso per le spese sostenute) nei Golfi di Napoli e di Salerno, come nel 1839 sulle coste di Sicilia, per raccogliere ed acquistare con- chiglie e molluschi viventi per eseguirsi in cera per il Gabinetto della R. Università. In questo incartamento relativo al SorreNntINo si conservano varie copie di elenchi, a cominciare dal 1839, delle specie modellate e fornite al SanGIovannI. [44] Come si ricava da molti documenti frammentarii concernenti il Museo zoologico, con- tenuti nei fasc. 967 e 968 Minist. Interno del grande Archivio; fra i quali si trova pure un curioso incartamento del 1843 relativo a certa collezione ornitologica reclamata dalla corte, perchè proprietà della Regina madre del re (Ferdinando II) e da questa depositata nel Museo quando ne era direttore il Prragna. Pare, pertanto, che il reclamo non ebbe seguito e la col- lezione rimase al Museo. [45] Giò si rileva da una Relazione del prof. Cosra sul Museo zoologico di Napoli, inserita a pag. 20 delle notizie intorno alla Università di Napoli per l’ esposizione di Torino del 1885 del Capuana, [46] Figlio di O. G. Cosra, nacque in Alessano (Terra d’ Otranto) nel 1823. Laureatosi in medicina nella nostra Università nel 1839 fu aiuto al padre nella cattedra di Zoologia e fu col padre destituito nel 1849. Nel 1860 in seguito a rinunzia alla cattedra da parte del padre, cui era stata offerta (v. Nota 37), fu nominato professore di Zoologia nella Università di Napoli; carica che ha tenuta fino alla sua morte avvenuta nel novembre del 1898. Coadiutore prima e continuatcre poi dell’opera paterna (dopo il 1850) sulla “Fauna del Regno di Na- poli,, il Cosra ha mietuto in tutti i campi della zoologia, illustrando più specialmente la nostra fauna così terrestre che marina e trattando delle applicazioni della zoologia alla agri. coltura ed alla pesca. Numerosissime sono le sue opere e specialmente quelle entomologiche, intese nel senso più vasto, ed in particolare quelle sugli imenotteri italiani e quelle applicative sugli insetti dannosi all’ agricoltura. Ha fondata la collezione entomologica del Museo. Nelle carte di lui rimaste nell’Archivio del museo zoologico, sì conservano moltissimi suoi lavori inediti e studii iniziati su molti gruppi di animali, con relativi disegni dimostrativi molto belli (come fra altro uno, quasi a termine, sulle meduse craspedote del golfo di Napoli ed un altro suj pesci e le loro forme giovanili, ecc.) che non ha poi più pubblicati. [47] Una statistica annuale delle collezioni del Museo dal 1861 al 1866 si trova nella 1.8 Parte di ciascuno dei sei Volumi (1.° Serie) di questo Annuario del Museo Zoologico pubblicati dal Prof. Cosra, dove egli dava conto degli acquisti, dei cambi e di quanto annualmente arriechiva il Museo. Dalla relazione del Prof. Cosra per le “ Notizie intorno alla origine, formazione e stato presente del Museo zoologico della R. Uni- versità di Napoli, del Capuana, a pag. 121, si rileva che nel 1884 il Museo conteneva 480 specie di Mammiferi, 2200 di Uccelli, 330 di Rettili, 73 di Anfibii, 560 di Pesci, parecchi Miriapodi, Aracnidi, Crostacei ed Elminti. La collezione entomologica constava di 15.000 specie: di 1000 specie si era accresciuta la collezione di conchiglie principalmente terrestri e fluviatili, di oltre un centinaio di specie la collezione di Corallarii. Alla morte del Prof. Cosra non si è potuto fare un censimento generale della collezione del Museo : dal Catalogo manoscritto si ricava che fino al 1899 sarebbero state immesse in Museo n. 49.500 specie. Ma questo numero deve essere certamente diminuito di molti esemplari deperiti. 40 [48] Queste collezioni entomologiche del tutto riorganizzate ed ordinate trovansi oggi rae- colte in un'unica apposita Sala (Sala A. Costa) a sinistra del vestibolo d’ingresso al Museo, con l’aggiunta di una incipiente collezione speciale per la provincia di Napoli [Fauna Napo- letana]. Di esse ne è stata iniziata la revisione, lo studio e la illustrazione per singoli tipi e per insieme di gruppi da distinti specialisti. E note e memorie già sono in istampa in questo 1. Volume dell’ Annuario, ed altre in preparazione per i seguenti. i [49] Difatti, come il Costa stesso dichiara (Notizie ecc. cit. pag. 121), fin dal primo mo- mento che assunse la direzione del Museo, nel 1860, concepì il pensiero di raccogliere una speciale collezione degli animali del napoletano, ed alla formazione di questa raccolta ha sempre atteso radunando numeroso materiale di invertebrati e specialmente entomologico (ricco di specie nuove e rare). [50] Una collezione faunistica meridionale era, difatti, disposta in due delle stanze annesse al Museo (v. testo a pag. 5), a destra del corridoio d’ingresso. Ora trovasi provvisoriamente collocata in distinti scaffali nella gran sala del Museo, perchè si è dovuto provvedere alla meglio ad installare nelle stanze in parola il laboratorio zoologico, purtroppo del tutto insufficiente ai bisogni della scienza e dell’insegnamento, con l’augurio e nell'attesa che sì trovi modo, nel riordinamento delle fabbriche della nuova Università, di allogare il laboratorio in modo degno e decoroso e corrispondente ai bisogni di un moderno Istituto zoologico. [51] Nato in Napoli nel 1820, il D.r Giuseppe Parma seguì gli studii letterari e quelli medici, ottenendo la laurea dottorale in questa Università. Appassionato cultore di studii zoologici guadagnò nel 1851 il posto di preparatore presso il Museo Zoologico, ed in seguito a pubblico concorso fu nominato Prof. aggiunto alla cattedra di Zoologia, allora tenuta da Ettore ‘CeruLLI. Abolita nel 1860 la carica di Professore aggiunto, per i nuovi ordinamenti universitarii, fu nominato dal Prof. A. Costa, successore del CrruLLI, alla nuova carica di Coadiutore, isti- tuita con la legge del 1861. Nel 1882 ottenne per titoli la privata docenza in Zoologia, che solo allora si era finalmente deciso a chiedere. Il Pama fu modellatore peritissimo di preparati in cera così anatomici, che della forma ed organizzazione esterna degli animali; dei quali ha arricchito il Museo Zoologico (1) ed altri Istituti scentifici delle nostra Università ; ed ancora testimoniano la sua perizia le serie di modelli anatomici che si conservano allo spedale di Loreto. Le pubblicazioni zoologiche del Parma versano principalmente sugli Artro- podi ed i Molluschi e meritano di essere ricordate le sue note su i Ditteri del Napoletano, nonchè le ricerche malacologiche sul genere Plewrotoma. Nè vanno dimenticati gli studii del Parma sull’ Ostreicultura del lago Fusaro, pubblicati nel 1879. Ebbe ai suoi tempi scuola privata fiorentissima e fu insegnante di vasta coltura e di limpida ed ordinata esposizione : le sue dotte lezioni, dettate modestamente, lasciavano nell’uditorio profonda impressione. Morì nel Gennaio 1898. [52] Il personale del Museo era allora costituito da un Goadiutore (Prof. G. Panwa) e tre preparatori— due tassidermisti (Fr. Henken e Gius, De FeLIcE) ed un disegnatore (Salvatore CaLyò notissimo autore di tutti i disegni che accompagnano le memorie dei Costa e quella della Fauna Napoletana — un custode ed un inserviente. [53] Professore ordinario di Anatomia comparata, succeduto nella cattedra e nella direzione (1) Molti di questi modelli esistono tuttora nel Museo Zoologico, altri passarono in proprietà del Mu- seo di Anatomia (omparata, quando questo fu istituito; quelli del Museo zoologico sono conservati insieme a quanti ancora rimangono dei modelli di conchiglie, molluschi ecc. del SorRENTINO, innanzi ricordati (v. Nota 48). mi iti iii ir 4 dell'Istituto di Anatomia comparata della Università, al Prof. Salvatore TriscHEsE, morto nel 1897. Triscaese nato a Martano (Lecce) nel 1836, studiò a Pisa medicina e scienze naturali: fu inviato nel 1861 a Parigi, dove rimase a perfezionarsi fino al 1865 frequentando specialmente la scuola di C. Bernarp. Fu prima professore di Zoologia ed Anatomia comparata a Ge- nova e poi di Zoologia a Bologna: successe nella cattedra di Anatomia Comparata di Napoli al Panceri (v. Nota 21) nel 1881, portando idee novatrici di metodi e di sistema. Istituì presto un laboratorio, annesso al Museo, per la ricerca microscopica, che fu molto frequentato e dalla cattedra insegnò con dotta e sobria parola. alla luce del darwinismo, le teorie evolutive che a Napoli fin dal 1808 Giosuè Sanerovanni aveva primo in Italia bandite (v. Nota 13), e che O. G. Costa, per il periodo del suo insegnamento ufficiale fino al 1849, aveva liberamente svolte dalla cattedra (v. Nota 37). Di larga e vasta coltura, entusiasta di quanto è progresso della scienza, TrixcHEse concepì il rinnovamento dell’ Università di Napoli, e mercè l’iniziativa sua questo oramai è in via di espletamento. Se, pertanto, gli Istituti della Facoltà di Scienze Naturali, non saranno quali egli li propugnò nel suo progetto, non è sua colpa: perchè, purtroppo, non è il largo progetto da Trixcarse studiato e proposto, ma un altro, molto ridotto, che è stato eseguito; il quale non corrisponde ai moderni bisogni della scienza peri Laboratorii di Storia Naturale, nè provvede convenientemente ai Musei. [54] Ilpersonale dell’Istituto è ora (1905) alquanto variato da quello ricordato nelle note all'elenco cronologico a pag. 9. Risulta così costituito: un Coadiutore (D.r Giulio Tacriani) un 1.° As- sistente (D.r Umberto PrerantoNI), un Assistente aggiunto (D.r Gesualdo Povice), un Assistente onorario, Conservatore della collezione conchiliologica (Cav. Carlo Pravus Francescani), un pre- paratore - disegnatore (Emilio Anrowucci), un preparatore tassidermista (Annibale Tommi), un custode ed un inserviente. Prestano inoltre volontariamente la loro opera il signor Emilio ‘Prani cultore di aracnologia, per le corrispondenti collezioni, ed il signor M. ScmermNI, che si occupa dello studio delle collezioni ornitologiche. [55] Questa collezione avrà sua sede nella attigua sala del Museo Anatomico innanzi ri- cordato (v. Nota 41) quando questa, per il trasporto delle collezioni anatomiche nel nuovo mu- seo di Anatomia, sarà ceduta all'Istituto zoologico Nel Museo Zoologico esistevano alcune raccolte antropologiche ed etnograliche che furono cedute, quando questo fu costituito, al Museo di Antropologia; del quale nel 1881 Giustiniano NicoLucer, già professore di Zoologia ed Anatomia comparata nell’ex Collegio medico chiamato nel 1880 alla Cattedra di Antropologia del nostro Ateneo, la seconda creata in Italia (v. Nota 9), radunava le collezioni, formando in poche sale, al terzo piano del palazzo universitario un modesto, ma cospicuo Museo per il valore del materiale che esso possiede. Museo che per numero ed importanza di cranii sarebbe stato i) più ricco del regno, se il Governo non avesse rifiutato di acquistare la collezione con tanta cura ed in molti anni raccolta dal Nr coLucci e da questi offerta al Museo per poche centinaia di lire, per rivalersi solo delle spese. Il materiale così rifiutato è stato, invece, acquistato con lauto ed adeguato compenso dai Musei di Londra e di Washington. Fu il NicoLvccr uomo di coltura vastissima, medico e naturalista: antropologo reputatissimo fuori ed in patria; le principali accademie straniere e le società an- tropologiche lo vollero membro effettivo, o corrispondente, e così pure quelle italiane. Egli fu tra i primi in Italia ad occuparsi di questa branca di scienza, affermandola da noi dalla cat- tedra e con gli scritti. La sua produzione scientifica varia, multiforme, è numerosissima (v. Necrologia di A. De BLasto). 42 Poichè in queste “ Note e Documenti, ho dovuto incidentalmente trattare e rias- sumere, come ho detto nel testo a pag. 1, la storia di quasi tutti i Musei e degli Istituti della Facoltà di Scienze Naturali dell’ Università di Napoli (v. Nota 9), che s’ intreccia e si collega con quella del Museo zoologico e si connette alle vicende di questo, credo utile, perchè il lettore possa orientarsi - nell’ apparente disordine delle numerose Note, per necessità di richiami dal testo -di riepilogare sommariamente nello elenco seguente, la data di istituzione e fondazione dei singoli Istituti e Musei. Museo di Anatomia comparata: istituito e creato nel 1861 nell’ attuale sua sede. [Nota 9, 21]. Museo di Antropologia: istituito e creato nel 1881, dove ora si trova [Note 9, 55]. Museo di Geologia: istituito nel 1861 e costituito nel 1865 nell'attuale sua sede [Note 4, 9]. Museo di Mineralogia: istituito e creato nell'attuale sua sede nel 1801 [Nota 4]. Museo di Zoologia: istituito nel 1813; ne furono radunate le collezioni e fu real- mente fondato, pare, nel 1815; l’attuale sede fu creata nel 1845 [Note 23, 27]. Orto Botanico: progettato nel 1796 fu istituito nel 1805. Ebbe prima sede nel giar- dino del ex convento di Monteoliveto: fu poi creato nel 1807 — nel luogo prescelto dal progetto del 1796— l’attuale Orto botanico inauguratosi nel 1809, aperto nel.1817[Nota 8]. Osservatorio Vesuviano; istituito nel 1841, fondato nel 1847 [Nota 9]. Completano la serie degli attuali Istituti della Facoltà di Scienze: L'Istituto fisico istituito nel 1861, per trasformazione del preesistente Gabinetto di fisica sperimentale (Museo Physicae Experimentalis, come è indicato nei Calendarii Universitarii fino al 1860), che ebbe origine sul finire del 1700 per opera di G. Saverio Poti, il quale, a dire del Vicari, ne fu il primo direttore. L'Istituto Chimico, fondato di pianla dal Prof. De Luca nel 1862 (costruito dall'architetto Professore Carocci) in luogo dell’assai piccolo e disadatto preesistente Gabinetto di Chimica (Museo Chemiae Philosophicae dei Calendarii Universitarii fino al 1860). La Specola metereologica istituita nel 1861 con la Cattedra di Fisica terrestre (v. Nota 9) e fondata dal Prof. L. PaLmeRI, che ne fu il primo direttore. L'Istituto di Istologia e Fisiologia generale, istituito per decreto nel 1884 con lacattedra omonima (v. Nota 9), fondato e creato dall’attuale direttore Prof. G. PaLapino. ELENCO DELLE OPERE CONSULTATE © AseLLo, G. B. — Dell'Università di Napoli da Federigo imperatore insino ai nostri tempi: Annali Civili del Regno di Napoli, Anno 1844. ANTONELLI, G. — Istituto di Anatomia umana normale: Annuario R. Università di Napoli, Anno 1899-900, pag. XIII. Awmopro, F. — 1. Le riforme Universitarie di Carlo III e Ferdinando IV di Borbone: Atti Acc. Pontaniana, Vol. 32, 1902. 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Necrologio di Antonio Nanula: ibid. Tomo 7, 1847, pag. dAl. do * de pag. 1linea 927 6 9] n ” SIR SII SATA IA ISLA SO IE LI RO I dl 10-11 EERRATA-CORRIGE bliografia e poichè amorose eure professor emerito carica restituita MARENTA Andrea SAvERESI ha imziata Planteae rariores Tenorcino nel Museo mineralogico G. B. DELANDE napolitaines degnerà nel 1872 riguadano medice Mestà nella nostra Fauna “ nel 1833 Crui e LD Pane” ] bibliografia e poi che amorosa cura professore emerito carica sostituita MARANTA SAVARESI iniziò Plantae rariores Tenoreano del Museo Mineralogico G. B. DELALANDE napolitains degnera nel 1782 riguardano mediche Maestà della nostra Fauna “ e nel 1833 Rai ed = dr _————o ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuove Seri) VOLUME I. Num. 3. 30 Settembre 1901. Dott. GIUSEPPE NOBILI ( ASSISTENTE AL MUSEO ZOOLOGICO DELL'UNIVERSITÀ DI TORINO ) Decapodi e Stomatopodi Eritrei del Museo Zoologico dell’Università di Napoli [Ricevuta il 14 luglio 1901). Pubblico in questa nota il risultato dello studio di una collezione di Decapodi e Stomatopodi della Colonia Eritrea raccolti da ufficiali della nostra Marina e con- servati nel Museo Zoologico dell'Università di Napoli (1). Molti di questi esemplari hanno indicazione precisa di località, gli altri che ne mancano provengono però in modo certo dalla regione che si stende fra Suakim e Assab, e in modo più speciale dai dintorni di Massaua, per quanto è lecito giudicare dalle indicazioni del resto della collezione. La collezione consta di 52 specie, delle quali 49 appartengono ai Decapodi, 3 agli Stomatopodi. Tra i Decapodi vi sono 3 specie nuove per la scienza, e una sottospecie fra gli Stomatopodi. Otto specie sono nuove per la fauna del Mar Rosso. Mi è grato porgere i miei più vivi ringraziamenti al Prof. Monticelli, che mi concesse in studio la collezione. DECAPODA NATANTIA Penaidea 1. Pen®us canalieulatus (OLIv.) Epw. Bate (3) pag. 245, tab. 31, 32. Suakim : « pesca pelagica notturna », 4 esemplari molto giovani, lunghi rispettivamente mm. 29, 30, 32, 34. La dentatura rostrale in tutti questi esemplari è +, ma il numero dei denti sul carapace varia alquanto. Non v'è ancora nè petasma nè thelyeum distinti. In- vece, in altri 5 esemplari senza esatta località, la cui lunghezza è compresa fra mm. 43 e (1) Questa collezione fa parte del numeroso materiale zoologico della Colonia Eritrea e del mar Rosso raccolto, in varii anni, da diversi nostri ufficiali dell'esercito e della marina e donato al Museo Zoologico della Università di Napoli, dal Ministero della Pubblica Istruzione, durante la direzione de] fu Prof. A. Costa Fr. Sav. Monticelli. mm. 62, le appendici sessuali sono già distinte. Il petasma nei due maschi, lunghi mm. 51 e 56, è costituito dalle sue due verghe membranose, non ancora saldate insieme; il thelyenm, invece, nelle tre femmine è più sviluppato, e nell’esemplare lungo mm. 62, ha presso a poco la forma della figura 27 della tavola 32 di Sp. Bate. Hab. Tutta la Regione Imdo-Pacifica. 2. P. semisuleatus De HAAN. De Haan (13) pag. 191, tab. 46, fig. 1. Eritrea: 2 maschi giovani, nei quali le verghe del petasma sono disgiunte , e 3 esem- -l . . . . . . a Ped tl . plari giovanissimi. La dentatura del rostro in quattro esemplari è 7; in uno >. Hab. Regione Indo-Pacifica. Eucyphidea 3. Synalpheus biunguiculatus (Stiweson-De Max). Coumbre (9), (11) fig. 339. Alpheus biunguiculatus Stm. De Man (18) pag. 502, tab. 21, fig. 6. Massaua: 1 gf. Hab. Dal Mar Rosso alle Isole Hawai. 4. S. tricuspidatus (HeLL.) COUTIÈRE. Massaua: 4 gf. Coumbre [(11) pag. 20] osserva che gli esemplari tipici di questa specie appartengono a due specie distinte, l'una S. tricuspidatus Herr. (=? A. Savignyi Guér. = Athanas nite- scens Aup. nec Leaca et Aucr.) che egli ritiene sinonima di A. neptunus Dana, Valtra S. triunguiculatus PAUuLSON nec DE MAN. 5. S. triunguiculatus Paurson nec DE MAN. Coumnbre (11) fig. 338. Non avendo potuto consultare l’opera di Paulson sui crostacei del Mar Rosso, ormai inre- peribile (1), riferisco con dubbio a questa specie vari esemplari di un Synalpheus, raccolti a Massana, perchè i loro dattilopoditi triunguicolati corrispondono alla citata figura di COUTIÈRE, e perchè, per esclusione delle varie specie, essi si avvicinano più che ad altra a S. neptunus Dana, della quale specie CouriÈèRrE considera S. triunguiculatus PauLS. varietà ben caratte- rizzata dai dattilopoditi 3 - unguicolati. Alpheus triunguiculatus De Man, di Amboina, differisce da questa specie per una diversa forma delle spine oculari e rostrale, la quale ultima è gar nicht gekielt, mentre in questi esemplari il rostro si continua sollevato e distinto fra le volte oculari, per il dente presso l'articolazione della palma colle dita poco sviluppato, pei propoditi ambulatori quasi inermi, e Vassenza delle due paia di spinule sul telson, mentre in questi esemplari il dente suddetto è assai sviluppato e quasi ricurvo ad uncino, i propoditi sono armati di una serie di spine, e il telson porta le due paia normali di spinule. Ad ovviare confusioni propongo per A. trimm- gquiculatus De MAN, il nome di Synalpheus Brockii. 6.? Alpheus Edwardsi (Aup.) 1g incompleto. 7. A. insignis HELLER, HeLLER (22) II, pag. 269, tab. II, fig. 17-18, Eritrea: 1 7. Secondo CouriÈRrE questa specie è identica a A. diadema DANA, 8. A. levis Ranp. DANA (12) pag. 556, tab. 35, fig. 8; Bark (8) pag. 555, tab. 99, fig. 3; CouriùRE (10) pag. 195. (1) Quest’ opera venne stampata a Kiew nel 1875, in lingua russa, a parte, e ‘tirata in soli 100 esemplari ! mecti. Eritrea: S g°, 7 9. Le due chele non sono già subeguali, come serive Bark, ma disuguali, benchè meno di quanto si osservi in altre specie, Onde stabilire appunto i rapporti di gran- dezza fra i due chelipedi nei due sessi riporterò le misure di 5 maschi e di 5 femmine. 7 ù al i A ) ) 7 ) dg g g g g Q Q Q Q Q Lunghezza totale del- A l’animale. . . 33 31 32 30 27 33 29 22 34 26,9 dest sin.|dest. sin.|dest, sin.|dest, sin.|dest. sin.|dest. sin. |dest. sin \dest. sin.|dest. sin.|dest ‘sin - Lunghezza dellamano| 20 |18| 20 17 | 20 (17 (19,516 | 15 | 16] 14 [16,5] 13 | 14| 9,5 10/13,5/12| 13|12 So] T (0.0) 8|10 sI E ; palma|13| 913] 9|13]| 9|19,5 125) 7|10 5| 7] 9|6| 96 ci dito mobile| 79) 7|8| 7/8|7 | 8| 7|6| 7) 4| 6| 4/4,5|13/4,5| 6| 4| 6 Altezza della palma | S| 5| 86,5) 8| 6|8 | 6) 56,9 4,5 6| 4 5,5) 3 3,5) 5,0|9,0) 5,0| 4 | In cinque maschi la chela maggiore è la destra, in tre la sinistra; nelle femmine in quattro è la sinistra, in tre la destra. Dalle misure riportate è facile rilevare che la spro- porzione fra le chele non è tanto nella loro lunghezza, quanto nell’altezza e nei rapporti fra le dita e la palma. Tale sproporzione pare minore nelle femmine che nei maschi. Hab. Questa specie è distribuita dal Mar Rosso per tutta la Regione Indo-Pacifica fino alla California Inferiore. 9. Saron marmoratus (OLIV.) BORRAIDALE. BorrapAILE (4, INI\ pag. 1009. Hippolyte gibberosa EbwaRDS (33) II, pag. 378; (34) tab. 53, fig. 4; DANA (12) t. I, pag. 565, tab. 36, fig. 4; De MAN (18) pag, 533. | H. Hemprichii HeLLER (22) II, pag. 275, tab. 3, fig. 23; De MAN (18) pag. 107. Saron gibberosus TraLLwrrz (41) pag. 25. Eritrea: 1 Q. Lungh. mm. 44, I maxillipedi esterni sono lunghi esattamente quanto lo scafocerite, il secondo paio di zampe ne è leggermente più lungo, il terzo distintamente più breve. Il carpo del secondo paio di zampe è costituito di dodici articoli ; i meropoditi del terzo paio portano due spine, quelli del quarto e quinto una sola. Hab. Mar Rosso, Oceano Indiano, Oceano Pacifico. 10. Harpilius Beaupresii (Aup.) HELLER. Palemon Beaupresii AuvovIN (2) pag. 91; Saviony (40) tab. X, fig. +. Harpilius Beaupresii HeLLer (22) II, pag. 280; De MAN (18) pag. 539; Borra- DAILE (4) pag. 386. Eritrea: 2 g7. Differiscono dalla figura di SaviGnY nell’avere il rostro più lungo del peduncolo autenuale, ma più breve dello scafocerite. I denti del rostro sono 3. 3 i. Hab. Mar Rosso, Arcipelago Malese. . H. lutescens Dana. Daxa (12) t. I, pag. 576, tab. 37, fig. 4; De Max (18) pag. 536, tab. 22 a, fig. I. Eritrea: 1 o. Questa specie è nuova pel Mar Rosso. Fu trovata solo a Tongatabu e nella baia di Batavia, all’ Isola Noordwachter (De MAN). 12. Coralliocaris superba (Daxa) StwP. Vedipus superbus DANA (12) t. I, pag. 573, tab. 37, fig. 2. Massana: fra le madrepore, 1 37, 2, 9. Secondo DANA tale specie dovrebbe avere al ro- 5 A S oe "ia - 5 » a x 5 DI stro 5 denti; mentre nei miei esemplari il maschio ha vv denti, le femmine " el Hab. Malesia e Polinesia. Nuova per il Mar Rosso. 13. Coralliocaris macrophthalma (Epw.) BorraparLe (4) pag. 385. Pontonia macrophtalma Epwarps (38) II, pag. 359; (34) tab. 52, fig. 3. Vedipus macropltalmus DANA (12) t. I, pag. 573. Massaua: 1 Q. Io credo di aver potuto riconoscere questa antica specie descritta dal MILNE EbpwaRrps, nel 1837, nella sua classica opera, e non più ritrovata da quel tempo. La deseri- zione di MrLxe EpwaRDS pei bisogni moderni è assolutamente insufficiente, e la figura che egli diede nell’Atlante del « Règne Animal» di Cuvier, benché rappresenti bene il facies della specie, manca di vari particolari importanti. Credo quindi necessaria una nuova deserizione. Il carapace é depresso superiormente, quasi quadrato , o lungo quasi quanto largo. Il rostro, esaminato dal disopra, è di forma triangolare, moderatamente largo alla base, termi- nante in una punta molto acuta, e lungo quanto il pedumeolo delle antenne interne (nella figura di Mitne EpwaARDS esso giunge appena poco oltre al termine del penultimo articolo). La carena rostrale è piuttosto acuta, e porta un piccolo dente alquanto oltre la sua metà ; la parte inferiore è liscia e inerme. Lo scafocerite è lungo quasi il doppio del rostro, e porta due spine, una quasi al termine, l’altra più robusta alla base. I maxillipedi esterni sono molto corti. Le zampe del primo paio sono assai gracili , il campo è alquanto più lungo del mero, la mano molto corta, meno di metà della lunghezza del carpo; le dita sono un po’ più corte della palma. Le zampe del secondo paio sono ineguali, ma non molto. Nel solo esemplare che ho esa- minato la destra è la maggiore. Sulla chela destra 1° ischio é inerme. Il mero è piuttosto rigonfio, il suo margine supero-anteriore un poco erestiforme, prodotto nel mezzo, ma non a dente ; il bordo superiore porta alla sua estremità distale una spina distinta, una spina simile, ma minore, si osserva all’ apice del bordo infero-esterno; una molto più piccola sta fra queste due; non v° è spina distinta sul margine anteriore, ma bensì una intaccatura fra il suo termine e il bordo posteriore. Il carpo è molto corto; internamente porta un profondo e abbastanza largo soleo che decorre dalla faccia superiore fin quasi alla metà dell’inferiore; il suo margine anteriore è armato di una serie di sette spine, divise in dune gruppi di 3 e 4, dirette all'infuori dalla metà della faccia superiore verso l’inferiore. L'aspetto generale quasi ad anfora della mano è ben rappresentato dalla figura 3 di MiLxE EpwaRDES; noterò solo che essa ha quasi sezione rotonda, ed è solo un poco compressa in senso longitudinale; la palma è lunga due volte le dita. Il dito mobile è, come scrisse Mine EpwaRDS, presque sèmilunaire. Tale forma è data dall’essere molto alto e ricurvo, quasi semicircolare nella sua parte esterna, sporgente di molto sopra il piano del margine della mano. Nella sua parte interna porta um protondo incavo, ove si alloga il grosso e largo dente, tagliato rettilineamente all’apice, che si trova sul dito fisso. Vi è inoltre un altro piccolo dente ottuso dopo Vineavo; la punta è acuta e leggermente ineurvata. Il dito fisso porta prima e dopo del grosso dente accennato nm piccolo dente smussato; la punta è fine, acuta, lunga e distintamente curvata all’ insù. La chela minore non differisce sensibilmente dalla maggiore, eccetto che nelle dimensioni. Il carpo però ha solo cinque spine, ma sporge nella parte infero-interna del margine anteriore in un grosso lobo acuto e dentiforme, che è appena accennato sul chelipede maggiore. Le zampe ambulatorie sono mediocremente lunghe e grosse. La protuberanza basale del dattilepodite è molto sviluppata, triangolare, ricurva, subacuta; e assai più grossa dell'unghia vera, tanto che a primo esame la si confonde con essa. Misure : Liunghezzasto tale Vee I MOR N IVI TO 3 AelisCarapace: "gota TOR n 5 7 destra sinistra pa n MIDEDO E MR TA + 2,5 2 È RSA - 1 - n L'CATPO: a FS e MI SI SIE » 1,5 1 Fi 5 5 IANNONE À 10,5 S > PRA e INR DE AIR POS È Î DD È i © att en A S 3,5 2,5 Larghezza delli pala RIO RI î 3 2,5 n° a Hab. « Trouvée dans les mers d’Asie » (H. MILNE-EDWwARDS). 14. C. lucina n. sp. Questa nuova specie è rappresentata da circa trenta esemplari, raccolti forse in due lo- calità eritree non indicate. La straordinaria asimmetria e la forma differente del secondo paio di pereiopodi la distinguono tra tutte le specie finora conosciute, nonostante abbia molte atti- nità colla C. lamellirostris Stmp. delle isole Loo-Choo. Il carapace è armato di una forte spina suboculare, e di una epatica minore. . Il rostro è piano, più lungo assai del peduncolo delle antenne interne, ma alquanto più breve dello scafocerite. Esso porta superiormente 5 denti (talora solo quattro) subeguali, equi- distanti, dei quali il primo è collocato sopra gli occhi, e 1’ ultimo a qualche distanza dal- l’apice che è acuto e leggierissimamente rivolto in alto. Nel suo margine inferiore la parte prossimale è stretta, inerme, mentre la distale è dilatata, e provvista di tre denti, i primi due alquanto Iimghi e curvi in avanti, il terzo più piccolo e appressato al margine. Le anten- nule sono piuttosto brevi, ma il loro flagello maggiore supera di oltre metà della sua lun- ghezza l’apice dello scafocerite. Le antenne sono più lunghe del corpo. I maxillipedi esterni sono di grossezza normale. MN primo paio di pereiopodi è gracilissimo , e i suoi articoli sono quasi filiformi. Esso giunge all’apice dello scafocerite e lo supera appena. Il carpo è alquanto più lungo del mero, e lungo il doppio della mano; la palma è lunga più di una volta e mezza le dita. Le zampe del secondo paio sono straordinariamente disuguali, e di forma affatto difte- rente; la maggiore molto sviluppata, e della forma delle Coralliocaris, la minore invece pie- cola, e costruita sul tipo più comune delle zampe chelate degli Eucifidei. La chela maggiore, che talora è la destra, talora è la sinistra, è mga quasi quanto il corpo; il suo ischiopodite è inerme, il mero è assai dilatato nella sua parte inferiore e mediana, stretto superiormente, e porta una sola spina molto grossa, acuta, e leggermente ceurvata all’ estremità distale del suo margine infero-interno. Il carpo è brevissimo, senza spine né denti, e non presenta che una sporgenza conica assai sviluppata dalla sua parte interna. La mano è molto lunga, grossa I alla base e gradatamente restringentesi verso l'apice; la palma non compresa è lunga quasi quattro volte le dita. Il dito mobile è distorto, in modo tale che pur avendo inserzione alla base da muoversi in un piano orizzontale, viene portato quasi dalla parte inferiore della mano, e si muove in senso verticale; superiormente è carenato e dilatato alla base in una protuberanza ben marceata,ela sua parte anteriore è troncata quadra. Esso porta un grosso lobo alla base del margine tagliente, e tre denticoli lungo il suo decorso. Il dito immobile termina gradualmente in punta; il suo margine tagliente presenta due denti acuti ed esili i quali segue presso l’apice un lobo largo, depresso e rotondato. Lungo la superficie d’ arti- colazione y? è qualche denticolo. La zampa minore è così corta da non arrivare che scarsa- mente al termine del terzo basale della mano maggiore, ed è quasi uguale ai pereiopodi seguenti. Il meropodite è armato, analogamente a quello dell’ altro chelipede con una sola spina apicale. Il carpo è più lungo e non prodotto internamente, la palma è breve, appena un poco più lunga delle dita. Queste sono inermi; larghe, ed escavate internamente. I pereiopodi posteriori sono piuttosto robust', ed il loro carpopodite si prolunga supe- riormente in un processo spiniforme, che sj applica lungo il margine superiore del propodite. La protuberanza alla base dell'unghia è stretta, lunga e conica. La difformità delle zampe del secondo paio distingue questa specie dalle congeneri. StiMPSON (Proe. Acad. Nat. Sc. Philadelphia, 1860, pag. 38) descrisse sotto il nome di C. lamel- lirostris una forma delle isole Loo-Choo, che si accorda con questa per la lunghezza e la forma del rostro e per la distorsione del dito mobile della mano maggiore. Ma per questa specie StIMPsoN accenna solo ad inuguaglianza (pedes secundi inequales) non a diversità di forma, e mentre descrive, colla sua concisa accuratezza i caratteri della zampa maggiore, non accenna affatto alla forma della minore, il che prova che essa è, come nelle altre Coralliocaris a zampe disuguali, solamente disuguale di dimensioni, non di forma diversa. Inoltre fra la descrizione di Stimpson e la mia specie si possono ancora notare le seguenti differenze : C. lamellirostris StM C. lueina NoBILI Ù Sud 1. Rostro +7 1. Rostro — 2. Antennule appendices antennarum non su 2. Antenne più lunghe dello scafocerite. perantes. 3. Dactylo distorto non dilatato. 3. Dattilo dilatato alla base. 15. Periclimenes Petitthouarsi (Aup.) BorR. BorRAIDALE (4) pag. 381. Palemon Petitthouarsi AuDOUIN (2) pag. 91; Savienr (40) tab. 10, fig. 8. Amnchistia Petitthouarsi De MAN (18) pag. 541. Anchistia inequimana HeLLer (22) II, pag. 283. Eritrea : 4 dg. Hab. Mar Rosso, Oceano Indiano, Oceano Pacifico. 16. Palemonella tenuipes DANA. Dana (12) t. I, pag. 582, tab. 38, fig. 3; Dr Man (18) pag. 551, tab. 22a, fig. 4 OrtmanN (36, I). Eritrea: 1 co. Degli otto denti del margine superiore del rostro dne sono collocati sul carapace dietro gli occhi. Il carapace porta una spina epatica. Questa specie abita 1° Arcipelago Malese e il Giappene, e le isole Maldive, ed è nuova pel Mar Rosso. 17. Palemon (Leander) natator Epw. P. natator EpwaRDS (33) II, pag. 393; Dana (12) I, pag. 588, tab. 88, fig. 11; Bate (3) pag. 784, tab. 128. fig. 6, 7; OrTMANN (36, I) pag. 525. Eritrea: 8 esemplari giovamissimi. Il rostro, uguale allo scafocerite, in quattro esemplari porta = denti in due n in uno È in uno 3 La sua forma è molto variabile, ma in gene- rale è quella della figura 7 di Bark. Il carpo del secondo paio di pereiopodi è quasi uguale alla mano. Queste stesse zampe oltrepassano lo seafocerite appena colla lunghezza delle dita, Questa specie fu trovata nel Mediterraneo, nel Mare dei Sargassi, nell'Oceano Indiano, nel Pacifico e nel Giappone. REPTANTIA Galatheidea 18. Galathea spinosirostris DANA. DANA (12) t. I, pag. 480, tab. 30, fig. 9; De MAN (18), pag. 456; HeNnpERSON (23) pag. 431. G. strigosa HeLLeR (nec Linn. FAB.) (22) II, pag. 431. « Fra le madrepore ». Una femmina ovigera misurante in lunghezza mm. 11 e priva completamente di zampe. Si accorda per quanto riguarda il carapace e i maxillipedi colla figura e descrizione di DANA. Le due spine del bordo interno dei maxillipedi esterni sono ravvicinate, collocate dopo la metà dell’articolo stesso, e la seconda alquanto prima dell’apice. Heller riporta fra le specie del Mar Rosso 1’ europea @&. strigosa Linn. Questa specie ha talvolta due sole spine postfrontali, ed allora è molto simile e può confondersi colla G. spinosirostris. Tale confusione fu forse fatta da Heller, e i suoi esemplari si riferiscono forse a questa specie. La G. australiensis Stm., credo con Henderson, non sia specificamente diversa da G. spinosirostris. Nuova pel Mar Rosso. Hab. Mauritius, isole Almiranti, India, Amboina, Mar d’ Arafura, Australia, Isole Sandwich; 19. Petrolisthes rufescens (HeLr.). Porcellana rufescens HeLLER (22) II, pag. 255, tab. 2, fig. 4; Kossmann (25) pag. 75, 78 P. (Petrolisthes) rufescens HiLGenpore (24) pag. 825, tab. II, fig. 7. Petrolisthes Lamarcki, var. rufescens BorrADAILE (5, II) pag. 465 (ubi liter). Isola Daret: 2 357, 2 Q. La colorazione varia notevolmente in rapporto coll’età. Nei giovani la colorazione generale è rossiccia, macchiettata di rosso più oscuro, e sui chelipedi non v' è ancor traccia di colore azzurro ; mentre negli adulti tale colore è molto diffuso sui chelipedi, sul fronte, sulle zampe ambulatorie e sui maxillipedi. Le regioni poste- riori del carapace sono pure più o meno soffuse di tale colore. Esso appare negli individui di media età dapprima ai margini degli articoli, indi gradatamente si estende verso l'interno, e intanto diminuiscono a poco a poco le numerose macchie rosso-brune dei chelipedi. o (©) Q Lunghezza del carapace . . 12 5 10 Larghezza , s DISC 11 4 9,5 destro sinistro destro sinistro destro sinistro Lunghezza del carpo . . . 10 9,5 3 3 7 7,5 x 2 = 3 qs 9 Larghezza , COD) 419, 6 5 5 17 Bal ema) Lunghezza della mano . . 19,5 18 6 5 13 14 s 3 1 RE ì Larghezza , PRO AL: 9 85 Da Di 5,5 6 ; ; 5 : qll Lunghezza delle dita . . . 8 Ss 2,5 2 SAMO: Hab. Mar Rosso, Oceano Indiano, Oceano Pacifico. 20. P. Boscii (Aup.) Stm. OrtMANN (38) pag. 283, 284 (ubi lit. pars.), Kossmanx (25) pag. 74. Porcellana Boscii. AupOvIN (2) pag. 88;Savieny (40); HeLLer (22) IT, pag. 256; Db Man (17) pag. 217. Isola Daret:-1 9 con uova, larga e lunga mm. 6. Differisce dalla figura di SAviGNY per avere le squame rugose trasverse della porzione = esterna della mano e le rughe del carapace più corte e meno marcate. Hab. Mar Rosso, India, Australia. Guérin l’indicò fra i crostacei della Morea, ma dopo di lui (1832) non fu più segnalata, e molto probabilmente trattasi di un’altra forma; benchè Ortmann ritenga possibile questa località. 21. Polynyx biunguiculatus (DANA) Srm. Porcellana biunguiculata DANA (12) t. I, pag. 411, tab. 26, fig. 1; Mrers (28) pag. 559: De Man (18) pag. 421. Eritrea: L’ unico esemplare corrisponde alla figura di Daxa nell’ avere il lobo mediano del fronte stretto e acuto, molto sporgente oltre ai laterali che sono quasi nulli. Ditterisce dalle figure citate per avere ben distinto il lobo al margine anteriore del braccio, descritto pel primo da MIeRs. Per la presenza appunto di tale lobo, non figurato da DANA, De MAN ritenne doversi considerare la forma di Dana corrispondente a P. obesulus, che è privo di tale lobo ; e la forma descritta da Miers, del Mar Rosso e delle Seychelles, come appartenente ad una nuova specie. Tale opinione non ritengo esatta , perché P. obesulus (Wire nom. nud.) Mrers ha fronte distintamente trilobato, e eol lobo mediano poco sporgente oltre i laterali (largo e arrotondato) e dattilopoditi triunguicolati. La ragione più probabile della differenza fra la figura di DANA e tutti gli esemplari, di P. biunguiculatus in seguito esaminati dai carcinologi, sta nella inesattezza del disegno, (non rara nell’ Atlante di Dana) e la Porcellana biunguiculata DANA corrisponde certo alla forma del Mar Rosso e a quella descritta da Mrers. L’esattezza d’altronde delle due figure di det- taglio del fronte e dei dattilopoditi (esattezza che è ben diversa da quella della figura del- l’animale intero), prova che la specie che DANA intendeva rappresentare risponde alla forma del Mar Rosso. In questo esemplare maschio le chele sono alquanto disuguali, e la destra è un poco più grossa della sinistra. La carena sul dorso del dito mobile, descritta da De MAN, è distinta nella mano minore, e ve n° è appena traceia sulla maggiore: quella della parte inferiore della palma e del dito fisso è bene sviluppata su ambe le mani.. Le misure seguenti dimostrano 1’ inuguaglianza dei due chelipedi : TUNONEZZA BA RINCArA Pat EI mm. 5 Larghezza , ne RAT N N I TRENO Pa 6 destro sinistro un hez4VXAelFCaT Pose NE 6 5 Larghezza 4 % CIT STAI e RE 3,5 3 Eunghezza della ano een e 9 7 i Larghezza _, li RR a CERI ZIONI Db: 4 3,9 Lunetiezzagdelle! dita n Re E RE RI 3 + Hab. Dal Mar Rosso all’ Australia. Oxystomata 22. Philyra platychira De Haas. De HAAN (13) pag. 132, tab. 33 fig. 6; ALcock (1, II) pag. 238-242 (ubi liter). Isola Dalak-Dalak : « Dragando a 10-15 m. di profondità » 1 7 largo mm. 9 e lungo pure mm. 9. Questo esemplare non differisce in modo apprezzabile da un esemplare più grosso di Karachi (Costa Nord Ovest dell’India), inviato dal prof. A. W. ALcock al Museo di Torino, se non nell’essere alquanto più largo in proporzione alla lunghezza, poichè 1° esemplare di Karachi è lungo mm. 14,5 e largo mm. 14, e nell’avere i solchi branchio-cardiaci molto più marcati, mentre nell’esemplare di Karachi essi sono quasi obliterati, Ma con questo stesso esemplare ne furono raccolti due altri (17 1 Q) larghi rispettiva- mente mm. 6 e 6,4 e lunghi 6,5 e 7 i quali io dubito se appartengano ad altra specie 0 siano solamente i giovani della stessa. In essi la faccetta epatica è bensì indicata, ma molto meno delimitata che nel maschio più sopra indicato, e il tubercolo epatico è più prominente. Anche il carapace è meno subeircolare, più allungato; quello del maschio è provvisto su le regioni branchiali e sulla cardiaca di ben distinti granuli, di aspetto quasi vescicolare, quello della femmina porta i granuli solo sulla regione gastrica. I solehi branchio-gastrici sono molto marcati e profondi. Le dita dei chelipedi sono dentate. Ma, cercando di stabilire il valore di queste differenze, credo che esse siano da attribuirsi all’età differente, e che non abbiano valore specifico. Questa opinione è rafforzata dall’osser- vazione che Vesemplare maschio largo 9 mm. ricordato pel primo, porta alcuni piccoli gra- nuli sul carapace, edi suoi solchi sono assai meno (ma distintamente) tracciati che nei due giovani, e più che nell’adulto di Karachi. Sfortunatamente tale esemplare non conserva in- tero che un dito dei chelipedi, e non si può quindi ben stabilire se in esso, come pei granuli e pei solchi, anehe per la dentatura delle dita siavi regressione dei caratteri giovanili; ma è assai probabile che i giovani di questa specie abbiano dita dentate, le quali poi col crescere dell’età divengono gradualmente inermi. Questa specie abita i mari del Giappone, della China, della Malesia, dell’ Australia, del- l’India ed è nuova per la fauna del Mar Rosso. Brachyura 23. Menethius monoceros (LaT.). Epwarbs (33) I, pag. 339; De Max (14) pag. 171; Cano (8) pag. 175; ALcock (1, I) pag. 197 (ubi liter. compl.). Inachus arabicus Ripper (39) pag. 24, tab. 5, fig. 4. Eritrea: 3 3. Lunghezza: mm. 22 ; 20 ; 15,5 Larghezza: mm. 11; 14 ; 10,5 Hab. Tuita la Regione Indo-Pacifica, fino alle Isole Sandwieh e al Giappone. 24. Neptunus (Neptunus) sanguinolentus (HerBpsr). Arcock (1, IV) pag. 31, 32 (ubi liter). Eritrea: 7 giovani esemplari, le cui dimensioni stanno fra 13 x 7,5 e 87 <18. In questa specie i giovani differiscono dagli adulti per un minore sviluppo dei denti mediani del fronte, i quali sono appena accennati nei giovamissimi, e dell’ apofisi epistomica, che è molto più corta e non così sporgente come negli adulti. Le grandi spine laterali sono anche molto meno sviluppate, e non v’ è traccia delle tre macchie rosse così caratteristiche nella parte poste- riore del carapace. Questa specie, distribuita per tutta la Regione Indo-Pacifica dalle Coste Orientali del- Africa fino al Giappone, alle Isole Hawai e alla Nuova Zelanda, non era ancora stata indi - cata nel Mar Rosso. 25. Neptunus (Neptunus) eonvexus (De Haax) De Man. Portunus (Pontus) converus De HAAN (13) pag. 9. Neptunus Sieboldi A. Mrrxe Epwarps (29) pag. 323, tab. 35, fig. 5: Hexpkersox (23) pag. 370. Neptunus converus De Max (16, III) pag. 150; (20) pag. 556. Eritrea: 3 giovani maschi. Il cefalotorace di questa specie è notevolmente convesso, non tanto dalla parte dorsale, quanto dalla parte sternale. Le costole delle mani in questi esemplari sono notevolmente sviluppate e molto sollevate, ma è probabile che col crescere dell’ età divengano alquanto minori. Le granulazioni del carapace sono cospicue e frammiste di corti peli. Le misure di questi esemplari sono : Larghezza, comprese le grandi spine laterali . . . mm. 14,5 ; 13 ; 14 Lunghezza Po È 5 ti RARA EROE: 9 Per quanto mi risulta questa specie fu finora ricordata dalle Molucche (tipo di De HAANx), di Atjeh (De Max), Mamritius (tipo di A. MiLxE EpwaRDs) e dell’India (HExpERSON) ed è quindi nuova pel Mar Rosso. 26. Thalamita Poissonii (Aup. Sav.) DE Man. Portunus Poissonii Atpovin (2) pag. 84; SaviGnY (40) vol. IV, fig. 3. Thalamita Poissonii De Max (14) pag. 181; CAO (8) pag. 216; ALcocK (1, IV) pag. 74-81. Eritrea: 15°. Largh. mm. 10, lungh. mm. 7. Questo giovane esemplare presenta il carapace distintamente peloso, benchè la pelosità sia assai minore che nella 7%. sima; le mani sono granulose superiormente, e sulla lor faccia esterna presentano due creste ben sviluppate, e una terza rudimentale, oltre alle due della faccia superiore. I propoditi delle zampe natatorie presentano 5 0 6 spinule sul margine inferiore. Questa specie costituisce colla 7h. Chaptalii ad essa affine un gruppo netto nel genere, caratterizzato dalla coalescenza dei due lobi frontali; ed entrambe hanno una distribuzione geografica limitata alla parte occidentale della Regione Indo-Pacifica: la Th. Chaptalii alquanto più estesa (Mar Rosso, Mauritius, Andamane, Ceylan) la 7%. Poissonii più ristretta non essendo stata trovata che nel Mar Rosso (Gedda, Assab) e nel Golfo Persico, 27. Th. Savignyi A. Epw. A. MiLxe Epwarps (29) pag. 357: Kossmawnx (26) pag. 49; De Man (14) pag. 180; Cano (8) pag. 215; ALcocx (1, IV) pag. 74, 84. Eritrea: 1 y. Largh. mm. 16, lungh. mm. +10. Differisce essenzialmente dalla descrizione di ALcock per avere le dita scanalate anche all’interno, e inoltre la cresta del primo articolo delle antenne è spinosa. ALCOCK però giu- stamente sostiene che la 7%. Savignyi non è che una varietà della 7%. admete, perchè i pochi caratteri che le distinguono sono molto variabili, e non è raro trovare individui pre- sentanti in grado uguale i caratteri dell’una e dell’altra forma. L’esemplare qui accennato però tende più verso Th. Savigqnyi. Ambe le specie hanno una vasta area geografica, la aAmete in tutta la Regione Indo- Pacifica, la Savignyi fu indicata nel Mar Rosso (Suez, Gedda, Assab), Atrica Orientale, Isole Mergui, Australia, Nuova Caledonia. 28. Thalamitoides tridens A. Epw. A. MILNE Epwarps (31) pag. 149, tab. VI, fig. 1-7: De Max (15) pag. 99: (19) pag. 423; Ortmanx (36) pag. 86. Isola Daret: 2 Q. Come nell’esemplare del Mar Rosso esaminato da De MAN nella seconda delle opere citate, questi pure portano solo 7 spine sulla mano, e la scissura fra i lobi frontali esterni e gli interni è più profonda, e i lobi esterni sono rotondato-troncati. Analogamente allo stesso esemplare 1’ articolo basale delle antenne esterne porta 2 grosse spine acerate da uma parte e tre dall’altra in uno degli esemplari, e due da ambe le parti nell’altro. Le mani sono gra- nulose, e portano traccia di una costola mediana. Hub. Mar Rosso, Madagascar, Filippine, Samoa, Figi. 29. Caphyra Monticellii n. sp. Una femmina larga mm. 5, lunga mm. 4, « Vivente fra le piante natanti, 25 miglia a nord di Massana. Aprile 1893 ». Il carapace di questa nuova specie è assai convesso longitudinalmente e trasversalmente, e tutto ricoperto di minuti granuli rotondi, più fitti e più distinti nella parte anteriore; € presenta inoltre dune linee salienti, luna alla metà della regione gastrica, non continuata ai margini, Valtra che parte dall’ultimo dente laterale e traversa lo seudo fino al dente opposto. Il fronte è diviso in due parti da una intaccatura mediana piuttosto profonda; ciascuna di queste metà così formate è divisa irregolarmente in tre denti, dei quali i primi due sono assai larghi, sporgenti, ottusi, il terzo piccolo, più corto e acuto; dopo questo, separato da una intaccatura, vi è l’angolo orbitale acuto. I margini laterali del carapace sono divisi in quattro denti acuti, comprendendo anche l’angolo estraorbitale. I chelipedi sono subeguali. L’ ischiopodite è armato nel suo margine superiore, di pie- cole spinule nascoste fra i peli (2-3?) e quindi di due spinule maggiori; inferiormente porta solo dne spinule acuminate e lunghe sul chelipede sinistro, e 8 sul destro. Il meropodite à PRES fà PRE A LIA 11 curvato e inerme nel suo margine posteriore, ma i due margini della faccia anteriore sono diritti e spinosi. Di essì il superiore è armato di sette spine (quattro minute prossimali, e tre distali assai sviluppate, delle quali la mediana è la minore, e la terza la maggiore) e di quattro grosse e lunghe spine uguali sul chelipede sinistro e sul destro ve n°ha 6 superiormente e 4 disuguali inferiormente. Il carpo porta una grossa spina al suo angolo antero-interno, che si continua sul dorso dell’articolo con una piccola linea appena saliente: analoga a questa v'è traccia di altre linee. La mano ha la palma poco più lunga delle dita, sormontata superiormente da un’ alta cresta, che porta un grosso dente acuto, e alquanto ricurvo verso l’apice, occupante la metà della lunghezza del margine superiore della palma, e non termina in un dente propriamente detto, ma solo sporge alquanto sopra l’arti- colazione delle dita. Un tubercolo spiniforme trovasi al punto in cui la palma viene in con- tatto col carpo, come la spina degli altri Portumidi. Esternamente v'è una cresta assai svi- luppata, e traccia di un’altra. Le dita sono grosse, combacianti, poco eurvate all’ apice, € il dito mobile è sormontato da uma cresta. I dattilopoditi ambulatori sono debolmente eurvati. La Caphyjra Monticellii è nettamente distinta dalle altre congeneri pel carapace granu- loso. (La sola 0. semigranosa De Max ha qualche granulo sulla regione gastrica ed epatica, ma è ben distinta da questa). Fra le specie di Caplyra essa è maggiormente atftine alla C. polita a (HeLL.), alla €. octodentata (Hasw)e alla €. tricostata Ricut. Dalla prima è distinta per la presenza di una linea saliente accessoria sulla regione gastrica (1), per una diversa forma del fronte (se la figura di Heller è esatta), per la presenza di spine sull’ischio, e una differente spinosità del mero dei chelipedi, e per la spina sulla faccia esterna della mano, ove essa viene in contatto col carpo. Dalla C. octodentata Hasw., che possiede quest’uitimo carettere, si distingue per la presenza dell’accennata linea sulla regione gastriea e per la differente armatura dei chelipedi. Dalla C. tricostata Ricnr differisce per avere due sole linee salienti sul carapace in luogo di tre, e per le mani armate di due spine, mentre esse nella specie di RicnreRs sono liscie ed inermi. Questi caratteri differenziali, ripeto, sono però accessori, poichè una differenza sicura sta nella granulosità del carapace. Questa specie presenta affinità coi Goniosoma per l’accenno alla formazione di linee sa- lienti sul carpo, e per la presenza del tubercolo spiniforme all’articolazione manocarpale. Le specie di Caphyra che mi risultano descritte sono 11, tutte Indo-Pacifiche, che si possono così distinguere : Caphyra Guérin 1832 (Camptonye HeLLer 1861). A. Zampe del 5° paio non arrovesciate sul dorso del carapace. a. Margini laterali del carapace senza veri denti C. Archeri WaLk. (Singapore) aa. Margini laterali dentati. C. natatrix ZeHANTN. (Amboina) B. Fronte (esclusi gli angoli orbitali) largamente bilobato. b. Margini laterali 4-dentati. (. /./. 0. 08. C. rotundifrons (A. Epw). (Nuova Caledonia, Samoa) bb. Margini laterali 3-dentati. . . . . . . . . . . €. rotundifrons. var. tridens RicHT. (Mauritits) BB. Fronte diviso in denti. (1) A questo proposito noto che HeceR (22) I, pag. 358 dice: “ Die einzelne Gegenden sind gar nicht abgesondert, und blos eine einzige, von den hintersten Seitenzahne quer nach innen laufende, leicht vertiefte Linie and der Oberfliche sichtbar, , HASWELL invece [Catal. Austral. Grust. pag. 83] ed A. Mine Epwarps [ (82) pag. 173.] parlano entrambi, certo per errata interpretazione del testo di HeLLeR, di una linea sulla regione gastrica. Ra regina Pat ri È ie e TL E RON 12 Teo È C. Fronte (esclusi gli angoli orbitali) 4-dentato. e. Mani costate, ma inermi; lati 4-dentati. . . . . . C. alata RicHT, (Mauritius) ce. Mani con tre spine, lati 3-dentati . . . . . . . C. Rouxi GuéRIN (Nuova Irlanda) CC. Fronte (c. s.) 6-dentato. D. Carapace liscio. EciLati6-dentatlt to ( Zevis A. Epw. (Nuova Caledonia) EE. Lati 4-dentati. et2Ulmee salienti sulicarapacent. Re i C tricostata Ricat. (Mauritius) ee. Una sola linea saliente sul carapace. x. Una spina sulla faccia esterna idella mano n con- tatto RGOLNCAnpo No EN C octodentata Hasw. (Queensland) rx. Nessuna spina all’ articolazione della mano col COMPO RE I A C polita HeLL. (Mar Rosso) DD. Carapace più o meno granuloso. d. Margini laterali 5-dentati; carapace con ualche gra- nulo solo nelle regioni gastriche ed epatiche. . . . C semigranosa De Man (Pulo Edam) da. Margini laterali 4 dentati, carapace fittamente gra- RIO SORA e I a pre a Mt G Monticellii No. 30. Carpilius convexus (Forsk.) RiipP. 7 RiirreLL (39) pag. 13, tab. 3, fig. 2; Epwarps (33), I, pag. 382 tab. 16, fig. 9, ArL- cock (1, III) pag. 79,80. NoBiLI (35) pag. 256. Massaua: una giovane femmina che ha le dimensioni seguenti : arphezzardelicarapatetar E SE E NN ARIDO Lunghezza , o ea AS a See Baci lo) TaFphezza idea IA e SRI IE n OM. Altezza 1a 7 I ATRIA, TO x D. 85 Eunehezza Rea pala RR RE f DI ; FEET TE N a È FS 15) Il fronte in questo esemplare è smarginato nel mezzo, ma i lobi che così sono for- mati son brevi, larghi e poco marcati, di forma ben diversa da quelli del C. maculatus. Hab. Regione Indo-Pacitica. 31. Atergatis roseus (Riirr.) De HAAN, ALcocK (1,III) pag. 95, 97 (ubi liter.) Massaua: Un maschio giovane, largo mm. 14 e lungo mm. 8,5, corrispondente più spe- cialmente alla forma Carpilius marginatus RiPrELL. Hab. Dal Mar Rosso alla Polinesia. 32. Lophactea anaglypta (HrLLeR) A. Epw. Atergatis anaglyptus HeLLER (22) I, pag. 312, tab. 2, fig. 11, 12. Lophactwa anaglypta A. Miuxe Epwarps (30) pag. 251; De Max (20) pag. 498; Ar- cock (1,III) pag. 100, 102. Britrea: 7 largo mm. 28 e lungo mm. 19. Il carpo di questo esemplare non è nè grob- runzlig come nella descrizione di HeLLER, nè beinahe glatt, come nell’esemplare di Atjeh descritto da De Man, ma piuttosto leggermente rugoso o eroso, e presenta due 13 fossette abbastanza profonde presso il suo margine anteriore. La colorazione nerastra delle dita non scende sulla palma, nè si estende fino a metà di essa come nel suddetto esem- plare di Atjeh. Hab. Mar Rosso, Golfo Persico, Ceylan, Atjeh, Nuova Caledonia, Samoa. 33. L. Helleri Kossmanx (25) pag. 21, tab. 1. fig. 2. Riferisco a questa specie un esemplare maschio largo mm. 18,50 lungo mm. 12, perchè si accorda colla descrizione di Kossmanx nell’avere le mani granulose, ed ha inoltre qualche lieve differenza dalla L. anaglypta. Im questo esemplare le regioni sono alquanto più sporgenti, i solchi interregionali più pro- fondi, la cresta marginale e quella sul dorso della mano più marcate. Il fronte è quasi diritto, quasi impercettibilmente intaccato nel mezzo, mentre nella L. anaglypta esso è distintamente diviso in due lobi da un'intaccatura abba- stanza profonda. Il carpo dei chelipedi è quasi liseio, la palma invece distintamente ru- gosa, e le rughe sono le ggermente granulate. Tali sono le differenze che riesco a trovare fra queste due specie vicinissime e mal distinte; differenze che possono d’altronde anche attribuirsi a diversa età o a variazioni individuali. Basta d’altronde confrontare le due descrizioni originali per vedere che la ZL. Helleri mal si può considerare distinta dalla L. anaglypta. 34. Etisodes anaglyptus (Epw.) A. Epw. Cancer anaglyptus Epwarbs (34) tab. 11 fig. 4. Etisus anaglyptus Epwarps (33) I, pag. 411. Etisodes anaglyptus A. Mixe Epwarps (32) pag. 235; ALCOCK (1, III) pag. 136 (ubi liter). Eritrea: 2 g°, mm. 24,5 x 18; mm. 20,5 X15. Il margine frontale é leggermente esca- vato e di aspetto quasi denticolato per le granulazioni che porta. L’esemplare maggiore porta sulla regione gastrica una grossa macchia coccinea vivissima, due macchie simmetriche mi- nori sulla regione branchiale, e una piccola macchia alla base di ciascun dente laterale. I chelipedi presentano larghe zone di ugual colore. Hab. Il golfo Persico, l'Australia, la Malesia, le Filippine, le isole Samoa. È nuova pel Mar Rosso. Nelle raccolte del Museo Civico di Genova ne vidi esemplari raccolti a Massaua dal Prof. A. IsseL nel 1570. 35. Actea hirsutissima (Riirr.) De HaAAN. ArLcock (1, III) pag. 138, 141 (ubi liter). Cancer hirsutissimus RiirreLL (39) pag. 26, tab. 5, fig. 6. Massaua: 1 g° largo mm. 19, lungo mm. 11. Hab. Dal Mar Rosso alla Polinesia. 36. Actea calculosa (Epw.) A. Epwarbs. A. MrLnE Epwarps (30) pag. 273, tab. 18, fig. 3, 3a; Arcock (1) pag. 139, 152. CaArman [Trans. Linn. Soc. (2) VIII, pt. I], pag. 8. Isola Daret: 1 57, largo mm. 9, lungo mm. 7. Ho qualche dubbio che realmente questo esemplare corrisponde all’A. calculosa, poichè il rapporto fra la lunghezza e la larghezza cor- risponde piuttosto all’ A. granulata. Però confrontandolo con una femmina di A. granulata raccolta a Beilul (Museo di Torino) le differenze sono notevoli e tali da far attribuire l’esem- plare dell’Isola Daret all’A. caleulosa. Infatti nell’A. granulata il carapace è tutto coperto, di grossi tubercoli che si appalesano composti di tubercoletti e di granuli minori con fluenti ma distinti, sì che essi tubercoli hanno aspetto moriforme. Questi tubercoli sono r0- tondeggianti, ben separati, e molto sporgenti, come pure sono separati e alquanto sporgenti i granuli che li compongono. te) t=) : 14 Nell’esemplare riferito a A. caleulosa può bensì ritrovarsi la stessa struttura, ma i tuber- coli sono depressi, mal delineati, ed, esaminandoli a forte ingrandimento, si vede che essi sono composti di minuti granuli depressi, intimamente ravvicinati e quasi coaliti. Numerose piccole impressioni 0 fossette coprono tutta la superficie del carapace. Tali diffe- renze sono appunto quelle che ALcock stabilisce fra le due specie. Le zampe fra i due esemplari delle due specie non presentano differenze, poichè nessuna delle due ha tubercoli spiniformi, benchè in entrambe quelli sul dorso siano piuttosto acuti. La recente descrizione di W. T. CALMAN, basata su esemplari dello stretto di Torres com- parati col tipo, corrisponde all’esemplare dell'Isola Daret, salvo nelle differenze generali ac- cennate. Hab. V India, il Golfo Persico e l'Australia. È nuova pel Mar Rosso. 37. A. fossulata (Gmm.). A. Epwarps (30) I, pag. 279; ALcock (1,III) pag. 139, 148. A. Schmarde HeLrer (22) I, pag. 318, tab. 1, fig. 13. Psaumis fossulata Kossmanx (25) pag. 27, tab. 1, fig. 3. Isola Sceik-ul-Abu: « vivente fra le madrepore » , 6 - 334 —1L0 senza località. Le dita in un maschio sono quasi completamente bianche, in una femmina, larga mm. 14 e lunga mm. 8, sono appena brunastre, in tutti gli altri esemplari sono nere colla punta un poco più chiara, ela colorazione nera si arresta alla base del dito immobile, meno in uno di essi nel quale essa si estende fino oltre alla metà della palma. È notevole il fatto che una femmina di soli mm. $ di larghezza per 5 di lunghezza porta già le nova. Hab. Mar Rosso, Mauritius, Isole Andamane. 38. Phymodius ungulatus (Epw.) A. Epw. ALcock (1, INI) pag. 162 (ubi liter). Eritrea: 3g, 49. Hab. Dal Mar Rosso alla Polinesia. 39. Chlorodopsis spinipes (HeLt) Epw. Pilodius spinipes HeLLER (22) I, pag. 340, tab. 8, fig. 22. Chlorodopsis spinipes A. Epwarbps (32) pag. 230, tab. 8, fig. 6; ALcock (1, III) pa- gina 166, 169. Eritrea: 2 g'. Hab. Mar Rosso, India, Malesia, Nuova Caledonia, Liù Kiù, Samoa. 40. Cymo melanodacetylus De HAAN. Dana (12) t. I, pag. 225, tab. 13, fig. 1. Arcock (1, III) pag. 173, 174 (ubi liter). Eritrea: 397, 29 —Il carapace presenta variazioni nei rapporti fra la lunghezza e la larghezza, per cui frequentemente invece di avere un contorno rotondeggiante , assume un aspetto quasi pentagonale. Le dita sono nere anche all’apice; solo il margine tagliente esca- vato porta una linea bianca, ma in due maschi giovani le dita sono solo lievemente soffuse di un colore brunastro pochissimo marcato, con tutta la metà distale bianca, così che a prima vista appaiono bianche e simili a quelli del vicinissimo Cl. Andreossyi. Wes misuressonoE Ai Me g' Q OD LUAEHEZza st 11 12 10 i 7 Targhezzaa: Wa age Pe 12 125 10,5 8 7 Questa specie abita più specialmente la parte orientale della Regione Imdo-Pacifica (India, China, Giappone, Polinesia) ed è nuova pel Mar Rosso. è dla OTO I e n 41. Chlorodius niger (Forsk.) Riirr. RiirPELL (39) pag. 20, tab. IV, fig. 6; ALcook (1, III) pag. 160 (ubì liter). Eritrea 6 esemplari. Hab. Dal Mar Rosso alle Isole Landwich. 42. Chlorodius bidentatus n. sp. ? Chlorodius sp. NoBILI (35) pag. 258. Eritrea : Una femmina con uova larga mm. 4, e lunga mm. 3. © Nel 1899 ho osservato fra le raccolte fatte dal dott. L. Loria nella Nuova Guinea Bri- tannica un giovane Chlorodius di dimensioni analoghe a questo e ad esso del tutto simile, che non potei identificare. Il fatto che questo nuovo esemplare eritreo porta le uova, mi induce a credere si tratti di una specie di piccole dimensioni e non di esemplari giovani. Il carapace è perfettamente liscio e lucente, senza traccia aleuma di areole, il fronte rela- tivamente larghissimo (mm. 2 > su £ di larghezza totale dell’esemplare) è diritto e legger- mente smarginato nel mezzo; le orbite sono molte lunghe, assai oblique; e l’angolo estraor- bitale è pochissimo marcato. I primi due lobi laterali sono quasi cancellati, i due seguenti invece spiniformi e arcuati, e il quarto è maggiore del terzo. I chelipedi sono piuttosto corti, il braccio porta due distinte spine acute e rienrve al suo bordo anteriore, ed è leggermente denticolato nella porzione prossimale del suo bordo superiore. Il carpo è munito di una grossa spina dalla parte interna. La mano è piuttosto lunga, liscia, e le dita sono mediocremente arcuate. Il possedere la femmina le uova non è per sè carattere decisivo per ritenere che questo è un esemplare già completamente sviluppato, poichè frequentemente nei Brachiuri (Cfr. ad esempio Nobili loc. cit. , pag. 255 per Thalamita sima , e questo stesso lavoro per Actea fossulata) e nei Palemonidi esemplari femmine che sono ben lungi dall’ aver raggiunto le loro massime dimensioni, e conservano quindi nei loro caratteri esterni molte particolarità dei giovani, portano già uova. Potrebbe quindi questa incerta nuova specie altro non essere che il giovane di qualche Chlorodius, benchè ciò paiami assai difficile, e che in ogni modo non sia il giovane di Ch. niger. 43, Pilumnus vespertilio var. ALcock (1, INI) pag. 193. Eritrea: 1 Q larga mm. 21, lunga mm. 15. Altri esemplari di questa varietà sono nel Museo Civico di Genova (Massaua, IsseL, BECCARI) e in quello di Torino (« Mar Rosso»). Questa varietà è caratterizzata dall'avere il rivestimento peloso giallastro e le mani granulate anche nella porzione inferiore della faccia esterna. La specie invece ha peli bruni e mani liscie nella parte inferiore. La varietà fu finora indicata solo nell’India, la specie abita tutta la Regione Indo-Pacifica. 44, Trapezia cymodoce (Herbst). ORTMANN (37) pag. 202, 203 (ubi liter.); ALcock (1, II) pag. 218, 219. Eritrea: 67, 6 9. Uno di questi maschi porta una Sacculina all'addome, e una delle femmine un Bopiride nella cavità branchiale. Hab. Dal Mar Rosso alla Polinesia. 45. T. ferruginea Lar. OrtMANN (39) pag. 202, 205; Arcock (1, III) pag. 218, 220. Eritrea: 1 gf Hab. Regione Indo-Pacifica, anche sulle coste americane nel Golfo di Panama e ad Acapulco. 46. T. maculata (MAcLEAY) DANA. Arcock (1, III) pag. 218. 221 (ubi liter). T. ferruginea maculata OrtMANN (37) pag. 202, 206. Massaua: 27, 19. Uno dei maschi è giovane e differisce dagli adulti per avere la spina laterale più acuta e robusta, pel fronte leggermente seghettato, e per aver le mac- chie meno numerose, ma più grosse. Hab. Dal Mar Rosso alle Coste occidentali del Messico. 47. Tetralia glaberrima (Hpsr.) OrtMANN (87) pag. 209 (ubi liter); ALcock (1, III) pag. 223. Eritrea: 2 esemplare. Hab. Dal Mar Rosso alla Polinesia ed alla China. 48. Ocypoda aegyptiaca Gersr. GerstEcKERr (21) pag. 134; Mrers (27) pag. 281, tab. 17, fig. 3; OrrtmanN (88) pa- gina 360, 366. A 30 miglia a Nord di Massana: 2 maschi giovanissimi. La linea stridulante è appena accennata da granuli oblunghi, lineari, talora a due sullo siesso piano, che forse erescendo sì saldano insieme a costituire la stria dell’adulto. Della euriosa e caratteristica spazzola sui propoditi del primo paio non v'è che qualche setola, lunga e isolata che cade probabilmente coll’età, e al cui luogo si forma poi la spazzola. Questa specie è propria del Mar Rosso e di Madagascar. 49. Oceypoda sp. (ceratophthalma ?) Isola Daret: Un maschio giovanissimo. SOMMATO P'ODA 50. Gonodacetylus chiragra (Fas.) Lar. Mirrs (27) pag. 118; De Man (20) pag. 694, tab. 38, fig. 77; BorrapAILE (5, 1) pa- gina 34, tab. V, fig. 4; (6) pag. 400. Massaua: Un esemplare lungo 73 mm.; e un esemplare giovanissimo senza località. L'esem- plare di Massaua corrisponde abbastanza bene alla forma che De MAN considera tipica (va- rietà A di BORRADAILE), cioè alla forma con piastra rostrale ad angoli esterni mutiei, e con processo ad ancora al termine della carena mediana del telson. Un esemplare di Amboina che ho comparato a questo ha il carapace alquanto più stretto proporzionalmenle, e avviei- nasi alla var. acutirostris De MAN per le forma degli angoli esterni del rostro, ma è tipico nel telson. Il vero G. chiragra è indo-pacifico ; la forma americana così chiamata dagli autori è {&. arstedti HANSEN; quella mediterranea, citata da A. MiLxe EpwaARDS, HELLER e NARDO è forse diversa e necessita un nuovo esame, 51. G. graphurus (Wuirre non. nud.) Mrers. Mrers (26) pag. 120, tab. 83, fig. 9; Brooks. (7) pag. 58, tab. XIV, fic. 1, 4, 6, tab. XV fig. 3. 8. Eritrea: 13 esemplari, forse di due località. Questa specie presenta dune forme distinte, l'una corrispondente alla figura di Brooks, Valtra a quella di Mrers (quantunque molto ine- satta) e ai tipi di WHITE. La prima ha le carene sulla prominenza mediana del telson grosse, tumide, piu t- tosto larghe e rotondate superiormente; la carena mediana più lunga termina in spina più o meno sviluppata, ma sotto di questa 1° apice vero della carena è intero e arrotondato; i due tubercoli ai lati della base della prominenza mediana sono tozzi e ottusamente triangolari. a 17 L'altra forma invece si accosta di più al G. glaber Brooxs., poichè le carene sono esili strette, sì poco arrotondate sul dorso da parere piuttosto delle costole subacute e in certi esemplari anche acute; e la carena mediana termina in due brevi bran- che più o meno divaricate, per lo più divise, (ma talora convergenti e saldate distalmente) che le danno una forma quasi ad Y. Sul dorso della carena, immediatamente sopra la bifor- cazione delle branche è impiantata la spina, che in certi esemplari è piccolissima, in certi altri invece molto sviluppata, e allora la carena prende quasi la forma di un Z. I tubercoli sono più gracili e triangolari acuti. Quando l’esilità forte delle carene si congiunge alla lun- ghezza della loro spine, allora abbiamo una forma similissima e confondibile con G. glaber. Da questa specie però si distingue sempre facilmente per la costante presenza della piccola carena mediana impari sul dorso del sesto somite addominale. PDodiei esemplari appartengono alla forma a carene gracili, umo solo alla forma di BrooKs. Benchè la figura di Miers sia assai imperfetta, e facile rilevare che vuol rappr ntare una forma a carene gracili, e tale forma va quindi considerata come la tipica di questa specie. Ciò è, d’altronde, confermato da HenpERSoN [(23) pag. 454] il quale serive: «.... in the type specimen of GG. graphurus (originally named by WHITE in M. S.) the ele- vations are sharphy defined, and even narrower than in my examples of G. glaber. La forma di Brooks é invece distinta, ed io propongo di considerarla sottospecie della prima, chiamandola G. graphurus Brooksii. Questa seconda forma pare essere più comune nella parte orientale della Regione Mmdo- Pacifica. Molti altri esemplari di Mas Museo di Torino (MAGRETTI) corrispondono alla forma tipica. ana del Museo Civico di Genova (IsseL e BECCARI) @ 52. (4. glaber Broo€s. Brocks (7) pag. 62, tab. XIV, fig. 5; tab. XV, fig. 7, 9; HENDERSON (23) pag. 454. Eritrea: 2 esemplari giovani. Distinguonsi dagli esemplari di G. graphurus Mrers per le carene ancora più gracili, per le spine carenali più lunghe e più acute, e per la careni mediana non foggiata ad Y. Hab. Mar Rosso, Malesia, Nuova Guinea, Isole Fiji. es Li Ri SII VI al «AL ha rip £ E Serate De ein i Ro de NV 9 Ero iene Ia: 6 I ra ser e ail ae è sit IR nt Saf meant " Tr: i filed n & a - PI / ALOE 11 n f U % PA 4 ?i) È Intl ti Vel LIO Pe rele 3% TAO pl da TAR re +45 l o P” o au ii i) wa Lo i) i % ) ' — Si . Bate, C. SPENCE, . 4. BoRRADAILE, L. A., bI » » 6. » » 7. Brooxs, W, K., BOLANO Gonna 11. » "Nat it Dana, J., v De HaaN, W. . 14, Dr Man, J. G.,. . 15. » » 16, » » re » » CIERFAILCOGE) A.j e «+ < CADDOUIN Vi, FODUTIBRA/, H.,,'. OPERE CITATE NEL TESTO Materials for a carcinological fauna of India. I. The Brachyura oxyrhyncha. Proc. Asiat. Soc. Bengal. vol. 64, 1895, pag. 157. II. III. DV5 Explication sommaire des planches des Crustaces de V Egypte et de la Syrie pu- The Brachyura oxystoma. Ibid. vol. 65, 1896, pag. 134. The family Xanthidw. Ibid. vol. 67, 1898, pag. 67. Portunide, Cancridae, Corystidae, Ibid. vol. 68, 1899, pag. 1. bliées par J. C. Savigny, in Déseription de l’Egypte. Hist. Nat. vol. I, 1825. Report H. M. S. Challenger. Macroura. London 1888. A revision of the Pontoniide. Ann. Mag. Nat. Hist. (7) vol. II, pag. 376, 1898, On some crustaceans from the South Pacific : I. Stomatopoda. P. Z. S. 1898, pag. 32. II. Macrura anomala. ibid. pag. 457. III. Macrura. ibid. pag. 1000, On the Stomatopoda and Macroura brought by Dr. Willey from the South Seas. Willey?s Zool. Res. Pt. IV, Cambridge, Sept. 1899. . Report H. M. S. Challenger. Stomatopoda. London, 1886. Viaggio della Ig. Corvetta Vettor Pisani attorno al globo. Crostacei Brachiuri e Anomuri., Boll, Soc. Natur. Napoli, vol. III, 1889, pag. 169. Note sur Synalpheus biunguienlataus Stm. De Man. Bull. Soc. Ent. France, n. 11, 1898, pag. 232. . Note sur quelques Alphées du Musée de Leyde. Not. Leyd. Mus. XIX, p.195, 1899. Les « Alpheida ». Ann. Sc. Nat. (8) IX, 1899. U. S. Exploring Expedition. Crustacea, Philadelphia, 1852. . Crustacea, in v., Siebold, Fauna Japonica. Lugduni Batavorum, 1836. On some Podophtalmous Crustacea presented to the Leyden Museum by J. A. Kruyt collected in the Red Sea near the city of Djeddah. Not. Ley. Mus. II, 1880, pag. 171. . On a new collection of Podophthalmous Crustacea presented by J. A Kruyt, collected in the Red Sea near the town of Djeddah. Ibid, III, 1881, pag. 93. . Carcinological studies in the Leyden Museum : IT. Not. Leyd. Mns.. vol. III, 1881, pag. 121. II. Ibid, pag. 245. III. vol. V, 1883, pag. 150. IV, vol. XII, 1890, pag. 49. Vi. vol. XIII, 1891, pag. 1. VI. vol. XIV, 1882, 225. . Report on the Podophthalmous Crustacea of the Mergui Archipetago, Journ, Linn, Soc. London, vol. XXII, 1887, 20 18. Dr MAN; J. G.; . + 19. » » 20. » » 5 21. GERSTAECHER,À., . 22: SFIRCERR pig eni 23. HrxpeRsoN, J. R., 24. HILGENDORF, F. M., 25. Kossmann, R., ... 26. Mixrs, H. J.,. . 27. » » 30. » » 31. » » 32. » » Bericht iiber die von Herrn Dr. J. Brock in Indischen Archipel gesammelten Decapoden und Stomatopoden. Arch. f. Naturg. 1887, pag. 214. . Ueber einige neue oder seltene indopacifische Brachyuren. Zool. Jahrb."Syst., IV, 1889, pag. 409. Bericht ueber die von Herrn Schiffscapitiin Storm zu Atjeh, an den westlichen Kiiste von Malakka, Borneo una Celebes, sowie in der Java-See gesammelten Decapoden und Stomatopoden. Zool. Jahrb. Syst.: VIII, 1895, pag. 485; IX, 1895, pag, 75; 1896, pag. 339, 459; 1897, pag. 725; X, 1898, pag. 677. Carcinologische Beitriige. Arch. f. Naturg. 1856, pag. 101. Boitrige zur Crustacen-Fauna des Rothen Meres: Pt. I. Sitzb. Akad. Wien. 1861, XLIII, I, p. 297; Pt. II. Op. cit. 1862, XLIV, I, pag. 421. A contribution to Indian Carcinology. Trans, Linn. Soc. London (2) V. pag. 325, 1892. Die von Herrn W. Peters in 3Mocambique gesammelten Crustaceen. Monatsb, Akad. Berlin 1877, pag. 782. Zoologische Ergebnissc ciner Reise in die Kiistengebiete des Rothen-Meeres: Ma- lacostraca, Brachyura. Leipzig 1877; Anomura, Macrura, Stomatopoda. Leip- zig, 1880. On the Squillidle. Ann. Mag. Nat. Hist. (5) I, pag. 147, 1878. . On the species of Ocypoda. Ibid. (5) X, pag. 376, 1882, 28. » AO RO 29. Miryne EpwaRDS,A., Iteport H. M. S. « Alert ». Crustacea, London, 1884. Etudes Zoologiques sur les crustacès recents de la famille de Portuniens., Arch, Mus. Paris, 1858-I861, vol, X, pag. 309 (1860?) Etudes zoologiques sur les Caneériens. Nouv. Arch. Mus. Paris, t, I, 1865, p. 177, Description de quelques crustacés nouveaue de la famille des Portuniens. Nouv. Arch. Mus. Paris, t. V, pag. 145, (1869). Recherches sur la faune carcinologique de la Nouvelle Calédonie, Ibid. t. VIIL, 1872, pag. 229; t. IX, 1873, pag. 155; t. X, 1874. 33. MiLnE EpwaRrDps, H., Histoire Naturelle des Crustacés, Paris 1834-1839. 34. » » 35. NOBILI; (G.., - <> è Atlas du Règne Animal de Cuvier. Crustacés. Contribuzioni alla conoscenza della Fauna carcinologica della Papuasia, delle Molucche e dell’ Australia. Ann. Mus. Civ. Genova (2) XX, pag. 230, 1899, 36. ORTMANN, A. E.,. . Die Decapoden - Krebse des Strassburger Museums, 37. » Breno ta 38. » » 39. RiippELL, E., .. . 40. SaviGNnY, J. C.,.. 41. THALLWITZ, J.,. I, 1. Die unterordnung Natantia. Zool. Jahrb. Syst. V, pag. 437. 1890. II, vi. Brachyura,I, Ibid. VII, pag. 23, 1893. Die geographische Verbreitung d. Decapodengruppe Trapeziid@, Zool. Jahrb, Syst. X, pag. 201, 1847. Carcinologische Studien. Ibid. pag. 258. Beschreibung und Abbildung von 24 Arten Kurzschwanzigen Krabben, als Bei- trag zur Naturgeschichte des Rothen Meeres, Frankfurt, 1830. Crustacés, Planches. Deser. Egypt. Hist. Nat. Zool. Atl. t. II, 1805-1812. Decapoden-Studien. Abhand], K. Zool. Anthrop. Mus. Dresden, 1892, no. 3. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie) VOLUME I. Num. 4. 80 Settembre 1901. Prof. GIACINTO MARTORELLI DIRETTORE DELLA COLLEZIONE ORNITOLOGICA TURATI NEL MUSKO CIVICO DI MILANO Nota ornitologica intorno allo “ Sporaginthus margaritae, Grant, (Estrilda ochrogaster, Salvadori) +0 +0-+ [ ricevuta il 26 agosto 1901), In una piccola serie di pelli provenienti dall’ Abissinia ed inviatami in esame dal chia- rissimo Prof. Francesco Saverio Monticelli, Direttore dell’ Istituto Zoologico della R. Uni- versità di Napoli, ebbi a riconoscere due esemplari adulti di una specie che venne l’anno scorso (1900) descritta e figurata come nuova, sotto il nome di Sporaeginthus margaritae dal sig. W. R. Ogilvie Grant (1). Gli esemplari sui quali il Grant aveva creduto poter istituire la nuova specie apparte- nevano ad una collezione di pelli riportate dai signori Weld Blundell e Lord Lovat che avevano percorso la Somalia ed altre terre dell’ Abissinia meridionale, e la località dalla quale gli esemplari stessi provenivano era Gelongol (Abissinia), ove erano stati uccisi il 12 marzo 1899. Io non aveva ancor veduto soggetti simili a quello figurato dal Grant e non potevo quindi supporre che potesse trattarsi di una specie già conosciuta e descritta sotto altro nome, ma ero rimasto sorpreso che il genere Sporaeginthus fosse rappresentato in Abissinia e, riflettendo sui suoi caratteri, compresi trattarsi di altro genere che non avrei certo tar- dato a riconoscere se avessi avuto sott’ occhio gli esemplari, come li ebbi poco dopo, essendo in essi evidentissimi i caratteri di forma e di colorito delle Estrelde, Frattanto nello stesso Ibis il Salvadori pubblicava uma lettera nel numero seguente (22) del medesimo anno, per avvertire che la nuova specie del Grant concordava beni s- simo coi tipi della Estrilda ochrogaster d’ Abissinia da esso medesimo descritta per la prima volta nel 1897 (2), e che, comparando i suoi esemplari con la figura dell’ Ibis, la sola differenza gli sembrava esserela maggior vivacità della tinta ocracea delle parti inferiori che si vedeva nella stessa figura e che probabilmente era dovuta al coloritore. Gli esemplari descritti dal Salvadori nel Bullettino provenivano dal Tigrè ed erano due, poco diversi dal tipo esistente nel Museo di Torino, sin dal 1842, inviato dal P. Calvi. (1) Ibis, vol. VI, N. 21, p. 130, 1900. Tav. III, fig. I. « On birds from Somaliland and Southern Abissinia, » (2) Bullertino dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Universi.à di Torino, N. 287, 23 aprile 1897, vol. XII. Lista dî uccelli raccolti dal Dott. Muzioli nel Tigrè è donati al Museo Zoaologicò di Perugia, con note di T. Salvadori. Uno di essi mostrava appena traccie di tinta rosea presso la regione anale e 1’ altro ne mancava affatto; mentre gli esemplari inviatimi dal Prof. Monticelli (donati al Museo zoo- logico di Napoli, insieme ad altre pelli, dal Tenente dei bersaglieri sig. Michelangelo De Luca, di guarnigione in Adi-Ugri) hanno la tinta rosea assai distinta ed anche per tutti gli altri caratteri non vi è dubbio che siano adulti. Tuttavia anche questi, paragonati colla figura dell’ /bis, mi risultarono meno intensa- mente coloriti, in ispecie per la tinta ocracea delle parti inferiori e mi sorse quindi il desi- derio di verificare se la differenza constatata da me, non meno che dal Salvadori, dipendesse veramente dal coloritore, come questi supponeva, ovvero esistesse una differenza nell’ inten - sità del colorito fra gl’ individui dell’ Abissinia settentrionale e quelli delle parti più meri- dionali percorse da Weld Blundell e Lord Lovat. L’ illustre Ornitologo D.r Ernesto Hartert, Direttore del Museo Zoologico Rothschild a Tring, volle gentilmente assumersi l’incarico di confrontarli e, con sua lettera del 10 maggio di quest’ anno, mi assicurava di aver constatata la perfetta rassomiglianza degli esemplari da me inviati con quelli raccolti da Blundell e Lovat, rendendo così ragione al supposto del Salvadori e ponendo assolutamente fuori di dubbio la identità dello Sporaeginthus marga- ritae di Grant coll’ Estrilda ochrogaster dal Salvadori già illustrata. Questa specie ha le dimensioni dominanti nelle £str/ldae in generale, ma si discosta dalla maggior parte di esse pel colorito, pur conservando la corrispondenza delle tinte nelle parti superiori, che sono brune finamente fasciolate di scuro, e le forme che sono come nelle altre. Il Salvadori già aveva fatto avvertire che le specie alle quali più si avvicinava la sua Estrilda ochrogaster erano la E. paludicola e la B. roseocrissa (1) e riesce quindi assai strano che tale corrispondenza sia sfuggita al Grant, mentre una semplice occhiata alla figura della I. paludicola nel « Journal fir Ornitologie » del 1868 (2) basta per scorgere 1’ affinità verso la prima delle due specie nominate. Il gen. Sporaeginthus ha diversa distribuzione geografica ed è spiccatamente diverso per forme, proporzione e colorito dal gen. Estrilda. (1) «Species E. paludicolae, Heuglin et E. roseocrissae, Rehnw (Journ. f. Ornith. 1892, p, 47) similis sel lateribus capitis et gastraeo flavido—ochraceis diversa. » (2) Th. v. Heuglin: Synopsis der Vogel Nord-Ost. Afrikas ete. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 5. 17 Febbraio 1903. Dott W-0KO:B:E LT IN SCHWANHEIM SUL MENO) Diagnoses Heliceorum novorum in Italia collectorum ©’ ——_—_—-o-« Ricevuta il 5 Decembre 1902) 1. Helix (Pomatia) amandole n. Testa exumbilicata quoad subgenus minor, globoso-conica vel fere conica, solidula, vix nitida, ruditer striatula et lineis spiralibus subtilissimis impressis subgranulosa, lutescenti- albida, fasciis latis subinterruptis castaneis 5 (secunda et tertia confluentibus, quarta et quinta latioribus) ornata. Spira plus minusve conica apice obtuso intorto magno, anfractus duo oc- cupante; sutura subirregularis. Anfractus 5 regulariter crescentes, ultimus major sed vix in- flatus, altitudinis (postice) */, occupans, antice leniter sed longe descendens. Apertura obli- qua, ovato-circularis, valde lunata, faucibus vinosis fasciis translucentibus; peristoma rectum, obtusum, vix leviter albolabiatum, marginibus distantibus, vix tenuissime junetis, columellari arcuatim ascendente, dilatato, fornicatim reflexo, umbilieum in adultis omnino occludente. Alt. 26, diam. 28,5 mm. IESZI la 26 » Pomatia (ligata subsp.) amandolae KoeLt, in: RosswaEssLER, Iconographie N. Folge, gol-l07tn.2*1752; Helix Pomatia) amandolae KOBELT, gr. nat. Hab. Prope Amandola Aprutiorum; duo specimina ab egregia Marchesa M. Paulueci accepi. E grege Pomatiae ligatae, sed forma conica et colore ab omnibus formis hueusque notis, diversissima. (*) L'A. ha cortesemente donati alla collezione conchiliologica del Museo, degli esemplari tipici di queste forme. : Fr. Sav. MONTICELLI 2. Iberus (surrentinus var.) vallicola n. Testa aperte et pervie umbilicata (umbilico eylindrico, ad introitum haud dilatato) de- pressa, solidula, costellis parum elevatis quam interstitia latioribus confertissimis seulpta, seriebus macularum grisearum 3, (subsuturali plerumque minus distineta) et fascia interrupta infraperipherica saturatiore ornata. Spira parum elevata, apice parvo corneo saepe magis pro- minente; sutura sat impressa. Anfractus 4 |, vix convexi, regulariter et sat celeriter accrescentes, ultimus major, rotundatus, aperturam versus interdum leviter inflatus, basi plano convexus et celeriter in umbilicum abiens, antice rapide convexo-descendens. Apertura perobliqua sub- circularis, modice lunata, fancibus albido-fuscescentibus fasciis translucentibus ; peristoma tenue acutum, marginibus conniventibus, vix vel haud junctis, externo recto, vix tenuissime labiato dein expansiusculo, basali et columellari reflexiusculis, arenatis, distinete albidolabiatis, labio compresso, basali ad insertionem breviter dilatato et umbilici circiter ‘| obtegente, fu- sco tineto. Diam. maj. 20, min. 17,5, alt. 10 mm. Hab. Im valli fluvii Sele circa Eboli prov. Salernitanae. 8. Iberus (surrentinus var.) picentinus n. Testa late et pervie sed semiobtecte perforata, depressa, solidula, parum nitida, costellis albis subirregularibus perarcuatis, interdum dichotomis, in anfractu ultimo infra peripheriam minoribus sed usque in umbilicum conspicuis, quam interstitia multo angustioribus seulpta, seriebus tribus macularum fuscarum supra peripheriam et fascia interrupta distinetiore infra- peripherica ornata. Spira depressa perparum prominula, apice convexiuseulo corneo. Anfraetus vix convexiusculi, sutura vix impressa discreti, superi leniter crescentes, ultimus latior, com- pressus, obsoletissime angulatus, infra angulum multo convexior, sed declivis, circa umbilicum subgibbus, antice breviter deflexus. Apertura obliqua, irregulariter ovata, lunata, intus fus- cescens, peristoma acutum, intus labiatum, labio primum tenui, dein crassiore, lutescenti- fusco, marginibus conniventibus, callo tenuissimo albido junetis, supero recto, producto, horizontali vel leviter arcuato, externo expanso, basali retlexiusculo , aveuatim ascendente fusco, ad insertionem parum dilatato et super umbilici partem reflexo, macula umbilieal parva vel nulla. Diam. maj. 29 20, min. 17-18, alt. 9,9 mm. Hab. Circa Campagna prov. Salernitanae. Ditfert a typo testa depressa, seulptura omnino diversa, fascia infera obsolescente. 4. Iberus (surrentinus var.) corvinus n. Testa mediocriter et vix pervie umbilicata, depressa, solidula, superne confertissime regu laviterque costellato-striata, basi yix subtilissime striata, alba, fusco interrupte quadrifasciata, maculis fasciaram 1-8 saepe in strigas fulguratas confluentibus. Spira parum elevata apice parvo, corneo, laevi; sutura subimpressa. Anfractus 4 !/, sat convexi, regulariter crescentes, ultimus leviter dilatatus, convexus, vix depressus, basi planoconvexus et fere verticaliter in umbilicum abiens, antice profunde deflexus. Apertura perobliqua ovato-cireularis, parum lu- nata, intus fuscescens, nitida, fasciis ad marginem tantum translucentibus; peristoma tenue, acutum, expansum, intus tenuiter sed distinete fusco labiatum, marginibus approximatis vix callo tenuissimo junetis, basali reflexiuseulo, saturate fusco, labio albo interdum strietiusculo, ad insertionem vix supra umbilieum dilatato. Diam. maj. 21, min. 17, alt. 10 mm. Hab. Prope Monte Corvino prov. Salernitanae. 5. Iberus (surrentinus var.) irpinus n. Testa subobtecte umbilicata, depresse conica, hand erassa sed solida, confertim albo-co- stellata costellis subregularibus, quam interstitia angustioribus, infra peripheriam obsolescen- viale tibus, Intescenti-albida fusco interrupte quadrifasciata, fascia quarta infraperipherica distinetiore. Spira depresse conica, apice parvo, lievi, corneo ; sutura distineta. Anfractus vix convexi, regulariter erescentes, ultimus vix dilatatus, depresse rotundatus, basi laevior, circa umbili- cum parum magis convexus, antice subite deflexus. Apertura perobliqua, ovato-cireularis, lu- nata, faucibus fuscescentibus ; peristoma tenue, expansum, dein reflexiusculum, intus labio lutescente tenni sed distineto indutum, marginibus valde conniventibus, callo tenuissimo juncetis, supero producto, columellavi breviter ascendente, dilatato, super umbilici majorem partem retlexo, plerumque albido vel levissime fusco tineto. Diam. maj. 19, min. 16, alt. 11 mm. Hab. Circa Giffone prov. Salernitanae. 6. Iberus (surrentinus var.) alticola m. Testa anguste et subobteete umbilicata, depresse globosa, solidula, superne subtiliter con- fertimque striata, basi laeviuseula, albida, seriebus tribus macularam fuscarum, subsuturali distineta et plerumque fascia infraperipherica continua ornata. Spira convexo-conica apice parvo corneo laevi, sutura leviter impressa. Anfractus vix convexi, regulariter accrescentes, ultimus major, rotundatns, tumidulus, basi rotundatus, antice deflexus. Apertura obliqua, ovato circularis, modice Innata, intus fuscescens, peristoma tenue, acntum, fere undique ex- pansum, distinete albido-labiatum labio angusto, extus fusco limbatum, marginibus conniven- tibus, haud juncetis, externo et basali brevissime reflexis, columellari dilatato et super umbi- lienm fornicatim reflexo. Diam. maj. 22. min. 18, alt. 14 mm. Hab. Im parte supera vallis « Piano di Sorrento ». Haec forma verosimiliter cum sequente, hucusque a grege Iberi surrentini diversissima apparente, formis intermediis conjuneta videbitur. 7. Iberus gauri n. Testa exumbilieata, depresse trochiformis, solida, nitidula, laeviuscula, irvegulariter subti- literque tantum striatula, hic illie malleata et cicatricosa, griseo-alba maculis sparsis corneis obsoletis raris signata. Spira convexo-conoidea, apice parvulo obtuso ; sutura impressa, versus suturam obsolete fusco marginata. Anfractus 5 convexi regulariter crescentes, ultimus major, obsolete subangulatus, basi convexior antice profunde deflexus. Apertura perobliqua, ovata, parum lunata, faucibus concoloribus ; peristoma acutum, marginibus approximatis, callo te- nuissimo fusco junctis, supero acuto, recto. produeto, intus fusco limbato et remote labiato, externo et basali expansis reflexis, fortiter labiatis, aeque ac columellari vivide fusco tinetis acie pallidiore, columellari breviter ascendente, supra dilatato et appresso, umbilieum omnino claudente. Diam. maj. 21, min. 18,5, alt. 13 mm. lberus gauri KOBELT ;, in: RossmarssLER, Iconographie N. Folge, vol. 10, n.° 1758. [Ibcrus gauri KOBELT, gr. nat. ] Hab. In cacumine montis Gauri (hodie Monte Santangelo) inter Surrentum et Positano, S. Iberus potentiae n. Testa obteete umbilicata, depresse subglobosa, solida, parum nitida, ruditer oblique co- stellato-striata, costellis ad peripheriam anfractus ultimi evanescentibus , albida , ruto-fusco quadrifasciata, fasciis tribus superis e maculis tranversis formatis, quarta continua, latiore, inaequaliter tineta. Spira convexo-conoidea apice parvo acutulo concolore; sutura impressa. Anfractus 5 convexi, leniter ac regulariter acerescenies, ultimus major, rotundatus, basi laevior, antice profunde deflexus. Apertura perobliqua, ovata, lunata, intus levissime fuscescens; pe- ristoma acutum marginibus callo tenui junetis, supero acuto, recto, medio producto , intus remote tenuiter labiato, fuscescenti-limbato, a columellari haud sejuneto, ad insertionem di- latato, vivide fusco tineto, fornicatim super umbilicum reflexo. Diam. maj. 28,5, min. 20 alt. 15 mm. Jberus potentiae KoBpLT, in: RossmakssLER, Iconographie, N. Folge, vol: 10, n." 1764. [ Iberus polentiae KOBELT, gr. nat. ] Hab. Prope Potenza prov. Basilicatae; specimen descriptum ab egregia Marchesa Pau- lueci accepi. 9. Iberus hasilicatae n. Testa mediocriter sed aperte et pervie umbilicata, depressa, solida, vix nitida, superne ruditer oblique costellato-striata, costellis arcuatis, basi laevior, nitida, alba vel lutescenti- albida, fasciis interruptis 4 rufo-fuscis ornata. Spira depresse-conica, parnum elevata , apice parvo, laevi, lutescente; sutura linearis. Anfractus 5 convexi, regulariter crescentes, ultimus latior, depressus, celeriter in umbilicum abiens, antice profunde deflexus. Apertura perobliqua, rotundato-ovata, parum lunata, faucibus vinosis fasciis externis subtranslucentibus ; peristoma acutum, fuscescenti-labiatum et limbatum, marginibus conniventibus, hand junetis, supero recto, producto, basali columellarique reflexiusenlis, columellari ad insertionem leviter super umbilici minorem partem reflexo. Diam. maj. 24, min. 21, alt. 13 mm. Iberus basilicatae KOBELT, in: RosswAESsLER, Iconographie, N. Folge, vol. 10, n.° 1765. [Iberus basilicatae KOBELT: gr. nat. ] Hab. Circa Potenza prov. Basilicatae ; specimina deseripta mihi donabat egregia Mar- chesa Paulueci. 10. Iberus wullei n. Testa obtecte umbilicata, depresse conica vel subdepres ruditer oblique plicato-costata, costis sat distantibus snepe dichotomis, inferne laevior, striata, alba subunicolor vel plus minusve rufo quadrifasciata fasciis interruptis. Spira depresse co- sa, solida, haud nitens, superne i; Mr ST sila stra ie dA ei, ne nica, apice acutulo, laevi; sutura impressa. Anfractus vix 5 convexiusculi, leniter crescentes, ultimus major, rotundatus, costellis magis distantibus seulptus, antice profunde deflexus. Apertura perobliqua, irregulariter ovato-rotundata vel subpiriformis, lunata fauceibus, fancei- bus vix fuscescentibus ; peristoma fuscescens, leviter labiatum, marginibus conniventibus, haud junctis, supero recto, produeto, labio tenuissimo externo et basali .reflexiuseulis, basali oblique, dein ad columella abrupte ascendente, compresso acie albida, ad insertionem dila- È tato et fornicatim super umbilieum reflexo, plus minusve vivide fusco tineto. n° Diam. maj. 22, min. 18, alt. 13-14 mm. : ; is lberus wullei KoBELT, in: RossmaEssLER Iconographie, N. Folge, vol. 10, n.° 1766-1768. : 5 La 3 "i È Ù [Iberus wullei KOBELT, gr. nat. ] Hab. In monte Alburno circa vicum Postiglione prov. Salernitanae. si Mw me AES ni te 4 vasti ag His Pr vi 033 c» n ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie.) VOLUME I. Num. 6. 23 Marzo 1903. Dott. A. SENNA (R. ISTITUTO DI STUDI SUPERIORI DI FIRENZE) Su alcuni Anfipodi iperini del Museo zoologico di Napoli o +0-- [Iticevuta il 22 gennaio 1903), In una mia recente nota (1) ho identificato, mediante lo studio di esemplari tipici esistenti nel Museo zoologico di Napoli e gentilmente inviatimi dal Prof. Fr. Sav. Mox- TICELLI, l’Ornithorhamphus Coccoi De NataLe e l Orio oryrhynchus PrestANDREA, due specie di Oxicefalidi descritte da lungo tempo, poi dimenticate perchè rimaste cri- tiche, con due altre ben note e cioè | Oxycephalus piscator M. Epw. e la Streetsia porcella (CLavs). Riguardo alla prima specie, rimando alla nota suaccennata per tutto quanto erasi scritto in proposito e qui solo riporto i dati seguenti. L’ esemplare studiato è un 7” di 16 mm. di lunghezza, conservato a secco in una capsula di vetro e in cattivo stato. La conformazione del 2° gnatopodo, quella dei pereiopodi, i lati dei segmenti pleonali lisei e senza dente al margine inferiore, |’ ultimo segmento urale coalescente più lungo del telson, il peduncolo del 1° paio di uropodi più lungo della branca interna dei medesimi e infine la branca del 2° e 3° paio di uropodi che è coalescente col rispettivo peduncolo sono tutti caratteri che dimostrano l’iden- tità dell’Ornithorhamphus Coccoi De Nar. coll’Oxycephalus piscator M. Epw. Anche della seconda specie, lO. 0xyrhynchus PresT. che come dissi, ho riferito alla St. porcella (CLAus), tralascio, per non ripetermi, di indicare tutta la bibliografia, avendola riportata completa nella mia nota precedente. Gli esemplari studiati sono due maschi a secco rinchiusi in due capsule di vetro, e un terzo esemplare, ch’ io credo una femmina, riunito ad uno dei primi. Nei maschi ho osservato i caratteri seguenti. La branca interna di tutti gli uropodi non è coalescente ma libera dai rispet- tivi peduncoli, il capo posteriormente è alquanto rilevato sul primo segmento toracico, senza però formare un vero collo; il 2° gnatapodo è cheliforme e presenta il bordo inferiore del carpo finamente denticolato e l'angolo infero-posteriore un poco pro- lungato ; il femore del 4° pereiopodo ha l’ apice posteriore prolungato e rotondato ; l’urosoma è largo, l’ ultimo segmento urale coalescente col telson è quasi tanto lungo che largo e più corto del telson stesso; il peduncolo del 1° paio di uropidi è più lungo dell’ ultino segmento urale coalescente e infine la branca interna del 3° uropodo ha il bordo interno notevolmente arcuato. Questi caratteri non lasciano dubbio aleuno che la specie di PresranpREea sia quella stessa che molti anni dopo il CLaus chiamò Oxycephalus porcellus CLaus e che ora devesi includere nel gen. Streetsia per gli uro- podi che hanno le branche interne libere e non coalescenti col peduncolo. Il terzo esemplare, ch'io credo una femmina per il rostro più allungato e pel capo che posteriormente non è rilevato sul 1° segmento pereionale , l' ho riportato alla stessa specie in base ai caralteri presentati dall’ urosoma, dagli uropodi e dal 4° pereiopodo; ma ho tuttora qualche dubbio in proposito perchè, stante la cattiva conservazione di detto esemplare, non ho potuto esaminare la struttura dei gnatopodi. lo d'altronde non saprei riferirlo ad altra specie, compresa la St. Stebbingi CuevR., che di recente fu pescata nelle vicinanze di Capri. Insieme alla specie qui sopra elencata, il prof. MowmiceLLI mi inviava due altre specie critiche: il Cheiropristis messanensis De NataLe e l’Orio zancleus Cocco che si vedono dubitativamente elencate fra gli Oxicefalidi nel “Prodromus, del Profes- sor CARUS (2) e che, nella mia nota citata, dissi doversi escludere. Entrambe, come già l Ornithorhamphus e V Orio oxyrhynchus, facevano parte delle collezioni radunate dal Prof. Cosra e depositate nel Museo Zoologico di Napoli e se per queste ricerche d’ identificazione sono un prezioso aiuto è perchè al prof. Cosra erano ben cono- sciute tali specie critiche e per tradizione e pei rapporti di corrispondenza e di cambio che avea coi naturalisti siciliani. Sulla prima specie, Cheiropristis messanensis De NarALE, che appartiene alla famiglia Anchylomeridae, non occorre ch'io spenda molte parole, perchè la sua iden- tificazione colla Anchylomera Blossevillei M. Epw. è già stata ammessa da molto tempo, sebbene solo ora sia provata in modo sicuro. Dirò soltanto che nel 1832 A. Cocco (3) menziona un Chiropristis ch'egli chiama Oh. litorea, nome che fu poi da lui cambiato in Ch. messanensis Cocco. Il Cocco non pubblicò mai la descrizione di questa specie, il che invece fu fatto dal De NATALE (4) col nome di Chesropristis messanensis Cocco (1). Nel 1851 la si trova elencata nel ‘atalogo del Rev. Hope (5) e più tardi nel 1867 in quello del Costa (6). Qualche anno prima però, Spence Barge (7) riportava al gen. Anchylomera M. Ebw. la Phro- nima sedentaria Costa (sic) (2) la figurava nella tav. 51 ed aggiungeva «I am in- clined to think that Cheiropristis messanensis of Cocco belongs to this genus and probably to this species ». Ora una Phronima sedentaria Costa non esiste. Nei suoi Cataloghi e nella fauna del Regno di Napoli (8) il Costa nomina e descrive la Phro- nima sedentaria, ma giustamente la riporta alla sp. di ForskàL e di Risso. La figura che Spence BaTE (1. c.) dà della pretesa Phr. sedentaria Costa inclusa nel gen. An- chylomera è quella della Phronima Coccoi De NaraLE ed è tolta dalla nota di que- st’ultimo (9) che Spence Bate, come dissi qui in calce, attribuisce erroneamente al Costa. Ora la Phronima Coccoi De Nat. è una vera Phronima e non un Anchylomera. Malgrado tutte queste confusioni l’idea di Sp. Bate che il Cheiropristis fosse un An- chylomera era esatta, e siccome in seguito le molte specie descritte di quest’ ultimo genere vennero tutte quante riportate all’ unica specie annessa che è /’ Anchylomera Blossevillei, ne risultò che anche il nostro Cheiropristis venisse incluso dallo STEB- ping (10) e dal Caevgeux (11), per non citare che due soli autori, tra i sinonimi della specie di Mine Epwarps. Gli esemplari tipici del Museo di Napoli sono tre, conservati a secco in una capsula di vetro identica a quelle delle due specie di Oxicefalidi e come in quelli (1) Questo spiega il perchè la specie, sebbene descritta da De NaraLe, porta in alcuni cataloghi il nome di Cocco. (2) Seence Bate, l. c. p. 324, indica: Phronima sedentaria, Costa, Pochi Grust. del Messina (sic), Questa nota non è del Costa ma di De NATALE. ted sila ® dr l'indicazione del nome e delle località è scritta dallo stesso prof. Cosra. Due esem- plari sono 7 adulti, uno in buono stato e facilmente studiabile, l’altro molto incompleto, il terzo è un giovane: dall’esame di essi e specialmente del primo io riconfermo sen- z’ altro l’ identità del Cheiropristis messanensis, De NatALE (Cocco) coll’ Anchylomera Blossevillei M. Epw. La seconda specie studiata, Orio zancleus Cocco è molto importante, ma prima di riferire i risultati delle mie ricerche, credo utile dire quanto si è pubblicato in precedenza. Nel 1832 A. Cocco nella sua nota già citata (3) menziona fra altri crostacei una Charybdis zanelea Cocco e aggiunge : <« Agli schiropodi erioftalmi, ed a quei sopratutto, che a cagione del loro capo sprovveduto di antenne direi gimnocefali, spetta un nuovo genere di crostacei, che vo’ appellare dal nome del primo fondatore di Messina Orione. Orio... Capite fornicato. Pedibus maxillaribus exterioribus longissimis, capillaribus replicatis, capite obtectis. Binis pedum anticorum paribus chelatis, brevissimis, reliquis simplicibus; binis posterioribus basi squamà instructis. Ciuda stilifera ,. La specie che il Cocco considera come capostipite del nuovo genere è lO. 0rni- thorhamphus (1) di cui dà una descrizione corredata da una grossolana figura dalla quale si scorge che il gen. Orio è fornito del 2° paio di antenne che l’autore dice invece mancanti (Vedi sopra) perchè le interpreta come «piedi mascellari» Poi continua: « Trovasi in sulle spiagge di Messina balzato dalle onde in marzo, di unita alle fronime, alle frosine, al mio Chiropristis, ed alla mia Charybdis zancelea. Ho voluto cambiare quest’ ultimo genere (2) in quello di Orzo; perciocchè mi sono accorto , avere il ch. Rafinesque appellato Cariddi uno dei crustacei macrogasteri podoftalmi. Terrà ella adunque l’Orio Zancleus come sinonimo della Charybdis Zanclea il quale differisce assai dall’O. Ornithoramphus per aver quello il capo corto, ottuso, gli occhi grandi, semilunati, il corpo conico ed il colorito cinereo punteggiato di fosco ». L’anno dopo lo stesso Cocco (12) pubblica a proposito dell’ Orio zancleus quanto segue : « È da grandissimo tempo che mi è noto un Orione e già appellailo Orio zan- cleus (Effem. n. VI p. 207) indicandone insin d'allora i principali caratteri, che dagli altri il distinguessero: ed ora vò qui completamente descriverlo. Orione Zancleo — Orio Zanceleus — Corpore conico subrotundato cinereo-rufescente punetulis fuscis vix conspicuis udsperso — Capite obtuso oculis marimis semilunatis nigrescentibus. Perviene questo Orione infino alla lunghezza di otto linee, ed alla larghezza di tre: ha il corpo conico quasi rotondato cinericcio-carnicino sparso in tutto di minu- tissimi punti bruni. Il capo agguaglia la quarta parte o poco più dell’intera lunghezza è alquanto compresso, declive ed ottuso. Gli occhi sono grandissimi, bruni, semilunati colla convessità volta in avanti. Il torace è costrutto di sette segmenti dei quali i due anteriori sono più ristretti: son tutti forniti nel margine inferiore d’un appendice quadrilatera cui appicansi gli arti. L'addome ne ha cinque più larghi dei primi: di questi gli ultimi due sono più (1) Questo 0, ornithorhamphus Cocco è sinonimo di Ornithorhamphus Coccoi De NaraLe ch'io ho riportato all’Oxycephalus piscator M. Epw. (2) Non mai descritto però. ristretti: i margini inferiori sono rotondati, e gli angoli postico-inferiori ottusi, l’ultimo segmento è scavato sul dorso, e questo incavo prolungasi infino all’ apice della squama codale. I piedi mascellari sono poco meno, o tanto lunghi che il corpo, e compongonsi di quattro articoli quasi uguali. I piedi mani sono cortissimi, i quattro seguenti assai dilicati, le tre ultime paia hanno le cosce aderenti ad una squama: l’ultima è delle altre piccole, ed in essa il piede è eziandio cortissimo: Je ugne in ciascun piede sono acutissime. I piedi natatori terminano con un appendice bipartita. La squama codale terminale ha forma triangolare coll’apice assai acuto, e sorpassa appena la lunghezza delle tre appendici stiliformi bi-partite, che stanno in ogni lato della coda: quelle delle due prime paia sono ristrette ed acutissime, e l’ altre del- l’ultimo paio per alquanto rotondate terminano pure acutamente. Quest'Orione abondevolissimamente vien dalle onde gittato in sulla spiaggia » ». Nella stessa nota, il Cocco corregge la diagnosi del gen. Orio data in prece- denza, dicendo che l’articolo basale dei « piedi mascellari » (2° paio di antenne) ha l'apice dilatato-compresso, e che le paia di « piedi squamigeri » sono tre e non due. Semplici menzioni del nostro Orio si vedono nei cataloghi di crostacei dei due Costa (18) del Hope (5), nonchè in quello di A. Costa (6), mentre nel frattempo il De NarALE (4) dopo aver oppugnato, nella sua nota, che l'Orio eancleus Cocco fosse il Typhis ovoides Risso, secondo l’ opinione di Mirxe Epwarps, aggiunge una « Ap- pendice » all’O. saneleus nella quale così si esprime : « Eccol descritto colle più rilevanti differenze che dai Yyphis lo distinguono : Ha un corpo tozzo, breve, raccolto; un capo grosso con un muso ottuso e due enormi occhi triangolari, laterali, con l’ apice in alto. Manca di qualunque traccia d’antenne superiori che nei 7yphis costantemente esistono inserte a capo al muso. Egli è vero che potrebbe supporsi essersi tali appendici perdute e rotte; come av- viene di sovente nel descritto Cheiropristis, ed in altri moltissimi; ma poichè tra tutti gli individui da me e dal Prof. Cocco osservati, non ne è stato mai alcuno, che ne avesse offerto traccia ; così ci è quasi certo di poter conchiudere che esse manchino affatto. Le antenne inferiori giacciono, come i palpi, bifratte, annidate , ripiegate in un ampio incavo sottocefalico. I piedi delle due prime paia toraciche terminansi a chela didattila, larga, dentata; ma gli articoli basilari del primo paio son lineari, mentre quelli del secondo paio sono stranamente contorti, e dilatati. Quelli delle due paia seguenti son gracili ambulatori terminati da valida ugnetta. Di simil guisa terminansi i piedi del 5° e 6° paio; ma il loro articolo basilare è dilatato, foliaceo, applicato sui piedi anteriori nel riposo. Ma questa dilatazione è un rudimento in paragone a quella che si vede nei Typhis, in cui può occultar sovr'essa la coda, e l'addome interamente. I piedi del 7° paio sono rudimentali. Il torace alto quanto il capo non è rigonfio come nei Typhis; in questi, i tre primi anelli addominali sono grandi ma sono picciolini nell'Orio. In quelli i falsi piedi han largo il peduncolo, le cui lamine terminali, son allungate striate a traverso, dentellate agli orli. Nell’ Orio ciascun peduncolo porta quattro laminette stiliformi, acute, non rigide, nè striate, nè dentellate. Il 4°, 5°, 6° anello addominale costituiscono nel 7yphis, una coda bruscamente ripiegata in giù con tre altre paia di falsi piedi e due lamelle terminali. Nell Orio i suddetti anelli più bassi del tronco, non sono piegati in giù, ma orizzontali, nessuna traccia di falsi piedi, ma con sei paia d’ appendici nuotatrici, laterali, oltre il pezzo stiliforme terminale. z. È 4 FEE E RA 1 4. I E I caratteri specifici dell’Orzo zaneleus saranno : Orio zancleus (Cocco) Griseo-lutescente, punctis nigricantibus adsperso, altitudine longitudinis quartum , et ultra aequante; oculis triangularibus nigris; laminis caudae lateralibus lanceolatis ». Infine il Carus (2) elenca dubitativamente fra gli Oxicefalidi queste specie e riporta senz'altro la frase diagnostica qui sopra indicata del De NaraLe. Per ultimo lo SresBIne (10) nella critica che fa alla nota di De NaraLE dice che è possibile che il gen. Orio abbia anticipato il gen. Eupronoe CLaus, ma che esistono molte difficoltà per il confronto. Gli esemplari di Orio 2aneleus De Nat. avuti in comunicazione sono complessi- vamente 7. Uno di essi, un ad. di circa 18 mm. è conservato a secco in una capsula di vetro identica a quelle delle specie precedenti e porta l'indicazione : Orto zamcleus Cocco, Messina. Gli altri 6 es., un y adulto, tre 09 adulte e due giovani sono conservati in alcool e provengono dal golfo di Napoli. Accertatomi dell'identità del 7 conservato a secco con quello in alcool, ho studiato quest’ultimo unitamente alle femmine e ai giovani e sono venuto facilmente alla conclusione che l’Orzo can- cleus non appartiene alla fam. Pronoidae, come suppose lo StEBBING (10) ma a Lycae- idae e precisamente al gen. Brachyscelus Sp. Bate (TRamyris CLAus). L'antico genere Orio deve quindi nella nomenclatura degli Iperini figurare come sinonimo in parte dei generi: Oxycephalus M. Epw. e Streetsia SteBB. come ho precedentemente dimo- strato e infine di Brackyscelus Sp. BATE, tre generi del plankton oceanico e perciò di vasta distribuzione. Quanto alla specie è noto che fu indicato nel golfo di Napoli il Br. mediterra- neus CLaus (14) che successivamente fu trovato durante la spedizione del « Ch a l- lenger» alle isole del Capo Verde; dalla nave « Hirondelle» (camp. 1884 e 1887) presso le Azorre e tra queste e Terranova; dalla «Melita» a Villafranca sulle coste del Marocco, dell'Algeria e della Tunisia (1) infine una seconda volta nel golfo di Napoli dal Dr. Lo Branco (15). Sebbene il numero di catture e quindi di esemplari sia notevole, pochissimo è stato detto di questa specie e quando si accennò ai caratteri, questi si basarono su esemplari di piccole dimensioni. Il Graus (1. c.) descrisse un y giovane di soli 4'/,-5 mm. ed aggiunse : “ Diese in Mittelmeere ( Neapel) verbreitete Form, von welcher ich ein Weibchen und ein junges nur 4 Mm. langes Mannchen fand, erscheint der als TY. globiceps beschrie- benen Art so ahnlich, dass man sie, wie ich friùher geneigt war, auch wohl als kleine Varietit derselben auffassen kònnte. Leider fehlte mir zur sicheren Entschei- dung der Vergleich des ausgewachsenen Minnchens ». Lo SreBBING (1. c.) riporta a questa specie e indica succintamente i caratteri di un esemplare di appena ‘/, di pol- lice — 6 mm., raccolto dal «Challenger»; il Chevreux (1. c.) infine, cita sen- z’altro esemplari dei due sessi e giovani. Riportando gli esemplari di Orio zancleus De NaraLe di Messina e di Napoli al Br. mediterraneus CLavs, credo utile di indicare i caratteri degli adulti perchè risulti evidente la grande affinità di questa specie col Br. crusculum Sp. Bate della quale potrebbe essere in seguito considerata come una varietà. Il CLavs (1. c.) dubitò invero che la sua specie fosse una varietà del Br. globiceps CLaus e non del Br. crusculum Sp. Bare, ma occorre rammentare che all’epoca della pubblicazione dell’opera « Die Platysceliden » non era ancora apparsa quella dello Sregeine nella quale il Br. erusculum Sp. Bate, ch' è la specie capostipite del genere e fino allora rimasta poco nota, viene ridescritta diffusamente e corredata di belle figure. Il CHevreuX (16) poi in base ad esemplari dei due sessi e di dimensioni maggiori (17-22 mm.) di quelli studiati dallo SreeBine(/, di pollice = 10 mm.) chiarì e illustrò il notevole. dimor- fismo sessuale del Br. crusculum che fu trovato nell'Atlantico e nel Pacifico ma non ancora nel Mediterraneo. ly ad. del Br. mediterraneus Craus si distingue facilmente dalla ©, oltrechè per la presenza delle antenne inferiori e del palpo delle mandibole, anche per la forma della testa, la quale è prolungata ad angolo sul davanti, mentre è arrotondata nella femmina. Gli schizzi che unisco (Fig. 1, 2) ne indicano meglio che le parole Fig. 1. Fig. 2. la conformazione e possono essere posti a confronto con quelli del 2. crusculum Sp. Bate inseriti nella nota del CaevREUX. Il 1° paio di gnatopodi presenta nel 7 (Fig. 3) il rigonfiamento e la torsione Fig. 3. Fig. 4. del primo articolo che sono comuni anche ad altre specie e caratteristici del 7 ad; nella © il primo articolo è semplice (Fig. 4) e il carpo ha il prolungamento del- l'angolo superiore più cospicuo che nel x. In entrambi i sessi il numero dei denti -1 mod « del margine posteriore del carpo è di 6-7, non compreso l’ apicale che è bifido : quello del margine interno è di 5-7; il margine interno del propodite ha 7-8 denti. Il 2° paio di gnatopodi è più robusto nella © (Fig. 5) che nel 5 (Fig. 6) in quest’ultimo il margine posteriore del carpo è guarnito di 3 forti denti, non compreso quello apicale, e di 2 più piccoli; in quella i denti maggiori sono 4, più 2 piccoli oltre la denticolazione soprannumeraria. Il bordo interno del carpo presenta 7-8 denti, quello del propodite pure 7-8 denti, dei quali l’ultimo bifido. Fig. 5. Fig. 6. I pereiopodi 1°-4° sono simili nei due sessi e non differiscono in modo sensibile da quelli del By. cvuseulum Sp. Bate. Il 5° pereiopodo (Fig. 7, 8) ha il primo articolo "a Fig. 7. Fig. 8. quasi ugualmente largo nei due sessi e solo la curva del bordo posteriore è alquanto diversa; l'articolo terminale è breve tanto nel maschio che nella femmina. Il telson è subtriangolare allungato nel 5 (Fig. 9), lanceolato nella © (Fig. 10) e decisamente terminante in punta all’apice; gli uropodi del 3° paio hanno il margine interno della branca interna più dilatato nella © che nel 7 e in entrambi i sessi non oltrepassano l'apice del telson. ò Fig. 9. Fig. 10. Complessivamente il Br. mediterraneus CLaus differisce dal Br. crusculum Sp. Bare per la forma del capo alquanto diversa, pel numero per lo più minore dei denti di bordi del carpo e del propodite; la femmina anche per la forma differente del primo articolo del 5° pereiopodo, per la minore lunghezza del telson e maggiore larghezza del ramo interno del 3° uropodo. Ora, se si pon mente che questi caratteri sono variabili secondo lo stato più o meno adulto degli individui ed alcuni di essi, quali la dentatura dei gnatopodi, la lunghezza del telson e la larghezza della branca interna dell’ ultimo uropodo variano, entro certi limiti, anche negli stessi esemplari adulti, come nota il Cievrevx pel Br. crusculum Sp. Bate, sorge decisamente il dubbio sul valore di essi come carattere specifico e sulla validità delle specie che. in base alle minute variazioni dei medesimi, si sono distinte. I caratteri che il GLaus e lo SresBIine indicano per questa specie sono in gran parte almeno basati sullo stato giovanile (4 ‘/,-6 mm.) degli esemplari studiati. Nei maschi giovani, la testa non è prolungala all’ innanzi ma arrotondata come nelle femmine e il primo articolo dei gnatopodi anteriori manca del rigonfiamento e della torsione; nei due sessi i bordi del carpo e quello del propodite di entrambi i gna- topodi hanno per lo più un numero minore di denti perchè mancano quelli secondari anche il margine anteriore del primo articolo del 3°-4° pereiopodo presenta solo 8-10 setolette, mentre queste sono molto più numerose negli adulti. Il 5° pereiopodo subisce parimenti notevoli modificazioni: nell’esemplare di 4 ‘/,-5 mm. figurato del CLaus, il primo articolo è poco allargato e di ‘/, più lungo dei seguenti presi insieme e l’ultimo articolo è lungo all’incirea quanto il terz’ultimo; in seguito invece l’ultimo articolo è più breve e il rapporto di lunghezza dei tre articoli rispetto al primo diventa ben differente. Nei pleopodi il numero degli articoli è di 8-10 nei giovani, mentre è di 15-17 negli adulti. Infine nei giovani, la branca interna del 3° uropodo è meno dilatata e il telson, pur presentandosi più o meno appuntato secondo il sesso, è sempre più corto, in modo che il 3° uropodo ne sorpassa l’apice. It. Istituto di Studi superiori di Firenze, Gennuio 1908. ai iN IE N 1 Pri 3. 4. SENNA, A. CARUBIESS VI Cocco A. De NATALE, G. 5. Hope, Frep. W. 6. Li Costa, Ameno SPENCE Batg, C. Costa, A. De NATALE, G. STEBBING, TH. R. CaHaEVREUX, Ep.. Cocco, A. 2 Costa, 0. G. - Costa, A. CLaus, C. Lo Branco, S. CHEVREUX, E. R. BIBLIOGRAFIA Le esplorazioni abissali nel Mediterraneo del R. Piroscafo « Washington » nel 1881 — I. Nota sugli Oxicefalidi, in: Ball. Soc. Entom. Ital. Vol. 34. p. 10, tav. 2, 1902. Prodromus Faunae Mediterraneue ete. Vol. 1, p. 428, 1884. Su di alcuni nuovi crustacei dei mari di Messina. Lettera del Dr. A. Cocco al celebre Dr. William Elford Leach ete. in: Effemeridi scientifiche e letterarie per la Sicilia, Tom. 2, n. 6, p. 205, Palermo, 1832. 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(PROJAPYGIDAE, THYSANURA) Seconda nota preliminare È (Iticevuta il 9 Marzo 1903) Profittando della gentile offerta del Prof. MonticeLLI di ripubblicare in questo Annuario da lui fondato per illustrare le collezioni del Museo e la fauna napoletana, la de- serizione del genere Anajapyx (1), colgo 1’ occasione per fare alcune aggiunte, che riguardano la forma del sistema tracheale, quale ho potuto rilevarla con l'esame di alcuni altri individui, che sono riuscito a procurarmi recentemente, dopo molte ri- cerche, il sistema nervoso e quello genitale. L’ Anajapye è un insetto abbastanza piccolo, che vive ad una profondità più o meno grande nel terreno; quindi non è agevole trovare di esso molti esemplari. Fino ad oggi non ho potuto raccoglierne che undici individui. Spero che con ulteriori ricerche riesca ad averne tanti da poter studiare almeno in modo sufficiente tutta la anatomia «i tale insetto tanto interes- sante e che è senza dubbio il più primitivo di quanti si conoscono (*). Gen. Anajapyx Sirv. Caput depressum, subovale. Antennae basi inter sese valde approximatae, moniliformes. Oculi nulli. Labrum sat magnum, subquadratum, margine antico vix rotundato et utrim- que infra dentibus 7-8 instruetum. Mandibulac fabrica ut in Projapyr, piute postica fere usque ad angulum postieum lateralem capitis pertinentes, apice aliquantum compresso, pa- rum attenuato et parum arcuato, in dente acuto terminatae et dentibus duobus aliis mino- ribus armatae, nec non sub apice, interne, lamina brevi, lata, margine 0-7 dentato instructae. Maxillae lobo interno in dente attenuato, acuto, apice aliquantum recurvo et dente altero aueto terminato constitutae et interne processibus duobus margine interno profundissime plu- (1) Descrizione di un naovo genere di Projapigidae (Thysanura) trovato in Italia: Annali PR. Se. Sup. Agricoltura Portici, Vol. 5 1903 (9 Febbraio). (#) L’A. ha cortesemente donato alla collezione faunistica napoletana del Museo un esemplare ti- pico di questa forma. Fn. SAav. MONTICELLI ridentato instruetis, lobo externo palpo uniarticolato, setis nonnullis auetis. Labinm palpo minimo, tubereuliformi, setis nonnullis brevibus instrusto, lobis externis minimis, ut in Cam- podea productis, constitutum. Thorax latitudine parti postiene eapitis subaequalis. Prothorax quam mesothorax brevior. Abdomen segmentis decim (valvulis amalibus exceptis) bene distinetis compositum. Seg- mentum primum quam secundum parum brevius, segmenta 2-7 inter sese subaequalia; seg- mentum octavum quam nonum fere duplo longius et quam septimum fere duplo brevius, segmentum decimum quam nonum parum longius. Sterna 1-7 stylis sat longis, sat cerassis, subconicis instrueta; sternum primum praeter stylos, inter eosdem processibus duobus, basi globosa et apice attenuato compositis, instrue- tum: sterna 2-7 vesiculis duabus sat magnis etiam ancta, Cerci breves, robusti, articulati, apice tubo chitineo terminato, per quem substantia, glan- dulis posticis, iisdem Projapygis homologis, elaborata exit. Stigmata novem in parte antica laterali mesothoracis et metathoracis et in parte laterali subpostica segmentorum abdominalium 1-7 sita. Intestinum medium perbreve eadem longitudine quam segmenta abdominalia quintum, sextum et septimum simul sumpta. Organa genitalia externa tantum a papilla perparva semiovali indicata, Animaleula parva. Observ. Genus hoc differt a Projapyr praesentia vesieularam abdominalium, absentia stigmatis in prothorace nec non forma palpi labialis. Anajapyx vesiculosus SiLv. Parvus, albus, gracilis, hirtellus, Antennae 21-23 artienlatae. Tergitum decimum postice medium rotundatim aliquantum produetum. Cerci 7 articulati. Long. corp. mm. 2; lat. 0,2; long. antennarum 0,5; long. cercorùm 0,2; long. styli segmenti seplimi 0,03. Patria: Italia ad Portici (Napoli). Habitat: in humo, Il capo è provvisto di piccole setole molto sparse e di quattro setole intere, lunghe, delle quali due sono situate nella regione sublaterale della fronte alquanto dietro la base delle antenne; e due nella parte occipitale laterale. Sopra il labbro stanno pure alenne setole corte. Le antenne hanno il secondo articolo un poco più lungo del primo e quasi il doppio più lungo del terzo, e tutti gli altri articoli dal terzo al penultimo quasi uguali fra di loro e forniti ciascuno di due serie di setole, l’ultimo articolo conico, circa il doppio più lungo del penultimo, e fornito di varie serie di setole. Il protorace è circa la metà più corto del mesotorace ed ha il margine anteriore del pro- noto leggermente arcuato e il posteriore quasi rettilineo. La superficie del pronoto è fornita di poche setole brevi e di otto lunghe, seghettate in un lato, delle quali due submediane anteriori, due laterali anteriori, due più lunghe e robuste delle altre, sublaterali anteriori e due submediane posteriori, Il mesotono ed il metanoto hanno poche setole brevi, sparse, e ciascuno sedici lunghe se- tole, seghettate in un lato, delle quali due anteriori e due posteriori submediane, due ante- riori e due posteriori sublaterali più lunghe delle submediane, due anteriori un poco più avvicinate ai lati che le sublaterali, sei laterali, (due anteriori, due mediane, due posteriori) più lunghe e robuste delle altre e situate più o meno obliquamente rispetto all’ asse sagit- tale del corpo. Ciascun tergite addominale è fornito di poche setole brevi e di 12 setole lunghe seghet- tate, delle quali dne anteriori e due posteriori submediane, due anteriori e due posteriori sublaterali e due anteriori e due posteriori laterali, situate più o meno obliquamente ri- spetto all’asse sagittale del corpo. Sui tergiti ottavo e nono mancano le setole sublaterali e laterali anteriori. Il tergite decimo si prolunga un poco indietro in forma di semicerchio ed è fornito di qualche setola breve e di otto lunghe, delle quali due più lunghe delle altre © seghettate, situate nella parte mediana del tergite, e sei disposte lungo il margine poste- riore, delle quali due corte mediane, due sub- mediane più lunghe e due corte sublaterali. Nella parte interna del mesosterno e del me- tasterno si notauo gli apodemi a forca come nel Projapye. Le zampe sono brevi, con le anche ed i trochanteri brevissimi, il femore un poco più lungo della tibia, che è a sua volta più lunga del tarso Questo è terminato da due unghie robuste, acute, arcuare, tra di loro poco disuguali ed è provvisto, oltre che di corti peli, di due serie di setole corte situate sulla faccia inferiore. La tibia è fornita di tre robuste setole nella parte inferiore distale, oltre ad alcune piccole setole sparse , come si trovano anche sugli altri articoli. Il processo del primo sternite addominale, situato a lato interno degli stili, è fornito di tre o quattro setole brevi sulla parte globosa e di una piccola setola all’apice. Gli stili vanno aumentando un poco per lun- ghezza dallo sternito primo al settimo e sono terminati da tre lunghe setole, delle quali una apicale e due suvapicali. I cerci sono composti di sette articoli, il cui diametro va diminuendo di mano in mano che dalla base si procede verso l'apice. Questo è costituito da un tubo chitinoso, attraverso il quale esce la sostanza segregata dalle due ghiandole posteriori, simili ed omologhe a Anajapyx vesiculosus SILV. quelle del Projapyr. Ciascun articolo dei cerci è provvisto di due serie di setole, delle quali quelle della serie distale sono più lunghe e robuste delle prossimali. Ogni articolo pre- senta un anello dopo la serie prossimale di setole, anello però costituito da nm leggero intfos- sumento della euticola e non indicante il limite di um altro articolo. NOTE DI ANATOMIA INTERNA Sistema tracheale. — L’Anajapyx possiede nove stigmi, dei quali il primo, maggiore degli altri, situato nella parte anteriore e laterale del mesotorace, il secondo nella parte pure anteriore laterale del metatorace, e gli altri sette nella parte laterale subposteriore dei primi sette segmenti addominali. Abbiamo perciò che gli stigmi nel- l'Anajapye sono uguali per numero e per posizione a quelli del Parajapye Siv. (1) (1) Gen. Parajapye nov. Genus hoc a genere Japyr HaLIp. distinetissimum notis sequentibus: Mandibulae parvae depressae, subtriangulares, parte attenuata postrema tantum parum pone me- e corrispondenti ai nove del Projapyr, che succedono al primo situato al lato an- teriore del protorace. Nel Japyr esistono LL stigmi, dei quali il primo però non cor- risponde al primo del Prgjapyr, poichè si trova nella parte posteriore del protorace ed il quarto manca nei Projapygidae e nel Parujapyx. Le trachee sono provviste di una anastomosi longitudinale cioè il ramo -poste- riore proveniente dal primo stigma si anastomizza con l'anteriore che procede dal secondo stigma e così via di seguito fino al settimo segmento addominale. Manca nella parte posteriore del corpo, 1’ anastomosi trasversale, che si osserva negli Ja- pygidae, ma esiste un’anastomosi trasversale ventrale per ogni segmento addomina- le, che è provvisto di stigmi, una anastomosi trasversale, dorsale nella parte poste- riore del protorace e due anastomosi trasversali dirette (cioè senza ramo intermedio) tra i rami longitudinali, che congiungono il primo stigma al secondo e questo al terzo. I rami longitudinali del meso e del metatorace sono ventrali e le due loro anastomosi trasversali corrispondono una alla parte posteriore del mesotorace, l'altra a quella del metatorace. Dal primo stigma parte un tronco tracheale, che a breve distanza sì divide in due rami, uno dei quali fornisce una trachea per il protorace ed una che nella parte distale si ramifica per il capo; l'altro ramo, che nasce presso lo stigma, molto più piccolo dell’ altro, si divide a breve distanza in due rami secondarii, uno dei quali, si dirige libero al capo e l’altro si divide ancora in due rami. Di questi uno si dirige all’innanzi e forma una breve anastomosi longitudinale con un ramo la- terale interno del tronco tracheale maggiore del primo stigma, l altro all’ indietro formando l’anastomosi longitudinale tra il primo ed il secondo stigma. La anasto- mosi trasversale del protorace cade appunto nella parte mediana delle due anasto- mosi longitudinali protoraciche. Da ciascun stigma addominale parte un tronco tracheale, che dà un ramo ven- trale, che forma l’ anastomosi trasversale , ed un ramo dorsale, che forma quella longitudinale. Dal ramo ventrale nascono due piccole trachee , che si dirigono al- l innanzi e dal ramo dorsale una diretta verso la parte mediana. Intestino. — Assai caratteristico dell’ intestino dell’ Anajapye è l'enorme sviluppo dell’ intestino anteriore. Questo si estende dalla cavità boccale alla parte posteriore del quarto segmento addominale, mentre l’ intestino medio occupa in lunghezza solo i segmenti quinto, sesto e settimo. Nel genere Projapyr, secondo quanto ho osservato io stesso, l’ intestino anteriore e medio è sviluppato come nell’ Anajapyx. Negli Japygidae invece l' intestino ante: riore giunge solo fino alla parte anteriore del metatorace. Fra tutti i Tisanuri è nella Nicoletta e nella Trinemophora che si osserva un grande sviluppo dell’intestino anteriore ed una riduzione di quello medio. dium caput pertinente , apice dentibus tribus vel quatnor magnis armato , quorum externo ceteris maiore et uncinato, et nonnullis minimis, nee non lamina subapicali interna instrueto. Labium palpo nullo. ì Vesicnlae ventrales adsunt in segmentis abdominalibus secundo et tertio, Segmentum nonnm quam octavum tantum duplo brevius. Stigmata novem, in parte antica laterali mesothoracis et metathoracis et in parte laterali postica segmentorum abdominalium 1-7 sita. Typus: Japyr Isabellae (GRASSI). | Patria: Catania (Grassi), Messina e Portici (SILVESTR)). Habitat: in humo plus minusve infossus. Ce dini sl ENO INERTE x LAP I Ae. S 7% tu) I tubi malpighiani sono 6, cortissimi. Sistema nervoso.— Esistono solo 7 ganglii addominali, l’ultimo dei quali è molto più grande del precedente. ; Sistema genitale. — L'apparato genitale femminile è rappresentato da due ovarii semplici come quelli del genere Campodea. Non ho potuto esaminare ancora un maschio. IMPORTANZA FILOGENETICA DELL’ Anajapyx Nella mia nota “ Circa alcuni caratteri morfologici del Projapye e loro impor- tanza filogetenica , (1) misi in evidenza come il Projapye si potesse ritenere 1’ in- setto più primitivo fino allora conosciuto per il numero degli stigmi, la presenza di due stili e di due appendici cilindriche al primo sternite addominale e per la pre- senza di due glandole posteriori, sboccanti attraverso i cerci e omologhe a quelle dei Symphila e dei Diplopoda. i L'Anajapye oltre a tali caratteri (eccettuato lo stigma protoracico) possiede ve- scicole ventrali estroflessibili nei segmenti addominali dal secondo al settimo com- preso. Quindi possiamo concludere che |’ Anajupye è ancora più primitivo del Projapyx e che esso si avvicina più d'ogni altro insetto finora conosciuto a quello primitivo, che dovette essersi evoluto dai progenitori dei Progoneata (Symphila e Diplopoda), e dal quale avrebbero tratto origine i Tisanuri. Infatti le vescicole ventrali sono pure un carattere primitivo, comune ad alcuni Tisanuri, ai Sinfili, ai Diplopodi (Colobegnatha, Limacomorpha , Coelocheta) e ad alcuni Aracnidi Artrogastri (alcune specie di Koenenia e di Phrynichus). L’Anajapye presenta meravigliosamente in se riuniti caratteri di Sinfilo e di Di- plopodo (glandole posteriori e vescicole ventrali), caratteri di Campodeidae (appen- dici del primo sternite, forma del labbro inferiore e degli stili, che però nelle Cam- podeidae esistono solo nei segmenti 2-7, sistema nervoso e sistema genitale), ca- ratteri di Japygidae (presenza di stili anche al primo segmento addominale, forma delle mascelle, numero di stigmi ed anastomosi longitudinali del sistema tracheale), e caratteri di Lepismatidae, (anastomosi longitudinali e ventrali del sistema tracheale e grande sviluppo dell’ intestino anteriore). (1) Boll. Soc. ent. italiana, Vol. 33, 1902, pag. 204-212. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I, Num. 8. 15 Giugno 1903. LOUIS VILLARD (MEMBRE DE LA SOCIÉTE ENTOMOLOGIQUE DE FRANCE) OBSERVATIONS SUR LES Cryptocephalus cognatus, equiseti et alnicola A. Costa ————+evv—__m& [Iicevuta il 10 Aprile 1903].. Grace à l’obligeance de M. le prof. MoxricitLI, directeur du Muséum Zoologique de Naples et à la complaisance de sou coadjuteur M.r le doct. PaTRONI, j'ai pù éxa- miner et étudier les types de trois Cryptocephalus, cognatus, equiseti et alnicola de Sar- daigne décrits par le prof. AcmLLe Costa (1) et conservés dans le Muséum. Après avoir adréssé à ces Messieurs mes plus sincères remerciments, je donne ci-joint quelques observations sur ces insectes. Non sur les descriptions qui sont très bien faites, mais sur les affinités et les rapports de ces insectes, avec les espèces voisines. Cryptocephalus cognatus A. Cosra. Il n’y a rien è ajouter à la très bonne description de cet insecte, que l’autenr complète très judicieusement dans son observation comparative, entre cette espèce et ses voisins les Criyptocephalus politus, populi et fallar (ochroleucus Faim). Il fait très clairement ressortir les différences qui les séparent et indique le caractère, qui fait des trois éspèces Oryptoce- phalus cognatus, populi et fallar, un petit groupe homogène. Cryptocephalus equiseti A. Costa. Dans l’observation qui fait suite è la description de son Cryptocephalus equiseti, M. le prof. A. Costa signale une grande affinité entre ce dernier et les variétés foncées du Cryp- tocephalus minutus. Sans le nier, il me parait cependant, que ses rapports les plus intimes sont avec le Cryptocephalus signaticollis, dont il possède les taches du corselet et les bandes des élytres ; mais à mon avis, ce qui, à première vue, sépare nettement cette espèce des Uryptocephalus minutus et signaticollis et ce que l’on peut appeler la caracteristique de cette Gspèce, ce sont (i) Notizie ed osservazioni sulla geofauna Sarda. — Memoria terza: Atti R. Acc. Napoli, (2), Vol. 1, 1884, p. 49, (Cr. alnicola) e Memoria sesta, ibid. (2) Vol. 2, 1886, N. 8 p. 27 e 28 (Cr. cognatus et equiseti). en premier lien la forte, profonde et régulière ponctuation de ses étuis et ensuite, le paral- lélisme de ses élytres, Cryptocephalus alnieola A. Cosra. Chez cette espèce la dilatation de la bande marginale rougeàtre qui se produit vers le premier tiers des élytres, sépare franchement cette espèce de ses voisins les Cryptocephalus gracilis et hubneri. — M. le prof. A. Cosra affirme que c'est seulement la couleur des élytres qui varie: il me parait cependant, que cette affirmation ne peut étre considérée comme absolue , car parmi les types de cet auteur, que le Musenm Zoologique de Naples a bien voulu me confier, il se trouve des individus chez lesquels la couleur du corselet passe manifestement au noir et ne conserve de jaune rougeatre qu’un étroit liseré an bord anté- rienr ct une bande plus large aux bords lateranx. Ml est è remarquer aussi que le mélanisme est sans rapport entre le corselet et les Gélytres; car il y a des spécimens très foneés, chez les quels on apercoit à peine une légère transparence rougeatre à la place occupée par la dilatation rouge fauve et qui ont conservé nettement le corselet rouge fauve; tandis que d’autres qui ont la tache élytrale bien marquée, ont le corselet manifestement noir sur le disque. Lyon, 8 avril 1903. ° 7 CANADA vite -NÒ da LU «da ds in” Pd ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME TI. Num. 9. 11 Luglio 1903. ENRICO H. GIGLIOLI (PROF. NEL R. ISTITUTO DI STUDII SUPERIORI IN FIRENZE) IL CASO CURIOSO DELLA Mus meridionalis O. G. Costa E LA SCOMPARSA DI QUELLA SPECIE [ Iticevuta il 410 Giugno 1903] Nel primo volume della sua « Fauna del Regno di Napoli » Oronzio GABRIELE Costa descrive e figura un singolarissimo Topolino al quale impone il nome di Mus meridionalis, e ciò verso il 1839 (1). Oltre la piccola mole e caratteri di minore entità basati su differenze proporzionali, il tratto più spiccato e notevole di questa presunta specie è la coda relativamente breve, di aspetto nodoso e rivestito a regolari intervalli di verticilli di peli più lunghi in apparenza e ritti in modo da rammentare un'Equiseto. Il Costa ci dice che questo « picciol Topo » si trova ne’ contorni di Napoli e nella Calabria ulteriore, ove è conosciuto col nome di « piccolo sorcio selvatico »; sta in fatto però che il zoologo partenopeo non ne ebbe mai più di due esemplari, così mi assicurò ripetutamente suo figlio prof. Ac®iLre Costa, e sono quelli conservati, uno a secco e l’altro in alcool, nel Museo Zoologico della R. Università di Napoli. Intento alla formazione della raccolta centrale dei Vertebrati italiani, da diversi anni la Mus meridionalis mi preoccupava; non sapevo persuadermi, dopo lunghe e pazienti ricerche nei dintorni di Napoli e nella Calabria ulteriore , che tale specie, che in nessun modo riuscivo ad avere, fosse scomparsa o diventata eccessivamente rara. Leggendo la descrizione del Costa ed esaminando i due unici esemplari cono- sciuti, mi ero persuaso che la Mus meridionalis era per le dimensioni e le propor- zioni affine alla Mus minutus, PALLAS specie comune nelle risaie dell’Italia continentale, ma che sembra mancare affatto in quella peninsulare , cioè nelle nostre provincie centrali e meridionali. Ora il Cosra nella sua descrizione della M. meridionalis (Op. cit. p. 15) men- ziona la M. minutus e dice: “ Crediamo di non dover entrare in minuziose compa- (1) Costa, O. G. — Fauna del Regno di Napoli — Mammiferi (Roditori): Napoli, 1839, p. 13, tav. 1, fig. 4-7 — N. B. la data è quella della prefazione. Cosra, O. G. — Descrizione di una novella specie del genere Mus propria del Regno di Napoli: Ann. Accad. Aspir. Naturalisti, vol. 2, p. 33, Napoli, 1844. razioni per rilevare le differenze ch’ esistono tra questa nostra specie ed il M. minutus di PaLras , -— Opino che don Oronzio-GaBrIELE, di buona memoria, avrebbe fatto bene di agire in senso opposto; ma egli non dice di aver mai veduto un Mus minutus e cita il PaLLas di seconda mano adoperando E. pe SeLys LonecHamps. Un bel giorno, nell’estate del 1890, sempre dubbioso e perplesso a riguardo della M. meridionalis mi venne un’idea, dirò così, brillante. Dovevo appunto recarmi a Napoli e portai meco due esemplari della M. minutus provenienti da Vercelli e con- servati in alcool; recatomi al Museo Zoologico della R. Università, ove, essendo assente il prof. A. Costa, fui ricevuto colla nota sua cortesia dal dott. Fr. SAv. MoxTIGELLI, allora suo allievo e attualmente degnissimo suo successore. Feci un lungo ed accurato confronto tra i due tipi della M. meridionalis ed i miei due M. minutus, ed insieme al dott. MonmticeLLI trovai che nelle proporzioni, nelle dimensioni e nei caratteri esterni coincidevano in modo assoluto, eccetto bene inteso la coda nodosa a verti- QUUBbI cli oethb Fatto ciò chiesi di andare nelle sale delle collezioni, ove volevo vedere diversi animali, e come per dimenticanza (era la mia idea brillante) lasciai fuori del vasetto, esposto al sole estivo e ad una brezza asciutta che entrava per la finestra aperta, uno dei miei M. mrinutus. Fummo assenti circa un’ora e mezza e quando tornammo nel laboratorio il mio M. minutus era diventato un bellissimo e tipico M. meridionalis, colla carat- teristica coda nodosa ed equisetiforme! Era bastato far contrarre per essiccamento i dischi intervertebrali caudali per dare un’ aspetto nodoso alla coda ed alzare i peli a verticilli tra una vertebra e l'altra !! Non starò a descrivere la sorpresa che colse l’amico MoxmiceLLI, ma sta di fatto che il recipe per fare una M. meridionalis consiste nel prendere una M. minutus conservata in alcool e farla seccare. Ogni ulteriore commento è inutile; così finisce e scompare la Mus meridionalis, specie basata su di un equivoco e che va cancellata. Essa figura ancora col N. 2813 nell’ottimo “Catalogus Mammalium, di E. L. Trovrssart (p. 486, Ber- lino, 1897). Firenze, dal R. Museo Zoologico (Vertebrati), 9 giugno 1903. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 10. 27 Luglio 19053. —1—_-———————Tr — Prof. lI. BOLIVAR y URRUTIA ( MADRID ) OBSERVACIONES SOBRE LA Ephippigera coronata A. Costa. RES [ Nicevuta il 23 Giugno 1903]. La amabilidad del Profesor MovrIceLLI, comunicandome los tipos de la Ephip- pigera coronata (1) descrita por el Profesor Aca. Costa, de feliz recuerdo, me ha permitido conocer que esta especie no difiere realmente de la pubblicada dos aîios antes por otro ilustre sabio italiano, el Pr. Tareioni-TozzertTI bajo el nombre de Ephippigera Anne (2). Aun cuando la procedencia de ambas especies hacia suponer esta identidad, puesto que ambas habitan en Cerdena, la pritmera en el valle de Correboi, la segun- da en Oristano, y a pesar de que Costa no conocia, al parecer, la deseripcion de la E. Anne toda vez que no la cita ni se refiere a ella en sù trabajo, lo que era natural hiciese por tratarse de una especie de localidad anàloga, no era sinembargo prudente declarar la identidad de ambas especies sin conocer por io menos los tipos de una de ellas. He hecho esta observacion con motivo de un pequerio estudio sobre la subfa- milia de Jos Efipigerinos en el que, utilizando en primer término un caracter em- pleado ya para la separacion de las tribus, pero no para la distribucion interior de estas, cual es el del nùmero de espinas apicales que presentan las tibias posteriores por debajo, he llegado a la conclusion de que en el antiguo género Ephippigera se vienen englobando especies genéricamente diversas y que conviene separar, siquiera tengan todas ellas conformado el pronoto de manera analoga, que es casi el unico caracter a que viene atendiendose para considerar a todas las especies de la tribu (1) Gosra, A. — Notizie ed osservazioni sulla geofauna sarda (Memoria terza): Atti della R. Ace. Sc. Fis. e Mat. di Napoli, (2) Vol. 1, 1884, pag. 13 e 50-51. (2) Targioni-Tozzerti, A. — Orthopterarum italiae species novae in collectione R. Musei Flo rentini digestae : Bu. Soc. Ent. italiana, Vol. 13, 1881, pag. 181. como pertenecientes al referido género 6 al Pycnogaster GrAÉLLS en el que el pronoto tiene ya forma distinta. Ya habia propuesto yo en otro tiempo , la division del género en varios sub- géneros pero confieso que los caractéres en que fundaba estos no eran suficientes para llevar el convencimiento al animo de los ortopterblogos respecto a la necesidad de admitir aquellas divisiones que yo presentia pero que no acertaba à caracterizar, Esto no obstante, el S.: BrunneR von WaTTENWYL en su magistral Prodromus der europàischen Orthopteren ya aceptò uno de aquellos subgé- neros (Platystolus) como tal género, y hoy, valiendome del caracter referido y de otro que recomiendo à los coleccionistas observen, cual es, la forma y disposicion de las placas que representan los segmentos ventrales del abdomen, he propuesto en el trabajo à que me he referido distribuir los Efipigerinos en los géneros Uromenus Bor.; Ephippigera Serv, Callicrania Bor.; Proephippigera Bor.; Betica Bor.; Platy- stolus Bor. y Pygnogaster GrAaELLS pues este ultimo no puede separarse de la tribu como el S' Brunner lo ha reconocido en su Système des Orthoptères. La especie que motiva estas lineas corresponde al género Uromenus y se agrupa en el subgénero Steropleurus que seguramente habrà de subdividirse, cuando se conozca bien la distribucion y la forma de los segmentos ventrales, caracter que no he podido aplicar en absolato porque la preparacion de muchos ejemplares er- mite apreciar esa disposicion, por lo que recomiendo à los ortopteròlogos procuren que no desaparezcan dichas placas, rellenando los ejemplares por un lado del vientre 6 quizas mejor por la parte inferior del cuello y tomando nota previamente de la forma y accidentes de las referidas placas. MR ate, ba 1 e ia a ANNUARIO DEL MUSEO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie) VOLUME I. Num. 11. 7 Ottobre 19053. FAUNA NAPOLETANA Dott. FILIPPO SILVESTRI (Bevagna, UMBRIA) - Descrizione preliminare di due nuove specie di KOENENIA TROVATE IN ITALIA [Ricevuta il 28 doaosto 1903) 1. Koenenia Berlesei sp.n. Q Prosoma.— Organum frontale medianum duplo longius quam latius, brachiorum apice acuto ; organum frontale laterale simplex, subeonico, apice acuto, triplo longius quam latius. Sternnm antieum setis decim serratis instructum, quarum quinque anticae, inter sese quam posticae magis approximatae, Chaelae. Brachium singulum dentibus novem bene evolutis et dente obsoleto proximali armatum. Palpi et pedes attenuati quam eidem K. mirabilis parum longiores. Abdomen. Segmenti secundi pars ventralis mediana utrimque setis quatuor margina- libus instrueta, quarum duo externae longae, attenuatae, quam internae quintuplo longiores, nec non ad setarum basin margine in processibus brevibus et acutis, dentiformibus producto et in superficie setis quatuor submedianis etiam instructa, quarum duo parum ante margi- nem et duo sat longe a margine sitae. Segmentum tertium in parte ventrali processibus duobus medianis, postice setis duabus snbapicalibus, inter sese aequalibus, nec non seta basali externa aucetis, instructum. Segmentum quartum parte mediana ventrali setis quatuor longis, crassis, apice acuto, basi inter sese subcontiguis, uniseriatis, paullulum arenatis et retrorsum aliquantum vergen- tibus anctum. Segmentum sextum etiam in parte ventrali mediana setis quatuor, quam setae segmenti quarti aliquantum Jongioribus, crassioribus, apice subobtuso, antrorsum aliquantum vergen- tibus instructum. Flagellum articulis quatuordecim compositum, apicem versus gradatim sat attenuatum, cor- poris longitudine parum longiore vei eidem subaequale, artieulo singulo setis octo in verti- cillo subapicali dispositis, perlongis et aliquantum arcuatis ornato, in articulo 12 vero circa ad articulis dimidiam partem sitis et in articulis 13-14 in parte proximali; articulis 1-3, 5, 7, 9 in margine apicali serie setarum acutarum, rectarum, sat longarum auctis, articulo ul- timo subeylindrico, in apice setis duabus longis instructo. Long. corp. 0,80; long. flagelli 0,90. Habitat: Portici (Napoli), Bevagna (Umbria). Clarissimo Prof. A. BERLESE species haec dicata est. Questa specie è prossima alla KX. mirabilis Grassi, dalla quale però si distingue facilmente per la forma ed il numero delle setole ventrali dei segmenti dell'addome secondo, quarto e sesto, nonchè per la forma del flagello. 2. Koenenia subangusta sp. n. Prosoma. — Organum frontale medianum fere duplo longius quam latius, brachiis eras- siusculis, apice rotundato; organum frontale laterale appendicibus tribus magis quam qua- druplo longioribus quam latioribus, apice acuto. Sternam anticum setis 5, in serie parum arcuata dispositis, auctum. Chaelae. — Brachium singulum dentibus 8 bene evolutis et dente proximali obsoleto ar- matum. Dentes acuti, attenuati, integri, inter sese subaequales, praeter distalem quam caeteri paruni robustiorem. Palpi et pedes robusti, minus attenuati et robustiores quam in X. mirabilis. Pedes paris ultimi metatarso quam tarsus II vix longiore et seta sensitiva basim articuli secundi tarsalis non attingens. Abdomen magis elongatum et minus latum quam in speciebus caeteris, forma ut in X, an- gusta HANSEN, segmento octavo quam nonum parum latiore, segmento nono decimum longi- tudine aequante. Segmentum secundum in parte ventrali mediana setis 6 marginalibus instruetum, quarum duo internae quam laterales breviores, setae laterales inter sese subaequales; in superficie postice etiam setis 6 instructum, quarum duo medianae parum ante marginem sitae et quam submedianae duplo breviores, duo submedianae et duo laterales longitudine inter sese sub- aequales ; antice utrimque setis duabus lateralibus. Segmenta 4-6 in parte ventrali setis quatuor submedianis inter sese parum remotis et fere uniseriatis, quam caeterae parum robustioribus, parum brevioribus et magis ad marginem an- tieum approximatis instrueta, nec non utrimque setis tribus in tertia parte postica segmenti singuli ad latera setarum submedianarum sitis. Segmentum septimum setis circa 20 instructum, segmentum octavum setis 16, nonum 12, decimum 10, undecimum etiam setis 10. Segmenti 1-6 singula supra setis 8 ancta. Flagellum articulis 13 compositum, robustius quam in K, mirabilis, sed brevins ; artieulo singulo setis 8, in verticillo subapicali dispositis, longis et aliquantum arcuatis, instrueto, nec non articulis 1-3, 5, 7, 9 setis marginalibus pluribus, rectis, sat longis, acutis aucetis. Long. corp. 0,80; long. fagelli 0,5. Habitat : Portici (Napoli). La X. subangusta è diversissima dalla A mirabilis e molto simile invece alla £. angusta Hansen di Koh Chang. A me sembra che possa ritenersi distinta da quest’ul- tima specie per il numero delle setole dello sterno anteriore del prosoma, per la lunghezza della setola sensitiva metatarsale dell’ultimo paio di zampe e per il nu- mero delle setole della regione ventrale dei segmenti addominali. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 12. 17 Ottobre 1903. FAUNA NAPOLETANA Dott. FILIPPO SILVESTRI (BevAGNA, UMBRIA) MIRIAPODI viventi sulla spiaggia del mare presso Portici (NapoLi) [Iticevuta il 9 Settembre 1908] Varii naturalisti fuori d’Italia si sono occupati della fauna, che vive unicamente sulla spiaggia del mare, contribuendo così alla conoscenza della fauna halofila. In Italia, che io sappia, nessuno fino ad oggi si è dedicato a ricerche faunistiche di tal genere, mentre è certo che per la grande estensione delle nostre coste la fauna halofila deve essere molto ricca. Io avendo avuto occasione di trovarmi per due anni a Portici feci spesso escur- sioni sulla spiaggia del mare per raccogliervi Artropodi. Gli Acari furono studiati dal prof. BerLESE, che già comunicò le descrizioni di specie nuove al Zool. Anz., di Miriapodi tratto io stesso in questa nota, e spero che in appresso io ed altri possiamo pubblicare un elenco delle specie degli altri Artropodi. Prima di passare all’enumerazione delle specie di Miriapodi da me raccolti sulla spiaggia del mare presso Portici, credo però opportuno fare un cenno di quanto si è pubblicato fino ad oggi intorno ai Miriapodi halofili. L’Autore, che per primo segnalò una specie di Miriapodo (Geop/lilidae) halofilo fu il Lraca (1) nel 1817, denominandola Geophilus maritimus e dandone per habitat la“ Britannia inter scopulos ad.litora maris vulgatissi- me ,. Berazoe e MeerT (2) ritrovarono tale specie sulle coste della Danimarca e la riferirono al genere Scolioplanes da essi stessi fondato; così in seguito questo geo- filide fu citato come Scolioplanes maritimus (Leacn) Beres. Mein. dal Pocock (3) per (1) The zoological miscellany, being descriptions of new or interesting animals, t. III, p. 44, pl. 140, fig. 1 et 2. London 1817. (2) Danmarks GeropmerR. — Naturh. Tidskr. (3) V. 4, 1866. (3) A marine millipede. — Nature, XLI, n.° 1052, p. 176, 1889. la Cornovaglia, dal Moniez (1) per le coste della Francia settentrionale, e per la Sean- dinavia dal Porar (2). Nel 1872 Gruse (3) descrisse una seconda specie halofila di Geophilidae : il Geo- philus (Schendyla) submarinus del littoraie francese della Manica, indicato più tardi dal Moniez (4) per Jersey e da Camus (5) anche per le coste della Loira inferiore. Gapeau pe KERVILLE (6), che si occupò con particolare interesse della fauna marina e marittima delle coste della Normandia, indicò come abitanti della spiaggia del mare di quella regione 10 specie di Miriapodi, cioè 8 Chilopodi: Lithobius forficatus Linn., L. calcaratus G. L. Kocg, L. glabratus CG. L. Koca, Geophilus carpophagus Leaca G. gracilis Mem., Scolioplanes maritimus (Leaca), Schendyla nemorensis (C. L. Kocn), S. submarina (Grust) e 2 Diplopodi: Julus miraculus Vera. e Julus albipes G. L. Kocg. Di queste dieci specie le prime tre si debbono considerare affatto accidentali sulla spiaggia del mare, mentre lo Scolioplunes maritimus e la Schendyla submarina sono vere specie halofile, e tutte le altre forse halofile indifferenti, perchè più comunemente si trovano in luoghi umidi lungi dalle coste. VerHoEFF (7) nel 1901 dedicò un paragrafo del lavoro sottocitato ai Geophilidae delle spiaggie del mare, ed asserì che fino all’epoca, in cui egli scriveva, era conosciuto in Europa solo lo Scolioplanes maritimus come specie halofila. Egli citò come Geo- filidi halofili il Geophilus Poseidonis Vera. , il Puchymerium ferrugineum C. Kock e la Henia illyrica (Me). A proposito dei Diplopodi lo stesso Autore scrisse nella sua solita forma categorica che “ die Diplopoden dem Meeresufer sehr abhold sind, ja man kannt nicht einen einzigen Angehòrigen dieser formenreichen Klasse, der sich freiwillig in dem salzgetrinkten Strandgebiete, das die Wogen belecken, aufhalten mòébchte. , Presso Portici io ho raccolto sulla spiaggia del mare i seguenti Miriapodi : CHEAXTITO PODA GEOPHILOMORPHA 1. Pachymerium ferrugineum G. KocH. Pachymerium ferrugineum G. KocH, Syst. d. Myr. p. 187. Geophilus ferrugineus BerLese, Ae. Myr. etc. Fase. V, N. 9. Ne raccolsi 5 esemplari tra le fessure degli scogli che vengono bagnati dalle acque del mare, quando questo è anche poco agitato. A Boccadesse presso Genova ne furono raccolti (1) Acariens et Insectes marins des còtes du Boulonnais. — Rev. dio. du Nord de la France, t. Il, p. 1889 90, p. 4. (2) Nya Bidrag till Skandinaviska Halfòns Myriopodologi. — Ent. Tidskr. 1889. Stockolm, p. 12. (3) Mittheilungen iiber die Fauna von Saint-Malo und Roskoff. — Abhand. Schl. Ges. f. vaterl. Cultur. Abth. f. Naturw. u. Med. 1869-72 Breslau. (4) Op. cit. p. 1 in nota. (5) Note sur la présence de Geophilus (Schendyla) submarinus Grube et de quelques autres animaux marins sur la còte de Prétaille près Pornie (Loire-inferieure). — Soc. Sci. nat. de l’ouest de la France II, 1892, pp. 21-34. (6) Recherches sur les faunes marine et maritime de la Normandie: 10r voyage Bull. Soc. d. Amis d. Sci. nat. d. Rouen 1894, Myr. pp. 92-93; 2. voyage ibid. 1897. Myr. pp. 357-359; 3. voyage Myr. pp. 193-194. (7) Beitriige zur Kenntniss paliiarktischer Myriapoden. XVI Aufsatz: Zur vergleichenden Morpho- logie, Systematik und Geographie der Chilopoden. — Nova Acta. Abh. d. Kais. Leop. - Carol. deutsch. Akad. d. Naturf. LXXVII, N. 5: Geophiliden am Meeresufer pp. 424-425. parecchi individui da me e dal signor Dopero sotto i sassi della spiaggia del mare, in vici- nanza dell’ acqua in giorni di calma, ad una profondità di 40 e più centimetri. Questa specie ha una larga distribuzione geografica, essendo indicata per tutta l'Europa, Canarie, Azzorre, Africa settentrionale, Caucaso, Asia centrale, Nord America. Si trova comu- nemente sotto le pietre e i tronchi d’albero fino ad un’altitudine di m. 1200. La sua presenza sulla spiaggia del mare può considerarsi indifferente, nel senso che sotto indicherò. 2. Geophilus Poseidonis VerH. Gephilus Poseidonis, VerH. Op. cit. p. 421. = P BerLEsE, Ac. Myr. ete. Fasc. XCVII, N. 4 (1903). VERHOEFF raccolse questa specie nell’isola Egina. Sulla spiaggia del mare di Portici non è rara, ma è molto meno frequente dell’ Henia bicarinata e della Sehendyla submarina , e vive come queste specie tra le fessure delle pietre e degli scogli bagnati dalle onde a mare agitato. Fino ad ora essendo stato trovato questo Geofilide solo sulla spiaggia del mare, si deve considerare come vero miriapodo halofilo. 3. Henia bicarinata (Mem.) Sinv. Scotophilus bicarinatus, Mein. Nat. Tidskr, (3) VII, p. 41. Henia bicarinata, SiLv., Boll. Soc. ent. ital. XXIX, p.243 e BerLEse, Ac. Myr. ete. Fasc. XCVII, N. 2. Molto comune sulla spiaggia di Portici; da me stesso fu raccolta sulle spiaggie di Marsala e di Boccadesse. MeINERT indicò questa specie per Gennazano, Campagna Romana, Sorrento, Tunisi, Bona e Spagna. Fu trovata anche in Dalmazia, Corfù, Peloponneso, Caucaso e Canarie, in località lontane dal mare, e perciò questa specie quantunque per osservazioni mie assai comune sulle spiaggie di Marsala, Napoli e Genova si deve considerare halofila indifferente. 4. Schendyla submarina GRUBE. Geophilus (Schendyla) submarinus, Gruse, Op. cit. Schendyla submarina, BerLese, Ac. Myr. ete. Fasc. XCVII, N. 5. Comune con la precedente. Era stata trovata sulle spiaggie dell’ Inghilterra e della Francia settentrionale solamente. Questa specie fino ad ora devesi considerare come miriapodo holofilo genuino. DUrBrOcE: OD A PSELAPHOGNATHA 5. Polyxenus lapidicola SiLv. SiuvestRI, in BerLese Ac. Myr. ete. Fasc. XCVIII, N. 4 (1903). Raccolsi due volte una diecina di esemplari di questa specie tra le fessure delle pietre, che vengono sommerse a mare agitato. Per quanto 1’ abbia cercata in altri luoghi sassosi, specialmente alle falde del Vesuvio, non sono riuscito fino ad oggi a trovarne esemplare alcuno lungi dalla spiaggia del mare, perciò si può ritenere questa specie di Diplopodo ha- lofilo genuino, come la seguente. IULOIDEA 6. Isobates littoralis Sirv. SiLvestRI, in BeRLESE, Ac. Myr. ete. Fasc. XGIX, N. 9 (1903). Questa bella specie fu da me raccolta non solo sulla spiaggia di Portici, ma anche su quella di Marsala e dal signor DopERO e da me a Boccadasse (Genova). Devesi considerare come Diplopodo halofilo genuino. Delle sopracitate specie io tralascio la descrizione, essendo state già da BERLESE e da me descritte e dal BERLESE stesso, riccamente illustrate, nell’ opera Acari, Myriopoda et Scorpiones hucusque in Italia reperta. Considerazioni generali intorno ai Miriàpodi halofili I miriapodi halofili si possono distinguere, come del resto gli altri Artropodi, in halofili veri o genuini, indifferenti e accidentali. Halofili genuini sono quelli, che vivono solamente sulla spiaggia del mare, indifferenti quelli, che vivono tanto sulla spiaggia del mare come in altri Juoghi umidi lungi dalle coste, halofili accidentali infine sono quelli, che si possono trovare sulla spiaggia del mare solo per caso. Tutte le specie halofile di Miriapodi fino ad ora conosciute io credo che possano essere così distribuite : Miriapodi halofiili accidentali: Lithobius forficatus Linn; L. calcaratus C. KocH e L. gla- bratus C. L. KocH, specie, come abbiamo visto innanzi, trovate in Normandia dal GapeAU DE KERVILLE. Miriapodi halofili indifferenti : Pachymerium ferrugineum C. Kocn ; Geophilus gracilis Mein; G. carpophagus Leacn ; Schendyla nemorensis C. KocH; Henia illyrica (Men), H. bicarinata Mein; Julus miraculus Verna; J. albipes C. KocH. Miriapodi halofili genuini : Scolioplanes maritimus LeacH; Geophilus Poseidonis VeRA; Schen- dyla submarina Grue; Polyrenus lapidicola SiLv.; Isobates littoralis Sirv. Quanto alla zona di costa di mare, sulla quale si deve fare ricerche per stabi- lirne la fauna Ralofila ; io credo che si debba considerare limitata verso terra dalla linea, alla quale sogliono giungere le onde del mare, quando questo è anche forte- mente agitato, ma no quando è eccezionalmente burrascoso. Al di là di tale linea la fauna ha un altro carattere speciale, e si deve prendere in considerazione solo per lo studio delle differenze tra la fauna costiera, quella dei campi, dei boschi ete. L'acqua del mare, che giunge sulle pietre e sugli scogli, tra le fessure dei quali sono annidati i Miriapodi, non vi si trattiene che pochi secondi e ad intervallo nei nostri mari, mentre sulle spiaggie dell'Atlantico vi resta per tutta la durata di un'alta marea. E questo non reca però alcun danno ai Miriapodi, poichè possono resistere ad una sommersione anche prolungata, come risultò dalle esperienze del PLATEAU, del quale non mi pare superfluo riportare integralmente alcuni dei risultati. Egli scrisse tra le altre conclusioni : “ La proprieté offerte par les Myriapodes marins n° a rien d’ extraordinaire ; les on Géophilides essentiellement terrestres peuvent résister dans l'eau de mer 12,27, 65 et 72 heures et, dans l’eau douce, 6, 14 et 15 jours (1). On connait actuellement un grand nombre d’Arthropodes (Insectes et Arachnides) non nageurs, à respiration aérienne, fréquentant les plages ou le bord des eaux et se laissant submerger. La liste que j'ai dressée comprend 46 genres et près de 80 espèces. Il est problable que des observations ultérieures permettront de |’ allonger encore. La résistance des Myriapodes marins, des Insectes et des Arachnides halophiles ou paludicoles à la submersion ne tient ni à une structure spéciale de 1’ appareil respiratoire, nî à l’existence d’une couche d’air adherent, qui peut manquer, ni à la présenee d’un vernis protecteur; c’est une propriété générale aux Arthropodes non branchiés qui tous, ou presques tous, résistent remarquablement longtemps à l’asphyxie. Ainsi nos Coléoptères terrestres peuvent rester sous l’ eau douce pendant trois et mème quatre fois vingt-quatre heures, sans autre inconvénient qu’un engourdissement profond. ,, (1) Quest’ultime cifre dubito che sieno esagerate. Ul "% IMIROFLO rare b pa Ma GALLI i ARIE ANNUARIO DEL MUSFO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 13. 28 Ottobre 1903. — ——_T__—6—___—_———___É___m——m— FATMN A NAPOTSE TA NA Dott. FILIPPO SILVESTRI (BEVAGNA, UMBRIA) Contribuzioni alla conoscenza dei Mirmecofili Ji; OSSERVAZIONI SU ALCUNI MIRMECOFILi DEI DINTORNI DI PORTICI [ Ricevuta il 15 Settembre 1903 ) HEMIPTERA 1. Tettigometra impressifrons Muts. Questo Cieadario vive nei nidi di Zapinoma erraticum nigerrimum Nyl. ed è, come il suo ospitatore, abbastanza frequente nei dintorni di Portici. Io ebbi occasione di osservarlo per due anni parte nelle sue naturali dimore e parte nei nidi JANET; potei in tal modo notare qualche cosa dei costumi e dei rapporti suoi col Tapinoma. Osservazioni in nidi naturali. — Le Tettigometra impressifrons stanno nelle parti più svariate del nido, ma sempre dove si trovano anche molte formiche; anzi, siccome i Yapi- noma hanno il costume, specie in inverno, di vivere agglomerati e formare così veri mucchi, è in mezzo a questi che più spesso sta la Tettigometra non altrimenti che fosse un individuo della stessa specie di formiche. Quando si solleva una pietra, sotto la quale dimorano ettigometra con Tapinoma, questi scappano frettolosamente, mentre quelle restano ferme o si muovono lentamente, scattando però con un salto se vengono toccate. Le formiche in caso di pericolo trasportano via tra le mandibole le larve delle 'ettiyo- metra come fanno delle proprie, ma raramente gli adulti, Nelle giornate di bel tempo, in cui le formiche si agglomerano sopra sassi o erbe, poco lungi dall'apertura del nido, anche le Tettigometra si trovano con esse. L’accoppiamento e la deposizione delle uova avviene, credo, durante tutto l’anno, almeno io ho potuto constatare ciò in tutti i mesi, che ho passato a Portici, cioè dal novembre all’ agosto. Le uova sono di forma ellittica, ma con un polo alquanto maggiore dell’ altro. Con tale polo maggiore esse vengono attaccate con leggera inclinazione ed a contatto fra di loro alla superficie inferiore dei sassi, che possono trovarsi a coprire i nidi di Zapiroma, o a qualche bastoncello o foglia secca, che si trovi negli stessi nidi. Sono di color paglierino ed al polo libero terminano con una piccola appendice, a forma di clava, che è di colore argenteo. Misu- rano in lunghezza 0,8 mill. ed in diametro al polo maggiore 0,4 mill. Ogni femmina sembra che ne depositi da 12 a 20, ma alle volte sopra una stessa foglia od altro oggetto sì pos- sono contare in vicinanza le une delle altre non meno di 50 e più uova, che credo vi siano state deposte da più di una femmina, perchè una sola non può avere 1’ addome capace di tante nova mature. j Osservazioni in nidi JANET. — Il 9 dicembre 1902 posi in un nido JANET una colonia abbastanza numerosa di Tapinoma erraticum nigerrimum insieme ad alcune larve ed a sette adulti di Tettigometra impressifrons, aleune delle quali vissero fino al 12 gennaio. Potei così osservare che le Tettigometra alle volte si aggiravano per il nido, ma per lo più stavano ferme in mezzo al mnechio dei Tapinoma. Questi frequentemente tastavano e leccavano le Tettigometra adulte, ma più spesso le larve. Vidi una volta una formica tastare ad um indi- viduo adulto l’addome e poi leccarlo in corrispondenza all'apertura anale. Più volte sorpresi formiche , che trasportavano larve di Tettigometra da un luogo ad un altro. Una volta vidi trasportare da una grossa operaia una Tettigometri adulta fino nella parte superiore della camera mediana del nido, che era abituale dimora della piccola colonia, ricondurla sul piano inferiore, dove la lasciò con il ventre in aria, posizione in cui la Tetti gometra dovette rimanere vario tempo dimenandosi con le zampe, finchè riuscì a rimet- tersi in piedi. Come ho detto anche sopra, si osservano comunemente Tettiyometra in mezzo ai Tapinoma agglomerati ed è facile constatare che esse si arrampicano su per il muechio, aggrappandosi con le zampe alle formiche senza che queste si agitino per scacciarle. Notai un giorno che una Tetligometra si trovava in mezzo a molti Tapinoma ammassati e con il suo rostro andava tastando il corpo delle formiche, come per cercare di introdurlo tra un segmento e l’altro dell'addome. Altre volte vidi in seguito tale atto, perciò mi nacque il sospetto che la Zettigometra succhiasse sangue e sostanze elaborate dal Zapinoma. Non avendo potuto mai sorprendere una Zetligometra con il rostro confiecato nel corpo di una formica il mio sospetto non ha più ragione di esistere, tanto più che non sono riuscito a tener vive per molto tempo Tettigometra con Tapinoma, come sarebbe dovuto essere, se quelle avessero tratto il nutrimento da questi. Le Tettiyometra debbono nutrirsi di succhi vegetali. Dalle formiche esse ricevono abita- zione , protezione e carezze in cambio di una sostanza zuecherina, che loro ammaniscono. Perciò la ettigometra impressifrons è un mirmecofilo euxeno o genuino che dir si voglia e deve essere da un tempo assai remoto divenuto tale, perchè in rapporto a tale modo di vita in luogo sicuro può riprodursi tutto 1’ anno ed ha ridotto le elitre a brevi monconi, che giungono a coprire solo il secondo segmento addominale; inoltre essa ha acquistato un colore nero che può dirsi mimetico rispetto a quello del suo ospitatore. La sostanza zuccherina, che offre la Tettigometra ai Tapinoma è secreta da cellule ghian- dolari, che si trovano distribuite in aree sulle seguenti regioni del corpo : al dorso due (sì intende una per lato del piano sagittale mediano) sulla parte submediana del protorace, due Sulla parte submediana del secondo segmento addominale e due sulla parte sublaterale di ciaseun segmento addominale dal 3° al 7° compreso, al ventre due aree nella parte laterale del protorace, due mediane sul terzo segmento addominale e due sublaterali di ciascun seg- mento addominale dal 4.° al 7.° compreso. 2. Tettigometra costulata Firb. Nei dintorni di Portici questa specie è poco meno comune della 7. impressifrons e sì trova pure nei nidi di Zapinoma erraticum nigerrimum. Sta alle volte nello stesso nido, in cui vivono anche le . impressifrons, alle volte si può trovare sola con i Zapinoma. In un nido di questi catturai ben 80 individui adulti di 7, costulata. I costumi .e le relazioni di questa -Zettigometra sono identiche-a ‘quelle della specie pre- cedente. Anch’essa deposita le uova nei nidi del Yupinoma disponendole come ho ricordato per la 7. impressifrons. Molto frequentemente si trovano all’aperto, poco lungi da una apertura del nido, individui adulti e larve, che vengono ritrasportate nell’ interno dalle formiche, quando si presenta qualche pericolo. La deposizione delle uova avviere probabilmente durante tutto l’anno, avendo io trovato individui in copula a diversi intervalli dal dicembre al giugno. ; La Tettigometra costulata si deve considerare pure comé mirmecofilo euxeno, però di data più recente della 7. impressifrons, perchè non ha ancora raggiunti gli adattamenti di que- st'ultima specie, come la riduzione delle elitre ed il colore nero, infatti questo è in esse fondamentalmente di terra d’ ombra e quelle coprono ancora quasi tutto l'addome. Essa è fornita di ghiandole secernenti sostanza zuecherina, come la 7. impressifrons. Nora.—La Tettigometra costulata sarebbe stata trovata secondo il Wasmany a Daga presso Orano da Bedel in nidi di una piccola formica nera, ritenuta con dubbio per Zapinoma nigerrimum Nyt. COLEOPTERA 3. Hyperaspis reppensis Herpsr. | Esaminando in Maggio nidi di Zapinoma erratieum mnigerrimum a Portici vidi non rare le larve del Coccinellidae sopra indicato. Esse furono da me osservate di consueto nelle parti del nido, dove si trovavano uova di Tettiyometra, perchè appunto di tali uova si nutrono le /yperaspis, come potei constatare in nidi JANET. In questi stessi vidi più volte le larve dell’ Hyperaspis aggirarsi anche in mezzo alle formiche ed alle uova e larve di queste, ma non le sorpresi mai a divorare tali uova. Tutte le mute delle larve di Myperaspis avvengono nel nido di Tapinoma, come pure quivi è trascorso tutto il periodo ninfale, che si potrae per cirea 20 a 30 giorni. Le ninfe restano con l’ultima spoglia larvale attaccate alla parte inferiore delle pietre, che coprono i nidi di Tapinoma, o alle foglie ed ai bastoncelli, che possono trovarsi dentro di tali nidi. Fu in Giugno che osservai in quest’ anno î primi adulti, Frequentemente essi stavano durante le ore calde del giorno sopra le pietre, che coprivano i nidi di apinoma, fermi e aderenti ad esse e con le antenne e le zampe affatto nascoste sotto il corpo. Quando cam- biavano sito, camminavano molto rapidamente, ma se in tale corsa si avvicinava ad esse una formica, si fermavano e si ponevano nuovamente fisse sulle pietre. Le formiche si sfor- zavano allora di afferrarle ai lati del corpo, ma non mi fu dato mai di vedere che riuscissero nel loro intento. Le formiche non badano nemmeno alla presenza delle larve di Myperaspis, e se alle volte si avvicinano ad esse non lo fanno affatto da nemiche. Non ho mai visto una formica affer- rare una larva di //yperaspis. Da quanto sopra mi pare che si abbiano ora osservazioni sufficienti intorno all’ Hyperaspis per poter stabilire che essa è un mirmecofilo sinoicoxeno non avendo alcun rapporto diretto con la formica, nel cui nido passa il periodo larvale e ninfale, e che è parassita di mirme- cofili genuini, cioè della Tettigometra impressifrons e T. costulata, ed in tal modo riesce «dannoso al suo ospitatore. Nora. — Per. quanto risulta dal 4 Kritisches Verzeichniss der Myrmecophilen und Termitophilen Artropoden , del Wasmanw fino al 1894 non si conosceva alcuna specie di Coc- cinellidae con sicurezza mirmecofila, erano solo con probabilità indicati come tali la larva di Bra- chyacantha ? ursina F.nei nidi di Lasius claviyer WaLscH (Columbia) e Scymnus? formicarius Muts. nei nidi di Formica rufa (Siberia orientale). Rispetto all'habitat dell'Hyperaspis reppensis si rite- neva fino ad ora che essa allo stato adulto vivesse su piante erbacee e sui fiori. ORTHOPTERA 4. Myrmecophila acervorum Panz. Questo Grillidae mirmecofilo già da tanto tempo conosciuto e studiato nei sii rapporti con gli ospitatori per la prima volta dal Savi, che pubblicò nel 1819 una interessante nota (1), è a Portici molto comune nei nidi di varie specie di formiche e specialmente del Tapinoma. Profittai di tale occasione per soddisfare il desiderio, che avevo di osservare le relazioni con il Yapinoma, poichè quanto avevano sostenuto il Wasmanw (2) per la Myrm. acervorum ed il WakELER (3) per la M. nebrascensis che cioè il nutrimento di tali Myrme- cophila consistesse in prodotti di secrezione del tegumento delle formiche ed anche di ecto- parassiti (Hypopi) secondo il primo dei due Autori, mi sembrava affatto inammissibile avendo considerato che non potevano nutrirsi di lypopi le Myrmecophila viventi con il Tapinoma , perchè questi non ne avevano almeno in quel tempo e perchè secrezioni speciali del tegnu- mento, capaci di alimentare numerosi individui di un insetto abbastanza longevo ed attivo; mancano alla stessa formica. Il 9 Dicembre 1902 nello stesso nido JANET, nel quale avevo posto un buon numero di operai, due femmine, larvee uova di Tapinoma con Tettigometra, posi anche 6 individui di Myrmecophila acervorum. Queste con la loro consueta agilità si aggiravano sempre vicino ai Tapinoma, che, come ho detto innanzi, sogliono stare agglomerati, specie in inverno, e spes- sissimo sì avvicinavano col capo alle formiche per tastarle e pulirle. Frequentemente osservai Myrmecophila che pulivano ai Zapinoma l'addome, le zampe, il capo e persino le mandibole, mentre le formiche non prodigavano alle loro cameriere carezza aleuna, ma nemmeno le perseguitavano. Molte volte vidi le IMyrmecophila aggirarsi presso i mucchietti delle nova e delle larve, ma non le sorpresi mai ad afferrare larve, nè mi accorsi che tentassero di far ciò, Quello, che invece osservai in varie occasioni, si è che le Iyrmecophile rubano cibo alle formiche, mentre una di queste sta facendo parte del proprio bottino a qualche compagna non altrimenti di quanto usano fare le Grassiella polypoda (4). Un giorno vidi che mentre una formica stava ricevendo cibo da un’altra operaia; una mirmecofila con il suo apparato boccale a contatto di quello delle formiche assorbì tranquillamente parte del nutrimento, dopo di che si scostò un poco da esse per deglutirlo bene e poi tornò ancora a rubar loro del cibo. Ciò fatto si mise a pulire una delle stesse due formiche, come per far subito atto di riconoscenza ad una delle sue benefattrici. Una volta osservai anche che una Myrmecophila assorbiva parte del cibo che una operaia di Tapinoma passava ad nna sua compagna ed essendosi questa allontanata rimase per un poco sola la Myrmecophila a prendere cibo dal Tapinoma. Dalle mie osservazioni risulta perciò accertato che la Myrmecophila acervorum Panzer non si nutre di secrezione del tegumento e non è un mirmecofilo sinoicoxeno, che cioè profitta presso le formiche solo dell’ abitazione, ma è invece un mirmecofilo euxeno o genuino, che si distingue dagli altri della stessa categoria, perchè non riceve nutrimento diretto dalle for. miche, ma lo ruba ad esse, mentre lo danno ad una loro compagna, (1) Savi. — Osservazioni sopra la Blatta acercorum di Panzer, Gryllus myrmecophilus nobis. — Biblioteca italiana T. XV, Agosto 1519, n.° XLIV, pp. 217 229 [con una tavola]. (2) Wasmann. — Zur Lebensweisse der Ameisengrillen (Myrmecophila). — Natur und Offenba- rung , 47 Band, pp. 1-24, 1901. (3) WueeLeR. — The habits of Myrmecophila nebrascensis Brun. — Psyche, Octobr. 1900. pp. 111-115. (4) Gfr. Janer CaarLes. — Etudes sur les fourmis, les guòpes et les abeilles. Note 13: Sur le Lasius mixtus VAntennophorus Ullhmanni ele. Limoges 1897. [Grassiella polypoda, p. 51]. È; fp. Nora I. — La deposiziune delle uova di Myrmecophila deve avvenire nei dintorni di Portici in maggio e negli stessi nidi di formiche, nei quali vivono gli adulti, perchè nei nidi di Tupinoma durante il mese di luglio osservai molti individui giovanissimi. Nora II. — Waswanw (op. cit.) credette poter ritenece che la FMormica comune, col qual nome il Savi indicò la specie di formica ospitatrice della Myrmecophila, sia il Lasius niger L.; a me invece sembra quasi fuor di dubbio che sia il Tupinoma tanto più che il Savi affermò che nello stesso nido vivevano una Lepisma ed una piccola cicala attera, Emittero questo quasi sicuramente da riferirsi alla Tettigometra impressifrons e la Lepirma alla Grassiella polypoda, specie, che vivono realmente con il Tapinoma. 5. Myrmecophila ochracea Fiscr. Anche questa specie di Myrmecophila è comune presso Portici nei nidi del Messor struetor LamR. ed in quelli del Messor barbarus capitatus LAtR. var, minor ANDRÈ. In due nidi Janet posi in osservazione un certo numero di operaie, nova e larve di cia- seuna di tali specie di formiche con aleuni individui della Myrmecophila in discorso. Le Myrmecophila vissero per ben quattro mesi con i loro ospitatori fino a che vi fu- rono larve. Potei constatare che le Myrmecophila si nutrono delle larve di Messor, poichè non le vidi mai rubar cibo alle formiche, mentre queste lo passano alle compagne, nè mangiare semi, nutri- mento dei Messor, e che io ponevo in certa quantità nei nidi, mentre osservai con tutta chiarezza quanto segue. Un giorno una Myrmecophila, che era col Messor barbarus capitatus var. minor, afferrò con la bocca una larva, se la portò via poco lungi e soffermandosi la strinse fortemente tra l’apparato boccale come per succhiarla, Non credendosi sieura stando ferma, si aggirò quà e là con la preda in bocca fermandosi però di tratto in tratto per ripe- tere con la bocca l'operazione suddetta e ciò fece per cirea due minuti, dopo i quali giunta di nuovo in vicinanza del mucchio delle altre larve la riposò al suolo. Un’ altra volta sorpresi una Mrm ecophila con una larva giù in bocca. Essa agitava con l’apparato boccale la larva, che teneva poggiata al suolo. Quando qualele formica le si avvici- nava. scappava frettolosamente con la larva in bocca per ricominciarla a stringere e suc- chiare appena si eredeva non perseguitata. Così si comportò per una diecina di minuti, dopo i quali anch’essa posò la larva presso il mueclhio delle formiche, una delle quali raccolse la larva e la riportò nel mucchio. La larva dopo tale trattamento della Myrmecophila era divenuta di volume minore, ma sembrava intera. Per le Myrmecophila ochracea tenute con il Messor structor osservai tre volte fatti uguali a quelli sopra riferiti, perciò io ritengo che nutrimento di tale specie di IMyrmecophila siano le larve dei suoi ospitatori. Si può però dubitae che le Myrmecophila stringendo tra le mandibole le larve non facciano fuoriuscire ad esse alcun organo, ma solo il cibo, che con- tengono nell’intestino. Contro questo dubbio io non ho ora alcuna osservazione, ma Vanno venturo continuerò gli esperimenti per poter accertare se realmente le J/yrmecophila ochracea sì nutrano delle larve, come io per ora ammetto, o se invece a queste tolgano il cibo facen- dolo rigettare con una forte pressione. Il solo, che si fosse occupato fino ad oggi delle relazioni della J{yrmecophila ochracea con i Mes- sor, fu 'EmeRY, il quale comunicò aleuni risultati in una lettera al WAsmanN, e questi li pub- blicò nel citato lavoro, L’EmeRry scrisse che credette d’aver visto le A/yrmecophila portar via e mangiare le larve, ma che non era certo se realmente le avessero mangiate o rosicchiate, Secondo lo stesso autore stava in appoggio del ritenere che le mangiassero realmente il fatto che, finite le larve, morirono le Myrmecophila. WASMANN molto scettieamente accolse queste osservazioni dell’Emery, che invece concor- dano fondamentalmente con le mie, e affermò che esse rendevano solo verosimile che detta Myrmecophila qualche volta almeno si cibi di larve di formiche, e che non eseludevano che essa possa nutrirsi anche di semi, che i Messor accumulano nei loro nidi, ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME TI. Num. 14. 31 Dicembre 1905. Dott. CARLO PATRONI ( CoapiuToRE AL Museo Zoorocico DELLA R. UNIVERSITÀ ) A proposito della SALAMANDRINA PERSPICILLATA (suv) ——T_____.- [Ricevuta il 31 ottobre 1903). Rileggevo la comunicazione, fatta, or non è molto, alla “ Società Zoologica ita- liana , dal prof. A. GarRuccio, (1) nel tempo in cui ero occupato per il riordinamento delle collezioni zoologiche del nostro Museo, e pensai che non dovesse riuscire del tutto inutile dire qualche parola a proposito degli esemplari di Salamandrina perspicil- lata (Savi) provenienti dalla Calabria, posseduti da questo Museo zoologico. Essi sono sei, tutti conservati in alcool: due sono messi, separatamente ciascuno, in due tubi di vetro, lateralmente schiacciati e saldati alla lampada; ciascun tubo è solidamente infisso, mediante incastro, in una piccola base di legno. Provengono entrambi da Aspromonte. Gli altri quattro, messi in un boccaccetto, recano sull’eti- chetta, per ciò che riguarda la località, semplicemente “ Calabria ,, nè mi è stato possibile, in modo alcuno, rintracciare nulla sul luogo preciso dove furono rinvenuti, nè sulla persona che li raccolse, 0, comunque, in quale maniera pervennero al nostro Museo. Dei principali autori che si sono occupati della Salamandrina perspicillata, più o meno diffusamente, non istarò qui a ricordare altro. Soltanto, a me preme di richia- mare l’ attenzione su quello che scrive in un suo lavoro Qronzio GABRIELE Costa, e che trova riferimento a questa specie, poichè tale pubblicazione non è citata da alcun autore. Trattasi di una memoria sulla # Fauna di Aspromonte e sue adiacenze,, stampata negli Atti della reale Accademia delle Scienze di Napoli (2). In questa me- moria O. G. Costa riporta, a pag. 77, fra i rettili, una “ Salamandra lacustris. var. L. 4, assegnando questo nome a degli esemplari raccolti presso Ferràina, sui quali, per dar ragione della determinazione della specie, scrive poche righe, cui fanno seguito (1) Carruceio A. — Nuove indicazioni sull’ habitat della Salamandrina perspicillata (Riassunto) : Bollettino della Società zoologica italiana, (2) Vol. 1, An. 9, Roma, 1900, pag. 92. (2) Cosra, O. G. — Fauna di Aspromonte,e sue adiacenze : Atti 1. Accad. Scienze Napoli, Vol. 4, 1539; [memoria letta nella tornata del 12 febbraio 1828]. Debbo l’ aver potuto consultare questa memoria alla cortesia del chiar.mo prof. Fr. Sav. Mox- TICELLI ; e gliene rendo vive grazie. delle £ osservazioni ,. Uno degli esemplari è pure figurato, dorsalmente e ventralmente, in una delle tavole che accompagnano il lavoro (1). Credo opportuno di riportare qui integralmente quanto serive il Costa : « Questo picciolo rettile trovato nelle cavità d’un faggio putrido sulle sponde del finme Ferràina potrebbe appartenere alla specie lacustris delle Salamandre (Lacerta lacùstris L.) e forse potrebbe essere la varietà g. Lix., edit. Ger. , descritta da LaurENTI col nome di Triton carnifer, da cui poco differisce secondo le descrizioni e la figura. Le piccole diffe renze che rilevar si possono nella colorazione della linea dorsale, e nella macchia frontale, sono caratteri variabili, e perciò tener non possono luogo di differenze specifiche ». «Osservazioni — Son già molti anni dacchè il Sig. Professore SANGIOVANNI tro- vata aveva questa Salamandra in diversi luoghi della Provineia di Salerno, e preparata ne aveva una esatta e compiuta descrizione. Avvedutosi però che LacfP®èpE sotto il nome di Salamandra tridactyla aveva già descritta la stessa specie, sopra un individuo secco ed al- terato dall’azione del calore delle lave volcaniche, si arrestò dal pubblicarla : e più ancora lo intrattenne di poi la notizia pervenutagli di essere stata già descritta da Savi. In fine s'imbattè nell’articolo Salamandra di FERRANTE IMPERATO, e riconobbe nella seconda specie da questo naturalista sì chiaramente adombrata la medesima Salamandra perspicillata del Savi, e la tridattila di Lacérèpe. Il Savi riproducendo la sua memoria del 1821, cerei so- stenere le sue ragioni, per far sì che la sua Salamandra perspicillata considerar si debba come specie distinta, ed annulla per lo meno la specie tridactyla del LacéPÈèpE. Questi ac- corto non si era della descrizione fattane da LAURENTI, e molto meno dell’ adumbrazione riportatane dallo GaeLIN, riponendola tra le varietà della Salamandra terrestre : e niuno poi dei summentovati autori riconosciuta aveva nella seconda specie di Salamandra terrestre del- l’ImperaTO quella che gli andava fra le mani. « Dopo tali cose si deve convenire, che la Salamandra perspicillata , la var. é. della Sal. terrestris ed il Triton carnifer non sono che una cosa medesima, e quindi seomparir deggiono dal catalogo delle specie di questo genere. [quale ?]. « Grazie alla chiarezza delle frasi diagnostiche del Linneo, riconobbi ben tosto che la var. d. della Sal. terrestris conveniva coll’ individuo trovato in Aspromonte, e dopo aver consultata la descrizione e la figura di LAURENTI me ne sono confirmato. Se nonchè convenendo ritenersi come specie distinta, e non come semplice varietà, sarà convenevole assegnarle il nome del suo primo descrittore, e dirsi perciò Salamandra Imperati, siccome opina il sul lodato signor SANGIOVANNI ». A me sembra che il lettore, fra le diverse specie e varietà cui il Costa, in brevi parole, accenna (“ Salamandra lacustris var. L, Triton carnifex Laur., Salamandra per- spicillata Savi ,) non riesca, a prima vista, ad intendere che cosa egli avesse, in realtà, raccolto, presso Ferràina (2), se, cioè, il Triton cristatus, Laur. subspec. Karelinii, Stravca., la Salamandrina perspicillata (Savi), od altro. Ma dall'esame delle figure, che, peraltro, lasciano alquanto a desiderare, appare evidente che debba trattarsi (1) Ritengo uno, ma ciò il Cosra non dice nè nel testo, nè altrove. (2) Nelle tavolette al 50,000 della carta topografica d' Italia, che ho appositamente consultate (mercè la cortesia del mio carissimo amico e collega prof. G. De Lorenzo) per rendermi esatto conto della località, trovo le seguenti indicazioni: “Punta Ferraghena,, Sega Ferraghena, e “Ta- glio di Ferraghena,, a S. E. della cima più alta (Montalto) del gruppo montuoso dell’Aspro- monte: un vallone contiguo vi è indicato dai segni convenzionali. Non dubito quindi della identifi- cazione della località, ritenendo che il nome Ferràghena possa essere erroneamente scritto sulla carta, come non di rado accade, per falsa interpretazione di nomi locali, dovuta all’immensa disparità dei dialetti e della pronunzia nelle differenti regioni italiane. della Salamandrina perspicillata; almeno non lasciano dubbio, a parer mio, i caratteri dei piedi e della coda, che, al certo, non è quella del Tyiton cristatus, s. sp. Kurelinii. Pertanto, il Costa un po’ per la scarsezza delle opere da lui potute consultare, a quel tempo, come egli stesso lamenta anche in altra parte del lavoro, a proposito della entomologia, un po’, forse, perchè parmi non dovesse essere ben persuaso della bontà della specie del Savi, ascrive di fatto gli esemplari da lui raccolti alla var. 4. della Salamandra lacustris, Lin. (Lacerta). Evidentemente il Costa fa non poca confusione in questo suo scritto, nel quale, mentre prima fa notare che la Salamandrina perspicillata, la var. s. della Sala- mandra lacustris ed il Triton carnifex di LauRENTI, a parer suo, non siano che “ una cosa medesima,, non disconosce, poche righe più innanzi, potersi “rite - nere (la Salamandrina perspicillata)co me specie distinta enon come semplice varietà ,; nel qual caso dovrebbe chiamarsi, egli dice, “ Salamandra Imperati , dal nome del suo “ primo descrittore ,. E ciò, ritengo, in base, alla “chiara adumbrazione,, della Salamandrina perspicillata fatta da FERRANTE ImperaTo, la quale, come è noto, consiste in un semplice e breve accenno (dove son messi in rilievo, quantunque in maniera imperfetta, i principali caratteri della specie) che segue la figura della Salamandra terrestre. Ma tale proposta, per quanto ignorata, non ha, in ogni modo, ragione di essere. Da un accurato confronto istituito fra i due esemplari di Aspromonte, conser- vati in Museo, e le figure del Costa, accompagnate dalle poche parole di descri- zione innanzi riportate; dal complesso delle indagini, che io ho potuto eseguire; da alcuni indizii, quali: l'abitudine di chiudere itubi di vetro alla lampada (maniera usata dal vecchio Cosra, come mi è personalmente noto, anche per piccoli esem- plari fossili) ed il numero d’inventario del nostro Museo zoologico, relativamente molto basso, io son venuto nella convinzione che gli esemplari di Aspromonte, conservati ora nelle nostre collezioni, siano precisamente quelli raccolti dall’infaticabile natura- lista napoletano presso Ferràina, come mi risulta, nel 1827 (1). Giò dico, quantunque non se ne possa avere la certezza assoluta, e malgrado le figure date da O. G. Costa non siano la riproduzione esattissima e fedele degli esemplari in questione, perchè vi si nota una lieve differenza nella coda. Questa dif- ferenza consiste in ciò, che le figure presentano come delle nodosità ai lati della coda, le quali non si riscontrano, identicamente, negli esemplari; esse pertanto possono in- terpretarsi come una riproduzione abbastanza esagerata, nel disegno, delle asperità della pelle effettivamente esistenti e che si osservano ben chiare sulla coda stessa. Questo non deve recar meraviglia a chi abbia familiarità sufficiente con le opere di O. G. Cosra. Infatti, è noto che i disegnatori, della cui opera egli si giovò, ave- vano la non buona abitudine di alterare, col disegno, alcune particolarità degli esemplari da figurare, forse, a scopo di abbellirli, ma falsando, disgraziatamente, la realtà delle cose. Da quanto ho detto viene provata, con dati di fatto, la presenza della Sala- (1) Desumo questa data dalla memoria di Acme Cosra “ Nuovi studii sulla ento- mologia della Calabria ulteriore, (Attì R. Accad. Scienze Napoli, Vol. 1, 1863, N. 2, pag. 21 e 22), che indica la località “ valle Ferràina, e rileva “il mutato aspetto di quelle contrade inrispetto a ciò che erano trent'anni dietro,, soprattutto ri- guardo all'agricoltura, quando furono esplorate da suo padre. mandrina perspicillata nell'estremo lembo della Calabria (Aspromonte), dove fu rac- colta, come si vede, per la prima volta, da O. G. Costa, nel 1827 ; nè mi consta che vi fosse stata, in seguito, trovata da altri. Di Tiriolo (Catanzaro) si conosce la Salamandrina in base alla indicazione fornita, come è noto, dal De BertA, nella Fauna d’ Italia (1) e riportata, in seguito, dagli altri autori. La località di Aspromonte fu dunque citata da alcuni erpetologi, e non sempre con esattezza (2), senza riportare la fonte, perchè evidentemente a tutti deve essere sfuggita la memoria del Costa, da me ricordala nella presente nota. L’ habitat della “ provincia di Salerno , riportato dal Costa, per la Salamandrina perspicillata, sulla testimonianza del SaneiovannI (3), non è indicato, che io mi sap- pia, da alcun altro autore. E poichè è probabilissimo che la Salamandrina si possa trovare anche in quella provincia, si può accettarlo fide O. G. Costa, quantun- que l'indicazione data sia troppo vaga; mentre giova sperare che da ulteriori e più accurate indagini possa venir precisata. Ed io mi propongo appunto di eseguire ricer- che nella suddetta provincia. E poichè mi trovo a parlare di località meridionali delia Salamandrina per- spicillata mi piace anche qui ricordare un recente rinvenimento di questa specie trovata, nell’estate del 1902, dal dott. G. NeGrI, assistente al R. Orto botanico di Torino, nei ciuffi di muschi acquatici dei boschi di Quisisana a Castellammare di Stabia, dove ne raccolse due esemplari. Gli esemplari suddetti si conservano nel Museo Zoologico della R. Università di Torino (4). Napoli, ottobre 1903. (1) De Berta, E. — Rettili ed Anfibi (parte IV della Fauna d'’ Italia), 1874, pag. 84. (2) Il prof. L. Camerano scrive nella sua pregevolissima “Monografia degli Anfibi uro- deli italiani, (pag. 22) essersi trovata la Salamandrina perspicillata “... sul monte La- ziale, sul Vesuvio, a Tiriolo nella Calabria e ad Aspromonte sulmonte Malella., Ora in questo brano del periodo scritto dal CameRANo deve probabilmente essere incorso uno spo- stamento tipografico; e che il prof. CameRANo abbia avuto intenzione di citare effettivamente il gruppo montuoso dell’Aspromonte, in Calabria, è dimostrato dalla pagina precedente (21) della sua monografia, dove è detto: “essa (la Salamandrina perspicillata) sì estende dal Genovesato ad Aspromonte,,. Quindi, ilbrano del periodo in questione va inteso così: “ Si trovò (la Sala- mandrina) ..sul monte Laziale, sul monte Maiella, sul Vesuvio, a Tiriolo e ad Aspromonte nella Calabria, (3) Giosuè Sangiovanni, che fu direttore del Museo Zoologico e professore in questa R. Univer- sità. Vedi al “ Num. 2 , di questa nuova serie dell’ Annuario le “ Notizie sulla origine e e vicende del Museo Zoologico della R. Università di Napoli, pubblicate dall'attuale direttore, prof. Fr. SAv, MONTICELLI. (4) Debbo questa notizia alla cortesia dell'ottimo e valoroso amico conte dott. M. G. PeRacca. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 15. 2 Febbraio 1904 Prof. M. STOSSICH (IN TRIESTE) SOPRA ALCUNI NEMATODI® (Tavora 1.2) naro ty _* [Ricevuta il 29 Novembre 1903) Ascaris cephaloptera RupoLPHI. Lunghezza del maschio 60-75", Lunghezza della femmina 96-120"", Ha corpo grosso, cilindrico, assottigliato anteriormente ; il capo è ben distinto, con tre labbra di media grandezza, delle quali il labbro dorsale è quasi quadrato con angoli roton- dati, mentre le due labbra ventrali sono alquanto più grandi, fra loro eguali e con una pa- pilla centrale molto pronunciata. Mancano le labbra intermedie L’estremità candale del maschio si presenta molto corta, ingrossata, con 1’ apice ottuso provveduto di una punta ialina ; le papille candali sono piccolissime, di aspetto conico e in numero di 10 paia, delle quali 9 paia preanali e un paio postanale situato vicinissimo all’apice caudale. L’ estremità caudale della femmina mostra l’apice largo, rotondato e come nel maschio provveduto di una pic- colissima punta ialina terminale ; le uova sono piuttosto grandi, di forma quasi sferica e col guscio coperto di minutissime impressioni. Gli esemplari da me studiati furono raccolti nell’intestino di una vipera di specie non determinata e di provenienza ignota, esistente da tempo nella collezione parassitologica del museo zoologico della R. Università di Napoli. Un esemplare di sesso femminile raccolsi nell’intestino tenne di una Vipera ammodytes uccisa ai Bagni di S. Stefano (Istria, agosto 1908). Ascaris cornuta sp. n. Lunghezza del maschio 32", Lunghezza della femmina 35-40", Ha il corpo fusiforme, con le due estremità molto assottigliate, particolarmente l’estre- mità anteriore ; la cute è grossa e anellata. Le labbra sono relativamente grandi e delica- tissime; il labbro dorsale quadrangolare e con due grossi lobi anteriori , presenta lo strato (*) Delle specie descritte in questa nota alcune esistevano nelle collezioni di questo Museo, le al- tre furono cortesemente donate dal Prof. Srossica, che colgo l'occasione di ringraziare per l’interes- samento col quale contribuisce così, con i suoi doni, ad arricchire la nostra collezione parassitologica. Fr. Sav. MONTICELLI bo cuticolare fornito anteriormente di ripiegature unciniformi e di un allargamento alare late- rale che nasconde le labbra intermedie molto piccole. Le due labbra ventrali sono assimme- triche ; esofago molto lungo. L’estremità caudale del maschio è molto corta e conica e al- l’apice provveduta di un piccolo prolungamento conico ; le papille caudali mancano (?) e i cirri sono grandi, sciaboliformi e arcati. L’ estremità caudale della femmina è invece lunga e aftilata con l’apertura anale distante dall’apice caudale; l'apertura vulvale è prominente e situata al quarto anteriore. : Nello stomaco di un YAynnus vulgaris (Trieste, 4 dicembre 1902) inviatomi cortesemente dal chiarissimo Prof. Dr. J. C. Cori, raccolsi tre esemplari di questa nuova specie, la quale per la sua conformazione labiale presenta una grande affinità con l'A. adunca Rup. Asearis filiformis sp. n. (Fig. 4, 5 e 6). Lunghezza 25-35, Ha corpo sottilissimo, filiforme, assottigliato anteriormente , ingrossato posteriormente, con la cute sottile e liscia. L’esofago, molto lungo e iargo, forma posteriormente un lungo sacco cieco parallelo all’intestino, mentre cortissimo è il sacco cieco sviluppato dall’intestino e rivolto all’innanzi, Le labbra sono deboli, rotondate e le due labbra ventrali presentano la papilla laterale fortemente sviluppata ; il labbro dorsale ha un contorno semicircolare e una pulpa larga e rotondata. L’estremità caudale del maschio è molto corta, conica e prov- veduta di due paia di papille, delle quali un paio di grosse papille all’innanzi della eloaca e uu paio di papille piccolissime all’innanzi dell’ apice caudale, al quale si trova attaccato un processo dentellato ; cirri semplici, lunghissimi. Nella femmina l’apice candale è ornato di diverse punte, delle quali una terminale più grande e multicuspidata ; in tutte le femmine che ebbi a mia disposizione, l’utero era privo di uova, Vive nella cistifellea dell’ Uranoscopus scaber (Trieste, novembre 1901). Heterakis styphlocerca sp. n. (Fig. 11). Lunghezza 90-1008", Ha il corpo debolmente assottigliato alle due estremità, con la cute striata di trasverso ; le labbra sono grandi, robuste, a pulpa indivisa e le labbra ventrali fornite di una papilla centrale. L’estremità caudale del maschio è circondata di una borsa genitale poco sviluppata e coperta di piccole granulazioni rotonde; la ventosa candale è grande, quasi circolare, con forte anello e una piccola papilla al margine posteriore di esso. Le papille candali sono in numero di otto paia, grandi e fungiformi e di queste due paia ai lati della ventosa, un paio ventrale preanale e cinque paia postanali ; fra le due papille del primo paio preanale si trova una papilla assimmetrica e così pure una papilla assimmetriea giace al lato sinistro tra il primo e il secondo paio. L’ estremità caudale della femmina è conica allungata con I’ apice ottuso. Dal dottore A. E. StPpLey di Cambridge ebbi in esame alcuni esemplari di questa specie, stati raccolti nell’intestino di un volatile domestico (Gambia, 16 febbraio 1899). Oesophagostomum stephanostomum sp. n. (Fig. 1, 2 e 3). Il chiarissimo dottore A. E. SnmeLey mise a mia disposizione aleuni nematodi del mu- seo zoologico di Cambridge (Inghilterra) e fra questi si trovava un cilindretto con la seritta «from large intestines of Gorilla» ;i Nematodi appartenevano tutti al genere Vesophagostomum MOLIN e rappresentavano una specie nuova affine molto all’ Qesophagostomum venulosum (RUD). Lunghezza del maschio 10-22", Lunghezza della femmina 24-30, Il corpo si assottiglia lentamente verso l’estremità anteriore e presenta alla regione cefa- lica il caratteristico rigonfiamento vescicolare. La bocca è rotonda e circondata da un cercine di 24-36 laminette semicircolari; le papille sono grosse, due dorsoventrali più grandi e quattro submediane. La borsa genitale del maschio è compressa lateralmente, aperta ventralmente e fornita di un lobo posteriore quasi indistinto; le coste sono marcatissime e di queste le medie e le anteriori sono aderenti e le coste posteriori biforcate col ramo esterno molto più corto dell’interno ; all’innanzi della borsa si osserva un paio di papille laterali. I cirri sono lunghi e all’apice falciformi. L’estremità caudale della femmina ha una forma conica allungatissima, con l’apice appuntito, al disopra del quale si apre l’ano e al disopra di questo la vulva. Oesophagostomum venulosum (Rup.) Di questa bella specie ebbi in esame alcuni esemplari raccolti dall’egregio dottore AGo- stINO Rizzo nell’intestino cieco di un OQvis aries (Catania, dicembre 1900), i quali mi val- sero a completare la diagnosi data nel mio lavoro svlla famiglia « Strongylidae » (1). Come nella nuova specie, O. stephanostomum, così pure in questa il corpo presenta un paio di papille laterali al disopra della borsa genitale ; le coste posteriori sono lunghette e biforcate iu guisa che il ramo esterno riesce alquanto più corto del ramo interno. Uncinaria radiata (RupOLPHI) (Fig. 7, 8 e 9). L’Uncinaria radiata, specie in generale piuttosto rara, venne raccolta per la prima volta in Italia dal Prof. Dr. P. MixGazzini nel duodeno del Bos taurus (Catania, dicembre 1899) e il Dr. A. Rizzo ne fece argomento di un’importante pubblicazione (2), nella quale chiara- mente dimostra che per l’attacco alla parete intestinale del bove, 1 Uncinaria radiata, non si serve dei suoi denti chitinosi, che sono impiantati immobilmente, bensì della forza aspi- i rante del suo esofago; perciò la capsula chitinosa si riempie di una parte di mucosa, che viene poi lacerata dai denti chitinosi per gli energici movimenti di succhiamento del parassita. A me ora non resta che di completare la descrizione di questo interessante acerofallo, approfittando degli esemplari che il Prof. MinGAZziNI mise gentilmente a mia disposizione. È indubitato che l Uncinaria radiata presenta una grande affinità di caratteri con 1’ U. cernua e perciò facile riesce a confondere le due specie. Nell’ U. radiata il corpo è più ro- busto e così pure la capsula orale chitinosa e la borsa genitale del maschio presentano uno sviluppo maggiore. All’entrata dell’esofago la capsula chitinosa sviluppa quattro grandi lame chitinose -- denti laceratori — le quali sono impiantate immobilmente e situate simmetrica- mente, due dorsali e due ventrali; le papille cervicali sono piccole. Nel maschio la borsa genitale è larga e campanulata ; i cirri sono lunghissimi, sottilissimi e di colore rosso bruno, mentre nell’ V. cernua i cirri sono corti. Ed infine nell’ UV. radiata Vestremità caudale delle femmine è più lunga e sottile. Lunghezza del maschio 14-16", Lunghezza della femmina 15-20, Uncinaria cernua (CrEPLIN). (Fig. 10). La borsa genitale del maschio presenta una distinta assimmetria nella disposizione delle coste. Il tronco posteriore si divide nelle due coste posteriori, le quali alla loro volta danno sviluppo a dne rami sottili, dei quali L’interno con l'apice tridigitato ; il ramo esterno si- nistro, confrontato col ramo esterno destro, è molto più lungo e inserito molto più in alto. Dispharagus aduneus (CREPLIN). Completo la diagnosi di questa specie (3) con 1’ aiuto di aleuni esemplari raccolti dal (1) Srossica, M.— Strongylidae: Boll. Soc. Adriat. Se. Nat. in Trieste, Vol. 19 1899, pag. 95. (2) Rizzo, A.— Ricerche sull’attacco di alcune uncinarie alla parete dell'intestino: end. Accad. Lincei. (5) 2° sem., fasc. 3.0 1900, pag. 107. (3) Srossica, M.— Il genere Dispharagus Dujardin: Boll. Soc. Adriat. Se. Nat. Trieste, Vol. 13, 1891, pag. 6, Tav. 1, fig. 4. Dr. Damiani nello stomaco di un Phalacrocorarx graculus (Isola Capraia, marzo 1902) e gen- tilmente comunicatimi dal Prof. C. PARONA. La borsa genitale del maschio è provveduta di 9 paia di papille, delle quali 4 paia di papille allungate preanali e 5 paia di papille postanali e di queste le papille del primo paio vicino all’apice caudale sono piccolissime, mentre quelle delle paia 2-5 sono allungate e si- tuate a distanze fra loro eguali. I cirri sono disuguali; il minore presenta l’apice rotondato, mentre il maggiore è fornito alla sua estremità libera di una punta laterale, in guisa d’as- sumere la forma di un uncinetto da lavoro. Lunghezza del maschio 12, SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. Fig. 1-3. Oesophagostomum stephanostomum sp. n.: 1. borsa genitale del maschio; 2. estremità cefalica 3. coste posteriori. Fig. 4-6. Ascuris filiformis sp. n.: 4. estremità cefalica; 5. estremità caudale del maschio; 6. estremità caudale della femmina. Fig. 7-9. Uncinaria radiata (Rup.): 7. vista dorsale; 9. vista laterale dell’estremiltà cefalica; 8. estremità caudale della femmina. Fig. 10. Uncinaria cernua (GREPL.); assimmetria delle coste posteriori, Fig. 11. Heterakis styphlocerca sp. n.: vista ventrale dell’estremità caudale del maschio. Zav 7 Annuario del Museo Za oologico (Università) Napoli NS)VAAI. N15 > Pavia Lit.Tacchinardi a Ferrari. MiStossich.dis. ANNUARIO DEL MUSEO Z00LOGIOO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 16. 11 Febbraio 1904 Prof. M. STOSSICH (IN TRIESTE) Una nuova specie del genere PLAGIORCHIS Lune [Ricevuta il 29 Novembre 1903] Nel 1900 il prof. Dr. M. Braun di Koònigsberga pubblicava negli annali del mu- seo di Vienna una revisione dei Trematodi dei Chirotteri (1) e prendeva in rassegna, con la scorta degli esemplari tipici che potè avere a disposizione dalle singole rac- colte, le specie conosciute fino a quell’epoca. In una delle esplorazioni elmintologiche da me fatte nei mesi estivi nella re- gione centrale della penisola istriana, ebbi spesse volte occasione di catturare dei Chirotteri appartenenti alle specie RAinolophus ferrum equinum e Plecotus auritus ; di queste la prima la trovai sempre immune di endoparassiti, mentre l’Oreechione albergava quasi sempre dei Lecithodendrium chilostomum (MenLIS) ed un'unica volta nel muco intestinale di uno di essi raccolsi un solo esemplare di un Distoma ap- partenente al genere Plagiorchis Lune differente però di molto dal Plagiorchis ve- spertilionis (0. F. MuLLer). Per i Chirotteri la specie era assolutamente nuova, men- tre che invece avrebbe potuto benissimo appartenere ad altra specie conosciuta e vivente in altri animali insettivori ; perciò presi a confronto tutte le specie del ge- nere Plagiorchis e per facilitarne il lavoro feci il quadro determinatorio, che trovan- dolo utilissimo lo aggiungo alla presente nota assieme al quadro generale di tutte le specie di Trematodi viventi nei Chirotteri. La nuova specie, che dal suesposto confronto come tale la devo ritenere, pre- senta la diagnosi seguente : Plagiorchis asperus n. sp. Lunghezza 1/3"; larghezza 0/3mm, Ha il corpo allungato lanceolato, ristretto alle due estremità, con la cute coperta di mi- nutissime punte diradantesi verso l'estremità posteriore; la ventosa ventrale piu piccola della ventosa orale, circolare, con apertura orbicolare, giace al principio del secondo quarto. La (1) Braun. M.— Trematoden der Chiroptera: Annalen Naturhist. Hofmuseums, Wien, 15. Bd. Heft 3-4, 1900, pag. 217-236, Tav. 10. 2 ventosa orale subterminale, di forma quasi ovale e con l’apertura longitudinale, dà sviluppo ad una robusta faringe periforme, dalla quale dipartono direttamente due larghi intestini, che mantenendosi paralleli ai due lati del corpo si estendono fino all’ estremo posteriore. La cloaca genitale si apre immediatamente all’innanzi della ven- tosa ventrale, e da essa diparte la tasca del pene, la quale di aspetto snello ed allungato, si estende posteriormente, sorpassando di poco il margine posteriore dell’ ovario I due testicoli sono situati obli- quamente nel mezzo della parte postacetabulare all’ interno degli intestini; sono grandi, lobati e di questi 1° anteriore quasi sferico, il posteriore ellittico. L’ ovario più piccolo dei testicoli è alquanto più grande della ventosa ventrale, si presenta pure lobato e giace alla destra dietro la ventosa ventrale. I vitellogeni sono costituiti da numerosi follicoli piuttosto piccoli, che si estendono dall’estremo posteriore del corpo fino all’ innanzi della eloaca genitale, mante- nendosi nella gran parte all’estremo degl’intestini; una larga zona dorsale di follicoli all’ innanzi della ventosa ventrale determina la confluenza delle due serie di vitellogeni laterali. L’utero dell’ovario si estende fino all’estremo posteriore e col suo ramo ascendente passa fra i due testicoli e fra il testicolo anteriore e l’ovario e contiene numerose uova ellittiche, a guscio grosso, di colore giallo. Riscontrato un'unica volta nell’intestino tenne di un /lecotus auritus (Grisignana in Istria, agosto 1908). L’esemplare venne da me donato alla collezione elminto- logica del Museo Zoologico di Napoli. Plugiorchis asperus n. sp. P Il genere Plagiorchis venne stabilito dal Lune nel 1899 (1) per una serie di Distomi del tipo del Distomum mentulatum Rup. quali il D. lima Run. il D. cirratum Run. e il D. ramtianum Looss; con riserva vi aggregò il D. reniforme Looss, il D. horridum Ley, il D. didelphydis Parona e il D. sauromates Poir. Il Looss nel suo lavoro di smembramento del genere Distomum (2) venne a conclu- sioni identiche a quelle del Lune e per il suo D. ramlianum stabili il genere Lepoderma aggregandovi quali altre specie il D. cirratum e il D. mentulatum e con riserva il D. lima. Osservando ora il quadro generale dei Plagiorchis, da me aggiunto a questa. nota, risulta che quali forme tipiche del genere devono essere considerate soltanto quelle che presentano analogia di caratteri col D. mentulatum, e queste sarebbero oltre alla forma tipica il D. ramlianum, il D. vespertilionis, il D. elegans, il D. nanus, il D. vitellatus, il D. triangularis e il D. permixtus; mentre dubbia apparisce la po- sizione dei distomi didelphydis, horridum e sauromates, tanto per la grandezza della ventosa ventrale, quanto per la posizione dei testicoli, della cloaca genitale, ecc. La nuova specie, il Pl. asperus presenta tutti caratteri fondamentali del genere, esclusa la forma dell’ovario e dei testicoli, i quali organi appariscono a contorno distintamente lobato ; questa differenza, d'importanza assolutamente minima, non devo ritenerla tale, da pregiudicarne la sua posizione sistematica, tanto più che in altri generi si aggregarono specie aventi le glandole genitali integre e specie con le glan- dole genitali lobate. (1) Lune, M. — Zur Kenntniss einiger Distomen: Zool. Anz. 22. Jahrg. N. 604, 1899, pag. 530. (2) Looss, A.— Weitere Beitrige zur Kenntniss der Trematoden-Fauna Aegyptens: Zool. Iahrid. Abth. Syst. 12. Bd. 1899, pag. 589. cr- e pren agi pe Lo pr gr VITELLATUS TRIANGULARIS PERMIXTUS (LINSTOW) (pIESING ) VESPERTILIONIS | ASPERUS ELEGANS (0. F, MiLLER) STOSSICH (RUDOLPH) (BRAUN) 4-7 (gyom L'4mm. 1'8--3 mm. 1'3—2mm. 1'4mm. 5mm, 0’'9mm 0'3mm 0 5—0'75 mm. 0° 23 - 0° 46mm. 0°5 mm. um, + + + + « » | allungato, depresso,assot- | allungato, lanceolato, de. | allungato, depresso, assol- tigliato maggiormente alla | presso, assoltigliato alle | tigliato posteriormente parte posteriore. due estremilà, fusiforme, con le due e- ovale, allungato allungato , assottigliato stremità rotondate maggiormente alla parle anteriore | Cute Se Re aculeata aculeata aculeata inerme (?) « »* » | sublerminale, globosa, con apertura longitudinale. sublerminale, con aper | subterminale, con aper- { terminale, gen apertura terminale tura longitudinale, tura longitudinale longitudinalé. Ventosa ventrale. . .| pocopiùpiccoladellaV.O., | più piccola della V. O., | più piccola della V. O., i la metà dela V. 0. più piccola, sferica poco più piccola, circolare { quasi eguale alla V. 0. circolare. circolare circolare | Faringe RIC periforme, robusta periforme sferica erica sferica sferica, piccola più liga che lunga Esofago . . . manca manca manca manca (2) manca Intestini. . . . . .|estesifino al sesto poste- | estesi fino all'estremo po- | estesi fino all'estremo po- estesi fino all'estremo po- riore, steriore sleriore e coperti dai vitel- sleriore ì logeni Il Cloaca genitale . . . | que aperture genitali so- { immediatamente sopra la | all'inuanzi della V. V. | all’innanzitàella VV. | adl'innanzi della V. V. all'innanzi della V. V. | due aperture genitali al- î, pra la ventosa ventrale, | V. V., grande, mediana spostata verso sinistra l'innanzi della V. V. || Testicoli. . . . . .|situatiobliquamente ovali situati obliquamente,gran- | grandi, ovalio quasi sfe- | grandi,ellittiti ppuresfe | quasi sferici, più grandi grandi, ovali grandi, quasi sferici | di, ellittici, lobati rici, situati obliquamente | ricî, situati obliquamente | dell’ovario. J | i Tasca del pene. . .|snella,piùo meno arcata, snella, sorpassa di poco | lunga, snella, arcata, este- Tube: lunga, snella, sorpassa | molto lunga, estesa fino | estesa fino al margine po- i estesa fino all'ovario, l'ovario, sa fino all'ovario l'ovario, al testicolo anteriore steriore dell'ovario I Ovario sferico iù pi ri iù gr ri iù ic Q più ico. pi i 4 OOO 0] LE , poco più piccolo | sferico, lobato, più grande | sferico, più grande della | sferico, poca più grande | sferico. iccolo, situato fra | della grandezza dei tesli- | sferico, della grandezza | della Noia, situato fra della VERVE situato imme: V. V., situato fra testicolo | della V. V. il TEST anteriore ela | coli. B della V. V. SHEGTO fra i testicolo anteriore e V. V. | diataiente dietro la V. V. | anteriore e V. V. V. V. Lestcolo anteriore e la i fi; ti ® n . si || Ricettacolo seminale . | situato dietro l'ovario, al- manca manca 4 lungato. Vitellogeni. . . .. dalmargine posteriore del- | da'l'estremo posteriore fi- sviluppatissimi, dalla fa- | dalla cloneagenilale allo la V. V. all'estremo po- | noall’innanzi della eloaca | ringe all'estremo poste- | estremo posteriore; con. dalla faringe all estremo | estesi dalla faringe all'e- | sviluppatissimi dalla V. V. \ 1 z Ò oste “ol N fi Hi sÌ "ot Ò 'activ riore: ° Ol ciale TIGRE) fluiscono die Di lede E con follieoli | stremo posteriore Pr a MIDA. i... IR brune, a guscio | ellittiche, gialle, a guscio 0° 0237—0" 0364>< 0'027—0!082x0' 0150 brane brune ovali, brune sottile. rosso 0" 013—0,0228mm, '027—0'036><0'02281 Dì ' 02 '027. "132 \ NgaRSO O vign g mm 0/027—0'036x<0'0228mm. 0" 0409><0" 0228 mm 0'0273—0'32x0/019mm, il Ospi oiran thin i diversi 7 sti J ti renne alvengi veola, Se ba —_- ipite Chirotteri diversi Plecotus auritus Uccelli insettivori diversi Glur colopar Actitis hypoleucus Mevops apiaster Rondine Greilswa]g Europa centrale Istria Europa Ratzeburg Vienna Vienna MENTULATUS (RUDOLPHI ) 05m. allungato, depresso aculeata subterminale, con npertu- ra longitudinale. più piccola della V. O., circolare sferica manca estesi fino all'estremo po- steriore e coperti in parle dai vitellogeni. immediatamente all'in- nanzi della V. V., spo-. stata verso sinistra. grandi, sferici, situati ob- liquamente. _RAML ( L00SS ) ovale, allungato, con le ; due estremità assottigliate | due estremità con scaglie triangolari | profonda, con apertura longitudinale ventrale. più piccola della V. O., circolare. sferica, muscolosa corto eslesi fino al sesto po” steriore, immediatamente all'in- nanzi della V. V. ovali TANU; | all’innanzi della V. V. DIDELPHIDIS (PARONA ) 5-6 mm. 1'75mm. allungato, ristretto alle inerme più grande della V. O,, globosa Uk SAUROMATES (POIRIER ) 4 mm. 1 mm. obovato, allungato, più ri- stretto posteriormonte. aculeata robusta più grande della V. O., robusta LA) HORRIDUS (EMY) 4—7um. 1-1 5mm. lanceolato, allungato, più ristretto unteriormente aculeata più grande della V. O. globosa manca estesi fino all'estremo po- steriore piccoli, rotondi ellittica lunghetto estesi fino all'estremo po- steriore. verso sinistra al livello della faringe piccoli, lobati, situati poco dietro la V. V. lunga, ampia, inflessa piccolo , sferico, situato fra il testicolo anteriore e la tasca del pene. estesi dalla faringe allo | estesi dalla cloaca geni- estremo posteriore del | tale al termine dell’inte- corpy. stino. gialliceie ovali, bruniccie, opercola- 0°0324—0’066><0"0198 te, con piccola punta ad ampia, alla sinistra della V. V- sorpassandola di poco. piccolo, globoso , situato dietro la V. V. manca un polo. 0' 035><0' 020 mm. Tropidonotus , Lacerta , Podarcis. Europa Camaleonte Egitto piccolo, sferico estesi dalla V. V. fino quasi all'estremo poste riore. ovali, giallastre 0' 056x000" 04m. Didelphis marsupialis Paraguay estesa fino alla ventosa ventrale piccolo, sferico, situato dietro la V. V. estesi dal testicolo poste- riore al margine anteriore della V. V. ellittiche, opercolate, acu- minate posteriormente 0° 037x<0' 02mm. Elaphis steriore estesi fino al quinto po- grossi, ovali, contigui, si- tuati obliquamente. voluminosa limitati al secondo quarto gialle, ellittiche, opercolate, con bottoncino posteriore 0'033—0" 48X< 0'013—0' 018 mm. Boa, Python Indie, America FP son _—_ — «sa = creo gi Pili è ANNUARIO DEI, (Nuova Serie ) VOLUME 1. Num. 17. 2 Febbraio 1904 CYVOSIZEPIEMIGIE TI IN BUDAPEST) Uber GNATHOBRACON A. Cost ° ve... [ Iticevuto il 3 Dicembre 1903.) A. Costa beschrieb in den Ann. Mus. Zool. della Regia Università di Napoli, . Vol. 2, 1867 p. 69 (1 Serie), eine der interessantesten Braconide unter dem Namen Gnathobracon babirussa. Diese Braconide wurde bisher in die Subfam. Braconinae eingeteilt, welche Einteilung ich jedoch, nach Ansicht des Original-Exemplares als nicht richtig be- zelchnen muss. Charakteristisech sind bei dem Gnathobracon die Kiefer und Clypeus. Die Kiefer sind naàmlich ausserordentlich lang und Kriiftig, an der Basis knieartig gebogen und dann convergirend nach aufwirts gerichtet, so dass die zweiziihnigen Spitzen zusammen treffend, sich berùhren. Clypeus ist gross, zwischen den Kiefern vorgezogen und der Vorderrand, ohne einen Ausschnitt oder Ausbuchtung zeigend, gerundet. Bei den, in die Subfam. Braconinae gehòrenden Arten, ist der Clypens halbkreis- formig ausgeschnitten, so dass zwischen Clypeus und Kiefern eine mehr oder weniger deutliche kreisformige Offnnng zu sehen ist. Dieses Merkmal ist aber nicht nur allein fiirr die Subfam. Braconinae charakteri - stisch, sondern anch noch fiir andere dazn verwandten Subfa milien, die WesmaEL (Nouv. mém. Acad. sce. Bruxelles IX, 1855 p. 14 ct. XI. 1888 p. 5) als «Brac o- nides Endodontes Cyclostomes, benannte. i Ùberhaupt bei den Endodont-, so wie bei den Exodont-Braconiden haben die Kiefer eine wagrechte Richtung und sind nie knieartig gebogen und nicht nach aùfw:irts gerichtet; somit lisst sich die Gatltung Gnathobracon Costa in keine der beiden Gruppen unterbingen. (#) Il sig. SzérLIGETI cortesemente mi favorisce la descrizione completa di questo Braconide , co- municatogli in esame, del quale A. Cosra ha dato solo le frasi diagnostiche (genere e specie) in un elenco di specie, immesse nel Museo zoologico di Napoli, inserito nella prima serie di questo Annuario (loc. cit. nel testo). Fr. Sav. MONTICELLI 19 Trotzdem, dass die Art nur im 9 Gesschlecht bekannt ist, gebe ich der Ansicht Ausdruck, dass Gnathobracon in der Zukunft als eine selbststindige Gruppe und Subf. betrachtet werden muss und ich schlage es vor, die erstere Gnathobraconini und letztere Gnathobraconidae za benennen. Was die systematische Reihenfolge anbelangt, glaube ich, dass es am besten wàre, siese neue Subf.,-da das Insect was Kérperform und Fligelbildung betrifft, die meiste Verwandtschaft mit Bracon FagR. oder IpHmauLax Forst. zeigt - knapp neben die Subfam. Braconinae zù reihen. Gruppe Gnathobraconini Charaktere: Oberkiefer an der Basis knieartig gebogen und schief nach aufwàrts gerichtet und mit der Spitze sich berihrend oder kreuzend; Clypeus zwischen den Kiefern vorgezogen und gerundet. Subfam. Gnathobraconinae Charaktere: wie oben, Gatt. Gnathobracon Acg. Costa Kopf quer; Scheitel breit und gerundet, nicht gerandet ; Stirn flach, mit Rinne ; Kie- fern aussergewòhnlich breit und lang, an der Basis knieartig gebogen und nach autwàrts gerichtet , die Spitze zweizihnig ; Clypeus gross und vorn zwischen den Kiefern gerundet vorgezogen; Maxillartaster 5, Lippentaster 4 gliedrig; Backen mittellang. Schaft liinger als breit, keiloder verkehrteifirmig. Parapsiden fellen, Mesopleuren ohne Furche , Meta- notum glatt, Luftloch klein. Beine schlank, Tarsen der Vorderbeine etwas liinger als die Schiene. Innere Seite des Randmals kiirzer als die iiussere, Radialzelle evreicht die Fluùgel- spitze ; zweite Cubitalzelle lang, trapezformig; Nervus recurrens und Nervulus interstitial, erster Abschnitt der Cubitalader an der Basis leicht gebrochen; Mittelzelle der Hinterfliigel Klein. Hinterleib lanzettlich ; zweites Segment quer, Mittelfeld klein, mit langem bis zum Hinterrand laufenden Kiel; zweite Sutur breit, bisinuiert und crenuliert ; drittes Segmeut mit kurzem Kiel an der Mitte; Hypopygium so lang wie die Hinterleibssptitze. Budapest, December 1903. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 18. 2 Febbraio 1904 Dott. ANGELO SENNA ( FIRENZE ) SEE VARO ENI DEL PANDALUS GRASSICORNIS A. Costa cor CHLOROTOGUS GRACILIPES A. Miln. Edw. [Ricevuta il 5 Decembre 19083 |) Il Costa nella nota: Specie del genere Pandalus rinvenute nel golfo di Napoli (1) descrisse e figurò nel 1871 due nuove specie, l'una delle quali è il P. heterocar- pus che tutti conoscono, l’altra è il P. crassicornis rimasta finora critica e dubbia. Il Carus (2) invero, nella sua opera la cita e vi aggiunge una frase diagnostica che certamente è ricavata dalla descrizione primitiva e non dall'esame del tipo o di altro esemplare della specie. Dico questo perchè in essa, come già nella sufficientemente det- tagliata descrizione e nella figura del Costa, manca ]' indicazione d'un carattere che io ho rinvenuto nel tipo e senza del quale, a mio modo di vedere, l’interpretazione della specie sarebbe stata assai difficile, per non dire impossibile. Il tipo del P. crassicornis si conserva nel Museo zoologico della R. Università di Napoli e mi fu inviato per lo studio dal Prof. MonriceLLI al quale porgo i miei ringraziamenti. Il tipo è rappresentato da un individuo maschio, preparato a secco in una capsula come usava il Prof. Costa, e porta il nome e l'indicazione della località che è Napoli scritti dal Costa stesso. L’esame di questo esemplare mi rivelò, come dissi, un im- portante carattere e che consiste nel carpo nel 2° pereiopodo suddiviso in due ar- ticoli disuguali in lunghezza. Tale carattere, unito a quelli del rostro, dei massillipedi esterni, dei pereiopodi, dei segmenti addominali e del telson che ricorderò in seguito, mi permettono d’ affermare che il Pundalus crassicornis è la stessa specie che il Mitxe Epwarps fece conoscere col nome di Chlorotocus gracilipes n. g. e n. sp. una diecina di anni più tardi su esemplari raccolti durante la spedizione del “Travai]- leur, il 27 luglio 1881,lungo le coste del Marocco e ad una profondità di 332-370 metri. (1) Costa, A.— Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli, Anno 6, 1866. Napoli, 1871, pag. 89, Tav. 2, fig. 2. (2) Carus, J. V.— Prodromus Faunae Mediterraneae ete., Vol. I, Stuttgart, 1884, pag. 477. Il Mine Epwarps nel 1882 (1) non pubblicò che una semplice diagnosi, ma nell’anno successivo diede una figura complessiva ed alcune altre di dettaglio utilis- sime per riconoscere questo pandalide (2). Il Carus (I. c.) ripetè semplicemente la diagnosi; Spence Bate (3) nel descrivere una nuova specie del Capo di Buona Speranza, Chl. incertus, colse l’occasione per indicare i caratteri del genere ; il Cano (4) si limitò a citare quelli differenziali rispetto al gen. Pandalus e cioè la forma del rostro e il carpo del 2° pereiopodo biarticolato. È solo quest’ ultimo il vero cerattere differenziale e tale è l'opinione di ALcock (5) che diede ulteriori notizie sull’affinità di C//orotocus cogli altri generi della stessa fami- glia e ridescrisse più ampiamente una var. andamanensis Anpers. della specie tipica mediterranea. Infine il De Man (6) fece conoscere di recente una terza specie che è il CAI. spinicauda di Ternate. Quando si tenga conto del carattere del carpo biarticolato del 2° pereiopodo, la descrizione data dal Prof. Costa è sufficiente per giungere alle mie conclusioni; non credo però inutile rammentare i caratteri seguenti che sono tra i più importanti e che deduco anche dall'esame del tipo. La carena del rostro origina verso la metà della lunghezza dello scudo o più esattamente un poco prima ; il rostro è provvisto al di sopra di 10 denti quasi equi- distanti, 4 dei quali sono posti sulla carena. Al disotto il rostro ha 5 denti. La porzìone libera del rostro è un poco più lunga della metà dello scudo. Il Mine Epwarps (1. c.) dà rispettivamente 12 denti sopra e 6 sotto; questa è una variante numerica che si riscontra facilmente nei Pandalus e in molti altri generi e che dipende il più delle volte dalle dimensioni dell’esemplare studiato. Lo scudo ha una spina antennale ed una branchiostegale. Nell’addome il 3° segmento ha il tergite quasi diritto ; il 4° e il 5° hanno l’angolo po- stero-inferiore delle placche pleurali arrotondato ; il telson è lungo quanto il 5° e 6° segmenlo presi insieme, mìsurati sulla linea del dorso, all’apice spinoso nel mezzo e provvisto ai lati di peli. Il peduncolo delle antenne è lungo quanto la metà o poco più dello scafocerite, quest’ultimo sorpassa appena l’estremità del rostro e presenta un forte dente all’angolo apicale esterno. I massillipedi esterni hanno l’esopodite ben sviluppato, sono pedi- formi, setolosi, e ugualmente robusti che il 1° paio di pereiopodi. Quelli del 20 paio hanno il carpo diviso in due articoli disuguali, col prossimale più lungo del distale (v. Fig. 1) la chela ha Ja palma più lunga delle dita e il dattilo provvisto CAS Figura 1. (1) Mine Epwarps, A. — Rapport sur les travaux de la Commiss. chargée ete. d'étudier la faune dans les grandes profondeurs de la Méditerranée et de l’Oc. Atlant.: Archiv. Missions scient. littér. (3) Vol. 9, 1882. (2) Mine Epwarps, A. — Recueil de figures des Crustacés nouveaux ou peu connus; 7. Livr. 1883. (3) Seence Bate, C.—-Report of the Crustacea Macrura dredged by H. M. S. “Challenger, Vol. 24, 1888. (4) Cano, G.— Specie nuove o poco conosciute di Crostacei ete.: Bo. Soc. Natural. Napoli. Vol. 4, 1890. (5) ALcock, A. -- A descriplive catalogue of the Indian Deap -Sea Crustacea Decapoda Macrura and Anomala ete. coll. by R. I. M. S. S. “Investigator,, Calcutta 1901. (6) De Mas, G. I. — Die von Herrn Prof. Kiikenthal im L.disch. Archip. ges. Dekapoden und Sto- matopoden: ADR. Sencrenb. Ges. Frankfurt, 254. Bd. 1902, pag. 465. d’un dente in vicinanza della base. Nel 3° e 4° pereiopodo il mero è distintamente spinoso lungo il bordo inferiore, nel 5° lo è solo nella metà anteriore. Il Chl. gracilipes M. Epw. che per la legge della priorità deve d’ora innanzi chia- marsi Chlorotocus crassicornis (Costa) è stato indicato del golfo di Napoli dal Dr. Cano (l.c.) in base ad alcuni esemplari che si conservano nelle raccolte della Stazione Zoolo- gica, provenienti da diverse località del golfo e pescate colle paranze nel luglio 1889 ad una profondità di 350-460 metri. Tre femmine di questa specie sono pure elen- cate dall'Apensamer (1) nelle raccolte fatte durante la spedizione della nave “Pola, e provengono dalle Sporadi e dalle Cicladi ad una profondità di 414 e 597 metri. In- fine nell’anno corrente il Dr. Brian (2) esaminò nove esemplari del golfo di Genova e ne descrisse l'elegante colorazione. Firenze, dicembre 1903. Dal laboratorio di Zoologia e Anatomia comp.t* diretto dal Prof. Pro MINGAZZINI. (1) Apexsamer, TH. — Decapoden ges. auf S. M. S. Pola in dem Jahren 1890-04: Denkschr. Akad. Wien, 65. Bd. 1898. (2) Brian. A.— La presenza del Ch/orotocus gracilipes A. M. Edw. nel mare Ligustico: Rivista Ital. Sc. Nat. Anno 23, N. 3 e 4, 1903. oh pei ‘ be la dea Ut: nre CO 5” bi RION Bf tie fi EA di Pa oa SW ET ST PAR PRE E Pa PR Yttaeia ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie) VOLUME I. Num. 19. 2 Febbraio 1904 —_————_e=—=—=—=—=—= ee e PAOLO LUIGIONI ( ROMA ) Sul CARABUS ULLRICHI Gerx. del Museo zoologico di Napoli [Ricevuta il 12 Dicembre 1903) Nell’ estate del 1902, grazie alla squisita cortesia dell’ egregio sig. prof. FR. SA- verio MowmceLLi, Direttore dell’ Istituto Zoologico della. R. Università di Napoli, potei attentamente esaminare la collezione entomologica fatta, in quel Gabinetto, dal de- funto zoologo prof. AcHiLLe Costa. L’ iniziativa del prof. MonticeLLI di sistemare in una stanza appartata la ricca collezione del Museo di Napoli e nella quale si compendiano dei veri tesori entomolo- gici dell’ Italia meridionale, Sardegna e Sicilia, troverà, ne son sicuro, il plauso di quanti s’ interessano di tali studi e di tutti quelli che conobbero od ammirarono nel Costa uno dei più valorosi ed infaticabili fra i naturalisti italiani. Fra le molteplici specie di coleotteri che esaminai, vidi un unico esemplare di Carabus classificato dallo stesso Costa per 0. UMlrichi Germ. La mancanza del- l'indicazione di località, come in casì identici per altre specie raccolte nei dintorni di Napoli, mi fece supporre trattarsi del 0. Ullrichi raccolto a Vico Pantano dal dott. CarLo Beck, descritto e figurato dal Costa nella sua “ Fauna del Re- culo nidi Napoli, (1): Esaminato attentamente 1’ esemplare, potei subito accertarmi ch’ esso era invece una varietà del C. Italicus Des, identica a quella da me rinvenuta nella provincia di Roma e che da poco ho descritta col nome di varietà Rostagnoi (2). L’ errore di determinazione, per aver riferito all’ Ullrichi e non all’ Italicus il Carabus di Vico Pantano, è forse spiegabile col fatto che al prof. Costa era scono- sciuto il tipico Italicus, del quale non vidi alcun esemplare nella ricca raccolta esa- minata. Non pertanto a scusare l’ errore, sta sempre l’ osservazione accurata e minu- (1) Costa, A. — Fauna del Regno di Napoli. — Coleotteri: Napoli, 1849-54, pag. 31, tav. 28, fig. 1. (2) Lurcioni, P. — Una varietà nuova del Carabus Italicus Dey.: Boll. Soc. Entom. Ital. Anno 30, Firenze, 1903, pag. 75. MEA a IV tagli. ziosa del Costa, che nella nota in calce alla descrizione del 0. Ullrichi, riferisce che “nell’esemplare napoletano le tre linee longitudinali del- l’elitre sono meno elevate che negli esemplari di Germa- nia, e più spianate; per contrario gl’intervalli fra queste e le serie di tubercoli allungati sono meno basse e men fortemente interrotte., A chiarimento della mia breve osservazione , faccio rilevare che il O. Ullrichi è specie propria dell’ Europa centrale, e per quanto il Dott. Prrazzoti (1) la dica non frequente per tutta l’ Italia, pure a mio parere e tenuto conto di ciò che rife- risce il Dott. BerroLIni (2), il C. Ullrichi sarebbe stato raramente rinvenuto in Italia, solo nel Vicentino e nel Trentino. Roma, 10 Dicembre 1903, (1) Pirazzori, Od. — I Garabi Italiani : Bo. Soc. Ent. Ital. Anno 3, Firenze, 1871, pag. 261. (2) BerroLini (De) S.— ICarabici del Trentino: Atti. Istit. Veneto Sc. ecc. (3) Vol. 12, Venezia, 1867. — Catalogo dei Coleotteri d’Italia. : Riv. Ital. Sc. Natur., Siena, 1899. n ” % 1 ANNUARIO DEL MUSEO Z0OOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI EiNdova Serie ) VOLUME I. Num. 20. 253 Febbraio 1904 Dott. ANTONIO PORTA (PROF. DI ZOOLOGIA NELLA UNIVERSITÀ DI CAMERINO) Nota sugli ECHINORINCHI di pesci del Museo Zoologico di Napoli sei [Ricevuta il 14 Dicembre 1903] Il Prof. MoxticELLI mi comunicava gentilmente, dietro mia preghiera , 1’ inîeres- sante materiale appartenente al Museo Zoologico di Napoli, affinchè ne facessi og- getto di studio occupandomi da tempo degli Echinorinchi dei pesci. Il materiale consta di 13 specie, una delle quali ritengo nuova. Enumererò le singole forme, aggiungendo qualche breve nota a quelle che presentano maggiore interesse. 1. Echinorhynehus inerassatus Morin. 1858: Sitrungsb. Akad. Wien, 33 Bd. pag. 32. (Conger vulgaris Cuv.) Del Conger vulgaris non furono fino ad ora descritti che 1’ E. aurantiacus. Ris. (an- nulatus Mot.), 1’ E. acus Rup. e 1° E. solitarius Mor. — L’ E. incrassatus sarebbe quindi una nuova forma parassita del Conger. Non eredo si tratti del solitarius Mor., perchè anche a fortis- simo ingrandimento non ho osservato i piccoli uncini del corpo, che secondo il MoLix dit- ferenziano nettamente questa forma. 2. Echinorhynchus propinquus Duyarp. 1845: Hist. Nat. Helminth. pay. 533. (Solea vulgaris Cuv.; Gobius minutus PeN.; Motella mustela Cuv.) Noto l'esemplare trovato nella Motella , per le dimensioni molto piccole (2,5 mm.) e perchè 1° E. propinquus non è ancora stato indicato della Motella mustela Cuv. 3. Echinorhynehus agilis Ruporeni. 1819: Entos. Synops. pag. 316. (Mugil cephalus L.) 4. Echinorhynchus chierchiae MoxmceLrI. 1889: Bollett. Soc. Natural. Napoli, Vol. 3, pag. 69. (Fig. 1, 2, 8) Proboscide clavata, lunga 0, 4 mmu.; armata di 23 serie alterne di uncini (ogni serie è costituita di 11 uncini) mediocremente robusti; di questi gli anteriori (20 serie), con ra- dice appena più corta della lama, sono pù grandi e rieurvi di quelli delle ultime 3 serie, i quali hanno una radice piccolissima, ed una lama più sottile, più lunga e meno arcata. Collo corto, conico. Corpo inerme alquanto ristretto anteriormente e posteriormente , corrugato trasver- salmente. Echinorhynehus chierchiae MONTIC. 1. maschio — 2. proboscide della femmina molto ingrandita — 3. femmina Nel 5 la parte anteriore e posteriore del corpo è perfettamente liscia. Nella 9 la parte anteriore è liscia come nel g°, la posteriore invece è corrugata, quasi attorcigliata. Lungh. g° mm. 20-25 — Lungh. Q mm. 17-21. Hab. — Stomaco di pesce Teleosteo; Taboga (golfo di Panama). Osserv. — Questa specie è così ben differenziata che non saprei a quale altra forma avvicinarla. Il Prot. MontICELLI mi inviava i disegni e i preparati dei due unici esemplari di que- sta specie. In aleuni dei detti preparati, ho potuto osservare benissimo la forma, struttura e sviluppo delle uova. Queste sono fusiformi, della lunghezza di 13 n ( Koristka Oc. 2. Ob. 8* x< 370), con doppio invoglio, dei quali l'interno è piccolo ellittico, ed è provveduto ai due poli di un prolungamento cilindrico. Riguardo allo sviluppo per quanto io abbia acenratamente osservato, non mi pare di aver trovato nulla di nuovo da quanto descrive 1° HAmANN nel suo classico lavoro sugli Acantocefali, 5. Echinorhynehus acus Ruporprui. 1809: Entoz. Hist. Vol. 2, pag. 278. (Merlucius vulgaris FLEM.) 6. Echinorhynchus pachysomus CrepLIn. 1839: Lrsch. u. Gruber Encyclop. 32. BA. pag. 284. (Trutta fario L.) Riferisco a questa specie alcuni esemplari raccolti nella Yrutta fario , benchè oftrano caratteri per avvicinarli all’ 2. fusiformis, quali il numero delle serie trasversali di uncini, le dimensioni, e 1° habitat. w Per il carattere però molto evidente della proboscide cilindrica invece che clavata l' ascrivo al pachysomus. Credo tuttavia che queste due forme siano la stessa cosa. 7. Echinorhynchus aurantiacus Risso. 1826: Hist. Nat. Europ. Merid. Vol. V, pag. 261.(= pellucidus LevuckART = annulatus MoLIn.) (Mustelus laevis Ris.) A questa specie riferisco un esemplare di Echinorinco classificato dallo ZscHokke per lE. pristis Rup. Il Prof. MontIcELLI in una sua nota letta nella prima assemblea generale dell’ Unione Zoologica Italiana in Bologna (1900) (1), in modo chiaro e decisivo risolve una importante questione di sistematica riferentesi all’ E. aurantiacus. Secondo questo autore 1’ E. aurantiacus del Risso (1826), sarebbe identico all’ #. an- nulatus del Morin (1858), e all’ E. pellucidus, descritto dal LEUCKART (1828) e da questi rinvenuto nell’ intestino di Delphinus delphis. Siccome poi era stato osservato dal CoNDORELLI e dal MONTICELLI stesso che nell’ E. an- nulatus Mor. gli organi genitali femminili non avevano ancora raggiunto il completo svi- luppo, mentre l’ 2. pellucidus sarebbe a completo sviluppo, si avrebbe argomento da indurne che questo rappresenti la forma adulta dell’ Echinorineo rinvenuto fino ad ora nel cavo ad- dominale di diversi pesci teleostei; che l’ospite definitivo dell’ £. aurantiacus sia un delfinide. Ora essendo 1’ E. pristis dello ZscHokke non altro che l’aurantiacus, si può affermare che lo ZscHokke non ha trovato nel golfo di Napoli l’ E. pristis, e che questa specie fino ad ora non è stata rinvenuta nei Plagiostomi. i 8. Echinorhynchus monticellii n. sp. (Fig. 4, 5, 6) Proboscide corta, cilindrica, normalmente troncata all’ estremità, lunga 0, 3 mm.; armata di 10 serie alterne di uncini (ogni serie è costituità di 7 uncini ); di questi gli anteriori (6 serie) sono molto robusti e adunchi, con radice piccola (Fig. 5); i posteriori (4 serie) hanno una lama lunga. sottile, debolmente arcata, con radice ancora più piccola che nei precedenti (Fig. 6). Fig. 4. Echinorhynehus monticellii n. sp. 4. porzione anteriore del corpo — 5-6. uncini della proboscide. Collo corto, subnullo; lungh. 0, ‘5, mm. Corpo iperme, ingrossato nella parte anteriore man mano più sottile posteriormente. Lungh. 7 4 mm.; Largh. anteriore 0, 5 mm.; Largh. posteriore 0,3 mm. (1) MonriceLu Fr. Sav.—Su i parassiti del Regalecusglesne: Monît. Z. I. Suppl. Anno 11, 1900, pag. 36. x Hab. —L'’ indicazione dell’ospite è molto vaga: Pesce Teleosteo; Wimerenx, 1898. Osserv. — Si avvicina all’ urriger per la proboscide corta, cilindrica; se ne differenzia oltre che per le dimensioni molto minori, (variando l’urniger da 13-15 mm.) per il numero delle serie di uncini, 10 invece che 14; ed inoltre per la forma degli uncini anteriori, che nell’urniger hanno la*radice più lunga della lama, mentre nel monticellii la radice è picco- lissima, inoltre in questa specie gli uncini delle 4 serie posteriori sono sensibilmente più robusti. Dedico, per omaggio, questa nuova specie al Prof. Fr. SAv. MONTICELLI. 9. Echinorhynchus angustatus RupoLpni. 1809: Entoz. Hist. Vol. 2, pag. 266. (Gadus aeglefinus L.) Del Gadus aeglefinus è stato fino ad ora indicato il solo E. acus Rup.; 1’ E. angu- status sarebbe perciò un nuovo parassita del Gadus. 10. Echinorhynehus vasculosus RupoLPHI, 1819: Entoz, Synops. pag. 334.(==pumilio Rup.) (Pleuronectes manca Ris.; Gobius cruentatus GmeL.) 11. Echinorhynehus lateralis Morin. 1858: Sitsunsb. A%. Wien, 33. Bd. pag. 295. (Atherina hepsetus L.) 12. Echinorhynchus pristis RuporenI. 1809: Ent. Mist. Vol. 2, pag. 158, (Atherina hepsetus L.). L’ E. pristis sarebbe un nuovo parassita dell’ Atherina hepsetus, non conoscendosi di essa che |’ 2. lateralis e il miliarius. 13. Echinorhynehus proteus WestrumB. 1821: HelmintR. Acanth. pag. 87. (Squalius cavedanus BP.) Camerino — Università, Dicembre 1903. ANNUARIO DEL MUSKO Z0OLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (fiNiciovia Serie ) VOLUME I. Num. 21. 6 Agosto 1904 ALESSANDRO GHIGI ( PROF. DI ZOOLOGIA NELLA UNIVERSITÀ DI FERRARA ) Catalogo dei TENTREDINIDI del Museo zoologico di Napoli con osservazioni critiche e sinonimi: he [lticevuta il 15 Febbraio 1904] La collezione degli Imenotteri posseduta dal Museo zoologico di Napoli, formata dal Prof. AchiLLe Costa, è suddivisa in quattro raccolte speciali (1). La prima, che è la più numerosa, è la collezione europea e comprende esemplari provenienti da tutta la regione mediterranea. Fanno parte di questa collezione le raccolte dello Scumepecaneckr in Grecia, del Bramson in Armenia, dal Miceli in Tunisia. Gli esemplari italiani provengono principalmente dalle raccolte del GrIiBono, del MaererTI, del Fiori, del Baupini, del De STEFANI. La collezione delle province meridionali, contrassegnata in catalogo colle iniziali (CM) è una collezione oggi priva di vero valore faunistico, giacchè come collezione locale è troppo estesa, mentre come collezione regionale è alquanto ristretta. Non si comprende infatti quali criteri faunistici abbiano presieduto alla formazione di quella collezione, all’infuori della ragione geografica espressa daì confini dell’antico regno di Napoli. Avrebbe avuto senza dubbio molto maggiore interesse una collezione ge- perale italiana, la quale per altro può essere istituita con facilità quando si voglia mutare | attuale ordinamento. Più importante faunisticamente sarebbe la collezione della Sardegna (0 S) se non fosse troppo scarsa di specie, giacchè non è possibile supporre che nella grande isola mediterranea non abbiano a trovarsi altri Tentredinidi che quelli raeceolti dal Gosra ; il quale tuttavia ha indicato la ragione di tale scarsità col dichiarare che le ricerche furono fatte nei mesi estivi, epoca non favorevole alla raccolta di tali insetti. Finalmente vi è ancora una collezione extra-europea, non troppo numerosa ma (1) Come tutta la collezione entomologica: V. questo Annuario Vol. 1, N.° 2, pag. 7. in quanto a Tentredinidi abbastanza interessante. Di quest’ultima non mi sono per ora occupato. Le collezioni perchè contenute in scatole poco felici subirono guasti notevoli dal tempo, specialmente durante gli ultimi anni del Prof. Costa , talchè parte del ma- teriale andò perduto. Il Professore MovticeLLI, non appena insediato nella cattedra di Zoologia del- l' Ateneo di Napoli, rivolse subito le sue cure alle collezioni entomologiche e le allogò in sede propria, dopo di averne fatto diligentemente levare i tarli ed il materiale quasi polverizzato, divenuto irriconoscibile. In seguito a questo lavoro di ripulitura, eseguito da persona che non era forse e non aveva aleun obbligo di essere specialista in questo ramo dell’ entomologia, ed anche in parte per la non pratica disposizione colla quale gl’ insetti erano collocati dallo stesso Costa entro le cassette, nacque un certo disordine che impediva di tro- vare con facilità le specie che si fossero cercate. Per ovviare a questo inconveniente, il Prof. MonriceLLI pensò di affidare il rior- dinamento delle collezioni a persone che avessero una certa pratica nei singoli ordini o famiglie e mi chiese se fossi stato disposto ad occuparmi degli imenotteri. Accettai con entusiasmo, pensando che molto vi sarebbe stato da imparare nello studio delle collezioni di chi aveva fama di essere fra i primissimi imenotterologi italiani. Preferii cominciare dai Tentredinidi perchè in questa famiglia avevo acqui- stato una certa pratica studiando col KriecaBAumER nel 1896 le ricche collezioni di Monaco di Baviera e perchè di questo gruppo si era occupato con particolare in- teresse il Costa slesso, del quale oltre al “Prospetto degli Imenotteri Italiani, abbiamo numerosi altri scritti sull'argomento, pubblicati nelle Memorie della R. Ac- cademia delle Scienze di Napoli. Il Javoro di riordinamento è stato lungo ed estremamente difficile oltre ogni mia previsione, non solo pel disordine materiale, ma anche perchè il Costa era poco esatto nelle determinazioni © facilmente istituiva specie nuove in base a caratteri desunti dal colorito, estremamente variabile, anzichè dalla struttura del dermascheletro chi- tinoso. Inoltre trascurava spesso di correggere sulle etichette determinazioni da lui stesso riconosciute errate, come si rileva dalle pubblicazioni corrispondenti, o di applicare agli esemplari i nomi riconosciuti giusti in base alla legge di priorità. Tutto questo ha fatto sì che il mio lavoro sia incominciato quando doveva es- sere finito. Dovetti prima di tutto, seguendo il catalogo del DaLLa ‘l'orRE, raggruppare i generi e. tenendo come buone le determinazioni del Costa, stabilire esattamente la sinonimia. Dopo di che ho proceduto al controllo delle determinazioni, ed ho finito collo stu- diare i tipi tenendo per guida il “Prospetto, del Cosra e la critica acerba e non completamente immeritata, fatta a questo libro dal Konow. Non ho la pretesa di offrire un lavoro scevro di mende; anzi io sono persuaso che uno specialista più profondo di me possa ancora trovare molte determinazioni errate, particolarmente nei gruppi affini a Blennocampa, Hoplocampu e Nematus, pei quali sarebbe occorso un materiale di confronto ben determinato e fresco, necessario per poter dare un giudizio definitivo anche sopra alcuni tipi del Costa non compresi nei gruppi citati. Ho fiducia però di avere compiuto un lavoro utile, ponendo questa raccolta in condizione da potere essere studiata con facilità e servire di base a chi voglia occuparsi di Tentredinidi italiani, nei quali io credo resti ancora molto a fare, specialmente nell’Italia centrale, quasi completamente inesplorata da specialisti di questo gruppo. Debbo esprimere poi la mia più viva riconoscenza al signor Pastore F. W. Konow, principe dei tentredologi moderni, per la squisita cortesia colla quale volle trarmi d’imbarazzo, determinando esemplari alterati dal tempo e correggendo alcune determinazioni del Costa che mi avevano lasciato dubbioso. Per la distribuzione dei generi, tanto nel catalogo quanto nella collezione, ho se- guito l'ordine tenuto dal DaLLa Torre, salvo le seguenti varianti. Ho collocato il genere Emilia Costa accanto a Yuxonus, trattandosi di un genere che appartiene ai Selandriinae e non ai Tenthredininae come parrebbe dal catalogo del DaLLa ‘l'oRRE. Ho suddiviso il genere Nematus, secondo la ripartizione del Konow e ciò non tanto per convinzione che tutti questi generi abbiano una vera e propria ragione d’ es- sere, quanto per comodità. Finalmente alla divisione dei Cephidae nei due antichi generi Janus e Cephus ho so- stituito quella più recente del Konow. Le specie che nel catalogo, per maggiore comodità di chi avesse a consultarlo, sono disposte per ordine alfabetico, trovansi al contrario disposte per ordine di af- finità nella collezione, dove si potranno a colpo d’occhio riconoscere i tipi del Costa, perchè i rispettivi cartellini sono scritti con carattere rosso (1). BLENCO DEI GENERI E DELLE SPECIE Dolerus JurINE aeneus Hrc. — O gi: Turingia ; Lombardia. aericeps Tiovs. — Q go: Germania. anlicus Krue — Q o: Turingia ; Modena — (C M) c': Monticchio. anthracinus KLu6 — 9 g': Turingia, asper app. — Qg: Germania. dubius KLuG — È g: ? loe. var abietis Panz. — Q: Turingia. var. desertus KLue — Q o: Turingia. var. timidus KLUG — 9 g?: Germania. etruscus KLuG — 9 c: Spagna ; Toscana, Sicilia. A questa specie va attribuito il D pratensis var. testaceus DE STEFANI, fissus Hue. — © 5°: Germania ; Piemonte — (C M) S': ? loc. fumosus ZADpD. — Q: Turingia, germanicus (F.) — 9 J: Budapest. gibbosus HG. — O gg: Turingia. gilvipes KLua — Q 3: ? loc (1) Per comodità del lettore ho sottolineato nel presente catalogo le specie istituite dal Cosra e non cadute in sinonimia, distinguendo con asterisco quelle non citate nel catalogo dei ‘Tentredinidi del Dara Torre. Tutti gli esemplari non preceduti dai contrassegni delle collezioni locali, apparten- gono alla collezione europea. gonager (F.) — Q go: Torino, Toscana, haematodes Scarkx. — Q {: Turingia ; Parma. o «li © | 5 incertus Zapp. — g': Francia, niger (L.) - QZ: Turingia — (CM) g: Napoli. palmatus KLuG — Q c': Turingia ; Piemonte, paluster KLue — O gs: Turingia, Grecia ; Modena. var. saratilis Hr. — yY: Alpi Piemontesi, picipes KLu6 — O gi: Turingia. pratensis (L) — 9 7: Piemonte, Modena, Padova — (€ M) 9 g: Baselice, Chieti, var. nigripes Knw. — Q J: Turingia. pratorum (FALL.) — O 7. Gumperda, Grecia, rufotorquatus Costa -- 9 Y: Piemonte, Parma — (CM) _ Monticchio. Questa specie, che oltre al pronoto ed alle seagliette, ha colorato in rosso anche il lobo mediano del mesonoto sembra esclusivamente italiana. IL Costa, nel suo Prospetto, l’indica solamente per l’Italia settentrionale e centrale, ma la collezione napoletana contiene un esemplare catturato a Monticchio. Nei dintorni di Bologna è stata presa una 9 dal signor CarLo Livi. sanguinicollis KLUG y: Piemonte. var. ravus ZADD. — Q gf: Turingia, 5 È schultessti KNw. — Q: La Ganiga. thomsonii Kxw. — Germania, Turingia, Grecia, thoracicus KLu6 — Q: Turingia. tremulus KLu6 — 9 7: Olanda ; Modena, tristis (F.)— Qdc: Schwerin. vestigialis KLu6 — O 7: Piemonte, Non trovo citato, come appartenente all’ Italia, D. vestigialis var. plaga KLuG. Un bello esemplare di questa varietà è stato raccolto dal Livi nei dintorni di Bologna. Sciapteryx STEPHENS consebrina (KLu6) — Qg: Caucaso, Germania, Schwerin — (CM) &: Montiechio, © costalis (F.) — 9: Guiglia, Parma — (C M) Q: Cerchio. Rhogogastera Koxow. gibbosa (FALL.)-O g: Schwerin; ‘Torino, Modena, Toscana —(CM) 9 3°: Lagopesole. Esiste ancora in perfetto stato nella collezione Europea, l'esemplare anomalo descritto dal Costa col nome di Laurentina craverii. L’ anomalia, notevole pel fatto che interessa egual- mente tanto l’ala destra quanto quella sinistra, merita aleune osservazioni. Il Costa, forse guidato dal preconcetto di istituire un genere nuovo diede la seguente dia- gnosi, rispetto alle ali: Alae anticae cellula radiali unica, cellulis cubitalibus tribus, prima primam, secunda secundam venulam transverso-discoidalem ercipientibus. Ora ciò non è esatto, giacchè la posizione della vena trasverso radiale, identica a quella degli individui normali, mostra indisentibilmente che le celle radiali sono due. La serie delle cubitali è ridotta alle due ultime ossia alla terza che è chiusa ed alla quarta, terminale, aperta. Le due prime cubitali sono fuse colla prima radiale, mentre la seconda discoidale crescendo più del normale, a spese della terza cubitale, forma mm esagono anzichè un pentagono. Le nervature ricorrenti sboccano rispettivamente nella terza cubitale e nell’area che corrisponde alla seconda cella della stessa serie. Si può concludere che l'anomalia deriva dalla oblicera- zione della prima nervatura trasverso -enbitale e di quel tratto della nervatura radiale che scorre dall’origine del medesimo fino all’ inserzione della seconda nervatura ricorrente (tra- sverso-discoidale del Costa). Si notano alcune variazioni di colorito nel clipeo e nelle anche. Secondo Axpri le anche sono rigate di bianco sul lato esterno; secondo il Cosra sono interamente nere. In fatto nella collezione le femmine sono in grande maggioranza colle anche tutte nere; mentre su quattro maschi ve ne sono due colle anche e coi trocanteri neri e due che hanno queste parti molto appariscentemente macchiate. Le macchie bianchiece all’ apice del clipeo si notano in al- cuni maschi. lateralis (F.) -— Qcg': Francia, Germania. picta (KLu6)—S o: Turingia, Ginevra ; Piemonte — (CM) Q 7: Sanseverino (Basilicata). punetulata (KLUG) — O x: Piemonte — (C M) O: Matese. viridis (L) — Q: Ginevra ; Piemonte — (C M) 9 g: Sila, Astroni. Bella serie di esemplari che dimostrano la variabilità nella estensione del nero, non sol- tanto nell’addome, nel quale da forme con minuti punti neri soltanto nei segmenti anteriori sì passa gradualmente a forme in cui tutto l'addome è nero, bordato sui fianchi di verde, ma anche nel torace e sul capo. La forma tipica ha il torace verde con cinque macchie nere sul mesonoto e quattro sul metanoto. Nelle forme melaniche il torace è nero con quattro macchie verdi nel mesonoto. Scutello e postscutello sono sempre verdi. L'anello nero frontale, grossolanamente elittico è nelle forme tipiche diviso da un processo nero comprendente 1’ ocello anteriore. In parecchi esemplari manca la parte dell’anello che si trova dal lato delle antenne, onde in questo caso dalla striscia nera che scorre sul vertice partono tre processi diretti innanzi, dei quali il mediano comprende 1’ ocello anteriore. In questa come nella specie precedente gli ocelli sono dunque tutti tre in campo nero. Tenthredopsis Costa albopunetata (Trscas.) — 9 g': Corfù. Il Konow dubita delia identità della sua 7. albopunetata con queila che per primo de- Scrisse il TIscHBEIN, giacchè l’AnpRrÉ dice che questa specie ha le scagliette brune. La collezione Costa ne contiene una sola coppia, proveniente da Corfù, la cui femmina corrisponde esattamente alla diagnosi data dal Koxow. Considerando la deserizione di AnpRÈ, sorge il dubbio che la colorazione delle scagliette sia variabile , tanto più che nel maschio da me studiato esse sono nere. Questa differenza oltre alla mancanza di anello bianco nelle antenne, mi ha fatto dubitare della identità della specie , alla quale però mi hanno ricon- dotto la forma del elipeo e dell’ultimo segmento ventrale, la punteggiatura delle mesopleure e finalmente la presenza delle due macchie bianche, più piccole che nella 9, sul primo seg- mento dell’ addome e la colorazione bianca del 3.°, 4.° e 5.° articolo dei tarsi. L’ etichetta di carattere del PaLma mostra che il g° era noto a Napoli prima della deserizione fattane dal Komwow (1897). coquebertii (KLuG) — O g: Turingia. coreyrensis (ANDRÈ) — Q: Grecia. * crassiuscula Costa — (C M) 9: Sile, Monte di Caiano, Questa specie che per la sna colorazione differisce notevolmente da tutte le altre che appar- A i tengono al gruppo con clipeo fortemente inciso nel mezzo, ha alcuni altri caratteri di strut- tura abbastanza particolari. Le mesopleure sono nitide e scarsamente per quanto evidentemente punteggiate: l'incisione del clipeo è marcatamente semicircolare, il lobo medio del pronoto più profondamente solcato che non nelle altre specie. tischbeinii (Mocs.) — 9 g: Russia, Ungheria. Una femmina proveniente dall’ Ungheria ha i femori posteriori neri. dorsalis (Ler.) — Q og: Germania, elegans KNnw. — 9: Germania, Grecia. ercisa (THoms.) — 5: Francia. fenestrata Knw. -— © 7: Germania, foricola Cosra — (CM) 9: Eboli, Cerchio. Questa specie esige alcune osservazioni che valgano a chiarire parecchi equivoci nei quali sono caduti tutti coloro che ne hanno scritto, La spccie fu deseritta per la prima volta dal Costa sopra una femmina avente una sola cella discoidale chiusa alle ali posteriori e per questo carattere fu istituito il genere Ebolia (da Eboli, località nella quale l'esemplare era stato rinvenuto). In seguito il Costa, considerando la grande affinità di questa forma colle altre Zenthredopsis , si convinse della inutilità di mantenere il genere. L’ AnpkÈ descrive la specie, che egli mantiene, sui dati del Costa. Il Koxow nel suo quadro analitico e sistematico del genere Tenthredopsis dice che il nome di /loricola non ha ragione di essere essendo stato dato ad un individuo anormale. Il Cosra rispondendo al Konow nel «Prospetto degli Imenotteri Italiani», man- tiene la specie insistendo sulla particolarità della presenza di una sola cella discoidale poste- riore e dice come consultando il quadro analitico del Koxow si giungerebbe alla conclusione che 7. floricola corrisponde a 7. neglecta Lep, Finalmente il DALLa TorRE registra la 7. floricola Costa, come varietà della 1. seutellaris (F). Dati questi precedenti mi è parso conveniente studiare con accuratezza i due esemplari di T. floricola contenuti nella collezione meridionale , tenendo presente il consiglio dato dal Koxow, di attribuire nello studio di questo genere, grande importanza ai pochi caratteri che sì possono desumere dalla struttura e relativamente poca a quelli che si desumono dalla colorazione, che è estremamente variabile. Dei due esemplari, il primo è quello di Eboli con una sola cellula discoidale posteriore ; l’altro preso a Cerchio offre due celle discoidali posteriori, onde resta assodato che il primo esemplare è realmente un individuo anomalo come aveva supposto il Koxow. Il clipeo fortemente inciso ci porta a prendere in considerazione il gruppo del Konow che comprende le specie dalla reglecta alla lactiflua, mentre poi la colorazione parzialmente rossa dell'addome, quella nera del clipeo e del labbro, quella bianco verdognola dello sentello ci portano realmente a prendere in considerazione la sola 7. neglecta, dalla quale la nostra specie si mostra diversa per avere pronoto interamente nero. Ma il carattere strutturale, che toglie qualsiasi dubbio sulla bontà della specie, sta nella fortissima punteggiatura delle mesopleure che diventano opache e rugose, mentre nella 7. neglecta seno nitide e molto scarsamente punteggiate. L'unica specie che oftre una certa somiglianza colla 7. floricola nella struttura delle me- sopleure è la 7. corcyrensis: però la punteggiatura è qui assai meno forte e limitata alla regione superiore, mentre il petto è nitido. gibberosa Knw. — Q gg: Turingia ; Toscana. gqypyrandromorpha (Rup.) — Q gi Grecia. hungarica (KLUG) — Q oc: Ungheria. I instabilis (KLuG) — (C M) ? loc. nassata (L.)—Q J: Turingia (CM) Q;: Lagopesole, Camaldoli, Montiechio, Cancello. * nebrodensis Costa — 9 S': Madonie, Torino, Questa specie è notevole per la struttura dell’ ipopigio che, come nella 7. thomsonii è profondamente inciso all’ apice e ne differisce per la piccolezza e pel fatto che l'incisione è ad angolo. Le mesoplenre sono leggermente punteggiate e rugose. Il Costa descrisse solamente la 9: credo si debba attribuire a questa specie un -y cat- turato a Torino, simile per colorazione alla Q eccetto nei tarsi posteriori, i eni articoli 2 a 5 sono bianchi. L'ultimo segmento ventrale è arrotondato, il dorsale ha un impressione trian- golare mediana a forma di carena. neglecta (Ler.) — Q 7: Ungheria, Turingia. nirosa (KLUG) — © 5: Taringia. pavida (F.) — Og: Turingia, Germania — (C M O: Monte Vergine. picticornis Moos. — Q 5: Caucaso, Crimea. raddatrii KNw. — Q Gg: Turingia. sehmiedechnecktii Kyw.— Q g': Turingia, seutellaris (F.) —-9 <: Fortogallo, Turingia ; Umbria — (CM) &: Baselice, Vulture, Cuenzzo, sordida (KLu6) — V g: Turingia; Piemonte — (C M) © g: Sile, Monticchio. La stria addominale mediana nera è variabile per estensione, La femmina del Moncenisio offre una stria debolissima che, accentuata di più in altra O, occupa quasi tutto il dorso dell’addome in nn esemplare di Turingia. Anche nei maschi la macchia addominale è va- riamente estesa. Un esemplare Q di Turingia che parmi dovere essere attribuito a questa specie, ha sola- mente il terzo e quarto segmento rossi con una macchietta centrale nera. stigma (F.) — 9: Ungheria, Germania. tessellata KLuo — V g': Turingia ; Piemonte, ‘l'oscana — (C M) © g': Lagopesole. Una femmina proveniente dall’ Ungheria ha i femori posteriori neri. thomsonii var. concolor Kw. — Q gg: Turingia. » > cordata (Fourer.) — O < ? loe, — (CM) LG: Camaldoli, Vulture, Ba- selice, Lagopesole, » » femoralis (Sratr,) — Og: Germania — (C M) Q: Lagopesole. » » microcephala (Ler.) —9: Turingia — (CM) ©: Lagopesole. Il Cosra ammette come specie distinta la varietà microcephala, non solo per la grande differenza di colorito, ma anche per la differenza di grandezza della lamina dell’ipopigio, la quale è minore di quella delle altre varietà. Forse il Costa si è basato per questo sopra l'esemplare della collezione meridionale, notevolmente piccolo; ma dallo studio di altri esem- plari, compreso uno da me catturato nel bolognese, mi sono persuaso che la differenza ac- cennata dal Costa non esiste. Un esemplare alquanto deteriorato, proveniente dalla Sicilia, che pel complesso dei suoi caratteri si accosta alla varietà femoralis, ha lo seutello nero e quasi interamente nero an- che il clipeo. Ove se ne rinvenissero altri esemplari potrebbe istituirsi una nuova varietà, in base par- ticolarmente al carattere dello scutello. thornleyi Knw. — 5° Umbria. Questa specie è stata istituita dal Koxow nel 1899 sopra esemplari di Germania e d’ In- ghilterra. L’esemplare del Museo di Napoli era indeterminato. tischbeini (Mocs.) -—- Q o: Russia, Ungheria. Synairema HAaRtIG rubi (Panz.) ——- 2 o: Turingia, Grecia. Pachyprotasis Hare antennata (KLu6) — Q c': Modena. Variabile è 1° estensione del nero sul vertice ed al lato interno dei femori. dolens AnprÈ — c': Francia. nigronotata KriecHB. — Q g': Turingia. rapae (L.) — Q o: Alpi Marittime, Bra. variegata KLuG — 9: Francia, Germania ; Piemonte. Macrophya DanLBox albicineta ( ScHRK. ) — Q J: Grecia; Torino —(C M) 7 O: Cancello, Napoli, Majella, © O Monticchio, Basilicata, Volturno. Uno dei maschi di Cancello è il tipo di M. leucopoda PaLma ed uno dei maschi di Ma- Jella è il tipo di M. alboannulata Costa. Questa specie fu già distrutta dal Konow e dal Dara TORRE: a più forte ragione devesi omettere anche M. leucopoda Parma! la cui co- lorazione è intermedia fra il tipo dell’albicineta e quello dell’alboannulata Costa, albimacula Mocs. — Q gd: Budapest, Ginevra, albipuneta (PALL.) — V: Toscana. blanda (F.)— Q: Torino — (CM) 9 d'? loc. carinthiaca (KLue) — 9 o: Turingia. chrysura (KLUG) — Q: Francia, cognata Mocs. — O J: Turingia. crassula (KLU6) — 9 g?: Olanda ; Torino — (€ M) Q: Napoli, S. Severino, Baselice. diversipes (Scuark.) — 9 gi Grecia, Moncenisio, var. passerinii n. v. — Q: Toscana. Questo bellissimo ed unico esemplare fu considerato dal Costa come una varietà di M. erythropus, senza aleun nome speciale. Il Koxow diseusse ampiamente questa determinazione e dimostrò l’impossibilità di rinvenire in Italia la IM. erythropus, concludendo che V’'esem- plare descritto dal Cosra doveva essere una varietà, per quanto singolare, di M. diversipes e che alla medesima avrebbe convenuto un nome particolare. Ora che il Koxow, dopo avere veduto l'esemplare, ha confermato il suo primo giudizio, ho dedicat) la varietà a CARLO PASSERINI che aveva catturato | esemplare. duodecimpuncetata (L.) — Q g': Torino, Padova A questa specie appurtiene M. novemguttata Costi, istituita per la presenza di un anello bianco alle tibie medie. Questo anello è più o meno interrotto da una striscia che collega il nero della base a quello dell’ apice, onde non vi è ragione di istituire una specie per le forme ad anello non interrotto, Il maschio è stato descritto dal Costa col nome di M. luridicarpa n. sp. 1 j \ sms" lie cit, Lie pd) erythrocnema Costa — Q: ? loe. — (CM) Q: ? loc. var. femoralis KNw. — Q: Grecia. erimia Mocs. — 9: Barcellona. klugii Knw.— 9: Turingia. A questa specie appartiene l’esemplave descritto dal Costa per JM. teutona Panz. PI Ì militaris KLu6 — 9: Grecia; Vallombrosa. neglecta (KLuG) — Q : Torino, Moncenisio — (CM) Q 5: Cancello, Camaldoli, Napoli. var. sinzilis (SPIN.) — Q : Torino. * nivost Costa — 9: Monte Adone. Questa specie è, a mio modo di vedere, molto dubbia. Potrebbe essere forse una varietà della albipuneta Fart., alla quale il Koxow ritiene appartenga, ma con un solo esemplare è difficile pronuoziarsi. Erroneamente il Cosra dice che 1° esemplare da lui posseduto è del Modenese. Il cartellino, in cui ho riconosciuto lo seritto del Prof. Anprea Fiori, reca: Monte Adone, Ora questa località, molto caratteristica , trovasi nel Bolognese fra le valli del Sa- vena e del Setta. pallidilabris Costa — gd: Grecia. poecilopus Arcn. e Zspp. — Q gf: Piemonte. postica (BruLLÈ) — Q cg': Ungheria, Corfù. punctum album (L.) — 9: Grecia — (C M) Q: Cancello, Napoli, S. Severino. Le macchie laterali bianche sui singoli segmenti dell’ addome sono presenti in tutti gli esemplari: esse variano soltanto nell’ estensione, Nell’ esemplare proveniente dalla Grecia, la metà apicale tipicamente bianca delle tibie posteriori, è ridotta ad un semplice punto bianco sulla costa esterna. quadrimaculata (F.)— 2 o : Grecia, Sarepta, Turingia, — (CM) Q : Monte Vergine. Il Costa suppone che questa specie sia limitata alle provincie settentrionali d'Italia: ritengo che essa debba rinvenirsi anche nel mezzogiorno, poichè la collezione ne possiede esemplari di Grecia, var. farsata Panz.— 9 gd: Turingia; Italia. Di questa varietà DaLLa TorRrE segnala soltanto la Q. La collezione generale possiede un g° di Turingia simile in tutto ai g° della specie tipo, fuorchè nella colorazione bianca dei tarsi (eccettuato la base del 1° articolo) oltre ad una macchia apicale bianca sul lato esterno delle tibie posteriori e ad una larga strisciv nera nel lato interno dei femori po- steriori. Sotto questo nome devesi, secondo Koxow, comprendere anche M. trochanterica Costa. ribis (Scark.)— Qg: Torino — (CM) 2g: Napoli, Camaldoli, $. Severino, rufipes (L.) — © g : Piemonte, Lentini, Piazza Armerina, Nelle femmine variano molto il numero e la distribuzione delle macchie del corpo , che tendono a sparire. Negli esemplari più scuri, si osserva soltanto una macchia rossa nel mezzo del terzo segmento e due laterali bianche sul sesto. rustica (L.) —- Qg: Piemonte, Sicilian — (C M) Q :? loc. tenella Mocs. — 9 o : Turingia. Siobla CameroN stummii (KLu6) — Qd: Turingia. 10 Allantus JuRrINE abeillei AnprÈè — y": Asia Minore, albicornis (F.) — Q g': Alpi, Moncenisio, O: Ungheria. annulatus KLue arcuatus (FòrsT.) — O J': Armenia; Moncenisio , Padova — (CM) V g': Vulture. La collezione comprende una numerosa serie dimostrante 1’ estrema variabilità di questa specie e per la scultura e per il colorito, variabilità già illustrata dal Konow e che raggiunge il suo massimo sviluppo nella forma seguente. Il Costa parla di Q con scagliette nere e giustamente il Koxow osserva che forme simili potrebbero appartenere ad A. brevicornis Konow; poichè nell’ arcuatus non si rinvengono scagliette totalmente nere. Tanto nella collezione europea quanto in quella delle provincie meridionali non ho rinvenuto alcun esemplare con scagliette nere riferibile a questa specie. E neppure la collezione comprende alcun esemplare di A. brevicornis Konow che avrei potuto facilmente riconoscere per la forma del labbro e la struttura dello scutello, A questa specie appartiene invece A.? baldini Cosra Q, catturato a Monticchio. var, nitidior Knw.—- Q g: Turingia. bicinetus (F.)— QLL: Germania, Francia, Toscana, Modena — (C M) Q : Napoli. È senza dubbio da attribuirsi a questa specie 1) A. inversus Costa, descritto sopra alcune femmine del Piemonte, che offrono le fascie gialle addominali sulla base, anziehè sul mar- gine posteriore dei segmenti, Ho potuto stabilire questa identità mediante un esemplare de- terminato dal sig. Kowow per A. cingulum: KLuG == A. bicinetus (F.) nel quale il terzo e quarto segmento offrono appena una traccia di macchie gialle nel margine anteriore. caucasicus (Ev.) — Q c' : Armenia, Dopo maturo esame ho riferito a questa specie dne maschi d’ Armenia coll’ addome com- pletamente nero, abbondantemente sfumato di violaceo. Forse possono costituire una va- rietà distinta. Escludo possa trattarsi di A. wviolascens Knw, per la forma del capo, per la struttura del mesonoto e la colorazione delle ali, che corrispondono a quelle di A. caueasicus. costatus KLuG — QJ: Ungheria. Di questa specie, la collezione conta 2 maschi ed una femmina, provenienti dall’ Ungheria; le tibie posteriori dei maschi sono nere in entrambi gli esemplari, Non risulta che questa specie sia stata, fino ad ora, trovata in Italia, dahlii KLua — Q g' : Budapest. discolor Knw. — Q : Caucaso, fasciatus (Scopr.) — © g': Piemonte, Modena, Piazza Armerina— (CM) Qg: Camal- doli, S. Severino. L’ esemplare g di Piazza Armerina ha i segmenti dorsali sesto e settimo dell’ addome macchiati di giallo: un altro esemplare, pure di sesso maschile ha le fasce del primo e del quarto segmento dorsale ridotte ad una striscia sottilissima e quasi impercettibile. fiavipes (FourcR.) — Q : Francia, Ungheria. frauenfeldii Grr. — Q J: Modena, Sicilia, var. montanus Dest. — g': Majella, La collezione non possedendo esemplari della specie tipo, coi quali istituire confronti, re- * cell RR RO PR n Pe pi ; à TO Deal dei i RTS Il puto conveniente seguire l’opinione di De Srerant e del Koxow, e considerare questa forma come varietà e non come specie distinta, come fa il Costa. graecus Knw. — 5°: Basclice. hispanicus ANDRÉ — Q : Spagna. kòhleri Kwua — LO : Ungheria; Torino, Bra — (CM) Q 7: Napoli, Cancello. L’esemplare di Cancello (7) è il tipo di A. funereus Parma! forma aberrante con tibie posteriori interamente nere, in confronto al anche e troncateri gialli. lederi Knw.— 3°: Armenia. luleipennis (Ev.) — Armenia, maculatus (Fovrer.) — V o: Parma; Grecia — (C M) Q : Lagopesole, Terra di Cava. marginellus (F.) — Q o: Germania, Ungheria; Piemonte—(C M) V[g : Atina, Cancello. * mauritinicus Costa — g': Tunisia, Questa specie non è registrata dal DALLa Torre nel suo catalogo, sebbene descritta negli atti della R. Accademia di Napoli fino dal 1893. meridianus Ler. — Y g': Spagna. pectoralis Kriecag. — Q :? loc, rosstì PANZ. — g': Ungheria, Piemonte. var. obesus Mocs. — Y : Modena, scharfferi KLue — Q J: Casentino — (CM) Q g': Atina, Monte Vergine, Il Koxow attribuisce a questa specie A. baldiriù Costa g. serophulariae (L.) — 2 c' : Francia; Torino, Vallombrosa — (CM) Q go: Camaldoli, Majella, Gran Sasso. sulphuripes KriecaB. — Q 3: Turingia. syriacus ANDRÈ — © : Siria, Tunisi, stecki Knw. — Q : Piemonte. Questo esemplare è il tipo di A. obesus Cosra. temulus (Scop.) — O : Ungheria — (CM) 2g: Lagopesole. trabeatus KLu6 — Q : Alpi Piemontesi. variicarpus ANDRÈ — Q : Spagna, vespa (Retz.) — V 3g: Armenia, Stiria; Modena. vespiformis (Scurx.) — Q do: Turingia, viduus (Rossi) — O : Palermo, Castelvetrano — (C M) Og: Lecce, Cancello, Esaminando attentamente gli esemplari (12) di questa specie mi sono convinto essere in- giustificato il dubbio espresso dal Koxow, che il Costa abbia confuso A. viduus Rossi con A. costatus KLuc. Al contrario ho potuto stabilire che l'esemplare maschio, raccolto a Base- lice ed indicato dal Costa, nel prospetto, col nome di uricolor, appartiene alla specie A. graecus Kxw., come il Koxow stesso aveva dubitato. var, unifasciatus Dest,— 9g: Armenia, Ungheria, viennensis Panz. —- Og: Ungheria, Ginevra; Modena — (CM) © : Rionero. violaccipennis Costa — 9 : Armenia, zona KLue-- © gd: Modena, Vallombrosa — (CM) Q : Sila, Lecce, Tenthredo Lixxi dira (rae=neho Francia; Piemonte, balteata KLuG Q g': Alpi Piemontesi, caligator Ev. — © : Armenia, colon KLuG — O J:® loc. coryli Panz. — QVJ: Torino — (CM) Q: Serra S. Bruno. var. icterica Costa — x -— Piemonte. Considero 7. ieterica Costa, come varietà della coryli Pz. Non credo si possa seguire l’opi- nione del Koxow di considerare le due specie come sinonimi, perchè il tipo del Cosra ha le scagliette delle ali Lbianchiece ed appannate, mentre nella coryli esse sono nere e nitide. L’ identità stabilita dal Koxow era però senza dubbio giustificata dal fatto che il Costa si è dimenticato di far cenno nella sua descrizione di questo carattere concernente le scagliette. var. dispar KLve Og: Grecia; Bra — (CM) g': Sile, flava Popa — Q og: Germania; Piemonte — (C M) Q : Napoli. Sono da attribuirsi a questi specie gli esemplari del Piemonte e di S. Nicodemo che il Cosra considera come 7. fulva KLuG. La sfumatura enpa sulla punta delle ali, 1’ opacità e rugosità delle mesopleure, la larghezza della parte posteriore del capo non superiore a quella della parte anteriore, non lasciano alcun Aubbio in proposito. In questi esemplari sono in- teramente fulvi il torace e le zampe, tranne la base delle anehe, e la parte posteriore del capo. Sulva KLue — Q g' : Francia. Questa specie è propria del Cancaso e della Russia sud-orientale, quindi assai probabilmente non è autentica 1’ etichetta « Francia », attaccata all'unico esemplare femmina della colle- zione europea, Riferendomi a quanto ho detto circa la specie precedente, 7. fulva deve essere tolta dall’ elenco dei Tentredinidi italiani. * gribodoi Costa — Q g : Torino. Questa specie, dedicata all’ Ing. GriBopo di Torino è uno dei tipi più caratteristici del Costa, il quale, nella sua descrizione, distrugge il vero significato della parola nitida col dire poi che la femmina somiglia a 7. atra L. e ne differisce per avere tanto la maechia delle metapleure, quanto i margini laterali del primo segmento addominale bianchi, mentre il maschio differirebbe da quello di 7. atra per aver 1’ addome completamente nero come la femmina. In base a questa descrizione il Koxow opina che 7. gribodoi Costa corrisponda a 7. bi- maculata Knw. trovata nel Caucaso ed in Grecia, la quale differisce da 7. atra non per altro che per due macchie laterali bianche sul primo segmento addominale. Ma nella diagnosi di questa specie (7886, Wien. Ent. Ztg. pag. 40) il Koxow la definisce: capite subruguloso, subnitido : thorace opaco. Ora questi caratteri non si possono estendere a T. gribodoi Cosra, la quale ha il capo nitidissimo e splendente, senza alcuna traccia di rughe o punteggiature, il mesonoto nitido e punteggiato abbondantemente, ma non quanto %. atra L., le mesoplenre nitide e punteggiate soltanto inferiormente. Inoltre il capo che in questa specie è un poco dilatato dietro agli oechi, nella 7. gribodoi è evidentemente ristretto e la fronte fortemente concava. lachlaniana CAM, — Q ff : Engelberg, limbata KLuG — 5: Alpi Piemontesi — (CM) 9 go: Sile. Appartengono a questa specie i tre esemplari descritti dal Costa sotto il nome di 7. silensis. Il maschio della limbata non era conosciuto, ma non si comprende come 1° autore napo-" = 13 _ letano non abbia riconosciuto che alla sua silensis si adattava perfettamente la descri- | zione della limbata Ku, data dall’ Anpkè. Nè la descrizione del Cosra è rigorosamente esatta per quanto concerne la colorazione delle antenne delle due femmine, le quali hanno macchiato di bianco il lato inferiore del terzo e del quarto articolo. livida L. — Q g': Francia, Alpi; Piemonte, Casentino; — (CM) O 7: Sile. La maggior parte d.lle femmine hanno 1° addome completamente nero e molto esteso il nero sulle zampe. mandibularis F. — O 7: Piemonte. maura SCHRK, — 7 : ? loc. mesomelaena L. — Q 3 :? loc. — (CM) O 3: Sile, Cava, Majella. moniliata KLuG — O : ? loc. olivacea KLUG — O g' : Alti Pirenei, Moncenisio; Grecia. Il Cosra ritiene questa specie circoseritta alle provincie settentrionali d’ Italia ; la colle- | zione meridionale possiede però due femmine, prese una a Cava dei Tirreni, 1’ altra a Be- poecilopus Mocs. — O 3? : Turingia. rufipennis F. — 2 : Pirenei — (CM) V: Monticchio. var. conspicua KLuG — Og: Vienna. velor F. — O J : Grecia; Piemonte, Moncenisio. var. simplex D.T. — 9 : Innsbruck. Taxonus HarriG albipes TaHoms, — O g' : Turingia, Grecia, equiseti (FALL.) — Q o :? loc. A questa specie corrisponde Taronus minutus Costa. glabratus (FaLt.) — Q 3: Finlandia; Modena. Sono sinonimi di questa specie A metastegia fulvipes Costa, deseritta nella « Geofauna sarda » e riportata come genere appartenente alla famiglia dei Tenthredininae dal DALLA Torre nel suo catologo, nonchè Taronus lacteilabris Costa, istituito in base ad un solo esem- plare maschio, catturato nei dintorni di Torino, differente dagli altri per Ja maggiore bian- chezza del labbro superiore. Ermilia Costa agrorum (FaLt.) — Q d: Grecia; Torino, Toscana -- (C M) Q 3: Serra S. Bruno, Cancello. stietica (KLuG.) — Q : Piemonte. Rientrano in questa specie gli esemplari descritti dal PALMA col nome di Stongylogaster rubrofasciata, riportato dal DALLA TORRE. Non solo Ermilia differisce da Taronus per la nervatura periferica delle ali posteriori dei 7°, ma anche per vari caratteri inerenti alla struttura del capo e delle mesoplenre oltre alla forma del clipeo , il cui orlo è fortemente inciso a ferro di cavallo ed è a superficie punteggiata, pelosa, opaca e chiaramente convessa, Ora eccettuata la nervatura periferica delle ali posteriori dei maschi, mancante in questa specie, il complesso degli altri caratteri strutturali la ravvicina assai più al genere Ermilia 14 che non al genere Tazonus e per questo la includo nel primo genere, Ciò potrà sembrare poco ortodosso a molti entomologi, ma a me pare che non si debba attribuire troppa impor- tanza ad un carattere sessuale secondario, il quale , se costante, potrà avere valore specifico ma non generico. Emphytus Kruc basalis KLu6 — 3° : Turingia, balteatus KLue — Q g': Torino — (C M) Q: S. Severino, Benevento — (CS) V: S. Lussurgio, Il Cosra descrive questa specie col nome di #. calceatus Kruc, il quale ha lo stigma interamente nero. Gli esemplari contenuti nella collezione hanno tutti stigma con base più chiara onde non possono attribuirsi al calceatus. carpini Hr, — 2 g': Turingia — (CM) Qg': Napoli. cinctus (L.) — Q d' : Grecia, Armenia — (CM) Qo': Napoli, cingulatus Le. — ©: Torino — (CM) Q: Baseliee —1 (CS) O : Guspini, Il Koxow rileva come . elegans Costa sia sinonimo di questa specie. didymus Kuue — 2 3 : Smirne, Grecia; Toscana — (C M) © o : Cancello, Sile, S. Se- verino. filiformis KLuG — 9 7: Parma; Turingia — (CM) Q : Cerchio, var. cereus KLue — 9 Sg : Francia. var, serotinus KLUG— O o: Parma, Modena. pumatus ANDRÉ — c' : Grecia. leucostomus Costa — 7 : Grecia, melanarius KLu& — Q : Toscana — (C M) © : S. Severino. L’esemplare di S. Severino è il tipo di E. tricoloripes Costa, nome rispettato da ANDRÈ e DaLLa Torre, ma abbandonato dall’autore stesso nel suo Prospetto. pallidipes (Spin.)—-—QJ: Turingia; Vallombrosa — (CM) Q o . perla KLu6 — Q :? loc. : Cusano, Lagopesole. rufocinetus (Rerz.) — Q g : Turingia; Torino. tener (FALL.) — g7: Torino. tibialis (PANz.)— Q g': Piemonte, Modena; — (C M) 7: Lagopesole, var. Baldini Costa -- (CM) Q o: Lagopesole. Il Cosra descrive questa forma come varietà dell’ £, serotinus, che è a sua volta varietà del filiformis. Data la tendenza che hanno queste specie a variare nel colorito, la scultura del capo e del torace mi sembra corrisponda bene a quella di £. tibialis, mentre si discosta no- tevolmente da quella di £. filiformis. toyatus (PANZ.) — £ : Turingia, Non è possibile apprezzare aleuna sensibile differenza negli avanzi dell'esemplare di Gre- cia, descritto per var. ruficornis Costa. viennensis (ScaRk) — 9 : Toscana; Grecia, Un esemplare autentico della var. nigricoris Dest, conferma che ebbe ragione il Costa non ammettendo questa varietà istituita dall’ autore siciliano e riportata nel catalogo di DALLA TORRE. salati dice Poecilostoma Dannpom candidatum (FALL.) —- Qg : Turingia. carbonarium (Knw.,) — © :? loc, ercisum (THOMS.) — O : Francia, guttatum (FALL.) — O : Turingia; Piemonte — (CM) 9 J di : Monticchio, Lagopesole, Serra S. Bruno, Napoli. longicorne (Taoms.) — Q :? loc. luteolum (KLUuG) — Q : Francia — (CM) 9: Napoli, Cusano. obtusum (KLue) — 2 : Alti Pirenei, parvulum (Kxw.) — Q : Germania. pulveratum (ReTz.) — Q : Toscana. taeniatum (Costa) — O : Piemonte. Lo stato di conservazione dell’ unico esemplare di questa specie contenuto nella collezione, è tale che non mi è possibile risolvere il quesito posto dal Konow della sua identità con P. obtusum Kruc o con P. pulveratum (FALL.), Se è giusta la determinazione di un esemplare della prima di queste specie, proveniente dagli Alti Pirenei, eseluderei qualsiasi affinità colla specie del Costa, la quale ha 1’ ano giallo e lo stigma pallido. Eriocampa Hart ovata (L.) — © : Turingia; Piemonte — (C M) O : Cava, Sile. umbratica (Krua)— Q J: Grecia, Strongylogaster Danusow filicis (KLu6) — 2 g : Germania, geniculata (Trroms.) — Q g' : Germania, Morea, Q : Germania, Grecia — (CM) O: Camaldoli, Napoli, multifasciata (FouRC.) S. Severino, Sile. Stromboceros Koxow delicatulus (FALL.)-- Og: Turingia ; Piemonte. Sclandria Leacu cinereipes (KLuG) — — g7: Vallombrosa -- (C M) © : Sile. Nlavens (KLue) — o : ? loe. fiirstenbergensis Kxnw. — O g': Germania. morio (F.) ® — o : Modena, Torino, Bra — (CM): Atina. serva (F.)— Q d' : Torino, Cancello — (CM) Q J': Napoli, Cuma, Sile. var. interstitialis KNw. — : Modena. stramineipes (KLu6) — Q dg: Vallombrosa, Torino —(CM) 9 3: Cancello, Calabria, — (CS) £: S. Lussurgio, 16 Athalia Lracu annulata (F.)— Og: Torino, Lagopesole, Basilicata—(C M) O : Cancello, Montiechio, glabricollis Tnhows, — Qg: Portogallo, Turingia; Lombardia, lugens KLuG — © : Turingia — (CM) — c': Cancello, Reggio C. rosae (L.)— Q 7: Gran Sasso, Cusano, Torino, Castelvetrano ; Tunisi - (CM) Og: Monte Vergine —(C S): Gennargento, Sassari, : var. cordata Le, — 9g: Toscana, Vallombrosa — (CM) OJ: Napoli. var. liberta KLuo. Sotto questo nome comprendo gli esemplari descritti dal Costa come specie tipo ; men- tre a questa va attribuita la var. sternalis Costa. rufoscutellata Mocs, — Q Gg :? loe. spinarum (F.)—9d': Portogallo, Torino, Toscana — (CM) Q 9: Napoli, G. Sasso, Lecce — (C S) 2 : Alghero, M. Gennargento. Harpiphorus Hari lepidus (KLuG) — Q': Francia, Turingia; Modena. Fenella Wrsrwoop nigrita Westw. — Q : Turingia — (CM) Q: Sila, Sebbene il Cosra nel Prospetto insista per differenziare da questa specie la sui 7. mi- nutissima, pure a ragion veduta, è necessario seguire l’ opinione di CameroNx, Koxow e DALLA ToRrRE che ne fanno un’unica specie. Fenusa LeacH. albipes CAM. — Q : Germania, pygmaea (KLu6) — (CM) O : Napoli, S. Severino, Kaliosysphinga Tiscupery dohrnii Tiscag. — Q : ? loc, nigricans (Tnoms.) — 9 gd: Germania, pumila (Krue) — (CM) 2: Napoli. Pseudodineura Koxow I EROS VI PIT Suscula (KLu6) — Q : Germania; Modena. parvula (KLue) — Q : Turingia. Monophadnus HartIG albipes (GxeL.) — vV : Innsbruck, Francia; Modena — (C M) 9 : Lagopesole. elongatulus (KLru6) — © : Rionero. geniculatus Hr. — Q : Alti Pirenei, Innsbruck. monticola Hr. — OJ: Francia, Blankenburg; Modena — (CM) 9: Majella. ruficruris (BruLLÈ) — Qg': Turingia; Piemonte, Scolioneura Koxow betuleti (KLuG) — Q : Germania, Turingia. nana (ELue) — © : Turingia. tenella (KLue) — Q : Napoli. Blennocampa Harrie alternipes (KLue) — Q 7: Turingia — (CM) 7: Cancello. assimilis (FALLEN) — O Turingia — (CM) © : Monticchio, Napoli — (C S) V: Iglesias. L’esemplare di iglesias (V) è il tipo B. formosella Costa . candidipes Costa — J' : Grecia, confusa Knw.—9 o: Lombardia; Turingia — (C M) O: Sile. melanopygia (Costa) — g': Torino — (CM) g': Reggio Calabria. puncticeps Knw. — O : Tirolo, pusilla (KLUG) — Qg: Turingia. subcana ZAapDp. — Q : Turingia; Lombardia, Tomostethus Koxow ephippium (PANZ.) — Q : Germania; Bra — (CM) 9 3°: Sile. var, aethiops KNw.— y: Germania, Ffuliginosus (KLue) — 2 o : Turingia, Grecia; Piemonte —(C M) 9; Sile, Napoli. fuscipennis (FALL.) — YV: Francia; Lombardia, Piemonte. gayathinus (KLUG) — 9 : Alti Pirenei. nigritus (F.) —- Q: Francia. Appartiene a questa specie Monophadnus latus Costa. Phymatocera DanLBom aterrima (KLU6) —- O g': Germania, Clanda. Rhadinoceraea Konow lugubripennis (Costà) — O J : Grecia ; Piemonte. Il Costa deserisse questa forma sotto il genere Monophadnus : essa è in realtà molto af- fine a R. ventralis e thoracica, tanto che il Konow suppone non sia che l’una o l’altra di queste. La questione rimane tutt'ora incerta. micans (KLUG)— Q g': Turingia. reitteri Konow — gd: Austria, thoracica TiscaB. — Q : Blankenburg, Grecia. I quattro esemplari di questa specie sono descritti dal Costa, sotto il nome di Perielista inquilina FOERSTER. ventralis (PANZ.) - 20°: Ungheria — (CM) 2g: Napoli, S. Severino, Baselice. var. scutellaris ANDRÈ — g': Alti Pirenei, Ardis Konow bipunctata (KLue) — (CM) Q 3: Atroni, Basilicata. plana (KLua) — 92 g':? loc. Pareophora Koxow migripes (KLUG) — Q : Francia; Modena — (CM) g': Baselice. Periclista Koxow albiventris (KLue) — (CM) Q : Basilicata. Questo esemplare unico, fu descritto dal Costa come specie nuova, col nome di P. bidopicta. lineolata (KLu6) — Y": Toscana— (CM) Q: Napoli. melanocephala (F.)— Q: Turingia — (CM) Q :: S. Severino, Mesoneura Hart opaca (F.)— 9 : Turingia, Grecia; Parma — {C M) Q : Basilicata, Hoplocampa HartIG alpina (Zett.) —g : Grecia. brevis (KLu6) — 9 g': Piemonte, chrysorrhoea (KLuG)-- 9: Padova. Q : Piemonte — (C M) O : Basilicata. flava (L.)—- Q g': Francia, Turingia, Grecia; Modena. crataegi (KLUG) Ffulvicornis (F.)— Q g': Bologna; Turingia, plagiata (KLue) — Q : Francia. rutilicornis (KLUG) — O J': Germania; Modena, Bologna —(C M) g : Lagopesole, testudinea (KLuG) —(C M) Q: Monticchio. Eriocampoides Koxow aethiops (F.)— 9: Germania: Lombardia. var. testaceipes (CAM.) — 2 :? loc. annulipes (KLue) — Q : Turingia, Svezia. cinria (KLue) — (CM) T': Napoli. limacina (Rerz.) — ®2 g: Turingia, Svezia; Lombardia, Modena. variipes (KLuGe) — 9 : Modena. Phyllotoma FarLén microcephala (KLuG) — Q d': Germania, Bretagna. ochropoda (KLue) — g' : ? loc, vagans FaLL. — Q : Turingia; Lombardia, 19 Pristiphora LArREILLE appendiculata HTG, — 3° : Piemonte. Sotto alla responsabilità del Konow indico con questo nome Nematus ghilianii COSTA, L’autore tedesco dice che questa specie di Pristiphora offre spesso il primo nervo tra- sverso cubitale ; il quale poi nel nostro esemplare non è così evidente come nel genere Lygaeonematus. crassicornis HTG. — Y g: Blankenburg, Turingia; Lombardia. fulvipes FALL. - Q g': Turingia; Modena — (CM) Qg': Sile— (CS) O: Orosei, puncticeps Tuoms. — g : ? loc. — (CM) g': Sile. A questa specie va attribuito l’esemplare delle Sile descritto fino dal 1860 per N. albi- tibia COSTA. pallidiventris FALL, — Q g': Francia, Grecia; Torino, Modena. ruficornis OL. — 9 J: ? loc. sardiniensis Costa — (C S) J': S. Rocco. Il Koxow suppone che questo esemplare non appartenga neppure al genere Pristiphora: io non sono stato in grado di risolvere la questione ed ho pertanto conservato il nome. wustneii De STEIN — (C M) g': Napoli. Esemplare descritto e noto per P. funerula Costa. Croesus LEAcK latipes ViLLt. — Q: ? loc. septentrionalis L. — 2 : ? loc. — (CM) Q gd: Napoli, M. di Cava. varus Viuut. —9 g': Lombardia, Holcoeneme Konow coeruleocarpa Hr. — Q g': Grecia ; Torino. erassa FaLr. — QJ: Grecia, Turingia. lucida Panz. — Q g': Turingia; Toscana, Piemonte. wahlbergii Troms. — 9: Turingia. Nematus JURINE abdominalis (PANz.)— 9 g': Francia, Innsbruck — (C M) d': Sile. acuminatus Troms. — : O :? loc. aurantiacus HrG. -- Q : Turingia. bilineatus (KLue) — Q : Turingia, luteus (F.)— Q g': Turingia; Torino — (C M) LL: Sile. melanosternus Hre. — Q : Turingia. Pteronus JURINE berygmannii Dane. — 9 d': Svezia. consobrinus VoLr. — Q : Turingia, 20 curtispinus TroMs. — 9Q g': ? loc. hortensis Htc. — VT: Alpi boreali, Torino, Lombardia, Modena. leucotrochus Hr. — Q : Germania. melanaspis HrG. — Q g': Turingia. melanocephalus He. — Q : Francia. microcercus THoms. — 2 : ? loc. miliaris Panz. — Q g': Blankenburg, Turingia, Francia; Piemonte—(C M) Q : M. Ver- gine, Calabria, Sile, myosotidis (F.)— 7g: Francia; Vallombrosa, Lombardia — (C M) O d': Napoli. palliatus Taons. — Q g: ? loc. papillosus (Rerz.) — O : Turingia, Francia; Lombardia. placidus Cam. — Q : Inghilterra. pavidus Lep. -- Q : Grecia, Baviera — (C M) £ : Napoli. ribesiù Scop. — Q : Francia, Grecia. var. oblitus Lep. — (CS) Q : S. Rocco. salicis (L) — QJ: Turingia; Lombardia. smaragdinus StLIN — Q g': Francia, togatus Zanp. — 9? g: Prussia; Rovereto, umbratus THoms, — Q : Turingia. nigricornis Lep. — Q : Turingia, testaceipes ANDRÉ — Q : Svizzera. Amauronematus Konow canaliculatus var. croceus (FouRCR.) — Q g': Turingia. fallax LEP. Q : Francia. histrio Le. —- VS: Turingia. humeralis Le. — 9 : Turingia, longiserra Trows. — Q : Turingia, viduatus Zert. — Q' :? loc. vittatus Lee. — 90: Germania, Turingia; Alpi boreali, Piemonte, Pontania Cosra crassipes THOMS. — Q : ? loc. gallicola Stern. — (CM) Q: Camaldoli, Cusano, Sile —(C S): Tonnara. Secondo il Konow, va attribuito a questa specie N. albicarpus Costa, ischnocerus THoms. — 9 : Germania, leucostictus Hre. — 2 gd: Turingia, scotaspis Foerst. — 9 : Germania, vesicator BreMi — O : ? loc. viminalis (L.) — 2 g': Modena. ranthogaster Forrst. — Q : Germania, hololeucopus (Costa) — Q : Grecia, nigritarsis ANDRÉ — J': Francia, Pachynematus Koxow albipennis Hr. — 2 g': Francia; Modena — (C M) © g': Napoli, M. di Cava. apicalis Hrc. — SJ: Grecia. brachyotus FoeRrst. -— £ : Turingia, capreae Panz. — O : Francia; Modena. var. kirbyi DAnLB. — Q J': Grecia. pallescens Hre. — Q 3: Sassonia. ; seutellatus Hr. — Q S': Turingia. subbifidus THoms. — 9 : Modena. rumicis (FALL) —- 2 d' :? loc. umbripennis Ev.— Q : Germania. vagus F.— 2 :? loe, Lygaeonematus Koxow albilabris THOMs. — O 7: Blankenburg, Turingia. i ambiguus (FaLL.) — 9 g7: Germania. compressicornis (F.) — O 5g: Germania; Lombardia, Bologna — (CM) S': Camaldoli, Q 12 loc. laricis Hra, — Q : Francia. compressus HTG. mollis Hre.— 9 : Turingia. pallidipes (FALL.) — 9 : Turingia. pinoti Hr. — O go: Furstenberg. ; pullatus ANDRÉ — {7 : 2 loe. le) retusus Taoms, — Q : ? loc. sareniù Hre, — 9 g':? loc. Mieronematus Koxow i- filicornis Costa — O : Grecia. pullus Forst. — 2 o: Germania; Modena. d Sotto questo nome è compreso anche Nematus ludens Cosra, diverso soltanto per la co- lorazione dei piedi più chiara. I o Cryptocampus Ham 3 prat 4 amerinae (L.) — o : Svezia. saliceti (FALL.) — Q 3°: Turingia, Svezia. : Dineura Danupox virididorsata (Rerz.) — Qg' : Turingia. Hemiehroa Srepiueys alni (L.)— 9 : Piemonte, rufa Panz— Q : Lombardia. sero NRE RIAEC Ma ca ara Set) ai PR PP, SP LErLE Camponiscus NEWMAN luridiventris (PaLL.)— V y: Turingia. Priophorus Dannpom brullei Dantg. — Q : Turingia; Lombardia, Torino — (CM) Q : Napoli. padi (L.)— Q : Grecia; Modena. tristis (Zadd.) — 9 : Schwerin. Trichiocampus Hart E eradiatus HTG. — Q g': Turingia; Modena. ulmi L.— Q g': Modena, Torino — (C M) 5°: S. Felice. L’esemplare di Modena è il tipo di Priophorus phaeopterus Costa. Quello di Torino T. garbigliettii CosTA. viminalis (FALL.) — Q g': Tirolo. Cladius ItLiGER crassicornis Knw.— Q: Turingia — (CM) Q 7: M. Vergine, Chiaravalle , Napo Castelvetro. , difformis (PANz.) — 9 : Torino — (CM) & 5°: Cancello, M. di Cava, Cosenza. pectinicornis ano: )— Q g?: Moncenisio —(C M) g': Paglietta, Lecce, Abbruzzi — (CS) Vo: Oristano, Macomer, Scala di Giocca. i 4 Lophyrus LargEILLE Srutetorum (F.)— 9g: Toringia, Q: Austria. 2.2 oe, herciniae HG. 2A laricis (Jur.) — Q nemorum (F.) — O : Rostock. pallidipes (FALL.) — 9: Germania. pini (L.) - Og: Germania. polytomus Hra, — 9 gog: Germania, rufus (LATR.) —- Q: Versailles; Parma : Ungheria ; Padova. socius KLUG — Q o: Sassonia. variegatus Hrc, — O : Germania; Modena. Il Cosra descrive nel suo «Prospetto» un Z. anachoreta n. sp. proveniente qall'Emi- lia, affine al variegatus. Il Koxow dimostra che la specie del Costa appartiene certamente a quest’ultimo, ma nella collezione 1’ esemplare discusso non esiste più. virens KLuo — 9 : Piemonte. Monocetenus Daursom juniperi (L.) — O J :? loc, obseuratus HrG,-- 9: Germania. Schizocera LEPELETIER bifida KLuG — Q : Monte Rosa, Genova, Parma, cognata Costa — (C M) Q : Monte Vergine. eylindricornis (Tmoms.) — Q : Turingia. fusicornis Tnhoms. — Q : Turingia. maculata (Jur.) — O : Ungheria. melanura Kru& — © : Turingia. Cyphona Danrgow furcata Vir. — Q gd: Grecia, Armenia; Torino, Parma—(C M) -” È : Lecce, M. Ver- gine, M. Cassino. geminata (GueL.) — 2g: Grecia; Firenze. Hylotoma LarREILLE berberidis ScaRK. — Q 77: Francia; Lombardia, Modena. coeruleipennis (Rerz.) — 2 o': Moncenisio, Torino — (CM) -: Lagopesole. ciliaris (L.) — J': Svizzera. (O RENE CCA cyanocrocea (Forsr.) — 2: Lombardia, Toscana—(C M) O g': Lagopesole, Basilicata, Monticchio. cyanella Krue var. messanensis Dest. — J': Sicilia. cyanura Costa — Q : Armenia. dimidiata FALL. — Q : Grecia. enodis (L.)— © 7: Piemonte — (C M) O : Cassino, Napoli. Fuscipennis ScurK. — O : Mehadia, Fuscipes FALL. —- O J': Francia, Germania, Finlandia. melanochroa (GweL.) — VU 7: Armenia, Grecia; Castelvetrano , Lombardia — (C M) : Napoli. pagana Panz. — O: Grecia: Camaldoli — (CM) 9 7: Napoli, S. Severino, Sile. pyrenaica ANDRÉ -- O : Albaracin, rosae (L.) - O J3': Armenia, Portogallo ; Napoletano — (C M): Napoli — (C S): Pau- lilatino, Meana. schmiedelmechtii Costa — Q : Grecia, scita Mocs, — O : Siria. segmentaria Panz. — Q : Piemonte, Caltagirone—(C M) O 37: M. Vergine, Lagopesole. thoracica Sei. — Q : Toscana — (€ M): Basilicata, Monticchio. var, pleuriticra KLu6 — O : Sarepta, Ungheria. ustulata (L.) —- Q g': Grecia; Piemonte, Moncenisio — (C M) : M. Vergine, Lagopesole, Amasis Leacn. erassicornis Rossi — © : Grecia, Lione; Toscana — (C M): Monti dei Castelli, Cava, îtalica Ler. — QTF: Grecia. ter ra "È pc edit fn i PERI x MSA TAI TIA re£ | r Il maschio catturato a Genova è il tipo di S. faustus Cosra. lateralis BRULLÉ -— o°: Armenia, obscura (F.) — (C M) O g': Napoli, Cancello. Abia LEACcH aurulenta Sica. — Q g : Svizzera, Germania, Alpi Marittime. candens Knw. — Og? : Francia. fasciata (L.) — 9 : Germania, Turingia. fulgens KrrecnB. — O : Francia, nigricornis Leaca — 9 gJ': Parma, Toscana. nitens (L.) — Vo: Germania, Turingia. sericea (L.) — 2 J': Germania, Italia meridionale — (C M) 9 g': Napoli. Clavellaria OLrvier amerinae (L.)— 2 o: Lione; Parma, Piemonte, Veneto. Trichiosoma Leack lucorum (L.)-- Q g': Jaroslav, Francia; Parma. betuleti Ku. — O : Francia. sorbi Htc. — 9: Germania. vitellinae (L)— co: Francia. Cimbex OrivieR connata (ScHRK.) — O o: Germania, Halle, femorata (L.) — 9 gd: Germania; Piemonte, Parma — (C M) Q G': Bari. humeralis (Fourcr.) 2 g': Parma, Modena —(C M) Q J: Bari. Oryssus LATREILLE abietinus (Scop.) — 9 o: Ungheria, Mehadia — (C M) 5 : ? loe. Tremex JURINE Ffuscicornis (F.) — O yg: Ungheria, Lione; Toscana. magus (F.) - Q o: Germania. var. alchymista Mocs.— V g': Ungheria. Sirex Linné ‘augur Ku — Q J: Germania. gigas L.— 9 d': Francia; Genova —(C M) 2 g': Bari —(C S) 9: Cagliari. juvencus L. — Q 3°: Turingia; Modena, Toscana, spectrum L. — 9 co: Turingia; Vallombrosa — (C M) o: Calabria. Ù 25 Xyphydria LargeiLLe camelus (L.)-- Q: Turingia. dromedarius F.— Q g': Germania, Ungheria ; Torino, Blasticotoma Ku filiceti KLuo — O : Germania. Xyela Daunay sw julii (BrèB.) — Q : Turingia, Montpellier, Syrista Koxow EA parreyssi (Sein.) — 2 o: Siria. Macrocephus ScHLECHIENDAL linearis Scirnk .— (CM) L : Lagopesole. satyrus Pz.--- 9: Armenia — (CM) Q 3: Lagopesole — (C S) V : Simaxis, A questa specie vanno attribuiti gli esemplari descritti dal Costa per Ph/llaecus fumipen- nis Eversm. ed il maschio di Lagopesole descritto per Ph. eruciatus n. sp. Il Costa però, dubita che questa sna nuova specie non sia tale ed esprime l'opinione che possa trattarsi del 7 di Ph. fumipennis a lui sconosciuto. ranthostomus Ev. — o: Torino, L'unico esemplare di questa specie è il tipo di /%. facialis Costa. Janus Srepiens compressus (F.) — (C M) 3: Napoli. {(C M) Q: Napoli. eynosbati (F.) — 9 g': Turingia Calameuta Koxow filiformis (Ev.) — 9: Grecia, Astatus Panzer Havicornis Luo. — O : Spagna. niger (HARR.) — (C M) Q 3: Lagopesole, Napoli — (C S) 9: Guspini. vittatus (Costa) — g' : Egitto. DaLLa TORRE nel suo Catalogo riporta questa specie sotto al genere Cephus, sì come lo aveva descritto il Cosra in una breve diagnosi, posta in nota alla relazione del viaggio per l'Egitto, Palestina e le coste della Turchia Asiatica, pubblicato nelle memorie della R. Ac- cademia di Napoli nel 1875. Egli dà una deserizione del colorito e dice che le maggiori aftinità sono verso Cephus (Trachelus) tabidus d’ Europa: infatti anche il Koxow nota che la forma delle antenne è molto simile nei generi Astatus e Trachelus. È strano che il Koxow, nella sua revisione recente della tribù dei Cephini, non citi nep- pure nella sinonimia questa specie del Costa ! forse la descrizione ne era talmente incompleta da rendere impossibile di giudicare a qual genere dovesse essere ascritta, 20 Esistono nella collezione tre esemplari maschi, i quali per la Innghezza del terzo articolo delle antenne, più breve del quarto, per la forma del pronoto ed in particolar modo per la presenza di due spine verso l'estremità delle tibie posteriori e delle caratteristiche «spazzole ai due penultimi segmenti ventrali dell’ addome, debbono essere indubbiamente ascritti al genere Astatus Pz, A. vittatus differisce da A. miger HaRrR, per la lunghezza dell’ addome che non è lungo quanto il doppio del capo e del torace presi assieme, per le antenne ingrossate fino dal 5° articolo, per le spazzole addominali più larghe che lunghe ed a forma quasi semilunare oltre a vari caratteri del colorito. A. vittatus è dunque affine ad A. flavicornis Luc., ma ne differisce pel capo nitido, spar- samente punteggiato e pel fatto che i penultimi articoli delle antenne non sono larghi quanto il doppio della lunghezza, da qualunque parte si osservino. Il colorito poi è totalmente diverso. Cephus LArREILLE brachycercus Tioms. — 9 g': Turingia. gracilis Costa — (C M) 3: Napoli, haemorrhoidalis (F.) — Q 0°: Napoli, Lagopesole, Baselice — (C S) Q : ? loc. L’esemplare di Basclice è il tipo di C. quadrisignatus Cosra, 1894= 0. quadriguttatus Costa, 1882= C. quadriguttulatus DALLa TorRE. infuscatus Anpré — O g': Turingia, Fiume. nigrinus THoxs, — 9 o: Germania — (C M) Q 3g": Lagopesole, Monticchio. pallipes KLu6 — Turingia, Grecia. pilosulus Tuons. — 9 o: ? loc. pygmaeus (L.) — 9 o': Francia; Modena, Madonie — (C M) 9 g': Napoli, Baselice, Lagopesole, Monticchio — (C S) Q o: Osilo. Il Koxow, facendo risaltare l’estrema variabilità nell’estensione delle macchie e delle fascie gialle, ascrive a questa specie C. elypealis Costa, descritta sopra quattro maschi raccolti a Lagopesole e Montiechio e ammette come varietà della 4% la forma seguente. g0I s var, Mavisternus Costa — (C S) o: Oristano, Trachelus JURINE tabidus (P.)— Q g': Portogallo, Tunisi ; Madonie — (C M) © 7: Napoli, Baselice. — (CM) Q g?: Osilo, ; var. macilentus (F.) — Q : Tunisi. Monoplopus Koxow saltuum (L.) — Q g: Germania, Baleari, Nizza; Modena, Madonie —(C S) 7: loc. idolon (Rossi) — 9: Torino, Malonie — (C S) Q : Oristano. Peronistilus n. g. politissimus (Costa) — 7: Armenia. Il Kowow nella revisione dei Cephidi, aserive con un interrogativo il 0. politissimus Costa al nuovo genere Ateuchopus, e mostra di dubitare altresì della bontà della specie. Ora la presenza di una spina alle tibie posteriori e l’assenza di spazzole ai tre penultimi segmenti ventrali dell’addome, escludono possa trattarsi di un Atexchopus, mentre questi me- ddesimi caratteri, insieme alla forma trasversa del pronoto più largo che lungo, alla plastica del capo, alla lunghezza del quarto articolo delle antenne, tendono a ravvicinarlo al genere Monoplopus Koxow. Devesi dunque discutere se questa specie appartenga al genere or ora citato, ovvero se possa costituire il tipo di un genere a parte, A me pare che ci si debba tenere a quest’ul- timo partito. È noto come Monoplopus comprende due sole specie: M. saltuum L. e IM. idolon Rossi ; ora l’aspetto generale di queste specie è totalmente diverso da quello di C. politissimus Costa. Le dimensioni di questo lo fanno collocare fra i più piccoli Cephidi, inoltre il corpo è più breve come nel genere Cephus, poichè l'addome non è più lungo del doppio del torace. Ca- ratteristica poi è la forma del capo, breve, tondeggiante come una capocchia di spillo, niti- dissimo, con clipeo fortemente convesso. Carattere particolare che lo rende anche molto diverso da Monoplopus è la forma delle antenne. Mentre in Monoplopus le antenne sono ingrossate fino dal 10° od 11° articolo a formare una forte clava, i cui articoli sono larghi più del doppio che non lunghi, in Peronistilus gli articoli apicali delle antenne, sebbene leggermente ingrossati, non costituiscono clava; sono cilindrici e ciaseuno di loro è molto più lungo che largo. Inoltre detti articoli sono in nu- mero di 21, mentre in Monoplopus sono 25. Megalodontes LatrertLe bucephalus (KLue)— Q o: Germania, Portogallo, Baleari. cephaloles (F.) — Q o': Italia Settentrionale, Torino, Lombardia. fabriciù {Leacn) — Q og: Germania, Ungheria. flabellatus (Ev.)— g': Taurus. Pabelliformis (Germ.) — Q 7: ? loc. flavicornis (KLuG)— og: Ginevra, klugii (Leacn) — 9 3: Germania. laticeps Knw.— c: Ungheria. lowii (STEIN) — Q : Cancaso. luteiventris Kyw. — Q gd: Algeria. Aserivo a questa specie anche il 57, quantunque con petto e ventre completamente gialli per l’ identica scultnra del capo e del torace. orientalis (Mocs.) — £ : Brussa, plagiocephalus (F.) V JT: Ungheria, Caucaso, Crimea. victoriosus (IAx.) — Q : Turchestan. Phamphilius LarkerLee alternans (Costa) — (C M) Q : Sanseverino. Rientra in questa specie P, semicinctus descritto posteriormente da ZADDACH, in seguito, forse, alla descrizione inesatta datane dal Costa. arvensis (PANZ.) - Q g': Francia, Germania, var. fallenii (DaLm.) — 92: Germania. var. èrroratus (Taoms.) Q : Turingia, betulae (T..) — 2 : Piemonte, 28 campestris (L.) — 9 : Francia, cingulatus LarR. — O : Turingia depressus (ScHRK.) — Q : Germania, Ungheria. erythrocephalus (L.)— Q g': Schwerin, Vienna. faustus (KLue) — 9: Ungheria; Toscana, Modena — (CM) — : Cerchio. Naviceps (Rerz.) — S : Turingia. fiaviventris (Rerz.) — Q DT: Ungheria, Turingia; Parma. hortorum (Krue) — 2 9°: Germania, Turingia. hypotrophicus {HTc.) — 7: Germania. var. scutellaris Ttoxs — © : Turingia, latifrons FALL. — 9 : Germania. marginatus (Ler.) — 9 : Germania. nemoralis (L.) — Q 7: Budapest, Francia. pumilionis (Gr) — O o: Francia. reticulatus (L.) -- Q : Schwerin. silvatieus (L.) — O o: Lombardia. stellatus (CaRIST.) — 9g: Turingia, Francia. stramineipes (Hr6.)-- 9: Germania. DESCRIZIONE DI NUOVE FORME Macrophya diversipes var. passerinii n. v. Q — Nigra, labro , clypeo, pronoti margine postico , tegulis maculaque scutelli, fascia postiea segmenti primi abdominalis, maeula utrinque in segmentis 4°-7° plus minnsve lata, flavis; pedibus rnfis, coxis nigris, mediis et posticis apice flavis, tarsis anterioribus mediisque rufescentibus, tarsis tibiisque posticis nigris. Peronistilus n. g. Corpus brevius ut in genere Cepho; abdomen depressum, thorace minus quam duplo, longius (abdomen : 8 : : thorax : 4 1/5); antennae abdomen aequantes, filiformes, articulo tertio quarto evidenter breviore, articulis apicalibus longioribus quam latis, vix inerassatis; caput valde rotundatum ; pronotum transversum, postice dilatatum:; tibiae postiene una spina superapicali praeditae. Mas ornamentis ventralibus caret. (Finito di stampare il 28 Marzo 1905). | | ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. INT AZIE 30 Aprile 1904 PirofiiJ. Wi (SIPIEINIGEIL (IN GIESSEN). bINIGE WELTERE BEOBACHTUNGEN AN PTYCHODERA ERYTHRAEA sPENGEL [It:cevuta il 4 Marzo 1904] Synonymie und Literatur Ptychodera (subgen Chlamydothovax) erythraea SPENGEL. Die Enteropneusten, in: Fauna Flora Neapel, Monogr. 18, 1893, p. 173-184. tab. 1, fig. 4, Anatomie, tab. 11, fig. 120, Textfig. O, p. 181. Ptychodera erythraea SPENGEL. Die Benennungen der Enteropneusten - Gattungen. in: Zool. Jahrb. Vol. 15, Syst. 1901, p. 209 218. [p. 218]. Ptychodera erythraea KLUNZINGER. Ueber Prychodera erythraea aus dem Rothen Meere, in Verh: Deutsch-z00l. Ges. 1902, p. 195- 202, 4 Textfig. In der zoologischen Sammlung zu Neapel fana sich ein vollstindiges und nahezu unversehrtes Exemplar dieser Art (1). Dasselbe entspricht der durch KLunzineeR's Beob- achtungen am lebenden Tier 1902 festgestellten Thatsache, dass diese Art nicht die nach einem conservirten Exemplar (gesammelt von Herrn Prof. KowaLEwsKy ) von SpeneeL abgebildete, sondern die bei Enteropneusten vorherrschende gelbliche Fàr- bung besitzt. (1) Questo esemplare fa parle di una collezione di animali marini, raccolti nel mar Rosso da di- versi ufficiali della marina italiana, e donati al Museo Zoologico della R. Università di Napoli dal Mi- nistero della Pubblica Istruzione durante la direzione del prof. A. Cosra. Fr. Sav. MonTICFLLI DI Es war bedeutend kleiner als das friùher untersuchte und auch als die von KLu- zincer beobachteten Exemplare. Gesamtlinge cà 10 cm: Eichel 6x7 mm; Kragen 5x 7 mm; Kiemenreihe 13 mm., Breite der Kiemenregion incl. Pleuren 9 mm., Breite der Pleuren 5 mm.; Leberregion cà 3,5 cm.; gròsste Lebersàckchen 3 mm. Die Untersuchung des Exemplares auf Querschnitt-Serien, die von einigen der Kòr- perabschnitte angefertigt wurden, ergab in wesentlichen eine volle Bestàtigung der frihern Beobachtungen des Verfassers, in einzelnen Punkten eine Erginzung, in an- Fig. A, 3: 1. Fig. B, 3: 1. deren individuelle Abweichungen. Diese und zwar zunichst die ersteren seien hier hervorgehoben. In der Eichel ist ausser den Langs-und Ringmuskelfasern ein System vorhanden, das einer Aponeurose entspricht, wie sie fùr Ptychodera fava durch WiLrey entdeckt und durch SpenceL genauer untersucht ist. Es ist ein ventrales Kragenseptum vorhanden, das fast die hintere Halfte des Kragens einnimmt. Der Hohlraum, der das Kragenmark wahrscheinlich in seiner ganzen Lànge durch- o 3 zieht, hat eine vordere und eine hintere offene Mindung, letzere am Grunde einer Vorhòhle. Der Korperteil der Kiemenregion ist geschlingelt, wie es auch KLunzIixGER, wenn auch in geringerem Masse, beobachtet hat. Die (manlichen) Gonaden sind gegen das Vorder - und das Hinierendio der Reihen weniger entwickelt, ferner in jeder Pleure distal weniger als proximal. Die Caudalregion ist mit einem « Pygochord » ausgestattet, das wesentlich wie bei P. flava beschaffen und wie bei dieser Art mehrfach unterbrochen ist. Von Abweichungen, die entweder individuell sind oder vielleicht einem jugendlichern Zustand entsprechen, sind folgende zu nennen. Das #“ blumenkohlahnliche , Organ, das dem traubigen von P. flava ent- spricht, ist weniger reich entwickelt als bei dem grossen Individuum, ist aber bereits von stattlicher Ausdehnung und mit zahlreiehen Ausstùlpungen versehen. Das Kragenmark ist nur durch eine Wurzel mit der Epidermis verbunden, gegen 2 bei dem alten Exemplare. Dieselbe ist sehr stark, hat aber nur einen kurzen Verlauf. Die Pleuren sind Kleiner, berùhren sich daher ùber dem Kòrper der Kiemen- region nicht, sondern lassen diesen zwischen ihren Rander sichtbar, so dass er wie ein Ringelwurm aussieht (Fig. A). Von besonders wichligen Bestàtigungen friherer Beobachtungen ist, abgesehen von dem oben erwahnten “blumenkohlahnlichen , Organ die Existenz einer Reihe von lateralen Lebersàackchen zu nennen, die, zunàchst durch ein Rudiment einer Pleure von denen der Hauptreihe getrennt, hinter diesem sich: an die Sàckchen der Hauptreihe anlegen; nachdem aber diese hinten aufgehòrt hat, erstreckt sich die Reihe der lateralen noch um etwa 1 ‘!/, cm. weiter (Fig. B). ra MET [e ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI ( Nuova Serie) VOLUME I. Num. 23. 23 Giugno 1904 Prof. M. STOSSICH {IN TRIESTE) ALCUNI DISTOMI DELLA COLLEZIONE ELMINTOLOGICA DEL MUSEO ZOOLOGICO DI NAPOLI (Tavora 2.2) [Ricevuta il 30 Marzo 1904). Nell intestino di un Yropidonotus viperinus, dissecato a Napoli nell’ aprile 1891, il MonmiceLLI raccolse numerosi esemplari di un distoma, che identici a quelli trovati dall’ErcoLani e da questi falsamente riferiti al Distomum signatum Dus. (1), vennero dal MovnriceLLI giustamente riguardati quali rappresentanti di una nuova specie da lui denominata Distomum ercolanii (2). Occupato ora con la revisione della raccolta che il MoxriceLLI gentilmente volle affidarmi, trovai in una boccettina i tipi del Distomum ercolanii e fra questi alcuni esemplari di altro distoma, i quali ad un primo esame mi sembrarono appartenenti al D. signatum Duy. Sottoposti invece questi esemplari ad uno studio minuzioso mi convinsi facilmente che i loro caratteri differivano moltissimo non soltanto da quelli del D. signatum Dus. ma ben anche da quelli di tutti gli altri distomi stati fino ad ora riscontrati negli Ofidi; ed è perciò, che il distoma raccolto dal MovxticeLLI nel- l’ intestino del Tropidonotus viperinus assieme al D. ercolanii, viene a costituire una specie nuova, che con animo grato dedico al cortese mio amico. (1) Ercorani, G. B.— Dell’adattamento della specie all'ambiente, nuove ricerche sulla storia genetica dei Trematodi, Mem. Accad. Bologna, Tomo 3, 1881-82, pag. 314, Tav. 2, fig. 2-5. (2) Monmice.i, FR. Sav.— Studii sui Trematodi endoparassiti, Zooloy. Jahrb. , Supplem. 3 1893, pag. 188, nota, Tav. 6, fig. 67. La diagnosi di questa nuova specie è la seguente : Astiotrema monticellii n. sp. (Fig. 3). Lunghezza 1'5 — 2 um — Larghezza 0/3 — 0'4 mu Ha corpo cilindrico, anteriormente di poco assottigliato, con le due estremità rotondate ; nella parte anteriore la cute è coperta fittamente di minutissimi aculei che svaniscono alla altezza dei testicoli. La ventosa ventrale alquanto più piccola della ventosa orale, saliente e perfettamente circolare, giace circa alla fine del primo quarto. La faringe molto piccola dà sviluppo ad un lungo esofago esteso fino al livello del margine posteriore della ventosa ventrale e diviso in due larghi intestini che terminano all’ innanzi del testicolo posteriore. 1 apertura genitale giace immediatamente all’ innanzi della ventosa ventrale e da essa diparte la tasca del pene lunga, voluminosa, estesi fino alla metà dell’ ovario ed inceludente la grande vescica seminale e un pene corto e inerme. I due testicoli sono grandi, globosi, situati nel mezzo della parte postacetabulare, fra loro poco distanti e separati da aleune anse uterine; il testicolo anteriore prende posto fra i due intestini, il posteriore, spostato alquanto verso destra, giace dietro il corrispondente intestino. L’ ovario globoso, molto più piccolo dei testicoli, si trova alla destra all’ innanzi del testicolo anteriore ed al sno fianco sinistro si osserva il piccolo ricettacolo seminale. I vitellogeni costituiti da pochi follicoli piuttosto grandicelli, aldensati ai margini del corpo e quasi del tutto all’ esterno degl’ in- testini, formano due fasee che vanno dalla metà della tasca del pene alla metà del testicolo anteriore. L’ utero sviluppatissimo , occupa tutta la parte post-testicolare del corpo, passa fra i due testicoli e fra il testicolo anteriore e 1’ ovario e contiene numerose uova di co- lore giallo. Habit. — Nell’ intestino del Tropidonotus viperinus; Napoli, aprile 1891 (MontICELLI). Le quattro specie del genere Astiotrema Looss differiscono fra di loro per i se- guenti caratteri : —_——+ —— VITELLOGENI | riore. | dalla ventosa ven- \ trale al testicolo po- sticolo posteriore. dalla metà dell’ eso- fago alla metà del sticolo posteriore. dalla metà della ta- sca del pene alla I RENIFERA IMPLETA MONTICELLII ERINACEA | (Looss) (L00SS) (sTOSS.) (POIR.) LUNGHEZZA 4° |6mm. 3mm. 15 — 2mm. 3mm. ' LARGHEZZA um. 03 — 0'4mm. O) 8mn. | lunghetto, diviso al- | sottile, diviso all’in- | lungo, sottile, diviso | corto, diviso, mol- Sono l’innanzi della ven- | nanzi della ventosa | al margine posterio- | to all’innanzi della | na | tosa ventrale. ventrale. re della ventosa ven- | ventosa ventrale. trale. | I T'esticoLi | sovrapposti, reni-|situati obliquamen- | quasi sovrapposti, | situati obliquamen- È | formi. te, subsferici. | grandi, globosi. te, sferici. | sorpassano di molto | estesi fino al margi- | estesi fino al margi- | estesi fino nell’estre- | INTESTINI \il testicolo poste-| ne posteriore delte- | ne anteriore del te- mo posteriore del | corpo. | vi 0 | steriore. testicolo anteriore. | metà del testicolo | anteriore. i Ospite | Trionya nilotica. Tetrodon fuhaka Tropidonotus vipe-| Delphinus delphis | rinus. Patria Egitto Egitto Napoli ? | ® è è LAI 3 ; 7 T| Il. Nel 1885 il Porrier pubblicava la descrizione di alcune specie nuove o poco co- nosciute di Trematodi e fra queste vi descriveva una forma raccolta nell’ intestino della Cistudo lutaria riferendola al Distomum gelatinosum Rup. (1). Il Sonsino nel ri- vedere i Trematodi della collezione di Pisa (2) trovò fra la descrizione data dal Porrier e gli esemplari del D. gelatinosum Rup. tali differenze da mettere in dubbio la determinazione del PorrieR e perciò nella revisione che feci dei distomi dei ret- tili (3) cambiai il nome del D. gelatinosum Porr. (nec Rup.) in Distomum poirieri, ad onore del suo scopritore. Fra le differenti specie di distomi costituenti la preziosa raccolta del MowmcELLI, vi trovai in un preparato mieroscopico due esemplari di un distoma , raccolti da] MonmiceLLI nell’ intestino di una Emys orbicularis di Sassari (Sardegna); questi due esemplari si dimostrarono all’ osservazione identici alla specie descritta dal PorrIER, fatta eccezione per alcune piccole divergenze che potrebbero essere determinate 0 da soverchia pressione de! preparato microscopico oppure da una troppo superficiale osservazione da parte del Poirier. Ora, siecome fra diverse specie del genere Telor- chis le caratteristiche differenziali non sono bene accentuate ed il Looss anzi sarebbe d'opinione di riguardare questa specie del Porrier quale sinonimo del Telorehis lin- stowi (Stoss.) (4), così, per salvare questa specie, rara sì ma ben definita, credetti utile e necessario di illustrarla, basandomi sopra i due unici esemplari esistenti chiusi nel preparato microscopico che ebbi a mia disposizione dal cortese amico. Teiorchis poirieri (Srossich). (Fig. 2). Lunghezza 10 — 11 mm — Larghezza 0/9 mm Ha corpo nastriforme, lunghissimo, coi margini laterali paralleli in guisa da mantenere per tutta la Innghezza una larghezza costante; le due estremità sono larghe rotondate e la cute abbastanza grossa si presenta coperta di aculei, i quali verso l’ estremo posteriore di- radano senza scomparire del tutto. La ventosa ventrale più piccola dell’ orale, circolare, è situata molto all’innanzi. Dalla ventosa orale robusta e globosa diparte quasi immediatamente una faringe molto robusta, la quale dà sviluppo ad un esofago molto corto e grosso, diviso in due intestini estesi fino nell’ estremo posteriore e paralleli ai margini laterali del corpo. Il poro escretore mi è sembrato terminale e la vescica di escrezione mi fu possibile di seguirla fino al testicolo posteriore. L’ apertura genitale apparisce mediana all’innanzi della ventosa ventrale e da questa poco distante. Organi di copulazione sviluppatissimi. La tasca del pene lunghissima e claviforme, si estende fino quasi all’ ovario e resta da questo separata da aleune circonvoluzioni ute- rine; essa raccoglie nel suo fondo una vescica seminale bipartita, alla quale segue una lun- ghissima parte prostatica circondata da numerose glandole e da questa infine si sviluppa un (1) Porrier, J.—Trématodes nouveaux ou peu connus: Bu. Soc. Philomath. Paris, séance 28 novem. 1885, pag. 14, Ple. 3, fig. 6. (2) Sonsino, P.—Trematodi di rettili e di anfibi della collezione del museo di Pisa: Proc. Verb. Soc. toscana Sc. Nat. adunanza 5 febbraio 1893. (3) Srossica, M. — I Distomi dei Rettili: Boll. Soc. adriat. Se. Natur. Trieste, Vol. 16, 1895, pag. 227. (4, Looss, A. — Weitere Beitriàge zur Kenntniss der Trematoden - Fauna Aegyptens: Zool. Jahrb Abth. Syst. 12. Bd. 1899, pag. 567, nota. lungo pene cilindrico, inerme e. nei due esemplari, emergente, I due testicoli sono grandi, sferici e situati uno innanzi l’ altro ed occupanti quasi tutta la larghezza, del corpo in guisa che l’ intestino ne viene compresso fra essi e la parete del corpo; i dutti deferenti partono dalla destra di ogni testicolo. Circa a metà distanza fra il testicolo anteriore e la ventosa ventrale giace l’ ovario globoso e alquanto più piccolo dei testicoli. I vitellogeni estesi cirea dalla ventosa ventrale fino a metà distanza fra ovario e testicolo anteriore , sono costituiti da piecoli follicoli riuniti in cirea 10-12 gruppetti per lato e disposti quasi del tutto allo esterno degl’ intestini; i due sottilissimi vitellolutti longitudinali, nei quali si versano i vi- tellodutti secondari provenienti dai singoli gruppetti, si uniscono per un sottilissimo vitello- dutto traverso che passa dietro l’ovario. L’utero sviluppatissimo, formato dal ramo discendente e dal ramo ascendente, con le sue ricche circonvoluzioni non sorpassanti l’intestino, riempie tutto lo spazio compreso fra l’ovario e il testicolo anteriore, passa alla sinistra dell’ovario,. fiancheggia e scavalca la tasca del pene e sbocca infine nella vagina; la vagina sviluppatis- sima, a pareti molto robuste, è lunga circa la metà della tasca del pene e giace alla destra di essa. Uova numervsissime di colore giallo. Habit. — Nell’ intestino dell’ Emys orbicularis (Sassari, Sardegna). Sottoponendo a confronto la specie del Porrier con gli esemplari del MoxtICELLI, si possono rilevare per la specie del Porrier le seguenti differenze che riporto te- stuali dalla sua descrizione : Corps sans piquants... extrémité antérieure brusquement rétrécie en forme de cou portant la ventouse orale... orifices génitaux immediatement au- dessus de la ventouse ventrale..., se bifurquant en deux branches intesti- nales simples et s'étendant jusque près de l’extrémité postérieure du corps. Le vitellogène,.. s' étendant seulement sur Je deuxième tiers de la longueur du corps. Queste differenze devono apparire rilevanti e tali da dover giustificare pienamente la creazione di due specie ben distinte, però siccome la descrizione del PorrieR non concorda esattamente col suo disegno (1), così devo ammettere pel PorrieR una 0s- servazione troppo superficiale e ritenere le due forme fra loro eguali; è ben naturale che soltanto ulteriori studi di nuovo materiale potranno schiarire gli eventuali dubbi dando rag.one al Porrier 0 torto a me. Infine un altro punto di contatto fra le due specie risulterebbe dall’ ospite che per tutte le due è il medesimo, inquantochè la Emys orbicularis ospite della forma MonmiceLLI è sinonimo della Cistudo lutaria ospite della forma PorrieR. Il Braun nel fare la revisione dei Trematodi viventi nei Cheloni, studiò anche i tipi del Telorchis aculeatus (Linst.) T. linstowi (Stoss.) depositati nel Museo di Stoc- carda e ne diede una descrizione particolareggiata (2), in base alla quale stabilì le differenze fra il 7. aculeatus e le tre specie affini conosciute: 7. nematoides (MùnL) T. ercolanii (Mont.) e 7. poirieri (Stoss.). Per ciò che riguarda il 7. poirieri è ben naturale che il Braun non poteva rirerirsi che al disegno e alla descrizione del Por- RIER, mentre che ammettendo esatto ciò che dimostrai, vale a dire I eguaglianza (1) L'apertura genitale situata immediatamente all'innanzi della ventosa ventrale, nel disegno in- vece apparisce da questa alquanto distante, come nella specie del MowriceLLi. Gl' intestini prolungati sino presso l’ estremità posteriore, nel disegno si estendono fino al margine anteriore del testicolo po- steriore. (2) Braun, M.—Trematoden der Chelonier: Mitteil. Zoolog. Museum Berlin, 2. Band, 1901, pag. 14. Taf. 1, fig. 4. (dal della forma MovriceLLi con la forma Porrier, le differenze appariscono molto più rilevanti e tali da escludere assolutamente l’identità del 7. aculeatus col 7. poiîrieri; basta un semplice confronto del mio disegno con quello del Braun per vedere che nel 7. aculeatus la tasca del pene si estende fino all’ ovario ed anzi lo sorpassa e che i vitellogeni si mantengono distanti dalla ventosa ventrale, senza calcolare le altre differenze di già indicate nel lavoro del Braun. Il Looss nello stabilire il tipo del genere Telorchis (1), espresse il dubbio che il Distomum ercolanii Mont. potesse essere identico al D. linstowi Stoss., ed anzi ba- sandosi sopra un suo preparato di un distoma del Zyopidonotus natrix trovava che ad eccezione dei testicoli sferici e dell’ estremità posteriore rotondata, tutti gli altri caratteri corrispondevano esattamente al disegno del MovmiceLLI (2) e alla mia de- serizione (3). Il Braun (4) invece con più ragione stabilisce il confronto fra il D. er- colaniîù Montic. e il D. nematoides Munrine e trova fra le due specie divergenze di sviluppo nei vitellogeni e nella forma dei testicoli, che nel disegno del MonricELLI appariscono molto allungati. Desideroso di mettere in chiaro questa questione, dietro mia preghiera, l’ amico gentile mise a mia disposizione tutto il suo materiale, in base al quale mi fu possibile di stabilire pel D. ercolanii la seguente diagnosi : Telorchis ercolanii (MovticELLI). Lunghezza 3 — 4 mm — Larghezza 0/5 mm Ha corpo allungato fusiforme, ristretto maggiormente verso l’estremità posteriore, con la massima larghezza all’ altezza dell’ ovario ; la cute è coperta di minutissimi aculei disposti fittamente nella parte anteriore e diradantesi verso |’ estremo posteriore. La ventosa ven- trale piuttosto debole, alquanto più piccola dell’ orale e di forma non perfettamente circolare è situata alla fine del primo quinto. Una piccola prefaringe unisce la bocca ad una faringe grande ed ellittica, dalla quale diparte un esofago lungo e stretto, diviso a circa metà di- stanza fra le due ventose in du» sottili intestini che terminano a poca distanza dall’ estre- mità posteriore e a seconda del corpo più o meno contratto presentano un percorso più o meno sinuoso. L’ apertura genitale giace all’ innanzi della ventosa ventrale e da essa diparte una lunga tasca del pene che si estende fino all’ ovario; la vagina corrisponle circa alla metà lun- ghezza della tasca del pene. I testicoli situati poco distanti dall’ estremità posteriore stanno fra i dne intestini, sono contigui, globosi e il testicolo anteriore di poco più piccolo e al- quanto schiacchiato (5). L’ ovario globoso e più piccolo dei testicoli , poggia sull’ intestino sinistro al termine della tasca del pene. I vitellogeni, costituiti da piccoli follicoli, formano due fascie laterali all’ esterno degl’ intestini, clie si estendono dalla metà della tasca del (1) Loos A. — Weitere Beitràge zur Kenntniss der Trernatoden - Fauna Aegyptens: Zool. Jahrb. 12, Bd. Abth. Syst. 1899, pag. 567, nota. (2) MonticeLL1, FR.SAv.— Studii sui Trematodi endoparassiti: Zoo?. Jahrb. Suppl. 3, 1893, pag. 188 Tav. 6, fig. 57. (3) Srossica, M.—I Distomi dei Rettili, pag 223. (4) Braun, M.— Trematoden der Chelonier: Mitteil. Zool. Museum Berlin, 2. Bd, 1901, pag. 14, Taf. 1, fig. 4. (5) Questa forma e disposizione dei testicoli 1’ osservai in tutti gli esemplari della collezione Mox- TICELLI, e soltanto un esemplare conservato in preparato microscopico presentava nei testicoli la forma indicata dal MovnrIceLLI nel suo disegno : perciò ritengo che la forma normale dei testicoli sia quella da me osservata nei molti esemplari studiati, mentre la forma indicata dal MonriceLLI rappresenterebbe un’accidentale variazione. pene circa a metà distanza fra ovario e testicolo anteriore; in diversi esemplari la fascia destra oppure la sinistra si prolunga maggiormente all’ innanzi oppure all’ indietro. I due rami dell’ utero si mantengono fra loro indipendenti in tutto il loro percorso; il ramo di- scendente percorre alla sinistra, si ripiega all’ innanzi del testicolo anteriore, forma alla destra il ramo ascendente, il quale all’ innanzi dell’ ovario scavalca ventralmente la tasca del pene. Dalla descrizione suesposta risulta chiaro che il T. Ercolanti (Mont.) rappresenta una specie ben definita e diversa dal 7. aculeatus (Linst.), mentre invece grandi sono le analogie che si riscontrano fra esso e il 7. nematoides (Mun.) e tali che sarei quasi disposto di ritenere le due specie fra loro eguali, nel quale caso, per ragioni di priorità, il 7. nematoides costituirebbe un sinonimo del 7. ercolanii. È indubitato che le specie appartenenti a questo genere presentano fra loro analogie grandissime e difficile ne riesce la loro identificazione e perciò, persuaso di rendere servigio ai miei onorevoli Colleghi, aggiungo alla presente nota il quadro comparativo di tutte le specie a me conosciute del genere Telorchis. xi | Ù desto pato 0 al f ' , ‘ - e Pad < Ò # 4] } n° È : a fi i ' ‘ “ » Ù n Sani unite KI; ’ : È = ARTT e AAT n 1 RE AITRIO ISAIA] : Ì 07 Ò d è à E ho A? hi) ULI RL na, Mannarggzt n Dos | ' 4 wr i bit" 00, LATTONIRTO ‘ L] i a ‘ ul ; d LUNGHEZZA LARGHEZZA VENTOSA VENTRALE. . . PREFARINGE. ...... HABINGR Ana Esorago INTESTINO at ee e AOULRATUS ERCOLANII NEMATOIDES POIRIERI ‘ A È ( LINSTOW ) (MONTICELLI ) (MUHLING) ( sTOSSICH) Le 5 105mm. 3 5mm. 3— 40m. 10 — 11m. 05 — jmm. 0°5 mm. 0° 385mm. fr: mm, appiattito e alquan- fusiforme nastriforie. = to ristretto alle due estremità. poco più piccola della ventosa orale manca ellissoide corto piccola ellittica lunghetto sferica corto termina poco distante dall'estremo posteriore sorpassa quasi l’ o- vario. sferici o poco allun- gati. fino all’ ovario. d sorpassa l’ovario |all' innanzi dell’ o- || sferici sferico I due rami restano indipendenti e non scavalcano l’intestino all’ innanzi dell’ o- vaio fino a due terzi distanza fra ovario e testicolo anteriore Testudo graeca Albania dalla metà della ta- sca del pene a metà distanza fra ovario e testicoli. Tropidonotusnatria e viperinus. Italia I due rami si scavalcano restando fra i due intestini dalla metà della ta- sca del pene fino al. l’innanzi dei testi. coli. Tropidonotusnatrix Germania quasi la metà della ventosa orale. ellissoide corto fino l’ estremo pe- steriore. s: Tres "=-rrsasorcer=s vario. quasi della ventosa || ventrale a metà di- || stanza fra ovario e || testicoli. Cistudo lutaria Italia e Francia A î Peli Fi n « i del genere Telorchis _PARVUS SOLIVAUUS | ARRECTUS | PLEROTIOUS| BIFURCUS CLAVA | BRAUN ODHNER I (MOLIN) (BRAUN) (BRAUN) (DIESING) Sr 2mm. 75m. 3'5um. 6 — Smm. 10 — 13 mm. fis 0°34mm. 0°8—0'9mm. imm. 0°26-0°39mm. | 1°4 — 1’6mm. 1°29- ’20m. iattito e alquan- lanceolato e | depresso depresso efu- | fusiforme, assottigliato mag || to ristretto verso depresso. siforme. giormente verso l'estremo l'estremità poste- posteriore. || riore. guale all'orale più grande | poco più pic- | la metà del- | quasi eguale | poco più piccola d -dell’ orale cola. l’orale. all'orale. nulla lunga piccola ovale sferica | ellissoide ellissoide sferica ellissoide lunghetto | corto manca manca | all’innanzi del testi- | | Il | | testicoli. I | Cistudo lutaria olo anteriore. fino all’ ovario sferici sferico i due rami si inerociano a metà. | lietro 1’ ovario ter- | dal primo ter- || minano distanti dai | zo della tasca finoa due ter- zi fra ovario e testicolo. Clemmys ca- spica. Caucasia fino all'estremità posteriore sorpassa l’o- vario. come nel 7. aculeatus. dall’ apertu- ragenitale al termine del- l'intestino. Podarcis mu- ralis. Italia distante dal- l’ovario. ovali e al- quanto di- stanti. sferico o el- litico. i due ramisi scavalcano di poco. fino all’ovario ovali o ellit- tici. ovale o reni- forme. come nel 7. aculeatus. dietro l’ovario fino al testicolo anteriore Testuggini d’acqua dolce Brasile fino l'estremo posterio:e. fino all’ovario. sferici. sferico. dall’ovario al testicolo poste- riore. estesi da un’estremità all’al- tra del corpo. Eunectus scytale Brasile 10 IL. Fra le differenti specie di elminti da me raccolti lo scorso estate in diversi animali della regione centrale istriana, il massimo interesse mi destarono alcuni distomi perfettamente sviluppati inclusi in minutissime cisti e queste aderenti ai ‘muscoli lombali di una vecchia rana. Sottoposti all’ esame micsoscopico, quale non fu la mia meraviglia, nel riscon'rare in essi un rappresentante della sottofamiglia delle Opisthorchiinae Looss e del tutto differente dalle specie fino ad ora descritte; a questa specie, che devo ritenere assolutamente nuova, impongo il nome di Bra- chymetra parva e la sua diagnosi verrebbe ad essere la seguente : Brachymetra parva n. g., n. sp. (Fig. 1). Lunghezza 1'5 — 2 mm. — Larghezza 0/3 — 0'5 mm. 5 5 Ha il corpo depresso, molto allungato, con le due estremità rotondate e con la parte an- teriore ristretta; la cute è coperta di minutissime punte disposte fittamente in serie oblique. La ventosa ventrale la metà più piccola dell’ orale e perfettamente rotonda è situata al- quanto all’ innanzi della metà del corpo ed apparisce perciò distante dall’ estremità anteriore del corpo. Dalla piccola faringe, unita alla bocca per mezzo di una corta prefaringe, diparte un lungo e sottile esofago diviso in due ampi intestini che si estendono fino al margine posteriore del secondo testicolo e perciò distanti dall’ estremo posteriore del corpo. Dal fo- rame escretore, situato dorsalmente e vicino al termine del corpo, diparte una lunga e ampia vescica di escrezione, la quale piegandosi ad S passa fra i due testicoli e si estende fino al livello dell’ ovario. Gli organi genitali sboccano immediatamente all’ innanzi della ventosa ventrale e mancano gli organi di copulazione. I due testicoli sono relativamente piccoli , lobati e situati obli- quamente nel mezzo della parte postacetabulare e ognuno di essi vicino al corrispondente intestino. Alla destra giace 1’ ovario, debolmente lobato e alquanto più grande degl’ inte- stini; un ricettacolo seminale manca. I viiellogeni sono costituiti da numerosi follicoli piccoli, tondeggianti ed abbraccianti 1’ intestino, che si estendono dalla biforcazione intestinale al termine dell’ intestino. L’ utero piuttosto largo, sviluppa 4-5 giri non scavaleanti l’intestino, fra 1’ ovario e la ventosa ventrale e contiene un numero relativamente piccolo di uova gialle e di forma ellittica. Habit. Vive inclusa in minutissime cisti sferiche sopra i muscoli lombari della Rana esculenta (Istria centrale). . Dai caratteri suesposti risulta che la Brachymetra parva appartiene alla sottofa- miglia delle Opisthorchiinae Looss, senza però poterla aggregare ad uno dei generi esistenti; e perciò che mi trovo obbligato di riguardarla quale tipo di un nuovo genere da me chiamato Brackymetra. Con la creazione di questo nuovo genere le Opisthorchiinae verrebbero divise in quattro generi, distinti fra loro per i seguenti caratteri : longissimus (Linst.) corvinus SToss. interruptus BRAUN lancea (Dirs.) viverrini (PoiR.) piscicola ODENER ranthosomus(CREP.) tener Kowat. crassiusculus (RuD.) coeruleus BRAUN . ci È . Sinossi dei generi | OPISTHORCHIS HOLOMETRA METORCHIS BRACHYMETRA (BLANCH.) LOOSS LOOSS LOOSS STOSSICH Ì anteriormen ol- ‘jormente non È hi Corpo 1a FE i I anteriormente poco assottigliato. s gliato. assoltigliato. | estesi finonell’estre- | terminano all’ i n - | estesifinonell’estre- | terminano distan- INTESTINI mo posteriore. nanzi dei testicoli. | mo posteriore. ti dall’estremo po- steriore. | più 0 meno lobati o | situati assimetrica- | tondeggianti o loba- | debolmente lobati e ramificati, situati | mente nell'estremo | tie situati vicini nel- | situati obliquamen- IMESTICORI obliquamente uno | posteriore e vicini. | l'estremo posteriore. | te nel mezzo della sopra l’altro nella parte postacetabu- parte posteriore del lare. corpo. semplice o lobato | molto all’ innanzi e | tondeggiante all’in- | debolmente lobato Orio | all’innanzi dei testi- | separato dai testi- | nanzi dei testicoli. | fra la ventosa ven- coli. coli da anse uterine. trale e il testicolo anteriore. RiceTTACOLO ; n sviluppato manca laterali, all’ esterno | all’innanzi dell’inte- | laterali, all’esterno | sorpassano la vento- | Vieri biant degl’intestini e non | stino e ai lati del- | degl’intestini e sor- | sa ventrale e abbrac- sorpassanti la ven» | l’esofago. passanti la ventosa | ciano gl’intestini. tosa ventrale. ventrale. dall’ovario alla ven- | riempie tutto il cor- | anse compatte che | pochi giri fra l’ova- ., DL A 6 . 5 tosa ventrale man- | po fino alla ventosa | dall’ovario si spin- | rio e la ventosa ven- UreRo tenendosi fra gl’in- | ventrale. gono finoall’innanzi | trale. testini. della ventosa ven- trale. tenuicollis (Rup.) exigua (Mùnt.) albidus (BRAUN) parva Stoss. sinensis (CoBB.) truncatus (Rup.) noverca BRAUN complexus (St. ETH.) È simulans Looss conjunctus (CoBB.) Specie amphileucus (Looss) | Î —r———————— ————————————————nkzìt2— —T __———————--: Fra le specie del genere Opisthorchis indicai |’ O. corvinus Stoss., specie questa che dagli autori Sties e HassaLL venne descritta quale varietà del Distomum lon- gissimum List. (D. longissimum corvinum) vivente nei canali biliari del Corvus ame- ricanus e del C. ossifragus (1). Già l'ospite tanto diverso (per 1° O. longissimus il fegato dell’Ardea stellaris del Turkestan) (2) quanto la ben differente posizione geo- grafica, dovevano determinare dei dubbi sopra una semplice variazione di una specie dubbi, i quali al confronto delle descrizioni e delle figure risultarono più che fondati. Infatti le diversità che si riscontrano sono tali da giustificare ampiamente la tra- sformazione dell’ 0. longissimus var. corvinus in O. corvinus. Fra le differenze prin- cipali troviamo, che nell’ 0. corvinus i testicoli e l’ ovario sono tondeggianti, che î vitellogeni si estendono fino al testicolo posteriore e la cute si presenta aculeata ; mentre invece nell’ O. longissimus i testicoli e l’ ovario sono lobati , i vitellogeni si estendono fino all’ ovario e la cute manca di aculei. IV. Nel 1883 descrissi quale nuova specie il Distomum gobii (3), rarissima forma vi- vente nell’ intestino medio del Gobius jozo; fatte ultimamente nuove ricerche nei Gobius ebbi la fortuna di raccoglierne alcuni esemplari, che mi servirono a correg- gere e completare la mia prima descrizione ed in base a questi nuovi studi che mi fu possibile di stabilire |’ esatta posizione sistematica della specie, aggregandola al cenere Helicometra OpHNER col nome di : Helicometra gobii (StossicH) Lunghezza 1 — 2'5 mm — Larghezza 043 — 0/9 mm Ha il corpo di colore carnicino pallido, trasparentissimo , molto contrattile, fortemente depresso e quasi fogliaceo, assottigliato anteriormente e posteriormente piuttosto largo e rotonlato. La ventosa ventrale apparisce quasi il doppio più grande dell’ orale, di forma circolare e situata alla fine del primo terzo. La faringe larga e robusta si unisce alla bocca per mezzo di una corta prefaringe ed un corto esofago dà sviluppo a due intestini distanti alquanto dai margini del corpo e dall’ estremo posteriore. L’ apertura genitale giace poco sotto la faringe e la tasca del pene abbastanza allungata si estende fino quasi al centro della ventosa ventrale; nella tasca del pene si osserva la vescica seminale, la parte prostatica con numerose glandole, un lungo canale eiaculatore e un pene corto. I due testicoli larghi, più o meno lobati, giacciono nel terzo posteriore del corpo e si estendono da un intestino all’ altro e di essi il posteriore apparisce più volumi- noso dell’ anteriore. Ovario 4-5 lobato. Ricettacolo seminale grande, periforme, situato alla destra dell’ ovario. I vitellogeni costituiti da follicoli piccoli e situati in gran parte allo (1) Sries and HassaLL — Notes on Parasites, 21-22: Veterinary Magazine, June, 1894, pag. 418, Plt. 4, fig. 14. SmtiLes and Hassar.—Notes on Parasites, 42-46: Veterinary Magazine, March 1896, pag. 151, fig. 2. (2) Linsrow, O.— Nematoden, Trematoden und Acanthocephalen, gesammelt von Prof. Fedtschenko in Turkestan: Arch. Naturg. Vol. 49, 1883, pag. 308, Tav. 9, fig. 50. Linsrow, O.— Viaggi Fedtschenko; Vermi (lavoro in lingua russa), 1886, pag. 32, fig. 53. (3) Srossica, M.— Brani di elmintologia tergestina, Serie prima: Bo??. Soc. adriat. Se. Nat. Trieste, Vol. 8, 1883, pag. 11, Tav. 27, fig. 6-7. esterno degli intestini, si estendono dall’ apertura genitale all’ estremo posteriore e conflui- scono dietro i testicoli ; il vitellodutto trasverso passa all’ innanzi dell’ ovario e forma un ricettacolo vitellogeno abbastanza voluminoso alla sinistra del ricettacolo seminale. Fra la ventosa ventrale e 1’ ovario si sviluppano le 3-4 spire dell’ utero. i Habit. — Nella metà anteriore dell’ intestino del Gobius jozo (Trieste). Questa specie, per avere i testicoli lobati, apparterrebbe al secondo gruppo delle Helicometra (1), al quale troviamo aggregate le specie digià descritte : H. fasciata » H. mutabilis ed H. flava; le quattro specie sono fra loro molto simili e difficili a distinguersi, specialmente se gli esemplari si presentano alquanto contratti. Nella H. fasciata i vitellogeni si estendono fino al margine anteriore della ventosa ven- trale, nella H. mutabilis vanno da un’ estremità all’ altra del corpo e nella ZH. fava e nella H. gobii arrivano fino all’ apertura genitale; queste due poi differiscono per avere la H. flava \la faringe allungata e la tasca del pene estesa fino al margine anteriore della ventosa ventrale, mentre nella H. gobîî la faringe è più larga che lunga e la tasca del pene si estende fino al centro della ventosa. Per maggiore chiarezza e per facilitare la determinazione delle specie, faccio seguire il: Quadro comparativo delle specie del genere Xelicometra ODHNER. VITELLOGENI fino al centro gine anterio- re della ven- tosa ventrale fino al margine anteriore mità all'altra | del corpo. | | fino alcentro FASCIATA | MUTABILIS ILAVA | GOBII PULOHELLA| sinUATA (RUD.) (STOSS.) (STOSS.) (sTOSS.) (RUD.) { (RUD.) LUNGHEZZA 2 pa, ILLE) 4 es Fsta119> 15 n grazot 1 = (AIA. gu gg» LARGHEZZA DET 1 IAZA 0°75 o (1202228 073 ALA 05 OLTEIIA 079 pe? ISLA, : più grande | quasi il dop- | poco più |quasiil dop-| più grande dell’ orale. TOS - ; ; Ventosa ven della ventosa | pio dell’orale.| grande del- | pio dell’orale! TRALE Avid orale. l’orale. Ì rotonda. subquadrata. | allungata. più larga che rotonda FARINGE lunga | fino nell’e-| distanti dai margini del corpo e distanti | fino nell’ e- | distanti dal- INTESTINI stremo po- dall’ estremo posteriore. | stremo po- | l'estremo po- . Il . Il . steriore. sterlore. | steriore. TESTICOLI grandi, contigui e lobati a margine intero | fino alcentro Tasca DEL PENE | dellaventosa | della ventosa o poco più. | della ventosa| della ventosa | ventrale. | | fino al mar-|da un’estre:| fino all’apertura genitale. | fino alla bi- | fino alla ven- forceazione) tosa orale. intestinale. (1) Srossica, M.— Una nuova specie di Helicometra OpHNER: Arch. Parasit. Tome 7, 1903, pag. 375, SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 2. Lettere comuni a tutte le figure - a — apertura gentale rs — ricettacolo seminale e — esofago t — testicoli f — faringe tp — tasca del pene i — intestino u — utero o — ovario v — vitellogeni p — pene va — vagina Pf — prefaringe ve — vescica di escrezione pp — parte prostatica vs — vescica seminale x — biforcazione intestiuale x Tutte le figure sono disegnate in posizione ventrale. Fig. 1. Brachymetra parva n. g. n. sp. Fig. 2. Zelorchis poirieri (StoSssICH). Fig. 3. Astiotrema monticellii n. sp. Tav. 2 Wa pol NSWALN 23. (7) DIVELSI r Anmuario del Museo Loologico RI (ERESSE SORTI * 2000 2°2°7 su09© e vani e] ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova. Serie) VOLUME I. Num. 24, 15 Gennaio 1905 Dottt ALESSANDRO BRIAN (ASSISTENTE ONORARIO NEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI GENOVA Sui COPEPODI raccolti nel golfo di Napoli da Okoxzio G. ed AcuiLLE COSTA (TAVOLA 3.2 e 4.2) [Lticevuta il 6 Giugno 1904] Durante il mio soggiorno, nell’estate del 1903, alla Stazione Zoologica di Napoli, oc- cupato nella ricerca di materiale per uno studio sui copepodi parassiti dei pesci di quel golfo, ho avuto occasione di esaminare una interessantissima raccolta di sif- fatti crostacei, conservata nel Museo Zoologico dell'Ateneo napoletano, e che il Di- rettore Prof. Fr. Sav. MonticeLLi mi ha gentimente affidata, affinchè ne facessi la revisione; per il che gli rendo ora vivissime grazie. La collezione è davvero preziosa, perchè componesi principalmente di entomostraci raccolti dal naturalista napoletano O. G. Gosta, nella prima metà del secolo XIX e da suo figlio AcuiLe Costa ; quasi tutti appartengono alla fauna del golfo di Napoli, ad eccezione di due forme provenienti da Messina. È ben vero che di tali entomostraci, aleuni furono già descritti come nuovi ed illustrati dall’O. Cosra stesso nella sua opera, pregiatissima a’ suoi tempi e tuttora: la « Fauna del Regno di Napoli » (1); ma quelli descritti o nominati dal Costa stesso sono in piccolo numero in confronto (1) Nel catalogo dei Crostacei del Cosra, pubblicato nel 1840, separatamente dall'opera sui Crosta- cei colle tavole, che comparve ulteriormente, si trovano citate sei specie di copepodi, che sono: Cyclops marinus (Euchita) Edawardsia (Sapphirina) fulgens, Cecrops latreillei, Gunenotophorus globu- laris, Notopterophorus elongatus, N. elatus. Di tutte queste forme citate, il Costa descrisse soltanto l’Edwardsia fulgens, corredando di figure la descrizione. Pure figurati, ma non descritti appariscono soltanto nel testo il Gunenotophorus globularis, Notopterophorus elongatus, N. elatus, ma non è stata riportata nè la figura, nè alcun cenno sulle rimanenti forme. In una tavola segnata col numero 3 in fondo all'opera, l’autore ha rappresentato un copepode parassita senza nominarlo. La figara è iue- satta , tuttavia ritengo che il copepode parassita disegnato possa essere una Nemesis (forse N. ro- busta); ma evidentemente si osserva che il disegnatore è incorso in un errore nel rappresentare un individuo maschile, al quale egli ha appiccicati i tubi oviferi esterni, propri della femmina. 9 con quelli che risultavano non ancora determinati. Inoltre errato era il nome di ta- luno, e l’incertezza di altre identificazioni mi obbligò ad un nuovo ed attento esame, per potere controllare, prima di tutto, la determinazione fatta dal Costa e poi per rile- vare la sinonimia di quelle forme, da lui ritenute come nuove, ed assegnare il nome specifico a quelle che rimanevano ancora da delerminarsi. Tra le forme comprese in questo materiale, certamente meritevole di speciale at- tenzione, ricordo fin d'ora il Caligus trachypteri KR., che fu ritenuto dal Cosra per Notodelphys, come risulta dal cartellino della bottiglietta scritto di sua mano. Questa rara specie di Culigus già in parte nota per una descrizione in danese del KròyeR non sembravami ancora esaurientemente descritta, nè sopra tutto disegnata in modo sufficiente da quell’autore. Più a lungo quindi mi occupo in queste pagine di tale specie, mentre per tutte le altre mi sono limitato ad elencarne il nome con breve cenno bibliografico. 1. Sapphirina fulgens Costa g. Edwardsia fulgens Costa 1840. Per quanto io abbia osservato con molta attenzione gli esemplari tipici di questa forma descritta dal Costa, stante il loro cattivo stato di conservazione, non sono riuscito a stabilire se essa debba identificarsi colla Sapphirina gemma Dana, come dubita il GiesBREcaT, o non piuttosto colla Sapphirina ovatolanceolata Dana; alla quale tuttavia sarei più propenso a riferirla per la conformazione in tutto identica del terzo articolo del ramo interno del secondo paio di piedi. I maggiori individui arrivano a 4!/, e a 5®" di lunghezza e a 2 circa di lar- ghezza. Ve ne sono anche con dimensioni minori, con una lunghezza del corpo va- riabile fra 3 e 52» e anche meno. 2. Sapphirina salpae CLs. (Fig. 9). Sapphirina iris Dana 1849, 1852. _ scalaris FiscaeR, 1860. — salpae GLaus, 1859-60 63 (1. 2. 4). —_ gemma Brapy, 1883 (1). _ salpae CLs. Carus, 1885. Questi esemplari che non risuitavano determinati, sono tutti di sesso femminile. Lunghezza del corpo variante fra 7 e 8 mm. 3. Doropygus pulex TuoreLL (Fig 10, 11, 12). Doropygus pulex TroreLL, 1860. — pullus BucHnoLz, 1869. - puler Brapy, 1878. _ — KerscHNER, 1879. = — — Aurivicuius, 1883. = — . Canu 1892, (2). _ —. Carus, 1885. Rinvenni questi esemplari, in numero discreto, conservati entro un tubetto. Sono tutte femmine bene sviluppate, lunghe circa 3 mm. Non determinate, mancano di' indicazione della località e dell’ ospite. La lunghezza di questa specie, secondo Canu, è la seguente: £ 3 e 4 mm. ; gi 1,5 —2 mm. - 4. Gunenotophorus globularis Costa. Gunenotophorus globularis Costa, 1840. Sphaeronotus thorelli Graus, 1864 (5). Gunenotophorus globu'aris Bucnnorz, 1869 _- -- KerscHNER, 1879. = — AuriviLLius, 1885. _ - Canu, 1891 (1). —_ _ Canu, 1892 (2). — _ Carus, 1885. Gli esemplari Q di questa specie probabilmente non sono gli stessi che servi rono al Costa per fondare il suo nuovo genere, che ha illustrato a colori nella Tav. 2, insieme al Notopterophorus elongatus Costa (vedi op. cit.), poichè il tubetto che rac- chiudeva detta specie portava l’indicazione di località Messina ,. Secondo Ganu la lunghezza del corpo di questa forma è di mm. 2,5. 5. Notopterophorus Cosra. Della specie N. elongatus Costa disegnata insieme al N. elatus dal Costa nella Tav. 2 del suo citato lavoro, io non ho trovato alcun esemplare nel materiale che si conserva nel R. Museo Zoologico di Napoli. Il GiesBrecHT ritiene queste due forme di Notodelfidi ora ricordati, non già due specie distinte, ma due varietà di. un'unica specie e la loro posizione sistematica è data dalla tabella seguente, ove si vede che il genere Notopterophorus non è che un sottogenere del gen. Doropygus. | a subgen. Doropygus str. s. Gen. Doropygus < | b subgen. Notopterophorus [vedi Cosra 1840]. 1. spec. papilio Hesse. \ 2. spec. elongatus 1 var. elatus Costa. 1, elongatus Cosra. 1, auritus TroreLt. \ 3. spec. gibber THORELL. b Notopterophorus Il GiesBREcAT, in altro prospetto che trascrivo, dà la sinonimia delle due prime specie di .Notopterophorus ora citate, proprie alla fauna del Mediterraneo. Notopterophorus Costa. papilio Hesse — | elatus Costa — elongatus Costa. — papilio Brapy | | veranyî Leucxart, HetLeR. CIT CES: 1 _———————_ ? bombyx Hesse. var. elatus BucHoLz. | elongatus Brapy. papilio C. Voet. i elongatus KerscHNER. 6. Caligus trachypteri KròrkR. Caligus Trachypteri KR6yER, 1863 (2). _ — Carus, 1885. i —- BasserT SMITH, 1899. Molti esemplari di sesso femminile trovai entro un tubetto distinto soltanto col- l’ indicazione di Notodelphys: Gli esemplari di questa specie di Caligus somigliano alquanto al C. minutus, ma se ne al- lontanano per avere il quarto paio di piedi muniti di 5 spine anzicchè di 4; in essi poi la spina situata al lato interno dell’ estremità di questo paio di zampe è più lunga delle altre, soltanto meno della metà lunghezza; gli hamuli sono più brevi e diritti che nel O. minu- tus ; l’ addome o segmento genitale di forma più rotondeggiante ; il quinto paio di zampe rudimentale, invece che costituito da tre spine giacenti sopra di un tubercolo o laminetta, appare da ogni lato del segmento formato soltanto da tre spine, l’ una isolata e le altre due riunite alla loro base, tutte direttamente uscenti fuori dal tegumento dell’ addome. Somigliano eziandio alquanto al ©. infestans, dalla quale specie vanno separati, perchè privi della bi-articolazione nel post-addome, che è invece propria di quella forma. Col Cl. rapax parimente offrono qualche affinità, ma pure si distinguono da questa spe- cie per le seguenti differenze : la formain esame ha le setole del ramo esterno del 3° paio di piedi più corte e in numero maggiore, che non nel 0. rapar, ove si contano in numero ap- pena di 4 o 5; come già lo rilevato nella specie da me esaminata, la spina interna al- l’ estremità del 4° paio di zampe è appena più lunga delle altre, per una difterenza che è minore di metà della sua lunghezza ; detta spina non è seghettata ; per giunta, se giusta è la mia osservazione, nel primo paio di piedi una o due delle spine terminali si presen- tano bifide all’ estremità ; anche nel ramo esterno del secondo paio di piedi vi è una spinula uncinata di più che nel C. rapar. Infine la lunghezza del C. trackypteri è di 4 !/, mm. circa, mentre STEENSTRUP e Liirxen danno pel Cl. rapar, alla femmina mm, 6 !/, ed al maschio mm. 9 di lunghezza. Descrizione della femmina (Fig. 1-7). Lunghezza mm. 3,90-4,70. Cefalotorace foggiato a guisa di scudo, di forma ovale; più stretto verso il margine an- teriore. Quest’ ultimo è quasi dritto con leggera traccia d’ incisione mediana: porta ai lati due lunule ampie. Anello genitale vistoso, di forma globosa, con profonda insenatura al suo margine poste- riore ; in un individuo maggiormente sviluppato a forma di cuore, e in un altro più giovane a forma di botte; i suoi lati vanno restringendosi verso 1’ avanti per riunirsi coll’ anello toracico libero, che presentasi breve e stretto (Fig. 3). Il segmento caudale è piuttosto tozzo, di un quarto più lungo che largo: porta all’ in- dietro due laminette piccole e quadrangolari, che lasciano in mezzo a loro un certo spazio libero, munite ciascuna di tre lunghe setole piumate e di due più brevi. Le antenne anteriori (Fig. 4) sporgono discretamente dai lati sull’ avanti del ce- falotorace; sono bi-articolate con i due articoli presso a poco della stessa lunghezza, il basale forse alquanto più lungo, ma distintamente più largo, munito anteriormente di setole, 1° ar- ticolo terminale all’ estremità è armato da un ciuffo di peli. Gli hamuli (Fig. 4) sono po- chissimo rieurvi, quasi diritti e rivolti verso 1’ indietro. Le antenne posteriori (Fig. 4) presentano un articolo basale quasi rettangolare, e un uncino di forma caratteristica il quale presso la base si mostra ricurvo debolmente verso l’ esterno e all’ estremità piegato invece quasi ad angolo retto verso 1’ interno. Immediatamente dietro all’ articolo basale di siffatte appendici, e forse con questo unita, sì nota una spina diretta all’ indietro. Due altre spine a mo’ d’ uncini solidi, ricurvi al- quanto verso l’ esterno, notevoli in grandezza , si osservano ai lati del rostro , che qui è ot- tuso all’ estremità e foggiato non diversamente che le formazioni consimili negli altri la- ligus (Fig. 4). Dietro a ciascuno di questi uncini prende origine il primo paio di piedi ma- seellari, bi-articolati, col secondo articolo più gracile e più allungato che il primo e diviso RE O RIS TA n - (ba] in due appendici assottigliate verso 1° estremità e e n altra breve appendice verso la metà della sua lunghezza. Forte e robusto è invece il secondo paio di piedi mascellari.- All’ articolo uncinato è fissata una spina dalla parte concava. I due rami della furcula sono semplici e alquanto divergenti nel primo tratto e legger- mente rieurvi verso l’ interno all’ estremità (Fig. 4). I piedi del primo paio, sono ad un solo ramo, e questo presentasi triarticolato. L’ articolo basale piuttosto grosso, porta sul margine inferiore una spina o dente e una se- tola. Il secondo articolo è più allungato; il terzo ed ultimo è munito all’ estremità di tre spine di lunghezza presso a poco uguale, e di nn’ altra, sull’ angolo interno, più lunga. Una o due di queste spine a me sembrano divise, ciascuna in due punte all’ estremità. In- feriormente allo stesso terzo articolo si notano tre setole piumate (Fig. 5). Il secondo paio di piedi è formato di due rami natatorii. Ogni ramo è triar- ticolato. Il ramo esterno porta sui due primi articoli e dall’ uno dei lati, una forte spina per ciascuno ; mentre dal lato opposto in corrispondenza di queste spine si vede una setola piumata. Il terzo articolo porta sei setole piumate e due brevi spine o setole semplici (Fig. 6). Il terzo paio di piedi è costituito da un’ ampia lamina basale la quale porta per ogni lato due piccole appendici rappresentanti i due rami natatorii. Queste appendici sono bi-articolate: quella esterna presenta alla base un ampio e forte uneino e due setole, una per ogni lato, sull’ articolo terminale 7 brevi setole piumate, disposte a ventaglio. L’ap- pendice interna è senza spine solo provvista di più lunghe setole piumate in numero di sette (Fig. 6). Ilquarto paio di piedi è bi-articolato: l’ articolo basale presso a poco di uguale lunghezza del terminale. Quest’ ultimo porta cinque spine, di cui tre stanno all’ estremità, e due sul margine esterno. Delle tre poste all’ estremità una è più lunga (quella sull’ in- terno) di un terzo e forse più di quella che gli sta vicino e di circa metà lunghezza che le altre (Fig. 7). Gli esemplari da me esaminati erano mancanti di tubi o cord,ni oviferi esterni. Il Costa non ci ha dato nessuna indicazione d’ospite. Invece i primi esemplari di questa specie descritti dal Kr6yER furono raccolti sopra di un rachypterus sp. catturato nei lidi di Sicilia. Dimensioni Per la descrizione di questa specie mi sono valso di due esemplari Q che ho esaminato colla maggiore attenzione; 1’ uno è alquanto più grosso dell’altro. L’ individuo maggiore presenta le seguenti misure (Fig. 1): Lunghezza totale del corpo, mm. 4,70 (setole caudali comprese). " del corpo, mm. 4,20 (setole caudali non comprese). Cefalotorace e anello toracico, lungh. mm. 2,50. Anello (4) segmento, genitale, lungh. mm. 0,90. Post-addome, lungh. mm. 0,80. Setola caudale più lunga, mm. 0,50. Distanza fra le due ZunuZae, mm. 0,60. Diametro di ogni lunula, quasi mm. 0,22. Lunghezza delle antenne anteriori, mm. 0,44. A degli hamuli, mm. 0,22. pi dell’articolo basale delle antenne posteriori, mm. 0,17; di dell'articolo terminale delle dette antenne, circa mm. 0,33. 7 del rostro, mm. 0,33. Larghezza del rostro, quasi mm. 0,22. 6 Lunghezza dell'articolo basale del 1° paio di zampe mascellari, mm. 0,44; dell'articolo terminale j dette zampe, mm. 0,62. Lunghezza dei rami della fwrcula, mm. 0,16. È Larghezza alla base , 2 04, ‘ 3 all'estremità , 3 SECO Lunghezza totale della furculZa, imm. 0,27. Larghezza maggiore dell’anello genitale, mm. 1,36. i Lo del post-addome alla base, mm. 0,60. 7 maggiore del cefalolorace, mm. 2. i - del cefalotorace in vicinanza delle antenne del 1° paio, mm. 1,10. L’ altro esemplare 9 evidentemente più giovane (Fig. 2) presenta misure alquanto infe- i riori : Lunghezza totale del corpo, mm. 3,90 (comprese le setole caudali). n del corpo, mm. 3,46 (non comprese le setole caudali). n del cefalotorace e dell’anello toracico libero, mm. 2,06. x dell'anello genitale, mm. 0,70. a del post-addome senza setole caudali, mm. 0,70. | = della setola caudale più lunga, mm. 0,44. Larghezza massima dell'anello genitale, mm. 0,80. J 5 del post-addome, mm. 0,54. é Pe massima del cefalotorace, mm. 1,90. = del cefalotorace in avanti al di sotto delle antenne anter., imm. 1,10. Gli esemplari descritti dal Kròyerk presentavano una lunghezza totale di mm. 3,77. | 7. Nogagus Latreillei LracH. Nogagus Latreillei LeacH. À È StEENSTRUP et LimKen, 1861. Ho esaminato un solo esemplare (maschio ?) della lunghezza di 11 mm.; ma era senza indicazione di ospite e di località. 8. Cecrops Latreillei LeacH. Cecrops Latreillei LeAcH. È A LAMARCK, 1838. a 3 LATREILLE, 1821). À ° DesmaRESsT, 1825. i Di Norpmans, 1832. 2 î Guerin, 1540. b, 5 Mine Epwarps, 1840. 5 È Barrp, 1850. a A KròyEeR, 1863. Pi x v. BeNnEDEN, 1861. 5 î RicHiarpI, 1880. 5 6 VaLLe, 1880. Ò) " Carus, 1885. si È THompson, 1889 (1). È: 3 BassETT-SMITH. Questa specie nel materiale esaminato risultava già determinata coll’ indicazione dell’Rabitat (golfo di Napoli), ma non quella dell’ospite.Vivrebbe sull’Orthagoriscus mola. 9. Phyllophora erassa Ricn.? Phyllophora crassa Ricmarpi 1880. 7a 1A RicH. Carus, 1885. adr iti’ mt I Per quanto io sappia non si conoscono che due specie del gen. PhyMophora : quella che ha dato luogo alla costituzione del genere, la PhyMl. cornuta 9 di MiLne Epwarps e la PhyMl. crassa del RicuiarDi!, che però non descrisse e da lui trovata aderente alle branchie di Prionodon glaucus dei mari d'Italia. To credo che l'esemplare del Museo di Napoli, da me esaminato , possa essere riferito alla specie del RicHiarpi, tuttavia mi riuscì impossibile di studiarlo in modo da darne la descrizione, perchè non ho voluto guastare l’unico esemplare. Nessuna indicazione dell'habitat. 10. Philichthys xiphiae SreensrruP. Philichthys ciphiae SreenstRUP, 1861 (1). 5 = SreENsTRUP, 1862 (2). È E, Bercsor, 1864 (1). pi 2 BercesoE, 1865 (2). > pe Voet, C. 1879. Ricgiarpi, 1880. Vacce, 1880. " ” Carus, 1885. È Bassert-SmiTH, 1899. ® Trovai questa specie (9) già determinata, con un cartellino segnante eome loca- lità: Messina. 1 11. Philichthys sp. ? Un’altra specie di Philiehthys rinvenni fra il materiale dei Costa, non ancora de- terminata specificamente e senza indicazione nè di ospite, nè di località. Ma non mi fu dato di poter stabilire la specie. 12. Nemesis mediterranea HELLER. Nemesis lamna Risso, 1826. n 5, Roux, 1828. È carchariarum Roux, 1828. a mediterranea HeLLer, 1865. È e RicHiarpì, 1880. dd Ùa VALLE, 1880. A s Garus, 1885. A E BassetT SMITH, 1899. Questa specie è rappresentata da alcuni esemplari ©. Una figura di un copepode parassita che io ritengo appartenere al gen. Nemesis si trova disegnata dal Cosra nella Tavola segnata col numero 3 in fondo al vo- lume sui Crostacei. La figura di questo parassita non è accompagnata da nessuna indicazione. Ad ogni modo essa non è esatta e probabilmente rappresenta, come ho detto (v. nota a pag. 1), la specie Nem. robusta Van Ben. e più propriamente il ma- schio non la femmina, sebbene per sbaglio il disegnatore, in questa figura , abbia aggiunto al corpo dell'animale i tubi oviferi. 13. Dichelestium sturionis Herm. Dichelestium Sturionis HERMANN, 1804. Norpmann, 1832. x E Micne Epwarps, 1840. 7 - RarHKE, 1837. Dichelestium Sturionis v. BeneDEN, 1851 (2). è s RicHiarpi, 1880. 5 3 VALLE, 1880. e _ Carus, 1885. È s * BasserT-SMITH, 1899. Esemplari © già determinati dal Costa. Il tubetto conteneva anche l’ indicazione di località: Napoli. 14. Anchorella uneinata Nokpm. (Fig. 8). Lernuea uncinata MùLuer, 1777. Schisturus uncinatus Oken, 1815. Lernaeomyzon uncinatum BrarnviLLe, 1822-1823 (1). Anchorella uncinata NorpMmann, 1832. : Ri Miune Epwarps, 1840. 5 = Ba1rp, 1850. = È Van Benepen, 1851 (1). a È CLaus, 1860 (2). 5 = HeLLEr, 1866. z n Voer C, 1879. u È VALLE, 18S0. & DI Carus, 1885. x 5 THÒompson, 1893. Determinai di questa specie un unico esemplare, che non aveva però indicazione alcuna nè di ospite, ne di località. Lunghezza del corpo 6 mm.: lungh. dei sacchi oviferi 7 mm. Franz Poche di Vienna (Zool. Anz. 26 Bd. N. 685 pag. 8-20, 1902) ha proposto che al nome generico, fino ad oggi usato per queste forme di copepodi, cioè Ancho- rella, venga sostituito quello più antico di Clavella ; e ciò in omaggio alle regole di nomenclatura proposte nel 1895. Per le forme conosciute fino ad oggi col nome generico di Clavella egli propose il nuovo nome di Huatschekia. 15. Brachiella thynni Cuv. Brachiella thynni > s Norpmann, 1832. A È Miune Epwarps, 1840. L > SreensTRUP e LiùTKEN, 1861. A A Van BenEDEN, 1861 (1). È ” Voer, 1879. Li L RicgiarpI, 1880. = 5 VaLLe, 1880. x 5 Carus, 1885. Rinvenni questa specie, già determinata, senza veruna indicazione nè di ospite nè di località (1). (1) Questa specie ed alcune delle sopracitate , ossia l’Anchorella uncinata , la Nemesis mediter- ranea, il Cecrops Latreillei, sono tutte forme comuni nel Mediterraneo, e che io ho citato per le lo- calità di Genova e di Portoferraio in pubblicazioni comparse negli Atti della Società ligustica di sc. Norpm. KroòyER, 1840. Basser-SMITH, 1899. Cuvier, 1829 (Règne animal, 3). GuérIN, 1904. BasserT-SMITH, 1899. nat. e geogr. di Genova, Anni 1898-03. dI x E nn Eleneo delle specie componenti il materiale studiato nella presente Nota. LADA LA WIN HH Ho 12. Hi vw 14. 15. . Sapphirina fulgens Costa. . Sapphirina salpae CLS. . Doropygus puler THORELL. . Gunenotophorus globularis Costa. . (Notcpterophorus). . Caligus trachypteri Kr. Nogagus Latreillei LeAcH. Cecrops Latreillei LeACH. Phyllophora crassa RicH.? . Philichthys riphiae STEENSTR. . Philichthys sp. Nemesis mediterranea HELLER +. Dichelestium Sturionis HERM. Anchorella uncinata NoRDmM. Brachiella thynni Cuv. Genova, Giugno 1904. BIBLIOGRAFIA Nella partie Bibliografica della presente nota mi sono limitato a citare le memorie più importanti che riguardano unicamente i copepodi elencati. 1883. AvriviLuius, C. W.S.— Bidrag till Kiinnedomen om Krustaceer, som lefva hos Mollusker och ISD0OSBATRD Wil. Tunikater: Akademisk Afhandling, Stockholm. The Natural History of the British Entomostraca, London. 1999. Bassert-SmtH, P. W.—A System. Descript. of Parasitic Copepoda : Proc. Zool. Soc., London 1861. Bexepen, P. van . . I, 1851. -— 2, 1864. BeresoE, V.. .... I. 1865. - I 1822. BLannvicLe, H. D.. . I, 1823. i 2A 2883. Brapy; G..St. ...L 1878-80. — 2, 1869. BucagoLz, R. ..... 1891. Cano, Eve... ... I, 1892. —_ DI N.o 29. Recherches sur la Faune littorale de Belgique — Crustacés. Mem. de l’Acad. roy. de Belgique, t. 33. 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Fig. 10. | Fig. 11. } Dovopygus pulex, femmine. | Fig. 12. , Ri E EVA ETA È e 50 a PTT a ME di s rl borgo sa re 3 9 RR TERI $ % à Y s ua : , a ‘ î Sei) È 3 3 cre ST no È pareti ana ato E ; î 5 he Lo ; «var #3 ni pa * « Ò Pol U Ù i s tit Li 5 DI du PRIORI CINI PIENE 7 BT Annvario del Museo Zoo/ogico (Università Napoli (NS) Vol I N. CTS” Al Serino Napoli i pi Annuario del Museo Loologrco Rliversità Napoli NSWAL N 24 Tav.4 ARRE Lit:Tacchinard: e Ferrari-Pavia ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. 9) Num. 25. 2 Maggio 1905 FR. SAV. MONTICELLI Su di un ECHINORINCO della Collezione del Museo Zoologico di Napoli * (Echinorhynchus rhytidodes MoxmcELLI) (TavoLa 5.9) = n [Iticevuta il 30 novembre 4904] Nel 1887, col nome di E. aurantiacus Risso, ho sommariamente descritto un Echinorinco che vive parassita nel tubo digerente della Solea impur Benn. del Golfo di Napoli (1), ritenendo, allora, che in questa forma, non prima da altri rinvenuta ed illustrata, potesse riconoscersi l’ Echinorinco insufficientemente descritto con tal nome dal Risso nel 1826 (pag. 261, N.° 27); specie considerata fino a quel tempo, giu- sta l'opinione del DirsinG (pag. 56), come inquirenda. Più tardi, nel 1897, avendo avuto ccasione di studiare a Cagliari gli Echino- rinchi di un Legalecws glesi: e dei Lrarhypterus pescati in quel golfo, mi sono av- veduto che V/' aurenticcus di Risso, da questi rinvenuto appunto nel Trachypterus fola (Vogmarus Aristotelis) corrisponde, invece, all E. annulatus del Mon ; specie he, a sua volta, collima con V£. pellucidus LeuckART. Dal che sono stato condotto . conelidere che le due specie di Morin e di Leuckart devono rientrare fra i si- mini dell 4. aurantiacus Risso; e che, quindi, erroneamente avevo creduto di po- ter riferire a questa specie del Risso l’ Echinorineo della Solea impar, forma del tutto differente dall’ E. annulatus MoLin (E. pellucidus Levox. = E. aurantiacus Risso). Nell’esporre queste mie conclusioni in una breve nota su i parassiti del Regalecus glesne, per distinguere l’° E. della Solea impar dal vero E. aurantiacus, proposi di indicarlo col nome di E. corrugatus (2). Ma, purtroppo, nell’ imporre tal nome non # Questo Ech'norinco fa ora parte della Collezione elmintologica che ho istituita nel Museo Zoologico di Napoli : al quale, nell’assumerne la direzione (1900), ho fatto dono di tutta la mia privata raccolta di elminti, ricca di tipi originali e di rare specie, frutto di più anvi di ricerche. Questa raccolta è stata il nucleo della detta collezione, intorno alla quale ho riunito dapprima quel tanto di elminti che già conservava il Museo, ed ora si aggiunge quanto si va raccogliendo allo scopo di accrescerla e si riceve in dono ed in cambio, E di doni specialmente è largo l’amico Prof. SrossicH di Trieste che ha già arricchita ed arricchisce continuamente questa collezione con numerosi e cospicui invii di elminti. Gli esprimo qui le mie maggiori grazie. Fr. Sav. MONTICELLI mi avvidi che esso era già preoccupato per una larva di Echinorinco rinvenuta dal Sans (pag. 221, PIL. 28, fig. 15-18) nell’ Euphausia pellucida (E. corrugatus Sars; v. Lin- srow (2). Conseguentemente il nome specifico di coryugatus deve, a sua volta, so- stituirsi con un nuovo nome: e cercando quello che corrisponda al precedente nel riassumere la caratteristica dell'aspetto esterno dell’. della Solea, propongo di indi- carlo col nome di rAytidodes (put:d®dNg = grinzoso, corrugato). Ora, a complemento della prima descrizione datane nel 1887 con l’erroneo nome di £. aurantiacus, mutato poi nell'altro già preoccupato di £. corrugatus, riassumo, nella presente nota, tutte le caratteristiche proprie di questo Echinorinco, per me- glio individualizzare la specie da me istituita per questa forma. Sispetto esterno Il caratteristico aspetto esterno che questo £. assume vivente è fedelmente ri- prodotto così nelle figure che rappresentano la specie isolata (Fig. 1, 3, 5, 20), come nella fig. 19, che Ja ritrae attaccata all'ospite. Da queste si ricava come | E. in esame mostrasi tutto grinze e rughe profonde, per avere la pelle fortemente corru- gata e contratta; cosicchè l’animale, specialmente quando aderisce all'ospite, sem- bra tutto rattrappito e raccolto su se stesso pendere dalle pareti dell’ intestino di questo. Dopo morte esso perde un poco l’aspetto ora descritto e si distende alquanto nelle pareti del corpo, che pur conservano tracce evidenti, e talora profonde, di ru- ghe, grinze e contrazioni (Fig. 3, 5). Il colorito del corpo, dal quale fui tratto in inganno nell’ identificare la specie nel 1887, è giallo rancione che varia molto d’ intensità e digrada di tono fino al giallo di cromo : la proboscide è incolora o di tinta lattiginosa bianchiccia, traspa- rente (Fig. 1). Il corpo si presenta , sul vivo, ordinariamente incurvato a falce più o meno tozzo e rigonfio anteriormente e va gradatamente restringendosi ed affusolandosi posteriormente per terminarsi in un rigonfiamento caudale , appena appariscente e non sempre distinto, che molto ricorda una capocchia (Fig. 1). Questo aspetto di forma del corpo si perde del tutto, o si fa meno accentuato negli individui morti. La proboscide, è clavata: per lo più è retratta e di rado fuoresce completamente: d’ ordinario sporge a metà più o meno (Fig. 7, 9, 20): solo in pochi casi essa si mostra del tutto svaginata, rivelando appieno la sua forma (Fig. 2, 6, 11). Ciò che può darsi casualmente , si ottiene facilmente con opportuno artifizio di compressione, schiacciando fra due vetri degli individui viventi o prossimi a morte per averli tenuti wn certo tempo in soluzione fisiologica di cloruro di sodio. La proboscide è armata di 6 o 7 serie di uncini. Un brevissimo collo, non sempre fa- cile a distinguersi, come una lieve strozzatura, separa la proboscide dal corpo. Non ho potuto stabilire se vi sia corrispondenza fra la varia intensità di colorito ed il sesso degli individui esaminati: ma ho riconosciuto che, oltre alla differenza di dimensione fra maschi e femmine, come d’ ordinario, essendo queste in media molto più grandi e lunghe dei maschi (Fig. 3, 4), altre differenze sessuali secondarie si manifestano che valgono a caratterizzare i due sessi ed a distinguere i maschi dalle femmine. Cosichè si può constatare in questa specie un dimorfismo sessuale proprio per caratteri secondarii; all'infuori d' quello, più o meno generale nel gruppo, © della differenza, cioè, di grandezza dei due sessi. Questi possono, quindi, distinguersi anche indipendentemente dalla loro differente intrinseca organizzazione sessuale : e su questo fatto richiamo alquanto l’attenzione degli studiosi; chè possibilmente ri- tengo ciò sia per essere non un fatto isolato, ma che un esame condotto all’ uopo su largo materiale di studio potrà far riconoscere anche in altre specie di Echinorinchi. Premesso ciò e data la descrizione generale d’ insieme della specie, la completo con quella singola comparativa dei due sessi. Maschio Corpo— di dimensioni minori : meno affusolato posteriormente e rigonfio an- più breve, teriormente; subcilindraceo (Fig. 3). Lunghezza — mill. 4/,- 7. Proboscide — nettamente clavata, più grande, più sviluppata, ad apice piano roton- deggiante, molto ristretta alla base (Fig. 2, 9, 10) —- Uneini di trasversali, più forti e robusti, più brevi ed in numero sei serie adunchi: eresecono in grandezza e forza dalla prima alla quinta serie che ha gli uncini più grossi, più forti ed adunchi di tutte : quelli dell’ultima serie sono più brevi e più piccoli (Fig. 12). La guaina della proboscide non raggiunge in lunghezza i lemnisci: questi sono più Inn- ghi, relativamente più robusti e più slanciati (Fig. 2,,9,.9). Apertura genitale — terminale, di- stinta, sub ventrale, in fondo ad una piccola fossetta imbutiforme dell’eetoderma. La borsa a campana molto larga e breve, con margini svasati, fuoresce alquanto obli- quamente verso il ventre: è sottesa da nume- rose digitazioni radianti di forma caratteri- stica terminante a capocchia schiacciata. Femmina Corpo—di maggiori dimensioni: più lun- go, anteriormente alquanto più rigonfio, spe- cialmente se ripieno di uova e si termina più accentuatamente affusolato (Fig. 5). Lunghezza — mill. 6 - 8 - 8 1/,. Proboscide — meno nettamente clava- ta, poco ristretta alla base, subceilindracea, ad apice ristretto subpuntuto (Fig. 6, 8 e 11) — Uneini in numero di sette serie trasver-' sali, meno forti, relativamente esili, meno adunchi ed alquanto più lunghi; erescono in grandezza dalla prima alla quinta serie, che ha gli uneini più lunghi e robusti: quelli del- le due ultime serie sono di molto più brevi ed esili, decrescendo da una serie all’altra in forza e grandezza (Fig. 4). La guaina della proboscide sorpassa in lun- ghezza i lemnisei: questi sono più corti, ma larghi, rigonfi e clavati (Fig 5, 6, 11). Apertura genitale subterminale centrale circondata allo esterno da un cerci- netto sporgente, sitnata poco innanzi l'estremo dlel corpo, a ridosso di mma plica ad arco del- la parete di questo che circonda a crescente molto aperto il cercinetto suddeseritto. Note anatomiche, embriologiche e biologiche Dalla descrizione che precede emergono evidenti tutte le principali caratteristiche proprie che individualizzano la specie: ma anche molti caratteri anatomici essa pre- senta che vogliono essere ricordati. Non riferirò qui tutte le interessanti osserva- zioni sulla fine anatomia ed istologia di questa specie che ho potuto seguire su i numerosi individui raccolti e diversamente condizionati, dissecati o sezionati in serie. Mi limito soltanto ad esporre quelle particolarità di struttura che sono più attinenti allo scopo della presente nota e valgono a completare la conoscenza della specie. da Rivestimento cutaneo--LacuneT—-Sacco muscolare L’ectoderma, che in questo Echinorinco si mostra alla superficie finissimamente striato (Fig. 2, 6, 11, 21) per trasverso, è relativamente spesso, come si rileva dalle Fig. 14, 15 e 21. Esso è largo circa un sesto del diametro del corpo (Fig. 14). La cuticola esterna è ben distinta e forma uno straterello di mediocre spessore chiaro trasparente, ma evidentissimo sempre: una membrana basale, che si mani- festa nettamente differenziata, limita l’ectoderma dal sacco muscolare cutaneo. Di sotto la cuticola si nota una zona di spessore uguale a circa due volte quello della cuticola, dalla quale è chiaramente distinta, che si presenta fittamente striata perpendicolarmente a palizzata più o meno regolare, alle volte con delle piccole la- cune intercedenti di tratto in tratto fra le strie divaricate, secondo lo stato di fissazione dell'animale. Ed in rapporto con questa condizione va osservato in genere, che l'aspetto dell’ ectoderma, nelle sezioni, come ho potuto constatare, si presenta molto variabile nei suoi particolari di struttura; il che può spiegare alcune di- vergenze nelle descrizioni degli autori. Segue alla zona descritta la parte maggiore dell’ectoderma percorsa dalle lacune (Fig. 14 e 15); nella quale si osserva, ora evi- dente ora evanescente, una striatura molto lasca, per filamenti d’aspetto fibrillare, che ora sembrano continui, ora fatti di finissimi puntini allineati, che partendo dalla membrana basale vanno a terminarsi, più o meno distintamente, sotto la zona striata a palizzata innanzi descritta: dove si confondono in una sottile fascia forte- mente granellosa ed intensamente colorata dal carminio che sembra distinguere e separare la zona a palizzata dalla restante parte dell’ ectoderma. Questa fascia gra- nellare si osserva in tutti i casi; invece non sempre distinta si palesa un’altra zona, distanziata alquanto da quella ora descritta, molto stretta ed anch'essa forte, gra- nellosa e più colorata: zona che sembra andar sfumando per fine granellatura e poi confondersi con la precedente. Tanto in questa zona, quanto in quella ora de- scritta non ho riconosciuto (nelle sezioni comunque condotte) una disposizione a strie trasversali della granellatara, nè in genere un aspetto filamentoso fibrillare, trasversale: mancherebbero perciò le fibre circolari descritte dal SarEFTIGEN e rico- nosciute dall’ Hamann (1); pur corrispondendo le due suddescritte zone dell’ectoderma, per disposizione, al posto occupato dalle dette fibre, come si ricava dalle figure dei citati A. Va pertanto notato che da qualche figura dell’ Hamann, e specialmente dalla fig. 16 della tav. 3, si ha una immagine che molto ricorda quella da me osservata nell’. rAytidodes. Tutto l’ ectoderma ora descritto, al disotto della zona striata a palizzata sotto- stante alla cuticola, è costituito da una sostanza fondamentale, come la chiama Hamann, chiara nell'insieme, che or si presenta vacuolare, ora compatta. Questo stroma, giusta le mie osservazioni, si mostra finamente e fittamente punteggiato; ma, comunque, si rivela sempre quale costituente essenziale dell’ectoderma : ed in ciò, con- tro il SaeFrTIGEN, sono d’accordo con l’ Hamann. In questa sostanza fondamentale sì osservano di tratto in tratto dei nuclei, più o meno nettamente distinti nei loro co- stituenti. Delle lacune dell’ectoderma, innanzi accennate, e del modo come esse si compor- tano, dà un immagine completa la Fig. 15, ricavata da un preparato in toto molto se4 schiacciato; nel quale tutto il sistema spicca evidente nei suoi particolari. Da essa si ri- conoscono le due lacune longitudinali, laterali, principali e le lacune secondarie, anulari come le indica qualche autore, che da quelle numerose si dipartono e s'incontrano insieme, collegandosi le une con le altre, mentre si anastomizzano fra loro per rami, formando tutto un sistema completo a graticcio irregolare, non molto fitto. Ilsacco muscolare cutaneo è bene sviluppato nei sistemi dei muscoli cir- colari e longitudinali che lo costituiscono: esso sembrami limitato dalla cavità del corpo per una sottile membranella che mi è riuscito di riconoscere, staccantesi dalla mu- scolatura longitudinale alla quale aderisce. Entrambi i sistemi muscolari sono robusti in fibre; ma non ho potuto convin- cermi della prevalenza di uno sull’ altro nella forza di queste; quantunque, alle volte, mi è parso di poter constatare essere più sviluppata la circolare che la mu- sceolatura longitudinale. Le fibre muscolari nei due sistemi, distinti l'uno dall’ altro, sono riunite fra loro da fibrille connettive ; di modo che nel loro insieme costituiscono tutto un sistema a maglie. Non mi è riuscito di constatare distintamente le connes- sione fra la muscolatura circolare e la longitudinale osservata da altri autori. Ilemnisci che ho descritti innanzi nei loro rapporti di lunghezza con la guaina della proboscide, si presentano come due sacchi molto allungati che ricordano, per la loro forma, dei cetrioli molto ristretti nel loro punto d’attacco alla base del collo. Hanno una sottile membrana basale che è una continuazione di quella dell’ ecto- derma esterna, della quale i lemnisci sono una derivazione o proliferazione sporgente nella cavità del corpo e ne ricordano la struttura. Si mostrano essi costituiti da una massa granellosa areolare di aspetto caratteristico, nella quale si osservano più nuclei; il numero di questi non ho potuto determinare e mi sembra variabile se- condo gli esemplari esaminati. D’ordinario si osserva una lacuna principale centrale che con decorso tortuso ed ondulato, percorre tutta la lunghezza dei lemnisci, dalla quale si dipartono più lacune secondarie nodose , involte e varicose : queste per- tanto non si presentano sempre nello stesso numero, nè si comportano allo stesso modo; ed anche la lacuna principale può non assumere l’ aspetto deciso innanzi descritto e che ben si riconosce anche nei preparati in toto come ho disegnato nella Fig. 11. Per quante osservazioni avessi ripetute non mi è riuscito di consta- tare la presenza di quel completo sepimento fatto dalla cuticola esterna, che, appro- fondandosi nell’ ectoderma sottostante fino a raggiungere la membrana basale di questo, separerebbe Ja cute del collo da quella del corpo, proprio dietro la inser- zione dei lemnisci al collo, descritto e figurato dall’Hamann. Sepimento che, secondo questo A., a conferma delle vedute dello ScaxeipeR, varrebbe a tener distinto il sistema delle lacune delle pareti del corpo, da quelle del collo e della proposcide, con le quali solo comunicherebbero le lacune dei lemnisci che mettono capo alla lacuna circolare della base del collo, perciò solo in relazione con il sistema lacu- nare del collo e della proboscide, Separazione che, secondo il LeuckRART, non sa- rebbe completa, non esistendo un completo sepimento, ma solo una plica della cu- ticola esterna, nel sottostante ectoderma , al limitare del capo dal tronco. Nella specie in esame almeno, mancherebbe, dunque, nonchè il sepimento descritto dal- l’ Hamann, ma anche la plica; e nessuna separazione esisterebbe fra l’ ectoderma del collo e della proboscide e quello del corpo, col quale si continuano i lemnisci che ne derivano come sporgenze alla base del collo. Poichè, pertanto, dove questo si origina dal tronco, si determina il punto di sua introflessione nel corpo, in questo punto la cule non è mai del tutto distesa e si accentua come una plica rientrante di questa, la quale è più risentita nella cuticola esterna: ma si dimostra evidente come un fatto meccanico e non strutturale che possa accennare ad un setto cuticolare, sia pure iniziale, per separare l’ectoderma del corpo da quello del collo. Ciò posto dovrebbe ammettersi una comunicazione fra il sistema delle lacune dei corpo e quello del collo e della proboscide: e sarebbe lo intendere un sistema lacunare unico per tutto il corpo, una interpretazione non illogica dei fatti, e che d’ altra parte non contraddice nè infirma la funzione che dall’Hamanx si vuole attribuita ai lemnisci e generalmente accolta nei trattati. La tonaca muscolare dei lemnisci è bene sviluppata ed evidente: dal cul di sacco di questi essa si continua in un fascetto di fibre, che va ad inserirsi nel retinacolo del lato corrispondente (Fig. 11), riunen- dosi alle fibre di questo, fra le quali s’ insinuano le fibre che lo costituiscono. Organi genitali Maschili. — Più che una particolareggiata descrizione varranno a dare una im- magine della loro disposizione e dei rapporti fra le varie parti le Fig. 5 e 18. Da esse si ricava facilmente che i testicoli, relativamente piccoli, collocati l'uno innanzi all’altro ed alquanto fra loro distanziati, si trovano quasi nel mezzo della lunghezza totale del corpo sospesi al legamento. Hanno forma sferoidale irregolare e, nei prepa- rati in toto un poco compressi, assumono quella di un cece, o di un piccolo fagiuolo. Dall’ilo più o meno accentuato di ciascun testicolo, parte un dotto efferente di calibro sottile che si origina dal lato esterno del testicolo stesso, cosichè non si trovano, come d’ordinario, ravvicinati, ma uno di contro all’altro. Il condotto efferente del testicolo anteriore, è più lungo circa il doppio dell’altro (quello del testicolo posteriore); de- corrono dapprima parallelamente alquanto ondulati, specialmente il primo che ra- senta il testicolo posteriore, poi tendono ad incontrarsi a V, ed infine si fondono insieme l'uno nell'altro, all’ altezza della estremità anteriore delle glandole prosta- tiche, per costituire un deferente di calibro di poco maggiore. Questo ha decorso appena ondulato nella sua prima metà poi si fa tortuoso slargandosi molto e si mostra ripieno di sperma : poco prima di raggiungere il pene si restringe alquanto per penetrare in questo e costituisce il dotto ejaculatore. Interpreto lo slargamento ora descritto come un ricettacolo seminale (Fig. 18) che, a pensier mio, rappresen- terebbe e riassumerebbe le vescicole seminali descritte dal SarrrriGen lungo i sin- goli efferenti in £. proteus, E. angustatus e E. clavaeceps (pag. ©8), che pur sem- brano mancare in altre specie (£. Aeruca) [Hamann], sotto forma di tasche di numero variabile, secondo le specie. Efferenti che, in queste specie come in altre ancora, de- corrono indipendenti fra loro per un tratto più lungo che in £. rAytidodes prima di fondersi a costituire il deferente. Le glandole prostatiche molto sviluppate, sono al- logate nel mezzo del corpo lungo i condotti genitali intorno ai quali sembrano ab- barbicate: esse costituiscono due gruppi formati da masse piriformi, o claviformi a pedicello molto allungato e di diversa lunghezza; le masse di ciascun gruppo si fon- dono terminandosi l’una nell’altra ed integrano un condotto unico di calibro alquanto maggiore. Questi condotti prostatici rasentano da ciascun lato il ricettacolo seminale nell’ ultimo suo tratto e vanno a sboccare ai due lati di questo nel punto dove esso penetra nel pene: alla base, quindi, del dotto ejaculatore (Fig. 18). Il pene è piut- tosto breve a forma di un cetriolo allungato ; sporge come una papilla conica, af- fusolata, dal fondo della borsa copulatrice. Ai lati della sua base si aprono nella borsa le due tasche di questa, bene sviluppate ed evidenti. La borsa copulatrice è grande ed evidente; quando è retratta assume la forma di una pera a collo breve e subito ristretto, che si prolunga in un tratto molto esile, che mette capo nel fondo della piccola fossetta imbutiforme, costituita dalla insenatura a coppa od imbuto schiae- ciato della pelle esterna, continuandosi in questa per sboccare all’esterno nell’apertura genitale. La borsa retratta, come è riprodotta nella figura 18, rammenta una ghianda così per la sua forma, come per la calotta che ne copre la parte rigonfia, ingros- sandone le pareti, e si risolve in un orlo digitato o merlato, che abbraccia e circonda a corona il cul di sacco della borsa. Quando la borsa cupulatrice viene estroflessa appare, come è disegnata nella figura 16, sporgente subventralmente dall’ estremo posteriore del corpo per l’orifizio geni- tale dilatato e costretto ad anello contro la sua base : essa ha forma di un cartoccio, o di calice molto svasato, obbliquamente troncato da avanti in dietro, cosìechè la pa- rete anteriore , o superiore, è più breve della posteriore, ed è sottesa e distesa dagli ispessimenti muscolari rappresentati dalle digitazioni innanzi ricordate, che hanno la forma di stecche ad estremo tondeggiante e ristretto alquanto sotto la punta, conformata a capocchia schiacciata. Femminili — Del loro insieme possono dare esatta rappresentazione le Fig. 5 17, 21, 22, dove essi sono ritratti nel complesso di tutte le loro parti, sia nel loro insieme che nei particolari. Negli individui giovani si osservano ancora nell'interno del legamento, delle masse sferoidali (cumuli ovigeni) di cellule ovariche, residuo degli ovarii primitivi che a queste masse hanno dato origine; ma negli adulti tali masse hanno abbando- nato il ligamento , e questo si presenta allora alquanto diverso in aspetto, perchè la sua zona centrale più chiara, che conteneva le masse ovariche, si rende quasi indistinta e tutto il legamento sembra più ristretto, più raccolto nelle sue fibre mn- scolari come un cordone compatto che decorre per tutta la lunghezza del corpo, dal fondo della guaina della proboscide fino alla campana uterina nella quale va ad inserirsi. Questa ha forma di un lungo cilindro rigonfio alla base ed alla fauce slargato a coppa od imbuto e troncata un poco a becco di flauto: ricorda nel suo insieme un vaso da fiori di forma allungata. Essa si restringe alla sua base nel raggiungere l'utero, dove si scorgono le tasche della campana che | abbracciano lateralmente e si ineuneano nella fauce dell’ utero, comunicando con gli ovidotti che si prolungano pnell’interno di questo nel suo tratto iniziale, aderendo alle pareti (Fig. 29, 21). L’utero è relativamente molto lungo, tubolare, cilindraceo, quasi dell’ istesso ca- libro per tutta la sua lunghezza, ed alquanto esile nel suo insieme : ripieno d’uova si dilata assai e si deforma, trasformandosi in un largo tubo. Si termina restringen- dosi bruscamente ad imbuto nella vagina, circordata, al suo nascere dall’ utero, da un primo sfintere muscolare anulare (sfintere esterno ) molto evidente che a sua volta circonda ed invasa alla base un secondo sfintere (sfintere interno), abbrac- AR ee. © Cai ciante ad anello |’ ultimo tratto della vagina che accompagna fin contro la parete del corpo, dove questa si termina immettendosi nell’apertura genitale (Fig. 17,21, 22). Con la sua massa questo sfintere aderendo sotto la cute, fa ernia contro questa e contribuisce a determinare il cercine cutaneo precedentemente descritto, che cir- conda all’esterno l’ apertura genitale femminile (Fig. 17). Intorno e lateralmente alla vagina, nel tratto in cui questa vien circondata dallo sfintere esterno, si osservano delle formazioni a pera che corrispondono, per i loro rapporti e per aspetto e struttura, quantunque per posizione alquanto diverse, evidentemente in conseguenza del di- verso modo di comportarsi degli sfinteri della vagina, a quelle interpretate dagli A. per corpi glandolari e come tali descritte e disegnate in altre specie (Fig. 21, 22). Le uova a termine hanno guscio a pareti relativamente spesse, ma trasparenti chiare, incolori, di forma allungata affusolata e presentano ai due estremi un pro- lungamento breve, tozzo a punta ottusa (Fig. 13): misurano 45-68 p. Le uova sono numerosissime nelle femmine adulte e ne occupano tutta la cavità del corpo; e questo per la massa delle uova si dilata, e talvolta tanto, da deformarsi ed assu- mere un aspetto del tutto caratteristico, così da far dubitare che il corpo allungato irregolarmente fusiforme, a pareti distese e non più corrugate, rappresenti proprio la specie in esame. Così nelle preparazioni in toto convenientemente compresse e colorate, come nelle serie di sezioni (comunque condotte) di individui anche colorati solamente col carminio, sì può seguire in questa specie tutto la sviluppo embrio- nale, dal primo originarsi dei cumuli ovigeni nellegamento, fino alla costitu- zione delle uova a termine che ho innanzi descritte, pronte per essere emesse. Il processo di formazione dei cumuli ovigeni corrisponde a ciò che è stato descritto in altre specie: alla periferia di questi si osservano cellule più grandi, nel mezzo, invece, si accumulano cellule più piccole, molto piccole, che rappresentano il nucleo centrale del cumulo e sono in continua attiva moltiplicazione, mentre le esterne accre- scono di volume a misura che raggiungono la periferia, e quelle periferiche, ingran- dendosi, assumono una forma allungata ovoidale assai caratteristica e finiscono poi per staccarsi dal cumulo e cadere nella cavità del corpo sotto forma di uova. I cu- muli ovigeni, originatisi nello stroma del legamento , lasciano presto la loro sede iniziale per raggiungere passivamente la cavità del corpo dove se ne trovano già dei piccolissimi costituiti da poche cellule (Fig. 11). La cavità del corpo si va gradata- mente riempiendo di cumuli ovigeni in serie di accrescimento e di uova da questi staccatisi in tutti gli stadi di sviluppo embrionale e pronte ad essere deposte. Gu- muli ovigeni ed uova sono immersi e fluttuano nella cavità del corpo in una so- stanza che sembra come coagulata, dai fissativi, e si osserva solo nelle femmine mature e gestanti. Non ho elementi per decidere di fatto sulla natura di questa sostanza; ma ho indizii per pensare, e ciò sarebbe nella logica dei fatti, dato che si constata la presenza di essa solo nelle femmine in riproduzione, che tale sostanza sia costituita da secrezione prostatica che accompagna gli elementi spermatici che sì osservano nella cavità del corpo delle femmine, sessualmente mature e gestanti, dove si compie la fecondazione. La quale pare che avvenga quando le uova sono ancora aderenti al cumulo ovigeno, come è da desumersi dal fatto che in queste uova, che hanno espulso i corpi polari, si nota già iniziata la segmentazione (Fig. 28). A misura che le cellule periferiche dei cumuli sì modificano ingrandendosi nella forma, si mutano anche nella essenza; vi si determina una membrana distinta dal protoplasma cellulare (membrana vitellina), dal quale è separata dà un lieve spazio, mentre il protoplasma ha assunlo un aspetto granelloso. Si sono così integrate le uova che con la espulsione dei corpuscoli polari che si vedono addossati alla massa del protoplasma raccolti dall’un dei poli disotto la membrana vitellina (Fig. 25, 28), diventate mature, cominciano a segmentarsi, prima in due (Fig. 28) e così di seguito (Fig. 26), mentre nel progresso dell’accrescimento formativo dell'embrione si va co- stituendo intorno a questo il guscio (Fig. 27). La segmentazione, come ho delto, può iniziarsi quando l’ uovo è ancora aderente al cumulo ovigeno. Il guscio si differen- zia, come sembra, alla periferia interna della primitiva membrana vitellina che si è gradatamente gonfiata e vescicolata, e perdura involgendo il guscio (Fig. 24), finchè questo non si è completamente integrato nella sua forma e consistenza definitiva : come l'uovo in questo stadio, si disfà della membrana avvolgente non mi è riuscito di intendere. L’ accoppiamento si compie, mi si permetta la frase, per un amplesso codale: data la disposizione reciproca della borsa e dell’apertura genitale femminile, innanzi descritta, risulta chiaro come avviene l’intromissione del pene nell’ atto che la borsa abbraccia l'estremo posteriore della femmina, mentre i due sessi sono rivolti per la faccia ventrale l’ uno contro l’ altro. L'E. rhytidodes si raccoglie in gran numero di esemplari di ogni grandezza, in tutti gli stadi, da forme giovanili a quelli sessualmente maturi e di femmine ovi- gere trasformate, come innanzi ho descritto , nell’ ultimo tratto dell’ intestino della Solea impar Benn. Esso vive circoscritto proprio in quella parte che si termina nel- l’ano ed è separata nettamente dal resto dell’ intestino per mezzo di una ripie- gatura o plica circolare della mucosa che forma come una valvola di chiusura del- l'intestino prima che esso sbocchi nell’ ano (Fig. 19). Gli Echinorinchi sono forte- mente attaccati alla mucosa perla proboscide che s’infigge in questa e vi si approfonda fissandovisi con gli uncini (Fig. 14), mentre il corpo penzola lungo la parete or disteso, or contratto e raltrappito in attitudini varie e molteplici, assumendo forme più diverse, nascosto in parte fra le pliche della mucosa. Evidentemente questa specie si trova in condizioni assai favorevoli, perchè le uova depostedalle femmine, vengano subito espulse dall’ ospite e cadano nella sabbia dove vive la Solea inpar. Da quale ospite in- termedio vengano le uova ingerite per trasformarsi in forme larvali da. svilupparsi in adulto nella Solea inpar non mi è riuscito di potere finora determinare. Tutto lascia supporre che esso debba essere qualche atropodo di quelli che abitano nella sab- bia dove vivono le S. impar e che, insieme a piccoli molluschi, si trovano frammisti alla sabbia fina che riempie il tubo digerente della S. impar. Una ricerca assidua, e più forse un fortunato caso, potrà far rintracciare il ciclo completo della specie. Sia trovando degli artropodi nel tubo digerente dall’ospite in condizioni da permetterne l’ identificazione , ciò che non si dà facilmente, e racco- glierne quindi nell’ ambito abitato dalle S. impar all'uopo di cercarvi le larve di Echinorinchi, sia rinvenendo negli Artropodi suddetti, od eventualmente in qualsiasi 10 altro ospite, che si raccolga in buone condizioni nel tubo digerente delle $S. impar, la larva di E. rAytidodes. Sistematica Dallo studio della forma esterna, completato da quello della interna organizza- zione e della biologia dell’ Echinorinco della Solea impar vien dimostrato che que- sta, da me sommariamente descritta nel 1887, è uma specie ben distinta fra gli Echinorinchi dei Pesci; e, dato ciò che ho detto nella introduzione di questa nota sul nome specifico che le spetta, essa deve avere la seguente sinonimia : Echinorhynchus rythidodes MoxTICELLI nom. nov. 1887. E. aurantiacus MoxntICELLI 1, pag. 26 (nec Risso) 1900. E. corrugatus MoxtIcELLI 2, pag. 37. E può così riassumersi dalle caratteristiche innanzi determinate, la sua frase dia- gnostica : Corpo ineurvato a falce tutto grinze e rnghe, corrugato, terminantesi posteriormente affu- solato con eapocchia terminale. Colorito giallo rancione più o meno intenso, o giallo eromo. Collo brevissimo conico, incolore, trasparente. Proboscide clavata nel maschio, più grande e rigonfia che nella femmina; in questa più esile e meno nettamente clavata : di colore bianchiccio trasparente: uncini in sei serie trasversali nel maschio, in sette nella femmina. Apertura genitale femminile subterminale, ventrale. Apertura genitale maschile terminale subventrale. Borsa copulatrice ben distinta. Lunghezza: g mill. 4',-7; Q 6-8-81/,. Uova lunghe fusiformi, umbonate fortemente ai due poli. Questa specie finora non è stata raccolta che nella Solea impar Benn. del Golfo di Napoli dove io l’ ho rinvenuta per la prima volta nel 1887 e l' ho poi trovata in tutte le stagioni dell’anno quando ne ho fatta ricerca. Vive attaccata alle pareti dell’ ultimo tratto del tubo digerente dell’ospite, dove è circoscritta, e si trova sempre in numerosi individui dei due sessi. * L’Echinorinco della Solea impar per le sue caratteristiche è una specie dell’unico genere Echinorhynchus che, date le nostre attuali conoscenze, costituisce una delle tre famiglie (EcRinorhynchidae) nelle quali, secondo l’ Hamanwx (2), si ripartiscono gli Acantocefali. A queste tre famiglie lo SipLey (2) ha recentemente aggiunta una quarta famiglia, quella degli Arkynehidae. Pertanto, considerando la forma per la quale (ArRynehus hemignethi) lo SieLEy (1) ha creata la nuova famiglia, si sarebbe piuttosto tentati di dare a questo gruppo, per le sue caratteristiche negative, rispetto a quelle degli altri Acantocefali, un valore maggiore di una semplice famiglia. E considerando gli Acantocefali, non come un sottordine dei Nematelminti, equivalente a quello dei Nematodi, ma una classe di- 1 11 stinta — che potrebbe pur star da sè fuori dei Nematelminti, coi quali per lo meno molto dubbie sono le parentele — si potrebbero distiuguere nella classe degli Acan- tocefati i due ordini seguenti : Pronomenida (1): per la famiglia: Arynehidae (gen. Arhynchus). Apronomenida: per le altre famiglie : Eehinorhynchidae (gen. Echinorhynehus (2); Giganthorhynchidae (gen. Giganthorhynehus); Neorhynchidae (gen. Neorhynehus). Il gruppo degli Acantocefali, quantunque già investigato da molti autori , offre ancora un largo campo di ricerche e molto vi è da ripromettersi per ia migliore conoscenza degli Echinorinchi, da uno studio esteso a molte più forme, di quanto si sia fatto fin’oggi, della loro biologia e della esterna morfologia , messo in rap- porto con quello della organizzazione interna; studio che condurrebbe ad uno smembramento del genere Echinorkynchus, anche inteso nel senso più ristretto asse- gnatogli dall’ Hamann. E certo, considerando le varie forme, ora raccolte sotto questo nome generico, così per quello che si conosce della loro organizzazione, come per le caratteristiche esterne, si avrebbero, dall'esame dei fatti, degli elementi che fanno pensare alla possibilità di creare dei nuovi generi, per molte di quelle specie che ora sono aggruppate sotto l’unico genere Eckinorhynchus così largo e comprensivo. Sa- rebbe quì fuor di luogo lo esporre alcune mie idee in proposito che lo studio degli Echinorinchi che seguo da tempo mi ha suggerito, ed accennare ai nuovi generi che crederei poter proporre di creare a spese dell’ antico genere Echinorhynchus (2); perchè ciò dovrebbe esser largamente discusso in apposito lavoro — al quale ora, impegnato in altre ricerche, non posso attendere — per addurre le ragioni che mi guidano nella proposta. Ma trovandomi a parlare della sistematica della specie in esame, non ho voluto lasciar passare l'occasione che mi si presentava di accennare al fatto, per richiamare incidentalmente su di esso l’attenzione degli studiosi che si occupano attualmente di Acantocefali. Napoli, Ottobre 1904. {1) rpovouaia = proboscide, tromba. (2) E gli altri eventuali che dallo smembramento di questo potranno derivare. (3) Potrebbero p. e. considerarsi genericamente distinte le specie fornite di bulla (gen. PompRorhyn- chus) quelle con il corpo armato anteriormente (gen. Chentrosoma); quelle con serie di aculei ven - trali (gen. Echinogaster), ecc. ecc. 12 1899. 1887. 1900. 1826. 1884. 1885. 1896. . DIRSING . HAMANN K. M. » . Rarser, J. E. OPERE CITATE . Systema Helmimthnm: Vindobonae, Vol, 2. (1) Linstow, O. v. . MONTICELLI, FR RIsso, SARFFTIGEN, A. Sars, &. 0. SHIPLEY, A. E. .Sav. Die Nemathelminthen. Beitrige zur Kenntniss ihver Entwicklung ihver Bau und ihver Lebensgeschichte — Erst. Heft. Monograph. Acanthocepha- len: Jena, Zeit. (N. S.) 18. Bd. pag. 112, Taf. 5-14. (2) Das System der Acanthocephalen: Zool. Anz. 15. Bd. pag. 195. Die Acanthocephalen uud ihre Entwickelung: Bibliotheca Zoologica, 7. Heft. Cassel, 1898, pages. 134 e 143, 10 Taf. . Compendium der Helminthologie; Nachtrag: Hannover, pag. 113. (1) Osservazioni intorno ad alcune specie di Acantocefali: Boll. Soc, Nat. Na- poli. Vol. 1, pag. 26. (2) Su i parassiti del Regalecus glesne; Rend. Conv, Bologna U, Z. IL: Monit. Z. Ital. Anno 11, Supp. pag. 36 37. . Histoire naturelle de l Europe meridionale: Vol. 5. pag. 261 (Vers. intest.). . Zur organisation des Echynorhynehen : . Report on Schizopoda: Morph. Jahr. 10. Bd. pag. 120, Tali 3-5, . Challenger Report. Vol. 13, Part. 37, pag. 221-222, Pit. 38, fig, 19. . (1) On Arhynchus hemignathi a new genus of Acantheephala: Q. J. Mier, Sc. Vol. 39,-pag. 207, Pit. 12. (2) Nemathelminthes and Chaetognatha : The Cambridge Natural History: Vol. 2, pag. 174-185. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 5% Lettere comuni a tutte le figure, avf, apm, be, el, co, apertura genitale femminile apertura genitale maschile borsa copulatrice canali longitudinali lacunari principali cumuli ovigeni campana uterina deferente dotti prostatici efferenti testicolari fascetti muscolari dei lemnisci glandole prostatiche glandole della vagir legamento lacuna dei lemnisci lemnisci Da lacune principali (longitudinali) lacune secondarie (annulari) mmncosa intestinale della Solea impar ovidotti pene plica anulare dell'intestino della Solea impar proboscide rivestimento cutaneo (ectoderma) ricettacolo seminale retinacoli tasche della borsa tasche della campana nterinn testicoli sfintere anteriore (esterno) della vagina. interno) della vagina sfintere pusteriore uova utero vagina vescicola seminale < <% % % 1 2 ww 20 21 22 23 24- (N. B.— Gl'ingrandimenti sono relativi alle dimensioni degli esemplari adoperati per le varie figure). Echinorhynchus rhytidodes ; dal vivo 13. Estremità anteriore di un maschio con proboscide del tutto svaginata, 80 Un individuo maschio; da un preparato in toto. 11. Una serie longitudinale di uncini della proboscide di una femina. 245 Un individuo femmina; da un preparato in toto. 11. Estremità anteriore di una femmina con proboscide del tutto svaginata. 70 Porzione anteriore della proboscide di una femmina alquanto invaginata. 60 Calotta terminale della proboscide di una femmina. 105 Estremità anteriore di un maschio con proboscide alquanto invaginata, 80 Calotta terminale della proboscide di un maschio, 150 Parte anteriore del corpo di una femmina, 35 Una serie longitudinale di uncini della proboscide di un maschio. 240 Un uovo (uterino). Sezione trasversale della porzione rettale dell'intestino della Solea impar per mostrare come | E. rhytidodes: è infisso per la proboscide nella mucosa, 45 Pezzetto del corpo dell’E. rAhytidodes (femmina) che dimostra il comportarsi delle lacune cu- tanee. 50 Estremità posteriore di un maschio con la borsa estroflessa. 44 Estremità posteriore di una femmina. 77 Insieme dell’apparecchio genitale maschile con borsa introflessa. 45 Mostra come gli Echinorinchi sono attaccati sulla mucosa della porzione rettale dell’intestino delle Solea impar: essi sono localizzati dietro la plica che questa limita dal resto; figura di grandezza naturale. Un giovane della specie con proboscide retratta a metà. 21. Estremità posteriore di una femmina; di profilo in sezione ottica. 67. Insieme dell’apparecchio genitale femminile; di fronte. 45 Particolari dello stesso nella regione della campana uterina ed i suoi annessi. 50 28 Diverse fasi di sviluppo dell’uovo dalla sua origine dal cumulo ovigeno alla formazione del- l’embrione e costituzione del guscio. forte ingrandimento. 4 SP% 2? ieri E he Sii de Dati. 1a rito Mo DICO SI teo Pai MEL ASA EI SE METTA e e SE pini 0 Re: Pitta «Loy E ft PI = SEA IR] ret Pu ei i id Kip ti Ani FILL ie at e irato, A a + i n tt; a e pe RAME il s'aiagnà i Gi dt ta pa Lia L ia nf b, ii REP saprai GITE e, “radrabi AEM SI CIN | do PEA (0 CONT di canta Ara uri de Rath paia ns enim ? Annuario del Museo Zoologico RUniversita Napoli NSWokL N23 "n Sav. Monticelli e E.Antonucci dis, Lit.Tacchinardi e Ferrari-Pavia. % be DI a L) “ila i Hi x A Det E de n A i #1 | P Pao © I) e so - A 4 5 gd “ s @ . pot ua api è + è sat - TELGNSE MI. fe, e CA nt DEI pae i SERV DS DT e 4 + ee Ri Arg vid. alii ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 26. 31 Dicembre 1904 Dott. UMBERTO PIERANTONI ( LIBERO DOCENTE DI ZOOLOGIA) Sopra alcuni OLIGOCHETI raccolti nel fimnme Sarno [ Iticevuta il 22 Novembre 1904 | In varie escursioni che nei mesi di primavera e d'estate furono fatte a scopo di raccolte scientifiche dal personale e dagli studenti deli’ Istituto Zoologico della R. Università, ed in alcune mie gite autunnali al fiume Sarno, ebbi agio di racco- gliere un piccolo, ma interessante materiale di oligocheti viventi nel fondo sab- bioso o fra le radici delle piante che tappezzano il letto del fiume stesso. Avendo trovato, fra le specie che compongono il detto materiale, varie forme nuove, credo utile darne ora comunicazione, per parlarne poi in forma più estesa e dettagliata in un prossimo lavoro accompagnato da tavole (1). Il materiale fu raccolto presso la città di Sarno, in quella parte del fiume che prende il nome di Rio Palazzo. Le sette specie di cui è fatta parola nella presente nota trovansi ora nella col- lezione del Museo Zoologico; esse appartengono alle famiglie dei T'ubificidae, Lum- briculidae, Haplotaridae e Lumbricidae. Tubificidae Tubifex sarnensis n. sp. Colore del corpo bruno verdastro; lobo: cefalico corto, invaginato entro il segmento boe- cale; corpo assottigliato verso l’estremo posteriore , e ricoperto di numerose papille irrego- larmente disposte, assenti sul lobo cefalico e sui segmenti del clitello. Mancano papille sen- sitive distinte. Gruppi dorsali di sole setole capillari; gruppi ventrali di setole sigmoidi non forcute. Clitello ai segmenti 10,° e 11.°. Pori maschili all’ 11,° seg. senza setole; pori delle spermateche al 10.°, posti innanzi le setole ventrali modificate e provviste di glandole. Ne- fridi senza vescicola terminale. Atrii grandi con grossa prostata prolungantesi fino nel seg. 12.°; spermadutti lunghi. Spermateche con dotto d' uscita lungo e circonvoluto, e con (1) In corso di pubblicazione nell'Archivio Zoologico, Vol. 2. ampolla prolungantesi in dietro per quattro segmenti e contenente spermatofori: cervello più largo che lungo. Lungh. 12-15 mm.: Spessezza >|, mm.: Numero dei segmenti 40-55. Si rinviene nei punti del fiume ove la vegetazione del fondo è scarsa; pel suo colore, per la lentezza dei movimenti e per 1’ abitudine di ravvolgersi su se stesso è assai difficile a riconoscersi fra i granuli di sabbia. L'ho ascritto al genere 7ubifer accogliendo il criterio di MiczaeLsen (1) secondo il quale i due generi T'ubifex e Psammoryetes vanno unificati in un genere solo, col nome del primo, non sembrandomi che meriti di essere seguito il criterio espresso in un recentissimo lavoro da DirLEvsEN (2). Tubifex tubifex MiicL. E abbondante in tutti i punti del letto del fiume, e lo trovai maturo sessual- mente tanto nei mesi di primavera che in quelli d’estate e d'autunno. Lumbriculidae Aurantina n. gen. È un interessante Lumbriculide, che non ho potuto ascrivere a nessuno dei ge- neri giù conosciuti, specialmente perchè il sistema circolatorio (sul qual carattere è fondata la miglior classifica dei generi della famiglia) presenta nei segmenti posteriori del corpo un sol paio di vasi trasversi, e questi ciononpertanto sono forniti di appen- dici cieche : un carattere intermedio, insomma, fra i generi Claparedilla e Stylodrilus, col primo dei quali, del resto, ha le maggiori affinità, anche per quel che riguarda gli altri sistemi organici. Diagnosi del genere — Lobo cefalico conico; setole semplici, senza biforcazione all’estremo. Pori maschili nel 10.° seg., femminili all’interseg. !!/,; pori delle spermateche nel 9.° seg. Due vasi trasversali per segmento nella metà anteriore del corpo; un sol paio con appendici cieche nei segmenti posteriori del corpo. Due paia d’imbuti seminali aprentisi nei segmenti 9.° e 10.°. Spermadutti lunghi poco più dell’atrio: quest’ultimo con ricco rive- stimento di glandole prostatiche. Ovario nell’ 11.° segmento. Ovidutto e pori femminili al- eV 0 11/ l’ intersegmento !!/,,. Aurantina aurantiaca n. sp. Colore del corpo giallo aranciato: corpo fusiforme, diritto, Fasci dorsali e ventrali ugual- mente formati da 2 setole sigmoidi, con lieve nodulo ed estremo non forcuto. Clitello ai segmenti 10.°, 11.° e 12.°. Setole genitali presenti e non modificate, poste innanzi ai pori ge- nitali. Nefridi senza vescicola terminale. Spermateche con grossa ampolla ripiena di sperma- tozoi, contenuta tutta nel segmento 9.°, e con dotto d’ uscita diritto. Spermasacchi ai setti 5/53: "o © #lig = ovisacco al 44/,.. Lungh. 15-20 mm.: Spessezza 1 mm.: Numero dei segmenti 60-70. Notevoli alcune forme che io stimo anormali perchè hanno il secondo paio d’im- buti ciliati spermatici rivolto in dietro invece che in avanti e sporgenti nel seg. 11.° invece che nel 10.°. (1) MicnaeLsen, W. — Monographie der Oligochaeten: “Tierreich, 10 Lief. 1890, pag. 522. (2) DirLevsen, A. — Studien an Oligochiten: Zeit. Wiss. Z. 77. Bd. 1904, pag. 398-489. Atecospermia n. gen. Questo nuovo genere è caratterizzato principalmente dalla completa assenza di spermateche, e dal fatto che il sistema circolatorio si presenta fornito di un sol paio di vasì trasversi per ciascun segmento, senza appendici cieche; e per avere gli atrii privi di prostate. Diagnosi del genere. — Lobo cefalico arrotondato. Setole a punta, non bifor- cate; pori nefridiali innanzi le setole ventrali. Pori maschili nel seg. 10.° senza pene retrat- tile, posti dietro le setole ventrali. Manca il plesso sanguigno integumentale. Vaso ventrale e vaso dorsale riuniti da un solo paio di vasi trasversi per segmento, senza appendici cieche. Due paia d’ imbuti seminali nel 9.° e nel 10.° segmento. Un paio di atrii privi d’invoglio glandolare, sia diffuso che in prostate distinte, Mancano completamente le spermateche. Un paio d’ovarii e di imbuti ovavici all’11.° seg. con poro femminile all’intersegmento !!/,,. Atecospermia minuta n. sp. Colore bianchiccio; lobo cefalico poco prominente; corpo fusiforme, notevolmente ingros- sato nei segmenti 11.° e 12.° e assottigliato verso gli estremi. Gruppi dorsali e ventrali ugual- mente formati di due o tre setole leggermente incurvate, con estremo acuminato e nodulo poco sensibile. Testicoli ai setti 5/, e °/,), ovario al setto 4!/,,. Clitello ai segmenti 10.°, 11.°. e 12.°. Pori maschili nel 10,°, senza rilievo peniale, dietro le setole genitali non modificate. Atrii sferici senza prostate, con brevi spermadutti. Nefridi con porzione antescttale piccola e con porzione postsettale in parte ingrossata ed in parte tubulare, con lieve accenno di ve- seicola terminale. Sacchi spermatici agli intersegmenti */,, e !/,y protraentisi poco in die- tro; mancano sacchi ovarici, rimanendo le grosse uova libere nella cavità dei segmenti 11.° e 12.9. Ovidutti con pori femminili sotto l’intersegmento !!/,,. Lunghezza mm. 7: Spessezza !/, mm.: Numero dei segmenti 45-50. Questo piccolo oligochete non è frequente; trovasi talora nel Jetto sabbioso, dove la vegetazione non è ricca. Ne rinvenni pochissimi esemplari di cui uno solo ho potuto conservare intero e porre nella collezione. Haplotaxidae Haplotaxis intermedia n. sp. Colore rosso violaceo iridescente. Lobo cefalico conico , senza solchi trasversali. Seg- menti bianellati, con annulo anteriore 2/. dell’intero segmento. Setole isolate in numero di 4 nei segmenti dal 2.° al 17.°, e con una setola di sostituzione sempre presente e spesso interamente sviluppata ; setole dorsali più piccole delle ventrali; setole ventrali dei segmenti 2.° a 5.° e 12.° a 14.° assai corte e sottili, come le dorsali. Breve rigonfiamento muscolare del tubo digerente nel 4.° segmento. Spermateche tre pain nei segmenti 7.°, 8.° e 9.0. Pori ge- nitali maschili nei segmenti 11.° e 12.°; testicoli 2 pria nei segmenti 10.° e 11.°; ovarii 2 paia nel 12.° e nel 13.°; 2 paia d’ ovidutti agli intersegmenti !/,3 e !5/,;. Clitello an- nulare, poco rigonfio ai segmenti 10-15. Due sacchi spermatici impari al setti 19,, un LI QUA SECO) sacco ovarico anch'esso impari al setto intersegmentale !,,. Lunghezza massima riscontrata mm. 70: Spessezza !|, mm.: Numero dei segmenti 175. È una specie abbastanza affine all’H. gordioides G. L. Hartm. ma ne differisce specialmente per le dimensioni assai più piecole, e per caratteri riguardanti special- mente le setole, e la struttura del tubo digerente nel suo tratto anteriore ; caratteri- stiche tutte che non ho potuto ascrivere a cause di non completo sviluppo, poichè, pur avendo avuto da fare con esemplari assai più piccoli di quelli su cui venne descritta la specie gordioides, tuttavia ho trovato che essi erano completamente maturi, avendo anche le spermateche piene di spermatozoi; mentre anche gli esemplari più grandi della suddetta specie, non furono mai trovati in perfetto stato di maturità sessuale. Lumbricidae Eiseniella tetraedra (typica) Sav. x Questa specie è abbondantissima su tutto il tratto del fiume da me esplorato. Gli individui meglio maturi li rinvenni nei mesi della primavera; gli esemplari che raccolsi in quella stagione presentavano tutti sulla faccia ventrale del 20.° segmento, o al limite fra il 20.° e il 21.9, due a quattro papille di origine cuticolare, sporgenti circa !/, mm. dalla superficie del corpo; esse erano raccolte in due gruppetti di una o di due ciascuno, e situate un poco più in dentro delle linee setolari ventrali. Helodrilus (Helodrilus) sarnensis n. sp. Colore carnicino. Capo epilobico ('/,). Setole strettamente appaiate (geminate): distanza setolare aa uguale ad ab; dd poco minore di mezza circonferenza. Primo poro dorsale al- l’intersegmento ‘/.. Clitello dal seg. 28.° al 33.° (=6). Tubercula pubertatis nei segmenti 30.9, 31.°, 32.°. Pori maschili con rilievo glandolare oceupante il segmento 15.° e parte del 14.° e 16.°. Due paia di spermateche nei seg. 11.° e 12.°, sboccanti nei solehi intersegmen- tali °/,, € !°/,,, nelle linee setolari ed. Setole copulatrici dei segmenti 30.° e 31.° lunghe il doppio delle altre e molto più sottili. Lunghezza mm. 130: Spessezza mm. 3: Numero dei segmenti 175. È abbastanza frequente sotto la sabbia del letto del fiume e fra le radici delle piante, ma non quanto la specie precedente. Questa specie di Helodrilus può considerarsi come assai prossima al H. anti- pae Micursn.; ne differisce però nettamente per l'estensione del clitello del tutto caratteristica e per la disposizione dei tubercula pubertatis, nonchè per la forma delle setole copulatrici e per altri caratteri di minore importanza. Napoli, Istituto Zoologico R. Università, Settembre 1904. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 27. 14 Gennaio 1905 Marchese di MONTEROSATO PALERMO Storia del Dentalium politum di O. G. Costa [Ricevuta il 19 Decembre 1904) Fra le specie supposte mediterranee, che meritano una particolare attenzione per ia loro sinonimia e pel loro habitat, vi è il Dentalium politum del Prof. O, G. Costa. Con questo nome, Linné distinse una specie delle Indie, somigliante al suo D. entalis per come lo assicura. Il Prof. O. G. Costa, nella sua « Fauna del Regno di Napoli», lo dice del- l'Adriatico e vi attribuisce lo stesso nome. Questa scorrettezza fu notata dal Prof. DesHAyes, il quale, nelle sue schede, lo chiamò : D. siculum. Il nome di D. siculum è stato recentemente raccolto da Tryon e nel suo Ma- nuale, copiandone la figura di Costa, lo adotta definitivamente. Ora avendo avuto sott'occhio gli esemplari della Collezione Costa del Museo Zoo- logico di Napoli, ho potuto riconoscere , che si tratta di una specie tutt’ altra che provveniente dall’Adriatico e che devesi riferire ad esemplari detriti del D. entalis o entale di LimnÈ, che vive nei mari del Nord d’ Europa e che non penetra nei no- stri mari. La sinonimia va quindi stabilita come segue: Dentalium entale (entalis) L. — Syst. Nat ed. XII, 1776, pag. 1263. D. politum O. G. Costa (non LixnnÈ) — Fauna del Regno di Napoli, 1840? pag. 23, May bofig. 1 D. siculum DesH, — Mss. D. siculum TrYon. — Manual ot Conchology, 1897, pag. 107, Plt. 19, fig. 6. Ad avvalorare la presente identificazione si potrebbero citare altri esempi di specie esotiche, fra cui il Sigaretus haliotideus, che il Prof. Cosra dice trovarsi a Taranto! L’errore comincia da DeLLE CHIAIE. Palermo, 15 Dicembre 1904. ETRE A LE LOLERTA NO RI TE RIE ì R "tm vi ; EC Cera LIUTO. d ba PI è 1 6 ui ta E 4 vi ] MRI] LE d ; ed deg a pn i re pesraate sg » dn N, i mi siae e dh puffo è di fn de y A di € . Pie TA E te ni Pi } mat9 r "È x gi le « 6 l ©, 4 : - NT IRC STERILI MAr 1) De f c PIC, n A : x 3 je pid de + ù : (dot, Î ; . 4 RR 84 è i ì o P Sg tb ai a ud x 9 (019 n° a È . X . Wai foatfigo NT ea i de Va alito.iziagi me * [> » dro. Y, è }: “ i b° se DET), #3 i DIS le r 4 Li bi o î VW; dalà i Ù Ì f] pi DATE SOTAIICO, rà ì [ose d i a 4 oli y ; è CONI DI È ir fica it fs i } Ù 4 n 11 E (7 ' (ig OCA N P is Î (4 ì f x 15 È “it a? Si & Ù i, K pa DI 7 ? il Ti f MTV PATTAE ife Ù MIA Lei La ì è e Le è Ces. g Said de ine dat x lo pe] è a Pe n° La bat P ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 28. 35 Maggio 1905 FAUNA NAPOLETANA EMILIO TRANI (DEL MUSEO ZOOLOGICO DI NAPOLI) Di una specie di EPETRIDAE nuova per la Fauna italiana [ Ricevuta il 22 decembre 1904 | Fra i ragni che vado raccogliendo nella provincia di Napoli, per la collezione faunistica napoletana del Museo zoologico della R. Università di Napoli. ho rinve- ‘ nute non poche forme molto interessanti per la nostra fauna. Fra queste ha richia- mata particolarmente la mia attenzione una specie di Epeiridae della quale ho trovati molti esemplari, che ho potuto anche conservare viventi durante qualche mese per studiarne i costumi. Questa specie, indicata dagli autori come indigena di Europa, dell’ Africa tropi- cale e dell’ America australe, e rinvenuta in Dalmazia e Grecia, è la Glypfogona sextuberculata Keys. che, finora, come mi risulta, non era stata trovata da altri in Italia. L’ ho raccolta in Maggio e Giugno di questo anno agli Astroni, sulla via di Agnano e nei pressi del lago Fusaro, nella località detta “ Mufeta ,. Di questo Epei- ride, nuovo per la fauna del nostro paese, voglio dare una descrizione a complemento - dli quella degli altri autori. Glyptogona sextuberculata Keys. 1863. (Epeira sertuberculata KeyseRL. 1863; Glyptogona scertuberculata Simon 1884). Maschio. — Cefalotorace lungo 3 mm. ; largo poco più di 2 mm. Addome lungo poco più di 3 mm. ; largo poco più di 3 mm. Il cefalotorace è liscio e molto seuro, quasi nero, glabro, con due fasce giallo-chiare mar- ginali strette, diffuse in avanti; la parte cefalica è convessa, molto ristretta ed allungata in avanti ove sono sensibilissime le sporgenze oculari. Le strie cefaliche si presentano molto evidenti: quelle toraciche poco accentuate, la stria mediana longitudinale è più lunga e posteriormente, nel mezzo del torace, si diffonde in fossetta triangolare, profonda e più larga che lunga. L’ area oculare mediana è molto sporgente e degli oechi medii gli an- teriori sono più grossi e più discosti dei posterieri e quasi in linea retta con i laterali che sono conniventi. I cheliceri sono lunghi, perpendicolari, neri e cilindrici, con uncini poco Innghi e poco curvi che si ripiegano, quando sono in riposo, tra una doppia serie di denti, Fic. 1. — Glyptogona sertuberceulata) Keys. maschio. x 5:4- palpo, da sopra; d- palpo da sotto. x 50. dei quali tre si trovano allo esterno e sono lunghi, acuti e rivolti, allo innanzi e due nel lato interno rudimentali. Le zampe hanno le anche inermi, i femori armati di spine alle estre- mità anteriori , cioè tre interne ed una esterna nel 1° paio, una interna nel 2° paio, una esterna nel 8°, una esterna e l’altra interna nel 4° paio , il quale inoltre è armato inferiormente di una serie di cinque o sei spine corte e nere. Le patelle sono armate tutte di una corta spina. La tibia del primo paio è alquanto curva, sinuosa, con un gruppo di 5 spine irregolari, forti e nere nel mezzo del lato esterno disposte 1-2 e 2, mentre nel lato interno è guernita di rade e lunghe spine, Il 2°, 3° e 4° paio di tibie non presentano armature speciali, tranne qualche rara spina. I metatarsi ed i tarsi sono inermi, meno nel 4° paio, ove hanno alcune spine, I tarsi sono muniti di artigli, due ricurvi e dentati superiormente ed uno piegato a gomito e semplice alla base. Gli artigli superiori del 1° paio hanno 7 denti ciascuno, quelli del 2° paio 5 denti, quelli del 3° 6 e quelli del 4° paiv 4. Le zampe mascellari hanno la patella superiormente rigonfia ed ornata di qualche setola, la tibia corta e dilatata in forma di mar- tello: la base del tarso è provvista di una punta lamellosa curva allo esterno ed allargata ed arrotondata alle estremità, Il bulbo, molto voluminoso, nella prima porzione vescicolare porta duc apofisi, una esterna alla base, diretta allo innanzi, cilindrica e biforcata verso l’indice in due punte divergenti di cui la prima acuta, la seconda, allargata internamente in una espansione lamellosa alquanto dentata, termina in punta acuta leggermente ricurva allo in- terno ; Valtra alla sommità diretta allo innanzi è curva, lamellosa e convessa esternamente a forma di tegola. La seconda parte del bulbo è armata di un apofisi esterna, la quale prin- cipia al disotto di essa e, ritorcendosi sull’ orlo esterno dello stesso bulbo, si suddivide al- estremità in due appendici, l'una unciniforme più esterna, l'altra allargata alla estremità e contorta, Femmina. — Cefalotorace lungo poco più di 2 mm. ; largo mm. 2, Addome lungo poco più di 3 mm.; largo poco più di 4. Il cetalotorace è fulvo, più chiaro nel mezzo. L'arca oculare è quasi verticale, tanto larga quante lunga: gli occhi medii si trovano su di un’area mediana poco sporgente, gli ante- riori sono alquanto più grossi dei posteriori e poco più discosti di questi. in linea quasi Ria. 2 1 epr ° EV n : = Pi n z : Sort Fic. 2.— G!yptogona sextuberculata Keys. femmina. x 5: @- fronte e cheliceri. > 20: - epigino. x 50. parallela con quelli laterali. I cheliceri sono fulvo seuri. Lo scudo pettorale è giallastro ; cordiforme, depresso nel mezzo del lato anteriore con incavi laterali corrispondenti all’ in- serzione delle anche. L’addome è voluminoso, arrotondato anteriormente ed elevato poste- riormente ove è troncato e provvisto di due tubercoli ottusi, poi declinando fin verso l’ano si biforca in due altri tubercoli meno accentuati. Il declivio posteriore è solcato da grosse pieghe trasversali, di cui la inferiore circonda le filiere, che sono quasi tubolari e con- tornate da un anello chitinoso. La colorazione generale è giallo-chiara o giallo-grigiastra , più bruna verso l’estremità dei tubercoli. Il ventre è giallo punteggiato di bianchiccio, con una zona fulva nella regione dell’ epigino. Le zampe sono giallo-chiare con anelli fulvo- seuri incomp'eti superiormente in tutti gli articoli, tre nei femori delle tre prime paia di zampe, due nel 4° paio: le patelle sono brune nel mezzo : le tibie ed i metatarsi hanno tre anelli: un anello centrale orna i tarsi. Le anche sono inermi, i femori hanno qualche spina all’estremità; delle quali due interne ed una esterna ornano il 1° paio, una esterna e l’altra interna si scorgono nel 2°; poche spine corte e chiare sono sparse sui femori e sulle tibie di tutte le zampe. Le zampe mascellari sono lunghe più dei femori del 1° paio ed hanno l'estremità della tibia e del tarso brune, quest’ultimo è armato di nn artiglio poco ricurvo con cinque denti. L° epigino è bruno fulvo e presenta un orlo largo fortemente arrotolato e striato con clavum linguiforme curvo in avanti e rialzato alquanto all’estremità. Differenze sessuali, — Il maschio differisce dalla femmina pel cefalotorace più grande e nero ; per l’addome più piccolo sparso di spine corte, forti e nere : per i femori delle prime due paia di zampe più robusti; per le tibie ed i metatarsi più lunghi e soprat- tutto per la forma del metatarso del primo paio di zampe, curvo-sinuoso. La colorazione generale è molto variabile. Note biologiche Questa graziosa specie vive in località asciutte e soleggiate a piedi dei cespugli e delle siepi: la sua piccola tela orbicolare, di fili sottili e brillanti, è disposta in senso orizzontale, assai prossima al suolo. Dal punto d’ inserzione di uno dei fili radiali con l’ ultimo circolare, parte un lungo filamento, a cui è sospeso un ammasso piriforme di pietruzze, pezzetti di foglie, residui d' insetti, spoglie di semi, ecc. ecc. tenuti assieme da un groviglio di fili setacei. Questa parte appendicolare della tela costituisce l abituale posto di osservazione del ragno che vi si acquatta e vi si snasconde tanto che il suo colore si confonde così bene con quello del nascondi- glio che esso sfugge allo sguardo meglio esercitato. Quando un piccolo insetto capita sulla tela la G/yptogona lascia il suo posto di osservazione e risalendo lungo il peduncolo corre a ghermirlo, e, dopo averlo immobilizzato avvolgendolo in fili setacei, lo trasporta con sè nel suo nascondiglio. Non è raro però sorprendere que- sto ragno anche nel mezzo della sua tela come le Argiopidae. In Maggio i maschi visitano le tele delle femmine e con esse convivono nel pe- riodo degli amori che dura fino ai primi giorni del successivo Giugno. In seguito ogni femmina fecondata depone, a più riprese, le uova e le racchiude ogni volta in bozzoletti rotondi, bianchi come fatti di bambagia, molto lasca, che permette di scorgerle per trasparenza. Ciascun bozzolo ne contiene all'incirca una settantina, di colore giallo-rossastro, piccole e leggermente agglutinate. La femina attacca i bozzoli l’ uno accanto all’ altro lungo il peduncolo del na- scondiglio e li ricopre con detriti di ogni sorta. I piccoli escono dai bozzoli verso il principio di Luglio; sono generalmente di color bruno e presentano già il radimento dei tubercoli caratteristici della specie. Napoli, Istituto Zoologico, Dicembre 1904. ANNUARIO DEL MUSEO Z0OLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 29. 15 Gennaio 1905 G. A. BOULENGER On a New Variety of the Wall Lizard (Lacerta muralis. var. breviceps) [Ricevuta 22 Decembre 1904) Hearing that I was engaged in a revision of the varieties of Lacerta muralis, Professor MowmiceLLi, has been so kind as to send me for examination all the speci- mens preserved in the zoological Museum of the Naples University, and among them I was much surprised to find six examples, in one bottle labelled Podarcis muralis var. lineata, De Berta, “ Napolitano, dono del Direttore A. Costa, 1889 ,, wich be- long to an undesceribed variety (1), just distinguishable from the typical form and in many respects approaching L. vivipara. Had there been but one specimen, and had it come from a distriet where L. muralis and L. vivipara co-exist, I should have regarded this form as probably a hybrid between the two species. But there are six specimens, and it is not known where they come from, for I can hardly believe the indieation “ Napolitano , to be correct, and Prof. MonticeLLI, who has searched the registers of his museum, informs me the locality whence they were procured has not been noted, and he cannot answer for the correctness of the habitat. I am therefore inclined to think they come from some part of Northern Italy, as they show a great general resemblance to the typical form, and I consider it necessary to establish for them a distinet variety, under the suggestive name of dreviceps. In shape, the head resembles that of L. vivipara , it is small and convex, once and one third to once and two fifths as long as broad, and its depth equals the distance between the anterior border of the eye and the anterior border of the tympanum; the snout is obtusely pointed. The neck is as broad as the head, or a little narrower. Body rather strongly depressed. Hind limb, in the males, reaching the axil or the shoulder, in the females, the elbow of the adpressed fore limb; foot a little longer than the head. (1) De Berra's variety lineata (quadrilineata Gray, genei Gar) is a different form, inhabiting Sardinia and Corsica. Head-Shields as in the typical form of L. muralis, but frontal rather broader than usual; nasal forming a short suture with its fellow, and, in two specimens, in contact on one side with the anterior loreal; granules between the supraciliaries and the supraoculars reduced to 3 to 10; parietals as long as broad or but slightly longer; occipital smaller than the interparietal, entirely absent in one specimen; temporal scales usually larger than in the typical form, the masseteric plate destinet and in contact with the upper temporal or separated from it by one series of scales; four upper labials anterior to the subocular. Gular scales rather large (20 to 25 in a longitudinal series); gular fold rather feebly marked. Collar very feebly denticulate, with 8 to 10 plates. Scales on body rhomboidal or distinetly hexagonal, and more strongly keeled than usual in the typical form, 46 to 55 across the middie of the body, 3, or 2 and 3 transverse series correspond to one ventral plate, 24 to 36 to the length of the head. Ventral plates in 6 longitudinal and 23 to 28 transverse series. Preanal plate large, bordered by one semicircle of small plates. Scales on the upper surface of the tibia keeled and much smaller than the dorsals 22 to 24 lamellar scales under the fourth toe. 14 to 16 femoral pores on each side. Upper caudal scales strongly keeled aud more or less distinctly pointed behind, sometimes marly as much as in L. vivipara. The coloration is the same as in most examples of the typical form of L. mu- ralis, with a dark lateral band, light-edged above and beneath, and a dark vertebral streak or series of spots; these marking are strongly defined in the very young; the belly of the males is marked with thick black dots, and the throat and breast are spotted with black in both sexes. This type of markings, wich is frequent in the typical form of L. muralis, is also that which most nearly approaches the pattern of L. vivipara. Measurements, in millimetres ST Q From end of snont to vent 51 56 From end of snout to fore limb 22 22 Length of head 13 12 Width of head Da Depth of head T T Fore limb 18 18 Foot 15 14 Tail 9” 104 Prof. v. MineLy has recently (1) expressed the opinion that the Caucasian form L. sazicola is to be regarded as representing the ancestral stock out of which L. vivipara has been evolved. In my opinion, the variety here described establishes an even closer connection between the typical L. muralis and L. vivipara than is to be found in any of the Eastern forms yet described, including NiroLst's L. Derjugini (2), which is also intermediate betwen the two species. A much closer knowledge of the variations of these lizards than we now possess in required before we can profi- tably speculate on this question. (1) MéneLy, L. — Eine neue Lacerta aus Ungarn. Ann. Mus. Hung. Vol. 2, 1904, pag. 377. (2) Nigorsxi, A. M. On two new Lizards from Russia [Russian text]. Ann. Mus. St. Peters burg, 1898, pag. 284. ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 30. 51 Gennaio 1905 FR. SAV. MONTICELLI Sull’ Echinorhynchus aurantiacus Risso [Iticevuta il 3 gennazo 1905) Dopo aver identificato nella mia nota sui parassiti del Kegalecus glesne VE. auran- iacus del Risso (1826) con lE. pellucidus Luck. e con lE. annulatus Morin (1), in altra mia recente nota, pubblicata in questo “ Annuario , (2), ho illustrato con una com- pleta descrizione di tutte le sue caratteristiche esterne ed anatomiche l’Echinorinco della Solea impar, da me erroneamente una volta, nel 1887 (3), ritenuto, pel colorito assegnato dal Risso nella frase diagnostica alla sua specie, come £. aurantiacus. Ris. Ed ho inoltre dimostrato, per le ragioni da me addotte, che I’ E. della Solea impar deve ora chiamarsi £. rlytidodes, fissandone la sinonimia. Le mie conclusioni sul £. aurantiacus sono state accolte dal Porta (4), al quale ho comunicati gli esemplari della specie esistenti in questo Museo; che, dallo studio fattone, ha identificato con la specie di Risso anche | £. determinato come £. pristis dallo ZscHokke (5) nella sua me- moria sui parassiti dei pesci del golfo di Napoli. Identificazione che posso confermare da mia parte, perchè avendo avuto opportunità, nel 1889, di esaminare gli esemplari da lui donati al Museo di Zoologia della Università di Lipsia (N. 5542), determinati come £. pristis, provenienti dal Lepidopus caudatus e raccolti a Napoli, ho riconosciuto, infatti, che si tratta dell’ £. aurantiacus Risso. Dell’ E. aurantiacus non fu data finora alcuna figura dal vivo: pertanto il suo colorito è stato più o meno diversamente indicato: dal Risso, con la sua frase diagnostica (corpore toto rubro aurantiaco) e la breve descrizione “tout son corps est (1) MonriceLLIi, FR. Sav.— Sui parassiti del Regalecus glesne: Monit. Z. I. Suppl. Anno 11, 1900 pag. 36. (2) MonticeLLI, FR. Say. — Su di un Echinorinco della collezione del Museo di Napoli (2. rRytidodes Moxtic.): Ann. Mus. Z. Napoli (N. S.) Vol. 1, N. 25. (3, MonriceLLIi, FR. Sav. — Osservazioni intorno ad alcune specie di Acantocefali : Boll. Soc Nat. Napoli, Vol. 1, 1887, pag. 19. (4) Porta A. — Nota sugli Echinorinchi dei pesci del Museo Zoologico di Napoli: Ann. Mus. Z. Na- poli (N. S.) Vol. 1, N. 20, 1904, pag. 3. (5) Zscnoxxe, Fa. — Helminthologische Bemerkungen: Mitt. Z. Stat. Neapel, 7. Bd. 1901, pag. 270. coloré d’une belle tinte orangé ,, dal MoLix (color roseo), da me (ranciato molto forte) nel 1587, e recentemente dal CoxporeLti, che lo dice di colorito bianco-roseo (1). Il LeuckarRT (E. pellucidus) non dà indicazione di colorito. Avendo data una figura a colori dell’ £. rAytidodes, per bene e ‘completamente identificarlo anche dal suo colorito, credo opportuno, per ancor meglio stabilire la differenza fra le due forme — da me appunto confuse nel 1887 per il colorito del corpo — di dare una immagine a colori anche dell’ E. aurantiacus Risso, che valga ad integrare del tulto la descrizione di questa specie. Dalla figura che qui allego è messa chiaro in evidenza la tinta rosso - ranciata del corpo di questo Echinorinco che colpì il Risso. Essa può avere maggiore o minore intensità ed alle volte essere quasi rosso- mattone, e variare anche molto nella tonalità di rosso; altre volte la tinta è assai sbiadita fino a raggiungere un roseo carico e roseo-giallastro , più o meno intenso o sbiadito. Giò ho desunto dall'esame sul vivo di molti esemplari raccolti da differenti ospiti, in vario tempo ed in località diverse: Ja tinta bianco-rosea, alla quale accenna il CoxporeLti, non l'ho costatata che in individui non in buone condizioni, o già morti. Mentre il corpo dell’ animale è così colorato, la sua parte anteriore coniforme rivestita di squa- mette, come il collo e la proboscide, spiccano in bianco-lattiginoso, trasparente, translucido, sulla tinta del corpo, che va solto il cercine insensibil- mente sbiadendo di colore per passare al bianco netto. La cuteditutta la partecolorata del corpo è trans- lucida come quella della parte bianca, ciò che giu- slifica ilnome specifico pellucidus imposto a questa specie dal LeuckarT dall’impressione avutane nello ONDA den sur aNltiaria Bisso; esaminarlo; potendosi anche sul vivo, per traspa- dal vivo . X 10 renza, riconoscere l’interna organizzazione. Come accennavo nel 1887, il colore caratteristico di que- sta specie è dovuto ad una sostanza tinta di rancione, la quale schiacciando gli ani- mali si mostra sotto forma di gocciole di aspetto oleoso. Queste, come è stato 0s- servato e descritto in altre forme di Echinorinchi, circolano nelle lacune delle pareti del corpo, che costituiscono in questa specie un fitto reticolo irregolare: dalle lacune longitudinali, molto ampie, si dipartono difatti numerosissime, ramificate, ramifican- tisi lacune trasversali, che formano un intricato sistema di canalicoli varicosi ana- stomotici. Sotto la pelle, anteriormente, spiccano in bruno i Jemnisci; perchè, osservando l’ani- male vivente al microscopio, si mostrano ripieni di una sostanza granellosa nerastra. La cuticola del corpo si presenta finamente e fittamente striata; invece, quella del 1) ConporeLLi FrancavieLia M. — Contributo allo studio della fauna elmintologica di talunì pesci della campagna di Roma: Soc. Itom. Stud. Zool. Vol. 7, Fasc. 3-4, pag. 28. x0G dat collo e dello spazio intercedente fra i due collari anteriori di squamette è liscia: tale striatura si osserva bene anche a piccolo ingrandimento e dà al corpo quello aspetto finissimamente anellato descritto dal Leuctart (£. pellucidus) “in corporis su- perficie annuli tenuissimi,. Una differenza di colorito fra maschio e femmina non può riconoscersi in questa specie; nella quale, pertanto, il dimorfismo sessuale è molto accentuato e si manifesta per la rilevante differenza di grandezza fra femmina e maschio—essendo questo quasi di un terzo più piccolo della femmina—che è accompa- gnata dalla conseguente diversa forma del corpo, nonchè per tutte le caratteristiche esterne oltre quelle specifiche inerenti al sesso; ed ancora dalle interne, quali, p. e., la maggiore estensione nei maschi dei 'emnisci, sorpassanti il ricettacolo della probo- scide, mentre nella femmina non lo raggiungono in lunghezza, arrestandosi poco oltre il livello del cercine terminale della porzione coniforme anteriore al corpo. Questa nota, avendo lo scopo di accompagnare la prima figura in colore dell’ £. aurantiacus per completarne la descrizione e la illustrazione grafica, non credo necessario di aggiungere altro a quanto ho già detto delle caratteristiche morfologiche di questa specie da me riassuntivamente esposte nel 1887. Caratteristiche che Conpo- RELLI e Porta hanno riportate, confermandole e completandole nei particolari di di- mensioni degli uncini della proboscide ed in una più minuta descrizione di essi. Da questa solo dissente la mia prima descrizione per il numero di serie di uncini (15) che ho assegnato alla proboscide; il quale, secondo i citati A., collima, invece, con quello in- dicato dal Motin (£. annulatus): ma va pertanto osservato che il LeuckarRT ne enumera 12-14 serie (E. pellucidus). Ed il Porta recentemente, contro le osserva- zioni del CoxporeLti, ha dimostrato nella sua nota innanzi citata essere giusta l’in- terpretazione da me data della armatura anteriore del corpo, essendo questa fatta da due fasce di caratteristiche squamette embricate della forma da me descritta (op. cit, pag. 25, fig. 12), e non da produzioni cuticolari, specie di uncini fortissimi tozzi e robusti e poco ricurvi, come voleva il CowporeLLi. Fasce che si comportano come allora ho descritto; ma che sul vivo ed a fresco con piccolo ingrandimento poco si distinguono, cosiechè la parte coniforme anteriore del corpo bianco-trasparente sembra tutta uniformemente coperta di spinulette, come è apparsa al LeuckaRt (collo parte postica crassiore aculeata) ed è stata da lui disegnata (E. pellucidus), e come più recentemente la descrive il ConporeLLi, che non ha riconosciute le due fasce già poste in evidenza dal Morin (£. annulatus). Per ogni altro particolare delle esterne fattezze e di struttura anatomica su questa specie, rimando alle memorie degli autori sopracitati ed alle precedenti mie, dove ho messo in rilievo quanto della organizzazione interna, specialmente dei genitali, è pos- sibile di riconoscere, dato lo stato immaturo degli esemplari finora raccolti, Sarebbe perlanto desiderabile si possa ritrovare la forma adulta, rinvenuta solo dal LeucgarRt (E. pellucidus) nel Delphinus delphis, per completare lo studio anatomico di questa interessante forma di Echinorinco : che, largamente diffusa in varie specie di pesci in condizioni di incompleta maturità sessuale e con preponderanza di femmine sn maschi, come ho supposto dai dati che si hanno, pare debba raggiungere il com- pleto suo sviluppo, con ogni probabilità, in un Delfinide che rappresenterebbe l’ospite suo definitivo. Napoli, 30 Dicembre 1904. 0, Centi rr UAN ARI STI CA RSOZT IE si Bf. 7 È : : i Pi e EV Mart ì a | ‘ % F [ PUT, "TIA M e ITS MESI: : DI * t 4 ‘ % bi RAEE PE TO RL 1 3% ba) pei AE ea PRIA p ML À î re ui Ù P t sesto i ROLL pa > CA: " Ò Î aa ‘| N > dal ARC ° 3% È ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI ( Nuova Serie ) VOLUME T. Num. SI. 3 Maggio 1905 Dott. UMBERTO PIERANTONI (M1BERO DOCENTE DI ZOOLOGIA — ASSISTENTE AI. MUSEO ZOOLOGICO) Cirrodrilus cirratus n. g.n.sp. parassita dell’ Astacus japonicus. (Tavora 6.8) [Ricevuta il 15 Febbraio 4905) Tl Prof. MovriceLLt in una sua recente permanenza a Parigi, ricercando le Temnocefale sui decapodi d’acqua dolce delle collezioni del Museo di Storia Naturale di quella città, raccolse sulle branchie ed alla superficie del corpo degli astacidi buon numero di Branchiobdelle, che volle aftidarmi in istudio, come avea già fatto per quelle da lui rinvenute su crostacei di acqua dolce di altri musei esteri e nazio- nali, perchè io potessi valermene per le ricerche, delle quali da qualche tempo mi vo occupando, sull’anatomia e le affinità di questi animali. Nel materiale del Museo di Parigi una forma rinvenuta su di un Astacus del Giappone ha attratto maggiormente la mia attenzione, perchè si allontana per le sue fattezze dalle Branchiobdelle stesse, pur avendo con questi anellidi qualche carattere comune. Ho creduto perciò utile di darne un cenno preliminare in questa nota, nella quale esporrò solo i dati risultanti da un esame esteriore, poichè lo stato di conservazione degli esemplari a mia disposizione non mi ha permesso uno studio particolareggiato della interna struttura. Anche dai soli caratteri esterni, del resto , non è difficile scorgere nel curioso animale qualcosa di assolutamente nuovo. Non dispero di poter ottenere in seguito, dal paese d’origine, mediante i dati di rinve- nimento abbastanza precisi di cui dispongo, un nuovo e più fresco materiale, adatto per uno studio anatomico. Il verme, che è rappresentato nella Fig. 1 della tavola annessa, ha una lunghezza massima di 3 mm. e mezzo, ed una spessezza, presn nella regione cefalica, di !/, mm. circa. Il corpo è quasi cilindrico, leggermente appiattito nella faccia ventrale e nettamente distinto in quattro parti: un capo rigonfio, a cui segue un collo ristretto, un tronco formato da sei segmenti uguali, in fine una ragione candale terminale, il cui estremo libero è incavato a ventosa. La parte comprendente le ultime tre regioni ha aspetto quasi cilindrico , essendo leggermente rigonfia nel suo tratto mediano. Il capo o regione cefalica (Fig. 2) è piriforme, con la parte assottigliata rivolta in dielro e continuantesi col collo. Nel punto ove è più rigonfio il capo. presenta una corona di dodici tentacoli, i quali sono più lunghi sulla parte corrispondente al dorso che su quella corrispondente al ventre. In mezzo a questa corona si apre la bocca, che è notevolmente spostata verso la faccia ventrale, ed è posta all’ estremo di una specie di grugno o sporgenza; essa a sua volta è circondata (Fig. 3) da una serie di piccole appendici tentacoliformi, più numerose lungo il margine ventrale che lungo il dorsale, le quali formano una speciale coroncina o rosetta. Entro la cavità boccale si rinvengono due mascelle chitinose (Figg. 4 e 5), l'una dorsale e l’altra ventrale, foggiate sul tipo di quelle delle Branchiobdelle. La forma di queste mascelle è appiattita, con uno dei margini impiantato alla parete della bocca e l’altro libero nella cavità di essa. Ciascuna mascella presenta inoltre due facce, di cui l’una porta verso il margine libero un grosso dente centrale (Fig. 5), e l’altra una serie di otto dentelli: nella posizione normale le punte di tutti questi denti sono rivolte in dietro, e nella cavità boccale si guardano le due facce che portano i dentelli. Le mascelle possono estroflettersi insieme colla parete epiteliale del cavo boccale e nel fuoriuscire si capovolgono, in modo che i denti si rivolgono in avanti, ed in dentro si guardano le facce provviste dell’ unico robusto dente. Il collo, nel punto in cui si attacca al capo è assai ristretto; esso è formato da un solo segmento privo di appendici, che va gradualmente aumentando di diametro per continuarsi in dietro col primo segmento del tronco. Il tronco è fatto da sei sesmenti uguali, ciascuno dei quali presenta una serie ventrale trasversa di sei o setle appendici tentacolari digitiformi; in ciascuna serie i tentacoli centrali sono più sviluppati dei laterali (Fig. 1). La regione caudale è formala da due segmenti, l’uno cilindrico, privo d’appendici in continuazione con l’ultimo segmento del tronco; l’altro anch'esso cilindrico, ma col suo estremo libero formante una ventosa, senza quindi che questa assuma un diametro maggiore di quello del tronco. Il corpo tulto è di solito incurvato in modo che la bocca ce l'estremo posteriore sporgono alquanto ventralmente, formando, evidentemente, i due punti di attacco del parassita sull’ospite (Fig. 1). Dai dati che ho esposto nella precedente descrizione si può desumere cha il Cirrodrilus è una forma affine alla famiglia dei Branchiobdellidi per la struttura e disposizione delle mascelle e della ventosa, mentre se ne discosta per la netta ce- falizzazione dei segmenti anteriori, per la coroncina dei tentacoli, per la corona tentacolare cefalica e per le appendici tentacolari del tronco. I quali tenticoli tutti, e specialmente i cefalici, non possono non far pensare ad un altro gruppo di vermi che corrisponde col Cirrodrilus anche pel regime di vita; voglio alludere agli Hi- striobdellidi, o come più recentemente sono stati chiamati Histriodrilidi, sulla cui posizione sistematica a così incerte conclusioni si è giunti. Io non dubito quindi che uno studio sull’anatomia del Cirrodrilus porterà un notevole contributo alla conoscenza delle succennate forme di anellidi (Branchiob- dellidi ed Histriodilidi) le quali, tutte od in parte, sono state classificate ora fra dinei ora fra gli Archianellidi ed ora fra gli Oligocheti , ed ora oro affinità. poli, Istituto Zoclogico della R. Università. Dicembre 1904. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 6.° > mt con le mascelle estroflesse. X 160. Una a vista da una faccia. X 700. considerate concl sione Pa, E 5 2.9 cha +0 HI i n } to Ret a 4 Sr x Melo ATI mei CREITNTO x ‘ à ja Ù set 10806) RIS? Fassi: ini af Ci d39ht n RR “n 5 è Fani CAO edi e cs e «dela TA BERO at e RI oe RT vera » pare DI Ù ? Di Y a dn 1 i Fa a 3 # pa p_ . Î e. 1] , a i Annuario del Museo Loologico Rlniversità Napoli (NSYWAL NI Zav 6 Si U.Piorantoni dia. Lit.Tacchinardie Ferrari-Pavia, à - ANNUARIO DEL MUSEO Z0OLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 32. 7 Giugno 1905 Dott. TITO BENTIVOGLIO (REGGIO EMILIA) LIBELLULIDI DELL'ITALIA MERIDIONALE ESISTENTI NEL Museo Zoologico della R. Università di Napoli — —-coo—.-.,-__ [ticevuta 28 Febbraio 1905] Invitato dal prof. MonTiceLLI a riordinare i Libellulidi della collezione entomologica meridionale (1) del Museo zoologico della R. Università di Napoli, accettai di buon grado l’incarico offertomi, lieto che mi si presentasse l'occasione di occuparmi dello studio dei pseudoneurotteri di una regione, a torto, poco curata fino ad ora; non esiste in fatti nessun lavoro speciale che riguardi i Libellulidi dell’Italia meridionale. Fra il materiale studiato ho trovato 16 specie nuove per la fauna della regione; e, di queste, due sono di grande importanza perchè nuove anche per l’Italia con- tinentale, esse sono: Libella nitidinervis e Lestes macrostigma, forme prevalentemente meridionali, anzi la prima è propria dell’Africa settentrionale : così la presenza di questa specie in Italia viene a segnare l’anello di congiunzione fra le forme di quella regione e quelle del mezzogiorno d’Europa. Parimenti importanti sono le specie: Agrion ornatum e Agrion mercuriale, perchè la prima sino ad ora non si co- nosceva che in due località italiane, la seconda in una sola. Delle specie già co- nosciute importantissima la Trithemis nigra perchè esclusiva di Terracina. Ho pensato di fare cosa utile pubblicando un elenco sistematico di tutte le spe- cie, nella speranza che questo serva di sprone a qualche volenteroso , per nuove ricerche, certo che il materiale che potrà raccogliersi formerà argomento ad altri studii. Confrontando il numero delle specie Europee con quelle dell’Italia continentale e (1) La collezione meridionale comprende gli insetti dell’ Italia meridionale. Essa costituisce uno dei tre gruppi nei quali è ripartita la collezione entomologica del Museo, secondo l’ ordinamento del Cosra che è stato mantenuto (V. in proposito il N.° 2, di questo Annuario, pag. 7). Detta collezione meridionale fu dal Cosra istituita con criterio geografico relativo ai confini dell’antico regno di Napoli. FR. Sav. MONTICELLI del meridionale (Tabella II) si vede che in quest’ultima regione lo sviluppo dei Li- bellulidi è tutt'altro che disprezzabile. Debbo alla cortesia dei prof. D. Rosa e P. Pavesi l'aver potuto consultare alcuni libri necessari alla compilazione di questa nota; ai professori MonticeLLI, PAvESI e Rosa i miei vivi ringraziamenti. Reggio E., Febbraio 1905. ELENCO SISTEMATICO E SINONIMICO Fam. Libellulidae (sELyS) Trib. Libellulinae (sELYS) Gen. Diplax (cHARP.) 1. D. striolata (cHaRP.). 1881. Libellula striolata Costa, pag. 52. Loc: Avezzano, M. Cava, Sila Grande. Questa specie è assai comune in tutta Italia. L'individuo trovato dal prof. Costa a Sila Grande fu catalogato come var. nigripes. Gli esemplari che figurano ora nella collezione corrispondono perfettamente al tipo descritto da CHARPENTIER (1). 2. D. vulgata (1). Loc: Avezzano, Due esemplari di questa specie figurano ora in collezione, ed è la prima volta che viene indicata fra quelle dell’Italia meridionale. Fino ad ora era stata segnalata la sua presenza nell’Italia settentrionale ed in Sicilia; forse era stata scambiata con la precedente perchè ha caratteri che molto le si avvicinano. 3. D. meridionalis (sELYS). Loc: Lago d’Averno. Anche questa specie non fu prima d’ora trovata nell’Italia meridionale; un solo individuo figura nella collezione. 4. D. flavepla (L). Loc: Gran Sasso, Lago d’Averno. È la prima volta che si rinviene nel meridionale, anzi è specie che fu sempre ritenuta come rara nelle regioni meridionali d’ Europa, però MixnÀ (2) la trovò in Sicilia. 5. D. sanguinea (Mit). Loc: ? Nella collezione da me studiata esiste un solo esemplare di questa specie, portante l’in- dicazione « Italia meridionale » ; è specie frequente nel settentrione, ora per la prima volta indicata per il meridionale, (1) De CHarpeNTIER, T.—Libellule Europe descripta ac depicta: Lipsia, 1840, pag. 78, Tab.10, fig. 2. (2) Minà Pacumgo, Fr. --- Neurotteri della Sicilia: Biblioteca del Naturalista Siciliano, Fase. 9, Pa- lermo, 1871. e.teinà Gen. Libellula (L). 6. L. depressa (1). 1862. Libella depressa, Costa, pag. 54, N.° 619. 89 sno » PIROTTA, pag. 441. Loe: Benevento, Calabria ulteriore. Quantunque trovata in due sole località, pure è certo che nuove ricerche la faranno rinvenire in molte altre, essendo questa la specie più comune dell'Europa. 7. L. fulva (mit). 1787. Lilebulla ferruginate CygiLLUSs, N. 7, Tav. 2, fie. 2. 1862. » conspurata Costa, pag. 62, N. 620. 1879. » fulva Prrorra, pag. 443, Loe: Napoli, Calabria ulteriore. Specie che si trova qua e là in Italia, ma non è mai comune. 8. L. quadrimaculata (L). 1879. Libellula quadrimaculata PiroTTA, pag. 444, Loc: Napoli. Pirorta (1, pag. 144) dice che questa specie è sparsa per tutta Italia, comune al nord di- viene sporadica verso il centro; GARBINI (1) invece la dice rara anche al nord. Certo è che in tutte le località italiane ove fu rinvenuta questa specie, sono stati segnalati sempre pochi individui. Nella collezione ne esiste un solo esemplare. Gen. Libella (BRAUER.). 9. L. eoerulescens (FABR.). Loc: Napoli. Abbastanza frequente in molte parti d’Italia, ora per la prima volta viene ricordata fra quelle del meridionale. 10. L. cancellata (L.). ica Anche questa specie è la prima volta che si rinviene nell’Italia meridionale; un solo in- dividuo figura nella cellezione, ma non porta esatta indicazione della località ove fu catturato x solo è indicato « Italia meridionale ». 11. L. nitidinervis (sELvs). Loc: Napoli. Specie abbastanza comune nell'Africa settentrionale, congiunge la fauna d’ Europa con quella dell’Atrica. TR importante la comparsa di questa specie a Napoli, perchè fino ad ora era sconosciuta nell’Italia continentale, (1) Gareini, A. — Libellulidi del Veronese e delle provincie limitrofe: Bol. Soc. Entom. Itat. Anno 20, 1897, pag. 14. Gen. Trithemis (BRAN.) 12. T. nigra (VANDER). 1825. Libellula migra VAN DER LINDEN, pag. 16 1840. » » SELYS, 2, pag. 55 e 209. 1842, » » RAMBUR, pag. 118. 1850. » » SELYS-Hacen, 1, pag. 65. 1876. Trithemis nigra BRAUER, pag. 298. 1873. » » PIROTTA, pag. 449. Loc: Terracina. Questa specie è esclusiva del)’Italia meridionale ove fu trovata da VAN DER LiNDEN e de- scritta nella monografia delle Libellule di Europa (pag. 16); per alcuni caratteri si avvicina alla Diplax scotica, tanto che CHARPENTIER (1) col nome di Libellula nigra descrive e figura la D. scotica e riporta nei sinonimi tanto quelli dell’ una come quelli dell’ altra specie. RaMBUR (pag. 118) nella sua storia dei Neurotteri, dopo avere descritto la L. migra sog- giunge «je crois qu'elle n’ est pas différente de la scotica ». SeLys invece nel suo classico lavoro sui libellulidi d’Europa (2, pag. 55) dà i caratteri della Libellula nigra distinguendola nettamente dalla scotica ; non credo quindi sia da mettersi in dubbio la bontà di questa specie. Gen. Crocothemis (BRAN.). 13. C. erythraea (BRULLÈ). 1840. Libellula ferruginea SeLYS, 2, pag. 42. 1879. Orocothemis erythraea PirortA, pag. 449. 1897. Libellula erythraea GRIFFINI, pag. 263. Loc: Napoli, Questa specie si trova in molte parti d’Italia, è più comune nel meridionale e nelle isole che nel settentrione, Trib. Aeschninae (sELYS). Gen. Anax (LEACH.). 14. A. parthenope (SELYs). 1839. Aeschna parthenope SeLys, 1, N. 10. 1840. Anax parthenope SeLYS, 2, pag. 119 e pag. 215. 1850. >» » SELYS-HAGEN, 1, pag. 111. 1879. >» » PIROTTA, pag. 455. Loe: Lago d’Averno. Nella collezione del museo di Napoli non ho riscontrato nessuno individuo di questa specie; ma la noto ugualmente in questo catalogo, perchè la specie fu creata su esemplari (1) De CHÒarpenTIER, T. — loc. cit., pag. 83. 1 gl SALE che SeLyYs raccolse nel 1838 al Lago d’ Averno. Più tardi è stata trovata in varie località dell’Italia settentrionale e centrale. 15. A. formosus (vANDER.) Loc: Napoli. Questa specie comune in molte località dell’Italia settentrionale, centrale e nelle isole, viene ora per la prima volta indicata per il meridionale. Gen. Aesehna (FABR.). 16. A. eyanea (Mit.) 1786. Libellula grandis PetAGNA, pag. 34, Tav. 6, fig. 2. 1850. Aeschna cyanea SeLys-HAGEN , 1, pag. 115. 1879. » » PIROTTA, pag. 457. 1889. Aeschna maculatissima Costa, pag. 53. Loc: Sila piccola, Napoli. Comune nel settentrione, non manca nel meridionale, ma vi è più rara; due soli individui figurano nella collezione da me studiata. 17. A. mixta (LATR.). Loc: Napoli. Un esemplare di questa specie figura nella collezione; è la prima volta che si trova nell’Italia meridionale, mentre è abbastanza comune al settentrione, 18. A. rufescens (vANDER.). 1840. Aeschna rufescens SeLys, 2, pag. 113. 1579. » » PIROTTA, pag. 461. Loe: Napoli, Vesuvio, Specie molto comune in tutta Italia. 19. A. grandis (x). 1862. Aeschna grandis Costa, pag. 64, N. 623. Loe: Calabria ulteriore, Riscontrata da Costa fra le specie della Calabria, ora non figura alcun esemplare nella collezione del museo di Napoli. Gen. Onychogomphus (sELyYs). 20. 0. foreipatus (1). 1862. Ghomphus hamatus Costa, pag. 64, N. 621. 1879. Onychogomphus forcipatus PIROTTA, pag. 453. Loc: Calabria ulteriore. Quantunque comune in molte parti d’Italia, non sembra frequente nel meridionale. G Gen. Lindenia (sELvs). 21. L. tetraphylla (vanpER.). 1825. Aeschna tetraphylla Vax DER LINDEN, pag. 32. 1840. Lindenia tetraphylla SeLxs, 2, pag. 76. 1842. » » RAMBUR, pag. 174, 1850. » » SeLys-HAaGEN, 1, pag. 102. 1857. » » SeLYS-HAGEN, 2, pag. 298. 1876. » » BRAUER, pag. 299, 1896. » » PiRoTTA. pag. 467. Loc: Lago d’Averno. Specie rarissima : in Italia fu catturata da Van DER LinpEN presso il Lago d’ Averno, e da PeccHIoLI a Pisa. Fu su gli esemplari presi al Lago d’Averno che venne creata la specie, la quale in se- guito fu trovata la SeLys anche in Epiro, Algeria, Egitto ed Armenia. Si deve considerare tra quelle che segnano l’ anello di congiunzione fra la fauna meridionale di Europa e la settentrionale dell’Africa. Nell'attuale collezione del Museo non esiste aleun esemplare di questa specie, Ra Gen. Cordulegaster (LEACH). 22. C. annulatus (LATR.) Sin. 1840. Cordulegaster annulatus SeLys, 2, pag. 96. 1850. » » SeLys-HAgEnN, 1, pag. 104. 1862. » » Costa, pag. 62, N. 622. 1879. » » PiroTTa, pag. 468. Loe: Calabria ulteriore, Reggio C., Amalfi. Quella specie si trova in molte località italiane, ma è dovunque poco abbondante. Trib. Agrioninae (sELYS). Gen. Calopteryx (LEACH). 23. C. splendens (GaR.). Sin. 1840, Calopteryr ludoviciana SeLys, 2, pag. 131 e 215. 1862. » » Costa, pag. 64, N. 625. 1879. » splendens PirorTA, pag. 469. Loc: Benevento, Napoli, Calabria ulteriore. p Questa specie è assai comune in tutta Italia ove si osservano due varietà : una setten- trionale, nella quale la fascia colorata delle ali dista considerevolmente dall’ apice, 1° altra meridionale, nella quale detta fascia giunge sino all’apice. Alcuni esemplari raccolti a Na- poli e studiati da SeLys segnano il passaggio dall’una all’altra varietà. 24. C. virgo (L). 1786. Libellula virgo PETAGNA, pag. 34. 1862. Colopterya virgo Costa, pag. 64, N. 624, 1879. » » PiroTTA, pag. 470. Loc: Napoli, Calabria ulteriore, Anche questa specie è comune in tutta Italia e trovasi mescolata alla precedente. 25. C. haemorrhoidalis (vANDER.). 1825. Agrion haemorrhoidalis Van DER LInpEN, pag. 34. 1862. Calopterya » Cosra, pag. 64, N. 626. 3 1879. » » PiROTTA, pag. 472. Loe: Mollarino, Napoli, Lecce, Calabria ulteriore. : I molti esemplari esistenti nella collezione mostrano che questa specie è abbondante nel- l’Italia meridionale; è rara invece al settentrione. Recentemente ho avuto occasione di rin- venirne in varie località della Toscana. Gen. Lestes (LEACH). 26. L. nympha (seLys). Loe: Avezzano. Specie rara in Italia; è la prima volta che viene menzionata per i) meridionale. Un solo esemplare figura nella collezione. 27. L. virens (cHARP.). 1840. Lestes barbara var. SeLys, 2, pag. 143. 1879. » virens PiroTTA, pag. 475. Loc; Cardito, Melfa, Napoli. Specie comunissima nel meridionale e nelle isole, rara al settentrione. 28. ll. barbara (FABR.). 1840. Lestes barbara SeLys, 2, pag. 142. 1850. >» » SeLYS-HAGEN, 159. 1862. >» » Costa, pag. 64, N. 629. 1 Ke LINO, » PiROTTA, pag. 475. 1897. » » GRIFFINI, pag. 295. Loc: Lecce, Gran Sasso, Persano, Lago d’Averno, Napoli, Calabria ulteriore. Un numero grande di esemplari si trova nella collezione , provenienti da varie località, quindi devesi ritenere che è specie comunissima nel meridionale ; nel settentrione non è molto comune, 29. L. macrostigma (EvER.). Loc: Lecce. È la prima volta che questa specie si rinviene nell’ Italia continentale ; sino ad ora si conosceva solo in Sardegna e Sicilia. Un solo esemplare figura in collezione. Gen. Sympycna (cHarp.). 30. S. fusca (vANDER.). 1862. Lestes fusca Costa, pag. 62, N. 628. 1879. Sympycna fusca PrroTTA, pag. 477. Loc: Atina, Monticchio, Vitulano, Cusano, Calabria ulteriore. Diffusissima nell’ Italia settentrionale, è frequente anche nel meridionale e nelle isole. Gen. Platyenemis (cHARP.). 31. P. pennipes (PALL.). 1862. Platycnemis platypoda Costa, pag. 64, N. 628. 1870. » pennipes PiRoTTA, pag. 477. Loc: Monticchio, Cerignola, Fondi, Cassino, Mollarino, Calabria ulteriore. Specie comune nel meridionale. Non tengo calcolo delle due var. lactea e bilineata, perchè in precedenti lavori (1) ho dimostrato che i caratteri che hanno servito a creare le varietà non sono permanenti, ma dipendenti dalla diversa età dell’individuo. Gen. Agrion (FABR.). 32. A. tenellum (DEVIL). 1862. Agrion rubellum Costa, pag. 64 N. 630. 1879. » tunellum PIROTTA, pag. 481. 1881. » rubellum Costa, 2, pag. 52. Loc: Mollarino, Lecce, Carofane di S. Nicola (Cirò), Calabria ulteriore. Specie piuttosto rara nell’Italia settentrionale, è comune invece nel meridionale. 33. A. pumilio (cHaRP.). Sin, 1862. Agrion pumilio Costa, pag. 46, N. 632. 1879. » » PiROTTA, pag. 481. Loc: Cirò, Calabria ulteriore. Rara nell’ Italia settentrionale, ove si rinviene però in varie località, lo è anche nel mez- zogiorno se debbo giudicare dal trovarsi nella collezione un solo esemplare di questa specie. 34. A. elegans (vANDER,). Loc: Lagopesole, Lago d’Averno. Quantunque non mai ricordata fra le specie dell’Italia meridionale, pure si deve ritenere comune giacchè molti sono gli esemplari che fignrano nella collezione da me studiata. (1) BenrivoaLio, T. — Osservazioni intorno alle varietà delle specie “ Platycnemis pennipes: » Atti Soc. Nat. Modena (3) Vol. 15, 1897. , — Ulteriori osservazioni intorno alla varietà della specie “ Platycnemis pennipes p: Atti Soc. Nat. Modena (4) Vol. 2, 1900. , — Sul valore sistematico delle varietà della specie “ Platycnemis pennipes : Mo- nitore Z. It. Anno 13. (Supp. Rendiconto Convegno Zoologico Roma), 1902. RIT RSI. VT GORE EEE E 35. A. pulchellum (vanpER.). oe: Cirò. È la prima volta che questa specie si può ascrivere fra quelle dell’Italia meridionale; è poco frequente anche nel settentrione. Un solo individuo figura in collezione. 36. A. puella (1). 1786. Libellula puella PeTAGNA, pag. 174. 1862. Agrion puella Costa, pag. 64, N. 631. 1879. » » PIROTTA, pag. 484. 1881. » » Costa, 2, pag. 52. Loc: Mollarino, Carfone di S. Nicola (Cirò), Calabria ulteriore. Abbastanza comune in tutta Italia, è frequente anche nel meridionale. 37. A. mercuriale (HEYER). Loc: Lago d’Averno. Un solo esemplare afigur in collezione: importantissima la presenza di questa specie, perchè è la seconda volta che viene menzionata per l’Italia. Nel 1877 il D.r Vincenzo Ragazzi segnalò la cattura da lui fatta di cinque individui, della specie, nel modenese; ed in una memoria presentata alla Società Entomologica Italiana (1) . notò la variabilità delia forma delle macchie scuro-bronzate del secondo anello dell’addome. 38. A. ornatum (HEYER). Loc: Mollarino. È rarissima per l’Italia, questa è la terza località nella que viene segnalata; la prima volta fu da me raccolta nel 1892 (2) nel Modenese, però gli individui catturati essendo due femmine, mi lasciarono un poco in dubbio per la loro determinazione: nel 1895 GARBINI (8) ne ritrovò un individuo nel veronese. Esiste un solo esemplare di questa specie nella collezione da me studiata. 39. A. cyathigerum (cHARP.). Loc: Gran Sasso. Anche di questa specie, fino ad ora riscontrata solo raramente nell’Italia settentrionale, esiste un solo esemplare nella collezione del meridionale. La presenza delle 39 specie menzionate in questo elenco venne indicata in diversa epoca dai vari autori. (1) Ragazzi, V. — L’Agrion mercuriale nel Modenese: Boll. Soc. Entom. It. Anno 9, Rendiconti, pag. 25, 1878. 2) BentivogLio, T. — Contribuzione allo studio dei pseudoneurotteri del Modenese: Attî Soc. Nat. Modena (3), Vol. 13, 1892. (3) GarENI, A. — loc. cit. pag. 36. Tabella I. — Epoca nella quale le varie specie furono indicate per la prima volta esistenti nell’ Italia meridionale 1. Diplax striolata DANS vulgata De meridionalis 4. » Haveola . 5. » sanguinea 6. Libellula depressa . . . o » Fulva . 8. » quadrimaculata. 9. Libella coerulescens 10. » cancellata ale » nitidinervis 12. Trithemis nigra 13. Crocothemis erytraea . 14. Anax parthenope lò. » ormosus. 16. Aeschna cyanea. ra » mixta . 18. » rufescens . 19. » grandis 20. Onychogomphus forcipatus 21. Lindenia tetraphylla . 22. Cordulegaster annulatus . 23. Calopteryr splendens . 24. » VWGORAIO 25. » haemorrhoidalis 26. Teste nympha DU. > virens. 28. » barbara 29. >» macrostigma. . 30. Sympyena fusca 31. Platyenemis pennipes . . 32, Agrion tenellum 33. » pumilio dd. > elegans 35. » pulchellum 36. » puella . . 37. d mercuriale 38. > ornatum . 39. » cyuthigerum . + Costa | Pirotta 1862 1879 Petagna| Cyrllus | Vander Selys 1786 | 1787 | 1825 | 1839 | 1840 sd + vl Lea es» È — _ edi —_. = ai = = o at Ta pe« + AS È -_. 1— = nai —- pr pete Lo = x | IS Ul Oa A LAMA 2a) Kei ta Tu LI >, — _ tt pe PS —_ el SE + = i = Se - du pe a; 9 Lai ——--__________——__zy_vrvr"v"=em—eee e )te—*etT e e_ —————————————--m_1_1_1___T———___—v Costa 1862 | 1905 Bentivo- NUOVE glio per I’ Italia continentale | Tabella II. — Specie Europee comparate con quelle dell’ Italia continentale e del meridionale ‘ ITALIA ITALIA eRENEE ERI EUROPA continentale meridionale Leucorliinia . 5 2 _ Diplax 9 9 5 Lepthemis . ; : 4 . È ; - ° 1 _ = Libellula 3 3 3 Libella 9 4 3 Trithemis . È x piro 2 : : 2 1 1 Crocothemis . 1 1 1 Cordulia . ° : - : 2 È È - 1 1 _ Epitheca . : È a 2 È - . : 5) d = Orygastra 1 1 — Macromia 1 = = Anax . } î ì ; È ; - i È 2 2 2 Cyrihosoma . 1 1 Pa Brachythron 1 1 = Aeschna . : : 5 : ; : : 5 10 8 £ Amphiaeschna 1 -- = Onychogomphus L 2 1 Ophiogomphus IL 1 = Gomphus . 5 3 - Lindenia al 1 1 Cordulegaster 4 2 1 Calopterys 3 3 3 Epallage 3 1 ne È Lestes . 6 5 A Sympyena 2 1 1 Platycnemis . s : î ; E ; P È 3 2 1 Agrion E ; ; È ; i } n ; 22 17 8 105 76 39 PUBBLICAZIONI NELLE QUALI SONO CITATI LIBELLULIDI . PeraGNA, V.. . Crrinrus, D.. + Van DER LunpEN, P. L. . De SeLys LoxecHamPs, E. ” . RamBUR, P. . De SeLys, E. — Hagen A. » . Costa, A.. . Brauer, FR. . . PirotTA, B. . GostA, A. . GrIFFINI, A. . » L) DELL’ ITALIA MERIDIONALE Specimen Insectorum ulterioris Calabriae : Napoli. Entomologiae neapolitanae specimen I: Napoli. Monographive libellularum Europaearum specimen: Bruxelles. 1. Description de deux nouvelles espèces d’ Aeschna, du sous-genere Anax: Bull. Ac. Sc. Belg. Tome 5, N. 10. 2. Monographie des Libellulidées d'Europe: Bruxelles. Historie naturelle des insects névroptères: Paris. 1. Revue des Odonates ou libellules d'Europe: Bruxelles. 2. Monographie des Gomphines: Bruxelles. Nuovi studi sulla entomologia della Calabria ‘ulteriore: Atti Ace. Napoli, Vol. 1 (l’estratto porta la data 1863). Die Neuropteren Europas und insbesondere Oesterreichs, mit Riick- sicht auf ihre geographische Verbreitung: Wien. Libellulidi italiani: Ann. Mus. Civ. Genova, Vol. 19. 2. Relazione di un viaggio nelle Calabrie per ricerche zoologiche fatte nella state del 1876: Atti Acc. Se. Napoli, Vol. 9, Napoli. Imenotteri, Neurotteri, Pseudoneurotteri, Ortotteri e Rincoti italiani: Milano. ANNUARIO DEL MUSEO Z00LOGIOO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME 1. Num. 533. 13 Maggio 1905 Prof. G. MAZZARELLI MILANO, MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE) Intorno all’ Euplocamus croceus Puit. (TavoLa 7.8) -— ——e—-— —- (Ricevuta 2 Marzo 1905). Il Puitipi (1836) nella sua nota opera sui molluschi della Sicilia stabilì il gen. Euplocamus per un interessante nudibranchio, di cui nel marzo del 1832 aveva raccolto a Palermo due esemplari. Il nuovo genere cra caratterizzato dal fatto, de- gno di particolare menzione, della presenza di papille branchiali marginali, simili a quelle delle Tritoniadae, e nel tempo stesso di una branchia perionale simile a quella delle Doridae; il che fece dire al Puiuipp1: “ genus characteribus suis inter Tritonias et Dorides intermedium divisionem Gasteropodum gymnobranchiorum inter plures familias inutilem etiam non bonam esse demonstrat ,. Se però la esistenza di questo nuovo genere non dimostra proprio che sia inutile dividere i Nudibranchi in più famiglie, come credeva il Pappi, fa però vedere per altro che fra queste famiglie esistono delle interessanti forme di passaggio, di cui l'Euplocamus è un esempio assai caratteristico. I due esemplari del nuovo genere furono dal PriipPi riferiti ad un’ unica specie, che egli denominò £. croceus, tenendo calcolo della tinta fondamentale color zaffe- rano che i suoi due individui presentavano. Ma egli ritenne che a questo genere potesse riferirsi anche la Doris clavigera MùLL. Nella tavola 7, fig. 1, della sua opera il Piirippi raffigurò uno degli esemplari della nuova specie, ma il disegno, che fu evidentemente eseguito dopo la morte dell’animale, è talmente mal riuscito, i che, tranne gli specialissimi caratteri dovuti alla presenza delle papille branchiali i e della branchia perianale, nulla in esso rammenta la forma e la colorazione che «presentano realmente gl’individui di E. croceus. i Nella seconda edizione della sua opera sui molluschi “ regni utriusque Siciliae , (1844) il Priippi manifestò la convinzione, e non se ne comprende la ragione, che il suo genere Euplocamus potesse considerarsi come sinonimo del gen. Idalia già D. - MON fondato dal LeuckaRT sin dal 1828, mentre il gen. /dalia ha dei cerata che non sono per nulla paragozabili per la loro struttura alle papille branchiali delle Tri- tonie, e quindi a quelle dei veri Euplocamus. Im ogni modo in questa seconda edizione della sua opera il PaILIPPI, dopo aver combattuta | opinione del For- Bes, che aveva ritenuto il gen. Euplocamus sinonimo del gen. Triopa Jonnsr., rife- risce al gen. /dalia (Idalia Levcx. Euplocamus Pur.) — oltre ad una vera Jdalia — l’L crocea (= È. croceus), già da lui descritta nella sua precedente opera su esemplari di Palermo, e ]' J. ramosa, descritta dal CantRAINE (1840) e da questo au- tore considerata come una Doris. Il PHiLipPI riferisce che ArcanGeLo ScaccHI aveva raccolto un esemplare di questa nuova specie, e lo aveva conservato in alcool, dopo averne fatto un disegno colorato, e che tale esemplare insieme al disegno gli venne poi regalato dallo Scacchi stesso. Ed infatti nella fig 3 della tav. 19 della sua opera il Piiippi riproduce il disegno dello Scacchi, disegno che, sebbene sia assai lungi dal raffigurare esattamente l’animale, pure dimostra a sufficienza che l'I ramosa del CantrAmNE non è altro se non |’ Z crocea del Piiuppi. Ripristinato successivamente per opera dell’ALper (1845) il gen. Euplocamus quan- tunque i due generi Ialia ed Euplocamus siano stati ancora per qualche tempo con- fusi dai Malacologi, lE. croceus, osservato per la prima volta a Palermo dal Pai- LIPPI, venne ritrovato altrove nel Mediterraneo (Golfo di Marsiglia) e meglio de- scritto, soprattutto per opera del Bern (1880), il quale su 15 esemplari ricevuti dal Vayssigre da Marsiglia, ne studiò anche l’anatomia, e giustamente lo riferì alla famiglia delle Polyceridae, considerandolo però come un tipo di transizione fra le Policere e le Triope da una parte, e i Plocamofori dall’altra. Il EerRGH descrisse poi, successivamente, altre quattro specie dello stesso genere, e cioè |’ E. aflanticus, del- l'oceano Atlantico, i’ E. japoricus, dei mari del Giappone, 1° E. pacificus dell'Oceano Pacifico, e 1’ £. maculatus delle coste dell’isola Juan Fernandez. Ultimamente però (1899) il BercH slesso, studiando degli esemplari provenienti da Ponta-Delgada nelle isole Azzorre, ha manifestato il dubbio che l° £. atlanticus non sia che una sem- plice varietà dell’£. croceus, se pure non sì tratta anche di semplici variazioni in- dividuali. Finalmente il Vayssigre (1901) ha pubblicato recentemente una interessante de- scrizione anatomica dell’ E. croceus, di cui egli aveva. raccolti sin dal 1878 alcuni esemplari, provenienti da materiale dragato nel Golfo di Marsiglia alla profondità di 60 m. o anche più. ll Vayssibre aggiunge alcune sue osservazioni concernenti il colore dell'animale, e deplora di non aver potuto eseguire un disegno colorato di qualcuno almeno dei suoi esemplari, essendo questi in troppo cattivo stato quando vennero tolti dal materiale dragato, e fa giustamente rilevare come finora non si possegga nessun disegno colorato ben fatto di questo bellissimo mollusco, che è, quindi, sotto questo punto di vista, assai imperfettamente conosciuto dagli studiosi. Nel Golfo di Napoli l'E. croceus è specie rarissima; nè si hanno notizie di altri esemplari pescati dopo quelli del GanrRAINE e dello Scaccni. Tuttavia durante Ja mia lunga permanenza alla stazione zoologica di Napoli, come ho riferito in una mia precedente pubblicazione (1903), ne ebbi nel 1894, un bellissimo esemplare pescato a 70 m. di profondità. Avendolo ricevuto vivo, e in ottime condizioni, ne feci eseguire due disegni colorati, uno dei quali raffigura l’animale vivente mentre strisciava in fondo ad una bacinella qualche ora appena dopo la sua cattura, mentre % l'altro lo rappresenta visto di lato, ancora vivente, ma dopo essere stato cocainiz- zato per poterlo conservare. Questi due disegni, assai diligentemente eseguiti e ri- prodotti in tricromia, dànno un’ idea dell’ animale e della sua colorazione di gran lunga più esatta di quella che possono dare le figure del PriLippi e dello ScaccHi, le uniche tuttora che siano colorate. Essendosi poi l’animale conservato assai bene, benchè abbia naturalmente perduto la sua primitiva brillante colorazione, ho pen- sato di donarlo al Museo dell’Istituto Zoologico dell’Università di Napoli, alla cui riorganizzazione sia dal lato del laboratorio delle ricerche, che da quello delle col- lezioni riguardanti sopratutto la fauna locale, il nuovo direttore, prof. Fr. Sav. Mon- “miceLi, ha atteso ed attende con attività ed amore grandissimi. Il prof. MoxnmICELLI ha voluto che le figure colorate dell’Euplocamus croceus, in, uno con questi brevi cenni, comparissero nell’ “ Annuario del Museo Zoologico di Napoli ,, testè risorto a nuova vita, ed io lo ringrazio per avermi data così l’occasione di far conoscere agli studiosi questa bellissima ed interessantissima specie, come è realmente allo stato vivente. A quanto ho precedentemente esposto aggiungerò poi che oltre all’esemplare qui raffigurato, catturato, come ho sopra detto, nel 1894, per cortesia del dott. S. Lo Bianco ebbi anche due altri esemplari della stessa specie, conservati in alcool, pe- seati con la paranza nel luglio 1889, e che un altro esemplare di piecole dimen- sioni, e forse perciò molto meno vivacemente colorato, ebbi vivente nel feb- braio 1896. È da notare che sia l'esemplare da me avuto nel 1894. che quelli pescati nel 1889 presentavano cinque papille al lobo frontale, mentre il BekGH ne indica sei eil VayssiRre sette. Nel piccolo individuo avuto nel 1896 queste papille sono al numero di sette. Per altro la struttura della radula è identica sia in questo che negli altri, e corrisponde a quella data per |’ E. croceus sia del BercHA che dal Vays- sigre. Questa diversità nel numero delle papille frontali è probabilmente quindi do- vuta a semplici variazioni individuali. Milano, febbraio 1905. BIBLIOGRAFIA 1836 Pippi, R. A. Enumeratio Molluscorum Siciliae: Berolini, pag. 201, Tab, 7. 1840 CanrRAINE, Malacologie méditerrandenne et littorale: Nouv. Mém. Acad. roy. Bruxelles: Tome 13. 1844 Paipr1, R. A. Fauna Molluscorum regni utriusque Siciliae. Halis Saxonum, pag. 76, tab. 19. 1845 ALpER, J. Note on Euplocamus, Triopa and Idalia: Ann. Mag. Nat. Hist. Vol. 15. 1880 BercH, Run. Beitrige 2u einer Monographie der Polyceraden I; Verhandl. Zool. Bot. Gesellsch. Wien 29. Bd., pag. 623. : 1893 » » Opisthobranches provenant des campagnes du yacht © “Hirondelle,: Résultats des campagnes scientif. accomplies sur son yacht par Albert I Prince Souverain de Monaco, Fasc. 4. 1898 » » Die Opisthobranchien der Sammlung Plate: Zool. Jahrb. Suppl. 4. 3 Heft. pag. 534. 1899 » » Nudibranches et Marsenia provenant des campagnes de la “ Princesse-Alice ,,; | Résultats des campagnes scientifiques accomplies sur son yacht par Albert 1 Prince Souverain de Monaco. Fasc 14 1901 Vavssière A. Recherches zoologiques et anatomiques sur le ) | Gulfede Marseille. 3me partie, Nudibranches: Ann. Mu 1903. MazzareLLi G. Note biologiche sugli Opistobranchi del Golfo di Soc. it. Sc. Nat, vol. 42. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 7.8 Fig. 1. Euplocamus croceus Pai. visto di lato, vivente ma cocainizzato (gr. nat.). i : Fig. 2. Euplocamus croceus Pair visto di sopra vivente, mentre strisciava sul fondi nella (gr. nat.). Annuario del Museo Zoologico (R. Università) Napoli (N. S.) Vol. 1. N. 33. Tav. 7 A. Serino e T. Arcellazzi dip. ANNUARIO DEL MUSEO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITA DI NAPOLI (Nuova Serie ) VOLUME I. Num. 34. 20 Luglio 1905 ALESSANDRO GHIGI PROF. DI ZOOLOGIA NELL’ UNIVERSITÀ DI FERRARA) Elenco dei generi e delle specie di Tentredinidi europei istituite da ACHILLE COSTA (Tavora 8.3) [Iticevuta il 1 Aprile 1905] A complemento del catalogo dei ‘l’entredinidi europei, pubblicato l’ anno scorso in questo medesimo Annuario (1) offro ora l'elenco riassuntivo dei generi e delle specie istituite da Acne Costa, colla relativa sinonimia. Questo elenco vale anche a ret- tificare alcuni errori sinonimici occorsi nella compilazione del Catalogo, e ad ag - giungere annotazioni a quei tipi di Costa che, per mancanza di materiale di con- fronto, non avevo potuto studiare sufficientemente prima. I generi e le specie caduti in sinonimia e che non hanno indicazione bibliografica si riferiscono a forme descritte nel “ Prospetto degli Imenotteri Italiani, Parte terza , essendo questo l’ultimo lavoro del Costa, che annulla tutti i precedenti in relazione alla fauna italiana e nel quale sono contenuti maggiori ragguagli bibliografici. Alcune fotografie illustrano integralmente o parzialmente quei tipi che mi sono parsi maggiormente interessanti. L'ordine è lo stesso da me tenuto nel Catalogo. Dolerus rufotorquatus Cosra—0 (Ann. Mus. Zool. Napoli, Vol. 2, 1864, pag. 97, N. 31). Piemonte, Emilia, Napoletano. Gen. Tenthredopsis Cosra (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, pag. 98) Il Cosra istituì questo genere, fondandosi sulla presenza di una venatura perife- rica nelle ali posteriori dei maschi; di due celle discoidali e della cella anale ap- (1) Gue: A. -Catalogo dei Tentredinidi del Museo Zoologico di Napoli, con osservazioni critiche e sinonimiche: Ann. Mus. Zool. Napoli (N. S.) Vol. 1, N. 21. pendicolata o terminata innanzi all’ origine della vena cubitale, nelle Y. Possiamo dire ora che l’intera struttura del corpo di questi insetti è diversa da quella delle vere Tenthredo L. Tenthredopsis erassiuseula Cosra — © (Prosp. Imenott. Ital. Pt. 3, Napoli, 1894, pag. 174). Calabria. Questa specie, come ho detto nel mio Catalogo, appartiene al gruppo con clipeo fortemente inciso nel mezzo : differisce morfologicamente dalle specie affini per la mtidezza delle mesopleure, scarsamente punteggiate; per la maggiore profondità del solco impresso nel lobo mediano del mesonoto e per la forma semicircolare del margine inferiore del clipeo. Tenthredopsis floricola Costa — DO Imenott. Ital. Pt.3, Napoli, 1894, pag. 172). Napoletano. Specie affine alla 7. neglecta (Ler.) dalla quale si distacca per la struttura delle mesopleure opache e rugose. Tenthredopsis nebrodensis Cosra — Q gg (Prosp, Imenott. Ital. Pt. 3, Napoli, 1894, pag. 169). Sicilia, Torino. Carattere più saliente di questa specie è la struttura dell’ipopigio, piccolissimo e «con margine profondamente inciso all’ apice. Ho dato una figura schematica di questo accanto a quello di 7. thomsonii, perchè se ne possa vedere chiaramente la differenza. Macrophya alboannulata Costa = M. albicineta SCHRK. Macrophya erythrocnema Cosra--Q 5 (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, pag. 77, N. 7). Toscana, Napoletano. Macrophya luridicarpa Costa = M. duodecimpunctata (L.). Macrophya nivosa Costa = M. friesei Kxnw. Non intendo affermare con questo che M. friesei Knw. debba considerarsi come specie distinta dalla albipuneta Farr. Intendo rilevare che nell’esemplare del Costa la cella lan- ceolata è contratta come in M. friesei. Tolgo così la riserva espressa nel catalogo, dopo aver constatata errata la determinazione del Costa dell’unico esemplare attribuito a M. liciata (KLUG)= albipuneta (FALL). Macrophya novemguttata Costa = M. duodecimpunetata (L.) Macrophya pallidilabris Cosra— g' (Mise. entomol, Mem. 3: Atti Ace. Napoli, 1893). Grecia, Il tipo della specie è un 7 in condizioni molto deteriorate. Mostra grande affinità per colorito e struttura con M. erythrocnema var. femoralis Knw., ma ne differisce per la nitidezza del labbro bianco e pel fatto che l’apice del clipeo è quasi troncato. Macrophya trocantherica Costa = M. quadrimaculata var. tarsata PANZ. Allantus mauritanicus Costa —Q < (Mise. entomol. Mem. 4: Atti Ace. Napoli, 1890). Tunisi. Non è citato dal DaLLa Torre. Di quattro femmine ed un maschio recati da Tunisi nella collezione MiceLi, solo il maschio è superstite. Non mi sembra corrispondere ad alcuna delle specie con addome fasciato di rosso descritte prima e dopo, da altri autori. Il capo è ristretto dietro agli occhi; il clipeo fortemente smarginato a semicerchio; la superficie del corpo e del torace opaca e rugosa, scarsamente pu- bescente per corti peli biancastri; il mesonoto punteggiato. La colorazione è quale il Costa ha descritta. Allantus montanus Costa = A. frauenfeldii var. montanus Dest. Allantus baldinii Costa = A schaefferi KLUG. Allantus © baldinii Costa == A. arcuatus (FoRST.) Allantus inversus Costa = A. bicinetus (F.) Allantus violaceipennis Costa — © (Mise. entomol, Mem. 3: Atti Ace, Napoli, 1890). Armenia, Il Cosra dice che le maggiori affinità sono per A. unifasciatus Mosc. = A. cauca- sicus Eversm. La minor lunghezza delle antenne, la nitidezza del capo e del torace scarsamente punteggiati e provvisti di pubescenza biancastra anzichè nera, esclu- dono tale affinità e ravvicinano questa specie ad A. costatus KLue. Non può con- fondersi con A. violascens Kxw., perchè in questo le antenne sono più lunghe e per altri caratteri di minore importanza. Da A. costatus differisce, oltrecchè pel colore delle ali giallicce e violacee soltanto nel terzo apicale delle anteriori, per una maggiore pubescenza sul capo, per maggiore ampiezza dei lobi laterali del mesonoto e per l’ad- dome più largo e depresso. Tenthredo coryli var. ieterica Cosra — c' (Prosp. Imenott. Ital, Napoli, 1894, pag. 221). Piemonte. Tenthredo gribodoi Cosra — 7 V (Prosp. Imenott. Ital. Napoli, 1892, pag. 223). Piemonte. Capo nitidissimo e splendente, ristretto dietro agli occhi, senza rughe o punteg- giature; fronte marcatamente concava; mesonoto nitido e punteggiato in abbondanza; mesopleure nitide e punteggiate soltanto inferiormente. Tenthredo silensis Cosva = 7. limbata KLus. Taxonus lacteilabris = T. glabratus (FALL). Gen. Ermilia Cosra. (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, p. 106) Il Costa istituì questo genere onde separare 7. agrorum dagli altri Yazonus, per la presenza di una venatura periferica nelle ali posteriori dei x. La struttura del capo e delle mesopleure, la forma del clipeo e la sua struttura, la posizione della vena trasversa umerale sono caratteri che distinguono non solo £. agrorum, ma anche £. stictica dai veri Taxonus. Emphytus elegans Costa = E. cingulatus Lep. Emphytus leucostomus Costa — 5 (Mise. entomol. Mem. 3: Atti Ace. Napoli, 1890). Grecia, Due 5° di Grecia in buono stato di conservazione. Il Costa dice che la specie cui maggiormente si avvicina è l’ E. grossulariae KLuG== pallidipes SpinoLa; poi in una postilla scritta di suo pugno aggiunge: “ Molto affine al perla, ma le antenne meno gracili, il petto immacolato ,. Queste affinità si riferiscono solo alla colorazione, giacchè la forma caratteristica delle antenne, nelle quali il terzo articolo è evidentemente più breve del quarto e del quinto, mentre gli ultimi dal 6° al 9°, fortemente compressi, offrono inferiormente un'espansione apicale, tendono ad avvicinarla al rufocinetus Retz. Da questa spe- cie il leucostomus differisce non solo per la colorazione totalmente diversa, ma anche pel fatto che le mesopleure ed il proroto sono punteggiati sì, ma nitidi e non rugosi. Emphytus tibialis var. baldini Cosra—Q 3 (Prosp. Imenott. Ital. Pt. 3, 1894, pag. 93). Napoletano. Fenella minutissima Costa — P. migrita WESTW. Poecilostoma taeniatum Costa — Q (Ann, Mus. Zool. Napoli, Vol. 5, 1869, pag. 14, N. 180) Piemonte. Richiamandomi a quanto ho detto nel mio Catalogo, ammesso che | esemplare di P. obtusum KLu sia giustamente determinato, non solo non v'è con questo al- cuna affinità di colorito, ma neppure di caratteri morfologici. Il capo e le antenne di questo P. obtusum somigliano grandemente a P. carbonarium , di cui esiste un esemplare con etichetta del Kowow, perciò la specie di Cosra non ha che fare con questo. Si avvicina maggiormente a P. pulveratum, ma ne differisce perchè il capo è opaco e rugoso. Gen. Caliroa Costa se=Eriocampoides Koxow. Blennocampa candidipes Costa —- x (Mise. entomol. Mem. 3: Atti, Ace. Napoli, 1890). Grecia, Il Costa dice che questa specie si avvicina per la colorazione del corpo a B. tiliae KaLr., che dal Konow è stata posta nel suo genere Entodecta. Si tratta di una vera e propria Blennocampa, somigliante all’assimilis nel colorito. In essa il 3° articolo delle antenne è lungo più del quarto, ma non quanto la metà di questo ; i piedi sono interamente gialli; il primo nervo ricorrente è parallelo al nervo trasverso discoidale; il capo è nitido, finamente e scarsamente punteggiato; le antenne sono tondeggianti e più brevi del capo o del torace presi assieme. Lungh. mm. 4 a 5. Monophadnus latus Costa = Tomostethus migritus (F.) Monophadnus lugubripennis Costa = Rhadinoceraea thoracica TrscHB. Monopha4nus lugubripennis Costa O = Rhadinoceraea ventralis (PANZ). Nella Q di M. lugubripennis Costa sono evidenti le macchie rosse dietro agli occhi; nel 5° non essendo dilatato il capo dietro agli occhi, ritengo giusta la sinonimia accennata. Tomostethus melanopygius (Costa) — 7 (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, pag. 52). Piemonte, Calabria. Erroneamente ho inscritto nel mio catalogo questa specie nel genere Blennocampa, come aveva fatto il Konow. Studiando gli esemplari autentici non vi ha qualsiasi dubbio che è giusta l'opinione di DaLLa Torre che la inscrive nel genere Tomostethus, : & ì "’ Differisce da 7. luridiventris KLu6 per la sua grossezza, per le antenne un poco più lunghe e per le larghe fossette frontali situate sopra alle antenne. Il Cosra ci dà solamente la descrizione del 3 e nella collezione non esiste alcuna QV. Aggiunge che secondo informazioni del Minà-PaLumBo questa specie reca in Sicilia gravi danni alle piantagioni di frassini manniferi. Il LronarpI nel suo libro sugli Imenotteri e Ditterì nocivi all’agricoltura a pagg. 131-133 insiste su tali danni, descrive minuta- mente la forma larvale ed il suo modo di sviluppo, nonchè alcuni mezzi di difesa, ma non reca descrizione alcuna della Q. Tutto questo mi fa dubitare che il ten- tredine dannoso ai frassini manniferi in Sicilia, non sia 7. melanopygius Costa, ma qualche altro Blennocampino o Selandrino con addome giallastro; forse Menophadnus ventralis SPINOLA. Periclista albidopicta Costa == P. albiventris Kuue. Peviclista nigricarpa == Monophadnus spinolae var. scutellaris ANDRÉ. Registro questa sinonimia sulla fede del Konow, giacchè in collezione non esiste alcun esemplare di P. nigricarpa Costa, onde qualsiasi discussione è oziosa. Pristiphora albitibia Costa = Nematus puncticeps Troms. Pristiphora cebrionicornis Costa = Lygaeonematus compressicornis (F.) Pristiphora funerula Costa = Pristiphora wustneii De STEIN. Pristiphora oblita Cosra — © (Prosp. Imenott. Ital. Pt. 3, 1894. pag. 51). Sardegna. Nessuna affinità con Dinewra (il Konow considera P. oblita Costa, sinonimo di D. stilata KLve). Conviene però ammettere che l'esemplare in questione non corri- sponde alla figura datane dal Cosra nel Prospetto. Pristiphora sardiniensis Costa — g' (Geof. Sarda, Mem. 6, 1886, pag. 86). Sardegna. Si tratta, a mio modo di vedere, di una vera Pristiphora; è però difficile va- lutarne con precisione i caratteri. Gen. Pontania Cosra. Questo genere, sebbene conservato dal Konow nel proprio Catalogo dei Tentredinidi europei, non è mantenuto dal Costa nel Prospetto. Eccone i caratteri: capo piccolo, clipeo inciso all’ apice; unghie bifide all'apice; stigma alare spesso di due colori. L'ottavo segmento del maschio porta dorsalmente un processo mediano stretto ed ottuso. Le antenne della femmina sono subfiliformi, la vagina spesso acuminata all’apice. È genere gallicolo. Pontania albicarpus (Costa) — © (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, pag. 22). Sile. Antenne di 9 articoli; più lunghe e sottili che non in £. gallicola; terzo articolo delle antenne evidentemente curvato e lungo come il 5°; il 4° è il più lungo di tutti. Terza cella cubitale assai più larga che alta. Nematus ghilianii Costa = Pristiphora appendiculata Hre. Nematus ludens = Micronematus pullus FéRST. Pteronus hololeulopus (Cosra)—? (Mise. entomol. Mem. 3: Atti Ace, Napoli, 1890). t Grecia, Antenne relativamente brevi come in Amauronematus, nel qual genere non può essere incluso per la forma tondeggiante del capo e per la nitidezza di questo, dei lati del petto e del mesonoto. Il Costa lo dice affine per colorito al Zeucopodius, col quale nulla ha che vedere. Il clipeo è inciso profondamente, ad angolo; la fronte è prominente, le antenne inserite molto profondamente, il capo ed il mesonoto fitta- mente punteggiati. L’insetto è nero con piedi, palpi, margine posteriore del pronoto e scagliette giallo-chiare: nervature bruno-nere, stigma bruno, costa alla base pallida. Mieronematus filicornis (CosrtA)— g? (Mise. entomol. Mem. 3: Atti Ace. Napoli, 1890). Grecia. Il Gosra dice che si distingue malamente dal suo N. ARypoleucus ; il che ci por- terebbe a ritenere, data la sinonimia di quest’ultimo, che N. filicornis Cosra non fosse altro che un piccolo esemplare di Pteronus miliaris PanzER, il che è da esclu- dersi. Nell’aspetto generale si discosta assai da M. ludens, del quale è più grande; d'altronde i caratteri seguenti mi sembrano giustamente adattarsi al genere Micro- nematus Konow. Il clipeo è inciso a semicerchio ; le unghie ornate di un piccolo dente subapicale; capo tondeggiante e convesso senza area pentagona; antenne fî- liformi, poco più lunghe del capo e del torace presi insieme; prima nervatura cubitale evidente. Ottavo segmento dorsale del 7, ornato di una breve, carena ton- deggiante. Capo e mesonoto punteggiati. Capo chiaro, variato in bruno sull’ area che comprende gli ocelli, sul mesonoto, metanoto e primi segmenti addominali: an- tenne brune, stigma e nervature pallide. Cryptocampus quadrum Costa = Pteronus pavidus Lp. Priophorus phaeopterus Costa = Trichiocampus ulmi L. Trichiocampus discrepans Costa = Trichiocampus ulmi L. Lophyrus anachoreta Costa = Lophyrus variegatus Hr. Schizocera cognata Cosra — 9 (Fauna Napoli, Tenthred, 1859, pag. 9). Monti Partenii. Seguendo la chiave diagnostica data dall’Anprè, si giungerebbe alla conclusione che questa sia la melanura KLua ovvero la cylindricornis Troms, mentre il terzo arti- colo delle antenne poco attenuato alle base, ci porta a prendere in considerazione quest’ultima. Pel capo non ristretto dietro agli occhi e pel clipeo troncato all’apice, si giunge secondo la chiave di Konow al gruppo della tarda KLuc e cylindricornis THowms. e più particolarmente a quest’ultima, per la disposizione degli ocelli ad arco e pel terzo articolo delle antenne non attenuato alla base. Ne differisce specialmente per la rugosità od opacità del capo e del torace, per la maggiore lunghezza delle antenne leggermente attenuate all’apice e per le diverse proporzioni del capo che è largo più del doppio della lunghezza, misurata dalla base delle antenne alla cresta occipitale. 4 "i TAI COR TNA À "dll inn È sl PRA TESTI MET REI Tren e ME PI I Hylotoma eyanura Cosra — © (Mise. entomol. Mem. 3: Atti Ace. Napoli, 1890). Armenia. ME Una sola © proveniente dall’Armenia; affine ad H. melanochroa, ne differisce per | avere oltre alle valvole ipopigiali anche il segmento nono ed il margine posteriore dall’ottavo di color verde oscuro; inoltre non vi è macchia scura sulle ali anteriori. ; 5 È È | Hylotoma schmiedeknechtii Costa — UV (Mise. entomol. Mem. 3: Atti Ace, Napoli, 1890): , Grecia, x Una sola Q proveniente dalla Grecia; identica alla H. frivaldskyi Tiscnn., salvo a che nella colorazione delle ali uniformemente fuligginate, ad eccezione della nerva- tura costale anteriore aranciata. Ove si dimostri che la colorazione delle ali nella friawldskyi è variabile, il nome di schmiedknechtii potrebbe essere conservato unica- mente per designare una varietà della specie istituita dal TiscHBENN. Sirerx faustus Costa = Sirex gigas L. Phylloecus facialis Cosra = Macrocephus ranthostomus Eversm. GA Phylloecus cruciatus Costa = Macrocephus satyrus PANZ. i Cephus elypealis Costa = Cephus pygmaeus L. ; Cephus quadrisignatus Costa = Cl. haemorroidalis F. 24 Cephus pygmaeus var. flavisternum Costa —- 7 © (Geof. Sarda, Mem. 2, pag. 98, 0°, __ Mem. 6, pag. 37, Q). Sardegna. Questa varietà è apprezzabile solamente per la ©, giacchè il 3° non può, secondo lo stesso Costa, distinguersi da C. pygmaeus. Cephus gracilis Cosra — 2 7 (Fauna Napoli, 1860, pag. 7). Napoli. Antenne chiaramente clavate in punta, ingrossate fino dal 9 o 10 articolo; «clava sottile con articoli apicali larghi tutt'al più quanto una volta e mezzo la loro lunghezza. Capo ristretto evidentemente dietro gli occhi, appena punteggiato. Pe- nultimo segmento ventrale del c° cigliato sul margine posteriore con setole fine, | ripiegate in punta. È RE Trachelus vittatus (Costa) — 7 (Atti Accad. Napoli, Vol. 7, N. 2, pag. 38, 1875). j Egitto. Erroneamente ho incluso nel catalogo questa specie nel genere Astatus PANz., mentre non vè dubbio che essa appartiene al genere Trachelus Jur., come ho po- tuto accertarmi con ulteriori studi. Mi sembra tuttavia che la specie debba essere mantenuta distinta da 7. tabidus e per la minore gracilità delle antenne e per la colorazione del petto largamente macchiato di giallo. Peronistilus politissimus (Costa) — 7 (Mise, entomol. Mem. 2: Atti Acc. Napoli, 1888). Armenia. Ho illustrato sufficientemente questa forma nel mio catalogo più volte citato. Po- trebb’essere che la forma rotonda del capo e la sua nitidezza, nonchè l’addome de- = t r tr. poss presso, costituissero caratteri specifici anzichè generici: ma non è ziarsi prima di avere scoperto altre specie dello stesso genere. Pamphilius alternans Costa — © (Fauna Napoli, Tenthred. 1859, pag. 2). Napoletano, M Questa specie appartiene al gruppo con tibie anteriori inermi ed è cara per la lunghezza del terzo articolo delle antenne che è lungo più del qu sommità del capo vi è un leggero splendore metallico. i RE SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 8. Fig. 1, Capo di Tenthredo gribodoi Costa. Fig. 2, , di Tenthredo atra L. Fig. 3, Ipopigio di Tenthredopsis nebrodensis Costa. Fig. 4, i di T. thomsonii Knw. Fig. 5, Trachelus vittatus Costa; dal ventre. Fig. 6, Peronistilus politissimus Costa ; di fianco. Di Fig. 7, Antenna di P. politissimus Costa. | Annuario del Museo Zoologico (RUniversità) Napoli (NS) Vol] N. 54 Tav.8 r Ì Eliotip Calzolari è Ferrario Milano ANNUARIO DEL MUSEO ZOOLOGICO DELLA R, UNIVERSITÀ DI N APOLI ( Nueva: Serie ) VOLUME I. Num. 35. 3 Agosto 1905 Dott. TITO BENTIVOGLIO (REGGIO EMILIA) ERBIEEIEULIDI DELLA SARDEGNA ESISTENTI NEL Museo Zoologico della R. Università di Napoli + [Iticevuta 7 Aprile 1905] Nella collezione entomologica dell’ Istituto Zoologico della R. Università di Na- poli (*) esiste una raccolta di Libellulidi della Sardegna, che il prof. MovtICELLI gentilmente m' inviò per lo studio. Il materiale in essa contenuto non è molto abbondante, però presenta un certo interesse, giacchè delle ventiquattro specie che vi ho riscontrate; tre sono nuove per la fauna dell’isola. Inoltre mentre sino ad ora i varì autori che hanno descritto o citate libellule della Sardegna non hanno sempre indicato con precisione in quale località gli esemplari furono raccolti, nella collezione da me studiata ogni individuo porta l'indicazione esatta del luogo di cattura. Gome ho fatto per le libellule dell’Italia meridionale (1) anche per queste, nel dare il Catalogo, indico i sinonimi usati dai vari autori che cilarono esemplari sardi. (1) V. questo Annuario (N. S.) Vol. I, N. 32. (*) Gollezione Sarda (V. in proposito questo Annuario (N. S.) N. 2, pag. 7). Essa è costituita dal ma- teriale entomologico radunato in Sardegna dal Prof. A. Cosra ed illustrato nelle sue memorie sulla Geofauna Sarda (1882-1886). Fr. Sav. MoxTICELLI ELENCO SISTEMATICO E SINONIMICO Fam. Libellulidae seLys. Tribù. Libellulinae seLvs. Gen. Diplax cHarp. 1. D. striolata cnarp. Sin, 1842. Libellula vulgata RAMBUR, pag. 99. 1850. » striolata SeLys, pag. 40. 1879. Diplax » Pirorra, pag. 433. 1886. Libellula » Cosra (5), pag. 21. Loc: Ploaghe, Orani, Monte Gennargentu. Nella collezione esistono tre esemplari provenienti dalle località sovraddette ; questa specie è abbastanza comune nelle tre grandi isole italiane e nel continente; il prof. Cosra la indicò come diffusa per quasi tutta l’isola. 2. D. meridionalis seLys. Sin. 1842. Libellula h ida Ram6ur, pag. 101. 1850. » meridionalis SELYS, pag. 39. 1879. Diplax » PiroTTA, pag. 435. 1883. Libellula » Costa (2), pag. 54. Loe: Orani, Laconi, Palmas. Anche questa specie è comune nell'Italia meridionale e nelle isole ; in collezione figurano molti individui. 3. D. vulgata 1. 1883. Libellula vulgata Costa (2), pag. 54. Loc: Galagone, Oristano. Specie prevalentemente settentrionale, manca nella Corsica, ed è invece non rara in Sicilia ove fu trovata in tre località. 4. D. fonseolombii seLys. Sin, 1842. Libellula Fonscolombii RAMBUR, pag. 102. 1850. » » SELYS, pag. 37. 1875. Diplax » PiroTTA, pag. 486. 1883. Libellula Fonscolombii Costa (2), pag. 54. Loc: Monastir, Cagliari, Oristano. Questa specie si trova nell'Italia settentrionale e nelle isole, manca nel meridionale. 5. D. depressiuscula sELYS. Sin. 1842. Libellula genei RAMBUR, pag. 1053. 1850. » depressiuscula SeLYS, pag. 30. 1876. Diplax » BRAUER, pag. 35. 1879. » » PIROTTA, pag. 439. Loc: Oristano. PrROTTA dice questa specie comune in Sardegna, io ne ho ritrovato un solo esemplare nella collezione. "E SERI RIA ELE 0 1 Gen. Libella BRAUER 6. L. coerulescens ranr. Sin. 1842. Libellula olympia RAMbuR, pag. 67. 1879. Libella coerulescens Prrorta, pag. 444. Loe: Rio Chaginas (Perfugas), Oristano, Nuoro. BRAUER esclude questa specie da quelle della Sardegna, mentre era già stata trovata dal Gend e comunicata allo stesso RamBur che la indicò col nome di L. 0lyn:pia. La presenza di molti esemplari in tre località distinte fa togliere ogni dubbio sulla esistenza della specie nell’isola. 7. L. nitidinervis seLys. 1884. Libellula mitidinervis Costa (3), pag. 31. Loc: Berschida, Ploaghe. La presenza di questa specie in Sardegna è di grande importanza, perchè fino ad ora non si conosceva che in Sicilia e Spagna; recentemente l’ ho indicata per Napoli, così questa è la terza regione italiana in cui si rinviene, 8. L. cancellata 1. Sin. 1850. Libellula cancellata SeLys, pag. 12. 1879. Libella » PirotTA, pag. 446. 1883. Libellula » Cosra (2), pag. 54. WiorctPula. Molti individui figurano in collezione e mostrano che la specie è comune. Gen. Trithemis BRAUER. . 9. T. rubrinervis sELYS. Loc: Monastir. Questa specie è comune nell’ Africa settentrionale ed in Sicilia; rarissima nel continente (fu trovato un solo esemplare a Roma): ora per la prima volta si rinviene in Sardegna. Gen. Crocothemis BRAUER. 10. €. erithraea sruLL. Sin. 1850. Libellula erithraea SeLys, pag. 24. 1879. Crocothemis >» PirotTA, pag. 449. 1882. Libellula ferruginea Costa (1), pag. 22. Gli esemplari che figurano in collezione non hanno indicazione esatta della località nella quale furono catturati. Questa specie è più diffusa di quanto si credeva, giacchè di mano in mano che si estendono le ricerche si trova che dovunque esiste: nelle isole italiane è frequente. Trib. Aeschninae sELys. Gen. Anax LEACH 11. A. parthenope seLys. 1888. Anar parthenope Cosra (2), pag. 54. Loe: Porto Torres, è N . . . . . . . i Questa specie è abbastanza comune nell’Italia continentale, ove si rinviene dal Mag Luglio: deve fra le specie Sarde essere rara, perchè nn solo esemplare si trova nella ( zione. 12. A. formosus vanpER. Sin. 1850. Anax fermosus SeLys, pag. 110. IST > » PiroTtTA, pag. 454. 1882. >» » Cosra (1), pag. 22. 1888.» » » (2), pag. 54. ) Un solo individuo figura nella collezione, ma non porta indicazione esatta della l 7 ove fu trovato; il prof. Cosra ne rinvenne ad Oristano e Cagliari. SeLys (pag. 110) che si trova avanti agli ocelli è più acuta e stretta del normale. Gen. Aeschna rar. 13. A. grandis r. Loc: Cagliari. Abbastanza frequente in Italia, manca nelle isole ; ora viene per la prima volta indicata la Sardegna. pe Gen. Onycogomphus seLys. 14. 0. genei seLys. Loc: Oristano. nese, ma Prrorta (pag. 464) giustamente fece notare trattarsi di un errore. La pres questo Libellulide in Sardegna è importante, dimostrando la maggiore diffusione che specie. 1 DE } (SARA e Gen. Amphjaeschna seLys. dè 15. A. irene FoNscoL. Sin. 1848. Aeschna irene SeLvys, pag. 215. 1852. » » RAMBUR, pag. 206. 1850. » » SeLrs, pag. 132. 1876. Amphjaeschna irene BraueR, pag. 36. 1879. SM » PirotTAa, pag. 463. di 1888. Aeschna » Cosra (2), pag. 54. Ù Loc: Orgosolo. 9 SIT Poco diffusa in Europa, trovandosi solo nella Francia meridionale, Surdegna, Corsica, e Candia. Manca nell’Italia continentale. (di Trib. Agrioninae seLys. Gen. Lestes LEACH. 16. L. viridis vANDER. 1885. Lestes virides Costa (4), pag. 5. . Loe: Laconi. Frequente in tutta Italia, è abbastanza abbondante in Sardegna, dove fu per la prima volta ritrovata dal Costa, 17. L. barbara ragr. Sin. 1850. Lestes barbara SeLys, pag. 159. 1879. » » PiROTTA, pag. 475. 1882.» » Cosra, (1), pag. 22. 1888. > » » (2), pag. 54. Loc: Portoscuso, Iglesias, St. di Sassu. Comune in tutta Italia e nelle isole. Gen. Sympyena cHaRp. 18. S. fusca VvANDER. Sin. 1850. Lestes fusca SeLYS, pag. 161. 1878. Sympyena fusca PrrotTA, pag. 476. 1882. Lestes fusca Costa (1), pag. 22. 1888. » » » (2), pag. 54. Lec: Laconi, Cagliari, Tempio, M. Narba. È forse una delle specie più comuni in Italia e nelle isole, compare ben presto in prima- vera, e si trova ancora nell’autunno avanzato. Gen. Agrion FABR. 19. A. tennellum DAVILL. Sin. 1850. Agrion tenellum SELYS, pag. 180. 1879. » » PIROTTA, pag. 481. 1888. » > Costa (2), pag. 54. Loc: Tirsi. Questa specie trovasi in molte località dell’Italia continentale e nelle isole però non è mai molto comune, 20. A. Genei piIsT. Sin. 1842, Agrion Genei Rampur, pag. 276. 1850. » » SeLys, pag. 187. 1876. Ischmnura » = SeLys, pag. 32. 1876. Agrion Genei BratER, pag. 300 1879. » » Prirorta, pag. 482. 1882. » » Costa (1), pag. 22. 1888. » » » (2), pag. 54. Loc: M. Norba, Oristano, St. di Sorso. Fra tutti gli agrionidi della Sardegna questo è certamente il più abbondante; infatti in collezione figurano molti esemplari ; anche RamBUR (pag. 176, N. OI li vuti molti individui trovati in Sardegna da Gexb. ; è Questa specie è esclusiva delle isole italiane, ( 21. A. elegans vaNDER. Sin. 1842. Agrion elegans RAMBUR, pag. 274. 1850. » "I SeLys, pag. 188. 1879. » » PiroTTA, pag. 482. 1888.» » Costa (2) pag. 54. Loc: Monastir, Porto-Torres. Molti individui figurano in collezione. 22. A. pulehellum vANDER. Sin. 1850. Agrion pulchellum SeLys, pag. 197. 1876. » » SeLYs, pag. 145. 1879. » » PrrotTA, pag. 483. 1897. » » GRIPFINI, pag. 289. Loe: Tirsi, Oristano. CI Specie prevalentemente settentrionale, si trova però anche in Sicilia e Sardegna, Corsica, 23. A. coerulescens Fous. Sin. 1842. Agrion aquisertanum RAMBUR, pag. 267. 1850. » coerulescens Seuys, pag. 218. 1876. » » Serys, pag. 161. 1879. » » Pirorta, pag. 468. 1885. >» » Costa (4), pag. 5. Loc: Iglesias. Specie prevalentemente settentrionale, manca nell’Italia continentale e nella ( individui sardi sono più grandi di quelli della Francia, come osservò RAMBUR 24. A. hastulatum cnarp. 1888. Agrion coerulescens Costa (2), pag. 54. Loc: Iglesias, Siliqua. Conosciuta in varie località dell’Italia settentrionale, sembra rara nella Sardi mai trovata nelle altre isole italiane. PUBBLICAZIONI NELLE QUALI SONO MENZIONATI LIBELLULIDI DELLA SARDEGNA 1840. 1849 184S 1850. 1851. . De SeLys LoxccHamps, Ep.. . Bameur, M. P.. . De SeLys LoxnccHamrs, Ep.. De Ser:s LoxecHamps, Ep.. . BRAUER, F.. . PiRoTTA, R.. Costa, A.. ” ” Gio f ORI ” » . GRIFFINI, A.. . 1. Monographie des Libellulidees d'Europe: Bruxelles. . Histoire naturelle des insects névroptères: Paris. . 2. Liste des Libellules d’ Europe et diagnose de quatre espèces nouvelles: Revue Zoologique. Dre Senys Ep. er Hagen H. A. Revue des odonates ou libellules d'Europe: Bruxelles. . 5. Synopsis des Agrionines — Lègion “ Lestes ,: Bull. Ac. Belgi- que (2) Tome 13, Bruxelles. . 4. Synopsis des Agrionines — Lègion “ Agrion ,: Bull. Ac. Bel- gique (2) Tome 41: Bruyelles. . Die Neuropteren Europa’s und insbesondere Oesterreichs, mit Riicksicht auf ihre geographische Verbreitung: Wien. . Libellulidi italiani: Ann. Mus. Civ. St. Nat. Genova, Vol. 14, Genova. . 1 Geofauma Sarda Memoria 1,: Atti Ace. Sc. Napoli Vol. 9. . 2 Geofauma Sarda Memorie 2,: Atti Ace. Sc. Napoli (2) Vol. 1. .3 Geofouma Sarda, Memoria 3: ibid. (2) Vol. 1. .4 Geofauma Sarda, Memoria 4: ibid. (2) Vol. 1, N. 13. .5 Geofauma Sarda, Memoria 6: ibid. (2) Vol. 2, N. $. . Imenotteri, Neurotteri, Pseudoneurotteri. Ortotteri e Rincoti ita lianî: Milano. Prezzo L.. 25. e Sono in vendita le : Pubblicazioni del MUSEO ZOOLOGICO DI NA PAopagralio estratte dall’ AnnuARIO] N. 1 . CHIGI A. — Catalogo dei TENTREDINIDI del Museo Zoalugità di x n vazioni.e note critiche car enti er O RA eagle 12 ton Î Li NUO 3 20 IRDES