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Voi. 10
1907
ATTI
DELL
ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DA
GIOVANNI BRIOSI
Professore di Botanica nell'Università e Direttore della Stazione
DI Botanica Crittogamica.
II Serie
Volx-ii-ne Decimo
Con 28 tavola lilorjrafuie
e UH ritrailo.
Seguito deWArchivio Triennale
del Laboratorio di Botanica Crittogamica.
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MILANO
TIPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E C.
1907.
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J^n^^yU.
ATTI
DELL
ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DA
GIOVANNI BRIOSI
Professore di Botanica nell'Università e Direttore della Stazione
DI Botanica Crittogamica.
II Serie
V o 1 1^1 n"L e Deci ni o
Con 28 tu vale litografate
e un ritratto.
Seguito àf^W Archivio Triennale
del Laboratorio di Botanica Crittogamica.
*>rAN)CAL
AVIS
Le tome IX ne peut pas encore étre
publié selon les raisons indiquées dans la
préface de ce volume.
DELL
ISTITUTO BOTANICO
DELL'UNIVERSITÀ DI PAVIA
REDATTI DA
GIOYANNI BRIOSI
PnOFESSOBE DI BOTANICA NELL'UNIVERSITÀ E DIRETTORE DELLA STAZIONE
DI BoTANTCA Crittogamica.
II Serie
V o 1 1.1 ni e Deci m o
Con 28 tavole Utorjrafate
e un ritratto.
Seguito àiéW Archivio Triennale
del Laboratorio di Botanica Crittogamica.
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MILANO
TIPO-LIT. REBESCHINI DI TURATI E C.
1907.
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PREFAZIONE u^ku.>
Jl volume nono non può ancora vedere la luce causa le mancate
resultanze d'alcune ricerche per uno studio in corso, del quale sono
già stampate molte tavole litografiche che portando l'indicazione di
volume IX non si possono spostare. Per non tener più a lungo sospese
le nostre pubblicazioni, ciò che complica ed intralcia, faccio al volume
nono precedere il volume decimo.
Le memorie in questo contenute sono per massima parte dell'anno
1904; due sole appartengono al 1905, ed una, l'ultima, all'anno in corso.
Questo volume peraltro riflette solo una parte dell'operosità dell'Isti-
tuto Botanico, negli anni 1904-907, poiché altre ricerche furono pure
compiute durante questo periodo di tempo e di esse anche pubblicate
le memorie relative, che verranno inserite nei volumi undecime e duo-
decimo di prossima pubblicazione.
Come i precedenti, anche il volume che ora presento è diviso in
due parti: la prima contiene Note e Memorie sopra ricerche originali;
la seconda le Rassegne Crittogamiche relative egli esami di malattie di
piante fatti in servizio di enti morali e di privati, italiani e stranieri,
che al nostro Laboratorio si rivolsero con lettere e campioni per co-
noscere la natura di mali ed averne consiglio.
Tanto le une che le altre riflettono esclusivamente ricerche com-
piute nel nostro Laboratorio, e vennero rese di pubblica ragione per
mezzo di Estratti non appena ultimate, conformemente alla data indi-
cata alla fine di ciascuna di esse.
Questo volume è ornato del ritratto di Federico Delpino.
Dall'Istituto Botanico di Paria, Marzo 1907.
Giovanni Briosi.
IN RICORDO DI FEDERICO DELFINO
DI
GIOVANNI BRIOSI.
Sotto gli auspici di un'immagine caia*, quella del prof. Federico
Delpino, io presento al pubblico questo volume decimo dei lavori del
mio Istituto.
Lo ebbi amico affettuosissimo, l'ho amato come fratello e l'animo
mio prova ora una dolce soddisfazione nel dedicargli questi nostri la-
vori, tenue omaggio della molta affezione e dell'alta stima che a lui
mi legavano.
Pochi studiosi hanno portato un contributo cosi grande di nuovi
fatti e di nuove e geniali idee in diversi rami della Botanica, e pochi
ebbero come lui tante e cosi straordinarie difficoltà da vincere per
riuscire a coltivare gli studi prediletti.
Per molti anni costretto, per non vivere a carico della famiglia,
all'umile ufficio di semplice applicato nell'Amministrazione doganale,
l'anima sua di scienziato provava angoscie inenairabili " nonostante che
rubando il tempo al sonno ed agli svaghi giovanili riuscisse fino da
allora a pubblicare un primo lavoro ^ che " permise all'umile impiegato
" delle Dogane di prender posto accanto a Darwin nello scoprire i rap-
" porti fra piante ed animali nel compimento della funzione vitale „. (Cav.^ka).
Dopo 14 anni arriva a liberarsi dalle occupazioni burocratiche^ ma
difi&coltà d'altro genere, non meno penose, lo attendono.
Nel nostro paese, purtroppo ! il dedicarsi alla scienza pura signi-
fica, quasi sempre, votare sé e la propria famiglia ad una vita di sa-
crificio; e tale verità il Delpino ha provato anche in maggior misura
di molti altri.
' È ricavata da una fotografia avuta da lui in dono nel 1879.
■ Il Borzì riferisce come il Delpino di suo pugno scrivesse nel 1864 sulla
copertina di un esemplare dell'opera ' Ordiiies naticrales „ di Bartling. le seguenti
parole: Natus Clavari, in orientali Liguria, die 27 Decemhris 1833 ex Henrico
et dilectissima maire Carota, studium vegetahilium puer meditaham inconscius,
adolescens agyrediehar ardentissime. Sortes adversae me ad aliena rapuerimt.
" Relazione sull'apparecchio delle Asclepiadee, 1865.
— VI
Contava egli più di 45 anni di età, molte scoperte aveva fatte, e
tuttora non era clie professore straordinario nell'Università di Genova,
allora di grado secondario, con 180U lire di stipendio annuo!
Considerando come da noi viene ricompensato chi si dedica agli
studi, direbbesi quasi che l'Italia nuova non sa, o non ricorda, che la
Scienza è una forza, forse la maggiore, per certo la più sicura e fe-
conda, di tutte le forze che possa nn popolo possedere.
E cosa ben triste, e che forte addolora, vedere come il nostro paese
non si curi né preoccupi di trarre il maggior frutto dall'ingegno, del quale
è sempre così ferace questa nostra terra italiana; anzi, come alla leg-
gera, senza accorgersene forse, continui a fai' getto di tanta jìarte della
propria potenza intellettuale, cui non concede i mezzi necessari per mani-
festarsi.
Ai cultori seri degli studi infatti talora nemmeno dà pane ed agia-
tezza sufficiente per vivere senza misere preoccupazioni, con modesto de-
coro, e quel tanto di benessere che permette e feconda il lavoro.
11 Delpino, professore straordinario a Genova, nn giorno mi scii-
veva: quando m'alzo al mattino mi assale il pensiero della colazione per
la mia famiglia e, fatta questa, come si debba provvedere pel desinare.
Se un desiderio sconfinato di sapere, una volontà ferrea ed un
amore indicibile per la scienza, che i sacrifici non vede e non conta,
non lo avessero animato e sorretto, alla nostra Italia sarebbe mancato
uno degli eletti, sempre ed ovunque molto rari, che onorano la scienza
e contribuiscono a far rispettato un popolo.
Non è mia intenzione di qui i laudare la vita e l'opera sua, non
sarebbe il luogo e ne mancherebbe lo spazio; altri, Borzì ', Morini ".
Penzig ', Cavara ■', Comes ■'', Macchiati '', Piccioli ', ecc. ne hanno fra noi
' Antonino Boezì. Discorso conntuiìtoratito su Federico Deìjìino letto nctlii
prima (iiliniama ilella Riìifìtone (iella Soc. Bot. Itul. il 2 Settembre 1905 (Nuovo
Giornale Botanico Italiano, nuova serie, voi. XII).
— Commemorazione del socio nazionale Feilerico Delpino. Atti della lì.
Accademia dei Lincei. Novembre l'J05.
^ Fausto Morini. Commemorazione letta nell'utlitnanza ilei 28 ìiiaijijio 1905
della R. Accademia delle scienze in Bologna.
' Otto Penzig. Commemorazione di Federico Delpino. Malpigliia, 1905.
■• Fridiano Cavara. Fedii'ico Deljiino, nell'Annuario dell' Università di Na-
poli, 1905-90G.
^ Luigi Macchiati. Cenno hioijrafico del professor Federico Delpino. Sa-
vona, 1905.
" Orazio Comes. Federico Delpino. Parole alla L'. Accademia delle Scienze
fisiche e matematiche di Napoli, — Rendiconti, 19t5.
' Lodovico Piccioli. Federico Delpino.
— VII
parlato con intelletto d'amore, larga competenza ed alto sentire, ed
anche sommi stranieri di lui dissero con sincera e profonda ammi-
razione.
L'uomo fu un vero carattere; buono, affettuoso, cortese, integer-
rimo fino allo scrupolo, modesto e fiero e forte ad un tempo, fedele ai
propri ideali a qualunque costo, ed entusiasta del bello e del buono
senza secondi fini. Lo scienziato, un naturalista filosofo, lasciò tali
traccie nella scienza, ed il pensiero suo ebbe voli d'aquila così alti e
poderosi, specie nella Biologia e nella Morfologia e sui loro rapporti,
che il nome suo starà sempi-e come torre che non crolla.
A lui spetta l'onore d'aver istituito un nuovo ramo della Botanica,
la Biologia Vegetale, clie studia gli organi e le funzioni della vita esterna
delle piante, cioè le relazioni, le armonie, gli adattamenti che esistono fra
(jli organi esteriori delle lìiaute e tra gli esseri ed agenti della natura. E
questo concetto biologico inspirò quasi tutta l'opera del Delpino e ne
informò per cosi dire il pensiero di tutta la vita.
Lo Sprengel ^ invero, iniziò questi studi con molte e belle osser-
vazioni date alla luce nel 1793, alle quali Carlo Darwin altre e geniali
ne aggiunse, specie sulle conseguenze della fecondazione incrociata e
dell'autogamia, non pertanto, come giustamente dice il Ludwig, la fon-
dazione della Biologia Vegetale come scienza speciale devesi a Federico
Delpino " che ne formulò il concetto e delineò il programma nel classico
lavoro: Pensieri sulla Biologia Vegetale, sulla Tassonomia, sul valore tas-
sonomico dei caratteri biologici, ecc., pubblicato nel 1867. Tale nuovo
ramo della botanica della cui vitalità ancora nel 1875 Ferdinando Cohn
dubitava ^ sotto il potente impulso dello scienziato italiano crebbe ra-
jiidamente e ingegni vigorosi vi si dedicarono. Ora sono migliaia le
pubblicazioni sopra tali studi; e trattati speciali adesso si hanno, dedi-
' C. C. Sprengel. Das entde.hle Geheimniss der Natur iti Bau und in der
Befructitng der Pfìumen, con 25 tavole incise.
- Con queste parole infatti incomincia il Ludwig la Prefazione del suo
Lrhrt/itch der Biologie der Pflanzen (ISO.j); "Die Begriinduiig der Pflanzenbio-
logic als einer besonderen Wissonscliaft riihr von Federico Delpino. „
' Il OoHN noll'aprile del 1875 scriveva al Delpino: " Gewiss ist die von
' llinen unterschiedenen Beziehung zvvieschen Biologie und Pliysiologie eine wich-
' tige wenn ich auch zweifeln iiiochte dass die von Ihnen gewiihlten Bezeich-
" nungen sich einburgen werden, wenigstens bei der Pflanzen, wo die iiusserii
* Lebensertcheinungen, die Sie mit Recht als biologische untersclieiden, bisher iiur
" wenig beobachtet wurden „ (Ludwig o. e)-
— vili —
cati esclusivamente alla B/oiof/ia Vegetale, dovuti a menti superiori :
Wiesuer \ Ludwig -, Knutli ', Loew *', ecc.
A lui devesi l'interpretazione degli apparecchi fiorali d'un numero
grande di fanerogame: Asclepindee, Apocinee, Legtimliìose, Conifere, Aroi-
dee, l'rofeacee, Canipanidacee, Composite, Eìiforhiaree, Coniaeee, Zingihe-
racee, ecc. Onde bene osserva il Peuzig ciie " gli studi del Del pino sulla
dicogamia nel regno vegetale insieme a quelli del Darwin, Hildebrand,
Ludwig e fratelli Miiller vennero a formare la base d'ogni lavoro che
riguardi l'impollinazione „.
E sua la teoria generale delle strutture e dei caratteri fiorali in
rapporto alle differenli agenzie pronube, e la classificazione e descri-
zione dei differenti tipi fiorali; di lui sono le leggi della dicogamia e
della omogamia; furono da lui in'oi>oste le distinzioni ed i termini og-
gidì generalmente accetlati di piante idrofile, anemo/ìle, zooidiofile (queste
suddivise in en/niìiofi/e, ornitofile e mnlaeofile), e quelle di piante pro/e-
ruiidre e proterogine, ecc.
La questione generale delle piante carnivore fu intavolata dal
Delpino prima ancora che dal Darwin, e devesi a lui l'indicazione di
molti nuovi esempi in specie di Drosera, Dischidia, Utricularia, nel-
Y Aldovranda vesicidosa; negli spallici di Alocasia, ecc.
Il modo singolare d'impollinazione nelle gimnosperme; la doppia
dicogamia del noce; la relazione fra i nettarli estrnnuziali e le for-
miche sono [ture scoperte sue; come sua è la sco[)erta della relazione
di mutua beneficenza tra diverse cicadelliue e formiche.
È lui che ha illustrato molti apparecchi ed espedienti di dissemi-
nazione; è lui che ha applicato i caratteri biologici alla tassonomia nelle
Marantacee, Artemisiacee, Margraviacee, Smiìacee, proponendo e svilup-
pando nuovi principi di tassonomia filogenetica.
Spetta a lui anche l'applicazione dello studio dei caratteri biologici
per chiarire alcuni punti della geografia vegetale ''.
E del Delpino una teoria generale meccanico-biologica della Fillo-
tassi; opera originalissima, poderosa e ricchissima di osservazioni e di
dati. È contraria alla teoria meccanica della Fillotassi formulata dallo
Schwendener, ma il fisiologo di Berlino non solo d'essa parla con molta
' WiKSNER. Biologie der Pflanzrn, l'.ìOl.
* Ludwig, o. c.
' Knuth. Handhncli der Bìiillie.idnnlnfjie (I8;)8-Ii»04).
■' LoKW. Einfidirunij in die BlìUlienlnologic ciuf liistorisclier Grundlaije
(1005).
■' Vedi: Aìeuni appunti di (/eof/nifia 7;o^///à7(, pubblicati a Firenze nel 1861)
e tradotti quasi per intero in tedesco nella " Botanische Zcitung ,.
— IX —
deferenza, ma riconosce la completa originalità dello schema generalis-
simo delle armonie geometriche ed aritmetiche immaginate dal Delpino.
Sono pure di questo primo periodo della sua vita le Rassegne Bo-
taniche elle egli pubblicava in un Aìinuaiio scientifico popolare ', ove a
larga mano trovausi sparse critiche acute, osservazioni fini, idee origi-
nali e geniali sopra un grandissimo e svariato numero di argomenti.
Tanto lavoro e tutte queste scoperte egli aveva compiuto prima
del 1883; allora contava di già 50 anni, ed era in corrispondenza coi
più grandi biologi del tempo ^ i quali privatamente e pubblicamente ne
lodavano gli scritti, eppure egli trovavasi tuttora professore a Genova
con appena tremila lire annue !
Solo nel 1884 gli riesce, finalmente, di avere una cattedra in una
Università di 1° ordine ed incomincia per lui un periodo di vita meno
disagiato; nell'Ateneo di Bologna, ove va per concorso, tocca 5 mila
lire di stipendio!
Coll'agiatezza, ben relativa, non vien meno per altro la produzione
scientifica del Delpino, anzi si intensifica e continua sempre abbon-
dante e poderosa, non ostante la salute malferma, e l'asma che gli
dava sotferenze indicibili.
A Bologna ed a Napoli pubblica ancora opere di grande valore;
basterebbero le sette grosse memorie &\\\V " Applicazione di nuovi criteri
per la classificasione delle piante „ , a rendere immortale un botanico si-
stematico. Si può essere non sempre d'accordo nei criteri in esse svolti,
ma sono sempre idee nuove ed originali che l'autore annuncia e sviluppa
sulla filogenesi delle famiglie e delle classi vegetali che egli studia con
indirizzo biologico.
Fra le molte pubblicazioni di questo secondo periodo della vita
del Deliiino, devonsi citare altresì le importantissime ricerche sulla Fun-
zione mirmecofila nel Begno Vegetale. " A dare un'idea, dice il Borzì,
anche fugacissima della importanza di questo studio basterebbe ricor-
dare la paziente e particolareggiata rassegna descrittiva delle piante
' Annuario scientifico ed industriale del Treves (dal 1876 al 1882).
^ Il Merini scrive; "Fino dalle prime lettere del Darwin al Delpino, tosto
si riconosce l'alta stima e considerazione in cui il sommo naturalista teneva i
lavori del Delpino. Così ad es. fra le parecchie lettere, delle quali gentilmente
mi è stata trasmessa copia dalla famiglia, ve n'ha una molto lusinghiera dell'll
settembre 1867 relativa a due dei primi lavori del Delpino; un'altra del 24 ago-
sto 1869 dove Darwin manifesta la sua particolare compiacenza perchè il Del-
pino ha preso a discutere la teoria della Pangenesi; infine una del 25 giugno
1873 in cui dice: Ilo aruto uHiniamente occasione di rilef/'/ere il vostro lavoro
sidle piante anemofde ed ho sentilo di nuovo molta animirazione per la vostra
opera „.
— X —
iiiirraecufile e dalle relative disposizioni. Essa comprende ben 3000
specie di sole piante mirmecofile a nettari estranuziali appartenenti a
poco meno di 300 generi ed a 46 famiglie vegetali. Il solito acume di
critica e la solita originalità rendono quest'opera una delle più note-
voli fra quelle che annoveri la bibliografia biologica di quest'ultimo
decennio' „. Ed il Ludwig- non esita a dichiarare questo lavoro o/)(?rrt
del pn) ijraii.de fìtobiologo vivente. Le ricerche ed osservazioni sulla mir-
mecofilia il Delpino continua tutta la vita e ne trae argomento per nuove
Note e Memorie.
Anche la Geografia Vegetale deve a lui nuovo indirizzo di studi che
servi ad ispirare molti dei lavori che sulle cause della distribuzione
delle piante vennero di poi alla luce. Devesi altresì a lui una compara-
zione biologica degli apparecchi fiorali di due flore estreme, artica ed
antartica, con resultati nuovi e bene importanti.
Ma molto lungo riuscirebbe il dire di tutti gli studi " e delle sco-
perte numerose fatte nell'ultimo ventennio da questo grande naturalista
cui solo la morte, avvenuta a Napoli nel 1905, potè- colla vita troncale
l'operosità *.
Anima entusiasta, ardente, tenace, anzi tenacissima, specie in filo-
sofia, nella quale professava idee teleologiche particolari. Riteneva che un
principio presciente, intelligente e lUiero avesse predisposto la creazione
di tutti gli esseri viventi, e ad un tempo ammetteva l'evoluzione e la
variabilità delle specie'', benché iión abbandonata per cosi dire a sé
stessa come vuole Darwin colla sua legge della selezione naturale. A
questa il Delpino era decisamente contiaiio come era nemico acerrimo
del materialismo che riteneva dannoso alla scienza, alla morale, a tutto;
e su tali argomenti mostravasi di un esclusivismo assoluto.
' Bonzi. Nuoro (riornide ìiutioiico. Nuova serie, voi. XII, pag. 4.S5.
- Boianisrhes Cenlrallitatf, 1887, voi. 2 (citato dal Merini).
^ Oltrepasserei i limiti e lo scopo ili questo breve cenno; del resto VEìenra
hililionrafieo che in fine riporto, ne può dare un'idea.
'' Due sue pubblicazioni di grande valore portano appunto la data ili tale
anno.
" Non escluso, pare. Vi/onio, dappoicliè etili scrive nel suo discorso: tSon'a-
ìismo e Storia iialiiriiln (11)04- 11105). " In fin dei conti, il genere umano, sebbene
" iinmensamente dilfereiiziato da tutti gli esseri viventi sotto il rapporto delle i>iìi
" sublimi facoltà psicologiche, pure in ultima analisi, non è che un anello nella
" graTide catena degli organismi; in guisa che gli statuti del vivere suo devono
" essere consentanei alle leggi generali che reggono gli organismi stessi, e tuttociò
" che è contrario ad esse non può né artecchire, né, se in date contingenze di luogo
" e di tempo, attecchisce, }iuò durare o prosperare ,. Ed altri concetti simili sulla
eroluzione e sullo .sn'lnjipo del (ji'ìiere iiiikuui nello stesso Discorso ed in altre sue
opere si trovano che a questo conducono.
— XI —
Aveva mente potente, analitica e sintetica ad nn tempo, investi-
<^atrice, acutissima, geniale, ma forse un po' troppo speculativa e filo-
sofica; il ragionamento lo conduceva qualche volta a deduzioni che non
tutti persuadevano, benché fossero sempre sincere ed originali.
Non aveva frequentato alcun laboratorio, si era fatto tutto da se,
«osicchè alcuni metodi di ricerca non conosceva, quale quello del mi-
croscopio; ciò nonostante la sua mente divinatrice leggeva nel gran
libro della natura con tale sicurezza e fortuna che ben poclii seppero,
corno lui, scoprirvi e penetrarne tanti misteri.
Cenxo biografico. — Il Delpino nacque a Chiavari nell'anno 1833.
Nel 1849 lo troviamo studente di matematica nell'Università di Genova,
che gracile abbandona prima ancora di compiere l'anno di studio per
intraprendere un viaggio di mare sopra un veliere che va in Oriente.
Nel 1852 non volendo vivere alle spese della famiglia entra come sem-
plice applicato nell'amministrazione delle Finanze dello Stato, e vi ri-
mane fino al 1867. In quest'anno Filippo Parlatore lo nomina suo
assistente a Firenze. Nel 1871 ottiene il posto di professore di Stoiia
Naturale nella Scuola Forestale di Vallombrosa. Nel 1873 s'imbarca
sopra la fregata Garibaldi per un viaggio di circumnavigazione attorno
al globo, ma arrivato a Rio Janeiro è costretto, per malattia, a sbar-
care, e di poi ritornare in Italia. Nel 1876 viene, per concorso, nominato
professore straordinario di botanica nell'Università di Genova allora di
secondo ordine e nel luglio del 1879 vi è promosso ad ordinario. Nel 1884
vince il concoiso di ordinario per la cattedra di botanica di una Uni-
versità piimaria, quella di Bologna; e nel 1894 non potendo resistere
al clima rigido della capitale emiliana chiede di essere trasferito a
Napoli; e solo in seguito a concorso vi riesce. Ivi chiude, per sempre,
nel maggio 1905, quei suoi occhi fulgidi, ove il pensiero non aveva
riposo, tanto cari alla sua ottima famiglia, quanto ai molti suoi amici
€d ammiratori.
DaU' Istituto Botanico di Pavia, marzo 1907.
ELENCO DEI LAVORI PUBBLICATI
da Fedei'ico Deli)iiio '
1. Relazione sull'apparecchio della fecondazione delle Asclepiadee. Torino 1865.
2. Sugli apparecchi della fecondazione nelle piante antocarpee. Firenze 18G7.
3. Sull'opera « La distribuzione dei sessi nelle piante e la lei/rje che osta alla pe-
rennità della feconda zione consanguinea » del prof. Hildebraml. Con note critichi^
- Atti della Società Ital. delle Scienze Naturali in Milano- Voi. X. I\Iilano 1860.
4. Pensieri sulla Biologia Vegetale, sulla Tassonomia, sul valore tassonomico dei
caratteri biologici, e proposta di un genere nuovo, della famiglia delle Labiate
- Nnovo Cimento, Voi. XXV. Pisa, Tip. Pieraccini - 1807.
5. Ulteriori osseraazimii e considerazioni sulla dicogamia nel Regno Vegetale, 1. Atti
della Soc. Ital. delle Scienze Naturali - Voi. XI, pag. 265-382. Milano 1868.
0. Ulteriori osseroazioni e considerazioni sulla dicogamia del Regno Vegetale. II. ktVi
della Soc. Ital. dello Scienze Naturali in Milano - Voi. XII, p. 21-141, Stil-
lano 1869.
7. Ulteriori osservazioni e considerazioni sulla dicogamia nel Regno Vegetale. 111.
Atti della Soc. Ital. delle Scienze Naturali in Milano - Voi, XII. p. 179-233.
Milano 1809.
8. Sulla Darwiniana teoria della Pangenesi (Rivista con toni p. naz. ital. Voi. LVI e
LVIL Torino 1809.
9. Ueber die Wechselbeziehung in der Verbreitung voii P/lanzcn xmd Thieren. Bo-
tanische Zeitung. p. 792-809. 1869. (Recensione di F. Ildebrand.)
10. Rioisla monografica della famiglia delle Margraviaceae, precipuamente sotto l'a-
spetto della Biologia ossia delle relazioni di vita esteriore - Nuovo Giornale
Botanico It.aliano, fase. IV 1809.
11. Breve cenno sulle relazioni biologiche e genealogiche delle Marantacee. Nuovo
Giornale Botanico Italiano, 1869 p. 293.
12. .Ucuni appunti di geografia botanica, a proposito delle Tabelle fitogeografichc del
prof. E. Hoffmann. Bollettino della Società Geografica Italiana, fase. III. Fi-
renze 1809 p. 273.
13. Sull'influenza del soggetto sul ramo d'innesto e sitila diretta influenza cxtraovu-
lare del polline. Traduzione dal tedesco con annotazioni. Industrialo Roma-
fenolo, Febbraio 1869.
14. Una recente parola di Carlo Darwin sulla j>angencsi. Lettera al prof. Do Guber-
natis. Rivista contemporanea italiana. Torino 1869.
1.5. Ulteriori osservazioni sulla Dicogamia nel Regno Vegetale IV. Atti della Soc.
Ital. delle Scienze Naturali in Milano, Voi. XIII, p. 107-205. Milano 1870.
16. Applicazione della teoria Darwiniana ai fiori ed agli insetti visitatori dei fiori. -
Ver.sione dal tedesco con annotazioni del discorso pronunciato dal Dott. Em.
' Tanto il .Moriiii clic il Ponzi" luinno citìsciiim datn un elenco dei lavori pubblicali dal r>cl-
jiiuo. 11 presente riassume ;_Mi elenchi ei due ej^re^'i autori con (jualche agj^iunta e niodilicazioiu'.
— xin —
Miiller di Lippstadt alla 26^ Assembl. generalo del Natui-liistorischei" Verein
fùr Rheinlande uiid Westphalen. Bollettino della Società Entomologica Italiana,
Anno li pag. 140-228. Firenze 1870.
17. Altri apparecchi dicoz/amici recentemente osservati. Nuovo Giornale Botanico Ita-
liano, Voi. II. 1870, p. 51-64.
18. Eintheilung dar Pflanzen nach dem Mechanismus der dicìwgamischen Befruchtimij
und Bemerktinqen ùber die Befruchtungsvorgange bei Wasserpflanzen. Bot.
Zeitung XIX 1871, p. 443-463. (Recensione di Ascherson.)
19. Sulla Dicogamia vegetale e specialmente su quella dei cereali. Bollettino del Co-
mizio Agrario Parmense, Anno IV. Parma 1871.
20. Ueher die Dichogamie im Pflanzenreiche. Glogau 1871.
21. F. Delpino e P. Ascherson: (Corrispondenza) Sia' fenomeni generali relatici alle
piante idrofile ed anemofile. (Nuovo Giornale Bot. It. Voi, 3.; 1871).
22. Sulle piante a bicchieri. Nuovo Giornale Botanico Italiano, Voi. III. 1871 pagine
174-176.
23. Sui fenotneni generali relativi alle piante idrofile ed anemofile. Nuovo (iiornale
Botanico Italiano, Voi. Ili, 1871, p. 194-195.
24. Studi sopra un linguaggio anemofilo delle Composte ossia sopra il gruppo delle
Artemisiacee. Firenze, Tip. Cellini e C. 1871.
25. Etudcs sur une déscendence anémophile des Composées du groiipo Artemisiacee.
Archives d. Se. Phys. Nat., Voi. XLIII, 1872, p. 195-197.
26. lìassegna botanica (in Annuario Scientifico ed industriale anno VIII. 1871. —
Secrezione della cera della epidermide delle piante — Glandolo del calice del'a
Tecoma radians. — Concrezioni saligne nel corpo della membrana cellulare.
— Foglie del pino del Giappone. — Significazione morfologica delle spine
delle cactaceae. — Galleggianti del Desmanthus natans. — Piante insetticide
e piante carnivore — Piante idrofile, anemofile e zoidiofle. — Dicogamia
delle piante alpine. — Piante trimorfe. — Possibilità della dicogamia nei
cereali. — Cleistogamia del Juncus bufonius. — Apparecchi di disseminazione.
— Biologia delle Crittogame. — Sovra ima supposta causa determinante il
sesso nell'embrione. — Nuova forma di sessualità in alcune alghe. —
Influenza dell'innesto sul soggetto e viceversa. — Irritabilità degli stami di Ma-
honia. — Ufficio della potassa nelle piante. — La vita dei Licheni. — Yita degli
ascoboli e delle pezize. — La vita dei batteri.
27. Sull' impollinazione dei nuclei ovulari presso le Conifere. Atti della Società Ita-
liana delle Scienze Naturali in Milano, Voi. XV, p. 424-426. Milano 1872.
28. Fécondation dans la Conifères. Archives d. Se. Phys. Nat. Tom. XLIII. 1872,
p. 194-195.
29. Sui rapporti delle Formiche colle Tettigomctro e sulla genealogia degli Afidi e
dei Cocciài. Atti della Società Italiana delle Scienze Naturali in J\Iilano. Voi.
XV. p. 472-479. Milano 1872.
30. Sui rapporti delle Formiche colle Tetticjometre e sulla genealogia dagli Afidi e
dei Cocciài. Bollettino Entomologico. Anno IV, 1872.
31. Ulteriori osseroaziìni e considerazioni sulla dicogamia nel Regno Vegetale. Parte
seconda, fascicolo secondo. Atti della Società Italiana delle scienze Naturali
in Milano, Voi. XVI, p. 151-349. Milano 1873.
32. Rassegna Botanica (In. Ann. Scient. Ind. anno X, 1873): Moltiplicazione dei
corpuscoli di clorofilla per scissioìie. — Cellule e vasi latliciferi. — Struttura
delle radici nelle gimnospenne. — Rigenerazione della pjuyita delle radici. —
— XIV
Striiltìci'a e funziono delle lanlicelle, — Struttura istoìof/ica dei in'tlarii. — .1-
niido nei vasi crivellati. — Struttura morfoloffica dei fiori il.elle Composte. —
SinfjùUirità morfologiche del genere Cupliea. — Morfologia florale dello Ca>i-
nacee e Murantttcee. — Significazione del ciazio d' Expìiorbia. — Aborti di or-
r/ani florali. — Tessuto galleggiante di Aeschinomene liispidula. — Eterofilla
per dioersiià del mezzo ambiente. — \uoDa pianta muscipula (Desmodium
tnquetrum Brami. — Fecondazione dei foii mediante gì' insetti. — Impollina-
zione delle Gimnosperme. — Organi e mez^i di disseminazione presso le fa-
nerogame. — Tensioni, moti e direzioni d^gli organi, eliotropismo, geotro-
pismo. — Attività vitali del protoplasma. — Evaporazione dell'acqua e de-
composizione dell'acido carbonico per mezzo delle foglie. — Epifitismo, Con-
sorzio, Commensalismo, Parassitismo. — Presunto jjarassitismo di Nostoc. —
Proembrione di Lycopodium.
33 Altre osservazioni sui rapporti tra Cicadelle e Formiche. Bnlli'ttino oiitomologicn,
Anno VI, 1874.
34. Sulla natura, dei gonidi dei Licheni (Atti del Congr(?sso Inteninzioiiale tli lìota-
iiii'u tornito a Firen/,0 noi 1874 \t. 71).
3.3. Rapporti tra inietti e nettarii extrirnuziali in ah-une piante. liollettino (lolla So-
cietà Entomologica in Firenze, Anno VII, 1874.
30. Dimorflsmo del noce e plciontismo nelle piante. Nnovo Giornale liotanico Italiano.
Vói. VII, p. 148, 1875.
37. lìasscgiHl bofanirn. (In Annuario Scientifico industriale, Anno XII- 1875);
Cellule artiflciali di Trauhe. — J iflirizzo teUudoqico dell'istologia moderna. —
Embriogenià delle piante monocotiledoni, — Teoria, morfilogica tleW embrione
monocotiledone. — Differenze tra caulomi e fillomi. — Formazione di gemoie
sui tricomi. Epimorfosi e metamorfosi. — Natura morfologica delle jdacente
e deqli ovuli. — Morfologia dei pissidii. — Piante carnivore. — Consorzio e
rapporti tra piante, formiclie e vespe. — Caratteri, disposizioni ed apparecchi
dicoijamici presso le piante zoidiofile. — Fecondazione di alcune specie di yucca
mediante una tignola. — Uccelli mellisngi pronubi delle specie di Marcgravia.
— Effetti dei colori sulle api e sulle vespe. — Dimorfismo del noce. — Fiori
cleislogami o clandestini. — Sensibilità e moti delle piante. Irritabilità degli
stami di Mahonia e Berberis. — Yariahilità della sjiecie ; S/ierimenti di col-
tura; Comparsa di caratteri degli antenati nella prima età di alcune piante;
Asingamia; Meiomerismo, Pleiomerismo — Fasi sessuali nei licìieni. — Natura
dei licìieni. — Emigrazione di semi colle lane. — Caso di agamogenesi in pro-
tallo di felce. — Affinità di Zea, Etichlena e Tripsacum, eco.
38. Dicogamia ed omogamia nelle piante. Nuovo Giornale Botanico Italiano, Voi. VIII,
1876, p. 140.
39. Consorzio fra Nostoc ed altre piante. .Atti del Congresso Internazionale Botanico
ili Firenzo, 1870, |i. 71.
40. Hassi'yiKi bottmicd. (In annuario scientifico indnstrialo anno tredicesimo 1870.
— I tre tessuti costituenti. — Critica alla teoria di Ilanstein. — Struttura e
costituzione delle cellule. — Organogenia dei fiori di cucurhitacee. — Organo-
genia dei fiori nelle rafflesiucee e nel genere aristolochia. — Eteromorfismo di
Rhipsalis Cassitha. — Eteromorfismo fogliare di Eucalyptus globulus. —
Piante carnivore: Pepsina vegetale — Relazione tra piante e formiche: Piccoli
pomi designati a formiche; Nettarii eslranuziali in una crittogama; Nettarii
di Rhipsalis Cassytha; Altri nettarii eslranuziali. — Difesa dei fiori contro
— XV —
ospiti non chiamati. — Una crucifera anemofìln. — Semi che si sotterrano
da sé. — Teoria degli innesti. — Misura dell' incremento longitudinale nella
piante. — Misura d'alcuni incrementi internodali. — Andamento dei moti pro-
toplastici. — Aggregazione del succo cellulare nei tentacoli di Drosera rotundi-
folia. — Generazione alternante nei muschi. — Dicogamia ed omogamia nelle
fanerogame. — Sperimenti di Darwin. — Prepotenza del polline eteroclino. —
Fecondazioni con eccesso di polline. — Variabilità delle specie; Atavismo di
Primula pistiifolia. — Ipotesi sulla correlazione genetica dei musclii colle crit-
togame vascolari e colle fanerogame. — Adattazione degli organismi al mezzo
ambiente. — Vita di Ulothrix Zonata. — Vita delle nidulariacee. — Congettura
sulla sessualità dei funghi. — Questione dei licheni. — Singolare mezzo di
disseminazione in una conouloulacea. — Posizione sistematica delle Salvado-
racee. — Dimorfismo in alcuni Paspalum. — Parallelismo tra i caratteri mor-
fologici e la distribuzione geografica della palme. — Appunti sulla flora del-
l'isole dell' Atnmiragliato, ecc.
41. Kassegna botanica, (.\nnuario scientifico Industriale 1877). — Morfologia dalle
gimnosperme : Cicadee, Gnetacee. — Posizione degli ovuli nei carpidii delle
cicadee. — Natura morfologica degli stami. — Natura morfologica dell'ovulo
nelle angiosperme. — Valore morfologico del cirro nelle cuciirbitacae. —
Biologia delle palme; Apparecchi di fecondazione; Disseminazione delle palme.
— Biologia della Collomia grandiflora. — Peli odorosi di alcune specie di
Triumphetta. — Apiarte pronube di Salix repens. — Apparecchi di feconda-
zione nelle genziane. — Varietà biologiche: Insetti jìolari, pronubi dì fiori;
Azione dei colori sulla Macroglossa stellatarum: Senso dei colori negli uccelli,
fiori ornilofili; Funzione dei nettarii di Pteris aquilina; Piante che sotterrano
i semi; Viola cleistogama del Brasile. — Deiscenza dei fori di Stanhopea
oculata. — Espansione dei fiori di genziane alpine. — Geotropismo del labello
delle orchidee. — Attorcimento dei cirri di Dryonia. — Squilibrio elettrico negli
stimmi di Mimulus. — Pleuronastia nelle dicotiledoni legnose. — Lavoro della
clorofilla nella vite. — Eteromorfismo florale nelle angiosperme: Dimorfismo
di Primula officinalis, elatior, acaulis; Dimorfismo di Bottonia palustris; Bor-
raginee dimorfe. Pulmonaria officinalis. Specie di Linum dimorfe; Limim pe-
renne, grandiflorum; Specie eterostile trimorfiche; Prodotti della nozze legittime
e illegittime; Cause dell' eterostilismo. — Distribuzione dei sessi nelle fanerogame.
Piante a fiori cleistogami. — Partenogenesi nelle piante. — Fasi sessuali dei
licheni. Classificazione delle crittogame superiori. — Area geografica delle piante
vascolari dell'Europa continentale. — Piante alpine e polari. — Flore isolane.
— Distribuzione geografica delle meliacee. — Valori in geologia dei caratteri
fitopaleontologici. — Pleiomerismo esagerato. — Api uccise da fiori dì Tritoma.
Distribuzione dei sessi nelle felci. — Distribuzione dello rubiacea. — Distribu-
zione geografica del genere Uropedium. — Polline fossile. — Antichità com-
paratica dei continenti, ecc.
42. Sassegna botanica. (Annuario Scientifico Industriale 1S7S): — Morfologia dagli
embrioni. — Ligula di Graminacee. — Organi inseltidici presso piante carni-
vore. — Coppe idrofore di Dipsacus. — Nettario estrafiorale di Batatas. ~
Sessualità nelle alghe. — Vita delle Nostocacee e dei Licheni. — Classificazione
delle Amarillidee, Poligalee, liestiacee, Sapotaceo. — Distribuzione geografica
delle Smilacee, delle Palme, e delle Graminacee etc.
43. Difesa della dottrina dicogamica. Nuovo Giornale Bot. Ital. Voi. X, 1878, p. 1''-
— XVI —
44. Rassegna bofaiiica, (Annuario Scientifico Industriale 1879). — Islolnrjin iJci
netinrii fiorali. — Questione dell'i giiniiO':per,ìna. — Nnliirn morfolorjica del-
l'ovulo. — Diaijrninmi fiorali. Interpretazione della obdiplostemonia; Cupula
delle cupulifere; Natura morfologica dei cirri della vite; Ciazio del r/enere
Eupliorbia. — Piante carnivore. — Rapporti tra fori e pronubi. — Altre os-
servazioni intorno a piante zoidiofle. — Visite forali legittime ed, illegittiinc.
— Omogamia nelle fanerogaoie. — Nuove specie cleistogame. — Apparecchi
dicoijamici delle aracee. — Nettari forali. — Organi odoriferi delle farfalle.
— Colori forali. — Fiori versicolori. — Varietà biologiche. — Produzione dei
sessi. Dicogamia. — Rapporti tra i generi Azolla e .Anabaona. — .Melastomacee. —
Cornacee. — Diapensiacee. — Aracee — Affinità del gruppo delle Oleacee. —
Orii/ini articlie della vita. — Sjihrnnphgll ■m, .Asterophyllites, Calamitcs — .4-
mi/lobitcter nell'epoca carbonifera. — Flora deU'.imerica del Nord: Grande
regione delle foreste dell'est; La regione delle praterie; La regione dei laghi:
La Sierra Nevada. — Distribuzione delle piajUe dell'arcipelago papuano r.ia-
lese. — Flora ài Kergnelen. — Tesi ptogeografche, ecc.
45. Il iiiaterialisino nella scienza. Discorso pronunciato nella grande aula della R. Uni-
versità di (jenova per la solenne inaugurazione dell'anno accademico 1880-ìSl.
Genova Tipog. Martini 1880.
40. Causa meccanica della fllotassi quincùnciale — Nota preliminare — Genova 1880.
47. Contribuzione alla storia dello sviluppo del Regno Vegetale. I, Sinilacee. Atti della
R. Università di Genova Voi. IV, parte I. Genova 1880.
48. Hassegna botanica, (.\niiuario scientifico Industrialo 1880. — .'Struttura e fun-
zioni dei sosiiensori eml/rionici nelle orchidee e Videe. Cellule plurinucleote. —
Fillotassi. — hiflorescenze di Ataccia cristata. — Adattamento delle foglie al
mezzo ambiente. — Nettarli eslranuziali. — Deiscenza dei fori nelle graminacee.
— Ntiove osserva zìoni sovra piante eiitomofle. — Dicogamia e omogamia nella
vile. — Impollinazione e fecondazione nel cotone e in altre specie. —
Griniidiecia di Plantar/o e tH altre piante. — Specie cleistogame. — Specie adi-
namandre. — Proporzione delle piante anemofle ed entomofle nelle isole. ~
Movimenti nelle piante superiori. — Fase sessuale nel Dosycladus clavaeformis.
— Classifcazione delle Crittogame. — Scitonemacee. — Distribuzione paleonto-
logica delle Salisburiee. — Vegetazione artica. — Piante naturalizzate ed inva-
denti nel sud dell'. iiistralia. — Fillotassi uniseriale. — Compensazione tra le
stipole e la lamina fogliare. — Rasi connate idrofore delle foglie di Silpliium
perfoliatiim. — Sessualità nelle piante d.ioiche. — Origini della flora, delle alpi.
— Flora fossile di Sumatra. — Piante invadenti nell'America del Nord, ecc.
40. Fondamenti di Biologia Vegetale, I. Prolegomeni. Rivista di Filosofia Scientifica.
.\nno I. Voi. I, fase. I. Milano-Torino 1881.
50. liassegna botanica. (.Vnnuario Scientifico industriale. 1881). — Studi di Treub
sulle cicadee — Antogenia ed embriogenià delle lorantacee. — Embriogenià
delle graminacee. — Anatomia delle piante scandenti, — Ayialomia della Tri-
sticha hijpnoidxs. — Organi omologhi ed organi analoglii, — Infiorescenze
scorpioidi. — Natura morfologica d
. Teoria generale della Fillotassi. Atti della R. Università di Genova. Voi. IV,
part. II. Genova 1883.
54. Erwiderung. (Bot. Zeit.)
55. Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. Prodromo di una monografia delle
piante formicarie. Parte prima. Rassegna delle piante fornite di nettari! estra-
nuziali (dalle Ranuncolacee alle Oleacee). Memorie della R. Accademia delle
Scienze dell" Istituto di Bologna. Ser. IV, Tom. VII. Bologna. Tip. Ganiberin: e
Parmeggiani 1886.
.50. Fiori doppi (Flores pieni) Memorie della R. .\ceudeinia delle scienze dell'Istituto
di Bologna, Ser. VI, Tom. Vili. Bologna. Tip Gamberini e Parmeggiani 1877.
57. Zigomorfia fiorale e sue causa. Malpighia. Anno 1, fase. VI, Messina. Tip.
Capra e G. 1887.
.5S. Il nettario fiorale del Symphoricarpus racemosics. Malpighia. .\nno 1, fase. X-XI.
Messina, Tip. Capra e C. 1887.
59. Sul nettario fiorale del Galanllius nivalis L. Malpighia. Anno I, fase. Vili. Mes-
sina, Tip. Capra e C. 1887.
G ). Equazione chimica, e fisiologica del processo della foi-mazione alcoolica. Nuovo
Giornale Botanico Italiano, Voi. XIX, 1887, p. 260.
61. Weitere Bamerkiingen u. myrmecophile Pflanzen. (Monatliche IMittheil. a. d. Go-
samtgebieto d. Naturwiss., N. 2; 1887.
62. Il passato, il presente e l'avvenire dalla Psicologia. Discorso per l'inaugurazione
degli studii nella R. Università di Bologna. Bologna 1888.
63. Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. Prodromo di una monografia delle
piante formicarie. Parte Seconda. Rassegna delle piante fornite di nettarli
estranuziali (dallo Bignoniacee ai Funghi). — Memorie della R. Accademia delle
Scienze dellTstituto di Bologna, Ser. 1\', Tom. IX. Bologna, Tip. Gamberini e
Parmeggiani 1888.
64. Osservazioni sopra i hatlerincecidH e la sorgente d'azoto in una pianta di Galega
officinalis. Malpighia, Anno, II. p. 385-394, 1888.
65. Applicazioni di nuovi criteri per la classi fi ca'zione delle piante. Prima Memoria,
I. Divisioni primarie del Regno Vegetale. II. Origine delle Monocotiledoni.
III. Classificazione dei Tallofiti. IV. Posizione dei Briofiti e dei Pteridofili.
V. Classificazione dei Briofiti. VI. Classificazione dei Pteridofiti. VII. Pterido-
fiti dei tempi paleozoici. — Memorie della R. .Accademia delle Scienze del-
l'Lstituto di Bologna, Ser. IV. Tom. IX. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeg-
giani 1888.
— XVIII —
Gei. Applicazione di nuovi crilori per la clnssipciizione delle piante. 'èQconàa.ì^lQmnna.
Vllt. Classificazione delle Gimnospernie. IX. Divisione delle Gimnosperme in
quattro famiglie. X. Natura morfologica delle s juame ovulifere delle Abietinee
e di altro Conit'ere. XI. Teoria generale del carpidio. XII. Fondazione della
famiglia delle Salisljuriee. XIII. Singolarità del genere Sciadopitys. XIV. Cir-
coscrizione e dipendenza delle Araucariee. XV. Circoscrizione e dipendenza
delle Podocarpee. XVI. Ordinazione delle Tassinee e loro dipendenza. XVII.
Ordinazione delle Cuprossinee. XVIII. Ordinazione delle Abietinee. XIX. Im-
portanza delle Cicadee. XX. Ordinazione e dipendenza delle Gnetacee. XXI.
Schemi elassificatorii delle Gimnosperme. Memorie della R. Accademia delle
Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. IV, Tom. X. Bologna, Tip. Gamberini
Parmeggiani, 1889.
07. Kote ed osservazioni botanicìie. Decuria prima. 1. Anomofilia e scatto delle antere
presso il Ricinus communis. II. Ascidii lemporarii di Sterculia platanifolia e
di altre piante. 1(1. Nettarli estranuziali nelle Eliantee. IV. Nuova pianta a
nettarli estranuziali. V. Variazione nnlle squame involucrali di Centaurea
montana. VI. Anemofìlia dei fiori di Pliyllis Nobla. VII. Galle quercine mir-
mecofile. VIII. Acacie africane a spine mirmecodiate. IX. Sull'affinità delle
Cordaitee. X. Singolare fenomeno d'irritabilità nelle specie di Lactuca. — ?\Ial-
pighia, Anno III, Voi. III. Genova, Tip. Ciminago, Dicembre 1889.
CS. Valore morfolofjico della squama ovulifera delle Abietinee e di altre Conifere.
Malpigliia. .\nno IH. Voi. Ili, Genova, Tip. Ciminago, Giugno 1889.
69. Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. Prodromo di una monografia delle
piante formicarie. Parte terza ed ultima: Rassegna delle piante che apprestano
nidi e domicilii alle formiche. Considerazioni generali o conclusioni. Con un
quadro delle regioni fitogeografiche. Memorie della R. Accademia delle Scienze
dell'Istituto di Bologna. Ser. IV. Tom. X. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeg-
giani, 1889.
70 Fiori monocentrici e policentrici. Jdalpigliia. .Vniin III. Voi. 111. Genova, Tip. Ci-
minago, 1889.
71. Sulla impollinazione dell'Arimi Draoi/ìculus. Malpighia. Anno III. Voi. III. Ge-
nova, Tip. Ciminago, Febbraio 1890.
72. Ancoì'a sull'impollinazione del Dracunculus. Malpighia. Anno I\', p. 134-135
Genova 1890.
73. Note ed osservazioni botanicìie. Decuria seconda. 1. Biologia delle Gimnosperme.
IL Pensieri ed osservazioni sulla disseminazione. III. Funzione degli ascidii
di Dischidia. IV. Una delle funzioni della glaucedine. V. Significazione bio-
logica dei nettarostegi fiorali. VI. Funzione della corolla di Bassia latifolia.
VII. .\neraofilia di Bocconia frutescens, Dodonaea viscosa. Erica scoparia, !Mer-
curialis perennis. VII. Apparecchio florale staurogamico della Barnadosia rosea.
IX. Staurogamia presso il Sauroniatuin guttatuiu. X. Simbiosi tra Ejiatiche
fogliose e Rotiferi. Malpighia, Anno IV, fase. I-III. Genova, Tip. Ciminago 1890.
74. Contribuzione alla teoria della Pseudanzia. .Malpighia. Anno IV, Voi. IV. Genova,
Tip. Ciminago, Ottobre 1890.
75. Applicazione di nuovi criterii per la classifica zinni! delle piante, Terza Memoria;
XXII. Classificazione delle Angiosperme. XXIII. Quali sieno gli ascendenti
delle Angiosperme. XXIV'. Quali delle odierne forme angiospermiche sieno da
ritenersi prototipiche. XXV. Invenzione di un nuovo criterio tassonomico;
Angiosperme euante e pseudante. XXVI. Teoria della Pseudanzia. XXVil Pseu-
— XIX —
danzia nelle Malvaceo e Rosacee. XXVllI. Pseiulanzia nelle famiglie ilipendenti
dalle Malvacee. XXIX. Pseudanzia in alcuni generi di Rosaceo e nelle famiglio
affini. XXX. Pi-obabile Pseudanzia in altre famiglie. XXXI. Angiospermo
eiiante. XXXII. Angiospermo di dubbia o d'incerta sede. Memorie della R. Ac-
cademia dell'Istituto di Bologna, Ser. IV, Tom. X. Bologna, Tip. Gamborini
e Parmeggiani 1890.
76. Applicazioni di nuovi crilerii per la classificazione delle piante. Quarta Memoria.
XXXIII. Canoni della dottrina filogenetica applicabili alla classificazione delle
piante. Memorie della R. Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna.
Ser. V, Tom. I. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani 1890.
77. Pseudanzia di Camellia e di Geum. (in collaborazione col D. Ugo Bernardi) Mal-
pighia. Anno V, fase. III. Genova, Tip. Ciminago 1891.
78. Pensieri sulla ììietaniorfosi e sulla idiomorfosi presso le piante vascolari. Memorie
della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. V, Tom. 111. Tip.
Gamberini e Parmeggiani, 1892.
79. Esposizione di ima nuova teoria della Fillolnssi. .\tti del Congresso Internazio-
nale Botanico 1892. Genova, Tip. Sordo-muti.
80. Esposizione della teoria della Pseudanzia. A.tti del Congresso Botanico Interna-
zionale 1892. Genova, Tip. Sordo-muti.
81. Disordini Universitarii. Cause e rimedii. Bologna, 1892.
82. Applicazione di nuovi crilerii per la classificazione delle piante. Quinta Memoria.
XXXIV. Proposte di correzioni e di emendazioni ai quadri tassonomici delle
Angiospermo. A. Rinantacee. B. Passi tloracee. Cucurbitacee. C. Aristolochiacee.
Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Ser. V.
Tom. III. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani, 1893.
83. Elerocarpia et Eteromericarpia nelle Angiosperme. Con un capitolo sul mimismo
nei frutti o nei semi. Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto
di Bologna. Ser. V. Tom. V., Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani, 1895.
84. .Studi fillotassici. I. Casimiro De CandoUe e la teoria fiUopodiale. II. Sdoppia-
mento dei fiUopodii. III. Polimeria nelle fillotassi verticillari. IV. Moltiplica-
zione e contrazione d'organi togliari. Malpighia, Anno IX. Genova, Tip. Ci-
minago, 1895.
■85. Sociulistno e Storia Naturale. Discorso per la inaugurazione dogli studi [iresso
la R. Università di Napoli nell'anno accademico, 1894-95. Napoli, Tip. della
R. Università. 1895.
86. Applicazione di nuovi criterii per la classificazione delle piante. Sesta Memoria.
II. Monocotiledoni. Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di
Bologna, Ser. V. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani, 1896.
87. Dicroismo nell'Euphorl/ia Peplis e in altre piante. Rendiconti dell'Accademia delle
Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli. Fase. 6. Napoli, 1897, Giugno.
88. Dimorfismo del Ranttnculus Ficaria. L. Memorie della R. Accademia delle Scienze
dell'Istituto di Bologna, Ser. V. Tom. VI. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeg-
giani, 1897.
89. Per la critica. Rivista contemporanea, fase. 6. Napoli, 1897.
90. Gaetano Licopoli. Parole commemorative. Rendiconti della R. Accademia delle
Scienze Fisiche e matematiche di Napoli. Napoli 1898.
91. Studi di Geografia botanica secondo un nuovo indirizzo. I. Preliminari. II. Divi-
sione della terra in territori! fitogeografici. Centri di formazione delle specie.
Centri di sviluppo. III. Centri di formazione e di sviluppo dei generi, delle
— XX —
tribù e delle fainig-lin. IV. Stazioni. V. Regioni. VI. Eiiumerazioue e classi-
ficazione delle diverse regioni. VII. Endemismi. IMeniorie doIUi R. Accademia
delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. V. Tom VII. Bologna. Tip. Gam-
berini e Parraeggiani, 1898.
92. Kiiooe specie ìnirnii'cofllc fornite di netlarii estramciali. Rendiconti della R. .\c
cademia delle Scienze Fisiche e Matematiche di N;ipoli. Fase. G e 7, Giugno-
Luglio, 1898.
93. Commeìuorazione del prof. Teodoro Caruel. Rendiconti della R. Accademia delle
Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, 1898.
94. Rapporti tra la eooluzione e la distrihuziono geografica delle Raniincolaeee. l\Ie-
morie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. V.
Tom. Vili. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani. 1899.
95. Questioni di Diolof/ia Vegetale. I. Defiiiiiioiie e limiti della Bioloi/ia. Rivista di
Scienze Biologiche dirotta da E. Morselli. Fa.sc. I. Gennaio, 1899.
96. Note di Biolor/ia Vei/etale. II. Apparecchio sotterratore dei semi. Rivista di Scienze
Biologiche fase. VIIMX. Agosto-Settembre 1899. Como, Tip. Longatti.
97. Relazione sulla o.iport unità d' impiantare giardini sperimentali di colture tro-
picali nell' Eritrea. Alla Illustre Società Reale delle Scienze Matematiche, Fi-
siche e Naturali. Rendiconto della R. Accademia delle Scienze Fisiclie e Ma-
tematiche di Napoli fase. 2 e 3. Febbraio e Marzo, 1899.
93. Depnizione e limiti della Biologia Vegetale. Bollettino dell'Orto Botanico di Na-
poli. Tom^ I. fase. 1, p. 5. Napoli, Tip. Tessitore, 1899.
99. Piante formicarie. Parte prima. Bollettino dell'Orto botanico di Napoli, Tom. I
fase. I, p. 36. Napoli, Tip. Tessitore, 1899.
100. Sulla costituzione del Ranunculus Vicaria. L. nei dintorni di Dresda. Bollettino
dell'Orto botanico di Napoli, Tom. I, fascicolo 1, pag. 24. Napoli, Tip. Tes-
sitore, 1899.
101. Comparazione biologica di due fiore estreme, artica ed antartica. Memorie della
R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. V. Tom. Vili.
Bologna, Tip. Gamlierini e Parmeggiani 1900.
102. Sulle piatile a bicchieri. Ballettino dell'Orto botanico di Napoli- Tom. I. fase. 2.
p. 63. Napoli, Tip. Tessitore, 1900.
103. Piante formicarie (seguito). BuUettino dell'Orto botanico di Napoli, Tom. I, fase. 2,
p. 67. Napoli, Tip. Tessitore, 1900.
104. Questioni di Biologia Vegetale. 3* Funziono nuziale e origino dei sessi. Rivi.stu
di Scienze biologiche Voi. II, n. 4-5. Como, Tip. Longatti, 1900.
Il 15. Circa la teoria delle spostazioni ^/totesiù'/ie. Rendiconti della R. Accademia delle
Scienze Fisiche Matematiche in Napoli, lOtK).
106. Sugli artropodi fllobii e sulle complicazioni dei loro rapporti biologici. Bollettino
della Società Botanica Italiana, I90I.
1()7. Ver una rettificazione. Bollettino della Società Botanica Italiana, 1901.
108. Sopra ttn organo caratteristico di alcune Cucurbitacee e sulle relazioni delle
piante coi Tripidi. Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di
Bologna, Ser. V, Tom. IX. Bologna, Tip. Gamberini e Parmeggiani, 1901.
109. Leonardo Jooinc. Il secolo ventesimo.' Moniti e profezie di Zoroaslro. Napoli.
Tip. Tocco e Salvietti, 1901.
110. Bei meriti di Domenico C/riVto yerso /ci ?;otoniC<;. Napoli, Tip. Morano e figlio 1901.
111. Sul genere Donzellia Ten. — Rendiconti della R. Accademia delle Scienze Fi-
siche e Matematiche di Napoli. Fase. 8-11 1902, Agosto e Novembre.
— XXI
112. Piante formicarie fseguito). Bollettino delTorto botanico di Napoli, Tom. 1, fase. 3,
p. 201. Napoli, Tip. Tocco e Salvietti, 1902.
113. Domenico Cirillo e le sue opere botaniche. Bollettino dell'Orto botanico di Na-
poli. Tom. I, fase. 3, p. 202. Napoli, Tip. Tocco e Salvietti, 1902.
114. Notizie filobiolor/iche. I. Nettari! estranuziali in una specie di Fraxinus. II. Ete-
romericarpia di Portulaca ol'racea. III. Eterocarpia di Filago gallica. Bollet-
tino dell'Orto botanico di Napoli. Toni. I, fase. 4. Napoli, Tip. Tocco e Sal-
vietti, 1903.
115. Cladomania di Picris hieracioides. Bollettino della Società Botanica italiana,
p. 275. 1903.
116. Piante formicarie, (seguito e fine). Bollettino dell'Orto botanico di Napoli. Tom. I.
fase. 4, p. 349. Napoli. Tip, Tocco, e Salvietti. 1903.
117. Sul fenomeno della macrobiocnrpia in alcune piante. Rendiconti della R. Acca-
demia delle Scienze Fisiche e Matematiche di Napoli, fase. 2. Febbraio 1903.
118. Aggiunte alla teoria della classificazione delle monocotiledoni. Memorie della
R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Ser. V, Tom. X. Bologna,
Tip. Gamberini e Parmeggiani, 1903.
119. Il Radio. Il giornale d'Italia, 1904, Roma.
120. Discorso del prof. Delpino. (Vedi Onoranze al prof. Delpino nel suo 70°. com-
pleanno). Palermo, 1904. pag. 28-32.
121. Zoidiofilia nei fiori delle Angiosperme. Parte prima. Bollettino del R. Orto Bo-
tanico di Napoli. Tom. II, fase. 1, p. 3, Napoli, Tip. Tessitore, 1904.
122. Sulla finzione vessillare presso i fori delle Angiosperme. Memorie della R. Ac-
cademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Ser. VI, Tom. 1. Bologna, Tip.
Gamberini e Parmeggiani, 1904.
123. Sviluppo della eieromericarpia nelle Portulacacoe. Rendic. dell'Accad. delle Se.
Fis. e Mat. di Napoli, Serie 3, Voi. VI, 1905.
124. Applicazione di nuovi criteri per la classificazione, delle piante. Settima memoria,
letta il 7 maggio 1905 — Meni, della R. Accad. delle Se. di Bologna.
Dall'Istituto Botanico di Pavia, marzo 1907.
INDICE DEL PRESENTE VOLUME
PAETE I.
Prefazione Pag. iir
Cenno sopra Federico Delfino, con ritratto (G. Briosi) , v
Ip.torno alla Ruggine bianca dei limoni (Ciirus Limomim Risso) Grave
malattia manifestatasi in Sicilia. Parte I: Frutti. — Con 11 tavole
litografate (G. Briosi e R. Farneti) „ 1
Sulla relazione tra lo sviluppo della lamina fogliare e quello dello xi-
lema nelle traccio e nervature corrispondenti, con una tavola litogr.
(L. Montemartini) „ 61
Sull'avvizzimento dei germogli del gelso. Suoi rapporti col Fusarium
lateritium Nees e colla Gihlierelìa moricola (De Not.) Sacc. Se-
conda nota preventiva (G. Briosi e R. Farneti) , 65
Osservazioni critiche sopra alcune ricerche microchimiche [dell'esculina
(E. Cazzani) , 68
Intorno ad alcune malattie della vite non ancora descritte od avver-
tite in Italia (R. Farneti) „ 72
Il marciume dei boccinoli e dei fiori delle rose causato da una forma
patogena della Botì-ytis vuìgaris (Pers.) Fr. (R. Farneti) .... „ 77
Sull'origine degli ascidi anomali nelle foglie di Saxifraga crassifolia L.
{L. Montemartini) » 78
Intorno al miglior modo di ricerca microchimica del fosforo nei tessuti
vegetali (G. Pollacci) „ 80
Alcune considerazioni sull'ontogenia delle cormofite vascolari, con 1 ta-
vola litogr. (G. Rota-Rossi) , 88
Un nuovo fungo parassita sulla Chaquirilla, pianta messicana (M. Tur-
coni) , 91
Di un nuovo mezzo di diffusione della Fillossera per opera di larve
ibernanti, con 1 tavola litogr. (R. Farneti e G. Pollacci) .... „ 95
L'evoluzione morfologica del fiore in rapporto colla evoluzione croma-
tica del perianzio, con 13 tavole litogr. (L. Buscalioni e G. B. Tra-
verso) B 103
Intorno al brusone del riso ed ai possibili rimedi per combatterlo. Nota
preliminare (R. Farneti) » 203
Azione della luce solare sulla emissione di idrogeno dalle piante (G.
Pollacci) ,215
Ispezione ad alcuni vivai di viti americane malate di "Roncet, in Si-
cilia (G. Briosi) „ 225
Contributo alla biologia fogliare del Buxus semperrirens L. con 1 tav.
litogr. (L. Montemartini) „ 239
XXIV —
Primi stiuli sulla formazione dello sostanze albuminoidi nelle piante
(L. Montemartini) Pag. 245
Seconda contribuzione calla micologia della provincia di Bergamo (G.
Rota-Rossi) , 265
Sulla scoperta dell'aldeide formica nelle piante (G. Pollacci) , 203
PARTE II.
Rassegna crittogamica per il primo semestre 1904 (G. Briosi) .... Pag. 305
Rassegna crittogamica per il secondo semestre 1904 (G. Briosi) ... , 323
Sull'operosità della R. Stazione di botanica crittogamica di Pavia du-
rante l'anno 1904 (G. Briosi) ,331
Rassegna crittogamica pel primo semestre 1905 (G. Briosi) 337
Rassegna crittogamica pel secondo semestre 1905 (G. Briosi) .... , 344
Sull'operosità della R. Stazione di botanica crittogamica di Pavia nel-
l'anno 1905 (G. Briosi) 351
PARTE PRIMA.
NOTE E MEMORIE ORIGINALI.
ISTITUTO BOTANICO DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
INTORNO
ALLA
RUGGINE BIANCA DEI LIMONI
(CITRUS LIMONUM Risso)
GRAVE MALATTIA MANIFESTATASI IN SICILIA
Aspetto esterno : alterazioni anatonio-patolo^ielie :
«•ausa e riproduzione artificiale «Iella malattia: sviluppo, poliniorlisnio
e biologia del parassita ; rimedi.
R-ICER-CHE DI
GIOVAXNI BRIOSI e RODOLFO FARNETl
Parte Prima — FRUTTI.
Breve cenno storico (Iella malattia in Sicilia.
In mia Nota preliminare^ pubblicata nell'ottobre passato, noi ab-
biamo dato un breve cenno di una malattia da poco tempo avvertita
in Sicilia, ove volgarmente è designata col nome di Ruggine bianca dei
limoni.
Su di essa fu richiamata l'attenzione nostra dai signori Severino
Davi ingegnere di Messina ed E. Arnao direttore della Cattedra am-
bulante di agricoltura di Siracusa.
Il Davi nell'agosto e l'Arnao nel settembre dell'anno passato (1901)
mandarono al Laboratorio Crittogamico frutti e foglie di limoni malati
chiedendo studi sulla natura del male e consigli sui possibili mezzi per
1 G. Briosi e R. Farne ii. Sopra una r/rave malattia che deturpa i frutti del
limone in Sicilia, in Alti ddl' Istituto Botanico di Pavia. — Nuova Serie, voi. VITI.
Alti dell' I.-il. Bui, deirViiieeri-ilù di Pacia — Xuova Serie — Voi. X. 1
difendersene; e nel gennaio passato ci fu spedita nn' altra cassetta di
frutti provenienti da un limoneto del signor Sebastiano Palisi sindaco
di Ali.
E un male molto grave di già diffuso in diverse Provincie della Si-
cilia ' che fa scrivere all'Ing. Davi: da circa due anni esso /in portato
nelle nostre contrade la miseria, ^jercliè rende inservibili gli agrumi, ed al
prof. Arnao: il male è tale che impressiona c/li agricoltori.
La malattia attacca i limoni e ne deturpa i frutti di tal maniera
che il gran commercio li rifiuta.
I frutti malati raggiungono dimensioni discrete, spesso di poco
inferiori alle normali, e raci(ìità loro non sembra diminuire in modo
notevole, ma la bruttezza del loro aspetto è tale che rimangono forte-
mente deprezzati, e sebbene le alterazioni non arrivino di solito alla
polpa, pure la lesistenza loro ai lunghi viaggi è di molto scemata poi-
ché l'epidermide screpolata e morta piii non li protegge e nelle casse
pel contatto reciproco e lo sfregamento divengono bruni, prendono una
consistenza coriacea, quasi sugherosa, o divengono teneri e allora fa-
cilmente marciscono.
Questa malattia si sarebbe, a quanto ne scrive l'Arnao, manife-
stata due anni or sono ad Itala e ad Ali (in provincia di Messina),
dalle quali località l'Arnao ricorda di avere allora avuto campioni di
foglie che presentavano nn affezione identica a quella die si riscontra
nelle foglie- delle piante i cui frutti si cedono attaccati oggi dalla Uuggine
bianca.
La malattia si svilupperebbe e sulle foglie e sui frutti; noi però
ci occuperemo nella presente Memoria, che costituisce la Piima Parte
del nostro lavoro, solo dei frutti, riserbandoci di raccogliere in una
prossima pubblicazione che ne formerà la Seconda Parte, i risultati
dei nostri studi sulle foglie ; se, come speriamo, riusciremo ad avere
materiale adatto e sufficiente per completare le osservazioni e le spe-
rienze che su di esse abbiamo in corso.
La Ruggine bianca dei limoni ha richiamato l'attenzione anche di
altii ricercatori e studiosi valenti, ma le conclusioni loro non concor-
dano colle nostre e noi ne parleremo piti oltre in s[)eciale capitolo,
dopo avere esposto i risultati delle nostre ricerche.
' A quanto sembra questa malattia nou è più limitata alla Sicilia Noi abbiamo
trovato sul mercato di Pavia limoni colla stessa infezione che provenivano, a quanto
ne fu assicurato dal negoziante grossista che li aveva iiiiiiortati, da Varazze di
Liguria.
— 3 —
Come si manifesta la malattia.
Aspetto esterno delle alterazioni.
Se questa malattia oltre al limone attacchi in Sicilia altre auraii-
ziacee (cedri, aranci, ecc.), come sembrerebbe da quanto afferma il Leo-
nardi', noi non potremmo assicurare; anzi il fatto che mai non ci furono
mandati altri frutti all'infiiori di quelli di limone, che di questi soli
ripetutamente ci fu scritto, sembrerebbe escluderlo; comunque, noi ci
occuperemo solo dei limoni, anzi qui in particolare studieremo unica-
mente il male come si presenta sui loro frutti, che è quello che attual-
mente dà mag-g-iori preoccupazioni agli agrumicoltori, riserbando, come
si è detto, ad altra Nota, i risultati dello studio di quanto avviene sulle
foglie, delle quali ora faremo solo breve cenno.
Frutti. — I frutti di limone attaccati dalla lìugijiìie bianca pre-
sentano aspetti diversi e ciò in relazione allo stadio ed all'intensità
del male, al differente grado di maturazione e di sviluppo che i frutti
avevano quando furono attaccati, e forse anche in ragione della varia
forza di resistenza al male che offre la varietà colturale alla quale il
frutto appartiene.
Nelle figure della tavola I, riproducenti tutte limoni malati man-
datici dalla Sicilia, trovansi rappresentate le principali alterazioni che
il morbo in modo diretto od indiretto produce sulla buccia dei frutti ;
e nella fìg. 5 della tav. II è rappresentato un frutto fortemente ma-
lato, proveniente dalla Liguria, che mostra in quale stato i limoni af-
fetti dal male possono ridursi dopo lo strapazzo di breve viaggio.
La sede del male è nella buccia, che esso altera in vario modo e
misura senza però ojìporre notevole ostacolo allo sviluppo dei frutti i
quali, anche malati, raggiungono o quasi, come si è detto, le dimensioni
dei sani ma non la bellezza e l'aspetto loro. Dalla Sicilia ci furono
spediti giovani frutti verdi in vario grado di .sviluppo e frutti gialli
perfettamente maturi ed anche dei verdelli. - Nei frutti verdi, più o
meno immaturi, il male si presenta sotto due aspetti alquanto diversi.
In alcuni la buccia mostra qua e là delle chiazze cenerognole o di un
' Lkoxakdi, Danni causali dalla Heliotìirips Uacinorroidalis Benché agli agrumi:
in Bollettino di Entomolojiiii Ai/raria, n. 11, uovemhre 1902.
2 I limoni t;ii(livi clie maturano verso il mese di giugno chiamansi verdelli: essi
non prendono mai la tinta gialla propria delle frutta normali, hanno forma piuttosto
sferica, sono abbastanza consistenti e molto pregiati, specie pei preparati di spezieria
(Alfonso Spagna, Trattato della coltioasione defili ugnimi).
— 4 —
«^risio verdiccio, iri'egolai i , forforacee, spesso continenti fra loro, for-
niate (la crostine di varie dimensioni, jiiii o meno rilevate e squa-
niantesi. Questa forma talora è limitata ad una porzione della buccia
(tìg. 1, 2, tav. I), tal altra invece invade quasi tutta la superfìcie del
frutto (flg;. 4, tav. I), che allora vedesi idcoiierto come da una specie
di eritema continuo ed uniforme d" un verdiccio cenerognolo. In altri
(fi?:. 3, tav. I) si ha pure una S[),^cie di eritema uniforme, ma di un
colore grigio-gialliccio, non a superfìcie continua, ma formato da cro-
stine irregolarmente poligonali e fortemente aderenti alla buccia.
Anche nei frutti maturi il male assume diversi aspetti. Alcune
volte esso presenta chiazze d'infezione isolate (fìg, 5, tav. I) con eritema
più 0 meno esteso, cenerognolo o gialliccio, cosparso però il' aree bru-
iiicce, con squamazione piìi o meno avanzata; altre volte invece (fìg. (i,
tav. I) la buccia del fruito è ricoperta in giau parte, talora anzi per
intero, da una specie di patina o vernice uniforme, biaccosa, opaca, di
una lucentezza metallica o meglio micacea, leggermente prominente, di
un colore bianchiccio cenerognolo o grigio-paglierino, tutta disseminata
di screpolature che la dividono in tanti poligoni più o meno ampi ed
irregolari. È questo, a quanto sembra, l'aspetto più frequente che il male
assume nei frutti maturi.
Si trovano altresì frutti maturi ben sviluppati, e ricoperti alla let-
tera di croste varie di forma e colore, giallognole, violacee, brune, lucide
anche, ecc. fra loro confluenti e disgregantesi, che danno un aspetto
sealìbioso ancora più sgradevole e brutto di quel che si possa rilevare
dalla fìg. 7 tav. I, nella quale si è cercato di rappresentare questa
altei'azione.
Tia i frutti maturi speditici dalla Sicilia, infine, se ne trovavano
alcuni di già imbruniti poco dissimili da quello della Liguria rappre-
sentato nella fìg. 5 della tav. II; e dei bruni e rammolliti o colla buccia
raggrinzita se ne avevano anche fra quelli licoperti dalla (latina biac-
cosa alla (luale si è sopra accennato. E che essi possano lidursi in
cosi triste stato non deve recar meraviglia, iioichè nei frutti malati la
buccia screpolata, iu([uinata ed offesa, non può sempi'^ ('ffi'ii'é valida di-
fesa alla polpa interna.
Sino a ([ual punto ed in ([ual maniera il tempo dell' attacco e la
resistenza della varietà e dell'individuo, abbiano influenza sulla forma
dell'alterazione, noi non potremmo dire con sicurezza, nonostante che
la forma che presenta sulla buccia la patina biaccosa e lucida forte-
mente aderente, sembri manifestarsi di preferenza quando il male at-
tacca i frutti che hanno raggiunto, o quasi, il loro completo sviluppo.
Si osserva infatti che lo strato biaccoso a lucentezza metallica è più
— 5 —
aderente alla buccia ed ha screpolature iiiù rare e polio;oui più ampi,
quando i frutti sono più maturi. Questo si può spiegare col fatto
che i frutti attaccati, allorquando iianno raggiunto il loro completo
sviluppo, più non si ingrossano, mentre gli immaturi seguitando ad au-
mentare di volume debbono determinare nell' epicarpo morto, che non
può più distendersi, maggior numero di screpolature e quindi croste più
piccole ed irregolari le quali facilmente squamano ed in parte si di-
staccano.
Questa specie di vernice biaccosa è, come vedremo meglio più
oltre, costituita da una zona di tessuto formato di cellule più o meno
schiacciate e piene d'aria le cui pareti spesso sono così a contatto fra
loro che al microscopio si presentano, in sezione radiale, quasi come
un'unica grossa parete compatta ed omogenea più o meno opaca, pa-
rete che invece è costituita dalle membrane combaciantisi delle cellule
di tessuto morto e schiacciato.
Foglie. — Sulle foglie malate a noi spedite dalla Sicilia si pre-
sentavano (fig. 6 e 7 tav. II) nella pagina inferiore delle macchie più
0 meno estese ed irregolari, senza margine; le più piccole e giovani
bianchiccie o giallognole, le più grandi e vecchie di un color bruno
(tìg. 7, tav. II), a queste, sulla pagina superiore, corrispondevano delle
macchie giallognole come se il lembo fogliare ivi fosse eziolato.
Da principio, le dette macchie anche alla pagina inferiore si pre-
sentano spesso come semplici chiazze biancliicce e giallognole a contorni
indeterminati ed evanescenti, in mezzo ad esse per altro scorgonsi delle
areole più o meno puntiformi, brunicce, iirominenti, che si allargano
e coniìuiscono. comunicando gradatamente a tutta la macchia un colore
bruno tabacco più o meno intenso, come sopra si è detto.
Queste piccole areole sono costituite in principio da semplici e
minute verrucchette brunicce formate dal mesofillo, le quali crescendo
rapidamente in numero e dimensioni confluiscono e producono delle
crostine più o meno rilevate che danno alla macchia un aspetto
leggermente rognoso, aspetto il quale spesso si accentua anche per la
presenza di escrementi, di ragnatele e spoglie di insetti e di altri
animalucoli.
Col progredire del male le porzioni am.malate del lembo fogliare,
più 0 meno bollose verso la pagina superiore, muoiono e seccano.
Queste alterazioni disturbano al certo la funzione della foglia, ma
se fossero limitate al solo lembo fogliare non produrrebbero forse gravi
danni, poiché esse non si estendono a tutta la lamina (almeno nei cam-
pioni a noi mandati) ma solo ne ammortizzano qua e là qualche por-
zione.
~ 6 —
Il morbo per altro non si arresta al lembo, ma frequentemente
invade anche il i)icciiiolo sul quale forma specie di croste giallognole o
brunicce, che non solo si allargano nel senso della lunghezza; ma spesso
lo girano e tutto lo avvolgono screpolandone la corteccia che sollevano
ed uccidono, e determinando cosi il distacco e la caduta del lembo. Per
tal modo la pianta- perde molti dei suoi principali organi, cioè le lamine
fogliari, le quali in realtà sui rami a noi mandati mancavano in gran
parte, mentre vi si vedevano tuttora attaccati i piccioli detur]iati dal
male, anzi spesso di già morti e secchi.
Qualora l'attacco dei picciuoli molto si estenda, è chiaro che anche
l'infezione delle foglie può rendersi assai dannosa, anzi, per un certo
rispetto più dannosa di quella del frutto, poiché col privare la pianta
degli organi verdi, ove si elaborano le principali sostanze ]ilastiche,
essa pone ostacolo alla nutrizione, quindi non solo ne deve diminuire
il prodotto ma anche comprometterne la vita.
Alterazioni aiiatoino-i)atoIo2;iclie
nei limoni della Sicilia ed in quelli della Liguria.
I frutti mandatici dalla Sicilia erana tutti o maturi od in avanzato
grado di sviluppo; frutticini molto piccoli non ne abbiamo avuto; i più
giovani erano grossi quanto una noce col mallo od erano rrrdelli di tali
dimensioni da essere di già commerciabili. Più sopra abbiamo descritto
quale sia l'aspetto esterno che i frutti malati assumono nei diversi stadi
di sviluppo, ora ricerchiamo le alterazioni anatomiche interne che il male
in loro produce.
La malattia cominciava a manifestarsi coll'apparizione sui frutti di
pustole cenerognole, minutissime, delle quali le più piccole non raggiun-
gevano il diametro di un decimo di millimetro, ed erano quasi invisibili
ad occhio nudo.
Pustole maggiori vedevansi d' ogni dimensione, sino, grazie alla
loro confluenza, a ricoprire larghe porzioni del frutto e talvolta l'in-
tera sua superficie.
Esaminando al microscopio in sezioni tangenziali la superficie
esterna delle pustole più minute si vede che il tessuto epidermico della
buccia è intatto, cioè non interrotto, e che su di esso in corrispondenza
al centro della pustola sonvi articoli miceliali formanti dei glomeruli e
talora delle brevi catenelle isolate, oppure dei filamenti jalini o bruni,
quali veggonsi disegnati nella fig. 9 della tav. HI, che più oltre descri-
veremo.
/ —
Esaminando le dette inistole invece in sezioni radiali si scorge che,
sebbene il tessuto epidermico non sia per anco rotto, è peraltro di
già alteiato, inquantochè il plasma delle sue cellule mostrasi più o
meno contratto ed ingiallito, come più o meno ingiallite sono altresì
le pareti cellulari. Alterazioni simili scorgonsi nel primo ed anche nel
secondo strato ipodermico, e sotto di questo immediatamente od in
strati più profondi, vedesi iniziarsi la formazione di un tessuto sughe-
roso 0 periderma. Studiando in modo simile pustole isolate i)iù grandi
si trova che incomincia in esse la rottura dello strato epidermico, e
«he il nuovo tessuto sugheroso sottostante di già costituito di più
strati, forma una zona peridermica più o meno concava, gli orli della
quale gradatamente salgono verso l'epidermide del frutto, formando per
cosi dire una specie di scodella sugherosa interna che circonscrive e
limita il tessuto malato della pustola stessa.
Quando l'infezione del frutto avviene su larga plaga e quasi si-
multaneamente in molti punti vicini fra loro, allora le pustole che ne
derivano, e per la vicinanza e per 1' allargarsi, confluiscono e formano
una specie di eritema che ricopre porzioni più o meno estese della buc-
cia. In questo caso il sughero che formasi sotto il tessuto patologico non
assume più la forma a coppa sopra descritta per le pustole isolate,
ma costituisce zone pianeggianti più o meno parallelle alla superficie
del pericarpo. Ciò deve provenire dal fatto che l' energia vitale de-
terminante la formazione del tessuto sugheroso riparatore non arriva
in tempo a circonscrivere il male attorno a ciascun centro d'infe-
zione, onde r opera difensiva e limitatrice non potendo arrestarlo
agli orli d'ogni singola pustola, deve procedere oltre, cioè sino al mar-
gine dell' intera chiazza infetta, che risulta di molte pustole fra loro
confluenti.
Il fellogeno, cioè il tessuto che dà origine al periderma, non sempre
«sercita la sua attività solo in senso centrifugo, ma talora oltre al pro-
durre periderma verso l'esterno, forma, con processo centripeto, un fel-
loderma interno rappresentato da una zona più o meno alta di collen-
chima (fig. 2 e 3 tav. Y), che ha cellule a lume più piccolo ed a pareti
più grosse di quelle dell'ipoderma in mezzo al quale si forma. Di più,
in quei frutti maturi provenienti dalla Sicilia, nei quali la malattia aveva
assunto all'esterno l'aspetto di vernice biaccosa ricoprente in gran parte
o per intero la loro buccia, si trovano molto di frequente in mezzo al
detto collenchima dei gruppi di cellule pietrose {si fig. 2 e 3 tav. Y e
2 tav. YII), fortemente lignificate, pure di origine fellodermica.
Cellule di tal fatta noi non abbiamo mai rinvenute nelle parti sane
della buccia dei frutti malati e meno ancora in quella dei frutti inco-
— 8 —
lumi, laonde esse sembrano una conseguenza dell' azione patologica ^ ;
probabilmente servono a rinforzare in qualche modo e meccanicamente
il nuovo tessuto peridermico protettore.
Non appena si produce un centro d'infezione e i)rima ancora che
si abbia rottura nello strato epidermico della buccia e produzione di pe-
riderma, il parenchima epi- ed ipodermico sottostante al centro dell'at-
tacco, incomincia, come sopra si è detto, ad ingiallire e l'ingiallimento
affetta tanto il plasma che le pareti delle cellule. Ora, se si trattano
fettoline ottenute con sezioni radiali fatte in corrispondenza di questi
centri infetti con solfato d'anilina o con iloroglucina ed acido cloridrico,
si vedono le pareti delle cellule malate assumere un colore ancora più
giallo col primo reattivo e divenire rosso ciliegia col secondo; sono
quindi lignificate ; e la lignificazione incomincia prestissimo, quando il
male è tuttora limitato a pochissime cellule, non peranco in alcun modo
deturpate.
Più tardi le pareti del tessuto ammalato sottostanno, a quanto pare,
anche ad un iirocesso di suberificazione. poiché allora resistono all'azione
dell'acido solforico concentrato, che invece distrugge il tessuto sano cir-
costante. Riassumendo, il processo anatomo-patologico è il seguente:
sotto l'azione dell'agente infettivo, e prima ancora che l' essere che lo
determina sia, come vedremo più oltre, penetrato nell'interno dei tes-
suti del frutto, incomincia ad alterarsi (ingiallimento) il plasma delle
cellule del parenchima corticale sottostante; quasi nello stesso tempo
si lignificano le loro pareti, indi queste vanno soggette ad un processo
di suberificazione; poscia il plasma si disorganizza e muore. Contempo-
raneamente 0 subito dopo, nei tessuti sani sottostanti, si inizia la for-
mazione di un periderma protettore che arresta l'infezione, in quanto
le impedisce di progredire tanto nei tessuti profondi quanto in quelli
laterali.
Qiial è la causa della malattia?
L' agente causa della malattia non è altro, secondo noi, che un
fungo parassita che più oltre studieremo e descriveremo in tutti i suoi
particolari.
Abbiamo già detto, parlando dei frutti giovani speditici dalla Si-
cilia, che anche sulle pustole più minute prodotte dall'infezione si tro-
' Il Penzig nei suoi Studi botanici sugli agrumi e suite piante affini, Roma, 1887,
non fa cenno di celiale sclerencliiniatose nella corteccia dei frutti delle Aurantiacee ;
anzi dice che esse sembrano limitate ai rumi ed al fusto, pag. 234.
vano essenze fungine brunicce o jaline die hanno forme diverse ma
costanti. Esse non mancano mai anche nelle pustole molto sviluppate
come altresì nelle chiazze e nelle croste, intere o rotte, e negli eritemi
che la Ruggine bianca produce sulla buccia dei limoni molto sviluppati
0 maturi.
La forma sotto la quale il parassita si presenta sulla superficie
delle pustole è quella di glomeruli di cellule rotonde o leggermente
ovoidali, brunicce o jaline, staccate, ammucchiate o disposte in brevi
catenelle, ovvero quella di filamenti miceliali talora grossetti e bruni,
tal altra sottili e jalini. Vi si trova iu altri termini una specie di micelio
toruloide, fuligginoso, che aderisce fortemente alle parti malate del
frutto; .micelio che forma catenelle tortuose composte di articoli glo-
bosi od ovoidali, brunicci, misuranti da 7 a 9 y. di diametro, i iiuali
di poi staccandosi danno origine a specie di artrospore. Queste ar-
trospore od articoli di micelio si moltiplicano : sia per gemmazione a
guisa di saccaromiceti, produceudo od una catena toruloide, od un glo-
merulo di cellule rotondeggianti ; sia per germinazione diretta, emet-
tendo un filamento di micelio strisciante per breve tratto sulla super-
ficie del frutto, da prima jalino e sottile, indi fuligginoso, più o meno
grosso ed abbondantemente settato. Inoltre, tanto sulle pustole intere
0 rotte quanto nelle croste, veggonsi spesso sollevarsi o serpeggiare
fra esse, aste miceliche, qualche volta, grosse e brune, che terminano
con conidi relativamente vistosi corrispondenti alla forma di un Cìa-
dosporium; qualche, altra esilissime e jaline, poco o punto settate, alla
cui estremità si producono conidi ovoidali pure jalini e miuutissimi
che rappresentano la forma di una Ovularia.
Anche i conidi del Cladosporiwn, germinando sulla superficie del
frutto producono: o micelio filamentoso, o glomeruli di cellule gemmanti;
anzi i glomeruli debbono provenire piìi di frequente da questi conidi di
Cladosporium che non dalle artrospore della forma toruloide.
Riassumendo, sulla pustole o meglio sulle croste e nelle loro scre-
polature, si possono trovare, e spesso si trovano, tre diverse forme di
micelio filamentoso. Una è relativamente grossa, bruna, settata, di 3
a 4V2 1*' f^i diametro, la quale produce conidiofori pure bruui e set-
tati, isolati (fig. 7 tav. IV) 0 riuniti a cespuglio (fig. 2 e 5 tav. Ili, e
fig. 1 a 6 tav. IV), che misurano generalmente 50 — 70 x 3 — 4 "^ /i,
e qualche volta fino a 110x6]W, ad apice assimetrico, i quali ge-
nerano conidi ellissoidali 0 brevemente fusoidali, bruni 0 fuscidoli,
unicellulari 0 bicellulari, di 5 — 11x4 /(, del tipo di un Clado-
siporiiim. La seconda forma è simile alla precedente, ma il suo micelio
è jalino, essa rappresenta uno stadio giovane di Cladosporium, perchè
- 10 —
coH'iiiveccliiare diviene bruno e fuliggineo. Essa produce conidiofoii
indistintamente settati, più sottili, lunghi 20 /i circa, jalini, tortuosi,
papillati 0 crenulati aiFapice, ove sono ingrossati e troncati, i quali pro-
ducono Gonidi pure jalini che misurano da 4'/^, >c<5,'(. La terza forma,
infine, è di nn micelio esilissimo di 2 /i di diametro, jalino, poco ramifi-
cato, raramente settiito, che spesso vedesi insinuarsi nelle screpolature,
micelio il quale emette rami conidiofori affusolati, grossi 2 /( e lunghi
sino a 30/1, pure jalini, semplici, diritti, ad apice acuto che producono
minutissimi conidi acrogeni, jalini, continui, ellissoidali, misuranti 3-4x6/(.
Questa ultima forma che mai imbrunisce è una Ovnlaria tipica mentre
la precedente, perchè essa pure jalina, noi ritenemmo nella nostra ^ofa
jirelimiiuu-c'^ appartenere alla stessa forma di Ondan'a, non è invece che
uno stadio immaturo del Cladosiior/nm, che col maturare imbrunisce.
La forma toruloide non manca mai, si trova tanto sulle pustole
giovanissime quanto nelle croste vecchie, e quasi altrettanto avviene
del Cladosporiuììi, mentre VOvìiIan'a, come fu già detto nella detta Nota
2»- ci imi naie, di rado all'inizio del male si osserva, essa si fa frequente
solo a malattia avanzata.
Altre forme di miceti non abbiamo trovato, o solo sporadiche, come
non abbiamo mai rinvenuto alcuna sorta d'insetti o d'altri animali sui
frutti malati a noi mandati.
Reazioni , penetrazione e percorso
del micelio nei tessntì.
Ecazioni. — Non è cosa semplice e facile accertare la presenza
del parassita nell'interno dei tessuti ammalati. Ripetute osservazioni
dirette, fatte con cura ma col semplice aiuto dei comuni reattivi non
erano valse a rivelarlo in modo sicuro. Così per qualche tempo noi rite-
nemmo che il nostro fungillo si arrestasse alla superficie dei frutti e che
J'azione patologica sua si esercitasse a distanza solo per opera di tossine.
Successive ricerche per altro fatte con opportuni reagenti (picro-
nigrosina, floroglucina e solfato di anilina), misero in evidenza che il
micelio penetra invece nell'interno dei tessuti dell'oi-gano attaccato.
Infatti, trattando i preparati con picronigrosina in soluzione alcoo-
lica debitamente concentrata, il micelio in pochi minuti si colora in
toruno ed il tessuto infetto (che come si è detto, è lignificato) in giallo;
» Op. cit.
— 11 —
s'intende clie non bisogna lasciare il preparato troppo a lungo in
contatto del reattivo, perchè allora anche il tessuto dell'organo imbru-
nisce. Se si sottraggono per tempo le fettoline all'azione della i)Ìltouì-
grosiua e si pongono subito in glicerina, si ottengono preparati nei
quali il micelio si mantiene colorato in bruno ed il tessuto in giallo per
molte ore. Fa d'uopo di adoperare soluzione di nigrosina non troppo con-
centrata perchè altrimenti precipitano facilmente in essa dei cristalli,
che depositandosi nelle cellule, tolgono chiarezza alla reazione. Se que-
sto avviene bisogna lavare i preparati con alcool assoluto per sciogliere
i cristalli e render loro la dovuta chiarezza.
Con floroglucina ed acido cloridico il tessuto malato si colora in
rosso, mentre il micelio leggermente imbrunisce e cosi si rende mani-
festo. Altrettanto avviene col solfato di anilina ; solo con esso il tes-
suto attaccato (lignificato) si colora in giallo, mentre il micelio anche
qui leggermente imbrunisce. Più evidente ancora si rende il micelio
combinando le due reazioni, cioè trattando i preparati dapprima con
picronigrosina e poi con solfato di anilina o con floroglucina. Con trat-
tamenti di tal genere siamo riusciti a mettere in evidenza come il mi-
celio penetri abbondantemente nel tessuto che ammala e come entro
esso si insinui in tutte le direzioni.
Penetrazione e percorso. — I conidi e gli articoli toruloidi del
fungo, quando trovansi sulla superficie del frutto in condizioni oppor-
tune, germinano; cioè, come abbiamo di già descritto, producono delle
gemmazioni le quali hanno la proprietà, se ad immediato contatto colla
cuticola delle pareti epidermoidali, di perforarla ed entrare nelle cellule
ove producono fili micelici cilindracei o moniliformi (fig. 2, 3, 5, 6, 12,
ir,, tav. V; fig. 7, 11, 17, 18 tav. VI e fig. 2-4 me. tav. VII).
Talora il micelio appena perforata la cuticola si piega e si allunga
sviluppandosi nello spessore della parete esterna (che spesso ingrossa
e deforma) delle cellule epidermiche (fig. 7 tav. VI) ed entro gli strati
più 0 meno cutinizzati sottoposti alla cuticola stessa; tal altra invece
il micelio entra subito nel vano della cellula e corre lungo la superfi-
cie interna delle pareti della cellula stessa, che spesso di poi perfora
per entrare in una cellula contigua, oppure si sofferma nella cavità
cellulare ed allora vi forma o dei gangli (m. e. fig. 8, tav. VI) che
quasi per intero la riempiono, o dei glomeruli di articoli nodosi risul-
tanti di ripetute e successive segmentazioni, glomeruli che occupano
buona parte del vano cellulare ed anche lo riempiono (m e. fig. 2, 3,
5, 6, 12 e 14, tav. V).
Alcune volte il micelio altresì scende e s'insinua entro lo spessore
delle pareti laterali o radiali delle cellule epidermiche seguendo vario
— 12 —
]iei'Coi-so (fìg. 7, 8, 9 e 10 tav. VI), oi)pure entrato nei vani cellulari
delle cellule epidermiche, da uneste per mezzo di nuove perforazioni
scende piii o meno profondamente negli strati ipodermici sottostanti.
Questi casi che noi abbiamo, solo per comodità di descrizione,
tenuti distinti, nel fatto fra loro, come è naturale, si combinano, e lo
stesso iìlamento iiiicelico dapiirima si ]n\<> comportare in un modo e poi
in nn altro.
In corrispondenza ai punti di perforazione il micelio soffre come
delle strozzature omle, ap|ieiia si trova libero nel vano cellulare e fuori
della parete perfoi'ata, .si rigonfia più o meno sino a diventare vari-
coso (fig. 8 e 11 tav. VI).
I gangli micelici che si formano nell'interno dei tessuti invasi, sono
spesso non solo molto grossi, ma talora pigliano la forma di articoli
sarciniformi, affatto simili a quelli che, come vedremo, ottengonsi nelle
colture artificiali del fungo (fig. 14, tav. V e fig. 9, tav. VI).
Entro Io spessoi-e delle pareti cellulari il micelio dapprima si man-
tiene per qualche tratto piìi o meno sottile, indi si ingrossa, si seg-
menta ed entro la parete stessa forma talora delle lunghe e grosse ca-
tenelle toruloidi. (fig. 2, .5, 13 e 1.5, tav. V).
II micelio penetra più o meno piofondamente entro i tessuti dei
frutti che attacca, noi lo abbiamo trovato perfino in contatto dei primi
strati del periderma che limita l'infezione (fig. 2, 5 e 16, tav. V). Le
aste conidiofore che spesso veggonsi innalzarsi sulla superficie dei tessuti
malati (fig. 3, tav. VII) provengono, come è naturale, dal micelio che
scorre nell' interno dei tessuti.
La penetrazione del micelio nelle pareti cellulari deve avvenire
per opera di diastasi capaci di sciogliere la cellulosa e le altre so-
stanze che entrano nella composizione dei diversi strati della mem-
brana cellulare, ed anche della cutina.
Come procedono le alterazioni nei tessnti
(lei frntti attaccati.
Il parassita evidentemente svolge la sua azione deleteria in vaiio
modo; anzitutto, col sottrarre al parenchima della buccia del frutto
che infesta le sostanze nutritizie delle quali ha bisogno ; secondaria-
mente, colle alterazioni meccaniche e diastasiche che esso opera nelle
cellule che invade e perfora in vario senso ; in terzo luogo, coli' opera
avvelenatrice delle tossine che esso produce. E l'azione delle tossine
si fa sentire non solo sulle cellule colle quali il micelio viene diretta-
— 13 —
mente a contatto e clie perfora e disgrega, ma altresì a distanza, cioè
in tessuti lontani, giacché le alterazioni si scorgono molto di frequente
in strati pi-ofondi ove non si riesce a scoprire la più piccola traccia di
micelio parassita.
Noi vedremo altresì, in un altro capitolo, come nella produzione
delle verruche di natura patologica che forraansi nei giovani frutticini
artificialmente infettati nelle nostre serre, si manifesti nna ipertrofia
nel parenchima corticale profondo, in corrispondenza ai punti di attacco
del fungo, quando questo trovasi tuttora alla superficie della buccia o
vi è appena penetrato.
A contrastare il progredire ed il diffondersi del parassita e dei
suoi eftetti nocivi per entro il narenchima corticale si formano allora
le coppe pili 0 meno ampie i. più o meno concave del periderma pro-
tettore, che abbiamo sopra descritte ; coppe che hanno la loro massima
concavità in corrispondenza ai centri d'infezione, e salgono gradata-
mente verso l'eiiiderniide e spesso sino ad essa, circoscrivendo ed iso-
lando in tutti i sensi V infezione ed il tessuto che per essa si è am-
malato, il quale cosi finisce per morire e disgregarsi.
Sospettando che tali fenomeni si potessero avere anche indipen-
dentemente dall'azione del parassita, noi abbiamo fatto a bella posta
delle ferite di vario genere, punture, graffiature e raschiature con lime
ed aghi sterilizzati intinti o no di acido formico, sopra la corteccia
di frutti in vario grado di sviluppo, per confrontarne le alterazioni che
ne derivano con quelle prodotte dal parassita. Alcune di tali ferite fu-
rono tenute superficialissime, altre invece si approfondirono sino ad un
millimetro, operando con aghi ai (inali si erano piegate le punte ad an-
golo retto per ottenere ferite di determinata profondità.
Qualche tempo dopo aver fatto le ferite si osservò che in nessun
frutto si erano formate le crostine caratteristiche della Riiffr/iue bianca.
Nei frutti, relativamente gros.si, tutto attorno alle ferite il parenchima
superficiale della corteccia per qualche tratto era ingiallito, avvizzito e
morto, ed aveva formato sulla buccia delle macchiette alquanto depresse,
nericce o brune a seconda che i ferri erano stati intinti o no nell'acido
formico.
Le ferite fatte invece nei fruttini molto giovani (grossi poco più di
un'avellana) produssero chiazze di maggiore sviluppo, tanto in superficie
che in profondità (sino a 6 o 7 strati ipodermici), formando talvolta
specie di croste di un colore giallo-bruniccio o nere, che avevano una
lontana apparente rassomiglianza colle croste di alcune delle forme
della Ui((jgine bianca, ma che da esse facilmente si distinguevano per-
chè senza screpolature e di altro aspetto.
— 14 —
All'esame microscopico dette chiazze ammortizzate non presenta-
vano, contrariamente a quanto noi prima avevamo sospettato, alcuna
formazione di periderma, ma risultavano semplicemente di cellule in-
giallite, i)iù 0 meno raggrinzite e morte. Nemmeno si trovarono iper-
trofie nelle cellule del parenchima coiticale profondo, come avviene in
corrispondenza ai centri d'attacco nei fruttini giovani artificialmente
infettati col parassita. Nelle cellule immediatamente sottostanti alle
ferite le membrane erano leggermente suberificate e lignificate, e solo
nelle ferite molto superficiali si aveva talvolta ([ualclie tenue zona di
periderma vero, foi'matosi a naturale difesa dell'organo ferito contro
r ambiente esterno. '
Questi fatti dimostrano che l'azione del (larassita è molto più dan-
nosa e di ben altra natura di quella che i)uò prodiirre una semplice
ferita traumatica.
L'azione patogena del trauma è molto circoscritta, si limita come
vedesi alle cellule direttamente colpite e a quelle immediatamente cir-
costanti; e l'organo ferito non ha bisogno di ricorrere alla formazione di
speciali difese contro di esso, poiché anche i tenui e superficiali strati
di periderma che talora si formano servono evidentemente non per ar-
restare la diftusione di un processo patogeno nell'Intel no dei tessuti del-
l'organo, ma unicamente a proteggere contro l'azione dell'ambiente esterno
i tessuti messi a nudo dalle ferite. Questo è comprovato anche dal fatto che
nei ca.si di parassitismo il periderma forma, come si è detto, coppe at-
torno ai centri di infezione; mentre nelle ferite esso si tiene parallelo
alla superficie dell'oigano. L'azione deleteria del parassita, al conti'ario
di quella del trauma, tende spontaneamente ad estendersi e da sé non
si arresta, onde la pianta a contenerla e limitarla accorre e provvede
colla formazione di nuovo, speciale tessuto protettore (periderma).
Collivazioiie del parassita e sue forme dì sviluppo.
Diverse, come si è detto, sono le forme fungine da noi trovate sui
frntti malati di U'igijiiie hianca; ora, quali di esse iianno azione dele-
teria? tutte, oppuie una sola"? Sono esse esseri autonomi ed indipen-
denti, ovvero fra loro collegati geneticamente, e costituiscono semplici
' Mentre nei te.ssuti attaccati ilal parassita le pareti delle cellule che trovausi
all'iiigiro dell'infezione ben presto si lignificano su larga zona, raggiungendo anclie strati
molto profondi; in quelle dei tessuti offesi da trauma la lignificazione si limita gene-
ralmente alle pareti delle celliilc direttamente lacerate ed a quelle delle cellule più
■vicine alla lacerazione.
— 15 —
staili (li una sola eil unica specie? E le forme da noi trovate sui limoni
inietti sono esse le uniclie manifestazioni morfologiche del parassita o
rappresentano anelli di una più lunga catena evolutiva di forme?
D'altra parte, se lo studio diretto delle alterazioni anatomo-patolo-
giche riscontrate nei frutti infetti, e sopradescritte, sono sufficienti a
persuadere noi che le forme fungine in esse alterazioni riscontrate sono
veramente gli agenti clie le producono, non è men vero che esse non
forniscono la prova diretta del parassitismo di queste, la quale prova può
essere data solo daHa riproduzione artificiale della malattia per mezzo
d'infezioni provocate con germi del parassita ottenuti in colture pure.
Per rispondere quindi a queste domande e risolvere le questioni che
ad esse si connettono, noi ricorremmo alla coltivazione saprofitica del
fungo. A tale scopo coltivammo sopra appositi substrati nutritivi, entro
scatole Petri (gli uni e le altre sterilizzati con tutte le precauzioni che
la scienza insegna e conservati in ambienti pure disinfettati), tanto i
conidi di Cladosporium quanto le artrospore od articoli toruloidi die si
trovavano sui frutti infetti a noi pervenuti dalla Sicilia.
I substrati o terreni ai ([uali, dopo alcuni tentativi di prova,
demmo la preferenza per le nostre colture, furono due gelatine fra lorO'
diverse: l'una che denoteremo con la lettera A composta di:
gelatina di Agar-Agar
ittiocolla
glucosio
acqua distillata
l'altra, che chiameremo B, formata di
gelatina di Agar-Agar
ittiocolla
glucosio
succo di mele cotte
Ambedue queste gelatine erano di uua consistenza semifluida, con
reazione leggermente acida. Le colture in esse ottenute servirono per
controllarsi a vicenda, ma la colonia che qui descriveremo è una di
quelle ottenute nella gelatina A; mentre dalle colture della gelatina B
si tolsero i germi che servirono per le infezioni artificiali delle quali
parleremo più oltre in apposito capitolo.
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I collidi di Clado^poriìcm tolti direttamente dai frutti siciliani, se-
minati entro scatole Petri, nella gelatina ,1, dopo due o tre giorni in-
cominciarono a germinare producendo delle colonie che lentamente
crebbero, ed acquistarono alla fine del loro sviluppo forma discoidale,
come vedesi nella figura 1 della tav. X, che ne mostra una metà in-
grandita di 4 diametri.
La colonia si forma irradiando dal conidio germinante con lento
sviluppo e seguendo un processo centrifugo. Nella fìg. 1 tav. X, essa
appare un tutto unico apparentemente uniforme, mentre sono parecchie,
e molto interessanti, le forme che la compongono ; e provengono tutte
jier successiva e non interrotta evoluzione dal tìlamento miceliale del-
l'unico conidio germinante col quale la colonia si è iniziata.
La colonia mostra infatti, vista a forte ingrandimento, quattro
zone ben distinte, di vai'ia estensione, successive e concentriche, cia-
scuna delle quali non solo consta di ife miceliali più o meno distinte
ma dà origine a speciali organi riproduttori fra loro molto diversi.
Nella tav. IX abbiamo rappresentato a forte ingrandimento una
porzione (quasi un settore) della colonia disegnata nella fig. 1 tav. X. Il
settore non fu, nella parte anteriore figurato in tntta la sua estensione;
inoltre, esso è interrotto nella parte mediana, ove si è soppressa una
larga zona di micelio più o meno sterile, ma nella, figura sono conser-
vate e ilisegnate le qnatti-o zone caratteristiche, quelle che contengono
i quattro diversi ordini di urgani di riinoduzione della colonia stessa.
La zona primitiva centrale (« « tav. IX eia tav. X), la meno
estesa, è quasi per intero formata da un intreccio di catenelle di un
micelio moniliforme e fuligineo, le cui forme ricordano le coroncine
della Fiimago, che, per le ragioni ciie saranno più oltre es^ioste e per
brevità, chiameremo PseudofitiìKajo.
Essa si forma direttamente dal conidio o meglio dai conidi (spesso
sono i)iù di uno) seminati nella gelatina, i quali possono germinare in
laria però, dopo aver formato per lungo
tratto e con forte intensità i glomeruli di spore che la caratterizzano,
a poco a poco ne rallentano la produzione, indi non ne producono più.
I filamenti micelici per altro non si arre.stano nello sviluppo ma
conservandosi, anche dopo cessata la produzione dei glomeruli di Ua-
pìitrÌK, jalini e dello stesso diametro, con plasma finamente granuloso, si
allungano ancora per non breve tratto, dando origine ad una nuova
larga zona concentrica ed esterna alla precedente, nella quale altri e
più complicati organi si vanno a costituire.
In questa regione da prima qua e là si manifestano degli aggro-
vigliamenti prodotti da rami di micelio che si avvolgono a spira e for-
mano con lento e lungo lavorio, che altrove descriveremo nei suoi par-
ticolari, una nuova specie di organi riproduttori più evoluti di quelli
finora accennati, cioè dei corpi fruttiferi di varie dimensioni, neri, pi-
liformi, rostrati, cavi all'interno, ove le pareti si tappezzano di un
imenio producente stilospore, i quali sono veri picnidi.
Questi picnidi presentano tali caratteri da non potersi ascrivere a
nessuno dei generi noti, laonde costituiscono un genere nuovo che noi
denominiamo lìhiincliodiplodia e la nuova specie Rlnjiichoiliplodia Citri.
Con questa quarta zona della Ithijnchodiplodia (tav. IX (/ d e tav. X,
fig. 1 d) termina la colonia ma non l'attività del suo micelio. Infatti
solo piccola parte dei suoi filamenti dà origine a picnidi, gli altri, in-
vece sorpassato per qualche tratto la zona picnidica stessa più non si
allungano; di questi alcuni si disorganizzano e muoiono, altri continuano
— 19 —
a vivere, ma si incistitlano tiasfoiinaudosi in organi di vita latente,
cioè in forme varie di clamidospore, quali veggonsi nelle fiff. 2, 3, 5
6, 7, 8, della tav. X ; clamidospore che conservano in vita il fungo
durante le stagioni avverse o di riposo, e che ritornate le condizioni fa-
vorevoli divengono alla lor volta nuovi organi di riproduzione.
Le nostre colonie dopo aver percorso tutto il processo ora de-
scritto si sono arrestate ed esaurite; il fungo lia però in esse compiuto
l'intero suo ciclo di evoluzione? È ciò che non possiamo dire, perchè
non sapiamo se queste stesse colonie (od altre meglio costituite), tro-
vandosi in condizioni diverse e più favorevoli delle nostre, non avessero
continuato ad evolversi fornendoci organi di riproduzione anche piìi
perfetti, quali sarebbero p. es. delle forme ascofore che noi finora non
siamo riusciti ad ottenere.
I resti delle nostre colonie sono tuttora vivi, ma da 8 mesi ripo-
sano, né forse piìi si ridesteranno, noi però li conserviamo egualmente,
tanto per vedere se mai ulteriori evoluzioni in esse avvenissero, quanto
per trarre i germi (conidi, stilospore, clamidospore) per nuove possibili
esperienze.
Descrizione dei diversi organi
riproduttori e delle forme tipiche corrispondenti
del parassita.
Da quanto abbiamo finora esposto, e da quello che aggiungeremo
in questo stesso capitolo, emerge che il parassita della Ruggine bianca
dei limoni presenta, almeno allo stato attuale delle nostre ricerche,
sette diverse forme di organi riproduttori, che danno luogo ad altret-
tanti cicli di sviluppo, alquanto differenti fra loro ma che ripetono, in
parte o per intero, il ciclo principale, forme che noi per comodità chia-
miamo: Cladosporiam C/tri, Pxeudofumago Citri , Honnodendron Cifri,
Ooularia Citri, Haplaria Citri, Pseudosaccharomyces Citri, Rhijncìiodiplodia
Citri; esse presentano i caratteri che qui sotto descriviamo.
Cladosporium Citi-i. — Questa forma, fu già detto, si trovò non
solo nei limoni provenienti dalla Sicilia e dalla Liguria ma si ottenne
anche nei frutti delle nostre serre infettati ad arte coi germi tolti di-
rettamente dai limoni siciliani, ed anche con conidi di Hormodendron
Citri ottenuti nelle nostre colture pure (tav. Ili fig. 2 e e fig. 5 e ;
tav. IV, fig. 1, 6, 7; tav. VI fig. 20 e; tav. VII fig. 1, .3, 4, 5, 13, 1.5)'
Nei limoni della Sicilia, come si è visto, i conidiofori sono gene-
ralmente isolati, sparsi alla superficie delle pustole o nelle screpola-
— 20 —
ture delle croste; in quelli provenienti dalla Liguria e negli infettati
ad arte si presentano spesso anche riuniti in ciuffetti di due a
quattro.
I conidiofori del Clailn^porinm Citri sono bruni, settati, diritti o
tortuosi, non nodosi, ad apice assinietrico. Essi misurano generalmente
da 50 a 70 /< per 3-4 ' ., /(, qualche volta tino a 110 /t per 6 ,u. Il mi-
celio che li produce invece è quasi sempre jalino o colorato così de-
liolmente che per renderlo visibile si dovette ricorrere a speciali reat-
tivi come a suo luogo fu descritto.
I conidi sono pure brunicci, generalmente unicellulari, raramente
bicellulari e misurano da 5 /i ad 11 /.( per 4/*.
I conidiofori si sviluppano generalmente da un glomerulo di cel-
lule globose aderenti alla buccia del frutto od in essa immersi, qual-
che volta anche sorgono da un micelio filamentoso o monilifornie insi-
nuantesi nelle screpolature o entro i tessuti.
Nelle colture ])er altro il Cìudospor/inn si forma dii3fìcilmente ; solo
qualche raia volta a noi fu dato di vederlo.
Pscudofiimago Citri. — Le forme fumagoidi non mancavano mai
sui frutti infetti, provenienti dalla Sicilia o dalla Liguria o fatti am-
malare artificialmente (tav. Ili flg. 9; tav. V flg. 2, 5, 6, 13, 14, 1.5, 16,
tav. VI fig. 7, 8, 9, 17, 18; tav. VII fig. 2, 11).
Queste forme fumagoidi sui frutti si presentano come brevi cate-
nelle, 0 come glomeruli formati di cellule globose od elissoidali, sem-
plici 0 divise da uno o due setti trasversali (tav. VII fig. 11 mt.) e
talvolta anche da un setto longitudinale.
Esse si trovano, come si è detto, sulla superficie delle pustole dei
frutti malati, fino dal loro inizio, ed anche entro il parenchima corti-
cale. (Quando sono nell'interno dei tessuti fuori del contatto dell'aria
rimangono incolori; mentre divengono brune quando si sviluppano alla
superficie. Le dimensioni delle cellule della Pseudofumcujo variano as-
.sai; da 3-4 /( di diametro fino a 13 ;< 17 '/^ (tav. VII fig. 11 e 12).
Le PsendofiiìiKKjo si possono ottenere, come vedremo, in diversi
modi; i loro articoli sono sempre germinabili e germinando danno di-
rettamente 0 nuove forme fumagoidi o colonie saccaromicetiformi, che
poscia trasformansi in catenelle fumagoidi. La forma Pieudofumago si
ottiene non solo direttamente dalla germinazione dei suoi articoli, ma
altresì dai conidi di Cladosporinin, dalle gemmazioni dei Pseudosaccha-
romijccs e persino, in virtù di successiva evoluzione, dai filamenti mi-
celiali dtW Horiììodendroii, àbiVIlapìaria, ecc.
I conidi di Cladosporìtiin germinando producono le catenelle fuma-
goidi in due diversi modi come fu già descritto.
— 21 —
Hormodeiidron Citri. — VHormoJeiirlroìi Citri in fondo non è
che il Cladosporiiiin Citri nel quale i conicli sono tutti o in gran parte
rimasti aderenti tra loro ed attaccati al conidioforo in grazia della ge-
latina entro la quale si sono formati. *
La forma Honnodendron non mai si i-invenne sui fi-utti della Sicilia.
ma qualche volta l'osservammo, quantunque molto i-idotta, nei frutti di
Varazze (fig. 8 tav. VII) ed in quelli delle nostre serre ad arte am-
malati (fig. 14 tav. VII).
Nelle colture pure invece V Honnodendron si ottiene sempre, anzi
spesso abbondantissimo, come si è detto nella descrizione della colonia
principale figurata nella tav. IX.
I conidiofori e i conidì di Honnodendron che si sviluppano sopra
i frutti hanno dimensioni molto varie, ma si tengono entro i limiti di
quelli del Cladosporium Citri (conidiofori 50-120 /t x 4\oi't; conidì
.5-11 /( X 4,u).
Nelle colture il micelio à&W Hormodi'iìdron è tortuoso, ramificato,
liscio, settato, di colore bruno, di 6 ad 8 /( di diametro. I conidiofori
si inseriscono lateralmente al filamento principale in modo irregolare,
e sono alquanto fiisoidali e di varia lunghezza; in media non superano
i 120 n per 5 ,« ; ed i loro conidì i (ì-8 /; per 4 ^ ., /«.
Questi ultimi sono disposti in corimbi od in racemi corimbosi
{b tav. IX) all'estremità dei conidiofori, e si formano nel modo seguente.
L'apice del conidioforo si ingrossa in una piccola capocchia ovoidale
che alla base forma un setto trasversale; poscia nella parte superiore
produce due o tre mammelloni che rapidamente ingrandiscono, indi
alla lor volta si dividono, senza staccarsi, con setti trasversali e ciascuno
di essi forma due altri mammelloni in un piano perpendicolare a quello
della coppia precedente. Questo processo seguita sino a costituire di-
cotomicamente un corimbo più o meno ricco, corimbo che può diven-
tare anche racemoso se alcuni conidì si arrestano nello sviluppo, cioè
cessano di produrne dei nuovi.
Tanto i conidì quanto il micelio ed i conidiofori visti per traspa-
renza al microscopio hanno color bruno, mentre visti in massa ad oc-
chio nudo presentansi come piccoli fiocchi di un verde bottiglia (ta-
vola IX b).
II micelio deW Honnodendron talvolta, come fu già altrove descritto,
può modificarsi in modo da produrre conidiofori di Oniìaria.
' Nel Cladosporium Iterhantm Lk. A. iV. Berlkse avverti uu fatto simile e di-
mostrù che V Honnodendron clndosporoides non era una forma particolare di sviluppo
del Cladosporium herharum ma bensì lo stesso Cladosporium nel quale i conidi non
staccatisi formavano catenelle più o mi no lunghe e ramificate.
I collidi (\q\Y Ilorìiimìniilron geninnamlo si coniportaiio come quelli
del Cìadosporiiim ed altrettanto fanno i miceli che da loro derivano,
come dimostreremo più oltre.
Ovularia Citri. — Questa forma in fondo può considerarsi come
uno stato particolare del C/adosporhan od Ilonnodendron Cifri; fu tro-
vata da noi per la prima volta sopra i limoni affetti da Ruggine bianca
provenienti dalla Sicilia, insieme alla forma toruloide [Pseudofumago —
fig. 6 0 s tav. VII) e ad nno stadio giovanile e jalino del Cladospoìiiini
Cifri {fig. 6 0 f' tav. VII); stadio che fu nella nostra Nota preliminare'^
compreso per errore nella diagnosi deWOvaìaria Cifri, benché ci fossimo
fin d'allora accorti che presentava leggere differenze di forma e di-
mensioni nei conidiofori. Infatti mentre quelli AeWOndaria misurano
circa 2 /; di diametro, quelli dello stadio giovanile di Cladoaporiam toc-
cano i 4 /( .
I conidiofori diiW'Ot'iiìaria Cifri si conservano sempre jalini e sono
acuti all'apice, molto più sottili di quelli imperfetti e giovani del Cla-
dosporiiini, i quali sono anche troncati obliquamente e qualche volta
crenulati all'apice; inoltre, questi col tempo imbruniscono più o meno
distintamente.
1j Ocidaria Cifri, come fu osservato anche nella nostra Nofa preli-
minare, non si trova sempre sui limoni ammalati, anzi in alcuni stadii
della malattia non si rinviene punto. Per altro, oltre che in parecchi
dei limoni provenienti dalla Sicilia, la trovammo anche in alcuni dei
frutti della Liguria (fig. 3 o tav. VII), e si sviluppò tanto nei limoni ad
arte infettati delle nostre serre (fig. 4 o e fig. 7 tav. VII) quanto
nelle colture in gelatina (fig. 17 e 18 tav. VII), come venne disegnato
e descritto.
Haplaria Citri. — h'Haplaria Cifri non si è mai trovata sui frutti
ammalati, sia di Sicilia che della Liguria e nemmeno in quelli delle
nostre serre. Si ottenne solo nelle colture in gelatina nel modo che ab-
biamo detto descrivendo lo sviluppo di una colonia principale.
Abbiamo infatti visto che in essa il micelio, dopo aver formato la
Pseiidofinnago, V Hornìndendron e VOvnìaria, produce V Haplaria.
I filamenti miceliali che danno Y Haplaria sono molto ramificati
(fig. 4 m II tav. Vili), jalini, più o meno settati, pieni di protoplasma
granuloso, grossi da 4 /i a 4 '/\, /( e portano numerosi glomeruli di co-
nidi inseriti attorno ad una papilla (fig. 4 r/ A e fig. 5 A tav. Vili).
Queste papille, sulle quali si formano per gemmazione i eonidi, da prin-
cipio appaiono come minute venuche che divengono piccoli mammelloni,
• Op. cit.
— 23 —
inrli specie di gozzi che si ricoprono di papille, poi di collidi che vi re-
stano lungamente aderenti.
Sopra il filamento i glomeruli di collidi dapprima radi, diventano
di poi assai fitti per successiva iormazione di nuove papille, e misurano
«irca 18 i-i di diametro.
I conidì maturi sono globosi od ellittici, jalini, unicellulari, a con-
tenuto finamente granuloso e misurano 4 '/o fi x 6 i^t.
Quando VHaplaria va in riposo (dopo circa tre mesi nelle nostre
colture) tanto il micelio che i conidì si modificano notevolmente. Il fi-
lamento miceliale per successiva segmentazione e rigonfiamento delle
sue cellule diventa moniliforme e dà articoli due o tre volte più grossi
4el micelio primitivo (9-10 ,« x 11-13 Va i"^i '^i foi'ma globosa, ellissoi-
dale, 0 brevemente cilindracea. Anche la loro membrana si modifica
poiché si ingrossa, si cutinizza, diventa bruna e verrucosa. In poche
parole, i filamenti miceliali (ìeWHap/aria si trasformano in vere cate-
nelle fuinagoidi simili a quelle rappresentate nelle fig. 2 e 3 della tav. X.
I conidì pure sMngrossano straordinariamente (10 x 12 /t), la, loro
membrana si ispessisce, si cutinizza, diventa bruna e si ricopre di mi-
nute verruchette.
Nell'interno di (luesti conidì si forma una prima grossa vacuola, po-
scia una seconda; indi il conidio si divide in due cellule con un setto
che (lassa fra le due vacuole.
Khyuchoiliplodia Citrl. — I picnidi che costituiscono la h'In/n-
cììodlplodia Cifri sono, come si è visto, la forma che sussegue aXV Haplarìa
e, come questa, è forma di coltura che pure non ci fu mai dato tro-
vare nei frutti ammalati.
I filamenti micelici, cessata la produzione dei glomeruli dell' /:/«-
piarla, seguitano ad allungarsi, ed alcuni di essi per accrescimento as-
simetiico si avvolgono a spira in modo vario (fig. 8-14 tav. Vili e
tav. IX).
Questo avvolgimento ricorda il carpogono che prende parte alla
formazione di un peritecio. '
II filamento talora, dopo aver formato uno, due o tre giri di spira, esce
dalla parte opposta e continua a prolungarsi in senso centrifugo, cioè nella
primitiva sua direzione (vedi fig. 2 in tav. IX); tal altra si ripiega
sopra se stesso e prende una direzione in senso contrario, quasi parallela o
' Formazioni spirali analoghe sono state osservate recentemente nello sviluppo
■di altre specie di funghi dall'IsrvANFFi e dal Guèguen.
LTstvanftì suppone che possono essere l'inizio di periteci abortiti; il Gaègueu
si limita a descrivere queste spirali corno un fatto anormale e curioso.
— ap-
poco divergente dalla primitiva (&g. 8, tav. Vili). Notiamo questo parti-
colare perchè forse sta in relazione colla origine dei rostri dei picnidi.
Comunque si sia formata la spirale, e sia essa di pochi o molti giri
di spira, dopo la sua formazione comincia ad imbrunire, mentre il resto
del filamento rimane jalino. Sul ramo ravvolto compaiono delle piccole
protuberanze che i-apidamente si allungano (fig. 9 e 10, tav. Vili) e
finiscono ])er produri-e i-ami secondari che a lor volta si ramificano
(fig. 14 tav. Vili), s'aggomitolano (fig. 11, 12, 13, tav. Vili; fig. 27,
tav. X), e fra loro si anastomizzano.
Ne risulta per tal modo un corpo globuloso, nero fuliggineo all'e-
sterno, cavo e jalino all'interno; il quale va rapidamente ingrossando
per simultaneo allungamento di tutte le cellule dei filamenti aggomi-
tolati che continuano altresì a ramificarsi e anastomizzarsi.
Contemporaneamente il picnidio ingrandisce la propria cavità, ma
non per disgregazione e gelatinizzazione di parte delle sue cellule, come
avviene generalmente negli organi di tale natura, bensì per semplice
e simultaneo allungamento e distensione delle cellule dei rami più o
meno anastomizzati che formano il gomitolo, e costituiranno poi il con-
testo del peridio. Un tale processo nella formazione delle cavità picni-
diali non si eia, almeno per quanto a noi consta, finora segnalato.
Altro fatto notevole: i rami che formano le maglie del reticolo peri-
diale non producono, verso la cavità, lamificazioni secondarie ma invece
sviluppanu delle semplici papille jaline le quali costituiscono senz'altro
Timenio; poiché sono esse che producono direttamente per gemmazione
le stilospore che riempiono la cavità picnidica (fig. 15 e 17, tav. Vili).
Il picnidio adulto rassomiglia più o meno ad un microscopico fia-
sco da vino; è cioè piriforme, ed ha ostiolo rostrato, diritto od adunco,
per lo più assai sviluppato, spesso anzi è munito di due rostri (fig. 1.^
e 19 a 25, tav. Vili).
Il rostro del picnidio si forma intorno al filamento principale che
lo ha prodotto (fig. 1,'! tav. Vili), ed ove si hanno due rostri, sembra
clie il secondo pure si formi dallo stesso filamento là ove esce dal go-
mitolo picniilico dopo averlo formato, poiché appunto ove esce i)er
qualche tratto detto filamento si prolunga, si ramifica ed i rami si ag-
grovigliano attorno al filamento principale (fig. 13, tav. Vili).
Tutta la superficie esterna dei picnidi è rivestita di peli flessuosi
(fig. 17, tav. Vili), formati da ramificazioni secondarie, prolungantesi
verso l'esterno del micelio che forma il pei'idio. Questi peli sono di
color fuliggineo come il sottoposto peridio, mentre i filamenti micelici
che non hanno preso parte alla formazione dei picnidi rimangono jalini
pur seguitando a crescere per qualche tempo.
— 25 —
Una volta formati i picnidi, il micelio, dal quale hanno avuto ori-
gine, si disorganizza, così clie essi rimangono liberi ed isolati entro la
gelatina che ha servito di terreno nutritizio alla coltura.
L'imenio tappezza tutta la cavità del picnidio, e le stilospore, in
catenelle ed inserite sopra brevi papille (fig. 17, tav. Vili), sono da
])rima jaline e unicellulari, indi brune e bicellulari, con leggero ristrin-
gimento in corrispondenza al setto mediano ; di forma oblungo-ellittica,
un poco ottuse alle estremità e giittulate; misurano 7 '/^ — 9 ;i x 3 —
3 7, i-i (fig. 16, tav. Vili).
Le dimensioni dei picnidi variano molto; in alcuni il diametro
tocca i 250 II con rostro lungo da 90 a IIó.k, in altri il diametio ar-
riva appena agli 80 /i con rostro proporzionato (fig. 19-25, tav. Vili).
Anche la forma loro varia: alcuni sono globosi, altri decisamente
piriformi; il rostro è talora sottile e lungo, tal altra breve e grosso, in
alcuni casi curvo od adunco, in altri diritto. Si hanno pure picnidi con-
nati alla base a due a due ed altresì, come fu detto, picnidi forniti
di due rostri divergenti od opposti (fig. 24 e 25, tav. Vili). Anche il
peridio o la parete del picnidio (fig. 17 e 18, tav. Vili) presenta fatti
interessanti, poiché i vani delle sue maglie non sono cavità cellulari
ma gli spazi intercellulari del reticolo formato dall'intreccio dei rami
miceliali che lo costituiscono; fatto questo per quanto a noi consta,
non messo in evidenza finora da coloro che si occuparono della forma-
zione e struttura dei picnidi.
La forma, o stadio di mieete che descriviamo, per avere i picnidi
rostrati ed irsuti, non trova posto in nessuno dei generi conosciuti a
spore didime e brune, quindi deve costituire un nuovo genere che va
posto nelle Phaeodldymae Sacc. degli Sphaerossidei. A tale genere noi
diamo il nome di lihijnchodìplodìa per i suoi picnidi rostrati e per la
rassomiglianza delle sue stilospore con quelle del genere Diplodia ; de-
nominando la specie Uhyncliodiplodia Citri in riguardo alla matrice.
Pseudcsaccharoiiiyces Citri. — Questa forma si ottiene coltivando
in gelatina tanto i conidi A&W Hormodcndron e deWHopìaria quanto gli
articoli della Pseitdofumogo Citri. A questa stessa forma forse appar-
tengono le colonie di piccolissime cellule fungine, globose, jaline, o
leggermente brune che si osservano adeienti od impiantate nella buc-
cia dei limoni malati, colonie che noi abbiamo considerato come uno
stadio giovanile di Fseudofumago. Qualunque sia per altro la specie di
conidi che dà origine alla forma Pseudosacclmroinijces, le loro colonie si
producono nel seguente modo :
Il conidio dopo aver perduta la colorazione, se ne aveva, si ri-
gonfia leggermente, il suo plasma diventa finamente granuloso, e la
— 26 —
sua membrana si assottiglia, poscia sulla sua superficie appaiono delle
piccole protuberanze (due a quattro) che sono specie di piccole ernie
o gozzi che vanno di mano in mano ingrossando, e queste ne producono
poi delle nuove simili a quelle dalle quali hanno avuto origine, ed il pro-
cesso continua e dà diverse specie di colonie saccaroniicetiformi, quali
veggonsi rappresentate nelle fig. 1 e 2 della tav. Vili.
Le cellule adulte delia colonia sono ellissoidali e misurano 11 '/^, x
fl fi. Queste colonie raggiunto un certo sviluppo, e dopo qualche
tempo, perdono la forza di moltiplicarsi e d'ingrandirsi per gemmazione;
allora imbruniscono e le loro cellule apicali si [irolungano in un mice-
lio tubuloso che pure ben presto diventa bruno. Da tale micelio si pro-
duce la forma Eonnodendroii e le successive forme colturali di succes-
sione ascendente. Queste colonie saccaroniicetiformi quindi iìniscono
per acquistare l'aspetto e le proprietà biologiche della Pseìidqfiimar/o
Cifri dalla quale non si distinguono che per la loro origine. '
Sviluppi e rapporli delle forme sccoiifl.iiìe ;
colture (li controllo.
Abbiamo di già studiato e descritto il processo principale d'evolu-
zione del nostro fungo e visto come da un conidio di Clndosporium col-
tivato in apiìosite ed adatte gelatine si ottenga un micelio che ci dà
successivamente con processo non interrotto e per cosi dire in linea
retta : Pseìtdofitmajo C/tri, Hormodendron Cifri, Ovuìaria Cifri, Haplaria
atri, Rlnjnchndipìodia Cifri. '' Ora, ciascuna di ijneste forme presa iso-
' Recentemente I.ligi Planchon {Influence des dirers mdienx cliimlques sur quel-
•luef! Cliampic/noifi dii yroupe de lìemntiees, Paris, 1900), ha osservato che producono
spesso forme di Saccaromiceti, non solo alcune specie di Otadosporitim, di Dematium,
di Fiitnago, ecc. (come era già noto), ma anche delle specie di Macrosporinm. di Alter-
narla e di altre Dtmalieiie. Nota anche che cjueste cellule saccaromicetiche possono in
alcuni casi, arrotondarsi, incistidarsi ed anche dividersi in 2 o 3 cellule formanti un
hijmospora e riunirsi in gruppi fumagoidi che danno alla colonia un colore verdastro;
«io specialmente sotto l'influenza della disseccazione. Tali colonie saccaromicetiche
perù, e le nostre altresì, quantunque provenienti da cellule gemmanti in modo affatto
simile a quello seguilo dalle colonie di saccaromiceti veri, non si possono a questi as-
similare, perchè esse non lormano e ndospore né hanno i caratteri fisiologici dei sacca-
romiceti veri, come è stato diurnstrato dalle ricerche di Hansen (Becìiercfies sur la
physioloffie et la morfologie des ferinents alconliques, 1888). E tale opinione è condi-
visa anche dal Lal'kent (0. e.) quantunque abbia trovato che queste forme saccaromi-
cetiche intervertono il saccarosio e alla lunga producono piccole quantità di alcool,
- Qualche volta il micelio del conidio di Cladosporium produce direttamente
V Hormodendron senza formare prima le coroucine di Pseudofumngo, per altro in questo
latamente come si comporta? Di quale sviluppo è suscettibile? Quali
rapporti corrono fra le forme stesse?
Per rispondere a tali domande abbiamo ricorso a colture separate,
facendo germinare in gelatine, entro scatole Petri, i germi di ciascuna
forma, per studiare le colonie che da esse si sviluppano ed i loro rap-
porti ; e per avere altresì con queste colture particolari un contrullo
alla coltura principale ed una conferma dei risultati in essa ottenuti.
Hormodendron. — Il processo evolutivo che si ottiene dai conidi
di CladosjìorìHiit tolti dai frutti malati si ripete identico dai conidi del-
Y Hormodendron tolti dalle c(dture pure; essi producono colonie nelle
quali successivamente si manifestano le forme di Pseudofumago, Hormo-
dendron, Oiidaria, Haplaria, L'hi/nchod/plodia, e susseguenti incistidazioni.
Dalla germinazione dei conidi tanto di Cladosporium che di Hormoden-
dron si ottengono altresì talvolta delle colonie nelle quali il primo
prodotto non è la Pseudofumarjo, ma bensì la forma Pseudosaccliaromy-
ces dalla quale poi si passa alla Pseudofumago e da questa alle forme
successive.
Se la coltura dei germi deW Hormodendron si fa in gelatina molto
diluita e fluida si ottiene un micelio fioccoso che galleggia alla super-
ficie della gelatina, si segmenta ripetutamente, si ramifica, si contorce
(fig. 14 tav. X) e talvolta riproduce anche qualche ramo di Hormoden-
dron ma non le successive forme di Haplaria e lìlujnchodiplodia. Esso
degenera piìi tardi in speciali filamenti composti di cellule brune, corte,
rigonfie, globose od elissoidali, analoghe a quelle rappresentate nelle
fig. 2, 13, 21 della tav. X, le quali sono diverse forme d'incistida-
mento.
Pseudofumago. — Gli articoli della Pseudofumago germinando pro-
ducono di solito il ciclo generale di già descritto {Hormodendron, Ovii-
laria, ecc.); talvolta, invece, colonie di Pseudosaccharomyces le quali in-
cistidandosi forniscono nuove colonie di Pseudofumago e queste ripro-
ducono di poi il ciclo generale di Hormodendron, Ovularia, Haplaria e
Ehì/chodlplodia.
OTiilaria. — T)e\\' Ovidaria non abbiamo fatto colture particolari
per la difficoltà di isolare i suoi rari e minutissimi conidi ed altresì
perchè essa si presenta quale una semplice modificazione o forma di
transizione deW Hormodendron.
Haplaria. — Dalla germinazione (sempre in colture separate) dei
conidi dell' i/a2^^amt si possono ottenere tre diverse specie di colonie.
caso le corouciiie di l'seudofumwjo si hanno egualmente, ma dopo la formazione del-
V Hormodendron e per successivo iuciscidamento del micelio stesso.
— 28 —
Infatti, talvolta il coiiidio dà un micelio che direttamente riproduce di
nuovo Vllapìaria, indi forma la li'Iii/iichodiplodin, poi si disorganizza ed
incistida al solito ; tal'altra il conidio germinamlo produce colonie di
Pscìulosacc/iaronìi/ces indi P^ciidof'imayo, Hormodeiulroìì, Ovularìa e Bliipi-
chodiplodia e successivi incistidamenti ; in terzo luogo il conidio prima
di germinare si incistida, cioè si ingrossa (10 ;< 12 /O, si fa bruno,
verrucoso, {spessisce e cutinizza la propria membrana e contempoi'anea-
mente si divide in due cellule. Questo avvenuto, il conidio seminato in
nuova gelatina germina e produce successivamente Hormodendron. Ovu-
larìa, Haplaria e Rìvincliodiplodia, cioè il ciclo completo delle forme di
sviluppo del fungo. Il micelio deWHafdaria quando la coltura invecchia
e va a riposo dà pure origine alla formazione di coroncine di Pseitdofu-
mago, poiché dopo essersi mantenuto per qualche temi>o esile e jalino
incomincia a segmentarsi fortemente, poi ingrossa (più del doppio) e
arrotonda le sue cellule, ne cutinizza le pareti che divengono brune,
e si trasforma in catenelle fumagoidi.
Rh.viu'ho(liplodi.i. — Le stilospore della Tìì///nchodiplodia messe a
germinare in una nuova gelatina danno un micelio clie riproduce di-
rettamente, cioè senza passare per forme conidiche, nuovi picnidi di
]i'lii/ììc/iod/p!odia \ le stilospore di questa seconda generazione di L'h/'n-
r/iodiplodia quando escono spontaneamente dai picnidi e germinano nella
stessa gelatina ove si sono formate, danno taloia un semplice micelio
filamentoso, jalino, settato, che si ricopre di gemme (fig. 12 e 13,tav. X),
poi rapidamente si disorganizza mentre le gemme da esso prodotte pos-
sono, poste in condizioni propizie, germinare. x\ltre volte invece, in
virtù di uno speciale processo, dette stilospore formano direttamente co-
lonie di Pmidnfumafio (fig. 17, 18, 19, 20, 22, 23, 24 e 25, tav. X), alcune
delle quali di poi producono un micelio pullulante, clie forma piccole
gemme laterali come si è sopra descritto; indi esso pure si disorganizza.
Il processo col quale le stilospore formano Pseudofuinago è bene
descriverlo, poiché presenta particolarità che, almeno per quanto a noi
consta, finora non sono state avvertite.
Esso ricorda quello di moltiplicazione delle eudospore dei Schizo-
saccaromiceti recentemente studiati dal signor A. Guilliermond' ed è il
seguente :
Le due cellule che costituiscono ogni stilospora si gonfiano, diven-
gono globose, indi ciascuna si divide in due; le quattro cellule che risul-
tano alla lor volta si ingrossano e tornano a dividersi in due o più dire-
' A. GuiLi.ERjioND, Recherchex vijloloinqìics sur les Levures et fjuelques Mois-
seunrc à fonnes Levures. Paris, 19:J'J, pag. 170.
— 29 —
zioni; e questo processo si ripete sino a foniiare o delie catenelle fuma-
goicii (semplici o raniiiìcate) più o meno lunghe (fig. 19, 20, 22, 25, tav. X)
oppure (lei glomeiuli di varia forma e grandezza (fig. 23, e 24, tav. X).
Iiiipoi'tjiiiza e signiflcato della Pseudofuiiiago.
Da quanto si è esposto più sopra risulta che la Pseudofumago si
riproduce nello sviluppo di tutte le forme colturali successive del Cla-
dosporium Citri : cioè, si ottiene direttamente tanto dai suoi conidì quanto
da quelli A&W Hormoclendroìi, ù.e]l'Haplaria e della Rhijncliodiplodia, come
altresì ad es.sa i-itornano, o per essa passano, le forme secondarie e lo
stesso micelio nelle sue diverse modificazioni e nella sua disorganizza-
zione.
Essa ha quindi un'importanza biologica particolare, poiché rappre-
senta uno stadio di incistidamento comune a tutte le forme di sviluppo
del fungo. ^
Inoltre, essa non si può ritenere per una vera Fumago, quali quelle
che danno forme ascofore ed appartengono all'ordine dei Perisporiacei,
ma va considerata come una forma che alle Fumago rassomiglia sem-
plicemente per l'aspetto.
Per tali ragioni e tale rassomiglianza noi l' abbiamo chiamata
Pseudofumago Ciiri, pensando di provvedere cosi alla precisione del
linguaggio ed alla speditezza delle descrizioni. -
Quadro grafico dello svihii>i)o del fungo.
Nella figura 1 della tav. XI abbiamo cercato di rappresentare gra-
ficamente ed in modo succinto il processo di sviluppo del nostro fungo,
cioè l'ordine di successione delle forme colturali tanto nella sua evolu-
zione principale quanto nelle evoluzioni secondarie. La linea grossa
assile indica lo sviluppo diretto e successivo, e le linee laterali rap-
presentano gli sviluppi che si ottengono dai germi di ciascuna forma
particolare; allevati in colture separate. In detta figura le singole forme
' Auche il Lauhent ha accertato, coltivando il Cladosporium ìterharum, che le
forme fumag-oidi di questo fungo non sono altro che un particolar modo di incistida-
meato delle diverse forme fungine del suo ciclo di sviluppo.
" I risultati di queste nostre ricerche inclinano ad avvalorare l'opinione di quei
micologi i quali ritengono che le Famago altro non siano che stadi vegetativi spe-
ciali, che possono appartenere a molte e diverse specie di niiceti.
— 30 —
dei diversi stadi di sviluppo sono rappresentate da semplici puntini;
mentre i germi iniziali da cui si ottengono le colture, tanto la principale
quanto le secondarie, sono indicati da cerchietti con un puntino nel
mezzo. La coltura principale è designata col numero 1, le colture se-
condarie coi numeri a a 8.
Nella fìg. 2, tav. XI sono rappresentati invece i reciproci rapporti
ciie passano fra le singole forme. La linea grossa mediana indica an-
che qui, schematicamente, lo sviluppo continuo del filamento micelico
che si ha da na conidio di Cladospoi-ium colle forme riproduttive alle
quali dà origine nel suo ciclo di sviluppo; le linee sottili laterali invece
indicano i rapporti fra le singole forme di sviluppo delle colture secon-
darie con quelle del ciclo principale; cosi p. es. i conidi deW Haplaria
(clip) coltivati a parte producono, come indicano le frecce: V Haplaria
(h p), indi la lìIìjiiìchoiUplodia (/•) ; oppure direttamente si incistidano (e//),
poscia danno HonnodeiKÌroit, Ooìdaria, Haplaria e Rhijiichodiplodia ; ed
anche i Pseiulosacckaroini/ce^ {p s) che alla loro volta danno Pseudofiimago
(pf), indi Hormodendron, Ovnlaria, Haplaria e Bhyiichodiplodia.
DIAGNOSI.
Jihyncliodiplodia ii. gen.
Perii liec/a rnstra(((, pilosa. Spornlae ohlonyac, 1- septate, casta neae. —
J'Jst Chaetodiplodia scd pcrilhccio rostrato.
lihi/ìichodiplodia Citfi n. .sp.
Formae couidicac.
Cladosporlmn C'itri. — Hijphis crectis vel adscendcntlÒHs,
reclis rei fiexitosis, simplicibìis, septatis, apice pìerinm/nc oltlir/ae ohtu-
satis, òrunneis vel paìlide fiiscis, solitariis vel H-i caespitosis, 50-70 [i.
loìirjis, 3-4 '/., crassis, rariter 110 ^j. lomjis. 5 [j. crassis; stromate cellu-
ioso immerso.
Coìtidiis ellipsoideis vel ohlongis, simplicilnis vel didi/mis, pcdlide
fnscis, miniitis, 5-11'j. longis, 4 [j. crassis.
Hai), tu friictibìis Citri limoni morbo Ituyyine Bianca deturpatis.
llorììiodend l'Oli Cltri. — Hijphis teretiusculo-fitsoideis, sim-
plicibiis, septatis, brniuteis, e micelio rcpcìi/c ortis, saepc 80-1 10 u.
loncjis, i^l,-ij crassis.
Conidiis conjmboso-cakìiulatis, ellipsoideis vel oblouyis, coiitii/iiis.
brtiìiìieis, ()-ti '^ loìKjis, / ' ., (^. crassis. — Est Cladosporitnii Citri ciim
conidiis miìiìis secedeiitibus.
— 31 —
Ovularia Citrl. — Hìjpliis sterilibus repeuiihus, liaxd septafis,.
hi/alinis, 2-3 a chn., fertilibus simpìirihus, rarissinie rei obsolete uni-
septalis. ConkUis acrogenis elipsoideis, continnis, hyalhiis, :>-4 y. (Idi.
Haplaria Citvl. — Hi/phis ramosissimis, Jv/alinis, septatis^
papilloiis, i-i ^\.^,[J- crassis. Conidiis glohosis, vel ellipsoideis, continnh,
h;jal/nis, 4 '/.j x 6 [/., r.apitato-aggregutis. CapitnUs pleurogcnis. semi-
globosis, 18 u. dm. sessìlibns lìgpliai-nni lateribiis insertis.
I*seìidofuni(igo Citri. — Caitìiulis vel gangliis celhilosis,
poli/ìiiorp/iis, siinplicibiis cel rdinosis, rariter fasciculatis, saepe prhìtum
kgalinis vel pallide-fascis, dein bninìieis vel fuliginosis. Cellidis glo-
bosis vel ellipsoideis, levibus, vel aspcnilis, coiifin'iis raviter 1-2 septa-
tis, 8-13 X 4-17 [j..
Hab. in fritctibus Citri I/moni morbo Rìiggine Bianca delurpatis.
Psemlosacchaì-omyces Citri. — Cdlnlis saccìtaromgcdi-
formis gemmcniiihus, ellipsoideis, ligalinis deinde brunneis, intus granii-
losis, 11 \;'.) ;j. longis, 0 [J- crassis, in acervulis simplicibus vel ramosis
congestis.
Forma pyciiidiea.
Hit (1 iichoil iploilUi Citri, — Pcritlieàis globoso-conicis, fuli-
ginosis, birsiti/s, rostralis, 80-250 jj. dm. Sporiil/s oblongis, iitringiie
obtusis, uniseptatis, brunneis, ad sepia lenifer construiis, 7 Va -•'-';-'-
longis, 3-3 ',\, y. crassis.
ClndosjjorÌKiii Citri, Hormodeudron Citri, Ortdariu
atri, Haplaria Citri, Pseiidofaìnaffo Citri, fi^eudosac-
charoniycs Citrl et It/ii/nchodiplodia Citri culturales mere
formile siinf et status in/tialis et conidicits fungi, ciiius quidem fungi
status perfectus adliiic ignoratur.
Esperienze (Vinfezione artificiale
per riprotlurre la lualiittia.
Per istabilire con sicurezza l'azione patologica del nostro parassita
era necessario, come si è detto in altro capitolo, di potere riprodurre
con esso artificialmente la malattia.
A tal uopo abbiamo ricorso ai limoni delle aranciere del nostro Isti-
tuto botanico, ove non si aveva alcnna traccia del male. Le sperienze
furono fatte ; alcune, con germi tolti direttamente dai frutti malati in-
— 32 —
viatici dalla Sicilia ; altre, coi germi avuti dalle colture pure ottenute
■es[iressaniente dai germi siciliani.
Infezione con germi (li produziona diretta. — Si scelsero piante
]iiirtanti frutti in diverso grado di sviluppo; alcuni della grossezza di
un'avellana, alti-i un jioco più grossi, parecchi quasi maturi o molto
sviluppati, e su di essi si eseguirono le sperienze.
Dalle chiazze della buccia malata dei limoni provenienti dalla Si-
cilia si tolsero, con leggere raschiature, i germi del parassita e si mi-
sero in piccola quantità d'acqua distillata entro vetrini d'orologio. Con
gocce di quest'acqua nelle quali si era accertata, col microscopio, l'e-
sistenza dei germi dei parassita, cioè forme toruloidi (in maggior quan-
tità), conidii di C/ai/osporiKm e talvolta anche d'Ovularia, si bagnarono
con un piccolo pennello porzioni più o meno estese della superficie dei
frutti che si volevano infettare. (Questi sperimenti si fecero parte sulla
fine dell'anno 1901 e parte sul principio del 1902.
Nei frutticini grossi quanto una avellana, dopo S giorni, comincia-
rono ad apparire nei luoghi toccati col pennellino infetto delle minutis-
sime verruchette cenerognole, le quali lentamente ingrandirono, così
che passati 25 giorni alcune avevano raggiunto 0,'"002 di diametro.
Nei frutti un poco più grossi i pi-imi cenni d' infezione visibile ad oc-
chio nudo, consistenti pure in verruchette cenerognole minutissime,
apparvero al sesto giorno; ed al decimo 1' alterazione era di già bene
sviluppata su tutti i frutti di mezzana grossezza.
Nei frutti grossi, che avevano raggiunto o sorpassata la metà del
loro sviluppo normale, l'infezione si manifestò anche in modo più ac-
centuato, poiché la formazione e lo sviluppo delle crostine procedette
con maggiore rapidità; queste crostine ricoprirono, confluendo, buona
parte della buccia, e l' aspetto loro divenne perfettamente simile a
quello delle croste più caratteristiche dei frutti malati venuti dalla
Sicilia.
Le figure 1, 2, 3, 4 della Tav. II rappresentano appunto fruttini
infettati artificialmente con germi direttamente tolti dai frutti siciliani,
nei quali le i)roduzioni patologiche erano anche più nette' ed appari-
scenti di quanto non sia riuscito nelle dette figure. Anche le altera-
zioni interne dei tessuti nei frutti grossi rassomigliavano di più a quelle
dei limoni siciliani che non le alterazioni manifestatesi nei frutti gio-
vanissimi, come più oltre diremo.
Infezione eon germi tolti da colture pure. — Contemporanea-
mente alle infezioni sopra descritte, si iniziarono con germi, tolti pure
dagli stessi frutti malati siciliani, delle colture in laboratorio seminando
i germi (forme toruloidi, conidii di Cladosporinìu) nella gelatina B semi-
— 33 —
fluida ed acida entro scatole Petri dopo avere, come è naturale, per-
fettamente sterilizzato in stufa ed in autoclave, recipienti e gelatina
onde avere colture pure. Entro tali scatole si avverti ad occhio nudo
la formazione ben decisa delle prime colonie quasi nello stesso giorno
che apparivano le prime pustole sui frutti delle serre prodotte dalle
seminagioni dirette dei germi primitivi.
Si formarono bellissime colonie, irregolarmente rotondeggianti, da
piima jaline, indi verdastre, poscia in parte brunicce ; in esse vedovasi
colla lente, ed anche ad occhio nudo, che il funghetto col suo micelio
irradia, ramificandosi abbondantemente, dai centri di seminagione. I
filamenti micelici che si dirigevano verso la superficie libera della ge-
latina erano colorati, e più o meno jalini quelli che si internavano
nella gelatina stessa, dirigendosi verso il centro della colonia.
I germi sviluppatisi in queste prime colture li abbiamo successiva-
mente trasportati in altre scatole Petri sino ad ottenere colture pure
del Claiìospovinm che vive sui limoni affetti dalla linggine bianca.. Da
queste ultime colonie, dopo 10 o 12 giorni di vita, si tolse il materiale
(in gran parte elementi toruloidi e conidii di Hormodcudron e talvolta
anche di Ovularia) per le nostre infezioni artificiali.
Porzioni della gelatina contenente tali colonie si diluirono con
aequa sterilizzata e con essa si spalmarono, al solito per mezzo di un
pennellino prima disinfettato, parecchi punti della buccia di limoncini
in via di sviluppo, alcuni grossi quanto una avellana, altri quanto una
noce ed altri più grossi ancora, appartenenti a piante diverse, poste in
due distinte aranciere.
In una di tali aranciere, molto asciutta, molto illuminata e fredda,
si trattarono in tal modo tre fruttini (gli unici rimasti liberi in causa
delle altre esperienze e dei controlli) e dopo due mesi in corrispondenza
ad uno dei punti infettati si era sviluppata una crosta abbastanza estesa,
perfettamente simile a quelle ottenute sui frutti infettati direttamente
coi germi primitivi, e coi caratteri tanto esterni che interni della Rur/-
(l'ine bianca.
Negli altri due fruttini, rimasti incolumi, vedevasi sopra i luoghi
spalmati coi germi delle colture una specie di pellicola jalina, che non
era altro che la gelatina delle colture stesse, la quale, a quanto sembra,
non era stata per la seminagione diluita a sufficienza ed essiccatasi sui
frutti aveva formato le pellicole che vedevansi contratte e sollevate sulla
loro buccia. Forse a tale inconveniente dovevasi attribuire la mancata
infezione; i germi non erano probabilmente venuti in contatto diretto
coll'epicarpo del frutto, e la rapida essiccazione della gelatina ne
aveva impedita la germinazione, o disturbato lo sviluppo.
Atti dell' Isl, Hot. cleW i'nirersilii ili Puvia — Nuova Serie — Voi. X. 3
— 34 —
Nell'altra aranciera più umida, piii calda e meno illuminata, infet-
tammo colle stesse colture due fruttini grossi quanto una noce ed un
terzo più grosso ancora, erano gli unici rimasti disponibili. Trascorsi
due mesi, si trovò ciie l' infezione in questi aveva presa larga esten-
sione. Infatti molte erano le verruche e le crostine caratteristiche
della malattia in essi sviluppatesi ; alcune d' un grigio sporco, altre
d'un grigio bruniccio, aventi perfettamente l'aspetto di quelle trovate
e descritte nei frutti verdi della Sicilia. Alcune di tali crostine erano
piccole, altre misuravano di già più di un centimetro di diametro, molte
erano isolate e altre fra loro confluenti ; nell' insieme esse ricoprivano
un buon terzo della superficie di ciascun frutto, come vedesi nella fig. 2
della Tav. V, che appunto uno di tali frutti rappresenta. Alle altera-
zioni superficiali od esterne corrispondevano anche le interne, come più
sotto descriveremo, ed il micelio del parassita non solo aveva invaso i
tessuti ma aveva prodotto, verso 1' esterno, aste conidiofore tipiche,
tanto di Cladosporium quanto di Ovularia, anzi queste ultime in uno dei
tre fruttini erano abbondantissime '.
Alter.azìolii (leteriniiiate dalle infezioni artificiali
nei tessuti della I)nccia.
struttura della buccia sana. — Prima di procedere alla descri-
zione delle alterazioni patologiche prodotte dal parassita nella buccia
dei frutti da noi infettati, sarà bene daie uno rapido sguardo alia
struttura della buccia dei frutti sani.
I limonciui sani presentavano un'epidermide composta di uno strato
di cellule jaline relativamente piccole, quasi isodiametriche od un poco
più alte nel senso radiale, colla parete esterna alquanto più grossa delle
altre; ricoperta di una sottile cuticola. A questo primo strato ne sus-
segue quasi sempre un secondo e talvolta un terzo pure di cellule jaline
' Sperieiize con tossine. Abbiamo tentato anche di isolare le tossine per studiare
l'azione loro indiiiendrntemente dalla presenza degli elementi fungini che le producono.
A tale scopo preparammo colture pure del fungo in grande copia, entro grossi matraci,
ma le sperienze non riuscirono. Quando la gelatina vegetale nella quale si coltivava
era così flidda da poter passare attraverso il filtro di Chamberland, le spore del fungo
germinavano bensì in essa, ma il micelio da loro prodotto, dopo breve sviluppo, mo-
riva per mancanza di nutrimento ; quando invece la gelatina era densa a sufficienza
da permettere lo sviluppo normale del fungo, essa non passava più attraverso al nostro
filtro. Così noi dovemmo sospendere questi sperimenti per la deficienza dei mezzi dei-
nostro laboratorio.
— 35 —
e molto simili. Sotto si ha invece una zona più o meno alta di tessuto
clorofillifero, che è quella che dà il color verde al frutto, zona com-
posta anche di cellule pressoché isodiametriche ma un poco più grandi
delle pi'ecedenti, pure a pareti sottili. Internandosi nella buccia le
cellule del suo parenchima si fanno più grandi, perdono i cloroplasti,
divengono jaline e nel tessuto da esse formato si costituiscono le glan-
dole oleifere, che veggonsi più o meno sviluppate, ovoidali o piriformi,
spingersi, per cosi dire, verso la superficie dei frutti, circondate da
cellule di parenchima jalino più o meno distese ed ingrandite per la
pressione laterale prodotta contro di esse dalla glandola che si ingrossa.
Negli strati ipodermici, e più specialmente nel più esterno, trovansi
spesso molti cristalli di ossalato di calcio, dei quali qualcuno non manca
nemmeno in qualche cellula dell'epidermide.
liuccia malata. — Le infezioni artificiali, sopra i fruttini in via
di sviluppo nelle nostre serre, produssero alterazioni di dift'erente
aspetto, nelle quali possiamo distinguere tre forme principali, che chia-
meremo: forma ipertrofica a pustola, alla quale si riferiscono le fig. 3 ed
1 della Tav. IV e la fig. 2 della Tav. Ili ; forma ipertrofica a verruca,
alla quale si riportano le fig. 1 della Tav. IV; 4 e 5 della Tavola III
e 5 della Tav. TV; forma non ipertrofica a crosta cui si rapportano le
fig. 7 della Tav. IV e 8 della Tav. III.
Queste distinzioni si riferiscono più che altro al modo di procedere
delle alterazioni stesse ed al diverso aspetto che assumono le produ-
zioni patologiche che ne derivano e non alla natura della alterazione.
Si hanno del resto forme intermedie, e talvolta anche l'alterazione in-
comincia in un modo e termina in un altro.
Verruche. — Le verruche, colle quali si iniziava generalmente
la infezione nei fruttini giovani, si formano nel modo seguente: In
corrispondenza alle aree della buccia, ove si erano seminate le spore
del parassita, si determina da prima un rigonfiamento tanto nelle cel-
lule dell'epidermide quanto in quelle dei primi strati dell'ipoderma, le
cui pareti si rigonfiano e talvolta anche si piegano e scontorcono, indi
insieme al plasma le pareti ingialliscono od imbruniscono e le cellule
muoiono (fig. 3 Tav. IV). Subito dopo, o contemporaneamente, le cellule
di alcuni degli strati più superficiali dell'ipoderma (per lo più il 3" od
il 4°) incominciano a segmentarsi per mezzo di pareti tangenziali sot-
tili, formando una tenue zona di tessuto sugheroso o peridermico, più
o meno tipico, posto a breve distanza dall'epidermide. Questa zona su-
gherosa si forma nell' ipoderma jalino superficiale, talvolta anche nei
primi strati a cloroplasti, ma quasi sempre ha poco sviluppo, rimanendo
costituita di un esiguo numero di strati.
— 36 -
Conteraporaneamente o quasi, pure in corrispondenza ai centri di
infezione, in alcune cellule del parenchima jalino profondo, sottostante
al clorofillifero, incomincia uno straordinario allungamento nel senso
radiale che produce un tessuto il quale, per la forma, rammenta il
palizzata (privo per altro di cloroplasti), risultante di cellule molto
lunghe nel senso radiale, più o meno parallele fra loro, a pareti sottili
ed a plasma finamente granuloso e jalino.
Le cellule di tale nuovo e patologico tessuto crescono rapidamente,
segmentandosi anche in senso tangenziale e formano una specie di
piccolo tumore da prima più o meno rotondeggiante ed immerso nelhi
buccia.
Col crescere, questo tumoretto preme contro il parenchima soprap-
posto e contro la zona di tessuto sugheroso, formatasi sotto l' epider-
mide, ne schiaccia le cellule, le quali insieme a quelle dell'epidermide
pure schiacciate, finiscono per costituire una specie di grossa parete
opaca (poiché tutte le pareti tangenziali di tali cellule schiacciate ven-
gono fra loro in contatto), ch(s spinta dal detto tumore si solleva, fa
bozza sulla superficie della buccia, e per qualche tempo resiste e rico-
pre il tumore stesso. Di poi, questa specie di parete opaca si rompe
e lascia libero sfogo allo sviluppo delle cellule a palizzata del tumo-
letto, le quali allora ancora più rapidamente e fortemente si allungano
e crescono (fig. 4 e 5 della Tav. Ili e 6 della Tav. IV), formando
escrescenza o verruca sporgente sulla buccia del frutto. Queste ver-
ruche più tardi, per cosi dire, si aprono in quanto il tessuto loro si
piega e rovescia tutto in giro sulla superficie del frutto (fig. 6 Tav. IV)
allargando la vei'ruca stessa.
Nella regione superiore o periferica le cellule della verruca si seg-
mentano abbondantemente, specie in senso tangenziale, formando cellule
relativamente corte che prima si piegano e gonfiano in modo irregolare,
poi muoiono e si staccano ; alloia la superficie della verruca si sgre-
tola e sfrangia.
Le cellule di tali verruche costituiscono una specie di tessuto su-
beroso in quanto le più esterne hanno pareti perfettamente suberificate,
anzi la suberificazione si estende più o meno anche alle cellule interne,
come lo dimostrano le reazioni, specie quella dell'acido solforico, il
u diam.
„ 18. — Sezione radiale di cellule ipertrofiche in verruche di fruttini infettati
artificialmente nelle nostre serre; p x cellule ipertrofiche, me micelio del
parassita. — Ingrandimento 450 diam.
, 10 e 20. — Sezioni radiali in frutti di Sicilia colla iilterazione a croste varie,
(rappresentata in fig. 7 Tavola I) : e r corteccia errosa, e conidiofori,
r rotture, p periderma, ip ipoderma, e epidermide. — Ingrandimento
80 diam. per la fig. 19 e 380 per la fig. 20.
, 21. — Sezione radiale in frutto verde di Sicilia con alterazione ad eritema dif-
fuso (rappresentata in fig. 4 Tavola I), in corrispondenza di crestina
isolata, ed al suo margine, ove vedesi l'orlo della coppa peridermica in
via di formazione: e epiderma, jj periderma, ip ipoderma. — Ingrandi-
mento 380 diam.
TAVOLA VII.
I.e figure 1. 3, 5, 7, IO, li, 12, 13, 14, 15, IG sono tutte di preparati ottenuti
da limoni infettati artificialmente nelle nostre serre ; le 2 e G sono di preparati da
limoni provenienti dalla Sicilia; le 3, 8 e 9 da preparati di limoni provenienti da Varazze
(Liguria^; le 17 e 18 di preparati ottenuti di colture pure del parassita.
Fig. 1. — Inizio di una pustola in un frutto infettato artificialmente con germi,
tratti da coltura pura. Mostra una colonia di conidì jalini gemmanti; in
basso, fortemente inserti nell'epidermide del frutto, producenti verso l'alto
aste miceliche. Nel tessuto della buccia comincia il processo patologico;
cellule colorate in giallo. — Ingrandimento 380 diam.
^ 4. — Sezione radiale obliqua nella buccia di un frutto infettato artificialmente
in corrispondenza a tre centri d'infezione a, h, V uno dei quali il h' so-
prasta alla glandola g. Sotto al centro a si ha la coppa peridermica p
completa; sotto il centro h, la coppa peridermica p confluisce e si con-
giunge con quella p- del centro 6 la quale è incompleta perchè inter-
rotta dalla glandola stessa (vedi testo): e conidioforo di Cìadosxiorium ;
. — 56 —
o conidiofori di Ovi/ìaria ; ìi.e parete della glandola. — Ingraudimento
ISO diani.
Fig. 5. Cespuglietto di Cladosportnm (e) sopra glomeruli {m e) di articoli fungini bruni,
sopra buccia di fruito infettato artificialmente: s conidio di Cladosporimn.
— Ingrandimento 380 diam.
„ 7. — Ovularia sviluppatasi sopra buccia di frutto infettato artificialmente con
conidi di Hormodendron, ottenuti in coltura pura: m i micelio jalino,
0 s conidiofori, e o conidi. — Ingrandimento 380 diam,
„ 10. — Muccbietto di ife miceliche di varia grossezza, varia forma tì gradazione
di colore; sulla superficie d'una pustola simile a quella rappresentata nella
fig. 2 Tavola IV : m b' ife sottili e fuscidule, mb- grosse e fuligginee. —
Ingrandimento 380 diam.
^ 11. — Forme fumagoidi brune: (mi) ad articoli od artrospore pure brune, [ìu t')
articoli bicellulari da esse prodotti. Trovavansi sulla buccia in corrispon-
denza ai centri d'attacco in frutti artificialmente infettati. — Ingran-
dimento 380 diametri.
„ 12. — Microconidi jaliui o fusoidali che trovansi sulla buccia dei frutti come i
precedenti. — Ingrandimento 380 diam.
„ 13 e 1.5. — Conidiofori di Chidoxpon'iim sopra buccia di frutto artificialmente
infettato : m b micelio, e conidiofori, s conidio. — Ingrandimento
800 diam.
„ 14. Conidioforo di //ormo(/en(^;-ott in frutti come i precedenti:*' conidi. — Ingran-
dimento 380 diam.
„ 16. — Catenella bruna fumagoide clie germina e produce un micelio cbe si as-
sottiglia e diventa jalino. Su buccia di limoni come sopra. — Ingran-
dimento 3S0 diam.
„ 2. — Sezione radiale in limone infetto della Sicilia, coperto di pattina biaccosa,
lucida (tipo della fig. 6 Tavola li, fatta in corrispondenza ad una glan-
dola invasa e distrutta dal morbo ed avvolta dal periderma jj^' protet-
tore: r screpolatura in corrispondenza alla glandola, e epidermide,
i p ipoderma ammalato e lignificato, p periderma, .«? gruppo di cellule
sclerose, m e micelio fumagoide del parassita entro cellule della parete
della glandola. — Ingrandimento 250 diam.
„ 6. — Glomerulo (m e') bruniccio di conidi od artrospore producenti micelio {m b)
e conidiofori jalini di Ovularia, in screpolature di limoni infetti della
Sicilia : 0 s ed 0 $' conidiofori, e o conidi jalini di Ovularia. — Ingrandi-
mento 450 diam.
„ 3. — Sezione radiale in limone proveniente da Varazze (Liguria) fatta in una
plaga infetta tuttora intatta : e epidermide, ip ipoderma ammalato e li-
gnificato, p periderma, m e micelio toruloide del parassita entro l'ipoderma,
e conidiofori di Cladoaporium, o conidiofori di Ovularia, p periderma.
— Ingrandimento 380 diam.
8. — Conidioforo di Hormodendron sopra buccia infetta di limone di Varazze :
.s' conidi. — Ingrandimento 380 diam.
„ 9. — Conidio bruno germinante sopra buccia di limone infetto di Varazze. —
Ingrandimento 800 diam.
j, 17 e 18. — Porzione di micelio {m h) bruno di Hormodendron che produce rami
laterali, i quali allungandosi si assotigliano in esile filamento jalino (o «).
indistintamente settato, costituente un conidioforo di Ovularia; da colture
pure, ottenute con conidi di Hormodendron. — Ingrandimento 800 diam.
— 57 —
TAVOLA Vili.
Tutte le figure di questa tavola si riferiscono alle forme, ed ai loro stadi di
sviluppo, che assume il parassita della Ruggine bianca nelle colture pure.
Fig 1 e 2. — Colonie saccaromicetoidi formatesi per gemmazione di conidii di Hor-
modendron coltivate in gelatina di Agar-At/ar molto diluita. La figura 1
rappresenta una colonia osservata a forte ingrandimento (diam. 130n)
e mostra il processo di gemmazione. La figura 2 rappresenta, a in-
grandimento meno forte (diam. 380) gli stadi successivi di una colonia
formatasi dal conidio a di Hormodendron. Nella figura 2, b, e, d rappre-
sentano forme diverse di colonie ottenute nello stesso modo ; e è pure
d'una colonia formatasi per gemmazione ; ma i suoi articoli però non
danno più gemme beusi rami di un micelio filamentoso i (juali producono
conidiofori di Hormodendron e le successive forme. — Ingrandimento
1300 diam. per la fig. 1 e 380 per la fig. 2.
„ 3. — Conidioforo di Hormodendron. — Ingrandimento 400 diam.
,. 4. — Ramo di Hfiplaria, a destra disegnato coi glomeruli gh dei suoi conidi ; a
sinistra senza di essi, per mostrare il sistema di ramificazione. — In-
grandimento lOn diam.
„ 5. — Porzione di ramo di Haplaria veduto a forte ingrandimento : (i h glome-
ruli sessili di conidi : e /( conidi staccati dalla papilla micelica sopra-
stante che aveva prodotto il corrispondente glomerulo disgregatosi. —
Ingrandimento .'iOO diam.
„ 6. — Ramuscolo di Haplaria ; dal quale si sono distaccati i conidi dei glonu'-
ruli, che mostra come formansi e si distribuiscono le papille p a, le quali
per gemmazione danno origine ai conidi. — Ingrandimento 450 diam.
7. — Gonidi di Ilnplaria germinanti. — Ingrandimento 400 diam.
^ 8 e 9. — Prolungamenti miceliali jalini che susseguono alla forma del Haplaria.
i quali si ravvolgono a spira e divengono l'inizio di un nuovo organo
di riproduzione, come è descritto nel testo. — Ingrandimento 400 diam.
10. — Stadio più evoluto delle figure precedenti ove sulla spirale che incomincia
a imbrunire s'iniziano protuberanze che poi prolungansi in rami secon-
darii come vedesi nella fig. 14. — Ingrandimento 400 diam.
„ H. — Stadio successivo ma visto ad ingrandimento più debole dello stesso pro-
cesso ove i rami secondari si sono di già, sviluppati ed intrecciati in
modo da formare una specie di gomitolo bruno p r. Il filamento h dal
quale esso si è formato è l'estremità di un ramo di Haplaria con pa-
pille che non formano più glomeruli. — Ingrandimento 380 diam.
12. — Stadio ancora più evoluto del precedente, ove i rami secondari o terziari
sono già anastomizzati. — Ingrandimento 380 diam.
^ 13. — Idem, più evoluto ancora, che comincia a mostrare la forma di un con-
cettacolo fruttifero. — Ingrandimento 40o diam.
^ 14. — Figura schematica che dimostra come avviene il processo di ramifica-
zione e d'intreccio dei rami che si anastomizzano e formano la parte del
concettacolo fruttifero, quale vedesi nelle fig. 17 e 18.
^ la. _ Picnidio (in sezione) di Rhgnchodiplodia Citri ; l'imenio riveste tutta la
parete interna e le stilospore riempiono tutta la cavità. — Ingrandi-
mento 120 diam.
— 58 —
Fig. Iti. — Stilospore mature di Uliynchodiplodia Citri. — Ingrandimento 50U diam.
„ 17. — Porzione di parete del picnidio di Bliynchodiplodia Citri in sezione, la
quale mostra come esso sia all'esterno rivestito di peli {pì)\ ed all'in-
terno, che l'imenio si forma per gemmazione pleurogena dei filamenti
della parete piciiidica, le lacune della quale non sono, come si ammetto
generalmente, formate da cavità cellulari ma bensì da vani derivati dall'in-
treccio ed auastomizzazione dei rami micelici che hanno costituito il
concettacolo; s catenella di stilospore. — Ingrandimento 500 diam.
„ 18. — Porzione di parete picnidica vista di fronte, che mostra come le maglie
del contesto siano derivale dall'intreccio e dall'anastomosi delle ife. —
Ingrandimento óOO diam.
„ 19. — Giovane picnidio di Sìjncìiodiplodia Citri. — Ingrandimento 120 diam.
„ 20, 21, 22. — Picnidii con varie forme di rostro. — Ingrandimento 120 diam.
„ 23. — Due picnidii uniti fra loro alla base. — Ingrandimento 120 diam.
„ 24 e 25. — Picnidii a doppio rostro. — Ingrandimento 120 diam.
TAVOLA IX e X.
Anche le figure di queste due tavole si riferiscono allo sviluppo del parassita
della Ruggine biatica.
Fig. 1 (Tav. X). — Rappresenta una colonia ottenuta iii coltura a piatto sopra gelatina
di Agar-Agar ingrandita di circa quattro diametri. In essa si distinguono
quattro zone; «, la prima centrale, costituita da forme fumagoidi: b, la
seconda formata da Jlormodendron Citri ed Ovularia Citri; e la terza, ca-
ratterizzata dall' Haplaria Citri; d\a. quarta, ove sviluppasi la Rhyncho-
diplodia Citri.
Le figure della Tavola I.\ rappresentano un settore della colonia della figura
precedente (fig. I, Tav. X) limitato in alto ed in basso, ed interrotto nella parte me-
diana per mancanza di spazio ; fa vedere a forte ingrandimento le parti più importanti
e caratteristiche dello sviluppo del parassita.
La inferiore della tavola rappresenta in a (coroncine nericce) la porzione supe-
riore della massa fumagoide, che costituisce il centro della colonia (zona a della fig. 1
tavola X); in 6 la porzione inferiore della zona sovrastante ad Hormodendron ed
Ovaìaria (zona b della fig. I, tavola X).
La superiore della tavola rappresenta in e la parte superiore della lunghissima
zona ad Hnplaria (zona e della fig. I, tavola X), in d la parte inferiore delia zona
periferica a Rìiynchodiplodia (zona d della fig. I, tavola X).
La porzione non disegnata fra le due figure è costituita da un lungo tratto di
semplici filamenti miceliali di transazione fra le forme dL^W Hormodendron e dell'Ha-
jilaria.
I picnidii (neri) della Rhynehodiplodia si sono disegnati ad una scala minore
di quella addotata per il complesso della figura, onde poterli rappresentare in tale
quantità, da caratterizzare la zona.
La zona 6 (figura inferiore) mostra come numerosi siano i conidiofori di Hor-
modendron e pochi quelli di Ovularia. — Ingrandimenti della fig. a a, bb, ce, 380 diam.;
ingrandimento dei picnidii, 80 diam.
59 —
TAVOLA X.
Fig. 2. — Porzione di micelio di coltura artificiale vecchia in via di esaurimento (8 mesi),
che si divide in tanti articoli elissoidali, spesso bicellulari, i quali traspor-
tati in nuovo substrato nutritizio germinano. Essi rammentano per la
forma eie dimensioni le stilospore della Rhychodiplodia. — Ingrandimento
400 diam.
, 5, 6, 7 ed 8. — Filamenti micelici di coltura come sopra, che assumono varie
forme di riposo, e gli articoli dei quali trasformansi spesso in clamido-
spore. — Ingrandimento 400 diam. per le figure 3, 5, 7, 8 e di 800 dia-
metro per la fig. 6.
„ 4. — Una delle sopradette clamidospore germinante. — Ingrandimento 400 dia-
metri.
„ 9 e 10. — Porzioni di micelio sterili e disorganizzantesi, coltura come sopra. —
Ingrandimento 400 diam.
„ 11. Ife di coltura in via di esaurimento, come sopra, le quali per successiva seg-
mentazione formano cellule quasi isodiametriche, che in corrispondenza ai
setti si restringono, assumono forme sferoidali e danno coroncine fuma-
goidi come in fig. 21. — Ingrandimento 400 diam.
, 12 e 13. — Ife nodulose e pullolanti ottenute da colture di stilospore della lihyn-
chodiplodia Citri. — Ingrandimento 400 diam.
„ 14. — Forme di micelio che provengono da spore 'di Uormodendron quando si
coltivano in gelatina fluida. — Ingrandimento 400 diam.
, 15. — Stilospore di lìhi/nchodiplodia Citri dopo venti ore di coltura; una delle
cellule si è allungata sensibilmente. — Ingrandimento 400 diam.
^16 — Idem, ehe germina producendo ifa filamentosa. — Ingrandimento 400 diam.
■„ 17. — Idem, che non germina come la precedente, ma che prima allunga le sue
due cellule, poscia le segmenta e forma spore tetracellulari. — Ingran-
dimento 400 diam.
„ 18, 19, 20, 22, 23, 24, 25. — Stilospore le quali trasformansi direttamente per suc-
cessiva segmentazione in catenelle e glomeruli più o meno ricchi e rami-
ficati di Pseiidofumaf/o. — Ingrandimento 400 diam.
, 26. — Glomerulo toruloide formatosi come quelli delle figure antecedenti, le cel-
lule periferiche del quale producono un micelio filamentoso. — Ingrandi-
mento 400 diam.
, 21. — Catenella fumagoide proveniente da un ramo della ifa della figura 11, a
coltura in via di esaurimento. — Ingrandimento 400 diam.
, 27. — Picnidio in via di formazione. — Ingrandimento 400 diam.
TAVOLA XI.
Fig. 1. — Rappresentazione grafica delle forme di sviluppo del parassita della Ritq-
gine bianca (vedi testo).
, 2. — Idem dei reciproci rapporti fra le singola forme del detto parassita (v. testo).'
Dal Laboratorio Crittogamico di Pavia — Settembre 1903.
60
INDICE DELLA PARTE PRIMA — FRUTTI
Breve cenno storico della malattia in Sicilia Pag. 1
Come si manifesta la malattia. Aspetto esterno delle alterazioni . . . . , 3
Frutti , ivi
Foglie , 5
Alterazioni anatomopatologiche nei limoni della Sicilia ed in quelli della Liguria , 6
Qual' è la causa della malattia? , 8
Reazioni, penetrazione e percorso del micelio nei tessuti , 10
Reazioni , ivi
Penetrazione e percorso . , 11
Come procedono le alterazioni nei tessuti dei frutti attaccati , 12
Coltivazione del parassita e sue forme di sviluppo ^ 14
Descrizione dei diversi organi riproduttori e delle forme tipiche corrispon-
denti del parassita , 19
Cladosporium Cifri „ ivi
Pseudofumago Cifri , 20
Hormodendron Cifri , 21
Ovularia Citri , 22
Haplaria Citri , ivi
Kbynchodiplodia Citri , 23
PseuJosaccliarom3'ces Citri , 25
Sviluppi e rapporti delle forme secondarie, colture di controllo „ 2S
Hormodendron , 27
Pseudofumago , ivi
Ovularia , ivi
Haplaria , ivi
Rhynchodiplodia , 28
Importanza e significato della Pseudofumago , 29
Quadro grafico dello sviluppo del fungo , ivi
Diagnosi , 30
Rhynchodiplodia n. geu , ivi
Rhynchodiplodia Citri , ivi
Formae conidicae , ivi
Forma pycnidiea , 31
Esperienze d'infezione artificiale per riprodurre la malattia , ivi
Infezione con germi di produzione diretta , 32
, , tolti da colture pure , ivi
Alterazioni determinate dalle infezioni artificiali nei tessuti della buccia . „ 34
Struttura della buccia sana , ivi
Buccia malata , 35
Verruche , ivi
Pustole , 38
Croste , ivi
Infezione nelle glandole „ 39
Brevi considerazioni critiche .. „ 41
Rimedi , 45
Spiegazione delle tavole , 52
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
Sulla relazione tra lo sviluppo della lauiiiia fogliare
e (juello dello xilema delle traccie e nervature
corrispondenti.
NOTA DEL
Dr. LUIGI MONTEMARTINI
(colla lavelli XII).
In (lue lavoii pubblicati anni sono nella Bolanische Zeitnii;/, ' e i
cui risultati sono riassunti e riconfermati nel suo recente trattato di
Fisiologia vegetale,- il .Tost ha esposto una serie di fatti intesa a dimo-
strare che vi è una stretta relazione tra lo sviluppo delle foglie e
quello delle rispettive traccie fogliari nel fusto ; cosi che tagliando quelle,
lo xilema di queste quasi abortisce, e incidendo trasversalmente un
fusto in via di sviluppo, si da separare in due metà un cordone pro-
cambiale che costituirà una traccia fogliare, lo xilema acquista uno
sviluppo normale solo nella parte superiore, in quella cioè che rimane
unita al lembo della foglia. E dietro l'osservazione delle condizioni di
nutrizione dei tessuti (presenza di amido e di sostanze proteiche in
tutte le cellule, anche sotto l'incisione), il .Tost escluse ogni influenza
indiretta, come pensava De Vries, per mezzo della nutrizione e venne
invece nell'idea trattarsi " um eine Beeinflussimg ganz besonderer
' L. JosT, Ucher Bickcnwachsthum iiiul Jahresringlildung {Bot. Ztij., 1891), e:
l'eher Beziehuiiqen -.wischen elei- BlattenUcickelun;/ und der Gefiissbildunij in der
Pflame (Boi. Zig., 1393, i« Abth.). — Osservazioni analoghe a quelle fatte in quest'ul-
timo lavoro dal Jost sulla formazione dello xilema nelle piantine di Phascolus, ven-
nero eseo-iiite anche da K. Schiluerszky, Kioistlich hervorgcrafcne Bilduiìg secun-
ddrer-ertrafasciculiirer GefnssbiiHdel bei Dicotyledonen (Ber. d. detits. hot. Ges., Bd.
X, 1892).
- Vorlesuntjen iìber P/laiizenphysiologie. Jena, 19C-1.
Alti (Irll'Ul. Boi. (leìrUniveisilù tU rrn-in — Nuova Serie — Voi. X. 5
— 6::' —
" Art, um eine Reizwiikung, die von dem wacliseudeii Orgaii ausgeht
" und sich abwilrts fortpflaiizt.' „
Una simile spiegazione non è applicabile quando invece di tagliare
un cordone procambiale nell'interno di un fusto, lo si tagli in mezzo
allo stesso lembo fogliare, in modo cioè che anche la sua parte inferiore
rimanga unita al lembo medesimo. In tal caso infatti non è possibile
pensare che l'incisione interrompa lo stimolo che dall'organo in via di
sviluppo si estenderebbe verso il basso a regolare la differenziazione
della traccia fogliare.
Osservazioni di tale natura io feci sulle seguenti specie: Ampc-
lopsis (jniiKjue folla Miclix., Aticuba japonica L., Begonia lìe.'' Putz., Cle-
mutis apiifolia ì). C, Corylus Avellana L., Ficus Carica L., Ficus
macrophylla Desf., (Hijcine chincnsis Curt., Hedera Helix L., Ligustrwii
V'ìdgarc L., Magnolia grandiflora L., Nerium Oleander L., Phgtolacca
deeandra L., Rosa canina L., Sassafras ofjicinale Nees., Sparmannia afri-
' Vorlesunrjeìi, ecc., pag. 410.
La correlazione di sviluppo tra le foglie e lo xilema dei rami che le portano,
stata rilevata in altri lavori dal Jost (Beobacìitunrjen iiber den zeitlichen Verlimf det^
xccundi'ìreii Diclcenirachstìium der Binane, in Ber. d. deuts. hot. Ges., Bd. x, 1892),
non che da K. G. Lurz [Beitr/'ii/e zar Plii/sioloQie der Holzyewiichse, in Ber. ci. d. Boi.
Ges., 18S5, e in l' iiufstuck's Beitr. s. luis.f. Boi., Bd. i, 1895), da A. Wielek (Ueber
JlezieliHiigeii sici.sc/icn dem secuiidiiren Diclcemcachstìtum und den J^rni'iliruncjsver-
ìtfiltnissen der Brhmie, iu Tliarand. Jorst. Jahrb., Bd. 42, 1892) e da altri, aveva in-
dotto alcuni botanici a ritenere che il processo di differenziazione degli anelli annuali
del leisno nel fusto dei nostri alberi non sia altro che una conseguenza diretta ditale
correlazione. Altri fatti vennero però a provare che il meristema cambiale ha un'atti-
vità periodica propria, dipendente dalle condizioni esterne allo stesso modo che ne di-
pende l'attivitil di tutti i tessuti meristematici primarii, e legata a questi ultimi solo
per la legge dei compensi, e che la differenziazione degli anelli dipende da tale atti-
vità (veggasi in proposito; L. Montemartim, Rk-ercìie intorno all'accrescimento de/le
piante — Ax>pendiee prima: Formazione det/li anelli annuali di lei/no — , in Atti
delVIst. Bot. di l'avia. Voi. v, 1896).
Presentano dunque un certo interesse tutti i fatti che possono chiarire la natura
dei fenomeni di relazione sopra rilevati
I casi di formazione di legno in relazione al callo di cicatrizzazione (osservati
dal ,TosT in l'eher Bezifìmnijen, ecc., pag. 95), o in seguito a parassitismo, come
quello osservato da Stuasbuuger (Ueber den Bau und die Verricìitiini/en der Lei-
tnnr/sbalnien in den Pflanzen. .Jena, 1891 pag. 953) in un ramo di Bobinia su cui ve-
getava un Viscum, entrano nei casi di formazioni anormali di legno di cui parla anche
il De VuiES (Ueber abnorme Entsteliung secundiirer Gewebe, in Pringsheim's Jarlib.
f. w. Bot., Bd. XXII, 1891) e la cui causa non è ben conosciuta. Essi dunque non pos-
sono per ora servire di base ad una sjiiegazione del fenomeno generale della forma-
zione del leu'uo.
— G3 —
cana L.. Sijrlnga sp., Tlieobroma Cacao L. e qiialclie altra. In tutte ri-
scontrai, più 0 meno distintamente, quanto lio disegnato per alcune
specie nella tavola annessa a questa nota.
Se si taglia la nervatura mediana o una grossa nervatura late-
rale - r. Bot., Bd. xxxix, 1903).
ISTITUTO BOTANICO DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
BREVI NOTE.
Skconda Serie — INDICE
G. Briosi e Faiineti — Suiravvizzimeiito dei germogli del gelso. — Suoi rapporti col
Fusariìiìi! ìatrn'liiim. Nees. e colla Gihcrdla moricola (De Not.) Sacc. Seconda
nota preventiva.
E. (!.\zzAxi — Osserv^izioni criticlie supra alcune ricerche microchimiche dell'esoulina.
E. Farnkti — Intorno ad alcune malattie della vite non ancora descritte, od avver-
tite in Italia.
— Il marciume dei hocciuoli e dei fiori delle rose causato da una forma patogena
della Boli-yiis vulgaris (Pers.) Fr.
L. MoNiEMAUTi.M — Sull'origine degli ascidi anomali nelle foglie di Saxi fraga cras-
sifolia L.
G. PoLi.Acr.i — Intorno al miglior metodo di ricerca microchimica del fosforo nei
tessuti vegetali.
G. Rota-Rossi — Alcune considerazioni sull'ontogenia delle cormofite vascolari. (Con
una tavola litografata.)
M. TuRC'^Ni — Un nuovo fnngo parassita sulla Chaquii-illa, pianta messicana.
Suirìivvizzimeiito dei i;ei'iiiosìli del gelso.
Suoi rapporti col Fusarinm Uiteritiinn Nees.
e collii Glhei'ella moricola (De Not.) Sacc.
Seconda nota preventiva.
Nel luglio deiranno 1901 pubblicammo una nota preliminare in-
torno all'avvizzimento dei germogli del gelso ' nella quale dimostrammo
che esso era dovuto al parassitismo del Fiisarium lateritinm Nees. (Jome
per altro questa grave infezione, che dimezza talora il raccolto delia
foglia, in natura avvenisse noi allora non sapevamo; ciò costituiva una
' GiovAXNM Briosi e Rodolfo Faiineti, Intorno all'avvizzimento dei {lermOijU dei
aelsi. — Nota preliminare, in Atti Tst. botanico dell' Vniver sita di Paoia. serie II,
voi. VII, pag. 123.
Alti dell' Isl. Boi. dell' Vnicersità di Pavia — II Serie — Voi. X. 6
— 66 —
incresciosa e coiniilicata incognita percliè !a sporosi del Fiis'ir/inn iia luogo
in primavera avanti la potatura dei gelsi, vale a dire molto tempo prima
die i rami nuovi, clie forniranno la foglia nell'anno successivo e sui quali
il male poi si manifesta, si siano formati. Quando questi si svilupperanno,
i rami vecchi sono generalmente di già tagliati e portati fuori del campo.
Come spiegare quindi il fatto clie sono appunto i rami rimessiticci
dell'annata che si ammalano sui quali nella primavera ventura avvizzi-
scono i germogli e seccano? Se le spore del Fnsariìim laleiifium sono di
già disperse, e da tempo, quando si formano i nuovi rami, esse non pos-
sono evidentemente produrne Tinfezione delle gemme non ancora formate.
Un'altra forma fungina, della i^uale il Fitsarinm non poteva essere che
uno stadio di sviluppo, doveva fornire i germi infettivi. Per quante ri-
cerche peraltro noi avessimo tentato, non eravamo mai riesciti a trovare
prima d'ora questa supposta forma di successione del Fitsarium lutcritinm
a sporosi autunnale o iemale, che ci desse la chiave del come avveniva
l'infezione. Ora che finalmente l'abbiamo rinvenuta ne diamo l'annunzio,
riserbandoci di pubblicare per esteso i particolari dei nostri studi nel
lavoro definitivo che vedrà pi'esto la luce.
Il Fnsarium latcritiuni. da noi coltivato artificialmente in diverse
gelatine, non produsse mai lo stroma caratteristico delle Tuhcrcìi/ariìicae,
esso si comportò sempre come una vera M/iccdinea senza produrre
forme picnidiche od ascofore, e ciò anche nelle colture abbandonate a
lungo riposo, onde rimanevano ignoti quali rapporti esso avesse con
forme supeiiori.
I^] vero che fin dal 1901, sopra alcuni rami di gelso nei quali ave-
vamo ri|irodotto artificialmente la malattia inoculandovi collidi di Fn-
sariìiD! ìa/crifium, avevamo notato la comparsa di forme periteciali, ma
al fenomeno non deramo allora speciale importanza credendo si trat-
tasse di saprofiti indipendenti affatto dal nostro parassita.
Solo nel marzo scorso osservando in campagna, come facciamo da
parecchi anni, i gelsi tanto delle siepi che dei campi che trovansi alla
nostra portata, osservammo che in alcuni rami dell'anno scorso, amma-
lati e non tagliati dopo il raccolto della foglia, come suolsi fare, le de-
pressioni cancrenose prodotte dui parassita erano tuttavia ricoperte
dalla corteccia e che questa si mostrava cosparsa di verruche nericce.
Ci venne allora il sospetto che queste verruche, anche per la loro par-
ticolare disposizione, potessero essere in lapporto col micelio del Fiisn-
riìtin che produce le necrosi cancrenose, onde tagliammo i rami per le
opportune osservazioni in Laboratorio. .Studiate al microscopio attenta-
mente tali veiruche si rivelarono per altrettanti stroma di un noto
saprofita del gelso, della Giberelìn moricola (De Not.) Sacc.
— 67 — •
Come è naturale, esteudenimo allora le nostre ricerche al maagior
ninnerò di piante possibile e da esse è risultato ciie tali produzioni non
erano pnnto un" eccezione, benché non in tutte le vecchie cicatrici si
manifestassero.
Le depressioni cancrenose nelle quali le verruche della Glhcrdla
si mostravano piii frequenti avevano per centro i resti di un g-ermoglio
avvizzito, mentre in quelle ove la gemma era abortita esse erano piìi rare.
Queste ammortizzazioni attorno ai germogli avvizziti sono dovute
ad attacchi tardivi che hanno luogo in primavera avanzata e talora
anche in estate, mentre gli attacchi precoci ed invernali uccidono ad-
dirittura la gemma senza lasciarle tempo di svilupparsi in germoglio,
come dimostreremo nel lavoro definitivo.
Le verruche sono disposte ed aggregate pressocliè nello stesso or-
dine che hanno gli stremi del Fusavium laterìtimn quando si sviluppano
in primavera.
Era ovvia l' idea che fra il Fusarium e la Giliereìla potesse esistere
qualche nesso genetico, non ostante che sino ad ora quest'ultima fosse
ritenuta come un semplice saprofita inocuo.
Per chiarire le cose abbiamo coltivato in apposito substrato le
ascospore di Giberella e con nostra non piccola soddisfazione, dopo ap-
pena ventiquattro ore, esse lianno prodotto una forma conidica perfet-
tamente eguale a quella che si ottiene coltivando il Fusarinm lateritium,
-seguendo identico processo di sviluppo.
Non v'è [liii dubbio ; la Giberella moricola è la forma autunnale cer-
cata, alla quale si deve l'infezione delle gemme formatesi durante l'e-
state e che dà il Fiisariam lutcritiinn il quale, nella ventura primavera,
sviluppasi nelle depressioni cancrenose prodotte dal male attorno ai
centri d'infezione.
Esaminando allora quanto avviene in natura sugli alberi attaccati,
abbiamo trovato che la formazione dello stroma e dei periteci della Gihe-
rdla moricola avviene negli stessi acervoli del Finiariuiu lateritium. Questi
dapprima perdono il loro colore mattone e prendono una tinta bruna
che di mano in mano va facendosi più cupa, indi finiscono per acqui-
.stare il colore nero cianotico caratteristico della Giberella. Il processo
si segue ancor meglio esaminando i rami morti, nei quali è facile tro-
vare gli stroma della Giberella in tutti gli stadi di sviluppo.
Studiando al microscopio sezioni di questi stroma nei diversi stadi,
si scorge che dapprima la produzione dei conidi del Fusarinm va di-
minuendo, poi la superficie degli acervoli loro si fa bernoccoluta, indi
tutta la massa si tiasforma in sclerozio, nell'interno del quale si for-
mano in seguito i periteci della Giberella.
— 68 —
Qualche volta la sclei'dtizzazioue della stroma del Ftisio-i/nìi è sol-
tanto parziale; anzi, avviene che in alcuni punti continui la produzione
di conidi del Fusarinm persino dopo che hanno cominciato a formarsi
i periteci e gli aschi della Gihcreìla.
Tale essendo il processo della formazione dell'organo ascoforo della
Gilicrcìla è facile comprendere perchè nelle colture artificiali noi non
riuscivamo ad ottenere dalla forma conidica la forma ascofora; il Fusa-
rinm comportavasi in esse come una Mucecìiura, cioè senza formare stroma.
Del come combattere la malattia e dei rimedi da applicarsi diremo
nel lavoro in esteso, non appena ultimato lo studio della biologia del
parassita ed eseguite le tavole litografiche relative.
Dal Laboratorio Crittogamico di Pavia; aprile 10ii4.
G. Briosi e R. Farneti.
Osservazioni criticlie sopra ìilciiiic ricerche niicrochiiiiirlio
(lell'esculiua eseguite dal J)ott. A. (ìoris. '
Le prime ricerche per vedere ove si localizza l'esculina nei tes-
suti vegetali, basarono quasi esclusivamente sul fatto che l'esculina:
(i) Precipita col sottoacetato basico di piombo.
b) Trattata con acidi diluiti e bollenti, o con fermenti diastasici,
si sdoppia in esculetina e glucosio, eh* è riduttore energico del li-
quore di Fehling; per cui, quest'ultimo reattivo, potrebbe indirettamente
servire da indicatore dell'esculina.
Però i metodi fondati su queste proprietà non presentano una tec-
nica praticamente facile e una base chimica sicura, malgrado le modi-
ficazioni suggerite da diversi autori; di modo che si tentò di raggiun-
gere lo scopo mettendo a prova la reazione di Sonnenschein, secondo
la quale: cristalli di esculina messi nell'acido nitrico concentrato e tosto
nell'ammoniaca pura, verrebbero a prendere una colorazione rosso san-
gue molto intensa. Identica colorazione assumerebbero le cellule ad
esculina delle sezioni di alcune parti di vegetali trattate coi reattivi
sopra indicati.
Recentemente il Dott. A. Goris portava una leggera modificazione
al metodo Sonnenschein; modificazione che consiste nell'aggiungere al-
l'acido nitrico il 0,20, 0,30 per '|'„ di ferro puro.
■ A. Goiiis, lìechcrches microchimiques sur quel iptes r/liicosides et quelqucs tanins
veijétaux. — Paris. A. .loaiiin, 190.'ì.
— 69 —
A questo proposito il Goris scrive : " . . . . poìir caractériser ì'escu-
line dans les ceìlules qui la contienneìtt, le n'actif de Sonnenscheìn nevi
donne d'exccUents résultats. Le mcillenr mode opcrntoire consiste à plonger
les coupes pendant 2 à 4 secondes dans l'acide azofique à 1,33 renfermatit
0,20, 0,30 de fer pour 100, pìiis à ìes retircr rivement pour les faire
òaigner immédiafement dans de l'ammoniaguc liquide da commerce. Le
aéjour dans ce dernier reacfif petit diirer quelqnes minufes. „
Egli otteirebbe cosi le cellule ad esculina colorate in rosso viola,
a differenza di quanto si è detto parlando del reattivo Sonnensciiein.
Siccome da qualclie tempo sto occupandomi della ricerca e distri-
buzione di alcuni glucosidi ed alcaloidi nei diversi organi di piante di
The coltivate nell'orto Botanico di Pavia, volli esperimentare la rea-
zione di Sonnenscliein modificata dal Goris, non percliè io avessi un
dubbio sul rigore scientifico delle sue esperienze e deduzioni, ma al
fine di conoscerne la tecnica necessaria alla buona riuscita, onde valer-
mene eventualmente per completare i miei studi.
I risultati da me ottenuti confermano solo in paite quanto aff"erma
il Goris.
II Goris appoggia tutte le sue argomentazioni sulla reazione di
Sonnenscbein che cioè : l'esculina trattata con acido nitrico concentrato
indi con ammoniaca pura, si colora in rosso sangue.
Tale proprietà dell'esculina è vera; però debbo osservare die non
tutte le reazioni cliimiche, specialmente le cromatiche, che si ottengono
per sostanze pure, cristallizzate, mediante reattivi specifici, si possono
estendere a caratterizzare queste medesime sostanze in tessuti vegetali,
dove abbondano composti organici di diversa natura, i quali possono
talora impedire che il fenomeno chiuiico avvenga, o dar luogo con quei
reattivi o col corpo stesso risultante dalla reazione, a dei derivati spe-
ciali che mascherano i caratteri organolettici della sostanza che si
cerca, lasciando in tal modo campo ad errate deduzioni.
Cosi io ho potuto osservare che la reazione di Sonnenscbein non
si può estendere con rigore scientifico alia localizzazione dell'esculina
nelle cellule vegetali, per il fatto che anche: alcuni tannini, l quali nei
tessuti abbondano, si colorano in rosso pili o meno intenso se trattati con
acido nitrico ed ammoniaca.
Difatti : Se si scioglie in acqua distillata piccola quantità di tan-
nino e si tratta poi la soluzione con acido nitrico concentrato, essa
prende una tinta rossastra, che per alcalinizzazione con ammoniaca
passa al rosso-sangue intenso.
Non solo : se si sottopongono allo stesso trattamento delle sezioni
di quercia, ricche in tannino, ed esenti di esculina, si vedono alcune
— 70 —
cellule prendere un marcato colore rosso-sangue o rosso-mattone, e sono
precisamente quelle stesse che col percloruro di ferro danno la reazione
caratteristica e spiccata del tannino.
Il Goris poi, aggiungendo all'acido nitrico il 0,20-0,30 "/o di ferro
incorre, secondo me, in altri inconvenienti, cause probabili di errori.
Prima di tutto dirò che nelle mie esperienze di controllo — trat-
tando sezioni d'ippocastano — non ho mai ottenuto cellule colorate in
rosso-viola, ma sempre in rosso sangue o mattone, quantunque mi sia
scrupolosamente attenuto alle condizioni suggerite dal (xoris; e lo stesso
colore riio sempre osservato anche nelle cellule tannifere di sezioni di
corteccia di quercia trattate col reattivo sopra indicato.
In secondo luogo, siccome della reazione sulla quale egli si basa
non si ha tuttora una esatta interpretazione chimica, e d'altra parte
non si sa quali mutamenti avvengano nella molecola dell'esculina in
seguito all'azione dei reattivi indicati, ma solo essa è resa palese \)ev
hi speciale colorazione che le attiibuiscono, si può domandare:
Quale azione ha il ferro in questo caso ?
Agisce esso come riducente per mettere in libertà acido nitroso
ch^ avrebbe poi un'energica azione ossidante, condizione forse neces-
saria perchè l'esculina si colori ?, od entrerebbe questo acido nitroso
direttamente a far parte della molecola del nuovo composto attribuen-
dogli speciale colore, come talvolta accade quando negli editici orga-
nici, massime a catena chiusa, entra il gruppo NO-? Oppure il ferro
ha una azione puramente catalitica, ovvero entra nella architettura del
nuovo composto?
Non credo. Se la sua presenza fosse solo necessaria per sviluppare
HNO-, invece del ferro che con ammoniaca dà precipitato rosso-mat-
tone più 0 meno intenso di idrossido di ferro, come dall'equazione :
NO-^ NO-' OH OH
NO' — Fe-Fe NO' ^ «NH^ OH = OH Fe-Fe OH +
NQs NO' OH OH
-f tìNH^NO"
precipitato, che anche a detta del Goris maschera talvolta la (creduta)
colorazione dell'esculina, si potrebbe licorrere ad altro l'iducente che
non dia precipitato con ammoniaca od almeno non lo dia colorato.
Ciò nonostante si incorrerebbe sempre nel piimo errore già notato
per la reazione di .Sonnenschein.
E se si trattano sezioni di corteccia di quercia o d'ippocastano col
reattivo Goris, le cellule tannifere della quercia e ad esculina ("?) del-
— 71 —
l' ippocastano si colorano in rosso, come quelle trattate col reattivo
Sonnensclieiu; ad esecuzione fatta, che in questo caso la colorazione
persiste, raentie nel primo passa, dopo qualche tempo, alla tinta ver-
dastra, simile a quella clie assumono le cellule di sezioni di quercia e
d'ippocastano se sottoposte all'azione del percloruro di ferro.
Questo dipenderà forse da un'ulteriore ossidazione o più probabil-
mente da una lenta e successiva azione del tannino sul ferro.
In appoggio ancora alle mie osservazioni porterò i risultati di al-
cune esperienze da me eseguite e di altre del Goris stesso e riferite
nel suo lavoro.
Sezioni di tepali di giacinto, trattate col reattivo Goris si colorano
semplicemente in giallo per xantoproteima. In essi, mancando o quasi
il tannino non appare la colorazione rossastra, come non appare, e lo
dice lo stesso Goris, nei giovani cotiledoni dell'Haesculus Hippocastanum
dove, non solo manca l'esculina, ma manca anche il tannino; mentre
essa si ottiene, quando durante la germinazione appaiono tannino ed
esculina.
E dunque dovuta al tannino od all'esculina?
11 (Toris attribuisce questo al fatto che nell'ippocastano la com-
parsa del tannino e dell'esculina è simultanea, e sostiene che essi sono
contenuti nelle medesime cellule sotto forma d'esculitannato d'esculina.
E sia pure: ma se ammettiamo vero questo, allora bisogna rinun-
ciare alla reazione da lui seguita per localizzare l'esculina. Perchè, se
tannino ed esculina sono nelle identiche cellule, e se i tannini e le cel-
lule tannifere della quercia danno col reattivo Goris, come l'esculina,
colorazione rosso-sangue, chi può affermare che il colore reso evidente
è dovuto all'esculina o al tannino?
Ad avvalorare maggiormente le mie asserzioni dirò che il Goris
stesso scrive: il reattivo di Sonnenschein può servire anche alla ricerca
microchimica della fitstina (che assume colore rosso-vivo) della fraxinn
(che assume colore rosso-giallastro) e dell'acido caffetannico (che si
comporta come l'esculina) perchè sono corpi aventi una costituzione
chimica molto vicina a quella del glucoside in discorso.
Io però vorrei domandare : Se, come è probabile, questi glucosidi
sono in combinazione col tannino, non potrà darsi che le colorazioni
così assomiglianti che prendono talune cellule delle sezioni del vege-
tale in esame, piii che ai glucosidi contenuti, siano dovute al tannino
col quale sono combinati?
È un'ipotesi qualunque questa, come è ipotesi quella del Goris,
ma in mio appoggio sta il fatto, che soluzioni acquose di tannino e le
stesse cellule tannifere della quercia, col reattivo Sonnenschein si co-
r^
lorano in rosso più o meno intenso, sebbene non contengano i glucosidi
sopra accennati.
Qualunque sia l'ipotesi più attendibile, resta sempre il fatto: che
il reattivo Sonnenscliein nella sua forma primitiva e neppure nella mo-
dificazione apportata dal Goris, non può. con rigore scientifico, servire
alla localizzazione dell'esculina nei tessuti vegetali:
l") Perchè la colorazione che si pretende propria dell'esculina
è data anche dalle cellule semplicemente tannifere.
2°) Perchè l'esculina è probabile si trovi nei vegetali in combi-
nazione col tannino sotto forma d'eseulitannato d'escnlina.
3") Perchè il ferro in soluzione nitrica, in seguito ad alcaliuiz-
zazione con ammoniaca dà precipitato rosso-mattone che può masche-
rare la colorazione dell'esculina.
Dall'Istituto Botanico di Pavia; aprile 190J.
Emilio Cazzani
Assistente all'Istituto Botanico.
intorno ad aU-nno malattie della vite non ancora descritte
od avvertite iu Italia.
Ulcera bi.uicsi dei paiiiiiiiii.
Dall'Italia Centrale furono inviati al Laboratorio Crittogamico dei
pampini di vite affetti da una malattia che io ritengo fino ad ora non
descritta.
La malattia, a quanto sembra, attacca Y Aleatico e non gli altri vi-
tigni, e si dice limitata ad un sol vigneto, dove però si manifesta co-
stantemente da alcuni anni.
Essa forma sui giovani tralci, sui picciuoli, sui peduncoli e sui ciii i
numerose ulceri più o meno grandi, a contorno irregolare, che hanno
una grande rassomiglianza con quelle prodotte AaW Aìitracnosi, ma che
si distinguono a prima vista per la muffa di color bianco niveo che le
ricopre.
Questa malattia, per le sue conseguenze, è assai grave, perchè le
ulceri ingrandendosi confluiscono fra loro e quando arrivano ad abbrac-
ciare il germoglio od il peduncolo del grappolo questo muore.
Le ulceri fino dal loro inizio sono ricoperte da un feltro bianco e
fioccoso, costituito dall' intreccio di numerosissime ife del fungo che è
— 73 —
la causa della malattia. Queste ife sono jaliue, ramificate, settate, a
protoplasma finamente granuloso, spesso vacuolose nell'interno, e in esse
non ho potuto osservare ìa, formazione di conidi. I filamenti miceliali
per l'aspetto esterno, per la loro struttura, le loro dimensioni, la loro
azione patogena hanno una grande rassomiglianza, se non sono perfet-
tamente identici, colle ife delle Bolri/tis che producono malattie nelle
Fave, nelle Salvie ^ e in tante altre piante ; e ritengo che Vulcera hiancn
dei ■pampini sia prodotta appunto da una specie di questo genere.
E noto che anche la Botri/ti:^ cinerea non si limita solo ad attac-
care l'uva, nella quale produce il ben noto marciume, ma in luogo u-
mido e caldo, specialmeute nelle serre destinate alla coltura forzata
della vite, e qualche volta anche nei vigneti all'aperto, attacca spesso
le foglie verdi e i giovani germogli. L'alterazione che vi produce è però
ben diversa da quella che ho più sopra descritto sotto il nome di «/-
cera bianca. Essa forma sopra le giovani foglie delle larghe macchie
brune die si ricoprono d"un vello grigiastro formato dai conidiofori della
Botri// is cinerea.
Le macchie che essa vi produce non sono limitate da alcuna linea
netta che separi la parte sana e verde dalla regione malata. Anche i
giovani tralci attaccati dalla Bofrytis cinerea prendono una colorazione
bruna, senza limiti distinti, muoiono e si ricoprono della muffa gri-
giastra caratteristica ed i loro internodi si disarticolano.'
Fae.x; - ha osservato in alcuni vigneti dell'Algeria e della Francia
numerosi pampini di vite lunghi da 20 a 30 centimetri, staccarsi e ca-
dere a terra, indi ricoprirsi d'un micelio bianco fioccoso.
Quantunque per l'aspetto esterno, l'ulcera bianca dei pampini sia
assai diversa dalla malattia descritta dal Faex, potrebbe darsi che i
suoi caratteri esterni, sotto l'influenza di speciali condizioni, fossero
soggetti a notevoli variazioni, e che essa potesse essere prodotta anche
dalla stessa Botrytis cinerea.
Se potrò avere nuovo materiale fresco mi propongo di studiare spe-
rimentalmente Vulcera bianca dei pampini e il micromicete patogeno
che la produce.
' A. De B.vr;y, Veher einig-e Sclerolinien iind Sclerotienhranliìieiteit, in Bota-
iiische Zeitimg, 1886.
R. Farnett, Intorno allo sviluppo e al polimorfismo di un nuovo micromicete
parassita; in Atti dell'lst. botanico dell' Università di Pavia, nuova serie, voi. VII.
- F;/cììiiii(/eit bei. dea Fflanzeii, (Verliaml . il. I\. Akad. van Wctcnscli. te Aiiìntcrdaìii,
l'.HYò, pag'. 128 e ,segueuti). Quest'ultima pubblicazione ò anche corredata da una ta-
vola nella quale sono rappresentate le formo principali degli ascidi di cui qui è parola.
-- 79 —
Il Tammes. xilie ha studiato iu modo speciale simili anomalie so-
pra individui dell'Orto Botanico di Gromiugen sui quali erano abbon-
dantissime, ha trovato dicesse compaiono durante l'inverno sui lanii
lìoriferi, ed ha rilevato che la loro formazione segue una certa perio-
dicità per cui, mentre le prime foglie di un dato ramo fiorifero ne sono
esenti o le mostrano quasi attenuate, le ultime e più interne ne sono
deformate quasi completamente. •
Nello scorso anno anche una piantagione di Saxifraga crassifolia del
nostro Orto Botanico mostrò un certo numero di foglie anomale in tutti
gli stadii sopra accennati, sì che pensai di esaminare se qualche utile
la pianta potesse derivare da tanti ascidii. Ora nello studiare le parti
più profonde di essi mi venne dato riscontrare frequentemente degli
acari i quali non si trovavano invece sulle foglie normali né sulle
piante esenti da anomalie. Mi nacque pertanto il sospetto che la pre-
senza di simili animali fosse in relazione colle deformazioni sulle quali
si trovavano e portai alcuni di essi su un ramo in vegetazione di una
piccola pianta perfettamente normale. All'autunno potei constatare che
alcune delle foglie die eransi sviluppate dtiranle l'eslafe avevano dato
luogo ad ascidii.
Mi proponevo di continuare le ricerche nel presente anno ma sgra-
ziatamente non si svilupparono più né acari ' né ascidii; però la con-
temporanea scomparsa degli uni e degli altri non può a meno di con-
fermare il dubbio che vi siano tra i primi ed i secondi rapporti di
causa ad effetto.
Circa l'utilità che la pianta può ricavare da simili formazioni, im-
porta sapere che in fondo ad ogni ascidio (e specialmente ai più grossi)
si trovano sempre uno o due mammelloni i quali venendo in contatto
tra loro o colla superficie interna della foglia, limitano interstizii o fes-
sure capillari veramente adatti a trattenere l'acqua di pioggia o la
rugiada che viene a raccogliersi sopra di loro. In fondo a tali fessure
si trovano per le glandole capitate che sono sparse anche sulle altre
parti della foglia; la membrana esterna dell'epidermide è meno cuti-
nizzata che altrove. Le cellule del parenchima onde sono costituiti i
mammelloni hanno poca clorofilla e contenuto incoloro o leggermente
antocianieo: il loro potere osmotico è superiore a quello delle cellule
dei tessuti circostanti, cosi che il loro protoplasma non si contrae in
' Alcuni acari raccolti 1' aiiuo scorso avevo inviato alla Stazione di Entomologia
Agraria di Firenze per la determinazione. Poiché il campione è andato smarrito e non
mi è stato possibile raccogliere quest'anno nuovi individui, non posso neanche dire di
che specie si tratti.
— so —
certe soluzioni in cui (luesle si plasinolizzano. Tutti tali caratteri cui
si deve aggiungere la presenza di una terminazione vascolare nell'in-
terno di ogni nianimellone, fanno pensare che si abbia a che fare con
organi assorbenti.
E che sieuo veramente tali, lo prova il fatto che le foglie isolate
conservano più a lungo la loro turgescenza quando gli ascidii sono pieni
di^acqua che non quando si tiene bagnata semplicemente una parte
qualunque del lembo.
Pairistitnto Botanicu ili Pavia; maggio 1904.
Dott. Luigi Muxtejiaktixi.
CiiMi i'uLLAri 1. — Intorno al miglior metodo di ricerca
microcliimica del fosforo nei tessuti vegetali.
I metodi finora proposti per la ricerca microchimica del fosforo nei
vegetali sono, come è noto, ' i seguenti :
Metodo del reattivo triplo (miscela di solfato di magnesio, cloruro
d'ammonio ed ammoniaca) ;
Metodo del reattivo molibdico (miscela di acido nitrico e molibdato
d'ammonio);
Metodo di Lielienfeld e Monti (reattivo molibdico e pirogallolo);
Metodo da me proposto (reattivo molibdico e cloruro stannoso).
Servendosi del reattivo triplo si ottiene in presenza di alcuni com-
posti fosforati un precipitato bianco di fosfato ammonico magnesiaco.
Tale reattivo è iusutììciente per la ricerca microchimica del fosforo;
innanzi tutto perchè il precipitato si forma solo quando il fosforo si
trova come componente di fosfati solubili e poi perchè il precipitato è
incoloro, trasparente, poco visibile nel tessuto cellulare; inoltre non
' Pei' maggiori particolari consultare
Pfeii-er, Jaliilj. f. ii;i.ss. Botai!. 1872, p. 465.
A. Haxsen, Arheit. dcs botai/. Zcit. Wilnhiirri, Bil, III, p. '.ìi', 1885.
W. Behi'.ex?, Tahellen zum (ìchrauelt microscop. Arljeit, \\. 1H3, 18'.(:^.
.\. ZiMMEKMAN, Dic Boianìsche MicrotedmiJc, p. 51, 1892.
LiELiESEEi.D e Moxii. Atti R. Acetici. Lincei, Roma, voi. I, serie 5, fase. 9 e lo, 1892.
Gino Poii.acci, Malpighia, p. 301, 1894 e p. .370, 1895.
Atti Ist. Bot. di Pavia, voi. 0, pai:. 15. I89S.
E. Strasijurgep., Das Botanische Practicum. .Jena, 1902.
— 81 —
producesi in iiuautità apprezzabile se non quando il fosforo trovasi in
proporzioni notevoli. Il reattivo moUbdico ha il pregio di essere sensibi-
lissimo, poiché bastano 3, 14- parti circa di anidride fosforica per formare
100 parti di precipitato giallo di fosfomolibdato d'ammonio, molto più
visibile del fosfato ammonico magnesiano; inoltre questo precipitato si
forma anche in molti casi in cui il reattivo triplo non dà reazione; però
tale metodo se non è accompagnato da successive "reazioni non può e
non deve essere usato, tanto per la debole colorazione, quanto perchè
l'acido nitrico che entra nella composizione del reattivo forma delie
sostanze in contatto col protoplasma le quali hanno colore molto simile
a quelle del fosfomolibdato d'anunonio (per es. l'acido xantoproteico, ecc.).
L'osservatore quindi che si fida in microchimica di sola tale colorazione
incorre certamente in errore. '
Il metodo Lielienfeld e MoìUi è basato invece sulla riduzione del
fosfomolibdato ottenuto col reattivo molibdico per mezzo del pirogallolo
onde rendere maggiormente visibile il precipitato dovuto alla presenza
di composti fosforati ; questo metodo è certamente superiore ai primi
da me ricordati e può essere adoprato per le ricerche microchimiche,
ma ha il difetto di presentare una colorazione non sempre bastante-
mente forte, specialmente quando il fosforo trovasi nei tessuti in pic-
cola proporzione, poi di assumere con facilità colorazione bruna, inoltre
il colore dei preparati facilmente si altera in contatto di acqua e gli-
cerina.
Il metodo da me proposto consiste nell' immergere, servendosi di
pinze di platino, - le sezioni dei tessuti da studiare nel reattivo molib-
dico usato a freddo, e se a caldo, non si deve oltrepassare mai i 40 gradi
di temperatura; indi lavare ripetutamente con acqua semplice o meglio
ancora con acqua acidulata con acido nitrico, le dette sezioni. Questa
operazione di lavaggio è d'uopo sia effettuata con cura perchè è neces-
sario che non rimangano nei pezzi da studiarsi traccie anche minime
di molibdato d'ammonio, il quale, come è noto, è solubile in acqua; quando
• L. IwANOFF si è servito di (jnesto metodo per ricerche microchimiche sulla com-
parsa e scomparsa del fosforo nelle piante (Jarh. f. wiss. Botan. pag. 355, 1901) e
lo stesso Ila fatto E. Pantanem.i per la ricerca microchimica del fosforo in studi sopra
l'albinismo nel regno vegetale (Malpii/ìiia, voi. XVII, 1903); per le ragioni suddette
i risultati di tali ricerche devono essere controllati con altri metodi. Anche il semplice
esame microscopico dei cristalli in tali casi, come è noto, non è pratico.
- È necessario l'adoperare piuze con punte di platino, [lerchè l'acido nitrico di
cui è ricco il reattivo, può intaccare ed insudiciare le sezioni col sale formatosi; gli
Autori che hanno discusso questo metodo, hanno sempre tralasciato questo particolare
che è di non secondaria importanza, e che trascurato, potrebbe spiegarci alcuni casi
di insuccesso avuti da operatori non diligenti.
4lti 'kìl'ht. lìut- dell' Uniocraità di Puiiia — II Serie — Voi. X. 7
— 82 —
si è sicuri che questa ultima operazione è stata beu eseguita si im-
mergano le sezioni in soluzione acquosa di cloruro stannoso (Sn CL,
parti 4; H-0 parti lUO). Se esse contengono del fosforo, in contatto col
reattivo molibdico, formeranno del fosfoniolibdato d'ammonio, sostanza
insolubile in acqua (tanto piìi se si aggiunge all'acqua del nitrato d'am-
monio) ed in acido nitrico diluito; e questa sostanza rimasta per tale sua
proprietà nei tessuti", in contatto del cloruro stannoso, produrrà un ossido
di molibdeno di un bel colore caratteristico azzurro e ben distinguibile
anche in tenuissinie quantità.
Questa sostanza formatasi, ha la proprietà di essere resistente a
molti reagenti, infatti è inalterabile in glicerina, balsamo del caiiadà,
acqua e non è sciolta ed alterata in acido nitrico allungato, L' acido
xantoproteico non si colora in azzurro con questo cloruro e quindi
resta eliminata la grave causa di errore a cui si va soggetti adoprando
come hanno fatto alcuni autori il semplice reattivo molibdico; inoltre,
il cloruro stannoso rende il reattivo estremamente sensibile per modo
che con esso può essere accertata la presenza del fosforo anche dove
è in tenuissime quantità e dove il pirogallolo non riesce a renderlo
manifesto. Anche il tono e la natura del colore che rendesi nettamente
visibile al microscopio e la prontezza con cui esso si produce hanno
pure il loro valore.
Da quanto ho riportato, è facilmente constatabile che quest'ultimo
metodo è il migliore fra quelli descritti, esso non è empirico, ma ra-
zionale, sapendosi appunto come agisce tanto il reattivo molibdico sui
composti fosforati, quanto il cloruro stannoso sul fosfomolibdato di am-
monio e potendo cosi nelle condizioni dell' esperienza ammettere od
escludere con sicurezza la presenza del fosforo.
Tale reattivo è usato in molti laboratori!, specialmente dell'estero;
ciò però non ha impedito a qualche isolato Autore di tentare di dimo-
strare l'insufficienza del mio metodo asserendo cose non giuste.
Siccome ho la ferma convinzione che tale reattivo è veramente di
buon aiuto alla soluzione di alcuni problemi della fisiologia generale,
credo cosa utile ritornare sull'argomento e dimostrare che simili asser-
zioni non hanno fondamento e sono state enunciate perchè il detto me-
todo non fu a dovere applicato.
Si è detto prima di tutto che la presenza di sostanze acide nella
cellula, come sarebbe per esempio il tannino, impedisce l'applicazione
del metodo, e sono state citate dell'esperienze fatte sopra sezioni di
tessuti imbevuti d'acido tannico e sopra altre senza tale sostanza, ot-
tenendo risultati secondo il desiderio di chi eseguiva le licerche.
Ma io domando: in presenza di fosfati, di reattivo molibdico ed acido
tannico si forma o no il fosfomolibdato ?
— 83 —
Che si formi fosiomolibilato in dette coudizioui non vi sarebbe nep-
pure bisogno di provarlo, essendo tale reattivo in simili condizioni usato
ogni giorno nei laboratori di chimica, ma per chi tenesse dei dubbi
e non avesse la possibilità di consultare persone competenti, faccia per
convincersi la seguente semplicissima prova: in uua provetta conte-
nente dell' acido tannico in soluzione acquosa vi aggiunga una data
quantità di un fosfato, in un altro tubo d'assaggio vi metta la stessa
precisa quantità di fosfato senza 1' acido tannico, tratti il contenuto
di ambedue le provette con il reattivo molibdico ed avrà colorazione
gialla nella provetta in cui non vi è tannino e colorazione scura nella
provetta contenente oltre il fosfato anche l'acido tannico; ed ecco che
al subito comparire di questa colorazione i critici proclamano l' insuf-
ficienza del metodo! Invece si continui l'esperimento, si aggiunga del-
l'acido cloridrico al contenuto di questa provetta e si vedrà scomparire
la colorazione scura del liquido e rimanere distinta la colorazione gialla
come nella prima provetta. (Si noti che per ottenere questo basta la
quantità di acido cloridrico che si trova nel cloniro stannoso e che non
scioglie invece il precipitato giallo di fosfomolibdato). ' I liquidi delle
due provette si decantino e si filtrino con filtri tarati, si lavino ed asciu-
ghino e poi si pesino, avremo che la quantità di precipitato di fosfo-
molibdato raccolto nei due filtri è uguale. Il che dimostra a chi non lo
sapeva, che la presenza del tannino in qualunque dose, non disturba
afiatto la formazione del fosfomolibdato come erroneamente si è voluto
sostenere; questa prova così semplice ed alla portata di tutti, a me
pare, dovrebbe bastare per convincere ognuno che tale affermazione non
ha alcuna base né scientifica uè pratica.
Iwanoff (1. e. pag. .3.56) dice clie la formazione del fosfomolibdato
deve essere impedita dalla presenza di alcune sostanze organiche come
per esempio Vacelalo di potassio ; ammetto che vi potranno essere al-
cune sostanze che ostacoleranno, come pure vi potranno essere delle .so-
stanze riduttrici capaci in alcuni casi di ridurre subito il fosfomolibdato,
ma in questo caso si vedrà subito tale riduzione prima di aggiungere
il cloruro stannoso e questa eventualità la si ha egualmente anche col
semplice reattivo molibdico; per quanto poi riguarda l'acetato di potassio,
questa sostanza non ha influenza, infatti, mescolati dei fosfati in pro-
vetta con soluzione non solo di acetati ma anche di tartrati, o di acido
ossalico, od acido citrico ed altri acidi organici e poi trattati col reat-
' An-i'-iungendo im alcale al filtrato decolorato con 1' acido, esso riprende la co
lorazioue scura primitiva, indipendentemente dal contenuto in fosforo che è stato rac
colto nel filtro sotto forma di fosfomolibdato d'ammonio.
— 84 —
tivo molibdico in eccesso, dauiio egualmente abbondante produzione di
precipitato caratteristico di fosfoinolibdato.
È stato anclie detto clie nei vegetali vi può essere dell'acido ar-
senico e dell'acido silicico i quali col suddetto metodo, cioè in contatto
col reattivo molibdico formerebbero un arsenio ed un silico-molibdato
d'ammonio analogo al fosfomolibdato d'ammonio, insolubile in acqua ed
avente la stessa proprietà di colorarsi in azzurro con il cloruro
stannoso. ■
Questo è un errore grossolano; basta consultare qualciie trattato,
anche comune di chimica, come quelli di Fresenins o Koìuitck o del
Barrai (assai consigliabili specialmente a ciii vuol fare il critico), ove
per esempio trovasi che:
" .... /'acide f/iogphoriqne ne pourra ètre con fondu aicc mi ((idre
acide, enr l'acide urgenifjue avec la dissolution mal iihdìque ne donne pax
(In precipite à froid, mais senlemcnt (ì clumd et mème à rehullitiuii; l'acide
siliciqite ne prodiiif () froid aucune reaction, en chcm[fant il ij a une furie
coloration juuve, mais pas de precipit('\ — (Fresenius, Traiti} anahjs. et
cìiim. (jìKilit. 1902, pag. 320) ,,, oppure: " . . .. Oìi a pretendu rpie l'acide
.'iarijì;ki: in una pub-
blicazioue in cui tratta del molibdato d'ammonio come reattivo delle membrane cellu-
lari {Bull. Soc. Botan. de t'nmcc, l!)il2, pag. 187) e fu poco dopo copiato da altri.
-' Chi vuole maggiori particolari cousuiti i lavori originali di:
Knop, Cliem. Centrali!., 2, p. 691. e p. «61, 1857 e p. 102. 1858.
IIoBEi., Wiltslein's Vierteljaì'rschr., 7, p. 74, 1857.
- 85 -
in acqua. Infatti Koninch dice: " Le phosfomolyhdafe aìnnionique est in-
soluble dans l'e(tti fi dans Ics arides rlilorijdnqne ef nitrique trh-dihu'es.
(Koninck, 1. e. pag. 912) „,' mentre il molibdato d'ammonio è solubilis-
simo, quindi dalle sezioni sottili dei tessuti in esame si toglie con
lavaggi in acqua tutto il molibdato e solo dopo tali diligenti lavature
si deve trattare con cloruro stannoso, giusto le istruzioni già date sul
metodo. Naturalmente questa operazione \h fatta con cura, ma se ad
alcuno torna molto difficile il togliere da una sezione di un tessuto
una sostanza solubile in acqua semplice, allora ben pochi metodi di mi-
crochimica potranno da lui essere usati convenientemente.
Vj stato anche detto che ciascun tessuto in contatto col reattivo
molibdico potrà presentare attitudine variabile a seconda dei casi a
fissare nei suoi elementi una certa quantità di molibdati di ammonio
in modo che anche nei tessuti che non contengono fosforo si potrebbe
avere dopo il trattamento con la soluzione di cloruro stannoso la colo-
razione azzurra caratteristica dell'ossido di molibdeno.
Ora questo potere fissatore dei tessuti sarà o fisico o chimico; se
fisico soltanto, il risultato finale dell'operazione è evidente che non ne
sarà compromesso, perchè i componenti del reattivo stesso non cesse-
ranno per questo di essere solubili, altrimenti bisognerebbe ammettere
che il molibdato d'ammonio solubile in acqua divenga insolubile senza
cambiare di composizione ; che il potere fissatore invece sia chimico,
le cognizioni che si hanno non lo farebbero supporre, ma in ogni modo
non c'è che l'esperienza la quale possa ammetterlo od escluderlo con
sicurezza.
Per questo ho fatto la seguente prova : Ho trattato ripetutamente
col reattivo molibdico diverse sezioni di tessuti vegetali ed ho tolto
tutto il fosfomolibdato che si era formato, con delle lavature in ammo-
niaca in cui esso è solubile. Ho lavato con acqua e poi trattato nuo-
vamente con reattivo molibdico, poi rilavato con diligenza le dette se-
zioni in acqua con nitrato d'ammonio, e trattate dopo con il dormo
stannoso ed osservate al microscopio, non ho avuto affatto accenno di
colorazione azzurra; in alcune cellule si scorgeva una tinta bruno-
giallastra dovuta probabilmente all'azione dell'acido nitrico del reattivo,
ma ben differente dall'azzurro dell'ossido di molibdeno.
Basta naturalmente non togliere tutto il fosfomolibdato dalla se-
zione od eseguire male i lavaggi in acqua, per avere la colorazione az-
zurra, ma quando tali semplici operazioni sono ben eseguite non vi è
dubbio che la colorazione non si abbia, il che dimostra che se i tessuti
senza fosforo hanno un potere fissatore sul reattivo molibdico, questo
è puramente meccanico e quindi il molibdato d'ammonio che non entra
— m —
nella composizione del fosfomolibtlato d'ammonio insolubile, è dall'acqua
asportato, dato le sue proprietà di solubilità.'
Fu pure detto che il metodo non può servire nei casi in cui il
fosforo è fissato nelle nucleine e sostanze proteiche; è bene notare in-
tanto che ammesso pure questo fatto, tanto meno si dovrebbero ado-
prare tutti gli altri metodi proposti. Di positivo poi si è che con sva-
riate sostanze fosforate tra le quali la nucleina, l'acido fosfoglicerico,
caseina, legumina, ecc. io ho ottenuto, e solo dopo pochi minuti, forma-
zione di fosfomolibdato col reattivo molibdico."
Quindi credo che per l'azione di un agente cosi energico, qual'è
l'acido nitrico libero del reattivo, il fosforo vien trasformato facilmente
in acido fosforico che è sensibilissimo al reagente, come del resto le
prove sperimentali per molti casi lo dimostrano."'
CONCLUSIONI.
Da quanto sopra è esposto risulta:
1.° Il metodo del reatlivo triplo per la ricerca microchimica del fo-
sforo nei tessuti vegetali non può essere usato, sia per il colore del
precipitato, sia per la poca sensibilità e sopiatutto perchè il precipitato
di fosfato ammonico magnesiaco si foi-ma solo quando il reattivo è in
contatto di fosfati solubili; in tutti gli altri casi non si ha formazione
di alcun precipitato.
Le ricerche quindi che si sono basate unicamente su questo me-
todo per studiare la distribuzione del fosforo delle sostanze fosforate
nei varii tessuti sono di necessità incomplete.
' Evidentemente chi ha avuto risultati coutrari a questi, non ha ben condotto le
manipolazioni, altrimenti non si potrebbe spiegare come si sia potuto ottenere col
detto reattivo la colorazione azzurra dei ijrani d^amido, di celloidina e perfino di carhi
da filtro! Tale risultato è la migliore dimostrazione che il metodo è stato male eseguito.
- Risultati simili sono riportati anche dall'IwANOFF (1. e, pag. ;i5C).
" Anche Iwanoff (1. e, pag. 357) è della stessa opinione circa l'azione dell'acido
libero del reattivo su tali composti e riporta dei risultati di prove che sono favorevoli
a tale conclusione. Il reattivo molibdico deve essere preparato con somma cura e con
acido nitrico in eccesso (come insegna Konin-ck 1. e, tom. 2, pag. G2'2) e ricambiato
di sovente; alla mescolanza del reattivo non ben fatta, si deve forse attribuire la dis-
cordanza dei risultati di alcuni Autori. Cosi, per esemjiio, Iwanoff ed io, agendo col
solito reattivo, sulle nucleine, otteniamo a freddo la caratteristica formazione di fosfo-
molibdato d' ammonio, mentre il dott. A. Arcangeli non la ottiene ; e cosi dicasi di
altri risultati negativi che non si possono spiegare se non coli' ammettere l'uso di
reattivi non ben preparati.
— 87 —
2.0 II metodo del reattico moUbdico solo senza eccessive modifica-
zioni, non deve essere usato, oltre che per la colorazione del precipi-
tato a cni dà luogo, poco vjsibile quando è disseminato nel tessuto cel-
lulare, anche perchè l'acido nitrico che entra nella composizione del
reattivo produce, in contatto colle sostanze protoplasmatiche, delle colo-
razioni giallastre molto simili a quelle del fosfomolibdato ed affatto da
lui indipendenti. Quindi i risultati delle ricerche numerose eseguite con
tale reattivo, devono essere controllati con altri metodi.
3." I metodi Lielienfeld e Monti e quello da me proposto sono
certamente i migliori perchè offrono meno cause d'errore; il secondo
perù ha il vantaggio sul primo perchè il cloruio stannoso non ha gli
inconvenienti che offre il pirogallolo, si conserva meglio è molto più
sensibile e sopratutto dà una colorazione azzurra in contatto dell'ani-
dride molibdica del fosfomolibdato che è resistente ed ha una tinta che
ben si distingue dalle varie sostanze in cui agisce; al contrario del-
l'ossido formato dal pirogallolo.
4.° Il metodo da me proposto, usato convenientemente, al contrario
di quanto da alcuni è stato affermato, rivela la presenza del fosforo
anche quando questo si trova in presenza di molte sostanze acide or-
ganiche come l'acido tannico, acido citrico, ossalico, tartrati, acetati ecc.
e se vi potranno essere delle sostanze finora non note le quali abbiano
la facoltà di impedire la reazione, per la stessa ragione l'ostacoleranno
usando il solo reattivo molibdico.
.5.° Il suddetto metodo serve benissimo anche quando nei tessuti
in esame vi sono diffusi dei composti silicici od arseniosi, perchè il reat-
tivo molibdico al di sotto di 40° C. di temperatura in contatto di tali
sostanze non forma né arsenio, né silico molibdato d'ammonio, come è
stato erroneamente detto.
6.° Il fosfomolibdato d'ammonio è insolubile in acqua ed in acidi
nitrico e cloridrico diluiti, mentre il molibdato d'ammonio è molto so-
lubile in acqua, quindi è possibile togliere dalle sezioni dei tessuti que-
st'ultima sostanza mediante lavaggi in acqua lasciando in essi il fosfo-
molibdato d'ammonio che è insolubile.
7.0 Svariati tessuti vegetali, privati prima delle sostanze fosforate
e poi trattate col mio metodo, non danno la caratteristica colorazione
azzurra, il che dimostra come i diversi tessuti senza fosforo non hanno
la proprietà di fissare chimicamente il reattivo molibdico.
8." La formazione di fosfomolibdato d'ammonio, dopo trattamento
col reattivo molibdico a freddo, la si ottiene anche coU'acido fosfoglice-
rico, nucleine, caseina, leguraina, ecc.
Dott. Gino Pollacci.
Dall'Istituto Botanico di Pavia, Aprile 19U4.
Alcune considerazioni suli'Ontogenia delle Cormofite vascolari.
(Cou mia tavola litografata.)
L'ontogenia delle Cormofite vascolari, qual' è modernameute conce-
pita, così semplice nei fatti, cosi razionale nella loro interpretazione e
concatenazione, presenta tuttavia, ad essere appresa con esattezza,
qualciie difficoltà, di cui parvemi doversi ricercar l'origine, in nua
inopportuna se non inesatta limitazione del concetto di i^cs^ìialiti).
Così, nel ciclo ontogenetico delle Cormofite vascolari, suolsi attri-
buire sessualità e quindi chiamar sessuale, o differenziata in sessi, una
generazione quando " le forme riproduttive provenienti da essa sono
atte a svilupparsi solo dopo essersi fuse con altre ' ...
Per esclusione ne viene, clie si devono ritenere e cliiaraare ((ses-
suali le generazioni cormofiticlie delle Eterosporofite (Hvdropteridee,
Selaginellacee, Gimnosperme, Angiosperme), il che non mi pare esatto,
perchè sembrami che in tal modo si neghi di riconoscere un principio,
una manifestazione di sessualità nell'eterosporìa, sia essa quella inci-
piente delle Pteridofite o quella evoluta delle Fanerogame.
È invero nella difierenzazione, scissione degli elementi riproduttori
di una generazione in due categorie distinte (sessi), che io credo con-
sistere la sessualità, semprechè a tale diiferenzazione o scissione, ne-
cessariamente si contrapponga, o nella stessa generazione od anche nella
generazione successiva, entro i limiti cioè del periodo ciclico, e non solo
r/itro i limiti della generazione, un processo inverso di gamìa, che è riu-
nione e fusione di elementi sessuali.
Di conseguenza mi sembra impropria la denominazione di " ses-
suale „ quand'essa è attribuita solo alla generazione tallofitica (protal-
lare) delle Eterosporofite, mentre in que.^te la sessualità s'estende a
tutto il periodo ciclico, ne abbraccia ameudue le generazioni cormofi-
tica e tallofitica (protallare), simile direi quasi ad una divergenza che
manifestatasi nella prima, passa, pei- così dire, inalterata per mancanza
di gamìa, nella seconda, in cui prosegue sino ad una convergenza (gamìa
ossia fecondazione), processo implicitamente voluto e determinato dal
primo e ad esso contrapposto.
Posta questa distinzione tra sessualità e i/aiuht, A tolta anche quel-
l'impropria sinonimìa od equipollenza delle espressioni " gamico ,, e
" sessuale, „, e delle inverse " aganiico „ ed '• asessule „, causa non
ultima, parmi, di confusione.
' Cfr. SrriASbUKi delle Cormofite va-
scolari, parmi sieno di assai maggiore entità di quello che non le dif-
ferenze — per cui se è vero che un sistema moderno di classificazione
debba basarsi principalmente sui caratteri filogenetici, e che perciò an-
cora, ammessa la legge di Federico Miiller " L'ontogenia ripete la filo-
genia,,, i caratteri ontogenetici debbano assumere il massimo valor si-
stematico, parmi ne venga che il gì appo delle Cormofite vascolari, trovi
nella unità della modalità metagenetica e nella continuità evolutiva del
suo ciclo ontogenetico, ragion d'essere considerato quale vero c/nippo
naturale.
Peraltro anche tale gruppo ha, non v'è dubbio, grandi contatti ed
affinità colle Briofite e colle Tallofite, ancorché dal punto di vista filo-
genetico forse non ancora ben chiariti ed interpretate, ond'è che tale
continuità meravigliosa sebbene non assoluta, che è nella natura vi-
vente, e che nessuno, interprete Cuvier o Lamarck, accetto il domma
0 la spiegazione, può non ammettere, rende difficile l'opera del siste-
matico, e fa sì che la di lui espressione favorita " Sistema naturale di
classificazione „ appaia, almeno sotto un certo punto di vista, una con-
traddizione in termini, sotto cui parmi si celi solo un " Sistema di
classificazione meno degli altri artificiale „.
Dall'Istituto Botanico ili Pavia; maggio 1904.
G-DiDO Rota Rossi
Studente in Scienze Naturali.
Un nuovo fungo parassita
sull.i " Chaqnirilla ", pianta ni<'ssicana.
Nello scorso dicembre il Prof. A. L. Herrera, della Coiiiission de
Parasitologia Agricola del Jfexico, inviava al direttore del nostro Labo-
ratorio Crittogamico dei rametti malati di Adolphia infesta ifeissn. (o
Ceanothusinfestus H. B.) pianta appartenente alla famiglia delle Riiam-
naceae e nota volgarmente in quelle regioni col nome di " Chaquirilla „.
Egli desiderava venisse studiata la malattia per sapere quale fosse
la causa dell'alterazione.
Il Direttore Prof. G. Briosi, ne affidò a me lo studio, ed i risultati
ottenuti dalle mie ricerche formano l'oggetto della presente nota.
— 92 —
I rametti presentano in alenili plinti tutt'all' ingiro, e perdei tratti
(li 1-2 centimetri, nnmerose pustolette di color nero pece un pò" lu-
cente, piccole, del diaraetio di 1-2 mm , avvicinate tra loro in modo da
coprire quasi totalmente il tratto di i-ametto: ma di rado perù con-
tluenti.
Tali pustolette sono rotondeggianti od allungate; talora anche, ma
raramente, a contorno angoloso, irregolare, e presentano una superficie
piana o leggermente convessa.
All'esame microscopico potei facilmente constatare che esse erano
date da stromi di un fango appartenente al gruppo degli Ascomiceti.
In sezione, tali stromi infatti presentano internamente 2 a 4 ca-
vità (loculi) di forma globosa un po' depiessa, oppure lenticolare sulla
cui parete inferiore si ha uno strato imeniale dal quale sorgono nume-
rosi ascili, stipati, contenenti ciascuno otto spore.
Gli ascili sono di forma cilindrica, lunghi 8(i-110;/, larghi 12-15;/,
arrotondati all'apice mentre alla base si restringono bruscamente in un
bi'evissimo pedicello. Non presentano parafisi.
Le spore, di forma elissoidale, ottuse, o meglio arrotondate alle e-
stremità, jaline, gianulose, sono disposte obliquamente, in una sola serie
entro l'asco e misurano 12-15;/ di lunghezza su 6 '/,, -8;/ di larghezza.
In qualche raro asce le spore, nella parte mediana della cavità del-
l'asco stesso, sono disposte quasi in due serie.
Dati i suddetti caratteri questa specie va quindi riferita alla fa-
miglia delle Dotliidearcac Nits. et Fuck. ; sezione Ilijalo.^/iorac Sacc;
genere PJtyllachora Nits.
Di questo genei'e una sola specie, per quanto mi consta, è stata
riscontrata sin'ora sulle Ramnaceae e precisamente su foglie vive di
Condaìki lineala, la PJii/ì/ac'inra lonchntheca Speg. F. Arg. Pag. IV
n. 183; Sacc. Syll. voi. II, pag. fi9G.
Questa peiò differisce dalla specie ora studiata sui rametti di A-
dolphia per diversi caratteri.
Così per citarne alcuni, come si può facilmente rilevare dalla dia-
gnosi, nella Phyllachora lonchotheca Speg. gli stromi sono orbicolari e
più piccoli (0,5-0,8 mm. d.) gli ascili sono di forma lanceolata, misu-
rano 90-100 * 15-20 u. e sono forniti di parafisi; le spore infine sono
disposte nell'asco in 2-4 serie, sono elittielie-fusoidee e misurano 35 v 6;/.
Si può dunque vedere facilmente come le due specie siano tra loro
ben distinte.
La Pli.yllachoi-a della Cliaquirilla differisce pure per qualche carat-
tere diagnostico dalle numerosissime altre specie riscontrate su piante
diverse, benché qualcuna le rassomigli più o meno; ad es. la Ph. di-
— 93 —
Spersa Speg., la Pli. soiorcula Speg. (ved. Sacc. Syll. voi. IX pag. in 15)
e la Ph. Asterocai-yi P. Heuii. (ved. Hedwigia Bd. XLIII, pag. 87, 1904)
le quali però oltre ad altri caratteri differenziali presentano pure quello
di avere ascili con parafisi.
La Phyllacliora della Cliaquirilla è dunque una specie nuova per la
micologia.
Oltre agli stromi con loculi ascofori sopra descritti, altri se ne no-
tano tra essi e da questi poco o nulla differenti nell'aspetto esterno,
ma ben diversi per la conformazione interna e pel contenuto.
Questi infatti si presentano divisi iu tante concanierazioni di rado
rotondeggianti, per lo più invece a contorno irregolare, sinuoso, le cui
pareti sono tutte tappezzate da numerosissimi basidii, densamente fa-
scicolati, relativamente lunghi (25 *= 2 y.), sottili, filiformi, jalini, por-
tanti un gran numero di spore cilindrico-filiforrai, attenuate o meglio
appuntite ad ambo le estremità, esilissime, per lo più leggermente curve
talora invece diritte o leggermente flessuose, jaline, lunghe 22-25 y., e
larghe 1 p..
Qualche stroma infine presenta oltre a loculi ascofori 1 a 3 di
questi loculi con basidi e conidi; che si trovano da un lato nello stesso
stroma.
Questa forma che va ascritta pei suoi caratteri al genere Cylo-
importila Sacc. (sezione Scolecospure Sacc. ; famiglia Sp/iarioù/eac Sacc. tra
i Deuteromycetes o funghi imperfetti) altro non sarebbe dunque che lo
stadio imperfetto, spermogonico dell'Ascomicete cui si trova associata.
Giova notare ancora che delle diverse forme di C'ytosporina sin'ora
descritte nessuna corrisponde nella somma dei caratteri diagnostici a
quella da me ora descritta.
l'hyllachora inexicana n. sp.
IStroiuallbns numcrosis, dense ijregarii^, rariim con/lueìitiòus, subrotimdis
vel eliplico-elongatis ; prominido-applanatis tei lenitcr convexis, laevibus,
(ttro'piceis, minulis 1-2 iiim. diam-, deniqiie lonijitudincdiler fissis, 2-4 lo-
cularibus ; locidis globoso- depressis vel Icnticularibns, ascis cijlindraceh
80-110 V 12-15 iJ, superne rotuiidatis, infere brevissime et spurie attenuato
pedicellatis, aparaphysatis, octosporis, sporis oblique monostichis, raritis sub-
lUslichis, ovato-elipsoideis, idrinque rotundatis, liyalinis 11-15 * 6,5-3 fx,
(jranulosis.
In raniulis vivis Adolphiae infestae, Mexico.
94 ~
Stadio spermogonico. Cijto.sporiiia Adolphiae.
Stroìiuitiliiis nii/r/s, promiiuih ajiphniat/s, ìiiiiiu/is (ìiah/fit c.iienio Pli.
mcxivanac) /rirf/idcin'ler plitriloculan'ÒHS, locnlis plcnimque irrfgiilaritcr si-
nuosis, rare snòrolund/s, sporul//^ copios/ss/iiìis, lììiformibiis c'ili^simis, ple-
ruinque ìenUer cnrvatis, rariiis rectis od lenifcr fìe-t'iiosis, ufi inqiic aciilatis
33-25 * / /f Iii/a/inis, òasidiis vijlììidricis 23-2 /i dense fnscicnìnlìs, Injaliìiis
siifi'ìdi/s.
In ramiilis vivis Adolphiae infestae socia Pliyllaclioia mexicana
ciiiiis status spermogonicus esse mihi videtiir.
I rametti presentansi ingialliti nei tratti ove sono attaccati dal pa-
rassita.
Pai Laboratorio Critlogamico ili Pavia; aiirile 1004
Malusio Turconi
Addetto al Laboratorio Crittogamico,
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I (XXVII Atti Vol. X)
Yig. 1. — Ciclo ontogenetico delle Pteridofite isosporee.
., '2. — Ciclo ontogenetico delle l'teridofite eterospoiee (comprese le equisetacee
l'isosporismo delle finali, è in realtà solo apparente).
„ 3. — Ciclo ontogenetico delle Gimnosperme.
„ 4. — Ciclo ontogenetico delle Angiosperme.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
DI UN NUOVO MEZZO
DI
DlFFUSrONE DELLA FILJ.OSSERA
PER OPERA DI LARVE IBERNANTI
RINCHIUSE IN GALLE DI SPECIALE CONFORMAZIONE
Nota di
FARNKTl RODOLFO e POLLACCI GINO
con I tavola lìtografii^n.
Nel mese di luglio del 1902 vennero raccolte dal prof. G. Briosi
in vigne di San Colombano al Lanibro alcune foglie di viti americane
(varietà Clinton) con numerose galle in vario stadio di sviluppo. Queste
galle attirarono subito la nostra attenzione, perchè mentre alcune erano
in tutto simili a quelle prodotte dalla Fillossera, molte invece apparivano
assai diverse, essendo munite di un'apertura più o meno ampia nella parte
della galla situata nella pagina inferiore del lembo fogliare; cosicché
questa particolarità faceva a tutta prima sospettare che quésti zooce-
cidii fossero opera di qualche altro insetto, tanto più che l'apertura
caratteristica dell'apice della galla nella pagina superiore era nascosta
da produzioni ipertrofiche ricche di peli.
La forma delle aperture inferiori delle galle dimostrava evidente-
mente che tali fori non erano dovuti a contrazioni del parenchima in
seguito a disseccamento, ma a vere perforazioni dovute a corrosione dei
tessuti, e l'esame al microscopio di tali parti ci confermò pienamente
quanto avevamo presupposto.
Nelle galle aperte inferiormente, tanto adulte che non perfetta-
mente sviluppate, a noi non ci riusci di trovare né larve né uova di
Atti dell'Ut. Boi, dell'Università di Pavia >— Nuova Serie — Voi. X. 8
— 96 —
insetto, mentre nelle altre galle non aperte nella pagina inferiore, e
sulle foglie stesse, noi osservammo molte uova, larve ed adulti in ogni
stadio di sviluppo iino alla forma alata e tutti presentavano i caratteii
tipici della legione epigea della Fillossera vastairix.
Verso la fine d'ottobre dell'anno successivo, raccogliemmo presso
Miradolo, in località detta Val Bisserà, non molto lontano da San Co-
lombano, altre foglie di Clinton con galle fìllossericlie, alcune intere altre
rotte di sotto, perfettamente simili alle precedenti (Tav. XXVI, fig. 1,
2 e 3.
Osservate al microscopio si trovò che tutte le galle aperte di sotto
erano vuote, mentre quelle ancora intatte contenevano tutte, con nostra
sorpresa, una grande quantità di larve di fillossera con i caratteri tipici
della forma ibernante; ed alcune galle contenevano rinchiuse, insieme
alle fillossere ibernanti, anche cinque o sei larve normali in seconda e
terza muta (Tav. XXVI, iig. 9) '; l'adulta però presentava una colora-
zione assai diversa dalla tipica femmina gallicola.
Le larve invece di uscire dalla galla mano a mano che le uova
si schiudevano, rimanevano imprigionate nella galla stessa trasforman-
dovisi in fillossere ibernanti ed in femmine adulte, e ciò per conforma-
zione speciale della galla.
Tale fatto che, per quanto a noi consta, non era mai stato notato,
è di grande importanza per la diffusione della fillossera, oltre ad essere
assai interessante ])er la biologia di questo parassita; e questa è la ragione
della pubblicazione della presente, nota, nella quale descriveremo nei suoi
particolari la forma e la struttura di questi zoocecidii, come avviene la
perforazione della parte inf eiiore della galla e perchè si trovino le forme
ilìernanti nelle foglie.
' Maxime Coiind (Ktiides tur la nnuvclle maìadie de la vitine, Paris 1874, pag. 23)
nega contrariamente a rpianto affermano altri, che in ogni galla vi possa essci-r più di
una iillos.sera :
" ()n a dit qiie, dans cliai/ne (/alle, se Irouvaient de un à troin iiiseclcs. Je iieime
ijuc loittes Ics ijallcs ne eonlicnncnt qn'im seid insecle normcdcmcnt ; mais, par le rap-
procliement da plusleurs insectes appliqués sur des porlions peu éloigiiées de In feiiillc,
la formation lii/pertrupliiée p)eut Ics engloher tous. Oit a doitc, daius ce cas. non plus
une galle iiniqii';, mais plnsieurs f/alles confi iientes, et il est souvcnt possihle à l'c.cle-
rieur de reconnaitre le nomhrc des galles qui se soni coìifoiidiics et doni les cacitcs
communiqiienl ensemble „.
Valliiv Mayft {Les Insectes de la ì'ii/nc, Paris 1890, pag. Gfi) dico invece:
" Soueent, snrlont à Tarriire-suison, ccrliiiiies de ces fjalles, plus dévclo2'pées qne Ics
autrcs, reììfermcìit dcit.i; truis et mcme quatre GalUcolcs. Ce soni généralement des
pondeuses soeurs qui, uu lieu d'nnigrcr, se soni fixées là oìi cllcs ctaient nces, lUili-
sant en commun et ai/randissaiit par leur piqure la galle formce par leur mere „.
— 97 —
*
* *
Forma e struttura delle galle.
Com'è noto le galle fillosserlche variano assai per la forma e le
dimensioni. Quelle da noi raccolte a Miradolo avevano la forma di una
pera o di un uovo e le dimensioni di un piccolo pisello, misurando circa
6 nini, d'altezza per 4 di lunghezza.
Queste galle sporgevano dalla pagina superiore del lembo fogliare
più del consueto, cioè per un terzo od un quarto della loro totale lun-
ghezza (vedi Tav. XXVI, fig. 2) K La superficie esterna della parte in-
feriore era bitorzoluta, cosparsa di qualche setola, l'apice era irto di peli
convergenti a cono, mentre la bocca che generalmente è ben visibile
non si scorgeva anche con occhio armato di lente.
Facendo sezioni longitudinali mediane delle galle si osseri'ò che
l'orlo che limita la bocca della cavità formatasi per introflessione del
lembo fogliare, si prolungava per accrescimento ipertrofico formando
tutto intorno un processo laminare i cui margini convergendo e spesso
biforcandosi venivano a chiudere l'orifizio (vedi Tav. XXVI, fig. 4, 5,
6 e 7). Si osservò inoltre che i peli i quali rivestono la parte interna
della bocca invece di facilitare l'uscita delle giovani fillossere ed osta-
colare l'entrata nelle galle dei loro nemici, sono incrocicchiati e disjìo-
sti in modo da impedire l'uscita dell' insetto dalla piccola bocca (vedi
Tav. XXVI, fig. 4, 5 e 9).
Questa struttura ci spiega la ragione per cui le fillossere non po-
tendo uscire per fissarsi altrove, di mano in mano che le uova si schiu-
dono, restano imprigionate nel zoocecidio. E ciò al contrario di quanto
avviene nei casi normali descritti fino qui dagli autori in cui: " l' orifìcio
(iella galla si mostra sotto forma di un foro circolare - guarnito sui mar-
gini di numerosi peli rigidi, incrociati fra loro e disposti in maniera che
il passaggio è chiuso per Ventrata, mentre è aperto per Vuscita ^ „.
Come si è detto molte galle erano aperte nella parte inferiore e
tali aperture erano variabilissime per forme e dimensioni. Alcune erano
larghe quanto l'intera cavità della galla (vedi Tav. XXVI, fig. 3 e ,')),
' ViAi.A {Les maladics de In ciijne, III ed., pag. SO'Jj ilice che le galle s'aprono
alla pagina superiore senza farvi prominenza.
- [1 ConNu, VrALA, Mavet, Dussuc, ecc. dicono invece che l'apertura della galla
della fillossera è oblunga a guisa di fessura.
' Vedi Leonardi, Gli insetti nocivi, voi. IV, pag. .390.
— 98 —
altre più strette, generalmente parallele al piano della foglia, qualche
volta anche oblique; si osservarono pure galle aventi di sotto due
aperture e di ampiezza diversa.
Ora noi ci siamo fatti la domanda: tali rotture sono dovute al-
l'azione delle fillcssere costrette ad aprirsi una via d'uscita? Quantunque
una risposta affermativa potesse sembrare assai naturale, pure in modo
preciso non possiamo rispondere, perchè ci manca la prova diretta per
ammettere od escludere tale ipotesi.
Che le rotture siano dovute ad erosione dei tessuti non vi è alcun
dubbio, perchè l'esame microscopico delle galle rotte lo dimostra. In-
fatti l'erosione delle pareti cellulari segue attraverso il parenchima una
linea irregolare, assai sinuosa e l'alterazione del protoplasma delle cel-
lule erose dimostra che questa rottura avvenne quando i tessuti erano
ancora vivi (vedi Tav. XXVI, fig. 8), Se esaminiamo però le galle ancora
intere nelle quali si trovano imprigionate le larve ibernanti, di rado tro-
viamo erose le cellule superficiali della parete che limita la cavità in-
terna della galla.
Un altro fatto che a priori sembra inesplicabile è quello che la rot-
tura della galla avviene sempre nella parte inferiore, dove cioè la pa-
rete è due 0 tre volte pili spessa ciie nella jiarte superiore, tanto più
che nelle galle cliiuse, non sempre le fillossere ibernanti si trovano fis-
sate al fondo ma qualche volta anche alle pareti laterali e piii spesso
verso la bocca superiore tra i peli che ne impediscano l'uscita.
Malgrado però lo spessore maggiore della parete, la regione infe-
riore della galla è quella in cui la rottura può avvenire con maggiore
facilità, perchè le cellule nella parte inferiore non solo hanno le menbrane
alquanto più sottili, ma per la loro disposizione rendono quivi assai più
facile una rottura, senza contare che verso il fondo esistono delle inse-
nature naturali che ne riducono, alle volte, anche di cinque sesti lo
spessore. Le cellule delle pareti della galla sono infatti molto allungate
in confronto del loro diametro trasversale, e siccome per la loro dispo-
sizione lo spessore della parete nella parte superiore e mediana della
galla è dato dalla sovrapposizione delle cellule secondo il loro diametro
trasversale e nella parte inferiore invece dalle cellule sovrapposte se-
condo il loro diametro maggiore, ne deriva clie quivi la galla olire mi-
nore resistenza alla rottura malgrado che lo spessore sia maggioie.
99 —
Descrizione degli insetti.
Fillossera gallicola adulta. — La Fillossera gallicola trovata nelle
galle raccolte nel mese di luglio a San Colombano lia tutti i caratteri
(Iella femmina partenogenetica ordinaria della legione epigea; non così
quella trovata nell'ottobre a Miradolo, la quale diiferisce specialmente
per le dimensioni, il colore e qualche altro carattere di lieve importanza.
Le sue dimensioni non sono che la metà circa della forma galli-
cola tipica, quindi sono anche minori di quelle della femmina parteno-
genetica ipogea; misura poco più di mezzo millimetro dì lunghezza
(circa 550 /() e poco meno di mezzo millimetro di grossezza (circa 440/().
Il suo colore è di un rosso-bruno intenso, quasi castagno; quindi anche
per questo carattere si accosta di più alle Fillossere ipogee che alle
gallicole ordinarie che sono gialle o giallo-verdastre; non ha però i tu-
bercoli dorsali caratteristici delle prime ed ha la pelle zigrinata di
quest'ultime, anzi la zigrinatura è data da papille tubercolose ancora
più prominenti di quelle che si osservano nella pelle delle femmine gal-
licole ordinarie. Le antenne hanno l'ultimo articolo a forma di becco di
zufolo, ciò che è caratteristico di tutti gli adulti della legione epigea
che appartengono alle ultime generazioni autunnali. Perciò che riguarda
le dimensioni, è noto come esse siano variabilissime in tutte le forme
adulte partenogenetiche, dipendendo la maggiore o minore distensione
del corpo dalla quantità d'uova che contiene; e siccome le fillossere
gallicole appartenenti alle ultime generazioni autunnali, non depongono
che un terzo ed anche meno delle uova deposte dalle prime generazioni
non è quindi a meravigliarsi della piccolezza delle fillossere gallicole
da noi raccolte sul finire d'ottobre a Miradolo.
Forme larvali. — Le larve della forma epigea, come è noto, mano
mano che nascono abbandonano la galla per andarsi a fissare altrove.
Sopraggiunto l'ottobre e fattisi sentire i primi freddi, tutte le fillossere
gallicole adulte muoiono e le giovani larve nate da queste ultime, non
una eccettuata, abbandonano gli organi aerei della pianta, si ridu-
cono nel terreno e vanno a raccogliersi in colonie, più o meno nume-
rose sulle radici e là rimangono immobili, senza cibarsi, sinché non sia
trascorsa tutta la stagione invernale. ' Queste larve che assumono forma
e colore speciale sono le /ìHosserc iheìnanfi.
' Coi!Nu, op. cit., pag-. 22; Mayet, op. cit., pag. 69; G. Leonaiìpi, op. cit., pag. .'504.
— 100 -
Nella maggior parte delle galle raccolte sul finire d'ottobre a Mi-
radolo e da noi studiate, le larve non potendo uscire dalle galle, per
le ragioni che abbiamo viste, erano quasi tutte trasformate in larve iber-
nanti; diciamo quasi tutte perchè in alcune galle abbiamo anche osservato
fino a cinque o sei larve che avevano la forma, le dimensioni ed in
parte anclie il colore delle larve ordinarie.
Quest'ultime erano di forma elittica e di grandezza variabile, al-
cune misuravano più di un terzo di millimetro, altre un poco meno; a
giudicare dalla lunghezza delle appendici e dei peli e dal colore del
corpo, le larve ordinarie trovate entro le galle erano della seconda e
terza muta.
Fillossere ibernanti, — Le fillossere ibernanti non sono che larve
ordinarie arrestate nel loro sviluppo. Esse si distinguono specialmente
per la loro piccolezza e pel corpo appiattito di color bruno.
Le fillossere ibernanti da noi esaminate entro le galle foimavano
numerose colonie fissate alle pareti interne del zoocecidio. Il loro corpo
eia perfettamente elittico, depresso, di color bruno-nerastro, lungo circa
2'20 y. e largo 144 y., munito di lunghe zampe fornite di lunghi peli.
Come ognuno sa, le fillossere ibernanti restano immobili senza nu-
trirsi tutta la stagione invernale, ma coll'elevarsi della temperatura
riprendono la loro vita temporaneamente arrestata dal freddo. Fintanto
che le larve escono dalle galle per andarsi a trasformare in fillossere
ibernanti e fissandosi sopra le radici della pianta sulla quale sono nate o
di quelle delle più vicine, non oflrono per la diftìisione di questo pa-
rassita maggior pericolo delle altre forme attere della fillossera; ma
nel caso da noi osservato, la cosa è molto diversa. Infatti, essendo
molte galle piene di fillossere ibernanti verso la fine di ottobre, vale
a dire poco prima della caduta delle foglie, è evidente che le foglie
cadute ricoperte di galle, come quelle da noi esaminate, costituiscono
il mezzo più pericoloso per la diftusione di questo infausto insetto.
Potrebbe nascere il dubbio se durante l'inverno le fillossere ibernanti
chiuse nelle galle, non siano destinate a morire per Fazione del freddo,
non trovandosi protette da uno strato più o meno spesso di terra,
come le ibernanti che si fissano sulle radici. Le esperienze, però, di
Maurizio Girard e del dott. Horvath di Budapest, sembrano escludere
questa ipotesi. Infatti, Girard, servendosi di miscele refrigeranti, ha
potuto dimostrare che la fillossera può sopportare senza perire dei
freddi di —8" e — 10" centigradi; e Horvath' esponendo radici con
fillossera, alla superficie del suolo, ad una temperatura che raggiunse
' Accademia delle scieìi~c d' Uìiglieria, seduta del 23 .aprile 1883.
— 101 —
fino a 12'^ ceiiti^Tadi sotto zero, dopo diciotto giorni jìotè veriticare
clie la filiosseia viveva ancora. Del resto è noto come la fillossera non
soffra il freddo anche durante i più rigidi inverni. Nel dicembre 1879,
nei dintorni d'Orléans la temperatura discese fino a 30° centigradi
sotto zeio, ma la fillossera resistette, malgrado che molte viti moris-
sero per il gelo.
E iiecessaiio quindi raccogliere tutte le foglie infette per distrug-
gerle immediatamente col fuoco, prima che il vento trasporti a distanza
le foglie e che questa nuova forma di diftìisione abbia a rendere sempre
più inefficace la lotta contro il più grave flagello della vite.
CONCLUSIONI
1." Sono state trovate sopra foglie di viti appartenenti alla va-
rietà americana Cliiiloìi delle galle fillosseriche con ampia apertura
inferiore.
2.° Queste galle hanno l'orifizio superiore stretto e con peli i
quali anziché facilitare l'uscita delle giovani fillossere ed ostacolare l'en-
trata dei loro nemici, sono disposti in modo da impedire l'uscita dell'in-
setto dalla piccola bocca.
3.° La rottura inferiore della galla è dovuta ad erosione e questa
avviene, con tutta probabilità, per opera delle fillossere, le quali non
potendo escire dall'apertura naturale si aprono la via attraverso le pa-
reti della galla.
4.0 Molte galle rimangono chiuse ed in esse vi si trovano larve
in slafo ibernante insieme a poche larve ordinarie della seconda e terza
mnta.
.5." La fillossera di queste galle raccolta in ottobre differisce
principalmente dalla normale, per le dimensioni che sono circa la metà
di quelle della forma gallicola tipica; ed anche per il suo colore rosso-
bruno che l'avvicina più alle fillossere ipogee anziché alle epigee.
6.° Le foglie con questi zoocecidi rappresentano il mezzo più
facile e pericoloso per la diffusione della fillossera a mezzo del vento.
Occorre distruggerle.
Dal Lalioratoriu crittogamico italiano — Pavia, maggio 1904.
— 1U2
.sriKG AZIONE DP:LLA tavola XXVI
Fig. 1. — Estreiiiila ili mi tralcio con l'oglie ricwpeite ili giiUe tillusseiiilie, alcune
delle quali cun larga apertura di sotto.
,, 2. — Galla ingrandita intera che sporge dalla pagina superiore della l'oglia.
„ 3. — Galla ingrandita aperta di sotto.
„ 4. — Sezione longitudinale mediana di una galla, ingrandita, in cui si vede la
disposizione dei peli cbe ostruiscono l'apertura superiore.
,. .'■). — Sezione longitudinale mediana di una galla con grande apertura inferiore.
„ 0 e 7. — Galle in via di sviluppo che dimostrano come la chiusura della galla
avvenga per accrescimento ipertrofico e convergenza dei margini dell'ori-
lìzio. internamente ed esternamente ricoperti di peli.
„ S. — Erosione del parenchima della parete di una galla aperta infcriurniente.
„ 'I. — Sezione schematica di una galla eouteneule diverse culonie di lillossere
iUernauti od alcune larve normali in diverso grado di sviluppo.
ISTITUTO BOTANICO DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
(la GIOVAJfNI BRIOSI.
LA EVOLUZIONE MORFOLOGICA DEL FIORE
IN RAPPORTO COLLA EVOLUZIONE CROMATICA DEL PERIANZIO
STUDI BIOLOG-ICI
dei Dott. L. BiS( ALIONI e G. B. TRAVERSO
(con tiiToIe XIII-XXV)
Capitolo I.
(ìeiicralità a storia dell' argomento.
Dopo che lo Spreiigel, sullo scorcio del secolo XVIII, rivelò agii
scienziati i singolari rapporti che corrono tra i fiori e gli insetti e dopo
che il Darwin tornò a rimettere in onore la grande scoperta dello scien-
ziato tedesco, illastrand(da con nuove e sagaci osservazioni che hanno
portata una vera rivoluzione nella biologia vegetale, una schiera di dotti,
fra i quali meritano di essere segnalati il Miiller, il Delpino, l'AxelI, il
Knuth, l'Hildebrand, ecc., si è lanciata operosa sulla nuova via trac-
ciata dal grande maestro di Spandau, col nobile intento di analizzare
le cause delle più minute modificazioni della struttura fiorale, di guisa
che nel giro di pochi anni il grande edificio della biologia del fiore si
presentò quasi come un' opera compiuta.
La bibliografia concernente la biologia fiorale eonta ormai tre mila
e più lavori, ma se noi compulsiamo questa immane letteratura troviamo
che quasi tutti gli autori si sono preoccupati particolarmente di stabi-
lire che le modificazioni sia di forma che di colorazione dei fiori sono
Atti lUU'Ut. Bot. dell' Uiiivensiti'i di Paria — II Serie - Voi. X, 9
— 104 —
state motivate dall'azione degli insetti nell'evolversi incessante del gran-
dioso fenomeno dell'allogamia, qnasi che gli altri fattoli (luce, clima,
ecc.) fossero stati da questo tacitati o non avessero esplicato che una
insignificante azione durante revdlnzioue degli organi florali.
Rapporti coy;li insetti. — Da questi studi è sorta la legge fon-
damentale che il cidore dei fiori è intimamente collegato colla visita
degli animali iironnbi. Il legame ap[>arve così intimo che il Delpino ha
creduto di poter stabilire una gradazione di colori in correlazione coi
differenti pronubi, il quale sistema di classificazione, prettamente biolo-
gico, è stato poi seguito dal Miiller e da altri autori.
Le obbiezioni a questo sistema non mancarono, ma, malgrado i
lavori di Plateau, di Tiebe, di Carnei, di Bonnier, di Herwey e di altri
scienziati che mal si piegavano a riconoscere nelle variazioni di colore
un'efficacia sopratutto valida nella scelta dei juonnbi e fors'anco iielTal-
lettamento degli stessi, è stato laigamente jiosto in sodo che i colori
gialli e bianchi attirano prevalentemente gli insetti meno evoluti ed i
raccoglitori di polline, mentre i colori della serie cianica, e special-
mente i violetti e bleu, sono destinati ad allettare gli insetti piìi
evoluti, prevalentemente cercatoi'i di nettare, quali sono gli imenotteri,
le farfalle, ecc.
Noi ci troviamo ailunque dinanzi ad un fenomeno (pianto mai sìik
golare di evoluzione cromatica, il quale a sua volta ha indotto, come
vedremo fra poco, delle profonde modificazioni niorfologiclie nel fiore o
per lo meno a queste si è associato, e che ha la sua ragione di essere
nell'attitudine più o meno spiccata che presentano i differenti insetti a
percepire i diversi colori spettrali. Stando infatti ai dati che ci hanno
forniti le osservazioni del Lubbock, le api visiterebbero i diversi co-
lori secondo i seguenti rapporti: .340 volte il bianco, 37.5 volte il bleu,
40.5 il giallo, 427 il vei'de e 513 volte il ros.so. Il Bonnet, da ana-
loghe ricerclie istituite sulle farfalle, sui dittei i, sugli imenotteri, ottenne
raiiporti un (lò diversi poiché le farfalle visiterebbero i fiori bleu 5
volte, i fiori gialli ed i bianchi pure 5 volte ed i fiori rossi 70 volte; i
ditteri visiterebbero 8 volte i fiori gialli, 20 volte i bianchi e 7 volte
i rossi; gli imenotteri infine si poserebbero 12G volte sui fiori Iden,
11 volte sui gialli, 17 sui bianchi e 203 volte sui rossi. Finalmente
il Miiller ebbe a riscontrare che il giallo riesce poco simpatico alle
api, le quali all' opposto ricercherebbero avidamente i colori rossi e
violetti.
Non si può adunque disconoscere che vi ha poco accordo fra i
ditferenti autori, ma. ciò malgrado, in ultima analisi riesce evidente la
legge fondamentale che i colori apiiartenenti alla serie cianica (fiori
— 105 —
rossi, violetti e bleu) sono visitati prevalentemente dagli insetti più
evoluti, quelli invece della serie xantica (fiori gialli) e le tinte bianche
0 bianco-verdastre dagli in«etti meno perfetti.
Oltre il colore, anche l'odore ha una parte importantissima come
mezzo per attirare gli insetti, e lo dimostra il fatto che i fiori i quali
si aprono di notte (per lo più bianchi e giallastri perchè questi due
colori riescono meglio visibili di notte) odorano intensamente al cadere
della sera ed anco durante la notte'.
La grande scoperta della correlazione fra insetti e fiori ha svelato
al biologo le ragioni quanto mai singolari per cui i fiori cleistogami e
quelli anemofili od autogami non sono vivamente colorati, o molto vi-
stosi, ma hanno all'opposto una tinta erbacea o pallida che contrasta
collo splendore delle tinte di quei fiori che hanno sentito il bisogno di
attirare gli insetti al servizio della fecondazione allogamica.
Actinoniorflsmo e zigoniortìsmo. — Dall'osservazione delle colora-
zioni fiorali i biologi sono risaliti allo studio della costituzione del fiore
ed anche in questo campo le ricerche, condotte con fine acume di osser-
vatore, hanno assodato che coll'evoluzione cromatica va di pari passo
l'evoluzione morfologica, per cui dalla forma fiorale più degradata (fiori
acunomorfi), ornata d'ordinario di colori verdastri, gialli, o bianchi, si
risale mano mano alle forme zigomorfe contraddistinte sia dalla vivacità
delle colorazioni, che sarebbero poi prevalentemente rosse, violette e
bleu, sia dalla presenza di disposizioni quanto mai complesse e tutte,
si può afferuìare, intese ad ostacolare agli insetti più degradati la fun-
zione di pronubi.
Ma mentre noi vediamo che nelle ricerche sui colori fiorali in rap-
porto coU'allogamia gli studiosi si sono tenuti pressoché nell'ambito
delle osservazioni d'indole biologica ^ in quelle concernenti la simme-
tria fiorale troviamo invece che occupano un più largo posto le osser-
vazioni sperimentali e fisiologiche. Le conclusioni che si ottennero ap-
paiono pertanto il risultato di nna critica più severa di quella che ha
guidato gli studiosi nella disanima del problema biologico.
Il fiore considerato dal punto di vista fisiologico non appare più
soltanto come un quid assoggettato quasi esclusivamente alle leggi
dell'allogamia, ma bensì come un organo che, al pari degli altri, rea-
' Vecii, per le ricerche sui rapporti tra i fiori e gli insetti, specialmente i lavcti
di Jliiller, Darwin, Ludwig, Delpino, Graeber, Heuderson, Kuuth, Foclse, Lubbock, Bull-
mauu, Low, Kionfeld, Plateau, Lowel, Kienitz-Gerloff, Bonnier, ecc.
- Fauno eccezione a questo riguardo alcuni lavori sperimentali, come ad es. quelli
di Miiller, Lubbock, ecc.
— 106 —
gisce agli stimoli della luce, della temperatura, della gravità, dell'umi-
dità, ecc., (V. capitolo IX) per quanto la sua evoluzione sia essenzial-
mente subordinata al principio della fecondazione incrociata.
Prescindendo per un momento dalla questione dell'allogamia, noi
vediamo che il fiore reagisce allo stimolo della luce modificando a se-
conda dell'intensità di questa la sua struttura. 11 Viicliting fu uno dei
primi a dimostrare, con esperimenti rigorosi, che molti fiori assogget-
tati a variazioni dell'intensità luminosa cambiano di forma, ed è spe-
cialmente il labbro superiore della corolla che si modifica nel senso
che quasi sempre si rimpicciolisce.
Anche la gravità esercita un'azione di non minore importanza sulla
forma del fiore, provocando la trasformazione dei fiori actinomorfi in
zigomorfi. Già l'Hofmeister aveva intraveduti i rapjiorti che corrono tra
la posizione apicale o laterale del flore da una parte e la costituzione
morfologica di questo dall'altra, avendo saputo rilevare come lo zigo-
morfismo appaia specialmente nei fiori laterali sui quali la gravità non
può di conseguenza agire in modo uniforme ma bensì in maniera
molto differente rispetto ai diversi assi o settori fiorali. Ma è special-
mente merito del Voeliting, dell' Hildebrand e di altri autori l' aver
saputo rilevare l'intimo nesso che esiste fra lo zigomorfismo e l'acti-
morfismo da un lato e la gravità dall'altro.
Altri fattori vennero pure invocati per spiegare lo zigomorfismo
fiorale: cosi ad esempio il Delpiuo, riportandosi agli studi del De Caii-
dolle, ritiene che lo zigomorfismo sia derivato dall'actinomorfismo in
conseguenza della lateralità degli assi florali e del nisns forma/ìvus ad
nn tempo (Orcliidee). Lo zigomorfismo poi, secondo lo stesso autore,
può essere di data più o meno recente ed anzi si può ritenere che
quanto più esso è accentuato tanto più ab antiquo è stato ereditato. Al
Delpino spetta il gi'ande merito di aver saputo mettere in evidenza
come nelle famiglie a fiori zigomorfi manchino i tipi anemofili (v. ec-
cezione presentata dal Gen. Dodonaea) e ciò perchè le piante a fioii
zigomorfi sono di molto progredite sul sentiero dell'evoluzione allo-
gamica.
Aggiungeremo ancora, da ultimo, che anche la costituzione (Vochting),
il turgore, le pressioni esercitate sul fiore dalle brattee involucranti e
dall'asse fiorale (Treviranus, Eopers, Hofi'mann, Focke) ed altre cause
vennero tirate in campo per spiegare lo zigomorfismo. 11 Meehan spe-
cialmente insiste sulle cause interne, fra le quali importantissima
sarebbe la nutrizione, quali fattori delle modificazioni di forma. Que-
st'autore però, per quanto ci consta, non ha sviluppato, colla scorta di
documenti scientifici, il suo concetto.
— 107 —
Qualunque possa essere la causa che ha indotto lo zigomorfisnio e
l'irregolarità fiorale', sta sempre il fatto che questo nuovo elemento
il quale lia cosi potentemente contribuito a modificare il tipo fiorale è,
a nostro parere, entrato ben presto al servizio della allogamia, per cui
troviamo che nei fiori zigomorfi si complicano le disposizioni atte ad
attirare taluni insetti (Robertson, Haeckel ed altri) e compaiono delle
speciali strutture che valgono ad eliminare il concorso dei pronubi meno
evoluti, ciò che determina appunto la superiorità di questi fiori su quelli
actinomorfl. Il Verhoefi' infatti nelle sue ricerche sulla fauna e sulla
flora dell'isola Norderney trovò che su 75 piante ve ne erano 3(1 acti-
iiomorfe e 30 zigomorfe. Le prime erano poi visitate da 272 insetti,
le seconde solo da 136. Oltre a ciò rilevò il seguente rapporto per
s,so dell'alloganiia. Secondo il nostro modo di vedere, l'ornitolìlia
non sarehbe una forma di adattamento molto antica, ma la stessa, malgrado il perfe-
zionamento morfologii-o che ha raggiunto, andrebbe collegata ad un tipo di colora-
zione non eccessivamente evoluto, poiché i fiori ornitoflli più classici (fiori impollinati
dai Colibrì) sono quasi sempre rossi.
^ W di a questo proposito Taylor, Floioers.
— 109 —
maggioranza dei documenti scientifici. Basterà ricordale clie le parti
fiorali nascono indipendenti le une dalle altre e solo più tardi si fon-
dono per dare origine al tipo gamopetalo e che le corolle gamopetale
in seguito a processi d'indole regressiva e teratologica possono assu-
mere nuovamente i caratteri delle dialipetale, rivelando così probabil-
mente la loro origine.
Nessun autore, per quanto ci consta, lia cercato di stabilire su basi
realmente scientifiche un nesso fra la gamopetalia — rispettivamente
la dialipetalia — e le colorazioni fiorali. Solo incidentalmente viene
fatto cenno di talune colorazioni predominanti in questi due tipi fiorali
come appare manifesto dal lavoro del Coupin, il quale ha trovato che
nelle dialipetale vi ha la seguente seriazione decrescente : bianco, giallo,
rosso, violetto, bleu, verde, mentre nelle gamopetale si ha il predominio
del giallo cui seguono in ordine di frequenza il rosso, il bianco, il vio-
letto, il bleu ed il verde '.
Filogenesi dei colori florali. — Benché nelle pagine precedenti
si sia accennato abbastanza diff"usaniente ai rapporti che l'evoluzione
di simmetria (actinomorflsmo e zigomorfismo) e quella di numero (diali-
petalia e gamopetalia) contraggono coU'evoluzione cromatica, non jìos-
siamo dispensarci ora dal soffermarci a discutere i lavori di alcuni
autori che hanno trattato Targomento in questione con vedute affatto
originali. Noi lasceremo da parte le discussioni sul controverso problema
riflettente la derivazione della corolla dagli stami (Baillon, Naegeli,
Drude) o dai fillomi ordinarli (Wolf, Goethe, ecc.) o in parte dagli uni
ed in parte dagli altri (Pax, Delpino, ecc.) poiché non entrano nel
campo dei nostri studi che in via affatto secondaria ed invece affron-
teremo subito la questione che ci interessa analizzando i lavori che si
riferiscono esclusivamente ai colori fiorali.
Alien Grant, partendo dal principio che la corolla deriva dagli
stami perché i fiori delle Gimnosperme sono nudi e basandosi inoltre sul
fatto che gli stami colle antere, d'ordinario gialle, rappresentano degli
organi molto più importanti della corolla, stabili la legge fondamentale
che il giallo è il colore primitivo, dal quale poi hanno tratto origine
successivamente il bianco, il rosso, il bleu, il violetto ed infine il lilla.
In ogni famiglia di vegetali, stando a questo concetto, le specie a fiori
gialli meriterebbero adunque di essere considerate come le meno evolute
mentre quelle a fiori rossi, violetti o bleu sarebbero le più perfette. Un
' Olti-e ai lavori citati sulla gamopetalia e dialipetalia e sul zigomorfismo ed
actiuomorfismo, si cousultiuo ancora i seguenti autori: Delpino, Baillon, Hildebrand,
floffmann, ecc.
— no —
indizio di una tendenza al perfezionamento o, viceversa, alla degrada-
zione, si avrebbe nella comparsa di nuove colorazioni al maigine della
corolla, poiché le colorazioni marginali se appartengono alla categoria
di quelle piii evolute indicano che il flore è in via di perfezionamento,
mentre nel caso opposto accennano ad una degradazione di questo.
L'Alien Grant cerca di confortare la sua teoria con numerosi
esempi desunti dai fenomeni di variazione cromatica, sia regressivi che
progressivi, dai quali sarebbe risultato che i fiori gialli rappresentando
il tipo primitivo non sarebbero, come ben si comprende, più in grado
di andare incontro ad una variazione regressiva, mentre quelli rossi, in
causa della variazione regressiva, potrebbero passare al bianco, quelli bleu
al l'osso, ecc., Il che, in altre parole, significa che tali fiori assumereb-
bero quelle colorazioni che sono immediatamente sottoposte, dal j)unto
di vista gerarchico ed evolutivo, a quelle che essi hanno di regola.
L'opposto ha luogo allorché si tratta di variazioni progressive, potendo
i fiori gialli passare al bianco, quelli bianchi al rosso, i rossi al violetto
od all'azzurro.
Oltre al criterio desunto dalla variazione, il Grant accenna pure
ad un altro carattere: quello cioè delle macchie e delle strie, la cui
presenza, secondo l'autore, sarebbe un indizio di più o meno avanzata
regressione fiorale, essendo i fiori più degradati spesso cosparsi di
macchie.
La teoria del Grant ha trovato ben pochi sostenitori (Daves) es-
sendo stata severamente co.nibatiuta, sia perchè riposa sul principio
tutt'altro che accertato della derivazione della corolla dagli stami e sia
ancora perchè non è ai)plicabile alle Composite, non poche delle quali
portano dei fiori ligulati che sebbene più evoluti di quelli tubulosi sono
ciò nondimeno gialli.
Il Wallace che ha analizzata la teoria dell'Alien Grant, fa notare
— come un argomento capace di demolirla — che stando ai dati del-
l'Hoocker (J5r;V/s/« Flora) ed a quelli del Mongredien {Trees and ScìiniÒA
for Enrjìish plaìitatious) i fiori ed i frutti delle piante dell'Inghilterra
presentano dei caratteri assolutamente discordanti per ciò che concerne
la colorazione, sebbene in ultima analisi si tratti sempre degli stessi
individui. Infatti egli riporta il seguente specchietto:
bianco giallo rosso bleu
\ British Flora. ... 292 228 168 123
iioRi. .^ ^,j,^gg ,^j^^ Schrubs. 160 73 62 37
Totale 452 301 230 160
Ili —
bianco
giallo
rosso
bleu
2
3
33
24
0
11
35
21
( British Flora ....
Frutti. ^ .^^.^^^ ^^^^^ Schnibs.
Totale 7 14 (!8 45
Neppure fu accettata l'idea del Grant intesa a mettere in sodo
che il verde, presente in molti fiori {Alchemilla, Jlellebonis ecc.) e spe-
cialmente in quelli sommersi {Callifriche), non costituisca una colorazione
primordiale, ma bensì una tinta di degradazione. Infatti lo Sclinetzler
ritiene che la colorazione primitiva dei fiori sia stata precisamente quella
verde, dalla quale derivarono di poi tutte le altre, di guisa che la
comparsa di questa tinta in fiori altrimenti colorati indicherebbe un
ritorno ad una condizione di co.se originaria.
Allo stesso risultato sono giunti il Miiller, che chiamò la tepria
dell'Alien Grant " eine Karikatur von Yorschnngsergebnisse „, THervey
e pili specialmente l'Hildebrand il quale ci dà la seguente seriazione
filogenetica dei colori fiorali : venie, bianco, giallo, i-osso, violetto, bleu, con-
trastante notevolmente con quella del Grant cui egli imputa di aver
copiato le idee altrui senza citarne la fonte.
Uno studio un pò piìi serio della questione venne fatto, ma limi-
tatamente al gruppo delle Monocotiledoni, dal Lovell il quale cercò pure
di dimostrare che il colore primitivo è il verde, perchè lo si rinviene
nelle piante anemofile ed autogame e nelle famiglie vegetali molto an-
tiche. Pili elevati si presenterebbero il bianco, il giallo ed il rosso:
tutti quanti derivati dal verde. I fiori attualmente rossi, durante la loro
evoluzione sarebbero tuttavia passati attraverso uno stadio di colora-
zione bianca e poi gialla. Per quanto riguarda infine i fiori bleu, egli
sarebbe venuto alla conclusione che gli stessi abbiano tratto origine
da progenitori bianchi, gialli o rossi. 11 lavoro del Lovell si chiude con
una tavola liassuntiva sulla distribuzione dei differenti colori nelle di-
verse famiglie costituenti il gruppo delle Monocotiledoni, la quale viene
qui riportata unicamente a causa dell'attinenza che la stessa ha coi
nostri studi.
(Vedi tabella a pag. seguente.)
— 112
ORDINI
FAMIGLIE
O
.2
co
co
C3
CO
ai —
E
co
Pandanales . . j
Tyiihaceae .
Siiarganiaceae
2
4
2
4
Najadales . • • ,
Najadaceae .
42
42
Sthenchzeriacea
Alismaceae .
e
1
19
3
4
19
Vallisneriaceac
3
3
Graminales . . \
Graraiiiaceae.
Cyperacrae .
371
334
371
334
Arales . . . .]
!
Araceae . .
Lemuaceae .
Mayaceae . .
1
2
1
5
11
8
11
1
Xyridales . . .
Xyridaceae .
6
6
Eriocaulaceae
Broineliiiceae.
1
0
5
1
Comraeliiiareae
1
11
12
'
Pontederiaceae
l
1
2
4
/
.Inncaceae. .
47
47
i
llelanthaceae
7
10
2
r,
24
I.iliaceae . .
G
13
li
1
r,
1
38
]
Convallariaceaft
2
11
1
4
5
23
Liliales ....
1
Srailacaceae .
Ilaemodoraccae
Amaryllidaceae
Dioscoreaceae
Ili laceae .
1
3
1
3
1
14
11
11
1
6
1
17
Scìtaminales. .
Maranthaceae
1
1
Orchidales. . . |
Biiruianiaceae
Orohideaceae.
18
18
8
1
14
11
1
69
Totale ' . . . .
49
82
22
23
38
852
10G()
Per quanto concerne le Dicotiledoni siamo debitoii a] Coiiiiin di al-
cune osservazioni, avendo egli rilevato ciie in tali piante predomina il
giallo, poi vengono il bianco, il rosso, il bleu e il violetto.
È da notarsi intanto che nelle famiglie più degradate di questo
gruppo sono maggiormente diffusi i colori gialli, bianchi e rossi (Croci-
fere, Kanunculacee, Papaveracee, etc).
Se si fa astrazione pertanto da,lle peregrine idee dell'Alien Grant
' I rapporti trovati dal Lovell corrispondono abbastanza bene a quelli rinvenuti
dal Coupin, poiché questi rilevò la seguente seriazione decrescente nelle Monocotiledoni :
1° verde, 2" bianco, 3° rosso, 4° giallo, 5» bleu, 6" violetto.
— li;; —
intese a porre in so.lo che il giallo è il colore primordiale, il verde
invece un colore di degradazione, emerge evidente il fatto che le ri-
cerche di tutti quanti gli autori concordano nell'aniniettere un graduale
perfezionamento cromatico che iniziatosi col verde e coi colori della
serie xantica, terminerebbe attualmente colle tinte della serie cianica
e più specialmente col violetto e col bleii.
Questo modo di interpretare il fenomeno dell'evoluzione cromatica
sarebbe in intimo rapporto colle ricerche di quei biologi che hanno
assodato che gli insetti più intelligenti visitano i fiori più evoluti cro-
maticamente e che le famiglie più degradate morfologicamente portano
d'ordinario dei fiori gialli, bianchi o verdi.
Ma a questo riguardo giova notare che non tutti gli autori con-
cordano sul significato che si deve dare alle specie a fiori verdicci,
inquantochè taluni ritengono che le anemofile, fra le quali abbondano
le specie fornite di fiori verdi, siano tipi antiijuati (Delpino) od arre-
stati nella loro evoluzione, il che a nostro parere ha un fondamento
ili verità, mentre aUri sostengono che le stesse piante derivano da
forme entomofile (Alien Grant, Henslow ed altri), come si è visto nelle
precedenti pagine.
Variazioni cromatiche. — L'Alien Grant ha fatto molto assegna-
mento sull'indole delle così dette variazioni cromatiche per formulare la
sua curiosa teoria, e gli autori che lo hanno combattuto si sono preoc-
cupati, a nostro parere, assai poco di questo concetto, avendo essi
tentato unicamente di stabilire una seiiazione filogenetica dei colori
fiorali in base ad altre vedute. Ora è d'uopo domandarci qui se la va-
riazione, intesa pressoché nel senso dell'Alien Grant, sia costantemente
collegata coli' evoluzione o non dipenda piuttosto da altre cause. Per
l'ispondere a questo quesito dobbiamo rivolgerci di preferenza allo studio
che l'Hildebrand ha fatto sulle variazioni dei colori fiorali. Quest'autore
colle sue ricerche è giunto alla conclusione che la variazione cromatica
fiorale d'ordinario oscilla nell'ambito delle colorazioni che predominano
nelle specie o nei generi aflìni.
Dal confronto delle famiglie prevalentemente costituite da fiori or-
nati delle colorazioni della serie xantica con quelle rappresentate da
generi aventi il perianzio colorato colle tinte della serie cianica, egli
potè rilevare che ben di rado ha luogo una variazione con passaggio
dalla serie cianica a quella xantica, o viceversa, in una data specie, il
che, come vedremo in seguito, ha per noi un'altissima importanza. Fatte
poche eccezioni {Hlòiscus, Hi/acinthus ') si può dire che queste due se-
' È singolare che i Giacinti gialli sono poco resistenti, per cui muoiono facil-
mente (Hildebrand).
— 114 —
rie di colorazioni si escludono vicendevolmente nelle manifestazioni do-
vute alla variazione'. La raj^ione di un tale contrasto, che secondo noi
avrebbe la sua origine nella filogenesi, va per FHildebrand ricercata
invece nella circostanza clie la contemporanea comparsa, in un organo
fiorale, di questi due tipi cromatici darebbe luogo a colorazioni inde-
cise e poco vistose, per cui verrebbe meno la funzione che è devoluta
ai pigmenti vegetali nel processo dell'impollinazione. Noi non vogliamo
scemare il valore dell'interpretazione dell'Hildebrand, ma solo faremo
osservare che le associazioni in questione sono forse più frequenti di
quanto ammette quest'autore.
L'Hildebrand si sofferma a lungo a trattare delle variazioni che
danno luogo al bianco, che egli ritiene il colore più diffuso perchè tanto
le colorazioni della serie xantica quanto quelle delle serie cianica ten-
dono a variare verso il bianco. Raggiuntasi la colorazione bianca si ha
una forte diminuzione nella tendenza alia variazione -, per cui questo
colore va ritenuto come una delle tinte più stabili e più diffuse, tanto
che non infreiiuentemente esso si appalesa nella variazione anche quando
manca nelle specie tipiche e non aberranti, il che per noi è di alto
interesse.
Il predominio di una determinata colorazione in una data famiglia
provoca, come si è detto, delle variazioni limitate al gruppo cromatico
cui appartiene il colore della famiglia o tutt'al più si potrà arrivare
fino alia colorazione bianca. A questo proposito l'Hildebrand fa os-
servare col Darwin che solo in pochi generi si incontrano associati i
colori delle due serie: la cianica e la xantica. Essi citano come tali i
generi Lìipiniis, Poli/gala, A/jiii/egia, ecc.
Come fenomeno interessante l'Hildebrand osservò che i fiori i quali
hanno colori assai vistosi vanno poco soggetti alla variazione, mentre
questa diventa frequente nelle si)ecie a fiori ornati di tinte alquanto in-
certe ed indecise.
Tanto prima che dopo la comparsa del lavoro dell' Hildebrand
molte osservazioni vennero fatte sulle cause che determinano la varia-
zione (diminuita forza vitale [Meelian], luce, clima, cause fisiologiche
[Lovell]) e noi citeremo qui come assai importanti le ricerche del Men-
del, da poco soltanto state rimesse in onore, quelle di Darwin, di De
Vries, di Correns, di Foche e di Tschermack. Alcuni di iiuesti studi
■ L'autore accenna pure a facili passaggi dal giallo al rosso ed anzi ritiene che
il rosso passi più facilmente al giallo che al bleu, sul quale fatto noi pure concor-
diamo (Vedi Tav. XIV).
' Il Klinge fa notare che talune specie, per ragioni di mimicnj, divoiitauo bianche
e si conservano tali quando si trovano frammiste a determinati gruppi di piante.
— 115 —
riflettono le colorazioni settoriali, a riguardo delle quali venne data una
spiegazione abbastanza plausibile dal Villmorin, mentre altri hanno
avuto di mira le coloraziouL che insorgono neg-li ibridi quando (luesti
derivano da progenitori colorati differentemente l'uno dall'altro. Noi non
staremo qui ad enumerare tutti (juanti i risultati cui sono giunti gli
osservatori, poiché troppo lungi ci porterebbe un tale compito, mentre
poi chiunque può trovare ampiamente discussa la questione nel lavoro
del De Vries (Mutationstheorie), in quelli di Correns e nella pubbli-
cazione che uno di noi ha fatto in collaborazione col dott. PoUacci
sulle antocianine. Non possiamo però passare sotto silenzio un feno-
meno abbastanza singolare che si osserva talora nei tentativi di ibri-
dazione eseguiti scegliendo progenitori fra loro differentemente colorati.
Le ricerche di Mendel, di Correns e di De Vries hanno dimostrato che
se si procede all'ibridazione nel senso sopra accennato spesso si ot-
tiene che il discendente acquisti una colorazione che non è quella dei
progenitori. Per esempio se uno dei progenitori ha fiori bianchi, l'altro
rossi, l'ibrido sorto da questi può mostrare una colorazione bleu. Il
fenomeno è quanto mai strano e nello stesso tempo poco suscettibile di
una rigorosa spiegazione, come lo prova il fatto stesso che i differenti
autori che lo studiarono ne hanno date disparatissime interpretazioni.
Nello studio sopra ricordato che uno di noi ha fatto sulle antocianine
essendo arrivati alla conclusione che la comparsa di questo pigmento
è dovuta probabilmente all'intervento di speciali enzimi ossidanti, si è
emessa l'ipotesi che la formazione, nell'ibrido, di colorazioni antocia-
niclie differenti da quelle dei progenitori dipenda appunto dall'azione
delle ossidasi e dalla costituzione diversa del succo cellulare dei due
progenitori. Supponiamo infatti che uno dei progenitori (A) porti dei
fiori muniti di corolla bianca, l'altro (B) abbia dei fiori rossi per anto-
cianiua. Percliè l'ibrido che ne deriva possa assumere la colorazione
bleu occorre semplicemente che nelle cellule della corolla bianca del
progenitore A si trovi un succo alcalino e fors'anco delle sostanze cro-
mogeniche. Data questa condizione di cose la sostanza colorante anto-
cianica del progenitore B (il quale si suppone contenere anche il fer-
mento ossidante attivo sui cromogeni) verrà ereditata dall'ibrido, niM
allo stato dissociato, vale a dire sotto forma di antocianina bleu. Man-
cando 0 scarseggiando il succo alcalino non si avrà la comparsa, nel-
l'ibrido, di una colorazione differente da quella di uno dei progenitori.
Questa idea, per quanto richieda il controllo dell'osservazione di-
retta e sperimentale, trova un forte appoggio in alcune osservazioni
analoghe fatte dal Correns, il quale pure ha sospettato che i fermenti
compiano un certo ufficio nella biologia degli ibridi, non potendosi spie-
— no-
mare, senza l'intervento degli stessi, il fenomeno singolarissimo clie ne-
gli ovari (li questi compaiono spesse volte quelle coloiazioni die sono
liropiie del progenitore maschile.
Parimenti, secondo il nostro mudo di vedere, in alcnni casi (osserva-
zioni del Correns sulle Mirabilis [V. Bot. Centralbl. 1902 Bd. XX]) l'in-
sorgere di una colorazione rossa negli ibridi derivati, da progenitori for-
niti di corolle bianche e gialle ])0trebbe diiiendere, per le ragioni sopra
esposte, da una più intensa ossidazione del jiigmento antocianico giallo
analogamente a quanto si osserva negli idioblasti colorati delle Fuma-
riacee (v. in proposito il lavoro di Zopf, in Bibliot. botanica).
Noi non insisteremo ulteriormente su questioni clie hanno solo un
lapporto iudiretto coi nostri studi, per concludere die dalla ia})ida ras-
segna die abbiamo fatto dei fenomeni concernenti la variazione emerge
evidentemente die non si può, senz'altro, accettare la teoria la quale
vorrebbe far derivare le une dalle altre, per una serie non interrotta, le
varie colorazioni fiorali (seriazione monofìletica) di guisa che il verde
ed il giallo dovrebbero ritenesi come i primi anelli della catena, il violetto
eii il Ideu gli nltiini.
Oppostamente a questa teoria (che sarebbe certamente confortata
poi vengono il giallo (28,7 7„), il violetto ed il bleu (21,6 7„)
ed infine il rosso {n,5''lg). Lo stesso autore osserva che nella flora dei
deserti il bleu è scarsamente rappresentato, menti-e sono frequenti i
colori giallo-biancastri, rossi e violetti.
Il Coupin sostiene che nelle alpi francesi predominano i colori
gialli, mentre l'Pxkstam, accennando alle regioni nordiche e piìi special-
mente allo Spitzberg, riferisce che ivi il bianco è il colore predomi-
nante, poi viene il giallo e quindi il verde, mentre manca il bleu, ed
il rosso è soltanto rappresentato nella pi'oporzione dell'S"/;,.
Nel lavoro dell' Hildebrand sulla variazione delle colorazioni fiorali
si incontrano i dati relativi alla Lapponia, Groenlandia, Francia, Ger-
mania, Spitzberg e all'isola di Melville. Nello Spitzberg la seriazione
è quella stessa indicata dall' Elckstam; nella Groenlandia invece sopra
26 specie bianche ve ne ha solo una bleu, nella Lapponia domina la
seguente seriazione: bianco, giallo, rosso, bleu, violetto e verde mentre
per quanto concerne l'isola di Melville si nota una lieve dilferenza
dovuta al predominio del giallo sul bianco; in Germania è ditfusissimo
il giallo, poi viene il bianco, indi il rosso, il bleu, il violetto ed il ran-
ciato; infine in Francia si avrebbe come colore piii diffuso il bianco,
cui terrebbero dietro il giallo e gli altri colori come in Germania'.
Un aumento nella proporzione dei fiori bianchi e gialli verso il
Nord è stato pure riconosciuto dal Lindman, il quale però fa rilevare
che in Norvegia il bleu ed il rosso sono più fortemente rappresentati
(bianchi 2G, gialli 32, rossi 42, bleu e violetti 33). Lo stesso autore
trova ancora che sui monti eccellono il bleu ed il violetto.
Il Cockerell, avendo osservato che sui monti del Colorado si ha la
seguente progressione per quanto concerne la frequenza dei colori :
verde, giallo, rosso, bleu, fa rilevare che la predominanza del bleu è
in relazione collo stentato accrescimento delle parti vegetative delle
piante sulle montagne.
Stando alle osservazioni del Kuutli, sui continenti predominereb-
bero i colori gialli, bianchi e rossi, sulle isole invece ed in primavera
sarebbero più frequenti i fiori bleu e violetti. La ragione di ciò va ri-
cercata, secondo l'autore, nella scarsità dei pronubi che è una carat-
teristica delle regioni insulari, jìer cui i fiori debbono rendersi molto
appariscenti per attirare i fiochi insetti della località speciale.
' La questione è alquanto complessa poiché il Roder ritiene invece che il bianco
sia il colore predominante tanto in Francia che in Germania, mentre il Coupin per la
flora francese dà la seguente seriazione: giallo (808); bianco (C87); rosso (505); verde
(313); bleu (157); violetto (l'22).
— 118 —
Lo Scliiibeler ha cercato di coordinare 1 fatti in base alle se-
guenti leggi :
1°) Nelle regioni nordiche predomina il bianco. — Infatti su 10
specie di fiori colorati si ha la seguente proporzione di fiori bianchi :
in Germania 5, in Lapponia 7-S, in Melville-Inseln 8-9, in Groenlandia
15, nello Spitzberg 16.
2°) Verso il Sud aumentano i fiori colorati e diminuiscono i bian-
chi, poiché su 10 bianchi allo Spitzberg se ne hanno 6 colorati, e que-
sta cifra arriva ad 8 nella Groenlandia, ad 11 nell'isola di Melville, a
13 in Lapponia, a 19 in Germania.
.3°) Il giallo è il colore più frequente, dopo il bianco, nel Nord,
poi viene il rosso, mentre assai raro è il bleu. Il fenomeno risulta evi-
dente se si considera che su 10 fiori gialli a Melville-Inseln si hanno
solo 1,2 fiori bleu e questi ari ivano ad 1,8 in Groenlandia, a 2,9 in
Lapponia, a 3, 3 in Germania, ammessa — ben inteso — sempre ira-
mutata la proporzione sopra indicata dei fiori gialli.
Lo Schiibeler afferma, non sappiamo con quanto fondamento, che i
fatti osservati sono in accordo col principio della fecondazione incro-
ciata per mezzo dei pronubi, poiché tanto più si va verso il Nord al-
trettanto più scarsi diventano gli insetti ed in conseguenza debbono
primeggiare quelle colorazioni fiorali che valgono ad allettarli.
Da ultimo noi ricorderemo ancora che secondo lo Scliomburg la
flora dell'Australia del Sud è caratterizzata dal predominio dei colori
gialli, ma intanto faremo parimenti rilevare che il lavoro di quest'au-
tore si presta a non poche obbiezioni.
Emerge dai fatti esposti che iielle regioni nordiche tendono a farsi
più frequenti i colori bianchi, mentre in quelle temperate e calde pri-
meggiano i coloi'i vivi quali sono il rosso, il violetto ed il bleu. Tutti
quanti gli autori (Hildebraiid, Knuth, Lubbock, Joly, Verholf, ecc.) hanno
messo, come si è detto, il fenomeno in rapporto colla scarsità dei pro-
nubi che é la caratteristica delle desolate regioni nordiche, ma, a no-
stro parere, questa non deve essere la sola causa, non potendosi negare
r influenza di altri fattori, come giustamente sostengono anche il Sar-
gnon e l' Herwey.
Egli è ceito ciie prendendo unicamente in considerazione gli in-
setti, talune variazioni di colorazione che .si verificano in differenti re-
gioni ' riescono diffìcili ad interpretarsi, nello stesso modo die non si
' Il Bennet studiaiiJo comiiarativamenfe la flora iirimaverile dell' Iiigbilterra e
della Svizzera trovò che nella prima si ha la seguente seriazione di colori: 2(> "/„ bianchi,
IT»/,, gialli, il "lo bleu e violetti, 9"!^ verdi e 5 "/(, rossi, mentre nella Svizzera su
cento fiori se ne riscontrano 18 bianchi, 10 rossi, 8 bleu, 1 verde, le quali difterenze
non si possono spiegare che ammettendo l'intervento di influenze climatiche.
— 119 —
può spiegare collo stesso criterio il fatto che i fiori di pianura portati
sui monti acquistano, già nel primo anno di dimora nella nuova sta-
zione, una colorazione più viva (vedi i lavori di Musset, Haeckel e
Bonnier).
Influenza delle stagioni snlle colorazioni florali. — Il nostro as-
serto appare ancora piìi manifesto se si consultano quei pochi lavori
che si hanno sulle colorazioni fiorali in rapporto alle differenti stagioni.
Importantissime osservazioni vennero fatte a questo riguardo dall'Hil-
debranii che segnalò, fra l'altro, come la Lychnis vespertina varii di co-
lorazione a seconda delle stagioni in cui avviene l' impollinazione. Si
volle attribuire il fenomeno alla presenza di diiferenli pronubi nelle
diverse stagioni, ma è certo che una tale ipotesi, per quanto seducente,
è assai speciosa e richiede di essere convalidata da uno stuiUo un pò
accurato del fenomeno.
Secondo il Drnmnìond, in Aprile, Maggio e Giugno predominano, ad
Ontario e Quebeck, i fiori bianchi, in Luglio compaiono anche numerosi
i gialli associati ai bianchi; in Agosto i gialli assumono il sopravento,
ed infine in Settembre ed Ottobre diventano predominanti i rossi e bleu.
La stessa seriazione intravvide il Clarke, il quale, in base appunto
ad un tale reperto, formulò il principio, tutt'altro che sicuro secondo
noi, del perfezionamento ciclico dei fiori, grazie la quale le colorazioni
fiorali diventerebbero sempre più evolute (nel senso biologico) dalla
primavera all'autunno '.
Fra i pochi autori che hanno trattato il fenomeno delle colorazioni
fiorali dal punto di vista fenologico merita ancora di essere segnalato
il Natoli, che a riguardo della flora ticinese trovò la seguente se-
riazione :
Colori dei fiori
Primavera
Estate
Autunno
Inverno
giallo
199
242
43
2
bianco
150
222
21
5
verde
45
44
10
0
rosso
65
61
11
0
violetto
35
53
7
0
azzurro
74
72
12
0
porpora
65
76
9
2
rosa
63
71
5
0
' Ancora meno attendibile ci sembra l'affermazione del Biichau il quale ammette
che le colorazioni fiorali si presentino nel decorso deirauuo secondo l'ordine stesso con
cui appaiono i colori dell'arcobaleno, troppe essendo le eccezioni che si incontrano al-
lorché si corca di applicare un tale principio.
Atti dell'Ut. Boi. dell' Università di Pai-ia — II Serie — Voi. X. 10
— 120 —
Da ultimo licordeiemo ancora il Robertson che per mezzo di adatti
diaframmi sarebbe riuscito a mettere in evidenza che la predominanza,
nei dift'ei'enti mesi dell'anno, di determinati colori fiorali è in correla-
zione colla presenza di speciali insetti pronubi, nello stesso modo che
l'area di distribuzione dM' Aconilam è legata alla distribuzione geogra-
fica dei Bombits (vedi Kronfeld in Botan. .Talirb. f. System, ecc., Bd. XI
pag. ]',)). Disgraziatamente noi non abbiamo potuto avere sott'occlii il
lavoro del Robertson, per cui non siamo in grado di fare alcun apprez-
zamento in merito alle sue osservazioni.
Dal complesso di pochi dati non è. possibile ileiliirre una legge e
tanto meno stabilire che la successione dei colori nelle varie stagioni
sia in relazione colla presenza di una determinata categoria di insetii,
la maggior parte dei qiudi poi, come si sa, non è legata ad uno spe-
ciale colore fiorale. Tutfal piii è lecito atfermare che la predominanza
dei colori bianchi in pidmavera dipenda dalla circostanza che le piante
a fiorituia jìrecoce a[)partengono alla categoria delle specie alpine o
nordiche (Harshberger) le quali, come si è detto sopra, sono prevalen-
temente bianche. Ma non è questa la sola causa, e d'altra parte poi non
si può assolutamente spiegare con un tale criterio il fenomeno della
più precoce fioritura dei fiori bianchi di Neriinn, Croctts, S//rinr/a, la
quale talora precede di una settimana la comparsa dei fiori colorati
della stessa specie (Hoffmanii). In conseguenza è d'uopo confessare che
le cause delle colorazioni fiorali in relazione colle stagioni debbono es-
sere molteplici e complesse.
Il [iroblema è veramente grandioso e seducente, ma la sua soluzione
potrà dirsi definitiva quando si sarà fatto uno studio accurato dei sin-
goli fattori che colla vicenda delle stagioni possono influire sulla colo-
razione fiorale.
Infliieuza della stazione .sulle colorazioni florali. — Senza dub-
bio la stazione in cui vive la pianta deve spiegare anche a sua volta
una cert.-i influenza sulla colorazione dei fiori, ma per quanto concerne
quest'argomento, oltre ai lavori citati trattando delle influenze clima-
tiche non ci fu dato di riscontrare, come degne di menzione, che le
osservazioni di Coupin e quelle di Rogers.
Il Coupin, che si è occupato esclusivamente della flora francese,
trovò che nei boschi, nei luoghi umidi e sulle sponde del mare predo-
mina il verde (142 specie), poi viene il bianco (109 specie), il rosso
(62), il bleu (IO) ed infine il violetto (8), mentre l'opposto avviene nei
luoghi secchi (montagne, campi, roccie) predominando ivi il bianco
(442 specie), cui seguirebbe il rosso (362 specie), poi il verde, il bleu
ed il violetto. Dal complesso dei suoi risultati emergerebbe il fatto di
— 121 —
non poca importanza (qnando non sia una semplice accidentalità) clie
la grafica rappresentante l'ordine di frequenza con cui si presentano i
colori nella flora francese corrisponderebbe alla grafica dell' intensità
luminosa spettrale.
Il Rogers osserva pure che nei luoghi boschivi predomina il bianco
oppure si hanno dei fiori pallidamente gialli o bluastri, mentre all'op-
posto è scarso il porporino e manca quasi del tutto il rosso. Lo stesso
autore fa inoltre rilevare che molti fiori di bosco, prevalentemente
bianchi, giallo-pallidi o bleu-pallidi, portati all'aperto diventano rossa-
stri 0 acquistano delle altre ùnte vivaci.
Si potrebbero ancora ricordare i lavori del Miiller, di Bonnier e di
altri autori sulla floia delle Alpi, poiché sarebbe dagli stessi stato as-
sodato che, sia a causa della più intensa illuminazione, sia per il freddo
e per la scarsità dei pronubi, i fiori alpini si contraddistinguono per
una grande vivacità di tinte. Noi tuttavia non crediamo di dover insi-
stere su questi lavori, non essendo i botanici concordi a riguardo delle
colorazioni pi edominanti nelle piante alpine, che per taluni sarebbero
il rosso ed il violetto, per altri solo quest'ultimo, per altri il bianco, e
via dicendo.
* #
In poche pagine noi abbiamo cercato di riassumere quanto di più
importante è stato scritto sulla biologia fiorale e sull'evoluzione degli
apparati di fecondazione in rapporto coi difi'erenti colori del fiore e colla
morfologia del perianzio.
Il complesso dei fenomeni osservati fa sorgere a primo aspetto
l'idea che l'evoluzione filogenetica delle colorazioni fiorali, sia per sé
stessa, sia in correlazione coU'evoluzione morfologica (numerica e di
simmetria) del fiore, dipenda unicamente dalle visite degli insetti, ai
più intelligenti dei quali sarebbero riservati i fiori più evoluti.
Ma dallo studio delle variazioni cromatiche, come si vedrà nelle
pagine seguenti, noi abbiamo concepita l'ipotesi che la filogenesi delle
colorazioni fiorali non sia tanto semplice come appare ad un esame su-
perficiale della questione, né si possano far derivare le une dalle altre
per una serie filogenetica continua e ininterrotta (filogenesi monotìle-
tica) le varie colorazioni fiorali. All'opposto faremo rilevare che l'evo-
luzione è in certo qual modo frazionata o per meglio dire si compie
secondo due direzioni (filogenesi polifiletica) l'una delle quali sarebbe
caratterizzata dalla predominanza dei colori della serie xantica, l'altra
da quelli della serie cianica. Queste due direzioni di evoluzione avreb-
— 122 —
bero un tratto comune nel bianco che sarebbe come l'anello di congiun-
zione fra i (lue ti[ii evolutivi.
Un tale reperto mal si concilia colla dottrina dominante che vor-
rebbe collegare il perfezionamento fiorale esclusivamente all'azione dei
pronubi, per quanto la grandiosa influenza da questi spiegata non possa
essere disconosciuta.
E d'uopo quindi ammettere che altri fattori oltre gli insetti abbiano
più 0 meno contribuito a dare ai fiori l'assetto attuale ed è questo con-
cetto che noi abbiamo cercato di seguire allorché si è fatto rilevare
come a seconda delle stazioni, dei mesi dell'anno, della distribuzione
geografica e via dicendo, i fiori si presentino variamente colorati e le
variazioni di tinta possano manifestarsi con estrema rapidità, come
venne osservato dal lleehan.
Persuasi che la verità in merito al grandioso problema biologico
solo riescila manifesta quando si saranno accumulati fatti su fatti e si
saranno vagliate le osservazioni con criteri spassionati, noi ci siamo
indotti a rendere di pubblica ragione le seguenti nostre ricerche colle
(inali si è tentato di studiare separatamente, per quanto era possibile,
l'azione di alcuni di (juei fattori che hanno concorso cogli insetti a mo-
dificare la forma e le colorazioni fiorali.
Capitolo IL
.Metodo (li studio.
Nelle pi'esenti ricerche ci siamo proposti di esaminare se l'evolu-
zione del fiore sia subordinata ad altri fattori oltre a quello dell'im-
pollinazione per mezzo di pronubi più o meno intelligenti, e se inoltre
vi abbia un qualche rapporto tra l'evoluzione fiorale (morfologica e
cromatica) e la stazione in cui la pianta vive, i mesi in cui essa
tìoiisce.
Per condurre a termine un tale lavoro, l'unica via da seguire sa-
rebbe stata quella di studiare sul vivo la flora di un determinato paese
notando diligentemente l'epoca della fioritura e la colorazione del fiore
di ogni singola specie, tenendo conto della sua costituzione (zigomor-
fismo ed actinomorfi'^mo, gamopetalia e dialipetalia) ed osservando in-
— 123 —
fine se la pianta in questione vive in luoghi aperti od ombrosi, in siti
pili 0 meno umidi od asciutti, sui monti o nella pianura e via dicendo.
Colla scorta di questi documenti non si potrebbe fare a meno di
arrivare a conclusioni importantissime per la biologia fiorale e senza
dubbio i risultati che verrebbero per tal guisa in luce addimostrereb-
bero, osiamo crederlo, in modo indiscutibile che l'evoluzione del fiore
non è legata esclusivamente all'intervento dei pronubi.
Disgraziatamente un lavoro rigoroso di questo genere non è stato
.ancora fatto né è lecito sperare nella sua attuazione che richiede, per
parte del botanico, anche un corredo non indifferente di pazienza, di
perseveranza e di sagacia.
Compresi delle dif&coltà che ad un tale studio si oppongono, noi abbia-
mo battuto una via più facile, sebbene forse meno sicura, per raggiungere
il nostro intento. Scelta per argomento di studio la flora tedesca come
quella che venne illustrata da più di un autore con belle tavole a co-
lori (Reichenbach, Schlechtendal ed Hallier, ecc.) abbiamo tenuto conto
della forma, della colorazione e della costituzione di ogni singolo fiore
della stessa, desumendo i caratteri sopra citati sia dalle descrizioni che
ne diedero gli autori, sia dall'osservazione diretta, sia dall'esame delle
tavole colorate, sia infine dai ricordi e dalle cognizioni personali. Ciò
fatto abbiamo messo a confronto i caratteri sopra citati colie condizioni
biologiche imperanti sulla pianta, allo scopo di poter stabilire, ad esem-
pio, quante volte una data colorazione si presenti nei fiori actinomorfi,
zigomorfi, dialipetali o gamopetali e quante volte un determinato ca-
rattere desunto dalla natura, ad esempio, del colore o della struttura
fiorale o di entrambi ad un tempo si presenti nelle piante che vivono
in condizioni difterenti, cioè nell'acqua, nei luoghi umidi, nei prati, nei
boschi, nei pascoli alpini, sulle roccie, ecc. o vegetano iu differenti
epoche dell'anno.
Le conclusioni cui si tendeva di arrivare non avrebbero potuto
tuttavia presentare una certa importanza se prima non si fosse cono-
sciuto quali colorazioni predominano nella flora tedesca e la percentuale
con cui i differenti colori sono reperibili nei vari tipi di piante e nelle
varie famiglie e come infine gli stessi si trovino variamente fra loro
associati. Noi ci siamo pertanto fermati anche su questi argomenti e
più di una tavola è stata destinata ad illustrarne i risultati.
Il nostro procedimento non si sottrae, a primo esame, all'obbie-
zione che i colori fiorali sono variabili, ma a questo riguardo noi os-
serviamo, coll'Hildebrand, che essi costituiscono, all'opposto, dei reperti
di una notevole costanza e fissitcì, per cui le variazioni possono influire
soltanto in misura molto lieve sui risultati.
— 124 —
Un'altra e più jrrave obbiezione si è quella che le tavole a colori
ili rado lispeccliiano la vera e genuina tinta del fiore, essendo spesso i
colliri riprodotti alquanto alterati in i-apporto al subbiettivismo perso-
nale dell'artista '.
Ciò nondimeno faremo osservare che, dato il grande numero dei
fiori studiati e la prudente scelta dei colori che abbiamo fatta, l'errore
non si è presentato cosi grave come a prima vista parrebbe dovesse
succedere. I risultati che ne emersero ne sono la prova più convin-
cente.
Certo si è che conclusioni molto rigorose si sarebbero ottenute,
dall'esame diretto dei fiori vivi perchè si sarebbe potuto registrare an-
che le più piccole variazioni di forma e di coloraz one del filloma fio-
rale, il che mal si laggiunge coU'esame di tavole colorate e colla let-
tura di sommarie descrizioni, ma ciò non esclude che anche col nostro
metodo non si possa arrivare a conclusioni che, se non assolutamente
rigorose, si presentino jier lo meno attendibili.
La fiora tedesca, quale ci viene ad esempio rappresentata dall'opera
di Schlechtendal ed Hallier, comprende circa 3000 specie fornite di fiori
tipici, delle quali circa 1200 portano dei fiori a corolla ilialipetala
actinomorfa, 4-50 dei fiori a corolla dialipetala zigomorfa, 700 dei fioii
gamopetali actinomorfi ed infine 600 circa con fiori a corolla gamope-
tala zigomorfa.
Lo studio venne fatto su queste piante, essendo state escluse dal
computo (pielle famiglie che, come le Graminaceae, Cyperaceae, ecc.,
ci lasciano in dubbio sulla natura dei loro involucri fiorali, poiché no-
stro intedimento eia quello di esaminare unicamente quelle piante che
portano dei fiori nei quali è chiaramente distinta una corolla o per lo
meno un perianzio tipico.
Per limitare il più che fosse possibile lo studio, si è anche avuto
cura di prendere in considerazione unicamente le colorazioni del pe-
rigonio e della corolla poiché in caso contrario, vale a dire se si fosse
tenuto conto anche delle colorazioni localizzate sulle brattee, sugli sta-
mi, sugli ovari ecc , si sarebbe complicato ed esteso notevolmente il
problema con grande pregiudizio — forse — dei risultati. Con ciò noi
siamo ben lontani dal voler affermare che uno studio il quale abbracci
tutti quanti gli organi fiorali e quelli vicarianti, extrafiorali, di adesca-
mento non possa riuscire di grande utilità; solo riteniamo che il me-
desimo reclami un procedimento quanto mai cautelato e guardingo se
' A questo errore d .■! resto è difficile sottrarsi anche coll'osservazione diretta dei
fiori, essendo sempre la interpretazione dei colori affatto soggettiva.
— 125 —
(leve arrivare a conclusioni pratiche circa le leggi che regolano l'evo-
luzione degli ajiparati di- riproduzione e di adescamento.
Per quanto riguarda i colori fiorali noi siamo partiti dal concetto
che la classificazione att.ialmente in uso, la quale stabilisce una serie
di colori ossidati ed un'altra di colori disossidati (Schiibeler), oppure
quella di una serie cianica e di un'altra xautica stabilite dal De Can-
dolle allo scopo di distinguere i colori giallo-aranciati da quelli rossi,
bleu e violetti, non siano del tutto prive di mende e perciò non sempre
applicabili.
Il concetto pertanto che ha informato il nostro studio è stato quella
che ha p^r base fondamentale l'origine dei colori fiorali stessi.
I colori fiorali non si presentano come un aggruppamento di ele-
menti fra loro concatenati da una certa afiìnità, ma bensì come entità
differenti, non sempre paragonabili fra loro, come purtroppo hanno af-
fermato alcuni dei nostri predecessori. Infatti il color bianco è dato '
dall'aria racchiusa negli spazi intercellulari del parenchima del perian-
zio; il vei-de è dovuto alla presenza di cloroplasti ; il giallo, l'ai-anciato
e talune colorazioni rosse alla comparsa di speciali plastidi (cronioplasti),
mentre all'opposto il rosso, il bleu ed il violetto, salvo qualche caso in
cui si mostrano fissati su speciali plastidi o granuli, dipendono dalla
comparsa, nell'interno delle cellule, di un succo colorato dall'antocia-
nina. Questa sostanza, secondo le moderne teorie chimiche e le nostre
particolari vedute, si presenterebbe di colore bleu o violetto allorché è
più 0 meno dissociata nei suoi joni. rossa nel caso opposto. Non si può
tuttavia negare che eccezionalmente si possono avere anche dei succili
gialli di dubbia natura oppure dei succhi rossi, bleu o violetti dovuti
a sostanze che non lianno alcun rapporto colle antocianine.
In omaggio a queste considerazioni e per agevolare le ricerche, noi
abbiamo stabiliti i seguenti tipi di tinte fiorali: l.-- verde, dovuta ai
cloroplasti; 2.-'' gialla (comprendendo nella stessa anche l'aranciato e
l'aranciato-rossastro), dipendente da plastidi (cromoplasti) derivanti
dalla metamorfosi di cloroplasti (salvo rare eccezioni); 'ò.^ bianca, di-
pendente esclusivamente dall'aria racchiusa negli spazi intercellulari;
4.* rossa (comprendendovi il porpora ed il roseo), 5.=- violetta (com-
lirendendovi il lilla), 6.-' bleu (compresovi l'azzurroj, tutte tre dovute
a pigmenti disciolti per lo più antocianici, e finalmente la 7.-' bruna,
dovuta probabilmente alla comparsa di masse tanniche più o meno mo-
dificate.
All'obbiezione che taluni potrebbero muovere, di aver noi trascu-
rato di prendere in considerazione alcune tinte come il rosa, il por-
pora, ecc. che pure hanno una larga parte nella biologia fiorale, ri-
— 126 —
spondiamo clie molti di questi colori (porpora, rosa) non sono ciie insi-
gnificanti gradazioni dell'uno o dell'altro di quei colori che abbiamo
scelti per lo studio, ojipure le tinte omesse entrano nel quadro dei tipi
di colorazione sui quali abbiamo fondato tutto quanto lo studio e che
hanno il loro fondamento o nella dissociazione dei joni o nella natura
figurata o meno del pigmento o nell'aria raccliiusa negli spazi intercel-
lulari e via dicendo. Il Coupin adotta 33 colori ma un tale sistema
complica eccessivamente le osservazioni.
Stabiliti i tipi di colorazione da prendersi in esame noi li abbiamo
di poi oi'ientati in .serie disponendoli nel seguente modo:
1." verde, 2." (/ialìo. 3." bianco, A." rosso, h." violetto, 6.° bleti, Imbruno.
Questa disposizione non è stata scelta a caso ma ci venne ispirata
dalle condizioni fisiologiche, istologiche e chimiche che sono inei'enli
alla colorazione fiorale stessa, inqaantodiè dal verde, per graduale
scomparsa della clorofilla si arriva al giallo (dovuto alla persistenza
della xantofilla, dell'eziolina o carotina, ecc.); da questo o da entrambi,
in seguito alla scomparsa totale del pigmento, si ha il bianco '; dal
bianco, quando nelle cellule esistono dei fermenti ossidanti e delle so-
stanze ossidabili capaci di dare, sotto l'azione dei primi, le antocianine
(vedi Buscalioni e Poliacci: Le Antocianine ecc.), si sostituisce il rosso
e questo infine dissociandosi più o meno completamente dà il violetto
ed il bleu. Il bruno — assai raro nei fiori — forma un colore a sé,
non avente raiiporto alcuno con quelli testé indicati. Vedrenn» più tardi
nelle conclusioni, quando cioè si parlerà della filogenesi dei colori
fiorali, l'importanza del nostro ordinamento e della classificazione
adottata.
Le colorazioni fiorali sono tuttavia di rado semplici: per lo più,
0 almeno molto si>esso, ogni fiore ha un jìerianzio variamente colorato
nelle differenti parti e non infrequentemente poi si incontrarono delle
macchie o strie che spiccano in modo evidente sul tono fondamentale
dell'involucro fiorale. Orbene, anche di queste peculiari disposizioni —
cioè delle associazioni cromatiche — si è tenuto conto, e noi non ab-
biamo mancato di catalogare, per quanto era possibile, tutte le colora-
zioni che ornano i ditferenti fiori.
Coi dati che ci vennero offerti dall'esame di ogni singolo fiore
della flora tedesca si sono di poi costruite delle curve grafiche, talune
delle quali ci indicano qual'è la proporzione dei colori semplici che
' Talora il bianco deriva da scomparsa di altri pigmenti, ma questi casi nou sono
molto frequenti.
— 127 —
dominano nelle ditferenti condizioni biologiciie del fiore o nei differenii
stati evolutivi del medesimo; altre invece ci danno la {iroporzione
con cui — sempre nelle stesse condizioni di cose — i vari colori fio-
rali si presentano fra loro associati (associazioni cromatiche dei fiori po-
licromatici) ; alcune graficlie infine esprimono la frequenza assoluta delle
varie colorazioni, tenuto conto tanto dei colori semplici quanto delle
associazioni cromatiche.
Nelle nostre ricerche noi abbiamo esaminato innanzitutto le colo-
razioni semplici e le associazioni cromatiche della flora tedesca presa
nella sua totalità' e prescindendo dai caratteri fiorali e dai rap-
porti sistematici, quindi siamo passati ad analizzare in quale pi'opor-
zione tali colorazioni si presentano nelle difterenti famiglie e classi di
cui è ricca la flora tedesca ed a seconda dei diversi tipi morfologici
fiorali (dialipetalia e gamopetalia, actinomorfismo e zigomorfismo); ciò
fatto si è cercato di stabilire quali colorazioni predominano a seconda
che la pianta vive: 1") nelle acque marine, nelle saline, 2") nelle ac-
que dolci, 3°) nelle paludi, 4°j nei luoghi umidi, 5°) nei boschi, G°) nei
prati, 7'') nei luoglii soleggiati, 8") sui ruderi o sulle rupi, 9°) nei pascoli
alpini ; infine abbiamo anche avuto cura di segnalare quali sono i co-
lori predominanti nei differenti mesi dell'anno.
Evidentemente il metodo seguito, per le ragioni sopra esposte e
pel fatto ciie parecchi fattori possono agire ad un tempo sul fiore
che si considera, non è scevro di errori, ma ciò non di meno, siccome
il medesimo ci ha dato dei risultati che reputiamo attendibili, abbiamo
creduto opportuno di rendere di pubblica ragione questo primo tenta-
tivo, nella speranza che altri venga indotto ad estendere le nostre os-
servazioni ed il nostro metodo alle flore di altri paesi, studiando però
possibilmente sul vivo le caratteristiche fiorali. Ed invero solo con un tale
sistema si potrà arrivare un giorno sia a stabilire, per ogni paese,
quali sono i colori fiorali, diremo cosi, nazionali; sia a rilevare la mag-
gior parte delle cause che hanno provocato, assieme agli insetti, le
particolari modificazioni di struttura e le peculiari colorazioni dei fiori
di ogni distretto floristico.
' Come si è precedentemente avvertito, furono escluse dal computo le famiglie
aventi fiori incompleti, quali : Graminaceae, Cijpcraceae, ecc.
128 —
Capitolo III.
Colorazioni predoni inaliti
nella flora tedesca in rapporto coi vari tipi fiorali.
(Tav. XIII, XIV e XV).
Tav. XIII.
Tanto nel caso clie si esaminino i fiori monocromatici quanto in
quello che si tenga conto delle ditì'erenti associazioni cromatielie clie jios-
sono presentarsi nei fiori policromatici, si nota clie il colore meno rap-
presentato nella flora tedesca (Tav. XIII, fig. 8) è il bruno. A questo ten-
gono dietro, in ordine ascendente, il blen, il violetto, il verde, il rosso
ed infine il bianco ed il giallo. Lo stesso diagramma si ottiene se si
prendono in considerazione soltanto i fiori monocromatici, ma le di-
stanze fra taluni colori (p. es. rosso e verde) restano lievemente va-
riate. Ben diversamente andrebbe la cosa se si facessero entrare nel
computo anche quei fiori che non sono muniti di una vera corolla o di
un perianzio, ma si presentano involucrati da brattee, dei quali noi non
ci siamo occupati.
Rileviamo intanto qui il fatto che il violetto, il quale è pili disso-
ciato del rosso e meno del bleu, occupa precisamente una posizione in-
termedia fra, questi due colori.
Se prendiamo ora a considerare unicamente quei fiori che sono
screziati di parecchi colori (fiori policromatici) troviamo che il bruno
entra pochissimo in combinazione. Un pò di piii si combina il bleu men-
tre il verde ed il violetto sono pressoché associati nella stessa propor-
zione con altri colori. Il massimo dell'associazione viene data dal bianco,
dal giallo e dal rosso, ed anzi quest' ultimo è il colore più frequeute-
menle associato (Tav. XIII, fig. 7).
Interessanti risultati si ottengono confrontando fra loio i fiori diali-
petatali (actinomortì e zigomorfi) con quelli gamopetali (parimenti acti-
nomorfi e zigomorfi). Nei fiori monocromatici dialipetali actinomorfi (Ta-
vola XIII, fig. 1'', linea verde) il bruno è pochissimo ra|)presentato; un
po' di pili lo è il verde e quindi in ordine ascendente vengono: il bleu,
il violetto (ancora poco rappresentati), il rosso, il giallo ed infine il
bianco che è anzi in notevole proporzione. All'opposto nei fiori monocro-
— 129 —
iiiatici dialipetali zigomorli (Tay. XIII, fig. l", linea rossa) manca quasF
il verde, ma il fenomeno' più notevole che ha luogo sta nel fatto che-
li bianco è assai meno rappresentato tanto del giallo, che diventa il co-
lore predominante, quanto del rosso.
Ne consegue che il massimo della frequenza, che aveva luogo nel
bianco per le corolle monocromatiche dialipetale actinomorfe, passa in
quelle zigomorfe al giallo e secondariamente al rosso.
Anche se si fanno entrare nel computo tutti quanti i fiori a colo-
razioni associate (fiori policromatici) il rapporto non cambia notevol-
mente. Solo si ha un aumento nel verde che però è più notevole nelle
corolle dialipetale actinomorfe (Tav. XIII, fig. 3, linea verde), tanto da
superare il livello del violetto, mentre il rosso tende a farsi più fre-
quente nelle dialipetali zigomorfe (linea rossa) senza tuttavia raggiun-
gere il giallo che continua a tenere il primato.
Le associazioni cromatiche si mostrano differentemente costituite
nelle corolle dialipetale actinomorfe ed in quelle dialipetale zigomorfe.
Infatti (Tav. XIII, fig. 2) nelle dialipetale actinomorfe (linea verde) il bleu
è pochissimo rappresentato, un pò di più lo sono il bruno ed il violetto,
assai diffuso è il giallo, ma il massimo di frequenza si ha nel verde, nel
rosso e nel bianco. Anche qui adunque il bianco tiene il predominio.
Nei fiori dialipetali zigomorfi (linea rossa) vediamo invece il bruno ed il
bleu ancora poco rappresentati, poi viene il verde, ma questo è di gran
lunga meno frequente di quanto lo sia nelle actinomorfe. Il verde è
superato dal giallo e questo dal violetto, mentre il rosso diventa il co-
\ni-e più frequente, superando perù di poco il bianco.
Noi faremo osservare che, per quanto riguarda le associazioni cro-
maticiie, il giallo ed il rosso tendono ad elevarsi nelle combinazioni-
che hanno luogo nei fiori dialipetali zigomorfi mentre è il bianco il
colore in questo senso predominante nelle dialipetale actinomorfe dove
poi il giallo diventa meno frequente del verde (Tav. XIII, fig. 2). Oltre
a ciò segnaleremo ancora che le associazioni cromatiche sono relati-
vamente più frequenti nelle dialipetale zigomorfe che in quelle actino-
morfe.
Passiamo ora alla categoria dei fiori gamopetali actinomorfi e zi-
gomorfi, cominciando dalle colorazioni semplici.
Nelle gamopetale actinomorfe (Tav. XIII, fig. 4, linea verde) manca
(juasi il bruno, ed il bleu e il violetto sono poco accentuati. Gli ultimi
colori tuttavia sono assai più rappresentati che nelle corolle dialipetale
actinomorfe e zigomorfe, poiché malgrado che il numero dei fiori ga-
mopetali actinomorfi sia inferiore a quello dei dialipetali actinomorfi »
zigomorfi, occupano pur tuttavia una posizione più elevata lungo la
— 130 -
grafica. Il rosso è molto rappresentato, ma il massimo di frequenza cade
nel giallo, mentre il bianco ed il verde (quest'ultimo notevolmente
rappresentato) occupano pressoché la stessa posizione, la quale è assai
più bassa di quella occupata dal rosso.
Nelle corolle gamopetale zigomorfe (Tav. XIII, fìg. 4, linea rossa) il
verde quasi scompare, assieme al bruno ; il bleu è poco rappresentato,
tanto ciie la sua posizione è inferiore a quella occupata dal blen nel
diagramma d^i fiori gamopetali actinomorfi. All'opposto troviamo un
maggior numero di fiori violetti e gialli mentre quelli bianchi e più
ancoia i rossi subiscono una forte retrocessione.
Dal confronto delle corolle gamopetale actinomorfe con quelle ga-
mopetale zigomorfe si rilevano, come assai importanti, i seguenti feno-
meni: nelle prime predominano il giallo ed il rosso, nelle seconde il
giallo ed il violetto; nelle actinomorfe il rosso è aumentato, nelle zi-
gomorfe in ribasso, in entrambe infine il bianco si mantiene molto
basso (fig. 4).
Pochi dati di un certo interesse si rilevano dall'esame delle asso-
ciazioni cromatiche nelle due sorta di fiori gamopetali (Tav. XIII, fig. 5).
Il verde entra molto in combinazione nelle gamopetale zigomorfe, po-
chissimo invece in quelle actinomorfe. Il giallo è pressoché ugualmente
rappresentato nelle due sorta di fiori e lo stesso può dirsi del violetto,
i quali colori poi occupano un posto molto elevato nella curva grafica.
Il bianco diminuisce nelle zigomoife (linea rossa), è invece notevol-
mente rappresentato — quasi quanto il giallo — nelle gamopetale acti-
nomorfe (linea verde). Il rosso diminuisce, ma di poco, nelle actino-
morfe ed aumenta nelle zigomorfe tanto da raggiungere quasi il livello
del giallo. Il bleu è fortemente rappresentato nelle gamopetale actino-
morfe, poco nelle zigomorfe. Infine il violetto è assai elevato ed occupa
lo stesso livello nelle due graficiie.
A prescindere da lievi difterenze nelle due categorie di fiori, i co-
lori giallo, rosso, bianco e violetto occupano una posizione abbastanza
elevata nella grafica; il giallo ed il bianco sono però predominanti
nelle actinomorfe, il giallo ed il rosso nelle zigomorfe (Tav. XIII,
fig. 5).
Oltremodo istruttive, per ragioni che discuteremo in seguito, diven-
tano le curve dei colori nelle corolle gamopetale actinomorfe e zigo-
morfe se si sommano i risultati ottenuti dai fiori monocromatici con
quelli dei fiori policromatici (Tav. XIII, fig. (3). Nei fiori gamopetali acti-
nomorfi (linea verde) il bruno è poco rai)presentato, il verde lo è discre-
tamente e quasi quanto il bleu. A questi colori tengono dietro in or-
dine ascendente il violetto, il bianco, il rosso ed il giallo.
— 131 —
Se si confionta ora la curva data da questi fiori con quella dei
fiori gamopetali zigomorfi (linea rossa) si rileva che in questi ultimi
il verde ed il bruno sono pochissimo rappresentati, il bleu è in dimi-
nuzione, aumenta invece il violetto. Anche il rosso ed il bianco degra-
dano, ed il giallo in compenso si eleva al disopra del livello che ha
nelle corolle actinomorfe.
Nelle gamopetale abbiamo quindi due massimi cromatici dati dal
giallo e dal rosso (gam. actinomorfe) o dal giallo e dal violetto (gam.
zigomorfe). Il bianco poi, che è superiore al violetto nelle actinomorfe,
diventa a questo inferiore nelle zigomorfe, e lo stesso dicasi del rosso.
Se si confrontano infine fra loro le corolle dialipetale con quelle
gamopetale risulta evidente un altro fatto di non minore importanza,
che cioè mentre nelle prime (Tav. XIII, fig. 1 e .3 linea verde) la curva
grafica ha un solo massimo o appena accenna a diventare bicuspiiiata
nelle corolle zigomorfe (linea rossa), nelle gamopetale ha sempre due
cnspidi 0 vertici. Oltre a ciò, mentre nelle dialipetale il vertice è oc-
cupato dal bianco (dialipetale actinomorfe) o dal gialh) (dialipetale zi-
gomorfe) (fig. 1). nelle gamopetale l'uno dei due vertici è tenuto dal
giallo, l'altro dal rosso (gam. actinomorfe ; fig. 6, linea verde) o dal
violetto (gam. zigomorfe; fig. 6, linea rossa). Da ultimo faremo ancora
osservare che il bianco, predominante in tutte le dialipetale, sia in modo
assoluto (dial. actinomorfe) o dopo il giallo ed il rosso (dial. zigomorfe),
si abbassa notevolmente nelle gamopetale tanto da occupare il quarto
posto venendo cioè dopo il giallo, il rosso ed il violetto.
T.\VOLA XIV.
Per ben comprendere la diversità di costituzione cromatica che
presentano i fiori a seconda del tipo morfologico cui appartengono, con-
viene pure prendere in considerazione le varie combinazioni di colori
(associazioni cromatiche) che si incontrano in ogni singolo fiore e sta-
bilire poi, per mezzo di adatte curve grafiche, la proporzione con cui i
vari colori elementari, cioè il verde, il giallo, il bianco, il rosso, il vio-
letto, il bleu ed il bruno, entrano fra loro in combinazione (Tav. XIV,
fig. 1, 2 e 3).
Se si esanima il complesso delle curve che si possono cosi ottenere
colle dialipetale, zigomorfe ed actinomorfe (fig. 1), il quale gruppo con-
tiene il maggior numero di specie, appare tosto evidente che vi hanno
delle forti elevazioni, e delle grafiche quindi molto estese, con certe
associazioni cromatiche; combinazioni invece di poca entità con altre,
— 132 —
come si può rilevare confrontando la parte superiore della fig. 1 con la
parte interioie. — L'opposto si verifica se si esamina la fig. 2 rappre-
sentante le associazioni cromatiche delle corolle gamopetale, nella quale i
massimi delle associazioni sopi'a indicale sono spostati alla parte infe-
riore della figura. Ciò indica subito clie le combinazioni della serie
cianica sono qui prevalenti su quelle date dalla serie xantica, del verde
e del bianco, le quali invece sono predominanti nei tipi dialipetali.
Oltre a ciò si osserva pure, confrontando le due figure citate, che
le combinazioni del giallo sono poco elevate nelle dialipetale (fig. 1, B)
e costituiscono invece delle associazioni elevate nelle gamopetale (fi-
gura 2, B), dove le combinazioni del bianco sono poco rappresentate
(fig. 2, C) mentre queste entrano frequentemente in giuoco nelle diali-
petale (fig. 1, C).
Veniamo ora ad esaminare singolarmente i diversi colori in rap-
porto alle loro combinazioni.
Issoeiazioui del verde. — Nelle corolle dialipetale actinomorfe
(fig. 1, A, linea verde) il verde si presenta come un colore frequente-
mente combinato con altri. Le associazioni più frequenti avvengono col
giallo e col bianco, per cui la curva grafica occupa un'area molto estesa
sulla carta millimetrata, mentre poi quasi non vi ha associazione col
violetto e col bleu. Le combinazioni col bruno sono relativamente ab-
bastanza freiiuenti. — Il maggior numero delle combinazioni è dato dal
bianco, cui seguono il giallo ed il rosso; quest'ultimo però sta molto
al disotto del giallo
Nelle corolle dialipetale zigomorfe (fig. 1, A, linea rossa) il verde
perde terreno come colore di combinazione ed inoltre invece di asso-
ciarsi prevalentemente al bianco contrae il maggior numero di combi-
nazioni col giallo e. col rosso. Per quanto riguarda gli altri colori non
si hanno notevoli differenze nelle due categorie di fiori, se si escludono
gli abbassamenti del bianco e del bruno nei fiori zigomorfi.
Se ora passiamo alle gamopetale (fig. 2, A) troviamo che nelle
gam. actinomorfe (linea verde) il verde forma un' ampia curva di asso-
ciazione che va degradando dal giallo verso il bianco ed il losso,
mentre accenna appena a combinarsi cogli altri colori. Nelle gam. zi-
gomorfe (linea rossa) il verde mostra poca tendenza ad entrare in as-
sociaziou':', e la grafica presenta tre piccole cuspidi in corrispondenza
al giallo, al rosso ed al bleu, separate da tre abbassamenti in corri-
spondenza al bianco, al violetto ed al bruno.
Associazioni del giallo. -~ Nelle dialipetale actinomorfe (fig. 1,
B, linea verde) si ha il massimo di associazione col verde, cui succe-
dono le combinazioni col bianco, rosso, bruno, violetto e bleu.
— 133 —
Nelle corolle dialipetale zigomorfe (linea rossa) il massimo è an-
cora (lato dalle combinazioni col verde, sebbene il rosso entri frequen-
temente in associazione, tanto ciie in sua corrispondenza la curva rag-
giunge quasi r altezza del verde. Per ciò che concerne i rapporti col
bianco si verifica un notevole abbassamento in confronto di quanto
ha luogo nelle corolle dialipetale actinomorfe, mentre se si prendono
in considerazione il violetto, il bruno ed il bleu, si nota che le curve
corrispondenti si sovrappongono quasi nei due tipi fiorali, dove però ra;i-
presentano una parte poco manifesta nel processo di associazione. Però
esaminando attentamente le curve non si può a meno di liconoscere
che nelle corolle zigomorfe vi ha una percentuale alquanto più elevata
di combinazioni relative a questi tre colori.
Se «i analizzano ora le corolle gamopetale (fig. 2, B) si trova che
per quanto si riferisce alle gam. actinomorfe (linea verde) il massimo
delle combinazioni ha luogo col verde; a questo succedono il rosso ed il
bianco, pressoché rappresentati in ugual misura. Il violetto, il bleu ed il
bruno entrano [loco in associazione, ma per quanto liguarda la frequenza
delle loro combinazioni la grafica arriva per tutti tre alla stessa altezza.
Nelle corolle gam. zigomorfe (fig. 2, B, linea rossa) il verde è pò
chissimo rappresentato, poi vengono, in ordine ascendente, il bleu, il
bruno, il bianco, il violetto ed in fine il rosso.
Riassumendo i fatti principali relativi al giallo si può concludere
che questo colore ha una grande afiftnità pel verde, fatta eccezione
però per le corolle gamopetale zigomorfe; che il violetto, il bleu ed il
bruno entrano poco in combinazione col giallo, fatta però eccezione per
le corolle gamopetale zigomorfe nelle quali il violetto è notevolmente
associato; che il bianco infine è assai rappresentato nelle dialipetale
actinomorfe (secondo posto nella grafica) mentre negli altri tipi fiorali
passa al terzo posto od al quarto.
Il tipo di curva rappresentante le combinazioni del giallo è abba-
stanza uniforme, non presentando notevoli differenze di dettaglio se si
confrontano fra loro le corolle dialipetale e le gamopetale.
Associazioni del bianco. — Nelle corolle dialipetale actinomorfe
(fig. 1, C, linea verde) il bianco entra frequentemente in combinazione
col verde (1° posto) e poi col rosso, tanto che i vertici grafici di que-
sti due colori raggiungono pressoché lo stesso livello. Poi tengono die-
tro, in ordine decrescente, le associazioni col giallo, col bleu, col bruno
e col violetto. Queste tre ultime combinazioni sono però assai poco
frequenti.
All'opposto nelle corolle dialipetale zigomorfe (fig. 1, C, linea rossa)
diminuiscono notevolmente le combinazioni col verde e col giallo ; il
— 134 —
iiiassiiiio è (lato dal rosso, cui sedile il violetto a breve distanza. Il bleii
ed il bruno sono poco combinati col bianco.
Per le corolle gamopetale actinoniorfe (fig. 2, C, linea veide) ab-
biamo una curva simile a quella delle, dialipetale corrispondenti. L'unica
differenza notevole cousiste nelTaumento delle combinazioni col giallo
a scapito di quelle col rosso.
Infine se consideriamo le gamopetale zigomoife (fìg. 2, C, linea
rossa) troviamo che il massimo delle combinazioni è dato dal violetto
che negli altri tipi fiorali era poco rappresentato. Il t;iallo ed il rosso
vengono subito dopo ed anzi raggiungono quasi il livello del violetto.
Da ultimo abbiamo un forte rialzo nel bleu mentre il bruno scompare
quasi del tutto, come pure mancano le associazioni col verde.
L'aumento nelle combinazioni col violetto che si osserva allorché
passiamo dal tipo actiuomorfo a quello zigomoifo e la retrocessione
delle associazioni col verde che a tale fenomeno si collega costituiscono
i principali reperti ed i caratteri piìi salienti delle combinazioni del bianco.
Associazioni del rosso. — Il rosso è uno di quei colori che ei;ti-ano
abbastanza frequentemente in combinazione con altre tinte, qualunque
sia il tipo fiorale, ragione per cui le quattro curve grafiche si rasso-
migliano.
Nelle corolle dialipetale actinoniorfe (fig. 1, D, linea verde) abbiamo
la seguente progressione discendente: bianco, violetto, verde, giallo,
bruno e bleu, mentre nelle dialipetale zigomorfe (fig. 1, D, linea rossa)
si ha come carattere differenziale il rialzo del giallo che prende il se-
condo posto venendo subito dopo il bianco, pi'ima del violetto. Le due
curve adunque si corrispondono abbastanza, ma le due cuspidi dovute
l'una al bianco e l'altra al violetto sono nei fiori dialipeteli actino-
niorfi alquanto piìi elevate che non nei fiori dialipetali zigomorfi, il che
probabilmente è anche dovuto al maggior numero di specie presenti
nelle prime.
Nei fiori gamopetali actinomorfi (fig. 2, D, linea verde) invece del
bianco ha il predominio il giallo; poi seguono in ordine decrescente il
violetto, il bianco, il verde, il bleu ed il bruno. La stessa curva si ha
nelle gamopetale zigomorfe (ib. linea rossa) colla differenza che il bruno
si associa più del bleu mentre il verde si abbassa nella grafica pur
mantenendo il suo posto relativamente agli altri colori.
In conclusione emerge, come fenomeno interessante, che il massimo
delle associazioni, il quale ha luogo col bianco nelle dialipetale, actino-
niorfe e zigomorfe, passa al giallo nelle gamopetale.
Associazioni del violetto. — È questo uno dei colori che danna
(Ielle curve abbastanza polimorfe.
— 135 —
Nei fiuri di ali petali acliuoiiioifi (fig. 1, E, linea verde) il massimo
di associazione si ha col rosso. Gli altri colori entrano poco in com-
binazione, pur potendosi per essi stabilire la seguente, gradazione in
ordine discendente: bleu, bianco, giallo, bruno e verde, che appena ac-
cenna ad associarsi, mentre poche difterenze si osservano, per rispetto
alla frequenza delle combinazioni, tra il bianco, il giallo ed il bleu,
essendo i vertici delle rispettive grafiche pressoché alla stessa altezza.
Nelle dialipetale zigomorfe (ib., linea rossa) il massimo è ancora
rappresentato dal rosso, ma qui abbiamo anche una forte elevazione del
bianco, al quale tengono poi dietro il bleu, il giallo ed il bruno. Man-
cano associazioni col verde.
Nelle gamopetale actiuomorfe (fig. 2, E, linea verde) troviamo
quasi nulla l'associazione col verde, poco rappresentate quelle col bruno,
col giallo e col bianco, elevate invece le combinazioni col rosso e più
ancora quelle col bleu.
Nelle gamopetale zigomorfe (ib., linea rossa) il verde mostra po-
chissima tendenza ad associarsi e lo stesso vale per il bruno. Col giallo
e col rosso si ottengono due massimi di associazione ai quali tengono
dietro le associazioni col bianco e col bleu.
Dai fatti esposti risulta che nelle dialipetale actiuomorfe il violetto
si combina frequentemente soltanto col rosso; nelle dialipetale zigomorfe
esso si unisce quasi con pari frequenza al rosso ed al bianco; nelle
gamopetale actiuomorfe contrae notevoli rapporti, oltre che col rosso,
anche col bleu; infine nelle gamopetale zigomorfe il violetto contrae più
frequentemente associazioni col rosso, col giallo e col bianco. Di qui
la grande variazione nella costituzione delle curve grafiche sebbene
ovunque il verde ed il bruno siano poco rappresentati.
Associiizioiii del Ideii. — La curva delle corolle dialipetale acti-
uomorfe (fig. 1, F, linea verde) tiene il seguente decorso ascendente:
bruno, verde, giallo, violetto, rosso e bianco.
Nelle dialipetale zigomorfe (ib., linea rossa) invece la curva co-
mincia col verde e poi passa al bruno, al giallo, al bianco, al rosso,
per raggiungere il massimo col violetto.
Nelle corolle gamopetale actiuomorfe (fig. 2, F, linea, verde) la
curva sale dal verde al violetto passando successivamente per il bruno,
il giallo, il rosso ed il bianco. La combinazione col violetto è straor-
dinariamente elevata rispetto alle altre.
Infine nelle gamopetale zigomorfe (ib., linea rossa) la curva passa,
ascendendo, dal rosso al bruno e quindi al verde (che è ancora pochis-
simo rappresentato) ed al giallo, per formare due massimi corrispondenti
l'uno al bianco l'altro al violetto, quest'ultimo meno elevato del primo.
Alti dell' Ist. Boi. dell' Uiiicersilà di rafia — Il Serie — Voi. X. U
— 13G —
Associazioni del hniiio. — (^)aeste associazioni ìiaiiiio per noi sul-
taiito una importanza relativa, per cui ci limitiamo ail indicare l'online
di frequenza, procedendo, per ogni gruppo, in linea ascendente.
Nelle corolle dialipetale actinomorfe (fig. 1, G, linea verde) ab-
biamo l'ordine seguente: blen, violetto, bianco, giallo, verde e rosso.
Nelle dialipetale zigomorfe (ib., linea rossa): bleu, violetto, bianco,
giallo, verde e rosso.
Nelle gamopetale actinomorfe (fig. 2, G, linea verde): bleu, bianco,
verde, rosso, violetto e giallo.
Nelle gamopetale zigomorfe (ib., linea rossa): verde, bleu, bianco,
violetto, rosso e giallo.
Non pochi ragguagli si ottengono confrontando le curve delle co-
rolle gamopetale con quelle delle dialipetale, a prescindere dalla natura
actiiiomorfa o zigomorfa dei fiori (Tav. XIV, tìg. 3).
Il verde (fig. 3, A) lascia chiaramente scorgere che esso entra
prevalentemente in combinazione col giallo, col bianco e col rosso, ma
è molto più rappresentato nelle dialipetale (linea verde) che nelle ga-
mopetale (linea rossa).
Il giallo (fig. 3, B) si comporta in modo uniforme nelle due categorie
di fiori, pur entrando più frequentemente in combinazione nelle gamo-
petale. Però nelle dialipetale (linea verde) la curva del diagramma ha
il suo vertice nel verde, nelle gamopetale invece (linea rossa) nel rosso.
A questi colori fanno seguito il bianco, il violetto, il bruno ed il bleu
che si presenta poco frequentemente associato al giallo. Nelle gamo-
petale l'associazione col violetto si presenta più frequente che nelle
dialipetale.
La curva del bianco (fig. 3, C) dimostra chiaramente che le sue
associazioni .sono molto più frequenti nelle corolle dialipetale che non
nelle gamopetale. Infatti nel diagramma la linea verde supera notevol-
mente quella rossa.
Le associazioni del rosso (fig. 3, D) raggiungono il massimo di
frequenza ancora nelle dialipetale. Il rosso è più spesso combinato
col bianco nelle dialipetale (linea verde) e col giallo nelle gamopetale
(linea rossa). Un'allra associazione molto frequente è (juella col vio-
letto.
Il violetto [&g. 3, E) entra poco in combinazione col giallo nelle
dialipetale (linea verde), molto invece nelle gamopetale (linea rossa).
L'opposto ha luogo se si considerano le combinazioni col bleu, poiché
il massimo di combinazione cade per le gamopetale appunto nel bleu
mentre passa al rosso nelle dialipetale.
— 137 —
Il bleii (là delle curve (fig. 3, F) che sono abbastanza uniformi,
per guanto l'associazione -col violetto sia notevolmente più frequente
nelle g-amopetale che nelle dialipetale.
Infine se si considerano le associazioni del bruno (fig. 3, G) si ha
la seguente disposizione in oriline di frequenza, dal meno al più: nelle
dialipetale (linea verde): bleu, violetto, bianco, giallo, verde, rosso;
nelle gamopetale (linea rossa): bleu, bianco, verde, violetto, rosso e
giallo. — Le associazioni del bruno sono assai più frequenti nelle dia-
lipetale che nelle gamopetale.
Tavola XV.
Noi abbiamo anche cercato di analizzare i rapporti che intercedono
— per quanto concerne la fre(iuenza dei singoli colori — tra le corolle
gamopetale da una parte e quelle zigomorfe dall'altra.
Le grafiche che abbiamo ottenuto analizzando le differenti associa-
zioni cromatiche sono straordinariamente complesse e non si mostrano
abbastanza importanti perchè sia il caso di riportarle qui e di par-
larne. Non possiamo però omettere di ripoitare qui la grafica che si
riferisce alla somma totale dei colori nelle due categorie di fiori (Tav. XV,
fig. 1). Dal tracciato che abbiamo ottenuto risulta evidente che la curva
delle corolle gamopetale (linea verde) corrisponde quasi esattamente a
quella delle corolle zigomorfe (linea rossa), le ditì:erenze essendo di
lieve momento.
Solo si osserva che la curva dei fiori zigomorfi è per ogni singolo
colore meno elevata di quella dei fiori gamopetali.
Non vogliamo per oia insistere sul significato di questo reperto,
poiché ci siamo prefissi di metterne in evidenza l' importanza nel ca-
pitolo dedicato alle conclusioni.
*
I risultati che abbiamo ottenuti dallo studio della flora germanica
ci portano a concludere che a seconda del tipo fiorale si hanno colori
differenti e differenti associazioni cromatiche. Mentre ci riserbiarao di
discutere più tardi il significato di tanto l'eperto, vogliamo qui far ri-
levare che la seriazione cromatica da noi trovata e secondo la quale
il giallo sarebbe il colore dominante e poi verrebbero il bianco, il rosso,
il verde, il violetto, il bleu ed il bruno non corrisponde a quella rile-
vata dal Riider mentre si accorda quasi completamente con la seria-
zione proposta dal Coupiu per la flora francese.
— 138 —
Il RCuler (UittcrsHcli. uh- d. Farò('HVi'r/iall>iis.uò essere notevol-
mente più diffuso degli altri, oppure andar associato con altre tinte pure
fortemente rappresentate. Cosi ad esempio esso è il solo colore domi-
nante, 0 quasi il solo, nelle Elatinee, Tamariscinee, Droseracee, Stafi-
leacee, ecc., mentre si associa notevolmente al rosso nelle Cariofillee,
al giallo nelle Crocifere e Saxifragacee, al giallo infine ed al rosso
nelle Rosacee.
In qualche famiglia vi ha il predominio del rosso-roseo (Onogra-
riacee, Celastracee, Crassulacee, Empetracee, Ninfeacee e Geraniacee).
Il violetto ed il bleu non hanno mai il predominio assoluto; solo
in alcune famiglie sono più o meno dift'usi. Cosi ad esempio nelle Ge-
raniacee abbonda il violetto, nelle Linee il bleu. il quale si può dire
condivida il primato col giallo.
Sommando assieme tutte quante le colorazioni delle dialipetale
actinomorfe si ottiene un massimo nel bianco, cui segue a distanza il
giallo, poi il rosso, il violetto, il verde, il bleu ed infine il bruno che
è il colore meno diffuso (Tav. XVII, fig. 2, linea verde).
Dicotiledoni dialipetale zigomorfe (Tav. XVI, fig. 2 ; Tav. XVII, fig. 2,
linea rossa).
In questo tipo manca assolutamente la predominanza del verde,
ad eccezione di un caso (Resedacee) in cui questo colore è in ugual
misura del giallo.
— 141 -
Il giallo primeggia nelle Balsaminee e nelle Leguminose: nelle
prime il colore non è associato, nelle seconde invece trovasi fortemente
associato al rosso e con minor frequenza anche al bianco, al violetto,
al bleu ed al bruno.
Il bianco è ugualmente rappresentato dal bleu nelle Capparidacee.
Il rosso trovasi nelle Fumariacee fortemente rappresentato e lo stesso
può dirsi del violetto nelle Violacee, ma tanto nell' un caso come nel-
l'altro si ha anche una forte proporzione di bianco e giallo.
Il bleu non appare mai come colore predominante, ma è molto
diffuso nelle Violacee.
La curva rappresentante il complesso delle colorazioni nelle Dico-
tiledoni dialipetale zigomorfe (Tav. XVII, fig. 2, linea rossa) è del tutto
differentemente da quella delle corrispondenti actinomorfe poiché si ha
il predominio del giallo, cui seguono in ordine decrescente il rosso, il
violetto, il bianco, il bleu, il verde ed il bruno.
Dicotiledoni gamopetale actinomorfe (Tav. XVI, fig. 1 e Tav. XVII,
fig. 4, linea verde).
Qui torna a rendersi alquanto frequente la predominanza del verde
(Ceratofillee, Santalacee, Oleracee, Urticacee, Ulmacee, Cucurbitacee ed
Ampelidee). Esso è però sempre associato in forte proporzione. Infatti
noi troviamo una notevole quantità di bianco nelle Santalacee e nelle
Ceratofillee, di giallo e rosso nelle Oleracee, Ulmacee ed Urticacee. —
Notiamo però intanto che talune delle famiglie caratterizzate dall'ab-
bondanza di verde nei fiori sono o acquatiche o parassite.
Il giallo ha il predominio nelle Eleagnacee, Timeleacee, Lauracee,
Polemoniacee, Primulacee, ed esiste quasi da solo (Eleagnacee) oppure
associato, come nelle Primulacee e Timeleacee dove trovansi diffusi an-
che il rosso, il bruno ed il violetto, e nelle Polemoniacee dove abbon-
dano il bleu ed il violetto.
Il bianco occupa il primo posto in un gruppo di famiglie, non po-
che delle quali sono rappresentate da molti generi. Esso è di rado solo
(Aquifoliacee) avendo una spiccata tendenza ad associarsi al rosso
(Plantaginacee, Solanacee, Convolvulacee, Asclepiadacee, Oleacee) od
al giallo (Plantaginacee, Solanacee) -sebbene in questo caso l'affinità sia
alquanto minore.
Anche il rosso primeggia in certe famiglie, spesso ricche di specie
(Poligonacee, Plumbaginacee, Malvacee, Ericacee, Valerianacee). Esso è
solo nelle Fitolaccacee ; associato invece al bianco, nelle Valerianacee
ed Ericacee od al bianco ed al giallo nelle Poligonacee. Raramente si
associa al violetto (Plumbaginacee, Malvacee).
Il violetto è un colore poco frequente ed anzi manca affatto in ta-
lune famiglie (Ceratofillacee, Eleagnacee, ecc.).
— 142 —
Nelle Apocinacee e Genzianacee alil>iamo il predominio del bleii,
ma nella prima famiglia esso condivide il primato col rosso e nella se-
conda si associa con discreta intensità al violetto, al rosso, al giallo
ed al bianco.
Nel sno assieme la curva grafica delle colorazioni nelle Dicotiledoni
gamopetale actinomorfe (Tav. XVII, fig. 4, linea verdej ricorda alquanto
quella delle dialipetale actinomoife (Tav. XVII, fig. 2, linea verde) ma
ne differisce tuttavia notevolmente perchè il rosso è il colore predomi-
nante cui tiene dietro subito il bianco. A questo seguono, in ordine
decrescente, il giallo, il verde, il violetto ed il bleu, entrambi questi
ultimi ugualmente rappresentati, ed infine il bruno.
Facciamo qui notare come il bianco rappresenti la colorazione piii
diffusa nelle dialipetale actinomorfe ed il verde sia quivi poco rappre-
sentato, ciò che ha una certa importanza, come si cercherà di mettere
in evidenza nelle conclusioni.
D/cotiledoìii gamopetale zujoviorfc (Tav. XVI, fig. 3 e Tav. XVII,
fig. 4, linea rossa).
Le poche famiglie che rappresentano questo gruppo nella flora
germanica spiccano per un carattere essenziale dovuto al predominio
del giallo (Orobancacee Utricnlariacee), del violetto (Labiate e Globu-
lariacee) o del bleu (Poligalacee). All'opposto manca il verde, ed il
bianco è sempre rappresentato in minor copia del giallo. ti>uest'ultimo
colore pertanto quando non ha il sopravvento è pur sempre notevol-
mente diffuso (Labiate) come pure è diffuso il violetto quando adirit-
tura non primeggia.
Il rosso infine è pure abbastanza rappresentato e, salvo rari casi,
lo è sempre più del bianco.
Interessante è la curva grafica complessiva di questo tipo fiorale
(Tav. XVII, fig. 4, linea rossa) poiché essa non presenta quasi traccia di
verde, ha il suo massimo cromatico nel violetto, cui tien dietro il rosso
e poi il giallo, il bianco, il bruno ed il bleu. Questa curva rassomiglia
a quella delle Dicotiledoni dialipetale zigomorfe (Tav. XVII, fig. 2, linea
rossa) ma ne differisce perchè in quest'ultime si ha il massimo croma-
tico nel giallo anziché nel violetto. Entrambe le curve presentano un
forte abbassamento in corrispondenza del bianco mentre in compenso
il rosso è in ambedue fortemente rappresentato.
Se si confrontano fra loro le due grafiche si direbbe che l'una sia
l'immagine speculare dell'altra. - Notiamo anche che questi due tipi
di curva non hanno alcunché di comune con quelle delle Dicotiledoni
dialipetale actinomorfe (Tav. XVII, fig. 2, linea verde) o gamopetale
actinomorfe (Tav. XVII, fig. 4, linea verde) che sono entrambe mo-
nocuspidate.
— 143 —
Vi hanno alcune famiglie di Dicotiledoni le quali comprendono
al tempo stesso piante con fiori dialipetali actinomoifi e piante con
fiori dialipetali zigomorfi oppure gamopetali actinomorfi e zigomorfi.
Il primo di questi tipi, clie per ragione di bi evita chiameremo tipo
dialipetalo actino-zigomorfo (Tav. XVI, fig. 4) è caratterizzato pei' il
predominio del giallo (Ranunculacee e Rubiacee) o del bianco (Ombrel-
lifere). Nelle Ombrellifere però al bianco segue con una certa frequenza
il giallo mentre gli altri colori quasi difettano. — La curva comples-
siva dei colori rappresentati in questo tipo (Tav. XVII, fig. 6, linea
])unteggiata) rassomiglia a quella delle Dicotiledoni dialipetale actino-
morfe, ma presenta già una spiccata tendenza a sviluppare due cuspidi,
avendosi un forte rialzo nel-bleu.
Se ora passiamo all'altro tipo, che denomineremo gamopetalo ac-
timo zigomorfo (Tav. XVI, fig. 5 e Tav. XVII, fig. 1) troviamo che il
giallo ha un fortissimo predominio in talune famiglie. Così nelle Scrofula-
riacee si ha la seguente gradazione: giallo, violetto, bleu, rosso, bianco,
verde e bruno, mentre nelle Composite abbiamo l'ordine seguente:
giallo, rosso, bianco, violetto, bleu, verde, bruno. In altre famiglie il
massimo è dato dal violetto (Campanulacee) o dal bleu e dal violetto
assieme (Borraginacee) ed allora si osserva un abbassamento notevole in
corrispondenza del giallo (fatta eccezione però per le Borraginacee).
Tanto nell'un caso che nell'altro il bianco è ridotto assai e lo stesso
può dirsi pel rosso, quantunque si abbia un'eccezione nelle Dipsacacee.
Infine abbiamo una famiglia (Caprifogliacee) in cui il bianco ha il
sopravento, ma in questo caso il rosso ed il giallo sono pure fortemente
rappresentati, mentre scarseggia il violetto.
Il tipo gamopetalo actino-zigomorfo, assai ricco di generi e di spe-
cie, ha una curva (Tav. XVII, fig. 6 linea tratteggiata) che pel suo an-
damento corrispondente abbastanza a quella delle dialipetale zigomorfe
ma ha una elevazione grandissima nel giallo. Una seconda cuspide, ma
molto piii bassa, si verifica puie in corrispondenza del violetto e del
rosso ed una terza nel bleu, il che contribuisce a rendere questa curva
un quid di intermedio fra quella delle corolle dialipetale zigomorfe
(Tav. XVII, fig". 2, linea rossa) e quella delle gamopetale actinomorfe
(Tav. XVII, fig. 4, linea verde).
Se si aggiunge poi che il bianco è poco rappresentato, si può af-
fermare che la curva in questione è intermedia fra quelle dei tipi zi-
gomorfi ed actinomorfi. Essa però differisce notevolmente, come si vede
nella fig. ir'', dalle curve delle famiglie a specie dialipetale actino-zi-
gomorfe.
— 144 —
L'esistenza di quattro categorie di fiori clie sono appunto date:
1") dalle Dicotiledoni dialipetale aclinomorfe, 2") dalle Dicotiledoni dia-
lipetale zigomorfe, 3"j dalle Dicotiledoni gamopetale actinomorfe,4"J dalle
Dicotiledoni gamopetale zigomorfe, come pure la presenza di due tipi di
curve: le une monocuspidate (dialipetale aclinomorfe e gamopetale acti-
nomorfej, le altre bicuspidate (dialipetale zigomorfe e gamopetale zigo-
morfe) ci ha indotti ad istituire alcune ricerche di confronto fra le
stesse. Noi esporremo qui sommariamente i risultati, riservandoci nelle
conclusioni di rilevare i fatti più salienti che sono venuti in luce e di
interpretarli.
Abbiamo già veduto nelle pagine precedenti che la curva delle di-
cotiledoni dialipetale actinomoi'fe procede, degradando, nel seguente
ordine (Tav. XVII, fig. 2, linea verde) :
bianco, giallo, rosso, violetto, verde, bleu, bruno;
mentre quella delle Dicotiledoni dialipetale zigomorfe (Tav. XVII,
fig. 2, linea rossa) si comporta nel seguente modo:
giallo, rosso, violetto', bianco, bleu, verde, bruno;
che la curva delle Dicotiledoni gamopetale actinomorfe (Tav. XVII,
fig. 4, linea verde) tiene il seguente ordine decrescente:
rosso, bianco, giallo, verde, bleu, violetto, bruno ;
mentre infine quella delle Dicotiledoni gamopetale zigomorfe (Tav. XVII,
fig. 4, linea rossa) procede, sempre in ordine decrescente, così:
violetto, rosso, giallo, bianco, bruno, bleu, verde.
Orbene, associando le gamopetale zigomorfe alle dialipetale zigo-
morfe e comparandole di poi colle dialipetale actinomorfe e gamopetale
actinomorfe fra loro pure associate, si ottengono le seguenti seriazioni,
in ordine decrescente:
a) per le zigomorfe (gamopetale e dialipetale) ^Tav. XVII, fi-
gura 5 e Tav. XVIII, fig. 1, linea rossa):
giallo, rosso, violetto, bianco, bleu, bruno, verde
h) per le actinomorfe (gamopetale e dialipetale) (Tav. XVII, fi-
gura .5 e Tav. XVIII, fig. 1, linea verde):
bianco, rosso, giallo, verde, violetto, bleu, bruno.
Una di queste curve — la prima — è bicuspidata, la seconda mo-
nocuspidata, nel quale carattere noi troviamo appunto la difterenza prin-
cipale fra l'actinomorfismo da una parte e lo zigomorfismo dall'altra.
Se noi all'opposto paragoniamo fra loro la curva delle Dicotiledoni
actinomorfe (ottenuta associando le gamopetale alle dialipetale) con
quella delle Dicotiledoni dialipetale (sommate assieme le actinomorfe e
le zigomorfe) si possono rilevare le differenze dovute all'actinomoi'fisnio
da una parte e alla dialipetalia dall'altra.
— 145 —
L'actinomorfismo dà, in ordine decrescente, la seiiazione seguente
(Tav. XVIII, fig. 2, linea verde):
bianco, rosso, giallo, verde, violetto, bleu, bruno.
La dialipetalia invece (Tav. XVIII, fig. 2 linea rossa e verde) :
bianco, giallo, rosso, violetto, bleu, verde, bruno.
Le due curve decorrono dunque quasi parallele fra loro ed hanno
in conseguenza lo stesso aspetto, die è caratterizzato da una sola
cuspide.
Il confronto tra le Dicotiledoni gamopetale (zigomorfe ed actino-
morfe) da un lato e le Dicotiledoni dialipetale (pure zigomorfe ed acti-
nomorfe assieme) dall'altro dimostra che le due curve non sono piìi
uguali fra loro, ma Funa (dialipetale) è monocnspidata, l'altra (gamo-
petale) bicuspidata. Infatti le dialipetale (Tav. XVIII, tìg. .3, linea pun-
teggiata) danno la seguente seriazione:
bianco, giallo, rosso, violetto, bleu, verde, bruno.
Mentre le gamopetale (Tav. XVIII, fig. .3 linea tratteggiata) danno
quest'altra :
giallo, rosso, bianco, violetto, verde, bleu, bruno.
Infine se si stabilisce il paragone fra le Dicotiledoni gamopetale
(zigomorfe ed actinomorfe insieme) e le Dicotiledoni zigomorfe (diali-
petale e gamopetale) si ottiene il seguente schema che ci dà i rapporti
tra la gamopetalia da una parte e lo zigomorfismo dall'altra:
(i) gamopetalia (Tav. XVIII, fig. 4, linea a tratti rossi e verdi) :
giallo, rosso, bianco, violetto, verde, bleu, bruno.
h) zigomorfismo (Tav. XVIII, fig. 4, linea a tratti e punti rossi):
giallo, rosso, violetto, bianco, bleu, bruno, verde.
Vi ha quindi nel zigomorfismo uno spostamento del bianco dal 3"
al 4" posto e del verde dal .5° al 7" posto, a vantaggio rispettivamente
del violetto e del bleu.
Con queste singolari associazioni di curve noi abbiamo tracciato
i principali caratteri dei differenti tipi morfologici fiorali (zigomorfismo,
actinomorfismo; gamopetalia e dialipetalia). Per ora ci limitiamo alle
illustrazioni che qui sopra ne abbiamo fatte, riserbandoci di addentrarci
in ulteriori ragguagli, per quanto riguarda l'interpretazione dei dia-
grammi, allorché tratteremo, nelle conclusioni, dell'importanza dei diife-
renti tipi fiorali e dei loro rapporti coH'evoluzione del fiore.
Prima di chiudere il presente capitolo faremo rilevare che nepiiure
per ciò che ha riguardo alle colorazioni delle ;\[onocotiledoni e delle
Dicotiledoni le nostre osservazioni si accordano con quelle del Riider
— 14(i —
State sopra citate, poicliè egli dà iier i due grappi le seguenti se-
riazioni ' :
ironocotiledoiii: bianco (62), giallo (40), rosso (39,5), verde (11)),
bleii (18), violetto (11,5), bruno (7).
Dicotiledoni: giallo (028), bianco (738), rosso (605), bleu (197).
violetto (149), verde (41), bruno (4).
le quali, come si vede, non concordano colle nostre.
Secondo il Riider poi le Monocotiledoni hanno una percentuale
maggiore di fiori bianchi (rispetto a quelli colorati) in confronto delle
Dicotiledoni, il che neppure si accorda coi nostri risultati, mentre è in
piena armonia colle nostre vedute il fenomeno rilevato dal Roder che
le Monocotiledoni tendono a sviluppare i fiori rossi anziché i gialli.
Noi non crediamo che differenze cosi sensibili dipendano dall'avere
il RiJder studiata di preferenza la flora francese e noi invece la tede-
sca, perchè troppo grandi sono le variazioni che inoltre si appalesano
di già sensibilissime allorché si confrontano i risultati ottenuti colle
singole famiglie.
Capitolo V.
Le colorazioni florali
ed il mezzo in cni aìvc la pianta.
(Tav. XVIIT, XIX. XX.)
Per portare un modesto contributo di ricerche in questa questione
che fino ad ora é stata molto superficialmente trattata dai nostri pre-
decessori, (V. in proposito i lavori di Coupin) abbiamo innanzi tutto
stabilite alcune categorie di stazioni prendendo per base due fattoli
quanto mai importanti, cioè la luce e l'umidità.
A tale scopo vennero prese separatamente in considerazione: 1") le
piante che vivono nelle saline e nelle acque marine; 2") quelle che
vegetano nelle acque dolci; 3») quelle che crescono nelle paludi;
4°) quelle dei luoghi umidi; 5") le piante dei boschi; G») i fiori delle
' Per ragioni abbaslaiiza ovvie noi abliiamo qui, per ogni singolo colore, fuse as-
sieme le tinte pallide e (jnelle vive.
- 147 —
praterie ; 7") le [liaiite crescenti sulle miti e nei siti molto battati dal
sole; 8") la flora dei ruderi; 9'^) le piante dei pascoli alpini.
Moltissime piante delle acque dolci e delle saline sono anche sog-
gette ad una forte insolazione ma ciò non di meno è lecito supporre
che il peculiare mezzo in cui vive la pianta debba riuscire ad attenuare
l'azione della radiazione solare ed a dare un'impronta speciale agli ap-
parati fiorali nello stesso modo che ha potuto modificare gli organi ve-
getativi. Le piante che crescono nei luoghi umidi e nei boschi per lo
più si trovano sottoposte ad una scarsa illuminazione, la quale condi-
zione di cose, associata all'umidità, deve pure aver infinito sulla colo-
razione fiorale.
Infine, per quanto concerne le piante dei luoghi soleggiati, dei prati,
delle rupi, dei ruderi, dei pascoli alpini, ecc., l'azione della luce deve
aver esercitata indubbiamente un' infiuenza predominante in confronto
di quella che poteva spiegare la quantità più o meno grande di umidità
cui andavano soggette le piante stesse.
Non possiamo tuttavia dissimularci che la classificazione proposta
è alquanto artificiosa, poiché i differenti fattori che abbiamo scelti come
fondamentali pel nostro studio riescono il più delle volte ad associarsi
variamente fra loro a seconda del mezzo in cui vive la pianta, il che
vale a mascherare alquanto i risultati.
Però, malgrado questo inconveniente, noi abbiamo ottenuti dei ri-
sultati di tal natura che ci lasciano supporre che i differenti fattori che
costituiscono il mezzo esterno esercitino realmente un'influenza gran-
dissima anche sull'organizzazione fiorale e specialmente sulla colorazione
del perianzio.
Nelle nostre ricerche abbiamo tenuto innanzitutto conto della pro-
porzione con cui si presentano le singole colorazioni allorché le stesse
nelle differenti specie si presentano isolate, cioè non combinate con al-
tre tinte (fiori monocromatici). I dati relativi a queste ricerche sono
consegnati nella tavola XVIII, fig. 5-11 e nella tavola XIX, fig. 1-3
(linea continua).
Secondariamente abbiamo analizzato come si associano i diversi
colori nelle singole specie di fiori policromatici a seconda che queste
vivono nell'una o nell'altra delle stazioni da noi indicate (Tav. XVIII,
fig. .5-11 e Tav. XIX, fig. 1-3, linea punteggiata).
Nella Tav. XIX, fig. 4-13 si sono di poi tracciate le curve grafiche
delle colorazioni sommando fra loro le colorazioni semplici dei fiori mo-
nocromatici e quelle associate dei fiori policromatici. Dato il predominio
delle colorazioni fiorali monocromatiche su quelle policromatiche tali
curve hanno presentata una certa analogia con quelle relative alle co-
lorazioni semplici.
— 148 —
Da iilUiiio .si è voluto esaiuinare come si iiresentauo fra loro asso-
ciate le colorazioni nei fiori i)oIicroniatici a seconda che questi vivono
in un mezzo piuttosto che nelTaltro. I risultati delle nostre ricerche in
proposito sono consegnati nella Tav. XX in cui per ogni singola sta-
zione sono indicate le colorazioni colle quali si associano il verde, il
giallo, il bianco, il rosso, il violetto, il bleu ed il bruno e la frequenza
relativa di associazione.
Premesse queste considerazioni veniamo ora alla trattazione dei
singoli quesiti.
I. Fiori monocromatici (Tav. XVIII, fig. .511 e Tav. XIX, fig. 1-3;
linea continua).
Il) Salhtc. — (Tav. XVIII, fig. ,5). Primeggia il bianco, poi ven-
gono il giallo, il verde, il rosso. Mancano gli altri colori, ma il numero
delle piante studiate è troppo esiguo perchè si possa trarre una con-
clusione un pò importante a riguardo delle tinte assenti.
h) Acque ihlci. — (Tav. XIX, fig. 3). Vi ha in notevole propor-
zione il bianco, mentre il giallo è solo mediocremente rappresentato. 11
rosso ed il violetto sono appena accennati e gli altri colori mancano.
e) Faluih' — (Tav. XVIII, fig. ti). Il bianco ha ancora il soprav-
vento ma ad esso tiene subito dietro il giallo. Il rosso è anche abba-
stanza elevato. Comincia a salire il violetto ed il verde è pure accen-
nato. A questi colori tengon dietro il bleu ed il bruno, ma quest'ultimo
è appena indicato.
d) Luof/Iii umidi. — (Tav. XVIII, fig. 7). Qui comincia a palesarsi
un cambiamento nella disposizione dei colori poiché il giallo diventa il
colore predominante. A (luesto però tiene subito dietro, in ordine de-
crescente, il bianco, seguito a breve distanza dal losso. Il violetto ed
il bleu sono relativamente ancora molto bassi e molto distanti perciò
dal rosso. Infine il bruno ed il verde segnano i ti'i'miiii piii bassi della
curva grafica.
e) Boschi. — (Tav. XIX, fig. I). La curva relativa alle piante
dei boschi ha ancora molta rassomiglianza con (luella delle piante dei
luoghi umidi, poiché al giallo che predomina sussegue parimenti a bre-
vissima distanza il bianco. Il rosso è assai meno rappresentato, mentre
quasi nulla vi ha di mutato per quanto riflette la frequenza del violetto,
del bleu, del verde e del bruno.
f) Prati. — (Tav. XVIII, fig. 11). La cuiva grafica che abbiamo
visto fino ad ora terminare in punta più o meno ottusa a causa della
grande frequenza del bianco, diventa qui molto acuta pel fatto che il
giallo si fa molto frequente in confronto del bianco che tende invece
ad abbassarsi. Il rapporto degli altri colori rimane pressoché invariato.
— 149 —
(j) Liiorj/ii. solcfigiati. — (Tav. XV[II, fig. 10). Il coniporunieuto
è analogo a (luello delle inaute dei prati, solo si nota una certa predo-
miuanza del verde e specialmente del rosso clie tende ad avvicinarsi
al bianco per frequenza.
//; Rapi. — (Tav. XVIII, fig. 9). Nulla di notevole in questa
curva, che corrisponde abbastanza bene a quella delle piante dei prati.
i) Eiukr/. — (Tav. XVIII, fig. 8). Neppure in questa stazione
non si nota alcun che di interessante essendo essa analoga alla prece-
dente. Il verde solo si eleva notevolmente raggiungendo quasi il livello
del bianco.
j) Pascoli alpini. — (Tav. XIX, flg. 2). Di notevole si osserva
una forte elevazione del bleu, per cui la curva diventa bicuspidata, su-
perando detto colore il livello del violetto per raggiungere quasi quello
del rosso. Il bianco torna pure a mostrarsi assai elevato.
IL Fiori polici-omatici. (Tav. XVIII, fig. 5-11 e Tav. XIX, fig. 1-3;
linea punteggiata).
aa) Saline. — (Tav. XVIII, fig. .5). Predominano il verde ed il
rosso, ma, ripetiamo, le piante sono troppo scarse perchè si possa for-
mulare un giudizio sui vari colori di questa curva.
bl>) Acque dolci. — (Tav. XIX, fig. 3). Primeggia il bianco, ed
a questo tengono dietro il giallo ed il verde; il rosso ed il violetto
sono pochissimo rappresentati.
ce) Paludi. — (Tav. XVIII, flg. 6). Il bianco è il colore più fre-
quente, ma anche il giallo è molto elevato. Lo stesso può dirsi pel
verde e pel ros.so mentre gli altri colori sono poco rappresentati.
ddj Luoghi umidi. — (Tav. XVIII, fig. 7). Il bianco ed il rosso
hanno il predominio, poi seguono il verde, il giallo, il violetto, il bruno
ed il bleu.
ce) Boschi. — (Tav. XIX, fig. 1). Il rosso prende il sopravento,
ma subito dopo si hanno il bianco ed il verde. Il giallo è più basso,
sebbene di poco, ed a questo seguono il violetto, il bleu ed il bruno.
f/) Prati. — (Tav. XVIII, fig. 11). Predomina il rosso, poi viene
il bianco e quindi il violetto ed il giallo. Il verde ed il bleu si trovano
ancora più bassi e quasi ad uguale livello. Infine, ultimo per frequenza,
si ha il bruno.
ijgì Lnotjhi soleggiati. — (Tav. XVIII, fig. 10). Si ha quasi la stessa
curva che per le piante dei prati, solo che il giallo è più elevato del
violetto e arriva al livello del bianco, mentre il verde supera il bleu.
Uh) Baili. — (Tav. XVIII, fig. 9). Si ha una curva che diffeiisce
dalla precedente solo perchè il violetto si innalza di più ed il verde
invece si abbassa.
— 150 —
ih lÌKileri. — (Tav. XVIII, fig. S). Predomina il rosso, poi ven-
gono il verde, il giallo ed il bianco, il violetto, il bruno ed il bleii.
JJ) Pascoli itliiiiii. — (Tav. XIX, fig. '2). Questa curva, per ragioni
che ci sfuggono, è alquanto anomala avendosi il massimo nel bianco, cui
seguono il rosso ed il violetto, entrambi allo stesso livello. Più basso
é il giallo ed ancora più il verde, il bleu ed il bruno.
Dal confronto dei fiori monocromatici con quelli policromatici emer-
gono i seguenti fatti : 1") predomina sempre il bianco nelle stazioni
umide analogamente a quanto osservò il C'onpin ; y") il giallo è il colore
che si eleva maggiormente nelle stazioni secche e soleggiate (V. in
proposito la curva data dal Coupin molto simile alla nostra) allorché
esso è isolato, altrimenti cede il predominio al rosso; 3°) il verde, che
è sempre poco rappresentato nei fiori monocromatici, diventa abba-
stanza frequente in quelli policromatici: il fenomeno è particolarmente
evidente nelle piante dei boschi e dei luoghi umidi, dei ruderi e delle
paludi; 5") il predominio, a seconda delle stazioni, è dato o dal bianco,
0 dal giallo, o dal rosso, il che non corrisponde completamente a quanto
si è osservato studiando le colorazioni dei vari tipi fiorali, perciiè in
questi abbiamo veduto che poteva predominare il bianco (fiori dialipetali
actinomorfi), il giallo (fiori dialipetali zigomorfi) o il giallo ed il violetto
(fioi i gamopetali e fiori zigomorfi) ; 6") nei fiori policromatici il giallo
di rado supera il bianco per rappresentare il massimo cromatico, come
si osserva nei fiori delle rniii; più di frei(uente invece sta al disotto
del bianco (fiora dei prati, dei luoghi umidi, ecc.); al contrario nei fiori
monocromatici esso giallo è molto spesso il colore predominante; 7°) nulla
di notevole si osserva rispetto al violetto, al bleu ed al bruno; perù
quest'ultimo supera il bleu in talune associazioni (paludi, luoghi umidi
e ruderi).
III. FroqiK'Hza assoluta delle singole colorazioni nelle varie sta-
zioni (fiori monocromatici + fiori policromatici). (Tav. XIX, fig. 4-13).
Data la grande predominanza dei fiori monocromatici su quelli po-
licromatici, queste curve hanno molta rassomiglianza con quelle dei fiori
monocromatici.
aaa) Saline. — (fig. 4). Predominano il bianco ed il verde ; se-
guono il giallo ed il rosso e mancano le altre tinte.
bbh) Acque dolci. — (fig. .5). Predomina il bianco e poi viene il
giallo. Il verde è notevolmente elevato; molto basse invece le altre tinte.
ccc) Paìinli. — (fig. (j). La curva è analoga alla precedente, però
il rosso si eleva e supera notevolmente il verde.
ilddj Luogìii umidi. — (fig. 9). IMolto elevato il giallo, che è il
colore predominante. A questo però segue da vicino il bianco, ed il rosso
— 151 —
è di poco più basso. Il verde, beucliè più basso del violetto, è ancora
notevolmente frequente.
cec) Boschi. — (fig'. 10). La curva diifei'isce ben poco dalla pre-
cedente; solo si nota un leggero abbassamento del rosso.
fff) Prilli. — (iig. 12). Il giallo è molto elevato. Seguono il
bianco, il rosso, il violetto, il bleu, il verde ed il bruno. Tutti i colori
sono assai distanziati gli uni dagli altri, ad eccezione del violetto e del
lileu. Il verde è però relativamente poco elevato.
f/fff/) Lnogld soleggiati. — (fig. 11). La curva è analoga alla pre-
cedente ; il rosso è però vicinissimo al bianco.
hlih) Rupi. — (fig. i;:5). La curva è analoga a quella dei prati e
dei luoghi soleggiati.
Hi) Ruderi. — (fìg. 7). Il giallo ha il predominio, ma è seguito
subito dal verde. Il bianco ed il rosso — ma più specialmente il primo
— sono notevolmente elevati. Nulla degno di nota riguardo agli al-
tri colori all' infuori di un lieve rialzo dal bruno rispetto al bleu.
JJjJ Pascoli alpini. — (fig. 8). Manca l'elevazione del bleu, per
cui la curva da bicuspidata diventa monocuspidata (Cfr. fig. 2 stessa
tavola).
In quasi tutte le curve tracciate si ha di notevole l'elevazione re-
lativa del verde rispetto agli altri colori.
IV. Associazioni cromatiche nelle piante delle differenti sta-
zioni. — (Tav. XX).
Dalle curve esposte nella tavola XX si può rilevare come ogni
singolo colore si associ agli altri in modo molto uniforme sebbene dif-
ferenti siano le stazioni in cui vive la pianta. Tuttavia un'analisi un po'
accurata dei diagrammi, ed in ispecie un diligente studio comparativo
dei medesimi ci ha permesso di rilevare i seguenti fenomeni.
1°). Il colore che entra in combinazione si associa con maggior
frequenza colle tinte che lo precedono o lo seguono immediatamente '.
Cosi il verde si combina di preferenza col giallo, il bianco col rosso e
col giallo, il rosso col bianco e col violetto e questo col rosso e col
bleu. Fa in parte eccezione a questa regola il giallo in quanto che
solo poche volte si associa prevalentemente (associazioni al massimo)
col bianco, essendo esso di preferenza combinato col verde (boschi e
ruderi) o col rosso (luoghi soleggiati, luoghi umidi, ecc.).
2"). Il verde non si combina che debolmente coi colori dissociati
della serie cianica (bleu e violetto). Le sue combinazioni più frequenti
' Tu questo fatto noi erodiamo potè)' vedere ima prova della razionalità, della se-
riazione dei colori da noi seguita.
Atli dell'Ut. Boi. dell' Uineersità ili Pallia — II Serie - Voi. X. 12
— \')2 —
sono col giallo (liiog-lii soleggiati, rupi, boschi) o col bianco {luoghi
umidi, pascoli alpini). Col rosso è pure frequentemente associato, seb-
bene meno di quanto lo sia colle altre tinte.
3") Il verde è fortemente rappresentato, come colore di combi-
nazione, nei luoghi umidi, nei boschi e nei luoghi soleggiati. La sua
potenzialità di combinazione diminuisce nei fiori dei prati e delle rupi.
4"). Il bianco nei siti umidi e nelle acque tende a combinarsi,
come si è detto, prevalentemente al verde. Nei luoghi soleggiati dimi-
nuisce la sua affinità per questo colore e aumenta quella pel rosso col
quale colore forma perciò delle associazioni al massimo (prati, luoghi so-
leggiati, pascoli alpini). Col giallo si associa fortemente nei siti esposti
al sole (rupi, pascoli alpini).
.5°) Se si esamina il tracciato che risulta costituito dalla somma
di tutte quante le singole combinazioni per una data stazione, si rileva
che il medesimo decresce dal lato sinistro (lato del verde) verso il de-
stro (lato dei colori cianici) nelle piante delle acque, dei luoghi umidi e
dei boschi ; si mantiene pressoché ugualmente elevato (ad eccezione del
bruno) in quelle delle rupi; ha il massimo di altezza iu corrispondenza
del rosso o del bianco nelle piante dei luoghi S!)leggiati ed aperti.
6") Le combinazioni della serie cianica (violetto e bleu) si fanno
pili frequenti nei luoghi soleggiati, diminuiscono nei luoghi umidi ed
ombrosi, il che dipende dalla poca tendenza che hanno questi colori a
combinarsi col verde prevalente in queste stazioni.
La spiegazione di questi singolari fenomeni verrà data nel capitolo
dedicato alle conclusioni.
Capitolo YI.
I colori florali nei (liflfercnti mesi dell'anno.
(Tav. XXI, XXII, XXIII, XXIV).
Nella tavola XXI sono rappresentate le curve che indicano la fre-
quenza con cui i differenti colori fiorali si mostrano nei diversi mesi
dell'anno, ma limitatamente alle famiglie di piante dialipetale.
Un primo fenomeno che dall'esame delle stesse emerge si è quello
del diverso comportamento delle differenti tinte a seconda che si tratta
— 153 —
(li fiori actiuomorft (linea continua) o di lìori zigomorfi (linea punteg-
giata). Nei primi, il verde, il giallo, il bianco, il rosso ed il bruno sono
molto maggiormente rappresentati durante tutto l'anno di quanto lo sieno
nei fiori zigomorfi.
All'opposto la curva del violetto dei fiori actinomorfi quasi si so-
vrappone alla curva dello stesso colore dei fiori zigomorfi (Tav. XXI,
fig. 51, il che ha non poca importanza se si considera che le piante diali-
petale zigomorfe sono assai meno numerose delle actinomorfe. Il bleu
infine si presenta notevolmente più diffuso, durante tutto l'anno, nei
fiori zigomorfi in confronto di quelli actinomorfi (Tav. XXI, fig. 6).
E duopo ancora rilevare che per una causa che noi non siamo
riusciti a rintracciare, ma che probabilmente non si può ritenere come
accidentale, la massima frequenza delle singole tinte nei fiori zigomorfi
cade di solito in giugno, mentre nei fiori actinomorfi le singole colora-
zioni presentano il massimo di frequenza in luglio. Il verde anzi rag-
giungerebbe la maggior frequenza in agosto (fig. 1).
In non pochi casi il massimo verrebbe raggiunto in giugno ma
persisterebbe fino a luglio oppure le differenze fra questi due mesi, per
(luanto riguarda la frequenza, sarebbero pochissimo accentuate (verde :
fig. 1, fiori zigomorfi; bianco; fig. 3, fiori zigomorfi; bleu: fig. 6, fiori
zigomorfi; giallo: fig. 2, fiori actinomorfi).
Allorché il massimo trovasi localizzato in luglio, si ha come con-
seguenza uua diminuzione nella frequenza, assai piìi rapida dell'incre-
mento, nei mesi d'estate e di autunno, mentre l'opposto avviene allor-
ché il massimo cade in giugno.
Il fenomeno del raiiido decrescimento è particolarmente accentuato
nel verde, il cui massimo (fiori actinomorfi) cade, come si è detto, in
agosto.
Se noi passiamo ora ad analizzare come si comportano le curve
cromatiche nei fiori gamopetali (Tav. XXII, fig. 1-7) rileviamo nei diffe-
renti mesi dell'anno un comportamento che si allontana da quanto si é
visto nei fiori dialipetali.
Esaminando i relativi diagrammi noi vediamo che nelle gamopetale
actinomorfe (linea continua) le curve del verde (fig. 1), del bianco
(fig. 3), del rosso (fig. 4), del bleu (fig. 6) sono piii elevale delle omo-
loghe riferentisi ai fiori zigomorfi, mentre l'opposto si verifica pel
giallo (fig. 2) e pel violetto (fig. 5). La curva del bruno (fig. 7) mantiene
pressoché lo stesso andamento nelle due categorie di fiori.
Ora la maggior elevazione del giallo e del violetto contrasta sin-
golarmente con quanto si é verificato per gli stessi colori nelle diali-
— 154 -
petale (T;iv. XXI, (ig. 2 e 5) in cui tali colori sono semprt' più fre-
quenti nei fiori actinoniorfi.
Il massimo di frequenza ilei singoli colori cade in luglio tanto
pei fiori actinomorfi che per i zigomorfi. La discesa autunnale quindi
avviene con una certa celerità che è già abbastanza marcata in agosto,
ciò che rende queste curve abbastanza differenti da quelle della ta-
vola XXI. Oltre a ciò nelle gamopetale non si incontra quella speciale
fase di stazionarietà che ha luogo per molte curve delle dialipelale
in coirispondenza dei mesi di giugno e luglio, di guisa che nelle prime
la grafica termina sempre in punta acuta.
Una curva alquanto anomala è quella del verde che nelle gamope-
tale zigomorfe arriva quasi a produrre un secondo massimo in niarzo-
ajirile (Tav. XXII, fig. 1, linea punteggiata).
La tavola XXIV ci indica i rapporti di frequenza dei vari colori nei
difterenti mesi a prescindere dalle distinzioni fiorali dovute alle modi-
ficazioni morfologiche. I tracciati che si sono ottenuti dimostrano che
il massimo assoluto delle singole colorazioni cade in luglio; che il
giallo, il bianco ' ed il rosso sono i colori più comuni nei differenti
mesi e che infine la discesa e l'ascesa delle curve differiscono alquanto
fra loro solo in alcuni colori (bruno, bleu, verde), perchè la discesa
è in principio assai più lenta dell' ultimo tratto dell'ascesa.
Abbastanza interessante si è mostrato lo studio riflettente i rap-
porti di frequenza delle diverse colorazioni nei diversi mesi dell'anno
(Tav. XXIII) poiché dallo stesso è stato posto in sodo che in gennaio
predominano il bianco ed il giallo ; in febbraio il giallo ha il predo-
minio da solo, ma ben tosto viene superato dal bianco il quale si man-
tiene molto elevato rispetto agli altri colori nei mesi di marzo ed aprile
per cedere di nuovo la supremazia al giallo in maggio. Dal giugno al
novembre rimane incontrastato il predominio del giallo, il quale però
torna a passare in seconda linea e cede il campo al bianco in di-
cembre.
Per ciò che concerne gli altri colori si ha la seguente seriazione
(in ordine decrescente) rispetto alla frequenza: rosso, violetto, bleu,
verde, bruno. A seconda dei mesi, ora l'uno ora l'altro di questi colori
tende ad elevarsi senza che tuttavia riesca a turbare l'ordine della
seriazione. Bisogna però fare eccezione pel verde che in maizo cambia
di posto portandosi al disopra del bleu.
' La grande frequenza del bianco è qui iu gran parte dovuta all'azioue dei fiori
dialipetali, essendo tale colore relativameute poco rappres;ntato uidie gamopetale
(V. Tav. XXII, fig. :>).
— 155 —
E vero che in ottobre il bianco, il rosso ed il violetto tendono a
diventare ngualniente fretìuenti, e lo stesso fatto si ripete in novembre
e dicembre, ma la quantità di fiori che si hanno in tali mesi è così
scarsa che non si può dare una grande importanza al fenomeno.
Cai'itolo vii.
Fiori moiiocroniatici e fiori policromatici.
(Tav. XXII, fig. 8-11).
Se noi passiamo in rassegna una flora qualsiasi, troviamo che molte
famiglie sono per lo più rappresentate da generi e da specie che por-
tano dei fiori di un solo colore (fiori monocromatici) il quale però può
essere diverso nelle diverse specie, come si osserva per esempio nelle
Crocifere, mentre altre famiglie ed altri generi, oltre a possedere un
certo numero di specie monocromatiche, comprendono pure non pochi
tipi, 0 constano esclusivamente, di piante i cui fiori sono screziati o
sulfusi di diversi colori (fiori policromatici).
L'intima essenza del policromismo, il quale dipende in gran parte
dalla presenza dei cosidetti nettaro-indici, secondo la maggior parte
degli autori va ricercata nei rapporti che i fiori contraggono cogli in-
setti, ma uno di noi ha posto in evidenza (Cfr. Buscalioni e PoUacci,
Le Antociaìiiìie, ecc.) come anche altri fattori possano aver determinate
le screziature nei fiori, per cui appai'e giustificata l'opinione del Knuth
(Vedi llandhiicli dei- BUìthcnhioìoyic) allorché afferma che solo fino a
prova contraria si devono ritenere le macchie e le striature quali dis-
posizioni intese a guidare gli insetti al nettario.
Lo studio che abbiamo fatto delle colorazioni fiorali ci ha pure in-
dotti a portare la nostra attenzione sui fiori policromatici e più spe-
cialmente a rilevare la proporzione con cui questi si presentano nei
differenti tipi fiorali, vale a dire nelle piante dialipetale, actinomorfe
e zigomorfe, e nelle corrispondenti gamopetale.
Noi riporteremo qui i risultati ottenuti, riservandoci di rilevarne
l'importanza nelle conclusioni, ma nello stesso tempo sentiamo l'obbligo
di dichiarare che per quanto le nostre ricerche ci paiano attendibili, al-
meno nelle linee generali, esse tuttavia sono alquanto incomplete, non
— ir,6 —
potendosi condiiri'e a terniine con sufficiente rigore scientifico uno studio
che richiede incondizionatamente l'osservazione delle piante vive.
Fra le piante dialipetale actinomorfe, rappresentate nella flora te-
desca da oltre 1000 specie, ne abbiamo trovate 872 a fiori monocroma-
tici e 215 a fiori policromatici, il che darebbe una percentuale di 24, G
fiori policromatici.
Nel gruppo delle dialipetale zigomorfe su 409 specie, ne abbiamo
rinvenute 148 a fiori policromatici, per cui la percentuale dei fiori po-
licromatici salirebbe al 36,0 "/„.
Nelle gamopetale actinomorfe, rappresentate da circa 602 tipi, la
percentuale dei fiori policromatici raggiunge il .35,1 "/o (180 fiori poli-
cromatici).
Infine per ciò che concerne le gamopetale zigomorfe, .sopia 549 fiori
ne abbiamo trovati 131 policromatici e quindi un rapporto di 313 '%
vale a dire una cifra un po' più bassa di quella corrispondente nelle
gamopetale actinomorfe e nelle dialipetale zigomorfe, ma più elevata
di quella dei fioii dialipetali actinomorfi.
Adunque il numero più basso dei fiori policromatici si incontra
nelle dialipetale actinomorfe, poi seguono le gamopetale zigomorfe, le
gamopetale actinomorfe ed infine le dialipetale zigomorfe.
Noi siamo pertanto in grado di affermai'e che i risultati delle nostie
ricerche concordano con quelle di Taylor il quale, a pag. 199 del suo
trattato sui fiori, così si esprime: " We commonly find that when ali
" the petals are equal in size and shape, all'are equally .coloured or
" sheaked. I5ut as soon as one petal is enlarged for any special pur-
" pose in the economy of the plant, althoug the enlargement may be
" comparatively trifling in degree, a change in colour or adornement
" in mediately ensues. But when the change in shape is carried to a
" high degree, then the part Avich is the largest is either of a diffe-
" rent colour, or it is dift'erently marked. When the petals of a Flower
" bave grown together so that a gamopetalous corolla is the result.
" then, is this be of an irregnlar shape, there is noth so niuch difte-
" rence in the colour of the united parts, except the lower wich are
" usually spotted, or more brillant in colour „.
E duopo però notare che il Taylor, pur essendo giunto alle nostre
conclusioni in base ad osservazioni alquanto superficiali, non ha saputo
dare una spiegazione del fenomeno oltre a quella solita che si riferisce
all'allettamento dei pronubi.
I rapporti di fi'equenza tra le differenti categorie di fiori (mono-
cromatici e policromatici) e il tipo morfologico fiorale (dialipetalia, ga-
mopetalia, zigomorfisnio ed actinomorfismo) sono stati illustrati grafica-
— 157 —
mente nella tavola XXII flg. 8-11. La fìg. 8 rappresenta il rapporto tra
i fiori monocromatici (e. s.) ed i fiori policromatici (a. e.) nelle diali-
petale actinomorfe; la fig. 9 lo stesso rapporto nelle dialipetale zigo-
morfe; la fig. 10 ci indica i risultati ottenuti studiando le gamopetale
zigomorfe, ed infine la fig. 11 mostra la frequenza relativa delle due
sorta di fiori nelle gamopetale actinomorfe.
In tutte le figure sopra citate il rapporto tra il numero dei fiori
monocromatici e quelli policromatici è ridotto a 100, il che permette
di rilevare con maggior facilità le divergenze dovute alla struttura
fiorale.
Capitolo Vili.
Le colorazioni predoiuiiiaiiti nelle flore alpine.
(Tav. XXV, fig. 1-7).
Colla scorta dell'opera del Graf il quale ha illustrato con tavole
a colori circa 400 specie di piante della catena delle Alpi svizzere e
delle regioni austriache noi abbiamo potuto rilevare alcuni dati concer-
nenti la distribuzione dei colori nelle piante alpine, sia rispetto alla
costituzione fiorale, a prescindere da qualsiasi altro fattore, sia rispetto
al mezzo in cui la pianta vive.
A quanto pare i rapporti di frequenza delle singole colorazioni non
corrispondono più a quelli che sono venuti in luce dallo studio della
flora tedesca in gran parte costituita da piante di pianura e di collina.
Infatti la tinta ciie presenta il massimo di frequenza non è più il
giallo (Tav. XIII, fig. 8) ma bensì il rosso (Tav. XXV, fig. 1), ed
inoltre si ha la seguente gradazione in ordine decrescente: rosso, bianco,
giallo, violetto, bleu, verde, bruno.
Ora questa seriazione neppure corrisponde a quella indicata dal
Conpin per la flora francese, dal Fisch per le Alpi dove trovò predo-
minanti i fiori bianchi, cui seguivano per ordine di frequenza i gialli,
i violetti, i bleu ed i rossi, né a quella del Lindmann che trovò pure un
aumento dei fiori bleu e violetti, né infine, a quella di Cockevell che,
nelle montagne del Colorado, vide più frequenti i fiori bleu, rossi, gialli
e verdi. Essa presenta invece una certa analogia con quanto ebbero a
segnalare il Miiller ed il Bonnier.
— I5S -
Sta intanto il fatto die se nelle tlme alpine predominano i colori
vistosi, qnesto sarebbe un carattere che varrebbe a distinguere ([Uesta
fiora dalle flore ai'ticlie e nnrdirhe in cui, stando ai dati di Scliiibeler,
di Lindmann e di Eekstam il bianco sarebbe il colore predominante.
Una concordanza di tinte tia le due fiore si verifica solo se conside-
riamo le sommità alpine e le regioni dei ghiacciai, come fra poco ve-
dremo.
Sulle montagne abbiamo delle condizioni biologiche le quali rispec-
chiano quanto avviene in pianura e noi perciò abbiamo pure tentato di
dare i diagrammi relativi alle piante dei boschi, dei prati, dei luoghi
soleggiati, dei luoghi umidi (comprendendo in questo gruppo la flora
delle torbiere e delle paludi) ed infine abbiamo fatta una categoria spe-
ciale per la flora dei nevai.
Per quanto riguarda quest'ultima (fìg. 2), troviamo che il massimo
di frequenza coincide col bianco e col violetto, poi viene il giallo, ed
infine il rosso, il bleu ed il verde.
Nelle paludi, torbiere e luoghi umidi in genere (fìg. 3) si osserva
pure un notevole predominio di fiori bianchi, cui seguono, in ordine de-
crescente, i rossi ed i gialli — pressoché ugualmente rappresentati —
i violetti, verdi, bleu e bruni.
La curva corrisponde abbastanza a quella che abbiamo ottenuta
per la flora germanica (Tav. XIX, fìg. G), poiché anche in questa tro-
viamo il massimo nel bianco. Differiscono tuttavia le due curve perchè
nelle Alpi il giallo è di poco inferiore al rosso, il verde al violetto,
menile l'opposto ha luogo nella flora tedesca, ma queste differenze, per
ragioni facili a comprendersi, non hanno grande valore.
Il giallo diventa il colore predominante nei prati e pascoli alpini
(fìg. 4) e ad esso seguono, in questa curva, il bianco ed il rosso. Il
violetto ed il bleu, che vengono dopo, sono quasi ugualmente rappre-
sentati. Il verde occupa l'ultimo posto. — Anche questa curva ha molta
analogia con quella che abbiamo data pei pascoli alpini della flora te-
desca, come si può vedere confrontando la fig. 4 della tavola XXV colla
fig. 8 della tavola XIX, il che ben si comprende qualora si consideri
die il giallo ed il bianco sono eccellenti colori di contrasto sul fondo
verde.
I boschi alpini albergherebbero, secondo il nostro schema (fig. 5),
una grande quantità di fiori rossi. A questo colore terrebbe] o dietro,
in ordine decrescente, il bianco, il giallo, il violetto, il bleu, il verde
ed il bruno. La curva differisce notevolmente da quella che .si è trac-
ciata per i boschi della flora germanica (Tav. XIX, fìg. 10), il che forse
ha la sua ragione d' essere nelle differenti condizioni biologiche (illu-
— 159 —
niinazione, allettamento dei pronubi, ecc.) dei bosclii alpini lispetto a
quelli di pianuia.
Nei luoghi aperti (fig. 6) abbiamo due massimi di frequenza in
corrispondenza al rosso ed al giallo, mentre il bianco si abbassa no-
tevolmente. Ancora più basso trovasi il violetto, mentre il bleu si in-
nalza alquanto. Il verde è debolmente rappresentato ed il bruno manca.
Anche questa curva ha poca affinità con quella corrispondente dei luoghi
soleggiati di pianura e collina (Tav. XIX, fig. 11).
Infine sulle rupi (fig. 7) torna a predominare il bianco sul giallo,
ma di poco, ed inoltre si ha una accentuazione del bleu rispetto al
violetto.
La curva non coriisponde in tutto a quella della flora tedesca
(Tav. XIX, fig. 13) sebbene anche in questa si noti un grande pre-
dominio dei fiori bleu che tendono quasi ad uguagliare quelli violetti.
Questi sono i risultati che noi abbiamo ricavato dai nostri studi,
che certo non possono dirsi completi, sulla flora alpina. Noi li segna-
liamo perchè crediamo che nelle grandi linee siano attendibili, ma, dato
il numero esiguo di piante esaminate e la sicurezza solo relativa del
metodo impiegato, non vogliamo desumere da questi risultati delle con-
clusioni di indole generale all'infiiori di quelle segnalate nel corso della
descrizione.
Capitolo IX.
CONCLUSIONI.
Il Miiller nel suo classico trattato " Blumen und Insekien „ così
si esprime a riguardo delle colorazioni fiorali: " Noi siamo ancora al-
l'oscuro sulle cause che hanno provocato la piima comparsa dei fiori
colorati. Siccome però le piante anemofile e le Gimnosperme al tempo
della fioritura si ornano spesso di colori abbastanza vivi indipendente-
mente dalla presenza degli insetti, così appare probabile che le colo-
razioni dei fiori dipendano dai processi chimici attivati e che i fiori
ermafroditi piìi antichi abbiano ereditato degli involucri colorati da
progenitori anemofili e a sessi separati e che infine gli insetti siano
unicamente riusciti ad esaltare ed a perfezionare le colorazioni pree-
sistenti „.
— ir.n —
Purtroppo quasi tutti gli autori clie si occuparono di poi della bio-
logia fiorale hanno trascurato il concetto del grande biologo tedesco,
non curanti clie di ascrivere agli insetti ed agli altri animali pronubi
tutte quante le modificazioni di forma dei fiori e più ancora le grada-
zioni di tinta che questi presentano.
Non vi ha dubbio che gli animali, e più specialmente gli insetti,
hanno contribuito potentemente a modificare la struttura e le tinte fio-
rali, ma non si può neppure escludere che le condizioni esterne, nelle
quali la pianta vive, non abbiano anche concorso a portare delle mo-
dificazioni. Orbene fu precisamente nostro compito quello di investigare
in quale misura le tinte fiorali ed i cambiamenti, sia di numero che di
simmetria, reperibili nella corolla siano dovuti a questi fattori.
E ora peitanto tempo di raccogliere le idee e venire ad una con-
clusione che riassuma i fatti esposti e cogli stessi armonizzi.
Prima però di entrare in merito alla questione è duopo analizzare il
problema della evoluzione fiorale secondo le moderne concezioni degli autori.
Lo studio delle forme fiorali ha indotto, come si è visto, più di
un botanico a ritenere che le colorazioni dei petali siano stj'ettamente
collegate col grado di evoluzione del fiore. Ma il concetto del perfezio-
namento fiorale fu variamente interpretato, poiché mentre il Wolff" ed
il Goethe asseriscono che gli involucri perianziali derivano dalla meta-
morfosi delle foglie, l'Alien Grant fa derivare gli stessi dalle antere in
base all'unica circostanza che le antere d'ordinai-io sono gialle come
taluni perianzi e che esse si trovano di già nei fiori privi di corolla.
Queste differenti vedute filogenetiche hanno fatto sentire il loro
contraccolpo sopra la teoria concernente l'evoluzione cromatica del fiore,
di guisa che noi vediamo che i differenti autori, per quanto concordi
nello stabilire un'unica seriazione di colori, gli uni più perfezionati degli
altri, si son trovati di poi imbarazzati nello stabilire la dignità dei
singoli colori fiorali, i più degradati dei quali sarebbero destinati ad
ornare le corolle meno evolute, gli altri quelle più perfezionate. Come
colore più degradato taluni ammisero il giallo (Alien Grant), altri il
verde ed il giallo (Miiller, Lovell e Lubbock), altri infine il bianco ed
il verde, che sarebbero anzi per taluni 1 colori primitivi, mentre all'op-
posto il rosso, il violetto ed il bleu rappresenterebbero le tinte più
nobili. Cosi veniva stabilita la reciproca dignità dei differenti colori
fiorali concatenati gli uni cogli altri in modo da formare un'unica se-
riazione che noi chiameremo seriazione monofiletica, e ciò malgrado
che il De Candolle avesse da tempo fatto osservare che le colorazioni
fiorali appartengono a due tipi differenti costituiti dai colori della serie
xantica da una parte, da quelli della serie cianica dall'altra.
— IGI —
Nel lavoro sulle antocianine e la loro fmizioiie biolof^ica nelle iiiante
che uno di noi (Biiscalioni) ha fatto in collaborazione col D.'' G. Poi-
lacci, la questione della filogenesi e delle variazioni cromatiche venne
ampiamente discussa allo scopo di dimostrare come non si possa a
rigor di termini parlale di un'unica seriazione cromatica pel fatto che
le ditFerenti tinte florali (verde, bianco, colori della serie xantica, co-
lori della serie cianica, ecc.) rappresentano tre differenti sorta di unità
cromatiche non collegate fra loro da alcun nesso. Infatti la presenza
dell'aria è la cagione della comparsa del color bianco; il verde è dato
dai cloroplasti, il giallo ed il ranciato dai cromoplasti, mentre poi i co-
lori della serie cianica derivano per lo piìi dalle antocianine variamente
colorate a seconda del loro stato di dissociazione.
Buscalioni e Pollacci prendendo per base l'ipotesi dell'origine fo-
gliare del filloma fiorale come quella più generalmente accettata e più
consona ai fatti, hanno formulata una teoria secondo la quale il verde
sarebbe il colore primordiale e da questo, in seguito ad una alterazione
più 0 meno marcata dei cloroplasti, sarebbe derivato il giallo, mentre
dalla distruzione totale dei cloroplasti (rispettivamente dei cromo-
plasti) avrebbe tratto origine il bianco. I colori infine della serie
cianica si sarebbero insediati in quei fiori nei quali la distruzione dei
plastidi aveva raggiunto il grado più elevato (caso più frequente) op-
pure in quelli in cui le modificazioni si erano arrestate colla forma-
zione dei cromoplasti.
Noi siamo ora in grado di precisare meglio questo concetto e di
illustrare cosi l'intima essenza del processo filogenetico fiorale, almeno
nelle sue grandi linee.
Il verde è, come si disse, il colore primordiale, ma esso — fatta
eccezione per jiochi casi — non si conserva, e ciò per cause interne
di indole fisiologica. È noto infatti, dalle ricerche di Saposknikoff, che
i cloroplasti quando vengano costretti ad accumulare nella loro compa-
gine i prodotti della loro attività fotosintetica si disorganizzano. Ora
un fenomeno analogo deve avvenire nel filloma fiorale, perchè i mate-
riali nutritizii (zuccheri, ecc.) che da tutte le parti della pianta accor-
rono al fiore in via di sviluppo intralciano senza dubbio l'eliminazione
dei prodotti di assimilazione dei cloroplasti dei fillomi fiorali stessi '.
' In appoggio di questa teoria far(3nio notare che il prof. Fatta avendo preso a
studiare la corolla verde della Delieralnia smaragdinn non vi rinvenne traccia di
amido sebbene il parenchima della stessa fosse ripieno di granuli clorofilliani, il che
dimostra come l'attivitii fotosintetica nei petali di queste piante sia abolita. (Vedi
G. Fatta, I fiori della Deherainia smarwjdina in Nuovo Gioni. Bot. ital., 1808).
— ir,2 —
Di qui la tendenza alla distruzione del granulo clorofilliano. Un
tale fenomeno essendosi riprodotto, senza posa, di generazione in gene-
j-azione deve avei' determinato, come è facile a comprendersi, la me-
tamorfosi del cloroplasto in cromoplasto, il che ha avuto per conse-
guenza che il filloma fiorale, modificato nella sua colorazione, venisse
utilizzato per una nuova funzione, che è quella di adescamento.
La metamorfosi cromatica è però avvenuta, a nostro parere, indi-
pendentemente dall'intervento degli insetti e per condizioni non già di
relazione ma inerenti alla pianta stessa, vale a dive per cause interne.
Ciò concorda col fatto che molte piante anemofile e le Gimnosperme
hanno spesso gli apparati fiorali piìi o meno colorati benché non deb-
bano attirare gli insetti.
Lo stesso principio che ci ha indotti a spiegare l'origine dei colori
giallo e raneiato, può servire a chiarirei come si sia venuto organizzando
il color bianco. A tale scopo è sufficiente ammettere che in laluni fil-
lomi poco resistenti, sempre per la stessa causa, abbia avuto luogo
una più radicale alterazione dei cloroplasti per cui questi, anziché tras-
formarsi in cromoplasti, andarono scomparsi come corpi divenuti inutili
in seguito all'esaurimento della loro attività.
Secondo le nostre vedute ailunque l'ingombro di materiali plastici
attorno al filloma fiorale avrebbe determinato in certi casi 1" ingialli-
mento di questo, in altri l'imbianchimento. Contro questa teoria si ele-
vano le osservazioni del Taj'lor il quale, basandosi sul fatto che i fiori
si formano in maggior copia se le piante son tenute in cattive condi-
zioni di esistenza e che gli stessi appaiono sui rami terminali spesso
privi di foglie o portanti solo delle brattee, ritiene che la formazione
dei fiori sia inerente ad un rallentamento nella nutrizione. Noi faremo
notare che l'osservazione è giusta ma non regge se si considera il fiore
durante la sua evoluzione, poiché è noto dalla fisiologia che in queste
condizioni i materiali plastici elaborati dalla pianta si portano al fiore.
Le osservazioni del Mattirolo sui tubercoli radicali delle Leguminose
ne sono una prova quanto mai convincente.
Nel lavoro sopra ricordato sulle antocianine si é anche fatto rile-
vare come queste sostanze si formino di preferenza nelle regioni albicate
delie foglie oppure appaiano prevalentemente allorché i cloroplasti
non hanno ancora cominciato a funzionare (foglie giovani) o viceversa
sono per invecchiamento divenuti inetti al loro compito (colorazione
rossa autunnale). Si tratta pertanto di rapporti antitetici tra i cloro-
plasti e l'antocianina, la ragione dei quali andrebbe ricercata, secondo
le nostre vedute, nel fatto che i clorojdasti allorché funzionano nor-
malmente sviluppano probabilmente delle sostanze di natura enzimica.
— 163 —
con funzione di riducenti, le quali perciò impediscono od ostacolano
l'esplicazione dei processi' di ossidazione dai quali, come è noto, dipen-
derebbe la formazione delle antocianine. Ben si comprende quindi che
queste appaiano di preferenza là dove non vi hanno cloroplasti o questi
non sono ancora attivi o sono divenuti inerti per senilità.
Colla scorta di queste ipotesi noi possiamo ora interpretare la com-
parsa delle colorazioni antocianiche nei fiori, poiché è lecito ammettere
che nei fillomi ingialliti ed in quelli imbiancati si ritrovino quelle con-
dizioni favorevoli alla formazione del pigmento che trovansi nelle
foglie. Perchè si formino le antocianine, siano esse rosse, violette o bleu,
è però necessaria la presenza dei fermenti ossidanti, ed infatti noi ab-
biamo osservato che molti fiori bianchi, taluni dei quali anche abba-
stanza evoluti dal punto di vista morfologico {Eosa, Punica, Petunia,
Dianthus, Dahlia, Antirrhinum, Hydrangea, ecc.), saggiati colla tintura
di guajaco o colla paradifenildiamina « naftol, non rivelarono la pre-
senza di questi corpi o solo ne lasciarono scorgere delle tracce insi-
gnificanti, come ad esempio nel Neriuni ^
Ammessa la nostra ipotesi, la seriazione dei colori può venir for-
mulata secondo il seguente schema: 1.° Vi ha un colore originario,
proprio anche dei fiori anemofili, e questo sarebbe il verde. 2." Da
questo, per un proces.so di degradazione del cloroplasto, ha tratto ori-
gine il giallo (compresovi l'aranciato e certe poche tinte rosse) dovuto
a croraoplasti. Tale colorazione, a causa dell'importanza che ha nella
biologia fiorale, benché derivata da un fenomeno di degradazione, me-
rita tuttavia di esser ritenuta come maggiormente evoluta del verde e
noi conforteremo questa nostra asserzione con non poche prove. 3." Nei
fillomi fiorali poco resistenti, lo stadio della degradazione gialla — ci
si permetta la parola — fu oltrepassato e si arrivò così alla tinta
bianca dovuta alla scomparsa dei plastidi, colla conseguente esplicazione
dei fenomeni cromatici inerenti unicamente alla presenza dell'aria negli
spazi intercellulari. Tale colorazione è prodotta da un processo di im-
ponente degradazione, come vedremo meglio in seguito. La stessa si
mantenne immutata tutte le volte che il filloma fiorale si è trovato
•sprovvisto di energie latenti ed in ispecie di sostanze ossidanti o di
composti atti a .subire l'azione di queste. In caso contrario il filloma
fiorale in via di degenerazione, quasi rinato ad una nuova vita, entrò
in una nuova fase evolutiva biologica e cromatica ed il risultato del
mutato indirizzo fu la comparsa dei colori della serie cianica.
' I fiori Inanelli di Nerium sottoposti a temperature piuttosto alte nou hanno
più date le reazioni caratteristiche, il che è una prova che le colorazioni, dovute al-
l'azione dei reattivi sopra ricordati, dipendevano realmente dalla presenza di ossidasi.
— 16-1 —
Dai fatti esposti noi dobbiamo ammettere che l' evoluzione fiorale
non sia collegata ad un'unica seriazione cromatica (seriazione nionofi-
letica) ma bensì a due (seriazione polifiletica) 1' una delle quali porte-
rebbe alla degradazione caratterizzata dalla colorazione bianca, pas-
sando talora dal verde al giallo, l'altra invece, traendo origine dal bianco,
porterebbe alle colorazioni altamente evolute rapi>resentate dal rosso,
violetto e bleu.
Se noi teniamo però conto dell'importanza che ha il giallo nella
funzione allogamica, ci troviamo autorizzati ad ammettere che nell'evo-
luzione cromatica vi abbiano due massimi evolutivi rappresentati dal
giallo e dai colori cianici e due massimi involutivi dati dal verde e dal
bianco, il primo dei quali sarebbe originario, l'altro derivato e secon-
dai'io. (Vedi il nostro schema alla fig. 8 della tavola XXV).
Tale è il nostro concetto riguardo all'evoluzione cromatica dei fiori,
e noi riteniamo che il medesimo abbia un fondamento di verità perchè
è consono ai dettami della fisiologia e della istologia vegetale.
Premesse queste nostre considerazioni preliminari è duoi)0 ora in-
vestigare un po' da vicino il fenomeno delle differenti colorazioni che
presentano prevalentemente i diversi tipi fiorali.
«) Dialipetale acttnonwrfe. — Tutti gli autori sono concordi
nel ritenere ciie queste piante siano meno evolute di quelle zigomorfe
e delle gamopetale. Noi ci riferiamo qui specialmente ai risultati della
paleontologia ed alle osservazioni del Celakovsky che nelle sue ricerche
sull'evoluzione fiorale, prendendo per base il principio della riduzioue
come indizio di evoluzione, è giunto alla conclusione che le dialipetale
actinomorfe, avendo un numero relativamente grande di lacinie perigo-
niali, devono essere ritenute come più degradate delle gamopetale. ()ra,
in queste piante noi abbiamo precisamente constatato che il bianco si
presenta come il colore predominante nei fiori monocromatici mentre
nelle associazioni cromatiche compare subito dopo il rosso. Il principio
della degradazione cromatica è adunque rispettato perchè a priori è
lecito supporre che la degradazione morfologica debba andare congiunta
alla degradazione cromatica che ha la sua più alta espressione nel bianco.
Ma giunti a questo punto noi dobbiamo domandarci : Sono il colore
bianco e la degradazione morfologica fiorale (nelT actinomorfismo diali-
petaloj conseguenze di una stessa causa o nou piuttosto il colore bianco
è una manifestazione dipendente dalla degradazione? Il problema è
assai arduo e stando alle moderne teorie biologiche sul fiore parrebbe
che l'actinomorfismo abbia portato alla colorazione bianca, per le pe-
culiari necessità dell' allogamia. Noi nou siamo di questo parere, ma
invece riteniamo che l'imbianchimento e l'arresto nello sviluppo siano
— 165 —
entrambi conseguenza necessaria dell' involuzione indipendentemente
quasi del tutto dal procèsso dell'allogamia. Per comprendere la portata
delle nostre conclusioni basta considerare che il filloma fiorale origi-
nario era una foglia verde, di forma ordinaria, la quale in seguito alla
abolita funzionalità dei cloroplasti — il quale stato di cose avrà per-
durato per una liingliissinia serie di generazioni — ha finito per di-
ventare bianca essendo scomparsi i cloroplasti. Ma 1' atrofia di questi
elementi così importanti per la nutrizione della cellula, dei tessuti, della
pianta stessa, deve aver necessariamente portato con sé una diminu-
zione notevole nell' energia vitale del filloma florale, per cui questo,
quasi paralizzato nella sua vitalità, è rimasto tal qnale si trovava, o,
in altre parole, non ha cambiata la forma primordiale che è quella di
una foglia isolata o di una brattea. Ciò ci permette di comprendere
come i fillomi fiorali bianchi siano stati quasi sempre incapaci di ar-
rivare a fondersi assieme per dare origine alle forme gamopetale, op-
pure di svilupparsi variamente a seconda delle condizioni di illumina-
zione, della gravità, dell'orientazione ecc. per provocare la comparsa
del zigomorfismo, richiedendo F esplicazione tanto della gamopetalia
quanto dello zigomorfismo un'attività ed una energia non indifferenti
per parte dell'antofillo, attività ed energia che diffìcilmente si possono
rinvenire in nn organo degradato.
A sostegno delle nostre ipotesi faremo osservare che in molte
piante a fiori bianchi la conformazione dei petali è quella di una foglia
ordinaria. L'esempio più classico di questo genere ci viene dato dalla
Magnolia.
Si può obbiettare, e giustamente, che molti fiori zigomorfi e ga-
mopetali sono bianchi, ma noi faremo osservare che il nostro concetto
contempla il fenomeno, come già dicemmo, nelle sue grandi linee e non
nei singoli dettagli ; in secondo luogo nulla osta che fiori gamopetali
0 zigomorfi abbiano di poi potuto divenire bianchi o, viceversa, che
fiori bianchi, avendo ancora conservate sufficienti energie endocellulari,
abbiano potuto assurgere alla dignità di fiori gamopetali o zigomorfi
senza cambiare di tinta. Sta intanto il fatto, come vedremo in seguito,
che nelle famiglie gamopetale o zigomorfe i fiori bianchi costituiscono
la minoranza.
Concepita in tal guisa la dialipetalia actinomorfa, appare evidente
che la medesima è in relazione pressoché unicamente colle cause interne,
indipendentemente dall'azione dei pronubi.
La poca energia funzionale dei protoplasti nei fiori bianchi ci dà
anche la spiegazione del fatto che nelle piante dialipetale actinomorfe
sono pochissimo accentuate le associazioni cromatiche, come si può ri-
— 166 —
levare dalla fig. 8 della tav. XXII, e queste p(ii, come ben si comprende
a iiriori, sono date prevalenleraente dal bianco. Le associazioni croma-
tiche sono dovnte alla presenza di varie sostanze fra cui primeggie-
rebbero le antocianine, i cromoplasti, ecc. Ora un fiore che ha perduto
tutti quanti gli organiti capaci di formare, sia indirettamente che di-
rettamente, i pigmenti, non può certo spiccare per abbondanza di as-
sociazioni cromatiche.
Che il filloma fiorale bianco abbia tratto origine dalla distruzione
del pigmento clorofilliano oppare manifesto pel fatto che se si esami-
nano le differenti associazioni cromatiche (Tav. XX) si nota che il
bianco si associa più frequentemente col verde che col giallo, mentre
noi abbiamo fatto lilevare che per quanto concerne gli altri colori le
associazioni più frequenti sono quelle coi colori immediatamente anle-
(■eiienti o susseguenti (Vedi pag. 151). L'anomalia offerta dal bianco
l'iesce chiarita quando si faccia derivare questo colore piuttosto dal
verde che dal giallo.
Un'ultima prova che il filloma fiorale bianco è una foglia degra-
data noi possiamo desumerla dalle osservazioni del Taylor, che par-
lando del fiore in genere cosi si esprime: " It would tlius appear as if
" fiorai organs were less higlily organised than green leaves, although
" we are in the iiabit of regarding tlie converse as thi'ue. There can
" be no dubt, however, tliat the parts of flowers, in spite of the special
" adaptations they subserve, are really less complex as to strncture. It
" is perhaps on tliis account it is possible to produce souch as mar-
" vellous variety of shapes, and especially of tints and colonrs, in
" fiorai organs. If they had been more higlily organized their plasticity
" niight not have been great enough to bave allowed of those wonderful
" variations of fiorai shape and colour wich we behold „. Lo stesso
autore poi insiste sopra la povertà di stomi, di fasci fibrovascolari, ecc.,
che caratterizza appunto siffatti fillomi degradati.
Ma qui è lecito domandarci: perchè le piante anemofile non sono
dotate di fiori bianchi pur andando soggetto il fiore allo stesso infarci-
mento di materiali nutritizi? Noi faremo osservare a questo proposito
che molti fiori delle piante anemofile hanno gli involucri parzialmente
0 totalmente scariosi e quindi il bianco entra in più o meno grande mi-
sura, ma per ciò che riguarda la maggior parte dei fiori che rimangono
verdi sarebbe d'uopo istituire delle ricerciie fisiologiche intese appunto
a mettere in evidenza le cause del differente comportamento, che pel
momento ci sfuggono.
Il) DiaUpetalc zigomorfe. — Queste piante sono i>iù evolute
delle precedenti actinoniorfe poiché tuli gli studi sulla morfologia fio-
— 1(37 —
rale che vennero fatti dallo Scliuniann, dal r.elakovsky. dal DeI[)ino,
dtiJl'Haecke], dall'Alien (rrant, ne hanno rilevata la snperiorità ed allo
stesso risnltato sono giunte le ricerche paleontolos?iclie, essendo stato
assodato che tali piante comparvero in epoca più recente delle dialipetale
actinomorfe. Esse sono però delirate da un tipo dialipetalo actinomoifo,
ed in conseguenza è d'uopo ammettere clie alcuni rappresentanti di questo
tipo abbiano conservato una certa attività ed una certa funzionalità clie
loro permise di sviluppare in varia guisa le lacinie perigoniali a seconda
delle intluen/.e esercitate sulle stesse dalla luce, dalla gravità e dagli
insetti iironubi. Non è quindi a caso che noi vediamo nei fiori diali|ie-
tali zigomorfi diminuire notevolmente la colorazione bianca ed assurgere
invece il giallo. I colori gialli ed aranciati o aranciato-rossi implicano la
conservazione dei plastidi e di certe sostanze (xantofilla, cai-otina, ecc.)
che secondo il Kohl possono ancora prender parte al metabolismo or-
ganico, ciò che indicn come nei fiUinni gialli per la presenza di cromo-
plasti la vitalità sia ben lungi dalTessersi cusì esaurita come in quelli
bianchi. Però la presenza di non pociii fiin-i bianchi fra le dialipetale
zigomorfe non esclude che anche alcuni di questi abbiano conservate
qielle condizioni interne c!ie loro perniisero di evolversi, salvo il caso,
ben inteso, che i fiori dialipetali zigomorfi bianchi non abbiano assunta
questa tinta in via secondaria,
Per comprendere come nelle dialipetale zigomorfe sia pure fre-
quente il colore rosso è duopo ricorrere di nuovo alla teoi'ia che uno
di noi (Biiscalioni) ha esposta sulle antocianine, secondo la quale la
comparsa di un tal pigmento si coUegheiebbe colla diminuita attività
totosintetica dei cloroplasti ' che noi abbiamo presa a sostenere in base
alle osservazioni di Saposknikoff. Ritenuto consono ai fatti questo prin-
cipio, appare manifesto che da alcuni tipi di dialipetale actinomorfe nei
quali la funzione clorofilliana era diminuita (fillomi gialli) od anche abo-
lita (fillomi bianchi), abbiano potuto derivare le forme zigomorfe diali-
petale ornate di tinte antocianiclie, in seguito all'esaltamento delle fun-
zioni ossidanti, come sopra è stato segnalato.
La fig. :! della Tav. XIII mette appunto in evidenza la grande
prevalenza del rosso, poiché dalla stessa si rileva che accanto ad un
" Uno di uni (Bascalioni) ha potuto recnntemente coiistatiire che talune Viti
americane, o.l in ispcce la Ihiprstri.i dn Lot, so:to l'influenza clorosante dei terreni
molto calcari, (|uali sono appunto quelli dei dintorni di Sassari, assumono una colora-
zione rosso-rosea anziché gialla allorché vengono colpite dalla clorosi nei primi anni
di vita. Analogo fenomeno osservò il Boux nei Trifolium clorotici. ciò che conferma
sempre di più l'- nostre vedute sui rapporti tra la funzione clorofilliana e la comparsa
dell'antocianiua.
Alli ileU'Isl. Bùi. delV Università di Paria — Serie II - Voi. X. 13
— ICS —
primo massimo dovuto al giallo la curva grafica ne presenta un secondo
il quale cade precisamente nel rosso, mentre fra i due massimi si ha
un forte abbassamento corrisiiondente al bianco. Il rosso ha dovuto
pertanto forniaisi in gran parte a spese del bianco.
Un altro fenomeno si rileva esaminando la cuiva grafica delle dia-
lipetale zigomorfe ed è l'abbassamento notevole del verde, ciò che ben
si comi)rende qualora si consideri che questo col ire primordiale non può
sussistere che in scarsa misura nei fiori evoluti o che per lo meno si
sono in certo qual modo riabilitati da quella condiziDiie di degradazione
in cui dovettero trovarsi nel perioilo di imbianchimento.
Noi non esamineremo la parte che prendtiuo gli altri colori nella
costituzione dei fori dialipetali zigomorfi; solo faremo notare che le as-
sociazioni cromatiche si presentano qui mi)lto più frequenti ed alle stesse
piendouo parte attivissima il rosso ed il bianco da cui il primo ha tratto
origine. (^ìiiesto tipo di associazioni rispecciiia quanto abbiamo già ve-
duti) nelle dialipetale actinomorfe dove il bianco, che deriva dal verde,
è pui'e frequentemente associato a questa tinta.
Le torsioni e r asimmetria fioiale, gli acci'esciraenti disuguali, ecc.,
cl;e carattei'izzano il zigomoilisuio derivano in parte da condizioni mec-
caniche e statiche, in parte da un'eccessiva nutrizione di talune regioni
del fiore o da un acci'escimento della turgescenza in una determinata
parte di questo. Ma le condizioni di più elevata turgescenza da cui può
dipendere il zigomorfismo sono inerenti alla presenza nelle cellule di
certe sostanze, quali gli zucchei'i, che sono capaci di produrre l'anto-
cianina. In conseguenza non deve recar raei'aviglia se le macchie auto-
cianiche dalle quali (lii>Hiide per lo più la foi'mazione delle associazioni
cromatiche sono assai spesso localizzate appunto su quelle regioni dove
hanno luogo gli accrescimenti, le torsioni e gli altri mutamenti di forma.
Piìi che in qualsiasi altro tipo fiorale, nelle forme dialipetale zigomorfe
sono necessari gli accumuli circoscritti di sostanze osmotiche, poiché le
lacinie fiorali a causa della loro reciproca indipendenza sono assai ce-
devoli e mal si prestano ad assumere quelle forme che danno al fiore
l'impronta caratteristica del ti|io. Questa è, a nostro parere, la causa
principale per cui nei fiori zigomorfi dialipetali troviamo straordinaria-
mente freiiuenti le associazioni cromatiche (dovute per lo più ad accu-
mulo di autocianina) di fronte alle colorazioni semplici (vedi Tav. XXII,
fig. 9), quale espressione appunto dell'intervento in causa di processi
osmotici e di una nutrizione i)iù attiva ma localizzata a particolari re-
gioni del fiore. '
' Anche il Deliiiuo incitlentalmeute fa rilevare come le torsioni e uH ^Iti'i fenomeni
morfologici che caratterizzano la zigomorfia diossano esser dovuti in parte all'azione di
sostanze osmotiche (Malpighia, 1887).
— 169 —
In cuiK'lusioue, un arresto avvenuto sulla via della degradazione,
per la persistenza di processi metabolici attivi, deve aver reso possi-
bile, in origine, la trasformazione dei fiori dialipetali actinomorfi in zi-
gomorfi. Lo zigomorfismo quindi va riportato in ultima analisi a peculiari
processi di nutrizione. Ma mentre noi abbiamo veduto che la dialipetalia
actinomorfa è in grandissima jiarte il lisultato di cause interne poco
favorevoli, le quali hanno mantenuto il filloma fioraie nello stato pri-
niordia.le, a ])rescindere ben inteso dalla colorazione, per la dialipetalia
zigomorfa è necessario ammettere che alla sua attuazione non siano stati
estranei gli insetti pronubi ed altri fattori (luce, umidità, ecc.).
Si può pertanto atìermare che i fiori i quali sono divenuti zigo-
morfi hanno potuto raggiungere tale risultato perchè nelle loro cellule
eravi ancora dell'energia latente che permise loro di reagire adeguatamente
agli stimoli esterni, di qualunque natura essi fossero, mentre tale ener-
o-ia è andata distrutta nei fiori che sono rimasti dialipetali actinomorfi.
Giunti a questo punto ci sembra opportuno trattare per sommi capi
la questione dei nettari fiorali, della loro formazione e del loro signi-
ficato primoriiiale.
Un nettario fiorale è d'ordinario rappresentato da un tessuto spe-
ciale secernenle dell'acqua e delle sostanze zuccherine. Esso è per sua
natura ad un tempo una ghiandola ed un iiiatode. I nettari fiorali man-
cano nelle piante anemofile e sono scarsamente rappresentati nelle dia-
lipetale actinomorfe mentre abbondano nei fiori dialipetali zigomorfi e
gamopetali.
Attualmente i nettali costituiscono degli organi posti al servizio
dell' allogamia, ma questo fatto non implica necessariamente che, come
vorrebbe la maggior parte degli autori, la pianta abbia, in origine al-
meno fabbricati siffatti organi unicamente allo scopo di richiamare i
pronubi. All'opposto, prendendo nuovamente per base la teoria filoge-
netica del filloma fiorale che noi abbiamo preso a sostenere, si può
ammettere che il perianzio originariamente trovandosi infarcito di as-
similati e di sostanze zuccherine, a causa dell'incessante anivo al fiore
di sostanze nutritizie state elaborate dalle diiferenti parti della pianta,
siasi trovato costretto ad eliminarle ed in conseguenza abbia a poco a
poco fabbricati gli apparati nettariferi nello stesso modo che la foglia
sviluppa gli idatodi (luando deve liberarsi dall'eccesso di liquido.
Le cause interne sono state dunque i fattori primordiali che hanno
provocata la comparsa di idatodi a secrezione zuccherina, i (luali poi
si sono localizzati per lo piii alla base dei fillomi fiorali perchè ivi è la
regione dove si accumulano piìi facilmente gli zuccheri.
— 170 —
Ma perchè un organo diventi ca[)ace di formare un tessuto cosi
specializzato quarè un nettario, si richiede che il medesimo sia in piena
attività e che le sue cellule si trovino in condizioni tali di nutrizione
da potersi segmentare e specializzare e che infine la nutrizione dell'or-
gano sia assicurata. Ora, per le ragioni sopra esposte, mancando le pre-
dette condizioni nei fillomi fiorali dialipetali actinomorfi riesce chiaro
che questi difettino degli apparati nettariferi, uè gli insetti colle loro
visite avrebbero potuto determinarne la formazione, mentre all'opposto
appare logica la loro grande diffusione nelle piante dialipetale zigomorfe
nei cui fillomi fiorali i processi vitali sono maggiormente assicurati.
Ma colla comparsa dei nettari fiorali noi vediamo pure apparire,
lungo le vie che conducono al nettario stesso, delle macchie e delle strie
variamente colorate le quali, secoiido le vedute dei moderni biologi, ser-
virebbero appunto a guidare l'insetto al nettario inettaro-indici). Ora
domandiamo noi, è possibile che il fiore primordiale, quasi fosse un es-
sere preveggente e dotato di un arcano senso di intelligenza, siasi indotto
ad ornarsi di tali particolarità cromatiche per lo scopo invero grandioso
della allogamia? La cosa ci pare poco probabile. Le macchie e le strie
antocianiciie — poiché d'ordinario i nettai'o-indici sono antocianici —
hanno dovuto appalesarsi pel fatto che nei fiori esistevano le sostanze
prime (zuccheri, fermenti ossidanti, ecc.) atte alla loro formazione, e di
poi si sono localizzate di preferenza lungo le vie che guidano al net-
tario perchè è appunto lungo le stesse (nervature principali, linea me-
diana dei fillomi fiorali, ecc.) che maggiormente venivano accumulandosi
gli idrati di carbonio.
Anche ijui ailunque sono le condizioni anatomiche e chimiche, vale
a dire le condizioni interne, e non già la vita di relazione, che hanno
determinato, hi origine, da un lato la comparsa e dall'altra la localiz-
zazione dei nettari e dei nettaro-indici. Gli insetti [ironubi non sareb-
bei'o intervenuti che in via quasi secondaria per esaltarne la funzione
e per perfezionarne il meccanismo e le disposizioni.
Questa nostra opinione collima con certe osservazioni del Darwin
dalle quali risulta che in talune Orchidee l'accumulo degli zuccheri non
ha potuto originare la formazione di un nettario sebbene i fiori siano
visitati dagli insetti, i (inali si tiovano così costretti a pungere il tes-
suto fioiale per ricavarne il nutrimento zuccherino. Giova intanto anche
notare che lo stesso autore ha rilevato come gli insetti abbiano dovuto
dapprima visitare i fiori unicamente allo scopo di raccogliere il polline,
il che pure è in accordo colle nostre vedute.
La frequenza con cui appaiono i nettaro-indici nei fiori dialipetali
zigomorfi va considerata come una delle cause principali per cui in questo
tipo fiorale sono frequenti e molte le associazioni cromatiche.
— 171 —
e) Gauiopetaìe aeUnomovfe. — La persistenza delle sostanze
più importanti nella vita delle cellule ed una nutrizione meglio assicu-
rata dei tessuti devono aver concorso potentemente a determinare la fu-
sione dei fillomi fiorali originariamente separati, dando cosi origine al
tipo gamopetalo. La gamopetalia è pertanto un indizio di più avanzata
evoluzione, il che si accorda col fatto che le piante in questione furono
fra le ultime a comparire sulla terra.
Li questo tipo il fiore, lungi dal presentare una colorazione bianca,
indizio di degi'adazione, mostrasi assai spesso invece tinto in giallo, tanto
che questo colore nelle curve grafiche dà luogo ad una elevazione for-
tissima del tracciato. La mancanza di una tinta degradata si rileva
nella curva per una profonda insenatura in corrispondenza del bianco,
cui segue un'altra elevazione (secondo massimo) in corrispondenza del
rosso. Questo colore peiò non arriva all'altezza del giallo.
Se noi confrontiamo la curva che si riferisce ai fiori dialipetali zi-
gomorfi con quella dei fiori gamopetali actinomorfi troviamo una grande
uniformità nei tracciati, i quali differiscono quasi unicnmente per essere
il giallo meno elevato, in confronto del rosso, nelle corolle dialipetale
zigomorfe.
Data la maggior somma di energia che possiedono i fiori gamope-
tali actinomorfi parrebbe a priori che i fiori policromatici nei quali pre-
valgono le associazioni cromatiche dovessero essere molto frequenti in
confronto di quelli monocromatici, ma se si considera invece che la sta-
tica del fiore riesce assicurata dall'aderenza stessa delie lacinie perian-
ziali saldate fra loro, si comprende di leggeri come le associazioni cro-
maticlie nei tipi gamopetali siano di poco più numerose di quelle che
vennero riscontrate nelle dialipetale actinomorfe e non raggiungano la
frequenza delle associazioni che hanno luogo nelle dialipetale zigomorfe
(vedi Tav. XXII, fig. 11).
Se si esaminano perù le differenti associazioni cromatiche si rileva
subito che queste sono totalmente diffei'enti da quelle che caratterizzano
i tipi dialipetali. Qui abbiamo frequenti le associazioni del bianco, del
verde, dei giallo e del ros.so, mentre nelle gamopetale actinomorfe pre-
valgono notevolmente le combinazioni del bleu, del rosso, del violetto,
sebbene neppure le altre facciano difetto. ' Ciò è un nuovo indizio di
' Il granilo fiore della Datura (come del resto avviene anche per altri Mori) è
dapprima verde, poi si fa bianco, e mentre avvengono siffatti cambiamenti di colora-
zione si accresce notevolmente. Noi riteniamo che una tale condizione di cose non sia
accidentale ma bensì probabilmente colligata coll'esiibin-ante sviluppo del fiore, poiché
fino a tanto che questo si accresce ha bisogno di nutrimento abbondante per cui
— 172 —
.superiorità, ed infatti dalla fig. 2 della tav. XIV si rileva facilmente come
nelle gamopetale actinomorfe le associazioni in cui prende parte il bianco
siano poco frequenti oppostamente a (juanto si vei-itica nella fig'. 1 della
stessa tavola che riflette le associazioni nelle dialipetale, nelle i|uali pre-
dominano le associazioni non solo del bianco ma anche quelle del verde.
a scapito di quelle del violetto e del blen.
(1) Gfnnoprtftlc viyoniorf'e. — Colla scorta dei criteri sopra
esposti noi possiamo anche interpretare la gamopetalia zigomoifa, che
rappresenterebbe lo stadio più evoluto e più giovane del filloma fiorale
(Grdiel).
In questo tipo, oltre ad nn grande predominio del color giallo, col
conseguente abbassamento del bianco, si ha anche l'elevazione del vio-
letto che per la prima volta vediamo superare il rosso in frequenza.
Il fenomeno dell'elevazione del violetto io si osserva tanto nel caso
che si prendano in considerazione i colori semplici dei fillomi monocro-
matici (juanto in quello che si esaminino le associazioni cromatiche.
L'elevazione del violetto jirovoca intanto anche nn leggero abbas-
samento del color bleu. Ora un tale fenomeno, al pari di quello della
diminuzione del rosso, non è suscettibile di una spiegazione fisiohjgica
e noi siamo ijuindi costretti a ritenere che lo stesso entri realmente
nella categoria dei fenomeni dipendenti dalla vita di relazione e sia stato
indotto dall'intervento di speciali pronubi essendo noto che molti degli
insetti più intelligenti cui è affidata la cura dell'impollinazione di questi
fiori hanno speciali simpatie per i colori violetti e bleu. Dal i)UUto di
vista chimico è d'uopo tuttavia rilevare che i colori violetti si trovano
in uno stato di dissociazione elettrolitica meno completo di quanto si
riesce spiea;ato come si maiiteuga verde onde poter usufruire degli assimilati fabbricati
dai suoi cloroplasti.
Ili questo caso la colorazione verdastra non può essere considerata, almeno dal
punto di vista fisiologico, come nn indizio di inferiorità, ma semplicemente come una
disposizione istologica reclamata dal rigoglioso sviluppo.
Forse per una causa quasi analoga in certe Papilionacee (Snpìwra) lo stendardo,
che è forzatamente ripiegato all'indietro, si presenta di color verde giallastro e la tinta
Verde appare particolarmente intensa nel punto dove avviene la flessione. Qui pelò i
cloroplasti non avrebbero più l'ufBcio di intrattenere l'accrescimento fabbricando delle
sostanze plasticbe, ma semplicemente quello di sopperire alla provvista di sostanze
osnioticbe onde mantenere il petalo forzatamente ripiegato-
Noi riteniamo pure che il rapido accrescimento cui va incontro l'ovario allorché
è stalo fecondato, manifestissimo in certe piante (come ad esempio Leguminose, Cu-
curbitacio, ecc.) sia la cagione principale per cui tali organi si presentano verdi e
solo riescono ad acquistare le tinte fiorali (per lo più le tinte gialle) dopo elie hanno
raggiunta la maturità e cessato quindi di svilupparsi.
— 173 —
verifichi per le tinte bleu, ma noi non sappiamo quale valore possa avere
un tale reperto trattandosi di processi chimici clie la scienza solo da
poco iia impreso ad affrontare e che perciò ancora si mostrano molto
oscuri nella loro intima essenza. Sotto questo aspetto è tuttavia singo-
lare il dover constatare che il violetto rappresenti il colore preferito e
perciò più evoluto mentre il bleu è maggiormente dissociato e perciò
assai pili progredito chimicamente (ci si permetta la parola) che non il
rosso ed il violetto. '
Per quanto riguarda le associazioni cromatiche noi troviamo qui,
sebbene ancora più accentuate, quelle disposizioni che abbiamo indicate
per le piante gamo[>etale actinomorfe, vale a dire vi iia una forte di-
minuzione nelle combinazioni in cui entrano il bianco ed il verde, il ciie
è un nuovo indizio di superiorità.
Nelle precedenti pagine si è cercato di mettere in evidenza come
talune condizioni interne debbano aver regolato l'evoluzione del fiore a
partire dal momento in cui questo abbandonava lo stato anemofilo e non
aveva perciò ancora richiamata 1' attenzione dei pronubi, fino all'epoca
in cui i rapporti tra fiori ed insetti costituirono il momento di capitale
importanza per la biologia fiorale.
Dai fatti esposti, che non ci paiono in disaccordo, nei tratti gene-
rali, colle idee dominanti sulla biologia del fiore, appare manifesto che
taluni fiori anemofili divennero bianchi per cause interne, il che ha con-
tribuito ad attirare l'attenzione degli insetti. Questi visitarono i fiori
così metamorfosati allo scopo di cercarvi il polline, ma il loro inter-
vento rimase quasi inavvertito a taluni di siffatti finri i quali, in causa
dello stato di degradazione in cui si trovavano — per ragioni di difet-
tosa nutrizione — non furono in grado di sentire alcun giovamento da
tali visite e reagire opportunamente al nuovo stimolo. Essi nacquero
dialipetali actinomorfi e rimasero tali fino ai nostri giorni o subirono
soltanto delle modificazioni insignificanti.
Gli altri fiori invece, che nel loro interno avevano ancora conser-
vata una sufficiente energia vitale allo stato — diremo così — latente,
• A parte la ilistiiizione non si^miire f.icile fra i due coluri, noi riteniamo clie il
violetto sia nn colore biologicamente iiiiì evoluto del bleu perchè questo si presenta
più di frequente che il violetto nelle gamopetale actinomorfe che sono oertamonte in-
feriori alle gamopetale zigomorfe nelle quali, come si è visto, predomina il violetto a
spese del bleu. — La minor importanza del bleu appare ancora più manifesta se si
considera che certi fiori violetti o rosso-violetti {Borraginee, ecc.) nel momento clas-
sico (iella loro esistenza, che è quello della fecondazione, assumono invecchiando una
colorazione bleu.
— 17-t —
lianiio reagito airiiitluenza dei iirnnul)i moilitìcaiulosi in modo da ren-
dere più intima la vita di illazione e da assicnrare le visite dei più
adatti, di gnisa die cei'te modificazioni insignificanti avvenute nelle co-
rolle dialipetale aclinoniortV, ma più di tutto quelle che hanno dato ori-
gine ai fiori zigomorfi e gamopetali ed alle singolarissime strutture che
in questi si rinvengono, benché strettamente coliegate colle cause in-
terne e più specialmente colla nutrizione ', sono state aiutate dalle vi-
site degli insetti i (jiiali, in tempo relativamente breve, hanno spinta
l'evoluzione tiorale a (luell'estremo che rende tanto meravigliosi i fiori
delle Papilionai-.ee, delle Orchidee, ecc.
Il voler negare Tintei-veiito in causa degli animali pronubi equivai'-
l'ebbe a negare l'evidenza, tanto più che tenendo conto soltanto delle
cause intei'ue non si potrebbei'o spiegare certi fatti che invece i-iescono
evidenti (|uanilo si ilia la dovuta importanza all'allogamia, fra i quali
citeremo ad esempio la presenza di molti granidi pollinici nelle piante
anemoiile, di pochi granuli invece e fr.i loro conglutinati nelle zoidioftle.
D'altra parte però il voler asci'ivere tutto quanto il movimento evolu-
tivo, dal suo inizio iilla fine, alle necessità deirallogamia equivale a vo-
ler daie ai liori degli attributi psicologici: un'intelligenza raffinata ed
una volontà ca|)ace di influire sulle caiatteristiclie somatiche, il che poco
si accorda cidl'indirizzo moderno delle scienze sperimentali.
Dacché siamo sull'argomento dell'involuzione biologica del fiore ci
si permetta di alfroutafe una questione ahiiianto dibattuta e scabrosa.
Iiittiudiamo pariai-e dello zigomorfismo e della, gainopetalia, due processi
che indicano un certo grado di perfezionamento fiorale, a riguardo dei
([uali tuttavia, per quanto ci consta, nessuno ha saputo risolvere la que-
stione della siipremiizia. 1'] [dii importante, cinne fattoi'e del movimento
biologico evolutivo, la gamopetalia o lo zigomorfisnuj? Ecco il problema.
A ijuesto è possibile dai-e una i'is[)(}sta quando si consideri che il color
giallo ed il violetto sono i coloii piti no'oili e più evoluti, in ispecie Ful-
tiino. Ola nella Tav. XV, fig. 1 essendosi tracciata da un lato la curva
risultante dalie c(dorazi(jni proprie dei fiori gamopetali (gamoi». actino-
moifì + gamop. zigoniorii) e dall'altro ij nella piopria delle corolle zi-
goiiiorte (fiori zigom. dialipetali -|-- zigom. gamoi-etali) si è rilevato che
le due curve si cmiisponilono (piasi esattamente, jier cui zigomorfismo
e gimopetalia prenderebbero una parte quasi uguale nel movimento di
ev(dazione liorale. 8e si considera [leiò che nella gamopetalia abbonda
' Che la iiutrlzioiio aliljia potuto iniliiire sull'evolnzioiie fiorale lo iliinostrano ta-
liiiie ('ouiposite le quali sotto le sapienti cure flel gianliiiieie liaiuio trasformati i fiori
tiibiilari ili ligulati e ilivermero " lioppie ,. (Vedi Tavi.ok, Floirers, pag. 2S7).
{
piuttosto il verde, la coiidiisioiie riesce lievemente modificata nel senso
che lo zif^omorfismo sarebbe un indizio di maggior perfezionamento. Ad
analogo risultato siamo giunti cou altre ricerche che abbiamo istituite
sulle associazioni cromatiche, a proposito delle quali non crediamo di
dover qui insistere, rimandando il lettore alla Tav. XVII.
Applicando lo stesso metodo si è pure cercato di vedere se la dia-
lipetalia sia un carattere di maggior inferioi-ifà rispetto all'actimorfisiiio,
ma i risultati otteuuti (Tav. XVIII, fìg. 2) tenderebbero a farci ritenere
che i due tipi siano pressoché ugualmente degradati.
Premesse queste considerazioni, se ora ci facciamo a comprendere
colle nosti'e ricerche tutta la flora germanica, a prescindere dalla co-
stituzione fiorale delle singole piante, troviamo che l'evoluzione del ])e-
rianziii in generale è ancora poco progredita poiché il giallo è il colore
predominante ed il violetto è ancora molto basso, mentre poi il verde,
che è il colore originario e quimli poco evoluto, appare ancora notevol-
mente rap[)resentato.
In base allo stesso principio si potrebbe investigare se le Monoco-
tiledoni fornite di fiori (nel senso volgare della parola) siano più evo-
lute delle Dicotiledoni zoidiofile, o, viceversa, queste più di quelle. Es-
sendoci noi occupati escUisivamente della flora germanica, il problema si
presenta oltremodo complicato, né ci pare di poter dare una risposta
esauriente. Relativamente, il i-osso ed il verde sono più diffusi nelle
Monocotiledoni (Tav. XVII, fig. 3'. Ora questi due colori appartenendo
alla categoria di quelli meno evoluti lascierebbero credere che le Mo-
nocotiledoni germaniche siano meno progredite delle Dicotiledoni e ciò
apparirebbe ancor più manifesto se si tenesse conto del fatto che in
queste ultime il giallo ha il predominio sugli altri colori.
Contro questa interpretazione sta però il fatto che se si confron-
tano le curve di frequenza del bianco e del violetto nelle Monocotile-
doni colle stesse curve delle Dicotiledoni, le differenze che si incontrano
sono oltremodo insignificanti essendo in entrambe il violetto assai poco
rappresentato, discretamente elevato invece il bianco ed anzi questo co-
lore è un po' più diffuso nelle Dicotiledoni.
È certo però che tinto nelle Monocotiledoni- quanto nelle Dicotile-
doni esistono famiglie degradate e famiglie evolute, e sia nelle une che
nelle altre il principio dell'evoluzione cromatica cammina di conserva
con quello del perfezionamento morfologico fiorale. ^
' Questo piiiicipio,ueIle sue grandi linee, corrisponde a quello enunci.-ito dall'ENCLEii
nel suo Systematisclie Anordung der Munocotìnjìedoìien poiché le famiglie che que-
st'autore ritiene più degradate sono quelle appunto che presentano maggior copia di
fi. .ri bianchi dialìpetali.
— 176 —
Se poclii (lati si rieavai-ono in merito alla dignità rispettiva (Italie
Monocotiledoni e delle Dicotiledoni, (luasi nessnno ne abbiamo ottennto
relativamente alla controversa questione riflettente l'origine di queste
due grandi classi, a riguardo della quale si sono pronunciati in modo
quanto mai discorde il Delpino, l'Engler, il Wetterlian, l'Henslow ed
altri autori. Noi certo non entreremo in una discussione cosi spinosa,
però faremo osservare che [)robabilmente da un tipo actinomorfo diali-
petalo a colorazione bianca o verdastra, od anco da un tipo anemofilo
deve aver avuto luogo la grande se[>arazione, essendo difficile concepii-e
che delle forme evolute sotto tutti i raiiporti alibiano presentata quella
))lasticit;i che è necessaria per addiveiiire all'attuazione di un jirocesso
così complesso.
Lasciamo ora i rapporti tra le Monocotiledoni e le Dicotiledoni per
soiierniarci un breve istante su quest'ultima classe.
Nel grande gruppo delle Dicotiledoni ci appare particolarmente in-
teressante la famiglia delle Cnmpoailae perchè molte delle specie che vi
appartengono portano due sorta di fiori: gli uni gamopetali actinomorfi,
gli altri gamopetali zigomorfi.
I fiori regolari per lo più sono ornati di tinte abbastanza evolute,
quale è il giallo, gli altri di un colore degradato qual'è il bianco, es-
sendo rari i casi in cui anche quest-i sono colorati in giallo o[)pure in
violetto.
Stando alla flor.i tedesca noi abbiamo infatti trovato che su -i:] in-
fiorescenze, a fiori tubolari gialli come d'ordinario, .3 avevano i fiori pe-
riferici ligulati violetti, 4 li avevano bleu e .36 bianchi.
Un tale reperto è assolutamente contrario al principio dell'evolu-
zione cromatico-mortblogica del fiore, in base alla quale i fiori zigomoifi
vanno considerati come piti evoluti degli actinomorfi e come tali dovreb-
bero ])resentarsi anche ornati di colorazioni ]iiù progredite.
Noi dobbiamo tuttavia considerare che i fiori ligulati sono freiiuen-
temente più degradati dei centrali tubulari a causa della sterilità che li
ha colpiti, e come tali devono di conseguenza aver subito anche un pro-
cesso di degradazione nelle loro tinte, le quali invece avrebbero dovuto
essere prevalentemente violette.
Un tale contrasto dimostra a chiare note che l'azione degli insetti
non è. stata sufficientemente energica [ler paralizzare l'azione della de-
gradazione fisiologica che ha determinata la degradazione nel colore.
Un fatto analogo, e secondo noi di grandissima importanza, si ve-
rifica nelle piante parassite della flora tedesca. Queste appartengono per
la maggior parte ai tipi fiorali più evoluti, essendo date da non poche
— 177 —
piante gamopetale zigomorfe (Pedkularis, Barfsla, Tozzia, Melampijrum,
Odoiìt'des, Iihinant/iHS, Phelipaea, Orubanc/ie, Latliraea) o gamopetale actino-
morfe (Cuscuta, Viscum). Solo una (LoranthusJ appartiene alle dialipetale
actinoniorfe.
Colla scorta di questi dati sarebbe lecito arguire che la curva delle
colorazioni fiorali delle piante parassite germaniche debba piesentare
delle notevoli elevazioni in corrispondenza del violetto e del giallo. In-
vece se si esanima la fig. 9 della Tav. XXV che rappresenta appunto
tale curva, si rileva che il giallo è in verità il colore più rappresentato
ma ad esso seguono in ordine decrescente il rosso, il bianco, il bleu, il
violetto ed il verde. Si ha pertanto tutto un altro tipo di curvn, il quale
poi, per l'andamento che addimostra, si avvicina a quello delle curve delle
corolle meno evolute. Ora, se si vuole s[)iegare l'anomalia bisogna di
necessità ammettere che malgiado l'evolLizione morfologica fiorale pro-
gredita e malgrado l'adattamento del fiore ad insetti evoluti, la colora-
zione del perianzio abbia subita l'influenza del processo di degradazione
che ha colpito l'intero organismo delle piante parassite e si sia a sua
volta degradata.
Noi sappiamo infatti che l'attività funzionale delle piante parassite
è notevolmente ridotta, traendo queste in [larte o quasi del tutto il nu-
trimento dalla pianta ospite, per cui i processi metabolici e fotosinte-
tici diventano notevolmente lenti. Di qui la causa della degradazione
cromatica fiorale indipendentemente dall'azione dei pronubi.
L'essere però degradato unicamente il carattere cromatico mentre
quello morfologico è altamente evoluto significa che la forma parassi-
taria gamopetala zigomorfa non è originaria ma derivata da un tipo
pure altamente evoluto e non parassitario.
Il fenomeno che abbiamo osservato nelle Composite non si verifica
più nelle Ombrellifere le cui infiorescenze benché siano anche spesso costi-
tuite da due tipi fiorali (fiori actinomorfi e fiori zigomorfi) pi-esentano
ciò non di meno una sola tinta. Noi faremo osservare a questo rignai'do
che i colori predominanti nelle Ombrellifere sono il bianco ed il giallo,
il che indica che le piante in questione sono ben lontane dall'aver rag-
giunto un grado elevato nella evoluzione, di guisa che la degradazione
cromatica non poteva quasi piìx effettuarsi.
I fenomeni osservati testé nelle piante parassite ci portano a stu-
diare più da vicino l'influenza del mezzo. Stando alle idee dominanti,
il mezzo può influire più o meno notevolmente sugli organi vegetativi
delle piante, poco invece su quelli di riproduzione. In caso contrario il
— 178 —
tipo sistematico riescirebbe ad ogni pie sospinto sconcertato. Quasi tutti
gli autori si esprimono in questo senso, e tale è pure l'opinione del Dei-
pino (Applicazione di nuovi criteri alla classificazione delle piante, Bolo-
gna 1896).
Le modificazioni che avvengono, o meglio che avvennero, negli ap-
parati fiorali sarebbero adunque, secondo la maggior parte dei botanici,
esclusivamente collegate colla vita di l'elazione che le piante hanno con-
tratto cogli insetti. Una tale ipotesi è, a nostro jiarere, poco consona
coi fatti, e ne abbiamo indicate le ragioni parlando del parassitismo.
Tutt'al più si potrebbe ritenere come parzialmente vero die nelle cou-
dizioni attuali il mezzo non i)0ssa influire sensibilmente sui liori che
hanno raggiunta l'odierna costituzione in seguito ad un lungo processo
di evoluzione.' Ma l'iiiotesi dei botanici non regge più se riportiamo
le nostre ricerche, per quanto ce lo concedono i mezzi d'indagine, al
fiore (nel senso volgare della parola) primordiale, predestinato a subire
quelle modificazioni che dovevano dar origine ai differenti tipi fiorali,
in parte sotto l'azione dei pronubi, in parte sotto l'influenza di altri
stimoli esterni.
A conferma del nostro asserto, oltre ai casi già citati, riporteremo
qui gli esempi desunti dai fiori delle acijue dolci e dei luoghi umidi, i
(juali dimostrano a chiare note come l'organizzazione fiorale sia ener-
gicamente influenzata dal mezzo in cui vive la pianta, a pi'esciudere dal
fenomeno dell'allogamia. La maggior parte di tali fiori sono actinomorfi
e dialipetali ed inoltre presentano una colorazione bianca o, per ragioni
evidentissime, bianco-verdastra. Su di essi l'influenza degli insetti ha
potuto esplicarsi liberamente, ma questo fattore non è riuscito a strapparli
dalla categoria dei fiori degradati [)er farli assurgere alla dignità degli
altri tiiii fiorali. Se ne deve adunque trarre la conclusione che il mezzo
ac(iueo deve aver ostacolata l'evoluzione nello stesso modo ciie ha pro-
vocata la degradazione in tutto l'ambito degli organi vegetativi.
Lo stesso può dirsi per la flora dei boschi la quale pure è contras-
segnata da numerosi fiori bianchi perchè a questi è mancato lo stimolo
della luce che, quando non sia troppo intensa, spiega pure un'azione be-
nefica considerevole.
Si potrebbe obbiettare che nei boschi l'influenza degli insetti pro-
nubi è grandemente attenuata, ma l'obbiezione non ci pare troppo seria
né toglie valore al nostro asserto.
Noi vogliamo a questo pioposito riportare un esempio che dimostra
in modo molto istruttivo l'azione del mezzo sul fiore.
Vedi in proposito i lavori di H Voclitiiig;.
— 179 —
Durante la spe'lizioue dell' " Herebus und Teiror „ venne scopeita
nelle isole Ivergiielen una -pianta che venne denominata Pringlea, appar-
tenente alla taniigiia delle Crocifere ed importantissima dal punto di
vista biologico poiché la stessa, essendo anemofila. presenta i petali atro-
fizzati e g:li stami allunj^ati, oltre ad alcune altre modificazioni più o
meno impoitanti inerenti alle speciali condizioni in cui la pianta vive.
Sulle isole Ivergnelen i venti soffiano con inaudita violenza e come con-
seguenza di ciò gli insetti vi sono scarsi e quei pochi che abitano l'isola,
benché appartengano a generi altrove forniti di ali, sono atteri ed hanno
inoltre le elitie fra loro saldate. Gli insetti così profondamente modifi-
cati nella loro struttura menano una vita eminentemente terrestre, con
loro grande giovamento, poiché se fossero atti al volo facilmente verreb-
bero dai venti trasitortati in mare.
I botanici che si sono occniiati della flora di quelle isole desolate
hanno voluto mettere l'aneraofilia della Prhujlea in diretto rapporto colla
mancanza dei pronubi, poiché, dicono essi, le piante non visitate dagli
insetti non hanno più sentito il bisogno di possedere dei petali vistosi e
questi in conseguenza andarono a poco a poco atrofizzandosi.
Nulla di più falso, a nostro parere : la Pringlea è divenuta anemo-
fila per la stessa causa che ha fatto perdere le ali agli insetti, vale a
dire pel vento, sotto la cui azione i petali hanno dovuto gi-adataniente
atrofizzarsi perché altrimenti sarebbero stati esiiosti ad un rapido essi-
camento. Di qui il cambiamento della costituzione fiorale della pianta.
Nei prati, nei luoghi soleggiati, è predominante il giallo (il giallo
ed il rosso nelle associazioni cromatiche) per cui il diagramma delle co-
lorazioni fiorali acquista una configurazione sui generis, ma però se noi
risaliamo dalla pianura al monte troviamo di nuovo che la curva gra-
fica si modifica in quanto che presso i ghiacciai torna a predominare
il bianco mentre nei luoghi soleggiati diventano predominanti tanto il
giallo quanto il rosso.
Anche sulle rocce delle Alpi ricompaiono numerosi i fiori bianchi,
ma noi ignoriamo se questo fenomeno debba andar ascritto alla ecces-
siva insolazione che avrebbe apportata la completa distruzione dei clo-
roplasti 0 non piuttosto a qualche altra causa. Né vogliamo soffermarci
di più sullo studio della flora delle montagne perchè i nostri diagrammi
sono troppo incompleti ed i nostri risultati si allontanano alquanto da
quelli ottenuti da altri osservatori i quali alla flora dei monti hanno
dedicati i loro migliori lavori.
Chiuderemo pertanto le nostre ricerche con alcune osservazioni sulle
variazioni cromatiche che si verificano, nella flora germanica, a seconda
della stagione.
— 180 —
Dalle curve che abbiamo ottenuto risulta in modo manifesto (ed in
conformità di quanto ebbero già a notaie altri osservatori) che nei mesi
di marzo ed aprile predominano i fiori bianchi. Qual'è la causa di un
tale fenomeno? La risposta non è molto facile, ma se si considera tut-
tavia che i fiori nati sul principio della primavera si trovano in cattive
condizioni di vegetazione a causa del frediio ancora dominante e delia in-
solazione passeggera, appare logico ritenere che gli stessi siano rimasti
in (jnelUi condizione di degradazione che è caratterizzata dalla tinta.
bianca. — Ci sembra dubbio che la povertà degli insetti possa aver
contribuito ad intrattenere nu tale stato di cose ' che del resto — forse
per le stesse ragioni — è i>ure i-eperibile nella flora artica.
Dalla lunga serie dei fatti esposti è lecito concludere che le cau.'-.e
iiitei'ne dapprima, gli insetti ed altri fattori di poi hanno apportato al
fiore quelle profonde modificazioni di forma per cui questo, dal tipo ane-
niofilo primordiale, ha finito per raggiungere la meravigliosa struttura
clie ci iiresenta nelle. Orchiilee tropicali.
Forma e colorazione sono state subordinate alle condizioni di nu-
trizione (nel senso lato della parola), ma mentre alcuni fillomi liorali
non hanno saputo superare lo stadio dell'actinomorfismo dialipetalo e
della colorazione bianca, - altri, non del tutto sforniti di energie latenti,
salirono la china dell'evoluzione adattandosi ai vari bisogni dell'al-
logamia.
Noi insistiamo sul concetto che la compai'sa delle foi-me degradate
primordiali non è stata motivata dall'azione dei pronubi come vorreb-
bero i moderni autori, ma nello stesso tempo riconosciamo che al prin-
cipio delle cause interne" bentosto si è sovrapposto quello dell' alloga-
mia il quale ha di poi agito come una molla polente nell'evoluzione
fiorale.
La teoria della impollinazione per mezzo dei pronubi, se imo illu-
strare meravigliosamente lo stato attuale del fiore, non si presta per
' Essa avrebbe piuttosto dovuto, ci sembra, favorire lo sviluppo di colori vi.stosi,
più evoluti.
- Ha quanto abbiamo esposto riesce ora facile comprendere come il color bianco
rappresenti la tinta più fissa di tutte, su di che hanno anche insistito, pur ignoran-
done il motivo, i nostri predecessori.
^ Il principio delle eause interne fu pure superfici.ilmente discusso da più di un
autore (Mt Li-EK, Bhimeìi und Insekten; Siuasbcrger, Jenaisclie Zrituclir., vj, 1871;
BcLMAN.v, Nature, xiv, 1S99; Lowej., 27(6 colour of northen Monocolil Floioers, Amer.
Nature, xxxiu, l.sg;)).
— 181 —
chiarire le prime modificazioni clie avvennero nel primordiale filloma
anemofilo dirigentesi snHa via della zoidiofilia, salvo il caso che si vo-
glia concedere a qnesto uno speciale intuito o meglio una intelligenza
elettiva che lo spingeva a variare per richiamare l'attenzione dei futuri
pronubi, il che deve ritenersi assurdo.
Non vogliamo negare che colle nostre vedute sulle cause interne
alcuni fenomeni rimangono inesplicabili, ma la stessa obbiezione può farsi
a coloro che sostengono l'influenza esclusiva dei pronubi come fautori
dell'evoluzione fiorale, mentre il problema ci si affaccia assai meno com-
plesso se si ammettono le due cause ad un tempo.
Al nostro modesto lavoro può farsi l'obbiezione — lo ripetiamo an-
cora — che la maggior parte delle nostre ricerciie vennero eseguite
colla scorta di descrizioni e di figure che non sempre arrivano a ripro-
durre con scrupolosa fedeltà le vere colorazioni fiorali. L'obbiezione è
giusta, uè abbiamo cercato di evitarla. A nostra giustificazione faremo
tuttavia rilevare che i dati ottenuti collimano nei tratti essenziali colle
moierne vedute sull'argomento e che inoltre l'opera nostra ha la sola
pretesa di un primo tentativo di studi i quali, quando vengano ripresi
con metodo più rigoroso d'indagine, non mancheranno di gettare molta
luce, osiamo sperarlo, sul grandioso problema della biologia fiorale.
xVPPENDICE. '
Esame critico delle osservazioni del Rev. (i. Heuslow.
Nel 1893 l'Henslow, che da lungo tempo andava raccogliendo delle
osservazioni sopra la fecondazione delle piante, pubblicava il volume
che porta per titolo " The origin of flora! structure through insect and
other agencies (London; Kegan P. Thench. Thriibner et C.) „ nel quale
il perfezionamento fiorale viene considerato sotto un punto di vista
abbastanza originale.
L' Henslow, partendo dal principio pure sostenuto dal Wallace e
da altri autori, che le cause interne, da sole, non possono produrre
' Le presenti ricerche erano già in corso di stampa quando ci venne dato di
consultare l'opera dell'Henslow che per la sua orighialità ed importanza crediamo utile
di discutere qui brevimente.
— 182 —
delle modificazioni stabili negli organismi, viene alla conclusione che
i fiori siano andati a poco a poco modificandosi sotto l'azione delle vi-
site degli insetti, ma piii specialmente per gli stimoli che questi hanno
spiegato sui tessuti fiorali coi loro tentativi di succiiiamento e col loro
peso.
Secondo le vedute di quest'autore il passaggio dal ti(io actiuo-
morfo a quello zigomoifo nella costituzione fiorale è stato motivato
dagli insetti die gravando col peso del loro coi-po sopra i seguienti
inferiori della corolla o del calice o del perigonio determinarono, su
fiori che hanno una posizione laterale, 1' accrescimento esagerato della
parte assoggettata alla pressione. L' Henslow appoggia la sua teoria
sulle osservazioni del ViJcliting dalle quali risulta che la gravità de-
termina delle modificazioni di forma nei fioii e porta al zigomorfisnio;
nega tuttavia, nella conclusione, che la gravità, per sé sola, possa
aver prodotte tutte quante le singolari modificazioni di forma che pre-
sentano i fiori zigomorfi.
Parimenti la gamopetalia sarebbe in relazione colla visita degli
insetti poiché i fiori laterali, costretti a sopportare il peso degli in-
setti, spesso di grandi dimensioni, hanno reagito allo stimolo fondendo
assieme i singoli pezzi del perigonio, o della corolla od anco del ca-
lice. Lo studio della costituzione fiorale corroborerebbe tali vedute,
nota l'Henslow, inquantochè i verticilli fiorali coiicrescenti sono spesso,
in corrispondenza d(dla parte piii ileclive dell'organo, rinforzati da ner-
vature soprannumerarie, la cui presenza non potrebbe essere in rela-
zione colle disposizioni inerenti alla nutrizione.
L'Henslow ha cercato pure nell'anatomia, nella patologia e nella
teratologia gli argomenti favorevoli alla sua tesi, ed a tal uopo ricorda
come i fiori dei Pdavgonium, delle Glnxiiìia e di altre piante coltivate
assumano assai spesso una forma regolare, e come i fiori centrali ed
eretti di molte piante siano pure regolari mentre irregolari sono quelli
periferici.
Colla scorta di questo fatto l'Henslow conclude che l'insetto gra-
vando sopra una parte del fiore produce uno stimolo sulla stessa, il
quale provoca un aumento di nutrizione localizzato, il che dà luogo in
ultima analisi alla irregolarità della forma (zigom.orfismo) o alla sal-
datura dei pezzi (gamopetalia).
È all'ineguale distribuzione del pahuiìim che va quindi ascritto, ma
in via secondaria, il fenomeno dell'evoluzione fiora,le, nello stesso modo
che per una causa opposta i fiori di Clcrodendmu diventano regolari
sotto l'azione dannosa prodotta da certe larve e diventano pelorici i
fori di Antivrliiinim fecondati col proprio polline.
— 183 —
Le modificazioni di forma clie sotto l'azione del peso dtU' insetto
si sono venute organizzamlo e che vengono dali'Henslow illustrate ap-
plicando la teoria del parallelogrammo delle forze, servirebbero a im-
primere al fiore tuia tale costituzione da rendere frustraneo qualunque
tentativo di impollinazione agli insetti poco adatti alla funzione alio-
gamica.
Né solo la forma del fiore, ma anche la sua intima costituzione
ha subito delle variazioni sotto l'azione degli stimoli sopra accennati.
Noi abbiamo già ricordata la comparsa delle nervature sopra nume-
rarie, ma r Henslow afferma che la speciale localizzazione dei tricomi
fiorali nei Verbaseum ed in altre piante debba essere 1' espressione di
irritazioni circoscritte determinate dalla proboscide o da altre parti del
corpo dell'insetto.
Giustamente, a nostro parere, l'Henslow osserva in proposito " We
must be on our guard, however, in asserting that nature has produced
them in order to keep ants off; for that line of reasoning is pretty
sure to land ns in faulty theological metods „.
Parlando poi dei nettari e della posizione clie essi occupano nel-
l'apparato fiorale, l'Autore sopra ricordato, dopo aver messo in cliiaro
come la sede degli stessi sia variabile, viene alla conclusione che una
continuata irritazione meccanica prodotta dal morso, dal succhiamento
0 dalla deambulazione degli insetti sopra un punto circoscritto del fiore
abbia dapprima provocato lo sgorgamento di una sostanza nutriente
{Anemone nemorosa), nello stesso modo che l'irritazione prodotta dalle
larve d'insetti ha determinato l'emissione delle sostanze nutritizie delle
galle.
Ora come le galle hanno tratto origine da un eccesso di nutrizione
localizzata iu una determinata regione e sotto l'azione dell'irritazione
protratta dovuta alle larve, cosi anche i nettari si sono venuti orga-
nizzando in seguito al prolungato stimolo degli insetti. Ben tosto però
aggiunge " Why tlie cell-contents of nectaries should especially give
rise to sugar, is a question at preseut begond auswering „.
Non ci deve recar meraviglia pertanto se l'Henslow arriva ad af-
fermare che i nettari iu certo qual modo derivano da produzioni pato-
logiche, rese fisse dall'eredità e che perciò dove manca lo stimolo della
visita degli insetti essi scompaiono di nuovo.
Il perfezionamento dell' organo nettarifero si potrebbe in certo
qual modo paragonare all'esuberante sviluppo del capezzolo o delle
ghiandole mammarie che si è venuto manifestando in alcuni animali
domestici (vacche, capre) sotto l'azione dello stimolo prolungato dovuto-
alle manovre del mungimento.
Alti dell'Ut. Bot. dell' l'iihersità (U Pacia — II Serie — Voi. X. U
— 184 —
Infine anche i colori dei fiori, e più specialmente le colorazioni
dei uettaro-indici, sarebbero l'espressione di una esagerata nutrizione
che nel caso dei nettaro-indici si localizzerebbe appunto nelle macchie
perchè ivi è maggiore la irritazione prodotta dall' insetto, per cui sif-
fatte colorazioni circoscritte sarebbero meno proclivi a scomparire, nei
casi di incroci, in confronto delle colorazioni fondamentali del fiore.
In conclusione, dalla teoria dell'Henslow risulta manifesto che non
già il fiore si è modificato per attirare l'insetto e fare una scelta fra
i suoi visitatori, quasi sia stato indotto a far ciò da un sentimento
intelligente suo proprio, ma all'opposto è l'insetto che ha modificato il
fiore a causa degli stimoli di diversa natura che esso ha sul medesimo
esercitato. Il fiore è stato perciò, in certo qual modo, vittima dell' in-
setto ed ha soltanto cercato di reagire al nuovo stimolo coU'accrescere
la nutrizione di determinate parti.
L'interpretazione data ha portato l'Autore a ritenere che l'anemo-
filia sia un feaomeno secondario che si è manifestato tutte le volte che
gli insetti sono venuti meno al loro compito, come è il caso per certi
fiori di talune isole (Galapagos) e di altre regioni povere di insetti
(regioni artiche). Per la stessa causa il fiore è pure andato incontro
ad un altro processo di degenerazione che è quello della cleistogamia.
All'opposto una frequenza maggiore nelle visite degli insetti — sempre
iu seguito ai sopra accennati stimoli — avrebbe portato persino alla
colorazione brillante delle brattee che circondano i fiori.
Non già pertanto la selezione naturale ma la " Constitutional se-
lection „ è stata la causa delle modificazioni fiorali secondo l'Henslow,
poiché coU'antico principio che ascriverebbe alle piante la facoltà di
variare in direzioni disparatissime si avrebbero dei risultati poco in
accordo col graduale perfezionamento che noi constatiamo nelle piante
stesse.
Questa, per sommi capi, è la teoria dell' Henslow, il quale collo
stesso principio cerca pare di spiegare molte altre disposizioni fiorali,
come anche l'origine delle piante Dicotiledoni dalle forme dicline e dioiche
gimnospermiche ancestrali.
A nostro parere l'idea dell' Henslow merita sotto certi punti di
vista di essere presa iu considerazione, ma la stessa non si emancipa
tuttavia dal difetto di voler spiegare con un solo principio un complesso
di fatti spesso fra loro disparati. Se l'Henslow avesse unicamente cer-
cato di fare entrare nel quadro delle sue vedute i fatti che meglio si
adattavano, senza cercare di forzare le conclusioni e di dare un'esten-
sione esagerata al suo concetto, avrebbe ottenuti migliori risultati. Noi
cei'cheremo pertanto di sceverare qui il lato buono da quello che ci
pare cattivo, del naturalista americano.
— 185 —
Cominciamo, innanzi tutto, dalla questione dei nettari.
A nostro modo di ve'deie è poco consono coi fatti l'idea che i net-
tari siano sorti, quasi produzioni patologiche, per opera degli insetti,
e più specialmente dell'irritazione prodotta dai loro morsi o dalle loro
manovre. L' insetto potrà aver contribuito all' evoluzione di questi or-
gani, ma giammai determinata la loro comparsa. Noi non ripeteremo
qui quanto già si è detto nelle precedenti pagine in proposito e quanto
uno di noi ha pubblicato sullo stesso argomento (v. Buscalioni, Sulla
Caidifloì-ia Malpigliia, 1901) allo scopo di dimostrare che la formazione
dei nettari è stata in origine motivata da cause interne, ma solo fa-
remo osservare che tanto dal Paul Knutli (JJeb. d. Nachivciss d. Nec-
tarien nuf chemische Wege Bot. Centralbl. Bd. 76) quanto dal E,. Stayer
fChemische Nachweiss der Nektarien b. Pollemhlumen und Anemoiìlii/len
Beihefte d. Bot. Centralbl. 1902) venne posto in sodo, per mezzo di
opportune reazioni, che nei fiori anemofili come in quelli visitati dagli .
insetti unicamente cercatori di polline è presente spesso, ed in abbon-
danza, lo zucchero (Chelidonium, Helianfhemum, Parnassia, Hijpericum
Papacer, Li/simachia, Ctjclamen, Chenopodium, Plantago, Cannabis, Urfica,
Holcìts, Poa, Molinia, eie). Questi fatti pertanto sono in urto colle ve-
dute dell' Henslow, mentre confermano le idee esposte da uno di noi
(Buscalioni) suU' origine dei fiori, dalle quali è emerso che i nettari
dovettero formarsi prima che il fiore venisse visitato dagli insetti.
Ma se questo non bastasse noi faremo ancora osservare all'Henslow
che i fiori non avrebbero mai prodotto i nettari se l'insetto fosse stata
l'unica causa delle modificazioni fiorali poiché gli insetti cercatori di
polline non hanno le tendenze a pungere il fiore e quindi non produ-
cono alcun stimolo capace di richiamare il deflusso di una soluzione,
e tanto meno zuccherina, in un' area del perianzio poco visitata dal-
l' animale in questione.
Anche poco plausibile, per le ragioni altrove esposte, ci pare l'idea
dell' Henslow secondo la quale i nettaro-indici si sarebbero sviluppati
in seguito all'irritazione prodotta in determinati punti della corolla dal-
l'insetto penetrato nel fiore. Tanto meno poi ci pare che l'Autore abbia
colpito nel segno allorché vuole attribuire alla stessa causa la colora-
zione delle brattee fiorali. Qui cadiamo realmente nell'assurdo, poiché
è duopo ammettere che lo stimolo si sia esercitato con maggiore in-
tensità su quelle parti che molto meno del fiore sono esposte al con-
tatto coir insetto. Del resto, anche considerando la cosa limitatamente
al fiore, ci pare strano che la colorazione del medesimo sia sorta in
seguito allo stimolo di pronubi, ma noi non insisteremo su questa que-
stione, avendola già altrove trattata.
— 186 —
La questione dei nettari si connette intanto, stando ai dati del-
l' Henslow, con quella dell'anemofilia. L'autore sopra citato afferma che
le piante anemofile sono più recenti di quelle entoniofile ed una tale
opinione troverebbe, a primo aspetto, un forte appoggio nelle ricerclie
di Stiiyer, poiché la presenza di nettari o di depositi zuccherini nelle
piante anemofile potrebbe essere considerata come un ricordo od un
accenno di un'antica condizione di cose, la quale avrebbe persistito mal-
grado il processo di involuzione che ha colpito il fiore in seguito alla
mancata visita degli insetti.
Noi faremo però osservare all'Henslow che la sua ipotesi non regge
avendo dimostrato la Paleontologia, l'Anatomia comparata e la Filoge-
nesi, che le piante anemofile dovettero precedere quelle entoniofile.
Con ciò noi non vogliamo negare 1' esistenza di un' ancmofiUa se-
condaria, la quale sarebbe appunto sorta, secondo noi, sui ruderi del-
l'entomofilia (Composite anemofile di certe isole battute dal vento), ma
questo non toglie che non abbia parimenti esistito un anemofilia pri-
maria, anteriore all'entomofilia.
A sostegno del suo asserto 1' Henslow cita le galle di Quercns le
quali si formano sotto 1' azione di uno stimolo. Qui però abbiamo ap-
punto un dato che torna contrario alle sue vedute, poiché nelle Quercus
dove con estrema facilità si formano le escrescenze gallicole non capita
mai di osservare l'insorgere di galle spontaneamente, senza cioè l' in-
tervento dell'animale, mentre i nettari nascono spontaneamente senza
che si richiedano le punture o gli altri stimoli (enzimi?) che sono re-
clamati perché si formino le galle. (V. in proposito i lavori di Bej'erink,
citati nella Monografia del D. Ross, Die (iallenbildungen d. Pfìanzen etc.
Stuttgart 1904).
Analoghe obbiezioni si potrebbero fare alle osservazioni dell'Hen-
slow relative al diclinismo, alla dioecia ed alla monoecia, etc, ma sic-
come il problema é oltremodo spinoso e non entra nell'orbita dei nostri
studi lo lascieremo da parte per soffermarci piuttosto sul concetto fon-
damentale dell'ipotesi dell'Henslow che vede nel peso dell'insetto e nel-
r irritazione che questi esercita sul fiore la causa della gamopetalia,
del zigomorfismo e di molte altre peculiari strutture fiorali.
Secondo il nostro modo di vedere è probabile invece che i primi
accenni della gamopetalia e del zigormorfismo siansi manifestati prima
che intervenisse Fazione dell'insetto; egli è certo però che le successive
gradazioni nel perfezionamento cui andarono incontro questi due ti[ii
fiorali furono motivate anche dalla presenza dei pronubi. Sotto (jucsto
punto di vista la teoria dell'Henslow si accorda colle nostre vedute ed
anzi le completa, non potendosi di certo trascurare 1' azione del peso
— 187 —
come stimolo atto a produrre delle modificazioni in un organo squisi-
tamente seiisibile come è' appunto il fiore. L' Henslow adunque ha in-
tuito una delle cause principali ma forse secondaria, delle modificazioni,
mentre le nostre ricerche avrebbero messo in evidenza la causa primor-
diale ed il meccanismo della reazione per parte del fiore: meccanismo
che va ricercato in una più abbondante nutrizione e più specialmente
nella formazione di sostanze dotate di forte potere osmotico, la cui pre-
senza può agevolare grandemente tutti quei processi cha portano alle
strutture fiorali più o meno complicate ed ai particolari adattamenti del
fiore al corpo degli insetti.
L'Henslow ha pure avuto il grande merito di mettere in accordo
le sue vedute colle osservazioni del Vi'ichting il quale ha portato un
contributo non indifferente alla biologia fiorale, per quanto le sue con-
clusioni, essendo state formulate in base all'esperimento di laboratorio,
non siano state, da molti biologi, tenute in quella considerazione che
ejse meritano.
È probabile, a nostro parere, che anche taluni organi fiorali siano
comparsi iu seguito alla incessante visita degli insetti. Non si può
forse altrimenti spiegare, ad esempio, la presenza di peli nella regione
del fiore dove si trova il nettario o lungo la via battuta dall' insetto
pronubo. La produzione di peli in questo caso ha qualche lontana ana-
logia cogli organi erinoidei dovuti pure ad una irritazione inerente alla
presenza di animali. Ma l' esistenza di questi organi, come di molti
altri, dimostra unicamente che il fiore, altamente sensibile alla influenza
esterna ha reagito prontamente alla stessa, comportandosi però varia-
mente a seconda la natura dello stimolo e della pianta cui il fiore
appartiene. Le numerosissime variazioni di struttura e di forma che
presentano i fiori entomofili non furono motivate esclusivamente dallo
stimolo dovuto al peso ed ai morsi, il quale avrebbe portato alla forma-
zione di pochi tipi fiorali, ma bensì da molteplici cause (luce, gravità,
eredità, costituzione organica, peso dei pronubi, morsi, e via dicendo)
che fanno sentire la loro azione più o meno energicamente sul fiore.
Che molteplici cause e non solo il peso e il morso degli insetti
abbiano prodotte le mirabili modificazioni nella costituzione fiorale ap-
pare manifesto se noi prendiamo a considerare che le piante anemofile,
assoggettate tutte quante allo stesso fattore : il vento, il quale agisce
con una straordinaria uniformità, presentano non di meno delle di-
sposizioni svariatissime intese tutte quante ad assicurare la feconda-
zione incrociata. Uno studio comparativo fatto sulle Conifere, sulle Gra-
minacee, sulle Amentacee e su altre piante anemofile vale, senz'altro,
a dimostrare la verità del nostro asserto. Se il vento solo avesse agito
— 188 —
sui fiori e sulle infiorescenze di queste piante, quale desolante unifor-
mità nei tipi fiorali si dovrebbe ora constatare!
Anche in quanto concerne la degradazione fiorale l' HensloAV ha
forse fatto assegnamento sulla mancanza degli insetti pronubi per
spiegare le peculiari strutture che alla stessa sono inerenti. Molte in-
vece, a nostro parere, sono le cause che possono aver prodotta la de-
gradazione fiorale e noi ricorderemo, ad esempio, l'accumulo di gemme
in limitato spazio, la comparsa tardiva o troppo precoce dei fiori, la
posizione centrale, acropeta o basipeta e via dicendo. Nei casi che ab-
biamo ora citati si tratta quasi esclusivamente di cause inerenti al-
l' organizzazione stessa del fiore e della pianta che lo porta, le quali
determinando molto probabilmente una diminuzione nella nutrizione dei
fillomi fiorali portano necessariamente alla comparsa dei caratteri propri
della cleistogamia. La scomparsa dei colori fiorali, dei nettari, dei
nettaro-indici etc. trova adunque spesso una soddisfacente spiegazione
nei processi di deficiente nutrizione senza che si debba in ogni singolo
caso richiamare in causa la mancata visita dell'insetto, quasi che il
fiore trascurato reagisca degradandosi. Quando si tratta di degrada-
zioni inerenti alla pianta, la assenza dei pronubi può tutt'al più alfrettare
l'esito finale cui mira la degradazione.
In conclusione risulta dai fatti esposti che la teoria dell' Henslow
ha un lato che merita di essei'e preso in considerazione e questo con-
cerne la questione inerente ai processi di più attiva nutrizione dovuti
alle visite degli insetti, agiscano questi colla loro presenza o mecca-
nicamente (massa, peso) o in parte anche chimicamente (morsi, ecc.).
Considerata in questo senso la questione, l'idea dell'Henslow torna in ac-
cordo colle nostre vedute, le quali però sotto molti altri punti di vista
sono divergenti poiché noi riteniamo che le strutture fiorali nelle loro
linee generali (presenza di nettari, di nettaro-indici, formazioni di fil-
lomi fiorali, colorazioni etc), abbiano cominciato a manifestarsi, come
è stato detto, sotto l'impulso di cause interne e non già sotto l'azione
dell' agente fecondatore, il quale invece non ha fatto altro che perfe-
zionarle.
189 —
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TiEBE Enf■ , , , , „ paludi.
' 7. , , , , dei luoghi umidi.
, ■''• , , , , „ ruderi.
, 9. , , , , delle rupi.
, IO. , , , , dei luoghi soleggiati.
, 11- , , , , « prati.
Nelle figure .")-ll la linea continua rappresenta la proporzione in cui si presentano
i colori semplici, la linea punteggiata quella delle associazioni cromatiche. (Tutti i
diagrammi sono stati ridotti ad Va).
TAVOLA XLX.
Fig. 1. Colori dei fiori nelle piante dei boschi.
V, ^- y 7, 1, V , n pascoli alpini.
, 3. , ^ , „ „ delle acque dolci.
Per queste figure vale la stessa avvertenza che prr le figure 5-11 della
tavola precedente.
, 4. Colori (semplici -(- associaz. croniat.) delle piante delle saline.
r, •''• , , , , , , , , acque dolci.
, «• , , , , , , , , paludi.
, '• , , „ , , , , dei ruderi.
■ •'^- , , , , , , , , pascoli alpini,
■'• . . . , , , , , luoghi umidi.
, 10- , , , , , , , . lioschi.
, 11- , , , , , , . . Illogici soleggiati.
, 1'-^- , , , , , , , , prati.
, 13. , , , , , , . ''e"e l'i'P'-
Le fig. 4-13 sono ridotte ad '/a-
TAVOLA XX.
Associazioni cromatiche nelle piante delle saline (a), delle acque dolci (h), delle
paludi (e), dei luoghi umidi (d), dei boschi (e), dei prati (/), dei luoghi soleggiati (,)
delle rupi (/i), dei ruderi (0, dei pascoli alpini (j). — Tutte le figure sono ridotte a'/i-
199
TAVOLA XXI.
Frequenza delle singole colorazioni nei differenti mesi dell'anno nelle piante dia-
lipetale. (La linea continua si riferisce alle dialipetale actinomorfe, quella punteggiata
alle diaiipetale zigomorfe). Tutte le curve sono ridotte a '/a-
Fig. ]. Curva del verde.
2
7>
„
giallo.
3.
n
y,
bianco.
4.
^
■e
rosso.
5.
»
^
violetto.
b".
V
V
lileu.
7,
^
biimo.
TAVOLA XXIL
Frequenza delle singole colorazioni nei differenti mesi delFanno nelle piante ga-
mopetale. (La linea continua si rilerisce alle gamopetale actinomorfe, quella punteg-
giata alle gamopetale zigomorfe) Tutte le curve (fìg. 1-7) sono ridotte a '/a-
F'g 1. Curva del verde.
„ 2. , , giallo.
„ 3. , , bianco.
, 4. „ , rosso.
, 5. , , violetto.
, 6. , , bleu.
, 7. , , bruno.
, 8. Rapporti di frequenza tra le colorazioni semplici (fiori monocromatici) e le as-
sociazioni cromatiche (fiori policromatici) nelle diaiipetale actinomorfe.
, 9. Lo stesso per le diaiipetale zigomorfe.
^ 10. Lo stesso per le gamopetale zigomorfe.
, 11. Lo stesso per le gamopelale actinomorfe.
Nelle figure 8-11 il tratto contrassegnato con c.s. si riferisce ai fiori monocro-
matici, quello segnato con a. e. ai fiori policromatici.
TAVOLA XXIIL
Frequenza dei differenti colori nei singoli mesi dell'anno. (Le curve sono ridotte
a ■/.
il-
Fig.
L
Col
orazioni
(lei
, mese
di
gennaio.
2.
febbraio.
J-
i>
^
3.
jj
V
7>
marzo •
^
4.
r
V
J)
aprile.
^
5.
V
V
71
maggio.
fi.
V
V
7t
giugno.
7.
«
j,
luglio.
8.
,
^
y,
agosto.
l
9.
^
T
r
settembre.
T
10.
II.
V
7)
1)
ottobre,
novembre.
:i
12.
^
dicembre.
Alti deìVIst.
Bot.
dell' Università
dì Pavia —
U Serie
Voi. X. 13
— 200 —
TAVOLA X.XIV.
Frequenza dei singoli colori nei differenti mesi dell' anno (Tav. XXI, fig. 1-7 -f
Tav. XXir, fig. 1-7).
Le curve sono ridotte a V4'
Fig. 1. Curva del verde.
, 2. , , giallo.
, 3. , , bianco.
, 4. , , rosso.
, 5. , , violetto.
6. , , bleu.
, 7. , , bruno.
TAVOLA XXV.
Fig. 1. Frequenza delle singole colorazioni nella flora alpina.
, ;!. Frequenza delle singole colorazioni nella flora dei ghiacciai.
, 3. Lo stesso nella flora delle paludi, torbiere e luoghi umidi alpini.
, 4. Lo stesso nella flora dei prati alpini
, 5. , , , boschi alpini.
„ 6. , , ^ luoghi aperti alpini.
, 7. , , delle roccie alpine.
, 8. Frequenza delle singole colorazioni nelle piante parassite.
9. Schema dell'evoluzione dei differenti colori fiorali.
— 201 —
INDICE DEI CAPITOLI
I. Generalità e storia dell'argomento pag. 103
IL Metodo di studio 122
III. Colorazioni predominanti nella flora tedesca in rapporto coi vari tipi
fiorali , 128
IV. Rapporti di colorazione nelle famiglie delle Monocotiledoni e delle
Dicotiledoni , 139
V. Le colorazioni fiorali ed il mezzo in cui vive la pianta , 146
VI. I colori fiorali nei differenti mesi dell'anno „ 152
VII. Fiori monocromatici e fiori policromatici , !55
Vili. Le colorazioni predominanti nelle flore alpine , 157
IX. Conclusioni , 159
Appendice: Esame critico delle osservazioni del Rev. G. Henslow .... , ISl
Bibliografia dell'argomento , 189
Spiegazione delle tavole , 195
ISTITUTO BOTANICO DELLA E. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
INTORNO
AL BEUSO^^E DEL RISO
ED
AI rOSSIBILI KI.MEDI PER COMBATTERLO
NOTA PRELIMINARE
DI
RODOLFO FARNETI
Quest'anno, le risaie della Lombardia e del Piemonte sono state
colpite da una forte infezione di Brusoiic, ed in modo cosi generale,
che si può dire, che nessuna risaia è rimasta perfettamente immune ;
ciò che da diversi anni non si verificava.
La malattia si è presentata con tutti 1 caratteri del Brusone clas-
sico, quale è stato descritto dal Saudri \ dal Garovaglio - e da altri
' Giulio Sandhi, Cenni sulla vera causa del carolo del riso, e sui mezzi di ri-
parare a questo disastro, iu Memorie deirAccademia di Agricoltura di Verona, l.*34,
voi. Xr, pag. ■^5.
- Santo Garovaglio, Del Briisoiie o Carolo del Riso; in Archivio Tripnnalc del
Laboratorio di Botanica Crittogamica, voi. f, pag. 173.
Secondo Garovaglio queste due forine del Brusoue presentano i seguenti caratteri:
Carolo nero. " Le piante di riso colpite da questa malattia tutte hanno:
' L° I nodi anneriti, strozzati nel mezzo e qualche volta scavezzati, e più o meno
laceri e consunti.
" 2.° Le foglie, le guaine fogliacee ed il culmo (quest'ultimo per("> quasi sempre
nella parte sua superiore) aridi, di color rosso sbiadito, sovente coperti da eruzioni
esnntematiche, che danno loro un aspetto lurido e sozzo.
' 3." Le spighette, le quali a un lieve tocco si staccano dalla rachide e spesso
crollano di per sé innanzi la maturità, hanno le glume ingiallite, brune, nerastre, o-
Atti dell'Ut. Bot. dell'Università di Pavia — II Serie - Voi. X, 16
— 204 —
autori, sotto le due forme tipiclie denoniinate Carolo nero e Cardo
hianco.
Il Bnisoiie, come fa notare benissimo il Sandri, può attaccare la
pianta anche in un punto limitatissimo, come sarebbe una porzioncella
d'ini peduncoletto che porta un'unica spighetta, o il pistillo di un sol
liore, rimanendo le altre parti della pianta perfettamente sane. Anche
nei casi più gravi non è raro trovare nello stesso cespo, prodotto da
un' unica pianta, qualche culmo sano accanto agli ammalati ; ciò di-
mostra, come acutamente osserva il Sandri, che la malattia non è co-
stituzionale ma puramente locale '. Questo fatto basterebbe da solo a
dimostrare che la causa determinante del Brusirne non è fisiologica, come
alcuni ritengono.
Il carattere dell'annerimento dei nodi non si verifica in tutte le
piante attaccate da Bnisone, né rappresenta uno stadio più avvanzato
della malattia come alcuni dissero, ma una particolare forma, la più
grave se si vuole, per le sue conseguenze, che assume il processo ne-
crotico quando il male attacca la pianta nel nodo.
Ciò dipende dal fatto che il Brnsone è dovuto, come ho potuto
constatare in modo non dubbio, ad una crittogama che attacca la pianta
in uno degli organi aerei, ma che non esercita la sua azione patogena
che nel punto determinato che direttamente attacca o in un'area rela-
tivamente ristretta che ha sempre per centi'o il punto attaccato. Quando
una pianta presenta più nodi necrotici, diverse macchie sulle foglie,
diverse spighette ammalate qua e là, vuol dire che i germi della crit-
- vusone è quindi una malattia sola, tanto in Italia
ciie al Giappone, perchè proilotto da un' unica e medesima causa.
3.° La crittogama del Brw.■■>■ Esperieuza del 24 Settembre, temp. 13", 8.
Senza pianta sotto la campana nera.
Durata dell'esperienza: dalle S alle 18.
Risultato: Nessun precipitato.
l.'^ Esperienza del 25 Settembre, temp. 14",0.
Pianta: Cucurbita rnuxiiìia, come sopra.
Durata dell'esperienza: dalle 10 alle 18.
Risultato: Visibile precipitato di cloruro d'argento.
S.^ Esperienza del 2(3 Settembre, temp. lò°,(5.
Pianta Cucmhita maxima, come sopra.
Durata dell'esperienza ; dalle 9 alle 17.
Risultato: Visibile preciidtato di cloruro d'argento.
t).'' Esperieuza del 27 Settembre, temi). 16", 5.
Pianta: Iticiiius commiuiis, come soiira.
Durata dell'esperienza: dalle 9 alle 17.
Risultato: Visibile precipitato di cloruro d'argento.
10.*^ Esperieuza del 28 Settembre, temp. 15",2.
Senza pianta sotto la campana.
Durata dell'esperienza: dalle 9 alle 18.
Risultato : Nessun precipitato.
Dalle esperienze soi)ra riportate e da molte altre che pure ho fatto
e che credo inutile qui ripetere, si deve dedurre che le piante anche
tolte dall'influenza della luce solare emettono idrogeno.
Riassumendo dunque si ha che il cloruro di Palladio usato col
metodo da me indicalo è uno dei reattivi idii razionali e comodi per
rintracciare l'idrogeno quando si trovi mescolato con altri gaz.
Applicando tale metodo risulta confermato perfettamente quanto io
avevo già trovato ed esposto nel mio lavoro: Intorno all' assimilazione
— 223 —
clorofilliana (memoria II", 1902) e cioè clie le iiiaute alla luce emet-
tono idrogeno ; inoltre dalle presenti ricerche risnlta che tale emis-
sione esiste anche quando le piante sono sottratte all'azione della luce.
Quest'ultimo fatto ha importanza per le conseguenza che se ne possono
trarre specialmente in rapporto all'assimilazione clorofilliana.
Allorché esposi le risultanze dalle quali emergeva che i vegetali
in condizioni normali di sviluppo emettono idrogeno ' feci notare come
tale fatto avvalori 1' ipotesi che l'aldeide formica sia il prodotto di
una riduzione dovuta con tutta probabilità all'idrogeno ; tanto più che
con esperienze di lab natorio il Bach - ottenne aldeide formica per elet-
trolisi dell'acido carbonico, e Berthelot per mezzo dell'acido iodidrico
(per avere idrogeno nascente) partendo dagli acidi organici l'insci a
trasformare questi nelle rispettive aldeidi. Lo schema clie, riassume la
sintesi che avviene nelle piante sarebbe, secondo me, il seguente :
C H- 0' + H= = C H- 0 + H= 0 + 0
Acido carbonico Aldeide formica
Non è il caso (|ui di discutere su quanto è stato detto in proposito;
sta di fatto però, che nessun esiìerimentatore, finora almeno, ha contrad-
detto con fatti le esiierienze di Bach, di Lichen, Bckefoir, Deii/ieìuf,
i quali dall'acido carbonico anivarono per azione dell'idrogeno alla for-
mazione di aldeide formica, come pure nessuno ha negato che le piante
emettano idrogeno; quindi dato come vere questi fatti è impossibile non
tenerne calcolo e dar valore all'ipotesi che nella cellula vegetale si
formi aldeide formica e relativi idrati di carbonio, nello stesso modo
che avviene artificialmente; a meno che venga proposta un'altra ipotesi
che più si avvicini al vero, il che finora non è stato fatto.
L'aver dimostrato che anche ali" oscuro le [liante emettono idro-
geno, non toglie nulla all'ipotesi surriferita; soltanto vorrà dire che
il gas il quale viene emesso dal vegetale, non potrà essere internamente
attivo se non cimi l'aiuto di determinati coefiìcienti, dei quali fia gli
altii' uno ed il iirincipale con tutta probabilità sarà l'energia solare.
Pavia, R Istituto Botanico, Ottobre 1004.
' Poi.LACci Gì. NO, 1. e, pag'. 54.
- B\CH, Sur la correlation entre la reduction par l' liydror/ene 7ìa/s.''ant, l'elee-
troìì/se et la photohjsc de l'acide carboniqiic, iu Comiit. Rcnd., Tom CXXVI, 169S.
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
ISPEZIONE AD ALCUNI VIVAI
DI
VITI AMERICANE MALATE DI "RONCET,,
IN SICILIA
BREVE RELAZIONE
a S. E. il CoiDin. LUIGI RAVA Ministro di Agricoltura. Industria e Commercio
DI
GIOVANNI BRIOSI.
Eccellenza,
Nell'aprile di quest'anno per uno stadio in corso nel mio Labora-
torio ispezionai alcuni agrumeti della Calabria e della Sicilia nei quali
una grave malattia si era manifestata, la Ruggine Bianca, che molto
danno arreca ai limoni e non poco preoccupa parecchi agricoltori meri-
dionali che vedono resi non commerciabili i frutti dal male deturpati.
Ho già mandato a V. E. una memoria a stampa clie si riferisce alla
prima parte del lavoro compiuto insieme al mio assistente ed amico
signor Rodolfo Farneti, intorno a tale malattia; e appena saranno ulti-
mate le ricerclie, lente per loro natura, sul nuovo materiale raccolto,
rivolte a studiare in particolar modo le alterazioni prodotte sui rami e
sulle foglie (nella prima si sono esaminate quelle dei frutti), ne darò
notizia a V. E. probabilmente per mezzo di una seconda memoria.
Di questa mia gita in Sicilia ho approfittato, cosa naturale, per
visitare alcuni dei vivai governativi di viti americane che forniscono
talee e barbatelle per la ricostituzione delle vigne meridionali distrutte
dalla fillossera, vivai nei quali una malattia non meno grave di quella
degli agrumi, anzi di essa più minacciosa, il Boticet, si è da qualche
anno sviluppata, destando fortissima apprensione in tutti i viticoltori si-
ciliani.
Atti detrisl. Boi. dell'Università di Pavia — Serie II - Voi. X 18
— 226 —
Avevo già nel 19()1 ispezionati, pure per incarico di codesto Mini-
stero, tali vivai \ ed ero desideroso di rivederli per osservare come il
male avesse proceduto, ed accertare se, e quali, progressi avesse fatto.
Avrei desiderato di poter dare maggior sviluppo a questa mia ispe-
zione, e spingermi fino a Palermo, ma causa altri impegni lio dovuto
tenerla in ristretti confini, sicché breve è questa mia relazione.
Molti sono gli studi fatti, specialmente all'estero, sul Boncet o <'oìirt
None, peraltro nulla di sicuro ancora sappiamo sulla sua natura. Come
è noto, le viti che ne sono prese ritardano in primavera a germogliare
di 15, 20 ed anclie 30 gioi'ni, sviluppano lentamente i getti, che pre-
cocemente induriscono e lignificano, sicché l'allungamento loro presto si
arresta. Quando il male è leggero (primo anno) i tralci riprendono in
parte vigore dui'ante l'estate e crescono discretamente, diminuendo la
dispaiità die in primavera forte si manifesta allorché si confrontano con
quelli delle viti sane, peraltro non raggiungono mai la loro lunghezza
normale; quando invece il male ha preso possesso (negli anni successivi)
i tralci non si ripigliano nemmeno durante 1' estate, rimangono corti e
le viti si fanno cespugliose.
E se corti rimangono i tralci, cortissimi restano gli internodi e sot-
tili, mentre si manifesta un anormale sviluppo di femminelle ed anche
di sottofemminelle, con contemi>ora!iea alterazione della forma del lembo
fogliare, il quale nel suo complesso si rimpicciolisce, mentre allunga i
lobi ed i denti onde la fo2:lia diviene laciniata, e tutta la pianta diventa
rachitica per modo che il Boncet si potrebbe chiamare con frase ita-
liana il rachitismo della lite.
Il Boncet è stato da taluno, ed è tuttoi'a, confuso col Mnhiem. In-
vero molte sono le rassomiglianze loro, ed allo stufo attuale delle nostre
conoscenze non sarebbe facile diie per quali caratteri scientifici diversi-
ficano e fino a qual punto le due malattie fra loro differiscano.
Non peitanto, alla forma cespugliosa ed al frastagliamento delle
foglie al quale arrivano le viti americane jìrese dal Boncet non si ridu-
cono mai le viti nostrane attaccate dal Mainerò. Inoltre, nelle viti
prese dal Mainerò il legno del tronco, e spesso anche quello dei raini,
presenta sempre puntini e chiazze nericce, mentre in quelle alfette da
Boncet tale fenomeno qualche volta si ha e qualche volta manca. Al-
quanto diverso anche sembra il decorso del male poiché le viti col
Mainerò non solo intisichiscono ma lentamente muoiono, mentre non pare
che altrettanto avvenga col Boncet, almeno i casi di morte per esso
' Vedi: Intorno alla malattia designata col nome di Ronckt sviluppatasi in
Sicilia sulle viti americane. Relazione di Giov. Briosi. Dicembre. 1901.
— 227 —
sono finora rarissimi. E vero, per altro, clie il primo è male antico fra
noi, da tempo oggetto di studio ed osservazione, mentre del secondo
non abbiamo ancora avuto agio di scoprire tutto il processo di svilu|)po;
come altresì va notato che la vitalità delle viti americane ed il tratta-
mento al quale le sottoponiamo nei nostri vivai sono ben diversi di quelli
delle viti europee, da secoli addomesticate e coltivate per ricavarne
non legno ma frutti. Comunque, tino a quando almeno nuove e rigorose
ricerche comparative non apportino maggior chiarezza, le due malattie
vanno, a parer mio, tenute distinte.
La legge fiUosserica non permette di trasportare a Pavia vivo il
materiale necessario per le ricerche, è questo un grande ostacolo, che
non ha permesso di ricavare dagli studi iniziati in Laboratorio risul-
tati attendibili sulla natura del male, la quale del resto, a giudicare
dal molto tempo che è oggetto di investigazioni all'estero, e del poco
che finora si è da esse ottenuto, deve essere ascosa e difficile a chiarire.
*
* *
Ecco ora le impressioni avute ed i dati raccolti.
La prima visita fu al vivaio di Milazzo, ove ero di già stato due
anni or sono, ed ove il Roncet si presentava allora in tutto il suo vi-
gore e fortemente impressionava. Anche questa volta ebbi a compagno
nella mia ispezione il dottor Buggeri che dirige con rani valentia il
vivaio e, cortese, mi forni tutti gli schiarimenti che desideravo.
Nel complesso ho avuto l'impressione che il male non ha seguitato
con l'intensità dei primi anni (nel che conveniva anche il Ruggeri),
benché tuttora persista e intralci non poco la li produzione del legno
che devesi distribuire ai viticoltori.
I ceppi degli appezzamenti di Rupesfris du Lot che erano tanto at-
taccati due anni or sono furono estirpati ad eccezione di una piccola por-
zione, che ne comprende poco piii di un centinaio, lasciata per istudio.
In questi il male ha continuato, ma non è cresciuto, anzi nella prima-
vera scorsa essi avevano ripreso un certo vigore e mostravano getti
relativamente robusti e lunghi.
Degli altri vitigni attaccati nessuno era guarito, ma nemmeno aveva
peggiorato, e la relativa resistenza loro si è conservata quale è stata
indicata nella mia piima relazione.
Lnportanti sperimenti ha ora intrapreso il Ruggeri per provare
la varia resistenza al male delle diverse varietà di Vitis vinifera col-
tivate in Europa. A tale scopo ha innestato sopra ceppi di Rupeshis du
Lot malati ben IS delle nostre varietà europee le quali comprendono
— 228
le migliori che si coltivano in Sicilia ed alcune di quelle coltivate nelle
Puglie. Gli innesti fatti nell'inverno (1903) erano nell'aprile scorso
alla loro prima foglia, e si presentavano bene, ma, come è naturale,
nessun giudizio è per ora possibile, bisogna attendere che le sperienze
maturino.
A Catania ho visitato il vivaio della Scuola Enologica e quello di
Nesima posto a 4 o 5 chilometri dalla città; ambedue piantati e diretti
dal cav. Francesco Segapelli che dirige pure la scuola. I vivai di Ca-
tania sono dei più antichi della Sicilia e mi duole di non averli visitati
anche nella mia prima ispezione, poiché molto d' interessante essi con-
tengono.
Il vivaio della Scuola misura quasi 15 mila metri quadrati, quello
di Nesima circa quattro ettari, ed in ambedue si coltivano le principali
varietà di viti americane che si impiegano alla ricostituzione dei vitigni
.siciliani. Nelle visite ad essi ebbi a compagno il Segapelli, professore
e viticoltore distinto, osservatore attento ed accorto che da anni segue
il comportarsi delle viti americane nella provincia di Catania.
In questo vivaio, si accolsero i primi tralci di molte delle varietà
americane fatte venire di Francia e quivi pure si coltivarono i primi
ceppi della Riipestris di( hot.
Il Segapelli afferma che il Roncet si è manifestato a Catania sino
dall'anno 1888 sulle Solonis e Biparia tipo; ma al male allora si dava,
egli dice, altro nome e lo si attribuiva a cattiva coltivazione, a steri-
lità del terreno e ad altre consimili cause.
Con tutta la deferenza che si deve avere per l'afferjnazione di una
persona tanto competente quale è il Segapelli, io ritengo che il male
di allora non dovesse essere proprio il Roncet che attualmente ci tra-
vaglia, il quale solo da pochi anni ha destato rallariiie dei nostri viti-
coltori.
A Catania, come negli altri luoghi, la varietà più attaccata è la
Rupestris du Lot, alla quale segue la Riparia x Rupestrìs 3306 ed, a
qualche distanza, la Riparia toniputosa ; indi le altre, poiché tutte le
varietà americane, ad eccezione di una, la Mouroedre x Rupestris ' ven-
gono prese dal male, benché in grado diverso.
■ La Mourvedre Rupestris è l' unica varietìi che su quel di Catania non è
stata, a quanto mi affermava il signor Segapelli, finora presa dal Roncet, ma è
vitigno poco coltivato perchè su esso gli innesti delle viti nostrane Catanesi non vi
prosperano.
— 229 —
La Eupestris metallica e VArra?non x Rupestris Ganzin N.° 1 sino a
poco tempo fa si credettero inattaccabili ma ora esse pure incominciano
ad ammalarsi.
In questo vivaio lio osservato nn appezzamento di Rupestris du Lot
tutto preso dal Roncct, in mezzo al quale trovansi tre piedi di Eupestris
melaUica, messi per errore e lasciativi [ler studio, essi sino a due anni
fa, avevano sempre resistito al male che da ogni parte li circondava,
ma nell'anno scorso furono attaccati.
Ho visto pure un appezzamento di Eupestris metallica in mezzo al
quale invece erano tre o quattro piedi di Eupestris du Lot piantativi
pure per isbaglio e lasciati poi per esperimento. Le piante della E. du
Lot caddero presto ammalate, ma il male non era mai passato alla E.
metallica che le avvolgeva, quando l'anno scorso incominciarono ad am-
malare alcuni dei tralci contigui ed il male progredisce poiché nell'aprile
scorso, mese della mia visita, parecchi ceppi della 7?. metallica che cir-
condano il focolaio della E. du Lot malata erano in arretrato di svi-
luppo in confronto delle più lontane tuttora immuni.
Ho osservato altresì un appezzamento di Arramon x Eupestris dell'età
di 8 a 9 anni in mezzo al quale, pure per errore e per studio, trova-
vansi 4 piedi di Eupestris du Lot. Tutte le viti si erano mantenute sane
sino all'anno passato nel quale le quattro E. du Lot improvvisamente
ammalarono, ed il male subito si estese alle vicine, ed in questa pri-
mavera progrediva, come arguivasi dal deperimento di già manifesto
nei nuovi getti.
Come per tanti anni le une e le altre si mantennero sane, in mezzo
a tanti malati? E come è arrivato il male, alle quattro E. du Lot ri-
maste immuni per 8 anni, tuttora circondate da viti perfettamente sane?
In questo stesso vivaio il Segapelli mi disse che eravi prima un
campo di Eupestris du Lot (ora distrutto) interamente preso dal Eoncet,
e che in mezzo ad esso trovavasi un piede di Eupestris' metallica che si
mantenne sempre sano non ostante fosse completamente circondato da
viti malate.
* *
Il Vivaio di Nesima ha soli nove anni di vita, ma la Scuola inco-
minciò a distribuire regolarmente legno americano sino dal 1892-93
servendosi d'altri vivai, che dovette poi abbandonare; ed erano pure
costituiti di viti fatte venire dalla Francia. La distribuzione anzi fu
iniziata, dice il Segapelli, sino dall'anno 1888 con legno di viti che al-
lora si ottenevano da semi fatti venire direttamente dall'America.
— 230 —
Fra le varietà clie si coltivano nel vivaio di Nesiina quelle che
hanno mostrato più resistenza sono VArramon >' Bnpestris Gnnzin n ° 1,
la Rupestris mefaìlica. la Riparia :< I\'upestris 3309 e la Grande Glabre,
anzi questi quattro vitigni tino a due anni fa eransi mantenuti perfet-
tamente sani. Fu solo nell'anno scorso che in essi apparvero qua e là
i piimi segni del male.
Ho visto infatti un campo di mille e più ceppi di Arramon x Ru-
pestris Gan~in h." 1 dell'età di 9 anni, vigorosissimi, ove per altro qual-
cuno soft'ereiite incominciava a marcare fortemente i lobi delle foglie,
segno d'inizio del male, poiché le viti sane di tale vitigno danno foglie
quasi rotonde. E fatti simili presentavano i lotti delle altre tre varietà.
Ho osservato altresì un'appezzamento di Riparia tomentosa che conte-
neva circa 350 cei>pi per tal modo malati che non si poteva più rica-
vare legno buono; e tre anni fa erano tutti sani!
Un'altro campo di Riparia Gioire i)resentava ceppi sani e ceppi am-
malati, i primi con pam|)ini che nell'aiirile avevano già raggiunti da
40 a GO cm. di lunghezza, i secondi con getti che appena raggiunge-
vano 8 a 10 centimetri.
Un campo di Riparia x Rupestris w." 330(>, uno dei vitigni come fu
detto più sensibili al Roncet, presentava tutti i ceppi malati, con que-
sto di notevole peraltro, che i getti che provenivano dal pedale (in parte
sotterranei) erano normali, cioè molto lunghi con foglie rotonde e sane,
mentre (jnelli formatisi sul tronco vedevausi rattrapiti, corti, malati.
Il fatto non sarebbe privo d'importanza se tanto il signor Segapelli
quanto il vignaiuolo non mi avessero assicurato che anche questi getti
del pedale, ora apparentemente sani e vigorosi, più tardi ammalano.
Osservai altresì buon numero di cepjìi di Arramoìi x Rupestris
Ganzin «." 1 i quali tre anni or sono erano stati innestati sopra piante
di Riparia Gioire in parte sane ed in parte malate ; orbene, quelle in-
nestate sui ceppi sani sono tuttora sani, mentre si sono malati gii altri,
ed il Direttore come il vignaiuolo mi affermavano che avviene sem(ire
cosi.
Del resto, in questo stesso vivaio veggonsi delle viti nostrane inne-
state tre anni or sono sopra ceppi di h'upestris du Lot sani, le quali viti si
mantengono tuttora perfettamente immuni. Nel vivaio sonvi ancora delle
viti malate che il Cav. Segapelli l'anno scorso aveva fatto scaintozzare
per esperimento; ora i getti primaverili mostrano di già i segni del
male, ed altrettanto si osserva in altre viti scapitozzate due anni or
sono.
Ceppi malati, scapitozzati tre anni fa, diedero nell'anno passato
tralci relativamente buoni, ma quelli che spuntavano in (juesta prima-
— 231 —
yera presentavano i caratteri tlel male. Il signor Segapelli mi diceva
che sperimenti consimili aveva fatto auclie prima nel vivaio di Catania,
facendo tagliare la capitozza di molte viti Rupestr/s du Lot fortemente
malate; da esse ebbe dapprima tralci lunghi, belli e sani, poi le viti
degenerarono, ed il male si riaffacciò come per l'addietro.
Questi fatti sembrerebbero provare che il Roncet è male cl'.e non
sempi'e si arresta alla ceppala od al nodo superiore del tronco da dove
si staccano gli speroni, ma che può scendere più sotto.
Tutte le Rnpestris du Lot del vivaio di Nesima sono fortemente at-
taccate dal Roncet ad eccezione d'alcune che trovansi in un appezza-
mento che è degno di nota pel modo col quale il male vi ha proceduto.
Infatti vedesi in esso tuttora un folle grni)po di cepi>i vigorosi e sani
posto verso unangolo dell' appezzamento stesso, mentre tutto il rima-
nente è pressoché intisichito. Il male si è manifestato nella parte op-
posta del riquadro ed è avanzato gradatamente infettando le piante a
poco a poco, con processo periferico relativamente lento, il quale ad
ogni anno restringe l'oasi delle sane.
Del resto, a Nesima, a Catnnia, ovunque, il male forma sempre
specie di centri d'infezione dai quali procede irradiando.
Osservai pure due aiipezzamenti di Arrainon >'■ Rupestris Gamin
n.° 1 fra loro contigui, l'uni) malato, l'altro sano; il primo constava di
ceppi che erano stati innestati sopra Solonis allorché questo incomin-
ciava ad ammalarsi; il secondo invece, era di piante non innestate.
L'innestare quindi non ha, almeno in questo caso, valso a nulla, anzi
il male si è dal vitigu't debole (Solonis), trasmesso al forte (Arramon
X Rupestris).
Nelle vicinanze del vivaio di Nesima ho visitato altresì dei vigneti
appartenenti a privati e formati di viti nostrane che furono ricostituiti
6 0 7 anni fa con barbatelle di Rupe.'^tris du Lot inuestate, fornite dalla
Scuida Enologica di Catania. Questi vigneti si presentammo perfettamente
sani e nessun segno di Ronat in essi si vedeva.
Il Direttore della Scuola Kncdogica di Catania mi disse anche che
nei suoi vivai i primi ad ammalarsi furono i piedi piti forti e vigorosi,
quelli dai iiuali traeva maggior cofiia di legno. Questo farebbe sospet-
tare che lo sforzo della pianta ed il conseguente contiuuo impoveri-
mento pei tralci espoHati la predispongano coU'esaurirla, alla niHlattia :
e se tahira in qual<-lie i^iqu^dro di viti fort^'Uieute e completamente
malate qualche piede si mantiene sano e rigoglioso, nonostante ciie da
esso si continui a tagliar legno, ciò deve attiibuirsi a speciale resi-
stenza individuale; costituisce un'eccezione e nuli' altro.
Il si"nor Segapelli mi racconta ancora che aveva un piede di Rn-
— 232 —
pestfis du hot die per le speciali condizioni nelle quali si trovava era
prosperosissimo; aveva preso uno sviluppo gigantesco, e dava tralci
lungliissimi, quando un'anno i tralci rimasero cortissimi, le foglie rim-
piccolirono e si manifestarono in esso d'un tratto tutti i caratteri del
Boncet.
Di questo caso, affermato da persona seria, che lo ha visto coi
propri occhi va pure tenuto nota; la malattia qui manifestatasi all'im-
provviso, senza graduale deperimento, male si spiega coli' ipotesi di alte-
razioni e degenerazioni anatomiche, sempie lente per loro natura; que-
sto fatto avvalorerebbe invece il sospetto che il male debbasi ad azione
parassitaria, benché non vada taciuto che si hanno in altre piante, pure
sottoposte a tagli lipetuti, malattie analoghe, delle quali la causa sem-
bra di natura esclusivamente fisiologica.
Afferma altresì il Direttore della Scuola di Catania di avere osser-
vato che tanto le viti nostrane, quanto le americane, se si innestano
sopra ceppi di Rupestris du Lot malati, nel primo anno quasi sempre
cacciano tralci sani, ma al secondo ed al terzo ammalano; qualche va-
rietà resiste più a lungo, ma poi finisce essa pure per ammalare.
Tanto le piante madri di Biipestris du Lot quanto quelle di Riparia
>c Rìipcstris 3306 o prima o poi vengono prese dal male, ma mi assicu-
rava il Segapelli che l'esperienza gli aveva dimostrato che se si innestano
prima che il Roncet in esse si manifesti, gli innesti non si ammalano
e le viti innestate crescono sane. Affermazioni simili io ebbi da altri,
ed esse troverebbeio in qualche modo una conferma nel fatto che sulle
colline delle cosi dette Terre Forti del Catanese vi sono dei vigneti
estesissimi, che contano migliaia e migliaia di ceppi, i quali furono
ricostituiti parecchi anni or sono con legno di Rupestris du Lui e di Ar-
ramon x Rupestris, nei quali vigneti non si parla di Roncet uè di altro
straordinario deperimento. Altrettanto va detto per vigne ricostituite
nella t'iaiut di Catania, con legno di diverse varietà di Riparia; e si
che alcuni di tali vigne hanno IO e 12 anni di vita. Il legno americano
col quale tali vigneti sono stati ricostituiti doveva esser sano perchè
il Boncet non ei'a alloia ancora comparso; e sane sono rimaste le vigne
con esso ricostituite.
Tale considerazione vale non solo pel Catanese, ma per pareccliie
altre località ove da tempo si stanno ricostituendo vigne, poiché non
mi è giunto all'orecchio di guai stiaoidinari e di nuove malattie, fatta
eccezione per due vigneti dei quali sarà detto più oltre.
— 233
*
* *
A Noto ebbi anche questa volta, nella mia visita, a guida l'egre-
gio dott. Montoneri, giovane solerte e distinto che dirige ad nn tempo
la Cantina sperimentale ed il Vivaio di viti americane.
L'impressione complessiva che io ricevetti in questa seconda ispe-
zione si è che le viti dei vivai di Noto non hanno in questi due anni
peggiorato.
Anzi le Berlandierì N. l e N. 2, che al tempo della mia prima is|)e-
zione erano prese dal male con intensità, ora lo sono meno; hanno al-
meno migliore aspetto.
I campi di Rupestris dii Lot che due anni fa erano fortemente at-
taccati, lo sono tuttora, ma non in maggiore misura; ed un appezza-
mento di tale vitigno, che allora era sano, tale pressoché si è mante-
nuto e prospera.
II Montoneri mi disse che nella penultima primavera (1902) le viti
presentarono un forte intristimento quasi generale, che lo impensieri
al punto da telegrafarne al Ministero, ma poi nell'estate esse si rieb-
bero e nell'anno scorso (1903) nulla più si è manifestato, ed il vivaio
si mantiene in uno stato relativamente buono.
Altrettanto avvenne colle viti che furono spedite, per ordine del
Ministero, dalle Isole Tremiti; queste pure dapprima sembrava voles-
sero tutte ammalarsi, ma [)oi si riebbero.
Due anni or sono, il dott. Montoneri ha fatto innestare molte Ru-
pestris du Lot e Berlandieri N. 1 e N. 2, con viti nostrane; gli innesti
l'anno scorso si mantennero sani; ora sono alla loro seconda foglia, ed
1 getti in generale si presentano bene. E da sperare che così con-
tinuino.
Nella mia prima ispezione notai che a Noto le foglie della Rupestris
du Lot malate di Runcet, oltre ai caratteri speciali della malattia mostra-
vano dei pnntini neri attorno ai quali il mesofiUo si arrestava nello
sviluppo e la lamina fogliare diveniva più o meno asimmetrica; questo
fenomeno si ebbe anche nell'anno scoi-so; ed ora chiazze e puntini ne-
ricci di già si manifestano anche nelle foglioline dei getti primaverili.
Noto il fatto perchè nel luglio scorso nel vivaio di Udine le viti
mandate dalle Isole Tremiti sospette d'essere malate di Roncet rivela-
vano lo stesso fenomeno, ma nessuno dei caratteri del Roncet, onde
probabilmente tali chiazze sono dovute ad altra malattia, forse a Me-
lanosi.
Anche in questa seconda ispezione, ed in maggior numero che nella
— 234 —
prima, ho visto viti con getti sani frammisti a malati sullo stesso ceppo ;
la differenza fra essi non era piccola ; non ostante fossimo ai primordi
della vegetazione ho su parecchi ceppi contato da 10 a 15 getti che
avevano ai)pena 7 od 8 ceiitim. di lunghezza con foglioline di già defor-
mantesi, ed insieme uno, due o ti'e pampini perfettamente sani, e Inn-
giii da 60 ad 80 centim.
Il dott. Montoneii, come tutte le persone da me interrogate, mi
assicurava che anche nel territorio di Noto e dei paesi vicini i vigneti
ricostituiti con legno americano (alcuni hanno sino a 12 anni di vita)
sono pili 0 meno prosperosi e non presentano i fenomeni del Roncet.
Qua e là si hanno, come sempre si è avuto, casi di viti intristite, ma
sono sporadici, e quantunque la causa deirintristimento loro non sia
bene accertata, non preoccupano.
Fanno eccezione due vigneti, l'uno molto grande, su quel di Vit-
toria, appartenente al principe Biscari ; l'altro più piccolo sito nel cir-
condario di Siracusa. Il primo, formato alcuni anni fa con legno ame-
ricano fatto venire, a quanto mi dissero, dalla Francia, vuoisi sia for-
temente attaccato di Roncet. Di scienza mia per altro nulla posso dire
perchè sventuratamente non potei recarmi a Vittoria per mancanza di
tempo, del che forte mi spiace, anche [lerchè il principe Biscari gode
fama di uno dei più api>assionati ed intelligenti agricoltori deUa Sicilia.
L'altro vigneto, pure designato come fortemente attaccato da Roncet
è posto nella contrada d'Isola presso Siiacusa, ed appartiene al signor
Salibra. Io lio visitato questo vigneto insieme all'egregio (irof. Arnao,
direttore della Cattedra Ambulante di Siiacusa, che volle gentilmente
accompagnarmi, e mi fu guida molto gradita ed utile.
Questo vigneto fu impiantato 5 anni or sono, e conta cii'ca 10,000
piedi di viti nostrane (in gran parte ]Sero d'Avola o Calabrese^ innestate
sopra legno di Riipestris dti Lot avuto da un vivaio privato di Palmi.
Nei primi tre anni le viti pi'ospei'arono senz;i alcun segno di sofferenze,
ma due anni fa molti ceppi rimasero coi tralci corti e intisichiti, le
foglie non raggiunsero l'ampiezza normale e divennero ricce ed il i>io-
dotto fu molto scarso. L'anno scorso l'intristimento liappaive sulle
stesse viti, ma in minor grado; il ritardo infatti nello sviluppo delle
gemme che nel jìrimo anno dell'intristimento era stato di 10 a 12 giorni,
nella primaveia passata (1903) fu solo di 6 a 7 giorni, poi nell'estate
i tralci l'aggiunsero quasi la lunghezza normale ed il prodotto fu abba-
stanza buono; il vignaiuolo che ne dava i|iieste notizie concludeva:
l'anno passato il male fu molto meno, anzi gitasi nullo.
Il 21 d' ai)rile, giorno nel quale io visitava il vigneto, i getti
delle viti avevano di già raggiunti da 40 a 60 centimetri di lunghezza,
— 235 —
nessun ritardo si era avvertito nell'apertura delle ^emme e l'intero
vigneto, a primo aspetto, si mostrava in buone condizioni. Per altro,
osseivando con attenzione, trovavansi ceppi con getti più corti, bencliè
perfettamente verdi ed apparentemente sani, essi avevano internodi
più brevi e non cosi flessibili come quelli delle altre viti; e non solo
erano meno pieghevoli, ma anche più duri, indizio di voler presto li-
gnificare, e di non essere destinati a raggiungere forte lunghezza.
Alcuni cepiii mostravano altresì insolito sviluppo delle sottogemme
ed anclie produzione di femminelle, quindi un poco di tendenza alla
forma cespugliosa. Tje foglie pei- altro erano larghe e pressoché nor-
mali, se si toglie la presenza dei puntini nericci simili a quelli riiiiHr-
cati a Noto, forse dovuti a melanosi. Anche i getti corti portavano pe-
raltro gran copia di grappoletti.
Il terreno su! quale è piantato questo vigneto è di natura calcare,
ma non uniforme, come lo dimostra il suo vario colore; pare terreno di
trasporto; nemmeno è piano, poiché ha per sottosuolo una roccia com-
patta ed ondulata onde presenta rialzi ed avallamenti. Le viti a getti
lunghi occupavano generalmente le parti basse ove lo spessore del ter-
reno agrario era maggiore, quelle a getti corti le parti più alte ove lo
strato del terreno agrario era minore. Le condizioni del terreno ave-
vano, non vi ha dubbio, influenza sullo sviluppo dei germogli, ma non
va taciuto che anche fra le viti [ìiù piosperose delle vallucce qualche
ceppo si vedeva a getti relativamente corti.
Altra osservazione importante; i getti che partivano dai pedali,
sotto l'innesto, cioè dal selvatico aiìiericano (come fu detto e come si
vedeva costituito di Rupestris dn L<>t) portavano, alcuni foglie rotonde e
normali, altri invece foglie a lunghi lobi e frastagliate. Questo ne dice
che con ogni probabilità le viti che avevano fornito il legno da porta
innesti dovevano essere in parte sane ed in parte malate.
Siamo qui in presenza di un attacco di Roncet trasmesso dai sog-
getti americani alle viti nostrane su essi innestate, oppure ad un intri-
stimento più o meno passeggero e dovuto ad altre cause?
E il (irimo vigneto di viti nostrane, ricostituito con legno ameri-
cano che si sospetta attaccato da Roncet, che io ho avuto occasione
di osservare; onde è prudenza non arrischiare alcun giudizio, bisognerà
aspettare che l'andamento dell'infezione, se infezione vi é. meglio si
chiarisca.
Pel momento si può affeimare solo che in questo vigneto vi è stato,
e vi è tuttora, accenno di rachitismo, benché a quanto sembra, in via
di scomparire. Al suo manifestaisi potrebbe aver contril)uito il vario e
qua e là insufficiente spessore dello strato arabile e la varia sua na-
— 236 —
tura; ed in parte forse le condizioni delle barbatelle originarie colle
quali si è ricostituito il vigneto, fumiate, non vi ha dubbio, con legno
di liiipestris d>i Lot promiscuamente sano e malato.
Il fatto, per altro, ciie tutti i vigneti del territorio di Siracusa da
tempo ricostituiti, sono tuttora sani, toglie, almeno in parte, valore al
sospetto che trattisi veramente di Roncet trasmesso dai soggetti ame-
ricani agli innesti nostrani.
CONCLUSIONI.
Rapida e foise non abbastanza estesa è stata questa mia isi)ezione;
in parte contradditori sono i fatti da me raccolti, e insufficienti quelli
che noi conosciamo sulla natura del Roncet, ciie da solo pochi anni si
è da noi manifestato.
I dati che abbiamo sono quindi trop|)0 poveri e le osservazioni
tuttora immature onde alcune delle conclusioni che seguono, ricavate
da quanto è sopra esposto, non possono avere che un valore lelativo.
In questi due anni il Roncet non ha continuato ad estendersi colla
intensità colla quale si era prima manifestato, anzi pare accenni a con-
tenersi, se non a diminuire. Il fatto che quasi tutti i vigneti ricosti-
tuiti, e da molti anni, con legno americano, anco di vitigni dei piii sen-
sibili al Roncet, si mantengono tuttora in buono stato deve, a mente
mia, ricondurre in più giusti e ragionev(tli limiti la preoccupazione che
esso ha destato, la quale sembra ora esagerata.
Non è di certo il Roncrt male da poco e trascurabile, ma nemmeno
è tale, come alcuno voirebhe, da scoraggiare ed abbandonare l'impiego
del legno americano nella ricostituzione dei vigneti che la fillossera ha
distrutti.
Per detta ricostituzione non sembra nemmeno neci'Ssai-io l'esclu-
dere il legno dei vitigni meno resistenti al male, che spesso sono per
le altre loio qualità i [tiù preziosi; quali la Rupestris clu Lot, la Ri-
paria Rnpestris 3306, ecc.; basta che i ceppi dai quali si ricava il legno
per le talee siano sani, cioè non abbiano ancora manifestati i segni del
male, e si innesti presto cioè prima che si ammalino.
Le piante madri dei vitigni americani prima o jioi nei vivai am-
malano; alcune varietà resistono a lungo, ma nessuna ne va esente;
invece se si innestano le viti americane, prima che in esse il Roncet
si sviluppi, con vitigni nostrani, questi non sono attaccati.
Impiegare per la ricostituzione dei vigneti legno proveniente da
ceppi malati di Roncet, non mi pare cosa prudente; nemmeno mi sem-
— 237 —
bra consigliabile, almeno per ora, innestare le viti americane malate
con nostrane, poicliè i risnltati finora ottennti da tali innesti sono fra
loro contradittori. È savio attendere che il tempo chiarisca la questione,
sulla quale porteranno luce gli sperimenti intrapresi a Milazzo e gli
altri che altrove si fanno, rivolti a cercare se fra le varietà europee
da noi coltivate ve ne sono di refrattarie, od almeno di sufficientemente
resistenti al male; ed il vario grado della loro resistenza.
Il taglio soverchio, e ad ogni anno ripetuto, di tutti i tralci della
vite per trarne talee, quale si opera nei vivai, deve come ho di già
detto altra volta ', col martorizzare continuamente la pianta, portare
non lieve squilibrio nelle funzioni fra la parte aerea e le radici, quindi
indebolire e predisporre il ceppo ad ammalarsi, ma questo non basta a
spiegare alcuni dei fatti esposti, specie il processo per contiguità col
quale il male si manifesta e diffonde, il che fa sospettare che vi entri
pure l'opera di qualche parassita.
Pavia, dal Laboratorio Crittogamico. — Settembre 1004.
Vedi: Relazione mia avanti citata del Dicembre 1901,
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
CONTRIBUTO ALLA BIOLOGLi FOGLIARE
DEL
BUXUS SE31PEBVIBENS L.
PER IL nOTTOR
LUIGI MONTEMARTINI.
Nelle giornate rigide d'inverno, quando la temperatura si abbassa
sotto lo zero, le foglie del Buxhs sempervirens mostrano sulla loro pa-
gina inferiore una grossa vescica che ne occupa quasi l'intiero lembo
(iig. 1), costituitasi per il sollevamento dell'epidermide e degli strati
più esterni del mesofillo che le sono rimasti aderenti. L'interno è occu-
pato da una relativamente grossa lente di ghiaccio, che può avere uno
spessore massimo di due millimetri e un volume, dedotto dal peso, di
25 — 40 millimetri cubi ^
• La formazioue di masse relativamente grosse di ghiaccio nell'interno degli or-
gani vegetali fn già osservata da Ed. PrilUeux (i^ei de la gelée stir les plantes. —
Formation de glacons dans les tissus des plantes, in Bull de la Sue. Hot. de France.
18(j9, pag. 140; e Sur la formation de glagoim à l'intérieur des plantes, in Ann. de
Se. Nat., Botaniqiie, Sér. V, T. 12, 1869, pag. 125), il quale ci dà, nella prima delle
pubblicazioni citate, numerosissimi esempi, alcuni presi da autori precedenti, di tale
fenomeno, e nella si^conda descrive parecchie disposizioni anatomiche intese a ren-
dere possibile tale formazione senza danno alcuno per i tessuti.
Disposizioni e formazioni simili, alcune delle quali ricordano quella da me qui
descritta del Bn.ms, vennero anche studiate da 51. Dalmer (Ueber Eishilduiig in P/'an-
zen mit Hiicksicht aitf die anatomische Bescliaffenlieit derselhen, in Flora, 18115, pa-
gina 436) e da F. Ludwig (Weitere Beobachtungen ilher die Biologie von Hellebo-
rus foetidus. in lìot. Centralbl, 18!)9, Bd. LXXX, pag. 401), e si trovano pure nu-
merose menzionate in diversi trattati, fra i quali quelli di A. B. Frank (Die Krank-
heiten der l'Jlanzen, II. Aufl., Breslau 1805, Bd. I, pag. 178) e di \\'. Pfeffer (Pflan-
zenphysiologie, IL Aufl., Leipzig 1901, Bd. II, pag. 307).
Non mi risulta però che il fatto sia stato osservato nelle foglie del Biixiis sem-
peroirens, né che ad esso sia stata data finora altra importanza che quella di un fe-
nomeno puramente fisico.
Atti dell'Ut. Boi. (leW Università di Paeia — Serie II — Voi. X- 19
— 240 —
La separazione del mesofiUo avviene (fig. 2 e 3) in corrispondenza
alla superficie esterna del libro delle nervature, in una zona nella quale
pochi e piccoli sono i punti di contatto (fig. 4) tra le cellule inferiori
estese quasi trasversalmente e le superiori che sono invece rotondeg-
gianti. Ed il distacco, forse favorito lialia gir-latinificazione della lamella
mediana, ha luogo nettamente e senza rotture di cellule, proprio come
in alcuni dei casi descritti dal Prillieux ' o dal Dalmer » (fig. 5).
Quando la temperatura esterna si fa più mite, il ghiaccio si fonde,
l'acqua viene riassorbita dai tessuti e la vescica scompare per tornare
ancora a formarsi se la temperatura ambiente si abbassa un'altra volta
sotto lo zero. Però gli strati più esterni del mesofiUo spugnoso non si
riattaccano, quando la foglia ha ripreso il suo aspetto normale, ai sot-
tostanti, ma ne rimangono divisi, sì che nelle foglie che hanno subito
una volta l'azione del gelo essi si possono con facilità sollevare e stac-
care senza recare alcun danno meccanico agli altri tessuti (fig. 2).
Quali etfetti ha per la pianta la formazione di grosse masse di
ghiaccio nell'interno delle foglie, resa cosi possibile da speciali dispo-
sizioni anatomiche?
In una recente pubblicazione del Mez ^ si ammette che tali masse
di ghiaccio che si formano nell' interno dei tessuti possano essere utili
alla pianta e per il calore di cristallizzazione che se ne libera, e spe-
cialmente perchè impediscono la dispersione di calore da parte dei tes-
suti che esse ricoprono. Tale ipotesi, che il Mez appoggia ad osserva-
zioni non prive di importanza, può, secondo me, applicarsi anche al
caso nostro.
Che la presenza del ghiaccio nell'interno delle foglie del Buxus
protegga il mesofiUo contro i danni del gelo, mi risulta dal fatto che
avendo, verso i primi dello scorso gennaio (e cioè prima che si facessero
sentire i freddi più intensi dell'inverno), praticato un finissimo taglio
sulla pagina inferiore di diverse foglie, tale da non danneggiare in
alcun modo i tessuti sottostanti ma permettere però l'uscita dell'acqua
ed impedire la formazione del ghiaccio, le foglie così trattate seccarono
0 tutte 0 in parte durante le giornate freddissime che seguirono. Invece
le foglie sulle quali l'operazione fu fatta verso la metà di febbraio e
rimasero esposte dopo bensì al gelo (in modo che l'acqua è uscita anche
da esse), ma non alle basse temperature che avevano già superato nei
' Ed. Peilueux, /oc. cit.
" M. Dalmer, loc. cit.
'•' C. Mez, Neue Untersuchiint/cn iiher dan hh-frleren eUhesPindigcr l'/lmizeu
{Flora, 19u5, pag. Si»).
— 241 —
giorni precedenti, resistettero malgrado l'operazione, anzi presentarono
un fenomeno speciale di cicatrizzazione: le loro cellule scoperte cioè
(fig. 6) si allungarono in peli, sostituendo con una fitta peluria la epi-
dermide là dove era stata tagliata *.
Ma non è solo un effetto termico quello che le masse di ghiaccio
che studiamo hanno sopra le foglie in cui si formano.
Io ho determinato la quantità d'acqua contenuta nelle foglie del
Biixus nei diversi periodi dell'anno. Tale determinazione ho fatto su
molte foglie colte sempre alla stessa ora della giornata ^ e ad inter-
valli di 20-25 giorni, pesandole fresche, appena colte, e dopo averle
seccate in una stufa a 100° C.
Da tali determinazioni mi risalta che le foglie di questa pianta si
comportano, per rispetto al loro contenuto in acqua, in modo un po'
diverso da quelle delle altre piante sempreverdi dei nostri paesi.
Ecco infatti quanta è l'acqua contenuta nelle foglie dell'annata:
da luglio (dopo raggiunto il loro completo svi-
luppo) a novembre 62,25 "/„ del peso fresco
da dicembre a febbraio (durante i freddi). . 59,19 „ „ ,, „.
da marzo ad aprile (prima e durante l'apertura
delle gemme) 54,77 „ „ „ „
E cioè l'acqua durante l' inverno diminuisce leggermente (3,06 "/oj
e alla primavera, quando le gemme si aprono, diminuisce ancora sen-
sibilmente.
Invece ecco come si comportano altre piante sempreverdi dei nostri
paesi :
Acqua contenuta in 100 parti di peso fresco nelle foglie di:
Laurus Aucuba Magnolia Hedera Abies
nobilis japonica grandiflora helix Nord-manniana
durante i mesi d'estate
fino a novembre . . 53,13 75,70 62,38 63,83 55,14
da dicembre a febbraio 48,98 70,34 58,81 60,22 51,89
marzo e aprile . . . '.3,49 73,65 60,92 62,22 52,62
' Esempi tli simili cicatrizzazioni fogliari sono descritti e figurati auclie da E.
KusTEK (Pathologische Pflanzenanaiomie. Jena, 1903, pag. 94).
Nel Bnxus si vedono meglio se la foglia, dopo che è ferita, viene conservata in
ambiente caldo ed umido. In questo caso perù la peluria di cicatrizzazione riesce meno
fitta che all'aperto.
- Tale precauzione è necessaria per evitare le differenze dovute alle variazioni
diurne. Veggasi in proposito: G. Kraus, Ueber die Wasservertlieilung in der l'flanze,
III, Die VigUche Srhwellungsperiode der Pflanzen (Abh. d. Natnrf. Ges. zìi Halle.
Bd. XV, 1881).
13 febbraio
14 febbraio
mattino pomeriggio
mattino
pomeriggio
59,31 52,60
60,80
51,74
67,55 68,85
—
—
— —
63.02
62,81
— —
51,85
50,32
— 242 —
E cioè l'acqua diminuisce considerevolmente durante l'inverno e
aumenta alla primavera^ quando le gemme cominciano ad aprirsi.
Interessante è anche vedere come si comporta l'acqua col gelo e
col disgelo nelle varie foglie. Tale comportamento risulta dalle seguenti
determinazioni fatte, sempre col metodo sopra descritto, nei giorni 13
e 14 febbraio u. s., nei quali si aveva al mattino una temperatura di
3° e 4" C. sotto zero, e nel pomeriggio di -f 2" 0. I numeri indicano
ancora la percentuale di acqua rispetto al peso fresco delle foglie.
Buxus sempervireiis ' . . .
Aucuba japoìiica
Eoonjmus japonica ....
Ahies Nord-Dianniana ...
Risulta che durante il gelo, e cioè mentre esiste nel loro interno
il grosso corpo di ghiaccio, le foglie di Buxns contengono una consi
derevole quantità di acqua (dal 7 al 9 7o) ''i P'ì' che durante lo sgelo :
mentre nelle altre piante sempreverdi la differenza è minima, se pur
non si verifica il fenomeno opposto ^.
Si direbbe dunque che il gliiaccio serva a trattenere nelle foglie
ed in generale nelle parti più elevate della pianta una certa quantità
di acqua, che poi è ceduta ai rami quando le gemme cominciano ad
aprirsi. La ripresa della vegetazione ha luogo in parte a spese del-
l'acqua contenuta e rimasta nelle foglie, la quale quindi, come si è
visto, diminuisce. Nelle altre piante invece tale ripresa ha luogo spe-
cialmente a spesa dell'acqua proveniente dal terreno la quale va tanto
alle giovani gemme che si aprono^ quanto alle foglie vecchie, in cui in-
fatti aumenta la proporzione di essa.
Che la conservazione dell'acqua nelle foglie abbia una certa rela-
zione collo sbocciare delle gemme è dimostrato anche dalla seguente
esperienza. In pieno inverno, quando le foglie mostravano tutte la loro
* Le espeiienze furouo fatte ancora colle foglie dell'ultimo anno percliè le più
alte e più vicine alle gemme e più esposte al freddo. Il fenomeno però si riscontra,
benché meno intenso, anche nelle foglie più vecchie. In queste infatti trovai: nel I.">
febbraio il 55,.57 "/(, di acqua nella mattina a il 54,0.7 nel pomeriggio; e il 11 febbraio
il 49,48 e il 4!»,yi.
È inutile dire che le foglie appena colte, prima di essere pesate, eiano con ogni
cura asciugate esternnmente onde togliere le cause d'errore dovute all'umidità esterna.
- La perdita di acrjua degli organi gelati è descritta anche da H. Molisch: Un-
tersucltungen iiher das i^rfrieren dcr PJianzen (Jena, 18SI7).
— 243 —
vescichetta di ghiaccio, tagliai diversi rametti di Buxus e ad alcuni di
essi praticai in tutte lo foglie una sottile incisione si da far uscire
l'acqua che vi era immagazzinata, poi li portai tutti in serra calda
dove li immersi colla loro parte inferiore nell'acqua di uno stesso re-
cipiente. Tutti continuarono a vivere, anzi nelle foglie ferite cominciò
attivo il processo di cicatrizzazione che è stato sopra descritto ; ma
mentre i rametti lasciati intatti, dopo un mese in quelle condizioni di
vegetazione forzata, cominciarono a sbocciare le loro gemme ed a ger-
mogliare, quelli colle foglie aperte non hanno ancora cominciato a ger-
mogliare ora.
Credo dunque si possa concludere che le foglie del Buxus semper-
virens sono in modo speciale adattate a favorire nel loro interno, du-
rante l'inverno, la formazione di considerevoli masse di ghiaccio, le
quali, oltre difendere il mesofìllo da una soverchia dispersione di calore,
trattengono nelle foglie stesse una certa quantità di acqua che, ceduta
poi ai rami, ha una funzione non indifferente nella germogliazione pri-
maverile.
Dall'Istituto Botauico di Pavia; aprile 1905.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVIIL
Fig. I. — Estremità di rametto di Biixus seìnpervrrens iu una rigida giornata d'in-
verno.
, 2. — Sez. trasv. schematica di una foglia dello stesso, durante il disgelo.
. -'3. — La stessa durante il gelo e quando è piena di ghiaccio.
, 4. — Porzione di sezione di foglia dell'anno che non ha ancora subito l'azione
del gelo - - .
135
, 5. — La ste.ssa durante il gelo — - .
^ 6. — Processo di cicatrizzazione iu foglia alla quale e stata tagliata l'epidermide
della pagina inferiore — j— .
ISTITUTO BOTANICO DELLA K. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
PRIMI STUDI
SULLA
FOMAZIOM DELLE SOSTANZE ALBIIMINOIDI
NELLE PIANTE.
PER IL
Dotf. LUIGI MONTEMARTINl
Inti'oduzione.
I processi sintetici, clie, nelle piante dagli idrati di carbonio pro-
dotti per la fotosintesi clorofilliana e dai composti azotati inorganici
provenienti dal suulo conducono alla formazione degli albuminoidi e
della sostanza vivente, non sono per anco ben noti, né si conoscono
con precisione gli organi, le condizioni, il tempo in cui essi hanno
luogo.
La maggior parte dei moltissimi lavori che si hanno sull'argo-
mento si raggruppa intorno alle due ipotesi, ambedue accreditate, del
Sachs e dello Pfeffer : secondo la prima (I), la sintesi degli albumi-
noidi avverrebbe negli stessi organi nei quali si formano gli idrati di
carbonio, cioè nelle foglie e nelle altre parti verdi della pianta; mentre
secondo l'altra (I), essa sarebbe funzione di ogni protoplasma e potrebbe
per conseguenza aver luogo tanto al buio che alla luce, in tutte le
cellule vive dalle foglie alle radici.
Tra i più validi sostenitori ed esplicatori della ipotesi del Sachs
abbiamo lo Schimper (I e II), il quale ha osservato che i nitrati, i sol-
fati e gli altri sali minerali che sono assorbiti dalle radici nel suolo
vengono scomposti nelle foglie verdi sotto l'azione della luce ^ e trovò
' Lo Schimper confermò così l'osservazione già fatta da Wulfert, Berthe-
lot, ecc., che i nitrati si accumulano in tutti gli organi delle piante superiori fuor
Aili (ìeU'lsI Bot. ddV Università di rafia — Serie II — Voi. X. 20
— 246 —
ili questo fatto la prova che almeno le prime fasi della sintesi orga-
nica che succede a quella degli idrati di carbonio si compiono nelle
cellule verdi e sono dipendenti dalla luce. Onde queste cellule devono
essere considerate, secondo lo stesso autore e come pensava anche
Dehérain, come laboratori in cui tutte le sostanze che formano il nu-
trimento della pianta subiscono una prima elaborazione ; ed è probabile
che i cloroplasti agiscano come organi riduttori non solamente del
biossido di carbonio, ma anche dì certi acidi minerali, come il nitrico
ed il solforico, arrivati nelle cellule in forma di nitrati e solfati. ' E
che alcuni funghi possano assimilare i sali minerali senza il concorso
della luce e della clorofilla, non infirma, sempre secondo Schimper, la
ipotesi sopra esposta, come la esistenza di bacteri che possono formare
al buio un idrato di carbonio simile alla cellulosa non distrugge la
teoria dell'assimilazione clorofilliana per le piante superiori.
clie nelle foglie, egli aggiunse però la dimostrazione che nelle foglie verdi te-
nute al buio e nelle porzioni bianche delle foglie variegate i nitrati si accu-
mulano conio negli altri organi. Anche recentemente il Wòlfer (1) confermò l'ac-
cumulazione dei nitrati nelle piante superiori tenute al buio e ne dedusse una
probabile relazione tra l'assimilazione del biossido di carbonio e quella dei sali
in parola.
' Secondo recenti ricerche di S. Posteunak {Contrihulion à l'elude cJiì'iìiirjiie
ée Vassiiììilulion cli!oropIi>/!licinie : Si(r le jireìiiier jìroduit d'oryanisuiion do ì'u-
fide phosphoriqua dans les plantes à cldorophi/lle, avec quelgnes remarques sur
h fòle phi/sìoloi/iqjie de l'inosiie; in Bev. f/ón. de Botanique, Paris, 19C0, N. 133
<■ 134) o di L. IwANOFF (Das Aufreten und Schwivden von Phosphorverhindungen
in der Pflcmse; in rriiu/sheùn's Jahrb. f. w. Boi., Bd. XXXVI, 1901, p. 355-379),
anche i fosfati vengono consumati nelle foglie verdi sotto l'azione della luce, e
cioè in quelle si combinano coll'aldeide formica (Posternak) o cogli idrati di car-
bonio (Iwanoif) per formare i primi composti organici con fosforo, che migrano
poi verso gli organi nei quali sono utilizzati. Per Iwanoff però la dipendenza
del fenemeno dalla luce è solamente indiretta perchè da essa dipende la forma--
zion(! degli idrati di carbonio, e Schulze (I), Lutz (IV) ed altri, non tutte si
prestano allo stesso modo ad essere assimilate dalle piante.
Inoltre, come si è visto, il Sapoznikow ha dimostrato che ha in-
fluenza la concentrazione dei sali nutritizi, e la stessa osservazione
venne ripetuta pure dal Nedokutschaef. E venne pure constatato che
qualche volta sopra i processi di assimilazione e di nutrizione delle
piante può avere influenza la presenza di determinate sostanze : cosi,
per es., il Puriewitsch (I) vide che in presenza di nitrato di ammonio
VAspergiUìts niger può utilizzare ed assimilare anche l'azoto atmosferico,
il Salda (I) dimostrò la stessa cosa per altri funghi, il Lutz (I e II)
dimostrò che i funghi assimilano gli alcaloidi solo quando trovano nel
1 Ricerche simili a quelle fatte dallo Czapek sulla nutrizione àeWAspergilìus
niger furono più recentemente ripetute da J. Nikitinsky (Ueber die Beeinflux-
siing der Enlwickduny einiijer Schimmelpihe durch ihre Stoffwechsclproducte; in
Pringsheiin's Jahrh. f- w. Bot., Bd. XL, 1904, p. 1-93), il quale concluse che il
cloruro d'ammonio è sorgente di azoto, per YAsp. nirjer, migliore dell'acetato di
ammonio, e l'asparagiua migliore del peptone. 11 fungo però si comporta in modo
diverso colle varie sorgenti di azoto che sono a sua disposizione.
Atti dell' Ist. Bot. dell' Uiihersìlù di Paria — Serie II — Voi. X. 20*
— 254 —
substrato anclie qualche composto azotato inorganico ', il Webmer (I)
osservò ebe allo sviluppo (ìeWAspen/illus nigcr è utilissimo aggiungere
al substrato nutritizio un sale di ferro quando l'azoto venga sommini-
strato in forma di nitrato d'ammonio, mentre tale aggiunta è indiffe-
rente quando si adoperi niti-ato di potassio.
Riguardo poi alle condizioni nelle quali si effettua il fenomeno, è
interessante l'osservazione di Lutz (III e IV) che la tirosina e la leu-
cina possono servire come nutrimento azotato alle Fanerogame quando
vegetino in un substrato di sabbia grossolana o meglio di piccolissime
biglie di vetro, non lo sono in sabbia fina perchè in essa le radici
non le possono assorbire. Nello stesso ordine di idee il Lendner (I)
rilevò i bisogni diversi di molti funghi, anche in riguardo alla luce, a
seconda che si trovano a vivere in un substrato liquido o solido.
Pure interessanti sono le ricerche di Thiele (I) dalle quali risulta
che l'assimilazione di un alimento dipende anche dalla temperatura,
così che un composto che ad una determinata temperatura è con pio-
fitto utilizzato da un organismo vegetale, contribuisce solo debolmente
alla nutrizione dello stesso organismo quando l'ambiente si riscaldi o
si raffreddi anche di pochi gradi.
E finalmente non vanno taciute le osservazioni, già sopra ricor-
date, di Hettlinger, di Zaleski e di Kovchoff sull'azione delle ferite e
del libero contatto coll'ossigeno dell'aria sopra la formazione delle so-
stanze albumiuoidi.
E da ultimo, per quanto concerne il vegetale sul quale si fanno
gli studi, è da ricordarsi la differenza ammessa dalla maggior parte
degli autori fin qui citati tra il modo di comportarsi dei fungili e quello
delle piante verdi. Una tale differenza si osserva anche tra gruppo e
gruppo e fino tra specie e specie, e da taluno è stata osservata pure
tra i diversi stadii nei quali può presentarsi una stessa specie, oppure
tra i vari organi di cui si compone il suo corpo. -
' Un fenomeno analogo venne osservato nelle piante superiori per certi
composti di fosforo, da D. Priaxischnikow (Ueher deii. Einfliiss von Amìnoniuni-
salzen atif die Anfiìiihme ron Phosporsi'iiire bei Jiuhereii Pfìanzcìì ; in Ber. ti.
deiits. hot. Ges., Bd. XXIII, 1905, p. 8-17). Egli vide che la presenza di sali ani-
inoniacali nel terreno rende assimilabili alle Graminacee i fosfati poco solubili
(come le fosforiti) i quali non sono utilizzabili con un'alimentazione di puri nitrati.
' Lo si deduce anche dalle ricerche di Ch. Das.sonvii.le [Inflìtmce des sels
minérmix sur in forme et la structiire des régétaux; in Rev. (jén. de Botaniqne,
Paris, 1898, Nr. 109-117) sull'azione dei sali minerali sullo sviluppo complessivo
delle piante. Vi si trova illustrata la diversa influenza che hanno i nitrati a se-
conda delle dosi in cui vengono somministrati, e delle specie e dello stadio di
vegetazione cui sono applicati.
— 255 —
Cosi, oltre alla osservazione già riportata del Laurent, Marcimi e
Cliarpiaux che gli oigani senza clorofilla utilizzano energicamente l'am-
moniaca (in forma di sali ammoniacali) e poco o nulla l'acido nitrico
(in forma di nitrati) mentre l'opposto avviene per gli organi verdi;
merita tra le altre di essere ricordata quella di Artari (II) il quale
ha visto che lo Slichococcus hacillaris quando vive libero utilizza ed
assimila preferibilmente il nitrato d'ammonio, quando invece trovasi a
vivere in associazione in un Lichene assimila meglio il peptone. Così
ancora il Laurent (I) aveva visto che il Cladosporiiim herharum può
assimilare tanto i nitrati che i sali ammoniacali, però nella forma di
ifomicete assimila molto meglio questi die quelli, e si comporta in
modo opposto nella forma di saccaromicete'. Una preferenza per i sali
ammoniacali la ha, secondo lo stesso autore (II e III) anche il lievito
di birra, mentre alcuni altri fungili si comportano in modo differente.
Cousiderazioui geuerali.
Tutti questi ultimi fatti, che non vennero sempre tenuti presenti
dai diversi autori che si occuparono dell'argomento, ci danno ragione
delle spiccate contraddizioni tra i risultati dei molteplici studi sopra
l'azione della luce sul fenomeno che ci occupa, e ci inducono a dubi-
tare che tale azione non sia in tutti i casi la stessa ed abbia un'im-
portanza diversa a seconda delle condizioni complesse speciali nelle
quali viene condotta un'esperienza.
L'instabilità della molecola della sostanza vivente e le sue con-
tinue trasformazioni, scissioni e ricomposizioni ; il modo con cui essa
reagisce ai diversi agenti esterni essi pure in continua mutazione; la
infinita varietà di condizioni fisiche, chimiche e biologiche nelle quali
hanno luogo 1 complessi fenomeni della sintesi degli albuminoidi, tutto
ci indica che tali fenomeni non possono essere sempre gli stessi ed
eguali tra loro. Così che è lecito pensare che non si può delineare
una sola teoria per la sintesi degli albuminoidi, né per le piante su-
periori né per le inferiori, perchè tante sono le condizioni esterne ed
interne in cui in natura ha luogo il fenomeno, quanti press'a poco gli
adattamenti e le modalità colle quali esso si compie.
Se così fosse, i risultati diversi ottenuti dai vari autori potreb-
bero bensì ad uno ad uno applicarsi a spiegare come avviene la sin-
tesi nelle speciali condizioni in cui vennero rilevati, ma non si dovrebbe
in nessun modo generalizzarli: la luce potrebbe avere azione diretta
0 indiretta sul fenomeno, e potrebbe anche essere senza influenza al-
cuna a seconda della temperatura, della composizione del nutrimento
— 256 —
esterno o di quello interno, della loro proporzione, della specie, dello
stadio, ecc., ecc.
Ciò premesso, io penso che nuove ed accurate ricerche debbano
essere dirette :
a) a dimostrare la verità di quanto sopra si è detto, a provaie
cioè che la luce esercita sulla formazione delle sostanze albumìnoidi
un'azione diversa a seconda delle condizioni in cui tale formazione ha
luogo, cosi che non si può delineare una unica teoria su essa;
b) a studiare come avviene il fenomeno nelle combinazioni più
possibili e più comuni di condizioni fisiche e chimiche.
A tal uopo io mi sono proposto diverse specie di ricerche che
spero potere condurre a termine quanto prima, e cioè :
I. coi Saccaromiceti, facendoli sviluppare in soluzioni di glucosio
e sali minerali con quantità equimolecolari di diversi composti azotati
inorganici o organici, poste in recipienti di vetro bianco o colorato,
tenuti a diverse temperature, e raccogliendo dopo un certo tempo su
filtro tutti quelli sviluppatisi e dosando nel loro corpo Tazoto di al-
burainoidi;
II. cogli Ifomiceti, coltivandoli in soluzioni nutritizie come quelle
adoperate dal Salda (I), ma tenute in diverse condizioni di luce e di
temperatura, e dosando poi l'azoto di albuminoidi nel laccolto totale;
III. con Fanerogame a riserva organica esterna (endosperma) o
interna, amilacea od oleosa, oppure con nutrizione organica artificiale,
facendone colture in sabbia pura bagnata con soluzioni nutritizie con-
tenenti alimenti azotati diversi, esponendole al buio e alla luce (anche
in atmosfere prive di biossido di carbonio) a varie temperature, e do-
sando le sostanze albuminoidi totali dopo un certo tempo di vegetazione.
Riservandomi di pubblicare, non appena mi sarà possibile, i risul-
tati di più numerose esperienze, comunico intanto quelli ottenuti da
due prime serie di determinazioni, perchè mi pare possano già valere
a confermare quanto si deduce dallo studio bibliografico dell'argomento.
L'azione della luce in presenza di s.ali ammoniacali
o di nitrati e di riserve amilacee interne.
Le prime esperienze le ho fatte con piantine germinanti ricche di
sostanza amilacea di riserva contenuta in organi speciali: i cotiledoni.
Adoperai Pisum satUum e Pìiaseolus vulgaris.
Tali piantine provenivano da semi scelti originariamente eguali
(talché è a supporsi contenessero tutti quantità iniziali eguali di so-
stanze albuminoidi), messi a germinare nello stesso tempo e nate con-
— 257 —
temporaneamente (le ritardatarie erano trascui-ate). Esse vegetavano
«ntro cristallizzatori pieni di sabbia debitamente calcinata e lavata con
acido cloridrico ed acqna distillata, ed inaffiata o con acqua distillata
0 con soluzione nutritizia nella quale l'azoto trovavasi sotto forma di
^ale ammoniacale ' o di nitrato. Ed i cristallizzatori, preparati tutti
nello stesso modo, erano distribuiti sotto tre campane di vetro (una
verniciata di nero e le altre due chiare), della stessa forma e dimen-
sioni e poste vicine tra loro sullo stesso tavolo onde fossero eguali le
condizioni di temperatura, sotto le quali passava una corrente di aria
nmida, presa fuori dal laboratorio iu cui si faceva l' esperienza. Per
una delle campane di vetro chiaro l' aria passava prima entro tubi
contenenti potassa caustica e calce onde era completamente spoglia di
biossido di carbonio.
Le piantine appena tolte dai cristallizzatori venivano ben lavate in
acqua distillata, essiccate fino a peso costante in stufa a 100°, triturate
e trattate in seguito, per la determinazione in esse degli albuminoidi,
secondo il metodo di Stutzer prima e di Kyeldall poi. -
Ecco quanto ottenni col Phaseoliis vnlgaris piantato il 30 giugno u. s.
e levato il 7 luglio successivo quando l'ipocotile delle piantine era già
lungo da quattro a cinque centimetri ed i cotiledoni, dopo essersi li-
berati del tegumento seminale, cominciavano già a raggrinzarsi.
Peso secco di 5 piantine
Azoto di albuminoidi
Al buio
nutrite con
contenuto in 5 piantine nutrite con
acqua
distil-
lata
soluzione
con
NH4CI
soluzione
con
Na NO3
acqua
distillata
soluzione
con
NH. CI
soluzione
con
Na N O3
gr. 2,29
gr. 2,55
gr. 2,-l4
gr. 0,06940
gr. 0,07824
gr.0,08610
Alla luce
in aria norrii.
, 2,30
9 f>9
, 2.31
, 0,06940
„ 0,08699
„ 0,07700
» M
e senza CO-
, 2,31
'> 11
„ 2,35
„ 0,07450
„ 0,08111
' La soluzione nutritizia era così composta: acqua gr. 1000; solfato di calcio
gr. 0,5; solfato di magnesio gr. 0,25; fosfato di sodio (NaUj Ph DJ gr. 0,25; clo-
ruro di potassio gr. 0,5; cloruro d'ammonio gr. 0,5 (oppure gr 0,5 di nitrato di
sodio). Che i sali ammoiiiacali possano essere, senza previa nitrificazionc, utiliz-
zati dalle piante venne provato anello recentemente e confermando ricerche già
fatte da altri, da Gerlac e Vogel (Aiiiiiio?ìtakstic/cstoff als Pfianzenniihrsloff, in
Centralhl. f. Bald. ti. Par., Bd. XIV, p. 124-128).
^ Le analisi le ho fatte nel Laboratorio Chimico della R. Scuola d'applica-
zione per gli Ingegneri in Torino, sotto ha direzione del Direttore mio fratello
Clemente, che qui ringrazio.
— 258 —
Il che significa ' anzitutto clie l'aumento del peso secco non è
proporzionale, come è naturale, coH'aumento delle sostanze albuminoidi
contenute nel corpo della pianta. Queste al buio si trovano in maggior
quantità nelle piantine nutrite con nitrato di soda, mentre alla luce
sono più abbondanti in quelle nutrite col sale ammoniacale, e col ni-
trato di soda anzi sono in maggiore quantità al buio che alla luce.
Col Pisìim sntiotun, piantato il 7 luglio u. s. e levato il 13 suc-
cessivo quando le piantine (con sviluppo quasi uniforme) erano lunghe
3-4 cm., ottenni invece:
Al buio ......
Alla luce in aria norni.
_ , e senza CO-
Peso secco di 9 piantine
nutrite con
acqua
distil-
lata
gr. 2,07
. 2,10
soluzione
con
NII4C1
soluzione
con
gr. 1,95 gr. 2,17
, 2.08; , 2,04
Azoto di albuminoidi
contenuto in 9 piantine nutrite con
acqua
distillata
gr. 0,05288
, 0 05640
, 0,05508
soluzione
con
UH, CI
soluzione
con
NnNO,
gr. 0,05222 gr. 0,05360
, 0,05874
„ 0,06883 ,,0,06095
Anche pei piselli dunque non vi è relazione tra il peso secco e
le sostanze albuminoidi e queste ultime al buio si trovano ancora in
maggior quantità nelle piantine nutrite con nitrato di soda mentre
alla lu(ie sono più abbondanti in quelle nutrite col sale ammoniacale.
Sono però sempre in maggiore quantità alla luce clie al buio.
È poi a notarsi die, tanto pei fagiuoli die per i piselli, appare pres-
socliè costante il fatto che alla luce e in atmosfera priva di biossido
di carbonio è maggiore la quantità di sostanze albuminoidi contenuta
nelle piantine, quasi che l'attività impiegata nell'assimilazione clorofil-
liana comune andasse a detrimento della utilizzazione delle sostanze di
riserva interne.
La formazione delle sostanze albnminoidi
tlnrante il giorno e dnrante la notte.
Un'altra serie di esperienze ho diretto a constatare se in natura
le sostanze albuminoidi si formano nelle piante durante il giorno o
durante la notte, oppure preferibilmente iu quello o in questa.
' Sarebbe utile conoscere esattamente la quantità iniziale «li sostanze al-
buminoidi contenute nelle piantine appena nate, e mi riservo di fare tale inda-
gine in altre esperienze. Qui mi pare che anche le quantità finali, supponendo
nome si è detto clic le iniziali sieno eguali, possano prestarsi a qualche utile
considerazione.
— 259 —
A tal uopo, in un lettnrino che potevo ricoprire perfettamente in
modo da impedire la penetrazione della luce, seminai in terra comune
di giardino un certo numero di semi di granoturco scelti tutti di gros-
sezza pressapoco eguale. I semi stessi vennero tenuti superficiali in
modo che, appena cominciata la germinazione, potei levare tutti quelli
che avevano germinato troppo presto ed i ritardatari, sì da avere poi
un certo numero di piantine che, essendo nate contemporaneamente da
semi di eguale grossezza e vivendo tutte nelle stesse condizioni, cre-
scevano molto uniformemente tra di loro.
Quando tali piantine ebbero raggiunto la lunghezza media (misu-
rata dal seme) di cm. 13, e cominciavano ad apparire quasi esauriti i
semi, ricoprivo il letturino dalle ore 7 di sera alle 7 del mattino si
da lasciare esposte le piante per dodici ore alla luce e per dodici alla
oscurità, e di dodici in dodici ore levavo completamente sette piantine
sulle quali, col metodo sopra esposto per i fagiuoli, facevo le determi-
nazioni desiderate.
Ecco i risultati di tali determinazioni :
13 luglio ore 10
14 „ „ 7
« Il B 19
Lune:hezza
media
Au-
mento
Peso secco
di
7 piantine
Au-
mento
Azoto
di a 1 b u n 0 i d i
di contenuto
in 7 piantine
Aumento
cm. 13,00
n 14,00
„ 16,00
1 1,00
) 2,00
gr. 1,61
„ 1,65
„ 1,<1
5 0,04
j 0,06
gr. 0,01781
„ 0,01942
„ 0,02900
1 0,00161
i 0,00958
Si vede pertanto che mentre, come era da prevedersi, l'accresci-
mento in lunghezza non è proporzionale all'accrescimento in peso né
all'aumento delle sostanze albuminoidi, tutte queste funzioni appaiono
più attive durante il giorno che durante la notte. Specialmente la for-
mazione delle sostanze albuminoidi, pur avendo luogo anche durante la
notte, nel giorno è stata cinque volte superiore a quella che si è ve-
rificata nella notte.
Se una tale diff'erenza sia dovuta all'azione diretta della luce sul
fenomeno, o all'azione indiretta dell'assimilazione degli idrati di car-
bonio, 0 alla temperatura più elevata, è quanto risulterà da prossime
nuove ricerche.
Dall' Istituto Botanico di Pavia, '28 agosto 1005.
BIBLIOGRAFIA DELL' ARGOMP]NTO
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* Pei lavori dei quali non lio potuto let;g:<^re rori-.'iiiale, cito il giornale che ne dà un esteso
riassunto.
— 261 — -
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sine cornine sourres d'azote par les végélaux; ibidem, T. LII, 1905. p. 95-101.
— IV. Assimilahiliti: comparée des sels ammoniaca ux, des auiines, des amides
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— V. Sur l'emploi des snbstances organiqncs comme sources d'azote ponr les
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1899, T. CXXVIII, p. 377-379.
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et sur l'energie de hi respiration des parties vertes des végétaux; in Rev.
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— 263 —
Pfeffer W., I. P/lanzenphi/siologìe- Leipzig, 1881, I. AuH. , Bd. I: Kap. V.
Abschti. Ili: Die Synthese sticìcstoffhaUiger Korpet: Yeggasi anche hi
— II. Aufl. (Leipzig, 1807), Btl. I, § 72: Die liildungssUUten dev Froleinstoffe.
In questi due paragrafi del trattato classico del Pfctfcr sono esposti o
confermati i risultati dei lavori speciali dell'autore sull'argomento ( Ueher
die Beziehnììg des Lichtes zur Regeneration von Eiweisssloffeii axs Aspa-
ragin, in Monatsher. d. Beri- Ak., 1873; De l'influence de la lumière sto-
la régénération des matihrs albumiiwides, in Ann. d. Se. Nat., Botaniquc,
Sér. V, T. 19, 1874; Die Wanderung der oryanischen Baustoff'e. in Land-
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— 264 -■
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(Bot. Centralbl., Bd. LXXXVII, p. 277).
— V. BeitrSge zur Kenntniss der Eiweisshildnng in der Pflanzen; in Ber. d.
deuts. bot. Ges., Ed. XIX, 1901, p. 331-.3.39.
— VI. Beitrdge zur Ketmtniss der Eiiveisshildung in reifetiden Samen; ibi-
dem, 1905, p. 126 133.
/
ISTITUTO BOTANICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PAVIA
£
LABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
DIUETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
SECONDA CONTRIBUZIONE ALLA MICOLOGIA
DELLA
PROVINCIA DI BERGAMO
Dott. GUIDO ROTA-ROSSI
AssisUiUe all'Istituto Botanico.
Da quando fu chiamato a dirigere l'Istituto Botanico dell'Ateneo
Lombardo, nel mio Maestro il Chiar. Prof. Briosi, è costante il proposito
di un'accurata e sempre più completa conoscenza della Flora Crittogama
di Lombardia; intento fecondo di tutta una serie di lavori' pei quali
' (1888) Farneti R. Muschi della Provincia di Pavia . II. Centuria, Atti Ist.
Bot. di Pavia. Voi. I, p. 325.
(1891) Farneti K. Giunchi della Provincia di Pavia. III. Centuria, Atti Ist.
Bot. di Pavia. Voi. II, p. 175.
(1892) Cavara F. Coìitribiizione alla Micologia Lombarda. Atti Ist. Bot.
di Pavia. Voi. II, p. 207.
(1893) Farneti R. Muschi della Provincia di Pavia. IV. Centuria, Atti Ist.
Bot. di Pavia. Voi. Ili, p. 63.
(1894) Farneti R. Ejxiticologia Insuhrica. Atti Ist. Bot. di Pavia. Voi. Ili,
p. 231.
(1894) Cavara F. Ulteriore contribuzione alla Micolocjia Lombarda. Atti
Ist. Bot. di Pavia. Voi. Ili, p- 313.
(1894) MoNTEMARTiNi L. Contributo alla Ficoloyia hisubrica. Atti Ist. Bot.
di Pavia. Voi. IV, p. 43.
(1895) Farneti R. Briologia Insuhrica. I. Contribuzione. Atti Ist. Bot. di
Pavia. Voi. IV, "p. 129.
(1898) MoNTEMARTiNi L. Cloro/icce di Valtellina. II. Contrib. alla Ficol.
Insubrica. Atti Ist. Bot. di Pavia. Voi. V, p. 249.
(1899) Farneti R. Nuovi materiali per la Micologia Lombarda. Atti Ist.
Bot. Voi. VI, p. 95.
(1901) Magnaghi a. Micologia della Lomellina. I. Contributo. Atti Ist. Bot.
di Pavia. Voi. VII, p. 105.
Alti iteli' Ist- Bot. dell' Uiiiveifitù ili raiia — Serie II — Voi. X. 21
— 266 —
dal lato botanico si continua e s'integra l'opera grandiosa' che Callo
Cattaneo iniziava poco avanti la metà del secolo scorso.
Ben lieto della mia piccola parte, come per l'inizio del mio mo-
desto contributo, così ora per la sua prosecuzinne mi sin'nge anche un
affetto vivo pei luoohi che la nascita, la dimora e la propinquità fa
dir nostii, naturalmente e primamente più nostri di quelli ciie man
mano lontanando, solo più tardi si hanno da noi l'affetto di figlio.
S'aggiunga un senso " umano „ di benefica ambizione, per sentirsi
comechesia di cooperare appresso a chiari nomi " che ci hanno prece-
duto 0 sono compagni, uniti sia pur nell' unità del movente e dell' in-
tento, se non nella disparità delle foi'ze e del tributo.
Ho questa volta estese le mie ricerche a tutta la cosidetta •' Valle
di San Martino,,, che come ben osserva Gabriele Rosa ^ : "'non è valle
propriamente, ma costiera degradante dalle cime di Serada, Ocù, Cam-
piabona, Linsù, Albesa, elevate novecento (e più!) metri sul livello del
mare, sino all'Adila, che ne scorre tutta la lunghezza maggiore da Ver-
curago a Villa d'Adda „.
Dalla descrizione di questa amenis.sima plaga delle prealpi orobi-
che, m'esime la peluia valente del succitato scrittore*.
{1905) Rota Rossi G. Prima contriìntzione alla Mifoloijia delta J'roiiiici'a
di Bergamo. Atti Ist. Bot. di Pavia. Voi. IX.
( I9i)fi) BiANcni G. Bviolouia della Provincia di Manloia. \ Contributo.
Atti Ist. Bot. (li Paviii. Voi. IX.
(inofì) Rota Rossi G. Seconda coìitrihuzioiie alla Mi'olor/ia della Proriiiria
di Bert/aiiio- Atti Ist. Hot. di Pavia. Voi. X.
— TuRCONi M. Micologia Lombarda (ili prossima pubblicazione). Atti
Ist. Bot.
- //. VII. pag. 256 — in Rabenli. Kri/pt. Fior.
Pilze A. Fisclier. Plu/rom. pag. 462. — Beri. Icon. Fung. Phg-
com. I. p. 35, tab. LV.
Su foglie di Salvia sp. ; a Villa d'Adda (C. Alassa). — P)i-ios.
Bassegn. Crittog., luglio 1889 in Alt. Ist. Bot. di Pavia. Voi. Il,
pag. XIX.
— 271 —
BJ ZIGOMYCETAE.
Fani. Mucoraceae De Baiy.
163. Mucor tiavatus Lk. in Willil. Sp. pi. VI. p. 92. — Peuz. Fung.
Aijnim. Cent. II. p. 20. — Sacc. Syll. VII. p. 193. — Eabenli.
Krypt. Fior. Filze A. Fisclier. Phijcom. p. 232.
OsSERV. Associato al Peiticillium digitatum (Fr.) Sacc.
Su frutto marce.scente di Citnis Limoiium Eisso; Cisano, ago-
sto 1906 !
16.1. Rhizopus uigTieans Ehreiib. De Micet, in Sov. Act. Acid. Leop.
p. 198.. tab. II. - Sacc. Sgll. VII., )). 212. — Rabenli. Krgpt.
Fior. Filze A. Fisclier. Fhycom. p. 230.
Su pane umido; Cisano agosto 1906!
Cohors DEUTKlU)3iYC'ETAE Sacc.
A) GFJ/iV^OC-l/i'Pyl^MHypbomyceteae Martius).
Fani. Miieediuaceae Link, enieiul.
Sect. HvALospoRAE Sacc.
165. Oidium leueocouium Desni. Ann. d. Scienc. Nafui. 1829-XIII.
p. 102, tab. 6, f. 1-2. — Sacc. >////. IV. p. 41. — Brios. e Oav.
" / Fung. Parass. . . „ n' 10.
OssERV. Stadio conidico della Sp/uierof/ieca pannosa (Wallr.) Lèv.,
vedi 11° 256.
Su foglie di Persica vulgaris Mill., a San Pellegrino (Briosi);
Brios. Bassegii. Critlog. agosto-settembre 1896 in Atf. Istit. Boi.
di Paria. Voi. V. p. 182.
166. Oidium mouilioides Lk. Sp. I. p. 122. — Sacc. Syll. IV. p. 46.
OssERV. Stadio conidico dM'Erysiphe gramiiris DC.
Su foglie di Triiicitm vulgare L. a San Pellegrino (Briosi). —
Brios. Rassegiì. Criffog. II Sem. 19U2, in Ali. hlif. Boi. di Pa-
via. Voi. VIII. p. 536.
— 272 —
167. Oidiiim Evoiiymi-japoniei (Are.) Sacc. np. Salmon in Aim. My-
col. 1905. p. 5, tal). I, f. 1-7. — Sacc. Syìl. XVIII. p. .506.
Su foglie, di Evoìììjmuii japonicus L. ; Cisaiio, agosto 1906!
168. Asperstillus glaiieus (L.) Lk. Sp. pi. Fung. I. p. 67. — Sacc.
Sijll. IV. p. 64.
Su rami corticati marce.scenti di Ci/lisiis Lcdiumum L.; Val-
cava, settembre 1906!
169. Peuieilliiim digitatum (Fr.) Sacc. Fung. Ital. 894. — Peiiz.
Fung. Agrumic. il" 134, fig. 1192c. — Sacc. Si/U. IV. p. 78.
OssERV. Associati) al Mucor davatus Lk.
Su frutto marcescente di C/trìis Limoiium Risso; Cisano, ago-
sto 1906 !
Sect. Hy.^lodidymae Sacc.
170. Ti'ichothccium roseiim (Pers.) Lk. Ohserc. mijcoì. I. pag. 16,
fig. 27. — Sacc. X'"'^- IV, p. 178.
Su Scleroderma vnlgarc Hornem. ; Cisano, agosto 1906!
Sect. Hyalophragmi.xr Sacc.
171. Bamularia aeqxiivoca (Ces.) Sacc. forma RauiiiU'uli-at'i'is C.
Mass. Novif. FI. Mijc. Ver. 1902, p. 75. — Sacc. Sgll. XVIIL
pag. 546.
Su foglie di liauìincuhis acrr L.; Cisano, agosto 1906!
172. Kamiilaria Pariotariae Pass, in L'ab/i. F. E. n° 2066. — Sacc.
Si/l/. IV. p. 216.
Su foglie di Parietaria officinalis L. ; Palazzago, ottobre 1904!
Fani. Dematiaccae Fr.
Sect. Phaeospor.\e Sacc.
173. Hadrotriclunn Populi Sacc. Midi. I. p. 264. — Sacc. Syll. IV.
p. 301. — Brios. e Cav. "I Fmig. Farass. .. „ n» 139.
Su foglie di Piriis communifi L. e di Acer Negiiìido L., a San
Pellegrino. (Briosi) — Brios. Rassegn. Critt. II Sem. 190:^ in Atti
Isf. Boi. di Pavia. Voi. Vili. ]). 541.
Sect. PlIAEODIDYMAE SaCC.
174. Fiisicladiiim pirimim (Lib.) Fuck. Sgndj. Myc. p. 357. — Sacc.
Sgll. IV. p. 346. — Brios. e Cav. " 1 Fung. Piras.'^. . . „ n« 43.
— 273 --
Su foglie di Finis communis L. a Villa d'Adda (C. Massa). —
Brios. Raasegn. Critt. Luglio 1S89 in Atf. Ist. Botan. di Pavia,
Voi. IL p. XVIIT.
175. Fusicladium deudrificum (Wallr.) Fuck. St/mò. myc. p. 357.—
Sacc. Fuìifj. Hai. tab. 782. — Brios. e Cav. " 1 Ftmrj. Parass. . . .,
n° 140.
Su foglie di Finis communis L. a Gnimello del Monte. (Ta-
maro) R. Scuoi. Prat. d'Agric. — Brios. Rasserjn. Critt. I Sem.
1894 ili Ati. Ist. Bot. (li Favia. Voi. IV. p. IX.
176. Fumago vagans Pars. Myc. Eur. I. p. 9. — Sacc. Si/ll. IV. p.
547. — Brios. e Cav. " I Fiing. Farass. . . „ n° 244.
OssKRV. Stadio conidico del Capnodium salicimun Mont. v. u" 258.
Su grappoli di Mtis vinifera L. a Villa d'Adda (C. Massa). —
Brios. (Cladosporium Fumago Lk.) Bussegn. Crittogam. settembre-
ottobre 1889 in Att. Ist. Bot. di Pavia. Voi. II, p. XXIV.
Sect. Phaeodictyae Sacc.
177. Macrosporium Vitis Sorok. Farass. pag. 31. t. IV. f. 51-52. —
Sacc. Si/U. XI. p. 635.
Su foglie di T7//.S' vinifera L. a Grumello del Monte. — R. Scuoi.
Prat. d'Agi'ic. — Brio.s. lìassegn. Crittog. II Sem. 1905 in Bollett.
di notizie agrarie. Roma.
178. Macrosi)oriuin Convallariae (Scluim.) Fr. Sgst. mgc. III. pag.
373. — Sacc. Syll. IV. p. 538.
Su foglie di Foligonafum officinale Ali.; Valcava, sett. 1906!
179. Altei'iiai'ia tennis Nees. ^yst. p. 72. f. 68. — Sacc. Fung. Ital.
p. 737. — Penz. Stud. Bot. s. Agrum. . . p. 416, tab. XLV. f. 2.
— Sacc. Syll. IV. p. 545.
Su foglie secche di Citrus Limonum Risso; Palazzago, ottob. 1905!
180. Alteriiaria Brassieae (Berk.) Sacc. Mich. II. pag. 172.— Sacc.
Syll. IV. p. 546. — Brios. e Cav. " I Fung. Parass. . . „ n" 87.
Su foglie di Brassica oleracea L. var.; Palazzago, marzo 1905!
Sect. ScoLECospoRAE Srcc.
181. Cercospora depazeoides (Desm.) Sacc. Fung. Yen. nov. vel crit.
V. p. 187. — Sacc. Syll. IV. p. 469.
Su foglie di Samhiicus nigra L.; Ci-sano (torrente Sonna), ago-
sto 1906!
182. Cercospora microsora Sacc. Midi. II. p. 128 et Fung. ital. t.
662. — Sacc. Syll. IV. p. 459. — Brios. e Cav. " 1 Fung. Pa-
rass . . „ n° 44.
— 274 —
Su fog-lie (li Tilia ruropaea L. a Zogno ed a San Giovanbianco.
(Briosi) — Brios. Rassegii. Cn'ff. h(glio-ngosfo-scttembre 1890 in
Att. Istit. Boi. (li Pavia. Voi. V. p. 187.
Fani. Tuberciilariaeeac Elirenb. emend.
Ser. TnbercnlarHicaie miiccdincac Sacc.
Sect. HYAi.osroRAE Sacc.
183. Yolutella Buxi (Corda) Berk. Oiitt. j). .340. — Sacc. Fung. Ital.
t. 731. - Sacc. 8glL IV. p. (385.
Su foglie di Buxux srmpercireiis L.; Palazzago, ottobre 1904!
Sect. Hyalopiiuagmiae Sacc.
184. Fusarium palleiis Nees. Jet. Acad. Lcop. IX. p. 237. t. V. 7. —
Sacc. Sgìì. IV. p. 69.5.
Observ. iSporodocliii.s priimuii albi.s vel albo-cinereis, deiii rubellis.
Couidiis 50-65 ? 4,5-5 /(.
Su ramo inaix-escente di Holihiiu T'scudacacia L.; Ci.sano, ago-
sto 1906!
185. Fusarium herharum (Coidn) Fr. Snmm. ì'rgei. p. 472. — Sacc.
Sìjl/. IV. p. 701.
Su caule di Sapimaria of/ìcin'd/s L. ; Cisaiio, agosto 1906!
Ser. Tiibcrcìilayiaceue deiiiatiae Sacc.
Sect. PiiAEosi'JKAE Sacc.
186. Epieoei'um imrpurasceus Eiirenb. S///v. p. 12. — Sacc. Sgìl. IV.
p;ig. 736.
Su l'IiascoìiUis vulgaris L. ; Palazzago, ottobre 1904!
Sect. Phaecphragmiae Sacc.
187. Trimmatostroma Salicis Corda le. fung. I. p. 9. f. 148. — Sacc.
S,yll. IV. p. 757.
Su legno decorticato ; Palazzago, ottobre 1904 !
OssERv. L' esemplare da me raccolto e studiato, come pure quelli
dati nei seguenti Eisiccata:
L. Fuckel, Fnìigi llhcnani exsiccati, n" 62.
Rabenhorst, Fungi Europaei. n» 882 et 882 b.
D. Saccardo, 3Jgcvtìiecu Italica, n° 1000
Firbario Crittogninico Ita/iiino, ser. II. n" 44.
— 275 —
differisce alquanto dalla descrizione e dal dise. critf. it. II. n° 1290. — Sacc.
Sgll. X. p. 113.
Su foglie di Vibur/uim Laìitaiia L.; Palazzago, ottobre 1904!
195. Phyllosticta Viiicae-majoris Allescli. in Rabenli. Krgpf. Fior.
Fg. impcrf. p. 155. — Sacc. Sgll. XV. p. 844.
Su foglie di ì'iììcu minor L.; Palazzago, marzo 1905!
196. Phyllosticta prunieola lOpiz.?) Sacc. Mich. I. p. 15 7. — Sacc.
Sgll. III. p. 4.
Su foglie di Pniuìi^ Ccras/is L. ; Palazzago, ottobre 1904!
197. Phyllosticta cupatorina Tliiim. Con/r. jì. mgc Lusit. — Sacc.
Sìjll. III. p. 45.
Su foglie di Eirpaforium canìiahiiiìim L. ; Palazzago, ottobre
1904!
198. Phyllosticta Glechomae Sacc. Mich. I. p. 151. — Sacc. Sgll. III.
pag. 50.
Su foglie di G'echoma fieilerarea L. ; Palazzago, ottobre 1904!
199. Phyllosticta crataogricola Sacc. Mieli. I, ]). 483. — Sacc. Sgll.
III. pag. 6.
Su foglie di Cratacgu^ Oxgacantha L. a San Pellegrino (Briosi).
— Brios. Eassegn. Crittog. Luglio-Agosto ISOG in Att. Istif. Bot.
(li Paria. Voi. V. p. 18G.
— 277 —
200. Phjilostiota ostcospora Sacc. j\Jir/>. I. 531. — Sacc. Si/ll. III.
p. 34. — Beri. Fnn;/. Morie, fascic. VI. n° 11, tab. Xr.VllI.
Su foglie (li Morus alba L. a San Pellegrino (Briosi). — Brios.
Bassec/ìì. Critt. higlio-agosio IS'.KJ in Alt. Istil. Bot. di Pavia. Vo-
lume V. ]). 186.
201. Pliyllostieta morieola E. et E. New. Fimg. in Proceed. Acad. N.
Se. Philad. 1893. p. 455. — Sacc. Sali. XI. p. 476.
Su foglie di Morus alba L. a San Pellegrino (Briosi). — Brios.
Bassegn. Critt. Luglio- Agosto 189(! in Att. Istit. Bot. di Pavia.
Voi. V. p. 186.
202. Pliyllostieta Lauri West. Exs. \\° 650 — Kx. Flaudr. 1-417. —
Sacc. Sgll. 111. p. 17.
Su foglie di Lunrus nobilis L. a San Pellegrino (Brio.si). —
Brios. Bassegn. Critt. Luglio- Agosto 1S96 in Alt. Tstit. Bot. di Pa-
via. Voi. V. p. 186.
203. Pliyllostieta Juglaudis (DC.) Sacc. Mich. I. pag. 135. — Sacc.
Sgll. III. p. 31.
•Su foglie di .Juglans regia L. a San Pellegrino (Briosi). —
Brios. Bassegn. Crittog. Luglio-Agosto JS96 in Alt. Istit. Bot. di
Pavia. Voi. V. p. 181.
.204. Pliyllostieta haeteriosperma Pass. Diagn. F. N. III. u" 47. —
Sacc. Sgll. III. p. 125.
Su foglie di Clematis Vitalba L. ; Palazzago, ottobre 1904!
205. Pliyllostieta limbalis Pers. sec. Wallr. Criipt. Germ. n" 3706. —
Sacc. Sgll. III. p. 24 et X. p. 113.
Su fo2:lie di Biirus sciupcrrircns L. ; Palazzago, aprile 1906!
206. Pliyllostieta enienta (Fr.) Kx. Flandr. I. 412. — Sacc. Sgll.
III. p. 58.
Su foglie di Poligoiiatuiii officinale AH.; Valcava, settembre 1906!
207. Pliyllostieta populiiia Sacc. Mich. I. p. 155. — Sacc. Sgll. III.
pag. 33.
Sii foglie di Populus nigra L. ; Cisano, agosto 1900!
208. Pliyllostieta aiespili Sacc. Mich. I. p. 159. — Sacc. Sgll. IH.
pag. 5.
Su foglie di Mespilus germanica L.; Cisano, agosto 1906!
209. Plioma oueostoma Thiim. il/. V. n" 877. — Sacc. Sgll. III. p. 69.
Su rami corticati di Bobinia Pseudacacia L.; Cisano, agosto
1906!
210. Plioma saliciua West. Crtjpt. Class. Append. — Sacc. Syll. III.
pag. 97.
Su rami corticati di òalix sp.; Cisano, agosto 1906!
— 278 —
211. Plioma Ilicis. Desm. Ars. n" 1lH)0. Evoiij'mi-japoiiici. — Sacr.
Syll. III. p. 106.
Su fooflie di Evoiìi/mug jiipoìiiciis L.; Cisauo, agosto 1906!
212. Phoma media Eli. et Rv. Joum. Mi/c. 1889. p. 147. — Sacc.
S,/U. X. !•. 184.
Su cauli morti di Asparagus of/ìcinnlis ],.; Palazzago, ottobre
1904!
213. Phoma Vitis Ben. AhhandL Mf/c p. 14. — Sace. .%//. ITI. p. 78.
Su sarmenti di Vif/s vinifera L. ; Paiazzago, marzo 190.'5!
214. Phoma phaeidioides Sacc. Midi. IL p. 274. — Sacc. %//. III.
pag. 106.
Su foglie di Buxiis scmpcn-ircns L. ; Palazzago, ottobre 1904 e
Cisano, agosto 1906!
215. Vermit'ularia Liliacoarum West. FI. Bui. Fung. II. p. 11.3. —
Sacc. Siili. III. ]!. 233.
Su foglie di l'olifiiHiatimi of/ìciiuiìe Ali.; Valcava, sett. 1906!
216. Cytospora riibesceiis Fi-. S. M. II. p. .512. — Sacc. SijU. III.
pag. 253.
Su i-ami di Pcri^ica vnlgaris L.; Cisano, settembre 1906!
217. Cytosi)ora clirysospcrma (Pers.) Fr. S. M. II. p. 542. — Nae-
maxpora cJtri/sosperma et populina Pers. Si/n. p. 108-109. — Sacc.
Si/Il. III. p. 260.
Su corteccia di Populiis nigyn L.; Cisano, agosto 1906!
Sect. Phaeospotì.vf, Sacc.
218. t'oniotliyriiim olivaeeum iBon.) in Fuck. Sinnh. p. 377. — Sacc.
Siili. III. p. 305.
Su foglie di Helleborus sp. a San Giovan Bianco (Briosi). —
Brios. lìasscgii. Critlog. Luglio- Agosto 18DG in Alt. htit. Botan. ili
Pavia. Voi. V. p. 186.
219. Coiiiotlij'i'ium olivaeeum Bon. in Fuck. Sijmh. i)ag. 377, foini.
Hederae. Sacc. Si/ll. III. p. 306.
Su rami secchi di Iledcrn Hclix L. ; Cisano, agosto 1906!
220. Coniolhyrium eoiieentrieum (Desm.) Sacc. Mich. I. p. 204, var.
A^-aves. — Sacc. Syll. IH. p. 317.
Su foglie di Agai-e sp.; Palazzago, marzo 1905!
221. Coniothyrium foedaus Sacc. Mici,. I. p. 95. — Sacc. %//. III.
pag. 308.
Su rami coi'ticati di Moriis all)a L. ; Cisano, agosto 1906!
O.SSERV. I picnidi sono assai intimamente aggregati, cosi che la
— L'TiJ —
foi'iiia (la me osservata appare quasi sfroniatica, e tale che po-
trebbe auciie essere interpretata come ascrivibile, o per lo meno
come forma di passaggio, al genere Haplosporel/a. Spegaz. —
Sporule 5-C) « 4-5 /t.
Sect. Hyalodidymae Sacc.
222. Aseofhyta Pisi Lib. E.rs. n" 12. — Sacc. SylL III. p. 397. —
Bi-ios. e Oav. "i F/uìfj. Paross. . . „ n. 119.
Su foglie di Fimm salivuni L. a Grumello del Monte ^Tamaro)
R. Scuola Prat. d'Agr. — Brios. Jlasseyn. Critiog. Luglio- Agoi^lo
1892 in Alt. htit. Bot. di Pavia. Voi. III. p. xVlII.
223. Diplodiua Vitis Bruii. Champ. Sniuf. p. 339. — Sacc. Sgll. X.
pag. 313.
OssKRV. Farmi die VAscoch'/la ampdinn fi dadogena Spegaz. sia
identica alla D. Vitis Bruii.
Su sarmenti di Vitis vinifera L. ; Cisano, agosto 1906!
Sect. Pii,\EnDiDY.M.\E Sacc.
224. Diplopia lìoumegiieri Sacc. ]\Jich. II. p. 106. — D. laurina Roum.
F. Gali. u° 217. — Sacc. S>jll. III. p. 340.
Su rami corticati di Prunus Lauro-Ccrasus Ij.; ('isano, ago-
sto 1906!
225. Botryodiplodia congesta (Lev.) Sacc Sgll. III. p. 378.
Su rami corticati di Juglans regia L.; Cisano, agosto 1906!
Sect. PH.\EOPnnAGMrAK Sacc.
226. Hendersonia piilcliella Sacc. Midi. I. pag. 112. — Sacc. Sgll.
pag. 430.
Su caule secco; Palazzago, marzo 1905!
227. Heudersoiiia Sarmentonim West. Bull, de Brux. XVIII. n" 60,
f. 2. — var. Lauri Sacc. Sgll. III. p. 420.
Su foglie di Laurus nohUis L. a San Pellegrino (Briosi). —
Brios. Bassegn. Critfog. Luglio- Agosto 180IÌ in Alt. hlit. Botan.
di Pavia. Voi. V. p. 187.
Sect. Phaeodictyar Sacc.
228. Camarosporium oreades (Dnr. et Mont.) Sacc. Sgll. III. p. 466.
Su foglie languenti di Qucrcus robur L.; Palazzago, ottobre
1904!
— 280 —
Sect. ScoLEcospoRAE Sacc.
229. Septoria Crataegi Kx. Fior. Cn/pt. FI. IL p. 433. — Sacc. Syll.
III. 11. 48(5. — Brios. e Cav. " I Fune/. Paras.s. „ n" 194.
Su foglie (li Cralaegus Oxyacantha L. a San Pellegrino (Briosi).
— Brios. lìassegn. Crittog. Luglio- Agosto 180G in Alt. Istit. Boi.
di l'aria. Voi. V. p. 186.
230. Septoria Rubi West. Ess. n° 938. - Kx. Fior. FI. p. 433. —
Sacc. S/jll. III. p. 48(3. — Brios. e Cav. " I Fiaig. l'ara.ss. . . „
n« 271.
Su foglie di Biiòìis fruticonis L. a Villa d'AiMa (C. Massa). —
Brios. I!a.~;segii. Crittog. Luglio 188!> in Att. Istit. Botan. di Pavia.
Voi. II. p. XVIII.
231. Septoria Limonum Pass. Fimg. Pann. enumcr. iu Att. Soc. Orili.
Hai. II. p. 2.3. — Sacc. Sgll HI. p. 47 7. — Brios. e Cav. " /
Fuiig. Parass. . . „ ii" 248. — Peuz. Fniig. Agrumic. ii° 6(5. f. 1175.
Penz. Htud. Boi. sugli Agrum. p. .'567, tav. XXXLV, fig. 4.
Su foglie di Citrus Limonum Risso a Villa d'Adda (C. Massa). —
Brios. lìassegn. Crittog. Luglio J88'.> ili Alt. Istit. Botan. di Pavia.
Voi. n. pag. XIX.
232. Septoria legiiiuiinim Desm. io Noi. p. H» — Sacc. .%//. III.
jìag. .5.59.
OssERV. Sporule 25-30 ^ 3-3,5.
Su foglie di l'ìiaseolus vìilgaris L. a Villa d'Adda (C. Massa).
— Brios. Ilassegn. Crittog. Luglio ]8s'.) in Att. l'olii. Boi. di Pa-
via. Voi. II. p. XVII — e Palazzago. ottobre 1904!
233. Septoria Convolvuli Desili, in Ann. Scienc. Naiur. 1842. XVII.
pag. ICS. — Sacc. Sgll. III. p. 536.
Su foglie ili Conrolt'olus arvensis L. a Cisano, agosto 1906!
234. Septoria Populi Desniaz, ]() Not. 5. pag. 11. — Sacc. Sgll. IH.
pag. 502.
OssERV. Associata alla Phyllosticta popuìina Sacc.
Su foglie di Populus nigra L.; Cisano, agosto 190(^'
235. Septoria Sapouariae (DO.) Savi et Beco. Erh. critt. Hai. u" 882.
— Sacc. Sgll. III. p. 516.
Su foglie di Saponaria officinalis L.; Cisano, agosto 1906!
236. Septoria polygoiiina Tliiim. Pitil. Sihir. w> 021. — Sacc. Sgll.
III. p. 554.
Su foglie di Polggoniiìu sp.; Cisano, agosto 1906!
— 281 —
237. Septoria Lavandulae Desni. 21 Nat. 4. pag. 2. — Sacc. Sijìl.
jiag'. 537.
Sn foglie (li Lavaìidula Spicci Cav. ; Cisano, agosto 1906!
238. Soptoria Astragali De.sm. Ann. ^c. Nat. 1S43-XIX. p. 34.5. —
Sacc. Syll. III. p. 508.
Su foglie (li Aslragahis (ilijcijpìii/llus \i.\ Cisano, agosto 1906!
239. Septoria Napelli Speg. Nov. Add. n° 162. — Sacc. StjU. m.
pag. 525.
Os.SERV. Macul/s fuscis irregidarihus; sporiiìis in cirniin album effìucn-
tihus.
Su foglie (li Aconitu.'i Napellus L.; Valcava, agosto 1906!
240. Septoria Hederae Desraaz. Ann. Se. Natur. 1843. XIX. p. 340.
— Sacc. Si/ll. III. p. 490.
Su foglie cadute di L'edera Helix L ; Palazzago, apille 1906!
241. Septoria Desmazierii Sacc. Mic/i. I. p. 172. — Sacc. Sy!l. III.
pag. 491.
OssERV. .4 ti/po differì sporulis rectis, bacillaribus, nec claiatis.
Su foglie cadute di Hedcra Helix L.; Palazzago, aprile 1906!
242. Septoria Lyeopi Pass. Hedw. 1878. pag. 60. — Sacc. Sijll. III.
pag. 540.
OssERV. Sporule 25-35 » 2 /.i.
Su foglie di Lijcopus enropaeus L.; Cisano, agosto 1906!
243. Septoria Gerauii Rob. et Desm. Ann. ». Nat. Bot. 1853. XX.
pag. 93. — Sacc. Syll. ITI. p. 514.
OssERV. Sporule 40-60 » 1 ii.
Su foglie di Geranium molle L.; Palazzago, ottobre 1904!
Fani. Leptostromaceae Sacc.
Sect. Hyalosporae Sacc.
244. Leptothyrium Hederae (Mong.) Starb. Stnd. p. 96. — Sacc. St/U.
XI. pag. Ò.54.
O.SSERV. Sporule 4 - 0,5-1 /t.
Su peduncolo e lembo di foglie cadute di Hedera Helix L ;
Palazzago, aprile 1906 !
245. Leptothyrium Castaiieae (Spr.) Sacc. Mich. pag. 631. — Sacc.
Syll. III. pag. 628.
Su foglie di Casfanea vesca G'a«-/«. ; Palazzago, ottobre 19U4!
246. Leptothyrium alneum (Lèv.) Sacc. Mich. I. p. 202. -- Melasmia
Atti dell'Ut. Bot. dell' Uìiifersità di Pavia - Serio II — Voi. X. 2?
— 282 —
alma Lèv. Ann. Scienc. Nafur. 1848. p. 252. — Sacc. Si/ll. III.
pag. 627. — Elio.?, e Cav. " / Fì(ng. Parciss. . . „ ii° 95.
Su foglie di Almis (jltitinosa Gaertn. a Zogno (Briosi). — Biios.
Bassegn. Crittog. Lìiglio- Agosto ISOG in Ait. Istil. Botan. di Paria.
Voi. V. p. 186; ed a Cisano, agosto 1906!
OssERV. La forma da me os.servata parmi la tipica, descritta da
Léveillé .«otto il nome di Miìasinia alma; i picnidi sono antigeni,
numerosi, sparsi su tutta la superficie fogliare e non distinta-
mente niaculicoli come nella forma delineata da Briosi e Cavara
nell'opera " 1 Fitng. Paiass .. „ al n° 95.
Recentemente pare poi accertato che il Lcptot/ìyrium aìncìon
(Lèv.) Sacc. abbia nesso genetico colla Gnomo)iicUa tuhiformis
(Tode). — Cfr. H. Ivlebahn " Ziisamiiienhciiìge von Ascomycclen
mit Fangis impei fectis. „ Vor!aii/ige Mitleilung, in Centraìblatt filr
Bnlier. Para^. n. Infili. Abt. 2, Bd. XV, pag. 336. „
247. Mclasmia Berberidis Tliilm. et Wint. F. au^tr. n° 201. — Sacc.
Syll III. p. 638.
Su foglie di Berberis vuìgaris L., a Clusone (A. Guarinoni). —
Brios. Rassrgìì. CriUog. Il Sem. lOOi) in Atti Istil. Bot. di Paria.
Voi. VII. p. 316.
Sect. Phragmosporae Sacc.
248. Eiitomosporium Mespili (DC). Sacc. Mie//. II. p. 115. — Sacc.
Sgl/. III. 1). 657. — Briosi e Cav. " / Fimg. Purass. . . „ n» 146.
Su foglie di Mespilus germaniea L. a San Pellegrino (Briosi).
— Brios. Bassegn. Crittog. Luglio- Agosto 1S96 in Atti Istit. Bot.
di Paria. Voi. V. pag. 182.
Fam. Excipulaceae Sacc.
Sect. Hy.\losporae Sacc.
249. Diiiemasporium deeipieus (De Not ) Sacc. Mic/t. II. p. 282. —
Sacc. S,j/ì. TU. p. 685.
Su rami secchi decoiticati; Palazzago, marzo 1905!
— 2B3 —
Cohors ÌSC031YCETAE.
HEUIAJSGIOCABPAE (Discomycetae Fr.)-
Fani. Pliacidiaceae Fr.
Sect. Hyàlosporae Sacc.
250. Trochila Laurocerasi (Desm.) Fr. Sum. Veg. p. 367. — Desm.
(Phacidium) riant. Cri/pt. d. France, n° 292. — Roum. Fung. Se-
lect. Exs. ir 266. — Sacc. Syll. Vili. p. 729.
Su foglie (li Pntnus Lauro- Cera sus L.; Cisano, agosto 1906!
2.51. Stegia Ilicis Fr. Oòs. myc. II. pag. 312. — Sacc. Sull. Vili,
pag. 733.
Su foglie Ci llex aquifoUiim L.; Palazzago, agosto 1906!
252. Stegia Lauri (Cald.) Sacc. F. Ital. f. 1425. — Cald. in Erb.
critiofj. Ital. Ser. I, n" 491. — Sacc. Syll. Vili. p. 733.
Su foglie (li Laitrus nobi/is L., a San Pellegrino (Briosi). —
Brios. Easse(/)i. Crittog. Luglio-Agosto 1896 in Alt. Istif. Boi. di
Pavia. Voi. V. p. 188.
Sect. ScoLEcospoRAE Sacc.
253. Rhytisma saliciuum (Pers.) Fr. S. M. II. p. 568. — Sacc. Sgll.
Vili. p. 753. — Brios. e Cav. " 1 Fung. Parass. . . „ n° 214.
Su foglie (li ^alix sp. a elusone (A. Guarinoni). — Brios. Ras-
segn. Crilfog. I Sem. If'OO in Aft. Isfit. Bot. di Pavia. Voi. VII,
pag. 303.
Fam. Patellariaceae Fr.
254. Heterospliaeria Patella (Tode) Grev. Scoi, crypt. Fior. t. 103. —
Sacc. Fung. Ital. t. 1367. -- Sacc. Sgll. Vili, p. 775.
Su caule secco; Valcava, settembre 1906!
AJVGIOCJBPAE (Pyrenomyceteae Fr. eui. De Not.).
Fani. Perisyoriaceae Fr.
Subfam. Erisipheae Lèv.
255. Erysiphe Polygoni DC. FI. Fr. 2-273 (1805). — Erysiphe coni-
munis (AValli'.j Fr. (1829), Sacc. Syll. I. p. 18. - Brios. e Cav.
" I Fungh. Paraf^s. . . „ W 173. — Salnion. Monogr. Erysiph. p.
— 284 —
174. — Pollacci G. Moaoijr. Eri/sìijJi. ital. in Atf. Isfif. Bo!. di
Pavia. Voi. IX (estrat. p. 18).
OssERV. Ascili 55-60 ^ 35-40 /( ; sporidi 18-24 ; 10-14 /(.
Su foglie di Ba>iuìicìJTAGNE, Plantes celi- Ann. des Scienc Natur. Boi. serie in. t. xii, 1849.
pag. 304.
— 286 —
262. Helmintospliaeda Clavarianim (De.sm.) Fuck. %wò. mucol. p.
166. — Sacc. Siiìl. I, p. 230.
Su Clavaria albida Scliaeff. ; Cisano, agosto 1906 !
Sect. Hyalodidymae Sacc.
263. Didymella aiialepta (Adi.) Sacc. Siili. I. p. 548.
Su corteccia di Cijtisus Lalmrnum L.; Valcava, settembre 1906!
264. Si»liaerella Pirolae Rost. Fnng. Gronil. p. 551. — Sacc. Syìl.
IX, p. 628.
Su foglie di Pirola sp. a Giasone (A. Guariuoni). — Brios.
Hassegn. Crittog. 1 Sem. 1900 in Atti Istit. Bot. di Paria. Voi. VII.
pag. 304.
Sect. PlIAEODIDYMAE SaCC.
265. Valsaria nibricosa (Fr.) Sacc. %//. I. p. 743.
Su ramo corticato di Popiilus nigra L.; Cisano, agosto 1906!
266. Valsaria iusitiva Ces. et De Not. Schem. Sfer. Ital. p. 205. —
Sacc. Sgll. I. pag. 741. — Beri. Fiing. Mot: fase. V, n" 11, tab.
XXVI, tìg. 1-3.
Su corteccia di Popubis nigra h. e su Moriis alba L.; Cisano,
agosto 1906 !
Sect. Phaeophragmiae Sacc.
267. Leptospliaoria eustoma (Fr.) Sacc. Mtjcol. Ven. p. 210. — Sacc.
Sgll. II. p. 61. — form. Tritici (Garov.) Pass. j¥. n. i)ag. 859
(ut sp.). — Sacc. Sgll. II. p. 62. — Beri. Icon. Fung. I. p. 56,
tab. XLI, f. 6.
Su culmi di Triticum vulgare L.; Cisano, agosto 1906!
2(i8. Clypeospliaeria Jfotarisii Fuck. Sgmb. p. 117. — Sacc. Sgll. IL
p. 9,, _ B^.,!. Jcon. Fnng. I. p. 26, tab. XVII, f. 1.
Su rami di Uubus fruticosus L.; Palazzago ottobre 1904!
Fani. Dothideaceae.
Sect. Phaeodidymae.
269. Dothidoa Samlmci (P. rs.) Fr. S. .17. II, p. 63y. — Sacc. Sgll.
II. p. 639. — Brios. e Cav. " / Fuiig. Paross. . . ., n° 294, f(/rma
Vibiirui-Lautauae.
Su i-ami di Vibunium Laidaua L.; Valcava, settembre 1906!
— 287 —
Fani. Hypocreaceae De Net.
Sect. Hyalosporae Sacc.
270. Polystigma rubrum (Peis.) DC. Mem. Mns. p. 337, t. i, fig. 7. —
Sacc. Sjjìl. IT, p. 458. — Brios. e Cav. " / Fung. Parass. . . „
n° 12.
Su foglie (li Priiììus domestica L., a San Pellegrino (Briosi) e
elusone (A. Giiarinoni). — Brios. lìasseffu. Criitog. Luglio-Ago-
sto 1896 e n Sem. 1900 in Att Isfit. Botan. di Pavia. Voi. V.
p. 181, e Yul. VII. p. 310.
Fani. Hystei'iaceae Corda.
Sect. ScoLEcospoE.AE Sacc.
271. Hypoderma Ilederae (Martiu.s) De Not. Pìjren. ht. pag. 36. —
Sacc. Sgll. Il, p. 784.
Su foglie e peduncoli di Hedera Helix L.; Palazzago, aprile
1906!
Cohois. «A^ilDIOMYCETAE.
HEMJBASIDJA E.
Fani. Urediuaceae Brongn.
Sect. Amerospoe.ae Sacc. et Dc-Toni.
■212. Uromyees appeudicnlatus (Pers.) Lk. Ol/s. II. p. 28. — Sacc
Si/ll. VII. p. 535. — Brios. e Cav. " / Fung. Parass. . ■ „ n" 3.
Su foglie di Phaseoliis vidgaris L. ; Cisano, agosto 1906!
273. Ui'omyces Gerauii iDC.^ Otth. et Wartm. Schw. Krgpt. u» 4ni.
— Sacc. Sgll. VII. p. 535.
Sn foglie di Geranium nodosum L.; Cisano, agosto 1906!
Sect. DiDYMOSPORAE Sacc. et De-Toni.
274. Puceiuia holciua Erikss. in Ann. Se. Nat. 1899, p. 274. — Sacc.
Sgll. XVII. p. 379. — Syd. Monogr. Ured. I. p. 715.
Su foglie di Holcns laiiafus L. ; Cisano, agosto 1906!
— 288 —
275 Piiceinia montaua Fuck. Symb. Nachtr. IL p. 14 (1873). — Sacc.
Syll. VII. p. 619. — Syd. Monogr. Ured. I. p. 37.
Su foglie (li Centaurea sp.; Palazzago, ottobre 190-1!
276. Pueciiiia Buxi DC. Fior. Frane. VI. pag. 60. — Brios. e Cav
" 1 FuìKj. Parass. . . „ ii° 37. — Sacc. Si/ll. VII. p. G88. — Syd.
Monogr. Ured. I. p 4.53.
Su foglie di Bìixus sempen'irens L., Palazzago, aprile 1906!
277. PiiCfiiiia graininis Pers. Disp. Meth. Fting. p. 39, t. 3, f. 3 (1797).
— Sacc. Sijll. VII, p. 622. — Brios. e Cav. " I Fung. Parass...,,
n" 33 e u" 59. — Syd. Monogr. Ured. I. p. 692.
Stadio ecidiosporico sul Berberis vnlgaris L. ; a Clusone (A.
Guarinoiii). — Brios. Bassegn. Crittog. I Sem. 1900 in Affi Isfif.
Bot. di Pavia. Voi. VII. p. 303.
278. Piiecinia coronata Cda. Icon. Fuvg. I. p. 6, t. II, f. 96 (1837).
Sacc. Sgll. VII. p. 623. — Brios. e Cav. " I Fung. Parass. . . „
n» 128. — Syd. Monogr. Fred. I. p. 699.
Stadio ecidio-sporico su Pìiamnus sp. a Clusune (A. (Tuarinoni).
— Brios. Bassegn. Critfog. Il Sem. 1900 in Aff. Tsfit. Bofan. di
Paria. Voi. VII. p. 315.
279. Puceiuia Maginisiaiia Kilm. in Hedw. 1876. pag-. 179. —Sacc.
Sgll. VII. p. 031. — Syd. Monogr. Ured. I. 785.
Su foglie di Pìiragmifes eommunis Trin.; Cisano, agosto 1906!
280. Piiccinia 3Iay«lis Béreng. in Affi VI Biun. scienz. ifal. Milano,
1844. p. 475. — Brios. e Cav. " / Fung. Parass. . . „ n° 7. —
Sacc. SgH. VII. p. 659. - Syd. Monogr. Ured. I. p. 830.
Su foglie di Zea Mays L.; Cisano, agosto 1906!
281. Puccinia Pimpiuellae (Strauss) Link. Sp. II. p. 77. — Sacc.
Sgll. VII. p. 616. — Syd. Monogr. Ured. I. p. 408.
Su foglie di Pimpinella magna L. ; Valcava, settembre 1906!
282. Gymiiosporangium t'iavariaeforme (.Tacq.) Rees. in Winter.
Die Filze I. p. 233. - Sacc. SglL VII. p. 737. — Brios. e Cav.
" / Fung. Parass. .. „ n° 161.
Su foglie di Sorbus sp. a elusone (A. Guarinoni). — Brios.
Bassegn. Criffog. 1 Sem. 1900 in Aft. Istit. Bofan. di Pavia. Vo-
lume VII. p. 298. — Su foglie di Sorbus Aria (L.) Eiirh. ; Val-
cava, settembre 1906!
283. Gymnosporangium juniperinuin (L.) Fi' Syst. Mgc III. pag.
506. — Sacc. Syll. VII. p. 738. — Brios. e Cav. ^ l Fung. Pa-
rass. . . „ n' 62, 162, 163.
Su foglie di Prvmts domestica L. a San Giovan Bianco (Briosi)
ed a elusone (A. Guarinoni). — Brios. Bassegn. Crittog. Luglio-
— 289 —
Agosto 189G e I Sem. 1900 in Alt. htlt. Bnf. di Pavia. Voi. V.
!>. 182 e Voi. VII. p. 298.
2S4. Gyinuosporaugium Sabiuae (Dicks.) Wint. Die Filze, pag. 232.
— Sacc. Si/ll. VII. p. 739. Brios. e Cav. " / Fmig. Parass. . . „
ir 131.
Stadio speimogonico su foglie di Pints communis L. ; Cisano,
agosto 1906 !
Sect. Phr,.4gmosporae Sacc. et De-Toni.
285. Pliragmidiuin fusiforme Scliroet. Bramì, u. Postpilz. Schlca. pa-
gina 24. — Sacc. .%;/. VII. p. 747.
Su foglie di Posa alpina L. ; Valcava, settembre 1906!
286 Coleosporium Campaniilae (Pers.) Lèv. in Ann. Scienc. Natio:
1847. — Bi-ios. e Cav. "i Fiing/i. Para.'ss. . . „ n" 103. — Sacc.
Syll. VII. p. 7.53.
Su foglie ili Campanula sp.; Cisano, agosto 1906
287. Coleosporium Scucili (Pers.) Lèv. in Ann. Srienc. Nat. HI--' Ser..
t. Vn, p. 373. — Sacc. Si/!l. VII. pars. II. p. 752. — Brios. e
Cav. " J Ftaif/. Parass. . . „ n" 212.
Su foglie di Tussilago farfara L.; Palazzago, ottobre 1904!
288. Coleosporium Seuecionis (Pers.) Fr. Sum. Veget. Scand. p. 512.
var. miuus B. et C. Nortli Amerio. Fimg. n° 376. — Sacc Sijll.
VII. p. 752. — Brios. e Cav. " I Fung. Parass. . . „ n° 320.
Su foglie di Abies sp. a elusone (A. Guarinoni). — Brios. Bas-
segn. Crittog. I Sem. 1900 in Att. Istit. Bof. di Pavia. Voi. VII.
pag. 303.
GYMNOCARPAE.
Fam. Agaricaceae Fr.
Sect. Leucosporae Fr.
289. Scliizoplij'llum eommiiue Fr. Sijst. Mgc. I. pag. 333. — Sacc.
Sglì. V. p. 655.
Su tronco di Ulmus campestris L.; Cisano, agosto 1906!
290. Leuzites variegata Fr. Epicr. p. 406. — Sacc. Syll. V. p. 638.
forni, typica.
Su tronco di Ligustrum japonicum Halli.; Palazzago, agosto
1906!
291. Leuzites vai'iegata Fr. forma ad L. fìaccidam transiens.
Su tronco di Ulmus campestris L.; Cisano, agosto 1906!
— 290 —
OssERV. Lenz/'fes hetitlina, flaccida et variegata tantum formac unius
speciei. (G. Bi'esadola in litt.).
SeCt. OCHROSPORAE Gill.
292. Plioliota Aegerita Biigant. Neap. t. 32-33, f. 1-4. — Cooke. II/.
f. 453. — Sacc. .%//. V. p. 743.
Su tronco di Populus n/i/ra L.; Cisano, agosto 1906!
Fani. Polyporaceae Fr.
293. Polyporus hispidus (Bull.) Fr. Si/st. M'jc. I. pag. 362. — Sacc
Sijll. VI. p. 129. — Beri. Fttng. Morie, fase. Ili, w" 10, tab. V
Su tronco di Morus alba L. ; Palazzago, agosto 1906!
294. Fomes lueidus (Leys) Fr. N. S., p. 61. — S. M. L, p. 353. —
Boletiis hicidus Leys in " Pollini Flora Veronensis „: " Aestate et
autunino milii saepe occnrrit ad Quercuum caudices in collibus
Tridentinis, Veronensibus, Vicentinis et Bergomensibus. „ III.
pag. 614.
295. Trametes hispida Bagl. in Erb. Critt. Ital. — Roumeg. Fung.
Gali. E.TS. n» 1809. — Fr. Hijm. Eitr. p. 583. — Sacc. Syll. VI.
- pag. 246.
Su tronco di Salix alba L.; Cisano, agosto 1906!
Fam. Clavariaeoae Corda.
296. Clavaria allùda Scliaeff. le. Fung. t. CLXX. — Clavaria cristata
Fi', pr. parte. — Sacc. Sijll. [Clavaria cristata Peis.) VI. p. 695.
Su terriccio di castagno; Cisauo, agosto 1906!
G A S T E II O M V CUT A IJ W i li d
Fani. Lyeoperdacoac Eliieiib.
297. Scleroderma vulgare Hoineni. Fior. Dan. t. 1969, f. 2. — Sacc.
S;/ll. VII. pag. 134. — C. G. Lloyd. Lgcopenl. of Anslral. New.
Zel. etc. .. p. 13.
Su terriccio di castagno; Cisano, agosto 1906!
APPENDICE
Le seguenti specie già comprese nella mia Prima Contribuzione trovansi
pure annoverate nella Rassegna Crittogamica del Laboratorio Crit-
togamico di Pavia.
L Oìdiiiiii er.\siphoi(les Fr. — Cfr. /' Contnòuz. u» 62.
Su foglie di Cucurbita sp. e di Humalus Lupulus L. ; a Villa
d'Adda (C. Massa). — Brios. Rassegn. Crittog. Luglio 1SS9 in Alt.
Islit. Bot. di Pavia. Voi. IL p. XIX.
II. Oastcrosporium Amygtlaleanim (Pass.) Sacc. — Cfr. P Contri-
buzione, n" 70.
Su foglie e giovani frutti di Prunus Cerasus L. e su fdglie di
Armcniaca vulgaris L. a Gruniello del Monte (Tamaro) R. Scuoi.
Prat. d'Agric. — Brios. Rassegn. Crittog. Aprile-Maggio 1892 in
Att. Istii. Bot. di Paria. Voi. III. p. XI.
III. Cei'cospora cerasella Sacc. — Cfr. 7" Contribuz. n° 7L
Su foglie di Prunus cerasus L., a Fuipiano e dintorni (Briosi).
— Brios. lùìsscgn. Crittog. Luglio-Agosto 1896 in Att. Istit. Bot.
di Pania. Vid. V. pag. 182.
IV. Marsonia Jiiglandìs (Lib.) Sacc. — Cfr. /' Contribuz. w" 82.
Su foglie di Juglans regia L. a Zogno, San Pellegrino, Fui-
piano, San Giovan Bianco (Briosi). — Brios. Rassegn. Crittog.
Luglio-Agosto 1896 in Att. Istit. Bot. di Pavia. Voi. V. pag. 182.
V. Septogloeum Mori (Lèv.) Brios. e Cav. — Cfi'. i" Contribuz. [Phho-
spora Mori (Lèv.) Sacc] n° 57.
Su foglie di Morus alba L. in Val Brembana (Briosi). — Brios.
Rassega. Crittog. Luglio-Agosto 1896 in Att. Istit. Botan. di Pavia.
Voi. V. pag. 186.
VI. Vermiciilaria trichella Fr. — Cfr. P Contribuz. n" 95.
Su foglie di Mederà Heli.v L., a Villa d'Adda (C. Massa). —
Brios. Rassegn. Crittog. Luglio 1889 in Att. Istit. Bot. di Pavia
Voi. IL pag. XIX.
VII. Septoria Cytisi Desm. — Cfr. /" Contribuz. n" 54.
Su foglie di Cytisus Lalnirnum L., a Villa d'Adda (C. Massa)
ed a San Pellegrino (Briosi). — Brios. Rassegn. Crittog. Luglio
1889 e Luglio-Agosto 1896 in Alt. Istit. Botan. di Pavia. Voi. II,
p. XVII e Voi. V. p. 186.
_ 292
Vili. Septoria Cereidis Fr. — Cfr. 1" Co>itr/bnz. n" 55.
Su foglie (li Cerc/'s Silùjuasfrum L., a Villa d'Adda (C. Massa).
Brios. E(issef/ì/. Criffog. Agosto ISSO in Aft. Istit. Bot. di Pavia.
Voi. II. 11. XXI.
IX. Septoria pirieola Desm. — Cfr. I" Contribuz. u» 5G.
Su foglie di Pirus commnnis L., a Villa d'Adda (C. Massai ed
a Rauzaiiico Val Cavallina (Fratelli Suardi). — Brios. Bassegn.
Crittog. Luglio- Agosto ISSO in Atf. Islit. Bot. di Pavia. Voi. II.
p. XVIII e p. XXI.
X. Septoria cornicola Desm. — Cfr. /" Contribuz. n» 114.
Su foglie di Cornus sanguinea L., a San Pellegrino (Briosi). —
Brios. Rassegn. Crittog. Luglio Agosto 1S96 in Att. Istit. Bolau.
di Pavia. Voi. V. p. 18(5.
XI. Psendopeziza Trifolii (Biv. Bern.) Fuck. — Cfr. i" Contribuz.
n° 119.
Su foglie di Trifolium pratense L , a Villa d'Adda (C. Massa).
— Brios. Rassegn. Crittog. Luglio ISSO iu Att. Istit. Botan. di
Pavia. Voi. II. p. XVI r.
XI [. Phyllaetinia suff'ulta (R,eb.) Sacc. — Cfr. P Contribuz. n° 120.
Su foglie di Amclanchier vulgaris Mncli., a Clusone (A. Gua-
rinoni). — Brios. Rassega. Crittog. I Sem. 1001 in Atf. Istit. Bo-
tan. di Pavia. Voi. VII p. 339.
XIII. Unciiiula Aoeris (DC.) Sacc. — Cfr. 1" Contribuz. n» 121.
Su foglie di Acer sp. a Ciusone (A. CTUarinoni). — Brios. Ras-
segna Crittog. I Sem. 1900 in Att. Istit. Botan. di Pavia. Voi. VII,
pag. 303.
XIV. Gibberella moricola (De Not.) Sacc. — Cfr. /" Contribuzione,
u» 13(3.
Su rami di Morus alba L., a Villa d'Adda (C. Massa) — Brios.
Rassegn. Crittog. Luglio ISSO in Att. Istit^ Bot. di Pavia. Voi. II.
pag. XIX.
XV. Phragmidium Rubi (Pers.) Wint. - Cfr. /" Contribuz. n° 152.
Forma uredosporica su Rulus fruticosus L. a Villa d'Adda
(C. Massa). Brios. Rassegn. Critt. Luglio ISSO in Att. Ltit. Bot.
di Pavia, Voi. II. p. XVriI.
XVI. Phragmidium subeortieium (Sehrank). Wint. — Cfr. P Conlrib.
n" 154.
Su giovani rami di Rosa s[). a Gruniello del Monte, (Tamaro)
R. iScuol. prat. d'Agric. Brios. Rassegn. Crittog. II Seni. 1S09 in
Att. Istit. Botan. di Pavia. Voi. VI. p. LVII.
ISTITUTO BOTANICO DELLA H. UNIVERSITÀ DI PAVIA
E
r-iABORATORIO CRITTOGAMICO ITALIANO
niRETTI
da GIOVANNI BRIOSI.
SULLA SCOPERTA
DELI,'
ALDEIDE FORMICA
NELLE PL\NTK
NOTA*
r>i;i.
Dott. filNO POLLACCI.
Nel 1881, il Ecinkc ' fa il primo che intraprese ricerche teiulenti
a dimostrare la presenza della formaldeide nelle piante. Poi continuò
i suoi studi sullo stesso argomento in collaborazione con Krafzschmar-
e con Curtius^ ed ultimamente con BrauìuniìlìerK
Questi Autori distillando il succo di parti verdi di vegetali stati
esposti alla luce solare, indi neutralizzato il distillato con carbonato di
sodio, ottennero un liquido che riduceva energicamente il liquore di Feh-
ling e la soluzione ammoniacale di nitrato d'argento. Adoprando il
succo di foglia di 17i!/.s-, Reinke trovò che tutta la sostanza ossidabile
esiste nelle prime goccie che si distillano; sostanza ciie è eccessiva-
mente volatile e che non ha potuto isolare. Trattando invece nello
stesso moilo foglia di salice e di pioppo, ottenne al contrario una so-
stanza oleosa uniformemente ripartita nelle diverse porzioni del distil-
* La presente nota di poco abbreviata, è st;ita puro stampata nei lùndi-
conti deli' Accademia dei TAncei. Gennaio 1907.
' Berich. d. Delti. Boi. Gesel. Band: XIV, p. 2144, I88L
GiJtlinyen Boi. Inst. Hoft- 11, p. 185, 1881.
Berich. d. Deut. Boi. Ge.sel. Band. XV, p. 107, 1882.
2 Goltinffe?! Bot. Inst Heft. Ili, p. 59, 1883.
Kratschmar. Botcm. Zeit. n» 40, 1882.
' Berich. d. Deut. Bot. Gesel. Band. XVII, lleft I, 1899.
' Berich. d- Deitt. Bot. Gesel. Band. XV, p. 20!, 1882.
Alti dell'Ut. Boi. (ìdrUiiit'er.ii/ù di Pavin — Serie II - Voi. X. 23
— 294 —
lato che riduce a freddo una soluzione di nitrato d'argento. Questa
sostanza liducente la trovò in tutte le piante a clorofilla, cioè in vari
gruppi di alghe, muschi, felci, conifere e diverse gimnosperme; i fun-
ghi e le piante eziolate non contengono, secondo Reinke alcuna sostanza
volatile capace di ridurre la soluzione di nitrato d'argento. Notò inol-
tre ciie sitfatta proprietà riduttrice non può essere attribuita né alla
presenza dell'acido formico, perchè il succo era neutralizzato con il
carbonato di sodio, né alla formazione di prodotti di decomposizione
delle materie albuminoidi perché i detti succhi, trattati previamente
con acetato di piombo, contengono ancora la sostanza o.'^sidabile.
II Beinle ritiene che questo corpo volatile e riducente sia un al-
deide e suppone anzi che si tratti dell'aldeide formica o di un sim
prodotto di polimerizzazione, senza però dimostrarlo.
Curtius sottopone il distillato ottenuto, come è detto sopra, all'a-
zione di fenilidrazina ed alcool, ottenendo un precipitato bianco gial-
lastro; tratta questo anche con derivati dell'acido idrazidico ed ottiene
vari prodotti di condensazione, dei quali studia anche alcune proprietà;
però queste ricerche dovettero essere interrotte, come l'autore afferma,
per varie cause ' onde si limita con Feinke a concludere che col mezzo
di studi ulteriori si potrà in avvenire forse stabilire come questa so-
stanza liduttiice che trovasi diffusa nelle foglie, possa essere un " «/-
deidc del nucleo benzolo non completamente idrato „.
Mori-, nel 1882, raccolte le prime porzioni del liiiuido che ottieue
[ler distillazione di varie foglie, le tratta con nitrato d'argento come
ha fatto Feinke ed anche con solfito di rosanilina; anzi di questo sol-
fito si serve altresì come reattivo microchimico e deduce dalle sue espe-
rienze che nelle cellule a clorofilla esiste piccola quantità di una al-
deide.
Tanto i lavori di Reinke e dei suoi collaboratori, quanto quelli di
Mori vennero confutati dai signori Loew e Bokorn>/ ^ e ciò in diverse
pubblicazioni. Questi autori immergendo cellule vive clorofillifere in so-
luzioni alcaline ed allungate di nitrato d'argento (1 : 100000) ed esa-
minandole al microscopio, notarono sempre clie si aveva riduzione del
sale d'argento dovuta, secondo loro, all'azione vitale delle cellule. Ed
invero, se esse venivano uccise col .sottoporle ad una temperatura di
50 gradi od all'azione di etere o p«r una immei sione in una soluzione
' nerich. d. Deiit. Boi. Gesel. Band. XV, p. 201.
- Nnovo giorn hoian. italiano. Voi. XIV, 1882.
Proc. verbali Soc. Toscana Se. nat. 1882.
•■> Berich. d Deui. Bot. Gesel. Band. XIV, 1881.
Berich. d. Deiit. Bot. Gesel Band. XV, 1882.
— 295 —
all' uni) per cento di acido solforico od anclie di solfato di rame, e
cosi trattate si tenevano per qualche tempo in uno di questi liquidi,
soluzioni, esse resistevano perfettamente alla soluzione del sale d'ar-
gento, sul quale non esercitavano alcuna azione riducente.
Tali esperienze fuiono collo stesso risultato ripetute sopra molte
e diverse piante. Inoltre l'esistenza della sostanza riduttrice. secondo
le loro esperienze, non dipenderebbe dalla presenza della clorofilla; così
delle cellule di Poli/porus driadeus per esempio, si annei-iscono col
detto reattivo rapidamente quanto le cellule di piante a clorofilla.
Loew e Bokorny^ notano [loi come il solfito di rosanilina adope-
rato dal Mori, come reattivo microchimico non può servire, troppo fa-
cilmente evaporando l'anidride solforo.sa del reattivo e ripristinando
cosi il colore del sale.
A queste obbiezioni rispose il Mori - facendo osservare che le
prove da lui istituite per constatare la presenza di minime tracce di
aldeidi nelle cellule a clorofilla, erano state di varia natura e che tutte
avevano dato conclusioni concordanti e che la semplice volatilizzazione
dell'acido solforoso che in eccesso trovasi nel reattivo di Schiff' non
basta a ripristinare la colorazione.
La questione era a questo punto quando io nel 1899 pubblicai una
nota preliminare'' in cui annunciavo di aver fatto ricerche dalle quali
si poteva concludere con sicurezza che nelle piante verdi esiste aldeide
formica. Nel lavoro completo ' intorno allo stesso argomento, comparso
alla fine dello stesso anno, riportavo dettagliatamente le varie espe-
rienze fatte ed i risultati ottenuti.
Usufruendo delle numerose pubblicazioni che già in quegli anni
si facevano dai chimici sull'aldeide formica, in grazia della grande
importanza che acquistava ogni giorno più detta sostanza nel campo
della pratica industriale, nell' igiene e nella bromatologia, studiai pres-
soché tutti i reattivi caratteristici ed i piti sensibili per il formolo che
allora venivano proposti. E con essi, feci quello che non avevano fatto
gli altri, tentai cioè di trovare la detta sostanza sia nei distillati, sia
direttamente nelle foglie.
' Botali. Zeitinw, n» 48, 1882.
Fftuyer's Archiv s. ges. rinjaiol. Band. 26, p. 50.
^ Nuovo uioì-n. hotan. italiatio. Voi. XV. I,s83.
■' PoLLAcci Gino- Intorno alla presenza dell' aldeide formica nei vegetali.
Nota Preliminare in "Atti Istituto bot. di Pavia,. Voi. VI, 1899 ed in "Rendi-
conti Istituto Lombardo scienze e lettere „. Milano, 1899.
* POLLACCI Gino. Intorno alT assimilazione clorufilliana (con figure nel te-
sto). Memoria I, in 'Atti Istituto botan. di Pavia., Voi. VI, 1899.
- 296 —
Tia ricerca diretta nelle foglie non mi permise di concludere che
in esse esistesse veramente aldeide formica, ottenni però le reazioni
generali delle aldeidi e solo quando le piante in esame erano state
alla luce e vegetavano in ambiente con CO'. Questi risultati dimostra-
vano quindi già che la presenza di questa aldeide o di queste aldeidi
era legata agli stessi coefficienti necessari per ottenere la fotosintesi
clorofilliana.
Ma risultati ben più sicuri potei però avere operando sopra il di-
stillato: infatti distillando parti verdi di piante vegetanti in condizioni
normali ed esposte alla luce solare si ottengono liquidi che anche neu-
tralizzati con carbonato di sodio, oltre ridurre il j-eattivo di AVsj.7(?r e
le soluzioni di nitrato d'argento ammoniacale (come aveva visto lìehike),
fatti evaporare lentamente lasciano un residuo il quale, scaldato, vola-
tilizza e si colora in rosso pavonazzo con acido solforico e codeina op-
[)\\ve morfina od eroina.
Tale reattivo era stato proposto da Vonf/criclifen ' per l'analisi della
morfina e codeina ed io l'utilizzai invece per l'aldeide formica, essendo
una reazione assolutamente caratteristica per tale sostanza e di grande
sensibilità e lo è specialmente con un polimero solido della foimal-
deide, il triossimetilene, agendo meglio il reattivo se l'acido .solforico
è concentrato. Ora è noto che l'aldeide formica polimerizza assai fa-
cilmente, infatti basta porre alcune goccio di formalina del commercio
(che non è altro che un soluto contenente circa il 40 "/o di aldeide)
entro vetro da orologio, perchè colla semplice evaporazione a tempe-
ratura ordinaria, l'aldeide formica in parte volatilizzi ed in parte si
trasformi in una massa bianca cristallina solubile in acqua ed alcool,
e che riscaldata si trasforma in aldeide formica e che non è altro,
coni' è noto, che un suo polimero a cui è stato dato il nome di paia-
formaldeide o triossimetilene.
Da un lavoro di Ddepine'^ pare che questo prodotto cosi ottenuto
per lenta evaporazione sia costituito da un idrato corrispondente alla
formola 6 C H^ 0, H- 0.
Ora raccogliendo in grande quantità distillato di foglie (natural-
mente bisogna agire sopra molti chilogrammi di lembi fogliari) e la-
sciandolo evaporare all'aria libera o meglio sopra acido solforico len-
tamente ed a temperatura ordinaria, esso lascia un residuo tenuissimo
bianchiccio che trattato con acido solforico puro e codeina dà una co-
lorazione pavonazzo-violacea la quale non ha piìi luogo qualora non si
' Berich. d. Deal. Cheiii. Gf^cl Berlin, Hanil. 28, p. (55.
- Bull. Societ. Chiiniq. de Paris. 3, p. li.
— 297 —
aggiunga la codrina all'acido solforico; e ciò toglie il dubbio che que-
sta colorazione possa dipendere dall'azione del solo acido.
La reazione non si ottiene sia riscaldando il detto residuo, come
[line prolungando soverchiamente l'evapoi-azione e questo avviene per-
chè il polimero dell'aldeide formica, ottenuto in dette condizioni, va
più 0 meno sollecitamente disperdendosi.
Distillando dell'acqua in cui sia stato messo una piccola (luantità
di aldeide formica, si iia un distillato che fatto evaporare dà anch'esso
un residuo bianchiccio che si comporta in modo eguale a quello da me
ottenuto sempie costantemente dal succo delle piante studiate. Qiuste
ricerche furono ripetute sopra molte specie con risultati favorevoli.
Feci pure esperienze con funghi; a tale scopo distillai una forte
quantità di succo di Boletus ednlis, ma non ottenni la suddetta reazione.
Trovai inoltre che i distillati delle piante verdi danno precipitato
bianco lattiginoso con il soluto acquoso di anilina (reazione del Trillat).
Con bisolftto di rosauiliua danno luogo a cidorazione losso pavunazzo-
viola (reazione Sclu'/f), colorazione che permane e scompare solo col-
r aggiunta di potassa.
Con benzofenolo diluito ed acido solforico a 94"/,, danno colora
zione ro^^so-creiiiisi (reazione di Henner).
Con cloridrato di fenilidrazina al 4 "/o essi danno un precipitato
biancastro che si scioglie in alcool assoluto a caldo e lasciata evapo-
lare title soluzione spontaneamente, si ha la formazinne di abboniianti
ciistallini microscopici identici a (jnelli che si otterrebbero se si ope-
rasse sopra soluti acquosi di aldeide formica (reazione di ]'i/aìi).
Con metilfenilidrazina danno luogo ad un precipitato bianco latti-
ginoso che diventa col tempo verdastro.
Con un sale di fenilidrazinn, con nitioprussiato di .Midio e con al-
cali, usato in eccesso, danno talora colorazione azzurra che passa al
rosso (reazione di liimhii).
E dopo tali risultati mi parve lecito concludere che nelle piante
esiste aldeide formica.
Poco dopo Czapek^ pubblica una recensione di questa mia memoria
nella quale conclude-: con ciò sono ripetute essenziabncnte le ricerche di
Eeinke . . . (l). Poi notava come le reazioni da me usate sono: generali
delle aldeidi, cioè si hanno con una gran parte di tutte {?) le aldeidi^;
' Botati. Zeitumi, min. lOoo. p. 153.
2 ' Dainit werden im wesentliclien din Versuche Reinkc's wiederlioll iiud
deren Resultate bestàtigt „ 1. e, p. 153.
" " ...sind allgemeine Aldehijdreactionen d. h sie faìleii »iil eincm (jrossen ■
Tiieil alter Aldehiide positiv aits,, 1. e, p. 153.
— 298 —
inoltre clie: il voler deiJiirre V ideiitilà di due sfosfuiize dallo stesso coni-
poiiiirsi qualitativo rispetto ad uii dato reageìile è come noto (?,i uu'i cosa
fallace non solo in questo caso ^
A questa recensione critica dello Czapek risposi subito - facendogli
osservare come Reinke pur essendo l'autore che i>rinia delle mie ricer-
che si è maggiormente occuiiato dello stesso argomento, egli però non
lia f^tto osservazioni dirette sopra piante vive e si è limitato a trat-
tare il distillato del succo di foglie triturate e pestate (previamente
neutralizzato) unicamente con soluto di nitrato d'argento, constatando
la i)reseuza di una sostanza riducente niaueante, secondo l'autore, nelle
piante eziolate; sostanza che poteva anche non essere un aldeide, e
dif.ttti Beinke insieme a Curtius concludevano soltanto v\\t: probabil-
mente le future ricerche dimostreranno come la sostanza riducente fluida
delle foglie verdi, potrà essere considerala come un alcool aldeide del nu-
cleo benzolo non completamente idrato^. Ricerche e conclusiimi quindi che
a me sembta variano molto dalle mie!
In questo caso ha fatto molto di più Mori il ([uale per lo meno
ha avuto costantemente una reazione che non è caratteristica per la
formalileide, ma lo è per le aldeidi in generale.
In quanto alla natura delle reazioni da me ottenute, scrissi che
fra i numerosi reattivi analitici che adoi)erai ve ne sono iliversi gene-
rali a tutte le aldeidi ed altii comuni per molte (come del testo io
stesso ho fatto nel lavoro suddetto ri]ietutamente osservare), ma ve ne
soiKj poi altri, pure da me descritti ed adoperati, che sono speciali per
la sola aldeide formicn.
Che io abbia sperimentato anche i reattivi generali era ben natu-
rale perchè per determinare la specie è logico prima determinare il
genere; così se la sostanza ricercata è aldeide foimica essa deve dare
le reazioni delle aldeidi ; ma [ler esempio fra gli altri, il reattivo for-
mato di fenilidrazina, nitroprussiato di sodio ed alcali, l'altro di Vitali
e quello dell'acido solforico e codeina usati jìuri, nelle condizioni da
' " . . . aus eiuciii iilinl iclirìi (/Udlifu/irHU Virìudteii ztreier Sulis/auccii ijcgfn
eiiì bestiwìiites Reullens liiciitilùlxsclilusse ziehen zu wolleu, ist iahtiiiniii/l/cli iiicht
niir in diesein falle cine iitisatiche Saclie. , 1. e, p. 153.
■ PoLLACci Gino. A proposito di una recensione dil signor Czapek del mio
lavoro; Inlorno all' assimilazione clorofilliana. Meuioria 1" "Atti Istit Rotan. di
Pavia ,. Voi. VII, 1900.
' ' . . . ' dnss loeilere Untersucluingen zcigen irerden, dass die reducirende,
fliicìilige Suhstanz der griincn BUilter vielleicht als ein Aldelìì/dalkool desnicht
vollstatidig hydrirten Benzolkerns aafijefasst trerdeu lami , in licrich. il. Dtut.
Botan. Gesel. Biiiul. XV, p. 210.
— 299 —
me (lesciitte, sono liteiiiiti di tutti i specialisti come caratteristici per
il solo formolo, cosa della liliale io stesso ho potuto con parecchie espe-
rienze acceitarmi.
lu quanto pili all'ultiiiia deduzione di Czapek (vedi retro), se fosse
vera varrebbe quanto asserire che l'analisi chimica non ha alcun
valore.
Queste ragioni da me pubblicate in risposta alla recensione dello
Czapek (foi-se da Ini stampata senza aver bene interpretata la mia
memoria), pare abbiano peisuaso assai presto, almeno in parte, anche
lo stesso autore, poiché in un Sainmrlreferat pubblicato subito dopo
da lui nel Bericìd d. Deiif. Botan. Geseìlsc/ì. del 1902 si limita a dire a
proposito delle mie riceix'lie che hanno bisogno di conferma, e nella
sua opera: Biochemie der Pflcimen riporta le mie conclusioni senza op-
poire alcuna aigomentazione in conti alio.
Nei priiicipali trattati di Fisiologia vegetale comparsi negli anni
successivi vengono citate le mie espeiienze senza alcuna discussione.
E cosi si viene al novembre del 1904, epoca in cui venne presen-
tata all'Accadt^mia dei Lincei una nota dei signori Plancher e Uavemia
intitolata: Stìnli snltassimiìazione del carhoìdo. I" Sulla prestintu forma-
zione dell'aldeide formica.
Le coucltisioni a cui venivano i detti autori erano completamente
ojiposte alle mie e siccome erano anche ripetute da essi delle mie
esperienze ottenendo leazioni diverse da quelle che io avevo aniinnciato,
era mia intenzione di subito rispondere e fare qualche giusta obbie-
zione a quanto affermavano i due chimici citati, ma non l'ho fatto su-
bito perchè ho voluto seguire il suggerimento datomi dal professor Fiori
in una sna nota [Bull. Soc. Boi., 1902, pag. 160) dove appunto egli mi
ricordava il proverbio: nemo jndex in causa propria e consigliava di
lasciar agli altri ed alle esperienze future di dai'e ragione dei fatti,
e dato il grande interesse delle ricerche non potevano certo tardare
molto a compaiire dei lavoii che confermassero le conclusioni del
Plancher e lìnrenna o le mie. E siccome tutti quelli coinpaisi dal 1904
ad oggi, per quanto io sappia, sono precisamente favorevoli alle mie
ricerche, mi iiermetto solo ora di risi)ondere alla nota dei predetti au-
tori specialmente servendomi dei fatti sperimentali trovati dagli altri
osservatori.
Le obbiezioni si riassumono brevemente nelle seguenti:
1°) Nei rami illuminati avviene V assimilazione, quindi sviluppano
ossigeno che colora il reattivo di Schiff; nel ramo tenuto all'oscuro ed in
quello tenuto in assenza di GO' l' assimilazione è soppressa, non si sviluppa
ossigeno, quindi il reattivo di ^chiff rimane inalterato.
— 300 —
i2°) //( ìiessìiìio (h'i distillati riscoidrarono il comportamcnio delle
soluzioni diluite di aldeide formica. Infatti la p-bromofeiiilidvazinn in con-
tatto dei distillati dava una alhescenza o precipitato, ina questo era soln-
lìilc in arido cloridrico. Coi reattivi di Rimini non ottennero mai da nes-
suno dei distdiati il minimo accenno alle colorazioni car<(tteristichc dei
reattivi.
3") IJaìdeide formica non si può riunire nel distillato delle piante
perchè anche se presente, sareòlu' trattenuta dalle sostaìize contenute nel ve-
getale sotto forma di composti non scindibili dall'acqua bollente.
4") Col reattivo di Rimini non ebbero alcuna colorazione sul succo
spremuto ancora torbido, né sul filtrato e così pure sulla poltiglia posta in
strato sottile su. piastrina di porcellana.
Alla lìiiiiia obbiezione rispondo che l'ossigeno non colora il reMttivo
ili Scluff se è preparato bene, anclie dopo l'azione di diverse ore, mentre i
te.ssiiti si colorano >ubiti); mm è ancoi'a dimostrato che le piante emet-
tano ozono, ma se fosse l'ossigeno o l'ozono che provocano la colora-
zione rossa, dovrebbe il gas che esce dal tessuto cellnlare colorare an-
che il lii|UÌdo nel quale gorgoglia, mentre esso invece rimane incoloro.
E (juale ossigeno ozonizzato (!) della assimilnzione noi abbiamo poi nel
distillato delle foglie? Perchè solo in tale caso si coloia il liquido col
reattivo di Scfiif. mentre quando tiene immerso dei lembi fogliari il li-
(jiiido non si colora affatto.
(hedo quindi fermamente che tale asserzione sia senza fondamento.
Io quanto poi alle successive obbiezioni io mi limito a far notai'e che
essi parlano solo di ti-e reattivi e Ira i menu imi)ortanti; mentre tac-
ciono di lutti gli altii da me usati, e fra i tre da loro citati, vi sono
proprio (jnelli che, come avevo sciitto. mi avevano fatto meno buona
prova. Premesso ciò, a queste obbiezioni di fatto, io lascio rispondere
gli autori che sono venuti dopo ed i cui lisnltali ijui brevemente ri-
porto.
Euler ' (|U.isi contemporaneamente al l'iaucher e Ravenna, in una.
.sua comunicazione intitolata: Zur kenntniss Assiinilationsvìjrgange, dopo
;n'ere riassunto brevemente la mia memoria scrive: ".. per le ricerche
sopradette che io ho fatto con foglie di Solaivum tuberosum (iu poca acqua
macinate) potei confermare i risultati del siynor Pollacci, inquantochè nella
prima parte del distillato con una soluzione acquosa di anilina ottenni sen-
sibile precipitato, minore nella seconda parte, ed eguale nella terza. Oltre
a ciò eco . . „ ■
' Bcrich. (/. Deid. Chein. Genel. Berlin, 11)114, p. ?A\:\.
— 301 —
Francis L. Usher e J. H. Priestleij ' in uiia ineinoria presentata
l'anno scorso dal Prof. Morris M. W. Tracers alla lìoijal Societi/ di
Londra ed intitolata A studi/ of flie MecJianism of Carbon Assiiivilution
in Green Plants, senza dimostrare di conoscei-e il mio lavoro, fi-a le al-
tre cose interessanti accertano la presenza della formaldeide n;-lle
piante, adoprando oltre che il reattivo di Schiff anche qnello di Trillut
(da me pure usato) e tenendo immerse per 12 ore nel reattivo (acqua
dì anilina) delle piantine di Elodea, poterono osservare al microscopio
che i cluroidasti erano i centri di giumi cristallini ben definii i iden-
tici a quelli di melilanilind che si preparano appunto con acqua di ani-
lina e formolo. Erano solubili negli acidi minerali diluiti ed anche in
alcool caldo dal quale cristallizzavano nella cellula per raffreddamento.
Oltre a ciò essi sottomisero alla distillazione a vapore, forti quan-
tità di Uloa ed Enteromorpha; il distillato fu diviso in due parti, alla piìi
grande di queste fu aggiunto un poco d'acqua d'anilina e dette preci-
pitato bianco, l'altia }ioizione del distillato fu evaporato con ammo-
niaca a bagno-maria ed il residuo lipreso con acqua e tiattato con acqua
di bromo. Ed ottennero il caratteristico derivato tetiabromato della
esametilentetramina dato dalla formaldeide. E queste reazioni caiatte-
ristiche per tale sostanza non si limitarono a trovarle in poche piante,
ma estesero le loro osservazioni a gran numero di specie sempre con
risultati concordanti.
Pure nello stesso anno il Dott. Grafe Viktor dell'Istituto di Fisio-
logia vegetale di Vienna pubblica ntWOcsferreic/iischot hotanischen Zcit-
schr/ft -, una nota nella quale annuncia che egli ha trovato un altio
nuovo reattivo della formaldeide il quale è assolutamente specifico e
sensibile e che consiste in un soluto al 1 "/o di difenilamina in acido
solforico concentrato che in contatto di formolo dà colorazione verde
anche quando questa sostanza è in tenuissima quantità. La reazione è
anche di valore per la microchimica e 1' autore conclude che con tale
reattivo: ^sempre trova la formaldeide nelle foglie assimilanti „.
Vsher e Priestley in altro lavoro ^ tornano a trattare fi meccanismo
dell'assimilazione del carbonio nelle piante verdi ed espongono una
serie interessantissima di fatti e di geniali ricerche, e sempre in tutte
le loro osservazioni anche in questo caso trovano costantemente l'al-
deide formica nelle piante.
Da ultimo Grafe V. e L. Bitter v. Portheim in un lavoro preseu-
' Proc. Royal Society. London, 1906. Voi. 77, p. 3(J9.
^ 1906, n° 8: Ueher ein neiien spezifisches Formaldehi/dreagens.
" Proc. Royal Society. London. Voi. 78, 1900.
— 302 —
tato airAccailemia delle scienze di Vienna ' nel ijiiale i detti autori
studiano la funzione del calcio nel processo sintetico dei vegetali, ri-
cercano a tale scopo la formaldeide in piante di l'haseolns vulgaris col-
tivate in mezzo più o meno ricco di calcio e diversamente illuminate,
ed essi non riscontrarono presenza di aldeide formica nelle piante al-
l'oscuro; tali colture non davano reazione neppure coi reattivi gene-
rali per le aldeidi; ma le colture invece alla luce colorarono il reat-
tivo di Scliiff indipendentemente dalla presenza di calcio nel mezzo
nutritivo.
Mentre il reattivo di Lebhhi si è dimostrato a loro poco sensibile, la
difenilamina ed acido solforico (nuovo reattivo di (Ira/e) ha dato invece
buonissimi risultati dimostrandogli che l'aldeide formica era forse in
quantità differente, ma esisteva: " costantemente in tutte le pkiìite illnmi-
naif, cresciute in soluzione nutritiva „ contenente il calcio come in quelle
iu cui questo elemento mancava.
Questi sono gli ultimi risultati ottenuti a pioposito della questione
suddetta ed in conclusione, essendo oramai accertato dalle diverse e
svariate ricerche di differenti autori, che l'aldeide formica esiste nelle
piante, credo cosa giusta il ricordare che la sua presenza nei tessuti
vegetali fu da me, e non da altri, dimostrata per la prima volta fino
dal luglio del 1899.
Istituto Botanico doli' Uiiivorsilà di Pavia.
Febbraio lUOT.
' Sitzunrjsher. Kaiser Aliati. Wissensdi. Wicn, Cd. CXV. Juli, l'.lUfi.
PARTE SECONDA.
RASSEGNE E RELAZIONF.
Atti iJell'Tat. Bot. deUTnivcrsitù di Pavia — Serio It - Yol. X. 24
305 —
Rassegna crittogamica pel primo semestre 1904 — Relazione
a S. E. il niiuistro d'AgTicoltura, Industria e Commercio del professore
Giovanni Briosi, direttore del Laboratorio crittogamico di Pavia.
3Ialattie dellji Alte.
Come si rileva dagli elenciii che seguono, Yanfracnosi della vite ha
preso quest'anno uno sviluppo piuttosto infiuietante, in gran parte do-
vuto alla trascuratezza dei proprietari, i quali, non avendo negli ultimi
anni sotferto danni gravi per tale malanno, non si curano di impedirne
la ditfusione.
Noi consigliammo il rimedio proposto da Skaivitiski che, come è
noto, consiste nel potare abbondantemente e poi pennellare i tralci
delle viti, che l'anno prima erano infetti, con una soluzione fatta con
100 litri d'acqua calda, kg. 50 di solfato di ferro ed un litro di acido
solforico a 53 gradi Baumè'.
Speriamo che l'aumentare del male abbia persuaso i viticultori della
necessità di combattere seriamente tale parassita.
La fillossera pur troppo procede e si estende; anche nella nostra
regione, finora pressoché immune, vanno crescendo i focolai dell'infe-
zione. Nel paese di Miradolo furono da me trovate delle viti americane
della varietà Clinton le cui foglie erano alla lettera ricoperte di galle
fillosseriche; lo studio di questi zoocecidi fu affidato agli assistenti
dottori Pollacci e Farneti, e dalle loro osservazioni risultò che tratta-
vasi di una nuova forma di galla, finora non avvertita.
È anche emerso che le foglie sulle quali si formano tali galle co-
stituiscono forse il mezzo più facile di diffusione della fillossera, onde
è necessario raccoglierle con molta cura ed abbruciarle, prima che il
vento od altro mezzo le trasporti nei vigneti sani. E maggiori parti-
colari trovansi nella nota pubblicata dai due valenti assistenti col titolo:
Di un nuovo mezzo di diffusione della fillossera per opera di larve iber-
nanti rincfiiitse in galle di speciale conformazione.
La peronospora invece non ha potuto in quest'anno, fino ad ora
almeno, arrecare gravi danni e per la solerzia colla quale i nostri viti-
cultori ripeterono le irrorazioni coi sali di rame ed anche per la sta-
gione contraria al parassita.
' Per maggiori particolari vedi Eassegna crittogamica pel Ministero di Agri-
coltura, industria e commercio del 1° semestre 1903.
— 306 —
Elenco riassuntivo
degli esami fatti delle malattie della vite.
Peroxospoka I Pìasmopara viticola (Beik. et Curt.) Berlese et De Toni',
sopra foglie e grappoli inviatici dal direttore della Cattedra
d'agricoltura di Siracusa, dalla Favorita (Sant'Angelo Lodigiano)
dal conte Bolognini Sforza, da Rimini (Cattedra d'agricoltura),
da Borgotaro (dott. Paitìno Mussi), da Miradolo, Casteggio,
Gropi>ello Cairoli, ecc. ecc. Esami N. 30
Antraikosi {Gloeosiìoriuin (nnpelophafjtim (Sacc.)|, sopra campioni
mandatici dalla Direzione della Cattedra ambulante d'agricol-
tura di Ijucca, da quella di Rimini, dal prof. Marchese di Mi-
lano, da Casatisma (Conti Brandnlini D'Adda), dall'Associazione
agraria di Udine, ecc., ecc ,,4.5
FiTOPTOSi \rinjfoptiis Vitis Land !, sojìia foglie inviateci da Ri-
mini (prof. Frizzati), da Mondovi (Comizio agrario), Casatisma
(Contessa Brandolini), Miradolo, Groppello. ecc., ecc. ... 30
Oidio [Oidinm 'Tiickeri Berk. | — (Questo pai'assita ha fatto danni
forti in vigneti di Reggio Emilia ( i)rof. Samoggia). qualche
campione anche ci fu spedito da Tortona, Loaiio, Casteggio,
Pavia, ecc., ecc „ 2.5
Clorosi. Foglie con clorosi ci furono mandate dal prof. Samoggia,
direttore della Cattedra d'agricoltura di Reggio Emilia, ecc. „ 5
Feus.^.. Sopra foglie mandate da Reggio Emilia (prof. Samoggia) ecc. ,, 3
Malattie indeterminate. Foglie di vite con macchie che le alte-
ravano, delle quali non si è potuto determinare la causa, ci
lierveiiiiero da Milano (prof. ]\Iarchese), da Piacenza (Cattedra
ambulante d'agricoltura*, da Cliieti (Cattedra di agricoltura) „ 10
Totale esarai . . N. 148
3Ijilattie dei cereali.
Fra le malattie dei cereali la ])iù terribile perchè la più diffusa e
grave è, non v'ha dubbio, quella nota col nome di lìiif/giue, i danni
della quale nella sola Europa si contano a diecine di milioni di lire
ad ogni anno.
La sua persistenza e diffusione indicano come non sia cosa facile
avere di essa ragione e, se non di liberarsene, almeno, di mantenerla
in stretti confìiii. Molti furono gli studi fatti intorno ad essa e si ere-
— 307 —
(leva di essere riusciti a scoprire per intero la complicata biologia dei
parassiti che la producono, quando ricerche recenti e geniali dovute in
particolar modo al professor Eriksson di Stoccolma, cultore distintis-
simo di patologia vegetale, lianno dimostrato come fossero insufficienti,
ed in parte lo siano tuttora, le nostre cognizioni intorno ad essa.
Questi studi trovansi sparsi in pubblicazioni straniere diverse ed
io a soddisfare le frequenti liehieste rivolte al mio laboratorio e per
comodo degli studiosi credo utile darne qui un breve riassunto.
RiiGisiNic DEI c?:REALr. — Questa malattia è causata da funghi mi-
ci-osco[)ici (micromiceti) parassiti appartenenti all'ordine delie Uredineae,
gen. Pucclnia.
Le piante di grano che ne sono attaccate si possono facilmente
riconoscere anche a distanza.
Sotto l'epideiTiiide delle foglie, delle guaine e dei fusti ancor verdi
incominciano a formarsi dei piccoli ammassi costituiti dalle spore (germi)
del fungo che i-ompor.o poscia l'epidermide e f(jrmano dei piccoli turno-
retti 0 sori di un color gÌHllo-iuggiue, rotondeggianti o, più spesso,
lineari, polverulenti, di frequente limitati da un margine giallo, che
danno alla pianta malata un aspetto caratteristico e facile a ricono-
scere. Ognuno di tuli tumoretti contiene milioni di spore, le cosidette
uredospore o spoi'e d'estate, le quali tras[)ortate dal vento sulle piante
sane le infettano e così si diffonde rapidamente la malattia.
Più tardi, quando la pianta del grano ingiallisce perchè s'avvicina
al termine della vegetazione, i sori gialli uredosporiferi trasformansi
in pustole nere, pure più o meno lineari, non più polverose, ma forte-
mente aderenti ai tessuti. Tali pustole contengono altre spore, le cosi
dette teleiitospore o spore ibernanti, che hanno conformazione e struttura
diversa dalle uredospore e tale da poter resistere agli agenti esterni
dell'inverno; cosi mantengono in vita il fungo durante la stagione
avversa.
Alla ventura primavera le telciitospore germinano pi'oducendo germi
speciali, i così detti sporidi; questi non possono infettare direttamente
le piante di grano, ma attaccano altre piante (Beròeris, Anchiisn, ecc.)
sulle quali formano i così detti ecidi colle ecidiospore e queste possono
infettare i cereali, sui quali liproducono la prima forma di spore sopra-
descritta, le ìiredospoi-e. Questo, in breve, il ciclo di vita dei funghi che
sono causa della l!ii,Agro-
stidis e Foae.
(Nessuna)
(N'essunn)
(Id.)
(Id.)
. (Id.)
(Id.)
(Id.)
Tritici, Hordci, Sr-
caìis, Elìjiìii, A-
(jropuri.
(Nessuna)
Cuìaniarirnstidis.
Filala rid in, llolci,
Af/rostiilis, A(/ro-
pyri.
Arenai', LoJii, Fr-
ntiicac, Holci, A lo-
pcvuri, Glyceriae.
Come si è già detto, le varie forme specializzate di una stessa
specie di Fuccinia differirebbero soltanto pel loro modo di vivere e
non per la forma od aspetto, onde la denominazione di specie biologiche.
La specializzazione si estende anche agli ecidi, di modo cUe gli
ecidi di una data forma specinle non hanno il potere di infettare altre
graminacee all'infuori di quelle che le sono ospiti propri specifici.
Per quanto poi riguarda la costanza delle proprietà biologiche va
notato, che ])iìi una forma speciale vive a lungo e si mantiene sopra
mi dato ospite, più si adatta a vivere su di esso, e perde la facoltà
di attaccare gli altri ospiti.
— 312 -
Tra le diverse specie biologiciie delia P. gramiuis possiamo citare
come esempio di forma speciale non ancora ben definita la f. sp. Tritici.
Questa infatti attacca fortemente il frumento, ma secondo Eriksson,
Kleblian ed altri può vivere anche sull'orzo, sulla segale e sull'avena
che peraltro attacca debolmente. Essa quindi rappresenta o una specie
biologica che non ha ancora perduto la facoltà di attaccare altre specie
ospiti, ovvero essa è la specie originaria dalla quale per successiva
specializzazione ed adattamento sono derivate le altre.
La distinzione delle diverse forme biologiche ha grande importanza
per scoprire come avvengono e procedano le infezioni della Bugginc,
perchè i diversi cereali soltanto in pochi casi possono infettarsi fra di
loro, e perchè ciascuno di essi può ricevere l'infezione solo da un nu-
mero ben ristretto di altre specie.
Del resto, secondo Eriksson, queste specie ospiti, per cosi dire, sem-
plicemente facoltative, pur essendo capaci di alimentare e far sviluppare
certe date forme speciali parassitarie non hanno che limitata impor-
tanza quali agenti infettivi.
Come la Ilugyine si maiitieue in vita
durante il periodo di riposo della vegetazione delle piante ospiti?
Il frumento, la secale, l'orzo, l'avena e gli altri cereali sui quali
ia ruggine si svilu()pa sono piante coltivate, che si seminano, si svi-
luppano, fruttificano e muoiono ad ogni anno, onde per alcuni mesi
non si hanno nei campi. Durante questo periodo di tempo, nel quale
la vegetazione manca, ove e come vive il parassita che le irntgginisce?
La risoluzione di un tale problema non è cosi semplice, come un
tempo si era creduto. Sino a non molti anni or sono, si ritenne che il
fenomeno dell'eteroecia delle Puccinie spiegasse tutto facilmente, ma ora
le cose si sono complicate ed osservazioni e ricerche nuove hanno di-
mostrato che essa da sola non è suflSciente a dar ragione di quanto
avviene in natura.
Ciò emerge chiaro dalle considerazioni e dai fatti seguenti.
Dagli specchietti sopra esposti si rileva che delle varie specie di
Puccinia, che producono la ruggine delle graminacee, solo quattro sono
cteroiche, cioè solo quattro compiono il loro ciclo di sviluppo sopra due
differenti piante ospiti (una graminacea e un'altra pianta di diversa
famiglia), esse sono la P. graminis, P. dispersa, P. coronifcra e P. co-
ronata.
Inoltre, è stato trovato che di queste quattro specie unicamente
la P, 3* e •4'' presentano teleutosporc iòernatiti, cioè spore che maturano
— 313 —
completamente ed hanno facoltà di germinare solo nella piiniavera
successiva all'estate nel quale si sono formate; mentre nella 2^ (P. di-
spersa) le teleutospore sono atte a germinare e germinano nell'autunno
dello stesso anno.
Va pure notato, per le specie a teleutospore ibenianti, che la rug-
gine da esse prodotta appare frequente ed abbondante tanto nei paesi
ove si trovano copiose le piante ospiti delle loro forme ecidiche (Ber-
beris e Rliamnns) quanto in quelle ove queste piante mancano.
Di più, si è pure trovato che le diverse specie di ruggine possono
mantenersi in vita e propagarsi da un anno all'altro anche per mezzo
delle nredospore o spore estive, jìoichè di queste può continuare la pro-
duzione altresì nelUautunno e nell'inverno tanto sopra graminacee spon-
tanee perennanti, quanto nei seminati autunnali dei cereali stessi. E
questo avviene in modo non dubbio nelle regioni ove l'inverno non è
troppo rigido.
La mancanza quindi o la diffusione della seconda pianta ospite,
Berberis, Bhammis, Aiichusa sulla quale si formano gli ecidi e le ecidio-
spore non ha uu"importanza assoluta per ispiegare la piìi o meno re-
golare ricomparsa della ruggine ed il grado della sua diffusione in
una data regione
L'Eriksson, inoltre, basandosi tanto sopra osservazioni di quello
che avviene nei campi all'aiierto, quanto sopra esperienze di Labora-
torio ha, in questi ultimi anni, creduto d'aver scoperto che i parassiti
della ruggine hanno altresì un'altra insospettata via di conservazione
e di propagazione; la quale sarebbe la più importante. Anzi Eriksson
non concede nemmeno molta importanza alla propagazione della ruggine
per mezzo delle ecidio, ed nredospore, poiché secondo lui queste possono
infettare solo a piccole distanze.
Secondo questa teoria chiamata dall' Eriksson del micoplasma o
della simbiosi micoplasmatica, il germe della ruggine si troverebbe an-
nidato entro le cellule stesse del seme, immedesimato col plasma
dell'ospite e formerebbe con esso una specie di simbiosi che l'Erikssou
ciiiamò appunto simbiosi micoplasmatica.
Da tale germe, collo svilupparsi della pianta, si differenziano ad
un dato momento dei corpuscoli speciali o corpuscoli miceliari che l'Eri-
kssou, a quanto afferma, sarebbe riuscito di mettere in evidenza. Tali
corpuscoli, ai quali in un ulteriore lavoro egli diede il nome di austori,
segnerebbero l'inizio della fase vegetativa dei fungiti della Uugrjine.
La differenziazione o separazione del micoplasma dal plasma proprio
delle cellule della pianta ospite, come altre^ì la formazione dei corpu-
scoli miceliari avverrebbe rapidamente, e questi ultimi perforerebbero
subito le pareti delle cellule e si svilupperebbero in fili micelici.
— 314 —
Q.uesta nuova e curiosa teoiia lia suscitato non pociii ilulibi e tut-
tora ha forti oppositori quali ^farsliall Vani, Klebliau. ecc., le cui ri-
cerche non hanno confermato i risultati di quelle deirErikssou.
Anche sulla poca importanza delle e-idiospore ed nredospore il Kle-
lihan non è completamente del parere dell'Eriksson. Egli ammette collo
scienziato svedese che in alcuni casi sia vera la poca importanza degli
ecidi, ad es. quello del Beròeris, quali agenti di propagazione della
Burjfjine, ma nella maggior parte dei casi afferma che essa è evidente,
e che si può facilmente dimostrare il grave e dannoso influsso di tali
piante ei-idiofore.
L'imiiortanza infettiva delle lurJo.^porc per certo è fortissima, ben
maggiore di quella delle ci'i/ìiaspore poii'liè le prime, a differenza delle
seconde che non hanno facoltà di liproduzione autonoma, si moltipllcano
con straordinaria raiiidità e possono rapidamente infettare inteii campi
coll'aiuto del vento, degli insetti, ecc.
Danni prodotti dalla RniS:a;ino
e condizioni favorevoli al sno sviluppo.
I funghi della Uiigijine vivono dei succili nutritizi della pianta che
li ospita della quale altresì alterano ed atrotìzzano gli organi, ond^ i
semi non si nutrono a sufficienza od abortiscono ed il racc(dco resta
decimato, e talvolta ridotto a metà, ad un teizo e (ìersino viene inte-
l'amente a mancare. I danni che la Ixufiijine produce ogni anno si cal-
colano a diecine di milioni di lire, come si è detto.
E non solo il grano ma anche la paglia ne resta deteriorati!, pei'chè
essa non raggiunge il suo normale sviluppo e, più ancora, perchè quale
cibo produce disturbo ngli animali, mentre non si può consigliare nem-
meno di impiegarla come lettiera causa le numerosissime spore ibernanti
elio essa contiene le quali resistono tanto all'azione dei succhi gastrici
digestivi quanto a quella dei prodotti della fermentazione degli escre-
menti. Passerebbero quindi vive nel letame e con questo ritornerelibero
nei campi trasformandosi in altrettanti germi di lumve infezioni jiel
nuovo anno, infettando da prima le jiiante ecidiofore (Heròcr/s, UIiaminiA)
indi quelle dei cereali.
Le condizioni che favoriscono lo svihipiio della, Ii'iii/r/iin' sono, come
per la massima parte dei funghi, temperatura relativamente alta, e forte
grado di umidità, onde le giornate nebbiose della primavera sono favo-
revolissime alle infezioni. Il terreno per sé stesso non ha influenza ma
jinò favorire indirettamente lo svilupiio dei parassiti col mantenere
umida l'atmosfera che circonda la pianta. Il drenaggio quindi e tutto
— r,15 —
quanto favorisce lo scolo sollecito delie acque contribuisce ad impedire
lo sviluppo del male od aluieno a diminuirne l'intensità.
Se l'umidità quindi ha tanta influenza sullo sviluppo delia malattia
bisognerà, aliorciiè si voglia introdurre nuove varietà di sementi, aver
sempre presente tanto le condizioni di clima quanto la natura del ter-
reno del paese proprio e di quello dal quale la semente proviene.
Una varietà perfettamente resistente alla Ruggine in un clima
asciutto può, trasportata in una regione od in una plaga umida, esserne
più 0 meno fortemente attaccata. Per converso, una varietà che resiste
in un clima umido si potrà con sicurezza introduila in un clima asciutto:
onde la regola che una vaiietà resiste tanto meno alla Uiiggine quanto
liiù asciutto è il clima della regione dalla quale iiroviene.
3Iezzi di difesa.
Quando si scopi i che i jìarassiti causa della lìiiggiiie dei cereali
avevano bisogno di due specie diverse di piante per compiere il loro
ciclo di sviluppo e che una di queste era di [lianta s[)()iitanea. piìi o
meno inutile, si pensò subito di poter riuscire a difendere i cereali
colla distruzione degli individui di queste seconde specie, cosi si con-
sigliò di estirpai e tutte le [ìiante ecidiofore ( Berherig, Elmmniis e Bora-
gineae) che crescevano in vicinanza dei campi seminati a grano; anzi
in Francia ed in altri Stati dell'Europa boreale la distruzione del Ber-
èeris (Crespino) venne imposta per legge.
Molti fatti per altro dimostrarono ciie la distruzione o la mancnnza
delle piante ecidiofore non bastava ad impedire lo sviluppo della L'ug-
gine\ allora si moltiplicarono le osservazioni e si scopri che tali paras-
siti si potevano mantenere in vita e si propagavano anche per mezzo
delle spore estive (uredospore) viventi sopra graminacee perennanti,
come più sopra è stato detto. Adesso abbiamo in iiiù la nuova teoria
del micoplamia dell'Eriksson per la quale il germe del parassita pas-
serebbe e si anniderebbe direttamente entro il seme dei cereali. Se
questa fosse vera tutti i mezzi di difesa finora escogitati, cioè distru-
zione delle piante e idiofore, abbrucciamento delle stoii[)ie infette, disin-
fezione delle sementi, ecc., tornerebbero se non inutili, affatto insuffi-
cienti. Il germe del male sarebbe immedesimato col protoplasma del
seme stesso dell'ospite, non si può quindi sperare di potere trovare un
mezzo che distrugga quello e non uccida anche questo.
È da augurarsi che la teoria del patologo svedese, per verità molto
arrischiata, non trovi fondamento nei fatti, altrimenti la lotta contro
la Eiiggine sarebbe pressoché impossibile.
— 316 —
Ed Eriksson infatti non crede alla possibilità della lotta diretta e
suggerisce invece i seguenti mezzi indiretti di difesa.
Eriksson vorrebbe che in tutti i paesi, ove la Euffgine travaglia
più 0 meno intensamente i cereali, si instituisse una speciale Stazione
sperimentale destinata allo studio delle questioni che si inferiscono alla
lìitggine stessa.
Questa istituzione dovrebbe non solo occuparsi delle indagini scien-
tifiche di Laboratorio ma altresì imprendere ed organizzare delle prove
all'aperto eolle varietà dei cereali coltivate o che si potrebbero colti-
vare nella regione, a fine di conoscere la resistenza che tali varietà
offrono alle diverse forme di Ruggine che sogliono svilupparsi nel paese.
Una volta acquistate, in base a esperienze di tal fatta, continuate
almeno per cinque anni di seguito, nozioni esatte sulle qualità che pre-
sentano le diverse varietà di cereali e le diverse forme di Ruggine che
si trovano nella regione, si dovrebbe abbandonare la coltivazione di
quelle varietà che si sono rivelate più facili agli attacchi dell'una o
dell'altra delle forme più dannose della Fuggine. E fra le varietà dinin-
stratesi più resistenti si dovrebbe poi scegliere le migliori, cioè quelle
che meglio sopportano i rigori dell'inverno, che più presto arrivano a
maturare il frutto, che danno migliore e maggior prodotto, ecc.
Tale Sfazione sperimentale dovrebbe pure studiare con opportune
licerche, continuate per diversi anni, l'influenza del terreno, dell'espo-
sizione, della giacitura, degli ingrassi diversi, dell'andamento della sta-
gione, ecc. sullo sviluppo dei diversi parassiti della Fuggine ed altresì
sull'influenza che possono essi esercitare nello sviluppo della Fuggine
del raccolto successivo.
Infine, dal compito della Sfazione non sarebbe escluso quello dì
cercare di ottenere varietà o razze nuove dotate di migliore qualità
sotto ogni riguardo, e ciò per mezzo di colture razionali perfezionate
e di incroci fra le varietà che le esperienze dimostrano migliori.
A questi desiderata dell'Eriksson, che possono valere anche per
parecchie altre malattie vegetali (qualche cosa di simile consigliammo
noi un tempo pel Brusone del riso) ognuno può sottoscrivere indiiien-
dentemente dalla sua teoria del miroplasma.
E detto tutto questo, ed in attesa di più sicure ricerche sul mico-
plasnui, bisogna aggiungere che non devesi punto abbandonare la distru-
zione delle piante ecidiofore che trovansi nelle vicinanze dei campi
coltivati a cereali, perchè esse sono, non vi ha dubbio, agenti di con-
servazione e di diffusione delle diverse specie di Puccinia eteroiche.
— 317 —
Elenco riassuntivo
degli esami fatti delle altre malattie dei cereali.
Septoria Gramindm Desili., sopra piantine di frumento, dal direttore
del giornale il Corriere del Villaggio di Milano (prof. Marchese)
da Barbianello (Cazzani). Esami N. 5
Mal del piede [Ophiobolus graminis Sacc.J, sopra numerose pian-
tine mandateci da Forlì (prof. Gibertini), da Pinerolo (Comizio
agrario), da Este (sig. L. Valsecchi), ecc „ 15
Trips segalina, sopra piante di grano inviateci da Forlì (prof. Gi-
bertini) ,j ,5
Agryolimax agrestis, sopra foglie di frumento inviateci dalla Cat-
tedra ambulante di agricoltura di Piedimonte d'Alife (Caserta) „ 3
Giallume. Foglie ingiallite di frumento senza causa palese ci furono
mandate dal signor Michele Troiano da Sant'Angelo all'Eseo „ 2
Bartsia viscosa L. Dalla direzione della Cattedra d'agricoltura del
Molise (Campobasso) „ 2
Alopecurus gkniculatus L. Pianta infestante del riso inviata per
esame dal prof. Marchese [Corriere del Villaggio di Milano) „ 2
Totale esami . . N. 34
3Ialattie di piante industriali.
DiA.spis PENTAGONA. La Diuspis peiUagona si diffonde sui nostri gelsi
con una rapidità straordinaria, la lotta contro di essa si fa sempre più
difficile e riescirà presto impossibile se i nostri agricoltori non vi por-
ranno la maggiore attenzione ed ognuno non farà il suo dovere.
Come è noto questo insetto attacca non solo il gelso ma anche un
gi'an numero di altre piante fra le quali i salici; ora nella nostra pro-
vincia abbiamo di essi numerosi e foltissimi boschi lungo le rive del
Po e del Ticino e se la Diaspis riesce ad invaderli, ogni sforzo per
arrestare il nefasto parassita rimarrà inefficace.
Un nemico della Diaspis.
Fra i molti proprietari che ricorsero al nostro Istituto nello scorso
semestre per consiglio contro tale cocciniglia, il signor Varasi di Pavia
ci portò un ramo di fico raccolto nei dintorni della città ricoperto alla
lettera da Diaspis pentagona. Nell'esaminare tale ramo scorgemmo fra
mezzo ai follicoli mascliili dell'infesto parassita delle larve esapode,
rugose, ellittiche, oblunghe, di colore fuligginoso, irte di setole bian-
— 318 —
chiccie, che non gli appartenevano onde ne venne il sospetto che esse
ivi non si trovassero solo ])ev diiiorto. infatti incaricati i dottori Poi-
lacci e Farneti di veliere se e (inali rai>porti vi fossero fra qneste dne
specie di insetti che cosi intimamente insieme convivevano, trovarono
clie dette larve divoravano la Diaspis pen/(i;/oiia scavando solclii e lunghe
gallerie nel folto strato di fcdiicoli della Diaspis che copriva il ramo.
Dopo una quindicina di giorni le larve [n'odussero l'insetto perfetto, un
coleottero, il C/ii/ocorus reidpustitldtns, di già dai ])rofessori Beriese e
Franceschiui annoverato fra i nemici della D/aspis.
Un paio di tali Chiloconis, un n)aseliio ed una femmina, furono
messi sopra un ramo di Bronssoneliu pap:i rifera dell'Orto botanico, una
pianta attaccata dalla Diiispis per modo d'averne i-anii e tronco imbian-
cati. In poco più di un mese i Cliilocorux su tale Broiissoìtetia si mol-
tiplicarono ])er modo clie le ioio larve si contavano a centinaia sui
rami e l'intera pianta era iu buona parte liberata dalla Diaspis che i
C/aiororiis si erano divorata.
I miei assistenti dottori Pollacci e Fai'neti si diedero allora a ri-
cerche sopra i g>^lsi attaccati dalla Dicn^pif: dei diutoi'ui delia città e
ti'ovarono su molti di essi il C/ri/oconis tanto allo stato adulto che di
laiva iiiJento alla sua caccia. Altiettanto si rinvenne a Groppello Cai-
roli da dove il signor Calvi Ginsepiie, ossei vatore attento di cose
agrarie, ne mandò, dietro nostre sollecitazioni, campioni colla Diaspis
e col suo nemico.
E noto che diversi paesi, quali la California, il Capo di Buona-
Speranza, il Portogallo e la Nuova Zelanda, coli' introduzione di una
coccinella australiana, il Noriiis fardin/i/i.^, hanno ottenuto risultati
ottimi nel distruggere dannosissime cocciniglie degli agrumi che ne
decimavano il raccolto. Ora perchè anche il Cliiìocovn< protetto dai
suoi nemici, allevato artificialmente, propagato e diffuso non potrebbe
fornire un aiuto economico e potente contro il flagello dei nostri gelsi?
Elenco riassuntivo
delle malattie delle piante industriali e forestali.
Cercospora Herrerana Farn., su foglie di caffè dal Messico (Com-
mission de Parassitologia agricola). Esami N. 15
Phloeocomis violacea (Ces.) Sacc. et Sj'd., sopi-a radici di gelso inviati
dalla Direzione della Cattedra ambulante di agi-ic. di Sondrio „ .5
Septoria Querceti Tliiim., sopi-a foglie di quercia inviati dal pro-
fessor Gibertini, direttore della Cattedra di agricoltura di Forlì „ 3
CoNioTHYRiuM Oleae Pollacci, sopra foglie di olivo spedite da Spo-
leto dal R. Oleificio sperimentale 5
— 319 —
Stictis Paxizzei De Not., sopra foglie di ulivo dalla Direzione
dell'Oleificio sperimentale di Spoleto N. 50
Avvizzimento del gelso (Fnsariuni lateritium Nees). Numerosi rami
con tale malattia ci fiiiono mandati dalla Dilezione della Cat-
tedra d'Agricoltura di Sondrio, dalla Porretta (Pistoia), da
Casteggio, Corteolona, ecc., ecc „ 'JO
Melampsora aecidioides (DO.) Scliroet., su foglie di Pioppo inviateci
dalla Cooperativa di Mondovi „ 5
Mal del falchetto (Armillaria mellea Wahl.), su radici di gelso
dalla Direzione della Cattedra ambulante di agricoltura di
Como, da Varese, dal signor Carlo Mozzani, ecc., ecc. . . „ 10
Malattie incerte, sopra frutti di olivo inviatici da Spoleto dal
R. Oleificio sperimentale, e sopra fiori di olivo inviatici dal
prof. Pinolini (Macei-ata) „ 8
Uromyces Valerianae (Sclium.) Fuck., sopra foglie di Valeriana
officinalis da Meaux (Francia) dal micologo P. Dumée . . „ 3
PucciNiA PiiRAGMiTis (Scluim.) Koru. (forma ecidiosporica), sopra
foglie di Biiinex da Groppello Cairoli (dott. G. Pollaccij . „ 2
Totale esami . . N. 166
Elenco riassuntivo
delle malattie delle piante da frutto
Sphaerotheca pannosa (Wallr.) Lèv. [Stato conidico Oidium leu-
coconium]. Sopra foglie e rami giovani di pesco, dal signor Calvi
di Groppello Cairoli e da Mondovi (Comizio agrario). Esami N. 10
Cercospora ciRcmiscissA Sacc, sopra foglie e fusti di mandoilo in-
viati dal professore Ainao, direttore della Cattedra ambulante
di Siracusa n ^
Diaspis pentagona Targ., sopra rami di pesco, da Pavia (miigg.
Rachele); Loano (Pollacci), ecc « 12
Afide lanigero [Schizoneum lanigera Hans.], sopra rami di melo,
da Sondrio (Cattedra d'agricoltura), da Monteleone (conte Bo-
lognini Sforza), da Pavia, ecc « 20
CiciNNOBOLUS Cesatii De Bary, sopra foglie di melo, da Mondovi
(Comizio agrario) » ^
TiGNUOLA DEL MELO {Hìjponomeuta malinella Zell.j, sopra fronde
di melo inviateci dall'Istituto d'igiene di Pavia; gravissimi
danni essa ha pure fatto nella provincia di Parma, Reggio
Emilia, Modena e Bologna (Farneti) „ !■''
Alti ilell'Ist Boi. dell' Uincersitù di Faiia — Serie U — Voi X. 2o
— 320 —
Lyda clypeata Klg.. Larve di questo imenottero furono riscon-
trate sopra ramoscelli di melo mandatici da Jlarcignago . N. 3
Bolla del pesco [E.voascus defonnans (Berk.) Fnek.l, sopra foglie
di pesco inviateci dal signor Gregori di San Nazzaro d'Oiioiiia
(Piacenza) e sopra foglie di ciliegio fortemente danneggiate
da Monteleone (conte Bolognini Sforza), da Pavia, ecc. . „ 15
TiccHiOLATURA DEL PERO [Fìisiclacìium piriHuni (Lib.) Fuck. I, sopra
frutti e foglie di pero da Monteleone (conte Bolognini), dal
prof. Gibertini da Forlì „ 10
Marciume delle kadici \Dematophora necatrix E. Hart.], su radici
di PninKs cui ha cagionato la morte in giardini di Pavia
(signor jlitafFei), ecc „ 5
]\[ale dell'inchiostro, su piante di castagno, inviateci dal Comizio
agrario di Genova „ 5
Ceucospora cerasella Sacc, sopra foglie e frutti di ciliegio man-
date in esame dal signor Gregori da San Nazzaro d'Ongina
(Piacenza) „ 5
Lecanium Oleae Bern., sopi-a l'ami di fico, mandati dal i)i-of. ìfar-
cliese direttore del Corriere del Villaggio, Milano , 3
Alteunauia Figi Farn., sopra fruiti di fico da San Nazzaro d'Ou-
giua (Piacenza) „ 5
FiTOPTOsi del pero {l'Iiìjtoplus Piri), sopra foglie di pei'o, da Mi-
radolo, Pavia, ecc „ 3
Malattie incerte. Radici di pero danneggiate da cause incerte
furono spedite dal Comizio agrario di Cuneo, così pure dei
frutti di pero inviatici dal prof. Gibertini da Forlì e dal Co-
mizio agrario di Casale Jlonferrato, ecc « 10
Totale esami . . N. 127
Elenco riassuntivo (l<'lle malattie di piante da orto.
Sclerotinia Libertiana Fuck., soin-a piantine di fave inviate dal
prof. Pinolini da Bfacerata. Esami N. 3
Peronospora ViciAE (Berk.) De Baiy, sopra piante di pisello a
Miradolo (ing. Zambelli) ed altri „ 6
Cercospora zonata Wint., sopra foglie di fave a Miradolo (inge-
gner Zambelli) „ 3
Ascochyta Pisi Lib., sopra foglie di pisello, da Udine (Associa-
zione agraria Friulana) „ 3
Totale esami . . N. 15
— 321 —
Elenco riassuntivo
delle malattie di piante da foraggio.
OiDiDM jiosiLioiDEs Liuk., sopi'a Bromus mollis, ila ileaux (Francia)
inviatoci dal micologo P. Diimée. Esami N. 3
Epichloe typhina (Pers.) TiiL, sopra Poa coltivata nei dintorni di
Pavia » 3
Pleosphaerulixa Briosiaxa PoUacci, sopra Erba medica in diversi
luoghi dell'Oltrepò Pavese „ 7
Malattia indeterminata, sopra erbe da prato inviate dal signor Pal-
varini Paolo da Porto "Mantovano (Mantova) ,, 3
Totale esami . . N. 16
Elenco riassuntivo
delle malattie delle piante ornamentali.
Phyllosticta limbalis Pers., sopra foglie di Buxus mandate da
Spoleto dal prof. A. Bedini. preside di quell'Istituto tecnico.
Esami N. 3
PncciNiA Violae (Scluini.) DC, sopi-a foglie di viole in giardini ed
orti della città „ 8
Marsonia Rosae (Bon.) Bri. et Cav., sopra bocci di rosa mandati
da San Zenone dal signor Danioni e da Loano (Avv. Jlarengo) „ 8
Sphaerotheca pannosa (Wallr.) Lèv., sopra foglie di rosa mandate
dal signor Toi-go da Pedavena (Belluno) a mezzo del Corriere
del Villaggio e sopra foglie di Eoonijmus da Como, da Pia-
cenza (Italia agricola) e da Novara (prof. Patrioli) . . . „ 15
Phracmididm subcorticium (Sclirank.) Winter., sopra foglie di rosa,
dal dutt. Gobbetti di Pavia „ 3
Chiokaspis Evonymi, sopra foglie di Evongmiis japonicus da Cuneo
(Cattedra d'agricoltura) „ 2
Malattie indeterminate. Foglie di Pelargonium zonale (Geranio)
affette da malattia indeterminata, ci pervennero da Castiglione
delle Stiviere, così pure piante di Crgptomeria inviateci dal
direttore della Cattedra ambulante di Brescia „ -ó
Afidi, sopra foglie di rosa inviate da Marcignago „ 1
Diaspis pentagona Targ. Questa dannosissima cocciniglia ha attac-
cato una quantità di piante ornamentali deirOrto Botanico,
come p. es. Evonymus, Pueraria, StercitUa, Broìissonctia, Sijringa,
BhmnuHS, Mampevmum, ecc. ecc , e molte altre in campagna „ 10
— 322 —
Aecidìuji Clematidis DC, sopra foi^lie di Clematis inviate per
esame dal Consorzio agrario di Mondovi N. 3
Stigmatea Robertian'i Fr., sopra foglie di Geranimn lioìiertianitm
da Meaux (Francia) dal micologo Dumée „ 3
Totale esami . . N. 61
Malattie di piante diverse.
Arthrixium spuropiileum Ivuiize, sopra foglie di una ciperacea nelle
pallidi presso Bissone Pavese (Marchese Cufica delle Cascine).
Esami N. 4
PucciNiA Umbilici Guep., sopi'a foglie di VmhUicnf; da Meanx (Francia)
dal Micologo V. Dumée , 3
Uredo Agkimoniae ]^C., soiira foglie di Afjriiiimiid Eupaioria da
Meaux (Francia) dal dott. P. Dumée „ 4
Totale esami . . N. 11
INFORMAZIONI E RICERCHE VARIE.
Infiirniazioni sulla cultura dell'/Zf.'' Aqnifoìiinn e del Lanros CerasKs
e sul Maìiijo { Maiigifcra iìid/'-a) ricliieste dal jnof. Jlarchese di
Milano.
Determinazione di fanerogame mandateci da Novara (Istituto tecnico),
da Como (signor Pedroni e Torrani) e da Pavia (Cattedra ambu-
lante d'agricoltura).
Determinazione di larve d'insetto inviateci dalla Cattedra ambulante
di agricoltui'a di Brescia.
Determinazione di semi di piante trovate nell'intestino dell'uomo, in-
viali dall'Istituto di iijiene di Pavia.
Frequentarono nel semestre il nostro Laboratorio:
1" Il signor [irofessoie Hikotaro Nomura di Tokio (Giappone).
2° Il signor professore dott. Luigi Montemartini, docente di bo-
tanica all'Università e deputato al Parlamento.
3'' Il signor professore dott. Gino PoUacci, docente di botanica
all'Università e conservatore all'Istituto botanico.
4" Il signor dott. Luigi Pavarino, professore alle scuole normali
di Pavia.
5" Il signor dottor Emilio Cazzani, assistente all'Istituto botanico.
— 323 —
6'^ II signor dottor G. B. Traverso, assistente all'Istituto bota-
nico di Padova.
7° Il signor Eugenio Andreae, dottore in scienze, da Basilea
(Svizzera).
8" Il signor dottor Vittorio Pavesi, assistente all'Istituto d'igiene.
9"^ Il signor Luigi Maffei, laureando in scienze naturali.
10" II signor Rota -Rossi Guido, laureando in scienze naturali.
11° Il signor Bianchi Giovanni, studente- in scienze naturali.
Rassegna crittogamica per il secondo semestre dell'anno
1904 — Relazione a S. E. il niinistio d'Agricoltura, Industria e
Commercio del professore Giov.^nni Briosi, direttore del Labora-
torio crittogamico in Pavia.
Anche durante questo secondo semestre, come risulta dagli elenchi
riassuntivi degli esami più sotto riportati, le ricerche chieste al labo-
ratorio crittogamico sono state numerose. Trattasi per la massima parte
di malattie note, parecchie per altro rare, ed alcune nuove.
Cosi un nuovo parassita fu scoperto sopra il nespolo, e venne di-
stinto col nome di Pi/ìlosfida mcspUicola n. sp.. dal dott. Guido Rota-
Rossi del nostro Laboratorio; dallo stesso naturalista venne trovato e
descritto anche un nuovo parassita del salice, al quale fu dato il nome
di Coniothyriam salickohim n. sp. Questi parassiti formeranno, insieme
ad altri, oggetto di una nota che si pubblicherà quanto prima negli
Alti del nostro Istituto.
Altra nuova malattia fu trovata sopra rametti di Chaquin'ìla {Adol-
pìiia infesta) speditici per studio dal prof Alfonso Herrera, presidente
della Comision de Purasitologia del Messico. Lo studio affidato al si-
gnor Turconi Malusio, assistente straordinario del Laboratorio critto-
gamico, rivelò che essa era dovuta ad una nuova specie di fungo ap-
partenente al genere PhiiUachora, alla quale il Turconi dette il nome di
Ph Mexicana. Lo stesso autore descrisse due nuovi parassiti da lui
scoperti sopra piante di Camphora glandulifera Lindi, e di l'hilodendron
liipinnatifìdiiin Schott; ad essi fu dato rispettivamente il nome di Asco-
chyta Camphorae e di Phiinostiria Pìiilodindri.
Anche queste nuove specie di iniceti saranno illustrati in una breve
nota, che pure fra poco vedrà la luce negli Atli del nostro Istituto.
— 324 —
alala ttle della vite.
Come nel primo semestre dell'anno, anche in qnesto secondo, le
malattie che maggiormente danneggiarono i vigneti furono la perono-
spora e la fillossera; quest'ultima sempre più estende la sua zona de-
vastatrice; e la peronospora, specialmente quella sui grappoli, (necjrone)
in causa forse d'avere scarseggiato coi trattamenti cuprici, lia recato
in alcune regioni danni gravissimi.
Una malattia finora poco frequente e che in quest'anno è com-
parsa in modo da aliai mare specialmente nella provincia di Messina,
è il Jìul-lihtn- 0 Bof-ì/n'(h o Mar iitme /u'itiiro; questo male si manifesta
raramente sulle foglie e sui rami, frequente è invece sui peduncoli e
sull'asse principale dell'infiorescenza. Nei punti d'attitcco determina da
prima delle macchie giallo-brune, che vanno poi estendendosi poco a
])0C0 su tutta la porzione del gi-appolo inferiore al i)unto dell'infezione ;
indi tanto sui racemi quanto sugli acini si presentano delle pustole
minute, molli, biancastre, che divengouo in seguito nere e rugose. Tali
pustole contengono gli organi riproduttori del fungo, .che è il Conio-
t/n/r/'/nn Diplodiella (.Speg.) Sacc. Questo parassita die attacca diverse
(inalila di vitigni. Barbera, Freisa, Pinot, Tinturier, Dolcetto, Treb-
biano, ecc., non ha finora molto preoccupato i viticultori italiani, pe-
i-altro sarà bene combatterlo energicamente perchè non abbia a i)ren-
dere larga diffusione.
Il professore De Istwanfii di Budapest, che su tale malattia ha
fatto un vasto e profondo studio, consiglia di raccogliere e bruciare
subito i grapi)oli, che primi mostransi affet-ti da Coniotìtyrlnm e di irro-
rare gli altri con poltiglia bordolese molto folle, o meglio, di fiitfarli
addirittura in essa; iioichè è bene l'icordare ai viticultori che anche in
ipiesto caso il rimedio non è curativo, ma preventivo. Il rimedio non
si deve però aiqdicare durante la fioritura, ma aspettare che gli acini
dell'uva abbiano raggiunto almeno due millimetri di diametro.
Elenco riassuntivo
degli esami fatti delle malattie della vite. '
Peron'Ospora [l'iasìììoparri viticola (Berk. et Curt.) Berlese e De
Toni], sopra foglie e grappoli inviatici dal signor Rufino Mussi
da Borgotaro, dal prof. Bononii da Udine, dall'ing. Zolli di
' Non si indicano per brevità o per evitare continue ripetizioni i rimedi
suggeriti.
— 325 —
Fontanafredda (Pordenone), dal inof. Marcliese, direttore del
Corriere del Villaggio, dalla Associazione agiaria Friiilana-Udi-
nese, dalla Cattedra ambulante di agricoltura di Pavia, da
Casteggio, Broni, Stradella, ecc. Esami N. 50
ANTRACNost [Gloeosporium ampelopliagum (Pass.) Sacc.J, sopra cam-
pioni mandatici da Eomito (Casteggio), Groppello Cairoli, ecc. „ 20
Rot-Blanc [Coniothi/riiim Diplodieìla (Speg.) Sacc], sopra numerosi
campioni di uva inviatici dal prof. Buggeri, direttore del Vi-
vaio di vili americane di Messina e altri da Pietra Ligure, ecc. „ 20
i^LTERNARiA {Altcmaria Vit/s Cav.], sopra foglie di viti dal pro-
fessore L. Pavaiino da Pavia e dal prof. Samoggia di Reggio
Emilia „ 10
Phyllosticta Vitis (Fuck.) Sacc, sopra foglie di viti spediteci dal
signor G. Tomasoni da Buttrio „ 5
Fersa, sopra foglie di viti mandate dalia Direzione della Cattedra
ambulante di Piedimonte d'Alife, da Casteggio, da Loano, ecc. „ lo
Fillossera {P/i>/llo cera vastatric Piancii.], sopra foglie di viti ame-
ricane {Cliiitnn) da Miradolo e da Mombello (prof. G. Marcliese) „ 40
Malattie indeterminate. Foglie di viti, grappoli e tralci con mac-
chie che le alteravano, ma nelle quali non si rinvennero pa-
rassiti, ci pervennero da Udine, da Lucca, da Como, ecc. Le
cause delle alterazioni non si poterono determinare . . „ 20
Totale esami . . N. 180
Malattie dei cereali.
Grazie alle cure profilattiche, alla selezione delle sementi ed alla
stagione contraria, si è avuto questo anno una forte diminuzione di
BiiQfjine nel grano, pochi infatti sono stati i campioni dei cereali infetti
da Pnccinie inviati in questo anno al nostro Istituto.
Molti invece sono stati gli esarai eseguiti su piante di riso attac-
cate da unisone, che in alcune località ha prodotto danni gravi.
Un importante studio sopra le malattie del riso ha iniziato l'assi-
stente del nostro laboratorio signor Farueti Rodolfo. Dalle sue ricerche
risulterebbe che varie specie di brusone descritte dagli autori sono
dovute ad una sola ed unica causa, cioè all'azione di una crittogama
parassita che si presenta sotto forme diverse a seconda delle condi-
zioni nelle quali essa si sviluppa.
Egli ha riiirodotio queste infezioni artificialmente sopra piante sane
e ne ha seguito il processo patogeno a cominciare dalla germinazione
— 326 —
de) seme. Con esperienze di Laboratorio lia inoltre dimostrato clie tale
parassita, sotto qiialnnque forma si presemi, viene ucciso dal solfato
di rame.
In quest'anno si intraprenderanno in campagna delle esperienze su
larga scala, allo scopo di com[)rovare i risultati ottenuti in Laboratorio.
EloiifO l'iassmitivo
degli esami fatti delle malattie dei cereali.
Brdsone. Piante di riso brusunate ci furono siiedite per esame da
numerosi proprietari, fra i quali l'ing. F. Anelli di Pavia, il
signor ing. Giovanardi, agente della casa Cutica delle Cascine
di Bissone Pavese, dalla Cattedra ambulante di Pavia, da No-
vara, ecc. Esami N. .50
Helmikthosporium tuiìcicum Pass., sopra foglie di granoturco rac-
colte nei campi nei dintorni di Pavia (prof. Pavarino) e presso
Casteggio (dott. Poi lacci) ,....„ 10
PucciNiA GR.\Mixis Pers., sopra semi di frumento inviati da Loano
Ligure (dott. G. Pollacci) e da Casteggio „ 10
Totale esami , . N. 70
Elenco riassuntivo
degli esami fatti delle malattie delle piante da frutto.
TiccHiOLATUR.\ DEL Pero [Fìisic/i((/i'i Dì pìriniiiìi (Lib.) Fuck ], sopra
foglie di pero mandate in esame dal direttore del giornale
Il Coltivatore, altre da Casal Monferrato, da Loano (Pollacci),
da Pavia, ecc. Esami N. 1.3
Phillosticta Persicae Sacc, sopra foglie di pesco (prof. Pavarino)
Pavia „ 4
Marsonia .Juglandis (Lib.) Sacc, sopra foglie di noce da Introbbio
(Val Sassina) ove è molto diffu.sa „ 8
Aphis Amygdali Fonsc, soiu'a estremità di rami di pesco a Pavia,
dove lia prodotto molti danni nei frutteti dei dintorni della
città ,. 10
Aphis Ribis L. sopra foglie di lìihe^ dal prof. Pavarino da Pavia, „ 3
Fomago vagans Pers., sopra foglie di Hihcs mandate dal prof. Pa-
varino di Pavia „ 5
PiiYLLOSTiCTA Mespilicola u. sp., sopra foglie di Mespilus (jenna-
ìiica L. raccolte a Palazzago in provincia di Bergamo. E un
nuovo parassita del NesjKjlo trovato e descritto dal dott. Eota-
Kossi, addetto al nostro Laboiatorio „ 10
Totale esami . . N. .53
— 327 —
Elenco riassimtivo
degli esami delle malattie delle piante da orto.
Mal bianco del Lupino [Eri/siphe Marta (Lev.)], su foglie di lupino
mandate dalla Cattedra ambulante d' agricoltura di Parma.
Esami N. 4
Ernia dei cavoli [Plasmodiopliora Drassicae Wor.], dalla Cascina
Corso (Pavia) e dintorni della città dove produce spesso danni
forti „ 10
Alternaria Solani Sor., su foglie di pomodoro mandate in esame
dal Consorzio agrario di Genova „ 5
Uromyces Lupini Sacc, sopra foglie di Lupino mandate dalla Cat-
tedra d'agricoltura di Parma „ 4
Macrosporium commune Rbli., sopra foglie di Sulla spedite dalla
Cattedra d'agricoltura di Parma, ecc „ 5
Tetranychus telarius L., sopra foglie di Phaseoliis, di DoUr.hos,
spedite dalla Cattedra di agricoltura di Guastalla ...» 6
Alternaria Brassicae f. nigrescens Pegl., sopra foglie di coco-
mero spediteci dal prof. Pinolini da Macerata , 3
]\L\LE dell'occhio dei cavoli. Piantine di cavoli danneggiati da ri-
stagno d'acqua nell'apice vegetativo ci furono inviati dal pro-
fessor Munerati da Rovigo „ 3
Phillosticta sp., sopra foglie di melanzana spediteci dal Consor-
zio agrario di Genova „ 5
Totale Esami . . N. 45
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie delle piante da foraggio.
Ertsiphe Martii Lèv., sopra piantine di trifoglio da Introldiio
Tartavalle (Valsassina). Esami N. 7
Pseudopeziza Trifolii (Biv.-Ber.) Fuck., sopra trifoglio pervenu-
toci da Introbbio (Como) „ 3
Cuscuta. Diversi prati di Erba medica e trifoglio furono molto
danneggiati da questo parassita specialmente nell'oltre Po Pa-
vese, Campo Spinoso, Stradella, Casteggio, ecc „ 27
Totale esami . . N. 37
— 328 —
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie delle piante ornamentali.
Uromyces Caryophillinus (Sclirk.) Scliroeter, sopra piante di garo-
fano mandateci in esame dal prof. Marchese, direttore del
Corriere del Villaggio di Jlilano. Esami N. 5
SpuAEROTHEci PANNOSA (Wallr.) Lév., sopra foglie di rosa in giar-
dini di Pavia „ 4
PnRAGMiDiDM sDBcoRTiciuM (Scrank.) Winter., sopra foglie di rosa
in giardini di Pavia „ 5
Macrosporiuji Violar Pollacci, sopra foglie di viola in giardini
di Pavia „ 6
AspiDioTU.s. EvoNYMi Com., sopra piantagioni di evonimo in giar-
dini della città „ 7
Cercospora Resedae Fiick., soi)ra piantine di Bcseda odorata da
Loano Lignre (dott. Pollacci) „ 5
Totale esami . . N. 32
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie delle piante industi-iali e forestali.
Heterodkra radicicola Milli., sopra barbabietole mandate in esa-
me dalla Direzione della Colonia Agric. Bresciana. Esami N, 2
Cercospora microsora Sacc, sopre foglie di tiglio in diversi liiogiii
della Valsassina „ 8
Fusaridm argillacedm (Fr.) Sacc, sopra barbabietole mandate dalla
Direzione della Colonia Agricola Bresciana .•...„ 2
Septogleum Mori (Lév.) Brs. et Cavr., sopra gelsi in Pavia (pro-
fessor Pa vari no), dalla Valsassina, ecc ,,18
Mal dello Sclerozio [Sclerofiirin Libertiaiia Fack.], sn barbabietole
da Brescia (Colonia Agricola Bresciana) „ 2
Macrosporidm nigricans Atk. e PHyLLOsTicTA .s/)., sopra foglie di
cotone provenienti da una prova culturale fatta nel Novarese
dal dott. Giovanni lacometti della Cattedra ambulante di agri-
coltura di Torino „ 3
Cleomis pusctiventris Garin., sopra barbabietole spedite dalla Co-
lonia Agricola Bresciana „ 3
Malattie indeterminate. Rami di olivo danneggiati da insetti fu-
rono inviati dal prof. Pinolini, direttore della Cattedra ambu-
lante d'agricoltura di Macerata. Radici di barbabietole pure
• — 329 —
(lannegsiate da insetti furono mandate dalla Cattedra ambu-
lante d'agricoltura di Siena, ecc N. 9
DiASPis TENTAGONA Targ., sopra rami di gelsi inviatici in esame
da Groppello Cairoli (avv. Albertario), Bissone Pavese (inge-
gner Giovanardi), Villa Flavia (Pavia) (Fratelli Strada), In-
verno (sig. E. Benelli), Belgioioso, Cava Carbonara, ecc. Nel
nostro giardino botanico essa ha attaccato le seguenti piante:
Aristolochia Sipho, Piieraria Thumliergiana, SterctiUa platanìfoUa,
Menispermum canadense, Rlms T;/phiiia, Brousionetia papi/rifera,
Si/ringa culyaris, Ainijgdahis Persica, Evoni/mus euivpacn.i, E. ja-
ponicHS, Ipomoea grandiflora, Ilovenia didcis, Jasminum officinale,
Rhamnus Erythroxylum, Carolinea insignis ...... 60
CoNiOTHYRiDM Salicicolum u. sp., sopra foglie di Sfdix alba L. rac-
colte a Palazzago in provincia di Bergamo. Nuova specie stu-
diata dal dott. Rota-Rossi G » 10
AscocHYTA Camphor.^e il. sji., sopi'a foglie di Camphora glandulifera
Lindi., raccolte nell'Orto l)Otanico di Pavia. Questa nuova
specie fu studiata dal signor M. Turconi „ 10
Totale esami . . N. 127
Elenco riassuntivo
degli esami delle lUiilattie di piante diverse.
Septoria SAroNARiAE (DC.) Savi et Becc, sopra foglie di Saponaria
inviate da Introbbio (Como). Esami N. 4
CoLEOspoiuuM Senecioxis (Pers.) Fries, sopra foglie di una com-
posita mandata da Loano Ligure (dott. G. Pollacci) . . „ 5
Phyllosticta Philodendri Turconi, sopra foglie di Philodendron
bipinnatifidiim Schott. Orto bot. Pavia „ 12
Phyllachora mexicana Turconi, sopra rametti di Cliaquirilla [Adol-
phia infesta) inviati dal prof. Ilerrera della Comision de Para-
sitologia del Messico. Nuova specie studiata dal Turconi del
nostro Laboratorio » 12
Totale esami . . N. 33
INFORMAZIONI E RICERCHE VARIE.
Analisi di fieni e determinazione delle piante relative per conto
dell'Ufficio veterinario municipale di Pavia. Esami . . . N. 10
Determinazione di fanerogame mandateci da Novara (Istituto te-
cnico), dalla Cattedra ambulante di agricoltura di Fermo (Ascoli
— 330 —
Piceno), dalla Cattedra d'agricoltura di Piedimoiite d'Alife, dal
signor iiig. Urbano Pavesi di Pavia, dal prof. Marcliese di
Milano, ecc N. 40
Informazioni inviate al prof. Marchese, direttore del Corriere del
Villarjgio, intorno all'influenza del solfuro di carbonio sulla ger-
minabilità dei semi di fruiuento, e sulla disinfezione del grano
da semina.
Determinazione di colonie di Mi/codrrma Aceti in campioni di vino,
inviateci dalla Cooperativa agraria di Mondovi . . . . „ 5
Totale esami . . N. 55
Frequentarono nel semestre il nostro Laboratoiio :
1° Il signor professore Hikotaro Nomura di Tokio (Giappone).
2" Il signor professore Costantino Gorini della Scuola superiore
d'agricoltura di Milano.
3° 11 signor professore Luigi Montemaitini, docente di botanica
all'Università e deputato al Parlamento Nazionale.
4° Il signoi protVssore Gino Ptillacci, docente di botanica alla
Università e conservatore presso l'Istituto botanico.
.5" Il signor professore Luigi Pavarino, professore di scienze na-
turali alle Scuole normali ed assistente volontario all'Istituto botanico.
6" 11 signor dottore Emilio Cazzani, 2° assistente all'Istituto
botanico.
7° Il signor dottore C-iiovanni Battista Traverso, assistente al-
l'I.stituto botanico di Padova.
8" Il signor Guido Eota-Piossi, laureando in scienze naturali.
9" Il signor Luigi Matfei, laureando in scienze naturali.
10" Il signor Giovanni Bianchi, laureando in scienze naturali.
11" La signorina Angela Gozo, studente in scienze naturali.
12" Il signor Rusconi Arnaldo, dottore in chimica.
13° Il signor Salvoni Maurilio, dottore in chimica.
14° Il signor ilarignoni Ginsepiie Bruno, studente in scienze
naturali.
331
Sull'operosità della R. Stazione di botanica crittogamica di
Pavia durante l'anno 1904 — Relazinne .1 S. E. il minisfro
d'Agricoltura, Iiulustiia e Commercio, del direttore professore Gio-
vanni Briosi.
Durante l'anno scorso l'operosità del Laboratorio crittogamico oltre
all'esame ed allo studio del numeroso materiale (esami n. 1537) inviato
da privati ed enti morali, fu dedicata alle ricerche che qui sotto rias-
sumo brevemente.
Gli assistenti PolJacci e Farneti, dietro mio incaiico, studiarono
sopra foglie di viti americane della varietà Clinton, dallo scrivente i-ac-
colte a Miradolo (provincia di Pavia), una nuova forma di galla fìllos-
serica e dalle loro ricerche risultò che queste galle costituiscono forse
il mezzo più facile di diffusione della fillossera, onde è necessario rac-
coglierle con molta cura ed abbruciarle jirima che il vento od altro
mezzo diffonda il male nei vigneti sani. Tali osservazioni formarono
oggetto di una nota illustrata da una tavola litogi'afìca cìie è inserita
nel volume X degli Atti di questo Istituto.
Lo scrivente, per fare opera grata e utile agli studiosi delle cose
agrarie, ha liassunto, nella prima rassegna semestrale del decorso anno
le nuove ed importantissime scoperte intorno alle malattie note col nume
di ruggini dei cercali, indicando le pratiche ed i mezzi atti a combat-
tere tali malanni. Gli assistenti PoUacci e Farneti studiarono i rap-
porti esistenti fra la Diaspis [/entagona ed il C/iilocoriis reniptistulat/is che
va diffondendosi nelle nostre campagne. Esso si è mostrato fortunata-
mente un nemico di non poca eilftcacia contro la Diaspis che distrugge
su larga scala; se tale C/iilocorns venisse protetto dai suoi nemici e
propagato con cura, potrebbe divenire uu aiuto potente ed economico
contro tale flagello del gelso.
Il dottor Rota Eossi del nostro Istituto si occupò fra l'altro di due
malattie: l'una del Nespolo, l'altra del Salice, trovando che erano cau-
sate da due specie di fungili non ancora stati studiati, ai quali dette
rispettivamente il nome di Pliyllosticta mespilicola n. sp. e Coniothjrium
salicicolum u. sp. Tali due nuovi parassiti di piante utili vennero de-
scritti in una breve Nota pubblicata negli Atii di questo Istituto bo-
tanico.
Altre tre specie nuove di miceti furono determinati ed illustrati
dal signor Turconi del nostro laboratorio al quale altresì affidai lo stu-
dio di una malattia (ìqW Adolpliia infesta (Chaquirilla) speditaci per esame
— 332 —
dal Messico, malattia dovuta ad una nuova Fìn/ZIacìiora a cui dette il
nome di Mexicana. Sopra piante di Laurus Camphora e di l'Iiiloden-
droiì egli trovò ancora due nuovi parassiti V Ascoch>jta Camphorae n. s]).
e la Phi/llostida Pìiilodcitdri n. sp.
Anche queste specie nuove saranno descritte e pubblicate in una
breve Nota ciie fra poco vedrà la luce negli stessi Affi del nostro
Istituto.
A tutti è nota la gravità dei danni arrecati dalla malattia del l'iso
nota col nome di òrnsoiie, la quale da tempo è oggetto di studio nel
nostro laboratorio.
Nel decorso anno l'assistente Farneti iniziò nuovi studi sulle ma-
lattie del riso, studi che in questo anno proseguono su larga scala e
die porteranno, spero, nuova luce su questo intricato argomento.
Per incarico di codesto eccelso Ministero, lo scrivente si è recato
ad ispezionare alcuni agrumeti della Calaljria e della Sicilia nei quali
una grave malattia si era manifestata, la così detta Rur/f/iue bianca, che,
rendendo i frutti non commerciabili, preoccupa assai gli agrumicultori
dell' Italia Meridionale.
Una prima memoria illustrata da molte tavole su tale malattia ville
di già la luce, ad altre ricerclie si sta ora attendendo, le quali proba-
bilmente condurranno ad una seconda pubblicazione, a complemento
della prima.
Trovandomi in Sicilia ne ho approfittato per visitare alcuni dei
vivai governativi di vili americane che forniscono talee e barbatelle
per la ricostituzione delle vigne meridionali distrutte dalla fillossera;
vivai nei quali si è da qualche tempo sviluppato il lioncet. Il Roncet o
Court none è malattia non meno grave di quella degli agrumi e desta
fortissima apprensione in tutti i viticiiltori siciliani. I risultati di que-
sta ispezione trovansi conseguati in una relazione al Ministero pubbli-
cata nel Bollettino ufficiale del Ministero (anno IV, voi. II, pag. 515).
Oggetto di ricerche e di studio nel nostro laboratorio è altresì la
malattia del castagno, conosciuta col nome di Mal dell' inchiostro, sulla
quale pure speriamo di poter presto pubblicare risultati non privi di
importanza.
Il prof. Hikotaro Nomura di Tokio, inviato dal Governo imperiale del
Giappone al nostro laboratorio per perfezionarsi nella patologia vege-
tale, sta studiando i rapporti esistenti fra alcune malattie microbiche
del filugello e quelle delie foglie del gelso. Nell'anno scorso, in apposita
memoria, illustrava due nuovi micromiceti parassiti del gelso, ed in que-
sto pubblicava un'altra nota intitolata: Sopra i germi patogeni nella fla-
cidezza del baco da seta.
— 333 —
La malattia dei gelsi conosciuta col nome di Avvizzimento diede
argomento ad una seconda pubblicazione preliminare, ove si dimostra-
rono i rapporti esistenti fra due micromiceti ritenuti sin qui fra loro
indipendenti ed innocui, da noi dimostrati invece essere la causa di
questa antica malattia. Presto vedrà la luce il lavoro definitivo illustrato
da molte tavole dimostrative.
Il nostro Istituto si è occupato altresì dello studio di argomenti
d'indole generale ed i resultati ottenuti furono accolti con lusinghiero
giudizio anche dal mondo scientifico stiauiero.
Il dottor Pollacci ha pubblicato nel decorso anno una nuova Nota
riguardante un suo metodo di ricerca microchimica del fosforo nei tes-
suti vegetali; in uu' altra memoria ha studiato l'influenza della luce so-
pra l'emissione di alcuni gas delle, piante, ed in una recente Nota ha
pubblicato importanti resultati sopra l'influenza dell'elettricità sulla
formazione dei primi composti organici derivati dalla sintesi cloro-
filliana.
Il dottor Montemartini ha studiato lo scambio dei gas, la traspi-
razione e l'assorbimento dei sali minerali in foglie di piante attaccate
da parassiti animali o vegetali in l'apporto a quelli delle foglie sane,
arricchendo non poco le nostre cognizioni, fino ad ora molto scarse, sulle
varie funzioni vitali nelle piante ammalate in genere, ed in quelle at-
taccate da parassiti in ispecie.
Il prof. dott. Pavarino, assistente volontario del nostro Istituto ha
intrapreso ricerche intorno alle variazioni che subiscono le sostanze mi-
nerali nelle foglie che sj ammalano di peronospora.
Come si rileva dall'elenco delle pubblicazioni più sotto riportato,
oltre a questi argomenti, d'altri ancora si è occupato il nostro Istituto,
frutto dei quali studi sono l^otc e Memorie, che saranno raccolte nei
volumi IX e X degli Atti dell'Istituto in corso di stampa.
Nel nuovo anno ci proponiamo di ultimare innanzi tutto le ricerche
in corso contro varie malattie di piante coltivate, in ispecial modo con-
tro le malattie del riso, il Mal dell' inchiostro dei castagni,!' Avvizzimento
dei germogli del gelso, la Ruggine bianca degli agrumi, ecc. Inoltre spe-
riamo di poter dar termine ad alcuni studi di anatomia, di fisiopatolo-
gia e fisiologia generale; di iniziarne altri sulla funzione delle sostanze
grasse nelle piante, sulT influenza dell'elettricità sulla vegetazione, spe-
cie sull'assimilazione del carbonio, e di proseguire le ricerche sulla flora
crittogamica e fauerogamica delle regioni Ligure e Lombarda.
— 334 —
Riassunto generale delle ricerche fatte nell'anno 1904.
Malattie della vite Esami N. 428
Id. dei cereali Id. „ 104
Id. di piante da frutto Li. „ 192
Id. di ortaggi Id. „ 60
Id. di piante da foraggio Id. „ 43
Id. id. ornamentali Id. „ 93
Id. id. industriali o forestali Id. „ 293
Id. id. diverse Id. „ 44
Nuove specie di pai'assiti vegetali Id. „ 10
Riceiclie ed informazioni varie Id. „ 40
Determinazione di fanerogame Id. „ 80
Id. di niiceti della Lombardia Id. „ 100
Id. di funghi parassiti per l'opei'a: Briosi
e C.WARA. 1 funghi parassiti delle piante coltivate od
utili LI. „ 50
Totale . . . Esami N. 1537
Personale del laboratorio al 31 dicembre 1901.
Professor Giovanni Briosi, direttore.
Farneti Rodolfo, assistente.
Turooni Malusio, assistente aiiyiiinto.
Palazzi Mario, inserviente straordinario.
Prestarono l'opera loro:
il signor dott. Gino Pollacci, conservatore dell'orto botanico e 11-
bei'o docente all'Università;
il signor dott. Emilio Cazzani, 2" assistente all'orto botanico.
Frequentarono il laboratorio crittogamico durante l'anno 1904:
il signor professore H. Nomura, dell'Imperiale stazione sperimen-
tale di Tokio (Giappone)^
il signor professor C. Gorini della Scuola superiore d'agricoltura
di Milano;
il signor professor L. Montemartini, libero docente all'Università,
deputato al Parlamento nazionale;
il signor dott. Eugenio Andreae, dottore in scienze, di Basilea
(Svizzera);
— 335 —
il signor professor Luigi Pavaiino, assistente volontario presso
l'Istituto botanico ed insegnante alla Scuola normale;
il signor dott. Vittorio Pavesi, assistente all'Istituto d'igiene;
il signor dott. G. B. Traverso, assistente all'Istituto botanico di
Padova ;
il signor dott. M. Salvoni, laureando in scienze naturali;
il „ „ G. Rota-Rossi, id. id. id.
il signor L. Maffei, id. id. id.
il signor G. Bianchi, id. id. id.
la signorina A. Gozo, studente in scienze naturali;
il signor dott. Rusconi, id. id. id.
il signor Marignoni, id. id. id.
Pubblicazioui del personale dell'Istituto
durante l'anno 1904.
G. Briosi. Rassegna crittogamica delle principali malattie delle piante
sviluppatesi in Italia nel P semestre 1904. Btdlcitino di notizie
agrarie. Roma, 1904.
— Idem idem nel 'J" semestre 1904. Bnlletlino di notizie agrarie.
Roma, 1904.
— • Sull'avvizzimento dei germogli del gelso, suoi rapporti col Fusa-
riunì lateritium Nees, e colla GibhereUa moricola (De Net.) Sacc.
Seconda nota jaeventiva. In Atti dell' Istituto botanico di Paria,
voi. X, 1904 (in collaborazione con R. Farneti).
Gino Pollacci. Intorno al miglior metodo di ricerca microcliimica del
fosforo nei tessuti vegetali, in voi. X degli Atti dell'Istituto bo-
tanico di Pavia, 1904.
• — Azione della luce solare sulla emissione di idrogeno dalle piante,
in voi. X, degli Atti delt Istituto botanico di Pavia, 1904.
— Nuovo apparecchio per l'analisi dei gas emessi dalle piante, in vo-
lume IX, degli Atti dell' Istituto botanico di Pavia, 1904.
— Di un nuovo mezzo di diffusione della fillossera per opera di larve
ibernanti rinchiuse in galle di speciale conformazione (in colla-
borazione con R. Farneti), in voi. X, degli Atti dell'Istituto bo-
tanico di Pavia, 1904.
Rodolfo Farneti. Intorno ad alcune malattie della vite non ancora de-
scritte ed avvertite in Italia, in voi. X, Atti dell'Istituto botanico
di Paria, 1904.
— Il marciume dei boccinoli e dei fiori delle piante causato da una
Atti dell'Ut. Boi. dell' Università di Pavia — Serie II — Voi. X. 26
— 336 —
, forma patog-eiia della Botrytis vulgaris (Peis.j Fr., in volume X,
Atti dell' Tstitiito botanico di Pana, 1904.
Rodolfo Farneti. SuU' avvizziniento dei germogli del gelso. Seconda
nota preventiva (ìq collaborazione con G. Briosi), voi. X, Atti
deir Istituto iwtaiiìco di Pavia, 1904.
— Di un nuovo mezzo di diifiisione della fillossera per opera di larve
ibernanti rinchiuse in galle di speciale conformazione (in colla-
borazione con Gino Pollacci), voi. X, Atti dell'Istituto botanico dì
Pavia, 1904. ' ■
— Intorno al Bnisone del riso. Nota preliminare, in voi. X, Atti del-
l'Istituto hotanico di Paria, 1904.
Emilio C.vzzani. Osservazioni criticlie sopra alcune ricerche microchi-
miche dell'esculine, in voi. X, Atti dell'Istituto l>otauico di Paria,
1904.
M.iLusio TuRCONi. Un nuovo fungo parassita della Cliaquirillu, in Atti del-
l'Istituto botanico di Pavia, voi. X, 1904.
HiKOTARO NojiuRA. Sopra i germi patogeni nella flaccidezza del baco da
seta, in archivio di Farmacologia. Roma, 1904.
L. Bdscalioni e G. B. Traverso. L'evoluzione morfologica del fiore in
rapporta colla evoluzione cromatica del perianzio, in Atti dell' I-
sf liuto botanico di Paria, voi. X, 1904.
Luigi Montemartini. Sull'origine degli ascidii anormali nelle foglie di
Sa.rifraya crassi/olia L., in voi. X, Atti dell' Istituto botanico di
Paria, 1904.
— Note di fisiopatologia vegetale, in Atti dell'Istituto botanico di l'a-
ria, voi. IX, 1904.
— Sulla relazione tra lo sviluppo della lamina fogliare e quello dello
xilema delle ti'accie e nervature corrispondenti, in Atti deiristit.
botanico di Pavia, voi. X, 1904.
— Guido Rota-Rossi. Alcune considerazioni sulTontogenia delle cor-
mofite vascolari, in Atti dell' Istituto botanico di Paria, voi. X,
1904.
337 —
Rassegna crittogamica per il primo semestre 1905 — Eela-
zione a S. E. il ministro d'Agricoltura, Industria e Commercio del
prof. Giovanni Briosi, direttore del Laboratorio Crittogamico di Pavia.
La malattia della vite che in questo semestre si è mostrata più
diffusa e dannosa è stata la Peronosporn dei grappoli, volgarmente nota
col nome di Ncgrone. Non solo furono numerosissimi i campioni inviati
per esame, ma il personale del Laboratorio, nelle sue ispezioni, lia
trovato che in diverse vigne quasi la metà del raccolto era distrutta.
Le canse di tale straordinaria invasione della peronospora nei
grappoli vanno ricercate innanzi tutto nella stagione umida e calda ad
un tempo della primavera scorsa, poi nelle pioggie frequenti, le quali
lavavano via il rimedio non appena somministrato. Alcuni viticoltori,
invero, sono riusciti a difendere interamente le viti, ma con fortissima
spesa, avendo dovuto ripetere i trattamenti cuprici persino 7 od 8 volte.
La malattia della vite nota col nome di Mal Nero si è mostrata
anch'essa in forte misura e non poche sono le vigne della nostra re-
gione danneggiate.
Pur troppo, sulla eziologia di tale malanno poco ancora si conosce
di sicuro.
Un altro nemico della vite, VApate, ha destato, nella primavera
scorsa, molta apprensione. UApate della vite (Sìiio.rj/lonmuricatHmF-àhv.)
è un insetto noto da oltre un secolo; esso vive, fortunatamente, per lo
più sui sarmenti recisi e secchi; solo raramente attacca i tralci vivi,
onde fu più l'allarme che il danno realmente arrecato. In ogni modo,
noi consigliammo sempre di tagliare, sin dal primo apparire, i rami
attaccati e bruciarli, affine di limitare la diffusione^ di tale coleottero.
Per i cereali è cosa confortante il constatare come, nella nostra
regione almeno, essi in quest'anno siano rimasti pressoché immuni dalla
ruggine; fatto dovuto da una parte allo estendersi sempre più delle
cure profilattiche, dall'altra a razionale selezione delle sementi.
In molti luoghi si è con qualche intensità manifestato il cosi detto
Carbone nel frumento, che, come si sa, è dovuto aWUdilago segetum
Dittm. Noi raccomandammo per l'avvenire di non dimenticare di im-
mergere la semente per 12 ore in una soluzione d'acqua e d'acido sol-
forico (500 gr. di acido per 100 litri d'acqua), poi rilavare bene con
acqua pura il seme perchè non perda la facoltà germinativa; inoltre, di
non portare nei campi la lettiera proveniente da campi infetti ed anche
il colaticcio delle stalle ove di tale paglia siasi fatto uso.
— 338 —
In alcune parti della iiosti'a regione si è avuto altresì qualche
campo (li frumento fortemente danneggiato dalla Sepforia graiìiinìim Desm.,
ma furono casi isolati.
Fra le malattie dannose alle piante industriali va ricordata la
Diaspis lìcnlagoìta Targ., la quale, come è noto, attacca molte piante e
fortemente i gelsi. Il suo ditfondersi in questi ultimi anni fu da noi
rapidissimo, e multi agricoltori della imsti'a regione ne erano e ne sono
grandemente preoccupati.
Un nemico potente, per alti'o, ha anche fra noi trovato la Diaspis
nel Chilochorns renipiistnliihis, il quale, come ho avvertito nella Eassegna
del 1° semestre dell'anno scorso, pui'e largamente si diffonde
Ho espresso la s[)eranza che tale coleottero dovesse riuscire utilissimo
nella hjtta contro la Diaspis e difatti la previsione non sembra errata,
poiché oggi, a detta di molti agricoltori, la Diaspis pare siasi in diversi
luoghi arrestata, per la caccia incessante che le dà il Cliilochorus; fatto
da noi pure accertato nelle nostre ispezioni sulle piante che teniamo in
osservazione in diverse parti della provincia. Bisogneiebbe studiarne
bene la biologia e cercare di moltiplicarlo e diffonderlo.
Elenco riassuntivo
(legali osami fatti delle malattie della vite.
Peronospora [Plasmopara viticola (Berle, et Curt.) Berlese et De
Toni] sopra foglie e gi-ap[ioli inviatici dal signor conte Ercole
Bolognini da Monteleone (Sant'Angelo); dal Direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura di Urliino'; dal prof. Dante
Gibertini, direttoi'e della Cattedra ambulante d'agricoltura di
Forlì; dal prof. Moretti, direttore del Consorzio antitillosserico
di Brescia; dal prof. P. Frizzati, direttore della Cattedra am-
bulante d'agricoltura di Rimini; dal signor E. Gerardo di Vo-
ghera; dal Comizio agrario di Savona; dal signor Mazza di
Stradella; dal prof. L. Brugnatelli da Zinasco; poi da C'asteggio,
Broni, Stradella, Groppello, ecc , ecc. Esami N. 100
Antr-ììcnosi [GIoeosporimH ampeìopliagum (Pass.) Sacc], sopra cam-
pioni mandatici dalla Direzione della Cattedra ambulante d'a-
gricoltura di Piedimoute d'Alife, e da Loauo, da Miradolo, da
Groppello Cairoli, ecc., ecc « 20
Mal Nero. Rami e radici attaccate da questo morbo ci furono spe-
diti dalla Direzione della Cattedra ambulante d'agricoltura di
Guastalla, dal signor conte Ercole Bolognini e G. Borromeo
dalle colline di S. Colombano, dal prof. Soresi, direttore della
Cattedra ambulante d'agricoltura di Lodi, da Casteggio, ecc. „ 25
— 339 —
TiGNuoLA [CoclujUs cimbiguella Hlibii.], in grappoli mandati dal
prof. D. Gibei'tini della Cattedra di Forlì N. 3
Apate dklla vite [>^ìnoxìjlo>i niuricatum Fab.], sopra tralci in-
viati dal signor Ernesto vSalvini da Canneto Pavese, dal conte
E. Bolognini dalla Favorita (Sant'Angelo), da Broni, Casteggio,
Stradella, eec , eco « 20
Secchereccio. Rami e foglie di vite danneggiati da cause che ri-
masero ignote ci furono inviati dalla Direzione della Cattedra
ambulante di Lucca, e da quella di Lecce ,,10
Totale esami . . N. 178
Elenco riassuntivo
degli esami fatti di malattie del cereali.
Carbone (t/sWr/f/o Sp.), erasi fortemente diffuso in alcuni campi dei
territori di Torrebianca, della Favorita, della Bellaria, di Ge-
renzago, Inverno, Copiano, Trovamala, Casatisma, ecc. Esami N. 30
Pcntatcra del frumento, causata da forma parassitaria del Cla-
dosporium lierbaruìii (Pers.) Link, in cariossidi di frumento in-
viatici dal prof. A. Patrioli della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Novara „ 3
Septoria gramindji Desm., sopra piantine mandateci dalla Direzione
della Cooperativa agraria di Mondovi, dal signor Livraga di
Campomaggiore, ed in campi presso Pavia ,,10
Totale esami . . N. 43
Elenco riassuntivo
degli esami fatti delle malattie delle i)iante da frutto.
Trichoseptoria Alpei Cav., sopra ])iante di limone inviate dal
prof. Frizzati, direttore della Cattedra ambulante d'agricoltura
di Riinini. Esami N. 2
Septoria piricola Desm., sopra foglie di pero inviate da Casale
Monferrato dal prof, ilarescalclii „ 4
MoNiLiA cinerea Bou.. sopi'a ciliegie inviate da Casale dal pro-
fessore Marescalchi „ 1
MoNiLiA FRCCTiGENA Pers., sopra frutti di pero inviatici dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Piedimonte d'Alife . . . „ 3
Fdsicladidm dentriticum (Wallr.) Fckl., sopra frutti di melo inviatici
dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Piedimonte d'Alife ,, 3
— 340 —
Maesonia Joglasdis Sacc, sopra rami di noce mandati pure dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Piedimoute d'Alife . N. 2
Cladosporium carpophyluji Tliiiin., sopra frutti di iiesco mandatici
dal prof. Frizzati, direttore della Cattedra ambulante d'agri-
coltura di Rimini „ 3
Gommosi. Rami e foglie di limoni inviati da Brescia dal profes-
sore Bianchi, direttore di quella Cattedra ambulante d'agri-
coltura. Tale malattia ha fortemente attaccato un bellissimo
limoneto dei signori Feltrinelli a Gargnano (lago di Garda).
Rami di pesco dal Consorzio agrario di Genova; rami di peio,
albicocco, melo, cotogno, dal conte Ercole Bolognini, dalla Fa-
vorita (Sant'Angebi) ,, 16
Aphis Cerasi Fb., sopra foglie di Pnituis Ccrasiis L., mandati in
esame dal signor maggiore Racliele di Pavia, e dal signor
Paolo Beolchini pure di Pavia ,, 5
Aphis Ribis L., sopra foglie di L'iòes riibruiii L., da Scaldasole (Lo-
mellina) „ 2
ScHizoNEURA LANIGERA Hausm., sopra rami di melo inviatici dal-
l'ing. Umberto Giovanardi da Bissone Pavese, da Pavia, ecc. „ 10
Epitpjmerus piri Nal , sopra germogli di l'/rus coìiiiiiuiiis L., invia-
tici dalla Direzione della Scuola pratica d'agricoltuia di Cesena. „ 3
Adesmia cARPiDtcA. Bizzarrie in fratti di cedro mandati dal signor
prof. Ernesto Bassi, direttore della Cattedra d'agricoltura di
San Vito al Tagliamento „ 1
^Malattie indeterminate, sopra frutti di Castanca vesca Gaertn, man-
dati dal signor dott. E. Cazzani da Guastalla, sopra rami di
mandorlo dal prof. Frizzati da Rimini, sopra rami di albicocco
inviati dalla Cattedra ambulante d'agricoltura di Rovigo, sopra
rami di pero mandati dal Consorzio agrario di Genova, ecc. „ 18
Totale esami . . N. 73
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie dì piante da orto.
Peronospora Viciae (Rerk.) De Bary. sopra piantine di piselli in-
viate dal prof. Pinoliui, direttore della Cattedra d'agricoltura
di Macerata. Esami N. 3
CoLLETOTRicHDM LiNDEMUTHiANUM (Sacc. et Maguus) Briosi et Ca-
vara, su foglie di Phaseolus mdgaris L., in orti di Pavia . „ 6
Ramularia Tolasnei Sacc, sopra foglie di fragole mandateci dal
— 341 —
prof. Marchese, direttore del Corriere del Villagcjio di Milano,
e da Pavia N. 3
BoTRYTis vuLGARis Fr., sopra frutti di fragole inviatici dal profes-
sore Marchese di Mihiuo » 2
Malattie indeterjiikate, sopra piantine di cocomero inviate dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di Piedimonte d'Alife e sopra
piantine di pomidoro mandate dalla Cattedra d'agricoltura di
Macerata ecc ?> 10
Totale esami . . . N. 24
Elenco ri.issuutivo
degli esami delle malattie di piante da foraggio.
Peronospora Trifoliorum De By., sopra erba medica mandata per
esame dalla Direzione del Consorzio agrario cooperativo di
Mantova, e da Inverno, Monteleone, ecc. Esarai .... N. 15
Elenco rlassnntivo
degli esami delle malattie di piante ornamentali.
Septoria Oleandrina Sacc, sopra foglie di Nerinm Oleander L.,
dalla Favorita (Pavia), da Trieste, Riva di Trento, ecc. Esami N. 8
Cercospora Resedae Fuck., sopra foglie di Reseda nell' Orto bota-
nico di Pavia « 1
Phoma Elaeagni Sacc, su foglie languenti di Eìaeagnm reftexa
E. Morr. et Decne, in piante dei giardini pubblici di Milano „ 3
Phyllosticta Magnoliae Sacc, su foglie di Magnolia grandiflora
L., dal signor Maffei di Pavia „ 3
Phyllosticta tinea Sacc, sopra foglie di Viburnum Tinus L., nel-
l'Orto botanico di Pavia „ 2
Gloeosporidm tikeum Sacc, sopra foglie di Viburnum Tinus L.,
Orto botanico di Pavia „ 2
Hendersonia Tini Eli. et Langl., su foglie di Viburnum Tinus L..
Orto botanico di Pavia „ 2
Pyllosticta Nerii West., su foglie di Neriiim Oleander L., dal
signor Maffei di Pavia, dal conte Bolognini della Favorita, da
Stradella, ecc v, ^^
Gloeosporidji nobile Sacc, su foglie di Laurus nobilis L., da Riva
di Trento e dal Varrone (Trentino) , 5
Totale esami ... N. 41
60
— 342 —
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie delle piante industriali e forestali.
DiASPis PEXTAGOXA Tnvg., sopiva piante eli gelso a San Genesio,
Ponte Carata, Campo Morto, Gerenzago, Copiano, Monteleone,
Inverno, Belgioioso, Santa Cristina, Pontalbera, Cava Carbo-
nara, CasatismM, Albarello Arnaboldi, ecc. Esami. . . . N.
Avvizzimento dei germogli del gelso [Fiisariuin lateritium Nees.].
Numerosi rami con tale malattia ci furono mandati dalla Di-
rezione della Cattedra ambulante di agricoltura di Rimini, dal
signor Vacchelli di Cremona, e poi da Casteggio, Casatisma,
Campo Spinoso, Torrebianca, Copiano, Pontalbera, Monteleone,
Albaredo Arnaboldi, ecc „ 40
Mal del Falchetto [Armillaria mcìlea Walil.], sopra radici di gelso
mandate dal i)rof. Frizzati, direttore della Cattedra d'agricol-
tura di Eimiiii ' 1
Septogloeum Mori (Lèv.) Briosi et Cavara, sopra foglie di gelso,
ad Inverno, alla villa Favorita, a Copiano, Casteggio, ecc. „ 10
Erinosi del Tiglio (Phìjtopfìis Tiliae), sopra foglie di tiglio man-
date dai fratelli Ferrarlo, iloricultori di Milano . . . . „ 2
Lecanium Persicae Fai)., sopra rametti di gelso mandati dalla Di-
rezione della R. Scuola d'agricoltura in Cesena . . . . „ 1
Malattie incerte, sopra piantine di canapa inviateci dalla Cattedra
d'agricoltura di Piedinionte d'Alife „ *>
Totale esami . . . N. 120
Elenco riassuntivo
degli esami delle malattie di piante diverse.
Uromyces Dactylidis Ottli., sopra piantine di Ranuncìiliis Ficaria L.,
nel giardino botanico di Pavia. Esami N. 1
Entyloma Ranunculi (Bon.) Scliiot., sopra lìaininciiliis Ficaria L.,
nell'Orto botanico di Pavia „ '
Totale esami. . . N. 2
INFORMAZIONI E RICERCHE VARIE.
Analisi microscopiche di polvere di rabarbaro richieste dal signor Na-
gari, chimico farmacista di Vigevano, e di polvere di catte dal
gabinetto di chimica farmaceutica di Pavia.
— 343 —
Determinazione di faneiogame maiulateci da Milano {Corriere del Vil-
laggio), da Spezia (signor I. Magni), da Piedimonte d'Alife (Cat-
tedia ambulante d'agricoltura), da Novara (Cattedra d'agricoltura),
da Pavia (signor dott. Rusconi), da San Colombano (signor ing. Cat-
taneo), ecc.
Frequentarono nel semestre il nostro Laboratorio :
1." il signor prof. Hikotaro Noniura della Stazione imperiale di
sericoltura di Tokio (Giappone);
2." il signor prof. dott. Costantino Gorini della Scuola di agri-
coltura di Milano;
3.» il dott. Luigi Montemartini, deputato al Parlamento e docente
di botanica all'Università di Pavia;
4." il signor dott. Gino PoUacci, conservatore dell'Istituto bota-
nico e libero docente di botanica all'Università di Pavia ;
5." il signor dott. L. Pavarino, professore alla Scuola normale di
Pavia ed assistente volontario dell'Istituto botanico;
6.° il signor dott. E. Cazzani, ora professore alla Scuola agraria
di Guastalla;
7.° il signor dott. G. B. Traverso, assistente all'Istituto botanico
di Padova;
8.° il signor dott. Carbone, studente in chimica;
9.° il signor dott. Rota-Kossi, assistente all'Istituto botanico;
10.° il signor dott. Salvoni, laureando in Scienze naturali;
11.° il signor L. Maffei, id. id.
12." il signor G. Bianchi, id. id.
— 344
Rassegna crittogamica del secondo semestre 1905 — Rela-
zione a S. E. il ministro d'Agricoltura, Indu^^tria e Commercio del
professore Giovanni Briosi, direttore del Laboratorio crittogamico
di Pavia.
Come nel 1° semestre, anche ili questo secondo periodo dell'anno
la Peroììospora è stata la malattia crittogamica della vite che maggior-
mente ha prodotto danni nella nostra zona viticola ed in altre, nono-
stante che i viticultori abbiano ripetati varie volte i trattamenti cuprici,
che non poterono sempre essere suificienteraente efficaci a causa delle
frequenti pioggie.
Tu'aìitracnosì deWiì, vite, come si rileva dagli elenchi che seguono,
lia invece preso uno sviluppo meno inquietante dell'anno scorso \ forse
In grazia delle cure dei proprietari, i quali, dopo l'esempio dell'annata
precedente, e molti per nostro consiglio, usarono il rimedio proposto
da Skawinski che, come è noto, consiste nel potare abbondantemente
e poi pennellare i tralci delle viti, che l'anno prima erano infette, con
una soluzione fatta con 100 litri d'acqua calda, kg. 50 di solfato di
ferro ed un litro di acido solforico a 53" Baumé.
La fillossera nelle colline di San Colombano ha cominciato a di-
struggere alcuni vigneti ed ha trovato i proprietari generalmente im-
preparati alla lotta, benché questa Stazione sino dal 1902 -, dopo avere
scoperto vari focolari di infezione, abbia avvertito ripetutamente i vi-
ticultori di quella regione del pericolo che li minacciava.
Per i cereali, mentre è confortante il constatare che, grazie alle
cure profilattiche ed alla razionale selezione delle sementi, la massima
parte di essi sono rimasti pressoché immuni, pur tuttavia rimane sempre
da risolvere il grave problema del ònisone del i/so\ malanno che ha
prodotto anche in quest'anno danni in alcune plaghe risicole della
nostra regione.
La Diasp/s pentagona Tar., invece, continua in molti luoghi a di-
minuire, tantoché parecchi agricoltori si sono rinfrancati ed hanno ri-
presa qualche fiducia che tale dannosissimo insetto, fra non molto, non
abbia più a preoccupare. Non va peraltro taciuto che se generalmente
' Per il ))i-inio semestre vedi Bolldiino uffeiah- drl Mi/iis/i ro 25
Antracnosi [Glocosporium nmpcìopliagum (Pass.) Sacc], sopra cam-
pioni inviatici da Loano (prof. Pollacci), da Pavia, ecc. . „ 10
Sdberosi, sopra uva mandata in esame dal dott. Boisini della Scuola
superiore agraria della R. Università di Pisa „ 3
Marciume bianco [Coniotìtijrinm Diplodiella (Speg.) Sacc], dalla Di-
rezione della Cattedra ambulante d'agricoltura di Acqui . „ 5
Macrosporium vitis Sorok., sopra foglie di vite mandateci dalla Di-
rezione della Scuola d' agricoltura pratica di Grumello del
Monte „ 5
Totale esami. . . N. 108
3Ialattie dei cereali.
Brusone del riso, sopra riiso inviato da Robbio, Cava Carbonara,
Groppello, Pavia. Esami N. 50
Septoria graminum Desm. sopra piante di segala, da Pavia, Grop-
pello Cairoli „ 10
U.STILAG0 Maydis (DC.) Cda., sopra granoturco, da Casteggio (Poi-
lacci), ecc „ 5
Totale esami ... N. 65
' Per evitare inutili e troppo frequenti ripetizioni, non si riportano sempre
su questi elenchi di malattie i eonsi^b', le indicazioni ed i riniodi clie vennero
suggeriti di volta in volta a olii ne mandò il materiale per studio.
353 —
Malattie degli alberi da frutto.
Cocciniglia [Diaspis pentagona Targ.], sopra pesclii, da Loano (signor
Pollacci). Esami N. 5
CoTONELLO [Schizoneura lanigera Hans.], sopra meli, Pavia (orti della
città), Loano, Casteggio „ 10
Lebbra del Pesco [E^coascus dcformans (Berk.) Fuck.], sopra peschi
da San Giuseppe (Pavia), da Miradolo, Orto botanico . . „ 10
Erinosi del Pero [Phj/toptus Pgri. Nal.], sopra foglie di jiero, in-
viate da Maccagno (Lago Maggiore)* da Scaldasole (Lomellina) „ 10
Eczema empetiginoso [Stiginlna Briosiaiia Farn.], sopra albicocche
inviate dalla Direzione del Corriere del Villaggio, Milano . „ 2
TiocHiOLATURA [Fitsicladlum dendriticum (Wall.) Fuck ] sopra foglie
di sorbo, inviate per esame dal prof. Marchese, direttore del
Corriere del Villaggio, e sopra foglie di melo da Maccagno
(Lago Maggiore) „ 4
Phyllosticta pirina Sacc. , sopra foglie di pero, mandateci dal
signor Marignoni da Crema, da Vallate (Cremona) . . . „ 10
Phyllosticta prunicola (Opiz.) Sacc, sopi'a foglie di Prunus, da
Mortara (signor Maffei) „ 3
Phyllosticta Persicae Sacc, sopra foglie di pesco, dal f:ignor Maffei
da Mortala „ 2
Phyllosticta circumscissa Ck., sopra foglie di albicocco, da Vallate
(Cremona) e paesi vicini „ 5
Clasterosporiuji Amygdalearum (Pass.) Sacc, sopra foglie di pesco
mandateci da Vallate (Cremona) e paesi vicini . . . . „ 5
Phyllosticta maculiformis Sacc, sopra foglie di castagno, inviateci
dal sotto-ispettore forestale del distretto di Piacenza e dal
prof. Pollacci da Casteggio „ 10
Septoria castanaecola Desmaz,, associata colla specie precedente,
sopra foglie di castagno da Piacenza (Ispettorato forestale) „ 2
Phyllosticta Nubecula Pass., sopra foglie di castagno da Piacenza
(Ispettorato forestale) „ 2
PacciNiA Pruni- SP1N0SAE Pas.s., sopra foglie di Prunus, mandate da
Maccagno (Lago Maggiore) „ 2
PucciNiA Cerasi (Béreng.) Cast., sopra foglie di Cerasus, in diverse
spedizioni da Maccagno „ 5
Septoria piricola Desmaz., sopra foglie di pero, dal signor Mari-
gnoni di Crema „ 1
— 354 —
Marsonia Fragapjae Sacc, sopra foglie di fragole, da Maccaguo,
diverse spedizioni N. lU
Ramularia Tulasnei Sacc, sopra foglie di fragole da Maccaguo. „ 5
Septoria castanaecola Desm., sopra foglie di castagno, da Maccaguo.
Marciume di radici dovuto probabilmente aWAnnilìar/a mellea Walil.
Ci furono inviate in esame tali radici di iiero dairUfficio i)ro-
vinciale d'agricoltura di Bologna „ 3
Mytilaspis citricola Pack., sopra frutti di limone „ 5
Hypoborus Ficus Ericli., in rami di fico, mandati dal R. Vivaio
di viti americane di Palermo „ 3
Saturnia PYRi Schiff.[ Pai'OH/« il%o/' L.], sopra germogli di susino. „ 2
Malattie incerte. Alterazioni sopra rami di Diospijros Kaki L. do-
vute probabilmente ad insetti „ 5
Totale esami . . N. 121
Malattie di piante da orto.
Phyllosticta Brassicae (Curr.) West., sopra foglie di cavolfiore,
inviate dal prof. A. Patrioli (Novara). Esami N. 3
Cercospora reticola Sacc, sopra foglie di bietole, diverse spedi-
zioni da Maccaguo (Lago Maggiore) „ 5
Colletotuichum LiNDKMUTHrANUM (Sacc. et Magnus) Br. et Cav.,
sopra legumi di fagiolo, dal signor Maftei di Pavia . . . „ 1
Septoiìia Petroselini Desniaz. var. Apii Br. et Cav., sopra foglie
di Apiiim (iraveolens L.. da Bissone Pavese (Pollacci), da Al-
benga (Cattedra ambulante d'agricoltura) „ 15
Anguillule, sopi'a radici di peperoni, mandate dal dott. Gobbetti
della Cattedra ambulante d'agricoltura di Voghei-a . . . „ 2
Bacteri in bulbi di cipolle, inviate da Piedimonte d'Alife da riuella
Cattedra ambulante d'agi-icoltura „ 2
Phyllosticta fragauicola Desm. et Rob., su foglie di fragola, in
diverse spedizioni da Maccagno „ 2
Totale esami . . . N. 30
Malattie delle piante da fora^iìio.
PsEUDOPEzizA Medicagìnis (Lib.) Sacc, sopra piante di erba medica
a Campospinoso, Portalbera. Esami N. 10
Uromy'ces striatus Schroet., sopra foglie di erba medica, da Bis-
sone Pavese (Pollacci) „ 2
— 355 —
Epicoccuji sp., sopra piantine di trifoglio incarnato, mandate dal
direttore delia Cattedra ambulante d'agricoltura di San Vito
al Taglianiento N. 4
Angoillule, sopra radici di trifoglio, da Caselle Badia (Pollacci). „ 5
Malattia indeterminata, sopra radici di trifoglio, mandato dalla
Cattedra ambulante d'agricoltura di San Vito al Taglianiento. „ 3
Totale esami . . . N. 22
Malattie di piante ornamentali.
Phyllosticta Tiliae Sacc. et Speg., sopra foglie di Tilia, mandate
in esame dal comm. Gerolamo Quirici di Pavia. Esami . N. 1
Phyllosticta nobilis Tliiim., sopra foglie di Launis iiobilis L., da
Vallate (Cremona) „ 1
Phyllosticta Calycanthi Sacc. et Speg., sopra foglie di Calycanthus
pmecox L., da Vallate (Cremona) „ 2
OiDiuM EvoNYMi-JAPONici Sacc. et Are, sopra rametti di Evonìjmus
japonicus L., mandati dalla Cattedra ambulante di Oleggio (No-
vara), da Pavia (giardini della città), ecc » 10
Gloeospokium nobile Sacc, sopra foglie di Launis nobilis L., da
Maccagno, da Luino (Lago Maggiore) „ 5
Kamularia lactea (Desm.) Sacc, su foglie di viola, da Maccagno
(Lago Maggiore) « 2
Phyllosticta cruenta (Fr.) Kx., sopra foglie di Convallaria, da
Maccagno „ 2
PucciNiA Malvacearum lilont., sopra foglie di malva, da Pavia (dot-
tore Carbone) n 2
Malattie incerte. Foglie di piante di Acer Pseudo-platiinus L. dan-
neggiate forse da mancata aerazione del terreno, inviateci da
Milano dai fratelli Ferrarlo orticultori „ 3
Foglie di Liriodemlron tul/pifera L. con alterazioni dovute
probabilmente ad insetti , 3
Foglie di Acer Negundo L. pure danneggiate probabilmente
da insetti n 3
Hylotojia Rosae Deg. Larve di questo imenottero parassita della
rosa ci furono mandate in esame dalla Scuola d'agraria ed
estimo del K. Istituto tecnico di Novara „ 5
Totale esami ... N. 36
— 356 —
Malattie di piante iiuliif^triali e forestali.
Phleospora maculans (Be.reiig. ) Allescli., sopra foglie di gelso, in
diverse spedizioni da Maccagiio. Esami N. 6
Septoria Cannabis (Lascli.)Sacc., sopra foglie di canapa da Maccagno „ 2
Phyllosticta saucicola Thiim., sopra foglie di salice in giardini di
Pavia (Maffei) „ 5
Uncinula Aceris (DC.) Sacc, sopra foglie di acero da Lnino (Lago
Maggiore) „ 3
Septogloecm mori (fjév.) Briosi et Cav., sopra foglie di gelso da
Vailate (Cremona) e paesi vicini ^ 3
Cladosporicm herbarcm (Pers.) Link, sopra foglie di carpino invia-
teci per esame dalla Direzione della Cooperativa agraria di
Mondovì „ 3
Insetti. Germogli e foglie di olivo attaccate da Tlirips e Phloeothrifs
mandateci dal prof. A. Fiori da Modena „ 2
Avvizzimento del gelso. In germogli di gelso mandatici dalla Cat-
tedra ambulante di agricoltura di 8an Vito al 'ragliamento, da
Casteggio, Santa Cristina, Bissone, Belgioioso » 50
EoGNA dell'olivo, sopra rami d'olivo dalla Cattedra ambulante di
agiicoltura di Pisa ^ 3
Phyllactinia sdffulta (Reb.) Sacc, sopra foglie di Alans glutinosa
Gaertn., da Bissone Pavese (Pollacci) ,, 3
OiDiUM Aceris Rabli., sopra foglie di Acer Pseiido- piata nus L., nel-
l'Orto botanico di Pavia „ 2
EoROTiDM herbariordm (Wigg.) Liulv-, sopra foglie di Agave mexicana
L., mandate per esame dal prof. Ferrera direttore della Comi-
sion de Parnsifologin agricola del Messico ^^ 5
Gloeosporidm Populi-albae Desm., su foglie di Popuìus in boschi
del Ticino „ 3
Uromyces Genistae (Pers.) Fuck., sopra Cgfisiis da Maccagno. „ 3
Totale esami . . . N. 93
INFORMAZIONI E RICERCHE VARIE.
Determinazione di fanerogame ed imenomiceti inviatici dalla Cat-
tedra ambulante d'agricoltura di Cuneo, da quella di Piedimonte
d'Alife, da quella di Como, di Novara, ecc. Esami . . . N. 70
Esami di polvere di Cacao Talmone, riscontrata pura . . . „ 2
Totale esami . . . N. 72
357
Operosità della Stazione di botanica crittogannica di Pavia
nell'anno 1905 — Relazione a S. E. il ministro d'Agricoltura,
Industria e Commercio in data 15 giugno 1906, del direttore prof.
Giovanni Briosi.
Dalle rassegne semestrali inviate a codesto eccelso Ministero e
dall'elenco che segue, risulta che dal personale del Laboratorio furono,
durante l'anno 1905, scoperti e per la prima volta descritti diversi mi-
ceti, alcuni dei quali sono parassiti, causa di nuove malattie di piante
coltivate.
Fra questi ricordo il Colletotrichum Briosii e la Cytosporella Cin-
namomi sopra le foglie della cannella (Cimuimoinum Zeijlanicum Nees)
parassiti rinvenuti e studiati dall'assistente signor Turconi, sopra piante
coltivate nel nostro giardino botanico.
Il signor Rodolfo Farneti continuò in detto anno le ricerche da
tempo iniziate sulla malattia del riso, nota col nome di Bnisone ed i
risultati da lui ottenuti ci accertano fin d'ora che le sue esperienze
porteranno nuova luce sulla causa di questo gravissimo male.
Il professor Hikotaro Nomura dcdl'Imperiale stazione di sericoltura
di Tokio, inviato dal Governo del Giappone a perfezionarsi presso il
nostro Laboratorio, ha fatto interessanti studi sull'eziologia della ma-
lattia del baco da seta detta flaccidezza. Dalle sue ricerche è risultato
che quest'ultima è una malattia affatto distinta dalla macilenza e che
essa è dovuta al Bacillus alvei, germe patogeno non solo del baco da
seta ma anche di diversi altri insetti, tra i quali le api, in cui provoca
la malattia ben nota agli apicultori col nome di peste.
Il dottor Luigi Montemartini del nostro Istituto fondò nel passato
anno un giornale, che si occupa esclusivamente delle malattie delle
piante, intitolato: Rivista di Patologia vegetale, nel quale collaborano di-
stinti scienziati italiani e stranieri.
Lo scrivente, dietro richiesta fatta a questo Istituto da agricoltori
sul come ditendersi dalle malattie che attaccano il gelso, pianta che
è tanta parte della ricchezza del nostro paese, ha riassunto brevemente,
in una delle Rassegne Crittogamiche dell'annata, i caratteri delle ma-
lattie di tale pianta, indicando per ognuna i rimedi noti o quelli che
si possono tentare.
Inoltre, colla collaborazione del chiarissimo professor Cavara Fri-
diano (allievo di questo Laboratorio) ora direttore dell'Istituto botanico
dell'Università di Napoli, lo scrivente ha pubblicato il fascicolo XVI
— 358 —
dell'opera: Briosi e Cavaea: « I fungiti parassiti dille piante coltivate ori
utili », (love ti'ovausi studiate 25 malattie parassitaiie di piante, onde
il numero di esse finora iu detta opera illustrate sale a 400.
Ad importanti problemi di anatomia, fisiologia e sistematica, oltre
che agli studi di patologia, è stata anche rivolta l'attività dell'Istituto
che ho l'onore di dirigere, come risulta dall'elenco più sotto riportato
delle pubblicazioni dell'annata decorsa.
Fra esse noto le ricerche del dottor L. Montemartini sulla forma-
zione delle sostanze albumiuoidi nelle piante, nelle quali ha tVa altro
dimostrato che la formazione delle dette sostanze ha luogo tanto di
giorno che di notte, ma durante il giorno, cioè sotto l'azione della luce
solare, in molto maggior copia.
Il professor Pavariuo, assistente volontario del nostro Istituto, iu
base a ricerche eseguite nell'anno, ha pubblicato pregievoli osservazioni
intorno all'influenza esercitata dalla Peronospora della vite sulla respi-
razione e sull'assorbimento delle sostanze minerali nelle foglie.
Il dottor Gino Pollacci, che sta studiando l'influenza dell'elettri-
cità sopra l'assimilazione clorofilliana, ha reso conto dei primi risultati
delle sue ricerche in una nota in-eliminiti-c, alla quale presto farà se-
guito il lavoro completo.
Quest'Istituto si propone in quest'anno di condurre a termine le
ricerche in corso contro varie malattie di piante coltivate: VArvizzi-
meiìto dei (jermoyli del gelso, il Brusone del riso, il Mal drll' iiic/riostro
del castagno, ecc.
Inoltre, spm-a di ultimare diversi studi di anatomia, di microchi-
mica e di fisiologia vegetale: cioè: sulla anatomia del fioi'e dell' E uca-
Igptus globulus, sul passaggio dalla radice al fusto, sull'esperidina, come
pure intende proseguire le ricerche sulla flora crittogamica e fanero-
gamica della Lombardia e della Liguria.
A più (ii 1.300 sale il numero delle ricerche ed osservazioni ese-
guite anche in questo anno dal Laboratorio crittogamico, e ad esso,
come sempre, hanno ricorso per consiglio ed esame non solo enti morali
ed agricoltori italiani, ma anche stranieri, il che dimostra come Topera
sua sia apprezzata non solo in Italia, ma, anche fuori.
— 359 —
Riassunto generale delle ricerche fatte nell'anuo 1905.
Malattie della vite Esami N. 286
Id. dei cereali „ » 108
Id. di piante da foraggio „ ,, 37
Id. di ortaggi » „ 54
Td. di piante da frutto „ ,,194
Id. id. ornamentali „ „ 77
Id. id. industriali o forestali „ „ 213
Id. id. diverse „ „ 2
Nuove specie di parassiti vegetali „ „ 6
Ricerche ed informazioni varie e determinazione di fa-
nerogame „ „ 122
Determinazione di miceti della Lombardia .... „ „ 200
Determinazione di funghi per l'opera:
Briosi e Cavara: / funghi parassiti delle -piante coltivate
od utili „ „ 25
Totale . . . Esami N. 1324
Personale del laboratorio crittogamico.
Prof. Giovanni Briosi, direttore.
Prof. Farneti Rodolfo, assistente.
Turconi Malusio, assistente straordinario.
Mario Palazzi, inserviente straordinario.
Prestarono l'opera loro:
il signor dott. Giuo Pollacci, conservatore dell'orto botanico;
il signor dott. Guido Rota-Rossi, assistente dell'orto botanico.
Frequentarono, per ragioni di studio, durante l'anno 1905, il nostro
laboratorio :
il signor prof. Hikotaro Nomura, della Stazione imperiale di seri-
coltura di Tokio;
il signor prof. dott. Costantino G orini, della Scuola d'agricoltura
di Milano;
il signor dott. Luigi Montemartini, docente di botanica all'Uni-
versità e deputato al Parlamento;
il signor dott. G. B. Traverso, assistente all'Istituto botanico di
Padova e docente di botanica presso quell'Università;
— 360 —
il signor (lott. L. Pavarino, i)rofessore alla Scuola normale di Pavia
ed assistente onorario dell'Istituto Botanico;
il signor dott. E. Cazzani, ora professore alla Scuola agraria di
Guastalla;
il signor dott. G. Carbone, dottore in medicina;
il signor M. Salvoni, dottore in scienze natui'ali;
il signor L. Maffei, id. id. ;
il signor G. Bianchì, id. id.;
il siguor G. B. Marignoni, laureando in scienze naturali.
Pubblicazioni del persoiiale dell'Istituto
durante l'anno 1905.
G. Briosi. I fungivi parassiti delle piante coltivate od utili (in collabora-
zione col professore F. Cavara), fase. XVI, Pavia.
— Bossegna crittogamica delle lìriiici'.ali malattie delle piante sviluppa-
toci in Italia nel primo semestre 1905, in Bollettino Ufficiale del Mi-
nistero d'Agricoltura, Industria e Commercio, Roma 1905.
— /(/. id. nel secondo semestre 1905, in Bollettino Ufficiale, Roma 1906.
Gino Pollacci. Influenza dell'elettricità sull'assimilazione clorofilliana. Nola
preliminare, in Atti Istituto Botanico di Pavia, voi. XI, 1905.
— Ntiovo metodo per la conservazione di organi vegetali, in Atti Istituto
Botanico di Pavia, voi. XI, 1905.
— L'Isola Gallinaria e la sua flora, in Atti Istituto Botanico di Pavia,
volume Xr, 1905.
— Monografia delle Enjsipfiaceae italiane, con tavola, in Atti Istituto
Botanico di Pavia, voi. IX, 1905.
— Diversi articoli di Botanica, agraria.
Rodolfo Farneti. Erpete furfuracea delle pere: Macrosporium Sydowia-
ìium n. sp., in Annales Mycologici, Berlino, 1905.
— Intorno alla comparsa della " Diaspis p)entngona „ Targ. in Italia e
alla sua origine, in Atti dell' Istituto Botanico dell'Università di
Pavia, volume XI, 1905.
— Risposta alla nota del pi-of. G. Leonardi " Sulla pretesa antica
presenza in Italia della Diaspis pentagona Targ., Pavia, 1905 „.
— Diversi articoli in giornali agrari.
Guido Rota-Rossi. Prima contribuzione alla Micologia della Provincia di
Bergamo, in Atti dell'Istituto Botanico di Pavia, voi. IX, 1905.
— Due nuove specie di micromiccti parassiti, in Atti I>- 'W^
li-.Ticclimariii 4rerfari.Pivia. Briosi e Farneii.-Rua'"''^ '
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Arti deirisl.' hotanico Univ. tli Pì. r vi- \>\. br.
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Gli Autori del.
AutocianJne dissoci/ite bicu e violette
Anhociaiiiiie non dissociate i Aju\n.t . ix):y->e )
S tacilo dell evoluzione cianica.
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Stadio dell hivolu7ione cromatica e fioraie
Foglie verdi
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Atti dell' IstrBoVauico Univ. di 1 avin.Vol.X
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Gli Autori del.
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Atti deiristr holatiico Univ di l*civK».Vol.X
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Modalità del ciclo ontocicneMco delle
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X. La iufezionr peronosporica nell'anno 189.5. — Relazione a S V.. il
Ministro di .\gricciltura, Industria e Commercio (Briosi). . . „ 14.5
XI. E.sperienze per combattere la Penjnospura della vite coli' acetato di
rame eseguite nel 189.5. — Relazicjne a S. E. il Ministro di
Agricoltura. Industria e Commercio (Briosi) „ 149
XII. Intorno alla anatomia della canapa (Cannabis satira L) — Parte
seconda, — Organi vegetativi — con "-li tav. lit. (Briosi e Tognini). „ 15.5
Serie li. Volume V.
I. Cenno su Carlo Vittadiiii (Briosi) Pag. in
II. Rassegne e rapporti (Briosi i „ ix-xxvi
III Seconda contriliu/.ioiie alla .Micologia Toscana; con 1 tav. lit. (Togiiini). „ 1
IV. Di una Ciperacea lUKJVa per la Fbjia europea [('i/perus arislatus
Rottb var. /: e eie eie ri Cav.); cnii 1 tav. litografata (Cavarai . . „ 23
V. Contribuzione alla Micologia ligustica; con i tav. litogr. (Pollacci). „ 29
VI. Ricercbe di Bri(dogia paleontologica nelle torbe del sottosuolo Pavese
appartenenti al periodo glaciale; con I tav litogr. iFarneti). . , 47
VII. Contributo allo studio dell' anatomia del frutto e del seme delle
Opunzie; con 1 tav. litogr. (Montemaitini)' „ fi9
Vili. Un nuovo micromicete della vite {Aiireohasicìiinu vitis Viala et Boj'cr
var alìiiim); con 1 tav. litogr. (.Moiitemartini) „ 69
IX. Ricercbe in orno all'accrescimento delle piante (Moiitemartini) . . „ 75
X. Esperienze per combattere la l'eroiiosiiora della rito coll'acetato di
rame eseguite nell'anno 18'iii (Briosi) , 145
XI. Rassegna Criltcigam. pei mesi d'Aiirile, Maggio e Giugno 189<) (Briosi). „ 159
XII. Rassegna Crittogamica jiei mesi di Luglio a Novembre 1896 (Briosi). „ 175
XIII. Appunti di Patologia vegetale. (Fungili nuovi, parassiti di piante
coltivate); con I tav. litogr. (Pollacci) „ 191
XIV. Intorno ad alcune strutture nucleaii; con 2 tavole litogr. (Cavara). „ 199
XV. Cloroficee di Valtellina. Secondo coutiibuto alla Reologia insubrica
(Moiitemartini) „ 249
XVI. Studi sul Tlie. Ricercbe intorno allo svilupiio del frutto della Thea
cliinensis Sims coltivata nel R. (irto Botanico di Pavia; con
6 tavole litogr (Cavara) . . . . „ 2*^5
XVII. Rassegna Crittogamica pei mesi d'.'Vprile, Maggio e Giugno 1897 (Briosi). „ 327
XVIII. Rassegna Ciittoganiica pei mesi di Luglio a Novi-mbre lf^97 (Briosi). „ 311
Serie II. Voliiiiie VI.
T. Cenno biografico sopra Giuseppe Gibelli (Briosi) Pag. in
II. Rassegna Crittogamica per l'anno I8'IH i Briosi) , ix
III. Relazione generale sull'operosità della R. Stazione di Botanica Crit-
togamica di Pavia duiaiite l'anno Ih'^'-' (Briosi) ,, xxxiv
IV. Rassegna Crittogamica i^er l'anno 1899 (Briosi) „ xxxvii
V. Relazione geneiale al llinistero di Agricoltura, Industria e Com-
mercio sull'operosità della R. Stazione di Botanica Ciittogamica
di Pavia durante l'anno 189'' (Brio.si) „ i.viii
VI. Contriliuzione allo studio del iiassaggio dalla radice al fusto; con
2 tavole litografate (Moiitemartini) „ 1
VII. Intorno ai metodi
- " , 2(5 „ , , 1894.- , 40
Serie II. , „ 5» , 1.Ó „ , „ 18i)8.- „ 35
6" ,1-' .-
T" „ 20 „
8" ,10 ,
1900. — , 3.5
1902 — , 40
1904.— , 40
Sono la continuazione doir.-lrr//('/(Vj Trienìiale diì La/ioriilorio CriUofjaimco
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