‘ A 7: TE ! ? 104 EEA dai 1 PU Vite; Me SUE DELLA 4 REALE. ACCADEMIA SCIENZE, LETTERE E BELLE ARTI DI PALERMO te CRUOVIA SRIEr) VOLUME UnS PALERMO TIPOGRAFIA DFI GIORNALE DI SICILIA CE SISHE, E, LETTERE E BELLE ARTI DI PALERMO da REALE ACCADEMIA SCIENZE, LETTERE E BELLE ARTI DI PALERMO a DE ” 27 d0,% Li AA e 2) AA #3 ai #5 y DNA yi (È (NUOVA SERIE) o eee VoLume IX. PALERMO TIPOGRAFIA DEL GIORNALE DI SICILIA 1887. rr” L’ AccADEMIA, ai termini del suo Statuto, non si rende garante delle opinioni, de’ sistemi e delle dottrine comprese ne’ discorsi dei suoi componenti qui pubblicati. AnNT_TT(TTTT_!T _- TAVOLA DELLE MATERIE Magistrato Accademico. Elenco dei Soci, Elenco deile Accademie, Società, Istituti scientifici, Direzioni di‘ giornali che sono in cor- rispondenza con la R. Accademia Palermitana di Scienze, lettere e belle arti. CRISAFULLI V.— Proemio. Bruxo. G. — Discorso inaugurale. SampoLo L..— Su' primi venticinque anni della R. Università degli Studi iu Palermo. Dr Giovanni V. — Sull’Accadomia del Buon-gusto nel secolo passato. Evora F. — La stampa siciliana fuori di Palermo e di Messina. Di GrovanxI V.— Sulla pubblica istruzione di Palermo, ne’ secoli XIV e XV. CavaLcari F. S.— Su alcuni vasi orientali con figure umane rinvenuti in Siracusa e Megara-Iblaa. TW. A. Amrco. — Discorso per la solenne tornata in onore del defunto Presidente Principe di Galati. — Iscrizioni e poesie. COMUNICAZIONI. " Caccrurore G.— Quadro sinottico meteorologico nel R. Osservatorio di Palermo per gli anni 1385-86. N.B. lissendoci arrivate a tempo le litografie relative al discorso del Comm. Saverio Cavallari, ab- biamo creduto utile di pubblicarlo in questo volume, benchè nel proemio fosse stato dette altrimenti. DONI Lo ELENCO DEI SOCJ PATRONO IL MUNICIPIO DI PALERMO PROMOTORE IL BARONE NICOLÒ TURRISI, Senatore del Regno, Sindaco della Città di Palermo INSINNA SOCIO ONORARIO SUA MAESTÀ PIETRO II°, IMPERATORE DEL BRASILE ROS MAGISTRATO ACCADEMICO Comm. Pror. GIovanNI Bruno, Presidente. Comm. PROF. NICOLÒ CERVELLO | Wie Prosdono) Comm. Pror. SALVATORE Cusa Comm. Pror. AB. Vincenzo CRISAFULLI, Segretario Generale. Comm. Pror. Agostino Toparo, Direttore della classe di Scienze naturali. Cav. Urr. Pror. FRANCESCO CALDARERA IENE Comm. Pror. GAETANO GEMMELLARO 1 Cav. Pror. Giuseppe CoppoLa, Segretario di classe. Comm. Giuseppe DI MENZA, Direttore della classe di Scienze morali Comm Avv. CAV. Cav. CAN. Avv. Cav. Cav. e politiche. . Pror. Luici SAMPOLO Pror. FraNncEScO MaAGGIORE-PERNI GiroLamo ArpIZzzoNE, Segretario di classe. Urr. Pror. Can. Vincenzo DI GrovannNI, Direttore della classe di lettere e belle arti. Pror. GIiusepPpL MONTALBANO GIOVANNI COSTANTINI Pror. UGo ANTONIO Amico, Segretario di classe. Avv. MricneLe Russo-OxEsTO, Segretario aggiunto. Anziani. Anziani. Comm. Dort. AB. Filippo Evora, Tesoriere. Galluzzo Gaetano, Assistente. Ciuffo Giuseppe, Bidello. 3 UU pauwo wo n © O ON a rid nd SUOLI UTI 0 ID Ut dd CS © e 10 SOA CLASSE DI SCIENZE NATURALI ED ESATTE . Cacciatore Prof. Gaetano. . Inzenga Prof. Giuseppe. . Todaro Sen. Prof. Agostino. . Cervello Prof. Nicolò. . Albeggiani Prof. Giuseppe. . Bandiera Dott. Giuseppe. . Cacopardo Prof. Salvatore. . Caldarera Prof. Francesco. . Coppola Prof. Giuseppe. . Cannizzaro Prof. Stanislao. . Gemmellaro Prof. Gaet. Giorgio. . Tacchini Prof. Pietro. . Doderlein Prof. Pietro. . Di Maria Alleri Tomm., Marchese di Monterosato. . Paternò Prof. bmanuele . Agnello Prof. Angelo. . Alfenso Spagna prof. Ferdinando. . Cimino Ing. Giuseppe. 0) CLASSE DI SCIENZE MORALI E POLITICHE . Bruno Prof. Giovanni. . Ardizzone Dott. Girolamo. . Turrisi Sen. Barone Nicolò. Di Menza Pres. Giuseppe. . Guarneri Sen. Avv. Prof. Andrea. . La Mantia Cons. Vito. . Maggiore-Perni Avv. Prof. Franc. . Ruffo Avv. Giovambattista. . Sampolo Avv. Prof. Luigi. . Saluto Pres. Francesco. CLASSESDISCEISUERESE . Perez Senatore Francesco Paolo. . Cavallari Prof. Saverio. . Meli Prof. Giuseppe. . Costantini Avv. Giovanni. . Salinas Prof. Antoniro. . Cusa Prof. Salvatore. . Montalbano Can. Prof. Giuseppe. Amico Prof. Ugo Antonio. . Di Giovanni Prof. Can. Vincenzo. . Di Marzo Can. Gioacchino. . Evola Dott. Filippo. . Gugino Avv. Prof. Giuseppe. . Crisafulli Prof. Vincenzo. . Di Marco Pres. Pietro. . Corleo Prof. Simone. . Russo-Onesto Avy. Michele. . Nobile Pres. Comm. Francesco. . Di Bartolo Can. Salvatore. . Crisafulli Cons. Salvatore. E) BELLE ARTI . Basile Prof. Filippo Giov. Batt. 2. Carini Prof. Can. Isidoro. . Di Maggio Padre Luigi. . Pitrè Dott. Giuseppe. . Starrabba Barone Raffaele. . Palomes Padre Luigi. . Salomone-Marino Prof. Salvatore. . Bozzo Stefano Vittorio. 19. 20. Di Giovanni Avv. Gaetano. Palizzolo Dep. Raffaele. (1) Vuoti per la morte del Prof. Pignocco Francesco, e Prof. Lo Cicero Giuseppe. (2) Vacante per la morte del Prof. Deltignoso Gaetano. Il SOCJ EMERITI Bozzo Prof. Giuseppe, Presid. Onor. Landolina di Rigilifi Cav. Francesco. della R. Accademia. Pantaleo Prof. Mariano. Mortillaro Vincenzo, Marchese di Vil- Maggiacomo Prof. l'ilippo. larena. | Garajo Prof. Antonino. De Benumont Cav. Francesco. Villareale Prof. Mario. SOCJ COLLABORATORI PRIMA CLASSE 1. Cacciatore Dott. Giuseppe. 11. Riccò Prof. Annibale. 2. Giardina prof. Antonino. 12. Zona Prof. Temistocle. 3. Reyes Dott. Sebastiano. | 13. Urso Ortega Dott. Antonino. 4. Ragusa Enrico. | 14. De Vincenliis Prof. Carlo. 5. La Loggia Sen. Dott. Gaetano. 15. Maggiore-Perni Dott. Luigi. 6. Marvuglia Archit. Domenico. i 16. Cervello Prof. Vincenzo. 7. Di Blasi Prof. Andrea 17. Di Gregorio March. Antonio. 8. Calìri Prof. Filippo. . 18. Albanese Prof. Enrico. SA GelalarotNodaro Prof. Asostino; | \i9 n. 0. e e 10. Cavallari Ing. Salvatore. OR RA ed tI 1) SECONDA CLASSE 1. Gramignani Avv. Pietro. 11. Taranto Prof. Giuseppe. 2. Corrao Avv. Mario. 12. Mantero Prof. Mariano. 3. Maltese Avv. Paolo. 13. 4. Floreno Avv. Girolamo. 14. 5. Celesia M.se Gaetano. 15. 6. Todaro Avv. Antonio. 16. 7. Naselli Gela Cav. Giulio. Ad 8. Finocchiaro Avv. Camillo. 18. 9. Paternostro Prof. Alessandro. LORDA AT (Pa fee e 10. Agnetta-Gentile Prof. Francesco. SERIO Oni er PENA) een (1) Vacaro due prsti. (2) Vacano otto posti. TERZA CLASSE 1. Ardizzone Prof. Matteo. 9. Spata Prof. Giuseppe. 3. Spoto Sac. Marco Antonio. 4. Fardella della Ripa Cav. Felice. 5. Platania Prof. Pietro. 6. Fileti Ramondetta Sig. Concetta. 7. Vaccaro Prof. Vito. 8. Santangelo prof. Giambattista. o) . Lodi Dott. Giuseppe. 10. Delisa Prof. Giuseppe. 11. Palizzolo Bar. Vircenzo. 12. Pizzuto Prof. Pasquale. 13. Montalbano Can. Saverio. 14. Geraci Prof. Bernardo. 15. Lo Jacuno Prof. Francescu. 16. Civiletti Prof. Benedetto. 17. Di Giovanni Prof. Giuseppe. 15. Pensabene Prof. Giuseppe. 19. Lombardi Prof. Ignazio Eliodoro . 20. Malato Todaro Prof. Salvatore. SOCJ ONORAR]J Amari Comm. Sen. Prof. Mich., Roma. Errante Cons. Vincenzo, Roma. Perrara Prof. Francesco, Venezia. Cantù Comm. Cesare, Milano. De Gasparis Prof. Annibale, Napoli. Aeri Prof. Francesco, Bologna. Zuccagni Orlandino Prof. Attilio, Fi- renze. © Guaita Conte Innocenzo, Roma. Errera Alfonso, Napoli. Paussevich March. L. Trieste. Zanella Ab. Prof. Giacomo, Vicenza. Sbarbaro Prof. Pietro, Roma. Denza }'rof. Francesco, Napoli. Prudenzano Comm. Francesco, Napoli. Zambrini Comm. Francesco, Bologna. Tosti Abate Cass. Luigi, Roma. Cittadella Conte Giovanni, Vicenza. Lampertico Sen. Prof. Fedele, Vicenza. Brioschi Sen. Prof. Francesco, Milano. Schiaparelli Prof. Giovanni, Milano. Cremona Dott. Luigi, Milano. Vitrioli Prof. })iego, Reggio Calabria. Luzzati Comm. Luigi, Milano. Vallauri Prof. Tommaso, Torino. Conti Prof. Augusto, Firenze. Wolff Conte Giuseppe, Roma. Baccarini Comm. Alfredo, Roma. Blaserna Prof. Pietro, Roma. Cantoni Prof. Giovanni, Pavia. Correnti Comm. Cesare, Roma. Palmeri Prof. Luigi, Napoli. Fiorelli Comm. Giuseppe, Roma. Bonghi Comm. Rnggiero, Napoli. Carrara Sen. Prof. Francesco, Mil= Ranalli Prof. Ferdinando, Pisi Buccellati Prof. Antonio, Milano. De Gubelnatis Prof. Angelo, Firenze. Gorresio Prof. Ab. Gaspare, Torino. Verdi Comm. Giuseppe, Busseto. Grosso Dctt. Stefano, Milano. Capecelatro Alfonso Cardinale Arci - vescovo, (iapua. Rieci Padre Mauro delle S. P. Roma. Boccardo Prof. Girolamo, Genova. Morcaldi Ab. Michele, Montecassino. Baccelli Comm. Guido, Roma. Paternò Antonio Prince. di Manganelli. Tasca Lucio Conte di Almerita. Fraccia Gav. Giovanni. La Russa Dott. Tommaso. Notarbartolo Comm. Emm., Sciara. Cottù Lorenzo March. di Roccaforte. Castelli di Torremuzza Ab. Luigi. Perez Giuseppe. Ragusa Mons. Francesco Vescovo di Trapani. i Ruggicri Avv. Leonardo. Pardella Sen. Vincenzo Marchese di Torrearsa. Celesia Cardin. Michelangelo Arcive- scovo di Palermo. Lanza Sen. Francesco Prince. di Scalea, Bardessono di Rigas Sen. Conte Ce- sare. Dichiara Dott. Francesco. Sciacca Domenico Bar. della Scala. Muratori Matteo -Proc. Generale della Cassazione. Nunziante Antonio Pres. di Corte di Appello. 13 Crispi Dep. Avv. Francesco, Roma. Lancia di Brolo Mons. Domenico Ar- civescovo di Monreale. Tornabene Prof. Francesco, Catania. Mitchell Prof. Riccardo, Messina. Armò Avv. Giacomo, Proc. Generale presso la Corte di Cass. in Torino. Colapietro Erasmo, Proc. Gen. presso la Corte di Appello in Roma. Cajazzo Franc. Saverio, Presidente di Corte di Appello in Aquila. SOCJ CORRISPONDENTI ASSENTI Santi Prof. Giovanni, Padova. Minà Dott. Palumbo Francesco, Ca- stelbuono. 3. Dott. La Grua Antonio, Castel- 4. Rag. a Zurta'. uf. Giuseppe, Catania. Scarcella Dott. Vincenzo, Napoli. Sensales Pref. Giuseppe, Messina, Anzalone Cav. Nicolò Napoli. Biondi Prot. Giuseppe, Roma. Sbano Sac. Corrado, Noto. Arietti Cap. Antonio, Parma. Gaeta Catello, Napoli. Guasti Cav. Cesare, Firenze. Lioy Comm. Paolo, Roma. Finocchietti Conte Carlo, Venezia. Gurii Avv. Pier Ambrogio, Milano. Arezzo B.ne Corrado, Ragusa. Fergola Prof. Emanuele, Napoli. De Brignole M. Giovanni, Genova. Orlando Prof. Giacomo, Carini. Chianchella Matteo, Tr este. Fedeli Prof. Gregorio, Roma. Betocchi Prof. Alessandro, Napoli. Franceschi Pignocchi sig. Teodolinda, Bologna. Picone Dott. Giambattista, Girgenti. Reggiato Prof. Francesco, Milano. Ercolani Dott. Giambattista, Milano. Grazioli Dott. Isaia, Milano. Conforti Avv. Pasquale, Cosenza. Passarini Prof. Ludovico, Roma. Raccoppi Prof. Giacomo, Napoli. Castronovo Sac. G. San Giuliano. Polizzi Prof. Maurizio, Monreale. Marotta Prof. Benedetto, Monreale. Lilla Prof. Vincenzo, Napoli. Hortis Dott. Attileo, Trieste. Hortis Avv. Arrigo, Trieste. Rossi Conte Giuseppe, Bologna. Ferrazzi Prof. Jacopo, Bassano. Malagola prof. Carlo, Bologna. Filippuzzi prof. Francesco, Napoli. Galassi Prof. Luigi, Roma. Richiardi Prof. G., Pisa. Burresi Prof. Pietro, Siena. Pelliccioni Prof. Gaetano, Bologna. Brugnatelli Prof. Tullio, Pavia. De Sanctis Prof. Leone, Roma. Pugliatti Prof. Giuseppe, Messina. Matranga P. Filippo, Messina, Lancia M.se Corrado, Roma. Tommasi cav. Donato, Parigi. Seghi Prof. Giacomo, Certaldo. Denaro Pandolfini Prof. Francesco, Termini. Valdarnini Prof. Angelo, Macerata. Del Rio Prof. Prospero, Reggio E- milia. Poletto Prof. Giuseppe, Padova. 4 14 Conterno Doit. Giulio, Gherasco. Scelsi Giacinto, Ferrara. Brusina Prof. Spiridione, Dalmazia. Galanti Can. Carmelo, Ripatronsone. Matschek Gons. Luigi, Zara. Nocito Prof. Pielro, Roma. Guicciardi Prof Giuseppe, Napoli. Baggiolini Cav. Marie, Vercelli. Pisati Prof. Giuseppe, Roma. Comparetti Prof. Domenico, Firenze. Prina Prof. Benedetto, Milano. Zagari Prof. Saro, Roma. Tribolati Avv. Felice, Pisa. Romano Prof. Nicolò, Cosenza. Querci Prof. Dario, Roma. Rodlikofer Prof. Luigi, Firenze, Mordani Prof. Filippo, Ravenna. Gigliutti Prof. Valentino, Roma. Gelli Dott. Agenore, Firenze. Riccardì Prof. Pietro, Bologna. Picone Avv. Gius-ppe, Girgenti. De Bernardo Douit. Domenico, Colle- sano. i Calì Avv. Michele, Acirenle. La Rosa Avv. Vincenzo, Catania. Bianchi Federico Dott. Garlo, Zara. Furitano Dott. Marcello, Lercara. Zecchini Ing. Stetano Pietro, Torino. Zucchi Dott. Carlo, Milano. Holm Prof. Adolfo, Napoli. SOCJ CORRISPONDENTI ESTERI De Lesseps Dott. Ferdinando, Parigi. Vesselofski Dott. Aless., Pietroburgo. Blin M. A., San Quintino. Houssard M., Tours. Vaa Wolre M., Harlem. Le Jolis Aug. Francesco, Cherbourg. Barnes Jos. K., Washington. Nist Dott. Enrico, Bruxelles. Preudhomme de Borre Dott. Alfredo, Bruxelles. Lugerberg D. G., Liegi. De Puymaigre Conte Th., Parigi. Liebrecht Prof. Felice, Liegi. Bergmann Prof. Federico Guglielmo, Strasburgo. Roux Dott. Amedco, Ecole (Francia). Mezières Prof. Alfredo, Parigi. Dennis Giorgio, Londra. Ross Dott. Alessandro, Toronto. Jeffreyes Dott. Giovanni, Londra. Heinzelmann C., Berlino. Le Roy Pref. Alfonso, Liegi. De Frenne Prof. Giorgio. S. Quintino. Du Pont Prof. Carlo, Bruxelles. Favre Prof. Alfonso, Ginevra. Straganoff Conte Sergio, Pietroburgo. Pujazzon Cav. Cecilio, San Fernando. Paris Prof. Gastone, Parigi. De La Borde Marchese G., Parigi. Bourguignat Dott. F. R., Parigi. Decaisne Prof. Giuseppe, Parigi. De Candolle Prof. Alfonso, Ginevra. Meulemans Prof. Augusto, Bruxelles. De Vignaux Dott. Eugenio, Parigi. De Regel Prof. Eduardo, Pietroburgo, Braun Prof. Menandro, Berlino. Pringsheim Prof. Nataniele, Berlino. Hooher-Dalton Prof. Giuseppe, Londra. Bentham Giorgio, Londra. Fenze Prof. Eduardo, Vienna. Aubè Prof. Beniamino, Parigi. Franck Prof. Adolfo, Parigi. Maximowich Prof. I. C., Mosca. Crepin Prof. Francesco, Bruxelles. Godefroi De Herder Prof. F., Pietro- burgo. ì Balfour I. Hutton. Bruxelles. Lance Dott. Giovanni, Danimarca. Bounfaurt Dott. Giulio, Parigi. D'Andrein Barone F., Werbourg. Haynald Mons. Ludovico, Cardinale, Arcivese. di Colocza in Ungheria. Buchenau Dott. Francesco, Brema. Morren Dott. Eduardo, Liegi. Boot Gherardo Cornelio Prof. Giov., Amsterdam. Rayas Sourindro Mohun Tagore, (ial- cutta. Bouchholtz Dett. Ermanno, Berlino. Minckwiiz Prof. Dott. Giov., Lipsia. Melizel Dott. Ugo, Glaudiopoli. Agassiz Dott. Alessandro, Cambridge, Hayden Dott. F. V., Washington. Durand Prof. Francesco, Gand. Ulrici Prof. Ermanno, Halle. Crane Prof. T. F., Nuova York. Hock Dott. Prof. Augusto, Liegi. Lévéque Prof. Carlo, Parigi. Bouillier Prof. Francesco, Parigi. Laveleye Prof. Emilio, Liegi. Delbcenf Prof. Gius. R. L. De Saint Hilaire Barth, Parigi. Liagre J. B. J., Bruxelles. Morhange Salvatore, Belgio. 15 Henry Dott. Giacomo, Dublino. Eli K. Price, Filadelfia. S. Vaux Guglielmo, Filadelfia. Philippis Junior Enrico, Filadelfia. Pedroso Consigliere Prof. Z., Lisbona. Poniropouios Prof. Eusebio, Atene. Millou Dott. Deodato, Marsiglia. ‘Tohibal Prof. Pietro, Monaco. Lubansky Alessandro, Smolensko. Pietrasanta Pref. Prospero, Parigi. Newbourg Dott. Ferd., New-York. Buchenberger Dott. Filadeifia. Spencer Dott. F., Whashington. Tryon Dott. Giorgio, Washington. Withmey Dott. J., Cambridge. Lebon Dott. Leone, Bruxelles. Fhlogiitis Dott. Teodoro, Atene. D’Huguet Dott. I. D., Montreal Canadà. Selorgn Dott. Alfredo, Inghilterra. Brigihon Dott. Merille de Merville, Inghilterra. Sitiwenson Dott.. Prof. Giov., New- York. Month Dott. Ambrogio, Chili. ELENCO DELLE Accademie, Società, Istituti seientifiei, Direzioni di Giornali CHE SONO IN CORRISPONDENZA con la R. Accademia Palermitana di Scienze, Lettere e Belle Arti MUTI FAVIAIDA! Acireale Accademia di scienze, lettere ed arti. Arezzo R. Accademia Petrarca di scienze, lettere ed arti. Bergamo Ateneo di scienze e lettere. Bologna Accademia di scienze. Brescia Accademia di scienze. Catania Accademia Gioenia di scienze naturali. » Collegio d’ ingegneri ed architetti. Firenze R. Accademia della Crusca. » Atti della Rivista scientifica industriale. ) Biblioteca Marucelliana. » Biblioteca nazionale. )» Bollettino della Sezione fiorentina della società africana d’ Italia Genova R. Accademia delle scienze mediche. Livorno Annali degl’ Istituti tecnico e nautico della R. Scuola delle costruzioni navali, Lucca R. Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti. Mantova R. Accademia Virgiliana. Milano R. Istituto lombardo. » Società italiana di scienze naturali. » Accademia di belle arti. » Accademia fisico-medico-statistica. 18 Milano Moncalieri » » Napoli » Palermo ») Pavia » Perugia ») Pisa » »)) | Roma » » » Ravenna Savignano Siena Torino » Urbino Venezia » Verona Vicenza » Rivista italiana di scienze naturali e loro applicazioni. Bollettino decadico dell’Osservatorio. Bollettino meteorologico. Bollettino mensuale. Società reale delle scienze. Accademia di scienze e lettere. R. Accademia medico-chirurgica. R. Accademia di archeologia e lettere. R. Accademia di scienze morali e politiche. Commissione di agricoltura e pastorizia. Giornale del comizio agrario. Accademia di oftalmologia. Società oftalmica. Accademia di belle arti. Annali dell’ Università. Accademia di lettere. Atti della Società toscana di scienze naturali. Archivio giuridico. Ministero dell’ Interno. Ministero di Pubblica Istruzione. Ministero di Agricoltura, industria e commercio. Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti. Biblioteca del Senato. Biblioteca della Camera dei Deputati. R. Accademia dei Lincei. Società degli Spettroscopisti Italiani. Commissione speciale d’Igiene. Ufficio centrale di meteorologia italiana. Accademia delle Belle arti. Accademia dei Filopatridi. Accademia dei Fisiocritici. R. Accademia. Accademia di Belle arti. Atti dell’Istituto di Belle arti delle Marche. Istituto di scienze, lettere ed arti. Notarisia commentarium phycologicum. Accademia di agricoltura. Accademia Olimpica. Accademia di scienze e lettere. sti VR AA e el ee : v A bbeville Chambéry Cherbourg Dijon Montpellier Paris ») » » » Rouen Toulouse Tours Bruxelles Haarlem » » Braunschweig Bremer Konigsberg Wiesbaden 19 FRANCIA Société d’ émulation. Académie des sciences, belles lettres et arts de Savoie. Société des sciences naturelles. Académie des sciences, arts et belles lettres. Académie des sciences et lettres. Société nationale d’ agricolture de France. Académie des sciences et lettres. Société d’ encouragement pour l industrie nationale. Le progrés medical. Société geologique. Revue internationale de l’electricité et de ses applications. Archives slaves de Biologie. Académie des sciences, belles lettres et arts. Académie des sciences, inscriptions et belles lettres. Société d’agricolture, sciences, arts et belles lettres. BELGIO Académie royale des sciences, des lettres et des beaux arts de la Belgique. Observatoire royal. Société malacologique de Belgique. Société entomologique de Belgique. Société royale de botanique. OLANDA Hollandsche maatschappij der wetenschappen. - Société hollandaise des sciences. Musée Teyler. GERMANIA Verein fiur Naturwissenschaften. Naturwissenschaftlicher Verein. K. physikalisch òkonomische Gesellschaft . Nassau-verein fùr Naturkunde. 20 Buda-Pest » ») Pressburg Hermannstadi Trento » Trieste D)) Wien » Genéve )) Coimbra Lisboa Barcelona Madrid San Fernando Christiania )) Db) Stockholm )) » AUSTRIA-UNGHERIA K. Ungarische geolog. Anstalt. Royal Institut géologique de Hongrie. K. Magyar Tudomanios Akademia. Verein fiùr Natur und Heilkunde. Siebenburgischer Verein fir Naturwissenschaften. Società veneta-trentina di scienze naturali. Società adriatica. Società adriatica di scienze naturali. Società zoofila triestina. K. K. Zoologisch-botanische Gesellschaft. K. Akademie der Wissenschaften. SVIZZERA Institut national génevois. Societé de physique et d’ histoire naturelle. PORTOGALLO Jornal de sciencias mathematicas e astronomicas. R. Associacao dos Architectos civis e archeologos. Portuguezes. SPAGNA R. Academia de buenas letras. R. Academia de la historia. Instituto y observatorio de Marina. SVEZIA E NORVEGIA K. norske Frederiks Universitet. Norges officielle statistik. Videnskabs selkabet. K. Svenska vatenskaps Akademien. Entomologiska Férening. Académie royale Svédoise des sciences. Dublin ») Edinburgh London Manchester Moscou » St. Petersbourg » Baltimore Boston Cambridge » New Haven New York Philadelphia » Salem Washington Guadalajara Mexico 2A (GRAN BRETTAGNA ED IRLANDA Royal irish academy. Geological society of Ireland. Edinburgh geological Society. Society for the study and cure of inebriety. Literary and philosophical Society. RUSSIA Société imperiale des amis d’ histoire naturelle. Société impériale des naturalistes. Commission impériale archéologique. Académie impériale des sciences. STATI UNITI D’ AMERICA American chemical Journal. American Academy of arts and sciences. Harward college. American Academy of arts ad sciances. Connecticut Academy of arts and sciences. New York Academy of sciences, late Lyceum of na- tural history. Franklin Institute. Numismatie and antiquarian Society. Academy of.natural sciences. Essex Institute. War department. Smithsonian institution. United States geological and geographical Survey of the territories. American association for the advancement of the science. Constitution of the Anthropol Society of Washington. MESSICO Sociedad de Ingenieros. Revista cientifica mexicana. 99 Mexico Rio de Janeiro » Montreal » » » Ottawa ») Toronto Melbourne » Sydney Boletin del Ministerio de Fomento de la republica mexicana. i Observatorio meteorologico magnetico central. Observatorio astronomico nacional de Tambaja. BRASILE Museu nacional. Observatorio imperial. CANADA Geological and natural history Surwey of Canada. Académie commerciale catholique. The Canadian antiquarian and numismatic Journal. Britz association for the advancement. Institut Canadien francais. Société de colonisation. Canadian Institute. AUSTRALIA Royal Society of Victoria. Geological Society of Australasin. Royal Society of New South Wales. de TTT Piuo.E MIO ISSISSSSNA (Conto reso dal Segretario Generale) Il volume che or si viene pubblicando degli « Atti della R. Acca- demia palermitana di Scienze, Lettere e Belle arti » è il IX della nuova serie, ed abbraccia gli anni 1885 e 1886. Gravi e. non previste circostanze ci hanno ot a ritardarne Ja pubblicazione. La nostra Accademia, che ha un’ esistenza di oltre due secoli, e che è stata chiarissima così per le sue pubblicazioni, come per gl’ il- lustri personaggi che ne hanno fatto nobilissima parte, credette conve- niente di chiedere al R. Governo di venirle confermato il titolo di reale, del quale trovavasi già sin dal 1832 in possesso. E poichè venne graziosamente fatto buon viso a quel voto, fu cre- duto opportuno, che l’antico Statuto, per accomodarsi meglio alla ragion dei tempi, venisse in molte parti modificato. Non poche tornate accademiche furono pertanto a cotale opera de- stinate, donde le consuete scientifiche e letterarie letture dovettero per qualche tempo sospendersi. E già erasi dalla sovrana grazia ottenuto i] desiato decreto, che fu dato da Monza a 22 settembre 1884, in conse- guenza del quale veniva la nostra Accademia pareggiata a tutti quegli altri chiarissimi istituti , che per,cotesta qualità sono ammessi a par- tecipare delle prerogative contemplate dall’art. 33 dello Statuto fondamen- tale del regno; quando questa gioia veniva inaspettatamente e profonda- mente turbata dalla perdita, che la nostra Accademia soffriva del suo chia- rissimo e benemerito Presidente il Signor Giuseppe De Spuches e Ruffo- Principe di Galati. Deplorevole coincidenza! Quella tornata stessa ac- 2 PROEMIO «‘cademica, in cui si doveva dalla Presidenza annunziare all’ assemblea l’ ottenuto regio decreto, dovette servire ad annuziare la morte dell’ il- lustre suo Presidente, che quasi lasciava all'Accademia, in morendo, ‘come suo ultimo ricordo, quella onorificenza, ad ottener la quale aveva ‘egli spesa tanta opera e tanta sollecitudine. Non è mestieri ripetere qui, in brevissimi tratti, le insigni doti dell’illustre perduto Principe di Galati, che oltremodo fu caro al nostro «consorzio ed accettissimo a tutta la repubblica letteraria. L’ elogio che vien pubblicato in questo volume, sopperisce a quel tanto che noi ne vorremmo dire, e che non osiamo nei brevi limiti di una prefazione. L’ Accademia decretò un lutto di tre mesi e deliberò, che una so- Tenne commemorazione se ne facesse in pubblica tornata, per esprimere il lungo desiderio che a noi tutti di sè lasciava il chiarissimo letterato, ‘che aveva meritato di essere per lunghi anni per unanime voto confer- mato nella Presidenza dell’Accademia, che lo riguardò come suo nobile e degno rappresentante. A tenere quel posto venne chiamato il chiarissimo Comm. Gio- vanni Bruno, antico professore di Economia Politica nella R. Univer- sità di Palermo, il cui nome è venerato anche presso gli stranieri, per le sue dotte pubblicazioni, e che quasi primo introdusse o nobilitò fra noi lo studio di quella scienza, che oggi è riguardata come la protet- trice delle civili libertà. Con un bel discorso infatti, che noi riporteremo in questo volume, l’egregio novello Presidente, prendeva possesso dell’ufficio a cui era stato elevato, rilevando brevemente la storia della nostra Accademia, la no- bile prerogativa di Regia che le era stata raffermata, e lo scopo a cui dovrebbe essa mirare, per continuare le illustrazioni della sua “antica ‘esistenza. Nel ricomporre pertanto il magistrato accademico, non volle il no- stro sodalizio lasciare senza un segno di considerazione il benemerito e chiarissimo prof. ‘cav. uff. Giuseppe Bozzo, nestore dei letterati sici- liani, il quale ebbe per lunghi anni tenuto l’ufficio di Segretario Generale, e dell’Accademia promosse sempre l'incremento ed il lustro , e unani- memente venne eletto Presidente Onorario della stessa, e venne ascritto trai soci emeriti. Fu cura del nostro sodalizio di provvedere quei posti di soci attivi, che per la morte di egregi soggetti erano rimasti vuoti, e della classe dei soci collaboratori vennero promossi, secondo lo Statuto, illustri nostri confratelli, che per pubblicazioni e per altri titoli furon creduti merite- CONTO RESO DAL SEGRETARIO GENERALE 3 voli, di quella distinzione. Ad essi fu dato l'obbligo, a somiglianza di quello che è prescritto in altri congeneri istituti, di leggere uu ricordo del socio al cui posto fosse ciascun di essi stato sostituito. La Jue asiatica che venne per lunghi mesi a funestare la nostra Città, non permise alcuna tornata alla nostra Accademia, La rimem- branza ancor viva del grande lutto che avvolse sempre Palermo ogni velta che fu.straziata da quel morbo fatale, produsse, come era ben na- turaip, che ni nuovo. apparir, di questo, venissero tutte le classi pro- fondamente commosse, e possiam dir con Ovidio: Et lacrymae deerant oculis, et verba palato, Astrictun gelido frigore pectus erat. Pur tuttavia, come la densa nube vennesi dileguando, l'Accademia riprese i suoi lavori, e si diè luogo alle periodiche tornate. L’Accademie, non vi ha dubbio, non hanno oggi quella rilevanza che in altri tempi si avevano. Il bisogno di associazione, che una volta sentivasi anche per l'incremento ed il progresso delle scienze, oggi par che più non si voglia, e solo si ammette per gli scopi materiali e so- ciali. La scienza che ha voluto riconquistare la sua natia libertà , ri- fugge sdegnosa da quel sindacato, che sembrale potere incontrare nelle sale di una Accademia. Ognuno oggi ceredesi poter dare a sè stesso suffi- ciente consiglio, ed ognuno si crede, come diceva Orazio : Portis et in seipso totus, leres atque rotundus e quindi , invece di portare un lavoro al giudizio di un’ Accademia , si corre più volentieri alla stampa, che facile accesso offre ne’ numerosi giornali che giornalmente si pubblicano, oppur nelle riviste e nell’ effe- meridi, che godono di aver materia da impinguare le loro periodiche pubblicazioni. Ma comunque sieno oggi men che pria rispettate le funzioni delle Accudemie, non per tanto la nostra continuò fedele alla sua missio- ne, e molte letture hanno avuto luogo in quel breve spazio di tempo, che ci rimase da poter consacrare alle Accademiche radunanze. In questo volume noi non ne riporteremo che talune; ed abbiamo prescelto quelle che si attengono alla storia della nostra Accademia, e ad argomento della nostra storia particolare. Ci si dia per questa volta questa venia, perchè Amor patriae ra- tone vulenti.re omni (Ovid.): e per, altro giova di tempo in tempo ri- cordar le avite glorie, perchè l’ animo de’ nostri si accenda a’ grandi esempli che, ci hanno lasciato i nostri maggiori, e che formano un pa- trimonio onorevole per la patria terra. 4 PROEMIO Dopo il discorso del Presidente novello a cui abbiam voluto dare il posto di onore, segue una dissertazione dell’ instancabile Comm. Luigi Sampolo Professore di dritto nella patria nostra Università; il quale tolse: a far la storia de’ primi venticinque anni della Università di Palermo. Oltre le accurate notizie che attinse ad autentiche ed inedite fonti, e che ebbe arricchite di note e di documenti, ci ha ricordato illustri nomi che tanto contribuirono ad accrescere il lustro del patrio Ateneo, che fu come la pipiniera, d'onde la nostra Accademia venne sempre più rifornendosi degli egregi scrittori e degli illustri scienziati che Ja no- bilitarono. A questa storica dissertazione segue l’altra del non meno instan- cabile Prof. Vincenzo Di Giovanni, che volle più propriamente dar la storia della nostra Accademia Palermitana. Egli, fatto cenno di tante Ac- cademie che furono in Palermo sin dal 1549, che ebbero nomi quale di Solitari, quale di Risoluti, quale degli Stravaganti ed Alati ete., venne poi a quella del Buongusto, che oggi è divenuta R. Accademia delle Scienze Lettere e Belle Arti. In questo lavoro che per intero pubbli- chiamo, si hanno notizie che sarebbe vano il ricercare nelle Storie lette- rarie di Sicilia, e nelle Storie di questa nostra Accademia, giacchè il chia- rissimo disserente ebbe a durar fatica nel ripescare tutte le particolarità che dell’ Accademia ci ha dato, ne’ manoscritti che si conservano nelle: nostre Biblioteche, e che con non comune accuratezza e pazienza ha svolto, sfiorandone tutto quel che di bello e di peregrino vi si conserva. Segue indi una memoria del chiarissimo Comm. Ab. Evola, che, già Bibliotecario della Nazionale di Palermo, ha avuto la propizia occa- sione di seguire lo svolgimento dell’ arte tipografica in Sicilia. Egli ebbe prima pubblicata la storia della stampa per Palermo e Messina: ora ne: ha seguito il progresso in altre città, come Catania, Girgenti, Monreale, Cefalù, Siracusa, Mazara, Militello, Polizzi ed altre, indicando le edizioni che si hanno di tutti cotesti luoghi e rilevandone i pregi artistici e le specialità relative. È un discorso, cotesto del Socio Evola, che si fa leggere con pia- ‘cere da tutti coloro che amano la Storia, e che lusinga altresì | amor proprio di ogni siciliano. Avremmo voluto riportare il discorso che lesse il chiarissimo prof. Comm. Saverio Cavallari, al quale la Sicilia è debitrice di tante scoperte archeologiche che egli ha fatte nell'antica Selinunte e di recente in Si- racusa; ma ci riserbiamo di ciò fare nel seguente volume, non essen- dosi potuto aver in pronto le litografiche tavole di alcune figure umane che son dipinte ne’ vasi a cui il discorso si riferisce. E CONTO RESO DAL SEGR!TARIO GENERALE o Pubblichiamo ben volentieri un discorso che sotto il modesto titolo di Note lesse in Accademia il mentovato Prof. Di Giovanni: Sulla pub- blica istruzione in Palermo, ne’ secoli XIV e XV. Si troveranno in cotal discorso raccolte molte notizie particolari sullo stato degli studi in Sicilia, sugli assegnamenti che si facevano dal Municipio di Palermo a quei giovani che si mandavano a studiare fuori dell’Isola, ed altre par- ticolarità che si riferiscono allo stato economico della Sicilia in quei tempi. Da ultimo abbiam voluto raccogliere in uno il discorso le iscrizioni e le poesie, che ebber» luogo perle solenni funebri onoranze che l'Ac- cademia volle rendere al suo dilettissimo estinto Presidente Principe di Galati. Il discorso fu letto dal socio Prof. Ugo Antonio Amico, che con isquisito gusto estetico rilevò benissimo le bellezze delle poesie dell’ e- gregio letterato. Sia questa un’ultima testimonianza di affetto che ben meritò il chia- rissimo uomo, e possa la memoria di lui conservar sempre acceso nel- l'animo de’ nostri accademici il sacro fuoco, che egli seppe così soler- temente custodire, dell'amore alle lettere ed alla patria. Oltre la perdita del Presidente, ha l'Accademia rimpianto la morte di altri suoi soci, de’ quali è giusto che si faccia un mesto ricordo. Nel novero de’ soci attivi, noi perdemmo il Duca Federico Lancia di Brolo, che tanto amore ebbe per gli studi archeologici, statistici, e di storia naturale, e che più volte tenne le funzioni di Segretario Ge- nerale della nostra Accademia. Mancò pure il socio Federico Napoli, che fu chiaro per gli studi di matematica e di fisico-matematica , e che da Deputato nazionale tenne lungamente l'ufficio di Segretario Generale del Ministero della Pubblica Istruzione. x Perdemmo il Barone Angelo Porcari, che era Tesoriere della nostra Accadeinia, e che con grande amor coltivava le scienze di storia naturale. Moriva il prof. Giovanni Raffaele, medico riuomatissimo, cd uomo politico, il quale lasciò pubblicate alcune sue memorie sulla rivoluzione di Sicilia del 1848 e del 1860. Il Cav. Giulio Albergo, nostro antico socio che pur perdemmo, si ebbe nome per gli studi di Economia politica, de’ quali ebbe a dar chiara prova nell'esercizio che tenne della carica di Intendente di Finanza. Dolorosa ci riuscì la perdita del prof. P. Paolo Cultrera de’ Tea- tivi. I suoi lavori sulla Flora Biblica, sulla Fauna Biblica, sulla Mine- b) - 6 PROEMIO rologia Biblica, ci fecero conoscere quanto famigliare fosse a lui lo studio di ogni specie di storia naturale, e come avesse saputo farne l’ appli- cazione alla antica scienza biblica. Anzi ci diede pure una bella opera intitolata la Scienza e la Bihbia, dove, da profondo teologo, fece dimo- strato come la dottrina cattolica nulla avesse da temere delle nuove scoperte delle scienze naturali, e come entrambe potessero amicamente congiungersi. Oltre a dette opere scrisse Ja vita dell’illustre Teatino P. Ventura che fu suo congiunto; e diversi scritti pubbilcò sulla storia Ee- clesiastica, di cui era Professore in questa R. Università. Dolorosa ugualmente ci fu la perdita del P. Salvatore Lanza dei Principi di Trabia, che, amante della patria storia, spesso leggeva su argomenti di questo genere, e molti ne pubblicò per le stampe, oltre un compendio della storia Ecclesiastica di Sicilia. Fu compianta la morte del socio Giulio Tammasi Principe di Lam- pedusa, cultore chiarissimo della scienza Astronomica, il quale aveva financo fatto costruire nel suo palazzo un osservatorio ricco di strumenti. Di recente abbiamo avuto la perdita dell’Avv. Gaetano Deltignoso professore di dritto Commerciale nella nostra Università, e del dottor Francesco Pignocco, cultore della scienza Psichiatrica, che tanto si ado- però in sollievo de’ poveri alienati che ebbero perduto il ben dell’intel- letto: entrambi erano nostri soci attivi. Nella classe dei soci emeriti rimpiangemmo la perdita del barone Vito d’ Ondes Reggio, nome ben conosciuto per le sue pubblicazioni di dritto Costituzionale, e pel posto che tenne al Parlamento italiano, ove sostenne con coraggio e con dottrina i dritti della Chiesa. E dolorosa ci fu pure la perdita del Venerando abb. Domenico Be- nedetto Gravina di Comitini, Cassinese. La sua grande opera « Illustra- zione del Duomo di Monreale » è un monumento che lo additerà alla memoria de’ posteri, e che lo rivela sommo archeologo, storico, ed ar- tista. Tra gli onorari, che furono una volta soci attivi, ricorderemo, oltre il Principe di Comitini Michele Gravina, illustre letterato e diplomatico, il Rev. Mons. D. Domenico Turano Vescovo di Girgenti, il quale si segnalò per la profonda conoscenza della lingua Ebraica, e per nume- rose pubblicazioni sulla archeologia sacra, su argomenti religiosi, e pre- cipuamente sulla Bibbia. Tra’ nostri soci collaboratori deploriamo la morte dell’antico socio Avv. Antonino Zerega, che tanto nome si ebbe nel Foro, e mostrossi sollecito del decoro del nostro sodalizio, alle cui tornate era assiduo fino a tanto che la debole sua salute glicl permise. CONTO RESO DAL SEGRETARIO GENERALI NI Non lasceremo senza ricordo la perdita amarissima che fra i soci corrispondenti nazionali facevamo dell’illustre latinista canonico Giuseppe Vaglica di Monreale. Egli fu maestro in latinità a tutta quella eletta schiera di poeti latini che tanto onorano quel seminario, ed assiduo cultore di latina favella, seppe cogliere e far suo tutto quello che di squi- sito e di elegante si trovi ne’ classici latini come in Virgilio, ip Orazio, in Ovidio, in Catullo. Quante bellezze non si rivelano nella traduzione che egli fece di alcune poesie siciliane del Meli! Non par vero! Il dia- letto siciliano che ha tante foggie di dire e tanti idiotismi, che in italiano, mon possono conservare la nativa loro bellezza, può dirsi che per l’abi- lità di quel grande latinista, conservò la originaria sua freschezza pur sotto le austere e gravi forme della poetica lingua latina. La perdita di tanto uomo, che fu a tutti caro per la modestia e per la ingenuità del suo animo, come per la dottrina di cui era ricchissimo, fu generalmente compianta. Non ci allunghiamo in commemorare le perdite di altri soci corri- spondenti, come del Busacca, del Casorati, del Cucca, del Buroni, del Garrucci, del Mamiani; e recentemente del Curioni fra’ nazionali corri- spondenti : e del Vittor Hugo, e di M. Monnier fra gli stranieri. La nostra Accademia, che ebbe l’onore di notare i nomi di cotesti illustri scrittori nella sua scientifica famiglia, si contenta di farne do- lente ricordo, sicura che là dove essi vissero e rendettero chiarissimo il loro nome, non sia per mancare un elogio che ne rammenti più estesa- mente i meriti, e ne riampianga la morte. N..B. In corso di stampa è morto l’esimio prof. Giuseppe Lo Cr- cero. Ci riserbiamo di far un cenno nell’altro volume, delle virtù e dei titoli di cotesto chiarissimo scienziato. ASL RIMA DISCORSO PRONUNZIATO DAL PRESIDENTE DISCORSO pronunziato dal Prosidente COMM. PROF. GIOVANNI BRUNO Tlustri Lecademici, Ho provato una viva commozione al pensiero di occupare questo seggio; il ricordo dell’uomo insigne che vi sedette per parecchi anni mi attrista profondamente, non solo perchè ci legava da giovani un’ami- cizia affettuosa e costante, fin dall'epoca in cui fummo insieme deputati al Parlamento Siciliano del 1848, ma perchè ho pure la coscienza di non potere rendere a questo nobile e dotto Sodalizio quei servigi illu- minati ed utili che a Lui meritarono la benemerenza concorde di tutti gli accademici. Questo convincimento mi rende timido presentandomi dinanzi a Voi, egregi Soci, quantunque avessi piena fiducia nella vostra indulgenza di già addimostratami nel generoso e spontaneo suffraggio di cui mi avete onorato. - Comincio adunque per esprimere a voi illustri colleghi, la più sentita gratitudine pel grandissimo onore che avete voluto conferirmi nominandomi Presidente di questa rinomata Accademia, e che io accetto soltanto come un incarico di assistere alle vostre sapienti adunanze e dirigerne le discussioni. D'altronde son di avviso doversi precipuamente la dignità e la re- putazione di un sodalizio scientifico al nome splendido ed ai lavori importanti dei soci che vi appartengano, anzichè al nome, qualunque esso sia, del solo presidente. Io dunque rivolgo a Voi una preghiera efficacissima e sincera, ed è quella di continuare ad intervenire nelle è dui 4 DISCORSO PRONUNZIATO nostre sedute e di concorrere colla vostra dottrina e con la vostra pro- vata solerzia al maggior lustro di questo Istituto. Io di già son lieto che alla nostra Reale Accademia pervengono quasi ogni giorno gli omaggi di tutte le altre consorelle nazionali e straniere, che ci rimettono costantemente le loro dotte pubblicazioni e alle quali noi facciamo dovuto ricambio dei nostri Atti. i E sono lieto ugualmente che il Governo del Re, dopo di avere ricon- fermato a questa sapiente Accademia l’antico suo titolo di Regia, ha pure approvato con decreto Sovrano lo statuto da noi recentemente modificato, affine di renderlo più consentaneo all’esigenze dei tempi e al maggiore decoro della nostra corporazione. Se da noi per lunghissimo tempo fu pensatamente trascurato questo titolo di reale accademia, per motivi a tutti noti abbastanza, non pote- vamo adesso, che godiamo di libere istituzioni, trasandare ancora questa antica nostra onoranza di cui si fregiano adesso i più reputati sodalizii del nostro reame, allorchè vogliano partecipare degli effetti e delle di- stinzioni contemplati nello Statuto del Regno. Certamente fu lodevole per la nostra Accademia di negligere il ti- tolo di regia in un tempo in cui la scienza non poteva manifestarsi con quella libertà e quella indipendenza che sono condizioni fondamentali dei corpi accademici, i quali avendo lo scopo di ricercare la verità deb- bono essere libere di qualsiasi ostacolo o depressione. Però allorquando il Potere limita il suo intervento ad una prote- zione morale, mettendo al medesimo livello, tutti i sodalizi scientifici che lavorano pel progresso delle scienze e delle lettere e accordando loro le medesime prerogative e gli stessi ajuti, allora non è più conveniente nè utile di considerarlo come avversario. Con questo convincimento da noi si pensò, dapprima a far confer- mare dal governo l’antico titolo di regia Accademia, e all’uopo ci gio- vammo della fortunata occasione, della presenza di un illustre nostro socio, l'on. Comm. Baccarini, (allora Ministro dei lavori pubblici) il quale trovandosi in Palermo volle prender parte ad una delle nostre tornate ch’ebbe luogo nel Palazzo del rimpianto Principe di Galati. Fu allora che da me e da parecchi altri socii si manifestarono i mo- tivi pei quali dalla nostra Accademia non si volle usare per qualche tempo di questo antico titolo, che oggi desideravano riconosciuto e con- fermato dall’Augusto Monarca che regge i destini d’Italia. E difatti, in seguito alla efficace cooperazione dell'onorevole Bacca- rini, fu partecipato a questa Accademia dal Ministero della casa Reale il seguente decreto. ui L DA SLA PT i pa RETTA La n VA DAL PRESIDENTE COMM. PROF. GIOVANNI BRUNO 5 Roma li 22 Maggio 1882. Illustrissimo Sig. Presidente, « Ho avuto l’onore di riferire a S. M. il Re il vivo desiderio del- I Illustre Accademia dalla S. V. presieduta di ottenere dalla Sovrana Benignità Ja conferma del titolo di Regia. « Sua Maestà nel desiderio e nello scopo di far palese quanto abbia a cuore l’ alta coltura nazionale, e quanto apprezzi i sodalizi che ne tutelano gli interessi e ne promuovono lo sviluppo, si è degnata , in base pure al voto favorevole emesso dal Ministero dell’Istruzione Pub- blica, di confermare a cotesto Istituto, dei buoni studi tanto beneme- rito, l’invocata distinzione. « Nell’ annunciarle, Ill,mo Signor Presidente , per gradito incarico avutone da S. M. tale graziosa determinazione Sovrana, senza entrare in merito agli effetti, godo poterle offrire |’ attestato della mia distintis- sima considerazione. « Firmato — Il Ministro VISONE » Di conseguenza a questo Sovrano Decreto la nostra Accademia, con- formemente alla pratica degli altri regi istituti scientifici, doveva altresì fare approvare dal Governo il nostro Statuto, il quale portava ancora l’ultima sanzione della Luogotenenza del tempo. Fu per questo che io interpretando il pensiero dei chiarissimi accade- mici, nella tornata del 20 gennaio 1884, mi permisi proporre di rivedere il nostro Statuto affine di modificarlo in qualche parte nella quale non sì trovasse coerente al più elevato svolgimento della nostra istituzione, e a quelle necessarie forme e condizioni che rendono meno facile e più ambita l'ammissione dei novelli soci. L'assemblea si convinse allora della necessità e della convenienza di qualche riforma e ne affidò lo studio ad una Commissione composta dal preclaro Presidente Principe di Galati, dagli illustri soci prof. Sam- polo, prof. Di Giovanni, Abbate Lanza di Trabia, prof. Maggiore-Perni e alla quale anch'io come proponente ebbi l’onore di appartenere. E la Commissione, con molta alacrità, attese alle riforme necessarie del nostro statuto, e l'Accademia nella seduta del 23 giugno ultimo ap- provò le proposte delle modificazioni che si giudicavano convenienti, perlochè fu rassegnato il novello statuto al Real Governo per la neces- saria approvazione. E dopo breve tempo veniva partecipato alla presidenza il seguente decreto : 2 SETS 6 DISCORSO PRONUNZIATO UMBERTO I. per la grazia di Dio e per volontà della Nazione RE D'ITALIA « Visto lo schema di statuto approvato dalla R. Accademia di scienze lettere e belle arti a Palermo nella tornata del 23 giugno 1884. « Visto l’elenco dei soci attivi della predetta R. Accademia. «Sulla proposta del Ministro Segretario di Stato per la pubblica i- . struzione. « Abbiamo decretato e decretiamo : « Art. 1. I soci attivi della R. Accademia di scienze, lettere, e belle arti di Palermo, descritti nell’ elenco annesso al presente decreto, sono confermati nel loro ufficio. « Art. 2. E approvato lo Statuto annesso al presente decreto e firmato d’ordine Nostro dal predetto Nostro Ministro Segretario di Stato per la pubblica Istruzione. « Il predetto Nostro Ministro è incaricato della esecuzione del presente decreto che sarà registrato alla Corte dei Conti ». Dato a Roma a 22 Settembre 1884. Adesso adunque alla nostra Accademia nulla manca per continuare con la sua antica energia, e se fia possibile, con maggiore solerzia, a mantenere il rango che ha saputo acquistare coi suoi lavori, e che ri- conosciuto e riconfermato dalla Augusta parola del Re vien pareggiato altresì alle altre regie corporazioni scientifiche del Regno. Io so bene che ad ogni grande opera sia necessario il concorso e lo aiuto dei mezzi pecuniari, i quali, malgrado la provvida munificenza del nostro Municipio, spettabile patrono di quest’Accademia, non sono suf- ficienti per occorrere ai convenienti bisognì della stampa degli atti e delle solennità straordinarie del nostro sodalizio. Perlochè io mi per- metto di pregare i miei rispettabili colleghi, di portare il loro studio sui mezzi di migliorare la condizione finanziaria del nostro Istituto, rivolgendo ‘ anche la loro attenzione sulla convenienza di seguire la pratica di altre simili istituzioni, cioè quella di rendere più frequenti e più diffuse le nostre pubblicazioni, mercè un prezzo di abbonamento, siccome pratica, fra le altre, la Reale Aecademia dei Lincei, non ostante la pingue dota- zione di cui essa può disporre. Così molti cultori di studì severi; che non appartengono alla nostra Accademia, potrebbero acquistare i lavori che noi pubblichiamo periodi- camente e che finora restano quasi un privilegio per noi e per le altre istituzioni nazionali e straniere, le quali forse non fanno altro che deporre negli scaffali delle biblioteche i volumi che noi vi mandiamo periodicamente. vii; RIA ALE ai RI GI i è RA LI |a VRFRITMACLTE Î fi DAL PRESIDENTE COMM. PROF. GIOVANNI BRUNO 7 I° Accademia certamente sì affretterà a colmare i posti vacanti di soci attivi rimasti vuoti per parecchi anni; e però siccome alcuni altri soci per mutamento di ufficio, di residenza o per evidente anzianità possono collocarsi in altre categorie, il numero dei seggi a ricolmare potrà ascen- dere a circa un terzo dei soci attivi. Io son sicuro che il Consiglio accademico, di cui fan parte i funzionari delle classi, nella proposta delle promozioni, saprà scegliere quei soci che pel loro nome, i loro studi, le loro pubblicazioni e il loro amore a questa nobile istituzione potranno renderla più vita'e, piu attiva, più laboriosa e far crescere semprepiù quel lustro e quella rinomanza per cui perio- dicamente le pervengono gli omaggi delle opere pubblicate da tutte le Accademie scientifiche e letterarie del mondo civile. Mi permetto per ultimo di raccomandare allo studio dei miei sapienti colleghi, se mai fosse utile d’introdurre per dati argomenti scientifici le discussioni orali, siccome praticavasi in alcune antiche accademie e siccome praticasi tuttavia nella Società statistica di Londra, in tutte le Società di economia politica, e in parecchie altre dove si discutono ar- gomenti di una grande importanza scientifica, sociale e politica. È già provato che la discussione parlata in certe quistioni attira mag- giore attenzione e desta maggiore interesse che la semplice lettura, e giova altresì ad imprimere un movimento più attivo alla vita intellettuale, poichè le discussioni orali richiamano un uditorio numeroso, il quale in alcuni argomenti preferisce la voce dello scienziato, d’ordinario più inci- siva e più appassionata, anzichè la parola scritta, che spesso non attira l’attenzione costante di coloro che ascoltano. Questo metodo usato a volte darà per altro alle Accademie l’antico loro carattere di scuola, come quella filosofica di Platone tenuta in Atene nei giardini di Academo da cui presero nome le posteriori adunanze e corporazioni scientifiche. D'altronde, se anche fosse nuovo un tale sistema, io sarei più fiero che la nostra antica Accademia potesse darne l’ esempio e giovare ad introdurne la pratica, perchè noi abbiamo pel nostro sodalizio il blasone dell'anzianità fra le più illustri associazioni congeneri dell'Europa. Difatti da un lavoro statistico pubblicato nel 1860 dal Dr. Ami Boué, membro della Accademia imperiale delle scienze di Vienna, rilevasi che dalle 18,955 Accademie che ebbero esistenza nel mondo civile, e delle quali ne re- stano ancora 8,436, soltanto 1021 ebbero origine dal terzo secolo fino al 1790, e le altre 17934 nacquero nel breve periodo di 80 anni succes- sivi. Per cui la nostra Reale Accademia, fondata nel 1718, si trova ab- bastanza provetta fra le più rinomate. E per citarne alcune dirò che 1°I- stituto imperiale francese, fondato colla costituzione del cinque fruttidero 8 DISCORSO PRONUNZ. DAL PRES. COMM. PROF. GIOV. BBUNO anno III, ebbe una più conveniente organizzazione nel 1803 e fu riformato dappoi in Accademia francese nel 1816, e poscia nel 1832, sulla propo- sta di Guizot, fu ricostituito in Accademia delle scienze morali e politiche. L'Accademia di Gottinga, considerata come una delle più celebri della Alemagna, fu creata nel 1750; quella imperiale e reale di Bruxelles nel 1772; l'Accademia imperiale delle scienze di Pietreburgo nel 1724. E quanto poi alla nostra cara Penisola mi piace ricordare che l’Ac- cademia reale di Napoli sorgeva nel 1780 e riorganizzavasi nel 1860, e quella reale di scienze, lettere ed arti nel 1812; l’Accademia di Padova di scienze lettere ed arti fondavasi con decreto del Senato di Venezia nel 1799, e il sodalizio dei fisiocritici di Siena, sebbene vanti la sua ori- gine dal 1691, prese sviluppo ed importanza dal 1799, allorquando fu riorganizzato come Accademia imperiale e reale. Mi parrebbe adunque, che se il nostro sodalizio può vantare fra i più celebri un titolo di priorità, potrebbe altresì tentare qualche innova- zione nelle pratiche accademiche, quando niun’altra consorella le avesse di già attuato. Debbo infine: manifestare il mio grande compiacimento per due mo- dificazioni apportate al nostro statuto: quella che ha dato all’ufficio della Presidenza lo aiuto di due Vicepresidenti, e l’altra che ha dato al Se- gretario generale l'assistenza di un Segretario aggiunto; ed io son fiero di avere a compagni in questo ufficio due illustri professori della nostra R. Università (1), i quali certamente per la loro dottrina, per la lealtà del carattere e per l’amore a questo istituto mi saranno generosi della loro valida cooperazione, che io invoco con tutta la sincerità dell’animo mio. E sono egualmente sicuro che alla nota operosità ed intelligenza del novello Segretario generale (2) concorrerà alacremente l’erudito e stre- nuo Avvocato che l'Accademia ha nominato per segretario aggiunto (8). E ora conchiudo, egregi colleghi, ripetendovi l’espressione della mia riconoscenza per l’onore conferitomi; ed io, Onorevoli Soci, terrò l’ufficio della presidenza con maggiore coraggio, se potrò fare assegnamento, siccome ne ho fiducia, nel vostro ajuto e nella vostra indulgenza, augu- randomi che il tempo ed il lavoro mi fornissero dei titoli più sicuri per giustificare il vostro voto. (1) Comm. Niccolò Cervello, Comm. Salvatore Cusa. (2) Comm. prof. Vincenzo Crisafulli. (3) Cav. Michele Russo-Onesto. — oo CLASSE DI LETTERE ED ARTI BARRIERA SR i SITE I PRIMI 25 ANNI DELLA REGIA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO EEE URIE fatte nelle tornate di dicembre 1883, e agosto 1884 ALLA R. ACCADEMIA DI SCIENZE, LETTERE E ARTI dal Socio Prof. LUIGI SAMPOLO LE ORIGINI. La Compagnia di Gesù che avea diffuso in tutta Europa le sue case, i suoi collegi, le sue scuole e si era resa celebre per la pietà, la dot- trina, e pei servigi prestati alla pubblica istruzione, attirò nella seconda metà del secolo decimottavo gli sdegni e leire delle potenze. Lo spirito pubblico era sorto potentissimo qual mai per lo innanzi era stato. I Ge- suiti furono fatti segno alle persecuzioni, imputandosi loro una morale lassa, cedevolezza ad umani rispetti nella China, ambiziose voglie in Ame- rica e l’adozione della dottrina del regicidio. Il Portogallo, non ottenuta dal Pontefice la espulsione di quell’Ordine, diè primo l'esempio e lo cacciò fuori del suo territorio, e ne confiscò i beni. Lo seguirono prima la Francia e poi la Spagna. Nè in Napoli e in Sicilia ove regnava Ferdinando fi- gliuolo del Re di Spagna, e reggeva le cose di stato il sommo Ber- nardo Tanucci, potevano i padri di quella Compagnia rimanere incolu- mi, e pria dall’un regno e poi dall’altro vennero espulsi. Re Ferdinando operò attivamente per ottenere il bando, e nel decreto di espulsione disse richiedere la quiete, la sicurezza e la felicità dei suoi popoli, che la Compagnia di Gesù fosse per sempre abolita ed esclusa perpetuamente dalla Sicilia. Im Palermo il grande avvenimento si compì nella notte del 20 novembre 1767, e furono deputati allo eseguimento dei sovrani or- dini cifique ministri. Rimandati alle loro famiglie i laici e i novizii, 4 I PRIMI 25 ANNI gli altri furono tutti obbligati ad uscire dal regno, e ne furono confi- scati i beni, le librerie, i musei, le cose preziose. I Gesuiti da due secoli avevano nelle loro mani la istruzione della gioventù in tutta l’ isola. Nel loro collegio di Palermo s’ insegnava la grammatica divisa in tre classi, le umane lettere, la poesia, la rettorica, la lingua greca, la fisica, la logica, la metafisica, l’etica , o la spiega- zione degli ufficii di Cicerone, la matematica, il diritto ecclesiastico, la teologia morale, la polemica, la dommatica, la scolastica e la sacra Scrittura. Ed essi avevano il privilegio di conferire la laurea in filoso- fia e in teologia. Dal dì del loro bando le scuole rimasero chiuse. Ma bentosto no- minatisi dal governo alcuni preti maestri delle scuole di grammatica, il 22 dicembre la cittadinanza vide con gioia nuovamente aperto il Col- legio Massimo ai molti giovani che ivi erano soliti accorrere. Il mede- simo provvedimento venne recato in atto nei varii luoghi del regno, nei quali i Gesuiti avevano i loro collegi. ; Istituito poi un magistrato per sopravvegliare ai beni dei Gesuiti, alle loro chiese, e alle scuole del Regno, fu detto Giunta di Educazione e dichiarato indipendente da qualunque tribunale. Ne fu presidente il vi- cerè Fogliani Giovanni marchese di Pellegrino, e membri i ministri de- legati per la espulsione , toltone uno che fu surrogato dal presidente della Gran Corte. Dopo alquanti mesi componenti di quella Giunta fu- rono dal re nominati Mons. Serafino Filangeri Arcivescovo di Palermo, Mons. Francesco Testa Arcivescovo di Morreale, il Consultore del Go- verno Diodato Targiani, l’ avvocato fiscale Giuseppe Jurato», e il giu- dice Giov. B. Paternò. Frai quali rifulgevano due egregi nomi, quello del Paternò, e l’ altro ancora maggiore del sommo prelato morrealese. Curò questa Giunta di provvedere d’ insegnanti le scuole superiori e nominò Francesco Carì per la teologia dommatica, Vincenzo Fleres per la catechistica, Niccolò Cento per la matematica, Giuseppe Nicchia per la fisolofia, Rosario Bisso per la logica, geometria ed algebra e Gae- tano Sarri per l’etica o spiegazione degli ufficii umani. Carì e Fleres, l’uno e l’altro palermitani ed entrambi valenti maestri prima del diritto naturale e poi delle scienze teologiche; Carì robusto di mente, Fleres sottile; immaginoso l’uno, fervido l’altro; quegli grave. e insieme leggiadro nella esposizione , e questi presto e ragionato nel dire, l uno amante della società pur plebea, l’altro della solitudine (4).. (1) Vedi Scià — Prospetto della Storia letteraria del secolo XVIII, vol. Il, p.. 62. MIRI TE PO Lana SL np "PORRI P P, ue PIL DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 5) Il Carì che fu filosofo, maestro in gius naturale, teologo e poeta, lasciò alcuni saggi teologici — Oratio inauguralis de finibus theolugiae docta ignorantia regundis—De fortuna theologiae praesertim in Sici- lia ae de nova scholarum sacrorumque studiorum rutione sub auspi- ciis Caroli et Ferdinandi—Specimen historico-criticum de ethnica re- ligione—De religione eique adversis erroribus —i quali saggi riuniti insieme formano il primo volume delle sue opere che rimase unico ; scrisse un discorso Sul buon uso della ragione fatto da S. Tommaso a benefizio della teologia; vari elogi funebri, una orazione pel ricevimento di Mons. Sanseverino nell'Accademia del Buon Gusto, alcune poesie ed una fine ironia contro ‘i Gesuiti (1). ; Del Fleres abbiamo edito un compendio delle Istituzioni di diritto naturale, diviso in tre parti; rimasero inediti e si conservano tra i ma- nosceritti della Biblioteca Comunale le Zstitusioni del diritto naturale, è un ?rattato Canonico (2). Cento, già professore di matematica fin dal 1744 nello studio di me- dicina fondato dal Senato nello Spedale, avea giovato a volgarizzare fra noi quella disciplina, e sgombrati i bronchi e le spine della filosofia a- raba peripatetica e sciolti gl ingegni dagli antichi ceppi, egli avea indi- rizzato la gioventù’ verso le sode scienze, e primo introdotto fra noi la filosofia Leibniziana. E lè orme segnate da lui altri già nobilmente se- guiva. Il facile e gentile Nicchia, come Antonio Comella in Termini, e Giacomo Sciacca nel seminario vescovile di Mazzara , era seguace delle salutari riforme operate da lui. Rosario Bisso erasi acquistato nome di giusnaturalista e romanista con due orazioni inaugurali e due studi di diritto naturale che furon pubblicati nel 1760 e 1761 (3), oltre 60 esercizi di gius naturale meto- dicamente disposti. Ciò sono : « De jurisprudentia polemica ad jus na- tarale revocanda, sive de jure civili a bono et aequo naturali per rec- tam rattonem derivando prolusoria dispututio.—De recto jurispruden- tiae ministerio et sanioris dialecticae usu eorumque amica conjunctione ad novissimam Yegiam Costitutionem de reformatione judiciorum di- rigendis oratio inauguralis.—Excogitatio juris naturalis—1. Ad Ja- cobi ('ujacii consultationem quae est de testamento inter liberos—2. Ad Jacobi Cufacii consultattonem quae est de legato a presbytero filiae (1) V. Scimà — Prospetto della Storia letteraria deb secolo XIII, |. c. (2) Vedi Mira, Dizionario-Bibliografico, al nome di Fleres Vincenzo. (3) Leggonsi nella Raccolta di Opuscoli siciliani. 6 I PRIMI 25 ANNI suae spuriae relicto. — Jurisprudentiae polemicae ad jus naturale revocatae conspectus Exercitationes juris naturalis LX, methodo sy- stematica propositae. Era il Bisso dotto non solo nelle discipline giu- ridiche ma anche nelle filosofiche e nelle matematiche. Sarri, già giudice della Corte pretoriana, e poi (1765) del tribunale del Concistoro , era venuto in istima per la sua vasta dottrina nel di- ritto pubblico, e specialmente pei suoi scritti intorno alla successione nel regno di Sicilia, che poi raccolti insieme furono pubblicati col ti- tolo: Gius pubblico Siculo. Ai quali splendidi nomi si aggiunse poi quello non meno chiaro di Rosario Porpora. Nato in Cefalù, educato in quel seminario vescovile, d’ ingegno eletto, e di studii severi, lo condusse seco a Palermo il vescovo Mon- signor Riggio, quando venne eletto giudice della regia Monarchia. Morto costui, visitò Roma e Napoli. Appena il conobbe Mons. Airoldi, lo ag- giunse compagno ai suoi studii. E nominato a leggere la storia nella R. Accademia , vi dettò per sei anni, essendo morto nel 1776 di soli 43 anni. Postume vennero fuori (1796-99) in sei volumi: le Instituttones historiae universae în usum regiarum scolarum, nei quali trattasi della storia divisa in otto periodi, da Adamo sino alla venuta di Gesù Cristo; opera che fu dedicata a Francesco I, principe ereditario delle Due Si- cilie. Adoperava nella storia il metodo matematico in grande uso a quei tempi, e le sue istituzioni son piene di tesi, ectesi, scolii e corollari; vi era però ordine e chiarezza. Prende a raccontare quelle cose che con- feriscono a’ costumi, alle arti, alle lettere, al pubblico e privato commodo, sceglie le cose più memorande e le considera sotto diversi aspetti. Tutte le cognizioni storiche compenetra in un sol corpo, e le connette con brevi transizioni, e le distingue in periodi cronologici.Il nome del Porpora è splendida gloria di Cefalù (4). Primo direttore dei pubblici studii nel maggio 1769 fu eletto il chiaro uomo Gaetano Sarri che era insieme lettore degli officii umani. Il dirigere gli studii alti e bassi, e, quel che è più, il tenere in freno una numerosa gioventù, è alto e difficile ministero e richiede dall’ una parte una vasta cultura letteraria e scientifica , e dall’ altra non poca esperienza ed energia di propositi. Al Sarri forse questa facea difetto. (1) Prof. Crisroraro GrISANTI — Cenni Biografici di Rosario Porpora per la inau- gurazione della lapide commemorativa alla casa in cui nacque. Cefalù, Tip. Gussio, 1881, n e n e. °° DON RI E AT IL DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO / Severa presso i Gesuiti, s'era di troppo allentata la disciplina tanto che disordini non lievi avvenivano nell’ atrio del collegio , e però le scuole cadevano in discredito, nè più vi accorreva in gran numero come per innanzi la gioventù. Primo a far diserte le regie scuole fu il Sac. Carlo Santocolomba, rettore, del Collegio del Buon Pastore, che i suoi alunni soliti a recarsi in quelle, non volle più mandarvi ; i padri di famiglia ne seguirono l'esempio. Chè dove non è quell’ ossequio ai maestri do- vuto, nè quella venerazione per il luogo sacro agli studi, nè quella fra- tellevole consuetudine che fra condiscepoli si usa, nè quell’onesto vivere che è indice del buon costume, essendo principio di ogni sapienza il re- ligioso adempimento dei propri doveri, le scienze e le lettere non pos- sono ben coltivarsi, o non danno il frutto sperato. Da istituti siffatti ben fanno i genitori a ritirarei loro figliuoli, grave danno risentendone la loro educazione. i Un severo provvedimento diè allora la Giunta di educazione per ri- staurare la caduta disciplina; rimosse il Sarri dall’officio di Direttore e anche di lettore degli officii, e con lui pure il bidello (4). Il Sarri dolente e querelantesi della pena che stimò immeritata, fu dal Governo innalzato più tardi alla magistratura della G. Corte. ; Erano in questo stato le cose, quando nel 1776, Bernardo Tanucci nominò direttore dei pubblici studii invece del Sarri Gabriele Castelli principe di Torremuzza: uno dei patrizii più dotti di quel tempo, venuto in bella e meritata fama di valente archeologo e numismatico per le im- portanti sue opere: Le antiche iscrizioni di Palermo raccolte e spiegate: Siciliae et adjacentium insularum veterum inscriptionum nova col- lectio prolegomenis et notis illustrata; non che per il suo lavoro Storia di Alesa antica città di Sicilia. E volendo il Tanucci conferire a lui màg- giori poteri che il Sarri non avesse, e stimando convenevole fosse egli non da meno dei membri della Giunta Gesuitica ma lor pari, lo chiamò a far parte anche di quella (2). Era allora la Giunta composta di Mons. Sanse- verino Arcivescovo di Palermo, di Diodato Targiani, di G. B. Asmundo Paternò, avvocato fiscale della R. Gran Corte, e del marchese D. Filadelfio Artale avvocato fiscale del R. Patrimonio. (1) Vedi Ragioni per Gaetano Sarri, direttore e lettore degli officii delle regie scuole di Palermo, e per D. Stefano Pucci, bidello delle stesse. Napoli, 1776. (2) Il soldo di ministro della Giunta fu di onze 96 annuali, e quello di direttore de- gli studi di onze 200 annue. Vedi Viccapranca, Diari della Città di Palermo, da gennaro 1776 a dicembre 1779, pubblicati per cura di Gioachino Di Marzo, vol. XVII, p. 29. 8 I PRIMI 25 ANNI Il Principe di Torremuzza postosi tosto all’ opera trovò in misero stato le scuole superiori, sospesi due dei migliori professori, il Niechia e il Cento; nè la giurisprudenza, nè la medicina, nè la eloquenza e le belle lettere aver cattedre nel pubblico Studio: le lezioni darsi tutte alla medesima ora sì che non potevasi frequentarne due ad un tempo. Si fè quindi a proporre le riforme stimate più acconcie per rilevare le. scuole, ma le sue riforme trovarono una gagliarda opposizione nel Targiani Consultore del governo. « Era questi, come scrive lo stesso Torremuzza, uomo retto, versato più nelle discipline ecclesiastiche e meno nelle le- gali che pel suo ufficio gli doveano essere familiari, debole oltre misura verso i suoi dipendenti che lo tiravano ai loro voleri, e non facilmente accostantesi a ciò che da altri fosse proposto » (1). Succedeva nell’ottobre del 1776 al Tanucci il palermitano Giuseppe Beccadelli di Bologna marchese della Sambuca ch’ era stato ambascia- tore del Re presso la imperiale Corte di Vienna. A lui riferì tosto il principe di Torremuzza lo stato degli studi, ie riforme proposte e le re- sistenze incontrate presso la Giunta. Il Beccadelli tardò circa due anni a dare i suoi provvedimenti. Infine, tolto di consultore del governo di Sicilia il Targiani, pose in sua vece quel Saverio Simonetti, il quale proce- dette poi tanto consigliatamente col Vicerè Caracciolo in abbattere ogni pri- vilegio nocivo all’universale che quanto di bene si fece in quei tempi in Sicilia, da questi due uomini riconoscer si debbe, ma forse ancora più dal Simonetti che dal Caracciolo. Abolita il 1. agosto 1778 la Giunta di Educazione, l’amministrazione dei beni Gesuitici venne dal Governo affidata al Tribunale del Real Pa- trimonio, al quale furono aggiunti, per la gestione di quelli, il presi- dente Airoldi, e il consultore Targiani, dovendo i due avvocati fiscali della Gran Corte e del Real Patrimonio intervenire insieme coi due ministri aggiunti in tutti gli affari che quei beri riguardassero. Nel dì 31 agosto di quell’anno il re ordinava la erezione di un Con- vitto di nobili che sarebbesi intitolato : Real Ferdinando, volendo che questo sorgesse per cura di una deputazione di cinque personaggi da rinnovarsi ogni tre anni, deputazione indipendente da qualsiasi magi- strato, e soggetta direttamente al Re, per l’ amministrazione di quel Convitto. Alla quale dava pure il carico della direzione e vigilanza s0- pra il Collegio degli studi e le Scuole del Regno colla facoltà di cam- (1) Memorie della vita letteraria di Gabriele Lancilotto Castello principe di Torremuzza scritte da lui stesso. —Palermo 1804. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 5) biare e regolare tanto le cattedre e l’ orario, quanto i salari, senza eccedere la somma che attualmente si spende in ogni luogo e con do- verne prima dar conto al Re; affidandole anche la proposta dei lettori da eligersi dal Vicerè e la direzione della libreria, del museo e della stampe- ria. Escludevansi dalle scuole soggette a’ Deputati quelle di Messina e di Catania, Il Re nominava per la prima volta i cinque deputati. Erano Mon- signor Salvatore Ventimiglia Inquisitore di Sicilia, Mons. Alfonso Airoldi Giudice della Regia Monarchia ed Apostolica Legazia, Gabriele Lanci- lotto Castelli principe di Torremuzza, Giuseppe Lanza principe di Tra- bia ed Emanuele Bonanno duca di Misilmeri (4). Avendo sopra dato notizia del principe di Torremuzza, ci corre ob- bligo di fare altrettanto per gli altri. Salvatore Ventimiglia dei principi di Belmonte fu amantissimo delle lettere, e da vescovo in Catania promosse con sommo zelo i buoni studi in que! seminario, e donò, vivente, a quella Università la sua copiosa biblioteca che serbasi distinta col nome di Ventimiliana; uomo di ca- rità esemplare, fondò in quella città un ospizio pei poveri, destinando a questo santo scopo un suo delizioso casino. Alfonso Airoldi, dotto e letterato s’applicò spezialmente al diritto pub- blico, alla diplomatica, alla storia dell’isola, e massime di quella dei tempi medioevali, e con gran diligenza studiò la geografia comparata dalla Si- cilia pubblicando le carte parallele dei tempi greci e romani e delle altre epoche della nostra storia; succeduto al Torremuzza nell'ufficio di custode delle antichità, ebbe non minore sollecitudine di lui nel disotterrare le colonne del famoso tempio agrigentino di Giove Olimpico. Raccoglieva in sua casa in geniali ed utili ritrovi i più eletti ingegni, e verso tutti prof ferivasi liberale, amico e mecenate. Giuseppe Lanza principe di Trabia era stato Capitano e più volte Pretore della città di Palermo e Vicario Generale, e uomo di tenaci pro- positi, avea sostenuto difficilissimi incarichi pubblici. Emmanuele Bonanno, fratello al principe di Cattolica e di Roccafio- rita che formato in Misilmeri un orto botanico aveva promosso ed aiu- tato le investigazioni scientifiche del Boccone e del Cupani, era stato ambasciatore alla Corte di Spagna e trovavasi allora cavallerizzo mag- giore, e più tardi fu consultore della Giunta Pretoria; possedeva pronto (1) Vedi Appendice. Documento n. 1. — Istituzione del Convitto Real Ferdinando. 10 I PRIMI 25 ANNI e colto ingegno, c amministrando le paterne sostanze erasi acquistato nome di valente amministratore. Con due concessioni, l’ una del 4. agosto 1878, e l’altra del 25 mar- " z0 1779 fu asseguata dal Re sui beni degli espulsi Gesuiti per lo insegna- mento pubblico in Palermo e nel regno la somma di onze!5930, 16, 41 (4), della quale per sovrano ordine onze 3442, 16, 1 dovevano impiegarsi per le scuole della Capitale e le rimanenti pei Collegi del Regno. La somma da prima assegnata venne poi accresciuta man mano di altre onze 1556 negli anni 1784, S6, 87, e 1804. La Deputazione dei Regi studii con la più viva sollecitudine intese alla fondazione del Convitto, al riordinamento delle scuole, e mirò a far sorgere nella capitale del regno un pubblico Studio fornito dei maggiori insegnamenti, come le migliori Università d’ Italia, anzi d' Europa. Innanzi tutto essa diè opera che fosse aperto il nove;lo Convitto dei nobili Real Ferdinando, secondo il volere del re, che fu assenti- mento della grazia demandatagli dal Parlamento in quel medesimo anno. Il qual convitto venne sostituito all’ altro pur dei nobili esistente nel Collegio Massimo, il cui mantenimento era tutto a peso della Real Corte e dell'azienda gesuitica. S’ istituirono in esso venti posti franchi; vi si ammisero solamente i giovani appartenenti a famiglie la cui no- biltà risalisse ad oltre cento anni. Venne esso solennemente aperto il 5 novembre 1778 (2). Antico era qui il desiderio che si aprisse un pubblico Studio con tutti i privilegi inerenti a siffatti istituti, ma s’ incontrarono sempre non (1) L’onza siciliana è pari a L. 12, 75. (2) Il Governo provvide nel 1779 che tutte le Gase religiose aprissero gratuitamente scuole elementari, in tutte le città e luoghi del regno per tutti i giovani e fanciulli d’ogni condizione. I frati adoperandosi nella pubblica educazione, avrebbero reso grande sevigio alla società civile e il più conveniente al loro istitituto. Si pubblicarono da Mons. Alfonzo Airoldi giudice della Monarchia apposite istruzioni che leggonsi nei Diari del ViLLaBianca vol. XVII, p. 299 e seg. i Su queste scuole avrebbe vegliato lo stesso Giudice di Monarchia e quattro gravi e spet- tabili ecclesiastici, i quali in sua vece le visiterebbero. E fu determinato ciò che si dovea insegnare e con qual metodo. Ma la educazione e la istruzione nelle Case religiose, se pur ebbe principio, durò poco, dacchè lo Scinà dice che dal 1780 al 1800 difettò la Sicilia della istruzione popolare. I frati ricaddero indi nell’ ozio, che generò discordie interne, di- sordini, sregolatezze e fu in appresso causa precipua della soppressione. Nel 1838 Benedetto Castiglia in un suo bel lavoro — Sulla riforma delle Scuole Ele- mentari, desiderava si affidasse ai monaci la istruzione popolare. E diceva: “ Non si miglio- rerebbe un ceto condannato finora al beato non far nulla, e quindi non di rado a’ vizi, ai frateschi accanimenti, e talora anche agli scandali pubblici? , DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 11 lievi difficoltà nella sua attuazione. Quello parve opportuno momento per recarsi in atto ciò che lungamente desiderato e una volta ottenuto, non s'era potuto mai effettuare. Nel 1777 il nostro Senato implorò dal Sovrano con lunga e ragionata petizione la grazia di ristabilirsi nell’Ac- cademia palermitana il privilegio di conferire le lauree in filosofia e in teologia, come lo godevano gli espulsi padri Gesuiti, e di fondarsi se- condo la real concessione di Filippo IV una università ove si insegnas- sero tutte le scienze e discipline, e si conferissero le lauree nelle me- desime come usavasi nelle più celebri università d'Europa (1). Nell'anno seguente i due Bracci, ecclesiastico e demaniale, del parlamento, dissen- ziente il militare, supplicarono il Re, che riordinasse le scuole di scienze nella capitale, stabilisse le cattedre che si riconoscessero più utili e con- cedesse il diritto di dare laurea dottorale nel giure civile e nel canonico, in medicina e chirurgia , in filosofia e teologia. Sulla quale istanza il Re rispose provvederebbe al riordinamento degli studii secondo richie- deva la pubblica utilità, non concederebbe il privilegio di conferire le lauree a fin di non recar pregiudizio ai diritti dell'Ateneo Catanese (2). Nella seconda metà del secolo XVIII, rifiorivano in Sicilia le let- tere e le scienze. Se mancava la popolare istruzione, non facean difetto i luoghi di educazione pei giovani di famiglie civili o nobili, e anche per gli artigiani e la gente minuta, e v' erano il Collegio di S. Rocco, il Convitto dei Nobili, il Conservatorio del Buon Pastore e la Casa di educazione della bassa gente. Il Seminario dei Chierici di Monreale le- vavasi in alta fama per la scuola di lettere latine fondata dal sommo Francesco Murena, che fu riconosciuta prima fra tutte in Sicilia. Gli studi storici e diplomatici ebbero insigni cultori e si fondò al- lora nella Libreria Comunale la Società di Storia patria. il diritto na- turale e civile fu poi coltivato con amore, e in private scuole lo inse- gnavano insigni professori, e a studi severi educavano la gioventù. Le scienze sacre attirarono anche gli ingegni di preclari sacerdoti che in esse diedero prova di acume e dottrina. Abbenchè più tardi delle altre discipline, anche le scienze naturali furon tenute in pregio in Palermo, in Catania, e in altre parti dell’ isola, e a non pochi l'Etna diè ampio argomento di investigazioni. La Racolta di opuscoli siciliani (3) pubbli- (1) V. Appendice—Documento n. Il.—Petizione del Senato di Palermo, con la quale si ‘chiede la erezione di una compiuta Università di studi. (2) V. Appendice. — Documento n. II. Grazia domandata concordemente dai due Bracci ecclesiastico e militare. (3) Questa raccolta incominciata nel 1758 fu continuata (Prima Serie) fino al 1778, e ripigliata dieci anni dopo (Seconda Serie) venne interrotta nel 1778. 12) I PRIMI 25 ANN) cava î migliori scritti dei più valenti letterati e scienziati. Nelle Ac- cademie del Buon Gusto e degli Ereini raccoglievansi quelli che meglio si chiarissero cultori dei buoni studi, e vi si facevan letture da’ socii sopra svariati argomenti più o meno importanti. In tanto risorgimento di studi era bello veder rifulgere i nomi di parecchi patrizi, i quali, an- zichè impigrire nel dolce non far nulla, amavano trar diletto dalle lettere e porgere esempio del come debbano utilmente con l’ingegno giovare alla patria coloro cui la fortuna arrise dovizia di censo. Grande era dunque la cultura e spezialmente nella capitale donde dif- fondevasi per tutta I’ isola, e ben conveniva dischiudersi qui all’ avida gioventù una Università di studi che bene la indirizzasse nelle lettere e nelle scienze, e fosse insieme nobile palestra per lo avanzamento delle une e delle altre. La illustre deputazione degli studii promosse presso il Governo con la maggiore sollecitudine l'ampliamento degli studii. Furono da essa pro- poste trentatrè cattedre per lo insegnamento dei vari rami del sapere , ma le somme abbisognevoli erano di molto maggiori a quelle che il go- verno assegnava. Invitata quindi a presentare un altro disegno di studi superiori, stimò indispensabili ventisei cattedre, cioè cinque per le disci- pline sacre, altrettante per le giuridiche, sei per la medicina e chirurgia e dieci per la filosofia e le lettere. Fra le filosofiche ebbe il vanto di proporre la cattedra di economia, agricoltura e commercio che fu poi sovranamente approvata; cattedra che fu quarta in Europa, terza in Ita- lia, dopo quella fondata in Napoli da Intieri ed occupata dall’abate Ge- novesi, e l’altra di Milano nella quale dettò il sommo Beccaria. Giova qui riferire il disegno delle scuole: Discipline Sacre. 1. Scrittura sacra.—2. Teologia dommatica.—3. Teologia domma- tica. — 4. Morale secondo il testo di S. Tommaso. — 5. Storia e disci- plina della Chiesa. ; Discipline giuridiche. 1. Istituzioni di diritto canonico. — 2. Diritto naturale e pubblico. — 3. Diritto civile delle pandette e del codice. — 4. Diritto del regno feudale e criminale.—5. Istituzioni di diritto civile. Ma i Vate, Me .. be ira ade i Di lb | " dl A DE he | AI lo DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI Dì PALERMO 13 Discipline mediche. 1. Medicina pratica.— 2. Medicina teoretica.—8. Chirurgia ed oste- tricia.— 4. Anatomia.—5. Chimica e farmaceutica. —- 6. Incisione anato- mica. Discipline filosofiche. 1. Matematica pura e mista. —2. Elementi di geometria, aritmetica ed algebra. — 3. Geometria pratica e architettura civile ed idraulica. — 4. Fisica sperimentale. — 5. Logica e metafisica. — 6. Storia naturale —#7. Botanica.—8. Storia civile, antichità e diplomatica. 9.— Economia, agricoltura e commercio.—40. Lingua greca ed ebraica. Propose inoltre tre ordini di stipendii , il primo di onze 80, il se- condo di onze 70, ed il terzo di onze 60. Otto professori avrebbero il massimo; altrettanti il medio, e il resto il minimo, dall’uno passandosi all’altro secondo che si avanzasse negli anni di servizio. Stabilt li sti pendii di onze 50 per la scuola di rettorica, e di onze 36 per quelle di grammatica. Stipendi molto scarsi, e buoni solo per chi addetto alla chieresia, altri proventi da questa traesse, ma punto non adequati pei laici che avrebbero voluto consacrarsi alle scienze o alle lettere. Assai ben lauti al paragone erano i soldi dei professori dell’Univer- sità di Napoli. Erano allora per alcuni di ducati 800, per altri di du- cati 400, di 300, di 200 e se n’ebbero anche di ducati 120 (4). Stimò la deputazione necessario che oltre ai professori titolari vi fossero sei lettori soprannumerarii, per le scienze sacre, per la giuri- sprudenza, per la medicina, per la chirurgia e anatomia, per le cattedre di matematiche e di filosofia, per la storia e le lingue, cioè uno per o- gnuna idi queste facoltà. Leggerebbero una volta per settimana a fin di adusarsi a dettare con lode ; non avrebbero diritto a stipendio, ma to- stochè vacasse di titolare una cattedra, avrebbero diritto a conseguirla. Il re con decreto del 1. maggio 1779, provvide al definitivo assetto. degli studi, salvo poche eccezioni, secondo le proposte della Deputazione. Fu esclusa dagli insegnamenti sacri la santa Scrittura, ammessa una sola cattedra, non due, perla teologia dommatica; si volle che la morale non (1) Vedi Brancami, Della storia delle finanze del Regno di Napoli, pag. 476, V. II Il ducato rispondeva a tarì dieci; trenta tarì formavano l’onza. 4 14 I PRIMI 25 ANNI fosse cavata dal solo testo di S. Tommaso, ma dalle migliori sentenze dei maestri di quella scienza; nelle discipline giuridiche tolte le cattedre di pandette, di diritto feudale e criminale ; nelle filosofiche esclusa la storia civile, antichità e diplomatica; aggiunta la botanica alla storia na- turale; infine ad una ridotte le due cattedre di rettorica. Non fu accolta la proposta dei lettori soprannumerarii, bensì quella degli stipendii, con- servandosi agli antichi professori quelli fino allora goduti (1). Vietò il re che i canonici potessero essere lettori nè avere altri im- pieghi nel collegio, a fine di non essere distratti dai loro sacri uffici. Ma questo inopportuno decreto venne abrogato a dì 3 ottobre 1787. Non sa veramente comprendersi perchè nell'Accademia palermitana siano state escluse le pandette e il codice giustinianeo, il diritto feudale e criminale, la storia civile, antichità e diplomatica, quando il governo nell’anno precedente 1778 riordinando e meglio disponendo secondo i bisogni della cultura scientifica gli studii dell'Ateneo Catanese , aveva approvato per questo le cattedre di pandette, di codice e delle novelle, dei feudi e diritto siculo , d’ istituzioni e antichità del diritto civile, di storia civile e antichità greche , romane e sicule e diplomatica. Forse fu:ciò per non aggravare di soverchio l’ erario dello Stato con sì largo aumento di cattedre: forse anche per non iscemare allora importanza dell'Ateneo Catanese, antico Ginnasio dei Siciliani. Venti cattedre di scienze superiori, ossia tre per le sacre, quattro per le giuridiche, sei per le mediche e chirurgiche e sette per le filo- sofiche, oltre a dieci scuole di studi minori, comprendevansi nella Ac- cademia degli studi. (1) I soldi che si pagavano pel Collegio Massimo erano i seguenti : Teologia:dommatica= OTO Teologia catechistica — Fleres . x : - 5 : x Sana: o 3 Liturgia — Fr. Pensabene . 3 ; ò ò È È ) 5 5 ” A Storia sacra e profana . : : È i . ; 6 ò È n 3 Lingua greca — D. Stefano Viviano . è È È è 5 E . È si Logica, Geometria ed Algebra — Rosario Bisso... . » È Matematiche. È d ; ; i È H È È + ; A d né Fisica — Nicolò Fresco. . E . Ò . . . . ” È) Due maestri di leggere e scrivere; onze 50 per uno. Due per rudimenti di grammatica; idem. Due di prima classe inferiore di grammatica; idem. Due di prima classe di grammatica; idem. Due ‘dii seconda. classe; idem idem. } 46] Due di terza classe; idem idem. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 15 Se ci facciamo a paragonare la nasceute Accademia con la antica Università di Napoli, questa vincea di lunga mano Paltra. Quarantaquattro cattedre essa possiedeva in quel tempo, delle quali otto legali, nove di materie ecclesiastiche, diciassette di scienze naturali, quattro di filosofia morale; due scuole di grammatica latina, due di grammatica italiana , due di leggere e dello scrivere e un incisore anatomico. La nostra isti- tuita sulla fine del secolo XVIII, in tanta pienezza di lumi, avrebbe po- tuto sorgere, fornita di tutte le cattedre che la cultura dei tempi richie- deva, come quella di Parma che nata nel 1768 diventò grande ad un punto (1). Ma il Governo avrebbe dovuto con sano intendimento non porre taccagneria nello spendere per l’alta istruzione, essendo il mag- giore incremento nelle letterarie e scientifiche liscipline l’indice più si- curo della civiltà d’un popolo. Ebbe dunque la palermitana Accademia nel suo principio cattedre da meno della napolitana che avea vita sei volte secolare, ed anche da meno del Ginnasio Catanese che di recente era stato di muove cattedre accresciuto, e di due appena vinceva quelle del risorto pochi anni prima Studio di Ferrara. Agi’ illustri professori da noi già menzionati e che dettavano. con grande plauso, altri egregi si aggiunsero : Giuseppe Venanzio Marvu- glia per la geometria, architettura civile e idraulica, e minori a lui di grido, Carmelo Controsceri pel diritto naturale e pubblico, Vincenzo Em- manuele Sergio per la economia, l’agricoltura e il commercio, Antonino Marullo pel giure ecclesiastico. G. Venanzio Marvùglia fu il più grande dei nostri architetti moderni. Studiò l’arte antica negli splendidi monumenti greco-siculi e in quelli maestosi di Roma. E grande artefice costruì i migliori edifizit che a quei tempi sorgessero in Palermo : l'Oratorio che s’ innalza accanto la chiesa dell’Olivella, vero portento d’arte, due eleganti palagi, posti nella via più frequentata di Palermo , e che attirano gli sguardi e il plauso di tutti, quello dei Ventimiglia, Conti di Geraci, ove oggi siede il nuovo Casino (2), l’altro del Principe di Belmonte, che al Barone Riso si appar- tiene; ed altre belle opere ideò e compì. Ed egli che con sì fino magi- stero e con tanta solidità praticava, fu ascoltato dalla cattedra insegnare con retto metodo e dettare gli elementi dell’arte sua. (1) Micnei EvererDO, Storia della pedagogia italiana da’ tempi romani a tutto il se- colo XVIII, Torino, 1876 p. 261. (2) Questo palazzo è oggi proprietà del Barone Cammarata. 16 I PRIMI 25 ANNI Carmelo Controsceri insegnò prima il diritto naturale, pubblico e pri- vato e insieme l’etica, e poi dettò dalla cattedra di filosofia morale fon- data da Mons. Gioeni. Lasciò un’opera pregiata , /stituzioni di giuri- sprudenza naturale, della quale furon fatte tre edizioni, e un Catechi- smo dell’uomo e del cittadino, ossia Ristretto dei nostri doveri natu- rali adattato alla comune intelligenza, lavoro scritto per solenne: volere del benefico fondatore di quella cattedra. Emanuele Sergio s’era posto di buon’ora a coltivare la novella scienza dell’ economia politica e ogni suo potere facea per persuadere la ne- cessità di promuovere, favorire e migliorare la nostra industria manifat- turiera e mercantile, nè trascurava gli interessi dell’agricoltura. Aveva egli recitato nel 1762 all'Accademia del Buon Gusto due dissertazioni Sull’ antico e moderno commercio, e nel 1769 altre due, nelle quali disse Dei vantaggi dell'agricoltura considerandola come base e fon- damento del commercio, e nel 1779 vi lesse un Saggio sui veri vantaggi e disvantaggi del lusso, considerato in rapporto allo stato in generale e alle diverse classi degli uomini che lo compongono. Alla Accademia degli Ereini aveva letto nel 1769 una Dissertazione economica e politica sopra la pastorizia, e nel 1779 un Saggio storico sulla marina di Si- cilia. Scrisse pure una memoria in cui mostrò con quanta utilità st possano applicare le matematiche alla pubblica economia, 0, come dice l’autore, al commercio, al quale in quel tempo si restringevano fra noi le idee di quella scienza, memoria lodata dall’ abate Genovesi. E fu o- pera sua il piano del Codice diplomatico di Sicilia che approvato dal Vicerè ebbe il plauso delle Accademie alle quali 1’ autore apparteneva. Questa opera non vide la luce. Tra le memorie di lui è degna di spe- ciale ricordo quella Sulla polizia delle pubbliche strade in Sicilia, avvegnachè di strade difettandosi allora nell’isola, egli trattò l’importante argomento sotto l’aspetto economico, morale e politico (4). Il domenicano Antonino Marullo, insegnando la giurisprudenza ec- clesiastica nel famoso Seminario di Girgenti erasi chiarito tra’ più va- lorosi maestri di quella disciplina. Con questi auspicii, dodici anni dopo la espulsione dei Gesuiti, e trecentotrentacinque da che venne fondato l’antico Ginnasio dei Siciliani in Catania, nel Collegio massimo riaprivansi addì 5 novembre 1779 gli studi accresciuti delle cattedre di diritto e di medicina, non che di parecchie (1) Vedi G. ALBERGO, Storia della Economia politica in Sicilia. Palermo, 1855. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 17 filosofiche, e teologiche. Alla solenne inaugurazione in cui fu letto dal professore Eutichio Barone dei padri Benedettini il discorso di apertura intervennero il Vicerè Stigliani e la colta cittadinanza. Così la sovrana promessa di Filippo IV ebbe la sua tarda esecuzione, così fu in parte adempiuto il voto della città di Palermo, e la istaurazione della novella Accademia fu vanto e lode di questa nobile città, e tornò a decoro di tutta la Sicilia. Mentre ciò avveniva nella Capitale del Regno, i Deputati dei Regi Studi curarono che in Siracusa, Trapani, Caltagirone, Piazza e Acireale sorgessero accademie minori con scuole di grammatica, rettorica e lettere umane, e con scuole superiori di teologia, di giure civile, e canonico, medicina teorica e pratica, chirurgia e anatomia , logica e metafisica , geometria e algebra, fisica e matematica. E diciannove comuni furono provveduti di Collegi degli studi con le scuole di grammatica, rettorica e lettere umane, filosofia e geometria (1). Così la Deputazione degli studi provvide alla pubblica istruzione dell’ isola, che, eccettone le scuole di Messina e di Catania, era tutta soggetta alla sua giurisdizione. (1) Ecco i nomi di questi Comuni : Alcamo, Bivona, Caltanissetta, Castrogiovanni, Mar- sala, Mazzara, Mazzarino, Mineo, Monreale, Naro, Nicosia, Noto, Piazza, Polizzi, Regalbuto, Sciacca, Scicli, Termini, Vizzini; Corleone ebbe soltanto'scuole di grammatica, rettorica e lettere umane. Gli insegnamenti di teologia e di diritto civile e canonico e di medicina, istituiti nelle sopradette quattro città, vi durarono fino al 1825. Allora la Commissione di pubblica istru- zione che alla Deputazione dei Regi Studi era succeduta, comprese che le cattedre di me- dicina e di chirurgia e quelle di diritto civile e canonico, si ricollegano con le altre affini e si debbono necessariamente studiare nelle Università, e che la teologia si insegna anche in queste, nonchè nei seminari vescovili, e però ne propose l’abolizione e a quelle altre cat- tedre sostituì per rendere compiuto il corso di lettere, filosofia e matematica ; il Re san- zionava le proposte riforme. Vedi il Sovrano Rescritto 17 settembre 1825 comunicato il 16 ottobre dello stesso anno al Presidente della Pubblica Istruzione e il Piano di riforma che dalla Commissione di Pubblica Istruzione ed Educazione si propone al Governo per le Accademie e Collegi dell’ Isola. I PROGRESSI. Conferma dei Deputati — Le lauree — La cattedra di pandette Le prime leggi dell’ Accademia — Governo di essa. Il Governo veduto che i Deputati degli studî nominati nel 1778 ave- vano con ammirevole zelo fatto il meglio che si potesse per ampliare ed ordinare l’ Accademia, fondare il Convitto Real Ferdinando e aprire i Collegi degli studì nell'isola, volle innanzi che spirasse il primo triennio riconfermarli in officio, e poi, finito il secondo, li rielesse una terza volta, affinchè tutto a lor si dovesse il vanto del riordinamento dell’Ac- cademia, della fondazione dell’ Orto Botanico e del pubblico insegna- mento nell’isola (1). Nell’ anno 1781 il Consiglio civico rinnovò al Re la istanza per ot- tenere alla R. Accademia degli Studi il privilegio di dare le lauree in filosofia e teologia, come usavasi presso i padri Gesuiti, e chiese inoltre che i Palermitani non fossero più obbligati a fare il corso di legge e di medicina nell’ Ateneo di Catania, ma compiuti quei corsi nello Studio pubblico di Palermo, potessero in quel Ginnasio ricevere la laurea (2). Il Re concedette (30 gennaro 1781) il privilegio ‘della laurea in fi- losofia è teologia (3), permettendo ai laureati in questa, oltre 1° anello, l’uso della toga di color cremisi e la cintura sopra gli abiti civili e il fiocco al cappello dello stesso colore, e ai laureati in quella le medesime insegne di color verde. Nelle Istruzioni che furono allora mandate alle stampe per il conse- guimento delle lauree in filosofia e teologia, si stabilirono gli studî e gli (1) Vedi Appendice. Documénto N. IV. Riconferma dei Deputati dei Regîì Studì e N. V. Elenco dei Deputati dal 1778 al 1805. (2) V. Appendice. Docum. N. VI. Petizione del Senato di Palermo con cui si chiede il privilegio di potersi dalla R. Accademia degli Studì conferire la laurea di filosofia e teologia. (3) Vedi Appendice. Documento N. VII. Dispaccio con cui si accorda alla R. Accademia degli Studî il privilegio di conferire i gradi dottorali in filosofia e teologia. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 19 anni in cui si dovessero compiere e gli esami da farsi. Venne pur deter- minato che i discenti si dovessero presentare al prefetto del cortile, il quale su apposito registro prenderebbe nota dei loro nomi e del tempo in cui incominciavano il corso. Lo stesso prefetto, giorno per giorno, noterebbe in altro registro l’assistenza d'ogni discente alle lezioni, richiamandone le note dagli studenti bidelli d’ogni scuola; ed egli veglierebbe anche sui costumi dei giovani e ad ogni tre mesi darebbe conto alla Deputazione degli studì, così dell’ assistenza che della morigeratezza. Ad ogni sei mesi i professori doveano dar conto in iscritto alla Deputazione della diligenza, costumatezza e del profitto dei discepoli, e similmente dovea il prefetto alla medesima dar relazione dei loro progressi nella pietà (1). Come si vede, allora,come ora,si voleva che i giovani discenti fossero obbligati ad assistere alle lezioni, e che della loro diligenza si facesse at- testazione dal prefetto del cortile e dai professori, e da questi anche del- l’utile cavatone. Non bastava la sola iscrizione ai corsi, era mestieri li frequentassero. Se fosse lasciato in balia degli studenti d’ assistere o nò alle lezioni, molti se ne asterrebbero, ritenendo bastare pochi giorni o qualche mese per prepararsi agli esami. Chi veramente attende allo studio, sa quanto sia necessario assistere diligentemente e con amore alle lezioni, le quali, ad avviare i giovani all’apprendimento di una disciplina, valgono assai più che i libri, e sa come lo studio veramente fruttuoso non è quello per cui si mira a far buona prova negli esami, ma invece quello che ha per obbietto di empire la mente dei dettami di una scienza, fermandoveli entro, perchè non basta il sentire le lezioni, è forza che le cose intese sì ritengano e imprimano nella memoria e siano ben digeste. Assentì pure il Re (25 dic. 1781), che d’allora in avanti i Palermitani che avessero compiuto gli studi di giurisprudenza e di medicina nella Re- gia Accademia fossero dispensati dal fare il triennio nel Ginnasio di Ca- tania, e in questo ricevessero solo la laurea (2). Ciò ottennero i Palermitani circa un secolo dopo che tra Palermo e Catania fu gagliardamente conteso se fosse obbligatorio, oltre che il prendere la laurea nell’Ateneo Catanese, compiere anche in esso il corso degli studì. Tosto che ottennesi che i Palermitani, compiuto il corso di diritto nell’Accademia, potessero conseguire la laurea nel Ginnasio di Catania, (1) V. Appendice. Documento N. VIII. Istruzioni dei Deputati degli Studî per il con- seguimento delle lauree in filosofia e teologia. (2) Vedi Appendice. Da cum. N. IX. Dispaccio con cui si accorda che i Palermitani possano fare il corso di leggi e di medicina nella R. Accademia. 20 I PRIMI 29 ANNI i Deputati ridomandarono la cattedra di pandette e codice giustinianeo e questa volta la ottennero ai 30 marzo 1882, (1) riconosciutosene dal Go- verno l’imperioso bisogno. La cattedra di istituzioni serve ad avviare gli studenti allo studio del diritto di Giustiniano. Le Pandette tutta comprendono la scienza del giure civile e c’insegnano l’arte con cui i grandi giureconsulti di Roma per- vennero a discoprire i supremi principî del diritto. In Sicilia Ja giurisprudenza è stata in ogni tempo coltivata. Innanzi che si fondasse il Ginnasio Catanese i Siciliani andavano a studiar leggi negli Studi pubblici d’Italia e specie in quello famoso di Bologna. Dopo la erezione dello Studio di Catania (1444) molti non uscirono più della isola, ma parecchi anteposero alla Catanese le Università italiane. Gli antichi nostri giureconsulti tolsero a commentare le patrie leggi, i capitoli, le prammatiche, le consuetudini, e trattarono particolarmente dei feudi, dei censi, e del rito d’Alfonso, ch’erano le materie più comuni nel foro. Nessuno illustrò tutte o una parte delle Constitutiones Regni Sicilie, di quel codice che fu il più grande monumento legislativo del se- colo XIII. La qual cosa, chi ben consideri, ebbe origine dall’ avere gli Aragonesi non pure abolite le leggi degli Angioini, ma novelli sistemi introdotto e fatto venire in dimenticanza il Codice Svevo. E vennero in bella fama i nomi di Pietro Gregorio, Niccolò In- trigliolo, Garzia Mastrillo, Mario Giurba , Giovanni Rizzari. Ma sopra tutti levossi a grande rinomanza il Catanese Mario Cutelli, avvocato, ma- gistrato, consigliere del Re nel Supremo Consiglio d’Italia, il quale pub- blicò, fra altre opere importanti, un eccellente trattato De donationibus. Il diritto romano imperò sempre in Sicilia senza alcuna intermis- sione, e fu il diritto comune al quale si ebbe sempre ricorso in difetto di leggi e consuetudini speciali. Però pochissimi giureconsulti vissuti nell'isola applicarono l’animo a illustrare il diritto romano puro. Due siciiiani, che studiarono e professarono il diritto fuori dell’isola, si levarono nel secolo XV fra più chiari romanisti, Andrea de Bartolomeo soprannominato Barbazza e Antonio Corsitto. L’uno e l’altro studiarono in Bologna e il secondo fu degno discepolo al primo; entrambi profes- sori, il Barbazza prima in Ferrara di diritto pontificio, poi in Bologna di diritto civilein quella cattedra resa celebre da Irnerio; il Corsitto di diritto canonico nell’Ateneo di Padova. ; (1) Vedi Appendice. Documento n. X. Dispaccio con cui è istituita la cattedra di Pan- dette e codice giustinianeo. DELLA R, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 21 L’uno e l’altro, profondi conoscitori del romano e del canonico diritto, lasciarono opere di pregio: ma rifulse di maggior lume il Bar- bazza che fu detto gloria immortale di Sicilia e di Bologna. Alla dottrina accoppiò questi il fascino della parola. Oltre a lodatissimi Con- sigli, pubblicò il Commento di vari titoli del Digesto (1): e fece aggiunte ai Commenti di Ubaldo Baldi sul diritto feudale, sul Codice, sul Digesto, sull’Inforziato (2). Del Corsitto è rimasta un’opera che egii con animo riconoscente volle dedicare al sommo suo maestro Barbazza e che intitolò Singularia et no- tabilia della quale fu detto non essere altra più bella e più utile. Vi appo- sero alcune postille awe chiari giureconsulti, G. B. Castiglione genovese e Gabriele Sarayma veronese. Scrisse pure : De Regulis juris; De jura- mento et ejus privilegiis; De trebellianica (3); De auctoritate Glossae. Nei secoli XVI e XVII scorgiamo alcuni autori occuparsi di diritto romano, ma, eccettone qualcuno, furono di poco grido. Rifiorì il diritto civile nel secolo scorso per opera di egregi giure- consulti, i fratelli Agostino e Antonino Pantò, Francesco Carì e Vin- cenzo Fleres, e due esimii magistrati, Alessandro Testa e Filippo Co- razza, i quali allontanandosi dai cosidetti scribenti e decisionisti, si ac- costarono a quel luminare delia giurisprudenza che fu Cujacio, e ne misero in onore la scuola. Ma nemmeno allora vennero fuori fra noi libri di grande pregio, eccettochè qualche prolusione o dissertazione. In- vece di opere originali, si ristamparono la Delineatio historiae juris civilis di Cristiano Tommasio e gli Elementa juris secundum ordinem Institutionum di Giovanni Voet. Più tardi, sullo scorcio del secolo, vengono fuori alcuni libri d’ I- stituzioni di Diritto Romano, ad uso del Seminario Vescovile di Girgenti ove s’'insegnava la ragion canonica e la civile (4), o ad uso della Acca- demia, o di scuole private (5), nelle quali al diritto romano va congiunto sempre il diritto siculo. (1) Repetitiones in quosdam Pandectarun titulos. (2) Additiones ad commentaria in Jus feudorum Ubaldi Baldi, in Codicem, Digestum et Infortiatum. Lugduni, 1545. (3) Queste opere leggonsi nel Dowie, Aroms, Trrioustri, Corserti, ete. De regulis juris nel Tractatuum universi juris, Venetiis, 1584, e ‘nell’opera: Selecti Tractatus juris de successione tam de test. quam de intest. Venetiis, 1570. (4) Institutionis justinianeae Expositio ex juris naturae et gentium fontibus hausta» auctore NicoAo AmepEo Barsamo, Panormi 1785. (5) Francisci Campi Juris civilis Institutiones ex jure naturae et gentium deductare jure siculo adornatae, Panormi 1872. 6 29 I PRIMI 25 ANNI Mercè la erezione della cattedra di Pandette nell’Ateneo di Palermo, gli studi di diritto romano, già rifioriti in quel secolo fra noi, si sa- rebbero con amore continuati, e meglio indirizzati alla più sana intelli- genza di quel codice eterno di sapienza civile. i Rosario Bisso che era reputato un valente romanista, e avea vasta cultura, passò dalle Istituzioni civili alle Pandette, come prima dall’arit- metica, algebra e geometria era passato alle Istituzioni. Ed egli che nel 1793 si profferse a dettare anche il diritto feudale, lesse da allora anche questo insieme col romano; e l’uno era quanto l’altro necessario, in un tempo in cui il feudalesimo faceva ancor parte dell'ordinamento sociale. i A dettare le istituzioni fu chiamato il chiaro Antonino Garajo, già direttore degli studì e insegnante di Etica nel Liceo Caltagironese (4). Morto il Bisso dopo aver dettato per oltre venti anni, gli succedette nel 1804 Salvatore Malvastra. Questi (n. a Palermo a 10 dic. 1760; m. a 10 nov. 1836), eletto a leg- gere il diritto romano, diessi tutto all’ insegnamento abbandonata l’av- vocheria; ebbe facilità di eloquio e di comunicativa; fu metodico, erudito. Avvocato consulente della Università, tenne poi l’ufficio di tesoriere della medesima; fu membro di una Commissione legislativa, che scrisse e pub- blicò un progetto di codice penale per la Sicilia. Dettò un disegno di riordi- namento delle scuole di giurisprudenza del nostro Ateneo, divenuto or- mai necessario dopo la pubblicazione della novella legislazione del 1819. Il suo Discorso sopra le vicende del diritto romano diviso:in quattro parti, tratta della storia di quel diritto partita da lui in tre periodi, dalla fondazione di Roma alla fine della Repubblica, da Augusto a Costanzo Cloro e (ralerio, da Costantino a Giustiniano, e poi delle vicende che segui- rono tanto in Oriente che in Occidente dopo la pubblicazione delle celebri raccolte di Giustiniano, e particolarmente del diritto romano nell’ isola nostra. Il lavoro è ben condotto e ti dimostra nell’ autore un profondo sapere nella scienza che insegnava. Le prime leggi dell’Accademia furono pubblicate nell’anno 1783. @). Ecco le norme che in esse si leggono. Le varie: discipline; furomo distinte (1) Di Antonino Garajo professore di Istituzioni di diritto romano restano una Ornatio pro annua studiorum instauratione in Regia Calatahyeronensi Academia habita, Calata- hyerone typis Simonis Trento, 17/71, e Turis Romano-siculi Institutiones ad’ usum Acade- miae vol. 2, n. 8. Panormi typis Regtis, 1789, ripubblicate nel 1792} 1797, 1805; e 1817 (2) Vedi Istruzioni per-gli studenti dell'e facoltà teologica legale medica e filosofica della R. Università di Palermo disposte d’ordine della Deputazione dei Regi studi del'Regno:di Siellia e del Convitto Reale Ferdinando nell’anno 1883: DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 23 in quattro classi o facoltà, teologica, legale, medica e filosofica, le quali . costituivano tre collegi, formandone un solo la facoltà teologica e la le- gale. Triennale il cprso di filosofia, di giurisprudenza, di medicina; quin- quennale il teologico. In ogni giorno dovea ogni discente attendere a tre lezioni. Pel corso di filosofia, obbligatorie nel 1° anno la logica e la me- tafisica, l’ aritmetica, l’ algebra e la geometria; nel 2° e 8° la storia na- turale e la chimica a scelta degli studenti; per un anno la fisica spe- rimentale. Facoltative nel 1° anno : l’ agricoltura, 1’ economia e il com- mercio, l'anatomia, la medicina teoretica, e la pratica, o la chirurgia, e nel 2°, oltre queste scienze, anche la matematica sublime, e nel 3° il diritto naturale, le lingue greca ed ebraica, la storia ecclesiastica, l'architettura o le dimostrazioni anatomiche. Quattro ed obbligatorie le materie della giurisprudenza , le istitu- zioni nel 1° anno, le pandette e il codice giustinianeo nel 2° e 3° e per tutto il triennio il diritto canonico e il diritto naturale e pubblico. Sei ed obbligatorie le materie degli studi di medicina; la chimica per due anni, l'anatomia, la medicina teoretica e la pratica ciascuna per un anno, e ne’ tre anni al dopo pranzo le dimostrazioni anatomiche, e nei mesi di maggio e giugno la botanica ove gli studenti il volessero. Cinque le materie del corso teologico; la teologia dommatica per: tutto il quinquennio, il diritto canonico e la storia ecclesiastica per soli tre anni, la teologia morale e le lingue greca ed ebraica per due. In filosofia concedevasi licenza e laurea, in teologia baccellerato, licenza +e laurea; in giurisprudenza, e in medicina nessun grado, perchè le lau- ree in dette discipline doveano conseguirsi nell’ Università di Catania; agli studenti dell’una e dell’altra si rilasciavano solo dalla Deputazion e gli attestati degli studi fatti. Gli studenti di filosofia sostenevano due esami, l uno innanzi ai Censori dopo il 1° anno per la licenza, e l’ esame consisteva in due esperimenti, uno scritto ed uno orale pubblico. L’ esperimento scritto durava otto ore e versava in un argomento di logica e metafisica , e in uno di aritmetica, algebra e geometria; l’orale in alcune interrogazioni che întorno a queste materie per lo spazio di un’ ora venivan fatte dai Censori. Lo studente disapprovato nell'esame di licenza poteva rinnovare la prova, disapprovato una seconda volta era obbligato ricominciare il corso. L’esame di Jaurea consisteva in un esame scritto e in uno orale, il primo di otto ore, l’altro di un’ora, e versava sulle stesse materie dell’ esame di licenza e più sulla fisica. bg sl ; a CRE Mit LAVA LI ATE II 24 I PRIMI 25 ANNI Il riprovato nell'esame di laurea poteva ripresentarsi dopo aver fatto altro anno di corso. L'approvazione ottenevasi a maggioranza, prevalente, ove fossero pari i voti, quello del rettore che agli esami presiedeva. Gli studenti in teologia conseguivano la baccelleria alla fine del 2° anno, la licenza dopo il 3°, e compiuto il corso la laurea. Lo esame per il primo grado versava in uno esperimento scritto sopra un tema di teo- logia e une di diritto canonico, e durava otto ore. I Censori, ove giudicas- sero buoni gli scritti, dichiaravano i discenti baccellieri. I disapprovati potevano ripresentarsi nell’ aprile del terzo anno. Riprovati la seconda volta non potevano aspirare ad alcun grado, salvochè volessero ricomin- ciare il corso. Dopo un anno dalla promozione alla baccelleria, si faceva 1’ esame per la licenza. Era scritto ed orale. Lo esperimento in iscritto dovea farsi in otto ore sopra i temi di teologia e diritto canonico tratti a sorte; il pubblico consisteva nel rispondere a voce alle obbiezioni che loro su quelle materie facessero i Censori. I disapprovati potevano ripresentarsi nell’aprile dell’anno seguente. Riprovati una seconda volta, bisognava che facessero altro anno di corso per aspirare di nuovo alla licenza. Anche due erano gli esami per la laurea, l’uno scritto e 1’ altro o- rale; lo scritto versava sopra tre punti di teologia e di diritto canonico; e l’orale nel rispondere per un’ora alle interrogazioni dei Censori. I migliori fra gli studenti avevano il diritto di far l’esame nel prin- cipio del 5° anno, riducendosi così quatriennale il corso; quelli che si ) innalzavano sugli altri per prestanza d’ingegno davano esame alla pre- senza della Deputazione degli studìî. In giurisprudenza e in medicina si facevano gli esami per cono- scersi il profitto degli studî. Gli studenti di legge al principio del 2° anno sostenevano un esame scritto da farsi in otto ore sulle istituzioni e sul diritto canonico. I di- sapprovati ripetevano l’esame alla fine dell’anno. I rimandati la seconda volta dovevano ricominciare il corso. A metà del 3° anno un altro esame faceasi sulle istituzioni e le pandette e il diritto canonico. Rimandato lo studente dovea fare un altro anno di corso. Gli studenti in medicina davano prova degli studi fatti scrivendo in otto ore sopra un argomento di anatomia tratto a sorte; a mezzo il terzo un secondo saggio sulla medicina teoretica e sulla pratica. L’esame fallito potevasi ripetere. Chi era riprovato una seconda DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 25 volta, dovea di nuovo attendere all’anatomia e ricominciare il triennio; il rimandato per la medicina teoretica e per la pratica era obbligato ad altro anno di studio. Erano indetti dal Rettore i cimenti semestrali per le scuole supe- riori perchè i giovani dessero prova del profitto cavato. A fin d’anno nel mese di settembre in quattro giorni si facevano gli esercizi accademici di lingua latina, e italiana, antichità romane, mitologia, storia sacra e profana, sfera armillare ed elementi di lingua greca, dai giovani studenti delle classi inferiori (1). Furono questi i primi regolamenti della nostra Università, i quali in un secolo e più sono stati mutati e rimutati. Certo le norme disci- plinari di un istituto scientifico debbono variare secondo il progresso e l'ordinamento degli studì. Ma in Italia regolamenti ce n’ è stati di soverchio, non essendovi ministro di pubblica istruzione che non abbia ad uno nuovo apposto il suo nome. Cotesto continuo rimutamento ha nuociuto alla disciplina e generato una grande confusione. Sopraintendevano alla Reale Accademia i Deputati dei Regi studi i quali tenevano in lor mano l’ amministrazione del suo patrimonio e proponevano al Governo i professori, non che le riforme da introdurre nell’insegnamento, le cattedre da istituirsi. E a questo nobile ufficio furono dal Re nominati illustri personaggi ricchi di censo, e pieni di amore per il sapere e di devozione alla nativa isola. La Deputazione degli studi assunse nel 1818 (28 gennaro) il titolo, le funzioni e le attribuzioni di Commissione di pubblica istruzione, e ri- cevette nel 1822 (5 marzo) il suo definitivo ordinamento. Nel 1852 la Com- missione venne distinta dalla Deputazione della R. Università degli Studi di Palermo, e la presidenza di questa fu data al presidente del Tribunale civile. Disciolta la Commissione nel 1860, venne in sua vece istituito un Consiglio superiore di pubblica istruzione. Reggeva l'Ateneo un Rettore e prefetto di studi scelto dal Governo fuori il corpo dei professori, fra persone colte che avessero autorità, dot- trina e credito. Egli vegliava su’ professori e curava che adempiessero al loro ufficio, presiedeva ai circoli e agli esami di promozioni e a quelli pel conseguimento della laurea, attendeva insomma a tutto ciò si at- tiene al vantaggio dell’Università, dipendendo unicamente dai Deputati (1) Vedi Esercizio Accademico di belle lettere da eseguirsi nel mese di settembre del- l’anno 1787 dai giovani studenti delle classi inferiori della R. Accademia dei pubblici studi di questa Capitale. Palermo, 1787 nella R. Stampena, in-4. 7 26 I PRIMI 25 ANNI a’ quali d’ogni cosa dovea dar conto. E primo, per lunghi anni, fu il pa- dre Gabriele Castello dell'Ordine dei Teatini, uomo di non comune sapere. AI quale succedette nel 1801 il cav. Gregorio Speciale, persona per ogni rispetto ragguardevole. E poi fino al 1860 il Rettore fu scelto fra’ padri Teatini, per diritto a questi conceduto dal Re quando nel 1805 cedettero una parte della loro grande Casa per sede della Regia Università degli Studi. Da indi innanzi è stato scelto dal Governo fra’ medesimi professori. L’Accademia godette sino dalla sua origine del diritto di possedere. E però i Deputati degli studi, assenziente il Governo, accettarono per essa, la donazione che Mons. Giuseppe Gioeni alla medesima faceva, come appresso diremo. Ed essa ebbe autonomia amministrativa, disciplinare, didattica. Dopo il 1860 fu privata dell’amministrazione dei suoi beni, ma ser- bando pur sempre la sua personalità giuridica , ha potuto acquistare i legati che in questo periodo le furono fatti. A promuovere efficacemente gli studi non mancò nella R. Accade- mia il validissimo stimolo dei premî per eccitare alla gara gli animi dei giovani. Il Senato di Palermo (22 febbr. 1783) assegnò alla scuola del dise- gno istituitasi nell’anno 1780 trenta onze annue per tre premî, cioè: uno di onze 12 per gli scolari del terzo anno, uno di onze 10 per quelli del se- condo e uno di onze 8 per quelli del primo (4). In quel medesimo anno Monsignor Gioeni fondò tre premì annui per gli studenti della filosofia morale e altrettanti per quelli dell’ economia politica, il primo di scudi 50, il secondo di scudi 30, e i! terzo di scudi 20. Lo stesso re conce- dette poi onze duecento per incoraggiare con venti premî lo studio di dieci insegnamenti dei quali alcuni non ancora istituiti, e furono questi: 4. Agricoltura; 2. Veterinaria; 3. Diritto pubblico e delle genti; 4. Ma- tematica; 5. Fisica Sperimentale; 6. Storia naturale; 7. Botanica ; 8. Chimica ; 9. Architettura civile e idraulica; 10. Disegno del nudo. I premî essere venti medaglie d’oro , dieci del peso di onze dodici , e le rimanenti di onze otto; il giudizio sui concorsi doversi dare da’ pro- fessori a voti segreti; la distribuzione dei premî farsi dallo stesso Vi- cerè, o da chi terrebbe il luogo di lui, e le medaglie doversi tenere al petto da’ premiati nel primo mese dopo aperti gli studi ; mandarsi alle stampe gli scritti che lo meriterebbero (2). (1) Vedi Scimà, Prospetto della storia letteraria del sec. XVIII. Vol. HI, p. 12. (2) Vedi Appendice — Docum. n. XI. Nota del Consiglio delle Finanze con cui si co- munica il Sovrano ordine di fondarsi venti premi e di istituirsi le cattedre di Veterinaria e Agricoltura. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 27 I premì reali furono sospesi al 1800 per impedimenti finanziari e più non si riebbero; quelli del comune durarono fin oltre il 1840. Ri- masero i premì Angioini, sebbene anch'essi sospesi nel principio del se- colo e per lunghi anni non conferiti. A” quali dopo lungo volger di tempo furono aggiunti nel 1861 dal Luogotenente generale del Re Monteze- molo due altri premì di L. 306 per uno, per gii studi anatomici (4). Il concorso si fa fra i laureati in medicina e chirurgia da non più di due anni, e versa in esperimenti di lavori anatomici. Le scienze fisiche, matematiche e naturali mancano di premi, e ne mancano anche le lettere e la filosofia, e ne mancheranno fino a quando, trascorsi i quindici anni dalla morte del fondatore, non si avranno quelli istituiti dal canonico Nicolò Di Carlo. Per alcuni anni dal 1876 al 1880 il Circolo Giuridico a fin di mo- strare la sua riconoscenza alla R. Università per avergli dato entro le sue mura onorata sede, volle incoraggiare gli studi giuridici con premî prima di L. 250 e poi di L. 500. Il primo premio venne assegnato per la migliore dissertazione di laurea che sarebbesi presentata nell’anno 1876; il secondo e il terzo per concorsi sopra temi dati da apposita Commis- sione. Ripresa dopo breve sosta la bella usanza, e ricevuto dal Governo un largo sussidio, ha bandito per l’anno 1885-86 un concorso con un premio di L. 1000 aperto a tutti gli Italiani. Se i mezzi glielo consen- tiranno, potrà stabilire un premio di L. 250 per un concorso annuale o biennale fra’ laureati della nostra Università. Occorrerebbe che per tutte le facoltà, anzi pei più importanti inse- gnamenti di ciascuna di esse, come per la facoltà giuridica il diritto civile, il diritto romano, la storia del diritto, si avessero premiì, avve- gnachè senza contrasto si coltivino con più amore le scienze, lo studio delle quali è incoraggiato. Nelle altre Università italiane non mancano i premi, grandissima utilità ritraendone gli studi. Il Comm. Dionisio lasciava tutto il suo patrimonio alla R. Uni- versità di Torino, istituendo premi annuali per gli studenti di giurispru- denza e uno triennale per la migliore dissertazione in lingua latina sopra un argomento di diritto romano. In Bologna l’illustre Marco Minghetti fondava il premio per il gruppo (1) Il decreto luogotenenziale è del 5 aprile 1861, e con esso oltre a' premì, si istituì nelle tre Università di Sicilia una scuola di lavori anatomici. Venne modificato con R. De- creto del 12 sett. 1869, n. 5229. 28 I PRIMI 25 ANNI degli studi rappresentati dalla facoltà di lettere e filosofia. Felice Ca- vazza ne istituiva uno per il gruppo degli studi della facoltà di giuri- sprudenza. Un terzo per gli studi della facoltà medico-chirurgica e della scuola di medicina veterinaria fu costituito per sottoscrizione dei professori alla quale presero anche parte gli studenti non che il Sindaco Tacconi. E grazie alla generosa liberalità del Senatore Mazzacorati si è formato già il fondo necessario per un altro premio da destinarsi agli studi della facoltà di scienze fisiche, naturali e matematiche e della fa- coltà degli ingegneri. I premi hanno il valore di L. 250, quanto il mas- simo dei premi Angioini: non può essere premiata che una sola memoria, per le altre si danno menzioni onorevoli. Si concorre all’onore di questi premi da quei giovani laureati in quella città da un tempo non mag- giore di un anno. I premi portano il titolo di Vittorio Emanuele e si conferiscono ogni anno il 9 gennaro a fine di commemorare il ricadente anniversario della morte del Gran Re, con opere che attestino il progresso degli studi e l'altezza alla quale in quella dotta città sì tiene il culto delle lettere e delle scienze. Taccio dei premi Corsi che si conferiscono nell'Università di Roma per tutte le facoltà, e taccio di quelli delle altre, perchè non intendo far la storia dei premi che si danno in tutti gli Atenei italiani. Oltre Alpi ci porgono bello esempio l’Accademia di legislazione di Tolosa, e il Consiglio Comunale di Parigi. La prima conferisce ogni anno per la festa di Cujacio, oltre altri premi, una medaglia d’oro del valore di 200 franchi alla memoria più bella che si presenta dai licenziati in legge, dagli aspiranti al dottorato, e dai dottori che da meno di cinque anni hanno ottenuto premi nei concorsi per la licenza o la laurea nelle facoltà di diritto, o distinzioni analoghe nelle Università straniere. Il Con- siglio Comunale di Parigi nel 1881 fondava nella facoltà di giurisprudenza concorsi a premio per gli studenti del primo e del secondo anno. Quanti esempi da imitare! Ma per buona fortuna a noi non man- cano gli esempi paesani del Gioeni che provvide per le cattedre di fi- losofia morale e di economia politica, di M." Di Giovanni che istituì un premio di L. 5100 da conferirsi ogni quattro anni a chi si segnalerebbe in un concorso di lettere greche e latine, storia patria e sacra (4), del Di (1) Questo concorso è stato sospeso dal 1860 fino ad oggi, perchè, in forza del Decreto dittatoriale di Garibaldi del 9 giugno 1860, in quella furia d’incamerare i beni delle opere pie per compensare i danni che la rivoluzione per l’ unità italiana aveva arrecato ai pri- de DM " Aida tà ; p x ’ DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO Carlo, che fondò premi per incoraggiare gli studi orientali. E il nostro Comune anzichè farsi imitatore di altri, seguirebbe le sue nobili tradi- zioni istituendone altri per questa o quella facoltà. È da sperare che la da Schiera dei sullodati e benemeriti personaggi si accresca fra noi, e che ite rendite e SR del legato. Finalmente, nel 1884, il Consiglio di Stato di- chiarò che quel legato non era opera pia, ma una istituzione educativa. Il Governo lo al- fidò alla R. a Così gli studi classici torneranno ad avere un validissimo eccita- mento 99 pr io Di Giovanni. La Biblioteca dei Regi Studi — Il Museo — La Stamperia, Il Governo che avea già riformato | Ateneo palermitano, mirava a circondarlo di tutte le altre istituzioni che gli fossero indispensabili ausiliarie. E incaricava il principe di Torremuzza di erigere nel Collegio stesso ove la R. Accademia era sorta un’ampia biblioteca , ben prov- veduta, affinchè servisse ad utile del pubblico, della cultura delle scienze, e dei discenti che in gran numero alle Regie Scuole accorrevano. Egli con quell’ amore che era solito adoperare nella osservanza dei pubblici uffici, postosi tosto all’opera, scelse come luogo più acconcio, non l’an- tica sala che i Gesuiti aveano destinato per loro privata biblioteca, ma la maggiore aula ove essi teneano le ricreazioni, le premiazioni, i letterari e scientifici convegni. L’ architetto G. Venanzio Marvuglia la ampliò e decorò. La biblioteca per le splendide proporzioni, pel numero delle spa- ziose finestre, per la elegante doratura della soffitta, per lo scaffale di noce ben scompartito e meglio intagliato, riuscì veramente bella , e di lunga mano superiore alle sale della libreria Comunale da sette anni appena fondata, e fra le migliori che esistessero in Italia. I libri che il Torremuzza vi raccolse, vennero tratti dalle biblioteche domestiche dei Gesuiti, e dai Collegi gesuitici del Val di Mazzara, e dalla soppressa badia di S.® Maria del Bosco, già proprietà dei monaci Olivetani, che in- sieme coi legati di quei soppressi collegi egli avea chiesto ed ottenuto (4). Acquistò poi i libri del canonico Gaetano Barbaraci, e non poche opere italiane e straniere. Si proffersero a lui larghi ajutatori in questa bella impresa, il vicerè Caracciolo che generosamente donò di tutti i suoi libri la nascente biblioteca, e più il Caramanico, e alcuni egregi cittadini. Alla Biblioteca fu dato il titolo di Regia, come Regia era l'Accademia degli studi, e Biblioteca dei Regi Studi fu anche detta, perchè alla Regia Ac- cademia annessa, come oggi diconsi Biblioteche Universitarie quelle (1) Vedi Appendice—Documento n. XII. Dispaccio con cui il re assegna alla Biblioteca dei Regi Studi i legati addetti alle Librerie Gesuitiche del Val di Mazzara. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 31 che alle Università sono congiunte, salvochè taluna per la sua grande importanza ha avuto il titolo di nazionale. Furono sancite le leggi per essa. I manoscritti delle biblioteche dei padri Olivetani vennero alla medesima per sovrano ordine donati. Nel 1785 divenuti insufficienti i due ordini di scansie, fu mestieri fabbricarne un terzo. Uniti alla bi- blioteca erano il Museo di antichità fondato nel 1730 dal Gesuita Igna- zio Salnitro, e da lui appellato Salnitriano, e la raccolta di erbe e piante rare di Sicilia. A dare un sistematico coordinamento ai libri e presiedere alla bi- blioteca, e custodire ed accrescere il Museo, e | erbario secco, fu fatto appositamente venire da Monaco di Baviera Giuseppe Sterzinger dell’ Ordine dei Teatini, uomo eruditissimo, come lo dice il Narbone, intendente d’ogui facoltà, e sopratutto fornito a maraviglia di cognizioni tipografiche e bibliografiche. Ma essendosi nel 1795 le due direzioni divise, lo Sterzinger rimase bibliotecario , e il Museo fu prima retto dal cas- sinese G. B. Diblasi, indi dal celebre Rosario Gregorio; e poi da A- gostino De Cosmi. La biblioteca fu per la prima volta aperta al pubblico nel dì 5 no- vembre 1782 quando s’inauguravano gli studi. In quella occasione leg- geva il discorso inaugurale Antonino Garajo professore d’ istituzioni giustinianee. All’annua festa scolastica resa in quell’ anno più solenne per l’apertura della biblioteca, intervenivano il Vicerè Caracciolo , e le autorità civili, militari e municipali ed eletti cittadini. Il principe di Torremuzza volle morendo dimostrare il grande at- taccamento a quella istituzione da lui fondata e le lasciò tutti i suoi libri. A memoria dell’ illustre fondatore e benefattore ì Deputati degli studi curarono che effigiata in marmo stesse la sua immagine nella sala che sta innanzi la Biblioteca. Sì contavano già circa 30,000 volumi nel 1805 e la nuova Libreria stimavasi a buon diritto ornamento e decoro della nostra città. Ritornati in quell’anno i Gesuiti, fu per ordine del Governo ceduta ai medesimi con obbligo di tenerla aperta al pubblico. I Deputati degli studi fecero le più vive rimostranze al Governo per impedire che la Biblioteca sorta col danaro pubblico fosse consegnata ai padri di quella Compagnia, aggiungendo che si potevano ad essi re- stituire i libri delle loro antiche librerie ben riconoscibili dal loro sug- gello. Ma il Re Ferdinando Borbone che era tutto amore pei reduci Lo- jolisti tenne duro e la sua volontà fu fatta. Giuseppe Sterzinger ebbe come gli altri impiegati la metà del soldo, e costretto ad abbandonare il Collegio massimo, trovò ricetto nella Casa dei padri del suo Ordine. 32 I PRIMI 25 ANNI Dal 1805 al 1860 di parecchie migtiaia di volumi fu da’ Gesuiti ac- eresciutà, ma non sì a dovizia corredata dei più recenti libri da potersi ritenere sufficiente alla cultura delle scienze e delle lettere, essendosi a quello scopo erogate ben poche somme. C’erano al 1860 40,000 volumi, in mezzo ‘secolo se n'erano acquistati appena 10,000. Pure qui ricordo a cagion d’onore, i nomi di quei reverendi padri che la ressero con intel ligente amore Alessio Narbone, Pietro Scarlata, Pietro Sanfilippo e Giuseppe Romano. Dall'anno 1860 a’ dì nostri si è di molto accresciuta e abbellita. Il terzo ordine dello scaffale fatto costruire dallo Sterzinger, rimast o inoperoso per difetto di libri e però chiuso con tele storiate, venne deco- rato di una bella ringhiera e ripieno di volumi. Nella grande aula rifatto di lastre di marmo il pavimento, Jc finestre ornate di cristalli; in fondo alla medesima serbansi in nuovi scattali le edizioni figurate, gli atlanti, i libri di grande formato. Il sito ove una volta riunivasi la Congregazione di S. Luigi, è ora destinato a raccogliere le edizioni rare, i libri di prima stampa, i manoscritti preziosi, gli autografi di personaggi illustri. In essa fu posto il bello scaffale dell’ Oratorio dell’Olivella. In un piano superiore alla biblioteca alcune sale sono occupate dai libri delle soppresse corporazioui; e in uno ancora più alto al quale si accede per una bella scala recentemente costruita, nella sala ove era la privata biblioteca dei Gesuiti, furono acconciate le eleganti scansie del monastero di S. Martino, e tutte vedonsi ripiene di libri monastici. In quello stesso piano serbansi in un’apposita sala le librerie che due bene- meriti cittadini lasciavano ad uso della culta cittadinanza, Giuseppe Ca- stagna e Francesco Di Giovanni. Dei quali l’ultimo ne facea in vita do- nazione alla Biblioteca Nazionale, e il primo lasciò morendo la sua ricca e scelta libreria all’Università di Palermo, manifestando il desiderio che fosse aperta agli studiosi. Chi reggeva allora 1° Ateneo non cogliendo quella buona occasione per fondare in esso una biblioteca, mandò quei libri in deposito presso la Nazionale. Io che ho sempre vagheggiato di vedere nel nostro Ateneo una biblioteca per la facoltà di giurisprudenza e di lettere, essendone provveduti i gabinetti di scienze naturali e me- diche, e godo che in esso è già sorta quella del Circolo Giuridico ricca di giornali italiani e stranieri, e di opere moderne, e provveduta anche di libri antichi, fo voto che quel deposito sia ripreso e quei libri si pon- gano in acconcia sede nello edificio della Università e insieme si ripi- glino quegli altri non pochi, che furono depositati nel 1859 presso la Comunale. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DÌ PALERMO 33 Dal 1862 la Biblioteca si apre di giorno e di sera, e nelle ore sero- tine si schiude una bene adatta sala, illuminata a gaz, nella quale non è alcun scaffale di libri. E fu ottimo provvedimento il destinare a sala di lettura, una stanza tutta affatto sgombra , avvegnachè si è così evitato il pericolo di un incendio nella grande sala. Il numero dei volumi è di molto accresciuto; erano nel 1863 46,000, prima del 1870, 50,000; nel giorno del centenario ammontavano a 120,000. Al quale aumento avea conferito la soppressione delle corporazioni reli- giose, tutti i libri delle quali, compresivi quelli delle due grandi librerie dell'Oratorio dell’ Olivella e di S. Martino delle Scale vennero divisi fra la Nazionale e la Comunale. Oggi assommano i volumi a 125,000. Di recente sono stati rifatti a nuovo i pavimenti nella Sala di S. Luigi e in quella delle letture serali. La Biblioteca che fu prima detta dei Regi Studi, assunse il titolo di Biblioteca del Collegio Massimo dei Gesuiti dal 1805 in poi, ebbe per brevi mesi nel 1848 quello di nazionale che poi riprese nel 1860 e tuttavia tiene, sebbene per pochi anni le sia stato affibbiato l’altro di universitaria. La Prodittatura assegnò nel 1860 (4 nov.) alla Biblioteca sul bilan- cio della pubblica istruzione una dote annua di lire 25250, delle quali lire 12,000 per compra e legatura di libri, carta e altri generi di scri- vere, ed illuminazione della sera, e lire 13,250 per stipendi degli im- piegati; e ne affidò la sopraintendenza ad una Deputazione composta di tre individui, cioè un Presidente nominato dal Governo tra i componenti del Consiglio Superiore d’ Istruzione pubblica e due Deputati scelti tra le persone di lettere dal Consiglio medesimo (2). Maggiore assegna- mento è quello di cui gode oggi, lire 30,800 per stipendi degli impiegati e lire 12,000 per compra di libri, rilegatura, materiale e illuminazione. E qui è bello ricordare i fasti politici e letterari che si ricollegano con la grande sala della Biblioteca. Nel 1812 ivi sedette il Braccio Ba- ronale, e nella notte del 12 luglio con generoso proponimento vi pro- clamò l’abolizione del feudalismo; scena mirabilmente dipinta a dì nostri da un valente pittore (2). In essa ebbe poi sede la Nuova Camera dei pari. Ed ivi fu sciolto dal Re il Parlamento siciliano col fedifrago divi- samento di più non riaprirlo. Ivi nel 1820 si raccolse la Giunta rivolu- (1) Vedi Legge e Regolamento della Biblioteca Nazionale di Palermo. Palermo 1862. (2) Giuseppe Padovani. Il quadro vedesi nella Sala del Consiglio Comunale della nostra Gittà. 9 34 1 PRIMI 25 ANNI zionaria. Tennero ivi i padri Lojolisti la solenne Accademia per |’ Im- macolato Concepimento della Vergine Santa. Nel 1875 a 29 agosto si inaugurò in essa il XII Congresso degli Scienziati al quale convennero molti dotti italiani e stranieri e in mezzo a numeroso ed eletto uditorio vi recitò nobilissime paro!e l’illustre e rimpianto Conte Terenzio Mamiani. Sono due anni il chiarissimo bibliotecario Filippo Evola, che prima nel 1848, e poi nel 1860, fu nominato a reggere quella biblioteca, e con sì grande amore vi sopraintende, ebbe il felice pensiero di celebrare solen- nemente il primo centenario, come nel 1875 erasi fatto per quella del Co- mune. Egli stesso narrava la storia della Libreria e ne mostrava la impor- tanza; belle poesie furono lette fra le quali stupenda una canzone del Lombardi: Il fuoco di Prometeo. E a tramandare ai posteri la memoria di quella festa solerine fu posta una lapide con una bella iscrizione latina (4), in quella piccola sala in cui sorge la immagine del T'orremuzza (2). (1) Ecco la iscrizione : UMBERTO I. NOVI REGNI ITALICI FEL. AUG. HAC MAGNA IN AULA NONIS NOV. AN. MDCCLXXXII REGIA BIBLIOTHECA PANORMITANA CIVIUM USU PATUIT PRIMITUS INAUGURATA PER VICES S. I. PATRIBUS BIS CONCREDITA CUM IN NATIONIS FIDEM BIS DEVENIT BIS NATIONALI NOMINE DECORATA FUIT QUOD VIX PRIMO CENTENO ANNORUM ORBE VERTENTE UNIV. CIVES AUSPICATUM DIEM CELEBRAVERINT SOLEMNI QUA PAR ERAT POMPA PRAE LOCI AMPLITUDINE ET PLUTEORUM ELEGANTIA PRAE NOVO VOLUMINUM COPIOSO DELECTU NE TANTAE REI MEMORIA EXCIDERET EQ. BENEF. COR. ITAL. HUIC BIBLIOTHECAE PRAEFECTUS Paruppus Evora NONIS NOY. AN. MDCCCLXXXII HUNC TITULUM P. (2) Vedi Ricordo del Primo Centenario della Biblioteca Nazionale di Palermo. Pa- lermo, Tipografia dello Statuto, 1882. In questo libro sono il discorso di F. Evola, con una serie di documenti, le poesie del canon. Vincenzo Ramirez, del dottor Ernesto Guastella, del can. Saverio Montalbano, del prof. Pasquale Pizzuto, del prof. Eliodoro Lombardi e le iscrizioni del can. Giuseppe Vaglica e del can. Giuseppe Montalbano. Seguono poi Graecorum Codicum manuscriptorum qui Panormi in R. Bibliotheca asservantur specimen edidit brevibusque notis illustravit sac. Antoninus Pennino, e Il falso Codice Arabo-Siculo della Biblioteca Nazionale di Palermo illustrato e descritto dal sac. La Gumina Bartolo- meo prof. di lingua ebraica al Seminario Arcivescovile e alla R. Università degli Studi. IRR RI VA, gt TR, ix 0, f i DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 35 E qui mi è doloroso ricordare che il 5 novembre 1879, data memo- randa che rammemora la fondazione della R. Accademia degli studi di Palermo sia passato in silenzio senza che a ricordare il grande avveni- mento nè una parola siasi profferita, nè una scrittura stampata, nè una lapide incisa. Le belle istituzioni sono l’ornamento migliore di una città, l’indice più nobile del suo incivilimento. E le origini di esse è debito della posterità riconoscente ricordare con pompa come vediamo prati- sarsi presso le civili nazioni. Da qui a 20 anni un nuovo centenario segnerà la nostra Università. {l 1905 richiamerà alla memoria l’anno in cui la Regia Accademia de- gli Studi fu elevata all’ onore di Università. Quel giorno, vogliamo augurarcelo, sarà festeggiato con la dovuta solennità. Il Museo Salnitriano rimase al 1805, come la Biblioteca, ai padri Lojolisti; ma quello era stato fondato dal loro socio padre Ignazio Sal- nitro, accresciuto dipoi per le cure di Ant. M. Lupi, di Emmanuele Aquillera, di Giuseppe Gravina e d'altri, cui fu affidato l’incarico di cu- stodirlo e arricchirlo. L° illustre filosofo e numismatico Giuseppe Ro- mano dopo il 1849 Jo ridusse a miglior forma e lo accrebbe di molti oggetti, spezialmente di antiche monete. Ora fa parte del nostro Museo Nazionale. Sin da quando la Giunta di Educazione reggeva le cose dopo la cac- ciata dei Gesuiti, il Re aveva ordinato che si fondasse una Stamperia reale, ben provveduta di caratteri, di torchi e di ogni altra cosa abbi- sognevole. I Deputati degli studi succeduti alla Giunta, implorarono che la Stamperia si fosse a loro affidata destinandone gli utili in beneficio della pubblica istruzione. Il Re assentì e decretò che la Stamperia re- stasse a vantaggio degli studi di Palermo e del Regno, e fosse dai Deputati liberamente amministrata (1). Stabilì inoltre che il Tribunale del Real Patrimonio desse loro 600 ducati per adattare il luogo in cui dovea collocarsi, e consegnasse caratteri, torchi e altri arnesi e ogni cosa che si fosse già comprata dalla Giunta di educazione. E volle che appena aperto lo Stabilimento Tipografico Reale, tanto il Tribunale del Real Patrimonio, quanto tutti i rami della Regia Corte fossero obbli- gati stampare in esso tutto ciò che loro occorresse, avvegnachè un of- ficio Regio retto da pubblici funzionari porgesse maggiore sicurtà che qualunque privata tipografia per la segretezza di ciò che si stampava. (1) Vedi Appendice—Documento n. XII. Dispaccio dei 31 luglio 1779, con cui si affida a’ Deputati degli Studi la libera amministrazione della Stamperia. 36 I PRIMI 25 ANNI La Stamperia reale venne prima aperta nel Collegio dei Gesuiti, donde fu poscia trasferita nel Convento del Carmine e da ultimo in una Casa in Via della Università, presso l’edificio universitario. Vi soprain- tendeva un Direttore. i Più tardi venne ai Deputati conceduto il diritto esclusivo di stam- pare la prima edizione degli ordini reali, dispacci, bandi, circolari, atti parlamentari ed altre carte attinenti al Governo, alla giustizia, e al- l’Erario per qualunque ramo di amministrazione (1). Dalla Reale Stam- peria uscirono libri ben corretti e bene impressi; e da essa vennero fuori i due Cataloghi delle stelle del celebre Giuseppe Piazzi e le opere del non meno illustre Rosario Gregorio, Rerum Arabicarum collectio e la Bibliotheca scriptorum qui res in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere. E la bellezza dei tipi e la correttezza delle edizioni arrecò un grande beneficio , eccitando la gara nelle tipografie private dei Muratori e dei Pedone. : Al 1820 fu poi provveduto che la R. Stamperia avesse pure il diritto: esclusivo di stampare e vendere tutti i libri d’istruzione per le scuole nor- mali e lancastriane (1), essendosi dato alla Commissione di pubblica istru- zione, già entrata in luogo dei Deputati degli Studi, l’incarico di scegliere i libri di testo per le dette scuole. Questo diritto venne sin dal principio con- trastato dai tipografi (2) e non fu mai bene e pienamente messo in pra- tica. La privativa era stata conceduta, ma quando le privative non sono giusto compenso a chi abbia fatto una scoverta delle fatiche durate, delle ansie sofferte nel ricercare e nel ritrovare, irritano gli animi, perchè in- giuste, e generano la lotta. La libertà sola è giovevole e feconda. Chi sa far meglio ha diritto ad essere più ricercato, ritraendo il pubblico maggior vantaggio dalla libertà. Siccome ogni cosa umana ha le sue vicende, e or tiensi in alto, or cade in basso, la Stamperia Reale che avea avuto i suoi giorni lieti incominciò a perdere quel credito che si era acquistato. Per le molte spese ch’era costretta di fare, per le alte tariffe, non potè sostenere la concorrenza delle private stamperie e soggiacque nella lotta. E credu- (1) Vedi Appendice—Documento n. XIII. Dispaccio dei 18 ott. 1814, con cui s'ingiunge che la prima impressione degli ordini reali, dispacci etc. si stampasse dalla Stamperia Reale. (2) Vedi Appendice— Documento n. XIV. Dispaccio con cui si concede la privativa di stampare e vendere i libri d’istruzione per le scuole normali e lancastriane. (3) Pisora Bracro. Sul diritto di privativa della Reale Stamperia. — Palermo, 1822. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 37 - tosi che il tenerla in economia non desse più buon frutto, si diè in ap- palto. Ma il privato che la prese, bravo tipografo, non ebbe fortuna. E andaron giù le cose anche con l’appalto. ATI chiarissimo prof. Giuseppe Bozzo proponeva nel 1850 (4) alla - Gommissione d'Istruzione di riprendere l’amministrazione della Stam- Ò peria, chiedendosi al Governo la somma di onze ottocento da rimborsarsi ; in brevi anni, di corredarla d’ogni sorta caratteri, compresi i greci, gli t arabi. e gli ebraici, e confidava che risanguata e quasi di sana pianta | rinnovata la Reale Stamperia sarebbe tornata all’antico lustro, avrebbe reso grande utilità alle lettere e alle scienze , e destato una bella gara nelle altre Stamperie. Ma il disegno non fu recato ad effetto. E la Stam- peria durò ancora per altri anni, infino a quando si chiuse per sempre. cpr; 1) Vedi La Stamperia Reale della R. Università di Palermo di Giuseppe Bozzo, 1850, Le fondazioni di M." Giuseppe Gioeni. In quei tempi, in cui tutto non si voleva ancora fatto dallo Stato nè dal Comune , i patrizi rendevansi benemeriti del paese spendendo una parte dei loro pingui averi per abbellire la città, fondar cattedre nel pub- blico Ateneo. Chi penserebbe oggi a ornare di qualche bella fontana un pubblico passeggio, chi istituirebbe una cattedra! Oggi sentiremmo ri- petere: questo è obbligo dello Stato, quello del Municipio. E soventi al Municipio mancano i mezzi per fare alcuni importanti abbellimenti, e lo Stato, su cui gravano ingenti spese pei molteplici bisogni della nazione, si nega anche per difetto di mezzi a fare ciò che dovrebbe per un pubblico istituto. Quanto non sarebbe meglio che i privati venissero in aiuto al Comune, e questo e la Provincia concorressero più soventi al miglioramento degli istituti governativi ! Un illustre patrizio nei primi anni dell’ultimo ventennio del sec. XVIII pensò fondare nel novello Ateneo una cattedra di filosofia morale. Fu questi Giuseppe Valdina Gioeni dei duchi d’Angiò. Nato egli in Palermo nel 1717, fu letterato, di animo liberalissimo, e così pieno di amore e di devozione verso la sua terra natale che volle in vita largheggiare del suo per eccitare in essa le industrie , fondare utili istituzioni. Investito della abbazia di casa Valdina, recossi in Roma per entrare in prelatura. Viaggiò indi per le più civili contrade di Eu- ropa, e tornato in Roma, ebbe dal Re Ferdinando il beneficio di S. Caterina di Bilici, e dal duca di Ferrandina, suo consanguineo, 1’ ab- bazia di S. Maria di Pelady. Del suo censo paterno, accresciuto dei ric- chi proventi delle conferitegli abazie, egli seppe fare il miglior uso che potesse in vantaggio dei suoi concittadini, sicchè le sue ricchezze non destarono invidia, e il suo nome fu profferito allora con rive- renza, e fu indi benedetto e ammirato. Destinò in prima onze 14,000, per introdurre la industria delle tele nel grande Albergo dei Poveri, che si era novellamente eretto in questa città nella via che mena a Monreale; ma non potuta attecchire tale industria, soccorse con quella stessa somma l’opificio della seta che iu da ent DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 39 quell’Ospizio fondato, e durato in fiore per molti anni, venne indi illan- guidendosi fino ad estinguersi intieramente ai dì nostri. A sue spese ei volle con un magnifico portico decorare la porta principale dell’ame- nissima e ridente Villa Giulia, ed uno dei quattro padiglioni che si videro sorgere a’ quattro angoli di essa, fu a sue spese fabbricato, es- sendo stati gli altri tre costruiti col pubblico denaro. Vide più tardi (1788) che una delle industrie onde Palermo capitale dell’ isola doveva meglio avvantaggiarsi fosse la marina mercantile, e che qui facea di- fetto un istituto ove si educasse la gioventù alla difficile arte del navi- gare, e fondò il Collegio Nautico in un suo casino all’ Acqua Santa d'onde, nel 1792, fu trasferito, come in luogo più acconcio, nel soppresso Convento dei padri della Concezione presso il Molo. Egli lo dotò di onze 450 annue, e gli donò il podere annesso al suo casino, e ottenne dalla so- vrana munificenza un assegnamento annuo di onze 333, 10. E la cura di sopravegliare all’istituto affidò al suo amico Pietro Lanza di Trabia, a cui dopo successe il figlio (riuseppe. E questi vi spese le maggiori cure, ne migliorò gli studi, vi eresse un osservatorio astronomico ele- vandolo così a maggiore dignità. Da quest’Istituto che è oggi uno dei pri- mari d’Italia, sono usciti marinari espertissimi ed intrepidi, e ad altri non secondi nel solcare i mari e nell’attingere le più remote contrade. Ma a lui non piacque solo di eccitare le industrie, e fondare un’im- portante istituto, e abbellire di nuovi ornamenti la città; con sano in- tendimento egli promosse la istruzione superiore, e si cooperò alla fondazione delle cattedre di agricoltura, di veterinaria, del nudo. E rivol- gendo poi l’animo a correggere il pubblico costume che declinava al rilassamento, volle istituire una cattedra nuova nell'Accademia per inse- gnarsi la filosofia morale e civile. E perchè la gioventù accorresse nume- rosa a quella scuola, e vi attingesse i più sani principî e vivo esempio di buon costume si profferisse al popolo, stabilì tre premi annuali per quegli studenti che si segnalassero in quella disciplina. E riconosciuta la grande importanza dell’altra cattedra di economia civile e commercio, volle pur assegnare per questa altri tre premi annuali a fin di destare nei gio- vani una nobile gara per lo apprendimento di quella scienza che è così necessaria ad ogni cittadino, e più a quelli che son chiamati a reggere la cosa pubblica, e ch’è così profittevole al ben vivere sociale (4). (1) Vedi, Gioeni (M. G.), pal. prelato e letterato, morto a Firenze 1798 G. L. nella rac- colta di biografie di Ortolani; Elogio di M. Gius. Gioeni detto da Carmelo Controsceri1798.Bio- grafia dello stesso scritta da Giovanni Compagni nel giornale L'Osservatore 1843, e il di- scorso di Giovanni Bruno alla Societa di Economia Politica, letto il 18 aprile 1877 nel Giornale ed Atti della Società Siciliana di Economia Politica 1877. 40 I PRIMI 25 ANNI La cattedra da lui fondata sarebbesi appellata Angioina e Angioini i premi assegnati per l’una e l’altra scuola. I premi sarebbero tre medaglie d’oro per l’una cattedra, e altrettante per l’altra; la prima di scudi 50, la seconda di scudi 30 e la terza di scudi 20. Le medaglie dovrebbero distribuirsi dal duca di Angiò finchè ei vivesse. E affinchè non la sola gente colta potesse trar profitto dal pubblico insegnamento, stabilì che dal pro- fessore si fosse dettato un catechismo da diffondersi a centinaia di copie fra il popolo minuto. Per atto pubblico del 23 maggio 1783 adunque egli fe’ solenne dona- zione ai Deputati degli studi di onze 4000 e insieme ad tempus di alcune sue rendite vitalizie ascendenti ad onze 784. Alla sua donazione egli pose le seguenti condizioni. Del capitale donato e delle rendite cedute la Depu- tazione dover tenere un conto a parte fino a quando non fosse raggiunta la somma di scudi quindicimila, doversi collocare in sicuro impiego i frutti delle rendite, e, raggiunta quella somma, acquistarsi scudi siciliani annui 600, retrocedendosi al Gioeni le rendite cedute. Il lettore doversi no- minare forestiero da lui finchè rimanesse in vita; morto lui, la Deputa- zione degli studi lo sceglierebbe tra forestieri venuti in fama per opere pubblicate intorno alla filosofia morale, o se meglio le piacesse, bandi- rebbe un concorso nel quale sarebbero anche ammessi quei secolari siciliani che avessero prima ottenuto alcun premio in filosofia morale, essendo molto utile, com’egli dicea, che tale primaria scienza ed altre di vero vantaggio del regno d:ffondansi nel secolare ceto. Lo esame degli scritti sarebbesi affidato dalla medesima Deputazione o ai professori della Sapienza di Roma , o ad altri di altra città italiana. Assegnò al lettore la somma di onze 160 annue, raddoppiando lo stipendio maggiore che godevano i professori della Università, e volle non fosse quegli ri- mosso che per grave motivo, e a lui dovuta, se mai lo dimettessero, una indennità pel viaggio di onze cento. Non volendo però differire l'apertura della cattedra fino al giorno che si sarebbe raggiunta la somma di 15,000 scudi , stabili che dalla somma cumulata si pagassero scudi 400 per lo stipendio, e scudi 200 per li premi. Pose a carico dei Deputati le spese occorrenti per la badia di Collesano le cui rendite erano ai medesimi cedute; se mai il cumulo dei frutti eccedesse la somma necessaria per 1 acquisto degli annui scudi 600, volle che i deputati ne fondassero altri premi per gli inse- gnamenti più importanti, e se per qualsivoglia ragione le rendite sce- massero, che i medesimi coi fondi proprii dell’ Accademia supplissero quel che occorresse per lo stipendio del professore e per li premi. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 44 Infine nell’ articolo 10 pose una clausola di caducità per qualsivo- glia variazione si facesse alle cose da lui disposte e per qualsivoglia inadempimento anche mercè l'assenso regio, e dato il mutamento o la inosservanza disse decaduta | Accademia degli studi ; chiamò in sua vece il Reclusorio dei Poveri, oggi Albergo delle Povere (1). La donazione venne dalla Deputazione degli studi accettata. Tre anni più tardi, ai 23 agosto 1786, il Gioeni fece alquante variazioni; ridusse lo stipendio del professore da onze 160 ad onze 120; volle il di più si erogasse in altri usi, la cattedra si conferisse ai nazionali; Ja somma delle onze 6,000 si dovesse impiegare in soggiogazioni. Le quali varia- zioni vennero approvate con real dispaccio dei 3 di ottobre dello stesso anno (2). Adunque Monsignor Gioeni nella sua prima disposizione voleva un professore forestiero, e dovendosi fare un concorso per la sua cattedra, dava anche facoltà di concorrere ai soli Siciliani secolari i quali avessero preventivamente ottenuto premio in filosofia morale nella medesima Università di Palermo. Nel 1786, mutato consiglio, egli deliberava che la cattedra si conferisse ai nazionali, e questa volta non parlava di seco- lari. Il campo era liberamente aperto a tutti i nazionali, secolari, sacer- doti, e anche frati, a chiunque, sia che avesse studiato nella Università di Palermo o altrove, nè importando se avesse in quella conseguito o no un premio in filosofia morale. La cattedra da quel tempo è stata conferita a Siciliani, i più sacerdoti. Il primo nominato da Monsignor Gioeni a dettare dalla sua catte- dra fu il bolognese abate Marco Antonio Vogli; ma dopo la rinunzia di lui venne eletto (1786) Carmelo Controsceri, che nello stesso Ateneo leggeva il diritto pubblico naturale. E prima col nome di Etica fu la cat- tedra posta nella facoltà filosofica; nominato il Controsceri, assunse il titolo di Etica e giurisprudenza naturale e venne introdotta nella facoltà legale. Il corso era biennale, nel primo anno trattavasi dell’ uomo e delle sue principali facoltà, indi della legge naturale, dei doveri verso Dio, verso noi stessi, verso gli altri, e della società di famiglia, e di quella dei padroni e dei servi; nel secondo svolgevasi il diritto pubblico e delle genti. (1) Vedi Appendice — Documento n. XV. Donazione di Monsig. Giuseppe Gioeni. (2) Vedi Appendice — Documento n. XVI. Dispaccio con cui si approvano le modifica zioni apportate da Mons. Gioeni alla fondazione da lui fatta nel 1783. 11 42, 1 PRIMI 25 ANNI Lo stesso Gioeni con quella maggiore efficacia che sapea ispirargli il suo nobile animo, spingeva di persona i giovani e sopratutto quelli del patriziato a frequentare la novella scuola. Ed egli medesimo, compia- ciuto dell’ opera sua, sedette più volte tra gli uditori del Controsceri, come il Cardinale Angelo Durini fra gli alunni dell’ immortale Parini , sicchè del primo può ripetersi quello che dell’ altro cantò il poeta lom- bardo : “ .. + + dall’alto disprezzando i rudi “ Tempi a cui tutto è vile “ Fuor che lucro servile, “ Solo dei grandi entrar fu visto, e i nudi “ Scanni repente cinse “ Dei lucidi spiegati ostri sedendo, “ E al giovine drappel che a lui sorgendo “ Di bel color si tinse, “ Lene compagno ad ammirar sè diede “ E grande a’ detti suoi aggiustò fede , (1). Il Controsceri tenne la cattedra per ventiquattro anni, con lo sti pendio di onze 120, ma negli ultimi anni di sua vita ottenne, pei lunghi ed utili servizi da lui prestati (2), che gli si desse quello maggiore di onze 160, che fu primieramente stabilito dal Gioeni. I premi si conferivano dapprima in giorno solenne. Nel 1826 in- nanzi il Luogotenente Generale Marchese Ugo recitava la orazione inau- gurale per la distribuzione di quei premi Giuseppe Scibona , giovane coltissimo, valente non solo nelle discipline morali, ma anche nelle a- stronomiche, il quale sarebbe venuto in grande fama se la morte non gli avesse troncato molto anzi tempo la vita (3). Più tardi e fino al 1859, i nomi dei vincitori si rendevan pubblici alla presenza delle autorità, il giorno in cui s'inauguravano nell’Ateneo gli studi. Dal 18614 in poi ogni solennità è venuta meno, annunziandosi solo (1) Vedi PariniLZa Gratitudine per Angiolo Maria Durini Cardinale, Firenze, Le Mon- nier, 1860. (2) Il Controsceri, nel 1796, ottemperando al volere del fondatore, mandò in luce il Catechismo dell’uomo e del cittadino ossia Ristretto dei nostri doveri naturali adattati alla comune ‘intelligenza. Dopo di lui, nessuno dei suoi successori ha pubblicato un manuale dei doveri ad uso del popolo. E questo libro, se ci fosse, potrebbe oggi trovare migliaia di leggitori e di leggitrici in tutte le scuole elementari, urbane e rurali, maschili e femminili, (3) Vedi Orazione inaugurale per la distribuzione dei premi recitata da G. Scibona, Palermo, 1827. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 43 dai giornali della città i nomi dei vincitori. Se i concorsi sono un vali- dissimo eccitamento agli studi, io stimo che conferisca pure a de- stare la nobile emulazione anche la solennità che accompagna il con- ferimento dei premii. L'intervento dei pubblici funzionarii e di eletti cittadini, la presenza del padre, della madre, delle persone più caramente dilette, suscitano nell’ animo un cumulo di belle e soavi emozioni. Ho assistito in Roma alla prima premiazione per la gara dei licenziati d’o- nore. Vi convennero ministri, senatori e deputati, vi assistettero i ge- nitori dei premiati; vi affluì la più eletta cittadinanza. E vidi splendere di trepida gioia i vincitori e vidi scorrere qualche dolce lagrima sulle guance di una madre inebriata pel trionfo del figlio. Oh! perchè mentre altrove in Italia le solennità scolastiche si celebrano con tanta pompa, le belle tradizioni da noi debbono mettersi in dimenticanza ? ! La cattedra fondata dallo insigne patrizio era di etica o filosofia morale, ossia della scienza del dovere, che, com’ egli stesso diceva, in- segna all’uomo i suoi doveri verso se stesso, verso i suoi simili, verso il sovrano e verso Dio. Però quando fu chiamato a insegnarla Carmelo Controsceri, egli che fino a quell’anno aveva dettato il diritto pubblico naturale, continuò il suo insegnamento nella cattedra Gioenia tanto che, dichiarandosi in questa gli stessi principì che nell’altra, i Ibeputati degli studi stimarono opportuno non fosse più provveduta la cattedra di diritto pubblico na- turale e altra più utile e necessaria se ne istituisse. Il governo acco- gliendo la idea chiese ai deputati se convenisse introdurre la cattedra di diritto feudale siculo (4). La scienza del diritto di natura, secondo il Baroli, ha avuto tre pe- riodi ; il primo della trattazione frammentaria ossia dai primordi della cultura di questa disciplina fino a Ugone Grozio, il secondo della tratta- zione sistematico-indeterminata, e corre da Grozio fino a Cristiano barone di Wolf; il terzo della trattazione sistematico-determinata, che dall’ età più recente giunse ai nostri tempi. Ai quali periodi bisogna aggiungerne un quarto ed è quello in cui nel campo delle scienze giuridiche è en- trato il naturalismo che par vorrebbe invaderlo, e che noi crediamo , ove sia bene inteso, che possa esercitare una salutare influenza nello incremento degli studi sociali. (1) Vedi Appendice. — Documento n. XVII. Ordine del Governo di non provvedersi la cattedra di diritto pubblico naturale. 44; I PRIMI 25 ANNI Nella seconda metà del secolo scorso la filosofia del diritto o il di- ritto di natura, come allora dicevasi, era entrata nel periodo in cui venne distinta dalle scienze affini, cioè dall’etica, e dalla politica; aveva un 0g- getto determinato, la legge giuridica, e acquistava il carattere di scienza a sè e indipendente. Però alcuni scrittori confondevano ancora il. diritto naturale con l’etica. Il Lampredi tra l’una e l’altro scorgeva questa differenza che l’etica espone la teoria generale circa la moralità e i sussidi e il modo onde l’uomo può procurarsi un carattere virtuoso, e il diritto naturale si re- stringe al solo primo obbietto, riguardando la sola teoria e non la pratica. Il Controsceri nelle sue istituzioni di giurisprudenza naturale che più volte furon da lui pubblicate, scriveva « la giurisprudenza naturale comprendere il diritto di natura, il diritto pubblico, il diritto delle genti; il primo formare la morale naturale dell’uomo, il secondo quella del cit- tadino , il terzo quella delle nazioni. La naturale giurisprudenza può dirsi propriamente lo studio dell’uomo, quello di tutti i tempi e di tutti i luoghi, quello che deve regolare tutti gli altri e determinarne il valore, quello insomma che onora più che qualunque altro |’ umana ragione e fa conoscere la sua verace dignità ». «L’uomo è il soggetto di queste scienze, ma considerato sotto di- versi aspetti; riguardato come uomo semplice dà la materia del diritto naturale propriamente detto, riguardato in società somministra l’ ampia materia del diritto pubblico e delle genti ». « Per dritto di natura propriamente detto s'intende la scienza de’ do- veri e de’ diritti, che ha l’uomo considerato come uomo semplicemente, o sia di quelli, che derivano immediatamente dalla sua stessa nozione, ed essenza: dritti in conseguenza, e doveri che l’accompagnano in tutti i suoi stati, che non suppongono alcun fatto umano per verificarsi, che non possono essere distrutti da alcun’altra legge sopravveniente. Questi formano la morale, e la giurisprudenza universale, non limitata da DLeLo luogo, o tempo, o circostanza possibile » (4). Accoppiava egli così il diritto naturale con l’ etica, come facevano alcuni scrittori in quello scorcio di secolo. Per lunghi anni dalla cattedra Gioenia i professori che succedettero al Controsceri continuarono ad insegnare il diritto di natura e l’etica. L°a- bate Andrea Candiloro da Cefalù (n. 1761, m. 4 genn. 1829) già professore. (1) Istituzioni di Giurisprudenza Naturale, n. 488. Palermo, 1316. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 45 nel Ginnasio del suo paese, prima di eloquenza e poesia, poi di matema- tica sublime, filosofia naturale e lingua greca, dottore in medicina, tenne terzo la cattedra. Ristampò nel 1816, ampliate da lui, in 6 volumi le Istituzioni di giurisprudenza naturale del suo predecessore. Ebbe este- sissima coltura tanto nelle scienze mediche che nelle discipline morali, seppe bene accoppiare le teorie del diritto ai fatti storici e allettò per la facondia dell’ eloquio e la urbanità delle maniere (4). I suoi scritti, meno uno letterario sul poeta siculo Giuseppe Fedele Vitale e Salvo, e le aggiunte all'opera del Controsceri, riguardano tutte la medicina e sono, oltre le traduzioni del Barbier, Principi generali di materia medica, e dello Chomel, Elementi di patologia generale, da lui annotati, la Hi storia medico-pratica cephaludensis epidemiae constitutionis et morbo- rum intercurrentium annis 1793-95, Osservazioni sulla nuova cattedra di clinica pratica, un Nuovo Giornale di scelta letteratura fisica-me- dica, del quale uscirono solo tre fascicoli, e lo Esame critico della dot- trina di M. Broussais. i Fu quarto G. Batt. Zacco (n. 3 giugno 1771, m. 30 giugno 1842) il quale, dando come testo il juris naturae et gentium elementa dello Finnecio, dichiarava nel diritto di natura, come scrive Vito D'Ondes Reg- gio (2), il principio morale di Leibnizio, quale fu spiegato dal siciliano Spedalieri, innestandovi il sistema del Puffendorf con le considerazioni di Barbeyrac: insegnava la morale del Soave. Lasciò lavori manoscritti che andarono in parte perduti. Benedetto d'Acquisto (n. in Monreale a 1 febbraro 1790, m. in Pa- lermo il 7 agosto 1867), fu innanzi il 1860 colui che con l’acuto ingegno e la profondità dei suoi studi meglio illustrò quella cattedra. Egli che il più della sua vita trascorse in solitaria cella, e grave d’anni venne dal chiostro innalzato alia Sede Arcivescovile di Monreale, fu filosofo e pubblicista. Filosofo penetrò con profondo e sottile ingegno nei campi della metafi- sica e scrutò arditamente la Legge fondamentale dei rapporti dell’ a- nima col corpo, dettò gli Elementi di filosofia fondamentale e poi il Sistema della scienza universale ch’ è V opera più eccellente di lui, e in fine il Trattato di Teologia. Nelle quali opere egli è metafisico in- signe, degno emulo, più che imitatore e discepolo, del suo conterraneo Vincenzo Miceli. Pubblicò anche un Corso di morale, la Filosofia del (1) Vedi De ContRrERAS Discorso sopra lo stato attuale della R. Università degli Studi; nota ottava, nei Discorsi sopra vari oggetti di pubblica utilità. Palermo, 1830. (2) V. D’Onpes Recaio. Elogio di Giuseppe Scibona. Palermo, 1844. 12 46 I PRIMI 25 ANNI diritto, e due altri pregevolissimi lavori: Dell’Autorità e della legge, e un Saggio sulla proprietà. Ci piace notare com’egli distinguesse la filosotia morale dal diritte naturale. In un discorso preliminare alle lezioni di diritto naturale ed etica nell’anno 1843, egli così scriveva: « La scienza del diritto non può. stare senza la scienza del dovere, nè questa senza di quella; però il diritto senza il dovere resterebbe senza tutela, e il dovere senza il diritto sarebbe privo di fondamento. Sono due scienze distinte, perchè distinta è la loro origine nei due distinti rapporti, quello cioè di origine e quello di ritorno; distinti sono pure i mezzi di conoscenza e di consecuzione, cioè l’intel- letto e Ja volontà; ma si legano strettamente e sì annodano, perchè ove termina il rapporto di origine, ivi comincia quello di ritorno, s’° imme- desimano nei mezzi del loro svolgimento, essendo l’intelletto e la volontà consostanzialmente uniti nella identità dell’essere dell’uomo e quindi il dovere bisogna che sia esattamente conforme alla natura del diritto ». Egli dunque riconosceva essere l’ una disciplina distinta dall’ altra, av- vegnachè distinti ne siano i rapporti, rapporto di origine chiamandosi da lui il diritto che ha per base il conoscere, per mezzo l’operare pro- gressivo dei poteri risultanti dalla correlazione, rapporto di ritorno il do- vere in quanto ciò che divien diritto di svolgere, riuscendo utile all'uomo, non deesi contrastare, anzi è obbligo di sviluppare, perchè l’uomo non può moralmente rinunziare alle utilità sue. Il nome del D'Acquisto, tenuto in grande onore in Italia, è una delle più belle glorie del nostro Ateneo. Sostenne pure degnamente quella cattedra Michelangelo Raibaudi da Palermo (n. 24 nov. 1841, m. 10 nov. 1879) filosofo e teologo, autore delle pregiate opere: La Giustizia naturale fra i privati, Intorno alla Nozione di legge ed al principio generatore di sua virtà imperante, e Preliminari delle Lezioni sulla Scrittura Sacra. Ebbe facile la pa- rola, dichiarò la scienza senza molta metafisicheria. L’illustre Gregorio Ugdulena che tenne il governo della pubblica i- struzione sotto la prodittatura del Mordini nel 1860, con decreto del 20 ottobre di quell’anno, divise l’etica e il diritto naturale in due cattedre, cioè nella filosofia del diritto, e nella filosofia morale, rientrando l’ una nelle materie della facoltà di giurisprudenza e l’altra, come fu nel suo principio, in quelle della facoltà di filosofia e lettere. Il Raibaudi che era stato precedentemente nominato professore di etica e di diritto na- turale, tenne la cattedra di filosofia del diritto, e la filosofia morale o pra- tica fu dettata dal prof. Andrea Guarneri. Posta nel 1864 la cattedra gioenia a concorso, venne conferita, dopo splendido esperimento, all’il- DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 47 lustre prof. Simone Corleo, dottore in medicina, filosofo e pubblicista, autore di importanti opere filosofiche: Ricerche su la vera natura dei creduti fluidi imponderabili (4852), Ricerche su la natura della in- nervazione, con applicazioni fisiologiche, patologiche e terapeutiche (1857), Filosofia Universale (1862-63), della quale diè nel 1879-80 una larga sintesi in un altro libro La filosofia universale ovvero La filosofia della identità. Surse contesa nel 1866 fra i due professori di filosofia di diritto e di filosofia morale, se i premi istituiti dal Gioeni per gli studenti della cat- tedra da lui fondata si dovessero, come per lo passato, conferire agli stu- denti dell’una e dell’altra disciplina. Furono scritte e date alle stampe le ragioni addotte dai due profes- sori. L’uno sostenne che la cattedra di filosofia morale fondata dal Gioeni fuunacattedra nuova, esistendo già quella del diritto naturale pubblico, e che i premi furono da lui istituiti per promuovere lo insegnamento della nuova. Se il professore della cattedra gioenia avea congiunto alla teorica dei doveri anche quella dei diritti, ciò non era nell’intendimento del fondatore; se questo cumulo d’insegnamenti era durato per sì lungo volger d’anni, ciò non bastava per far mutar natura a quella cattedra. Esser natu- rale che dandosi dal medesimo professore i due insegnamenti, i premi si fossero conferiti agli studiosi dell’uno e dell’altro. Disunite le catte- dre, e tornata quella Gioenia al suo primo istituto, doversi i premi asse- gnare solamente a quelli che più si segnalassero nello studio della filo- sofia morale. L’altro replicava che dalla cattedra di Gioeni essendo stata sin da principio insegnata la dottrina dei doveri e dei diritti con 1 as- senso della Deputazione degli studi, ed eziandio del Governo, che abo- liva per quella nuova fondazione la cattedra di diritto naturale, biso- gnava ritenere che l’insegnamento dato in tal modo rivestisse un carat- tere ufficiale. Del resto essere a quel tempo vigente la dottrina, che congiungeva la morale e il diritto naturale, il che chiaramente appari- sce nell'opera di Puffendorff che fu in grande stima in quel secolo. 1 premi dati dal Gioeni essendosi conferiti dal principio sino al 1860 colla permissione del governo, un anno agli studiosi della morale e l’anno ap- presso a quelli del diritto di natura, doversi anche in avvenire assegnare ai discenti delle due discipline, sebbene oggi divise in due cattedre (1). (1) Vedi Ragioni che hanno gli studenti della filosofia del diritto di partecipare ai premi Angioini Memoria 1. e 2. del cav. Michelangelo Raibaudi. Palermo, Tip. Morvillo, 1866. Per la filosofia morale, Ragioni del prof. Simone Corleo. Stab. tip. di Francesco Lao 48 I PRIMI 25 ANNI Istituì il Gioeni la cattedra di filosofia morale e civile, quando già esisteva quella di diritto naturale pubblico. Moralem philosophiam in hoc Atheneum invectam largiter fundavit de suo, dice la epigrafe com- memorativa del Nascè. Quale fosse l’intendimento di lui non saprei meglio rilevare che con le parole stesse della donazione. « Questa classe di cittadini (la classe colta) poichè s’ eleva sopra il volgo, quale parte compone la decima parte della società, nelle pubbliche università, e scuole, potrà bene ap- prendere con metodico corso di due anni (immediatamente dopo avere studiato Ja logica in lingua italiana) la vera filosofia morale e civile, che sola può rendere i sudditi perfetti cristiani cattolici ed amanti della patria, dei loro simili, del sovrano e del proprio utile per poi servire di vivo esempio al numeroso volgo che nello imitarla generalmente coo- perasi. « Egli è infallibile che senza di questa primitiva scienza gli individui della società crescono privi della principale cognizione cristiana rego- latrice delle umane azioni per saper vivere onestamente e con proprio utile nella medesima, e che questa sola scienza, a preferenza di tutte le speculative, al certo forma l’arte di conoscere perfettamente l’ uomo in se stesso, e poi di mano in mano, l’uomo per rapporto alli suoi prin- cipali e indispensabili doveri verso Dio, verso la patria, verso i suoi si- mili e verso il suo sovrano ». « E oltre a ciò si desidererebbe dal predetto Monsignor Gioeni che essendo lo scopo di tutti li curati, predicatori e preti del regno d'’ illu- minare e correggere i costumi dei popoli dei quali il volgo ne compone nove delle dieci parti.... si obbligassero a tralasciare affatto nella spie- gazione dei Vangeli, nelle prediche, nelle istruzioni e nelle congrega- zioni particolari e spirituali la più sublime oratoria, li multiplici testi latini e le erudite materie, non suscettibili dalla debole intelligenza del volgo, e che solo apostolicamente e in forma catechistica comunicassero più spesso nei giorni festivi ai popoli le massime sacrosante della eri- stiana morale e insieme diffusamente le massime e regole della morale e .civile, quali resteranno dettagliate nel catechismo da stamparsi per la generale educazione ». Dalle quali parole parmi emergere chiarissimo il pensiero del Gioeni. La filosofia morale e civile che egli fondava e amava diffondere scien- tificamente nelle classi colte, e catechisticamente nel popolo, è la filosofia degli umani doveri; quella che indirizzando al bene il volere dell’uomo, lo rende buono nelle domestiche mura, buono nelle sociali relazioni coi DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 49 suoi simili, e con le podestà che sopraintendono agli umani consorzi, e lo fa devoto alla patria, a cui ci annodano i più indissolubili vincoli. E poichè gli uomini hanno indipendentemente dalla religione, delle idee intorno al giusto e all’ ingiusto, che costituiscono una scienza morale, il Gioeni voleva insegnata dalla sua cattedra la filosofia morale e civile ossia la filosofia dei doveri dell’uomo e del cittadino, ben riconoscendo secondo la dottrina che veniva ai suoi tempi introducendosi, che quella era una scienza a se, e che per essa doveva istituirsi uno speciale ma- gistero. L’etica, o la scienza della morale, o la filosofia pratica, come la chia- mavano i Wolfiani, può ben definirsi secondo il Mamiani «la scienza che ordinatamente raccoglie le norme alle quali debbono aggiustarsi le azioni umane e discorre la relazione che hanno queste azioni a quelle norme ». Essa indipendente dalla religione, perchè non dichiara i prin- cipì religiosi, sebbene li chiami come sussidiarì, stabilisce solo i rap- porti che debbono esistere fra tutti i fini dell’uomo nella vita pratica acciocchè tutti cospirino armonicamente fra loro. La morale è essenziat mente scienza d’ordine, di armonia e di ordinamento del bene nella vita umana. Sin dal principio il Controsceri e il Candiloro in quella cattedra al- largarono l'insegnamento dettandovi l’etica nel senso antico, ossia il jus naturale; ma fu quello un deviamento, il quale, pure riconosciuto dai Deputati degli studi, rimase sempre come una estensione maggiore data alla cattedra fondata dall’illustre patrizio palermitano. Più tardi i due insegnamenti dell’etica e del diritto di natura furono dati dallo stesso professore, e facean parte della facoltà legale. Era ben naturale che riuniti i due insegnamenti, il biennio richiesto dal Gioeni venisse ripartito all’uno e all’altro e che perciò i premi annuali, che erano destinati ai soli studenti dell’etica, fossero dati alternativamente a quelli del diritto di natura che erano del resto î medesimi studenti dell’etica. Ma poichè un decreto prodittatoriale volle divisi quei due inse- gnamenti, è logico che cessata la cagione onde fu tollerata la destina zione dei premi agli studenti del diritto di natura, dovessero quelli confe- rirsi solamente a quelli dell’etica. Qui giova considerare che la separazione dei due insegnamenti fè sorgere opposti interessi tra le due classi di studenti. Difatti il diritto di natura e l’etica furono sempre al primo e al secondo anno studiati dagli stessi studenti che appartenevano tutti alla facoltà legale; quindi avevan diritto a concorrere in ciascun anno ai premi Angioini, ora pel diritto 13 50 I PRIMI 25 ANNI di natura ed ora per l’etica. Ma la separazione dei due insegnamenti ge- nerava tra gli altri effetti ancor questo, di fare rientrare l’ etica nella facoltà di filosofia e lettere, rimanendo la filosofia del diritto in quella di giurisprudenza. Ond’è che le due classi di studenti sono interamente distinte, e biennale è tornato il corso di filosofia morale, annuale quello di filosofia del diritto. Quindi gli studenti dell’etica trovavansi in opposi- zione di interessi con quelli di filosofia del diritto, avvegnachè i primi che avrebbero potuto aspirare a quei premi in ogni anno, li avrebbero conseguito alternatamente, conferendosi in ogni due anni a quelli di fi- losofia del diritto. Però ritornata la cattedra gioenia al suo primitivo istituto, ben conve- niva che i premii si conferissero solo agli studiosi della filosofia morale. E ciò saviamente stabiliva con deliberazione del 12 giugno 1866 il Con- siglio dei presidi chiamato a vagliare le ragioni dei due professori. Un nuovo regolamento di studii universitarii s’ introdusse dal mi- nistro Bonghi con decreto degli 11 ottobre 1875, e la cattedra di filosofia morale scomparve, rimanendo fusa in quella di filosofia, nè egli tenne conto che quella di Palermo era di privata fondazione. Quindi il Corleo venne nominato professore di filosofia teoretica. Ma i regolamenti del Bonghi duraron poco. Il suo successore, Coppino, con decreto 8 otto- bre 1876, ne fece di nuovi, tornando in qualche punto alle prescrizioni della legge organica, e in molti altri staccandosene abbastanza radical- mente. In quel regolamento figura di nuovo la cattedra di filosofia mo- rale, distinta da quella della teoretica. Intanto, non essendosi riaperta nel nostro Ateneo nell’anno 4876-77 la cattedra gioenia, il Consiglio dell’Albergo delle Povere, memore della clau- sola della donazione del Gioeni, con la quale questi dichiarava decaduta l’Università degli studi, ove si fosse in alcuna parte derogato alle sue disposizioni, deliberò, a 30. agosto del 1877, d’iniziare il giudizio se nel successivo anno scolastico non si fosse ristabilita di fatto la cattedra. Ciò affrettò la ristaurazione effettiva di quella cattedra, e il Corleo nel seguente ottobre venne nominato professore di filosofia morale. Ma altra deroga si era fatta a’ voleri del Gioeni. Mentr’ egli voleva che il fondo da lui donato si fosse amministrato a parte da’ Deputati degli studi o da chi avrebbe preso,il loro luogo, il Governo, dopo il 1860, nell’ assumere l’ amministrazione dei beni universitarii comprese anche quel fondo, Da ciò tolse. nuova ragione il Consiglio direttivo dell’ Al- bergo delle, Povere. nel 1882. per ritenere incorsa la Università nella ca- ducità della donazione. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO DI Bisognerà chiedere dal Governo l’ amministrazione di quel fondo innanzi che il disegno di legge sull’ istruzione superiore sia approvato dalle Camere; e oso sperare che tale dimanda non debba incontrare al- cuna difficoltà. Così sarà tolto questo nuovo motivo all’ Albergo delle Povere, il quale con la sua fermezza a mantenere il suo diritto, ha gio- vato a serbare immutata la bella fondazione del Gioeni. A rendere perpetua la memoria di opera così rilevante e a far sì che la volontà di lui non fosse mai abrogata nè in alcuna parte dero- gata, il nipote da fratello, Agesilao Gioeni duca di Angiò, fè nel 1827 incidere in marmo la bella iscrizione composta dal chiarissimo latinista prof. Nascè (1), che prima posta nell’ atrio dell’ Università, vedesi oggi dentro la sala, ove da antico tempo si è usato di leggere la filosofia morale. E nel 18 aprile 1877 la Società siciliana di Economia Politica fon- data dall’illustre prof. G. Bruno, concorrendo alla bella opera l’Università, il Municipio, la Camera di commercio, 1’ Istituto di Marina mercantile, la famiglia Gioenìi, ed anche la cittadinanza, volle rendere tributo di onore a quel benemerito erigendogli un mezzo busto presso la scuola mede- sima di filosofia morale nel secondo portico, ove con bell’ordine furon collocate recentemente le venerande effigie dei più chiari professori della nostra Università (2). Nobilissimo esempio è quello del Gioeni, degno in vero di avere molti imitatori. Con pari lode noi qui specialmente ricordiamo i nomi del principe di Castelnuovo che fondava l’Istituto Agrario, dei sopralo- dati Mons. Di Giovanni e can. Nicolò Di Carlo fondatori di premi per la gioventù studiosa, di Giuseppe Castagna e Girolamo Valenza, che la- sciarono l’ uno i suoi libri alla Università degli studi, e l’ altro i suoi libri e il monetario al Museo, e quello infine della principessa Pignatelli che istituiva in Palermo e largamente dotava un Educatorio per le fan- ciulle povere di Terranova. Quando le Università saranno riconosciute come enti autonomi , e riceveranno una dotazione fissa dallo Stato che sarà in breve insuffi- (1) Vedi Appendice n. XVIII. Iscrizione commemorativa della fondazione di Monsignor Giuseppe Gioeni. (2) Ecco la iscrizione apposta sotto il mezzobusto: LA SOCIETÀ SICILIANA DI ECONOMIA POLITICA E I CITTADINI RICONOSCENTI QUESTA IMMAGINE D’INSIGNE PROMOTORE DELLE SCIENZE E DELLE ARTI A XVIII APRILE MDCCCLXXVII INNALZARONO. I PRIMI 25 ANNI ciente ai bisogni sempre crescenti delle scienze, è forza che provveggano con Lu dotazioni il Comune e la Provincia e vati, unione il Csozo menti. La cattedra di diritto canonico Rosario Gregorio e la cattedra di diritto pubblico siciliano. Il padre Ludovico Marullo dell’ordine dei Domenicani (1) insegnava i sacri canoni, secondo scrive lo Scinà, senza l’imbratto delle false decre- tati e dei decretalisti, e scorgeva i giovani ai veri fonti della giurispru- denza della Chiesa (2). Per lo chè furono ristampate fra noi ie Istituzioni del Cavallaro con l’aggiunta a maggior pro della gioventù del diritto parti- colare di Sicilia. Le dotte lezioni di lui si serbano manoscritte nella Bi- blioteca del Seminario Arcivescovile di Palermo (3). Succedeva al Marullo, assai minore di grido, l'Abate Cassinese Raf- faele Drago (4). La cattedra di diritto canonico nella prima decade del secolo che tra- monta fu occupata dal sommo Stefano Dichiara (n. nel dic. 1752, m. in genn. 1837), il quale scrivendo su’ diritti particolari della Chiesa Siciliana levossi a tanta altezza da eguagliarsi al Dupin e al Gregorie campioni delle libertà gallicane, e fu tra gl’ insegnanti più illustri dell'Ateneo, e per la (1) Il nome del Marullo non è Antonino, come da noi fu chiamato nel primo capitolo sulla autorità dello Scinà. È Ludovico. Il Narbone così Io chiama nella sua Bibliografia Sistematica, notando le sue inedite Institutiones canonicae; e in queste che noi abbiamo avuto sott'occhio il nome è Ludovico. (2) Scimà, Prospetto della Storia letteraria del secolo XVIII, vol. III, p. 400.- (3) Il manoscritto è intitolato: Institutiones canonicae, pars prima, de personis ec- clesiasticis; pars secunda, in qua de sacramentis, de beneficiis et de contractibus agi- tur; pars tertia, in qua de judiciis delictis et poenis agitur in R. Studiorum Academia traditae; anno 1781, 1782, 1783. Appendix De Concilio Tridentino, Vi manca la prima parte del primo tomo. (4) Il Drago lasciò editi: Gli improperi o paragrafi dei versetti Popule mews in terza rima. (Si leggono nel vol. 17 della Raccolta degli Opuscoli Siciliani), una Dissertazione sto- rica sulla iscrizione della Vergine S. Rosalia nella Grotta della Quisquina. (Si legge nel vol. 2 dei Saggi di dissertazioni dell’Accademia palermitana del Buon Gusto. Pal. 1800); la vita di Casimiro Marchese Drago storico e poeta insigne nella Biografia Sicula. Colla- borò il Drago nel Giornale Ecclesiastico ossia Scelta di vari opuscoli estratti da quelle dell'Abate Dinouart e da altre raccolte. Di questo giornale uscirono solo due volumi. 14 DA I PRIMI 25 ANNI importanza delle sue opere vinse di lunga mano i suoi predecessori e quelli che lo seguirono insino a che la cattedra non venne soppressa. Nel regolamento degli 8 ottobre 1865 il diritto canonico figurava ancora negli insegnamenti obbligatorì per la laurea. Nel 1869 il Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, riferendosi ad una precedente proposta, avvisava potersi ripartire i tre trattati: Matrimonio — Relazioni fra la Chiesa e lo Stato — Materia beneficiaria —fra gli insegnamenti affini, diritto civile, diritto costituzionale e diritto amministrativo. Se non che il Ministro della pubblica istruzione stimò conveniente disporre che nelle Università nelle quali era un professore titolare od anche un insegnante temporaneo, si continuasse a dare l'insegnamento come per lo passato. E fra noi si mantenne quella cattedra fino al 1873, anno in cui morì il profes- sore Abate Giuseppe Fiorenza. La facoltà di giurisprudenza fe’ vive istanze affinchè la soppressione non avesse luogo, ma tutto fu indarno. Il Con- siglio Superiore al1 dicembre di quel medesimo anno stabilì che il corso di storia del diritto comprendesse soltanto l’epoca medioevale e moderna sino alla formazione dei nuovi codici, e che si abolisse la cattedra di diritto canonico, comprendendosi questo nella storia del diritto (1). Nell’altro regolamento del 1876 per la facoltà giuridica fu ordinato che la parte del diritto canonico, che riguarda il matrimonio, si affidasse al professore di diritto civile, e a questo e al professore di diritto ammi- nistrativo la materia beneficiaria secondo la relazione che le singole materie hanno con l’uno o con l’altro dei due sistemi legislativi, e quella infine dei rapporti dello Stato con la Chiesa al professore di diritto co- stituzionale. Ove la cattedra non fosse abolita, si voleva che si espo- nesse la storia e la dottrina della società e gerarchia ecclesiastica, delle loro attribuzioni e competenze, dei limiti e delle relazioni con lo Stato, la materia beneficiaria e matrimoniale e lo stato odierno del diritto pub- blico ecclesiastico del regno (2). Si comprende di leggieri che soppressa la cattedra come nel nostro Ateneo, e ripartitene le principali materie fra’ tre sopraddetti insegnamenti, la dottrina canonica o il diritto ecclesiastico perdeva la sua unità, il suo organismo. L’insegnamento del diritto ecclesiastico è anche oggi importante per gli avvocati, avvegnachè esso sia in vigore nelle curie ecclesiastiche, ed è sommamente pur necessario per studiare i rapporti dello Stato con la Chiesa raffrontando le leggi di questa con quelle emanate dal potere (1) Bollettino Officiale della Pubblica Istruzione, 1874, p. 107-108. (2) Art. IV, del Regolamento 8 ottobre per le facoltà di giurisprudenza. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 55 civile, e per studiare i rapporti dello Stato con le altre associazioni religiose. Onde ci gode l’animo che nell’Ateneo di Palermo, dietro le pre- murose istanze della facoltà, la cattedra di diritto ecclesiastico sia stata rimessa nel 1884 e v’insegni un esimio giovane che pubblicando bellis- sime opere storico-critiche ha mostrato quanto conosca a fondo il diritto ecclesiastico, e le sue vicende nella storia dei popoli (1). Il Governo, soppressa la cattedra di diritto pubblico naturale dopo la introduzione di quella Gioenia, avea richiesto a’ Deputati degli studi se convenisse istituire lo insegnamento del diritto feudale siculo. Ma per questo non fu creata un’apposita cattedra, avendo assunto l’incarico di dettarlo il prof. Bisso, come sopra fu notato. Più ampia materia porgeva il Diritto pubblico siciliano e più importante ne era quindi la cattedra. M.' Alfonso Airoldi che fu molto studioso del nostro diritto pubblico e della nostra diplomatica, aveva eccitato a quello studio il nobilissimo ingegno di Rosario Gregorio che sino a quel tempo erasi applicato alla scienza dei sacri dommi. Il Gregorio che avea mente vasta e viva imma- ginazione e sentivasi grandemente disposto agli studi storici, applicossi con amore alla storia patria. Vide esser necessario ricercare le fonti delle patrie istituzioni e desumerne con larga e potente sintesi la vita del popolo, e si riconobbe atto a condurre a fine l’ardua impresa. I ma- teriali necessari al gran disegno non erano ancora tutti apparecchiati, ed egli sì pose a frugare nelle pubbliche e private librerie, e viaggiando a bella posta per la Sicilia osservò i tabulari delle chiese, visitò gli ar- chivi delle città, indefessamente raccogliendo e pazientemente trascri- vendo cronache, diplomi, leggi barbariche, consuetudini di città e di chiese e commenti di antichi giureconsulti. Lo Airoldi che lo avea posto nella nuova via e ne seguiva amorosamente i passi franchi e sicuri ch’ei vi imprimeva, propose al Governo la erezione di una cattedra di diritto pubblico e la nomina del Gregorio (2). Il Vicerè Caramanico, che degno successore del Caracciolo, fu sempre tutto intento a promuovere fra noi il sapere e giovò grandemente col suo zelo allo incremento dell’ Accademia, accogliendo di buon animo la pro- posta dell’illustre prelato, istituì nel 1789, la cattedra di diritto pubblico siciliano e nominò professore in essa Rosario Gregorio (83). (1) Il professore Francesco Scaduto. (2) Vedi Toenmi, Orazione funebre in memoria di M Don Alfonso Airoldi. — Pa- lermo, 1817. (3) Vedi apppendice Documento N. XIX. Dispaccio con cui è istituita la cattedra di di- ritto pubblico siciliano e viene nominato professore Rosario Gregorio. 56 I PRIMI 25 ANNI Trascrivo qui dalla dedica al Vicerè Caramanico premessa all’ Za- troduzione al Diritto pubblico siciliano, ciò che il Gregorio stesso dice intorno all'importanza di quella cattedra. « Dobbiamo noi veramente alla provvidenza del nostro clementis- simo Re, ed a’ vostri sapienti consigli e possenti uffici che l’Accademia nostra siasi in modo accresciuta e nobilitata che l’epoca del rinascimento dei buoni studi in Sicilia sarà certamente quella del vostro governo, alla Sicilia tutta in varie occasioni e nei tempi più rei fortunatissimo. E poichè tutte le ottime discipline furono in quella onoratamente accolte, anzi dalla munificenza di Sua Maestà procuraste Voi agli studi astronomici e bo- tanici Reale stanza e ricetto utilissimo, fu opera del grandissimo senno vostro che lo studio del Diritto Pubblico Siciliano ivi la prima volta avesse ancora cattedra e magistero; imperciocchè assai sconcia cosa ri- putaste che mentre gli arcani della natura e le cose celesti diligentemente s'investigassero, quelle che sempre ci si paran dinanzi, e dimesticamente ci appartengono, e le forme e le origini del nostro vivere civile risguar- dano, oscure e neglette del tutto giacessero.... Tra i molti grandissimi obblighi che vi debbo particolarmente io, quello io tengo il massimo e il principale che voi di cortese volontà vostra tale mi giudicaste che lo anzidetto studio del nostro Diritto potessi illustrare » (1). Nè la nomina poteva cadere su persona più degna e meglio adatta, per modo che compiacevasene lo stesso Re (2). Il Gregorio fu la mente più forte, il più dotto, lo scrittore più cri- tico di quei tempi in Sicilia. Egli ignorava l’arabo, e ciò nonostante all’ap- parire del Codice diplomatico dell’Abbate Giuseppe Vella, ne presenti la falsità, dottissimo qual era, e per giudicarlo con competenza si diè da sè ad apprendere quella lingua affinchè gli fosse agevole di leggere i libri arabici, e decifrare le iscrizioni dei tempi Musulmani, e riuscì insieme con dotti tedeschi a discovrire la falsità di quel codice. E con l’intendi- mento di mostrare lo errore in cui il. Vella era caduto intorno alla com- putazione degli anni usata dagli Arabi Siciliani, pubblicò un importante e dotto lavoro su questo rilevante argomento. E poi raccolse quante opere egli potè risguardanti la dominazione Araba in Sicilia e ne formò la Rerum Arabicarum collectio della quale fu detto: « secondo i tempi e (1) Dedicatoria della Introduzione al Diritto pubblico siciliano. (2) Vedi una lettera del 12 febbraro 1794 che il Gregorio riceveva dalla Corte. È stata pubblicata nel bellissimo lavoro del praf. Vincenzo Di Giovanni, Rosario Gregorio e le sue opere. Palermo 1871. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 97 le condizioni in cui fu compilata, la dobbiamo riconoscere un maravi- glioso sforzo di ingegno e di voloutà (1) ». Più tardi diè alla luce la Bi- blioteca Aragonese che fa seguito a quella edita dal Caruso per le cose Normanne e Sveve e ch’egli con gratissimo animo volle pur dedicata al gran vicerè. Dalla cattedra intanto illustrava il nostro diritto pubblico, il diritto che reggeva la prima monarchia surta in Italia dopo il mille, e che per sei secoli vi rimase sola. Il Conte Ruggieri, liberata la Sicilia dai Musulmani, ritenne in parte gli ordini quali qui li trovò. Ristaurata la religione cattolica, assegnò ai vescovi ed agli abati pel sostentamento loro e delle cure delle diocesi terre, proventi, giurisdizioni ; e terre, proventi, giurisdizioni assegnò anche ai suoi congiunti e a coloro che avevano con esso lui militato. Fu questa la origine del feudalismo che piegando in Europa a riforma, surse qui più civile. Ruggieri II, figlio e successore al Conte, che primo assunse il titolo di re, diè forma ed ordinamento alla monarchia feudale; istituì la Magna Curia, sovrastante a tutti i magistrati, e i sette grandi uffici dello Stato. Col feudalismo s’introdusse il sistema rappresentativo. Le Curie generali o solenni alle quali intervenivano per proprio diritto i magnati, consul- tavano e discutevano degli affari più importanti col loro capo feudale; vi furono di poi rappresentati anche i Comuni. Ebbe principio sotto i Normanni una nuova fonte di diritto, le leggi o costituzioni, e un codice di queste compilato a quei tempi venne nel 1844 scoverto nella Biblioteca Vaticana. Ma assai maggiore di mole e di importanza è il codice Svevo, « Constitutiones Regni Siciliae ». Fe- derico II imperatore e re, letterato, poeta, proteggitore delle lettere, guerriero, uomo di stato, il più grande avversario del prepotere dei Pontefici, il sovrano più illustre dei suoi tempi, sommo legislatore che talvolta precorse di lunga mano i secoli, raccolse in quel codice e pro- mulgò le leggi dei re Normanni, e le molte sue proprie. La famosa rivoluzione dei Vespri abbassò il principato ed il baro- naggio ad un tempo. Maggiori attribuzioni ebbe concedute il parlamento sotto gli Aragonesi, essendosi stabilito che senza il consenso espresso dei Siciliani, i re nè potessero allontanarsi dall’isola, nè dichiarar guerra o far pace, nè chiedere al pontefice assoluzione dai lor giuramenti. Ed (1) Axari Storia dei Musulmani di Sicilia, vol. I, p. XIV. Firenze 1854. 15 58 I PRIMI 25 ANNI esso accordava i sussidi col titolo di donativi e proponeva le leggi sotto forma di petizione o di voto, privilegio che gli fu sempre mantenuto. Le guerre che seguirono i Vespri, gli avventurieri Spagnuoli tratti in Sicilia da quelle e ricompensati con feudi, la dappochezza dei successori di Federigo di Aragona, fecero prendere il sopravvento all’ aristocrazia feudale, infiacchirono i Comuni, indebolirono incredibilmente il potere monarchico, tanto che nel secolo XIV 1’ isola cadde nell’ anarchia e la podestà regia sì vide divisa fra quattro trapotenti signori che si dissero Vicari. Martino rilevò la monarchia dallo stato miserevole in cui trova- vasi, domò i baroni, restaurò l’ordine pubblico. Le forme rappresentative durarono inviolate; ma la Sicilia divenuta provincia di lontani imperi, perdette sotto il governo viceregio, la potenza politica e militare, la vita prospera di arti, d’ industrie e di commerci, che avea goduto sotto i principi Normanni e Svevi, quando sede della monarchia e capitale del regno era Palermo. « Con le forme del go- verno rappresentativo, dice l’illustre M. Amari, la Sicilia servì e imbar- berì. Gli ordini suoi resistevano all’ avarizia del governo Spagnuolo; ma questo se ne vendicava facendo Janguire senza aria e senza luce il corpo che non potea dissanguare a suo talento ». Tutte queste varie vicende del vivere civile che a traverso tanti secoli si svolsero nell’isola nostra il Gregorio dichiarava con la indubitata au- torità delle fonti, e con la scorta della filosofia della storia, esponendo i principî della nostra monarchia, la storia del feudalesimo fra noi, e le sue varie fasi, nelle quali furono i baroni or soggetti, or ribelli ed ora anche soverchianti la stessa autorità sovrana, le origini e i progressi del si- stema rappresentativo, e gli ordini della magistratura, lo stabilimento e il progresso delle leggi, l'economia pubblica, gli ordini civili, gli usi pub- blici, gli studi, le arti ed il commercio. Non dettava egli lezioni che due volte la settimana (41), privilegio con- ceduto a lui solo, quando gli altri professori eran tenuti a dar lezione ogni giorno; ma una sola di lui bastava a dare ampia materia di studio. Grave e eloquente era la sua parola. E sommo diletto e utilità ne traevano quanti usavano a quella scuola. Le sue lezioni egli pubblicò col titolo di Considerazioni sulla Storia (1) Rilevo ciò da un Elogio (inedito) di R. Gregorio letto da Francesco di Paola Sam- polo, mio padre, alla Accademia Siciliana. DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 59 di Sicilia, mentre più appropriato e conforme a quello già dato alla Introduzione era Diritto pubblico siciliano. Scoppiata la rivoluzione francese, e divulgate le novelle idee per le quali cessato lo assolu- tismo dei principi doveva sorgere un novello ordine politico, il Governo di Napoli incominciò ad essere sospettoso di ogni cosa. E quel titolo gli parve atto a destare la curiosità nei leggitori e il volle mutato. Ciò non pertanto non si mutò la natura e l’ essenza dell’opera che è tutta di diritto pubblico. Questa stupenda storia che riuscì più bella della Storia Civile di Napoli di Pietro Giannone, più accurata nelle date, più positiva nel ragiona- mento, più Jucida nell’esposizione, più pulita nello stile, che adombra il perfetto modello di vera Storia civile (1); questa storia che l’alemanno Enrico Leo reputò una delle più gravi e sensate che siansi scritte in questo secolo in Italia; rimane ancora poco nota nella penisola, e così sarà fino a quando qualche editore di biblioteche nazionali non si persuada che ripubblican- dola ne avrebbe egli lode e lucri, e la sua raccolta pregio non poco. Il Gregorio succedette al Tardia nell’ufficio di Beneficiale della Chiesa di S. Matteo, fu poi Canonico della Cattedrale come it Mongitore, il Di Giovanni, lo Scavo. Ebbe onori dal Governo, fu Economo Regio, ossia percettore delle contribuzioni dovute allo Stato da’ Vescovi e pre- lati di Sicilia; venne prescelto al ministero di Deputato del Regno, uf ficio nobilissimo nelle nostre istituzioni politiche, al quale salivano i più degni, fu insignito dall’Abazia di Roccadia. Tenuto da’ dotti in altissima stima, da nessuno invidiato, fu riconosciuto il primo fra’ letterati del tempo. In mezzo a tanta gloria e alla universale venerazione, in lui rifulse una rara qualità, la modestia. Egli che pur dovea nell'animo sentire come si levasse su tutti in Sicilia per prestanza d’ingegno, non superbì mai di se stesso, e fu sempre urbano e cortese nelle maniere. La memoria del Gregorio che fu massimo onore e lume del nostro Ate- neo, noi potremo rinverdire commemorando degnamente il primo -cente- nario, che ricorrerà al 1889, della fondazione della cattedra di diritto pub- blico siciliano e della nomina di lui a professore della medesima. Spento nel 1809 il Gregorio la cattedra tacque, nè più si riaperse sotto i Borboni, i quali maturando nell’animo il disegno di romper fede al giura- (1) Ewrurani-Grupici, Storia della Letteratura Italiana, lezione XXI. 60 I PRIMI 25 ANNI mento prestato al popolo siciliano, e di spogliarlo delle secolari sue libertà, mal pativano che da una cattedra si dichiarassero alla gioventù i liberi ordinamenti della monarchia e così le si tenesse vivo nell’ animo l' a- more alle antiche patrie franchigie. Vendicatasi a libertà nel 1848 la Sicilia, quella cattedra fu ripristi- nata dal 4° Comitato, presieduto da quel nobile uomo e insigne cittadino che fu Pietro Lanza principe di Butera, e venne nominato in essa 1’ il- lustre autore della storia del Vespro Siciliano, M. Amari (4). A chi avea voluto spogliar la Sicilia d’ogni suo diritto fu ben grave risposta la risto- razione di quella cattedra. E lo Amari lesse il 20 marzo di quel memorando anno il discorso inaugurale per |’ apertura degli Studi (2), ma i tempi difficili e arruffati non gli permisero di intraprendere il corso delle le- zioni. Ristaurata la signoria Borbomca e ripresa da lui la via dell’esilio, tacque quello utile insegnamento una seconda volta e per sempre. Nel 1860 quando Gregorio Ugdulena riordinava gli studì universi- tari di Sicilia, avrebbe potuto rimettere nel programma della facoltà di (1) Vedi App. Doc. N. XX. Ripristinamento della cattedra di diritto pubblico Siciliano «e nomina di Michele Amari. (2) Incaricato di leggere il discorso inaugurale per l’apertura degli Studi in quello anno, in cui la Sicilia era tutta insorta per scuotere l’odioso giogo borbonico, M. Amari disse brevi e ardenti parole, ispirate dall’entusiasmo che quella grande rivoluzione aveva destato negli animi di tutti i Siciliani. Il tema fu: “ La scienza e la libertà ,. Gi piace riferirne alcuni brani: “Una sola, egli diceva, è la sorte della scienza e della libertà presso i popoli inci- viliti. Assomigliatele a due sorelle che avessero intrapreso un viaggio lungo assai e faticoso, delle quali or l’una or l’altra fosse costretta di sostare rifinita e malconcia, finchè la sorella si rivolgesse a porgerle la mano e ripigliassero il cammino fianco a fianco. Da molti secoli vanno peregrinando le dive; ed oh quanti intoppi, quanti mostri hanno incontrato e incon-. trano sempre per la via,. “ La libertà e le scienze erano odiate di odio mortalissimo dal Governo Regio di Napoli che se non seppe vincere i suoi nemici, credetelo a me, li conosceva almeno per quel eieco istinto che hanno i bruti. “ Felicissima, portentosa è stata or la riscossa dei due principî proscritti, che d’ un balzo disarmarono il dispotismo col valor nel combattere, con la prontezza e fermezza dei consigli, con la spontanea dignità della parola che mostrò all'Europa sin dai primi principî quanto salde fossero le basi della nostra rivoluzione. “ Gli intelletti s' erano sottilmente aguzzati alla còte stessa dell’invidia che si volea ribattere, le lettere eran coltivate anche sui libri che il governo proibiva gelosamente, e si è avverato che dopo la nostra vittoria la stampa d’un subito si vegga operosa come nei paesi che la godettero libera lungo tempo, che l’ universale dei cittadini giudichi diritta- DELLA R. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO 64 giurisprudenza di Palermo anche la cattedra di Diritto siciliano. Egli istituì la cattedra di Storia del Diritto e legislazione comparata, catte- dra che doveva essere illustrata dal sommo Emerico Amari, autore della Critica di una Scienza delle legislazioni comparate; ma questi che prima e per più anni avea dettato dalla cattedra di diritto penale e con la profondità dei suoi studi e con la efficacia della affascinante parola avea scorto gli studenti in quella disciplina e aperto nuovi orizzonti nello studio delle discipline sociali, si sentì stanco, e non volle rimettersi allo insegnamento. E quella cattedra non si aperse (4). Venne di poi fondata la cattedra di storia del diritto dalla caduta dell'impero romano fino alla codificazione della legislazione italiana; ma in questo sì ampio insegnamento che si dà in un solo anno è ben poca la parte che può assegnarsi al diritto antico siculo (2). mente le cose pubbliche; che gli scritti sin dei comuni dell’isola ove si credeva più abban- donata la cultura degli ingegni, mostrino maturità di pensieri, erudizione di fatti, proprietà nella forma ,. È E dopo aver parlato di sè e della persecuzione sostenuta per la sua opera Un periodo delle istorie Siciliane nel secolo XIII, indirizzavasi ai giovani studenti: “Ed ora a Voi mi rivolgo o giovani che venite a ripigliare gli studì al cominciamento della nostra rigenerazione politica. Gli animi vostri generosi, non raffreddati per anco dal disinganno come addiviene a qualche sventurato nell’età matura, gli animi vostri amanti, pieni degli alti sensi che ispirano gli studì classici fremeano quando fu chiusa l’Università dall'insulto d’una tirannide vile. Si venne poi alle armi e i padri della patria (date questo titolo, o cittadini, a chi prese allora il timone della rivoluzione) fecero l’Università deposito delle munizioni da sparo che alimentavano la guerra dell’indipendenza e libertà della Sicilia. Ricordatevi, o giovani Siciliani, ogni volta che entrerete in queste soglie, pensate che siccome sì preparavano qui i colpi che salvarono la vostra patria, così quì sì debbono preparare le virtù che sole possonla mantener libera, sicura, grande. “ Animo, o fratelli, aspirate a tutti gli allori che vi offrono la Sicilia, l'Italia libera. “ Prima degli studi educatevi alle armi, principale fondamento di ogni civiltà. E quando la patria non richiederà il vostro braccio, pensate che il santo soffio di libertà il quale rese sì grande la Sicilia Greca, potrebbe dare alla Sicilia italiana, non solamente le armi di Gelone, ma anco l'ingegno di Teocrito, d’Empedocle, Archimede ,. Discorso per l’apertura dell’ Università degli Studì nel giorno 20 marzo 1848. Leggesi nel Giornale: “Il Parlamento ,, n. 1, 26 marzo 1848. (1) Nel regolamento universitario della facoltà di giurisprudenza tra le cattedre facol- tative è anche la legislazione comparata, ma finora questo insegnamento non è stato as- sunto da alcun professore. (2) Ciò io scriveva nel 1884. — Reso ora biennale il corso di storia del diritto italiano, il professore potrà svolgere ampiamente il diritto medioevale e moderno, dell’Italia e della Sicilia. 16 62 I PRIMI 25 ANNI DELLA R. UNIV. DEGLI STUDI DI PALERMO In Francia la facoltà di Parigi e di Tolosa, fin dal 1859, ed ora quella di Nancy, hanno, oltre un corso sommario d’ istoria di diritto francese pubblico e privato per gli studenti di primo anno ed uno ap- profondito per gli aspiranti al dottorato, le cattedre di diritto fran- cese considerato nelle sue origini feudali e consuetudinarie. Simil- mente nella Università di Palermo potrebbe rimettersi con titolo più largo Diritto siciliano, pubblico e privato, la cattedra già occupata dal sommo Gregorio. La facoltà legale che nella sua origine ebbe le istituzioni di diritto ro- mano, il diritto pubblico naturale, il diritto canonico, fu di poi accre- sciuta delle Pandette , dell’ Etica e giurisprudenza naturale, della Eco- nomia e commercio che posta nel primo disegno degli studi fra le disci- pline filosofiche, passò più acconciamente fra le giuridiche, e infine del diritto pubblico siciliano. E così durò fino al 1805, anzi, se ne togli il diritto pubblico siciliano soppresso dopo la morte del Gregorio, fino al 1841, quando per la iniziativa di egregi e volenterosi uomini, secondati poi dal governo, vennero introdotti gl’insegnamenti da tanti anni desiderati della moderna e civile legislazione, ossia del diritto civile, della procedura civile, del diritto commerciale, del diritto penale e della medicina legale. Dopo il maraviglioso risorgimento del 1860 le cattedre di diritto’ si moltiplicarono, aggiuntesi la introduzione generale alle scienze giuri- diche e politico-amministrative e storia del diritto, il diritto pubblico co- stituzionale, il diritto amministrativo, il diritto internazionale; più tardi a storia del diritto venne distinta dalla Enciclopedia giuridica o intro- duzione alle scienze giuridiche, e da recente furono introdotte la scienza dell’ amministrazione, la scienza delle finanze, e ristabilito il diritto ec- clesiastico (1). Allargatosi così il campo delle scienze giuridiche, come nelle migliori Università d’ Europa, la gioventù studiosa se n’ è gran- demente avvantaggiata, potendo, sotto la guida di abili insegnanti, coltivare specialmente i vari rami del sapere giuridico. (1) Con decreto 22 ottobre 1884 il ministro Coppino mutava la cattedra di Introdu- zione enciclopedica alle scienze giuridiche in Introduzione alle scienze giuridiche e principî elementari di diritto civile, istituiva la storia del diritto romano, rendeva biennale la storia del diritto italiano. | APPENDICE E SIT pr BOC MENTI Documento N. 1. Commissione Suprema della Pubblica Istruzione ed Educazione in Sicilia. — Ripartimento Amministrativo. — Ordini Reali e Viceregi. — An. 1778-82. — Registro Num. 1. Istituzione del Convitto Real Ferdinando. Per sovrano comando il signor Marchese della Sambuca, primo Segretario di Stato, Casa Reale ed Affari Stranieri, è venuto con Real Dispaccio del primo del cadente agosto in iscrivermi ciocchè siegue. Eccellentissimo Signore — Avendo rapportato a V. E. le rappresentanze della Diputa- zione di cotesto Regno, del Senato e della Giunta di Educazione, relative al Convitto dei nobili da erigersi costì, che il Vicerè mi trasmise con sua carta dei 17 aprile trascorso, è venuta la M. S. ad approvare il Plano proposto dalla Diputazione del Regno e Senato in quelle parti che non sono derogate per il presente suo ordine. Vuole quindi il Re che nel luogo dove è attualmente il Convitto Amministrato sinora dalla Giunta d’Educazione, S'istituisca un nuovo Convitto dei Nobili e che per lo magior numero dei giovinetti che vi concorreranno vi si aggreghi l’altro superiore quanto tutto il compreso, escluse le scuole e le altre officine che sono destinate per l'amministrazione dell'Azienda Gesuitica, resti per uso del detto Convitto. Che la direzione e cura di detto nuovo Convitto deva affidarsi a cinque Deputati, che devono proporsi da V. E. in ogni triennio al Re. Beninteso che per questo primo triennio la M. S. ha eletti: Monsignor Dottor Salvatore Ventimiglia Inquisitor della Suprema, Monsignor don Alfonso Airoldi Giudice della Monarchia, il Principe della Tra- bia, il Principe di Torremuzza e il Duca di Misilmeri; che li diputati sieno indipendenti risguardo all’Amministrazione del Convitto da qualunque magistrato, e soltanto soggetti a V. E., e debbano in ogni semestre darle conto dello stato del Convitto. Che debbano va- lersi dell’attuale Direttore del Seminario Don Gregorio Speciale, pagandogli lo stesso soldo per impiegarlo nella prima carica del Convitto per la sperienza, che si ha della sua pro- bità, intelligenza e buona condotta. Che il sistema di questo nuovo Convitto sia corrispon- IV DOCUMENTI dente al Plano della Diputazione e del Senato, colla intelligenza che la M. S. per togliere qualunque ostacolo all’ adempimento di questa opera vantaggiosa allo Stato, accorda alli Diputati la facoltà di fare quelle mutazioni, che la lor saviezza crederà necessarie, nell'atto dell'esecuzione. Non ha aderito la M. S. alla dimanda avanzata dalla Diputazione e dal Senato di as- segnarsi al detto Convitto scudi diecimila all'anno; ma vuole che gli sì assegnino sopra i frutti dell’ Azienda Gesuitica scudi cinquemila annuali, e tutti gli utensili dell’ attuale Se- minario di cotesta Capitale e di quello della città di Siragusa , coll’ obbligo di mantenere franchi numero venti giovanetti di tutto il Val di Mazara, li quali abbiano li gradi di no- biltà stabiliti nel Plano della Diputazione e del Senato, che li detti Giovanetti franchi devano eliggersi da V. E. a consulta delli Deputati del Convitto, e che in detta ‘elezione deva considerarsi solamente la vera povertà; che li Giovinetti li quali saranno ricevuti o lranchi o con pagamento dovranno vestirsi a spese dei loro parenti, i quali devano prov- vederli ancora di biancheria e letti, dovendo il Convitto soltanto apprestare la biancheria di tavola. Si è degnata ancora la M. S. ricevere sotto la sua immediata protezione il detto nuovo Convitto, ed in conseguenza vuole che gli si dia il titolo di Real Ferdinando e che tutti i giovanetti vestano con uniforme. E poichè le sue paterne premure hanno anche per oggetto la educazione dei Giovinetti del secondo ceto; perciò colla sua clemenza ha ordinato, che delli frutti dell'Azienda Ge- suitica si assegnassero onze seicento annuali al Seminario delle scuole Pie di cotesta capitale da pagarsi di quadrimestre in quadrimestre e se gli diano ancora gli utensili dell’abolito Con- vitto di Trapani, coll’obbligo di mantenere franchi numero venti Giovinetti del secondo ceto. La elezione di detti Giovinetti appartenga a V. E. a Consulta delli Deputati, che al nu- mero di cinque dovrà proponere al Re in ogni triennio, un ecclesiastico, e quattro seco- lari del ceto civile, corrispondente a quello delli collegiali, eliggendo per questo primo triennio il Re, il prete don Francesco Cottonaro, causidico don Francesco Gasaga, il ra- zionale Santocanale, don Antonio Carnevale e Not. Barone don Domenico Sarcì, li quali dovranno invigilare, perchè siano ben trattati, come tutti gli altri convittori, pigliandone conto di mese in mese dal superiore di quella Comunità e facendone relazione a V. E. in ogni semestre. Nell’ elezione di detti Giovanetti deva riguardarsi soltanto la povertà e la condizione di una onorata famiglia. Per togliere ancora qualunque disordine, ha determi nato il Re che li Giovinetti li quali sono al presente nel Convitto amministrato fimora dalla Giunta di Educazione restassero nel detto Convitto nello stesso modo come prima erano, cioè se franchi restassero nel numero delli venti franchi; se con pagamento, pagassero quella somma annuale che dalli Deputati sarà generalmente stabilita; quelli però li quali non ànno detti gradi di nobilià, se sono franchi si passino ancora per franchi nel numero dei venti al Convitto delle Scuole Pie, se sono stati con pagamento, restino nella loro li- bertà. Vuole parimenti il Re che li Deputati suddetti del Convitto Real Ferdinando ab- biano la direzione e vigilanza sopra il Collegio di Studi e le Scuole del Regno, colla fa- coltà di cambiare e regolare tanto le cattedre e l'orario, quanto i salari, senza eccedere la somma, che attualmente si spende in ogni luogo, e con doverne prima dar conto alla M. S. per via di V. E. e gli lettori si elissano da V. E. a consulta delli Deputati riferiti, li quali possano proporre soggetti tanto secolari che chiesastici; che li detti Deputati ab- biano la direzione e vigilanza sopra la libreria, museo e stamperia che deva mettersi al più presto in esecuzione, a qual effetto si continui il pagamento dei legati che sono ad- detti alla libreria e museo, e se ne dia la cura di tutti e tre all'attuale Direttore delle stampe DOCUMENTI V don Giuseppe Espinosa, a cui sì continui lo stesso soldo, che attualmente gode, sopra li frutti dell'Azienda Gesuitica, e poi sopra li profitti della stamperia. Ha stabilito però la M. S. che i detti Deputati non abbiano ingerenza alcuna sopra li Collegi delle due città di Mes- sina e di Catania, per li quali ha intraprese le seguenti risoluzioni. Per la città di Messina ordina che resti il Convitto dei nobili che attualmente vi è, ma sia regolato e diretto da tre Deputati, cioè dall’ Arcivescovo di quella città, dal Senatore seniore e dal Ministro re- gio. Che per il mantenimento di detto Convitto si assegnino sopra li frutti dell’Azienda Ge- suitica onze mille annuali, da pagarsi di terzo in terzo coll’ obbligo di dover tenere non meno di venti soggetti franchi di tutte le città del Valdemone , li quali dovranno essere provisti di vestimenti, letti e biancherie dalli loro parenti, dovendo il Convitto soltanto ap- prestargli le biancherie di tavola. Che li detti giovinetti franchi debbano eliggersi da V. E. a consulta delli cennati Deputati con aversi sempre riguardo alla vera povertà. Che per Ia amministrazione di detto Convitto i Deputati per ora si regolino secondo: il sistema, che attualmente si osserva. Che ritrovandosi disordini o seoncerti ne facciano un Plano con li ripari da darsi e lo trasmettano alla M. S. per via di V. E. e che di semestre in semestre siano tenuti dar conto all’E. V. dello stato del Convitto. Che li detti Deputati siano soltanto soggetti a V. E. e che al Convitto gli si dia il titolo di Real Carolino, ed abbiano li mede- simi la cura e vigilanza sopra il Collegio delli studi di detta città. Per la città di Catania ha stabilito il Re, che si abolisca il Convitto colà esistente isti- tuito dalla Giunta di Educazione. Che sopra i frutti della Azienda Gesuitica si assegnino onze cinquecento annuali e gli utensili dell’ abolito Convitto al Collegio di Mario Cutelli amministrato dalli fidecommissarii che sono il Vescovo, il Senato e l’abate Cassinese coll’ob- bligo di mantenere franchi numero venti giovinetti nobili di detta città e del Val di Noto, quali giovinetti nobili dovranno eliggersi da V. E. a consulta delli soprascritti deputati di Mario Cutelli, colla intelligenza che quelli i quali esistono attualmente franchi nel Convitto già abolito passino a quello di Mario Cutelli e non si deva eliggere se non il supplemento per arrivare al detto numero di venti, e che questi franchi siano in obbligo di vestirsi, portare li letti e le biancherie, dovendo il Collegio soltanto apprestare loro le biancherie di tavola. Vuole ancora il Re che si abolisca il Collegio dei (sic) Studi di quella città, istituito dalla Giunta di Educazione, e tutte le cariche, scuole e cattedre allo stesso annesse con dovere restar vuota la casa, e che sopra li frutti dell’ Azienda Gesuitica si assegnino alla Università dei (sic) studîì di Catania onze ottocento annuali per aggregarvi le scuole basse e le cattedre che mancano e sono necessarie a detta Università, e che li deputati di detta erederanno convenienti al maggior lustro della medesima con formare benanche un.Plano esatto ed accurato di come restituirvi il decoro, il buon ordine e l’ effettivo profitto non meno dell’Università dei (sic) studenti e laureandi con rimetterlo alla M. S. per la via di V. E., per la sovrana conferma. E poichè il Re colla sua innata pietà vuole la buona educazione non solo del ceto nobile e civile, ma pure della bassa gente per apprendere le arti corrispondenti ed allon- tanarla dall’ ozio e dalla pigrizia, ha risoluto, che si stabiliscano tre case di Educazione per la bassa gente, una in Palermo, la seconda in Messina e la terza in Catania. Quella di Palermo si debba situare nella Casa di San Francesco Saverio sotto la direzione di cinque deputati da proporsi da V. E. al Re in ogni triennio, con fare alla medesima as- segnare dal Tribunale sopra l’introiti gesuitici onze milleottocento all’anno. Quella di Ca- tania nella Casa della chiesa degli Espulsi Gesuiti, sotto la direzione di cinque deputati da 9 - VI DOGUMENTI proporsi da V. E. al Re in ogni triennio con assegnarle onze mille. Quella di Messina in una delle Case Gesuitiche sotto la direzione di cinque deputati da proporsi parimenti da V. E. al Re, in ogni triennio, con assegnarle onze mille all'anno. Vuole il Re che questi! deputati stiano soltanto soggetti a V. E. e che le devano dar conto dello stato delle ri- spettive Case in ogni semestre immancabilmente; a qual effetto faccia V. E. dalli rispettivi Senati di ogni una delle tre già espressate città formare un plano delle leggi e regolamenti, colli quali credono meglio accertare il bene dell’opera di cui trattasi e li trasmetta al Re per indi riceverne la sovrana ulteriore risoluzione. E finalmente desiderando il Re che tutte le antichità sparse nel Regno di Sicilia si conservino per quanto è possibile, e non restino alla discrezione del tempo esposte, senza esservi chi ne abbia cura; perciò vuole che il Principe di Torremuzza per il Val di Mazzara ed il Principe di Biscari per il Val di Noto e Valdemone abbiano la cura di tutte le antichità, che formino un Plano per uno, ben di- stinto della loro esistenza, della spesa che abbisogna per conservarli e custodirli, e di tut- t'altro che crederanno necessario all’intento, li rimettano al più presto a V. E. per traman- darli al Sovrano e prendere li convenevoli espedienti. RE tutto ciò di Real Ordine a V. E. perchè disponga l'adempimento. Napoli etc. È Comunico a V. E. questo Real Dispaccio per la sua cognizione e intelligenza nella parte che le tocca di concorrere e dar mano alla esecuzione. Nostro Signore la feliciti. Messina 31 agosto 1778. — Cortada y Brù. AL Stienor Duca pi Misicmeri. Documento N. 2. Petizione del Senato di Palermo con la quale si chiede la erezione di una compiuta Università di studi. SACRA REALE MAESTÀ SIRE, La felicità dei Popoli dipendente dalla coltura delle scienze, e delle arti, è stata sempre l’obbietto della principal premura dei più illuminati Monarchi del mondo; e sopra ogn’altro della Reale Maestà Vostra, che vi siete tuttora specchiata nelle gloriose azioni del vostro Augusto Genitore invitto Re delle Spagne. E a dir il vero, chi potrà mai ignorare, che gli ottimi studj fondati sulla base di una sana dottrina rendono i popoli vie più illuminati nei tre primarj doveri dell'Uomo, cioè riguardo a Dio coll’osservanza dei precetti della Sagra Religione, riguardo al Principe colle prattiche del più fedele Vassallaggio, riguardo a se stesso, ed ai suoi simili coll’esercizio delle sociali convenienze, che tutte unite formano il buon ordine, e la dolce tranquillità dello Stato ? Dovendo quindi le mire tutte dei magistrati essere dirette come tante linee al centro delle Sovrane intenzioni, se in ogni tempo questo Senato ha indirizzate le principali sue applicazioni a promovere, e far fiorire sempre le lettere, e la disciplina onde far imprimere negli animi di questi Cittadini coi più forti tratti la cognizione degli obblighi naturali testè menzionati, nel felicissimo governo della Maestà Vostra animato vie più si è veduto ad ese- DOCUMENTI VII guir queste leggi del suo istituto. Seguita intanto l'espulsione dei Gesuiti da questo Regno, non tardò di presentarsi appiè della Reale Maestà Vostra implorando di fondarsi in questa Capitale una compiuta Università di Studj al pari di quelle più celebri di Europa, ed in conformità di quanto fu accordato dal Serenissimo Filippo IV nel 1637, da collocarsi nella casa del Collegio Nuovo delli stessi Espulsi, luogo molto adatto, e commodo a tal destino. Non avendo allora voluto Ja Maestà Vostra spiegare qual uso far si dovesse dei beni, e delle case dei Cesuiti non vi credeste in grado, Signore, di soddisfare le riverenti premure di questo Senato riserbando ad esaudirle a più congruo tempo. Ma nello stesso momento seguendo gl’impulsi del vostro Paterno cuore provvedeste, che restassero aperte le scuole, che dagli Espulsi Padri si tenevano, acciocchè non mancasse il commodo necessario ai vostri Sudditi di erudirsi nelle lettere, e nelle scienze, ed indi col decorrer del tempo avete disposte le riù adatte misure pel buon governo, e regolamento degli studj, e delle cattedre istituite in vantaggio, e sollievo di questi cittadini. Non manca altro alla perfezione di una opera cotanto utile e necessaria, acciocchè possa chiamarsi una compiuta Università di Studj, che gareggiar potesse colle più celebri dell’ Europa, che la facoltà di laureare in Filosofia, Teologia, Medicina, ed in ambidue le Leggi, Canonica, e Civile. Se una tal prerogativa fu accordata dietro le istanze del Senato all’abolita Compagnia di Gesù nel 1637 dalla Maestà di Filippo IV, sembra più ragionevole, e giusto, che la goda oggi una Università che tutta risiede sotto il Regio Patronato. Introdotti in questo Regno, e specialmente in questa Capitale sin dall'anno 1549 i Gesuiti, larghe furono le sovvenzioni, che non meno dai particolari, ma principalmente conseguirono da questo Senato, che pro- fuse ingenti somme non tanto per le fabbriche delle case, ove commorar detti Padri, che pel sostenimento degli stessi, non per altro oggetto, anzi sotto l’espressa condizione di tener sempre aperte delle pubbliche scuole di ogni disciplina, e scienza in beneficio di questi Cit- tadini. Nè la Maestà dell'Imperatore Carlo V di sempre gloriosa rimembranza sotto del cui dominio viveva allora questo Regno volle mostrarsi meno benefico, e munificente verso questa Capitale, poiechè ascoltando benignamente le istanze del Parlamento qui radunato nel 1550 concedette nel 1552 con suo Imperiale rescritto la vacante Abbazia di Santa Maria della Grotta alla sudetta Compagnia pel fisso mantenimento degli studj in questa Città. Do- tato indi essendosi il Collegio Massimo di detti Padri dal benemerito Cittadino Giovanni Platamone di onze 8 mila, cioè di onze 1600 per perfezionarsi le fabbriche incominciate, e di onze 6400 per l’oggetto della intrapresa istituzione dell’Università degli Studj, e nel 1632 arricchito ancora essendosi di tutti i beni del P. Pietro Salerno in forza di una espressa donazione, colla clausola espressa di destinarsene l'importo in mantenimento delle scuole, ed in sostentamento della Università, e di erogarsene principalmente scudi due niila al- l’anno per lo stipendio dei lettori secolari di Legge Civile, e Canonica, nell’anno 1632 il Palermitano Senato implorò dal Re Filippo IV la creazione della desiderata Università, come anche la domandò il Rettore dell’abolito Collegio per adempirsi |’ obbietto a cui le succennate donazioni erano state dirette. Fu rimesso un tal ricorso al Vicerè di Sicilia Duca di Alcalà, acciocchè informasse, inteso il parere dei Presidenti, e Consultore di questo Re- gno, ed udite le ragioni di Catania, e Messina in cui allora trovavansi le Università degli Studj ed in effetto furono le stesse intimate a presentare le loro opposizioni. Fattisi dinanti la Giunta dei surriferiti ministri larghi contradittorì trai Professori delle dette due Città, ed il Sindaco di questa Capitale; e dimostrate insussistenti, e vane le opposizioni di quelle, sì arenò per qualche tempo la risoluzione della cennata Giunta, a motivo di non aver in- sistito con calore i Professori contro dei quali in Catania si erano eccitati dei rumori. VII DOCUMENTI Scorgendo però il Senato una tal remora, facendo prima rogar negli atti la obbligazione del Rettore anzidetto di pagar come Donatario del P. Salerno i salarj ai Lettori del diritto Canonico, e Civile, e della Medicina, rinnovò con più calore le istanze al Governo per darsi termine a tale pendenza, e spedirsi con ogni brevità la Consulta dei summenzionati Ministri, ed infatti ne ottenne sotto il 26 giugno 1635 il decreto confacente alle sue brame, come tutto si rilieva dagli acchiusi documenti di Lettera A. B. G. D. Non si oppose la città di Messina, ma solo quella di Catania fece le più gagliarde op- posizioni, le quali rigettate furono dalla Giunta dei Presidenti, e Consultore; onde la con- sulta favorevole a Palermo fu mandata dal Vicerè alla R. Corte. Volle quel Regnante pria di risolvere, sentire su di questa faccenda il parere del Suo premo Consiglio d’Italia, in cui, esaminato maturamente l’affare colla contraddizione della stessa città di Catania, fu determinato finalmente di accordarsi l’erezione della bramata Uni- versità alla Città di Palermo, come appare dalla copia della risoluzione fatta in Madrid a 26 novembre 1636 dal surriferito Supremo Consesso qui compiegata di Lettera E. In seguito di che ne cadde la risoluzione favorevole del Regnante a 15 settembre 1637, essendosi obbligato il Rettore a cinque mila Reali di Plata per quanto ne fu la mezza an- nata per detta grazia tassata, come rilevasi dall’annesso documento di Lettera F. Giunta la Sovrana determinazione in Palermo nel porsi mano ad eseguirla, venne nel bel meglio arrestata, perchè suscitossi la competenza tra l'Arcivescovo di questa Capitale, ed il Prefetto degli Studj degli Espulsi, pretendendo quegli il grado di Cancelliere, che si voleva assumere dal riferito Prefetto, in esecuzione del Regio Diploma. Fu commesso l’e- same di tal pendenza a tre Ministri, ma non essendo sbrigato il litigio nel 1680, conside- rando il General Parlamento di questo Regno radunato in detto anno a 9 dicembre in questa Capitale i vantaggi, che risultati sariano non meno a questi Cittadini, che alla maggior parte del Regno stesso dall’erezione di una intiera Università di Studj in questa Capitale, fralle grazie implorate concordemente da tutti i tre bracci, Ecclesiastico, Militare, e Dema- niale vi si comprese anche quella di domandar con calore la esecuzione di cotal Privilegio conceduto in beneficio di questi Cittadini, come si trova registrato a Carte 382 del tomo 2. dei Capitoli del Regno, e meglio apparisce dall’avvolta copia G. Ma nè l'uno, nè l’altro ceder volendo dei Pretensori, nè sollecitatasi essendo la riso- luzione del Re, a cui ne scrisse il Vicerè Conte di Santo Stefano, dietro la succitata pre- ghiera del Parlamento, fuori di essersi posto in esecuzione il privilegio circa il dottorato di Filosofia, e Teologia, a cui non si oppose l'Arcivescovo, restò sino alla seguita espulsione dei Gesuiti imperfetta l’Università degli Studj, e posta in obblio la Reale concessione, lucran- dosi i detti Padri del danajo destinato al mantenimento delle altre cattedre, che bisogna- vano aprirsi per la perfezione di un’intiera Università. Non potendo però convertirsi in altro uso le rendite lasciate dal Platamone, e dal' Sa- lerno summentovati per la fondazione di una compita Università, e dotata la Maestà Vostra dell'animo più equo, e clemente, non ha voluto tradire le disposizioni dei testatori, e dei donanti circa 1’ esecuzione delle opere ingionte di cui vennero da quelli gravati i beni, o asciati in testamento, o donati ai Padri espulsi dell’abolita Compagnia, anzi ne ha ordinato la puntuale esecuzione, prende coraggio il Senato di umiliarsi al Reale Trono per chiedere colle più ferventi suppliche lo adempimento intiero della grazia conceduta dalla Maestà dî Filippo IV a questi Cittadini. Non può essere di ostacolo alla implorata preghiera nè la diuturnità del tempo in cui fu conceduto il Privilegio, nè il pregiudizio supposto della Città di Catania. Primariamente DOCUMENTI IX tiene una particolare prerogativa questa Capitale in rimerito dei segnalati servigj prestati in ogni tempo alla Reale Corona, che i privilegj alla stessa accordati non vanno mai a prescriversi per qualunque taciturnità, e per qualsiasi espresso consenso anche parecchie volte replicato, ma restano sempre nel pieno vigore, e tuttora possono allegarsi, e doman- darsene la esecuzione. Tanto fu conceduto dal Re Alfonso di Aragona nell’anno 1451, come sì legge a carta 318 della raccolta dei Privilegi di Palermo fatta da D. Giuseppe De Vio ed indi è stato confermato dai seguenti Monarchi. Ma fà bisogno a questo fidelissimo Po- polo di ricorrere alle vecchie carte, e di trar l'esempio dai precedenti Sovrani per ottener dalla Maestà Vostra a cui stà tanto a cuore la di Lei felicità, e vantaggi, l’ esecutoria di un privilegio antico quando tutto il giorno con larga munificenza gliene accorda dei nuovi, e dei segnalati ? Non può quindi opporsi la città di Catania all’ esecuzione di questo privilegio; prima perchè largamente nel 1635 in Palermo furono intese le sue opposizioni di Real Comando dai Presidenti, e Consultore, e nel 1636 in Madrid dal Supremo Consiglio d'Italia, e furono rigettate come vane ed insussistenti a tenore di quanto testè sì è rapportato. E poi quale dritto esclusivo può ella avere, onde privar la Città di Palermo del godimento di un tal favore? Non lo ebbe ella accordato nel 1445 dal Re Alfonso detto il Magnanimo allorchè confermogli per suo Reale Diploma dato in Castelnuovo di Napoli al primo di giugno il decreto Ponteficio di Eugenio IV? Non lo ha goduto in effetto, perchè malgrado di essersi gagliardamente opposta alla fondazione degli studj generali di tutte le scienze in Messina che ottenuta 1° avea nel 1548 dalla Santità di Paolo III, esaminato di Reale Ordine se il privilegio di Catania fosse esclusivo di ogni altro simile in questo Regno, fù per reale re- scritto del saggio Re Filippo Il a 21 ottobre del 1591 confermata e conceduta alla Città di Messina 1° erezione dell’ Università degli studj, come lo attestano tutti gli storici di questo Regno, e particolarmente il Pirri a f. 371 della sua Sicilia Sacra, e l Auria a f. 41 della sua Cronologia. E dal 1591 sino al 1679 godè pacificamente Messina della sua Università, e del dritto di laureare in ogni scienza, e facoltà al pari di Catania, nè lo perdè nel riferito anno per la opposizione dei Catanesi, ma per altra cagione, che non occorre qui spiegare, ma leggesi nella Clemensa Reale del Strada a pag. 539 e 540 e nel summentovato Auria a pag. 171. Or se non ostante la vicinanza delle due Gittà di Catania e Messina, per quasi un se- colo vi furono due Università di Studj eguali, senzacchè il Regno ne avesse sperimentato un commodo maggiore, potrà negarsi a Palermo, in cui per la sua situazione riesce più age- vole alla maggior parte dei regnicoli di portarvisi, per farvi i necessarj studj ed indi ri- portarne la Laurea Dottorale? Ma quando ancora non fosse provveduta questa Capitale del dritto, che si è superiormente dimostrato, non apprestasse un maggior vantaggio ai suoi cittadini ed un maggior commodo agli abitanti del Regno, colla erezione dell’Università dei Studj, che si pretende; potrebbe sempre ella domandarlo, ed ottenerlo dovrebbe in forza di un privilegio, che le fu conceduto dal Re Federigo impresso nel citato autore de Vio a carta 172 della sua opera. In quello si legge, che in attenzione di essere la stessa il Capo di tutto il Regno, ed in contemplazione degli atti di fedeltà, e di Vassallaggio in ogni tempo appalesati verso dei suoi Sovrani, fu espressamente dichiarato, che tutti i privilegi, le grazie, € prerogative concedute e che saran per concedersi in appresso a tutte le altre Università del Regno, si sentissero egualmente concedute senza la minima limitazione alla Gittà di Palermo, colla facoltà di goderne, e farne libero uso in ogni tempo. Pieno quindi della maggior fiducia questo riverente Senato implora, o Signore, dalla 3 x DOCUMENTI vostra Reale Clemenza la grazia di ristabilirsi in questa Fidelissima Capitale del vostro Regno di Sicilia non meno il dritto di laureare in filosofia e teologia, come si esercitava dagl espulsi Padri dell’abolita Società di Gesù, ma di eseguirsi intieramente la Real concessione di Filippo IV, di piantarsi quì una compiuta Università di Studj, ove s’insegnassero tutte le scienze e discipline, e vi si conferisse il grado Dottorale delle medesime, al pari di come sì prattica nelle altre più celebri Università di Europa. Cessato è ora ogni motivo di con- tesa pel grado di Cancelliere pella riferita Università, giacchè dietro l’espulsione ridetta, non vi ha chi possa contendere a questo Arcivescovo l’uso libero, e quieto d’ una tal dignità. Non si arreca il minor pregiudizio a veruno, anzi si appresta un maggior commodo a tutto il Val di Mazzara, ed a porzione del Val Demone, di poter quì mandar i ragazzi a far un compiuto corso degli Studj, e riceverne indi la Laurea Dottorale, astenendosi molti di prat- ticarlo sino in Catania, atterriti dai maggiori disaggi del viaggio, e dalle spese maggiori, che sarebbero obbligati ad erogare, ed a cui parecchi non possono arrivare. Si eseguisce pie- namente la volontà di coloro, che donarono i proprj beni al Collegio dell’abolita Compagnia so tto l’ espressa condizione di erigersi quì una intiera Università di Studj, ed han compi- mento le sovrane intenzioni di Vostra Maestà, che vuole pienamente eseguiti i voleri di tutti i Testatori, e Donanti, che lasciarono gravate di qualche peso le rendite loro. Concorre a questo. disegno ancora l’assenso di coloro che discendendo dal riferito Giovanni Platamone potrebbero pretendere qualche gius di patronato sull’uso dei beni del loro ascendente, anzi essendo uno dei principali di questi il Dottor D. Pietro Frangipane e Platamone, ha voluto egli mostrar un maggior argomento del suo patriottico amore, sollecitando colle sue pre- mure il Senato ad ottener questa grazia dalla Sovrana munificenza. E finalmente nulla in cotal guisa mancando al lustro e decoro dell’Università Regia degli Studj eretta dal vostro Paterno benefico cuore in questa Città dentro il Collegio massimo dell’abolita Compagnia, prenderanno maggior motivo questi Divotissimi Cittadini di benedir ed esaltare la Sovrana Munificenza , e di porgere i più ferventi voti al Cielo pella prosperità, e conservazione di cotanto amabilissimo Padre e Monarca, e di tutta l’Augusta Reale famiglia. Spiegando essi per organo nostro queste accese brame, accompagnate dai nostri più caldi supplichevoli voti, non cessiamo di umiliarne coi sensi del più ligio e riverente Vassallaggio. SIRE Palermo li 5 marzo 1777. Appiè della R. M. V. Umilissimi e Fedelissimi Wassalli Documento N. 3. Grazia domandata concordemente da’ due Bracci Ecclesiastico e Demaniale. Supplicano la Maestà del Sovrano i due Bracci Ecclesiastico e Demaniale di sistemare le scuole di scienze di questa capitale, stabilendosi le cattedre che si conosceranno oppor- tune, e compiacersi la Maestà Sua di dare gli ordini opportuni per l’effettivo ristabilimento dei pubblici studi, accordandole la laurea dottorale di ambe le leggi, Medicina, Chirurgia, Filosofia e Teologia, come la godono tutte le pubbliche Università. Il Braccio militare però ha dissentito. — Panormi die quinto aprilis 1778. Quanto poi alle grazie quali esse siano, e quello che dal Re si è risoluto ne passo la notizia a V. E. affinchè la comunichi alla Deputazione del Regno. ee A A Ma n DOCUMENTI XI L'ottava grazia finalmente, che S. M. si degni di sistemare le scuole di scienze della Capi- tale stabilendovi le cattedre opportune ed accordando la laurea dottorale d’ambe le leggi, di medicina, chirurgia, filosofia e teologia. S. M. pel regolamento delle scuole e cattedre presto darà le sovrane sue provvidenze con accerto del pubblico bene ed utile della giu- ventù; per ciò poi che riguarda il dottorato di dette scienze, trattandosi del pregiudizio del terzo che è la città di Catania per la privativa che ne gode quella sua pubblica Università degli Studi, non accorda quanto si chiedea per grazia a favor di Palermo. Di Real Ordine partecipo a V. E. ecc. Napoli ece. Comunico a V. E. per la coerente sua intelligenza quanto si è servita S. M. dichiarare in rapporto alle grazie. Messina, 10 agosto 1778. — Cortada y Brù. Ara Depurazione DEL REGNO. Documento N. 4. Conferma a deputati per un terzo triennio del Principe di Torremuzza, di Mons. Ventimiglia, di Mons. Airoldi e del Duca di Misilmeri. Con dispaccio del 4 dello andante per via della Prima R. Segret. di Stato mi si scrive come siegue:—Eccell. Signore. Informato il Re dei rapporti di V. E. e per lo dettaglio fatto da codesta Diputazione de’ Regj studj con suo rapporto de’ 14 dello scorso aprile del florido stato in cui ritrovasi cotesto Convitto Real Ferdinando, del numeroso concorso degli studenti, che sono con grandissimo utile applicati in codesta Accademia, sì nelle scuole delle scienze superiori, come delle inferiori, delle saggi, disposizioni date per lo Educandario Ca- rolino delle nobili donzelle, degli stabilimenti fissati per l'orto di Botanica, per 1’ acquisto delle macchine necessarie agli esperimenti di fisica, e matematica, per il laboratorio di chi- mica, pel teatro anatomico, per i musei di antichità e di storia Naturale, ed anche per l’ ostetricia, ed essendo la Maestà Sua persuasa, che pel miglioramento di cotesti pubblici studj sì richieda la erezione di altre due Cattedre per via di due valenti Professori, che si facciano venire da fuori Regno, perchè insegnassero le cose fisiche, e le sublimi matema- tiche, nella debita ampiezza, e profondità; perciò facendo uso della sua paterna clemenza, intenta sempre a promuovere tutto ciò, che conduce all’interessante oggetto della pubblica educazione, si è benignata risolvere che sopra gl’introiti del conto corrente di codesta A- zienda Gesuitica si assegnassero alla Deputazione de’ Regj studj ducati tremila annuali, oltre delle somme, che le sono state finora assegnate, per potersene valere per gli approntamenti di Annali due Professori, nella intelligenza, che prima di passare la Diputazione alla scelta de’ medesimi debba darne conto alla M. S. per mezzo di questa prima Real Segreteria. E poicchè la M. S. è rimasta pienamente soddisfatta dell’ attenzione, zelo ed attività degli attuali Deputati de’ Regj Studj, cioè del Principe di Torremuzza, di Mons. Ventimiglia, di Mons. Airoldi, e del Duca di Misilmeri, perciò è venuto in confirmarli nella detta in- cumbenza per un’altro triennio, ed approvava nel tempo stesso tutto ciò, che della loro opera si è fatto. Nel Real nome partecipo tutto ciò a V. E. perchè disponga gli ordini che ne risultino per lo adempimento. Napoli, ecc. Comunico a V. S. questo Reale Ordine per la sua intelligenza e adempimento nella parte, che la riguarda, nella intelligenza, che lo partecipo anche al Int. del R. Patrimonio e Ministro aggiunti per la esecuzione di ciò che gli spetta. Nostro Signore La Feliciti. — Palermo, 13 Giugno 1784. IL Marcuse C. Alla Diputazione dei Regj Studj, e del Conv. R. Ferdinando. XII DOCUMENTI N. 5. ELENCO dei Deputati deù Regi Studi e del Convitto Real Ferdinando 1778-81 Monsignor D. Salvatore Ventimiglia Arci- vescovo di Nicomedia. Monsignor D. Alfonso Airoldi Arcivescovo di Eraclea, Giudice della R. Monarchia. Il Principe della Trabia. Il Principe di Torremuzza. Il Duca di Misilmeri. 1781-84 Confermati per un secondo triennio 1784-87 Confermati per un terzo triennio ll Duca di Ciminna invece del Principe della Trabia. 1787-90 Monsignor D. Francesco Ferdinando San- severino Arcivescovo di Palermo e di Monreale. Monsignor D. Salvatore Ventimiglia Arci- vescovo di Nicomedia. Monsignor D. Alfonso Airoldi Arcivescovo di Eraclea, etc. Il Principe di Torremuzza. Il Duca di Misilmeri. Il Duca di Ciminna. 1790-93 Monsignor Alfonso Airoldi, Arcivescovo di Eraclea, Giudice della R. Monarchia. Il Principe di Torremuzza. Il Marchese di Monterosato. 1793 Il Marchese D. Giacinto Dragonetti succe- duto al Principe di Torremuzza. 1794-97 Monsignor D. Filippo Lopez y Royo Ar- civescovo di Palermo e di Monreale. Monsignor D. Alfonso Airoldi. Il Marchese di Monterosato. 1805 Monsignor D. Raffaele Mario Mormile Ar- civescovo di Palermo. : Monsignor D. Alfonso Airoldi, Arcivescovo di Eraclea, etc. Il Presidente della Gran Corte Cav. Don Giov. Battista Paternò. Il Marchese di Monterosato. 1811-15 Monsignor D. Alfonso Airoldi Arcivescovo di Eraclea. Il Marchese di Monterosato. Il Cav. Gaspare Palermo. Il Marchese di Castellentini. Il Marchese Giuseppe Haus. Giuseppe Poli. Canonico Paolo Filipponi. Cavaliere D. Gregorio Speciale. Documento N. 6. Petizione del Senato di Palermo con cui si chiede il privilegio di potersi dalla R. Accademia degli studi conferire la laurea in filosofia e teologia. STARE SIRE, Non è l’ultima prova delle paterne amorose premure della V. R. M. la istituzione di un’Accademia di scienze, e discipline nell’abolito Collegio nuovo degli Espulsi Gesuiti, ac- ciocchè colla cultura della sana dottrina illuminati, ed eruditi i vostri diletti Vassalli sapes- DOCUMENTI XI sero ben conoscere ed eseguire i doveri, che li suggettano a Dio e li legano alla Società, ed allo Stato, nel pieno adempimento dei quali consiste, ed è fondata la felicità delle po- polazioni. Il felice esito di questa Reale Università degli Studj sotto la saggia direzione di Deputati così zelanti, ed avveduti, riporta ogn’ora le maggiori benedizioni di questo Publico, che non cessa d’innalzar fervidi voti al Cielo pella lunga, e prospera conservazione del suo amatissimo e munificentissimo Sovrano. Manca però alla perfezione della medesima che tanto da ogni buon cittadino si anela, che vi si conferiscano le lauree del dottorato in filosofia, ed in teologia, quelli stessi che, per concessione Reale del Serenissimo Filippo IV nel 1637, ridomandata indi nel 1680 a piene istanze del Generale Parlamento, godè la stessa Accademia sino al giorno dell’espul- sione dei Padri dell’abolita Compagnia che allora l’avevano in cura. Il privilegio di tali due dottorati non fu concesso alle persone dei sudetti Padri, ma al luogo, ed al pubblico beneficio di questi cittadini, e se fu pacificamente goduto mentre l'Accademia era diretta dai summentovati Religiosi, quanto più dovrebbe goderlo ora che stà sotto la immediata protezione di V. R. M. e che è diretta da Soggetti tanto circospetti scelti dalla Maestà Vostra. La rinnovazione di tal prerogativa acerescerebbe non solo mag- gior lustro alla Reale Accademia, ma animerebbe viappiù gli studenti all’ applicazione, ed allo studio colla speranza della consecuzione del grado, e delle insegne dottorali. Questo Senato perciò, che tanto interesse prende in tutto quel che riguarda il bene, ed ì vantaggi di questi cittadini alle sue vigilanti cure dalla Reale autorità accomandati, sì prostra umilmente a piè del Solio della M. V. porgendo i più caldi prieghi per venir con- solati i medesimi, con ottenere la tanto desiderata grazia di vedere rinnovata nella Reala Accademia la stessa facoltà, e preminenza goduta dalla Compagnia degli espulsi Gesuiti, di dottorare nelle discipline filosofiche, e teologiche al pari di come si osservò sino al giorno dell’ abolizione della succitata Compagnia, e supplica la M. V. voglia compiacersi ordinare che i Deputati dei Regj Studj e del Convitto Real Ferdinando possano accordar le Lauree di tali Dottorati, prevj gli esami, e le formalità tutte, che si osservano nelle altre più alte Università d’Europa. Pieni di ragionevole fiducia fondata interamente sul benigno clemen- tissimo cuore della V. R. M., accoppiando i nostri ardenti particolari voti a quei di tutti i cittadini pell’esaltazione di tutta la Real Famiglia, coi sensi del più leale Vassallaggio c’in- chiniamo sempre più rispettosamente. SIRE Palermo li 30 del 1781. (Estratto dall'Archivio Comunale) Appiè della R. M. V. A Umilissimi Fidelissimi Vassalli e sudditi. Documento N. 7. Dispaccio con cui si accorda alla R. Accademia degli studi il privilegio di conferire i gradt dottorali in filosofia e teologia. Con dispaccio per via della prima Real Segreteria di Stato mi si previene di Sovrano Comando quel che segue: Ecc.mo Signore. — Sulle istanze di codesto Senato per accordarsi all'Accademia Reale 4 XIV DOCUMENTI delle scienze e discipline eretta nell’abolito Collegio nuovo degli espulsi, la facoltà di con- ferir le Lauree del dottorato in filosofia e teologia che godea quell’antica pubblica Univer- sità degli Studj, in tempo che esistevano i Gesuiti; considerando il Re che un tal privilegio fu dal Serenissimo Re Filippo IV concesso nel 1637 e confermato nel 1686 alla suddetta pubblica Università, e non ai Gesuiti, che ne avevano la direzione, i quali facean uso di tal facoltà in nome della medesima, e che ora la Nuova Accademia sia stata eretta sotto la immediata sua Real Protezione, è S. M. venuta in benignamente confermar di nuovo all’Accademia sudetta la facoltà di laureare in Filosofia e Teologia; vuol perciò Ja M. S. che V.E. ordini ai Deputati di cotesta Real Accademia e del Convitto R. Ferdinando di accordar ]a Laurea, il Grado e le Insegne dottorali in filosofia e teologia a tutti i studenti che, fatto il legittimo corso degli studj sudetti in quella Università Reale, meritano di conseguirla, dopo di aver subito l’ esame, e aver ottenuto le approvazioni necessarie alla consecuzione della laurea dottorale nelle rispettive due facoltà. Caserta. Comunico alle VV. SS. questa sovrana risoluzione per la loro coerente intelligenza e per curare l’esatto adempimento di quanto si prescrive, Nostro Signore le feliciti. Palermo, 5 aprile 1781. Cortada y Brù. Reali Dispacci — Registri di ordini Reali e Viceregi, vol. 16, pag. 76 — esistenti nel (rrande Archivio di Stato. Documento N. 83. Istruzioni del 10 maggio 1881 per il conseguimento delle lauree. Essendosi la Maestà del Re, a petizione dell’Eccellentissimo Senato, degnata con reale dispaccio, comunicato con biglietto dei 5 aprile del corrente anno, confermare e nuova- mente concedere alla pubblica Reale Università degli studi di questa capitale, eretta sotto! l’immediata sua real protezione, la facoltà di conferir la laurea, il grado e le insegne dot- torali in filosofia e teologia, addossandone alla Deputazione dei Regi Studi e del Con- vitto Real Ferdinando l’incarico; e volendo i Deputati, che le lauree del dottorato, le quali da essi si accorderanno, non siano un vano segno d’ideale onorificenza, ma una indubitata attestazione del vero profitto a seconda di quanto saggissimamante il Re ha ordinato, hanno stabilito per legge inalterabile questi regolamenti: I. Prescrive la Deputazione che per conseguirsìi la laurea, il grado e le insegne dotto- . rali in filosofia sia necessario indispensabilmente il corso di tre anni interi di studio, con assistere in ogni giorno a tre lezioni. Nel primo anno dovranno gli studenti intervenire alla lezione di logica e metafisica la mattina, ed il dopopranzo a quella di geometria, trigono- metria, aritmetica ed algebra; e per la terza sarà in libertà dei discenti di assistere alla lezione o della medicina teoretica, o della medicina pratica, o della chirurgia o del com- mercio. Nel secondo e terzo anno assisteranno la mattina nella prima ora alla lezione di storia naturale o di chimica, o di anatomia, a loro elezione; nella seconda ora alla lezione o di diritto naturale e pubblico, o a quella delle matematiche, ed il dopopranzo stabilmente a a quella di fisica. Quantunque però si dia la libertà agli studenti di eleggersi alcune lezioni Ù proporzionate alle loro particolari circostanze; ciò nonpertanto il loro vantaggio ricerca, che î dopo avere scelta la facoltà, che vorranno apprendere, non debbano variare a capriccio. Quindi vuole la Deputazione, che ogni studente presenti in iscritto al Prefetto del cortile 3 e] È LAI . ! T POCHI "Nt AT SRI VII AE DOCUMENTI xv una nota, in cui esponga quali delle varie lezioni lasciate alla sua libertà abbia scelto; nè quindi possa alcuno, senza un motivo ragionevole, riconosciuto dalla Deputazione, e senza un’ espressa licenza in iscritto della medesima passare da una scuola all’ altra, ma debba ognuno perseverare e ricevere tutto intero il corso della facoltà incominciata a studiare. Il. Stabilisce la Deputazione che per ottenere la laurea, il grado e le insegne dottorali in teologia sarà necessario ed indispensabile il corso di cinque anni di studio con interve- nire a tre lezioni in ogni giorno. In tutti i cinque anni assisteranno gli studenti fissamente sempre la mattina alla lezione di teologia dommatica, ed altresì successivamente per tre anni a quella della canonica, e per due altri a quella della teologia morale. Del pari il do- popranzo per due anni interverranno alla lezione della lingua greca ed ebraica, e per tre a quella della storia ecclesiastica; e ciò fintantochè non vi sarà la cattedra degli studii bi- clici in questa Università. III. Ordina in terzo luogo la Deputazione che prima d’incominciare il corso sia filoso- fico, sia teologico, ogni discente si debba presentare al prefetto del cortile, il quale terrà un registro in cui noterà i nomi degli studenti ed il tempo in cui avranno incominciato il loro corso: qual registro dovrà sul principio degli studii presentare alla Deputazione per averlo autorizzato. IV. In un altro libro poi lo stesso prefetto del cortile dovrà"notare di giorno in giorno l'assistenza di ogni discente alle lezioni, alle quali è obbligato richiamandone le note dagli studenti bidelli di ogni scuola; ed altresì esso prefetto veglierà sopra i costumi di tutti i discenti, ed in ogni tre mesi dovrà dare alla Deputazione distinto conto in iscritto sì del- RE e sì della costumatezza individualmente di ognuno. 7. Sarà dovere dei lettori in ogni sei mesi dar conto in iscritto Do Deputazione del- n morigeratezza e profitto distintamente d’ogni studente. VI. Il prefetto di pietà dovrà pure in ogni sei mesi riferire alla Deputazione in scritto quanto gli occorre intorno alla pietà e cristiana condotta di tali discenti. VII. Per ricevere poi i gradi, la laurea e le insegne dottorali dovrà ogni discente es- sere pronto a sostenere tutti quegli esami intorno agli studii delle scienze sopradette, che crederà necessarii la Deputazione, acciò si conceda un tale onore a coloro che se l'avranno meritato con la loro morigeratezza e con la loro pietà. VIIL Agli attuali studenti di teologia e filosofia che presenteranno le fedi di sopra pre- ‘seritte dei proprii lettori, del prefetto del cortile e del prefetto di pietà, per ciò che riguarda il passato, fra il termine d’ un mese da correre dal giorno del presente avviso e che per l'avvenire eseguiranno quanto sopra si è disposto, accorda la Deputazione che si consideri il principio dei loro rispettivi corsi dall'apertura degli studii fattisi in novembre 1779, quando si eseguì la riforma ordinata da S. M. Dato in Palermo, nell’aula della Deputazione dei regii studii e del Convitto Real Fer- dinando, a 10 maggio 1781. Documento N. 9g. Dispaccio con cui si accorda che i Palermitani possano fare il corso di leggi e di medicina nella Reale Accademia. (ion Real dispaccio degli 9 del corrente per via della prima Segreteria di Stato mi si serive nella conformità che segue: — Ece.mo Signore, — Volendo il Re sempre più dare XVI DOCUMENTI argomenti della sua paterna cura pei progressi della Reale Accademia statuiti in questa Capitale e delle sue prontissime premure dirette a promuovere costì la cultura del dritto canonico e civile, e della medicina, aderendo alle suppliche predotte da codesto Senato con sua rappresentanza del 12 del trascorso giugno, si è determinata la M. S. risolvere che da ora in avanti presentandosi a V. E. ed ai suoi successori soggetti palermitani che avessero compiuti i loro studi di giurisprudenza canonica e civile, e di medicina, in cotesta Reale Accademia, e ne avessero ottenuta la fede dai Deputati dei Regi Studi e del Convitto Real Ferdinando e che fossero assistiti di tutte le circostanze e requisiti che dalle leggi e costituzioni del Regno si ricercano per coloro che devono esercitare le anzidette due facoltà, si debba loro accordare la dispensa del triennio, dimodochè la Regia Università di Catania dietro tali fedi e dispensa Viceregia dovesse conferir loro la rispettiva laurea senza obbli- garli a fare in quella città il solito corso triennale. Di Real Ordine partecipo a V. E. questa sovrana risoluzione per lo adempimento e perchè la comunichi a chi convenga. Comunico quindi a V. S. la Real risoluzione per la sua intelligenza ed adempimento nella parte che tocca. Caserta 21 dicembre 1781. IL MArcHESE CaRrACCIOLO. Documento N. 10. Dispaccio con cuì è istituita la cattedra di Pandette e Codice Giustinianeo. Con Real Dispaccio dei 30 dello scaduto per via della prima Segreteria di Stato mi si, scrive lo che siegue: — Ecc.mo Signore, — Aderendo il Re alle istanze di codesta Deputa- zione dei Regj Studi prodotte con sua carta del 5 marzo, trasmessa da V. E. con rappre- sentanza del 14 dello stesso mese; si è benignata la M. S. di permettere, che si istituisca nella R. Accademia di codesta Capitale un’altra cattedra intesa a spiegare le Pandette, il Codice Giustinianeo, con doversi pagare il soldo di tale cattedra sopra quell’ assegnazione, che dalla Sovrana sua munificenza è stata stabilita pel mantenimento dei pubblici Regj Studj. Di Real Ordine partecipo a V. E. questa sovrana risoluzione per passarne il corrispon- dente avviso a chi convenga. — Napoli. Comunico quindi a V. S. il Reale Ordine non meno per sua intelligenza, che pel coe- rente governo; e faccia la terna de’ soggetti abili all’esercizio, e disimpegno della carica. Nostro Signore La feliciti. Palermo, 12 aprile 1782. F. MarcHese CarACCcIOLO. Alla Deputazione dei R. Studi e del Convitto R. Ferdinando. Documento N. 11. Nota del Consiglio delle Finanze con cui si comunica l ordine Sovrano di fondarsi venti premi e di istituirsi le cattedre di veterinaria e di agricoltura. Il Consiglio delle Finanze con Dispaccio dei 24 caduto mi previene di Real Ordine lo che siegue:— Eccell. Signore.—Avendo l’Abate D. Giuseppe Gioeni dei Duchi D’Angiò of- DOCUMENTI XVII ferta la somma di Ducati 18000 all'Università de’ Studî di codesta Capitale per un fondo addetto al mantenimento della Cattedra di Filosofia Morale e Civile, e per farsi in ogni anno sei medaglie d'oro da distribuirsi a concorso per stimolo della Gioventù che si a p- plicasse al sudetto studio ed a quello del Commercio e Civile Economia. Il Re siccome ravvisò plausibile e degna di lode tale offerta fatta dal Gioeni per la generosità dimostrata nell’impegnare Je sue sostanze per il pubblico beneficio, così sapendo di trovarsi abbandonato lo studio di altre dieci cattedre, venne in assegnare sin dall’ 11 ottobre del decorso anno 1785 annui ducati mille dagli avanzi delli fondi Gesuitici di co- desto Regno per li premì a coloro che si applicheranno a studiarne le materie, e sì riserbò la M. S. di stabilire e dichiarare in appresso la maniera colla quale dovesse regolarsi l’af- fare, e quali esser dovessero le dieci cattedre, come dovessero essere li premj ed a chi, e con quali condizioni li medesimi assegnar si dovessero. Ed avendo ora S. M. rivolte di bel nuovo le sovrane sue cure a questa importante dipendenza, come ha veduto di non poter bastare li ducati mille fissati annualmente per premj ed altre indispensabili spese, si è de- gnata sulli medesimi fondi Gesuitici per ora aggiungere altri ducati cinquecento per opera sì importante, li quali debbano servire per le dieci cattedre, tra cui quella dell'Agricoltura e Veterinaria che van descritte nell’annesso foglio cifrato, colle condizioni e distinzioni che nel medesimo si spiegano, indicandovi pure in esso li premj, li regoli da osservarsi nella distribuzione, la maniera da tenersi, e tutto il dippiù che deve occorrere all’esatto adem- pimento dell’espressato fine. Dichiarando S. M. che in vista del progresso che avranno tal studj si riserba di piantare nuove cattedre utili, specialmente della nautica ed accrescere le sue Reali Munificenze. E poichè mancano le espressate cattedre di Agricoltura e Vete- rinaria che sono le principalissime, trovandosi le altre già stabilite, ma in uno stato di de- pressione, S. M. comanda che per la prima si debbano assegnare once 100 l’anno, ed once ottanta per la seconda, per avere li professori se non delli più celebri, almeno de’ buoni. — Comunica a V. E. il Supremo Consiglio d'Azienda d’ordine di S. M. questa Sua Sovrana determinazione per notizia dell’E. V. e providenze che ne risultano, nell’intelligenza che per quello riguarda il regolamento e sistema da tenersi per tali assunti ne riceverà gli ordini per via della Segreteria di Stato e Casa Reale. Napoli, ecc. Rimetto quindi a V. S. la nota suddetta e le comunico il Real Ordine per sua intel- ligenza e per lo adempimento nella parte che le tocca, avendo con altro biglietto dato l’u- guale incarico al Tribunale del Real Patrimonio, cui ho rimesso copia della riferita nota. Nostro Signore La Feliciti. «Palermo 7 aprile 1786. GroacHino DE Fous DE VIELA. Alla Diputazione dei Regj Stud). Nota di ciò che deve eseguirsi e delle regole da osservarsi per li Premj che si de- vono costituire alle Cattedre di diverse scienze che ci sono in Palermo e delle altre che vi si debbono istituire. Tali cattedre saranno le seguenti: 1.4 L'Agricoltura. — 2.* La Veterinaria. — 3.* Dritto Pubblico e delle Genti. — 4.* Ma- tematica. —5.* Fisica Sperimentale. — 6.* Storia Naturale. — 7.* Botanica. — 8.* Chimica.— 9. Architettura Civile e Idrostatica. — 10.* Disegno dell’Ignudo. 5) XVIII DOCUMENTI Le regole da osservarsi sono le seguenti: Primo. — Che per incoraggire la gioventù si stabiliscano per premj venti medaglie d’oro, dieci delle quali grandi del peso di once dodici e le rimanenti piccole del peso di once otto impresse colla Real effigie e cogli emblemi che si stimeranno corrispondenti dalla Deputazione e di proporzionarsene due per ogni cattedra da distribuirsi ne” concorsi di settembre e di ottobre quando suole chiudersi l’ anno delli studj a due giovani che si di- stngueranno sugli altri in ciascuna delle dette scienze. Seconpo. — Che l’esame ed in conseguenza la distribuzione debba regolarsi col suf- fragio segreto del maggior numero de’ cattedratici per darsi i premj ai più meritevoli, e ciò seguire pubblicamente, e riceversi dalle mani del Vicerè, o di chi presiederà in suo luogo, e portarsi tali medaglie appese al petto nel primo mese dopo l’apertura degli stud; in ciascuno anno per accendere l’emulazione. Terzo.—Che debbano mandarsi alle stampe i concorsi che lo meriteranno, e rimet- tersene gli esemplari a S. M. e alle Reali Segretarie. Quarto.—Poicchè dedotte dalle once 100 che comporrebbero le once 1500 annue le once 180 per le dette due prime Cattedre di Agricoltura e di Veterinaria e le 200 per 20 medaglie, ne rimarrebbero altre 120, di queste se ne debba far l’uso seguente!: Per coniatura e politura delle dette 20 medaglie 3 ; 5 . once 12 — Per l’annua spesa delle macchine da farsi venire dall’ Echi per lo studio della Fisica Sperimentale . ; » 20— Per annua spesa di altre macchine a fuoco per fi ea Gilli du Minerali della Sicilia È i a 20- Per pagamento annuale dell'Uomo da servire di (Rae al dei dela a 2A4— Per spese incerte annue per detti studj . È i 4 : ì ; a, 12 Per la spesa della stampa pei concorsi altre... ; SAHE n 12— Per annua spesa di libri per la detta scienza . i T ; a 20 - Che combinate alle altre' spese compongono la somma di 500. Qunrto. — Che tale annua somma debba rimaner ferma anno per anno nella Tavola di Palermo e pagarsi coll’ordine della Diputazione secondo le condizioni stabilite. Sesto. — Che debbano aprirsi i nuovi studj nel sennaro del venturo anno 1787 per aversi tempo di trovare e far venire i professori degni, e farsi l’acquisto delle macchine e dei libri necessari. Sertimo. Che l’assegnamento delle once 500 debba cominciare da quest'anno per servire alla formazione dei conj per le dette medaglie da eseguirsi o in questa Capitale o in Palermo, ove meglio sembri alla Diputazione per aversi perfetti e col minor risparmio e per le spese da anticiparsi con darsi distinto conto a S. M. per canale di questa Reale Segretaria di Azienda. E il più che rimarrà delle dette once 1500 in questo primo anno, così per li primi due lettori che non ancora esistono, che per li premj debba rimaner per J’uso di altri esiti utili e necessari per l'avviamento degli studj medesimi con proporsi però prima a S. M. dalla detta Diputazione. - Documento N. 12. Dispaccio con cui si assegnano alla Biblioteca dei Regi Studi i legati addetti alle Librerie Gesuitiche del Val di Mazzara. Con Real Dispaccio del primo del corrente per via della prima Segreteria di Stato mi si partecipano le Sovrane risoluzioni del tenor che siegue: — Eccell. Signore. Aderendo il » DOCUMENTI XIX Re alle zelanti premure dei Diputati dei Regj Studj di cotesto Regno contenute nella loro rappresentanza del 30 luglio del corrente anno, ha risoluto, che il Tribunale del Real Pa- trimonio coi ministri aggiunti faccia esaminare i conti dei legati addetti alla Libraria del Collegio Massimo esistente in cotesta Capitale dal giorno dell’Espulsione Gesuitica, e quando sì trovassero somme esatte e non erogate per la detta Libraria le facesse passare al Conto della Diputazione dei Regj Studj, acciò dalla stessa si potessero spendere in vantaggio della Libraria dei detti Studi. Ha risoluto ancora che tutti i legati addetti alle Librerie Gesuitiche del Val di Mazzara ascendenti alla somma di once settantadue e tarì ventinove annuali, moneta di cotesto Regno da oggi innanti si assegnino alla stessa Diputazione per impiegarli in beneficio e vantaggio della cennata Libraria dei Regj Studi, e che il legato delle once 19 annue addette alla Libraria della Casa Professa degli Espulsi di cotesta Capitale, si as- segnasse da oggi in avanti all’ altra pubblica Libraria fondata da cotesto Senato, sotto la Regia Protezione, nell’anno 1758, e ch'è situata negli stanzoni della stessa Casa Professa. Di Real Ordine partecipo a V. E. questa Sovrana risoluzione per lo adempimento. — Ca- serta, etc. Comunico alle VV. SS. il Real Ordine per la loro corrispondente intelligenza, mentre per lo adempimento 1’ ho partecipato già al Tribunale del Real Patrimonio. E nostro Si- gnore La Feliciti. Palermo 12 dicembre 1781. IL MarcHEsE CARACCIOLO. Alla Deputazione dei Regj Studj. Documento N. 12 bis. Dispaccio dei 31 luglio 1779 con cui si affida ai Deputati degli Studi la libera amministrazione della Stamperia. è Con Real Dispaccio de’ 17 dello spirante per la via della prima Real Segreteria di Stato mi si scrive locchè siegue : EccEeLLENTISSIMO SIGNORE, Avendo riferita al Re la rimostranza della Deputazione degli Studi di Palermo in data de’ 18 giugno, rimessa da V. E. con carta de’ 24, relativa alla Reale Stamperia, ha riso- luto, e vuole per effetto di sua Real Glemenza, e per dare un altro fondo alla riferita De- putazione da poter ritrarre profitto per le spese occorrenti al mantenimento degli Studi di Palermo e Regno, che la Stamperia resti a vantaggio di detta Deputazione, lasciandone alla medesima libera l amministrazione, e i profitti. Che il Tribunale del Real Patrimonio le dia per una sol volta ducati seicento per erogarli all’ accomodo del luogo in cui deve si- tuarsi, come pure, che le consegni tutti gli arnesi, ordegni, casse di caratteri, torchi, ban- coni, telai, ferramenti, risme cinquecento di carta di stampa, e tutt'altro, che erasi prepa- rato dall’abolita Giunta di Educazione, e che aprendosi la Stamperia, tanto il Tribunale del Real Patrimonio, quanto tutti i rami della Regia Corte siano tenuti servirsi della medesima per le stampe da farsi, pagando il solito diritto. Beninteso, che come restano a vantaggio della Deputazione i profitti, nella sua rappresentanza espressa, così deve essa supplire a tuttociò che le sarà bisognevole, sia di caratteri, resto di arnesi, per colonna, come pure Teti: de RI Re ONT e A RIST, "RA NORRENA RAR ET A] lu VEL sd XX DOCUMENTI devono andare a suo carico i soldi degl’individui che stimerà necessarî all'opera, includendo in essi anche quello del Direttore don Giuseppe de Espinosa. che da oggi avanti non si paghi più dal Tribunale ma dalla Deputazione degli Studì o sopra il suo assegnamento, o sopra 1 lueri della Stamperia, permettendo il Re, che per il primo tempo il danaro neces- sario possa pigliarsi a prestamo ad un legittimo interesse per accorrere alle prime spese, soldi, e colonna, per poi la Deputazione estinguerlo da tempo in tempo con i lueri da ri- trarre, e coll’altro fondo di sopravanzi degli Studî, che deve rimanere in ogni anno, giusta l’ultima Reale risoluzione. Partecipo tuttocciò nel Real Nome a V. E. per l’uso che convenga. Comunico io quindi a V. S. questo Real Ordine per la sua coerente intelligenza, e re- golamento nella esecuzione, e in contesto della sua rimostranza sotto li 18 del passato. — Nostro Signore La Feliciti. Palermo li 31 luglio 1779. Ir Principe DI STIGLIANO CioLonnA. Alla Deputazione dei Regi Studi. Documento N. 13. Dispaccio dei 18 ottobre 1814 con cui s' ingiunge che la prima impressione degli Ordini Reali, Dispacci ecc. si stampasse dalla Stamperia Reale. ILLUSTRISSIMO SIGNORE, È stato a questa generale Deputazione significato quanto segue: Avendo io umiliato a S. M. la rappresentanza di codesta Deputazione dei Regii Studi, e le istanze del Direttore della Reale Stamperia, perchè questa mantenuta sia nel dritto che le fu dato nella prima sua istituzione, e confermato con molti Reali Biglietti, di do- versi stampare nella medesima, e non già in alcun’altra stamperia, tutti gli ordini del Go- verno : la M. S. ha trovato non che sostenuto da’ detti Sovrani Ordini tale domanda, e specialmente da quelli emanati a 25 ottobre 1794, 4 giugno 1808, e 26 dicembre 1809, ma di essere così conveniente al buon ordine, che sieno stampate solamente nella Reale Stam- peria tutte le carte appartenenti al Governo, non solo per l’ oggetto di ritrovarle sempre pronte in una Reale Officina, na ancora per l’altro più interessante di non pubblicarsi con alterazione e cambiamenti, come spesso è accaduto. E però col parere del suo privato Con- siglio ha ordinato, che la prima impressione degli Ordini Reali, Dispacci, Bandi, Gircolari, Atti Parlamentarî ed altri attinenti al Governo, alla Giustizia ed all’Erario per qualunque ramo di amministrazione, debba farsi unicamente nella Reale Stamperia, e che tali carte non si possano ristampare in qualunque altra Stamperia senza il Reale permesso, da im- plorarsi per quella stessa Real Segreteria di Stato, per la quale si fosse ordinata la stampa, come venne prescritto ne’ citati due Biglietti de’ 4 giugno 1508 e 26 dicembre 1809. Vuole inoltre S. M. che ciò si faccia noto ai capi de’ Magistrati per la loro intelligenza ed adem- pimento. i 3 Partecipo io quindi tutto ciò di Sovrano comando a cotesta Deputazione per sua in- telligenza e regolamento. Palazzo 18 ottobre 1814. IL MarcHESE FERRERI. Alla Deputazione dei Regii Studi. DI PPELIR, 9 MINORI ME E VINI ‘ DOCUMENTI XXI Documento N. 14. Dispaccio con cui si concede la privitiva di stampare e vendere i libri d' istruzione per le scuole normali e lancastriane. Con rapporto de’ 29 maggio ultimo ha Ella dimostrato, che per lo buono ammaestra- mento della gioventù nelle Scuole Normali e Lancastriane fa cosa indispensabile di sorve- gliare alla scelta de’ libri migliori, e delle edizioni le più corrette; per cui ha chiesto di dare privativamente alle stampe tutti quei libri, de’ quali dovrà farsi uso nelle Scuole di questi Reali Domini. E S. A. R. il Luogotenente Generale, a cui ho fatto ciò presente, si è conformata al di lei parere; onde accorda a cotesta Commissione la implorata privativa di stampare e di vendere tutti i libri d'istruzione per le Scuole Normali e di Lancaster in questa parte dei Reali Dominii: sorvegliando la Commessione per la scelta de’ migliori libri e più corretti, dei quali dovrà farsi uso nelle suddette Scuole, coll’obbligo però di venir provveduti di tali libri gratuitamente dalla Commissione li discenti, che per la loro notoria povertà sono im- possibilitati ad essere provvisti da’ loro parenti. Ed io d’ ordine dell’ A. S. R. le partecipo ciò per l’uso ed esecuzione che ne risulta. Palermo li 10 giugno 1820. IL MareHese FERRERI. Al Signor Presidente della Pubblica Is'ruzione ed Edquezione. Documento N. 15. Donazione di Monsignor Giuseppe Gioeni. La donazione incomincia con la inserzione del Piano della fondazione in dieci articoli che fu rasse- gnato al Re e da questo approvato. — Continua ]° atto con una serie di considerazioni per le quali Mons. Gioeni veniva eccitato a far quella fondazione.—-Segue indi nel tenore che segue : * Per lo che lo cennato Monsignor Gioeni sempre più persuaso dall’esperienza e dalla osservazione da lui fatte in diversi stati di Europa della necessità della pubblica educa- zione nei doveri del buon cittadino cristiano, avendo addotte le riferite incontrastabili mas- sime, il medesimo per amor dell'Umanità, e della Patria nel volere animare la Sicilia tutta dell'acquisto di tale principalissima ed utilissima scienza quale, come di sopra è detto, in- segnata generalmente in qualunque piccola società del Regno con metodo doveroso pro- duce la felicità dell’uomo e degli Stati, à risoluto di fondare e stabilire a sue spese (previo il Real assenso) nell'Università de’ Studj di Palermo una nuova espressa Cattedra da ser- vire d'esempio per il Regno, come ivi mancante, di filosofia morale e civile, ed inoltre fon- dare nell'Università medesima due classi di premj annuali in medaglie d’oro per maggior- mente stimolare la studiosa gioventù tanto nella cattedra suddetta quanto nell’altra di eco- nomia civile già ivi eretta per sovrana provvida munificenza. “Quali due cattedre riconosce egli essere a preferenza di qualsiasi altre le più utili e 6 ea à % “® ag A A FOTO Lai. Hd, "a ai pid ua SARAI IRE È al ei Ù Da ao da E A NS E ba PISLI Ate ta ci PRA RETI + E Apr 5g Ù i she XXI DOCUMENTI necessarie in Sicilia tanto per aver morigerati sudditi, e popoli industriosi quanto per ani- mare entrambi a procacciarsi con le loro assidue applicazioni con buona fede ed onestà, (ad uso dei paesi oltramontani) li regi impieghi, gli onori, ed il general commercio quale produce li maggiori commodi e ricchezze della vita civile, e del regno, oltre del particolare privato piacere del sapere. “ E perchè la verità della presente fondazione perpetuamente apparisca con pubblico istru- mento, quindi è che alla presenza di me Notaro e testimoni infrascritti presentemente esistente al sopradetto oggetto Monsignore D. Giuseppe Valdina Gioeni dei Duchi d’Angiò figlio (row vi) ma sponte e perchè così gli pare e piace, dispone della sua roba, dona per atto irre- vocabile di donazione inter Vivos ed in ogni altro modo cede, e perpetuamente trasferisce alla Ecc.ma Deputazione dei studi di Palermo lo infrascritto capitale, ed insieme ad tem- pus gli infradicendi fondi vitalizj a lui appartenenti a tenore deî suoi contratti e scritture cioè: onze quattromila circa, che trovansi in Palermo da detto Mons. Gioeni depositate in mano dell’ Il.mo Sig. D. Bartolomeo Vassallo e tutt'oggi esistenti a libera disposizione di detto Monsignor Gioeni, ad effetto d’impiegarle con i loro frutti decorsi e da decorrere in cambj correnti tuti, e sicuri a favore della suddetta cattedra, e della fondazione degli annuali premj. Inoltre onze seicento sessantasette circa annuali degli annui frutti vitalizj a lui spet- tanti in virtù dei suoi contratti e scritture da cominciare la riscossione delle medesime dal primo settembre 1781, indizione decima quinta, cioè onze quattrocento trenta dell’ affitto della di lui Badia di S. Michele, alias di S. Maria di Collesano; onze centocinquantaquattro sopra gli stati di Belmonte; onze sessanta sopra gli stati di Giarratana, ed onze ventitre sopra rendite diverse, e le suddette onze seicento sessantasette annuali con tutti li loro frutti maturati e non esatti, e da decorrere in appresso, al quale effetto il riferito Mons. Gioeni liberamente trasferisce dette somme e loro frutti annuali all’Università suddetta con la clau- sola del costituto, ed effetto del precario informe ponendola, costituendola non solo in questo ma in ogni altro miglior modo. x “ E questa donazione fra vivi il detto Monsignor Gioeni l’ha fatta e fa, dice, e dichiara di farla a favore della suddetta Università e sua Deputazione pro'empore per fondo, e ca- pitale di una cattedra di filosofia morale e civile da erigersi in detta Università sotto il titolo e denominazione di Cattedra Angiojna, e rispettivamente per fondo e capitale di due classi di premj in medaglie d’oro da chiamarsi egualmente Premj Angiojni, e da distribuirsi ogni anno alli scolari delle due cattedre di filosofia morale e civile, e di economia civile nel modo e forma che si dirà in appresso e coll’infrascritte leggi e condizioni, cioè: “1. Che la detta Deputazione di tutto il sopraddetto capitale, effetti e rendite come sopra donate, e cedute, e di sua erogazione debba sempre farne tenere nella di lei com- putisteria un conto separato e fintantochè sarà compito un moltiplico che in appresso di- rassi dovrà permettersi dalla medesima Deputazione che vi sia l’ intelligenza, nella di lei computisteria rapporto al medesimo moltiplico, del computista di detto Monsignor Gioeni da lui annualmente pagato, con che l’ esattore della Deputazione medesima dovrà esigere per di lei conto e rischio, tutte Je sopraddette partite donate, e cedute con loro frutti de- corsi, e da correre, depositandoli subito di mano in mano, che le esigerà in Tavola a cre- dito della Deputazione, ed a libera disposizione di S. E. Il.ma Signor Principe di Torre- muzza come uno dei Deputati della suddetta Università, il quale è pregato d’invigilare, e pa- trocinare (come per di lui lettera ne ha accettato l’ incarico) c. alla puntualità dell’ esa- zione e dei depositi da farsi da detto esattore che all’impiego costante e fruttifero, con delle sicurtà ben viste a tutta la Reale Deputazione deglì Studj, di tutto il capitale che verrà di XXIII mano in mano depositato dal cennato esattore, e per formarsene un multiplico dal mede- | simo signor Principe unitamente a’ suoi frutti annuali del sopradetto donato e ceduto sino alla somma di scudi siciliani quindicimila a fine che terminato un tal multiplico la Depu- tazione debba far subito lo acquisto di un fondo perpetuo e sicuro del fruttato di scudi | siciliani seicento annuali a tenore delli presenti impieghi perpetui, e sicuri di Sicilia alla ragione del quattro per cento, riserbandosi il detto Monsignor Gioeni di proporre alla me- desima Deputazione a suo tempo, il mezzo più sicuro e facile per acquistare un tal fondo con utile della Deputazione medesima. “2. Che completo il suddetto moltiplico di scudi quindicimila in potere di detta De- . putazione debba terminare la cessione de’ frutti annuali vitalizj sopra i fondi ceduti , e di sopra descritti, e la Real Deputazione degli studj debba subito farne la formale retrocessione a favore del suddetto Monsignor Gioeni e suoì eredi, intendendosi per allora ritornati detti fondi vitalizj nella proprietà e dominio del medesimo Monsignor Gioeni con la loro conse- cutiva esazione, e non volendosi o non potendosi fare da detta Deputazione una tale re- trocessione, il presente contratto senza verun atto giudiziario si abbia in questa parte per nullo irrito, ed invalido, e come se mai fosse stato, perchè così e non altrimenti. “3. Che il lettore della detta cattedra debba essere forestiero, e la scelta del mede- simo s’intenda riserbata al prelodato Monsignor Gioeni con di lui pubblico atto d’elezione ‘ sua vita naturale durante, e dopo la di lui morte vuole, che debbasi sempre scegliere dalla Real Deputazione un soggetto forestiero ma che sia benemerito della letteraria republica per mezzo di opere da lui pubblicate circa alla filosofia morale e civile, giacchè lo stabilito assegnamento resta ben congruo e proporzionato per un forestiero di vaglia, ovvero, che la detta Reale Deputazione pella vacanza del lettore possa a di lei arbitrio inttmare il con- corso per tutta l’Italia con un programma simile a quello fatto dal Donatore nella fonda- zione della presente cattedra, dandosi ancora la libertà alli soli Siciliani secolari, quali a- vranno preventivamente ottenuto i premj in tale facoltà nella medesima Università di Pa- lermo, di potervi concorrere in occasione di tale programma, essendo molto utile alla so- cietà, che tale primaria scienza, ed altre di vero vantaggio del Regno diffondansi nel se- colare ceto. Ed un tal concorso dovrà commettersi dalla Reale Deputazione o alla Sa- pienza di Roma qual paese indifferente o ad altra Università d’Italia per l'esame de’ mano- scritti spiegati giusta il detto programma e per la scelta del candidato perchè così e non altrimenti. “4. Che il detto lettore come sopra detto dovesse spiegare, senza perdita di tempo del dettare, quel trattato approvato e fatto stampare dalla Deputazione medesima; e nella prima ora delle lezioni dovrà far ripetere interpellatamente dalli scolari lo spirito, ed ap- plicazione delle massime della precedente lezione spiegatagli, e che dovesse sempre ese- ‘guire tutto l'orario stabilito dall’ Università medesima; qualora poi voglia rinunziare la sud- detta cattedra dopo il primo corso o nei corsi successivi, debba fare capitare in mano del prelodato Monsignor Gioeni la sua rinuncia in forma autentica un anno prima che termini il rispettivo corso e non altrimenti. “5. Che il suddetto lettore non possa senza un rilevante elemento o motivo provato per atti pubblici esser licenziato da detto Monsignore, nè da detta Deputazione se ne possa richiedere il cambiamento presso del detto Monsignor Gioeni, ed in caso di tal dimissione debba la Deputazione medesima far pagare in mani del lettore dimesso la somma di onze 100 di gratificazione che dovrà servirgli per il viaggio. “6. Che in ogni anno debbansi fare li pubblici concorsi e vi sì debbano distribuire alli più bravi studenti tanto della suddetta cattedra quanto dell’altra dell’economia civile sei me- XXXIV DOCUMENTI daglie d'oro perfetto equivalente al valore monetario del Regno, cioè tre per ciascuna cat- tedra; e tali medaglie si debbano coniare costantemente in Sicilia con i cunj già mandati, e donati dal predetto Monsignor Gioeni alla suddetta Deputazione, impiegandovi a tal effetto l’annua somma di duecento scudi Siciliani con legge, e patto espresso però che tali sei premj debbano distribuirsi a sei giovani che daranno maggior saggio di profitto nelli an- nuali concorsi delle due rispettive cattedre, ed una tal distribuzione debba esser fatta dalle mani del Duca di Angiò protempore (qualora per quello stabilito giorno intimatogli a nome della Deputazione egli troverassi presente) a quei candidati che saranno stati prescelti dal- l’ intiera Deputazione suddetta senza aversi alcun riguardo alla personalità, ed alli ceti di- versi degli scolari, ma unicamente al loro solo merito, perchè così e non altrimenti. “7. Che essendo di pregiudizio al pubblico ogni indugio che differisca i frutti di una così pia istituzione, fintanto che non restasse formato il sopradetto moltiplico, si vuole dal detto Monsignor Gioeni che subito arrivato in Palermo il lettore di tale sua cattedra si apra la medesima al principio dell’anno scolastico dell’Università, e che dai frutti del sud- detto capitale, e delle annuali rendite come sopra cedute, durante il termine del moltiplico debbansi dal giorno, che si aprirà la riferita cattedra togliere di mese in mese il tangente relativo alla somma di scudi quattrocento, come sopra assegnati, di stipendio al lettore fo- restiero, ed alla fine di ogni anno delle lezioni dell’Università la somma di scudi duecento per le riferite medaglie, al quale effetto il predetto Monsignor Gioeni da’ tutte e singole fa- coltà necessarie ed opportune al riferito signor Principe di Torremnuzza amministratore del detto moltiplico finchè durerà la cessione di detto capitale e frutti corrispondenti da depo- sitarsi nei debiti tempi in tavola come pubblico banco a nome della Deputazione per for- marne il capitale perchè così e non altrimenti. “ 8. Che tutti i pesi soliti pagarsi dal prelodato Monsignor Gioeni per la predetta Badia di Collesano, le spese occorrendo di coerzioni di debitori e qualunque altra spesa necessaria per l'acquisto del fondo sopracennato siano a carico della stessa Deputazione, pre- levandosi dai frutti del moltiplico fintanto che il medesimo non resterà compito nella somma riferita di scudi quindicimila con che debba valersi la Deputazione medesima dei propri legali per il più sollecito e sicuro disbrigo senza potersi valere del detto moltiplico per le paghe dei medesimi perchè così e non altrimenti. “9. Che oltrepassando il fondo da acquistarsi da detta Deputazione al sopradetto oggetto l’annuo frutto di scudi seicento siciliani, il di più debba rimanere a vantaggio ed utile dell’Università ed al contrario minorando per qualunque accidente il fruttato annuale in qualunque tempo, detta Università, e per essa l’Ill.ma Deputazione debba supplire colli proprj fondi all’ identifica e puntuale annuale provisione di sopra stabilita per il Lettore della cattedra, ed insieme all’annuale distribuzione dell’infrascritti sei premj in medaglie d’oro al sopra detto valore, ben potendone poi la Real Deputazione del sopravanzo di un tal fondo aumentarne li troppo necessarj e stimolanti premj per la siciliana gioventù pelle altre più interessanti cattedre (quali non sieno di quelle pertinenti alli Seminarj Episcopali) per l'u- tile stimolo dei secolari del Regno, tutto perchè così e non altrimenti. “ 10. Che la suddetta Real Deputazione degli Studj debba per pubblico istromento accettare le riferite due fondazioni, cioè della cattedra e de’ premj col capitale suddetto e debba obbligarsi con tutte le formole legali in perpetuo all’esatta esecuzione di quanto si è sopra disposto, ed a soddisfare tutti li suddetti pesi e vincoli, proibendosi espressamente alla medesima Deputazione di variare in qualunque benchè minima parte, e per qualsivoglia motivo, e ragione neppure col Regio assenso la presente disposizione. Perlocchè nel caso DOCUMENTI XXV di qualunque variazione, o di inadempimento dei patti e condizioni di sopra descritte o nel caso ancora che si procurasse dalla detta Deputazione il Regio assenso per qualunque mu- tazione di quanto è stato glisposto di sopra, l’antedetto Monsignor Gioeni vuole e dispone che ipso fatto l'Università decada dalla presente donazione, la quale in tal caso revoca ed annulla come se fatta mai non fosse, e che subito subentri al possesso dei beni come sopra donati il Reclusorio de’ Poveri di Palermo per aumentare le pie opere dal predetto Mon- signor Gioeni a questo destinate, e prescritte mediante d’ altra anteriore di lui donazione fatta al imedesimo Reclusorio, perchè se mai lo stesso Monsignor Gioeni avesse dubitato, che la Deputazione degli studj fosse per variare anche in minima parte la presente dispo- sizione non sarebbe certamente venuto a fare questa donazione che espressamente ed uni- camente tende alla riforma del genio del pensare, e de’ costumi della Sicilia dalla quale egli erede solo dipendere li futuri vantaggi della propria Patria perchè così e non altrimenti. < Con il presente chirografo di mandato di procura da valere per noi sottoscritti eleg- giamo e deputiamo nostro legittimo procuratore l’ Ill.mo signor D. Bartolomeo Vassallo a potere per noi ed in nostro nome stipulare il suddetto istrumento di donazione, cessione ed assegno da rogarsi per gli atti di qualunque pubblico Notaro in Palermo e con tutte le con- dizioni, patti, obblighi, riserve ed altro come espressi e con tutte quelle clausole, leggi, ri- nuncie e cautele, e che si richiedono secondo le leggi statuiti e regole della Città di Pa- lermo e colla condizione di riportarne contestualmente dalla Real Deputazione degli studj l'accettazione ed obbligo a tenore del sopra descritto capitolo decimo, ed anche di doverne trasmettere a noi costituente copia di tal accettazione ed obbligo, dandogli per ciò tutte le singole facoltà anche d’insinuare la detta donazione qualora fosse necessario, ed altre qual- sivogliano facoltà necessarie ed opportune anche colla clausola alter ego, ed in detto in- . strumento obligare noi sottoscritti e nostri Eredi e beni nella più ampla forma secondo dette leggi, statuti e stile della detta Gittà. E generalmente fare tutto ciò e quanto per l’ effetto suddetto far potessimo noi stessi se fossimo presente e promettendo e riservando non so- lamente ete. Im fede Roma g. de’ 20 dicembre 1782. “lo Monsignor D. Giuseppe Valdina Gioeni de’ Duchi d'Angiò costittuiseo come sopra. “In nomine dei Amen ,. (Segue la donazione fatta alla Deputazione degli Studi, nella quale trovansi ripetuti i dieci articoli sopra descritti). Documento N. 16. Dispaccio con cui sono approvate le modificazioni che Monsignor Gioeni apporiò alla sua fondazione. Con dispaccio per la via di Stato degli 11 caduto mi si scrive così: EccELLENTISSIMO SIGNORE, In vista di quanto riferisce la' Deputazione dei Regi Studìi con rappresentanza rimessa da V. E. a 31 del passato agosto, circa le condizioni, che intende mutare Monsignor Don Giuseppe Gioeni alla donazione, che fece a cotesta Accademia dell’ importante somma di onze 6000, per l'erezione di una Gattedra di Etica, e per lo premio da darsi ai scolari tanto della medesima, quanto della Economia e Commercio, ha il Re risoluto, che si dia al me- desimo il chiesto permesso di poter ridurre l’annua somma di onze 160, che allora destinò per detta Cattedra ad annue onze 120; e di poter stabilire, che il dippiù si eroghi in altro uso; che si conferisca a Nazionali, previo rigoroso concorso; e che la cennata somma di 7 DOCUMENTI alla Deputazione, e a chi altro convenga. — Napoli, ecc. Ed io ne prevengo V. S. per sua intelligenza, e per lo adempimento, ed occor ‘ altri ordini da darsi, lo dica. — Nostro Signore La Feliciti. Palermo 3 ottobre 1786. ; Firmato: IL PrINcIPE DI CARAMANI AUa Deputaz. dei R. Studj, e del Conv. R. Ferdinando. Documento N. 17. Dispaccio con cui il Re approva che in vece della cattedra di diritto naturale se ne istituisca altra che sia utile e necessaria. x i Per via della prima Real Segreteria di Stato, con dispaccio dei 18 «del cadente mese mi si scrive così: | EccELLENTISSIMO SIGNORE, In vista di quanto si è proposto da cotesta Darstaiyna degli. Studii con a rappre tanza rimessa da V. E. a 16 del passato, avendo il Re approvato che i in luogo della. tedra di dritto naturale restata vacante se ne formi altra che manca e si conosce necessaria, bastando la lezione che si stà dando di etica civile, mentre tanto nell’una he nell’altra si tratta degli stessi precetti, di Reale Ordine lo partecipo a V. E. acciò ne, passi, Rot la notizia alla detta Deputazione degli Studi per sua intelligenza, e Governo. i Comunico quindi a V. S. questo Reale Ordine per sua intelligenza e governo, Luce dica prontamente come e con questo soldo possa stabilirsi una cattedra di dritto feudale i siculo, la quale sarebbe utile e necessaria. — Nostro Signore La Feliciti. | Palermo, 4 del 1787. IL PRINCIPE DI Caramanico. N. 18. Lapide commemorativa della fondazione di Mons. GIUSEPPE GIOEN MEMORIAE ET HONORI I0S: JOENÌI EX DINASTIS ANDEGAVENSIBUS QUI ; MORALEM PHILOSOPHIAM IN HOC ATHENEUM INVECTAM LARGITER FUNDAVIT DE SUO TUM QUO ANIMI JUVENUM AD HAEU STUDIA DUCENDI ANNUUM CERTAMEN INSTITUIT PROPOSITUM TERNIS VICTORIBUS PRAEMIUM AD ID SIGNATUM NUMISMA DOCUMENTI AURIPONDO PRO MERITO PAR AD AECONOMIAM CIVILEM INCITAMENTUM IMPENDIO PARI HANC VOLUNTATEM “a Joseph FONTANA TABULARIO AD NONAM KAL. MAJAS AN. MDCCLXXXIHI IN ACTA RELATAM AGESILAUS FRATRIS FILIUS NATU MAJOR EI ABROGATUM DEROGATUMVE NE SIET POSTEROS QUIBUS EX USU ESSE POSSET MORENDOS IMPETRAVIT Bono PUBLICO ANNO MDDDXXVII. Documento N. 19. Istituzione della Cattedra di diritto pubblico siciliano . e nomina di Rosario Di Gregorio. Per la via di Stato con dispaccio dei 29 caduto, mi si serive così: EcceLLENTISSIMO SIGNORE, Con sua dei 13 dello spirante V. E. propose di erigersi una cattedra di Diritto pub- blico, in codesta R. Accademia di Palermo con annue once sessanta di soldo da pagarsi dalle annue once trecento, che s'erano assegnate per la cattedra del testo di Newton va- cata per la morte dell’ Abate Barone, e propose per detta nuova cattedra il Can. D. Ro- sario Di Gregorio coll’obbligo, qualora fosse stato eletto, di tompilar prima le Istituzioni da doversi insegnare, e di presentarle al Governo per poterle far esaminare; ed avendo fatto il tutto presente alla M. S., la medesima si è uniformata a quanto ha Ella come sopra pro- | posto.—Di Real Ordine ne la prevengo per sua intelligenza, e governo. — Napoli, ece. Ed io lo partecipo a V. S. per sua intelligenza, e adempimento della parte, che le toeca. — Nostro Signore La Feliciti. } Palermo 7 Settembre 1789. Firmato: IL PrInciPE CARAMANICO. Alla Deputaz. dei R. Studj, e del Conv. R. Ferdinando. È DI Per copia conforme all'originale Il Direttore di Segreteria F. P. ERRANTE. Documento N. 20. Ristaurazione della Cattedra di Diritto pubblico Siciliano e nomina di Michele Amari. Lettera del Presidente del 4° Comitato (Amministrazione Civile, Istruzione Pubblica e _ Commercio) al Signor Michele Amari (1): SIGNORE, ‘ Ho il piacere di manifestarle che questo Comitato dell’ Interno cui presiedo, sin dai (1) Questa lettera senza data è pubblicata nella Indipendenza e Lega n. 9, 15 marzo 1848. riti letterari, riconosciuti dal pubblico, e contestati da vari giornali per le aa sue ei produzioni intellettuali, e precipuamente per quella del Vespro, nè obbliar potè acacia sofferse per quest'opera insigne, nè gli altri suoi pregi di onoratezza, dsl erase e ze BUbRcO I "ene, ‘essere un al merito del professore. ‘ VI) Hi ) Firmato: PrINnciPE ScoRrDi PKR DLEGE LE ORIGINI. I PROGRESSI. Boa dei aura incosina GIA di PASIOMET. prime leggi dell’Accademia — Governo di essa È . La Biblioteca dei Regi Studi — Il Museo — La PA È . Le fondazioni di Mons. Giuseppe Gioeni . o ci e . . La cattedra di diritto canonico — Rosario Gregorio e la ici di diritto pub- blico siciliano . : c ; n E . . È È : : . APPENDICE Documento N. 1. — Istituzione del Convitto Real Ferdinando e nomina dei Deputati. Documento N. 2. — Petizione del Senato di Palermo con la quale si chiede la ere- zione di una compiuta Università di studi . 0 2 5 Document» N. 3. — Grazia domandata concordemente da’ due Bracci E Heelennzbcole e Demaniale. . . . a - Documento N. 4. — Giusti a deputati per un fa ennio del Eroe di Tor- remuzza, di Mons. Ventimiglia, di Mons. Airoldi e del Duca di Misilmeri N. 5. — Elenco dei Deputati dei Regi Studi e del Convitto R. Ferdinando. Documento N. 6. — Petizione del Senato di Palermo con cui si chiede il privilegio di potersi dalla R. Accademia degli studi conferire la laurea in filosofia e teologia. Documento N. 7. — Dispaccio con cui sì accorda alla R. Accademia degli studi il privilegio di conferire i gradi dottorali in filosofia e teologia . . s " Documento N. 8. — Istruzioni del 10 maggio 1881 per il conseguimento delle lauree. Documento n. 9. — Dispaccio con cui si accorda che i Palermitani possano fare il corso di leggi e di medicina nella Reale Accademia . Documento N. 10. — Dispaccio con cui è istituita la cattedra di Pandette e Codice Giustinianeo . è G ù . Documento N. 11. — Nota del Consiglio delle Fine con cui si comunica l° in sovrano di fondarsi venti premi e di istituirsi le cattedre di veterinaria e di agricoltura - c 0 . n Ù Nota di ciò che To eseguirsi e delle 506 il osservarsi per li premi che si devono costituire alle Cattedre di diverse scienze che vi sono in Palermo e delle altre che vi si debbono istituire È . . Documento N. 12. — Dispaccio con cui sì assegnano 2a Biblioteca dei Regi Studi i legati addetti alle Librerie Gesuitiche del Val di Mazzara . e Documonto N. 12 dis. — Dispaccio dei 31 luglio 1779 con cui si affida ai si Deputati degli Studi la libera amministrazione della Stamperia. È " Documento N. 13. — Dispaccio dei 18 ottobre 1814 con cui s° iorinice dic na prima impressione degli Ordini Reali, Dispaccì ece. sì stampasse dalla Stamperia Reale. H Pag. 3 18 30 38 » 53 » IV » VI » x » XI » XII » XII » XII » XIV PIENI DASXVI LE RAI » XVII » XVIII dd € NICE INDICE Documento N. 14. — Dispaccio con cui si concede la privativa di stampare e vendere i libri d'istruzione per le scuole normali e lancastriane . ò o 0 o Documento N. 15. — Donazione di Monsignor. Giuseppe Gioeni . 0 È ò Documento N. 16. — Dispaccio con cui sono approvate le modificazioni che Monsignor Gioeni apportò alla sua fondazione o o È ò . o A 5 Documento N. 17. — Dispaccio con cui il Re approva che in vece della anita di diritto naturale se ne istituisca altra che sia utile e necessaria. 0 ò N. 18. — Lapide commemorativa della fondazione di M. Giuseppe Gioeni. Documento N. 19. — Istituzione della Cattedra di diritto pubblico siciliano e nomina di Rosario Di Gregorio . . o . 5 ò 0 ò ò 6 o Documento N. 20. — Ristaurazione della Cattedra di diritto pubblico siciliano e no- mina di Michele Amari . È 6 A o 5 . o » XXVII L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO NEL'SECOLO- PASSATO NOTTZEEXE SD G/GUAXEENEOI LEMRRRUORIA FATTA NELLA TORNATA ACCADEMICA DEL 19 LUGLIO 1885 DAL prof. VINCENZO DI GIOVANNI do —___& Il secolo XVIII fu per Palermo, direi, il secolo delle Accademie, e con ragione ebbe a dire lo Scinà che « supplivano in parte alla man- canza delle pubbliche librerie, le adunanze letterarie, che numerose erano allora in Sicilia, e molto conferirono tra noi alla riforma del gusto ed al progresso delle lettere (1)». E però non mancano notizie e documenti di molte di siffatte adunanze, le quali furono celebrate presso noi da di- versi scrittori, e in Italia e fuori da giornali letterarii , e da libri che trattavano di storia letteraria italiana, come dal Giornale dei Letterati d’Italia (t. XXXVII), da Giacinto Gimma nella sua Idea della steria dell’Italia letteraria (t. II, Napoli 1723), e dal Fabricio nel Conspectus Thesauri Litterarii Italiae (p. 250, Hamburgi, 1749). Fra’ nostri, il barone Vincenzo Parisi pubblicava nel 1719 una Ricerca sulle Acca- demie di Palermo; il Mongitore ne faceva una breve storia nel discorso premesso nel 1734 alle Rime degli Ereini; Domenico Schiavo pre- metteva al vol. 1° de’ Saggi di Dissertazioni dell’Accademia Paler- mitana del Buon Gusto pubblicati in Palermo nel 1755, un lungo ed erudito Saggio sopra la storia letteraria e le antiche Accademie della (1) V. Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo XVIII, t, 1, p. 34. Pa- lermo, 1824. 2 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Città di Palermo, e così il Cav. Gaspare Palermo accompagnava e- ziandio il vol. II, delle Dissertazioni dell’Accademia del Buon Gusto, che si stampava nel 1800, di un suo Discorso sulla utilità delle pubbliche Accademie per i progressi delle scienze e delle lettere, nel quale dava pur luogo alla storia delle nostre Accademie. Più copioso di tutti fu il Villabianca, che volle lasciare fra” suoi volumi mss. di copiosa e svariata materia storica, anche un lavoro sulle Accademie Palermitane, conte- nuto nel volume ms. segnato Qq, E, 101 della Biblioteca Comunale, a cominciare dall’ Accademia dei Solitari del 1549, all’ ultima del secolo passato, che fu degli Agricoltori, fondata nel 1776 e riformata nel 1794. Inomi pertanto delle Accademie, delle quali il Villabianca dà le notizie storiche e gli stemmi o le imprese, da me raccolti dal manoscritto citato, sono i seguenti, cioè: de’ Solitarii (1549), de” Cavalieri d’arme (4567), degli Accesi (1568), de’ Risoluti (1570), degli Sregolati (1588), degli Opportuni (1600), degli Stravaganti ed Alati (d’ incerto anno, ma ne parla il Gimma e il Fabricio), del Principe di Butera (d’incerto anno, ma si sa che fu preseduta da Filippo Paruta), degli Agghiacciati (4615), dei Bell’ ingegni (1616), della Notomia (v. il 1623), degli Addolorati amanti (1617), dei Riaccesi (1622), degli Anîmosi (1641-47, quando si unirono ai Riaccesi), del Medici o Jatrofisici (1645), degli Offuscati (1667), delli Squinternati (1667, così detti dalloro emblema), del Buon Gusto (1718), dei Geniali (1719, fondata dal Mongitore), della Colonia Oretea di Ar- cadia (1721), dei Rassodati (1728), dell’Accademia di Legge (4722), degli Argonauti (4731), degli Ereiîni (4730-1776), di Storia Ecclesiastica (1735), dei Pescatori Oretei (1745), dell Arti e Scienze (4752), degli Agricol- tori Oretei (1753), della Galante Conversazione (1760), dei Teologi Morali (1765), degli Scientifici Agricoltori (1776-1794). Lo Scinà aggiunge le due Accademie di storia patria, la prima fon- data nel 1747 nella privata cella di Antonio Requesenz, cassinese, priore di S. Carlo, dove si univano molti dottissimi uomini; é cita i nomi del Torremuzza, dei fratelli Domenico e Michele Schiavo , di Salvatore Di Blasi, di Francesco Serio, di Saverio Romano, di Francesco Pasquali- no, dei fratelli Casimiro e Gioachino Drago, di Gaetano Barbaraci, di Giuseppe Antonio Espinosa ed altri; la seconda nel 1777 fondata nella Biblioteca Comunale, e veramente la prima Società di Storia patria Si- ciliana, di cui in altra occasione io diedi la storia (2), e della quale notò (1) V. Archivio Storicd Siciliano, n. Ser., an. VIII. Pal. 1884. NEI. SECOLO PASSATO 3 appunto lo Scinà « che può vantare fra’ suoi fasti, che dirizzò i primi « passi della gloriosa carriera, che indi percorse nelle lettere Rosario Gregorio » (p.48). Così della Accademia di Arte e Scienze o delle Seien- se e delle arti, fondata nel 1752 in casa di Giacinto Papè, duca di Prato Ameno, ii Villabianca ci lasciò scritto che questa Accademia si occupava seriamente di Matematica, di disciplina Ecclesiastica, di Antiquaria, di Filosofia sperimentale, di Oratoria © di Poetica; ma lo Scinà ci dice più chiaramente di essa che « sei erano le classi, ses- santa i suoi membri, dieci per ciascuna classe, ed abbracciava quasi tutte Je scienze. La prima classe era intenta alla storia antica ed agli antichi monumenti; la seconda illustrava la storia e liturgia della Chiesa di Sicilia; s'occupava la terza de! diritto pubblico e delle leggi civili ; studiosa era la quarta delle matematiche; rivolta la quinta alla storia naturale; e comprendea l’ultima la poesia e ia eloquenza (p. 40) ». Della Galante Conversazione notò poi il Villabianca che essa fu celebrata dal Meli nella Fata Galante stampata la prima volta nel 1769; e lo Scinà dice « sì ricorda da noi con piacere quell’Accademia perchè quì ricevette i primi onori e tolse le prime corone la musa, allora timida e sempre legiadrissima, di Giovanni Meii (p. 42) ». Le quali notizie confermava col giudizio sopra quei tempi il Principe di Granatelli, ne! discorso, che pigliando 1’ ufficio di Presidente della nostra Accademia, recitava nel novembre 1843. Dopo il 1794 pare non essere sorte novelle Accademie; ma non è da lasciare una nota dal Villabianca apposta alla notizie dei Pescatori Oretei, cioè: «coll’occasione d’essersi introdotta nel 1791, e poi formata ‘ nel 1794 dalli primarii letterati Palermitani, tra’ quali si fè Mecenate il Dottor Francesco Paolo Di Blasi palermitano Patrizio ed ex Giudice pretoriano, un’accademia letteraria, e sopratutto Poetica di lingua sici- liana, si può dire con ciò d’essere tra noi rinnovellata e veramente ri- sorta la fu Accademia dei Pescatori Oretei del 1745 ». Dalla quale av- vertenza sappiamo che l’ultima Accademia del secolo passato fu di esercizi di lingua siciliana, dei quali già si era occupata nel 1745 quella de’ Pescatori Oretet. Se nonchè, di tante Accademie che vide sorgere il secolo passato, lo dirò con parole dello Scinà, «la più famosa e tra tutte la più durevole è stata l'Accademia del Buon Gusto, che fondata nel 1718 da Pietro Fi- lingeri, principe di Santa Flavia, ristette in sua casa anche dopo la sua morte sotto gli auspicii del figlio Cristofaro Filingeri sino al 1790, e di là trasportata nel palazzo del Senato continua ancora ad adunarsi tra noi (p. 35)». 4 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO E anch’ oggi possiamo dire che continua ancora ad adunarsi tra noi, dopo 167 anni dalla sua fondazione, non essendo questa R. Acca- demia di scienze, lettere ed arti, che l'Accademia stessa così detta del Buon Gusto nelle scienze, nelle belle lettere e nelle lingue, secondo il titolo dei suoi primi Statuti originali, indi abbreviato nel 1735 e 1800 in Accademia Palermitana del Buon Gusto, e finalmente nei nuovi Statuti del 1832 in Accademia Palermitana di Scienze e lettere. Che anzi più antica di 167 anni può ben dirsi la nostra Accademia, se nello inaugurarsi nel 1718 la prima e solenne seduta Accademica, si rivol- geva un poeta, come a padri ai Aiaccesi, i quali già tacevano sin dal 1680, e dal cui seno per scissura erano usciti gli Animosi di Oreto, la cui impresa dello sciame di api volanti, sopra un campo di fiori, troviamo nel 1718 divenire impresa dell’Accademia del Buon Gusto. Nè i Riaccesi, secondochè dal nome stesso è indicato; furono altro che i continuatori degli Accesi; notando chiaramente il Mongitore, che « nel 1622 rinacque l’Accademia Palermitana degli Accesi, che pigliò nome di Riaccesi (p. IV, Disc. cit.). E aggiungo che nel 1665 1’ Accademia dei Riaccesi, o Raccesi, faceva domanda al Vicerè, « perchè dispensasse che 1’ Illustriss. Senato potesse concedere un luogo proprio, dove fare le sue adunanze »;"e diceva l'Accademia sudetta nella sua domanda « che si era per lo spazio di 100 anni sempre mantenuta con molto decoro », adducendo in prova le Aime già pubblicate e dedicate ai signori Mar- chese di-Pescara e Duca di Terranova, allora Vicerè: le quali parole precisamente si riferiscono alle Rime degli Accademici Accesi, ritenute già da’ Atiaccesi come produzioni loro; stantechè col nome che porta-. vano nel 1665 erano sorti non cento anni innanzi, quando nel 1568 sor- geva l’Accademia degli Accesî, ma 43 anni avanti, cioè quando appunto D. Pietro Corsetto e il Principe Filiberto di Savoja, Vicerè, nel 1622 raccoglievano sotto la loro protezione essa Accademia che è conosciuta nella storia delle nostre Accademie col nome di Atiaccesi. Onde è che la Accademia del Buon Gusto risaliva pe’ Aiaccesi del 1622 agli Accesi del 1568, tramandando così alla presente R. Accademia palermitana di scienze, lettere ed arti, una nobiltà di origine che va alla metà del se- colo X.VI,sì che può dirsi delle più antiche Accademie letterarie italiane che abbiano avuti Statuti e formale ordinamento, e pubblica protezione de’ rappresentanti dello Stato. Il Vicerè Avalos de Aquino, mar- chese di Pescara, sotto i cui auspicii furono gli Accesi, « istituì in Pa- lermo, scrisse l’Auria nella sua Historia Cronologica de’ Vicerè di Sicilia, (p. 53-54) una nuova Academia di belle lettere col titolo di NEL SECOLO PASSATO ) Accademici Accesi, e nell’anno 1570 per sue lettere Viceregie date in Palermo a dì 2 di Giugno dello stesso anno , diede licenza agli Acca- demici di stampare le loro Rime, come si vedono impresse e dedicate al medesimo Signor Vicerè, come Principe amator de’ virtuosi» (1). Ora trattenendoci sull’Accademia del Buon Gusto del 1718, sono pervenute fino a noi talune scritture, che restarono allora presso il P. Salvatore Di Blasi (2), e indi dalla Biblioteca di San Martino pas- sarono dopo l’anno 1866 nella Biblioteca Comunale palermitana; dalle quali abbiamo potuto raccogliere notizie e documenti riguardanti la vita di più di mezzo secolo di essa Accademia, e quel che è più , nel difetto di stampe e di Atti, tranne il solo volume comparso nel 1755 e l’altro tardi. seguito nel 1800, possiamo almeno sapere gli argomenti sopra cui si discorreva nell'Accademia, tutti gravissimi, e niente affatto leggieri o arcadici come volgarmente si dice, parlando di Accademie e di letterati del secolo XVIII. E veramente l'Accademia del Buon Gu- sto nasceva in tempi che si contrastavano la Sicilia Savoiardi, Spagnuoli e Tedeschi, guerreggianti alle porte stesse e nel mare di Palermo, che non sapeva a cui cedere ora soverchiando le armi cesaree, ora quelle del re Cattolico. E però non poteva cullarsi negli ozii Arcadici di tempi pacifici; anzi fa maraviglia come sia potuta sorgere un’ Accademia in mezzo a quelle procelle guerresche avvenute tra il regno di Vittorio Amedeo e quello di Carlo VI Imperatore. In un volume miscellaneo, segnato 3 Qq, B, 151, si ha un così detto Giornale dell’Accademia del Buon Gusto, e nelle prime carte vi leg- giamo: Fondetori dell’Accademia del Buon Gusto. Abate D. Giambattista Caruso (3). Don Pietro Filangeri, Principe di S. Flavia. (1) Le Rime degli Accademici Accesi di Palermo furono ristampate per cura di G. B. Caruso, e venner fuori nel 1726. Fra gli Accademici si leggono i nomi e le rime di tre sorelle, Laura, Marta e Onofria Bonanno. (2) Vi si legge nella prima carta: “ Est S. Martini ad usum D. Ambrosii Mira ex dono A. R. P. D. Salvatoris M. de Blasio Prioris Ss. Benedicti et Aloysii Panormi, 1799, 20 Augusti ,. (3) Lo Scinà nota che il Caruso contribuì molto allo stabilimento dell’ Accademia; e ci fa sapere che “il personaggio più insigne, che promovea la cultura, e presso cui tutti quasi intorno a lor duce, si raccoglieano, era l’ abate Giovan Battista Caruso de’ baroni di Xiuremi ,. V. Prospetto cit., vol. I, p. 54, 212. 9 = 6 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Don Simone Catalano. Abate Don Giovanni Jacuzzi (Can. della Cattedrale). Don Gioseffo Abbati. Abate Don Gioseffo Gioeni. Don Andrea Noto. Don Niccolò Lo Presti (morto Canonico deila Cattedrale di Girgenti). Don Francesco Cizza. Il Barone Don Emmanuele Astorga. Don Francesco Caruso. Don Antonio XXmiglia Conte di Prades. Abate Don Fortunio XXmiglia. Don Luigi Gaetano, marchese di Antella. Abate Don Michele del Giudice Cassinese. In fine poi del Giornale citato sì trova: « Fondazione dell’Accademia del Buon Gusto a primo Agosto 1713. « Pubblicazione delle Leggi dell’Accademia a 10 Febbraio 1721. « Prima Promozione degli Uffiziali dell’Accademia del Buon Gusto a primo ottobre 1720: Principe Don Pietro Filingeri Principe di Santa Flavia. Direttore Monsignor Don Giacomo Longo. Segretario Abate Don Fortunio XXmiglia. Censori Don Francesco Maria de Cavallariis, Maestro Razionale del R. P. Padre Don Michele del Giudice Abate Casinese. Don Ottavio Gravina, Principe di Rammacca. Don Emmanuello. Baron d’Astorza. Don Agostino Gervasi Protomedico della città di Palermo. Don Giuseppe Abbati. Seconda creazione di Uffiziali fatta a 16 novembre 1722. Principe Don Pietro Filangeri, confirmato. Direttore Monsignor Don Giacomo Longo, confirmato. Segretario Don Tommaso La Grua. SI NEL SECOLO PASSATO Censori Don Agostino Gervasi. Don Giuseppe Abbati. Don Fortunio XXmiglia. Don Agostino Pantò. Don Giuseppe Gioeni. Canonico Don Ignazio Colletti. Terza creazione degli Uffiziali fatta a 22 di marzo 1728: Principe D. Pietro Filangeri, confirmato. Direttore Don Francesco Gastone. Segretario Don Andrea Lucchesi. Censori Don Antonio XXmiglia, Conte di Prades. Don Francesco La Grua. Monsignor D. Giacomo Longo. Don Andrea Noto. Don Giuseppe Abbati. Don Agostino Gervasi. Quarta creazione degli Uffiziali fatta nel mese di Febbraio 1738: Principe Don Pietro Filingeri, confirmato. Direttore L’inquisitore Don Fortunio XXmiglia. Segretario Gaetano Cottone. Censori Abbate Giov. Felice Palesa. Principe Don Francesco Tamburini. Don Giovanni Di Giovanni Canonico. D. Franco Testa. Principe Sangiuliani. Don Andrea Noto. Quinta creazione degli Ufficiali fatta nel mese di Agosto 1739 ». (Mancano i nomi). 8 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Dopo il 1739 non si hanno i notamenti degli ufficiali dell’Accademia, stantechè è avvertito nel Giornale sudetto, « che le creazioni degli uffi- ciali dopo l’anno 1739 in poi vanno notate nel libro verde di nostra Accademia »; il quale libro verde ci manca. Ma nel vol. misc. segnato Qq, F. 7 della stessa Biblioteca Comunale, fra altre scritture già appar- tenute all'Accademia del Buon Gusto, si legge sopra di un foglio « Per ’Officiali dell’Accademia del 1758 », ed è una proposta di officiali per le elezioni accademiche, così designati: Principe Monsignor di Monarchia, Signor Principe di Belmonte o Sig. Prin- cipe di Torremuzza. Signor Principe di Bonfornello. Signor Marchese di Mira del Rio. Direttore Signor Don Domenico Schiavo. Monsignor Cangiamila. Signor Canonico Don Giovanni Jacuzzi. Segretario Signor Duca di Sinagra. Pro segretario Signor Don Giovanni Trasari. Promotori Signor Principe di Torremuzza. Principe di Bonfornello. Censori Signor Barone del Zarbo. Signor Abbate Longhi. Signor Don Giacinto Monroy Cassinese. Signor Abbate D. Gioachino Drago. P. Giovanni Joppulo della Congregazione dell’Oratorio o P. Colonna. Signor Abbate Bandini. Signor D. Ettore Scribani. Don An. Carta, Proseg. che secondo la legge dell’Accademia passa a Censore ». Degli anni seguenti, fino al 1790, abbiamo solamente questo ricor- do lasciato dal Villabianca nel vol. Qq, E, 101, pag. 299, cioè « Principi e Direttori dell’Accademia del Buon Gusto divenuta oggi (1792) Sena- toria : NEL SECOLO PASSATO 9 Principe Gaetano Cottone, Principe di Castelnuovo, Principe dell’ Accademia Direttore Salvadore Di Blasi, Priore Cassinese Direttore. Settembre 1792 Dopo due anni che fu il Settembre 1794. Principe Giov. Antonio Sandoval Principe di Castelreale. |Direttore Sacerdote Biaggio La Manna. Settembre 1796 Principe Gaspare Palermo Cav. Gerosolemitano ed attuale oggi Senatore di Palermo Direttore Raffaele Drago Cassinese. Segretario Commendatore Vincenzo Castelli. Pro segretario Sac. Giovanni d'Angelo. A pag. 297 dello stesso volume Qq, E, 101 il Villabianca notava: «Ascritto io vidimi in quest’ Accademia per la prima volta col grado di Censore di fatto e non di Accademico semplice, sotto li 2 Aprile 1760 per patente conservata nel vol. 3, Nob. Emanuele f. 254. Ne ebbi in seguito io stesso Villabianca l’onor medesimo di Censore la seconda volta per patente data de’ 17 marzo 1766 a f. 275, vol. 3, Nob. E finalmente mi fu fatta la patente di Promotore a 11 Sett. 1780 nel v. 12 Nob. Emanuele, f. 151». Così sappiamo qualche altra cosa del 1760 al 1766, e con l’ultimo notamento del 1796 abbiamo il magistrato Ac- cademico medesimo che fu nella reintegrazione così detta dell’Accade- mia avvenuta nel 1791, quando per biglietto Viceregio del 5 luglio 1791 si ebbe ferma sede, mercè gli officii del Principe di Castelnuovo; Prin- cipe dell’ Accademia, e del Priore Cassinese Don Salvatore Di Blasi, Direttore, e la rappresentanza del Senato al Vicerè, nel Palazzo di Città, e ripubblicò con poche modificazioni i suoi Statuti, e diè fuori un altro volume di Saggi di Dissertazioni, ottenendo annuo assegna- mento dal Senato, consentito da’ biglietti Viceregii del 12 marzo e del 9 ottobre 1792, i quali si leggono pubblicati a p. XVI e XVII, del vo- lume predetto di Dissertazioni, stampato in Palermo per il Solli nell’an- no 1800. 3 10 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Il Villabianca nel volume manoscritto citato scriveva sul proposito a p. 295: « Il Senato eccellentissimo nel 1791, Pretore Ferdinando Mon- roy Principe di Pandolfina, a spinta dei letterati Priore Di Blasi, Andrea Noto, Barone del Petraro, e del Canonico Tommaso Angelini, e pure del Vicerè Francesco di Aquino, Principe di Caramanico, che è amante assai delle belle lettere, con sommo piacere l’acco!se (l'Accademia) nel suo Pretorio, facendo sì che per legge Senatoria per sempre vi avesse” sede, essendo cosa molto utile e decorosa non poco alla Patria e al Pubblico, che alla Corona. In memoria di questo bel fatto ce ne fu affissa la marmorea lapide nel Gran Salone di detto Palazzo al di dentro sopra la porta : DEROSIME FERDINANDO III UTRIUSQUE SIC. REGE P. F. A. FRANCISCO DE AQUINO CARAMANICI PRINCIPE PROREGE ACADEMIA PANORMITANA BONI GUSTUS RELICTIS PRIMAVIS ADIBUS PETRI FILANGERI PRINCIPIS S. FLAVIXE IV. OPTIMI INSTITUTORIS FELICIORI OMINE IN PRATORIAS SEDES TRANSFERTUR ERE PUBLICO AC INSIGNIBUS DECORATUR SEDENTIBUS PP. CC. i FERDINANDO M. DE MONROI PANDOLFINA PRINCIPE ITERUM PRATOR NICOLAO BURGIO EQUITE S.R.H. EX DUCIBUS VILLA FLORIDA Il ANTONIO STELLA DUCE. CASTR. MIRTI II FRIDERICO NEAPOLI PRINCIPE BONIFORNELLI IL CRISTOPHORO BENENATI MARCHIONE S. ANDREA II JULIO TORRE PRINCIPE TURRIS II HIERONYMO TERMINE DUCE BATTICANIS ANNO SALUTIS MDCCXCII CAIETANO COTTONE PRINCIPE CASTRI NOVI ACADEMLE PRINCIPE SALVATORE DI BLASI PRIORE CASSINENSI DIRECTORE. La quale Iscrizione si vede tuttavia al suo posto nella Sala delle lapidi diquesto Palazzo Municipale; la quale Sala fu fin dall’ora destinata alle tornate Accademiche. Indi il Villabianca reca lo stemma che aveva preso |’ Accademia «nello stato oggi di trovarsi Accademia Senatoria», cioè | Aquila Pa- lermitana con in petto in forma ovale lo stemma antico dell’Accademia, e sotto la leggenda Sub auspiciis S. P. Q. P. come appunto si vede nel frontespizio del volume di Dissertazioni stampato nel 1800. eda NEL SECOLO PASSATO 11 Oitre i nomi dei Fondatori e degli Ufficiali dell’Accademia il Gior- nale predetto contiene il catalogo dei nomi degli Accademici dal 1718 al 1774, e fra questi nomi si trovano i più illustri siciliani che fiorirono sì nel secolo passato, e sì nel primo ventennio del nostro. Leggiamo ad es. iscritti nell'albo Accademico: (Nomi estratti dal Catalogo degli Accademici contenuto nel vol. 3 Qq, B, 151). Agostino Pantò, Alessandro Vanni, Arcangelo Leanti, Angelo Serio, Barone Agostino Forno (1743), Agostino Giuffrida (4745), Anton Fran- «cesco Gori da Firenze (1755), Angelo Calogerà da Venezia (1755), An- S tonio Barcellona dell’ Oratorio (1776), P. Amico Cassinese (1776), Ce- sare Gaetani (1745). Carmelo Controsceri (1756). Camillo De Maria sco- lopio (1758), Casimiro Drago cassinese (1759), Domenico Schiavo (1641), Domenico Salvagnini (1749), Domenico Cirillo da Napoli (1764), Fran- cesco Emanuele Cangiamila, Francesco Testa, canonico (in nota, poi Vescovo di Siracusa, al presente Arcivescovo di Monreale), Francesco Pasqualino (1744), Abbate Francesco Bandiera Sanese, P.re Francesco Murena delle scuole Pie lettore nel Seminario della Regina, Francesco Carì (1744), Francesco Serio e Mongitore (1745), Francesco Tardia pa- lermitano (1754), Francesco Zaccaria bibliotecario del Gran Duca (1755), Abbate Filippo Bandini da Siena (1756), Francesco M. Emanuele Mar- chese di Villa bianca (1760), Giambattista Caruso, Giuseppe Gioeni dei Duchi d'Angiò, Girolamo Settimo, marchese di Giarratana, Giuseppe Prescimone, P. Giorgio Guzzetta, Giovanni Di Giovanni, canonico della Chiesa di Taormina, Gaetano Cottone, Giuseppe Requesenz, Gaetano Sarri (1745), Giacomo Longo, Presidente del Tribunale del Concistoro, Gioachino Drago dei Marchesi Drago, Giovanni Evangelista Di Blasi Cassinese (1754), Cav. Gian Rinaldo Carli da Milano (1755), Monsignor Giovanni Bottari da Roma (41755). D. Giovanni Meli (a 41 Febbraro 1760), Giambattista Passeri da Pesaro (1755), Abbate Giovanni Lami da Firen- ze (1755), P. Giuseppe Guglieri , scolopio da Siena (1770), Giuseppe Nicchia Dott. in Medicina, Lettore pubblico nell’ Università degli Studì in Palermo (1770), Monsignor Lorenzo Gioeni, Vescovo di Girgenti, Signor Lodovico Antonio Muratori, Bibliotecario del Serenissimo Signor Duca di Modena, Don Leonardo Gambino (1759), Michele del Giudice Abate Cassinese, Don Michele Schiavo canonico, Don Michele Silio, Lettore nel Seminario di Monsignor Arcivescovo (1769), Don Nicolò 12 ‘ L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Cerito, professore di Matematica, Sac. Don Nicola Spitaleri (1766 ), Signor Abate Don Orazio La Torre (1760), Eccellentissimo Cardinale Passionei (1755), Paolo Maria Paciaudi de’ Teatini Istoriografo della Religione di Malta (1755), Abbate Pietro Metastasio, Don Rosario Porpora (1759), Ruggiero Settimo dei Principi di Fitalia (1764), Si- gnor Don Rosario di Gregorio (20 febbraio 1769), P. Don Salvatore Di Blasi Cassinese, Dott. Don Saverio Romano, Abate Don Secondo Sinesio da Siena, Lettore nel Seminario di Monreale (20 febbr. 1770), Dott. D. Tommaso Campailla, Marchese D. Tommaso Natali, Eccellentis- simo Cardinal Tamburini, Sac. Don Tommaso Maria Angelini, Rev. Padre D. Isidoro Bianchi Ab. Camaldolese (20 febbr. 1770), Barone Vincenzio Parisi, P. Don Vito d’ Amico Cassinese, Signor Marchese Venuti da Cortona (1755), Don Vincenzo Aglio (1755), Abate D. Vito Cuoco (1759), Principe di Torremuzza. Si leggono nel sudetto Catalogo anche delle donne, e molti si gnori della nobiltà siciliana del secolo passato, come dei Filangeri, dei Vanni, de’ Settimo, de’ Papè, de’ Paternò, de’ Moncada, de’ Grifeo, de’ Castelli, de” Ventimiglia, etc. Manca, e fa maraviglia, il nome di Antonino Mongitore, e non sapremmo come spiegare un tale manca- mento, se non sapessimo che il Mongitore si fece fondatore di altra Accademia, come si è detto, vissuta prosperameute fino alla morte del suo fondatore (1743), e poi cessata. Il volume sopra citato Qq, F, 7 contiene gli Statuti dell’Accademia Palermitana del Buon Gusto fondata a di 1 agosto 1718, e sì vedono in scrittura originale a due colonne in testo italiano e latino come fu- rono pubblicati a dì 10 febbraro 1721; con altro originale col titolo « Sta- tuti che si propongono per la nuova Accademia palermitana del Buon Gusto nelle scienze, nelle belle lettere , lingue straniere », nella quale scrittura furono fatte talune mutazioni di altro carattere. lu pure nello stesso volume diligentemente conservata la Ode (pindarica) alli Rac- cesi « Per l’apertura dell’Accademia del Buon Gusto nelle scienze ». La quale Oda, che crediamo inedita, abbiamo qui trascritto, perchè si possa anche oggi ripetere. « Per l'apertura dell'Accademia del Buon Gusto nelle scienze, etc. NEL SECOLO PASSATO Oda alli Raccesi. Sull’Olimpica arena oggi non scende Il Genio di Bellona, Nè il fiero Marte avrà fra noi soggiorno; Ma di Girra il gran Nume, e di Elicona Questi bei campi intorno Empie di luce; e di noi cura prende. Seco le Dive Suore Sono, e seco anche è Amore,. Che agli Eroi vincitori Daranno in guiderdon mirti ed allori. Il robusto Teron quì al sol non sparge Di polver generoso Con sue quadrighe il luminoso manto. Noi non abbiam di Ergatele animoso Oggi ammirato il vanto; Nè su forte destrier Geron ci apparse; Il grave disco e il dardo Non funestano il guardo; Nè fian nostri consigli Ritrar diletto dagli altrui perigli. Nuovo valor, nuova virtù trasfuse Giove alla vostra mente, Perchè di Gloria ampio sentier s’offrisse. Vostri nobili ingegni A pacifiche risse In letterario agon guidan le Muse. Nobil canto e gentile Almo e leggiadro stile, L’armi, o Palermo, de’ tuoi nuovi Eroi, E strumenti saran de’ Giuochi tuoi. Lieto il veder di scettro d’or la mano Armarsi, e d’aura cetra; E di chiara la voce industri rime: Armi, dono dell’etra, È Ond’anche al vinto eterno onor s'imprime : Armi mal note al cieco volgo insano. E con arte maestra Entro a questa Palestra Bei detti, arguti e fervidi pensieri, — - 14 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Le veci sostener d’aste e destrieri. Sicilia, alma Sicilia, a miglior usi Tu l'affanno volgesti, E "1 fier talento del costume antico. Ire innocenti, e saggi sdegni onesti Sopra il dotto nemico Per te vedremo in bel pugnar diffusi. Sei ben di Grecia erede: Ma tanto ella a te cede Quanto è più illustre e degno Del valor della man quel dell’ingegno. Lode a te dunque, de’ bei studì madre, Palermo; e a Voi che Atleti Siete nell’alte imprese e memorande. Ma chi mai d’Imni armoniosi e lieti Per voi serti e ghirlande Tesser saprà, felici alme e leggiadre ? Chi l’onor di vostr'armi Sovra l’ali dei carmi Con intrepido volo Andrà stendendo all'uno e all’altro polo ? Se al magnanimo Agesia e a Senofonte, Diè fregio Eliaco serto, i Fè il Tebano Cantor eco a lor gloria. Ma Voi, che unite l’un con l’altro merto, Della vostra Vittoria Qual cetra avrete che star possa a fronte ? Al canto or voi tornate, E Voi stessi lodate; Che siete. Voi sol degni I trionfi eternar dei vostri ingegni. L’Oda non ha firma dell’autore; solamente nel dorso della scrittura si legge, oltre il titolo premesso, l’argomento della poesia, cioè : « Gli antichi Olimpionici celebrati da Pindaro; posti in confronto cogli Acca- demici Palermitani ». Pare intanto che il primo Magistrato Accademico pensò a un dise- gno di discorsi da recitarsi ordinatamente nell'Accademia; e però abbiamo eziandio nello stesso volume una serie di « Temi o sieno Punti, sopra li quali si formeranno li dodici discorsi dalli Accademici del Buon Gu- sto di tutti i tre corpi ». NEI, SECOLO PASSATO 15 « Primo discorso per uno degli Accademici Professore di belle lettere : « Quanto vantaggio e quanto splendore apportino alle Città le Acca- demie ben istituite ». Secondo discorso per uno degli Accademici Professori di storia: « Quali e di quanto pregio siano stati gli Accademici che hanno fiorito a Palermo ». Terzo discorso per uno degli Accademici Professore della filosofia « Che la vera maniera è più accertata di filosofare fu quella degli Antichi, e propriamente delli Accademici ». Quarto discorso di belle lettere: « Della nobiltà della lingua Iialiana e della gloria acquistata da coloro che l’ hanno colta e professata in tutte le belle arti e scienze ». Quinto discorso di storia: « Quali sieno stati li principali scrittori sici- liani dopo lo ristabilimento delle belle lettere nel secolo decimo- quinto ». Sesto discorso di filosofia: Uniformità degli Accademici antichi ai Pro- fessori della moderna filosofia Italiana ». Settimo discorso di belle lettere: « Delle cause della corrotta eloquenza e poesia Italiana ». ; Ottavo discorso di storia: «Quanto antica sia la storia siciliana, e quali sieno stati i principali suoi serittori ». Nono discorso per la filosofia: « La filosofia di Pitagora, comunemente abbracciata dalli antichi siciliani, in che consistesse e quali fossero i suoi principii ». Decimo discorso di belle lettere: « L’ arte primaria delli eloquenti è di nascondere l’arte adoprata ne’ loro discorsi ». Undecimo discorso di storia: « Quanto grande sia la relazione e il vin- colo delle storie siciliane con quelle delle principali (città ?) italiane per.... insieme di luce (1) ». Dodecimo discorso di filosofia: «Quanto giovino lo studio e le regole matematiche per il progresso della buona filosofia ». Questi Temi si vedono essere stati corretti di altra mano, e sono segnati taluni con matita rossa. Intanto abbiamo un notamento de’ Discorsi fatti nell’ Accademia del Buon Gusto con le date quando furono recitati, e tranne il secondo de’ Temi riferiti, non ci troviamo contenuti gli argomenti che si designa- (1) Mancano nel ms. le parole perchè sciupata la carta. 16 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO vano per dodici Discorsi a farsi « dalli Accademici». Le letture fatte provano poi come di tutt’ altro che di frivoli argomenti si fosse occu- pata l’Accademia per un trentennio, cioè dal 1719 al 1750, dissertando ì socii sopra i seguenti argomenti, che troviamo notati nello stesso vo- lume Qq, F, 7, cioè: Discorsi fatti nell'Accademia del Buon Gusto (1). «A 13 novembre 1719 - Barone Don Vincenzo Parisi « Notizie di tutte l’Accademie Palermitane ». (Fu pubblicato, e si trova in un volume Miscelianeo della Biblioteca Comunale segn. X, B, 55). A 13 agos. 1722—D. Francesco Cizza: « Delle varie popolazioni della Sicilia ne’ tempi scorsì e de’ veri motivi delle odierne mancanze ». A primo dicembre 1732 — Sig. Ab. Lucchese : « Del vario costume praticato in Sicilia nella elezione dei Vescovi ». A 22 giugno 1735 — Bar. Andrea Noto: « Introduzione generale alla storia civile del Regno di Sicilia ». A 17 agosto 1733— Don Nicolò Gervasi: « Leggi della Sicilia sino alla venuta dei Romani ». A 31 agosto 1733 — P. L. Vincenzo San Filippo Domenicano : «Ori- gine della Inquisizione in Sicilia ». A 14 settembre 1733 — Sig. Ab. Don Tommaso La Grua: « Dei Magistrati nel tempo de’ Romani in Sicilia ». A 30 novembre 1733—Sig. D. Michele Scavo: « Se la Sicilia fu in qualche tempo soggetta al Patriarca di Costantinopoli ». A _ 28 luglio 1786 — Bar. del Landro D. Pietro Lo Squiglio: « So- pra il Magistrato della Deputazione del Regno ». A 83 settembre 1736—D. Ignazio Papè Duca di Gampiliero: « So- pra li Magistrati di Sicilia». A 17 settembre 1736 — D. Emmanuele Filangeri : «Sopra il Gius delle Genti e Pubblico siciliano ». A 2 settembre 1737 — Don Giovanni Platamone: « Origine e Pro- gressi dei feudi in Sicilia ». A 17 marzo 1838—D. Vittorio Pignocco : « Introduzione del Diritto Civile ossia delle Genti in Sicilia. A 3 agosto 1739—R.P.D. Gioseffo Caraffa C.R.T.: « Origine del Gius degli spogli delle Chiese e Sedi vacanti in Sicilia. (1) A questi discorsi accenna lo Scinà a p. 211 del vol. I del suo Prospetto ete. sopra citato. NEL SECOLO PASSATO 17 A 15 febbraio 1740 — Don Giuseppe Minneci : « Origine dei feudi in Sicilia ». A 16 gennaro 1741 — Can. Di Giovanni: « Dell’ordine Templare in Sicilia ». A_13 marzo 1741 — Don Giuseppe Minneci : «Origine della Inqui- sizione in Sicilia ». A _26 giugno 1741 — Can. Algeria: « De’ primi abiti che vestirono Re di Sicilia nelle Ecclesiastiche funzioni ». A 7 agosto 174] — Can. Di Giovanni: « Sopra le fondazioni dei beni Ecclesiastici e dei Regnanti che le fondarono ». A 21 agosto 1741 —D. Giuseppe Minneci : «Origine dei sette im- pieghi nobili in Sicilia, Siniscalco, etc. ». A 25 marzo 1742—P. D. Michelangelo Celesia, benedett.: « Sopra la storia dalla Crociata in Sicilia ». A 81 agosto 1744 — Dott. Giuseppe S. Croce: «Sopra l’ origine delle scuole pubbliche ed Università di Sicilia. A 15 febbraio 1746 — D. Giuseppe Pennino : « Soppressione di al- cuni Vescovati in Sicilia ». A 6 marzo 1747 — Can. Algeria: Sopra le sacre unzioni dei Re di Sicilia ». A_ 12 del 1750 — Principe di Torremuzza : « Che sino al tempo degli Imperadori non vi fu città Capitale in Sicilia» . Mancano in questo notamento la Dissertazione sopra una statua di marmo scoverta nelle rovine di Alesa, recitata nell'Accademia dal Tor- remuzza e pubblicata nel 1749, e il Ragionamento del Bar. Forno sulla eloquenza e sopra i più illustri Oratori siciliani, recitato nell’ Accade- mia verso il 1750 e pubblicato come introduzione al volume Prose di diversi uomini illustri siciliani raccolte dal Bar. A. Forno, (Napoli 1750). Non si notano i componimenti poetici, fra’ quali le belle e vigorose stanze di Nicola Spedalieri al Principe di Trabia per avere purgato la Sicilia da’ banditi che la infestavano nel 1768; e sono taciuti i com- ponimenti italiani e latini in morte di Francesco Tardia e di altri per- sonaggi benemeriti dell’Accademia, o illustri per opere d’ingegno. Così il discorso del Parisi sulla Accademia Palermitana recitato nella seduta dell’Accademia del 13 novembre 1719 fu messo tosto alle stampe in opuscolo a parte; e taluni altri esistono ancora inediti nei diversi volumi miscellanei della Biblioteca Comunale : conservata nel vo- lume Qq, F, 7, si ha una Oratio ad Siculos hoc est Excursus varius rei literariae praesertim Siculae, ad bonam mentem exercendam, habita d 18 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO in Academia nostra Boni Gustus per Jacogum Lonco ejusdem Dire- ctorem, die 29 sept. 1721; Orazione che non è notata fra le precedenti; e così è nello stesso volume il Museo dei Letterati Siciliani, discorso recitato da G. B. Caruso nella seduta del 18 marzo 1723, nè manco notato fra i discorsi, nei quali abbiamo una lacuna dal 1722 al 1732. Il quale Museo del Caruso preveniva di un secolo il disegno dell’Italia illustre del Betti (1). Quando poi nel 1755 si stampava dall’ Accademia un volume l° di Saggi di Dissertazioni dell Accademia Palermitana del Buon Gusto (presso Pietro Bentivegna), comparirono in detto volume, oltre agli Sta- tuti, corretii altra volta dopo la prima stampa del 1722, e redatti in italiano e in latino (p. 6-27-31), i discorsi del Gervasi sulle Leggi dei Siciliani, e del Santacroce sulle Università di Sicilia, letti îl1 primo nel 1733 ed il secondo nel 1744. Nel quale volume primo di Saggi di dis- sertazioni si ha come prefazione l’ erudito Saggio sopra la storia let- teraria e le antiche Accademie di Palermo, e specialmente dell’ ori- gine, istituto e progressi dell’Accademia del Buon Gusto del Sacer- dote Don Domenico Schiavo. Di cui pur sono nello stesso volume tre altre Dissertazioni, cioè la I. della necessità e dei vantaggi delle leggi Accademiche, la VI* Sopra un talismano di rame degli eretici Basi- liadi, e la IV® sopra due scifi suggelati del Museo Martiniano. La Dissertazione V® e la VII* sopra Vasi figurati, di materia archeologica, sono del P. D. Salvadore Maria Di Blasi Cassinese, e del Sacerdote Don Gaetano Barbaraci. Molto pregio notò il Granatelli in questi saggi di dissertazioni o lavori Accademici, che, dice con lo Scinà, « meritamente furono da per tutto ricevuti con ammirazione e con lode ». Dopo la pubblicazione del sudetto volume primo di Dissertazioni, l'Accademia rappresentata dal Protettore, dal Principe, dal Direttore, dai Censori, si rivolgeva alla Maestà del Re, perchè in grazia della. bella fama che si era acquistata l'Accademia, alla quale pur di fuori (1) Il Caruso moriva nel 1724, di anni 51, nè per grave malattia potè più con alacrità attendere agli studi negli ultimi anni di vita. Perciò non leggiamo il suo nome nell’elenco de’ discorsi recitati dal 1732 in poi. L’ ultimo suo lavero fu questo Museo dei Letterati siciliani, Sogno accademico in oc- casione della morte di D. Girolamo Settimo marchese di Giarratana, composto nel 1723, ma stampato postumo nel 1728; nè potuto leggere all'Accademia dello stesso autore. Vedi Scià, Prospetto cit., vol., I, p. 58. NEL SECOLO PASSATO 19 Sicilia già erano « arrolati, il Marchese Orsi, il Maffei, il Cardinale Qui- rini, Mons. Galeani, Ludovico Antonio Muratori, il Cardinale Tamburini, il Lanci, il Gori, il Metastasio, e moltissimi altri »; e in favore degli studi che gli Accademici dedicavano alle cose « che riguardano (dicevano) la Siciliana storia, che si è il principale istituto della sucennata adunanza », si degnasse di « ricettare sotto il suo Real Patrocinio l'Accademia », e «si compiacesse di assegnare alla surriferita adunanza una annuale competente pensione sopra gli spogli de’ Benefici e Sedi vacanti, la qua'e indispensabilmente erogare dovrassi in proseguimento della già inco- minciata stampa, tenendo pronta gli Oratori una raccolta di varie utilissime Dissertazioni e di Rime che somministrar potrebbero materia bastevole per dare alla pubblica luce parecchi altri volumi ». Nel caso poi di non potersi ciò concedere, dimandavano che fosse dal Re ordinato al Vicerè che « per la provvigione di tutti li Benefici Ecclesiastici avesse sempre» presenti ed in considerazione gli Accademici, con doverne proporre uno ‘in ogni nominazione a tenore de’ soggetti a quest’ effetto da proporsi dagli ufficiali di essa Accademia (vol. ms. 2, Qq, F, 7)». Ma nulla ch’ io sappia fu conceduto in proposito ; e nessun’ altra pubblicazione potè esser fatta fino al 1800, quando comparve il volume secondo di Dissertazioni dedicato al Senato Palermitano. L’ Accademia purnondimeno non tacque dal 1755 al 1800, come pare che abbia creduto il Granatelli; e sino al 1796 tennero il suo Magistrato uomini chiaris- simi per fama di studi e di casato. Poterono forse nuocere le molte Accademie che sorsero dividendo le forze degli studiosi, ma valse molto alla non pubblicazione degli Atti dal 1755 al 1790, il difetto di mezzi pecu- niarii e di sede stabile. Nel 1665 l'Accademia dei Azaccesi faceva domanda al Vicerè di allora perchè le fosse data una sede stabile o un luogo proprio per- petuo sia nel Palazzo Pretorio, dove più volte si era radunata, sia in altro luogo, nominando appunto i magazzeni in faccia la casa di Pla- tamone (cioè sotto il palazzo che fu di Airo!di nel Giardinazzo pressò Sant'Anna), ma nul!a pare abbia quell’ Accademia ottenuto: corse più di un secolo ad ottenere finalmente la desiderata sede stabile nel Pa- lazzo di Città. Dal 1718 al 1790 |’ Accademia del Buon Gusto fu ospitata nel palazzo de’ Principi di S. Flavia, essendo stata appunto istituita da Pietro Filangeri, Principe di S. Flavia; ma nel 1791 da privata adunanza 20 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO passò a pubblica con sede stabile nel Palazzo Senatorio, e con dota- zione del Comune (41), siccome sopra ho notato. Sette mesi dopo che s’istituiva l’ Accademia del Buon Gusto (1 ago- sto 1718) come rinnovamento di quella de’ Raccesi, era fondata dal Mongitore ?’ altra de’ Geniali (24 febbraro 1719), e il Gimma ci fa sa- pere che nel 1723, quand’ egli scriveva , il numero degli Accademici Geniali (cui pur egli appartenne) ascendeva a 82, e che si occupavano « di filosofia naturale, sperimentale e morale, d’istoria, di matematica ,. di critica e di erudizione »; e che il titolo di Geriali era venuto dalla i opera del Mongitore, pubblicata nel 1704, cioè « Divertimenti Geniali ,. Osservazioni e Giunte alla Sicilia inventrice di Don Vincenzo Auria,, (v. op. cit. p. 474. Nap. 1723) ». Che se quanto al nome preso da’ nostri Accademici, esso fu tolto , secondo che diceva D. Domenico Schiavo ai suoi colleghi nel 1755, all’ideata nuova Accademia « dal riflesso della bella opera (Baon Gusto), pubblicata appunto in quei tipi dal chiarissimo Lu- dovico Antonio Muratori, opera a dir vero, a cui molto dovette la nostra Italia, e nulla meno questa illustre adunanza; mentrechè di essa quei saggi uomini si valsero di qual secura fedelissima scorta per render sem- pre durevoli, e di comune letterario profitto le di loro ben intraprese fatiche (p. XLIV) »; le materie stabilite a trattarsi furono tutte ben gravi, e: nel discorso del Parisi del 1719 sopra le Accademie Palermitane, della novella Accademia diceva a quella adunanza: « Lo studio della vera eloquenza così sacra, come profana, così in prosa, come in verso, resti- tuiranno l’antico splendore alla Oratoria e alla Poetica. La buona filo- sofia, la matematica, la fisica e le sue dipendenze, illustreranno il regno della natura. L° erudizione sacra e profana, lo studio delle antichità , delle medaglie, de’ costumi, de’ Riti, e la Critica de’ buoni autori, aspet- tano un maggior lume dai nostri discorsi. Voi intanto non iscegliendo. fra questa facoltà se non il migliore, imiterete l’ingegno nobilissimo delle api, corpo di vostra impresa, che assaggiando il più eletto di mille fiori, coll’ istessa elezione l’ approvano, e però ben si conviene l’ epigrafe : LIBANT ET PROBANT (p. 19)». Onde avvenne che nel 1730 fu ordinato specialmente che gli Accademici, dovessero « discorrere per lo meno otto volte all’anno su’ punti più dubbi della patria storia, ecclesiastica (1) V. i Biglietti del Vicerè principe di Caramanico, del 5 luglio 1791, 12 marzo 1792, e 9 ottobre 1792, pubblicati nel v. II, delle Dissertazioni dell’Accademia del Buon Gusto, p. XIV-XVII, Palermo, Solli, 1800. NEI, SECOLO PASSATO 21 naturale e civile »;e nel 1800 si dispose co’ nuovi statuti (art. V), che la metà delle sedute Accademiche dell’anno doveva, « alternativamente uggirarsi sopra punti riguardanti la Sicilia, tanto sopra la sua storia ecclesiastica o civile, quanto intorno al commercio, arti, produzioni , letteratura, governo, ed altre materie, che conducono al rischiarimento delle cose patrie, lo che forma uno de’ principali oggetti dell’ Accade- mia (1)». Si preludeva così fra noi sin dalla prima metà del secolo passato, e dal primo anno del nostro, alle Deputazioni e Società di Storia patria sorte in Italia da un mezzo secolo in quà, ma esistite in Sicilia con or- dinamento speciale e col nome di Società di Letteruti per la Storia del Regno di Sicilia sin dal 1777 (2). Se non che, quanto a numero di socii, l'Accademia del Buon Gusto superò molto quella de’ Gereali, siccome si rileva dal Giornale o Catalogo sopracitato ; e se i Geniali nel loro Catalogo a stampa ebbero nel loro seno comuni con quelli del Buon Gusto rispettabili nomi, assai rispettabili ne leggiamo nel lungo Catalogo degli Accademici del Buon Gusto (v. Ms. 3, Qg, B, 151) dal quale abbiamo estratti per ordine alfabetico i nomi sopra ricordati. Diversi rami, quasi seconde sedi, ebbe l’ Accademia del Buon Gusto fuori di Palermo, come in Alcamo, ch’ebbe la sua Accademia nel 17836, in Gangi e in Castelbuono che la ebbero nel 1756, in Milazzo nel 1757, e così in altre città di Sicilia, ove si fondarono colonie dell’Accademia pa- lermitana «con Je medesime nostreleggi, diceva nel suo Discorso Dome- nico Schiavo, ed istituti; dipendendo in ogni rilevante affare da’ nostri supremi Regolatori(3): e moralmente direttrice era l Accademia in Pa- lermo degli studi dei Reali Collegi, e specialmente del Collegio Teatino de’ Nobili, tanto illustre fra noi nel secolo passato (4). Così alla nostra Accademia si dedicavano da fuori opere di dotti uomini, come dal Lamy e dal Gori, e dentro l'isola ad essa si ricorreva per lavori letterari o « per ispiegare, dice lo Schiavo, i punti più intrigati e confusi della storia siciliana, siccome dagli atti manoseritti di essa assai chiaro apparisce (p. XLIX)». (1) V. Discorso del Cav. Gaspare Palermo Principe dell’Accademia, premesso al v. II p. XXI e XXI. Palermo, 1800. (2) V. il nostro scritto La prima Società di Storia Patria in Palermo , pubblicato nell'Archivio Storico Siciliano an. VIII, (1884). (3) V. Saggi di Dissertaz. cit., p. XLIX. (4) V. Saggi di Dissertaz. ut. 1. c., e Scimà, Prospetto della Storia Letter. di Sicilia nel secolo XVIII, v. I. 6 22 L'ACCADEMIA DEL BUON GUSTO Il diploma Accademico portò per impresa, sino al 1800, un campo di fiori con intorno moltitudine di api volanti, e in un nastro sospeso il motto Libant et probant; chiuso esso campo da cornice circolare con la leggenda in giro Accademia Palermitana del Buon Gusto; del quale diploma nel volume citato Qq, F, 7 si trovano fino a tre esemplari a stampa di firma e dicitura diversa. Indi nel 1800 |’ insegna dell’ Acca- demia fu modificata , apponendo all’arme 1° Aquila palermitana con in petto lo scudo dell’Accademia, e spiegato in cartoccio sostenuto da’ piedi il sub auspiciîs S.P.Q.P. volendosi di questo modo indicare già l'Ac- cademia essere divenuta pubblica istituzione della Città sotto la prote- zione del Senato palermitano , nella cui Casa aveva fermata nel 1791 stabile sede. Si ripubblicarono altra volta, dopo il 1755 le Leggi e Co- stituzioni dell’Accademia, delle quali fu primo articolo: «l’ Accademia del Buon Gusto stabilita fin dal 1791 con pubblica Autorità nel Palazzo Senatorio della Città di Palermo, avrà per suo Mecenate tutto il Senato palermitano, e per Capo l’attuale Pretore, il quale presiederà ad ogni Accademia in mezzo al Principe e Direttore, e nelle Accademie pubbliche, fra i Senatori che v'interverranno >. Di talune poi delle Dissertazioni che erano state lette dal 1791 al 1800, si compose altro volume di Dissertazioni da seguire al primo pub- blicato nel 1755; e furono in esso stampati un discorso del Cav. Don Gaspare Palermo, Principe dell’Accademia « Sull’utilità delle pubbliche Accademie per i progressi delle scienze e delle lettere », e sei Disser - tazioni, cioè la I° del Dott. Antonino Bettoni, la quale contiene un « breve Saggio della storia letteraria della Medicina in Sicilia »; la II° di Giro- lamo Termini « sopra Ja causa fisica del Diluvio Universale »; la III* di Camillo Gallo » sopra il sistema di migliorare l’agricoltura di Sicilia »; la IV® di Antonio Averna « sul Lanificio di Sicilia »; la V® del P. Raf- faele Drago Cassinese « sulla Iscrizione della Vergine S. Rosolia nella Grotta della Quisquina »; la VI* di Diego Muzio « sull’origine dei fuochi Vulcanici ». Furono scelte, come si vede, Dissertazioni di svariato ar- gomento; e questo volume del 1800 differì dal primo del 1755 in questo che ove nel primo si ha una sola Dissertazione di storia naturale, e vi ab- bonda la letteratura e l’archeologia, in questo nuovo volume tre Disser- tazioni sono di cose naturali, e una sola di argomento storico-critico. Il Granatelli, discorrendo delle vicende della nostra Accademia nella tor- nata del 19 nov. 1843, disse pertanto con ragione, che mentre la più parte delle Accademie italiane, non erano che poetiche , questa volgea NEL SECOLO PASSATO 23 a più alto scopo i suoi studi (1) » : ma non disse con uguale verità che l'Accademia « si trasformava dopo il 1791 in una riunione di Arcadi ». Dopo il 1800 il titolo di Buon Gusto fu mantenuto per altri trenta- due anni, quando per nuovi statuti approvati da S. A. il Principe Don Leopoldo Borbone Luogotenente di S. M. in Sicilia (Gennaro 1832 ) restò all'Accademia il titolo più generale e più comune di Accademia palermitana di scienze e belle lettere, col quale.titolo, aggiunto quello di Reale, è oggi ufficialmente conosciuta in Sicilia e fuori. lo mi fermo in questi accenni storici della nostra Accademia col 1800, e piglierò forse occasione altra volta di discorrere dell’ Accademia nel nostro secolo (2), delle sue vicende e dei suoi lavori, pei quali ha ono- rato le tradizioni che la conducono dal 1832 all’ Accademia del 1718, e da questa alle due precedenti del 1622 e del 1568, cioè all’ Accademia del Buon Gusto, a quella de’ Reaccesi, e alla prima degli Accesi; nelle quali si trovano le origini prossime o rimote della nostra Accademia, collegate con la munificenza e protezione dei Vicerè, Marchese di Pescara, Filiberto di Savoia, e Principe di Caramanico, e dei Patrizii illustri, che sono stati decoro di Palermo dal secolo XVI al nostro. (1) Atti dell’Accademia di scienze e lettere di Palermo. Nuova Serie, v. I, p. 6. Paler- mo, 1845. (2) Nel vol. II, degli Atti dell’Accademia, pubblicato nel 1855, il Narbone allora Se- eretario Generale, scrisse una Relazione Acceademica che è una storia de’ lavori Accade- mici dal 1832 al 1855; divisa per classi e per materie, e contiene le fonti per la storia del- all'Accademia nel nostro secolo. LA STAMPA SICILIANA RUORENDITIPALERMO"EDÌI MESSINA NEI DUE SECOLI XVI E XVII «i "(AUI224M 10 A OMANIAR SL uz LÀ LA STAMPA SICILIANA FUORI DI PALERMO E DI MESSINA NEI DUE SECOLI XVI E XVII PERIUREA FATTA NELLA TORNATA ACCADEMICA DEL 14 DICEMRRE 1884 DAL COMM. FILIPPO EVOLA La stampa siciliana ne’ due secoli XVI e XVII stette chiusa tra le mura delle due principali città dell’ Isola, Palermo e Messina. Ma ciò non toglie che talvolta non ne sia uscita a mostrarsi altrove nelle provincie consorelle. Infatti a metà del secolo XVI si affacciò in Mon- reale, e vi riapparve non poche fiate sino all'anno 1658. Fu in Catania prima nel 1563, e poscia nel 1623. Fece breve apparizione in Girgenti dal 1601 al 1605. Entrò in Militello, e vi si fermò dal 1617 al 1622. Toccò il paese di Polizzi nel 1632. Nello scorcio del secolo XVII piantò le sue tende in Mazarino dal 1687 al 1692, ed in Trapani dal 1681 al 1700. Di queste peregrinazioni tipogritiche faremo cenno in brevi articoli, ed all’ Accademia di scienze, lettere ed arti, alla quale ci onoriamo di appartenere, li offriremo in modo di onesto tributo oggi che per decreto dello scorso settembre assume il titolo di Reale, ed è equiparata alle principali Accademie del Regno. 4 LA STAMPA SICILIANA La stampa in Monreale. Monreale, un dì delizioso diporto de’ principi normanni, rinomata pel suo famoso tempio, miracolo d’ arte non comune, antica sede arci- vescovile, oggi è un bel paese, che dista pochi chilometri da Palermo. Essa dopo le due città principali dell’ Isola ebbe il vanto di avere stampe proprie. È vero che ivi non furono impiantate mai tipografie, ma è vero pure che pel corso di un secolo dal 1554 al 1658 i tipografi palermitani vi trasferivano i loro tipi, e davano alla luce le opere che possediamo. I lettori non confonderanno i libri stampati in Mondovì, paese del Piemonte, che escono coll’omonima indicazione di Monsregalis, con quelli venuti fuori in Monreale per mezzo di tipografi palermitani. Nè vorranno credere che la data di Monreale sia una menzogna tipografica, ritenendo i libri essere stati impressi in Palermo colla data della città per cui erano destinati. Una menzogna, ripetuta più volte, per non meno di un secolo, non entra in mente, anche per riverenza dei venerandi prelati, icui nomi leggonsi in fronte dei libri in parola. Aggiungi che alla stampa de’ Sinodi monrealesi sieguono due opere che non sono Sinodi, cioè la Trutina di Gio. Batt. Chiavetta, presso Pietro Scaglione, 1643, e la Vita della venerabile madre Orsola Benin- casi, presso Decio Cirillo 1648. Se l’ autorità degli arcivescovi potea aver peso alla simulazione della data dei sinodi, ì privati non poteano certo avere questa autorità, e nessun tipografo potea presumere di far comparire come edizione monrealese un libro stampato in Palermo. La Trutina del Chiavetta nel frontispizio porta lo stemma dei pp. della Compagnia di Gesù e l’Zmprimatur a nome del Provinciale De Denti e del V. G. Giuseppe Abb. Gorio: e Ja Vita della Benincasa uscì in un bel volume in foglio di pag. 380 nel 1648 da colui che pochi anni prima, nel 1642, coi tipi dello stesso Cirillo avea pubblicato in Palermo la sua opera: Stimulus fidei, sive de obligatione revelandi haereticos seu de haeresi suspectos: item de correctione fraterna. Del secolo XVI abbiamo due edizioni monrealesi, quella del 1554, colla quale l' Anay pubblicò le Costituzioni Sinodali di Alessandro Far- nese, cardinale di S. Chiesa, e la Regola del padre S. Benedetto tra- dotta in lingua volgare per ordine di Monsignor Luigi De Torres, ar- civescovo di Monreale, presso gli eredi Mayda 1582. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA I 1) Del secolo XVII ne abbiamo cinque: Tre Sinodi Diocesani, tenuti in Movreale dall’ arcivescovo Girolamo Veniero nel 1623, presso An- gelo Orlando; da Domenico Cosmi cardinale, nel 1638, presso (Gio. Batt. Maringo; e da Francesco Peretto, cardinale, nel 1653, presso Pietro del- Isola; più le due opere sopra citate, quella del Chiavetta, e la Vita della Beata Benincasa. Noi ci restringeremo a far cenno solamente di due edizioni, cioè di quella del 1554 e di quella del 1643, perchè la prima è la più antica che conoscesi pubblicata in Monreale, e la seconda non fu mai sin oggi de- scritta. Le Costituzioni Sinodali del Cardina'e Farnese arcivescovo di Mon- reale, ma residente in Roma, furono compilate da Monsignor Antonio Fassede suo Vicario Generale. Le pubblicò Antonio Anay messinese che venne in Palermo nel 1550, e solo o consociato ad altri stampatori esercitò l’arte sua sino al 1560. È un libro in 4° car. rom. con numeri arabi al recto, senza rich., con segni. La carta è bella, lucido ]’ inchiostro e non pochi fregi È notevole, dice il Pennino (Catalogo ragionato v. I; pag. 169), che in queste Sinodali Costituzioni si trovino le Admoritiones intorno ai Sa- ceramenti del Battesimo, Matrimonio, Eucarestia ed Estrema Unzione, scritte in volgare, al contrario di tutti gli altri Sinodi, nei quali sì trovano quasi sempre scritte in latino. Nè è meno notevole che la lingua di dette Admorziziones non sia del 1554 epoca della stampa, ma di tempo assai più antico, quando nella scrittura dominavano le forme del dialetto siciliano. Gio. Batt. Chiavetta fu dottore in teologia, palermitano, insigne nelle lettere e nelle sacre scienze, per le quali fu nominato Canonico, e quindi Vicario Generale dell’ arcivescovo di Monreale. Tra le altre sue opere scrisse la Trutina per difendere il libro dell’illustre Giuseppe Ballo, di nobile famiglia palermitana, che portava il titolo: Enigma dissolutum, de modo ewistendi Christi Domini sub speciebus panis et vini in au- gustissimo Eucharistiae Sacramento, libro stampato in Padova nel 1640 dopo trent’ anni d’ indefesse meditazioni. Il Ballo sostiene la seguente tesi: La specie del pane e del vino, che si dice restare dopo jla consa- grazione nella messa, non significa remanere in rerum natura, cioè nella natura di pane e di vino, ma nella sola reale apparenza di pane e di vino, secundum esse sensibile, procedentem efjective a Christo Do- mino. 6 LA STAMPA SICILIANA Il Chiavetta divide l’opera sua in due parti: nella prima sostiene la tesi del Ballo e la proclama immune da ogni censura, nella seconda espone le ragioni che la rendono accettabile. La difesa del Chiavetta fu bene accolta dai qualificatori della S. Inquisizicne, e da non pochi teologi, i cui nomi sono declinati in calce del libro, ma ciò non ostante fu messa all’indice dei libri proibiti con decreto del 1683. L’ edizione è bella, in 4° car. rom. con num. arabi, carte 91: le pa- gine sono tutte inquadrate, con non poche lettere iniziali ben fregiate, con rich. Nel recto dell'ultima pagina si legge: Laus Deo et Beatissi- mae Virgini sine labe conceptae. Finis, a cui fa base un bel rabesco a cono rovesciato. Il Jibro uscì nel 1643 dai tipi di Pietro Scaglione, il cui nome si riscontra di rado, forse in tre o quattro opere stampate in Palermo dopo il 1640. L’opera del Chiavetta è citata dai nostri bibliografi, ma non mai de- bitamente descritta. II. La stampa in Catania. La stampa in Sicilia nei suoi esordì fa nascere due osservazioni, la prima che sia stata introdotta per opera dei magistrati municipali, uon di privati, e la seconda che le primizie non furono, come altrove, bibbie, salterii, libri ascetici, devoti ecc. ecc. ma libri di prammatiche, di concessioni, di privilegi, di statuti, e via via. Il Municipio di Catania gareggiò con quelli di Palermo e di Mes- sina per aprire le porte al nuovo trovato del Guttemberg, e quando si chiamavano da Alemagna gli Uyel e gli Scomberger, invitò di buona ora, verso il 1474, l’ insigne tipografo Enrico Aldingh. Se non che gli sforzi del primo magistrato della illustre città fallirono, e l’ Aldingh fu obbligato a recarsi in Messina ed in Napoli ove ebbe miglior fortuna. Fallito il primo sforzo la stampa lottò per più che un secolo per trovarvi posto. E l’ ebbe non prima del 1623 dai tipografi Francesco Petronio e Giovanni Rosso da Trento, fondatore della stamperia militel- liana sotto gli auspicîì di Francesco Branciforte, Principe di Pietraperzia, marito di Giovanna d’ Austria. Però prima di quest'epoca la stampa, quasi meteora, apparve in Ca- tania con sì eccezionali circostanze, che meritano di essere narrate, FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 7 molto più che sin oggi la storia non ha pronunziato sull’ assunto l’ul- tima parola. Uno dei più insigni giurisperiti catanesi fu Ciuseppe Cumia, il quale, giovane tutt’ ora, illustrava le dottrine de Successione feudalium sul cap. Si aliquem di Alfonso, e sulla Prasse e sui Comentarii del Sin- dacato, lodato al cielo dal Pirri, dal Borello, dal Cutelli, dall’ Intriglioli, dal Grossi, e dal Carrara. Quando le due opere erano al termine, perdeva immaturamente la moglie Agata, sventura che lo immerse nel più ineffabile dolore. Ab- bandonò allora i libri legali, e quasi per lenire le ambasce dell’ animo, si diede a serivere alcune dolorose ed aspre rime non con intento di potersi per via di quelle ornzar le tempia di verde alloro, nè di sacro ed immortale diadema di memoria eterna, ma per isfogar in parte lo acerbissimo ed intollerabile suo dolore (Prefazione al libro delle Rime). Le sue rime sono infatti Sonetti e Canzoni, che ricordano in mille guise I’ amata donna, alla quale, novello Petrarca, le indirizza : Ite, sacri sonetti, ai duri marmi Là ove è ascosto il mio chiaro tesoro. pag. 34 verso —E a pag. 64: Ite rime dolenti al sacro tempio Sul bianco marmo dell’ oscura tomba. Nè sapremmo dire con quali tinte sieno delineate le rare doti e le bellezze di lei, Che Diana vincea, vincea Narciso; E uscendo apriva in terra il Paradiso. (pag. 12) Scorrevano i mesi, nè il Cumia aveva cavato dalle sue Rime il sol- lievo al quale aspirava. Seuza di esse dice che la morte lo avrebbe spento: Che se ciò non facea, vi dico in vero, Di dolor saria stato morto e spento. (pag. 6): ma la pace dell’ anima non tornava. Pensò allora di darle alle stampe. Aveva dubbii se la pubblicazione di esse Sarà sua ricchezza o sua ruina, Immortal gloria o perpetua vergogna (pag. 62); ma vagheggiava non pochi frutti da questa nuova impresa. 8 LA STAMPA SICILIANA Però come stampare l’ opera se in Catania mancavano tipografie e tipografi? Ebbene, disse il Cumia : Mi delibero andar verso Messina. (pag. 62 verso). Ed in quella città non solamente trovò stampatori, ma di tal cor- tesia, che si obbligarono a trasportare in Catania, in casa di lui, la ti- pografia, ed ivi pubblicare le opere sotto gli occhi dell’ autore: Fo il patto, pago l’ arra, e poi men’ ando E li strumenti del stampar mi porto. (pag. 62 verso). Ed ecco sorta in Catania una stamperia per opera d’un privato, quella stamperia che non potè impiantarsi nello scorcio del secolo XV per opera del magistrato municipale. Narra il Cumia che i tipografi messinesi per primo impresero la stampa del libro delle leggi, cioè di quello de successione feudalium. Nè egli si stette colle mani in mano. Avea la comodità di tipografi in casa, e sopra tutto lo sfrenato natural desio d’imparar sempre nuove cose (Prefaz.). Ne profittò, e ben presto divenne esperto tipografo, tanto che mentre gli stampatori messinesi attendevano a comporre e spedire l'opera legale, egli colle proprie mani dava opera a stampar le Ame. (Pref.) I tipografi stranieri vedendo in quel punto che il Cumia gareggiava con loro nell’arte tipografica, risolvettero di sbarazzarsi della stam- peria, e dopo un anno di dimora in Catania tornarono in patria. Quattro segni dal cielo rived’ io Che le quattro stagion dell’anno sparte, E il stampator mi dice, frate, a Dio, Vende la stampa e dal mio hostel si parte. (pag. 62). Ed ecco il Cumia da scrittore fatto tipografo : E stampator son fatto dì Dottore. (pag. 63 verso), forse ricordando l’ esempio del messinese Gian Filippo di Lignamine, il quale, in Roma , sotto la protezione di Sisto IV, di cui era medico, esercitava |’ arte tipografica per dare alla luce le sue opere. ( E per non dividere con altri l’ onor dell’ impresa, o perchè altro ajuto vide nullo o raro (pag. 68), prima si sbarazzò di un destriero , che gli era caro più di Frontin, Bogliardo, e Brigliadoro (pag. 63) ma. FUORI DI PALERMO E D) MESSINA 9 non men pesante; si attorniò del figlio, del servo e della fantesca. Il figlio con |’ Ethiope e col moro (pag. 63 cerso) distribuendo il lavoro: lo compongo e stringo nel telaro, Ea scompor giusto il figlio attende e mira, L’ancella per l’ inchiostro, e il servo tira. (pag. 64). Insomma il Cumia era il compositore, il servo e la fantesca i tor colieri, ed il figlio lo scompositore dei caratteri. E da questi tipografi di nuovo stampo vennero fuori in bella carta, abilmente corrette, le Rime, a 20 aprile 1563, in 8° car. cors. con num. arab. al recto, con rich. e segnature, carte 67. Sono dedicate a Cesare Lauria, affinchè non si presentassero al pubblico ignude e senza difesa. De successione feudalitum in dicem. 1563 in f.° car. rot. con num. arab. al recto, con segni e richiami, carte 452. L’opera è dedicata a Re Filippo II, con un’ epistola dell’ autore che porta la data di Catania XVIII Kal. Januarti, anno a Christo nato MDLXIII Ind. VII. Practica Syndycatus; in settembre 1568, in 8° car. rot. con num. segni e rieh. carte 272. È dedicata ad Ardrea Alduino. Le tre opere portano nel frontespizio: Catinae apud eundem auctorem, impressorum defectu, propriis manibus, solum Alexandro filio adhue impubere, servo et ancilla. Le tre opere, anche nell'Isola, sono rarissime, specialmente le Rime. Del trattato de Successione feudalium sì tirarono mille copie, e tut- tavia gli esemplari si contano sulle dita. Peccato che il Cumia, appena pubblicata l’ultima opera, fosse chia- mato in Palermo ad occupare il seggio di consigliere della Magna Regia Curia; il che fu cagione che la stàmpa catanese morisse nella stessa casa ove nacque, senza che alcuno ne raccogliesse l’ eredità, nemmeno il figlio Alessandro, benchè collaboratore dei padre. III. La Stampa in Girgenti. Per opera dei Vescovi diocesani fu introdotta in Monreale la stampa, e per opera dei medesimi fu accolta in Girgenti. Se non che in Monreale i prelati invitavano i tipografi della vicina 3 10 LA STAMPA SICILIANA città di Palermo per dare alla luce le loro costituzioni sinodali, come abbiamo osservato (V. sopra). In quella vece un Vescovo di Girgenti impiantò nel suo palazzo una stamperia propria , che fu chiamata 7y- pographia Pontificis. — Typographiam Agrigenti constituit (Rocco PirRrI, Stc. Sacra Pan. 1630, vol. pag. 315); e da essa vennero fuori opere filologiche e letterarie. Il Vescovo benemerito fu Giovanni Orosco Toletano, il quale, da Arcidiacono di Cornovaglia, nel 1594, fu promosso alla sede vescovile di Girgenti. Sotto la dominazione Spagnuola spesso i Vescovi per le diocesi Si- ciliane venivano scelti fra il clero di Spagna. Infatti nella seconda metà del sec. XVII precessero l’ Orosco tre toletani, Giambattista De Osseda nel 1572, Giovanni Raxas nel 1576, e Diego De Haedo nel 1585. Ed è notabile che in quel torno due insigni prelati toletani dello stesso nome di Orosco furono in Sicilia, cioè: Francesco De Orosca arcivescovo di Palermo nel 1559, ed un nipote di lui Giovanni Orosco de Arzes, il quale fu Vicario Generale in Palermo, indi Vescovo di Siracusa, e poi di Ca- tania nel 1562. Il suo ritratto, con lunghi baffi e con fisonomia accen- tuta, si conserva nell’ aula capitolare del Duomo di Palermo colla se- guonte iscrizione : Joannes Orosco de Arzes V. I. D. origine Hispanus, patria Sco- lunensis, privilegio Panormitanus S. Pan. Ecce. Canonicus et Vica- rius Generalis, Regni Siciliae Inquisitor, Syracusanae ac demum Ca- tinensis Ecclesiae Episcopus, fato cessit anno 1576, mense martij, dic. 28. L’Orosco di Girgenti era uomo di lettere, ed in Sagovia, sua patria, avea pubblicato alcune opere, fra le quali: De la Varderera y falsa profecia. Sagovia, 1588; Emblemas morales. In Sagovia, 1588; Ca- racosa 1603-1704; Paradoxas Cristianas. Sagovia, 1592; ed aveva scritto: Symbola sacra ad Clementem VII, e Consuelo des Affigidos. L’opera sua prediletta era quella degli Emblemi, dettata in poesia, -e divisa in tre libri, il primo dei quali contiene i prolegomeni, il secondo ed il terzo 50 emblemi per ciascnn libro, in tutto 100; la più parte in ottave, e taluni in sonetti.‘ . È notabile che un fratello del Vescovo, Sebastiano Orosco, celebre letterato e linguista, volle scrivere un’opera dello stesso titolo di quello di Giovanni, e fu pubblicata in Madrid, nel 1610 in 4°, e divisa in tre centurie. Le copie tra noi sono rarissime: per caso ne fu trovata una nella Biblioteca civica di Castellammare del Golfo, senza frontespizio, FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 41 che è stata illustrata dal nostro amico Francesco Mirabella. Messe a confronto le due opere, quella del Vescovo con cento emblemi in ottave ed in sonetti, come abbiamo detto, e quella del fratello con trecento, tutti in ottave, il Mirabella trova più spontanee e poetiche le ottave del Se- bastiano, e le preferisce a quelle di Giovanni. L’Orosco impertanto pensò di far tradurre in versi latini i suoi Embleni, e chiamò in Girgenti Sebastiano Bagolino d’ Alcamo pittore, musicante e poeta insigne, il quale compì felicemente e splendidamente il lavoro sotto gli occhi dell'autore, nel corso di un anno, dalla metà del 1595 alla metà del 1596. Allora nacque grave nimistà tra il Vescovo ed il traduttore, il quale, credendo di essere stato defraudato della mer- cede dovutagli, se ne doleva scrivendo di non essergli rimasto altro di un anno di indefesso studio in Girgenti, che il calamaio e la penna, che conservava come memoria. L’Orosceo per questa nimistà pensò un momento di stampare a nome suo la traduzione dell’ opera; ma con miglior consiglio la mandò fuori senza nome del traduttore col titolo: Emblemat: moralia D. Jo- annis Oroschy Cavaruvias et Leyda Episcopi Agrigenti ex Hispana lingua latino carmine reddita. Agrigenti, 1601, in-8°. Antonio (Bid. Hisp. vol. I, pag. 542) dice di essere stata pub- blicata col testo originale in fronte: Latine reddita sunt simul cum Hispano authentico. La pubblicazione dell’ opera suscitò in Girgenti odiose recrimina- zioni, che andarono sino al trono di Clemente XII, il quale la inter- disse dietro diligente e coscenziosa inchiesta, e la fece bruciare in pub- blico. Se non che il Vescovo si trasferì in Roma, si scagionò della calun- niosa imputazione, ed ottenne la revoca dell’ interdetto. Le copie però furono talmente disperse o distrutte, che non se trovano nè dentro, nè fuori Sicilia. In questa Biblioteca civica si conserva un manoscritto, che è stato creduto un saggio delle versioni del Bagolino. Sono nove gruppi di quattro distici per ciascuno, che si supponevano essere la traduzione di nove ottave dell’ Orosco. (V. MiraBELLA. Nuove eff. siciliane. Vol. II, pag. 269. Ugo ANTONIO Amico. Sebastiano Bagolino, pag. 33, Palermo, Amenta 1880). Però noi le abbiamo diligentemente confrontate coll’ origi- nale spagnuolo, e i distici del ms. non rispondono al medesimo, talchè viene di peso a cadere quella supposizione, tramandata da più secoli sino a noi. 12 LA STAMPA SICILIANA Nello stesso anno 1601 e dalla medesima tipografia Agrigentina furono pubblicati del lodato Vescovo i Sacri Simboli, dedicati a C'e- mente XIH, in 8°. Che i Sacri Simboli siano opera diversa dagli Emblemi morali; che le due opere siano uscite dalla penna dell’Orosco, e che siano state tradotte in latino e pubblicate in Girgenti, è certo: il Mongitore, il Maz- zuchelli, Antonio sono concordi nell’ affermarlo; nè sappiamo com- prendere come i’Ortolani le abbia creduto stampate in Palermo (B7bli4- teca degli uomini illustri Siciliani, Vol. IV — Bagolino). Ma che la versione latina appartenga al Bagolino, come taluni credono (Mazsu- chelli, Antonio ecc. ecc.), è più che incerto; imperocchè il poeta Alca- mese nei suoi scritti non lasciò traccie, nè fece mai cenno dei Sacre Simboli, e molto meno di averli dallo Spagnuolo tradotti in latino. Nell’ anno appresso (1602) la tipografia agrigentina del Vescovo pub- blicò l’opera del sacerdote Vincenzo Littara, col titolo: Donati majoris Rudimenta, ubi eractissima nominum, pronominum et verborum de- clinatio traditur cum delucida praeteritorum supinorumque forma- tione. Agrigenti, 1602, in-8°, ex typographia Pontificis. Il nome del Littara è noto nella repubblica letteraria per opere pre- gevoli di Filologia, di Storia e Filosofia, date alle luce in Sicilia e fuori. Il Vescovo Orosco, mosso dalla fama di lui, lo chiamò in Girgenti , lo promosse al delicato ufficio di Parroco, e lo ebbe confidente e commen- sale, finchè cessò di vivere in detta città, nel maggio del 1602. ll Littara avea pubblicato non poche opere filologiche, cioè: De li teris et ancentibus. Pan. Apud Maydam, 1572.—/n Vitum Chiappisium Apologia et de iis quae in Grammatica et Dialettica Chiappisius er- ravit. Venetia, 1584.— C mpendio e chiara introduzione della gram- matica in lingua volgare con un trattato sugli accenti ed un discorso sulla punteggiatura. Pal. presso De Francisci, 1599. — Grammaticae Dialogi a Vincentio Littara de lingua latina benemerentissimo, tertio recogniti. Pan. apud de Francisci, 1601 — trattati di simile argomento o tema rimasero manoscritti. L’opera venuta fuori in Girgenti comenta ed illustra la celebre Gram- matica di Elio Donato, insigne filologo Romano, lodato da S. Girolamo ‘ che l ebbe maestro. ll libro del Donato sulle parti dell’orazione è stato riprodotto, comentato, abbreviato in cento modi (V. Grammatici latini ex recensione Henrici Keilii, Vol. IX). In Palermo coi tipi di Sebastiano Toscano, nel 1721, fu impresso un Donatus accuratissime castigatus: un graziosissimo volumetto in FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 13 12°, di pag. 56, senza numerazione, per uso delle scuole dei PP. (Ge- suiti. L’opera del Littara è rarissima, nè si trovano esemplari, esauriti o dispersi quelli della edizione agrigentina. Antonio, nella sua 2B(5/. Hisp. (Vol. I, 543), cita un’ altra opera del Vescovo Orosco, stampata nel 1605, in lingua Spagnuola, in Gir- genti: Consuelo de Affligidos. Tip. Pontificis, in-8°. Malgrado l autorità del compilatore della Biblioteca Hispana, ab- biamo fondati dubbi per non riconoscere come incortrastabile l'edizione sopra citata. Niuno dei nostri bibliografi ne fa parola, oltrechè si tratta di pubblicazione in lingua originale, mentre le due opere impresse in Girgenti furono traslatate in latino. Si aggiunga che il Vescovo Orosco, causa le lotte sostenute per la stampa della versione degli Emblemi morale, lasciò Girgenti verso il 1603, e non più ritornò, avendo ottenuto nel 1605 la traslocazione nella sede vescovile di Cadice da Papa Clemente XII, annuente Re Filippo II. Non è dunque probabile che nell’assenza dello autore, nell’anno stesso in cui era insediato in Cadice, la tipografla Agri- gentina avesse publicato una nuova opera di lui. Del resto è certo che andato via l’ illustre Vescovo Orosco, la sua stamperia fu chiusa deffinitivamente. Infatti le costituzioni sinodali dei Presuli successori furono impresse in Palermo, quelle di Vincenzo Do- nincontro nel 1610, coi tipi di Giovanni Antonio de Francisci, quelle di Francesco Traina nel 1638, coi tipi di Decio Cirillo, e quelle di Fernando Sanchez nel 1655, coi tipi di Nicolò Bua. La stampa riapparve in Girgenti una sola volta dopo un secolo, per un solo libro, cioè nel 1704, quando Velice Marino, tipografo Palermi- tano, sotto il vescovo Francesco Ramirez da Toledo, stampò ivi le sue costituzioni sinodali. Dobbiamo deplorare che le stampe agrigentine del principio del se- colo XVII siano andate smarrite, compresa quella dell’ illustre filologo Vincenzo Littara. La sola rimasta, ed è rara, è questa del 1704, di Fe- lice Marino, sotto il Ponteficato di Francesco Ramirez. È in 8° di pag. 155, in bella carta, con lucido inchiostro : il fron- tespizio è decorato delle armi vescovili col motto « Pastor ovium», € col titolo: Constitutiones Dioccesanae Synodi Ill.mi et Rev.mi D.nt fr. Francisci Ramirez er pruedicaioruni ordine, Dei et Apostolicae Sedis gratia Archiepiscopi, Episcopi Agrigenrtini Catholicae Mafestatis a consiliis celebratae, anno Domini MDCCIII. Sono divise in cinque parti: 14 LÀ STAMPA SICILIANA 1. De fide catholica; 2. De Sacramentis in genere; 3. De celebratione missarum; 4. De parochis, aliisque curam gerentibus animarum; 5. De visitatione. Dalle costituzioni sopra cennate si rileva come il Ramirez si fir- masse col titolo di Archiepiscopus, Dei et Apostolicae Sedis gratia Episcopus Agrigentinus. I lettori ricorderanno che egli nella lotta tra la Santa Sede e i reali di Savoia pei privilegi del Tribunale di Monarchia in Sicilia, fu espulso dall’ Isola. Prima di lasciare la sede scomunicò i ministri di Re Vittorio Amedeo, e con editto de’ 28 agosto 1713 fulminò l’ interdetto alla chiesa ed alla Diocesi di Girgenti. (V. Di Marzo. 24700. Storica, Serie II, Vol. VIII, pag. 131). IV. La Stampa in Mazara, in Cefalù, in Siracusa, in Polizzi. I bibliografi, dolenti di veder rinchiusa la stampa siciliana del secolo XVI e XVII in Palermo ed in Messina, hanno creduto di trovarla im- piantata in Mazara, in Cefalù, in Siracusa, ed in Polizzi. Saremmo lieti se potessimo ammettere questa credenza, che è infondata ed immagi- naria, come vedremo, interrogando la nostra storia bibliografica. Mazara. Si cita un libro di Andrea Corvo da Carpi, impresso in Marzaria, che altri traduce per Mazara, paese che diede il nome ad un de’ tre Valli, nei quali in antico l’ Isola fu divisa. Ha per titolo : Opera nova habita alla Miranlola, tratta dalla Chiromantia, impressa in Marzaria a la libreria del Iesus appresso San Julian ad istanzia di Nicolò et Domenico Fradeli. Il libro è assai raro', e nel principio del sec. XVI fu tradotto in francese col nome dell’ autore sformato in Andrieu Corum (V. Brunet, II, 344). Il Marzaria, fu preso per un paese e, fu ritenuto appartenere al nord della Penisola (V. Deschamps-Geograph. à l’usagé du libraire, p. 809). Ma invece d’ un paese la parola indica una strada della città di Venezia, in dialetto chiamata Marzaria, cioè Merceria, ove sì vendono merci, e che comincia dall’orologio di S. Marco, passa innanzi alla chiesa di S. Giuliano e pel ponte dei berrettai, va pel Santo Salvatore e finisce nel corso di S. Bartolomeo (V. BoerIo, Diz. del dialetto Veneziano). In questa strada appresso la chiesa di S. Giuliano, esisteva la ti- FUORI DI PALERMO E DI MESSINA JIs pografia del Gesù (V. PANZER) nella quale ad istanza dei /radeli (fra- telli) Nicolò e Domenico fu impressa | Opera nova habita alla Ai randola. Chiarito l’equivoco, Marzaria non può essere confusa con Masera, nè questa città può vantare tipografie ne’ primi secoli della stampa, non avendone avuto mai tracce. Infatti i vescovi mazaresi ne’ due secoli XVI e XVII pubblicarono le loro costituzioni sinodali, ma non in Mazara, ove mancavano tipografie locali, bensì fuori diocesi. Le Costituzioni del vescovo Antonino Lombardo e del suo succes- sore Bernardo II. Guasco furono stampate in Palermo nel 1575 da G. Antonio Maida, e nel 1585 da Giovan Francesco Carrara. Le Costitu- zioni sinodali de’ vescovi Marco la Cava e Giovan Domenico Spinola videro la luce nella stessa città nel 1624 coi tipi di Angelo Orlandini, e nel 1741 con quelli di Pietro Coppola. Vennero in seguito i sinodi di Bartolomeo Castelli e di Alessandro Caputo, ed uscirono in Trapani dalla tipografia di Bartolomeo Di Franco (V. EvoLa, Storia tipografica letteraria ec., p. 150. Cefalù. Troviamo un libro che porta la data di Cefalù, città del Val Demone, impresso da Altaliba Leontini nel 1641. Ne abbiamo sot- t occhio un bello esemplare, diviso in tre parti: la prima parte tratta del soldato Monferrino, scritta dal capitan Verità : la seconda è intito- lata : Lo scudo e l’asta del soldato Monferrino, impugnati alla difesa del suo politico sistema contro l’ istorico politico indifferente Colle- nuccio Nicorleonte con un discorso politico sopra i correnti affari d’ Italia; e la terza: Osservazioni sopra l’Istorico politico indifferente collo stesso nome di Nicocleonte. Il libro è in 4°; la prima parte in car. tondo piccolo di pag. 40, la seconda e la terza sono in car. rom. in- tercalato col corsivo, luna di pag. 194, e l’altra di pag. 275. L'edizione è riportata da Falkenstein, Haym, Beluze, Bulteau, Melzi ed altri: i nostri bibliografi l omettono. Ciò induce il sospetto che il libro non sia uscito in Sicilia, e molto meno da autore siciliano. Il sospetto è ribadito da’ nomi Capitan Ve- rità, Nicocleonte, Altaliba Leontino, che sono pseudonimi non nomi di autore e di tipografo. Nei primi secoli della stampa non esistevano tipografie in Cefalù, e l’ opera in esame è tale, specialmente il Discorso politico sopra i cor- renti affari d’ Italia, che esclude qualunque probabilità di essere uscita da penna siciliana. 16 LA STAMPA SICILIANA Dalle ricerche dell’Armellino, dell’ Affò , e del Pezzana (4) risulta : 1. che in principio fu pubblicato un libro col titolo: 1’ storico Monfer- rino, scritto da Vittorio o Vittorino Siri, abate cassinese, che prese il nome di Capitan Verità; 2. che al Siri rispose il padre Cesare Goto, tacendo il suo nome; 8. che lo Scudo e l asta del soldato Monfer- rino e le Osservazioni sopra l’ Istorico politico indifferente turono scritti come controrisposta dal citato Siri sotto lo pseudonimo di Alta- liba Leontino; 4. finalmente che non in Cefalù vennero alla luce i libri ma in Venezia da un tipografo di Vivazzano. Ma perchè la falsa data di Cefalù, paese ove non esisteva stampa? perchè gli anonimi e i pseudonimi? Lo scopo è evidente: si volevano nascondere i veri nomi degli autori, quindi si ricorreva alla falsa data della stampa, ed ai falsi nomi dei tipografi; e sorgevano in mezzo: Ce- falù, Capitan Verità, Collenuecio, Nicocleonte, Altaliba Lentino ecc. Siracusa. Anche a Siracusa sì è voluto dare l'onore della stampa forse in omaggio della splendida sua storia, e dei suoi non meno splen- didi monumenti. Ma dove trovarne le prove? Cerca, cerca ed eccoti in mezzo un dramma : L’ idolatria abbattuta nel trionfo della vergine S. Lucia siracusana del Sac. Carlo Musarra messinese, sotto il nome accademico dell’ Estinto. Siracusa, 1684, in 8°. Abbiamo frugato i trattati bibliografici così nostrani che stranieri, ‘e non si trovano indizi di questa edizione siracusana. Ne fa parola il Melzi (Vol. II, p. 8), lasciando correre la data del luogo senza osser- vazione di sorta. Il Deschamps al contrario, citando il Melzi, la ritiene come edizione puramente immaginaria (Syracuse, p. 1241). I nostri bibliofili, il Mongitore , il Narbone, il Mira, non si occu- pano di Siracusa, ma registrano l’ edizione colla data di Messina, uscita fuori nel 1671 coi tipi di Domenico Costa. Ne abbiamo avuto in mano alcuni esemplari, ed abbiamo dovuto convenire coi prelodati scrittori, che il libro uscito dalla penna d’ un messinese, fu pubblicato coi torchi di Messina. Forse perchè il tema del dramma è il trionfo d’ una Santa siracu- sana, si prese argomento a creare un’ edizione di Siracusa; infondato argomento, del quale è superfluo seriamente occuparci. | Polizzi. Finalmente troviamo un paese ove la stampa fu accolta incontrastabilmente. In Polizzi, a cui si dà il soprannome di Generosa, (1) Armellinus. Bib. Cass. par. I, IL Victorius Siri—Affò, Memorie degli seritori par- mensi—Pezzana, continuazione de’ medesimi: — Melzi; Opere anonime e pseudonime, Col, lenuccio FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 17 comune nella provincia di Palermo, da cui dista 30 Kil. per sorte mise piede nel principio del secolo XII il padre Gandolfo da Binasco, piccola terra non lontana da Milano. Predicatore insigne dell'ordine dei minori di S. Francesco, fu tosto acclamato per la sua eloquenza, ma più di ogni altro per la santa sua vita. Tranne poche escursioni in Palermo, ed in Castelvetrano, fermò dimora in Polizzi, sua vera patria di adozione, ed ivi morì nel 1260 (1). La vita di lui è meravigliosa per le austerità, alle quali si sobbar- cava, per la carità verso i poveri, pel dono dei miracoli, di cui Dio lo insignì. Polizzi Io elesse a potrono, lo accolse festosamente nella sua maggiore Basilica, e tributogli un culto speciale, anche prima della ca- nonizzazione. Il Processo per questa canonizzazione fu affidato a Stefano Munyera, dotto teologo toletano, appena fu promosso al vescovato di Cefalù. E di questo processo fu compilata la storia per cura del magistrato mu- nicipale polizzano, il quale volle l onore di darlo alla stampa sotto gli occhi della cittadinanza plaudente, chiamando da Palermo il tipografo Alfonso dell’ Isola. 1 L’ edizione se non bella è corretta, ed uscì con elegante frontespizio, preceduto dall’ immagine del Santo, coll’ epigrafe, Sanctus Gandulphus, adorno dell’ armi del vescovo Munyera, e coi nomi dei governatori e pro- curatori della Cappella del Santo, Antonio Eban e Cardona, e Francesco Rampolla, e con quelli dei giurati, Ascensio Mancuso, Giorgio Callegra e Michele Saporito. Il processo del Santo raccoglie la storia della sua vita e della sua morte, la narrazione dei suoi miracoli, sormontata dalla sua imagine in- quadrata in graziosa cornice colla leggenda: S. Gandulphus Protector Ci- vitatis Politit. Porta il seguente titolo: Processus auctoritate ordinaria et delegata a S. Sede Apostolica, formatus per Ill.” et Rev.® . Fr. Dom. Stephanum Munyera, episcopum Caephaludensem supra san- ctitate vitae, miraculis, et veneratione pia memoriae B. Gandulphi Bi- nasco, patroni generosae Civitatis Politii, ord. min. S. Francisci — Politi apud Alphonsum dell’ Isola MDCXXXII superiorum per- missu. Car. rotondo, con rich. in 8° di pag. 336. I giurati, in una speciale avvertenza in forma di prefazione, notano due cose, 1. che gli errori della. stampa occorsi sono al meglio che si (1) Gaverani, Vitae SS. Siculorum. Vita B. Gandulphi, p. 209. 18 LA STAMPA SICILIANA è potuto, corretti, 2. che lasciano pubblicare l’edizione fronca, con ogni brevità, in lingua latina per non ritardare la stampa dell’ importante Processo, promettendo di riprodurla appresso in miglior forma; pro- messa non mai mantenuta. Le copie del libro sono rare. Noi per fortuna ne possediamo due, una delle quali rilegata riccamente coll’ impronta dello stemma geneo- logico di qualche magnate, al quale era destinato. V. La Stampa in Militello ed in Mazarino. Conforme all’ esempio del vescovo Giovanni Orosco, che nel prin- cipio del Sec. XVII fondò una stamperia in Girgenti, proprietà privata, che nacque e morì con lui, sorgono nello stesso secolo due tipografie egualmente private in due piccoli paesi, in Militello, provincia di Catania, la terra del miele, ed in Mazzarino, provincia di Caltanissetta, l’antica Macarina di Tolomeo, l’uno e l’altro in Val di Noto. Nei due paesi le tipografie furono aperte da due patrizî siciliani, di- scendenti entrambi dalla nobilissima famiglia Branciforti, trapiantata fra noi fin dall'anno 1547, cioè da Francesco Branciforti duca di Militello, e da Carlo Carafa Branciforti, marchese di Mazarino, principe di Butera e di Roccella. Il primo nacque da Francesco Fabrizio, che dalla sposa Dorotea Barrese ereditò il titolo. Acquistò nome e fama nelle varie corti di Eu- ropa, sposò Giovanna d’Austria, e con le lettere latine e greche imparò le scienze matematiche e teologiche, la meccanica, la filosofia, l’arte mi- litare. Il secondo della famiglia di Carafa, nobilissima in Napoli, prese il titolo di Butera dalla madre. Ambasciatore straordinario in Roma, oc- cupò in Sicilia i primi posti nei consigli della corona, e nell’ Aula del municipio di Palermo. Era versatissimo nell’ oratoria, nelle lingue, nelle matematiche, in filosofia, nelle leggi. Si distinse specialmente nel calmare le ire dei Messinesi nei movimenti politici di quel tempo, e nel riparare in Lentini e in quel famoso stagno i grandi guasti del tremuoto del 1693. Forniti ambidue di così splendida suppellettile di nobiltà, d’ingegno, di studì, raccolti nelle mura di modesti paeselli, si accerchiarono di dotti e di letterati, a benefizio dei quali eressero nei loro sontuosi e baronali palagi ricche Biblioteche, alle quali aggregarono non meno ricche tipo- grafie. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 19 In Militello la stampa apparve nel 1617 e vi stette sino all’ anno 1623. In Mazarino fu aperta nel 1687 e sparì nell’ anno 1692: nei due paesi le tipografie vissero quasi un medesimo periodo di tempo, anni sette in circa. In Militello il duca trovò due terrazzani, ab. Pietro Carrara serit- tore di bella fama e Vavv. Mario Tortelli; al primo dei quali,-poeta sto- rico archeologico fu egli prodigo di patrocinio e di favori : l{beralitate ac patrocinio benevolentiam insignem Petro deterit (Mongitore, volu- me II, p. 133). Nè lo fu meno la moglie di lui, Giovanna d’ Austria che lo volle suo cappellano. . In Mazarino il principe ebbe solamente compagno un Lucio Espi- nosa spagnuolo. Nel primo paese, il tipograto che iniziò la stampa, fu Giovanni Rosso da Trento, al quale in ultimo si associò Francesco Petronio da Catania. Nel secondo l’ onore di aprire Ja tipografia fu data a Giuseppe La Bar- bera, stampatore palermitano, il quale prima era stato chiamato in Tra- pani per introdurvi l’arte tipografica, come appresso vedremo: gli cesse un fiamingo, Giovanni Wamberge. Le opere stampate in Militello furono otto, delle quali una sola del duca. Quelle pubblicate in Mazarino sono egualmente otto, dettate dal principe di Butera, tranne una sola. SUc- Passeremo a rassegna queste opere, quasi tutte importanti, comin- ciando da quelle di Militello. Le prime stampe uscite dalla tipografia militelliana appartenevano al duca Branciforte, ed eran molte. Gallo negli Annali di Messina parla di queste stampe, e le ritiene non poche, Complura inyenii sui monu- menta reliquit. Ma sventuratamente andarono tutte perdute, tranne un AU 4g solo opuscolo: de Amore honesto, senza lasciar tracce nè del numero delle medesime, nè del loro titolo. Se non che la dispersione di tante opere, che dovevano essere im- portanti, fu in parte compensata dalle stampe del Carrera e del Tortelli, tra le quali merita il primo posto quella del Gioco degli scacchi pubblicata nel 1617 in 4°, pag. 556. È divisa in 8 libri, nei quali s’ insegnano i precetti, le uscite, e i trutti posticci del gioco, e si discorre della vera origine di esso. L'edizione è bella per la carta, per la nettezza dei caratteri, per la lucidezza dell'inchiostro. Il suo amico Tortelli ad ogni libro aggiunse gli argomenti, ed in fine tre tavole da lui compilate, la prima dei nomi degli autori citati nell’ opera, la seconda dei capitoli di ciascun libro, e la terza della materia di essi. 20 LA STAMPA SICILIANA Il Tortelli in calce, e nell’anno stesso 1617 pubblicò il suo Discorso a Militello, che in seguito fu altrove stampato. Alessandro Salvio in Napoli nel 1634 diede alla luce un libro contro l’opera del Gioco degli Scacchi, ai quale nell’anno appresso rispose il Carrera sotto il pseudonimo di Valentino Vespaio. Ma non ostante gli appunti dello scrittore napoletano il libro del Gioco degli Scacchi fu generalmente accolto con plauso dai contempo- ranei, e dagli amatori che lo levano a cielo. Il Brunet lo registra con lode (Vol. I, pag. 1599) ed il Graesse aggiunge, che fu tradotto in lingua inglese, e pubblicato in Londra nel 1822 in 50 esmplari numerati (Vo- lume niprlioo)? Si crede che il Branciforte sia stato un gran giocatore di scacchi. Ignoriamo se ciò fosse vero, ma è vero che il Carrera, dedicando l’opera al suo mecenate ed amico, dichiara di averlo scritto a suo 1mpulso ed a sua richiesta (Pref. dell’ opera) ed è vero altresì che egli fu esimio in questo giuoco, nè ad altri secondo, e che in esso aggiunse impor- tanti innovazioni: In ludo fuit apprime eximius, nec sibi aequalem adinvenit, novum vero ludi genus ea in re adinvenisse traditur. (Mon- gitore, vol. II, pag. 133). Del Carrera in Militello dal 1620 al 1622 furono stampate altre tre opere cioè: 41. I tre libri di Giovanni Tommaso Moncada, conte di Adernò, traslato dal latino in italiano— Giovanni Rosso da Trento, 1620 in 16°. 2. Annotazioni e dichiarazioni sopra l’epistole di Moncada—1622, in 16°. Al Rosso in questa edizione si associa il suo discepolo nell’arte tipografica, Francesco Petronio catanese. 3. Esercitio quotidiano, col quale ciascun ora della vita si distri buisce in servizio di Dio—G. Rosso 1622 in 12°. Nel 1620 la tipografiia militelliana impresse la Prima centuria dei madrigali, composta dal Tortelli, nella quale s’° intessono le lodi del Carrera. La seconda centuria rimase inedita per la morte dell’ autore, avvenuta in Militello nel 1621. Il Carrera ne fu profondamente amareg- giato, e scrisse a memoria di lui taluni dei suoi Epigrammi (lib. II, p. 59 e 91]. III, p. 14). Nel 1623 troviamo i cennati tipografi Rosso e Petronio stretti in società nella stampa delle Costituzioni Sinodali della Chiesa catanese, sotto il pontificato del vescovo Giovanni de Torres Ossorio. Sono divise in quattro parti: 1. De fide catholica, et ad illam pertinentibus; 2. de Sacramentis; 3. de Clericis; 4. de Iudicibus ecclesiasticis. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA ; 21 L'edizione è in 4°, bella, car. rot. con richiami, pag. 224. E doloroso che la città di Catania, la quale di buon’ ora avea chia mato da Alemagna il tipografo Alding, per avere gli onori e forse li- primato della stampa Siciliana, abbia dovuto ricorrere al piccolo paese di Militello per dare alla luce il suo Sinodo Diocesano. Meno male che poco dopo entrò la stampa in questa città per non uscirne mai più. Il principe Branciforti cessò di vivere immaturamente, e la moglie Giovanna d’ Austria si affrettò ad alienare tanto la ricca bi- blioteca del marito, quanto la stamperia. I due socì tipografi acquista- rono la stamperia, e 1’ impiantarono in Catania. Il Carrera morì in Messina nel 1647 ed oltre alle opere impresse in Militello altre ne pubblicò in Messina ed in Catania, tra le quali sono notabili: Ze Memorie Storiche della città di Catania, opera assai lodata e divenuta rara (V. CLEMANT 2B/bl. cur. tom. VI, pag. 307), e la storia del Mongibello, che ebbe l’onore di essere tradotta in latino, ed inserita nel vol. IX del Burmanno e negli annali del Muratori. Da Militello passando a Mazarino animo resta confortato colle belle edizioni del principe Carafa, ivi uscite dal 1687 sino al 1692. Come sopra fu detto, le opere del duca di Militello andarono disperse, invece quelle del Carafa, benchè numerose, sono integralmente arrivate sino a noi; sicchè il Gallo potè scrivere di esse: quamplura typis mazarinensibus excussa habemus. Il Prescimone poi dedicando al Carafa la sua tradu- zione in ottava rima del poema del Cav. G. B. Marino della strage de- gl’ Imnocenti, seppe in un concetteso epigramma, posto sotto il ritratto del nobile scrittore in fronte al volume, raccogliere i vari argomenti di quelle opere: Liber qui totum coeli dirigit iter.—Horolographia solis,— Cristiana politica et politia (Panormi, 1691, apud Thomam Rommulo). A noi è toccata la sorte di raccogliere tutte queste opere, arric- chendo così la collezione della stampa Siciliana. Le cinque che descri- viamo qui immediatamente sono tutte del tipografo Giuseppe La Bar- bera (1687-1692). La prima in data del 1687 porta il titolo: Istrusione cristiana dei principi e regnanti, cavata dalla Sacra Scrittura. Tratta dei requisiti necessari ad un principe cristiano, delle virtù delle quali dev’ essere adorno, degli oneri che gl’ impone la investitura, ecc. ecc. È un bel volume di pag. 534 di testo, e 56 d’indice; notevele pei caratteri, per la carta, per la lucidezza dell’inchiostro. Il frontespispizio è preceduto da una vignetta in rame, rappresentante il re dei re, che riceve omaggio da sei coronati, ai quali son rivolte le note parole: Audite reges, auribus 6 22 LA STAMPA SICILIANA percipite principes (Iud. V.) ed è seguito da un bel ritratto del principe scrittore. Questa edizione, corretta ed accresciuta da più ragioni e penti- menti della medesima scrittura, come si legge nel frontespizio, fu pre- ceduta da una prima edizione venuta fuori sotto il nome anagramma- tico di Claroberto Carca principal cavaliere della sede, parole che si traducono in Carlo Carafa principe di Butera e di Roccella (MkLzIi, Dizio- sionario di opere anonime e pseudonime). Di questa prima edizione, oggidì rarissima, un esemplare ben con- servato si trova nella nostra biblioteca civica. È un volumetto in 8° piccolo, stampato in Napoli nel 1686 da Fran- cesco Paci, di ff. 233, dedicato Deo, ejusque genitrici Mariae sine labe concepta, divo Carolo, divo Josepho, et omnibus Sanctis. È diviso in due trattati, coforme alla seconda edizione, cioè Simbolo del principe, e vita dei principi santi. È ignoto ai bibliografi, e non mai prima di oggi descritto. La seconda opera del Carafa (1688) è un trattato di meditazione e di preghicre alla Beata Vergine Maria, chiamata hebdomada, perchè di- visa nei varî giorni della settimana. Hebdomada mariana sive meditatio- nes et preces ad B. Virginem Mariam septem doloribus tranfiram in sinjulos hebdomadae dies distineta: un opuscolo di 60 pag. in 4° con bella carta e bei caratteri, un vero tributo . di devozione alla, Vergine Addolorata, della quale il principe nel frontespizio si annunzia: magnus Matris famulus addictissimus, e le armi di lui sono impresse col se- guonte distico: Quae mea sunt prorsus compresso in stigmate me que— Stub pelibus mitto candida Virgo tuis. Nel medesimo anno 1688 uscì ;la terza. opera: L° /diota volgariz- sato: volume in 12° di pag. 719, col frontespizio in rosso; decorato dal ritratto del principe. È un libro di sante contemplazioni e di pietosi lamenti, diviso in cinjue parti. L’ autore, malgrado il vocabolo /diota, cioè ignorante, è chiamato dal Carafa dottissimo e piissimo, che nell’ opera sua svolse un tesoro di celeste sapienza, crede che nel modesto titolo si nasconda il nome dell’ illustre Raimondo Giordani., francese, canonico regolare di S. Agostino, preposito di Uzès ed abate di Berry nella Gallia Nar- bonese (V. in fine del libro). La quarta opera è del 1689 intitolata: IZ camino sicuro del 21 ovvero il modo di ben vivere per giungere all’ eterno godimento. L’opera è modellata sulle dottrine del mellifiuo S. Bernardo, sus- FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 23 sidiata dai passi della divina Scrittura, e dei padri, e si versa sulla ne- cessità che hanno i cristiani della fede, della speranza, del timor di Dio, della confessione, della comunione, dell’ orazione, e della meditazione, sulla brevità della vita, e sulla morte. Non è citata dai nostri biblio- grati. L’ultima opera publicata dal Barbera porta la data dell’anno stesso 1659, ed è la più importante tanto dal lato scientifico, che dal lato bi- bliografico. Tratta di tavole e calcoli per la costruzione di un orologio solare italico-civile, così verticale come orizzontale, orologio usato in plano, in parallello horisontali, in cylindro, in anulo, în semicirculo, ecc. Eccone il titolo: Ezemplar Horologiorum solarium civilium, duas complectens partesj Exponuntur in una verticalia, in altera varii ge- neris horisontalia. L’opera merita di essere letta e studiata, oltrechè fu data alla luce così splendidamente, che fa meraviglia come in un piccolo paese, e senza i progressi tipografici di oggi, abbia potuto pubblicarsi una edizione da disgradare le più belle dei nostri giorni. È un grosso volume in gran foglio, di carta reale, di pag. 935, cioè 720 per la prima parte, e 215 per la seconda, con molti caratteri in rosso, e con molti fregi. Precedono due frontispizì colle armi del nobile autore, il primo dei quali porta impresso in rame il suo ritratto, inquadrato in un grazioso arabesco, con al collo pendenti le armi di lui, e al disotto la lunga litania dei suoi titoli. In taluni esemplari le due prime pagine sono contraddistinte per caratteri in oro, pel titolo del libro parimenti in oro, e per la cornice del ritratto, che è lavorata in oro. Nella nostra Biblioteca oltre un esem- plare comune, se ne conserva un altro così fregiato. Compiuta questa edizione la Barbera tornò in Palermo a dare maggior movimemto alla sua tipografia, che non fu chiusa mai, mal- grado le peregrinazioni di lui, prima in Trapani, e poscia in Mazarino. Gli sottentrò qui il fiamingo Giovanni Wanberge, o won Berge, chia- mato dal Carafa da così lontana regione, come il duca di Militello in- vitò nella sua tipografia da Trento Giovanni Rosso. La prima opera col nome del Wanberge uscì nel 1690, e porta il titolo: L’ambasciatore politico cristiano, bella edizione in 4°, di pag. 218, non conosciuta dai nostri bibliografi. Il frontespizio è preceduto da una figura in rame, rappresentante l'ambasciatore cristiano, che vien coronato solennemente in mezzo a festanti ammiratori. Quest’ opera fu tradotta in lingua spagnuola da Alonzo Maurique, 24 LA STAMPA SICILIANA predicatore generale dell’ ordine di S. Domingo e stampata in Palermo, nel 1691, coì tipi di Tommaso Rummolo, e col titolo: E! ambarzador po- litico christiano traducida en Expagnol: è un vol. in 8°, di pag. 300. Nell’ anno stesso 1690 il Wanberge stampò un libretto in 4° in bella carta di f. 52 col titolo: Ephemerides Lunae motus pro dierum cri- ticorum cognitione. È sconosciuto a’ bibliografi, tranne al Narbone, che lo cita tra gli anonimi (vol. 3, p. 18). Contiene Je tavole delle fasi della luna pe’ duodici mesi dell’ anno, dedecate ai medici per conoscere i giorni critici degli ammalati, come risulta dalla prefazione, messa in fronte alle tavole. La copia che possediamo è troncata al folio 52 senza note biblio- grafiche nella pagina, che contiene il Catalogus civitatum pro differentia Meridianorum. Una copia monca perfettamente consimile sì trova nella nostra biblioteca civica. L’ operetta non porta il nome dell’ autore, ma la crediamo scritta dal Carafa, perchè pubblicata in Mazzarino e perchè il tema è di quelli, in cui il principe era versatissimo. Nell’anno seguente 1691 il Wanberge in Mazarino diede alla luce gli zi morali di Lucio Espinosa, dedicati al duca di Useda Vicerè di Si- cilia: è scritta l’opera in lingua spagnuola: Ocios morales que escrivia D. Felix da Lucio Espinosa Caballero del Orden de Calatrava: un libretto in 8°, di pag. 284, contenente 43 descrizioni simboliche, e 33 declamazioni. Probabilmente lo Spinosa era nelle grazie del Carafa ,. e gli fu permesso di stampare in Mazarino un’ opera morale, e cristiana, che fu dedicata al vicerè spagnuolo : 1’ edizione è ignota ai nostri bi- bliograti. Ci fermeremo a citare e descrivere l’ultima opera del nobile autore e insieme l’ ultima edizione uscita nel 1692, dai tipi mazarinesi, splen- dida come le prime, e ricca di fregi e di belle figure. Ha per titolo: Opere politiche cristiane, divise in tre parti. Le prime due parti sono riproduzioni del trattato sul principe istrutto dai sentimenti cavati dalla Sacra Scrittura, stampato in Napoli, nel 1686, e poscia in Mazarino, nel 1687, come sopra fu detto, e del trattato col titolo di ambasciatore po- litico cristiano, che fu dato alla luce nel 1690, e tradotto in lingua spa- gnuola nel 1691 (V. sopra) La terza parte è originale e porta il titolo di Scrutinio politico contro la falsa ragion di Stato di Nicolò Ma- chiavelli. È un grosso volume in foglio splendidamente stampato. Ciascuna parte FUORI DI PALERMO È DI. MESSINA 25 ha suo frontespizio e sua impaginazione, quello della prima parte ha le armi del principe, ed è seguito da un foglio contenente il ritratto di lui, decorato bellamente ed inquadrato; viene appresso in un altro foglio la stessa figura, che abbiamo trovato in piccolo nella edizione del 1687 coì re coronati, e coll’ epigrafe: Audite reges, auribus percipite prin- cipes. Conta pag. 158. La seconda parte è di ff. 156: il frontespizio è preceduto da un gruppo di personaggi, che fanno omaggio all’ambasciatore politico cri- stiano , il quale è in atto di essere coronato da un genio con elmo in capo. Siccome in questa seconda parte il principe è esemplizzato dalle virtù dei principi santi, cavati dalle loro vite, sono ricordati S. Enrico imperadore, S. Eduardo e S. Osvaldo re d’ Inghliterra, S. Oduardo e S. Eadmondo, martiri inglesi, S. Stefano re d’ Ungheria, S. Wenceslao re di Boemia, S. Canuto re di Danimarca, S. Luigi re di Francia, il Beato Amedeo duca di Savoia, S. Leopoldo marchese d’ Austria e S. Ferdinando re di Castiglia. i Di questi re, duchi e marchesi sono riportati i ritratti in rame in- collati ed inquadrati in fronte della loro vita. Nel frontespizio della terza parte segue un bel quadro raffigurante Machiavello convinto e giudicato da un’areopago di sapienti; Tucidide, Aristotile, Zenone, Erodoto, Epiletto, Sallustio ecc, ecc. ed è sormontato da un genio alato, che colla tromba in bocca, grida: Mackhiavello convinto. Questa parte è di pag. 134. Il Deschamps loda quest’ opera e la cita come rara dietro il catalogo del Volpi. (Opera citata Maza- rinum). IV. La Stampa in Trapani. Fa meraviglia che Trapani, antica città non molto lontana da Pa- lermo, anzi unita a questa con molteplici e stretti vincoli commerciali, illustrata da lettarati, scenziati ed artisti, che scrivevano e mandavano a stampa le loro opere, abbia tardato due secoli per raccogliere )’ arte tipografica. Se non che la colpa dei tempi, più che degli uomini, fu riparata seb- bene tardi in modo solenne dal senato trapanese , il quale v’ impiantò a spese sue la prima tipografia. Infatti le edizioni uscivan di allora e per tutto il sec. XVIII in aedibus Nlustrissimi Senatus, e la stamperia 7 26 LA STAMPA SICILIANA era dichiarata proprietà del Senato colle parole sempre ripetute: Tipo- grafia dell’ Ill. mo Senato. —Trapani per le stampe del Senato. —Dre- pani anno salutis etc. Nel ventennio del 1681 al 1700 due tipografi figurarono nelle edi- zioni trapanesi: Giuseppe Barbera e Bartolomeo Franco. Il primo avea aperto da molto tempo la sua tipografia in Palermo, nè la chiuse mal- grado la escursione in Trapani nel periodo dal 1681 al 1687. Ne è prova che in quell’epoca col nome del Barbera molte edizioni palermitane usci- vano contemporaneamente con le edizioni trapanesi. Nel 1687 questo stampatore fu invitato in Mazarino, come abbiamo detto, e cesse il posto a Bartolomeo Franco nativo di Trapani, che senza meno aveva imparato l’ arte dal tipografo palermitano. Passiamo in silenzio un terzo impressore, Giovanni Adamo, figlio forse di quel Carlo, che tenne in Palermo stamperia dal 1670 sino al 1692. Il Giovanni nel 1695 mise fuori in Trapani una sola edizione e non più riapparve. Dunque senza tener conto di costui, divideremo la storia della stampa trapanese in due periodi, dal 1681 al 1687 coi tipi di Giuseppe Barbera, e dal 1687 al 1700 con quelli di Bartolomeo Franco, il quale indefes- samente lavorando prima solo e poscia aiutato da Domenico Franco, forse figlio di lui, sostenne per più di mezzo secolo gli onori della ti- pografia in Trapani, cioè dallo scorcio del sec. XVII sino quasi a metà del sec. XVII. Nell’ altra metà uscirono in campo non meno di sei tipo- grati, due Gramignani, Antonino e Giuseppe, Gaetano Savi, Aniello De: Blasio, il Riccio, ed il Marino. Edizioni di Giuseppe Barbera. Nel 1681 la prima stampa fu ! Officium S. Joannis de Matha, quindi i Panegirici Sacri, e la Vittoria della fede, dialogo da cantarsi nella solennità dell’apostolo S. Andrea, due opere di Filippo Clementi sacer- dote e dotto teologo trapanese, chiaro per la sua sacra eloquenza, tanto che il Mongitore nota che nelle prediche era sempre plaudito: cum plausu erat auditus. Pei suoi talenti fu chiamato a Segretario. da. Assdrubala Termini, Vescovo di Siracusa, dal quale fu mandato arciprete im Car- lentini, donde: facea ND aGnIcI in Palermo ed in Trapani le sue psiche, i suoi; panegirici ed i non pochi suoi dialoghi. Nell’ anno stesso 1681 venne alla luce il Dialogo di Ottavio Statella: e Bellia da cantarsi per solennità delle quarantore. A FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 27 Dal 1682 al 1684 occorrono le opere di Giovanni Crispi, medico, figlio «i Antonio, anch’ egli medico, e zio di Antonio Riasi Crispi parimenti medico, tutti e tre rinomati scrittori. [ Crispi appartennero ad onorevole famiglia: primeggiò Autonio, sopratutto per le vicende della vita. Seguendo |’ esempio del padre studiò medicina. Di buon’'ora prese moglie ed ebbe una figlia, ma luna e l’altra immaturamente cessarono di vivere ed allora Antonio, dando un addio alle terrene speranze, indossò l’ abito di prete, e di ciò non pago, vestì il saio di S. Francesco nel convento dei Minori Riformati. Come medico fu appellato il Galero di Sicilia, chiamato a curare glin- fermi nelle cospicue città italiane, e non poche volte al di là delle Alpi, come prete e frate fu uomo di santa vita. Le prime opere del Crispi furono pubblicate in Palermo dal 1668 al 1679 da Pietro dell’ Isola. Quando la stampa fu introdotta in Trapani col nome del tipografo Barbera ne uscirono le seguenti : 1. De sputo sanguinis a corporis partibus provenientis cum tussi et sine vomitu, consultatio. Nec non in epistolas medicinales, in quibus agitur de neglecta venae sectione in febribus, vel omissa (1682). 2. Medicinalis epistola ad Grandonium Seminara, medicinae, philosophiae et chirurgiae doctorem, in qua respondetur et simul erponitur ratio curandi febres putridas per venae sectionem, et pur- gationem per alvun (1682). 3. Epistolium interrogativum in medicinalem epistolam Doctoris Antonii Crispi (Antonius Roasi 1682). 4. In medicinalem epistolam dilucidationes, el simul interrogatio- nibus respondetur per epistolium factis a philosophiae ac medicinae doctore suo nepote, Antonio Ruasi (1682). 5. De SS. Cosmae et Damiani thermalibus acquis, liber in sex divisus sectiones, in quibus earum non solum, sed etiam nonnullarum aliaruum aquarum vires ac faucultates exponuntur, et rectus admini- strationis usus indicatur, cui sunt aggregatae de ciusdes aquis a doc- tore Joanne Crispo philosophiae et medicinae aurhoris genitore con positiones (1684). L’opera De sputo sanguinis è così importante, che eziandio oggidiì può essere studiata con profitto. Se non che in essa si parla delle febbri putride, che l’ autore curava coi salassi e coi purgativi, biasimando i medici che li uni e li altri trascuravano, ovvero omettevano, neglectis vel omissis. Questo metodo, contrario a:quello comunemente adoperato, 28 LA STAMPA SICILIANA eccitò gran rumore. In sua difesa il Crispi prima scrisse l° opuscolo & Grandonio Seminara: Medicinalis Epistola, e poscia: In medicinalem Epistolam dilucidationes, allo stesso suo nipote Antonio Roasi, che non divideva l’opinione dello zio, come mostrò col suo Epistolum in- terrogativum. Le opere: De sputo sanguinis, Medicinalis epistola, Epistolium interrogativum, e In medicinalem epistolam, sono quattro pubblicazioni che s’incatenano per dubbi, interrogazioni, risposte e schiarimenti, ma scritti a vicenda da varî medici, che ricambiavano le loro opinioni con tale moderazione, da poter servire di esempio ai controversisti dei no- stri tempi. Nel 1684 il Crispi scrisse l’ opera sulle acque dei SS. Cosmi e Da- miano nei pressi di Trapani, vicino Ja Chiesetta dedicata ai citati santi, di fronte all'isola la Sicca ed alle spalle della torre vecchia, detta di S. Cosmo. Vi raccolse ciò che su questa tesi avea pubblicato il padre: De SS. Cosmae et Damiani thermalibus aquis; }’ acqua fu riconosciuta piut- tosto minerale, che termale, satura di solfuri nitrosi e salmastri: fu pre- scritta dai due medici padre e figlic con felice esito in diverse ma- lattie. Il Crispi lasciò manoscritte non poche monografie coi titoli: De fe- bribus - De Ruxibus- De crisibus - De variolis et morbillis ete. ete. Tornando al 1682 troviamo moltiplicate: l’ edizioni, la Tragedia di Giulio Cesare Bagnoli col titolo 1’ Aragonese ; il panegirico in lode di S. Rosalia di Girolamo Rondina coll’ epigrafe la trasfigurazione in Pa- lermo, e non pochi Dialoghi a quattro a cinque a sei voci, quello di Francesca Romana posta in musica da Alessandro Milani, quello sul risentimento dei Trapanesi, da cantarsi nel convento di S. Francesco di Assisi, quello di Vincenzo Giattini, il Diluvio, e finalmente le Glorie - festive, da cantarsi per la solennità della SS. Assunzione di M. V. Nel 1683 appariscono nuovi Dialoghi: il Nabucco, le Vettorie della fede da cantarsi nella parrocchia di S. Lorenzo, la Fede sempre vitto- riosa per la solennità dell’ apostolo S. Giacomo, e |’ Angelo protettore di Giuseppe Barlotta da cantarsi nell’ oratorio dell’ Angelo custude. Il 1684 esordisce colla stampa della Forza del suffraggio del citato Barlotta, da cantarsi per la commemorazione dei defunti; alla quale fanno seguito lo Specchio dell’ Innocenza in Flavia imperatrice da cantarsi nel convento della Concezione, il Mosè rel Nilo, ed il Marte martiriz- zato, dialoghi «del sopracitato Barlotta, ed i Sogni di Euterpe di Antonio FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 29 Ansaldo da Paternò, che furono scritti da Gerardo suo fratello. Conten- gono una serie di poesie erotiche in lingua italiana divise in tre parti. Parte I.: 1. Le periperzie; 2. L’ oro vilipeso; 3. Invito per serivere la vita di Bruno Vescovo di Segni; 4. La prigione; 5. La lontananza ; 6. Scilla festante; 7. La conversione; 8. L° arca Noetica ; 9. L’ esame dei morti. Parte 1I. 1. Enea in morte di Oronte; 2. Orfeo dopo la morte di Eu- ridice; 8. Simeto in morte di Alessandro Chianova; 4. Artemisia in morte di Mausolo; 5. Sicilia dolente; 6. Sogni di Euterpe. Parte III. Sonetti sacri, erotici e morali, ed infine un discorso letto nell’ accademia degl’ infecondi di Roma nel 1683. Lo stesso Gerardo scrisse il dialogo sul Trionfo della costanza spie- gato nel martirio del levita S. Lorenzo, edito nel 1685 col nome di An- tonio Ansaldo. Prima di spirare l anno 1684 venne fuori del lodato Giattini—Za Guerra iride della pace — contro i Turchi, e la liberazione di Vienna, e continuarono le opere del non mai lodato abbastanza Giuseppe Bar- lotta, della nobilissima famiglia dei Principi di S. Giuseppe. Costui volle chiudersi nella. casa dell’ Oratorio di S. Filippo Neri in Trapani, e si rese illustre tanto nella predicazione, quanto nelle lettere e nella poesia. Nei sermoni e nei panegirici, sebbene pagasse il tributo ai tempi, in cui scrivea, è lontano tuttavia dalle sottigliezze e dai bisticci del Secen- tismo allora dominante. Le poesie si distinguono per novità di concetto e per facile locuzione. Di questo scrittore sono da notarsi le seguenti opere: La forza del suffraggio, dialogo per le anime del purgatorio (1684). L'angelo protettore; dialogo per la festività dell'angelo nostro cu- stode (1685). Il morire vittorioso: dialogo da cantarsi per la solennità del glo- rioso martire S. Vittore, posto in musica dal maestro Giuseppe Luzio (1686). Il capriccio di Dio, discorso accademico per la morte di Donna Caterina Burgio e Vincenzo (1686). Le sacre veglie: ‘discorsi pei venerdì di marzo dedicati a Fran- cesco Graffeo, vescovo di Mazzara, con in fine l’orazione pei funerali di Carlo Riggio vescovo della stessa città di Mazzara (1686). Citeremo appresso le altre opere del Barlotta, venute fuori in Tra- pani dal 1687 al 1700 coi tipi di Bartololomeo Franco successore del Barbera. 8 30 ; LA STAMPA SICILIANA Ma qui ricorderemo l’ orazione funerale, che di lui scrisse Carlo. Poggio, e diede alla luce nel 1686. In quest’ anno vennero fuori dai medesimi tipi tre opere, una di Fra Benigno di S. Urbano, l’altra di G. B. Manuo, e la terza di Fran- cesco Petronio. Fra Benigno dell'Ordine dei PP. Scalzi Agostiniani, detto in Tra- pani della Madonna dell’ Itria, scrisse le Rivelazioni del glorioso S. Gaetano, fatte a lui stesso nel 1685. Il pio autore prima narra di un miracolo del Santo, poscia ricorda una visione nella quale il Santo gli imponeva di pregare il Pontefice perchè accordasse all’ orbe cattolico I’ ufficio doppio a di lui onore. Il Manno carmelitano, compose una breve Descrizione dell effigie della vergine Maria madre di Dio, e del modo come fu trasferita nel convento della SS. Annunziata in Trapani. È una storia particolariz- zata della statua della Vergine Santissima, e del suo trasporto nel Con- vento. In fronte del libretto si trova effigiata la Vergine colla epigrafe: Gloria Drepanensium. Di quest’ opera i nostri bibliografi registrano la edizione palermitana del 1643 per Decio Cirillo, e rimase sconosciuta quella pubblicata in Trapani dal Barbera nel 1685. Il Petronio è d’ Agrigento: col suo libro narra la geneologia e la monogamia della madre S. Anna e del suo santo sposo Gioacchino, at- tingendola dall’ antico e dal nuovo testamento. È divisa in due volumi, porta il titolo: Arbor decora et fulgida gencalogia Sanctorum Ioa- chim et Annae davidicae stirpis, gemina virente stipite Nathan et Sa- lomonis erornata, quinque offerens parentum Cristi ramos, totidem aetatibus incarnationem praecedentibus respondentes. L'ultima edizione del Barbera porta la data del 1687 La storia di S. Nicolò di Bari trasportata in canzoni siciliane : la prima volta fu. pubblicata in Palermo nel 1684 con mentito nome. Edizioni di Bartolomeo Franco. Il Franco iniziò le sue stampe nell’ anno medesimo 1687, chiuse appena le edizioni del Barbera. La sua prima pubblicazione fu il Dialogo del citato Giuseppe Barlotta da cantarsi perla festività di S. Caterina vergine e martire , col titolo: « La martire d’ Alessandria», posta in musica dal maestro Antonino Giardina. ‘ Dopo un anno di silenzio venne fuori un’ operetta di Francesco Falcassar, medico trapanese, fornito di gusto squisito nelle belle let- JUORI DI PALERMO E DI MESSINA 31 tere. Il Mongitore lo loda con le seguenti parole: doctrina, eloquentia, et eruditione clarus. Scrisse non poche monografie, che non volle mai pubblicare, contentandosi di leggerle ai suoi discepoli. Solamente per- mise che si desse alle stampe |’ orazione funebre del dottore in medi- cina Sac. Antonio Crispi, col titolo: La fama impegnata per gli en- comii della virtù. Nell'anno 1690 Gaetano di Martino scrisse e pubblicò per le stampe un’ Orazione in lode della Compagnia de’ Bianchi, fondata in Trapani ad esempio di quella, che col medesimo titolo esisteva in Palermo già da quasi due sccoli. Del Barlotta sieguono quattro stampe dal 1691 al 1692. La voce del verbo troncata in bocca al martirio, a’ colpi dell'incon- tinenza di Erode: Dialogo per la festa di S. Gio. Battista, (1691). Il casto connubio dello Spirito Santo: dialogo per professione re- ligiosa, (1691). L’ idea dell’ innocenza; panegirici di Maria Vergine Immaco- lata, (1691). L’ Eustachio, dramma melotragico in tre atti, (1692). Per conoscere il gusto del secolo ricordiamo i titoli dei sette pa- negirici del Barlotta in lode della Vergine, cioè: la scultura sopra la statua di Maria Vergine di Trapani; l’ agricoltura per la Madonna del Carmine; la medicina per Maria SS. del Rosario, la musica, l’ aritme- tica, Ja magia etc. etc. per altri titoli di Maria SS. Nel 1692 fra Girolamo la Iacona da Caltanisetta, leitore e predi- catore cappuccino, stampava i suoi sacri panegirici. Sono tredici tutti con titoli strani e con dettato zeppo d’ iperboli, di bisticci e scherzi di parole. Infine è riportata 1’ orazione funebre di Vincenzo Sanmarco, arciprete di Caltanissetta, modellata sullo stile dei panegirici. Nell'anno 1693 furono cosegnate alle stampe tre opere, quella di Ste- fano Bartolotta, quella di Germano Rondina, e quella di Giuseppe Poma. Il Bartolotta fu poeta e scrittore, ma è assai più noto per le sue statuette di alabastro e per i suoi minutissimi camei, tanto che nel fron- tespizio delle sue opere s’ intitola: Scultore di corallo. Scrisse in versi non poche composizioni, tra le quali è notabile quella in ottava rima siciliana sulla Vita, morte e miracoli del glorioso trapanese S. Alberto. Fu edita nel 1693 col nome del tipografo di Franco (1), sebbene il di Ferro la creda stampata in Palermo (2). (1) MoxpeLLo, Op. cit. pag. dI. (2) Op. cit. Vol. IV, pag. 15. 32 LA STAMPA SICILIANA È un volumetto in 8° di pag. 71, che contiene 107 ottave, più 8 ottave, dettate da una festa di morto che parla. Il Rendina, in quest'anno 1693, pubblicò le sue sacre orazioni, Pri mizie di eloquenza scritte coi titoli più strani: La tempesta rasserenata pel SS. Rosario. I Miracoli della musica per S. Domenico ; La trasfigurazione di Pal°. per S. Rosalia, e cosi di seguito negli otto discorsi dell’ autore. Il Poma, diverso da un gesuita omonimo, fu tostimonio della ruina del tremuoto del 1693, e ne restò così sgomento, che lo descrisse in ottava rima siciliana col titolo: L’ orrendo terremoto successo in Sti- cilia agli 11 di gennaro di questo presente anno 1693. Sullo stesso tema il lettore ricorderà il poema siciliano di Tommaso Costanzo, e quello di Giuseppe Evola da Limina. Giuseppe Ferro nota che il Poma lasciò molti manoscritti, che non volle mai pubblicare. In quest'anno 1693 fu fatta una nuova edizione tra- panese della storia di S. Nicolò di Bari trasportata in canzoni siciliane. Essa nel 1684 era stata stampata in Palermo, e poscia in Trapani, dal Barbera, nel 1687. La Storia narra le vicende dell’antica cattedrale di Mazara, fondata da Ruggiero, e non tace che in quei tempi più volte fu ristorata, spe- cialmente nel 1694 dalla munificenza di Francesco Graffeo, vescovo e cittadino mazarese: templum vartis temporibus refectum, denique 1694 magnificentissimo Francisco Graffeo cive et episcopo totum pene re- centiori symmetria instauratur (1). La inaugurazione del tempio dopo i ristauri, fu accompagnata da una bella orazione latina di Vincenzo Morici edita nel 1694 col titolo: Inauguratio augustistissimi templi cathedralis mazariensis. Dì Filippo Clemente nell’anno stesso 1694 furono ripubblicati i sacri panegirici, usciti fuori la prima volta in Palermo, nel 1681. Saltando l’ anno 1695, il Franco nel 1699 e 1697 prima diede alla luce uno dei soliti Oraforti, scritto in versi polimetri da Vincenzo Gat- tino da Pelermo: Teodosio imperatore, e poscia tre operette di Antonio Del Giudice: La carità prodigiosa nel glorioso S. Francesco di Paola; il Giosuè; le lagrime di S. Maria Maddalena. Il Barlotta nel 1697 stampò un Dialogo a cinque voci: la Castità valorosa nei suoi trionfi in petto di S. Alberto carmelitano, e nel 1698 (1) D’ Amico, Mazara, pag. 345. FUORI DI PALERMO E D) MESSINA 33 la prima parte delle sue prediche : la seconda parte rimase inedita con altre non poche opere pubblicate in Sicilia e fuori sino all’ anno 1721, tra le quali tre tomi di sonetti, odi, madrigali, serenate etc. ete. Nello stesso anno seguirono la stampa di Francesco Savasta: Le rose in trionfo nel Campidoglio della fede, Dialogo; e quelle di Anton Maria Sieripepoli: Corollaria.moralia—Cursus theologicus. Il Seri della cospicua famiglia dei Pepoli entrò nella compagnia di Gesù, e dettò in Palermo ed in Messina filosofia e teologia scolastica. I Corollarii morali furono quasi contemporaneamente stampati in Pa- lermo ed in Trapani nel 1698, ed in Venezia nel 1700, prova della fa- vorevole accoglienza dell’opera. Nè con minor favore fu accolto il Cursus theologicus, diviso in tre parti, la prima edita in Palermo, nel 1700, e le altre due in Trapani (1702-1707) V. Bacher, VI, 644. È molto lo- dato dal Mongitore, dall’ abbate Amico, e da altri bibliografi. I sinodi diocesani, ordinati e raccomandati dal concilio Tridentino, furono frequenti in Sicilia per più di un secolo e mezzo, cioè sino al principio del sec. XVIII. Venuti alla luce ne contiamo quarantatrè, cioè di Palermo 7, dal 1555 al 1681; di Girgenti 6, dal 1589 al 1704; di Ce- falù 6, dal 1584 al 1707; di Messina 5, dal 1588 al 1725; di Monreale 5, dal 1554 al 1653; di Mazara 5, dal 1575 al 1736; di Siracusa 3, dal 1555 al 1727; di Catania 2, 1623 e 1668; di Patti 2, 1581 e 1688; di S. Lucia 1], nel 1681; di Lipari 1, nel 1726. Tra i cinque sinodi mazaresi si conta quello del 1699, celebrato dal vescovo Bartolomeo Castelii, nobile Palermitano dell’ ordine dei chierici regolari. Il Castelli si recò dalla prima età in Ispagna, e fu nominato in Madrid esaminatore sinodale, ed uno dei quattro nunzii della sede apostolica presso re Carlo II, dal quale fu elevato alla sede vescovile di Mazara, consacrato in Roma da Innocenzo XII. Il di lui predecessore Giandomenico Spino'a, cardinale di Santa Chiesa, aveva celebrato il suo sinodo nel 1643, che fu impresso ir Palermo nel 1644. Il Castelli volle confermare i decreti sinodali dello Spinola, aggiungendo quelli che credeva opportuni; e nel Sinodo da lui tenuto in Mazara nel 1698 fu sanzionata questa conferma e proclamate le addizioni. La pubblicazione fu fatta in Trapani, dalla tipografia del Franco, col seguente titolo: Decreta syro- dalia Mazariensis Eccl. ab eminentissimo Joanne Dominico Spinola S. R. E. praesbytero Cardinali edita, et a Rmo Bartolomeo Ca- stelli Episcopo Mazariensi confirmata, additionibus et variationibus queta (1699). Nel secolo passato ed in quello che corre, tacquero i sinodi, tranne, 9 34 LA STAMPA SICILIANA quasi eccezione, la Congregazione dei vescovi siciliani tenuta in Palermo, nel 1850, sotto la presidenza del Cardinale Pignatelli, il sinodo dioce- sano di Girgenti, celebrato nell’ anno medesimo dal vescovo Domenico Lo Jacono, e il primo sinodo di Nicosia dall’ attuale vescovo Bernardo Cozzucli. Quello di Girgenti rimase inedito; gli statuti della Congrega- zione dei vescovi videro la luce nel 1852, compilati dall’illustre Alessio Narbone, segretario della medesima, e quello di Nicosia uscì fuori in Palermo, nel 1883, dalla tipografia ponteficia, già delle Letture Dome- nicali. La stampa trapanese chiude il secolo decimosettimo con due pane- girici, uno di Francesco Arena da Messina, cappuccino, sulle lodi di S. Filippo Neri col titolo: ZZ Roveto bruggiante nel Tebro nel candidissi- mo Neri infuocato a fiamme di Pentecoste, e 1’ altro di fra Girolamo di Caltanissetta anch’egli cappuccino, sulla Memoria della passione del Nazareno Abbiamo fatto cenno del tipografo Giovanni Adamo il quale in Tra- pani, nel 1695, pubblicò la Statua del zelo apostolico eretta per mano della devozione: cantata a cinque voci e strumenti per la solennità di S. Francesco di Paola, composta dal più volte citato Filippo Clemente. Il tipografo Adamo fu una vera meteora, che apparve un momento: nel- l'orizzonte trapanese, e si ecclissò ben tosto. VII. Riassunto dei capitoli precedenti. Riassumiamo in brevi cenni le notizie storiche bibliografiche sparse fin ‘qui. La stampa siciliana uscendo da Palermo e da Messina nei due se- coli XVI e XVII, ci presenta i vari modi ond’ è stata introdotta in altre città sorelle. Il primo modo è quello, che un autore accolga in casa sua stra- nieri tipografi, ne apprenda l’ arte, e dia alla luce le proprie opere. Il giureconsulto Giuseppe Cumia da Catania, non trovando stam- patori nella città natia, li chiama da Messina, li alberga in casa, impara il magistero dei caratteri, e colle proprie mani, col solo aiuto d’ un fi- glioletto impubere, d’un servo, e d’ una fantesca [mette fuori le sue Rime e i suoi trattati De successione feudalium, e la Practica Syn- dicatus. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 35 Il secondo modo è dovuto agli arcivescovi, a’ vescovi, ai municipii per la pubblicazione o degli statuti delle varie diocesi o delle storie speciali de’ vari Comuni. In Monreale parecchie volte gli arcivescovi in- vitavano stampatori palermitani onde pubblicare i loro Sinodi. In detta città, perchè si stampassero alcune opere di diversi autori, furono chia- mati tipografi da Palermo. In Polizzi fu stampato il Processo di cano- nizzazione del beato Gandolfo da Binasco, ed il libro venne fuori da un tipografo palermitano chiamato dai giurati e dai governatori locali. La stampa in terzo luogo è introdotta a privato servizio, perchè sieno pubblicate le opere di coloro, che ne usano, o dei loro amici e clienti. Giovanni Orosco, vescovo di Girgenti eresse nel suo palazzo una tipografia che fu appellata 7'pografia del pontefice, dalla quale fu- rono pubblicate le opere di lui in originale spagnuolo, quelle tradotte in latino, e la grammatica dell’insigne filologo e storico Vincenzo Littara. In Militello ed in Mazarino due patrizi siciliani entrambi di nobi- lissima famiglia, il Duca F. Branciforti e il principe Carlo Carafa, accolsero nelle loro case baronali due ricche tipografie. Le edizioni militelliane ci tramandarono alcune opere del duca, e non pochi libri dei suoi protetti, cioè quelli di Pietro Carrera, quelli di Mario Tortelli, ed il sinodo dio- cesano catanese. Le edizioni di Mazarino ci ricordano le varie opere del principe Carafa, e l unico libro, che in quel paese venne fuori in lingua spagnuola dall’ amico di lui Lucio Espinosa. Il quarto ed ultimo modo, che deve maggiormente interessare la mostra attenzione è la stampa impiantata non a privato ma a pubblico servizio. Quando ella sorga ad uso privato, allora odinariamente nasce e muore con coloro che la fanno sorgere, come avvenne in Girgenti col vescovo Orosco, in Militello col duca Branciforti, ed in Mazarino col principe Carafa. Quando invece sia ricevuta ad uso pubblico tosto di- viene acquisto della cittadinanza, la quale concorre per alimentarla e diffonderla. In Catania nel 1623 fu introdotta la stampa a pubblico ser- vizio, nè più scomparve. Avvenne lo stesso in Trapani, ove accolta una volta, vi piantò in perpetuo le sue tende. In quest’ ultima città fu il Senato, che ne promosse l’introduzione. Di. fatti la prima tipografia fu chiamata tipografia del Senato drepanense, imitando l’esempio delle città consorelle. In Palermo la stampa fu impian- tata dal primo magistrato municipale che chiamò da Alemagna il celebre tipografo Audrea Uyel. In Messina avvenne lo stesso con lo stampa- tore Enrico Aldingh, ed in Catania il municipio pensò di buon’ ora ai tipografi stranieri, sebbene |’ opera sua fosse fallita, per cause che qui non è luogo enumerare. 36 LA STAMPA SICILIANA 1 tipografi dei due secoli in discorso sono quasi tutti palermitani. In Monreale Antonio Anay nel 1554, gli Eredi Mayda nel 1582, Angelo Orlandini nel 1623, G. Battista Maringo nel 1630, Decio Cirillo nel 1648, Pietro dell’ Isola nel 1653, Pietro Scaglione nel 1643, ed il citato Cirillo nel 1688; in Polizzi Alfonso dell’ Isola nel 1632; in Mazarino Giuseppe la Barbera dal 1687 al 1692, in Trapani il detto Barbera dal 1681 al 1689, e Giovanni Adamo nel 1695. Si eccettuano Francesco Petronio catanese nel 1622, Bartolomeo Franco Trapanese dal 1690 al 1700; Giovanni Rosso da Trento, e Gio- vanni Wanberge fiamingo dal 1690 al 1692. I nomi dei tipografi messinesi chiamati dal Cumia in Catania nel 1558 rimasero sconosciuti; e così i nomi di quelli chiamati in Girgenti dal vescovo Orasco. Le opere pubblicate sono: In Monreale quattro costituzioni sinodali, la regola di S. Benedetto, il libro del Chiavetta, e la vita della beata Orsola Benincasa. In Cata- nia nel sec. XVI tre libri di Giuseppe Cumia, e quelli pubbicati dal Rosso e dal Petronio sin dal 1623. In Girgenti tre opere dell’ Orosco, e la grammatica di Vincenzo Littara. In Militello le opere del duca Branciforti, che andarono smarrite, le quattro di Pietro Carrera, le due di Mario Tortelli, ed il concilio sinodale catanese. In Mazarino otto del principe Carafa, ed una di Lucio Espinosa. In Polizzi il processo di canonizzazione del beato Gandolfo. In Trapani 33 uscite dai tipi di Giuseppe la Barbera, 25 da quelli di Bartolomeo Franco, ed una sola- mente da quelli di Giovanni Adamo: opere in totale ottantotto. Sono di merito incontrastabile le opere del Cumia, il Gioco degli scacchi del Carrera, quelle dell’ Orosco e del Littara, quelle uscite in Trapani da’ due medici Crispi, zio e nipote, e quelle del Carafa. Le opere distribuite in più tomi sono poche: il sesto è piccolo. I volumi in f.° si contano sulle dita. La carta è sempre bella, lucido l'inchiostro, la dicitura corretta, le edizioni spesso ricche di fregi. Le migliori edizioni uscirono da Militello, e specialmente da Ma- zarino ove furono stampate due opere in folio da disgradare le edizioni più belle dei tempi moderni, cioè quella dell’Exemplar Horologyorum, grosso volume di pag. 955, in carta realina con caratteri in oro, e quella dell’ Ambasciatore politico cristiano in tre volumi con tavole e figure assai pregevoli. i FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 37 VIII ED ULTIMO Serie cronologica delle edizioni sopra citate. Monreale 1554—Constitutiones synodales Monregalensis Ecclesiae-- Antonius A- nay, in 4°. 1582—Regola del Padre S. Benedetto—Eredi Mayda, in 4°. 1628—Sinodus Dioecesana celebrata a D. Hieronimo de Veniero — A pud Angelum Orlandino, in 4°. 1638—Decreta Synodalia Emi. D. Cosmi de Torres—Apud Maringum, in 4°. ; 1648—Chiavetta (G. Battista). Trutina — Apud Petrum Scaglione, in 4°. 1648—Vita della venerabile madre Orsola Benincasa—Decto Cirillo, in 40. 1653—Constitutiones et Decreta Synodalia D. Francisci Peretto — Apud i Petrum de Isola, in 4°. Catania 1563—Cumia (Giuseppe). Rime. Presso l’ autore, in 8°. » » In regni Siciliae Capitolum: S7 aliquem: De Successione feudalium. Apud eundem autorem,in f°. 1568— » Practica Syndicatus—Apud eundem auctorem, in 8°. Girgenti 1601—Horoschy episcopi Agrigentini (Joqnnis). Emblemata moralia ex hispana lingua latino carmine reddita—£x typographia ponti- ficia, in 4°, (s. n. di tipografo). Emblemas morales (originale spagnuolo) de don Joan de Orosco y Covaruvias Arcediacono de Cuellar en la santa Yglesia de Sagovia dedicadas a la buona memoria del Presidente don Diego de Covaruvias y Leyuva su tio. En Sagovia per Juan de la Cuesta—Ann. Dni: 1591, in 4°. » » Sacra Simbola latinitate donata. Ex typographia pontifi- i cia, in 4°. 1602—Littara ( Vincentius). Donati Majoris Rudimenta. Ibidem, in 4°. 1605—Horocius (Zoarres). Consuelo de affligidos. Ibidem, in 8°. 10 38 LA STAMPA SICILIANA Polizzi 1632—Processus supra sanctitate vitae et miraculis B. Gandulphi a Bi- nasco patroni civitatis Politii. Apud A/phonsum dell'Isola, in 8°. Militello 1617—Carrera (Pietro. Il gioco degli scacchi. Giovanni Rosso, in 4°. 1620— » Tre libri dell’ Epistola di Giovanni Tommaso Moncada. Ibidem, in 4°. » Tortelli (Marzo). Prima centuria di madrigali, /bidem, in 4°. (La seconda centuria rimase inedita). 1622—Carrera (Pietro). Esercizio quotidiano, col quale ciascun’ora della vita si distribuisce a servizio di Dio. /bidem, in 4°. » » Annotazioni e dichiarazioni sopra 1’ epistola del Moncada, Giovanni Rosso e Francesco Petronio, in 8°. 1625—Constitutiones Synodales Ecclesiae Catanensis. Ibidem, in 4°. Mazarino 1687—Carafa (Carlo). Istituzione cristiana dei principi regnanti, cavata dalla Sacra scrittura. Giuseppe Barbera, in 4°. 168°— » Hebdomada Mariana. Ibidem, in 4°. » » L’idiota volgarizzato dal latino. Zbidem, in 12°. 1689— » Il camino sicuro del cielo, ovvero il modo di ben vivere per giungere all’ eterno godimento. Ibidem. in 4°. » » Exemplar horologyorum. Ibidem, in gran formato. (Due esemplari, dei quali uno con elegante frontespizio e carattere in oro). 1690— » L’ambasciatore politico cristiano, Giovanni Wanberge, in 4°. » » Ephemerides lunae motus pro dierum criticorum cognitione. (Sconosciuta). Ibidem, in 4°. 1691—Epinosa (Lucio). Ocios morales. Ibidem, in 8°. (Edizione scono- sciuta). 1692—Carafa (Carlo). Opere politiche cristiane. Ibidem, vol. 3, in f*. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 39 Trapani I 1681 AL 1687—GrusePPLi BARBERA TIPOGRAFO PALERMITANO 1681 — Officium S. Joannis de Matha, in 8°. » Clemente (Fi/ppo). La vittoria della fede, dialogo da cantarsi nella solennità dell’ apostolo s. Andrea, in 8°. » » Penegirici sacri, in 8°. » Statella e Billia (Ottavio). La castità trionfante, dialogo da cantarsi per la solennità delle quarantore, in 8°. 1682 —Bagnoli (Giulio Cesare). L’' Aragonese, tragedia, in 8° (scono- sciuta ai bibliografi). » Crispi (Sac. Antonti). De sputo sanguinis a corporis partibus provenientis, in 4°. » » Medicinalis Epistola ad Grandonium Seminara, in 4°. » Ruasi (Angonti Crispi). Epistolium interrogativum in medicinalem epistolam, in 4°. » Crispi (Sac. Artorti). In medicinalem epistolam dilucitatione, in 4°. » » De Ss. Cosmi et Damiani thermalibus aquis liber, in 4°. » Santa Francesca Romana: Dialogo a cinque voci, posto in mu- sica da Alessandro Milani, in 8°. » Il risentimento dei Trapanesi: dialogo a quattro voci da cantarsi nel convento di S. Francesco d’ Assisi, in 8°. » Glorie festive, dialogo da cantarsi per la solennità della Ss. As- sunzione di M. V., in 8°. » Giattini ( Vincenzo). Il Diluvio: Dialogo a cinque strumenti, in 8°. 1683—Il Nabucco, dialogo a sei voci, in 8°. È » Le vittorie della fede, dialogo a quattro voci da cantarsi nella Parrocchia di S. Lorenzo, in 8°. » La fede sempre vittoriosa, dialogo per la solennità dell’ apostolo S. Giacomo, in 8°. » Barlotta (Giuseppe). L'angelo protettore, dialogo a quattro voci da cantarsi nell’ Oratorio dell’ Angelo Custode, in 8°. 1684— » La forza del suffragio, dialogo da cantarsi per la comme- morazione dei defunti, in 8°. » Lo specchio dell’ innocenza in Flavia imperatrice, dialogo da can- tarsi nel convento della Concezione, (par. I e II) in 4°. 40 LA STAMPA SICILIANA 1684—Anzaldo (Gerardo, sotto il nome di Antonio suo fratello). I so- gni di Euterpe, in 12°. » Il trionfo della costanza, spiegato dal martirio della vita di S. Lo- renzo, dialogo, in 4°. » Moysè nel Nilo, dialogo a cinque voci da cantarsi nella chiesa dei Carmelitanti riformati, in 8°. » Barlotta (Giuseppe). Il Marte martirizzato nella Spagna!, dialogo da cantarsi per la solennità dell’ apostolo S. Giacomo, in 8°. 1685—Giattino (Vincenzo). La guerra iride della pace contro i turchi, e la liberazione di Vienna, dialogo a cinque voci, in 8°. 1686—Barlotta (Giuseppe). Il morire vittorioso, dialogo per la solen- nità del glorioso martire San Vittore, in 4°. » » Il capriccio di Dio nella morte di donna Caterina Burgio e Vincenzo, in 4°. » » Le sacre veglie, discorsi pei venerdì di marzo, in 12°. » » Orazione funebre in morte di Carlo Riggio vescovo di Ma- zara (in calce del libro: Le sacre veglie). » Fra Benigno da S. Urbano. Rivelazioni del glorioso S. Gaetano, in 8°. (sconosciuto). » Manno (G. Battista carmelitano). Descrizione dell’ effigie della V. Maria, e del modo come fu trasferita nel convento della Ss. Annunziata in Trapani, in 8°. (E° registrata solamente di que- st opera l’ edizione palermitana del 1664 presso Ctrillo), » Petronii (Francisci). Geneologia et monogamia Ss. Joachim et Annae, in f°. (sconosciuto). 1687—La storia di San Nicolò di Bari, trasportata in canzoni siciliane, in 8°, WR 1687-1700—BARTOLOMEO FRANCO TIPOGRAFO TRAPANESE 1687—Barlotta (Sac. Giuseppe). La martire di Alessandria, dialogo per la festività di Santa Caterina vergine e martire, in 4°. (scono- sciuto). 1689—Falcassar (Dr. Francesco). Orazione funebre in morte del me- dico D. Antonio Crispi, in 4°. (sconosciuto). 1690—Martino (Gaetano). L’opera degli Eroi, Orazione in lode della no- bilissima compagnia dei Bianchi, in 8°. (sconosciuto). » Barlotta (Sac. Giuseppe). La voce del Verbo troncata in bocca al martirio: dialogo per la festa di S. Giovanni Battista, in 4°. FUORI DI PALERMO E DI MESSINA 4l 1691—Il casto connubio dello Spirito Santo, dialogo per professione re- ligiosa, in 4°. » Panegirici di M. Vergine Immacolata, in 12°. » L’Eustachio, dramma melotragico, in 8°. » L’estasi in prospettiva dell’ universo, dialogo, in 8°. » -Tacona (Girolamo La). L’esperia della santità per diporto di Dio, panegirici sacri, in 4°. (sconosciuto). 1698—Bartolotta (Stefano). Vita, morte e miracoli di S. Alberto in ot- tava rima siciliana, coll’ aggiunta di altre canzoni sopra la me- moria della morte, in 8°. » Rendina (Maria Geronimo). Primizie di eloquenza, tomo I, in 12°. (sconosciuto). » Poma (Sac. Giuseppe). L’ orrendo terremoto successo in Sicilia nel 1693, rime siciliane, in 8°. (sconosciuto). 1694—Maurici ( Vincenti). Inauguratio augustissimae Cathedralis Ma- zariensis, in 8°. (sconosciuto). » Panegirici sacri, in 4°. 1695—Clemente (Sac. Filippo). La statua del zelo apostolico eretta dalla divozione, cantata a cinque voci. Giovanni Adamo, in 4o. 1696—Giattino ( Vincenzo). Teodosio imperatore, oratorio in versi, in 8°. (sconosciuto). » Giudice (Antorio Del). La carità prodigiosa nel glorioso S. Fran- cesco di Paola, in 4°. 1697—Il Giosuè, in 4°. » Le lacrime di Maria Maddalena, in 4°. » Barlotta (Giuseppe). La castità valorosa nei suoi trionfi in petto di S. Alberto Carmelitano, dialogo a cinque voci, in 8°. (fgroto ai bibliografi). 1698—Prediche quaresimali, parte I, in 4°. (la parte IU rimase inedita). » Savasta (Francesco). Le rose in trionfo nel campidoglio della fede, dia'ogo, in 8°. » Sieripepoli (Antorius Maria). Corollaria moralia, in 12°. 1698—Decreta Sinodalia Mazariensis Eccl. ab Episcopo D. Bartolomeo Castelli edita, in 4°. j 1700--Arena (Francesco). Panegirico del glorioso patriarca S. Filippo Neri, in 8°. — DECK > Li i ; i STI tamies hl Wi; ni | ol sh SAR Ha ‘ ADIGE + GRMNARA IVAGMIOT Sr NANO la iti E) chi A SA n de nai vite soi si Ka i Iò ile Ù x Tur kfi Ai A lite ii i sa ai) r NOCETEAE SULL'INSEGNAMENTO PUBBLICO IR ALERMO È SULLE PROVVISIONI CONCEDUTE AGLI STUDENTI DAL COMUNE NEI SECOLI XIV E XV (A): In un « Discorso sulla Istruzione pubblica ne’ secoli XVI e XVII in Sicilia » letto dal socio Bernardo Serio in questa Accademia nel set- tembre del 1844, e pubblicato nel volume I, Nuova Serie, degli A tti del- l'Accademia, edito nel 1845, l’autore riferiva in nota, e dagli appunti di un « Repertorium actorum conservatorum in Archivio Spectabilium Juratorum felicis urb. Panormi, incipiendo ab anno 1411 usque ad an- num 1593 etc. », conservato nella Biblioteca Comunale (Qq D 41), come già nel secolo XV la città di Palermo avesse avuto pubblico insegna- mento stipendiato da! Comune, anche per le scuole parvulorum, e un Magister scholarum, che nello stesso tempo era il Cancellarius della città, corrispondente all’ufficiale che oggi diciamo Direttore, o Rettore, delle pubbliche scuole, stipendiato con salario annuo superiore a quello de’ maestri di particolari insegnamenti. Da un Consiglio civico regi- strato ne’ mss. del Gregorio, e pur riferito dal Serio, il Comune delibe- rava nel 1477 che: « acteuto li virtuti et scientia ipsius Domini Joannis Nasi (il celebre Giovanni Naso o Nasone), chi li siano tornati li une. X di salariu, chi avia comu mastru di scola a compimentu di unc. XX, cum quisto chi ipso Misser Joanni si obbligui serviri a quista Uni- versitati per Chanchilleri, et ita fiat nota in pede sui privilegii olim con- cessi ipsi Siculo (Qq E 57, f. 21) ». È notato eziandio dal Serio che sulla (1) Lette nella tornata Accademiea del 27 febbraio 1887. 2 NOTIZIE fine di quel secolo XVI il Comune istituiva le scuole di arimmetica, pagando al maestro onze 6 all’anno; il doppio di quanto pagava al mae- stro parvulorum: e assegnava a quattro studenti nel 1458 onze 6 di sus- sidio ad ognuno per vacare agli studi; il quale assegno nel 1493, e nel 1518, giungeva fino a onze 10, che erano concedute a Giov. .Mar- tino de Acquino, e a Sigismondo Valdaura « pro studio ». Il Serio non consultò altro che il sudetto Repertorium dal 1411 al 1523, nel quale pur lesse e notò che « salarium Chanchellarii et Magistri scholarum fuit aboletum, 4 ind. 1515 »; e non andò più in su del 1421; nè aitre ricerche fece il Narbone (41), che solamente si attenne per Palermo alle notizie date dal Serio nel discorso citato del 1844; e per Messina, Catania e Siracusa, che pur mandavano extra Siciltam i loro studenti con la prov- visione di onze 6, sì nel secolo XIV e sì nella prima metà del secolo XV, sì riferì a quanto ne disse, sopra documenti da. lui trascritti, il Grego- rio nell’ Introduzione allo studio del Diritto pubblico siciliano. Ora io ho trovato nel vol. ms. miscell. segn. Qq E 29 della Bi- blioteca Comunale, nel quale si contiene un « Annuale deile cose occorse nella città di Palermo» etc. che già sin dal 4328, e chi sa quanto in- nanzi, esisteva in Palermo un insegnamento superiore stipendiato dal Comune; leggendosi appunto nel sudetto Annuale questi notamenti: «1328. Il sapiente M.° Maguo d’Amato M." di scoli della città di Grammatica, logica e filosofia, onze 6 di salario ». « Il sapiente e circospetto M. Accursio di Cremona professore dell’arti liberali se ci dona onze 18 di salario per leggere nelli scoli ». E nel ms. Qq H, 14 bis, f. 65, è pur notato all’anno 1329: « Magistro Marcao (forse Magno? come sopra) Magistro Scholarum onz. 6». Sulla metà del quale secolo troviamo anche salarii pagati dal Comune a me- dici, come nella nota seguente, dello stesso ms. a f. 66, cioè « 1329. Pro salario medicorum onz. 50 »; e nell’Annuale citato: « 1350. Il circospetto M.° Jacomo di Cremona dio fisico; la città li paga di salario onze 10 l’anno » (2). Nel 1329 Re Federico assegnava onze 250 dalla gabella imposta per la ristorazione e ricostruzione delle mura della città, per assegno ad uffiziali del Comune, ambasciatori e magnati, Sindaci etc. ed è appunto nel notamento de’ salarii destinati dal re che si legge : « Magistro Mar- (1) V. Storia letteraria della Sicilia, . XII, App, }. p. 10 e seg. Pal. 1859. ° (2) Nel 1248 si pagavano dalla città “a Petro de Cremona fisico onze 10,.0 SULL'INSEGNAMENTO PUBBLICO IN PALERMO 3 cao Magistro Scholarum onz. 6», lo stipendio medesimo che era as- segnato al « Notario Curiae Pretoriae », e al « Magistro Ingignerio: e di più : pro salario medicorum onz. 50 », siccome abbiamo già notato, Nel 1418 troviamo notato fra salaria officialium urbis: « quatuor studentibus onz. 24..... Magistro scolae onz. 142. Magistro scolae par- vulorum onz. 3 ut in preced. Reg. (v. /tepert. Actor. Jurat. Ms. Qq. D. 41 della Bibl. Comun.). Senonchè prima degli assegni a studenti fatti nel sec. XV, abbiamo pagumenti di assegui per studio sin dul 1330, leggendo parimenti nel- l’Aunnuale citato: «18330, Il discreto Joanni di Capice di Paler. studente. La città li paga per spesa mentre sta a Messina onze 4, et a Bologna onze 6 per studiare la ligi ». « 1345. Matteo di Bonanno studente di liggi, la città li paga onze 6 l’anno. Dall’asseguo di onze 6 statuito a questo studente Matteo di Bonanno, sì rileva che si trovava allo studio di Bologna, mentre nel 1330 Joanni di Capice attendeva «a studiare la ligi » in Messina, ove da questo appunto già sappiamo che in quel’ anno esisteva Studio pubblico di giurisprudenza ; nè di poca fama, se la città di Palermo vi mandava, così come a Bologna, gli studenti provvigionati dal Comune. Il quale Studio fu nel secolo XV molto rinomato per |’ insegna- mento della lingua greca, specialmente dopo il breve di Papa Pio Il dato nel 146], per postulazione del Senato di Messina, e messo in esecu- zione dal Bessarione, protettore dell’ordine Basiliano, a’ cui monaci oramai era stato fatto obbligatorio lo studio di quella lingua per decreto di re Al- fonso del 1421; sì che pel nome di Costantino Lascari, che v’ insegnò chiamatovi dal Bessarione, e di Teodoro Gaza, ebbe Messina la gloria di avere veduti fra gli scolari del suo Studio Angiolo Gabrielli, Pietro Bembo, Urbano Bolsanio, Cristofaro Scobar, non siciliani, e de’ siciliani il ‘Mirabella, il Cassarino, l’Aurispa, it Riccio, il Faraone. E lo studio predetto durava senza dubbio fino alla fondazione in quella Città del Collegio de’ Gesuiti, avvenuta nel 1548, e anzi fin qualche anno dopo. Che non è punto vero quanto anche si è scritto, cioè che in Messina man- cava allora il pubblico insegnamento o un pubblico studio; se nel 1567 leggiamo in un « Registro di lettere dell’Ill.mo sig. Don Garzia di To- ledo Vicerè del Regno ete. » conservato in questa Biblioteca Comunale ai, segui Qq. È 16, una lettera scritta dal Vicerò « ad Andrea Ardoino » in questi sensi; cioè : 4 NOTIZIE « Sp.'e e molto M.°° S.7e. « M°è dispiaciuto molto intendere per la vostra di XVIII di questo il poco rispetto che mi scrivete che vi hanno li giurati di Messina in met- tere le scuole delli lettori di legge e di filosofia e dell’ altre scientie in una casa delli heredi di Federico porco, dalla quale discuoprono tutte le stanze di casa vostra dove si trova vostra moglie con tutta la vostra fa- miglia, e desiderando io che per li meriti vostri et per esser voi gosì buon servitore et affetionato al servizio di Sua M." vi si habbia quel ri- spetto che conviene, ho scritto al Straticò et alli detti giurati che ha- biano di subito rimediare detto negotio e trasportare li studii in altro luogo, usando con la detta vostra moglie que’ termini che si devono con persona di tal qualità e che io medesimo usiria. Si che voi non man- cherete quietarvi essendo certo che a tutto daranno quel rimedio che desiderate, e nostro S. guardi di ogni male la Sp. e molto m. persona vostra, di pozzuolo il di XXXI di gennaro 1567 ». Questa lettera pare che non riguardi affatto il nuovo Collegio dei PP. Gesuiti, bensì l’ antico Studio messinese, essendovi sovratutto no- minati i « lettori di legge », e non notandosi parola alcuna che si rife- risca ai Padri della Compagnia , che già sin dal 1550 andavano ordi- nando quel celebre Collegio a Studio generale, secondochè il Senato di Messina aveva richiesto a Papa Paolo III, e fu conceduto con bolla del 16 dicembre 1548, co’ privilegi ed immunità che godevano gli Studi gene- rali o Università di Bologna, di Parigi c di Salamanca. Oltre che il Collegio era fondato sin dal 1550, e non mutava di luogo, come le scuole, di cui parla il Vicerè. Sì che, oltre le scuole del Collegio Ge- suitico il Comune mantenne tuttavia altre scuole; e sembra che. sieno state le scuole antiche, aggiunte per l’ ordinamento di uno Studio ge- nerale a quelle tenute dai Padri della Compagnia, per modo che'le une e le altre formavano lo Studio generale (privilegiato di laurea) con tanta e lodevole premura istanzato dal Senato Messinese dal 1434, quando lo domandava Catania a re Alfonso e lo otteneva, al 1593, quando fu de- finitivamente costituito e riconosciuto per sentenza del decano di Ruota data a 21 maggio 1593 (1). E sì sa come nello Studio messinese inse- gnarono fino che fu soppresso nel 1676 dal feroce conte di Santo Ste- fano, Alfonso Borelli, Marcello Malpighi, Tommaso Cornelio, Bartolomeo Castelli, ed altri rinomati maestri di scienze naturali che illustrarono in Italia quel secolo, e non appartennero alla Compagnia di Gesù. {1) V. NARBONE, Storia della letter. Siciliana, sec. XV, App. I, p. 5 e segg. Pal. 1863, nda e SULL’ INSEGNAMENTO PUBBLICO IN PALERMO 5 E tornando a Palermo, più numerosi ricordi di assegni fatti a stu- denti ci restano inverità ne’ registri del secolo XV ; tantochè nel Re- pertorium dell’anno VII Ind. 1413 e segg. troviamo fra gli studenti sussidiati dal Comune tre nomi illustri, che resero tanto onore ‘alla Città e alla Sicilia. In questo Repertorium appunto leggiamo : « 1413. La città detti onze sei l’anno ad un frate di S. Domenico per &ndare a studiare, f. 25. « 1418. Subsidio de studente d.no Petro Jeremia, f. 13. «1420. Subsidio de studente di Leonardo de Bartolomeo. lu quali poi fu protonotaro, f. 16. « « Subsidio de studente Giov. Gattaluci. E nel « Repertorium anni X Ind. 1435 : « Subsidio de studente a Gerardo Agliata da poi protonotaro, f. 4». Non fa uopo ricordare chi siano stati il Beato Petro Geremia, il famoso giureconsulto Leonardo di Bartolomeo, la cui libreria fu assai ricca di preziosi codici, fra quali un Dante, e il Canzonere ed altri libri del Petrarca, con opere di Boccaccio, e di altri antichi come Aristotile, Cicerone, Seneca, Orazio, Ovidi»: e si conosce bene il protonotaro Ge- rardo Alliata, che tenne molti pubblici ufficii nella città, e lasciò nome illustre fra suoi contemporanei. E però mi pregio riportare il testo de- gli atti del magistrato municipale che assegnava lo stipendio di onze 6 all'anno allo studente allora di legge « honorabile Pietro de Jeremia » e al nobile uomo Girardo Alliata. Il primo documento si contiene per for- tuna nel Registro di atti, Bandi, ec Provviste ann. 1418-19. Ind. XII, f. 13 retro, conservato nell’Archivio Comunale, ed è del tenore seguente : « Pro domino Petro de Jeremia. « PriTor Judices et Jurati felicis urbis Panormi Cireumspecto domino Petro de Jeremia in legibus studenti eorum concivi honorabili salutem et honoris augumentum. Solet agricola studiosus et diligens in fertili- bus furculis animatvertere ut ab ipsis surculis arbor factis fructus cen- tuplum consequatur floribus gaudeat et ipsorum umbra tegatur, sic enim de te Petre pretacte et vestris virtutibus quibus intendimus decorari illud sperantes, de consilio et consensu nostrorum civium duximus statuendum pariter et ordinandum quod dum tu prefatus Petrus (sic) instudio super quo intendis moratus fueris, consequi debeas et habere anno quolibet in parte subvencionis dict} tuj studij de et redditibus super cabellarum no- strarum uncias sex incipiendo tempus dicte tue provisionis a primo die aprilis anni presentis in antea. Quapropter universis et singulis nostris officialibus presentibus et futuris committimus expresse mandantes qua- 9 be 6 NOTIZIE tenus tibi dicto domino Petro durante tempore dictj tuj studj in principio unius cujuslibet anni de dicta tua annua provisione respondeant et faciant anno singulo ut pretangitur per thesaurarium Universitatis predicte integre responderj. In cujus rej testimonium presentes patentes literas vobis fierj et sigilli magni Universitatis ac subscriptionibus munimine robo- ratas Scriptas panormi die VJ° aprilis XXIJ indictionis anno dominice Incarnacionis MCCCCXVIIIJ°. Nos Corradus de Spatafora miles pretor felicis urbis panormi predictas confirmamus. | Ego Symon de paruta prior juratorum testor. Ego notarius Johannes de jampisse juratus pre- dicta confirmo. } Ego notarius lucas de pullastra juratus predieta con- firmo. + Ego barthulu carbunj juratu confirmu. | Ego Nicolaus de sanguigno juratus confirmo ». Questo documento ci prova che nel 1418 lo studente Pietro de Je- remia non era ancora entrato nell’ Ordine domenicano , nel quale s° è creduto entrato anche prima del 1416, quando in una storia anonima del nostro Beato si fa incontrare nel convento di Bologna con San Vin- cenzo Ferreri (1). Nel Quaternus literarum anno 1435 XIV Ind. t. 4, conservato anch’esso nell'Archivio Comunale, si legge pur la Lettera di provvisione scritta a Gerardo Agliata che già si trovava a studiar legge, come già nel 1418 Pietro de Geremia, nell'Università di Bologna. « Litera protonotarii quando accessit ad studium videlicet domini Gi- rardi Aglata. «UNIVERSITAS felicis urbis panormi Nobili viro Virardo Aglata concivi nostro dilecto salutem et animum adgrate paratum illis personis dex- teram porrigentibus advenientes qui virtute scientia et honestate ac mo- ribus fulgent. Cum igitur nobis constat dictum Virardum se personaliter accessisse ad legum studia volentes tamquam benemerito de solita pro- visione unciarum sex sibi respondere anno quolibet videlicet annorum | quinque prout solitum est studentibus dari ideo tenore presencium uni- cuique facimus esse notum quod vigore presentis nostre provisionis sta- tuimus et ordinamus dictum Virardum inprovisionatum nostrum du- rante termino dictorum quinque annorum mandantes omnibus et sin- gulis officialibus qui pro tempore fuerint quatenus dicto Virardo de dicta provisione respondeant integre respondere faciant. Im cujus Rej testi- monium presentes literas ad cauthelam dicti Virardi fieri mandavimus (1) V. Vita del Beato Pietro Geremia palermitano et., p. 98. Pal. 1885. SULL’INSEGNAMENTO PUBBLICO IN PALERMO 5 nostroque sigillo magno munitas. Dat. panormi die vicesimo sesto sem- tembris XIIIJ Indice. anno dominice incarnationis millesimo CCCCXXXV. Nos Olivus Subtili Regius pretor testamur. :; Ego Antonius de la ma- tina juratus et prior vidi et testor. | Ego Erricus de Vaccarellis juratus testor. ; Ego Nicolaus de Roberto juratus predieta confirmo. Ego Ni- colaus de Sanguigno juratus predieta confirmo. |; Ego Joannes de Al- brandinis predicta confirmo. + Ego Antonius de Valguarnera predicta laudo et confirmo» (1). Non fu questo dopo il 1430 il tempo più splendido della Università di Bologna, turbata dalle sedizioni, e dai tumulti che travagliavano al- lora la città divisa e insanguinata dalle due fazioni dei Bentivoglio e dei Ceneduli, sì che dovettero tacere le dotte e splendide lezioni del Gua- rino, dell’Aurispa, e del Filelfo, e la scolaresca si riduceva da 5000, a 500, tanto che nel 1420 si pensava a far passare in Ferrara questi po- chi studenti che erano stati fedeli all'antico Ateneo tanto famoso pe’ suoi 10,000 studenti del 1262. Nel 1438 il Filelfo ripigliava le sue lezioni per breve tempo; ma l’Università non ritornava altra volta in splendore che verso il 1450 per la protezione di papa Nicola V, e le cure del celebre cardinale Bessarione, quando pur si trovò allo studio di quella Univer- sità il nostro Antonio Beccadelli, detto il Panormita, sostenùtovi a spese o della città di Palermo o del Re Alfonso. Intanto la città di Palermo mandava sempre a quello Studio i suoi studenti pur lasciandoli liberi di scegliere tra Bologna e Messina che teneva pure il suo studio di ligi; (1) Non deve oggi far maraviglia la provvigione che città come Palermo, Messina, Ca- tania, Siracusa, davano allora agli studenti che si recavano allo studio di Bologna o al- trove, e ai maestri di scuole superiori o inferiori. Nelle mete del 1312 e 1313 leggiamo che si vendevano carnes vitulorum, carnes porci, carnes vaccae et vitellorum, ad rot. den. 18; cioè a tre grani siciliani pari a cent. 6 del nostro tempo. Il casceus aveva il prezzo di gr. 4 o 5 pro rot. cioè a cent. 10: la ricotta recens. ed il'icascavallus recens. ad ‘ rot. den, 14 pro rot.; cioè a due grani e un terzo, vale a dire a circa centes. 5, e così: Pisces grossi ad rot. gr. 4 pro rot., cicè a centes. 8. In bandi di mete del 1459-60, si dice: “ Li pisci grossi di rot. uno a gr. 1 lu rotulo. — Li sausizzi a gr. 6lu rotulo. — Pre- tium frumenti pro salma qualibet ad pecuniam manualem ad tar. 8, et in mercantia ad tar. 9.— Ordeum veri ad pecuniam manualem ad tar. 7 etc. ,. Nel 1419 la carne di ci- gnale si vendeva a gr. 2 a rotolo; un paio di piccioni gr. 3, due conigli gr. 5, e un pajo di pernici gr. 10. V. GrecorIo. Consid. etc. p. 308. Nel 1330 il feudo “ di Santa Maria la Latina «t la mandia di li cervi,, presso Polizzi, si gabellavano © per uozi 're e tarì quin- dicì, cantara duì di formaggiu, carnaggi dui, quartara di ;botiru una,. V. la nostra Me- moria Il Monastero di S. Maria la Gadera ecc. p. 33. Pal., 1880. ic #4 eviti: Lips Al MULO E "A TVC Pd PARTI (8 NOTIZIE e forse fu testimonio delle sanguinose scene del 1435 , nelle quali pe- rirono Annibale Bentivogli e Battista Ceneduli, qualche nostro studente, come Matteo di Bonanno, che appunto in quell’anno si trovava in Bo- logna « studente di liggi ». ‘ Negli anni che seguono verso la metà dello stesso secolo si notano altre provvisioni a studenti conceduti dal Consiglio della Città; e proprio nel Repertorium del 1450 è votato: « Privilegio di ciltadinanza a un maestro di grammatica cum consilio civium urbis», come sotto l’anno 1458 si legge: « Obbligazione fa Ja città ad un mastro di grammatica per anni 5, et si obbliga a tutti beni». Non è notato lo stipendio; ma se la città di Siracusa pagava nel 1476 e 77 al nobile Giovanni Cerusico, ché si obbligava a insegnare pubblicamente grammatica ed altre scienze, onze otto all'anno, questo maestro di grammatica solamente non poteva godere più di uguale somma per suo salario. È curioso poi il leggere nel Repertorium del 1473 che erasi spedita « Lettera ad uno studente che si non si desiste da una lite, la città ci leva lo soldo ». L'ufficio di magister scholarum era tenuto nel 1491 da un Joanni de Leto (v. Zeper. Qq. D. 41). Ma pare, che fosse stato soppresso . nel 1515, quando era abolito dal Consiglio del Comune il salario « Can- chellarii et Magistri scholarum » (v. ms. Qgq. D. 41). Gli assegni invece agli studenti furono continuati; e fino al 1554 e 1559 iroviamo anche | notato ne’ Repertorii di questi anni: 41554. Elezione di leitore di filosofia », c « 1599. Atto di elezione di lettore di filosofia e logica ». E credo siano stati questi due gli ul- timi atti di elezione di professori di scuole superiori e di filosofia; stan- techè nel 1553 il Senato di Palermo si obbligava co’ Padri della Compa- gnia di Gesù a pagare loro onze 200 all’ anno per Je scuole da tenere aperte al pubblico e gratuitamente di grammatica e di altre scienze ; la quale somma fu sempre pagata fino alla prima espulsione della Com- pagnia nel secolo passato. (Aito 27 gennaro 1553 presso notar Andrea Occhipinti) (4). Intanto, oltre lo studio provvigionato siccome si è visto dal Comune, i frati di S. Domenico tenevano anch’ essi studio pubblico, e nel 1469 il Vicerè Lopez Ximen di Urrea si compiaceva molto in una sua lettera officiale data da Girgenti, che già sì fermava in Palermo il maestro do- cietereitonote i ai inte (1) Messina, Catania, Siracusa, Monreale, diedero anche un’ assegno pubblico ai Col- legi de’ PP. Gesuiti, per l’ubbligo che assumevano del pubblico insegnamento. SULL INSEGNAMENTO PUBBLICO IN PALERMO 9 menicano fra Tommaso Schifaldo, « per comuni et publica utilitati et benefitio di quissa Universitati di Palermo ». Da altra lettera dello stesso Vicerè si rileva che lo Schifaldo aveva tosto cominciato «a leggiri pub- blicamenti »; ed egli il Vicerè ci fa sapere che aveva procurato che lo Schifaldo fosse venuto in Palermo « per lu benefiziu pubblicu et uni- versali chi di zo resultava a quissa Universitati (1) ». Nel quale Studio di San Domenico insegnarono oltre lo Schifaldo, il Ranzano, Salvo Cassetta, e il Fazello; nomi così illustri nelle nostre memorie da non aver bisogno del mio elogio. Ma dopo la metà del se- colo XVI il pubblico insegnamento di Palermo si raccolse nel Collegio di studi aperto col favore dell'Imperatore Carlo V, e con la protezione del Vicerè de Vega, dai Padri della Compagnia di Gesù, cui fu dato anche privilegio di Studio generale o di Università di studi, tanto com- battuto dalla Università di Catania già fondata sin dalla metà del se- colo precedente da re Alfonso (1444); e come dopo il 15]5 non compa- risce più fra gli ufficii pubblici stipendiati dal Comune il magister scho- larum, così non sappiamo dire per difetto di documenti quando scom- parvero i magistri parvulorum, che si trovano esistere nel secolo XV, e dovevano venire dai secoli precedenti. La popolazione musulmana di Palermo, aveva nella seconda metà del secolo X circa trecento moschee dove anche si radunavano gli uomini di scienza e gl’insegnanti, e sap- piamo pur da Ibn Hawgal che si contavano allora in Palermo più di trecento molallems che educavano i fanciulli insegnando pubblica- mente, e facendo da notari (2). Or cedette nella popolazione cristiana l'insegnamento ordinato sotto l Impero ad ufficio pubblico, e mantenuto anche dalla Chiesa col suo magister scholarius delle chiese Cattedrali? E se l’insegnamento fosse cessato nella popo'azione cristiana, come mai i Normanni avrebbero potuto trovare i notarii pubblici che scrissero il greco e il latino di tanti diplomi e di tanti altri pubblici strumenti? I Normanni trovarono. non del tutto scomparsi i A'unicipia e le Geruntie dell’antico ordinamento romano bizantino, e così è molto probabile che le scuole del secolo XIV erano una continuazione delle antiche scuole, che i Normanni e i re di appresso non proibirono ai Musulmani e ai Giudei fino al secolo XIII (1) V. Moxeirore, ms. Qg, E, 5. f. 395. Conventi — San Domenico. (2) V. In Hawoat, Descriz. di Palermo etc. presso Amari, Bibl. arab. v. I. (Je) 10 NOTIZIE SULL’ INSEGNAMENTO PUBBLICO IN PALERMO ' due Stra appena di loro a ingSicila Noe i Questi appunti che ho raccolti e voluti leggere all’ Accademia, n debbano riguardarsi per la loro pochezza altrimenti che come DA ; e s! pubblicava nel vol. ni secoli XV, e sopra alcune opere lessigrafiche latine e Solo de' ‘sécol Hoc XIV e XVI ». Altri studi potranno sempre più accrescere questa rac- colta di notizie tanto importanti per la storia della nostra coltura secoli XIV e XV. i V. Di GIOVANNI. SU ALCUNI VASI ORIENTALI CON FIGURE UMANE RINVENUTI INESERAGUSA:\E MEGARA-IBLEÀ MEMORIA letta il 28 marzo 1886 DAL SOCIO PROF. FRANC. SAV. CAVALLARI (Con cinque tavole in cromolitografia) POCHI CENNI SUI VASI ARCAICI E SULLA LORO MESCOLANZA DI STILE IN SICILIA. L’ illustre archeologo professore A, Conze, pria di pubblicare la im- portantissima memoria Sulla Storia dell'inizio dell’arte greca (4), avea dato alle stampe tante altre opere illustrate sopra la ceramica antica, e tra queste una intitolata: Vasi di argilla di Milo (2). Nel 1871 il professor Brunn in un dotto lavoro : Problemi sulla storia della pittura vascolare (3), accettando le opinioni del Conze, con sano criterio asseriva: che lo sviluppo dell’ arte greca ebbe propria- mente principio, allorquando nei vasi vennero introdotte le rappresen- tazioni con figure umane. La mancanza delle figure umane nei vasi di stile orientale, prove- nienti dall’ Asia Minore, dall’ Egitto, dalla Grecia e dalle isole prossime agli emporî commerciali dei Fenici, è un fatto notissimo; e se nei detti vasi esistono mostri con la testa di donna, come le sfingi, o figure virili con la testa di animali, come quelle delle sculture egiziane, queste rappresentazioni sono riferibili a miti religiosi di un tipo orientale an- (1) Zur Geschickte der Anfùnge griechischer Kunste, Vienna, 1870, con 11 tavole. Pubblicata negli Annali dell'Accademia Imperiale delle Scienze, sezione di Storia e Filosofia. (2) Melische Thongefcisse, Leipzg, 1862, gr. fol. (3) Abhandlung der Kinige bayerische Akademie der Wissenschaften. Vol. XII, rapte II, Minchen, 1871. 4 SU ALCUNI VASI ORIENTALI portuno e concreto seguire la connessione delle provenienze e di ogni ca- ratteristica, o determinare le differenze di stile e le mescolanze degli ele- ‘menti che diedero quell’impronta spiccata all’arte ellenica, quando questa si svincolò dalle tipiche forme convenzionali sparse in Oriente: cioè quando la prepotenza jeratica della razza semitica, che per secoli dominò l’Oriente assorbendo le altre razze, dovette arrestarsi al contatto degli abitatori delle zone temperate , di origine giapetica , già sparsi nei tre bacini del Me- diterraneo. Si fu allora che l’arte ellenica potè introdurre altri elementi artistici, i quali, mescolati con quelli preesistenti, e mediante il genio greco ed italico guidato da liberi reggimenti, si sviluppò in guisa che per molti secoli s' impose al mondo civilizzato. La introduzione delle rappresentazioni con figure umane nelle dipin- ture dei vasi, come disse il professor Brunn, permise lo sviluppo del- l’arte greca; ma la varietà degli ornati, di cui scrisse il Conze, diede un aspetto differente alla parte ornamentale, tanto nella plastica quanto nella pittura dei vasi. Le particolarità notate dal professor Conze sulle differenze dei due generi di ornato, e sui caratteri speciali, sono della più grande importanza, e costituiscono una sostanziale diversità, in modo da dovere dividere i così detti vasi orientali in due distinte classi : e nell’una gli ornati rappresentano le forme delle piante sti/z=zafe, mentre nell’ altra, dallo stesso professore studiata in varì musei di Europa, gli or- nati per nulla rappresentano limitazione della forma organica delle piante (1). Nota inoltre il sullodato professore la mesco'anza dello stile per l’intrusione di altri elementi estranei alle arti orientali, e vede in essi talune influenze delle razze nordiche dell’ Europa (indo-germaniche), e chiama vasi pelasgici quelli in cui sì rinvengono tali elementi nordici. (1) Sono talmente importanti le distinzioni degli ornati che fa il Conze nella mem. cit., pag. 16, che meritano di esser trascritte testualmente: “Ein Hauptunterschied beider Vasenclassen ist der, dass in der Verzierungen der orientalisirenden Vasen stilizirte Pflan- zenformen einen Hauptbestandtheil bilden, wie ja bekanntlich die ganze, so weit wir sehen an letzter Stelle in Assyrien ausgebildete und von da verbreitete Formenwelt , also auch die der Fhénizier, Etrusker und, sobald diese beeinflusst wurden, der Griechen, wie iibri- gens auch die der Agypter, zum grossen Theile stylisirte Pfanzenformen dietet. Die:Pflan- zenform fehlt dagegen in der Ornamentik unserer Gefisse fast gnzlich, undsieht man die allerdings ganz vereinzelt vorkommenden mit eininger Deutlichkeit erkennbaren Darstellun- gen eines Blatterzweiges an, so sieht man alsbald, das diese noch dazu so verschwindend selten eingemischten Formen durchaus anderer Art sind, als die sehr durchgebiidet stilisirten Planzenformen der orientalischen Kunst und der orientalisirten griechischen Kunstweise bei den Blatterzweigen Vasen kann kaum von einer Stilisirung die Rede sein ,. CON FIGURE UMANE 5 Tra le notate differenze attirò l’attenzione dell’ illustre professore, e con ragione, la specialità dell’ ornato a zig-zag che è molto caratteri- stico, e che mai si è incontrato nei vasi orientali; sì che nella memoria ne descrive i tipi più notevoli, assegnandone anche la provenienza e dan- done le figure (1). Noi, a proposito di tale ornato a zig-zag, ci permettiamo soggiungere che in Sicilia è comunissimo, e spesso si ripete nella ceramica detta prei- storica: i cui vasi, estratti dai sepoleri scavati nelle rupi, non hanno relazione alcuna con i vasi orientali, e molto meno con quelli di epoca greca (2). L’ornato a zig-zag lo vediamo non solamente nei citati vasi detti preistorici, ma nelle terrecotte più ordinarie: cioè nelle tegole , in varie rozzissime stoviglie di epoca antichissima e indeterminabile, eseguite con la stessa tecnica e fregiate con lo stesso gusto tanto comune nelle re- gioni meridionali ed occidentali della Sicilia, e sempre graffite pria di esser poste al fuoco. Di tali stoviglie una non piccola quantità l'abbiamo veduta sparsa sull’ altipiano della montagna chiamata il Cassaro (nome di provenienza arabica), presso Castronuovo, nella provincia di Palermo: luogo in cui dovette esistere una sconosciuta città, i cui avanzi atte- stano di essere stata circondata da un lato dai dirupi. detti di Analoco, e dall’ altro da saldissime mura munite da torri sporgenti, di forma semipoligonale e di vetustissimo aspetto : costruzioni eseguite con la stessa tecnica delle muraglie esistenti nelle contrade un tempo occu- pate dagli Elimi e dai Sicani: contrade grecizzate poscia interamente nel tempo in cui Dionisio distrusse Mozia, e l’armata di lui scorrazzava la parte occidentale della Sicilia. Gli ornati a zig-zag si notano altresì in una certa quantità di vasi esistenti nel Museo nazionale di Siracusa, provenienti quasi tutti dall’ antica Noeto, da Modica, da Scicli e dalle coste meridionali di quella parte della Sicilia. Sono questi vasi di argilla ordinaria, non verniciati, della forma di un’anfora a larga bocca, con due anse, rozzamente di- pinti a zone orizzontali e verticali, con fregi a guisa di triglifi, linee a zig- (1) Mem. cit., pag. 2 e tav. V. (2) E dichiariamo pure che noi, a tale specie di vasi accennando, non intendiamo parlare di quelli manipolati dagli antichi abitatori della Sicilia che ebbero contatto coi Greci, ma solamente di quelli trovati di recente nei sepolcri praticati nelle montagne, e sparsi in varie regioni della nostra Isola, e particolarmente nelle contrude che furono abitate dai Sicoli. 2 6 SU ALCUNI VASI ORIENTALI zag e linee diagonali; la loro fattura e la loro forma si approssimano a quelle dei vasi punici: fattura e forma che purin tempi molto posteriori gli Arabi conservarono, e conservano anche oggigiorno nelle loro cretaglie. Ma se dai citati esemplari di epoca non determinabile altro non si potrebbe desumere che la sovrabbondanza di siffatte stoviglie, i fram- menti con gli stessi ornati, trovati in Modica, Siracusa e Villafrate, e pub- blicati dal barone Andrian nel suo lavoro : Zeitschrift fir Ethnologie Prihistorische Studien aus Sicilien, nel 1878, ci pongono in grado di po- tere con sicurezza ritenere che l’ornato a ziz-zag trovasi nella ceramica siciliana sin da tempi molto remoti (41), e che da allora in poi non fu ab- bandonato in molte contrade della nostra isola (2). Nè i frammenti detti preistorici pubblicati dal barone Andrian restarono soli, poichè altri con gli stessi ornati a zig-zag se ne rinvennero nei sepolcri scavati nella rupe tra Licata e Racalmuto, pubblicati nel 1880 dal signor Luigi Mauceri negli Annali dell'Istituto archeologico germanico di Roma; altri dello stesso genere nel villaggio del Parco presso Palermo, pubblicati dal professore Salinas nel Bullettino dell’Accademia dei Lincei di Roma nel 18841 (3), ed inoltre altri se ne trovarono con lo stesso ornato in Ragusa, provincia di Siracusa, nel 1884, e furono estratti dalle tombe scavate nella rupe del poggio Tabuto, contrada Malesina, e pubblicati dal dottor l°i- lippo Pennavaria in un periodico letterario di Ragusa istessa (4). Questi ornati, tanto comuni in Sicilia, non li troviamo nell’Italia me- ridionale, forse perchè questa estrema regione del continente italiano (1) Noi, pria della pubblicazione del dotto bar. Andrian, in una memoria Sulle Città ed opere di escavazione anteriori ai Greci in Sicilia, letta nel 1876, in una seduta della So- cietà siciliana di Storia patria, e pubblicata nell'Archivio storico siciliano, anno II, 1877, ci eravamo occupati dei sepolcri e dei vasi detti preistorici. (2) Della fattura dei vasi detti preistorici ce ne siamo distesamente occupati in una nota alla pag. 351 della Topografia archeologica di Siracusa ordinataci dal Ministero e con- dotta in collaborazione del Dottor AnoLro How e dell’ Ingegniere CRISTOFORO CAVALLARI pubblicata nel 1883, (in 4°. sr. di pagg. 415, con figure ed un atlante di 15 tavole). (3) Tavola 11, figura I. (4) Nell'ordinamento del nuovo Museo archeologico nazionale di Siracusa, affidatoci dal Ministero della P.I., ebbimo la occasione di classificare una bella raccolta di vasi di tal genere, della quale abbiamo aumentato anche il numero con eccellenti esemplari ottenuti dalle nostre scoperte e da varii doni ricevuti. E dei doni ricevuti ci è grato qui mostrare la nostra riconoscenza al suddetto dottor Pennavaria, distinto amatore ed egregio studioso delle patrie antichità, per un vaso a doppio cono, adorno di dipinture, da lui, in compagnia del chiarissimo dottor: Solarino trovato in un sepolero scavato nella roccia in una località del monte Tabuto presso Ragusa. CON FIGURE UMANE 7 non è slata sinora bene studiata, o lo è stata a spizzico; ma al contrario nell’Italia settentrionale, mediante gl’indefessi studì di valenti cultori delle antichità dette preistoriche, quali i professori Chierici, Pigorini e Strobel, si son rinvenuti in numero non scarso; e buoni lavori sui medesimi son venuti alla luce nel Bullettino di Paleontologia italiana, che da varî anni, con cura ed intelligenza degna di ogni elogio, in Reggio di Emilia si va pubblicando. Nel citato Bulleftino paleon'ologico, anno III, tavola I, troviamo effi- giati, nelle figure 2, 6, 11, 14, 15, 16, 17 e 18, gli stessi ornati a zig-zag di frammenti di vasi di argilla cotta, trovati nei sottosuoli di talune capanne di Reggio di Emilia; elo stesso ornato vedesi nella tavola V, figura 10, del- l’anno III dello stesso Bu/lettiro, riprodottovi da un vaso trovato in una stazione di antiche razze, oggi detta di Demorta nel Mantovano: e ciò indi- pendentemente della perfetta somiglianza nella forma dei vasi delle citate regioni settentrionali con quelli delle regioni sud-est della Sicilia. Tali coincidenze artisticamente e geograficamente esaminate sono molto importanti per lo studio della pittura vascolare, e potrebbero con- durre a tali risultati, da riempire talune lacune storiche, ed a far ricono- scere le provenienze ed il contatto che ebbero i varî gruppi di genti che vi- vevano in tempi tanto remoti e nel continente italiano e nelle prossime isole; ma bisogna francamente confessare che siamo ancora scarsi di buoni materiali, e assai lontani dal poter distinguere se taluni strani elementi di arte fossero stati introdotti nel nord-est dell'Europa da Indo-Germani: considerando che questi, pria di giungere a noi in Europa, dovettero tra- versare gl’ immensi deserti dell’ Asia, traendo lungamente vita da no- madi ed in contatto di genti barbare. La differenza di stile, gli strani elementi di arte notati dal Conze sono però fatti innegabili; ma precisarne l’ origine e la provenienza ci sembra cosa difficile e prematura; onde, senza divagarci in congetture, ci limitiamo solamente a sottomettere al giusto criterio dei nostri Jet- tori quanto è da notare a proposito della mescolanza di stile che offre la Sicilia nelle svariate opere di ceramica che dei più antichi tempi ci a- vanzano. Egli è certo che i centri dello sviluppo intellettivo ed artistico si estesero nel Mediterraneo con un movimento progressivo dal sud-est al nord-ovest, nei luoghi ove i Calcidesi, i Corintii ed i Megaresi, riunendo tutte le forze vive della Grecia, colonizzarono una parte del continente italiano, la Sicilia, ed altre località che stimavano vantaggiose ai loro in- teressi. Egli è ugualmente certo che in Sicilia ed in Italia trovarono i 8 SU ALCUNI VASI ORIENTALI Greci una civiltà che forse poterono migliorare ma non distruggere a sostituirvene altra; perchè nè la quantità degl’ invasori poteva essere tanto elevata da potere assorbire, specialmente in Sicilia, un popolo nu- meroso tanto, e da tanto tempo stabililovisi da caratterizzarlo essi nuovi arrivati siccome autoctono: un popolo, che godeva una civiltà inspirata ai principî ed alle leggi medesime a cui quella dei Greci istessi s’ era pure nei suoi primordii inspirata. Noi quindi non ci faremo ad indagare da dove ebbero origine le citate differenze o le cause prime che le produssero, chè il riconoscerle del resto è tutt'altro che facile; e limitandoci però al meglio che si possa fare, ch'è quello di accrescere per quanto sia possibile i dati con precise indicazioni del luogo di ogni scoverta, ed accompagnandoli da ogni particolarità topografica, da buone fotografie o da disegni che non puzzino di accademia, nè siano migliorati da un disegnatore che imbelletti a suo gusto un lavoro che servir deve invece a riprodurre scrupolosa- mente e senza alterazione alcuna il vero : difetti da cui i tempi scorsi non seppero sottrarsi, ci attenghiamo ad esporre e ad illustrare con tali intendimenti i soggetti di cui ci facciamo per primi a dare una notizia al mondo scientifico. Ma nel venire ad essi, accenniamo pure non esser da dimenticare che l’apogeo della civiltà si raggiunse di quei tempi nel- l'Oriente, nella Grecia, nelle isole, e tra queste nella Sicilia e nel conti- nente italiano: contrade in cui il clima temperato non presenta difficoltà tanto gravi alle comunicazioni, ed offre agli abitatori il lusso e le ric- chezze della vegetazione più rigogliosa; ed in cui le svariate forme dei monti, delle colline e delle pianure sono splendidamente illuminate da; benefici raggi del sole, non così ardenti da prostrare e snervare le forze intellettive dell’uomo, nè così scarsi da attutirle : contrade dalla Prov- videnza predestinate appunto ad essere la sede delle più splendide civiltà. E qui nelle zone temperate in cui viviamo, con i più bei modelli creati da Dio sempre a noi presenti, si sviluppò l’ arte pura greca che vediamo apparire in Italia, e nell’ottavo secolo a. C. in Sicilia per mezzo dei Calcidesi che fondarono Naxos, e poscia Leonzio, guidati dall’ ate- niese Teocle; la vediamo quasi contemporaneamente apparire in Sira- cusa per mezzo dei Corintii guidati da Archia; ed in Megara Iblea poscia con l’arrivo dei Megaresi uniti ai Calcidesi di Lamis. Ma quest’ arte pura greca, importata in Italia ed in Sicilia dalle greche colonie, non subì alcuna trasformazione con la comunanza delle razze qui da tempi anteriori stanziate, e stanziatevisi da tempi remoti tanto, da esservisi naturalizzate, razze che pur dovevano avere un’arte propria ? CON FIGURE UMANE 9 Questo è il nostro tema; e siccome abbiamo in Siracusa e dentro i limiti della sua provincia opere d’ arte che fanno supporre con valide ragioni che appartengano all’ epoca del primo stanziamento delle gre- che colonie in Sicilia, siamo nel grado di poterle con cura esaminare, confrontandole con opere preesistenti, a notarne ogni mescolanza di stile. Lo studio delle necropoli, dei vasi di ogni fattura di terra cotta rinvenuti nelle tombe; gli studì pur da noi e da lunghissimo tempo fatti nel con- tinente italiano, quelli anche più costanti fatti in Sicilia, ci pongono in grado di compilare questo nostro lavoro ; il quale, se ad altro merito non potesse aspirare, resterebbe sempre di qualche utilità per la parte descrittiva e topografica non solo, ma perchè esso contiene le notizie delle più recenti scoperte: notizie che tuttavia restano sconosciute, non escluse quelle che attengono alle scoverte degli anni 1884 e 1885. PT“ 10 SU ALCUNI VASI ORIENTALI II. TOPOGRAFIA DELLA NECROPOLI DEL FUSCO IN SIRACUSA E DI QUELLA D) MEGARA IBLEA. La necropoli del Fusco, che dista dall’isola di Ortigia un chilometro e mezzo circa, comincia dal pozzo di Scandurra, e si estende verso occi- dente sino alle terre e alla casa di Santoro, oltrepassato il nuovo cimitero di Siracusa, elevandosi da 5 a 10 metri sulla palude Lisimelia, altrimenti Siraca, il livello medio delle cui acque supera appena di un metro quello del mare. La lunghezza massima di essa necropoli oltrepassa il chilome- tro, ponendone il limite occidentale presso la casa Tarantello, ove è un gruppo di sepolcri preistorici scavati nella rupe; la larghezza massima conta metri 650, e poi si restringe verso il suo limite occidentale, seguendo le scoscese colline del teatro e della portella del Fusco che ne formano il confine settentrionale. Il lato meridionale, finalmente, lambisce la citata palude Lisimelia con un rialzo serpeggiante di piccoli seni e sporgenze, che, denudate dal tempo, fanno conoscere di essere tutta la necropoli uno spazioso banco di tufo calcare. Tutta la descritta contrada, chiamata il Fusco, è una pianura un poco inclinata verso la citata palude; ed una immagine precisa di essa può vedersi nella tavola IV dell’ atlante annesso alla ricordata Topografia ar- cheologica di Siracusa. Questa necropoli per la sua posizione topografica, per la sua vici- nanza ad Ortigia, e per i suoi vasi orientali detti corinzî, si dovrebbe senza alcun dubbio supporre la più antica dell’epoca greca in Siracusa, a cominciare dallo stanziamento dei Corintii di Archia, che occuparono l’isola di Ortigia discacciandone i Sicoli (1). Però quali fossero stati i suoi (1) Tucmipe, VI, 3. CON FIGURE UMANE 11 antichi limiti occidentali pria dell’epoca della guerra ateniese nov lo Sappiamo; solo è da osservare che nei movimenti degli Ateniesi, quando saliti questi sulle alture dell’Epipoli discesero nelle pianure siracusane, lo storico greco che tanto bene descrive ogni particolarità di quel me- morando assedio, non menziona punto nè la necropoli, nè il tempio di Cerere e Proserpina costruito da Gelone : tempio che pure doveva esi- stere in quella necropoli. Da ciò può a buon dritto argomentarsi che gli Ateniesi penetrarono sino alle rive del gran porto, al di là del luogo in cui oggi sorge la casa Santoro, senza avere attraversato la necropoli del Fusco. Gli scavi sinora fattivi si limitano alla parte più vicina ad Ortigia, e si son ristretti in una piccola superficie, essendo stati eseguiti o per caso da agricoltori, o per nostra esclusiva iniziativa, con sparutissimi mezzi e senza facilitazioni; e benchè si vedano e si tocchino le toimbe,quasi denudate del terriccio che le cuopre, per una potenza negativa sempre gli scavi suddetti ebbero ad esser sospesi. I vasi sinora trovati accusano un'epoca molto arcaica, ed i segni di altre tombe più lontane, comin- ciando poco prima del frantojo (trappitu) di S. Nicolò (1), accennano a fatture di epoca posteriore; ed al confine della necropoli, presso la casa Tarantello, tra molti ruderi si sono raccolti da noi pur degli avanzi di Stele con sagome romane. Dunque, come è naturale, la necropoli s' iu- grandì verso occidente a misura dell’ incremento della popolazione, ed in epoche differenti. Il limite orientale di questa necropoli a nord-est si congiunge con i sepolcri e con le strade sepolcrali che circondano il colle Temenite, ove stanno il così detto Ninfeo ed il teatro massimo, scavato nella roccia, che lo si ammira nella parte superiore della Neapoli: nel luogo appunto in cui pur dalla testimonianza di Cicerone sapevasi che rosse esistito. E però il sobborgo di Acradina, che si chiamò la Neapoli, non si estese mai verso occidente, nemmeno all’epoca della guerra cartaginese; se no Imilcone, quando irruppe e saccheggiò i sepolcri, che esser dovevano quelli del Fusco, e spogliò senza incontrare resistenza il tempio delle Tesmofore, sì sarebbe reso padrone della Neapoli. Da questi dati possiamo con sicurezza determinare il confine occi- dentale della città nuova, che perfettamente risponde ove ha comincia- mento l’ antichissima necropoli del Fusco; e questo limite lo vediamo chiaramente nella tavola IV dell’atlante della citata Z'opografia archeo- logica di Siracusa, in quel piccolo altipiano che comincia dalla figulina (1) Si veda la tav. IV, nella Topografia archeologica cit. 12 SU ALCUNI VASI ORIENTALI (stazzuni) e pozzo Scandurra, si dirige verso la casa Impellizzeri,e poscia, ripiegando verso nord-ovest per la casa di Boni, si collega con la strada sepolcrale segnata nella citata tavola IV, col numero 84(1). La quale strada, secondo noi, fu appositamente scavata nella collina per determinare il con- fine occidentale del colle Temenite, e per porre in comunicazione il sacro recinto di Apolline con la dorica necropoli del Fusco. I trovamenti fatti verso la fine del 1882, durante la costruzione della ferrovia Siracusa-Licata che traversando la necropoli del Fusco e la palude Lisimelia verso il tempio di Giove Olimpico si dirige, ci fecero conoscere l’ esistenza di una via sacra dipinta in rosso, adorna di stele mortuarie, che dalla citata necropoli conduceva all’ Olimpeo. Di quanto interesse sieno le succennate notizie topografiche ben può essere apprezzato da coloro che di tali studî si occupano ; e noi nel pubblicarle per la prima volta, lo facciamo col proponimento di accre- scere le conoscenze topografiche della più grande e potente delle città greche della Sicilia, ed anche allo scopo di giovare alla illustrazione dei vasi di cui ci occupiamo. Imperocchè da un canto la posizione delle tombe da cui si estrassero i nostri vasi prova la loco antichità, confer- mata dallo stile di essi; e dall’ altro canto la preesistenza delle tombe di epoca anteriore allo arrivo della colonia di Archia presso la citata necropoli, ci pone nella condizione d’indagare la mescolanza degli ele- menti estranei che nei vasi corinzii di Siracusa vediamo. Le notizie topografiche della necropoli di Megara Iblea non sono progredite oltre quelle date dal dottor Julius Schubring, nè da quelle da noi pubblicate nel Bullettino numero 6 della Commissione di Antichità e Belle Arti di Sicilia nel Settembre del 1873 (pagina 1, nota 1), in una me- moria: Sulle terrecotte figurate di Megara Iblea, corredata di diciassette figure in tre tavole; e non molto progredirono con gli scavi da noi di- retti nel 1879, per ordine del Ministero della Pubblica Istruzione, dap- poichè, sospesi i lavori con nostro grandissimo cordoglio e con danno (1) Il nome NEAMNOAI, scritto in lettere grandi nella tavola IV della citata Topografia, si dovrebbe spostare, trasportandolo più verso oriente; imperocchè in detta tavola sta scritto nel cominciamento della necropoli del Fusco, e non già nel vero sito ove potè estendersi la nuova città, i cui confini occidentali sono il pozzo e la casa Scandurra e la casa Impel- lizzeri: nella quale, secondo noi, doveva esistere lo Hekataion, come quello da noi trovato in Selinunte, (vedi il cit. Bu2lettino della Commissione di Antichità e Belle Arti di Sicilia num. 7, Sett. 1874). Notisi inoltre che presso la detta casa Impellizzeri, nel tracciare la fer- rovia, si trovò riunito in un solo punto una grande quantità d’idoletti di terra cotta molto arcaici. CON FIGURE UMANE 19 immenso della scienza, vennero meno le ricerche ° gli studî in quella necropoli, appartenente ad una delle più antiche città greche della Sicilia, fondata dai Megaresi e Calcidesi nel 728 av. C. Ciò che pure possiamo aggiungere sulla posizione topografien della necropoli megarese è: che essa si estende molto verso occidente, e che un altro gruppo di tombe deve esistere tuttavia inesplorato verso il lato meridionale della poco studiata Megara Iblea. La posizione in cui giacque questa città è quasi al centro del seno megarese, circondata dai monti Iblei; e questi allora erano abitati dai Sicoli, che al tempo della fonda- zione di Megara erano governati dal re Iblone. Similmente a più che poca distanza esiste |’ antiea Thapsos con le sue tombe preistoriche in corso di devastazione, delie quali talune solamente vennero da noi pub- blicate nel 1880 in un’appendice al nostro lavoro: Le città e le opere di escavazioni in Sicilia anteriori ai Greci : appendice che porta appunto îl titolo di Thapsos (1). Sappiamo inoltre che poco lungi da Megara Iblea doveva esistere la famosa opera idraulica, la Colimpetra, menzionata da Diodoro, che la attribuisce al mitico Dedalo. Ma ponendo da canto le tradizioni stori- che, resta il solò fatto visibile, che Ja città di Megara e la sua necro- poli vedonsi circondate da grandiose opere di escavazione eseguite da un popolo non greco, e che aveva un’arte ed una civiltà proprie. Però più si conferma il nostro argomento, che la mescolanza di elementi d’arte non greci nè orientali proviene dal contatto che ebbero le prime colo- nie greche con gli abitanti numerosissimi della Sicilia. I vasi di Megara non sono meno importanti di quelli del Fusco, e le figure umane in essi dipinte servono al nostro tema che sostan- zialmente si riferisce alla introduzione appunto delle figure umane nella pittura vascolare, ed alla mescolanza di stile che in modo spiccato si osserva nei vasi greco-sicoli: nome antiquato, ma che pure esprime-un esatto concetto storico (2). (1) Archivio storico siciliano, nuova serie, an. V, pag. 121-137, con una tavola. (2) Le prime notizie sulla necropoli di Megara Iblea si ebbero nel 1869, e poscia verso il 1872-73, quando, facendo noi taluni saggi di scavi a spese dello Stato, si rinvennero nelle tombe taluni giocattoli di terra cotta e piccoli vasettini che ora si consevano nel Museo nazionale di Siracusa. Da quel tempo in poi quella Necropoli restò in preda agli specula- tori di anticaglie, e solamente qualche vaso di pregio Si acquistò con gli sparuti fondi che il Municipio di Siracusa sommiristrava all’ egregio cav. Gioacchino Arezzo di Targia. Da quel tempo in poichi sa quanti oggetti preziosi sparirono, ad eccezione di taluni di argilla 4 14 SU ALCUNI VASI ORIENTALI « I risultati ottenuti negli scavi delle due necropoli di Siracusa e di Megara non furono penosi, nè difficili, dappoichè li potevamo conside- rare una opportuna continuazione di quelli precedentemente da noi fatti in Selinunte nelle due necropoli di Manicalunga e Galera-Bagliazzo, ove tombe e vasi sono della stessa natura di quelli di cui ora ci occupiamo; salvo la circostanza notevolissima che i vasi di cui ci occupiamo pre- sentano nei dipinti figure umane, mentre quelli di Selinunte ne sono privi (4); ed a parte anche della differenza che presentano i sepoleri iu dette località, poichè giammai abbiamo incontrato in Siracusa, nè in Megara, stanze sepolcrali come quelle di Selinunte, da noi pubblicate nella tavola III, tipo numero 6, del Bullettino citato della Commissione di Antichità e Belle Arti di Sicilia dell’anno 1872. Ma la differenza più notevole che presenta l'esame di tali località è quella che in quasi tutte le necropoli delle città greco-sicule della parte meridionale della Sicilia gli elementi di due distinte necropoli in cia- scuna si osservano, come se fossero state destinate per due distinte razze: e può vedersi in proposito le nostre osservazioni nel citato Bullet- tino numero 5, dalla pagina 18, alla pagina 21. Nella necropoli del Fusco ciò non si osserva, ma invece sinora si è riconosciuto un fatto costante: quello, cioè, che i vasi estratti dalle tombe le più prossime ad Ortigia sono più antichi, anzi quasi tutti orientali, e costituiscono una intera zona, alla quale un’ altra ne succede, i cui vasi accennano, come in corso della presente pubblicazione vedremo, ad un’ epoca di transi- zione e di mescolanza di elementi vari, per succedere quindi, nelle tombe più distanti da quel punto, dei vasi elegantissimi, di gusto ellenico pu- rissimo, benchè pure improntati ad uno stile molto arcaico. Abbiamo sinora raccolti nel Museo nazionale di Siracusa tanto nu- mero di vasi, da riempirne due grandi armadî; e son tutti orientali, ap- partenenti alla necropoli del Fusco, ad accezione di soli quattro di molta importanza e meritevoli di essere pubblicati. Se fossimo in qual- che guisa agevolati, anche con lievi mezzi, da questa sola necropoli si- e di varì monili di argento da noi comprati in Melilli per conto del Museo nazionale di Palermo in virtù di superiore incarico. Il maggior numero dei vasi fittili che ora si conservano nel nuovo Museo nazionale di Sira- cusa furono trovati negli scavi governativi da noi diretti nel 1879; ma la parte esplorata di quella necropoli, limitatissima, è la più prossima alla città di Megara, e rientra nei fondi del signor Vinci di Melilli. (1) Vedi il cit. Bwllestino, num, 5, pag. 12. CON FIGURE UMANI: 15 racusana potremmo estrarre tanti altri vasi dall'epoca della prima colonia greca in poi, da poterne fare una ricca raccolta non solo, ma, quello che più interessa, da poter trarne una collezione cronologica tale, da segnare il progresso successivo della pittura vascolare dall'VIII secolo a. C. in poi. Tra tutte le necropoli che abbiamo per mezzo secolo studiate in Sicilia, ritenghiamo per fermo che quella sola del Fusco potrebbe dare i risultati più evidenti e più degni, per la doppia utilità che la progres- sione artistica o le dilferenze dei suoi cimelii presentano in ordine al- l’arte e ‘alla storia: cimelii che meriterebbero di essere con ogni cura esaminati ad immenso vantaggio della scienza. Ulteriori scavi egualmente si dovrebbero fare in Megara Iblea, e saremmo sicuri, ove ci si consentissero, di potere accrescere notevol- mente per essi le nostre collezioni del nuovo Museo nazionale di Sira- cusa affidato alla nostra direzione; poichè è in noi la certezza di tro- varvi oggetti archeologici del VII e del VI secolo a. C., essendo noto che la città di Megara in quei due secoli fiorì, avendo solamente per- duta la sua importanza, e con essa la sua ricchezza, nell'epoca in cui Gelone ne fece forzosamente espatriare i più cospicui cittadini, in odio alla razza ealcidese che la popolava. DIT_T_T7TTT*_z generale del barometro . 75532 Escursione barometrica annua = 33,83 Î Minimo. . . 733,89 ‘ | Massima forza del vento = Km. 46, alle 9 a. m. del 1o gennaio 1886. | di fi |-——_—_—______r©rr_—__m65t3$}@#yjptmeem+<— 0 ’ —_—_—_mek OSSERVATORIO DI PALERMO NEGLI ANNI 1885 E 1886 -- dna GIORNI PIOVOSI Quentità VENTO FORTE | TUONI | NEVE |cRANDINE in millimetri || | | ; | 2.9.10.11, 12.13.16.17.18.19. 20.21.23.24.28.29.30.31 225,14 (ONEGAOIA 19, 10.11,3I. Tin 10.11.12. .4.6.7.9.10.12.13.14.19.20.21.22.27.28. 39,52 |l4.28. 9. = - 4-5.6.7.8.9.10,11.19. 10547 3:4-6.7,8. = _ gi 212.13.14.15.16:23.24.25.26:27. 64,01 12.15. 11.14.15. i _ 4-7-14.15. 330 — _ _ 11.12.1415. 27,36 [8.17.21 14. = 2a 5I2: 5,80 | n 11.12. — II. 17,19.20.26.27. 25,87 — 16. _ —_ | 4.15.16.19.20,21,24.26. 122,03 | —_ 2.12.14.16.19 —_ — i 10.15.17.28.29. 11033 16.19. 29. _ —_ | 5.9.14.16.20,2 4.25. 99,21 13.14. 20:21,22.23. 21.22:23. |20,21.22:23:2 2.3.4.8.10.1I1.12.22.23.25.28.29-30.31I. 161,02 15.10:19:20:25:30. 10.30 30.31 10 | 1021,50 | Massimo . .., i 393 [ \ O) Medio generale del termometro . . $ 18,19 Escursione termometrica annua = 38,8 Minimo... . 0, 5 IL DIRETTORE G. CACCIATORE. PIOGGIA | GLIO RNICON pr SANS NCAA TIA! I SASA LEA AI 9 Pam Priori FOA SATO No Ra RT IM e DER ILIIOZI Li ad "Be U pi te Le: s d% 9 *, CÈ ao è» ATE ei. so VIOLA sh. N e o “dl e RTF eV. dr SII Mn va se” SEE e pre pe sp Ari 4% UR-2 n»