*^ u*^- \$^: v.k^ \. » . r-^^ ■Vt;.'^ '■•■^r* y V ' ^.<-i^ >^^ r. . 1, ^ v^s:*.' ^i' 4^, Ji^ Zù'j^S' ^ibrarg of tljc ^uscunt OF COMPARATIVE ZOÒLOGY, AT HARVARD COllEGE, CAMBRIDGE, MASS. iFountreli 6d ]ir[taate substrfiitfon, [n 1861. cffuL ynJ-t ut ^ÀjL M.^^. No. ^c^ 9- J-^- 1f.S /. GrAV. G^ I U S E P P E Q.I O E N 1 ATTI DI SCIENZE NATURALI IlV OA.TA.IVI A. SERIE TERZ4 — TOMO XI. CATANIA, Tipografia C. G-alatola nel R. Ospizio di Beneficenza. ''1877. PE R^ L" Anno li. da Luglio 1873 ^ Giugno 1876. 1." Direttore Prof. Comm. Andrea Aradas. 2.° Direttore Prof. Cav. Giuseppe Zurria. Segretario Generale Prof. Cav. Carmelo Scinto Patti. MEMBRI DEL COMITATO. 1. Prof. Cav. Giacomo Saccliéro. 2. Prof. Ardini Giuseppe. 3. Dott. Cav. Antonino Somma. 4. Prof. Michelangelo Bonaccorsi. 5. Prof. Cav. Paolo Berretta, (i. Rev. P. Giovanni Calici. Direttore del Gabinetto Gioenio — Prof. Cav. Mario Distefano. Cassiere — Prof. Cav. Salvatore Nicolosi Tirrizzi. Segretario della sezione di Scienze fisiche — Prof. Cav. Aga- tino Longo. Segretario della sezione di Scienze natiu'ali — Prof. Cav. Ora- zio Silvestri. RELAZIONE DELLA DELL' ACCADEMIA GIOENIA EL settembre 1875 l'Accademia Gioenia celebra- va il cinquantesimo anno di sua esistenza (1). Sorta, prima in Italia, per lo scopo che si pre- fisse, mercè l' opera generosa di alcuni strenui cultori delle scienze naturali, intesi a promuoverne i progressi, ha, coi suo' studii, con le sue ricerche, con le opere sue, esteso le relazioni colle dotte adunanze dei due conti- nenti, e si è levata in onorata rinomanza a gloria di Catania , ove ebbe culla ed lia sede , e della Sicilia , che con moltiplici e svariati lavori ha illustrato. Mezzo secolo di splendida vita ed operosa è com- preso nei 50 volumi degli atti accademici fin qui pub- blicati, i quali attestano solennemente le perseveranti (1) L' Accademia Gioenia fu fondata nel 1824. Il 16 maggio di queir anno avea luogo in questa R. Università la solenne inau- gurazione con discorsi di occasione pronunciati dal 1° Direttore della medesima Comm. Fra Cesare Borgia, e dal Segretario Ge- nerale prof. cav. Carmelo Maravigna, che fan parte del 1° volu- me degli Atti Accademici. Circostanze del tutto estranee al fatto •fecero dif!erire la presente solennità al settembre del 1875. ATTI ACC. VOL. XI. 1 — 2 — lucubrazioni dirette ad uno scopo scientifico da que- sto Sodalizio, e l'importanza della missione di esso. La ricorrenza semicentenuale per tanto della fon- dazione della Gioenia si volle celebrata con festiva esultanza, per quanto 1' austerità della scienza il con- sentiva. * * All' uopo due sedute straordinarie , precesse d'a- nalogo programma, furono tenute dall' Accademia nei giorni 26 e 27 Settembre, e opportunamente in questa occasione venne inalzato nella pubblica villa il mezzo busto dell'illustre catanese Giuseppe Gioeni, del quale r Accademia porta il nome. All'invito della Gioenia risposero gentilmente al- tre consorelle e varii Istituti scientifici nazionali ed esteri, mandando rapjpresentanze, indirizzi, ed auguri (1). (1) Le Accademie ed Istituti scientifici che si fecero rappre- sentare furono: La Società italiana di scienze naturali residente in Milano, rappresentata dal cav. prof. F. Tornabene. La Società dei Naturalisti di Modena, dal prof. C. Sciuto-Patti. Il R. Istituto di Studi superiori e pratici di perfezionamento in Firenze dal prof. cav. Andrea Aradas. La R. Società italiana delle scienze di Napoli, dal profes- sore cav. F. Tornabene. Il R. Comitato Geologico d' Italia^ dall' ing. prof. Sebastia- no Mottura. La R. Accademia di scienze lettere ed arti di Palermo , dal prof. cav. A. Aradas. La Società medico-chirurgica di Napoli, dal prof. S. Toma- sei) i. La R. Accademia dei Lincei di Roma, dal cav. prof. F. Todaro. La R. Accademia Peloritana di Messina, dal sig. M. Grassi. — 3 — Il Municipio, la Provincia, il (jrovemo presero parte alla solennità (1). Cittadini preclari per sapere e per nf- ficii concorsero col loro intervento a rendere auguste La R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Pistoja^ dal prof. M. Rapisardi. La R. Accademia dei Zelanti di Acireale, dal prof. cav. ufT. L. Maddem. L' Accademia Agirino Diodorea d' Agira, dal prof. C. Sciu- to-Patti. La R. Commessione d' Agricoltura e Pastorizia per la Sici- lia dal sig. G. Collotti. La Società di Mutua Istruzione di Castelbuono dal medesimo sig. Collotti. L' Accademia di scienze , lettere ed arti di Catanzaro dal sig. F. P. Gulli. La R. Associazione dei Benemeriti Italiani di Palermo dal prof. B. Lupi. Il Gabinetto Letterario Scientifico di Ragusa da Mons. G. Coco-Zanghy. La R. Università di Roma dal prof. cav. F. Todaro. La R. Università di Torino dal prof. I. Landolina. La R. Università di Palermo dal prof. M. Gemraellaro. La R. Università di Pisa dal prof. cav. 0. Silvestri. S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione comm. Ruggiero Bonghi delegava a rappresentarlo il Prefetto della Provincia comm. conte Lanza. Mandarono indirizzi speciali di compartecipazione alla festa per tale ricorrenza: La R. Accademia della Crusca di Firenze. Il R. Istituto Veneto di scienze lettere ed arti di Venezia. Il R. Mnseo di Fisica e Storia Naturale di Firenze. La R. Accademia Olandese delle Scienze di Harlem. La R. Università Letteraria Carolina di Lunds-Svezia. La R. Società di Scienze Naturali di Transilvania-Kermann- stadt. (1) Il Municipio lodando il patriottico divisamento d'inaugu- rare in tale scientifica solennità nella Villa Bellini il busto del Gioeni, volle concorrervi spontaneamente con un sussidio straor- dinario di L. 500. — 4 — le adunanze. Tutto processe con ordine , e con quel fasto dignitoso analogo all'indole della festa. * Era il 26 Settembre. Innanti il portone della Uni- versità degli studii, ove 1' Accademia ha sede, pave- sato di arazzi leggevasi: L' ACCADE:\nA GIOENIA PER l'anno suo cinquantesimo QUESTO giorno SOLENNE ALLA FESTA DELLA SCIENZA CONSACRA. Neil' aula maggiore della medesima Università, bellamente tapezzata per le adunanze accademiche , altre iscrizioni jDendevano dalle pareti fra i ritratti de- gl' illustri professori del patrio Ateneo, molti de' quali promossero la Gioenia o appartennero alla stessa (1). (1) Nella grande aula della R. Università erano poste le se- guenti iscrizioni : I. SIA GLORIA ALLA SCIENZA CHE ILLUMINA E CREA TESTIMONIO NON PERITURO DEL PROGRESSO E DELLA FRATELLANZA DELLE NAZIONI. II. AL DIVINO SPLENDORE DEL VERO SI REDIME E TRIONFA L' UMANITÀ E IL SACRO DIRITTO DE' POPOLI NON CROLLA. — 5 — Alle 10 a. m. la seduta fu aperta. Stavano al banco della presidenza, il primo Diret- tore dell'Accademia, il Prefetto della Provincia, il Sin- daco della città. III. IL REGNO DELLA FORZA TRA I FASTI E LE VITTORIE PERISCE IL REGNO DEL PENSIERO RIGENERATORE FONDAMENTO DELLA CIVILE GRANDEZZA NON MUORE ne' SECOLI IV. QUI NEL FESTIVO DELLA SCIENZA • LE OMBRE de' NOSTRI GRANDI CHE ne' CAMPI DEL SAPERE LOTTARONO PER LA CIVILTÀ DELLA PATRIA ESULTANDO CI GUARDANO Innanzi la porta d'ingresso alla gran Sala ne' cUie lati stava scritto: I. IN QUESTO ATENEO DELLA SICULA ATENE SUONANO TUTTAVIA GLORIOSI I NOMI de' MILLE ILLUSTRI che le menti nel vero altissimo indirizzarono seguiamone o fratelli la tradizione l' esempio. II. SALVE O CATANIA VETUSTA DOVE HA STANZA IL SAPERE SALVE O BELLA CITTÀ DEL SOLE CHE su' TANTI ALLORI DA' FIGLI TUOI CONQUISTATI all' OMBRA dell' ALMA PACE E DELLA liberta' SIEDI RRGINA. — 6 — T rappresentanti delle altre Accademie insieme ai Gioenì, e ai professori dell' Università formavano come unica famiglia convenuta in omaggio della scienza. Uno scelto uditorio assisteva alla adunanza. Nelle forme di rito il Segretario Generale dell' Ac- cademia prof. Carmelo Sciuto-Patti leggeva il pro- gramma della festa, e i nomi dei rappresentanti degli Istituti scientifici che vi prendevano j^arte , e comu- nicava gì' indirizzi di auguri e felicitazioni pervenuti alla Gioeuia nel fausto avvenimento, che celebra vasi, fra' quali un telegramma del Ministro della Pubblica Istruzione, che, delegando il Prefetto della Provincia a rappresentarlo, augurava vita prospera e fruttuosa alla Accademia. Indi il 1.° Direttore dell' Accademia prof. cav. An- drea Aradas pronunziava discorso di occasione, nel quale accennando alla origine della Gioenia e agli svariati lavori durati da' soci, dando un sommario com- pleto di tutto quanto va registrato nei volumi degli atti accademici, tesseva la storia di ciuquant'anni di vita laboriosa dello Istituto Gioenio. Ai concerti musicali della banda cittadina, che e- cheggiavano nell' atrio della Università, si frapposero gli affettuosi saluti che in nome dei suo' colleglli profes- sori della Università degli studi di Roma e dei soci dell' Accademia dei Lincei, che insiememeute rappre- sentava, profferì il prof Francesco Todaro; come in seguito il sig. Mariano Grassi, rappresentante dell'Ac- cademia Peloritana di Messina, lesse calde parole per parte della stessa in onore della Gioenia (1); ed una (1) Riportiamo le parole del Grassi; Signori , « Alle gioje di questo giorno destinato a festeggiare le glorie — 7 — epigrafe pronunziava Mons. Giuseppe Coco-Zaughy nella rappresentanza del Gabinetto Scientifico di Ragusa. (1) Finalmente il socio Francesco di Paola Bertucci chiudeva quella tornata con la Commemorazione dei della Gioenia prende parte con giubilo l'insigne Accademia Pe- loritana di Messina che ho l'onore di rappresentare^ e che vi ringranzia per me del nobile invito di partecipare a questa memore solennità. « Io son lieto di annunziarvi, eh' essa inneggia, insieme con Voi, al glorioso Consesso che, per un cinquantennio, interro- gando la Natura, ne ha spesso ottenuto i responsi; inneggia all'inclita sorella che ha saputo riscuotere il plauso del mondo tutto. « Dopo due milleni di glorie e di sventure insieme attraver- sate, questa parola di amore , in sì memore giorno , la patria generosa di Dicearco , Maurolico , Borelli invia pel mio labbro alla cara e fiorente Catania, patria immortale di StesicorOj Ca- ronda e Bellini. « Partecipandovi il suo fraterno saluto, esclamo in suo nome: Viva la Gioenia, palladio della Sicula Atene, viva le gare feconde dei sacri ingegni italiani, viva la scienza! » (1) La epigrafe del rappresentante del Gabinetto scientifico di Ragusa diceva: A LA SOLENNITÀ SEMISECOLARE DELLA DOTTA GIOENIA FAMIGLIA PRENDONO PARTE DA LONTANO GLI ACCADEMICI SICULI-RAGUSEI NON DEGEIJERI NEPOTI DI GIAMBATTISTA ODIERNA E ACCOMUNANDO AUGURI! E VOTI DI LUNGA VITA PROPIZIA STAGIONE E LIETA MESSE NEL CAMPO DELLA SCIENZA SALUTANO CON LA VOCE DEL CUORE L' ILLUSTRE ALLEATA — 8 fondatori della Gioenia, leggendo il proemio di appo- sito lavoro biografico che sugli stessi ebbe incarico di stendere (1). * * Alle 5 p. m. s' inalzava in forma pubblica il mezzo busto in marmo di Giuseppe Gioeni nella ri- dente Villa Bellini. Il Corpo accademico insieme ai rap- presentanti delle altre Accademie, al Sindaco e al Pre- fetto della Provincia, portatisi sul luogo, sedevano in gaio palchetto rizzato di occasione, e da ivi il socio prof Giuseppe Ardini leggeva discorso biografico sul Gioeni (2). — Fu un momento solenne , quando il 1." Direttore prof Aradas scese fra la folla stivata in quel campo di fiori a svelare il mezzo busto del sullo- dato Gioeni, opera dello scarpello del giovine scultore catanese Grimaldi eseguita a spese dell' Accademia, GÌ' inni della banda musicale si confusero coi bat- timani degli astanti, e fu proprio manifestazione di quel sentimento di rispetto dovuto agli uomini grandi che con la scienza e le opere la patria illustrarono. Nel plinto inghirlandato di alloro e di fiori, sul (1) Il Comitato dell' Accademia con deliberazione presa il 30 maggio 1876 ha disposto di pubblicarsi le biografie dei fondatori della Gioenia via via nei successivi atti accademici. « (2) Giusta il programma dato fuori dall'Accademia il discor- so biografico sul Gioeni dovea leggersi dal socio attivo cav. Giacomo Sacchéro. Però quasi di repente mancato questi ai vivi il socio prof. Ardini ne assumeva l'impegno. Il discorso, che aveva preparato il Sacchéro, sarà pubbli- cato quale in bozza dopo la morte di lui si rinveniva. — 9 — •quale fu rizzato il mezzo busto del Gioeni , stava iuciso : AL suo TITOLARE L'ACCADEMIA GIOENIA PEL SUO CINQUANTESIMO ANNO 1875. Altre due iscrizioni poste nel palchetto di riu- nione dei socii della Gioenia , delle autorità , e dei rappresentanti dei diversi istituti scientifici, dicevano: I. LA SPADA DIVIDE LA SCIENZA CONGIUNGE all' ILLUSTRE RAMPOLLO DEGLI ANGIOINI I TEMUTI FIGLI DI PROCIDA CHE ASSISI SU I TROFEI DELLE SANGUINOSE BATTAGLIE ARMANSI ORMAI DI LETTERE VANTO COMUNE DELl' UMANITÀ IL l'accademia GIOENIA CHE FRESCA De' SUO' CINQUANt' ANNI RIPROMETTESI LONGEVITÀ E TRIONFI NELLA SCIENZA DELLA NATURA RICORDA IL NOME DEL SUO TITOLARE ED INAUGURA SOLENNEMENTE IL MARMO CHE DEBBA CONSERVARNE l" IMMAGINE all' avvenire. Il fatto della seguita inaugurazione consacravasi in apposito verbale commemorativo firmato dalle auto- ATTl ACC. VOL. XI. -4 -- 10 — rità, dai rappresentanti, e dai socii della Gioenia, che fur presenti a qnell' atto. * La seconda pubblica tornata , che teuevasi dalla (xioenia il 27 Settembre nella grande aula dell' Uni- versità, fu ricca di lavori scientifici presentati da' socii, e r un dopo 1' altro vennero letti in sunto. Furono svariate inonografie che saranno apprezzate dai cultori della scienza nei volumi degli atti accademici. In detta tornata lessero: NELLA CLASSE DELLE SCIENZE NATURALI 1. Aradas prof. cav. Andrea — Fauna Fossile dell Etna. 2. Sciuto-Patti prof. Carmelo — Esposizione della Carta Idrografica della città e de dintorni di Catania. 3. Silvestri prof. cav. Orazio — / fenomeni eruttivi pre- sentati dall'Etna nel 1874 — Studii di chimica geo- logica. 4. Somma dott. Antonino — Sidle armi di pietra ed altri preistorici monumenti rinvenuti in varii siti dello Etna. 5. Coco Zanghy mons. Giuseppe — Un' errata-corrige proposta in zoologia, ovvero il mio viaggio in Tibe- riade ed il vero pesce di s. Pietro. NELLA CLASSE DELLE SCIENZE FISICHE 1. Toraaselli prof. Salvatore — Appendice alla intos- sicazione chinica e la infezione malarica. 2. Nicolosi Tirrizzi prof. Salvatore — Descrizione di interessanti anomalie di vari organi del corpo umano. — 11 — 3. Rema prof. Eui^lio — Storia ragionata della cli- nica chirurgica nella R. Univei^sità di Catania. 4. Berretta prof. Paolo — Sopita un caso raro di emor- ragia della glandola lacrimale. 5. Orsini Di-Giacomo prof Antonino — Nota sopra un caso di gravidanza estr auterina seguita della espidsione del feto in frammenti per la via del retto. 6. Francavilla prof Francesco — Cisticerco nelV umo- re vitreo. 7. Clementi dott. Gesualdo — La scoperta delle fibbre dello Sharpy rivendicata alV Italia. 8. Scriffignani dott. cav. Francesco — Sopra un caso di Alopecia. 9. Ronsisvalle dott. Mario — Sulla pineumonite miasma- tica palustre. Furono presentati pure i seguenti lavori: 1. dal prof cav. Adamo Boltlisauser — Sullo stato attuale della meteorologia. 2. dal prof Gioachino Basile — L' Elefante fossile nel terreno vidcanico dell'Etna. 3. dal prof Mariano Zuccarello Patti — La Lambreda. Terminata la lettura dei sunti delle sopraindi- cate monografie, furono fatte varie proposte di di- stinte persone a socii dell' Accademia , ed il Segreta- rio Generale dava comunicazione di una lettera di ev- viva del Consigliere Cav. Ufi. Andrea Gallo indiritta in quel giorno alla Gioeuia (1). (1) La lettera del Consigliere Gallo era compresa nei se- guenti termini: Catania 27 Settembre 1875. /«.»>" Sig. Direttore Trovandomi occupato in affari della mia magistratura, duci- mi non potere intervenire alla straordinaria seduta di questo * — 12 — Coniatasi apposita medaglia commemorativa della festa , fu letto dal medesimo Segretario generale lo elen- giorno. Però mi farà la grazia di far leggere dal Segretario le poche parole scritte in questa mia. No ! non è vero che le altre Città Italiane nostre sorelle ci abbiano preceduto nella fondazione delle Accademie. Là Sicilia, culla in tutti i tempi, sin dalla remota sua età , di sapere e di scienze, ebbe le sue Accademie. Sotto Federico II lo svevo, Monarca civilizzatorej fu eretta nella Regia di Palermo un' Accademia, cui fu dato il nome di Accademia della lingua Italiana, ed in essa facevano parte i migliori talenti di quel secolo , e vi si produsse, come scrive Dante, ti.tto ciò che vi era di eccellente in quel tempo. Altre di tempo in tempo', non meno celebri , furono create nelle principali e cospicue città di Sicilia, Messina^ Catania, enei 1718 in Palermo la rinomata Accademia del Buon Gusto, il cui emblema era uno sciame di api che vola da un fiore ad un altro per succiarne il più utile ed il migliore, coli' epigrafe libant et probani. (") Era da più tempo desiderata un'Accademia di Scienze « (•) L'Accademia del Buongusto venne fondata da Pietro Filangieri Principe di S.' Flavia entro il proprio palazzo e dal 1718 vi ristette sino all' anno 1790. Di là fu trasportata nel Palazzo del Senato della città. Questa celebre Accademia divenne l'Arena in cui si esercitavano ed affinavano i migliori ingegni. Ivi con eruditi discorsi illustravasi la sto- ria di Sicilia. Essa fu lodata dal Giornale dei letterati d' Italia Tom. XXXVII. pag. 490: vantava tra i suoi socii i più dotti ed illustri perso- naggi stranieri. « In Messina fu fondata nel 17?S 1" Accademia denominata la Pelo- ritana che levò fama in quella cospicua Città. Si stabilì nel medesimo tempo in Catania 1' Accademia dei Giornali cui nel 1744 successe l'altra cotanto celebre degli Etnei la quale prima si radunava nel Palazzo e poscia dentro il Museo d' Ignazio Paterno Ca- stello Principe di Biscari. « In Palermo nel 1752 fu istituita nel Palazzo del Duca di Prato Ame- no un" Accademia di Scienze con pensamento più nobile e con disegno più vasto. Era divisa in sei classi rivolte ad illustrare la Storia di Sicilia e i suoi antichi monumenti. Quest'altra Accademia fu in molto onore ed elogiata dai letterati Italiani: Zaccaria Storia Letteraria d'Italia Tom. V. pap. 719 » — Is- eo delle persone cui venne essa conferita, cioè: a S. E. il Ministro della pubblica istruzione, — alle primarie au- torità— alla provincia — al comune — ai socii attivi — alle società ed agl'istituti scientifici che si fecero rappre- sentare— ed a tutte le Accademie con le quali la Gioe- nia trovasi legata in corrispondenza a solidarietà — agli eredi dei socii fondatori e agli eredi del Gioeni (1). Naturali. — Nell'Accademia del Buon Gusto il Sacerdote Diego Muzio nel 1800 avea letto una dotta Dissertazione sulla origine dei fuochi vulcanici e dei loro fenomeni. Era però riserbato alla Accademia Gioenia illustrare le cose di Sicilia, non solo come era allora pensiero, per la parte della filologia e della Storia, e delle Scienze Naturali, ma ben anco delle Belle Arti, (Scinà Stor. Letteraria Sez. XVII) i cui modelli e preziosi avanzi restano an- cora come segni onorali della nostra antica cultura, non meno della nostra antica grandezza. E sì ! che la fondazione dell'Accademia Gioenia ha per così dire rivendicato alla Sicilia 1' onore in cui in tutti tempi tene- vasi tra le più calte nazioni. Immortali restano i nomi di quei dotti che colle loro fatiche hanno vieppii!i confermato 1' antica rinomanza dell' Isola nostra per cultura per scienze e lettere. Evviva all' Illustre Accademia Gioenia: Evviva all'inclita Città di Catania. É r evviva che un canuto Magistrato, in ricorrenza della festa del 50°" anno della fondazione dell'Accademia Gioenia^ con tutta l'effusione del suo cuore manda in questo solenne giorno ai dotti Socii dell' Accademia stessa. Si onora raffermarsi All' Onor. Cav. Prof. A. Aradas 1° Direttore Presidente dell' Accademia Gioenia Catania Divotissimo Servo Andrea Gallo. (1) La medaglia commemorativa è stata coniata in Catania dall'artista catanese Giovanni Albergo, e porta nel dritto la effìgie di Gioeni con la iscrizione JOSEPH JOENIUS CATINENSIS — 14 — ludi r Accademia deliberò un indirizzo di ringra- ziamento al Ministro dell' istruzione pubblica , e alle Accademie che presero parte alla festa della Gioenia. Erano le 2 p. m. del 26 settembre quando il primo Direttore scioglieva l'adunanza commosso da tan- te manifestazioni, ed esternando in nome del Corpo ac- cademico una parola di ringraziamento per tutti. * * * Così ebbe termine in forma pubblica la festa se- micentennale dell'Accademia Gioenia di scienze natu- rali in Catania celebratasi nei giorni 26 e 27 settem- bre 1875. Essa lasciò grata ricordanza in quanti vollero prendervi parte. Essa attesterà il culto della scienza in Catania, che per succedersi di secoli non è venuto meno giammai. Essa accrescerà una pagina dippiù ne- gli annali della storia della Gioenia. e nel rovescio lo stemma dell' Accademia e sotto SODALITAS JOENIA IN L.'° SUI FESTO MDCCCLXXV. Tale medaglia va accompagnata da elegante Diploma a stampa così concepito: l'accademia gioenia di scienze naturali in catania grata alle sue consorelle ed agli illustri scienziati che ne celebravano il 50° anno di vita partecipando alle solenni adunanze del 26 6 27 settembre 1875 OFFRE all' QUESTO ATTESTATO DI RICONOSCENZA E LA MEDAGLIA COMMEMORATIVA Catania 27 settembre 1875. IL SEGRETARIO GENERALE IL 1.° DIRETTORE — 15 — E perchè i risultati di questa festa sian confer- mati da documenti, è pregio chiudere questa relazione riportando due autorevoli telegrammi. L'uno fu dii-etto dal Prefetto della provincia al Mi- nistro dell'istruzione pubblica diceva: « Festa commemorazione semicentennaria Accade- « mia Gioenia, celebratasi jeri e oggi, riuscì splendida^ « imponente, dignitosa. * Accademia prima sciogliersi decretò, per accla- « mazione , indirizzo ringraziamento e medaglia ar- « gento V. E. « Nome V. E. ringraziai intera Accademia e le « feci auguri di vita lunga e feconda per la scienza. « Segue dettagliata relazione — Prefetto Lama. L'altro telegramma è del sullodato Ministro al Se- gretario Generale della Gioenia, in risposta a quello indirittogli in nome dell' Accademia, espresso nei ter- mini seguenti : « Rnigrazio Accademia delle cortesie mostratemi. « Tanta bontà e gentilezza mi fa sempre pili rincrescere « di non aver potuto assistere a così lieta e solenne « commemorazione e di essere rimasto così breve tem- « pò tra voi. Mi auguro di prima avere o poi tempo « a tornare » Ministro Bonghi » . * * * Ed ora la festa è finita ! — i discorsi che ebbero luogo, e che pubblichiamo , varranno a rammentarla. A. S. E. Comm. Ruggiero Bonghi — ^liiiistro della l^ubblica Istruzione. Al Sig. Prefetto della Provincia Comm. Raffaele Lanza. Al Sio\ Sindaco di Catania Comm. Antonio Duca tmbert. Al Presidente del Consiglio Provinciale Cav. Uf- ficiale Domenico Bonaccorsi Marchese di Casalotto. Al Rettore della R. Università Prof. Comm. Sal- N'atore Marchese. Ai componenti la Deputazione Provinciale. Ai componenti la Giunta Municipale. Al Sig. Cav. Prof. Agatino Longo, unico super- stite fra i promotori della Gioenia. Al Sig. Cav. Prof Francesco Pulci, unico super- stite fra i soci fondatori. ATTI ACC. VOL. XI. •* — 18 — AI MEMBRI DELL ACCADEMIA Cav. Prof. Andrea Aradas — 1. Direttore dell' xVc- cademia. Cav. Prof. Giuseppe Znrria — 2. Direttore. Prof. Carmelo Sciuto-Patti — Segretario Generale Cav. Prof Orazio Silvestri — Segretario della se- zione di scienze naturali. Cav. Prof. A. Longo predetto — Segretario della sezione di scienze fisiche. Prof. ^Michelangelo Bonaccorsi Membro del Comitato P. D. Giovanni Cafici Cassinese » » Dott. Antonino Somma » » Cav. Giacomo Sacchèro » » Prof. Giuseppe Ardini » » Prof. Paolo Berretta » » Prof. Salvatore Nicolosi Tirrizzi — Cassiere Cav. Prof. Mario Distefano — Direttore del Ga- binetto. Dott. Giuseppe Galvagni — Socio attivo. Cav. Prof. Francesco Tornabene » » Cav. Uff. Prof. Lorenzo Maddem » » Avv. Bartolomeo Rapisardi » » Prof. Euplio Reina » » Prof ^Mariano Zuccarello Patti Prof. Bonaventura Gravina » » Prof. Giuseppe Bonaccorsi » » Prof. ]\Iario Gemmellaro » » Prof. Salvatore Tomaselli » » j\Ions. Priore Giuseppe Coco Zanghy » Cav. Prof Adamo Boltshauser » » Comm. Prof Gaetano Giorgio Gemmellaro — Socio Emerito. — 19 — Agli eredi del Cav. G. Gioeni Titolare dell' Ac- cademia. Agli Eredi dei soci Promotori (1). Affli Eredi dei soci Fondatori. ALLE SOCIETÀ SCIENTIFICHE NAZIONALI ED ESTERE in corrispondenza con la Gioenia. Italia Accademia delle scienze dell'istitu- to di Bologna Società Medico-chirurgica . . Bologna Accademia Economico- Agraria dei Georgofili Firenze Gabinetto di Storia Naturale . Firenze Società Entomologica Italiana . Firenze Accademia Lucchese di Scienze Lettere ed Arti .... Lucca R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere Milano Società Italiana di Scienze Naturali. Milano (1) I soci promotori furono. 1. Comm. Fra Cesare Borgia. 2. Prof. Salvatore Scuderi. 3. Prof. Carmelo Maraviglia. 4. Prof. Agatino Longo. 5. Prof. Ferdinando Cosentino. 6. Prof. Antonino Di Giacomo. 7. Prof. Mario Miisumeci. 8. D. Gregorio Barnaba La Via Casinese. 9. Prof. Rosario Scuderi. 10. Prof. Giuseppe Can. Alessi. _ 20 Collegio degli Ingegneri Arcliitetti. Milano Società Italiana delle scienze, resi- denti in Modena Società dei Naturalisti . . . Modena Società lieale delle Scienze . . Napoli 11. Istituto d'Incoraggiamento alle Scienze Naturali . . . Napoli Accademia .Medico-Chirurgica . Napoli Società A'eneto-Trentina di Scienze naturali Padova R, Accademia di Scienze e Lettere Palermo Consiglio di Perfezionamento . Palermo Connnessionc di Agricoltura e Pa- storizia per la Sicilia. . . Palermo Accademia Agraria . . . Pesaro R, Accademia dei Lincei . . Roma Accademia dei Nuovi Lincei . Roma Società (xeografica Italiana . . Roma Società Italiana detta XL . . Roma R. Comitato Geologico . . . Roma Corrispondenza Scientifica . . Roma Accademia dei Fisiocritici . . Siena Accademia delle Scienze . . Torino Accademia Reale di jMedicina . Torino R. Istituto Veneto di Scienze e Lettere . . . . • Venezia Accademia d'Agricoltura Commer- cio ed Arti Verona Accademia Olimpica . . . Vicenza Austria - Ungiikuia k (tkumania Natu rhistorischer Verein Naturti)rscliender Yei-ein Auyshurfi Brfìnn — 21 — Naturwissenscliaftlichen Gesellsc- hatt Isis Dresdeìi Senckeiibergisclie Naturforscbende (Tesellschaft .... Franl-furt am .ìfaìu Oberliessicheu (leselldschaft fiir Natur-und Heilkunde . . Giefsen Siebenburgische A-'erein tur Na- turwissenscbaften . . . Hermaadstadt 1 MivsikaHscb-CTikoiioinischeii Gesel- Iscliaft Konigsbevy Kouio'l. Baverische Akademie der Wissenscbaften .... MUncheìi Magyar Tudomanya Akadeniia . Pest Kais. Akademie der Wissensc- baften Wlen ( leoloffiscbe k. k. Keicbsanstalt. Wien K. k Geographiscbe Gesellscbaft. Wien Yerein tur Naturkunde ini Her- zofftbum Nassau. . . . Wiesbadeu Francia Académie des sciences , belles-let- tres et arts Bordeaux 8ociété des sciences naturelles . Bordeaux Société des sciences naturelles . Cherbourcj Société d' Émulation du Diparti- ment des Vosges . . . Epinal Société de 1' agricolture et des arts. Lille Société de 1' agricolture de 1' istoi- re naturelle et des arts utiles . Lyon Académie des sciences, iscripti(jns et belles-lettres .... Toulouse — 22 — Svizzera Société des Naturalistes. . . Bàie Société Vaudoise des Sciences Na- turelles Lausanne Société des Sciences naturelles . Neuschatel Belgio Société de Medicine . . . Anvers Academie Royale de Medicine de la Belgique Bruxelles Société Malacologique de Belgique. Bruxelles Société Royale des Sciences . . Liége Olanda Museo Teyler Harlem Société Hollandaise des Sciences . Harlem Spagna Real Accademia de Sciences. . Madrid Gran Brettagna Geological Society. . . . London Literary and pliilosophical Society. Manchester Museum of comparative Zoology . Camhridg Royal Society .... Edimburg Royal Society .... London Svezia-Norvegia Università Letteraria Carolina . Lunds Reale Accademia delle Scienze . Stockohn — 23 — Russia Société Imperiale des Naturalistes . Moscou Académie Imperiai des Scieuces . 8t. Peters-burg America Academy of Sciences . . . Boston Boston Society ofNatm-alHistory , Boston Mass. U. S. A. The Connestitut Academy of arts and Sciences .... New-Heaver. Connec- ticut. Orleans Cocenty Society of Na- turai scienees .... Newport-Ot'leans Academy of scienees . . . St. Louis (Missoari) Smittisonian Istitution . . . Waschington United States Patent Office . . Waschington Academy of Naturai Sciences . Philadelpliia PRONUNZIATO PER L' APillJllA BElli FESTA SEilCEiENAElA DELL'ACCADEMIA GIOENIA DAL PRIMO DIRETTORE PRESIDENTE CAV. UFF. PROF. ANDREH ARADAS ATTI ACC. VOL. XI. Signori , IRA il 16 maggio dell' anuo 1824. La parte eletta della nostra città con un codazzo d' immensa folla accorreva sollecita in questo luogo, onde assistere ad una fra le più celebri solennità letterarie della patria nostra, quella, cioè, dell' inaugurazione di una nuova Società scientifica, che mancava all' isola no- stra, e che prometteva un più felice risultato di quan- te altre erano state anteriormente create fra noi. Chi avesse voluto e potuto scandagliar l'animo delle perso- ne che a quella solennità eran presenti, sentimenti mol- to tra loro diversi e non pure opposti e contrari avrebbe dovuto rilevarvi. Vi erano molti di quelli , che oziosi spettatori ed ignoti di quanto di più grande e nobile sotto i loro sguardi accade , altra brama non hanno, se non quella di soddisfare la loro sciocca e vana curio- sità. Altri invidi per natura della gloria altrui, e nulla curando l'onore ed il lustro della patria, oppur nemici per sistema d' ogni progresso, con beffardo riso sa- — 28 — lutavano il primo esordire di quell' utilissima istitu- zione, e con interna compiacenza ne agognavano la più celere dissoluzione. Ma frammezzo a questa tur- ba d'uomini inetti, rosi dall'invìdia e dal livore e ad ogni buon' opera avversi (de' quali per nostra disavventura non vi ha mai penuria) eranvene moltissimi di quelli, sul cui volto legge vasi apertamente un sentimento d' intimo soddisfacimento dell' animo e di patrio orgo- glio, approvando la inaugurata Società, considerandola, ov' essa crescesse e prosperasse, come sorgente di gloria imperitura per la patria e per la Sicilia intera. Solo, alcuni di questi, mirando alla grandiosità, alla vastità ed all' importanza di questa istituzione ed ai mezzi d' ogni maniera che in grande misura richiedevane la esistenza, ripetevano a sé stessi le parole d' un immor- tale poeta: « Quante cose in disegno, ahimè son belle, « Che poste in opra poi non son più quelle (1). e dubitavano, non senza qualche fondamento, della feli- ce riuscita di siffatta istituzione. Tutti, poi, in generale venivano colpiti di maraviglia al vedere attuato, anche per il momento, il progetto di una scientifica Società fra noi in un tempo in cui, dopo 1' acerba lotta soste- nuta dallo spirito di libertà contro la tirannide, que- sta, rimasta per disavventura vittoriosa, aveva più effe- rata ribadito le catene della schiavitù in cui vivevano i popoli italiani, vietando sin la libertà del pensiero, e conseguentemente riputa\ido come il più grave delitto qualunqiie piìi innocua associazione. Frattanto, o Signori, la Società scientifica summen- (1) Ariosto. — 29 - tovata, che s'ebbe, perciò clie diremo, il nome di Gioenia, tenne in quel giorno con grande solennità e fra i pivi fragorosi applausi la sua prima pubblica tornata, e il tempo ha mostrato in progresso, che, nulla ostante la difficilezza de' tempi, è vissuta sin'oggi; ha raggiunto il nobile ed utile scopo che si prefisse con pochissimi mezzi ; è divenuta una delle più eminenti Accademie d' Italia; ha illustrato V Isola nostra, e come faro lu- minosissimo ha servito di guida a' siciliani nel malage- vole sentiero che conduce al ritrovamento delle utili verità scientifiche. Ne gli enunciati furono i soli ostacoli che al pro- gredire della nostra Accademia si frapposero, e che essa ebbe la forza di superare; conciosiachè, debbano anche come tali considerarsi e o:ravissimi i vari scon- volgimenti politici, che avvennero da quell'epoca in poi, i quali, generalmente si sa, come abbiano la po- tenza di paralizzare le menti, e arrestare conseguente- mente il progresso degli studi. E ancora è d'uopo ag- giungervi le varie e micidiali pestilenze, che, quasi sen- za posa, han fatto strage delle nostre popolazioni, ed hanno abbattuto gli spiriti, lasciando incancellabili tracce di profonda desolazione. Eppure, ne le turbolenze e le rivoluzioni, ne altri flagelli sterminatori , poterono unquamai arrestare o rallentare i lavori della nostra Accademia: ed eccovi, o Signori, le testimonianze inconfutabili di quanto il mio labbro osa asserire. Sono esse i cinquanta volumi che la Gioenia ha accumulati in mezzo secolo; volumi che racchiudono lavori della più alta importanza, che han- no arricchito il patrimonio delle naturali e fìsiche scienze, e che le han procurato un nome che al certo non morrà. — 30 — GÌ' infausti vaticini tornarono al vano : il soffio pestifero della calunnia, il veleno dell' invidia ed il po- tere attossicante delle altre vili passioni non ebbero la forza, non dico di disorganizzare la nostra Società od incepparne l'avviamento, ma neppure di distur- barla per poco. E si vide sin 1' altero ed inflessibi- le dispotismo ( fatto veramente singolare ! ) laudarla , e riverente renderle omaggio. E in quanto a tutto ciò, pare, siano state profetiche le parole pronun- ziate dall' illustre primo Direttore della nostra Ac- cademia Comm. Fra Cesare Borgia nel suo prege- vole discorso , che servì ad inaugurarne il bel prin- cipio. « Io tengo per fermo, così parlava egli ai Gioe- « nii, che se l' animosità e la discordia e l' invidia e le « altre passioni di mille nomi, tutte si collegassero per « diffamarne, non riuscirebbero nel vergognoso propo- « sito, tanta è la superiorità vostra a queste passioni, « tanto r amore che portate alle scienze, tanto quello « che avete della vostra fama. » (1) Adunque, o Signori, se la Gioenia non avesse su- perato ogni impedimento, e vinto tutti gli ostacoli; se con la pii!i ostinata perseveranza e la più nobile ab- negazione (raro se non unico esempio) non avessero i suoi membri collaborato alla sua grandezza e alla sua gloria; ma invece stancati si fossero, e caduti in quello stato d' indolenza e d' infingardaggine , eh' è il sinto- mo precursore ed infallibile della morte d' ogni asso- ciazione; ovvero, riposando sui mietuti allori, avessero creduto non aver oltre da fare, considerando come adempiuto del tutto il loro compito; in tal caso non avrebbero oggi il diritto di festeggiare il cinquantesi- (1) Atti Gioenii ser. 1" voi. 1. — Si- mo anno della fondazione della loro Società; e questa festa semicentenaria, o non sarebbe avvenuta, o a lo- ro scorno sarebbe tornata e a disonore della jjatria nostra. Ma tutto al contrario, o Signori ! — I Gioenii, oggi, con la maggiore fidanza e colla sicurezza di aver si- nora adempito agli obblighi della loro missione; dopo aver fatto ogni sforzo, ed ogni mezzo adoperato, per far progredire e prosperare la loro Accademia; dopo aver veduto crescere rapidamente la sua importanza; farsi gigante la di lei riputazione; i suoi rapporti e i suoi legami colle altre Società scientifiche del vecchio e nuovo mondo estendersi oltre misura ; chiamata a partecipare alle lor feste letterarie, e ad esser rappre- sentata in tutte le assemblee e ne' cong-ressi scientifici: onorata da' dotti d'ogni paese che aspirano all' ono- re di appartenervi; oggi, diciam noi, i Socii della Gioe- nia sono nel pieno diritto di manifestare al mondo scientifico il loro gaudio, potendo provare, che mezzo secolo di vita non ha per nulla accasciato il natio vigo- re della loro Società, e che invece, la sua attività, re- sa più energica da' felici risultati finora ottenuti, è arra di lunga e florida esistenza. Onorevolissimi Signori: le laudi che io rendo alla Accademia Gioenia in questo inaugurale discorso, non possono, uè debbono ascriversi ad esagerazione, che si potrebbe credere nata forse in me dall'entusiasmo di cui r animo mio in tal giorno è compreso, e tanto più, in quanto io ho avuto la fortuna di appartenere sin dalla mia prima giovinezza a questa Società, di cui occupo da vari anni 1' eminente carica di Primo Direttore. No; questo sarebbe avverso me una grave ingiustizia. Se col- la veste di Presidente dell' inclita Gioenia, rappresen- — 32 — tando questa Società, a me incombe il dovere di far veritiera e lucida mostra de' gloriosi sforzi de' miei Col- leghi, dall'altro canto io mi credo, e sono in fatto, l'ultimo di loro: e tutto ciò che io ho detto e dirò a vantaggio dell' Accademia nostra, non deve , ne può riflettersi sulla mia persona immeritevole dell'alto posto che occupa. Dimenticate adunque, o Signori, in tal congiuntura l'individuo, o separatelo almeno dal Pre- sidente dell' Accademia, che viene dalla carica istessa obbligato oggi d'intrattenere intorno a Lei la vostra attenzione col presente discorso , col quale in pria scorrerò di volo la sua storia , e indi colla massima concisione farò la esposizione coordinata de' lavori dei Gioenii, dati alla luce ne' suoi Atti dal primo anno della sua fondazione sin'oggi. Questo discorso non po- tendo essere breve, mi addolora l'idea di dover abu- sare della pazienza vostra, umanissimi Signori : ma l'eccezionalità della circostanza, e l'importanza dell'ar- gomento influente al decoro dell'Accademia, credo mi diano il diritto d'impetrare la vostra indulgenza e il vostro compatimento. La divisione del lavoro intellettuale, resa ognor più necessaria dal progressivo aumento delle umane co- noscenze; il bisogno di riunire, e, a così dire, unificare gli sforzi di più intelligenze tendenti allo scoprimento del vero ; e ancora il bisogno di associare a questo sco- po e porre a contributo i mezzi d'ogni maniera indi- vidualmente posseduti; il vantaggio che il sapere può trarre da nobile gara e generosa emulazione e dalle discussioni, per le quali, nella lotta di opinioni discor- danti e contrarie, spesso va a sventarsi l'errore ; sono .stati i motivi, o Signori, che in epoche diverse hanno — 33 — spinto ì dotti a riunirsi in scientifiche associazioni, a molte tra le quali s' è dato il nome di Accademie. E che le Accademie in generale agevolarono il pro- gresso dell' umano sapere, e resero grandi e segnalati servizi all' umanità, non è chi possa dubitare o scon- venire ; conciosiachè , nel loro seno germogliarono i semi delle più belle ed vitili scoverte di cui s" onora lo spirito rr.nano, ed ebber culla varii rami del sape- re. Epperò, non è senza intimo compiacimento dell' ani- mo il potere asserire, che l'Italia, che fu maestra di sapere, diede al mondo il primo esempio e il più sublime in fatto di scientifiche associazioni: imperocché, prima ad essere istituita fu quella che 1' eminente medico e ma- tematico napoletano, Giambattista della Porta, aprì in sua casa nel secolo XVI, destinata alla coltura delle scienze fisiche e naturali. Indi, Federico Cesi Duca di Acquasparta, nell' esordire del secolo XVII, fondò quel- la de' Lincèi collo stesso indirizzo ; e senza contare r Accademia Platonica fondata in Firenze da Lorenzo il Magnifico, fu il di lui fratello Ferdinando II che nel 1657 instituì in quella preclara città la tanto celebrata Accademia del Cimento, alla quale è giusto attribuire in gran parte i progressi della Filosofia sperimentale per opera de' suoi illustri membri, de' Viviani , cioè , de' Redi, de' Magalotti, de' Torricelli, de' Reccelli, dei Borelli, de' Galilei, ecc. nomi non mai celebrati abba- stanza, e ai quali spetta riverenza somma ed eterna rico- noscenza. L' Accademia del Cimento servì inoltre d' incitamen- to alla creazione di altre Società scientifiche , che su d'essa modellaronsi, e tra le quali acquistarono molta ce- lebrità l'Accademia Reale di Londra, fondata nel 1683, e quella di Francia. ATTI ACC. VOL. XI. 4 — 34 — Ancora m quel secolo stesso, e precisamente nel 1690, altra ne venne creata iii Bologna, che acquistò rinomanza, e venne conosciuta sotto il titolo ci' Istituto Bolognese; e quella de' Fisio-Critici di Siena, stabilita per opera dell' illustre prof. Gabrielli, e la quale tutto- ra ha vita. In seguito un grande numero di Società scientifi- che, letterarie ed artistiche vennero instituite in vari luoghi, delle quali molte però son riuscite di scarso o nullo vantaggio alla scienza: perocché, alcune abortiro- no, sia per mancanza di mezzi, o per inattuabilità di pro- getti ; ed altre , per futilità di scopo , ovvero , perchè a tutt' altro mirando che all' aumento del sapere, i loro membri dominati da falso orgoglio, da egoismo, o da invide gelose gare, non dieder luogo a quell' unità di scopo, di tendenze e d' idee, ch'è il principio e 1' ali- mento della vita accademica. La Sicilia conta le sue Accademie: ma, diciamolo francamente, nel secolo passato e ne' primordii dell' at- tuale più di nome che di fatto; lente nel lor procedere, trascurate, dando di quando a quando con effimere od insignificanti produzioni qualche segno della loro esi- stenza; pii^i d' una volta cadute in dimenticanza, e ri- chiamate tal' altra a nuova, ma fiacca e debole vita. La patria nostra s' ebbe 1' Accademia degli Etnei, di- retta dal celeberrimo Ignazio Principe di Biscari, sur- ta con indirizzo scientifico, dal quale ben presto devian- do, in Accademia poetica mutossi, e rapidamente la sua fine raggiunse. Si è perciò, che ne' primi anni del secolo che corre generalmente lamentavasi da' dotti nostrani e dagli stra- nieri la mancanza nell' isola nostra, così ricca di naturali prodotti, tanto svariata nelle manifestazioni della pò- — 35 - tenza. della natura , che offre xm mirabile complesso de' più interessanti e non pure misteriosi fenomeni; la mancanza, diciamo , fra noi d'una Società scientifica, che avesse lo scopo di ricercare le preziosità naturali della Sicilia, studiare la geologia di quest'isola, ed il maraviglioso vulcano che vi ha sede; la sua flora, la sua fauna, il suo clima, ed altro. Quella deficienza assoluta era in verità dolorosa; e ciò confermano le parole scritte dal dotto naturalista Americano Rafinesque Smaltz nel suo Cxiornale, Lo specchio delle scienze, pubblicato in Pa- lermo, allorché nel 1813 in quella preclarissima città forma vansi de' progetti per la fondazione di un' Acca- demia di Scienze, Lettere ed Arti. « Alcuni dotti e let- « terati, egli dice, han concepito da per sé il nobile » disegno d'istituire in Palermo un'Accademia delle « scienze ed arti, sopra il piano delle Società d' Inghil- « terra, inaudito esempio, mentre cotanti ne esistono « fra tutte le colte Nazioni, anzi vi si credono neces- « sarie pella pubblica coltura e vi sono da' Governi pro- « mosse, protette, anche premiate. Onore a coloro che « saranno i fondatori di tale sublime impresa, e giuuge- « ranno a superare tutti gli ostacoli, che l' ignoranza, « r invidia e la cupidigia gli Capponeranno » . Nella mente sublime del Gioeni era surta in quel torno r idea di creare qui, appiè del famoso Mongi- bello, un' Accademia, la quale solo di scienze naturali s' occupasse, e particolarmente di quelle che la Sicilia riguardano; ma la morte gì' impedì di attuare un tanto nobile disegno. Pochi anni dopo , d' un modo impre- visto , e che ancor può dirsi bizzarro e curioso , ebbe luogo il primo principio della nostra Società, Tanto è vero, che soventi volte un incalcolabile incidente, o un' idea venuta in disadatte circostanze, e anche una — 36 — parola gettata a caso, servono d' iucentivo a grandi opere e sublimi. Al declinare d'un bel giorno di maggio del 1823, in uno di quei giorni di tiepido e splendido sole, che lo illustre Abate Ferrara riguardava come una festa che dà la natura a tutti gli esseri viventi , un' agile bar- chetta solcava lievemente le onde del mare, che bagna il triste ma imponente e sublime littorale scoglioso et- neo, e portava in seno un certo numero di persone, che ai loro modi, ai loro atteggiamenti ed all' insieme delle loro figure sembravano di serio carattere e d' alta di- stinzione: e tali essi erano; conciosiachè, appartenevano alla nobilissima, sebben ristretta, sfera degli uomini eminentemente distinti per sapere e per amore alla pubblica istruzione. Eglino eransi riuniti in numero di sette , e dopo lieto amichevole banchetto facevano a tine di diporto quelF allegra e deliziosa passeggiata. Erano essi. Alessi Canonico Giuseppe , Di Giacomo Autonino , Maraviglia Carmelo , Musumeci IMario , La Via Barnaba Gregorio , Scuderi Rosario , Longo Agatino: uomini rispettabilissimi, che s'avranno, per- ciò che diremo, la nostra eterna riconoscenza. Ora, in quelle stesse brevi ore di sollazzo, in cui i loro animi allietavausi alla vista delle bellezze della }iatura, e riposavano dalle affannose cure, cui dedicava- no la loro esistenza, non perciò il loro affetto alla scienza taceva; e di quando in quando un pensiero ad essa volgevano, e, non so come, la lor conversazione cadendo sul Gioeni, pochi anni prima tolto dalla mor- te con immenso dolore alla patria ed alla scienza, ri- chiamarousi alla mente l' idea, che quel grande aveva nutrito, di fondare in Catania un' Accademia scientiH- ca, che avesse per iscopo di agevolare fra noi lo studio — 37 — della natura, illustrare così il patrio suolo, e soddisfare il generale desiderio di avere in Sicilia una tale scien- tifica società. Queir idea , per qualche tempo sopita, ricompariva al loro spirito in tutta la potenza con cui dal Gioeni era stata concepita, e lor si rivelava in tutta la sua grandezza, in tutta la sua sublimità. Essa fece r effetto d' una scintilla elettrica, lor con ugual foi'za e a un tempo comunicata. Eglino riconobbero tutti ad una volta la necessità d' attuarla, e, da essa invasi, in quel momento rimpetto a quella ogn' altra idea si tacque; signoreggiò le loro menti: e tal fu il loro en- tusiasmo, che alcun intoppo a quel gran progetto non videro, anzi quasi per cosa fatta il tennero. Ma, come spesso avviene, che le più gravi faccen- de sembrin facili in pria, ed in progresso siffattamen- te ingarbugliansi, da scoprire ad ogni passo difficoltà imprevedute e nuove , così accadde del progetto dei sapienti nostri Concittadini. Poiché, a mente calma riflettendovi su e pacatamente, gravi ostacoli lor si pararono innanzi all' attuazione di quel loro grandioso progetto. Infatti, come fare ? eglino si dissero ; quali mezzi adoperare ? E come ottenere ( ed era questo degli ostacoli il maggiore ) in questi tempi di spio- naggio, in questo suolo, una società di dotti , quando s'aborre da ogni civile e liberale istituzione ? Fuvvi un momento, o Signori, se non di completo scoraggiamento, però di dolorosa esitanza certamente. Ma volere è potere , come suol dirsi ; o, almeno, si puote ciò che si vuole, purché si voglia fortemente, ragionatamente e perseverantemente. E così fu de' fon- datori della Gioenia, i quali, ripreso animo, i j^redetti ostacoli ridussero al vano: e principalmente alla pe- nuria de' mezzi riparando sulle prime colle spouta- — 38 — nee loro annuali contribuzioni, e nel modo d' appres- so in quanto al conseguimento del desiderato neces- sario permesso. Reggeva in quel torno i destini della Sicilia, qual Luogotenente generale del Borbone, Pietro Ugo Mar- chese delle Favare. Questo Magnate, che ad amor del vero amantissimo era del sapere, ed altamente onorava i dotti, teneva in molto pregio e cordialmente stimava il Commendatore Fra Cesare Borgia, affettuoso cultore degli studi naturali, e distinto per le più belle qua- lità di mente e di cuore. I fondatori della Gioenia corsero adunque dal sul- lodato Borgia: tutto a lui si fé' noto; e lui fu scelto a caj)o ed anima del gran progetto. Egli ne fu sorpreso, incantato, e nelhx riuscita del medesimo a tutt' uomo impegnossi: i di lui sforzi, infatti, non tornarono vani, e il bramato permesso s' ottenne. Ciò fetto, tutto procedette con un impegno, un'at- tività ed uno zelo inimitabili per raggiungere in bre- ve tempo la meta prefissa, togliendo le mosse dall'im- porre alla nuova scientifica Società un titolo che espri- messe nettamente il suo scopo, per poter mostrare nel corso del tempo al mondo scientifico la loro costanza nel raggiungerlo. Si pensò qiundi darle il nome di Accademia di Scienze naturali, quale è stata ed è di fatto: ma ciò non bastava. L' idea prima, come si disse, di fondare in Catania una Società di naturalisti, era surta nella mente dell'immortale Gioeni. Quest'uomo , che, come altrove ho provato, fu uno de' Capi-scuola dell' Orit- tognosia e della Vulcanologia; che illustrò la sua pa- tria ; che s' ebbe la stima degli uomini più eminenti de' suoi tempi, principalmente in fatto di scienze natu- — Bo- rali; che lasciò monumenti incontrastabili del suo alto sapere nelle precitate scienze, come il suo prezioso mu- seo che religiosamete couservasi nella nostra Uni- versità, e la sua Litologia vesuviana, clic il Maravigna dichiarò cosa non mai veduta essere stata per intiero inserita ne' primi tre volumi degli Annali di Chimi- ca del Lavoisier dell' Italia, cioè, dell'immortale liuigi Brugnatelli; che in onta alle sventure che lo colpiro- no, come sempre ai grandi uomini è serbato, non la- sciò mai di coltivare gli studi suoi prediletti; di cui la rinomanza fu tanto grande, quanto cpiella de' vul- cani^ che formarono lo scopo delle sue meditazioni e del- le sue esplorazioni; quest' uomo, infine, di cui le laudi in questa solenne congiuntura saran celebrate da al- tra penna molto superiore alla mia , avendo meritato il rispetto e 1' ammirazione del mondo scientifico, do- veva essere non soltanto con somma onoranza ricorda- to da' fondatori della nostra Accademia, ma il suo nome illustre doveva essere eternato ne' fasti di questa So- cietà, col quale intitolandola, ricevuto ne avrebbe glo- ria imperitura e sempre vivo splendore, ciò che infatti avvenne, avendola i suoi fondatori appellata Gioenia, onde rammentare a' presenti ed a' futuri ad ogni ora l'uomo grande che lo portò, e proporlo a modello da imitarsi e su cui costantemente inspirarsi. E certamente, o Signori, fu lodevole, generosa e nobile l'idea di dedicare al Gioeni la nascente Società scientifica, per cui s' ebbe il nome di Accademia Gioe- nia di Scienze naturali; perciocché il nome e la fama di queir uomo insigne avrebbero potuto, come non è al- trimenti avvenuto, mantenere la concordia tra i socii, il loro amore al sapere, il più nobile disinteresse nel- le loro ricerche e nelle loro elucubrazioni, l'inviolabi- — 40 — lità de' loro Statuti e la più assoluta abnegazione. Né s'ingannava 1' egregio Commendatore Borgia, quando tutto questo augurando ai Gioeni nel prelodato suo discorso scrivea: « Ne fa mallevadoria quella vostra de- « cisione che ha imposto all' Accademia il nome del « nostro Gioeni: per la quale aperto e chiaro s' è fat- « to, non avere voi altro scopo, onorando quel dotto, « che onorare la scienza eh' ei professò, messa giù ogni « pretensione di rivalità. Ora di questo io vi lodo, e « vi loderà l'Italia e molta parte di Europa, che ua- « scete scevri di ogni altra passione, meno quella dei- fi lo studio, che nascete maggiori ai personali riguar- « di, che nascete muniti di vera filosofia, di scambie- « vole affetto; nelle quali cose è riposta la stabilità del « ben augurato vostro concepimento » . Ai primi otto promotori dell' Accademia innanzi citati, compreso il Borgia, s' unirono immediatamente Scuderi Salvatore e Cosentini Ferdinando. Furono essi che con grave riflessione e serio studio concepirono e formolarono gli Statuti della nostra Società, ai quali nella prima tornata del maggio del 1824 si diede pub- blicità. Questi Statuti s'ebbero l' approvazione e la lo- de universale, e furono presi a modello da alcune So- cietà, che venner create dopo la nostra. Essi aperta- mente rivelano il compito dell' Accademia, e i limiti che circoscrivono 1' estensione di questo compito mede- simo, col fermo proponimento di unquemai oltrepassarli. Fu creata , come s' è detto, collo scopo di coltivare e far progredire nelF Isola nostra le naturali e fisiche di- scipline, e tale si è manteituta sin' oggi. Io son cer- to , che se si fosse oltre estesa , sorpassando i suoi li- miti; se di altri rami del sapere scientifico e del lette- rario e dell' artistico occupata a un tempo si fosse, non — 41 — avrebbe al certo raggiunto il grado elevato e splendi- do cui è pervenuta; non già perchè noi stimiamo di mi- nor prezzo gli altri studi scientifici che quelli natura- li non siano, e i letterari! e gli artistici, che anzi ab- biam sempre riconosciuto la importanza, la nobiltà e l'utilità di siffatti studi, ed abbiara sempre nudrito rive- renza somma per i cultori di quelle scienze che non sono lenostr j, per gli eminenti letterati e i sommi artisti, i di cui nomi son registrati nell'album de' nostri soci; ma perchè, altrimenti operando di quanto abbiam fat- to , la nostra Accademia perduto avrebbe, per troppa estensione e per la eterogeneità delle materie, quel carattere di novità e di unità che non ha mai svesti- to. I miei predecessori mantenner saldo l'enunciato proponimento : ed io , sin dal 1868 in cui assunsi la carica di Primo Direttore, ho seguito il loro esempio, ed il mio cammino ho tracciato sulle loro orme, e noi tutti abbiamo religiosamente conservato l'inviolabilità de' nostri Statuti. Responsabili solo verso il mondo scientifico de' ri- sultati de' nostri studi e de' nostri sforzi, abbiam co- stantemente sostenuto in qualunque tempo l'indipen- denza della nostra Società. Amore alla scienza; inde- fessa cura del patrio onore; eterna riconoscenza ai no- stri insigni protettori ; ma autorità assoluta: — ecco la divisa dell' Accademia Gioenia. A compiere questi brevissimi cenni della storia della nostra Società, aggiungo, che ai primi dieci so- di altri se ne aggiunsero di merito insigne e di speri- mentata virtù, per compiere il numero di trenta mem- bri attivi: tra i quali è giusto ricordare Gemmellaro Mario, primo a riconoscere la duplicità dell'asse del nostro vulcano ; Gemmellaro Carlo , che finché visse ATTI ACC. VOL. XI. G — 42 — fu decoro della nostra Società; Gulli Sebastiano; Tede- schi Vincenzo, di cui il genio lottò colla sua fisica im- perfezione e la vinse; Leonardi Salvatore, zelantissimo dell' onore e del progresso dell' Accademia; Orsini Do- menico; Gagliani Carlo; Fulci Francesco; ed altri di non minor valore. Ed ora vengbiamo, o Signori, alla succinta, ma or- dinata esposizione de' lavori che i Gioenii lian reso di pubblica ragione in mezzo secolo di esistenza della loro Accademia. Scopo primario alle ricerche ed alle elucubrazioni de' Gioenii fu l' imponente ed antico vulcano, le cui falde noi abitiamo. Tra i monti ignivomi che trovansi in Europa il maggiore, di cui i terribili fenomeni spaventarono e posero in fuga i primi abitatori della costa orientale dell' Isola; che ha eccitato mai sempre r attenzione de' dotti, l' immaginazione de' poeti, e la meraviglia, non che lo stupore dell' universale; questo colossale ardente vulcano, in gran parte ancora incom- preso nelle operazioni misteriose della sua interna fu- cina, aveva suscitato nell' animo de' naturalisti arden- tissima la brama di studiarlo in ordine alla sua confor- mazione, alla sua costituzione geologica e geognostica, agli svariati fenomeni co' quali manifesta la sua po- tenza, e d' investigarne il principio motore. E, non parlando dell' illustre Borelli, a cui si deve, dopo avere studiato ne' suoi risultati la memorabile eruzione del 1669, la prima opinione scientifica sull' intima cagione de' suoi fenomeni, lo Spallanzani, il Dolomieu, il Re- cupero, il Gioeni ed il Ferrara avevano, pria che fondata fosse la Gioenia, fornito alla scienza delle preziose conoscenze su tutto che riguarda il Mongibello. Però, nel tempo in cui questi uomini eminentissimi su tale — 43 — e sublime arg'omento meditavano , la chimica non aveva fatto grandi progressi, la mineralogia ancor me- no, e la geologia era sul nascere. Laonde, i socii della Gioenia conobbero la necessità di applicare allo studio dell'Etna i principii della moderna chimica , i dogmi della novella scienza della terra , e precipuamente la conoscenza della moderna vulcanologia. A ricercare quindi s' accinsero la geologica e geognotisca costitu- zione del monte; la storia completa delle sue eruzio- ni; la natura de' prodotti d'ogni maniera cui esse dan luogo ; a discutere e risolvere le piiì gravi quistioui relative ai cangiamenti di forma ed altro della sua mas- sa ; e a tentar di scrutinare la provenienza de' mate- riali da esso rigettati, e scoprire l'agente misterioso che dà genesi a così singolari e straordinarii fenomeni. Or tutto ciò, o Signori, non rimase, almeno in gran parte, un desiderio: e ciò è lucidamente ed incontrasta- bilmente provato da'commendabilissimi lavori del Gem- mellaro Carlo, di Mara vigna, di Alessi, di Longo, di Gemmellaro G. Giorgio, di Sciuto-Patti , di Silvestri, e di altri, non contandovi quelli di altri sommi, come il Waltei-shauseu, il Leyll ec. i quali sebbene nostri socii, tuttavia le loro opere non forman parte degli Atti della nostra Società. E venendo ai particolari, Gemmellaro Carlo di- segna il prospetto di una topografia fisica dell'Etna; scandaglia le condizioni geologiche del suo tratto ter- restre; segna il suo confine marittimo; dà un saggio sulla costituzione fisica del Vulcano ; ricerca la strut- tura del cono de' monti rossi; fa cenno di un profonda- mento avvenuto nel sommo cratere, e dalla sua cima fa talune considerazioni sulle condizioni de' sottoposti ter- reni; pone ad esame 1' azione delle acque marine sulle - 44 — lave, e ne constata gli effetti; forma argomento di sue ricerche e profonde meditazioni la Valle del Bove, tut- tora incompresa nel fatto di sua formazione , giacche vi ò chi la vuol come lui prodotta da sprofondamen- to , e chi come effetto di erosione la considera, causa- ta dalle acque, ed altri ancora che ne trova la origi- ne in uno scoppio del primitivo cratere etneo; dimostra inoltre le varietà di superficie che presentano le cor- renti vulcaniche; descrive V eruzione del 1842, quella del 1843, e 1' altra del 1852. Né ai surriferiti si limi- tano gli studi geologico-vulcanologici e sulle rocce pi- rogeniche del Gemmellaro: conciosiachè, studia in gene- rale i basalti e gli effetti della loro decomposizione , ed in particolare quello decomposto dell' Isoletta dei Ciclopi, non che le lave prismatiche di Licodia e la rupe di Scilo; altre considerazioni egli fa sui basalti; le differenze tra i crateri di eruzione e quelli di sol- levamento con precisione statuisce; i vulcani estinti del Val di Noto d'ogni verso investiga e descrive; dell' I- sola di Pantelleria s' occupa, e con sana critica discu- te e giudica le osservazioni su essa fatte; e, infine, dà esatta relazione de' fenomeni del sottomarino vulcano surto tra la costa di Sicilia e Pantelleria, e ne predice il celere disperdimento. Dopo tutto ciò, raccogliendo i varii e più notevo- li fatti da esso lui e da altri osservati, ed esattamente valutandoli ed ordinandoli, giunge a compilare un ec- cellente trattato , che addimandò Vulcanologia etnèa Però, molti altri illustri Gioenii applicaronsi allo studio dell'Etna, e di pregevoli osservazioni e conside- razioni arricchirono i nostri Atti. Così, il dotto Maravi- gna, dopo aver pubblicato, prima della fondazione della nostra Accademia, le sue tavole sinottiche sull'Etna, che — 45 — compreudono quanto in quel tempo conoscevasi di questo vulcano , e descritta l'eruzione del 1819, in di cui occasione emise una nuova teorica sul principio motore de' vulcani,— rese di pubblica ragione ne' no- stri volumi la sua Orittognosia etnèa, la quale, con- siderata in correspettivo all' epoca in cui fu scritta, sarà sempre per quell' uomo insigne una vera e lu- cida testimonianza del suo alto ingegno. Inoltre, fa cenno di alcune specie minerali contenute nelle rocce de' vulcani estinti del Val di Noto; espone con sana critica i miglioramenti che avevano arrecato le ultime scoverte chimiche alla spiegazione di alcuni fenome- ni geologici, e particolarmente alla storia de' vulcani; ricerca e studia 1' azione del fuoco nella jjroduzione di alcuni membri della serie geognostica ; i rapporti che legano fra loro i terreni trachitico, basaltico, e quello de' vulcani estinti, cercando trovare un avvici- namento tra i fenomeni de' Geisler,' de' vulcani idroar- gillosi e degl' ignovomi. Accenna al ferro oligisto ot- taedrico del Monte Corvo presso Biancavilla; argomenti d'interessanti osservazioni apprestarono a lui la Ialite del basalto di Motta S. Anastasia, la Tremolite dell'Iso- letta de' Ciclopi, e l'Idroclorato di Ammoniaca della eruzione di Bronte; esaminò alcuni sali che si rinven- gono nell'interno del gran cratere dell'Etna, fra i qua- li il Solfato di calce. Alessi canon. Giuseppe, uomo eruditissimo, scrisse la storia critica delle eruzioni dell'Etna con impareg- giabile esattezza. L'Abate Ferrara, dopo aver acqui- stato universale riputazione colla stampa della sua opera sull' Etna , non lasciò di dare qualche suo la- voro alla nostra Società. Egli ragionò sull'eruzione et- nèa segnata da Orosio nell'anno 122 avanti Cristo, e — 46 — pubblicò ne' nostri Atti la sna Vulcanologica della Si- cilia e delle Isole che 1' attorniano; opera però, è da dirsi in onor del vero, che non apportò alcun vantag- gio alla scienza. INIusumeci Mario, distinto architetto ed archeologo sommo, descrisse l'eruzione apparsa so- pra la placa occidentale dell'Etna nel 31 ottobre del 1832, e s' occupò dell' attitudine delle materie vulca- niche alle arti sussidiarie dell' architettura. Platania Salvatore tenne ragionamento del Carbonato di soda nativo nelle lave dell' Etna. Di Giacomo Antonino trattò dell'Idrologia generale di questo vulcano. Gulli Sebastiano cercò scrutare e calcolare (ditficile, anzi vana ricerca!) la profondità de' vulcani. Il celebre Pilla, uno de' più distinti geologi d'I- talia, che alla libertà della patria sacrificò la vita nei campi di Curtatona, stabilì esatto paralello tra i tre vulcani ardenti di Napoli e Sicilia , dal quale trasse delle importanti conclusioni. L' Interlandi Pompeo studiò i basalti globulari del Murgo ; i terreni della nostra Ognina, di Aci-Castello ed Aci-Trezza. Longo Agatino, il Nestore dell' Accademia, 1' unico rimasto degli otto promotori di questa Società, fé' conoscere il bisogno di determinare il vero e reale perimetro del- l'Etna ; parlò dell'età di questo vulcano, e del primo esordire in generale de' vulcani , e s' occupò delle cagioni probabili delle accenzioni vulcaniche subae- ree. Somma Antonino dà accurata descrizione ed ap- provata da' dotti delle fenditure vulcaniche esistenti in Mascalucia ; una memoria compose sul luogo e tempo in cui avvenne la celebre eruzione de' Fra- telli Pii , che fu per intiero ristampata in Palermo , ed un esame critico sul Porto Ulissèo. Gemmellaro Giuseppe rese all' Accademia il sunto del giornale — 47 — dell' eruzione etnèa del 1852. (Tcnimellaro Gaetano Giorgio, che di buon'ora mostrò quella non ordinaria attitudine agli studii geologici e paleuteologici che lo han fatto grande, perchè a potente volontà congiunta, descrisse ancor giovane alcune specie minerali dei vulcani estinti di Palagonia; il ferro oligisto del Monte Corvo, e la pregevole sua memoria sul graduale sol- levamento d' una parte della costa di Sicilia , dal Simeto, cioè, all' Onobola. Scinto-Patti Carmelo, il nostro esperto ed infaticabile Segretario generale, dà la re- lazione geognostica delle Colline delle Terreforti di Catania; s' occupa dell' età probabile della massa su- baerea dell' Etna; e dopo aver dato un abbozzo di una carta idrografica , pubblica la sua carta geolo- gica di Catania, lavoro eccellente, corredato di belle tavole , e per il quale il sullodato socio s' ebbe il diploma di merito all' Esijosìzioue mondiale dì Vienna. E sin qui , o Signori , gli studii fatti sull' Etna erano stati più geologici, che chimici, a meno di quelli del Maravigna, eh' erano oramai divenuti antiquati. Era serbata all' egregio Silvestri Orazio la gloria di schiudere a questi studi il sentiero. Senza 1' analisi chimica, principalmente de' prodotti gassosi de' vul- cani, non si può giungere ad acquistare nozioni esatte e soddisfacenti sul loro principio motore. I fenomeni vulcanici presentati dall'Etna nel 1863-64-65 e 6Q, da lui studiati sotto tutti gli aspetti e chimicamente considerati, costituiscono, senza esagerazione, un lavoro grande e prezioso. Epperò, noi siam sicuri, che la via schiusa dal Silvestri rimarrà aperta ad ulteriori osser- vazioni. Egli scrisse anche dell' eruzione del Vesuvio del 1857, e fece delle osservazioni sopra un nuovo supposto vulcano. — 48 - Or, sebbene il vulcano che ci domina formato ab- bia r oggetto principale degli studi de' Gioenii ver- sati in geologia, tuttavia ad esso solo non limitarono le loro investigazioni, ma, a tutta Sicilia estendendole, i vari terreni che la costituiscono scrutarono, senza tralasciare le considerazioni generali della scienza del- la terra. Sono ben numerosi e sommamente pregevoli i lavori del Gemmellaro Carlo, sia riguardanti la parte geognostica, che la geogenica di questa scienza, e ben noti all'universale. Egli studiò la fisonomia delle mon- tagne della Sicilia e la costituzione geognostica della Costa meridionale della Alalie di IMessina; il terreno giurassico di Sicilia ; la formazione del terreno della Piana di Catania ; il terreno di Carcaci e quello di Troina ; la vera condizione delle Miniere di Sicilia; la Costa marittima meridionale del Golfo di Catania; la formazione dello Scisto di Ali; quella dell'Argilla bleù di Sicilia; il terreno erratico del Nord d'Europa; e ridusse al vano il sospetto d'un nuovo vulcano in Montegrande nelle vicinanze di Pietraperzia. Passando dall'osservazione de' fatti ai concetti che mirano alla parte generica della scienza , egli dà un' idea della formazione della crosta del globo; ricerca la causa geognostica della fertilità di Sicilia; si sforza a provare l'influenza del regno organico nella formazione della corteccia della terra; pone avanti l'influenza dell'ossi- geno nella formazione de' globi celesti; presenta due tavole illustrative, che soccorrono 1' intellic'enza delle più difficili teorie geologiche; si fa a scrutinare alcuni fenomeni di una vita, da lui detta minerale; concepi- sce una nuova teoria per ispiegare la formazione dello zolfo, alla quale dà in seguito ulteriori schiarimenti, sostenendo, che lo zolfo derivi dalla scomposizione dei — 49 — molluschi; somministra le prove geologiche del diluvio; scrive per sommi capi la storia della Geologia siuo al sec. XVIII, e traccia la storia fisica di Catania. Che se alcune delle sue teorie non sono state ammesse nel mondo de' dotti, è certo però, eh' esse resteranno sem- pre come prove irrefragabili dell' alto ingegno di que- sto assiduo scrutatore de' misteri della natura. Maravigna esamina alcune delle opinioni del si- gnor Boubèe; comenta due passi dello Stenone sulle cause che hanno sconvolto il paralellismo degli strati de' terreni di sedimento, e dà la monografia de' Solfati di calce delle miniere di Sicilia. La Via Barnaba rapporta le sue osservazioni geognostiche sui contorni di Nicosia; le altre da lui fatte sulla Contea di Sommatino, e scopre e descrive una nuova sorgente di Petrolio. Alessi dà la descrizio- ne fisico-mineralogica di Ernia; compone una memoria mineralogica sugli Ossidi di silicio ed i Silicati apparte- nenti alla Sicilia e sulF utilità che se ne può trarre, e crede avere scoperta la vera origine del Succino. Longo rende di publico diritto le sue memorie geolo- giche, ed un saggio di Geologia filosofica. L' Interlandi investiga e descrive la geologica e geoguostica condi- zione de' terreni di Avola, del terreno terziario della Fossa della creta presso Catania, e nota le sue osser- vazioni sul Poggio di S. Filippo presso Militello. Has- saghen forma 1' abbozzo di una descrizione geognostica della Crimea. Pareto, celebre geologo, s' intrattiene suir Idrologia. Silvestri fa conoscere talune sue osservazioni so- pra alcuni Calcari giurassici di Giardini; e scrive una interessante memoria sulla cristallizzazione del Zolfo in forma trimetrica mediante fusione. La costituzione ATTI ACC. VOL. XI. 7 — 50 -^ geognostica de' contorni di ^lilitello forma argomento di ima relazione del Di Giacomo. Rapisardi Bartolo- meo s' occupa dell'Asfalto di Boccadurso. Finalmente, nna memoria orittognosto-oreognostica fornisce all' Ac- cademia Buda Camillo, ed un'analisi orittologica so- pra alcuni fossili utili. Or se i Gioenii han dato prove di valore nel trat- tare argomenti mineralogici, non sono al certo rima- sti da sezzo tra i cultori della scienza delle piante. E sebbene, come altrove ho dimostrato, la scuola botanica siciliana abbia avuto in Palermo la sua origine per opera de' sommi Cupani e Bocconi, e dopo del Bernar- dino da Ucria, dalla quale provennero in progresso di tempo i Bivoua, i Tinèo, i Parlatori, i Todaro, e gì' In- senga, uomini die hanno meritato a giusto titolo in- contrastabile celebrità ; tuttavia ne' nostri volumi ac- cademici troviamo egregi lavori botanici che hanno ottenuto dall' universale approvazione e lode. Sono e saranno sempre rispettabili per questo riguardo i no- mi di Cosentino, Scuderi Salvatore, Maravigna, Tor- nabene, Bianca, Sacchéro ed altri, ai quali si devono pregevoli osservazioni, eccellenti trovati, e trattati com- pleti di Flore parziali. Così: Consentino Ferdinando scrisse un saggio di Topografia botanica; fornì dotti schiarimenti sulF Hedy- sarum coronarium; notò una nuova specie, che chiamò Acrostichum Catinense diede un colpo d'occhio sulle produzioni vegetali dell'Etna e sulla necessità di un esatto catalogo delle stesse ; presentò nuove osserva- zioni e ricerche sulla Zostera Oceanica e sopra una nuova specie di Agarico, e descrive due nuove specie di piante leguminose. Scuderi Salvatore publica un esteso ed importan- — 51 — te trattato de' bosclii dell' Etna , Maraviglia dà un sag- gio della Flora medica catanese, altamente lodato dal celebre Bertoloni. Gemmellaro Carlo studia la vegeta- zione di alcune piante a varie altezze dell'Etna, e ren- de note alcune sue osservazioni sulla struttura del frutto del ]Melaraucio e del jMelogranato. La Pomona etnèa forma 1' argomento degli studi di Scigliaui Alessio, e il Vertunno etnèo di quelli di Geremia Canonico Gioacchino. Numerosi e molto pre- gevoli sono i lavori del Tornabene Francesco, di que- st' uomo benemerito a cui si dee 1' Orto botanico, che forma il migliore ornamento della nostra Università. Egli espone anzi tutto alcuni fatti interessanti di Anatomia e Fisiologia vegetale; indi alcune sue os- servazioni suir umor cristallino nelle foglie seminali delle piante; altre sulle radici dell' Oxalis cernua, e sulla formazione de' bulbi, ed altre ancora sulla moti- lità della Porlieria Hygrometra; e tutto ciò in varie distinte memorie. In seguito mette iu luce talune sue ricerche sopra gli Endogeni, e varie considerazioni sulle anomalie florali negli Esogeni. In unione al Maggiore D. Giacomo Casinese enu- mera le varie piante che servono alla stazione di di- versi molluschi. Dà notizia di una carta topografica botanica per la Sicilia; scopre un nuovo albero indi- geno dell' Etna del gen. Celtis; e ordina e descrive in apposita monografia le specie del gen. Asparagus spon- tanee dell' Etna. A tutti questi utili lavori, pubblicati ne' nostri Atti, un' importante opera dobbiamo aggiun- gere, e che riguardar si deve come risultato di laborio- se ricerche e di lunghe meditazioni, cioè, la sua Liche- nografia sicula. Continuando a trascorrere la serie de' lavori bo- — 52 — tanici posti in luce dalla nostra Società, troviamo il Ferrara intrattenersi sui boschi dell' Etna; Alvaro Pa- terno IMano-anelli accuratamente trattare dell' irrig-a- zione de' campi che attorniano il Simeto; Cordaro Cla- renza Vincenzo occuparsi dell' ulivo, e De Gaetani Gaetano, in unione al Castorina Di Giacomo Paolo , compilare un catalogo di alcune piante medicinali dei dintorni di Catania. A tutto ciò fa d' uopo aggiuno-ere i lavori d' un nostro benemerito socio, la di cui morte avvenuta alcuni giorni or sono, si può riguardare co- me una vera sventura per la nostra Società, cioè^ del Sacchèro Giacomo, per quanto distinto letterato, altret- tanto dotto nella Botanica applicata, lavori che ver- sano suir importanza di alcuni Eucalipti ; sulla ma- lattia e rigenerazione de' limoni , e suU' utile pianta il Ramier , da lui al pari degli Eucalipti introdotta per la prima volta fra noi; ed infine la Flora de' con- torni di Avola del Bianca Giuseppe in undici memo- rie, la quale, per l' ordine, per 1' esattezza delle descri- zioni e per altri pregi, dee ritenersi come un vero mo- dello delle opere di tal genere. De' lavori zoologici de' Gioenii ora occupandoci, possiamo premettere, che, se il Bivona Barone Anto- nino in Palermo ed Anastasio Cocco in Messina, non parlando del celebre Poli, che non fu siciliano, furono i primi a coltivare in Sicilia la vera e positiva zoo- logica scienza, assai diversa da quella che j^rima cono- sce vasi , la quale risultava di empiriche osservazioni e di sterili cataloghi di nomi male appropriati e de- scrizioni assai peggio formolate ; ma invece l' altra che poggia sulle positive conoscenze della Zootomia e della Fisiologia comparata: però all'Accademia nostra - 53 - ■si debbono principalmente e lo sviluppo e i progressi che ha fatto la Zoologia fra noi nel secolo XIX", sia per i suoi molteplici e svariati lavori, sia ancora per r impulso eh' ella ha dato a' cultori di questa grande scienza, che mostra come la vita, a dir così, latente nella sfera vegetale, si svolga e giunga all' acume nel- l'animale. E per venirne alle prove, noi troviamo, che sin dal principio della sua fondazione la Gioenia pose ogni ciu'a nella ricerca e nell' illustrazione delle patrie preziosità zoologiche. Così, Alessi legge una memoria da servire d' introduzione alla zoologia del triplice mare di Sicilia. Gemmellaro Carlo s' accinge ad illustrare la zoologia del Golfo di Catania, in una prima me- moria occupandosi della topografia del Golfo suddetto, e in una seconda enumerando e descrivendo vari Spou- giari che in esso vivono; fa delle osservazioni sopra talune razze di animali domestici; dà un saggio d' It- tiologia del nostro Golfo, e presenta il rapporto di un caso straordinario di lattazione di una Mula. Cocco Anastasio, che la sola scoverta del Ruvetus praetiosus avrebbe reso celebre, non contando gli altri suoi mol- teplici trovati, descrive una nuova specie di pesce del genere Raja, e fornisce dotti schiarimenti sul Paralepis hyalinus. Galvagni Giuseppe Antonio in molte memo- rie e con molta ricercatezza intende alla compilazione della Fauna etnea, o a meglio dire, descrizione degli animali che vivono in tutte quelle regioni del j\longi- bello, in cui trovano le condizioni favorevoli a porvi stanza. Maravigua pone a pubblica conoscenza le sue memorie di Malacologia e di Conchiologia; la descri- zione di una nuova conchiglia del genere Pyrula; la descrizione di alcune nuove specie, o poco conosciute. — 54 - di conchiglie siciliane, e la monografia del gen. Pinna di Linneo, interessante, se non altro, per 1' esattezza delle figure. Madama leannette Powver, donna appas- sionatissima allo studio della storia naturale, cultrice distinta di quest' immenso ramo del sapere e nostra Socia corrispondente, fece delle originali ricerche sul polpo dell' Argonauta Argo, dirette a risolvere la que- stione lungamente agitata sul costruttore della con- chiglia da quel mollusco abitata, e con esperimenti diretti la mentovata questione ebbe la sorte di risol- vere , e die le più irrefì*agabili prove di essere il pol- po, che nella citata conchiglia suol rinvenirsi, il vero costruttore di essa, sebbene, fìior della legge generale, non vi si trovi con apposito legamento attaccato. La stessa ripetè inoltre talune esperienze sulla rigenera- zione di alcune parti del corpo de' molluschi, confer- mando quanto lo Spallanzani, primo fra tutti, aveva scoverto. Piazza Ciantar Giovanni , troppo giova- ne tolto alla nostra Società dall' indica peste nel 1837, aveva dato a divedére tutte quelle doti che sono ordinariamente necessarie per diventar vero naturali- sta. Egli fa notare sulle prime una nuova specie di Coleottero da lui chiamato Rinoceronte, ed inizia un ca- talogo de' Molluschi del Golfo di Catania. Rizza Ales- sandro, da Siracusa, descrive alcuni crostacei nuovi nello stesso Golfo rinvenuti. Costa Oronzi© aggiunge alla ster- minata serie de' Lepidotteri una specie novella. Lunga serie di zoologici lavori coutengonsi ne' nostri Atti di Aradas Andrea. Egli sulle prime pubblica, in unione a Maggiore D. Giacomo, in sette memorie il Catalogo ragionato delle conchiglie esistenti nella sua collezione ed in quella dell' allora estinto Abate Guttadauro Casinese. Insieme a Calcara Pietro da Palermo la mo- — 56 — nografia dei gen. Thracla e Glavagella. ludi, a solo , il prospetto della storia della Zoologìa in Sicilia nel secolo XIX in sette memorie; le osservazioni ed aggiun- te alla Fauna de' molluschi della Sicilia di Pliilippi da Cassel; le memorie di Zoologia siciliana, che racchiu- dono la descrizione di varie nuove conchiglie e diversi nuovi molluschi nudi ; la monografia degli EchinicU viventi e fossili della Sicilia, opera prima, rùnasta uni- ca finora riguardo a questi animali de' nostri mari; la nuova monografia del genere Coronilla; il prospetto di una Fauna de' molluschi della Sicilia; alcune osserva- zioni di zoologia siciliana; la descrizione di una nuova specie del genere Coronilla; gli studi di Biotassia ten- denti a migliorare l'attuale classificazione zoologica; la descrizione d' una nuova specie del genere Cerithium; ed in unione all' egregio Benoit Luigi una memoria sopra alcune specie del genere Triton, ed un' opera intitolata Conchigliologia vivente marina della Sicilia e delle Isole che la circondano, che forse servnà a com- pletare, almeno provvisoriamente, la Malacologia del Mediterraneo. Il Prestandrea annunzia e descrive dae nuovi cro- stacei pescati nel mare di Messina. Maggiore parla del- l' apparecchio digestivo in taluni gastropodi del genere Bulla di Linneo e dello stomaco della Bulla Ugnarla precipuamente, oggi Scaphander lignarius, che fu pre- so dal Gioeni per un testacio di nuova specie e di nuovo genere, ed ancora in altra memoria della Fava- gine di Aristotile. Ghiliani da Torino, assistente all' e- simio Gene, enumera tutti gl'Insetti raccolti da lui in Sicilia. Amato presenta come nuova una specie del genere Rissoa, la quale era stata precedentemente sco- verta dal Calcara, ma di cui è una distinta varietà. — 56 — Zuccarello Patti Mariano, distinto ornitologo ed ento- mologo, publica la descrizione di due nuovi insetti ap- partenenti al genere Brachinus; espone le sue osserva- zioni su un vago uccellino del genere Silvia; varie pre- gevoli ricerche intorno a molti uccelli siciliani; le sue illustrazioni ornitologiche ed entomologiche relative alla Sicilia; dà molti schiarimenti sulla Grande Ottarda, sul- l'Anitra cesarea e sul PellicanoBruno; indica varii metodi di preservazione per l'impagliatura degli uccelli,e mette fuori una nota sul Lestris j^omai^inus. Biondi Salva- tore , di cui a giusto titolo lamentiamo l' immatura perdita, fornì lavori malacologici importanti alla no- stra Società. Egli scrisse due memorie sopra alcune specie malacologiche nuove; ed altra descrizione di al- cune specie distinte e pertinenti alla stessa categoria. Coco Zanghì Monsign. Giuseppe emette le sue opi- nioni suir uomo e la scimia, contraddicendo alla teo- rica del trasformismo, seguendo le orme del Quatrefa- ges, del Flourans e del primo naturalista del mondo attuale, il celeberrimo Agassiz, morto nel dicembre del 1874, e svela un qiù prò quo in fatto di genera- zione spontanea. Finalmente il Tigri s' occupa del dia- framma degli uccelli. E sino a questo punto abbiamo, o Signori, passato in rassegna i lavori della Gioenia che riguardano la storia naturale , sia quella degli esseri organici , che r altra de' viventi vegetali o animali. Sarebbe questo il momento di dare uno sguardo a quelli che alle scienze fisiche s' appartengono, se non dovessimo occuparci di alcuni altri lavori che spettano ad una scienza tutta moderna, che stabilisce un intimo legame tra le due summentovate, la Paleontologia, cioè, la quale è indi- spensabile, quanto lo è, e forse ancor più, la Strati- — 57 — grafia che all'altra è necessità associare, percliè il geo- logo possa con sicurezza determinare la natura dei Aarii terreni e l'epoca della loro formazione. Son quindi da notarsi alcuni lavori paleontologici contenuti ne' nostri volumi. Così , Gemmellaro Carlo istituisce delle osservazioni sulle conchiglie fossili che rinveugonsi nell' Argilla del Poggio di Citali ; sopra una varietà à'Ippurite, e su d'un pezzo di calcare a con- chiglie. Esamina e descrive un fossile del terreno creta- ceo superiore di Pachino, che riguarda come un Poli- pajo di genere nuovo , sebbene altri naturalisti cre- dono che sia una conchiglia spettante all' ordine dei nudisti. Tratta della possibilità di esistenza di Ele- fanti indigeni in Sicilia, scortato da' priucipii della Paleontologia in tale ricerca, ed espone le sue osser- vazioni su' fossili de' terreni paleozoici. Alessi scrive esteso ed erudito lavoro sulle ossa fossili rinvenute in ogni tempo in Sicilia, e di quelle s' occupa ritrovate al suo tempo in Siracusa. Tornabene scrive la Flora fossile dell' Etna, accurato lavoro e del tutto nuovo. La Via s' occupa di due difese elefantine fossili. Aradas descrive le conchiglie fossili di Gra vitelli presso Mes- sina; molte altre specie couchigliologiche fossili di va- rie località della Sicilia, fra le quali un buon numero del tutto nuove; la descrizione di alcuni resti di gran- di Mammiferi rinvenuti in Sicilia, e un molare di Ele- fante fossile, che costituisce una nuova specie elefan- tina, che più non vive. L'esimio geologo di Napoli, Gu- glielmo Guiscardi, dà notizia d' un nuovo genere fos- sile di molluschi della famiglia de' Neritidi. Gemmel- laro Gaetano Giorgio fornisce alla nostra Società la- vori paleontologici pregevolissimi: e anzi tutto le sue ricerche sui Pesci fossili della Sicilia, che compongono ATTI ACC. VOL. XI. 8 — sa- una completa monografia ittiologica sicnla. In seguito la descrizione di taluni organici fossili del Turoniano e Nummulitico di Judica; quella di varie concliiglie del Cretaceo superiore e nummulitico di Pachino; le sue interessanti ricerche ed osservazioni sopra alcuni Cefalopodi del Titonio inferiore di Sicilia; sopra i Ce- falopodi della zona con Stephanoceras Macrocephalam Sclott; e in unione al de Blasi la descrizione de' Pet- tini del Titonio inferiore del Nord di Sicilia. Seguenza Giuseppe, eminente paleontologo, ricerca e descrive i Bizopodi delle Argille pleistoceniche de' dintorni di Catania. Silvestri dà un saggio di studi stdla Fauna microscopica fossile del terreno subappennino, pubbli- cando completa e pregevolissima monografia del gene- re Nodosaria. Infine, Ciofalo da Termini Imerese de- scrive una nuova conchiglia fossile del Miocene di Limina, ed altre due del Cretaceo superiore di Termini, Ma non la coltura soltanto della Storia naturale fu il compito della Gioenia, bensì ancor quella delle scienze fisiche e matematiche e delle mediche, che tutte con quella compongono la serie delle scienze naturali, ed in coltivarle non è stata meno attiva, in- defessa, ed abile, di quanto per lo innanzi è stata da noi rappresentata. Ed in vero: in quanto alle matema- tiche discipline basterebbero i lavori del Sammartino e del Zurria , non solo a confermare quanto abbiam detto, ma ancora a render gloriosa quest' Accademia, I nomi de' due valorosi matematici or ora citati son tali da imporre riverenza ed eccitare l'ammirazione neir animo di chiunque sappia apprezzare l' importan- za, r utilità e il carattere di certezza della grande scienza de' calcoli. — 59 — E sebbene i sublimi lavori del Sammavtiiio tro- viusi fuor degli Atti Gioenii pubblicati, tuttavia per quanto riguarda quelli che in questi Atti contengousi, debbonsi considerare come molto interessanti i suoi calcoli sopra un'antica misura del Centipondio, e la sua discussione sopra due rimarchevoli teoremi di Ana- lisi; ed in quanto a Matematica applicata la sua me- moria sulla portata de' fiumi, Zurria porge i suoi pro- fondi e pregiatissimi studii in più memorie : 1. sullo sviluppo in serie delle potenze del radicale esprimente la distanza mutua di due pianeti ; 2, sugli integrali definiti di talune trascendenti; 3. sull' espressione de- finita del teorema di Baylor e di Maclaurin; 4. sullo sviluppo dell'equazione del centro del raggio rettore e suo logaritmo; 5. sulla determinazione dei Coeffi- cienti nelle formolo a differenze differenziali; e 6. sulla superficie ellissoide a tre assi ineguali. A questi lavori bisogna aggiungerne un altro del- l' egregio Lavagna sulla integrazione dell' equazione non lineare di natura qualunque. In Architettura sono da notarsi gli studi dell' ot- timo Musumeci Mario sulle strade a ruota nelle paludi che hanno sbocco in mare, e precisamente ne' Pant anel- li di Siracusa; la memoria di Gemmellaro Carlo sulla stabilità de' Cassoni del Molo di Catania , e quella molto interessante dello Scinto -Patti sull' ingrandi- mento del suddetto Molo. Non meno importanti sono i lavori de' Gioenii in fatto di Fisica e Meteorologia. Noi poniamo in prima linea un lavoro del più alto interesse per la scienza sulla diffrazione della luce del Zurria. Io non posso aste- nermi di riferire qui il giudizio dato [ sur esso dal cele- bre fisico francese Pouillet, che vale per mille elogi. » — 60 — « Io vi prego, Signore, così scriveva egli al Zur- « ria, di accogliere i miei pieni ringraziamenti per « la vostra memoria sulla diffrazione della luce , che « avete avuto l' estrema bontà d' inviarmi. Io 1' ho ri- « cevuta jeri, e l'ho letta col più vivo interesse. Essa « è un lavoro ben composto, benissimo elajjorato , ove « tutto è sviluppato con infinita chiarezza e precisio- « ne ne' ragionamenti e con perfetta eleganza di for- « mole. Flesnel aveva posato le basi solide dell'edificio; « Conchy lo aveva continuato, e Voi, o Signore , lo « avete compiuto e coronato nel più felice modo » . Altri nostri socii benemeriti della fisica scienza han fornito studii ed osservazioni degni di lode. Così, r egregio astronomo Peters dà una memoria sulla la- titudine geografica di Catania; altra il Caldarera sulla determinazione della latitudine ed azimuti degli og- getti terrestri. L' eshnio Zantedeschi ricerca l'azione della luce solare su' corpi : Vevenet studia la tempe- ratura del mare nel Golfo di Palermo: Viotti s' occu- pa intorno ad un Baroscopio livellatore a compensazio- ne: e Boltbsauser dello sperhnento di Foucault, della diflfusione del vapore acqueo nell' aria , e presenta le sue considerazioni sopra una costruzione particolare del Barometro statico, sulla Bussola de' seni e sul Sac- carimetro di Soleil. Sciuto-Patti esegue ripetute osser- vazioni sulla temperatura del mare nel Golfo di Ca- tania: Longo s' intrattiene sull' influenza della tempe- ratura allo svolgimento dell' elettricità atmosferica e pioggie: Silvestri rapporta le sue osservazioni fatte suir Etna durante 1' Ecclisse totale del sole nel 1870. Scuderi Rosario tratta della Meteorologia in gene- rale e de' segni naturali meteorologici dell'Etna. Gem- me llaro Carlo espone il sunto delle osservazioni meteo- — 61 — roloo-iclie fatte da lui nel 1832 nelF Osservatorio della R. Università dal medesimo impiantato, ed un accurato saggio sul clima di Catania dietro un decennio di os- servazioni. Distefano Mario e Ferlito Faro Carmelo ren- don conto di quelle da esso loro eseguite nel mento- vato Osservatorio durante gli anni 1833, 34, 35, Diste- fano rapporta le sue osservazioni sullo stato del clima di Catania ; e Ferlito il sunto delle osservazioni me- teorologiche per r anno 1837. Quelle per l'anno 1870 son fatte e riferite dal La Porta Francesco, e non pure le altre durante l' accennata Ecclisse totale; e l' infa- ticabile Bolthsauser le proprie per gli anni 1867, 68, 69 e 70. Sul conto della Chimica i Gioenii si sono distinti nelle epoche diverse della loro Società. Maravigna fa presente una nota sulla decomposizione dell' Ossisol- fato di Chinina col fluido elettro-metallico, seguita da una digressione sullo stato elettrico difierente de' cor- pi considerato come causa delle tendenze alla combi- nazione. Mirone Gaetano fa delle ricerche ed osserva- zioni chimiche su d' una transudazione morbosa vege- tale; sull'azione del metallo Potassio; sul Bombace e sulla Carta fulminante; ed in unione a Platania Sal- vatore fornisce alcuni saggi sopra una nuova sostanza estratta dalle ovaje degli Echinidi. Tornabene s' occupa di alcuni componenti della bile. Longo si fa ad interpetrare i fenomeni chimici in rapporto alle leggi della natura. De Gaetani analizza r acqua minerale solfurea del Pozzo di S. Venera, ed in seguito nuove osservazioni v' aggiunge. Analizza del pari fisicamente e chimicamente l'acqua acidula della Valle di S. Giacomo, e ne studia le mediche proprietà: — 62 — emette, inoltre, alcune sue opinioni sulla chimica no- menclatura. j\Ia la chimica scienza aveva oramai subito il pili ampio svolgimento, e le ricerche chimiche in que- sti ultimi tempi hanno acquistato un valore immensa- mente superiore, e per tali debbono ritenersi quelle del Silvestri sulla natura del principio acido contenuto ne' frutti del Pomidoro americano; quelle che riguar- dano la maturazione del frutto del Banano; le altre sommamente elaborate sulle sorgenti idrogassose solfu- ree di S. Venera al Pozzo, e 1' analisi chimica d' un prodotto minerale d' un vulcano aperto della Toscana. Commendevoli sono ancora le ricerche chimiche del Pulvirenti Giuseppe per servir allo studio de' vini di Sicilia, e quelle del Basile Gioacchino ancor su' vini, non che le altre sue ricerche di chimica agraria sopra i principali vitigni coltivati sull'Etna. Ma , o Signori, si utile non est quod facimus, stidta est gloria — Ogni ricerca, ogni osservazione, qualsiasi studio, qualunque sforzo della mente umana , tutto riuscirebbe vano e frustraneo, se non tendesse al be- nessere e alla felicità dell' uomo. E sotto questo riguar- do, sebbene le scienze tutte non formino che una ca- tena indissolubile , perchè a vicenda soccorronsi e compenetransi, costituendo, a dir così, una scienza sola; tuttavia slam costretti dalla forza del vero ad ammet- tere, che talune siano direttamente ed altre indiretta- mente utili all' uomo: e fra le prime son da compren- dersi quelle che la Medicina costituiscono, la quale è di prima necessità, e fuor di dubbio nacque coli' uomo. I Gioenii han saputo conoscere ed apprezzare vm tanto vero: ed è perciò che gli Atti della loro Accademia — 63 — son ricchi di lavori piegiatissiini spettanti ai varii ra- mi di quella grande scienza, de' quali alcuno non s' è tralasciato di trattare. Infatti, l'Anatomia normale, anormale e la Fisiolo- gia non sono state trascurate. E stata dichiarata la migliore , fra le varie nomenclature de' legamenti , quella del Nicolosi Tirrizzi. Furono lodate e riguardate come d' alto interesse per la scienza teratologica dallo immortale Geoflroy di Saint Hylaire le due memorie anatomico-fisiologiche del Reina e del Galvagni; la pri- ma sopra tre feti umani mostruosi , l' altra sopra un feto, anco umano, tricefalo. Pregevoli sono del pari le altre del Galvagni sopra varii feti mostruosi, e su ta- lune famiglie teratologiche, che diedero agio all'autore di stabilhe le basi della Teratobia, o fisiologia de' mo- stri. Altri mostri sono stati descritti dal Portai , dallo Scavone, dal Gemmellaro Giuseppe, dal Gemmellaro Gaetano Giorgio, da Aloisio Mario, dal Reguleas, e. dal Nicolosi Tirrizzi ne' suoi saggi di Anatomia anor- male comparata. A ciò bisogna aggiungere la memo- ria sugli agenti della circolazione nelle ultime estre- mità arteriose , e sullo stato de' vasi nelle parti infiam- mate del de-Nasca; le memorie fisiologiche del Galva- gni; la fisiologia fisica del Longo; e la esposizione di un caso di straordinaria fecondità muliebre, corredata delle migliori conoscenze di Embriogenesia , di Paolo Berretta. Numerosi poi e dotti sono i lavori che si riferiscono alla patologia medica e chirurgica. Il Fulci, maestro in medicina de' nostri maestri attuali, rende conto di cin- que nuove forme di malattie apiretiche intermittenti, e la relazione d' un caso di Osteomalacia. Di-Giacomo Antonino fornisce alcuni cenni patologici d' una Der- — 64 — morragia sanguigna. Orsini Domenico fa delle utili ricerche sull' azione specifica della Chinina sugli or- gani dell' udito. Galvagui arricchisce di molte utili ed importanti monografìe i volumi accademici. Egli de- scrive più casi d' infermità cagionate da corpi estra- nei addentrati nelF organismo; una forma singolare del morbo ptiriasico ; una malattia che stanzia ne' con- torni dell' Etna ; un caso di cataratta guarita dalla na- tura senza i soccorsi dell' arte; un calcolo biliare di eccedente volume; due singolari nevrosi; altre due ma- lattie singolari per la forma e la localizzazione; tre importanti casi di Emacelinosi; talune emorragie sin- tomatiche dell' Ipercardiotrofia ; e poi espone i suoi studi clinici sulle malattie palustri; sulle malattie della Sicilia in rapporto colle sue condizioni geografiche ; il suo Saggio di Geografìa medica; la topografìa me- dica di Catania, e l' istoria fisiologica e medica del Villagese dell' Etna. Pugliesi Rocco dà la storia di un' Asfissia per ful- mine. Kecupero Carmelo si ferma sulla natura intima de' morbi; Aradas sopra un caso raro di soppressione di orina, ed in unione al Reina sopra un caso di aneu- risma dell' Arco dell' Aorta. Hodgkin descrive una malattia della valvola dell' Aorta. Cocco s' intrattiene sulla Emacilinosi; Somma su d' una Cerebro-spinite pro- teiforme; Ferrara Abate sulla morte di cinque uomini asfissiati in una cisterna a Caltagirone. Vassallo scrive una memoria sul Tifo carotico; Bonaccoi'si Michelan- gelo sopra un caso di avvelenamento d'oppio. Quadri dà alcuni cenni sulla infiammazione. Messina Pietro fa conoscere alcune sue mediche osservazioni. Bonac- corsi Giuseppe scrive sopra una varietà etiologica di Erisipela , e pii^i interessanti memorie riguardanti la — 65 — Cotenna del sangue in varie morbose condizioni. Ar- diui Giuseppe fa note le sue pregevoli osservazioni suir uso della Calamita in talune nevralgie, e i suoi commendevoli studii sull' epidemie vajolose. Orsini Di Giacomo Giuseppe, giovane di belle speranze, che immatura morte ci rapì, e di cui la memoria ci sarà sempre cara, riferisce un caso d' Ileo per strozzamento. Orsini Di Giacomo Antonino espone un caso di Moc- cio acuto, corredato d' interessanti osservazioni, e i suoi pregevoli studii clinici sulla diagnostica. Buscemi An- tonino dà degli ottimi schiarimenti sull'azione del tabacco fumato. Orsini Faraone Angelo produce este- sa memoria sulla Psoriasis. Tomaselli Salvatore rende conto abilmente di alcune note molto interessanti di Anatomia patologica, e svela in altro lavoro del tut- to nuovo r azione intossicante del Chinino in talu- ne circostanze. Abate Epaminonda s' occupa intorno all' essenza e la patogenesi delle febbri intermittenti; e Abate Carmelo presenta i suoi studi sulla pulmonite all'apice. In quanto a ciò che spetta a Chirurgia, sono in pria da accennarsi gl'importanti e molteplici lavori del Reina. Egli rende di ragion pubblica le sue osserva- zioni sulla Cistotomia e la Litotripsia, e le due me- morie sulle Fratture complicate, approvate e laudate da' sommi nella scienza ; la descrizione d' una per- manente nuova forma di chiusura della bocca con metodo proprio costantemente guarita; una nota sopra un caso raro di Cistotomia, e le interessanti osserva- zioni e riflessioni sulla Tenotomia applicata a' piedi torti. Pregiati sono ancora i lavori dell' Assalini sul modo di compiere i parti ne'casi di viziato bacino; sul ATTI ACC. VOL. XI. 9 — 66 — modo di tare il tag-lio della siufisi del pube ; sulla pupilla artificiale storicamente considerata , e sul non contaa-io della Peste bubouica. Del pari pregevoli son quelli del Berretta Paolo, cioè, sopra talune modificazioni fatte da lui al Chiodo di Scarpa per la Fistola lagrimale; sopra una pinzetta per rendere agevole l'escissione degl'integumenti pal- pebrali; e una nota molto interessante sopra una nuova nomenclatura de' disturbi funzionali acustici. Arrogi a ciò una nota del Quadri intorno alla cura della Blenor- rea del sacco lagrimale. Infine, di spettanza all' Igiene ed alla Terapeutica e' abbiamo un' opera , che forma appendice a' nostri Atti, del sig. Ceutiner Van Dravel, che porta per ti- tolo, Stadil sulle qualità nocevoli dell'aria che respiriamo nelle nostre abitazioni; il progetto d' uno stabilimento di pubblici bagni del Libra Filippo; una memoria del Bonanno Alfio sull' uso del Pepe nero e delle sue prepa- razioni nelle febbri periodiche; e un'altra memoria del Galvagni su' singolari effetti de' preparati di Chinina nelle piressie remittenti. Vari discorsi di occasione, le relazioni accademi- che annuali, e gli elogi de' socii trapassati conteng-onsi pure ne' nostri Atti. Signori. Le prove di sapere, di zelo e di attività date in cinquantanni da' Gioenii, e che io mi son cre- duto in dovere mostrarvi a colpo d'occhio, son tali, cui non possono prevalere ne le diffidenze del dubbio , né le armi della negazione. Essi iniziarono nel nostro paese un' era novella di letteraria civiltà; nò fu al certo esagerato il dire di molti, che la mercè dell'Accademia Gioenia Catania — 67 — fosse divenuta un centro d'istruzione dell'Isola tutta: ed io aggiungo, che per questa stessa Accademia la Città dell' Etna è stata maggiormente conosciuta ed apprezzata dallo straniero e da' nostri fratelli del Continente non pure. Ed oggi in cui vedesi portento- samente compiuta la grande Epopèa italiana ; oggi in cui il tempo è propizio alle manifestazioni del- l' orgoglio nazionale , che tende a rendere non in- feriore alle altre eminentemente civilizzate la nostra nazione; in cui , affratellate ed in istretto amplesso unite, la libertà e la scienza validamente l'un l' altra sostengonsi , e la scienza non più egoista , non più avvinta da pregiudizii, non più avvolta nel mistero, ma diffusa, popolarizzata, scevra di vincoli, ed in tutto il suo pieno e libero potere si svolge; oggi, infine, in cui le comunicazioni scientifiche e i congressi scienti- fici e letterari sono all' ordine del giorno, e le superiori e forti intelligenze quasi unificate si sono nel deside- rio almeno di elevare al culmine la dignità umana ; oggi i Gioeni han fede in se stessi di poter per l' av- venire, come per lo passato, e con maggiore alacrità mantenere integra e sempi-e più alta la riputazione della loro Accademia. Ed io, iutcrpetre de' voti di que- sta Società, rendo pubbliche e sentite grazie alle Acca- demie consorelle , che han preso parte alla nostra fe- stiva solennità, ed agi' illustri loro Rappresentanti, non che a tutti i Circoli scientifici , letterarii , artistici e tutt' altri del nostro paese , e agli onorevoli Diret- tori della nostra stampa : grazie al nostro Municipio e Consiglio Provinciale, incliti Corpi, le di cui largi- zioni han sostenuto la vita della Società nostra, dediti sempre a favorire il progresso degli studi fra noi; pe- rocché, eglino ben sanno, che se le pubbliche ville, i — 68 — teatri , 1' ampie vie decorate da superbi e belli edi- ficii, ed altri ornamenti rendono decorata ed illustre una città, lo è assai di piiì, non difettando di Musei , di Pinacoteche , di Biblioteche , di Stabilimenti e di So- cietà scientifiche e letterarie, che costituiscono 1' in- fallibile termometro della civiltà. Grazie rendo ancora co' miei colleghi tutti all'e- irreffio Rettore della nostra Università, che caldo di amore per la scienza , non ha mai tralasciato , come praticarono sempre mai i suoi esimii predecessori, di proteggere l'Accademia nostra, che in seno di questo antico e celebre Atenèo ebbe vita e nascimento. Gra- zie a' sapienti in qualunque ramo della nostra città e di altri luoghi , che si sono oggi compiaciuti farci scelta onorevol corona, e all' Illustre, Eccellentissimo Ministro della Pubblica Istruzione , all' eminente sta- tista , filosofo e letterato Commendatore Ruggiero Bonghi , non solo per avere accettato e gradito con quella gentilezza e cortesia , che sono le doti degli uomini veramente distinti , il diploma di Socio Ono- rario della nostra Accademia , ma ancora per essersi degnato farsi rappresentare dall' esimio Conte Lanza, Prefetto della nostra Provincia, in questa solennità. E col cuore palpitante di dolce emozione chiudo i miei ragionari con un Viva alla Libertà , all' Italia e al- l' Accademia Gioenia (1). (1) Colgo quest'occasione per rendere pubbliclie lodi ai si- gnori Assessore Brancaleone Salvatore, Cav. Leonardi Giovanni, e Bertucci Francesco per essersi costantemente adoperati al be- ne della Gioenia. PAROLE su GIUSEPPE GIOENI DETTE PER LA SOLENNE INAUGURAZIONE DEL SUO BUSTO IN MARMO NELLA VILLA BELLINI IL DÌ 2C> SETTEMBRE 187() UAL SOCIO A-TTIVO PROF. GIUSEPPE ARDINI ATTI ACC. VOL. \1. 10 Signori tui, in questo luogo ameno, lussureg-giaute d'aranci odorosi e d'olezzanti fiori; — in questo luogo incantevole , che i catanesi con gentil pensiero appel- larono col nome dell' Angelo della melodìa italiana ; — in questo luogo così splendido di glorie cittadine, in cui la Patria riconoscente ha già inalzato un monu- mento a quei Grandi, che quali strenui soldati della Scienza combatterono le gloriose battaglie ne' vasti campi del Bello , del Giusto e del Vero ; — qui , in que- st' illustre Panteon, l' Accademia de' Gioenii, compien- do ormai il cinquantesimo anno di sua prospera esistenza, inalza pure un modesto monumento alla memoria di Colui , del cui nome ella nobilmente si fìregia. È un doveroso tributo che oggi ella rende: e se non è pur degno della fama di quel Grande a cui vien sacro, è sempre testimonianza solenne della riconoscenza e del- l' ammirazione di noi non ingrati uepoti. In quest' epoca memoranda, in cui ovunque ferve un gran movimento intellettuale , morale e politico ; — .._ 72 — ineutre il libero pensatore getta le basi cV una nuova civiltà , perfora le montagne ed apre strade ne' mari , per conoscere l'uomo attraverso le paludi dell'Asia e i deserti dell' Africa, allacciando tutto col vapore ed il telegrafo ; — nel tempo in cui nelle cento città d' Ita- lia le classi operaje festeggiano a gara i loro fiorenti sodalizii e ne traggono augurii di più indefesso la- voro ; — nel mentre le classi ind astriali, — a Faenza, a Foggia, a Torino, a Portici, a Firenze, a Paler- mo , — espongono i loro prodotti , e v' attingono sti- molo a più operosa emulazione ; — nel tempo in cui le classi dedite alle discipline del pensiero si scam- biano i tesori delle loro lucubrazioni , per raggiungere un' armonia d' idee ne' dubbi affannosi dell'intelligenza, o preparano virili emozioni a' giovani ingegni, for- zandoli co' Congressi, co' centenari, co' monumenti coi libri a ritemprarsi nella memoria de' nostri sommi , da Dante a Foscolo , da Petrarca ad Ariosto , da Spon- tini a Donizzetti , da Miclielangiolo ad Alberigo Gen- tili e a Carlo Botta, — anche Catania nostra, la vaga, la splendida figlia dell' Etna, partecipa a questo bene- fico universal movimento, festeggiando oggi il semi- centenario d' uno de' suoi ]più chiari sodalizii scienti- fici , ed inalzando un monumento ad uno de' suoi più eletti figli. Ed invero : ogni Consesso scientifico, come ogni popolo civile , che voglia elevarsi e prosperare nelle arti, nelle lettere e nelle scienze, deve serbar viva la memoria e profondo il culto verso quegli uomini cui va debitore d'una eredità di gloria e di virtù. Questo debito , senza dubbio , incombe specialmente all' Ac- cademia nostra, la quale , se salì in riputazione presso le altre consorelle d'Italia e di fuori, e per mi lungo 78 volgere d' aimi conservò sempre una fama venerata , lo si deve sopratutto al nome di quell' Illustre eh' ella degnamente seppe scegliere a battesimo di se medesima, come pure a que' sommi ingegni, che primi a vincolo di lor sodalizio scelsero , al par di Lui , le scienze na- turali. Questa solenne commemorazione sarà officio , io credo , non solo di onoranza verso quell'uomo insigne che con le sue opere immortali spinse al progresso la scienza della natura; ma servirà altresì di rimprovero a' pigri e neghittosi , che passano sulla terra senza nulla lasciar di loro che li ricordi a' posteri ; servirà eziandìo a tutti noi di eccitamento a meglio operare, e a far sì che l'Accademia nostra del presente e dello avvenire continui come pel passato a mostrarsi nell'ope- rosità intellettuale chiara presso le altre d' Europa, e degna , sopratutto, del nome che s' impose. Perocché, se il culto alla memoria degli estinti è stato in tutti i tempi la religione del cuore , il culto civile degli uo- mini grandi è stato poi mai sempre indizio e cagione ad un tempo di virtù e di grandezza nazionale. Si, in quest' agguerrita milizia eh' è la vita sociale, i o-randi uomini non sono che le sentinelle avanzate, r avanguardia della civiltà, che marcia alla conquista del proprio perfezionamento; talché, fa mestieri render loro oltre la tomba perenne testimonianza d' onore , scolpendo a caratteri indelebili il loro nome nell'eterne pagine della storia. Però , o Signori , guardiamoci , d'altro canto, dalla funesta tendenza in cui sembra pur troppo volgere l'età nostra, di lodare, cioè, e magnificare senza mi- sura e spesso anche senza ragione gli uomini e le cose del proprio paese, inalzando monumenti ed altari — 74: — a chi invero poco lo meriti. Ciò è stato invece e sarà sempre indizio e causa ad un tempo di deboli carat- teri e di decadimento morale e civile per tutti i po- poli. Essi in tal modo s'avvezzarebbero quasi a rima- ner facilmente abbagliati alia semplice vista d' un fioco lumicino , per mostrarsi poi del tutto ciechi o insensibili alla sfolgorante luce del sole. La Grecia antica corse a rovina, quando la lode diventò adulazione, e per tutti c'erano statue; e Roma imperiale, la superba conquistatrice del mondo, e l'Italia del medio évo sin quasi a noi precipitarono pure, al- lorché , perseguitando o mettendo in oblio i veri Grandi, mandavano a secolo i retori volgari e i sonettai. Guardiamoci, dunque, dal di^'entar vecchi ne'verdi anni appena della giovinezza, inalzando dal nulla i pigmei. Che s'abbia cura precipuamente a sapere sce- gliere i nostri veri Grandi soltanto (che non ne abbiam penuria ), per farli rivivere nella memoria de' posteri, e non si turbino mica gli altri nel loro sejDolcrale si- lenzio. Eccone, o signori, uno splendido esempio — Se- guiamolo sempre! Giuseppe Gioeni , d' antica ed illustre stirpe, di- scendente da' Duchi d' Angiò, nacque in Catania il 12 Maggio del 1747, e nel Dicembre del 1822, com- pianto da tutti i dotti d' Europa , soggiacque al fato comune. Al par de' più eletti figli di questa classica terra, egli ebbe dalla natura intelletto prontissimo e gagliar- do; fantasia fervida e slanciata; robustezza di tempra; carattere incrollabile; affetti ardenti e profondi; sen- (0 timeuto vivissimo della propria dignità; facilità allen- tusiasmo; gratitudine e veuerazioue alla patria. Egli , ricco di censo e piìi d' ingegno sagace , sepi^e nobilmente portar il grave peso della fama degli avi suoi ; e non volendo mica — come tant' altri suoi pari — rimaner inoperoso tra gli agi che insuperbiscono, e la ignavia che corrompe, amò studiare matematiche, fi- sica, chimica , botanica , e principalmente predilesse rivolgere i suoi sguardi penetranti ad indagar le por- tentose bellezze della natura. Contemplando, infatti , il sublime spettacolo di tutto quanto lo circondava, intendea colla sua mente slanciarsi oltre la sfera terrestre, e così scrutar Dio neir universo. Attonito egli guardava le mirabili manifestazioni dell' Onnipotenza creatrice, e, amante coni' era del gran- de e del sublime , piace vagli sopratutto interrogar i giganti della terra — gì' ingnivomi monti — che così di frequente con le loro spaventevoli conflagrazioni interne gettano il terrore nelle ammutolite popolazioni, dando altresì prova stupenda dell' infinita grandezza del creato. Il Vesuvio e l' Etna nostro fermarono dapprima la sua attenzione , e volle investigarne ogni lor mera- viglia. I minerali del primo, le eruzioni e le piante del secondo , col suo Saggio di Litologia Vesuviana, con la Storia mineralogica dell' Etna (1), con la Relazione del- l' eruzione del 1787, con la lìelazione di una nuova pioggia , e con altri suoi non meno pregevoli libri, fece egli conoscere a' sapienti del vecchio e nuovo conti- nente , e così , quasi il primo , sejspe trarre su di essi (1) Quest' opera rimase inedita. — 76 — gli sguardi di molti illustri naturalisti nazionali e stranieri , i quali da quell'epoca in poi han fatto sem- pre più progredire ogni ramo di studio intorno a questi giganteschi laboratori del globo che abitiamo. Tali opere, se si giudichino con i lumi del tempo in cui furono scritte , si trovano doviziosamente fornite di tutte quelle eminenti qualità che danno spinta ad una scienza che s' infutura nelle generazioni, sempre ansiose di progredire e di rinnovarsi studiando in lei. Esse furon allora celebrate come lavori perfetti ed ori- ginali , e maravigliarono il mondo de' dotti. Esse furon perciò tradotte in diverse lingue, e meritarono benanco molte splendide edizioni. E qui non fermossi. Egli con costante pei'severanza die poscia mano ad altra opera molto piìi importante e di maggior pratica utilità per la scienza, formando quel famoso Museo di Storia Naturale, che dopo la sua morte fu acquistato dall' Università nostra , per così iniziare quei Gabinetti , che or s' ammirano in questa storica cittadella della sicula sapienza. Per tante opere insigni il suo nome salì tosto in fama universale, e fu onorato ovunque vengono pre- giati i lavori deli' ingegno. Il Gioeni, infatti , venne ascritto neir Albo di quasi tutte le più. riputate Ac- cademie d' Europa. Egli viaggiò in ogni angolo la Sicilia , le Isole Eolie e l' Italia tutta , e gli uomini più rinomati di quel tempo si disputavano la sua amicizia. Fu (juindi chiamato Professore di Storia na- turale nel nostro vetusto Ateneo; istitutore del Prin- cipe Don Gennaro in Napoli; e Gentiluomo di Camera presso la Corte allora regnante nelle Due Sicilie. Ma, malgrado tanti onori e tante dignità , egli — 77 — vicino al tramonto della sna vita ebbe a soffrire le sciagnre di feroci persecuzioni politiche, e morì ama- reg-o-iato di non aver veduto splendere nella sua pa- tria il sole della libertà. Non è qui, o signori, il luogo né il tempo oppor- tuno per tessere una diffusa e completa biografia del Gioeni. Altra più vigorosa penna ha già assunto questo compito, e potrà alcerto soddisfarlo assai me- glio di me. Solo mi permetto ricordare, che allorquan- do nel 1824 una schiera di valentuomini volle fonda- re in Catania un' iVccademia , che in ispecialità in- tendesse a coltivare le scienze naturali, si stimarono fortunati di appellarla col suo nome ormai divenuto famoso, e d' aversi così quasi un Mecenate che ne pro- teggesse i primi passi. Ed ora i Gioenii, grati di tant' onore, avendo già percorso il bel lungo e laborioso cammino di cinquan- t' anni, in questo giorno solenne consacrato a comme- morare sì fausto avvenimento, sciolgono riverenti verso di Lui un voto d' ammirazione, alzando questo marmo, il quale, sebbene modesto nelle forme, sperano tutta- via che valga a ricordarlo alle future generazioni. Del resto, le onoranze, qualunque esse si fossero, splendide o modeste, simili a quelle che noi oggi ab- biam reso alla memoria del Gioeni, non spettano che alla posterità. I contemporanei non possono mai essere buoni ffiudici del merito de' loro concittadini viventi. Supponendoli anche affatto imparziali (cosa già tanto difficile e rara) , essi non si trovano in condizioni tali che il loro giudizio possa essere sincero, non partigia- no, spassionato e completo. La morte sola, chiudendo la carriera d' un uomo, permette alla storia d' abbrac- ATTl ACC. VOL. \l. 11 — 78 — cìarne l' insieme della vita, eh' essa interrompe e con- sacra. Al Gioeni però — cosa assai rara — vennero tutta- via, come abbiam detto, tributati onori segnalati in vita, e sopratutto poi dopo morte. Certamente, egli era troppo grande per imporsi al risj)etto universale de' contemporanei, e per meritarsi poscia la perenne ricordanza de' posteri. Egli a que' dì era stato salutato come il vindice ed il sostenitore della gloria italiana; il decoro della propria nazione; il Plinio della Sicilia; e ne' suoi libri avea legato alla joatria e al mondo intero nn monumento imperituro, innanzi al quale doveano prostrarsi riverenti anche i più su- perbi e beffardi spregiatori d'ogni cosa. Il Gioeni, insomma, fu una di quelle grandi indi- vidualità, delle quali gli studiosi di tutti i luoghi e di tutti i tempi devono formare a se gli ideali nazio- nali, non per raggiungerli e neanche sempre per ac- costarviglisi, ma per potersi di tratto in tratto sollevar ad un più spirabil aere e rinvigorirvisi, purificandosi così dall'aria grave di questa vita quotidiana, tanto affannata d' interessi meschini e di poveri intrighi, tanto piena di piccoli uomini e di piccole cose ! Gioenii, — ecco adunque il nostro ideale nazionale — Imitiamolo! — E qui, oggi, in questo patrio Panteon, avanti al santuario del Genio, ritemprandoci a quel santo orgoglio eh' è scintilla fecondatrice d'opere gran- di, ricordiamo alle città sorelle, come anche nella pa- tria di Caronda e di Bellini verdeggi una fronda al- l' alloro che non inaridisce mai nella terra di Dante, di JMichelangelo e di Galileo ! ELOGIO ACCADEMICO DEL GAY. GIUSEPPE GIOENI SCRITTO DAL CAV. PROF. GIACOMO SACCHERO SUCIO ATTIVO dell' ACCADEMIA GIOENIA E DI ALTRE ACCADEMIE NAZIOKALI E STRANIERE. ATTI ACC. VOL. XI. 'ignori (1) ^N uomo, che durante la sua lunga e faticosa vita, ^serbò un nome onorato e riverito fra i cultori delle scienze; un nome che dopo la sua morte fu adottato come distintivo glorioso da una nascente Accademia di scienze naturali; doveva essere ben di certo uno di quegli egregi, a cui la natura largisce ben di rado quell' anelito possente, che in mezzo all' inces- sante tumulto degli affanni vagheggiati e delle gioie angosciose lo sospinge alla rivelazione dei misteri di lei. Quest' uomo , o Signori , era Giuseppe Gioeni, e l'Accademia, che volle onorarsi del suo nome, fu la nostra Accademia Gioenia. Il Gioeni, di cui consacriamo in quest' ora con riverente esultanza alla perpetua ammirazione del mon- do le auguste sembianze rese vive nel marmo, fu il (1) Il presente elogio è postumo. Doveva esser letto dall'Autore alla Villa Bellini nella ricorrenza della festa del 50.° anno dell'Accademia Gioe- nia. La morte lo colpì prima di poterlo condurre a compimento: ed è per cura della moglie che sono state riunite e poste in ordine le bozze. * — 82 — primo fra gli eminenti naturalisti che sparse un im- menso splendore sulla tenebrosa scienza dei vulcani. Disceso da illustre lignaggio , egli nacque in Ca- tania^ il 12 maggio del 1747, da Francesco Gioeni ed Agata Bugilo. 11 primo spettacolo che si offerse agli incerti sguardi del pargoletto, appena respirata l'aura vitale, fu la vista dell' Etna, di questo eccelso vulca- no, i cui terribili fenomeni erano stati eternati dai su- blimi canti dei poeti dell'antichità. E quel grandioso spettacolo che lo rapì nella fanciullezza, gì' ispirò quel- la magica poesia, che doveva invadere più tardi tutte le potenze della sua anima. Il cielo gli fu largo di tutto ciò che faceva me- stieri per toccare l' infallibile meta a cui lo aveva de- stinato. Lo chiamò alla vita in questa terra prodigio- samente opportuna a manifestare l' ingegno sublime che gli aveva concesso; e gli accordò pure in dono e cuore magnanimo, e gusto squisito, e aspetto decoroso, e maniere gentili, e ricca entrata, e illustri tradizioni domestiche, e il maggior bene che possa darsi ai mor- tali, una dolcissima madre. Una madre che si servì della sua tenerezza educatrice per informare la crea- tura delle sue viscere a tutto ciò che è buono e gen- tile; una madre che versò sulla fronte infantile di lui il primo battesimo dello insegnamento; una madre che depose in quel giovane cuore il germe di quella fede, che ci fa amare la virtù ; che ci è di conforto nelle tribolazioni , che illumina d' una speranza immortale gli sguardi erranti del moribondo. In quegli anni correva un periodo avventurato per gli studi. Una jalejade di sommi intelletti, come il Ventimiglia, il Biscari, l' Amico, il De-Cosmis, il Co- co, il Giuffrida, il Recupero, brillava sopra questa città. — sa- li Gioeui trasse da loro ispirazione e dottrina; e spie- gò quindi col volgere degli anni ad altissimo volo le ali del suo genio creatore. Ammaestrato in principio dal benemerito Coco, che lo amava con affetto di padre, nelle discipline letterarie, egli si perfezionò in quegli studi ; e 1' ele- ganza dello stile, e la ricchezza dell' erudizione, che si ammira nei suoi scritti, ne fanno solenne testimonian- za. Ma la palestra letteraria non era la meta a cui aspirava il Gioeni. Lo sguardo del giovinetto era costantemente fisso sopra l' ignivomo monte ; e la sua anima per vaga va nelle infinite regioni della na- tura, quasi anelasse all' investigazione delle grandi cose. Il perspicace ed affettuoso maestro intravide le aspirazioni del suo diletto discepolo; e lo avviò negli ardui sentieri delle scienze. I primi lavori del Gioeni versarono sulla conchio- logia. Ma bentosto la terribile maestà del patrio vulca- no, che si era imposta per così dire al suo sguardo, esaltò la sua imaginazione; ed egli 1' amò, e si pose a studiarlo con quell' ardore, che le sublimi passioni del genio possono solo destare. Ed ora, durante il giorno, contemplava l'immensa e svariata mole delle sue pendici, ora ammirava rapito gli eterni ghiacci del vertice indorato dal sole nascente, ora riguardava i densi vortici di fumo, che si dilegua- vano per la distesa dei cieli. Sovente ne studiava con occhio intento i suoi prodotti; perscrutava le varie cor- renti vulcaniche, e l' interna tessitura delle masse erut- tate in vari tempi; e poi nelle notturne veglie ritor- nava con la mente agli spettacoli e alle investigazioni del giorno; e divergendo il pensiero ai secoli perduti neir eternità, aggira vasi come impaurito uelF intricato — 84 — labirinto delle ipotesi, e nell' ardente febbre dell' anima indagatrice; qnesto giovine Prometeo avrebbe voluto rapire una scintilla al sole per illuminare le viscere tenebrose del suo vulcano, e rivelare le cagioni dei suoi spaventevoli fenomeni. Insofferente delle empiriche cognizioni del suo tempo, poiché la Chimica, la Mineralogia e la Geolo- gia non eran ancora entrate nella via del progresso; ed ondeggiante nel concretamento delle sue analisi per r imperfezione degli strumenti; il suo cupido pensiero sembrava a volte commosso dalla gioia di avere svi- scerata r arcana teorica dei vulcani; e in altri istanti era sopraffatto dal timore che i concepimenti della sua mente divina potessero sembrare flmtastici o rima- nere incompresi. E tra le lotte del genio che lo trasci- nava alle ardite indagini, con quelle della ragione che ne infrenava gli slanci, egli , travagliato dal dubbio , ricadeva sovente in una convulsa prostrazione ; e la bramata parola che doveva far scaturire dal fuoco cen- trale e dai sollevamenti la nuova teorica della terra, gli rimaneva imprigionata nel petto. E in quell' an- goscia mortale invocava l' eterne tenebre sopra tutte le cose create per non durare più a lungo quello strazio inumano. Ma Iddio non manda il genio sulla terra perchè resti ignorato. Uno strano avvenimento affrettò il giorno che doveva cingere il Gioeni del primo splen- dore. Un mattino cadde una pioggia rossa ed intrise apparentemente come di sangue tutte le regioni meri- dionali dell' Etna. Quell' orribile spettacolo immerse tutti in un immenso terrore. I dotti ne manifestarono — 85 — vari giudizi ; e la disparità delle loro opinioni accreb- be il comune spavento. L' ardente imaginazione del popolo, eccitata dal- l'ignoranza e dai pregiudizi , fece riguardare quel fatto come un segno manifesto del corruccio celeste; e ne piangevano per le pubbliche vie. In mezzo a quella generale costernazione il Gioe- ni sorrise ; poiché sentiva la segreta compiacenza di poter dissipare la cagione di tanto lutto. Egli si po- se a studiare con pacatezza quell' insolito fenomeno; ed analizzata quella pioggia, rinvenne in essa una ma- teria pulverolenta eruttata dall'Etna, mista a molto ferro ossidato rosso, la quale aveva dato alla pioggia che l'aveva trascinata seco incontrandola per l'aria, l'apparenza del sangue. Così l' ispirata parola del Gioe- ni trionfo dell'ignoranza e dei pregiudizi. La pubblicazione di quel lavoro, che ebbe 1' ono- re di essere letto nella Società reale di Londra, e stam- pato tradotto m inglese, nelle Transazioni filosofiche di quella società, gli procurò il plauso di tutti i vul- canologi stranieri. L' Hamilton , autore della celebrata opera sui Campi Flegrei, lodò quella memoria per la chiarezza e per la precisione; e soggiunse essere una gran ven- tura j)er i naturalisti, che un nomo della tempra del Gioeni si fosse consacrato a studiare i fenomeni del più grande vulcano d' Europa. Ed il Dolomieu provò da quel giorno per lui una tale affettuosa ammirazione , che più tardi lo volle com23agno nelle ascensioni sulla Etna, e nei viaggi in Sicilia; e gli fece dono di libri e strumenti. A quelle lusinghiere manifestazioni si accrebbe nel Gioeni il desiderio di poter fare un giorno cosa più — 86 - feconda di gloria. E la terribile eruzione dell' Etna, che ebbe luogo nel 1787, contribuì ad attuare in parte il suo disegno. Era la prima volta che l' Etna fortificava per così dire con l' eloquenza delle sue maraviglie le sinora mal certe teorie del naturalista Catanese. Come commosso da un'arcana gioia egli corse to- sto, di notte e di giorno, nei luoghi ove potea meglio osservare; prese nota di tutto l' avvicendarsi dei feno- meni durante la maggiore attività dell' eruzione ; e quando quelF ardente spettacolo cominciò a moderare i suoi impeti, egli volò ardimentoso sulla vetta tre- mante, affrontò disagi e pericoli, segnando l' orme so- vente sopra le lave ancora calde e fumanti; esaminò le nuove vestigia vulcaniche da sapiente osservatore; e ritornò poscia portando seco una ricca e preziosa rac- colta di materie eruttate. Ritirato nel suo studio, analizzò e determinò quei nuovi prodotti, confrontandoli con gli antichi; e pub- blicò la storia di quell' avvenimento ; in cui oltre a far mostra delle molte sue cognizioni e del sublime di- scernimento con cui le aveva applicate , espose con un' ammirabile precisione l' insieme di quei fenomeni , e la via tenuta dalle correnti di lava; e calcolando a un bel circa 1' estensione e la profondità di esse , ne stabilì una massa di oltre seimila milioni di piedi cubi; e servendosi del pirometro e dell' elettrometro , indicò la temperatura delle materie eruttate e della loro elettricità; e descrisse poi tutte quelle mandate fuori allora dall' Etna con tale scientifico valore, che il più chiaro tra i vulcanologi moderni , malgrado il progresso degli studi naturali, non potrebbe certo og- gidì far di meglio. — 87 — Quella pubblicazione lo rese celebre e grande. Essa fu riprodotta nei più rinomati giornali ; ed il Dolomieu, che dichiarò altamente di avervi molto im- parato la recò in francese, e la inserì nelle sue opere. Il Gioeni per rendersi più degno delle sonnne lodi che gli vennero prodigate , rivolse i suoi studi a più nobile fine , e si propose di intraprendere un grandioso lavoro intorno all' Etna. Ma siccome l' egre- gio naturalista catanese portava la convinzione, che tra tutte le cose della natura vi era una grande ar- monia , e che questa doveva esserci pure tra i fe- nomeni presentati dall' Etna e dal Vesuvio, così co- gliendo r occasione del gentile invito fattogli dallo Hamilton si condusse a Napoli e vi rimase per ben tre anni. Allora si pose a percorrere il Vesuvio, osservò diligentemente e raccolse le sue lave; sottopose a va- rie analisi i minerali che contenevano; determinò e classificò ogni prodotto; ed ordinata quella dotta con- gerie, prova eloquente della sua pazienza, della sua sagacia e del suo sapere, scrisse quell' encomiatissimo lavoro che fu la più bella rivelazione del suo ingegno, e il maggior titolo della sua gloria ; la Litologia Ve- suviana. Anziché un catalogo ragionato delle produzioni vulcaniche del Vesuvio, è questa un' opera perfetta nel suo genere, che mostra i più alti concetti sulla geologia del Vesuvio e degli altri vulcani, e fornisce una analisi ragionata delle eruzioni vesuviane. In questo studio egli risale ai maravigliosi fenomeni dei vulcani , che rendono arcanamente inconcepi- bile la natura nei suoi sotterranei misteri ; e ma- nifesta la convinzione che i soli vulcani , causa dei grandi cataclismi della terra , possono spargere ATTI ACC. VOL. XI. 13 — 88 — un lume intorno all' epoche delle sue più grandi ri- voluzioni. E al tempo stesso penetra con 1' occhio del suo genio nella lunghezza dei secoli innumera- bili , e ci fa scorgere il Vesuvio surto dal mare ; e riordinando con la sua fantasia la storia di esso , ne indaga le varie accensioni, durante le quali lanciò i varii minerali, parte intatti, e parte arsi, fusi, resi pol- vere dal fuoco; e dalla diligente contemplazione di que- gli avanzi raccolti; ne deduce la loro divisione, e scopre egli per il primo che il solo Vesuvio fra i vulcani co- nosciuti, ha lanciato roccie primitive. Il discorso preliminare della Litologia Vesuviana è luminoso ed istruttivo; ed il catalogo litologico è per- fetto. Quest' opera è un modello d'analisi che compone, scompone e ricompone gli stessi principi nativi e vul- canizzati; e la classificazione di essi è fatta con una sapiente sobrietà che non lascia nulla a desiderare ; r ordine è semplice , e il metodo chiaro come le idee dell' autore; e il tutto eseguito con una jjerfezioue che non si sarebbe aspettata in quei tempi ; poiché il Gioeni trattò quell' argomento in modo da lasciar dietro coloro che avevano scritto prima di lui , e fu di modello a coloro che ne avrebbero voluto poscia parlare. L' apparizione di quel libro, il quale fu avidamente letto ed ammirato in tutta Europa, destò una grande esultanza nel mondo scientifico. Esso fu tosto tradotto nelle lingue straniere; e dall' Inghilterra, dalla Francia, dalla Germania e dal continente italiano gli furono tributate le maggiori lodi che mai. L' Hamilton , ammirando il filosofo della natura che aveva studiato i vulcani come nessuno sino al- lora aveva fatto , confessò che le osservazioni sulla — 89 - litologia vesuviana avevano superate le sue, e diede al Gioeni la sua raccolta delle produzioni del Vesu- vio (poiché il discepolo aveva superato di gran lun- ga il maestro). 11 Dolmieu , commosso vivamente al- l' apparizione di quel lavoro, Io fece conoscere ai na- turalisti francesi , e chiese al Gioeni un giudizio sul catalogo aggiunto all' opera del Bergman. Lo Spallan- zani , il piti grande naturalista di quel tempo , gli scrisse, che la sua opera conteneva cose pivi istruttive, più giuste e piìi conducenti alla verace istoria di quel vulcano che tutto quello che era stato scritto intorno ad esso,, si di antico come di moderno. Il Volta gli scrisse ancora, che con quell' opem potrà egli solo bastare ad indurre al silenzio vari scrittori oltramon- tani che non cessano di rinfacciare a noi Italiani la ignoranza delle cose mineralogiche e chimiche. E il Gmelin con eloquente ossequio, adottò nella ristampa del Linneo la nomenclatura delle lave usata dal Gioeni. Ma questo lavoro celebrato in tutta Europa, non era che l'annunzio della grand' opera che egli prepa- rava suir Etna, di cui aveva colto l' idea, preparati, raccolti gli elementi, abbozzati i disegni delle figure: opera che sventuratamente non fu pubblicata, e che non si sa come andò smarrita. Quale sarebbe stata l' importanza scientifica di quest' opera perduta, si potrebbe congetturare di leg- gieri dalla sua Litologia Vesuviana e dalla sua rela- zione suir eruzione dell' Etna. Ma a che andare in cerca di congetture? La collezione e la classificazione dei prodotti dell' Etna che fece il Gioeni, trasformando la sua casa in un tempio sacro alle scienze, bastò a far conoscere 1' ordine, 1' estensione ed i progressi delle sue — 90 — idee, e a mostrare scolpitamente il diseguo della sua opera compendiata in quell'eloqueutissimo monumento. Il museo del Gioeni ordinato da lui, che era al tempo stesso un insigne artista, contiene cou molta eleganza , le più ricche collezioni di minerali e di roccie vulcaniche, fra le quali primeggiano quelle etnee, quasi testimonio del suo pili importante lavoro che doveva publicare; oltre delle pregevoli i-accolte di og- getti appartenenti al regno annuale e vegetale. Ma questo maraviglioso tesoro scientifico, che attestava il lungo studio e l' hifinito amore che egli nutriva per la scienza, nel quale profuse ingegno e dovizie con una generosità senza pari ; che rese il suo nome immor- tale e grande la patria; fu per lui cagione d'acerbo cordoo-lio e di luno'he sventure. La gloriosa celebrità del Gioeni, la nobile leggia- dria della sua persona, la modesta ed attraente urba- nità dei suoi modi, trassero il Re e la regia corte di Na- poli a farsi belli della gloria del sommo Catanese ; e lo vollero seco, e gli furono prodigati da loro lusin- ghiere accoglienze ed onori; e gli promisero dei sussi- di necessarii pel compimento del suo museo e per la pubblicazione della sua grand' opera sulF Etna. Il vivo desiderio di poter condurre a termine quei due monu- menti della sua gloria, lo persuase ad accettare le parche largizioni reali. Ma Ferdinando , rea progenie di quei coronati che contristarono per più d' un secolo l'Italia meridionale, quel Re per cui furono elemento di civiltà le catene e i patiboli; per cui fu vanto l' os- sequio servile allo straniero; per cui fu ragion di Stato lo spergiuro mancò tosto alla data promessa. E da quel giorno cominciarono le sue sventure. Perseguitato dal Governo, e balzato lontano da una — 91 — forza perversa; strappato alle più care consuetudini; egli fu condannato ad una vita amara ed agitata. Così la dolce serenità del suo vivere si dileguò; la pa- ce della sua anima fu conturbata; 1' operosità costante della sua mente venne interrotta; i sogni beati della sua nobile ambizione svanirono; e le tenebre dell' av- versità offuscarono lo splendore della sua gloria. Però sempre decoroso e cortese, sostenne con fortezza le in- giurìe dei tristi e gli oltraggi della sorte, che avvele- narono per sempre i suoi giorni; e fece ritorno mesto e rassegnato al suo tetto materno. Sul finire del 1822, affi-anto dalle sciagure e dalle infermità, egli sentiva ire iu dileguo 1' afflitta anima sua. Un giorno gli giunse all' orecchio un rumore pari all' eco d' un tuono lontano. Era il rombo dell' Etna che squarciava i suoi fianchi per una imminente eru- zione. L' infermo si scosse nell' udirlo , e ne fu commos- so, come al cognito suono di cosa a lui cara. Egli si ridestò, ed animò il suo volto d' un mesto sorriso, come se la sua anima si trovasse in continua comunione col manifestarsi di quei fenomeni. E in mez- zo all' avvicendarsi delle scosse e degli altisonanti rug- giti, che lo accompagnarono nelle lunghe augoscie del- l' agonia , egli ripensò forse con malinconica gioia all'ammirazione affettuosa che aveva provato pel suo vulcano; alla perseverante energia con cui aveva affron- tato il faticoso ma per lui gradito lavoro delle esplo- razioni; alla non piccola parte eh' egli aveva avuta nella soluzione del secolare problema delle orìgini vul- caniche; e all' insuperabile fermezza dei propositi, che gli avea permesso di strappare all' Etna il suo te- soro segreto e di aprire nuove vie alle scienze della natura. E se si avesse potuto supporre un senso di — 92 — vita iieir ignivomo monte, come fu supposto dal Pratin pel nostro globo, si avrebbe potuto attribuire ad ambi- due, maravigliosamente congiunti nell'ora della morte come lo erano stati nella vita, uno scambio di sensazio- ni ed un' arcana corrispondenza di affetti; e si avrebbe potuto riguardare lo spettacolo dell' accensione dell' Et- na come un estremo e doloroso saluto a quell' astro luminoso che volgeva al tramonto. Quell'eruzione fu l'ultima e grandiosa emozione del Gioeni. Passati alquanti giorni egli spirò; e i vivi fuochi dell'Etna furono le funebri faci che risplendet- tero sulla bara del sommo naturalista. La sua morte fu oggetto di pianto universale e di lutto profondo ; i dotti italiani e stranieri eter- narono in cento modi il suo nome ; e dopo chiuso il suo sepolcro, la sua gloria rifulse più vivida, e si ri- volse fra noi un amore infinito ai suoi studi. Al tempo stesso molti riputati catanesi , per cui era sacra la memoria dell'illustre estinto, accomunano le proprie investigazioni fatte nel campo delle scien- ze. Ed istituiscono un' accademia, che avesse per uf- ficio di continuare la tradizione gloriosa e di muo- vere sull'orme di lui; ed onorando il nome del Gioeni che adottò come segno di riverenza e come simbolo di gloria , onorò se stessa. Quest' Accademia che ebbe il vanto di raccogliere tra i suoi fondatori un Gemmellaro, un Di - Giacomo, un Alessi, un Ferrara, un Maravigna, uno Scuderi , svolse con tanta elevatezza di concepimenti la storia naturale della Sicilia che si meritò tosto gli encomi di tutti i cultori delle cose di natura. Fatta adulta ormai quest'Accademia, la cui storia ci è stata così egregiamente descritta dal sapiente Prof — 93 — Aradas, mira sempre al suo nobile inteudimento. Ed oggi che ci ha raccolti a festeggiare il cinquantesimo anniversario della sua costituzione, ella avrebbe creduto di mancare di affetto e di riverenza, se non avesse ricordato nella comune esultanza la memoria dell'uo- mo illustre di cui tolse il nome. E perciò tra i fioriti margini dì questi poggi, sacri specialmente a Colui che con la dolorosa soavità delle sue melodie fece sembrare appassionati e gentili per- fino ffl' insensibili adoratori del vitello d' oro del secolo decimonono, e decorato da tanti illustri catanesi, ella ha elevato questo monumento alla memoria di quel grande ; affinchè le sue auguste sembianze destassero r ammirazione dei presenti e dei posteri, ed ispirassero loro amore, zelo ed eccitamento pel bene oprare e per gli studi scientifici. E perchè si conoscesse che tra gì' Italiani cultori delle scienze, la ricordanza di coloro che si resero grandi ed ammirati è imperitura ; che il loro nome non sarà mai posto in dimenticanza , e che la loro memoria vivrà finché avran culto ed onore nel mondo i felici indagatori della natura. I FONDATORI DELLA GIOENIA COMMEMORAZIONE LETTA EUFESTimMil(;iBEL26miiE1875 DAL SOCIO F.-I». BEJR,TUCOI ATTI ACC. VOL. XI. 14 Signori, La solennità della festa del cinquantesimo anni- versario dell'Accademia Gioenia, che celebriamo, ^ non sarebbe compita senza un tributo di laudi a quegl' incliti uomini che , agitati dal sacro fuoco della scienza e della patria, fur primi a promuovere, e a costituire a bene comune l' illustre Sodalizio. — È atto di gratitudine — è omaggio cittadino alla virtiì e al sapere la commemorazione di costoro, e ad un tempo riesce di conforto a' viventi nel bene operare , e di esempio ad imitarsi efficacissimo. Se non che affidare a me questo ufficio non fu for- se felice pensiero. Richiedevasi certamente tutt' altro biografo che per forza e per istudii avesse meglio ri- sposto all' altezza dell' incarico. — Comunque sia, mi sono guardato dal ricusare, come non mi sono ricusato di contribuire la povera opera mia all' occasione di celebrare quanti onorarono questa patria comune. L' imponenza de' nomi illustri da commemorare, anziché scorarmi all' impresa, è un soccorso alla mia — 98 — debolezza — supplisce a' miei difetti — poiché ogni nome richiama una gloria, e racchiude un elogio. Aggiun- gete che non ho da disotterrare memorie antiche e riempiere qualche lacuna della storia , ma discorrere di uomini di onorata fama contemporanea ; — di uo- mini venerandi in mezzo a' quali siamo vissuti, e che, ahimè ! . . nella massima parte, anzi quasi totalmente, r uno dopo l'altro abbiamo, lagrimando, accompagnato al sepolcro ; — di uomini però sempre vivi nelle opere che ci lasciarono , e che formano un' epoca brillante nella nostra storia letteraria. E di queste opere svariate e molteplici mi corre dovere portare giudizio. La solerzia de' Fondatori della G ioenia tante ne produsse e di pregi sì distinti che sfug- gono spesso alla competenza del mio esame. Non di meno nelle singole biografie, quando i lavori scienti- fici del soggetto, preso a descrivere, lian richiesto una rivista speciale ed autorevole, reputandomi profano a quel dato ramo dello scibile, ho invocato opportuna- mente i giudizii imparziali che dotti ci'itici nazionali e stranieri pronunziarono intorno agli stessi. Così mi è paruto di avere supplito a completare il lavoro bio- grafico, di cui mi si volle dare il non piccolo carico, sfuggendo nel tempo stesso la taccia di presuntuoso a voler mettere falce nella messe altrui. Ma se gli uomini, che descrivo, dovessi solo riguar- dare nelle opere attinenti a scienze naturali, troverei modo di coordinare il mio discorso associando i lavori di uno con quelli di un altro, secondo il ramo prediletto della scienza, nel quale bellamente si esercitarono; ma un fondatore della G ioenia non si offi-e spesso al bio- grafo da semplice cultore delle scienze naturali, che molti ve ne ha, e di merito, più che distinto , raro , i — 99 — quali rifulsero iu altre severe discipline dell' umano sapere. Né in diverso modo avvenir dovea, quando la e- letta corona di 30 individui, die fur primi a costitui- re il Corpo attivo di nostra Accademia, proveniva dal contributo de' sapienti di ogni ramo, di ogni ceto , di ogni professione ; talché, limitandomi a' 10 promotori solamente, mentre resterei offuscato dai raggi lumi- nosi degli astri maggiori della Gioenia nelle scienze naturali, non saprei di altro canto, per taluni di essi, se più splendida fama abbiano riportato occupandosi in- sieme di altri studii non meno serii o di pregio minore. Difatti, scendendo agi' individui, il can. Giuseppe Alessi con il suo ingegno di una fertilità non comu- ne ottenne fama, è vero, nelle scienz e naturali e con la storia critica delle eruzioni delV Etna, e con altre pro- duzioni in fatto di geologia, di zoologia e di mineralogia; ma con opere di polso fu meritamente riverito e come storico eruditissimo , e come profondo canonista , e come insigne oratore, e come dotto archeologo. Salvatore Scuderi, che scrisse per la Gioenia un trat- tato completo de' boschi delV Etna, e svariate produzioni di agrario argomento, non ebbe plauso dal Say per le sue opere di economia civile , che in seguito dovevan produrre quella scuola di scrittori di scienze sociali, di cui Catania si onora ? Né questo solo. Scuderi fu anche poeta: e il bel volume delle sue liriche, e il suo Fingal, che ebbe a critico amorevole il Cesarotti, — 1' Eume- nidi e la Erissena — tragedie posteriori — attestano solennemente come alle severe meditazioni della scien- za sapesse accoppiare le ispirazioni al bello. Non vi ha dubbio che, scrivendo delle opere di Antonino Di Giacomo, il biografo deve a preferenza — 100 — occuparsi di scienze fisiche e naturali , nella cultura delle quali grandeggiò; ma non può tacere delle cose letterarie , che scrisse, e distinguerlo come scrittore più corretto forse ed elegante fra' suo' contemporanei. Ed il buon Gregorio Barnaba La-Via, geologo e mineralogista di tanto pregio, agronomo esperto , non è forse a sufficienza conosciuto come oratore, e eome epigrafista solenne ? Mario Musumeci, oltre i lavori scientifici presentati alla Gioenia, con le pubblicazioni archeologiche illustrò eruditamente gli avanzi delle patrie antichità ; e a questo riguardo giudico, che nessuno sin qui abbia potuto vincerlo nell' amore ardentissirao alla conser- vazione de' pubblici monumenti, nella diligenza allo scovrimento degli sconosciuti, e nella dottrina ad il- lustrarli. La biografia di Rosario Scuderi non lascia d' in- trattenersi del tributo fatto alla Gioenia de' suo' studii su' segni naturali meteorologici delV Etna, ma rivela pu- re la multiplice erudizione di lui , e qual fino gusto si avesse nelle arti belle , desunto dagli scritti che pubblicò, e dalla ricca pinacoteca che raccolse. Non è stata poi parzialità se qualche pagina dip- più ho aggiunto scrivendo di Carmelo Maravigna. Non furono le sole opere di chimica e di mineralogia rese di pubblica ragione — gli onorevoli viaggi scientifici che sostenne — le dotte relazioni mantenute con le cele- brità straniere — la vita florida che iniziò, e, sempi*e progrediente fino agli estremi suoi giorni, conservò alla Gioenia — che mi preoccuparono. Volli non andas- sero dimenticate le sue premure, il suo impegno, le sue aspirazioni, le sue riforme a rendere il nostro Arcigin- nasio corrispondente alle alte esigenze de' tempi. — 101 — Rammentare queste cose, oltre uu dovere , mi parve m'atitudine cittadina. In Ferdinando Cosentino alla medica dottrina va accoppiato in modo distinto il merito delle sue escur- sioni e delle sue scoperte nella scienza descrittiva delle piante. A completare la serie de' promotori della Gioenia, abbiamo il Nestore de' nostri scienziati viventi — quel- l'ingegno straordinario, al quale non è nuovo, direi qua- si, ogni ramo dello scibile — quel venerando vegliardo clie con gli anni ha moltiplicato le sue opere , e che nella sua canizie è sempre attivo con la freschezza della gioventù senza venirgli meno la lena, anzi dal- le severe lucubrazioni delle scienze e dal culto predi- letto delle lettere pare prenda alimento e conforto alla vita. Agatino Longo, splendido avanzo de' primi Gioe- nii, è stato da Dio conservato ad assistere superstite alla festa del 50." anniversario di quell'Accademia che a promuovere e regolamentare tanta parte si ebbe. * * * Ma agi' illustri che, ne' brevi momenti concessi al mio dire, ho a volo di uccello ricordato, ben altri uo- mini preclari per ingegno e per sapere vanno uniti neir attuazione dell' Accademia Gioenia, e tutti liau dritto in questo fausto giorno alla riconoscenza nostra. E di vero , o signori, basta solo nominare Carlo Gemmellaro perchè il nostro cuore compreso di ammi- razione e di rispetto si commova. I suoi studii inde- fessi in tutto il corso di sua vita consacrò al pro- gresso della scienza, ad illustrare le cose patrie , a rendere la Gioenia in quell' alto grado di onoranza — 102 — dove è pergiunta. Geologo a nessuno secondo in Italia alla epoca sua ; vulcauologista che non lasciò cosa inosservata dell'Etna; cultore di ogni ramo di an- tiquaria e delle arti belle; sentinella avanzata che, in ogni questione storica, scientifica, di pubblico bene , con zelo e con dottrina corse geloso a lottare a soste- gno dell'onore e della gloria nostra; Carlo Gemmella- ro ha cento titoli alla pubblica benemerenza, ed ogni lode è sempre inferiore a' distinti meriti di lui. Ne senza un palpito di amorevole rispetto ho scrit- to la biografia del cieco portentoso catanese, dello il- lustre filosofo Vincenzo Tedeschi. Spero che l'affetto di discepolo non abbia fatto velo al mio giudizio nella esposizione delle opere che pubblicò , e nel posto che ho creduto meritarsi Ira il Galluppi ed il Cousin , se mai il mio giudizio può di una linea accrescer meri- to a quanto è stato scritto sulle opere del Tedeschi , onorevolmente ricordato dal Gioberti. * * * La patria di Filistione che accolse Senofane, maestro di Parmenide, illustre per il suo studio sulla verità e sulla natura, Catania che vantava la sua fa- mosa scuola medica ai tempi d' Ippocrate mentovata come quelle di Rodi e di Guido, vide alla fondazione della Gioenia chiamato un dotto drappello di profes- sori dell' arte salutare. Al Di Giacomo e al Cosentino, teste ricordati, vennero associati Francesco Fulci pro- fessore emerito e di tanta rinomanza per la sua dot- trina, Giuseppe Cosentino emulo del fratello in bota- nica, il dotto quanto modesto Carmelo Recupero, il prò- — 103 - fessore di fisiologica ^Michele Fallica, il clinico diligen- te Domenico Orsini, che fu poi protomedico generale, e Prospero Riccioli, che esordiva con buoni auspici nella medica carriera.— A non ripetermi nell' esame biografi- co delle opere di costoro, ne feci un gruppo, e sen- z' avvedermene mi pare d' avere apprestato allo sto- rico gli elementi a giudicare di un periodo della sto- ria nìcdica catanese. E del pari, tessendo 1' una dopo l' altra le biogra- fie d' Ignazio de Napoli, di Carlo Gagliani, di Fran- cesco e di Gaspare Gambini , di Sebastiano Gulli , e di Salvatore Distefano, mi è toccato dire dello impulso potente avutosi fra noi lo studio delle matematiche per lo Zhara, che, continuato dal Sammartino, può farci si- nora gloriare di valentissimi e celebrati professori nelle scienze esatte. A suo luogo in fatto di scienze naturali riposi il nome di Mario Gemmellaro, e quanto merito si ebbe negli studii vulcanologici dell'Etna di leggieri compren- de rassi dai lavori che produsse, e dagli encomi riscos- si da qiTante celebrità straniere vennero a suo tempo a visitare il nostro Etna. Ma egli mi ha chiamato a dire degli studii classici che gli furono familiari, testimoni! que' due volumi - peccato ! fin qui nella maggior parte inediti — che lo mettono a paro de' più valenti latini- sti, ed in ispecie nell' arte difficile della epigrafia. Ed ora credo sia utile il dichiarare che nello esa- me biografico intrapreso ho, cadendomi in taglio, insi- stito a mettere in pregio i lavori scientifici de' primi Gioenii, da me commendati, non solo in rapporto alla scienza che con successo coltivarono; ma si pure al bene comune, cui mirarono. Nel silenzio de' loro gabi- netti que' benemeriti non si occuparono di medita- ATTI ACC. VOL. XI. 15 — 104 — zioni inutili, ma con un programma solidale cospira- rono al buon' essere della patria. Fu gara ammirevole di studii severi che, diretti a render ragione de' grandi avvenimenti della natura, tornavano a profitto della umana famiglia. Mi lusingo di aver messo in rilievo partitamente questa idea dominante ne' fondatori della Gioenia, ed in modo speciale passando in rivista i la- vori dei fratelli Gemmellaro e del Maravigna, de' fra- telli Cosentino e del Di Giacomo, di Musumeci e di Gaetano Mirone, di Salvatore e di Eosario Scuderi, di Alessi e di La-Via. E sotto questo riguardo lio dovuto attribuire un merito , che nessuno vorrà contestare, a Giuseppe Alvaro Paterno, il quale ascritto fra' primi Gioenii volle mostrare alla classe patrizia che a venire in pubblica stima non doveva più addormentarsi su' vanitosi ti- toli di polverosa pergamena, ma, spingendosi allo im- pulso del tempo, contribuire con gli studii e con le vir- tii al progresso morale e materiale del proprio paese. Le due grandi opere da Catania attuate all' epoca nostra, l'una aspirazione di tanti secoli, quale supremo bisogno dell'attività commerciale di queste contrade, e l'altra fecondatrice de' nostri campi, che formava un desiderato per lo sviluppo maggiore di nostra agricol- tura— la costruzione del Molo, e l'arginazione del Si- meto — ebbero da' Gioenii spinta gagliarda e sostegno a tutte pruove dagli studii e dagli scritti di Alvaro Paterno, di Gemmellaro e di Tedeschi. * Le biografie adunque de' fondatori della Gioenia, svolte singolarmente , daranno 1' esposizione svariata ._ 105 — degli studii, delle dottrine, de'sisteini di que'valeutuo- miiii in rami disparati dello scibile umano. Nel com- plesso però affermeranno quella intimità di rapporto che assorella, dirò così, l'uua con l'altra scienza, e qiiel tacito accordo di ricerche e di scoperte con reciproco soccorso all'avanzamento progressivo del sapere. Lo spirito di associazione per tanto, se è produt- tore di miracoli economici in fatto d' industria e di commercio, non è meno efficace a facilitare l'aumento delle scienze fisiche, mettendo a contatto gli scienziati, perchè a forze riunite , impiegate a svelare le cause dei fenomeni della natura, producessero benefica applica- zione a' bisogni dell'uomo. Prova evidente di questo vero ve l'offre la nostra Gioenia, e per essa gli uomini egregi che ho ricordato. I cultori della storia e delle scienze naturali in Cata- nia non nacquero certo al 1824 con 1' Accademia. Uo- mini prestantissimi la precessero; ma gli studii di co- storo, abbenchè diligenti, profondi, perseveranti, mol- teplici non giunsero per il loro isolamento che ad il- lustrare la topografia di qualche luogo dell'Isola e qualche branca della storia naturale della medesima. Ciò non da pigrizia o da vergognosa trascuraggine veniva. Era la disunione di tanti generosi che isolati non potevano offrire que' graudi risultamenti d' aspet- tarsi da un intiero Corpo di scienziati diretti ad uni- co scopo, armonizzati nel lavoro, ajutati dalla reciproca e libei'a comunicazione de' lami. Gli stessi promotori Gioenii, quando vennero costituendo V Accademia, ne avevano anticipato 1' esistenza. Carlo e Mario Gem- mellaro con le indefesse fatiche nelle osservazioni me- teorologiche e nella mineralogia ; Maravigna recando ad intelligenza comune il galvanismo e la elettricità; — 106 — Ignazio de Napoli e Carlo Gagliani facendosi ammi- rare nelle matematiche; Gregorio Barnaba La-Via ot- tenendo onoranza nella geologia con teorie guidate dalla filosofia e verificate con le osservazioni; Agatino Longo co' sullodati Gemmellaro e Maravigna toglien- dosi ad illustrare i molti fenomeni dell' Etna; Salva- tore Scuderi venuto in fama nelF agricoltura e nel commercio nelle scienze forestali e nella pastorizia; Ferdinando Cosentino con le escursioni botaniche, Car- melo Recupero, Antonio Di Giacomo, Francesco Fulci, Domenico Orsini nella ricerca del vero indagando e mitigando i malori infiniti che affligon l'mnan genere: furon dessi che, separatamente riveriti nel mondo let- terario per i lavori scientifici pubblicati anteriori alla fondazione Accademica, misero a contributo la loro sa- pienza, la loro attività intellettuale, le loro raccolte — dirò dippiù — le loro borse, senz' altro conforto che il progres- so della scienza, senz' altra ambizione che illustrare la patria, senz' altro scopo che rendersi utili all' uma- nità. Non deve quindi recar meraviglia la sollecita fa- ma in che venne la Gioenia, e come tosto fu salutata da' dotti de' due mondi. Altri ha saputo testé con fa- condia e con amore tessere la storia e presentarvi coor- dinatamente le opere stupende pubblicate dai Gioenii sin qui. Per me son là i 50 volumi degli atti accade- mici, senza interruzione di sorta editi per le stampe, ed essi son valevoli ad attestare all' universale come il ge- nio de' Siciliani, ben diretto ad uno scopo scientifico, ha potuto senza gravi difficoltà produrre risultamenti tali da metterci forse a livello delle altre eulte nazioni. E qui trovo luogo ad apprezzare l' opera generosa di colui, che, non catanese per nascita ma per affetto, fu — 107 — occasione provvidenziale a ridestare ed accrescere il de- siderio de' nostri uaturalisti a costituirsi iu scieutitico sodalizio. Fu egli che sì mise a capo della dotta fa- lange e aprì il campo alle esercitazioni accademiche. La posizione ufficiale di lui, il nome dello illustre casato, a cui apparteneva , la ricca supellettile di studii spe- ciali , de' quali era fornito , le preclare virtù che lo resero benefattore della umanità, anche fra noi, apprestarono valida guarentia a vincere ogni osta- colo, e rendere attuabile la Gioenia. — Cesare Bor- gia se, tranne del discorso inaugurale che mezzo secolo addietro da 1° Direttore pronunziava in questo luogo, non ingemmò di altre scritture i volumi accademici, non per tanto la biografia che lo riguarda è priva d'interesse per ciò che generoso operò a nostro van- taggio e a gloria nostra. Così del pari mi parve di non avere esaurito il mio lavoro intorno ai fondatori della Gioenia senza le biografie di Francesco Gramignani, di Vincenzo Costa- relli e di Salvatore Leonardi. Non scrissero , è vero, di scienze naturali costoro, ma potentemente concor- sero col loro senno e con il loro sapere al bene del- l'Accademia, zelanti ed assidui nelle cariche accade- miche sostenute, e procurando solido avvenire e mezzi ad assicurare la vita del Corpo scientifico, del quale con tanto decoro facevan parte. Per altri titoli scienti- fici e letterarii, per carriere splendidamente percorse, per iscritture pubblicate, anche i loro nomi rimasero rispettati e benedetti. E benedetta e rispettata e pura resterà per sem- pre la memoria dei fondatori dell' Accademia Gioenia. — 108 — Volsero già dieci lustri dacché essi pieni di buon vo- lere e speranzosi nella santità della loro opera per il progresso della scienza e per il lustro della patria qui si univano per la prima volta, e nel periodo brevissi- mo r un dopo l'altro, a meno del Longo e del Fulci, sono spariti da noi. Ahi condizione comune de' figli del- l'uomo!— Non io vorrò per questo rendere meno so- lenne con pensieri di mestizia 1' ora consacrata alla festa anniversaria. Altre volte con la elegìa del pianto non lasciai scendere nel sepolcro i cadaveri del Di Gia- como, del Lavia, del Tedeschi, del Musumeci e del Leonardi senza un cenno necrologico che trovò eco di dolore in ogni core. — Oggi però dirò anche io: — tac- cia una volta e tutta intera la polvere umana... vi- viamo un momento la vita dello spirito; — delle parti nostre prevalga adesso la parte dell'anima... — I sapien- ti non muoiono mai: le loro opere li tramandano allo avvenire e al giudizio della storia. I loro beneficii non possono venir ricordati senza gratitudine dai proprii concittadini. Onoriamo costoro ! — e stiam sicuri che quando a' posteri giungerà il semplice nome di uno de' fon- datori dell' Accademia Grioenia, riverendolo con orgo- glio, diranno: — fu un benemerito della scienza e della patria ! LA. \mmmi mu i l' iimi ììlahicì ILLUSTRATA DA MOLTI CASI CLINICI CONTUIBUZIONE ALL' ESISTENZA DELLV FEBBRE PER LA CHININA PEL Cav. Dott. SALVATORE TOMASELLI Professore straordlnnrio di Patologìa speciale Medica e pnreggìftto dì Cliuica Medica Nella K. Uiiirersìlà di Catania. Primo Medico dello Spedalo S- Marco, Socio adivo dell' Accademia Gii^enia Socio Corrispoiidenle della Società Irapi-rìale e Kealc di Medicina di Vienna; didla Uoale Accademia Medico-Chirurgico di Napoli; della S^cielà fllcilico-Chirurgica di Bologna. Dell' Istituto Oftalmologico Europeo (Smirn-Asia); della Sociélé d" Eiu-alaliou du Uéporlémeat dcs Voigfii (Epiaal)-, ctc. ttc. Memoria n." Con aggiunzioni e nuove illustrazioni PRESENTATA ALL'ACCADEMIA G10ENL\ NELLA SEDUTA STRAORDINARIA DEL 27 SETTEMBRE 187G. RomtE scribo et in aere Romano. Baglivi. E ili natura proprio dello spirito umano rimanere colpito da non so quale sorpresa, allorquando gli si para innanzi qualsiasi produzione che abbia del nuovo. Da qui sorge pertanto alle menti di alcuni quella spontanea perplessità che li sofìerma talvolta in uno stato di non innocua dubbiezza , quando issofatto si riguarda come inammissibile il novello trovato, senza essere stato prima confermato con la scienza del pra- tico intendimento. Uscito quindi appena e per la prima volta questo mio lavoro subì per la novità dell' argomento consi- mile vicenda. Non ostante molti giornali letterari (1) e scienti- (1) La Gcu;:etta Cittadina, Tip. P. Giuntini — Catania 1.» novembre 1874 — Bibliografìa pel Dott. G. de G. Il Buon Seme, Tip. di Rosario Bonsignore — Catania 1." novembre N. 44 — Bibliografia del Dott. P. G. B. Idem — N. 49 e 51 — 20 dicembre 1874 — Bibliografia pel Dott. Vito ZappuUa. ATTI ACC. VOL. XI. 16 — no — fici nazionali e stranieri (1) e bibliografie al propo- sito (2) ne diedero la più estesa pubblicità , come lavoro del tutto originale , del quale apprezzarono con rigoroso giudizio il valore, mettendo a calcolo ì risultamenti clinici inconfutabili. Vi furono fra questi alcuni, i quali espressero con riservatezza il loro giudizio e mostrarono il desiderio di vedere accresciuta la casuistica, nell'intento di stu- diare le condizioni sotto le quali si svolge questo mi- cidiale effetto dei preparati di chinina, cosa d' altron- de giusta e necessaria per altro, massime trattandosi di fatti che commutano radicalmente concetti da lun- ga data per solidi ed inalterabili tenuti. Fra questi è a notare il Prof. Binz nella comunicazione che faceva della mia prima memoria alla Società di scienze natu- rali e mediche di Bonn, nella seduta della sezione di medicina il 22 Febbrajo 1S75. (3) (1) L' Osservatore Medico — Giornale Siciliano— p. 55. Vo- kime IV. Palei'mo 1874. Bibliografia ( La Direzione ). Lo Sperimentale— Giornale critico di Medicina e Chirnrgia— Firenze 1877 p. 114 — Bigliografla (La Direzione). Gazette Hebdomadaire de Medicine et Chirnrgie^ Paris 1875 p. 46 — Bibliografia (La Redazione). Rivista Clinica — Rivista terapeutica dell'anno 1874, Bolo- gna 1875 — Pel Dott. Luigi Mazzotti. Arcliivio di Cliirurgia Pratica — Napoli 1876 N. 3 e 4 Vo- lume XIII. — Il solfato di chinina nella pratica chirurgica, se- condo il Verneuil — Nota del Prof. F. Palasciano. Annuario delle scienze Mediche — per i Dott. Schivardi e G. Pini 1874 p. 73. (2) Sulla virti!i ed azione della china ovvero intorno alla in- tossicazione chinica e la febbre Malarica, del Prof. S. Toma- selli — Cenno bibliografico e considerazioni del Dott. France- sco Pontano. Siracusa Tip. di Andrea Norcia 1875. (3) Auszug aus dem ProtokoU der Niederrheinischen Gesel- Ischaft fiir Natur-nnd Heilkunde. Sitzung der medicinischcn section am 23 Februar 1875 Bonn. — Ili — lu vero è ben notorio dalla quotidiana esperienza, che trattandosi di fatti che riguardano con specialità gli effetti fisiologici e terapeutici dei preparati medici- nali, sulla loro stabilità si può poco contare, sia che essi vengano applicati all'organismo umano nello sta- to fisiologico, sia in quello patologico; rilevandosi d' al- tronde maggiore contraddizione e piìi seria oscurità al- lorché siamo alla prova sperimentale sugli animali; stantechè non sempre da questa risulta esatto rap- porto di analogia, quando le medesime sostanze ven- gano somministrate all' uomo in condizioni fisiologi- che o patologiche che fossero. Condizioni tutte di funzionalità, di vita, di orga- nizzazione, che una specie dall' altra contraddistinguo- no, e che ad evidenza spiegano le relazioni d' indivi- dualità, e come cotali individualità possano diversa- mente essere modificate da identico agente esterno. Nessuno potrà negare sotto questo riguardo le grandi discrepanze tra la clinica ed i risultamenti della me- dicina sperimentale. Di certo il nuovo metodo sperimentale, basato suir azione che spiegano le sostanze tossiche uell' or- ganismo fisiologico, è da jDreferirsi al vizioso metodo delle vive sezioni per lo studio delle proprietà funzio- nali degli elementi anatomici dei tessuti organico-ani- mali; perchè questi fedeli reattivi (1), trovando l'or- ganismo in istato esclusivamente fisiologico, a mezzo della loro azione elettiva su tale o tal' altro elemento (1) Cours de M. CI. Bernard— La Pliisiologie et la Patho- logie ; L'Observation et l'experimentation — Gazette Hebdoma- daire — Dieiilafoy; pag. 18 —Paris; 1876. — 112 — anatomico, ne sopprimono recisamente la funzione ri- spettiva e lasciano del tutto illeso il resto dell' orga- nismo. Tuttavia è sommamente necessario star sull'in- tese con savio accorgimento anche su questo nuovo indirizzo sperimentale, ne illuderci che già sin d' ora sia stato sciolto il problema. Egli è incontrastabile che ogni sistema ha i suoi limiti. — Se lo stato patologico diversifica dal fisiolo- gico, e queste due fasi della vita ricordano la maniera differente di essere, importa sopratutto sapere come gli organismi, non solo delle diverse specie, ma anco- ra i singoli individui della medesima, possono diver- samente reagire all' azione dello stesso agente e sotto condizioni analoghe o diverse. La clinica non è la medicina sperimentale , que- st'ultima ha una barriera che ne circoscrive i limiti, ma la prima è un immenso oceano, che presenta ad ogni passo una novità, e non si arriva mai alla conoscenza perfetta della sua illimitata estensione. La medicina sperimentale potrà, al pari che le altre scienze speri- mentali fisico-chimiche, contribuire alla spiegazione di molti fenomeni morbosi, ma sarebbe un grave errore ed una vana pretensione, se su di essa, ancor bambi- na , di cui non si conosce che il solo indirizzo, si vo- lesse innalzare il grande edilizio della patologia e della clinica. Dopo la pubblicazione della prima mia memo- ria (1) concernente tale materia, molti distinti medici dell' Isola ebbero a convincersi della verità del fatto (1) La Intossicazione Chinica e l'Infezione malarica ec. me- moria letta all'Accademia Gioenia nella seduta ordinaria del 15 Marzo 1874. — 113 — e furoiio gentili a coiuuuicariui le storie rispettive (1). Sono degui di lode però gli Egregi Dottori Cor- rado Cassone da Noto e Corrado Restuccia d' Avola, i quali hanno pubblicato le osservazioni rispettive nel- l'osservatore ^Medico di Palermo (Giornale Siciliano) (2). (1) Non credo riportare in questo mio lavoro le storie tra- smessemi, quantunque precise, ma reputo indispensabile in materia d" osservazione clinica lasciarne la pubblicazione agli autori medesimi. (2) Il Dottor Corrado Cassone nel fascicolo V" e VI° del suindi- cato giornale del 187G a p. 244 pubblica due casi d'intossicazione chinica descritti con precisione e metodo, chea forma di lettera indirizza a me ove dice « non avrei saputo rendermi ragione se non avessi letto le sue osservazioni >< e conchiude nel seguente modo: « I due accessi descritti non mancano di qualcuno dei feno- meni più salienti ch'Ella, chiarissimo Prof, ha notato nei casi di sua esperienza. In tutti i due casi 1' accesso è venuto dopo parecchie ore dalla ingestione della chinina ; in tutti e due mi è stato vedere l'invasione istantanea, il tremore convulsivo, lo abbassamento della temperatura, la diarrea e il vomito l)iliosi , la ematuria e l'itterizia. Dietro questa mia personale esperien- za, non dubito punto che la chinina in certi casi speciali possa suscitare uno accesso d'intossicazione distinto per caratteri propri; e riunendo questi due casi a quelli descritti da Lei, ho piena conferma delle conclusioni a cui Ella è venuta, cioè, che questo accesso è indipendente dalla quantità della chinina (giac- ché il 2'= individuo ha provato l'accesso dopo la ingestione di soli 30 centigrammi di solfato di chinina preso come profllat- tico), ch'è indipendente dalla natura dei diversi sali chinacei, che si nota in individui affetti da intermittenti, che la chinina ben- ché agisca da tossico non perde la sua virtia terapeutica, che la azione tossica avviene appena il farmaco è entrato in circolazione, che la incompatibilità per i chinacei può essere congenita (come nel 2° caso) o acquisita per ragioni che ci sono oscure e che probabilmente si devono al deterioramento dell'organismo ao- ventito sotto la infLaciì;:a del veleno malarico. » Il Dott. Corrado Restuccia da Avola pubblica nel sudetto ri- 114 — §1. Kon poche regioni della nostra isola, per la na- tura dei terreni, per le paludi e per i pantani in ta- luni luoghi perenni, per le continuate irrigazioni ne- cessarie all'agricoltura, favoriscono la decomposizione di elementi vegetali ed animali, dai cpiali trae origine il veleno malarico] e ciò forse con più violenza di al- tre regioni d' Italia, avuto riguardo al grado di ele- vazione della temperatura ed alla sua lunga persistenza con poche variazioni, a partire dal mese di giugno sino a tutto ottobre, e da questo a dicembre, in se- guito al dissodamento dei terreni, periodo in cui so- vente si osservano le più gravi forme di febbri mala- riche. La natura di questo principio tossico è tuttora chiusa nelle latebre del mistero. Ne altrimenti lo sono altri elementi infettanti, siano miasmi o contaggi della cui essenza e composizione chimica conosciamo ne più ne meno di quanto i nostri predecessori sape- vano, a dispetto degli sforzi delle più solerti osser- vazioni, e in onta all'attuale stato di progresso scien- tifico basato sul nuovo indirizzo sperimentale. L' opi- nione più vagheggiata, e direi la più naturale d' oggi si è, che r elemento malarico, avuto riguardo alle con- dizioni materiali che ne agevolano lo svilupjjo, venga costituito da microorganismi provenienti dalla decom- posizione di sostanze organiche. Ed il Salisbury pel nomato giornale altri quattro casi d'Intossicazione cliinica,clie indirizza ancora a me, descritti con molta accuratezza e corre- dati da opportune riflessioni cliniche. — V. Voi. VII^ fase. H Marzo-Aprile 1877. — 115 — primo lo ha fatto conoscere colle sue approfondite os- servazioni. A me non spetta scendere nella disamina di qneste ricerche, ma voglio solamente ricordare che il potere tossico non deve stare in quella determinata forma di microfito, di cui il Balestra ed il Selmi ci hanno dato la descrizione e la tigura; mentre altri, che hanno studiato la quistione in parola, sono arrivati a conchiusioni assolutamente negative. Dal risultato dif- ferente di tali ricerche sperimentali, altra conclusione non rimane a dedurre, che, o uno dei due metodi sia erroneo, o che il preteso microfito malarico descritto dai suddetti autori appartenga a certi luoghi sola- mente e non sia esclusivo alle regioni paludali, essen- dosi rinvenuto dal Silvestris, ancora sulle orine di un ammalato (1). Cosicché non avrebbe nulla di speciale la sua forma (2). E giova a proposito richiamare alla mente, per- chè del più alto interesse, i risultamenti ottenuti dal Prof. 0. Silvestri dall' esame delle acque delle nostre contrade (3). Questo distinto chimico , in una elabo- rata memoria letta nella nostra Accademia nell' anno 1873 fa ad evidenza rilevare, dietro lavori analitici (1) 11 Morgagni— Giornale di Medicina Napoli 1873. (2) Il Doti. Lanzi dietro proprie osservazioni divide 1' opi- nione dell' Hallier, il quale ritiene nel «ncrococco la forma ve- getale capace di attraversare i più fini capillari, non potendo i fungili e le alghe con le spore o sporangi attraversarli per dif- ferenza di diametro. Le Alghe trovate nella Dombes dal Dott. A. Magnin che si avvicinano alle palmelle del Salisbury non hanno determinato accessi febbrili. (3) Ricerche chimiche e osservazioni comparative sulle acque del fiume Simeto e le acque potabili di Catania in Sicilia — Catania atti dell'Accademia Gioenia 1875. — 116 — praticati e ripetuti in diverse stag-ioiii, che nelle acque del fiume Simeto attinte in diversi luoghi, sia in quelle stagnanti durante la macerazione del canape e del lino (sorgenti di esiziale malaria), sia in quelle di al- tre paludi esistenti nella piana di Catania, come nelle acque potabili attinte da diversi pozzi della città, non escluse quelle dette dei sette canali, delle quali usa gran parte del popolo di Catania, esistono le stesse specie di alghe , le quali non hanno alcuna rassomi- glianza colla forma del microfito malarico descritto dai citati autori. Di fronte a sì evidente contraddizione di fatti, sarebbe veramente indispensabile d'istituire ricerche analoghe in regioni diverse, e principalmente in quelle paludose disposte o no a sviluppare feb- bri intermittenti, per fissare, ahneno con dati maggiori di probabilità, la importanza di questi microfiti. Rap- presentano essi nella loro essenza il veleno malarico, o sono gli agenti per mezzo dei quali 1' elemento de- leterio emigra? Se l' osservazione farebbe per caso co- noscere l'esistenza del microfito malarico descritto dai nostri italiani (Selmi e Balestra) in paludi che non generano febbri intermittenti, quantunque provviste di tutte quelle condizioni favorevoli per la produzione della malaria, e la deficienza del medesimo nelle pa- ludi che favoriscono lo s^'iluppo di dette febbri, o in- vece la comune esistenza delle medesime alghe nelle acque potabili ed in quelle stagnanti nelle paludi ma- lariche, farebbe a dirittura crollare la credenza della pretesa specificità del microfito malarico. Certo si è che la natura della malaria fosse gassiforme, inorga- nica od organica, non è ancora ben determinata, poi- ché non si trova d'accordo nò colla clinica nò coll'e- sperimento. — 117 — Lasciamo questo argomento e passiamo ad un altro assai più importante percliè interessa la clinica e la terapeutica. L' intossicamento per la chinina , dopo la prima publicazione, ha acquistato presso i medici molto cre- dito, e molti di rinomata fiducia, come abbiamo detto, ne han constatato clinicamente il fatto. Nelle mie precedenti publicazioni, e come in se- guito più ampiamente dimostrerò sorretto da nuove osservazioni, io fissava , come condizione morbosa di opportunità indispensabile, la infezione malarica spinta a stato da suscitare un grado più o meno elevato di cachessia; infatti individui cachettici dopo un primo o un secondo avvelenamento, allontanatisi dalla ma- laria e ricostituiti in salute, han potuto, dopo un lasso di tempo , soffrire bene i preparati di chinina a dosi moderate per vincere nuove febbri intermittenti. E questa una delle circostanze da doversi tenere presente, ma non la sola. Una seconda condizione è congenita , disponente o naturata coU'individualità. Fra i casi da me osservati sopra vari individui, taluni indipendentemente del mi- glioramento della salute, del tempo trascorso dall'ultimo avvelenamento , subiscono sempre i gravi e velenosi effetti della chinina, quando sono stati necessitati u- sarla per troncare una febbre intermittente. In mezzo a queste due coudizioni principali bisogna frattanto notare alcune particolarità. La infezione malarica, che occasiona la incompa- tibilità della chinina, varia secondo i luoghi, dove si produce, e secondo le singole suscettibilità individuali. In taluni soggetti si osserva coli' esordire di una pri- ma febbre intermittente, in altri dopo varie infezioni ATTI ACC. VOL. XI. 17 — 118 — e recidive , e quindi dopo un uso stragrande di pre- parati di chinina. È certo che in queste diverse circostanze la in- dividualità rappresenta la prima condizione causale , ma resta in me il dubbio se mai esista una costitu- zione particolare nella natura intima del veleno ma- larico, la quale differisca secondo i luoghi, ove si pro- duce. Se così fosse , sarebbe per me , non la sola ed unica cagione, ma almeno la piìi efficiente; perchè non si sa comprendere la frequenza maggiore delle intossi- cazioni chiniche in certi paesi, e la cachessia malarica la più grave alla prima infezione che subisce l'orga- nismo in certe località, mentre in altre avviene piìi tardivamente e dopo ripetute infezioni successive. § n. La endemia delle febbri intermittenti in questa nostra isola è un elemento etiologico di grande im- portanza , perchè domina e regola la costituzione medica delle nostre regioni. Non di rado assume la forma epidemica , e si veggono le febbri malariche sotto forme diverse, non escluse le perniciose e le co- mitate, estendersi perfino nelle pii!i salubri regioni della Etna e mantenervisi per una intera stagione. Chi co- nosce il suolo vulcanico di quelle contrade, e special- mente di Nicolosi , formato di cenere vulcanica, emi- nentemente arenoso, arido ed insuscettibile di laghi e stagni, stenta veramente a concepire la possibilità di una epidemia di tal natura in quelle regioni. Sono però lontano dal credere a quelle congetture ammesse da pochi, le quali urtano al buon senso ed ai fatti giornalieri, che l'esperienza clinica presenta; co- — 119 — me sarebbe, la possibile trasmissione del veleno ma- larico dall' individuo infermo , o la comunicazione di germi malarici al terreno, trovando condizioni favo- revoli. L'idea del contagio delle febbri malariche non trae la sua ragione dai fatti caduti sotto 1' osservazio- ne clinica , ma è piuttosto un trovato dell'immagina- zione, per non dire un errore dei partigiani della dot- trina parassitaria. N'è da credere che il caldo e l'umi- do possano esercitare tale influenza su quei terreni, da fare anche sospettare possibile una decomposizione pu- trida di sostanze organiche; mentre non sono ammes- sibili per quelle località, l'aggravamento latente delle condizioni, che favoriscono la produzione del miasma, la formazione temporanea di località maremmane , o qualche mutamento nel livello delle acque sotterranee; e ciò, sia per la natura ed il livello del suolo, sia per la distanza dei luoghi di malaria. La più probabile, fra le diverse congetture sembra quella del Jaccoud, il quale attribuisce ad una influenza anemologica il tra- sporto e la diffusione del miasma malarico (1). Tale endemia, prevalente in queste nostre regioni, influisce senza eccezione sopra tutte le malattie e ne modifica la forma clinica comune; esse affettano, sotto quella speciale azione, un andamento particolare, una forma non ordinaria e resistono ai compensi terapeu- tici della relativa medicazione. E ben differente il caso tra l'influenza che subi- scono le malattie di natura diversa per l'associazione dell'elemento malarico, e l'infezione malarica, eh' esor- disce nella sua forma clinica isolatamente. Sotto la prima azione le malattie specialmente acute, o l' epi- (1) Jaccoud Pathologie interne. Paris 1871. — 120 — Jemie dominanti ( rulnioniti febbri tifoidee (1), febbri eruttive, ec.) vengono modificate nel loro andamento dalla malaria e subiscono dai preparati di chinina una modificazione antipiretica, ma non decisiva. La faccenda è assai diversa per le febbri di conseguenza immediata all'infezione malarica, siano semplici, per- niciose , Gomitate, le quali si presentano con tutte quelle forme note e cedoiio all'azione diretta e rapida della chinina. Per ora non è il caso scendere in questo campo di osservazioni, poiché si dovrebbe anche ceteris pa- ribus render conto dell'abuso dei preparati di china, che si fa ai nostri tempi, abuso che pende tra il fa- natismo e l'ignoranza, prescindendo eziandio far pa- rola del grossolano errore in cui incorrono taluni medi- ci, allorché attendono a giudicare della natura malarica di una malattia. Questi anziché desumere i criteri dalla etiologia, dai fenomeni obbiettivi, dal corso, non che dalla pronta azione, che dovrebbe spiegare la chinina quando veramente trattasi di febbre intermittente; si contentano del solo criterio che loro appresta l' esito felice della malattia; senza tener conto del tempo quando si ottiene , dell' inefìficacia della chinina ri- petutamente somministrata, e senza badare nel caso che la risoluzione del morbo succeda immediatamente al mezzo terapeutico, che possa riferirsi al corso ciclico della malattia ( Pulmonite). Non credete all' azione della china, diceva il Torti, è già un secolo: che là solo ove vi proverà la sua efficacia, non di una ma- (1) Pei- maggiori dettagli si potrà riscontrare la lezione clinica sulla Subcontinua tifoidea del Prof. Guido Baccelli — Gazzetta Medica di Roma — n. 18-1!) — 1876. — 121 — iiiera lenta ed indecisa, ma nettamente e rapidamente. Vi è stato miglioramento, se questo non si compie con prontezza , non è alla china-china che voi siete de- bitori (1). L' oggetto di questo lavoro è relati'S'o ad illustrare un tatto che interessa sopratutto la clinica e la terapeu- tica. Kivolgesi, come ho detto, su d'un efìetto velenoso, non ancora d' alcuno studiato ( 2 ) , che la chinina spiega in certi casi, i quali per 1' uniformità dei sin- (1) Tlierap. IG VI. cap. IV. (2) Diese eigenthiimliclie auf dem Boden schwerer Malaria- ei-kranknng auftaucliendc Cliiniiivergiftung ist, wie es scheint, bisher nicht beschrieben worden... Binz — op. cit. — Un' azione nuova o almeno sin qui passata inavvertita, e non poco temibile del solfato di chinina ci annunzia il clini- (".o di Catania.... Sperimentale 1875 p. 114. — Le travail du Professeur Tomaselli est essentielement clinique, et basò surTétude attentive de cas très-nombreux nous ne saurions trop cncourager ceux qui s'occupent de ces questions à lire et à mediter ce travail— Gazette Hébdomadaire 1875 p. 46. — Il Prof. Tomaselli, clinico di molta riputazione nella Cit- tà di Catania e nelle vicine Provincie, ha voluto richiamare l'at- tenzione dei Medici su di un fatto morboso, legato all' anione della chinina, non nuovo forse, ma poco curato e pur serio abbastanza, purché sia messo in discussione.... Osservatore Medico v. f. cit. pag. 551. .... E se d'altro lato fummo tra i primi, che pur accor- dando al signor Monteverdi il merito della scoverta che i pre- parati di chinina eccitano l'azione fisiologica delle fibre musco- lari dell'utero, non potemmo non opporci all'idea della loro azion abortiva; ora ci mostriamo abbastanza lieti di poter ri- volgere una parola d' encomio al nostro distinto maestro ed amico prof. Tomaselli per aver saputo richiamare 1' attenzione de' medici su quest' altra ^ a dir vero, troppo infausta azione della china e de' preparati di chinina. — Dott. Vito Zappulla— rial Giornale il Buon Seme, 1874 N. 49 e 51. — 122 — tomi che presentano e per i gravi e funesti effetti che minacciano, richiedono la pii!i seria attenzione dei medici. La scienza in questo nostro secolo alacr amente progredisce, ma se il suo cammino fosse assai piià lento, se non si trascurasse di anteporre ad ogni esperimento la investigazione clinica, la quale tuttogiorno presenta immense difficoltà, grandi ostacoli da sormontare ed un numero immenso di fenomeni , dei quali si vuol conoscere la spiegazione fisio-patologica , certamente che il suo progresso sarebbe sgombro di congetture e di passioni. § III. Le osservazioni cliniche, che sottometto all'atten- zione dei medici, oggi in numero maggiore di quello nella prima edizione di già rassegnato, sono la fedele espressione dei fatti, che ho studiato, in seguito d'una osservazione coscienziosa, ponderata e sgombra di pre- venzione. Neil' esercizio della mia clinica civile estesa nel- le Città e Provincie di Catania, ÌMessina, Siracusa, No- to, Caltanisetta, Girgenti, mi è occorso osservare molti individui affetti da malaria , i quali male tolleravano i salutari e pronti effetti dei preparati di chinina, e che invece spiegavano un' azione terribilmente tossica, o meglio, in questi casi la chinina agiva come una so- stanza pirogena, sviluppando un treno di fenomeni morbosi al pari degli agenti pirogeni. Questi casi, e parlo di quelli osservati esclusivamente da me, seb- bene non molto numerosi; pure per 1' uniformità cli- nica di essi, indistintamente uguale per tutti, prensen- tano un valore scientifico positivo ed una grande ira- portanza pratica. — 123 — In questi iiulividiii, quando por la infezione mala- rica è necessaria la chinina, osservasi ordinariamente tra due a sei ore, dopo la ingestione della prima dose, il quadro dei fenomeni morbosi seguenti. L' infermo, nel bel mezzo della sua tranquillità , viene assalito istantaneamente da forte tremore convul- sivo con abbassamento della temperatura; il suo viso diviene pallido ed esprime ad un tempo la sofferenza e Io spavento; gli succede immediatamente sudore freddo; avverte peso doloroso ai lombi e talvolta anche un forte dolore ed un senso di calore interno; ha vomiti di bile abbondante e ripetuti. Dopo la durata di una a tre ore di questo primo stadio la temperatura esterna si aumenta rapidamente , le orine si fanno sanguino- lenti ed abbondanti, il vomito persiste e si ripete a vari intervalli; si manifestano contemporaneamente, ma non in tutti i casi, evacuazioni liquide siero-bi- liose , dispnea , itterizia per tutto il corpo. La feb- bre fa il corso di un parosismo più o meno lungo. In generale questi fenomeni avvengono in un modo istan- taneo, attalchè la invasione può qualificarsi /?//7?imea. È raro il caso quando questo stato è preceduto da una agitazione prolungata a pochi minuti o al piiì ad una mezz'ora. Tal' è nel suo insieme la forma clinica co- mune di questo singolare avvelenamento, ed ecco quanto di jDarticolare presenta ciascun fenomeno stu- diato isolatamente. Generalmente il primo fenomeno a manifestarsi, dietro l'azione tumultuaria e grave della chinina, è il tremore, tremore convulsivo più o meno violento asso- ciato a notevole abbassamento della temperatura ester- na. Ignoro il grado della termogenesi interna corrispon- dente a questo stadio , e non vale il dirlo , perchè — 124 — ognun conosce come nella clinica civile, sovente man- ca l'opportunità d'istituire quelle osservazioni, che con maggiori dettagli si possano completare negli ospeda- li. Ma per il difetto di queste particolarità non per- de d' importanza il fenomeno in parola, potendosi pa- ragonare al primo stadio della febbre malarica algida, al quale fenomeno, nel caso nostro, si associa il pal- lore del viso con grave espressione, che dinota lo spa- vento della morte, il sudore freddo, il vomito, non e- scluso il senso di calore interno ed il peso doloroso ai lombi. Il vomito fra tutti i sintomi prevale ed accompa- gna il corso del parosismo. Esso è imperioso, si ripe- te a pochi minuti d' intervallo con o senza causa, che possa suscitarlo, come sarebbe principalmente la in- gestione di liquido qualunque, o i bruschi movimenti del paziente che avvengono involontariamente dimez- zo a quel terribile stato di agitazione. Le materie vo- mitate sono costituite in gran parte di bile e non mi è stato possiljile trovare sangue , il quale fu os- servato in un caso dal mio distinto amico e colle- ga Prof. Paolo Berretta. La durata di questo fenome- no è indeterminata, non si dilegua facilmente, si ac- compagna ordinariamente colla febbre e talvolta si prolunga per pii^i giorni come ebbi a constatare in un caso in persona di una Signora Veneziana, la Signora Giovanelli, che come consulente fui invitato a visitar- la insieme al mio degno amico Dott. Francesco Mar- chese, qual medico curante della stessa. In generale po- trà ritenersi che la sua durata oscilla da 3 a 36 ore secondo il grado dell' iutossicamento. Fin qui nulla vi ha di particolare, essendo que- sti fenomeni comuni a molte malattie acute e alle feb- — 125 — bri intermittenti j^J^i'ticolarmente; nin 1' associazione di altri due sintomi dà allo insieme dei fenomeni nna forma clinica speciale, che, per la sua uniformità, mi autorizza a caratterizzarla come costitutiva della /orma clinica di questa speciale intossicazione della chinina. L' ammalato, durante il tremore, o come ordina- riamente accade, appena cessato, è necessitato ad ori- nare, ed emette abbondante liquido sanguinolento (ne- frorragia). Il sangue è misto all' orina, non si rappi- glia mai a grumi , la sua quantità varia in ragion diretta dell' azione tossica pivi o meno intensa, che spiega la chinina, ciò che è ordinariamente subordi- nato al numero delle intossicazioni sofferte e talvolta alla qualità del preparato, mentre la quantità non in- fluisce per nulla, come darò a conoscere in seguito. La durata della ematuria oscilla da sei a veutiquattr'ore e nei casi gravi anche iu più lungo termine. Quando vi è febbre si accompagna ordinariamente con essa e finisce prima della defervescenza febbrile o si protrae oltre. In generale non si potrà fissare una legge cli- nica applicabile a tutti i casi , ma tutto è relativo, siccome ho detto , alla intensità della intossicazione. La scomparsa dell' ematuria non è rapida, ma decre- sce gradatamente; come potrà osservarsi dal colore, colla semplice ispezione , che dal rosso bruno passa al rosso, al roseo, sino a confondersi colla colorazione dell' urofeina ed urosantina. Alla ematuria si associa un altro fenomeno im- portante, la itterizia. Come lo stato convulsivo è ces- sato, collo sviluppo febbrile si manifesta la itterizia. GÌ' infermi da me osservati si sono mostrati quasi tutti itterici, all' infuora qualche caso mite, ove il fenomeno costante è la sola ematuria. Si comprende benissimo ATTI ACC. VOL. XI 18 — 126 — che la itterizia una volta manifestatasi , non si dile- gua così facilmente, ma neppure è di lunga durata; se non vi saranno ulteriori parosismi tossici scompare infra i dieci giorni, in caso diverso si prolungherà per un tempo indeterminato, ma sempre breve in rap- porto all' ultimo attacco; beninteso però che nei casi miti si dilegua in 48 ore. La febbre, nel suo grado d' intensità, in generale siegue la gravezza dell'intossicazione; l'innalzamento della temperatura è rapido, segna alla scala termo- metrica del Celsius da 39", 5 a 42 ; termina per de- fervescenza brusca in 24 a 48 ore o per graduata de- fervescenza. Ad onta di questi gravi effetti, se la dose della chinina è stata sufficiente a poter troncare la febbre malarica, questa non si manifesterà più; non ci resta che curare le gravi conseguenze prodotte dalla sofferta intossicazione chinica; ove però la dose fosse stata minima, la febbre malarica^ terminato il parosi- smo chiuico, sì vedrà ricorrere nel suo primitivo tipo e spesso di minore intensità. Si accompagnano col parosismo febbrile chinico il peso doloroso ai lombi di cui è stato parola, vaniloqui, timore di morte, di- spnea e talvolta diarrea siero-biliosa. Il tremore convulsivo, il vomito, la ematuria, la it- terizia rappresentano la forma sintomatica prevalente della intossicazione chinica; però la costanza e la loro manifestazione variano secondo il grado d'intensità del- l' intossicamento. Nei casi miti osservasi la sola ematuria; in quelli di media intensità esistono tutti , ma il loro svi- luppo è successivo; non avvenendo così nei casi gravi ove la loro manifestazione e istantanea e coutempo- ronea al periodo convulsivo. — 127 — • Nel primo stadio (stadio convulsivo) predomina- no le lipotimie, le minacce alla sincope , la cianosi , il languore epigastrico, il peso doloroso ai lombi, la depressione della temperatura , la dispnea , il polso piccolo e celere, il sudore freddo. Nel secondo stadio ( periodo di reazione ) sono prevalenti la prostrazione delle forze, la ematuria, il vomito, la itterizia, il deli- rio, lo stringimento della pupilla, la febbre. Dopo un parosismo d' intossicazione grave il paziente resta anemico, di un colore dall' itterico al cereo, debole di forze, denutrito, presentando nel suo insieme l'aspetto di un cadavere. Se non sopravven- gono altre intossicazioni, lo infermo riacquisterà la sa- nità dopo lunga e talvolta penosa convalescenza. Ma se i parosismi tossici si ripetono, la ematuria diviene abbondante, la faccia impallidisce rapidamente , la pelle si carica fortemente d'itterizia, l'occhio si opaca, la pupilla si dilata, il vomito si fa imperioso e di ma- terie biliose, la sete vivissima, i sensi si offuscano, suc- cedono fenomeni d'ij)erideazione e movimenti convul- sivi per l'anemia cerebrale, che si alternano col coma; la fame dell'ossigeno si esprime in tutta la sua potenza con forte dispnea , lo stato angoscioso si aggrava , la pelle si copre di sudore freddo, la temperatura si abbassa, il polso si fa piccolo e precipitato, l'impulso del cuore debole e la morte per paralisi cardiaca chiu- de la scena. Non sono rari i casi , in cui la chinina agendo come sostanza pirogena, appena introdotta nel circolo, ha sviluppato un accesso di febbre violenta, dissolu- zione del sangue, paralisi vaso-motoria , con tutte le conseguenze, di una letale intossicazione sanguigna paragonabile ad un accesso di febbre perniciosa ma- — 128 — larica la più micidiale , che laucia rapidamente 1' or- ganismo nel collasso. Questa combinazione dei sopradescritti fenomeni morbosi non è accidentale, né riferibile alla febbre intermittente, ne relativa all'interesse organico di al- cun viscere, ma è un fatto morboso speciale, il quale, come in seguito più ampiamente svilupperò, è subor- dinato ad un'azione tossica della chinina e costituisce a mio avviso la forma clinica prototipa di questa speciale intossicazione. 1.^ OSSERVAZIONE. FEBBRE INTERMITTENTE PERNICIOSA — INTOSSICAZIONE CHINICA — MORTE. Nel dicembre del 1860 presenta vasi alla mia os- servazione certo F. Pugiisi da Randazzo, di anni 22, alunno in Architettura, di media costituzione schele- trica; il quale siccome era rimasto anemico, denutri- to, mancante di forze, in seguito a febbre malarica sofferta nell' Agosto dello stesso anno, chiedeva consi- glio onde restituirsi in salute. La prima febbre lo in- vase nel mese suddetto, e guariva completamente sen- za alcuno accidente dopo la somministrazione della chinina. x\vuta frattanto luogo dopo un mese una pri- ma recidiva, ricorreva al solito rimedio alla dose di un grammo, dietro consiglio del medico. Ma dopo al- cune ore il P. veniva inaspettatamente assalito da tre- more convulsivo con abbassamento di temperatura, febbre, vomito, ematuria , itterizia. Credè il medica trattarsi di un nuovo accesso e d' indole perniciosa, perciò ordinava clisteri e frizioni di solfato di chinina. — 129 — 'Sia un altro parosismo febbrile piti intenso con tutti ì fenomeni suddescritti succedeva a questa seconda som- ministrazione; la febbre si fece continua, si prolungò per alquanti giorni, e finiva per lenta e graduata defervescenza senza più ricorrere alla chinina. La narrazione di questi fatti richiamò la mia attenzione, molto più che non trovava su tal proposito ale tuia nota particolare. Il P. presentava un aspetto anemico leggermente itterico, si lagnava di spossamento e dispepsia. AH' e- same fisico si rilevava un soffio dolce al 1° tempo al- la base del cuore, ed un lieve tumore splenico. Fu sottomesso ad una medicazione corroborante e ad u- na alimentazione sostanziale. Rimase in Catania per passarvi 1' inverno. Il P. non fu esente di recidive, e tostochè si ma- nifestò la prima, volli dare la decozione del corticc, non ancora usata dallo stesso. Il primo giorno la tollerò bene, il secondo però la faccenda andò altrimenti. Dopo cinque ore circa, dacché avea preso la decozione, avvenne un parosismo febbrile caratterizzato dai fenomeni descritti: tremore, depressione della temperatura, vomito di bile, itterizia, ematuria , polso piccolo e celere, estrema angoscia, peso ai lombi (^frizioni secche sulle estremità, senapi- smi, pozione cordiale durante il primo stadio ). Avve- nuta la reazione, (ghiaccio, limonea d' acido idroclori- 00, oppio ), la febbre fece la sua rapida ascensione, e dopo quattro giorni di durata lo lasciava. Trattai una seconda recidiva col solfato di chini- na per clisteri, ed i fenomeni d' intossicazione non tardarono a farsi vedere. Riuunziai ai sali di chinina, e sotto r uso della salicina ad alte dosi, di decozioni — 130 — amare e del liquore arseuicale del Fowler nou ebbe a soffrire vilteriore recidiva. Sotto 1' uso di questa me- dela il P. s' era rimesso in salute, e così continuò si- no al mese di aprile. Ma il f^iorno 21 di questo me- se alle 11 a. m. veniva colto da forte parosismo feb- brile preceduto [da intenso freddo ed accompagnato da vomito; verso le 10 p. m. la febbre cadeva in de- fervescenza con profuso sudore. Il giorno susseguente, alla medesima ora sviluppavasi lo stesso parosismo, ma pivi intenso. Alle 5 p. m. si chiedeva il mio aiuto. Trovai il P. con forte febbre, vomito ed estrema agitazione, del resto nessun altro fenomeno prevalen- te per parte dell' apparecchio respiratorio e cerebrale; orine febbrili. La storia dei fatti decorsi mi preoccu- pava fortemente, la febbre era grave, la violenza del- la stessa, il vomito ripetuto che 1' accompagnava, la prostrazione in cui cadeva 1' infermo rivelavano già r indole perniciosa della stessa. In questo stato di •cose stimai prudenza, appena già avvicinava la de- fervescenza, alle 9 p. m., passare all'uso della salicina ^d alte dosi. ]\Ia questa non fu affatto tollerata, esercitò invece un' azione irritante sulla mucosa gastrica, poi- ché il vomito si accrebbe e con esso la pena all' epi- gastrio, passò la notte inquieto, e sentivasi sollevare solamente colle abluzioni fredde sull' addome, la ne- ve, e le limonee minerali per uso interno. La mattina del 23, la febbre era largamente ri- messa, il paziente alquanto tranquillo, le orine cari- che di urati; istessa medicazione. Alla medesima ora del giorno precedente svolge vasi lo stesso parosismo con maggiore violenza. Il solo antimonato di chinina non si era dato al Puglisi, e perciò avuto riguardo alla violenza della febbre ed alla necessità di un pronto — 131 — rimedio, prescrissi questo farmaco alla dose di 40 ceu- tigrammi in quattro carte uguali, una ogni tre ore. Appena il jDarosismo cominciò a rimettere, si sommi- nistrò la prima cartola. Ma due ore dopo il P. veniva istantaneamente preso da violento tremore convulsivo, al quale succedeva in modo grave il treno dei feno- meni morbosi dell'intossicazione: il vomito con ab- bondante bile, l'ematuria, l'angoscia epigastrica, il dolore ai lombi, la itterizia, la diarrea, il terrore della morte, febbre forte (abluzioni fredde, neve all'interno, clisteri laudanati, frizioni di morfina alla colonna ver- tebrale , iDOzione coir etere). Il 24 il paziente mostra- vasi relativamente un pò calmo, molto prostrato, it- terico, il vomito e 1' ematuria, sebbene più lontane, persistcA'ano; di tanto in tanto lipotimie, la sola idea dei preparati di chinina metteva all' infermo indicibi- le terrore. Il caso era gravissimo, e per me nuovo, ed essen- do principalmente nei primi anni della mia carriera non volli assumerne tutta la responsabilità; chiesi un consulto, e fu dai parenti invitato il professore Mi- chelangelo Bonaccorsi. Succedeva già verso le ore me- ridiane il 4" parosismo. Il prof. Bonaccorsi intesa la storia dei fatti comprese al par di me la difficoltà del caso. La perniciosità della febbre non ammetteva in- dugio, i preparati che potevano solamente salvarlo dall' imminente pericolo, agendo come sostanze piro- gene sviluppavano un parosismo assai più grave e più pericoloso della stessa perniciosità. Quest' ultimo parosismo febbrile frattanto mostrava il pericolo cre- scente, ma gli effetti dell'intossicazione non erano meno gravi. Però nella sicurezza che un altro acces- so sarebbe stato mortale, si pensò aggiungere al ghiac- — 132 — ciò e alle abluzioni fredde, alte dosi di salicina ed un clistere con 10 centigrammi di solfato di chinina. ÌMa r intossicazione cbinica si espleta con violento paro- sismo: tremore, impulsi al vomito frequenti; 1' ematu- ria cresce, la pelle si sopraccarica di bile, il polso di- viene piccolo e celere, la temperatura depressa, verti- gini, vaniloqui, delirio, angoscia precordiale al mas- simo, dispnea; i sensi si offuscano, succede sudore fred- do, ricorrenti lipotimie, aspetto ippocratico; e la sera del 26 la paralisi cardiaca chiudeva la scena. (1) § IV. La surriferita osservazione fu per me immensa- mente istruttiva, e non volli renderla di pubblica ra- gione se non prima fosse stata convalidata d'altri fatti analoghi , oggi noti a tutti , che sono ormai di mag- giore numero in questa seconda memoria. Essi sono abbastanza chiari per 1' uniformità cli- (1) Il Dott. G. Cannizzaio da Vizzini, in una nota di 25 casi osservati dallo stesso, che ebbe la gentilezza comunicarmi, die- tro mia richiesta, nota due decessi consecutivamente a forte ematuria e con tutto il quadro dei sintomi suddescritti, in se- guito alla somministrazione del solfato di chinina. Ritenendo quei sintomi come espressione perniciosa e giudicando in- sufficiente la prima dose della chinina se ne continuò 1' uso in debite proporzioni. Compresi questi due casi, il Dott. Cannizzaro dal 1854^ conta la perdita di sette individui per intossicazione chinica. Il Dott. Alfio Falcia da Lentinì, riferivami oralmente d'aver avuto la perdita di tre individui, due maschi ed una femmina, in seguito all'uso delle dosi ordinarie di chinina. Dopo la prima pubblicazione di questo lavoro altri Medici dando uno sguardo retrospettivo mi hanno riferito altre perdite in persona d'individui afTetti da febbri intermittenti semplici. I — 133 — iiìca che presentano, in modo che mi hanno apprestato r opportunità di studiarne g'ii effetti speciali, l' indi- pendenza colhi cansa malarica e le circostanze, che influiscono, o meglio, che favoriscono questa micidiale azione della chinina. 1.") Era necessario anzi tutto conoscere, se la quan- tità della chinina o meglio 1' abuso della stessa, vuoi richiesto da peculiari condizioni patologiche, vuoi ir- razionalmente consigliato, avesse potuto esserne la causa efficiente. Son sicuro, essere questa la priuìa idea, che si affaccia alla mente di ogui medico, avuto ri- guardo al grande consumo che oggi impunemente si fa dei preparati di chinina. La casuistica delle febbri intermittenti malariche curate con dosi eccessive di chinina è assai ricca. Il compenso terapeutico in certi casi è esagerato, sia per r indole perniciosa della febbre, sia perchè alcuni in- dividui per motivi di domicilio, o di mestiere, o per bisogno , obligati a dimorare in luoghi dominati da malaria, soffrono continuate febbri intermittenti; per- chè dalla persistenza del veleno malarico si ripete la sua continuata azione sulF oi-ganismo, il quale non potrà in niun modo ottenere un compenso salutare e lungo dal farmaco in discorso, pel rinnovamento dell' elemento pirogeno, che naturalmente si svolge dalle persistenti cause. Neil' uno e nell' altro caso il consumo che si fa della chinina è oltremodo eccessivo. Potrei riferire in proposito centinaia di casi, da me constatati, relativi a febbri malariche ed a malattie d' indole diversa, che, ad onta dell'incredibile consumo di chinina, non hanno mai presentato fenomeni dell' intossicazione, di cui è ATTI ACC. VOL. XI 19 — 134 — parola (1). La conseguenza legittima di mia osserva- zione istituita con esattezza si è , die /' intossicazione cJìinica, non e esclusivamente dovuta alla quantità del farmaco. jNIa del resto prendendo in disamina i fatti d' in- tossicazione per la chinina da me osservati, non trovo in tutti, eccetto alcuno, che possa corrispondere come causa ed effetto tra la cpiantità della stessa e l'avve- lenamento consecutivo. È cosa singolare osservare in taluni individui un'intossicazione la piiì terribile in seguito all' uso di pochi ccntigrammi di chinina, e tal- volta dieci ed anche 5 centigrammi sono sufficien- ti a spiegare un'azione pirogena potente, come si ri- leverà dalle osservazioni qui registrate e specialmente dalla terza, che ce ne appresta un esempio lucidissimo, senza riferire le osservazioni di altri (2). Questo avve- lenamento adunque non sarebbe esclusivamente rela- tivo alla quantità del farmaco ed a quel grado di sa- turazione che ne risulta. E sebbene tale avvenimento in certi casi, succede dopo aver fatto lungo uso di chinina, pare non doversi riferire alla intolleranza del preparato per la sua quantità; ma all' infezione mala- (1) Una signora^ moglie di un medico...! affetta di Cirrosi epatica nella sua forma clinica classica, consumò in cinque mesi millecentoventi grammi di sali di chinina ! ! II Dottore non volle stare ai miei consigli^ ma credendo curare la malaria in quella forma febbrile tipica, ajutato dal consiglio di un altro medico, vollero colla chinina accompagnarla sino al sepolcro. (2) Non avrebbe dovuto maravigliarsi 1' autore dell'articolo ciana nella Enciclopedia medica Italiana— Edizione Vallardi, Mi- lano—Il quale se avesse letto il mio lavoro, non avrebbe incorso in altro errore di attribuire il danno all' antimonatu di chinina, usato una sola volta da me e nella sola prima osservazione. — 135 — rica ripetuta, che spiega la sua gran parte, o almeno secondo me, è la causa moi'bosa che determina uell' or- ganismo questa speciale intolleranza per la chinina. Perchè se dovesse ripetersi dalla sola quantità di que- sto farmaco, si dovrebbe osservare anche in soggetti fuori r influenza malarica, e quando hanno fatto un gran consumo di esso, lo che sinora non si è consta- tato, come dirò in seguito, e fatti di simile natura po- trei citarne a ribocco. Dietro queste riflessioni, che ri- sultano dalla sol a osservazione clinica, son d' avviso, che questa speciale azione della chinina sia estranea a quel grado di saturazione chinica, che naturalmente nasce dal consumo esagerato della stessa, ma le con- dizioni, cui si dovrà legare, sono ben diverse. La prin- cipale fra tutte, a mio intendimento, è una particolare suscettibilità individuale congenita e talvolta eredita- ria (1), la quale sviluppasi o immediatamente alla prima somministrazione della chinina, tostochè occorre l'opportunità, o dopo averne usato piìi o meno lunga- mente per reiterate febbri malariche. Ma in ogni caso i fenomeni tossici sono per la loro intensità , durata e termine subordinati esclusivamente alla chinina, e sotto quelle condizioni di già accennate, e di altre an- cora che sarò per sviluppare; talché lo svilujjpo del parosismo febbrile, già descritto, sta in continuo nesso genetico con la causa chinina , e l' infermo febbricita finche dura la influenza di questa droga. Infatti la febbre, con tutti quei fenomeni che 1' accompagnano, cessa , si prolunga o cresce in intensità secondo ch'è (1) In certe famiglie l' intolleranza per la chinina si tra- smette in diversi membri della stessa. — 136 — stata rimossa la cavisa o se n' è continuato 1' uso in dosi minime o ordinarie- Questa suscettibilità, che io aveva trovato essere costante, dietro il risultato delle prime osservazioni , come fu detto nella prima memoria , non è applicabi- le a tutti i casi. Presso taluni individui si è mostrata sempre identica , ad onta della lunga distanza tra una intossicazione e l'altra, come per i soggetti della P, IIP e IV osservazione ; e pare che il tempo ed ogni al- tra circostanza non fossero valevoli a modificarla, che anzi, secondo la mia esperienza , cresce in ragion del numero delle intossicazioni. Presso altri soggetti però ii'iuno-e a dileomarsi collo allontanamento dei luoghi malsani e colla guarigione dell' anemia palustre ( os- serv. IP ). Or, per quanto mi ò permesso poter co- noscere, posso dedurre che per quei casi della prima categoria le consecutive intossicazioni vengono sem- pre più rapide e pii^i gravi (v. osserv.) , anco se la ri- petizione della dose del farmaco sia successivamente decrescente , ed inoltre costante con qualunque pre- parato di chinina; e per questi è applicabile quella legge da me emessa: die la potenza tossica dei preparati di china e di chinina una volta manifestata e indipendente dalle dosi, die si adoperano, e cresce eziandio in ragion diretta del numei^o degli avvelenamenti. Per quei della seconda categoria la intolleranza della chinina può perdersi col tempo o col miglio- ramento della costituzione. Si comprende non es- sere queste leggi infallibili; ma tali sono i risultamenti desunti dall' osservazione clinica; forse ulteriori inda- gini potranno ancor più modificarli. - 137 — 11/ OSSERVAZIONE FEBBRE INTERMITTENTE QUOTIDIANA — INTCìSSICAZIONE CHINICA — GUARIGIONE. Il 24 giugno del 1869 , fui invitato per visi- tare il sig. T. ìMaria Bella da Catania , di anni 30 circa, di costituzione scheletrica gracile^ dimorante da più tempo in luoghi paludosi in qualità d'amministra- tore; ove contrasse la febbre intermittente. Le osti- nate recidive ad onta l'uso della chinina, che d'altronde tollerava bene, l'obbligarono abbandonare quel luogo. Dopo alquanti giorni del suo arrivo , svihi]3j)avasi la solita febbre. Quando lo visitava erano le 8 p. ra. l'accesso era caduto, il paziente mostravasi pallido e molto abbat- tuto; le orine erano cariche di urati. Osservato 1' ad- dome trovai un tumore splenico, che sorpassava la linea ascellare anteriore per quasi 6 centimetri; nes- sun altro interesse agli altri organi. Mi limitai alla osservazione, non essendovi indicazione urgente pel mo- mento. Il parosismo ricorreva alle 11 a. m. del giorno se- guente, compì regolarmente i suoi stadi, e siccome alle 7 p. m. cominciava la defervescenza col solito sudore, ordinava il bisolfato di chinina nella dose di gram. 1,50 in 6 carte uguali, una ogni ora. DojDO la terza cartola l'infermo fu colto da forte parosismo d' intossicazione: tremore convulsivo, depres- sione della temperatura, vomiti biliosi, orine sangui- nolenti, diarrea. Quando visitai il paziente, erano già — 138 — trascorse 5 ore dall'invasione di questo accesso; lo tro- vai abbattuto , comatoso , continuamente scosso dai conati del vomito, emettendo grandi quantità di bile; il polso era frequente (130) la temp. 41"; (abluzioni fredde, neve internamente, frizioni di linimento ammo- niacale lungo la spina , limonea tannica). L' infermo passò il rimanente della notte in agitazione. Il giorno 26, i fenomeni precedenti continuavano in minor grado, 1' aspetto del paziente gravemente it- terico, la temperatura 40° , 3. Il 27, il vomito quasi dileguato, le orine meno ca- riche di sangue, temp. 37°, 8. Si continua nello stesso trattamento aggiungendosi una pozione cordiale. Il 28, le orine senza sangue, ma cariche dei pig- menti biliari, diarrea cessata, 1' itterizia si mantene- va, la temp. 37", polso 80 (comincia il liquore arsenica- le del Fowler). Il 29, il paziente cominciò a migliorare gradata- mente , febbre nulla, l'itterizia dopo alquanti giorni scomparve, restando il paziente di un colore cereo, denutrito, vertiginoso, insomma coll'aspetto di preva- lente anemia, e potè riaversi della deficiente neoforma- zione del sangue, dopo una lunga cura sostenuta per quattro mesi con dieta sostanziale e con mezzi me- dicamentosi corroboranti. Quantunque la presenza del sangue nelle orine si rilevasse chiaramente colla ispezione semplice, pu- re era necessario determinarla con l'analisi cliimica, onde non lasciare campo agli increduli di emettere qualche congettura, o di ritenere come sospette que- ste osservazioni. Rimisi le orine al Laboratorio del Prof. Silvestri, e questi gentilmente scrivevami quanto siegue: « Ecco il risultato dell'analisi fatta. Quell'ori- — 139 — na ha presso a poco la composizione chimica dell'o- rina d'un uomo sano; però l'albumina vi si trova in quantità magg-iore. Trattata col liquore di Baresvill non dà la mi- nima traccia di precipitato rameico (esclusa la pre- senza dello zucchero). Il deposito che lasciava l'orina separato per fil- trazione ed osservato al microscopio lasciava vedere: 1. Abbondanti cristalli di urati d'ammoniaca. 2. Qualche frantume lacerato di epitelio a cellu- le grandi. 3. Molti globoli sanguigni per lo più rotti. 4. Materie grasse e verde della bile. Prof. 0, Silvestri Quest'analisi è più che sufficiente per comprova- re la presenza del sangue e della bile nelle orine. Erano trascorsi due anni da questa osservazione, e il T. jM. B. rimaneva esente di febbre malarica. Quando per nuova infezione veniva colpito dalla stessa a tipo doppio terzano ; 1' indole era semplice, nessuno interesse all'apparecchio gastro-enterico, nes- suna alterazione delle urine, eccetto l'abbondanza de- gli urati, più il solito tumore splenico apprezzabile alla percussione. Volli questa seconda volta fare uso dell'idrociauato ferroso di chinina alla dose di gram- mo mezzo, diviso in due carte, con l'intervallo di due ore, ma non tralasciai di sorvegliarne gli effetti. Fu cominciato, appena si mostrò la defervescenza con profuso sudore. Consumò la dose prescritta , ma im- mediatamente alla seconda apparvero i fenomeni più terribili dell' intossicazione chinica, che mi fecero du- — 140 — bitare della vita del paziente. Il tremore convulsivo, la depressione massima della temperatura, il polso pic- colo e precipitato, il dolore forte ai lombi, la dispnea, il colore bluastro dell'estremità, il vomito bilioso erano fenomeni molto imponenti. A stento, dietro frizioni sec- che con sostanze eccitanti, senapismi, potè liberarsi da quello stato asfittico, a cui seguiva gagliarda febbre, che in men di sei ore toccava un massimo di 42" C. quindi le orine sanguinolente, la itterizia, la diarrea ecc. (abluzioni fredde, neve internamente, limonea tan- nica ecc:). Dopo quattro giorni di corso la febbre fi- niva per graduata defervescenza. Si prescrisse il li- quore arsenicale di Fowler , una medicazione corro- borante, e non passò molto tempo per potersi com- pletamente restituire in sanità. Adesso gode perfetta salute e non dimentica il precetto di fuggire i luoghi di malaria. Dopo quest'epoca non visitai più il sig. T. ]M. Bella, lo incontrava talvolta e sempre buono di salute. Nello scorso novembre trovandoci insieme sulla linea ferroviaria, mentre recavami in Siracusa per un con- sulto, e domandatolo sulla sua salute, ecco quanto mi riferiva. « Dopo quella terribile malattia della chinina sof- ferta per due volte, di cui lei mi liberò, e che al solo pensarlo mi fa tremare ( sono sue parole ), sono stato sempre bene. Nello scorso anno però 1875 contrassi una leggiera febbre, non aveva carattere d' intermit- tenza, e dopo tre giorni mi lasciò; ma io, sul timore che avesse potuto riprodursi la febbre intermittente d' allora e farsi grave, e sapendo che non soffriva la chinina, volli provarla in quello stato di calma, per — 141 — tenermi in guardia e ricorrere a lei al bisogno: ne presi due granelli, e contro ogni mio timore, la tollerai bene; allora più per curiosità che per necessità, ripetei la stessa dose a diversi giorni d' intervallo, ed in un me- se consumai grani 30 di solfato di chinina senza produrmi alcuno effetto A^elenoso » . ì\\.^ OSSERVAZIONE FEBBRE INTERMITTENTE SEMPLICE — INTOSSICAZIONE CHINICA — GUARIGIONE. Il signor F. Bruno di anni 36, arbitriante , di- morante sempre in luoghi di malaria , aveva con- tratto per varie volte l' infezione della stessa colle sue forme cliniche classiche, a debellare la quale ri- correva ai preparati di chinina. Per molti anni li tollerò bene e ne ricavava i più splendidi compensi terapeutici , ma poscia cominciò a presentare i fe- nomeni dell' avvelenamento chinico. Io lo vedeva per la prima volta al 1873 e segnatamente quando era affetto da febbre intermittente ; riferivami il soprannotato , e ad onta la sua opposizione , le sue forti prevenzioni per tutti i preparati di chinina, che aveva provato indistintamente e sempre con tristo esito, gli prescrivevo 60 centigrammi d' idrocianato fer- roso di chinina, lusingandolo che non gli avesse prodotto r effetto temuto. Il paziente fiducioso nella mia prescrizione, co- minciò la mattina del giorno appresso il farmaco in discorso (div. in tre dosi, una l'ora). La sera dello stesso giorno, giusta la mia promessa, ritornavo a visitare il paziente; ma quale non fu la mia sorpresa quando ri- ATTI ACC. VOL. XI gO — 142 -^ trovai il paziente a letto cou forte febbre, itterico e spesso invitato a vomitare! Il paziente mi gnarclava, e quasi avesse voluto rimproverarmi — Non appena, dice vanii, avevo finito di prendere la seconda dose, dopo un' ora e minuti, fui preso da forte tremore con- vulsivo, dolori ai lombi, vomiti, diarrea, orine sangui- nolente e febbre. Non jDcrtanto dopo quella dose di chinina la febbre intermittente si modificò nella sua intensità; ricorreva sempre, ma di minore grado; lo sot- tomisi all' uso del liquore arsenicale, salicina ed euca- liptus e così dopo alquanti giorni ripigliava la sua salute. Nel corso dell' anno 1875 venne di nuovo affetto da febbre intermittente; trovavasi anemico, con tumore splenico, ed egli stesso senza consiglio di medici si cu- rava coll'eucaliptus , salicina ed un succo espresso di scarola — La moglie e la madre del paziente sospettando d' esservi molta prevenzione per parte del paziente contro il solfato di chinina, a sua insaputa, ne sciol- sero cinque centigrammi nel succo di scarola: ma dopo due ore il paziente veniva assalito dal treno dei fe- nomeni dell' avvelenamento per la chinina. Si accorse dell' inganno; inveì contro la moglie, la quale non ne- gò il fatto. Io lo vedeva 20 giorni dopo dell' accaduto, ed al- lora era guarito, profittai di quella occasione per esa- minare lo stato organico e funzionale del fegato, reni, vescica, ed analizzare le orine. In quanto agli organi suddetti non presentavano nulla di anormale topogra- ficamente studiati, uè disturbo alcuno relativo alla ri- spettiva funzione. L' urina analizzata esattamente non mostrò ai di- versi reattivi, nò al microscopio alcuno elemento estra- — 143 — lieo, la sua composizione , reazione e peso specifico normale. 2.°) Dietro l'esposto resta a sufficienza dimostrato, che la quantità della chinina non ha in generale al- cuna relazione con la intossicazione speciale , di cui mi occupo ; e se in taluni casi la stessa è avvenuta dopo un consumo eccessivo del sudetto farmaco non è questa la condizione, che dispone all'avvelenamento; ma sì è la ripetuta infezione malarica, che occasiona quella suscettibilità organica, che in altri soggetti più impres- sionabili si svolge a prima infezione. Le prove fin qui addotte, frutto di una bene circostanziata esperienza, sono sufficienti per farmi astenere di altre riflessioni. Ma giovami produrre mi altro argomento, la cui im- portanza non la cede al primo. La INIateria medica è ricca di preparati di chini- na, ed i sali di chinina sono arrivati a tal numero, che potrebbesi definire , eccesso di fanatismo , amor di guadagno , anziché progresso ; e parmi necessario diminuirne il numero , anziché moltiplicarlo all' in- finito con pochissimo o niun vantaggio della cli- nica. Or, atteso questo immenso numero di preparati, nasce naturalmente ad ognuno il sospetto sulla buona qualità degli stessi, ecco adunque la necessità di esa- minare un simile argomento. Prima di ogn' altro è necessario di conoscere, se i diversi preparati di china spiegano ugualmente la medesima azione tossica o pure questa è relativa ad alcuni di essi solamente. Avvalendomi delle proprie osservazioni ho con- statato, che la china in polvere, in decotto, o in estratto, e tutti i sali di chinina indistintamente producono lo — 144 — stesso effetto , come potrassi rilevare , ove il lettore desse viu momento ascolto alle osservazioni registrate in questo lavoro. Però la prima somministrazione di qualunque preparato di china non J)orta sempre con se imme- diatamente questo effetto velenoso. In taluni si è os- servato in seguito ai sali, rimanendo indifferenti alla decozione di china , all' estratto ; in altri 1' effetto è relativo a taluni sali solamente. Forse il vario grado di attività terapeutica dei diversi preparati di china influisce a rendere più o meno tarda quest'azione? Se questa diversa proprietà possa contribuirvi, certo che non è la sola, poiché in alcuni soggetti si osserva in- differentemente per la prima volta con la china e con tutti i sali di chinina (IV" e VIP oss.). In generale poi spiegatasi una volta quest'azione, si manifesta sempre con qualunque preparato di china. Dimodoché la im- pressibilità organica sottentrata all'azione tossica dei su- detti farmaci cresce col numero degli avvelenamenti. Potrebbe darsi anche, che l'intolleranza sia pìix o meno tarda, e ciò in rapporto alla qualità del preparato, il che dipende dalla individualità ; ma in generale lo avve- lenamento si effettua con tutti i preparati di china e chi- nina indistintamente. Però questa intolleranza non si perpetua nell'organismo come credeva una volta. Le os- servazioni consecutive, come inprecedenza ho significato, mi hanno fatto modificare quel giudizio assoluto emesso nella prima memoria, cioè , che avvenuta una volta in un soggetto V intolleranza -per questi farmaci , la è sempre costante a mostrarsi ad ogni preparato della droga in discorso, qualunque si fosse la distanza, che passa tra la prima e la seconda intossicazione. Ricor- dava frattanto di aver trovato nella nota del Dottor — 145 — Cannizzaro dianzi citata, redatta dietro mio incarico, tre ammalati, clie dopo il primo iiitossicamento co] solfato, soffrivano bene 1' antimoniato, l'idrocianato ferroso, il citrato alla dose 0, 10 in ogni due ore. Ed il mio di- stinto amico e collega Buscemi riferivami d'aver os- servato in mi caso nn periodo d'interruzione, di cui ne riferirò l'istoria. Ormai le osservazioni ulteriori m'inducono a dover modificare l'enunciata legge, e se per alcuni soggetti essa è costante, ed osservasi sempre l'intolleranza, la quale non modificasi sotto qualunque circostanza (IV* V° VIP Xir oss. ); non avviene ugualmente per tutti, potendosi perdere in alcuni soggetti, come è accaduto per quello della IF oss. Eccomi fatto clinico importante, del quale se ne desidera una spiegazione. Debba forse riferirsi al miglioramento della costituzione or- ganica? Una volta vinta 1' anemia palustre si perde quella cattiva suscettibilità? Ecco quello che in seguito sarò per svolgere piià ampiamente. Ma, si può con anticipazione rispondere, che se per taluni soggetti questo fatto è ammissibile, non lo è per tutti, perchè vi sono individui, che, senza presentare lo stato ca- chettico palustre, o quantunque di questo stato gua- riti, conservano sempre la stessa intolleranza. IV.* OSSERVAZIONE Nel 16 luglio del 1869 recavasi da me un gio- vane diciottenne da Francofonte, il quale chiedevami un succedaneo alla chinina , perchè venendo affetto spesso da febbre intermittente, endemica in quel paese , (1) V. op. cit. — 146 — non potea fare uso d'alcun preparato di china, senza andare incontro a fenomeni d'intossicazione, e ciò sin dall'infanzia, e da che cominciò ad usarne. Similmente nell' agosto del 1873 , una signora da Lentini di anni 36 circa venne in Catania a richie- dere il mio consiglio per una recidiva ostinata. Erano trascorsi 14 anni, quando per la prima volta aveva preso il solfato di chinina, in occasione d' una febbre intermittente, ma non potè continuarne 1' uso, perchè si svilupparono fenomeni di grave intossicazione. Do- po 14 anni, per la stessa causa, avendo preso soli cen- tigrammi 20 di solfato di chinina, ebbe a soffrire fe- nomeni terribili d' intossicazione, e quando presenta- vasi alla mia osservazione, un mese dopo di tale ac- cidente, era anemica, con tumore splenico e febbre in- termittente quotidiana. Usava le frizioni di solfato di chinina, ma inutilmente, la febbre faceva il solito ri- torno, (l'assenza dei fenomeni tossici e la persistente febbre erano una prova del mancato assorbimento ). Si sottopose alla cura dell' eucaliptus globulus e ad una medicazione corroborante, in seguito alla quale guariva. V.» OSSERVAZIONE FEBBRE INTERMITTENTE DOPPIA TERZANA — INTOSSICAZIONE CHINICA — GUARIGIONE. Il giorno 10 del 1875 veniva invitato per un con- sulto nel paesello di Misterbianco a 5 chilometri cir- ca lontano da Catania per la signora Domenica Mar- chese. Era questa una giovane diciottenne, di mediocre — 147 — costituzione, da recente maritata, godente sempre per lo passato ottima salute, eccetto di qualche febbre, di cui terremo parola, I medici curanti Dott. Scuderi Francesco, Condorelli Giuseppe e jMarchesc Giuseppe mi riferivano, che da quattro giorni veniva affetta da febbre a forma reumatica, avendo dolori in quasi tutti i muscoli del corpo, ad andamento remittente perio- dico, ricorrendo a forma parosistica ed a tipo doppio terzano. Gli accessi avvenivano sempre nelle ore an- temeridiane, dalle 10 alle 11, marcati da freddo più o meno pronunziato, rimettendo largamente con profuso sudore. Il giorno che la visitava, trovavasi in quelF ora (4 p. m.) nel corso del parosismo febbrile , tempera- tura elevata, e quel che piiÀ notevole, era in istato di estrema prostrazione di forze, e nel medesimo tempo in una iperestesia cutanea prevalente. Del resto nessu- no interesse agli organi della cassa toracica , ne a quelli della cavità addominale , se se ne eccettui un lieve turbamento funzionale del tubo gastrico; non vi era stato vomito, le orine un poco cariche d'urati. La temperatura non era stata segnata, e quindi non si conosceva il grado, cui giungeva ogni parosismo. Non pertanto l' interesse dello stato generale mi fece molto peso; la febbre presentava i caratteri delle subconti- nue perniciose, e perciò consigliai, appena iniziata la remissione, il solfato di chinina. In effetti il giorno appresso se ne consumavano grammi due, nel secondo giorno grammi 1, 10, e nel terzo 75 centigrammi. Dopo la seconda somministrazio- ne era esente di febbre, il parosismo fu troncato com- pletamente, jMa dopo la terza somministrazione si manifestò un nuovo treno di fenomeni, che fece nascere — 148 — il sospetto nella famiglia di non essere stato indicato il solfato di chinina. Non appena finiva di prendere la terza cartella delli 75 centigrammi, fn assalita da tremore convul- sivo, vomito, itterizia e febbre. I medici, non trovando ragione snl ritorno di questa febbre, ne rimisero all'os- servazione r indicazione. Il giorno appresso ( 18 del mese) la febbre fu mitissima e scompagnata da tutti i fenomeni del giorno precedente. La mattina del 19 si danno 25 centigrammi di solfato di chinina. Tra- scorse due ore, forte tremore convulsivo, refrigerazio- ne, vomito di bile; l'itterizia si accresce, sviluppo di febbre ; passa tutta la giornata in grandissime am- basce e vomiti; si ripetono altri centigrammi 75 di sol- fato di chinina, ma, per l' insistenza del vomito , lo rigetta nuovamente. Il giorno 20 alle 11 a. m. la rivedo di colore it- terico, prostrata, con vomito persistente associato a sensazione penosa all' epigastro; allora domando delle orine, e le trovo di colore caffè, sanguinolente , e più cariche quelle della notte. Fu chiaro per me il fatto, spiegai ai medici quella creduta ostinatezza della feb- bre, tutto feci conoscere doversi all' azione tossica della chinina. Fu allora che i parenti richiamarono alla mente, che quattro anni prima, in occasione di un' altra febbre intermittente in seguito alla chinina, soffrì i medesimi fenomeni di avvelenamento. Sog- giungevano, che diversi membri della famiglia della madre della inferma dimoranti in Carlentini non po- tevano soffrire per la medesima ragione la chinina. — Consigliai abbandonare i sali di chinina, ed ordinai bagnature fredde, pozione cordiale. La febbre sin da quell'epoca non fu più osser- — 149 — vata, ed il giorno 25 mi si scriveva l'ammalata stare benissimo, non avendo sofferto, dacché fu sospesa la chinina (giorno 20), altro distm-bo. 3.°) Riconosciute insufficienti, per le prove cliniche addotte, la quantità e la natura dei preparati di china e di chinina a poter spiegare quest' azione tossica spe- ciale, era necessario sapere 1' influenza che avesse po- tuto esercitare la via, per la quale si somministrano. Devo manifestare, che questo argomento non può es- sere definitivamente risoluto, perchè non mi ho suffi- cienti fatti, che con costanza d' identici risultamenti, in persona di diversi ammalati, ed ancora sul mede- simo individuo, consoliderebbero il mio assunto. Non ostante , dietro svariate osservazioni posso arguire , che qualunque si fosse la via per la quale il farmaco s' immette nella circolazione, l'effetto tossico è sempre identico. Questa prova non si ha avuto singolarmente per ciascuno individuo; ma è lui risultameuto desunto su diversi infermi. Ed ho notato in tali occasioni sem- pre gli stessi effetti tossici per la bocca, per il retto, o per injezione ipodermica (1), così avvenne in un caso ove ne fu eseguita l' injezione ipodermica, e così ac- cadde al Dott. Francesco Marchese su di un ragazzo, che per la via interna addimostrava i medesimi feno- meni. L'azione tossica adunque di questi farmaci pare, che si spiegasse dopo ch'essi vengono in contatto col (1) In taluni casi l' injezione ipodermica è stata ben tolle- rata, mentre clie per la bocca prodnceva l'intossicazione anclie la china calisaja, così è accaduto al Dott. Restuccia Oss. 11.^ V. Osserv. Medico Op. cit. ATTI ACC. VOL. XI 21 — 150 — sangue. L'intervallo, che passa tra l' ingestione del far- maco e lo sviluppo del parosismo chinico, differisce se- condo la natura del preparato: l'estratto di china è più tardo nei suoi effetti, ciò si comprende bene, perchè è necessario un tempo maggiore per 1' assorbimento. Conseguentemente a quanto ho potuto constatare, nella prima memoria mi pronxmziai contrario all' as- sorbimento della chinina per frizione, e significai, che la possibilità ed impossibilità di tale assorbimento po- teva di leggieri desumersi dagli esperimenti eseguiti sugi' individui, che pi-esentano intollerenza per questi preparati. Le osservazioni cliniche addotte per giudi- care questo argomento erano assolutamente contrarie all'assorbimento, come ben potrà rilevarsi dalle osserva- zioni IV e VIP, ove significanti dosi di sali di chinina per frizione non produssero alcuno effetto tossico , né valsero a troncare la febbre intermittente , mentre tre grammi d' estratto di china in persona del Caffa- relli (osserv, VIP) pi'odussero il parosismo chinico con tutti i corrispondenti fenomeni , e le frizioni fatte precedentemente con dosi generose di sali di chinina erano rimaste senza effetto. Questi dati erano pur troppo evidenti per non mettere in dubbio il fatto, tanto più che trovava una ragione positiva contro taluni casi, in cui 1' effetto tossico si faceva dif>endere dalla sola frizione. E su tal proposito rileva- va, che gli effetti tossici che si mostravano per la se- conda volta in persona del Puglisi (osserv. P), men- tre trovavasi in Randazzo, non dovevano riferirsi alla frizione, ma ai clisteri con solfato di chinina, che usava contemj)oraneamente; come anche gli stessi ef- fetti osservati nel caso clinico comunicatomi dal mio amico Dott, Buscemi^ (VIIP osserv.), dipendevano non — 151 — dal solfato di cliinÌDa per frizione, ma dall' estratto e dalla china in polvere date per bocca. E perciò con- cliiudeva essere indispensabile in tali evenienze, per calcolare bene 1' effetto, limitare 1' uso alla sola fri- zione, per non confonderlo con quello che piìi facil- mente possa ottenersi per altre vie. Era sicuro di questi fatti, tanto più che trovavansi d' accordo con gli esperimenti praticati dal Prof Pri- mavera appositamente eseguite per provare l'impos- sibilità dell' assorbimento della chinina per frizione. Ed allora insorse in me il dubbio su taluni Ccisi cli- nici di febbri intermittenti in persona di bambini cu- rati colla sola frizione di solfato di chinina, dico in- sorse il dubbio, poiché dietro gli effetti contrari, che aveva ottenuti nei casi d' intossicazione chiuica di sopra cennati, e dalle esperienze del Primavera, dubi- tava della natura delle febbri intermittenti da me cu- rate. Eppure non è così. Ulteriori osservazioni dopo la publicazione della prima memoria mi hanno fatto modificare il mio giudizio. Io riferisco i fatti da semplice e fedele osservato- re, ognun da canto suo l' interpetri nel modo che cre- de. Però ricordo, che ovemai il fatto clinico non pos- sa accomodarsi ai nostri pensamenti, o non venga cor- roborato dagli esperimenti, non sarà giusta ragione negarne la esistenza. Ritorno su questo argomento per 1' osservazione importante, che passo a descrivere. 152 W OSSERVAZIONE FEBBRI INTERMITTENTI RECIDIVE — INTOSSICAZIONE CHINICA PER FRIZIONE. Bruno ventenne, nipote del Bruno, che forma l'og- getto della irr osservazione, arbitriante, dietro aver impunemente fatto lungo uso di preparati di chinina per le continuate infezioni malariche sino al 17" anno di sua età, non potè continuarlo in seguito , perchè si svilupparono i fenomeni della intossicazione chini- ca. Il Dott. Buscemi, esperto clinico, lo curava in sulle prime saggiando or questo or quell' altro preparato di chinina, ma alla fine dovette abbandonarne il pen- siero, attesa 1' assoluta intolleranza per tutti i prepa- rati sudetti , dimodoché faceva uso dell' eucaliptus, della salicina, del liquore arsenicale di Fowler, che corrispondevano bene nei loro effetti terapeutici. Frattanto la sensibilità all' azione tossica dei pre- parati di chinina era ridotta a tal seguo, da dover ri- nunciare, in altre occasioni sin' anco a pochissimi ceu- ti<2:rammi. Fu allora che il Buscemi volle tare uso della chinina per frizione, e fu sorpreso come in seguito alla stessa si produssero gli stessi fenomeni tossici (1). Al Dottor A. Buscemi bisogna avere quella fiducia, che merita ogni coscenzioso e diligente clinico; né io dubitai menomamente del fatto, ma pure volli pren- dere esatte informazioni dai congiunti, i quali ripete- vano ed assicuravano gli stessi risultamenti, avuti per (1) Il Dott. Buscemi fa uso del Ijisolfato di chinina esterna- mente secondo il mio metodo, cioi' sciolto, in quanto basta di glicerina. — 153 — replicate volte , pvoincttcìidomi di farmeli constatare alla prima occasione. Ma ciò è stato impossibile, per- chè dopo sei mesi circa che se ne ofii'iva 1' opportu- nità, la proposta fatta dal Dott. Buscemi fu assoluta- mente respinta dal paziente. Ecco un fatto clinico innegabile. — Passiamo adesso allo sperimento, per vedere se presenta analogia colla clinica. 1." Sperimento. — Si sottopose allo sperimento il Dott. Pietro Galvagno venticinquenne, mio ajutante di clinica, ed oggi distinto, medico condotto nella Co- mune di Adernò. Lo sperimento si fece nel mese decembre del 1875, praticato per otto giorni dì seguito , frizionando ogni giorno due grammi or di solfato, or di bisolfato di chinina. La soluzione si faceva in q. b. di glicerina, evitando le sostanze volatili, che, attesa questa pro- prietà, rimane la polvere del solfato intatta sulla pelle. Preparato nel modo su indicato si strofinava da un altro alunno in medicina per '^U ad un'ora e pro- priamente finche rimaneva asciutta la pelle. Fatto ciò, si aveva cura di raccogliere le orine, le quali ve- nivano esaminate dall'ottimo chimico farmacista signor Vincenzo Frosina Marletta, la di cui abilità è assai ben nota in simile materia. Fu ripetuto questo esame chimico per piìi volte nel corso degli otto giorni, ma le orine sottomesse a quest'esame non diedero che un risultato sempre negativo; le analisi comparative fatte con altre orine, dove scìoglìevansi 5 centigrammi di solfato di chinina e talvolta anche un centigrammo, facevano osservare, come nelle prime mancava assolu- tamente la presenza dello stesso. — E questo riguarda lo sperimento chimico. — 154 — Per la parte clinica è da notare, che il Galvagno in questi otto giorni sentivasi vertiginoso, ottuso di mente, zufolio alle orecchie ed uno stato di malessere che lui stesso non sapeva definire. T e 3" Sperimento. — La stessa frizione nella me- desima dose e per lo spazio di sei giorni fu praticata in persona di ragazzi uno a 5 anni ed un altro a sette, il primo affetto da febbre intermittente semplice quoti- diana, il 2. da ileo-tifo, al quale fu fatta frizione di chi- nina al 4. settenario, perchè la febbre assunse il tipo intermittente quotidiano (1). Ebbene i risnltamenti chi- mici e clinici furono contrari — Le analisi chimiche, ese- guite dallo stesso Frosina ÌMarletta sulle orine emesse entro quel periodo di giorni, non fecero conoscere mai presenza di chinina, esse furono sempre sotto questo rapporto negative; il risultamento clinico fu favore- vole; dal 2° giorno della frizione la temperatura sce- mava di grado, la durata della febbre assai meno, co- sicché nel periodo di 4 giorni quelle febbri cessarono completamente. Or attesa questa contraddizione di fatti, come spie- gare l'intossicazione avvenuta nel soggetto di sopra citato colla sola frizione? come i fenomeni di chi- nismo avvenuti nel Galvagno ? come la guarigio- ne della febbre presso quei due bambini , ed altri ancora con particolarità al disotto di anni 5 os- servati da me ? I fatti di sopra esposti considerati iso- latamente hanno il loro valore rispettivo. L' ana- lisi chimica ha le sue ragioni di fatto, ed oramai non può dubitarsene dopo le analisi eseguite da va- (1) Questo ragazzo era da Lentini ed era stato molte volte affetto da febbre intermittente. — 155 — lenti chimici; la clinica dal suo canto offre i suoi risultanienti favorevoli; dimodoché poggiandomi sulle proprie osservazioni, l'azione fisiologica, terapeutica e tossica della chinina per strofinazione, non è da met- tersi in dubbio. Tali essendo le cose, si dovrà dare piìi peso al fatto chimico negativo, o a quello clinico di- mostrato affermativamente ? Se lo sperimento non è di accordo con la clinica, sarebbe una ragione suffi- ciente per annullare i fatti, che in un modo chiaro ({uesf ultima ci rivela ? Per quale ragione la chinina in questo modo adopei'ata spiega la sua azione parti- colarmente in soggetti di tenera età, mentre general- ineute nel resto dei casi è nulla ? Io credo trovare la ragione di qviesta apparente contraddizione di fatti nelF azione elettiva della chi- nina su i centri nervosi vaso-motori, come in seguito spiegherò — Se lo assorbimento non è dimostrato chimicamente, parmi non essere un argomento solido per negare 1' azione della stessa sull' organismo; forse agendo essa su i nervi sensitivi della pelle, esercita un potere efficace centripedo su i centri vaso-motori? Se la clinica per la sua parte dà pruove affermative, è da credere, non potendo accusare d'insufficienza i diversi reattivi chimici sinora adoperati, che viene eli- minata per altre vie ? 0 l'una o l'altra di queste inter- pretazioni, senza di che è impossibile spiegare i fatti cli- nici di sopra cennati ; e tenendo in considerazione la maggiore o minore ricettività organica individuale del sistema nervoso, si troverebbe la ragione della diffe- renza degli organismi. Neil' uno o nell' altro modo si verrebbe a confermare l'azione dinamica della chinina nelle febbri malariche, agendo su i centri vaso-motori, senza negare che possa godere di altra azione com- — 156 — presa 1' antiparassitaria. Comprendo, che questa mia spiegazione non toglie tutti i dubbi, che anzi si trova in urto con i risultamenti della fisiologia sperimentale. IMa è la sola che possa conciliare i fatti esposti. Forse ad alcuno sembrerà strano trovare in que- sta seconda memoria un giudizio sull'assorbimento della chinina diverso da quello pronunziato nella prima. Ma niente di tutto ciò ; quando la opinione è subordinata ai fatti, non si deve essere tenaci nell'errore, perchè si dovrà ogni sempre tener dietro alle fasi di essi. Questo mutamento è comune per le scienze na- turali ; e la clinica eh' è un campo fertile di produ- zioni, la scoperta di un elemento ne nasconde migliaia, e spesso la scoperta di un altro si oppone all' evi- denza del primo. Non vi è dubbio, bisogna confessare che la medicina empirica avrà sempre una influenza sopra il pratico (Réveillé Parise) (1). .... « Laboratorio o Spedale per me poco importa » dice un illustre clinico italiano in una sua dotta ed erudita prelezione « perchè non bisogna perdere di vista un solo istante, che l'organismo animale, so- pratutto quello degli animali a sangue caldo , è il terreno più instabile e più mobile che si possa imma- ginare (2). » (1) Lapelletier de la Santlie ii. 362. (2) M. Semmola — Medicina vecchia e Medicina nuova— Pre- lezione al corso di materia Medica e di Terapia 1876-77 nella K. Università di Napoli. É un discorso veramente di occasione e pur troppo neces- sario nell'epoca attuale, in cui l'autore mostra profondo sapere, grande erudizione e una logica severa nell'apprezzamento pur troppo arduo delle dottrine vecchie e nuove. — 157 — VII» OSSERVAZIONE FEBBRE INTERMITTENTE QUOTIDIANA — INTOSSICAZIONE CHINICA MEDICAZIONE ARSENICALE — GUARIGIONE Il 14 ottobre del 1867, recavami a Vizziui invitato dal cav. Cafifarelli per visitare il suo figlio maggiore sig. cav. Gioacchino, affetto da ostinata febbre palu- stre. Egli era trentenne, di una costituzione debole, di poco sviluppo muscolare, ed allora assai deteriorato e di aspetto anemico. Da 24 giorni soffriva febbre in- termittente, che contrasse in una sua villa dominata d'aria malsana. Il suo medico sig. Giovanni Cauniz- zaro, constatata la natura della febbre, ordinava un grammo di solfato di chinina in quattro prese. Non ajopena finiva di prendere la seconda cartola, si sviluppavano in un modo assai grave i fenomeni dell' avvelenamento per la chinina: tremore convulsi- vo, abbassamento di temperatura, ematuria, itterizia, diarrea, dolori ai lombi, estrema prostrazione, febbre. Dopo 24 ore di corso avveniva la defervescenza feb- brile, e ne rimase per quattro giorni esente; ma all' ot- tavo ricorreva nuovamente la febbre, che per piiì gior- ni ripeteva a tipo quotidiano, come Io era stato in principio. II Dott. Cannizzaro ritentò la chinina, e fra i sali prescelse il citrato alla dose di mezzo grammo in tre cartole. Due ore dopo la prima succedeva il me- desimo parosismo d'avvelenamento assai più grave. La febbre come la precedente si scioglieva dopo 24 ore, rimanendo libero per altri giorni 6. Al sesto gior- no recidiva per la terza volta. Gli effetti ultimi erano stati gravi, e per ciò il medico curante manifestò alla famiglia il desiderio di un altro consiglio. ATTI ACC. VOL. XI 22 — 158 — Scrisse ad alcuni professori di Napoli, i qnftli fu- rono di parere usare il soliato di chinina per frizione alla dose di 3 grammi al giorno, preferendo per la via interna la salicina ad alte dosi, il solfato di quassina. Questa medicazione sostenuta per alcuni giorni non spiegò alcuna efficacia, anzi si mostrò iuerte ; poiché non si ottenne alcun effetto, uè tossico, ne terapeutico; la febbre ostinatamente ricorreva tutti i giorni sotto forma parosistica. Fit allora dopo il 21° giorno circa, che si chiedeva il mio consiglio. Trovai il paziente anemico , di colore cereo, con lieve tinta itterica dell' albuginea. La sua milza era enormemente ipertrofizzata, da oltrepassare in basso il limite delle costole spurie, ed in alto toccava la 4^ costola, in modo che il cuore veni^'a spostato in sopra; la superficie era uguale, resistente, indolente sotto una forte pressione. Il Cav. C ricordava non essere stata questa la prima volta, ma all' età di anni 15, studente in Ca- tania, riportò dall'uso della chinina per una prima febbre intermittente le medesime conseguenze , e fu in pericolo di vita per 1' ostinatezza del suo medico curante, che riteneva quei siutomi come espressione di perniciosità , anziché come effetto del preparato. Ma spesso la logica naturale è superiore alla scienza. I parenti coutrarì all' avviso di quel Professore non vollero ripetere il farmaco per la terza volta, ed il paziente guariva senza altri rimedi. Esisteva dunque nel Caffarelli un fatto antecedente analogo, e per cui accresceva la ripugnanza ed il discredito per i pre- parati di china; non pertanto volli, sotto la mia assi- stenza, tentare 1' estratto secco di china non ancora usato dal Caff, alla dose di grammi 3 in 12 cartolo — 159 — da darne una 1' ora; ma con mia sorpresa, dopo 7 ore dalla prima dose, dovetti assistere allo sviluppo di un parorismo tossico con tutto il treno dei fenomeni dianzi descritti. Prescrissi allora il liquore arsenicale di Fowler, e lo consigliai recarsi in Catania, ove sotto la medicazione arsenicale , corroborante e la dieta so- stanziale guariva completamente della febbre, e dopo lungo tempo dell' anemia. Una sorella del Caff. non potea fare uso della chinina per la stessa ragione. 4.") Continuando l'esame delle proprietà , pos- sibilmente cattive , inerenti ai preparati di chinina e alla china , era necessario esaminarne le qualità chimi- che , potendo dipendere gli effetti descritti, i quali ac- cennano ad un vero avvelenamento, da una adulterazio- ne. Qualche medico incredulo lo ha sospettato, ne la cosa è assai lontana, specialmente ai nostri tempi, che l'inte- resse del commercio prevale sulla vita dell'uomo per la cupidigia ardentissima di guadagni, e per cui la chinina ha perduto quella sua prima e maravigliosa virtù te- rapeutica; in conseguenza di che i medici sono obbli- gati aumentare la dose per compenso della sua catti- va qualità. Uno esame chimico esatto, per quanto si volesse, non avrebbe sciolto il problema , e il fatto fosse rimasto in dubbio. Del resto non 1' ho creduto necessario , tostochè i risultamenti della clinica, hi un modo facile e sicuro, ne hau dato la soluzione poggiata principalmente su due fatti. Il primo è de- sunto dalla comune ed analoga azione tossica di tutti i preparati di chinina indistintamente , compresa la stessa china in decozione ed in estratto; e se 1' adul- — 160 — terazione è possibile per i sali di chinina, certamente non potrà esserlo per la decozione, per la quale suole usarsi la china calisaja contusa o in polvere. Il secon- do fatto clinico è relativo alla diversa azione dello stesso preparato in soggetti diversi; lo stesso sale in- fatti che ave^a di già prodotto avvelenamento in uno individuo, non lo sviluppò in altri; e poi ognun com- prende, come sotto questo rapporto avrebbe dovuto esser frequentissimo questo strano effetto della chinina. In conseguenza di queste osservazioni cliniche po- sitive si può conchiudere, che la projDrietà tossica in questi dati casi non è relativa ad adulterazione del far- maco, ma è inerente alla china, ed a tutti i preparati che contengono chinina. Ed è curioso, come sotto que- sto riguardo, l'intossicamento è il più sicuro reattivo per disvelare, se i diversi preparati antimalarici contro le ostinate recidive, e che si sj)acciono come tanti ri- medi secreti, contengono o no chinina come general- mente si dà ad intendere; e la storia qui appresso se- gnata (IX) è molto istruttiva sotto questo rapporto. Sicché è un fatto clinico adesso stabilito , provato e riprovato da me con diversi fatti clinicamente ben circostanziati , che qualunque si fosse il preparato , purché contenga chinina o china, spiega , in (Quel- le circostanze già cenuate, un' azione pirogena , a- gendo come sostanza tossica , analoga se si vuole all' azione del veleno malarico. Ed in vero corre molta analogia tra gli effetti di queste due cause. I fenomeni, che conseguitano allo avvelenamento per la chinina, nella loro espressione e natura si ravvicinano a quelli, che possono succedere a grave avvelenamento malarico, come si rileva dal parosismo febbrile di già descritto , a cui succedono le paralisi vaso-motorie e — 161 — la dissoluzione dei globoli sanguig'ui; fenomeni troppo comuni nella intossicazione palustre. Io voglio far marcare questo fatto sotto il rapporto dell'azione della causa chinina, la quale in queste date circostanze, per la sua azione e la sua influenza sull'organismo, è al pari di ima sostanza tossica e a preferenza della malarica; e come in quest' ultima , come per qualunque altra causa infettiva acuta , si hanno nella intossicazione chinica diversi gradi d'intensità, e perciò un parosis- mo relativamente più o meno grave. Nelle forme gravi si osservano tutti i fenomeni descritti, ma nelle f jrme leggiere molti di essi mancano, e non è raro osservare la sola ematuria, o il solo tremore convulsivo seo'uito da febbre; l'ematuria però è il fenomeno più costante. Questo fatto prova sino ad un certo punto, cheladis' soluzione del sangue è uno degli effetti i più imma- diati all'azione tossica della chinina. Questa rassomi- glianza di accessi , o meglio questa analogia tra lo svolgimento e forma dei parosismi delle due intossi- cazioni, è stata a mio parere la causa di aver confuso l'effetto del medicamento con c|uello malarico. Finche rimaneva nei limiti di questa misteriosa confusione, i medici avevano una ragione a loro di- scolpa, era la malignità della febbre perniciosa; così sod- disfacevano il loro dubbio ed allenivano il dolore dei congiunti, ma ciò j)otea comportarsi senza risenti- mento, prima che fossero state enunciate le mie inve- stigazioni nella prima memoria. Dopo la pubblica- zione di essa, molti medici distinti, dato uno sguardo retrospettivo, hau già confessato il loro dubbio e l' er- rore in cui travolgevano; e, se bisogna prestare fede alle loro rivelazioni, trovo che fra 28 casi di avvele- namento chinico in seguito a febbri intermittenti sem- — 162 — plici, vi furono 10 morti, e così lamenterebliesi la enor- me perdita del 35 per 100, di certo rimarchevole. vili' OSSERVAZIONE FEBBRE INTERMITTENTE RECIDIVA — INTOSSICAZIONE CHINICA. Orazio Sorge trentenne, di costituzione scheletrica media, arbitriante, godente buona salute sino all' età bilustre. Da quell' epoca frequentando luoghi malsa- ni contrasse la febbre intermittente, la quale sebbene cedeva all' uso dei preparati di china, pure ritornava a svilupparsi per nuova infezione. Il Sorge per 4 anni aveva sofferto bene la chinina, ma dopo quest' epoca provò per la prima volta gli effetti tossici della stessa. Si allontanò allora il Sorge da quei luoghi, e rimase per un lungo periodo di anni esente di febbre. Nel 1869 sotto r influenza delle jnedesime cause sviluppavasi la stessa febbre, e perciò era necessaria la chinina. Il Dott. Buscemi ( medico curante ) questa volta preferì la frizione del solfato di chinina, e per via in- terna r estratto e la polvere di china ; ma la letale sindrome dell'avvelenamento si determinò ugualmente, come s' era mostrato una volta. Dojìo il 1869, giusto come riferisce il Dott. Buscemi, il Sorge ha tollerato meglio i preparati di chinina, in quanto che nell'anno 1873 ha sofferto bene 15 grammi di salicina e 9 gram- mi di solfato di chinina per frizione (1). Il Sorge però non guarì completamente e dal 15 giugno 1873 , che (1) Il uiiin effetto velenoso della chinina è da riferirsi non a tolleranza, ma al mancato assorbimento ; la continuazione della (ebbra lo prova a sufficienza. 163 corrisponde all' epoca quando ebbe la prima febbre , restò sino al 7 luglio prostrato di flirze, senza appe- tito, e r uso continuato della salicina nemmeno valse a ristabilirlo completamente. Fu necessità , ripeten- dosi la febbre sotto forma parosistica , ricorrere alla chinina nel giorno su indicato alla dose di 10 centi- grammi ogni tre ore, insieme a tre centigrammi di oppio. Ma dopo due ore circa della seconda cartola avveniva in un modo chiaro il solito parosismo tossico scompagnato da itterizia, e fu allora che il Dott. Bu- scemi mandavami le orine per esaminarle , di cui ne riferisco l'analisi. L'ammalato sottomesso a medicazio- ne corroborante ristabilivasi dopo pochi giorni. Ma verso il 20 luglio, per nuova infezione, fu assalito da febbre intermittente quotidiana ; ed il Dott. Buscemi colpito degli ultimi effetti della chinina si contentò sotto- mettere il paziente all'uso della salicina, dell'EucalijDtus e delle frizioni di solfato ; sotto quale medicazione il Sorge guariva senza riportarne alcun accidente. ANALISI DELLE ORINE Spettando questa orina ad un caso mite volli esaminarla. j URINA EMESSA DUE ORE DOPO URINA 10 ORE DOPO LA I LA 2^ DOSE DELLA CHININA 2» DOSE DELLA CHININa' I. Molta schiuma alla supei-ficie. I. Nessuna. II. Colore — Rosso-bruno . . . II. Paglino. III. Reazione acida IH. Idem. IV. Peso specifico 1030 . . . . IV. 1024. V. Filtrata non lascia alcun de- posito e conserva il medesimo colore. V. Idem. VI. Albumina in quantità . . . VI. Assente. VII. Cloruri, fosfati e solfati, nor- mali VII. Idem. Vili. Urati scarsi VIII. Idem. IX. Ematina abbondante, trattata ,coI metodo di Heller dà un precipitato fioccoso di un rosso vermiglio . . IX. Assente. 1 X. Pigmenti biliari assenti . . . X. Assenti. XI. Al microscopio quache corpu- scolo lacerato XI. Assenti. — ICA — Questa urina differisce da quella esaminata dal Prof. Silvestri per 1' assenza dei pig-menti biliari e di una quantità minore di globoli sanguigni. L'assenza e la presenza di questi elementi sono relativi al grado d'intensità dell'intossicamento. IX^ OSSERVAZIONE. FEBBRE INTERMITTENTE SEMPLICE — INTOSSICAZIONE CHINICA - GUARIGIONE. Salvadore Giuffrida di anni 23, di media costitu- zione, arbitriante e dimorante sin dalla tenera età la maggior parte dell' anno in luoghi paludosi non sotirì fino al 1867 febbre alcuna; ma nell'està 1867 contrasse la prima. Troncava la stessa col solfiito di chinina, ma sin d'allora le recidive lo travagliavano per ben 10 mesi. Dopo quest' epoca non fu pii^i nel caso tollerare il farmaco, si mostrò 1' ematuria con il resto dei fenomeni. All' apparizione di questi nuovi fenomeni il curante sig. Vincenzo ]\larcellino dimise il pensiero d'insistere sui preparati dì chinina e sotto la influenza della buona aria , di una medicazione ricostituente ristabilivasi, ; menò una buona salute per tre anni consecutivi. Non pertanto, in seguito a nuove infezioni malariche, era obbligato ritornare alla chinina, ma tutte le volte che vi ricorse, ebbe sempre a la- mentare i medesimi effetti tossici. Tuttavia la febbre si vinceva e dietro una medicazione ricostituente mi- gliorava. Nell'anno 1871 invitava il dottor Giuseppe Mu- sumeci per curarlo di una nuova febbre intermittente. Ma i parenti, prima d'ogn'altro, fecero presente gli ef- fetti velenosi avuti per lo passato dai preparati di — 165 — china, e perciò raccomandarono al medico usare tut- t'altro rimedio. Il dottore IMusumeci non volle stare a quella semplice rivelazione, e prescriveva gram. 1,50 d'idrocianato ferroso di chinina; ma non appena finiva di prenderlo, ebbe a convincersi del fatto. Usò in se- guito la medicazione ricostituente, sotto la quale sem- pre migliorava. Nell'autunno del 1874 contrasse la stessa febbre a tipo doppio terzano, erano trascorsi tre anni dalla ultima, e perciò il ]\Iusumeci volle ritentar lo stesso preparato (idrocianato ferroso di chinina ). Ma questa volta r ematuria e l' itterizia furono pronunziate , la febbre sì fece continua ed assunse una forma adinamica, che lo lasciava libero dopo quattro giorni di corso. Non ostante 1' ammalato non ne fu totalmente e- sente; ogni 4 giorni veniva visitato da una recidÌA^a. Allora col consenso del medico si fece uso di una massa pillolare antifebbrile composta da un nostro farmacista , nella quale, secondo le assicurazioni del- lo stesso non faceva ^^arte la chinina. Ma il fatto non avvenne così, dopo la 2" pillola il paziente ebbe a soffrire un accesso di intossìcamento il piiì terri- bile (1). Tali essendo le cose io veniva invitato per con- sulto; e, dietro la precedente narrazione, consigliava il liquore arsenicale di Fowler, l'eucaliptus, la salicina, l'aria del bosco, in seguito di che guariva completa- mente. Però non volli perdere questa occasione per ripetere l'esame delle orine e dei vìsceri addominali e toracici. (1) Prova evidente della presenza della chinina in quella massa. ATTI ACC. VOL. XI 2'.i — 166 — Erano trascorsi due giorni dal sofferto parosismo tossico. Esaminai dapprima gli organi della cavità addominale e toracica , ed escluso il tumore splenico non esisteva all'esame obbiettivo alcun fenomeno rife- ribile alla vescica, ai reni, al cuore, ai pulmoni. I soli fenomeni che ancora perduravano erano la itterizia , lo smagrimento e l'abbandono delle forze. Profittando allora delle orine, che avea emesso la notte scorsa, incaricai il mio ajutante clinico dottor Galvagno di farne un esatto esame insieme al chi- mico farmacista Frosina jMarletta. Ma questo esame non diede per risultato, che la composizione e peso spe- cifico di un'orina normale; se n'eccettui l'esistenza di pigmenti biliari. 5.") Un fatto degno della più alta importanza cli- nica è ralativo alla correlazione, che passa tra lo av- velenamento per la chinina e la intossicazione palustre. Sembra a prima giunta una coincidenza strana, e pure sino al presente, per quanto l'estensione delle mie os- servazioni me lo permette , posso dichiarare , non co- noscere un fatto fuori la sfera della infezione malarica. Tutti i casi conosciuti da me editi ed inediti appar- tengono a quest' ultima causa. Potrei registrare poi numerosi esempì di malat- tie di natura diversa acute febbrili e croniche trat- tate esclusivamente con i preparati di chinina, senza avere osservato i gravi accidenti di cui ci occupiamo, ad onta l'eccessivo consumo dei preparati suddetti sino a 150 grammi in men di tre mesi (non escluso il caso riferito alla nota della pag. 30 ) , sia per errore dia- gnostico, sia perchè i medici , predominati quasi ge- neralmente da chininomania, credono soddisfare al do- — 167 — vere di coscienza, prescegliendo ad ogn'altro farmaco la chinina. E sono oramai all' ordine del giorno le febbri tifoidee, le pulmoniti fibrinose , il reumatismo articolare acuto, la febbre puerperale, 1' ascesso al fe- gato, la gotta atonica, la cirrosi epatica ecc. che ven- gono curate con dosi eccessive e continuate della stessa. E quantunque la casuistica di queste malattie non è niente limitata , \n\i'e devo confessare di non avere osservato mai in esse gli accidenti tossici de- scritti. Ho visto bensì i fenomeni del chinismo ad oltranza, non esclusa la massima depressione della circolazione con abbassamento della temperatura, ma giammai alcuno dei fenomeni relativi a questa specia- le intossicazione. Non nego, che questo avvelenamento per la chinina possa succedere in casi fuori la sfera dell' infezione palustre, ed ove mai altri medici l'aves- sero osservato, o che l'esperienza ci farà in seguito conoscere, non giustificherebbe nulla in contrario, ma sarebbe un altro argomento favorevole pel concetto che sarò per esporre intorno all'azione della chinina in questi casi speciali. Ma sino al presente circoscriven- domi nei limiti della mia osservazione, gli avvelena- menti per la chinina appartengono ad individui affet- ti da infezione malarica. Ammesso adunque questo fatto come stabilito , almeno giusta le su esposte osservazioni, sarebbe in- teressante conoscere la relazione, che passa fra la in- fezione malarica e l'azione tossica della chinina. Ecco ciò che non si può determinar con dati precisi; forse la deteriorazione dell' organismo, avvenuta sotto la in- fluenza del veleno malarico, determina in certi orga- nismi lo sviluppo di una incompatibilità congenita , se si vuole, per i preparati di chinina ? Non sono lon- — 168 — tauo dal crederlo, sapendosi d'altronde che le altera- zioni dei centri d' innervazione^, dell' apparecchio cir- colatorio e del sangue, da cui provengono le paralisi vaso-motorie, la depressione della circolazione, il con- sumo della fibra, 1' aumento dei prodotti regressivi, lo stato idroemico, la tendenza dei globoli alla dissolu- zione , alterazioni troppo comuni in seguito all'infe- zione palustre, modificano talmente le proprietà fisio- logiche dell' organismo vivente, che reagisce in tutta altra maniera e si comporta in un modo particolare al contatto degli agenti esterni. L' uomo patologico non è in effetto l'uomo fisiologico ;. funzioni tutto af- fatto nuove, incognite nella loro natura ed essenza , funzioni completamente differenti delle funzioni fisio- logiche sorgono presso 1' uomo malato, ed i modifica- tori di queste funzioni non possono esserci rivelati che per l' osservazione empirica (Latour. — Bullett. de ther. 1. 20, pag. 208) (1). La cachessia palustre, però nel caso concreto, non può essere la sola ed unica causa di questa grande modificazione nei poteri fisiologici dell' organismo, per- chè se ciò fosse, l' intossicazione per la chinina do- vrebbe osservarsi più frequentemente di quanto lo è; E notevole il fatto, di cui tutto giorno siamo testimoni, di osservare non solo nella pratica civile , ma sopra- tutto allo Spedale S. Marco, individui affetti da grave cachessia palustre, e frattanto tollerano impunemente i preparati di chinina. I lavoranti sulle linee ferrovia- rie in Sicilia traversando luoghi eminentemente palu- dosi ne hanno apprestato numerosi esempi, e general- (1) I.epelletier de la Sni-te np. «'it. pag. JiCiD. — 169 — inente ho osservato, che la cachessia palustre sugli in- dividui venuti dall' alta Italia è stata piìi valida ed assai più letale di quanto su i Siciliani, Ho visto gio- vani Piemontesi di forte costituzione e ben sviluppati nel sistema muscolare, presentando dopo pochi accessi di febbre intermittente le parvenze di una vecchia e grave cachessia malarica. Essi sono estenuati di forze, depressi nello spirito, di un colore tra il pallido ed il terreo, dimagrati, edematosi nel volto e negli estremi, diarroici, talvolta itterici, più frequentemente scorbu- tici, con flaccidezza delle carni muscolari e tumore splenico, presso i quali è molto avanzata la distruzione dei corpuscoli colorati del sangue e 1' eccesso del pig- mento granulato (melanemia), proprio delle forme gravi (Griesinger), eppure non ho osservato gli effetti tossici della cliinina. In talune osservazioni d' intossicazione chinica ho notato l' esistenza incontestabile della ca- chessia malarica, ed i soggetti della I" IF IV Vir IX' osservazione trovavansi in queste condizioni, oltrachè su i soggetti della F IP VP e IX' osservazione i fe- nomeni tossici mostravansi dopo un lungo uso fatto di sali di chinina, e quando erano già in campo i fe- }iomeni cachettici. Sotto questo riguardo pare che l' al- terazione generale persistente dell'organismo avesse direttamente influito all' intolleranza della chinina. Que- sta idea troverebbe un forte appoggio in un altro fatto importante, avvenuto dopo la pubblicazione della prima memoria relativo alla IP osservazione, ove si rile- va come al 1875 per un puro sospetto sulla natura della febbre, e spinto dal timore per le sofferenze passate, fece uso impunemente del solfato di chinina, dal quale non ebbe a lamentare i gravi effetti sofferti al 1869 e 1871. Questa differente suscettibilità organica, che fìssa — 170 — due fasi diverse ed opposte, una al 1869 e 1871 e l'altra al 1875, si potrebbe riferire al miglioramento della co- stituzione, la quale in quest' ultima epoca non era co- me nelle prime ? E quindi la cachessia palustre allo- ra esistente creava l'opportunità morbosa, che mancava al 75 perchè guarito completamnte? Quantunque po- trei riferire qualche altro caso presso che analogo, pu- re non si potrà in buona logica dedurre come conse- guenza generale, che lo stato cachettico è quello, che crea l'opportunità morbosa per l' intolleranza della chi- nina, attesocchè molti altri casi, come quelli delle es- ser. V, Xir ecc. sono andati incontro a questo avve- lenamento in epoche differenti e senza essere affetti da cachessia palustre. Sicché le condizioni morbose di cachessia non essendo uguali per tutte, ove esistono, spiegano a mio credere , una influenza secondaria. L'organismo, naturalmente dotato di condizioni parti- colari non definibili, ma che noi esprimiamo con quella parola collettiva di suscetiibilità, mentre trovasi nello stato fisiologico, tollera impunemente i preparati di chinina, ma sotto quella speciale influenza morbosa della cachessia palustre reagisce in un modo straor- dinario all'azione degli stessi farmaci. Talché dietro tali osservazioni è da ritenersi, che l'infezione malarica in generale favorisce l'avvelena- mento per la chinina in quei soggetti dotati natural- mente di condizioni individuali speciali; i quali diffe- rendo singolarmente nel grado relativo d' eccitabilità organica, la incompatibilità per la chinica si manifesta in alcuni alla prima infezione del veleno malarico, in altri dopo aver più volte subito la stessa azione, ed in altri in fine dopo lo sviluppo della cachessia enunciata. — 171 — Queste diverse deduzioni, che io riguardo come possibili, sono la necessaria conseguenza dei fatti ca- duti sotto l'osservazione, qualunque sia la loro im- portanza relativa a questo grave accidente della chi- nina. Ma il fatto importante da dover fissare la no- stra attenzione si è, che il A'eleuo malarico in certi soo-- getti crea una incompatibilità per la chinina. In ve- ro l'effetto tossico di questa droga si ottiene esisten- do le condizioni di sopra espresse, tanto se fosse da- to per troncare una febbre intermittente in atto, quan- to come mezzo profilattico, allo scopo di prevenire una possibile recidiva (osserv. X) (1), nel quale caso gli effetti della tossicemia chinica non sono meno gravi ed in nulla dissimili, come ho addimostrato per pro- pria osservazione. Questo ultimo fatto merita la più grande attenzione, avuto riguardo ai tristi effetti, che possono conseguire in caso di errore diagnostico. Il me- dico che ignora l'azione tossica della chinina, facilmen- te potrà essere trascinato nell'errore, in caso di una medicazione profilattica; ed invece vedere in quel pa- rosismo, che segue alla somministrazione di questo far- maco, un effetto non ordinario dello stesso , certa- mente lo ritiene come accesso di febbre malarica, rife- rendo la cagione del contrario successo alla inefficacia della chinina o per la cattiva qualità, o per la poca quan- tità, o per altra cagione inutile; e perciò credendosi au- torizzato, per siffatte supposizioni, ripetere il farmaco a pili forte dose, il paziente ne sconta l'errore con un (1) In una delle osservazioni del Dott. Cassone e nella 2* del Dott. Restuccia si nota ancora questo medesimo fatto — Op. cit. — 172 — altro parosismo tossico violento, o ne paga in tributo la vita. Taluni medici di meritata fiducia, dopo la pub- blicazione della prima memoria ricordando fatti analo- ghi, hanno ingenuamente confessato l'errore, in cui in- corsero, ed uno di essi diceva: « chiamato in consulto presso una donna, che presentava i fenomeni tossici del- la chinina da me ritenuti come perniciosi, io le diedi l'ultimo colpo di grazia con altri 40 granelli di solfato di chinina, adesso dopo la lettura del suo lavoro, son sicuro dell' errore preso in buona fede » . X. OSSERVAZIONE AXEMIA PALUSTRE — FEBBRE INTERMITTENTE — CURA PROFU^AT- TICA COLLA CHININA — INTOSSICAZIONE CHINICA — GUARIGIONE. Nel dicembre deli' anno 1772 veniva da me per un consulto il signor Barone Vagliasindi da Randazzo di anni 50 circa, uomo di media costituzione schele- trica, e godente sempre buona salute. i\Ia le continua- te recidive di febbri intermittenti, che da 5 mesi lo travagliavano, avevano reso il suo organismo idroe- mico, di colore terreo, e debole di forze. Presentava all' osservazione tumore splenico da corrispondere qua- si sul bordo delle costole spurie, un soffio dolce al 1° tempo alla base del cuore, urto esagerato, intermitten- za nel ritmo (1) e dispepsia , la pelle e 1' albuginea non mostravano segni d' itterizia; prese informazioni sulle qualità delle orine, nulla sapeva dirmi di parti- colare. Il B. V. si lamentava che d' alquanti giorni i preparati di chinina non corrispondevano come per lo (1) Quest'ultimi) fenoiìieno l'accusava da molti auni. — 173 — avanti, anzi la febbre snccedeva alla chinina dopi) poche ore, e ciò avveniva costantemente ogni otto giorni. E siccome gli ultimi accessi febbrili l'avevano di molto deteriorato, risolse portarsi in Catania per passarvi 1' inverno. Correva allora il sesto giorno dalla ultima recidiva, e pel timore di un altro parosismo neir ottavo, chiedevami un buon preparato di chinina per prenderlo il giorno appresso, cioè, con un giorno di anticipazione dalla supposta recidiva, come era solito praticare. Lusingato in qualche modo da questa re- lazione, accordai grammo 1, 20 di bisolfato in 4 car- tole da prenderlo nel seguente giorno, che esegui scru- polosamente; ma appena finiva di prendere la terza dose (due ore dopo la prima) , mentre trova vasi nella più grande calma, fu rapidamente invaso da grave parosismo febbrile, preceduto da forte tremore con- vulsivo ed abbassamento di temperatura, il quale ca- deva in defervescenza dopo 24 ore di corso. Ritornato da me dopo tre giorni raccontavami 1' accaduto, e la- gna vasi dell' anticipazione della recidiva. Fissai il suo viso , niente itterico, chiesi delle orine, che mi diceva esser di color mattone, pure il suo volto quasi cereo mi fece molto dubitare. Raccomandai questa volta di pren- dere la chinina con l'anticipazione di due giorni della presunta recidiva, e perciò cinque giorni dopo questo ultimo accesso febbrile. Il V. nel giorno segnato co- minciò il rimedio; ne aveva consumato due dosi di centigrammi 25 per ognuna , quando appena erano trascorse due ore dalla prima , seguiva un violento accesso con tremore, abbassamento della temperatu- ra, cianosi, sudore freddo , peso ai lombi , vomiti di bile, diarrea. Dopo ore 4 visitai il paziente, e lo tro- vai in preda a gagliarda febbre accompagnata da it- ATTI ACC. VOL. XI 24 — 174 — terizia, vomito bilioso, ematuria, sete viva, timore di morte, dilatazione di pupilla, languore epigastrico ecc. Alla vista di tali fenomeni non dubitai trattarsi dell' avvelenamento per la chinina. Richiamai l'atten- zione del paziente sulla qualità delle orine , ed assi- curavami essere state le stesse nelle due o tre ultime recidive, ma di colore assai meno brune, e che i sin- tomi questa volta sorpassavano di molto la intensità dei precedenti (abluzioni fredde, limonea tannica, cli- steri laudanati, neve internamente). La febbre dopo 36 ore terminava per graduata defervescenza; 1' ematuria dopo due giorni si dileguò dell'intutto; l'itterizia al 15° giorno era scomparsa, restando il paziente di colore cereo, denutrito, debole di forze e dispeptico. Da quel momento si abbandonarono i preparati di chinina; restò quattro mesi sotto la mia cura, e non osservai mai più febbre; anzi migliorò gradatamente e lentamente con una medicazione corroborante ed una dieta sostanziale (1). 6.") È necessario finalmente far menzione di un altro fatto desunto dalle suddette osservazioni, il quale dal lato clinico rende sempre più inconcepibile questa spe- ciale azione della chinina. Infatti mentre essa spiega in questi casi particolari un'azione tossica, non perde la sua virtù terapeutica contro il veleno malarico. Si intende bene, che questa doppia azione della chinina potrà constatarsi, quando la dose sarà l'clativamente sufficiente a poter prevenire un accesso di febbre intermittente (come sarebbe un grammo per una feb- bre intermittente semplice), allora, consumata quella (1) Neil' anno 1875 moriva in seguito ad ipertrofìa genera- le del cuore con degenerazione grassa del miocardio. — 175 — tale dose, gii effetti tossici si svolgono più o meno fortemente in rapporto alle condizioni di già esami- nate per lo avanti, ma la febbre sarà troncata; i suoi ritorni parosistici o non si faraimo piìi vedere , o si svilupperanno di un grado assai minore. Sopra qualunque spiegazione prevalgono le sto- rie cliniche registrate in questo lavoro, le quali sono assai più eloquenti. Bisogna dire però, che questo fat- to è facile a constatarsi nelle sole febbri intermittenti semplici, le quali, attesa la loro mitezza, non richie- dono una quantità eccessiva di chinina come le feb- bri perniciose. Ordinariamente 75 centigrammi o un grammo di chinina bastano a prevenire completamente un accesso di febbre intermittente quotidiana o terza- na semplice, come si potrà rilevare dalla II," XF e XIF osserv. ad onta i gravi effetti della tossicemia chinica. Pare chiaro adunque, che la chinina in questi casi eser- cita una doppia azione, l'uua in opposizione all'altra; l'una salutare, l'altra tossica, mentre questa avvelena, quella cura la febbre. Il fatto è molto importante, e nel medesimo tempo rimarchevole e molto più conclu- dente di quello desunto dai fatti sperimentali, dico più concludente per la ragione semplicissima, che cli- nicamente il potere multiplo della chinina è già ab- bastanza dimostrato; ne altra ragione o sperimento potrà asserire il contrario, quando sullo stesso sogget- to è rilevabile questa azione complessa. Cosicché la grande contraddizione nei resultamenti sperimentali potrà essere attenuata da questa dimostrazione cli- nica. Le condizioni diverse, sotto le quali si sperimen- ta, potranno essere la causa d' immense modificazioni delle funzioni vitali, e perciò come conseguenza una divergenza di opinione secondo i diversi risultamenti — 17(j — dello sperimento. Che cosa conosciamo noi dell'azio- ne della chinina nelle febbri malariche? Per quanto inoltrate si fossero l'esperienze dei pratici, Biuz, Priu- gle, Briquet, Pavesi, Polli, Selmi, Chirone ec. sulla azione della chinina nelle febbri intermittenti, pure la sua vera azione contro il veleno malarico è anco- ra un problema. Si conosce solamente dall'esperienze ed osservazio- ni desunte dall'azione diretta della chinina sopra le sostanze vegetali ed animali in decomposizione, e da quelle tratte dalla patologia sperimentale e dalla cli- nica, che l'azione terapeutica di questo medicamento contro la febbre intermittente, o meglio contro il veleno malarico, deve essere indipendente dalla sua virtù an- tisettica ed antizimotica, per la ragione semplicissima di non possedere la virtù antimalarica della chinina molte altre droghe, la di cui azione antisettica ed anti- zimotica, a condizioni uguali, è assai più attiva. Le osser- vazioni cliniche addotte mentre da un canto conferma- no i risultamenti sperimentali di sopra cennati, dall' al- tro, non nego, che lasciano una grande lacuna, circa r azione che spiega la chinina come agente antimala- rico e come elemento tossico, o pirogeno. Ma che che ne sia di quel che d'altronde riguarda la parte dot- trinale di questo interessante farmaco, e' interessa per ora notare nel caso concreto, come conseguenza di (pieste mie osservazioni, un fatto clinico di somma importanza. La febbre intermittente semplice, nei casi d" intol- leranza per la chinina, può facilmente essere vinta da una piccola dose della stessa, come lo addimostrano i fatti clinici registrati in questo lavoro; ed ove mai non sia stata sufficiente, il medico, nel caso che sopra v- — 177 — vengono altri pavosismi, onde evitare ulteriori intos- .sicamenti, che al presente compi-ou-ietterebbero la vita del paziente, potrà fare tesoro di molte altre sostanze antifebbrili constatate utilissime nelle febbi-i intermit- tenti, come sono l'eucaliptus globulus, il liquore ar- senicale di Fowler , la salicina , il solfato di berberi- na, e tanti altri succedanei che la clinica ritiene per efficaci, e fra i quali si richiama 1' attenzione principal- mente sopra gli altri alcaloidi della china, chinidina cinconina, e cinconidina adoperati con molto vantag- ìTÌo dal Dott. (x. Dongall nelle febbri intermittenti, suir iniezione dell' acido fenico , giusta la pratica di Dedat e confirmata dal Dott. Barberis, non che sugli iposolfiti del nostro chiarissimo Polli , la di cui effica- cia nelle febbri da malaria è oggi constatata. La faccenda però è molto diversa trattandosi di una febbre malarica grave perniciosa o comitata. Le piccole dosi di chinina, che per queste riescono di nin- no effetto, potrebbero per l'azione tossica di essa riu- scire letali. La gravezza di queste febbri è legata a maggiore avvelenamento, o ad un grado massimo di ricettività, e quindi ad una resistenza organica mino- re. Risulta da questa considerazione clinica, che una data quantità del rimedio sufficiente per una febbre semplice non lo è per quella di natura perniciosa, per la quale, attesa la massima malignità che spiega il ve- leno malarico per neutralizzare o abortire la sua no- civa e rapida influenza, è necessario un valore tera- peutico corrispondente, il quale è relativo alla quan- tità del farmaco, che s' impiega. Bisognerebbero in que- sti casi, a dati uguali, dosi maggiori, qualunque si fosse la via, per la quale il formaco si somministra. — 178 — Il problema clinico in questi casi è del piiì alto iute- resse. Il medico trovasi di rincontro a due elementi tos- sici, r uno non meno grave dell'altro per l'azione de- leteria che spiegano, ceteris paribus, in un modo ra- pidissimo, e senza un pronto ed efficace compenso terapeutico la morte è certa. Questo veramente è il caso superiore ad ogni altra esigenza terapeutica, che reclama imperiosamente un succedaneo ai preparati di chinina, ma che spieghi però la stessa efficacia in parità di circostanze. Questo grande bisogno si potrà sentire da chi si è trovato in cotali dolorose congiun- ture ! Mentre non è così necessario per le altre droghe in generale, come sarebbero, 1" oppio, il rabarbaro, la digitale ecc. le quali, se sotto certe speciali condizioni fisio-patologiche spiegano un'azione velenosa, possono essere sostituite nella loro azione terapeutica. ]\Ia nelle febbri malariche gravi, quale sarà il succedaneo alla chinina, quando questa spiega nn' azione tossica? Fino oggi possiamo dire, che la possanza della chinina con- tro le febbri perniciose, sanzionata da una lunga espe- rienza, non è uguagliata da nessun'altro farmaco. XI» OSSERVAZIONE FEBBRE INTEMITTENTE QUOTIDIANA — INTOSSICAZIONE CHINICA GUARIGIONE. Il 28 Dicembre del 1872, venivo invitato per dare un giudizio su di una grave malattia. Il soggetto di questa osservazione era un indivi- duo cinquantenne impiegato alla ferrovia, e dimorante in una delle stazioni della linea Catania-Siracusa ove — 179 — la malaria è perenne nella stagione estiva, di costitu- zione forte, ma reso anemico per le continuate re- cidive. Il suo medico curante Dott. Cristofaro Scrudato riferivami di avere curato altre volte il suddetto in- termo della stessa malattia con i sali di chinina, e sempre con felice successo. Questa volta però dopo due accessi di febbre quotidiana (26 e 27 Die. ) , la .somministrazione dì 75 ceutigrammi di solfato di chi- nina, produsse i più gravi fenomeni di avvelenamento. Il Dottor Scrudato, già mio alunno di clinica, istruito di altri fatti simili, richiese il mio consiglio. Quando io lo visitava (28 Die.) la temperatura segnava 41, il polso 124; aveva vomito continuo, ema- turia in quantità, itterizia pronunziata, diarrea, (clisteri laudauati, abluzioni fredde, neve internamente.) 29. Temp. 39, polso 84, ematuria cessata. 30. Temp. 37,5 polso 80, orine chiare, vomito raro. 31. Temp. 37,5 polso 80; vomito cessato, itterizia persistente. Da quest' epoca l' infermo fu sottomesso a cura corroborante, e dopo lungo tempo si riebbe della consecutiva anemia. D' allora sino a molti mesi dopo, che fu alla mia conoscenza, non prese più chi- nina, né vi fu ritorno febbrile. XII' OSSERVAZIONE NEVRALGIA FACCIALE A TIPO QUOTIDIANO — INTOSSICAZIONE CHINICA — GUARIGIONE. n signor Luigi Longo da Kicolosi, cinquantenne, Notajo di professione, nell' Aprile 1874 veniva affetto da nevralgia sopraorbitale periodica ricorrendo a tipo — 180 — quotidiano. Il medico curante, dottor Giovanni Longo, attesa la chiarezza del fatto , non esitò passare alla somministrazione della chinina. Arrivata l' ora della intermissione il paziente consumava in due ore 75 centigrammi di solfato di chinina. Giusto l'avviso del Medico avrebbe dovuto continuarne altre 50 centi- grammi, ma vi fu impedito, perchè appena finiva di prendere la terza dose fu sorpreso da forte tremore convulsivo, al quale faceva seguito la febbre , il vo- mito bilioso , r ematuria. Allarmati, il paziente ed i congiunti di un sì terribile apparato di fenomeni, ri- corsero al medico, il quale avendo osservato l'aspetto itterico del paziente e la febbre, che sin allora aveva mancato, sospettò un progresso nella malattia e giu- dicò quell'accesso di natura intermittente, onde aspet- tando l'ora della remissione somministrava nuova chi- nina; ma questa volta fu assai più maravigliato nello osservare dopo la 1" e 3" dose il ritorno di quei feno- meni in un modo più grave. Non potendosi dare chiaramente ragione del fat- to, s'invitava in consulto il dottor Giuseppe Longo; il quale avendo osservato il paziente ed esaminate le orine s' accorse trattarsi dell'avvelenamento della chi- nina, di cui trovavasi istruito , avendone osservato qualche caso nella mia clinica privata in qualità di assistente. Non pertanto, attesa l' importanza del caso, si chiedeva a me per consulto, ed all'uopo portavami in Nicolosi il secondo giorno dell' idtimo accesso di intossicazione chinica. L' aspetto itterico del paziente, le qualità sanguinolente delle orine, lo stato di estrema prostrazione, la piccolezza del polso ec, erano chiari per non dubitare del fatto. Mancava l' influenza ma- larica diretta, nò aveva sofferto da vicino febbre in- — isi — terinittente; solo esisteva in quell" epoca in tutte le contrade dell' Etna la febbre intermittente quasi epi- demica. Alle reiterate domande, il paziente si risov- venne che sedici anni addietro, avendo preso chinina per nna febbre intermittente, ne riportò le stesse con- seguenze, E a notare però, che quelle dosi sommi- nistrate furono sufficienti a troncare la nevralgia , che d' allora non si fece vedere più. — Si stabilì una medicazione ricostituente , in seguito alla quale gua- riva completamente, ed oggi gode perfetta salute. 7.") Lo sviluppo del parosismo tossico, d' immediata conseguenza all' azione della chinina, avviene come il farmaco si mette in circolazione. Questo è un argo- mento positivo che fissa le relazioni di causa ed ef- fetto fra l'azione del medicamento e la forma clinica descritta. Tra l'ingestione del farmaco e l'apparizione dei primi fenomeni tossici, corre un periodo di silenzio, che oscilla dalle due alle sei ore, secondo la mag- giore o minore solubilità del preparato come è stato detto. Questo periodo di silenzio è dunque relativo al tempo che s' impiega per il suo assorbimento; avve- nuto questo e messo in circolazione il farmaco , l' a- zione tossica è istantaneamente spiegata. Questa ra- pida sopravvenienza dei fenomeni all' assorbimento del rimedio, si desume di leggieri, conoscendosi che il circuito completo della circolazione generale si compie nello spazio di circa mezzo minuto (Hering, Blake), e secondo il Prof. CI. Bernard in cinque secondi circa, presso un cane di media taglia. In generale però, secondo l' esperienze del fisiologista francese, gli effetti della sostanza non si manifestano sugli elementi ATTI ACC. VOL. XI 25 — 182 — organici appena apparisce nel sangue, per questi pas- serà un secondo tempo di 20 a 30 secondi; ecco ciò che il Prof. Bernard chiama ì due tempi deìV a^sorhìmeuto] il primo è il fatto della circolazione generale, 1' altro è il fatto della circolazione locale, che trasporta la sostan- za al contatto degli elementi, e spiega l'intervallo che separa il momento dell' apparizione della sostanza nel sangue e il momento delle sue manifestazioni. Questo fatto è applicabile alle sostanze che direttamente s'in- iettano nel sangue; mentre la faccenda è diversa quan- do si dà per bocca per il retto e per injezione ipo- dermica. Applicando queste nozioni di fisiologia spe- rimentale al caso patologico si spiega bene la rapi- dità d'azione delle sostanze le più energiche (Benuett), e per conseguenza sono tacili a concepirsi gli effetti tossici della chinina. È per me adesso un fatto noto- rio che qualunque si fosse la via d' introduzione, o per la bocca, o per il retto, o per injezione, l'azione del farmaco potrà essere più o meno ritardata , ma r effetto sarà sempre lo stesso. Ciò mostra che r operazione tossica si esegue per mezzo del san- gue, non esclusa però la possibilità di potersi ottenere per un' azione riflessa, avendo il suo punto di parten- za dall'estremità dei nervi sensitivi periferici, su i (piali la chinina esercita una forte impressione (v. os- serv. IP). Escludo però, che questo effetto della chi- nina possa aversi per l'azione irritante, che la stessa talvolta esercita sulla mucosa gastrica. In prova di ciò si adduce, che in molti casi ove essa irrita forte- mente la suddetta membrana, mancano gli effetti ge- nerali della natura di quelli da me descritti. 8.") Il difetto di un succedaneo alla chinina mi ha — 183 — fatto ricorrere in queste circostanze, per contrabbilan- ciare la sua azione tossica, a diverse sostanze, fra le quali ho dato la preferenza all' oppio o ad uno dei suoi alcaloidi (codeina, morfina). Nei pochi casi da me sperimentati ho trovato questa combinazione utile in un individuo solamente, il quale venendo colpito dal solito parosismo con la sola ematuria, scompag-nato dal resto dei fenomeni, associai alla chinina la codei- na, che fu ben tollerata alla dose di mezzo s'rammo. Il Dott. A, Buscemi riferivami di averla osservato in un caso coli' oppio, ma nel resto delle sue osserva- zioni era rimasto senza effetto. Egualmente il Prof. Giuseppe Mercurio da Giarre in qualche caso l' aveva usato con vantaggio. Da questi pochi fatti non si potrà certamente de- durre una legge generale di antagonismo fra 1' oppio e la chinina. È necessario sotto questo riguardo spe- rimentarla su più larga scala, e di studiare ancora l'azione di altre sostanze, che esercitano in opposizione all' azione tossica della stessa un' azione sedativa sul sistema nervoso. L' esperienza sovente dimostra la fal- sità di una teoria, che nulladimeno serve di base alla pratica. Si suppone generalmente che quando una dro- ga esalta una funzione, ve n' è un' altra per diminuir- la, e pertanto gli effetti della prima si neutralizzano per la seconda. Frattanto non è sempre così. La stric- nina p. e. eccita evidentemente i nervi motori, ed il curare li jjaralizza; nondimeno le azioni fisioloo-iche ir? di queste sostanze sono lontane dal neutralizzarsi l' u- na coir altra. Avvelenate un'animale prima con la stricnina e poi col curare, lungi dal ristabilire lo stato normale — 184 — voi non avete fatto che raddoppiare la certezza della morte (Bennett). (1). La fisiologia sperimentale (Valentin, Bernard) e la clinica confermano ad evidenza qnesto fatto. Il curare diminuisce l' eccitabilità periferica esagerata dall' azione della stricnina; ma a dose maggiore spiega un' azione letale analoga a quella della stricnina, producendo la paralisi della midolla allungata. Del pari si osserva non di rado clinicamente, co- me molte droghe restano senza effetto, quantunque be- ne indicate. L' oppio è un narcotico, e pure in molti casi, come nei tisici in certi periodi, nel delirium tre- mens, nelle cefalgie reumatiche, non vince sempre l' in- sonnio; in altri invece agisce in senso opposto produ- cendo vigilia, delirio, convulsioni; il caffè è un eccel- lente rimedio contro gli avvelenamenti oppiati, ma spesso il suo effetto manca; l'idrato di cloralio è un potente ipnotico, ed in molti casi di poliartrite acuta, d'isterismo ec. produce un effetto contrario, aumentando le convulsioni o sviluppando delirio. In questo caso la ragione dell' efi'etto terapeutico mancato, o contra- rio all' azione propria del farmaco nella stessa malat- tia, deve ripetersi o dalla cattiva qualità chimica dello stesso, o da particolari condizioni dell' individuo, o da circostanze accidentali inerenti al morbo; mentre nella singola azione di ciascuna droga, considerata isolata- mente, è da osservare, che avendo ognuna un' azione elettiva, o per certe parti del sistema nervoso, o per elementi di altra natura, ciascuna alla sua volta spie- (1) Lécons cliniques sur les priiicipes et lapi'atique de la Medicine— Traduite per la b'' edition par le D. P. Lebrun.— Pa- j'is 1873. — 185 — ga un effetto diverso. Tei' conseguenza nel caso con- creto si potrà dire, che i centri, ove agisce il curare, non sono quelli della stricnina, che quelli della chini- na non sono quelli dell'oppio. La proprietà anatomico- fisiologica diversa sarebbe dunque una ragione in fa- vore dell'effetto diverso delle droghe di opposta azio- ne, e pure il fatto non è costante, sia sotto peculiari condizioni fisio-patologiche , sia per la quantità di- versa del farmaco, questa legge spesso fallisce. Dimo- doché la quistione dell' antagonismo fra 1' azione di certi veleni e medicamenti è un soggetto della più alta importanza, che reclama uno esame serio e de- gli studi difficili (Dennett) (1). E questo studio è se- gnatamente interessante per la chinina, mentre non si conosce oggi farmaco superiore alla stessa per la sua azione specifica contro le malattie malariche. Cosicché spiegando essa, come nei casi di sopra registrati, un effetto tossico, se ne perderebbe sicura- mente quel pregio. Il fatto che la chinina in certi casi produce strani fenomeni , clinicamente direi non è nuovo , ma se n' è parlato sin qui così vagamente e così superficialmente, quanto non si sa nulla di con- creto; si è parlato di molti fenomeni strani, come an- che è accaduto a me di osservare , ma della forma morbosa da me descritta, non si sapeva nulla di pre- ciso prima che fossero state pul^blicate queste mie os- servazioni , e se taluno ha parlato di qualche feno- meno spettante a detta forma nosologica è stato non curato per non averne precisato il valore clinico. Zimmer ha conosciuto, che i lavoranti, i quali era- no occupati alla polverizzazione della china china , (1) Op. cit. — 186 — erano attaccati di una felibre particolare, che designa sotto il nome di febbre di cìnna china; ma le osserva- zioni dello Zimmer sono state ritenute per inconclu- denti. Altri ha riferito qualche caso analogo, per certi fe- nomeni, ai fatti da me esposti, ma non solo non ha incon- trato il favore dei medici, ma ha suscitato bensì dei so- spetti, come è accaduto al Cacherò per avere riferito l'osservazione di una ragazza a cui la chinina a piccole dosi produceva ematuria, e si accusò al proposito di negligenza , perchè trattandosi di donna la mestrua- zione poteva confondersi colla nefrorragia. ]\la que- sta confusione al certo non potrà accadere per i fatti da me riferiti, trattandosi nel maggior numero di uo- mini. Altri infine hanno citato casi di ematuria ( Mon- neret Duchassaing ec.) , ma piuttosto come oggetto di curiosità e non come fatti , che reclamano nn serio esame. Sicché mi lusingo che le osservazioni presentate al corpo sapiente dei medeci, piìi numerose in questa seconda memoria, e come risultaraento esclusivo della mia personale esperienza, sono sufficienti a poter con- vincere sopratutto gl'increduli, e a richiamare su di essi r attenzione e l' interesse, che devono spingere il clinico alla conoscenza dei suddetti fatti, trattandosi di venire meno talvolta il farmaco il più sicuro, che la terapea possiede. Se fatti simili, quali sono i sopraesposti, non sono stati osservati in altri luoghi marazzosi ed infetti (1) (1)... Fatti simili quali sono i sopraesposti non potevano sfuggir di leggieri all' osservazione ed attenzione dei pratici , che esercitano particolarmente nei luoghi marazzosi ed infetti: (Sperimentale op. cit.). — IbT — e fuori r ambito ^Siculo , non so a quale circostanza debba riferirsi; forse il tempo e 1' osservazione potran rispondere a questo giusto ed importante quesito ; posso bensì rendermi responsabile delle mie osserva- zioni, le quali sendo le medesime replicate colla iden- tica uniformità, da me in precedenza con precisione e chiarezza diuKxstrate, ad imitazione deli' Ijypocr afe do- mano mi fo ardito rispondere: In Sicilia scriba et in aere Siculo. Potrei dun([ue francamente dichiarare, che non havvi sin qui altri, che possa contendermi il primato delle osservazioni desunte dai gravi e singolari effetti della clnnina, stantecliò tutti prima d' ora o ne tac- (|uero, o li confusero con quelli della febbre miasma- tica. Tuttavia, se io mal non mi avviso, stimo , che i motivi, per cui siffatto fenomeno sia sfuggito all' os- servazione ed attenzione degli uomini dell' arte sa- lutare, debbano ascriversi — al dubbio insorto sul vero rapporto del fenomeno colla causa, donde emana — alla incertezza di questo istesso fenomeno, se mai sia ac- cidentale e ad un tempo indipendente dal morbo, che si deve combattere, o riferibile ad un' alterazione mor- fologica di quegli organi, la di cui funzione si mostra lesa — all' analogia nella sua espressione clinica con un accesso di febbre intermittente perniciosa non che alla rarità dei casi. L' errore delle più triste conseguenze, in cui tal- volta ci trascina la clinica, è appunto quello, che de- iva dalla falsa interpetrazione dei fenomeni morbosi in rapporto al significato fisio-patologico e patologico non solo, ma sopratutto in rapporto alle cause, che di sovente sfuggono all' oculata osservazione dei medici. Causale di tanto traviamento si è la credenza , e per dir più r — 188 — forte, quella prevenzione desolante, di stimare impos- sibile nel nostro organismo la esistenza di mi feno- meno morboso sviliip2)atosi sotto la influenza di mia data causa, a ciò indotti dal tatto sperimentale negativo sugli animali sottoposti all'azione dì quel dato rimedio. Les sciences physiques et physiologiques, dit M. Guersant, (Dict. de ]\Iéd t. 29, p. GIO), et 1' expéri- mentation sur les animaux sont d' excellents guides pour diriger le médecin dans l' étudc si ditBcile de la tliérapeutique. Mais l' observation clinique est l' uni- que moyen d' appréciation des efìets thérapeutiques, ot la statistique le seul à 1' aide duquel on puisse se rendre comptc de la valeur des expérimentations. Le médecin staticien ne doit jamais, toutefois, perdre de vue que dans le iirobléme sì complexe des eifets tlié- raiieutiques, il y a toujurs au moins un élément de la combinaison qui nous est plus ou moins inconnu et qui nous écliappe: e' est la coimaìssance exacte de r idiosyncrasìe ou de l' individualité, qui vient sans cesse modifier les autres éléments des calculs, et qui nous laisse toujurs dans celui des probabilités. 9,") Credo indispensabile tinalmente fermarmi sulla diagnosi dì questo speciale avvelenamento, che omisi a torto nel primo mio lavoro fidandomi della chiarez- za e precisione dei fatti esposti; ritenendo d'altronde come massima infallibile, che i fatti potranno suscita- re bensì pii^i o meno congetture per la rispettiva in- terpetrazìone, ma quasi mai dubbio sulla loro realtà, molto più quando questi vengono osservati ripetuta- mente in clinica e colla medesima uniformità. l fenomeni più importanti che reclamano un se- rio esame, sono la ematuria e la itterizia. — 189 — La ematuria è il fenomeno il più costante, (jual- clie volta esiste solo, e scompagnato sin'anco da feno- meni febbrili. Il solo colore delle orine basterebbe per deter- minare la presenza del sangue, ma io non mi sono arre- stato alla sola ispezione, potendosi confondere con le orine cariche di nrofeina o di uroeretrina. Devo dire pei'ò, che questa confusione pel caso nostro è difficile a potersi verificare, perchè il sangue è quasi sempre abbondante ; mai m' è incontrato osservare una co- lorazione così poca da scambiarsi con quella prodotta dagli elementi coloranti delle orine. Non pertanto per vie meglio convalidare il fatto, e per togliere qualsia- si dubbio, mi sono servito dell'analisi chimica e dello esame microscopico. Per r esame chimico ho preferito il processo del Prof. Heller, col quale si è constatato nel modo il pili evidente un precipitato fioccoso di un rosso ver- miglio dapprima alla superficie del liquido, e poscia s' è depositato al fondo della provetta. Questo me- todo preferito anche dal Prof. Primavera è sufR- cieute per farci accertare della presenza della ema- tina, la quale è stata sempre avvalorata dalla presenza dell'albumina in grande abbondanza ; questi risulta- menti sono identici con quelli di già avuti dal Prof 0. Silvestri, come potrà rilevarsi dalla II.'* osserv. Ma ciò non è tutto, mentre, in conferma dei risulta - menti ottenuti coli' analisi chimica, abbiamo quelli della microscopia, ed in ciò non risulta differenza alcu- na fra i diversi esami microscopici , i quali eseguiti dallo stesso Prof. Silvestri , dal Dott. Gesualdo Cle- menti e da me in casi diversi, hanno fatto rilevare sempre dei globuli sanguigni in massima parte disfatti. ATTI ACC. VOL. Xi 26 — 190 — Questo esame credo d'essere più che sufficiente per dimostrare la presenza del sangue nelle orine, e che perciò reputo superfluo richiamare la prova chimica degli altri pigmenti, con i quali cpiesta confusione è possibile; d' altronde, come le tante volte 1' abbiamo constatato e come potrà rilevarsi dalle analisi riferi- te in questo lavoro, 1' orina relativamente ai suoi di- versi elementi ha presentato sempre la composizione dell' orina normale non esclusa la reazione; giovando (pii notare che i pigmenti con i quali questa confu- sione è possibile ( urofeina, uroeretrina ) si trovano per lo più in scarsa proporzione. A corroborare questi risultamenti sperimentali, credo indispensabile richiamare i rapporti tra lo sta- to fisico-chimico dell' orina col parosismo chinico e lo stato del paziente. Importa prima di tutto conoscere in quali condizio- ni fisico-chimiche si trovano le orine prima e dopo il parosismo chinico. — Io ho istituito questo esame nel- le diverse evenienze, nelle quali ho potuto praticarlo, e r occasione di altri quattro casi clinici analoghi a quelli, che figurano nella prima memoria e per nulla dissimili, come potrà rilevarsi dalle osserv. IIP e IX", mi han dato 1' agio continuare le ricerche chimiche sulle orine , esaminandole in epoche diverse, come sarò per dire. — In generale esse nella loro composi- zione presentano le qualità dell'orina normale; se ne trova un esempio nell' osservazione VIIP. Sicché la differenza tra queste orine e quelle , che avvengono durante 1' evoluzione del jDarosismo tossico, sta nella presenza in queste ultime di due elementi estranei , che sono 1' ematina e 1' albumina. Si aggiungano a questi i pigmenti biliari i quali si osservano nelle ori- — 191 — ne, quando coesiste la itterizia. Ora i sopra detti ele- menti, non propri dell'orina normale, nella loro quid- dità sempre coesistono col parosismo chinico, ne sì ri- producono, tostocbè questo si è dileguato. La febbre intermittente potrà ripetersi per un tempo più o meno lungo , ma quegli elementi nelle orine non si faranno osservare più ( V." VII." Vili/ osser^'. ecc. ) , ma si renderanno ostensibili se si ritornerà all'uso della cbinina. Questi caratteri sono abbastan- za evidenti per non dubitare della presenza del san- gue ; dunque 1' esistenza di questo elemento è in- negabile, e per le ragioni addotte non è possibile una contusione con i pigmenti normali dell' orina. La ematuria, come conseguenza dell'azione della chinina, non è stata per il passato assolutamente sco- nosciuta; atelier di già l'aveva notato come un effet- to dell' azione velenosa della chinina; jMonneret ha veduto un caso d' ematuria; Duchassaing à la Gua- deloupe ha osservato molte volte 1' ematuria accom- pagnata d' ardore presso flmciulli, dopo la sommini- strazione di 75 centigrammi ad un grammo di solfato di chinina; Cacherò à la Nouvelle Orléans ha fatto simili osservazioni (1). Io non voglio scendere alla disamina di queste osservazioni, perchè ignoro le particolarità; ma voglio concedere, secondo la credenza di taluni, che 1' ema- turia in questi casi sia stata la conseguenza dell' a- zione irritante esercitata dalla chinina sui reni o sulla vescica; ne credo di potere essere strano questo fatto, ed io ne ho osservato qualcuno, in cui si notava l'e- missione d' orina accompagnata da bruciore. Or se si (1) Diction: Enciclopedique— Quiniiie p. 229 Paris 1873. — 192 — par.igonano i fenomeni relativi a questi casi con quelli descritti ijrecedeutemente, si trova una diversità rimar- chevole. In quest' ultimi 1' emissione dell'orina è scom- pagnata da qualunque fenomeno subbiettivo , 1' atto del miucere è facile, e giammai stentato o doloroso; r ematuria si osserva fincliò dura 1' azione della chini- na, colla defervescenza del parosismo chinico si dile- gua la presenza del sangue nelle orine. Avviene tutto al contrario nel primo caso: il fenomeno subbiettivo, bruciore, ardore, o dolore che fosse, esiste sempi-e con orine scarse, ed il sangue si mantiene più o meno lun- gamente, e non mai in rajDporto alla durata dell'azione della chinina. Or ammesso che la chinina spiega in taluni casi un' azione irritante sul!' apparecchio genito-ori- nario. Domando : quest' azione locale che la chinina esercita sulla mucosa vescicale è sufficiente a poter rendere ragione della ematuria ? Se l' irritazione dei reni o della vescica prodotta dalla chinina è la sola causa di questo fenomeno , non dovrebbesi osservare costantemente presso quegl' individui affetti da nefri- te o da cistite , tutte le volte che loro viene sommi- nistrato il farmaco in parola ? Se così fosse, dovrebbe essere veramente un fenomeno frequentissimo , per- chè in questi tempi , che si abusa molto della chi- nina, non vi è nefrite parenchimatosa o purulenta, ne cestite, catarrale o purulenta che fosse, che non venga trattata col farmaco in discorso , uè vi è ragione in contrario , il medico trova sempre i motivi della in- dicazione. Io fui consultato per un hidividuo affetto da cistite purulenta; ebbene, ad onta dell'acutezza del morbo, dell'intensità dei fenomeni tenesmoidali, dell'ab- bondanza del pus nelle orine, della febbre intensa, che — 193 — l'accompagnava, del massimo deperimento, in cui era caduto il paziente in meno di due mesi, i medici ave- v^ano tatto ingojare a quel povero infermo alte dosi di chinina; e perchè ? perchè ne trovavano 1' indica- zione, come antisettico, come antizimotico , come an- tipiretico, come antiossidante, insomma una spiegazione qualunque per farsi ragione. Ebbene in questo sog- getto non osservai ematuria ; potrei riferire all' uopo molti altri casi analoghi, oltre a numerosi fatti di ne- frite parenchimatosa e supporativa curati con dosi più o meno esagerate di chinina, sensa mai avere os- servato il fenomeno, di cui è parola, non escluso il caso, non molto raro, di cistite calcolosa associata a febbre intermittente. Or se r ematuria in certi soggetti avviene iu se- guito alla chinina, ad onta che i reni e la vescica si mantengano allo stato normale, ed in altri non è osservabile quantunque i sopra detti organi trovansi af- fetti da processo infiammatorio, non è da riferirsi, al- lorquando occorre nelle suindicate circostanze, piutto- sto a qualche altra condizione particolare, anziché alla sola irritazione dei suddetti organi? Ma pure vo- glio concedere, che il chinino in certi casi spiega un' a- zione irritante sull'apparecchio genito orinario; ebbene, quando si determina sotto quest' azione 1' ematuria non è forse un fatto importante sotto 1' aspetto clini- co e terapeutico ? Se la chinina, in certi soggetti, de- termina r ematuria per la sola irritazione locale che produce nei sudetti organi, quando occorre presso que- sti individui una febbre malarica come curarla? L'e- maturia, che succede all' azione di quel farmaco, non potrebbe forse compromettere la vita, se saranno ne- cessarie alte dosi di quel farmaco? Io sono di parere — 194 — per le ragioni anzidette, che anche questi casi, ove mai esistessero, che non hanno affatto alcuna analogia con quelli, che formano l'oggetto principale di questo la- voro, debbano richiamare ancora l' attenzione del cli- nico, perchè non è affatto spiegabile 1' ematuria per la sola azione irritante della chinina. La itterizia nella sintomologia dell' intossicazione chinica rappresenta il secondo fenomeno importante sotto r aspetto patogenetico e clinico. Essa non si os- serva indistintamente in tutti i casi, ma segna piut- tosto i gradi massimi di avvelenamento della chinina, e perciò incontrasi più frequentemente nei casi gravi. Lo sviluppo della itterizia è rapido , ordinaria- mente si svolge nel periodo di reazione. La pelle di- viene di un color giallo-pallido, e qualche volta di un giallo zafferano ; la sclerotica acquista a preferen- za lo stesso colore , di un grado più o meno inten- so secondo la maggiore o minore hiteusità dell' itte- rizia. Il colore dell' orina non si può valutare, per- chè prevalente il colore rosso bruno o colore caffè per la presenza del sangue, ma cessato questo, osserva- si il colore itterico ; contemporaneamente vi è copioso vomito di bile , e le feci non si mostrano mai sco- lorate. La persistenza dell' itterizia è breve , ordina- riamente infra i 15 giorni si dilegua. Questa itterizia anzicchè epatogena, da talun(j potrà ritenersi come ematogena. Il momento etiologi- co appresta un criterio favorevole. Tenendo presente la sua rapida manifestazione senza fenomeni locali sub- biettivi ne obbiettivi al fegato, il difetto di uno sco- loramento completo delle feci, la presenza della ema- tina e dell' albumina nelle orine, lo credo, sono cri- teri di qualche valore per farci inclinare a credere. - 195 — ohe questa itterizia possa avere origine dalla distru- zione dei globuli sanguigni. E fuor di dubbio, che la chinina in questi casi agendo come sostanza settica al pari di altri elementi ( come il morso della vipera, la septicemia, la febbre giaHa ce.) favorisce la trasfor- mazione in pigmento biliare della materia colorante e- matica; e trova questa spiegazione appoggio nella pre- senza di corpuscoli sanguigni nelle orine in massima parte disfatti. Senza escludere l'azione dissolvente della chinina in questi casi, ritengo che la sua prima azione è paralizzante su i centri nervosi vaso-motori, a cui si riferiscono il resto dei fenomeni osservati nel paro- sismo, e perciò opino avere piiÀ valore la mia ipotesi di considerare la itterizia come epatogena , riferibile a congestione vaso-motoria del fegato; che agendo sulla attività delle cellule epatiche si determina una jjoli- colia, la quale produce la itterizia per il passaggio nei vasi sanguigni e linfatici di una porzione della bile prodotta in eccesso; è spiegabile perciò inunmo-. do più naturale il vomito di bile e la diarrea biliosa per r abbondante versamento dello stesso nel duodeno. La itterizia coincide sempre con la ematuria; suc- cede, come abbiamo detto, all' azione immediata della chinina, fa parte prevalente dei sintomi del parosismo chinico; si dilegua ordinariamente in pochi giorni, o pure persisterà piiì o meno lungamente se i parosismi chinici si ripeteranno. Ma cessato 1' uso della chinina, non si manifesterà ])n\ nuova itterizia, quantunque gli accessi della febbre intermittente persisteranno. Da quanto ho esposto si potrà adunque conchiu- dere, che i sopra detti elementi morbosi costituiscono la espressione sintomatica la più importante della in- tossicazione per la chinina, P]ssi si legano indubita- — 196 — tamente all' azione di questo fariuaco, la loro presen- za è passeggiera, si ripetono quante volte la suindi- cata droga viene somministrata, e non si manifestano con gli accessi della febbre intermittente, che prece- dono la somministrazione della chinina, ne con quelli che seguono ad un parosismo chinico (v. osservazioni). Del resto dei fenomeni, che si osservano nel corso del parosismo , non ci occupiamo isolatamente, non presentando particolare considerazione come i prece- denti, ma r ipotesi che la chinina in questi casi eser- cita un' azione paralizzante su i centri vaso-motori, e l'anemia che ne risulta, danno abbastanza ragione de- gli altri fenomeni, fra i quali è prevalente la febbre più o meno grave. Importa adesso esaminare , per quanto ci è per- messo , lo stato organico e funzionale del fegato , dei reni e della vescica. ]Mi sono ancora seriamente occupato della sede dell' emorragia dell' apparecchio genito-orinario, e per conseguenza delio stato anatomico degli organi ri- spettivi. La fonte di questa emorragia desunta dai soli caratteri chimici e microscopici delle orine è difficile a determinarsi, e sebbene la reazione acida delle stesse, il colore rosso bruno o nerastro che presentano , la perfetta miscela del liquido sanguigno colle orine, ed il poco o niun sedimento limitano più per una ne- frorragia, anziché per mia urocistorragia, pure non possono sfuggire al serio esame della critica. I\Ia se questi diversi caratteri si mettono in rapporto con quelli, che hanno diretta dipendenza dai reni, quali sono principalmente il peso doloroso alle regioni lom- ])nri, e l'abbondanza delle orine miste a sangue, non è — 197 — è da mettersi in dubbio la sede renale della suddetta emf)rra<2;ia; mentre da parte della vescica non abbiamo mai notato alcun fenomeno subbiettivo nò obbiettivo. La struttura anatomica dei reni è frattanto norma- le, non esiste alcun processo morboso persistente apprez- zabile all'esame clinico, tanto meno all'esame chimico. Fra gli esperimenti chimici precedentemente rasse- gnati, all'occasione della ematuria, alcuni sono stati da me eseguiti fuori la sfera dell'azione tossica della chini- na, ed allora mi hanno dimostrato la integrità di questi organi. Sebbene tutte le osservazioni di già segnate ap- palesano senza luogo a dubbio questo fatto , pure volli esaminare le orine dell' osserv. IX" dopo 24: ore di un accesso tossico , e quelle dell' osserv. Hb dopo due mesi , ed ebbi a rilevare gì' identici ri- sultamenti di quelli ottenuti per 1' avanti , e dei quali r osserv. YITF ne offre un esempio, cioè, orine normali senza traccia alcuna di alieno elemento ap- prezzabile coir analisi chimica e microscopica. D'altronde posso riportare, come altro argomento di prova, che la maggior parte dei soggetti riferiti in questo lavoro, e che rappresentano tanti fatti d'intos- sicazione chinica, godono la più perfetta salute, nò hanno presentato mai, finche sono stati sotto la mia direzione, alcun fenomeno morboso subbiettivo, ne ob- biettivo relativamente a malattia di reni. Ed a que- sti fatti aggiungo un altro argomento desunto dal re- perto anatomico. — Moriva in Catania 1' anno 1875 in seguito a lunga e penosa malattia organica di cuore il Barone Vagliasindi, che fo-rma 1' oggetto dell' os- serv. X', due anni dopo la sofferta intossicazione. La sezione fu praticata dal mio collega Sig. Toscano. Si tro- vò il cuore con ipertrofia generale (cuore bovino) una ATTI ACC. VOL. XI 27 — 198 — valvola della bicuspidale accorciata e callosa, l'altra più grande si accomodava al diletto della prima; il tessuto del cuore in via di degeuerazioue grassa. Fu mia cura allora esaminare lo stato anatomico dei reni, il quale era perfettissimo, senza mostrare traccia alcuna di al- terazione nella sua tessitura, eccetto di un poco di stasi per il ritardato circolo venoso sotto la dipendenza- delia lesione del cuore. Farmi adesso più che dimo- strato lo stato normale del rene dai caratteri di sopra segnati, e dalla negazione assoluta di una forma sin- tomatica relativa ad un processo morboso qualunque. Lo stesso posso dire del legato per rapporto al- l' itterizia. La rapida apparizione della stessa, la sua corri- spondenza con gli accessi della tossicemia chinica, l'as- senza di fenomeni locali subbiettivi ed obbiettivi rife- ribili ad uno di quei processi comuni acuti e cronici, con cui la itterizia Irequentemente coincide, la inte- grità insomma del fegato prima e dopo le sofferte in- tossicazioni, bastano per non mettere in dubbio lo stato sano di quest' organo; e riferire quel disturbo funzio- nale ad un processo morboso transitorio come per lo avanti ho signilicato. Dopo aver analizzato singolarmente i fenomeni prevalenti della intossicazione chinica, è indispensa- bile adesso considerarli complessivamente , per stu- diare con quale altra malattia potrà possibilmente confondersi. La possibilità morbosa, che presenta molta ana- logia con la stessa, è la febbre intermittente. La differenza, che passa tra gli effetti della chi- nina e quelli del veleno malarico, si desume da quei - criteri, che sono la necessaria conseguenza dei fatti. — 199 — Non vi è dubbio, elio corre molta aiialoo-ia tra o-li effetti dell'azione deleteria della chinina, e quelli del ve- leno malarico. La forma clinica della prima complessiva- mente riguardata, non che il modo come si sviluppa e compie le sue fasi, non lascia a dubbiare che possa dipendere da quest' ultimo; ma questa incertezza on- ninamente sparisse di fronte alla patogenesi. I fenomeni morbosi dipendenti dall' azione tossica della chinina sono per la loro intensità, durata e ter- mine subordinati esclusivamente all'azione della stessa. Talché lo sviluppo del parosismo febbrile sta in con- tinuo nesso genetico con la causa chinina, e l'infermo febbricita e presenta quei fenomeni di già noti, finché dura l'influenza di questo farmaco. Infatti la febbre con tutti i fenomeni concomitanti o non si osserva più, o si protrae, o cresce in intensità, secondochè sia stata rimossa la causa, o pure siasi continuato 1' uso della chinina a dosi minime o ordinarie. Osservo inoltre, che la confusione tra la febbre ma- larica e la febbre chinica, poteva essere possibile a pa- rità di circostanze, e specialmente esistendo, se non identità, almeno analogia tra la forma sintomatica di esse; tanto essendo possibile per le febbri intermittenti comitate, le quali possono vestire forme assai svariate e le pili strane, non esclusa quella propria della intos- sicazione chinica; facile quindi ad accadere trattandosi di febbre intermittente ittero-ematurica, È d'uopo però qui dichiarare, ed il lettore potrà desumerlo dalle os- servazioni qui annesse, che non mi è stato dato mai os- servare tali caratteri nelle febbri intermittenti prima del- la somministrazione della chinina , ne in quelle che si sono continuate dopo uno avvelenamento della stessa. Aggiungo ancora, che le febbri intermittenti da * _- 200 — me trattate sono state tutte semplici, ad eccezione (Iella prima osservazione, che fu perniciosa ma non Go- mitata. Così essendo, non è possibile una confusione tra gli effetti della chinina con quelli del veleno malarico a parvenze semplici, come non lo è per tutte le feb- bri gravi comitate, che si allontanano per la loro for- ma clinica da quella dell'intossicazione per la chinina. Invero quale analogia passa , tra le febbri intermit- tenti malariche registrate in questo lavoro, nelle quali la espressione sintomatica è limitata alle sole modifi- cazioni della termogenesi, con le note particolari degli stadi relativi al parosismo della febbre intermittente semplice, e la febbre successa all'azione pirogena della chinina, (|uando nella prima mancano tutti quei fe- nomeni morbosi speciali a quest' ultima causa , fra i quali sono pre^^alenti la ematuria e la itterizia, di cui mi sono occupato precedentemente ? Laonde ne deriva che se per poco ci esimiamo dalla somministrazione di questo ftirmaco , la febbre intermittente semplice continuerà nella sua primordiale semplicità e sgombra affatto dei fenomeni lamentati in quella, che segue immediatamente all' azione della chinina. Sono più eloquenti e superiori a qualunque ragionamento le osservazioni cliniche riferite in que- sto lavoro , le quali dimostrano con tutta eviden- za, che le febbri intermittenti, che si sono trattate, mai hanno presentato la forma comitata ematurica, uè ittero-ematurica. Arroge all' anzidetto altra prova cli- nica di grande conseguenza, che si trova menzionata nell'osserv. X", dimostrante, che tali risultamenti tos- sici del farmaco in parola anche emergerebbero, quante volte preventivamente come profilattico fosse sommi- nistrato; il quale assunto viene spalleggiato dalle feb- — 201 — bricitazioni inalariclie recicli\e di un altro pazieu- te ( osservazione ITP ) , che con cinque centigrammi di solfato di chinina dato dai congiunti all' insaputa del paziente, e quando non aveva piìi feìibre , dopo qualche ora svilupparono un parosismo chinico di non lieve intensità accompagnato ad ematuria ed itterizia. Pare adunque da non potersi mettere in dubbio, che questa forma morbosa speciale si lega all' azione tossica della chinina e non a quella del veleno mala- rico, come risulta dai rapporti di causalità e dalle for- me delle intermittenti, in cui è stato osservato da me questo avvelenamento ; su quali argomenti non credo che alcuno possa dare giudizio in contrario. Dall' anzidetto nasce per giusta illazione, che le mie osservazioni cliniche, corroborate oramai da una casuistica pii^i estesa, sanzionano solidalmente la con- clusione , che tal' effetti si sono confusi con quelli della febbre miasmatica, che si voleva combattere, e sono così trascorsi, inavvertiti ed indistinti (1). E qui cade in ac- concio ripetere quel grande assioma di Cullen, che in Medicina vi sono più fatti erronei che teorie false. § VI. 1 fatti esposti mi han fornito argon^enti a favore delle seguenti conclusioni patologico-cliniche. 1.") La chinina non è per se stessa un veleno; una lunga esjjerienza lo ha dimostrato. Ma essa, come ogni (1) ".... E forse questo addivenuto perchè tali effetti si sono confusi con quelli della febbre miasmatica che si voleva com- battere, e sono cosi trascorsi inavvertiti e indistinti ? » ( Speri- mentale oper.cit.j — 202 — altra droga , può divenirlo in ragione della sua quan- tità. Era questo un fatto conosciuto ; ma non il so- lo, poiché ve ne ha ben altri registrati in questo lavoro, che dimostrano , come questa sostanza , sotto speciali influenze estranee al consumo eccessivo della stessa, spiega un'azione eminentemente velenosa; e tan- to neir uno come nell'altro caso la forma clinica dello avvelenamento è diversa, siccome è stato a sufficienza dimostrato. Nel fatto speciale, che mi occupa , ho escluso sperimentalmente ogni influenza , che possa dipendere dalla cattiva bontà del farmaco non solo, ma ben anco dalle altre condizioni affini ; non mi resta adunque, che studiare alla meglio, sotto quali condizioni si determina la sua azione tossica. Tale ri- cerca non è senza ostacoli , e perciò non ho la pre- tensione di credere risoluta la quistione con quelle congetture , che sarò per esporre ; le quali quan- tunque si volessero ritenere per tali, pure non lascia- no di avere un lato del vero , non essendo che uua legittima conseguenza dei fatti clinici stessi. Forse altri , più fortunati di me, potranno dare piiì ampia e più fondata spiegazione, ma ciò non toglie nulla alla veridicità del fatto clinico. Il punto pili oscuro e pivi controverso della pato- logia è il rapporto, che lega i morbi colle cause , ed il modo come queste agiscono. Possiamo dichiarare francamente sotto questo riguardo, che oggi non se ne conosce più di quanto ne sapevano i nost)*i anteces- sori. — Ritornando sull' argomento ecco i miei pensa- menti. Le cause prime, che favoriscono questa speciale azione della chinina, esistono nell' individuo: la indi- vidualità in antitesi coli' azione fisiologica della chinina. — 203 — Questa indivitlualità è rappresentata da condizioni fisiologiche particolari, le quali, in certi soggetti, op- pongono minore resistenza all' azione di questi tarmaci. L'esperienza sola fa constatare, in generale, (|ueste ano- malie organico-vitali, che la ragione isolata dalla detta esperienza non potrà affatto a priori giustificare. Queste condizioni, che si allontanano dall'ordine naturale fi- siologico, non sono sempre congenite, talvolta lo sono; ma spesso si suscitano in seguito ad uno stato pato- logico, che travaglia 1' organismo piiì o meno lunga- mente, ed allora i poteri della vita, morbosamente in- fluenzati, deviano dalla norma fisiologica. Applicando queste nozioni generali di fisio-patologia al caso concre- to, trovo, a mio credere, il motivo della differente eccita- bilità organica. Così solamente possiamo renderci ra- gione perchè, in taluni individui, l'avvelenamento per la chinina corrisponde colla prima somministrazione, ed in altri dietro il consumo più o meno grande della stessa. Si comprende in queste due circostanze la dif- ferenza, che separa i primi dai secondi. Nel primo ca- so, attesa la integrità dell' oi-ganismo, deve riferirsi con tutta probabilità ad una sua speciale deviazione con- genita; non così nel secondo caso, che avendo per piiì o meno lungo tempo tollerato bene il fiirmaco in pa- rola, vieu meno, dopo che 1' organismo è stato dete- riorato dall' azione ripetuta del veleno malarico; e pev- eiò è da credere, che la mutazione dell' eccitabilità or- ganica in quest' ultimo caso è avvenuta sotto la in- fluenza di quell'agente infettivo, che per la sua con- tinuata e ripetuta azione ne ha di già modificata la costituzione, e gli atti organici naturali; e perciò la fun- zione modificata, la resistenza organica in difetto, la rea- zione agii agenti esterni o estinta, o singolarmente de- viata. — 204 — Ciò che noi osserviamo per la chinina nel caso concreto, l'esperienza lo ha dimostrato per molte al- tre droghe, le qnali, quantnnque non velenose, pnre lo addivengono per talnni soggetti. Infatti si conosce, co- me pochi centigrammi di rabarbaro, di oppio , di di- gitale etc. in opposizione alla loro azione terapeutica, han prodotto fenomeni di avvelenamento così gravi da far temere della vita del paziente, e compromet- tenti pel medico , post hoc ergo propter hoc. TI volgo va sempre alla spicciolata, l'accusa di un errore com- messo , condanna 1' indicazione , o il tempo non op- portuno; insomma compromette la sua riputazione (se novizio dell' arte medica), se ad onta della sua opero- sità ed arguzia ad im tempo, non sarà, già conscio di quei strani risultati, pronto a darne una spiega- zione. Questo caso nella pratica non è raro , spesso lo incontriamo con le sostanze le più innocenti ; e, non lo riterrà per strano, chi specialmente ha il beneficio di un esteso esercizio clinico , senza cal- colare che oggimai questo fatto forma parte del pa- trimonio della scienza clinica e terapeutica. Invero quello che noi constatiaiìio nelle diverse specie di ani- mali, in rapporto agli eftetti contrari di alcune so- stanze della stessa natura, senza dubbio possiamo am- metterlo per gì' individui della medesima specie, ed a preferenza per quella umana. Sebbene nelle due cir- costanze vi siano ragioni fondamentali diverse nel loro modo di essere, non escludono però la possibilità di un ri- sultamento contradittorio negl'individui della medesima specie. Nel primo caso, è vero, vi concorrono molti elementi, che trovansi in opposte, condizioni col secon- do : proprietà anatomiche e fisiologiche diverse, condi- zioni che mantengono la vita animale dissimile, e per — 205 — conseguenza è naturale il credere che in ciascuna spe- cie la resistenza di opposizione è diversa; così ciò eh' ò veleno per un animale, non lo è per un altro, che non appartiene alla specie del primo; tal' è per esempio l'al- cool e r aloe per il* cane, il prezzemolo per i pappa- galli, l'essenza di bergamotto per le cimici, la quassia per le mosche ec. Ma nel secondo caso, eh' esistono, ■ceterìs pariòus, uguali proprietà anatomico-fisiologiche, bisognerà ammettere una differenza nel grado di ecci- tabilità dei diversi tessuti organici, e perciò una modi- ficazione nel modo di essere delle proprietà vitali di taluni tessuti elementari, i quali o per grado diverso di eccitabilità naturale , o perchè vengono modificati nella struttura elementare dall'azione di cause morbo- se, la loro resistenza organica vitale si allontana dal- l' ordine comune, e perciò reagiscono diversamente ed in opposizione all' azione terapeutica e fisiologica di quella data sostanza , che vi esercita azione elet- tiva. Così solamente si potrà spiegare come un indi- viduo cade in convulsione lipotimica all'odore del ci- triolo, del ra^sllone, o dell' aglio ec. o è colpito da forte parosismo febbrile con itterizia alla vista o all'odore di fave verdi, o incontra gli effetti di un forte avvele- namento in seguito al farmaco il pii^i innocente. Questi strani effetti non riferibili alla natura della droga usata, non potranno spiegarsi senza ammettere una speciale individualità dotata di proprietà fisiolo- giche particolari, che in larga scala si conferma dalla azione, che spiega una medesima causa fisiologica o morbosa sopra diversi individui, i quali, sottomessi a quella influenza, presentano un grado differente di suscettibilità, una resistenza in grado diverso, e perciò un effetto dissimile ed opposto. « La principale di que- ATTI ACC. VOL. X! 28 — 206 — ste condizioni è l'eccitabilità diversa di grado nei di- versi organi rispetto agli stimoli o alle cause, anzi ciò che pii^i è la diversa eccitabilità di un dato organo nei diversi individui, o nelle fasi intinitamente varie del nìcdesimo individuo. Il miasma palustre è di certo la causa delle febbri intermittenti, ma questa causa ora produce un efìtetto, ora un altro, ora lo produce , ed ora rimane inoperosa, e ciò sìa detto di tutte le cau- se delle malattie. Non c'è adunque una relazione co- stante tra la causa e 1' effetto, non possiamo dunque fondare nessuna legge, perchè la legge suppone co- stanza, identità di relazione tra gli elementi di uno o più fenomeni (Tommasi) (i). » Aggiungiamo all' anzidetto, clic quanto da noi si osserva isolatamente in rapporto ad un individuo, so- vente è apprezzabile in ugual maniera su tutti o sulla maggior parte degli abitanti di una data regione; al- lora è da credere, senza dubbio, che l' individualità venga modificata da una causa comune e costante. Invero 1' influenza climatica di un luogo, e talvolta la natura degli alimenti, o la particolare educazione mo- dificano lo sviluppo fisiologico di taluni a])parecchi, specialmente quello dell' innervazione, e perciò il grado diverso di eccitabilità, e la resistenza agli agenti estorni si allontanano dal tipo fisiologico ordinario. Senza queste condizioni speciali, non si potrà spiegare la fre- quenza e r endemicità di talune malattie e di alcune modificazioni fisio-patologiche relative, esistenti in certi luoghi. Ci fermiamo su queste particolarità per avere tro- (1) Proliisioiio , qualità e confini (iel sapere in Medicina e metodo pei- conscguii'lo.— Morgagni Disp, 1" 1874 — Napoli. — 207 — vato frequente l' intossicazione chinica in alcuni paesi. Vizzini, fra tutti i paesi delle proviucie di g-ià con- nate, dà il maggior numero; Lentini e Scordia, domi- nati assai pili da malaria, non ci presentano quella frequenza, quantunque il consumcì della chinina ivi sia eccessivo. Siccliè pare, che i fotti d' intossicazione chinica da me constatati in Catania ed hi vari paesi della sua provincia e di quella di Siracusa, non abbia- no affatto apprezzabile relazione colla natura del suolo del paese, sia che fosse influenzato o nò da malaria, sia in ragione della maggiore evoluzione del veleno malarico; avendone ancora osservato nei paesi siti sulle falde meridionali dell' Etna (Nicolosi). A dire il vero, io ignoro, se mai esistano condizioni speciali nella na- tura del clima, che possano favorire l' incompatibilità del farmaco, modificando il grado di eccitabilità della costituzione organica, specialmente per Vizziui, ove questi casi, a parità di circostanze, sono più frequenti; o almeno sono di quella natura, che sfuggono alle no- stre indagini cliniche. Però è indubitato come si ri- leva dalle risultanze, che queste modificazioni orga- niche non dipendono dalla natura vulcanica del suolo come quello di Catania, di Eandazzo e di Nicolosi, ne dalla natura calcarea dello stesso, come quello, ove sono stanziati Vizzini (1), Lentini (2) e Carlentini. Lo sviluppo di casi identici in luoghi tutto affat- (1) 11 terreno, su cui giace Vizzini, appartiene alla formazione degli Appennini, e trovasi costrutto sopra un calcareo subor- dinato alla medesima formazione; e nelle adiacenze su grande estensione riscontransi basalti e tufi basaltici — HotTmann;Geo- gnostiflche Carte von Sicilien. (2) Il terreno appartiene alla formazione terziaria— Calca- reo di Siracusa— Nelle vicinanze, sud est, basalti— Hoffmann. — 208 — to difterenti per topog'rafia, per natura di suolo e per clima, esclude ogni coudizione favorevole relativa ai diversi paesi citati. Escluse queste diverse condizioni perchè inaccessibili ad ogni apprezzamento sino al pre- sente, la sola, e credo essere la più importante, avuto riguardo allo diverse circostanze, di cui abbiamo te- nuto conto, che occasiona l' incompatibilità di questo farmaco, è riposta in una sjìcciale individualità, che sot- to la intossicazione malarica si pronunzia più o meno tardivamente: La e appunto questa, come in prece- denza ho dimostrato, che sviluppa nell'organismo tan- ta speciale incompatiliilità. Dun(pie , secondo le mie osservazioni, la intossicazione malarica sarebbe la causa determinante. Sono portato a questa conclusione dal perchè tutti i casi da me osservati in Catania, Viz- zini, Lentini, Randazzo , Nicolosi , ]\Iisterbianco ecc. sono stati individui che hanno frequentato più o meno luoghi paludosi. Cosicché, se condizione speciale esiste relativamente al suolo, deve essere in quello, in cui il veleno malarico si svolge, o deve dipendere dalle di- verse circostanze addizionali che favoriscono lo sviluppo dell' agente deleterio. Io non sono lontano di credere ad una simile congettura, perchè così potrei rendermi ra- gione della frequenza maggiore dei casi d'intossicazione chinica più in taluni paesi, anziché in altri, perchè ove mai questa condizione particolare veramente esista nella natura del luogo, più che in altro dovrà risiedere nel- la natura di quei terreni, che generano il veleno ma- larico, donde provengono tutti i casi osservati in Viz- zini, Lentini, Randazzo, Catania ecc. Questa mia ma- niera di vedere è una induzione , e mi credo autoriz- zato sino al presente poter affermare, di non essere possibile precisare quanta influenza spieghino a mo- — 209 — dificare anormalmente lo stato funzionale della costi- tuzione organica — ■ le ripetute intossicazioni malari- che— il consumo stragrande dei preparati di chinina — e con particolarità là natura dei luoghi , ove si con- trae il veleno malarico. Talune influenze del clima sulla costituzione organica sfuggono al nostro esame: sono in molti luoghi malattie endemiche, vizi orga- nici, affezioni psiche predominanti, di cui s'ignora la causa. La climatologia sotto il rapporto igienico e pa- tologico presenta ancora immense lacune, e frattanto è lo studio il pii^i importante, ed il solo, che ci possa dare risorse fondamentali per miglioi-are la costituzio- ne organica, e preservarla dall'influenza nociva di molti elementi. Il certo si è, come 1' esperienza lo ha fatto conoscere, che molti fra gli apparecchi organici, e spe- cialmente qnello d' innervazione, subiscono la più gran de influenza dalle diverse circostanze climatiche. Né si potrà giudicare diversamente, quando si riflette, che la sola distanza di tre a dieci chilometri è sufli- ciente a dare un carattere diverso nel morale e nel fisico degli abitanti, quantunque le coudizioni del vi- vere sociale siano uguali. 2.°) Dalla esposizione delle precedenti osservazioni e dalle considerazioni fisio-patologiche esposte risulta ad evidenza, come in certi casi, e sotto condizioni par- ticolari, individuali, fisiologiche e morbose, i preparati di china e tutti i sali di chinina indistintamente ao-i- scono come elemento ■pirogcno. — La rapida soprav- venienza dei fenomeni morbosi all'azione dei suddetti farmaci, la natura di questi fenomeni, le conseguenze, che minacciano in un grado di maggiore intensità , fan concepire, che l'azione della chinina in questi casi sia eminentemente tossica. — 210 — ConsideraDclo poi lo sviluppo contemporaneo di molti fenomeni morbosi relativi ad organi diversi, di- pendenti dal medesimo processo (congestione), mi fa credere, che l' azione prima si spiega su i centri del sistema nervoso vaso-motore, su cui esercita un' a- zione neuro-paralitica. Se la chinina ha una influen- za favorevole suUa febbre intermittente, perchè agi- sce sopra i nervi vaso-motori, si potrebbe credere, che nei casi particolari da me riferiti 1' azione sua sia opposta e contraria. Ma della prima azione non si conosce niente di positivo , e convenghiamo col Vul- pian essere un'asserzione temeraria (1). ^la dell'azione, che spiega in queste nostre osservazioni, c'è forte ap- poggio la natura e l' istantaneo sviluppo dei fenome- ni morbosi dianzi descritti. Certo , che le opinioni dei pratici sopra 1' azione fisiologica e terapeutica della chinina differiscono , e qui non è il caso scendere in questa disamina; ri- cordo solamente , di non poter negare a questo far- maco un' azione speciale sopra il gran simpatico o sistema dei nervi ganglionari, di cui n'eccita, e regola r esercizio delle funzioni periodiche legate alla nutri- zione, alle secrezioni ed alla crescenza organica. Si conosce dalle esperienze di Bernard e di Brown Sèguard , che queste funzioni han rapporti intimi con siffatta porzione del sistema nervoso; le irritazioni di questi nervi producono raffreddamenti e pallore , mentre la sezione e la distrazione di essi sviluppono un accrescimento di calore e rossezza. E conosciamo ancora piìi esplicitamente, secondo le ultime esperien- ze, che la protuberanza annulare ed i peduncoli cere- (1) Legons sur l'appareil vaso-moteur— Paris 1875 pag. XI. — 211 — brali hanno, come il Prof. Schiff l'assicura, mi' azione incontestabile sopra i vasi dei visceri toracici e addo- minali; nò queste esperienze sono isolate; ma trovansi uniformi a quelle di altri eminenti fisiologisti. Sono noti i fenomeni di congestione vascolare, che si producono nella cavità addominale, e in particolare nel fegato e nei reni, pizzicando il pavimento del 4." ventricolo (Bernard); 1' emorragie pulmonali consecu- tive alle lesioni sperimentali di certe parti dell' ence- falo (Brown Sèguard); la dilatazione più o meno mar- cata de' vasi addominali dopo la sezione delle parti superiori dell'istmo encefalico al livello dell'acquidotto di Silvio e dei tubercoli quadrigimelli (Vulpian) (1). Se quanto si constata con le suindicate espe- rienze presenta analogia con i fenomeni morbosi dei visceri addominali e toracici consecutivi all' azione tossica della chinina, certo che non mi si potrà con- trastare il concetto sull' azione tossica della stessa. Essa in questi dati casi dovrà spiegare su i centri nervosi vaso-motori un'azione analoga a quella delle suddette lesioni; senza di che non si potrebbe rendere ragione dello sviluppo contemporaneo delle congestioni addominali ( del fegato e dei reni ) , del vomito e della diarrea. Alcuni, poggiati su i risultamenti sperimentali ot- tenuti con la chinina, han voluto provare, che la stes- sa non esercita alcuna azione eccitante sul sistema nervoso vaso-motore, senza riflettere che dal fatto spe- rimentale a quello clinico corre grande distanza , e ciò che lo sperimento prova, non pu?^ sempre essere paragonato ai fatti, che la natura spontaneamente pre- Ci) Op. cit. p. 215. — 212 — senta e quel che più in condizioni diverse. Confesso, che la mia spiegazione non toglie tutte le difficoltà , ma credo essere la pii^i soddisfacente, circoscrivendomi a questi casi particolari. Certo questa analogia non potrà aversi così chiaramente, se vogliamo desumerla isolata- mente dall' azione, che lo stesso farmaco esercita, quando viene applicato a diversi anii^iali. Esiste una immensa discordanza non solo fra le diverse specie animali, ma sibbene fra gì' individui della stessa specie ; sicché i risultamenti avuti colla pratica sperimentale non pos- sono servire di guida per applicarli all'uomo. Dietro il precedente esame , resta a sufficien- za provato , secondo la mia opinione , che la chi- nina spiega la sua azione su i centri nervosi vaso- motori, e nel caso, di cui mi occupo, lungi di limitarsi ad un'azione favorevole, come nella generalità dei ca- si, spiega un'azione tossica, sui quali agisce per l'in- termezzo del sangue e produce su i vasi addominali e toracici quello, che avviene nella paralisi di questo sistema centrale, in seguito alle sezioni sperimentali ; oltre l'azione dissolvente, eh' esercita sul liquido san- guigno, che lo modifica prontamente, e lo rende sciolto. Né credo, dietro le osservazioni riferite, che alcuno du- biti dell' azione tossica dei preparati di chinina, i quali indistintamente mostrano la particolare condizione di spiegare un' azione tossica , anche a minima dose, e che non è affatto necessaria una eccessiva quantità , come ho dimostrato. Ora quale relazione esiste fra queste nostre osser- vazioni cliniche e l' esperienze fatte suH' organismo animale colla chinina a o-randi dosi o meo-lio a dosi velenose ? In quest' ultimo caso la chinina abbassa la temperatura paralizzando il centro motore della circo- — 213 — lazione come avviene in seguito ad ogn' altro veleno cardiaco- vascolare. Sicché r esperienze del Giacomini fatte a Padova, da jMelier e Magendie, da Binz, Block, Briquet, Lewizk, Kerner ec. non hanno, alcuna relazione con i nostri fotti clinici. Infotti la storia relativa ao'li avvelena- menti, quella raccolta dalle esperienze fotte sugli ani- mali, ed i fenomeni osservati sull' uomo in seguito alle grandi dosi, noti sotto il nome di chinismo, dipendono dall'azione tossica, che spiega la chinina per la sua eccessiva quantità, perchè già l'organismo è saturo di chinina, e perciò avvengono in un modo più o me- no intenso fenomeni d' intolleranza espressa con una reazione febbrile più o meno marcata, come è stata osservata da Zimmer ed altri; caso ben diverso da quello, di cui ci occupiamo, il quale sotto il punto di vista clinica non ha nessuna analoa-ia. Nelle pratiche sperimentali i fenomeni avvengono in seguito alla saturazione dell'organismo; ma nel ca- so nostro il fatto è ben diverso; la chinina ad ogni costo è un veleno , che uccide subitamente paraliz- zando i centri della vita vegetativa, anche a minime dosi. Sicché i diversi accidenti avvenuti in seguito alle alte dosi di chinina, come l'amaurosi incomple- ta e non persistente ( Briquet , GraefF) , 1' emorragie pulmonari, la porpora emorragica (Gazzette des fio- pitaux (1867 e 68), 1' albuminuria ed il catarro vesci- cale (Briquet), la follia (Trousseau, Tomaselli), un vio- lento spasmo dello sfintere uretrale (Cantani), la febbre, di cui parla Breteaunneau (2), Zimmer ec. non hanno (1) Legons sur l'appareil vaso-moteur — Paris 1875 p. 521. (2) Trousseau traile de thérapeutique — Paris — p. 336 — ATTI ACC. VOL. XI ' 29 — 214 — analogìa con quella forma nosologica sempre costante da me osservata, e non in relazione alla quantità della chinina. La teoria sull'azione ipeìx-enetica della chinina del Seè e di molti altri è applicabile più all' azione tossica della chinina per la sua quantità, che alla sua azione terapeutica. L' esperienze intorno all' azione dei rimedi eseguite sugli animali non sempre trovano la medesima corri- spondenza sull'organismo dell'uomo. Nelle diverse spe- cie di animali esistono tali e tante diverse condizioni da mettersi in calcolo, le quali modificano immensamente r azione dei rimedi. Se talvolta si rincontra analogia , non potrà ritenersi come regola generale applicabile a tutti i casi ; e perciò dall' azione , che spiegano le droghe diverse sul coniglio, sulle rane, sul cane ec; non si potrà avere argomento sicuro j)er poterle applicare all' uomo. Si è detto ancora che la chinina è antiossidante (Binz, Harley, Schulte ec), che arresta i movimenti amiboidi dei corpuscoli bianchi del sangue, impedisce la emigrazione dei suddetti corpuscoli, e quindi utilis- sima nella piogenia, secondo i lavori del Conheim; ed ancora si è andato piiì avanti asserendo che diminui- sce la consumazione organica, donde le modificazioni del polso e della temperatura. Ebbene queste e tante altre esperienze non concordano, nò possono applicarsi all' azione tossica, che la chinina spiega in casi ana- loghi a quelli riferiti, ove come potente causa piro- gena accende, ed aumenta la combustione e la consun- zione organica. In questi casi, lungi di eccitare e re- golare r esercizio delle funzioni del gran simpatico ne paralizza la sua azione, ond'è d' ammettersi, che quella — 215 — affinità particolare, che ha ciascun farmaco per certe parti dell' apparecchio d' innervazione, e che in regola generale è salutare, sotto certe date condizioni fisio- logiche o morbose sovente non ben determinate, è velenosa. Noi ignoriamo quali siano queste condizioni speciali , ma esistono senza dubbio uell' individuo , favorite dall'azione di cause morbose, che alterano profondamente lo stato organico, e modificano diversa- mente lo stato di sua funzionalità. Questa spiegazione, congetturale forse, trova una ragione di più nell'azione antipiretica causale della chinina, come si è detto, la quale si conserva sempre. Per questo fatto bisogna credere, che i] potere fisiologico e terapeutico della chinina è complesso; i risultati diversi dello sperimento e della clinica, donde le opinioni dei pratici suU' a- zione della chinina numerose e contradittorie lo con- fermano, e non sono lontano dal credere, che un gior- no queste mie idee saranno pienamente confermate da nuove ricerche. Continuando ancora sull' azione della chinina, tro- vo fra i partigiani alcuni , i quali sostengono che la stessa esercita un' azione depressiva sulla temperatura animale, altri, ch'estendendone 1' applicazione a quasi tutte le malattie acute febbrili proclamano questo me- dicamento come antipiretico universale (Liebermaister). E sono notevoli a questo proposito 1' esperienze di Lewisky de Kasan fatte nel laboratorio del Prof. He- ring. Egli somministrando dose elevata di chinina ai conigli notava un abbassamento uguale della tem- peratura profonda e superficiale sino alla morte (1). Quali differenze non passano fra queste esperienze e (1) Colin — Etude sur les sels de quinine— Paris 187:2. * — 210 — le nostre osservazioni cliniche ? Se all' uomo sano si (lesse tanta chinina per produrre l' avvelenamento, av- verrebbe lo stesso come sulF animale? L'azione fisio- logica della chinina sul cane, sul coniglio ecc. è ana- loga a quella che si produce sulF organismo umano ? Tralascio d'intrattenermi su queste e tante altre quistioni, le quali meritano essere più ampiamente illustrate, e che mi farebbero sortire fuori dell' argo- mento propostomi; sarebbe d'altronde questo esame oltremodo serio e difficile, trattandosi di applicare alla patologia i risultati dello sperimento. La fisiologia sperimentale estende tutto giorno le sue pratiche, e cerca rendersi conto della maniera d' agi- re di questo fitrmaco; ma l'osservazione clinica, non meno attiva della prima,estende ogni ora il campo delle sue os- servazioni, e mostra come l'azione della chinina, a parte dell' antimalarica, sia del resto dubbia e contro la causa piretogenetica in generale, e come antizimotica. — I fe- nomeni, che risultano dalle alte dosi di un medica- mento, non forniscono necessariamente il tipo della sua azione fisiologica, e non sarebbero l'espressione del bene, che si possa ricavare in terapeutica, ma del danno che ne possa avvenire. Mi piace ripetere qui col Delinoux de Savignac (1): che i grandi medicamenti, come la chinina, non hanno un modo unico di azione; che la dose, il genere, la durata di a^^plicazione, 1' opportu- nità ecc, la fanno infinitamente variare. E ciò che do- veva necessariamente avvenire per la chinina, agendo sopra reattivi cosi suscettivi d' impressione, così mobili, come gli organi circolatori e nervosi; non può esservi (1) Dictionaii'e Enciclopódique des sciences Médìcales —Pa- ris — Quinine. — 217 — uiiitbrinità uella natura e l' espressione dei fenomeni là, ove non vi ha uniformità d' impressione; e la teorìa che non vedrebbe negli alcaloidi della china china che degl' ij)ostenizzanti, dei debilitanti, degli stupefa- cieuti, sarebbe così abusiva quanto quella che ne fa- rebbe esclusivamente tanti agenti d' eccitazione. A voler dare però una spiegazione sulF azione tos- sica della chinina in questi casi singolari, (avuto ri- guardo alla natura, al rapido sviluppo, ed alla inten- sità dei fenomeni morbosi, che costituiscono la forma clinica del parosismo chinico) credo, che non se ne possa preferire altra a quella neuro-paralitica, che spiegasi su i centri del sistema nervoso vaso-motore. La chinina agisce in questi casi come la causa pirogena malarica, in seguito alla quale la combu- stione si sviluppa, la temperatura si eleva, la consu- mazione organica si pronunzia. Né queste sono le sole conseguenze, poiché all'azione paralizzante della stessa si aggiunge l'azione dissolvente, che esercita sul li- quido sanguigno, e perciò lo dispone all' emorragie re- nali, stantechè la sola irritazione dei reni (Briquet) non basterebbe a spiegare una nefrorragia così abbon- dante da produrre talvolta la morte per paralisi car- diaca, e così duratura da mantenersi nei casi gravi da 12 a 48 ore e talvolta con pochi centigrammi di solfato di chinina. Certo, che la chinina per la semplice azione locale irritante sui reni non può dar luogo ad un' emorragia così abbondante; ne io saprei persuadermi, come la sola irritazione, s' intende bene flogistica, possa determinare tale emorragia, ne comprendere come l' irritazione, am- messo che fosse la causa dell' emorragia, si sviluppi e termini rapidamente come quest' ultima. Dove sono i — 218 — fenomeni morbosi relativi al processo flogistico? Sono queste tante ragioni le quali fan credere, che la chi- nina in questi dati casi esercita sull'organismo tut- t' altra azione, che la sola irritazione locale. Arroge all' anzidetto , che le paralisi vaso-moto- rie solamente possono darci ragione delle conge- stioni nei diversi organi centrali, e quindi della di- spnea, dell' ematuria, del vomito, della diarrea, dell'it- terizia; sicché la tumultuaria congestione al fegato per disquilibrio della circolazione epatica spiega la rapida apparizione di quest' ultimo fenomeno, come la stessa congestione, per parte degli altri organi, appalesa i disturbi funzionali corrispondenti. Questa spiegazione trova un forte appoggio nei risultamenti della fisiologia sperimentale. È questo apparecchio che regola le circolazioni locali, come l'ha detto C. Bernard, è desso che modifica 1' afflusso del sangue negli organi secondo i loro bisogni funzionali o secondo le condizioni morbose dei loro tessuti (1). Applicando questi sperimenti alle osservazioni clini- che riferite in questo lavoro, non cade dubbio che la chinina esercita in casi simili un' azione paralizzante sui centri nervosi vaso-motori; e quanto osservasi in rapporto ai disturbi funzionali degli organi centrali, non è che la espressione clinica delle vere congestioni vaso-paralitiche e nulla che possa avere auologia con le congestioni inflammatorìe. I\Ialgrado la intensità della paralisi vascolare e dei ripetuti attacchi d' intos- sicazione, non si è osservato mai alcun fenomeno in- fiammatorio al pulmone, al fegato, al rene, allo sto- maco; terminata 1' azione tossica della chinina, i di- (1) Viilpian. XIII. Op. eit. — 219 — sturbi funzionali rispettivi si sono dileguati rapidamente, restando come postumi la prostrazione delle forze, e le conseguenze dell' anemia. L' lio detto per l' innanzi, e lo ripeto, che quanto si constata in queste singolari os- servazioni, è perfettamente analogo a quanto si è os- servato in particolare sperimentalmente sulla cii'cola- zione addominale per una lesione ai centri nervosi va- so-motori. VI. Da quanto ho esposto sotto il punto di vista cli- nico e terapeutico, deduco i seguenti corollari. 1.°) L'azione tossica della chinina è subordinata esclusivamente ad una individualità speciale, ma de- terminata dall' azione del veleno malarico suU' orga- nismo. 2.") Necessità di un succedaneo alla chinina , che presentasse ad uguali coudizioni le stesse proprietà terapeutiche, o invece la necessità di un antifodo, che neutralizzi l'azione tossica della chinina. Conchiudo, con ripetere quanto diceva nella mia prima memoria, che queste osservazioni non tendono come taluno falsamente potrebbe credere, a menoma- re per poco il valore di un farmaco tanto importante ed il solo, che possa vantare la medicina, né a porre timore nella somministrazione di esso; poiché, come ho fatto conoscere, 1' effetto tossico si calcola sempre a posteriore; ma giovano a rendere di pubblica ragio- ne un fatto clinico di sommo interesse, il quale d' ora in poi merita il suo posto nei trattati di patologia interna. La conoscenza di questo speciale avvelena- mento è oramai indispensalDile per la diagnosi e per la — 220 — terapeutica. Lo scambio con una febbre j^s^'niciosa è fàcile per chi ignora il fatto, molto più che osservasi a preferenza nei soggetti affetti d' infezione malarica; r errore diagnostico sarebbe letale per l' infermo e la terapeutica dal suo canto reclama un rimedio, che sup- plisca la chinina in caso di febbre perniciosa. I NEL TERRENO VULCANICO DELL'ETNA MEMORIA PRESENTATA NELLA SOLENNE ADUNANZA DEL 27 SETTEMBRE 1875 DAL Socio GIOACCHINO BASILE L' Etna è sorta in epoca relativamente recente. I terreni che forse la videro nascere e crescere fu- rono i plioceni (1); questi terreni infatti costituiscono alle falde del vulcano, una corona di colline, ricoper- te di tratto in tratto da correnti di lave, ma rispet- tate nei punti più eminenti, si mostrano con le loro (1) Lyell e De-Beaumont riportano i terreni dove è siirta r Etna al post-pliocene, il Prof. C. Gemmellaro la riporta ad un' epoca anteriore e forse con più ragione. Infatti mi pare potersi osservare, che il post-pliocene svi- luppatissimo in Sicilia è caratterizzato da conchiglie apparte- nenti a climi nordici, lo che addimostra l'abbassamento di tem- peratura in quel periodo. Ora se le formazioni argillose sub- etnee apparterrebbero a tale epoca, non vedo nessuna ragio- ne per cui conchiglie nordiche non devono trovarsi ( e per quanto sappia non si sono mai trovate) come si trovano, nelle formazioni post-plioceniche di Vizzini, nella grotta di S. Ciroec. Quindi credo pliocene il terreno argilloso dei dintorni dell'Etna. ATTI ACC. VOL. XI. .30 — 222 — specialità; in certi ijunti jdoì, allorquando rotto artifi- cialmente od accidentalmente il mantello di lave che li cuopre, si manifestano dove forse meno si sospettava la loro esistenza. Vicino Nizzeti questi terreni compa- riscono molto sviluppati, si estendono verso Catania a formare le colline di Cibali ec. danna parte, e ver- so Aci-Castello ed Aci-Trezza dalla parte orientale, impigliati con le eruzioni basalticlie sottomarine, e al Capo dei Molini venendo ad essere ricoperti di lave spariscono, dando l'ultimo segno di loro esistenza so- pra Mascali, nel villaggio la Aimunziata, e a S. Ma- ria Lavena: costituiscono così un semicerchio di col- line , aperto dal Capo dei molini fino a Giarre, che confina con la catena dei monti di Taormina dell' e- poca giurassica e della creta, dalla parte di mezzo- giorno e ponente con i terreni terziari- Ora si trova in varie località, sovrapposto alla for- mazione argillosa, un sedimento alluvionale, come al- le Terre-forti e sovrap^josto a quest' alluvio, n'esiste un altro in forma di tufo , formato alternativamente di stratarelli di sabbia e di lapilli vulcanici e qualche volta piccoli ciottoli di rocce diverse ; questo alluvio che si scuopre alle Terre-forti , va poi a svilupparsi potentemente nella contrada Fasano e Leucatia, nella quale località, invece di ciottoli arrotolati di rocce ete- rogenee, rinvengonsi ciottoli di lave basaltiche. Que- sti alluvioni, se per poco si esamina tutto il pei'ime- tro dell' Etna, sono frequenti, e tutti si possono ripor- tare al tufo della Leucatia, che si può dire tipico. Ora la presenza di grossi mammiferi, per quanto è a mia conoscenza, non era stata mai constatata in queste formazioni. Quando nella contrada Reitana presso Aci S. Filippo, in alcuni discavi praticati in un lembo — 223 — del tufo in discorso, si scuoprivauo avanzi di elefan- te; ma la natura della roccia che li teneva impiglia- ti, ed il loro stato di conservazione era tale, che ap- pena se ne potè ricavare un molare rotto nella sua lunglipzza, ed altri frantumi appartenenti ancora a den- ti; del resto non v'era niente di definibile, essendo co- stituito di un conglomerato di frantumi d' ossa, com- penetrati da sassolini e rimpastati assieme (1). Sem- brandomi adunque cosa degna d' attenzione la presen- za di questi avanzi, ho creduto bene 1' occuparmene. Onde poi venire a conoscenza se veramente questi re- sti appartengono al terreno vulcanico dell' Etna e non vi siano piuttosto importati dai terroni pliocenici dei dintorni, credo utile occuparmi dello studio geogno- stico e stratigrafico del terreno. Alla Reitana punto famoso per le favole che vi annettevano i Greci, dove si credeva essere stato il pastore Aci scacciato dal brutale Polifemo, acceso di amore per la ninfa Galatea, sgorga da un lembo di lava un rivo di belle acque; questa lava che alcu- no crede essere la mistica pietra lanciata dal ciclope, che il fiume Aci seppellì e divise, viene dalle parti di mezzogiorno ed alte dell' Etna. In questo punto a destra di chi guarda il mare , si vede a poca di- stanza una collina alla quale sovrasta una corrente di lava antica, che abbassandosi con dolce inclina- zione, e secondo il pendio della collina dalla parte di ponente descrivendo un semicerchio, viene a congiun- gersi ed a perdersi sotto la lava, relativamente mo- (1) É stata cosa ben diffìcile potere conservare 1' avanzo del molare che presento, dovendo ricorrere ad un bagno di si- licato di soda, per poterlo in qualche modo maneggiare. — 224 — derna di Reitana'^ dalla pai'te che guarda mezzogior- no s' inclina dolcemente e va a confondersi fra i mon- ti basaltici di Aci-Castello e a costituire il lido fino al Capo dei Molini alla costa della collina, che guar- da tramontana, fa seguito una mediocre pianura da otto a dieci ettari circondata dalla lava, (1) la forma- zione è la solita argilla bleu del pliocene. La lava in parola arrestandosi in quel punto ven- ne a formare una specie di morena frontale; il terre- no a cui sovrasta venne mutato in termantite; que- sta lava viene a costituire nelle parti superiori, come specie di scaglioni, che si estendono da Valverde fin sopra Aci S. Filippo ed Aci-Catena (2). Accanto a (1) È degno di nota la grande estensione di questa lava , stendendosi e comparendo in varii punti dalla Leucaiia ad Aci S. Antonio , come si può rilevare dalla sua natura minera- logica. (2) Questa lava bellissima, presenta in una pasta grigia disseminati una grandissima quantità di cristalli di pirosseni ed olivina; di più è degna di rimarco per alcuni fatti che pre- senta , alcuni blocchi per la vetustà caduti nel terreno sotto- stante , si trovano in uno stato di alterazione così disposto ; coperti dal terreno vegetale in gran parte^ scavandosi mano mano che si pi'ogredisce, si trovano alterati con una grada- zione insensibile , fino che si giunge al punto in cui la lava è talmente decomposta , che si possono tirare dalla sua pasta i cristalli di pirosseni ed olivina intieri, alcuni dei quali di rag- guardevole grossezza. I cristalli di olivina è diffìcile averli in- tieri per la loro fragilità^ ma però con qualche diligenza ne ho ricavati in buona quantità; è cosa difficile del resto avere cristalli completi di olivina dalle lave dell'Etna, e forse si sono trovati solamente in questa contrada e per la prima volta. I cristalli di pirosseno ed olivina sono nelle loro facce quasi attaccati, co- me corrosi da un acido , questa corrosione si deve alla lava stessa^ che venendo da lontano con il continuo attrito nella corsa rotolandoli sempre in qualche modo li ha logorati ed - 225 — questa sta un'altra coi'rente di natura felspatica, pri- va di pirosseni ed olivina, di pasta grigia e numero- si cristalli di felspato; a tali correnti di lave soprag- giungeva finalmente un alluvione, che trascinando il detrito di una lava sfasciata, ne colmava ti-li anfratti; in quest'alluvione, contemporaneo a quello di Leucatia e Fascino, si rinvenivano alla profondità di quattro metri della superficie, gli avanzi dell' Elefante suddet- to; il dente nella lunghezza della superficie trituran- te conta 15 cent, che dalla sua struttura mi pare po- tersi riportare all' JElephas antiquus Falc. Questa specie di Elefante è precisamente quella che più comunemente si trova allo stato fossile in Sicilia, nelle formazioni del pliocene e del post-pio- cere (1). attaccati. I cristalli più grossi poi sono più maltrattati , fre- quentemente rotti ^ sfaldati e scheggiati in ogni senso; questo- fatto appoggia la teoria, che i cristalli delle lave sono eruttati belli e fatti dalle viscere della terra, dove si formarono, e non si sono formati in seno alla pasta stessa della lava. Questa lava nelle sue interne cavità mostra delle concrezioni bianche^ che sono silicato di calce e poca magnesia^ queste concrezioni si trovano anche di aspetto vetroso , questo silicato di calce è proveniente dall'acqua piovana, che con l'andare del tempo filtrando attraverso della lava stessa trovandovi delle cavità ve lo depositava come una stalagmitizzazione. (J) Le specie di Elefanti fossili , che finora abbiamo tro- vato in Sicilia, sono le seguenti, cioè: l'^/e/j/trt.s antiquus, Falc. ■> r Elephas arineniacus Falc; V Elephus meridionalis , Nestr « e r Elephas africanus, Blumb. — 1' Elephas primigeiiius, « Blumb. ci manca e sebbene tutti coloro, che trattano di cose « nostrali, faccian parola dei suoi avanzi rinvenuti in Sicilia, « essi debbonsi più tosto riferire all' Elephas anticiuus , Falc. « anziché all' Efante dicicloterio, che non si è sinora rinvenuto • al di qua dell' Italia centrale. « Presso di noi il più comune è V Elephas antiquus Falc. — 226 — Il terreno in cui si scopersero tali avanzi è co- me si disse un tufo vulcanico di trasporto; ma sorge r obbiezione se veramente il fossile appai-tiene al ter- reno vulcanico, ovvero vi si trovi trasportato passan- do fovse» questo alluvione dai terreni pliocenici di Niz- zeti da dove poteva trascinare questi avanzi. Ma questa obbiezione pare doversi escludere, per- chè un alluvione trascina sempre elementi da indicar- ci i luoghi da dove è passato, conìc per es. quella della Piana di Catania dove si trovano ciottoli e de- triti di rocce di svariata natura, come calcare, arenarie, lave ec. iiel nostro tufo invece niente di estraneo alle lave dell'Etna, non argilla ne avanzi basaltici, rocce di cui sono formate le colline di Nizzeti; ma questo è poco, le argille che compongono le colline di Nizzeti, ed in generale tatti i terreni plioceni dell' Etna , sono ric- chi di fossili marini; nel nostro alluvione non se ne tro- va nemmeno un frammento : ma io però diceva come il dente di Elefante era malconcio in guisa, da do- verlo riparare con silicato di soda, quindi pare che « che rinviensi nel pliocene superiore e nel post-pliocene — l' E- u Icphas armeniacus Falc. e VElephas africanus Blumb. quan- « tunque più rari del piùnio, sono ugualmente frequenti e pro- « vengono esclusivamente del post-pliocene. L' Elephas inr- « ridionalis Nesti, è rarissimo, ed è stato solamente trovato « nel post-pliocene della grotta ossea di S. Teodoro. Però fa « d'uopo avvertire che abbiamo altri denti molari rinvenuti « in Sicilia, che per la loro piccolezza potrebbero probabilmen- « te rapportarsi all' Elophas melitensis, Falc. trovato dal Gap. « Spratt nell'isola di Malta. » Monografìa degli Elefanti fossili di Sicilia di Francesco Anca Barone di Mangalavite e Gaetano Giorgio Gemmellaro Professore di Geologia e Mineralogia nella R. Università di Palermo. — Palermo 1867. — 221 — se avanzi di mammiferi non resistevano al trasporto venendo ad essere stritolati dal cozzo dei sassi, e d'al- tro materiale frammentizio, certo non potevano resi- stere relativamente fragili conchiglie, e quindi sarebbe un assurdo il rintracciarle. In primo luogo quest'argo- mento non può del tutto ammettersi, perchè, è cosa difficile che le conchiglie resistessero è vero, ma non si può mai supporre che frammenti non si trovasse- ro nel nostro terreno di trasporto, ma ammesso pur che vi si trovi pochissima argilla (1) per il rimesco- lamento meccanico, pure vi si dovrebbero trovare le conchigliuzze politalamici abbondaiìti nell' argilla bleu (2), o i loro frammenti , che per la loro mi- croscopica piccolezza al certo sfuggivano all' azione meccanica, niente di ciò ; ma chi sa se anche que- sti piccoli esseri, furono ancora distrutti per 1' azio- ne meccanica riducendosi in sabbia calcarea, ma al- l'ora l'acido carbonico sotto qualunque forma di com- binazione vi dovrebbe esistere, e la nostra roccia non contiene carbonati, come nonne contengono in quantità ponderabili le lave disgregate dell'Etna, mentre 1' ar- gilla del nostro pliocene ne contiene g."' 1, 30 per 100; e finalmente è ammissibile che questo alluvio non con- servi nulla di caretteristico o di avanzo dei terreni pliocenici, e dei basaltici di Nizzeti da dove può sup- porsi esere passato'? (3) e da un altro lato è ammis- (1) La parte più sottile del nostro tufo passata a staccio e con r analisi meccanica nell' apparecchio Masure contiene ap- pena il 5 Vo di argilla; inoltre per la consistenza più tosto che tufo potrebbe dirsi breccia vulcanica. (2) Quest' argilla secca -j- 100 contiene g.'» 1, 0 per 100 di sabbia dove abbondano i politalamici. (3) I terreni pliocenici distano dal nostro luogo da due a re chilometri. — 228 — sibile che questo alluvione passasse da quei terreni e non andasse piuttosto a gettarsi in mare dalla parte di mezzogiorno, verso dove quelle colline hanno il ver- sante, ma che invece valicando ostacoli insormonta- bili venisse a depositarsi verso oriente '? Tutto questo è inammissibile mentre le tracce alluvionali di questo deposito seguono fino sopra Aci S. Filippo , verso S. Anna, e fin quasi sotto Aci S. Antonio : perlochè dietro queste considerazioni conchiudo 1. l'alluvione veniva dalle parti montuose dell' Etna, 2. che non passava affatto dai terreni pliocenici, 3. che gli avan- zi dell' Elefante, esistevano nelle terre vulcaniche del- l' Etna, e che di là fui'ono trasportati assiema al ma- teriale frammentizio. Sopra quest'ultima conchiusìone mi fermerò, come quella che darà argomento alla no- stra considerazione. Esclusa l'idea che il nostro fossile sia provenuto da terreni di formazione anteriore al vulcanico resta im- plicita quella che lo fa appartenere esclusivamente al vulcanico. L' epoca quaternaria contiene il periodo glaciale e delle terrazze, l'Etna era già abbastanza sviluppa- ta in queir epoca, in cui /' Elephas pinmigenh/s vaga- va nelle contrade noi'diche d' Italia superiore fino al- le Romagne, mentre nelle contrade più meridionali, ed in Sicilia vi corrispondeva invece /' Elephas anti- quus. Niente di strano adunque, se resti di Elefante si troveranno o si trovano, ( come il nostro esempio ) nel terreno vulcanico alluvionale. Ma perchè mai allora tali fossili tanto rarissimamente si trovano? La variabilità del suolo vulcanico, la sua natura, le lave stesse, che si accavalcano, e cuoprono a vicenda, non — 229 — • ci hanno conservato tali avanzi, ma al certo l'Elefante viveva nei bordi dell' Etna, dove ad una tempera- tura abbastanza atta alla sua esistenza, veniva a con- giungersi la natura del. suolo paludoso (1) e frastagliato da bassi fondi. In tali punti la vegetazione stessa si prestava be- nissimo al suo mantenimento, ed in quei bordi acci- dentati e frammisti al terreno vulcanico tali colossi lasciavano le loro spoglie. Il fossile in discorso si presenta alterato molto, e fino al punto che cristalli di pirosseno si sono internati fra il tessuto e le cavità formatosi per la distru- zione della parte ossea, ciò vuol dire che il resto era alteratissimo, quando venne un alluvione e con il ma- teriale vulcanico frammentizio lo trascinava e deposi- tava dove fu trovato. La natura del terreno che con- tiene il fossile, e l'epoca in cui questo si formava ap- partiene all'epoca in cui si formavano i tufi di Fasano e Leucatia, infatti se da queste contrade si percorre fino a Nizzeti, e di là alla Reitmia, si vede una conti- nuazione della medesima formazione cioè di tufi vul- canici, che in alcuni punti formano come alla Vigna vecchia. Nova ec. terreni profondi, fertilissimi con qual- che grosso blocco vulcanico, di trasporto; e siccome queste formazioni appartengono ad un'epoca recente, come 13UÒ rilevarsi della Flora fossile di Fasano e Leu- catia (2), questi depositi potendosi ritenere come una (1) I bordi di queir epoca attorno all' Etna dovevano esse- re paludosi, in fede di che ancora si trovano ricchi di acque sorgive, cominciando da Paterno, Valcorrente, Catania, Fasano, Leucatia, Reitana, Aci-Catena, Acireale (in riva al mare,) Nun- ziata ecc. ecc. oltre di che si trova per es. del tripoli 1' acqua dolce a S. Tecla, come si dirà in appresso. (2) La Flora di queste formazioni venne illustrata dal Pro- fessore F. Tornabene. ATTI ACC. VOL. XI. 31 • — 230 — epoca di transizione fra l'attuale ed il periodo glaciale, potrà riportarsi alle terrazze (1). Così si spiega bene, come credo, che gli elefanti vivevano all' epoca gla- ciale, sul terreno Etneo, (2j e che le formazioni tu- facee dei bordi dell'Etna appartengono al periodo delle terrazze. E a dire il vero gli avanzi di tali mammiferi nei nostri terreni pliocenici e di formazione recente , non son3 una rarità, i terreni ài Nizzeti, Reitana, Sauri ne hanno dati molti resti. Ora questi non provengono se non da terreni di formazione posteriore, che le acque trasportano e siccome i terreni posteriori sono i vul- canici, da questi vennero trascinati in terreni già for- mati , ma non emersi dalle onde , in prova di che i terreni di Sauri, Aci-Trezza ecc. si trovano sparsi di blocchi di lave antiche, e seminati in maniera, che gli alluvioni senza verun dubbio ve li trascinavano depo- nendoli in quei bassi fondi non ancora totalmente e- mersi (3); per lo che anche vi deponevano gli avanzi dei quadrupedi che in esse vivevano. (1) « Il terrazzamento è la conseguenzadi quel sollevamento « dei continenti, fenomeno caratteristico del periodo dei terraz- « zi. A misura che un continente si alza, i fiumi devono abbas- « sarsi, poiché accresciuto il pendio del sollevamento, è au- « mentala la velocità, quindi accresciuta la forza erosiva dei « fiumi. Stoppani Corso di Geo!. Voi. II. pag. 711 § 1293. (2) Le spoglie di tali mammiferi dovevano abbondare sul terreno Etneo , in prova di che le formazioni tufacee infe- riori, ne contengono gli avanzi, e se si faranno ulteriori ed accurate ricerche, non credo cosa difficile tro\arne resti più ab- bondanti. (3) Questi massi erratici spesso enormi possono ritenersi come provenienti da due correnti di lava, una eminentemente pirossenica e con cristalli di peridoto, 1' altra felspatica ap- partenenti alle correnti già descritte a cui sovrasta 1' alluvio; —. 231 — Infatti le lave antiche stanno ai bordi e soverchia- no questi terreni in maniera da non lasciare dubbio che alla loro fronte battevano ancora le onde; e nel punto da me descritto , si trova in un piccolo seno , circo- scritto da un lembo di lava, uno strato di pomici, della stessa natura di quelle eruttate dallo Stromboli (1); ma alterati al punto di essere friabili , e di formare una specie di breccia friabile (2). Il fatto dei terrazzi è un fatto generale , che as- sume una specie di facies caratteristico. I tufi in pa- rola pare appartengano a quelle epoche, ne i fatti ge- per lo che pare come un alluvione, 11 staccava dalla corrente di lava trasportandoli al mare, il di cui fondo era il pliocene non emerso. Il materiale detritico si dispone secondo il peso specifico; trovando tali blocclii in tale giacitura , pare che 1' alluvione passando sopra questa corrente di lava , trovandovi osta- colo, depositava il materiale più minuto negli anfratti, e co- stituiva così il nostro tufo ; mentre poi giungendo ai bordi della corrente, si precipitava con un salto staccandone i mas- si per la forza acquistata, e deponendoli in prosieguo in modo che l'alluvio pare essere stato furioso e repentino, come acca- de nello rompersi di qualche digha lacustre. (1) Tali pomici non essendosi mai trovati nelle antiche e moderne lave Etnee credo appartengano realmente alle eruzio- ni Eoliche , perlocchè a queir epoca avveniva come adesso, cioè che vengono fino ai lidi di Sicilia per lo stretto di Messi- na, trasportate dalla corrente del Faro. (2) Queste pomici si estendono fino a 5'. Venera al pozzo, sotto le antiche lave e sovrastano all'argilla blu del pliocene; sono nella medesima giacitura in cui le onde progressivamen- te li abbandonavano^ come accade sin oggi alla Plaia di Cata- nia, dopo un mare tempestoso, ciò conferma il graduale solle- vamento della costa, essendo che si scuopre al di là della giaci- tura di tali pomici il terreno pliocenico sino a 5. Anna, dove nel cavare una cisterna veniva fuori e superficialmente si tro- vavano pomici con uno straterello di sabbia, il tutto ricoperto direttamente dalla lava. — 232 — nerali e parziali vi si oppongono. La formazione poster- ziaria in Sicilia sviluppatissima appartiene all'epoca gla- ciale e giunge ad una grande potenza (1) come si osser- va presso Vizzini. La caverna di S. Ciro presso Palermo appartenente all' epoca glaciale, per la presenza del- (1) Stoppani così riporta intorno a tali formazioni trattasi « che quasi una metà dell' isola è ricoperta da una formazio- « ne, composta superiormente di calcare inferiormente di argille, « elevata fino a 900 m. sul livello del mare. Sopra 124 specie « di conchiglie, scopertivi da Philippi 35 sono estinte. Il post-plio- • cene di Sicilia è quanto vi ha di più adatto a farci compren- << dere l'immensa durata del periodo a cui la riferiamo. Il so- a lo calcare superiore ha la potenza di 200 a 300 metri secon- « do i luoghi; fragile e grossolano sopra alcuni punti, e sopra « altri compatto come il marmo. Sotto il calcare dobbiamo an- « Cora calcolare dei grès delle puddinghe, ed infine le argille « con sabbie gialle, cui i fossili oljbligano a comprendere nel- « l'epoca stessa del calcare. Nulla manca a completare l'idea- li le di una formazione geologica. Dighe di rocce vulcaniche « trapassano in più luoghi la formazione: letti di materie viilcani- « che alternano con gli strati calcareo argillosi. Un letto di o- « striche per es. presso Vizzini, dello spessore di 6 metri ripo- « sa sopra una corrente di lava basaltica, ed una seconda mas- « sa di lava con tufi e peperini , lo ricuopre. Quelle ostriche 0 non sono né più né meno che le comuni ostriche com- « mestibili. Un banco di coralli dello spessore 0, metri 45 i< fu seguito per parecchi centinaia di metri. Tutta questa for- « mazione fu sollevata a 900 metri sopra il livello del mare, « ed è già erosa da profonde vallate. A ritenerla glaciale tre « ragioni principali ci confortano. La prima che essa formazio- « ne è indubbiamente posteriore al phocene, cui trovammo rap- « presentato da altri terreni in Sicilia. La seconda, che la stes- « sa formazione è anteriore all' ultimo sollevamento, il quale « caratterizza, il periodo dei terrazzi, immediatamente susse- « guente all'epoca glaciale. Laterza che tra le conchiglie fos- « sili si scuoprono alcune specie proprie di latitudini assai più « settentrionali, le quali accusano pertanto un raffreddamen- « to del clima marino. — 233 — VElephas antiquus, e dove vissero mia dozzina di mi- gliaia di ippopotami, ci addimostra pure la latitudine di quest' epoca in Sicilia. lu vista ai quali fatti lo Stoppani dice: Penso che una formazione equivalente per età e potenza si allinei alla base di rilievo appen- nino. Ora trovando noi alle falde dell' Etna, una for- mazione estesa di tufi disposti più o meno a scaglioni portandoci dal Fasano fino al Annuziata e via, da un altro lato essendo provato il sollevamento graduale della costa orientale dell' isola , per azione del mare combinata al sollevamento ed alle correnti terrestri , le masse detritiche rimasero terrazzate: e siccome que- st'epoca è posteriore alla glaciale, così si disse dei ter- razzi : ed ammesso come è di fatti che le terrazze si trovano nelle nostre formazioni alle falde degli Appen- nini, e l'Etna, o per meglio dire i tufi vulcanici essen- dosi sviluppati precisamente in tali circostanze, pare non essere fuori luogo ammettere, tali formazioni tu- facee vulcaniche, appartenere a quest'epoca. Un altro fatto di non minore importanza posso citare per avvalorare il mio asserto. A >S^. Tecla vicino Acireale, dove sono le famose correnti di lave che in numero di sette formano una superba balza, alternante con le lave esiste un tufo vulcanico, dove mi assicu- rano in varie epoche si sono scoperte impronte vege- tali, ma che io non ho visto, questi tufi credo appar- tengano alle formazioni del Fasano, e che sono alter- nanti con le lave , per il sopravvenire di queste : ma incessante però restando la causa alluvionale si sono al ternati tali depositi con le lave. Sotto l'ultima corren- te di lava, scopersi uno strato di tripoli bellissimo, che si estende fino a mare. Questo tripoli , in uno strato spesso , è formato esclusivamente di diatomacee lacu- — 234 — stre. Il foudo di questa antica palude è di argilla blu, con qualche blocco di lava. Ora sembrandomi degno di attenzione questo tripoli , ne inviai un saggio al Prof. Orazio Silvestri, che alla sua volta mandava al Conte Abbate Castracane competentissimo sopra gli studi delle Diatomee (1), che avendole classificate finiva dicendo, come credeva tali pianticine essere vissute a qualche altezza. Ma come allora si trovano in lido? convulsioni del suolo tali che riducessero al lido i monti su cui erano tali paludi, non è affatto ammis- sibile , perchè il luogo non è tortui'ato affatto, tutto r assieme ci si presenta come fu un tempo , meno la presenza dell'acqua stagnante, esclusa tale ipotesi, bi- sogna indagare le cause che favorivano la vita di que- sti esseri, e si arriva subito alla conchiusione che la temperatura molto piìi bassa della attuale solamente. (1) Il Conte Castracane così scriveva: « Il tripoli è intera- « mente d' acqua dolce non racchiudendo alcuna specie di « Diatomacee marina o salmastra. Le forme che vi ho notate « sono le seguenti. Fragilaria mutabilts ( Odontidium mutabile Sm.) Grund. Epìthemia turgida. Ktz. Ag. Ktz. Ehrb. Rabh. Ehrb. Kg. Grun. Melosira varians distans Cocconeis place/ìtala Pinnularia viridis Goinphonema capitatum .... Navicala sphaerophora .... limosa (Ktz) .... cuspidata Kg. Surirella ovata Ktz. Eunotia gracilis (Himantidium gracile Ehrb.) . Sm. Amphora minutissima Sm. « Il non avere finora ritrovato alcuna Eunotia al livello « del mare, ma solo in posizioni elevate, mi farebbe credere « che queste forme abbiano vegetato a qualche altezza. — 235 — poteva surrogare l'altezza delle montagne, in cui at- tualmente vivono queste Diatomee, Vedremo come quest'argomento sia il vero. Le montagne godono di una temperatura che si abbassa in ragione della loro altezza , similmente i i continenti nei quali la tem= media è più bassa in ra- gione diretta della loro distanza dall'equatore; or bene dunque i nostri microscopici fossili non vivendo in laghi di montagna, vivevano in un lido, ed in un' epoca in cui la temperatura era molto piìi bassa dell'attuale, quest' epoca non può essere altra che la glaciale. Ma r epoca glaciale però nelle nostre contrade , non produsse effetti come nel continente , infatti la fauna fossile è differente, trovandosi in quello VElephaspri- migenius, e da noi corrispondendoci V Elephas anti- quus, e r Elephas africanm. Il Barone Anca però nei dintorni di Roma verso il Pincio e Ponte Molle scoverse pure V Elephas africanus^ lo che si può ritenere come una prova che i depositi quaternari dei dintorni di Roma sono piìi recenti delle alluvioni glaciali, e pre- cisamente pare che possa riferirsi ai terrazzi, epoca a cui corrispondono le nostre formazioni Etnee. Ammesse tali deduzioni, si spiega da sé la pre- senza dell'Elefante fossile non solo nei terreni di sedi- mento quaternarii, ma sul terreno di quell' epoca pret- tamente vulcanico dell'Etna. Similmente mi pare, che si devono accogliere con molta riserba, le opinioni che tendono a provare l' Etna contemporanea dell'uomo, (1) perchè l'uomo compariva (1) Mi piace ceiinare ancora una prova della anteriorità della formazione dell' Etna alla comparsa dell' uomo, cioè il rinvenimento in varie epoche ed in differenti località ed altezze di armi di pietra sulle parti elevate dell'Etna. — 236 — nel perìodo delle terrazze, (essendo discutibile ancora la sua presenza nelF epoca glaciale) alla quale epoca esisteva già come sì è provato in grande attività il vulcano. Da questi dati riassumendo pare potersi conchiu- dere. 1. Il pliocene era in formazione, quando l'Etna era abbastanza sviluppata. 2. L' Elephas antiquus, vìveva anche sull'Etna neir epoca glaciale e corrisponde all' Elephas primi- genius del continente, 3. Gli alluvioni dei bordi dell'Etna appartengono all' epoca delle terrazze, 4. Come tipo di questi alluvioni si può prendere quello del Fasano. 5. Questi alluvioni deposti in seno a correnti di lave sono posteriori alle antiche eruzioni Etnee. 6. La comparsa del vulcano non può ritenersi contemporanea dell'uomo ma molto piiì antica. UN'ERRATA-CORRIGE PROPOSTA IN ZOOLOGIA OVVERO IL MIO VIAGGIO IN TIBERIAOE ED IL VERO PESCE DI S. PIETRO MEMORIA Presentata nella solenne tornata Accademica della Gloenia in occasione del costei Semicentenario nel maggio del 1875. D-A-Ii SOCIO ATTIVO PRIORE GIUSEPPE D.' COCO ZANGHY Ceci n'est ni un livre, ni un voyage.... Un livre ou plutòt un Poème sur l'O- rient M. de Chateaubriand l'a fait dans r Itinéraire J' y ai passe seule- ment... en ai rapporté de protonde.s impressions dans mon coeur, de hauts et terribles enseignements dans mon esprit. Les études que j'y ai faites sur les religions, l'iiistoire, les moears, les traditions , les phases de l' huma- nité ne sont pas perdues pour moi. Lamartine A che un viaggio iu Oriente per lande inospiti e selvagge, dove incontransi vestigia di antica e miste- riosa civiltà che fu un tempo gigante e maestosa , ma i cui germi isteriliti per lungo volgere di secoli, più che non i semi di piante rinvenuti nei monumenti di Grecia e nelle mummie d' Egitto, pare che non vo- gliano oramai piìi germogliare? Tale domanda non può al certo venir fatta a no- me della Religione ; giacche, a ricordar solo di questa la gloriosa culla e le prime orme della corsa trionfale, non vi ha chi non vegga di quale importanza e' non sia il viaggio di Palestina per un vero credente. L' in- terrogazione muove dunque dal santuario della scien- ATTI ACC. VCL. XI. 32 — 238 — za, non ha guari da un giurista-politico comicamente appellata unica divinitcì superstite nel deserto Olimpo. — E noi rispondiamo alla scienza , e per essa segnata- mente a' cultori delle naturali discipline. Ci limitiamo a dirizzarci a questi ultimi , ripromettendoci che di leggieri ci verrà consentito dover tornare oltremodo proficui alle scienze filosofiche e sociali la curiosa vi- sta di nuove razze e l' imponente spettacolo di nuovi costumi. Adunque, il zoologo movendo per le calde regioni dell' aurora s' imbatterà nella molteplice famiglia dei trampolieri o delle gralle non che de' rampicanti, nella varietà dei palmipedi o nuotatori, nella numerosa schie- ra de' gallinacei e nell' immensa e variopinta turba dei passeracei , per non dire dei tanti iiccelli di rapina, come falchi ed aquile, le quali in gran numero sono state pericolose abitatrici dell'eccelsa vetta del Thabor. Vedrà i molesti sciaccali, i cui urli iterati abbiamo noi sentito nel silenzio della notte, mentre stavamo a gia- cere sotto le umide tende del deserto, le gazzelle, ti- mide e preste molto, che a torme ci fuggivano dinan- zi, le leggiere faine, che si trovano nelle parti oc- cidentali di Asia come in tutta Europa e le spaven- tevoli pantere, nelle quali sonosi talvolta abbattuti i viaggiatori lungo la catena del Carmelo. Il cultore di Botanica studierà in grande scala una varietà di piante, dall'alto terebindo (pistacea the- rebinta) che agli stanchi cammelli dà l'ombra amica nel cocente meriggio, alla vaga rosa di Gerico, (ana- statica arcuntica) che allieta alcuni terreni sabbiosi di Arabia e di Siria. Ed erborizzerà con gradimento sul campo ricco di messi del profeta Habacuc nella via da Betlem a Gerusalemme. — 239 — Il fisico mineralogista, so ha 1' animo di scendere per gV irti ed atri scogli del Mare morto (un' immensa lastra liquida, verdastra, inquadrata in nera cornice) a 392 metri sotto il livello del Mediterraneo, potrà con- statare in quel lago le iterate osservazioni termome- triche e climatologiche di M. Lynch e compagni, ri- tentare r analisi di quelle acque, già fatta dai Signori Marcet, Tennant. Gay-Lussac, Booth e Mucle, e rin- venire il genuino asfalto, balsamo del genere Moum che ha servito da lungo tempo oppo gli Egizii per la preparazione delle mummie, e che richiama il Moum de' Persiani , che è la specie di nafta comunemente conosciuta, (1) Il geologo potrà vagheggiare, se non altro, come riunite in un sol panorama le varietà delle stratifica- zioni, regolari ed irregolari, orizzontali e obligue, con- cordanti e discordanti etc. movendo egli da S. Gio- vanni in ]\Iontana per la valle del terebinto (teatro della famosa monomachia di David con Goliath), e at- traversando i terreni montuosi che formano come l'ul- tima estremità della via per la quale si giunge al vil- laggio di Emmaus. E r antiquario in fine, che dev' essere compagno indivisibile del geologo per la cognazione della storia della terra con quella dei monumenti dell' uomo, tro- verà un esteso campo alle sue osservazioni, A Tell- Oum, p, e, antica Cafaruaum getterà egli uno sguar- (1) Chi sa se con l'andar della scienza si raccoglieranno un di i rapporti che per avventura possano avere con il lago asfal- tile le tenebrose e tranquille distese di acqua che stanno in fon- do alla misteriosa e rinomata caverna del Mammut negli Stati Uniti, e che hanno sortito anch'esse il nome di mar morto? « — 240 — (lo scrutatore su i diversi ruderi della distrutta città fra i quali souo le due famose sculture in pietra rap- presentanti, r una il sole e 1' altra un cocchio a quat- tro ruote, monumenti che non furono mai abbastanza studiati neir interesse della storia degli antichi popoli di Oriente. A Sebastie, antica Samaria, posta sul monte Somer, ammirerà i varii gruppi di marmoree colonne che fanno rilevare da un lato la magnificenza dell'an- tico tempio ivi eretto da Erode il grande in onore dell' imperatore Augusto , e dall' altro la grandezza del teatro fatto fabbricare dal medesimo Erode. E non trasanderà al certo altri avanzi che cuoprono qua e la i paesi del sole, e che sono sufficienti per ricostruire in pianta ideale l' interezza de' caduti monumenti, nella stessa guisa che 1' ingegnoso paleontologo giovandosi di pochi resti-fossili, ha potuto integrare con maggiore o minore precisione lo scheletro degli animali di specie perduta. Di siffatti lavori archeologici avrò forse occasio- ne di parlare altravolta toccando specialmente delle famose anticaglie d' Egitto; per ora mi rito sui passi, e chiamo la vostra attenzione, o Signori, sul lago di Genesareth, alle cui limpidissime acque specchiavasi r antica Cafarnao. Rideva un bel giorno del passato aprile , erano le cinque del mattino, ed un ripetuto hella (andiamo) dei nostri mucari (mulattieri della Carovana) e' invitava a montare gli arabi corsieri per muovere da Nazareth alla volta di Tiberiade. Fra il nitrire de' cavalli ed il suono delle orientali melodie in men di mezz' ora gua- dagnammo le prime alture che chiudono a sud-est l'orizzonte di Nazareth. Dopo altrettanto toccammo il villaggio appellato Ain-Makil; e guadando un ru- — 241 — scello, dopo trentacinqne minuti circa vedemmo Da- boì'ich villaggio che trovasi a piò nord-ovest del monte Thabor, clie è l'antica Daberetli della tribù di Zàbu- lon, sulla frontiera di quella di Issacar, e dove rima- sero i nove apostoli che non furono spettatori della trasfigurazione di Gesù Cristo. Di lì a pochi minuti cominciammo a salire per la sassosa schiena del Tha- bor, già vestito de' raggi del pianeta del cui ardore ci mettevano al coverto le verdi querce ed i ricercati Abhdr. Dopo un cammino di poco men che un' ora, potemmo prostrarci riverenti sulla famosa vetta che vide il Nume non fra' lampi e i tuoni, come nella fu- mante cima del Sinai, ma iridato d' una aureola sma- gliantissima e celeste. Rifocillate un po' le forze per il lungo e penoso cammino, durammo quasi altrettanto a riguadagnare il piede della montagna, giungendo alla via che mena a Souk-el-Khan. Di qui piegando verso il nord-est, per un sentiero ingombrato da blocchi di basalte, in breve ora attra- versammo il piccolo villaggio Kefr-Sabt edificato di basalto, e donde si scende in una valle cosparsa an- ch'essa dei medesimi blocchi; e passata una sorgente chiamata Ain-Saufìleh, la cui acqua non è potabile, dopo trentaquattro o trentacinque minuti, abbandonata la via che si dirìge al sud-est, per im sentiero a ghi- rigori verso il nord-est ponemmo il pie nell' Ouadi-Be- soum, una delle più fertili valli che quivi si possano incontrare. Asserava, le circostanti montagne allungavano le loro ombre sulla vasta pianura, come giganti che la- sciansi cadere dalle larghe spalle il greve mantello; si facea più forte e spesso il gracidar delle rane nei cir- — 242 — costanti padiili; i beduini raccoglievano i rudi arnesi del cessato lavoro; tutto a grado a grado tacendo in- tristava, e noi andavamo ancora a zonzo in balia dei destrieri , smarrita coni' era la via per le cresciute erbe e le quasi mature biade. Il nostro dragomanno, seriamente preoccupato di tal caso, dirigea queste parole agli incontrati beduini: min hone edderb ida Tabariehì e questa la strada di Tiheriadef E gli uni rispondevano: fil jemin, andate a destra; e gli altri: Jìl chimal, prendete jjer la sinistra ; e questi: tongri dritto, dritto, e quegli: eurgia ala kalf gidut an edderb, tornate indietro, la strada e sbagliata. Una mano di ferro stringeva allora barbaramente il nostro cuore e ci rendeva più penoso il respiro ; il vento della sera agitando le foschi ali rapidamente passava fra noi e sembrava mormorarci all' orecchio una voce cupa e spaventevole. E cresceva in noi la paura di venir sorpresi dalla notte in quelle inos- piti contrade, e peggio ancora, di essere bottinate le no- stre valigie , e pessima sciagura infine , di venire a rischio le nostre vite. Era un guardarci 1' un l' altro , un mormorare acri rimproveri alla nostra guida , un susurrare dimezzate frasi di sdegno e di timore; quando il veder da lontano sul dorso dell' opposta collina l'al- bero di spino , che ci era stato indicato come seguo dell' ultimo tratto dell' intrapresa vìa , ci riempì di gioia inesprimibile ; e tosto movendo colla velocità pari a quella del desio , cavalcando , pedonando , ag- grappandoci ai cespugli, e brancicando burroni, rigua- dagnammo il perduto sentiero, sì che in poco men di tre quarti d'ora ci trovammo sul ciglione d'un ver- — 243 — sante orientale, alle cai radici sorge Tiberiade, assisa sulle rive del suo pacifico lago di argento (1). Questo sito che altra volta per la sua fertilità tu detto il paradiso d! Israele, limita ad Oriente la parte più settentrionale della Palestina , che trovasi fra il 31" sino al dilà del 33° lat. nord e fra il 52° fino al dilà del 53° long. est. Molte scene del gran drtimma dell' Uomo-Dio sì compirono in cotesto luogo ; fra le quali ve u' ebbe una solenne, menzionata da S. Matteo nel cap. XVII; rideccola con le sue parole : « Ed essendo andati in Capharuaum si accostarono a Pietro quelli che ri- scuotevano le due dramme, e gii dissero: il vostro maestro non paga egli le due dramme ? ed ei ri- spose: è certo che si. Ed entrato che egli fu in casa^ Gesù lo prevenne e gli disse : che te ne pare, o Si- mone, da chi ricevono il tributo od il censo i re della terra dai proprii figliuoli o dagli estranei ? Dagli estranei, rispose Pietro. E Gesù soggiunsegli: dunque esenti sono i figliuoli ; con tutto ciò per non recare ad essi scandalo, va al mare, e getta 1' amo, e prendi il primo pesce, che verrà su, e apertagli la bocca, vi troverai uno statere; piglialo e paga per me e per te » . Convengono tutti i geografi, gii storici ed i com- mentatori della Bibbia che Capharuaum , chiamata nel cap. IV. di S. Matteo città marittima, sedeva (1) Una correzione al Diz. Geogr. del Marmocchi. Quest' autore scrive alla voce Tiberiade « Città della Pale- stina sulla costa orientale del lago di Genesareth.. che era at- traversato dal Nord al Sud dal Giordano » Ora noi abbiamo trovato Tiberiade sulla Costa occidentale del Lago di Genesa- reth. E questo mare è tuttora attraversato dal Giordano. — 244 — sulle sponde del detto lago di Genesareth, quantunque non accordino tutti che il sito di essa città sia stato r attuale Tell-Oum , ponendouela , chi un pò al di qua, chi un pò al di là, ma sempre lunghesso la me- desima spiaggia. (1) Era dunque nel lago di Genesareth che avveniva il fatto, riferito al cap. XVII del primo Vangelo sulla pesca miracolosa di S. Pietro. Ascoltiamo ora che cosa ne dicano i zoologi rap- presentati ultimamente dal dottore Brehm ( La vita degli animali, con illustrazioni, traduzione italiana dei profF. Gaetano Branca, Stefano Travella ed altri na- turalisti, sotto la direzione e revisione dei profF. Mi- chiele Lessoua e Tommaso Salvatori dalla società — L' uuione-tipografico-editrice Torinese 1873.) Sono queste le sue parole: (disp. 97 14. del voi. 5.) « La pia tradizione, la quale sovente racconta cose incredibili con una grazia infantile, e più sovente an- cora con una puerile scempiaggine, pretende che T A- postolo Pietro, avendo un dazio da pagare , invece di ricorrere semplicemente alla scarsella, tufìò la mano neir acqua, e ne trasse un pesce nella cui bocca trovò la moneta di cui avea bisogno. La maravigliosa av- ventura, che si raccomanda alla credulità di tutti i de- (1) Checchenessia del vario opinare degli scrittori , sembra oramai ben fulcita l'idea che 1' attuale Tell-Oum occupi il posto dell' antica Capliarnaum. Ciò rilevasi da quanto hanno scritto direttamente o indirettamente sull'argomento Arculfo, Willebald, Brocard, Schubert, e VandeVelde, seguiti da non pochi. Oltreacchè ò osservabile il nome di Caphar-Naum in ebraico suonar Vil- laggio di Nahoum. Ora dacché quel sito fu coperto di rovine e non fuvvi più né città, né villaggio, gli arabi l'anno chiamato per abbreviazione Tell-Oum invece di Tell-Nahoum. La voce Teli sostituita a Caphar indica collina, luogo montuoso. — 245 — boli di spirito, non potea aver luogo nel lago di Ge- nesaretto, ma bensì in alto mare; e 1' Apostolo sembra che lo stringesse davvero con le sante dita, poiché il pesce del mediterraneo di cui si parla, porta sopra i due fianchi due macchie tonde e nere, nelle quali la tradizione vede l'impronta delle dita, e che sono state causa che il pesce si chiami oggi ancora pesce S. Pie- tro (1). Per vero non porta da pertutto questo nome. I Greci lo chiamano pesce di Cristo, gli Spagnuoli pesce di Martino ed i Tedeschi del nord finalmente, re delle aringhe » . Rileggendo questo tratto non puossi veramente non esclamare: Oh grazia infantile oh puerile scem- piaggine ! L' autore infatti sembra che voglia prendere troppo sicurtà e farla a fidanza con la incredulità de' forti di spirito; poiché le sono ben grosse e badiali quelle che vuol regalare. Ti parla di pia tradizione , dimen- tico del Capo XVII di San Matteo , citato da altri zoologi fra cui il Cuvier, il quale d' altronde pare non faccia né anch' esso buon viso al soprannaturalismo delle scene vangeliche. Ti dice, che il pesce ond' è parola, non può essere abitatore del Lago di Tiberiade perchè preferisce l'alto mare e vive solitario; che S. Pietro abbia tuffato la mano nelF acqua (2) ed altre as- serzioni temerarie che lo distinguono fra i pari suoi, soltanto per il frizzo pii!i elevato e per 1' aria pii!i ca- scante di fantasma volteriano. (l)DovearAut. notare che tale denominazione sia stata un'im- portazione romano-volgare: ciò che si dirà in appresso. (2) Che vena d'invenzione ! Invece leggesi nel citato evan- gelo « vade ad mare et mitte hamum ». Possibile che i nemici della Bibbia non l'abbiano letto 1 ATTI ACC. VOL. XI. 33 — 246 — Passa quindi alla descrizione del Zeus Faber cre- dnto comunemente, e generalmente notato nelle tavole ictìologiche qual pesce di S. Pietro, e che è dell' ordine degli acantopterigi, famiglia degli sgomberoidi. Ti fa sapere come questa famiglia ictiologica si concordi con gli sgombri nella conformazione della testa , nei molti intestini ciechi ed in molte altre qualità della struttura interna, ma che se ne distingua per la bocca protrattile le cui mandibole sono armate di denti deboli e poco numerosi, per le pinne e per la squamatura. Le specie di tale famiglia ei prosegue , hanno il corpo ovale, allungato, alto, molto compresso lateralmente; le pinne dorsali semplici o doppie ; le pinne ventrali sotto o prima delle piccole pinne pettorali; la pinna anale talvolta biforcata; la pelle o nuda o rivestita di piccole squame inserte nella epidermide, squame che in molte specie si trasformano j^fn'zialmente in spine semplici o doppie. Ti soggiunge in fine che tal pesce, tipo del genere de'zei, ha due pinne dorsali divise, la prima delle quali notevole periraggi prolungati termi- nanti in fili, due pinne anali alquanto divise che ripe- tono sino ad un certo punto la forma delle pinne dor- sali, giacche i raggi della prima delle due si prolun- gano pure alquanto, e grandi pinne ventrali che stan- no al di sotto delle piccole e tondeggianti pinne pet- torali; ch'esso ha lo spigolo del dorso e quello del ven- tre portanti aculei forcuti, ed il rimanente del corpo coperto di piccolissime squame, e nell' insieme un co- lore che si modifica secondo la stagione e la lo- calità; e che infine misura circa un metro di lunghez- za e pesa da otto a dieci Cg. Così lo Brehm descrive il pesce zeus-faber, che ei — 247 — dice iiou potere essere abitatore del lago di Geuesaret. ]\Ia quaFè mai questo lago? Esso, detto anche lago di Tiberiade o mare di Ga- lilea, è situato presso Tiberiade fra la Galilea inferiore e la Gaulonite a duecentotrenta meti'i sotto il livello del mediterraneo. E irregolarmente ellittico, con una lunghezza di quattro leghe e mezzo da nord a sud ed una larghezza di 3/4 di lega circa da ovest ad est. La sua profondità massima è di 55 metri, e le sue acque dolci e pescose bagnano le pianure e lambi- scono le colline estremamente fertili e aggradevoli, che gli fan corona e gli han guadagnato il bel nome di Genesarefh cioè: giardino del Principe. Abbiamo tracciato con poche linee la pianta del mare di Galilea; ora aggiungiamo che esso come gli altri grandi laghi d'Asia non ha sensibile comunicazione col mare; ma che nessun potrebbe assolutamente af- fermare che esso ne sia privo. Il Marmocchi infatti con altri geografi si limita ad insegnare che quei la- ghi non hanno immediata comunicazione coll'Oceano o con un mare qualunque, non già che non l'abbiano aftatto (1). Ciò basta per il nostro argomento giacche, ammettendo per poco una infiltrazione qualunque, sorge probabile )' idea d'un trasporto di uova di sgom- beroide, essendo molto nota la prodigiosa fecondità dei pesci passata oramai in proverbio (2). Mei so, il zoologo Brehm afferma che tal pesce preferisca le al- tezze marine, e preparasi cosi ad insinuare che Pietro non l'avrebbe potuto prendere tuffando neW acqua la (1) Geogr. parte generale, Milano. (2) MultipUcentur ut pisces, Gen. 48, IG. In ebraico ;ìT dagli pesce e HAT dagha moltiplicarsi prodigiosamente. — 248 — mano. Ma chi ha detto mai che l'Apostolo abbia fatto uso delle mani in quella occasione? Il critico, igno- rando il fatto biblico, diciamolo ancora una volta, e riportandosi ad una sognata leggenda, non sa come la cosa vada raccontata nel cap. XVII di S, Matteo, dove espressamente narrasi che il Nazzareno abbia detto al suo discepolo: cala giù l'amo mitte hamum. Ma la è anche una fola scientifica che il preteso pesce di S. Pietro schivi le pietre e i bassi fondi. Leggiamo nel Dici, des sciences naturelles, tom 13 Strasburg e Paris 1819, alla voce Doree e zee, che gli è un pesce che si nutre di pesciolini timidi, i quali per caso si avvicinino alla riva per deporvi e fecon- dare le uova. Ojjpiano limitasi a porlo fra i pesci sas- satili, che pasconsi presso scogli erbosci, Halieut. 133). Il Dici, raissonné universel d histoire naturelle, Valmont e B ornar e. Yverdun 1768, alla stessa voce Doree, nota che detto pesce ami volentieri gli scogli. Il barone Cuvier riferisce e fa sua l' anzicennata idea di Oppiano (V. hist naturelle des j^oissons. t. 10. Paris 1835, scom- beroides. Ma a non far le viste di volere eludere la diffi- coltà supproposta, è mestieri che ci rifacciamo ancora una fiata sui nostri passi. Di vero, se si volesse am- mettere come probabile la comunicazione del lago di Tiberiade e degli altri grandi laghi d'Asia con il mare di cui si trovano all' imbasso di livello; dove mai ne andrebbe la teoria dei vasi comunicanti? Si sa che secondo i principi d'idrostatica per man- tenersi un liquido ad equilibrio in un vaso di forma qualunque, è uopo che si soddisfaccia alle due con- dizioni seguenti, cioè: 1. la sua superficie in ciascun punto dev' essere perpendicolare alla direzione della — 249 — risultante delle forze che sollecitano le molecole del li- quido stesso; 2. una molecola qualunque della sua mas- sa deve provare in tutti i sensi pressioni eguali e con- trarie.— E trattandosi di uii liquido contenuto da parec- chi vasi comunicanti, qualunque sia la loro forma; ad aversi equilibrio ci vuole di più che tutte le diverse superficie libere del liquido in tutti i vasi, sieno si- tuate in un medesimo piano orizzontale. Ciò posto, come può avverarsi la supposta conumicazione del lago di Genesaret con il mare trovandosene al di sotto 230 metri, come il lago asfaltite n'è all' imbasso 392 o 396 giusta le osservazioni del Lynch? (1). Questa differenza di livello dei due laghi rispetto alla superfìcie del mediterraneo creduta per lungo tempo un errore di calcolo, adesso è fuori contesta- zione. A spiegarla richiamiamo le leggi fisiche ed ag- giungiamo le osservazioni di eccezione. Non ostante le leggi di equilibrio, non essendo la sola gravità la forza che agisce sulla superficie delle acque; n' è venuto che per circostanze speciali telluriche e cosmografiche qualche mare si è trovato di un livello differente da quello degli altri. Non ac- cenniamo al lento abbassamento del mare in Finlan- dia ed in gran parte della Svezia, ne alla sua eleva- zione nelle coste della Scania e nelle parti occidenta- li della Groenlandia, amendue fatti geologici che spie- gansi generalmente per il lento e progressivo movi- mento del suolo; ma ci contentiamo di richiamare os- servazioni che più da vicino si riferiscono alle scien- tifiche curiosità contemporanee. (1) Vedi Maury, Geogr. fisica del mare e sua meteorol. ver- sione Luigi Gatta, pag. 312, Torino, 1872. — 250 — La mutazione dell' Istmo di Suez in canale marit- timo fu intrapresa nella fiducia che appena tagliata quella lingua di terra (ora mare che io solcai in bat- tello con la gioja degli argonauti), le acque de' tre mari, rosso, mediterraneo ed indiano si sarebbero pla- cidamente confuse come in amichevole amplesso; ma la commissione, diretta dal sig. Lepère, durante la spe- dizione in Egitto , avea costatato che il livello del mare rosso fosse piià alto di quello del meditarraneo di 9°, o 9 nell'alta marea, 8°" 12 nella bassa. Il medi- terraneo a Barcellona e l'Oceano a Duncherque non sono perfettamente allo stesso livello, secondo le os- servazioni del Delambre. Il mare del sud a Collao sem- bra di 7" più elevato dell'oceano a Cartagena, giusta i dati barometrici apprestati dal sig. Humboldt (1). Inoltre non possiamo passare sotto silenzio che il miscuglio delle acque del mare con quelle dei fiumi altera pure le leggi dell' equilibrio della superficie dei liquidi nei vasi comunicati; citiamo a questo riguardo le osservazioni dello Stevenson nel porto di Aberdeen all'imboccatura del Dea non che a quella del Ta- migi presso Londra e Wolvich (2). Non ignorasi d'altronde, che da tempo immemo- rabile il mare di Galilea come il mare di Arai, il lago Asfaltite, il Caspio ed altri laghi interni dell' iVsia non si sono prosciugati sensibilmente , né riempiti a ribocco, d' onde inferirsi piiote che in quei bacini l'e- vaporazione e la precipitazione si compensino. Ed auì- (1) Vedi per altri esempii Marmocchi, Diz. di Geogr. Univ. alla V. Mare, Torino 1862. (2) Vedi Pouillet , Eleni, di fìsica sperim. e di Meteor. T. I. Gap. V, Idrost. Napoli 1846. — 251 — mando questo dato di fatto colla savia riflessione del Franklin, cioè che se un fiume (nel caso nostro sarebbe il Giordano che attraversa il lago di TiberiadeJ) entri in un bacino idrografico, senza che questo trabocchi, ciò avviene perchè le acque si spaziano in una super- ficie sì ampia che lo svaporamento toglie loro una massa quasi eguale a quella che vi affluisce » (1) ; non potrebbe, dico, in tal caso spiegarsi ragionevol- mente il costante livello del mare di Genesaret sotto quello dell'Oceano, molto più se considerar si voglia r alta temperatura di quel sito, per la quale l' evapo- razione à da eftettuarsi viemmaggiormente? S. Isidoro di Siviglia accennando alla speciale guisa con cui si evapora l'acqua del lago di Gene- saret, prescindendo da venti e da altre sinetie o con- cause comuni, dice che il detto lago si purghi per spe- ciali condizioni, quasi, sono le sue parole, de se et ex se excreans. Le nostre ventilate preoccupazioni adunque non derogano alla tesi sulla possibilità della comunicazione del mare di Galilea con il mediterraneo : tale teoria non può essere oggimai sfolgorata a nome della scienza. E arroggi, che presso le rive del lago ond' è pa- rola, rinvengonsi tvitt' ora sorgenti d' acqua salmastra , come quella di Ain-et-Tabegah, e come l'altra di Ha- math intorno a cui rendeva testimonianza a tempo suo lo stesso Giuseppe Flavio ( V. G. G. lib. 4. cap. !•). Moltiplicare quindi allegazioni storiche e patristi- che sul proposito non cade in buon taglio; sol ci si (Ij Vedi Pouillet op. cit., cap. cit. — 252 — permetta trar vantaggio dalle parole del massimo fra i dottori chiesastici, S. Girolamo, che lunga stagione vissuto , e morto in Palestina , non è stato meno un santo che un gran maestro dell' umanità per l'acume e la elevazione del suo ingegno , non che per 1' am- piezza e profondità del suo sapere. Egli adunque nel Comm: dell' Evangelo di S. Mat- teo lib. Ili, cap. XVII, così scrive a proposito della pesca miracolosa del pesce S. Pietro : Videtur autem mihi iste esse piscis qui primus captus est, quiin ptro- fundo maris erat et in salsis amarisque gurgitibus mo- rabatur. Ecco la nozione zoologica sull'indole che ha il ci- tato pesce di vivere in alto mare. Ecco la nostra sup- posizione che in fondo a quel lago sieno acque ma- rine introdotte in arcani meati per filtrazione, la quale in quella che potrebbe lasciar passare uova di pesci marini spoglierebbe di salsedire l'acqua del mare con fenomeno meccanico e chimico insieme per i tanti reat- tivi che potrebbero incontrarvisi, sviluppandosi nello stesso tempo un calore per ragion di movimento e di attrito. — Il sopracitato storico ebreo nel lib. Ili della indicata opera, parlando del lago medesimo, che si sa essere oltremodo pescoso, insegna che quivi rattro- vansi generazioni di pesci, per sapore e specie diversi da quelli di altrove. Però non può affatto intendersi per specie diversa una varietà entro lo stesso genere o famiglia, e molto meno entro lo stesso ordine, spe- cialmente che in detta opera § 7. si avverte che lun- ghesso il medesimo lago rinviensi una copiosa sor- gente d'acqua creduta da alcuni una vena del Nilo, perchè essa ingenera un pesce somigliantissimo al co- radilo che vive nei lagumi di Alessandria — Chi seri- — 253 — ve, essendo dimorato alquanti giorni in Tiberiade, a avuto il piacere di gustare pesci di nome a noi noto, ma di squisito sapore, come p. e. i ricercati pettini Non ostante adunque la diversità di gusto e le altre ac- cidentali qualità, non puossi recisamente negare l'e- sistenza di qualunque sgombero e sgomberoide nelle acque del mare di Galilea, benché vi possano essere rari nella completa forma e mole del preteso pesce S. Pietro, chiamato raro dai naturalisti sopracennati. Ho digredito non poco per fondamentare la pos- sibilità di trovarsi sgombri e sgomberoidi nelle ac- que di Genesareth,e combattere così quell'impossibilità, di cui si fanno banditori i zoologi rappresentati ulti- mamente dal Brelim onde dar di cozzo alla veracità del racconto evangelico ed alla analoga leggenda. Restando quindi ferma l'idea che il pesce di San Pietro descritto come sopra, sia raro a vedersi, a ve- nir su, e ad esser preso (rarus), la nostra tesi di pos- sibilità sta bene al cospetto della sana critica, o al cer- to basta per isvigorire il tono dogmatico dei nostri avversarli. Sì, la natura delle acque e l'indole dei viven- ti in esse, offi-e tuttora un mistero il cui velo pare non sia vicino ad alzarsi (1); come restarono ancora miste- (1) É quintile a proposito delle incertezze scientifiche sul li- vello dei mari riportare un brano dell'opera intitolata Corso di Geologia del prof. Antonio Stoppani, Milano ]871. L'illustre autore che fa tanto onore alla casta jeratica ed alla patria a cui appartiene, scrive così nel voi. I, parag. 10 op. cit. « L'uguaglianza del livello del mare, salvo accidentali dif- ferenze, volute dalle leggi di attrazione, dall' evaporazione, da temporanei squilibrii etc. è pure un fatto che serve di base al- la geologia sotto molti rapporti.— Ma tale livello è egli costan- te ? Lo fu in tutti i tempi nel senso che attingesse sempre la ATTI ACC. VOL- XI. 34 — 254 — riose in faccia alla scienza le acque primitive sopra cui incubava lo spirito di Dio e quelle che dopo il diluvio rientrarono nei grandi abissi della terra. Un fatto contemporaneo ne è una prova di j)iù. Il lago di Zirknitz in Carniola ha circa due le- ghe di lunghezza sopra una lega di larghezza; verso il mezzo dell'està si abbassa rapidamente di livello e in poco tempo apparisce completamente secco ; al- lora osservansi distintamente le aperture per le qua- li le acque sonosi ritirate sotto il suolo , qui verti- calmente, altrove in una direzione laterale o obbli- qua, verso le caverne onde son piene le montagne circostanti. Immediatamente dopo il ritiro delle acque tutta l'estensione del terreno che esse coprivano è messa a coltura, ed a capo di pochi mesi i paesani falciano fieno e mietano miglio e segala là dove poco tempo jjrima pescavano le tinche ed i lucci; calza qui bene il detto del Venosimo. — Sterilisque dm ixdus aptaque remis vicinas urbes alit et grave sentit aratrum. Verso la fine dell'autunno dopo le pioggie di quella stagione le acque ritornano per i medesimi canali na- turali, che avevano loro aperto un passaggio nel mo- mento della scomparsa. Si sono potute osservare fra quelle diverse spaccature del suolo differenze singolari; le une forniscono solamente acque, altre danno passaggio medesima altezza, misurando dal centro del globo? É questo \n\ altro problema presentato alla geologia, la quale però per una folla di importanti deduzioni si accontenta che stia fìsso il principio di quella uguaglianza di livello, in ogni epoco, per l'oceano e pei mari comunicanti, che si stabilisce, qualunque sia la quantità del liquido in un bacino qualunque e nei vasi comunicanti ». — 255 — ad acque ed a pesci più o meno grossi, una terza spe- cie lasciano passare anitre appartenenti ad un lago sotterraneo. Queste anitre nell'istante in cui il flusso liquido le fa per così dire venir su alla superficie della terra nuotano bene, ma sono completamente cieche e qua- si inplumi. La facoltà di vedere viene loro fra poco, ma non è che in capo a due o tre settimane che le loro piume tutte nere meno quelle della testa , fauno cresciuta abbastanza, perchè quelle possano volarse- ne.— I paesani ne prendono una grande quantità. Le anguille che si pescano in tale lago pesano da uno a due Cg. le tinche da tre a quattro ed i lucci da dieci a venti. Questa curiosità naturale annunziata dall' Explo- rateur e riportata dal periodico La Science pour Tous. N. 32. 7 agosto 1875, ci sembra la chiave dell' arco trionfale (se non ci inganniamo) fiu qui da noi costrui- to ad onore della verità. Prima dunque di spruzzare l'acre del ridicolo sulle pagine della Bibbia e parodiare le religiose credenze, auguste, se non altro , per diciannove secoli di vita , fa mestieri preoccuparsi seriamente delle gravi diffi- coltà che si possono elevar per contro a nome delle pili rigorose teorie della scienza. Se non che, con la buona pace de' naturalisti ho a dir loro che, smarrita la tradizione sul vero pesce S. Pietro do]3o che l'Islam, devastati i più sacri mo- numenti, divenne formidabile agli occidentali, e nes- suno di costoro osò più varcare il nostro mare, e porre piede sugli opposti lidi, i zoologi copiandosi 1' un l'al- tro ed ingannati da una volgare leggenda del Tevere — 256 — sullo sgoinberoide portante due macchie nere sul dorso come vestigia delle dita di S. Pietro, presero tal pesce per quello menzionato nel diciassettesimo capo del primo Vangelo, confondendo il vero pesce di S. Pietro con il pesce S. Cristofaro, Zea, Dorata, re delle arin- ghe e che so io. Sentiamo mestieri di riportarci alla fonte della primitiva e non interrotta tradizione, lì dove tutto è eminentemente tradizionale e fermo, come pratico co- mento di ciò che leggiamo nelle Divine Scritture; lì dove giusta la frase dello stesso Vangelo si sono vio- lati i precetti di Dio per non derogarsi a veruna tra- dizione umana; lì dove trovasi tuttora l' usanza di par- lare forte dai tetti delle case, uso onde parla il ì^az- zaveno, 2)raecHcate super teda; il costume femminile di recarsi pendenti dal collo una buona dose di monete ingegnosamente infilzate, come dicesi della sposa dei Cantici, collimi tuum sicut turris, mille clypei pendent ex ea, e molte altre abitudini, che noi abbiamo ap- preso dalla lettura della Bibbia, che sonosi costante- mente mantenute e di cui sono incarnazione vivente ed immutabile gli Arabi, specialmente nomadi o be- duini. Il est admis, scrive fra Lavinio belga da Ham- me, généralment et avec toutes Ics raisous possibles que les traditions se conservent mieux en Orient que en Occident. Eipristinatisi infatti da qualche tempo in qua i rapporti fra l'Oriente e l'Occidente, i pellegrini anno potuto recarsi fino alle rive del mare di Tiberiade, fraternizzare con quei marini, successori degli apostoli, che furono presenti a' prodigii del Salvatore, e cerzio- rarsi del vero pesce in bocca a cui fu rinvenuto il — 257 — pezzo di moneta bastevole a pagarsi il tributo per Gesìi e per il suo apostolo (1). Ebbi aucli' io, lo ripeto, la sorte sono gìli due pri- mavere, di fermarmi per alquanti giorni sulle rive del mare di Tiberiade (bahr Tabarìeh), ne gustai i graditi pesci, ne bevvi le fresche e chiare acque, ne solcai la iucrespantesi superficie voluttuosamente, direi, baciata da'zeffiri in ossequio delle tamnaturghe piante del Naz- zareno che un dì le calcava. Chiesi con istanze a quei bar- cajuoli novelle precise sul tradizionale pesce di S. Pie- (1) Se potesse comprovarsi che gli orientali a' tempi del Nazzareno proseguivano a far uso di concliiglie viventi o nura- moline o di nummoliti per monete (Vedi Boccardo diz. di Econ. e Comm.) come lo facevano dapprima in alcuni paesi dell'Africa e dell' Asia; l'intelligibilità del miracolo si renderebbe piìi chia- ra: G. C. avrebbe divinamente veduto che il pesce sott'acqua avea inghiottito una conchiglia del convenzionale valore di uno sta- tere. Vedi eziandio Gioja, Nuovo Prospetto , tom. I, pag. 140, e Garnier— Éléments de 1' Écon. polii. Bruxelles 1850, pag. 137. Ho detto: se si potesse etc, perchè non posso dissimulare che al capo XXII dello stesso S. Matteo vien menzionata la mo- neta del censo improntata dell'efflgiedi Cesare; ostendite tnihi nu- misma census-cujus est imago haec et super scviptio? Dicunt ei Ccesaris.... Ciò non di meno^ sapendosi che gl'imperatori ro- mani avevano soltanto premura di coniare di un modo appo- sito la moneta che poi doveano esigere in censo da' loro sud- diti, mentre la moneta che serviva ad altri usi nella pubblica circolazione come quella che contribuivasi all' erario del Tem- pio, e della quale parlasi nel discusso capo XVII di S. Matteo^ poteva correre ben diversa; è lecito ritenere contemporaneo al- l' uso della moneta coniata quello di altra specie di moneta convenzionale; quantunque questa possa essere stata di circo- lazione non nazionale, ma provinciale o consorziale di più ri- stretta sfera. Vedi per questo argomento i Comm. al cap. XVII e XXII- di S. Matteo, e specialmente presso Alapide e Duhamel. — 258 — tro; ed eglino mi diedero contezza, della sua forma di anguilla, della sua dimensione in media e del suo pe- so, soggiungendomi però che occorra ben di rado co- glierlo in rete o prenderlo all'amo, ranis: è la jDarola de' naturalisti. Non potevo certamente tenermi pago di siffatte orali informazioni sino a quando non mi vennero a capello confermate dal Presidente dell' Ospizio dove io ero stato graziosamente accolto, il quale buon Padre francescano fu cortese sino al punto di com^ilimentar- mi del raro pesce una porzione di testa e propriamente la parte dell' apparecchio respiratorio che da molto temj)o avea tenuto chiusa in una boccia di vetro pie- na di alcool, e quale io qui la depongo sul tavolo della nostra Accademia (1) onde potersi immaginare la forma di tutto l'animale, nello stesso modo che se- condo le leggi della meccanica fisiologica si potè da pochi dati fossili rintegrare gli scheletri di animali di specie perduta; e questo tanto più che come osser- va lo stesso Brehm, la testa di una anguilla misura generalmente un'ottava parte circa della lunghezza complessiva del suo corpo. Il sopracitato fra Lavinio da Hamme , famoso orientalista, che vive tuttora in Gerusalemme, e che per far compagnia ai colti pellegrini francesi, rive- dendo più volte all' anno il mare di Galilea ha avuto varie occasioni di osservare e gustare il pesce onde ragioniamo; ce ne dà la descrizione seguente « La spe- cie del pesce tradizionalmente conosciuto, nella bocca (1) Nella seduta accademica fu presentato il pezzo ictiolo- gico onde vedersi dagli astanti. Il suo diseguo vedilo nelle qui annesse tavole l'^ e 2='. — 259 — del quale Pietro trovò un pezzo di argento, ò chiamata da' Cristiani pesce di S. Pietro, e da' IMusulmani Bal- bout. Questo pesce rassomiglia alle anguille , salvo che è meno lungo ed ha la testa eccessivamente piat- ta, ornata di tre lunghe antenne. E buono assai per tavola e pesa fino a 15 kilogranmii » (Guide indica- teur des Sanctuaires et lieux historiques de la terre salute, Jerusalem 1869, pag. 517 in nota). Adunque il vero pesce di S. Pietro è dell' ordine dei malacotterigi apodi, che, come si sa, comprende una sola famiglia la quale è composta di pesci assai ric- chi di generi e specie. Tale famiglia appellasi degli an- guilliformi, e va caratterizzata per forma allungata, pelle spessa e molle di squame appena osservabili , e privazione di natatoje addominali. Fra uno dei generi, più importanti in quest' ordine , ammoditi , ginnoti , murene, gronghi ed anguille, fa d'uopo ricercare o col- locare la specie del pesce di cui ci occupiamo, e che noi proporremmo di appellarsi anguilla — Cephas dal nome siriaco di S. Pietro. Convengo che un pesce non può bene classificarsi per la sola ispezione della testa senza comporne il re- sto del corpo, f)inne, notatole, alette, vescica notatoria ed altro carattere rimarchevole; però non vien meno da ciò il mio assunto sull'esistenza di quel pesce, ignoto ai nostri naturalisti. I quali restano sin da ora invitati a vedere con i IM-oprii occhi ed a studiare meglio che non abbiamo po- tuto farlo noi, il pesce di cui è parola. I naturalisti da gabinetto spesso non credono alla esistenza ed alle abitudini di certi animali che non conoscono, col pretesto che sembrano inesplicabili. Molti fra costoro p. e. hanno negato per tal motivo — 260 — r esistenza del fillostomo tanto molesto nell' America meridionale. ]\Ia l' incredulità che non prova nulla , come r ha detto un moderno viao-o-ìatore, distino-ue i semidotti; mentre i veri sapienti consultano, ed ap- prezzano le storie e le tradizioni anche le più volgari. Ritorniamo all' argomento. L'anguilla è uno di quei pesci onde la propaga- zione e lo sviluppo sono tuttora coperti di qualche mistero. Secondo i naturalisti moderni e specialmente il Signor E. Blanchard, 1' anguilla non sarebbe che una larva di pesce che non si conoscerebbe adulto. Checchennessia in genere di questa opinione non di- visa da altri sapienti, il pesce di San Pietro con le suc- cennate antenne, con la lunghezza presso poco come quella delV anguilla vulgaris e con la testa eccessiva- mente depressa, non potrebbe accennare a qualche trasformazione ? Io da semplice adonista o dilettante, come suol dirsi, metto in campo questa opinione, la- sciando che i professori competenti ne diano formale e rigoroso giudizio. E mi limito a brevi considerazioni su qualche specialità anatomica di quel pesce per ispie- gare in parte il miracolo operato da Gesù nel mare di Galilea in modo però da non escluderne assoluta- mente il soprannaturale, come lo farebbero i razio- nalisti assoluti dell' età moderna. Si sa che i pesci come sono prodigiosi nella pro- lificazione, così sono attivissimi e rapidissimi nella di- gestione, e perciò voracissimi, oltre che di pesci e vegetali, spesse fiate anche di qualunque oggetto loro venga incontro. Lo stesso Brelim scrive nelle Consi- derazioni generali sui pesci (op. cit.) « Quasi tutti i pesci sono rapaci, persino una gran parte di quelli che mangiano vegetali; quasi tutti — 261 — sono abili ed audaci predoni » . Vaglia dunque il vero, il pesce di S. Pietro o anguilla Ccphas potò scam- biare per un mollusco nicchiato lo statere , che pe- sando allora 4 dramme attiche, ovvero un siclo in- tiero degli Ebrei, era corrispondente nella dimensione e nel valore a circa due franchi di argento della no- stra moneta, ed imboccarlo (1). A chi inforsar presu- messe il modo con cui abbia potuto il pesce trattenere in bocca la detta moneta, staterem invenies in ore ejus; mostreremmo la curiosità anatomica dell'esofago di tal pesce il quale, come vedcsi, ha una ipertrofia papillare dendroide-esofagea. Vedi Tavola iu fine. Abbiamo contrassegnato col nome di dendroide da SeySpo'j albero la detta curiosità anatomica perchè è in forma di vegetale; e nel lago di Genesareth è il solo pesce di S. Pietro che se ne trovi guernito. Aggiungia- mo che siffatta ipertrofia sia potuta ben valere a trat- tenere iu bocca al pesce la moneta del tributo, non es- sendo quella eccitata a funzionare peristalticamente da una sostanza o bolo non alimentare, specialmente per quelli che vogliono lì vedere a dirittura un pezzo di metallo. Il Nazareno se ne sarebbe accorto, o meglio divinamente lo avrebbe saputo qiùia omnia sunt nuda et aperta oculis efus, ed avrebbe comandato all' Apo- stolo di gettar 1' amo , tirar su il pesce e cavar fuori dalla bocca di esso la moneta da pagare per il tri- buto di entrambi. S. Girolamo non sa se ammirar debba in questo tratto la prescienza o la potenza del fi- glio di Dio, e Cornelio Alapide ne vagheggia la potenza, scrivendo che il Signore abbia posto per mezzo d' un (1) Vedi una delle note precedenti siili' ipotesi della mone- ta-Conchiglia. ATTI ACC. VOL XI. 35 — 262 — Angelo in bocca al pesce il desiderato numisma. Cu- raverat eniin Cristus per Angelos poni hunc staterem in ore piscis (S. Matt. XVII.) Calmet però più razionale anzicchè altro, sempli- cizza e depm'a il fatto del molto elemento soprannatu- rale, giacche non conviene fare sciupo di miracoli o moltiplicandoli senza bisogno o facendo intervenire la causa prima ove può vedersi l'azione delle cause se- conde: e così scrive che il Nazareno abbia potuto co- noscere con divino intuito l'accaduto naturalmente sot- to la superficie delle acque, cioè l'avere il pesce presa la moneta ed essergli questa rimasta in bocca, p/sm hic nuper /orlasse hunc staterem in venerai, nondum enim illuni deglutierat cum Petri hamum momordit ab ipso in aquam prò jectum ( ivi S. Matteo.) Quest' ultima spiegazione meglio concorda con il nostro divisamento e lo conferma. Non posso però far fine a questo mio qualunque siasi lavoro senza preoccuparmi di un triplice perche quale io sento dover diriggere a me stesso. Perchè mai l'incontrarsi di tutti i zoologi dagli antichi come Rondelet (1) e Cirino (2) ai moderni rappre- sentati principalmente dal Ch. Sig. Brehm nella mede- sima erronea opinione appoggiata alla volgare credenza romana, circa la natura del pesce S. Pietro? — E facile , ripeto, osservare, che rotte per lungo volgere di anni le antiche relazioni nostre con 1' oriente, i menzionati autori sieusi dati a seguir 1' uno le orme dell'altro, quo itur non quo eunduni est, senza curarsi più che tanto di richiamarsi all'osservazione locale. D'altronde- (1) Libri de piscibus marinis, etc. Lugduni 1554. (2) Variarum lectionum^ sicc de venatioiie heroitm L. 3. — 263 — i pochi tra loro, ostili al sopraniiaturalisrao biblico, hanno potuto accogliere a bocca baciata quell' invalsa opinione per deddurne poi la incredibilità del fatto, ricantando la incompatibilità delle abitudini dello sgom- bro con le acque d' un lago. Veramente c'è da lamentarsi sull'indole attuale della moderna enciclopedia: non si vuol conoscere che il positivismo volgare non può mica appagare le brame e gli slanci dello spirito umano. Fa bisogno di anda- re oltre la corteccia del sensibile, è mestieri di una metafisica, la quale sia pure che per i dotti trovisi nel criticismo della scienza, per il popolo però sta sempre nella religione; non puossi adunque combattere quest'ul- tima senza offendere, se non altro, la metafisica de' più* Perchè mai i Romani si fecero a darci per certo che il pesce San Pietro sia il noto sgombro che allie- ta appo loro e noi le laute mense ? Certamente, o perchè siasi scambiato quel pesce" con il pesce S. Cristofaro fra le cui greche leggende vi ha pur questa, che un dì abbia egli preso con le dita uno sgombero sul cui dorso sono rimaste come a segno dei suoi polpastrelli due macchie nere (1); o perchè, attesa la personalità morale assorbente del volgo romano, do- po cessato il sanguinoso dramma de' Crociati, come sì è voluto compensare la perdita dei Luoghi Santi con le magnifiche sacre costruzioni della capitale del mondo cattolico, così si è cercato di riferire anche a questa de- gli avvenimenti che si consumarono in Palestina e le cui (1) I Greci moderni narrano una leggenda secondo la qua- le S. Cristofaro traversando il mare con Gesìi Cristo sulle spal- le, prese un pesce e lasciò sui fianchi di questo l' impronta di due delle sue dita. La vivente tradizione de' Palestini pone tale scena precisamente dove il Giordano mette nel mar Morto. — 264 — viventi memorie sono quivi rimaste senza emigrare con S. Pietro da Antiochia a Roma. Sul quale proposi- to cade beuanco in acconcio valutare il facile tramuta- mento della voce grongo (specie di anguilla) in quella di sgombro, nella bocca del popolo. Ma perchè ho scritto queste carte? Per due motivi. Prima per compito di mia perso- nale condizione; trattandosi di questione zoologico -bibli- ca, dovevo mostrare che il vero pesce di S. Pietro non è lo scombro comunemente creduto , sibbene il Bai- but che offre dei dati anatomici a i-endere più razio- nale, direi, il fatto biblico: secondariamente per con- correre pure da canto mio alla fausta solennità scien- tifica del Seraicentenario di vita della nostra applau- ditissima Accademia. Ma ho io imberciato nel segno? Noi presumo, e lascio a' dotti il completo ed inappellabile giudizio in tal materia; giacche il fare altrimenti sarebbe agire da stolto, essendo che lo studio della natura sia tale a cui non è mai pari la piìi lunga vita dell'uomo sulla terra uè il moltiplicarsi degli sforzi delle tante gene- razioni. Quando il 15 marzo dello scorso anno nella R, Ac- cademia Peloritana leggevasi dal mio illustre amico prof. Cav. A. Catara Lettieri la mia Nota zoolo- gica sul cane, il lontano rumore de' ripetuti applausi e l'eco lusinghiera di tanti periodici dell' Isola non mi soffocarono la interna voce, fedelissimo interprete della mia nullità in siffatte discipline; ond'io mi affretto a far fine anche qui con le parole usate allora in quello scritto, togliendole in prestito a me stesso : « Nel mio lungo lavoro intitolato — Introduzione generale allo studio delle Sante Scritture — ho toccato — 265 — delle principali quistioni di scienze naturali , specu- lative, morali e politiche nei loro rapporti con la Pa- rola ispirata; e non vedrà esso affatto la luce se pri- ma, specialmente nella parte delle scienze natui'ali , non verranno le mie opinioni sottoposte in dettaglio alla critica severa da' legittimi censori, come da qual- che tempo ili) cominciato a fare. Tuttocciò adunque che io ho avuto, non so se l'onore o l'ardire, di presentare a questo illuminato Consesso , valga soltanto come un dato di fatto che mi sono impegnato di costatare in tal guisa da potersi accettare senza beneficio d' inventario (1). Il giudizio ne sia devoluto all'autorevole Accademia ed a' chia- rissimi personaggi che sono venuti quest' oggi ad ono- rarla e a parteciparne alla festiva esultanza per il compie annos della sua gloriosa Semisecolare esistenza. (1) Ebbi fra gli altri per compagni del mio viaggio in Oriente r erudito giovane, Conte del Pezzo da Napoli, il bravo prof, di musica sacra, Sac. Giuseppe Chiarenza da Catania, ed il chia- rissimo lettei'ato Mgr. Jacopo de Bernardi Vicario Generale di Pinerolo. TAGLIO LON&ITiraiNALE della lesta delBALBUUT o Riesce di S.Pietro FRONTE PROFILO ,ci ^ bc^rit/Aux, bjvkvtlixxto iiciiÀt,u>\AxL - iÌ!-ci^aajM^ CAUTA IDKOGUAFICA DELLA CITTÀ DI CATANIA E DEI DINTORNI IMMEDIATI DI ESSA PER CARMELO SCIUTO-PATTI È trascorso più d' un lustro, Soci ornatissimi, da che in questa sala medesima , per altra solenne adu- nanza , la quarta riunione dei naturalisti italiani te- nuta in agosto del 1869, aveva io l'onore d'esporre ad un culto assembramento di dotti nazionali e stranieri il risultamento dei miei studi riguardanti la geologia della nostra Città e dei dintorni immediati di essa. Però neir indicato mio lavoro, nel cenno topogra- fico premesso alla esi^osizioue geologica, accennando alle svariate condizioni fisiche, il complesso delle quali costituisce lo studio della topografia di una contrada, ometteva di dire tanto della idrografia, quanto delle condizioni termiche del sottosuolo , appunto perchè tali studi risultando di una speciale importanza non possonsi giammai con brevi cenni indicare. Eppei-ò riserbavami d' esporvi in apposito lavoro il risulta- mento dei miei studii relativi alle acque che flui- ATTI ACC. VOL. XI 36 — 268 — SCODO, o ristagnino disperse sotterra, come altresì costi- tuire altro speciale argomento lo studio del terreno in rapporto agli agenti fisici, l'aria, 1' acqua ed il calore. È a tali interessanti lavori che ho rivolto da più anni le mie investigazioni e ricerche; ed è sulle acque sotterranee che intendo solo quest' oggi d' intrattener- vi. Mentre altri distinti soci s' occupano dell' analisi chimica delle nostre acque , dal canto mio vengo ad esporvi, sebbene in semplice bozza, la carta Idrogra- fica della città di Catania e de' dintorni di essa (1). La città di Catania è povera e ricca ad im tem- po di acque. Per quanto scarse sono quelle, che su- perficialmente fluiscono incanalate, a pubblico e pri- vato uso destinate, altrettanto copiose sono quelle che, disperse, sotterraneamente vi scorrono od in estesi ser- batoi giacciono raccolte. Ovunque per avventura , tranne verso lo estremo settentrionale del caseggiato , occorra il perforamento d' un pozzo d' acqua viva, si è certi di rinvenirla ad una profondità maggiore o minore ed in volume piiì o meno considerevole da supplire al difetto delle po- che che allo esterno fluiscono (2). (1) Oltre alle varie analisi delle acque di Catania fatte dal- l'estinto Prof. G. De Gaetani riportate nel tom. VII del Giornale Gioenio^ nella memoria titolata: i??c<'/'c/;e sulle acque così dette del Fascino e dei Canali; altre analisi sonosi eseguite dal socio Prof. O. Silvestri che saranno in seguito comunicate all' Acca- demia Gioenia. (2) Le acque che fluiscono incanalate in città, in maggior parte destinate ad uso privato dispensate a domicilio^ possonsi considerare come aventi in media un efflusso perenno di litri 54,00 circa per minuto secondo. Esse sono: 1. Quelle provenienti dalla sorgiva (ìe\ Fasano a chilometri 3 a nord da Catania, nella contrada onionuma. Esse apparten- — 269 — 1/ acqua però clie nei cennati pozzi si rinviene , non oftre ovunque le stesse qualità in ordine alla pota- bilità ed agli usi economici od industriali, cui potrebbe venire destinata. Le acque che sotterraneamente fluiscono, o rista- gnano, nel sottosuolo della nostra città, senza scendere a minuti particolai-i , possonsi in ordine alle fisiche qualità classificare in acque potabili, salmastre, torbide o fangose, e minerali. Estesa più d' ogni altra è la zona che le pri- me racchiude; come altresì di qualche estensione è parimente quella che fornisce acque salmastre; ristretta è poi , d' altro canto , quella che dà acque torbide fangose , ed in un solo sito riscontrasi acqua mi- nerale. gono in proprietà alia famiglia Carcaci. Il loro efflusso in media può ritenersi di litri 30, 00 per minuto secondo; però quelle che propriamente giungono a Catania possonsi ritenere solo di li- tri 20, 00 essendo destinato il dippiìi alla irrigazione d' ortaggi ed agrumeti nei dintorni. Tali acque prima di giungere in città servono di forza motrice a dodici mulini da grano. 2. Quelle così dette di Manganelli, che scaturiscono nel lar- go di S. Maria di Gesi!i, misurano al loro sbocco, nella Villa Bellini, V altitudine di met. 24 circa, e però possono servire ai soli fabbricati della pai'te bassa della città. Quelle destinate ad uso privato sono in media litri 4, 75 per 1"; parte di esse serve a muovere un mulino da grano: nel complessivo quest'acqua ha in media un efflusso di litri 11, 398 per 1". 3. Le acque del Fonte di Ci/ali hanno in media un efflusso perenne di litri 7, 00 per 1": esse servono solo ad uso della borgata; 1' esubero dopo del servizio nel pubblico lavatojo, e di aver mosso un mulino, serve alla irrigazione d' ortaggi ed agru- meti dei dintorni e del Giardino Bellini. 4. Le acque cosi dette della Leucatia , dopo di avere ali- * — 270 — Accennando alle potabili, per quanto estesa sia la zona che le racchiude, e considerevole il loro volume , le stesse non possonsi ovunque considerare in perfetto stato di potabilità o di completa purezza. La costituzione fisica del suolo in cui fluiscono o ristagnano, lungi d' alterarne la purezza, contribuisce oltre modo ad accrescerla, fornendo, per gli elementi mineraloffìci che lo costituiscono e la fisica struttura dello stesso, le migliori condizioni per renderle pota- bili e pure. Sventuratamente esse sono per fatto no- stro rese, in vari siti, impure o non potabili. Più di ogni altro il cattivo sistema di fognatura, preso da noi in uso, influisce potentemente in molti punti della no- stra città ad alterare la purezza delle acque sotterra- nee e ad inquinarle di sostanze nocive. Il limite pre- mentato il fonte pubblico della Barriera , riunite alle altre della maggiore sorgiva , e raccolte in vasto serbatojo , di- spensate a gorgote, servono a muovere 10 mulini da grano; indi incanalate in dispendioso aquidotto , scorrono in città : esse però non servono a vernn uso potabile, e solo sono desti- nate in parte alla irrigazione d' ortaggi ed agrumeti di pro- prietà un tempo del ricco Monistero di S. Niccolòj e parte alla irrigazione dei giardini annessi allo stesso Monastero. Le acque di recente rintracciate dal marchese di Sangiu- liano, a monte delle sorgive della Leucatia, di scarso volume, sono esclusivamente destinate alla ii'rigazione di agrimieti ed ortaggi a nord est di Catania. Le acque però che fluiscono in città e nel sobborgo di Citali, a pubblico e privato uso destinate, vanno di giorno in giorno assottigliandosi a misura che mano mano si estende la colti- vazione degli agnnneti nei d'intorni; perlochè vistasi la ne- cessità di aversi un maggior volume di acque, dispensato a do- micilio, attesa la pochezza di quelle delie quali può disporsi, sono- si messi avanti vari progetti per conduzioni d' acque; dei quali nissuno sin (pii sventuratamente è stato attuato. — 271 — fissomi nella presente esposizione mi vieta di svolgere tale interessantissimo argomento (1). Nella borgata Ognina, su considerevole estensione, e per altra zona lungo tutto quanto il littorale, le ac- que che si attingono dai pozzi ivi forati , per la me- scolanza con le acque marine , sono più o meno sal- mastre; e però non potabili, quantunque limpide e chia- re, ne giovevoli alle coltivazioni irrigue e nocive alle costruzioni (2). Nel bel mezzo della nostra città, ove mostrasi allo scoverto la formazione sedimentaria , per una zona che s'estende dal largo del Castello al Quartiere della decima, le acque che vi si riscontrano, scarse per altro in volume, non sono affiatto potabili. Le marne argil- lose in mezzo a cui fluiscono, le rendono d'un cattivo sapore, e appena adatti agli usi domestici; come in un altro sito a sud-ovest dei Quattro Cantoni, riscontransi acque estremamente torbide e fangose (3). L'acqua minerale infine, alla quale si è accennato, è fornita da una specie di pozzo artesiano antico, esi- stente nel predio dell' Elemosina, ad occidente del nuo- vo cimitero (4). (1) Tale inconveniente, come è naturale, è maggiore, ove i pozzi hanno minore profondità, principalmente in terreno vul- canico, ove la infiltrazione dei pozzi neri è più immediata, age- volata dalle rotture della lava , e va di conseguenza ad inqui- nare la falda fluida delle acque potabili. (2) I fabbricati quasi tutti della borgata Ognina, presentano i tristi effetti dell'acqua salmastra usata nella costruzione di essi. (3) Acque fangose riscontransi nei pozzi del fabbricato dell'a- bolito convento di S.'^ Nicolella e della contigua Casa Discari; sarebbe interessante rintracciarne la vera causa. (4) Quest'acqua ed il punto donde esce a luce, interessano tanto r archeologo quanto il naturalista. Essa sgorga da un — 272 — La Tavola che ho l'ouore di sommettervi, benché in semplice bozza, indica la distinzione succennata, i limiti e la estensione delle zone che le svariate acque comprendono. Le acque che circolano nel sottosuolo della no- stra città, oltre della indicata distinzione relativa ai caratteri fisici che presentano, debbonsi altresì distin- guere in fluenti e stagnanti. Fra le acque fluenti van distinte, anzitutto, quelle buco di metri 0, 35 circa di diametro, il quale quantunque in- gombro di materiali, sembra di internarsi ad una grande pro- fondità. Un tale tubo è ai-tefatto_, ha tutti i caratteri di un poz- zo artesiano a bello studio forato per la irrigazione dei terreni circostanti privi d' acque sorgenti ; ma le acque che sgorgano, forse perchè ostruito o rotto il canale, sono in pochissima quantità. Le piante irrigate da quest' acqua vegetano in modo me- raviglioso, effetto del gas acido carbonico, di cui essa è sovra- caricata. L' acqua sgorgando presenta ad intervalli un certo gorgo- gliamento, manda leggiero odore di gas solfidrico, è limpida e cristallina, non produce molesta impressione bevendosi; espo- sta all'aria libera lascia un sedimento giallo rossastro, e la sua temperatura è quasi di 21" del centigrado. Il sito, ov'essa scaturisce, è il centro di un terrazzo, di forma circolare del diametro di metri 11 circa, che elevasi metri 2 sul terreno circostante^ ed al quale si accede pei" mezzo di piccola scala a rampa. 11 terrazzo sudetto è circondato da sedili frap- posti a colonne di mattoni. Nei dintorni esistono avanzi di altre costruzioni murali, in taluna delle quali esiste un' intonacatura che sembra di essere stata dipinta a fresco. In quelle vicinanze fu altra volta rinvenuto un bellissimo cippo sepolcrale che cou- .servasi nella Villa Carcaci a S. M. di Gesù. Queste costruzioni sembrano di risalire all' epoca romana. Quest' acqua fu analizzata dal Prof. G. De-Gaetani — Atti dell'Acc. Gioen. Ser. I. Voi. XVI, pag. 89. — 273 — delV Amenano con iimltiplici diramazioni, oltre a quelle di C/fali e alle altre del Fasano e della Leucatia; come fra le acque stagnanti, oltre i piiì o meno estesi serbatoi sotterranei che riscontrausi luno-o i cennati corsi, fa duopo distinguere quella larga zona, che in- dipendente dagli stessi si riscontra nel sottosuolo ad uguale e costante livello, volgarmente detta acqua di centro. Accennando all' Amenano, reputo ozioso d' interlo- quire sulla pretesa sorgente di esso (1); però per quanto riguarda il corso di questo piccolo fiume, che per l'ab- bondanza e la limpidezza delle sue acque, valse certo a fermare a stabile dimora i primi abitatori di Cata- nia, è noto a tutti come fosse stato in varie epoche, più o meno lontane, da replicate correnti di lava de- viato e disperso; ed in fine, in epoca non molta re- mota, totalmente sepolto , da non restarne , al giorno d'oggi, allo aperto che appena solo la foce. Sono altresì ben noti i caratteri d' intermittenza che nella sua portata l' Amenano distinguono; il suo quasi inaridimento per molti anni, e le sue subitanee piene, che furono spesso, pei nostri maggiori, cagione di positivi malanni (2). (1) E opinione divulgata sin dai tempi di Strabene , ed ab- bracciata dal Maurolico e da molti storici della Sicilia, che l'A- menano tiri la sua sorgente dal Lago della Gurrita, al nord del- l'Etna. A mio avviso questo è un errore, non ostanti le osser- vazioni testificate dall' Ab. Amico e gli esperimenti non dal tutto concludenti del Recupero. Gemmellaro ha dottamente combat- tuto tale opinione e dimostrata la erroneità di essa. Atti della Acc. Gioenia Ser. 1. tom. IX pag. 318. (2) Essendo questo piccolo fiume alimentato dalle pioggie che cadono sull'Etna e dalla fusione delle nevi che ivi s'accumu- — 274 — Il carattere ci' intermittenza che questo fiume pre- senta fu marcato sin dalla più remota antichità. La lano, ne consiegue che deve presentare tutte !e fasi che le me- teore acquose presentano. Tale circostanza fu causa sino al secolo XVII di inondazio- ni della pai-te depressa della città, contigua all'alveo, e di mias- mi per gl'impaludamenti che ne seguivano; e che indi i ricol- mamenti successivamente avverati sino alla riedificazione della moderna Catania, mano mano i-idussero, lasciando sepolto il corso delle acque ; solo nel presente secolo , vennero sta- biliti grandi aquidotti sotterranei per agevolarne il corso. An- corché la storia antica non ci presti delle relazioni circostan- ziate sullo istantaneo accrescimento delle acque dell' Amenano, non trascurano di rimarcarlo moderni scrittori. Fazzello riferisce: L' Amenano detto poi JudiccUo avere inondato porzione di Ca- tania e col suo ristagno cagionato morbi funesti (Dee. I Lib. Ili Gap. I. 133). Cluverio esagera anche troppo gli effetti delle inon- dazioni (Sic. antiq. lib. I. cap. IX p. 1-13): « Caeterum amnis « hic e radicibus Aetnae occulto necdum satis pervestigato fonte « ortus, mediam urbem pieno alveo interfluit: obrutis vero inter- « dum fontium venis amnis per aliquot annos evanescit: rur- « sumqne subito estu erumpens crassiorem pestilentemque ef- 0 fìcit aerem ac nonnumquam inundationem clademque non le- « vem urbi inferi. » — Carrera desci-ive una piena delle acque di questo fiume accaduta nell'anno 1354, dopo lunga intermitten- za; e tale accrescimento avvenne, secondo rapporta l'ab. Amico, sette giorni dopo una dirottissima pioggia, che per tre giorni cadde nei dintorni di Catania nei primi di dicembre di quell'an- no. (Cat, illustr. tom. 2. 133.) Dalla Storia di Catania e dal Lexicon del cennato aljb. Amico si ricavano quatti'o altre inon- dazioni dell' Amenano, cioè nel 1600 (tom. 2. 432)^ nel 1G53 (tom. 2. 471), nel 1708 (tom. 4. 4) e nel 1738 (tom. 4. 32). Nell'ar- chivio del Senato di Catania si trova una scrittura per la co- struzione d' un aquidotto, costrutto nel 1692, a causa delle ac- cresciute acque di JudiceUo. Recupero assicura di essere stato testimonio, nella sua giovane età, dei cattivi effetti di una epi- demia sviluppata dietro le inondazioni di questo fiume, e par che accenni all'anno 1738. (Storia dell'Etna tom. 1. 30). Ulti- ma inondazione finalmente si fu quella avvenuta nel 1833, de- scritta da Gemmellaro ( Atti dell' Acc. Gioen. tom. IX pag. 313. — 275 — denominazione istessa datagli dai Greci di ai^vj-dvo?, che suona quia cito deficit^ accenna a questo caratte- re (1). Nella esposizione della mia Carta Geologica, accennai ai mutamenti avvenuti nel suo corso ; il die interessa più ampiamente svolgere. Però toc- cando della idrografìa di esso fa duopo di precisarne il corso principale e le sue diramazioni. Le acque dell' Amenano giungono in Catania per varie sotterranee permeazioni; però il corso principa- le non lascia di seguire assai d'appresso l'antico suo letto ; il quale , nel tronco inferiore se bene piìi este- so, è rimasto inalterato. Venendo ai particolari di questo principale ed importante corso d'acque fa d'u.opo anzi tutto accen- nare come le varie correnti vulcaniche, colate lungo od attraverso il suo letto, ne abbiano alterato il cor- so primitivo, senza però mai deviarlo del tutto. La prima fra le correnti vulcaniche che abbia cotanto influito sul corso dell' Amenano, sembra non dubbio, di essere stata quella da me distinta con la indicazio- ne di Lava dei Pii; corsa in epoca oscura e anterior- mente alla venuta delle colonie greche in Sicilia, ma posteriormente però allo stabilimento dei primi abi- tatori in Catania. Altra corrente corsa nel terzo secolo dell' era venne, anch' essa, ad alterarne il corso e ricuo- prirlo in gran parte, finche la corrente ultima del (1) Strabene riferisce: « Quod Amenano evenire fluvio perhi- bent Catanam perfluenti, qui per aliquot annos destitutus aquis, deinde iterum fluit, (Geogr. lib. V p. 140.) E sono noti quei ver- si di Ovidio: Met. lib. XV 279. 280. Nee non sicanias voloens Amenanus arenas, Nuncjluit, interdum suppressis fontibus aret. ATTI ACC. VOL. XI 37 — 276 — 1669 , lo sepelliva affatto nel tronco al di fuori di Catania. Però a bea comprendere quali siano stati efltetti prodotti dalle cennate correnti di lava sul corso dello Amenano , fa d' uopo riportarci all' epoca quando lo stesso era libero affatto , e le sue acque placida- mente fluivano seguendo il naturale pendio del ter- reno sedimentario che ne apprestava il letto. Nella esposizione della mia Carta Geologica, ac- cennando alla topografia dei dintorni di Catania, ante- riormente alla colata delle prime lave , ho rilevato quanto interessa all' assunto, e non ho trasandato di no- tare (1) come una valle di qualche estensione , la mag- giore fra tutte nei gruppi di colline che costituiscono oggi il suolo inferiore a nord-ovest di Catania, aprivasi al sud del sobborgo di Cifali, e che poi , più a monte , in direzione quasi di nord-ovest ed indi d'ovest, esten- devasi sino alla contrada Valcorrente (2); e che , a val- le, ristretta e chiusa fra le collinette di Cuna e del Tindaro, terminava al mare in piccolo seno aperto fra le estreme falde di quelle colline , il Castello Ursino e 8. Francesco. Ora si era lungo questa valle che 1' Amenano si avea, e si ha tutt' ora, il suo corso sotterraneo, costi- tuendone essa il bacino idroo-rafico. (1) Pag. 29. (2) La denominazione istessa di questa conU'ada afferma r assunto. In questa contrada inoltre esistono copiose sorgive, le cui acque di unita a quelle di Licodia, incanalate, fluivano in Catania in grandioso acquidotto costrutto sotto la dominazione romana. Le acque di Valcorrente alla loro sorgiva hanno in me- dia un efflusso di litri 90 al 1°; quelle che animano i mulini furo- no da me riscontrate nel settembre del 187G litri fi8, 17: alla sorgiva sono di pili. — 277 — Nel cenuato mio lavoro (1) ho riferito altresì co- me le lave succenuate ne abbiano alterato il corso e sepellito il letto. La lava dei Pii corse giù per la valle dell' Ame- nano. Fu la stessa, la prima, che venne ad alterarne il corso ed a sbarrarlo nelle vicinanze di Catania, in contrada Cm-ìa, dando forse origine a quel lago di rinomata delizia , detto di Anicito , alimentato dalle acque in esame. Le acque dell' Amenano però supe- rando tale argine e filtrando a traverso gli ammas- si di lava venivano a riprendere il primitivo letto ed a scorrere allo aperto sin quasi presso alla foce, nel quale sito essendo altresì sbarrato dallo estremo lem- bo della colata , venivano a scaricarsi in mare , sor- montandola in diversi punti, formando varii rigagnoli in vicinanza del Duomo, ove tutt' ora raccolte metto- no foce in mare. Quest' ultima barriera sollevando il livello delle acque dava luogo ad altro straripa- mento estendendole su larga superficie compresa, dal Duomo a S. Pantaleo , fra il corso V. E. e quello Garibaldi. La lava corsa nel 253 veniva, al nord-ovest della Città, a ricuoprire in gran parte il corso dello Amenano nel tronco sin allora rimasto allo aperto, ed a restrin- gere la estensione del lago di Anicito; finché quella corsa nel 1669, scorrendo sopra le due suddescritte la- ve, faceva disparire affatto gli avanzi del cennato lago e le traccie del corso dello Amenano nel tronco ad occidente di Catania. Il sepellimento dell' estremo tronco, compreso fra i due sbarramenti prodotti dalla lava dei Pii, e che (lì Pag. 59 — 68. — 278 — traversava allo aperto il caseggiato della città, non ad altro è dovuto che ad un graduale ricolmameuto re- cato dall' argine alla foce, ed al cumulo di macerie della vecchia Catania per tre volte scrollata nelle tre- mende catastrofi del 5 febbraio del 252, del 4 febbraio del 1169 e del dì 11 gennaio del 1693 che lo fecero disparire affatto; non restando di esso allo aperto che solo la foce in mare; come ne fan fede importanti ed estesi avanzi dell'arte antica e di macerie che ovunque in questo tratto riveugonsi sepolti e che alternano con i successivi sedimenti (1). (1) Gli avanzi del pavimento dell' antico Foro sono stati da me rinvenuti a met. 4 circa di profondità dell'attuale superficie stradale del Vico Orfanelli, cavando le fondamenta della casa Ferro. Questi avanzi sono sepolti da macerie di vecchie fabbri- che e da un terreno di trasporto, fra cui fluiscono disperse le acque dell' Amenano. Innanzi la Chiesa della SS. Trinità, nor- malmente all' asse del Corso V. E. esistono avanzi di una co- struzione arcuata^ sostenuta da grosse colonne in mattoni, col capitello dorico in pietra vulcanica, che s' estende al nord sotto il campanile della indicata Chiesa ed al sud sotto la casa Ro- meo^ dove da me fu notata nella fondazione di essa casa ; le colonne sono parimente impiantate a met. 4, 50 di profondità dal- l'attuale superficie stradale. Questi due importantissimi avanzi dell'arte antica addimosti-ano come nell'epoca romana , cui i cennati monumenti riferisconsi, la porzione di città compresa fra il Vico Coppola e il Vico S. Anna sia stata in media metri 3,50 più depressa che 1' attuale e da queir epoca in poi successiva- mente ricolmata. Una costruzione murale inoltre, ultimamente scoperta nella costruzione degli aquidotti nella strada Garibal- di , innanzi la casa Sgroi, e che correva obbliquamente all'asse stradale, convergendo verso la Madonna delle Grazie, sembra- va accennare ad un solido muro di sponda; lo che addimostra che in quell' epoca antica , le acque dell' Amenano scorressero allo aperto dalla parte meridionale di esso muro in direzione della casa Gisira e chiesa S. Filippo. Un antico pozzo con in- — 279 — L' annessa carta indica il corso e la estensione del letto pel quale oggi , disperse sotterraneamente, fluiscono le acque dell' Amenano, per come mi è stato dato di rintracciarle. Accennando alle particolarità le più interessanti del corso di questo rivo , nell" ambito della moderna città , è da notarsi : Che il rivolo principale scorre fra le colline di Curia e del Tindaro, e per S. Agata le Sciare si dirige verso S. Pantaleo; da dove può quasi precisarsi la linea del Taliveg che passando per la Ma- donna delle Grazie, Piazza S. Filippo, e per la porta della pescheria mette foce in mare. Questo rivolo prin- cipale dicevasi altra volta Judicello (1). Un rivolo di minor portata, forse in origine derivato con opere d' arte dal Lago Anicito , ed incanalato , passa pel Teatro greco , e scorrendo pel corso V. E. va alla piazza S. Filippo a confluire col rivolo principale di anzi descritto. Altro rivolo , quasi d' uguale portata , proviene da nord-est dello abolito Convento di San Francesco, anima il mulino Merletta, traversa la piaz- za del Duomo, inonda le antiche Terme Achillee, muo- camiciatiira in terra cotta, esistente dalla parte nord dell'indi- cato muro, conferma l'assunto. Fra il materiale di sedimento soprastante agli avanzi suc- cennati lio rinvenuto due intere mascelle ùeAÌ'aequs primigenius e denti di carnivori , una nella fondazione della casa Ferro e r altra sotto 1' antico Seminario Arcivescovile, provenienti dal denutamento delle circostanti colline plioceniche, convogliato dalle piene dell' Amenano. (1) Questa denominazione sembra di essere stata data ai corso principale dell' Amenano, nei tempi di mezzo; però lo Judicello non essere altro che 1' Amenano , lo che taluno erro- neamente vorrebbe distinguere; e solo può ammettersi che ta- le denominazione fosse stata data per distinguerlo dagU altri rivoli. — 280 - ve il mulino Porta, e mette foce, in nna col rivolo principale, alla spiaggia del mare (1). Il limite prefìssomi mi vieta di svolgere nel loro complesso tutti i miei studi e tutte altre particolari- tà che riguardano il corso e la variabilità della por- tata di queste acque : però non posso preterire d' ac- (1) La portata di (|aesto rivolo è stata da me riscontrata al mulino Porta di Litri 53,016 al 1". Il mulino Sciara , alla spiaggia del mare, è animato dalle acque del pubblico lavatoio provenienti dal mulino Crestadoro, e questo da quelle del mulino S. Francesco nella via S. Filippo. L'afflusso al mulino Sciara è stato da me riscontrato nello aprile del 1876 Litri 61,161 al 1". L'acqua che anima il mulino S. Francesco proviene da a- quidotto, che traversa la casa Dottore e la piazza S. Filippo al lato sud, sino alla imboccatura del Vico Gagliani-Gusmano , dove l'aquidotto si bipartisce da un punto correndo per detto vico dietro la chiesa della Lettera e Casa Gravina, e dall'altro risalendo per la strada Garibaldi e raccogliendo le acque che animano il mulino 5'. Anna, le quali provengono dal Vico Or- fanelli, passanti sotto la Madonna delle Grazie. Però tali acque sono derivate dal rivolo principale dell' Amenano. L'acqua che anima il nuovo fonte della Pescheria è derivata pure dal me- desimo rivolo poco a monte della Chiesa S. Chiara, nel vico Pos^o-canale; come altresì proviene da esso rivolo tutta quanta l'acqua che anima la grande sorgiva della pescheria ad ovest della piazza omonoma raccogliendo parte delle disperse acque che fluiscono tra la piazza S. Filippo e S. Martino. L'acqua detta dei sette canali proviene dalla piazza del Duomo, dietro il fonte dell' Elefante^ mercè aquidotto che s'in- terna sotto la casa Guglielmini e Fratelli Amato, e da altro acquidotto che risale per la via Garibaldi epperò appartiene an- ch'essa al rivolo principale — Quest' acqua è reputata la mi- gliore fra tutte quelle che fluiscono alla pescheria. L'acqua del Fonte dell' Elefante scaturisce sotto la scali- nata della Chiesa Cappuccini, da antico tombino che si interna sotto la Chiesa, epperò non appartiene al corso dell' Amenano. La portata complessiva dell' Amenano alla foce può rite- nersi in media circa Litri 150 al minuto secondo. I — 281 — cennare come lungo il corso dell' Ameuano , fuori del- l' ambito della città , riscontriusi estesi nappi o ri- stagni sotterranei che racchiudono un considerevole volume d' acque cotanto interessanti a marcarsi. Un primo ristagno esiste lungo il corso dell' A- menano ed occupa ampia superficie ad occidente del- la contrada Botte dell' Acqua ; ed altro riscontrasi nelle adiacenze del Largo diS. Maria di Gesiv, quali rista- gni, altra volta congiunti, costituivano, come ho accen- nato, il delizioso Lago d' Anicito. L' uguale livello, cui attingono i vari pozzi forati in ciascheduna delle due indicate località, ed il consi- derevole volume d' acque che sono capaci di fornire, rendono indubitato 1' asserto , e confermano la pree- sistenza del succennato lago descritto dagli antichi scrittori di cose patrie, gli ultimi avanzi del quale fu- rono ricolmi dalla lava del 1669. E dal sotterraneo ristagno in S. Maria di Gesù , che mercè sotterranei acquidotti derivansi le acque Manganelli , dalle quali han vita i vari pozzi aperti in quelle vicinanze , mercè potenti macchine idrauli- che, somministrando alle estese coltivazioni irrigue di quella contrada, nel complessivo un considerevole vo- lume d' acque (1). Altro corso d'acqua che interessa parimenti di nota- re è quello che sotterraneamente fluisce al nord del sob- borgo di Citali, e che alimenta la sorgiva ivi esistente. Studi speciali da me praticati in tale località mi hanno indotto a riconoscervi, più a monte, altro sotter- raneo ristagno che alimenta la indicata sorgiva : l'u- guale livello che l'acqua presenta nei vari pozzi ivi (1) Circa litri 15 al minuto secondo. — 282 — forati addiuiostra 1' esistenza e la estensione dello stes- so (1). Questo corso d'acque sembra affatto indipendente da quello dell' Amenano (2). Venendo allo esame delle acque dette di livello 0 di centro che estendonsi su larghissima zona , com- presa da tutta quanta la parte orientale e meridio- nale della città e dei dintorni di essa , è della mag- giore importanza studiarne il considerevole volume, e la singolare giacitura. Se la industria privata ha saputo ricavare da tali acque utile immenso , tramutando sterili ed orro- rose lave in ameni ed ubertosi agrumeti , e nello interno delle città provvedendo , sebbene imperfet- tamente, ai bisogni domestici, nissuno attento studio è stato fatto per volgere tale disperso tesoro a pub- blico vantaggio (3). Questo studio poi è di grave interesse per la scienza, in quanto che dette acque presentansi in con- (1) La superfìcie di livello di questo nappo d' acqua è de- terminata dallo afflusso della sorgiva detta deW Acqua nuova nella proprietà Pappalardo ; ed i pozzi soprastanti di Valenti , Casalotto , Crispo , Ursino, Di-Bartolo attingono tutti all'ugua- le livello della sorgiva anzidetta ; e forse al medesimo livello attinge il pozzo Corsaro alla Scala del pero. (2) La diversità di quest' acqua da quella dell' Amenano è data dall' analisi chimica , e dal differente peso specifico , es- sendo quella dell' Amenano alla temperatura di 20° R. di 1^0043 e quella di Cifali alla temperatura di 18° R. di 1,0028. (3) È da questa parte, e non d'altrove, che può procacciarsi tutta quanta l'acqua necessaria ai bisogni della moderna Cata- nia, che i nostri padri non conobbero, e che solo oggi il pro- gresso della scienza e dell' arte ne fornisce i mezzi. — 283 — dizioni tali di giacitura da offrire al diligente idrografo un non ristretto campo di ricerche e di meditazione. Ovunque si perforino pozzi, in sì vasta estensio- ne, si osserva la singolarità dell' uguale livello , cui attìnge la falda fluida, e quel che monta più questa segna quasi il marino livello , e ne siegue ancora tutte le fasi e variazioni. Dallo studio geologico della località, ov'esse si ris- contrano, apprendiamo come il terreno in cui le acque in esame circolano , non sia altrimenti costituito, che da correnti vulcaniche, in varie epoche corse ed este- se in mare ; di talché il limite interno della zona che comprende le acque da noi dette di livello o di centro viene determinato quasi dal primitivo littorale (1). Il bacino idrografico che le racchiude non può propriamente addimandarsi tale. Se una sponda , da un canto, è costituita dallo estremo lembo della for mazione sedimentaria, dall' altro è limitato dalle acque del mare, e 1' antico letto ne costituisce il fondo. Tale speciale circostanza indusse un nostro distin- to professore a considerare questo significante volu- me d' acque, che tale zona racchiude, come proveniente dalle contigue marine , spoglie dalla salsedine e da tutte altre sostanze minerali ed animali che vi si con- tengono, e rese potabili dalla semplice filtrazione at- traverso le lave vulcaniche (2). Io non mi fo a discutere tale ipotesi, la quale, ove mai fosse fondata, sarebbe una grande conquista per la scienza e per l'umanità; offrendo le lave vulcaniche un bel mezzo per rendere potabili le acque marine. (1) Scinto Patti — Carta Geologica Tav. I. (2) Gemmellaro. Storia Fisica di Catania pag. 138 Atti della Accademia Gioen. Ser. II. Voi. IV. ATTI ACC. VOL. XI 38 — 284 — Però da dove mai sifatto considerevole volume di acque proviene ? Le stesse, da quanto puossi rilevare, sembrano del tutto indipendenti dai corsi d' acqua di sopra descritti; e sembrami di essere ben altre ac- que quelle che alimentano questi estesi serbatoi. Lo studio delle acque sotterranee, come nota un dotto ingegnere italiano, il nostro socio INIarchese Pa- reto, è ancora poco avanzato malgrado l' interesse che presentano riguardo alla fisica terrestre. Non è da stupirsene, essendoché la geologia scientifica è nata soltanto da jeri, nel mentrechè lo studio delle acque presenta gravi difficoltà , dovendo per sua natura es- sere di osservazione, e non permettendo quasi mai l'uso di esperimenti diretti. Gli scienziati d' oggi giorno sembrano d' adottare la teoria, così chiaramente esposta d' Arago nella sua memoria sui pozzi trivellati, secondo la quale tutte le sorgenti , e tutta 1' acqiia che circola nelle viscere della terra, provengono dalle piogge, e danno luogo a fenomeni che possonsi spiegare con 1' idrostatica e r idrodinamica, tenendo conto delle sole differenze di livello. Però lo strato d' acqua in disamina per la sua pro- venienza e giacitura a contatto con le acque marine, dà luogo a serie meditazioni, e dimostra l' importan- za di convenientemente studiarlo. Accennando alla giacitura di dette acque fa d'uopo anzitutto distinguere le due località ov' esse si riscon- trano, distinte e separate dal corso dell' Amenano; l'una pili estesa all' oriente sottostante a vecchie lave, e l' al- tra, a mezzogiorno, sottostante alla lava del 1G69. Per quanto riguarda la potenza della massa fluida, i pozzi tutti che ne rilevano la esistenza, in ambo le — 285 — località, iiissuno dato ci offrono su tale riguardo; se- nouchè quello che le acque circolano fra ammassi di lava unicamente; apprestandone la facile circolazione le innumerevoli rotture che la lava col suo raffredda- mento presenta, I pozzi d ' acqua viva non si appro- fondiscono mai oltre di quel tanto che abbisogna per attingervi le acque anco in tempi di magra, e non mi- surano in media piiì di un metro d' acqua (1); e solo non è che verso il lembo occidentale delle due località che i pozzi sudetti attingono sino al terreno sedimen- tario che segna il primitivo littorale. È presumibile quindi che la potenza dello strato fluido si estenda quasi sino a quella profondità ove la lava sta a gia- cere, e che altra volta costituiva il fondo del mare. Potenti macchine idrauliche destinate alla irriga- zione di estesi agrumeti, stabilite in vari pozzi^ ovun- que mostrano la inalterabilità del livello, qualunque fosse la durata del lavoro e la potenza della macchi- na, lo che rivela la esistenza di copiosi serbatoi sot- terranei. Ritornando all' argomento della provenienza di tali acque , le stesse , come ho cennato , sembrano di non avere relazione alcuna con le disperse acque dello Amenano, principalmente quelle sottostanti alla lava del 1669 ; essendo il corso dell' Amenano separato (1) Le oscillazioni fra la massima altezza e la magra non ol- trepassano met. 0,40; epperò rimangono sempre per lo meno me- tri 0,50 d'acqua per attingerla, al quale oggetto il taglio in acqua s' effettuisce in tempi di magra; correndo il pericolo, quelli aper- ti in altro tempo , di rimanei'e quasi allo asciutto o con poca acqua. I pozzi aperti in tutte altre località non presentano affat- to tale fenomeno, e solo sieguono le influenze meteoriche come le acque dell' Amenano. — 286 — del tutto dal rilievo argilloso che corre dal Fortino per S. Antonio Abate e S. Chiara sino al Castello Ur- sinOy il quale determina la sponda destra, di molti metri più elevata, dell'ampio letto dell' Amenauo (1): lo stesso è parimente a dirsi pel nappo orientale non avendovi anch' esso relazione di sorta. Non essendo ac- cettabile la ipotesi sostenuta dal Gemmellaro della dulcificazione delle acque marine perchè non dimostra- ta ancora da esperimenti diretti (2); ne conosciuta es- sendo veruna altra sotterranea corrente , o sorgiva , particolarmente dalla parte ove corse la lava del 1669 colata sulla nuda formazione sedimentaria, e per piià di 500 metri in mare, fa d'uopo ammettere che tali nappi siano unicamente alimentati dalle piovane che annualmente vi cadono, attesa la considerevole per- meabilità del suolo , e la estensione della superficie collettrice (3), ove cadendo inpozzaiio e s' infiltrano. (1) Solo potrebbe in piccola parte venire alimentato dalie di- sperse acque clie pria della eruzione del 1G69 scaturivano dai 36 orifici praticati lungo la muraglia, che estendevasi a destra uscendo dalla antica porta della maritia, uno dei quali esiste tutt' ora sotto la lava del 1GG9 nel pozzo così detto di ^«/^iòo^ite, il cui continuato afflusso è forse quello che alimenta le piccole bolle di acqua dolce che risconti'ansi lungo il littorale al livel- lo del mare nelle vicinanze del Faro. (2) Nei pozzi che presso noi si cavano in terreno argilloso si usa deporre, al fondo, uno strato di scorie e di lapillo vulca- nico, all' oggetto di renderne 1' acciua potabile e più pui'a, che senza di ciò non sarebbe, e che si ha cura spesso di rinnovare. Se a questo strato se ne aggiungesse uno interposto di carbone s' otterrebbe il più eccellente filtro. (3) A convincere quanto sia considerevole il volume di acqua che annualmente va a raccogliersi in questi sotterranei serba- toi, bisogna considerare la quantità di pioggia, media annua, che cade in Catania, la estensione della superficie colleltrice, e la natura del terreno su cui cade; vulcanica nel soprasuolo^ dal — 287 — TI fatto poi della loro permanenza a contatto delle acque del mare, può spiegarsi facilmente, sen- za ricorrere a strane ipotesi, non sorrette da fatti o da esperimenti, con i principi elementari dell' idrau- lica , e principalmente dell' idrostatica , ponendo solo in considerazione la differenza dei pesi specifici e delle densità varie dell' acqua potabile e di quella marina; invocando il solo principio elementare d' idro- statica dell' equilibrio di due fluidi a dijferente densità in vasi comunicanti (1). Lo stato di quiete in cui la unione dei due flui- di va a verificarsi , impedisce la loro mescolanza , e mantiene per così dire la loro completa separazione allo stato particolare di potabilità nelF una e di ma- rina nell'altra. La estensione della zona che le compren- de dà, in un certo modo, la misura fin dove si esten- de r azione meccanica del sifonamento prodotto dalle agitazioni del mare che ne determina la completa tutto permeabile, e che assorbe quasi tutta l'acqua che vi cade; ed argillosa ed impermeabile nel sottosuolo. Or la quantità media annua della pioggia che cade in Ca- tania è di mm. 458, 20. La estensione superficiale, pel nappo ad oriente , del versante che 1' alimenta , misura più di quattro chilometri quadrati ; e ritenendo solo una metà la quantità di acqua che viene assorbita dal terreno^ si hanno in media met. cub. 916400, 00 d'acqua all'anno 1 (1) Secondo le osservazioni raccolte dal Prof. G. De Gaetani sulle acque di Catania, il peso specifico dell' acqua distillata alla temperatura di 18° R. sta a quella di pozzo in terreno argil- loso :: 1 : 1, 0054 ed a quella di pozzo in terreno vulcanico :: 1 : 1, 0043; quella delle acque marine secondo Ganot è 1, 0260; ponendo a calcolo tali densità s' ottiene la differenza di livello tra l'acqua dei pozzi e quella del mare, che risulta millimetri 102; vai quanto dire che il livello delle acque di tali pozzi è un decimetro circa più elevato di quello del mare, e ne siegue in conformità le variazioni. — 288 — mescolanza, la quale va grado gi-ado scemando a mi- sura che più s' allontana dalle sponde. Essa l'isponde ancora alla direzione dei venti dominanti che nel no- stro littorale mantengono l' agitazione del mare e vi producono le maggiori traversie, quali sono appunto quelli del primo quadrante; per lo che nella contrada Ognina, la piti esposta a tali venti, la zona delle acque salmastre trovasi maggiormente estesa ed inoltrata; e che si estende dippù colle agitazioni del mare e decresce col ritorno della calma (1). A completamento del presente abbozzo idrografico credo utile sommettere i resultati da me ottenuti re- lativi alla temperatura delle principali acque che cir- colano o ristagnino nel sottosuolo della nostra città (1) Tale fenomeno si mostra evidente in molti pozzi della borgata Ognina, ed in altri prossimi al littorale. Un altro fatto interessante che accerta la sostenuta ipotesi della comunicazione con le acque marine di questi serbatoi rile- vasi in taluni pozzi della medesima contrada Ognina al nord della stessa, e che escono fuori i limiti della presente carta. Neil' antico predio di Paterno, tramutata la cultura ad agru- meto, forati i pozzi per avere 1' acqua necessaria alla irriga- zione rinvenivasi eccellente acqua dolce, completamente adatta alla nuova cultura; però sostituendosi alle norie comuni pom- pe mosse dal vapore, per aversi un maggiore efflusso, l'acqua tramutossi in salmastra, epperò nociva alla vegetazione e che fu giocoforza di abbandonare. Or questo cambiamento sulla natura delle acque non è ad altro dovuto che alla potenza della macchina la quale aspirando un considerevole volume^ per le leggi di idrostatica 1' acqua del mare veniva a sosti- tuire lo strato di acqua dolce ed a mescolarvisi. Questo fat- to però non si è ancora avverato , malgrado 1' applicazione di simili macchine in pozzi aperti nella parte orientale di Catania, lo che conferma la estensione del serbatojo, ed il considerevole volume d' acqua che racchiude; che non è affatto quello che alimenta i pozzi della contrada a nord dell' Ognina. — 289 - cioè per quelle dell' Amenauo e per le altre di livello. I dati che vi figurano sono il risultamento di un anno di osservazioni sincrone, giornalmente eflottuite da dicembre 1871 a tutto novembre 1872, in differen- ti località giudicate le piìi adatte allo scopo; cioè, per quelle dell' Amenano nel pozzo del gabinetto di que- st' Accademia, la cui profondità misura metri 8,20, e per le acque di livello nel pozzo della casa di mia propria abitazione sita nel largo Nuova Luce, forato in terreno vulcanico, profondo m, 9, 10. (1) Le temperature ottenute sono messe in raffronto con la temperatura media sincrona atmosferica nota- ta all' Osservatorio meteorologico di questa Università non che con la temperatura media del mare da me in altro tempo osservata. (2) TEMPERATURA MESI DELLE ACQUE TEMPERATURA TEMPERATURA dèìT -— — ■ ' atmosferica del dell'anno Amenano di Livello Pozzo Novaluce all' Osservat. MARE Gioenio 15% 47 Gennaro 1872 13% 10 10% 60 13°, 92 Febbraio » 15% 83 14% 25 12% 40 14°, 94 Marzo » 15% 95 14% 50 13% 80 14°, 50 Aprile » 16% 38 15% 50 16% 50 16°, 70 Mapgio » 17% 31 16% 30 19% 30 30°, 43 Giugno » 17% 80 17% 50 23% 00 22», 05 Luglio » 18% 44 18% 50 27% 00 25°, 68 Agosto )i 18% 33 17% 51 27% 70 26°, 30 Setiemljre » 18% 45 17% 80 24°. 80 24», 82 Ottobre )) 18% 33 17% 75 21% 80 21°, 28 Novembre » 17% 04 16% 50 16°, 30 17°, 63 Dicembre 1871 Media annua 15% 30 14% 60 10°, 80 15°, 90 17% 30 10% 15 18% 66 19% 51 (1) Relativamente alla temperatura delle acque tutte sotter- ranee sarà trattato più diffusamente in altro lavoro. (2) Sciuto Patti — Sulla temperatura del mare nel golfo di Catania — Atti dell' Acc. Gioen. Ser. 3. Voi. V. — 290 — Dal superiore quadro rilevasi: 1. La media annua delle acque in esame, fluen- ti o stagnanti nel sottosuolo , è minore di quella at- mosferica e molto più ancora di quella delle acque del mare, alla loro supeficie, nel nostro golfo : e come fi'a le due acque in raffronto, quelle di livello conser- vano costantemente una temperatura media più bassa di quella delle fluenti dell' Ameuano. 2. Che la temperatura delle acque di livello, oscil- la fra 13", 90 min, e 19", 30 massima, e quella dell' A- menauo fra 15°, 00 e 20", 00; laddove quella atmosfe- rica oscillava in quell'anno fra 10^,00 e 29°, 00 e quella marina fra 11°, 50 e 27°, 60 ; e però le acque suddette segnare una quasi più costante temperatura. 3. Che la curva annua della temperatura delle due acque in esame cresce e decresce quasi in con- cordanza con la temperatura atmosferica e con quel- la marina, ma che però, la temperatura delle due acque ne in inverno abbassa tanto, né in està cresce tanto che quella marina, e molto più l' atmosferica; e la media mensile delle due acque non tocca mai la annua media atmosferica , ne la marina che resta la più alta fra tutte. Però, come è naturale le differenze dimostrano nel loro andamento come diminuiscono più rapidamente dal mese più freddo, cioè da gennaio a giugno, che non crescono da giugno a gennaio; e però essere la curva loro più discosta nel periodo d'accre- scimento, che in quello di decremento, ed essere nel — 291 — periodo estivo piìi approssimata alla media annua che non nel periodo invernale. (1) (1) Osservazioni termometriche eseguite dal Sig. De-Gaetani in giugno e luglio del 1865, offrirono per le differenti acque fluen- ti nella città e dintorni di Catania, nelle loro sorgive, i seguenti resultati, trovandosi la temperatura atmosferica del luogo 25°,50. Acque di Cifali — al fonte 16, 50 » di Manganelli, all'afflusso. . . 17, 40 » dell' Amenano, pozzo gambazita. 16, 75 » » sette canali ... 16, 75 » » sorgiva pescheria . 16, 25 del fonte dell' Elefante .... 19, 50 » della Leucatia — sorgiva ... 17, 50 » della Barriera, al fonte . . . . 14, 20 » del Fasano alla sorgiva .... 17, 75 De-Gaetani — Rapporto al Sindaco di Catania sulle acque potabili della città e dei suoi dintorni. Catania 1865. ed \lm h © < 9=1 u 1= _ w Q ■< b Oh O' hr %Q I < 2 r*n o- INDICE Relazione della festa per il cinqìiantesimo anniversario dell' Accademia Gioenia. .... Pag. 1 Distribuzione della medaglia coìmnemorativa . „ 17 Discorso lìronunziato per V apertura della festa semi- centenaria dell' Accademia Gioenia dal primo Direttore Presidente Cav. Uff. Prof Andrea Aradas . „ 25 Parole su Giusepjìe Gioeni dette per la solenne inaugu- razione del suo busto in marmo nella Villa Bellini, dal socio attivo Prof. Giuseppe Ardini . . „ 69 Elogio Accademico del Cav. Giuseppe Gioeni scritto dal Cav. Prof Giacomo Sacchèro . . . . « 79 / Fondatori della Gioenia, dal socio F. P. Bertucci. „ 95 La intossicazione chinica e l' infezione malarica — Memoria II con aggiunzioni e nuove illustrazioni pel Cav. Dottor Salvatore Tomaselli. . . „ 109 L' elefante fossile nel terreno vidcanico dell' Etna dcd socio Gioacchino Basile ...... 221 Un' errata-corrige i^roposta in Zoologia , ovvero il mio viaggio in Tiberiade ed il vero Pesce di S. Pietro dal socio attivo Priore Giuseppe Dr. Coco Zanghy. „ 237 Carta Idrografica della città di Catania e dei dintorni immediati di essa, per Carmelo Sciicto-Patti . „ 267 (577o2,^ r24''^cx^cJ^ /<^,.g't/_ r ATTI ■^ DI SCIENZE NATURALI ITV CA.TA1VIA. SERIE TERZA — TOMO XI. V, CATANIA, Tipografia C. G-alatola nel R. Ospizio di Beneficenza. 1877. J 3 gS Ò93 259 547 r5 V • , 1» ^ ^f*"^^. " Ist X*'* \% 4' ^ v.*< •:?^- *v.:-ì ««rV.W M H- /%'^ .•_*. V^ J^^ y% ^- M w \' -M ^^y