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Anche di questa ne preparai 6 lastre, che chiusi in al- tra camera umida e mettendo una ultima lastra di prova con sola gelatina. Dopo 48 ore ne contai le colonie sviluppate , man- tenendomi sempre nelle condizioni dell' esame precedente ed ecco i risultati : 1. Lastra N. 142 colonie 2. » » 131 » 3. » » 97 » 4. » » 170 r, 5. » . 139 » 6. » » 182 » Quest' acqua, quindi, sviluppa in media, 143 colonie di microrganismi per ogni li2 e. e. di cui 15 solamente fon- dono la gelatina. Sulla lastra di prova si erano sviluppate tre colonie di muffe. 3. Acqua della Reitana (Fontana piccola) a 150 metri dalla sorgente dell' acqua di Casalotto, raccolta lo stesso giorno 19 Giugno alle ore 1 40 p. m. 11 termometro segna- va 29° all' aria e 16", 5 immerso nell' acqua. Trattai anche questa nel medesimo modo delle prece- dell' acqua della reitana 7 denti , operando sennpre in eguali condizioni ; dopo le 48 ore potei contare sopra le sei lastre di gelatina il seguente numero di colonie : 1. Lastra N. 1318 colonie 2. i> » 1149 3. > " 1612 4. » « 844 5. » » 916 6. » » 1239 Questa qualità d'acqua sviluppa, perciò, in media 1179 colonie per ogni 1(2 e. e. fra cui 112 fondenti la gelatina. Da questi tre esami, risulta quindi che : 1. l'acqua Casalotto raccolta nella galleria sotterranea sviluppa per ogni e. e. 16 colonie di microrganismi ; 2. la medesima, raccolta allo scoverto , 286 ; 3. 1' acqua della fontana piccola 2358 ; Tale grande disparità di cifre è spiegabilissima; infatti si sa che la vita dei microrganismi è possibile sino ad una certa profondità dal suolo, oltre la quale non se ne rinvengo- no giammai, vuol dire dunque che la prima acqua allorquan- do sgorga nella galleria sotterranea, scavata fra le lave, pro- viene da grande profondità e non contiene che pochissimi microrganismi, incontrati probabilmente in vicinanza della sorgente , in quel tratto che mano mano va avvicinandosi alla superficie del suolo , ma dalla sorgente sotterranea a quella esterna, nel bel mezzo del piano della Reitana, essa passa i)rima per il pozzo, ove venendo a contatto dell' aria umida, riceve da questa un certo numero di germi, quindi va dal pozzo sino all' aperto, attraverso un canale poco lon- tano dalla superficie del suolo e scavato in un terreno permeabilissimo e sempre umido, attraverso al quale s'in- filtrano acque cariche di germi e di microrganismi già 8 ESAME BATTERIOSCOPICO sviluppali e die con rapidità grandissima si moltiplicano. Ed ecco infatti che solo in quel breve tragitto la cifra dei microrganismi contenuti nell'acqua trovasi in tanto au- mento. In quanto all'acqua della fontana piccola, sebbene sorga a breve distanza dall' acqua Casalotto, essa proviene da vie affatto diverse e il grande numero di microrganismi da essa contenuto ci induce a credere ch'essa scorra per lungo tratto a delie piccole profondità, alle quali facilmente giun- gono le infiltrazioni del suolo, oppure che prima di venire alla sorgente, dove fu raccolta, alimenti pozzi o serbatoi , 0 finalmente ch'essa venga in comunicazione con l'aria per lunghi tratti. Volendo fare uno studio completo dell'acqua del Mar- chese di Casalotto , non ho limitate le mie ricerche alla numerazione semplice dei microrganismi da essa contenuti, ma ho voluto anche determinare le specie a cui essi ap- partevano. Osservato perciò attentamente lo sviluppo delle colonie, potei constatare, nell'acqua presa nella galleria sotterranea del pozzo della Reitana, quattro forme diverse, sia per la disposizione , sia per il colore che presentavano ; quindi esaminai al microscopio, diluita in acqua distillata e ste- rilizzata, una piccola parte di ciascuna di esse, presa con un ago di platino, precedentemente arroventato. La prima colonia esaminata presentava una forma per- fettamente circolare , di colore bianco opaco , fondeva la gelatina, allargandosi in zone concentriche pili trasparenti del centro , ove lasciava un punto bianco completamente opaco , che rappresentava il primo sviluppo della colonia. Sviluppavasi rapidamente, da raggiungere un diametro di 1 cm. e Va in 48 ore. Osservata al microscopio diretta- mente mostravasi formata da batterli, dotati di movimenti vivacissimi, lunghi circa 1, 5i>*. dell' acqua della reitana 9 Innestati in tuioetti di gelatina e mantenuti alla tem- peratura di 30% dopo 24 ore, davano luogo alla fusione di uno strato della gelatina di 72 cm. rendendone il colore biancastro e sviluppando un forte odore simile a quello del formaggio. — Questa colonia era dunque formata dal bac- terium termo. La seconda presentavasi anch' essa di forma circolare, ma di colore bianco-verdastro, fondeva la gelatina e si svi- luppava pili lenta della precedente; osservata direttamente al microscopio, mostravasi formata da batterli lunghi circa il doppio dei precedenti, dolati di movimenti poco vivaci. Innestati in tubetti di gelatina la fondevano lentamente, trasformandola in un liquido opaco, bianco-verdastro, per- fettamente inodore; caratteri tutti appartenenti al bacie- riunì lineola. La terza e la quarta colonia, che presentavano forma irregolarmente ramificata, non fondenti la gelatina, erano formate l' una da una specie di muffa appartenente al ge- nere PenlciUum, V altra alle Confervoidi, come mi fu facile riconoscere alla osservazione microscopica. Per conchiudere, 1' acqua dalla Reitana, contiene adun- que in media 16 microrganismi per ogni e. e. di cui quat- tro fondenti la gelatina, rappresentati da quattro specie diverse, due della tribù degli schizomiceti e due di quella degli ifomiceti ; tuttavia, a mio credere, per quanto studio abbia usato per evitare l'intervento di germi estranei, esi- stono delle cause di errore che è impossibile evitare. In- fatti, sebbene in una galleria sotterranea, scavata fra la lava per parecchi metri , l' aria umida e poco rinnovata , che viene a contatto dell' acqua appena sgorgata , vi deposita certamente alcuni dei germi che tiene in sospensione ; la presenza delle muffe e specialmente di quella specie di Pe- nicillum che trovasi in tanta quantità neh' aria e che ri- ATTI ACC. VOL. XX. 10 ESAME BATTERIOSCOPICO scontrasi abbondantissima nel pulviscolo atmosferico, ne è quasi una prova. Inoltre, dal momento in cui 1' acqua fu raccolta a quello in cui, trasportata al laboratorio, furono fatti gì' innesti in gelatina, trascorsero circa quattro ore e noi sappiamo, co- me io ho confermato con le mie numerose esperienze sulla sterilizzazione delle acque potabili , che i microrganismi , nelle acque, si moltiplicano tanto rapidamente da centupli- carsi in sole 24 ore e quindi che bastano anche un paio di ore, perchè il loro numero si trovi notevolmente au- mentato, tanto più se vi concorre una temperatura piutto- sto elevata. Ma tralasciando anche tali considerazioni, che ci fareb- bero ritenere 1' acqua esaminata ancora più buona di quello che risulta direttamente dall' esame , ed accettando i dati da essa forniti, che T acqua, cioè, contenga solo 16 micror- ganismi per ogni e. e. essa andrebbe classificata fra le più buone acque e fra le più salubri, eguale a quella del Scri- no, recentemente condotta a Napoli, la quale, come risulta dai saggi fatti nel laboratorio batterioscopico del Prof. Can- tani, contiene dai 15 ai 20 microrganismi per ogni e. e. e che dal lato igienico è ritenuta una delle migliori. Infatti per citare qualche esempio le acque di pioggia non contengono mai meno di 10 microrganismi, quando ven- gano raccolte dopo parecchi giorni di pioggia, poiché in caso contrario raggiungono delle cifre veramente enormi; le ac- que di pozzo ne contengono in media 300 e quelle dei fiu- mi e dei laghi dai 10 ai 12 mila. In quanto poi alla sua superiorità sopra tutte le acque potabili, attualmente in uso nella nostra città, non piglio a confronto quelle dei pozzi che ne contengono quantità gran- dissime, ma solo quella fra le acque correnti, che in riguar- do alla salubrità ho potuto riconoscere migliore, quella dei Settecanali, che contiene ogni e. e. 28 microrganismi, circa il dell'acqua della reitana 11 doppio di quelli contenuti nell' acqua del Marchese di Ca- salotto. Da tutto ciò emerge che se, quest'acqua, presa alla sor- gente, prima che venga a contatto dell' aria, sia condotta per un canale completamente chiuso ed impermeabile alle infiltrazioni del suolo , come del resto si sta praticando , Catania potrà possedere un'acqua veramente salubre e po- tabile, incapace di produrre o di diffondere alcuna malattia infettiva; adottando però, per la distribuzione, il sistema del- la circolazione laterale, adottato in Napoli per quella del Sc- rino, in modo che l'acqua venga direttamente sino al ru- binetto di presa, conservando tutte le proprietà che pos- siede alla sorgente. Dal Laboratorio Chimico-batterioscopico dello Spedale Vittorio Emanuele. Ricerche chimico-batterioscopiche sopra talune acque potabili della città di Catania. del B.r SALVATORE ARADAS Memoria letta nella seduta ordinaria del di 8 Agosto 18S6. La questione delle acque potabili in rapporto alla pub- blica igiene è una questione antica quanto è antica la Medicina; Ippocrate nel suo trattato dell'aria, delle acque e dei luoghi, tratta molti argomenti, che si riferiscono alla potabilità e alla salubrità delle acque e ne dimostra la im- portanza altissima, in rapporto allo sviluppo delle malattie non solo, ma ben' anco alle applicazioni idroterapiche. Egli dice infatti: La prima cura del medico, che arriva in un paese, deve essere quella di conoscere la natura del- le acque di cui si fa uso, se sono stagnanti, molli o dure, se provengono da luoghi elevati o da rocce, se sono crude , dolci 0 salmastre: passa poscia ad esaminare le varie qua- lità accennate e consiglia di proscrivere , come oltremodo nocevoli, le acque di stagno e di palude. L'empirismo gli aveva dimostrato che, fra tutti gli elementi naturali, coi quali l'uomo è in continuo rapporto e dai quali può 1' organismo contrarre moltissime malattie, principale è la condizione delle acque che quotidianamente Introduce neh' organismo quale abituale e benefica bevanda La batteriologia , scienza tutto affatto nuova, avendo riconosciuto nell'acqua la presenza dei microrganismi, la sua capacità a dar loro nutrizione ed agevolare il loro molti- plicarsi, ha stabilito ch'essa sia il veicolo principale, per mezzo del quale si diffondono le malattie infettive ; che inquinata dai principi iiatogeni , senza che ne manifesti ATTI ACC. VOL. XX. a 14 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHE alcun carattere chimico, introduce nell' organismo i princi- pi medesimi, i quali trovando in questo le condizioni favo- revoli producono le più gravi lesioni. Sino a poco tempo fa, la determinazione della qualità di un' acqua potabile, era devoluta esclusivamente all' analisi chimica, la quale dalla quantità di materie tenute in solu- zione nell'acqua, stabilivane il grado di potabilità non solo, ma ben' anco quello della salubrità. Infatti essa determinava, sotto il nome di materia or- ganica, tutta quella sostanza che non era minerale, ma senza cercare di stabilire se essa fosse formata soltanto dai residui dell'alterazione di corpi viventi o se invece fosse costituita da elementi organizzati e viventi in seno dell'acqua medesima. Pii^i tardi, quando la batteriologia faceva i suoi primi passi , ed allorquando la presenza dei microrganismi pa- togeni nelle acque , fu riconosciuta e confermata , si tentò di determinarli, raccogliendo tutti quelli che si rinvenivano in un dato volume di acqua, per mezzo dell' acido osmico che li uccideva e li raccoglieva tutti al fondo del recipiente che conteneva il liquido , ma i metodi tuttavia imperfetti non permettevano di giungere a risultati che molto lata- mente approssimativi e spesso si rinvenivano e si determi- navano neir acqua microrganismi estranei e che si erano introdotti, durante le manipolazioni, dagli stessi sperimen- tatori. Fu il Koch quegli che indicò il vero metodo, atto a fornirei risultati presso che sicuri, per mezzo delle culture dei microrganismi, per il quale la ricerca batterioscopica nelle acque potabili, come in tutt' altri liquidi, ha acquistato r importanza grandissima in cui è tenuta oggigiorno. In altro mio lavoro accennai alla sana previdenza delle Autorità locali dei principali paesi, nel fare eseguire l'esame in parola sopra tutte le acque pubbliche, e lamentavo che in Catania, ove la questione delle acque presenta un' im- SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 15 portanza capitale, nessuna misura sia stata presa per garen- tire la pubblica igiene, meno di quei pochi lavori cbe ho potu- to eseguire da me e i cui risultati trascrivo in questa memoria. Il Laboratorio di Chimica e di Microscopia Clinica di questo Spedale Vittorio Emanuele, da me impiantato e diret- to, grazie alla solerte Amministrazione, trovandosi fornito, fin dallo scorso anno, di tutti gli apparecchi necessari al- la ricerca dei microrganismi e alla loro coltura, ho creduto far cosa utile al paese eseguendo 1' esame batterioscopico di talune acque di pozzo fornitemi da alcuni amici , non che di quelle di cui il Municipio mi affidò l'analisi chimica per determinarne la potabilità. Prima di me egregi Chimici si sono occupati dell' a- nalisi delle acque di Catania e qui sento 1' obbligo special- mente di citare il pregevole lavoro del Sig. Prof. Pecile e quelli numerosi del Prof. Silvestri, che fanno parte degli Atti di questa Accademia. Da essi e da quello del Prof. Sciuto Patti (1) risulta che la nostra città possiede una quantità di acqua piuttosto gran- de, ma disgraziatamente quest' acque sia per la grande per- meabilità del suolo, nel quale scorrono e ristagnano, sia per il cattivo sistema di fognatura generalmente adottato, sono da ritenersi tutte inquinate. La grandissima quantità di materia organica, contenuta da esse, come risulta dall'analisi sudette e come viene confermato dall'analisi chimiche da me eseguite e dalle ricerche batterioscopiche, mettono all'evi- denza la insalubrità delle acque, alle quali il nostro popolo è obbligato a ricorrere nelle attuali condizioni, con grave pregiudizio della salute e col pericolo quotidiano di assor- bire i germi di malattie infettive. Catania posta in luogo eminentemente aerato, con una (1) Prof. C. Sciuto Patti — Carta idrografica della Città di Catania e dei dintorni immediati di essa— Atti dell' Accademia Gioenia Serie III Tomo XI. 16 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHE estensione grandissima, in rapporto alla sua popolazione e che dovreblDe fornire le statistiche più invidiabili per la pubblica igiene, invece dobbiamo con dolore riconoscere eh' è una delle città in cui la mortalità raggiunge cifre al- tamente allarmanti; da tanti anni si parla e si discute sul miglioramento igienico di questo sfortunato paese, ma nes- suna delle Amministrazioni ha mai pensato a ricercare con mezzi adatti le vere cause di tali pessime condizioni , per potervi convenientemente riparare. Le mie deboli forze, non aiutate da alcun incoraggia- mento, non potranno che contribuire sino ad un certo punto al miglioramento igienico della città, ed io mi sono impo- sto il compito di esaminare una per una le condizioni che presenta la città e di proporne le opportune misure a chi spetta, nella speranza che si voglia seguire l' attuale risve- glio delle città più civili, sulla questione del risanamento. È questo un lavoro speciale da me già cominciato, ma intanto ho creduto opportuno di presentare sin da oggi i risultati dell' analisi delle acque potabili, i quali fino ad un certo punto serviranno a far conoscere quale quantità di materia dannosa introduciamo giornalmente nel nostro or- ganismo e quindi a spingere, chi vuol avere cura della propria salute, ad attenersi alle regole fornite dall' igiene, per procurarsi acque innocue, in mancanza di quelle per- fettamente salubri e potabili. Per lo scopo prefissomi ho limitato l'analisi delle ac- que alla ricerca di quei principii maggiormente importanti dal lato igienico , trascurando di deteuminare quantitativa- mente tutti i componenti minerali, come quelli la cui mag- giore 0 minore quantità non può essere direttamente causa di vere malattie, allorquando vengono introdotti neh' eco- nomia animale. Ho determinato quindi di ciascuna di esse: il residuo solido per litro , il grado idrotimetrico totale , le materie SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 17 organiche complessivamente, 1' acido nitrico, il nitroso, l'am- moniaca e il numero di colonie di microrganismi sviluppate per ogni e, e. dell' acqua. 1. Residuo solido. Ho evaporato a fuoco diretto, evitando però la ebolli- zione, 1 litro di a.cqua con aggiunta di 2 grammi di car- bonato sodico; raccolto il residuo dell'evaporazione in cap- sula di platino, V ho seccato a 120" per quattr' ore^ e quindi pesato tutto, ho sottratto il peso della capsula e quello dei carbonato. Questo stesso residuo quindi l'ho calcinato per avere una idea approssimativa della quantità di materia or- ganica contenuta nell' acqua, ma non ne ho determinato con questo metodo la quantità , perchè molto incerto e capace di fornirmi dati erronei. 2. Grado idrotimetrioo totale. Non ho tralasciato questa ricerca, secondo il metodo di Boutron e Boudet, al quale, sebbene solamente appros- simativo, oggi si dà una grande importanza nella determi- nazione della potabilità delle acque , perchè rivelando la quantità di sali calcarei e magneslani , messi in relazione alla quantità di materie fìsse, fornita dalla ricerca prece- dente, ci fa conoscere, quanta parte di essi vi è rappresen- tata, oltre al darci direttamente il grado di crudezza del- l' acqua , secondo cui si sogliono classificare le acque po- tabili. 3. Materia organica. Questa determinazione, come una delle più importanti riguardo alla salubrità di un' acqua, mi ha Interessato mol- tissimo. Mi sono servito del permanganato potassico in so- luzione al millesimo o reattivo di Mounier, secondo il me- 18 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHE todo di Schultze-Trommsdorff, e calcolando 5 mg. di ma- teria organica per ogni mg. di permanganato potassico sco- lorato. Tale metodo sebbene non dia che risultati solo ap- prossimativi, per altre sostanze contenute nell' acqua e che hanno anch'esse potere scolorante e per il diverso grado di scoloramento che presentano le varie sostanze organi- che, pure è quello generalmente preferito, specicalmente nel caso delle ricerche da me intraprese in cui basta far ri- sultare la quantità relativa di materia organica contenuta nei vari hquidi presi ad esame. 4. Acido Nitrico ed acido Nitroso. La ricerca di questi corpi, siccome quella che indiret- tamente si riferisce alle materie organiche, di cui rappre- sentano i prodotti di decomposizione, è stata fatta nel se- guente modo : acidulata con qualche goccia di acido solforico 100 e. e. di acqua vi ho aggiunto alcuni e. e. di una so- luzione di amido e ioduro di zinco; la colorazione turchina del liquido rivela subito la presenza dell' acido nitroso esi- stente neir acqua ; dopo, per constatare 1' esistenza dell' a- cido nitrico, ho rifatto 1' esame , introducendo nel liquido, prima della soluzione di amido e ioduro di potassio , una laminetta di zinco ; in tal modo 1' acido nitrico esistente vien ridotto in acido nitroso, capace di dare la medesima colorazione turchina in rapporto alla quantità di acido ni- trico ridotto. Per la indicazione quantitativa ho osservato r intensità della colorazione medesima ed il tempo impie- gato dalla reazione per ottenere il massimo coloramento ; l'ho quindi indicato, come vedesi nel quadro, abbondante in quelle acque in cui compariva istantaneamente un colore azzurro intenso , e scarso allorquando il colore era poco apprezzabile, dicendolo mediocre in quelle che davano una colorazione abbastanza sensibile. SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 19 5. Ammoniaca. Anche l'ammoniaca che si trova nelle acque potabili proviene in gran parte dalla scomposizione delie materie organiche. Per la sua determinazione relativa mi sono ser- vito del reattivo di Nessler che a mio credere, è il più sen- sibile e da preferirsi a qualunque altro, e come per gli acidi nitrico e nitroso, ho detto abbondante l'ammoniaca nelle acque in cui appariva istantaneamente una colorazione ros- sa-arancio molto forte , scarsa in quelle che presentavano una tinta leggermente gialla e mediocre in quelle in cui si aveva una colorazione abbastanza sensibile. 6. Esame batterioscopìco. La numerazione delle colonie di microrganismi svilup- pate per ogni ce. dell' acqua 1' ho fatta innestando l'acqua in tubetto di 10 e. e. di gelatina nutriva di Koch e quindi spalmando questa gelatina in lastre di vetro sterilizzate e tenute in camera umida per 48 ore alla temperatura dai 25° a 30°, dopo di che, essendosi già sviluppati in colonie ben distinte tutti i microrganismi e i loro germi, sono passato alla numerazione. E qui devo avvertire che, allorquando il numero delle colonie non superava i 300 V ho contate tutte una per una, servendomi della lastra divisa in cm. quadrati , ma essendo ciò impossibile allorché il numero delle colonie è più grande, in tal caso ho contate quelle sviluppate in un certo numero di cm. ciuadrati , presi da vari punti della lastra, ne ho preso la media e l'ho molti- plicato per la superficie occupata della gelatina. In alcune le colonie erano tante numerose, da riuscire impossibile al- l'occhio, anche armato di forte- lente di seguirne la nume- razione, allora ho trasportato la lastra sotto il campo del 20 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHE microscopio armato d' una oggettiva leggiera (2 Hartnak) ed ho contato le colonie in vari punti della lastra ; cono- scendo la superfìcie visibile a quell'ingrandimento, ho mol- tiplicato la media di tutti quei punti per la superfìcie oc- cupata da tutta la gelatina. I risultati di queste ricerche, sebbene approssimativi, perchè non ripetute almeno per i 12 mesi dell'anno, li ho riuniti in un quadro sinottico, dal quale a colpo d' occhio si può avere un' idea della triste condizione del nostro pae- se in rispetto alla potabilità ed alla salubrità delle acque sin' ora usate e che passo ad esaminare. Prima di tutto possiamo dividere tutte le acque in due categorie, quelle di pozzo e quelle correnti o di sorgiva. I.— I pozzi di Catania, come dicevo in principio, sono sca- vati, per la massima parte, nel terreno vulcanico, terreno eminentemente permeabile alle infiltrazioni e nel quale a brevissima distanza e senza badare gran fatto alle piìi elementari regole dell'igiene sono costruite le fogne, gene- ralmente accanto ai pozzi e distanti solo alcuni metri : ora passiamo ad esaminare la costruzione di queste fosse. Esse sono scavate nel terreno e di preferenza in quello mag- giormente permeabile, perchè la parte liquida degli elementi di rifiuto, assorbita, non riempia in poco tempo la fossa. In tali condizioni questi elementi , carichi di materie in decomposizione e di microrganismi in condizioni di vita e di sviluppo tanto favorevoli, si mescolano alle acque mede- sime, e se per caso trovansi fra essi i germi di una ma- lattia infettiva, l'acqua ne diviene il mezzo di propagazione, un vero focolaio infettivo. Né qui si arresta, poiché tutte le acque che scorrono nel sottosuolo, vanno a riunirsi in un bacino centrale e quindi a mescolarsi alle acque che alimentano la maggior parte dei pozzi, potendo così da un punto solo inquinare SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 21 tutte le acque della città e diffondere con grandissima ra- pidità le epidemie. I pozzi di Catania infatti forniscono tutti acque che non presentano affatto caratteri di salubrità e di potabilità. L'egregio Prof. Silvestri, nelia sua pregiata memoria sull'acqua della Reitana, enumera le condizioni necessarie, perchè un' acqua possa dirsi veramente potabile, quali so- no stati stabiliti dalle numerose analisi e frequenti discus- sioni sul proposito; facciamoci ad esaminare con tal guida la composizione delle acque di pozzo della nostra città, se- condo il quadro che io ho 1' onore di presentare. Da esso risulta che poche si presentano limpide , in- colore ed inodore: II residuo dell' evaporazione per litro è in tutte supe- riore ai 50 cg. voluti ed in taluni raggiunge delle quantità veramente grandissime, come in quelle corrispondenti ai N. 5 e 13. La crudezza delle acque, rappresentata dal grado idro- timetrico totale, meno in pochi, non raggiunge in generale, un grado molto elevato. La quantità di materia organica trovasi In proporzio- ne grandissima e specialmente nel N. 5 in cui giunge a 204.5 mg. In corrispondenza alla quantità di materia organica vi si rinvengono 1' acido nitrico, 1' acido nitroso e 1' ammonia- ca, per le quali sostanze ho ottenuto colorazioni intensissi- me coi relativi reattivi specialmente per i N.' 5, 6, 9 e 14. Il numero di microrganismi poi raggiunge delle cifre da far spavento, tutte superiori a quelli che siamo usi tro- vare nelle acque stagnanti e in quelle In cui si trovano delle sostanze organiche in macerazione. Di essi moltissimi fondenti la gelatina, provano le buone condizioni che pre- sentano queste acque per lo sviluppo dei microrganismi patogeni, fra i quali ho trovato il bacillo dissenterico, in AITI ACC. VOL. XX. 4 22 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHE quelle segnate ai N.' 1 e 8, esaminate nell' epoca in cui più infieriva queir epidemia. Un solo pozzo, fra quelli che ho esaminato, presenta un' acqua che si avvicina a quella potabile ed è quello del cortile interno dei Benedettini; la posizione elevata del luogo e r isolamento, in mezzo alla villetta del chiostro, provano che è alimentato dall' acqua prima eh' essa si mescoli al sistema generale o di centro. Sino a pochi anni fa, vicino a questo pozzo non s' erano scavate delle fogne e le più vicine trovavansi in posizione più bassa e declive, ed è da ritenersi che ancora non siano giunti ad inquinarlo le in- filtrazioni dei numerosi cessi, recentemente costruiti in sua vicinanza, per le varie scuole, che hanno sede nel circostante fabbricato. È mia intenzione però di riesaminare anno per anno quest' acqua e son sicuro che a poco a poco si pre- senterà sempre meno buona, fino a quando si renderà uguale a quella degli altri pozzi , a meno che essa non derivi da una vena speciale, proveniente da grandissime profondità e scorrente in luoghi in cui le condizioni del terreno non permettono infiltrazioni di sorta, che essa, cioè, sia una sorgente incontrata accidentalmente nello scavo del pozzo. II. — Le acque correnti , se talune sono buone dal lato della composizione chimica, non sono da ritenersi migliori di molto delle precedenti dal lato igienico — Ripetutamente analizzate dai Professori Silvestri e Pecile non le ho sot- tomesse all' analisi chimica generale , ma ho trascritto i risultati da loro ottenuti in quanto al residuo solido , al grado idrotimetrico e alla materia organica , limitandomi alla numerazione dei microrganismi e alla determinazione degli acidi nitrico e nitroso e dell'ammoniaca. Esse con- tengono tutte delle quantità grandissime di quei principii capaci di renderle insalubri e nocive. Provenienti dalle campagne vicine alla città, esse ali- SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 23 mentano fonti pubbliche, ove servono da abbeveratoi e da pubblici lavatoi; sono usate come forze motrici in numerosi mulini, attraversati i quali scorrono per lunghi tratti allo aperto ricevendo immondizie d' ogni sorta e perfino acque di rifiuto dalle vicine fattorie e, se incanalate, scorrono In condotti costruiti senza nessuna precauzione e nei quali giungono abbondanti infiltrazioni. Giunte poi in città ven- gono distribuite dai castelletti, nei quali sono usate per chiudere i condotti speciali, grandi quantità di materie or- ganiche, che aggiungono all'acqua materie fermentabili e microrganismi in quantità grandissima. Una prova di ciò ce la fornisce l'acqua di Carcaci, la quale attinta al mio laboratorio, ove essa giunge quasi di- rettamente, sebbene spessissimo torbida e carica di grossi frammenti organici in sospensione, contiene per ogni e. e. 650 microrganismi: mentre la stessa acqua raccolta in Via Mazzaglia nella casa Buscemi contiene la enorme quantità di 44984 microrganismi per ogni e. e. L'acqua di Manganelli, proveniente da unica sorgente, viene in città divisa in due parti, una di esse viene distri- buita dopo aver attraversato un mulino, vicino al giardino Bellini, l'altra entra dalla piazza Gioeni ed è direttamen- te distribuita a tutto il quartiere del Crocifìsso della Buo- na Morte, nei pressi della Stazione. Di esse, esaminate pre- cedentemente dal prof. Pecile, la seconda risulta chimica- mente superiore di gran lunga alla prima ed anche l'esame batterioscopico e le ricerche chimiche da me ora eseguite, provano la superiorità di quella della Sezione Ferrovia, corrispondente alla massa d'acqua che non scorre all' a- perto e non è quindi in condizione di ricevere elementi estranei. Or 1' acqua Manganelli, e ancor di più , quel- la di Carcaci, sono state riconosciute ottime per i carat- teri chimici non che per il grado di potabilità ed è vera- mente doloroso constatare che, per la cattiva conduttura, 24 RICERCHE CHIMICO-BATTERIOSCOPICHB per il modo di distribuzione e per la nessuna sorveglianza, presentino lo sviluppo di un sì gran numero di microrga- nismi; poiché esse, come tutte le acque sorgive, al punto in cui sgorgano dal suolo, non devono contenere che un nu- mero di germi sparutissimo e presentare quindi tutti i caratteri di salubrità. Fra tutte le acque sorgive, che attualmente sono usa- te nella nostra città, una sola presenta delle condizioni di salubrità, se non ottime certamente buone e questa è pre- cisamente quella che più di tutte le altre è stata calunnia- ta e creduta da moltissimi dannosa e inquinata; essa è quella dei Settecanali, la quale presenta, è vero, un grado idrotimelrico piuttosto alto, mostrando la presenza di ab- bondanti materie inorganiche e specialmente dei sali di cal- cio e di magnesio, ma in compenso contiene pochissima materia organica, scarsissimi i prodotti di essa, e quel che più importa, sviluppa solo 28 microrganismi per ogni e. e. numero eccezionalmente piccolo relativamente a quello pre- sentato da tutte le altre. L'acqua della Reitana, di proprietà del Marchese di Casalotto, finalmente , e sempre alla sua prima sorgente, presenta i più buoni caratteri, tanto del lato chimico quanto del lato igienico e, come ho avuto occasione di provare in un lavoro speciale . corrisponde pei suoi caratteri di salu- brità, all'acqua del Serlno, che solo da poco tempo possie- de la città di Napoli. I risultati adunque di queste ricerche , che io intendo estendere ancora ad altre acque e ripetere successivamen- te a periodi determinati, confermano ancora una volta le conclusioni alle quali veniva il Prof. Pecile nella sua cita- ta memoria , che le acque di Catania , cioè , specialmente quelle di pozzo, sono da ritenersi come pessime e non at- te ad uso potabile e che solo qualcuna delle correnti può ritenersi mediocre. SOPRA TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA 25 È quindi da far caldi voti che la città venga fornita presto di buona quantità di acqua, veramente salubre e potabile, percliè possano migliorarne le condizioni igieniclie, / e elle da ora sino a quel giorno le Autorità competenti pen- sino ad adottare i provvedimenti opportuni ad evitare le tristi conseguenze dell' uso di acque malsane. Bai Lahoratorio Chimico-baiterioscopico dello Spedale Vittorio Emanuele. Catania Agosto 1886. RICERCHE CHIMICO BATTERIOSCOPICHE SOPRA o e; o 1 DATA dell' analisi INDICAZIONE DELL'ACQUA Residuo solido per litro in mg. GRADO IDEOTIMETEICO 16 Agosto 85 Pozzo S. Euplio Via Androne 842 37,2 2 21 Settemb. 85 — Pastore Giuseppe » Ventimiglia 1737 44,7 3 idem — Kuggeri Giuseppe » Collegiata 767 47,0 4 idem — Valora Giuseppe » Grande Albergo 816 31,2 5 idem — Eredi Danaro — 2430 57,4 6 idem — Crocitti Mario — 1112 51,8 7 idem — Buggeri Gennaro » Gazometro 576 40,1 8 idem — Puglisi Carmelo » Amantia 1412 36,1 9 30 Settemb. 85 — Cannavo Sorace » Sorrentino 1240 45,0 10 25 Novemb. 85 — Strano Vincenzo » Plebiscito 942 32,0 11 idem Convento S. Francesco » S. Giuseppe 630 25,0 12 idem — Accanto il Teatro Altieri » Radice 790 41,9 13 16 Dicembre 85 — » Gambino, 15 2186 56,2 14 15 Marzo 86 — Spedale V. E. 1715 52,0 15 18 « 86 — Casa Cali, 291 » Vitt. Emanuele 1183 52,0 16 2 Aprile 86 — Benedettini— Cortile interno 637 40,2 17 5 » 86 — R. Università 706 39,0 18 idem Acqua corrente dei Settecanali 742 40,5 19 6 » 86 — — dell' Amenano 767 41,6 20 9 .. 86 — — dell' Elefante 1643 67,9 21 idem — Gammazita 712 42,2 22 20 » 86 — corrente della Barriera 194 5,9 23 idem — — del Fasano 720 41,0 24 22 » 86 — Manganelli in Via Etnea 813 40,5 25 idem — idem della Stazione 642 38,2 26 Varie epoche — Carcaci presa al laboratorio 512 8,5 27 14 Marzo 86 — Idem in Via Mazzaglia Casa Buscemi 746 40,5 28 22 Aprile 86 — di pioggia » » 29 19 Giugno 86 — della Reitana (Sorgente Casalotto) )) » 30 2 Agosto 86 — di Valcorrente (Sorgente Testa d' acqua) 795 30,6 31 idem — idem (Sorgente Fontanella) » » 32 idem — idem (Mulino nuovo) » » (*; Fra le colonie sviluppate da queste acque, parecchie erano forniate dal bacillo dissenterico. TALUNE ACQUE POTABILI DI CATANIA. Materia organica in mg. ACIDO NITRICO ACIDO NITROSO Ammoniaca 25,0 tracce tracce mediocre 42,0 scarso abbondante scarsa 25,3 assente assente scarsa 24,2 scarso abbondante abbondante 204,5 abbondante abbondante abbondante 54,7 abbondante abbondante abbondante 39,0 scarso scarso abbondante 22,0 assente scarso scarsa 50,0 abbondante abbondante abbondante 23,9 assente scarso abbondante 16,0 scarso scarso mediocre 84,2 abbondante abbondante abbondante 62,2 abbondante abbondante abbondante 49.2 abbondante abbondante abbondante 37,4 mediocre abbondante mediocre 8,3 scarso assente assente 15,2 mediocre scarso mediocre 8,8 scarso scarso scarsa 6,4 assente scarso scarsa 9,4 abbondante scarso mediocre 6,1 mediocre scarso scarsa 2,6 assente tracce scarsa 5,6 mediocre scarso scarsa 30,5 abbondante mediocre abbondante 15,6 mediocre scarso scarsa 7,2 scarso scarso scarsa 12,0 scarso scarso mediocre » » » » » » » » 7,0 scarso scarso assente » scarso scarso assente » scarso mediocre mediocre Numero delle colonie per centim. cub. 1125 4450 3120 2300 27212 9400 2680 2960 2280 2715 1245 3142 8148 2752 1772 72 832 28 212 18171 436 674 646 288 178 650 44984 ! 26 16 26 34 1242 OSSERVAZIONI Limpida incolora. (*) Limpida, giallastra con odore di muffa Limpida, giallastra Limpida, giallastra Torbida, cattivo odore, pessimo gusto Torbida molto, giallastra Limpida, giallastra Limpida incolora {*) Limpida, giallastra Limpida giallastra, con odore sensibile di acido fenico Limpida cerulea — Odore di muffa Limpida, giallastra — Odore di muffa Limpida, giallastra Limpida, incolore Limpida, incolore Media di 12 esami Dopo tre giorni di pioggia discontinua LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA Memoria del Prof. G. BASILE Letta alV Accademia Gioenia nella tornata del Luglio 1886. SOMMARIO Definizione — Loro interesse per il geologo ed il vulcanologo — Loro modo di formazione e configurazione — Classificazione delle bombe secondo 1' aspetto esterno — Aspetto macroscopico della superficie esterna — Classificazione delle bombe secondo il loro aspetto interno — Bombe con nucleo compatto di roccia estranea alla lava eruttata; loro importanza ; metamorfismo delle roccie intercluse — Bombe a nucleo compatto e lapideo formato dalla medesima pasta eruttata — Bombe a nucleo scoriaceo o po- miceo — Bombe con una cavità approssimativamente simile alla forma esterna della stessa bomba — Appendice — Diverse forme globulari delle lave — Basalti globulari. Leopoldo Pilla (1) nel 1835 in seno alla nostra accade- mia scriveva : « In questi dì in cui lo studio delle rocce vulcaniche « ha dato origine a moltissime controversie sopratutto in « riguardo al loro particolare modo di formazione , lo mi « penso che un esame accuratissimo e particolare delle di- « verse specie di rocce , che concorrono alla costituzione « fisica dell' Etna tornerebbe grandemente vantaggioso alia « scienza, » Questa verità annunziata dal grande vulcanologo atti- rò sempre più l'attenzione di coloro che di vulcanologia e dei fenomeni endogeni si sono interessati, talmentechè non solo la natura intima delle rocce Etnee ed i minerali che le compongono incominciarono a studiarsi, ma fln'anco le mo- dalità come dette rocce si presentano attirarono l'attenzione. (1) Atti dell' Accademia Gioenia Serie 1». Voi. Xll'pag. 120.— Pa- rallello fra i tre vulcani ardenti dell' Italia. ATTI ACO. VOL. XX. 30 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA Lo Studio di alcune di tali forme è stato il movente d' indurmi a scrivere sopra il presente argomento, che malgrado abbastanza circoscritto, pure lo credo degno di qualche considerazione. l9efiuÌKÌoiie. È noto come fra le dejezioni vulcaniche, scorie, lapilli, sabbie e ceneri se ne trovano alcune più o meno regolari, di forma globulare, ellittica, ec. ec. queste dejezioni che si avvicinano alle forme dei proiettili delle artiglierie per a- nalogia si dissero bombe. É da notare però come spesso in senso più largo, così si chiamano le proiezioni che racchiudono rocce eterogenee, malgrado non abbiano le forme regolari su accennate , ed infatti dalle proiezioni irregolari alle regolari si trovano tutte le gradazioni possibili. liOro iiitcì'esjse |iei* il geologo ciupei*flcle eslei'iia «Ielle boiiihe. La superficie esterna delle bombe può essere ora ru- vida e scoriacea, spesso a superfìcie liscia che simula es- sere vetrificata, e dico simula, perchè a mio credere, a torto si crede , come asserisce Stoppani (1) che sia uno strato fuso o semifuso. Questa accidentalità dipende dalla forza di projezio- ne, dal piii o meno rapido raffreddamento e dal grado di pastosità della lava, percui la bomba si ricuopre di un sot- tilissimo strato di vetro intermicrolitico che non ha niente di comune con una vera fusione. Infatti i cristalli macroscopici vi si scorgono interi, ma però ricoperti di una sottile vernice vetrosa , lo che non succederebbe qualora vi fosse una vera fusione per la quale spariscono nella lava i cristalli più o meno fusi. Spesso si vedono i cristalli , che durante la pastosità della lava scorrendo lentamente sulla esterna superficie della bomba, spostano un sottile strato vetroso restando due bordi rilevati che fanno capo dove si arresta il cristallo per la re- sistenza che trova nella pasta già raffreddata Fig. 3 e 6. I cristaUi sono ancora disposti ed attaccati all' esterno della bomba per le loro facce più sviluppate in superficie , in maniera che l'asse minore del cristallo risponde verso il centro della bomba. Invece nelle bombe scorificate all'ester- no, si vedono i cristalli ora coperti della sostanza vetrosa (1) Corso di Geologia— Voi. 1° pag. 318. 42 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA ed ora no, ed impiantati confusamente e senza legge alcuna sulla superficie. Questo fatto pare addimostri nelle singole bombe la diversa pastosità della lava ; fatto interessante in ordine alle quistioni sulla cristallizzazione dei minerali delle lave. I minerali che si trovano nelle bombe non differiscono da quelli contenuti nella lava, è notevole poi come nello stesso cratere si trovano bombe con elementi cristallini mi- nutissimi, mentre altre contengono gli elementi cristallini sviluppati simili a quelli delle correnti delle lave; talmente- chè pare che le bombe ad elementi minuti provengano da un rigurgito lavico contenente minuti cristalli , le altre da lava ordinaria a cristalli piiì grossi; potrei citare moltissi- mi esempi : così ai Monti rossi si trovano bombe scorie ec. a minuti elementi cristallini che quasi si dubiterebbe ap- partenere alla stessa eruzione , mentre poi se ne trovano altre zeppe dei soliti cristalli grossi di pirosseni; così pure al Monte Serra i di cui elementi cristallini invece sono il la- bradorite, come al Monte Pomiciare, al Monte Rosso, al Monte Cava, al Monte Gurna ec. ec. Classifleazioiie delle boinlie secoiiclo il loro aspetto interno. Oltre alla figura esterna le bombe possono presentarsi con diverse accidentalità interne cioè : I. Bombe con nucleo compatto di roccia estranea alla lava eruttata. II. Bombe con nucleo compatto e lapideo formato dalla medesima pasta eruttata. III. Bomba a nucleo scoriaceo o pomiceo. IV. Bomba con una cavità approssimativamente simile alla forma esterna della bomba. LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA 43 Boiiilic con nucleo coiiipaKo
  • e dal Breislak riporta come « I basalti del Vivarais con- « tengono spesso frammenti di granito conservatissimi , * e talvolta di olivina fin del peso di 30 libbre. » Il Nauman cita le rocce pirosseniche dette Ormtein del Devonschire che hanno incluso nella loro pasta, fram- menti dolomitici calcarei, grès, gneis, diabase che contiene pezzi di schisti argillosi metamorflzzati. 48 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA Il Darwin (1) cita i porfidi delle Cordigliere venute fuori come lave sottomarine, che si alternano con frammenti an- golosi ed arrotondati delle medesime rocce , spinte fuori dai crateri sottomarini. Bouet (2) cita le trachiti del Mont Dorè che contengono pezzi angolosi di lava e scorie con frammenti di granito, che portano le impronte del meta- morfismo. Il Dana cita le rocce pirosseniche di Norvegia che ab- bondantemente racchiudono pezzi di gneis. Questi esempi si estendono a tutte le rocce, serpentini ecc. ecc. perchè di unica origine e tutte contengono inter- cluse più 0 meno rocce diverse. Sono note le bellissime antiche vasche da bagno in porfido, gneis, granito, basalto ecc. ecc. che si ammirano ai musei vaticani che contengo- no tanta profusione di rocce diverse da assumere 1' aspetto di vere brecce e puddinghe eruttive. Hasshaghen (3) cita il basalte amigdaloide di Laspi e Faros in Crimea ripieni di pezzi 0 pietre rotolate di Fyllade o Grauwacke. Lo stesso autore (4) scrive come in Crimea « si trovano spesso « fra i grunstein delle masse particolari ; sono scisto , « grauwacke ed anche dioriti più antichi , che sono stati « scomposti e come ricotti dall' azione del fuoco centrale « che enumero fra le trachiti » ed appresso per le dio- riti della stessa regione dice (5) come la materia ignea < sembra aver penetrato nella fissura con tanta violenza, « che ha strappato dei frammenti dalle pareti. » I basalti degli scogli dei ciclopi specialmente quelli (1) e. Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo 1872- pag. 278. (2) Cours de geognosie pag. 377. (3) Abbozzo di una descrizione geognostica della Crimea. Atti dell' Accademia Gioenia Serie 2» Voi. 15 pag. 206. (4) Op. cit. pag. 207. (5) Op. cit. pag. 208. LE BOMBE VULCANICHE DELL* ETNA 49 dell' isoletta di Aci Trezza ed Aci Castello contengono in- terclusi pezzi di quella roccia speciale che fu detta ciclo- pite e che sembra non essere altro che argilla metamorfìz- zata dal contatto delle lave. Le eruzioni del vai di Noto contengono interclusi fram- menti di calcare metamorfizzato in calcare saccaroide ed in alcuni punti, come per es: al vallone di Melilli, un banco di calcare si vede convertito in saccaroide. Le lave dell'Alvernia contengono frammenti di gres o di granito metamorflzzato dal calore ed altri esempi innu- merevoli che tralascio per amore di brevità. Chi per poco visita la interessante valle del Bove e quella di Calanna del nostro Etna trova dicchi eruttivi di lave amfìboliche (1) che sono vere brecce eruttive, cemen- tate di piccola quantità di pasta lavica in maniera che sotto il colpo di martello ne vanno in sfasciume convertendosi in brecciame; vi si trovano frammenti di ogni dimensione e che ci rappresentano le rocce trachitiche , fra le quali 1' eru- zione si verificava; ciò che ci addimostra come le antiche trachiti del Monte d'Oro nella valle di Calanna sono ante- riori alle amflboliti , un fatto anche degno d' interesse si è come detti frammenti sono ora angolosi ora arrotondati, e moltissimi di questi ultimi di pasta simile a quella del dicco, contengono un grosso cristallo di orneblenda ; fatto singolare, cosicché sembra che la pasta lavica si fosse ad- densata attorno il cristallo già bello e formato, in questo caso facendo le veci addirittura di un ciottolo qualunque 0 di una piccola bomba avente per nucleo un cristallo. Questi fatti avrebbero un riscontro in quelli osservati (1) Chiamo lave amfìboliche o amfìboiiti , le lave etnee nelle quali r orneblenda costituisce il minerale predominante non solo, ma qualche volta dette lave ne sono talmente zeppe, che in certi punti il minerale piglia il predominio sui resto della pasta lavica, presen- tandosi come un tritume di carbon fossile. 50 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA da Biscoff nel granito, nel quale le rocce Intercluse si pre- sentano ora angolosi ed ora arrotondati , e siccome i dic- chi della valle di Calanna sono di poco spessore trovan- dosi fin' anco di 10 centimetri, ecco perchè tutto il dicco ci si presenta come un vero conglomerato di frizione, infatti nelle eruzioni granitiche questi conglomerati si trovano alle estremità, mentre nel centro delle grandi masse difficilmente si trovano rocce intercluse, ed anche nelle nostre moderne lave le rocce intercluse nelle grandi masse, sono piìi rare che nelle piccole eruzioni. L'Etna, nelle sue moderne eruzioni in casi più limitati, come d' altronde è naturale attesa la sua imponente mole ed altezza, ci presenta tali fenomeni. L' eruzione del 1883 abortita, verificatasi sopra Nicolosi all'altezza di metri 1200 sopra il livello del mare e quella del 1886 verificatasi a metri 1400 , diede bellissime bombe con nuclei di grès. Ne ho trovato con un pezzo di schisto siliceo-argilloso con incipiente fusione. In quest'ultima eruzione del maggio 1886 tah bombe hanno acquistata maggiore importanza per il fatto che ricomparvero malgrado si sia effettuata ad una altezza maggiore, cioè a 1400 metri sul livello del mare. Si trovano blocchi di tali grès liberi, impego- lati nelle scorie , o in forma di vere bombe , cioè , in blocchi regolarmente arrotondati e con una crosta di lava di qualche centimetro appena di spessore. Ne ho visto flnanco qualche pezzo assolutamente privo del rive- stimento di lava rotondeggiante , come un vero ciottolone di grès ed in alcuni punti solamente si vedeva una leg- gera vernice di lava, facendogli assumere l' aspetto di un formaggio affumicato. Se per caso facciamo attenzione alle colline delle Ter- reforti vicino Catania, facilmente si rileva , che un' enor- me quantità di ciottoli di grès costituiscono la superficie di quelle colline e per uno spessore da raggiungere in LE BOMBE VULCANICHE DELL' ENTA 51 qualche punto 5 o 6 metri. Ebbene la maggior parte di quei ciottoli sono di grès spesso candidissimo , i di cui elementi sabbiosi sono ora minutissimi ed ora abbastan- za grossi, di un quarzo più o meno lattiginoso e traspa- rente , mentre altre volte si vedono ciottoli composti di sabbia minutissima variando nel colore dal bianco latteo all'aranceo. Spesso ancora si vede fra questi ciottoli una sabbia quarzosa, bianca piuttosto, perfettamente friabile 0 sciolta, e che in alcuni siti si è depositata a strati più 0 meno orizzontali. Tutto questo materiale di grès, pro- viene dalle formazioni delle montagne vicine e rassomiglia perfettamente a quello testé eruttato dall'Etna in forma di blocchi 0 di bombe. Le bombe eruttate chiaramente adunque addimostra- no la natura del sottosuolo, dove si verificò l'eruzione dei 1883 e del 1886, anzi questa seconda non può considerarsi altrimenti che il seguito della prima con intervallo abba- stanza lungo , ma in cui le manifestazioni vulcaniche non ebbero tregua, rappresentati specialmente da frequenti tre- moti (1). Il sottosuolo adunque dell' Etna nella parte sotto- stante immediata pare non esservi dubbio appartenere alla formazione terziaria impiantata certamente sopra rocce più antiche delle quali è probabile trovarsene i frammenti nelle deiezioni delle prime fasi eruttive. Se si fa attenzione ai circostanti monti che circondano da mezzogiorno e ponente 1' estuario dove sorge 1' Etna, così p. es. Torcisi, Scalpello, ludica, Adernò, Randazzo, ecc. si vedono queste arenarie in posto (2). {!) Il prof. Silvestri dietro 1' abortirsi dell' eruzione del 1883^ a- veva preconizzato come una seconda eruzione fosse stata probabile in quella regione, dove la prima doveva considerarsi come una pre- parazione dell'apparato eruttivo. (2) Da tali fatti emerge come il perimetro dell'Etna viene molto a restringersi limitandosi sempre pii^i intorno alla zona occupata dal 52 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ENTA Un' arenaria bianca somigliantissima a quella eruttata (meno il metamorfismo) si vede a Maniace presso Brente, e precisamente al di là del Simeto nella vigna vicino la casa colonica. É un'arenaria quasi pura, friabile più tosto, tanto che i conigli vi scavano i loro cunicoli; forma una collina che si eleva dal sottostante piano; la stessa formazione continua sotto l'Etna, i pezzi eruttati ne sono conferma. Malgrado questi frammenti e blocchi di arenarie venu- ti alla luce in quest'ultime eruzioni sembrano di eccezio- nalità per l'Etna, pure credo utile ricordarne qualche altro esempio, uno rappresentato da un solo frammento di are- naria impigliato in una scoria che trovai sopra i Monti Rossi di Nicolosi (eruzione del 1669 ), la quale si verificò nella stessa regione di queste due ultime; di questo fram- mento si poteva dedurre la natura del sottosuolo ; ma ul- timamente fu trovato un grosso blocco di arenaria meta- morfosata attaccata alia lava nella corrente del 1669 e precisamente fra Misterbianco e Cibali (1), fatto che con- ferma l'indizio già avuto del frammento che trovai sopra i coni di detta eruzione, detti Monti Rossi. Un altro esemplare lo ricevei da Adernò; proviene da antica corrente di lava; è un pezzo di lava che porta at- taccato un pezzo di grès in parte metamorfosato. Oltre a tali esempi credo giusto cennarne altri tro- vati in epoca più remota , che dalla descrizione fatta dal Ferrara malgrado l' autore non Io dice , pure pare che non lascino dubbio appartenere alle stesse arenarie me- gran cratere e che le lave sono colate sopra colline postplioceniche. La topografìa antica dell'Etna assumerebbe la forma di un ellis- se formala dalla valle del Bue fino al mare. (1) Questo blocco lo possiede 1' esimio Big. Prof. Silvestri , che conserva nel Museo della R. Università. LE BOMBE VULCANICHE DELL* ETNA 53 tamorfosate. Infatti il detto autore (1) scrive « di aver tro- « vato un grosso pezzo di scoria, metà nera metà cenericcia « ed una linea che divide i due colori , la parte nera è « perfettamente simile alle già descritte (cioè lava ordina- «= ria); la cenericcia è forata da cavità regolari , la grana « è più fina, ma pixi rude, la tessitura filamentosa; vi « si veggono molti fili separati dalla massa che vanno « da una parte della cavità all'altra opposta. Si vede fa- « cilmente che nel tempo della liquidità, la pasta di que- « sta è stata più viscosa che quella della prima ; in u- « na parola vi si riconoscono tutti i caratteri della pomi- « ce. La prima metà è formata da una pietra argillo fer- * ruginosa , la seconda é della natura del feldlspato di « quella varietà che si fonde facilmente. » Lo stesso au- tore ne descrive ancora un altro pezzo da lui trovato nel- la eruzione del 179,2 sulla corrente di lava (2). <= É un pezzo irregolare, ed angolare , pesante quat- « tro libbre. È coverto da un terriccio cenericcio; ha « tutte le apparenze di essere stato staccato da una « massa maggiore. È un petro- selce rossiccio a grana « terrosa, ma assai fina; è traversato da strati della stes- « sa natura, ma di grana più fina , più compatta e lucl- « da, e di faccia selciosa , ed ha color rosso più carico , « ciò che allora me lo fece considerare come una pietra « selciosa. La frattura è concoide irregolare, ma nitida « e netta. Il colorito lo ha solamente penetrato sino « alla profondità di tre linee, cambiandolo in una sostan- « za vetrosa nera con pori minutissimi e numerosi ; in « alcune parti è divenuto una materia scoriacea che ha « tutta r apparenza della pomice. In tutto il resto sino al < centro la massa è affatto intatta dal fuoco. » (1) Descrizione dell'Etna, 1818 pag. 164. (2) Op. cit. pag. 195. ATTI ACC. VOL. KX. 54 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA. Dalle sudette descrizioni pare non esservi dubbio am- mettere la somiglianza di tali saggi a quelli eruttati in queste due ultime eruzioni ed è notevole pure di essersi trovato quest'ultimo nella eruzione del 1792 che si trova press'a poco nella stessa regione di quella del 1886 ma molto più ad oriente è più in alto. Il metamorfismo di tali arenarie è degno di conside- razione e come bene osservava il Prof. Silvestri , può ritenersi come il fatto più interessante delle due ultime eruzioni. In questa ultima avendo osservato un grandis- simo numero di tali bombe , mi permetto spiegarne se- condo io credo l'apparente parziale vetrificazione. La detta arenaria metamorfosata, si presenta, ora minutamente bol- losa come sostanza fusibile di aspetto spessissimo pomicoso, qualche volta in alcuni pezzi si vedono bolliccine vetrose più 0 meno nere, diffuse in tutta la massa, di aspetto lucente che guardate con la lente hanno le pareti vescicolari lucide vetrificate, di colore verde bottiglia intenso; altra volta si presentano i blocchi di arenaria friabile fra le dita. Si trovano blocchi con linee parallele che risaltano dip- più perchè costituite di uno straterello più fuso del resto, con bollicine vescicolari ora sferiche ora allungate, ma a pareti sempre vetrose; qualche volta questi strati non sono per niente vetrificati, ed al menomo urto si sfaldano, in- somma, mostrano tutte le gradazioni di avere subita ora una temperatura tale da determinarne la fusione , mentre gradatamente si arriva ad altri che ne hanno sentito pochis- sima influenza ; spesso però s' incontrano pezzi a struttura più grossolanamente e più evidentemente cellulare , pre- cisamente sulla superfìcie di contatto tra la arenaria e la lava , prendendo lo aspetto di un vero vetro verde botti- glia minutamente bolloso e friabile, in generale poi si vede la roccia più o meno screpolata da linee di contrazioni ed i granuli quarzosi si mostrano quasi cementati da sotti- lissimo straterello vetroso giallo verdastro. LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA 55 Ci sono casi in cui questo vetro intermediario fra la lava e I' arenaria si presenta con uno spessore di due o tre centimetri, che s'infiltra per altri due o tre centime- tri fra i granuli quarzosi o si inietta nelle spaccature ca- pillari. In altri casi però le spaccature capillari sono iniettati addirittura dalla lava che anche ad occhio nudo si scorge differente dal vetro sudetto. L'arenaria eruttata nel 1883 accuratamente studiata dal Prof. Silvestri (1) aveva un peso specifico medio di 2,477. Il Prof. Silvestri giustamente fa osservare come « questa cifra è inferiore al peso specifico conosciuto del « quarzo naturale di 2,263 ed è superiore al peso specifico « determinato da Sainte-Claire Deville nel quarzo perfet- « tamente fuso e vetrificato che è di 2,220. Quasi corri- « sponde ad una media dei due. » Neil' arenaria eruttata in quest' ultima eruzione del Maggio 1886 ho trovato un peso specifico. Arenaria candidissima e friabilissima — 2.630 » bigio - oscura e friabile — 2.060 che darebbe una media 2.345. Ora se si considera il peso specifico del Quarzo fuso — 2. 220 Tridimite — 2. 304 Quarzo Ialino — 2. 663 risulta non solo anche adesso il peso specifico intermedio fra il quarzo fuso e quello cristallizzato, ma si avvicina a quello della tridimite, il qual minerale si sa essere un quar- zo formatosi in circostanze speciali dove pare abbia contri- buito molto il calore. (1) Sulla esplosione etnea del 22 Marzo 1883— Atti dell'Accademia Gioenia, Serie 3^ Voi. XVIL 56 LE BOMBE VULCANICHE DELL ETNA Nella prelodata memoria il Prof. Silvestri aggiunge: « osservando una lamina sottile alla luce polarizzata essa « manifesta con i colori di polarizzazione vivi i caratteri « ottici del quarzo , che cioè le proprietà ottiche si sono « mantenute nel quarzo completamente senza accennare in « nessuna parte a quella inattività rispetto alla luce, carat- ' teristica delle sostanze passate a fusione vitrea. » In al- tri termini viene a confermarsi il fatto che i frammenti di quarzo eruttato non si trovano mai fusi esclusivamente per effetto del calore delle rocce eruttive. Ho trovato frammenti di quarzo nei peperini , im- pigliato anche nelle scorie dei vulcani Cimini e Vulsini, ma mai che accenni, anche lontanamente, a principi di fusio- ne. (1) Sono frequenti i casi di frammenti di quarzo eruttato dai vulcani, ma che io mi sappia, nessuno l'ha trovato fuso. I granuli di quarzo del granito istesso metamorflzzato non arrivano a fondersi. Nei pezzi di tale roccia che si vedono interclusi nelle lave dell' Alvernia si vedono fusi il mica ed II feldspato, talmentechè la roccia si vede come se fosse cariata, ma il quarzo vi resta intero. Delesse ravvicina questo fatto a quanto succede nel fondere artificialmente 11 granito che acquista tutto 1' aspetto del granito meta- morfico. C'è da osservare in contrario che moltissimi e comuni sono i casi di rocce quarzose semifuse od anco fuse per metamorfismo. Delesse (2) cita una corrente di trapp in- terstratificata con r arenaria che nel contatto comparisce vetrificata ; cita moltissimi altri esempi in cui le rocce eruttive alle salbande si presentano vetrificate. Sono note le arenarie variegate della Germania quasi scorificate (1) 11 Prof. Silvestri studiò un quarzo simile— Vedi Atti dell'Ac- cademia Gioenia, Serie 2» Voi. 19. (2) Ettides sur le metamorphisme pag. 388. LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA 57 nel contatto con le rocce cristalline. Nell'Eifel (come rap- porta Stoppani (1) ) sono comuni i pezzi di grès incastonati nella lava, nelle scorie, nelle bombe , superficialmente ma perfettamente vetrificati come se uscissero da una fornace. E. Beaumont cita il grès di Champolèon convertito in quar- zite per la vicinanza del granito. Darwin (2) cita un ban- co di arenaria delle isole Falkland inferiormente vetrificato senza dubbio dall' azione metamorfica di rocce eruttive sottostanti; cita (3) vari esempi di potenti strati di arenarie vetrificati in contatto del porfido, che si riscontrano nelle Cordigliere. Stoppani (4) cita una località dell'Eifel l'Ulmen- Maar cratere il cui detrito è una miscela di elementi vul> canici e frantumi sedimentari in cui si vedono alcuni strati cementati da una leggerissima vetrificazione dei frammenti arenacei. Russeger (citato da Stoppani) descrive le arenarie del deserto di Bahiuda scorificate in contatto dei porfidi. M. Scrope (5) cita esempi di quarzo ed arenarie, fuse par- zialmente per metamorfismo. Lyell ne cita molti altri esem- pi. C. Gemmellaro scrive (6) come molti sono gli esempi della arenaria convertita in solida massa silicea in contatto delle lave etnee ed arenarie fuse parzialmente per meta- morfismo e per non dilungarmi si può asserire come do- vunque le rocce eruttive sono venute in contatto delle are- narie le hanno più o meno profondamente metamorfizzato^ fatto generale constatato in tutte le regioni del mondo. Questi fatti pare siano in contradizione con la provata (1) Geologia Voi. 3° pag. 21. (2) Viaggio di un naluralista intorno al mondo, pag. 173. (3) Op. cit. pag. 279. (4) Geologia Voi. Ili pag. 222. (5) Les volcans, pag. 141. (6) Vulcanologia dell' Etna, pag. 193. Io veramente non ho avuto mai la foi'tuna di constatare su larga scala il fatto cennato dal Prof. Gemmellaro come, fatto comune. 58 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA infusibilità del quarzo mercè il calore, aia non lo sono af- • fatto anzi ne sono una conferma. Scrope (1) nel citare i sopradetti esempi di metamor- fismo, pare ammetta sia l'azione del calore ou des agenles chimiques contenus dans la lave, ebbene agli agenti chi- mici della lava credo doversi dare in questi casi tutta l'im- portanza al metamorfismo del quarzo, ed invero non potreb- be facilmente capirsi come si trovino piccoli frammenti in- terclusi nelle lave comincino a fondersi nella superficie di contatto solamente senza risolversi in fusione completa in tutta la massa, mentre si capisce completamente come sia i vapori alcalini, ovvero le sostanze alcaline stesse in eccCvSso nelle lave, stabiliscano la fusione del quarzo con questo com- binandosi e fondendosi per calore anche modico fino al punto (secondo la loro quantità) da convertirsi financo in pomice come si è verificato in quest'ultima eruzione etnea. 11 Prof. Silvestri (2) nell'analisi chimica della sostanza vetrosa dell' arenaria metamorfizzata eruttata nel 1883 vi scuopriva tutti gli elementi chimici della lava ed il signor Fouquè i microliti lavici per cui a prima vista sembrereb- be (e così interpetra il Sig. Fouquè) che l'arenaria porosa da per se stessa immersa in un bagno di lava liquida si sia imbevuta di vetro intermicrolitico con cui filtrarono i microliti lavici restando esclusi gli elementi cristaUini inca- paci di attraversarne la porosità per il loro volume; in al- tri termini come succederebbe con un pezzo di zucchero immerso nell'acqua, che per capillarità s'imbeve in tutta la massa. A dire il vero mi permetterei dubitare di tale spiegazione non potendo capire come mai un blocco di arenaria anche per poco tempo che si trovi immerso in un liquido bagno basico di lava, per l'elevata temperatura non (1) Op. cil. pag. 141. (2) Op. cil. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 59 resti completamente fuso o per dir meglio non costituisca silicati scomparendo perfettamente, fatto che succede nei forni fusori e fin anco nelle fornaci da calce. Esaminando i pezzi eruttati invece mi pare rilevarsi come la vetrificazione sia avvenuta sotto processi vari ctie potrebbero così riassumersi. 1. Arenaria immediatamente staccata dal suo giaci- mento, in molti saggi della quale spesso si scorge la sua naturale stratificazione Fig. 15. In seguito fu coinvolta dalla lava e così proiettata; que- sti saggi spesso si trovano friabilissimi tanto che con leg- giero attrito delle dita si risolvono in sabbia. Il metamor- fismo in questi saggi si rivela solamente nel contatto della lava e per la profondità di qualche linea, il resto della massa è inalterato; in questo caso si deve al contatto il me- tamorfismo prodotto sia per la soluzione del quarzo nella lava basica, ovvero per l'azione del calore fondente i sali alcalini o alcalino terrosi che cementavano i granuli del quarzo (come dirò appresso) o per la concomitanza delle due cause. Mi pare che così si può spiegare la conversione dei piccoli nuclei di arenaria convertiti quasi totalmente in vetro verde bottiglia. 2. Arenarie metamorflzzate in tutta la massa. L' interno di queste arenarie pare si sia metamorfizzato, sia per l' influenza dei vapori alcalini svolgentisi della lava compenetrando la porosità dell' arenaria esposta contempo- raneamente al calore, sia per la sola influenza del prolun- gato calore fondente i sali alcalino terrosi che cementava- no i granuli quarzosi. Uno strappo di lava spesso di qualche cent, solamente involvente l'arenaria certamente non può metamorflzzare fino a quel punto. I sali di calcio, magnesio, sodio, potassio, ferro 60 LE BOMBE VULCANICHE DELL ETNA ec. specialmente allo stato di carbonati si trovano fre- quentemente in tutte le arenarie come materia cementante i granuli di quarzo; il prof. Silvestri in quella eruttata nel 1883 vi trovava nella varietà candida fino a gr. 5.300 per 0(0 di sesquiossido di ferro ed alluminio e fino a gr. 12,26S nella varietà bigia, per cui mi pare possibile, come accade artificialmente nelle arenarie esposte a forte calore, una incipiente fusione dei granuli quarzosi in contatto con quelle sostanze ed anche in questo caso la presenza dei microliti mi sembra un fatto ordinario, che come è ben noto si formano in tutte le scorie dei forni fusori. Ma dove chiara apparisce r influenza dei vapori alca- lini è in quest' ultimo caso, 3. Arenarie metamorfosate in pomici. Queste arenarie si vedono più o meno bollose, leggiere, spugnose; i granuli di quarzo completamente trasmutati in vetro, somigliano insomma alle pomici di Lipari. Si vede chia- ramente come hanno subito prolungatamente l'azione del ca- lore e dei vapori alcalini contemporaneamente, ne altrimenti mi pare potrebbe spiegarsi la loro formazione. Questo note- vole esempio di metamorfismo basterebbe per escludere completamente la infiltrazione del vetro vulcanico. Qualche volta si vede che nel contatto con la lava il metamorfismo è più pronunziato, anzi ho visto pezzi di po- mice che in contatto con la lava sono ribollite, cioè si ad- dimostrano in maniera come se avessero subito un secon- do metamorfismo, né più né meno come si pratica con la fusione artificiale delle pomici di Lipari; infatti si vedono trasmutate In una specie di spugna verdastra e fragilis- sima sotto le dita. Questi notevoli fatti di metamorfismo della conversio- ne dell' arenaria in pomice, bastano per escludere comple- tamente (per questi singoli casi) sia la infiltrazione del vetro LK BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA. GÌ iiiloimicrolitico, sia la soluzione del quarzo nel magma ba- sico della lava (1). In ogni caso |)erò resta sempre esclusa 1' idea di una fusione del quarzo, sotto la sola influenza del calore della lava. Credo degno di attenzione un altro fatto inerente al metamorfismo. Si trovano pezzi di grès e bombe con il nu- cleo-di tale roccia diviso in prismi più o meno regolari. Detti prismi si partono dal centro verso la periferia in forma di cunei Fig. 18; in altri esemplare si vede dentro l'arenaria una spaccatura iniettata di lava e dal filoncello di lava alla periferia si partono i prismi in forma sempre di cunei Fig. 19. Delesse, Naumann ec. citano un gran numero di casi nei quali si vedono banchi di grès talora potenti, non so- lamente metamorfizzati in contatto del basalte o di altre rocce eruttive , ma per il calore subito e per la susse- guente contrazione , dovuta al raffreddamento , si è diviso in colonne prismatiche come il basalte. Tale struttura, completa per dir cosi il modo di spie- gazione di quella prismatica dei basalti e specialmente di quei basalti globulari, che si dividono sotto i colpi del mar- tello a cunei convergenti al centro. (1) II Prof. Silvestri nella citata opera riporta la opinione di A. von LasauiXj di Meneghini, di Acchiardi, che ritengono il metamor- fismo doversi alla basicità della lava^ opinione probabile e direi cer- ta per alcuni esemplali come furono quelli eruttati nel 1883 ed altri di cjuesl' ultima ; ma non credo si possa ammettere lo stesso nel caso della foi-mazione delle pomici , le quali evidentemente sono dovute allo infiltramento dei vapori alcalini ed al metamorfismo per effetto di prolungato calore, fatto confermato dallo avere trovato pezzi di arenaria metamorfosati dai vapori alcalini e dal calore. Si trovano pezzi di colore quasi nero, molto pesanti, minutamente cellulari, con un passaggio insensibile alla lava, che vi si vede attaccata tanto da non distinguersi affatto dove l'arenaria finisce e la lava comincia; in questo caso adunque è chiaro che una prolungata azione del calore, vi ha indotto modificazione tale, da convertirli quasi in ossidiana. *TTI aCc. VOL. XX. 9 62 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA I nuclei di lave anticlie interclusi nelle bon^be spesso contengono cristalli di pirosseni evidentemente scoriflcati, mentre il labradorite si presenta screpolato; detti nuclei si vedono qualche volta profondamente alterati, tanto da com-. parire sin anco bianche, quest'ultimo fatto non si deve al metamorfismo esercitato della lava, bensì alle emanazioni di vapori acidi dei crateri che ne hanno attaccato preceden- temente i minerali esportandone in buona parte le basi e mettendo in libertà la silice. In questo stato in seguito fu il blocco avviluppato dalla scoria formandosene una bomba. Si vede ancora qualche pezzo di lava intercluso nelle bombe; di colore più o meno rossastro lo che si deve nel- V essere stato il pezzo esposto per lungo tempo all' azione del calore del vulcano, per cui i sali di protossido di ferro si. sono trasmutati in sesquiossido, come accade ai pezzi di lava che anche nei comuni focolari hanno subita l'azione del calore; tali blocchi ricaduti in seguito nel cratere erut- tivo sono stati slanciati formando nuclei di bombe. Le bombe di lava antica staccate immediatamente e coin- volte da uno strappo di lava, non presentano sensibili alte- razioni. Non mi sono noti altri fatti importanti relativi al me- tamorfismo, in rocce che si trovano proiettate ovvero in- cluse dentro bombe dell'Etna (1). (1) Credo utile cennare qualche esempio di melamorfìsm.ì di so- stanze il) contatto con la lava. Nello enorme spessore della cai'riera lavica dei 1669, ali i Botte dell'acqua vicino Catania, fu trovato i^in pezzo estianeo alla lava istes- sa di colore rugine, che nelle anfrattuosita presenta cristallini aci- culari probabilmente prodotti da metamorfismo e degni di studio. La ossidiana non si trova nelle lave dell'Etna; credo utile però i-i- cordare un' antica corrente e precisamente quella dove si verificò r eruzione del 1874; questa corrente alla sola superficie mostra uno straterello d'incipiente vetrificazione diqualche linea di spessore, tanto da farla rassomigliare ad una colata metallica a superficie liscia e LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA 63 Quando 1' eruzione si verifica ad una certa altezza della massa de! vulcano e nella formazione esclusivamente vulcani- ca, le rocce estranee projettate sono rappresentate da lava quasi lucente; rarissime volte si ti'ovauo nel!' interno delle correnti nuclei vetrificati di poca entità, prodotti forse da qualclie frammento quarzoso, accidentalmente coinvolto dalla lava o proiettato dal vul- cano. Ho trovato alla profondità di circa 8 metri, coperto in uno strato di lava tei'riflcata, carbone di legno convertito pai'zialmente in nero e splendente coke, eminentemente bolloso e friabile; qualche pezzo si trova con lo strato esterno convertito in coke, l'interno in carbone, nel quale si vedono ancora gli strati legnosi. Sarebbe un esempio di metamorfismo simile a quelli citati da Delesse (Etudes sur le metliamorphisme pag. 321) di l'occe eruttive attraverso gli strali di carbon fossile, di lignite od anco di torba (Stoppani Geologia Voi. Ili 'pag. 39) cita di aver visto nn filone di trapp a Dudley in Inghilterra, che attraversando il carbon fossile nel contatto lo aveva convertito in coke. In una lava compattissima di epoca ignota vidi carbone di le- gno completamente rivestito dalla lava, conservatissimo tanto da ve- dervisi la struttura del legno. Il coke nel primo caso si formò, perchè i gassi ebbero l'oppor- tunità di scappare; in quest'ultimo esempio, il legno carbonizzatosi a distanza , prima di essere investito dalla lava, essendo in seguito istantaneamente inviluppato dalla stessa , le sostanze gassose non potendo sprigionarsi, il' carbone rimase conservato perfettamente. Durante l'eruzione le scorie molli slanciate dal cratere eruttivo si attaccano ai rami degli alberi inviluppandoli senza che il ramo resti bruciato, ma solo leggermente e superficialmente carbonizzato, fatto che si deve allo stato sferoidale dell' acqua formandovi il va- pore d'acqua uno strato coibente che impedisce la carbonizzazione. Si trovano infatti in tutte le correnti delle vere forme di lava a- dattatisi sopra tronchi di alberi ; ne vidi una vicino l' eruzione del 1886 bellissima, aveva l'aspetto di un cannone di grosso calibro nel cui vuoto si vedeva fin anco la forma della corteccia simile a quella della quercia, essendo stata forse una quercia 1' albero investito. Qualche volta accade che la lava avvicinandosi agli alberi per un repentino strato di vapore che si forma e si interpone fra l'albero e la lava impedisce l'avanzarsi di questa, che raffreddandosi lascia l'albe- ro più o meno conservato restando come in un pozzo , ne vidi uno 64 LE BOMBE VULCANICHE DELL ETNA appartenente all'impalcatura del vulcano Istesso , come in moltissimi esempì di eruzioni Etnee. Vi sono delle bombe costituite da un blocco di la- va al quale sta attaccata una scoria più o meno roton^ deggiante che la involucra o in piccola od in massima par- te. (Fig. 15 e 16) come si vede in dette figure tolte dal vero. La loro formazione in questo caso si deve, sia alla relativa deficienza della pasta nello invoìucrare tutto il pezzo estra- neo , sia ad un rapido raffreddamento, sia perchè il pezzo fu preso della scoria molle cadutavi addosso ed assieme ar- rotolatasi nella china del cono eruttivo. Le piccole eruzioni che si verificano dal cratere cen- trale spesso portano fuori bombe o frammenti di lave an- tiche più 0 meno alterate. Ferrara (l) scrive come tali mas- nella currente del 1852. Vicino il seppellito Misieibiuuco nella lava del 1669 si vedono similmente viti mostruose clie vengono come da pozzi nello spessore della lava. Bisogna accogliere con molta riserba quanto scrive il Tedeschi cioè che sgombi'ando il terreno da un trat- to di lava del 1669 • 1' erbette si trovano non dallo intutto secche. » La lava che si avvicina alle fabbriche spesso ed in certe date condi/Joni non le tocca^ ma accumulandosi sopra se stessa tìnisce con scavalcai'Ie. A Catania nel cortile Gamma— Zita si vede 1' antica muraglia della città cosi scavalcata ; al paese Misterbianco sotter- rato dalla lava del 16G9 si vedono certe case e la chiesa cosi acca- vallate dalla lava la quale spesso non ne tocca le muraglie. Il terreno vegetale sabbioso in contatto delle lave acquista un colore rosso mattone , mentre 1' argilla non solo si arrossa ed in- durisce notevolmente, ma assume distintamente la forma prisma- tica colonnare come il basalte , un bello esempio ce lo dà l'argilla investita dalla lava del 1669 fra Misterbianco e Catania si trova in vari punti convertita in termantite. É notevole il fatto che qualora la lava passa sopra il proprio materiale, allora questo formando uno strato'"coibente impedisce il metamorfismo del sottostante suolo, come si può osservare sulla lava del 1669 nel taglio della strada a destra che da porla Garibaldi conduce al cimitero. (1) Descrizione dell' Etna. Palermo Lorenzo Dato 181U. Pag. 164, 173, 183, 184, 195, 196. LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA 65 se e bombe non sono rare attorno al cratere centrale e nelle nuove bocche eruttive. Gioeni vide dei massi di antiche lave micacee eruttate nel 1787, G. Mirone. che scrisse della grandiosa eruzione del 1792 dice, come: da una voragine apertasi nel piano del lago furono eruttate antiche scorie bagnate ed argilla insuppata d' acqua, intendendo certamente per argilla una specie di pasta formata di cenere vulcanica, o di lave decomposte dagli acidi insuppate di sali igrometrici; impasto, spesso ricco di vari minerali, che alle volte in pezzi viene eruttato dal cratere centrale (1), dopo un periodo di riposo durante (1) Il Prof. Silvestri trovò in uno di simili impasti lo sfeno. Alti dell' Accademia Gioenia Sei'ie Volume Pag. sfeno che in seguilo scopersi in minuti cristallini visibili solamente al micioscopico nella ceneie eiuitalauel febbraio 1884, fatto che addi- mostra la identica provenienza e formazione. Oltre a questo non è raro vedere la cenere eruttata dal crate- re centrale convertirsi in melma. Il Dottor Giuseppe Gemmellaro (Sunto del giornale dell' Eruzione dell' Etna del 1852. Atti dell'Acca- demia Gioenia. Sei-ie II. Voi. IX Pag. 130 e 132) parla di tale melma neir eruzione del 1852, che rivestiva il cratere centrale. " La sommità del cono dell'alto gran cratei'e si mostra ancora « più vestita di quella bianca melma, che apparve ne' primi giorni « e che si riduce ad una finissima cenere felsdpatica, intrisa d'idro- « clorato d'ammoniaca, e che diseccata prende una forte consisten- u za » « Le guide che da vicino hanno portato alcuni viaggia- « tori nell' alta cima del vulcano rapportano avere osservato il gran « bacino del cratere essere incrostato di un materiale melmoso , .. bianco che spalma circolarmente quel vasto imbuto sino ad una . certa altezza di quella gran pi'ofondità. » L'autore in seguito er- roneamente interpi-eta tale fango come vera eruzione fangosa o moya simile a quella eruttata dal Rio-Bamba in America. Lo Stesso fatto venia osservato dal Pi-of. G. Gemmellaro (Breve ragguaglio dell'eruzione dell'Etna del 21 Agosto 1852. Atti dell'Ac- cademia Gioenia Serie II. Voi. IX Pag. XVj « 11 giorno nove settem- « bre tutto l'interno del cratere e parte de' suoi margini interni, tro- . varonsi coperti di una fanchiglia biancastra, impregnala d'acqua, . che da lontano compariva neve, e questa pi-esa nella mano e spre- (36 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA. il quale il cratere jiare si sia trasformato in solfatara. Maravigna nelle sue Tavole sinottiche dell' Etna cita quella del 1802, nella quale il cratere centrale vomitò • mendovi l'acqua restava come un'umida argilla bianca; ma dis- « seccata prendeva una forte solidità; stritolata in seguito diveniva « una polvere bianchissima, alquanto aspra fra le dita quando sfre- « gavasi. « Questo fenomeno, ai nostri tempi, abbiamo altra volta osser- « vato, dopo la eruzione del 1819, e nel 1822 e fu dapprincipio cre- « duto doversi riguardare come una specie di regurgitamento fan- « goso del vulcano simile alla Maja delle montagne (vulcani) delle « Ande. Ma fatta più attenta disamina ebbe a conchiudersi essere « stata quella una cenere eruttata dal cratere ed impastata dai va- « pori acquosi che esalano di continuo in quei luoghi. Tale quindi .( stimiamo, questa fanchiglia, che veste l'interno del cratere ed im- « pastata dai vapori acquosi che esalano di continuo in quei luoghi. « Tale quindi stimiamo , questa fanghiglia , che veste 1' interno del « cratere dell'Etna e bianca si mostra nei suoi margini esterni. » Gli stessi fatti furono osservati dal Prof. Silvestri nell' eruzione del 1866 (vedi op. cit. pag. 200) « un fatto notevole si compiva nella « gola perennemente aperta dell'Etna ed era la emissione per qual- « che giorno di seguito di una elevata colonna di denso vapore ed « una quantità notevole di sottilissima cenere, la quale si sparse « tutta nelle parti interne ed esterne del cratere a costituire uno « stato di circa un decimetro di spessore. Questa cenere cadendo « in gran parte sulla neve, ed essendo impregnata di perclorui'o di « ferro molto igrometrico , si ridusse dopo poco ad una specie di « strato melmoso per cui venne accreditata l'idea negli etnicoli che e la Montagna aveva vomitato del fango. Fatta un'ascensione per e verificare sul luogo se la supposta credenza aveva fondamento , « trovai la suddetta abbondanza di impalpabile cenere che dove avea « potuta mescolarsi alla neve e raccogliere umidità aveva formato « veramente una specie di fango il quale però non era stato origi- « nariamenie eruttato,, ma si era formato posteriormente come ho « detto. In prova di ciò io notai che tanto nell' interno come nello « esterno del cratere in alcuni punti dove vi era notevole emanazio- « ne calorifica la cenere era asciutta e incoerente nelle sue parti , « tanto che il vento istesso la trasportava lontana. Questa cenere « poi raccolta e messa artificialmente in un'atmosfera umida racco- « glieva la umidità e ben presto passava allo stato di fanghiglia che LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 67 blocchi di lave antiche , fra i quali uno citato anche da C. Gemmellaro (1) di compattissima lava , di forma cilin- drica della lunghezza di quattro metri con un metro di diametro, che si vedeva allo scoperto Ano al 1838. Lo stesso Maravigna cita i blocchi di lave antiche erut- tate nel 1802 (2) e 1' eruzione del 1809 , verificatasi nella parte più alta delia montagna, che eruttò blocchi di lave antiche. Lo stesso Gemmellaro (3) cita certe specie di puddin- ghe composte di pezzetti di lave a colori variati cementati di pasta lavica con pezzi di trachite gomitolati dentro lave pirusseniche. Il Prof. Silvestri (4) scrive come: Nei prodomi della eruzione del 186G il cono centrale era sparso di blocchi di antiche lave alterate dalle emanazioni acide. L'eruzione del 1874, come ne fui testimonio, ne rigettò enorme quantità; il suolo si vedeva cosparso di macerie di aniichissime lave più 0 meno impigliati a strappi della lava moderna (5), « messa su flliro e lavata con acqua, questa nel passare prendeva « un colore giallo e dava le reazioni del fervo e del cloro perchè vi • scioglieva il percloruro di ferro di cui la cenere era intrisa es- « sendo stata espulsa in mezzo a vapori'carichi di acido cloridrico « che r avevano in parte attaccata. Per tale ragione ebbi occasione « di osservare che anche nella estate, dopo sciolte le nevi, in molti « luoghi dove la cenere era limasta si manteneva allo stato di « fango. (1) Op. citata Pag. 176, 181. (2) Materiali per la compilazione del Orittognosia Etnea. Atti del-' l'Accademia, Serie I. Voi. IX Pag. 271. (3) Atti dell'Accademia Gioenia Serie II. Voi. IX. Pag. XXVI. (4) O. Silvesti'i — I fenomeni vulcanici presentati dall'Etna nel 1863 e poi 1864-65-66. Pag. 8, 10, 11. (5) Interessante era vedere in questa eruzione come localmente avevano agito i terremoti , sopra l'antica corrente di lave che for- mava il soprasuolo. Vi si scorgeva come l'effetto di una mina che aveva lidotta in quella località la predetta lava a veri cumolidima- 68 LE BOMBE VULCANICHE DELL ETNA. Questi fatti si osservano ancora alla fo^m delle Colombe fra Nicolosi e Torre di Grifo, sulla lava del 1535 nelle bu- che apertisi nell'eruzione del 1669 che dal cratere centrale arrivarono fino alle Fusara, ed in generale in tutti i crateri parassiti di poca entità. Tutto sommato adunque pare potersi stabilire che le rocce più svariate ed estranee a quelle che eruttò il vulcano si trovano quasi sempre in quei vulcani ed in quelle eru- zioni che si verificano più o meno direttamente nei terreni sottostanti al vulcano istesso, ovvero in eruzioni abortite 0 di poca entità ; gli esempì dell' Eifell . del Lazio . del Somma, dell'Etna istesso ecc. ecc, ne sono una conferma. Nel caso dell'Etna che sorge immediatamente dal ma- re, possiamo trovare esempi di rocce estranee quando le spaccature eruttive si effettuano nei terreni sedimentari sottostanti. Nelle eruzioni che si verificano molto in alto della massa del vulcano ed esclusivamente nel massimo spessore delle lave accumulate, si possono avere rigettati blocchi di lave antiche che formano l' impalcatura ed in ogni caso poi si rendono palesi tali blocchi allora quando l'eruzione si arresta o abortisce nelle prime fasi eruttive. 11 fatto citato da C. Gemmellaro di aver trovato sulla teriale frammeiitizio. ma chn percS era rimasto sul poslo clie occu- pava prima. Questo fatto l'aveva ;incora osservalo il Darwiu, (Viaggio di un naturalista intorno al mondo. Pag. 265) dopo un forte terremoto al- l' Isola Concezione e cosi ne scriveva « L' effetto della viljrazione •n sulla viva roccia primaria che compone le fondamenta dell' Isola . era ancora più curioso; le parti superficiali di alcuni stretti rial- « zi erano al tutto scheggiati come se fossero saltati in aria per « opera della polvere. Questo effetto reso ancora più evidente dalle « recenti spaccature e dal terreno spostato, doveva essere limitato . alla superficie, perchè altrimenti non esisterebbe un solo masso . di roccia solida in mito il Chili ; nò questo è improbabile perchè « si sa che la superficie di un corpo vibrante e alterata dlfferente- « mente dalla parte centrale. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 69 cima dell'Etna un pezzo di roccia granitica con cristallini di ossido di stagno, possiamo ritenerlo talmente eccezionale da mettere seriamente in dubbio l'autenticità di nbica- zione di detta roccia. Invece i blocchi di antiche lave eruttate dal cratere centrale sono comunissimi. Se r eruzione continua, il detrito della lava costituen- do il cratere cuopre il detrito delle prime fasi, per cui spa- riscono le rocce proiettate. Il canale eruttivo riempendosi di lava dal seno della quale proiettandosi le bombe ò ben difficile che queste por- tino rocce estranee alla pasta lavica eruttata. Le eruzioni abortite o di poca entità come quella del 1874 e del 1883, l'eruzioni intermittenti per cui facilmente si formano nuove spaccature del suolo, come in quella del 1886 danno blocchi estranei alla lava eruttata. Caratteristica ci si presenta in proposito questa ulti- ma eruzione, nella quale l'intermittenza fece sì che dopo la formazione, del cratere eruttivo, questo subì un dinamismo tale da prodursi una spaccatura ben larga dal Iato di le- vante, che dalla cima si prolungava per qualche chilome- tro, cominciando da una piccola gola in forma di cratere. Lungo questa spaccatura all' epoca quando la visitai essendovi ancora emissione di lava vi si vedevano allineati fumaiuoli in grande quantità ed in molti punti si vedeva mascherata di sabbia e di tritumi percui si rendeva peri- coloso lo attraversarla, ebbene precisamente nelle ultime fasi eruttive, dopo che il cratere si era formato e si veri- ficò tale spaccatura, furono eruttati nuovamente una certa quantità di blocchi d' arenaria. Questi blocchi infatti si trovano superficialmente, allo scoperto per cui possiamo ritenere essere gli ultimi venuti assieme a pietrame costituito da svariatissime lave antiche. Da questo fatto mi pare potrebbe dedursi che tali rocce dovettero essere in maggiore abbondanza nei primordi ATTI ACC. VOf,. XX. 10 70 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA dell'eruzione, che restarono in seguilo coperte dalle susse- guenti deiezioni. Nell'eruzione del 1879 vari, ma in limitata quantità, erano i pezzi di lave antiche fra le quali alcuni con mica, (1) mentre 1' eruzione vicina del 1874 mostra un esteso cam- po coperto di macerie provenienti dagli strati di lave sottoposti ; infatti potrei asserire come in tutti i coni cra- terici avventizi dell'Etna di qualche altezza od importanza che in buona parte mi son presa la pena di studiare, non si trovano bombe e scorie con nucleo di rocce degli antichi strati sottostanti , una sola volta eccezionalmente trovai sopra i Monti llossi (eruzione del 1669) una scoria che portava impigliata una scheggia di arenaria di poco spes- sore. II. Ilonibc a nucleo c*uiii|»nno e la|»i(leo formato flalla nieclcìiiiiiia pasta eriiKala. Le bombe si possono presentare: 1. Completamente compatte ; 2. Con 1' esterno pomicoso e l'interno compatto. 11 nucleo può essere omogeneo ovvero in sottili strati concentrici o a spirale. 1. Le bombe completamente compatte variano nella loro grossezza. Sono generalmente di piccole proporzioni se ne trovano fin anche grosse come una mandorla; pare la loro compattezza dipenda dal brusco raffreddamento. (1) In quesl' ei'iizione fu notevole il l'alio che i blocchi di auliche lave si trovavano solamente nel cratere maggiore Umberto-Mar- gherita, situato circa due chilometri sopra il punto da dove usciva la lava, mentre difettavano nei crateri allineati lungo la spaccatura di drenaggio che dava sfogo alla stessa. La spiega è facile attesoché il cratere maggiore serviva solo da gola da cammino quindi erut- tava solamente detrito, vapori e gassi. I crateri inferiori lave, che incrostando le pareli della spaccatura non potevano venir fuori che blocchi di antiche lave. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ET\A 71 Talvolta si presentano in forma talmente allungata da assumere 1' aspetto di. un ferro di lancia o di quelle armi in pietra che si usavano nelle epoche antiche. Fig. 7. Queste bombe pare che siano sortite da fessure a pa- reti solide e strette , e che la pasta lavica da dove sono state strappate sia piuttosto abbastanza densa per la pro- lungata dimora nella gola del vulcano. Diminuita la spin- ta ascensionale della stessa, la superficie raffreddandosi e quindi contraendosi vi si determinano delle fratture per cui al momento che qualche piccolo scoppio gassoso si ef- fettua lo strappo della lava obbligato a passare per quelle fessure vi si modella, da cui la forma allungata è solida contemporaneamente. Questo fatto avrebbe un riscontro allo stiramento che subiscono i proiettili forzati nell' anima del fucile. Né credo potersi altrimenti spiegare V origine di que- ste bombe compattissime , infatti ai gassi che si svolgono nel magma lavico si devono le modalità che assumono le deiezioni scoriacee e qualche volta fìnanco le bombe. Alla relativa deficienza dei gassi adunque mi pare doversi attri- buire una bomba assolutamente compatta. Quest' idea pare sia maggiormente accreditata dal fatto che tali bombe sono frequentissime nel cratere centrale , dove raramente la lava ascende e vi dimora sviluppando i suoi gassi e diffìcilmente o raramente arriva a traboccare dal cratere, attesaj' altezza a cui questo si trova. Rompendo qualcuna delle bombe a ferro di lancia ho visto che si rompono in maniera determinata, da assumere la forma di lisca di pesce come indica la Fig. 7 in A. Credo che ciò dipenda dal raffreddamento subito nella ascensione ed avrebbe un riscontro nella frattura poligonale dei basalti. L'incontro delle due linee di frattura è nell'asse della bomba, e ci indica la direzione dell'ascensione della stessa. 2. Le bombe con l'esterno pomicoso e l'interno coni- 72 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA patto, frequenti in tutti i crateri parassiti dell'Etna, pare si siano formate in condizioni differenti dalle su descritte; il nucleo compatto pare che si sia ravvolto in uno strato scoriaceo che spesso si presenta ineguale ed a sbalzi in maniera da fare supporre che una pasta piuttosto densa si sia ravvolta in una più liquida; ovvero pare che siano state proiettate e quindi più o meno solidificate ricadute nel cratere dove si sono incrostate della scoria ed in se- guito slanciate nuovamente; infatti se ne trova qualcuna con il nucleo compatto più o meno iridescente, facoltà che alle volte acquistano i pezzi di lava esposti nuovamente al ca- lore del vulcano ; la differente fluidità della lava nei diffe- renti livelli del meato eruttivo , differenza probabile pro- dotta dalla quantità diversa dei gassi svolgentesi dalla sua massa, potrebbe forse anche dare bombe più o meno compatte a secondo la profondità da cui provengono (1). (1) Se è vero che i gassi o vapori con la loro espansività sono capaci tenere allo stato più o meno liquido le lave, mi pare potersi ammettere che quanto più aumenta il loro volume e la quantità degli stessi^ tanto più dovrebbe rendersi liquida la lava; ora queste condizioni credo si effettuiscono, quando le lave arrivano nel meato eruttivo dove affluiscono in un ristretto spazio. I gassi provenienti da vaste superficie ignee e grandi masse laviche sottostanti. La pressione per quanto più viene esercitata , altrettanto la massa di- venta solida e viceversa, per cui le lave dovrebbero trovarsi più pa- stose internamente e più liquide mano mano che si avvicinano al meato eruttivo; infatti la media ammessa del peso specifico degli strati terrestri è due volte e mezzo superiore a quello dell' acqua distillata, ed il globo terraqueo cinque volte e mezzo, per cui risulta la densità interna del globo superiore alla esterna sopra tale fatto Waltershausen calcolando la media della densità delle lave etnee 2,91 ne deduceva la profondità dalla quale provengono essere circa 125,000 metri. Dalla quantità dei vapori e dalla maggiore o minore rapidità del loro svolgimento forse dipende la diversa proprietà che hanno le lave di terrificarsi più o meno prontamente. Le lave perdendo rapi- damente il vapore e quindi anche rapidamente raffreddandosi ^ sa- ranno compattissime e reh'attarie agli agenti atmosferici, e viciversa. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 73 È da notare come le sopradescrilte bombe, portano nel loro interno 1 cristalli macroscopici porfiricamente dissemi- nati in tutta la massa, senza al(!una manifesta regolare di- sposizione. Le bombe a strali concentrici o a spirale sono general- mente grosse , quasi sempre a nucleo solido , raramente con piccola cavità nel centro; se ne vedono di qualche me- tro cubo senipre più o meno rotonde; in ogni caso però se con qualche colpo di martello si arriva nettamente a spac- carle, ogni straierello si trova sottile e quasi mai sorpassa qualche centimetro di spessore; gli strati più interni sono più sottili e compatti che gli esterni, spesso però sotto i colpi anche di un piccolo martello con grande facilità si sfaldano a squami come una cipolla. Gli strati più superfi- ciali sono quelli che più facilmente si sfaldano fln anco ado- perando le mani; richiamano le forme globulari a strati concentrici dei basalti. Una sezione di tali bombe si vede nella Fig. 20, A quanto pare acquistano questa modalità sia dal moto rotatorio sopra il proprio asse, sia dal raffreddamento che su- bisce la bomba, sia dalla forza di proiezione; infatti gli strati più esterni che più facilmente, si raffreddano non solo si di- staccano più facilmente, ma sono di maggiore spessore che gì' interni; anche le lave lungo il loro corso raffreddan- dosi bruscamente formano alla loro superficie lastre che per 11 corso della lava si raddrizzano sopro se stesse; per cui pare che la stratificazione concentrica di queste bom- be sia dovuta al modo di raffreddamento. È interessante il modo come sì presentano nella strut tura macroscopica, attesoché i cristalli, specialmente i grossi, di feldspato e pirosseno, si vedono attaccati alla superficie di ogni strato per le facce più sviluppate, talmentechè l'asse minore del cristallo risponde al centro della bomba. Que- sto fatto confermerebbe la preesistenza dei detti cristalli 74 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA alla eruzione della lava, non potendo mai supporsi che questi si siano formati durante il raffreddamento della bom- ba, essendo In quest'ultimo caso impossibile attaccarsi per le facce piìi sviluppate agli strati concentrici della lava e non potendo perciò obbedire alle leggi di gravità alle quali già si sono sottoposti solo perchè si trovavano nuotanti in una pasta vischiosa , che gira sopra se stessa per la forza di proiezione. Questo fatto avrebbe un riscontro neir altro osservato nelle correnti di lava , cioè che i cri- stalli tengono generalmente il loro asse maggiore rivolto secondo la direzione della corrente e che nelle linee di se- parazione effettuatisi per il raffreddamento si trovano i cri- stalli sempre con le facce più sviluppate che guardano dette linee. Tale, disposizione di cristalli ec. si riproduce nelle bombe che hanno la loro superfìcie esterna compatta e più 0 meno liscia, come già si è visto al relativo paragrafo. III. It(»iiilie a nude» .«corEaceo o |ioiiii('co. Vi sono bombe il cui interno si presenta come un favo da api 0 calabroni, ovvero richiama all'idea le cellule che si formano in una soluzione di sapone nell' acqua, dove vi si fa gorgogliare 1' aria. Le cellule generalmente si vedono diminuire in grandezza dall'interno verso l'esterno; qual- che volta tali bombe si presentano con la crosta esterna a struttura lapidea, compatta, priva di cellulosità e tal altra volta alla crosta lapidea ne succede un'altra completamente scoriacea, come si vede nel frammento della Fig. 21. Questo fatto che si può constatare in molte bombe dell'Etna, fu osservato ancora da C. Darw^in (1) in alcune bombe vulcaniche dell' isola Ascensione nelle quali « la par- « te centrale è grossolanamente cellulare , le cellule dimi- « nuiscono in volume verso la parte esterna, ove vi è una (1) Viaggio di 1111 naturalista intorno al mondo pag. 424. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 75 « cavità a foggia di conchiglia, spessa circa otto o nove « millimetri, di pietra compatta che è parimenti ricoperta • dalla crosta esterna di lava finamente cellulare. « Credo che non vi sia alcun dubbio che prima di « tutto la crosta esterna si sia raffreddata rapidamente « nello stato in cui la vediamo ora; secondo che la lava « interna ancora fluida, sia stata indotta in palla della for- « za centrifuga generata dal girare della bomba, contro la « crosta esterna raffreddata, e cosi abbia prodotta la solida « conchiglia di pietra. » Veramente non mi pare necessario ricorrere alla spiega- zione che ne dà il Darwin, invece credo potersi spiegare che la crosta compatta sia dovuta al repentino raffreddamento combinato con l'attrito subito nella proiezione attraversan- do l'aria, per cui la separazione fra detta crosta e l'inter- no pomiceo. La crosta esterna finamente cellulare o scoriacea si può spiegare, che la bomba raffreddata sia ricaduta nel cratere dove impegolata in novella lava venne nuovamente slanciata fuori. Il Darwin spiega la cellulosità mercè la forza centri- fuga « che allegerendo la pressione nelle parti più centrali « della bomba abbia permesso ai vapori riscaldati di espan- « dersi formando così la massa grossolanamente cellulare « del centro ». La spiega data dal Darwin la credo giustissima, anzi mi pare renda ragione della incipiente vetrosità delle su- perfìcie interne delle bolle o cellule; fatto che a quanto esporrò pare succeda precisamente per la repentina per- dita del vapore di acqua, che per dir così viene quasi aspi- rato verso Y esterno mercè la rapida rotazione della bom- ba sopra se stessa. In conferma di tale premessa, se si esamina l' interno cellulare di dette bombe si vede come, i cristalli macrosco- 76 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA pici spariscono più o meno completamente e le pareti delle cellule si presentano lisce e sottili, mentre nella crosta so- lida ed anche nella pomicea sovrastante vi si vedono i cristalli di labradorite o pirosseni. Nello spessore delle pa- reti si osservano invece pli^i o meno semifusi ad angoli arrotondali da avvicinarsi ai gloliuletti delle perliti; in altri termini pare che detti minerali si siano più o meno sciolti nel vetro intermicrolitico. Non mi è stato dato trovare cri- stalli macroscopici ben definiti nella frattura interna di que- ste pomici, mentre cominciano a comparire i più piccoli verso la corteccia, i definiti e simili a quelli contenuti della lava si vedono solamente alla parte esterna della bomba, fatto che credo essere il controllo del primo, attesoché la corteccia si conserva cristallina per effetto del vapore di acqua che dallo interno si sprigiona verso l'esterno mante- nendo con la sua presenza le condizioni del raffreddamento che subiscono le lave. In altri termini se la perdita dei vapori alla superficie esterna della bomba è rapidissima e rapido quindi il raf- freddamento questa superficie può fìnanco fondendosi tra- smutarsi in ossidiana fatto che si riscontra benissimo in alcune bombe delle isole Eolie con il loro interno di po- mice e l'esterno di ossidiana; se i vapori aspirati dall'in- terno vengono più o meno trattenuti alla superfìcie esterna della bomba ed emessi lentamente avremo la bomba con r interno pomiceo 1' esterno scoriaceo. Le pomici dell' Etna , come si trovano in tutti i suoi crateri, realmente non sono altro che lava eminentemente cellulare spesso a grossissime cellule. Fra questi crateri bisogna cennare il cratere Monterosso, (da non confonderlo con i monti rossi del 1669) da dove si provvede di legge- rissime e voluminose pomici Catania e tutte le città etnee per la costruzione delle volte; vi si possono raccogliere gran quantità di cristalli di labradorite . la lava eruttata ne ò LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 77 zeppa, le scorie ne portano infisse un grande numero, nelle pomici cellulari o vi scompariscono o vi sono piccolissimi, e vi si vedono raramente più o meno, nella frattura delle sottili pareti delie cellule. Bellissimo esempio ne è ancora il monte Pomiciaro, do- ve si vedono scorie ricchissime di labradorite a grossi cri- stalli, che confusamente sporgono dalla superficie, mentre poi le scorie cellulari o pomici non ne contengono. Le scorie cellulari pare siano diventate tali, non solo per la rapida perdita del vapore acqueo, ma costituendo parte del cono istesso il continuato calore pare sia stato capace mantenerle in uno stato più o meno vischioso e di incipiente fusione, per cui sono rimasti eminentemente cel- lulari. È notevole il fatto che le pomici non si trovano mai sopra la lava, ma sempre nei crateri, compresi quei crateri minuscoli che si formano lungo la corrente di lava, fatto che aveva anche constatato il Prof C. Gemmellaro (1) e che confermerebbe le suesposte idee. Certe sostanze allo stato di fusione sono capaci scio- gliere gassi , che nuovamente emettono raffreddandosi , così per es. sono note le esperienze fatte da Lucas e da Gay-Lussac sulla fusione dello argento metallico, che in quello stato ha la proprietà di sciogliere per ben 22 volte il proprio volume di ossigeno, che abbassandosi la temperatura lascia sviluppare tutto ad un tratto, restando la superficie irta di prominenze a guisa di roccia per cui si dice che V argento fa la roccia; si sa come l'argento ha la proprietà di decomporre l' acqua al calore rosso sciogliendo l'ossigeno, che emette con il raffreddamento. Pare adunque che secondo il modo di perdita del va- pore di acqua più o meno rapido, può effettuarsi nella stes- sa pasta lavica una specie d' incipiente fusione , mercè la (1) Vulcanologia dell'Etna pag. 205. ATTI AOC. VOL. XX. 11 78 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA quale spariscono i minerali macroscopici, mentre nel raf- freddamento in presenza del vapore di acqua tutti i cri- stalli restano cosi come furono eruttati. Da altro lato è nota la esperienza dello Spallanzani (1) cioè della fusione di ossidiane e lave di Lipari le quali diventando bollose arrivavano al punto da trabboccare dal crogiolo, né al vapore d' acqua potrebbe addebitarsi tale proprietà ma certamente a gassi volatili, che in seno alla massa si svolgevano ; potrebbe adunque ravvicinarsi que- sto fatto alla proprietà dell' argento fuso per cui la bollo- sita delle pomici in generale, comprese le scorie cellulari dell' Etna ; infatti pare che le lave al momento di raf- freddarsi aumentino di volume né più né meno come fa il bismuto neir atto di solidificarsi, ma il bismuto però au- menta per effetto della cristallizzazione, mentre la lava ve- nendo fuori già bella e cristallizzata, pare non doversi spie- gare altrimenti il suo aumento, che per la emissione di gassi come fa 1' argento solidificandosi. È da notare ancora un altro fatto cioè che spesso nel- r interno di tali bombe, si trovano sali alcalini in leggiere efflorescenze che ne tapezzano le cellule, efflorescenze com- poste di cloruro e carbonaio di sodio in prevalenza; questa circostanza confermerebbe come la cellulosità di queste bom- be si deve ai gassi che violentemente aspirati dalla forza centrifuga, filtrando rapidamente attraverso il magma la- vico, depositarono i detti sali alcalini interclusi. L' assieme di tali fatti pare siano una conferma della preesistente cristallizzazione della lava alla loro emissione, mentre la loro fusione cominciando dal primo grado, rap- presentato da queste bombe e scorie cellulari, fino alle vere ossidiane, è un fenomeno conseguente alla loro emis- sione. (1) Viaggio alle due Sicilie. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 79 IW. Itoiiilie c*oii una cavila aiiiirossiiuaiivaineii- le simile alia forma esterna dalla stessa htimba. Tali bombe si presentano con una cavità o grande cel- lula a superficie interna più o meno rugosa , spesso vi si vedono i cristalli macroscopici attaccati appena alle spor- genze della interna rugosità. La formazione dell' area vuota nelle sopradette bombe, può essere diversa. Il Prof. Silvestri (I) osservò come spesso dai crateri eruttivi si eleva il fumo in forma di anelli, simile a quelli che produce l'idrogeno fosforato gorgogliando lentamente nell'acqua, allora quando viene in contatto dell'aria; que- sto fatto si ripete presso a poco quando una limitata quan- tità di vapori passa ad intermittenza da una apertura cir- colare ed angusta. Questo bianco vapore è differente dal così detto fumo nero che s'inalza carico di bombe scorie e minutissima arena. Il Prof. Silvestri ne spiega la differen- za per la diversa tenzione , se questa è energica allora il fumo è nero, se no bianco. « Questa condizione si può verificare o nello sprigio- <" narsi del vapore di mezzo ad un liquido più o meno den- « so, ovvero facendo uscire il vapore contenuto in un re- « cipiente che sia elastico nelle sue pareti, obbligandolo a «. passare per una stretta apertura circolare». Durante tale emissione di vapore, la lava pastosa che a brandelli viene proiettata , trovandosi momentaneamente in un am- biente rarefatto i gas interni ne dilatono uniformemente le pareti , forse può anche darsi che una bolla gassosa , (!) I fetiomini vulcanici presentati dall'Etna nel 1863-64-G5-66. Pag. 65. 80 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA viene momentaneamente coinvolta da una corteccia di lava pastosa , ed in questo caso possiamo considerare la sostanza gassosa funzionante né più né meno da nucleo solido , come nelle bombe a nucleo compatto , che per la forza centrifuga aspirata violentemente all'esterno, ne di- lata ancora più le pareti ; raffreddandosi poi la corteccia esterna della bomba, resta il vuoto occupato dal gas. Si può anche spiegare per il noto fatto, che le lave emettono con il raffreddamento grande rjuantità di gas di- versi, ora nella projezione rafifreddandosi la corteccia ester- na e la parte interna restando più o meno pastosa i gas tendono a svilupparsi verso l'esterno, ma la corteccia so- lidificata presentando una resistenza tale da non permet- tere lo svolgimento, allora si accumulano, dove la pastosità permette riunirsi formando così un' area vuota. Scrope (1) opina che la superfìcie della bomba di lava pastosa si consolida a misura che s' innaniza a grande al- tezza con un movimento rotatorio; é probabilissimo che la espansione dei gas arrivando a questa altezza neir atmo- sfera rarefatta, sia poi la causa delle violenti esplosioni. In ogni modo non e' é dubbio che 1' effetto della dila- tazione dei gas interni sono la causa della formazione del- l' area vuota, tanto che qualche volta vincendo la resisten- za, che presentano le pareti la bomba scoppia, fatto osser- vato da molti fra i quali io stesso, specialmente nell'eruzione del 1879 e del 1886, producendo i pezzi proiettali una pa- rabola simile a quella delle stelle cadenti. Il C. Gemmellaro scrive (2) di essere stato testimonio a tale fenomeno. Il Prof. Silvestri (3) dice come < queste bombe spesso (1) Les VLilcans— Piiris 1864. Pag. 418. (2) Opera cit. Pag. (3) I fenomeni vulcanici presentati dall' Etnea nel 1 863-64-65 éfì. 'pag. 113. LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA 81 « prcrducono delle strisce flessuose di luce accompagnate « da continuo scoppiettio esplodono in alto e ne cadono i « frantumi. Sono queste stesse che le guide 'del Vesuvio » chiamano ferrilli. » Scrope scrive come (1) il vulcano Kotlugaja dell'Islan- da, nell'eruzione del 1866, slanciò bombe sino all'altezza di metri 7800 almeno, e molte furono viste ed intese scoppia- re a 160 chilometri di distanza; queste bombe dovevano essere addirittura colossali. Darwin rapporta di essere stato assicurato localmente che quando il Carcovado è in eruzione, si veggono grossi massi slanciati in su scoppiare nell'aria, assumendo forme fantastiche. La mole di queste bombe doveva essere immensa per- chè si distinguono fino a 93 miglia di distanza. 1 fatti citati dal Scrope e dal Darwin bisognerebbe ac- coglierli con debite riserve; infatti il primo pare non ne sia stato testimonio, il secondo riporta solamente ciò che gli venne riferito , e si sa come le esagerazioni passando di bocca in bocca s'ingrandiscono e finiscono con accreditarsi. Probabilmente le esplosioni del cratere si' scambiavano per la esplosione di una bomba, ovvero le detonazioni delle scariche elettriche, che in simili fenomeni succedono quasi sempre (2), s' interpetravano per lo scoppio di bombe. (1) Les Volcans. Pag. 418. (2) C. Gemmellaro così scrive di tali tuoni nella eruzione del- l' isola Ferdinanda o Giulia (Relazione dei fenomeni del nuovo vul- cano sottomarino. Atti dell' Accademia Gioenia, Serie \. voi. vn. Pag. 286) « come distaccansi i primi globi di vapore e gii altri dalle suc- « cessive esplosioni spinti, si accostano ad essi, tosto una violenta • scarica di elettricità ha luogo nella forma di fulmine ed è quindi • seguito dallo scoppio del tuono : tuono che rumoreggiando lungo • tempo nell' aere è stalo falsamente confuso col rombo del vulca- • no ". Tutti gli abitanti alla periferia dell'Etna abbiamo visti i ful- minij che dalle nuvole di sabbie si scaricano verso il cratere, anzi 82 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA. Malgrado però di tali probabili inesattezze dello Scrope e del Darwin pure resta sempre provato il fatto, che tali bombe spess'o scoppiano nell' aria a guisa di granate, e in tutte le eruzioni, frequenti sono i pezzi che se ne trovano sparsi sopra i crateri. In queste bombe, piuttosto rare sull' Etna, raramente vi si trovano inclusioni diverse. Ferrara (1) parla di una bomba che racchiudeva termantite pulverulenta. Il Prof. mi ricordo avere raccolti frammenti di vere folgoriti sopra crateri vulcanici. Sono scorie colpite dal fulmine nel tempo che si trovano slanciate e sospese nel fumo. I boati del vulcano accompagnano le esplosioni del cratere. Nei primordi dell' eruzione sono frequenti e di poca intensità, quando la lava viene fuori continua e senza intervalli, come quando viene a ri- gurgiti intermittenti si sentono più fragorosi per effetto dell'aria rare- fatta. Fra un ondata e l'altra di lava la denotazione è più rumorosa. Le variazioni di temperatura ed umidità pare abbiano grande influenza sulle detonazioni. 11 Dolt. Giuseppe Gemmellaro (Sunto del giornale della eruzione dell' Etna del 1852. AUi dell'Accademia Gioe- nia Serie 2^ Voi. 9° pag. 138) osservò come « Dopo tre giorni di va- « riazioni atmosferiche, con piogge neve e forte vento N. 0. domi- « nante, ci confermiamo che esso ha molta influenza nello accre- « scimento delle detonazioni. Si potrebbe egli dire che la pressione . dell' aria, dall' alto al basso, a forza introdottasi, nel gran cratere « dell' Etna, e pressata a sortire passando per istrette gole dal cra- « tere centenario? Potrebbe essere così , mentre soffiando il vento « Est, non suscita rumore alcuno né fumo di sorta viene esploso « dall' alto del gran cratere ». Alle volte anche succede che le detonazioni si sono verificate per 1' effetto di abbondanti piogge. II 22 Novembre del 1886 dopo dirotte piogge dei giorni precedenti per circa 18 ore il cratere dell' Etna fece sentire a grandi distanze, i suoi boati accompagnati da colonne di vapore. L'acqua piovana per i meati sotterranei scendendo nelle profonde voragini apertisi nel suolo nella eruzione del Maggio 1886 e venendo in contatto della lava sottostante, 'convertendosi in vapore si sfoga- va dal cratere centrale, essendo quello parassita già ostruito dalla lava raffreddata. (1) Descrizione dell'Etna: Palermo 1818. LE BOMBE VULCANICtìE DELL'ETNA ' 83 Silvestri ne ha trovato qualcuna con sostanze terrose, non è però a noia conoscenza che altri abbia descritto bombe contenenti cristalli liberi identici a quelli che fanno parte della pasta della lava istessa, per cui passo a descrivere la sola che fra moltissime ho trovata. Detta bomba Fig. 3' la raccolsi nell'antico cratere detto Monte Serra che sovrasta il paesello di Vlagrande; è del peso di Chilogrammi 3. 290, 1' asse maggiore è di 25 cent, i due assi minori di cent. 15 l'uno, di cent. Il, l'altro talmen- teché risulta di forma ovato-ellittica assai schiacciata; muovendola si sentiva un rumore pronunziatissimo prodot- to dalla caduta di piccoli corpi, spaccata si presentò con un vuoto di cent. 4, con cent. 7 negli assi minori e cent. 15 nell' asse maggiore ; la parte spessa è di cent. 4 nel- l'asse minore, mentre nell'asse maggiore è circa cent. 3 da una parte e circa cent. 6 1' altra corrispondente , come si vede nella sezione Fig. 22. Esaminando il contenuto che produceva il rumore tro- vai sei cristalli di feldspato labradorite con due lapilli, che portavano ancora essi attaccati due cristallini di feldspato più 0 meno scorifìcati coperti da una vernice di pasta la- vica vetrosa. Il primitivo rumore che detti cristalli vi pro- ducevano naturalmente era in massima parte cessato , e dico in massima parte, perchè ancora si sente un poco, pro- dotto da qualche altro cristallo impigliato nelle cavernose anfrattuosita delle pareti. Il fatto di aver trovato dentro una bomba liberi cri- stalli di feldspato labradorite della stessa natura di quelli che fanno parte della lava, lo credo interessante. Si trovano sopra i crateri avventizi dell' Etna od in quelle delle isole Eolie, come altrove, pomici con cristalli di pirosseni o feldspato attaccato solamente per un punto, ovvero (ma più raramente) cristalli attaccati ad un filo ve- troso di lava stirata a quel modo dal peso del cristallo 84 LE BOMBE VULCANICHE DELL' ETNA istesso, che raffreddandosi così si è conservata, ma cri- stalli liberi interclusi non mi è dato conoscerne esempio , prima di questo; dapprima credetti che questi cristalli era- no una volta attaccati debolmente alle pareti interne della bomba essendosi poi distaccati; ma dietro minuto esame si vede che i cristalli che abbiamo sott' occhio non presen- tano le menomo tracce di aderenze precedenti; perlochè bisogna ammettere che realmente siano stati sempre hberi nell'interno della bomba. Si conoscono le teorie che esistono sopra la formazio- ne dei cristalli nelle rocce eruttive, come cioè alcuni am- mettono la cristallizzazione dopo l'emissione, altri la cri- stallizzazione precedente all' emissione della lava ed altri ancora lo ingrossamento dei cristalli durante il raffredda- mento, né io m' immoro per tali disquisizioni, limitandomi semplicemente a registrare il presente fatto, che servirebbe a corroborare la prova per la cristallizzazione preventiva all'emissione della lava; invero come spiegarsi altrimenti la presenza di tali cristalli liberi nell'interno di una bomba se non ammettendo la loro preesistenza? Comunissimo è il caso di trovare cristalli liberi nei crateri avventizi dell'Etna, anzi oserei asserire che non c'è cratere avventizio dove non si trovino cristalli liberi o di peridoto (spesso in cristalli definibili), o di pirosseni, o di feldspato (1); uno dei più splendidi esempi si è il doppio (1) 1 iiiiiieiali visibili clie porflricameiite si trovano disseminati nelle lave etnee sono l'olivina , il feldspato labradorite ed il piros- seno; nelle diverse lave predomina uno pii!i che un altro, ovvero in alcune sono tutti tre più o meno abbondanti. Quasi in tutti i crateri avventizi dell' Etna si possono raccoglie- re cristalli liberi più o meno abbondanti, a meno che il cratere , perchè coperto di sottile sabbia o cenere, o per la vetustà si sia ter- rificato, allora i minerali sono più o meno spariti. I cristalli liberi che vi si trovano sono i minerali simili che si LE BOMBE VULCÀNICHE DELL' ETNA 85 cratere dei monti rossi della celebre eruzione del 1669, dove questi tre minerali si trovano liberi in grande quantità, od anche assieme associati compenetrantesi vicendevolmente osservano nelle lave eruttale duraiUe la formazione del relativo cra- tere. Come nelle corrispondenti lave offrono tutta le gradazioni in volume da arrivare ai microscopici, che costituiscono quasi esclusi- vamente la cenere che erutta il cratei'e centrale. Questo è un fatto comune a tutte le regioni vulcaniche;. I ci-ateri di Frascati slanciarono grande qnantiià di cristalli di melanite, di leucite, di pirosseni, la cresta di Monte fìascone è ricca di colossali pirosseni, il Vulture ne erullò grande quantità, il cratere Aricino si- milmente, in Vulcano ed in tutto le Eolie si vede lo stesso fatto. Roc- camonfìna ed i crateri del Cimino eruttarono le notissime leuciti ecc. ecc. Nei crateri avventizi dell' Etna troviamo ai Monti lossi (eruzio- ne 1669) predominante il pirosseno, poi in minuti cristalli il labra- dorite e finalmente in minutissimi l'olivina; al Monte Serra^ eruzio- ne di epoca igiiola, invece predomina il feldspato e vi è raro il pi- rosseno e rarissima l'olivina; al Monterosso eruzione del 1300 pre- domina il feldspato e poi siegue scanso il pirosseno e più rara ancora l'olivina e per non dilungarixii lo stesso fatto si verifica al Monte Ilici, Cava, Gurna, Arcimisa, Pomiciaro ecc. ecc. compresa l'ultima eruzione del 1886, dove il labradorite si trova in minuti ci'istalli. Ora osservando le lave eruttate da quelle eruzioni, si conoscerà come i delti cristalli vi stanno presso a poco in identiche proporzioni non solo, ma dello slesso volume di quelli eruttati, talmentechè possia- mo conoscere la natura mineralogica piedomiuaiile nelle singole lave, ed approssimativamente la proporzione in cui stanno i singoli minerali con la ricerca dei minerali allo slato libero che si trovano fra le deiezioni dei relativi crateri, malgrado non si conosca la lava, perchè seppellita da altre eruzioni. Questa osservazione era slata parzialmente fatta dal Prof. C. Gemmellaro (Atti dell'Accademia Gioenia, Serie 2* Voi. 3° pag. 395. Saggio sulla costituzione fisica dell'Etna), « Che le arene ed il mi- « nulo rapillo siano porzioni della slessa lava che vien fLiori info- « cala non è da mettere in dubbio ; imperochè si trova , che se la « lava è abbondante di pirossene cristallizzato , questi cristalli si » rinvengono in grandissima quantità mescolali all'arena, come « quella dei monti rossi presso Nicolosi: se la lava è feldspatica ed • abbondante dei cristalli di quel minerale, essi troveransi in copia « isolali e misti all'arena, come nel M. Pilieri presso Nicolosi, per ATTI ACO. VOL. XX. 18 86 LE BOMBE VULCANICHE DELL'ETNA in unico gruppo cristallino. Sul monte Serra il feldspato in cristalli liberi è comunissimo ed abbondante fra cui alcuni cristalli relativamente grossi; Monpelieri è ricco di Labra- CLii giustamente osserva che una lava vicino Belpasso d'ignota eru- zione « per l'abbondanza dei cristalli felspatici , fa inclinare a cre- « derCj essere venuta del vicino estinto cono di cratere detto Mon- « pelieri; nei quale si trovano isolati i cristalli di labradorite in im- « mensa quantità, pii^i che in alcun altro cratere. ■• Spallanzani spiegava la quantità grandissima di pirosseni dei monti rossi « che siccome il fuoco aveva compenetrata la massa e-tt j&^^Zcot>!:^. ut:^i^uJz- Variazioni numeriche dei microrganismi dell'aria in Catania per il D.r A. CONDORELLI MAUGERI Memoria letta all'Accademia Gioenia nella scinta del 27 febbraio 1887. Sin da tempi antichi, sin da prima die si fosse conosciu- ta la composizione cliimica dell'aria, si sapeva che in essa si contenessero grandi quantità di piccolissime particelle, ed il Lucrezio accenna a questo fatto quando in una delle sue poesie attira l'attenzione su quel fascio di raggi solari che, penetrando da una finestra , illumina e lascia vedere un mondo piccolo nuotante nell'aria. Quali esseri però popo- lassero questo piccolo mondo era allora oscuro ed oscuro è rimasto, si può dire, quasi sino al principio del secolo passato, I primi atti d' investigazione sulla natura dei compo- nenti di questo mondo appena visibile si collegano colla scoperta del microscopio e colle discussioni sulla genera- zione spontanea. Primo tra gli investigatori possiamo met- tere il Loenwenhaeck che in una memoria pubblicata nel 1722, parla di esseri viventi trovati neir acqua di pioggia. Dopo lui vengono il Gaultier de Claubry e l'Bhrenberg che accennano agli esseri viventi esistenti nell' aria e nelle pol- veri depositate delle case. In seguito a questi, molti altri scienziati hanno intrapreso simili ricerche. L'Hufty nel 1836 esaminando una pioggia di polvere nei suoi costituenti trovò che essi erano non altro che pol- line di conifere. Quando cominciò a comparire il colera in Europa Eh- renberg, Swagne, Budda, Meyer, Brittan, Weoll, Robin in luoghi differenti istituirono ricerche microscopiche sull'aria cercando in essa il germe causale dell' epidemia. Il Tom- pson fece ricerche di simil genere nel colera del 1854, nelle ATTI ACO. VOL. XI. 16 112 VARIAZIONI NUMERICHE sale degli ospedali, aspirando rilevanti quantità d'aria at- traverso delle boccette di Wolf ripiene di un liquido che, esaminato in seguito al microscopio, si trovò carico di es- seri mobilissimi. Nella stessa epoca ricerche press' a poco di tal natura furono istituite da Arberne , Beaudrimont, Smith, Hoog, Berkeley. Col 1855 comincia un' epoca nella quale questo genere di studii si andò semprepiù divulgando e perfezionando col- l'uso degli aeroscopii il primo dei quali è stato messo in prova dal Puchet, il quale riunì gran parte delle sue ri- cerche nel libro Eterogenia (1859). È in questo periodo di tempo che cominciano a figurare lo Spallanzani, lo Schulze, lo Sehawnn, lo Scròeder, il Van-Dus. 1' Helmotz, il Peyen, il Pasteur, e tanti altri le cui ricerche avevano il grande scopo di stabilire se fosse vera l'Omogenia o l' Eterogenia. Terminata la vertenza su questo importante argomento e stabilita come sicura V Omogenia, tali studii non si ar- restarono, anzi furono continuati con più ardore, con una altra mira, V Igiene. Duclaux. Rèveil, Chalvet, Pigat, Sel- mi, Lemarc, Salisbury, Balestra , Samuelson, Mantone, Ei- selt, fecero delle ricerche numerosissime nell' aria delle ca- se, degli ospedali, degli anfiteatri anatomici, del mare, ecc. Maddox per il primo nel 1871, imprese delle esperien- ze sistematiche sulla quantità dei microrganismi dell' at- mosfera e conchiuse che essi aumentavano nei mesi di Lu- glio ed Agosto, e che il loro variare non aveva relazione alcuna colla forza dei venti. Circa un anno dupo il lavoro del Maddox, ricerche an- cora più esatte furono publicate dal Cunningam per l'aria di Calcutta. Le ricerche statistiche e sistematiche iniziate da questi due autori furono in seguito proseguite da molti altri, trai quali primeggiano lo Schoenauer nell'Osservato- rio di Monsouris, Tyndall, Fodar, Tissandier, Jung, Giaco- sa, Freudenreich, Marcau , Hesse, Koch , Roster e Miquel DEI MICRORGANISMI dell' ARIA IN CATANIA 113 il quale sin dal 1879, lavora con zelo ed assiduità nell'Os- servatorio di Monsouris, consacrando ogni anno i risultati delle sue ricerche in un apposito annuario. Ricerche di tal natura mancavano per 1' aria di Cata- nia; se si eccettuino gli studii del Prof. Silvestri sui com- ponenti di alcune piogge di polvere, nessuno mai si è occu- pato, per quanto io mi sappia, di questi fatti che dovreb- bero essere investigati in ogni città. Le mie osservazioni sono state fatte nel giardinetto che sta avanti il Gabinetto di Chimica e Microscopia Clinica dell'Ospedale V. Emanuele, e credo opportuno dar qui del luogo qualche notizia topografica che possa interessare l'ar- gomento. Questo locale posto a settentrione e quasi fuori la cinta di Catania, trovasi ad un'altezza di m, 49, 75 sul livello del mare , dato gentilmente favoritomi dall' Egregio Prof. Sciuto Patti. I venti di Greco, Levante e Scirocco vengono dal mare, ma prima di arrivare nel luogo di osservazione deb- bono attraversare quasi tutta la città. I venti di Mezzo- giorno, Libeccio, Ponente, Maestro, e Tramontana vengono tutti dalla campagna, i primi due però attraversano gran parte dell' abitato, mentre gli altri arrivano quasi diretta- mente. Queste poche notizie, così accennate, le ho credute necessarie perchè vanno tra le influenze che fanno variare il numero dei microrganismi dell' aria messi in rapporto alla direzione dei venti. I metodi e gli apparecchi di ricerca seguiti ed usati da tutti gli sperimentatori sono stati diversissimi, e sarebbe lungo ed inutile qui esporli. Di sostanze impiegate per rac- cogliere i germi se ne sono avute liquide e solide; tra le li- quide la prima e più a lungo usata è stata l'acqua, dalla quale, dopo usata, messa in appositi recipienti e lasciatavi depositare, se ne è raccolto il deposito, che, per la nume- razione dei microrganismi, si è poi osservato al microscopio. Dopo r acqua si sono usati, e da alcuni si usano tut- 114 VARIAZIONI NUMERICHE torà i diversi infusi nutrivi ed i brodi coi quali, per mez- zo delle culture frazionate , con lungo e penoso lavoro si è venuto alla numerazione dei microrganismi sviluppati. Da alcun tempo in qua la scoperta dei mezzi di cultura solidi ha fatto fare rapidi progressi ed ha dato più preci- sione a questo genere di ricerche. Per gli apparecchi si può dire quasi che ogni speri- mentatore ne ha usato uno speciale. I più importanti sono quello del Miquel, quello del Roster e quello dell' Hesse , del quale si è fatto un gran chiasso, mentre, a parer mio, se ha il grande vantaggio della precisione, ha inconvenienti abbastanza scrii, cioè la possibilità di usarlo solo in quelle circostanze speciali nelle quali non debbono farsi molte e continue osservazioni , e la grande difficoltà di contare le colonie sviluppate ancorché queste non siano fondenti , e per proprio peso quindi capaci di poter alterare gran parte della gelatina contenuta nel tubo. Chi volesse aver notizia di tutti i diversi apparecchi può consultare il bel libro del Roster: Il pulviscolo atmosferico ed i suoi microrgani- smi—Fireìize J885—r\e\ quale si trovano descrizioni det- tagliatissime. Io per le mie osservazioni ho usato un apparecchio semplicissimo che avevo ideato e posto in pratica quando intrapresi col D.r Aradas gli studii sulla Dissenteria epi- demica, e trovasi minutamente descritto in un lavoro pu- blicato negli atti dell'accademia Gioenia — Tomo xix, Ser. in, 1886. Come mezzo collettore dei microrganismi mi son servito sempre della gelatina nutritiva del Koch , che si adatta meglio di ogni altro preparato per lo sviluppo delle diverse specie di questi esseri inferiori. Questa gelatina nutritiva, conservata in piccoli tubi di vetro con tappo di ovatta nella quantità di 10 cmc. per ognuno, e perfetta- mente sterilizzata , è stata versata per ogni osservazione in una scatoletta di vetro previamente essa pure steriliz- DEI MICRORGANISMI DELL'ARIA. IN CATANIA 115 zata per quattro ore in due giorni di seguito alla tempe- ratura di 160° e quindi usata per la roccolta dei micror- ganisnni aerei. Le osservazioni sono state fatte sempre nel medesimo luogo ad un' altezza di m. 1,60 dal terreno e sempre nelle stesse condizioni di artifìcio. Per contare i microrganismi mi son servito del me- todo della numerazione delle colonie sviluppate sulla gela- tina della scatola dopo due giorni quando la temperatura era superiore ai 20", e dopo quattro giorni quando era in- feriore ai 20." Durante questo tempo d'incubazione le sca- tolette colla gelatina si son tenute chiuse entro camere umide sterilizzate per evitare l'infezione che avrebbe cer- tamente potuto causare 1' aria "del laboratorio. In tutte le 200 osservazioni, praticate interrottamente per lo spazio di circa quattro mesi alla mattina ed alla sera di ogni giorno, e qualche volta anche al mezzodì, ho tenuto conto dell' ora nella quale è stata fatta 1' osserva- zione, dello stato del cielo se coperto tutto di nubi, se in parte coperto , se piovoso , se sereno , dello stato dell' at- mosfera se secca o umida , del grado di temperatura sia appena terminata l'operazione, sia media delle ventiquat- tr' ore (questa temperatura media la ho presa dal buUet- tino mensile che pubblica il Municipio) , della direzione e forza del vento prevalente , della durata dell' esperimento da quando ho fatto cominciare a fluire 1' acqua dell' aspi- ratore, sino a quando è terminato di fluire, della quantità e qualità delle colonie sviluppate, e finalmente di tutte quelle condizioni accidentali che ho creduto possibile aver influen- za sulla variazione della quantità dei microrganismi. Nei seguenti quadri sono minutamente esposti i risul- tati delle mie osservazioni accompagnati ognuna dalla nota delle condizioni esterne. Essi rappresentano le variazioni giornaliere dei microrganismi dell'aria: 116 VARIAZIONI NUMERICHE DEI MICRO 1 — '"" — a Stato Tempekathba Altezza s Giorno Ora Stato del cielo i)urante Media baro- Vento prevalente rs dell' atmosfera r ope- nelle metrica ^ razione 24 ore 1 2 21 Aprile 86 9 ant. 5 pm. sereno id. poco umido id. 19,0 19,3' 762 762 ,3 0 Ponente forte » 3 22 - 9 ant. id. secco 18.2' 760 ,0 » 4 5 pm. id. id. 19 761 ,0 Ponente leggiero 5 23 — 9 ant. id. id. 20 761 5 Tramontana leggiero 6 5 pm. id. id. 20 763 0 » 7 24 — 9 ant. nuvoloso umido 18 763 0 Levante 8 5 pm. id. id. 16 761 5 Levante forte 9 25 — 9 ant. id. id. 16,5' 760 0 » 10 5 pm. id. id. 16, 5' 758 0 Levante 11 8 '/« ant. id. id. 16 755 , 8 Levante e scirocco forte! 12 26 - 12 '/o P- id. id. 16 754 3 » 13 5 pm. id. id. 16 754 0 Levante forte 14 27 — 8 Va ant. id. id. 16 753 5 Greco e levante 15 5 '/» pm. id. id. 16,5 753 0 Levante 16 28 -- 8^2 ant. nuvoloso in parte id. 16,6 754 5 Levante leggerissimo 17 3 pm. id. id. 17 755 0 Greco e levante legg. 18 29 - 8 '/.^ ant. nuvoloso id. 17 756 0 Scirocco e levante 19 4'/2Pm- id. id. 18 755 5 Levante leggiero 20 30 — 8 V., ant. id. id. 17,3 754 5 » 21 6 pm. sereno — 18 754 0 » 22 1 Mag. 86 8 1/2 ant. nuvoloso umido 17,5 15,8 754 5 Levante e scirocco forte] 23 5 pm. id. id. 18 750 0 Greco e levante forte 24 8 V., ant. nuvoloso in parte id. 18 750 0 Levante leggiero 25 2 — 1 pm. sereno id. 18,2 17,8 755 0 » 26 6 pm. id. id. 19 751 2 Vento variabilissimo 27 3 - S'/jant. nuvoloso id. 17 16,3 754 5 Levante leggiero 28 5 pm. id. id. 18,5 751 0 » 29 4 — 8 '/.3 aut. sereno id. 16 1^ A 757 0 Ponente forte 30 5 pm. id. id. 18,2 lo, 4 759 0 » 31 5 — 8 1/2 ant. id. poco umido 16,3 12,4 762 5 Ponente leggiero 32 5 pm. nuvoloso umido 17,0 761 0 Nessun vento sensibilel 33 6 — 8 V2 ant. sereno id. 16,5 13,3 761 0 » 34 5 '/j pm. id. id. 17,0 759 0 Ponente leggiero 35 7 — 8 V4 ant. id. id. 17,0 13,2 759 0 » 36 5 pm. nuvoloso id. 16,3 757 5 Greco e levante 37 8 — 8 '/., ant. sereno id. 16,0 14,2 758 0 Levante leggiero 38 5 '/aPm- id. secco 17,2 758 5 Ponente 39 9 - 9 V, ant. id. id. 17,0 14,0 760 0 » 40 5 pm. id. poco umido 17,2 760 5 Greco e levante legg. 41 42 10 - 8 Vs ant. 5 pm. id. id. secco id. 17,5 19,0 15,9 761 760 0 0 Ponente e libeccio legg. Ponente 43 11 — 8 7^ ant. id. id. 18,0 17,3 756 0 » 44 5 '/j pm. nuvoloso umido 19,0 754 0 Levante 45 12 — 8 72 aut. nuvoloso in parte id. 18,8 17,6 756 0 Tramontana 46 5 pm. nuvoloso id. 19,5 756 0 Greco e levante 47 48 13 — 8 7, ant. 5 pm. sereno nuvoloso in parte secco 19,0 19,8 ll,-4 759 757 0 5 Levante » 49 50 14 — 8 72 ant. 5 72 pm- nuvoloso sereno umido 19,0 19,0 18,0 758 759 5 0 Levante leggiero Ponente leggiero 51 15 — 9 ant. nuvoloso umido 19,0 18,8 759 2 Levante leggiero 52 5 7'> pm. sereno id. 20,0 759 2 » 53 16 — 8 72 ant. id. — 19,0 17,0 762 0 Greco e tramontana 54 5 78 pm. id. — 20,0 762 0 Levante leggiero 55 17 — 8 Va ant. id. — 19,0 16,2 762 0 Levante e greco 1 56 5 '/jpm. nuvoloso in parte — 19,5 763, 5 Tramontana e levante ORGANISMI dell' ARIA IN CATANIA 117 Numero beile colonie sviluppate I Durata della 1 1 Osservazioni Tot. per Totale operazione fondenti non fondenti muffe 20 litri per 1 me. 1 d' aria d' aria 1 Min. 20 0 31 6 37 1850 » 20 1 32 6 39 1950 » 30 0 21 7 28 1400 » 20 0 28 4 32 1600 ., 20 0 33 l 34 1700 » 20 0 23 0 23 1150 » 20 12 16 0 28 1400 Ha piovuto tutta la notte ed è terminato da 1[2 ora. » 20 2 22 4 28 1400 Continua a piovere ma leggermente. .. 24 1 17 1 19 950 Idem » 20 3 11 2 16 800 Non li;i piovulo (la 4 ore — Da mezz' ora e ricoiniiiciata la pioggia. ). 20 0 17 1 18 900 Continua a piovere interrotto leggermente. » 20 0 5 1 6 300 Immediatamente dopo la pioggia. « 20 0 8 2 10 500 Non piove da 3 ore circa. » 20 0 4 2' 6 300 Nella notte è incominciata la pioggia. » 20 0 2 4 6 300 Immediatamente dopo la pioggia. » 20 0 2 14 16 800 Da mezz'ora c'è sole — Non piove da ieri sera. » 20 0 2 22 24 1200 » 20 0 10 9 19 950 » 20 1 8 11 20 1000 » 20 0 10 5 15 750 Stanotte ha piovuto un paio d' ore. » 20 0 6 12 18 900 » 20 0 28 11 39 1950 » 20 0 23 2 25 1250 Stamattina ha piovuto dalle 9 a. m. alle 3 p. m. » 20 0 21 6 27 1350 i> 20 0 21 4 25 1250 » 20 0 33 6 39 1950 ,, 20 0 9 7 16 800 Stamattina ha piovuto un paio d' ore. ), 20 0 5 3 8 400 Ha piovuto sino a mezz' ora avanti. » 20 0 22 1 23 1150 » 20 0 19 2 21 1050 » 20 0 17 4 21 1050 » 20 0 5 4 9 450 Ha piovuto forte un paio d' ore. » 20 0 16 2 18 900 » 20 0 16 3 19 950 » 20 0 20 3 23 1150 » 20 0 17 2 19 950 » 20 0 27 2 29 1450 » 20 0 19 5 24 1200 » 20 0 22 4 26 1300 » 20 0 18 1 19 950 » 20 0 21 13 34 1700 » 25 0 23 11 34 1700 » 20 0 29 9 38 1900 » 20 0 18 ! 9 27 1350 » 20 6 12 : 0 18 900 « 20 0 8 ' 15 23 1150 » 20 ? 9 p P p Qualche batterio ha fuso rapidamente la gelatina e ' » 20 ó li 9 20 1000 non si son potute contare le colonie. » 20 2 15 2 19 950 » 20 0 12 10 22 1100 » 20 ? ? ? ? ? id. » 20 2 12 9 23 1150 » 20 0 9 2 11 550 » 20 0 11 8 19 950 » 20 1 9 8 18 900 » 20 7 18 3 28 1400 118 VARIAZIONI NUMERICHE DEI MICR; Giorno Oka Stato del cielo o I Tempebatuba Durante dell' atmosfera l'ope- I I razione Media nelle 24 ore Altezza baro- metrica Vento prevalente 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 18 Mag. 19 — 20 — 21 — 22 — 23 — 24 — 25 — 26 — 27 — 28 — 29 — 30 — 31 — 1 Giug. 2 3 — 4 — 5 — 6 — 7 — 8 — 9 - 10 — 11 — 12 — 13 — 14 — ^•^5 Va pm. 8 V2 ant. 5 VsP™- 8 Vo ant. 5 '/spm. 8 Vo ant. 5 '/-. pm. 8 '/a ant. 5 Vspm. 8 '/a ant. 5 VaPUl. 8 V2 ant. 5 V2 pm. 8 Vaant. 5 pm. 8 Vs ant. 6 pin. 3 ','2 ant. I 6 pm. ,8 Va ant. j 6 pm. 8 '/, ant. I 6 pm. 8 Va ant. 5 Vapm. 8 V2 ant. 5 V, pm. 'si, ant. ^^,5 Vapm. 8 Vjant. 6 pm. 9 ant. '5 VaPm. 8 Va ant. 5 Vapm. 9 ant. 5 pm. j8 Va ant. I 6 pm. |8 Va ant. ! 5 pm. I 9 ant. 5 pm. 9 ant. 5 pm. 9 ant. ■5 pm. 8 Va.aut, 5 pm. 8 Va ant, 6 pm. 9 ant. 6 pm. 10 ant. 5 VaPm I sereno nuvoloso in parte sereno id. id. id. id. id. id. id. id. nuvoloso in parte id. id. sereno id. id. nuvoloso in parte sereno id. id. id. id. id. id. nuvoloso in parte id. nuvoloso id. id. sereno id. id. id. id. id. nuvoloso sereno id. nuvoloso in parte id. id. id. id. sereno nuvoloso sereno nuvoloso id. id. nuvoloso in parte id. id. id. nuvoloso id. 19,0 — . 19,8 — 19,2 — 19,5 secco 19,2 id. 20,0 id. 21,0 id. 21,5 id. 21,5 id. 22,0 id. 21,5 — ■ 22,2 poco umido 22,6 id. 23,0 — 22,2 — 22,8 — 22,6 — 23,0 — 23,2 — 23,8 — 23,0 — 24,0 secco 23,8 id. 25,0 id. 24,0 — 24,8 umido 24,0 id. 24,0 id. 24,0 id. 24,5 — 24,0 — 24,8 — 24,8 — 25,6 secco 24,5' id. 25,5' umido 25,0 id. 26,0 — 25,0 — ■ 25,0 umido 25,0 id. 25,8' id. 25, 0 nebbioso 20,0 id. 25,8 id. 25,0 — 25,0 — 24,0 umido 24,3 id. 24,7 id. 23,2 id. 24,0 id. 23,2 id. 23,6 id. 23,5 id. 22,5 17,1 17,2 16,4 18,9 20,7 19,9 21,1. ! 21, 3 21,0 21,7 i 22,3 I : 23,1 I j 21,8 21,4 22,7 23,2 23,7 22,9 21,0 22,6 23,6 23,3 23,9 21,8 22,9 20,8 24,1 20,8 765,0 765,0 765,0 764,0 764,0 763,0 762,0 761,0 762,0 762,0 762, 0 762,0 760, 0 759,0 759,5 759, 8 759,0 758,0 759,0 758,5 759,0 759,5 ' 760,0 759,0 [700,0 1759,0 ■ 759, 5 758, 0 I 758,0 757,0 '757,5 ! 757, 0 I 757, 0 756,0 757,0 , 757, 6 755,0 754,0 757,3 757,0 758,6 757,5 756,8 754, 0 755, 4 757, 1 759,5 759,0 759,0 757,0 757,0 756, 5 757,0 755,5 753,5 753,0 Tramontana e greco Greco e levante legg » » Greco e levante Greco e tramontaur » » Tramontana leggiera » » » » » » » » Scirocco e levante Greco i j Libeccio Greco e levante Greco e levante legg I » » . » » j Greco I Levante forte Greco e levante legg j Levante leggiero I Tramontana Greco leggiero iGreco e tramont. lej Greco e levante fori I Greco e levante Greco 0 levante legg Levante leggiero Greco e levante » Levante Greco forte Scirocco forte Levante » Greco e levante » Tramontana e maestr Greco e levante , Tramontana leggiera Levante leggiero Levante e greco l NUMEKO DELLE COLONIE SVILUPPATE Osservazioni 1 Tot. per Totale ae ^-'^«"«foXti muffe 20 litri per 1 me. d' aria i d' aria J 12 9 2 1 23 1150 • J 2 15 6 23 1150 '} 0 17 7 24 1200 3 (J 13 2 15 750 J 1? 9? ? 10? 200? Metlà della gelatina si è trovala fusa e iiou si m \Mi contare tolte le colonie. 3 6 28 3 37 1850 J 0 16 7 23 1150 Eruzione dell'Elna e grande alTIusso di gente verso la montagna. ) 3 46 7 56 2800 id. J 11 43 7 61 3050 id. J 7 43 3 53 2650 id. ) 9 52 3 64 3200 id. ) 6 46 4 56 2800 id. ) 11 ' 43 2 56 2800 id. l 1? ' 19 ? 2? 22? 1100? Idem-Mellà della gelatina si è trovata fusa e non si son potute contare tutte le colonie. d 8 , 46 3 57 2850 id. ) 5 51 2 58 2900 id. 3 9 42 0 51 2550 id. 3 7 21 0 28 1400 id. 3 0 18 2 20 1000' id. 3 2 19 2 23 1150 id. 3 2 27 0 29 1450 id. 3 3 20 1 24 1200 id. 3 2 25 1 28 1400 id. 3 2 19 3 24 1200 id. 3 1 18 3 24 1200 id. 3 4 22 0 26 1300 id. 0 2 24 0 26 1300 id. 0 2 22 0 24 1200 id. 0 3 25 1 29 1450 id. 0 8 17 0 25 1250 id. 0 2 13 1 16 800 id. 0 5 19 0 24 1200 id. 0 11 60 0 71 3550 id. 0 1 24 0 25 1250 id. 0 3 60 0 28 1400 0 21 25 0 41 2050 5 7 20 1 31 1550 0 11 23 0 40 2000 0 3 29 1 23 1150 0 7 19 0 26 1300 0 3 19 1 21 1050 0 3 17 1 35 1750 0 5 31 1 32 1600 0 9 26 2 59 2950 0 3 48 1 23 1150 0 4 19 0 28 1400 0 5 24 ■2 33 1650 0 1 26 1 18 900 0 8 126 0 134 6700 0 4 22 3 29 1450 0 10 23 3 41 2050 0 4 32 3 39 1950 0 2 11 1 14 700 0 3 13 2 18 900 0 12 57 3 72 3600 0 ili 0 TI ACC. V 9 OL. XX. 3 12 600 Ha piovuto per circa tre ore. 16 IGANISMI dell' aria IN CATANIA 119 Numero delle colonie sviluppate | Ddeata Osservazioni della 1 Tot. per Totale iperazione » , ,. non fondenti jf^^^g^tj muife 20 litri d' aria per 1 me. d' aria lin. 20 12 9 2 1 23 1150 • » 20 2 15 6 23 1150 1) 20 0 17 7 24 1200 » 30 0 13 2 15 750 » 20 1? 9? ? 10? 200? Metti della gelatina si è trovata fusa e non si son potute conlare tutte le colonie. i» 20 G 28 3 37 1850 » 20 0 16 7 23 1150 Eruzione dell'Etna e grande afflusso di gente verso la monlagoa. » 20 3 46 7 56 2800 id. » 20 11 43 7 61 3050 id. » 20 7 43 3 53 2650 id. » 20 9 52 3 1 64 3200 id. » 20 6 46 4 56 2800 id. » 20 11 43 9 56 2800 id. .) 24 1? 19? 2? 22? 1100? Idem-Mettà della gelatina si è trovata fusa e non si son potute contare tutte le colonie. » 20 8 46 3 57 2850 id. .) 20 5 51 2 58 2900 id. » 20 9 42 0 51 2550 id. » 20 7 21 0 28 1400 id. » 20 0 18 2 20 1000' id. » 20 2 19 2 23 1150 id. ì » 20 2 27 0 29 1450 id. ' » 20 3 20 1 24 1200 id. .. 20 2 25 1 28 1400 id. .. 20 2 19 3 24 1200 id. » 20 1 18 3 24 1200 id. » 20 4 22 0 26 1300 id. » 20 2 24 0 26 1300 id. » 20 2 22 0 24 1200 id. » 20 3 25 1 29 1450 id. » 20 8 17 0 25 1250 id. » 20 2 13 1 16 800 id. » 20 5 19 0 24 1200 id. » 20 11 60 0 71 3550 id. » 20 1 24 0 25 1250 id. » 20 3 60 0 28 1400 » 20 21 25 0 41 2050 » 25 7 20 1 31 1550 » 20 11 23 0 40 2000 » 20 3 29 1 23 1150 » 20 7 19 0 26 1300 » 20 3 19 1 21 1050 » 20 3 17 1 35 1750 » 20 5 31 1 32 1600 » 20 9 26 2 59 2950 » 20 3 48 1 23 1150 » 20 4 19 0 28 1400 » 20 5 24 2 33 1650 « 20 1 26 1 18 900 » 20 8 126 0 134 6700 » 20 4 22 3 29 1450 » 20 10 23 3 41 2050 » 20 4 32 3 39 1950 » 20 2 11 1 14 700 » 20 3 13 2 18 900 » 20 12 57 3 72 3600 » 20 Al 0 TI ACC. V 9 OL. XX. 3 12 600 Ha piovuto per circa tre ore. 16 120 VARIAZIONI NUMERICHE DEI MICRO dine Stato TEMPERAinRA Altezza ft o GlOEKO Ora Stato bel cielo Durante | Media baro- Vento prevalente ' ^ dell' atmosfera l'ope- nelle metrica ^ razione 24 ore 113 15 Giug. 86 8 Va ant. sereno umido 23,1 19,0 1 754. 5 Mezzog-iorno e libeccio é 114 6 pm. nuvoloso id. 22,2 756,0 Levante e greco , 1 115 16 - 7 7, ant. nuvoloso in parte id. 22,0 20,3 758 0 Levante j 1 116 5 pm. id. id. 23,5 757 0 117 17 — 8 7,, ant. id. id. 22,2 21,5 756 5 Levante e tramontanti 118 5 '/aPm- id. id. 24,0 754 0 Greco e levante ; „ 119 120 18 — 7 7,, ant. 5 72 pm. sereno id. , 22,2 23,6 20,8 756 754 0 5 Maestro e ponente j : Greco e levante | 121 122 19 ^ 7 7, ant. 5 72 pm. id. appena nuvoloso umido id. 22,2 ■ 24,0 756 754 0 , 0 Levante leggiero 1 Greco - 123 20 — 8 7^ ant. annuvolato id. 24,0 753 0 Scirocco e levante ' 124 5 7, pm. sereno id. 24,8 752 5 Levante 125 21 — 9 ant. annuvolato id. 23,9 754 ,0 i 126 5 72 pm. sereno id. 24,0 753 0 Levante leggiero II 127 128 22 — 8 7, ant. 6 7>pm. id. id. secco id. 23,0 23,5 756 755 0 ,8 Tramontana leggiere» 1 Scirocco ' 1 129 23 — 8 72 ant. nuvoloso umido 22, 9 759 ,2 Levante e tramontana 130 7 pm. id. id. 23,0 758 ,5 Greco e levante legg. 131 24 — 8 ant. sereno id. 23,2 761 ,3 Levante leggiero 132 6 pm. id. secco 23,5 761 ,0 Levante ! , 133 25 — 10 ant. id. id. 24,6 763 0 » :, 134 6 7., pm. id. • id. 23,9 762 ,0 » 135 26 — 8 ant. id. id. 23,2 761 6 Tramontana , 136 5 Va pm- id. id. 24,6 759 ,0 Levante 137 27 - 8 7. ant. nuvoloso in parte umido 24,2 759 3 Tramontana leggiero 138 7 pm. sereno id. 24,9 757 3 Levante leggiero ■ 139 28 — 8 7oant. nuvoloso id. 24,8 759 0 » 140 6 pm. sereno id. 26, U 757 0 Levante 141 29 — 9 ant. 'i- secco 25,6 758 5 Levante leggiero 142 6 pm. id. id. 25,6 758 0 » , 143 30 — 9 ant. id. id. 25,4 759 0 » 144 6 pm. id. umido 26,0 757 6 Scirocco 145 1 Lugl. 86 9 ant. id. secco 26,0 757 5 Ponente e maestro 146 6 pm. id. id. 26,4 756 0 Levante | 147 9 9 ant. id. id. 26,0 761, 0 Greco e levante 148 4j -• — 7 pm. id. id. 25,6 762 0 » 149 3 — 8 ant. nuvoloso umido 25,0 763, 0 » 150 6 pm. nuvoloso in parte id. 25,0 762 8, Levante leggiero 151 4 — 8 7. ant. nuvoloso id. 25,0 762 5 Tramontana 152 6 V2 pm. id; id. 25,0 760 3 Greco e levante 153 5 — 9 ant. id. id. 24,8 760 0 Levante 154 6 72 pm. sereno id. 25,0 759 5 Mezzogiorno leggiero 155 6 - 8 Va ant. id. secco 25,0 761 0 Scirocco leggiero 156 6 pm. id. id. 26,0 760 5 Greco ' 157 7 - 8V, ant. nuvoloso in parte id. 26,0 763 0 Greco leggiero 158 6 V2 pm. sereno id. 26,0 762 0 Levante leggiero 159 8 — 8 \', ant. id. id. 26,3 762 0 Tramontana leggiero 160 6 '/, ant. nuvoloso id. 27,0 759 5 Ponente forte 161 9 — 8 '/, ant. id. id. 26,8 759 8 Ponente e libeccio 162 6 'A pm. sereno id. 28,0 758 0 Mezzogiorno 163 10 — 8 V, ant. id. id. 27,5 760 0 Greco e levante 164 7 pm. id. umido 28,0 759 5 » 165 11 - 8 V; ant. id. id. 28,0 760 0 Libeccio 166 8 V2 pm. id. id. 28.2 759 0 Greco e levante 167 12 — 8 V, ant. nuvoloso id. 27,5 757 0 Levante 168 7 pm. sereno secco 27,5 758 0 Mezzogiorno e scirocco ORGANISMI dell' ARIA IN CATANIA 121 Numero DEiLif colonie sviluppate DUKATA Osservazioni della 1 Tot. per Totale operazione f-^-*i fonTnti muffe 20 litri d' aria per 1 me. d' aria Min. 20 0 8 3 11 550 » 20 1 11 2 14 700 » 20 5 61 1 57 2850 » 20 3 15 0 18 900 » 20 16 48 3 67 3350 » 20 6 31 1 38 1900 » 20 9 80 11 102 5100 » 20 8 25 2 35 1750 » 20 8 60 4 72 3600 » 20 G 33 1 40 2000 » 20 4 27 1 33 1650 .) 20 1 35 2 38 1900 » 20 2 ■ 40 1 43 21.50 » 20 0 13 1 14 700 ^ .) 20 6 21 1 28 1400 » 20 0 30 2 32 1600 )) 20 3 24 1 28 1400 » 20 4 27 1 33 1650 » 20 5 47 I 53 2650 » 20 3 21 1 25 1250 n 20 3 20 0 23 1150 » 20 6 50 1 57 2850 ,) 20 6 28 1 35 1750 » 20 4 29 2 35 1750 » 20 6 29 1 36 1800 ,) 20 26 -98 2 126 6300 » 20 8 48 2 57 2850 » 20 2 92 9 103 5150 » 20 8 47 1 56 2800 » 20 5 55 1 61 3050 » 20 V p p p V Lo sviluppo rapido dì qualche colonia ha fuso la [| ;; 20 8 44 Ó 52 2600 gelatina in 24 ore. » 20 ?. p p ? p id. » 20 8 34 1 43 2150 » 20 7 39 0 46 2300 » 20 0 41 1 42 2100 „ 20 1 38 0 39 1950 .) 20 23 145 3 171 8550 » 20 3 36 2 41 2050 • » 20 8 38 0 47 2300 • » 20 6 37 2 45 2250 » 20 3 27 2 32 1600 » 20 5 20 1 26 1300 » 20 7 39 1 47 2350 y, 20 0 8 7 15 750 » 20 5 7 0 9 450 » 20 0 29 7 36 1800 » 20 1 18 12 31 1550 » 20 ? p ? p ? Non si son potute contare le colonie per fusione {| » 20 3 22 i 26 1300 della gelatina. » 20 p p p p ? id. » 20 ? ? ? ? p id. » 20 1 32 9 42 2100 >) 20 p p ? ? p id. , » 20 13 21Ì 4 228 1140Ò n 20 6 53 1 60 3000 1>2 VARIAZIONI NUMERICHE DEI MICR GlORKO Ora Stato del cielo Stato dell' atmosfera Temperatura Durante r ope- razione Media nelle 24 ore Altezza baro- metrica Vento prevalente 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 13 Luffl. 14 15 — 16 17 — 18 19 20 — 21 — 22 23 24 — 25 26 27 29 — ^^7 '/, pmJ I 9 ant. I 7 'A pm. 9 ant. 6 'A pm.. 8 V, ant. 7 pm. 8 Va ant. 7 pm. 8 V, ant. I 7 pm. 8 V, ant. |6 V, pm. JS 7, ant. 7 pm. 9 ant. 7 pm. 8 V. ant. 7 pm. 8 'A pm. 7 pm. 8 ant. 7 pm. 8 Vi ant. 7 pm. 8 V2 ant. 7 pm. 8 ant. 6 V. pm. 8 "A ant. 7 pm. 8 'A ant. ' 7 pm. sereno id. id. id. id. id, id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id, id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. secco 26,8 id. 26,5 id. 26,0 id. 26,0 id. 27,0 id. 26,6 id. 26,6 id. 27,0 id. 26,0 id. 26,6 id. 27,0 id. 26,6 id. 26,5 id. 27,0 id. 27,0 id- 27.6 id. 27,5 id. 28,0 id. 27,5 id. 28,0 id. 27,4 id. 28,5 id. 27,8 id. 29,0 id. 28,0 id. 29,0 id. 28,5 id. 29,3 id. 28,2 id. 29,8 id. 29,0 id. 29,0 id. 27,8 id. 28,8 761,0, 760,0 1 760, 0 { 758, 5 758,0 ! 757,0 757,0 755,5 758,0 757,0 758,0 757, 5 ! 759,0 759, 0 761,0 ! 761,5 703,5 762, 0 762,0 760,0 758,5 757,0 756,5 756,0 757,0 756,0 757,0 756,0 756,0 755,0 759,5 757,0 759,0 758,0 Libeccio Levante y> Greco Ponente Greco Tramontana Levante Tramontana Levante Tramontana Levante leggiero Levante Scirocco levante Scirocco Levante Scirocco e levante Tramontana Levante leggiero Levante Scirocco e levante ( Levante Greco e levante Greco e levante Levante Greco e levante Greco e levante Ponente e maestro Levante Mezzogiorno Greco e tramontana I ìGANISMI dell' aria in CATANIA 123 Durata Numero delle colonie sviluppate Osserrazioni della 1 Tot. per Totale ìerazione ^-•'-«fornti muffe 20 litri per 1 me. d' aria i d' aria Hn. 20 1 65 1 67 3350 . 20 5 28 1 34 1700 ' 20 0 18 2 20 1000 » 20 1 43 2 45 2250 » 20 0 14 8 22 1100 " 20 4 20 2 26 1300 Non si son potute contare le colonie per fusione II " 20 ? ? ? ? ? della gelatina. .. 20 1 11 1 13 65Ò » 20 1 21 2 24 1200 " 20 3 21 2 26 1300 » 20 2 16 3 21 1050 » 20 2 16 1 19 950 » 20 p ? ? ? ? Inipossibilf foni are le l'oluiiii' |ii'r fusione della gelatina. )' 20 ? ? ? ? ? id. .' 20 i 9 1 li 550 » 20 1 39 2 42 2100 20 ? ? ? ? ? id. 1 20 ? ? ? ? ? id. > 20 ? ■ ? ? ? ? id. > 20 4 14 Ó 18 900 > 20 1 14 3 18 900 ' r,o 1 14 4 19 950 > 20 5 17 1 23 1150 • > 20 4 17 0 21 1050 ) 20 5 13 0 18 900 ) 20 0 22 1 23 1150 > 20 4 23 1 28 1400 > 20 5 17 0 22 1100 ) 20 1 21 0 22 1100 ) 20 ? ? ? ? ? id. > 20 0 15 4 19 950 ) 20 -2 17 2 21 1050 ) 20 1 28 2 28 1400 1 20 4 28 0 32 1800 ATTI ACC VCL. XX. IT 124 VARIAZIONI NUMERICHE Alla coda di questi quadri credo giusto mettere quelle considerazioni che riguardano da un punto di vista gene- rale la variazione dei microrganismi. Uno dei fatti più importanti che emerge dallo studio attento e paziente di questi quadri si è che, quando la tem- peratura è relativamente alta e lo stato dell' atmosfera relativamente umido senza che però vi sia stata pioggia , il numero dei microrganismi si eleva in modo estraordi- nario come p. es. nell' osservazione 167." nella quale si ha l'alta cifra di 11400. Al contrario se la temperatura è alta e lo stato dell' atmosfera relativamente secco , oppure se essendo questo umido, la temperatura è bassa, in entrambi questi casi il numero dei microrganismi diminuisce in modo rilevante, come per es. nelle esservazioni 183.^ e 60." nelle quali la cifra si abbassa a 550 o 750. Nel primo caso io non so s[)iegarmi 1' aumento altri- menti che coir ammettere la possibilità che i microrgani- smi nelle favorevoli condizioni di umidiià e di temperatura possono svilupparsi e moltii)licarsi anche nell'aria, e che questa cifra elevata quindi non dipenda solo dall' essere i microbi portati via in maggior quantità dal suolo, dalle case, e dagli organismi più elevati sui quali essi vegetano, ma anche dalla loro produzione nell' aria stessa. Se la tem- peratura è bassa o il tempo è secco, opi)ure se si hanno insieme queste due stati, in questo caso mancano al mi- croessere un;i 0 entrambi le condizioni favorevoli al loro sviluppo, essi quindi non possono moltiplicarsi nell' aria e perciò la loro cifra diminuisce. Alcune volte però sebbene il tempo sia secco , ma la temperatura sempre relativamente elevata , il numero dei microrganismi non è lan'.o basso; in questo caso bisogna pensare a che la superficie del suolo si trova abbastanza asciutta ed è quindi nella possibilità di cedere all' aria un maggior numero di elementi. DEI MICRORaANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 125 Quando piove poi , siano qualunque le condizioni di temperatura , la cifra dei microrganismi è sempre bassa, ed è inversamente proporzionale alla durata della pioggia; quanto più a lungo piove, tanto meno microrganismi si han- no. E questo si spiega dal perchè la pioggia cadendo ri- torna al terreno gran parte di tutte quelle particelle che si trovano nell' aria, compresi i microbi e quanto più dura, tanto più se ne porta. Però quando piove i microbi è vero che perdono molto in quantità, ma guadagnano assai nella rapidità di svilupparsi. Infatti ho potuto notare che i germi, raccolti quando la temperatura è bassa e lo stato dell' at- mosfera secco, cominciano a far apparire appena le loro colonie sulla gelatina dopo almeno quattro giorni, mentre che i microbi raccolti dopo che ha piovuto o durante la pioggia, con condizioni di temperatura uguali, al terzo giorno lasciano notare le loro colonie belle e abbastanza sviluppate, e ciò forse perchè già inumiditi dalla pioggia, cominciano sin da quando sono ancora nell'aria a mettersi in condizione di sviluppo. Questo stesso fatto si nota pure quando lo stato dell' atmosfera è relativamente umido, e, credo, per la stessa ragione. Nel contare le colonie sviluppate ogni giorno per ogni osservazione nella gelatina collettrice, ne ho distinte tre categorie- nella prima ho messe tutte quelle che col loro svilupparsi fondevano la sostanza nutritiva, nella seconda quelle che non la fondevano, nella terza finalmente le muf- fe. Questa distinzione messa in relazione colla direzione dei venti, mi ha fatto quasi costantemente notare che lo aumento delle muffe sta in relazione con quei venti che vengono più direttamente dalla campagna, e che invece l'au- mento numerico delle colonie fondenti coincide coi venti che provenendo dal mare, attraversano la città; le une e le altre colonie poi sono in numero pressoché uguale per 126 VARIAZIONI NUMERICHE quei venti clie, venendo dalla campagna, passano per una estensione più o meno grande della città. Nei primi giorni delle mie osservazioni mi impressiona- va il fatto che mentre in generale i venti che spiravano da luoghi campestri mi davano una cifra debole di micror- ganismi , e di questi , quelli stessi che si sviluppavano erano in gran parte muffe, tuttavia spirando la tramontana, vento che anch' esso viene e passa per campagne, svilup- pavasi un numero di germi abbastanza elevato , sinanche superiore a quelli che presentava il levante, e molto scarso di muffe. Per questo fatto richiamo all'attenzione ciò che sta segnato nelle osservazioni dei quadri esposti, che cioè in quel tempo era in eruzione I' Etna, posta a settentrione del luogo di esperimento, e che, a causa di questo avveni- mento , molta gente specialmente nelle ore di notte , ac- correva verso quel vulcano per ammirare davvicino il terribile spettacolo. Secondo me bisogna attribuire a questo agglomeramento , sebbene lontano, l'aumento dei micror- ganismi più marcato nelle ore di mattina perchè il traffico maggiore era di notte. E questo è un fatto importantissimo riguardante l'igiene , perchè prova all'evidenza come l'ag- glomeramento di gente, in qualunque punto esso si faccia, è causa potentissima di alterazione dell' aria anche per luoghi relativameate lontani da quello dove si effettua la agglomerazione. Un altro fatto che posso chiamare in aiuto per con- fermare semprepiù che l'aggiomeramento di gente è causa di aumento nel numero dei microrganismi dell' aria si è r osservazione più volte fatta che in Giugno e Luglio, la mattina di ogni lunedì, mercoldì e venerdì, cioè l'indomani di quelle sere nelle quali si fa musica al giardino Bellini , spirando il vento di Greco , si nota aumentato il numero dei microrganismi raccolti. Or a che altro attribuire questo aumento se non DEI MICRORUANISMI DELL'ARIA IN CATANIA 127 all'afflusso di gente in quel luogo di piacere? Io non so trovarci altra causa giacché quelle comuni dell' ambiente atmosfero agiscono in tutti i giorni ed influenzano non il solo greco o la tramontana, ma bensì ugualmente tutti i venti. Alcune poche volte andando i)er contare, dopo il tempo prestabilito, le colonie sviluppate sulla gelatina collettrice, ho trovato questa tutta o in gran parte fusa e torbida senza la formazione regolare apprezzabile di alcuna colo- nia. Questo fatto ha fermata la mia attenzione, ed ogni volta che è successo ho voluto ricercare qual si fosse que- sto microrganismo dotato di un potere di svilup|)o tanto rapido. Per costatare la forma di questo microessere ho usato il metodo di sciogliere qualche goccia di gelatina fusa in acqua distillata o sterilizzata, spalmare con un poco di questa soluzione un vetrino coproggetti , essiccarla len- tamente alla lampada ad alcool , colorarla semplicemente con una soluzione alcoolica leggiera di fucsina , schiarirla con qualche goccia di olio di garofani , chiuderla in bal- samo del Canada, ed osservarla al microscopio. Ho usato ogni volta questo metodo , e costantemente ho potuto no- tare che il microrganismo causa. della fusione della gelatina è stato sempre lo stesso. Esso è un bacillo esilissimo in piccolo numero unito a catena di pochi individui, più spesso isolato , con qualche spora nel mezzo o ad una estremità. Per la forma e le dimensioni questo bacillo è assai simile ad uno trovato dal Miquel nell' aria di Parigi e da lui de- scritto nel suo libro: Les microrganismes vivants ecc. Pag. 112. Fig. 42. g. — Egli rassomiglia questo bacillo ad uno dei fermenti figurati dell'urea, cioè al bacillus ureae ; io però sotto questo riguardo non ci sono di accordo giacché con un ingrandimento di mille diametri, col quale é stato dall' autore osservato, il bacillus ureae presentasi molto più grosso e più lungo, e le sue catenelle sono formate da un 128 VARIAZIONI NUMERICHE numero maggiore di individui , e poi se questo bacillo dell' aria fosse quello dell' urea, non dovrebbe riscontrarsi così raramente, anzi ci si dovrebbe trovar sempre come quasi costantemente il bacilus ureae trovasi nell' urina fer- mentata, e r urina più o meno rapidamente fermenta tutta. Sulla provenienza di questo bacillo un fatto importante a notare si è che il suo comparire coincideva sempre col vento di levante, una sola volta è stato portato dallo sci- rocco , e due volte dalla tramontana , pare quindi che il terreno favorevole al suo sviluppo siano i luoghi abitati e non le compagne. Questo speciale microrganismo m'invogliava allo studio della sua biologia , ma altri studi sperimentali che allora aveva intrapreso sui disinfettanti , e i cui risultati, spero, quanto prima saranno argomento d' una mia nuova comu- nicazione, non mi hanno concesso altro tempo che quello delle semplici osservazioni microscopiche. * Da queste brevi considerazioni possiamo conchiudere: 1° Quando la temperatura è alta e lo stato dell'atmo- sfera umido , si eleva la quantità dei microrganismi del- l' aria. 2° Quando la temperatura è alta e lo stato dell' at- mosfera secco si abbassa il numero dei microrganismi. 3" Quando lo stato dell' atmosfera è umido e la tem- peratura è bassa, diminuisce il numero dei microrganismi. 4° Durante e dopo la pioggia il numero dei microrga- nismi si abbassa al minimo, qualunque siano le altre con- dizioni atmosferiche e poi va progressivamente aumentando. 5° Quando predominano i venti che attraversano la campagna aumenta il numero delle colonie di muffe. 6" Quando predominano 1 venti che provengono dal DEI MICRORGANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 129 mare ed attraversano la città predominano le colonie fon- denti la gelatina. 7° Quando predominano 1 venti che provengono dalla campagna ed attraversano in più o meno estensione la città, ci è poca differenza tra colonie fondenti e colonie di muffe. 8° L' agglomeramento di gente, dovunque esso si faccia, aumenta anche in luoghi abbastanza lontani il numero dei microrganismi dell' aria. Media dei microrganismi dell' aria di Catania La media di tutte le duecento osservazioni fatte du- rante i quattro mesi di esperimenti dà il numero di 1727 microrganismi per ogni metro cubo di aria , e questa di conseguenza è la media per la città di Catania. Per scopo d'Igiene voglio qui anche riportare alcune inedie dei microrganismi contenuti in un metro cubo di aria in altre città dove si sono fatte simili osservazioni. 11 Freudenreich che ha sperimentato sul!' aria di Ber- na, dopo sei mesi ha potuto dare la media di 580 micror- ganismi per ogni metro cubo di aria di quella città. Il Miquel a Londra dopo cinque osservazioni ha tro- vato una media di 240 microbi per metro cubo, i suoi e- sperimenti però sono stati fatti durante quattro giorni di pioggia , e siccome la media dei microrganismi raccolti dopo la pioggia è circa dieci volte minore di quella data dai microrganismi ricercati quando non ha piovuto , per avere una media, press'a poco giusta dei microrganismi che si trovano in 1 m. e. dell' aria di Londra , bisogne- rebbe moltiplicare per dieci la cifra trovata dal Miquel a Londra in quell'occasione speciale, il che dà per risultato un numero di 2400 che sarebbe la media di quella città. Lo stesso Miquel ha anche ricercato il numero di mi- ]30 ■ VARIAZIONI NUMERICHE crorganismi dell'aria di Parigi e dopo numerosissime os- servazioni praticate nella strada di Rivoli è venuto alla conclusione che in quella città la media dei microbi atmo- sferici è di 3480 per ogni m, e. di aria. Anche il Fodor ha praticate circa 700 osservazioni per l'aria di Budapest, ma di queste, sebbene abbiano ]' importanza del grande numero e della durata di circa tre anni senza quasi interruzione , tuttavia non si può trarre alcuna conclusione per il metodo imperfetto usato dallo sperimentatore. Mettendo a confronto queste diverse medie si vede che dal Iato micologico la città che dà il minor contingente di microrganismi all'aria è Berna, anche questa qualità quindi contribuisce a mantenerle quella fama che gode di città eminentemente salubre. Dopo Berna, ma con un di- stacco abbastanza rilevante, viene Catania, quindi Londra ed in ultimo Parigi. Ora perchè una tanto marcata diffe- renza nella quantità dei microrganismi dell' aria delle di- verse città? La causa di tal differenza deve risiedere là dove hanno provenienza i microrganismi dell' aria. Essi per l'aria di una città hanno quattro sorgenti: La campagna, le abitazioni, gli abitanti le strade; nelle condi- zioni nelle quali trovansi queste bisogna quindi ricercare la causa della differenza. Catania per le sue condizioni di posizione , di topo- grafia, di aerazione dovrebbe dare un numero di micror- ganismi assai inferiore a quello che in realtà presenta. Le sue strade tutte dritte e larghe^ le sue case piuttosto basse, la sua grande estensione in superficie relativamente alla popolazione, le sue campagne fertili e ben tenute, sono tan- te condizioni di salubrità che dovrebbero dare un contin- gente minimo di microrganismi, eppure questo non c'è, la sua media si avvicina assai a quella delle città più po- polose. DEI MICRORGANISMI DELL'ARIA. IN CATANIA 131 La causa di questa media ejevala per me sta nel cat- tivo sistema di copertura di alcune strade e di fognatura che non raccoglie tutte le materie di rigetto, e ciò che rac- coglie non vi è rimosso per mancanza di grandi quantità d'acqua per lavaggio. Neil' inverno infatti , quando le acque di pioggia puli- scono le fogne , anche dopo una serie di belle giornate , quando non si può più invocare come causa del diminui- to numero dei microrganismi la caduta della pioggia per se stessa, la cifra che questi presentano giornalmente è abbastanza bassa, mentre che al contrario nei mesi estivi quando da molto tempo non ha piovuto e si disseccano quindi le materie delle fogne, e le altre materie di riget- to che stanno all'aperto, e sulla superficie delle strade e d'ogni altro suolo, il numero dei microrganismi sale a quantità notevoli sino a circa 12000, cifra superiore del doppio di quella trovata dal Miquel nell' aria stessa delle fogne a Parigi. Un altro fatto che può mettersi anche come causa di questa media rilevante dei microrganismi dell' aria di Ca- tania, è il modo poco igienico col quale sono tenuti -alcuni quartieri fuori il centro della città. Chi visita con scopo igienico i quartieri di cinta di Catania e li mette a para- gone, quanto a pulitezza, con quelli del centro, si meravi- glia della enorme differenza. In quelle parti per le vie non si trova che melma ed immondizie ammassate, un villag- gio privo di mezzi e trascurato non potrebbe certamente presentare tanta sporcizie. E questo stato di manutenzione è un vero focolaio, è un vero centro di sviluppo di tutti quei microrganismi patogeni o non patogeni che non so- lo alterano le condizioni igieniche locali, ma che inficiando r aria, e trasportati dai venti si spargono per tutta la città. Io qui naturalmente mi son limitato solo ad osserva- re e notare tutte quelle condizioni esistenti che possono ATTI ACO. VOL. IX. 18 132 VARIAZIONI NUMERICHE essere causa dell'aumento numerico dei microrganismi dell' aria, e che potrebbero essere rimossi se si volesse pensare a rendere non solo bella ma anche igienica una città come la nostra, ricca di tutti i benefizi che può dare la natura; ma, esporre i provvedimenti opportuni per ot- tenere lo scopo, non è qui il luogo di farlo. * Variazioni orarie. Ora del giorno Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 me. d'aria Mattino Mezzogiorno Sera . . 91 2 93 1787 725 1668 Come, si vede da questa tabella i microrganismi del- l' atmosfera subiscono delle variazioni anche orarie , essi per ordine presentano un massimo la mattina , un altro massimo un po' inferiore la sera, ed un minimo ai mez- zogiorno. Questo però per Catania ; in altri luoghi dove sì son fatti di questi esperimenti il massimo piii . conside- revole si è trovato la sera , e ciò certamente per condi- zioni locali. Le ore di mattina nelle quali io ho fatte le mie os- servazioni oscillano tra le 7 e le 9 a. m. Catania è una città che si svegha presti, presti comincia quindi il traffico degli abitanti, presti si fa la pulizia delle case , presti si comincia a fare lo spazzamento delle strade, cause tutte che rimuovono dal suolo tutte quelle leggiere particelle che DEI MICRORGANISMI DELL ARIA IN CATANIA 133 il riposo della notte ha lasciato sul terreno. Ora coinci- dendo r ora dell' osservazione collo svilupparsi di tutte queste cause che aumentano il numero dei microrganismi dell' aria, è necessario che questi debbano segnare un mas- simo la mattina. Nel mezzogiorno abitualmente non si fa pulizia, il traf- fico diminuisce, circola poca gente per le vie perchè cia- scuno sta a badare al proprio lavoro, vengono meno quin- di gran parte di quelle sorgenti che attivamente contri- buiscono all'aumento dei microrganismi dell'aria, e questi perciò segnano un minimo. Nelle- ore di sera poi succede lo stesso quasi della mattina, termina il lavoro e ricomincia il traffico, si rifa abitualmente la pulizia , si ritorna quasi nelle stesse con- dizioni delle ore antimeridiane, e il numero dei microrga- nismi atmosferici quindi presenta di nuovo un massimo , e r esser questo un po' inferiore a quello della mattina bisogna attribuirlo alla differente attività delle cose men- zionate. * * Varùisioni secondo lo stato del cielo. Mese Stato del cielo Numero delle osservazioni fatte Medu delle quantità di microrganismi contenuti in 1 me. d'aria Aprile . . Maggio . . Giugno . . Luglio . . . Nuvoloso Sereno . Nuvoloso Sereno . Nuvoloso Sereno . Nuvoloso Sereno . 14 7 20 39 31 38 11 35 822 1507 1295 1465 2146 1644 3250 1422 134 VARIAZIONI NUMERICHE Variazioni secondo lo siato dell' atmosfera. Mese Stato dell' atmosfera Numero delle osservazioni fatte Aprile . Maggio Giugno Luglio . Umido .... Secco Umido Secco Umido Secco Umido Secco 17 4 32 13 49 11 8 38 Media delle quantità di miciorganismi contenuti in 1 me. d'aria 958 1462 1390 1796 2157 1913 4150 1060 Ho voluto mettere insieme questi due quadri percliè nella loro essenza sono quasi della stessa natura , ed ho voluto pigliare le medie nei diversi mesi per tener conto della influenza in generale della temperatura. Nei mesi di Aprile e Maggio, nei quali la temperatura si mantiene an- cora piuttosto bassa, collo stato nuvoloso del cielo e umido dell'atmosfera i microrganismi dell'aria si mantengono in una media inferiore di quella che negli stessi mesi si ha quando Io stato del cielo è sereno e quello dell'atmosfera secco. Al contrario nei mesi di Giugno e Luglio, nei quali la temperatura si va facendo semprepiù elevata , si ha che collo stato nuvoloso del cielo e umido dell'atmosfera i mi- crorganismi si presentano in quantità media maggiore molto di quella che essi danno quando lo stato del cielo è sereno e quello dell' atmosfera secco. E ciò a che più bisogna mettere attenzione si è che il crescere o diminuire della quantità media dei microrganismi mostra una nota progressiva spiccatissima. A che attribuire questo fatto? Nei mesi invernali l' acqua di pioggia che sbarazza l'atmosfera di gran parte di quelle particelle che vi stanno DEI MICRORGANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 135 in sospensione , e pulisce le strade immettendo nei corsi luridi tutto il pulviscolo e tutte le materie putrescibili, la bassa temperatura clie ostacola energicamente lo sviluppo dei microrganismi, l'umidità del terreno che rendendo più coerenti, meglio attaccati tra loro gli elementi che lo com- pongono , si oppone a che i venti li trasportino via , son tutte cause che debbono necessariamente influire sulla di- minuzione dei microrganismi dell' aria. Al contrario nei mesi estivi andandosi modificando tutte queste cause , ed andando divenendo semprepiù contrarie ne succede di con- seguenza che debbono migliorarsi le condizioni di sviluppo e di trasporto dei microrganismi, la di cui quantità perciò deve rendersi semprepiù rilevante, sino ad arrivare al mas- simo per poi diminuire di nuovo per nuova modificazione delle condizioni di sviluppo e di trasporto. * * *- Variazioni secondo % mesi. Mesi Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 me. d' aria Aprile . . Maggio Giugno Luglio 21 58 59 51 1052 1464 1776 2089 Da questo quadro si può notare che nei diversi mesi le medie dei microrganismi presentano un crescendo pro- gressivo e graduato da Aprile, a Luglio quando arrivano al massimo. Questi risultati sono quasi concordi con quelli del Miquel , ne differiscono solo pel mese di Giugno , pel quale la media trovata dal Miquel è inferiore a quella di 13G VARIAZIONI NUMERICHE Maggio. Questa differenza è da attribuirsi certamente a di- verse condizioni atmosfericlie nel tempo delle osservazioni. Il Fodor elle dà anclie le sue medie per i diversi mesi, presenta un'irregolarità ciie non permette fare alcun pa- ragone, ciò forse per i metodi di ricerca poco perfetti da lui usati. * ft Variazioni secondo la temperatura. Numero Quantità Temperatura delle osservazioni medie dei microrganismi fatte contenenti in 1 me. d'aria 16°. 7 857 17°. 14 897 18». 11 1304 19°. 15 1206 20». 13 1200 21°. 1 1170 22°. 5 2910 23°. 16 2228 24». 28 1655 25°. . 28 2257 26». 19 2052 27». 11 1218 28°. 9 1644 29°. 10 2195 Le medie che presenta questo quadro sembrano ap- parentemente irregolarissime , non si nota alcun regolare crescere o decrescere nelle diverse cifre di microrganismi secondo i diversi gradi di temperatura. Questa irregolarità però pei' me è da attribuirsi al fatto clie tra un grado ed un altro superiore od inferiore del termometro non vi è una differenza di temperatura tale ciie sia capace d'influire sulle condizioni di vita e di sviluppo dei microrganismi. Per questa ragione ho voluto aggruppare in un altro qua- dro a cinque a cinque i diversi gradi di temperatura pre- DEI MICRORGANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 137 sentati durante tutte le osservazioni e dar delle medie re- lative a questi aggruppamenti : Temperatura Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 me. d'aria 16°.-20°. 21°.-25''. 26°.-30°. 60 78 49 1092 2040 1777 Qui un certo ordine può notarsi e forse se ne può dare anche la ragione. Le temperature inferiori ai 20° segnano la quantità minima dei microrganismi dell'aria; la mas- sima si riferisce ai gradi di temperatura oscillanti tra 21° e 25° ; una media la presentano le temperature supe- riori ai 25° sino ai 30°. Nel primo caso la pioggia che più spesso suole aversi con tali temperature, 1' umidità permanente del terreno, la temperatura bassa per sé stessa sono cause diverse e di azione energica per 1' attenuazione dello sviluppo dei mi- crorganismi , e del loro distacco dai punti dove essi son fermati. Nel secondo caso per mancanza di piogge 1' aria non soffre sottrazione dei suoi microrganismi, ed il ter- reno è poco umido, ma non perfettamente secco tanto da ostacolare un rapido sviluppo dei germi , la temperatura si mantiene in un grado che è il meglio adatto per la mol- tiplicazione della maggior parte di questi microesseri, spe- cialmente se favorita da un certo grado di umidità della atmosfera tale che permetta anche nell' aria stessa il loro svilupparsi, e perciò essi debbono necessariamente presen- tarsi nel numero maggiore. Nel terzo caso finalmente è vero che l'alta temperatura è una condizione favorevolis- sima per il moltiplicarsi dei microrganismi, è vero che il 138 VARIAZIONI NUMERICHE terreno eminentemente asciutto permette che i venti di- sfacchino e trasportino sin nell' aria un maggior numero di particelle, ma l'asciuttezza stessa del terreno e la man- canza di umidità dell'atmosfera sono due cause che da parte loro attenuano 1' attività delle prime e di conseguenza osta- colano una esagerata produzione di microrganismi atmo- sferici. Sicché nel primo caso avendosi cause che tutte si op- pongono al facile sviluppo dei microrganismi , questi pre- sentansi necessariamente in quantità minima; nel secondo avendo condizioni , che tutte contribuiscono ad agevolare lo sviluppo di questi microesseri, essi presentano una quan- tità massima , e nel terzo essendoci cause che agevolano , e cause che attenuano tale sviluppo , ne viene di conse- guenza il doversi trovare una media regolare che stia tra le due. * * * Variazioni secondo V allessa barometrica. Numero Quantità Altezza barometrica delle osservazioni medie dei microrganismi fatte contenuti in 1 me. d' aria TòO.""' 2 1300 751.'"'» 1 400 7^9 mm 2 1925 753."'" 4 812 754mm 10 1765 755.'"'» 11 1113 756.'"'" 18 " 1269 757."""' 23 2217 758."»"' 24 1784 759.""" 22 1641 760.'"'" 23 1610 7 GÌ.""" 14 1682 7G2.""" 18 2322 7G3.'»"' 9 1466 7(54 mn. 3 783 665.'»'" 3 1166 DEI MICRORGANISMI DELL ARIA IN CATANIA 139 Anche per le variazioni dei inicrorganisnfii secondo l'altezza barometrica si può dire lo stesso di quello che si è detto per le temperature, anche qui cioè tra le diverse medie si presentano le stesse irregolarità che si sono no- tate avanti nel quadro che riguarda le variazioni secondo i gradi del termometro, anche qui quindi ho voluto fare un secondo quadro riassuntivo, dove son segnate le medie ricavate dalla somma di tutte quelle quantità di micror- ganismi relative a cinque gradi successivi del barometro: Altezza, barometrica Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 me. d' aria 75Q_nim.755_mm 30 1219 Tse.^'o-Teo.'"™ 110 1704 752,mm.7.55_mm 48 1483 Come si vede queste medie non presentano differenze rilevanti , e mantengono lo stesso ordine che si è notato per le temperature. In verità sulla pressione atmosferica come agente che possa far variare il numero dei microrga- nismi dell'aria, ci conto poco; quelle piccole differenze che si osservano tra le medie, preferisco attribuirle alle altre condizioni atmosferiche anziché all' influenza dell' altezza barometrica. Qualche osservatore, dalle proprie ricerche, mettendo avanti qualche eccezione conchiude che il numero dei mi- crorganismi aumenti colle alte pressioni ; ma il numero degli esperimenti non è tale da poter dare un' affermazio- ne sicura tanto da non lasciar nulla a ridire. Io nelle mie osservazioni questo fatto non l'ho trovato, nel quadro fatto a questo riguardo la media di microrganismi maggiore corrisponde all' altezza barometrica regolare del buon tem- ATTI ACC. VOL. XX. 19 140 VARIAZIONI NUMERICHE po ,. quella che corrisponde alle forti pressioni , non è che di poco superiore all' altra delle pressioni deboli , quindi per ora non so far altro che restar fermo nella mia con- vinzione, che cioè r altezza barometrica non abbia una mar- cata influenza, salvo però a ricredermi quando nuove e ben condotte osservazioni avranno stabilito qualche cosa di più certo. * * * Variazioni secoticlo la forza dei venti. Direzione del vento Forza del vento Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 me. d'aria Levante . . Ponente . . Greco . > . Scirocco . . forte. . . . leggiero . . forte. . . . leggiero . . forte. . . . leggiero . . forte. . . , leggiero . . 6 54 6 10 1 10 3 1 783 2032 1491 1295 1150 1490 1866 1800 In questo quadro non ho ijotuto far entrare lutti i venti che hanno spirato durante le serie delle mie osser- vazioni, perchè non in tutti ho potuto ricavare due medie relative alla diversa forza da poter mettere a paragone, ho segnato perciò solamente quelle nei quali ho trovata la condizione necessaria voluta. Esaminando queste medie a prima impressione pare che essi si comportino nel modo più irregolare possibile, eppure, se vi si ferma l'attenzione, questa irregolarità sva- nisce ed invece sì nota che tal forza ha un'influenza reale sulla variazione dei microrganismi, purché si riguardi la provenienza del vento ed i luoghi per dove esso passa pri- ma di arrivare nel luogo di ricerca. Quei venti che vengono dalla campagna o dal mare e DEI MICRORGANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 141 passano per lungo tratto di campagna o della città, se so- no forti sollevano dal terreno una grande quantità di pul- viscolo relativa al lungo spazio che debbono attraversare e per la loro velocità lo possono trasportare in abbon- danza in luoghi lontani senza dar ad esso il tempo di depo- sitarsi di nuovo durante il trasporto; se invece sono leggie- ri passando sollevano dal terreno una piccola quantità di lìulviscolo , e , di quello stesso che sollevano, una gran parte lo depesltano di nuovo lungo il tragitto; nel primo caso quindi, nel luogo dove pervengono , arrivano carichi di particelle in sospensione e tra queste di microrganismi, nel secondo caso invece devono arrivare molto più poveri. Queste condizioni le presentano i venti di Ponente e Sci- rocco, e le medie corrispondono perfettamente ai risultati previsti dalla logica; se essi sono forti il numero dei mi- crorganismi presenta una media maggiore ; se invece so- no leggieri, la media è minore. Quei venti poi che vengono dal mare e passano solo per poca parte della città , venendo cioè poverissimi di germi, ed attraversando pochissima estensione di terreno, ricca però di ogni sorta di microrganismi , se sono forti , passano con rapidità dal punto abitato senza aver il tempo di arricchirsi del pulviscolo che questo può contenere, ed arrivano quindi con scarso carico nel luogo di osservazio- ne; al contrario quanto più sono leggieri tanto più tempo hanno di arricchirsi di tutto quel pulviscolo che il traffico della città ed essi stessi sollevano in aria. Queste ipoteti- che asserzioni son provate dai venti di Levante e di Greco i quali quando spirano forti presentano una media abba- stanza scarsa , mentrechè se spirano leggieri la media che essi danno è molto maggiore. 142 VARIAZIONI NUMERICHE * * * Variazioni secondo la direzione dei venti. DlKEZlONE DEL VENTO Numero delle osservazioni fatte Quantità medie dei microrganismi contenuti in 1 ino. d'aria Levante . . . Ponente . . Tramontana . . Mezzogiorno . Ponente e libeccio Ponente e maestro Levante e scirocco Levante e greco . Tramontana e levante Tramontana e maestro Tramontana e greco Mezzogiorno e libeccio Mezzogiorno e scirocco Greco Libeccio , . . . Scirocco Nessun vento sensibile Venti variabili . . 60 16 21 3 1 2 9 38 3 1 6 1 1 11 3 4 2 1 1741 1381 2038 1433 1700 3025 1244 1510 2050 2050 1375 550 3000 1459 2300 1725 675 1950 Dall' esame di questo quadro notasi che se spira un solo vento il maggior numero di microrganismi è dato da quello che, venendo dalla campagna, attraversa una grande estensione di città, come il Libeccio ; una media inferiore la danno quelli che vengono dal mare e passano per quasi tutto r abitato come il Levante , Io Scirocco , il Greco , il Mezzogiorno, ed una media minima quello che viene dalla campagna e attraversa poca parte di città, come il Ponen- te; a questo però fa eccezione solo la Tramontana per la influenza delle cause accidentali notate avanti. Nel primo caso dev' esser così perchè il vento spiran- do nella campagna si carica di una prima quantità di mi- crorganismi , e quando attraversa la città se ne arricchì- DEI MICRORGANISMI DELL'ARIA IN CATANIA 143 sce ancora. Nel secondo caso invece arriva in città quasi privo di germi , giaccliò dalle osservazioni del Moreaii è provato elle nel!' aria del mare il numero dei microbi è quasi nullo; e se ne arricchisce solo nell'abitato; nel terzo caso va a depositare quasi solamente iiuei microrganismi che ha potuto raccogliere per la campagna con pochi altri venuti da quel breve tratto di abitato che ha potuto at- traversare. Se poi spira nello stesso momento più d' un vento, le quantità dei microrganismi aumentano in modo rilevante, e ciò torse perchè essendovi due correnti, ciascuna dal canto suo contribuisce una parte, e le diverse contribuzioni si sommano ; a ciò fa eccezione qualche media perchè fondata in unica osservazione praticata in tempo di pioggia. Quando non spira alcun vento sensibile il numero scen- de a quantità minime, perchè, essendo 1' aria calma, i mi- crorganismi si lasciano in riposo sul terreno , e di quelli che già erano in sospensione o ci si potevano trovare per altra causa, una parte o per propria gravità , o per gra- vità di particelle più grosse alle quali stanno attaccati, si deposita di nuovo. * Questi studii acquisterebbero una grande importanza se le medie giornaliere o mensili si potessero mettere in relazione colla quantità di malattie da infezione sviluppate giornalmente o mensilmente per notare così quale influen- za i microrganismi dell'aria esercitassero sulla pubblica salute. Ma un diario di simil genere manca ed è (juindi impossibile il voler stabilire alcun paragone. Esiste però una rassegna mensile municipale nella (juale tra le altre son segnate pure le moi-tl avvenute per malattie da infezione; ma possono queste servire per met- 144 VARIAZIONI NUMERICHE tere un rapporto? Certamente che no, perchè non tutte tali malattie portano la morte e se questa avviene è già passato un bel pezzo di tempo da quando è cominciata la malattia. Un individuo può ammalarsi oggi, e la sua mor- te avvenire anche dei mesi dopo che si è iniziata la ma- lattia. Ogni rapporto quindi che si voglia mettere tra le medie dei microrganismi dell' aria e la quantità di morti avvenute per malattie da infezione non ha una base sicu- ra, e quindi non ci si può seriamente contare. * * * Riepilogando per conchiudere abbiamo : 1. La media dei microrganismi dell'aria in Catania raggiunge la cifra di 1727 per 1 m. e. 2. Riguardo all'aria del giorno si ha un massimo la mattina, un minimo il mezzogiorno ed un medio la sera. 3. Quando il cielo è nuvoloso e l'atmosfera umida nei mesi di Aprile e Maggio i microrganismi si presentano in minor quantità di quando il cielo è sereno e 1' atmosfe- ra secca. Il contrario si ha nei mesi di Giugno e Luglio. 4. Per i quattro mesi, nei quali sono state praticate le osservazioni, il numero dei microrganismi presenta una curva ascendente progressiva da Aprile a Luglio. .5. La temperatura riguardata di grado in grado non mostra influenza apprezzabile ; riguardata però di cinque in cinque gradi mostra un massimo di microrganismi da 20" a 25" un medio da 25" a 30" ed un minimo da 16" a 20". 6. L'altezza barometrica comunque si riguardi non mostra un' influenza spiccata. 7. I venti se sono forti e vengono dalla campagna passando dalla città, o se sono leggieri e vengon dal mare passando dalla città aumentano il numero dei microrga- nismi; se invece sono leggieri e vengono dalla campagna, DEI MICRORGANISMI DELL' ARIA IN CATANIA 145 0 se sono forti e vengono dal mare diminuiscono il nume- ro dei microrganismi. 8. Riguardo alla direzione dei venti le quantità medie dei microrganismi diminuiscono progressivamente secon- do che spira la Tramontana, il Libeccio, il Levante, Io Sci- rocco , il Greco , il Mezzogiorno , il Ponente. Se spirano due 0 più venti insieme le medie raggiungono la cifra mas- sima, se non si avverte lo spirare di alcun vento sensilDile la cifra è minima. Sulle ptomaine del cholera. Nota del Prof. A. CAPPARELLI ■ Letta all' Accademia Giocnia nella seduta del di 29 Maggio 1887. I fenomeni generali , gravissimi, che si osservano nei cholerosi, in alcuni periodi della malattia, non possono spie- garsi , con la semplice presenza della virgola cliolerigena, sulla superficie dell' intestino ; per spiegarli è stata Invo- cata la produzione di sostanze tossiche , generate dal pa- rassita specifico: che assorbite, spiegano azione sui nervi e sugli organi interni , da questa azione , poi dipende la sintomatologia, che l'attaccato presenta. Gli studi, tendenti a stabilire la esistenza di questi pro- dotti, nei liquidi di cultura e di isolare i prodotti velenosi, sono ancora lontani, a! giorno di oggi, dall'avere raggiunto quella perfezione , che non ammette riserbe e discussioni. Per tanto, lio voluto studiare l'azione sul cuore e sui muscoli delle rane, delle deiezioni dei cholerosi, raccolte al principio del periodo algido — Quando si ammette , che la produzione dei veleni è maggiore e senza che il materiale venisse sottoposto a trattamenti chimici. Le deiezioni liquide appena emesse, venivano filtrate; si otteneva un liquido, leggermente colorato in gialliccio e abbastanza trasparente. Questo liquido, veniva messo in contatto con il cuore, nella cassa toracica a varie riprese, sicché oltre ad avere l'azione di contatto immediato, aveva anche quella generale. Del cuore, venivano prima presi i tracciati normali del ATTI ACC. VOL. XX. 20 148 SULLE PTOMAINE DEL CHOLERA SUO movimento, con solite leve cardiograflclie.— Riproduco con la tavola I a, le curve ottenute applicando la leva sul cuore normale. Tavola I. I tracciati sono ottenuti da rana, che aveva lungamen- te soggiornato in laboratorio ed in una stagione poco op- portuna, per aversi tracciati spiccati dei moti del cuore. Quindi senza spostare la leva, veniva versato a gocce la deiezione filtrata. Nella tavola I b, abbiamo le medesime curve , 5 mi- nuti dopo il trattamento ; trascurando le modificazioni se- condarie che i tracciati presentano , si può facilmente ri- levare, come i movimenti sono più ampi e rinforzati. Que- ste modificazioni continuano mezz'ora dopo, tavola I e, ed anche un' ora dopo, rf.— Continua cosi per parecchie ore. Dopo 24 ore, mi fu anche possibile avere i tracciati, vedi tavola I e. Le deiezioni provate, prese nel periodo algido, come è facile supporre non contenevano residui alimentari, ne bile che in questo stadio, non si versa nell'intestino; la cui pre- SULLE PTOMAINE DEL CHOLERA 149 senza, viene anche esclusa, dal risultalo dell'esperimento. In altri termini, le deiezioni dei cholerosi, non spiega- no sul cuore delle rane, un'azione sfavorevole — 11 cuore continua, sotto 1' azione delle medesime , rinforzate le sue evoluzioni motorie.— Si può stabilire, che non agisce note- volmente, sui gangli automatici del cuore. Effettivamente, non identificando il risultato, ma risa- lendo per quanto è possibile all'uomo, abbiamo che il cuore è perturbato nella sua funzione , perchè con le perdite liquide copiose, la pressione nel sangue viene a mancare ; e notevolmente questa deve essere diminuita , anche per la flussione sanguigna alle mucose intestinali; quindi è le- cito supporre, come attendibile l' ipotesi , che se un veleno esiste nelle deiezioni dei cholerosi , questo potrebbe non agire direttamente sul cuore, ma Indirettamente cambiando le condizioni normali dei vasi sanguigni o forse agendo sulle reti capillari solamente o alterando la composizione della crasi sanguigna. Così si intendono facilmente, i frequenti casi di morte apparente, dove cessa la funzione respiratoria ed è estre- mamente superficiale, manca il polso nei grossi tronchi arte- riosi e si ha ristagno nei capillari sanguigni , mentre il cuore continua a funzionare. Gli animali dopo 24 ore, presentavano contrazioni to- niche protratte muscolari, i così detti crampi. Volli ottenere dei tracciati delle contrazioni muscolari, modificate dell' a- zione sui muscoli, delle delezioni choleriche. Per questo misi allo scoperto il gastrocnemio, in una rana, isolai il tendine che legai ad una leva miografica, iso- lai lo sciatico, che posi in contatto con gli elettrodi di un rocclietto di induzione, in modo da stimolare il nervo, con le correnti di chiusura e di apertura. I tracciati che ho ottenuto, difTeriscono da quelli nor- mali essenzialmente. 150 SULLE PTOMAINE DEL CHOLERA Non posso nemmeno paragonarli alle contrazioni te- taniche dei muscoli, appunto percliè mancano le oscillazioni secondarie, durante il momento della, contrazione. Tavola II. I tracciati ottenuti, vedi tavola II a e b, dopo le prime eccitazioni, coincidono esattamente, con quelli che si pos- sono avere dai muscoli a fibre lisce. II muscolo a fibre striate, in questo caso subisce per azione delle deiezioni dei cholerosi, modificazioni notevoli nella sostanza contrattile, per cui il movimento al contrario di quello normale, è lentissimo. Dopo poche eccitazioni però questo stato si corregge, ed i tracciati si vanno sempre più avvicinando ai normali, vedi tavola II d. II muscolo sotto la influenza della elettricità va acqui- stando in gran parte le proprietà normali. CONCLUSIONE I. Le deiezioni dei cholerosi, prese nel periodo algido e fatte agire sul cuore delle rane, non spiegano azione no- tevole sulla funzione dell' organo cardiaco. SULLE PTOMAINE DEL CHOLERA 151 In primo tempo si ottiene, un rinforzamento dell'evolu- zione sistolica. 2. Le deiezioni dei cholerosi, prese come sopra e intro- dotte in circolo, alterano la funzione contrattile dei mu- scoli, si produce "come nell' uomo, il fenomeno del cram- po, che si può attenuare per influenza delle forti correnti elettriche. Stiidii sperinientEili e considerazioni teorìGhe sopra, un nuovo indirizzo da darsi alia cliimioa del Prof. Doti. DOMENICO AMATO PROEMIO I concetti che vado a svolgere nel presente lavoro e che furono già letti sin dal novembre del 18S6 alla mia sco- laresca col titolo di relazioni tra la chimica e le altre scienze (ì), e che comunicai a questa Accademia il 17 ottobre ultimo— le idee cioè concernenti l'unità della scienza; r intimo legame di tutte le scienze fra di loro; la necessità di scoprire altre forme di energia ; il non essere tutte , queste forme, quelle che oggi conosciamo e di cui ci ser- viamo; la possibilità della formazione della cellula e per conseguenza della vita; la necessità di partire, per conse- guir ciò, dalla sintesi delle sostanze organiche naturali, e specialmente dalle sostanze albuminoidi; il giovarsi, la bio- logia e la zoologia, della paleontologia; la grande importanza dello studio dei primissimi esseri viventi, dei Protisti, ed il considerare il carbonio quale elemento eminentemente biologico e causa prima della vita — queste idee dico sono state pronunziate nel novembre ultimo dal professore Mo- leschot nel suo discorso di solenne* apertura della Univer- sità Romana. Ed io sono lieto di avere prevenuto in questo il sommo fisiologo di Roma. (1) V. Annuario scolastico della R. Università di Catania 1886-87, p. 68. ATTI ACC. VOL. XX. 21 154 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO Signori, Quanto mi pregio presentare a questa Illustre Acca- demia fece oggetto di una prelezione letta al principio del- l' anno scolastico presente ai miei giovani allievi. E sicco- me in ciò emetto concetti nuovi, così io bramo pubblicarli nei nostri atti, acciocché possa ottenere una maggiore di- vulgazione nel mondo scientifico e sottoporsi alla discussio- ne dei dotti. Questo studio (1) in quanto a dati teorici è una con- tinuazione di quello dei miei lavori che porta il titolo: Del carbonio quale base del mondo organico ; in quanto a dati sperimentali trova le sue basi in due altri miei lavori speri- mentali: il primo quello dal titolo: La luce nelle azioni chimiche , letto in questa Accademia 1' anno 1880 e pub- blicato nella Gazzetta Chimica Italiana 1' anno 1884 ; il se- condo dal titolo : Dell' influènza della pressione nelle azioni chimiche della luce , letto e pubblicato in questa Accade- mia pure l'anno 1884. In esso però si fa pure capitale di molti altri fatti acquisiti dalla scienza moderna. È da molto tempo che' queste idee sono state pensate e corroborate da esperimenti che io stesso a grandi intervalli sono andato facendo. Ricordo di averne parlato ad un mio collega quando ero ancora assistente alla Cattedra di Chi- mica dello Istituto di Studi Superiori e di Perfezionamento di Firenze. Le pubblico oggi perchè non ho avuto il co- raggio, senza l'autorità di un nome, di affrontare il peri- (1) Si prega il lettore di fare attenzione alle note spiegative in piede a queste pagine, senza delle quali ne perderebbero le ragioni e la chiarezza del concetto. Alcune di esse però sono state scritte solo per i miei allievi ai quali fu letto questo lavoro. DA DARSI ALLA CHIMICA 155 colo che offrono tutte le novità. Però il tempo stringe e la verità s' impone. Chi non è stato piiipitante in simili cir- costanze? Lo stesso Lavoisier, non avendo il coraggio di pub- blicare le sue idee e le celebri sue esperienze— che alla fin fine si riducevano a due : all' aumento di peso nella calci- nazione dei metalli e allo svolgimento di un' aria nella ri- duzione delle calci metalliche — le quali contrastavano la vecchia teoria di Stahl, le consegnò all'Accademia di Parigi in plico suggellato. È mia opinione, o signori, e questa sono cerko di con- dividerla con voi, che per conseguire un vero progresso in una scienza occorrono le conoscenze delle ultime scoperte di tutte le altre, siano esse fìsiche, naturali e metafisiche. Conciosiacchè la scienza è una e le sue diverse branche con- sorelle fra di loro fanno capo ad un tronco comune col quale e fra le quali esistono intime correlazioni. Un passo fatto da una di esse senza il concorso delle altre è un passo falso, è un deviare piuttosto che un progredire, è un anda- re a ritroso. Chi di voi infatti ignora le innumerevoli appli- cazioni della matematica alla fìsica ed alla chimica? di quelle di queste discipline alla mineralogia, alla fitologia, alla zoologia, alla fisiologia, all' astronomia? e delle svariate ed innumerevoli applicazioni delle une alle altre e fra di loro? della fisiologia, ad esempio, alla psicologia, dell'astro- nomia al concetto generale dell'unità della materia e delle forze ? Coloro che avessero fatto il corso di loro studi dieci 0 anche cinque anni addietro e non avessero piiì tenuto conto dei progressi di quelle medesime discipline studiate già per bene apprendere la propria — come ordinariamente accade, quasicchè queste si studiassero per mero capriccio — costoro dico non sarebbero più in grado d'intendere tutta la importanza dei nuovi concetti della propria scienza, o se ne intendono qualche cosa, ad essi le innovazioni scientifì- 156 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO che sembreranno sempre poco giustificate. Imperoccliè, voi me lo concederete, la scienza di oggi non è più quella di dieci 0 cinque anni addietro, avendo essa certamente pro- gredito. Chi di voi può infatti negare quanto diverso sia il significato che si dà oggi alle leggi di Mariotte e di Gay- Lussac, circa al comportamento dei volumi gassosi dei corpi alle diverse pressioni e alle diverse temperature , dietro i lavori di Regnault, Natterer, Ainagat e parecchi altri? Non farebbe egli cosa errata un fisico od un chimico se pren- desse ancora in senso assoluto la legge dei calori specifici di Dulong e Petit ; oggi che col sistema periodico di Men- delejeff si venne a consolidare e si elevò a legge di perio- do il fatto, già noto ai fisici ed ai chimici, che i calori atomici degli elementi crescono coli' avvicinarsi al loro pun- to di fusione? (1) Non farebbe cosa errata un fisico o un chimico se facesse ancora ditTerenza tra gas permanenti e gas coercibili, adesso che da Pictet e da Gailletet sono stati tutti liquefatti ed anche solidificati? E tutti voi non cono- scete oramai quanto diverso sia il significato che si dà oggi ai fenomeni biologici e morfologici di quel che gli si dava sette anni addietro, prima degli ultimi lavori di Haeckel di Iena, di Maggi di Pavia, di Van Beneden, di Gegen- bauer e di molti altri? Ed io sono certo che allorquando, in una mia recente pubblicazione teorica, feci dipendere il progresso avvenire della chimica organica dai progressi fatti e da farsi dagli studi biologici e morfologici , e spe- cialmente dallo studio della vita dei primissimi esseri della natura, dei Protisli, ed emisi la teoria dei plasson in chi- mica (2), io sono certo che a coloro, che si trovano sfor- (1) BulletUn de la Societé Chimie de Paris, t. XXXVIII, N. 3, anno 1882, p. 142— Già Dulong e Petit avevano constatato che i calo- ri specifici d'escono colla temperatura. (2) V. il mio opuscolo dal titolo : Del Carbonio quale base del mondo organico. Le idee svolle in questo opuscolo ebbero 1' onore DA DARSI ALLA CHIMICA 157 niti delle ultime conoscenze di queste discipline, ha dovuto sfuggire il legame che congiunge intimamente la chimica organica ad esse (1). Epperò clii di voi può negare la grande vicinanza che corre tra 1 fenomeni chimici e i fenomeni biologici ? quella che con una sola parola chiamiamo vita che altro é se non il risultato di una serie di fenomeni fisico- chimici? (2). I corpi albuminoidi, che sono i soli e veri so- stegni di tutti i fenomeni vitali, non appartengono essi al dominio esclusivamente della chimica? Il plasson , il pro- toplasma e il nucleoplasma cellulari, i primi e gli unici for- matori della organizzazione vivente, che altro sono se non delle sostanze albuminoidi ? Nel sintetizzare adunque questi di essere suntafe nello Spallan^nni, giornale di Zoologia diretto dal prof. Cav. Antonio Carniccio dell'Università di Roma, e di essere ci- tate nel discorso di solenne apertura dell' Università di Feirara, letto dal prof, di Chimica Cav. Adolfo Casali, l'anno 1886. (1) Né è da meravigliarsene, poiché in simili innovazioni ciò può eccadere anche ad uomini eminentemente dotti : Infatti quando Dumas annn:iziò la sua celebre teoria delle sostitu- zioni, Berzelius coi suoi seguaci,, quasi tutti i chimici dell'epoca meno i giovani Gerhardt e Laurent, diede l'ostracismo a questa teoria di- cendo essere pazzia pretendere che un elemento elettro-negativo (il cloro) potesse prendere il posto di un elemento elettro-positivo (lo idrogeno) e compierne le medesime funzioni. Ma la teoria di Dumas ch'era una verità alsbatté ogni barriera e come tutte le verità venne a galla trionfante— Il principio di Carnot, che diede le basi ad una impoi'tantissima scienza, la Termodinamica, la quale coi suoi risul- tati ha sorpreso il mondo, a causa appunto di non essei'e stato ca- pito, rimase in non cale per molti anni, e ci vollero i Meyer e Joule per farlo redivivere— Lavoisier per fare accettare la sua teoria anti- flogistica dovette lottare lungamente, non solo coi seguaci della teo- ria flogistica di Stahl, ma ancora con gli stessi dotti suoi amici, che poi finirono per difenderla a tutta oltranza. (2) Le trasformazioni che hanno luogo neh' organismo vivente, per mezzo degli alimenti che questo riceve dal mondo esterno , li- berano della forza chimica , la quale convertendosi nei movimenti termico, elettrico, muscolare^ nerveo, percettivo, ecc., costituisce ciò che noi chiamiamo vita. 158 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO corpi, che non sono organizzati ma puramente organici (1), consiste l'avvenire della chimica organica. E qui permettetemi una digressione, la quale, benché lunga, è per 1' argomento che tratto necessaria , indispen- sabile. Voglio provare, per come mi è possibile di farlo, il legame che congiunge intimamente la chimica organica ai più recenti studi biologici e morfologici, e dare nel me- desimo tempo un' idea di ciò che debba intendersi per teo- ria del plasson in chimica. Si riteneva sino a pochi anni addietro, colla teoria cel- lulare di Sehleiden e di Schwan, ed anche oggi questa non è da tutti abbandonata, che il primo elemento della orga- nizzazione vivente fosse la cellula , con tutta la sua mem- brana 0 parete cellulare. In seguito si riconobbe che la cellula può esistere nuda , cioè senza la membrana e si diede a questo elemento pili semplice e quindi più primi- tivo, al protoplasma e al nucleoplasma, 1' attributo di pri- mo elemento vitale. Poi colla scoperta dei Moneri (esseri ci- todulari, ossia al disotto della cellula) fatta dall'Haeckel si accertò, che può esistere non solo isolato ma ancora fuori dell' organismo , come essere autonomo , un protoplasma più semplice, eh' è il protoplasma del monero stesso, privo di nucleo e semigranuloso ; un protoplasma voglio dire in cui il nucleo si trova disseminato in tutta la sua massa sot- • (1) I corpi organici presentano come i corpi minerali una com- posizione definita e caratteri determinati ; essi sono suscettibili spes- sissimo di cristallizzare, fondei'e e volatilizzare: lo zucchero, l'aci- do citrico, r urea, gli olii , ecc. , sono tutti corpi organici. I corpi organizzati non -hanno mai composizione costante e si modificano in modi svariati ; essi non hanno mai forma cristallina, ma hanno r aspetto di, globuli di cui la disposizione nulla presenta di regolare : la cellula, i fruiti , la carne, le foglie appartengono a questa cate- goria. DA DARSI ALLA CHIMICA 159 to forma di semigranulosità. E a questo protoplasma, a cui dall' Haeckel stesso fu dato il nome di Plasson (formato- re) (1), fu attribuito il significato di primo elemento forma- tore dell' organizzazione. In ultimo si riconobbe che può esistere fuori dell' organismo, pure come essere autonomo, un altro protoplasma o un altro plasson più semplice an- cora, perchè non granuloso ma continuo, il protoplasma dei Batteri (esseri plastidulari, o al disotto del citode) a cui fu dato il nome di plastidulo o di protoplasson per dif- ferenziarlo dall'altro, dal plasson, che fu detto metaptasson. E a questo protoplasson infine oggi si attribuisce il signi- ficato di primo elemento formatore dell' organizzazione vi- vente (2). Ora voi conoscete la semplicità di questi protoplasma, plasson e protoplasson ; essi sono dei corpi puramente or- ganici e punto organizzati, di natura esclusivamente albu- minoide, ma capaci di formare tutti gli organismi dall' es- sere infimo all' uomo (3). (IJ Plasson parola che equivale a formatore, appunto perchè dal suo sviluppo — come si vede dallo sviluppo delle amiùe e delle gre- garine, che sono esseri unicellulari provenienti dai loro spori — il nucleo disseminato si riunisce, si localizza e si forma la cellula pro- priamente detta. (2) Gli zoologi ammettono pure l'esistenza di un idioplasma, che vogliono esista indubbiamente nel nucleo; ma il chimico è abituato ad ammettere solo ciò ch'è assolutamente dimostrato; onde noi sal- tiamo per ora questa esistenza per noi troppo ipotetica. (3) Stando alla moderna teoria della evoluzione, 1' origine dei ver- tebrati e quindi dell' uomo passa per gli stadi; 1° di proto2oe (es- seri animali ad una sola cellula) ; 2° di gastrea (quella forma di animali somiglianti ad un vaso a bocca aperta e a doppia parete, i cui piimissimi parenti sono i celenterati: le spugne, i coralli , le meduse); 3° di medusa; 4° di anellide (animali formati da molti a- nelli, come le sanguisugue e termini di passaggio tra gl'invertebrati e i vertebrati) ; 5° di elasmobranco fra cui 1' uomo. Sebbene si am- metta che fra gli anellidi e gli elasmobranchi abbiano esistito degli esseri intermediari, che sarebbero i veri primi vertebrati. 160 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO Ecco passati insensibilmente dal campo della zoologia a quello della chimica pura e semplice. Il professore Bat- ^ tista Grassi di questa Università, a proposito della grande importanza dell' ultimo fra questi protoplasmi, del proto- plasson 0 protoplasma dei batteri, si esprime così : « Con questo modo di vedere i capitoli pii^i essenziali della zoo- logia sono quelli che riguardano gì' infimi fra gli esseri vi- venti, esseri che a quanto oggi giorno pare sono vera pro- prietà della zoologia; intendo parlare dei batteri, detti an- che schizomiceti o microbi (1) » Da questo breve periodo emerge chiaro che questi esseri per il passato, poco stu- diati, furono ritenuti per semplici sostanze organiche e, co- me tali, abbandonati nelle mani del chimico; ma in seguito, riconosciutavi tutta la importanza di elemento formatore, lo zoologo lo venne a rivendicare, Epperò qui non è questione di rivendicazione, è bensì questione di darsi la mano e stu- diarlo insieme; poiché questo è il punto di contatto, il punto di fusione di queste due nobilissime scienze, della zoologia e della chimica organica , il punto piiì vitale di ciascuna di esse. Su queste basi poggia la teoria del plasson in chi- . mica (2). Emettendo questa teoria io ho ricordato che il Kekule nello intento di dare la ragione per cui fra tutti gli ele- menti solo il carbonio gode in natura il privilegio di costi- tuirsi base delle sostanze organiclie , ammise nelle ultime particelle di questo elemento, sviluppata al massimo grado, la proprietà di addentellarsi fra di loro mercè le proprie (1) V. I progressi della teoria della evoltisionej, del professore B. Grassi, p. 5, anno 188G. (2) V. il citato mio opuscolo : Del Carbonio quale base del mondo organico p. 13, rigo 34; p. 14 e 15 sino a rigo 30 e p. 16 ri- go 29. DA DARSI ALLA CHIMICA 161 valenze, e di formare così delle catene lunghe e compli- •cate (1). A questa teoria del Kekule io ho fatto l'osservazione, eh' essa oggi, alquanto esausta, non risponde più alle esi- genze moderne della scienza (2). Conciosiacchè non spiega punto né poco le proprietà più importanti di tutti i corpi organici ed organizzati, voglio dire le proprietà loro ge- nerali, quelle cioè di essere facilmente distruttibili e facAl- mente trasformabili; proprietà alle quali , per il carattere della generalità, bisogna attribuire grandissima importanza. Questo fatto presto o tardi doveva attirare l' attenzione del sagace osservatore. E difatto , perchè solo a questi composti è dato di godere tali proprietà generali ? perchè tanto distacco tra il comportamento generale di tutti i com- posti organici e quello dei composti minerali (3), in cui non figura come elemento costituente il carbonio? La conoscen- za adunque della causa fondamentale che produce nei corpi organici ed organizzati una tale ^nobilita speciale \mò solo condurre alla soluzione del quesito in parola, ed avviare la scienza in un campo di nuove scoperte. La proprietà immaginata dal Kekule è troppo ideale, e non spiega nulla di lutto ciò; le nostre sono reali. Anzi se la proprietà del Kekule parla in favore di qualche cosa parla solo in favore di una grande stabilità per questi com- posti ; secondo il concetto dell'addentellamento e del conca- (1) V. Opuscolo predetto p. 8, rigo 31 e p. 9 sino a rigo 15. L' entusiasmo che destò questa teoria la fece accogliere senza badare ai suoi difetti, e senza intendere tutta la innportanza che un giorno avreblje presa. Oggi !a necessità di ricorrere alle ultime par- ticelle del carbonio, per spiegare il grande fenomeno della natura , è resa evidente , non solo per il chimico ma ancora per il morfo- ìogo. (2) Ib. id. p. 9, rigo 16 e seguenti. (3) Ib. id. pag. 14, rigo 15. AITI ACO. TOL. ZZ. 22 162 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO tenamento essi dovrebbero essere assolutamente indistrutti- bili. Stando però alla teoria del plasson in chimica, queste proprietà generali vengono facilmente spiegate, cosa che scaturisce da se, ammettendo nelle ultime particelle del carbonio una grande mobilità, che io chiamai iwoprietà biologica del carbo?iio, o movimenti biologici del carbo- nio (1). Questa proprietà scaturisce da se, logica e spontanea, e con esempi numerosissimi, dallo studio della vita dei primissimi esseri della natura, dei Prolisli (2), i quali nella loro estrema semplicità — non essendo essi che dei corpi albuminoidi— hanno per prima manifestazione quella mobi- lità cui mi riferisco; mobilità che manifestantesi nei corpi organici propriamente detti colla facile trasformabilità e colla facile distruttibilità, e con indizii di vita in questi pri- missimi esseri della natura , finisce col presentarsi sotto la forma di vita più attiva e più rigogliosa negli esseri su- periori; mobilità insomma che non godendola nessuno dei composti in cui non entra come elemento costituente il car- bonio, bisogna per forza ammettere che risieda in quest'ul- timo: qui è mestieri ricercarla (3). Epperò questa mobilità scaturisce pure da certi recen- ti studi fatti in termochimica. F. Braun dice: il principio (1) V. opuscolo predetto, p. 3 ligo 33; p. 13, rigo 34; p. 14, rigo 22 e p. 15 sino a rigo 30. (2) Questi esseri sono così semplici da non poterli classificare che tra i minerali e gli organizzati; essi non sempre raggiungono la cellula e non l'oltrepassano mai, onde se ne formò un quarto re- gno della natura, il regno dei Protisti. Infatti questi esseri appar- vero alla superficie della terra prima dei vegetali e degli animali: i foraminifori, le diatonee, i flagelli, i radiatori, che allo stato fossile si trovano non solo nelle rocce sedimentaree , ma ancora in quelle ignee e nei terreni geologici piiì antichi, ne fanno continua tesUnao- nianza. (3) Vedi Opuscolo predetto pag. 13, rigo 22 e 34. DA DARSI ALLA CHIMICA 163 del massimo sviluppo di calore nelle azioni chimiche, non è che un caso speciale di un principio più generale : del principio della massima disposizioyie degli elementi al lavo- ro.G\ò vuol dire che, senza rigettare assolutamente la rela- zione che passa tra il massimo sviluppo di calore e la mag- giore energia chimica, non è soltanto questione di energia di movimento, ma è ancora questione di una speciale di- sposizione degli elementi a certi dati lavori. Basti il provarlo il fatto che questa disposizione degli elementi, a combinarsi 0 a scombinarsi, può essere modificata in modi diversi , o per mezzo dell'azione di massa, o per mezzo della pressio- ne, 0 per mezzo dell'azione elettiva ; e lo prova ancora il fatto, che abbiamo dei corpi, i quali, pur emettendo nel- r atto di formarsi una minore quantità di calore, o anche essendo più endotermici di altri , riescono più stabili. Ma quand'anche si volesse ricorrere al principio del massimo sviluppo di calore, è facile dimostrare, se si tiene il giusto conto degli stati iniziale e finale della reazione, che il car- bonio è l'unico fra tutti gli elementi che spiega la maggio- re energia chimica (Vedi appendice N. 1) (1). (1) Mi si potrebbe qui obbiettare, clie ciò non va di accordo col- la correlazione che si vuole esista tra il massimo volume atomico degli elementi e la loro energia chimica ; dappoiché si di(;e che le loro particelle, in questo caso, sarebbero suscettibili di più ampie vibrazioni. Io però faccio osservare: 1. che l'esistenza di questa re- lazione non è ancora del tutto accertata; 2. che nel sistema periodico di Mendelejeff, ove si tiene in calcolo, esso è considerato da un aspet- to molto ristretto: qui ci si riferisce ai periodi, mentre io lo guardo da tutti i lati— Secondo me il sistema, di Mendelejeff è una restrizio- ne, ed esso presto o tardi sarà abbandonato o profondamente mo- dificato: una vera classificazione deve basare su tutte le proprietà dei corpi. In questo sono perfettamente di accordo col prof. Picci- ni (V. prima traduzione del Richter Chim. in org. p. 406)— 3. che se questa relazione verrà considerata con criterio diverso, io credo che un giorno potrà essei-e meglio regolata ; 4. infine , che se esistesse davvero la relazione tra il volume atomico e la energìa chimica, e nel 164 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO E qui è inoltre importante il far rilevare clie il carbo- nio è pure 1' unico fra tutti gli elementi clie gode ad un alto grado il privilegio di modificare profondamente quasi tutte le sue proprietà: esso può pigliare pesi specifici dif- ferenti, calori atomici diversi, forme cristalline ed amorfe diversissime ; da mal conduttore può divenire felicissimo conduttore, da poco, enormemente assorbente; può perdere la proprietà di addentellarsi atomo ad atomo ed acquistarla ad un grado altissimo, ecc., ecc.; esso adunque potrà per- dere ed acquistare al massimo grado la proprietà biologi- ca da me escogitata (1). Tutto ciò rivela certo una grande attività in questo grande formatore della vita. È adunque in virtù di questa speciale mobilità di cui sono dotate le ultime particelle del carbonio che questo elemento gode al massimo grado la proprietà di formare composti di una complessità e di una instabilità straordi- narie; dappoiché per questa speciale mobilità esso entra facilmente nelle combinazioni e colla stessa facilità con cui vi entra se ne esce per entrare in altre. « Mobilità in- terna, dice il professore Ernesto Haeckel nella sua eccel- senso sopra indicato, allora il carbonio dovrebbe considerarsi come l'elemento dotato della minore energia chimica, esso infatti possiede il più piccolo dei voinmi atomici. Questo fatto, mentre accusa una contradizione, fa pensare all'esistenza di una relazione che attende la sua interpretazione. E poi, chi l'ha detto che le nuove teorie de- vono per forza andare di accordo colle vecchie? anzi nel non accordo perfetto consiste la novità ; purché vi sia corrispondenza di fatti e rigore di logica. Non bisogna dimenticare che il maggiore imba- razzo di Lavoisier fu quando pretendeva spiegare i suoi risultati spe- rimentali colla vecchia teoria di Stahl; e che il crollo più fatale, la teoria di Berzelius l'ebbe quando questo chimico pretendeva di met- tere di accordo i fatti di Dumas colla teoria elettro-chimica dua- listica. (1) V. Opuscolo predetto p. 15, rigo 21. DA DARSI ALLA CHIMICA 165 lente opera di morfologia , clie apparisce senza cause esterne e clie proviene dai cangiamenti locali delle parti- celle come avviene nelle modificazioni dinamiche del proto- plasma. Ed è perciò, egli soggiunge , che le molecole dei composti c.arboniosi si distinguono da tutte le altre per una mobilità ed una instabilità straordinaria , è perciò che il carbonio possiede ad un grado estremamente rimarche- vole r attitudine di produrre, coli' ossigeno, V idrogeno e 1' azoto delle combinazioni di una complessità e di una in- stabilità pure straordinarie. Ciò fa prevedere che presto la sostanza viva per eccellenza sarà dichiarata il carbonio : il carbonio sarà dimostrato dalla moderna morfologia la causa prima e vera, la base, la sede dei processi fisico-chimici che noi chiamiamo : La vita. » È, questione adunque di trovare le condizioni nelle quali questa mobilità delle ultime particelle del carbonio sia svi- luppala al massimo grado —condizioni di cui mi occuperò qui appresso e nelle quali è da mettere in prima linea lo stato nascente, ove solo, i movimenti delle ultime particelle del carbonio potranno essere assolutamente liberi (1) — e noi saremo avviati alla soluzione dell'arduo quesito. Premesse queste considerazioni torno all' argomento principale. Ho detto r avvenire della chimica organica dipendere in gran parte dalla sintesi delle sostanze albuminoidi, non solo perchè esse sono i termini di passaggio tra i corpi organici e i corpi organizzati, il terreno comune alla chimica e alla zoologia e alla litologia, ma ancora perchè è sommamente necessario scoprire le cause fondamentali, le leggi che go- vernano queste formazioni. Ma questo segreto non si sco- (1) V. nota a p. 23. 166 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO prirà, secondo me, che studiando i movimenti biologici del carbonio (1), e questo scopo non si raggiungerà che seguen- do con particolare attenzione i movimenti del plasson o la evoluzione della vita dei primissimi esseri della natura , dei Protisti : tutti corpi albuminoidi ! Il chimico non è ancora arrivato a produrli nel suo laboratorio, ma la natura li produce tuttodì e facilissima- mente neir organismo vegetale, e, cosa degna di nota, par- tendo da composti semplicissimi e di natura puramente minerale, dall' acqua, dall' ammoniaca e dall' anidride car- bonica. Allorquando il chimico li avrà formati nel suo la- boratorio, allora egli, consegnando il materiale nelle mani del morfologo o dell'istologo, in uno ai dati scientifici che gli valsero per sintetizzarli, potrà dire loro : Ecco, forma- te, costruite, organizzate. Ma prima di questo tempo la scienza morfologica non farà un passo se non nello esame superficiale delle forme; Imperocché lo studio batterologico è più di spettanza del Chimico che dello zoologo, o per meglio dire dì tutti e due ; del chimico bene informato di studi biologici e morfologici, dello zoologo meglio fornito di conoscenze chimiche. Si av- verte infatti che in questo importantissimo studio non sì fa quel progresso che per la sua natura e per le vedute moderne della scienza si meriterebbe di fare. Ciò fu capito nel laboratorio chimico deU' Università di Palermo, da do- ve è venuto fuori qualche pregevole lavoro di questo ge- nere ; ma negli altri laboratori si avverte, sul riguardo, un assoluto silenzio. Ad onore del vero devo dire che nel la- boratorio chimico dell' Università di Catania non si è stati indifferenti di fronte a questo e ad analoghi subietti ; in esso si sono prodotti, ora per conto' proprio ora da altri professori ed allievi, lavori intorno a schizomìceti di deie- (I) V. Opuscolo predetto p. 15^ rigo 34, DA DARSI ALLA CHIMICA 167 zioni tifose, a tossicità di organi animali, a pigmenti di tu- mori melanici, ad ureagenesi ed altri lavori di fisio-chimi- ca e terapia. E qui aggiungo, ove mi sia permesso il consiglio, che se il chimico vuol darsi a questo studio e conseguire la sintesi dei più importanti fra i corpi organici, degli albu- minoidi,' deve guardarsi bene di adoperare in questo ramo di scienza quelle alte temperature ed in generale quelle poco ordinate azioni fìsiche e chimiche, di cui molto abusa, nelle quali tutti i corpi organici, piuttosto phe formarsi, si distruggono. Imperocché queste sono le condizioni in cui le ultime particelle del carbonio perdono i loro liberi mo- vimenti—i movimenti biologici — e la proprietà di adden- tellarsi fra di loro (1). È tanto vero ciò, che in queste con- dizioni tutti i corpi organici ed organizzati si distruggono, risolvendosi, o in sostanze di assai meno complicata strut- tura 0 in sostanze minerali. Non bisogna dimenticare , cosa che nell' atto pratico spesso si dimentica o si trascura, che le medesime forze che valgono a produrre i corpi, valgono pure a distrug- gerli. Nò si potrebbe dire che tali mezzi possano servire a sdoppiare le diverse molecole organiche onde conoscerne la loro struttura; essi sarebbero troppo violenti e piutto- sto che condurre ad una struttura chimica naturale con- durrebbero ad una struttura chimica artificiale; condur- rebbero cioè a leggi ed a metodi che se valgono a disfare (1) Che le troppo alte temperature fanno allontanare il carbonio dallo stato direi di sostanza viva lo mostrano pure i suoi calori a- tomici alle diverse temperature; il calore atomico del carbonio allo stato di diamante è di 1, 7, quello allo stato di grafite di 2, 4, quello preso alla temperatura di 600° di 5, 5; cioè molto vicino alla media co- stante dei calori atomici della maggior parte degli altri elenienlij che io considero come sostanze morte. Questo fatto è una prova di più per ammettere che la cristallizzazione del carbonio nella forma di diamante ha dovuto avvenire a bassa temperatura. 168 SOPRA. UN NUOVO INDIRIZZO i corpi non valgono a rifarli; essi quindi non possono con- siderarsi come veri metodi di analisi , poiché il vero me- todo analitico racchiude in se il metodo sintetico. Noi ci troveremmo di fronte a questi corpi come ci troviamo di fronte a tutte quelle sostanze delle quali conosciamo , o crediamo di conoscere, la struttura chimica, ma di cui non siamo capaci produrre la sintesi. Conosciamo infatti la co- stituzione chimica del glucosio, ma non siamo arrivati a pro- durre questo corpo artificialmente; sappiamo che lo zuc- chero di canna.risulta dalla condensazione di una molecola di glucosio e di una di levulosio colla eliminazione di una molecola di acqua, ma per quanto si sia tentato non si è mai riuscito a questa semplicissima sintesi; sappiamo che l'amido si scinde in glucosio e in destrina, e la destrina in glucosio, ma nessun chimico del mondo ha mai prodotto l'amido o la destrina; e così via discorrendo. Questo fatto fece dire ad un cultore della nostra scien- za non essere bene indovinato l'attuale indirizzo della chi- mica organica, trovarsi essa direi quasi in un circolo vizio- so; indirizzo nel quale specialmente i chimici tedeschi si sono voluti ostinare. E invero il chimico spesso coli' idea di sintetizzare un corpo si mette nelle condizioni in cui esso si disfà; e se in alcuni casi ottiene risultati soddisfa- centi, egli è che il corpo disfatto si ricostituisce, quando si raffreddano gli apparati per esaminare il risultato della reazione. Se il chimico adunque vuol darsi a questo studio, ed avviare nel suo vero indirizzo la scienza, deve guardarsi bene di mettersi in queste disadatte condizioni ; ma deve fare uso con fine criterio di tutte le forze di cui dispone nel suo laboratorio , e procurare di armonizzarle insieme , e non adoperararle ad una ad una come ha fatto sin'ora; deve in questo imitare la natura, e ciò facendo non farà cosa artificiale, essendo oramai risaputo che la natura opera DA DARSI ALLA CHIMICA 169 colle stesse forze con cui opera il chimico nel suo labora- torio; dóve insomma mettersi in quelle condizioni direi quasi, di tiepore generale o anche di bollore, in cui si era nei primissimi tempi nei quali per il raffreddamento gra- duato della terra, la materia minerale ebbe l' agio di ag- gregarsi in quella forma organico-organizzata che costitui- sce 1 primi esseri della natura, i Protisti. Così fanno i mo- derni batterologisti , seguendo un metodo veramente ra- zionale , quando provocano la cultura dei loro microrga- nismi. Ho detto che bisogna fare agire insieme tutte quante le forze della natura , non solo perch' esse in quei primis- simi tempi hanno dovuto fare un grande gioco alla su- perficie della terra , e perchè è convincimento generale che sono stati loro i veri fattori dell' universo; ma ancora per- chè anche oggi esse sono presenti a tutte le trasformabili- tà che si compiono alla superficie della terra, essendo oramai conosciuto, dai fisici e dai chimici, che tutti i corpi con- tengono naturalmente calore, elettricità e magnetismo e di luce non essendovene difetto presso di noi; e perchè an- cora si sa che in tutte le combinazioni si svolgono sempre e contemporaneamente tutte quante queste forze (V. appen- dice N. 2) e infine perchè chi scrive ha dimostrato coli' e- sperimento diretto , che in qualunque azione chimica , di combinazione o di scombinazione , la luce non agisce mai scompagnata dal calore e viceversa: questa è la espressione della mia legge intorno alle azioni chimiche della luce (1). Concetto questo oggi adottato, con mia soddisfazione , da molti chimici della Germania, i quali tutta volta che fanno agire la luce tengon conto delle condizioni di temperatura ed anche di quelle di luce quando specialmente fanno ri) V, Gazzetta Chimica Italiana voi. XIV, p. 58. ATTI ACO. TOIr. XX. 23 170 SOPRA UN NUOYO INDIRIZZO agire il calore dell'ambiente (1). Ora se queste forze si liberano in tutte le con:ibinazioni e se si trovano presenti a tutte le trasformalità che si compiono alla superficie della terra, io non so capire perchè, nelle azioni chimiche, non si debba tener conto della loro presenza. Secondo me 1' attuale chimica è guidata nelle sue in- vestigazioni da un principio mal formulato e solo in parte esatto: dal principio che la natura opera solo colle forze di cui il chimico dispone nel suo laboratorio. Questo prin- cipio è mal formulato, perchè il chimico invece di dire che la natura opera solo colle forze eh' egli conosce, dovrebbe dire che fa pure uso di queste forze ; è solo in parte esatto, perchè s' è vero che la natura fa uso di queste forze non si può dire che non ne faccia uso di altre ; anzi tutto in- duce ad ammettere eh' essa metta in opera mezzi ed espe- dienti ben più complessi di quel che si creda. Conseguenza di questo fatto è, che il chimico si trova, certo inconsape- volmente, in un avviamento opposto al vero indirizzo della scienza ; dappoiché col pretendere che la natura faccia a. modo suo pare voglia imporsi alla natura stessa , mentre il vero è, che la natura è lei quella che s' impone a noi e ci detta le sue leggi, e a nói non spetta che imitarla. Ecco perchè si assiste tuttodì allo spettacolo di vedere il chi- mico vagare da incertezza in incertezza ed a spesso fallire nei suoi tentativi o indovinare solo nelle cose analoghe o identiche alle già fatte. Circostanza questa che lo mantiene nella poco lusinghiera condizione del continuatore delle vec- chie teorie piuttosto che dell'innovatore; come si era ne- gli ultimi tempi di Berzelius. (1) Berichle dei- deiitschen Chemischen geselschaft zu Berlin t. XVIII, p. 350-606-1272, ecc. DA DARSI ALLA CHIMICA 171 E poi la maniera di giocare queste forze dal chimico è proprio la stessa di quella che adopera la natura? il chi- mico le adopera ad una ad una, la natura tutte insieme; il chimico le maneggia disordinatamente, la natura con or- dine ed armonia. Il chimico infatti, il poco che fa, lo fa con sforzo e tumulto, mentre la natura, pur mettendo in opera mezzi potentissimi, e tali da sorprendere l'imaginazione, compie tutto con calma e tranquillità; e solo si rende di- sastrosa quando mette in opera una sola di queste forze, come nel caso dello scoppio del fulmine. Il professore Oglialoro dell' Università di Napoli mi diceva un giorno, mentre eravamo assistenti nella Univer- sità di Roma, eh' egli facendo agire una ad una alcune so- stanze che facevano oggetto di suoi studi speciali, gli suc- cedevano tali violenti reazioni da farlo smettere dall' idea di riunirvi le altre, che pure facevano prevedere energiche reazioni. Ma che trovandovisi presente il professore Pater- nò gli suggerì di riunire insieme ogni cosa coraggiosamen- te; e che ciò fatto la reazione andò tranquilla e per il suo verso. Questo fatto addimostra chiaro, che, in cotesta circo- stanza, le forze che si sono andate liberando nelle singole reazioni si sono fatte equilibrio fra di loro, per 11 che coor- dinando armonicamente i movimenti delle ultime particelle della materia, hanno condotto con calma e tranquillità a buon fine la reazione. E addimostra ancora che nelle azioni chimiche non si tratta di fare agire più o meno modera- tamente le forze diverse , o di eliminarle mercè forti raf- freddamenti man mano che si mettono in libertà, o di ri- nunziare pacificamente alla ricerca, ma bensì di fare con- correre queste alla reazione medesima. Il chimico adunque piuttosto che tenersi in questa via poco razionale, dovrebbe darsi alla ricerca dei metodi che la natura mette in opera, e procurare d'imitarla; dovreb- 172 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO be pensare ctie in quanto a forze ed a leggi non ha an- cora lutto scoperto, die anzi su questo terreno molto gli resta a scoprire. Chi gli ha dato il diritto di credere che non esistono altre forze ed altre leggi se non quelle da lui conosciute? come ha fatto a saperlo? l'ha mai ricercato? Che se ne sapeva pochi anni addietro che la luce è uno dei più potenti ausiliari della natura e della chimica (1), e eh' essa agisce in corrispondenza del calore e della [)res- sione ? (2). E che ne sappiamo oggi noi se il magnetismo più opportunamente maneggiato , come sembra che faccia la natura , non debba un giorno riconoscersi per un altro dei fattori della scienza ? E la scoperta della proprietà biologica deg li elementi e quella che F. Braun chiama principio della massima di- sposizione degli elementi al lavoro non avvalora il concetto che altre proprietà sono da scoprire nelle ultime particelle della materia, e che noi come non conosciamo tutti i modi di manifestazione della forza, così non conosciamo tutti i modi di manifestazione della materia ? Questo è r avviamento in cui, a mio modo di vedere, dovrebbe mettersi una nuova scuola della chimica. Ricerca di altre forze , di altre leggi e di modi diversi di maneg- giare le une e le altre, o metodi nuovi di sperimentare. Noi in vero siamo stati i primi a metterci in questo nuovo in- dirizzo , e non senza una certa fortuna , avendo avuto il piacere di scoprire, nel citato nostro studio, intorno alle azioni chimiche della luce , una nuova legge , e di dimo- (1) Sono pochi anni che fn scoperto che la luce ha la pi'oprletà di provocare le leazioni chimiche e fu una carta sensibilizzata di cloruro di argento che lo fé scoprire. Il primo fatto poi di combi- nazione provocato dalla luce e più recente ancora, e fu la celebre esperienza del cloro coH'idi'Ogeno. (2) V. Gazzetta chimica predetta ib. id. ed Atti dell' Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania voi. XVIII, Serie 3», p. 71, DA DARSI ALLA CHIMICA 173 Strare coir esperimento moltissima parte di quanto è stato precedentemente detto (1). Ed infatti l'aver noi trovato in questo studio: 1. Che la luce da sola non compie la decomposizione del fosfuro d' idrogeno liquido e del cloruro di argento, né la combinazione dell'idrogeno col cloro nel gas cloridrogeno, ma che compie l'una e l'altra cosa col concorso del calo- re, e che il calore al buio non compie le trasformazioni di tutti questi corpi e miscugli, ma che le compie col concor- so della luce, vuol dire — generalizzando (}i) — : che nelle azioni chimiche le forze non agiscono isolatamente , ma parecchie di esse agiscono insieme. 2. L' aver trovato che una fortissima luce diretta, co- me quella del sole eh' è la più potente fra tutte, non compie più le trasformazioni dei corpi e dei miscugli sopra nomi- nati, se se ne abbassa di alcuni gradi la loro temperatura, significa: Che nelle azioni chimiche non si tratta solamente di fare agire parecchie forze insieme, ma di proporzionare queste in dati modi e in dati rapporti. 3. L' aver dimostrato che il cloruro di argento ad al- tissima temperatura non si decompone, e che in queste condizioni, esposto ai raggi diretti del sole, non si decom- pone con quella veemenza che le variate condizioni di tem- peratura farebbero prevedere, vuol dire : Che nelle azioni chimiche non si ha di mira la quantità di queste energie prese isolatamente, l'eccesso potendo rimanere indifferente. Dal che si può dedurre, dal 2° e dal 3" caso, che per le forze vi sono delle proporzioni fìsse e determinate come (1) V. Gazzella chimica predetta, ib. id. ed Atti dell'Accademia Gioenia predetta ib. id. (2) In questo studio abbiamo tutto il diritto di generalizzare, es- sendo noi partiti dal corpi più sensibili all'azione della luce ed a quella di tutti gli altri agenti. 174 SOPRA. UN NUOVO INDIRIZZO per la materia. Nulla per altro di strano, queste — essendo inerenti alla materia, e le une non andando mai scompa- gnate dall' altra — devono per forza stare in stretto rapporto colla quantità di materia che mettono in moto. 4. L' aver provato che vi sono dei limiti di tempera- tura nei quali la luce non agisce mai, neppure sui corpi" e miscugli sui quali agiva potentemente, addimostra : Che nelle azioni chimiche si può per sino annullare l' efficacia di ciascuna di queste energie per la semplice assenza di una di esse. Questo, e tutto il precedente— al vedere cioè che una sola forza non basta a compiere una chimica rea- zione—porta a conchiudere , che parecchie forme o modi di movimento è necessario che affetlino le ultime particelle della materia, perché vi siano le vere condizioni di una azione chimica (1). 5. L' aver trovato che il cloro, e 1' idrogeno nel gas esplosivo , non si combinano più con esplosione se si ab- bassa di pochi centimetri la loro pressione, addimostra: Che nelle azioni chimiche la jìressione è un altro dei fat- tori di cui bisogna tener conto. Né questo è il solo esem- pio che abbiamo in scienza, conoscendosi già, che 1' idro- geno sotto crescenti pressioni, sposta un maggior numero di metalli dalle loro combinazioni, di quello che non faccia alla pressione ordinaria. A. E. Menke poi ha da recente constatato che il ferro non è attaccato che debolmente alla pressione ordinaria dal solfato ferrico , ma che sotto forti pressioni, nelle caldaie a vapore, lo è fortemente ossidan- dosi (2). Ed A. Ditte ha dimostrato che 1' acido carbonico alla pressione ordinaria non si combina affatto colle basi aromatiche, mentre sotto fortissime pressioni vi si combina (1) Il chimico, del calore e della luce è costretto a farne delle cose diverse anche pei modi di movimento (V. appendice n. 2). (2) American Chemical Journal voi. Vili, 1887, p. 90. DA DARSI ALLA CHIMICA l75 facilmente, dando conriposti bene cristallizzali (1). Ed io credo, varrebbe la pena il provarlo, che se del gas clori- drogeno o del gas ossidrogeno si sottoponessero a delle fortissime pressioni, negli apparecchi ad esempio, di Pictet 0 in quello di Gailletet serviti a questi per liquefare i gas prima ritenuti permanenti, cotesti miscugli si combinereb- bero senza il concorso di forze esterne. Così che da questo momento in poi, nelle azioni chimiche, specialmente ove interviene un gas , oltre delle condizioni di temperatura bisognerebbe tener conto delle condizioni di pressione. Nello stesso nostro studio fu poi provato : che nelle azioni chimiche sopra nomina/e non si tratta eli calore in genere, ma bensì di calore luminoso. 11 fosfuro d' idrogeno liquido ed il cloruro di argento non si decomponendo e il cloro e r idrogeno non si combinando, per mezzo della luce, se vengono scaldali con un getto di vapor d' acqua ad una temperatura superiore di quella alla quale scaldali col ca- lore luminoso si scombinavano o si combinavano facilissi- mamente. Infine fu egualmente provato: che la luce provoca più facilmente i fenomeni di decomposizione anziché quelli di combinazione. Fatto questo importante per 1' argomento che ci riguarda; conoscendosi che sono i raggi della prima metà dello speltro, a partire dal rosso, quelli dotati di que- sta proprietà. Queste sono le conclusioni del citalo mio studio, e su ' queste basi avrei desideralo d' insistere se avessi avuto mezzi sufflcienti. In questo nuovo indirizzo della scienza, che io propon- go, giova ripeterlo, il chimico invece di fare agire ad una ad una le forze , come 5in' ora ha fatto e fa , deve farle (1) Comples rendus de rAcadémie des Sciences de Paiis, t. CIV, 1887, p. Olii. 176 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO agire contemporaneamente tutte quante, regolandole in dati modi e in dati rapporti; deve fare agire contemporanea- mente le forti pressioni e lo stato nascente (1) ; 1' azione di massa e il calore luminoso separatamente dal calore oscuro, così come fa la natura organica e minerale e come io ho dimostrato coi miei esperimenti; e deve innne pen- sare che nelle azioni chimiche non è piìi questione di eliminare per via di raffreddamenti le forze che si mettono in libertà, ma di opporvi altre forze per equilibrarle e farle concorrere insieme all'esito felice della reazione; trattan- dosi qui d' imprimere i più svariati modi di movimento alle ultime particelle della materia: ai veri elementi, come propone di chiamar queste il professore Piccini e il Men- delejeff (2). Faccio dipendere l'avvenire della chimica organica dalla ricerca dei metodi di sintesi ; perchè attribuisco grande im- portanza alla sintesi in genere delle sostanze organiche na- turali e punto 0 poco alla produzione di quelle artificiali, dèlie quali se ne possono ottenere innumerevoli, senza con- seguire altro scopo che l'affermazione delle attuali teorie; (1) Che la natura organica opera tutto collo stato nascente lo prova il fatto che le piante _, nel cui organismo si formano i corpi organici ed organizzati , sono veri apparecchi di riduzione. Esse in effetto producono queste materie, partendo dal carbonio proveniente dalla riduzione dell' anidride carbonica , dall' idrogeno proveniente dall'acqua, dall'azoto proveniente dall'ammoniaca e dall'acido ni- trico ^ e dall'ossigeno pure proveniente da queste riduzioiu'. Queste materie passono poi belle e formate negli animali erbivori , che ne distruggono una parte e ne accumulano il resto nei loro tessuti; dagli erbivori passano nei carnivori e negli omnivori che ne di- struggono o ne conservano secondo i loro bisogni. (2) V. prima traduzione del Richter fatta dal professore Piccini p. 404-405. DA DARSI ALLA CHIMICA 177 il che, secondo il mio modo di vedere, non è un progres- so. Ne è prova la scoperta degli alcaloidi artiflciali ; tutto ciò che si sa degli alcaloidi naturali, checché ne [ìensino i chimici , si poteva sapere e si sapeva in parte prima di questa scoperta. Imperocché qui, o Signori, non trattasi di produrre una sintesi qualunque, ma di scoprire quelle leggi, quei metodi, quegli artifizi, queir ignoto insomma che ado- pera la natura per produrre tali corpi. Non bisogna dimen- ticare che chi edificò la moderna chimica organica fu una sola sintesi di una sostanza organica naturale, dell' urea, operata da ^Voehler; e sebbene prodotta per caso, essa molto ci rivelò; ci rivelò cioè che la natura organica opera con gli stessi mezzi di cui il chimico , scientenìente o no , si serve nel suo laboratorio. Dopo questa prima sintesi si sono prodotti , e vero , moltissimi corpi organici naturali; ma la piiì gran parte, i più importanti e spesso di non troppa complicata strut- tura sono ancora là a resistere agli sforzi faticosi del chi- mico. Noi non abbiamo prodotto la sintesi di nessuna delle sostanze glucosiche e zuccherine, feculenti o amilacee , al- buminoidi o fibrinogeni, e dell' albumina in specie non ne sappiamo più di quanto ne dissero Gerhardt e Liebig. Non conosciamo neppure lontanamente la cagione del potere ro- tatorio dei corpi , quella del carbonio asimetrico (1) non essendo ancora dimostrata per tutti i casi, e non reggen- do affatto per le sostanze minerali; ecc. ecc. ecc. Di fronte a questo quadro sconfortante è mestieri con- venire, che le attuali teorie e gli attuali metodi di speri- mentare, specialmente in chimica organica, sono davvero insufficienti, e che ci troviamo di fronte ad un ignoto che (1) Dicesi asimetrico quell'atomo di carbonio che nella mole- cola del corpo oi-ganico è saturato per tutte e quattro le sue vaien- se da quattro radicali differenti. ATTI ACO. VOL. XX. 04 178 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO urge scoprire. Questo ignoto però non si scoprirà che fa- cendo maggiore attenzione ai movimenti delle ultime par- ticelle della materia, tenendo insomma in maggior conto , e nel suo vero senso, che non credo sia l'attuale, (V. Ap- pendice N. 1.) lo studio della termochimica. Ma questa im- portantissima parte di scienza, non troppo studiata nelle altre nazioni, in Italia, è doloroso il dirlo, none conosciuta. Non è bene però dimenticare che i fenomeni chimi- ci, essendo effetti di movimento, devono per forza sottosta- re alle leggi generali della meccanica. Lo studio della na- tura di questi movimenti , del numero delle particelle che vi prendono parte , delle loro forme , delle loro distanze , ecc., può solo condurre alla conoscenza dell'intima struttura dei corpi. Potrebbe qui sorgere spontanea la domanda , perchè tutto ciò non si è fatto o non si fa nel nostro laboratorio. Ho risposto in parte ad essa, e qui aggiungo, che sin dai primi momenti che mi son messo a lavorare in chimica organica , mi sono accorto della insufficienza dei metodi e delle teorie usate. Mi colpi allora il fatto, che mentre le teorie vigenti fanno prevedere molte e facili reazioni, la pratica si rifiuta sempre di confermarle. Né fui indiffe- rente ad un tale dubbio; ho cercato di connettere più di due carbossili allo stesso atomo di carbonio e più di un ossidrile; di studiare la struttura chimica dell'olivile e quella della chinina; di sintetizzare entrambi questi corpi e di sintetizzare pure lo zucchero e il glucosio (1) ; ma, (1) Ho più volte parlato della sintesi di questo corpo, perchè la credo di capitale importanza per la sintesi delle sostanze albiimi- noidi. Ed infatti s' è vero che i principi azotati dei vegetali e degli a- nimali~gli albnnainoidi e le sostanze gelatinose— sono, come certe leazioni fanno supporre, dei derivati ammoniacali di glucosi, e se è vero che le materie amilacee sono, come lo mostra il loro modo DA DARSI ALLA CHIMICA 179 meno reazioni secondarie, io ho ottenuto sempre risultati negativi , la qual cosa mi convinse sempre più della giu- stezza de! mio concetto. E siccome si Iia l'abitudine di non pubblicare i lavori negativi, anche quando sono fatti coscien-. ziosamente — come se non fosse egualmente importante per il progresso della scienza il far conoscere i modi nei quali certe reazioni non avvengono mai — cosi io non ho avuto il mezzo di convincere i miei colleghi coi miei propri espe- rimenti. Ma li lio convinti coi loro medesimi, imperocché il ristagno di 29 anni di questa parte di scienza— come ho fatto rilevare nel citato mio opuscolo (1)— e il non essersi potuto sintetizzare né conoscere la struttura chimica della più gran parte dei corpi organici, che in questo lungo pe- riodo si é cercato di conoscere e sintetizzare, ha appunto questo significato. Allora giudicai inutile insistere in un tale indirizzo e ini diedi a fare cose, che avessero un carattere di vera di scindersi , dei glucosi condensati, allora bisogna ammettere che i glucosi siano i fattori primi di tutte le sostanze organizzate e il vero elemento primo della vita. (1) Nel più volte citato mio opuscolo, onde provare questo rista- gno, a p. 16 dico « A me sembra che la chimica organica ha pro- gredito lentamente nel campo delle teorie. Infatti nel passato dopo la scoperta di Lavoisier, il quale fece conoscere per la prima volta che la base di tutti i corpi organici ed organizzati è il carbonio, abbia- mo avuto: nel 1817 la teoria elettro-chimica dualistica coi suoi ra- dicali composti ; nel 1828 (dopo 11 anni) il colossale fatto della prima sintesi in chimica organica e nello stesso anno la benché ti'ascura- ta teoria del benzoile^ che ricordata dopo venti anni, segnò un con- siderevole progresso nella teoria dei radicali ; nel 1834 (dopo 6 anni) la teoria unitaria; nel 1837 (dopo 3 anni) la teoria dei nuclei; nel 1851 (dopo 14 anni) la teoria dei tipi; nel 1854 (dopo 3 anni) la teoria dei radicali polivalenti ; e nel 1858 (dopo 4 anni) la teoria delle formule di costituzione. Ma dal 1858 a questa parte (dopo oggi 29 anni) non è apparsa nessuna nuova teoria di cui si sente tanto bisogno essendo esaurite tutte le altre. 180 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO novità, e credo di averne prodotte (1). Altri tentativi avrei desiderato di fare, seguendo nuovi metodi di sperimenta- zione, ma non l'ho potuto in un laboratorio come il nostro, che non appresta quei mezzi che hanno la maggior parte degli altri laboratori. Epperò non siamo stati inoperosi nella difficile tenzone; ve ne convincerete dando un benevole sguardo al numero e alia qualità delle nostre pubblica- zioni. Sono venuto a questi ragguagli per meglio avvalorare il concetto generale della mia tesi; quello cioè che occorrono le più estese cognizioni di tutte le altre scienze per essere in grado d'intendere i nuovissimi concetti della propria. Ma mi si dirà : come si può fare a tenersi al corrente di tutte le scienze, quando queste oggi sono così numerose e così progredite da richiedersi la vita intellettuale di un uomo per riuscire in una sola di esse? Non è bene frain- tendere il significato della parola; altro è specializzarsi in una scienza, altro è isolarsi, rendersi cioè sprovvisti delle conoscenze a questa necessarie. Chi si dedica ad una di- sciplina deve certamente lavorare per il iirogresso di essa, ma non perciò deve trascurare la sua cultura generale, che in fatto di scienza non può essere superficiale; altrimenti si cade in un'autonomia pericolosa, e l'autonomia, tanto nelle scienze politico-sociali, come nelle scienze di fatto è indizio di regresso. Un popolo che volesse tenersi estraneo alla civiltà degli altri popoli sarebbe sempre un popolo meno progredito. Ora in questo difetto , in questa specie d' isolamento aristocratico, è caduta la chimica. Le altre scienze, con sa- gacia ed avvedutezza, hanno saputo usufruire degli avan- (1) V. opuscolo predetto p. 17. DA DARSI ALLA CHIMICA 181 zamenli fatti dalle proprie consorelle, e perciò negli ultinai tempi hanno grandemente progredito. Ma la chimica in ge- nere, e la chimica organica in specie, non fa che ripetere cose analoghe alle già fatte. Percorrete l' indice di una gaz- zetta chimica di 29 anni addietro e quella di una Gazzetta del giorno, e vi convincerete subito, in quanto a teoria pu- ra e semplice , delia verità del mio asserto. Si sono pro- dotti, bisogna convenirne, pregevolissimi lavori, fatti con maggiore finitezza, e meglio contornati di quelli di prima, ma, nel concetto generale, siamo al caso della determina- zione dei pesi atomici diStass: sono rette tirate colla riga, curve col compasso, piuttosto che a mano libera. E tutto ciò, lo ripeto, a causa del troppo restringersi nelle proprie conoscenze. Lo mostra il fatto , che , se si guarda alla storia delle grandi scoperte, le migliori sono state fatte, o da uomini forniti di conoscenze varie , o da cultori di una scienza diversa di quella, cui si riferisce la scoperta, o da principianti. Quando Dumas pubblicò le sue esperienze sul sangue, che sono classiche anche al giorno di oggi, aveva 21 anni e ne aveva 34 quando emise la ce- lebre teoria unitaria. Quando Cannizzaro pubblicò il suo sunto di filosofia chimica, che cagionò l'adozione delle teo- rie moderne In scienza, era ancor giovane. Colui che sco- prì la elettricità dinamica fu Galvani, un professore di ana- tomia, piuttosto che un professore di fisica ; anzi da un fisico , questa scoperta, venne osteggiata (1). Chi trovò che i corpi gassosi in volumi eguali , e nelle medesime condi- zioni di temperatura e pressione, contengono l'egual nu- mero di molecole fu Avogadro di Quarengo e Ceretto , (1) In LUI brano di storia di questa scienza si legge sul propo- sito quanto segue: « 11 più ardente oppositore del Galvani fu il Volle, il quale fisico anzitutto, non considerando che le condizioni fisiche del fenonneno, rigettò la teoria dell' elettricità animale. Per chi non conosce questa lotta farebbe bene a leggerla. 18/J SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO un dottore in legge, fisico ed avvocato dei poveri. E La- voisier, il fondatore della vera chimica scienza, non fu egli uno dei più eminenti economisti della sua epoca? E...... Io potrei andare a lungo nella enumerazione di questi esempi, ma credo di avervene presentati a sufficienza, lun- go il percorso della presente lettura , e di ogni fatta, per essere sicuro di avervi provato, che mancando le neces- sarie conoscenze nelle ultime scoperte di tutte le altre scienze, si cade nell'inconveniente di guardare da un solo profilo la propria; la qual cosa, spingendola in un indirizzo falso le è causa di regresso o per lo meno la rende sta- zionarla. E si può cadere pure nell'altro assai più grave inconveniente, di non essere in grado di apprezzare e giu- dicare con sicurezza i meriti e le opere altrui. Infcitti quando Dumas emise la celebre teoria delle sostituzioni, essa fu giudicata un errore da Berzelius e dai suoi seguaci; e pure non era Dumas quegli che allora sbagliava, erano loro che, non all'altezza delle nuove vedute della scienza, davano un voto di sfiducia a chi non se lo sarebbe meritato. Tutto ciò lascio a voi considerare di quanto danno sia per il progresso della scienza, avvegnacliè in questo modo si vengono ad escludere le menti più elette per accogliere le mediocrità. E in vero se , di fronte al primo cozzo , il giovane Dumas si fosse smarrito, la scienza non avrebbe avuto la celebre teoria unitaria e i Duma^ di cui tanto si vanta. Catania li 17 Ottobre 1H87. DA DARSI ALLA CHIMICA 183 APPENDICE N. 1. Si sa che i calori di combinazione sono soltanto com- parabili quando i sistemi iniziale e finale della reazione pos- sedono lo stesso stato fisico : solido , liquido o gassoso. E dico soltanto comparabili, perchè oltre alle enormi quan- tità di calore che si liberano o si assorbono per questi cambiamenti di stato, bisogna tener conto: della capacità calorifica specifica del composto che ne nasce in rapporto a quella dei componenti ; del calore assorbito per la disgre- gazione delie molecole gassose in atomi liberi; e del calore di combinazione del corpo che ne nasce col solvente in rapporto a quello dei costituenti. Or se si tiene il giusto conto di questi stati, iniziale e finale, riesce facile dimostrare che il carbonio , quando si combina coli' ossigeno, emette una quantità di calore mag- giore di quella che emettono gli altri elementi combinan- dosi coir ossigeno stesso. Scelgo 1' ossigeno perch' esso rap- presenta r elemento più generale di combinazione , e per- chè, facendo parte dei corpi organici ed organizzati, esso entra naturalmente nella mia tesi. A tale scopo dò qui un quadro di queste calorie, dove riunisco gli elementi più attivi e i meglio studiati in ter- mochimica , e dove riferisco tutto alla stessa quantità di ossigeno , all' equivalente, così come fa Mendelejeff in casi analoghi. 184 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO Calorìe di com1)inazione riferite all' equivalente dell'ossigeno. COo = 34185 SeO, = 14425 AI2O3, 3HoO = 64700 CdO = 33200 ApoO = 2950 MgO, HoO = 74450 HoO = 28600 Pb^O, = 36380 CaO, Aq = 74700 As^O, -= 21940 ZnO =: 43200 SrO, Aq =- 78850 CuO = 18580 K.O = 48550 BaO, Aq =-- 79100 SOj =- 177G7 Na,0 = 50100 HgO = 15300 SiOo = 54750 In questo quadro ho messo il numero 34185 per ca- lorie di formazione dell' anidride carbonica piuttosto che quello di 24240, perchè a queste bisogna aggiungere 9945 calorie , che sono quelle assorbite per volatilizzare il car- bonio e disgregare le sue molecole in atomi liberi. E per calorie di formazione dell' acqua ho messo 2SG00 piuttosto che 34315, perchè da queste bisogna sottrarre 4817,5 ca- lorie , che sono quelle liberatesi per la condensazione del vapore in acqua liquida a 100°, e 898 calorie liberatesi per il raffreddamento di quest' acqua da 100° a 0°. In quanto alle altre combinazioni del quadro, gli stati iniziale e finale sono ancora più sfavorevoli ; in esse in- fatti si parte sempre da un corpo solido ed uno gassoso per ottenere sempre — salvo il caso dell' anidride solforosa — un corpo solido. Dalle loro calorie quindi bisogna sottrar- re le quantità di calore che si liberano per la liquefazione e la solidificazione dell'ossigeno, che è certamente enorme. Per gli ultimi termini poi del quadro, a partire dall' ossi- do di alluminio, la questione si fa più complessa, dovendo sottrarre dalle loro calorie , pure quelle della formazione degl' idrati. Ora il numero di tutte queste calorie da sottrarre sa- rà certamente tale da far discendere al disotto di quelle DA DARSI ALLA CHIMICA 185 del carbonio i loro veri calori di combinazione. Non faccio qui i calcoli occorrenti a queste riduzioni, perchè sarebbe troppo lungo e perchè non è questo V obiettivo della pre- sente lettura. APPENDICE N. 2. Che nelle connbinazioni oltre al calore ed alla luce si sviluppa pure della elettricità e del magnetismo fu dimo- strato, da Amper e Faraday nell'anno 1819. Anzi le loro quantità spesso sono cosi enormi da sorprendere l' imma- ginazione. Bequerel trovò che bruciando una quantità di idrogeno e di ossigeno tale, da formare un milligrammo di acqua, si sviluppa tanta elettricità da caricare ventimila volte una superfìcie metallica di un metro ed avere venti- mila scintille di un centimetro di lunghezza. Se poi in alcune combinazioni non si avverte luce non bisogna perciò inferirne che il movimento lu minifero man- chi assolutamente. Quando si brucia dell' idrogeno, si ha una luce debolissima e pure chi può dire che lì non vi siano tutte le condizioni per l'esistenza di una gran copia di mo- vimento luminifero? Secondo le esperienze di Prevostey, De- sains e Draper tutti i corpi scaldati alla temperatura di 400 a 500 gradi divengono luminosi. Ora chi può dire, che qualche grado al disotto di questa temperatura manchi il movimento luminifero? E noi non abbiamo degl'individui che vedono più facilmente questo inizio di luminosità men- tre altri non lo vedono affatto? E s'è vero, come ammettono i fisici e i chimici, che tutti i corpi sono affetti naturalmente dei movimenti calorifero , elettrico e magnetico, io non so capire perchè non lo debbano essere anche del luminifero visibile 0 invisibile. Infine dirò che noi 1' abbiamo questo ATTI ACC. VOL. XX. 25 186 SOPRA UN NUOVO INDIRIZZO movimento allo stato invisibile negli spettri ultra-rosso ed ultra-violetto. Stando alle ampiezze delle ondulazioni, nel primo caso queste sarebbero al disotto del limite della nostra visibilità, e nel secondo, nello spettro ultra-violetto, al disopra ; in altri termini queste ampiezze o sono troppo grandi o sono troppo piccole, esse non arrivano a scuotere la retina del nostro occhio. Ma questi movimenti possono rendersi visibili immergendo nel primo spettro, come fece Tyndall , una foglia di stagno o una lamina di carbone o una di platino platinizzato, le quali hanno la proprietà di diminuire 1' ampiezza dì queste oscillazioni; ed immer- gendo nel secondo spettro, come fece Stockes, una soluzione di esculina o una di bisolfato di chinina o un vetro di uranio, 1 quali per lo inverso hanno la proprietà di au- mentare le ampiezze delle oscillazioni e ricondurle dentro il limite della nostra visibilità. Né si può dire essere le ondulazioni calorifero quelle che si rendono visibili, poiché se neir ultra-rosso queste esistono, nell'ultra-violetto man- cano quasi. So che i tìsici non fanno differenza , circa a natura di movimento, tra luce e calore ; ma non bisogna dimen- ticare che il fisico guarda sempre dal lato esclusivamente fisico i fenomeni (V. nota a p. 29) , mentre il chimico é costretto a guardarli da tutti i lati, e nel nostro caso si é costretti ad ammettere una differenza tra questi due fatto- ri (1). Se la luce non agisce senza il concorso del calore vale a dire che l'una cosa è diversa dell' altra per il chi- mico; e se si hanno dei mezzi che lasciano passare contem- poraneamente la luce e il calore luminoso, l'una come luce, l'altra come calore, vai pure a dire che per il chimico que- ste sono due cose diverse. Sappiamo inoltre , che il clo- (1) V. la mia nota a p. 73 del voi. XIV della Gazzella chimica Italiana, e V. Richter: chimica inorganica tradotta dal prof. A. Pic- cini p. 5 e 6. DA DARSI ALLA CHIMICA 187 ruro di argento mentre si decompone facilmente per 1' a- zione della luce anche dififusa, non si decompone poi nep- pure per mezzo di quelle grandi quantità di calore che vi si comunicano per volatilizzarlo. Ora s'è vero che qui è questione di movimento, bisogna inferirne che quelle spe- ciali forme o modi di movimento, ch'è capace di provocare la luce nelle particelle degli elementi che compongono il cloruro di argento onde separarle, non è capace di provo- carle neppure un fortissimo calore, e che per conseguenza runa cosa è ben diversa dall'altra, anche per natura di movimento. Viceversa poi molti corpi vengono facilmente decomposti (tutte o quasi tutte le sostanze esplosive e tanti altri) 0 combinati dal calore e punto dalla luce. Io potrei presentare qui altre prove, ma andrei troppo per le lunghe. Sopra alcune lave antiche e moderne del vulcano KILAVEA nelle isole Sandwich. studi petrogratici del Prof. 0. SILVESTRI. 11 chiarissimo Prof. [P. Tacchini nel 1883 dopo avere intrapreso un viaggio astronomico fino alle Isole Caroline, per lo studio dell' ecclissi totale di Sole che avvenne in quell'anno; traversando il Pacifico per ritornare in Europa, in una fermata che fece alle Isole Sandwich , si recò a visitare il celebre Vulcano Kilauea che, come è noto, rap- presenta il più vasto cratere vulcanico attivo del globo terrestre. Nell'essere sul luogo, egli molto oppurtunamente, rac- colse alquanti campioni di lave antiche e moderne che rappresentano principalmente la costituzione geologica di quel vulcano e di tale interessante raccolta fece prezioso dono all'Istituto vulcanologico da me fondato nella Regia Università di Catania. Mentre restai fino d' allora obbli- gato e adesso rendo pubbliche azioni di grazie al gentile donatore ; d' altra parte mi proposi di studiare uno per uno gli esemplari della raccolta e lo scopo della presente memoria è di fare conoscere succintamente i resultati de Ilo studio intrapreso. Prima però di entrare in materia speciale, credo utile per maggiore intelligenza di quanto sarò per esporre , di richiamare alla memoria di chi non ha presenti certe spe- ciali conoscenze sui vulcani, le condizioni fisiche generali che caratterizzano l'importante vulcano di cui è parola- li Kilauea è un vasto vulcano che ha per carattere di pre- sentarsi situato sopra un fianco di un altro monte vulca- ATTi Acc. voL. rx. 26 Ì90 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE nico, di molto maggiore mole. Questo è il Mauna-Loa , il quale si eleva al sud nell'Isola Hawai ed è uno dei 4 vulcani elle ardono in quella isola che è la principale tra le isole Sandwich, Il Mauna-Loa è una grande montagna di forma conica ad apice troncato e nella sua parte estre- ma (che si eleva a 4303 metri sul livello del mare) apresi un'ampia voragine che ne rappresenta il cratere (detto Mokuawéowéo). Questo frequentemente alterna il suo stato ordinario di semplici emanazioni gassose o solfatariano, con formi- dabili eruzioni. É precisamente sul fianco orientale del Mau- na-Loa a 25 chilometri di distanza dalla cima e a soli 1200 metri di altitudine sul mare che si eleva, a guisa di mo- desta prominenza di cono tronco a larga base, il Kilauea 11 cui cratere si presenta come un ampio recinto di figura ellittica, che secondo Brigham (1) ha il diametro maggiore che raggiunge circa 6 chilom. , il minore circa 4 e per- ciò rappresenta un circuito di quasi 16 chilom. che limi- tano un bacino di presso a poco 19 chilom. quadrati di superficie. Ciò lo fa ritenere come il più vasto bacino vul- canico che si conosca sulla faccia del globo. Oltre il carattere speciale di situazione e di grandiosità; il Kilauea ha anche quello di essere, nei fenomeni vulcani- ci che presenta, indipendente dal Mauna-Loa; quantunque su di esso comparisca a guisa di cratere avventizio. Di crateri avventizi ce ne porge classico esempio 1' Etna, ma 1' attività di questi si spegne col terminare della eruzione che diede loro origine: invece il Kilauea è un'ampia bocca che agisce da emuntorio laterale del grande vulcano che lo sostiene, i cui parossismi eruttivi quando si presentano non distur- bano per niente i fenomeni che permanentemente si com- (1) Notes Oli the vii]caiiic phenomena of the Hawaiian Island (Bosloii Soc. of. Nat. Hist. niemoirs Voi. I pari. Ili 1868. DEL VULCANO KILA.UEA ECC. 191- piono nell'interno di questo immenso cratere. Humboldt nel Colmos lo descrive come un grande lago di fuoco in attività incessante, analogamente a quello che avviene nei vulcano Masaya dell'America Centrale e nello Stromboli d'Italia: anzi questo ultimo per avere una storia più cono- sciuta ha dato nella scienza moderna il nome di attività stromboUana all'attività permanente caratteristica di questi tre vulcani, che in generale è moderata, ma di tanto in tanto viene alternata da periodi di recrudescenza che as- sumono la veemenza di grandi eruzioni. . Tutti i viaggiatori restano meravigliati nel visitare l'immenso bacino del Kilauea, circondato da pareti di circa 300 metri di altezza, tagliate quasi a picco dalle continue frane che mettono al nudo le testate di numerose strati- ficazioni che si succedono dal basso all' alto e che rappresen- tano le antichissime lave preistoriche dalle quali si scopre r anatomia del Monte: analogamente alle stratificazioni di antiche lave che si vedono allo scoperto sull'Etna nelle pareti franose che formano il grande recinto della Valle del Bove. Neil' interno del bacino del Kilauea in corrispon- denza all'asse eruttivo clie si trova nella parte sud, esiste un lago di lava chiamato Halemaiiniau, ove la lava si al- za e si abbassa di livello, bolle, ribolle e si agita per lo sprigionamento continuo di vapori compressi; mentre nel rimanente della superficie la lava viva è coperta all'esterno da uno strato già consolidato della medesima, qua e là in- terrotto da molte crepature che lasciano vedere il fuoco sottostante. Questi meati aperti fanno anche assistere in varj punti a fenomeni eruttivi pii^i limitati, ma non meno interessanti. Tra questi destano maggiore impressione quelli che costituiscono dei crateri speciali di sfogo i quali cambiano spesso di situazione e quelli rappresentati dalle così dette fontane di fuoco. Tali fontane sono delle sorgen- ti di lava ardente che zampilla all'esterno per mezzo di ap- 192 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE parecchi singolari in forma di piccoli coni semplici o mul- tipli, mollo allungati, con un orifizio in cima circondato da colaticci della stessa lava elle giungendo via via all' e- sterno si riversa e si raffredda tutta all'intorno ed inalza sempre più il suo punto di scaturigine. La storia assicura che talvolta negli straordinarj paros- sismi eruttivi del Kilauea, la lava fluida riempie tutto lo, intiero bacino ed aumenta in modo così notevole di volu- me da raggiungere 1' orlo superiore del medesimo. Allora per effetto della enorme pressione il fondo o le pareti si rompono , si determinano delle fessure che si estendono a qualche punto pai basso del Monte e la grande caldaia presto si vuota, dando origine a fiumi estesi di fuoco che scendono impetuosissimi fino a notevole distanza: l'esem- pio il più recente è ciò avvenne nel 1839, epoca in cui la lava raggiunse in breve tempo il mare alla distanza di 48 chilometri. Per qualunque altra notizia particolareggiata sulla sto- ria dei fenomeni del Kilauea si potrà consultare principal- mente la interessante memoria originale già citata di W. Brigham e per qualche studio speciale più recente gli au- tori che ho avuto occasione di citare nel corso di questa memoria. A me era necessario di premettere la brevissima de- scrizione che ho fatto del Kilauea, desunta dalle narrazioni degli autori che hanno avuto la fortuna di visitarlo e dalle più recenti notizie che mi ha comunicato il prelodato Prof. Tacchini, per far comprendere meglio il giacimento e, sotto un punto di vista generale , la cronologia dei campioni di lava raccolti dal Prof, medesimo dei quali vengo ora detta- gliatamente a parlare. Questi in numero di 30 ho potuto distinguere dietro le indicazioni annesse, nelle 3 seguenti categorie. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 193 1. Lave recentissime raccolte o nella parte centrale del bacino presso un nuovo cono, formatosi nel maggio 1883 o al Nord del cratere ove la lava bolle e ribolle continua- mente; ovvero presso delle fontane attive di fuoco. 2. Lave moderne raccolte già consolidate e fredde alla parte periferica del bacino. 3. Lave antiche preistoriche le quali stratificate for- mano le pareti del circuito che limita tutto all' intorno il bacino. Stabilita questa classificazione ecco la descrizione dei campioni di rocce che ho trovato in ciascuna categoria e che rappresentano tutta la collezione. I. Lave recentissime. Campione N. 1. — Lava vetrosa basica appartenente ad una eruzione del Maggio 1883. Caratleri macroscopici e fisici— Roccia, compatta appa- rentemente nera, di aspetto piceo, vetrosa e semivetrosa; formata cioè da una parte vetrosa che passa gradatamente ad una parte di aspetto prevalentemente litoide. La parte vetrosa ha frattura decisamente concoide, sembra nera ed op£.ca in massa, ma ridotta in sottili scheg- gi è trasparente ed ha un color verde bruno-bottiglia. La parte che ha un prevalente aspetto litoide non ha frattura perfettamente concoide, né lucentezza vitrea, tranne in pic- coli punti qua e là nelle superflci di rottura — Non spiega azione sensibile sull'ago magnetico— È dura tenace e pesante. Dur: 6—6,5 (1) P. sp. : 2, 97 (2) (1) Le lave del Kilauea che formano argomento di qiiesla memoria essendo in generale a struttura omogenea microcristallina o cripto cristallina o assolutamente afanitica, mi fiaiuio offerto delle condi- zioni favorevoli per determinarne la durezza; il quale caiattere riesce di importanza anche per le roccie nei confronti tra i tipi normali e quelli metamorfici per più o meno profonde alterazioni sofferte. (2) Le determinazioni del peso specifico sono state fatte con mol- 194 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Caratteri microscopici e petrograflci — Nella roccia ri- dotta in lamine sottili e sottoposta ad un ingrandimento di 27 diam. lineari , la parte vetrosa in generale non si mostra completamente omogenea, ma invece per un principio di devetrificazione presenta un certo numero di microliti , cristalliti, elle come la pasta vitrea matrice sono senza birefragenza: di più vi sono molte concrezioni sferolitiche di colore castagno scuro che somigliano perfettamente a quelle dichiarate dal Prof. Mohl di magnetite titanica per il basalto vetroso di Sababurg (Hessen) senza però che vi si veda nessun granulo o cristallo opaco nero distinto, ma piuttosto attraverso alla trasparenza, molto diffìcile in un colore scuro, comparisce una struttura quasi fibrosa irra- diante da centri distinti. I centri sono formati o da cristal- lini isolati 0 da gruppi cristallini sia allo stato microli- tico, sia allo stato di maggiore sviluppo con forme e carat- teri ottici specifici. Vi si notano numerosi cristallini perfet- tamente incolori romboidali di feldispato labradorite , nu- merosi cristallini parimente incolori prismatici e molto ba- cillari che hanno tutto l'abito dell' oligoclasio e somigliano perfettamente ai cristalli riconosciuti pure per oligoclasio nel già nominato basalto vetroso di Sababurg. Vi sono piccoli aggruppamenti cristallini di augite con pleocroismo debole o mancante, ma con manifesti colori di polarizzazio- ne: infine si vedono piccole incipienti segregazioni di olivi- na e qualche cristallino di apatite le cui sezioni parallele alla base del prisma sono isotrope tra i Nicol incrociati e le altre parallele all' asse principale mostrano coi caratte- ri della birefrangenza dei colori di polarizzazione assai ta cura dal Sig. Antonio Di Blasi allievo ingegnere praticante nel mio laboratorio. É stata applicata la liilancia del Jolly tranne in quei casi nei quali era necessità di ricorrere all' uso del picnometro— Le cifre adottate rappresentano la media dì almeno 3 esperienze che in ciascun caso hanno dato resultati molto approssimati tra loro. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 195 vivi: di più sono attaccabili facilmente dall'acido nitrico e se si applica al microscopio col metodo di Streng la rea- zione del molibdato ammonico, si hanno segni non dubbi dell' acido fosforico. La parte prevalentemente litoidea della roccia si rende difficilmente trasparente anche nelle lamine sottili e resulta da una massa fondamentale vitrea di color verde bruno bot- tiglia molto scuro; come se quelle concentrazioni sferolitiche sparse qua e là come ho detto nella roccia vitrea avessero invaso tutta la pasta del vetro primitivo facendogli perde- re il color chiaro e molta trasparenza. In questa massa fondamentale scura si vedono più grandi, più spiccati, più frequenti e porflricamente disseminati quei medesimi cristalli isolati 0 gruppi di cristalli che dimostrano più evidenti le segregazioni dei minerali sopra indicati. I cristallini dia- fani incolori molto bacillari riferiti all' oligoclasio (senza però poterlo provare chimicamente per le loro dimensioni microscopiche) si presentano spesso incrociati in mezzo a numerosi gruppi cristallini di labradorite e di augite. La magnetite in forme distinte o di polvere o di gra- nuli 0 di minuti cristalli, non si osserva nemmeno in questa parte litoide; solo nell'esame sorge facile il giudizio della esistenza di una pasta fondamentale vitrea molto ricca di ferro, per il colore scurissimo che presenta e sul punto di se- gregare un minerale ferruginoso opaco, come dimostra la difficoltà con cui si può ottenere anche un debole grado di trasparenza nelle preparazioni in lamine sottile. Caratteri chimici.— ho. parte vetrosa della roccia ras- somiglia alla ossidiana, ossia al comune vetro vulcanico; ma non lo è di fatto perchè la roccia in esame è basica per la sua composizione, come ora vedremo, mentre l'os- sidiana come è noto rappresenta lo stato vetroso delle rocce silicate acide, come le trachiti etc. Tanto la parte vetrosa quanto la parte litoide della roccia sono pochissi- 196 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE mo 0 niente attaccate dagli acidi sì a freddo che a cal- do : perciò la prima potrebbe cliiamarsi lalomelano che secondo Rosenbusch tra i vetri basici o basaltici diffe- risce dalla Tachilite per il suo carattere di insolubilità negli acidi; mentre la Tachilite facilmente è attaccata da que- sti (1). A me sembra per dire il vero che tale carattere distintivo sia poco sicuro, perchè l'attaccabilità o non at- taccabilità dei silicati per mezzo degli acidi dipende dal modo come si procede. Per es. il vetro basico di cui è parola, mentre come ho già detto è quasi inattaccabile dagli acidi nel modo ordinario, l'ho potuto attaccare fa- cilmente mettendolo in polvere finissima a contatto di un miscuglio a parti presso a poco eguali di acido cloridrico e solforico concentrati, in un tubo di vetro a pareti gros- se e chiuso alla lampada. Esposto così alla temperatura di 240° e agitando di tanto in tanto, ho osservato che in 7 ore se ne è sciolta una proporzione del 32, 7 per 100 sul peso primitivo della polvere e se si tiene conto della silice che via via precipita insolubile nel tubo, si può dire clie la roccia è rimasta con tale metodo e nel tempo indicato, quasi completamente, attaccata e disgregata. Polverizzando dei frammenti di roccia parte vetrosi e parte litoidi si ha una polvere di colore misto tra il bigio e il verdognolo chiaro, che scaldata subisce una leggerissi- ma perdita per una minima proporzione di acqua e quan- (1) Il Prof. K. de Kroastchof upI suo recente lavoro sui vetri basaltici di Rossber'g presso Darmstadt, descrive un vetro basaltico che molto somiglia per le proprieià fisiche e chimiche al nostro ed egli pure lo classifica il suo come lalomelano , separandolo dalle Tachiliti tra le quali era stato precedentemente compreso da Peter- san associandolo anzi con le vere Idrotachiliti che sono una specia- lità di quel giacimento (V. per il lavoro di Kroustchof — Bull. Sac. Min. Frane, fase. M fevrier 1885 — per il lavoro di Petersen— Neus lahrbuch f Min. u. Geol. 18G9 p. 32). DEL VULCANO KILAUEA ECC. 197 do sente la temperatura del calore rosso incipiente comin- cia a fondersi in un vetro— All'analisi chimica ha dato i seguenti resultati che ne rappresentano la composizione centesimale (1). Si 02 . 49, 20 P2 0'- . 0, 42 Ti 02 . 1, 72 AF 03. 14, 90 Fe2 0'. 4, 51 Fé 0 . 12, 75 Mn 0 . 0,28 Ca 0 . 9, 20 Mg 0 . 3, 90 Na2 0. 1, 96 K3 0 . 0, 95 H2 0 . 0, 10 99, 89 La quantità di ferro che è contenuta nella composizione di questa lava coi suoi ossidi FeO ed Fe'O' dà assai nell'oc- chio, perchè è superiore alla quantità ordinarla appartenente alle rocce vulcaniche. Da prima ho ritenuto questa quantità come erronea, ma nel ripetere le analisi ho ottenuto sem- pre delle cifre poco discordanti tra loro, sia per il sesquios- sido, sia per il protossido ed ho adottato la media di que- ste cifre la quale ho visto poi che trova riscontro nelle (1) Devo dichiarare clie nel lungo lavoro di analisi cliimiche delle roccia che formano argomento d[ questa memoria, mi lia prestato assidua cooperazione il Frof. Sebastiano Consiglio assistente nel mio laboratorio. La disgregazione è stata fatta col carbonato sodico potassico. Per la determinazione degli alcali le roccie si sono fuse con la calce: perla valutazione del sesqiiiossido e protossido di ferro si sono fuse coi borace in atmosfera inerte e quindi si è fatto uso della soluzione titolata di permanganato di potassico. ATTI ACO. VOL. XS. 27 198 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE analisi, quantunque incomplete, di lave recenti vetrose del Kilauea fatte da lachson , da Peabody e da altri autori pubblicate nella memoria di Brigham (1). Ed in quelle dì Hagiie e di Cohen più accurate che credo utile di riportare qui sotto (2). In compenso trovasi minore la quantità di allumina e specialmente di calce, magnesia e di ossidi alcalini. Il fatto chimico dell'eccesso di ossido ferroso-ferrlco in relazione agli altri ossidi metallici , dà una ragione del- la meno difficile fusibilità e permanente fase vitrea del magma basico che dà origine a questa lava (3). Mentre da altra parte il fatto petrograflco di non osservare nessuna delle forme ordinarie suole presentarsi la magnetite nelle roccie vulcaniche, è in relazione al carattere chimico della crescente quantità del sesqulossido di ferro in ragione del- la minore o maggiore spugnosità che presenta spesso questa lava: il che trova spiegazione nella sopraossidazione che deve subire il magma vitreo della lava, che per le fasi di permanente attività del vulcano, bolle e ribolle nell'Inter- fi) Bri 4:ham meni. cit. pag. 4R0 (2) Kilaiica Si 0' Ti o^\p 0' Fe'O' Feo MnO JIgO CaO Na'O K'O fl=0 Som me l.LavaSco- iiacea ve- trosa bigio scura (recen- te). 50,69 0,70 16,19 5,51 11,02 trac. 4,28 10,49 0,94 1,36 lA.Hague ( lahrb. 101, 18, Minerai. ' \ 1865 p. 2. Colaticcio \ 308. di lava basal- tica (recente) 51,42 15,17 2,71 13,94 id. 4,72 10,20 1,79 0,96 — 100, 91/ 3. Basaltos- 4 \ Cohen sidiana v e- troso (Lava del 1843. P. sp. 2,69. 51,41 2,61 12,92 2,87 9,29 0,16 6,45 11,46 2,92 0,70 0,32 100, 11 t ianro. ', Minerai. \ 1880 II / P- 41. (3) Mi resulta da un' esperienza di laboratorio che mescolando con ossido di ferro la poivei'e del tipo di lava basaltica N. 24 scelto tra le lave preistoriche del Kilauea più refrattarie al calore, si ottiene facilmente un vetro che somiglia a quello della recente lava. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 199 no della grande caldaja a contatto dell'aria esterna e sotto l'influenza di correnti gassose nelle quali, in tale grado di attività vulcanica, trovasi sempre presente l'ossigeno. Questa deduzione ha trovato una conferma nello studio del- la medesima lava in due varietà che si mostrano più tormentate dall' azione delle correnti gassose. Queste due varietà sono rappresentate dai due campioni che lìortano i N." 2 e 3 della collezione. Campione N. 2.— Rappresenta della lava recentissima ma anteriore a quella ora studiata del Maggio 1883. É come questa in parte vetrosa, in parte litoide ed ha i me- desimi caratteri fisici e petrograflci essenziali, Durez. 6-6,5. P. sp. 2, 92: non ha azione sensibile suU' ago magnetico ; ma è tutta bollosa per grandi e piccoli vacui che la ren- dono quasi scoriacea ed ha una superficie formata come da corde arrotolate. Non ho fatto di questa lava un' analisi chimica completa, ma dai saggi eseguiti e dalle precedenti osservazioni debbo ritenere che la sua composizione non differisce sostanzialmente dalla precedente; meno che per il carattere di una proporzione maggiore ( 5,9 per % ) di sesquiossido di ferro. Sotto questo punto di vista è anche più dimostrativo il seguente : Campione N. 3. — È lava recentissima presa da una delle così dette fontane di fuoco che sono in attività nel re- cinto del grande cratere, ma al di fuori del lago centrale di lava. È in forma di gocciole o di colaticci che si consolidano tutti all'intorno degli orifizi da cui scaturiscono i getti di materia fusa. Si presenta, alla parte esterna delle gocciole o colaticci , a superficie liscia di color nero con screziature bianche le quali corrispondono a delle solcature ove con evi- denza apparisce 1' azione di vapori acidi che ha spiegato una corrosione ed ha messo in libertà della silice bianca. La sua massa interna è per la massima parte vitrea e tut- ta porosa e bollosa ed è come una tumida spuma consoli- 200 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE data che in cjualunque punto si rompa mostra la superficie di frattura vagamente iridescente, tanto da ricliiamare alla memoria le belle limoniti iridescenti dell'isola d'Elba. An- che questa lava ha i medesimi caratteri fisici delle prece- denti: Dur. 6-6,5 P. sp. 2,90: non ha azione sensibile sul- l'ago magnetico , osservata in lamine sottili è un vetro di color verde-bottiglia bruno, trasparente con le solite segre- gazioni cristalline e concrezioni sferolitiche. Nella composi- zione chimica il carattere differenziale che emerge è la mag< gior proporzione dell'ossido ferrico e così pure un aumento sensibile nell'acqua. La media dell' ossido ferrico giunge fino a 6,8, quella dell'acqua a 1,7 per 7o- Dietro di ciò i tre campioni di lava studiati si possono specificare nel modo seguente.— N. 1. Lava di tipo basico compatta vetrosa che passa gradatamente a semivetrosa o litoide, a struttura microcristallina porfirica con massa fondamentale dijalomelano — Secondo Rosenbusch (1) si può chiamare Vitrofiro basaltico. Secondo Cohen (2) Ba- saltossidiana. — N. 2. Idem Idem come sopra, ma molto cellulare per inclusioni gassose. — N. 3. Varietà del N. 2 con ossido ferrico in parte limonitizzato. A questi precedenti tre campioni si connettono per tutti i caratteri i campioni che faccio seguire coi Numeri 4 e 5 presi intorno al nuovo piccolo cratere osservato dal Prof. Tacchini e formatosi nel maggio 1883, quando ven- ne fuori da questo un copioso volume della lava che forma il campione N. 1 della quale anzi si può dire che rappre- sentano la parte scoriacea. (1) Rosenbusch— Mikr. Physiogr. der Mass. gest— Stuttgai t 1877 pag. 444— (Glasigen Basalte). (2) Cohen- Jahrb. Minerai. 1876 pag. 744. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 201 Campione N. 4.— Scoria minutamente bucherellata da vacui che la rendono voluminosa, leggiera e quasi pomicea — Nello strato superiore corrispondente allo esterno è vetro- sa e iridescente quando si rompe, come il campione N. 3— È a superficie cordiforme, vitrea, di color bruno con screzia- ture bianclie analogamente solcate per 1' attacco di vapori acidi. Al di sotto dello strato superficiale si mantiene porosa in tutta la massa che è di color nero tendente al rossiccio, senza lucentezza vitrea — Dur. 6 6,5~P. sp. 2, 62, non ha azione sensibile sull' ago magnetico. È petrograflcamente eguale ai campioni precedenti 1, 2, 3 sicché anche di questo come del campione seguente ho creduto superfluo di fare l'analisi chimica— In conclusione ritengo che il Campione N. 4 è una varietà meno vetrosa e meno Imionitizzata del Campione N. 3. Campione N. 5. — Altra scoria molto porosa e leggiera di forma irregolare bitorsoluta , con l'aspetto stalatti- tico, ovvero regolare come di cordicelle di 1 a 2 cent, di diametro che irradiano come da un centro. La superficie ha una certa lucidità e apparenza che rammentano quelle del biscotto. Internamente ed esternamente presenta nei vari esemplari del campione o un colore rosso ematitico, 0 un giallo rossiccio , o un color rosso nerastro di fegato. E ciò per la ematizzazione o limonitizzazione di parte del ferro. Nessuna azione sull'ago magnetico Dur. 6 6,5 P. sp. 2, 57. Caratteri petrograflci identici ai campioni precedenti. Si può ritenere il N. 5 come varietà del N. 4 distinta per la notevole ematizzazione di iiiù o meno grande quan- tità di ferro. Campione N. 6 — È una singolare forma vetrosa della stessa Lava N. 1 e rappresenta il vetro basico (jalome- lano) in forma di fili capillari chiamati dagli inglesi e co- 202 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE nosciuti col nome di Pele^s hair o capelli della Dea Pelè che secondo gì' indigeni risiede nelle profondità del vul- cano. Questa forma filamentosa di vetro dimostra nel modo, il più evidente lo stato viscoso del magma vitreo delle at- tuali lave del Kilauea, le quali nelle projeziooi determinate dallo sprigionamento dei vapori compressi attraverso la massa fusa del lago di fuoco, non danno (come ordinaria- mente avviene nei vulcani) sabbia lapilli o altri prodotti frammentar]; ma invece gli spruzzi di materia fusa mentre si allontanano rapidamente dalla massa che li produce, vi rimangono in relazione traendone e anche risolvendosi in filamenti sottilissimi che si prolungano per la celerità delle projezioni per lungo tratto — Sono fatti dello stesso vetro che ho descritto di color verde bruno-bottiglia, trasparen- tlssimj, senza mostrare segregazioni cristalline di nessun genere — Sono per lo più perfettamente cilindrici, pieni o perforati longitudinalmente da un sottile foro; spesso però presentano degl'ingrossamenti o lungo la loro estensione lon- gitudinale, ovvero alle due estremità dove finiscono: in questi ingrossamenti risiede una materia gassosa formante una o più bolle e che determinò il distaccarsi delle goccie vitree delle quali gli ingrossamenti ci rappresentano i residui dopo di aver filato. Tra i più grossi filamenti ve ne hanno di 6 a 7 cinquantesimi di mill. ma tra i più fini ne ho mi- surato alcuni che raggiungono appena la grossezza di 1/500 di mill. vale a dire ne occorrono in quest'ultimo caso 25 per fare la grossezza di un capello ordinario. Non fa quindi meraviglia se gli indigeni li hanno paragonati a delicati ca- pelli sopranaturali; come pure non sorprende se per la loro leggerezza i venti li trasportano anche a grandi distanze. Per lo più vengono raccolti nelle fessure delle roccie den- tro al grande bacino ed ivi neh' accumularsi si intrecciano tra di loro costituendo un feltro filamentoso molto simile DEL VULCANO KILAUEA ECC. 203 alla così detta lana di scorie. Oltre alla forma filamen- tosa rettilinea e regolare ve ne sono in mezzo molte va- rietà in forma di spirale , di staffa , di racclietta e tante •altre in mille guise contorti etc. — Il p. sp. determinato col picnometro alla temp. di 15" C. ha dato come media di 3 esp. 2,80: non hanno azione sensibile sull'ago cala- mitato, sono difficilmente, come il vetro da cui provengo- no, attaccabili dagli acidi e in quanto alla composizione chi- mica l'analisi già fatta sui Pelò s hair del ISCl da C. I. lachsou e quella di T. Peabody sopra altri del 1840 (Unit. Stat. exploring expedition (1)) dimostrano che essa tranne poche varianti (che forse dipendono dai metodi dei varj analisti) non è dissimile da quella già studiata nella lava vetrosa N. 1 e sempre col carattere spiccato di sovrabbon- danza di ferro e scarsa quantità di altri ossidi metallici specialmente alcalini. La singolare forma di vetro che costituisce il campio- ne N. 6 si può dunque classificare come Lava Vetrosa ba- sica ijalomelano) in sol/ili filamenti capilliformi. II. Lave moderne. L' interno del grande bacino del Kilauea si mostrava nel 1883, al di fuori del Iago di lava o attuale cratere che occupa la parte centrale, riempito da un ammasso di lave più 0 meno scoriacee che costituivano una superficie irre- golare e confusa attraversata da profonde spaccature, da cui (secondo le varie situazioni) o uscivano rivoli di lava ar- dente 0 zampillavano fontane di fuoco, ovvero emanavano tali copiosi e continui effluyj gassosi acidi e solfurei da ca- ratterizzare nello stesso bacino, condizioni di attività vulca- nica differente ma per lo più di 3' grado o sol fatar tana: ragione per cui vi è tutta la regione Sud-Est del bacino (1) Bi-igham — Mem. cit. pag. 460. 204 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Stesso che porta il nome di Solfatara o di Sulphur degli inglesi. Ho già esposto lo studio fatto della lava di un recente cratere del Maggio 1883 e delle altre che contemporanea- mente venivano al giorno in forma di rivoli o di fontane di fuoco. Ora il mio compito è di descrivere i campioni di rocce che nella collezione ho trovato di epoca moderna , che sono state raccolte fredde e indurite verso la parte periferica del bacino. I campioni presi in tale giacimento portano i seguenti caratteri: Campione N. 7. Caratteri macroscopici e fisici — Lava di color bigio scuro molto simile alle doleriti dell' Etna, assai porosa per numerosi vacuoli interni: ha l'apparenza di un impasto omogeneo senza tessitura cristallina : frattura irregolare — Debole azione sull' ago magnetico — Durez. 6-6,5 — P, sp. 2, 72. Caratteri microscopici e petrografi.ci — Con un ingran- dimento non minore di 240 diam. (obiett. 7 ocul. 1 Hartnack) questa lava presenta una massa fondamentale subvitrea, quasi opaca e perciò vedesi con difflcoltà la sua costituzione minutamente granulosa per incipienti segregazioni magne- tiche : in mezzo a questa sono porfiricamente disseminati aggruppamenti cristallini di augite, plagicclasio e olivina a cui si aggiungono i solili cristalli trasparenti incolori e molto bacillari di feldispato, che credo probabile essere Oligoclasio piuttosto che Labradorite come nel caso del Campione N. 1 della cui parte semi vetrosa o litoide que- sto N. 7 ripete il tipo: con la differenza della struttura molto porosa e di una molto maggiore frequenza di segregazione cristallina o di una minutissima, però discernibile granulo- sità di magnetite. L' augite e il feldispato sono predomi- nanti alla olivina che invece si mostra in concentrazioni che presentano dimensioni relativamente maggiori. Non vi ho DEL VULCANO KILAUEA ECC. 205 potuto scorgere alcun cristallino distinto di apatite. Caratteri chimici — Con la porfirizzazione da una pol- vere bigia che riscaldata perde una quantità appena sensi- bile di acqua e al calore rosso si fonde. L' analisi chimica ha dato la seguente composizione. Si02 p205 Ti02 Al-O^ Fo'O» FeO MnO CaO MgO Na^O K^O 49, 80 0, 22 0, 95 13, 76 3, 09 11, 97 0, 10 10, 25 5, 02 3, 00 1, 15 0, 00 traccie 99, 31 Tale composizione dimostra che come somiglia petro- graficamente alla parte più de vetrificata della lava recente del 1883, così ne è poco dissimile per la sua natura chimi- ca — Tutto l'assieme dei caratteri autorizza a ritenere che il campione N. 7 rappresenti una lava doleritica minuta- mente cellulare a base fondamentale subvilrea e a strut- tura microcristallina porfirica. Campione N. 8 — È perfettamente simile alla prece- dente lava N. 7; ne differisce solo apparentemente per ave- re un color bigio più scuro tendente al nero. Questa ap- parenza trova la sua ragione nei caratteri petrograflci che mentre sono sostanzialmente eguali, mostrano però nella pasta subvitrea una segregazione più evidente e più ab- bondante di magnetite granulosa, che nella lava 7 era solo rudimentale. Tale carattere trova riscontro in due fatti fi- ATTI ACO. voli. XX. 28 206- SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE sici che cioè la roccia spiega una azione più sensibile sul- l'ago magnetico ed lia un peso specifico un poco superiore. P. sp. 2, 76 Dur: 6-G,5. Il N. 8 si può dunque ritenere come varietà del N. 7 più ricca di magnetite. Campione N. 9 — È una sabbia grossolana mescolata a lapilli di color bigio più o meno scuro. Piuttosto che ori- ginata da projezioni vulcaniche, ritengo per la forma gene- ralmente angolosa dei frammenti che sia un detrito forma- tosi per azioni meccaniche sulle lave precedenti 7 e 8, ove deve essere stata raccolta. D'altronde l'esame di sottili sezioni dimostra i medesimi caratteri petrograflci. Contie- ne piuttosto frequenti granuli di olivina giallo-verdastra. P. sp. medio determinato col picnometro 2,95 temp. 15" C. Campioni N.''' 10, 11, 12, 13 — Sono delle scorie più 0 meno leggiere raccolte qua e là in varj punti del grande bacino. Presentano un colore o biancastro o giallo o ros- siccio per essere alterate dall' azione di emanazioni acide che hanno più o meno profondamente attaccato i loro si- licati. Gli esemplari del N. 10 presi in vicinanza del mar- gine del lago di fuoco si vede che provengono da impasto vetroso; tutti gli altri da impasto litoide. La loro durezza nei punti interni meno attaccati e dove si conserva il co- lore bigio scuro primitivo della roccia è al solito di 6 a 6,5; ma nel rimanente è al di sotto di 6 e molto variabile fino ad 1 a seconda del grado di decomposizione. Non manifestano azione sull'ago magnetico o un'azione appena appena sensibile. Il loro peso specifico è il seguente N. 10 = 2, 48. N. 11=2, 37. N. 12 = 2, 41. N. 13=2. Stu- diandole nei loro caratteri petrograflci in quei punti in- terni ove non è arrivata la decomposizione, si vede che cor- rispondono alle lave precedentemente esaminate a tipo o prevalentemente vetroso o prevalentemente litoide; in ogni caso la massa fondamentale è vitrea o subvitrea e in questa sono porfiricamente disseminate, ora rare (tipo ve- DEL VULCANO KILAUEA ECC. 207 troso) ora più o meno frequenti (tipo litoide) aggregazioni mi- crocrislalline del soliti minerali plagloclaslo, augite, olivina, con segregazione più o meno manifesta di magnetite mi- nutamente granulare. Campioni N. 14 e 15 — Lave in origine compatte o minutamente porose e anche scoriacee le quali presentano un grado di alterazione molto più avanzato delle scorie precedenti; anzi si può dire che esse sono in gran parte (negli esemplari del N. 14) e completamente (negli esempla- ri del N. 15) caolinizzate per cui il loro impasto bigio scuro che dovevano avere in origine si è trasformato in una ma- teria bianca tenera che ha una Dur=:i e che si disgrega tra le mani. Il N. 14 ha un P, sp. di 2,12 ed è stato preso in una fessura del grande bacino. UN. 15 ha un P. sp. di 2,07 ed è in frammenti minuti raccolti nella regione S-E del gran- de bacino detta la zolfara. 1 frammenti mostrano infatti in mezzo alla materia bianca delle condensazioni cristalline di Solfo dell' ordinario color giallo. Somigliano perfettamente queste lave caolinizzate a quelle che si osservano alla sul- fatara di Pozzuoli con le quali si fa il bianchetto e a quelle che in generale si raccolgono neh' interno dei crateri vul- canici sui vecchi strati decomposti. Da quello che ho osser- vato studiando questo processo di caolinizzazione nell'interno del cratere dell'Etna è necessario il concorso delle emanazio- ni di acido cloridrico e di anidride solforosa; questi prodotti ambedue gassosi penetrano facilmente nelle porosità delle la- ve e sotto l'influenza deirumidità e dell'aria, mentre il primo attacca più facilmente il ferro della magnetite e lo trasforma in cloruro ferrico solubilissimo; il primo ed il secondo (che presto nelle dette condizioni si cambia in acido solforico) concomitanti costituiscono un'azione energicamente attiva per la disgregazione delle roccie silicato. Con una simile azione associata mentre in laboratorio si ottiene 1' effetto in poche ore (vedi pag. 196) agendo ad elevata tempera- 208 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE tura e sotto forte pressione, la natura giunge allo stesso resultato col tempo e con un' azione incessante e continua degli agenti vulcanici e meteorici. Il ferro, la magnesia, la soda, la potassa, molta parte della calce, parte dell'allu- mina e della silice, se ne vanno sotto forma di composti so- lubili che compariscono poi nelle efflorescenze e incrostazioni tanto comuni nei vulcani: e delle lave primitive non resta che il caolino e silicato di allumina, mescolato a solfato di calce e a solfo proveniente dalla nota reazione. E tale è la interpetrazione che si deve dare circa le lave caolinizzate del Kilauea, le quali nella composizione della materia bianca mostrano silicato di allumina in gran- de prevalenza , mescolato a solfato di calce a piccoli resi- dui di magnesia e di ferro (e a sublimazioni di solfo nel solo campione N. 15). in. Lave preistoriche stratificate le quali costituiscono le pareti all' intorno del grande bacino del Kilauea. Distinguo tutte queste lave preistoriche in tre catego- rie cioè in basaltokU, in basalti e in andesitt augitiche. CATEGORIA PRIMA BASALTOIDI Vi comprendo una numerosa varietà di roccie che han- no la composizione mineralogica dei basalti, cioè sono ba- salti secondo i caratteri petrografici assegnati da Zirkel a queste roccie da lui distinte col nome di basalti felclispa- tici\ (1) e da Rosenbusch chiamate semplicemente col no- ci) Zirkel. Unters ùber die milvi. Ziisamm. li. Struct d. BalBalt- gest(»ine. Bonn. 1870— Die mikr. Beschaff. d. Min. u. Gest. Leipzig. 1873, 420. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 209 me più semplice di Basalti. (1) Non hanno però la compat- tezza dei basalti ed il loro modo di presentarsi conferisce loro una certa tal quale diversità che riesce spontanea una loro distinzione. Hanno porosità più o meno ampie per cui non danno l'idea del massiccio basaltico, ma piuttosto di materiali scoriaceì che durante la loro eruzione devono es- sere stati tanto tormentati da energiche correnti gassose e vaporose, sopra riscaldate per alta pressione, da aver do- vuto non solo rigonfiare, ma sentire anche una influenza chimica di metamorfismo fino dalla loro origine. Campione N. 16, Caratteri macroscopici e fisici. — Roccia compatta a grana minutamente fina, omogenea, di colore rosso mattone carico, a frattura subconcoide come se fosse terra cotta della quale ha tutta I' apparenza. Nella frattura presenta qua e là dei punti lucenti formati da materia vetrosa. È assai tenace, mentre in generale non è molto dura, giacché si lascia graffiare facilQiente: solo nei punti vetrosi è assai più dura. Non ha azione sull' ago magnetico. Dur : della massa generale=3 ; dei punti vetrosi=6. P. sp. 2, 80. Caratteri microscopici e petrografici.—'^Q non si riduce in lamine estremamente sottili, si presenta opaca tranne in certi punti che corrispondono a piccole concentrazioni ve- trose ove traspariscono delle aree rosse. Quando abbia rag- giunto la sottigliezza necessaria, resa possibile dalla sua compattezza e tenacità, allora assume una trasparenza suf- ficiente per potere osservare con un ingrandimento di 240 diam. (obiett. 7 + ocul. 2 Hartn.) che essa resulta da una base vetrosa isotropa di color rosso giallastro vivo, che si presenta in forma di aree generalmente microscopiche, ma non di rado anche macroscopiche a contorno irregolare va- (1) Rosenbusch. Mikr. Phys. d. massig. Gest. Stuttgart, 1877, 348 e 423. 210 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE riabile la cui pasta si diffonde in naezzo ad una minuta granulosità di color rosso tendente al ruggine, simile a ma- teria argillosa ferrifera senza alcuna idea di cristallizzazio- ne. Però in certi rari punti della massa compariscono par- ticelle luminose tra i Nicol incrociati, le quali hanno tutta r apparenza di residui feldispatici appartenenti alla roccia primitiva ora molto profondamente metamorfosata: niente vi si scorge che abbia i caratteri dell' augite, del peridoto della magnetite. Caratteri chimici — La roccia polverizzata minutamen- te mantiene il color rosso ocraceo. Scaldata in tale condi- zione perde sotto forma di acqua 1, 87 per 100 del suo peso e al color rosso incipiente comincia a fondersi in un vetro. Difficilmente si lascia attaccare dall'acido nitrico tanto a freddo quanto a caldo. L'analisi chimica ha dato la seguente composizione centesimale. Si02 p205 Ti02 APO^ FeO Mn02 CaO MgO Na=0 K^O ( alcali 48, 60 0, 00 (Iraccie sensibili) 0, 00 idem 25, 45 17, 55 1, 20 0, 00 ;^id. molto sensibili) 2, 20 0, 98 1, 38 1, 87 99, 23 I caratteri chimici insieme ai petrografìci dimostrano che è una roccia metamorfica proveniente da una lava ba- saltica (probabilmente sul tipo del vetroflro descritto sul Campione N. 24) la quale ha subito una specie di caoliniz- zazione sotto la influenza di emanazioni acide e del calore. DEL VULCANO KILAUEA ECC. 211 La pasta è da ritenersi in origine formata da segregazioni dei varj minerali, piagioclasio, auglte, olivina in mezzo ad un residuo di magma vitreo primitivo. Per tali azioni me- tamorfiche con la decomposizione dei minerali indicati è scomparsa la maggior parte degli alcali, della calce e della magnesia ed il ferro proveniente della scomposizione dei silicati e specialmente dalla alterazione della magnetite parte si è diffuso nel residuo vetroso , che ha resistito di più alla decomposizione, e l'ha colorato in rosso vivo ema- titico; parte si è combinato contrilDuendo alla formazione delle particelle di colore rosso ruggine che sono da ritenersi come formate prevalentemente da un silicato alluminico ferrico e queste insieme al vetro emalitico rappresentano essenzialmente la roccia. Il campione N. 16 resulta dunque formato da roccia metamorfica proveniente da una lava 'primitiva basaltica, microcristallina o criptocristallina ve- trofirica, ora profondamente alterata per processi meta- morfici di caolinizzazione ed ematizzazione. Campione N. 17. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia di aspetto terroso, compatta, omogenea, di color feccia di vino secca (alla quale somiglia moltissimo) con punteggiature e tal- volta piccole venature nere : frattura granulosa— Piuttosto tenace: non ha azione sull' ago magnetico— Dur. 6-6,5— P. sp. 2, 77. Caratteri microscopici e pctrografici — Una iaminet- ta molto sottile della roccia osservata col solo ingrandi- mento di 70 diam. (ocul 2 -i- obiett. 4 Hartn) presenta un campo uniforme poroso di colore ruggine chiaro di aspet- to tigrato, cioè cosparso di macchie pili scure dello stesso colore. In questo campo si vedono porflricamente dissemi- nati dei granuli di olivina e qua e là vi compariscono del- le chiazze nere, meno trasparenti, con dentro delle piccole 212 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE segregazioni parimente di olivina ed anche di vacui a sezio- ne ellittica prodotta da inclusioni gassose. Se si adopra un ingrandimento di 240 diam. (ocul 2+obiett. 7 Hartn) il campo di colore ruggine tigrato si ri- solve in un'agglomerazione di minutissime particelle unifor- mi e amorfe nel senso geometrico, mentre le ctiiazze nere resultano formate da un tessuto di elementi mineralogici inalterati, augite granulare, plagioclasio, olivina, magneti- te pulverulenta clie insieme rappresentano la massa fon- damentale criptocristallina della roccia primitiva. Nello stesso campo di colore ruggine tigrato oltre a comparire più spiccate le relativamente grandi concentra- zioni di olivina a superfìcie granulare e con vivi colori di polarizzazione, si vedono anche dei cristalli di plagioclasio 0 soli 0 annidati in piccole geodi, ì quali tra i Nicol in- crociati presentano la striatura caratteristica polisintetica. Caratteri cAmfci— Triturata flnamente costituisce una polvere di colore rosso nerastro tendente al violaceo: quasi inattaccabile dall'acido nitrico tanto a freddo che a caldo: al calore cede piccolissima quantità di acqua ed appena che sente 1' azione del calore rosso incipiente si fonde in un vetro. L' analisi chimica ha dato la seguente composizione: Si02 50, 00 p205 0, 00 (traccie molto sens.) Ti02 0, 42 AF03 22, 80 Fe"0« 14, 15 PeO. 4, 05 MnO. 0, 97 CaO. » 3, 17 MgO. 1, 93 Na-0 \ „„^ ; alcali . 1, 99 K^O ) ffO , 0, 33 99, 81 DEL VULCANO KILAUEA ECC. ' 213 Dalle esposte resultanze si deduce che anche in questa roccia (come nella precedente) molto alterata, è abbondan- te un silicato alluminico-ferrico. La presenza di un re- siduo del FeO primitivo appartenente ai polisilicati del- la olivina e dell' augite ò in corrispondenza al fatto pe- trograflco della esistenza della olivina inalterata e dei ri- masugli di augite granulare, ai quali come a quelli del plagioclasio si riferiscono le discrete quantità di CaO e di MgO. Il poco alcali appartenente al plagioclasio dimo- stra che la maggior parte dell' Al'O^ è combinata con la silice alla quale combinazione è da ritenersi associato il Fe'O'. Dal complesso dei caratteri si può dedurre che la roc- cia in esame è metamorfica e proviene da una roccia ba- saltica nera (molto vicina a quella descritta più avanti nel Campione N. 27) a struttura compatta e a massa fonda- mentale criptocristallina. Questa roccia ha subito una pro- fonda alterazione per mezzo della quale mentre sono ri- masti neirimpasto i vestigi del basalto primitivo con gli elementi mineralogici propri, del resto si è messo chi7ni- camente in evidenza un silicato alluminico ferrico in (or- ma di un aggregato di particelle di colore ruggine che ne formano la massa principale. Campione N. 18. Caratteri macroscopici e fisici.— Roccia, di colore ros- sastro scuro a struttura granulare, assai compaitta, ma dis- seminata di numerosi piccoli vacui rivestiti di materia di colore rosso ocraceo e spesso tappezzati di cristalli bian- chi prismatici di aragonite. Neil' impasto piuttosto omoge- neo si vedono sparsi frequenti piccoli granuli di lucentez- za vitrea insieme ad altri pili rari e più grossi giallo-verda- stri che raggiungono il diametro di un piccolo cece, della stessa natura dei primi e che per le loro dimensioni si ri- conoscono anche ad occhio nudo, come appartenenti al pe- ATTI ACC. VOL. XS. 29 214 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE ridoto (olivina). Questi nella frattura irregolare della roccia se restano in posto producono delle sporgenze vetrigne sub- diafane, attraversate da screpolature; se si staccano dalla matrice lasciano dei vacui piuttosto grandi , rivestiti da straterelli.''sottili di color rosso ocraceo o giallo limonitico e di tali straterelli mostransi rivestiti anche i granuli di olivina alla superfìcie generalmente alterati. La roccia non ha azione sull'ago magnetico, è tenace, dura e pesante Dur: G— 6,5. P. sp. 2,94. Caratteri microscopici e petrografici — In un impasto fondamentale prevalentemente formato da grossolane ag- glomerazioni cristalline di color verde rossiccio chiaro di augite, solo visibili con ingrandimento di 240 diam. ( ocul 2+obiett. 7 Hartn) i granuli di magnetite e certe placche nere opache oblunghe smangiate che rassomigliano molto alle forme di ferro titanato trovato da Vèlain nei serpen- tini dell'Isola della Reunione. Ma abbondano specialmente notevoli segregazioni di olivina, associate a frequenti cri- stalli di plagioclasio : talché ne risulta al microscopio, una decisa struttura microgranitica in cui però i granuli di olivina predominano assumendo come ho già detto anche delle grandi dimensioni. Oltre a ciò si osservano in alcune geodi della roccia dei minuti cristalli aciculari prismatici, insolubili negli a- cidi che hanno tutto l'aspetto della natrolite; prodotto zeo- litico di formazióne secondaria. Per effetto della incipiente decomposizione della olivina e della magnetite si vedono nella roccia anche delle infiltrazioni di esudati trasparen- ti ematitici di color rosso, mentre non si scorge alcun ve- stigio di magma vitreo. Caratteri chimici. — La polvere flnissima della roccia è di color bigio rossiccio chiaro. È difficilmente attaccabi- le dall'acido nitrico : al calore cede una piccolissima quan- tità di acqua e subisce lieve perdita di peso: alla tempe- DEL VULCANO KILAUEA ECC. 215 ratura del calor rosso non si fonde. Presenta la seguente composizione. SiO= 45, GÌ P=05 0, 72 TiO^ 1, 15 AFO- 15, 98 iVO^ 8, 25 FeO n, 00 Mp02 1, 20 CaO 6, 42 MgO 3, 75 Na-0 3, 50 K-0 1, 82 H=0 0, 27 100, 27 Le proporzioni molto elevate di protossido di ferro e di magnesia corrispondono al carattere petrografico della sovrabbondanza del peridoto: circa a questo qualora si con- sideri come mescolanza dei silicati isomorfi di Mg^SiO* (Forsterite) e Fe'SiO* (Fayalite) il confronto tra le quan- tità trovate di FeO e di MgO accenna alla prevalenza del silicato di ferro a quello di magnesia nella di lui costitu- zione e ciò corrisponde con la varietà giallo-verdastra (olivina). La quantità elevata dell' allumina associata a quel- la del protossido di ferro, della calce e della magnesia, è pure in relazione con la massa fondamentale augitica della roccia. Così pure la proporzione di ossidi alcalini dimostra la notevole quantità di plagioclasio: d'altra parte 1' anidri- de titanica in discreta quantità sta a provare la presenza effettiva del titanato di ferro: mentre il quantitativo di se- squiossido di ferro va d' accordo con 1' osservazione petro- grafìca dell' esudato ematitico diffuso nella roccia, provenien- te da un principio di alterazione da questa subito special- mente nella magnetite e nella olivina. 216 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Il Campione N. 18 rappresenta dietro ciò , una lava basaltica ■microgranitica, molto ricca in pericloto (olivina), lievemente ynetamorfosaia da un priìno grado di decom- j]osizione. Se la roccia si considera solo macroscopicamente si potrebbe anche chiamare un peridotofiro basaltico. Campione N. 19. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia a fondo di color bigio scuro con porosità molto aperte, tanto da assu- mere un aspetto quasi scoriaceo : le porosità sono rivestite nella loro superficie interna da uno strato di materia ros- siccia ematitica per cui presenta un' apparenza variegata. Nella sua superficie fresca di frattura, dà nell'occhio qual- che più 0 meno grossa segregazione vetrosa di peridoto (olivina). È molto tenace, ha frattura irregolare: presenta forte azione sull'ago calamitato con manifesti segni di po- larità Dur: 6-6, 5. P. sp. 2, 78, Caratteri microscopici e petrografia— Gon un ingran- dimento di 70 diam. (ocul. 2 + obiett. 4 Hartn) mostra uno Impasto quasi nero ed opaco ove sono porflricamente dis- seminati; 1" numerosi granuli di olivina di prima consoli- dazione con qualche contorno angoloso relativo alla sua originaria forma cristallina; 2° numerosi cristalli prismatici Incolori e trasparenti di plagioclasio ; 3" molte lacune a sezione ellissoidale che ripetono microscopicamente il ca- rattere della aperta porosità macroscopica. Ciascuna la- cuna è rivestita nel suo interno da uno strato rosso tra- sparente ematitico : ed in qualcuna scorgonsi annidati dei cristallini aghiformi zeolitici insolubili negli acidi , che hanno l' apparenza della natrolite. Con piìi forte ingran- dimento di 240 diam. (ocul. 2 + obiett. 7 Hartn) l'impa- sto fondamentale quasi nero e difficilmente trasparente si risolve in una minuta granulazione, formata da granuli bianchi o di color biondo di natura augitica e feldispatica mescolati a fitta e minuta punteggiatura nera, opaca, e in DEL VULCANO KILAUEA ECC. 217 qualche punto di color ruggine scuro. La punteggiatura nera è di magnetite intatta ; quella di colore ruggine è nna- gnetite che ha sofTerto alterazione. La magnetite è molto abbondante e si rivela anche in granuli poliedrici (cri- stallini ettaedrici) : ed è a questa clie deve il suo color nero e la opacità la massa fondamentale della roccia. Tal- volta la magnetite si vede con numerose inclusioni trichiti- che nei granuli cristallini di olivina, disposte irregolarmente a guisa di serpiciattoli che attraversano il minerale inclu- dente in tutte le direzioni. Spesso invece di avere apparenza filamentosa sono anche dei cristallini ottaedrici riuniti a coroncina formando delle serie a curve irregolari. Caratteri chimici — La polvere sottile della roccia è di color bigio scuro tendente al rossiccio : non è attaccata dall' acido nitrico, né a freddo, né a caldo. Riscaldata non subisce alcuna perdita di peso, né si fonde al calore rosso — L' analisi ha dato la seguente composizione : so= 48, 04 p-o^ 0, 45 TiO- 0, 00 tracce molto sensibili AI=03 14, 62 Fe=03 9, 18 FeO. 11, 08 MnO- 1, 91 CaO 7, 66 MgO 2, 17 Na^O 4, 00 K'O 1, 28 ffO 0, 00 100, 99 I caratteri petrograflci della roccia hanno già dimo- strato che questa si avvicina alla precedente N. 18 da cui differisce più specialmente per contenere una maggior quan- tità di magnetite e di plagioclasio, mentre viceversa sono 218 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE diminuite le quantità di augite e di olivina. La composizio- ne della roccia in esame dimostra lo stesso fatto; giacché in paragone alla composizione del N, 18 vediamo aumen- tata sensibilmente la quantità del ferro nei due stati di os- sidazione, vediamo aumentata la quantità di alcali e vice- versa diminuite l'allumina e la magnesia. Notiamo pure una notevole quantità del Fe^O^ e ciò è in relazione con la ematizzazjone di parte del E'eO della magnetite che è passa- to a rivestire di uno strato rosso o rosso giallastro le poro- sità e i vacui della roccia la quale nell' insieme dimostra di aver sofferto un principio di alterazione. Sorprende pe- rò che essa non contenga quantità sensibili di acqua, tanto più che nella sua tessitura si trova qualche rappresentante (quantunque scarso e in forme microscopiche) di minerale zeolitico (Natrolite). Il campione N. 19 si può dunque definire come una lava basaltica parzialmenle alterata, minutamente cellu- lare, a massa fondamentale omogenea criptocristallina (augite , plagioclasio, magnetite) con disseminazioni porfi- riche di plagioclasio, e olivina (dominante). Campione N. 20. Caratteri microscopici e fisici — Roccia minutamente molto porosa, formata da un impasto di colore rosso ten- dente al nerastro in cui si vedono disseminati dei punti o macchie nere dovuti a cristalli di questo colore in via di decomposizione, alcuno dei quali però con piani di sfaldatura assai lucenti. Tali cristalli sono in generale minuti ma ve n' è qualcuno che raggiunge il diametro di 3 e anche 4 mill. É dura tenace e a frattura irregolare : ha distinte proprietà magnetiche e spie^-a viva azione sull' ago calami- tato con manifesti segni di polarità — Dur: 6—6,5 — P, sp. 2, 74. Caratteri microscopici e petrografici — Ridotta in la- mine molto sottili e osservata al microscopio presenta una DEL VULCANO KILAUEA ECC. 219 massa fondamentale rossa semitrasparente che con deboli ingrandimenti comparisco completamente omogenea, mentre con i forti incominciando da 240 diam. (ocul. 2 obiett. 7 Hartn) si risolve in una fitta e minuta granulosità di color rosso sbiadito. Questa massa fondamentale uniforme è in- terrotta nella sua continuità da frequenti lacune a sezione circolare, ellittica o in forme oblunghe irregolari corrispon- denti alle porosità della roccia. Di più contiene una dissemi- nazione microporflrica piuttosto scarsa di cristallini prisma- tici diafani e incolori di plagioclasio a striatura caratteri- stica polisintetica e di segregazioni di olivina, presso a poco nella medesima proporzione dei primi. In mezzo a ciò rie- sce caratteristica e spiccata un'altra disseminazione (e più frequente) micro e macroporflrica di macchie nerastre a contorni variabili irregolari, ma spesso angolosi da ricono- scere in esse come delle rozze sezioni esagonali o rombiche, di minuti e grandi cristalli quasi logorati, vuotati o rifusi parzialmente nella massa. Questi cristalli presentano le seguenti particolarità: nella loro parte più vicina al centro fanno vedere una materia trasparente quasi incolora la quale è gremita di inclusioni di magnetite in forma di ag- gregazioni meandriformi e la stessa magnetite costituisce una specie di orlo o margine nero alle sezioni specialmente trasversali esagone. La materia trasparente è pochissimo 0 niente pleocroitica per quanto è possibile vedere attra- verso le fitte inclusioni di magnetite. Tra i Nicol incrociati presenta vivi colori di interferenza : ha piani di sfaldatura alcuni dei quali, nelle sezioni oblique all'asse principale, si incrociano quasi ad angolo retto come nell'augite, però nelle sezioni normali o parallele all'asse principale di cri- stallizzazione, mi sembra (senza poterlo accertare per la imperfezione dei cristalli in via di decomposizione) che le inclinazioni dei piani di sfaldatura siano più vicini a quel- li dell' orneblenda che a quelli dell' augite e pare che a 220 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE questo riferimento corrisponda anche l' angolo di estin- sione. Senza dunque poterlo affermare credo dal complesso delle osservazioni che questi cristalli deformati si possano riferire ad orneblenda arrotondati e corrosi in conseguen- za di una rifusione parziale. Caratteri chimici.— Lo, polvere è del colore rosso scuro della roccia : non è quasi attaccata dall'acido nitrico, né a freddo né a caldo. Esposta al calore perde del suo peso eliminando dell'acqua: non si fonde alla temperatura del calore rosso. La sua composizione chimica resulta come segue : Si 02 49, 45 P2 0^ . . . 0, 16 Ti 0^ . . trac, molto sens. AF 0^ 13, 97 Fe2 0' 8, 10 Fé 0 11, 17 Mii 0 0, 85 Ca 0 . . . . ' . . . . 5, 92 Mg 0 1, 90 Na2 0 5, 05 K2 0 . 1, 75 H2 0 . 1, 19 99, 51 In questi resultati dà nell'occhio la piccola proporzione dì magnesia e quella elevata di soda. Dalla piccola quantità di magnesia può ricavarsi un dato In conferma del giudizio sulla natura dei grossi cristalli riferiti, solo con probabilità, al- l'orneblenda, che tra i silicati isomorfi, che entrano nella sua costituzione, contiene di magnesia assai meno dell'augite. Lo eccesso di soda può stare a dimostrare Insieme alla quan- tità di allumina, che si mantiene elevata, la natura molto feldispatica della magma fondamentale criptocristallino della roccia. La sovrabbondanza dell'ossido ferrico, come anche DEL VULCANO KILAUEA ECC. 221 la presenza dell' acqua fanno conoscere 11 grado di meta- morfismo della roccia la cui magnetite (della quale doveva essere ricchissima) non si vede intatta che nelle inclusioni che presentano i cristalli riferiti all' orneblenda. Dietro ciò il campione N. 20 si può classificare come lava basaltica a massa fondamentale uniforme microgra- nulilica, con disseminazioni microporfiriche diplagioclasio, olivina , orneblenda (dominante) e disseminazioni macro- porflriche di sola orneblenda. Sicché considerata la roc- cia macroscopicamente si i)uò anche chiamare un' orneblen- da-firo basaltico, parzialìnente metamorfosalo. Campione N. 21. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia irregolarmente porosa, di colore bigio assai scuro, con macchie di colore ruggine : a struttura minutamente cristallina. Ha una frat- tura granulosa che fa sentire al tatto una ruvidità trachi- tica. Spiega una debole azione sull'ago calamitato — Dur: 6-6,5— P. sp. 2,85 Caratteri microscopici e petrografici — Una lamina sottile osservata con ingrandimento di circa 80 diam. fa vedere su di un fondo opaco di color nero, macchiato qua e là di ruggine, numerose segregazioni cristalline di augite verde chiaro, frammiste ad altre parimente numerose, ma meno abbondanti di plagioclasio incoloro. Con più forte ingrandimento di 300 diam. il fondo uniformemente nero ed opaco si risolve in una congerie di granuli neri di ma- gnetite, che in corrispondenza alle suddette macchie di co- lore ruggine sono trasformate in particelle limonitiche di questo colore attraverso alle quali il fondo stesso compa- risce con qualche trasparenza nella massa generale della roccia. Fra le segregazioni cristalline le quali (specialmente quelle di augite) piii che mai compariscono abbondanti non ne ho potuto scorgere alcuna che accenni alla presenza della olivina. ATTI ACC. VOL. XX. 30 222 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Caratteri cA/m«c/— Polverizzata la roccia minutamente, presenta un colore bigio chiaro e osservata la polvere al microscopio si mostra formata da particelle trasparenti di color verde oliva chiaro , frammiste a particelle vetrigne trasparenti senza colore e ad altre opache di color nero attraibili da una calamita ordinaria. Complessivamente cor- rispondono ai tre sopra indicati elementi mineralogici della roccia. La polvere col calore diminuisce un poco di peso per perdita di acqua. Gli acidi nitrico o cloridrico specialmen- te a caldo 1' attaccano leggermente e si colorano in giallo in causa del ferro appartenente alla magnetite intatta o limonitizzata. Al calore rosso non si fonde. Ha dato all' a- nalisi la seguente composizione. Si02 TiO- APO» FeO. MnO. CaO. MgO. ; alcali . K'O S 99, 13 La quantità di ferro comparisce relativamente minore a quella delle lave precedenti e ciò è in relazione al fatto della mancanza della olivina che nella sua composizione è molto ricca di ferro. Tuttavia la roccia è tuttora molto ferruginosa per la notevole quantità di augite e più ancora per l'abbondante magnetite che in parte essendo limonitiz- zata dà origine alla prevalenza del Fe'O' al FeO. Questa roccia per il suo carattere di ruvidità trachi- tlca e per non contenere olivina, dovrebbe secondo Rosen- busch esser classificata tra le andesiti augitiche basiche le 43, 63 0, 00 (traccie molto sens.) 0, 36 21, 47 9, 90 6, 70 0, 99 8, 60 3, 20 4, 00 , 0, 28 DEL VULCANO KILAUEA ECC. 223 quali molto si avvicinano ai basalti. Però mi credo auto- rizzato a non separarla dalle lave basaltiche sorelle , sulla base delle considerazioni seguenti : 1° che non è stabilita una linea di demarcazione netta che separi le andesiti dal basalti. 2° che la roccia in esame è a tessitura solo microcri- stallina e nessuno dei suoi elementi mineralogici si presenta sviluppalo con grossi cristalli: sicché è più doleritica che trachitica. 3° che il quantitativo di silice che ha dato l'analisi dimostra che la roccia stessa è molto più basica delle vere andesiti le quali sogliono contenere per lo meno dal 50 al 51 per 100 di silice. In conclusione si può ritenere che il Campione N. 21 è una lava basaltica, microgranitica priva dì olivina e par- zialmente metamorfosata. Campione N. 22. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia a fondo bigio scuro la cui massa è interrotta da numerose cavità, grandi e minute, rivestite internamente da uno strato di materia limonitica gialla, con gradazioni fino al color ruggine, per cui assume un aspetto variegato. La massa bigio scura è formata da un impasto che ad occhio nudo comparisce omogeneo afanitico. Ha frattu- ra irregolare, è dura e tenace. Non ha alcuna azione sul- l'ago magnetico. Dur : 6-6,5. P. sp. 2,79. Caratteri microscopici e petrografici — Col solo ingran- dimento di 70 diam. (ocul. 2 obiett. 4 Hartn.) presenta su di una massa fondamentale omogenea nera con gradazioni al castagno scuro, disseminati abbondantemente e porflrica- mente dei cristalli prismatici allungati, diaftini, senza colore, trasparenti, di plagioclasio con striature caratteristiche della loro costituzione polisintetica: questi sono intimamente as- sociati ad agglomerazioni del pari abbondanti, ma di forme 224 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE indeterminate e confuse di augite, insieme a rari granuli di olivina. L'olivina comparisce però pii^i distinta con qual- che granulo cristallino più grosso che si vede isolatamente incluso neir impasto nero. Questo è oltre a ciò interrotto da piccoli e grandi lacune o vacui a superficie interna ri- vestita da uno strato di apparenza limonitica gialla o ema- titica rossa che tende ad infiltrarsi: intorno ad essa su- perfìcie i suddetti minerali segregati presentano talvolta una struttura fluidale. L' impasto nero osservato con forte ingrandimento, almeno di 300 diam., si vede a stento for- mato da minutissime granulazioni di colore bruno, mesco- late a granulazioni nere di magnetite che talvolta si presenta con poligeminazioni cristalline in forma di pettine e di re- ticolazioni. La magnetite (quantunque scarsamente) vedesi sparsa anche tra i cristalli di plagioclasio e le segregazioni di augite : 1' augite non presenta pleiocroismo distinto, dà però vivi colori d' interferenza. Caratteri chimici — La polvere si presenta di color bigio chiaro e resulta da predominanti particelle traspa^ renti incolore (plagioclasio) e verdognole (augite) mesco- late ad altre nere ed opache e ad altre relativamente po- che di colore giallo o rosso — È leggiermente attaccata dal- l' acido nitrico tanto a freddo quanto a caldo — Esposta al calore perde dell'acqua (1, 20 per 100) ed alla temp. del calore rosso non si fonde — L'analisi chimica ha dato SiO' 45, 30 P^O^ 0, 25 TiO« 0, 00 (traccie molto sèns.) AIW 14, 90 iVO' 10, 87 FeO 8, 20 MdO 0, 91 CaO . . . '. 6, 58 MgO 3, 78 Na=0 5, 23 K=0 1, 77 H'O 1, 20 98, 99 DEL VULCANO KILAUEA ECC. 225 Riflettendo alle quantità di calce , magnesia, allumina ferro e alcali, si trova dimostrata chimicamente la preva- lente quantità dei pollsilieati (plagioclasio e augite) e 1' ab- bondanza della magnetite, mentre la proporzione elevala del Fe^O' e la quantità di acqua provano che la roccia ha subito una notevole trasformazione. 11 Campione N. 22 è dunque, una lava basaltica cel- lulare notevolmenle metamorfosala ; a massa fondamen- tale uniforme microgramilitica, con disse niinazioni micro- porfìriche abbondanti di plagioclasio, augite ed olivina {scarsissima). Campione N. 23. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia a fondo di co- lor bigio scuro tendente al violaceo, a tessitura fitta ma Interrotta da molte cavità piuttosto grandi, irregolari che la rendono cavernosa— Frattura irregolare— È dura e tena- ce — Presenta una sensibile azione sull' ago magnetico Dur: 6-6,5. P. Sp. 2,76. Caratteri microscopici e petrografi.ci — Mentre l' aspet- to di questa roccia è differente da quello della precedente N. 22, pure vi somiglia molto per la sua tessitura microsco- pica. È un impasto fondamentale nero o molto scuro e quasi opaco, ove sono disseminati quasi uniformemente associa- zioni cristalline di feldispato, plagioclasio, augite e olivina. I cristalli di alcuni di tali minerali si vedono anche isolati e più grandi. La tessitura della parte cristallina della roccia è però assai più fitta del N. 22 e il fondo nero scuro di essa è alquanto ristretto rispetto alla segregazione cristal- lina, tanto che si può dire che costituisca un passaggio dal- la struttura microporflrica alla struttura microgranitica delle roccia basaltiche. Il fondo nero o scuro resulta preva- lentemente di magnetite, con materia silicata minutamente granulare la quale è colorata in giallo o rosso di ruggine dalle alterazioni che ha subito la magnetite, specialmente sui 226 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE contorni delle lacune, ovvero in corrispondenza alla superfì- cie delle cellule e porosità della roccia. Caratteri chimici— h^ polvere presenta un colore bi- gio tendente al violaceo. Al microscopio si nnostra compo- sta di frammenti incolori o leggermente giallo verdastri , _ trasparenti, mescolati ad altri di colore ruggine o rosso, in- sieme a numerosi frammenti neri ed opachi : è appena at- taccata dall' acido nitrico, tanto a freddo che a caldo. Espo- sta al colore, sviluppa il 0, 30 per 100 di acqua: al calore rosso non si fonde. La sua composizione chimica è la se- guente : SiO» 47, 63 p20^ 0, 08 Ti02 0, 12 AP03 . . 15, 02 Fe^O' 8, 15 FeO 10, 40 MnO 0> 80 CaO 6, 87 MgO • 3, 50 Na^O 4, 92 K^O 1, 80 H^O • 0, 30 99, 59 Anche per la composizione chimica somiglia alla lava basaltica N. 22 — L' anidride silicica dei silicati è un pò cresciuta, però il complesso del ferro è diminuito per minore quantità di magnetite in paragone alla roccia precedente: circa la quale la minor quantità di acqua e di ossido fer- rico dimostrano anche un grado inferiore di metamorfismo. Il campione N. 23 e dunque una lava basaltica meta- morfosata, a massa fondamentale uniforme microgramiliti- ca, interposta in un tessuto microgranitoide, formato da abbondanti segregazioni cristalline di plagioclasio, augite (dominanti) e olivina. del vulcano kilauea. ecc. 227 Campione N. 24. Caratteri microscopici e fisici — Roccia a fondo color bigio scuro, picchiettato di bianco e qua e là con macchie più 0 meno estese di colore ruggine scuro. È a tessitura fitta, a grana finissima con aspetto terroso, interrotta da radi e piuttosto grandi vacui— Frattura irregolare. È dura e tenace. Ha un' azione assai sensibile sull'ago calamitato. Dur: 6—6,5 P. Sp. 2,93. Caratteri microscopici e petrografici — Le lamine sot- tili osservate con un debole ingrandimento di 25 a 30 diam: fanno vedere una massa fondamentale apparentemente omo- genea, quantunque formata da un denso feltro criptocri- stallino , bigio scuro , con chiazze qua e là di colore rug- gine. In questa sono disseminati porfiricamente dei gruppetti di cristalli o dei cristalli semplici, incolori , trasparenti ; alcuni dei quali in forma di prismi allungati, altri in forme cristalline confuse e compenetrantisi reciprocamente. I cri- stalli prismatici appartengono al feldispato plagioclasio : le forme cristalline confuse appartengono in parte maggiore all'augite ed in parte minore alla olivina. La massa fon- damentale che comparisce come ho detto come un denso feltro criptocristallino omogeneo, se si osserva con un in- grandimento di 250 diam: (ocul. 7 obiett. 2 Hart.) si ri- solve in un ammasso di granulazioni o forme cristalline rudimentali di augite di color verdiccio chiaro, senza pleo- croismo e quasi senza colori di polarizzazione, dominante e intimamente associato a cristalli microlitici, (ma decisa- mente prismatici) di plagioclasio , tra i quali non man- ca (quantunque scarsamente rappresentata) la olivina in forma di granuli. In mezzo al tessuto di questi elementi mineralogici, vedesi disseminata non omogeneamente, ma in aggregazioni lineari che assumono l'aspetto o dentritico o di ramificazioni arborescenti, la magnetite in granuli cristal- 228 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE lini, come se questi dotati di libero movimento nel magma primitivo della roccia, si fossero riuniti per mezzo di at- trazioni polari in modo da formare delle serie allungate. In una parola la magnetite nelle preparazioni sottili della roccia, presenta la stessa disposizione che si può ottenere artificialmente allorquando alla superficie di un preparato microscopico di magnetite inclusa nel basalmo del Canada ancora fluido, si fa scorrere una sbarretta calamitata. Tan- to r augite quanto la olivina sono qua e là nella massa par- zialmente decomposte, per cui mentre da una parte I' augite ha preso qua e là un colore ruggine per la sopraossidazione del ferro; dall'altra per la stessa ragione l'olivina presenta i cristalli rivestiti e compenetrati nelle screpolature di un velo rosso ematitico. Ciò dà ragione delle macchie di co- lore ruggine che interrompono qua e là la uniformità della tinta bigia scura che ha la massa fondamentale. Caratteri chimici — La polvere fina della roccia pre- senta un color bigio chiaro ed è formata da particelle ve- trigne trasparenti o senza colore o di color verdiccio chia- ro, mescolate ad altre di colore ruggine e nere. È quasi inattaccabile dall' acido nitrico tanto a freddo che a caldo — Esposta al calore perde poca quantità di ac- qua— al calore rosso non si fonde — L' analisi ha dato la seguente composizione chimica: Si^'O» . . 47, P-0^ . . 0, TiO' . . 0, APO^ . . 16, Fe«0' 7, FeO. . . . 10, MnO . . . 1, CaO . . 8, MgO . . 3, Na'O o K'O 1, H'O 0, 61 00 tracce molto sensibili 39 09 00 60 72 15 10 98 15 70 99, 49 DEL VULCANO KILA.UEA ECC. 229 Questa composizione chimica della roccia conferma il carattere petrograflco della predomlnanza dell'augite sugli altri componenti mineralogici: conferma la parziale tra- sformazione della roccia stessa, specialmente per la sopra- ossidazione del ferro della magnetite. Il campione dunque N, 24 rappresenta una lava ba- sallica con principio di metamorfismo: a massa fondamen- tale criptocristallina, disseminata porfiricamente di segre- gazioni di plagioclasio, di augite (dominante) di magneti- te, di olivina. CATEGORIA SECONDA BASALTI In questa categoria comprendo le roccie compatte, pe- santi, ricche di magnetite in una massa fondamentale sili- cata con 0 senza segregazioni distinte di feldispato e di augite e contenente olivina. Ciò non corrisponde del tutto alla definizione dei basalti àe.ii\ feldispatici d-à ZìvKel (1) o al basalti definiti come roccie essenzialmente plagiocla&lco augitiche con olivina da Rosenbusch (2). Ma sono obbligato a non stare strettamente nei limiti dei caratteri imposti ai basalti da questi illustri petrografi, perchè dovrei smem- brare da questa categoria alcune roccie che non vi corri- spondono esattamente, mentre hanno lutto il tipo di veri basalti, come può giudicarsi dalle descrizioni che seguono. Campione N. 25. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia di colore nero 0 quasi nero con rare punteggiature di lucentezza vitrea e colore di miele: compattissima ; a frattura concoide o sub- (1) Zirkel — op. cit. (2) Rosenbusch— op. cit. ATTI ACC TOL, XX. 31 230 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE concoide, riducendosi a scaglie con spigoli vivi. È dura tenace e pesante — Spiega una debole azione sull' ago ma- gnetico— Dur: 6-6,5— p. sp. 3,01, Caratteri microscopici e petrografici — Una sezione sottile di questa roccia osservata con ingrandimento di 27 diam: si vede quasi opaca e non mostra che un campo nero omogeneo; la preparazione presenta qua e là dei rari punti di aspetto vitreo e generalmente di segregazioni cristalline, di color giallastro, a superficie ruvida e con vi- vi colori d' interferenza caratteristici dell' olivina. Rag- giungono dimensioni talvolta notevoli, tanto da esser visi- bili anche ad occhio nudo e talvolta si presentano compe- netrati dello stesso magma fondamentale della roccia che sotto vengo a descrivere. Oltre a ciò con un più forte in- grandimento si osservano sparse altre più rare e general- mente microscopiche segregazioni cristalline incolore e tra- sparenti che tra i Nicol incrociati presentano la striatura polisintetica e i caratteri ottici speciali del plagioclasio. Fuori delle dette segregazioni le lamine sottili per quanto ridotte esilissime, non raggiungono altro che un debole gra- do di trasparenza e non vi si scorge che una massa fon- damentale silicata, assolutamente omogenea, senza colore che alla luce polarizzata non si estingue completamente, ma pre- senta una debole luce generale, oltre a numerosi punti che compariscono luminosi. È piena zeppa di minutissimi gra- nuli di magnetite pulverulenta i quali sono talmente fitti che danno alla massa un aspetto nero ed opaco. La ma- gnetite in tale stato non è distribuita però uniformemente giacché in certi punti è anche più addensata, in modo da far comparire delle chiazze più scure o assolutamente nere in mezzo ad un campo che ha un debole grado di traspa- renza. La compattezza di questa roccia è direi assoluta, giac- ché non vi si osserva nemmeno al microscopio la più piccola porosità. In una roccia di struttura così compatta, ho tre- DEL VULCANO KILAUEA. ECC. 231 vato la proprietà singolare; che mentre se ne fanno le prepa- razioni in lamine sottili e queste si comprimono anche leg- germente per includerle nel balsamo tra le due lastrine di vetro; esse non resistono alla pressione e si rompono in mo- do per lo più regolare e con linee di sfaldatura che seguono una legge geometrica, dividendosi più facilmente nella di- rezione di due piani clie fanno tra di loro un angolo di 105° che corrisponde a quello del romboedro della calcite. Questo fatto presentato dalla intima struttura di una roc- cio così compatta ed omogenea è molto interessante e som- ministra un esempio meritevole di speciale attenzione nello studio sul fenomeno naturale complesso, relativo allo pseu- domorfismo o divisione poliedrica delle roccie di origine vulcanica. Caratteri chimici — La polvere fina è di color bigio scuro : non è attaccata quasi niente dagli acidi, tanto a freddo quanto a caldo operando in un tubo aperto e nel modo ordinario. L' analisi chimica ha dato la seguente com- posizione : Si02 . 48, 82 (traccia molto sens.) P^Qs . . . . 0, 00 Ti02 . 1, 16 AP03 . 15, 22 re«03 . 5, 72 FeO . 9, '65 MnO . 0, 67 CaO . 10, 40 MgO . . 4, 55 NaO . 2, 10 K-0 . 0, 90 H^O . 0, 00 99, 19 La mancanza di acqua dimostra come questo tipo di roccia non abbia subito alcuna alterazione ; mentre la re- lativamente notevole quantità di Fe'O' dipende dall' ab- bondanza della magnetite. D'altra parte il complesso genera- le della composizione chimica sta a provare che quantunque 232 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE povera di segregazioni cristalline è molto simile alle roc- cie dello stesso giacimento, ricche di segregazioni di pla- gioclasio e di augite. Il campione N. 25 è da ritenersi come un basalto afanUlco a base fondamentale silicata, omoge- nea, ricca di magnetite iiulverulenta, oltre la quale non presenta che rare segregazioni microcristalline di plagio- clasio ed altre (anche macroscopiche) di olivina. A questa roccia che è un basalto, mentre quasi manca delle segrega- zioni dei minerali ritenuti fln'ora come essenziali e domi- nanti nei basalti ed ha un insieme di caratteri petrografici e fisici da non trovare riscontro in nessun'altro tipo di ba- salto comune; io assegno tanto per metterla in evidenza, il nome di Kìlaueite nome che al tempo stesso sta a di- chiarare la sua provenienza. Campione N. 26. Caratteri ìnacroscopici e fisici — Roccia compatta a grana finissima di colore bigio verdognolo piuttosto chiaro : sul fondo omogeneo si vedono porfiricamente disseminate, ma senza uniformità delle minute e grandi concentrazioni di materia vitrea di aspetto nero. Ha frattura irregolare. È dura tenace e pesante. Non ha nessuna azione sull' ago calamitato. Dur: 6-6,5— p. sp. 2,99. Caratteri microscopici e petrografici — Gow un ingran- dimento di 250 diam. (ocul. 7 obiett. 2 Hart.) presenta una base fondamentale vetrosa in gran parte devetrificata con la comparsa di un tessuto minutamente cristallino, formato da cristalli un po' arrotondati di augite di color verdo- gnolo chiaro e a vive colorazioni d' interferenza: a queste sono graniticamente associati dei cristalli prismatici inco- lori, di feldispato plagioclasio con strie di genfiinazioni ca- ratteristiche i quali presentano in generale delle dimensioni maggiori a quelle dei cristalli di augite. I prismi allungati di plagioclasio sembra che abbiano avuto origine da molti centri di cristallizzazione, per cui danno all'insieme del tessu- DEL VULCANO KILAUEA ECC. 233 to microcristallino della roccia un carattere di struttura ra- diata. In mezzo a questo tessuto microcristallino si vedono rare segregazioni di olivina a contorni generalmente ango- losi, proprj della sua cristallizzazione:- e come accessorj compariscono in forma di lamine lunghe a contorni sinuosi il ferro titanato insieme a qualche granulo sparso qua e là di magnetite. Tali caratteri petrograflci sono accompa- gnati dal fatto che la base fondamentale vetrosa isotropa, di color castagno oltre a vedersi diffusa generalmente ed infiltrata nel tessuto microcristallino, si presenta qua e là disseminata sotto forma di concentrazioni microscopiche e macroscopiche subsferiche che nelle sezioni comi)ariscono a guisa di aree rotondeggianti. Sui limiti delle concentrazioni vetrose si vedono dei cri- stalli di augite e di plagioclasio più sviluppati ed in forme ni- tide come più liberi di crescere, rivolgendo il loro asse mag- giore verso il centro del magma vitreo subsferico: anche in mezzo al vetro si osserva notante qualclie nitido cristallo isolato dei medesimi minerali in forme ben riconoscibili. Caratteri chimici — La polvere fina presenta lo stesso color della roccia, ma più chiaro: non è quasi attaccata dagli acidi tanto a freddo quanto a caldo. Esposta al ca- lore non perde nulla di peso e vicina al calore rosso prin- cipia a fondere. L' analisi chimica ha dato la seguente composizione: Si02 . ^ . . 48, 71 P^O^ . 0, 00 Ctraccie sensibili) Ti02 . . . . 1, 81 Al^O^ . 18, 87 Fe^O^ . ... 3, 18 Feo . . . 8, 00 , MnO . . . 0, 00 (id. molto sensibili) CaO . . . 9, 87 MgO . 4, 85 NaO . 4, 15 K^O . . . ... . 1, 52 H^O . 0, 00 100, 96 234 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Il non contenere alcuna quantità di acqua è un fatto che dimostra die la roccia non ha subito sensibile altera- zione. La relativa scarsità del ferro prova chimicamente la scarsità in cui trovasi la magnetite , mentre tutto l' insie- me della composizione corrisponde al carattere petrografl- co dell' augite e del plagioclasio. Si può ritenere questa roccia come un passaggio tra i basalti e le andesiti dalle quali si stacca solo per contenere dell' olivina (quantunque in scarsa quantità) e per un carattere di basicità maggiore, al quale però per le ragioni che dirò qui appresso non mi sembra che si debba dare una importanza assoluta. 11 campione N. 26 è da ritenersi come un basalto a struttura microgranitica, poverissimo di magnetite e a magma fondamentale vitreo. CATEGORIA TERZA ANDESITI AUGITICHE Limiti assoluti di demarcazione che separino i basalti dalle andesiti augitiche non vi sono. Si è detto da Rosen- busch (1) che sono da classificarsi tra le andesiti le roc- cie plagioclasiche senza olivina — Frattanto è provato che vi possono essere basalti non contenenti olivina. An- che in un recente interessante lavoro petrograflco fatto dal Dott. L. Bucca (2) questi per fondati criterj ha do- vuto comprendere tra i basalti anche delle roccie pla- gioclasiche e augitiche senza olivina. Secondo Leopoldo von Buch (che per il primo distinse tra le roccie vul- caniche il gruppo delle andesiti) le andesiti vanno sepa- (1) Rosenbusch. op. cit. pag. 407. (2) L. Bucca— Il Monte di Roccamonfina. — (Bull. Comit. geol. d'Italia 1886 fase. 7, 8 pag. 249 e 252.) DEL VULCANO KILAUEA. ECC. 235 rate dai basalti non solo per la presenza del plagioclasio invece del sanidino, ma anche per il loro aspetto trachi- tico. Finalmente è stato detto che sotto il criterio chimico si dovrebbero ritenere le andesiti come caratterizzate da una quantità di anidride silicica intermedia tra le roccia acide (trachiti) e le roccia basiche (basalti). In conclusione s'è ritenuto che le andesiti augitiche (equivalenti recenti delle antiche diabasi non peridotifere) mentre hanno un aspetto trachitico, raggiungono in media la sola quantità del 57 per 100 di anidride silicica. Ma nello studio delle roccie di va- rie provenienze, qualunque sia la fonte dei caratteri distin- tivi, questi presentano tali gradazioni e sfumature da do- vere ritenere che nessuno ha realmente un'assoluta impor- tanza nella distinzione. Sicché per fare delle distinzioni bi- sogna prendere di mira il complesso dei caratteri generali della roccia, cioè il suo modo di presentarsi. Io infatti ho riferito a questa categoria delle andesiti, due tipi di roccie che indipendentemente dal carattere di non contenere oli- vina e dal loro carattere trachitico, mi hanno presentato un aspetto generale sui generis da doverli, anche prima di sot- toporli allo studio, avvicinare tra loro e separarli dai ba- saltoidi e dai basalti: quantunque sieno come dimostrerò con questi In stretta parentela per la loro basicità. I due tipi di roccia a cui mi riferisco sono rappresentati dai due campioni che seguono. Campione N. 27. Cara/Ieri macroscopici e fisici — Roccia compatta a fondo di color croceo scuro , picchiettato di bianco e con macchie di color giallo limonitico, presenta superficie di frat- tura irregolare, ruvida al tatto e di aspetto minutamente cristallino quasi saccaroide. Non ha alcuna azione sull'ago magnetico. È dura, tenace e pesante, mentre ha 1' aspetto di roccia alterata. =Dur. 6-6,5— p. sp. 3,03. Caratteri microscopici e petrografia — Una lamina 236 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE sottile della roccia con ingrandimento di 27 diam, fa vede- re su di un fondo oscuro poco trasparente di color casta- gno più 0 meno intenso con qualche punto di colore rosso giallastro, una disseminazione granitica di cristalli prisma- tici di plagioclasio, associati a segregazioni cristalline di au- gite ed a piccole masse globuliformi incolore e leggiermen- te opaline che a prima giunta si direbbero di un peridoto perfettamente incoloro. Per vedere però meglio la compo- sizione petrografìca della roccia è necessario ricorrere ad un ingrandimento più forte per es. di 250 diam. (ocul. 2 obiett. 7 Hartn). L' augite di color verdognolo si può dire dominante, presenta mediocre pleiocroismo e colori assai vivi d'interferenza. I cristalli prismatici di feldispato mo- strano sotto i Nicol incrociati oltre a vivi colori d' interfe- renza spesso in tutta la lunghezza o parzialmente la stria- tura caratteristica della loro geminazione polisintetica. Le masse globuliformi che si vedono disseminate in mezzo al plagioclasio ed all' augite e che a prima vista risvegliano l'idea di una olivina bianca presentano realmente come questa la superficie delle sezioni con il carattere di ru- vidità; ma sotto i Nicol incrociati in ()arte si estinguo- no , in parte itìantengono solo un debole grado di lumi- nosità, in parte si presentano perfettamente luminose : in questo caso non comparisce alcun colore d' interferenza. Sono formate dunque da una materia dura che ha rispet- to alla luce proprietà isotrope ed anisotrope. Per questo ca- rattere ottico si avvicina al caolino, al leucite, all'analcime; per il carattere della durezza potrebbe essere opale, ma per l'insieme dei caratteri e del modo di presentarsi non corrisponde né all'uno, né all'altro; né mi si presenta al- cun minerale tra quelli comuni nelle roccie a cui io lo possa riferire. Mi riserbo quindi di intraprendere uno stu- dio speciale di questo minerale per farne conoscere i re- sultati in altra occasione. Frattanto però a quello che hodet- DEL A^ULCANO KILAUEA ECC. 237 to aggiungo che le masse globuliformi di cui è parola, sono inattaccabili dagli acidi e mostrano nel loro interno delle in- clusioni In forma sferica od ovoide in mezzo alle quali ve- desi spesso ben distinta una bolla gassosa, la quale non ho visto muovere, ne crescere di volume sotto l' influenza del calore il che mi fa ritenere che la sostanza includente la bolla non sia di materia liquida, ma piuttosto rappresenti un residuo del magma vitreo primitivo della roccia. Nello interno delle segregazioni cristalline di augite che si pre- sentano confuse, vedonsi talvolta inclusi numerosi microliti e anche dei nitidi cristallini prismatici macrolitici di pla- gioclasio; fatto che serve di prova alla prima consolidazio- ne del feldispato delle roccie per il maggior grado di fu- sibilità dell' augite rispetto al plagioclasio. La prima con- solidazione del plagioclasio dà alla roccia il carattere pe- trograflco che i cristalli di plagioclasio formano quasi l'or- ditura del tessuto cristallino, le cui maglie sono riempite di augite, senza forme poliedriche distinte, ma piuttosto a segregazioni geometricamente amorfe, traversate da scre- polature e da solchi in direzioni molto irregolari. Manca nella roccia la presenza dell'olivina e della magnetite la quale ultima non ho potuto scorgere in nessuna condizione nemmeno pulverulenta. Invece vedonsi disseminate delle se- gregazioni nere opache che hanno tutto 1' aspetto del ferro titanato ; specialmente queste si vedono nella superfìcie di contatto tra 1' augite e il plagioclasio, dove comparisce infil- trato e diffuso un esudato di colore ruggine o ematitico che in qualche minuta porosità della roccia si osserva con- densato anche sotto forma di particelle granulose. Potrebbe darsi che quest' esudato provenisse dalla tra- sformazione completa di una scarsa -quantità di magnetite, appartenente in origine alla roccia; ma io sono piuttosto di parere clie esso provenga da un principio di alterazione che hanno subito l' augite e il plagioclasio nella loro super- ATTI ACC. VOL. XX. 32 238 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE flcie di contatto, ovvero dall' alterazione di qualche piccolo residuo di magma vitreo primitivo. Caratteri chimici — La roccia dà una minuta polvere di color bigio chiaro tendente al giallastro, quasi color di cece ; è appena attaccata dall'acido nitrico, tanto a freddo che a caldo. Scaldata perde di peso per poca acqua che sviluppa: al calore rosso non presenta principio di fusione. Dall'analisi è risultata la seguente composizione: Si02 KA 1« 0, 00 traccie sensibili TiO' . 0, 00 id. id. AF03 . 17, 97 FeO' . 2, 23 FeO 6, 25 MnO . 0, 30 CaO 11, 85 MgO . 4, 70 Na^O . 3, 60 K^O . . . 2, 80 H=0 0, 90 100, 6(3 La quantità di SiO^ ossia la basicità della roccia di- mostra che il minerale indeterminato non può essere opale: le quantità di sesquiossido di ferro e di acqua che vi si tro- vano dimostrano che la roccia è alterata; mentre la propor- zione superiore di potassa accenna alla esistenza probabile In essa di qualche mescolanza feldispatica di ortoclasio col pla- gioclasio che tanto vi abbonda. Essendo la roccia a struttu- ra microcristallina non è possibile di isolare e di studiare separatamente con analisi chimica gli elementi mineralogici: è quindi anche impossibile la determinazione esatta incon- testabile delle varietà di feldispato che vi possono compa- rire, ma nulla s' oppone, specialmente nelle roccie vulcani- che, alla possibilità delia esistenza di miscugli feJdispatici, Riassumendo lo studio fatto sul campione N. 27 si può DEL VULCANO KILAUEA ECC. 239 dire che questo rappresenti un andesite augitica molto basica, con abbondanza di plagioclasio, mancante di ma- gnetite, a struttura ynicrogranitica ; parzialmente metamor- ' f osata. Campione N. 28. Caratteri macroscopici e fisici — Roccia minutamente porosa a struttura granuloso-cristallina, a fondo di color bigio rossastro scuro, asperso di numerose punteggiature bianclie cristalline. — Frattura granulosa— Ruvida al tatto- Tenace,— ha una debole azione sull'ago calamitato. Dur: 6-6,5— P. sp. 2,85. Caratteri microscopici e petrografici — Con debole in- grandimento presenta su di un fondo color castagno molto scuro quasi nero e difficilmente trasparente, disseminate in associazione granitica delle masse cristalline trasparenti compenetrate tra loro, di plagioclasio incolore e di augite verde chiaro. Con forte ingrandimento di 250 a SOOdiam: nel fondo quasi nero e quasi opaco si arriva in qualche punto a scor- gervi un ammasso di minute particelle di color biondo, me- scolate ad una congerie di minutissimi granuli di magne- tite talmente fitti che tale massa fondamentale si direbbe quasi costituita da chiazze di magnetite compatta. Questa in parte decomposta vedesi sui bordi delle chiazze stesse circondata da sfumature di colore rosso ematitico; le quali oltre a ciò si presentano come infiltrazioni generali attra- verso la parte cristallina microgranitica della roccia. Non vi ho potuto distinguere alcun granulo di olivina. Caratteri chimici — Polverizzata minutamente conser- va il color bigio rossastro proprio della roccia in massa, ma più sbiadito. La polvere al microscopio si presenta compo- sta di una mescolanza di frammenti trasparenti e a frat- tura vetrosa, bianchi e verdognoli insieme a numerose par- ticelle nere opache ed altre di colore rosso vivo o di color 240 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE castagno. Le particelle nere sono attraibili dalla calamita. La polvere al calore subisce leggiera perdita per piccola quantità di acqua che esala. È appena sensibilmente attac- cata dagli acidi che sciolgono un poco di ferro: al calore rosso incipiente comincia a fondersi, L' analisi ha dato: p-o^ TiO^ AIW Fe=03 FeO MnO CaO MgO Na'O ^ K=0 ) La quantità di ferro comparisce relativamente mag- giore a quella delle lave precedenti per 1' abbondante ma- gnetite che in gran parte essendo ematitizzata, dà origine alla prevalenza del F^O" al FeO. Sicché in conclusione si può ritenere che il campione N. 28 è una andesile augitica multo basica con abbon- dante ptagioclasio e magnetite; a struttura micrograniti- ca e parzialmente metamorfosata. CONCLUSIONE , 48, 65 0, 00 :raccie molto sens 0, 36 . 16, 47 8, 90 7, 70 0, 99 7, 60 3, 20 5, 00 0, 28 99, 15 Nel mettere in rilievo i fatti pii^i notevoli che derivano dallo studio intrapreso sulle lave moderne ed antiche del Kilauea, riassumo nel seguente prospetto i risultati chimi- co-fisici ottenuti da ciascun campione. mmn o >4 0 0 u a ■e »H t3 ti 0 0 ^ a a a a a a a a F! CJ o ■a B r^ -TS Ti 0 -4-t ^3 0 0 'Ti Vi 0 trt •4-3 a 0 a 2 03 1 a o_ co" CO 10 IO co" lO_ co" IO >o co" co »o co" IO co" lO_ iO^ co" co" »o co" kO^ co" IO co" co co co co co co co co co co co co co co a> ,-H co *-( t- o> »-t co 03 01 oT e» 03" 00 oT (M 0" 03_ 0 10 rH_ 03" 03" 03 od" JO 03~ oT oT 03_ CD_^ 1—* 03 0 0 f— 1 (33 03 03 03 03 03 0 1— < 0 1—1 05 o 0 t^ co t^ 0 03 00 0 0 0 0 0 0 00 '"t. 0 .-1 (M (N ce t- 0 0 a: CM o o" i-H 0 0 0 rt 0 t— 1 0 0 0 0 0 0 Oa IO 01 00 >o t~ 0 10 0 01 0 CM t^ t~ 00 T-< 03 IO m ^ 00 co_ 03 i-H f— 1 " 8 ^ 0 i~i (N 0 CO 0 0 0 10 n-" CO CI 00 0 IO 0 IO 0 0 CI 03 cn .— 1— t co co •* >o >o ■* CI CI ^ co o 01 00 co >o l> 0 0 OD 0 àO co" 0 10 co 0 io" 0" ffi co" ai 03 01 .-h" co" e* co" co TjT 00 CO o IO 0 l-^ (M co CM 0 00 t^ 10 0 01 T— e ni co C33 CO IO co ,-H ni T— < co CD t^ IO 00 co CD 00 0 1—1 Ci i-H t> oo 0 m t^ 0 t~t >0 03 rt 0 Oì t~ CÀ 0 a 33 CI 03 00 03 03 oo L^ CO CO 03 o 0 0 »— t »— 1 0 0 0 0 ■-H 0 a 0 0 t~t *H IO t^ 0 >o 0 00 t~ 0 0 0 0 >o 0 IO 0 0 CO co ^ t* CI ■* CO co 0 a l> ■^ •-^ CO 00 0 0 03 00 co l> ■"* t— l l-H .—1 '"* 1— ( t— ) 03 lO IO ira 00 0 0 t^ >o 0 CI 00 co 0 0 »o i-H Qì ^H CT) T-H 0 t- 1—» ^ 00 03 CD 03 -* 03 0 0 CI 00 et' ■^ T)> co in (M IO -* " s TJH IO co IO f-H 1— l 01 (M ■"l *"* T-lt •"• I— « T-H T-H I— 1 1— 1 - +J ;- ■*^ 0 0 0 0 1— ( -* IO co 0 co — ' CM ^ OJ (X) co 0 co 0 -^ 05 00 0 »o 00 05 co >o t~ l> 00 00 0 00 ^ ■* ■* XO n< Ttl -^ -^ •* "* ^ ^ TU IO •^ T— f t^ to t^ cn a> 0 ^ CI co -^ IO co !>. 00 r-H r-i 1— 1 f—t 01 01 CI CI ©1 C>J CM (M CM ì^ « CJ K| cq 8UJ3pOUI BABT (aipuotsi.sjd) 3i|3!)ue eAe-| 242 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Le lave del Kilauea rappresentano tutte delle varietà di roccie sul tipo basalUco felclispatico ovvero sul tipo andesi- te augitico non contenendo né leucite e nemmeno nefelina. Considerate sotto il punto di vista della loro slrullura macroscopica si può dire che nell'essere compatte o porose, nessuna presenta i .caratteri delle vere doleriti perchè so- no generalmente microcristalline, cioè con la struttura delle anamesitj; qualcuna è criptocristallina o afanitica con la struttura delle basaltiti. Solo in rari casi hanno presentato delle disseminazioni cristalline di olivina ed ornehlenda, in dimensioni macroscopiche. Per tali ragioni non ho potuto corredare queste ricerche come avrei desiderato con V a- nalisi immediata delle roccie, applicando i metodi del Thou- let e di altri : analisi tanto utile quando è possibile appli- carla per conoscere con approssimazione il rapporto quan- titativo tra i varj componenti mineralogici — Sotto il ri- guardo dei caratteri fisici, tranne poche che sono in uno stato di decomposizione molto profonda, sono del resto molto dure e pesanti e quelle più o meno ricche di magnetite, non decomposta, godono di proprietà magnetiche più o me- no pronunziate e alcune anche con distinta polarità. Lo studio dei caratteri microscopici e petrografici ha dimostrato che vi sono lave del Kilauea che hanno la massa fondamentale vetrosa, altre 1' hanno microcristallina o gra- nulare minutissima omogenea; altre l'hanno amorfa senza essere vetrosa. I loro componenti mineralogici essenziali nella mesco- lanza che le forma sono, il feldispato ordinariamente pla- gioclasio (senza escludere l'associazione di altri feldispati) r augite (in qualche caso orneblenda) la magnetite, 1' olivi- na : solo in pochi casi manca la magnetite o 1' olivina o si ha una base fondamentale amorfa solo con rare segrega- zioni speciali tranne la magnetite. In qualcuna soltanto, si osserva petrograflcamente distinta 1' apatite e l' ilmenite DEL VULCANO KILÀUEA ECC. 243 mentre in tutte dobbiamo ammettere la esistenza degli ele- menti di questi minerali, perchè «tutte presentano quantità .più 0 meno sensibile di anidride fosforica e di anidride ti- tanica. Tranne pochi casi in cui hanno presentato un aspetto di freschezza e di integrità, per lo più sono lave che han- no subito poco 0 molto 1' azione di cause metamorfiche e nelle loro alterazioni tra i minerali di formazione seconda- ria si può citare la natrolite ed il caolino tra i silicati, la ematite e la limonile tra gli ossidi: tutti evidentemente for- mati dall'azione dei corpi ossidanti e quella lissiviatrice delie acque sui silicati e sulla magnetite. Finalmente per quanto concerne i caratteri chimici, le lave del Kilauea hanno presentato nelle analisi una facilità speciale di disgregazione ed alcune hanno mostrato una gran- de facilità alla fusione diretta anche al colore rosso incipien- te. Sono tutte basiche come lo dimostra la quantità di ani- dride silicica che non oltrepassa il 50,16 per 100 quantun- que ve ne siano alcune che si sono dovute petrografìca- mente riferire al gruppo delle andesiti augitiche. Eccettuati pochi casi di lave che si possono dire caolinizzate per pro- fonda alterazione, in generale sono molto ferrifere e la pro- porzione dell'ossido ferrico sul ferroso può servire (quan- do non vi sia un' abbondanza eccezionale di magnetite) di criterio sicuro per giudicare del loro grado di metamorfi- smo. In quanto al resto della loro composizione si notano dei rapporti fluttuanti tra i varj ossidi metallici, quali dipen- dono 0 dal differente grado di metamorfismo o da diffe- renze nelle proporzioni dei miscugli tra i polisilicati e la magnetite, ovvero dalle associazioni feldispatiche secondo la legge di Tschermak: ciò però non disturba i legami di somiglianza che si mostrano evidenti tra una roccia e l'al- tra e questo caso è comune alla petrogenesi in tutti quei centri vulcanici ove l' attività vulcanica si è mantenuta nelle stesse geologiche condizioni. 244 SOPRA ALCUNE LAVE ANTICHE E MODERNE Le lave recenti, moderne ed antiche del Kilauea rap- presentano dunque o dei tipi di roccie intatte caratteristi- che 0 una serie di varietà dovute a metamorfismo seconda-^ rio; ma essenzialmente non si separano tra loro, sicché da questo studio generale ora intrapreso si ricava il fatto Im- portante che V attività vulcanica del Kilauea durante un lungo periodo geologico si è mantenuta e tutt" ora si man- tiene con gli stessi prodotti. Catania— R. Istituto vulcanologico Etneo— 25 Maggio 1887. INTOSSlCAZiONE CHINICA {Febbre ittero-enmturica da ohinina) pel Professore Comm. SALVATORE TOMASELLI ■ Conmnicazlone fatta all' Accademia Giocnia di Scienze naturali in Catania nella seduta del dì 11 Dicembre 1887. Quantunque non nuovo 1' argomento su cui ho pensato oggi intrattenermi, pure non sarà mai abbastanza ripetuto, attesa la importanza pratica dello stesso. Si conosce di già come io sia stato il primo ad illu- strare un fatto sconosciuto per V avanti, relativo all'azione morbosa speciale che i preparati di chinina possono spie- gare in certi individui, ed avendo testé osservato un caso di tal natura nella Sala della nostra Clinica medica, credo utile presentarne l'istoria. Nel ricordare la storia di quest'altro ammalato, non è mio proponimento minutamente spiegare però tutte le ri- flessioni relative ad illustrare le quistioni d' ordine clinico e terapeutico inerenti all' obbietto in esame, potendosi tutto ciò ampiamente leggere nel lavoro all' uopo da me pubbli- cato parecchi anni or sono, e che ebbi l'onore comunicare a questa dotta Assemblea, la prima volta al 1874 e poscia più estesamente nella seduta straordinaria del 27 Settem- bre 1876 (1), dove, coordinando tutte le osservazioni fatte, sgombre da qualunque passione , le ho dettagliatamente svolte, assegnando loro tutto quel valore scientifico che me- ritano, e sopratutto la grande importanza pratica che ad ognuna di esse mostrasi intimamente legata. (1) La inlossicazione chinica e la infezione malarica ecc. ecc. II» Memoria— Tip. Calatola Catania. ATTI ACO. VOL. XX. 33 246 INTOSSICAZIONE CHINICA Il fatto della intossicazione del chinino in certi indi- vidui affetti da malaria, certamente non è un fatto nuovo, è stata questa un' osservazione , che facilmente ha dovuto confondersi con 1' analogia di altri fatti morbosi, d' ordine infettivo, relativi alla malaria istessa. Infatti è a tutti noto oggi, come la chinina, agendo in certi individui come sostanza pirogena, appena introdotta nel circolo, sviluppi un accesso di febbre violenta con tutto l'apparato di una letale intossicazione sanguigna, parago-' nabile ad un accesso di febbre perniciosa malarica la più micidiale, che lancia rapidamente 1' organismo nel pii^i com- pleto collasso. U insieme di tutti questi fenomeni morbosi tossici non è certamente proprietà intima del farmaco, né riferibile alla febbre malarica in se stessa, né all' interesse organico di alcun viscere, ma é un fatto morboso speciale, legato alla misteriosa ed occulta suscettibilità di alcuni in- dividui, la quale, giammai prevedibile a priore, costituisce la forma clinica originale con tipo costante di questa spe- ciale intossicazione. Né 1' eccesso di quantità della chinina 0 meglio r abuso della stessa é da stimarsi causa efficiente al risveglio di siffatta intossicazione. Possonsi riferire in proposito migliaja di casi relativi a febbri malariche e a malattie d'indole diversa, i quali malgrado l' incredibile consumo di chinino, pure non hanno mai presentato fenomeni d'intossicazione. È cosa singolare infatti osservare in alcuni individui un' intossicazione molto accentuata in seguito all'uso di pochi centigrammi di chi- nino. Siffatto avvelenamento adunque non sarebbe da rife- rirsi alla quantità del farmaco, e a quel grado quindi di sa- turazione che ne risulta. Sebbene tale avvelenamento in certi casi succede dopo aver fatto lungo uso di chinino, pure non devesi riferire, come ho detto , alla intolleranza del farmaco per la sua quantità, ma in molta parte alla infezione malarica ripetuta, INTOSSICAZIONE CHINICA 247 la quale in certi individui sembra che determini nell'or- ganismo questa speciale intolleranza per qualunque prepa- rato di chinina. Dico in massima parte alla influenza della infezione malarica, non essendosi giammai osservato in al- tri individui fuori sudetta influenza, i quali abbiano anche fatto grandissimo consumo di preparati di chinino. È questa in complesso una particolare suscettibilità in- dividuale, la quale sviluppasi o immediatamente alla prima somministrazione della chinina o dopo averne usato più o meno lungamente per reiterate febbri malariche, come, fra tanti altri, è avvenuto nel caso di cui mi son proposto rias- sumere oggi brevemente 1' istoria. Per altre considerazioni cliniche relative alla intensità di tutti i fenomoni tossici, nonché sul conto della loro du- rata e del loro termine, subordinati esclusivamente alla chi- nina istessa, sotto quelle condizioni, s'intende, di già ac- cennate, senz' altri richiami, mi gioverò del caso stesso in esame, come quello che, attentamente osservato, fornisce, a mio avviso, 1' esempio più netto per la soluzione di que- siti da me del resto altra volta studiati e in massima parte spiegati. Ecco brevemente l'istoria con gli esami relativi delle orine e del sangue, come sono stati fedelmente raccolti da- gli egregi D." Orazio Rapisarda e -Salvatore Aradas assi- stenti alla Clinica medica. — L'ammalato è un giovane di anni 20, nativo da Naso (Prov. di Messina) di mestiere contadino e flglio di geni- tori vissuti sempre in condizioni di perfetta salute ; ha fra- telli e sorelle tutti di florido aspetto. Richiesto sulla sua salute precedente assicura non aver soff'erto altre malattie, se non che ripetute febbri ricorrenti a tipo diverso e che è stato solito allontanare con l' uso di reiterate dosi di solfato di chinina. Fu il giorno 12 Settembre ultimo che in seguito alla 248 INTOSSICAZIONE CHINICA ingestione di 50 centigrammi di chinino, preso verso le 4 a. m. incominciò per la prima volta ad accusare (circa quattro ore dopo) tutto l'insieme di quei disturbi proprj di questa speciale azione della chinina; disturbi che gli du- rarono dalla mattina Ano alla sera dello stesso giorno con molta intensità e con molto spavento dell' ammalato. Dopo quel giorno, non più corretto da febbre, continuò nell'esercizio del suo mestiere, fino al 1° Ottobre, in cui sorpreso un' altra volta dalla solita febbre verso le ore 3 p. in. dimentico del primo effetto del chinino, nella remis- sione della stessa, ricorse subito alla somministrazione di altri 50 centigrammi, i quali, come prima non tardarono a produrgli, dopo circa tre ore, i soliti fenomeni cioè, risve- glio di febbre fortissima, ematuria, vomito di materiale bi- lioso, tremore in tutti i muscoli, ed un senso di prostra- zione generale molto significante. Fu allora che scoraggiato da tanto apparato, ricorse subito all' Ospedale V. Emanuele, dove ricevuto (il 3 Ottobre) fu tosto ammesso alla nostra diretta osservazione. Informati allora da tutti questi fatti precedenti, fu te- nuto il paziente sotto speciale ed attenta disamina, e si potè costatare, che, sensibilmente migliorato , per tre giorni di seguito (4, 5 e tì ottobre) fu apirettico e colle orine e lo stato tutto funzionale e tìsico degli apparecchi, come nelle sue condizioni normali. Il giorno 7 Ottobre , onde poter meglio affermare da noi stessi gli effetti descritti, si venne alla prescrizione di 50 centigrammi di bisolfato di chinino in due dosi eguali, somministrandone cioè una verso le 5 e 1' altra verso le 6 a. m. (è da notare che le orine emesse durante la notte , esaminate, si conservavano come nello stato ordinario). Alle ore 9 a. m. vale a dire tre ore dopo, l' infermo incomincia a soffrire una nausea molto molesta, che gli provoca una continua salivazione con conati di vomito emettendo in pari INTOSSICAZIONE CHINICA 249 tempo una prima quanlitù, d' orina intensamente colorata in rosso. Fino a questo punto però la temperatura si mantiene 37," 3. Verso le ore 10 a. m. 1' infermo avverte un senso marcato di freddo alle estremità con tremore convulsivo generale. Alle 11 72 1^ temperatura trovavasi già elevata a 39. 5; accusa un senso pronunziato di languore all'epi- gastrio e dolore alla regione lombare; il colorito della pelle assume una tinta leggermente sub-itterica e le orine si fan- no più frequenti e sanguinolenti. Analizzate subito le orine si costatò: Colorito . . Densità . . Sedimento . Reazione . Ematina . Biliverdina. rosso bruno (N, 8 della scala di Vogel) 1020 abbondante acida abbondante tracce. Si costata inoltre la presenza del chinino. Con r esame al microscopio non si notano atTatto glo- buli rossi, solo qualche cellula epiteliale e qualche granulo di grasso. La sera, verso le ore 8, l' ammalato ritorna ad essere apirettico; il giorno appresso anche l'orina incomincia a poco a poco a ripigliare i suoi caratteri normali, e lo stato generale del paziente visibilmente migliora fino a riacqui- stare il solito suo aspetto ordinario. Il giorno 13 Ottobre verso le ore 5 e 6 a. m. si ripete un'altra volta lo esperimento; si somministrano altri 50 centigrammi di bisolfalo di chinino sciolto in g. G. d' ac- qua distillata , e poscia allungato con grammi 50 di solu- zione gommosa larga. Questa volta un' ora dopo, cioè verso le 7 a. m. 1' ammalato emette la prima quantità d' orina rosso-bruna sanguinolenta, accompagnata dal solito insieme 250 INTOSSICAZIONE CHINICA di fenomeni ; tremore generale , vomito bilioso , itterizia , febbre alta, prostrazione estrema, dolori ai lombi, scorag- giamento ed avversione ai preparati di chinina; ed eccole osservazioni dall' orina prima e dopo l'esperimento, e quelle della temperatura ; l."- Orina emessa prima dell' esperimento. e. e. 890 (nelle 24 ore) Quantità . Colore . Reazione. Densità . Urea Albumina Ematina . Glucosio . Pigmenti biliari {Chinino . giallo-pallido acida 1018 gr. 18, 615 %o assente assente id. id. nessuna traccia^. Al microscopio— Pochi elementi epiteliali della vescica e rari corpuscoli mucosi. 2,a _ Orina emessa dopo la somministrazione del chi- nino (ore 7 a. m.) Quantità Colore. Aspetto Densità Urea . Albumina Glucosio Ematina e. e. 110 rosso-bruna (N. 7 della scala di Vogel) torbido 1020 gr. 9, 908 °/oo . 1, 50 %o assente quantità notevole tracce {Chinina) La colorazione osservata all' emometro di Flisch , al- lungata al 10, corrisponde per 1' ematina a gradi 45 della scala di paragone. INTOSSICAZIONE CHINICA 251 Al microscoìiìo — Grande quantità di granuli pigmen- tali amorfi; qualche ammasso di fibrina fortemente colo- rata; alcuni cilindri fibrinosi. 3." — Orina emessa alle ore 8 a. m. Quantità . Colore . Densità . Urea Albumina Glucosio . Ematina . Pigmenti biliari Chinina , e. e. 95 bruno rossastro (N. 8) 1020 gr. 8, 342 %o 2 °/oo assente pili abbondante tracce più aumentata Osservata al solito qXV emomelro la colorazione corri- sponde a gradi 70 della scala. Al microscopio come la precedente. 4." — Orina emessa alle ore 0 a. m. Quantità . . . . ce. 140 Colore .... rosso-bruno (N. 8) Reazione .... appena acida Densità .... 1014 Urea ; . ' . gr. 10, 237 %o Albumina . . . 2, 50 %o Chinina . . . come sopra. A\V emometro gradi 75 della scala di paragone. Al microscopio come le precedenti. 5.'- — Orina emessa alle ore 10 a. m. Quantità . Colore . Reazione Densità . e. e. 85 bruno neutra 1016 252 INTOSSICAZIONE CHINICA Urea Albumina Pigmenti biliari Ematina. Chinina. gr. 11 o/oo . 2, %o un po' aumentati abbondante precipitata notevole k\\ emomelro gradi 75 della scala. Al microscopio — Oltre dei solili elementi si riscon- trano alcune cellule dell' epitelio vescicale granulose e co- lorate ; alcuni frammenti di cilindri epiteliali. 6.^ — Orina emessa alle ore 11 a. m. Quantità . Colore . Reazione. Densità . Urea Albumina Pigmenti biliari Ematina . k\V emomelro gradi 65. e. e. 100. ancora rosso bruno neutra 1016 ^r. 12, 205 %o 3 %o come la precedente sempre abbondante Al microscopio— -come la precedente. 7." — Orina emessa alle ore 2 p. m. Quantità . Colore . Reazione Densità . Urea Albumina Pigmenti biliari Ematina. e. e. 210 rosso-bruno leggermente acida gr. 1015, gr. 10, 144 %o 2, 75 per mille un po' diminuiti più scarsa. INTOSSICAZIONE CHINICA 253 8." — Orina 'emessa dalle 4 alle 7 '/^ P- '>^^' Quantità . Colore . Aspetto . Albumina Ematina . Chinina . Al microscopio nulla di nuovo. e. e. 340 rosso-bruno meno torbido 4 Voo persiste notevole diminuita 9" — Orina emessa dalle 8 p. ni. alle 7 '/^ a. m. del giorno successivo. Quantità . Colore . Aspetto . Reazione. Albumina Ematina . iChiniìia) e. e. 450 rosso-giallo quasi limpido acida i /oo molto diminuita piccolissima quantità. 10/ — Orina emessa dalle 9 a. m. alle 8 72 ^- ^^^- ^^^ giorno seguente (in 24 ore). Quantità . Colore . Reazione Densità . Albumina Ematina. {Chinino) e. e. 1150 giallo carico acida 1022 tracce assente nessuna reazione. Al microscopio — molte cellule d'epitelio vescicale ; nu- merosi corpuscoli mucosi : abbondanti granuli amorfi di u- rato acido di soda. Esame del sangue — 11 sangue prima dell' esperimento ATTI ACC. VOL. IX 34 ottobre ore 8 a. » » 9 * p » 10 " » » 11 » » P 12 m. » » 1 p. » 3> 4 » » » 7 » > » 7 a. 254 INTOSSICAZIONE CHINICA si presenta normale e segna all' emometro gradi 80. Dopo lo esperimento segna gradi 65. Per le osservazioni della temperatura del polso e de- gli arti respiratori ecco lo specchietto seguente: ni. T. 37. — P. 92, — R. 22 » T. 38, — P. 110, — R. 28 » T. 40. 5-- P. 116, — R. 40 » T. 40. 4 — P. 122, — R. 40 » T. 40, 6 — P. 124, — R. 40 m. T. 39, 5 — P. 116, — R. 36 » T. 38, 6 — P. HO, — R. 28 * T. 38, — P. 100. - R. 24 m. T. 36, 6 — P. 80, — R. 18 » Stato generale — L'ammalato presentasi un po' debole e anemico; continua sulla pelle una leggera tinta sub-itterica; lagnasi d'un senso di addoloramento in tutte le membra; ha poco appetito; ha avuto delle evacuazioni alvine regolari durante la notte; continua ad essere api- rettico. Nei giorni successivi (15, 16, 17, 18 Ottobre) lo am- malato non ha avuto più febbre; finalmente il giorno 19 domanda di uscire, sentendosi migliorato in forze e temen- do ulteriori esperimenti. Dopo questa succinta esposizione il fatto degno della più alta importanza clinica è relativo alla costante relazio- ne che si nota tra la intossicazione della chinina e la in- fezione malarica; sembra a prima giunta questa una rela- zione accidentale, eppure, dopo tante osservazioni sul pro- posito, non si è registrato ancora un fatto fuori la' sfera della infezione malarica. Quantunque non sia questo un fatto da potersi deter- minare con spiegazioni dimostrative , pure, appoggiato da tante analoghe osservazioni, può solamente supporsi, come INTOSSICAZIONE CHINICA 255 io altra volta pensava (1), che la deteriorazione dell'or- ganismo, avvenuta forse sotto la speciale influenza del ve- leno malarico , possa in certi organismi determinare una tale suscettibilità particolare, da renderli incompatibili, o meglio intollerabili a qualunque preparato di chinina e a qualunque dose anco minima dello stesso. Confesso però non intendere con ciò sostenere in modo esclusivo, essere la ca- chesia palustre il solo fattore patogenetico dì questa parti- colare modificazione nei poteri reagenti di siffatti organi- smi, perchè se così fosse, la sindrone dei fenomeni da me descritti, sarebbe certamente osservabile più frequentemente di quanto lo è (2). Quale altra considerazione opportuna ci fornisce anche r individuo in esame ? Già l'ho ricordato, l'uso del chinino per lui non è nuovo ; fin da molti anni fa, colpito coni' è stato da reite- rate febbri malariche a tipo diverso , le ha sempre allon- tanate con r uso del solfato di chinino e qualche volta anco a dosi un po' forti ; eppure dopo tanto consumo , i primi sintomi d'intolleranza di questo rimedio non si sono appa- lesati che poche settimane addietro, cioè, come precisa lo stesso infermo, il giorno 12 dello scorso Settembre, dietro la ingestione di soli 50 centigrammi di solfato di chinino. Or non solo in questo, ma in tutti i casi analoghi, è stato chiaramente accertato, la quantità della chinina non avere in generale alcuna relazione con la intossicazione speciale di cui è parola. Se in taluni, è vero, la stessa è avvenuta dopo un consumo eccessivo del sudetto farmaco, non è que- sta certamente la condizione, da alcuno impropriamente creduta, che dispone allo avvelenamento; né è questo un (1) V. Tomaselli — op. cit. (2) V. Tomaselli op. cit; e Rivista Clinica e Terapeutica anno VI N. 7, 1884. 256 INTOSSICAZIONE CHINICA fatto relativo esclusivamen.te allo stesso preparato di chi- nina, 0 ad un solo di esso, che, avvalendomi su ciò di molte osservazioni proprie, ho potuto costantemente costatare, là dove si manifesta siffatta intolleranza, che tutti i sali di chinina indistintamente producono lo stesso effetto, restan- do sempre invariata per tutti la quistione della quantità , cioè a dire producendosi il fenomeno, come ho detto, ugual- mente anche con dosi non superiori ai 10 o 15 centigram- mi ; aggiungendo anzi, che la impressionabilità organica di questa speciale azione dei preparati chinacei cresce col nu- mero degli avvelenamenti istessi. (1) Oltre che la quantità, la intensità del fenomeno è stato le tante volte comprovato dipendere dalla frequenza delle somministrazioni del chinino, sia per fatto clinico, sia per esperimento onde studiarne meglio il carattere, al punto che il persistere anco con quantità frazionatissime potreijbe riu- scire di serio nocumento all' ammalato istesso , la di cui esistenza, più che da una perniciosa, potrebbe essere ad- dirittura compromessa dal farmaco, creduto a buon drit- to specifico di qualunque affezione malarica. E su la in- tensità , non che su la precoce manifestazione di siffatti sintomi tossici, fra tante osservazioni che potrei enumerare sul proposito , mi giova richiamare infatti i fenomeni os- servati in questo infermo. In esso i primi sintomi si appalesarono il 12 Settem- bre, dopo quattro ore dalla ingestione del chinino. In se- guito neir intervallo di altri pochi giorni, ripetutasi la som- ministrazione di altre frazionate quantità del farmaco , la manifestazione dei primi effetti della intossicazione non si avverava più dopo quattro ore, come nella prima volta, ma a poco a poco in un intervallo di tempo sempre più breve, fino a quello d' un' ora; come fu attentamente comprovato (1) Tomaselli — op. cit. INTOSSICAZIONE CHINICA • 257 nell'ultimo tentativo praticato il giorno 13 Ottobre, per provare meglio da noi stessi l' insieme dei fatti. È stato ancora confermato in questo con 1' esame chi- mico delle orine, ripetuto di ora in ora, la corrispondenza dei fenomeni morbosi in rapporto all'azione dei preparati di chinina , e sopratutto la manifestazione e le variazioni dell' ematuria con l' assorbimento e la eliminazione dei su- detti preparati , la quale cessava con la scomparsa della chinina nelle orine (1). Quale sia la patogenesi di questo fenomeno non è facile determinarlo, trattandosi specialmen- te di un fatto non comune legato ad una speciale suscet- tibilità individuale. Del resto ogni spiegazione non rischiarirebbe meglio il fatto della idiosincrasia e pare che In questi casi speciali 11 chinino spieghi un'azione chimica diretta sulla composizio- ne del sangue, sdoppiando cioè i suoi componenti globulari. Cosa certa intanto si è, che , clinicamente , il chinino in siffatti individui agisce risvegliando quella suscettibilità, che la infezione malarica ha latentemente preparato. L' importanza poi della colorazione rosso-bruna dell'o- rina per noi non è certamente , come qualcuno ha voluto che fosse , legata esclusivamente alla presenza della sola emoglobina o a quella dei globuli rossi ; secondo me, 1' e- moglobinuria o 1' ematuria è un accidente, un fenomeno , il di cui significato sotto il rapporto clinico, è sempre se- condario. E a questo riguardo non è da negarsi che in ta- luni casi si ha solamente emoglobinuria, coni' è stato co- statato anche dal Prof. Karamitzas (d' Atene) ed ultima- mente dal Prof. Cervello e dal Dott. Casella (2), mentre in moltissimi altri, abbondando anche la emoglobina, si è po- tuto costatare la presenza di scarsi globuli rossi provocata (1) Tomaselli — op. cit. {2) Riforma medica N. 268-2G9— 1887. 258 INTOSSICAZIONE CHINICA . al certo eia qualche iperemia nelle vie urinarie durante il passaggio della stessa emoglobina. Sotto questo rapporto conviene specialmente per una veduta clinica conservare la denominazione di febbre itlero-ematuna da chinina anzi che di emoglobinuria da chinina , perchè la prima com- prende gii elementi morbosi prevalenti di questa forma cli- nica e non allontana il tatto della presenza di globuli san- guigni, e perchè infine la ravvicina alla febbre iltero-ema- turica da malaria colla quale possa confondersi. Non dissimulo però dichiarare come quest' ultima sia molto rara ad osservarsi in queste nostre regioni ; e che io francamente non ho mai osservato (1). Comunque sia, l' importanza del fenomeno però sta in questo , che la presenza del sangue nelle orine era stata segnata da alcuni medici come un fatto di poco valore, as- segnato dai più 0 alla natura della febbre o all' eccesso del chinino , ma nessuno avea pensato legare il fenomeno ad una forma febbrile speciale iltero-emaiurica suscitata dalla chinina anco in piccolissime quantità (2), Or quantunque 1" emoglobinuria sola o con ematuria sia un fenomeno dipendente in certi casi dall' azione spe- ciale della chinina, pure diventa un fatto importante, con- siderandolo sotto il punto di vista semiologico, dififerenzian- dolo da tutte quelle altre cause che possono determinarlo; ed è su questo, che, senza dar tanto peso alla presenza o nò di pochi globuli rossi, quando vi esistessero, intendo fis- sare con precisione il fatto, paragonando il fenomeno sotto il rapporto clinico di queste diverse cause determinanti (3). Ed anzitutto, quantunque in pratica conoscesi una for- ma di emoglobinuria classicamente descritta, prodotta so- (1) V. Tomaselli — op. cit. (2) V. Tomaselli — op. cit. (3) V. Tomaselli — op. cit. INTOSSICAZIONE CHINICI 259 vente dall' azione del freddo, pure, non avendo questa nes- sun rapporto etiologico né alcuna analogia pel suo anda- mento con quella da noi le tante volte costatata, mi è op- portuno limitare solamente il confronto tra 1' ematuria da malaria e quella da chinina. Nell'uno e nell' altro caso sorge comune un fenomeno generale, la feblDre, e un altro fatto riferibile al colorito itterico più o meno intenso della pelle da costituire due stati morbosi febbrili , analoghi nei loro caratteri esteriori , dilferentissimi però per la causa che serve a determinarli; 1' una addimandasi febbre iUero-ema- turica palustre , perchè prodotta dalla sola influenza ma- larica, e r altra febbre ittero-ematiirica da chinina, perchè prodotta da una speciale azione dei preparati di chinina;' neir una e nell' altra, come ho detto, il fenomeno generale comune è la sola febbre e il colorito speciale itterico della pelle; in lutto il resto invece la differenza è massima, anzi diametralmente diversa, tanto in rapporto allo sviluppo, quanto in rapporto al decorso e alla cura sopratutto. Nella prima com' è da credere per ogni manifestazione clinica malarica ogni fenomeno è subordinato all'influenza del prin- cipio malarico esclusivamente, omogeneo, direi quasi, alla espressione sintomatica di tutto ciò che ha legame a que- sta causa infettiva, e dove il chinino ha il trionfo d'un agente speciflco ; nella seconda è il voluto rimedio invece quello che svela la terribile scena , ed allora l' insorgere tempestoso d'ogni singolo fatto è nelle nostre mani e nella nostra volontà il ripeterlo, e dove il chinino, non più trion- fa, ma nuoce, e persistendo ammazza. In conclusione adunque noi osserviamo clinicamente la medesima forma sintomatica, è vero, in seguito al freddo alla malaria e alla chinina , ma parmi abbastanza affer- mato il carattere differenziale con cui il processo morboso comportasi diversamente sotto la influenza di ciascuna di queste cause , e sommamente accertato in ultimo il fatto 260 INTOSSICAZIONE CHINICA come la chinina eserciti in certi individui affetti da mala- ria un effetto eminentemente tossico, il quale si spiega per un' azione dissolvente su i globuli sanguigni, trovando l'ac- cesso febbrile istesso possibilmente una ragione in siffatta distruzione dei globuli nella circolazione, a cui deve a ra- gione riferirsi V emoglobinuria o V emaiuria che l'accom- pagna (1). (1) V. Tomaselli — op. cit. Bell'azione di taluni olii essenziali sullo sviluppo dei microrganismi delle acque potabili Nota del B.r SALVATORE ARADAS Comunicazione fatta all' Accademia Gioenia di Scienze naturali in Catania nella seduta del di 20 Maggio 1S87. In seguito ai recenti progressi della microparassitolo- gia, essendo stato riconosciuto è provato all' evidenza, che il veicolo principale, per mezzo del quale i microrganismi patogeni vengono introdotti nell' organismo, sono le acque potabili, si è cercato il modo di sterilizzarle, di uccidere, cioè, 1 germi numerosi da esse contenute, per poter usare del necessario elemento, senza timore di trarne da esso le più terribili infezioni, ed evitare quindi la diffusione delle epi- demie per mezzo delle acque potabili inquinate. Varii mezzi, da egregii igienisti , sono stati proposti , ma non potendo usarsi indifferentemente i piii potenti pa- rassiticidi , senza incorrere in gravi pericoli d' avvelena- mento, si è dovuto cercare fra le sostanze poco energiche e la cui azione è perciò stesso temporanea ed insufficiente. L' uso dell' acqua bollita , se da una parte risponde , fino ad un certo punto allo scopo, come risulta da una se- rie di esperienze dame intraprese, quantunque molto dif- fìcile di usarsi nelle famiglie numerose perchè preparata e conservata in grandi quantità può inquinarsi nuovamente; si è però dovuto constatare che il suo uso prolungato per molto tempo, produce alcuni inconvenienti , disponendo ai catarri intestinali e gran parte di coloro che, in tempi di epidemia, hanno usato dell' acqua sterilizzata per ebollizio- ATTI ACC. VOL. SX. 35 262 dell' azione di taluni olii essenziali ne sono stati affetti da cattive digestioni e da catarri ga- stro-intestinali, come tutti abbiamo potuto constatare. Fra le tante sostanze proposte, sono state molto van- tati, come capaci d' impedire la moltiplicazione e lo svilup- po dei microrganismi, gli olii essenziali, che agiscono anche in dosi minime , purché assolutamente privi di alcool , il quale neutralizza la loro potente azione. Ed io stesso, in una pubblica conferenza, riportando le conclusioni di valenti micologi, consigliavo di usare, du- rante il corso di una epidemia 1' acqua potabile con 1' ag- giunta di alcune gocce di essenza di menta piperita. Infatti il Prof. Ziegler nel suo pregevolissimo trattato di Anatomia patologica, al capitolo sulla patogenesi delle malattie infettive, che può riguardarsi come uno dei primi e più pregiati trattati elementari di Microparassitologia, passa in rassegna 1' azione di moltissime sostanze , sullo sviluppo dei microrganismi patogeni e assicura che gli olii essenziali e specialmente quello di menta alla minima dose di Vsoooo, è capace di arrestare lo sviluppo di essi. Però gli olii essenziali sono sostanze diffusibili; mi nac- que quindi il sospetto che la loro azione , per quanto po- tente non potesse essere che passeggera per la loro vola- tilità. •Volendo perciò assicurarmi della loro efficacia, intra- presi le esperienze, che formano 1' oggetto della presente nota. Ho sperimentato sull' essenze seguenti : lavanda, anice, neroli, trementina, bergamotto, menta, garofani, melissa, calamo aromatico, cedro, rosmarino, eu- caliptus, fragola, rosa, mandorle amare. E prima di tutto per assicurarmi del loro grado di purezza e per escludere che la loro azione fosse modificata dalla presenza di sostanze estranee e specialmente dell'al- cool, le ho trattate nel modo seguente : SULLO SVILUPPO DEI MICRORGANISMI ECC. 263 Ho versato una piccola quantità dell' essenza in un tu- betto graduato e aggiuntavi un volume d' acqua 1' ho agi- tato per un poco, ho ripetuto tale pratica per ciascuna essenza ed ho trovato sempre che 1' acqua non si intorbi- dava, né il miscuglio, contenuto nel tubo, diminuiva di vo- lume, come avrebbe dovuto verificarsi se dell' alcool si fos- se trovato mescolato all' essenza. Per esser maggiormente sicuro, ho fatto un altro sag- gio di ciascuna col metodo di Wittstein, servendomi, cioè, di un tubo graduato che ho riempito fin ad un terzo di olio essenziale, aggiungendovi a poco a poco dei minuti fram- menti di acetato di potassa; ho riscaldato quindi il tubo al bagno-maria per cinque minuti, agitando spesso, e 1' ho lasciato raffreddare lentamente; non osservai alcuno strato di soluzione alcoolica al fondo del tubo né potei notare al- terazione alcuna, nell' aspetto del sale introdotto. Assicuratomi in tal modo , che 1' azione delle essenze non poteva esser modificata dalla presenza dell' alcool, pre- parai sedici tubetti con gelatina nutritiva, in ciascuno dei quali introdussi una goccia di una delle essenze, e dopo averle ben mescolate aspettai che la gelatina si fosse solidificata e in ogni tubo innestai una piccola parte di coltura pura del bacillo dissenterico ; li disposi così preparati in locale adat- to mettendovi vicino un tubo di sola gelatina anch' esso in- nestato col medesimo bacillo, per vedere se in tutti si svi- luppassero colonie e con quale differenza di tempo e di gran- dezza, in rapporto alle varie essenze. Così preparati li ho osservato ogni 24 ore ed ecco qui trascritto quanto mi fu dato osservare : 1. Giorno Tubetto di prova — Colonia di circa 3 mm. in superfi- cie e inizio di sviluppo lungo il tracciato dell' ago. 264 dell' azione di taluni olii essenziali Tubi contenenti essenza di anice, melissa , rosnaarino, eucaliptus — Inizio di sviluppo alla superfìcie. Negli altri tubi nessun sviluppo. 2. Giorno Tubetto di prova— Colonia di circa 4 mm. in superfì- cie, di 1 mm. lungo il corso dell' ago. Tubi con anice , bergamotto, melissa— Colonia di mm. 1. 7^ in superfìcie con sensibile sviluppo lungo il tracciato dell' ago d' innesto. Tubi con calamo aromatico, rosmarino, eucaliptus, fra- gole, mandorle amare — Colonia poco estesa in superfìcie, con forte sviluppo sul corso dell' ago. Tubi con lavanda, rosa, menta, garofani — Nessun svi- luppo di colonia. 3. Giorno Tubo di prova— Colonia cresciuta fino ad 1 cm. in su- perfìcie, mentre formasi quasi ad imbuto lungo il tracciato dell' ago. Tubo con i anice — Colonia di 3 mm. » bergamotto » » 2 7. " » neroli 9 2 > trementina » 1 » » menta appena apprezzabile. » melissa » 4 mm. > calamo aromatico » 2 > » cedro » 2 » » rosmarino » j> 1 7. » » » eucaliptus ♦ » 2 > > fragola » » 1 V. ' » » mandorle amare D 1 * Nulla ancora nei tubi contenenti l'essenze di lavanda, di rosa e di garofani. SULLO SVILUPPO DEI MICRORGANISMI ECC. 265 4, Giorno Poco aumentate le colonie del giorno precedente; ap- pare r inizio di sviluppo di una colonia nell' essenza di ga- rofani; nulla ancora In quelle di rosa e di lavanda. 5. G-iorno Tubo di prova— La gelatina presentasi fusa dalla su- perfìcie verso il fondo per 1 cent, e y,. Tubi con anice, bergamotto, melissa, calamo aromati- co, rosmarino, eucaliptus — Colonie maggiormente sviluppa- te, talune fino a tutta la superficie libera della gelatina, al- tre fino a qualche mm. dalla parete del tubo. Tubi con fragola, mandorle amare, trementina, neroli. Colonia sviluppata sino alla metta della superficie libera della gelatina. Tubo con menta — Colonia di circa 2 mm. in superficie, principio di sviluppo lungo il tracciato dell' ago. Tubo con garofani— Colonia di mm. 1 '/j con sensibile sviluppo lungo r ago. Nulla nei tubi con essenza di lavanda e di rosa. Così successivamente la gelatina di tutti i tubi venne fluidificata, presentando solo una differenza, nel tempo im- piegatovi e senza conservare un ordine preciso, poiché tro- vavasi un giorno maggiormente sviluppata quella che lo era meno il giorno precedente e viceversa. Solo rimaneva intatta la gelatina eh' era stata trattata con 1' essenza di rosa e quella di lavanda, che conservavasi tale sino al 10 giorno dopo cominciate le esperienze, epo- ca alla quale tutti gli altri tubi presentavano la gelatina totalmente fusa. All' undecime giorno però cominciò ad osservarsi In esse r inizio di una colonia la quale cresceva tanto len- 266 dell'azione di taluni olii essenziali tamente che la gelatina disseccavasi prima che venisse fu- sa da essa. Un dubbio tuttavia mi rimaneva e prima di venire a qualunque conclusione, volli accertarmi se quei risultati non fossero dovute sempre alla volatilità delle essenze, in mo- do che, sebbene la loro azione sui microrganismi fosse ab- bastanza energica non potesse spiegarsi che per soli istanti e fino a quando non rimanendone più traccie in seno alla gelatina, quelli riprendevano il loro sviluppo normale. E quindi ripresi l'esperienza coprendo i tubi contenenti la gelatina con cappelletti di gomma elastica onde impe- dire la volatilizzazione degli olii essenziali. In tale condizione ho messo i tubi in osservazione, già preparati con V essenze stesse ed innestati col medesimo bacillo, e non mi fu dato notare altra differenza con i ri- sultati ottenuti nel primo caso, che un leggero ritardo nello sviluppo e neir accrescimento delle colonie , specialmente con l'essenza di trementina e di cedro. Ptimanevano intatti per un tempo molto più lungo i tubi contenenti la gelatina con essenze di lavanda e di rosa, nei quali però, essendo impossibile 1' evaporazione e quindi r essiccamento della gelatina, questa giunse ad esser fusa totalmente al pari di quella degli altri tubi. Assicuratomi in tal modo che 1' azione delle essenze sullo sviluppo del bacillo dissenterico era nulla, nei mezzi di coltura, volli ancora provarlo sopra altri microrganismi e in tanti tubi di gelatina aromatizzata con le stesse essenze innestai il bacterium termo, il bacterium lineola , il bacil- lus subtilised il micrococcus prodigiosus. Non riporto qui le osservazioni giornaliere per ciascu- no d'essi, ma mi limito, per non riuscir troppo lungo, a notare i risultati. In tutte le colture, dovetti convincermi che la presen- za degli olii essenziali ritarda lo sviluppo delle colonie di SULLO SVILUPPO DEI MICRORGANISMI ECC. 267 un tempo più o meno lungo, in rapporto alla essenza ed in rapporto alla diversa specie di microrganismo innestato. Per citare alcuni esempii, il bacterium termo si svi- luppa in presenza dell'olio essenziale di anice con una co- lonia di 3 mm. di superficie in sole 24 ore mentre con l'es- senza di trementina non raggiunge tale dimensione che a ca- po di tre giorni e, nell'essenza di roso, prima di cinque giorni ; nella gelatina pura ne fonde uno strato di parecclii cm. nello stesso spazio di tempo. Il bacterium lineola che fonde in 24 ore uno strato dì gelatina pura di circa un cm,, trovandosi in presenza del- l' olio di melissa non ne fonde nello stesso tempo che uno strato di 4 mm., mentre non arriva a questo risultato che dopo due giorni con l'essenza di menta e dopo cinque giorni con r essenza di mandorle amare. Il bacillus subtilis sente ancor meglio l'azione delle essenze ; infatti esso presenta, a contatto delle essenze , un notevole ritardo nel suo sviluppo , in ' rapporto a quello che presenta nella gelatina pura, tanto clie nell' es- senza di garofani dopo due giorni dall' innesto osservasi appena l' inizio della colonia e solo dopo otto giorni ha già preso uno strato di gelatina di circa 3 mm. Il micrococcus prodigiosus invece si sviluppa in pre- senza delle essenze quasi nella medesima proporzione che nella gelatina pura, se ne può eccettuare la. essenza di mandorle amare che lo ritarda di 2 giorni e la essenza di rosa di tre giorni. Dopo tali risultati ero pienamente convinto della inef- ficacia degli olii essenziali sullo sviluppo e la moltiplicazione dei microrganismi, nei mezzi di coltura e potevo prevedere anche nulla la loro azione, su quelli delle acque potabili. Ad ogni modo per non lasciare intentata alcuna prova volli ripetere l'esperimento con le acque potabili. V acqua di cui mi sono servito è quella che giunge al 268 dell'azione di taluni olii essenziali rubinetto del mio Laboratorio , la quale raccolta in reci- pienti sterilizzati e messa in coltura in superficie su ge- latina nutritiva, sviluppa 275 colonie per e. e. Quest'acqua divisa in altrettanti recipienti della capa- cità di un litro, sterilizzati-, mescolata con 6 gocce di cia- scuna essenza , dopo un contatto di un' ora fu innestata , nella quantità di 1 e. e. per ciascuna, in tubi di gelatina, che mano mano furono versati in lastre sterilizzate e poste in camere umide. D' altra parte lasciai le acque aromatizzate nei loro recipienti, chiusi con tappi di ovatta in luogo piuttosto fre- sco e poco illuminato. Le colture le osservai dopo 48 ore dall' innesto ed ecco qui trascritto il numero di colonie in esse sviluppate che contai sopra la lastra divisa in cm. q. 1 Lastre — Acqua naturale 275 colonie 2 » con anice 192 » 3 » bergamotto . 180 4 > melissa. 178 5 » calamo aromatico 188 6 » rosmarino . 204 7 » eucaliptus . 198 8 « fragola . 176 9 » mandorle amare 169 10 » menta . 112 11 » garofani 161 12 > lavanda 148 13 > rosa 132 14 > cedro . 168 15 > neroli . 186 16 > trementina . 158 Come si vede chiaramente le differenze in piii o in me- no presentate dalle diverse lastre non sono tali da far ap- SULLO SVILUPPO DEI MICRORGANISMI ECC. 269 parire veruna azione da parte delle essenze da me impie- gate, poiché tali differenze, può presentarle anche un me- desimo campione di acqua naturale, in varii innesti, per le numerosissime cause di errore , impossibili ad evitare in ricerche così delicate, i cui risultati, sempre approssimati- vi, hanno valore solo relativo. E tuttavia , per completare le intraprese esperienze , volli finalmente provare , se 1' azione di quegli olii essen- ziali, essendo nulla in rapporto ai microrganismi già esi- stenti nelle acque potabili , avesse per caso una qualche influenza sulla loro moltiplicazione , che, come si sa, av- viene tanto rapida in seno alle acque, in cui decomponendo la materia organica, danno luogo alla produzione dei suoi derivati, I nitrati , cioè , e poscia ai nitriti ed all' ammo- niaca. A questo scopo innestai nuovamente le medesime ac- que aromatizzate dopo 24 ore di contatto con le essenze e al domani le innestai ancora, cioè 48 ore dopo l' aggiunta de- gli olii essenziali. Anche queste colture furono esaminate ciascuna dopo 48 ore ed ecco i risultati ottenuti. 1 Lastre — Acqua naturale 876 colonie 2 con anice . 912 3 bergamotto. 980 4 > melissa 1190 5 calamo aromatico 1044 6 rosmarino . 1178 7 eucaliptus . , 950 8 fragola 1215 9 mandorle amare. 1026 10 » menta. 437 > . 11 garofani 780 » 12 » lavanda 840 » ATTI ACC. VOI/. XX. 36 270 dell'azione di taluni olii essenziali 13 Lastre — Acqua con essenza di rosa . 771 colonie 14 , » cedro . 560 » 15 > > neroli 1054 » 16 • » trementina 916 > Anche qui più ctie all' effetto della presenza degli olii essenziali, io riferisco la differenza delle cifre ottenute alle molteplici condizioni capaci di modificare naturalmente la moltiplicazione dei microrganismi e lo sviluppo dei loro germi. Solo l'essenza di menta ha dato in questa esperienza, risultati che si allontanano maggiormente dagli altri, ma sempre però in tal grado da diminuire in un certo limite la moltiplicazione dei microrganismi già esistenti. • Le altre colture fatte con le acque dopo tre giorni di contatto con gli olii essenziali, mi diedero i seguenti ri- rultati : Neil' acqua naturale, potei contare, e solo approssima- tivamente, 1034 colonie. Neil' acqua con essenza di menta 847, in quella con essenza di garofani 1108; in tutte le altre se ne erano svi- luppate tale quantità da riuscirmi impossibile il contarle, la superfìcie della gelatina avea preso un aspetto finamente punteggiato, osservata con lente d' ingrandimento, mentre ad occhio nudo, mostravasi quasi uniformemente fusa non distinguendosi 1' una dall' altra le innumerevoli colonie. Da tutto ciò emergono chiarissime le conclusioni se- guenti, almeno per gli olii da me sperimentati , poiché è mia intenzione di estendere le ricerche ad altre sostanze , convinto che se giungeremo a trovare un corpo capace di arrestare lo sviluppo dei microrganismi delle acque pota- bili, si sarà ottenuta la soluzione di un problema interes- santissimo per la publica igiene e si sarà fatto un reale progresso dalla medicina preventiva. SULLO SVILUPPO DEI MICRORGANISMI ECC. 271 Ecco intanto le conclusioni a cui sono autorizzato di venire. 1. Gli olii essenziali, usati in forte dose e in recipienti perfettamente chiusi , in modo da non permettere la loro volatilizzazione, possono solamente ritardare lo sviluppo dei microrganismi nei mezzi di cultura (1). 2. La loro azione non è ugualmente efficace per tutte le specie di microrganismi, ma varia con essa. 3. Che tale proprietà non è applicabile alia sterilizza- zione dell' acqua potabile, in seno alla quale la loro azione diviene quasi nulla. 4. Che anche 1' essenza di menta, tanto vantata da pa- recchi autori non mostra che una leggerissima azione sulla moltiplicazione dei microrganismi e sempre in grado tale da non togliere alle acque inquinate la proprietà di tra- smettere 1 germi degli elementi patogeni da esse contenute. Dal Laboratorio di Chimica Medica della R. Università diretto del Prof. Tomaselli. Catania, Maggio 1887. (1) Mentre (rovavasi la presente nota in corso di stampa, sebbene già presentata all'Accademia sin dallo scorso Maggio, vengo a co- noscenza di un lavoro dello Cliamberland, sulle proprietà antiset- tiche delle essenze, nel quale l'egregio autore ^ riconosce nulla l'a- zione di molte fra esse, specialmente sullo sviluppo dei germi, e nella loro applicazione terapeutica alla cura delle malattìe infettive. Sulla corrispondenza univoca fra le rette di uno spazio ordinario ed ì punti di uno spazio lineare a quattro dimensioni. Memoria del Prof. F. GEIZZONT. Presentata aìV Accademia Gioenia nella tornata del dì 8 Aprile 1883. In questo lavoro sono svolti i principi della trasforma- zione univoca eli uno spazio rigato ordinario S3 in uno spazio lineare S^, a quattro dimensioni , riguardato come r insieme di tutti i suoi punti. Al § 1 è indicato il procedimento geometrico sempli- cissimo col quale si passa da una retta data in Sj al punto corrispondente in S^ e viceversa. Tradotto un tale proce- dimento in linguaggio algebrico ne risultarono le formule di trasformazione dei due spazi, l'uno nell'altro. Come si vedrà, le figure fondamentali della trasformazione constano di pochi elementi semplici. AI § II trattasi di quelle figure dello si)azio S., clie corrispondono alle rette , ai piani ed agli spazi lineari a tre dimensioni di S^; e di quelle figure di S^ che corri- spondono ai piani rigati, alle stelle di raggi ed ai coin plessi lineari singolari di S3. Nel § III sono considerate le superficie rigate, le con- gruenze di raggi , di S3 , e le corrispondenti figure di 2^ . Infine, il § IV riguarda i complessi di S3 e le varietà a tre dimensioni che loro corrispondono in S^ . Le attuali ricerche verranno in seguito continuate. Pertanto , dal loro insieme il lettore potrà giudicare se i metodi esposti offrano realmente un valido stromento alla teoria dello spazio rigato ordinario. ATTI ACC. VOL. SX. 37 274 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA 1. In uno spazio S^, a quattro dimensioni, sia S3 un dato spazio lineare a tre dimensioni, ed in esso assumiamo due piani fìssi A^, B^, i quali avranno in comune una retta Cj . Prendiamo ancora due rette arbitrarie A^, B^ , in S^ , tali che non s' incontrino, ma però la prima abbia col piano B2 il punto comune B^ e la seconda abbia col piano A^ il punto comune A^. Gli spazi a tre dimensioni (BiCj), (CjAj), (AiBJ, pas- santi ciascuno per due delle rette A^ , B^ , C^, si tagliano secondo una retta T^ , la sola trasversale comune alle A, , Bj, Cj. Indicheremo con Co il punto d'incontro della T^ con Cj. I tre piani (A^Ti), (BiTj), (C^TJ, determinati dalla Tj insieme con le A^, B^, C^, costituiscono le intersezioni degli spazi (BiCJ, (C^AJ, (AiBJ, presi a due a due— In- teressa di osservare che la retta A^Oo può riguardarsi come la proiezione di T^ dall' asse A^ sul piano A^ ; e che, similmente, la retta BoCo può riguardarsi come la proie- zione di Tj, daWasse B, sul piano B^. Dinoteremo con C^ il piano del triangolo A^BoCo- Ab- biamo così tre piani A^ , B^ , C^, nello spazio Sg, formanti un triedro i cui spigoli sono le rette BoC^ , CoA,, , C^ . Questo triedro, che ha una parte importante nelle nostre ricerche , risulta come sezione dello spazio S3 col sistema degli spazi (B,C,), (C,AJ, (A,BJ. 2. Ciò posto, se una retta qualsivoglia Rj , di S3, taglia i piani Ag , Bg nei punti M^ ed N^ , proiettando M,, dal- l'asse Al ed No dall'asse B^ si ottengono due piani aventi in comune un punto R^, dello spazio S^, che faremo corri- spondere alla retta R,. Viceversa, dato in S^ un punto Ro, 1 piani (AjRo), (B^Ro) tagliano rispettivamente Aj e B^ nei FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 275 punti M„ ed N„, i quali determinano la retta Rj, di S3 , cor- rispondente al punto Ro- È chiaro adunque che la costruzione accennata rife- risce univocamente fra di loro le rette dello spazio S3 ed i punti dello spazio S^. 3. Siano x^ , Xj , X3 , x^ , Xj , le coordinate omoge- nee di un putito nello spazio S^. Assumendo la X5=0 per rappresentare lo spazio S3 , avremo in esso un tetraedro fondamentale le cui faccie x^=0, X2=0 si riterranno coin- cidere coi piani A2 e B^ rispettivamente. Individueremo la retta A^ con le equazioni : x, = 0, x, = 0, X3 + x, = 0 e la retta B, con le equazioni x, = 0, X3 = 0, x, + X5=0, cosicché il punto A^ avrà le coordinate Xj = 0, x^— -cost. X3 = 0, x. = o, X, =0. ed il punto B» avrà le coordinate Xj = cost. , X2 — Oj X3 = 0, X, = 0, X5 = 0. Lo spazio (AjBJ è allora definito dalla equazione X3 + x,-fx, = 0; ed il piano C2 , dalle equazioni X3 + X, — 0, x, = 0. 276 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA Per la retta A^Bo si avrà: X3=0, x, = 0, x, = 0; per il punto Co*. x, = 0, x, = 0, x„ + x. = 0, X3 = 0; per la retta AoCo: x,=0, X3 + x, = 0, x, = 0 e per la retta BoCot x, = 0 X3 + x, = 0 x, = 0. Poiché le equazioni x,=.0, x, = 0 x, = 0 rappresentano la retta C, , così le equazioni x,=0, ed 'k^==0 individuano gli spazi (BiCj), (C,A,) e la retta Ti è deter- minata dalle : x,=0, x, = 0, X3 + x, + x, = 0. 4. Indichiamo con rj^, r^^, i\, i\^, r^^, rg^ le coordi- nate omogenee di una retta Rj dello spazio Sg (X5=0). Le coordinate dei punti M„ ed No nei quali essa taglia i piani Ag e Bg sono rispettivamente : Mo(x, = 0, x, = r„, X3 = — r,^, x, = r„, X3 = 0) N„(x,=-r„, x, = 0, X3 = r,3, x, = r,,, x, = 0). FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 277 Il piano (A, Mo) è perciò rappresentato dalle equazioni l's, X2 + '-n (^'a + >;6) = 0 , r3, X, 4- r,^ (X3 + X j = 0 , ed il piano B, No dalle : ■•'24 -^1 + r„ (X, + xj = 0, r„. X3 - r„ (x^ + x,) = 0. Questi due piani hanno in comune il punto Ro corrispon- denti della retta R, (n. 2); quindi, per le coordinate di K, si Ila: (*) -^1 = ''12 C's. — '-1.) , x, = r„(r„3 + rj X3 = '".3(''u- i'3j), x, = r„(r,3 + r,,) \, = r^,r. Di qui, inversamente, si deducono le: 0) (2) c,x,, f,, = x,(x^ + x,), r3^ = x,(x3 + x, + x,). j !•„ = — x,x, , r,3 = x,\3, rs, = x, (X3 + X,) X Le (1) e (2) sono le formule di corrispondenza fra gli spazi Sg e S^, 5. Si riconosce facilmente, applicando il procedimento geometrico indicato al n." 2 , 0 giovandosi delle formule stabilite al n.° precedente che : a) Ad ogni retta di Sg che incontri la retta C, in un dato punto , e non sia contenuta in alcuna faccia del triedro A^B.C,, corrisponde, in S^, il punto d'incontro. E viceversa, ad un punto di S^, situato in C, , corrispondono, in Sg, tutte le rette passanti per il punto stesso. Però, se (•) Tenendo conio dell'identità '12 ''3* ~t~ ''sa ' n ~t~ '31 '"24 — - O 278 SULLA CORRISPONDENZA. UNIVOCA Si eccettuino gli spigoli de! triedro A,BA, (V. in d) ed in /")), ad ogni retta passante per il punto Co (n. 1) corrispondono tutti gli infiniti punti della retta Tj, E viceversa, ad un punto qualunque della T, corrispondono, in Sg, tutte le rette passanti per Co. b) Ad ogni retta, di S^, che incontri la retta A(,Co in un dato punto Mo, e non sia contenuta in alcuna faccia del triedro A,BA, corrisponde, in S^, quel punto Po, del- l'asse Bi, che giace nel piano (A,Mo) (n. 1). Si eccettuino le rette passanti per il punto Ao a ciascuna delle quali corrisponde costantemente il punto stesso (V. in e)). Viceversa, ad un punto ?„ dell'asse Bj corrispondono, In Sg, tutte le rette passanti per il punto Mo, comune al piano (Al Po) ed alla retta AoCo. e) Similmente, ad ogni retta, di S3, che incontri la retta BoCo in un dato punto No, e non sia contenuta in alcuna faccia del triedro AoBA» corrisponde, in S^ , quel punto Qo, dell'asse A,, che giace nel piano (BjNo) (n. 1). Però a ciascuna retta passante per il punto Bo corrisponde costantemente il punto stesso (V. In f) ). Viceversa, ad un punto Qo, dell'asse Aj , corrispon- dono, in Sg, tutte le rette passanti per il punto N,, comune al piano (B^Qo) ed alla retta BoCo . d) Se una retta di Sg è contenuta nel piano C^ , ed Incontra in Mo ed No rispettivamente le rette AoCo, B^Co, ad essa corrispondono, in S^ , gli infiniti punti di una retta, dello spazio (A,B,), appoggiata agli assi A,, B,. Il punto d'appoggio con Ai giace nel piano (BiNo) (n. 1) ed il punto d'appoggio con B, giace nel piano (AiMo). Viceversa, però ad un punto qualunque dello spazio (AiB,) corrisponde una retta determinata del piano C^ , purché tale punto non giaccia né in Ai , né in Bi né in T, (V. in a), b), e) ). In particolare, ad ogni punto di (A,Bi) , situato nella retta A^Co, corrisponde costantemente, in C2, la retta AoC». FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 279 Ad una retta qualunque di C. uscente da Ao, corri- spondono, in (AiB,) gii infiniti punti d' una retta passante per Ao e che incontra l'asse Ai ; e ad una retta qualunque di C2, uscente da Bo, corrispondono, in (A,B,) gli infiniti punti di una retta passante per B„ e che incontra l'asse B, . In particolare , alla retta xl^Bo corrisponde ogni punto di essa. Nel piano C^ sono notevoli le rette A^Co, BoCo perchè situate ad un tempo nello spazio Sg e nello spazio (AiBJ — Riguardando le AJJ^, Bfi^ come rette delio spazio S^, alla prima corrispondono, in (AjBi) tutti i punti del piano (B,T,) (n. 1), ed alla seconda corrispondono tutti i punti del piano (AiT,). Invece, riguardando le AoCo, 'BqCo come luoghi di punti dello spazio ( A,B, ) ad ogni punto di ciascuna di queste rette, corrisponde, in Sg tutta la retta stessa. e) Se una retta di Sg è contenuta nel piano A,, e ta- glia rispettivamente in M^ ed No le rette AoCo e Ci, ad essa corrispondono, in 2^, gli infiniti punti della retta che passa per No e per il punto comune all'asso B, ed al piano (AiMo) (n. I). Questa seconda retta giace adunque nello spazio (BiCi). Viceversa, però, ad un punto qualunque di questo spazio corrisponde, in S3, una retta determinata del piano A,. Fanno eccezione le rette di A, -passanti per il punto Ao (V. in a), d)) non che quelle passanti per il punto Ao- A ciascuna di quest'ultime rette corrispondono, in (B,Ci) gii infiniti suoi punti. Così adunque, se un punto Ro, di S^, giace nel piano Aj, la sua retta corrispondente è la RqAo. f) Similmente, ad una retta qualunque di S3, conte- nuta nel piano B, e che incontri in M^, ed No le rette Ci e BoCo , corrispondono in S^ , gli infiniti punti della retta che passa per Mo e per il punto comune all'asse A, ed al piano (A,NJ — Viceversa, però, ad un punto qualunque di questo spazio corrisponde in S3 , una retta determinata del piano B,. Fanno eccezione le rette di B^ passanti per 280 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA il punto Co (V. in a), d)), non che quelle passanti per il punto Bo. A ciascuna di quest'ultime rette corrispondono, in (Al Ci), gli infiniti suoi punti. Perciò , se un punto R» , di S^, giace in B^, la sua retta corrispondente è la RoBo . Quanto alla retta C^ , che è comune ai piani A^ , B, , possiamo osservare che due qualunque de' suoi punti pos- sono riguardarsi quali intersezioni di essa con i piani an- zidetti. Da ciò si deduce facilmente che alla retta C^ cor- rispondono tutti i punti del piano (CiT,). g) Ad una retta dello spazio Sg, che incontri la A^B^, corrisponde un punto situato nello spazio medesimo, E vi- ceversa, ad un punto di 2^ , contenuto in S3 , corrisponde una retta appoggiata alla A„B(, . Dal fin qui detto risulta chiaramente che le figure fondamentali della trasformazione sono costituite dagli spigoli e dalle faccie del triedro A^B^C^ per lo spazio S3; dalle rette A,, B^, C,, T^, dai piani (A^TO, (B^Ti), (CiT,), e dagli spazi (B,C,), (C,A,), (AiB,), per lo spazio S^. § n. 6. Nello spazio S^ sia data una retta qualunque L, . Proiettando ciascun suo punto dagli assi Ai,.Bi sui piani Aj, Bj, si ottengono, in questi piani, due punteggiate pro- iettive e le congiungenti le coppie di punti corrispondenti, delle punteggiate medesime , formano la serie di quelle rette , dello spazio S3 , che corrispondono ai punti di Lj . Fra le rette della serie ve n' ha tre , una in ciascuno dei piani A,, Bo, Cj, le quah corrispondono rispettivamente ai punti comuni ad L, ed agli spazi ( B,Ci ) , ( CjA, ) , ( A,B, ) (n. 5, d) e) /")). Da ciò segue che: Ai punti di una retta qualunque, dello spazio S^, corrisponde, nello spazio S3, una superficie rigata di se- condo grado inscritta nel triedro fondamentale A2B2O2. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 281 Viceversa , si dimostra facilmente che ad una super- fìcie rigata di secondo grado, (*) dello spazio S3, inscritta nel triedro A^B^C^ , corrisponde una retta determinata dello spazio S^. Ciò, del resto, s'accorda col fatto che il numero di queste superficie, in S3, è co" precisamente co- me il numero delle rette di S^. Se due rette di S^ s'incontrano, in un punto, le su- perficie rigate corrispondenti, in S3, hanno in comune la retta corrispondente di quel punto ed inoltre si tagliano secondo una cubica gobba. 7. Accenniamo a qualcuno de' numerosi casi eccezio- nali che si presentano quando la retta L'^ occupi posizioni particolari rispetto agli elementi fondamentali dello spa- zio S^. a) Se Lj giace nello spazio (BiCJ, 0 nello spazio (CjAj) 0 nello spazio (A,BJ, e non incontra alcuna delle rette fondamentali, la serie rigata corrispondente giace ri- spettivamente nella faccia A^ 0 nella faccia B^ 0 nella faccia Cg del triedro fondamentale e si compone delle tangenti di una conica, la quale tocca i due spigoli del triedro situati in quella faccia (n. 5, d) e) f) ). Viceversa , però , alle tangenti per es. di una conica del piano A^, toccata dalle due rette A^Co e Cj , non cor- rispondono in (BiCi) i punti d' una retta unica , ma bensì i punti di infinite rette situate in una superficie del secon- do grado passante per le Bj, C^ (n. 5 d)). b) Se la retta Lj incontra i due piani che dagli assi Aj e Bi proiettano un medesimo punto della retta Ci, le proiezioni di L^ , sopra A^ e B^, dagli assi A^, B^, sono due punteggiate proiettive situate in uno stesso piano, ep- però, in questo caso, ai punti di L, corrispondono le tan- n Qui, naluralmente , si considerano soltanto le rette dell' uno 0 dell'altro sistema della superfìcie. ATTI ACC. VOL. XX. 38 282 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA genti d'una conica manifestamente inscritta nel tciangolo sezione del suo piano col triedro A^B^C^ . e) Se la retta L^ giace nel piano A.^, ai punti di essa corrispondono quelle rette, del piano stesso, che pas- sano per il punto A,, (n. 5, e) ). d) Se la retta L^ è contenuta nel piano C^, ai suoi punti corrispondono le tangenti d' una conica inscritta nel triangolo AoB^Co, ed i punti di contatto con A^Co e Bfi^ giacciono in L^ (n. 5, g)). e) Se la retta L^ incontra la retta fondamentale Aj , ai punti di essa corrispondono in S3, le rette di un fascio, il cui centro è il' punto comune al piano A^ ed al piano /■) Se Lj incontra la retta fondamentale C^ in un punto Po, e non giace in alcuno degli spazi (BjC,), (G.AJ, ai punti di essa corrispondono le rette di un fascio il cui piano passa per P^ ed il cui centro giace in quella retta, del piano C^ , che corrisponde al punto comune ad Lj ed allo spazio (A^B J (n. 5, d) ). g) Infine, se la retta L^ incontra la retta fondamen- tale T^ , ai punti di essa corrispondono, in S3 , i raggi di un fascio il cui piano passa per il punto fondamentale C^. 8. Consideriamo un piano qualunque P^, dello spazio H^. Proiettando ciascun suo punto dagli assi Ai,Bj, sui piani A^ e B, rispettivamente, si ottengono in questi piani, due figure omografiche e le congiungenti le coppie di punti corrispondenti, in tali figure, formano il sistema 00' delle rette di S3 che corrispondono ai punti di P^. Da ciò se- gue (*) che: (•) Cfr. Reije , Legoiis sur la Geometrie de Positioii, 2.™° Panie pag. 106, ed anche: Aut.'> Sulle Superfìcie e sulle Linee che si ot- tengono come luogo o come inviluppo delle rette congiungenti i punti corrispondenti di due cui've omografiche piane. Mem. della R. Acc. dei Lincei, anno 1878-79. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 283 Ad un jiiano qualunque, dello spazio S^, corrisponde, nello spazio S3 , un sistema di rette del terzo ordine e di prima classe. Il piano P2 sega i tre spazi fondamentali (B^CJ, (CjAi), (A^BJ, secondo tre rette formanti un triangolo i cui ver- tici Bo, bo, Co sono i punti comuni a P^ ed alle faccie del triedro fondamentale A^B^jC^ (n, 1). Ai punti di queste rette corrispondono le tangenti di tre coniche situate nelle faccie del triedro anzidetto (n, 7, b)), opperò i raggi del sistema di terz' ordine e prima classe di cui si tratta, punteggiano omograficamente tutti tre i piani A^, B^, C^, e la svilup- pabile (di terza classe) i cui piani tangenti si tagliano a due a due secondo raggi del sistema , è inscritta nel triedro fondamentale A^B^C^. I due fasci di piani che dagli assi Aj e B^ proiettano i punti della retta C^, tagliano il piano P^ secondo due punteggiate proiettive (le rette \% , h^o,^ che determinano una conica ogni tangente della quale ha per corrispondente un inviluppo di seconda classe (n, 7, b) ) appartenente al sistema di raggi. Il piano poi dell' inviluppo è tangente alla sviluppabile sopradetta, vale a dire è un piano singo- lare del sistema. Da tuttocclò concludiamo che : In ogni piano dello spazio S^ y' è una conica alle tangenti della quale corrispondono , nello spazio S^ , le rette d'un inviluppo di seconda classe. Alle rette del piano P^ uscenti da un punto qualunque Po, corrispondono superfìcie rigate di secondo grado for- manti una schiera , la cui sviluppabile base è decomposta nel fascio di piani che ha per asse la retta corrispondente di Po e nella sviluppabile inviluppata dai piani singolari del sistema di raggi. Si dimostra facilmente che alle rette dello spazio S^ formanti un sistema di terz' ordine e prima classe, per il quale le faccie del triedro fondamentale A^B.C^ sono piani 284 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA singolari, corrispondono, in S^, 1 punti di un piano. E ciò, del resto, s'accorda col fatto che i sistemi dotati dell' an- zidetta proprietà sono in numero co ® precisamente come i piani dello spazio S^. Due piani, in S^ , hanno in comune un solo punto; i due corrispondenti sistemi di rette, in S3, hanno dieci rette comuni (V. al n. 23), delle quali tre sono gli spigoli del triedro AjBAm aJti'e sei sono distinte in coppie situate nelle faccio del triedro stesso, ed una è la retta corrispon- dente del punto comune ai piani dati. 9. Ricerchiamo ora di qual natura sia la superfìcie ©2. dello spazio S^, i cui punti corrispondono alle rette di S, passanti per un dato punto Zq. È chiaro pertanto che i punti comuni a tale superficie e ad un piano arbitrario P^ corrispondono ai raggi che passano per Zo e appartengono al sistema di terz' ordine corrispondente al piano P. (n. 8). Dunque la superficie o, è del terzo ordine (*). Essa con- tiene evidentemente (n. 5, a) b) e) ) tutte le rette fonda- mentali Al, Bi, 0,, Ti, come linee semplici e contiene in- finite altre rette appoggiate alla Ti, le quali corrispondono a quei fasci di raggi, di centro Z^, i- cui piani passano per il punto fondamentale Co (n. 7, g) ) — Tutte le superficie analoghe a 0, formano, in S^ , un sistema co ^ che indiche- remo con (0,)3 . Due qualunque di esse hanno un solo punto variabile comune. Un piano Z, , passante per Z,,, contiene un fascio di raggi col centro in tale punto e le punteggiate prospettive secondo le quali quei raggi tagliano i piani AjOBo, proiet- tate dagli assi A, e B, rispettivamente, forniscono due fasci (_") Per questa supeificie veggusi: Veronese, BehandlLing der pro- jectivischen Verlìàltnisse der Raùme von verscliiedenen Dirnensionen, durch das Princip des Projiciieiis iind Schneideiis. Malli. Ann. Band XIX, pag. 229. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 285 proiettivi di piani i quali generano una conica. Questa curva passa per il punto 9.0 comune a C, ed a Z^ e di più incontra gli assi A, e B, . Il punto «'„, d'incontro con A, giace nel piano di Bi e del punto «„ dove Z. taglia la retta BoC(,; il punto lì\, d'incontro con B^ , giace nel piano di Aj e del punto /3„ dove Z, taglia la retta AoC, (n. 5, b) e)). Possiamo dunque dire clie : Alle rette di un fascio qualunque , dello spazio S3 , corrispondono, nello spazio S^ , i punti di una conica ap- poggiata alle rette fondamentali A,, Bj, C,. La conica dianzi costruita appartiene alla superficie ©2, onde si vede che la superficie stessa contiene un nu- mero Go^ di coniche (*). È evidente che due qualunque di queste curve hanno un solo punto comune e che per un punto della superficie passa una sola delle curve stesse. 10. Se ora il punto Z^ si fa variare nel piano Z,, ri- guardate come fìsso, al fascio delle rette di Z, col centro in quel punto corrisponde in S^ una conica variabile la quale passa costantemente per i tre punti fissi «'o, 12\, % . Se poi il punto Z^ descrive una retta , in Z,, la conica corrispondente, nel piano a'o/S'o%, descrive un fascio il cui quarto punto base corrisponde a quella retta. Onde segue che : Alle rette di un piano dato comunque , nello spazio S3, corrispondono punti, dello spazio S^, situati in un piano appoggiato alle rette fondamentali A,, Bi, 0,. Ed tri particolare . ai fasci di raggi , del piano dato , corri- spondono le coniche d' una rete con tre punti base sulle ■ rette fondamentali anzidette. Se nel caso attuale si applica il procedimento indicato al n, 8, si verifica subito che ad ogni retta contenuta nel piano a'o/3'0% corrisponde un inviluppo di seconda classe (•) Veronese j Mem. cit. 286 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA inscritto nel triangolo «„ /3„ %. Alle rette poi del piano a'o/3'o% formanti un fascio col centro in un dato punto cor- rispondono, nel piano ao/3„>„, inviluppi di seconda classe formanti una schiera, la cui quarta retta base è la corri- spondente del punto dato. In sostanza, a„/3„^, ed a'„/3'„>, sono i due triangoli fondamentali della corrispondenza bi- razionale di secondo grado, esistente fra i punti e le rette dei due piani considerati. 11. Ritornando ai piani dello spazio S^ ed ai corri- spondenti sistemi di rette, dello spazio S, (n. 8), c'interessa di notare i casi particolari seguenti : a) Se un piano P,, di S,, incontra una delle rette fon- damentali Al, B,, Ci, esso ha due soli punti variabili co- muni con ogni superficie del sistema {©,\ (n. 9) ed un punto comune con ogni piano appoggiato alle rette A,, Bj. C, (n. 10). Segue che a P» corrisponde, in S^ , un sistema di rette del secondo ordine e di prima classe. b) Se Pj contiene la retta A, o la retta Bi o la retta Ci, ad esso corrisponde, in S3, una stella di raggi il cui centro è rispettivamente nel piano A, 0 nel piano B^ 0 nel piano 0. . Viceversa però , a questa stella di raggi corri- sponde, in S^, una superficie del sistema (0,),, la quale è spezzata nel piano P, ed in una superficie rigata del 2.° grado, passante per quelle due, fra le rette A;, B,, C^ che non giacciono in Pj. Si' vede da ciò che il piano Pj ha un solo punto (variabile) comune con una superficie ©, • e) Se Ps contiene la retta fondamentale T, , ad esso corrispondono le rette di un piano passante per il punto fondamentale Co (n. 7, g) ). E particolarmente, ad un fascio dì raggi , dato in questo secondo piano, corrisponde , nel primo, una conica spezzata in due rette, una delle quali è costantemente la retta T^ . / due piani anzidetti sono adun- que reciproci nel senso ordinario. Osserviamo che in questo caso il piano P2 non ha generalmente punti variabili con FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 287 una superfìcie o, . Vi sono però infiniti piani 1\ ciascun de' quali, oltre la retta T,, ha in comune un'altra retta con una superfìcie &, (n. 9), d) Se, infine, Pj è contenuto nello spazio (BiCJ , o nello spazio (CiAj) , o nello spazio (A^BJ, ad esso corri- sponde, in S3 , rispettivamente il sistema delle rette del piano A,,, 0 del piano B. 0 del piano C^ (n. 7. a)). 12. Nello spazio S3 , sia 0, una retta qualsivoglia ed indichiamo con 0^ il punto che le corrisponde nello spa- zio S^. Le rette di S3 che incontrano la 0^ (cioè formanti un complesso lineare singolare il cui asse è la retta OJ si possono riguairdare 0 come distribuite in infinite stelle od in infiniti piani ; da cui segue che i punti corrispondenti di quelle rette, in S^ , formano una varietà S2„, a tre di- mensioni , la quale è ad un tempo il luogo di tutte le su- perficie del sistema (©j, passanti per il punto 0,, ed il luo- go di tutti i piani che passano per 0^ ed incontrano le rette fondamentali Ai, B,, Ci, (n. 9). Consideriamo i due piani determinati dal punto Oo e da ciascuna delle rette Ai, B,. Due spazi lineari a tre di- mensioni che da tali piani proiettano un medesimo punto della retta Ci, si tagliano secondo un piano passante per Oo e clie incontra le rette Ai, B,, C, — Questo piano ap- partiene alla varietà a, la quale , come si vede , è del se- condo ordine, contiene le rette fondamentali A,, Bi, C,, T, ed è dotata di un punto doppio in Oo. Dunque: / ptmti dello spazio S^ , a cui corrispondono in S3 le rette di un complesso lineare singolare, giacciono in una ■quadrica ^ , a tre dimensioni, passante per le rette fon- damentali A. , Bi , Ci , Tj , e dotata di un punto doppio nel punto corrispondente all' asse del complesso. È utile osservare che: Le rette {in numero co'') delta quadrica ^.^, uscenti dal suo punto doppio 0», sono anche le rette di S^, pas- 288 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA santi per 0, , a ciascuna delle quali corrisponde, in Sg un inviluppo di seconda classe (n. 10), Noi chiameremo ^, la quadrica relativa al punto Oo giacctiè essa è perfettamente determinata da questo suo punto doppio. I punti dove la retta 0, incontra i piani fondamentali Aj, Bo, O2 sono i centri di tre stelle a ciascuna delle quali corrisponde una superficie del sistema (0,)3 spezzata in un piano ed in una superficie rigata del 2° grado (n. 11, b)). Dunque : Fra le superficie del sistema (0,)3 passanti per un dato punto, dello spazio S^, ve ne sono tre ciascuna delle quali è spezzata in un piano ed in una superficie rigata del 2" grado. Le tre superficie rigate di 2° grado , delle quali si tratta , costituiscono le intersezioni della quadrica ^ con gli spazi fondamentali (B,C,), (C,A,)» {K^ò- Tutte le quadriche analoghe ad ^3 formano un sistema 00* che indicheremo con (^3^4 e si vede facilmente che: La quadrica a, relativa ,ad un dato punto Oo, è il luogo di un punto, la quadrica sì, relativa al quale passa per 0(,. 13. Sia Z. un piano qualunque dello spazio S3 e Z\ il piano che gli corrisponde nello spazio S^ , ed è perciò ap- poggiato alle rette fondamentali Ai, Bi, Ci, (n.' 9 e 10), Abbiamo già notato la corrispondenza birazionale di 2° grado che esiste fra i punti e le rette di ZjeZ'g, Ora pos- siamo aggiungere che tutte le quadriche del sistema (^)« tagliano il piano Z', secondo le coniche , alle quali corri- spondono i punti del piano Z., riguardati come centri di fasci di raggi. Dato in Z, un fascio di centro Zo noi possiamo riguar- dare il fascio medesimo come risultante dal segare con Zj lutti gli infiniti fasci di piani i cui assi passano per Zo, FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 289 Agli assi di questi fasci corrispondono , in S^ , i punti di una superfìcie ©^ (n. 9) ed ai piani di ciascun fascio cor- rispondono piani d' una quadrica ^^ (n. 12) il cui punto doppio giace in ©, e clie contiene questa superficie. Dun- que , tutte .le quadriche relative ai punti di 0, (epperò con- tenenti ©,) segano il piano' Z\, lungo una medesima conica, la quale è comune a ©, ed a Z\ e corrisponde al fascio di raggi considerato in Zj. Se poi riguardiamo il punto Z, come fìsso ed il piano Z, come variabile intorno ad esso, noi troviamo che tutti i piani di S^ appoggiati alle rette fondamentali x\j,B,, C^, e che appartengono alle quadriche q^ relative ai punti della superficie q., tagliano la superfìcie stessa secondo coniche (n. 9). 14. Dato in S^ uno spazio lineare R, (a tre dimensioni) di qual natura è egli il complesso formato dalle rette cor- rispondenti de' suoi punti? Un piano ad arbitrio, di S^, appoggiato alle rette fon- damentali Aj , Bj, Cj, taglia Rg secondo una linea retta, alla quale corrisponde, in S3 , un inviluppo di 2" classe (n. 10). Dunque, il complesso di cui si tratta è del 2° grado. 1 coni del complesso corrispondono alle curve di terzo ordine (passanti per i quattro punti comuni ad R3 ed alle rette fondamentali Aj , Bj, C^, T^ ) secondo cui R, taglia tutte quante le superfìcie del sistema (0^)3 (n. 9) (*). I tre punti comuni ad R3 ed alle rette A^ , B^ , C, , determinano un piano Z', , al quale corrisponde, in S3 , un piano Z2 (n.' 9 e 10). Ogni retta di R3 taglia Z'„ in un punto, la cui retta corrispondente giace in Z^; da cui segue che alle rette di R3 corrispondono in S3 , superfìcie del 2» grado inscritte nel tetraedro A.B^C^Z, (n. 6). Le faccie di (*) Vedi anche al n. 18. ATTI ACC. VOL. XX. 39 290 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA questo tetraedro sono dunque piani singolari del complesso di cui si tratta, onde possiamo concludere che: Agli spazi lineari a tre dimensioni, dello spazio S^ , corrispondono , nello spjazio S., , complessi tetraedrali , i cui tetraedri principiali hanno tutti in comune le facete del triedro A^B^C^ (*). Se in S3 si danno ad arbitrio il piano Z^ ed una retta Rj , risulta determinato un complesso tetraedrale, i! cui tetraedro principale è A^B^C^Z^ — Il corrispondente spazio a tre dimensioni, in S^ , può in allora essere individuato nel seguente modo. Dall' asse A^ si proietti sopra Bi il punto comune a Z^ ed alla retta A^Cq ; e dell' asse Bj si proietti sopra Aj il punto comune a Z^ ed alla retta BoCo- I due punti così ottenuti ed il punto d' incontro di Z, con la retta G^ , individuano un piano Z\ che appartiene allo spazio di cui si tratta. Essendo poi R^ il punto corrispon- dente della retta R^,, lo spazio medesimo conterrà questo punto ed il piano Z\ e sarà perciò determinato. Da qui si deduce che : Ad ogni complesso tetraedrale , dello spazio S^ , che ammette le facete del triedro A^B^C, come piani princi- pati, corrisponde, in S^ , uno spazio lineare a tre dimen- sioni. 15. Due spazi lineari a tre dimensioni , in S^ , hanno in comune un piano, ed i corrispondenti complessi tetrae- drali, in S3 , hanno perciò in comune un sistema di raggi del 3° ordine e di V classe (n. 8). Tenendo presente quanto è detto al numero precedente, la conclusione ora fatta può anche enunciarsi così : Tutte le rette {in numero od^) che tagliano cinque piani dati secondo una punteggiata proiettiva ad un' al- (*) Circa i complessi tetraedrali, V. per es. Reye, op. cit. p. 152. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 291 tra di cinque punti dati, formano un sistema di 3" ordine e 1' classe. Tre spazi lineari a tre dimensioni, in S^, hanno una retta comune, epperò i tre complessi tetraedrali corrispon- denti, in S3 , hanno in comune una superfìcie rigata del 2° grado (n. 6). Dunque : Tutte le rette {in numero co ') che iagliano sei piani dati secondo una punteggiata iproiettiva od un' altra di sei punti dati, formano una superficie del 2" grado. Infine , quattro spazi lineari a tre dimensioni , in S^, hanno in comune un solo punto, epperò i quattro complessi tetraedrali corrispondenti , in S3, hanno in comune una sola retta. Da cui segue che : Vi è una sola retta la quale seghi sette piani dati secondo una punteggiata proiettiva ad un' altra di sette punti dati. 16. Il complesso di 2° grado corrispondente ad uno spazio lineare R3, di S^, si spezza in due complessi lineari se R3 passa per una delle rette fondamentali A,, Bj , C, . Infatti, secondochè R3 contiene la retta A^, 0 la B^,o laCj appartiene al complesso corrispondente l' insieme di tutte le rette che incontrano la retta BoCq 0 la A^Co 0 la C^ rispettivamente (n. 5, a) b) e)). In particolare allo spazio S3 corrispondono i due complessi lineari singolari i cui assi sono le rette A^B^ e Cj . Se R3 contiene due delle rette fondamentali A^, B^, C^ , coincide con uno degli spazi (B^CJ, ( C^A J , (A^BJ. Al primo di tali spazi corrispondono i due complessi lineari singolari i cui assi sono le rette A^C» e C^ ; al secondo , i due complessi lineari singolari i cui assi sono le rette BoOo e Cj; al terzo, i due complessi lineari singolari i cui assi sono le rette kJQ^ e BpCo (*). (*) Veggansi anche le formule di trasformazione ai n.' .3 e 4. 292 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA Se infine R3 passa soltanto per la retta fondamentale Tj , il complesso corrispondente è del 2" grado (indecom- posto) ma non è più un complesso tetraedrale propria- mente detto, § in. 17. Nello spazio Sg sia data una superfìcie rigata qua- lunque F2 del grado m, la quale, però, non passi per il punto fondamentale Co e non tocchi alcuna faccia del trie- dro A^BgCg — La curva F^, dello spazio S^, i punti della quale corrispondono alle rette di F^ , non potrà allora se- gare gli spazi fondamentali (B^CJ, (CjAj), (AjB,) in punti situati fuori dalle rette A^, B^, Ci (n. 5, d) e) f)), da cui segue che : Alle rette di una superficie rigata del grado m, dello spazio ^3 , corrispondono, nello spazio 2^, i punti di una curva delV ordine 2m , la quale incontra in m punti cia- scuna delle rette fondamentali A^ , B^ , Cj (*). Una quadrlca del sistema i.^), (n. 12) ha con la curva Fj soltanto 4m — 3m = m punti comuni, fuori dalle rette fondamentali anzidette. Se in particolare, F^ è un cono d'ordine m, la curva Fj giace in quella superficie del sistema (0,)3 che corri- sponde alle rette uscenti dal vertice del cono stesso (n. 9). Se poi F^ , invece di essere una superficie rigata pro- priamente detta è un inviluppo di classe m situato in un piano dato comunque, F^ è una curva piana dell'ordine 2m con un punto m — pio sopra ciascuna delle rette fondamentali A,, Bi, C, (n. 10). Ma se però il piano dell'inviluppo coin- cide con uno dei piani fondamentali A^, B^ , C^, alle rette (•) Questa curva , per le ipotesi fatte , non lia alcun punto co- mune con la retta fondamentale Tj . DEL VULCANO KILAUEA ECC. 293 di esso corrispondono rette formanti una superficie rigata del grado 2m, si.tuata rispettivamente nello spazio (B^OJ, od in (CjA,) od in (A,B,) e perla quale, quelle fra le rette Aj, B, , C, contenute in tale spazio, sono linee m — pie (n. 5, d) e) n ). 18, Sia data ora una curva Fj d'ordine i^, nello spa- zio S^, la quale incontri rispettivamente in «, /3, 7, r punti le rette fondamentali A,, B,, C,, T, — Una quadrica qua- lunque del sistema (Q,:. ha i> — (a + zs + T,-}--) punti variabili comuni con Fi , epperò questo numero esprime l' ordine della superficie rigata F^, dello spazio S3, che corrispon- de alla F, — Gli spazi (BiC, ), (C,A, ), (A3,) segano F, in /^ - 03 + 9. + r), /x — (a + 9. + r), p, _ (« + /3 + r) puntl, al qua- li corrispondono altrettante rette della superficie F^ con- tenute rispettivamente nei piani A,, B,, C,. Per il punto fondamentale C,, , poi , passano r rette di F, , le quali cor- rispondono a quei punti di F, che sono infinitamente vicini alla retta fondamentale T, . Ma se F, è contenuta in uno degli spazi (B^CJ, (OiA,), (AjB,) ad essa non corrisponde piiì , in S3, una suf)erficie rigata, ma bensì un inviluppo piano (n. 5, ci) e) /) ). Così ad es. se F, giace in {B,G) (« = o), l'inviluppo corrispondente è nel piano A2 e la sua classe è i?/^ — (/3 + 7.+r). i piani (B,T,) , (C.T,) tagliano la curva in ], è dell ordine r + 2. Se dall'asse B, si proietta un punto defia retta C, e dall'asse A, si proietta il punto corrispondente di quello nel piano A, , il luogo del punto comune ai due piani proiettanti è una curva dell'ordine r + 1, situata nello spa- zio (BA) , la quale appartiene alla superficie ^.,. Questa curva incontra in r punti la retta B,. Un'altra curva di ordine r + 1, appartenente a «J^ ed affatto analoga alla pre- cedente, giace nello spazio (CiA,). Le rette A,, Bi sono linee semplici della superficie e lo spazio (A,Bi) taglia la superficie stessa secondo r linee rette (appoggiate alle A,Bi) le quali corrispondono a quelle rette della congruenza che giacciono nel piano Cj. (*) Un piano ad arbitrio, per Aj o per Bj, taglia la su- perficie in un punto unico. Ecc. , ecc. Lo studio delle sezioni spaziali e del sistema di quei piani che contengono curve della superficie $,, presenta certamente interesse per la ricerca di altre proprietà della (*) Le rette C, , T, non appartengono evidentemente alla super- ficie in questo caso particolare. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 297 congruenza e può ancora interessare- per la risoluzione di certi problemi relativi alle trasformazioni birazionali in un medesimo piano. 22. Accenniamo, infine, ai due casi particolari seguenti: a) Se una superficie , dell'ordine]^, è data comun- que in uno degli spazi fondamentali (B,C,), (CiA,) , (AiB,) , ad essa corrisponde rispettivamente il sistema di tutte le rette del piano Aj o del piano B, o del piano C2, ogni retta da contarsi ^ volte. Infatti , una retta qualunque , ad es. dello spazio (BiC,), appoggiata alle Bi,0, , taglia $, in /* punti a ciascuno dei quali corrisponde una retta unica del piano A, (n. 5, e)). Si può dire, in questo caso, che alla superficie 'i>, corrisponde ^x. volte il piano A.. b) Ma se , è una superficie composta di rette ap- poggiate a due delle rette fondamentali A,, B,, C, , ad essa corrisponde semplicemente un inviluppo della classe p, si- tuato in una faccia del triedro AoBA- 23. Proponiamoci ora il seguente problema: Date, nello spazio S3, due congruenze quali si voglia- noj 1' una dell'ordine m^ e della classe n^ , l'altra dell'or- dine m^ e della classe n, , e supposto che esse non appar- tengono ad un medesimo complesso, qual'è il numero delle rette comuni alle due congruenze ? In S3 assumiamo un iperboloide fisso I^, ad arbitrio, e incominciamo dall' osservare che quelle rette di una con- gruenza dell' ordine m e della classe n che toccano I^ , hanno per linea di contatto una curva dell'ordine 2 (m-^n) la quale incontra in m-+- n punti una retta di ciascun sistema della superficie — Le due linee di contatto di I^ con rette della prima e con rette della seconda delle date congruen- ze hanno perciò in comune 2 (nij-i-n,) (m^-i-n^) punti (*). C) Ommettiamo per brevità il calcolo dei numeri qui enunciati perchè il lettore potrà facilmente farlo da sé. ATTI ACC. VOL. XX. 40 298 SULLA CORRISPONDENZA. UNIVOCA. Esistono cioè2(mj+nJ (m^ + n^) punti sull'iperboloide I, , In ciascun de' quali questa superfìcie è toccata da una ret- ta della prima e da una retta della seconda congruènza. Ciò posto , preso un punto qualunque P^ , in I^ , le rette dalla prima congruenza passanti per esso tagliano di nuovo Ig in m^ punti, e le rette della seconda congruenza, passanti per questi m^ punti tagliano di nuovo I^ in m^mj, punti P*o che assumeremo quali corrispondenti di P^ . È chiaro che, viceversa, ad un punto P'^ corrispondono m^m^ punti Po- Si trova allora facilmente che sopra ogni retta dello iperboloide I^ vi sono m^ n^ + m^ ni +2 n^ n^ coppie di punti corrispondenti e che sopra una retta dell' un sistema, del- l'iperboloide, vi sono m, n^ + m^ nj + m^ m2+2 h^ n^ punti ciascuno de' quali ha uno de' suoi corrispondenti sopra una retta dell' altro sistema. Si trova infine , che sopra una conica qualunque, della superfìcie esistono 2(mj-i-2ni) (m2 4-2n2) coppie di punti corrispondenti P^ e P'^. Ora, siano V^ ed V'^ due punti arbitrari dell' iperbo- loide I2 , Se da Vo proiettiamo la serie di punti P^ e da V\ proiettiamo la serie dei punti P'^ , nasce una corrispon- denza fra i raggi delle due stelle V^ , V'^ e, per ciò che è detto precedentemente , il luogo di un punto nel quale si taglino due raggi corrispondenti è una curva Y, dell' or- dine 2 (mi-h2 ni)(m2 + 2 no)+2 m, m^ che passa conmiiiia rami tanto per V^ che per W\. Questa curva sega I2 In 4(mj + 2 nj (m2 + 2 n2) + 4 m, nij punti dei quali mjn^ sono riuniti in V» ed altri m^m^ in V'o; Edi n.+ m^ nj + 2 n, n, giacciono in ciascuna retta dell' iper- boloide passante per uno dei punti Vp e V'o, non contati quelli che trovansi nei punti di contatto della superfìcie coi piani tangenti passanti per la retta VoV',,; m, n, 4- mj n, + mi m2H- 2 n, Uj sono riuniti in ciascuno dei punti di contatto anzidetti ; FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 299 2(m, + n,) (m^ + nj) cadono nei punii dove l'iperboloide è toccato da una retta dell'una e da una retta dell'altra congruenza. I rimanenti punti comuni alla curva Y, ed all'iperbo- loide, sono in numero di 2(m, m^+n, n^) ed in ciascun di essi coincidono insieme due punti corrispondenti ?„ e P'o. Tali punti sono perciò distinti in coppie e per i due punti di una di queste coppie passa una retta comune alle due date congruenze. Concludiamo adunque che : Due congruenze di rette, non appartenenti ad un me- desimo complesso, runa dell'ordine m, e della classe n,, V altra dell'ordine m.^e della classe ii,, hanno m,m2 + n,n2 rette comuni. 24. Date, nello spazio S^, due superfìcie non aventi linee comuni, oltre le rette fondamentali, una volta deter- minati r ordine e la classe di ciascuna delle congruenze che loro corrispondono nello spazio S3, col teorema prece- dente si potrà conoscere il numero delle rette comuni a queste congruenze. Di tali rette, alcune potranno cadere nelle faccie del triedro fondamentale AsBjCj (n'. 20 e 21 ) ed altre cadranno fuori di esse. 11 numero di queste altre sarà quello dei punti d'intersezione delle superficie date fuori dagli spazi fondamentali. § IV. 25. Nello spazio S3 sia dato un complesso qualsivoglia del grado m, il quale non abbia alcuna relazione partico- lare col triedro fondamentale A^BA- Alle rette di questo complesso corrisponderanno , nello spazio S^ , i punti di una varietà vp3. 'à tre dimensioni. Ogni piano di S3 contiene un inviluppo di classe m del complesso, epperò, ogni pia- no di S^ , appoggiato alle rette fondamentali Aj, Bi , Ci , taglia 4-3 secondo una curva d' ordine 2m la quale ha un 300 SULLA CORRISPONDENZA. UNIVOCA punto m — pio sopra ciascuna delle rette anzidette (n. 17). Da ciò si ricava che la varietà i'^ è cleir ordine 2m ed inoltre che olle curve del dato complesso, corrisponduno le sezioni della varietà ^^ con piani appoggiati alle rette fondamentali A,, B,, 0,, le quali sono m — pie per la varietà stessa. Un plano di S^, variabile intorno alla retta T,, sega vi^s secondo un luogo a cui corrisponde, in Sg, una curva del complesso situata in un piano passante per il punto fondamentale Co (n. 11, e)), m tangenti della quale con- corrono in questo punto. Il luogo in discorso è dunque spezzato nella retta T, , contata m volte, ed in una curva dell' ordine m. Perciò, la retta fondamentale T, è multipla secondo il numero m per la varietà 4^3 • Ai coni del complesso corrispondono, in H^, le curve che si ottengono segando 4^3 con tutte le superficie del siste- ma (©,), (n. 9). Queste curve sono dell' ordine 6m— 4m=2m e ciascuna di esse incontra in m punti tanto la retta A» che la B, che la C, (n. 18). Le sezioni delle varietà 4^3 con piani passanti per una delle rette Ai, Bj, C, sono curve dell'ordine m, alle quali corrispondono i coni del complesso aventi i vertici rispet- tivamente nelle faccie A,, B2, C,, del triedro fondamentale A.BA (n. 11, b)). Gli spazi fondamentali (BiC,), (C,A,) , (A,BJ segano +3 secondo superficie rigate dell' ordine 2m , le quali corri- spondono alle curve del complesso situate rispettivamente nei piani A^ , B^ , C^ (n. 18). Così ad es. la superficie ri- gata , sezione di (BiCi) con 4^3, è formata da rette ap- poggiate alle Bj , C, , e queste due linee sono m — pie per la superficie stessa. 26. Se invece è data una varietà 4'3 . a tre dimensioni nello spazio S^ , supposto che essa sia dell'ordine ja ed abbia le rette fondamentali A^ , Bj, Ci multiple secondo i FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 301 numeri a,{ì,^, il complesso corrispondente, nello spazio S^, è del grado 2^ — {a-^-iì+y). infatti, un piano qualunque ap- poggiato alle rette A, , B, , C, taglia 4^3 lungo una curva d' ordine t^ dotata di tre punti multipli secondo i numeri a, a, 7, alla quale corrisponde in S3, un'inviluppo piano della classe 2^ — (a+/3+7) (n. 10). Dato che Rq sia un punto doppio per 4.3 , la retta cor- rispondente Rj sarà doppia per il complesso. E invero, ogni piano per R,, , appoggiato alle rette Aj , B^ , C^ , sega 4^^ se- condo una curva con un punto doppio in R^ e corrispon- dentemente ogni piano di Sg, guidato per R^ , conterrà una curva del complesso la quale ammetterà la R^ come tangente doppia. — Parimenti , ogni superficie del sistema (©2)3, passante per R^, taglia 4^, secondo una curva con un punto doppio in R^ e corrispondentemente ogni cono del complesso col vertice in R^ conterrà questa retta come generatrice doppia. La 4-3 potrà segare gli spazi fondamentali (B^C J, (CjAJ, (AiB,) secondo superficie anche non rigate e quindi, in ge- nerale, le faccie del triedro A^B^C^ saranno piani singolari multipli del complesso (n. 22, a) ). Il caso più semplice , già trattato (n. 14), è quello in cui 4^, è uno spazio lineare, ed in allora abbiamo trovato che esiste un quarto piano singolare del complesso corrispondente. Se però si possa stabilire a priori che ad una varietà 4^3 corrisponde un complesso non avente alcuna relazione particolare col triedro fondamentale A^B^Cj, nel qual caso l'ordine di 4^3 è un numero pari (/^ = 2m), le quattro ret- te fondamentali A,, Bi, Cj, T, sono tutte m — pie per 4^, ed il complesso corrispondente è del grado m (n. 25). 27. Dati due complessi qualunque dei gradi m^, m^, in S3, le varietà corrispondenti, in S^, si tagliano secondo una curva dell' ordine 4mjm2 per la quale le rette fonda- mentali A,, B, , C, , Tj, sono tutte linee m^m^ — pie. A ATTI ACC. VOL. XS. 41 302 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA questa superficie corrisponde la congruenza , dell' ordine miiiig e della classe mim^ comune ai due complessi (n. 20). Ad un terzo complesso, di grado m^ , corrisponde in S^ una varietà la quale taglia la superficie anzidetta secon- do una curva dell'ordine Smim^mj — 4mim2m3 = 4mjm3m, avente 2mjm2m3 punti comuni con ciascuna delle rette fon- damentali Aj, Bj, C,, (n. 18). A tale curva corrisponde, in Sg, la superficie rigata del grado 2m,m3m3 comune ai tre complessi. La curva in discorso è incontrata (fuori dalle rette fondamentali A^, B^ , CJ dalla varietà corrispondente ad un quarto complesso dato, di grado m^, in 8mim3m3m^ — 6mimi,m3m^ = 2mim2m3m^ punti, e questi corrispondono alle rette comuni ai quattro complessi. Abbiamo così ritrovato i noti teoremi sulle intersezio- ni dei complessi nei casi più semplici. 28. Supponiamo ora cbe due complessi dei gradi n\, nij, nello spazio S3, abbiano in comune una congruenza del- l' ordine ^i e della classe u. A tali complessi corrispondono, in S^, due varietà 4^', e ^'\ degli ordini gm^ e 2m, per le quali le rette A,, B,, C,, T^, sono multiple rispettivamente secondo i numeri m,, m,. Alla congruenza suddetta corri- sponde una superficie d'ordine 3^+:/ con le rette fonda- mentali A,, B,, Ci, T,, tutte ja — pie (n. 19). Le due varietà ^\, ^", hanno perciò in comune un'al- tra superficie dell'ordine Am.m^ — {^t^ + ^) per la quale le rette A,, B,, 0,, T„ sono multiple secondo il numero m,m2— /*. A questa superficie corrisponde, in S3, una se- conda congruenza, d'ordine niim^— /^ e della classe m^m^— ^, comune ai due complessi. 29. Seghiamo le varietà ^\, Vs con uno spazio lineare R3; otterremo due superficie 4^',, 4^". dotate l' una di un punto m, — pio e r altra di un punto m^ — pio in ciascuno dei quattro punti ao ,.b(, , c^, t,,, comuni alle rette A^, B^, G„ Tj FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 303 ed allo spazio segante. Le ^^'j, 4^', si tagliano lungo una curva d'ordine 3t^ + ^ passante con f rami per a^, b^, c^, t^ e situata nella superficie d' ordine 3i«- + :- comune alle ^^'a, ^'\. Le J^'a, ^"2 si tagliano ancora secondo una curva d' ordine 4m^m2— (3/^ + :/) situata nella superficie d'ordine 4m,m2 — (3^ -Hi-) pure comune alle varietà ^\, V^- Indicando rispettivamente, con p e p, i generi delle due curve anzidette, si trova che fuori dai punti multipli ^0» ^^0' ^0» to, esse s'incontrano in (*) 2(/x + :.) (m, + m,-2)-2(p — 1) (1) punti e che inoltre si ha : Pj = (m, + m, — 2) (2m,m,— ,i — :/)4-l Variando lo spazio segante R3 i punti (1) descrivono una curva la quale giace in entrambe le superfìcie comuni alle varietà v^'s, i^", . Questa curva è dunque dell' ordine 2(f^ + i') (m^ + m,— 2) — 2(p— 1) ed incontra ciascuna delle rette fondamentali A^, B^, C^ (n. 18) in {y- + y) (m^ + m3— 2) — p + 1 punti. Per dare interpretazione a questi risultati nello spazio S3, osserviamo che alle due curve comuni alle superficie +'„ V, corrispondono, in S3 , due superficie rigate dei ge- neri p e p, . Queste superficie rigate appartengono al com- plesso tetraedrale corrispondente allo spazio R. (n, 14) e alle due congruenze secondo cui si tagliano i due dati com- plessi. E poiché il complesso tetraedrale anzidetto si può riguardare come affatto arbitrario , rispetto ai complessi dati, così abbiamo i teoremi : Se due cotnpiessi dei gradi m,, m, hanno in comune una coìigruenza d' ordine f- e di classe > la cui sezione (*) V. Cremona, Preliminari ad una Teoria Geometrica delle su- perficie. Mem. dellAcc. di Bologna (anno 1866), n. 96. 304 SULLA CORRISPONDENZA UNIVOCA con un complesso tetraedrale qualsivoglia sia una super- eie rigata di genere p : I. I due complessi hanno in comune un' altra con- gruenza la quale è segata da un complesso tetraedrale qualunque secondo una superficie rigata del genere (m, + m^— 2) {2m,m^-i>—^j) + 1. II. Le due congruenze comuni ai dati complessi si tagliano secondo una superficie rigata del grado {i'- + ^) (nii + ma— 2)— p -4- 1. 29. Consideriamo ora un terzo complesso di grado m^ , nello spazio Sg , il quale passi per la congruenza comune ai primi due. Ad esso corrisponderà, in S^ , una terza varie- tà V\, dell'ordine 2m3 la quale ammetterà come m^ — pie le rette fondamentali A, , B^ , C, , T, e conterrà la superficie d'ordine 3ja + :/ comune alle due varietà 4'\, ^",. Lo spazio segante Rg taglierà 4^"\ secondo una super- ficie V\ dotata di un punto mg- pio in ciascuno de' punti fto , bo , e, , i, e le tre superficie A^\, 4'",, 4^'", passeranno per una medesima curva d'ordine 3,a + 2/, per la quale ao, bo, Co, to saranno punti /^— pli. Tali superficie, fuori dai punti anzidetti e dai punti (1) del numero precedente, s'incontrano in 4m,m,m3— ?(^+j/) (m,+m,+m3— 2)-)-2 (p— 1) punti (*). Variando Io spazio segante R,, questi punti de- scrivono una curva dell' ordine 4m,m,m3— 2(joi+:/) (m,+m,+m3-2)-i-2 (p— 1) appoggiata in 2m^m^m^-{fj.+i^) (mi+mj+mj— 2)+p— 1 (•) Cremona, Op. cit. n. 97. FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 305 punti a ciascuna delle rette A,, B, , C, (n. 18), la quale è comune alle tre varietà ^'3, V,> ^^'\ all' infuori della super- ficie comune. Trasportando questo risultato allo spazio S, abbiamo il teorema : Se ire complessi dei gradi m, , m,, m, hanno in co- mune una congruenza delV ordine v- e della classe ^ , la cui sezione con un complesso letraedrale qualsivoglia sia una superficie rigata del genere p , essi hanno ancora in comune una superficie rigala del grado 2mim^m^—{i^ + y) (m, + m^ + mg— 2) + p— 1. 30. Noi abbiamo già considerati i complessi più semplici dello spazio S3, vale a dire i complessi lineari singolari, ai quali corrispondono, nello spazio S^, le quadriche del sistema m), (n. 12). Due qualsivogliano, di tali quadriclie, i cui punti doppi siano Uo e ¥„, si tagliano secondo una superficie $, del quarto ordine passante per le rette fondamentali A,, B,, C,, 'l\, (n. 27) la quale è il luogo dei punti doppi delle qua- driche del sistema, in numero od% passanti per Uo e V^. A questa superfìcie corrisponde, in Sg, una congruenza li- neare (n. 20) avente per direttrici le rette corrispondenti di Uo e Vo. Ogni piano appoggiato alle rette A,, B^, C, e passante per Uo 0 per ¥„, sega $. secondo una conica; così in *, vi sono due serie 00' dì coniche le quali corrispondono alle due serie di fasci di raggi contenute nella congruenza. Due coniche d'una medesima serie non si tagliano e due coniche di serie differenti hanno un punto comune. Tutti i piani dell' una serie di coniche segano il piano d'una co- nica qualunque, dell'altra serie, nei punti di questa conica. Se in particolare , il punto doppio .dell' una quadrica giace neir altra, la superfìcie *, ha due punti doppi U„ e V„ e si spezza in un piano appoggiato alle rette A,, B,, C. ed in una superficie del sistema (0^)3 (n. 9) la quale ha col 306 SULLA CORRISPONDENZA. UNIVOCA piano una conica comune passante per Uo e ¥„. Le due quadriclie , in questo caso , determinano un fascio le cui varietà appartengono tutte al sistema (^), ed hanno i loro punti doppi nella conica anzidetta (*). Tre quadriche qualunque, del sistema (^,), , i cui punti doppi siano Uo, V„, Xo, iianno in comune una curva K, del quarto ordine ( n. 27 ) la quale incontra in due punti ciascuna delle rette fondamentali A,, B, , C,. Tutte le qua- driche del sistema , relative ai punti di K, , passano per Uo, V„, X, e si tagliano secondo una curva K\, di quarto ordine, analoga alla precedente— Le quadriche poi del si- stema, relative ai punti di K', , passano tutte per K,. A queste due curve K, e K\ , corrispondono , nelFo spazio S3 , le due serie di rette d' una medesima superfìcie del 2" grado la quale è determinata dalle tre rette corrispondenti ai punti Uo , Vo , Xo . Infine, quattro quadriche qualunque, del sistema {ìì,\ , i cui punti doppi siano U„, Vo, Xo, ¥„, si tagliano in due punti (n. 27) i quali sono doppi per le due quadriche del si- stema passanti per U», Vo , Xo, Y,. Adessi corrispondono, nello spazio S3 , le due trasversali alle quattro rette cor- rispondenti di Uo, Vo, Xo, Yo. 31. Da quanto è detto ai n.' 25 e 26 risulta che ad un complesso lineare qualunque, dello spazio S3, corrisponde in S^, una quadrica (a tre dimensioni) passante per le rette fondamentali A, , Bj , Cj , T^ ; e viceversa, ad una qua- drica, data in S^, passante per le rette A,, B^, C, (epperò anche per la TJ corrisponde, in S3 , un complesso lineare (**). e) Ciò si fa evidente ricorrendo alla figura corrispondente del fascio di quadriche nello spazio S3 . (**) Una quadrica generale a tre dimensioni, in 2^, è determi- nata da 14 condizioni lineari. — Il passare una quadrica per una retta equivale a 3 condizioni , onde , tutte le quadriche che conten- gono le rette Aj , B, , C, sono in numero 00% precisamente com'è 00' , il numero dei complessi lineari nello spazio S^ . FRA LE RETTE DI UNO SPAZIO ECC. 307 Due qualunque di tali quadriche hanno in comune u- na superficie %, del quarto ordine, passante per le rette fondamentali A, , B, , C, , T,. La quadrica ^, relativa ad un punto arbitrario Oo, di $, , taglia questa superficie se- condo un luogo di quarto ordine, il quale dovendo incon- trare in due punti ciascuna delle A, , B, , C, , ed avere in Oo un punto doppio, è necessariamente spezzata in due coniche. Esistono adunque, sopra «>, , due serie oo ' e distinte di coniche appoggiate alle rette Ai , B, , C, ; per un punto della superfìcie passa una conica dell'una ed una conica dell'altra serie. Evidentemente due coniche di serie diffe- renti non possono incontrarsi. Siano P^ e P'^ i piani di due coniche della medesima serie ed Xo il punto ad essi comune. Un nuovo piano gui- dato per Xo ad incontrare le rette A^, B, , C,, taglia $, in quattro punti di cui uno cade fuori dalle rette A,, B, , C^. Da ciò segue che la quadrica O3, relativa al punto X,, ol- tre le rette Ai , B^ , C^ , e le coniche contenute nei piani Pjj , P\ , ha un altro luogo comune con la superficie i>, la quale, perciò, è necessariamente contenuta nella quadrica ^5 anzidetta. Ossia : / piani d'una medesima serie di coìiiche, della super- fìcie «i», , passano tutti per un punto unico ed apparten- gono ad una quadrica del sistema {^^), ■ Ed anche (considerando il fascio determinato dalle due quadriche generali date) : In un fascio di quadriche (a tre dimensioni) passanti per le tre rette A^ , Bj , Cj ve ne sono due appartenenti al sistema (%)«• La superfìcie $, , di cui si tratta, non è dunque affatto diversa da quella considerata al numero precedente. Il se- condo , poi, degli enunciati teoremi , interpretato rispetto 308 SULLA. CORRISPONDENZA. UNIVOCA allo spazio S3 , dà il teorema notissimo che un fascio di complessi lineari contiene due complessi singolari. Data in S^ una quadrica fissa , passante per le rette fondamentali Aj, B^, C^, ed essendo 0^ un punto arbitrario, la quadrica ^ relativa ad Oo, e la data , determinano un fascio, fra le varietà del quale ve n' ha un' altra dotata di un punto doppio 0\. Ciascuno dei punti Oo ed O'o risulta adunque univocamente individuato dall'altro. — Ad ogni coppia di tali punti, corrisponde, nello spazio S3 , una cop- pia di rette coniugate rispetto al complesso lineare corri- spondente alla quadrica fissa. Catania li 7 Aprile 1888. Sopra una nuova Waagenia del Titonio inferiore di Sicilia di LUIGI F. SCEOPEN. Nella estate del 1886 fu annunziato 11 rinvenimento di un gran numero di fossili sul tratto di via che da Oian- ciana conduce al fiume Platani, nel luogo denominato Feot- lo (Provincia di Girgenti). Essi provenivano da un grosso masso di calcare bian- co latteo , leggermente marnoso , che era stato usato dai tagliapietre per i lavori stradali e completamente distrut- to e ridotto In frantumi. Degli innumerevoli fossili che conteneva, solo pochi pervennero al Museo di Geologia della R. Università di Palermo, e questi appartengono tutti al titonio. Essendosi ritrovati in un posto dove mai avevo con- statato la esistenza della formazione titonica, volli visita- re nuovamente quella località ; ma neanco questa volta po- tei scoprirvi alcun lembo di rocce secondarie. I terreni dei dintorni di Cianciana, dal mare sino alle montagne se- condarie di Bivona, S. Stefano e Cammarata che, elevan- tisi a picco per una serie di spostamenti, li ricingono da Nord-Ovest al Nord-Est, appartengono al terziario ed al quartenario. Ai piedi delle montagne è sviluppato l'eocene (tra i cui calcari grigi e bianchi, a piccoli strati, sporge il Basalte di Pietranera sotto il monte di Cammarata) e man mano che si scende al mare si incontrano il tortoniano, il messiniano molto esteso, V astiano, il quaternario e i de- positi alluvionali. Il masso, quindi rinvenuto, al Feotto, tra le marne ed i gessi del messiniano, non si trovava in sito; ma molto ATTI ACC. VOL. XX. 42 310 SOPRA UNA NUOVA WAAGENIA prolDabilmente veniva dalle formazioni Utoniche delle par- ti superiori dei monti S. Stefano-Cammarata, colle quali ha comune la natura della roccia. Ecco l'elenco delle specie che ho potuto determinare: Lytoceras quadrisulcatum. d'Orb. sp. > monlanum. d'Orb. sp. > sutile, Opp. sp. Haploceras verruciferum, Menegh. sp. » Staszycii, Zeuschner. sp. Phylloceras silesiacum, Opp. sp. > sp. Aspidoceras iphicerus, Opp. sp. » cyclolum, Opp. sp. > Rafaeli, Opp. sp. Waagenia hybonota, Opp. sp. > Kamicensis, n. sp. Oppelia sp. prox. compsa, Opp, sp. » » » Waageni, Zitt. Perisphinctes contiguus, Catullo, sp. Aptychus Beyrichi, Opp. sp. » lafus. Part. sp. Belemnìtes sp. prox. Gemmellaroi, Zitt. » . sp. non deter. Fra queste specie sono degne di nota, un bello esem- plare doW Aspidoceras Rafaeli, Opp. del diametro di 290""", sinora non indicato nella fauna del litonio inferiore di Si- cilia, e la Waagenia Kamicensis, n. sp. che descrivo. Nel 1878 (lahrb, d. geol. Reichs-Anst) il Prof. Neu- mayr, distinguendo dagli Aspidoceras, le specie — con solco profondo contornato da carene tubercolate sul lato ester- no , con aptico grosso, calcareo, più liscio e lungo che ne- gli Aspidoceras— ^i^hW'wà il genere Waagenia, nel quale rientrano le seguenti specie : DEL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 3U Waagenia ìujbonola, Opp., W. Becker}, Neum., W. harpephora, Neum., W. Knopi, Neum., e ir. pressula, Neum. Di queste specie, l'ultima ha le due carene ai lati del solco mediano sprovviste dei piccoli tubercoli, e la W. har- pephora, Neum., perde pure i tubercoli sulle carene nel- l'età adulta. La W. Kamicensis, n. sp. con solco sulla regione ven- trale limitato da carene liscie, senza tubercoli, appartiene al gruppo di queste due. Waagenia Kamicensis, n. sp. Tav. I fig. 1 a 5. Diametro ....... . 182 """ Spessezza dell'ultimo giro .... . 46 » Altezza » » . . . . . 53 » Diametro dell'ombellico . . . . . 88 » Questa specie è rappresentata da un esemplare man- cante della parte interna dell'ultimo giro. Esso conserva nondimeno tutti i caratteri per una completa determina- zione. La conchiglia è di forma discoidale, evoluta, con la regione ventrale arcuata, sulla cui linea mediana corre un solco piuttosto largo e profondo, limitato da margini lisci e arrotondati. La spira è composta di giri sub-circolari, un po' più alti che larghi e coi fianchi convessi, che scen- dono nell'ombellico formandovi una parete alta ed arcuata. I fianchi dell'ultimo giro sono ornati di coste sempli- ci, equidistanti, leggermente dirette in avanti e più promi- nenti nel loro centro. Sul margine ombellicale la maggior parte delle coste origina da grossi tubercoli, e sul ventra- le le coste terminano con aculei lunghi e robusti, dei qua- 312 SOPRA UNA NUOVA WAAGENIA li taluni si trovano rotti nel nostro esemplare, ed altri an- cora interi, presi tra la roccia che li ricopre. I giri interni hanno la sezione sub-quadrata; le coste diritte , siDesse e poco rilevate partono sul contorno ona- bellicale, ordinariamente semplici e talora biforcate, da un tubercolo arrotondato, e terminano sul ventrale con aculei alti, robusti e caduchi, i quali mancando, lasciano una base in forma di grosso tubercolo. II solco ventrale è con sezione semicircolare, limitato ai lati da due carene liscie , più alte e taglienti di quelle del giro esterno. Questa specie al diametro di 88"'° ha da 16 a 17 coste suir ultimo giro. La linea dei lobi è piuttosto tagliuzzata e asimmetrica; la sella sifonale cade sopra la carena laterale sinistra. Il primo lobo laterale è più profondo e largo del ventrale ; la sella esterna distinguesi dalla laterale per la sua grande larghezza ; il ramo interno della seconda sella laterale è eccezionalmente sottile. L' asimmetria della linea dei lobi dell' unico esemplare che conosco, trova riscontro nella Waagenia hybonota, Opp. (1) che presenta la stessa anomale disposizione. An- clie nello esemplare della W. hybonota, Opp. proveniente dal Feotto, da me notato, la sella sifonale ricorre esatta- mente sopra l'uno degli orli delle due carene ventrali. La Waagenia Kamicensis, n. sp. si distacca da tutte le specie sinora conosciute appartenenti al medesimo ge- nere. Essa richiama solo per la forma piuttosto piatta , e per la disposizione delle coste dei suoi giri interni la W. hybonota. Opp. sp., dalla quale del resto si distingue chia- ramente per la mancanza dei tubercoli sulle due carene (1) Zittel, Abtheilung d. Fauna d. altern Cephalopodenfùhrenden Titonbildiing. Pag. 201. . DKL TITONIO INFERIORE DI SICILIA 313 che ne limitano il solco ventrale e per la sezione trasversale quasi circolare dell' ultimo giro. Spieg^azione delle figure. Tav. I. lìjTura 1" ìl'aaiieuia Kamkcnsis ii. sj). I-]seiiipIar.? visto di luto (grandezza naturale). » 2» Sezione trasversale d^^lj' ultimo s'iro (grandezza natnrnl(>). » :'.'' Porzione dell' ultimo giro visto dnlla regione ventrale (orandezza naturale). " 4" » '1" "Il g'i'o interno visto dalla regione ventrale (grandezza naturale). » .')" Linea dei lobi (ingrandita) '.X -~H, ,/ C"E, deve essere C'M' CE sarà C'C" + C'M'>C'E + AC' cioè R>a (2) Se la curva deve soddisfare alla condizione I ed alla relazione (1) sarà a>b>r, ossia a>r (3) 326 SULLE CURVE A TRE CENTRI Se la curva deve soddisfare alla condizione I ed alla relazione (2), sarà: R>b (4) Dalla (2) e dalia (3) risulta R>r (5) 3. Relazione fondamentale tra i raggi di una cur- va A TRE centri — Il triangolo C'C'E ci fornisce: (R — r)' = (R — b)= + (a — t)' : (6) questa equazione ha le stesse radici della seguente : (r-R)^ = (b-R)= + (r-fi)=: ecco perchè abbiamo definito le condizioni R> r, R> b, a> r. Risolvendo la (6) rispetto ad R avremo o_,a'-2 ar + b' ^- 2(b-r) (^) Per provare che il valore di R della (3) soddisfa alle nostre condizioni, metteremo e sarà Dunque ad v = h±ò, p-a--(a-b)' r a Ecco la descrizione grafica di una curva a 3 centri in cui, dato r, R soddisfa alla (7): Dati AB ed EF (figura 1") prendiamo AC'r x>0 a>x. x = ^ + ?^^3- (10) Sostituendo (10) in (8) e (9) avremo: r, = '^^-^V3- (11) R, = ^^^ + ^ VT (12) SULLE CURVE A TRE CENTRI 329 Il valore della (10) si costruisce nel modo seguente: Si fa Ea = a— b; Ec = i Ea ; ch = \ ca; si descrive la semicirconferenza cda ; centro e e raggio ed, si descri- ve l'arco c'd, si costruisce il triangolo equilatero CC'C". I centri sono C, C, C"; x è EC. Infatti: EÌ= CE X Ea = "=A(a _ b) = ^^' Ce = cd = l/T£lI+Ea^ = l/^i^^ + '^^' = Ee + cC = 5_J? + ^/|(a - b)' x=^ a — b , »—h^, — 6. Condizione b): 2. metodo. Quando G M' è normale ad AF, flg. 3/ se indichiamo con a. l'angolo AFE sarà: 1g to=lg(« =tgco =1^ r = a-x (15) R = b + EC" = b4-x lgt,)" = b + x^ (16) Portando (15) e (10) in (6) avremo; ^^a'-h'^t/r^i'-hy b (a - b)' m d'onde a^-b»^ /(a'+b')'-2ba(a'+b')^al-b;^l ■/ . ,3,^,^^, b'-2abl 330 SULLE CURVE A TRE CENTRI ed x = ^^l^±^^^H^' (17) Sostituendo (17) in (15) e (16) sarà: P_h I a/a'-b'^n ^ '^ l4^7b-ì - ^^ '^'^^^ * ^^^^M^? ± (a-b) j ^-'^ + bl~2^~-"^irl/'' +''|- b ( 2 ) Per stalDilire quale ci conviene dei due segni osserve- remo che, prendendo il segno inferiore deve essere per (1) a» + b' la quale relazione non si avvera, perchè solo -^ è sem- pre > b, essendo sempre (a— b)^>0. Dunque riterremo il segno superiore di modo che sarà: -=--i^+'^\/''+^' (18) r a» + bM K a' + b" — (a — b) ^ ■^^ a ( 2 ) (19) ^ ^a» + bMKa'-i-b'+(a-b)/ (20) Per costruire geometricamente la espressione (18) si prenda aF = a — b si faccia ab = Ab SULLE CURVE A TRE CENTRI 331 Si tiri bC'C" perpendicolare ad AF, sarà: C'E = x, AC' = r, C"F = R. Infatti AF = .^u' + b', Ab 2 + b' — (a - -b) _^5 2 RT7 .^ + b^ + (a- -b) Dai triangoli AbC , AEF ricaviamo: AF: AE = AC: Ab, cioè K^Hn?Ta = a-x: ?^a- + b' - (a - bì d' onde ^— 2a + 2a '^ ^" 7. Condizione c): 3. metodo. Quando M'C'A (flg. 4") è uguale a 45\ EC'=EC"; ATTI AGO. VOL. XX. 45 332 SULLE CURVE A TRE CENTRI quindi r— a — X, (21) R = b + X. (22) Sostituendo (21) e (22) in (6) abbiamo x = (a-b)±^/(a-b)'-0, deve essere a (l-;^5~)>b(-?^'3--l), a 2, 732 b < 0, 732 ' ^<3,732. ■ (37) . Nella equazione (19), perchè sia r^ > 0, deve verificarsi KaM^>a — b, che elevato a quadrato si cambia in 2ab > o. (28) Nella equazione (25), dovendo essere r^ > 0, deve essere b> i(a-b)?^2~; 334 SULLE CURVE A TRE CENTRI ossia che si riduce a ^<2,414. (29) La relazione (27) ci dice clie la curva del 1. metodo si può descrivere quando ^ è minore di 3,732, La relazione (28) ci dice clie la curva del 2. metodo si può descrivere per qualunque valore di a e b, sempre che sia a> b La relazione (29) ci dice che la curva del 3. metodo si può descrivere quando j^ è minore di 2,414. Difatti disconvenendo alle relazioni (27) e (29) si otten- gono le curve singolari delle figure 5* e 6\ 9. Sintesi dei metodi precedenti. — Sia AFB (flg. T) una curva a 3 centri costruita con uno dei precedenti me- todi : tiriamo Eb parallela a C'M': col centro E e col rag- gio EA descriviamo 1' arco AM'b e la corda Ab ; col cen- tro E e col raggio EF descriviamo l' arco aF e prolun- ghiamo aF sino in M'. Avremo AM'C simile a AbE; ma AM'C è isoscele per costruzione dunque anche AbE è tale ; perciò AE = Eb. Dippiù M'FC" è isoscele con aFE ; ma il primo è iso- scele per costruzione, dunque nel secondo è Ea = EF. SULLE CURVE A TRE CENTRI 335 Da qui deriva un metodo facile e generale di costruire le curve a 3 centri : Col centro E descriviamo gli archi Fa, Ab; tiriamo ad arbitrio (per ora) la Eb, che intersechi i due archi in a e b ; tiriamo Ab e poscia Fa fino in M'. da M' conduciamo M'C'C" parallela ad Eb; C e C" sono i centri della curva. Ora a seconda cbe facciamo AEb = 60" , Eb normale ad AF , AEb = 45" , avremo le costruzioni dei numeri 5, 6, 7. 10. Espressioni analitiche del metodo generale. — Per provare analiticamente la nostra asserzione è mestieri di trovarci alcune relazioni tra a, b, «, R ed r. Sia (flg. 7») AEb = w, Scila FitK = 45" + -, AbK = 90— .^, perciò : IX) m bM'a = 180" - (A1)E + FaE) = 180° — 90' + 2~^^°~2' ossia bM'a = 45°. Nel triangolo bM'a si ha : . ,,, , seii baM' . bM =ab r^rrr- ; ma ab = a — b, baM' = FaE = 45° + ^ , bM'a = 45°, dunque . (a — b) seii (45 4- n ), bM' = T^ — seii 45 336 SULLE CURVE A TRE CENTRI che si può scrivere i..,. , . . sen 45°cos j5 + sen K cos45° . bM = (a — b) 2 2 , seii 45° d' onde bM' = (a — b) /cos ^ +sen II (a) Ma i triangoli AbE , AM'C sono isosceli, quindi Ab=:2a seii 5 w, (b) A M'^Sr senato. (e) 2 Dalla (e) si ricava : _ AM' _Ab — M'b 2sen-iw 2sen4fi' " 2 " ^^" 2 Sostituendo (a) e (b) in (e) si ha 1 / u) loV 2a sen ^ (d — (a — b) cos ^ -h sen gì . 2 sen -g tu da cui che si può scrivere a + b a — b „„x 1 . ^^m SULLE CURVE A TRE CENTRI 337 Portando (30) in (7) iroverenio 1 b — a cot K <" R = f- (31) 1 — cot:jtu. IL Prova della generalità del metodo del N. 9. — Questa generalità resterà provala quando dimostreremo che per i confacenti valori di w, (30) e (31) divengono: a) . . . . ■ . . (11) e (12), b) (19) e (20), e) ..... . (25) e (26). a) Per <" = 60". . 1 ,„ cos 30° 2 ^-— cot 2 «. = cot 30°= ^5^^305 --1-= 7^3 . 2 In (30) e (31) facendo col 2 "J^: 7^3 , si ha a -4- b a — l3 ^,-j r=-^ w-y^ ,^ h — aj/T' (l + T-^'S ) (b — af^3 ) 3a — b a — b - R—-j—yr= = — 2 2 "*" 2 y^' h) Dal N. 1& (nel 2. metodo). 1 b+f^a'+b' cot 5 w = -a. 338 SULLE CURVE A TRE CENTRI Questo valore, portalo in (30), dà a (a + b) — (a - b) (b +^a»-+-b') _ a' 4- b» - (a — b) ^a' + b' r = 2^ -25 ' che è lo stesso di ^^a' + b' i A^a' + h' -(a — b) } V "s / :? r che è la (19). Similmente portando u in (31) si ottiene la (20). e) Dal N. 16 nel 3. metodo. COI 2">= 1 +f^2 Dunque a + b n — b r = -f^ - -^- (1 + 1^2-) = b - 1 (a - b) f^2 che è la (25). Analogamente si otterrebbe la (26). Così resta provata la generalità del metodo del N. 9. 12) Limiti di w. Abbiamo detto (N.9) che la retta Eb si tirava ad ar- bitrio ; ora aggiungiamo che ciò deve essere dentro certi hmiti. Perchè sia soddisfatta la relazione r = a — x , es- sendo X essenzialmente positivo , ed essendo a > x (n. 5) sarà .•>o. SULLE CURVE A TRE CENTRI 339 Ma deve essere anche r l ) 1 5w < 45 , «. < 90° ; (32) a -i- b n — b l — 2~ ^i^ot^0, (b) ■•I + b 1 cot 2"'> a-b~' ,1 ^ a 4- l3 .1 ^ a -I- b ^°^2"'<^TnT- 0^3) ATTI ACC. VOL. XX. 46 340 SULLE CURVE A TRE CENTRI Cerchiamo graficamente l'angolo "> che dà ,1 a + b cot -- u = 2 a — b Siano (flg. 8) AB, EF gli assi. Tiriamo AF, descrivia- mo l'arco aF e conduciamo Ea: l'angolo AEa sarà il li- mite inferiore indicato nella (33), Di vero : tirando AC pa- rallela ad aE e bC dal punto b medio di AF, il triangolo ACF sarà isoscele e la bC bisettrice. Però : AEa = 90° — ACF, tg I A Ea = tg J (90° - ACF) = tg (45- - J ACF) ; d' onde j l-lg:5ACF tg-AEa= j l+lg:iACF ma dunque tglACF = .gbCF = g = g = ;^ tg^AEa^ b = S-+b 1+S , 1 . e- a + b cot- AEa = — ^ 2 a — b Per lo che deve essere sempre cot 50) AEa. 13. Curve singolarl— Per ciò che si è detto, quando nessuna condizione ci induce a dare ad <^ un valore par- ticolare , ci basterà che la retta Ea sia dentro l'angolo aEF. Perocché, se uscissimo da questo angolo, avremmo delie curve singolari. Infatti se fosse 1° . . . o) > 90°, 2" . . . IO = 90°, ,1 a + b 3° . . . cot2«.=5-^:rb' 4° . . . u) = 0°, 5° . . . "> <0°, la costruzione del N. 9 darebbe luogo alle curve singolari delle figure 9% 10», 11% 12% 13\ II. 14. Proprietà delle curve antecedenti. — Fin qui ci siamo occupati della descrizione delle curve a 3 centri; ora ci occuperemo delle proprietà di esse. Studieremo queste allo scopo di confrontarle e concliiudere quali delle curve del N. 5, 6, 7 siano preferibili ; cioè quale condizione angolare convenga meglio d' introdurre nel metodo gene- rale. Faremo obbietto del nostro studio i seguenti fatti : a) Le ampiezze relative degli archi. b) Le relazioni fra i raggi. 342 SULLE CURVE A TRE CENTRI c) La superfìcie. d) La slabilità. I primi due ci conducono a conclusioni esteticlie , e quindi di secondaria importanza; perchè nella costruzione di un ponte la bellezza si pospone alla stabilità ed alla economia. Gli ultimi sono di ordine costruttorio e perciò di positiva importanza nella materia dei ponti. 15. Ampiezza relativa degli archi. — La curva del r metodo è composta di 3 archi di 60° ognuno e, riferita all'asse di simmetria EF , si decompone in due metà, o- gnuna costituita di un arco di 60" ed uno di 30\ La curva del 2' metodo non ha ampiezza costante negli archi componenti. L' ampiezza degli archi estremi aumenta con a e diminuisce col crescere di b. Per l'arco di mezzo è al contrario. La curva del 3" metodo è sempre composta da due archi di 45" agli estremi e di uno di 90" nel mezzo. Rife- rita alla freccia risulta composta da due archi di 90", for- mati da due di 45". Dall' esposto risulta che la curva del 3" metodo è la più regolarmente disposta attorno all' asse meridiano. Oltre a che, consultando l'espressione delle curve ap- pare che quella del 1° metodo è la più soda e quella del 3" la più elegante. Con occhio educato a leggere nelle for- me, è facile vedere che la curva del 3° metodo è la più bella. 16. Relazione fra i raggi della stessa curva.— La curva del 1° metodo non ha altra relazione fra i raggi che R> r Nella curva del 2" metodo ^ è il minimo dei valori che assume questo rapporto. SULLE CURVE A. TRE CENTRI 343 In vero per (30) e (31) abbiamo: R_ 1- b — a cot -^ u) 1 —cot - (0 H _l_ b a — b „ , 1 se facciamo cot - O) = X e riduciamo, otterremo R 2(b— »X) 7 — ad _x.r+b(l -X') R Per vedere quale valore di x renda minimo -, cominciamo col differenziare : h5 ° r_ — 2a{a(l-x)' + b(l — x');4-2(b — ax) ) 2a (1 — x) + 2bxj ^ dx |a(l-x)'+b(l-x')i' che, ridotta, diviene : d5 r _ o X' (a '- ab) + 2x (b' - ab) + (ab - a') d^- ~ ;a(i-x)'+b(l-x»)!' ■ ^""^^ Uguagliando questa derivata ad oo, col fare il numerato- re = oo , otterremo X=C0t5W=<» , 344 SULLE CURVE A TRE CENTRI d' onde soluzione non attendibile. Uguagliando ad od, col portare a 0 il denominatore, riesce e quindi w = 90° , che deve respingersi. Uguagliando la stessa derivata a 0 , col fare il deno- minatore infinito, si ha X^ col „<" = 00 ' cioè che ripugna. Uguagliando a 0 , col portare a 0 il numeratore , ne viene: X' (a' — ab) + 2x (b'' — ab) + (ab — a') =0 (a) che risoluta e ridotta ci dà : , _ b ± ^ ^a' + b° a Se riteniamo il segno — , per (1) e per (30), dovrebbe essere a + b a — b b — j/'n' -+- b' ^ , che si riduce a a' + b= -i- (a — b) J^ a» + b' < 2ab , SULLE CURVE A TRE CENTRI 345 la quale è impossibile, perchè essendo (a - b)' > 0 , sarà sempre a= + b'>2ab. Dunque prenderemo 1 h-hj/'H'+b' ,.-., X=C0t5U)=r ^— ■ • (So) Se X è un minimo deve essere la 2' derivata di (34) positiva. — Essendo per la (a) , mandato a 0 il secondo termine del numeratore della 2"- derivata, ed essendo sem- pre positivo il denominatore di essa, noi esamineremo sol- tanto il primo termine del numeratore. Quindi verificheremo se ;2x(u= — ab) + 2(b^-ab); Ja (1 — x)^ + b (1 — x") |'> 0; ma il fattore quadrato è sempre positivo, quindi basta esa- minare se 2x (a' — ab) -+- 2 (b' - ab) > 0. In questa poniamo il valore di x dato dalla (35) , ed avremo: 2 ^+Ì:^1±^(h' - ab) + 2 (b' - ab) > o; ci la quale diviene 2(a-b);/-SM^-b^>0, che è sempre soddisfatta per a > b. 346 SULLE CURVE A TRE CENTRI Dunque 1' equazione (35) ci dà il mininno. Al N. 11 era necessità di adottare la (35) per con- vertire la (30) nella (19). Ora se la (35) portata in (30) ci dà la (19) ed in (31) ci dà la (20) enaerge che la curva del 2" metodo gode la proprietà del nniniino rapporto dei raggi. Per provare viemmeglio come la (35) dia le condizioni della curva del 2° metodo facciamo: 1 a Nella curva del 3° metodo R — r è minimo. Infatti : ^-^^Q^l" a+b_^a-b,„,l 1 — COtjj w Differenziando avremo ^^ (l-coti^)' « — b , 1 . — ;p- cosec' ^ ">, che, ridotta, diviene d (R — r) a — b ,1 \ cosec' -r u) doj — 2 ""•""" 2 i . . 1 ~ ìn—codwY ~\ SULLE CURVE A TRE CENTRI 347 Uguagliando ad ce avremo cosec' 5 u) ^ 00 , ovvero w = 0", 1 — cot - (0 = 0, ovvero io = 90»; soluzioni non accettabili. Uguagliando a 0 sarà cosec" 5 (0 = 0, 1 — cot ^'« = ?^2 la prima è imaginaria, la seconda ci dà cot^ "1 = 1—^^2 (36) Quando questo valore di ^ rendesse minimo R — r la seconda derivata dovrebbe essere positiva: j 2 [— l + cot^ojj -cosec'l d'(R-r) u-b ..,1 ''L--'-^^"^2""J 2^''^«'^ 2 a> d.iS— = -g- cosse' -a, — j- [»] a-cotgtt.)* . la — b , 1 ) d — 5— cosec' - u) i 5 — v-u;3cv^ — (o; dio la quale è sempre positiva per w = 45°. Ma nel nostro caso (0 r= 45° ATTI ACC. VOL. XX 47 348 SULLE CURVE A TRE CENTRI perchè 1 — tg'^w colato — 1 COt ") r= j = j 2 tg 2 «) 2 COt 2 u) (l-^2~)'-l 2-2?A2^ ■ 2(l-?/2') ~"2-2^2 = 1, cioè = 45° Dunque (36) rende minimo R — r. Al N. 11 abbiamo visto come (36) portato in (30) ci dà (25); allo stesso modo si vedrebbe che (36) portato in (31) dà (26) ; di conseguenza nella curva del 3" metodo i raggi sono nella minima differenza. Dalle cose dette in questo numero siegue che nella curva del 2° e 3" metodo il passaggio da r ad R è meno risentito di come nella curva del 1" metodo. Dunque le curve del 2° e 3" metodo sono più belle. 17. Paragone tra la superficie dell'ellisse e quella DELLE ovali.— Indichiamo con p il raggio di curvatura più piccolo dell'ellisse e con p' il più grande; con s la super- fìcie deir ellisse e con S^ S, S^ le superficie delle ovali dei metodi 1°, 2% 3°. Se deve essere: r,-p>0 (»7) R,-p'>0 (38) SULLE CURVE A TRE CENTRI 349 Cerchiamo se e con quali valori di a e b si verificano queste condizioni. Sostituendo (10) in r^ e ~ in p, avremo: la quale si può scrivere : ^.-'=— [Ér-è(-F)-^-i^]>» ^-' Risolvendo il trinomio dentro parentesi, viene : 2a l+K3"±/l2-f^l08. e siccome si riduce a 2a ■ Però la (39) si può scrivere: in cui, essendo sempre ^ — g negativo, deve essere 2a 4 ^ "• 350 SULLE CURVE A TRE CENTRI perché Ossia l>^^^ .«) In (38) ponendo la R^ della (11) e p' = ^ si ha : „ , 3a — b , a— b,/^ ^' ^ r. che possiamo mettere sotto la forma che, trattata come sopra, dà: 2a^(i + ^3- quindi, componendo, in cui, essendo b deve essere 2a ^ -d+j/irxo; SULLE CURVE A TRE CENTRI 351 ossia lo+Kr; d' onde 2a -^ 1 + f^3 Questa, moltiplicata e divisa per dà: 2^>'-=^>'^V^'- ^''^ Osservando che , quando è soddisfatta la (43) lo è la (41), concludiamo che quando è sarà sempre s,>s. Per verificarsi s,>s, deve essere <,-p>o \ (a) 352 SULLE CURVE A TRE CENTRI Per la prima , operando come avanti e riducendo ot- terremo : r' — p = b- - 2ab + a' > 0 che si può scrivere ■■.-^=-[(è)'-à-j]>» da cui, risolvendo il trinomio dentro parentesi, risulta : 2a 2 — 1/4 4 2 Quindi, componendo '■■-'=^>"(r.-^)(F.-^)>° <«' la quale è sempre soddisfatta. Per la seconda delle (a) risulta la quale è sempre soddisfatta. Dalle (44) e (45) risulta che sempre è S, >2. Se fosse SULLE CURVE A TRE CENTRI 353 dovrebbe essere r,- p>0 Operando come sopra avremo : '.-^'=--(è-l)(l,-^F)>»' d' onde (46) A>^2 (47J la quale ci dice che è sempre R, s poiché non sappiamo se 1' aumento dovuto a rg è maggiore 0 minore della diminuzione dovuta ad R3. Ma per con- verso, notando che a -^/^^ 2a ^ 4 ( invertita la (47) ) corrisponde r,

    — 1,415; (juindi ò sempre '•, > IV (5fi) Sostituendo nella seconda delle (53) i valori di (46) e (48) e dividendo per che è positivo, avremo 2,732> 1, 415 ATTI ACC. VOT,. XX 48 356 SULLE CURVE A TRE CENTRI cioè R, > R3. (57) Da (50) e (57) tiriamo clie è sempre S, > S3. (58) Nella prima delle (54), sostituendo (40) e (44) e divi- dendo per 4a elle è positivo, si ottiene b >b-^ , ^3~-] . ma qui è sempre il primo membro maggiore del secondo, dunque sarà sempre r, > r,. (59) Nella seconda delle (54), ponendo i valori di (42) e (45), avremo b > elle si riduce a 2i - < 2,732 - 2 (a - b) ; dunque sarà K, > Iv. SULLE CURVE A TRE CENTRI 357 quando ~-^ < 2,732 -2 (a -b). Da quest'ultima condizione e dalla (59) siegue che s,> s, quando ^^ < 2,7:ì2 - 2 (a - b). Mettendo nella prima delle (55) i valori di (44) e (46), e dividendo per / b ]\ / b 1^2 \ otterremo b 2 ^ 4 ' la quale può essere soddisfatta dal > o dal < ; ma noi prenderemo il segno > per metterci di accordo col risul- tato del confronto dei raggi minori. Dunque sarà '•, > '•, . quando h ;/"2~ _ n — b 2l^^ 4 2 • Portando (45) e (48) nella 2" delle (55) siegue 2a > ^ = //2~-a(a- b), 358 SULLE CURVE A TRE CENTRI la quale è sempre soddisfatta essendo a>l. ; dunque avremo: R, > R3 , (CO) e quando Ji ^ y^ _ a — b Le conclusioni a cui siamo arrivali nei confronti di S,, S2 , S3 ci faranno, nei singoli casi della costruzione di un ponte, determinare, per es., quale sarebbe il metodo da cui risulti la ovale più estesa. 19) Sulla stabilità. — Su questo argomento il quesito da risolvere sarebbe : cercare quale curva richiede una spalla meno grossa. Ma, essendo questa grossezza una funziono complicata di molte variabili, non possiamo venire a conclusioni generali. Quindi si potrebbe nei singoli casi cercare numericamente tale grossezza per ciascuna ovale e vedere a quale metodo corrisponda la più piccola. Ac- cenneremo come si procede per la determinazione della suddetta grossezza. Consideriamo mezzo ponte con una semiovale qualun- que; ammettiamo che la muratura del vòlto sia della stessa densità di quella del timpano e per semplicità supponiamo che la dimensione a squadra colla figura sia uguale alla unità. Succedendo la rottura lungo Ria fìg. 14% ad '/., dal- l'imposta, il masso abckl tenderà a ruotare attorno allo SULLE CURVE A TRE CENTRI 359 spigolo k. Applichiamo una forza Q la quale annulli il mo- mento di rotazione di abckl attorno a k. Possono avvenire due casi : la sezione di rottura può essere compressa nell'arco estremo o nel medio maggiore. Per risolvere il 1". caso chiamiamo D la densità della muratura e facciamo, fìg. 14, ed = a de = b kl =r g- cb = g" eh = hk = r gi = gc = n igc = oj' ihk r= u," klc = a hf =c p. Dinotiamo con S ed s tutte le superficie e con X ed x i rispettivi bracci di leva, perciò sia mento di abckl =: SX )) )> Q = QX' p )i bfni = SX i> m aim = s'x' » M icg = s" X" V u ihk = s'" x'" > 3 lifg = s"" x"" Per r equilibrio deve essere : QX' = DSX 360 SULLE CURVE A TRE CENTRI d' onde p._DSX Ora X'= b + g" + rcosa SX = sx — s" X" — s"' X'" + s"" X"" + s' X' in quest' ultima possiamo sostituire i seguenti valori X = (r + p) sen a — ;r (g + b -f- p C0> a) tg a ' R' 360 j ( 9 R • 2Rsen 5 co' j j f x" = (p + r)se.i«-|| ^^^, sen^".' 180 X'" = .• sen . - 3 r,^>.~ seu (« - ^ -' \ 180 ' , S"" = i^R — I) - p cos «) f— g— x"" ^=. (I- + p) sen a — q p sen « S' = )g" + b + p COS a - (p + !•;+ g') COS;aj» 4" x' = g' sen a-\-- Jg" + b + p cos a — ( p + r + s') cos a | . SULLE CURVE A TRE CENTRI 361 Passiamo a risolvere il secondo caso in cui la sezione di rottura passa dentro l'arco medio. Facciamo, fig. 15 ; avremo sempre in CUI cb = g" gi = gc = R Cgk = a momenio alickl =-- SX » Q = QX' » bgin = s X .) alm r= s'n' « t'gk := s" x" X'= R + g"— Rcosa SX = s X + s' x' — s" x" e per quest' ultima : X = R sen a — ^ (R 4- g"J 'g « ,2lg« s' = jR + g" - (R + g') cos aj^ -^ x'r= g'seiia+ o iR + g"— (R + g') cosa* tga 362 SULLE CURVE A TRE CENTRI ^ ~ 360 X = [oR.2Rsen:ja"l j i Rz. ^ I ^<^"2" 180 J Calcolato Q in qualunque caso, potremo sempre cono- scere la grossezza da assegnare alla spalla secondo le tre curve , e vedere quale è la curva che richiede la spalla più piccola. Applicata la forza Q, il masso abckl non ten- derà più a rotare attorno a k . ma , quando pq non sia convenientemente grande, il mezzo ponte roterà attorno p. A noi basta di vedere quale grossezza di pq tiene in equilibrio il ponte— Riteniamo le notazioni seguenti flg. Ifi* Cd = b ed = a cb = g" pq = S op = li (;hi =: tu igC = U)' hi = 1- yi = R momento abceqp = SX • della spinta Q = QX' » abdo = SX » oeqp = s'x' . ehi = s"x" igc = s"'x'" » lijid = s"" X"" SULLE CURVE A TRE CENTRI 363 Per l'equilibrio deve essere QX' = DSX in cui X' = h4-b + g" SX = s X 4- s' X' — s" x" — s'" X'" + s"" X"" Di questi termini i valori sono s = (a + g) (b 4- g") 8 = 2 (^^ +S) s'=gh ^-1 .-, ■'t^ ■^' -~ 360 X"=r:g-+-r- . 2r. seii 2 '«'\ R. ru) 1 1 COS pw 180 ~ 360 A,R.2R.sen|«.'\ j x"'=.S + a-|^ ^^^ sen^u>' \ 1«0 ' S""=:(R^b)'^' x"" = g + a~^(R-b)tgw' ATTI ACC. VOL. XX 49 364 SULLE CURVE A TRE CENTRI essendo Q noto, colle sostituzioni avremo una relazione che si può mettere sotto la forma Risolvendo e prendendo la radice più piccola si otterrà il valore di g dell'equilibrio. Facendo ciò per ogni curva e confrontando si vedrà quale richiede la spalla meno grossa. Qui è da notare che nel maggiore numero dei casi le soluzioni numeriche hanno fatto conchiudere che, a parità di ogni altra circostanza, la curva del l" metodo richiede la spalla meno grossa. 20) Conclusione. — Dalle cose dette avanti risulta : 1° che la curva del 3" metodo ha sulle altre la pre- minenza circa le qualità estetiche. 2° che la curva del T metodo è migliore per le qualità costruttorie. Queste qualità costruttorie sono : a) nel maggior numero di casi richiede una spalla meno grossa, quindi è meno spingente. b) è sempre più estesa della curva del 3" metodo , ed, in certe condizioni , anche di quella del 2" ; quindi dà sfogo in ujjjual tempo a maggior volume d' acqua. Nelle costruzioni dei ponti, convenendo sempre più le qualità costruttorie di quanto le estetiche, è da preferirsi la curva del 1" metodo. Nelle decorazioni delle costruzioni civili, ove è da te- nere molto al bello, è preferibile la curva del 3° metodo. Un'altra importante applicazione delle curve a 3 centri si ha negli acquedotti ; ed in questo caso bisogna tenere presente : a) Quando in omaggio alla salubrità, si vuole il più piccolo raggio nella curva inferiore dello acquedotto, allo SULLE CURVE A TRE CENTRI 365 scopo di agevolare Io scorrimento, bisogna ricorrere al 3" metodo; b) Quando si ha di mira, per la economia il massimo della sezione fluente, si adotti il 1" od il 2" metodo. Questo, nel caso degli acquedotti , ha il vantaggio di potersi ap- plicare con qualunque valore di a, e b. Fine •At). K -(-. ^ ?." \ ^r ^éa. /2T / -r-^- -^F 1^^ ty. ,^. ^^ A C, 8 ,« B ^.r 'e ' M ^F'T^M. li'J.'- V 1 cf^j. /^/- e E e M'. i C" E C -^/Jf T'^ -;è;?:-c V .'n t* V /V'' -;> rf' -Q .j^, /Af ^^^ì^^ N^K.l'lV^ 9mK*1 5eB W^^Ww? .»^vvj' r-H'i ^IJ* K^^lSxl