■^Uh^--^^ :-*>3>'_»~r ~' ^^ ;»':«> 33- a> 1?: M^ > ^ 7W- -^^' ^ .#. '^^r^ &?^ '^ •7 -^ '^'--;'^ ''^, ^ W -ir ># 77% 2^- A 7^ "^■L ,M-44 ^■^;/ 53> 3U •^=®' •5 .- i?& HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. \S)^\xJvux/) VLOJU à-^, \f^o5- JUL 24 1905 ^(^^^ ^ r ^ ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV CATAIVIA. ANNO LXXXI 19 0 4 sEisiE Q,-cr-^isrr.^ VOLUME XVII. CATANIA O. CALATOLA, p]I)ITOKP: 1904. V J ATTI DELLA ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI IIV C^XTAIVIA ANNO LXXXI 19 0 4 SEIBIE Q,TT^^I^T^A^ VOLUME XVII. ^^ CATANIA O. CALATOLA, EDITOEE 1904. Catania — Stabilimunto Tji'OGRakico C. Galàtola Accademia G-ioenia di Scienze Natukali IN CATANIA -SOS- Cariche Accademiche per l' anno 1903-'904 UFFICIO DI PRESIDENZA RICCO Uff. Prof. Annibale — Presidente CLEMENTI Comm. Prof. Gesualdo — Vice- Presidente GRIMALDI (Jav. Prof. Giovan Pietro — ^ecjretario PENNACCHIETTI Cav. Prof. Giovanni — Vice- tSe(f retar io per la sezione di Scienze fisiche e matematiche FELETTI (Jav. Prof. Raimondo — Vice-Segretario per la sezione di Scienze naturali CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE ZANETTI Prof. Carlo Umberto STADERINI Prof. Rutilio PIERI Prof. Mario CAFICI Kev. P. D. Giovanni GRASSI Oiiv. Prof. Giuseppe — Cassiere LAURICELLA Prof. Giuseppe — Bibliotecario Elenco nominativo dei Soci Onorari, Effettivi e Corrispondenti Soci Onorari NOMINATI DOTO l' APPROVAZIONE DEL NUOVO STATUTO Gemmellaro coinm. i)rof. Gaet. Giorgio Todaro (oiiiiii. prof. Francesco Chaix prof. Emilio Macaluso comni. prof. Damiano Cannizzaro gr. uff. jn-of. Stanislao Mosso comm. prof. Angelo Blaserna comm. prof. Pietro Villari comm. prof. Emilio Naccari uff. ])rof. Andrea Strùver comm. i)rof. Giovanni Ròiti uff. inof. Antonio Cerruti comui. prof. Valentino Berthelot prof. Marcellino Grassi cav. i)rof. Battista Schiaparelli comm. i)rof. Giovanni Wicdemann i)rof. Eilhard Cappellini comm. jirof. Giovanni Righi (-av. prof. Augusto Volterra iirof. Vito Delpino prof. Federico Dini comm. prof. Ulisse Tacchini comm. prof. Pietro Giamìcìan comm. prof. Giacomo Dohrn comm. i)rof. Antonio Briosi comm. i)rof. Giovanni SOCI EFFETTIVI 1. Cafici rev. p. d. Giovanni 2. Tomaselli gr. uff. prof. Salvatore 3. Clenaenti comm. prof. Gesualdo 4. Orsini Faraone prof. Angelo 5. Basile |)ri)f. (TÌoacliino (i. Capparelli uff. prof. Andrea 7. Mollame eiii;i. Sev. I. Voi. \III. 1!S34, pag. 25. Atti Acc. Skp.ik 4", Voi,. XVII — Meni. I. 1 Ifiitt. s. Di Fidìico I Memoria 1. (jiiesto il luogo soltanto clic presenta la forma determinabile (trapezoedrica secondo Haiìy) mentre quelli di .Monte (Calvario sono costituiti da larghe lamine. J)al nostro studio invece si rileva come V Ematite di Monte Calvario ottre diverse forme di cristalli oltre «|uella lamiiuire. Lo stesso .Alaravinna (1). studiando nel 1835 il Eerro Oliiji- sto di Monte Corvo, che s' eleva ]»ure nel territorio di Kianca- villa, vi osservò oltre le lamine rombiche anche cristalli di for- ma ottaedrica (]Martite , ^Maynoferrite o forma mimetica della stessi» Ematite), di cui avremo occasione di occu])arci in un al- tro nostro lavoro. Lasaulx (2) con idee più moderne si occu|»ò anche della Ematite di Monte (Calvario. Più l'ecentemente il Pi'of. L. Hucca (3) in una nota pre- ventiva annunziò il ritrovamento di Ematite nella nuova loca- lità detta la Heitana, ])resso Aci Catena (Etna). (Questo minerale delT Etna merita in modo speciale uno studio cristalloiiratico. }»er lo sjdendore dei suoi cristalli e ])er la sua iicnesi; e 1' esame dei numerosi esemplari posseduti dal 3lu- seo di 3Iineralogia e Vulcanologia della R. Università di Cata- nia offre qualche cosa che, a mio giudizio, merita di essere ju'esa in considerazione. Oltre ad imo studio cristallogratìco dettagliate» delle forme, combinazioni e geminati dell' Ematite dell' Etna, ho fermata la mia attenzione alle ditferenze moi-fologiche con quella del Ve- suvio e dello Stromboli. Intorno V Enuitite di origine vulcanica molte sono le ricer- che fatte da valenti Mineralisti; dei nostri ci contentiamo citare: (1) MahavkìXA — t'eniitj «ni Fcrm OiKfixUi nlluiihiin ilei niiiiilr tiri l'orni — Atti della Acu. Gioeniii Ser. I. Voi. XI. 1836, p. 307. (2) Lasaui.x-Wai.teiìshai'skx — Dir Aiiiui — Voi. H. Leipzig. lf Striiver (2) (|nelli dello Stromboli. Jn questo mio studio non ho creduto intrattenermi sulla parte storica iicueralc delle cognizioni scientitìche sulF Ematite, ])er le (piali riniaiulo al lavoro dello Striiver (3) , perchè mi sarei allontanato dal tema. I migliori campioni , che permettono un esame cristallo- gratico. si ti-ovano a :Moute Calvario: recentemente gli scavi per le ac(]ue del Marchese di Casalotto fatti nelle lave presso Aci Catena misero in evidenza un ricco giacimento di bellissimi cristalli. J)a (luesto proviene una lamina che misura più di 9 cm. di lunghezza per 3 cm. di larghezza e per uiu> spessore di 2 nini, la (|Uìvle fa parte della collezione del già citato Museo. Descrizione delle forme osservate. II Eerro Oligisto dell' Etna è [tovero di forme riunite in poche combinazioni ; si riscontra fretiuentemente in geminati. Delle forme osscn'vate sono frequentissime : > ni ' ! 10(1 ; 110 ; Miller ; (1001 ; t K'il I ;0112| Kravais ((/,* R — - h Nauiiiam P Lévv (1) Scacchi Aucangki.o — Contrìhuzìoni miiicrnUu/u-hr per «nriir lilla «Uifiii ddl' iiicni- dio Femvimu, del mme di Aprite 1812 - Atti .IMI:. K'. A.-<-. .li Soien/,.- Fisiche e Matema- tiche di Napoli Voi. VI. 1871. (2) STRiiVKK — EiiiiitlU di Slrmiiliidl — Atti «lolla K. Are. d.-i Liii.-ei. S.-r. IV. Volu- me VI, 1889. (3) STlìiiVEi! — /^;»u((/7r di 7V.nT,«//n — Atti .Iella W. A..-, .li T..1Ì11.. 1.S72. 7, 377. Don. S. Dì Fvnnai [5IEMORIA 1.] meno frequenti : rt n i 101 ! j 311 ; Miller J 0112 ; J L'2l3 ; P.ravais X 7'2 - F2 NaiiiniUiii /^/' «3 Lévy Due volte soltanto mi fu dato osservare la faccettina dello scalenoedro ;201; v. il^-. 1. Tutti i cristalli sono lauiollari, essendovi sviluppatissima la base jlll{ ; lateralmente alle lamelle compaiono : le facce del rmnboedro fondamentale !l(M>;; quelle del roml)oedro inverso )110; ; alle 2 ì 5 ì ; die secondo la nota/ione di 3Iiller, da noi usata in (|uesto la- voro, verrebbero : OH] 111 [. K] 100;, -^h-] no;, ccl'2] 10i;,^P2;31i;, -B]'221\, - 2h'\ 111 ;, _ i- A' ; 771 ;, 4 /'2 ; 210 ;, - 1 i.;^ ;32o;, | b^ ] 5ir; • (') n Lasaulx riiiort;! lo scaleuoediii positivo — Il\ ma, Goìdschmiilt {Kri/stallformeit der Miuevaìicii) spiega couie il Kokscharow per il piiiiio desse il valore positivo , mentre dalle sue tìguri' emerge eliiaramente trattarsi dello sealeuoedro negativo, e i sncoessivi autori, compreso il Lasaulx, riportarono seirqire il valore (lositivo. studio cnstnllograftco sulV Ematite dell' Etna Con 1(» ])nino ciiKine tonue coiicordiiiio (|iiell«^ ila ine tro- vate. La fonna ;20Ì; non tu menzionata dal Lasaulx. Secondo quanto ci riferisce il Lasaulx, (lueste forine furono determinate (;olle zone e senza misure a/ Fra lieo IMemokia I.I particolare uieii/ioiit'. non trovandone cenno alcnno nelle memo- rie (lei diversi antori che lianno studiato V Ematite. Sono, cioè, delle laminette triaiiiiolari e(|nilatere, i cni spi- goli misurano dai 2 ai (i nini. Le sujierticie jn-esentano delle tiiiissime strie ondnlate; sol- tanto in una laininetta mi tu dato di osservare delle strie |)a- rallele ad imo denli sjiigoli. ciò clic indurrebbe a riferire ([ueste alla posizione del romboedio inverso. Xel detrito vulcanico di Aci Catena le laminette di Ema- tite lianno torma rombica (con s])iuoli dai '.) ai (i mm.J dovuta allo svilup])o di due soli lati del lomboedro. Le snperlicie pre- sentano una striatura |)enuata. Quest(^ laminette per la estrema sottigliezza non iiresentano alili spiii(di alcuna faccetta a])pre/zabile. In Aci Catena V Ematite si è presentata spesso in lamine di discrete dimensioni (sino a cm. 9 di luns>liezza ])er '.ì cni. di larii'liezza). Innumerevoli laminette sono impiantate sulla lava ed ;in- clie sulla facciii di base dei cristalli pili iirandi. I cristalli laminari della Keitana (Aci Catena) e di Monte Calvario (Biancavilla) non mostrano alcuna ditferenza. Tra i cristalli appartenenti ii (|U<>sto ti])o dobbiamo anno- verare delle laminette esagonali , le ) Il ti]io romboedrico è frequente ed abbmidante tra i cristalli di Ematite dell' Etna (v. Fig. I, 5, (i e 7). II cristallo della Fig. 7, proiettato sulla faccia di base, è un cristallino romboedrico di forme regolari, (-ompleto e che si av- vicina air ideale svilui)po d' nu cristallo modello. iStvdio cristallografico xuW Ematite dell'Etna Di (|ue.sti cristalli se ne osservano parecelii tra i niiniero- sissinii cainiìioni. ma alenrii. per trovarsi i]n])iantati, non mostrano il loro comjtleto SA-ilujtpo. Quando due facce parallele sono pin Innylie delle altre, al- lora si Ila il cristallo rappresentato dalla Fiy. a (i di largliezza) . re- standone sempre minimo lo spessore, che rare volte supera un millimetro, e nel (|uale si svolgono tutte le altre facce osservate. Xegli individui più niinnti la forma del cristallo è assolu- tamente lamellare, presentandosi in s<|uamette esagcmali o trian- Atti Acc. Skp.ik 4°, Voi.. XVII - Munì. I. - 10 Doti. S. Di Franco [Me^iokia 1. | fiolavi, nelle (|ii;ili soltanto al iiiieroseoi»io si scojti'oiio le faccette laterali inclinate del nniihoedro (v. Fiii. '•)). ]jO svihi|>])() (Iella taccia di l)ase neirKinatite deirKtna, lia ricliianiato la mia atten/ione sulla striatura e su altre acciden- talità che vi si ]iresentano. È sempre visibile una striatura secondo le tre direzioni del romboedro inverso che si taiiliano a (i()°. Tale striatura è i)alc- seniente dovuta alla sovrapposizione sulla faccia di base di strati di sostanza a contorno triauiiolare ; e con conveniente illuniina- zioiu' si osserva che a ([ueste striatale corris]»ondono delle l'ac- cette sottilissime ed alluni;ate del romixtedi'o. Xelle lamine lariihe è i)ossibile l'iscontrare varii di (juesti rilievi (v. Fiii'. 14 sino a 21): i (|uali. per*'», alle volte si esten- (l(Mio non ]ioco secondo uno dei lati del r meno lieii conservate. Altre volte la striatura a c j)arecchic ])ii-amidi tronche sovrapposte (v. Fìì;. ÌS). Sulle pira- midette s])esso è impiantato un cristallino in i>eminazione col cristallo pi'incijKile secondo la leiiiic « ]>iam) di iicminazioue una taccia di ; lOO; » (v. Fiii. 14. 1!), 21). In divei-si ci-istalli si è verificato il fatto che le striature sono incurvate, determinando una base triangolare curvilinea con le faccette convesse della ])iraniidetta (v. Fig. 1!>. 20. 21). (fli stessi rilievi (piramidali) ])re8entaim IVEnnitite di M. Har- gitta, a])])artenenti s(^c<»ndo Schniidt (2) ad uno scalem>edro ne- gativo (x/'-ii;). ])al nostro studio invece risulta: i rialzi dell' Fumatile del- l' Etna essere costituiti da faccette i-omboedi-iche . i cui spigoli (1) CiiiiH- iiclli' fiiniii" (li'Mtriti<:lic ilrll'i:iii:ititit ilclli) Stioiiiboli, vedi Fig- l!l •■ 20 del oitiiti) l;ivoro drllo Stiii\'('r. (2) Scii.MiDi- A. — Gi;oTii' s Zi-itsclii-. \II. isxi'. pii.u'. 54SI. tStiidiii cri.stdìkxjKifiro xiiìl' Hinatiie -. 20) (1). Ad ouiii modo, |)er i cristalli di Kmatitc deirEtiia rpiesta con- vessità delle faccette non tende mai il trastVn'mare gradatamente r abito romboedrico dei cristalli nell' abito scalenoedrico. Sulla faccia di base del Corindone di Vogo (Inlcli (Alon- tana, S. V . \. A.) recenti studii di J. H. Pratt (2) hanno mo- strato ligure di romboedri a facce curve identiclie a (juelle tro- vate nella nostra Ematite; però lum sono rilievi della sostanza, ma cavità (cristalli negativi). Sulla base della forma lamellare deirp:matite delFEtna fr<'- (|uentemente si trovaiu) impiantati altri individui , nn-no estesi ])er la base, ma |)iù ricchi di facce. 11 frammento disegnato nella Fig. 22 mostra le multiformi e Aariabili striature della parte superiore della lamina, in cui s])orge un cristallo inclinato cidla s(dita gcMiiinazionc^ e formato dalla base, (hil romboedro diretto jlOO;. dall'inverso ; HO ; , dal ])risma llOlj e dalla piramide esag(uiale | .'H 1 ; . iVIcnni campioni prt^sentano i cristalli [)iù piccoli incastrati sulla faccia di base , in modo da attraversarla e da spoi-gei-e fuori della base inferioi'e. Oltre a ciò i cristalli di Ematite (hdl'Etna presentam» sulla base delle lamelle aggrupiiate a rosetta, del tutto simili a (| nelle che si osservano sull' Adularla del S. (ìottardo. . (Questo curioso aggrui)pamento di cristalli non fermò 1' at- tenzione dei mineralisti (IMaravigna, Lasaulx) che si occn]>arnn() dell' Ematite di Monte Calvario. 1 gruppi a rosa risultano da un particolare modo di asset- (1) l'iiii tfuileiiz;! :i i|\icst(_- fiu-cc cmv.' ilei idiiilidcdiu tiiiiihniii-iitMlc riiirnccfimu :i facce scaleiioedricho, e cuUm tdniiMziciiic ili faccetti- «li viiiiiIichmIio inverso e ili base \>uU s\n->^o ns- serviirsi luu'lic nei crislalli ili Kiiiatitr dell' Isola (U Kllia. (2) l'iiAli'. .1. 11. — (In Un CriialnUi'iii-dfiliil iif Ila- Munì unii Sujijihiny — Aiiieiicaii Jouinal of Science. \ol. 1\-. necelllliel- 1S!I7. \k IJI. 12 Doti. S. IH Fì'iiK'» [Memokia I.J tiiint'iito dclli' siiiiiolc iMinelle. esst- si (lis])(>iii;()ii() :i spiiiih' ; ta- lora la spirale si ripete «livei'sc volte attoiiio ad mi cciilro. 1 cristalli elle eostituiseono (jiiesti aggruppaineuti sono riu- niti secondo legiii cristallosiTaticlie ; e lianiio le faccette orien- tate collie s«^ ubbidissero ad un centro di attrazione ; le faccette, osservate anclie ad occhio nudo, si vede che sono sensil)ilmente concave. Infine, tra i cristalli di Monte Calvario si trovano c(>rti ag- iiruppanienti a gradinata, (h-i (piali ho curato copiarne uno. (v. Fig. l."5), molto analoghi a (pielli dell" Kiiiatite del \'esuvio. Calcolo delle costanti. Xei cristalli di Kniatite (hdrEtna (i s]iecialniente nei cam- pioni |)roveìiienti dal Monte Calvario jìresso Hiaucavilla. la fac- cia del i-oml)oedro fondamentale è frcipieiite, aii/i domina (juasi semjire. Le facce di <|uesti cristalli spesso mostrano dejiressioni a gradinate ; (|uesta foiinazione scalariforme , detta più [)ro]n*ia- mente a tramoggia, si osserva sovratutto nelle facce del rom- boedro jlOO , e si s])i<^ga ammettendo una maggiore rapidità di accrescimeiiti,u()lo (lOU). (101) , la ((ual(> potrebbe riferirsi allo scale- noedro ;20Ì; (v. Eig. 1), però non ho potuto eonfennare eiò con la misura di angoli , essendo impossibile ottenere sicuri riflessi. L'angolo del nunboedro varia secondo gli autori. Troviamo, però, cIk^ i ])iii, come Lévv, Dufreuoy , Miller, Pliillips, Dana, Scaccili, concordano nel dare S(i"l()'; invece altri offrono dati diversi: così Breithaujit S.V' .iti'; .Molis, Haidinger e Hausmann S,)" ,")S'; Delafosse . Kokscliarow e \aunianu 86"; Hatiy 87" ir. Nell'Ematite dell'Etna l'angolo delh^ tacce del rouiboedro è stato da noi trovato 85° 52'. A N (i O T. O e : r e : r e : il r : a r : a Il : Il a : it 111 : 100 111:110 1 1 1 : S iT 1 1 1 : 1 oT 10 1) : 1 oT 1 oT : 3 11 1 oT : 1 fo 1 0 0 : 11 0 1 0 0 ; o 1 1 1 0 U : I) 1 I MlSCKATI Calcolati .57" 88' 38 14 HI 15 8(1 5S 13 3 28 43 5t) 58 47 4 L'fi 3 SI 30" III 20 30 20 30 IS {I II 2 li; » 38" Ili' 4K" HI 14 3H fili 42 5il 2 28 45 24 lìO 47 () 58 25 58 43 84 4 42 .( : e ^ 1 : 1, 3fili84 Sin'oggi non erano state calcolate le costanti cristallogratìclie dell' Ematite dell' Etna. Delle costanti cristallografiche dell' Ematite del Vesuvio e dello Stromboli , per metterle in relazione con il valore da me ottenuto non ho trovato nessun dato nei lavori già citati dello Scacchi e dello Striiver. 14 Doti. S. Ili Fra uro (JlEMdlUA L.] L(! (•((Stanti cristalliiuniliclic ti'ovatc dai sciiiuMiti autori ]iin" altre jìiovcnini/c di Kniatitc sono : Kokscliarow : 1. .'>fir>47() (1) Milh-i : 1. ;;.-.'.u (2) A. iSi-Jniiult : I, :Hi7 {.'!) TT. Vater : 1. .".iilS (+) Il valore calcolatii da Sclmiidt si av\iciiia di molto al va- lore da me trovato nei eristaili di Ematite dell" Etna. Geminati. Mentre nelT F]inatite dell'Elba le associazioni parallele sono fre((nentis8Ìme, in (|uella dell'Etna (conu' d(d resto amdu' in ((nella dello Stroinlxdi e del ^"esnvio) sembra essere nn caso assai raro, perche' tra le centinaia di eani])ioni osservati non mi t'n dato di riscontrarne alcnna. Fre([nenti sono inv(X'e pamenti si sono trovati sin' oggi esclusivamente all'P]tiui, e precisamente a .Al onte Calvario. ni SruiiVEi:— /-."/"«/('f ili Slniniliali Atti (lell;i K. \rr. elei Liuc.-i. Sor. TV, Voi. VI. ISS!). 16 Dott. .S. Di Fninco [Memokia l.j In iiiiiKM' iiuiiicro si usscrvaiio i ufiaiiiati apiiiirtcìu'uti alla aoconda legge ("N'edi Fin. 2S. 2!)). (Questa lesi-iic fu indicata |)ci' la |)i-iiiia volta da Haidiiiger (1) nel trattato di Mineralogia del .Alolis, .sopra i cristalli di Ema- tite deir Elba ; jtoscia da l>reitlian]»t. Hesseiiil>erg e altri, e ve- ritieata dal Lasaulx (2). dal von Katli (;5) <- da Striiver (4) ali- clic sopra i cristalli di origim- vulcanica. I siniiT;- 1:31T; Ì" «ni le facce simmetriche sono egualmente STÌliipi)ate. Di (jnesti geminati tra i numerosissimi campioni ne incon- trai parecchi, distinti dalle faccette molto splendenti. Un geminato somigliante al i)reeedente, ma meno ricco di facce, è rai)presentato dalla Eig. 29. itei-ò le facce dei due indi- vidui noli hanno uguale svilu])po. l):il L:i1m.i:iIiiiÌ(i eli MiiH'iiilofjiii ilc'llri 1,'. Cuiveisità (li (Jatnnia. (1) Tc<7(/;.sr (III Miiiiidlnijn — Tniii^hilnl J'nnii Un (irriiiini . icifli ronxidrmhlr iidilitimix hy W. HAn>i.N(iKi: — F.diiilìiiru. l?<2.">. X", Vul. II, i>. UHI. (2) 1. <■. (3) Pogg. Ami. vi.l. 12S. p. 430. 31. H) STUiiVKii — Kmalilc di .Slromlwli — Atti ilellii K. Ao avere condotto a liuon punto le ricerche di lalxu'ato- rio . stinuimmo o|)portuno di fai-e una visita anche a.iili stessi liiardini di K'eiiiiio Calal)ria. sui ipiali il Prof. Bufalini aveva ricliianiata la nostra attenzioni'. Ciò el)lie luouo nel novemlu-e scoi-so, mercè la di lui coi-tese ed int(dligente assistenza. Killi ci condusse priH'isaniente a Scilla, nei liiai-dini del Sig. IMiiuisi. clic da (pianto ci era stato riferito, ei'ano i |)iù colpiti, ed ove potemmo i-accogliere dati assai im])ortanti. Infine nuovi materiali di studio ci furmm procurati dall" Egregio professore Arnao, diri^ttore della (Cattedra ambulante di Siracusa , sia da iiiardini di cpu-sta provincia, sia dii Ali in pro\incia di ^les- sina dai giardini del Sig. Sebastiano Parisi. Anche (presto pro- jirietario ci fornì a più ripi-ese notizie e materiale ])er le nostre ricerche. ('ogliamo (pu'sta occasione, per esprinuu-e (pii agli Egregi jn-ofessori Bufalini e Arnao ed ai Signori jìroprietari Minasi e Parisi, vivissime grazie per la gentile loro coo|)erazione. Caratteri della malattia Sili fri'ffi — I-'*^' piante colpite dal male si riconoscono a distanza per il particolare c(dore assunto dai limoni, (juando la malattia abbia ju-eso carattere di una vera e ].ropria infezione. Essi ])resentano un colorito grigio -cinereo se piuttosto giovani, grigio giallognolo se più svilniipati, con una speciale lucentezza, metallica dovuta a caratteri assunti dagli strati periferici della fiitoììio itUit ]iU(/(/iiic liiiiiica dei Ihiioni l)UC('ia. Si potrcbltc dire una niiiuiiic a riticssi ariicutiui. la ijiiali^ aft'etta in jiarte e sjìesso tutta la .sui)ertì(ie del liiiiouc. Ili tali limoni, visti da vicino aiiclic ad occliio nudo, si sforuoiio tante cliiaz/e pianciiiiianti. se])aratc fra di loro da ir- regolari . tiiie e poco profonde fenditure di colore piii scuro e di aspetto sulteroso. Tali cliia/ze, non sono altro clie porzioni dell' epicarjio, nio- diticate in segnito ad una alterazione jiatolotiiea che lia eviden- teinente origine in istrati ])iù ])rofondi. E da notare che negli inizii del male, e cioè in giovani frutti, il processe è atfatto ir- regolare e con varia localizzazione. Però dalle nostri' osservazioni, semina risultare come esso incominci ]iin sovente là dove i frutti presentano accidtnitalità di siiiierticie e così ad esemi)io in (|neir avvallamento che spesso presentano i limoni al di sotto della jirotuberaiiza terminale. Questo avvallamento che può aver forma circolare, o spesso an- che semi-circolare, è sovente il ]>rinio a mostrare i sintomi della malattia. Cosi [iure, eventuali al)rasioni della supertìcie, anche di (ui- gine traunnitica , presentano non infrequentemente le suddette chiazze argentine; e da (|iiesti punti di origine il processo può anche invadere tutta la snperHcie del frutto. L' effetto immediato di tale alterazione, è la sostituzione di una supea-ticie coriacea e notevidmente rugosa al tatto, a (|uella normale. Inoltre i limoni malati, ]U'esentaiio alla {iressione una note- vole resistenza e durezza, il che parla a favore di una conside- revole moditicazione nel tessuto projirio d(dr epicarpo. Visti alla lente , cotesti limoni , (juasi sempre mostrano in seno alle chiazze, sopra descrìtte, dei minutissimi puntini rile- vati neri , che fanno notevole^ risalto sul bianco argenteo delle chiazze medesime, e che non tardammo a riconoscere di natura crittogamica ; sono i concettacoli fruttiferi di un fungo micro- scopico, che tra hreve riprenderemo in esame. F. ('univa I- y. Mnllici IMemoiiia II. ^('1 iiiiiiiiiiov iiiiincro (lei cmsì le cliinzzc in (|ii('sti(iiii'. dctcr- iiiiiiano collii' iiiui |);itiii;i (Hiioììciich tanto pt'l colore. (|Uiiiito per la l'uvidczza o scahvosità della Imccia : ma talora si osservano dei frutti nei (|uali il processo è notevolmente esaltato , da ]iarei-e di natura divei-sa ; e la sn|iei-ticie di tali limoni si presenta alle volte fortemente ruiiosa . a s(|nanie iri-e^olari e assai scabre e so]»ratutto di un colm-e giallo cannella, con poco o punto riflesso ary-entino. ^'edì•emo come si possa interpretare aiudie (|U(^sta modalità di atìezione clic si osserva aindu^ neiili stessi iiiardini ove si è sviluppata la rutiiiine Uiaiica. In altri casi alla patina sulierosa . ])resenta1a da ]iorzione del frutto, si sovrajipon-iono altre altei-azioni. evidentemente per opei-a di saproiiti o pei' cause d' altra natura . clic esaminei'emo pili avanti. Sezionati i frutti malati . essi rivelano delle alterazioni le t|uali sono evidentemente in relazimie allo sviliipjio che lia as- sunto la iiatiini esterna. Anzitutto si rileva, come la desipiamazioiie periferica sia un effetto della iiroliferazione di un tessuto più o meno profondo, e jirecisamente di un felloiicno o tessuto iniziatm'e di siiiiliei'o simile a (|iiello clic si inufuera nei fusti e nei rami della maii- ilior ])arte delle piante l(\t>nose. e costituito da un certo numero di strati di piccole cellule tabulari, die fanno transizione ad ele- menti della Imccia di iiià abpianto moditicati india forma. Le cellule del tessuto iicneratore di suiihero liaiino magiiiore svilu])po in senso tangenziale, che in senso radiale: le loro pareti dap])rima prettamente cellulosiehe, vciiiiono ad assumere in breve i caratteri di ipielle suberificate, e ciò via via che nuovi strati di fellogeno si formano verso 1" interno. ()]»erando sezioni in limoni molto infetti, e trattandole con i reattivi propri della suberina , si riesce a mettere in evidente contrasto un certo numero di strati peril'erici notevolmente mo- Intorno all<( Ruf/fiinf ìnanea drì limoni ditirati rd ini uhiikm'o di stniti sottostanti . ad clementi ancor tiiovani (I in via di inci|iicn1c niodilicazionc. Oltic al snl)eTÌticai"si delle nienibranc deiili sti-ati i)iù pcri- fevi<'i. ivi lia lnoi;(> aindic nna inci'osta/ione di Iii;niii;i, la (|uale si rivela iH'ttann'iitc colla tloroulucina. col solfato di anilina, ecc. e conferisce a))])unto a tali strati estei'iii particolai'e dni'ezza e resistenza. '^Fntta la iinissa dei tessuti suliei'osi di neofoniiazioiU', olle viene in tal miisa ad oriiiinarsi a niaiiiiioi'c o minore ])ro- fondità della buccia, fa evidentemente pressione sopra yli strati
  • ic() . <"iiic di mia corrisitondciite alteva/ionc interna . in aruioiiia con la notevole nioditlca/ioiio dell" (q)icar]»o. non si riscontrano seiiiii di alterato sviln|)])o. (Ili si)icclii sonosi formati in modo normale, al jiari delie A-escicliette contenoiti 1' aarei- nostro, sia per la (piantila, che per la ipialità del succo di tali limoni non vi è sensibile differenza con limoni nor- mali. y\ Ila di jiiii . a Scilla in ]iareccbie jiiante osservammo di tali frutti, coni 1)1 etani ente rivestiti di patina riiggiiH)sa . che a])parivano di bel volume, turgescenti, ed erano ricchi di succo. Inoltre i)ortati parecchi di essi a Catania, hanno mantenuto, nel nostro laboratorio , ])er m(dte settimane il loro turgore molto più di (piello che se si fosse trattato di limoni sani. (1). Onde, se dalla natura delle alterazioni esterne si è indotti a ritenere di grave entità la malattia in «piestione. non parrelt- be (-he si dovesse poi darvi tanto jteso . dal momento che in fondo la ]irodiizione di succo non e menomata uè alterata. Ma bisogna bene tenere presenti le ragioni tutte del valore com- merciale dei limoni ; poiché se jier le alterazioni esterne dalle (jmili sono affetti, essi vengono o decisamente scartati, o depre- ziati anche sullo stesso mercato interno , a più forte ragione sono ritintati nel grande commercio di esportazione. D' altra parte si sa che i limoni sono la base di particolari industrie estrattive che utilizzano precisamente la buc<;ia. (1) È tleoiio (li ii(it;i ;i quostd iii(.|Misit(i il tiitto (U'ihi coiiBistt-nz;! corijici-ii assunta (Ulln l>uctja di questi limoni infetti, che ijotrebbt; detiniisi un vero e proprio processo di ■lUHimiiificd-iom: pel iiuiile tali frutti si conservano senza imputridire per mesi v mesi. La polpa, luO loro interno subisce una concentrazione i' delle modificazioni chimiche per cui as- sume abbuili dei caratteri dell'a.uTo cotto, con consistenza sciropposa e particolare profmuo. Intorno alla Rugi/iue h'umca dei limoni Kvidciitcìiu'iitc se vi r a priori uiiii l'iiyionc di scarto o di rifiuto del prodotto. ]K'r aitcì-azioni estcriu', r assai sal>ordinato r utile (die ne può venire da una condiziono sia pur «piasi nor- male d(dla parte interna. Xon vi «■' dultl)io intanto. <-lie il valore coniniercialc di (pie- sti limoni viene di tanto ridotto, (die il malaniu) in (|uestione costituisce un vero dainio p(d i)ropriettiri(), il (piale di fronte alle manifestazioni di carattere esterno pei' le (piali uli viene rifiutato seiiz' altro il prodotto . non più» accampai-e la (piasi nornialità del contenuto dei limoni. D' altronde anche in Sicilia si sa benissimo < lie i cos'i detti limoni ramen'iiiati, cio('' presentanti ])arziali e leiiiiere alterazioni ]»iir di natura siilierosa. provocate più spesso da urti meccanici contro i rami (» muri, per causa (1(4 vento, x-eni;(»no ritintati dal eonimercio di esportazione e venduti nella piazza a prezzi irri- sori. Sili nnni — Se la rungine bianca assume la matitiiore lira- vità liei frutti, sia pc^r le sue manifestazioni in se, (pianto per i danni diretti clic itortandosi 1" altera- zi a tal imnto clic fu giocoforza praticare una fortissima ]»otatura, o per servirci dell' espressione di (piei itroprietari « intestarle » di nuovo. Vedemmo infatti nu- merose jiiante a chioma nuova con getti vigioi;ia II. |)(»rfettaiin'iitc spoiiliiiti : •■ inoltre iiiosIimiio ima tinta hiaiico- ceneriiiii tutta iiarticoliin'. Soiki i i-anii di uiki. due. tic anni cii'ca clic possono ottVii'c tale asjietto, (|iielli cioè clic erano an- cora torniti (li eiiidoniiide al so]»ravv('nire d(dla infe/ione. La ])atina biancastra che li rico])i-e è. a dittereii/a di (|uanto avviene nei frutti . ]più continua . è cioè stornita in ui-an jiarte di ((nelle minute finditure che danno un as]»etto reticolato alla Imccia dei frutti. Direbbesi «juasi che t'ossero s]>alinati d" una vernice, taloi'a iinitornieniente, più spesso in modo unilat(n*ale, rimanendo un'intera metà o (piasi (hd ramo. inc(dume ed ancor verde. 1" alti'a Itianco-cenerina : in altri casi sono (hdle sottili strincie loiiiiitudinali (die vanno da un nodo ali" .altro. Collo svilnp]»arsi d(d ramo infetto, i- per ragioni di tensione esercitata dai tessuti interni la patina suddetta viene alla line a perdere la sua omogeneità , e presentasi albu'a interrotta da nnin(n"<)se strie a losanga, di colore bruno. Non ostante (|nesti diversi caratteri aìiatoiiio-])at(dogici dei rami infetti. {'(U-igine (hdle alterazioni (• in fondo la stessa (die pei frutti. Si ha. in altre par(de amdie (pii la produzione precoce di nn tessuto idparatore. in una zona jiiii o meno profonda della corteecia , in cui una ]»arte degli elementi istologici vengono a modificarsi, jter ragione di reazione a processi irritativi. Il tessuto riparatore <■ (|ni jmre un snghei'o , il (juale si sostitnisce in più strati agli (denn-nti pareiichimatiei , colle so- lite cellule tabniari . di cui le jtrime formatesi vanno modifi- cando la loro membrana (he si snberitica. Vengono così s(jspinti air infuori tutti gli elementi corticali [leriferici. i (juali jx-rdono in breve il carattere di cellule vive, il loro contenuto si altera, ed in molti di essi viene ad eliminarsi e sostituito con aria. Da eie') il colore e la speciale rifrangimza dello strato pe- riferico corticale. Formandosi in (|nantità nuovo sughero (pu^sto si addossa al precedente e così coli' accresciuta ])ressi(uu^ dei tessuti neo- Jìitornii itilo J\'iui<)iìic liinìua dei liinoiii foniiiiti, iili strjiti (li iante i cui rami a|»punto inaridiscono, fino a seccare. Siiìlc ftiffìic. — Lo stesso fatto dell" alterazione dei rami , che porta come si disse testé, al loro inaridimento, deve avere per legittima conseguenza un riflesso sopra gli organi appendi- colari. Si disse già che le }>iante infette finiscono i)er jierdere buona ])arte delle loro foglie , e ciò potrebbe pure essere s])ie- gato cunture di animali. (iià il l*enzig, nella citata opera, mise in rilievcciali siiile foiilic così alterate , e molto meno sopra o uclìIì stessi cuscinetti . com' culi (diiama coteste vernudic e lascia indecisa la (|Ucstione. 11 l'enziii poi non fa accenno alcuno alla ])atina l)ianco-se- ricea delle foglie clie (• sintomo (l(dla riiiiiiine liianca. solo i>arla di maccliie bianche , o biancastro iiiallounole e di varieiiatiire che .si possono osservare nelle foi>lie dei>li agrumi, senza iuiiiet- torvi significato di fatti ]>atologici. Egli cosi si es]irime a tal riguardo : « Le iiidauiiii microscopie Ile sulla ragione di sitfatti l'eno- meiii ci dimostrano, (die nulla si ('• camltiato nella struttura ana- tomica della foglia, ma (die le varie tinte sono prodotte solo da ineguale distribuzione della clorofilla. » Invece nelle foglie delle piante di limoni di Scilla, oltre i sintomi esterni della malattia evvi pure un riscontro in altera- zioni aiiatoiiio-patologi(die dei loro tessuti. Fatta una sezi(nu^ tra- sversale in una foglia infetta, e vista al inier<)S(;(»pio. oltre le formazioni suberose. già con molti dettagli descritte dal L'enzig a proposito delle suddette^ vei-riudiette. noi abliiamo potuto cou- statare che la patina bianco-sericea, su indicata, è dovuta preci- samente ad una debole formazione di fellogeiio (die in (pu^sto easo ha sede i)recisaniente mdle st(^sse c(dliile dtdl" epidermide della pagina inferiore, aiudie (|ui in seguito. m(dto |irobabilmen- te. a fenomeni irritativi. Occorre un attento esame per verificare (jiiesto fatto, poiché mdle foglie dei limoni il tessuto lacunoso non ha invero la strut- tura ti|)ica degli ordinari tessuti aeratori delle foglie ; esso è formato di due o tre strati di cellule, di forma prcsso(di('" (jiia- dratica, abbastanza regolarmente disposte in sens(» tangenziale, che fanno passaggio solo verso rinterno ad (denuditi rotondeg- gianti e fra loro distanziati in guisa da lasciare dei vani seriati. Ora. i [U'inii strati di c(dlule di tale tessuto hicunoso ])otrci- In l(iv(i iviioliirc disposizione ihciliiiciit*' scaiiil)iarsi con 1111 fcllom'iio. M.\ (jiicsto invero non lui orijiiue in eleiucMiti del tessuto l.iciiiioso. ina come si disse nelle stesse cellule epideriniclie; uè d' altra ]»arti' eotesta forniazione jierideniiale vi prende molto svilup])o ]»oicliè si limita ad uno o due strati di cellule. Da ciò il dittei-ente aspetto anclic della esterna niaiiitestazione che si Ila nelle totilie in confronto di (niella ])ii'i saliente dei rami e dei frutti. (i)nest' alterazione al)l)astanza caratteristica oltn^ a modifi- care i [)rocessi tisi(doiiici dell' oriiano assimilatore . provoca al- tresì det;eiierazione nei cloroplasti, formazione di prodotti di na- tura secretoria, arannlazioni, ecc. ecc. L' insieme di tali alterazioni spieua il eolore sl)iadito che ])resentaiio le foiiiie malate. In progresso di tempo (|ueste foiilie venii(»no ad accartoc- ciarsi assumendo una direzione obldicpia sul ramo e una dettole aderenza su di esso : e da ultimo, come iiià si disse, tiniscoiu) ])er cadere. Etiologia della malattia. Già fin sul ])rimo materiale inviatoci per studio, un attento esame della superficie dei limoni infetti ci fece riscontrare, sopra le squamette i-nuainose caratteristiche, minute punteggiature ri- leTate che , come soj)ra si disse , furono tosto da noi riferite a ])roduzioni crittogamiche. ]/ esame microscopico confermò tale su]>])osizione e constatammo che detti punti rilevati non erano altra (;osa se non minuti concettacoli fruttiferi di un fungillo ai>partenente alla famiglia delle Sferossidee , e precisamente al genere I '/ionia. Parecchie sjiecie di questo genere senio già state descritte siiecialmente dal Penzig per i rami e per le foglie degli agru- mi. Xon è a nostra cognizione che ne siano state segnalate per i frutti: comun(|iie i caratteri offerti dal fungillo che con straor- 12 F. Cu rara e X. Moììini | MEMORIA 11.) (liii;iri;t tV('(|iU'ii/ii si riscoiiti'ò sui litiioiii intetti, tanto di Scilla (|iiaiit(i (li Cainiizzaro e di Ali. non coi rispondono a pai'ci' nostro a (|ii(dli di alcuna delle specie di /'//'>//(rf descritte pel' i;li aLirnnii. I concettacoli o picuidi did microscopico t'untio in (pu'stione sono di t'orma uhdìulare con un osticdo poco ju'omiiH'nte ed ei'ompono dalla epidcu'mide lacerala. Sono m-ri, t'fa'-ili . ''on un ]»eri(lio. (meml)i'ana ])seudo-])ai'en(diimatosa avvolLicntc) di consi- st(Mi/a cai'honacea. I picnidi misurano cii'ca 70 millesimi di millimetro di dia- ineti'o. e 4(1 cii'ca in altezza. Ned loro inteiMio |)i-oduc(mo un nu- mero stragrande di piccolissime spore, inccdore. unicellulari, di forma cLissoidale od ovale, a contenuto jalino ed a nnunlirana esilissima. Misurano 4 X 2..") millesimi di millimetro (1). Alla l)ase e tutto attorno a (piesti concettacoli. stanno dei niieeli bruni . lilanientosi . spesso torulacei , di colore olivaceo , fosco. (^)iiesti mic(di si oss(-i'vaiio co|»iosi mdle (diiazze suhcrose. 8|)eeialiiieiite in linuìni invec(diiati, nei (piali detenninauo un ulteriore ])vocesso di alterazione d(dla luu-cia. Per("> tali inic(di mni si insinnauo (du' l'ai-amente molto ad- dentro ai tessuti (Udì' epicarpo . e si limitano ad in\adere al- cuni strati esterni d(dle s((uame ruuiiinose. di l'ado portandosi a contatto d(d suiiliero . nn-ntre preiid(nio un notevole svilu])])*) alla superticie, come lieii fanno vedei'e (»pportiiiie sezioni tan- aenziali. Vista la fre(pienza di (piesto funuillo nei limoni malati tanto di (Calabria, vhv di Sicilia, ci venne dap]>rima 1" idea che (piesto ]K)tesse essere la causa della rugiiine dei limoni, e si ])ens("» su- T>ito ad isolarlo mediante eolture per poi vedere di ripiodurre (1) Lii diagnosi clic si ]iuii dare |icr i|nestii finiijillo e la sci;iieiite : PhOMA CiTKI-KoiiKilMS Cavava ci Mollica. PeritheciÌK perexUiìiU. 70 u. iliam. 40 iiUin. f-x mi/<-eliti Iviiihifcii urli», .■i:ic() (l;i (»ss(> (Ictev- niiiiato Mi|>ni linidui siiiii. Le spore (•(iiisci'v in :iiio(dii uiorni alla formazione di intiiiiti picnidi. Ciò tanto con materiale di ScìHm che di (\'innizzaro. con meravii;liosa costanza- di caratteri e cmi straordinaria ]>urezza (hdle c(dtui-e. Solo doveninn» osservare in tutt(ì i|uest(' colture in ^Vi;ar-ai>ar che i picnidi erano ])ri\i di un vero ostiolo. ma la parte centrale e più }irominente. di essi vista di faccia si |)reseiitava di struttura più lassa, per cui sotto lieve pressione, in corrispomlenza di essa, si tVaideva il i)eridio, mettendo in liliertà inlinito nunnu-o di spoi-e. <,)ueste avevano ì;1ì stessi caratteri delle spore che avevamo usato ]K'r la coltura. Servendoci di (juesto ottimo materiale, che si ])otè ottenere sempre ])iù jiuro con j-eiterati ])assaiiiii di colture, noi tentammo esj)erienze di inoculazione su linnmi ])ertettamente sani, tenuti in camera umida, a tem])eratura jìinttosto elevata |»ercliè erava- mo in estate. A tal uo|)o si spalmarono le supei'licie dei detti limoni c»m poi-zioucelia di coltura in Aiiar-aiiar. Tentammo an- iù. Kella medesima ispezione a ( 'annizzaro. altri tatti emersero, alcuni dei (piali di non sprei:cv(de importanza e clic furono con- fevuniti anche nella visita ai uiardini di Scilla. Anzitutto ikmi v' ("' dubbio alcuno che jirocessi dciicnerativi dell" e])icarpo con produzione di sughero hannosi freipientemente jiei' azione mec- canica, e cioè urti e strotinio di linnmi sia contro rami sia contro muri — Sopvatutto gli urti contro i rami, specie se (piesti conser- vano ancora spine o presentano nionc(nii. hanno per etfetto abra- sioni più o meno manifeste, talora vere fei'ite (die md frutto in via di sviluppo vengono rimiirginate da pronta formazione di sughero. K si osserva che. una volta iniziato il processo suberoso in un ])unto leso, esso nn)lte volte ])rocede ed irradia di per sé, ])robabilniente ]ier trasmissione della irritazione dovuta allo sti- molo iniziale. Che ci<"> avvenga con tre(pienza i)otemino con sicurezza as- sodare, ma in tali casi d'ordinario le alterazioni sono unilate- rali e cioè in corrispondenza della regione soggetta all'urto. Al- tra prova si ha in ci<~) (he ind caso di frutti con accidentalità di superficie, ossia con eventuali avvallanu'iiti, f* soltanto la parte sporgente quella clie fa vedere 1' alterazione. Nei casi citati, è spesso visibilissima anche 1' imjironta d(d ramo oifensore. D' altra ]»arte 1' aspetto delle alterazioni dovute ad azione meccanica, non corrisponde interamente a (jnella dei limoni Intorno itila h'iiygine hìiincii, lìiù limoni 15 affetti (liiUii niiiiiim' sunlicrosa. o^iictto dclU' iKtstrc rict-rcliL'. Le (l('S(niaiiiii/ioui si taiiuo in tali casi con iiossiuia rc^olavità, con spessoi'c . con.sisttMiza . e colóre di molto diversi che nella ruuiiine liianca. Ciò |ioteniiM(» auclie coiiterniare con dati speri- mentali. In una pianta di limone si pi'odussero delle abrasioni sn varii fratti ancoi- \(>rdi mediante leggere percosse praticate con rami sec(dii d(dla stessa ])ianta. Dopo alenili giorni la sii- [lerticie cosi offesa si presentò rugosa . scaltra e di coloi" gial- lastro , ma di as])etto Ix'ii diverso da ((ludlo offerto dai limoni con ruggine bianca. Per eonsegiieii/a è da es(dndere che (|uesta malattia , vada attribuita a cause ineeeaniclie. In alcune piante di limoni crescenti, a Cannizzaro. in vici- nanza delle stradelle in rilievo, osserrammo (die i frutti i (jiiali venivano a poggiare sn di esse presentavano una assai caratte- ristica alterazione in corrispondenza ap|)nnto d(dla parte (die toc- cava il terreno. Si trattava aiudie (|iii di una straordinaria ]n'oduzione su- gherosa, ma determinante airesterno d(4 frutto non una desqua- mazione , ma sibbene una tumida zigrinatura di colore grigio- giallognolo, resa però Itrniia nella ])art(^ centrale, da co])ioso svi- lup)»o di fuimhi demaziacei f Jfafro-s/xiriKni, (JfadoKporiiiDi s]).) In sezione trasversale dell" epicarpo si osservava un copioso sviluppo di ite mic(di( he di colore olivastro, tortuose o varico.se, le (|uali si addentravano molto profondamente nel tessuto sube- roso, provocandone evidentemente una ]nn attiva inolti])licazioue. Come ben si rileva, anche in (|uesto case», nel (|uale la causa è in gran parte di natura tisica, l'alterazione ì- unilaterale, non compromettente cioè che la regione di contatto. Si fu c<»sì costretti a portare la nostra considerazione so- pra un altro ordine di eause, pensando (die la ruggine bianca potesse essere la conseguenza dell" azione continuata di piccidi animali. Hi F. Vararli r X. Moìlicn |.\Iemokia ll.j È noto collie i frutti dculi iiLirimii in ììcuci'c aliicrnliiiio min (|uaiitit:i di piccoli cctoiiiinissiti . so|)i-atiitto c(icciiiit;iic ed acari. Per (|iunito e a nostra couiiizioiic . nessuna delle specie di coccinitiiie clie si lissano suuli aiirunii. deterniiiia alterazioni clu5 siano lontanamente coin]»aral)ili a (|uelle clic alibiaino descritte. Piuttosto è tra lili acari clic alcune si)ecie sono state indicati^ come causa di ruiiiiine uei;li agrumi. Fra le altre il l'enziu' , nella i)iù volte accennata opei-a . cita il '/'i/p/i/otlnuiiia n/iirnni.s come acaro della ruiiiiine e |iarla anche di altre specie c(nne il 7]i/(f(ii.s Aiiniiitii, ed anclie il 7'(fri(iii/cìiii.\ Aiinitiiii. l»ii:uardo al ])i-imo, esso appartiene ad una lieii nota tamiiilia di acai'i. ipiella dei Fifd/ifitìi, clic sono dei parassiti ualliueiii: ma a detta dello stesso autoi'e il y'i/p/i/ndriiiini.s oìrintni-s non è stato ancora rin- yennto in Kuro])a. mentre si è reso dannoso neali aii'rumeti ame- ricani. Dai cai-atteri assediati dal l'enziu aiili ori>ani infetti (t'oiilie e frutti), sembra esservi una ceiMa attinenza con la ma- lattia da noi studiata, per cui pensammo di esaminare acciinita- mente i limoni . per vedere se era possibile riscontrare il sud- detto Ti//»/i/<>(lrniiiii.s. o (jualclie altro rappresentante dtdl" ordiiu^ degli acari. Se non ci fu dato mai di imbattei-ci nel suddetto agente della ruggine degli agrumi aimricani . tuttavia mm furono in- vero infruttuose le nostre ricerche, poiché prima nei giardini di Canni/zaro. e molto i»iii ancora in (pielli di Scilla e di Ali, si ebbe a rilevare la (|uasi costanti' presenza di acari in genere, nei frutti e nelle foglie attaccati dal male. Di questi acari alcuni seiubraronci avere realmente preso stanza negli agrumi infetti , altri ci ])arvero visitatori casuali. Così ad esem]iio (|ualclie Orilmthlc che rinvenimmo in numero scarso di esemplari so])ra quaUdie frutto, ed in seguito non più trovato, appartiene appunto alla categoria (U-i visitatori casuali. D' altra parte codesti acari vivono d' ordinario fra i muschi o sotto i talli vecclii dei licheni e non si conosce finora fra di Intorno alla Rviigme hianva dei limoìii 17 essi alcun parassita (|uìim1ì «'■ ])resiiiiii1»ilti clic i pochi trovati al)l)iano casualmente ali)>aiHlouato la loro a))ituale dimora e si siano j)()rtati, vacando, sui limoni. Di (lucili invece die sembra a noi si siano realmente sta- biliti a scojio di nutrizione suiili orfani degli ajiTumi, e ne ab- biamo riscontrati ra]»presentanti di vari generi ( y\'frtuti/r/ni.s , Tì/dctis , Ij(')referenza nella infossatura che si nota d'ordiiuirio al di sotto della i>ro- tuberanza apicale del limone , come anclu^ dalla parte opposta intorno all'inserzicnie del peduncolo, annidandosi mdle fenditure che se])arano le squauie rugginose. Queste localizzazioni ])ar- lauo in favore del stio parassitismc», in (|uanto sembra che esso si fìssi dapprima in jiorzioni di limoni atti a costituirgli come un ricoAcro, e d' altra parte abbiamo detto più sopra, (die la ruggine procede appunto, d'ordinario, da simili ac(;identalità di sui)erticie dei frutti. Si aggiunga poi che risulti") dalla nostra osservazione sul luogo che nei linitnii, nei (juali il pi'ocesso suberoso va estenden- dosi alla superficie di essi, molti atari si riscontrano ancora verso il limite deir alterazione ci("» che si si)iega facilmente col biso- Atti Acc. Seiue 1', Voi,. XVIl — Meni. II. 3 IH F. Carnra e X. Mollka [Memokia II. | giK» (la t'Hsi mentito di invadere rtein])re nuova sii])erii(;ie sana. Oltre che sui frutti, potemmo stabilire del pari, la presenza di ([uesti acari sulle foglie ; ])eraltro in numero assai minore che sui frutti e spesso in unione a (|ualche altra s]>ecie anni- data in bollosità del lembo. Quanto ai rami non ci venne fatto di riscontrarne. Con ciò non si eselude clie essi non visitino auclie (luesti organi, an/i a priori è da ritenere, che essi li ab- biano visitati prima di recarsi ai frutti , che olirono loro tanto co])ioso nutrimento. Considerato che altera/ierciò di utilizzare (|ue8ta nozione in (|ualclie saggio sperimentale. ÌScelte alcune piante di limoni a frutti i)er- fettamente sani e non ancor del tutto maturi delFOrto Kotauico (anche (|U(dla stessa clic ci servì per dimostrare gli effetti della azione meccanica) in l)uou numero di limimi inoculamnu) tracce di soluzicmi di acido formico, al '/a» 1 '4' '^Va' ^' ^^ ^ '^^ 'o contrassegnandoli ed esaminandoli a intervalli di tempo. La inoculazione veniva fatta o per strie praticate colla punta d' una siringlietta Pravaz ed a mam> leggera, ovvero per punture poco i)rofonde nella buccia dei limoni. Dopo ])oclii "iorni si resero visibili dei lu'ocessi cicatriziali in corris])(»ndeuza delle strie, ovvero delle jìnuture, processi che assunsero ben presto r asi)etto della patina bianco-grigiastra dei limoni infetti, non presentando per altro ben marcate le screpolature caratte- ristiche di questi. Peraltro la reazione anatonH)-patologica aveva assunto notevolissima manifestazione e 1' osservazione microsco- pica diede una conferma della analogia di reaziime fisiologica. Un vero fellogeno si era fVn-mato nella corteccia dei limoni operati, con alìbondante produzione di strati di sughero air in- giro della ferita. Per una troppo energica azione del liquido sulle cellule, specialmente per le soluzioni forti, si eram) deter- minati dei disturbi fisi(»logici di più grave entità ed era soprav- venuta una modificazione chimica delle membrane delle cellule offese, sicché esse reagivano alla stessa guisa delle membrane lignificate mentre il contenuto delle cellule era profondamente alterato. Anche le soluzioni più deboli provocarono una reazione. L' azione irritante delle slla (Idia ruiiiiiiic l>ian<'a. solo |)iri omouenca. Mezzi di difesa. Mtz~i j»rofiì((tfici *■ curtifiri — In ucncrc di malattie di |)iante, come di animali, è solo (|uaiido si è Ix-nc a|)|>ni'ata la causa del male clic e lecito consiiiliave mezzi di difesa, (lià da temjio il professore Kufalini a nome amlic dei ]>roprietari di tiiavdini in- fetti di iScilla cliii'deva a noi suniicrimenti circa il modo di com- battere (piesta malattia dei limoni e allor(|uando sulle prime si era inclini a ritenere che essa malattia imtesse essere causata dal J'ìtoiiia elle cosi fretiueutemeute riscontrasi nei frutti infetti, si era consitiliati». con una certa riserva, Tapplicazione di sostanze auticrittogamiche, anzi della stessa i)oltiiilia bordolese, già tanto in uso per combattere la perouospora della vite. Di\] momento clic la causa del male in seguito alle ricer- che fatte, risultò non essere la detta crittogama, ma con ogni probabilità 1' azione di acari infesti, il suddetto trattamento po- teva ferieiize su <|nel (li ('aniiiz/iiro ) (•oiiinnicaiiiiiHi al prof. Hutaliiii «■ iiite- ressiif i. AIiIiÌmiihi oiiiii ragione «li i rcdcrc clic cs|icriiiiciiti in (|iic- sto senso saranno sfati intrapresi a Scilla e ad Ali ove il male infierisce di piii. e ci aniiurianio di potere consfatare indi* anno venfnio la «dìieacia dei nostri sni;i:("''i'ii'ii' '• If/ieiK iii/nniiifi)/(i — Non v" è dnMtio cln- la ( lie non si ottiene sempre col tanfo vantato guanto di Saliafi'-. Si riesce a dare ai froiulii il loro as])efto normale ed una supei'ticie liscia, non guasta. Ad osfac(dare poi la ascensione lungo il fusto e i rami di picc(di animali, va praticata come (■ noto, la asjuTsione con latte di ealce, il (piale se apjdicato am lie a teni]»o debito ali" intiera cliioma la preserva assai bene dalla fumaggine. afVezione (piesta (die tanto si c(Uinette con la poca ciii'a dei giardini. 22 F. Cavava e N. Mollica [Memoria II. | Sede di crittonaiiKì e di iii.setti, divenijoiKì pnn^ i iiioiu'oiii di rami ])er varit' cause stroncati, o ijli stessi rami morti o de- ])eritMiti ; oltrecliè questi organi dimezzati o morti , sono come iiià si disse una i)rima causa di lesioni e di ])rocessi suglierosi, dei frutti. Xoii vi ha dubbio perciò die una condizione del ve- g(dare sviluppo di (juesti organi, sia V asportazione di tali rami. È da ricordare in tìiu^ come si renda necessario quando a quando una saggia ed accurata ])otatnra \h'y agevolare con ogni mezzo una buona aerazi(Mie ed illuminazione delle ])iant(^. Appkxdkm: T. Avevamo ultimate le nostre ricerche e jìroiito pcn- la con- segna il manoscritto del presente lavoro, (|uaiulo siamo venuti a cognizione di due pul)l)licazioni italiane sopra la Ruggine bianca dei limoni. Una porta ])er titolo « Sopra una grave malattia che deturpa i frutti del limoiu' in Sicilia , nota preliminare di G. Briosi e K. Farneti » pubblicazione dell' Istituto Botanico di Pavia Ottobre^ 1902. L' altra ha per titolo « Danni causati dalla HeUotliripK luwntorrlioidaìis (Kouchè) agli agrumi, del Dott. Ct. Leonardi — in Bollettino di Entomblicazioni, do[)o un' accurata de- scrizione della malattia, che collima con (juella da noi data, gli autori riferiscono di avere riscontrato nei limoni infetti, un fun- gillo che ritengono ])r(d)abile causa della ruggine in questione, e da loro denominato (hmlaria Cifri. Esso avrebbe nu)lte ana- logie con la OoKpora Jii/nUnìila Sac(!. che « vive generalmente parassita del micelio di altri micnnniceti che si sviluppano so- pra le foglie e i peduncoli degli agrumi, e che alle volte pren- de una grande diftusione. » Per parte nostra mentre abbiamo (constatato, come sopra è detto, miceli e concettacoli fruttiferi di una Sferossidea, presente Intonili iillii Hiujyint bianca dei limoni ((iiasi sciiipn- sulle |»lacciif rii^ji^iuos»', non ali1>i:iiiii) |H'rò incou- tnitii mai ini iiiatcriali' avuto in csaiiif . la Onilinin ('Uri Kr. l't Fani. (Quindi 11(111 jMissiaiiM) cout'criiiaiv 1" <>|iiiiiniic iUm (;liiaii.s.siiiii aiit«»ri. clic a (|ncst»» Ciiii'i»» .sia devoluta la niuiiiiie. (guanto air /hfiot/irì/is /KiriiKirrlioiihdis, porlafu iuuHUzi dal- l' EfiTejiio dutt. Leonardi di Portici, (ioliliiamo dire che aii/itiitto lo stesso dott. Leonardi osserva « die nei caiiipioiii |i|-oveiiieiiti da ^lessiiia non si jiotè liin niiic alcun insetto ineriniinahile » e ciò in veld toulic carattere dì yeneralità all' asserto ( lie l'/A- Iiof/iiijt.s suddetta possa esser la causa della ruuiiine. 1)" altra parte, non averla noi osservata sui frutti di Iteli tre località, fni di loro distanti (Oanniz/aro, Messina, Reggio) mentre che per parte nostra si ebbe eostanteinente a riscresente tanto nei linioiii clic nelle toglie affette da ruggine il 2\iiiiipportuno di riportare tini le conclusioni presen- tate da noi intorno alla ruggine dei limoni al Congresso Agrario, internazionale di Roma (Ai)rile 190.Ì). 1. La n((/ meno ablxindante di sughero . in seguito ad un processo irritativo delle cellule del tessuto tegumentale. 2. >»elle foglie è la pagina inferiore la sede delT alterazio- ni-. La superficie di essa ae((uista una tinta biancastra a riflessi sericei. La formaziiun- del sughero vi è assai debole ed ha luogo mdle cellule eitidermiclie. Nei rami giovani, si forma alla super- L>4 F. Varava e K. Moìlicd [Memoria IL] fìcie una specie di piitina liscia, Uiaiico-siialliccia, più si»csso iiiii- latcrale. II suiiiicrc» ])rend(3 oritiiiic nelle cellule della corttMcia ed in modo assai pii"! ratiguardevole che nelle foglie. o. Nei frutti la rusiiiinc^ assunui dei caratteri assai [)artico- lari. La su]»erticie dell'epicarpo diventa scaltra e si presenta co- stituita di placclie o scaglie jìoligonali, di un color lùanco cenere, o talvolta giallii^cio , separata da fenditure tanto [)in notevoli (|uanto ]tiù r alterazione è avanzata. La formazione del sughero \\ è profonda ed assai alil)ondante. 4. Soltanto nei frutti 1' alterazione si complica di i)iù p(n- ettetto di funghi (die vengono a iìssarsi sulle placche rugginose. Sono dei niicelii demaziacei e torulosi, che invadono (lueste sca- i>lie e che vanno a dar luogo a formazione di conct^ttacoli rite- rihili al genere J'hoiiiti, che si rienijìiono di spore ellissoidali jìic- colissime. 5. Questi micelii coi loro concettacoli dehl)oiio riguardarsi come forme saprotitiche. Ciò è stato dimostrato dai risultati ne- gativi che hanno dati saggi di inoculazione su tVutti sani . coi ])rodotti delle colture ])ure did l'honui. \on si pu<» negare tut- tavia (die (jucsti funghi poss(Uio esaltare i processi anat sempre notata la presenza di un acaro della famiglia dei Trombididi : il TcnuijKiljnis- niticfifn-s, che non era stato risc(mtrato tino oggi sui limoni. S. Diversi fatti si prestano a confermare 1" ()[iinione che il Temiipalpm (■iiueafn,s ])ossa provocare la ruggine bianca : 1° La presenza costante di ([uesto acaro sui frutti malati studiati , liitoinii lilla h'iiyi)ini' hiiiiiiu ilii liiiiniii 2" l/aii;iliiiii;MlÌ i|I1csIm iiiahit t ia iiiii-\ ohinniis. ."{" I ilaiiiiì causati in altri \ciictali ila acari della -tessa laniiiilia ilei 'rriiniliididi I Ti I idiiiiilnix. l'/idtiix. ed alti'i). -I" Ii"at t riim/imic clu' si è latta da altri di l'urina/iiuii |iai/iali di su^lieru nelle r<)t:lie ad acari. r> In line la ri|»raI 2. — t^czioia- tiasveisale di bue-eia di liniidic con pioce-sso iniziala di ruggine. > 3. — Sezione di huecia di liniuiic con placclie di ruggine screpolate. » 4. — Sezione trasversale di buccia di limone con phicelie rugginose più sviluppate, con micelii t'ungini e picnidi di ì'humti. » 5. — Sezione trasversale di buccia di limone con |)rocesso sugheroso provocato per iniezione di acido formico all' 1 e '/a per "/„. » 6. — Micelii fungini visti in sezione tangenziale di limone. » 7. — Svilupiìo di picnidi del l'Iioinn (Htri-lìoliìfiiiiis in Agar-Agar. » 8. — Temdpalpux cmirntux. da nostro preparato. .^eiiKtria III. iMtitut» /•<>li)i;i(' ha csejinito le ricerche snlle seguenti famiglie di Pesci: MuHtelidar. Uhiiiiohalidac , Torpetìitlue , Uajidne. Cìiipekìae, AiiguiUUÌae. Gailidar, Exocoetidae, Mnilidae, Scomìiridae, Sparidae, TrUhiuridae, Maenidac, Miuiitidar, Sphiirainidae. Il D.R Umberto Drago, da parte sna, ha rivolto le ricerche sulle famiglie : l'etromyzo- nidae, Spinacidac, Squaliiiidae, Miiliohalidar, Trigonidae, C>iprinidae, Stopelidae, Pleuronectida», Lahridae, OrlhayorUcidae, Lophiidar, Gnbiidae, Trigìidae, Perridac, Sciaenidiie. (2) LlNSTOW" O. Coni pi- Il dì lini dir hrìminlhiAmjie. fllannover. 1878-ni>«toiiiih1n>l(l Gen. Podocotylk , Dujardin. (1 Podocotyle contortum. Itmlulplii. In vari esemplari aderenti alle lìraneliie. al palato e all'in- testino (leir Ovtliajiormm moia, Sclineid. C'iitaniii. aprile, maggio 1902. (2) Podocotyle macrocotyle. Diesiug. In alcuni esemplari aderenti airultinia porzione dell'intestino dell" OrtIi(((/oriscu-s ìnnìa, Schneid. Catania, novembre 1902. (.'5) Podocotyle fractum. Itiulolplii. Tu rari esemplari poco aderenti all' intestino del Hìkv nalpa, Cnv. Catania, maggio 1902. (4) Podocotyle pedicellatum. Kuilolphi. Karissinio iieir intestino del Cìn\i/>topìtn/.s uitmtti. Linn. Ciitaiiia, aprile 11(02. 4 Dottori P. BarlHU/allo v ('. Drago [Memoria III.J (5) Podocotyle furcatum. Rreinser. Kavo iK'ir ultima porzione dell" intestino della /Solea vnlya- ris, Cuv. Oltveniodo raro nelF ultima porzione delF intestino del Mul- lif.s .sKrmnletiw, Linn. C';ir;nii;i. agosto 1902. (6) Podocotyle pachisomum, Eisenh. Poeo eomuue nelF intestino del Miif/iJ ccpìialu.s, Cuv. Catania, Liif^o di Leutiui. iii:ii;f;io 1902. (7) Podocotyle retroflexum. Molili. Rarissimo in mezzo al muco della porzione anteriore dello intestino del Belone acit.s, Riss. e dell' E.roeoetiis roJifanft, Linn. Catania, Aci-Trezza, agosto setteiiilivc 1902. (tEX. Al'oBLEMA, Dujardin (8) Apoblema appendiculatum, Rudolphi. In rari esemplari nel veiitrieolo e nelF intestino del Lophius pi,seaffj)-iu.s-, Linn., dello iSeoniher .sconihnix, Linn. e dello Seomher culias , (rniel. Catania, Augusta, maggio, novenilire 1902. (t>) Apoblema rufoviride, Rudolphi. Qualche esemplare nello stomaco deìVAnf/nìNa nilf/aris, Turt. e del Coìifier riilf/afis, Cuv. Lago (li Lentiiii. Catania, maggio, iiovemlirr 1902. (10) Apoblema Stossichii, iSIonticelli. Estremamente raro nel muco delF esofago e dello stomaco dell' Alo.s(( sardinn^ Riss. Catania, giugno 1902. Primo coiìtriìinto allo studio della Fauna ehnintolof/ica dei Pelici ecc. (ji:x. Distoma, Retzius Subgen. Brachycoecum , Hailliet (11) Distoma brusinae, Stossieli. Oltreinodo raro nella cloaca dell" Ohlatn incìaiiifra, Cuv. (12) Distoma mormyri, Stossicb. liaro neir intestino del /'iif/r/ìit.s )ìi(>rì)i//nt.s. Cuv. C'atiuiia, agosti! liUVJ. Subgen. Brachylaimus, Diijanlin (13) Distoma umbrinae. Stossich. Rarissimo nell" intestino dell' UmlniiiK s.r ho(>p.s, Cuv. e del Pnyni-s rnlfiaris, Cuv. Catauia, maggio, giugno 1902. Subgen. Dicrocoelium, Diijanlin (15) Distoma pulchellum. limlolplii. Poco t'recjuente nell" intestino del (lobiiis jozo, Linn. Catania, novenil)re 1902. (Iti) Distoma labracis, Dujardin. In rarissimi esemplari nell' intestino del Li(1)ri(.v hiinis, Cuv. Catania, Augusta, maggio 1902. (ì Dottori P. Barbaf/allo e U. Brago [Memoria III.] (17) Distoma micracanthum. Stossicli. Oltremodo raro nell'intestino del Pcif/cìliis eri/thrinìis, Cuv. Catania, luf;lio 1902. (18) Distoma scorpaenae, Rudolplii. In rarissimi esemplari nel muco dell' intestino della /Scor- 2)aena lutea, Riss. Catania, Ogniiia. Aci-Trezza. 1mj;1ìii 11*02. (19) Distoma fasciatum. Eudolphi. Molto raro nelF intestino retto del Crenìl((hru.s coevruleus, Eiss. e del Serranus .scnha, O. T. Catania, luglio agosto 1902. (20) Distoma bacillare, violili. Poco frequente nell' intestino dello Scomhev scombrm. Linn. Catania, niaggii) 1902. SPECIE DUBBIE (21) Distoma clavatum, Eudolpbi. In rarissimi esemplari nel ventricolo del Felamys sarda. Cuv. Catania, giugno 1902. (22) Distoma f^i>. Una sola volta osservato ed in unico esemplare nello sto- maco del Jnlis pavo, Hasselq. Catania, giugno 1902. (2.1) Distoma sp. In rarissimi esemplari nel ventricolo del Trachurtis trachìmi^, Cuv. Catania, (iiugno 1902. Primo contributo allo ntudio della Fauna elmintologica dei L'enei ecc. 7 (24) Distoma s|i. Kiiri.ssiiiio, iiicistati) m-l cuore del Min/i/ ((///in/ii.s, Cuv. C'atiiniii, iiiaj;';ii) 1900. G-EX. KcMiNosTo^r A. Diijiirdiii (2.")) Echinostoma nigroflavum. Kudulplii. hi alcuni eseuiplari nel ventricolo deir Orfliafiorisvìis mola, Schueid. Cafaiiia, novembre 1902. (2(>) Echinostoma perlatum. i;uilol|)lii. In nuniero.si e.seuiplari nel muco dello stomaco e dell' inte- stino della Tinca riiJf/aris, Cuv. — È da osservai'e che talvolta nello stomaco della Tinca il parassita trovasi aiiamo, mentre sempre è a completo sviluppo nell' intestino. Pantani drlla l'iana di Catania, Lago ili Lrntini, gingno 1900-1902. (27) Echinostoma cesticillus. Molili. In diversi esem]>lari nel muco delF intestino della Torpcdo ocellata. Bel., delT rinhviiui cirr/ios-a. Ijinn. e della /Seriola Dii- mcrilii, Kiss. Catania, niaggin 1900, agosto 1902. (28) Echinostoma lydiae; Stossich. In discreto numero di esem|dari nel muco intestinale del- l' 0)iha(/ori«ci(x mola. Sclni. Catania, maggio 1902. S Dottori P. BarbiujaUo e U. Ih-at/o [Memoria III.| « FOKJIE AGAME (Agamodistoma , Stossich) (129) Agamodistoma valdeinflatum, .stossicli. Qualche esemplare 8i)arso (juà e là e racchiudo in cisti sfe- riche e trasparenti nella cavità peritoneale del Gohwfi jozo, Linn. Cat;ini;i. iinvcuilire 1902. Faui. I>i', Taschenherg (30) Didymozoon thynni. Tasclieiiberg. Xegli archi Itranchiali e nel palato del TJii/nmis- rnlgarìfi. Cut. talvolta e in numero esiguo rinvoigonsi delle piccole sporgenze, le quali incidendole attentamente lasciano venir fuori delle cisti della grossezza ed apparenza di un piccolo pisello. Al posto di dette sporgenze si può osservare anche V impronta rimasta. Tali cisti sono di un colorito giallo, simile a quello dell'oro antico. Piingendo e comprimendo accuratamente tali cisti vengon fuori due piccoli elminti, similmente eguali fra loro. Son costi- tuiti da due parti : una posteriore ingrossata , ed una anteriore assottigliata a mo' di tilo. I due elminti stanno a contatto fra loro entro la cisti per mezzo della parte posteriore. Tonuara di S. Paiiagia (Siracusa), maggio 1902. (31) Didymozoon sphyraenae, Tascheuberg. In rare cisti aderenti alla mucosa boccale della Sphyraena vulffaris, C. V. Catania, giugno 1902. Primo contributo allo ntudio della Fauna elmintologica dei Pe»ci ecc. 9 Funi. ]VIoil4»*>it4»lllÌ«lH<'. Mi)||tì('i-||i (ìKN. MoxosTo.MA, Zetler (32) Monostoma orbiculare. Kiuidliilii. (^iialcln' rnrd fsciii|)l;irc iicll" iiilcstiiid del liiu .sii/jxt, Cuv, e dell' ()1>1atn iiit/ninmi, Ciiv. C'iitaiiiii. ii|iiile, K'"rlii" 19111;. (3o) Monostoma capìtellatum. Kudolphi. Oltremodo raio nidi' intestino del //o,/- .sa/p((, Cuv. Cataiiiii, ui>rili'. 1SI02. (34j Monostoma spinosissimum, stossich. Karissinio indT intestino d» I /in.r .siifjxi. {hi\. Cataiii;!. ina^Ki" li"l-- OKDO CESTODES ITaiii. Taeiiìidae Subfam. Mesocestoidinae day. Mesocestoidks . ^'ailhuit (35) Taenia macrocephala. cicplin. Tn qnalehe raro eseinj»lare aderente alla iiineoHa dell' inte- stino deir Aiif/iiHìa ni/ffari.s, Turt. 1/ adesione era talmente forte, che le proglottidi i'acilinente si .spe/zettavain» alla più delicata trazione. Tanto lo seoliee . (pianto le jiroiilottidi erano grande- mente cosparsi di (•orpuse«di (al(an;i. Lago di Loiitiiii, l'aiitaiii «Iella l'iaiia di 'Jalaiiia, aprile 1902. Ani Acc. Skkik 4°, Voi,. XVII - Moni. III. 2 10 Dottori P. Barhayalìo e U. Drago [Memoria III.] Fani. Botlirioee|>lialidae Subfam. Diplogonoporidae (ten. 1)iplo(^()N()1'()KUS, Lònubei'g (3(jj Diplogonoporus wageneri, Monticelli. Poco frequente e sempre iidciciite alla imioosa intestinale del Ceiifrolophii.s j>i)»i/>iìiii.s: Cuv. (.'atiiiiiii, iiiii-fifiio litui!. Subfam. Monogonoporìdae. CtETs'. /Vniristrocephaus, ^Monticelli (37) Anchistrocephalus microcephalus, Rmlolplii. QuaU'lie esemplare nelT intestino dell' Orf/ntf/oriscifs mola , Schn. Ciitrniij. iiovi'iiiliri' 1ÌHI2. Cten. Bothriocephalus, Rndolphi (38) Bothriocephalus crassiceps. Kudolphi. Rarissimo nell' intestino del Jfedxciux l'Hlgaris, Cnv. Anglista, C'iitiuiia. apriln 1902. (39) Bothriocephalus belones. Dajardin. Abbastanza raro nelP intestino del Hclotiv acii-s. Risso. Cataiiin, spttcaulii-p ltl02. (ten. B()thri()TAe:nia, Railliet (40) Bothriotaenia plicata, lìudolplii. Erecjuentemente ed in discreto nnmero di esemplari , con r estremità anteriore infìssa nei caratteristici cuniculi scavati Primo contributo allo ntudio delta Fauna elmintologica dei Pesci ecc. Il nel retto iiitcstiiu» dello Xipìiids filiiiìiiix. Limi, (^iialclif indivi- duo perfora la parete deli" iutcstiiiu sino alla tunica sierosa , la quale si solleva in forma di eisti . ove passa lo scolice e gran ]tart<' del (iirpo. (^naler la presenza di tali Liffide, sempre rifei-endosi ai tagli sudtletti , sì può dire che il fegato è ])iù o meno compresso, talvolta anche fortemente, i testicoli sono atrofici, come anche gli ovari , la vescica nata- toria spostata in basso leggermente in alcune, in altre, invece , grandemente, subendo anche un certo grado di schiacciamento. Presentano pure uno spostamento leggermente in basso e una leggiera compressione U) stomaco e V intestino. — E da aggiun- gere, ciie talvnc fKinissifitrid della Tinca dovuta alle Liffule , simile a (|uella che per le Aterine constatarono C. Parona e F. Ma::::a (Sulla castrazione temporanea delle Aterine dovuta ad Elmintiasi. Coni, fatta al Congresso zo«dogico di Bo- logna del 1000. Boll, dei 31usei di Zool. e Anat. comp. della K. Univ. di Genova, n. 07, 1000). Tale castrazione è pui-e temporanea, perchè accurate ricei"- che latte in altre epoche dell'anno lianno avuto risultato nega- tivo. — Oltre a ciò è da notarsi che da vari anni, a dir dei pe- scatori, le Tinche diininuis«;ono grado a grado, il che, forse, può stare in rap])orto a questa castrazione parassitaria. Lago di Loiitiiii. P;iiit;nii drlhi l'iaiiii di (liitiuii:!. ;iiirile-inaggio 1902. Fani. Tetrapli.vllidae Subfam. Phyllobotrhiinae. (tEX. Anthobothrium, Van-Beneden (42) Anthobothrium musteli. Van-Beuedeu. Baro nell'intestino del Mustcliis niUinris, Miill. Henl. Catiuiiii, maggio lUOO, giugno litOl'. Primo cotitrihiito alio studio della Fauna clmintologi^sa dei l'enei ecc. 13 Gex. Tu vi,i.oi'.()Tiii:irM, Viiii-Ticiicdcn. (4;5) Phyllobothrium tridax. V:iii-I!i-mimIcii. KiirisHinio e poco iidt'iciiti' nella valvola intestinale della iSt/iutfiiifi (inf/ifiis, Diiiii. Ciitniiiii. iiprilf UM)2. (41) Phyllobothrium lactuca. Vaii-lJuncilcii. In rarÌ88Ìuii esemplari mH" intestino del }fn\ft/it.s riiff/tiris-, ]Miill-Henl. Catania, KÌii{;in) UIOO ; ai)iili' lilOU. (45) Phyllobothrium gracile, \\'t. (47) Echeneibothrium minimum, Vini-I'.fucd.'ii. Qualche raro es(Mn|)lare poco aderente alla \alvola spirale del Triffioìi /i(t.\/iii(irii, Ciiv. (48) Echeneibothrium variabile. V;iti-I'.('ii('(lcTi. Karissimo nell" intestino della lidjii cìitrn/d. Koiid. ('atania. ainilr limi'. 14 Dottori P. Barhaf/allo e fi. Drago [Memoria III.] * Subfam. Phyllacanthinae Gen. Oalliobothrium, Van-Benedeii. (40) Oalliobothrium coronatum, Rudolplii. Quak'lie raro esemplare neir intestino del Miisteììis vìdgaris, Miill. Henl. Cntiiui;i, AusiiHtii, Siracusa, aprile-maggio 1902. (50) Calliobothrium filicoUe, Zschokke. (Jouiuiie nella valvola spirale del Jfìistcìx.^ r>t/(/an.s, Miill. Henl. , della Torpcdo (iceìlata. Bel., della lì(fj(( cUivata, Eond. del Mì/liobati(f ta/iiiht, C. Dnnier. Catiiiiia. giugno 1900. maggio 1902. Fani. Pli.vllorli.yiieliidiie Ctex. K.hyjS"CHOBothkium, Riidolplii (51) Rhynchobothrium corollatum, Rudolphi. Karo nella valvola intestinale dell' Acanthias vidyaris, Rise. Catania, aprile 1902. (52) Rhynchobothrium paleaceum, Rudoli)hi. Qualche rara volta ed in esiguo numero incistato fra i mu- scoli branchiali e sotto il cuore del JlnIJx.s harhatns, Liuu. Catania, Aoi-Trezza, agosto 1902. (53) Rhynchobothrium gracile, Wagener. Oltremodo fre(]ueute ed in numerossinii esemplari nel fe- gato dell' Otihm/orificm mola, Schneid. In tali casi il fegato acquista un asjietto .sui f/enerls. La superfìcie, ricoperta dalla glis- soniana, ha un colorito marrone chiaro e presentasi tempestata da rilievi aventi un aspetto veramente di bolle. Tale glissoniana l'rimo contributo allo Htudlo della Fauiui elmintoUìijica dei l'enei ecc. lo <• |)Oco jideriMite al tessuto (>|)atico sottostante , in modo da po- tersi (|uasi Mcdlt'vare. To^Iiend>rande di coi piceiuoli ro- tondcfi'iiianti, fifrossi (|ininto mi u:rosso cece o poco più ed infos- sati nel tessnto epatico sottostant<-. Ognuno di ipicsti corpicciiudi Ila. (•(•UIC appendice, un cordoncino vcrmiConiic incuneato nel tes- suto sottostante, il ipialc \a diritto |>( r iiii piccold tratto. p(d fa (lidie cni've in certo (|ual imidd sinuose, per finire poi ad un tratte» a conficcarsi n( I parcnciiima epatico. Staccando qualcuno di tali cordoncini si osserva clic lia una struttura (hho/insiiua. i^icendo con un bisturi un taglio d(d fei:ato. si ossei"\a (die esso è tutto tinameiite tramezzato da tali eorpicciuoli con le relative appendici. C'ntaiiiii. aprile, iiia;;j;i(>, iniveiiiliii' 1902. (.54) Rhynchobothrium smaridum. l'intner. In poclii esenipl.Tri e c(HI una certa frei|iieiiza nella cavità peritoneale (h Ila Mania ni/f/aris. Ciiv. e dtdia Miumi o.s/itcf.li, Cuv . Catania. ai;iisti). iKivi'iiiliif IÌI02. (ìi:n. 'rinKAiMivNcin s. l\ud(il|dii (55) Tetrarhynchus tetrabotrhium, Van-Benedeu. Quahdie raro esemplare nelF intestino d( I ì/ii.i/rhix nt/i/Kri-s, ]Miill-Henl. Rarissimo, allo stato larvale, lul ventricolo del Pe- lami/s .mrda, Cuv. Catiiiiin, giugno lit(M) ; a]irili', xiniiiio ]!ll)2. (56) Tetrarhynchus erinaceus, N'aii-I'.cncdi'ii. In rari esem])lari adulti e liheri in II" intestino d(lla Ixnja clarafa, Kond. — (^naUdie rarissimo e.scm))lare incistato nei mu- scoli e nel jieritoueo del G<«1ns inlinihi.\\ Limi. — In rari esem- ir, Dottori P. Barbagallo e U. I)ra(jo [Memoria III. plari racchiusi in cisti norastrc nel peritoneo del Lophius jti.sca- torvm. Limi. Catania, aprile 1902. (57) Tetrarhynchus rajae clavatae, Wagener. Se ne rinviene qualche raro esemplare avvolto ognuno in sottilissima cisti aderente aUa parete del ventricolo della liaja clavata Rond. Cat.aiiia. aprile 1902. (58) Tetrarhynchus attenuatus, Rudolphi. Erequente in alcuni esemplari aderenti alle branchie e al- l' intestino retto dello Xiphiax f/ìadin.s, Linn. Mi-ssiiia, maggio 1902. (59) Tetrarhynchus scombri, Diesiug. Raramente in vari esemplari incapsulati aderenti all' appen- dice pilorica dello /Scomher ,scondtn<.s, Linn. Cataiiia, maggio 1902. (6(1) Tetrarhynchus sp. In discreto numero di cisti alla parete esterna dell' intesti- no dello Eirinephaeluìi (/if/o-s, Bloch. Catania, giugno 1900. FORME LARVALI ScoIjEX, Miìller (61) Scolex polymorphus, Rudolphi. Frequente ed in discreto numero di esemplari nell'intestino dei seguenti pesci : Torpedo marmorata, Riss. , Toiyedo ocellata, Bel. , Engraìilis encrassicholus, Cuv. , Cotu/er vidgaris, Ouv., Solca vulgaris, Cuv., Belone aciis, Riss., Gobius- nif/er, Linn., GoMm )oso, Pi-imo contributo alio atndio della Fauna elmintoloyica dei Pesci ecc. 17 Limi., ^fidliifi harhafiiM, Jjiiui., Trifiìa corax, Bp., Apoyon hnherbis, Lact'j).. rmhriiia (, Cuv. , XipliiaH (/ludii(«, Jjiiiii. , l'ujirut ntlf/(tris , (Juv. , tSiiKiris f/af/arella , C. V. liaro nel ventricolo dei J'<(f/rit.s nil(/((ri.s, Cuv. Catiiiiiu, ^iiii^o 1900, aiirilc-iiovuiiilire 1902. OUDO NEMATODA Kaiii. Asoai'idsic (tKN. Aspakis . Limi. (<'>2) Ascaris adunca. i;u(lo, agudto 1902. (72) Ascaris petromyzi . Linstow. Karissimo nelT intestino del J'etromyzon marinuH, Linn. Cutauiii, Aci-Trezza, uiaggiu 1902. (73) Ascaris lichiae glaucae . Diesiug. RarÌ8.>l|.lii. Kiiro 11(11" iiilcstiiK» (1(1 riijicis int:(ìiltrr(tiuu.s, Ki.ss. e del Dentex vnhjaris, C'uv. C'Htaiiiii, iiiaKgio 1902, giugno 1900. Kaiii. ('ii<'ullaiiì(l»e (rKX. CU( TLLANUS, (). F. I\liiller (83) CucuUanus orthagorisci , l{mlol|>lii. Oltreinodo r:in> iicH" iiitcstiiK» <\r\V Orfìnif/orìsin.s unihi. Sclni. t,'af:iiiia, niivi'inliir \'M\2. OKDO ACANTHOCEPHALA Gi;^. Enii.NoiMivNciu s, O. Jb\ Miillor. (84) Echinorhynchus agilis. i;inlnlplii. In riuissiiiii csoiiiplari nelT intestino del Afiif/il cephalns, Cuv. Pantani drlla l'iana ili Catania. Lag" ili Krntini, (iolfo di (latauia, agosto 1902. (85) Echinorhynchus propinquus. Diijanlin. In discreto iiiinien) di ('.•templari nell' intestino d(>l frohiuft jozo, Limi. Raro nclT intestino del (lohiiis niffrr, Liiin. Rarissimo ncH' intestino (](AV riiihri no ci i-r/io\(i. Ciiv. e della Triffla ìijra, Limi. Oatuuia. Mi)rili', iiiglio, .■igosto, (liciMiiliri- 1902. (86) Echinorhynchus lateralis, Moliu. Piuttosto raro nell' intestino del licione acm, Riss. Catania, agosto 1902. 22 Dottori P. BarbagaUo e U. Brago [Memoria III.] (87) Echinorhynchus pristis. Rudolpbi. Abbastanza raro nelF intestino del Belone aeus, Riss. e dello Scomber coUas, Gniel. Catauia, agosto 1902. (88) Echinorhynchus vasculosus, Rudolphi. Rarissimo nelF intestino del Pliycis mediterratieus, Riss. Catania, agosto 1902, (89) Echinorhynchus angustatus, Rudolphi. Rarissimo nell' intestino dell' Anguilla vidgaru, Turt. Lago di Lentiui, Pautaui della Piana di Catania, dicembre 1902. (90) Echinorhynchus sp. Qualche esemplare nello stomaco del Pomatomus telescopinm, Riss. Messina, maggio 1903. (91) Echinorhynchus sp. In discreto numero di esemplari piccoli di colorito giallo- rossastro, infìssi nella mucosa dello stomaco del Xipliins gladuis, Linn. Messina, maggio 1902, Primo contributo allo studio della Fauna clmintologica dei Pesci ecc. 23 Riassunto schematico dei Pesci della Sicilia orientale riscontrati infetti da Elminti. Petromyzonidae 1. Petromyzon marinus, Limi. Ascari» petromyzi, Liiistow. I.XXII. Mustelidae 2. Mustelus vulf/nris. Miill. et Heiil. Anthuholhriiim musteli, V.-vu-Hou. Phyllobothrium lactiica, Van-Ben. f'uUiobolhrium coronalum, Rud. Calliobolhrinm fdicuUe, Zscliokke . Telrarhynchun telrabolhrium, \'an-lJeii. XLII. XLIV. XLIX. L. LV. Spinacidae 3. Acanthias vulgaris Ri.ss. Rkynchobolhrium corollalunt, Kuil. . . LI. Squatinidae Sqìiatina angelus, Duni. Phyllobothrium Iridai, Van-Ben. XLin. Rynobatidae 5. Rhynohatus columnae, M. il. rhi/Uobolhrium gracile, Wcdl XLV. Torpedidae 6. Torpedo marmorata, Riss. Phyllobothrium gracile, Wedl XLV. Scolex polymorphiis, Rud LXI . 7. Torpedo ocellata, Bel. Echinostoma cesticillus, Mol XXVII. Scolex polymorphiiK, Hud LXI. Rajidae 8. Eaja clavatu, Roud. Echencibothrium variabile , Van-Ben. Tetrarhynchu» erinaccus, Van-Ben. Tetrarhynchus rajae clavatae, Wageuer lutestìuo. Intestino. id. id. Valvola spirale. Intestino. Intestino. l'iiche intestinali. Intestino. Valvola spirale, id. Pliche intestinali id. . XLVIII. Intestino . LVI. id. . LVII. id. 24 Dottori P. Barbagallo e U. Drago [Memoria IU.| Calliohothrium fiUcolle, Zschokke . . . . L. Ascari» sp LXXIV. Ascaris nuccisa, Kud LXXXI. Myliobatidae 9. Myliobatis lupiiUt, 0. Duinér. Echeneibothrium miiHobatis aquilae, Wedl . XLVI. CaUiobothrimii filieolle, Zschokke . . . . L. Trygonidae 10. Trygon ixistinaca, Cuv. EcheneibothriKin mhiiiiiiim, Vau-Beii . . . XLVII. Clupeidae 11. Aiosa sardina, Riss. Apoblema Stossichii, Mouticelli X. Aacaris engraulidis, Stossich LXVll. 12. En^raulis encrassicholns, Cuv. Scolex polymoiyìiKs, Kud LXI. Ascaris engraulidis, 8tos8Ìcb LXVII. Cyprinidae 13. Tinca vulgaris, Cuv. Echinosloma perlatum, Nordiuauii. . . . XXVI. Ligula simplicissima , End XLI. Scopeiidae 14. Saurus fasviatns. Riss. Ascaris eapsularia, Eudolplii LVI. Anguillidae 15. Anguilla vulgaris, Tuvt. Apoblema rufoviride, Rud IX. Taenia macrocepluda, Crepliu XXXV. Eehinorhynchus propiuquus, Duj. . . . LXXXV. Echinorhyiichus angustatus, Rud. . . . LXXXIX. 16. Conger vulgaris, Cuv. Apoblema rufoviride, Kud IX. Scolex polymorphìis, Rud LXI. Ascaris clavata, Rud LXIV. Ascaris eapsularia, Rud LXVI. Valvola spirale Veutricolo lutestiuo lutestiuo Valvola spirale Valvola spirale Esofago-i^tomaco Cavità addominale lutestiuo Cavità addoraiuale lutestiuo Cavità addoiuiuale Parete esterua dello stomaco Stomaco lutestino id. id. Stomaco lutestino tenue Veutricolo-I utestino Cavità addominale Primo contributo allo sturlin della Fauna elmintologica dei l'egei ecc. Gadidae 17. GaduK iiiiiiiitua, Limi. TetrarhijHchtt» rrinaceux, Vuii-Keii. . L\l. 18. MerlmiuH vuhjarin, Cuv. ISolhriuciphulun cnixiici/)». ìiuii XXXVIII. iScolex pniìjmori>hnii, \i\u\ LXl. Atcaris fluvula, Kiid IjXI\ . Juvam capDulariu, limi. . . . I.\l. ly. l'htfvis iiieditcrnineug, Kiss. AacurÌH pliyiiUiH, Kiid LX.VX. DavniliH foveolatuH, Uud LXXXIl. Kchinorhynchuii runculoBU», Kiid lAXXVlIl, Pleuronectidae 20. tiolea rulgari», Cuv. Podocotyle furcalum, Itreiiiii \'. ilcolex poUimorphìtH , Kiid LXI. 21. 22. 23. Labridae Crenilabrvn coeruleug, Bis8. Dintiiiiiu fuHviutiim , Kiid XIX. lulig pavo, lla.sselq. Diuturna *\ì XXII. l'eri toneu-Musculi liiCestiiiu id. Voiitricolo-liitestiuo Cavità adduruiualu I 11 tivstiiio- Appendici piloriche IlltrHtillo ìd. Iiiteatiiiii id. lutestiuu Exocoetidae 24. Belone acug, Risa. l'udocoljili rilroflixum, Mol. ^cokx poljimorphu», Uiid. Jscitri» beloHCK viilgaria, Wodl . Krhiuorhtfiifhiiii ìat*-ì-atiHf Mol. . Eehiiiorhi/iirhitH printi»^ Kiid. Exocoetug rolitauK, Limi. l'odocotyle reirojiexum, Mol. Ascari» xp VII. I,XI. lAV. I.XXXVl. LXXXVII. VII. LXXVII. Orthagoriscidae 25. OrthagoriHcug mola, ScJiiieiil. l*odovot}iU' coiilortuiiif Uud I. rodunilylf maviucvti/li-, Dir» II. Kchiìiimloma nigrojlarum . U'iid XXV. Inti'!pini[iiiix. Duj. . . . LXXXV. 28. Gobius niger, Limi. Scolex pol;im(irpIiii«, Rud LXI. Evhinorhjinvhu» prophiquua, Duj. . . . LXXXV. Mullidae 29. Mvlhis siirmiiìctiis, Limi. l'odfìcotfilf fiirratiim, Brema V. 30. iMidbif; ItarÌKitiis, Limi. BhilKchohnlhìiiim paleaceum, Rud. . . . LII. Scnìi'X poliimnrphitn, Ruil LXI. Ancarin ÌVidli. Stoss LXVIII. Triglidae 31. Trigki coraa; Limi. Scolex pobimorphiis, Rud LXI. AficariK cup«iilariu, Rud LXVI. 32. Scorpaena lutea. Riss. Distoma arorpaftiac, Kud XVIII. 33. TrigJa lyrd Limi. Echinorhiiitchiis iiiopìiKjiian, Duj. . . . LXXXV. Percidae 34. Lahrax lupus, Cnv. Distoma lahracis, Dnj XVI. 35. ISerrmms scriba, (J. V. Distoma fusrialiim , Rud XIX. lutostino. id. Fegato Iiitestiuo Ventricolo. lutestino Peritoueo lutestiuo Cavità addominale Intestino id. Intestino id. Intestiuo Muscoli br.anchiali-Cuore Intestino Peritoneo Intestino id. Intestino Intestino Intestino Intestino Primo contributo allo xtinlin della Fauna elviintologiva de-i l'esci ecc. 36. EpinephaeìuH giyan, Bloch. TflnirhynrlniH mj» LX. 37. ApogoH imherhix, Lacép. Scolrx polijnwrphnH, Kud LXI. 38. Fomatomus telescopiuw, Riss. EchinorkynckiiH sp XC. Sciaenìdae 39. Umbrina cirrhoHa, Guv. Dintoma umbrinae, SC088 XIII. Echinosloma ctmticiUuii, Molili XXVII. •Scolejr poìi/morphim, IJiid LXI. Echinurkì/nchua propiìKinus, Oiij. . . . LXXXV. Scombridae 40. iScomber scomber, Limi. .Ipobìriud ttiipctulifmlutitiiif Kud VIII. DìHtnma hui-illuif, .Molili XX. Telrarhìjnchua scombri, Dìe8 LIX. AKiarÌH iHipilligeriiiii, I)ies I.XIX. 41. Scomber colian, (linei. Apoblema apptndìeulatum , Riid VII. AacariH capHtihtriUf Kiid LXVl. Aacurifi Hi:t)mhri_tntin, StoHS LXX. EchiuorìiynchuK printiH, Kud LXXXVII. 415. Auxis biKim, Hiifiii. Agcariit enpuidnriii, Kud I.XV'I. 43. ThyuìiKs nihiiiris. (Juv. Uidymozooii Ihiiimi, Tagchenberg . . . . XXX. 44. ThyniiuK bracitypterus, C V. ./«(.ari» sp [jXXVl. 45. l'elamyn sarda, Cuv. Dintorno rlavaltim, Kiid .\.V1. Tetrarhynchus lelrubolhiiiim, \'iiii-Ueu. . . LV. Aitcaiin «cornhidiiini. Stoss LXX. 46. TrachuruH travhnrnx. (Juv. UMoma sp XXIII, AfcariH capnulariu, Kud LXVI. l'.in-ti! fMtKriiit dell'intestino lutcstiuo >Stu Iliaco IlllL'StìllO id. id. id. Vi-iitriculo-liitBstiiio Intestino Appendice pilorioa Stonia(-o-Iii testino Stoinacy Cavità atldomiuale id. Iiiteatino Citvitii :tddoiiiinalo Branchie lntu.sCiiio rotto Ventricolo id. id. Ventricolo Caviti^ addominale 28 Dottori P. Barbagallo e U. Drago [Memoria III.j 47. lAchia. f/lauem, Cnv. Scolex pobimorphuK, Ruil LXl. Ancarin ìichìiir iflaiieae, Dies LXXVHI. 48. lAcliia amia, fjiim. Apohlemii aiiixiidioiiluliim. Wild Vili. 49. Seriola Dumerilii, Riss. EchiììOfitoma coilicillitK, Molili XXVII. 50. Brama rn.yi, Schiieid. Aacaiis hramtii', Beneden LXXIX. 51. Centrolophns pompilins, (Juv. niploilorica dello .stomaco Pareti intestinali Intestino Trichiuridae 53. LepiiUiiiaa anjiircux. (Juv. Asf^aiis rapi^iiìarni, Knd LXVI. Sparidae 54. Box boops, (Juv. DUtomu accidia, Rnd XIV. Scolex poliimorpIiiiK, Rnd LXI. Asvari» nparnidinii, Dios l^XXI. 55. Box salpa, (Juv. Podocoìi/le fractum, Rnd III. Moìiosfiìiiui nrhicularr, Rnd XXXII. MonontiiìiHi ciipiliUatmn, Rnd XXXIII. Mnnnutiima ■ipiiiosianimiim, Stoss. . . . XXXIV ^(i. Oliata inrlaniira, (Juv. Dixlomo briiniiKie, Stoss XI. Monostomu orhicnlare, Rnd XXXIII. AscnrìK xpayoìdiiin, Dies LXXI. 57. Paf/ellus erythrinus, Guv. Dlstiima micracanthitm, Stoss XVII. Ascaris adunca, Rud LXII. (Javità addominale. Intestino. Intestino. Cavità addominale Intestino id. id. id. (Cloaca Intestino Cavità addominale Intestino id. Primo conMImto alh studio della Fauna elminioloqica dei Petici ecc. 2t> 5S. l'af/fillus mormyruH, Limi. Dinloma mnrmiiri, Stosg XIl. 59. PagruK rvhjariK, C. V. Dinloma ancidia , Riid XIV. ScolfT polymorphiu , Knd I>XI. 00. Cri/Dopliri/s a u ratti, Limi. l'oilorohilr pedirrllatum, .Stoss IV. 01. Dentex rulgaris, Vuv. Dacnili» foveolatux, U'iirl I, XXXII. Maenidae. 02. Mnena vulf/aris, Ciiv. Rhijnchohothriinn miiaridinn, Piiitiier . . LIV. 63. Macìia oshehii, Guv. lihiinchiiholhriiim umaridiim, Piutnor . . . LIV. 64. SmarÌH gagarellà, C. V. Scolex polìimorphuH, Kiid LXI. AncurÌK xpiiroidiim. Dics LXXI. Mugilìdae 65. Mugli cepiialuH. (Jiiv. l'iidor.olijli' pudiiHnmiim, Eismili VI. Dinloma sp XXIV. EKhinorhynchuK uiiìHk, KikI L.VXXIV. Sphyrenidae 66. Splifiraena vulgarin, C V. Didymmnoii aphiirnenar, Ta.sclioiibnr<; . . XXXI. Iiitestiuo. Intestino. Ventricolo. Intestino. Intestino. CiivitÀ » rasrulosus, Iliidolplii Echinorhynchus sp. Echinorhynchus sp. Echinostoma cesticillus, .Molili » lyiliiic, tìtossicii » niif/roflavum, Rndolpiii * pcrìtitinn, Uiidolplii . Liyìila simplirissima. lìudoiplii Monostoma capitdhitum, Ifiidolplii » iirbivulare, lìiulolplii . » spinosissimum, Stossich l'hyllohothriiim firncile, Wcdl » Inctuca, Vaii-Ueiicdeii » tridax, Vaii-Jleiieden Podocotifle contortum, Rudolplii . » fractum, Kudolplii » furcatum, Breiiiser » macrocotyle, Diesiiig » pachisomum, Eiseiih » pedicellatuni, Stossich . » retroflexuin. Molili J\hi/nchobothriiim corollatiim, |{ii(lol])1ii. » ijracile, Wiif^eiicr » paleaceum, Rudolphi N. d. specie l.-i is 13 23 •2i 47 4(J 4R S!» .S4 80 87 85 88 90 91 27 28 25 26 41 33 32 31 45 44 43 1 3 5 ti 4 1 51 53 52 Dottori P. BurhagaUo e TI. Drago [Memoria III.] N. d. specie Bhynchobothrium mxiridum, Pintiier . . - . . . . 54 Scolex polyìnorphus, Rudolph! 61 Taenia macrocephala, Cleplin 35 Tetrarhynchus attenuatus, Rudolplii 58 » erinaveus, Vaii-Beuedeu . 56 » rajae clavatae, Wageuer. 57 » scombri, Diesiiig . 59 » tetrahothrium , Vau-Beueden 55 Tetrarhynchus sp. .... 60 .tieinoria IV Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane e dei sistemi di tali forme. Memoria del Prof. GUIDO FUBINI È l)('ii nolo fonie le ricci-che di Klein. Poincaré, Bianclii e Ericke conduHsero , per mezzo della teoria delle trasformazioni per rafifii vettori reciproci del piano ossia dell;i teoria delle tra- sformazioni lineari di nna variabile coin])lessa, ad un nuovo metodo |ier lisolvere il celehre |)rol)lenia di riconoscere se due forme (|uadraticlie a due, a tre, a quattro variabili sono equi- valenti ed in caso atlermativo di trovare tutte le trasformazioni elle portano l'una nell" altra. E scopo di una parte del presente lavoro lo studiare da questo jtunto di vista la teoria delle forme (|uadratielie ad un numero (jualsiasi // di varial)ili , die pei- mezzo di una trasfor- mazione lineare reale si possono ricondurre ad uno dei due tipi : zi -\- z] . . . -\- zi_, 4- 4_, + 4 e dei sistemi di forme di (jiiesti tipi. Anche (|iii vedremo clic ad oiiiii tale forma corrisponde un firuppo di trasformazioni confonni, die (se vale il seffuo -j) è Unito, nel caso ojijiosto è infinito eil o|iera in uno spazio ad n — 2 dimensioni. Troveremo così anche un metodo <;enerale per definire aritmeticamente infiniti nriippi di trasformazioni eon- formi. la cui detcMMiiinazione, come è ben chiaro, si colleiia in- timaiiieiite ali" importante problema della costruzione dei gruppi liniti di proiettività. Al caso di sistemi di forme (|iiadratiehe vedreuio invece Ani Acc. Sekik 4*, Voi,. XVII - Mera. IV 1 Prof. Guido Fubini [Memoria IV.] corrispondere dei gruppi di trasformazioni conformi, anzi di puri movimenti per apazii, che però non sono più, come 1' euclideo, a curvatura costante. L' introduzione di queste nuove metricìie è tutt' altro clie una cosa semplicemente formale : essa permette di ricorrere al- l' intuizione ed ai procedimenti della geometria per risolvere una questione algebrica. ]n un' ixltima parte del presente lavoro fac- cio sommariamente lo studio delle forme Hermitiane e delle pro- prietà fondamentali delle metriche e dei gruppi corrispondenti , di cui qualche caso particolare soltanto fu finora studiato. La teoria dei gruppi discontinui viene così estesa in nuovi e gene- ralissimi campi. § 1. — Consideriamo in uno spazio ad un numero qualuncpie m di dimensioni un gruppo di trasformazioni conformi, di cui nessuna infinitesima ; come sappiamo jìcr un noto teorema di Liouville tali trasformazioni per m > 2 non sono che prodotti di movimenti e di inversioni per raggi vettori reciproci; se >h^2 noi ci restringeremo alla considerazione delle trasformazioni con- formi di questa natura. Come è ben noto dal caso di ;h = 2, può darsi che un tal gruppo sia impropriamente discontinuo ossia che nel!' intorno di ogni j^unto esistano coppie equivalenti di punti; è però chiai'o che se noi immaginiamo il gruppo operante non sui punti dello spazio ma su altre varietà convenientemente scelte come elementi generatori dello spazio, allora il gruppo diventerà propriamente discontinuo, ossia trasformerà una ge- nerica di queste varietà in un'altra varietà a distanza finita da quella. Così p. es., come noi dimostreremo in generale, ogni grup- po di trasfornuizioni conformi, di cui nessuna sia infinitesima opera in modo iniproi)riamente discontinuo nello si)azio, quando per esempio si prendano come elementi generatori di questo an- ziché i punti di esso, le sue sfere oppure le coppie de' suoi punti. Possiamo anche generalizzando un noto artificio di Poincaré, Bulla teoria delle forme quadratiche Hennitiane ecc. 3 ricorrere al fatto <;ià oHservatn ila Klein clic il liruppo disile trasfoniia/ioiii [ìntiettive di mia (|uadrica (^ in se è isomorfo al jirii|)|to (Ielle trasCoriiiazioni eoiiforini di uno spazio euclideo od è an/i simile a ijucsl" ultimo se si pensa al firuj)po coinè operante sui punti di (A Noi possiamo cosi al nostro ijruppo sostituire un gruppo di proiettività in uno s|)azio »V,„^i a »i ' 1 (limirisioni. (die lasciano tissa uii;( (|Ma(iric;i: (• (|iu'sto appunto il |iriiicii)io, clic stabilisce in f^eneraic la relazione, clic leiia la tcmia dei iirup|»i conformi alla teoria delle forme ((uadrielie. Sia duu(|ue in iS',„ un i;rup|)0 eonfoniK! scMiza trasforìiiazioiii inlinitesime e sia A'„,,.i uno spazio clic contienti /S^. ('(uisideriamo uno dei semis|)a/ii, in cui S,„ divide «V,„^i. Per otiiii punto .1 di (juesto semispuzio passeranno ce"" iper- sfere eoi ceulro in »V,„, clu' tanlieranno *V,„ in altre v.'" i|)ersfeve subordinate. Una operazione 7' del nostro nrup|»o trasformerà queste ul- time y.'" ipersfere di A',„ in altre (x"" ipersfere di A'„, per oiiiiuno delle (jiiali passa una ed una s(da ijierst'era di -iS^+i elie abbia comum- con essa il eentro. Le :/:"' ipersfere di A'„,_^i «;osì determinate passano tutte, come ('• facile dimostrai-e per uno stesso punto A' del semispa- zio consid(U*ato e clic noi considereremo (;ome il trasformato di .1. Ad oiiiii trasformazione 7' d(d nostro uruppo corrisponde così una trasformazione in s*' del nostro semispazio, che è facile riconoscere conforme ; se anzi noi considcriaino in ({uesto semi- spazio rappresentato conformemente uno sjtazio A' a curvatura eostante im^ativa, del cui assoluto lo sjiazio -iS'„, sia V immagine, noi vediame facilmente (die (|ueste ti'asformazioni non sono elie 1' iuimafiine di movimenti di /t. Noi dimostreremo (die un j^ruppo di movimenti |)cr uno sjiazio a curvatura costante, che non contenijfa trasformazioni infinitesime. <"• propriamente discontinuo e ne verrà così diino- Prof. Guido Fuhini [Memoria IV.J strato che il nostro "ruppo (che per ipotesi non ha trasforma- zioni infinitesime) è propriamente discontinuo, quando lo si con- sideri opcu'ante sul scmispa/io iS,„_f.i ; di più, poiché ad una geo- detica od a un iperpiano di R corrispondono rispettivamente nel nostro seniispazio un cerchio od una ipersfera che tagliano ortoganahnente 8^ in una coppia di punti o in una ipersfera e viceversa, ne verrà pure dimostrato che il nostro gruppo opera in modo propriamente discontinuo anche in 8m , purché si pensi iS„ come luogo delle sue sfere oppure come luogo delle coppie de' suoi ])unti. Se anzi noi pensiamo lo spazio R generato dai sxioi piani anziché dai suoi punti, possiamo dire che in sostanza r artifìcio di Poincaré si riduce a considerare 8^ come luogo di sfere; osservazione questa, che mette il suddetto artifizio sotto una nuova luce e ne fa vedere meglio 1' intima essenza. Viceversa a ogni gruppo discontinuo di movimenti di uno spazio a curvatura costante si può nel modo succitato far cor- rispondere un gruppo di trasformazioni conformi per uno spazio euclideo ; nei primi paragrafi seguenti ci volgeremo allo studio di tali gruppi di movimenti, dedicandoci anzitutto allo studio dei singoli movimenti, o in altre parole allo studio delle proiettività che lasciano fìssa una quadrica. § 2. — kSia z'i = ^ bii, ;r^. (/, k = 1, 2,... n) una proiettività P che lasci fissa una forma (juadrica Q non degenere a n variabili e sia + 1 il suo determinante | />* |. Come é ben noto I 1^,. - ^,* p i = 0 dove £,,. é uguale a uno oppure nullo, secondo che i, h sono uguali o no tra di loro , é la cosidetta equazione caratteristica della proiettività stessa. A ogni radice pj di questa equazione corrisponde uno spazio lineare di punti che la proiettività lascia fìssi, S])azio definito dalle equazioni Pi 2, = S b,, z„ (V, A- = 1, 2, ... . n). K Hulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. Noi (liciiiiiio elio una radice p, è ffenerah; (|uaii(liH z'k ; p« 2" = S &jft zi e perciò p, p, H z't z'I = S />,« bii, z'^ zi = S I S fc,t bin 2a < • Poiché la trasformazione è ortogonale, avremo in fine : P, P2 - «1 ^'1 — - ^'i «" i t ossìa (p, Pi — 1) S «i z'I = 0- i Se perciò pip^ =1= 1 sarà: ^ìZ'ìZ"ì = {) ossia: Se dite punti lancinii jissi da V corri.spondoito a due radici uffuali o distinte non reciproche , essi sono coniuf/ati rispetto alla quadriea Q ^ 0. Un punto /«sciato fiwo da 1* corrispondente a una radice dif- ferente da + 1 è coniufpifo di se stesso ossia ffiace su Q = 0. Prof. Guido Fubini [Memoria IV.] Con una trasformazione lineare è ben noto che noi posRia- nio ridurre la proiettività /' a particolari forme canoniche. Per chiarezza a una proiettività su m variabili del tipo z\ ^ a z^ se »n = 1 oppure z[=a {z,-\-z,) ; 4 = a (Sj+S;,); .... ; 4,-. = «■ («n,-i+^m) ; 4, = « «,„ ^^ '« > 1 dove a = costante , daremo il nome di proiettività ad m cicli di radice a : un noto teorema ci dice che data una proiettività qualunque noi con un cambiamento di coordinate potremo ri- durla al prodotto di \nh proiettività ad uno o più cicli tutte operanti su variabili indipendenti e distinte , le cui radici sono precisamente le radici deire caratteristica. Quelli poi di (jucsti cicli . che corrispondono a una radice generale dell' eciuaziomi si possono supi)orre tutti ad un sol ter- mine. Consideriamo due cicli corrispondenti a due radici p, , p^ non reciproche, distinte o no. Siano (r .^j,) e {z.^,+, ^,) le variabili da cui dipen- dono rispettivamente ; sarà : sj = p, {:;^ 1 ;:;2) '■> ' ^p-ì- ^^ Pi (^p_i + ~p) ; ~'p =^ p, -j, : ~'p+l =^ P2 (-p+i "^ ~P+2) ' ' ~« ^ P2 ~r Prendiamo quelli dei termini di Q che contengono soltanto variabili dell' uno o dell'altro di questi due cicli e sia Q' il loro insieme ; sarà : V ^= ''•" «■(« ^1 ^li i,h=l ed evidentemente dovrà essere "S a,f, z'i z'„ = «S a,„ z, z^. Sostituiamo alle «',, z',^ i loro valori, ricordando che pj P2=l=l, confrontiamo in questa equazione da ambe le parti successiva- nulla teoria delle forine quadratiche Hermitiane ecc. 7 mente i eoefììcienti di r, Sp_^i, ;r, ~p+.2, . . . ; z^ Sg , s^ ^v+u ■ • ■ »2 -q •> ~3 "P+l ■>■••■> -Z -q ^'^^• Trovinnio toHto che «i,p4.i="- ^«i5 = a2P+i'^^ •••'^^"^^^•••^^^^ oHsia al)l)iaiii(> il teorpiiiu : aSV noi prendiamo vonn- variai/ili (jurìle , per cui P r ridotta a forma canonica, la forma Q appare somma di più foi-me par- ziali, ciascuna delle (/uali non può dipendere die o dalle variabili dei cieli corrispondeni i ad una sfessa radice , o dalle variahili, da Citi dipendono i eiefi corrispondenti ad una coppia di radici reci- proche. ^ 3. — l'ronu'sse (lueste ossei'vazioiii jfencrali, iiiiiiiaiiiiiiaiiio ora clic /', (/ siano a coeiticienti reali e che Q sia con una tra- siorinazione reale riducibile al tipo : k {zl-\- . . . . -{- sr„_y — sj,) . inarie coniuiiate di quelle che compariscano nel ciclo corrispondente alla radice immagi- naria coniugata dell'equazione (caratteristica. Osserviamo intanto : Le radici imniaf/inarie dell'equazione earatteristica hanno j)er madido V unità. Oltre alle eventuali radici ± 1, /' equazione cnratteriMica non ammette altre radici reali, oppure ammette una eoppia di radici reali reciproche. Intatti se una radice com]>l(^ssa p, non avesse 1' unità ])er modulo, essa e la sua immaginaria coniugata ^^ non sarebbero reciproche ; sia A un punto (immaginario) lasciato fisso da P corrispondente a p, e sia A' V immaginario coniugato corrispon- dente a p^ . La retta A A' sarebbe evidentemente reale; ora Prof. Guido Fubini [Memoria IV.] Pj r|= ± 1, p, =1= zt 1 perdio p, , o., sono iiiiniaiiinarii; per ipotesi Pj Pj =1= + 1. Quindi A, A' sai-ebbero sulla quadrica ^ = 0 e sarebbero coniugati rispetto ad essa ; la retta reala AA' tocche- rebbe ^ =^ 0 in ,4 e in .1' e perciò giacerebbe su Q ; ciò che è assurdo perchè una quadrica del tipo 2^f + ... + 2;'^_i ± 2^ = 0 non contiene rette reali. Esista ora uiui radice reale p^ =|:: :t 1 ; a essa (corrisponderà almeno un punto reale lasciato fìsso da P posto su (> ^ 0 ; ma ora due punti reali di (> =r 0 non poss(uio essere coniugati, per- chè altrimenti la retta reale che li (-ongiunge giacerebbe su ^=0; (|nindi per un teorema precedente di radici reali della equazione caratteristica differenti da ±_ 1 ne esiste o nessuna o una soltanto oppui-e esiste una cojìpia di radici reciproche ; ma ora il determinante di P è 1: 1 ; (|uindi il prodotto di tutte le radici dell' ei|uazione caratteristica è in valore assoluto uguale a 1 ; poiché le radici immaginarie hanno 1' unità per modulo, ne viene dunque che anche il prodotto d<'lle sole radici reali è uguale a + 1 in valore assoluto ; e jìerciò di radici reali diffe- renti da ± 1 non \(.\ ne juiò essere una soltanto ; e per quanto abbiamo detto o ne esisterà nessuna , oppure esisterà una sola <;oppia di radici reali reciproche. 8e una radice p dcir (■(/iia::ìoue caratteristica, reale od iìuma- ffinaria è differetite da + 1, esm è una radice f/enerale, ossia i cicli, che le corrispondono sono ad un sol termine. Infatti se p è immaginaria, esisterà anche la radice imma- ginaria coniugata a = _ ; «e p è reale esisterà per il teorema precedente anche la radice ° = —. Sia: «1 = p («1 + ^ì) ; «2 = p (-« + s «3) (dove s z= 0 , oppure b = 1) un ciclo a più di un termine corri- spondente alla radice p. Sia z'ic = o s,c, oppure 4 = ° (~fc + %+i) un ciclo ad uno o piìi termini corrispondente alla radice o. Al solito indichiamo con 2i] «.^ ;r, Zi^ la forma Q ; sarà : iS'u//«titti('ii(l<> per r, , r, i loro val«»ri , ri- cordiindo rlic /' ò ridotta a forma taiioni|j^=0 ossia il limito clic Ila nulle tutte le coordinate eccetto la xr, e <|uello che ha mille tutte le couidiuate eccetto Vd. z,, sono coniugati rispetto all;i (|ii:i(lri(a C,> =:r 0 , |iur liiaeendo, louie sa|)|)ianio , ambedue sojtra (^ (• . Ora se p. z souo reali, (|uesti due |iunti. come già osservauiiiio. sono reali; se p. 3 sono iniuiaiiinarie, essi si posso- no supporre imniajiinarii eoniuiiati ; in o^ni caso dun(|ue la retta che li eonuiun>ic è reale ; per un raiiionann-iito i:ià usato essa dovrebbe giacere su ^^ = 0 ciò che è assunh». 8c /' ((/uazioiif carattcrisHca aiiimrffc radici reali dixtintr da + 1, r jH rciìi nr aniiiit/fr mai coppia , uncsli non xo/faii/o sono generali ma aia-ìu xono ki ni filici , ossia ail oi/nnna di esse corri- sponde un solo punto lasciato /isso da I*. Infatti pei- il teorema prec'cdente una radice reale differen- te da + 1 è generale ; ossia se essa è /r."'''" le corris|)onde uno s|>a/io lineare, lasciato fitto da /' a /r — 1 diun'iisioni che gia- cereblie su (> := 0. E poiché (,} 0 non contiene spa/ii lineari a 1 o più dimensioni, è /r = 1. aSc il determinante della J* è -\ 1 ( — 1) le radici u(/nali a — 1 sono in ninnerò pari (dispari ) ; le radici ni/iiali a 4- 1 sono in ninni ro pari o dispari sii-ondo clic il ninnerò dille rariahili è pari o dispari (dispari o pari). Infatti il prodotto di tutte le radici è uguale evidenteincnte al determinante della forma : ora jicr i teoremi precedenti il prodotto di tutte le indici ditfereiiti da + 1 è uguale alP unità; (|uindi le radici uguali a — 1 sono in numero pari o dispari s(;condo <-he il determinante è -J 1 o — 1 ; la seconda part»' (hd teorema enunciato resta allora evidente, jìcrcliè il numero to- tale delle radici è uguale al numero delle variabili, le radici immaginarie sono (come si sa dalla teoria generale delh' e<|ua- zi(Uii algebri(die a coetti<-ienti reali) in numero pari e le radici Arri Acc. Skkik 4", Vor.. XVII - Moni. IV 1 10 Frof. Guido Fubini [Memoria IV.] differenti da + 1 o non esistono, oppure «ono in numero di 2. (*) Noi abbiamo visto già clie le radici differenti da + 1 sono generali ; vogliamo ora esaminare più particolarmente le radici uguali a±l. Esista per es. una radice ugiuile a-\-l. Se ima radice deW equasione caratteristica è p = + 1, a essa non possono corrispondere due o più cicli non f/enerali. Siano intatti per es. due cicli non generali : ^/c ^^^ ^1: ~r ^n 11 •^'. +1 ^ ^'i-+-l 1 ^A-H2 • • • • Sarà al solito Confrontiamo da una banda e dall' altra i coefficienti di z^ z, e di z,^ z,^,, z^ z^._,. Troviamo tosto rt,^= rt^, = rf„^ = 0. E perciò la retta reale luogo dei punti che hanno nulle tutte le coordinate eccetto che la z^ e la ^^ giace tre (> ^ 0, ciò che è assurdo. Dunque di cicli a più di un termine ve ne è uno solo al massimo. Ve ne sia uno effettivamente. Io dico che : 8e un ciclo corrispondente alla radice p = 1 /'^ più di un ter- mine, esso è nn ciclo a tre termini. Esista un ciclo a h termini corrispondente alla radice p=l »i = »i + «2 ; • • • • ; ^A-i = «ft-i + «ft ; 4 = «* • Dalla forma Q scegliamo quei termini che dipendono sol- tanto dalle variabili di questo ciclo, ossia -j (Ipg Z,. Zg (*) Come corollario si trae tosto che se il determinante è uguale a + !> ^ se il nu- mero delle viiri.ibili è dispari, esiste almeno una radice uguale a -|- 1 ; ciò awieue p. es. Bel caso che Q =^0 sì riduca a una conica, ciò che è del resto ben noto. nulla teiiriu delle fonm quadìtitichr Htrmitinvr ere. 1 I Sara ^* /I ■** '*' '^ ^ ti z z oHSia 2j I 2 («,, ^, -f- ^" "'» ''*) ^ '"il -V "'•"-' 'i^> I ' -)- «3 I 2 («5, ;, -| I a^n -/.-} -r («2' 'i • • ■ • • : ««,'<-< -* I + + 4- «/* I 2 («/.-.., 2, + . . . + «*_,.;, «J + («T,-,., 2j + • • • 4- «-.-..^-. 2*) I = 0- 8e noi coiivt'iiiaino chi' 1<; ((. di cui un indice è lo zero, Hono nulle, troviamo ;imiiill:iii(l() il («M-fficiente di Zf Zg in (|ue- sta ('s]»r<'ssi<)ii(' cIm' : 2«,_,.,, -(- a,_i,j_i 4- 2a,,,/_, -f- fl,_,.,/-, = 0 oppinf, se / :^ <ì, 2a,_,,, . fh-i,i-t — 0 oHsia in uciH-ralc : "/-.,./ -ì- «j-iw-i "1 "(.''-1 = ** ^*'^ = l,2,...,fr) 8ia ora /.' |>ari e precisamente /• --^ 2A. Ponendo successivamente : t = \. non dipende da z^; ^f* ft4.i Zftj^i ] + <^, (2,+i ....)+ Q, dove C^, è una forma (|uadrica dipendente soltanto dalle altre eventuali varia))ili ~^.^, eorrispondcuiti alla radice + 1, Q., di- pende; invece; dalle variabili corrispondenti alle altre eventuali radici diftereuti da ' • 1. Non i)uò essile ll^^. = 0 perchè altrimenti (^ non dipende- rebbe da ^, . e san;l)be jierciò degenere. PossiauK» (juiiidi pren- dere come nuove coordinate al jjosto di z^, z.^,....,z^ rispettiva- mente le : i/1 — 2rtifc «1 -{- -|- 2ff^_,.t 2,,_i -(- a^^ z^ -j- a^_^^x «^^.i -j- Vi — — 2rt.u2, -\- -f- 2fl3_j,, 2., -f -}- 2a,;..,;,_i 2.^_i -f- ffj^ j^ 2„ y/i = i 2rtl,2ft+l2/, -\- 2«A+2,ft+l «'A+1 + «/,4 2./i 'l ^/i ^^ • Ed avremo perciò: g = z-ij^j^i y, _|- 2^,, y^ -|_ _|_ z^^^ y^ _|_ a^; _|^, _|_ ^j _|_ ^^ 14 Prof, (illido Fubini [Memoria IV.] dove a è una costante (^= 2«u.), z^_^i^ . . . z,^.; i/i... //^ sono (coordi- nate reali, Qi, Q2 »^ono forme quadriche reali che non di|)endono dalle //i ... /A i-^+i ... z, . Ora A>() per i})otesi; sia se è possibile //>1 ctssia 2/j+l>A+2 allora ricordando che osini termine z, yn-i-t-i {i =lc, h -^ 2) si può scrivere , -j- {z, -[ y,-i+if — -j (z. — y,-i+if vediamo che la Q conterrebbe, quando fosse ridotta a somme o diiferenze di quadrati , almeno due t|uadrati di segno opposto a quello degli altri e non sarebbe perciò riducibile, per la nota legge d' inerzia delle forme quadriche al ti|)o h [s]-\- ^ zl-i — z',.) {k — costante). È dunque perei*» // == 1, ossia k =^ 3 e. d. d. Osserviamo ora che quanto si è detto per una eventuale radice p = 4 1, vale anche per la radice p = — 1. Infatti se noi mutiamo tutti i cot^tticienti della nostra proiettività, essa resta sempre una proiettività che trasforma in se la fornuì quadrica Q. Ricordiamo che le radici complesse dell' equazione (-iratte- ristica sono generali ed hanno per modulo V unità. Consideria- mo una coppia di radici immaginarie coniugate ; cimie sai»piamo a ciascuna di esse corris[)onderanno cicli a un solo termine ; siano Xi ...J'i. le variabili dei cicli corrispondenti alla prima; e siano //i ili •■ ■ !Ik ^^ immaginarie coniugate corrispondenti alla seconda. Poiché le due radici non sono chiaramente radici qua- drate di 4 1 poti'erao scrivere (} -^ <> esHcre nulle, perchè altrimenti (^i e (juindi anche (J Harel)l)ero degeneri. Cosicché se «,1 = 0 si può supporre che p. es. (ty, z\' 0 <• (luiiidi anche che «ai =- ^^- ^'^^ quantità immaginarie coniugate «,2, tt.^i non siano puramente immagi- narie; tacciamo un cainltiaineiitn di variabili ponendo Xi =^ Jf, a?j 33 Xf — X^ X3 ^ X^ . . . . X^ :^ Xii .v'i =yi y'i^y^ — y, y'^^y^ — y'n — y» e 80])priniendo (piindi gli indilli, ciò (-he è evidenteuìcnte lecito; allora nella forma (piadrica Q, così trasformata il coefficiente di j'i ìli ni>n è |)iù nullo. Se poi «i., , «^i fossero puramente im- maginarie si ponga X\ — x^ X2 — - x^ -j- i x^ Xj — Xj . •X. yi=!/, y,=^yi-^!f, yj = y3 — yH = y>t, sojiprimendo poi gli indici, (col che sempre a;,- , y,- restano im- maginarie coniugate); nella forma Qi così trasformata è a^ -]z 0. Supponiamo dun<|ue (tu -\~ 0. L'otremo allora scrivere y, = «,. (X. -}- \-^ ) (.V, -j 1 ( flj, Xj + . . . . -f 1) tutte di uno stesso segno, ossia Qi sarà una forma definita. Esista ora una coppia di radici reali reciproche, dilferenti da ± 1. E siano p. es. .ì\ i/^ le variabili reali loro corrispondenti; sarà Q = «11 .v^ ^i + Qa » dove Q.^ non dipende da a\, v/i- Posto Xi = 2^1 + «'i , //i ^ ^i — w'i abbiamo Scriviamo ora la forma Q sotto la forma di somma di più forme parziali, una delle ([uali dipenda dalle variabili corrispon- denti alle radici complesse dell' equazione caratteristica (se ve iS'«//rt teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 17 ne sono), un'iilti;! d.-illc vaiiahili corrispondenti alla eventuale coppia (li radici itali reciproche distinte da + 1, im" altra dalle variabili ((trrispondenti alla eventuale radice + 1, un'altra dalle variabili corrispondenti alla eventuale x'adice — 1. Sia Q indefinita del tipo iperl)olico ossia del tipo a (zi 4- .... -|- zl_^ — zi) {a = cost.) ; allora di tutte (jueste forme parziali essendo la prima (se esiste) definita, e le ultime due cer- tamente indefinite, come abbiamo visto , se la radice corrispon- dente -|- 1 (oppure — 1) non è generale, e la seconda essendo sempre indefinita al>biamo : L'equazione cdfdftcrìsficd (immette -wmjfre almeno mui radice reale. Dei neffuenti tre easi due non /ntsMono avvenire contemporanea- mente : a) Che esista una radice + 1 non f/eneraJe ^) Ohe esista una radice — 1 non f/enerale f) Che esista una coppia di radici reali reciproche distinte da ± 1. Studiamo ancora un momento il caso che la radice + 1 sia siniiolare : analoiihi raiiionamenti si potrebbero fare per la radice — 1. Sia 2. + Zi 4 = Z, + «3 il ciclo a tre termini corrispondente. Si verifica tosto che la forma quadrica Q sarà del tipo (a meno di un fattore costante) n n Q = xl — X,, (2a;i -}- a-g) -\- x^ I. a,, x, -{- I. a,, x^ x, . doiule si verifica che il piano ^^ = 0 è il piano taiiireute alla (|uadrica nel punto x., = x.^ = x^^= .... ^ 0 (lasciato fisso da /'). Ricordando i teoremi precedenti, abbiamo dun(jue soltanto possibili le sejruenti categorie di proiettività reali che possano lasciar fissa una delle nostre ipiadriche: A) Le radi 0) a due a due immagi- narie coniugate, di modulo uno, tutte generali. Le radici uguali a + 1 sono generali. A (|ueste trasforma/ioni noi daremo il n2^>-0). BJ Non vi è alcuna radice distinta da + 1 ; vi è un solo ciclo a più di un terniine, e perciò a tre termini, corrispon- dente a una delle radici + 1. I"na tale trasformazione si dirà parahulka. C) Oltre a delle eventuali radici generali uguali a + 1 (esistenti certamente se n > 2) esiste soltanto una copjiia di radici reali senijdici generali reciproclie distinte da + 1. Una tale trasformazione si dirà Ì2)efholìca. D) Tutte le proiettività di altro tipo si diranno lossodro- miche ; esse si possono suddividere in due categoi-ie : V) Esistono 27t radici complesse {K > 1) (di modulo 1, generali , a due a due immaginarie coniugate), una coppia di radici reali semplici generali reciproche (distinte da + 1) ed eventualmente ancora delle radici uguali a + 1 tutte generali. A una tale trasformazione daremo il nome di Kellittico-iper- bolica. 11°) Esistono ancora 'IK radici complesse {K > 1) (di modulo 1, generali) ; le radici reali sono tutte uguali a + 1 ; a una delle radici + 1 corrisponde un ciclo a tre termini (oltre eventualmente agli altri cicli a un solo termine). A una tale trasformazione daremo il nome di ^-ellittico-parabolica. E que- sto 1' unico caso, che non si possa già incontrare per n ^3 o per » ^ 4. Noi ora ci chiediamo : Quali di queste trasformazioni pos- sono esistere in un gruppo discontinuo di pi'oiettività trasfor- manti in sé la (^uadrica ? Poiché in un gruppo insieme a una trasformazione esìstono anche le sue i)otenze e queste formano già di per sé un gruppo ,' è a tal line necessario e sutiìciente che nessuna potenza della data trasformazione sia inlìnitesima. Ciò avviene evidentemente per le trasformazioni non ellittiche. tSulla teoria delle forme quadratiche llermitiane ecc. l'.< E^aiiiiiiiauio perei*') soltanto k- tiasforniazioni 0). Siano f'-'"»' (.V = 1, 2, ... /.) le radici innnaiiinarit' del- l' CI [nazione caiMtteristica della >/(«"°» potenza 6'"' di A'. Noi .sup- porremo come è evidentemente lecito che 6^'"* siiino tutti positivi e minori di 2-. lo (li=0, vorrebbe dire che nelF intorno di ogni punto di E passerebbero spazii assiali di trasformazioni ellittiche del gruppo. In una re- gione B' di Ji' a distanza finita dalla quadrica Q^O, questi spazii formerebbero un insieme ovunque condensato. Siccome il numero delle dimensioni di uno di questi spazii non ])uò presentare che un numero finito di casi (dovendo es- sere minore di n — 1) esisterebbe almeno un pezzo B" di B, in cui gli spazii assiali a Z' dimensioni (dove Ji è un numero mi- nore di n — 1) delle trasformazioni " \~ ellittiche del nostro gruppo formano un insieme ovunque condensato. Per noti teoremi della teoria degli insiemi esisteranno i)er- ciò du(» di tali /S\ vicini a piacere ; siano », v le trasformazioni ellittiche corrispondenti ; r~^ trv e ti sarebbero trasformazioni ellittiche distinte con gli spazii assiali infinitamente vicini e con le stesse radici dell' equazione cai'atteristica, (juindi v^^iirn^^ sarebbe infinitesima. Dunque : Un f/riippo di proiettvcità reali traisformantf (J in se .stesso, se è discontiniio, è propriamente discontinuo. Le stesse dimostrazioni usate finora ci dimostrano che se Q è una forma definita, non esistono che proiettività ellittiche e elle affinchè una di esse sia contenuta in un gruppo disc<»n- nulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 21 timio è iK'cessario e snlHciente elio sia ]»eriocìica, osnia che le radici «Iella corrispoiKlente equazione caratteristica siano del tipo e—'''~, dove /.■ e un ninnerò razionale. E del resto in modo perfettamente analojio si potrebbero studiare le fonne quadriclie «lualunciue di cui fosse data la dif- ferenza tra il numero dei «juadrati ])ositivi e ne-iativi, quando esse fossero ridotte a forma nonnaie. Noi non entreremo però in ([ueste discussioni. Immai-iniamo oi'a la qiiadrica C,> = (l presa come assoluto di una metrica non euclidea ii)erboli<'a od ellittica. Prendiamo un punto fjenerico .1, bhMna dei grujqii discontinui finiti, che noi ora trascuriamo come più sein- jdice. Prof. Guido Fubini [Memoria IV.] StucliaiiK) dunque il caso che la metrica sia iperbolica e precisamente esaminiamo il comi)ortamento del grupi)o sulla qua- drica Q = 0. Ciò ha uno sjieciale interesse, perchè se noi im- maginiamo rappresentato conformemente il nostro spazio su un semispazio euclideo, la Q = 0 viene rappresentata sulT iperpia- no limite e il nostro grupjx) diventa su un tale iperpiano un gruppo conforme : lo studio nostro coincide con lo studio dei gruppi conformi. Si può dimostrare quasi come per ;; = 4 che : // grxppo è wqtropriamenfe discont'unio o hu iuita in varietà Q =r 0 a « n — 2 » dimeimoni ojrpnre ■soltanto *» varietà Y -s?^- bordinate a non ^j/» che « n — 3 » dimensioni. Xeì secondo caso queste varietà Y dividono la quadrica Q in una, o in due, o in infinite iwrzioni su cui iJ gruppo è propriamente discontinuo. Que- sto secondo caso, che è F unico che dia origine a (jruppi conformi propriamente discontinui è cnratterizxato dal fatto clic un poliedro yeneratore del gruppo o ha qualche faccia su Q = 0 « ha qualche porzione esterna alla quadrica Q ::^ 0. La rappresentazione del nostro spazio su un semispazio euclideo è però utile anche nel caso che sulF iperpiano limite (su Q = 0) il gruppo operi in modo impropriamente discontinuo per iTua migliore visione delle pi'oprietà del gruppo ; in tal caso ancora il campo fondamentale si può limitare con sfere e piani normali al piano limite. E, quando è possibile, è utile anche qui 1' ampliamento del gru})po aggiungendo al gruppo una in- versione per raggi vettori reciproci. Veniamo ora alle applicazioni aritmetiche. Sia Q ^^ 0 una forma del tipo iperbolico a coefficienti intieri. Si cerchino tutte le proiettività a coefficienti interi che la trasformano in se. Esse formano evidentemente un gruppo non contenente alcuna trasformazione infinitesima e perciò certamente propriamente discontinuo per i nostri teoremi. Si potrà per esso costruire un poliedro fondamentale corrispondente o col metodo testé svolto oppure col metodo cui ora noi accenneremo. Con- sideriamo cioè oltre alle proiettività di [)rima specie trasformanti Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 23 in 80 la Q auclie quello di seconda siierie e in particolare (con liii^rnauuio «ronnietrico) anche le onioloirie armoniche (a coeffi- cienti intieri) (lascianti perciò tir. Tutte «jueste omologie o genereranno tutto il •irup]»o (così ampliato) aritmetico riprodut- tore (li (^> <>))|mrc un suo sottogrupito l\ Cerchiaiuo ora un poliedro limitato da iperjùani tissi per (|ualcuna di ([ueste omologie e non intersecato da nessun altro di tali iperpiani. Esso sarà un poliedro generatore di V ; spez- zando tale p«diedro op|iortunamente in parti si risale quindi a un poliedro fondamentale per il grup])o dato. Indichiamo ora lo svolgimento effettivo dei calcoli. Sia dunque Q ^^Z a,, .i\ x,. do- ve le a., sono intieri e sia - a-^ x, o*^ < 0 la condizione affin- chè un punto sia interno. Troviamo quelli dei nostri iperpiani intersecanti la Q^i). Sia 1 A, .r,= (). uno di (jnesti iperpiani ; e siano A^,. i «omplementi algebrici di rt,^ in | «,,. | • Poniamo \^\a^^\\ saranno così .<•,=:£ />, A,^ le coordinate del polo P del nostro i]tcr]»iauo - . Intersecando (jnesto la Q=0 sarà /* esterno a Q = 0 ossia ì: «,, A,, h, A.... fc„ ;= A S ^,^ ft, b, > 0. Poiché Q < 0 caratterizza i punti interni è A < 0 e perciò 2 ^„ 6, l, < 0. (.1 Consideriamo ora V omologia armonica di-finita da 1\ -. Sia (//,) un punto qualuiKiuf .1, A' ^ {;/,) il corrisi)ondente, B = {s^ il punto in cui A V incontra ic. Avremo : (1) yi = ^ ^i + 2', yi = .V, — -'■ •»•< dove X è definito dalla ì: b, z\ = ì: fc, y, — K ì: &, x, = o. 24 Prof. Guido Fubini [Memoria IV ] Ricordando i valori di .r, h\ trova così 1 - 6i yi 2 6, bis A, li e per le (1) si lui (2) 2 S 6, .V, VAI, 2. A, li b, bii /( Dovendo la proiettività (2) essere a coefficienti interi ra- zionali , saranno razionali i rapporti delle b, e potremo perciò supporre che le />, siano numeri interi razionali, primi tra di loro. 2 1 AtH hi, ^ Di più ^Jl h, dovrà essere un numero intero, qualunque I. Aik bi hii siano gli indici /. i. Ma ora, essendo le />, prime tra di loro, nessun fattore primo di S Ai^ h, h^ può dividere tutte le />, ; perciò S A,.^ h^ h^ dovrà dividere tutti i numeri 2 S A„. 1\ qualunque sia i e perciò anche 2 2 «,, S A,,. bi.=z'2^. h,. Poicliè le hi sono interi primi A- tra di loro, S .4,^ h, h,. sarà perciò un divisore (come sa]>piamo negativo) del numero (pure negativo) 2 A. Siano ^a (a^ 1, 2,...^>) i divisori negativi di 2 A. Avremo perciò per ognuno di essi il sistema di equazione : S A„ h, b, = \ ■ (A) 2 S A„ b, = 0{ mod \ ) \ di cui si devono trovare le soluzioni {h^ ,.... h„) intere prime tra di loro. Per ogni valore di a e per ogni tale soluzione abbiamo un piano di riflessione. Xoi abbiamo perciò ricondotto una pai-te (che è spesso la fondamentale) della nostra ricerca alla risolu- zione delle equazioni (A) ; la nostra teoria ci dà però un au- silio potentissimo per tale risoluzione. Infatti notiamo che per Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 25 ogni soluzione del sistema (A) è individuata una rifiossione di F. Date due tali riflessioni U, 1' se ne può trovare una terza ^'~^ r r e (juìiuIì inlinlte altre; anzi basta trovare le riflessioni A' corrisiìondcnti alle faccie di un poliedro fondamentale di T per potere trovare tutto il aruppo F che è da esso individuato e quindi tutte le altre soluzioni di (^1). La teoria di (A) resta così simile alla teoria dell' e(|uazione di Peli, per cui dalla so- luzione mìnima si passa a tutte le altre soluzirup]to ; V esistenza dì una tale proiettivìtà si può riconoscere ((juaiulo ci fosse) con mezzi assolutamente elementari. 8e essa esiste, il prodotto di essa per le trasformazioni del gruppo riproduttore di una delle forme (che è subito noto ap- pena dato il corrispondente poliedro) ci dà tutte le tra.sforma- zioui che portano una forma nell' altra. I nostri metodi ci hanno così poi'tato a un mezzo generale per studiare 1' e(|uivalenza delle nostre forme aritmetiche : e qui sì schiudere1)bc un anijìlo campo a ricerche ])artic(>lari. Xoì vo- gliamo dare un esempio di trattazione , costruendo il poliedro fondamentale del gruppo T relativo alla forma : (J =: .rf -\- .j-ij -}- a^ — d\ j?. Ani Acc. Serie 4', Vol. XVII - Mem. IV. 4 26 Prof. Guido FnUni [Memoria IV. | o per iisare le precedenti notazioni alla forma ^ = 2 (x{ -\- 4-\- xi — x^ x.J. Le espressioni 2A, S .1 ,. />, ft,., 2S A^^h^ sono nel nostro caso rispettivamente — 16, — 4 />f — 4 hi — 4 Z»^ + 16 />, />., — S />,, — S &,, — 863, 16 6^, 16/>. ; le {A) diventano: ^ + hi A;- hi— 4fc, 6, = 0 (5 =: 1,2, 4) 2^, = 2Z*, = 26., = 4&, = 46, = 0 (mod ò) ossia oppure ÌA + bl ^ ir — ^ h^ h. = 1 oppure 1 6? + 65 + 65 - 4 6, 6, = 4 [h^ = K = 1).^ = 0 (uiod 2) J Ora in (jiiesti e in simili casi è sempre assai comodo, co- me dicemmo ricorrere all' immagine su un semispazio euclideo. Noi otterremo, si può dire, nel caso attuale Vanalogo del (iruppo modulare nello si)a~io a 1 dimensioni. Poniamo r.. ' ~2 -4 -l'i •'4 •'-4 donde .r. .V, — .(■; — X 2 ~2 2 ■''3 Otteniamo così, immaginando z^, ^21 ~3< ~4 come coordinate cartesiane ortogonali rappresentato T interno di Q^=0 sopra il Imitila teoriii citile forme quadratiche Hermitiave ecc. seinispa/id r^ > 0. Il iiiam» - h, ./•, =: (» Iia i>t r iiiiinairine la sfera ft^ _- 0. U-f -I- ^? 4- 5^ ^ ri) = b^ z, -\-b^z,-\- b^ z, (?) che si riduce a un |iian<» se //j^O. In (lieo clic il |)olÌc'^ 1 (la cui anche discende ^^i > 0, c^ > 0 è un [ìoliedro iouda- uieutale per V. Dimostrato (luesto, allora poiché nessun punto di Zi={) è un iiunto interno di detto poliedro, troveremo che il nostro gruppo opera sul piano Si={) in modo inipropriamente discontinuo; troveremo così un f/rxppo conforme impropriamente discoli li II no (ìtìlii sjxiziii euclideo /j ^ 0 n tre dimensioni; ciò che ci dimostra un altra mìln voìiie la teoria di tali (iruppi sia inclusa nelle nostre teorie (jenerali. Per vedere il nostro asserto, dobbiamo dimostrare che nes- suna sfera (3) penetra nell' interno del nostro i)oliedro. Ciò è evidente per i piani {)) ossia per quelle ijiersuperficie (P) per cui è />5 = 0. Se 65 =1= 0 noi lo potremo evidentemente supporre po- sitivo ; se tii fosse negativo allora per le (A') si trova tosto che (p) si riduce alla 2:f + «| + £| + 2^ = l, che è una faccia del no- stro poliedro ; è dun([uc hi > 0. Ora i)er le (t) affinchè una tale sfera penetri nel [)oliedro deve essere donde Prof. (ìuido Fubini [Memoria IV. Indicando con ò uno dei numeri 1, 2. 4 si trova perciò dalle (A'): \ \ b, \ + \ K \ -^ \ b^ \ ( > 4. m ^ Vi ^ bi - ^) ossia 2 I I ft. 6, I + I 6, è, I + I &3 M ( > 3 (fti + 6? + ft^) - 4 5 Ora bt^bl>2\b^b,\;bl-^bl>2\b.^V^\;b\-^lA>2\b^ b, | donde 6l + fci + ^'^ > 1 &, ft J + I ft, &:J + I &3 M e quindi bì + bi^bi<^?i (8) È ben facile passare in rassegna le soluzioni del sistema (A') soddisfacenti alla (3) corrispondente ; si vede così facilmente che nessuna delle sfere (v) corrispondenti penetra entro il nostro poliedro e. d. d. Trovato così con tauta semplicità il voluto pidiedro, è im- mediata la risoluzioue del sistema (A') coi metodi su esposti ; e noi senza difficoltà, data un' altra foi'uia, potremmo risolvere per essa e per la forma data i pi'oblemi fondamentali della teo- ria dell' equivalenza. Passiamo ora alla teoria dei sistemi di forme quadratiche ; e lirima di vedere bene i problemi aritmetici relativi, premettiamo alcune facili considerazioni geometriche, che ci permetteranno di esanrire rapidamente la nostra teoria. ^oì abbiamo già visto quale potente ausilio sia la metrica definita da una quadrica considerata come assoluto nella teoria Sulla teoria {Ielle forme quadratiche Uermitiane ecc. 29 (li una forma (inadratica ; noi vogliamo ora considerare altre me- triche, che ci saranno pure di urande iin[)ortanza. Sia un spazio iS', a v i= «j ~{- /y^ + ... + «« dimensioni, dove «1, Hì,—i «„, sono m numeri (wi > 2) interi non minori di 2. E ne siano xf xf .... x^i} (/ = 1, 2,...., m) le coordinate di un jtunto generico. (Consideriamo ora m spazii Gf' 6r|"'^ a it^ , ;(, , .... «„, dimensioni; e siano x'^ ... .rj'' le coordinate in 8':^, . A ogni i)un- to di 8 corrisimnderà un punto in ciascuno degli spazii S'-^ ; e viceversa, preso un punto in ciascuno degli spazii yiS''\ ne risul- terà detìnito un punto di S., . In ciascuna degli spazii 8^^ (che diremo spazii parziali) definiamo una metrica euclidea oppure ellittica (di Riemann) o]»])ure iperbolica (di Lobacevskij) in modo però clic non in più che uno di essi viga una metrica euclidea. Avrà così un significato ben [)reciso la parola: « distanza di due ]»unti » in uno di ((uesti spazii parziali. Siano ora A, B due ])unti di A' e siano ^-l'* , />"''* i corrispondenti in ,.... , A''"' sono intìnitamente vicini agli spazii assiali -v^^' , s^^\ .... , s'-"^ di k movimenti ellittici jf (1) ^ j/(2) ^ j^fik) ,^g^ singoli si)azii parziali corrispondenti a uno stesso movimento 31 di G , mentre i residui movimenti j/(*-f-i) ^ j/(m) corrispondenti a 31 sono intìnitesimi. Di più è A- > 0, perchè nessun movimento ilf di Gè infinitesimo. E per r ipotesi fatta per ogni ])unto J. di (S si deve presentare uno di questi casi. Osserviamo però che i casi distinti possibili sono in Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 31 nuiuevo finito. Infatti essendo 0 < A- < m, il numero k può avere un numero finito di valori; i k sparii S^^\ S'--' 'V'^ essendo da scciiliersi tra gli in sjìazii A'^^' , , -S'™' non jìossono sce- gliersi clie tra Q') combinazioni ; di i»ifi anche le dimensioni di .v^^' , .y^^' , .... , .y'*^ essendo minori di «j , 11.2, -.., »,. non possono presentare clic un numero finito di casi. Potremo ]Mrciò spezza- re xS' in una o più regioni li per ciascuna delle (piali vale la seguente proi)rietà. Ogni imiito .1 di essa è tale die un certo nu- mero hoi dcterminafo h dei suoi i)unti corrispondenti .l'^V—-^^*^ (h- > 0) posti in h (lefermiìmti spazii parziali A'^^ , A'<-' ,.••, 'S''*' sono infinitamente vicini agli spazii assiali -s'^' , .s^^K.. , s^"^ {i\i (ìcfcnui- utttt' dimensioni) di movimenti ellittici J/^^' .... J/*"' corrispondenti, a uno stesso movimento J/ di G , mentre J/^"+^' ,.-» -1^^'"' -"^"iio infinitesimi. Alla regione II corrispondono in A^^' .... A'^"^ delle regioni R^^\.. BS"^ in cui gli spazii .v^^'... -s''-^ formano un insieme ovunque condensato. Un ragionamento già usato precedentemente dimostra allora V esistenza in (1 di trasformazioni infinitesime, contro l'i- potesi fatta. Xoi possiamo (luindi in A\ ancora parlare di cami)i fonda- mentali e possiamo con viste puramente geometriche dare dei mezzi generali per costruirli. Noi non parleremo qui dell' am- pliamento ]ìer riflessione, die facilmente si potrebbe estendere : daremo invece un cenno dei poliedri normali, ciò die ci darà un" idea delle superficie con cui in ogni caso possiamo limitare il campo fondamentale. Consideriamo di nuovo un jinuto A e tutti i punti eijnivalenti A'. Sia A generico , ossia non venga p. es. lasciato fisso da nessun movimento ^[ di G. Consideria- mo attorno ad .1 la minima regione I\ limitata da superficie equidistanti da .1 e da uno dei punti .1'. P^ssa di nuovo si po- trà chiamare un poliedro normale e ogni punto di 8-, ha in R un punto efiuivalente. Qual' è la natura delle superficie limi- tanti la /.' .' Una di esse è caratterizzata dalla proprietà di es- sere equidistante da due punti ,1, A'. 32 Vrof. Guido Fubini [Memoria IV.] Supponiamo p. es. che tutti gli spazii /S*'^ (/ =: 1, 2 in) siano a curvatui-a costante positiva (negli altri casi si usercb- l)ero procedimenti analoghi) e in ciascuno di essi usiamo coor- dinate di Weiertrass 4» x'i^.... .v[f^ xf^ + i legate dalla a^P + .... _|_ ;r''^+i = 1. Se con //'" e ;r<'^ indichiamo le coordinate dei punti corrispondenti A, A' avrenu) come equazione della nostra super- ficie la ni r 1 - "' r ■ "1 S [arcos ( ^i" y["-\- . . . . + a-'+j ?/;;;+i)J = S [arcos ( .r'," y\"^ ... 4- .r';;^, y';^^_^,)\ Questo risultato è importante quando eftettiyamente si vo- glia costruire il poliedro fondamentale di un dato gruppo e fa vedere 1' importanza dell' introduzione delle nostre metriche. Passiamo alle applicazioni aritmetiche dei nostri gruppi. Sia data p. es. una forma (juadratica del solito tipo Q a coefiìcienti interi di un qualsiasi campo algebrico reale (insieme ai coniugati) , su certe variabili .«f > .ìf r^P. Se noi conside- riamo tutte le trasformazioni lineari Tj a coetficienti interi dello stesso campo che trasformano ft in sé, tra esse ve ne potranno chiaramente essere delle infinitesime. Consideriamo allora insie- me a (>i tutte le forme coniugate Q.2 , Qs su nuove variabili af ) , x'^f (/ = 1, 2, , h) e insieme a ogni trasformazione 2\ le coniugate 2\ , T^ che trasformeranno in sé le forme Qa > Qs .... È ben chiaro per note proprietà dei campi algebrici che non è possibile che 1\, T^ , 1\ siano contemporaneamente infinitesime. Ossia, detta T la trasformazione prodotto delle corrisi)on- denti trasformazioni 1\ , 1\ , nessuna trasformazione T sarà infinitesima (*). Da questo esempio, che non è altro che l'esem- pio, fondamentale della teoria dei gruppi riproduttori una forma quadratica a coefiìcienti interi in un campo algelirico generale (*) Cfr. Blumenthal Mathem. Auualeu (1903) dove si trova uu particolare esempio ebri('i generali si può presentare il caso che il jiruppo ripro- duttore di una torma quadratica (^i non sia discontinuo, mentri! invece se noi consideriamo (rontemporaneauuMite i gruppi 6', ri- produttori di più forme (|uadraticlie C^i (J2 ^A/ ♦" '•'^' <"oii)l)i- niiimo in un modo opportuno le trasformazioni A',, ])uò darsi elle si ottenga un grup])o (ì discontinuo. Se noi ora os.serviam(t che ogni trasformazione A', lascia li.ssa la forma (|uadrica (^, , potremo coneluderne, se le forme (J', considerate sono tutte ellit- tiche (» iperholiclie. che ogni trasfovmaziont^ A', si ])iu"> considerare come un movinuMito di uuo spazio rienianniaiio o iperbolico e che quindi il gruppo (i è uno dei gruppi considerati nelle ul- time pagine. K si ha così il teorema : Il gruppo discontinuo (ì è propriamente discontinuo: per esso si potrà (|uindi costruire un poliedro normale limitato da snperticie del tipo della ]»ag. '.V.i. È (juesto il risultato toiulanientale delle nostre ricerche geo- metriche : di accertai'e (^ioè 1" esistenza dei nostri pcdiedii nor- mali, di indicare la natura d; nidle /', si otterranno moltiplicando 7' per le ojìerazioni del gruppo A. TrahiHciando altre facili considerazioni sui gruiìpi Hn (jui studiati , ciiuncicrò ancora soltanto che i nostri gruppi hanno iui])ortanti applicazioni funzionali ; a (|ueste specialmente inte- ressanti i)er la te(»ria delle funzioni automorfe a più variabili, dedicherò una prossima nota. (hserrozioKr. — Dimostrerò sommariamente i teoremi enun- ciati senza dimostrazione nelle ])recedenti jtagine del presente lavoro a proposito dcdla teoria ditferenziale dei nostri s])azi AV Una linea /di iS-j è detinita dando le linee /j, /g /,„ corri- s})ondenti sui varii spazii parziali. Sia data una linea (|ualsiasi congiungente due ])unti A, I> ; e siano (ì.s-^. <ì.s., S'v ha per col-rispondenti delle geodetiche sugli spazii ])arziali. E di più la distanza di due punti -1, B da noi detinita coin- cide evidentemente con la distanza dell' arco geodetico che li congiunge. Ciò che si i><)trebbe anche verificare facilmente stu- diando r elemento lineare <ìx- dei nostri spazii. Se le ìt''^ sono coordinate Kiemanniane nel corris[)ondente spazio ^^'\ si ha nel caso che nessuno degli spazii parziali sia euclideo e si prescinda da ditfertniza tra n^ale e immaginario (ossia si suppongano ]). es. tutti gli s])azii a curvatura negativa) ,„ dJ^ + d^-^....-]-daf^; dr = S j^, • (1) '-1 ,<' iSiilhi triirid delle forme quadratiche lleiinitituie ecc. 35 e nel caso clie aS'*^' sia euclideo dx['^' -j- . . . . -^ dxf- ds' = S TTT, + d.v[^^ +•••■+ dx(^'^ (1) <=-' a?) ' ' Sia ora III II , p un inoTÌnicnto intiiiitesiiiio del nostro spazio . o. se si vuole la xl'^ =z .tf^ ^ iif (s = una costante intiniti'siuia) trasformi in sé la fovnia (1) o (1)'. Studiamo dapprima il caso (1) e ])oniamo per semplicità in = 2[ jier non com])licare gli apici ])oiiiamo : d.ri-^....-^da,l dyi + ....-^d!,l ds' = 3 ^ H r, ^ (1) dove le ./■ sono le coordinate in er xS'<'-^ con S^ , iS., ,...., /S,-^ r^, = "^—i-^j . 11 più generale movimento (' richiesto sarà evidentemente del tipo 17 = S '];, X, + V sono funzioni delle //, le (p delle .r. Uasta oi"a scrivere le note formule di Killing , ]»er trovare che le ];, tp sono co- 36 Prof. Guido Fubini [Mbmokia IV.J stanti. A risultato analogo si giunge nel caso (1)' ed è cnm di- mostrato il nostro asserto. Ecco p. es. come si può condurre il calcolo. Nel caso (1) si cominci ad annullare il coefficiente di dx^ dy^ in T^ (ds^). Si trova tacilmente : 1^' = ^ ( ".. 4- «,. J/j + • • • + «in, ?/«„ ) (i = 1, 2, . . . M.) ^ = -i (6,:, 4 b,, x,-ìr ... + fti„, ^„, ) (t = 1, 2, . . . . «,) dove le a, h sone costanti legate dalle «i. + ^. = «V. + 2b,. = «,3 + 2&3, = ....= «,i„^ -t- 26„^i = 0 &„ + 2«„. = ....= 6i„^ -f 2a„^, ^ 0 i»*, -f- «'* = 0 [i := 2, 3, . . . . », ; fc =: 2, 3, . . . . »J Si ponga i)oi uguale a zero il coefficiente di dx^ dy^ (A^=2, 3; .... «2) 6 di '^/i 'tefc (A- = 2, 3 n^) in ll(d.s^). Si trova così clie tutte le a, le h sono nulle, che nessuna delle ep dipende da x^ e nessuna delle (j> dalle t/^. Annullando quindi i (!oefficienti di dXi rZ//fc (?: = 2, ... «,) (A- = 2,... «2) in f7(^*^) e tenendo conto dei risultati ottenuti si lia infine che tanto le f come le ili coniugate iunnaginarie delle ,r, //. ~ considera poi come esso opera sui rapporti » = — , r= ^ e in- sieme a esso considera il iirujìpo immasiinario coniutiato operante sui rapporti "„ = y- '\> = ^ Posto -= r + IX ,^^ìi i iif , y questi due gruppi detiniscono un grupjx) reale sulle quattro va- riabili reali ./,./',//'.//" trasformante in sé la ipersfera r'^ + ./"^ + Ogni trasformazione del gruppo è del tipo Ora Picard dimostra <;he se J/, , /'j , ^i^ , M^ ecc. sono della forma a -r / /> («, /> intieri razionali) e se si ha M., /', Ti, M, P, J«, = 1 allora il nostro grup])o è certamente propriamente discontinuo nelle variabili ii, r. Questo teorema che serve a stabilire 1' esi- stenza di gruppi discontinui detiiiil)ili aritmeticamente non è che un particolarissimo caso di uno dei seguenti teoremi generalis- simi, che può servire di base, come vedremo in un altro lavoro, anche a imi)ortanti teoremi funzionali. Sia data una forma Hermitiana Q riducibile al tipo Xf a;? -f X., 4' + -(- a;,,. (A) in /( variabili j^, di cui le ic° sono le immaginarie coniugate. 3S /''•')/'. (Itiiilii Fithiiii [Memoha IV.] ConsidcM-iiiino un iiiuppo di ti-asforinazioiii <1,), (love I «,„ I = A = 1 (*) (1) k chr frastorni ina in xr /(i dei tu forniii. Allora coslil iiiroiiin) critlcn- Itiniiilc mi ffriift/io ((min le IrKxforiiKixioin ^, ^ a„ ,,, J- ■ ■ ■ ■ ^r ",..-. ^'^irzlir i^->< (^ = 1. ii ....«- 1) (2. a„i «f, -f- -}- «.„,„_, «„-, -J- rt„„ .sv^?/r roriahili lu .... u„_i ; 7»r.v/^> firxpffo frastformerà in s-ì' In ipcr- r((ri(f() (nel .senso ihdo (idi Prof. Scf/rc a (/ncsfo nome ) : "f ' „ . „» _ 1 = 0 (3) Jo (limosi rerìi elie se iicssiina (Ielle (2) (■ injinilesinia . (illoni le (2) f/enereninno un f/rii/i/ni che r /iropriiimenle (liseonfintio uri vaiììjK) (lell( niridhili il,, u',' . Osserviiiino die la (1) è intìiiiteHÌiiia soltanto se i mod (a,, — 1), iiiod {((il,) {i-\~li') ì^ono iutìnitesiiiii. Così pure (jiicste nj>uagliaiizt' si ]>os.soiio siippoiTi^ .soddisfatte aiiclie se la (o) è iiitiiiitesinia , enweiido A = 1. iVgiiiiuigiaiiio <'1h' noi sein]ire |)orrenio ( ) ■Hi = ii'i -}- in" ; II" = II', — in',\ {> — 1, -,-•? " — 1) La (o) è perei») la ijxTstera «f -f u? J^ui^v7+....-i= '• W Noi indicliereino con xV il primo membro di (4) e con S' (;iò die esso diventa jier una triisforniazione (2). Sieeome per (*) Qui (Min I (Ij.j, I iiKlii'liiiiiim il (IctiTiiiinniiti' (k'Ilc (/,j.. ("*) Ciò 11(111 |)ii(i i;i']ic:niic ((int'iisidiic . ii(iM(ist:iiitc il ilifforciitt: si.(;iiili(;it(i il;it(i m «',• nella (!'). Sulla teoria delle forine quadratiche Herinitiane ecc. 39 ipotesi S' ^= 0, 8=0 devono rappresentare una stessa iperva- rietà, si verifica tosto elie si ha 'S' = TF^ i , , 1 , (^) niod'' («,,1 «, -{- «„., il. 2 ^ + «„.„_, »„_i -p «„„ ) La (.")) anzi non è die la traduzione in formule della no- stra ipotesi. Svilupi>ando la (5) troviamo (efr. Picard loe. cit.) , indi- cando con ((%. le ((uantità immaginarie coninf>ate di a,x. , clie : (i = 1, 2, ...,/( — 1) rt„ rr'/i + a,, «';, -f . . . . -|- «,.„_i <„_, — a,„ a"„, = - («,„ a^U + •••• + «...-. <-.»-! - "..., <„ ) = 1 (6) «,i 4 + «tó 4 + • • • + «...,-1 <»-! - «n, «;„ = » ij-ì^h hj = 1. 2,...>0 (7) equazioni analoghe a (|nelle tra i coetticic^nti di una sostituzio- ne ortogonale e che sono equivalenti alle : (i— 1, 2 // — 1) «,, al -|- a,, ni + .... -^ «„_,., <_,., — a,„ <, = — Uh,. < + •••• + ",,-i.n "",-.." - «>." 'C„ ) = 1 (8) (i -\-j; i,j =z 1, 2 , n) «„ < 4- .... -f «„_,., «■?,_,., - «„, a';,j = 0 (1») Le (0), (7) oppure le (S), (9) equivalgono alla (5). Noi dimostreremo ora due teoremi fondamentali, jx r hi no- stra teoi'ia : L Due punti (u- u-) . ("i . w',) /'"/'"" "" invarianti .sinimc- trieo nei due punti rispetto a tutte le trasformazioni (2) .sml di. sfa- centi alla (5) o alle equazioni equivalenti. Consideriamo infatti le variabili ('iTÌH|»(ni(leiiti ili iiostii (lue |niiiti e foimiiiiiio con esHC r eHpreHsioiic />' siiniiictrica icmIc dcliiiita dalla: ^- ^ -,7!-i ,, , „i, - - — : - 1 (10) :^ H, u'; — 1 \ '^ „, a: lo dico clic essa e un iiixariaiitc per una ijiialsiasi trastor- ina/ione (2). Coiisideriaiiio intatti i limiti tiastoiinati dcj |iiinti (iituti per lina trastornia/ionc (2) e siano /.. /• le variabili com- plesse corrispondenti, l'ci' hi (.")) avremo S V, ry — 1 =: • /l-l _ - («,., «, J- .... -r «,,„_, «„-H-"„„ ) «, «? ^ .... -f «;:.„_, *,„, M, -|- .... + «„.„_, M„_,-f «„„) («°, «f +....-^<,„_, m",_i-|-<„) Queste equa/ioni dimostrano senz'altro appunto clie Tespres- isione R^- definita dalle (10) è un invariante del nostro gruppo. La espresmoiH' K„„ (■ reo ir ; infatti la /t\u r 1 ^- i'"" fra- zione il cui denominatore è il prodotto di due somme ciascun addendo delle quali è reale (perchè o è ui>iiale a — 1 o è il pro- dotto di due <|uantità immatiiuarie coniugate) e il cui numera- iSiiìld (curiti (Iclli- fonili' qiiinlnitiche Hermitiani- ecc. 41 toiv (' pure reale, perchè iir<)d<»tt(» di due (iiiautitM pure iunna- ginarie eouiugate. AV- ì(( Km, r ini//(i, e I (file jundi u. u sinio iiifcnii (i!hi (4-) , r.v.v/ CoilICKÌlItlll. Ksseudo la /.'„- iuvariaute per ogui trastorniazione {'!) uoi ])<)treni() usare di una delle ("i) per portare il ])Uuto (f, nel punto origine (ossia nel centro della sfera (4). In altre ])arole ])<)trenu) supporre clie sia k^^ì). La R,-, diventa allora: ^^ - l (10) 1 _ V («7 + n'r) Questa espressione è nulla soltanto se S UiJ ^ »,"') :== 0 ossia se it, = ii" =z i\ ossia se (/, =: 0 , ossia se i due punti n, ii coincidtnio. (^uiiuli anclie : AV' hi 1{„„ r iiiiit>if(:siìiH( C) i punti u. u .sono infinifanìcnfc ririiii. Ciò può anzi servire come definizione di punti intìuita- mente vicini, (piando si |)ensi al gru])po delle trasfonnazioni (2), ed è appunto in (presto senso clic noi useremo s])esso (piesta lo- cuzione. iSc (hi piinfi u, u imo i/iorr sullo sfero (4) si ho che R„i: e infinifanoiifi (/roiKic. Ciò è senz'altro chiaro per la (10). La R„7 <' positiva se i (lue punti u, u sono distinti e interni allo (4). Infatti per considerazioni già svolte si i>uò su])porre II; =z 0 col che Ti- si riduce alla (10)' che (- maggiore di zero, perchè per l'ipotesi fatta è 0 < :ì: (7/' + 7^) <1. Le i)ro|)rietà tinora enumerate giustificano il nome che noi ora daremo a VB~^, ; noi cliiamerejiio ^ ^7v pseudodistauza dei (*) Ossorvianio che liuTT ì' indetcriiiiiiiitM n ii;tiiiita, sf mio dei imiiti ii. ii siiice sulhi sfera (4); ciò che uoi sempre (!8fliiroca del numero immaginario co- niugato della radice corrispondente a z^. Notiamo ora che, poi- ché la forma Hermitiana , supposta naturalmente irriducibile , 44 Prof. (ìuido Fiihini [Memoria IV.J deve contenere tutte le variabili, la radice corrispondente a una qualsiasi delle variabili z,- deve essere immaginaria coniugata del numero reciproco di una delle radici dell' equazione caratteri- stica corris]>ondente alla (1). Noi divideremo ora ]ierciò le va- riabili Zi e le corrispondenti radici in tanti t!;ru])pi. mettendo in nno stesso gruppo le variabili che corrisi)ondono a una stessa radice di modulo ugnale a 1 (reciproca alla jìropria coningata) oppure quelle che corrispondono a due radici, che abbiano lo stesso argomento e i moduli reciproci (tali cioè che ciascuna sia immaginaria coniugata dell'inversa dell'altra). Sia v questi grup- pi. La nostra forma Hermitiana, che chiameremo <,K sarà perei*') del tipo : <;> = <^, + V, + •••• + <^v dove (^; (/:=:1, 2 , v) è una forma Hermitiana dipendente soltanto dalle variabili dell' /"'™° gruppo e dalle loro coniugate. Siccome la forma g è riducibile al tipo (.1) di (jueste forme (>, .... Qv (che diremo forme parziali) non i)iii di una è indeti- nita ; potremo perciò supporre se v> 2 che C^, p .... <'^v_i . siano definite ; la ^v poi , se dipende da ])iù che una varial)ile deve essere pure del tipo (A). Indicheremo ora con (/ la forma Q +.... + (>v_i e con {>" la forma (>v . Sarà dove (/ è una forma detìnita. mentre Q" se dipende da più che una variabile è indefinita del tipo (A). Le forme Q' , Q" (a meno che <'/ = ()) dipendono da variabili completamente distinte eia nostra proiettività nelle variabili .r, , .r^ (i>rodotto della (1) e della immaginaria coniugata) risulta perciò prodotto di una proietti- vità /'' trasformante la ^' in sé per una proiettività /'" trasfor- mante in sé la Q". La (/ è , come sappiamo defluita ; ])erciò la F' è (quando venga esi)re88a nelle variabili reali », + ~"- , -^-^ — '- 1 iSìilla leoria (ielle forme quadratiche Hermitianf ecc. 45 ima ])r<)iettività trasforiiuinte in sé una forma quadrica definita; e ])erciò , per (juanto sa))|)iani<) . le radiei della <-()rris])<)iidente equazione eai'atteristica sono tutte in modulo uguali all'unità e aenerali, ossia i cicli corris])ondenti sono a un solo termine. Ab- biamo perciò che le varialiili ^, , da cui dii)ende la (/ , corri- spcmdono a radici generali e in modulo uguale all' unità. Le variabili ^,- da cui dijiende la (/' corrispondono per ipo- tesi o il una stessa radice , o a due radici di medesimo argo- mento e di moduli inversi. Queste osservazioni bastano senz'al- tro a una rapida classificazione delle (1) o delle (2) ; ma noi, come dicemmo, ci restringeremo a considerare quelle (2) che ])orfano un punto reale interno a (4) in un punto infinitamente vicino. Notiamo ora che le ~, .r° si possono considerare come coor- dinate omogenee di un punto interno a (4) ; dato uno di questi punti sono noti s(dtanto i rapporti delle ;r,. Noi fisseremo i moduli delle -,, in modo che esse siano tutti finiti e che nessuno sia in- finitesimo. Poicliè la nostra proiettività P trasforma la forma Q in sé stessa, anche i valori trasformati delle z. per la /' soddisfe- ranno alla stessa condizione. Dato un punto entro (4) le ;r, re- stano note a meno di un fattore del tijx» pc''^ (e = (juantità reale) uguale per tutte le z- . Se noi vogliamo che la P porti un punto entro (4) in un punto infinitamente vicino (p. es. nel senso eu- clideo) dovranno le z^ trasformate differire pochissimo dalle z' corrispondenti iniziali molti])li(^ate per uno stesso fattore. Imma- giniamo ora p. es. che in /'" esistano uno o più cicli a più di un termine ; e supponiamo inoltre che alle variabili z della Q" corrisponda p. es. una sola radice p che, dovendo essere reciproca della immaginaria coniugata avrà ])er modulo 1' unità. Allora , poiché, come abbiamo detto, un punto entro (4) resta lo stesso se noi nndfiplichiamo i valori corrispondenti delle z per uno stesso fattore e le z° per il fattore coniugato, potremo senz'altro su])porre (die sia p = 1. Siano ora « / + /.• » i cicli corrispon- denti , di cui / a ])iù di una variabile , mentre k sono a una variabile s 0 , k > 0). Nel caso delle forme quadriche 46 Prof, (hiido Fuhini [Memoria IY.] le proiettività, in cui conipariTa un ciclo a più di un termine erano soltanto le ellitico-paraboliche : 1' intuizione geometrica bastava per dirci che una tale proiettività non può portare un punto in un punto intìnitaniente vicino (nel senso euclideo) a meno che esso sia assai prossiuio alla quadrica stessa ossia, nel senso non-eiiclideo a distanza infinita. Noi vedremo qui ripetersi un fatto analogo , ma poiché la intuizione geometrica è nel nostro caso meno agevole, noi ri- correremo alla trattazione analitica. Siano 2/P' j/^" •••■ vili ; yr •••• y':: ;•■••; y'r ■■■■ y',!^ ■,y""' - y" ' "' quelle delle nostre variabili che corrispondono alla radice p = 1 e compariscono in Q" ; le yf ....yf (? = 1, •••■ , ^) K > 1) «ieno quelle dell' Z'^"'"" cich) a piìi di un termine. Indicheremo con « v) » le variabili immaginarie coniugate. La proiettività P" sarà dunque y\ — Vx -J- ?/2 1 Vi — .V2 T^ .'/;i ) •••• j "n/—l — ^n/ — l i^ "ni ' ''ni "ni ^ ì i / dove noi indichiamo con ij i valori trasformati delle y. Se noi esprimiamo che questa proiettività insieme all' immaginaria co- niugata sulle t/ trasforma in sé una forma Hermitiana Q" si trova tosto che i termini di essa, i quali contengono la yf (vi'i'), {e=l,2,..,i) non possono ulteriormente contenere che una delle vj™^ il/nj^ («( =:1,2,...., i) e che i termini che dipendono dalla ?/'+'"' (ri''+"''), (m = 1,2,...., J() non possono ulteriormente dipendere che dalle Yj*+'" (?/+'") stesse o dalle -ilf' (2/«' )' (e ^1, 2,...., i). Consideriamo ora quei termini T di Q" che contengono una delle Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 47 Per quanto abbiamo visto tra essi comparii-anno tutti i ter- mini T', che contengono una delle 2/i^\ l/i\ • • • • Pi'- ^^ somma dei citati termini T si può scrivere, come è ben chiaro in uno o più modi sotto la forma Imi ^1 "T ^«2 -^2 n^ • • • • i^ In,- ^< dove le Ai sono lineari nelle « .y » ; anzi, poiché la forma Her- mitiana non è naturalmente riducibile a un numero minore di variabili, le J.„ A.^, A^ considerate come funzioni di i/['-\... nf sono indipendenti ; noi perciò pur senza mutare le variabili yf Q< = 2, , n, ; / = 1,2, i) e le variabili //('+"'' (hì=i:1,2,..., l-) potremo assumere le ^i,, J.^, , Ai come nuove coordinate (che chiameremo a;,, x^, , ;r,) al posto delle ^i^'.... yf ; col che avremo : Q" = Q'[ -{- Ql dove (>i' è una forma Hermitiana, che non contiene le variabili .Tj, , Xi y^^ yf^_ e le coniugate, mentre Q'i è una forma Hermitiana del tipo dove ^j, a',"' sono immaginarie coniugate delle ;r;, «,. Questa forma Q'I è la somma di i forme parziali del tipo della '^■^x^r{•^'^ + 'A^^'^dn^', qi^e- sta forma miitando a^x^ in x^ e quindi a';^^ in ^i diventa *•, vi'^J-)-^j?/'„^'; ponendo .rj=: » + ■?', y/|,^' = (f — v e quindi ^, =: i(° -\-v°; tì',^'=»° — ?i°, questa forma diventa : (M 4- V) (il" — O") -j- (!«" + ■»") (m — i!) = 2 (uW — vv") che è indefinita. Essendo per ipotesi la nostra forma di tipo ellittico o iperbolico, è perciò i =1 (*) e Ql è definita. Avremo perciò che Q = {q' + Ql) + q;[ (*) Ciò dà un altro risultato per la classjficazioue delle nostre proiettività : Se le varia- bili di Q" corrispondono a una stessa radice, non vi può essere tra i cicli da esse formate che al piii «n solo ciclo a jrìit di un termine. 48 /'/■<>/■. Otiidii Fiihiiii (:Mk\I(ii!IA IV.] dove le torni»' (/, (/j e la loro soimiia sono (It'tinite, mentre (Ji V indetinita. Se noi su]»])oniann). ciò clic possiamo ottenere mn- taiido caso mai il sei;iio di (> clic (/ r ^'2 sia una forma Her- mitiana delinita jtositiva, allora il valore di Q corrispondente a un ])nnto interno o sul contorno della sfera (4) è rispettivamente nef>ativo o nullo. Se ora noi sui)ponianu» che un punto A viene portato in un punto intinitaniente vicino (nel senso euclideo) dalla nostra ])roiettivitM allora, poiché tutte le // si supi»on4>«>no finite, è evidente per la forma della |>roi(^ttività in discorso che la //[J,^^^ sarà intinitesima. Anche C/i è iierciò inlinitesimo. Se dunque ,1 è interno alla (4) allora, dovendo essere (^ negativa ed essendo (/ -;- Ql uua forma detinita positiva, sarà anclie (/ H Ql intinitesinìa e pei'ciò tutte le variabili da iil<)(li.sta>i::a Jitiifa). iSe la forma HermUiana ha per eoeffieieiiti dai iiiniieri inferi di Gamfi , e tali .soni) j>iire i encffieieiiti delle praiettirità del nostro firìippo. (/iiesfo f/nippo. che allora eoiiieide o eoi firitppo arifmetìeo riprodìilfore d„ — «„„ «?,„^= — 1; 1 1 a.i,n°t — tii„(il„={). Queste ipersuperfìcie nel nostro spazio rap- c V (*) Noi (|ni ìii(liiliiuiiii> 1(111 nmi liiii-«tt:i soviiiiipnttta le viiriiibili triiNfoiiiiiiK-. ì'rof. duiflo Fnhmi [Memokia IV.] presentatiA^*» sono delle (iviadriche. Se noi dunque possiamo am- pliare il nostro orup|>o in modo che il gruppo ampliato r eon- tenga operazioni di seconda sp., •••• j.tì |.(') (/ ^= 1, 2,...v) le variabili corrispondenti. Se Qi^^- .r[^ g« ' -X- ,.") ?w , -1- j-Wc"* (essendo le z le variabili immagina- rie coniugate delle x) porremo ^ =-- »'W + /(f;'« = ?fJ'> (/=1,2, ... v) (i=rl, 2, .... Il, — 1). Siano le forme Hermitiane o detinite o in- definite del ti])o precedente. Consideriamo un gruppo G di ope- razione T, ciascuna delle quali risulti dal prodotto di v proiet- tività 1\, Tg,..-, ^l riproducenti rispettivamente la Q^, la Q2,..., la Qy . Indicheremo nello stesso modo queste trasformazioni scritte sotto forma non omogenea. Noi penseremo ora uno spazio S^ a Jf = 2(hi — 1) + 2 («2 — 1) + ... + 2 («V — 1) dimensioni, le coordi- nate di un ]»unto del (juale siano appunto le 11}^, »i'^" (/ = 1, 2,... v) (^ = 1, 2 //,). Ognuna delle nostre forme Hermitiane indefinite (p. es. la Qi) definisce una ipersfera [Z )[ »'■'>]' + [>(7'f ! -1 = 0]. Consideriamo ora lo spazio subordinato ^'^(«j-i) a S^ in cui tutte le coordinate, fuorché le y/'" */'<'' sono nulle: noi lo chiameremo lo Z"'""" s])azio parziale. Un punto di AV definisce un punto in ciascuno spazio parziale (la sua proiezione su di esso) e vice- versa priiso un ])unto in (-iascuno spazio parziale, ne viene de- Suìld teoria ilellc forme quadratiche Hermitiiine ecc. 53 finito un punto di -SV- ^'<>»sitleviamo oni iicir /"*™° (/ = 1, •2,...v) H\ra7Ào parziale la iperstera trorrispondiMite a Qi e quindi (|uella regione Ti' di xSV, tale elie il i»nnto dello spazio parziale /""''"" (/=1, 2...., v) corrisixnulentf a un suo ])unto (|ualuniite.sime ossia .se le fimforma-ioni par-'nili '\\ .... Tv con-isintnihnti ii una sfe-sm trasformazione T di (1 non sono uud eonfeniponmea mente infini- te.nme, nlloni il f/rnpjm (ì <■ entro K pro/jriamente diseontinno. È questo il teorema tbndamentalt^ della nostra teoria. E noi ora ci chiediamo : È possibile dare in modo conforme ai metodi precedenti un nu^zzo per costruire i poliedri normali di un gruppo discontinuo (i del tipo considerato ? È ben facile ve- dere che sì. Consideriamo due punti della regione lì in S^. di coordinate (»'/", n\'-'^) e («'», /?'("). A questi due punti corrisponderà in ciascuno spazio par- ziale Sì („,-i) una coppia di punti /?<" ;/<'> ; le considerazioni pre- cedenti ci danno per (|uesta coppia di punti un invariante (per tutte le trasfornnizioni 7',) [ ''/*",''- (la loro i)sendodistanza rispetto alla ipersfera Q,) intinitesima solo se i i)uuti ?/'" , »'" sono in- tìnitaniente vicini. Xoi chiameremo ])seudodistanza dei due punti iniziali in aS'j. la ( ì: Tj"/,'- : ciò che si giustitica osservando che essa è un invariante per ogni trasformazione 1\ che è nulla solo se i due punti sono intìnitamente vicini e che essa è finita se i due jìunti sono discosti dal contorno di B. Posto questo si consideri un jìunto generico A ài li e \ suoi trasformati per G e si costruiscano le ipersuperfìcie luogo dei punti eiiuipseudo- distanti da due dei punti citati. Consideriamo la miniuia delle regioni interne a li, contenenti il punto A e liuiitate da tali ipersuperficie (ed eventualmente forse anche dal contorno di li): essa si i)uò assumere come poliedro normale del nostro gruppo. La costruzione di tali poliedri serve nel modo già più volte ci- 54 l'rof. Guido Ftibini (Mkmokia IV.J tato il stinliiin^ i prohlciiii dell' ('(|niviil('ii/ii di due sistemi di fonue Hevinitiaue. Xoi ora diniosti'ereiiin uente osservazione. ('oiisìderìH)iì(i un ^aiitjto (i/f/chrico 1' i-co/r ìiisìvhk' ai roiiixf/ati : <■<>- strmaino iiiki jtfoicffirifà V -su n ntrinìiiìi a lìctcìniiiKiiitc -'r 1 e ;' cui cocpiciiiifi siano <ìtl /ipo a -|- i i» , dorè a. li .vo/^o iniincri interi (dgehrici tqrparfciiciifi ai siaìdttld campo. {*) Insicnif alfa proicttirifà P coiì-sidcriaiiio /e proicffirifà coiiiiif/afc (/ cid cocffi- cieiifi sano rispettiva mente i eoniii(/ati dei coefficienti anatof//ii (fi P). /o (lieo clic tati proicttività non possono essere confeniporanea- inente infinitesime. Se noi ricordiamo inflitti le condizioni atfinn esiste nessun numero intero algelmco infinitesimo insieme ai numeri coniuiiati. Consideriamo una forma <^}^ Hermitiana del solito tipo . i cui coefficienti sieno interi di Granss (**) in un dato campo l\ e consideriamo le forme coniugate esi)resse tutte in varial)i1i di- stinte. Consideriamo una proiettività f'^ a determinante ; 1 , trasformante (>, in sé e tutte le proiettività coniugat«'. Come abbiamo A'isto V operazione P clie risulta dalla considerazione simultanea di tutte (|ueste proiettÌTÌtà non [>uò mai essere infi- nitesima. Il gruppo di siffatte operazioni J' si dice essere^ il grup- pi» aritmetico riproduttore della forma Q^ (e delle coniugate). A esso si possono applicare duii(|ue tutte le precedenti conside- razioni. E la costruzione dei i»oliedri fondamentali ]tuò si^rvire nel (*) A iiLiiiun'i ili (|iifstn tipo si lima i1:i noi il iimiiic di niiiiirri ititi'ri ili lìaiiss nel (-aiiijio considerati). ("*) CtV. iiotii ]>iecH'ileiitr. Sulla teoria delle forme quadratiche Hermitiane ecc. 55 nostro caso per riconoscere se mia forma Q^ è equivalente a una altra forma Q2 , naturalmente nel senso che una ])roiettÌTÌtà a coeiììcienti interi di (iauss porti l'uua nell'altra e in caso affer- mativo a trovare tutte le cosiffatte proiettività che i>ortano Funa neir altra ; i metodi per risolvere tali (jnestioni sono iili stessi . che noi abbiamo già svolti in casi analoghi. Si ])otrebbe ora cercare di classitìcare tutti i nostri possi- bili gru])pi e approfondire (pialehe caso particolare : cosa che si otterrebl)e cercando di estendere alle foiMue Hermitiane (juanto si fa per il caso delle forme quadriehe. Ciò, «'he non presenterebbe grandi ditticoltà e di cui perciò non ci occuperemo. È forse interessante invece fare alcune osservazioni, che mo- strano il legame tra la nostra e altre teorie. La teoria delle for- me quadriehe è , come noi abbiamo già visto, collegata con la teoria degli si)a/ii a curvatura costante ; tiualche cosa di analogo avviene per le forme Hermitiane. Data una delle nostre forme Hermitiane ad n 1- 1 variabili esistono , come abbiamo visto cr"'" + ^' proiettività a determinan- te +1 che la trasformano in se, come è agevole riconoscere ri- cordando le (5) e seg. Queste formano evidentemente un grup- po continuo di Lie; noi al)))iamo quindi considerato questo grup- ])o come operante in uno spazio xV a 'la dimensioni, le cui coor- dinate sono la ])arte reale e il coetììciente della parte immagi- naria dei rapporti di n delle variabili della forma alla (« + 1)'"™". E in un tale spazio S due punti hanno , come abbiamo visto , un invariante B, simmetrico nelle loro coordinate, che, quando i due punti divengono infinitamente vicini , è infinitesimo del secondo ordine, ossia si riduce a una forma ijuadratica nei dif- ferenziali delle coordinate stesse. Si ha così a fare proprio con spazii S2,, che ammettono un gruppo continuo di movimenti a n (» + 2) parametri e la loro teoria è un caso particolare degli spazii che ammettono gruppi continui di movimenti : il nostro caso è specialmente notevole per la forma specialmente semplice 56 /'/■((/'. <ìin.~ii un f/iKjt/xi ilì.scoiiUrìiio (li morimoifi r [iro'prìainoifc (lixanifiniu). (*) E ben cliiaro quanto interesse jiotrelibe )»vescntare la teoria geometrica di tali spazii : è questo però un problema clie esce dal campo altrebrico ]icr entrare ])iuttosto in (|Ucllo della ì;co- metria ditt'crenziale ; il loro legame con le forme Hermitianc agevola jierò mcdto un tale studio. Anche la teoria dei sistemi di forme Hermitianc è stretta- mente legata alla teoria degli spa/ii clic ammettono un grujipo continuo di nn)vimenti ; analogamente a (juanto ahliiamo visto nel caso dei sistemi di forme (luadriclie . tali s]»a/ii si jiossono detinii'c dicendo che il loro elemento lineare è la somma degli elementi lineari (parziali) corrisjìoudeuti a ciascuna delle forme Hermitianc di cui è com]iosto il sistcuna. Le precedenti osservazioni aprono, come si vi'de . il camiio a molte ricerche geometriche assai im})ortanti jter la nostra teo- ria e per la ricerca e costruzione ett'ettiva di grup]»i e di polie- dri fondamentali. J)i esse mi occuperò in un lavoi'o. clic si sta ora pubblicando iu>gli Atti dell" Istituto ^'eneto. In 1111 altro lavoi-o ini occuperò pure delle a]»plicazioui funzionali delle jiresenti teorie : esso pure è in corso di stam]>a negli « Annali di Matematica ». Qui ini accontenterò di enunciare le proprietà e i teoremi })iù importanti contenuti negli scritti citati , tanto più clic io spero che il lettore ])otrà ricostruirne senza gravi ditticcdtà le dimostrazioni ]ier mezzo dei concetti tin (|ui sv(dti. Xella prima nota dimostro anzitutto clic , come le nostre metriche rispetto a forme del tipo .r, ./'i j- .... + .r„_, .r','_i — •'„ .r^^, (*) Npllii min Memiiriii : « Su}j;li spazii a 4 tlimoiiHioni ccr. -» (Aini.-ili di .\lMtci]iatic;i UKIH) in sono incorso in nna dinipnticanza . trascurando di cniinierarr le nii'tiirlir i|iii iit;itr e le aualoglu' ; l'iò, pendii' confoudcndo idenionti reali con complessi non ho pensato che ilelle ipersujierticie comjilixiii- invarianti pi-r un gruppo di movimenti anziché geodeticamente pa- l'allele potev.inn in ogni punto essere tangenti al icmo di linee di lunghezza nulla. Ricordando fpiesto tatto, i risultati della Meiiìorin citat:) si eom]det:ii)o senz':iltro. iStdld teoria rlellv forme quadratiche Hermitiane ecc. 57 portano a gruppi discontinui di trasformazioni proiettive sulle variabili — = », -}- i ?', (' := 1 ^ , " — 1) <"Of^i si può dire : Un (/nqypo finito di trnsformasioni /i non-i omof/enee complesfif' Inficia sempre fi-sud ìtna /orina HcnnitidiKi ih-Jinifa; (c-iò clie è già noto) e viceversn in> f/riijtpo (liscontiniio di inorimmfi luUe metricJie definite da una forma Hermitinna definita è finito. Così anche il celebre problema dei gru])])i finiti di proiettività è strettamente unito alle nostre metriche, così come la teoria dei gruppi finiti di proiettività reali è connessa con la teoria delle metriche Rie- manniane, teoria che servì già al (ioursat e al Bagnerà per sco- prirne una intera classe. Osservo poi come la metrica rispetto una forma ./•,,/■" — x„.r?2 coincide con le metriche psendosferiche ; e ciò perchè i movi- menti di tali metriche vengono, come sa]»pianio, dati da trasfor- mazioni lineari sulla variabile n, -f / r, = — . Nel caso di n = 2 le nostre teorie includono così i gruppi fuchsiani e la teoria dei sistemi di forme Hermitiane a 2 varia- bili include perciò le teorie di Hilberf-Blumenthal , dei gru])])i iperabeliani di Picard ecc. come casi particolarissimi. Nel caso di « > 3 otteniamo delle metriche aftatto nuove. La loro teoria si può svolgere, per semplicità, nel caso di n=z:ì: 1 teoremi valgono in generale. Ecco qui le i)roprietà fondamen- tali e caratteristiche, a cui conduce lo studio del caso n = 3. Posto -^ = }(^ ~r i i\ < -^ =^ "2 4- ' «'a !^i Ila : L'assolato è rappresentato daW ipersfer<( G definiti! da uf + ■^1 + u| -|- Vg =r 1. Alle rette det piano compìes.so, in eiii x^ , x., , x.^ .sono coordinate omoe/enee corrispondono defili spasii G., , a due di- mensioni, caratterhutti f/eometrieamente dnWappof/f/iarsi a dite rette fisse immaf/inarie conia(/ate. J*er due punti A, K dello spazio ani- biente pa.ssa perciò uno e un .solo di questi G.^. In ognuno di (/uesti (ì.^ la metrica suhordinat<( dir ne riene definita è' una metrica pseudosferica il cui assiduto è V intersezione I di (t^ con G ; / cerelti dei ia>stri Vr., che tat/liano il eitrrisjniii- Atti Acc. Serie i", Vol. XVII - Meni. IV. 8 Ò8 l'rof. (hdiìo Fiibini [MEMORA IV.] dente eere/iio I f/oitaìiiieiifc soiki le f/eo<1etieJte (lìiihieiife pfi.s.sti imo .solo (li (lìtesfì eerelii. eìie ijieoiitni (J in (Ine (diri jninfi C , D. // l(>- (/(irifmo del n(j>porfo ((ttarmoiiieo dei juniti A, B, C, D r (t meno (V un faffore eo.staìde la disf((HZ(( (/eodeliett A B. Di piìi of/nnno defili .spazii (xg è totahnente jieodetieo. Per forine Hevinitiaiie detìnite valgono considera/ioni ana- loglie ; queste osservazioni bastano alla concezione geometrica delle nostre nietriclie , e alla immediata estensione ad esse dei metodi elio si .seguono per lo studio dei gruppi di ui(»vimenti negli spazii a curvatura costante. ])arò ora gli enunciati dei teoremi fondamentali per le ap- plicazicnii funzionali dei nostri gruppi, clu' io , come dissi , di- mostro in un altro lavoro. T. 8i(( dato nn (/ìfalsiasi .si.stenxt 1] di forme t/nadrieìie dei •soliti tipi, di eid n (( tre rariabili, m a (juattro rttriahdi. Le prime di (pieste forme nf/naf/liate a -ero rapprenentano delle coniche e .sia >., (i=l, 2,... , n) // parametro complesso, elie defini- sce i punti della i"''"'"' di ■e''"' _J_ -U -r") ?'" -t- r""' P''> dove le e''' sono le rari(d>di immaginarie coniugate alle x<''. Si ponga -^ = u';> (/ = 1, 2 /.• ; t = 1, 2 «,). Un i + i Sulìa teoria delle forme quadratiche Hermittane ecc. 59 grup2)o disconUnuo che trasformi D //* sé (h finisce un firivppa di- scontinuo di trasformazioni sulle nf . Esistono delle funzioni ana- litichc delle ii['' invarianti per il f/rupjw. I risultati della presente memoria permettono di dimostrare rapidamente con metodi analoghi a quelli di Poincaré i prece- denti teoremi , che danno la più ampia generalizzazione delle funzioni automorfe a una o pili variabili e che includono in sé tutti i casi tìnora noti come casi particolarissimi. (*) Nel lavoro citato accenno intine a un' altra ancora maggiore estensione per i gruppi discontinui di cui ogni trasformazione è il prodotto di una proiettività su un numero qualsiasi di variabili «.r», di una proiettività su un altro sistema qualumiue di variabili « y » e così via. Questo generalissimo caso sembra però non [tresentare, come i precedenti, tante e così svariate relazioni con proltlemi algebrici, geometrici, numerici. (*) Osserverò che i teoremi precedeuti non stabiliscono che 1' esistenza di funzioni ana- loghe alle funzioni automorfe : il lettore può del resto riconoscere facilmente che si posso- no costruire funzioni analoghe alle funzioni zeta-fuchsiane di Poincaré, le quali possono essere utili nello studio dei sistemi di equazioni lineari alle derivate parziali, il cui in- tegrale generale dipende da un numero finito di costanti arbitrarie. ( Un caso particolare di tali sistemi è studiato da Picard nel II" Volume degli Acta Mathematica). Meiii<»rìa V A. Ricco e S. Arcidiacono L'ERUZIONE DELL'ETNA DEL 1892 -^•••^ l'AKTE HI. VISITE ALL' APPARATO ERUTTIVO ED AL CRATERE CENTRALE Xoi (lue, accoiiipaiiiiiiti dal custodo Galvaguo, abbiamo tat- to IG visite air eruzione in corso , altre 20 ne ha fatte OralYa- gno solo ; parecchie altre ne abbiamo fatte anclie dopo cessata 1' eruzione. Queste visite, oltre a farci conoscere da vicino V ap])arato eruttivo e le lave, senivano a completare le informazioni che ricevevamo e le osservazioni che facevamo continuamente da Ca- tania coi i)otentÌ8SÌmi cannocchiali dell' Osservatorio , i (|uali riducevano 1' eruzione all' apparente distanza di poche centinaia di metri : talché se ne jìotevano seguire anche i minuti par- ticolari ; favoriti pure dalla circostanza, per noi fortunata , clic 1' eruzione si svolse appunto nel versante meridionale del vul- cano, rivolto all' Osservatorio. Durante 1" eruzioiu' abbiamo passato parecchi giorni di se- guito ed anche jìarccchici notti all' Osservatorio Etneo . mentre a 1000 in. sotto di noi rumoreggiava 1' eruzione, ed a 1000 in. a nord di noi rombava il cratere centrale. Alla line di ottobre 1892, quando era ahjuaiito scemato il furore dell'eruzione, po- temmo anche fare lassù buone osservazioni astronimiiche al grande refrattore, per otto giorni , con cielo splendidissimo, mentre un Atii Acc. Serie i'^, Voi.. XVII — Meni. V. 1 ^1. Ricco e S. ArcifUncono [Memokia V campo <) strato di nulli, di (luando in (luaudo attraversato dalle colonne di fumo sorgenti dall' eruzione , copriva la Sicilia e ci isolava anche otticamente dal resto del mondo. ISTel nostro soggiorno lassù non al)biamo provato altro in- conveniente che delle esalazioni sulfuree soffocanti , abbastanza fre(iuenti, provenienti dal cratere centrale, che ci obbligavano a chiudere ermeticamente V Osservatorio, ed alcune scosse, talora forti ed anche fortissime, le quali però non produssero che effetti insignitìcanti sul fabbricato solidissimo dell' Osservatorio. Visite di A. Ricco durante 1' eruzione. // Lìif/ìio 1.902. — Kecatomi a Nicolosi , centro abitato il più vicino air eruzione (tre giorni dopo che era scoppiata), per vederla meglio , mi porto ad un km. ad est del paese , sulla via tra Nicolosi e Pedara , al cancello della vigna del Sin- daco Abate, in un punto distante 9 7-2 kni- fl^ii ^5i"ateri erut- tanti. A 4'' 30"" se ne vedono tre, i quali hanno già formato un cono abbastanza elevato sul terreno circostante: i due superiori lanciano in alto scorie e lapillo incandescenti ; il più basso emette lava : inoltre vi è più in giù ed ahiuanto a levante, una bocca poco elevata, che pure emette lava. Questa bocca della lava, per essere senza cono rilevato ed in terreno basso , non poteva es- sere vista da Catania, e perciò manca nel disegno fatto all' Os- servatorio la sera stessa. Diriggo il telespettroscopio, tanto allo interno dei crateri, che sui getti di materiali incandescenti che eruttano, non scorgo alcuna riga lucida ; nessuna di quelle del- l' idrogeno, a noi famigliari nella osservazione della cromosfera solare; della riga lucida I) del sodio si vedono solo traccie in- certe di inversione. Eitornato in Xicolosi, ricevo le seguenti informazioni dal Sindaco, dal Cajx) delle guide Etnee e dal Custode dell' Osser- vatorio Etneo. Queste notizie date subito, mentre erano fresche e vive le impressioni, sarebbero state molto importanti, ma per TJ eruzione dell' fJtna rie! i«P2 la complicazione e variabilità dell' ai)])arato eruttivo , e per la ditficoltà (li identiiìcare le varie bocche che apparivano snlle due fratture, e i»oi si fondevano tra loro, o scomparivano, non si pos- sono utilizzare tutte jier la prima descrizione del fenomeno. Ciò che mi risultò di sicuro è (juanto segue. Alle IS^ 'iC" del 0 luglio si formarono parecchie bocche sulla frattura occidentale, che poi si ridussero ad una sola, H (Parte II, Tav. III. Fig. 2). attiva, mnltiitla, formata di o a 4 aggruppate, le quali emisero la prima colata diretta a Monte Faggi; alle 14h 30™ su di una altra frattura jìiù orientale si formò la bocca che abbiamo chiamata C, la quale diede la colata principale, di- retta a IM." Nero ; alle 15'' si produsse un' altra bocca A snlla frattura orientale ; e dopo ancora un'altra B. Poscia, più in alto a nord, sulla frattura occidentale si aprì un'altra bocca 7<% che più tardi si ridusse a semplice fumarola, che dava solo fumo bianco. Da questa relazione risulta che in generale su entrambe le fratture prima si aprirono in basso le bocche emettenti lava, poi più in alto si fonnarono le bocche che funzionavano come ca- mini del focolare vulcanico, eruttando fumo e materiale sciolto; inoltre emerge che 1' eruzione cominciò sulla frattura orientale, poi si continuò sulla occidentale. Oltre queste bocche principali , se ne formarono sulle due fratture altre minori, in tutto 15 a 20, che poi in parte hanno cessato d' agire, come fecero prima o dopo tutte (jiielle impian- tate sulla frattura occndentale; altre sono state rinchiuse nei tre coni, A, B, C, che tosto si formaromt coi materiali eruttati dalla frattura orientale. Nella notte seguente, 9-10, essendosi formato un accumulo di lava fluida sul fianco occidentale di M."" Nero , ne partiva ad l*" una ((data sinuosa di lava: il che fece credere alla for- mazione di una V)occa anche sul detto monte, e ad una esten- sione e gravità dell' eruzione, ancora nniggiore del vero. La prima colata, partita dalle bocche occidentali alle 13 ^2 del 9 lui-lio , giunse alle 10 Va del 10 alquanto oltre il piede 4 A. Ricco e S. Arcidiacono [^rEMORiA V.] orientale di M.'" l'aggi e si fermò, avendo ''percorso 2 km. in 21 ore, cioè colla velocità media di circa 120 m. alFora. L' altra grande colata. ])artita dalle bocche orientali alle ore 11 \/.; del i) luglio, incontrato che ebbe M."" Nero, si divise in due rami : a mezzanotte il ramo occidentale era giunto a M.**' Ardicazzi, e l'altro a ]>!."" (Temmellaro, procjedendo rispet- tivamente di 2 km. e .3 km. , colla velocità di 21(1 a 217 in. all' ora. Al mattino del H) luglio la colata piìi occidentale , era giunta a ]M."' (Concilio, l'altro ramo era arrivato ai Daf/alotti dei Cervi ; a mezzanotte dell' 11-12 luglio la colata occidentale di- struggeva il jìometo di Rinazzi , la orientale era giunta oltre M.*-" Albano. Abbiamo saputo jnire che la scossa avvertita a Nicolosi il giorno 8 luglio alle 22'' 30" con direzione N-S . fu forte a Ra- galna, con direzione E-W: produsse la caduta di muri a secco, e qualche danno alle case. Durante la notte del 10 all' 11 i coni erano molto aumen- tati in grandezza. Dalle 5'' a 5'' V2 dell'I 1 luglio molto e denso fumo grigio-oscuro veniva eruttato dal cratere centrale. Xel pomeriggio dello stesso giorno, 11 luglio, partiamo per il così detto teatro delT evìtzione e ci dirigiamo al lato di ponente, costeggiando a sud i M." Rossi; passati (luesti, alle 19*" ci si pi'esenta la montagna ignivoma in piena attività : dal fianco meridionale staccasi una inimensa cohnina di fumo diretta quasi orizzontalmente a SW ; i raggi del sole vicino al tramonto la co- lorano in aranciato : un'altra colonna di fumo denso, quasi nero, che esce dalle bocche eruttive con maggior violenza , si dirige quasi verticalmente dietro l'altra colonna; dal cratere centrale sono eruttate masse di denso fumo bianco in globi piccoli, fìtti, a contorno tagliente. Procediamo seguendo il piede occidentale dei monti Ri- nazzi e Concilio : si odono continui rombi, di cui alcuni fortis- simi ; si vede un nuovo braccio di lave ])iìi ad Est ; saliamo U eruzione dell' Etna del 1892 per revtó i)endio del ])iù avan/ato a nord dei M." Ardicazzi, e arrivati alla cima , alle 21 ^/^ , restiamo attoniti innanzi alla scena prodigiosa che ci si spiega davanti. JSiamo a dne cliilorae- tri e mezzo dal Inogo dell' ernzione. In alto fiammeggiano tre crateri, A, B, C. di cni qnello di mezzo dà nn doppio getto di fuoco: a sinistra, cioè a X\V. vi è un'altra piccola bocca poco attiva, jP, (Tav. Ili, Eig. 2) appartenente alla frattura occiden- tale. I materiali, lapilli e bombe incandescenti, scagliati vertical- mente e con grande violenza, specialmente del cono />', arrivano tino ad un'altezza, che dall'angolo sotteso, risulta di circa 400 m. Sovrasta a questa batteria una vasta nube color di fuoco , per riflessione, come splendido velario di porpora. In basso si stende a perdita di vista un immenso incendio . una inondazione di fuoco, che né penna di poeta, né pennello d' artista varrc^bbe a descrivere. Sotto alle bocche una grande cascata ardente preci- pitasi nella sottoposta valle, divisa in rivi di fuoco; dalla caldaia di lava liquida, nel fianco occidentale di M.*® Xero, scende tor- tuoso un altro fiume di lava, tutto (|ue8to fluido ignescente passa sotto di noi ; lambendo il piede della collina sopra cui siamo e delle altre che seguono verso sud, fino a M."" Rinazzi. In faccia a noi la colata di levante, dopo aver girato dietro M."" Xero, spunta a sud in forma di una rajnda . la <]uale nella sottoposta valle unendosi alla colata di ponente, lia già formato un immenso cu- mulo, una vera montagna di lava, intersecata da rivoli di fuoco: la quale, scendendo nella pianura a mezzodì, si estende fin da- vanti a M."" Albano. Un'altra larga cascata scende per il Daga- lotto dei Cervi, passando a nord di M.'" Gremniellaro e traver- sando la valle , e si unisce alla corrente di ponente. Infine un altro ramo di lava scorre dietro (ossia a levante) di M.'^ (xrosso e M.'" Albano. Una infinità di canali, ruscelli, cascatelle di lava percorro- no velocemente in tutte le direzioni <(uell' immenso campo di fuoco : la lava superficiale , già raft'reddata e consolidata , viene trascinata dalla corrente liquida e rotola e precipita con un ru- 6 A. Bieca e »*>'. Arcidiacono [Memoria V.J more, uno scroHcio continiK», simile a quello della caduta di uu muceliio di tegole : pare la rovina eausata dalle tremende esplo- sioni di yrandi artiglierie cui assistiamo , e di cui risentiamo penosamente la ripercussione nella nostra cassa toracica. Un ba- gno di mercurio })osat<) a terra oscilla continuamente e larga- mente, in massa, entro la vasclietta. Piove quasi continuamente minuto e caldo lapillo e cenere : di quando in (piando ci arri- vano folate d' aria calda, soffocante, ed a questa molestia si ag- giunge r intenso calore che irradiato dalla lava che scorre al piede della collina su cui ci troviamo; ma noi quasi non ci accorgia- mo di nulla . tanto la nostra attenzione è assorbita da quella scena di terribile bellezza ; dnl cui fascino a stento io mi sot- traggo per tentare di farne uno schizzo e per intraprendere le mie osservazioni; e confesso che di fronte a questa grandiosa ed imponente manifestazione delle forze naturali, mi sentivo invaso da un senso inconscio di sbigottimento, direi di annientamento, come avevo provato nel furore di una grande burrasca in mare. Sotto 1' ostinata ])ioggia di cenere, montiamo il telespettro- scopio di Browning, il cui pesante corredo abbiamo trasportato con difficoltà sul monte: lo dirigiamo successivamente alle varie bocche ed alla lava jiifi incandescente, ma non osserviamo nulla di nuovo ; anzi le traccie della riga lucida del sodio sono quasi totalmente deticienti. Si tentano delle fotografie con pose -varie, ])ertìno di cinque minuti; ma, come era da as])ettarsi dal colore rosso della luce dominante e dalla scarsità in esse dei raggi che hanno azione chimica , sulle lastre Ijumière (non isocromatiche) sviluppate poi, non si ottenne che una macchia diffusa al luogo della grande nube sovrastante alla scena dell' eruzione. Nel ritorno ci affacciamo meglio a vedere la lava del ramo occidentale , diretto verso sud , che ha già distrutto il rigoglio- sissinni pometo di Rinazzi , il quale formava V ammirazione di tutti i visitatori dell' Etna, per 1' accuratissima cultura, 1' uber- tosa produzione , la naturale e bonaria cortesia dei coltivatori , sempre ]>ronti e contenti di far gustare i saporiti , ma non vie- L' eruzione (ìeìV Etna del 1892 tati, frutti ili (jiiel verde, fresco, piccolo paradiso terrestre , che ora è trasformato in infernale bolgia infuocata. Scendiamo dalla collina fin presso la lava, la cui massa lia il corso simile a quello di un gliiacciajo , lento ma fatale, ani- mato dai rivoli e cascatelle di lava liquida incandescente che scorrono da ogni ])arte, allo smuoversi della crosta superficiale, al cadere dei massi induriti. È una immensa diga , una lunga montagna ardente alta forse 50 metri in alcune parti , che si amanza minacciosa verso le terre coltivate ed abitate ! All' alba siamo di ritorno a Nicolosi. 12 Luglio. — In Nicolosi si dice che 1' eruzione è molto au- mentata, che le colate sono tutte avanzate, che è completamente invaso il piano di Rinazzi. Continuano le frequenti e forti deto- nazioni, che producono tremiti del suolo, seguite da colpi od ondate di aria, che scuotono le imposte : il bagno di mercurio, che ho collocato nell' albergo Mazzaglia in Xicolosi è quasi in continua agitazione. In questo giorno ci proponiamo di visitare le fronti della lava per conoscere bene la loro posizione e il loro stato, ed an- che per vedere se realmente vi sia pericolo imminente d' inva- sione per Nicolosi od altra delle importanti borgate vicine, af- finchè, occorrendo, le Autorità possano prendere i necessari prov- vedimenti per lo sgombro delle case ; perciò viene con noi an- che il Maggiore dei carabinieri, appositamente recatosi da Ca- tania a Nicolosi. Ci dirigiamo prinui alla colata di ponente. Arrivati al punto ove la via da Nicolosi a Piano Rinazzi, per gli Altarelli, lascia la lava del 188G, vediamo lo spettacolo comune nelle eruzioni, ma pure assai intei'essante, dei vortici di sabbia e fumo che dal luogo della eruzione sorgono a grande altezza in forma di sot- tili colonne serjjeggianti : una di queste s' innalza a circa 15°, cioè a 14:00 m. d'altezza. Arriviamo a 13'' Ya alla fronte della lava di ponente, la 8 A. Ricco e iS'. Arcidiacono [Memoria V.] quale , oltrepassato Kiiia/zi. si clirii>e a SE, eosteggiaiulo la co- lata del 1 indica la depressione del ter- reno per cui la nuova colata passerà sulla lava del ISSO ; il che si veritìcò infatti nei giorni susseguenti. Lasciamo questa scena penosa, per recarci all' altra fronte della lava a levante, hi quale è già arrivata tra i M." Nocilla e Serra Pizzuta, ma jtiù vicino al primo, in faccia al M.'" Ca- mercia. Ci fermiamo a pochi metri di distanza su di un'altura della lava del 177(). Sono le 1!»" Ar)"" e la luce men viva del crepuscolo ci ])ermette di distinguere bene i fuochi d«'lla lava e dell' eruzione. Atti Acc. Serik 4°, Vor.. XVII - Mem. V. 2 10 A. Bieco e iS. Arcidiacono [Memoria V.J La lava ha due fronti savrapposte : nell'inferioi-e, (^uasi to- talmente nera, serpeggiano jxxlii rigagnoli di lava liciuida ; la più alta e i)iù recente è meno avanzata, lia il eiglio superiore quasi tutto incandescente e la ])unta pili avanzata ad oriente ]u-esenta in testa una cascata ignescente. È tale V altezza com- jilessiva di questa fronte, che ci chiude (juasi tutto 1' orizzonte visuale a ponente, dove non v^ediamo sporgere che la cima di M.*' Concilio : a nord ci copre più di metà della vetta del M.'" (xemmellaro. Grli ingegneri del (renio Civile hanno tro- vato anche per questa colata la velocità di circa un metro al minuto. La lava ora scorre su di un terreno (luasi privo di ve- getazione arlìorea, perchè formato di lave anticlie, e V im])re8- sione penosa che proviamo dipende, più che dal ])ensiero dei danni prodotti, dalla minacciosa grandezza della massa che si avanza lentamente. Conchiudiamo dalle nostre indagini che se vi è pericolo per le sottoposte tloride borgate di Borrello, Belpasso, Nicolosi, Pe- dara, considerata la poca velocità delle lave ed i molti ostacoli che presenta il terreno, il pericolo non e imminente, per modo che non occorre prendere per ora alcun immediato provvedimento. Nella notte seguente a Nicolosi si odono rombi pochi e de- boli ; alle ()'' 45"" del giorno 13 si vede uscire i)oco fumo bianco dal cratere centrale, molto fumo oscuro dall' api)arato eruttivo , il quale fumo si dirige a levante in lunga (M)lonna quasi oriz- zontale ; dalle lave recenti emanano vapori bianchi. LO Lìifflio. — Alaggio all'Osservatorio Etneo e visita all'appa- rato eruttivo. Desiderando collocare il più presto possibile all'Os- servatorio Etneo un apjiarato registratore della temperatura e della pressione, a])positaniente costruito dal Richard di Parigi, mi reco lassù per stabilire il luogo e modo in cui il meccanico del- l'Osservatorio r avrebbe poi messo a posto : inoltre (piesti» viaggio mi avrebbe data occasione di studiare ancora l' eruzioue in corso. Arrivato a Xicolosi a 13'' si odono alcuni rombi forti, con L'eruzione dell' Etntt del 189'> 11 una specie di rullo ; a 17'' , oltrepassata la lava del 1886, sulla via dai M." Rossi a S. Leo, si presenta V eruzione con una enorme e magnifica massa di fumo che si libra ([nasi orizzon- talmente diretta a ponente . clic il sole basso illumina di luce di color aranciato : coi)iosi vapori bianchi si sollevano dalle lave recenti. Dopo mezz" ora di strada nel Piano della Sciara, a circa '1 chilometri a sud di M.'" S. Leo , incontriamo la testata della lava. A 18'' 30" vediamo una eruzione di fumo nero come car- bone, a piccoli globi, i»oiche diviene chiaro, lasciando cadere la cenere. A 18*^ 50™ si arriva a fjana (hi Hoxco ; si odono conti- nui boati e fracassi, come di imi)alcaturi^ o murature che cado- no; i crateri più alti eruttano fumo nerissimo , (|uelli di sotto fumo bianco, più in basso ed a levante si vedono le bocche che eruttano fuoco. Alle ore 20 ' ^ dalla via fra M.'" Castellazzo e la Montagncda, a circa SOO m. dall'apparato eruttivo, ci si presenta nell'oscurità della notte lo spettacolo delle splendide deflagrazioni delle nuove bocche: se ne vedono 4 in Hla : la più alta a nord, .1. emette molto fumo nero e jxk-o fuoco; la seconda, verso sud, li, emette delle gigantesche lingue di fuoco formate da abbondante lapillo incandescente, che ci illumina la via ; la terza, (', erutta molto lapillo e scorie incandescenti : la (juarta I> emette lava ; dall'orlo del cono B si vede partire una striscia infuocata, colata o s]»ac- catura (non si può riconoscere bene per la distan/ii) diretta a XW. Talora sorgono simultaneamente tre grandi getti di ma- teriale incandescente fin all'altezza di 8°, cioè 80 a 90 m., che ricade sulle falde dei vxnxx e le copre di fuoco : blocchi e bran- delli di lava incandescente rotolano giù per i pendii , special- mente dei coni meridionali, dai quali aiulie si vede scendere la lava in colata. Alle 23'' ' ., arrivianu) all'Osservatorio Etneo. Nella notte si sentono boati abljastanza forti e si avverte uno scuotimento sen- sibile del suolo, specialmente verso 1' alba. 12 -4. Ricco e !S. Arcidiacono [Memoria V.] 20 Luf/lio. — Nel inattitio airOsservatorio Etneo si odono rom- bi molto forti ; alle 11'" 40"" si riparte ]>er V ap])arato eruttivo ; alle lo*" ', siamo a circa ' ., km. a NAV <ìi esso; il cratere più vicino ^J (Tav. Ili, Fi^. 1) è il majìtiiore della serie, ha pà la proporzione di una collinetta che si stima alta una cin()() m. darebbe l'al- tezza di 37 ^2 ™- però la 1)a8e dei crateri è molto rialzata su ter- reno circostante dal materiale ricaduto attorno. Questo cono a NW è squarciato da due larghe l)ocche , separate da un sottile tramezzo , di (jucste però V inferiore (al 20 luglio) è ridotta ])re8Sochè allo stato di fumarola ed emana tranquillamente molto fumo bianco: so])ra di essa, sul cono A, vi è un gi-u])po di fumarole attivissime : sopra ed a destra vi sono delle sublimazioni gialle sul banco occidentale del cono ; la bocca superiore, invece, da diverse aperture erutta in (juantità enorme fumo di varie tinte : l)ianco, grigio impuro , nero come carbone jH'r cenere vulcanica trascinata dal va])(U' ac(|ueo; que- sto fumo arriva all' altezza angolare di 25" 15', che alla distan- za di ' \, km. dà 215 m. Il cratere di nu^zzo B ha forma conica più l'egolare dell' altro A ; dall' am])ia e multipla bocca lancia pure abbondante fumo delle tre dette tinte , ed inoltre emette pure diafane emanazioni azzurre ; di più scaglia con forza mi- nuto lapillo. Il terzo cratere C, che è (luello sovrastante alla bocca della lava, è di forma irregolare allungata a conca, erutta fumo bianco e giallo impuro, e inoltre lamia con violenza la- ])illo e bombe infuocate. A ])onente del cono .1 , alla distanza di una ottantina di metri dal suo piede, vi è la bocca multipla H (Tav. Ili, Eig. 2), formata da tre cavità aggruppate, con orli irregolari, poco elevati; la ([uale diede la prima piccola colata di lava, che si vede come un argine nero, parallelo alla fila dei crateri (Tav. IV, Fig. 1). Più in giù a Sud vedesi la grande corrente di lava liquida, la quale, trascinando blocchi parzialmente consolidati, si dirige a i; eruzione dell' Etna del 1892 13 M."^ Nero , che appare nel secondo piano , in fondo al (|uadro (Tav. IT, Eig. 2). Il fumo esce dallo bocche con urande velocità , da prima sotto forma di strette colonne o lingue, per lo ])in acuminate, le quali poi si allargano contorcendosi e ravvcdgendosi in globi compatti, come balle di cotone, prima piccoli, poi grandi, e assu- mendo forme capricciose, che spesso rammentano l'aspetto di un orso v(dloso o di una scimmia che si slanci fuori del suo covo (Tav. IV, l'ig. 1). Il fu (piindi si dilata rapidamente in vasta estensione e grande altezza, e si scolora lasciando cadere una piog- gia di cenere che si vede scendere a sti'isce. Dalla grande colata che corre verso sud incanalata fra due argini o morene di lava emana copioso vapore azzurrognolo (Fig. 2). Forti detonazioni ed un fracasso caratteristico accompagnano le principali eruzioni. (") Ci avviciniamo fino a 200 m. dal cono di mezzo : il suolo si agita molto sensibilmente sotto i nostri piedi ad ogni esplosione: su di noi cade poca cenere e minuto lapillo caldo, perchè il vento di NW spinge i materiali eruttati verso SE : neppure avvertia- mo odore di zolfo ; come non vediamo prodursi gli anelli di fu- mo, che altri hanno visto in ((uesta ed in altre eruzioni. A 400 m. a XW dell'apparato eruttivo osserviamo una frat- tura del terreno, nella direzione NE-SW irregolare, multipla ; si vedono altre fratture minori sparse a ponente dell'apparato medesimo. A distanza scorgiamo un nuovo braccio di lava che da M.'" Guardiola si dirige a M.'" Serra Pizzuta. Nel tornare a Nicolosi a sera vediamo la testata di lava più avanzata verso il detto paese, la (juale sta per raggiungere la via che da mezzodì dei M." Eossi va a S. Leo : la lava ne dista sedo 10 ni.: devasta e seppellisce campi coltivati a segala, a vigne, a pometi ; m(dti villici si aflfjiccendano per salvare quan- to è possibile dalla lava invadente. (*) La Fig. 2 può coiisiderarMi come contimiazioiie della Fig. 1 verso doHtra, immagi- nando di far coincidere le immagini del cono D nelle due flgnre. 14 A. Bieco e S. Arcidincono [Memoria V.J 1 Afiosio. — A NicoloHi, intorno a mezzodì, si odono ])o(lii rombi lefigeri, come in lontananza : il cratere centrale dà ])o(() fumo : è coperto da incrostazioni gialle e rosse. A K)*" siamo a Caxa (ìel Bosco, cioè a 8 km. dall' apjìa- rato ernttivo : i)ochi nnnbi, non forti, prolungati ; il primo cc»no a nord, ,1 , il pii'i grande, è gibboso ; ha la bocca interiore molto svihippata ed assai attiva, che emette fumo grigio; la bocca su- periore dà i)oco fumo azzurrino. Il cratere />' di forma conica, (luasi regolare , nn [)<>' slabl)rato verso nord , erutta fumo nero con lapillo e cenere : il suo getto arriva tino a i)", cioè 4S() m. d' altezza. Il (U)no C molto ingrandito ed allungato a sud, man- da poco fumo bianco e scorie incamlescenti in un getto poco alto . diretto obliquamente a sml. Il conetto D si è fatto ben distinto e di forma regolare conica: emette fumo bianco denso. Criunti a filatelia, a circa 400 m. dal cono più settentrio- nale, osserviamo che il fumo che esce d;illa sua bocca inferiore lia una tinta ahiuanto rossastra, forse per ritiessione della lava sottostante. Ci rechiamo poscia sulla prima colata, uscita dalle bocche di ]»onente, per veder meglio tutto l'apparato eruttivo , e riconosciamo che è aumentato molto di dimensione dal 20 luglio in poi. Alla distanza di 200" dalla bocca inferiore di A. ed a IsW di essa, vediamo una delle bocche estinte (ì (Tav. Ili, Fig. 2) formatasi sulla frattura occidentale: è come un foro rotondo nel terreno , che è un poco elevato attorno, a pendio debolissimo. A IO*", nel salire, passando a poca distanza dalle bocche settentrionali, a focnt dclV Airiìa. essendo diminuita la luce solare, si vede che le due bocche di A sono veramente il- luminate dalla lava sottostante ; la inferiore oltr<- del fumo getta anche lapillo e fa un grande rumore continuo , come di treno. 8i stimano le altezze l.")!! m. per .1 . 100 m. per B , .iO m. l)ei- C. Alle 21'' i")"" si arriva ali" Osservatorio Etneo : si ode un rumore continuo dall'eruzione ; a 0'' 80" del 2 Agosto forte ter- remoto sussultorio ; alle S'^ si parte per il cratere centrale , gi- U eruzione dell' Etna del 1H92 15 raudo per W ; a !>'' incontriauio la cenere eruttata nella notte dell' 8 luglio , torma una striscia larga circa 100 ni. estesa da NW a 8E; a 9'' IS"" arriviamo sul ciglio del gran cratere: nel- r interno non si vede die fumo : e molto fumo solfureo, acido, soifocaiite, viene da una fumarola che sta su di una ])unta del- l'orlo a ponente. Osserviamo che ha avuto luogo di recente una grande frana che ha fatto cadere 1 a 3 m. del ciglio txrtt'attorno da E ad W per nord, prendendo metà del giro del cratere. La temperatura dell'aria sull'orlo (> !)",7, mentre sulle laide del cratere era 8 ',7 ; nelle fumarole che si trovano sul hito nord del ciglio si ha SO". Discesi dal cratere centrale , andiamo a vedere la grande frattura del terreno ])rodottasi all'epoca dell'eruzione del 1883 e che passa a 50 m. W dall'Osservatorio : il custode Oalvagno non la trova cambiata : solo è ahiuanto diminuita di protbndità per materiale che vi è caduto dentro. Scendendo dall' Osservatorio a 15'' Va «iivi»i<) al piede me- ridionale della ]Montagnola , a ponente dei M.*' Calcarazzi, sul sentiero dei iirv((joJi di Pedara, a circa 500 m. a NXW dalle nuo- ve bocche, vicinissimi al luogo ove ])oi si aperse la bocca più settentrionale. Davanti a noi, a circa 20 m. verso sud, vi è una, delle bocche estinte F (Tav. Ili, Fig. 2) della prima frattura: seguono in fila verso sud parecchie altre bocche estinte , (Tav. lY, Fig. 3) le lave incandescenti che scorrono dalle bocche di lava a SE del detto cratere D e traccie di fuoco anche nelle lave che scorrono lentamente al piede orientale del monte (Eig. 4). Io cerco invano la gran cascata di lava che vidi il giorno 2 di questo mese, e che dobbiamo avere in faccia, alla testa della iìla dei crateri; ma la gran massa di fuoco è invi- sibile : una specie di cortina, o tramezzo, o tunnel di lava con- solidata copre e chiude il liaratro, lasciando però libera una larga apertura superiore che lancia fumo giallo e scorie infuocate : dalla parte inferiore del tunnel , che pare fatto a gradinata, e non è completamente chiusa, sorgono delle numerose e vivacis- sime fumarole ; a destra il cratere minore, I), ancora slabbrato verso NW, con un respiro potente, come quello di una loco- motiva, lancia col periodo di 1 a 2 secondi fumo bianco e fram- menti incandescenti. Il cratere di mezzo B getta fumo nerissimo tino all' altezza di 20", cioè a 250 m.; il cratere N erutta grandi masse di fumo grigio e lapilli con fracasso fortissimo e prolun- gato di rottami cadenti; il fumo arriva all'altezza di 30" cioè di 700 m. Tutte le bocche eruttano quasi incessantemente : da esse sorgono spesso dei turbini di fumo e cenere. 20 A. Ricco e 8. Arcidiacono [Memoria V.] Xotiamo che il lato orientale di M.'" Xero è in linea retta colle bocche e colla cima della Montafinola. A sinistra riconosciamo 1' alto argine, stranamente frasta- gliato, dal ([uale il 2 agosto godemmo lo spettacolo indimenti- cabile della cascata di fuoco. Il Gralvagno vi vnol ritornare, arram])icandosi per le lave recenti, scoscese, ed ancor scottanti, e ci reca un campione della lava di (luel cratere. A levante del cono minore meridionale , Z>, è una si)ecie di bacino o cratere aperto largamente a SE (Fig. 4) che ora dà solo fumo bianco e che certamente era una bocca di lava, attualmente estinta : lo stradino dice che tino a 4 o 5 giorni fa gettava fumo e lapillo. Più a SE si osserva una grande massa di lava incandescente che scorre da una specie di conca o fossa con basso argine, irrego- lare, e forma una corrente diretta pure a vSE. Un ]>oco piìi vi- cino, e ad un livello alquanto piìi basso, vi è un'altra bocca di lava simile alla detta , ])erò meno incandescente. La corrente liquida clie ne parte, si dirige presso a poco parallelamente al- l'altra ; di fianco a queste colate fluenti cammina a stento e col caratteristico rumore delle tegole cadenti , la lava proveniente dal cratere C, superficialmente solidificata, da cui sl>ucano nu- merosissime fumarole. Ci rechiamo quindi sulla cima meridionale di M."" Nero, donde si ha lo spettacolo della immensa distesa delle lave del 1886 e del 1892, che sembrano oscure fiumane ramificate, alla- ganti le sottoposte regioni. Il colore piìi oscuro delle colate del- l' attuale eruzione le fa distinguere da quelle del 1880. Scendiamo a piedi da quella cima di M." Nei"o, attraver- siamo sui muli un' altra volta la lava di ponente per il viot- tolo tracciato, ma poi lo lasciamo girando a NW, ed attraver- siamo la prima colata, i)er andare più direttamente all'Osservato- rio Etneo; ma il procedere sulla lava senza sentiero diviene così difficile per i nostri poveri animali, clie ci conviene smontare ed andare innanzi alla meglio, saltando di blocco in blocco, aiu- tandoci c(d bastone ed anche colle mani ; di (|uando in quando U eruzione delV Etna del 1892 21 io mi volgo indietro, per un sentimento di compassione, a ve- dere come se la cavano i muli, che veramente fanno sforzi enor- mi, miracoli di eqnilibrio, camminando senza cadere e senza ferirsi su quei massi ineguali, angolosi ed oscillanti. Infine ar- riviamo alla terra scoperta, tutti sani e salvi, nomini, muli, mac- chine e provviste ; rimontiamo in sella e ci dirigiamo alF Os- servatorio Etneo. Alle 11 ^2 siamo ad un chilometro ad ovest delle bocche , delle quali vediamo la fila completa: notiamo fra i crateri JV ed ^-t una seiùe di fumarole bianche che sorgono da croste di lava: le due bocche , inferiore e superiore di A , danno fumo grigio scarso; fra A e B sorge con detonazioni un'alta e sottile colonna di fumo oscuro : esce dalla nuova bocca // (Tav. Ili, Fig. 3) formatasi il 17 agosto ; il cratere B lancia funìo nero , il cra- tere C emette fumo nero da una bocca a nord e fumo giallastro da una bocca a sud, il cratere I) erutta fumo rossiccio. I coni B e C sono quasi fusi assieme in un solo monti- cello allungato , con una sella o depressione fra i due; il co- netto IJ è pili alto e più spiccato da C di quel che era prima. Alle 12'' Ya 5 psr la via dell' Osservatorio vediamo un' eru- zione di fumo bianco dal cratere centrale. Alle Uz*" arriviamo all'Osservatorio Etneo con tempo coperto, piovigginoso. I sismo- scopii sono come furono lasciati il 12 agosto dal meccanico ; il che vuol dire che da allora in poi non ebbe luogo alcuna scossa di terremoto ; nessuna scossa neppure nella notte seguente. All' alba del 20, a i^ 50" , si parte per il cratere centrale, dirigendoci io e Galvagno per l'erto pendio meridionale, i Sig." Wallerant e Chaudeau per il lato di ponente. Dal luogo dell' eruzione si innalza molto fumo bianco e grigio ; a S** 20°" , quando siamo a ^/^ dell' altezza del gran cono, sorge il sole , rosso come al solito ; alle 5^ 45™ il sole che ha varcato uno strato di nebbia alto 10° , forse dovuto all' eruzione, è già di color bianco. La parte superiore del cono è coperto da polvere e poltiglia , formata da cenere e sali diversi , delique- 22 A. Ricco e S. Arcidiacono [Memokia V.] 8centi ed efflorescenti , in cui il piede affonda e scivola : lungo il pendio si incontrano molte fumarole calde. A 6^ 0™ arriviamo sulF orlo : il termometro segna 5°,S ; le varie tinte che per sublimazioni ed incrostazioni sulfuree e d' altra natura presenta il cratere dentro e fuori sono di un bellis- simo effetto. L' orlo è rossastro, con una grande macchia gialla di zolfo presso la cima^ a SW ; nell' interno, dalla parte di ponente che è libera dal fumo, dominano le tinte giallastre e verdastre oscure, che noi vediamo solo a tratti, quando ce lo permette il fumo che, specialmente dalle fumarole a SE esce abbondante , sialfureo, soffocante ; all' orlo di ponente vi sono delle fumarole con fumo discendente. Vediamo anche un cono avventizio ade- rente alla parete interna che guarda a SE, che però non emette fumo, è pili alto di quello che vidi al 15 luglio 1891: forse crebbe per le eruzioni intercrateriche di scorie del giugno scorso : op- pure in quella occasione si formò un nuovo cono avventizio pili alto. Ci avanziamo e scendiamo verso 1' interno per la depres- sione dell' orlo SE , fino al precipizio a picco che la termina , ma il gran fumo soffocante ci caccia, prima che abbiamo po- tuto vedere meglio 1' interno. Saliamo sulla parte pili elevata dell' orlo a sud, per evitare il fumo e dominare meglio l' inter- no, ma neppure di là riusciamo a scorgere il fondo del cratere, e solo a tratto vediamo porzione delle pareti : dal fondo sale fumo grigio rossastro, denso, in grande quantità. Nessun rombo, né altro rumore entro al cratere. Alle 7^ 2"" si comincia a ritornare ; a T"" 49"" arriviamo a Vtdcarolo, piccolo cratere che esiste da tempo immemorabile al piede del gran cono a 300 in. a NNE dell'Osservatorio ; emette molto vapore acqueo, denso, bianco come al solito. Vi osserviamo il consueto , ma sempre attraente fenomeno dei cerchi di Ulloa. Una persona mettendosi sull' orlo del piccolo cratere , col sole alle spalle, vede la propria ombra colla testa contornata da un primo circolo od aureola col rosso all'interno e 1' azzurro all'è- L' eruzione dell' Etna del 1892 23 eterno, e poi da un altro gran cerchio di circa 50° di raggio, che invece ha il rosso all' esterno e 1' azzurro all' interno : come è noto questo è un fenomeno di diffrazione della luce nelle par- ticelle sospese del fumo o della nelìbia. Alle 11"" SO"" si parte dall' Osservatorio per il teatro della eruzione; a 12^3", essendo a ponente della Montagnola si sen- te forte puzzo di zolfo, proveniente dall'eruzione : il mulattiere dice che stamani, nel salire per recarci i muli, vi era forte puzzo di zolfo che aceupava (soffocava). A 12'' 25"" arrivati a Tacca Albanelli, vediamo riattivata la colata che va a M." Concilio. A 12'' 50" al piede di Volta Girolamo osserviamo due frat- ture di cui una diretta NE-8W e l'altra, che parte dal mezzo della prima, si dirige verso sud con andamento tortuoso : nella prima frattura vi sono 8 fumarole : smuovendo le pietre, esce fumo da per tutto; le maggiori fumarole sono nell'incontro delle due fratture : nei crepacci e nell'arena umida si trova 60° di terajieratura. Alle 13'' 72 siamo alle bocche settentrionali dell' eruzione , le quali esalano poco fumo ; a 13'' 55'" siamo a circa 20 iti. a sud del viottolo dei nevaioli di Pedara che segue il i)iede sud della Montagnola, a circa 130 ni. dalla nuova bocca JS che ha forma di largo e basso cono regolare : stride continuamente co- me il vapore che esce dalla valvola di sicurezza di una loco- motiva : emette fumo bianco abbondante, ma nessun proiettile ; il lato sud del cratere è verdastro e ne escono moltissime fu- marole vivaci: Galvagno si reca al suo piede occidentale, ma deve allontanarsi subito, tossendo violentemente per il fumo acido e soffocante che ne esce : vi ha udito un fortissimo rumore sot- terraneo ; e qualche rumore giunge anche a noi , con leggiero scuotimento del suolo. Secondo quello che ci riferì dopo il Capo delle guide etnee, questo cratere si calmò poi alle 5'' del giorno 20. A 14*" 15" siamo sulla linea delle bocche estinte, di cui ne vediamo 7 : la tìla è diretta a ]N20"W. 24 A. Ricco e H. Arcidiacono [Memoria V.] A 14 '/a odore di uova fradice, solforoso, forte, soffocante, che dà la tosse : roni1)i sotterranei e scuotimenti del suolo : ciò si ripete altre tre volte. Tutt'attorno ove siamo, a circa 250 m. a WW della bocca N, e fino a 300 m. da questa, vi è gran quantità di cenere, ed in gran numero, sparse sul suolo, grosse bombe e blocchi di lava lanciati dal cratere N : ve ne sono perfino di 1 Va ™- "^i diametro : in un blocco rossastro , parallelepipedo irregolare , ancora caldo, introduciamo un filo di zinco in ima fessura, solo fino alla profondità di 10 cm. ed il metallo si fonde alla punta: invece l'ottone resiste, ciò indica u.na temperatura superiore a 400". Grandi bombe sono piantate nel lapillo fino a 50 cm. di jìro- fondità ; scorie e brandelli di lava, cadute sulla roccia vi si sono modellati sopra, altre hanno formato sul suolo piano delle stiac- ciate di pili che un metro di diametro. Passiamo a 20 m. a sud della bocca K (Tav. Ili, Fig. 4) che da qnesto lato ha 1' orlo elevato circa 30 m. sul terreno: su di questo vi sono altre bombe ovoidali grandissime: ne misuriamo una che ha il diametro mag- giore di m. 1, 70. Nel solco o frattura, fortemente inclinato verso sud, fra i crateri i\^ ed A^ vi sono 12 e più fumarole vivacissime (Tav. V, rig. 1). A IO*" Ya si parte per il lato di levante dell'apparato erut- tivo. Passando ad est dei crateri A e B m avverte puzzo di zolfo; la bocca fra A e B (Tav. Ili, Fig. 3) è scavata nel piede di B: emette grandi ed altissime colonne di fumo oscuro : la falda di B rivolta a NE presenta moltissime fumarole. Alle 17" 40"' siamo ad est del conetto D , che getta verso nord fumo e ma- teriale incandescente; a sud del piede meridionale di 7> si è for- mata un'altura con bocca di lava, dal cxii lato meridionale parte una piccola colata , che scende direttamente dall' elevazione del suolo su cui sorgono i crateri meridionali, e si dirige verso ENE (Eig. b) ; la superficie di questa lava è increspata , e tutta ricoperta di sublimazioni od efliorescenze saline bianche, che le danno aspetto singolare , distinto da quello delle altre lave che L' eruzione deW Etna del 1892 sono tutte oscure; verso sud ancora segue un cumulo di lava re- lativamente fredda ed oscura; poi nella direzione della cima me- ridionale di M.*'' Xero si vede una grande bocca di lava incan- descente a , di forma allungata verso SE, cui segue nella stessa direzione una colata pure incandescente : un' altra minore bocca di lava h è alquanto più in alto, ed a SW (*). Vv^ix . M. NERO D ì(l ^'^^ ^ Fig. b : Parte luericliouale dell'apparato enittÌTo, vista da levante ; 19 agosto 1892. A IS** Vj siamo a Cam dei Cervi: a 300 m. nella direzione SW si vede la lava nuova incandescente , sovrapposta all' anti- ca , e che si dirige verso SE , sotto 1' altura maggiore di M." Pinitello. Il Dagalotto dei Cervi, ora invaso dalla lava, è poco importante ed i castagneti tìnorasono poco attaccati; tutta questa località a nord ed a sud della casa è ancora coperta di lapillo e cenere della eruzione del 1886. A 18'' IO"" siamo a 1 \l.-, km a KNE di Monte Albano: a nord di questo monte si vede il gran cumulo di lava recente, più alto del monte stesso , la quale penetrò anche nella conca- (*) Si riproduce qui un al)l)Ozzo da me fatto sul luogo, perchè la fotografìa eseguita non riuscì completamente , come si prevedeva per 1' ora troppo avanzata e per le tinte nere del soggetto. Lo .stesso dicasi per i seguenti bozzetti , fatti in surrogazione delle fotografie non riuscite, o che non si son potute fare. Atti Acc. Sbrie 4*. Vol. XVII — Mem. V. 4 26 A. Bieco e 8. Arcidiacono [Memoria V.J vita del cratere, clie però presentava a nord una sella bassa, e quindi offriva un accesso non difficile alla lava. Più a nord vediamo jM/" Grosso circondato da due strati di lava recente, molto pili alta a nord , ma non quanto il monte. A 20*" \l.^ siamo di ritorno a Nicolosi. 21 Af/osfo 18.92. —A 6'' 40'" partiamo da Nicolosi, diretti al lato orientale dell' ap])arato eruttivo : a 6^ 55" vediamo che tutte le bocche emettono molto fumo bianco o quasi; molto fumo dal cratere centrale ; da (>'' 40"' a 7^ 50"' si odono rombi deboli; l'in- tervallo delle eruzioni della bocca B' è minoro di ieri ; a O*" 0"^ la bocca W erutta molto fumo nero. A 9^ ^/^ siamo a Casa del Vescovo, a 1700 m. daira]>parato eruttivo , che appare formato da 4 colline simili di forma , de- crescenti di grandezza , addossate alquanto le une alle altre ed allineate da nord a sud : si vedono alte colonne di fumo che partono dalle bocche A, A , B', C. A IO*" 0" , alla distanza di 7-, kni. vediamo una grande esplosione della bocca B' con deto- nazione, come di cannone, scuotimento del snolo e colonna di fumo oscuro alta 30'. cioè 300 m., la quale poi lascia cadere ce- nere, formando una pioggia quasi continua. Coir ing. (Harrusso del trenio Civile, che viaggia con noi , si stima 50 m. il diametro della bo(^ca A, l'altezza dell'orlo sul terreno a nord 25 m., quella a sud (35 m., il diametro della base 150 m.; questo cratere è cambiato sensibilmente da ieri : l'orlo è slabbrato verso nord, e da questo lato esce il materiale eruttato : lungo il pendio esterno ad W sorgono fumarcde bianche, dense, attivissime. A 13^ 6"" saliamo sui monti Calcarazzi e giriamo il ciglio NW per avvicinarci alla bocca A, che fa eruzioni di enormi masse di fumo nero densissimo, con esplosioni e scuotimenti del suolo. A 14*^ 14°' siamo a 700 m. NIO'E, della nuova bocca B!: il fianco del cono B rivolto a nord è molto intaccato e si vede che V eruzione dell' Etna del 1892 27 la nuova apertura B' vieue di sotto a questo cratere. La bocca jB' fa grandissime eruzioni di fumo grigio e nero, cenere e pietre nere e rosse incandescenti (Tav. V, Fig. 2) di cui è sparso tutto il suolo attorno : alle eruzioni segue per 5 a 6 minuti pioggia di cenere ; le eruzioni prodncono c(mtinue frane delle pareti dei coni vicini A e B, specialmente del secondo. Siccome abbiamo ripetutamente constatato che le eruzioni avvengono con un periodo di circa (5 minuti, in un intervallo ci avviciniamo alla bocca per vederne l'interno : io colla macchina fotografica a piede mi fermo a 60 m. di distanza e pongo 1' o- recchio contro il suolo per sentire l'arrivo dell'eruzione prossima, ed avvisare gii altri che avanzano ancora. Appena Galvagno è arrivato sull'orlo, vede salire la cima ristretta quasi acuminata di una densa colonna di fumo che indica una inaspettata eru- zione : egli fugge rapidamente e così due carabinieri che l'ave- vano voluto seguire : avviene una gigantesca eruzione : io volgo lo sguardo in alto e vedo tutto il cielo occupato da una fìtta pioggia di pietre : comprendo essere inutile alzarmi e fuggire ; infatti pochi secondi dopo cominciano a cadere pietre tutt' at- torno : Galvagno è colpito leggermente ad un braccio, un cara- biniere ad una mano, un altro più seriamente alla testa : V in- gegnere Griarrusso che aveva l'ombrello aperto, riceve una pietra su di questo che resta sfonthito , e così egli è toccato solo leg- germente alla spalla, io e la macchina fotografica, diversamente da quanto pareva inevitabile, restiamo fortunatamente illesi. Le pietre eruttate giungevano ad un' altezza stimata 100 m. : una di esse colpendo il calcio del fucile di uno dei carabinieri , ne portò via una grossa scheggia. A 10'' 10" procediamo verso sud : il cratere C erutta sem- pre molte bombe, scorie e fumo : il sole visto attraverso di que- sto appare di un rosso intensissimo. A IO*" */•. arriviamo presso le bocche di lava : rivediamo, al piede meridionale del cratere D, il grande scoglio di lava sin- golarmente frastagliato, alto circa 3 m., poi la piccola eminenza 28 A. Bieco e 8. Arcidiacono [Memoria V.] dal cui piede meridionale parte la piccola colata biancastra : pas- sata anche questa, ci arrampichiamo su per V ultima morena o cresta di rocce ammucchiate , arse, scottanti , che ci separa dal campo di lava, limitato a nord dal piede dei coni meridionali ed a sud da M/" ì^ero. Le due bocche si presentano verso sud a piccola distanza sotto di noi, la piìi vicina a (Eig. b), ad una ventina di metri, o poco più, ha forma di conca regolare, diretta da NW a SE , ed è larga pochi metri ; ma la colata incandescente che ne parte dirigendosi a SE e poi a sud va di mano in mano allargandosi; 1' altra bocca h è piìi lontana per un' altra trentina di metri , ed ha contorno complicato e rialzato, con direzione parallela alla prima; la lava scorre da esse bocche tranquillamente con medio- cre velocità, ondulandosi ed increspandosi leggermente : i pezzi di scorie e di lava che vi gettiamo non vi all'ondano. L' ing. Giarrusso che ha studiato bene (jneste bocche, dice che la prima all' origine è larga 7 m.. e a 300 m. di corso la colata di lava che ne parte è larga 300 m.: la velocità è piccola, di solo () m. all'ora ; l'altra bocca è lontana dalla prima 25 m., è larga 25 m., e la lava ne sgorga colla velocità di 30 m. all'ora; le bocche di lava sono a circa 800 m. a SSE dal cratere C. Non starò a descrivere 1' etfetto singolare, imponente, pro- dotto nella semi-oscurità del crepuscolo da quei due veri fiumi di fuoco, i quali animano col loro movimento il paesaggio de- serto, ed orrido, fornnito da terreni e rupi nere , irte e brulle , stranamente conformate e contorte, su cui non avvi alcuna trac- cia uè di vegetazione, uè di vita. Alle IS'^ siamo a Casa dei Cervi. Il conducente dice che la nuova bocca a nord N è una delle prime estinte, la quale si è riattivata : egli fu sul luogo al 14 luglio e vide che dava solo fumo ; egli, come altri, non sa che quella primitiva bocca esiste ancora allo stato di grande fumarola a poca distanza, a ponente del nuovo cratere ^V. A 18^ '/g piove lapillo; la lava inferiore, incandescente, lam- L' eruzione deW Etna del 1892 29 bisce il dagalotto di castagneti che sta a 150 m. ad ovest della Casa dei Cervi e si dirige a M.'" Piatto : l'altra lava alta è giunta sopra il pendio clie domina la Cam , e la minaccia, come pure la cisterna ed il vicino dagalotto , per il forte pendio, clie ne favorirà la discesa. Ci si riferisce che la nuova colata di ponente è arrivata alle falde di M.'^ Ardicazzi ed invade il poco terreno lasciato libero dalle lave precedenti : si teme che questa colata passi fra i M." Ardicazzi e Concilio, e che secondata dal pendio, vada a produrre grandi devastazioni nei terreni a ponente dei detti monti. Continua la pioggia di lapillo fino al nostro arrivo a Xico- losi a 20'^ ' g. 22 A(/o-sfo. — A (i"" 25'" si vede da Xicolosi che le bocche danno fumo bianco scarso : anche il cratere centrale fuma : il sole alto circa 15° è pallido, un po' gialliccio, e può fissarsi. 20 Ottobre. — A 14'' partenza da Nicolosi per la colata orien- tale di M.'" Albano : lungo la via si odono rombi frequenti : a 16'' 20'" siamo arrivati in vista del fuoco : è la fronte della lava pili avanzata a sud : i blocchi infuocati cadendo, si rompono in frantumi e polvere incandescente, che scorre lungo i jiendii in modo da parere liquida; il colore irradiato è intensissimo, anche a 20 m. dalla colata; la fronte è alta 7 a 10 m.: avanza di 6 m. in 25 minuti, ossia di circa 11 ' , m. all'ora, la lava raftreddata ha colore rossastro, meno oscuro di quello delle colate di ponente. Si ode un rumore generale, continuo, come di fiumana ; scro- sci e I-umori come di tegole cadenti , separati da momenti df tregua e di silenzio. Questa lava scorre sopra lave antiche (del 1766), ed abbruciando il musco ed altre scarse pianticelle produce delle piccole fiammate. 22 Ottobre. — A 7*^ si parte da Nicolosi; a S'' siamo al pas- saggio della lava del 1892 sulla via a S. Leo : la punta occiden- 30 A. Ricco e S. Arcidiacono [Memobia V.] tale che ha oltrepassata la via per circa 150 m. nella direzione SW, è un poco meno avanzata verso sud dell' altra punta che è rimasta a levante della strada ; stando su di qxiesta si avverte un calore ancor sensibile dalla lava. A IO*" % siamo su M.*** Concilio : si vede che la colata di lava che esiste fra questo monte e JS/L^" Ardicazzi passe) prima fra M.'® Ardicazzi e M.*^ Ardicazzello poi formò un cumulo di lava, quindi si divise in due rami : V uno diretto a sud V altro ad ovest fra M.'® Concilio e M.*^ Kinazzi; la maggiore colata attorno M.*^ Concilio lo supera in altezza; M.*" Ardicazzello è cii-condato; di M.'^ Guardiola emerge solo la cima. La lava piìi recente di M.''' Concilio è di tinta più rossa della precedente. Presso la fronte meridionale della lava vi sono numerose e gTandi fumarole attive che producono sublimazioni ed incrostazioni bianche , gialle , verdi , rossicce : il loro fumo attualmente non è acido. Si sente odore d'arsiccio, causato dalle foglie cadute che il vento porta sulle fumarole, e vi abbruciano; ma stando sulle lave non si avverte alcun calore sensibile. A mezzodì siamo in vista dell' apparato eruttivo : il cratere W fa grandi e frequentissime eruzioni di fumo grigio, la bocca estinta J^^ emette fumo bianco, e fumo bianco erutta il cratere C; eruzioni di fumo rossastro escono dal nuovo cratere secondario C , più raramente di fumo nero e scorie ; il cratere D erutta fumo bianco, e talora scorie, quasi continuamente, con impulsi a circa un minuto secondo 1' uno dall' altro. A l.S*" 72 siamo a 300 m. a sud della bocca A e della grande M.ti CARCARAZZI ""Mj&i N Fig. e : Cratere N visto da WNW al 2:^ ottobre 1892. U eruzione dell' Etna del 1892 31 fumarola o bocca estinta F (Tav. V, Eig. 3). La bocca JS' ha 1' orlo abbastanza regolare, ( Fìg. e ) orizzontale, però a nord è fi-anato, e vi è uno scoglio di lava frastagliata prominente nel- l' interno : ad ovest Y orlo è slabbrato a canale tino alla fuma- rola F, talché pare che comunichi con essa. Le falde di N^ sono coperte di cenere biancastra : alla distanza di 50 m. da ^V si sente uscirne un rumore continuo, come di treno ferroviario. Passiamo ad esaminare ad uno ad uno i coni dell' apparato eruttivo. Il cono A è di poco cambiato : però le due sue bocche, superiore ed inferiore, per le frane interne sono allargate e quasi confuse in una per la scomparsa dei sepimenti interni. Il cratere £ (Fìg- d) ha ancora forma conica; ma è largamente e profonda- ne, d : Cono B, visto da WNW al 22 ottobre 1892. mente scavato nel fianco settentrionale, ove si è formata la bocca intermedia B' ; da questa esce fumo bianco, non abbondante, stri- dente : si odono inoltre rumori continui deboli, come rullo. Il cono C (Fig. e) ha il suo orlo superiore a nord frastagliato da Fig. e : Nuovo cono secondario C visto da ovest al 22 ottobre 1892. frane : è di color rossastro con incrostazioni gialle e verdi all'orlo : il suo canale diretto a sud è tutto chiuso e colmato da detrito. 32 A. Ricco e 8. Arcidiacono [Memoria V. che forma una supei-ficie inclinata continua, leggermente concava: non si riconosce più 1' argine o morena di lava su cui siamo saliti il 1° Agosto. Ad ovest fino a 300 m. da questo cono si ve- dono blocchi eruttati colle dimensioni pertìno di 2 m. (Tav. Y, Eig. 4) ; il cratere I) ha forma conica regolare, il suo piede a sud è molto sviluppato ed ha invaso quello del cratere 0; fra il suo pendio NW e la cresta settentrionale di (7, ed entro la cavità superiore di questo cratere si è formato un nuovo conetto C' (Fig. e) colla bocca rivolta a X~W, il quale di (juando in quando fa delle scariche di fumo giallastro e scorie. . Siamo saliti sull'orlo occidentale del cratere C con trepida- zione per le eruzioni fre(|uenti di scorie incandescenti del cono 7>, che ci domina : mentre disponiamo la macchina fotografica per ritrarre quel!' interno così interessante, una mitragliata del nuovo cono G' ci obl)liga alla ritirata, non senza però aver prima com- pletato un rapido abbozzo ; dopo di che scendiamo più che in fretta, dirigendoci a SE; incontriamo strisce o crostoni di lava piani come pezzi di un marciapiede ; poi una serie di lastroni di lava accumulati quasi verticalmente , a libro o ventaglio : rammentano le tavole di ghiaccio della déhàcìe dei lìumi, e quella formazione e disposizione evidentemente deriva da cause ana- loghe , cioè il consolidamento superficiale e la spinta della cor- rente. Passiamo poscia sui massi accumulati disordinatamente che coprono la bocca di lava a SE del cratere T) ; si riconosce an- cora il canale che parte dal piede del detto cratere : vi è tuttora molto calore. Vediamo poi, più a SE, l'altra bocca pure ingom- bra e chiusa da massi stranamente accumulati, e di vario colore; più avanti ancora a SE, circa ad un chilometro, si scorge una terza bocca di lava. Dobbiamo ripassare la colata di ponente , andando per il sentiero, e poi la 1' colata diretta a M.'' Eaggi, insieme ai muli, perchè il mulattiere per errore li ha condotti tino al piede del cratere C ; e quindi torniamo a Xicoh)si. L' eruzione deW Etna del 1892 33 26 Ottobre. — A 5^ si parte da Nicolosi per 1' Osservatorio Etneo: per la via, mentre albeggia appena, vediamo la bocca di lava, la più vicina a SE del cratere i>, lucidissima, di color rosso-bianco : anche la lava ai Cen'i è assai luminosa ; sopra la eruzione vi è una grande nube rossa, molto risplendente : levato il sole , si vede fumo grigio che esce dal cratere M. A 9^ 40™ siamo a Ca.m del Bosco: si ode il rumore dell'eruzione, come di caldaia in ebollizione ; il cratere N emette una colonna di fumo grigio alta 9°, cioè 480 m.: ad ovest di esso vi sono due grandi fumarole attive F ; dalla bocca B' esce fumo bianco, e molto ne esce pure dai crateri C e Z>. A mezzodì arriviamo al- l'Osservatorio : i tre sismoscopì sono a posto, indicando che dal 7 settembre in poi non vi è stata alcuna scossa di terremoto ; a IT"" dairapi)arato eruttivo esce fumo giallastro : sopra il luogo della eruzione si vede un grande cumulo di vapori , che pare formato di neve fioccosa, prodotto dalla forte condensazione dei vapori neir atmosfera alta, fredda : dall'eruzione stessa si sente un rumore simile a quello del mare lontano, agitato. 26 Ottobre. — Al nascer del sole vi è solo un piccolo strato di nebbia e nuvolette che copre V orizzonte marino : il sole nel sorgere vi produce tre immagini luminose irregolari, rosse , so- vrapposte verticalmente ; al mattino pochissimo fumo suU' eru- zione. Dox)o il tranionto bellissimo crepuscolo rosso , ordinario per forma e colorazione. 27 Ottobre. — Bell'aurora ordinaria: poche nebbie e nuvolette all' orizzonte marino ; il sole nell' atti'aversarle produce due im- magini sovrapjioste verticalmente : poco fumo dall' eruzione, po- chissimo dal cratere centrale, ma diretto alFOsservatorio, e che quindi produce puzzo di zolfo, molto molesto; a IS*" '/a fumo grigio nella parte settentrionale dell' eruzione ; fumo bianco roseo sul resto, accresciuto ; crepuscolo roseo bellissimo, ma ordinario. Atti Acc. Serie 4^, Vol. XVII — Mem. V. 5 34 A. Ricco e S. Arcidiacono [Memoria V.] 2S Ottobre. — A 3'' '/^ foi'te puzzo di zoMb, soffocante, prove- niente dal cratere centrale , portato dal vento violento di nord : bella aurora ordinaria: il sole sorge attraverso uno straterello di nebbia alto |»oclii minuti d' arco , sovrapposto air orizzonte ma- rino , il (|uale però si vede abbastanza distinto; a 10'' 72 puzzo di zolfo, che viene da sud, cioè dall' eruzione ; a 11^ ^[^ partenza per il cratere centrale ; a 12'' 7"' siamo a mezza altezza ; cielo sereno Ho])ra, campo di nubi sotto di noi , temperatura + 11°, 3, vento SE delxdissimo : a 12'' 40", arrivati all'orlo 8E, dopo una salita difbcile, scendiamo per un piano inclinato verso nord e verso 1' interno , clie ]>resenta chiazze di neve : giungiamo tino all'orlo del precipizio a picco che lo termina, circa a 30 m. sotto r orlo occidentale più alto. L' interno ci si presenta in tutti i suoi particolari , perchè affatto sgombro di fumo e ben illuminato dal sole meridiano , e perfettamente calmo, cioè silenzioso ; nella parte superiore ha la forma di antiteatro ])er le strati ticazioni orizzontali distinte che formano come delle gradinate; nella parte inferiore è fatto ad imbuto a pareti liscie, solo scavato verticalmente da molte frane concorrenti nel fondo ; tutte le pareti specialmente superiori so- no coperte da magni tiche incrostazioni verdi, gialle , aranciate : vi sono parecchie fumarole che danno sottili colonne di fumo ascendente, denso, specialmente in quelle che escono dall' orlo di levante; scarsissime esalazioni solfuree, e quindi nessuna molestia, si odono solo alcuni rari scroscii nell' interno. Né al fondo, uè sulle pareti si vedono blocchi di roccia ca- duti , uè bombe , nh altro materiale sciolto. Il cono avventizio aderente alla parete interna che guarda SE è slabbrato e foi-se anche spaccato nd est : la sua bocca è a circa un terzo della profondità ; emette tranquillamente fumo grigio poco abbondante: una colonna di fumo denso, grigio, più importante sale roteando dal fondo, poi si dilata aderendo al lato est del cono: pare che esca da una frattura che faccia seguito alla slabbratura del cono avventizio. Più ad est, e più in alto vi è un altro i)iccolo era- L'eruzione dell'Etna del 1S92 35 tere avventizio , pure aderente alla parete interna del cratere centrale : non emette t'nnio. A sinistra del cono maggiore avven- tizio cioè contro la parete interna del cratere centrale che guar- da est vi è la nicchia che è una specie di galleria chiusa, poco profonda, certamente prodotta da una frana : le incrostazioni da cui è coperta la fanno jiarere dorata. A l^*" 40"' saliamo sulla punta o corno più alto dell'orlo a sud per dominare meglio V interno e vedere il fondo, che è chiuso da una superticie continua. A 14'' 2"' siamo di ritorno alla depressione a SE : vi è la temperatura + S",0; le pietre, che abbiamo fatte rotolare per la china esterna del cratere centrale, roteando e saltando arrivano tino al piede del cratere stesso , impiegandovi poco più di un minuto e producendo un rumore come se percorressero una via vuota di sotto. A 14'' ^!^ si comincia la discesa che da |)rima è difficilissi- ma. Piantando nel terreno per 20 cm. il termometro nei punti donde vediamo uscire fumo, si ha l' indicazione di 70". A 15'' 74 sianio di ritorno all'Osservatorio : sull'eruzione si vede ancora fumo bianco, fioccoso, e fumo giallastro. 29 Ottobre. — Belliesima aurora rosea ; a 5'' 10" dall' eru- zione esce fumo rossiccio ed un rumore come di caldaia che bolle. Al nascer del sole (0'' 18'") si osserva il punto verde e (|uindi sole rosso, poi aranciato, poi giallo, poi bianco, insomma tutti i fenomeni ordinari : anzi il sole appena spuntato, non può essere tissato, tanto è il suo splendore, ossia la trasparenza dell' aria. A 10'' 25"' leggera scossa di terremoto : è caduto il pistillo del sismoscopio Brassart , ma non il dischetto del sisnioscopio CeccM. A 13'' 30"" puzzo di zolfo con vento meridionale , quindi proveniente dall'eruzione , dove si vede fumo grigio : poco fumo dal cratere centrale. A 14'' 30*" partenza dall' Osservatorio. 36 A. Ricco e ti. Arcidiacono [Memoria V. A IS*" 74 siamo ad una frattura prodottasi al principio del- l' eruzione : va da T((ccn AìhanelU a Tacca Arena; lia tracciato concavo verso SE, ed entro alla concavità il terreno è abbassato di 2 m. per V estensione di 200 ni. ; nel centro dello sprofonda- mento vi è una cavità rotonda, cilindrica, quasi regolare, come pozzo, di 10 ni. dianietro e 5 ni. di ])rofondità. A 10'" a Volta Giroìamo si sente puzzo di zolfo e rumore come di mulino , dall' eruzione ; le fumarole di Volta Girolamo sono molto attive. A 10'' 0" siamo poco lungi dal cratere N che è molto at- tivo e lancia grandi masse di fumo grigio, e qualche volta an- che pietre, con molto rumore; piove titta cenere ; l'aria è molto torbida ; il sole è giallo rossastro, e si può fissare senza pena : si sale sull'orlo settentrionale di A: il cratere è imponente: è divenuto ancora piìi gramle ; il fumo esce dalla parte meridionale che è divisa dalla settentrionale da una specie di tramezzo di rocce frastagliate , che parte dal punto NW dell' orlo. Gririamo al piede sud della scarpa e stimiamo 1' altezza di questa 40 m. Tutt' attorno il terreno è coperto da una abbondante eru- zione di cenere biancastra, che rende irriconoscibili i luoghi da dove altre volte si era fotografato il cratere. 11 cratere A si è tanto esteso , che col suo piede ha rag- giunto quello della bocca estinta o fumarola F (Tav. V, Fig. 3). Procediamo verso altri crateri : arrivati presso la bocca B', ad ore 17, siamo di nuovo avvolti da densa caligine : si ode un grande strepito; crediamo derivi dalla bocca B" ; il cielo è ros- siccio, torbido a nord, più chiaro a sud, ove pare vi sia un'area o bocca serena , azzurrognola : in altri momenti pare vi sia un circolo chiaro, allo zenit ; sono effetti di uno strato di nebbia molto denso, ma basso , cioè di poco spessore. La caligine e l'o- scurità ci impediscono di visitare gli altri crateri ; e ritorniamo a Nicolosi. L' eruzione dell' Etna del 189":. Visite di A. Ricco all'apparato eruttivo dopo 1' eruzione. Queste visite sono state fatte per lo più di passaggio, sia nel recarci all' Osservatorio Etneo , sia nel fare il rilevamento delle lave : diamo qui concisamente i dati raccolti, relativi allo estinguersi dei residui dell' attività eruttiva ed alla degradazione dell' apparato eruttivo. 1 Marzo 1898. — A 10^ 55"" ove la strada S. Leo è incontrata dalla lava del 1892 , questa presenta delle efflorescenze saline bianche come neve; a 11'' 10™ si vede fumo che esce da M.*" Grem- mellaro; a 11*" 20°' la lava di grande spessore dietro M.'^ Concilio fuma ancora; a 12^" 25"" a casa del Bosco cade nevischio ((/raupel); a 13'' 20" si nota che la colata a M." Faggi ne ha oltrepassato l'asse di circa 150 m. nella direzione SSW : a 13'' 20°' nevica. A IS*" 55" siamo alla grotta Eìfìif/io dei Pastori : si osserva che la bocca B' ha un orlo o cono rilevato , distinto (Fig. f) forse Fig. f : Bocca secondaria B' vista fla W al 1 marzo 1893. perchè il materiale che lo costituisce, incrostato e cementato da scorie recenti, ha resistito all'azione demolitrice degli atmosferili, meglio delle falde incoerenti dei coni vicini A e B ; molto fumo dal cratere N e dalla vicina fumarola F, altre fumarole sulla costa meridionale della Montagnola ; incrostazioni gialle sui coni B e C. A 14'' 0"' ai GrassorelU, si smonta di sella, perchè i muli non possono andare oltre sulla neve; a 15'' 10" a M.'" Oa- stellazzo ; tuoni da ponente , il cratere JV dà fumo copioso , azzurrognolo. 38 A. Ricco e 8. Arcidiacono [Memoria V.J 2 3farzo 1S.9S.—K 14'^ 20"" scendendo dairOMservatorio Etneo siamo ai (ìrassorelli : nevica; da questo punto si vede il cratere W molto svilup[)ato, A poco cambiato, // molto distinto, B basso, largamente sventrato verso nord, C jinre aperto verso nord, C e D ben distinti ; niente fumo. 30 Aprile 1893 — A !)'' 40" a Volta Girolamo si nota che dai crateri N, A, B' e dalla fumarola 1<^ esce fumo leggero ; si vedono fumarole anche sul fianco meridionale della Montagnola: molte incrostazioni sul cono A e pili ancora su B, che è fra- nato e slabbrato. I 3Ja(/(/io 1893. — A 11*" 0'" nebbia densissima: la fumarola i^ si è fatta grandissima : ha V aspetto di un vero cratere vul- canico largo una trentina di metri, e molto i)rofondo : una pie- tra per cadere al fondo impiega 3 secondi, il che dà 44 m. di pro- fondità ; le bocche da cui esce il fumo sono in fondo al cratere; non si ode alcun rumore ; a levante vi sono altre fumarole, anche esse entro una grande escavazione o cratere , attiguo al ]»rimo. Il fumo che esce da queste bocche è denso e copioso , ma non ha alcun odore : pare sia puro vapor acqueo. II cratere A è molto cambiato : è slabbrato ed allargato verso sud dalle frane : la parte nord dell' orlo , che è una j)or- zione interna del cratere , messa a scoperto da He frane , lia la forma regcdare di un segmento sferico cavo: è coperta da incro- stazioni gialle : piìi a sud vi è una voragine enorme, a forma di imbuto irregolare, l'ipidissimo, profondissimo: una grossa pietra, che vi gettiamo dentro, vi produce rumore per 50 secondi ; ne esce continuamente fumo; si stima il diametro' della parte me- ridionale 150 m. ed il diametro totale N-S 200 m. A 14'' 5" nebbia e nubi : saliamo sul cratere A : vi sono tre grandi cavità coniche in fila diretta al eratere K: la più me- ridionale è doppia; vi è inoltre in fondo un canale diretto obli- quamente in giù, verso sud ; le bocche sono coperte da incrosta- L'' eruzione dell' Etna del 1892 39 zioni gialle; nessun indizio di attività, tranne due fumarole nelle due bocche più meridionali, che danno sensibile calore ; la som- mità a sud è pure coperta da belle incrostazioni gialle e verdi. Guardando verso sud si domina e si vede perfettamente la bocca intermedia J^' ed il cono B : la prima ci rivolge una bocca ro- tonda, come di pozzo diretto alquanto verso sud, colle pareti in- crostate da scorie e sublimazioni giallo-rossastre : superiormente la bocca è slargata da frane. 11 cratei-e />' ha forma complessiva conica , abbastanza regolare, ma è profondamente e largamente scavato nella falda settentrionale, ov'è la bocca B' : il suo cratere è pressoché circolare, scavato ad imbuto, e inuttosto a scodella, e dalla sommità del cono A vi vediamo due bocche (delle tre che ha) e nìolte incrostazioni e sublimazioni giallastre, ma niente fumo. A 13"" '/^ 1^ nubi e le nebbie aumentano ])er modo da ren- dere impossibile continuare V esame dello apparato eruttivo , e partiamo per Nicolosi. 21 Oinffno 1803. — Nel passai-e si vede da lontano che nel- l'apparato eruttivo non vi è nulla di nuovo : poco fumo dal cra- tere N, e nulla dagli altri : fumarole attive fra N ed A. 28 Luglio 1893. — A U^ 0"", passando lungo la tlla dei M.*' Silvestri , si vede che nelT apparato eruttivo solo il cratere N emette fumo. 6 Agosto 1893. — A 11'^ 16™ scendendo per il Piano del Lago a circa '/2 1^"^- ^ ^^*^ dell'Osservatorio Etneo si avvertono boati cupi, poco forti, provenienti dal cratere centrale, che emette . molto e denso fumo ; a 12*" ^/^ siamo a nord del cratere JV, il quale getta molto fumo come anche le fumarole attive sulle falde meridionali della Montagnola a circa 400 m. a nord del cratere iV^: passando ad est del detto cratere si avverte puzzo di ani- dride solforosa ; gli altri crateri del 1S92 seno totalmente calmi. Essendoci fermati a Serra Pizzuta Oalvarina, ove la lava del- 40 A. Ricco e S. Arcidiacono [Memoria V.] r eruzione del 1892 forma un grande anmiasso, a 14 '/j vediamo una fumata del cratere A. 20 /Settembre 1898. — A Ì5^ ^4 "el passare vediamo che nell'apparato eruttivo del 1892 solo il cratere N emette un po' di fumo. JO Af/osto 1894. — A IS'' ^j^ nel salire all'Osservatorio Etneo si vede che il cratere N emette ancora fumo : su di esso e sulle fumarole F vi sono molte incrostazioni bianco-giallastre. I Settcmhre 1895. — A 15^ 7^ passando nel recarci all'Os- sei'vatorio Etneo, si osserva die il cratere N emette fumo az- zurrognolo, assai abbondante : nulla gli altri. 30 Settemhre 1896. — Il cratere C è squarciato e molto franato nell'interno: si vede ancora la specie di diga da cui precipitava la cascata di lava ; sull' orlo superiore vi sono molte incrostazioni gialle e rosse, anche di zolfo : vi è sensibile calo- re : il termometro a contatto del suolo segna 35". L'orlo è for- mato da un tufo aereo di cenere , abbastanza coerente. Si os- serva una bocca di lava al piede di C la quale dopo essersi estinta si riattivò: è di forma irregolarmente ellittica col diame- tro maggiore di 12 m., il minore 4 '/^ m. la profondità attuale 7 m.: l'orlo nord è ripiegato verticalmente all' infuori, come da spinta interna. II cratere I) ha forma di pozzo rotondo con pareti a picco; una pietra a cadere in fondo impiega 2% 8, il che darebbe la pro- fondità di circa 38 m., maggiore dell' altezza del cono. Dall'orlo meridionale emana calore fortissimo; il piede di (jiiesto cono ha invaso il corso della lava che con forte pendenza usciva dal cratere C. Davanti a questo cono , a sud vi è un cumulo di lava che è quello uscito dal piede del cono 1) alla fine di set- tembre 1892. i; eruzione deìU Einn del 1892 41 30 Offohir IStfX!. — La Ixx-ca del cratere N è grande circa come quella di />', iiiiiioic di (niella di .1 che però è molto al- lungata e divisa da sepimenti in mina. Il cratere N è fatto ad imbuto profondi.s8imo e ripidissimo : entro vi sono molte fuma- role attive. 11 terreno a n' ha forma reg(dare ad imbuto, però scavate» verso nord tino a />' ; nel tVnido vi sono tre 1)ocche ro- tonde : dalla orientale esce ])oco fumo incobn-o. Il cono A è alquanto ad ovest della linea di B e C. r tre crateri .1, />', (\ sono di torma ovale, allungata (5Ìrca nella direzione K-S: .1 e li hanno il vertice acuto verso in)rd, C è allungato a conca (^ canale verso sud. L' a]>])arato eruttivo e le lave sono stati visitati da me pa- recchie volte anche in seguito, ma le variazioni osservate si ri- feriscono piuttosto alla loro degradazione , causata dagli agenti atmosferici, anziché a residui di attività. Katuralmente anche al cratere centrab' si sono ripetute le visite dopo il 1S1)() , ed in esso si è notato , più che altro , un lavorio di demolizione, prodotto dalle frane ; e ciò tino all'eru- zione centrale dell'agosto ISIM), che moditìcò sensibilmente l'in- terno del cratere medesimo. Atti Acc. Seiue 4'', Voi.. XVII — Meni. V. 6 42 A. Ricco e S. Arcidiacono [Memoria V. Visite di S. Arcidiacono all' eruaione. 4 /Setfrmìnr 1 ])er le erte pendici dei daf/dlotti dei Cervi. Da quel che si poteva vedere, anche con V aiuto di un buon binocolo, sembrava che le bocche di fuo(;o principali fossero due. Il colpo d' occhio era veramente meraviglioso : la vista di un esteso campo mobile di hna, su cui si accavalcavano con vece continua ondate di lava incandescente, contornato a nord dalla inìponente serie dei nuovi ccnii avventizi!, a n(n"d-est dall'aspra e selvaggia giogaia della Serra del Salitizio , ad est, circonfuso da un rado velo di nebbia indorata dalla nascente aurora , dal grandioso M.*® Serra Pizzuta Calvarina, era tal cosa da riempire l'animo di stupore e di ammirazione. L' apparecchio eruttivo , tal quale a noi si mostrava dalla L' eruzione dell' Etna del 1892 43 ciuia settentrionale di M." ISero , è raijpresentato dalla Eig. 1, Tav. VI. Si vede in e una bocca di fuoco spenta , ridotta allo stato di emanazione, la (luale, dalle ore 14 del 27 agosto, tino alla sera del 29 , mandò fuori una colata di lava (ancora calda al tempo della nostra visita) che lambendo la base orientale del predetto monte, andò a confondersi in basso col grosso della cor- rente principale. Si vede poi a sud il cono eruttivo 1> , il più piccolo , di forma regolare ; esso al principio dell' eruzione mandò fuori lava e fumo , indi solo colonne di fumo lìianco e brandelli di lava incandescente, spesso in forma di bombe; funzionava come un enorme camino pei' dare sfogo ai prodotti gassosi del grande focolaio vulcanico sottostante. In C si riscontra il cono succes- sivo, verso nord, un po' più elevato del precedente, con i liordi del cratere irregolari e con una profonda s(iuarciatura sul tìanco sud, per la (|uale si poteva osservare lo interno della voragine. Trovavasi allo stato di solfatara, con le pareti tapezzate da su- blimazioni che facevano un bello effetto alla vista coi loro vivi e svariati colori. In B ed in .1 si hanno altri due coni eruttivi; essi si so- migliano molte» nel protilo, ditferiscouo poco in mole ed altezza, entrambi lianno la Itocca ( raterigena spostata verso nord-ovest rispetto all'asse e ])resentano sul lato op])osto una gibosità su cui risiedono i loro punti culminanti. Anch'essi si trovano in calma, <'on le pareti interne taitezzate da sublinuizioni di svariati colori. Dietro la predetta serie di coni avventizii, si spalanca una grande voragine, un cratere di esplosione, comparso nella notte tra r 11 ed il 12 dello scorso agosto e che si è distinto con la lettera N nella II parte di questa memoria. Diario deirEru;»io- ne del 1892, esso si rivela nella tìg. 1 mercè di una colonna di fumo grigio /". Circa le 9'' , 14" lasciammo la cium settentrionale di M.''' Nero , attraversammo con grave disagio la estesa corrente di lava di ponente, costeggiammo la serie dei nuovi crateri e ci av- 44 -i. Bieco e ti. Arcidiaconi) [Memoria V.] vicinaiinuo alla predetta voragine X, che giace proprio alla base (Iella Montagnola. Nel frattempo ir colonne di fmiio che lenta- mente si innalzavano da essa , si trasformavano a poco a ])oco, in violenti eruzioni, il cui prodotto era rappresentato da colos- sali pini di fumo grigio , frammisto ad abbondante materiale frammentario di ogni grossezza , dalla sabbia alle grossissime bombe di pili che un metro cubo di volume ; alle IO"" circa , eravamo già alla distanza di circa ni. oOO, in presenza di questo cratere in j>iena attività. Il succedersi continuo delle sue eru- zioni , l'alto fragore di cui venivano accompagnate, ci ofterivano veramente uno s^ìettacolo assai interessante. Riproduciamo una fotografia (Tav. VI, tìg. 2) di (|ue8ta bocca, la (inale essendo comparsa da 2() giorni, non aveva avuto anc(n-a il tempo di accumulare attonnt a sé tanto materiale da (M)stituire una notevole prominenza sul terreno circostante. In questa fotografia predomina la colonna del fumo eruttivo , che grigia e con estrema violenza si innalza in aria; dietro si disegna il profilo della Montagnola ed a sinistra si vede un tratto del pendio settentrionale del 1'^ cono avventizio A. Si procedette oltre, verso l' alto ; si lasciò ad est la predetta bocca iV", e ci avviammo direttamente verso 1' Osservatin-io Etneo, dove giungemmo alle li*" , con un vento di ponente freddo ed impetuoso; nel salire, in contrada Volta di (firolamo abbiamo visto un debole fuuuiiuolo, che poi al ritorno non abbiamo più trovato. Alle T*" 20"' del giorno 7 intraprendemmo la salita del cono terminale dell'Etna; essa fu compiuta senza alcuno incidente in un' ora e dieci minuti dal lato sud. L' interuo del ceatere centrale etneo, dopo la grandiosa ul- tima esplosiime delle 22'' 30" dell'S luglio, si era completamente trasformato. Prima di (juel tempo, e durante le diverse tasi di attività attraversate dopo l' eruzione del 188(), aveva assunto la forma caratteristica di un gigantesco imbuto, con le scarpate più o meno praticabili e con la bocca del camino vulcanico in fon- L'eruzione dell' EUm del 1S9'2 45 (lo, ridotta a miiiiiiu' lìioporzioui , perchè in gran parte oblite- rata dal materiale franato, e dalla quale si compivano i [trinci- pali fenomeni eruttivi centrali. Con la esplosione della notte del- l' 8 luglio 1X92, era saltata in aria la impalcatura del cratere centrale c(Ui tutto il materiale frammentario incoerente , e la grandiosa cavità craterigena aveva preso la forma attuale di una immensa caldaia con le jiareti tagliate a ])icco , dell' altezza di più elle 60 metri , sulle (piali si vedevano innumerevoli strati (mzzontali di c(mglon)erati, costituiti da sabbie, lapilli ed altro materiale minuto , variamente colorate da sublimazioni di clo- ruro di sodio , cloruro d' ammonio, cloruro di ferro , cloruro di rame, zolfo ecc. ecc. il tutto avvolto in turbini di fumo bianco acidissimo, esalante dal fondo della voragine e dagli innumere- voli fumaiuoli facentesi strada attraverso di esse. 11 vento di ponente, che lassù spirava impetuoso , le ema- nazioni acide del sottojMtsto cratere centrale etneo, ci rendevano quasi imj)ossibile, per lo meno molto fastidiosa , la permanenza sulla cima dell' Etna, epperò, nostro malgrado, abitiamo dovuto fare ritorno all' Osservatorio Etneo. Ivi facemmo i itreparativi per la jjarteuza, verso l' apparato eruttivo eccentrico e Xicolosi; alle 11'' eravamo già in marcia, diretti verso sud-est, e lamben- do la base orientale della collina della Torre del Eilosofo, rag- giungemmo il ciglio del Piano del Lago , da cui si dominava tutta la immensa Valle del Bove. Disgraziatamente in quell' ora la nebbia litta riemitiva tiuella vasta e profonda depressione, di modo che dovemmo rinunciare al grandioso spettacolo della vista della Yalle del Bove a volo d' uccello. Scendemmo verse la Montagnola e piegando un po' a sud- ovest, toccannno il Itordo ovest dello Oisternazza. Questa grandiosa voragine non è altro che una bocca erut- tiva spalancatasi durante l'eruzione del marzo del 1792, cioè un secolo fa ; è di fornui presso che circolare, del diametro di circa m. 150. 46 A. Ricco e S. Arcidiacono [MEMORIA V.) N(»ii presenta altonio ai suoi liordi aK-uiia emiuenzii perchè in sul principio della sua (•ou!i)arsa niaucò V attività eruttiva nella ])roi<'/ione di sabbia, lapilli, scorie, brandelli di lava an- tica o coeva ed altro materiale frannnentario. Questa voraiiine ha una iirande analoiiia con quella ai)er- tasi nella notte fra TU (hI il 12 auosto 1, di proporzioni \n\\ mo- deste del precedente ; dopo di (|uesto , si vede aj)])ena il fianco occidentale del cono C, e dietro di esso resta il cono I> , il (|uale si rivela per un debole pennacchio di fumo bianco; verso il limite estremo di destra della figura , si osserva la cima settentrionale di M."" Nero von la grande corrente lavica di ponente impietrita. Del 1" cono a nord X, non si vede, a si- nistra della figura, che una del)ole e rada colonna di fumo gri- giastro , essendo rientrato nel nunnento della nostra visita , in una calma relativa. La predetta fotografia completa quella presa dalla cima settentrionale di M.*'' Nero (Tav. VI, tig. 1,). Procedendo "), ci diede un'altezza di ni. 114 sul terreno circostante. (/ompiuta la discesa del cono .1 , ci spingemmo verso il basso sul lato di levante dell' apparato eruttivo e giungemmo alla estremità meridionale della serie dei nuovi coni ; e' inol- trammo fra le lave recenti, ancora calde, jier avvicinarci, quanto più era ])<)ssibile , alla zona di terreno ove si a])rivaiio le l)oc- clie di efflusso delle lave. Dopo breve, ma faticosissimo cammi- no, circa m. oOO, verso le 15'' , .SO"" giungemmo dinanzi a due boccile di fuoco : una più alta , relativamente ])iccola , larga al più 2 m. la (piale dava una corrente lavica che si avanzava lentamente in mezz<» a due argini rilevati sul i)iano generale del suolo circostante, costituiti dallo accumulo di materiale fram- mentario soliditicatosi alla superficie e mano mano depositato ai iìanclii di essa c(M-rente, come avviene per le morene laterali dei ghiacciai ; 1' altra, più liassa . una ventina di metri ])in a sud. larga, circa 4 m. assai più attiva, dava una corrente di lava colla velocità di (piasi mezzo metro al minuto secondo. A que- sta bocca di fuoco assegnando una sezione di Ki mi], doveva dare. c(hi media probal»ilità. S me. di lava al minuto sec(uulo . 4S0 me. al minuto primo, 28,800 me. in un' (ua ; ()i)1200 me. // eruzione dell' Etna del 1S92 49 in 24''. Si noti che noi al)l)iaino viste bocelie di fuoco, già spen- te, assai più larghe di (]uesta, epperò di nna maggior portata ; da ciò si potrà arguire facilmente, tenendo calcolo anche della lunga durata dell'eruzione (giorni 174) lo enorme volume di materiale venuto fuori dalle visceri del nostro grande vulcano. Noi i)otemmo accostare questa l)occa di fuoco (Tav. YI tì- gura 4) tino alla distanza di 5 m. circa e quantunque ci fos- simo posti con le spalle contro al vento di ponente, che allora spirava, pure il calore irradiato da tutta quella massa incande- scente era così intenso da non potersi a lungo tollerare. La lava e nscendo dalla bocca di fuoco />, aveva una con- sistenza vischiosa, che si può benissimo paragonare a (| nella del miele : produceva dei sibili , degli scoppiettìi continui per gas che si sprigionavano dalla sua massa ; immediatamente si rico- priva di uno straterello di sccn-ie , che veniva subito rotto in mille pezzi e rigettati, mano mano ai lati della corrente ; quei frantumi di lava soliditìcata accumulati, a poco a poco, e poi cementati dalla lava medesima ancora tìuida, costituivano degli argini entro i qnali la corrente nel primo breve suo tratto con- teneva tutto il suo materiale fluente. Osservammo molte di ([ueste bocche di fuoco spente, rima- ste a nudo, per manco di materiale fluido incandescente ; si ve- deva la voragine spalancata esalante intenso calore e nnisse più o meno considerevoli di va[)ori acidi di diversa natura ; per un tratto , verso il punto più depresso, i suoi bordi erano rotti e si prolungavano in basso in due muraglie , qualche volta alte tino a 2 ni. presentando V aspetto di una delle nostre strade di campagna tiancheggiate da muri a secco di pietrame vulcanico. La corrente di lava e, di cui sopra è parola, per nna ventina di metri scorreva sopra un j)iano dolcemente inclinato , conser- vando una larghezza media di circa 4 m.; dopo scendeva Inngo il pendìo di una ripida discesa, espandendosi a ventaglio , alla- gando il ])iano sottostante. Per quante ricerche si siano fatte in (piella ristretta e pe- Atti Acc. Serik 4'', Voi.. XVU — Meni. V. 7 ÓO .1. h'iccò e S. Arcidiacono [Memoria V ricolosii z(Hi:i di tcri'ciio, iioii riusciniuio a trovare altre bofclie (li fuoco attive, di modo die si vedeva a chiare note che anche r eiflusso hivico nel teni|)o della nosti'a visita , era in "rande decremento. Essendosi V ora fatta tarda, nostro malt!,rado , al)l)iamo do- vuto lasciare (juella scena singolare e muovere verso Xicolosi. ò' .seftemhrc . a .")'', oO"" ci mettemmo nuovamente in (ani- mino ])er raiigiuiii-ere dal lato di levante i I)i((/((ì()ffi (lei On'i, allora campo di distruzione delF eruzione in corso, e così visi- tare nuovanu'ute le Ixicche di fuoco che lasciammo ieri sera. Luuiio la via, ad oriente di M.'" Albano, incontrammo una cor- rente di lava piuttosto attiva, con la fronte larga 10 ni. circa che si avanzava colla velocità media di (juasi 12 ni. all'ora, su un terreno ineguale, scabbro, a pendìo risentito, ciostituito dalle antiche lave del 17(ì(), venute fuori dalle Boccherelle del fiiiico, in gran jtarte eguagliate da nu grosso strato di sabbia nera pio- vuta nella eruzione del 1886. Questa corrente era la jiifi bassa fra quelle allora esistenti, molte altre rigavano il ripido iieiidìo dei J)(((faì. ove si aprivano le due bocche di fuoco visitate ieri. Una di esse, la più alta, era già spenta, V altra di cui sopra ci siamo a lungo occupati, era i)resso a poco nelle inedesime con- dizioni del giorno precedente e per averne un ricordo, abbiamo fatto di esso una fotografìa (fig. 4, Tav. VI) dalla parte di po- nente, ad una distanza di circa .■?() ni. Eatto ciò, non senza ((ualclie esitazione, ci dirigemmo verso L'eruzione deU' Etna del ISyJ, 51 ponente per ragiiiungere M.'" Nero, attraversando la estesa cor- rente lavica di levante , sulla quale trovavasi sovrapposta una altra colata, venuta fuori nei giorni 27-29 agosto dalla bocca e tig. 1, Tav. YI. (^hiasi nel mezzo di <|uesta corrrente trovammo una bocca di fuoco spenta, accessibile, sormontata da un accumulo di lava scoriacea di forma grossolanamente conica , sventrato sul lato sud, prolungandosi i bordi della sventratura in avanti a guisa di due argini
  • . lOtìH. (3) Wifd. Ami. 1X99. Band. 67, p. 8-12. (4) Atti Afc. Gioeiiia di Catania Scrii- 4' \\i\. XV. Atti Acc. Serie 4% Vol. XVII - Mera. VI. 1 l'rof. Ernesto Brayo [Memoria VI. |)() lio (('vciito (li imla.iiare anche la causa del noto aumento dì resistenza (l<'i detti coherer per l' influenza delle onde elettriche. La disposizione sperimentale messa in pratica è stata la se- guente. Nel circuito di una pila termoelettrica o di tre elementi normali Eaoult , erano inseriti il coherer , un galvanometro a grande resistenza coi rocchetti in serie, astatizzato con la durata d' oscillazione di 10' , ed un interruttore a mercurio. Tutto era convenientemente isolato dal suolo, e nella jtrima serie di ricer- che eseguite con la pila teriiioelettrica, con un coherer fornìato da due striscic di stagnola incollate sopra una lastra di vetro a .S""" circa di distanza V una dalP altra , e con le onde elettriche |>rodotte da una macchina Wimshnrst, vennero confermati i ri- sultati di cui ho tatto cenno nel ])rincipio del presente lavoro. Kinianeudo costante la distanza fra le sferette dello spinterome- tro della nurcchina ed il coherer, le scariche intense della me- desima coi condensatori facevano aumentare la resistenza elet- trica del coherer, mentre le scariche deboli della macchina senza condensatori facevano diminuire la detta resistenza. Identico comportamento manifestava il coherer se la differenza di poten- ziale ai suoi estremi si faceva crescere gradatamente sim) ad un massimo, che era raggiunto inserendo al posto della pila termo- elettrica i tre elementi Ra(nilt. Esame microscopico. 2. Dopo tali esperienze in me si destò subito la curiosità di analizzare intimamente il fenomeno della opposta variazione di resistenza dei coherer a P1»0- tenuto specialmente presente che detta sostanza non aveva mai svelato delle diminuzioni di resi- stenza a nessuno si)erimentatore , e che anzi di tal fatto molti si sono avvalsi per attaccare la teoria di Lodge. Costrussi allora un coherer stratiforme con una lunga stri- i*iuìlc opposte variazioni di resiste>iza tiri coherer, ecc. 3 8cia (li stagnola incollata sopra un portaoggetti da microscojno e provvista nel centro di una fenditura della larghezza di cir- ca 1"°^. Tale coherer venne posto sul tavolino di un microscopio di cui ordinariamente si adoperava 1' ingrandimento di 80 diametri, che permetteva di osservare nettamente 1' intervallo fra gli elet- trodi di stagnola. L' ingrandimento di 120 diametri era soltanto adoperato quando si voleva osservare ciò che accadeva in una porzione speciale del detto intervallo presa in esame. Era gli elettrodi di stagnola e sotto il campo del microscopio io mettevo una piccolissima quantità di ]ìrova elio le resistenze del coherer si mantenevano re- lativamente costanti per molto tempo, e le variazioni lirnsehe osservate dipendevano real- mente dall' azione del rocchetto e non da variazioni accidentali ilella resistenza del coherer. iSidlc ofjwste rdridzioìii di yesistcìtzd dei coltcrcr. ecc. della deYlazioiie del galvano metro contennava le mie previsioni. Invece di comunicare delle cariche elettriche direttamente al coherer pensai primieramente di comunicarle attraverso V aria per induzimie. Perciò costrussi uno spinterometro a punte d' acciaio , le (|uali ]iotevano essere colle^ate con i poli del secondario di Kuhm- kortì" da un lato, e dalF altro si mettevano sotto il campo del microscopio ad una determinata distanza dal cafa e h\ pol- vere accusa un aumento di resistenza. Per studiare adesso V azione esercitata dalle onde elettriche sopra tale c-ia.;ioiii di refiisteitz» dei coherer, ere. 9 In lina scatola di cartone !» X 12, coiìcrta internauiente ed estevnauiente da carta nera veniva introdotta una lastra t'oto- gvatìca (i ^2 " sopra la cui pellicola sensil)ile si collocavano due pezzi triangolari d'ottone, ])rovvisti di lili clie pescavano in due biccliierini con mercurio fissati sulle pareti della scatola. Dai due bicchierini partivano poi due tili che ]»ote\ano es- sere congiunti al circuito del galvauometro. L' intervallo fra i vertici delle dette lastre triang(dari, variabile ira 1 o 2 nini. , ve- niva chiuso con uno o più jionti di Pbt)-, e si notava (juindi la deviazione al galvanometro. Esjionendo allora la scatola l)en chiusa per 20"' o 30"' alle onde elettriche, la deviazione si ridu- ceva o si annullava. Le lastre fotografiche, sviluppate dopo al- l' idrocliinone, non mostravano traccia alcuna di scintilla lud ])o- sto dove si trovava la jiolvere, la ([ual «-osa mi fece realmente «•onviuto che 1" aumento di resistenza dei coherer a PbO- sott(» r influenza delle onde elettriche non deve dijiendere dalle scin- tille che si possono ottenere nei coherer, come jiensa iSundorph (1). IMessa in evidenza, almeno nei limiti delle mie esperienze, r assenza di scintille . io prosegui lo studio delle variazioni di resistenza dei coherer a TbO-, ed ebbi occasione di osservare i fatti che <|ui espongo. Toccando con la mano 1" estremo dell' oscillatore in comu- nicazione c(ni r antenna potei constatare che si ottenevano forti movimenti nella polvere del ccdierer e conseguenti annienti di resistenze del medesimo. Ancora con maggior etticacia agivano le oscillazioni lentia dell'antenna le (juali mettevano in vivacissimi e disordinati mo- vimenti le particelle di PbO'. Tali oscillazioni si ottenevano met- tendo in comunicazione un polo del secoiulario del rocchetto con l'antenna, e l'altro col suolo. In tutti (|Uesti casi il colierer ])re- sentava degli aumenti di resistenza sotto 1' influenza delle onde elettriche. (1) Wi.d. Ann. ISH9 p. SIH Haud. 69. Alti Acc. Sehik 4', \ oi.. WII - Meni. VI. 10 l'io/. Entrstii Di-df/d [Memoria VI.] Esperienze con elettrodi di natura diversa. 4. Nel corso delle mie iiamevose esperienze ini fu dato no- tare che, (|uando con oscillazioni di debole intensità si costruiva un ponte interrotto verso il centro del colierer, (juesf ultimo di- minuiva di resistenza sotto V influenza delle onde, mentre se si stabiliva un' interruzione Ira il 1M)()- ed uno deiili elettrodi di stagnola , si aveva un aumento di resistenza caratterizzato dal fatto che dopo chiusa V interruzione il galvanometro non devia- va, e partendo da una deviazione iniziale ottenuta con lo sta- bilire un contatto imperfetto tra V elettrodo ed il PbO- , si aveva la riduzione o V annullamento della medesima. Per verificare tale fatto nei coherer ordinari si adoperò un piccolo coherer, luni><) 3 cin. e con gli elettrodi di rame. La di- stanza fra (|uesti poteva variare neirordine dei millimetri, perchè uno degli elettrodi era [)rovvisto di vite, che si poteva muovere in apposita madrevite fissata nel tubetto di vetro del coherer. Per osservare 1' azione delle onde elettriche deboli verso il centro del coherer, io feci un buco nel vetro compreso fra gli elettrodi , e così con il solito ago da cucire ])otevo formare dei ponti sotto il canijx) dei microscopio , i (|uali i)otevano presen- tare un' interruzione fra P1)0- e Pb()~ ovvero fra PbO- ed uno degli elettrodi di rame. Vennero così confermati i risultati trovati ])er i coherer stra- tiformi, di guisa che in ({uesfa prima serie di ricerche si destò in me il sospetto che il contatto PbO" - PbO'^ si comportasse di- versamente del contatto eterogeneo PbO^ - metallo rispetto all'a- zione delle onde elettriche. Per amor di brevità (jui non frasi-ri- vo le cifre che indicano la variazione della deviazione galvano- metrica nei due casi. Ad evitare possibili cause d' errore , sicconìe la polvere di P1)0- aderiva facilmente agli elettrodi, avevo cuim ad ogni espe- rienza di pulire bene gli elettrodi in modo da essere sicuro che r azione dcUe onde si esercitasse sulT interruzione Pl)()- - metallo. Sulle ojtpo.ste rarùizioin di resistenza dei adierer. ève. 11 Sospettando co.sì che ])otes8e avere iiitlueiizu la natura degli elettrodi, costrussi dei eolierer stratilbniii con elettrodi di oro e jìlatiiio e dei coherer ordinari e stratiformi con elettrodi di carbone. Un altro auehe ne eostrussi con elettrodi di IMiO' bene impastato con siomma. Esaminando tutti (juesti coherer al niicrosco])io |»er vedere i movimenti e la tVu'mazione dei ponti , constatai che le espe- rienze seiiuirono tutte nella stessa guisa come le già riterite , così che aliliandoiiai 1" idea che la natura dell" elettrodo avesse potuto avere un' intluenza sui fenomeni dei coherer a l'bO'. Pensai piuttosto alle atmosfere gassose esistenti alla super- tìeie degli elettrodi ed avvilup[>anti le particelle di PbO'. Tali atmosfere evidentemente distrilniite in modo diverso so]»ra corpi di natura diversa si sarebliero potute diversamente medilicare, sotto r azione delle onde elettriche , agli elettrodi e fra la pol- vere, donde il c--rbO- rispetto al contatto PbOMnetallo. Esperienze con il PbO' nell' aria rarefatta. 5. Per tali ragioni eostrussi un coherer con serl)atoio di PbO-, con elettrodi di platino fissi a i nini, di distanza e vi feci il vuoto con la pompa Sprengel. (1) Istituì così delle ricerche analoghe a (]uelle di Dorn. (2) uia non mi fu dato trovare al- cun i-isultato notevole. Anche sotto delioli azioni il coherer au- mentava di resistenza. Fino a (juesta serie di esperienze avevo dun(]ue trovato che r azione negativa era localizzata nel contatto Pl)()'^-m etallo, ma nel seguito delle ricerche avendo osservato che anche il contatto PbU--l*b()- con onde intense manifestava un accrescimento di re- sistenza, rimasi anc<»ra piìi dultbioso sulla vera causa dei feno- meni. (1) A. KliiHi e H. Dkssau — /,« ìilcijrdfia xniza fili, B(>li)i;iia 1903 vini;. '.UT. (2) Wied. Ami. Hniul. (jtì. IKHM p. 14U. 12 l'rof. hJni<:sf(i Dritfio [.^Iemokia VI.| (^)ual(' |K>tt'va essere la eausa per la (juale i ponti di PbO' pur cliiudeudosi non divenivano conduttori ì Che cosa mai po- teva avvenire mi contatti fra le ])articelle di PbO- ? ]Mi venm' tatto sul)ito di ]>ensare alle esperienze di Sun- dorpli (1) sulla trasformazione del PhU" in l'bO cattivo con- duttore ]>er azione (hdle scintille. Secondo tale autore la detta trasformazione ehiniiea sarel)))e la causa per la «luale il coherer esposto alle onde elettriche aumenterebbe di resistenza. Pur non avendo constatato l'esistenza di scintille, io so- spettavo che sotto r azifuie elettrica intensa il Pb(>- potesse tra- sformai'si in PbO , ijuando si cliiuarsi una piecolissinìa (juantità d'ozono, la <|nale avrelibe ])otuto ridurre il PbO". Si sa infatti che 1' azione dell' ac(|ua ossigenata sul P1)()- è la seguente r ozono agirebbe n(dla stessa guisa dand<» luogo alla seguente reazione : a-' _^ PbO- — PbO + 20' (3) SeV)bene fossero ditìicili con la mia disposizione sperimen- tale sviluppo sufHciente di calore o produzione di ozono , pur tuttavia per es( ludere addirittura la trasformazione del PbO'' in PliO come <'ausa dell'aumento di resistenza, istituì delle rieer- ih' ilei PliO- e 100». (3) Mi risprlio di Htndiaic l;i Tvasfiiimiizidiic' did l'IiO? in I'1iO ]i.t a/inno cloll' elettricità in un iias inerte. Sitili' opjxistc r((ri(i:ioi si aiuilizzava il prodotto non si trovava traccia sensibile di PbO. Il metodo ado[»erato in (jueste ricerche chimiche fu il se- guente. Si versava sul prodotto che si voleva analizzare una certa ([uantità di soluzione ac(|Uosa d' idrato jxdassico al T) "j^^ o 10 " ^ e si agitava il tutto. In tale modo V ossido di piombo veniva sciolto mentre il PbO- rimaneva insolubile. Tale liquido , dopo essere stato filtrato veniva trattato con H~S, il (jnale dava il precipitato caratteristico di PbS. Si capisce che il liquido non dava precipitato se il PbO~ adoperato non conteneva ossido di l>iombo. Il nietodo di ricerca era sensibilissimo e le analisi l'ipetute molte volte mi portai'ono alla couclu.sione che ì' xiiDioifo (// l'esistenza ilei coherer a PliO' j»er <(zi(f~ nel PhO eattivo conduttore. 14 l'rof. Ernesto Ihojio [Memoria VI.] Esperienze con ponti sottilissimi di PbO . 7. Nelle migliaia di esperienze da me eseiiuite per mi anno intiero, JirreTo ])otuto nettauiente osservare, che quando il cohe- rer a PbO^ manifeistava una diminuzione della «uà resistenza elettrica, sotto il campo del microscojiio le interruzioni dei ponti si chiudevano lentissimamente e con movimenti regolari delle particelle. Spessissimo un jionte chiuso lentamente con esili [ìarticellc di PbO- mostrava una diminuzione della sua resistenza, mentre ìuì ])<)nte chiuso con grosse particelle di PbO' numifestava un aumento, conu- si poteva constatare osservando la deviazione al galvanometro. Ed erano talvolta così esili le particelle di l'bO-, le quali chiudevano le interruzioni dei ])onti, che per osservarle bene bisognava ricorrere alT ingrandimento di 120 diametri. Non solamente ciò io avevo potuto osservare, iiui anche il fatto che la diminuzione di resistenza non si manifestava sempre con V aprine e chiudere nel minor temjx» possil)ile il circuito del coherer. Bisognava tenere aperto per un tempo relativamente lungo il detto circuito perchè si jtotesse constatare una diminuzione di resistenza. A principio dell' apertura non si osservavano nn)vimenti sen- sibili, ma dopo un certo tempo (|ualche particella o gruppo di particelle lentamente si mu<»veva ed andava a chiudere V inter- ruzione del ponte. Cercai di istituire delle ricerche per trovare una relazione tra il temi»» d' apertura del circuito del coherer e 1' aumento della deviazione al galvanometro. ma non vi riuscii, poiché da un canto le cifre ottenute craiu» irregolarissime e dal- l' altro tutto il mio studio era rivolto alla ricerca (|ualitativa delle cause dei fentmieni. Do (|uì alcune cifre le (juali dimostrano come la condutti- vità del coherer aumentasse con V aumentare d(d temjto di ajier- tura del circuito del medesimo. ìShUc opposte luiridzioni di rciiistcnza dei coherer, ecc. 15 Nella tabella ^eiiuente la prima coloiiiia indica il iiiniierm 140' L'tiO ' 00'^ 0"' lo-' 2, 0'' 15" 13" 2^' 0"' 30^ ]5'' 20" 5" 1'" 20" 20" 0" 0" 30-^ 0'' 15" 15" 3^ 1'" 2"' 15" 30" 30" 40" 15" 10" 4,n 40" 80" 4.." -ì 1'" 0" 50" 50" 50" 55„ 5" gin 55" 70" 15" 16 l'io/. Enitsto J>rof. Enuxto Ihaijo [Memoria VI.] moviiiiento \wv poco in-egolare dell' ago lo rompeva o ne aggrup- pava i corpuscoli, ili guisa che bisognava lipetere V operazione. Però così pi'ocedeudo, dopo avere superato in parte le diffi- coltà di costruzione dei ponti esilissinii , un fatto notevole per quanto semplice mi fu dato osservare. In tali condizioni Va::w- iir inten.m, (ielle omìe eìeftrieJie romperu addiyiffnra ì ponti ed an- nnllava la conduttività .stabilita dai medesimi, mentre V azione de- bole ar/ira ejfìcaeemente per chiudere le piccole interru::ioni che a bella posta si creavano nei ponti , e V ago del galvanonietro che indicava lo zero della scala a principio dell' espei'ienza, dopo Fa- zione deviava, e l'angolo di deviazione cresceva con la lentezza di chiusura delle interruzioni dei ponti. Quasi sempre V immagine della scala usciva fuori dal cam- ])() del cannocchiale. L' urto meccanico sul coherer rompeva i ponti ed annullava la conduttività stabilita precedentemente dalle onde elettriche. Per realizzare piii die mi era possibile la costruzione dei ponti elementari, e nello stesso tempo per rendere meno penose le espeiienze, pensai di ricorrere al seguente artifizio. Ho già parlato nel corso del presente lavoro dei movimenti regolarissimi e della concomitante lenta suddivisione delle par- ticelle di PbO~ in minutissimi corpuscoli a proposito delle espe- rienze eseguite con 1' azione delle scariche del piccolo spintero- metro a punte sul coherer stratiforme. Riferendomi a questa particolarità collegavo per mezzo del commutatore di Polii lo spinterometro al secondario del piccolo rocchetto, e nella prima fase dell' esperienza, mettendo le punte a poca distanza dalla polvere, costniivo i ponti sottilissimi ; poi manovrando il commutatore mettevo in azione 1' oscillatore di Lodge. — Le ricerche in tal modo istituite con minore difiìcoltà e con esito piti sicuro delle precedenti confermarono le su espo- ste conclusioni e ciò in (jualsiasi punto del coherer , tanto cioè se si facevano af/ire le onde elettriche suir interruzione PbO--elettrodo quanto sulV interruzione PbO~ - PhO'. Sulle opposte i-ariazioni di resistenza dei coherer, ecc. 19 Centinaia di esperienze, di cui (]ni non riporto i dati per brevità , trattandosi di esperienze puramente qualitative misero in chiaro le dette ciezza delle onde elettriche crescente o decre- scente mi fu dato constatare in parecchi casi, che, mentre si chiudevano i ponti, non erano estranei i moviuienti l>ruschi dei corpuscoli di PbO" in tali esperienze. Talvolta quando 1' interruzione si era costruita fra un elet- trodo del coherer e la polvere, una particella veniva vivamente attratta dall' elettrodo e ciuiiuli in ([uesto caso non si aveva che un semplice spostamento della interruzione, la quale i)rima del- l' azione delle onde elettriche si trovava fra 1' elettrodo ed il PbO^ e dopo r azione delle medesime si trovava fra PbO" e PbO-. Talvolta questo spostamento d' interruzione non era osser- vabile, ma un movimento della particella vicino 1' elettrodo di- ceva arguire che quello doveva esservi. In tutti (juesti casi in cui io osservavo una rapida chiusura d' interruzione senza aumento di conduttività a me sembrava evidente che la p(darizzazione doveva essere disturbata. Del resto V apparente formazi(me dei ponti non implica che debba stabilirsi la conduttività : spesso infatti formavo dei ponti di particelle senza che la conduttività si stabilisse. Evidente- nu'ute il ponte ap])areutemente chiuso doveva in realtà essere aperto. Di quest' azione esercitata dalle onde di niedia intensità sul 20 ì'nif. Ernesto Jìnu/o [MEMOraA VI.] coherer lio voluto soltanto ])arliire ])er evitare possibili sorpi'ese (la parte di chi per avventura avesse vaghezza di ripetere le mie ricerche. Esperienze con polveri metalliche S. Nelle condizioni delle mie esperienze mettendo sul cohe- rer stratiforme o nel coherer ordinario diverse polveri metalliche osservavo al niicrosco])io quanto riferisco. Nessun movimento sensil)ile di i)articelle veniva osservato quando il circuito del coherer era ai)erto. Nessuna diminuzione di resistenza constatava consegueutemente il galvanometro. Però se si ftu'mavano dei ponti di particelle metalliche, o, meglio an- cora se si metteva un grande ammasso di polvere, allora anche a circuito chiuso il galvanometro deviava fortemente senza che nella polvere si osservassero movimenti sensibili. Ciò però non avveniva per tutti i metalli. Per osservare dei leggeri movimenti bisognava o toccare con la mano V estremo dell' oscillatore in comunicazione con l'antenna, o fare agire addirittura le sole oscil- lazioni dell' antenna. Kiferisco alcune delle esperienze a tal uopo istituite. Coherer stratiforme ad elettrodi di carbone Alluminio. 1. Si era costruito un ponte di ^Vl fra gli elettrodi, ma es- so non poteva essersi formato che apparentemente, poiché il gal- vanometro rimaneva allo zero della scala. Eccitando le onde elettriche, ed essendo chiuso il circuito del coherer, l' immagine della scala usciva fuori dal campo del cannocchiale. , 2. Avendo costruito un ponte con un' interruzione ed ecci- tando le onde elettriche non si osservava alcun movimento. Toc- cando con la mano il solito estremo dell'oscillatore, si osservavano leiiiiieri movimenti, ma 1' interruzione non si chiudeva. SulU' oi)2)oste r<(ri<(Zìoi(i di resistenza dei coherer, ecc. 21 Si chiudeva artilìcialmente V intevnizione e inauteuendo aperto il circuito dei coherer 8Ì constatavano leggieri movimenti. Chiudendo il circuito del coherer si trovava clu^ la condut- tività era stabilita. Nessun fenomeno si osservava con la polvere di tale me- tallo, né a circuito ajierto del coherer, né a circuito chiuso, uè con onde intense, né con (»nde deboli. Rame 11 ponte era apparentemente costruito. L' immagine della scala usciva fuori dal campo del cannocchiale soltanto, (j[uando a circuito aperto del coherer si toccava con la mano il solito estremo delF oscillatore. Acciaio, ghisa e nichel Il ponte era apparentemente costruito. Eccitando le onde elettriche ed essendo chiuso il circuito del coherer T immagine della scala usciva fuori dal campo del cannocchiale. IMauxesio Non presentava alcun fenomeno. Coherer stratiforme ad elettrodi di stagnola Alluminio Non presentava alcun fenomeno. Acciaio Si aveva un aumento di coiuluttività quando si facevano agire le onde elettriche su una discreta (juantità di tornitura che manifestava una leggera condu.ttività iniziale. 22 l'rof. Eriiesfu Drnijo [Memoria VI.l So si toccava con la mano il solito estremo deiroscillatore si chiudeva appaventemcnte il ponte ma non si stabiliva la con- duttività. Zinco Xon presentava alcun fenomeno. Ghisa- Si chiudevano le interruzioni dei ])onti ma non si stabiliva la conduttività. Michel Si constatavano leiigieri movimenti di particelle se si toc- cava con la mano il solito estremo dell' oscillatore. Facendo agire le oscillazioni sul ponte apparenteniente chiu- so si stabiliva la conduttività. Magnesio Kon jiresentava alcun fenomeno. Le esposte esperienze servono semplicemente a mostrai'e co- me nelle condizioni in cui io fecevo le ricerche per il PbO" i coherer stratiformi metallici mostravano dei risultati incerti, e non era evidente la formazione dei ponti. Non mi pare che (jui sia il caso di parlare di scintille mi- croscopiche che sembravano essere escluse nella mia disposizione sperimentale, ed il modo d' agire dei detti colierer poteva essere indipendente dalle medesime, contrariamente a (juanto asserisce Mizuno (1). ¥A altrettanto si può olibiettare alle recenti conclusioni del (1) Philosdiihical inagazine Voi. 50, 1900 ]i. 445. Sulle oppunte furiuzioiti di resistenza dei coherer, ecc. 23 lavoro di Hiu-iiiuzejscu (1), il (iiuile per spiegare il modo d' agire dei coherer metallici propone la seguente spiegazione : « L' azione delle onde produce tra i grani metallici delle « scintille che determinano le saldature (coherer propriamente « dette) o degli effluvi die ossidano i grani ed aumentano la « resistenza delle catene metalliche (antidécohéreur). « Quando il metallo non è in una atmosfera ossidante e « che la coesione non »'> determinata per saldatura , gli effluvi « cessano nel medesimo tempo che le onde e la resistenza au- « menta (cohéreurs autodécohérables). Si poteva però constatare la formazione dei ponti condut- tori nelle mie esperienze se si aveva cura di limuovere con il solito ago da cucire la polvere metallica mentre si facevano delle osservazioni al microscopio. La polvere offriva una certa resi- stenza ad essere rimossa, e separando le i>articelle durante 1' a- zione elettrica erano messi in evidenza i ])onti cfuiduttori costituiti da granelli di limatura uniti tra loro. Dopo tale ossersazione se si chiudeva il circuito del coherer la conduttività era stabilita. Ho quindi ragione di credere che per il funzionamento del coherer metallici non sieno necessarie le scintille potendo il me- desimo compiersi con la semplice polarizzazione dei granelli me- tallici. COXCLUSIOXI 9. Dalle mie ricerche sono indotto a concludere che : 1. I coherer a FhO~ po-sisono non .solamente monifefitare degli mimenti di resistenza sotto V influenza delle onde elettriche, ma anche delle DiMLNUZiOifi. (1) Société Fi'au(;aise de phisiiiiie-résiuné des comiiumicatiuus faites daus la séance du 5 juin 1903. 24 /*'■"/'• Erìie^ti) ]>y |,AIkmokia VI.| 2. //((minuto (li reMMenzd dei (■<)ìi(r(r a l'lt:\ìì. TliL' imI niiclic Ki.ulii <■ Dcssau 1. e. pMg'. :i2l>. (2) .liiiiniiil (/( jilii^'i/iiiir — Ajiostu 1902. p. ò'>i). Sulle opposte rariazioni di resistensa dei coherer, ecc. 25 Oramai mi sembra abbastanza evidente perchè nelle espe- rienze di Branly (1) « snlV accrescimento di resistenza dei ra- dioconduttorì » , toccando con nn jxdo della macchina Wim- slinrst il tn1)o a PbO^ la resistenza del medesimo cresceva tino a 10000°'"^. lo ho ripetnto le dette esperienze ed ho notato che toccando con nn polo della macchina Wimshnrst nn estremo del coherer stratiforme a PbO^ i ponti di polvere precedente- mente stabilite si rompevano, mentre adoperando limatura me- tallica nelle stesse condizioni i ponti precedentemente aperti si chiudevano. La polvere di PbO^ è formata da grani complessi costituiti alla loro volta da leiigieri ed esili corpuscoli , ed è qiiindi evidente che soltanto un' azione debolissima , può met- tere in cliiaro il fenomeno delle coerenze. Dal Laboratorio di Fisica er le radici, è che * i cauli fasciati sogliono estin- guere la loro vitalità ad un tratto, affogandola per così dire neir eccesso della loro ipertrofìa » (Delfino); o meno esplicita- mente : « les fascies d'ordiuaire n'arrivent pas à beaucoup près à la méme hauteur que les pieds à tiges cylindrifiues » (Eermond). I caratteri morfologici interni vengono in genere trascurati. Soltanto il Delfino rileva che « i rami fasciati non hanno figura ol)conica, pel motivo che il tessuto midollare non pu*') tenere pari passo col circonferenziale tessuto dei fasci fibroso vascolari, tanto moltiplicati. Quindi conviene che il ramo si schiacci e diventi nastriforme ». Altri botanici, se accennano appena le particolarità del tes- suto conduttore, rilevano specialmente quelle del inidollo. II corpo midollare viene, anzi, assunto dal Sorauer (46) come un mezzo per distinguere due sorta di modificazioni degli assi fasciati: T una patologica, in cui il midollo ha sezione ovale allungata ed è cinto da un numero di fasci molto supe- riore al normale ; 1' altra, dovuta a pressione o ad a e e u- m alo di materiali nutritivi, in cui il midollo risulta di corpi singoli, cinti ognuno da anelli di fasci. DEL Torre (12) ha riscontrato del pari uno sviluppo enorme di midollo nei cauli fasciati della Scrofularia canina, oltre che un predominio nello xilema di vasi punteggiati ed una relativa scarsezza di trachee. Anche de Toni (14) rileva nei fusti fasciati del lÀthosper- mum officinale il grande sviluppo del midollo, nonché nei fasci legnosi la prevalenza di trachee e vasi punteggiati, seguiti da pochi anulari. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 7 Ammessa la tendenza in alcuni rami ad incurvarsi Terso 1' apice , M. 0. de Caìjdolle (10) ha osservato die 1' astuccio legnoso d' un ramo fasciato di pino era pili ispessito dal lato convesso che dal concavo, presentando quasi la struttura ipona- stica d' un ramo laterale, sicché, non potendo egli riferire la cu.rvatura all' eliotropismo od al geotropismo, la riferisce alla stessa fasciazione in base alle dimensioni diverse dell' astuccio midollare. In proposito egli osserva che il ramo produceva ger- mogli tanto sulle facce quanto sui margini ; il che svela un comportamento indifferente delle une e degli altri. Quanto alle disposizioni meccaniche, inerenti alla fasciazio- ne, il SoRAUER ritiene che il corpo legnoso di rami fasciati sia molto piìi debole di quello cilindrico, ma non spiega se per la costituzione dei singoli fasci o per la distribuzione loro secondo una zona non circolare ma ellittica. Il Gkevillius (20) accenna ad un aumento nel mimerò dei cordoni collenchimatici negli steli fasciati della Skìeritis lanata, per cui questi presentavano sezione poligonale, non quadrango- lare, come quella ordinaria delle Labiate. Il Nestlbr rileva la presenza nella fasciazione anulare della Veroìiica longifolia di due cerchi di fasci tìbro-vascolari , di cui l'uno esterno con disposizione normale della parte cri- bi'osa e vascolare, l'altro interno con floema e xilema disposti in modo inverso a quello ordinario. Quest' ultimo cessava ad una certa profondità, senza far riconoscere alcuna comunicazione con quello esterno , ma doveva certo elevare la meccanicità di esso. Rispetto alle cause, la fasciazione , riferita tìn dal tempo di LixxEO alla concrescenza di più rami in uno stesso piano, venne riportata più tardi ad uno sviluppo anormale del cono vegetativo, il quale, mentre per A. Braux si bipartirebbe al- l'apice, per Moquix-Taìtdox si svilupperebbe in un ])iano unico. 11 Delfino ritiene « inappuntabile 1' interpretazione data da Moquin-Taxdon ed erronea invece quella sostenuta da Ma- 8 G. Lopriore e G. Coniglio [MEMORIA VII.] 8TERS, per il quale la fasciazione risulterebbe da una concrezione laterale di molti assi. » L' interpretazione del Moquin viene in i)arte condivisa dal Prank , che distingue due modi di origine della fasciazione : r uno pili frequente, ammesso anche dal Cramer (S), per ap- piattimento e sviluppo del cono vegetativo secondo un piano ; 1' altro per concrescenza di più assi, indipendenti allo stato nor- male. Il Era]s"k intende spiegare questo secondo modo di origine, non diverso evidentemente dal linneano , con 1' ammettere non la fusione di assi in origine distinti, ma la comparsa simultanea dei punti vegetativi di germogli iniziatisi 1' un presso 1' altro. Il DE Vries, pur tendendo ad una spiegazione diversa, ritiene che la fasciazione a cresta sia determinata dall' espansione del punto vegetativo e dalla sua trasformazione in linea vegetativa. Il Nestler conferma quest' idea ed afferma che ogni altra anomalia, la quale, invece d'una linea vegetativa continua, pre- senti punti vegetativi isolati , distanti 1' uno dall' altro e corri- spondenti ognuno ai singoli rami saldati , non merita il nome di fasciazione. Anche il Penzig (40) ribadisce il concetto che nel meri- stema apicale dell' asse primario o dei rami fasciati le segmen- tazioni avvengano prevalentemente in una direzione, dimodoché r estremità un poco alla volta si allarga ed invece di rappre- sentare una prominenza conica , prende forma di una cresta. L' allargamento produce quindi uno spostarsi dei primordi fo- gliari ed un alterarsi nella disposizione delle foglie così densa- mente stipate. Altre cause non piii teratologiche, ma fisiologiche , perchè relative alle condizioni di nutrizione, possono, secondo altri, con- durre alla fasciazione, che dal Meehan (32) vien riferita ora al- l'eccesso di materiale nutritivo, ora alla diminuita attività vitale. Alla ju-ima condizione risponderebbe nei rami fasciati del liu- hus villosm V abbondanza frequente ora di fiori pieni, ora di fiori maschili con antere sviluppate e pistilli ridotti. Alla secon- La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 9 da condizione risponderebbero le fasciazioni del Laurus Sassa- fras e dell' Abies balsamea con rami di appena qualche pollice di lunghezza e con foglie pallide, cadenti precocemente in au- tunno. Il concetto del MEEHAìf, relativo alla prima condizione, vien confortato, oltre che dal Termond e dal de Ykies, dalle osservazioni del Fkank, il quale ritiene l'eccesso di sostanze nu- trienti come causa della fasciazione per la tendenza negli assi fasciati al gigantismo. Che anzi l' energia di accrescimento è talora così grande che il caule fasciato, specie se tìstuloso , co- me nel Taraxacum officinale, crejìa e si fende longitudinalmente, mostrando strisce di corteccia arrollate a spira in conseguenza della tensione determinatasi nei tessuti. Sebbene il Xestlek dia all' abbondante nutrizione un' im- portanza molto relativa, tendendo essa ad ampliare soltanto un fenomeno che non determina, pure le osservazioni del Tra^k sono avvalorate da quelle anteriori del Magis'US (29), che aveva osservato gli assi fasciati della Campanula persicifoUa e C. media crepare per 1' eccessivo trasporto di succhi e quelli del crespino portare gemme, che invece di rosette fogliari, producevano una sol foglia, andando l'intera energia a profitto dell'accrescimento dei rami fasciati. Anche il Eussell (44) ritiene l'eccesso di sostanze alimen- tari come causa della fasciazione in esemplari di Phaseolus mul- tijiorus e di 3Iyoporìim parvijiontm. Xon è a credersi, però, che tutto il vigore si volga per la sola via vegetativa, affievolendo la facoltà riproduttiva. Parlano in contrario le osservazioni di de Yries, di Frak^k e di Erkst, relative alla grande prolificità di piante fasciate e di quelle de- rivatene per seme. L' Erkst (16) avrebbe osservato un fusto fasciato di l'osa portare non meno di 156 fiori a sviluppo com- pleto, ed il Eettig prodursi oltre 200 fiori maschili in una sola diramazione di un fusto fasciato di Cucurbita Pepo. A parte le condizioni di nutrizione, la fasciazione dei fusti Atti Acc. Serie 4», Vol. XVII - Mem. VII. 2 10 6'. Lopriore e (}. Coniglio [Memoria VII.] può essere prodotta, secondo altre osservazioni, da cause estrin- seche, come le traumatiche e le parassitarie. Così il BoRBÀs (2) ritiene che la soppressione dell' apice produca, fra le tante anomalie, anche la fasciazione, dall'autore osservata presso molte piante spontanee, in cui per cause diverse era stato per tempo sojipresso 1' a]»ice vegetativo. Anche la pressione contro corpi duri può condurre alla fa- sciazione (Sorauer), comportandosi in modo analogo alle cause traumatiche. Al riguardo 1' edera offre gli esempi piii evidenti, riscontrabili del resto anche in piante volubili. 11 Mezzaka avrebbe infatti osservato che l'appiattimento di un fusto fa- sciato di Cucurhita Pejw « ebbe principio quando la pianta s'im- battè in pali di vite ed aggrappandosi ad essi con i suoi viticci si sollevò da terra. » Quanto alle cause parassitarie , il Cuboni (9) , dall' aver spesso ed in luoghi diversi ritrovato i Phjjiopius sui cauli fasciati dello Spartimn junceiim e del Sarotliamnus scoparius , li ritiene come causa probabile della fasciazione, mentre il Molliard (35) riporta decisamente questa alla presenza di larve di lepidotteri in fusti fasciati di Picris hieracmdes e di larve di coleotteri in quelli del Raphanus Baphanistruiit. Il Molliard pensa che le larve, percorrendo il midollo tino all' apice dei germogli, de- terminano una moditìcazione nel cono vegetativo tale da pro- durre r appiattimento del ramo e la fasciazione ulteriore. Anclie il Prof. Oavara ci riferisce verbalmente di avere osservato un caso di fasciazione della Cucurhita Pepo prodotto da un batterio , ch'egli ha potuto isolare. Ma interne od esterne che siano le cause nel promuovere la fasciazione, esse agiscono, secondo 1' Jungner, sol quando l' apice vegetativo ha raggiunto il massimo d' attività , quando cioè il trasporto delle sostanze plastiche ed il processo di par- tizione cellulare sono energici. Indipendentemente da queste cause, la fasciazione manifesta tendenze nettamente ereditarie, tanto da poter essere trasmessa e La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 11 portata sino ad un grado considerevole di tìssità , pnr conser- vando la tendenza atavica di ritornare alla forma nonnaie. Il DE Yries , che ha il merito di aver studiato e seguito il fenomeno per molti anni , rileva che fra le piante prese in esperimento erano le più robuste e di esse i rami più grossi che si presentavano fasciati per influenza d' una nutrizione ab- bondante. Sicché questa , a conferma di quanto ammette il Nestler per la deviazione teratologica del punto vegetativo in linea vegetativa, avrebbe l'effetto di ampliare un fenomeno ere- ditario, che determina ancor meno di quello teratologico. In quanto alle radici, prescindendo dalle fasciazioni sotter- ranee delle Spiree, riferite dal Gratis (19) a stoloni e dal Oa- SPABY (6) a vere radici, prescindendo inoltre dai casi, accennati dal SORAUER ed illustrati dal Fra^k, in cui quelle si appiat- tiscono per penetrare nelle fenditure delle rocce , la letteratura botanica difetta al riguardo di notizie importanti. Il solo Oaspary riferisce un caso di radici aeree di edera, fasciatesi senza che la pressione o corpi estranei vi contribuissero per azione diretta o per stimolo di contatto. Cilindriche alla base, esse si appiattivano gradatamente verso 1' apice, ramificandosi o presentando quasi delle forme a cresta. Il comportamento anato- mico del cilindro centrale, che figura scisso in altri parziali, au- torizza il Caspaky, in appoggio alle idee di A. Braun, a ritenere la radice fasciata non come derivata dal connascimento di singoli inizii, ma come formazione unitaria di un gruppo di cellule iniziatosi con forma non conica ma piana e che, alhxngandosi, si scinde in parecchie radici, le quali prima non esistevano e che dopo si sviluppano isolatamente, rimanendo in uno stesso piano. I casi di duplicazione, ritenuti dal van Tieghbm (48) come « un phénomène particulier, accidentel assurément mais non très-rare » e da uno di noi (28) come radici fasciate collaterali non vengono dai botanici riferiti alla fasciazione. Simili casi, osservati prima nelle Ombrellifere poi in altre piante. 12 G. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII.] si Teriiìcano nelle sole radici secondarie , subordinatamente al numero dei fasci della primaria. « Plus est grand dans la ra- cine-mère considerée le nombre de faisceaux ligneux et lyberiens dii cylindre centrai, plus on a de cbances d'v rencontrer des radicelles doubles. » Queste radici, doppie nel senso di VAX Tieghem, colla- terali nel senso nostro, differiscono dalle fasciate comuni o seriali per il fatto eh' esse si producono sol quando « deixx radicelles appartenant à deux rangées voisines prennent nais- sance dans le pericicle en méme temps et au méme niveau ». Tale condizione insieme a quella dell' alta poliarchia della radice primaria spiega perchè le radici doppie siano così rare. L' esposizione obiettiva e brevissima della letteratura riguar- dante la fasciazione caiilinare svela che questa, prescindendo dalla tendenza ereditaria, viene riferita ora a cause intrinseche, come sviluppo anormale del cono vegetativo e nutrizione sovrab- bondante, ora a cause estrinseche, come le parassitarie e le mecca- niche, che o modilìcano lo sviluppo normale o menomano 1' in- tegrità dell' apice vegetativo. Tali cause agirebbero direttamente sugli assi caulinari, producendo la fasciazione loro, non quella dei rami laterali, come sarà nostro proposito dimostrare per le radici. Tra i fatti secondari va rilevata la tendenza nei cauli fasciati alle tìllotassi aberranti ed alla scissione in assi cilindrici. La fasciazione delle radici, prescindendo da quelle doppie del YAK Tieghem, non ha formato oggetto di osservazioni così estese come quella dei fusti. L'unico caso, descritto dal Oaspart, si riferisce a radici aeree, non sotteri-anee , sviluppatesi libera- mente senza stimolo di contatto od azione traumatica. In questo senso appunto, che l' indagine prometteva risultati nuovi, 1' attenzione nostra si volse con 1' intento di provare se ostacoli, che nel terreno si oppongono allo sviluppo delle radici, od azioni traumatiche, compiute da ferri colturali, producano la fasciazione. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 13 METODO Il punto di partenza, da cui si mosse nelle presenti ricercbe, fu quello già segnato da uno di noi : lo spacco o la soppressione del cono vegetativo delle radici primarie produce con grande costanza la fasciazione delle secondarie. Per quest' intento si sperimentò tanto con radici di Mono- cotiledoni, come ad esempio di mais, quanto con quelle di alcune Dicotiledoni piìi comuni: fava, pisello, fagiuolo, ricino, ma spe- cialmente della prima, che, per essersi mostrata più adatta allo scopo, venne preferita alle altre. Anzi i risultati qui riassunti si riferiscono quasi esclusivamente alle radici di fava. I semi venivano messi a germinare in sabbia od in segatura di legno e, dopo che i lìttoncini avevano raggiunto una lunghezza varia di 3-8 cni, erano castrati od incisi e rimessi in terreno naturale od allevati ulteriormente in colture acquose. Però l'esa- me dei fittoni sviluppatisi nel terreno offriva spesso diflficoltà , rompendosi facilmente 1' apice delle radici fasciate nell' atto di liberarle dal terreno e facile essendo lo spezzarsi in piii punti di quelle a sviluppo poco regolare. II gran numero di colture, indispensabile ad ottenere mate- riale copioso e buono, nonché la necessità di seguire passo passo il loro progresso, consigliarono l' impiego non delle solite lastre forate di vetro opaco, sibbene di reti a maglie larghe di filo di spago o ferro zincato, distese su cerchi metallici e adagiate su ampi bacini. Così, sollevando in alto questa sorta di crivello, è possibile scegliere nel momento più opportuno le radici da esaminare e lasciar crescere le altre in soluzione nutriente, cioè in acqua ad- dizionata di nitrato potassico, fosfato monocalcico e traccie di solfato di ferro. Non s' impiegò una soluzione nutriente completa, come ad es. quella di KxOP, per la cattiva esperienza fotta altre volte con 1' acqua distillata e per il fatto di non poterne disporre 14 (i- Lopriore e 0. Coniglio |Memokia VII.] in quantità rilevante, dovendo molto spesso rinnovare le soluzioni per sottrarle alle invasioni di alghe. Le colture venivano eseguite ad intervalli regolari di tempo di una o due settimane, per poi togliere da esse gli esemplari piìi caratteristici di radici fasciate ed esaminarli nelle partico- larità loro più importanti o compiere sui fittoni altre osservazioni d' interesse statistico o rizotassico. Le condizioni esterne di sostrato , esposizione, ecc. furono mantenute il più possibilmente costanti in tutte le serie di col- ture, per evitare differenze notevoli di risultati da una serie al- l'altra, atteso che la necessaria esposizione delle colture acquose alla luce doveva influire sull'intensità di accrescimento delle ra- dici [ cfr. Knt (25) « Influenza della luce sull' accrescimento delle radici terrestri » ], i cui cilindri centrali inverdivano molto intensamente, mentre la corteccia rimaneva incolora. I caratteri morfologici furono quelli a cui più specialmente si volse r indagine ; gli anatomici vengono qui riferiti solo in quanto possano servire d' illustrazione e commento ai primi. Le azioni traumatiche studiate in modo comparativo furo- no la castrazione , la pressione , 1' incisione anulare , radiale e tangenziale dei lìttoni e, solo in via di prova, la soppressione delle radici secondarie. :Neir indagare gli effetti, che siffatte azioni ftinno risentire sulle radici ])rimarie e secondarie, si offrirono, fra i semi di fava germinanti in sabbia od in segatura di legno, casi naturali di compressione dei fittoncini fra i cotiledoni, fra questi e i tegu- menti e fra gli strati dei tegumenti stessi, nonché altri di com- pressione anulare per parte dei tegumenti, i quali, essendo per- forati in punti insoliti e di resistenza maggiore, strozzavano i fittoncini, formandovi solchi anulari abbastanza profondi. Tali casi, per essere naturali e per verificarsi nei primi stadi di sviluppo dei fittoni, riuscivano particolarmente importanti, servendo di confronto e d' illustrazione a quanto per lo stesso scopo si tentava in via artificiale. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 15 CASTRAZIONE L'asportazione dell'apice vegetativo o castrazione, com- piuta con un taglio trasversale quando ancora le radici secon- darie non sono comparse sui lìttoncini di fava, l'apprese nta il mezzo migliore per provocare la fasciazione di quelle. Lo svi- luppo ne è infatti enorme e, sia per numero che per distribuzio- ne, radici così tìttamente stipate sul moncone, arieggiano quasi a quelle fascicolate delle Monocotiledoni. L' operazione eseguivasi ad una distanza diversa, ma co- stante per ogni serie d' esperienze, dal piano d' inserzione dei cotiledoni, il quale rappresentava una regione fissa di partenza. Questa distanza fu per tutta una serie d' esperienze di 3, per una seconda di 5 e per una terza di 7 centimetri, a seconda del grado di robustezza dei flttoncini. Senza qui riportare i singoli dati raccolti dalle numerose colture, ma riferendoci alle sole medie, che, per maggior como- dità, arrotondiamo, si ottenne nella prima serie di esperienze una media di poco superiore a quella di 10 radici secondarie per ogni centimetro di lunghezza della primaria castrata , nella seconda una media poco inferiore a 7 e nella terza una media di 5. Nella prima serie il numero delle radici secondarie fasciate stava a quello delle primarie nella proporzione di 5 : 9, nella seconda in quella di 5 : 10 e nella terza di 2 : 10. Corrispondeva, quindi, alla media maggiore di radici secon- darie per ogni centimetro di lunghezza della primaria castrata un numero maggiore di radici fasciate , sebbene quest' ultimo abbia un' importanza relativa, potendo una radice fasciata molto larga equivalere a due o piìi di larghezza minore. Ad offrire intanto im criterio comparativo, riferibile alla frequenza delle radici fasciate su fittoni interi o su altri castrati alle distanze di 3, 5, 7 cm., a mostrare inoltre quanta ditferen- 16 6r. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII. za siavi fra i risultati delle singole colture e quanto importi de- rivare le medie da un numero grandissimo di dati, presentiamo il prospetto seguente. I rapporti sono anche qui arrotondati e per ogni serie d' esperienze si riferiscono a circa 200 esemplari. FITTONI CASTRATI FITTONI INTERI Su 26 fittoni castrati [a : 3 cm. 10 i ivevano laterali fasciate Su 25 fittoni interi 2 avevano laterali fasciate 20 6 30 0 19 8 27 2 25 10 20 1 25 5 23 3 32 16 21 1 30 12 28 0 22 6 27 3 199 73 24 2 rapporto 37 'V,, 26 2 Su 30 fittoni castrati a '■ j cm. 7 i ivevano laterali fasciate. 21 1 20 6 29 6 30 6 22 3 25 8 28 1 25 6 29 1 20 6 22 1 25 6 26 4 23 7 24 1 198 52 25 2 rapporto 26 "/,. 27 3 Su 22 1 ittoni castrati a 7 cm. 2 avevano laterali fasciale. 20 5 20 o 30 2 24 3 25 0 30 4 23 2 29 4 25 1 28 6 27 4 26 5 24 1 22 2 301 39 678 61 rapporto 15 'lo rapporto 8 0/, ) Sarebbe stato certamente più esatto riferire il numero delle radici fasciate a quello delle secondarie cilindriche, ma siccome La fasciazione delle radici iti rapporto ad azioni traumatiche. 17 la formazione acropeta di queste non tessa che tardi , così sa- rebbesi potuto soltanto a sviluppo compiuto di esse stabilire un rapporto più approssimativo. Ma, mentre verso l'apice nuove ra- dici si formano, le più vecchie deperiscono sovente alla base. D' altra parte radici giovani, di appena qualche millimetro di lunghezza , sebbene non possano per importanza paragonarsi a quelle fasciate , lunghe alle volte un decimetro e più , pure entrando con queste nella media, ne menomano certo il valore. Risulta in ogni modo dal prospetto a pag. 16 che il numero delle radici fasciate è tanto maggiore quanto più breve è la di- stanza fra il piano d' inserzione dei cotiledoni e quello di aspor- tazione dell' apice radicale. Il rapporto scende infatti dal 37 al 26 e da qiiesto al 15 7o i secondochè i littoni vengono castrati rispettivamente alla distanza di 3, 5 e 7 cm. dai cotiledoni. Tutti questi rapporti sono di gran lunga superiori a quello dell' 8 "/o? presentato da tìttoni normali di fava e da ritenersi tanto più prossimo al vero in quanto posa su di un numero grandissimo di elementi costitutivi. A questo rapporto, che rap- presenta la frequenza assoluta, può contrapporsi un altro sulla frequenza relativa. Infatti, dei 54 fittoni con radici secondarie fasciate, 26 ne presentavano una sola per fittone e 28 da 2 fino a 5. La frequenza relativa sarebbe quindi del 50 °/o circa. Quanto precede è avvalorato dall'esame di un caso speciale, in cui un fittone naturalmente subiva una torsione elicoidale così forte da consumare in essa tutta la sua energia a danno dell' accrescimento apicale. In compenso esso presentava su ap- pena 2 cm. di lunghezza 28 radici laterali appiattite e 4 fa- sciate, risolventisi in altre nove cilindriche, per cui si avevano nel!' insieme 37 radici laterali , vale a dire 19 per ogni centi- metro di lunghezza. Il fittone, essendosi appiattito in conseguen- za della forte torsione , presentava le radici secondarie disposte quasi esclusivamente su due lati, a mo' di arti di gambero, ed assumeva come una sorta di dorsiventralità al pari dei fittoni sottoposti a pressione. Atti Acc. Serie 4% Vol. XVII — Mem. VII. 3 IS 6'. Lopriore e G, Coniglio [Memoria YII.J Quanto ai fatti generali, che accompagnano la castrazione, rileveremo che su tittoni castrati si osserva non di rado alla superficie del taglio ed in corrispondenza delle placche legnose la presenza come di tubercoli, derivati dal tessuto fondamentale e ricoprenti le estremità delle placche in forma di emergenze emisferiche , le quali, contìuendo più tardi insieme, ricoprono il moncone di un « callo »— « blastogeno » di Haxstetx (21)— atto ad impedire ulteriori deperimenti. Bene spesso, però , s' inizia già per tem])o, a partire dalla superficie del taglio e attraverso i vasi legnosi, un processo ne- crotico particolare, il quale, diffondendosi nel parenchima limi- trofo, vi determina una lacuna unica, che all' osservazione si svela in forma di un foro e si spinge tanto più verso la base, quanto più ])rogredita è la necrosi stessa. Questa può tìnanco dal fittone passare alle radici laterali più prossime all'apice e gradatamente a quelle basilari. Se, però, questo processo ritarda o non si desta , sicché la formazione precoce del callo assicui'a 1' incolumità dell' estremo del moncone , si compie non di rado in prossimità immediata di questo la formazione di radici laterali , che , per svilupparsi a chiodo e parallelamente fra di loro, sembrano la continuazione diretta in senso verticale dei cordoni vascolari. Crediamo superfluo di accennare qui altri fatti secondari , rinviando alla esposizione del Peters (41) e del Will (49) sui I^rocessi di autotomia e di cicatrizzazione , nonché alla nostra sulla rigenerazione del cono radicale, osservata anche prima dal Pba:stl (43) in conseguenza dell'asportazione parziale di esso. Una rigenerazione completa dell'apice, come nel caso delle metà prodotte da taglio longitudinale, non fu da noi osservata, essendo d'ordinario abbastanza lungo il tratto apicale asportato. Per questa ragione non credemmo opportuno studiare gli effetti di ammaccature e pei'cosse su fìttoui, conducendo esse, per la loro irregolarità, a disfacimento inevitabile di tessuti , come del resto riferisce il Praxk anche sulla fede di Habtig. La fasciazione (ielle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 19 PRESSIONE Mediante pressione meccanica esercitata sui tittoni si pensò di promuovere la fasciazione delle radici laterali secondarie. Il concetto teorico che informava tali prove è abbastanza semplice: se, attraverso la supertìcie compressa, le radici secon- darie non possono venire all'esterno, esse devono per necessità ir- rompere attraverso quella libera ed, invero, in numero maggiore dell' ordinario, tanto da compensare il difetto delle altre. E sic- come il numero delle radici fasciate è in relazione diretta con quello delle cilindriche, speravasi di poter così notevolmente ele- vare il primo. Il concetto sarebbe avvalorato in parte dalle recenti inda- gini del NÈMEC (38) relative alla «Influenza di fattori meccanici sulla tìllotassi » : La pressione esercitata sul cono vegetativo della Ne2ìet(( macrantha, anche attraverso 1' invoglio delle foglioline terminali, può impedire che le regioni maggiormente compresse della superficie apicale partecipino alla formazione dei primordi fogliari od all'estendersi delle loro basi d'inserzione. ì»i'elle nostre indagini, però, la pressione esercitata, sia per mezzo di tavolette convergenti in basso, fra cui si tenevano im- mersi i fittoncini in soluzioni nutrienti , sia premendo questi contro le pareti di vetro della Cassetta di germinazione del Sachs e costringendoli a rimanervi aderenti , non condusse ai risultati voluti. Stante, infatti, il diameti'o diverso dei fittoncini, occorreva disporre non solo di una coppia di tavolette per ogni pianta ma di tavolette abbastanza lai'ghe e lunghe , affincliè quelli risen- tissero della pressione per la lunghezza almeno dell'apice e non vi si sottraessero, per svilupparsi liberamente nella soluzione. Nei pochi casi in cui i fittoncini crescevano verticalmente, senza volgere 1' estremo in alto o di lato, avveniva che suU' a- 20 G. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII.] pice ancor giovane le tavolette convergenti in basso non esercita- vano nel primo momento alcuna pressione, trasmettendosi questa sulle sole parti più vecchie e basilari dell' asse. Ma col tempo la radice allungavasi , lo spazio diveniva sempre più stretto ed il cono vegetativo risentiva della pressione, determinata dall' ac- crescimento in ispazio limitato. I tentativi fatti mediante la Cassetta di germinazione del Sachs non condussero a risultati migliori, poiché, per quanto si tentasse mediante cunei, disposti verticalmente secondo 1' asse maggiore della cassetta, ad aumentare la pressione della sabbia contro le pareti di vetro, non si riusciva nell' intento. Difatti radici primarie e secondarie, pur intrecciandosi fittamente fra loro, sino a follarsi, non ju'esentavano un numero di fasciazioni maggiore dell' ordinario. Si seguì anzi per tale scopo l' irrora- zione lenta degli strati inferiori invece che dei superiori della sabl)ia, i quali, assorbendo acqua e sollevandosi, avrebbero fatto diminuire la pressione. Queste ragioni consigliarono di abbandonare simili mezzi e di escogitarne altri più opportuni e che meglio rispondessero alle condizioni naturali, per cui le radici si sviluppano, ad esempio, entro crepacci o fra pietre e massi. Per quest' intento vasi (te- gami) alti 5-7 cm., attraversati nel fondo piatto da una feritoia larga un centimetro e lunga poco meno del diametro, venivano riempiti di buona terra sciolta, situati su di una lasti'a di vetro e circondati di un lieve strato di terreno irrorato con soluzione nutritizia. Nel vaso ed in corrispondenza della feritoia si mettevano in due o più file i semi di fava quando i fittoncini avevano raggiunto una lunghezza di circa 3 cm., per modo che questi , allungandosi e penetrando attraverso la feritoia, si trovassero tra il fondo del vaso e la lastra di vetro, obbedendo allo stimolo chemotropico delia soluzione contenuta nel terreno circostante. Per tal modo è possibile, mediante la distribuzione unifor- me di pesi sugli orli del vaso, di elevare e regolare a piacere La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatica. 21 la pressione, che, nel caso nostro, raggiunse un massimo di 4 Cg. su 19 cniq. di superficie. Viene così a formarsi sotto il vaso una fìtta rete di radici, da cui è possibile togliere per Fesame quelle che più interessano, lasciando crescere le altre. Ma per quanto con questo mezzo si ottenessero risultati per altra via importanti , pure il numero delle fasciazioni riu- sciva di poco superiore a (quello normale. È da rilevarsi, infatti, che il numero maggiore delle fascia- zioni era presentato da quei fittoni , il cui apice o i)er la forte pressione o per 1' improvviso aggravarsi di essa era stato mor- tificato. I risultati sarebbero, quindi, identici a quelli ottenuti mediante la castrazione, tanto piìi che le fasciazioni piìi carat- teristiche si presentavano sulla parte basilare e libera dei fittoni rimasta nel vaso. La parte compressa assumeva una sorta di dorsiventralità a causa della disposizione laterale delle radici secondarie, che in alcuni punti disponevansi sul fittone a mo' di piedi di gambero. In parte per eifetto della pressione, in parte per mancanza di spazio, i fittoni raggiungono una minor lunghezza di quelli cresciuti in soluzione nutriente, ma in compenso sono a tessuti molto più compatti, hanno percorso irregolarissimo, quasi ansi- forme, ed una distribuzione delle radici secondarie limitata spe- cialmente al tratto basilare. Cedendo alla pressione, essi si appiattiscono, ma appena que- sta cessa, tendono a riprendere la forma cilindrica anche per tratti brevissimi, come per esempio addentrandosi fra le maglie della rete , formate dalle radici secondarie. L' appiattimento si verifica anche in queste per effetto della pressione , ma cessa ug-ualmente come questa viene a mancare, ne è conseguenza ne- cessaria dello schiacciamento dei fittoni. Tali prove dimostrano che la fasciazione delle radici secon- darie non ha relazione con l' appiattimento dei fittoni e che questi possono resistere a pressioni notevoli senza abbandonare definitivamente la forma cilindrica. 22 G. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII.] La pressione, se graduale, lia per effetto di iiiodiftcai'e tanto la forma della radice quanto quella dei siioi elementi anatomici. Così la forma ellittica della sezione trasversa del fìttone viene a ritrovarsi nelle cellule del tessuto corticale ed in parte in quelle del fondamentale , mentre il tessuto conduttore , se non modifica sempre fondamentalmente la forma dei suoi elementi, tende ad una orientazione più opportuna, disponendo qu^esti se- condo 1' asse maggiore della ellisse. Se la pressione cresce di repente, rapidi ed esiziali ne sono gli effetti. E come per Taumento progressivo le cellule corticali son quelle che piìi profondamente modificano la forma, così anche per quello saltuario ne risentono di \n\\. Infatti le sezioni tra- sverse dei fittoni compressi, mostrano non di l'ado nella zona mediana della corteccia un cordone di cellule schiacciate ed a parete irregolarmente contratta, il quale corre parallelamente all' epidermide nel senso dell' asse maggiore della sezione ellit- tica della radice, interrompendosi all'altezza quasi dei due fochi. Il cordone risulterebbe , quindi , di due tratti leggermente curvi e quasi paralleli, ad estremi convergenti ed a spessore poco omogeneo. Uno dei due tratti può, rispetto all' altro, assu- mere uno spessore minimo o mancare del tutto, a seconda dello spessore della zona relativa di corteccia. Xon vi è ad ogni modo nulla di patogeno, non presentando siffatte cellule is])es8Ì- menti o suberificazioni rilevanti della parete, ne il lume ripieno della cosidetta gomma di difesa, tanto comune in radici sog- gette ad azioni traumatiche. Il collasso delle cellule si verificherebbe in conseguenza delle dimensioni maggiori assunte, rispetto a quelle della regione interna ed esterna della corteccia, e si esplicherebbe in senso normale a quello in cui la i^ressione si esercita. Mentre , quindi , il cono apicale è plastico, e per 1' attivo accrescimento suo, si adatta con estrema facilità alle condizioni di spazio e di pressione, le parti adulte dei fittoni vengono in- vece passivamente compresse e sformate. La fasciazione delle radici in rapi)orto ad azioni traumatiche. '23 I risultati (li queste iudagiui e le osservazioni da noi fatte su radici penetrate naturalmente nei crepacci di vasi mostrano da una parte l' estrema plasticità loro, dall' altra la tendenza a riprendere la forma cilindrica, cessata che sia la pressione. Xon troverebbe, quindi, conferma V idea del Sorauer sulla persistenza dei fusti a conservarsi fasciati ed a produrre rami pari- menti fasciati dopo che cessa la pressione quale causa determinante. Tale idea si fonderebbe del resto sopra una sola osservazione di Utterwal, riferita dal Treviranus, per cui un fusto di Bi- f/nonia radicans, fasciato in conseguenza della pressione da esso opposta contro un muro, conservarasi tale anche dopo di essersi elevato su questo ed allungato, producendo rami a lor volta fasciati. Tendenze non diverse dai tlttoni si manifestano anche nelle radici secondarie, le quali dalle rizotassi piìi aberranti, che pre- sentano sui tìttoni compressi, passano alle più regolari non ap- pena cessa 1' azione della pressione. È probabile, quindi, che solo una pressione lieve , ma pro- gressiva e continua sui coni vegetativi , paragonabile , per altro Terso, agli effetti dell' azione lenta di parassiti, possa indurvi trasformazioni identiche a quelle compiutesi in apici fasciati. Se r osservazione nostra non potè finora riscontrare nessun caso di tittoni fasciati per azione diretta della pressione, la pos- sibilità non ne è per ciò interamente esclusa. Il primo di noi ha rinvenuto, infatti, fra parecchi casi di perforazione longitu- dinale di tegumenti di fava, per parte di radici secondarie, uno importantissimo , in cui una radice penetrava cilindrica e ne usciva fasciata, scindendosi poco dopo in due cilindriche. Una illustrazione dei fatti sinora esposti, relativi agli effetti della pressione, è offerta da un caso incontrato naturalmente e qui appresso descritto per la grande singolarità sua. Trattasi di due radici secondarie, appartenenti a iìttoni diversi, 1' una perforante, 1' altra perforata, incontratesi perpen- dicolarmente. La prima formava il braccio lungo d' una croce, 24 G. Lopriore e G. Vonigìio [Memoria VII.] r altra quello corto, che, per essere attraversato dal cono apicale della perforante e (]aindi conformato ad occhiello nel punto di incrocio, presentava un diametro maggiore dell' altra. Ohe nel fatto trattavasi di una vera perforazione e non di una concrescenza, è dimostrato dall' osservazione che la radice perforata allargavasi nel [)Uiito d' incontro e presentava intorno al foro una disposizione particolai*e dei suoi elementi anatomici. La ])erforante, in conseguenza della pressione esercitata dair altra, non s' era strozzata ma appiattita come per eifetto di pressione laterale e quindi presentava una corrispondente orientazione e riduzione degli elementi anatomici. L'orientazione di questi e le dimensioni delle due radici divenivano del tutto normali, procedendo gradatamente dal punto d'incrocio tino all' apice di esse. Alti-i particolari anatomici da rilevare, perchè di maggiore illustrazione a quanto esponiamo, sono i seguenti : Le due radici erano e si conservavano tetrarche per tutta la loro lunghezza. La perforante, di aspetto sano e normale ed a sezione ellittica nel tratto compresso, presentava appunto due delle quattro placche legnose disposte secondo l'asse maggiore, due secondo quello minore della ellisse, disposizione questa che in rapporto alla pressione per- mette di considerare le placche come due libere e due compresse. In conseguenza di una simile pressione , quasi bilaterale , la radice presentava , oltre che sezione ellittica e disposizione a croce delle placche legnose , una forma ed orientazione cor- rispondentemente particolare degli altri suoi elementi. Così il floema era a sviluppo nettamente tangenziale , presentandosi in forma di ellisse, interrotta soltanto in corrispondenza dei primani silematici. Crii elementi del libro duro anticipavano la loro com- parsa , per elevare forse la meccanicità del cilindro centrale , costituendo masse piuttosto compatte , distese tangenzialmente , tanto da presentarsi in sezione a forma di archi piuttosto che di triangoli. Analoga tendenza, a svilupparsi cioè preferentemente secondo un asse, esplicavasi del paiù in altri elementi del cilin- La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 25 dro centrale e specialmente della corteccia, i quali erano diretti con l'asse maggiore nel senso stesso di quello della ellisse. A confortare anzi con dati micrometrici questa breve espo- sissione, ne citeremo alcuni desunti da misure eseguite con l'ocu- lare micrometrico ili e 1' obbiettivo ii di Seibekt ed espressi qui semplicemente in divisioni (div.) di millimetro. La corteccia, come (luella che più facilmente segue e si pla- sma alle condizioni esterne di sviluppo, presentava le modifica- zioni più profVmde. A cominciare infatti dall' epidermide , le cellule erano nettamente distese nel senso dell' asse maggiore ed appiattite nel senso del minore. Quelle soltanto situate ai poli della sezione ellittica mostravano una tendenza opposta , degra- dante verso la linea di pressione massima. Le cellule della zona corticale media si presentavano nella sezione trasversa in forma ovale od ellittica e distese secondo 1' asse maggiore della sezione. Quello, pei'ò, che più colpiva l'at- tenzione era la presenza, in prossimità quasi dei due fochi della ellisse , di cellule a lume straordinariamente grande , tìnanco doppio delle rimanenti. Si spiega un fatto simile, pensando che in tale regione di pressione minima le cellule avevano miglior agio di svilupparsi e di poter raggiungere le dimensioni massi- me di 14» 11 div. rispetto a quelle medie di 7»6 delle cellule appartenenti alla regione più compressa. Anche lo strato pili interno della corteccia , 1' endoderma , reagiva alla pressione in modo sensibilissimo, distendendo i suoi elementi, nel senso dell' asse maggiore della sezione ellittica, di una lunghezza almeno doppia che nel senso di quello minore, iìi direzione del quale gli elementi erano grandemente appiattiti e con Punti di Caspart molto evidenti. Il tratto basilare della radice perforante aveva, più su del foro, sezione quasi circolare del diametro di 200 div. e cilindro centrale di 55 div. Il tratto, a sezione ellittica, compreso nel foro, aveva l'asse maggiore di 219 div. , cioè '/io pi^^ lungo del primo, il diametro Atti Acc. Serie i'^, Vol. XVII — Mem. VII. 4 26 O. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII. minore di 162 dir. cioè Vs più corto del primo. L'asse maggiore del cilindro centrale era di 68 div. cioè ^l^^ più lungo del primo, l'asse minore era di 46 div. cioè 7ii più corto del primo. Il tratto libero, nscito dal foro, pur ridncendo gradatamente le sue dimensioni verso l' apice , conservavasi alquanto appiat- tito , presentando in media 192» 160 div. nell'intera sezione e 53» 40 div. nel cilindro centrale. Specialmente interessanti sono i dati relativi alle dimensioni ed alle distanze rispettive delle placche legnose, poiché svelano con maggior evidenza gli effetti su queste della pressione. Difatti le jilacche legnose orientate nel senso dell' asse mi- nore non solo ravvicinavano le basi, ma disponevano i loro ele- menti in file tangenziali, per occupare in senso radiale il meno possibile di spazio. Le altre due placche mostravano invece una tendenza nettamente opposta , distendendosi nel senso dell' asse maggiore della ellisse, disponendo gli elementi in una sola fila, anzi dislocandoli qua e là fra di loro e allontanando le basi l'una dall' altra. Le misure, condotte sui tagli seriali del tratto compreso nel foro, mostrano che le placche legnose dell'asse minore sono lunghe in media 1' una 13, 3, 1' altra 12, 3 e distano per le basi 7 div. Le placche dell' asse maggiore misurano in media l'una 15, 3, r altra 15 e distano per le basi nientemeno che 17, 6 div. , cioè quasi 11 in più rispetto all' altra coppia. Eilevata la tendenza nel floema a distendersi in direzione tangenziale , anche gli elementi del periciclo erano ai poli del- la ellisse Vg più lunghi che agli estremi dell'asse minore, misu- raìido 2,8» 1,2 div. rispetto a quelle di 1,8» 0,8. Seguendo la radice nel suo tratto libero, sorprende che gii elementi riaccfuistino ben presto l'orientazione normale in tutte le regioni dianzi accennate, con questo di singolare che gii ele- menti del libro duro si riducono grandemente di numero. Simile riduzione , se naturale dalla base all' apice della radice , non procede , però , di pari passo con quella degli elementi legnosi. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 27 I risiiltati qui esposti, relativi agli effetti della pressione sulla forma ed orientazione degli elementi anatomici nella radice in di- scorso, trovano riscontro in (incili ottenuti dal Oh.mo Prof. Knt nei suoi pregevoli studi relativi all' « Intluenza della pressione e dello stii'aniento sulla direzione delle pareti divisorie di cel- lule vegetali in attiva partizione ». Anzi V orientazione degli elementi corticali del Pelarf/onium sonale , soggetti a pressione artificiale e rappresentati nella tìg. 8 Tav. I di quel lavoro, cor- risponde a quella da noi più volte riscontrata nelle radici sot- toposte a pressione. Risiietto poi alla radice perforata, occorre innanzi tutto ri- levare che gli elementi anatomici situati al di sopra del punto d' incrocio si presentavano un po' imbruniti e raramente col lume, ma ordinariamente con la pai'cte impregnata di gomma di difesa. Il che fa pensare ad uno stato anormale della radice stessa. Che tale stato fosse 1' effetto della perforazione o che que- sta si comjjisse in conseguenza della necrosi di quella regione , non si i)otè nel momento dell' osservazione stabilire. Certo, però, che a jtoca distanza dall' incrocio la radice ripresentava il suo aspetto normale, conservandolo per un tratto abbastanza lungo. La perforazione avveniva attraverso il cilindro centrale, che rimaneva scisso in due metà quasi uguali, congiunte da un seg- mento corrispondente di corteccia. Il che fa pensare ad un al- lontanamento delle placche xilematiche e quindi al passaggio in mezzo a loro del cono perforante. Le parti limitanti il foro si presentavano in sezione come in forma di lenti biconvesse, ad estremi curvi e convergenti fra loro , oppure in forma di due semilune congiunte in modo da lasciare in mezzo un foi'o ellittico. Mentre lungo il tratto perforato non lasciavasi riconoscere in sezione alcuna orientazione particolare degli elementi anatomici dei diversi sistemi, in quello libero, interposto fra il foro e l'a- pice, 1' orientazione presentavasi del tutto normale. Le sole cel- lule corticali si erano disposte in file nettamente radiali. 28 otrebl)e rifluire nella pratica agraria) il pro- cedimento non venne preferito a quello ordinario. Eisultati analoghi a quelli ottenuti con la Tenaglietta si os- servarono in tre tìttoncini di fave germinate in segatura di legno. I tìttoncini avendo perforato i tegumenti al di sotto della caruncola ed incontrato quindi una resistenza maggiore, venivano da essi strozzati , sicché, nello sforzo fatto per liberarsene, ave- vano spinto i tegmnenti, già fenduti longitudinalmente secondo il piano di aderenza dei due cotiledoni, per una distanza da que- sti quasi eguale a quella della larghezza della incisione. Tale strozzatura, larga circa 0 mm., presentava un massimo di depres- sione nel mezzo , attenuantesi gradatamente verso gii estremi. Lungo questa depressione anulare i tìttoncini si presentavano uniformemente subei'itìcati , mentre il tratto libero era perfetta- mente sano e normale. Sorprendeva intanto il fatto che in tutti tre gli esemplari i tìttoni non presentavano, lungo il tratto compreso fra i cotile- doni e r incisione, aftatto i-adici secondarie , ad onta dello sti- molo esercitato dai tegumenti. Un tentativo, però, di formazione si manifestò soltanto dopo che il tratto sottostante all' incisione si fu coperto di radici secondarie. In un'altra serie d'esperienze venne tentata l'incisione, stringendo a doppio nodo i tìttoncini con un tìlo di seta. Un siffatto processo, per quanto naturale e frequente in fusti e rami di piante cirranti, non lo è aftatto in radici sotterranee; sicché quando il cilindro centrale non viene strozzato, 1' accrescimento apicale dei tìttoni e la formazione di nuove radici laterali al disotto dell' incisione si compiono quasi normalmente. Se, però, 30 Ci. Lopriore e G. (JonigUo [Memoria VII.] il cilindro centrale viene leso , allora , per l' iniziarsi di deperi- mento, estendentesi dal punto dell' incisione in due sensi opposti, il tratto sottostante ad essa viene a cadere. Alla poca naturalezza del processo corrisponde parimenti nei lìttoni un dissolversi precoce dei tessuti , per cui essi vanno a male, non lasciando ne])pure riconoscere se l' incisione , seguita dal deperimento del tratto apicale del tìttone, equivalga per gli effetti alla castrazione eseguita con taglio reciso del tìttone stesso. INCISIONE EADIALE L' incisione radiale dell' apice eseguivasi alla distanza va- riabile di 3-5 (;m. dal piano d' inserzione dèi cotiledoni, prima ancora che le radici secondarie accennassero a comparire. Per quanto questo mezzo conducesse a risultati , per altro verso importanti, non corrispose all'aspettativa per la difficoltà di non poter sempre regolare la profondità del taglio, ma di dover intaccare o fendei'e il cono interno del pleroma e compromettere lo sviluppo apicale del fìttone, producendo effetti identici a quelli della castrazione. L' incisione , se limitata alla sola corteccia , non influisce sulla fasciazione delle radici secondarie, ma, in qualche raro caso, su quella del fìttoncino medesimo, facendo risentire i suoi effetti fìno alla profondità del cilindro centrale. A partire, infatti, dal limite inferiore dell' incisione, il fìttoncino presentasi prima ca- nalicolato , poi alquanto appiattito , sino a divenire nastriforme e risolversi da ultimo in due radici cilindriche, come se l'apice fosse stato fenduto longitudinalmente in due metà. Ma l' incisione radiale, per dar luogo alla fasciazione tem- poranea o parziale dello stesso fìttone e conseguentemente alla scissione del cilindro centrale, occorre che si spinga fìno all'estremo dell' apice stesso e penetri negli strati più esterni del pleroma. In qualche caso, però, gli elementi sottostanti al limite in- La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 31 terno dell' incisione vanno a male, sicché il deperimento si ap- profonda nel cilindro centrale ed equivale, per gli eifetti, all' in- cisione spinta tino al pleroma. L' azione della ferita farebbesi , dunque, risentire anche a distanza, Se in conseguenza dell' incisione, i tìttoncini vengono ad ar- restarsi nel loro allungamento od a fendersi per 1' apice, le ra- dici laterali sono lunghe e robuste oppure depresse alla base e cilindriche all' apice od infine anche fasciate, come risulta dalle esperienze relative alla rigenerazione di radici spaccate (28). Se invece i fittoni continuano ad allungarsi, allora le radici laterali hanno modo di svilupparsi anche al disotto dell' incisio- ne, superando per numero le precedenti, ma rimanendo inferiori per lunghezza e grado di robustezza. Come primo effetto della incisione si lia 1' incurvamento a ginocchio del fittoncino nello stesso senso in cui quella viene eseguita. Quest' incurvamento o piegatura ad angolo ottuso ta- lora persiste, tal'altra tende a scomparire, senza però che il fitton- cino si raddrizzi completamente. E per quanto piccola l'incisione, essa riconoscesi sempre, anche piìi tardi, per via d' un leggero ingrossamento del fittoncino nel luogo in cui venne praticata. Quanto alla proporzione delle radici laterali fasciate e cilin- driche, su 166 fittoncini incisi radialmente 39 presentavano radici fasciate (qirindi una proporzione del 23 7o)- I H^, che conti- nuarono ad allungarsi, dettero una media di 6, 3 ; gli altri, che rimasero fenduti o s'arrestarono nell' accrescimento apicale, una media di 9, 2 radici laterali per ogni centimetro di lunghezza della sux)erficie rizogena. La media venne desunta dalle singole medie ottenute, divi- dendo il numero delle radici laterali di ogni fittone, nel primo caso, per la distanza (in centimetri) dai cotiledoni, a cui era in- serita la radice più giovane , nel secondo caso per la distanza massima di 5 (centimetri), a cui era stata praticata l' incisione. Tanto in questa quanto in altra serie d' esperienze si volle, in via subordinata, tener conto delle radici laterali delle singole 32 G. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII.] serie longitudinali, per osservare gli effetti della incisione sville radici derivanti dalle lame legnose più prossiuìe al piano d' in- cisione. Ma, eccezione fatta del raro caso, in cui le lame legnose venivano per breve tratto ad esser lese, poco risentivano le lame prossime al ])iano d' incisione degli eftetti di questa, giudicando dal numero delle radici laterali non inferiore a quello normale. L' esame rizotassico svelò il gran predominio di fittoni te- trai'chi rispetto ai pentarchi, clie formano Ys Jippena del numero totale, inoltre la prodiizione in questi di radici laterali superiore a quella dei tetrarchi. La disposizione a croce delle lame legnose spiega , quindi, perchè su 39 fittoni uno solo presenti due radici fasciate collaterali. INCISIONE TANGENZIALE Con r incisione tangenziale si tentò in via di prova ad asportare in prossimità dell'apice, alla distanza di 3-5 cui. dai cotiledoni, una piccola porzione di corteccia, senza ledere possi- bilmente il pleroma, allo scopo di osservare se si verificassero , come per 1' incisione radiale, 1' incurvamento del fìttone e la pro- duzione di radici fasciate o di cilindriclie in misura maggiore dell' ordinaria. L'incurvamento del fittone riscontrandosi anche questa volta, occorre appena notare, per quel che riguarda gli altri fatti , che, se 1' incisione penetrava fino al pleroma, la produzione di radici fasciate e di cilindriche superava quella ordinaria. Su 25 fittoni così trattati 4 presentavano ognuno una radice fasciata ed uno ne presentava 3. Ogni fìttone aveva in media 31 radice laterale ed una media di 3, 85 per ogni centimetro di lunghezza della superficie rizogena. Questa media venne desunta dividendo il numero totale delle radici secondarie di ogni fìttone per la costante di 8 (centimetri) , cioè per la distanza massima dai cotiledoni, a cui inserivasi la radice secondaria più giovane. La fasciazione delie radici in rapporto ad azioni traumatiche. 33 SOPPRESSIONE DELIRE RADICI LATERALI In via di esperimento 8Ì tentò pui*e la soppressione delle ra- dici laterali, per stabilire se si potesse così influire sulla fascia- zione di quelle di nuova formazione. L' operazione, eseguita a mano, facendo scorrere i tìttoncini fra pollice ed indice in senso inverso a quello della direzione delle radici secondarie, praticavasi quando i tittoni avevano rag- giunto rispettivamente la lunghezza di 7, 10 e 13 cm., dovendo i risultati essere relativi alla lunghezza di ((uelli ed alla hu-o forza endogena. La lunghezza minima di 7 cm. si mostr»') bene scelta come limite inferiore nella prima serie d'esperienze, poiché, sebbene le laterali fossero corte od appena iniziate, pure la comparsa di quelle fra loro, che naturalmente tendevano alla fasciazione, era già avvenuta, senza che potesse invocarsi 1' azione probabile della soppressione. La lunghezza media di 10 cm. si mostrò, per altro verso, anche molto opportuna nella seconda serie di esperienze, rappresentando essa la lunghezza massima a cui soleva spingersi nelle colture di fava in soluzioni nutrienti V emissione di radici secondarie. lutine la lunghezza massima di 13 cm. venne adottata co- me limite estremo superiore nella terza serie di esperienze, allo scopo di stabilire, se la spiegata attività rizogena potesse ancora venir stimolata mediante la soppressione delle radici da essa stessa prima formate. Senza qui esporre le particolarità di tali esperienze, va ri- levato innanzi tutto il fatto che la soppressione, comunque ese- guita, non provoca la fasciazione e che i pochi casi riscontrati, non superando la media ordinaria delle fasciate naturali , sono da ritenersi come normali e da non riportarsi quindi in conto della soppressione. Atti Acc. Serie 4°, Vol. XVII - Mem. VII. 5 M G. Lopriore e G. Coniglio [Memoria VII.] L' osserva/ione ebbe, però, anche qui a svelare che se 1' a- pice del tìttoncino veniva leso per tempo da cause d' indole di- versa, veritìcavasi la forma/ione di radici fasciate come in tìttoni castrati. Se , invece , la lesione del cono vegetativo avveniva quando il tittoncino aveva raggiunto la lunghezza di 7-10 cni., allora fornnivansi in i)rossiniità dell' apice, radici così appiattite nel loro tratto basilare da sostituirsi quasi alle fasciate comuni. Va rilevato inoltre il fatto che i tìttoni, in conseguenza della soppressione, mostrano un accrescimento in lunghezza maggiore dell' ordinario e che 1' emissione di nuove radici suole avvenire tanto al di sopra (luanto al di sotto della regione delle radici soppresse. Lungo quost' ultima non si formano che poche l'adici, corte, esili, con apice annerito e con siiberificazicnie precoce del- l' intero ])ercorso loro. Havvi, quindi, due regioni di jiroduzione massima, entro cui s' intercala una di produzione minima. Spiccata addimostrasi la tendenza nelle radici laterali di nuova formazione a produrle presso 1' apice , in conseguenza , senza dubbio del suo deperimento, radici laterali terziarie e si- mulare così una falsa dicotomia o somigliare radici tìllosserate. In tutti gli esemplari di radici di fava sottoposti alla sop- pressione (in riprese diverse, circa 150) le radicelle di nuova for- mazione si presentavano precocemente suberitìcate, tanto da as- sumere un color rame caratteristico, al quale seguiva più tardi un imbrunimento più o meno spiccato, limitato specialmente verso l'apice in forma di scaglie. Al color rame ed alla suberitìcazioiie avanzata degli strati corticali più esterni corrisponde uno stato jìarticolare anche nei tessuti sottostanti, per cui le radici laterali si spezzano facilmente ed il ciliiulro centrale presentasi imbrunito. Siffatte radicelle sono esili , rigide , facili a rompersi , con percorso ansiforme e tali da impartire all' intero sistema l'aspetto di un raspo. Tale aspetto, se colpì si)ecialmente in questa serie di prove l'attenzione nostra, tanto da riferirlo alla soppressione, non mancò in (]ualche esemplare di altre serie di colture , pro- vocato })arimenti da cause patologiche. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 35 CARATTERI DELLE RADICI FASCIATE Le radici secondarie fasciate sono seriali o collaterali. Le prime difteriscono dalle altre per l'origine, la fre- quenza, la polimorfi a, il modo d'impianto e di scis- sione. Per r origine, le seriali derivano dall' asse ipocotileo o da un breve tratto sottostante del fittone ; le collaterali dalla metà non basilare del tratto rizogeno di questo. Le prime pren- dono origine nel periciclo in faccia ad un tratto molto lungo di lama legnosa ; le seconde in corrispondenza non di una, ma di due lame legnose, che vi partecipano contemporaneamente secondo lo stesso piano orizzontale. L'inizio delle seriali si svela con prominenze non coniche ma cuneiformi , dirette nel senso stesso dell' asse del fittone ; quello delle seriali non differisce dalle cilindriche ordinarie anche per il fatto della riduzione progressiva verso 1' apice delle dimensioni loro. Per la frequenza, le seriali sono molto più frequenti delle collaterali , che rappresentano casi rarissinìi nelle Dicotiledoni, meno rari nelle Monocotiledoni , in cui costituiscono la sola forma di fasciazione radicale. Per la polimorfi a, le seriali presentano una folla di forme svariatissime , difhcilmente riferibili a poche fondamentali ; le collaterali offrono invece maggiore uniformità di caratteri e di- mensioni. La forma ad 8 della sezione trasversa spetta loro quasi esclusivamente ed è carattere che le riporta ad un tipo unico. Per il m o d o d' i m p i a n t o le seriali si trovano, almeno per il tratto basilare , nello stesso piano dell' asse del fittone o della lama legnosa, da cui dipendono. Le collaterali s'impiantano invece con la base secondo un piano normale a quello dell'asse del fìttone, quindi normalmente alle prime. Per il modo di scissione, è costante la tendenza nelle 36 (i, Lopriore e 0. Coniglio [Memoria VII.] collatenili a scindersi in dne , nelle seriali in dne o più radici cilindriche. Le prime danno Inogo a radici gemelle o dopi>ie, nel senso di VA>^ Tfeghem ; le seconde ad nu numero tanto maggiore di radici quanto piìi grande è la larghe/za loro, senza però scindersi alla stessa altezza e far (]uindi riconoscere la linea di vegetazione o linea a pettine, ritenuta così caratteristica nei fusti fasciati dal Maxvel (31) e da altri. Se, nel fatto, le radici fasciate possono somigliare a pettini od a forchette per la tendenza a risolversi in singole radici cilindriche, se ne scostano, però, sia per il numero esiguo e la lunghezza variabile dei denti , sia ancora per V altezza divei'sa da cui questi partono. Il trovarsi, però, siffatti denti, almeno alla base, nello stesso piano longitudinale, farebbe convenire il ))aragone forse meglio alle radici che non ai fusti , i cui ger- mogli si trovano in piani diversi e , pii'i che denti di pettine , simulano appendici di una corona. Al riguardo la presenza sui cauli fasciati di solchi longi- tudinali è da noi confermata per le radici, che ne pi'esentano uno solo e mediano se collaterali, ne presentano parecchi se seriali ed, invero, tanti quante sono le radici cilindriche, deri- vanti dalla scissione. Per simile tendenza a scindersi , i solchi diventano vei'so l'apice sempre più profondi e larghi sino ad incontrarsi da parte a parte e determinare la separazione delle radici. I^a forma a rosario della sezione trasversa di simili radici è tipica abbastanza, per essei'e qui particolarmente illustrata. Le radici parziali, derivanti dalla scissione delle fasciate, sono nelle collaterali perfettamente cilindriche , tendenti verso questa forma nelle seriali. In queste le radici parziali svelano i comportamenti più diversi, procedendo ora parallelamente fra loro, ora divaricando e foggiandosi ad es. in forma di àncora, ora avvolgendosi 1' una con l' altra a nodo. Contrariamente , (|uindi , ad altri processi schizogenici , la schizostelia produce schizorize molto diverse dal punto di vista morfologico. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 37 Per tale rispetto le collaterali presentano la più grande nnifonuità , le seriali la più grande varietà di forme o proprie o riferibili in parte a quelle dei fusti, come ad es.: la piana, 1' anulare e la s p irai e. La piana, semplice per quanto rara, dovrebbe compiersi secondo un piano verticale, ma, per la tendenza alla scissione, raramente le radici parziali rimangono nello stesso piano del tratto fasciato , clie a sua volta si curva e si piega. Astraendo, quindi, dal comportamento delle scliizorize, questa forma di fa- sciazione sarebbe più frequente rispetto alle altre, tanto più che v' è non di rado passaggio graduale dalla forma fasciata alla cilindrica, senza che siavi scissione. La fasciazione anulare è rarissima nelle l'adici. Però i pochi casi riscontrati in migliaia di esemplari confermerebbero il con- cetto, certamente originale ma non suffragato ancora da ricerche anatomiche, che i rami fasciati non sono obconici, non potendo il loro tessuto midollare tener pari passo con (jnello tanto moltiplicato dei fasci fibrovascolari. Questi casi, riferibili, per altro verso , alla schizostelia, saranno esposti pili tardi e varranno a meglio illustrare il concetto nuovo e non conciliabile a prima vista con la fasciazione di rami tìstulosi, enunciato dal Pi-of. Delfino. La fasciazione spirale è frequente nelle radici dell'asse ipocotileo, sul quale presenta casi numerosi e diversi, non ravvi- sabili, né forse possibili nei fusti, ma da noi pur seguiti nelle colture acquose, ove le radici sono molto più libere nei movi- menti loro rispetto a quelle del terreno. La tendenza ad avvolgersi in forma di spira fa somigliare simili radici, come si rilevò per i fusti, a pastorali di vescovo od a foglie di felci. Bene spesso, però, simile torsione è a danno dell'accrescimento apicale, che cessa del tutto o continua nel caso abbastanza raro che la radice, dopo aver segnato un largo passo di spira, riprende il suo allungamento in linea quasi retta. Neil' arrollauìcnto spirale le radici non vi partecipano in genere per tutta la loro estensione per il fatto che parte della 38 G. Lopriore e G. Coimjìio [Memoria VII.] zona fesciata viene a sacrificarsi. Questa parte corrisponde ora alla più interna, ora alla ]nù esterna, quasi mai ad una mediana della zona stessa e, o viene ad ati'ofizzarsi del tutto, o non di rado ad arrollarsi essa pure per breve lunghezza in senso inverso a quello della stessa fasciata. Di norma la torsione spirale s' inizia dopo un tratto di fa- sciazione piana , ma non sempre , come ammette il Nestler , per effetto di lesioni meccaniche, difficili a compiersi in colture acquose. Se, ncmdimeno, alla torsione precede o segue in alcuni casi la necrosi del tessuto corticale o vascolare, non si può non ammettere una certa cori-elazione fra 1' una e 1' altra anomalia. Tra le forme di fasciazione, possibili nelle radici, ma diffi- cili a verificarsi nei fusti , merita cenno la tendenza a torsioni elicoidali, per cui quelle si presentano in forma di chiocciola, costituita di \\\\ tratto largo alla base, progressivamente stretto in alto e terminante con una radice cilindrica che ne sormonta r apice. In simile torsione è sempre il tratto interno che, o in conseguenza della pressione o per cause difficili a determinarsi, deperisce o dispare del tutto, lasciando il solo tratto esterno che si restringe e riduce ad una i-adice cilindrica. Quanto agli altri caratteri morfologici delle fasciate seriali, basti accennare che le dimensioni variano così grandemente da non permettere di poter fissare alcuna norma, pur non discostau- dosi da quella generale di presentare una degradazione progres- siva, a partire dal piano dei cotiledoni. Per la larghezza, le radici fasciate non possono certo com- petere con i fusti, tenuto conto delle dimensioni relative e del diverso grado di dignità morfologica, essendo le radici in discorso assi secondari , non primari come i fusti , con cui le mettiamo a riscontro. Questo, però, va inteso con grande restrizione quando si pensa che i fusti non sogliono essere fasciati sin dalla base, ma passano gradatamente dalla forma cilindrica a quella ap- piattita, mentre le radici si compoi-tano in modo inverso, pur risolvendosi come quelli in assi ciliiulrici. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumaticlie. 39 Per lo spessore, le radici fasciate iiiostrauo un decresciiiieiito continuo dalla base all' apice, salvo il raro caso d' ingrossamenti fusiformi, die la radice presenta per l'improvviso destarsi di lacune nel cilindro centrale. Si comporterebbero, ({uindi, al pari dei fusti, in cui il passaggio dalla forma cilindrica alla fasciata è di so- lito seguito da una corrispondente diminuzione di spessore. Lf» spessore delle raditù fasciate varia ])ure nel senso dell' as- se trasverso. Al riguardo sono le fasciazioni spirali (pielle che presentano le maggiori varia/ioni, perchè scindendosi gli assi, dopo il breve ti'atto avvolto a spira, in più radici cilindriche, fanno riconoscei*e al limite esterno la radice più sviluppata, a quello interno la più ridotta. Lo spessore deci'escerebbe, quindi, con grande costanza dalhi parte esterna a quella interna. In un solo caso, per dififtcoltà tecniche non seguito accura- tamente, si potè constatare che di due radici derivate da una spirale, la meno sviluppata era all'esterno. Deve forse attribuirsi a questa posizione insolita il fatto che non api>ena quest'ultima radice potè liberarsi dall'altra, si arrollò in senso diverso da essa. Un carattere particolare delle fasciate seriali, ma che pare non spetti sempre ai fusti, per quanto almeno la lettei'atura e 1' osservazione nostra soccorrono, è quello di presentare gli orli lievemente ondulati. A misura però che tali radici si risoh-ono in altre cilindriche, il carattere dispare , come del resto manca in quelle più strette. Caratteristica è pure la tendenza ad uscire in forma di ar- chi dal tittone e, per alcune più larghe dall' asse ipocotileo , di avvolgersi a spira intorno a ((uesto, tentando i)ersino di peneti'are con 1' apice in esso , o di presentare larghe pieghe, foggiandosi quasi a banderuole e portando in alto 1' apice intero o crestato. Sia per le dimensioni, sia ancora per il numei'o stragrande, in cui le laterali cilindriche e le fasciate irrompono dal tittone, questo presenta, specialmente se castrato, profonde dilacerazioni longitudinali, che dai cotiledoni si spingono tin quasi al limite della castrazione. 40 G. Lopriore e G. Conif/Uo [Memoria VII.] La zona più esterna di coi'teceia, intercedente fra queste di- lacerazioni suole talora sollevarsi, rimanendo fìssa al tessiito sot- tostante con i soli estremi, tal altra staccarsi con uno di qnesti ed arrollarsi in forma di spira su se stessa. Simili fenditure, non che l'enorme ingrossamento assunto dai fittoni castrati, spiegano la grande reazione opposta alle azioni traunuitiche e la conse- guente irruzione di radici fasciate od appiattite. I caratteri fin qui accennati si riferiscono alle fasciazicuii tipiche, cioè a quelle molto larghe, il cui diametro minore en- tra più volte in (juello maggiore della sezione trasversa. Per le strette, invece, buon numero di caratteri viene a mancare e la tipicità a perdersi. Radici con sezione ellittica alla base, termi- nano all' apice con quella circolare, frequente essendo simile ten- denza nelle radici secondarie di fìttoni castrati, in cui oltre che il passaggio dall'ima all'altra forma di sezione, si verifica, dalla base all'apice, una corrisp meno schiacciata. In conseguenza di simile orientazione, le piastre, per non convergere nel senso dell' asse minore della sezione 1' una contro 1' altra ed incontrarsi con le basi, alternano (jneste, secoiulo raggi diversi, in nM)do da utilizzare meglio lo spazio in scuso radiale. Fanno eccezione le sole piastre polari, disposte cioè agli estremi dell'asse nniggiore della sezione trasversa, a causa del loro sviluppo nel senso stesso di quello. La ffiscidzione fìeìlc radivi in ntpimrto ad azioni traumatiche. 43 Piò tardi, movendo dalla base all' apice, nelle radici s'ini- zia lo stato secondario, per cui si compie la fusione delle singole piastre legnose o V arrotondamento dei contorni loro per etf'etto della fornuizione di legno secondario, che si addossa al prima- rio. Nei fusti fasciati i singoli fasci si fondono in nn anello unico, in cui legno e libro continuano a svilupparsi con la ten- denza accennata. Se, però, la forma iniziale di piastra unica, disposta secondo r asse maggiore della sezione, si cfniserva, senza risolversi in altre singole, il legno secondario, addossandosi ad essa, vi pro- cede d'ambo i lati parallelamente, terminando alla periferia con i vasi più larghi. A questo modo il legno oifre la sezione di un rettangolo più o meno regolare , con orli frangiati o forati ])er la presenza di vasi più larghi. Lo stato secondario nelle radici fasciate si compie non in tutta la lunghezza, ma i»referentemente verso la base. Per fusti fa- sciati non soccorrono le notizie bibliogratiche, nni havvi ragione per ritenere eh' essi non debbano diversamente comportarsi. Il passaggio allo stato secondario può essere affrettato od in parte modificato da cause perturbatrici, come ad es. dal de- starsi di lacune in seno alla corteccia od al cilindro centrale. Riassunto. L' esposizione comparativa dei caratteri della fasciazione caulinare e radicale, i)er (luanto l'una può compararsi all'altra, permette di distinguere gli stessi in e o m u n i e s p e e i fi e i: Caratteri comuni: fasciazione piana, anulare e spirale, schizostelia, estinzione dell'apice per eccesso d'ipertrofia, svilup- po notevole del midollo, particolari disposizioni meccaniche. Caratteri specifici dei fusti: tendenza ereditaria (per semi) e individuale (per gemme, che trasmettono la fasciazione dagli assi primari ai secomlari), predominio di gemme fiorifere e di fiori unisessuali, fillotassi aberranti, linee a pettine. Caratteri s p e e i ti e i delle radici: polim orfìa più spic- cata, rizotassi ridotte, variazioni nel tipo radiale del fascio. 44 (j. Loprìore e G. Coniylio [Memoria VII. KKL AZIONI ERA RADICI FASCIATE E EITTONI Per tali relazioni inerita au/itutto un hreve eenuo la legge delle supertici lil)ere,torniulata dal Beiitrand (1) in questi termini: « Lorsque dei>t productions seeerticie libera i)uò for- mare del floenia e dalla parte opposta xilema. Xei casi da noi osservati Fattività di questo nun-istcma era abbastanza grande verso la base del taglio od in i>rossiniità im- mediata dell' incisione, ma non risultava mai c(»sì intensa come il Bertrand ammette. E se anche in certi casi la zona di tes- suto nuovo , derivato dall' attività del meristema iu discorso, acquista uno spessore rilevante, pure la formazione di nuovo tloema e nuovo xilema si verifica soltant<» verso l'apice radicale, per attività del tessuto fondamentale , che nei coni vegetativi è certo molto più graiule die altrove. In genere le nnove pareti divisorie si formano nei tessuti, lesi per azioni tranmaticlie o per infezione di parassiti, paral- lelamente alla superticie della ferita oppure a (jnella degli ele- menti ad attività rallentata o spenta. Tali processi di ])rolifera- zione sono più frequenti nella corteccia, ma non mancano nel cilindro centrale, che anzi in (|uest' ultimo è costante la ten- denza a dar fornui regolare a quei cordoni ancora informi di tessuto, sorti appena da processi così attivi di rigenerazione. Costante essendo la tendenza nell' endodernui a chiudere il cilindro centrale da quella |)arte , in cui (|uesto ha perduto la sna integrità, si pnò dire che (|uesta guaina di difesa sia effettivamente la prima a formarsi nel cambio di ferita o meri- stema testé accennato, tant<» da rispondere in realtà al nome da- tole dagli anatomi tedeschi. Sol quando V endoderma ha ihiuso il cilindro centrale, si comidetano nell' interno ed all'esterno di esso i tessuti del floema, dello xilema e della corteccia. Tali processi di rigenerazione e d' isolamento sono alle vol- te così energici da farsi risentire anche a distanza. Così avendo r ossei'vazione mostrato che erosioni nella zona periferica della corteccia si trasmettono fino al cilindro centrale e ne determi- nano in qualche caso la scissione , si volle , con 1' esperienza , 46 6'. Lopì-iore e (ì. <\>i\uiìi(> [Memoria VII.] provare se riucisioiic loiigitudiiinlc della corteccia, non seguita, ben inteso, da alterazioni della stessa o da lesione del cilindro centrale potesse detta-niinare la scissione di (jnesto. Le prove sve- larono nel l'atto come in simili casi il cilindn» centrale, si scinda op]iur no in jìarti eguali , tende costantemente a far assumere torma e contoi'ni regolari a (|ueste ])arti. Nel caso della incisione longitudinale dei tittoni, il jìroces- so, se n(ui avversato da altre cause, si svolge rapidamente e con- duce alla scissione abbastanza regolare del cilindro centrale ; se invece la corteccia viene ad essere erosa in c(»nsegnenza di azioni estranee, allora 1' isolamento dei cilindri centrali procede in modo lento , poiché , prima che i cilindri parziali raggiungano forme regolari , la radice sottostà a vicende curiose , jier cui , seguita in sezioni trasversali, presenta ligure strane ed irregolari, tanto diverse dalla circolare. In conseguenza della incisione longitudinale delle radici primarie , si desta non di rado (|uel processo di rigenei'azione designato dai botanici e selvicultori tedeschi col nome di «Ue- l)erAvallung >> per le piante arboree. I lembi estremi della fe- rita, formati dall' epidermide e dalle cellule corticali sottostanti si arrollano a spirale verso l' interno, lasciando fra loro una la- <-una in forma di cuore. Tale processo soniiglierebl)e solo per la forma (luello dianzi citato , ma non sarebbe , come questo , })rodotto dall' attività del cambio , poiché di solito la chiusura delle incisioni si c(' dcìlc radiei in rapporto ad azioni traumatiche. 47 Questa sostanza si ti-<.va tanto ìwj:V intercellulari (|uanto ancora ad iinpreunare le pareti ed il lume delle cellule. Sezioni trasversali di radici, clic presentano parecchi strati periferici di tali cellule oppure gruppi pifi o meno estesi di si- mili elementi situati nella zona corticale , trattate con acqua , alcool, etere, a temjx'ratura ordinaria od a (|uella d' ebollizione per breve o per lunga durata, si conservano intatte, senza cioè che la sostanza in questione subisse alcun cambiamento nel sua aspetto e carattere mieroeliimico. L' acido solforico concentrato o la potassa caustica fanno imbrunire la stessa sostanza senza però discioglierla interamente. Ploroglucina ed acido cloridrico impartiscono a membrane così impregnate una colorazione rossastra come se fossero mem- brane ligniticate. Sor])rende anzi come le pareti degli elementi, i cui intercellulari si presentano così rii)ieni, svelano pure la co- lorazione rossastra. Con clorato potassico e acido nitrico la sostanza non si scioglie neppure dopo una digestione di parecchie ore , però la colorazione bruna passa gradatamente ad una più cliiara, ([uasi paglierina. Se dopo tale trattamento si ritorna a quello con tlo- roglucina e acido cloridrico, la sostanza rii>rende quasi immedia- tauìente la primitiva colorazione gialla o giallo-bruna ; [)erò le pareti, che col trattamento di macerazione hanno perduto buona parte della lignina, mostrano la colorazione in violetto, (;aratte- ristica delle membrane ligniticate. La reazione, raecomaiulata dal Prahi. e riferibile appunto alla gomma di difesa non dà neppure risultati decisivi. Secondo tale reazione , prima impiegata dal Temme (47) , dovrebbe la gomma di difesa, dopo un quarto d'ora di digestione in clorato potassico e acido cloridrico , sciogliersi in alcool oppure nel li- quido stesso. di macerazione, prolungando in questo la durata dell'immersione dei tagli. Tale reazione non produce però sulla sostanza in questione alcun sensibile cambiamento , astrazione fatta da una leggera chiai'iticazione. '48 0- Lopriore e (ì. Coniglio [Memoria VII. In confronto al coniixìrtaniento col liquido di macerazione dello ScHULZi:, la reazione del Temme ha duiKiuc un" azione meno energica. Come nella prima, però, la sostanza in questio- ne riprende il suo primitivo colore trattandola con tìoroglucina ed acido cloridrico, senza che le pareti, da cui era stata sottratta la lignina, ]»resentino la reazione tipica di (piesta. La sostanza mostra, dunque , contemporaneamente la rea- zione del legno e del sughero, senza ])erò lasciarsi identificare ])er nna di queste due. Ad ogni modo essa ditt'erirebbe da (juella sostanza gialla o rifrangente la luce osservata dal Klinoe (24) tanto nelle cellule corticali delle radici di mais, quanto ancora in quelle di molte Graminacee e Oiperacee. Tale sostanza, da noi senz'altro designata col nome di gom- ma di difesa, se non corrisponde alle reazioni caratteristiche del Peabl e del Temme , deve senza dulibio avere 1' identica im- portanza fisicdogica, poiché V abbiamo riscontrata specialmente in prossimità delle supertìci messe a nudo in conseguenza di tagli o d' incisioni, sia trasversali che longitudinali. Nei casi in cui essa riscontrasi in cellule limitanti le la- cune destatesi nelle radici fasciate o in gruppi più o meno estesi del tessuto corticale o del cilindro centrale, V importanza fisiolo- gica dev'essere senza du1»l)io identica a quella teste accennata. Quando le lacune hanno per effetto di scindere i cilindri centrali ])arziali di uno i)rimitivo, la snberificazione degli ele- menti confinanti la lacuna è cpiasi costantemente seguita dalla presenza della gomma di difesa, la ([uale, a conforto della no- stra asserzione, si riscontra anche al di là dei limiti immedia- tamente prossimi della lacuna, quand' essa è cieca, oppure al sercentuale di tìttoiii con piìi radici fasciate fareb- be considerare la fasciazione come una tendenza insita agii stessi e forse capace, come nei fusti, di trasmettersi ereditariamente. Simile tendenza è ancora ])iii spiccata nelle collaterali, che, seb- bene rare rispetto alle seriali, si ritrovano spesso in numero di pili sulla stessa ortostica in conseguenza del loro modo di ori- gine. Che la fasciazione spontanea non sia determinata ma sol- tanto favorita da nutrizione attiva, trova appoggio nel fatto che in genere sono i tittoni più robusti di piante vigorose (juelli che pili spesso presentano laterali fasciate. Semi di fava , rosi da bruchi, danno tittoni sottili ceni radici secondarie specialmente rade alla base e mai fasciate. La fasciazione i n d o 1 1 a, (|uindi relativa a cause e s t e r n e, è promossa direttamente nei fusti da azioni parassitarie o mec- caniche, indirettamente nelle radici da (juelle traumatiche. Esclusa, infatti, a priori un' influenza diretta su littoi\i, il cui apice venne leso o soppresso, i jxtchi casi di fasciazione parziale, in tittoncini comjtressi od incisi radialmente, sono da considerarsi quali eccezioni rarissime. Esclusi , d' altra jìarte , i casi non meno rari di fasciate collaterali, la cui formazione dipende dal numero e dalla dispo- sizione delle lame legnose della primaria, (|uindi da un fatto Atti Acc. Seiuk 4°, A ol. XVII — Meni. VII. 7 •">'> tì. Lopriore e G. (jonujlio [Memoria VII. del tutto interno, rimangono, nel caso nostro, le canse trauma- tiche, quindi esterne, come le sole a determinare la fascia/ione. Rispetto air azione specitica di ognuna di esse, la castrazione è quella che fornisce un contingente tanto più alto di laterali t'asciate nonché di laterali eilindriclie, quanto più breve è il tratto di radice primaria rimasto dopo 1' asi)ortazione dell' apice. Le altre cause, che tendono a uìenomare l'integrità dell'apice ancor giovane, conducono del pari ed in misura diversa alla fasciazione; (|uelle, invece, che, rispettando l'incolumità della primaria, me- nomano o sopprimono le secondarie, sono indittereuti per la fa- sciazione. Occorre , però , che in tutti i casi la su]»erticie lesa della radice primaria calliiichi o si rigeneri prima che processi ])atogeni ne aft'rettino il deperimento. Non altrimenti va intesa 1' azione della pressione, la quale se, nelle esperienze nostre, mai condusse direttamente alla fascia- zione, pure non ne seuìbra del tutto estranea, se si giudica da alcuni casi spontanei di perforazione tangenziale dei tegumenti seminali di fava, in cui le radici, penetrate cilindriche, ne usci- vano fasciate. La considerazione, anzi, di (jnesti casi fa pensare che solo una pressione lieve, ma lìrogressiva e continua sui coni vegetativi, paragonabile, per altro verso, agli etfetti dell' azione lenta di parassiti, possa indurvi trasformazioni identiche a (luelle com))iutesi in apici vegetativi fasciati. Jl numero delle secondarie fasciate è in relazione diretta con (luello delle cilindriclie, le cui medie per ogni centimetro di lunghezza dei tìttoni castrati sono tanto più elevate quanto maggiore il numero delle fasciate per tìttone. Intanto che ricerche microtomiche nìirano a studiare il com- portamento dei relativi meristemi apicali, si può per ora ritenere che la fasciazione delle radici secondarie sia dovuta per lo ])iù ad una modificazione iniziale dell'apice, il (juale assume la forma di cuneo invece che 1' ordinaria di cono; quella dei fusti ad una moditìcaziyCLUSI()NI L' esame dei risultati tìnora consegniti permette di enun- ciare le seguenti conclusicmi d' ordine generale : 1) La fasciazione delle radici secondarie somiglia nei ca- ratteri fondamentali a (|uella dei fusti. Ne differisce per il fatto che, mentre questi sogliono passare dalla forma cilindrica alla fasciata, le radici si comportano in modo inverso, passando gra- datauìente dalla forma fasciata alla cilindrica o risolvendosi, per scissione dell' apice, in due o più radici cilindriche. 2) La forma rara di fasciazione dei fusti, detta duplica- zione, si riscontra anche nelle radici, anzi è propria delle col- laterali. Nelle seriali non è che apparente, poiché se anche que- ste presentano casi di V)ipartizionc molto regolai'e, pure le due schizorize diiferiscono fra loro oltre die dal punto di vista genetico da quello morfologico ed anatomico. 3) Alle tìUotassi aberranti dei fusti fasciati corrispondono nelle radici fasciate rizotassi particolari, per cui la formazione delle radici terziarie si <'ompie per lo \nn non sulle facce piane o curve ma sui margini delle secondarie, cioè in corrispondenza degli estremi dell' asse maggiore della sezione trasversa. ■i) La forma più fre(iuente di fasciazione delle radici è la ])iana. Xon mancano, i)erò, l'anulare (se a questa vogliono riferii'si alcuni casi particolari di schizostelia) e la spirale, che, contrariamente a quella dei fusti, si compie più verso la hase che verso 1' apice delle radici. Spire incomplete si presentano, però, non di rado anche all'apice delle singole schizorize pro- venienti dalle fasciate. 5) La fasciazione delle radici è nelle ^Monoeotili (Zea Maj/s) più semplice che nelle Dicotili ( Vicui Faha), essendovi tendenza ([uasi esclusiva nelle prime alle fasciate collaterali, nelle secon- de alle seriali. Ln fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 53 (j) La fasciazione spontanea sembra, almeno per ora, essere determinata direttamente dallo sviluppo dell' apice secondo un piano longitudinale e indirettamente da favorevoli condizioni di nutrizione. 7) Rispetto alle cause determinanti la fasciazione indotta, valgono per le radici quelle stesse presunte per i fusti. Se non (die mentre in questi 1' azione di cause parassitarle e meccaniche è diretta, nelle radici l'azione di quelle traumatiche è indiretta, ripercuotendosi dalle [irinuirie alle secondarie. 8) Era le cause traumatiche, la castrazione delle radici pri- marie conduce più sicuramente alla fasciazione delle secondarie. Questa è tanto più frequente, quanto ])iù breve la distanza fra il piano d' inserzione dei cotiledoni e (|ueUo di asportazione dell' apice radicale. 9) L' incisione radiale dei fittoni, non approfondita sino a spaccare il cilindro centrale, può produrre tanto la fasciazione dei fittoni stessi quanto (juella delle radici laterali. Ma come i primi non si conservano a lungo fasciati per la tendenza a bi- partirsi verso r apice, così le laterali fasciate sono meno nume- rose rispetto a ([uelle promosse dalla castrazione. 10) La pressione laterale dei fìttoncini [)uò produrre, tinche agisce, la loro fasciazione parziale o provvisoria, ma ben di rado quella delle radici laterali. In natura (questa forma di fasciazione indotta rappresenta, certo, una delle più frequenti. 54 (t. Lojiriore e 0. VonitiUo [Memoria YII.J KIBLIOGRAEIA (I luiiiieri pronressivi si riferiscoiui !i (|iii'11i citati nel testo) 1. Bertrand: Ldi ilcs surthces lihres. Cdinpt. h'nid. . Caspary : Gcbiindtntc Wiiizeln eiiies Eiilieiistockes. iSchr. d. jtln/s. ohm. Ges. ili Kiiiiigsbery, 1882, p. l-:>. — Eiiie gehiiuderte Warzel voii S p i r a e a so r 1) i td 1 i a. Ibidem, 1883, p. :ì()-32. 7. Costantin : Observations sur la fasciai ioii des Mucediiiées. 7>((//. r/c /« iS'oc. mycoì. de Fra net. T. IV. p. 62-68. 8. Cramer : Ueber die morpliologisclK; Bedeutuii"- des Ptlaiizeiieies. Beitrag- znr Kritik voii Hallier's Pliytopatliolo.uie. Boi. Zeitniifi, 1868, p. 249. !». Cuboni : Hiilla eansa della fasciazione nello Sparti uni Jan e e uni e nel S ar o t h a ni n u s scoparins. Bull. Sor. hot. it. 1894, p. 281. 10. De CandoUe M. C. : Cas renjarquable de faseiation cliez un sapin. Arehir. de (Se. plii/.'i. et nat. 1889. p. 95. 11. Delpino : Teoria generale della fillotassi, (leiiora, lss:i, p. 217. Ili. Del Torre: Fasciazione eaulina nella S e r o |» li u 1 a r i a canina. Ciri- dale, 1890, p. 1-11. i;ì. Detharding : De Asparago laticanli observatio. .Misciìi. A<: nat. Viir. 1699- 7011, p. :>1. l-l. De Toni : Jireve notizia sopra un caso di fasciazione eaulina. Bull. »Soc. veneto-trentina di iSc. nat. l'adora, 1888, Voi. I\ . N. 2. 15. De Vries : Sur les courbes galtoniennes des nionstruosjtés. Bull, seieiit. de France et BeUjiqne, T. SXVII, p. 396-418. — Sur l'bérédité de la faseiation. Bot. .laarboel;, Geiit, 1894, p. 110. — Ueber die Abhiingigkeit der Faseiation vom Alter bei z^Teilabrigen Pflanzen. Bot. Ventralbl. 1899, p. 289. 16. Ernst : P.otanische Notizen aus Venezuela. Bot. Ventralbl. Bd. II. p. 574. La fasciazione delle radici in rapporto ad azioni traumatiche. 55 17. Fermond : Note sur une tige fasciée de (J u e u r b i t a Pepo. Bull, de la ISoc. hot. de France, IStìO, p. 496. — Essai (le Pliytoiiiorpliie. Paris, 1864, T. I. p. 299. IS. Frank : HaiKlbuuli «ler Ptiaiizeiikiaiiklieiteii, I. Aiifi. Breslau, i.s',95, p. 231. 11». Gravis: Les faseies .souteraiiies des Spirées. (Jompt. Keml. de la iSoc. ro- yale de Botanique de Belqique, 2'' partie, issi, p. 30-oò. l'O. Grevillius : IJebev eiiie fasciirte Form voli Sideriti s lanata. Bot. Ceutralbl. Bd. XLVl. p. 219. 21. Hanstein: Beitriige zar allgenieiiieii Morphologie der Ptlaiizeu. Wehrver- falneii gegeu Verwiiiiduiigen uiid Yerstiiniiiieluugeu. Bot. Ahh. Bonn, 1SS2, Bd. IV. p. 136. 22. Jungner : Eiuen Fasciatioiisvorgaug- der Berberis vulgaris. Bot. rentralhl. Bd. XLVI. p. 2Ò9. 23. Keissler : LIeber eiue Zweig:fasciatioii bei L o n i e e r a caucasie a. Verh. d. zool. hot. Ges. in Wien, 1899, p. 24ó. 24. Klinge : (iraiuineeu- und (Jyperaceeuwurzelii. Mém. de PAcad. imp. de 8. retersljour(j, VII Hérie, T. XXVI. N. 12. 25. Kny: Ueber deii Einfluss voii Zug und Druck auf die Kiclituiig der Scheidewiinde in sicli tlieileiideii Ptlanzenzellen. Fringsheim'.s Jahrb. Bd. XXX VII. p. òò. — Ueber den Einfluss des Lichtes auf das Waclistliuni der Boden- wurzelu. Ibidem, Bd. XXXVIII. p. 421. 20. Kronfeld : Studien zur Teratologie der Gewachse. Verh. d. zool. bot. Ges. ili Wien, 1886, p. 19. 27. Linnaei : Pliilosophia botanica. Vienna, ITòò, p. 216. 28. Lopriore : Regeneration gespalteiier Wurzelii. Nova Acta der K. Leop. Carol. Deutseh. Akad. der Naturforscher, Bd. LXVI, 1896, j). 211-286. — Regeneratiou gespaltener Stamnispitzeii. Ber. d. deutseli. bot. Ges. 1S92, p. 76. 29. Magnus : Bine schoue Fasciatioii vou Berberis v u 1 g a r i s. Sitzber. d. bot. Ver. d. Frov. Brandenburg, Bd. WIII, 1876, p. 11-12. — Fasciatiouen von Campanula lyerniciUolia. Ibidem, p. 12. — Fasciation bei K a n u n e u 1 u s b u 1 b o s u s. Ibidem, Bd. XX. p. 64. 30. Masters : Vegetable Teratology. London, 1869, p. 11-21. 1. Maxvel : Teratology (deutseh von Udo Dammek). Leipzig, 1886, p. 35. 32. Meehan : The law of fasciation and its relation to sex in plant.s. l'roced. of amer. assoc. for science (Botanij). Xea- York, 1872, p. 276. 33. Mezzana : Sopra un caso di fasciazione nel fusto di Cucurbita Pepo. Bull. Soc. bot. it. 1899, p. 268. o 56 0- Lopriore e G. Conifilio [MEMORIA VII.] .U. Michelis: l'cliev Fiisciatioii von T a r a x a e ii ni. Jiot. Zcitiiiiti, LSSó, i).440-41. .!."). MoUiard: Iti-vue des travaiix de téiato]()«;ie et de jKitliolooie végétales. ìxcc. nén. (le Botaiiùiiif, T. VII. p. 4tìtì. — Cas de tasciatioii d'origine parassitaire. Ibidem, T. XII. p. H2i;. .{ti. Moquin-Tandon : Elcmeiits de Teratologie vegetale. Pwrts, i^'J/, 7^. /Ó/-.52. .SI. Mottareale : Su di un caso di fasciazione spirale nel L i n 11 m s t 1 i e- t 11 ni. ÌHr. lU piitoì. r('(j. Voi. Vili. p. :ì2ìì. 3S. Némec : leiter ilen Eiiitlnss der iiieciiaiiisclien Factoren auf die lilatt- stelhiiig. 7>m//. ivUriKit. (le l'Acati. (Ì. He. de Boheme. Profiìie, 1903, p. 1-14. 3!l. Nestler: Uelier Kiiigfasciation. Vcrh. d. Akad. d. ]Vissc)i.er die Regeneratiou des Vegetationspiinli(jìie, 1S77. p. 19. 41). Will : Heitriige zur Keiintiiiss des Keui-und Wundliolzes. lUwv. 1899. MeiiKtrìa Vili. ycetes siculi novi Dr. G. SCALIA Myriostoma coliformis (Dicks.) Corda, C. G. Lloycl : Tlie Geastrae i)ag-. 6, tìg. 1-4 ; sub Geaster coliformis Pers., De Toni : Sylloge Fuiig. VII, ]i. 73; Lycopeidon Dicks. lu coutrada Pompeo, presso Mascalucia, nello scorso ottobre rac- colsi un unico esemplare, disgraziatamente uu poco guasto ma per- fettamente vicouoscibile, di questa elegantissima specie che tìn oggi uou era stata rinvenuta in Italia. Per 1' Europa questa specie era riportata di Inghilterra (molto rara), Olanda, Germania, Polonia e Ungheria (frequente) ; si cono- sceva anche del Capo
  • itis : lìeritheciis profuude immersis , irre- gulariter lenticiihiribus, astomis, 700-780 \l latis, \l 80-120 altis, soìi- tariis, contextu temii, indistincte oliraceo. pareiìchymatico; basidiis Cy- Undraceis, hrevibus, circ. 10-12 \i. longis, dense constipatis, ambitum totivs caritatis obteyeittibus, hyalinis: sporiiUs copiosis , ohlonfiis vel oblonqo-lanceolatis 9-11 X 3-3.Ò, cotitimiis, hyalinis, eyuttulatis rei sed spurie 2-()uttulatis. Sopra rametti aridi, disseccati, si presentano delle macchie nere, l)romiuenti, lucide simulanti quasi una Dotidacea. Lo stroma lentico- lare. piano-convesso, oblungo, è costituito dai tessuti dell' oste al- quanto alterati: esso è limitato verso 1' esterno da una zona formata di 2-3 piani di cellule corticali, verso 1" interno il limite dello stro- ma è dato da alcuni piani di cellule lioematiche anch' esse annerite. (1) I Series, in <■ Heìidiconti del Congresso botaiiico di PaUnno, maggio 1902 Atti Acc. Skkik 4=", Vol. XVII — Meui. Vili. Br. G. Smlin [Memoria Vili. Nel mezzo «li (juesto stioiiia particolare e segueìidoue la forma si Ila quasi sempre nu grau ))eritecio che misura 700-780 |ji in lar- ghezza, 80-120 in ispessore. Il peridio, di colore debolmente oliva- ceo, è costituito da pochissimi' piani di elementi poliedrici e molto stirati tangenzialmente ; esso è tappezzato uniformemente da uno strato fertile esile, parenchimatico , incolore, dal (juale si elevano , irraggiando verso la cavità periteciale, numerosi liasidii brevi , ci- lindrici, jalini e fascicolati. All'estremità di questi basidii si for- mano le si)ore , le ijuali si mostrano prima come minuti rigoniìa- menti vescicolari mentre piii tardi, giunte a maturazione, sono ob- lunghe od oblungo-lanceolate, semplici, jaline e misurano 9-11 |j. in lunghezza, 3-3.5 in ispessore ; hanno la itarete sottile, sono ripiene di plasma granuloso e sfornite di gocciole, alcune, mentre altre pre- sentano regolarmente due goccioliue verso gli estremi. A nessuna delle poche specie di questo genere ho potuto riferire il mio materiale; ho creduto quindi opportuno istituire questa nuo- va specie. Habitat: in frustulis exsiccatis, aridis? Andynridis foeti-ilae, Kan- dazzo, Majo 1897 (Legit t M. Fusaja). ? Sclerotiopsis Pelargonii S<'alia n. sp. L't'ritlu'ciiH (jluboso-coììicts, basi mvijvque ap2>l-l'2. Feritheciis sparsis rei qregariis, primnm svh vortice iiidulantibus de- niqìte erumjìentihuii. saepius seriatim disjw.sitis, atris^ oblonfio-flepresms, ìtsque 3Ó0 jj. lonf/is, ]x 240-250 latis, 130-140 [j. nltix ; coidextu olira- ceo-fuligineo , pafenchymutico e cellnlis polygonalihuH composito; spo- rnlis oblongis rei fere ohoi^atis, aeqnalibus sed non rare inaequalibtis, primum continuis, hyalinis , plasmate granuloso farctis , postea favi- dulis denique, maturitate, castaneo-wnbrinis . medio septatis , non vel vix coìistrictis, 18 — 21X9 — 10 , impellucidis, loculis obscure 1-guttula- ti.i quaitdoque eguttulatis ; basidiis brevibiis , circ. 10 \i. longis , cylin- draceis vel sa^peque papillaeformibus, hyalinis. Riferisco alla S])ecie del Sacc a r d o gli esemplari da me raccolti e sui quali estesi la presente diagnosi, perchè concordano abliastanza bene i caratteri delle spore e dei basidii. Difl'erisce il mio mate- riale dalla specie soltanto per i [ìcritecii non distintamente globu- losi e per la forma variabile delle spore. Accanto alle s|)ore oblun- ghe ve ne sono di quasi obovate, e mentre le prime misurano 18 — 21 X 9 — 10, le seconde sono piìi tozze e misurano 20X14 [i. L'essere o il non essere le spore guttulate non costituisce un ca- rattere differenziale del quale si debba tenere molto conto ; anche qui di fatti, come in altre specie, mentre in alcuni peritecii tutte le spore sono distintamente guttulate, in altri nessuna o quasi. In alcune spore le gocciole sono bene visibili, in altre si scorgono solo dopo che il preparato abbia subita una certa pressione. Queste gocciole cominciano a comparire nelle spore quando que- ste sono vicine alla maturazione, mai se ne incontrano nelle giovani Dr. tì. Scalia [Memoria Vili.] spore in via ili fonunzione e ili accrescimeuto ; in questi .stailii il l)rotoplasma presentasi sempre iiniformenieiite granuloso. (^)uesta specie è nuova per la Flora italiana , essendo stata rin- venuta fin ora soltanto in Germania eil in Francia. Habitat: in raniulis exsiccatis Spireue ulmariae, Istituto agra- rio siciliano Valilisavoja, Cibali (Catania) , Aprili-Majo 1003 (Ipse legi). Robillarda Celtidis Scaha n. sp. l'iiitlieciis majuscidis, globoso-depressis, 240 — '270 ;x diam., (jrena- liin. sub cortke nidulantibus denique erumpentibxfi, ostiolatis; contextu parenchymatieo , oiivaceo-fmoidiUo , circa ostiolum subatro, e ceUulis poUifionalibus depreiisis formato; stratu prolUjero totum nmbitum perithe- cii obte [i longis, rectis vel Jìexuosis, tnimitissime plurif/uttulatis, eseptatis iiiter- mixtis. Presentasi sotto forma ili macchiette uerastre un poco promi- nenti sui rametti aridi , disseccati. 1 peritecii subcorticali sono a lungo ricoperti dell' epidermide non nigrificata, piìi tardi col dila- cerarsi di questa vengono allo scoperto ; sono globosi oppure glo- boso-depressi e spesso gregarii. Il peridio [larenchiraatico , quasi olivaceo. eccetto attorno all' ostiolo dov' è nerastro, è formato da cellule poliedriclie stirate alquanto tangenzialmente. La cavità pe- riteciale è tappezzata da un abbondante strato ])roIigero parenchi- matico ad elementi minutissimi e quasi indistinti. Da questo strato si elevano numerosi basidii filiformi brevissimi alla cui estremità si formano le spore, obluugo-fusoidee o quasi obchivate, portanti all' estremità 2-3 setole divai icate, filiformi ed appena percettibili, lunghe su per giù come le spore e meglio visibili nei preparati rimasti all'asciutto. Le spore sono prima continue e jaline, più tardi diventano bicelhilari, iier la formazione di un setto mediano in corrispondenza al quale non presentano restringimento alcuno ; isolate sono jaline o debolmente dorine, ncH" insieme formano una massa quasi olivacea. Dallo strato fertile si ergono, tra i basidii, delle parafisi filifor- mi esilissime, lunghe -lO-AS |j., Jaline e minutamente guttulate ; Mycetes siculi novi queste paratisi iioii souo mai iDolto numerose, ma costanti in tutti i lìeriteci. Delle poche specie fin ora note, appartenenti a «piesto genere, soltanto RoìAllarda discosioides Sacc. et Beri, e R. (Jararae Tognini presentano qualche affinità con la nostra. La R. discosiodcs però ha i peritecii molto a|)pianati e le sue s|)ore ovoideo-fusoidee, molto assottigliate verso l' apice, portano un'unica setola e sono di dimensioni diverse dalle nostre (14 X 3-4). Affinissima, e forse identica alla nostra, è la R. Cavarae del Togli ini, raccolta su corteccia di melo. Corrispondono i)erfet.- tamente i caratteri e le dimensioni delle spore ilS-20 X 4-5 n nella R. Cavarae), ma le nostre portano 2 o 3 setole e non 3 o 4. 11 Togli ini ijoi nella diagnosi della sua specie parla di basidii tìliformi, lunghi 40 — 50 \i ; questi l)asidii fanno jiensare molto ai filamenti sterili da me osservati, ma non ho potuto decidere circa la identità delle ilue siìccie non avendo a mia disposizione alcuu esemplare di R. Cavarae. Habitat: in rainulis exsiccatis, dejectiti, Celtidls a niitralis, Cata- nia, Aprili lyoo (Ipse legi). Hendersonia Celtidis australis Stjalia n. sp. l'eritheciis ijlobuso-dcpressis, sub cortice niduUmtibus denique erumpen- tibns, |j. 310 — 3ò0 latis, 170 — 210 \x altis, sparsis vel 2-confuen- tibus ; roiitc.rtu tenni, fnlifiineo, parenchymatico ; sporulis oìilongis, saepius inaequalibus, utrinqiie late rotnndatis, S-septatis, ad sepia parum rei nec vonstrictis, priviitus continnis, hyalinis, postea l-sep- tatis ehlorinis, locnlis (/nttiilatis, deniqne niaturitate castaneo-fuligineis 13,5 — l>^ X 5 — 6', 3-septatis, eguttulatis ; ìiasidiis lif/aliiiis, tereti- bìts, |J. 10 — 12 loni/is suffultis. Periteci s|>arsi o siibgregarii, prominenti, puntiformi, brunastri, frequenti per lo i)iù in prossimità dei nodi, prima ricoperti dal sughero, poi erompenti, globoso-depressi. 11 peridio è foruiato da cellule minute poliedriche e di colore fuligineo-fosco. Le spon? numerose forniano nella cavità del peri- tecio una massa fuliginea, isolate sono invece fosche e si presen- tano oblunghe, largamente arrotondite ai due estremi, diritte ma per l(j pili inequilaterali od anche un [lOco ricurve, spesso rigon- fiate all' apice e ahiuanto assottigliate verso la base, 3-septate, con logge eguttulate e uniformemente colorate, quasi sempre un poco strozzate in corrispondenza ai setti od anche liscie. J>r. G. Scalia [Memoria Vili. Queste spore si originano iil l'estremità di basidii tìliformi, jaliui, radianti da un parenchima fertile cLie tappezza tutta la parete del l)eri(lio e si presentano dap|)rima seìnplici, ialine e ripiene di pro- toplasma granuloso, poi l-se|itate di color suholivaceo e colle logge monoguttulate, Hnalmente 3-septate luiiiio-fuliginee eguttulate. La nostra specie non lia niente di comune con H. Celtidis Eli. et Ev., raccolta, sopra rametti di Ceìtis occirloitaìis nelT America settentrionale, avendo questa le spore gialle 3-7-settate , mentre nella nostra le s])ore sono brune e costantemente 3-settate. È diversa da H. celtifolia (Jooke per le sjiore non davate e piti piccole. È afìiue a H. sarmentonim West, dalla quale è |)er altro bene distinta per i periteci non appianati e per le spore mai ellissoidali. Habitat : in ramulis exsiccatis aridis Celtidis australi», Catania, Aprili 1903 (Ipse legi). Stagonospora macrospora (Dur. et Mont.) Sacc. Syll. Ili, p. 400, >S('])t«ria iiKirrospova Dur. et. Mont. Syll. p. 277 ; Hendersonia fiptarthra Sacc. Micb. li, p. Ili; Hevd. Montagnei Cooke. Anì'phigena , peritlwciis immersis pachydermis, (/lohosis, atris, epider- mide tectis ; s})orvlis maximis, cyliiidracen-sìihchivatis, 3-5-septntis. gO — 70 X 10 — 12, articvlis taiidem sohihilibiis, v. saltem H-4-nu- cleatis, sidihyaiinis. Ohs : In exemi)lare meo sporidae vere majores, usque KM) ;j. lon- gae, lO-li |J- latae. Ho riferita la diagnosi del Saccardo (tìyll. 1. e.) che concorda assai l)ene col materiale da me osservato; questo in vero si disco- sta al(|iianto ilal tipo i)er le maggioii dimensioni a cui possono giungere le spore, (50 — 100 X 10 — 14 ; trattasi però indub- biamente della stessa specie. (Questa specie è nuova per la Flora italiana, essendo stata rinve- nuta sin ora soltanto in Algeria (Dnrieu) e in Francia (Eoumeguère). Habitat: in foliis exsiccatis vcl languidis Agaves amertcanae, S. Placido (Jalonerò, Scuola Agraria, Majo 1003 (Ipse legi). Septoria Caryophylli Scalia n. sp. Macìilis irregularihus, elongatis, in caulibus exsiccatis suhochraceis, linea fusca vel fuscidula cinctis, in foliis distincte ochraceis irregula- ribus vel ellipsoideis, in vtraque pagina foliornm elevatis ac linea purpureo-fìisca marginatis; peritheciis copiosissimis, irregulariter sjntr- sis, saepeque confuentibns, atris, punctit'ormihìts, subglobosis rei globoso Mycetes siculi nori conifìis, 140 — 170 |a iliam., immersis, ontiolatis ; ostioiis brevibus, papiUatia t stomntihns ejceuntibun; contextu parenchynmtico tenui, oliva- ceo-fi(li(iiiieo, circa ostiolum obscuriore; sporulis ci/lindraceiti, utrinque rotiiudatis 27.5 — 35 X 3 — 3.5, medio neptatis, non conutrictis, ex hi/alino dilutis.mne oUvaceis. plurignttulatis. La nostra specie è affine a ti. diimtìwphila Siieg. ma se ne vesenta
  • — 1 di spessore, presentano dei setti indistinti e nu- merose goccioline. Del genere tSeptoria, cosi ricco di specie, soltanto cinque ne sono descritte come viventi su diversi tSohoiioii : ISe^jt. J>iilcamarae Desm., (S. Lycopersici Speg., jS. Pseudo-Quinae Pat., 8. mhmk.olu EU. et Ev., (S'. solanina Speg. La nostra, che ho creduto di dovere descrivere come nuova è diversa, ora per alcuni ora per altri caratteri, da ciascuna di esse. La S. Diilcamnrae differisce dalla nostra \wt avere le sjìore 3-4-set- tate e misuranti nO-tìOXl-T- La »S'. Liiropernicì non presenta aftinità alcuna con la nostra; essa di fatti produce grandi macchie occupanti sjìesso tutta la foglia, i suoi [ìeriteci si sviluiqiano sulla ]iagina inferiore e le spore in essi contenute sono cilindriche o subclavate , arrotondite alle due estremità, 3 — plurisettate e assai più robuste delle nostre, 70-110X3. La 8. P scudo- Qvinae è diversa principalmente i)er le maggiori dimensioni dei periteci e delle spore, le quali misurano [i 50X1-5. La »V. solanina non ha niente di comune con la nostra ; le mac- chie che essa forma sono limitate da una zona fosco-purpurea ; i periteci lenticolari sono spesso solitari nel centro della macchia; le sue spore sono molto più robuste ( |j. 40-60 X 2). Alquanto affine alla nostra per i caratteri delle spore e la unctiformihus, primum tectis denique erumpentibus , sparsis vel 2 — confluenUbun ; conidiis oblongo-ei/lindraceis, utrinque late rotundatis, medio saepius constrictift . /.3 — 15.5 \ 6 — 7 , plasmate granuloso , guttulato farrtìs, episporio tenni , laevi ; hasidiis fiUformibus , subae- quilongis, continnis. hyalinis e xtromatc pa rendi)/ inatieo, atro-fuligineo hortis. Determina sulle foglie della macchie orbicolari oil irregolari, an- golose, sulla pagina sujìeriore di colore bianco-grigiastro e circo- scritte da una linea purpureo-fuliginea, sulla pagina inferiore invece sono quasi i)agiine o color foglia morta e limitate da una zona di colore nerastro. Gli acervuli costantemente epifilli si presentano nella parte arida disseccata della foglia sotto foriiui di puntini neri più o meno abbondanti, irregolarmente sparsi e qualclie volta confluenti. Nella sezione trasversale si osserva al di sotto dell' epidermide uno stroma discoidale i);ireii(;liimatico di color nero-fuliginoso, costituito da elementi poliedrici e minuti. Al di sopra di questo stroma si ha uno strato fertile, formato di piccole cellule incolore, dal quale si elevano i basidii tiliformi , corti , ()ortanti alla loro sommità le spore oblunghe, largamente arrotondite agli estremi , jaline , qual- che volta diritte o un poco curve , i)er lo pivi alquanto strozzate nella loro porzione mediana in modo da ricordare quasi le spore di Ascoehi/ta Fisi. (|)ueste spore hanno !" episporio esilissimo e li- scio, il loro plasma è granuloso e contiene numerose gocciole di varie dimensioni e irregolarmente disposte. MyceteH siculi iiorn 11 Assiii diversii per i suoi caratteri da Gì. intermedium Sacc. , a cui uoii può essere riferita per i basidii sempre continui e jaliiii , per le spore quasi sempre strozzate nel mezzo e variamente fornite di gocciole d' olio , la nostra specie è prossima a (il. affine Sacc. Oou questa specie ha comune la forma e il colore delle macchie ; ne differisce però alquanto per le dimensioni delle spore e per es- sere queste strozzate e guttulate. Oorrisi)onduiio d' altra parte i caratteri dei basidii, ma nella nostra gli acervuli non sono mai ri- coperti dall' epidermide annerita. Habitat: in foliis vivis vel languidis (Jytharexyli quadran- (/Hlaris, lì. Orto botanico di Catania (Legit et comm. Dr. G-. M u- scatello), Febv. 1903. Gloeosporium intermedium Sacc. forma Jasmini arabicae Scalia n. f. AcervwHs eopiosis, obloiu/ix, ITO — 190 |J. diam., atrin, epidermide lacerata cinvtis ; stromute discoidali, concavo, parenchymatico fere olivaceo; stratu proligero tenui, parenchymatico suhhyalino ; sporulis rectis, ohlongo-cylindraceis, hyaliìtis, iitrinqne rotundntis, 15 — 17y(3 — 4, episporio tenni, plasmate firanuloso ac minute guttulato farctis; basi- diis filiformibus, hyalinis, subaequilonaccarini). CoUetotrichum Vanillae tìualia n. sp. Maculis uhIUs vel fuscidnlis ; dccrvuHs amjììngenis sed in hypophyl- lo copiosioribufi nterrhnis, S2)ariii,s ned non rare 2-confluentibus, 120 — 210 |i dimn.. KvÌH-Kticularibus, initio fere Vermicnlarinm simu- lavtihìis , poHteu .snhcolumnanbus , erumpentihv.i ac cuticula lacerata eincUs ; setulift nu]iri. Bresadohi, che osservò il mio mate- riale, si tmtta (li una t'orma micro.spora di Vermicularia Vanillae Delacr. ( Bull. Soc. Mycol. Frane. 1893, p. 18li, pi. XII, flg. 2 ). Eftettivamente riou sono bene definiti i limiti tra Vermicularia e Voi Mot r idi u DI. abbiamo tra altri un Co//. Violae-tricoloris R. E.Smith iutermedio tra i due generi. Se io mi .sono deciso a riferire il mio materiale a Colletotrichum si è per il fatto che (juelli che sembre- rebbero periteci completi astorai, non sono altro, a mio modo di vedere, che stadi iniziali. Ohe il nostro sia un Colletotrichum genuino è dimostrato dalla forma, disposizione e colore dei basidi ; caratteri tutti che di.sgraziatameiite ci mancano per la specie del Del acro ix. Dalla tìg. II'' di questo Autore rilevo una grande somiglianza col mio materiale, ma le setole nou sono rigontiate in basso ( flg. li') e la massa ■ stromatica è assai meno sviluppata ( II'' ). Del resto, pur non essendo identica alla mia, io credo che anclie la s|)ecie «lei Delacroix sia da riferire al genere Onlletotri- vlmni, tanto piti che nou mancano le si)ecie di questo genere le quali nella fas iniziale rassomigliano a Vermicularia : lo stesso Autore difatti ha descritto più tardi il t'oli. Anthurii ( Bull. Soc. Mycol. 1897, p. 110, tav. VIII, fig. D) del quale non tigura lo stato iniziale di Vermicularia, di cui tien conto nella diagnosi. Nessuna specie del genere Colletotrichum è stata ancora segnalata su V'(Hi(7/«, se ne togli Colletotrichum sp. Stonem raccolto nell'America settentrionale e di cui l'A. dà la seguente diagnosi: Acervulis atris erumpentibus, aviphiiieniit, et caulicolis, lòO — 180 \i. diam; setti lis circa batiim o — 4 meptatin, coloratili : ha.iidiis cotifertixsimis, septatia 30 — 4ò [i longis. 11 non avere 1' A. osservate le spore, il fatto che i basidii nel mio materiale sono soltanto 1 — settati e di minori dimensioni mi fanno ritenere che si tratti di specie diversa, tanto più che, per quanto abbia accuratamente ricercato, non mi fu dato rinve- nire nessuna forma ascofora, mentre lo Stonem riferisce il suo Colletotrichum a Gnomoniopsis Vanillae Ston. Habitat: In foliis exsiccatis Vanillae odoratae , R. Orto bo- tanico di Catania, .Tunio 1901 (Ipse legi). Coryneum Eriobotryae Scalia n. sp. Macxdis amphigenix orbicnlaribug , sparsi» quandoque confluentibus irregularibusque , in pagina superiore foliorum argillamo-albidis vel griseolis, linea angusta, atro-purpurea, parum elevata, bene limitatis , in pagina inferiore ochraceo-argillaceis , linea fusca circumscriptis ; 14 T>r. G. Scalia [Memoria Vili.] acervuUs sparsis, primirm teciis ih-ìiiijve ervmpentibus ac epidermide lacerata cinctis. Katvrate vif/ris, amjihifienis sed mepius hypophylliH , 270 — 34.', |j. diam. ; basidiis fiUformibìiH, hyfiUnis, eontinuis. 10 — 16 nou rare usqve :jO\i. Ioìujìh, l—l.r,\i. crassis e xtratii prolifero paren- chymatieo, e vellidis minntissimiK aeln-oi.s foriiiafo, liortis; conidiis pri- nnnn eontinuis, hyaliim, postea 1-septatis ehlorinis deniqne S-septatis, ad sepia non rei indistincte eonstrictis, locidis omniìms uliraeeo-fHsci- dìiHs, efivttìdntis, t8.r>—9X6.5 — 7, ovalibus tei oblon(jo eUipsoideis, basi saepeqxe aminstato-truncatidis. Deteriiiina sulle toglie (ielle nuiccliie orbicolaii di colore bianco argillaceo o grigiastre sulla pagina superiore, ocracee sulla inferiore e limitate sempre da una linea bene definita. Gli acervuli bene di- stinti sulla pagina superiore, dove si presentano sotto forma di pun- tini nerastri, lo sono ìueno sulla inferiore nella (luale sono mascherati dai peli. I basidii sorgono dalla base degli acervuli e sono filiformi, jalini, continui e misurano 10-I(j od anche 30 \i. in lunghezza. Le spore, solitarie all' apice dei basidii, si presentano prima come vescichette sferiche incolore, poi diventano debolmente giallastre mentre si forma un setto mediano, finalmente sono di colore oliva- ceo-fosco, 3-settate, non od appena percettibilmente ristrette in corrispondenza alle pareti trasversali, con logge uniformemente colorate e sprovviste di gocciole. La forma delle spore è variabile: ve ne sono di ovali, ma per lo piii sono oblunghe, arrotondite all' a- pice. un poco assottigliate e troncate verso la base; spesso si presen- tano diritte, nia ve ne sono anche iuequilaterali. Questa specie si distingue da ('. fnUieolìim Fuck. perché forma delle macchie bene delimitate, per la mancanza di uno stroma i)e- riferico olivaceo e per le logge delle spore unilbrniemente colorate. Per quest' ultimo carattere anzi è affine a ('. coveolor Penzig e a C. Corni albae (Eoum.) Sacc. Si distingue pero dalla ]U'ima di queste due specie per i basidii piii sottili, per le spore non sempre oblungo-ellìttiche ed arrotondite alle due estremità, per il colore di queste spore e le dimensioni. È diversa dalla seconda per la forma e le dimensioni delle spore. Habitat: in foliis vivis Eriobotriiae japonicae (soc. Pleospora herbarum), Piazza Armerina (Legit et comm. prof. Carpentieri) Martio 1903. Memoria IX. dei gruppi di proiettività trasformanti in sé ima forma Hermitiana di GUIDO FOBINI L' introduzione delle nietricbe definite da ima forma Her- mitiana da me studiata in recenti lavori, (*) periiiette di com- pletare risultati da me già ottenuti nella generalizzazione della teoria delle funzioni automorfe e iperfuclisiane di Picard. Essa permette di trasportare nello studio di queste funzioni quei me- todi, clie il Poincaré trasse dallo studio delle metriche a cui-va- tura costante per lo studio delle funzioni fuclisiane e zeta-fuch- siane. In questo lavoro io darò una nuova dimostrazione del- l' esistenza delle funzioni iperfuchsiane invarianti per un dato gruppo , dimostrazione che permetterà di dimostrare che tali funzioni variano con continuità al variare continuo del gruppo; quindi dimostrerò almeno in un caso particolare notevole V esi- stenza di funzioni analoghe alle zeta-fuchsìane , funzioni che permettono di approfondire lo studio dei sistemi di equazioni lineari alle derivate parziali con coelììcienti algebrici e che io chiamerò funzioni zeta-iperfuchsiane. Per semplicità studierò sol- tanto il caso di funzioni a due varial)ili : i metodi valgono in generale. Sia xx^ + //.Vq — zs^ una forma Hermitiana A indetìnita e siano J-p , //q , z^ le variabili immaginarie coniugate alle x, i/, z. {*) Sulla teoria delle forme quadratiche HermUiane. eco. Atti dell'Accademia Oioeiiia 1903. Cfr. anche dell'Istituto Veneto (1903), Annali di Matematiea (1904). Atti Acc. Sbrib 4% Vol. XVII - Mem. IX. 1 Guido Fìibini [Memoria IX. Porremo — = u, = «; + i ni ; — := «, = Uj + *' Wj z z dove »1 , ni , »2 , "2 *^<'"^ variabili reali. ^1 ogni trasformazione lineare omogenea T sulle x, ij, z corrisponde una trasforma- zione T' lineare fratta (in generale) sulle variabili «^ , ».2- Sia- no u\, »2 l6 variabili immaginarie coniugate delle u-^ , it^. Con- sideriamo quelle trasformazioni T che lasciano fissa la A e le cor- rispondenti trasformazioni T'. Nello spazio R , in cui le »i, ii'i 1(2, »2 *^*>"<* ^6 variabili coordinate , le trasformazioni T' costi- tuiscono un gruppo continuo, elio si può considerare come (/ì'tijì- po (Ti movimenti di una metrica definita dall' elemento lineare reale definito „ _ (1 — u.^ wlj) (1h^ (?».? + (! — «1 ul) rZ», di4 -f »,, «^ du,, dn1-{-u,^ u'j du^ dt^ ^^^ ^''''" — (1 — M, «'; - «, «S)- dove è naturalmente ^^ ^ u\-^ i >([ , k.-, = n'^ + i ni ecc. Ciò si può verificare direttamente , o anche dedurre dalle formule da me date nei luoghi citati per la distanza (nelle nostre metriche) di due punti , esaminando ciò che essa diventa se i due punti sono infinitamente vicini. (*) Consideriamo ora le ìt\ , u[ , »4 , ul come coordinate carte- siane in uno spazio euclideo rappresentativo B ; in questo l'as- soluto del nostro spazio li ha per immagine l'ipersfera S data da (2) («;)■-' + [■, che cor- risponde a esse nella metrica di B. Per veder ciò moviamoci su quella retta di I^ , definita da li'i = "2 = "2 = 0. Essa ci rappresenta una geodetica di R ; due punti infinitamente vicini di essa, rappresentano due punti intìnitamente vicini di li , la cui distanza, essendo per ipotesi rt^=^ u\^h\; »,2 = ?(° = 0, è data per la (1) da dr '"'' (1 - «f)^ Se dunque il raggio euclideo della nostra sfera è p , il rag- gio r sarà (3) r Troviamo ora il volume non-euclideo della nostra sfera di raggio r. Sia (h V elemento di volume della nostra metrica ; co- me si sa se A ò il discriminante di ds^ , è (^7t = [ A d>(i dui dìi., dìi?2. Ora si trova facilmente che 16 (1 — «, ufi — u, i4Y' quindi dìi, dui du, du'i d X ^ ' — - — 4 (1 — Mj jtf — «, «!;) ' Passando alle variabili reali u'i ul , tu u'^ si trova che du'i dv'i du^ dìt. (4) d X (1 - frf (Tiiido Fuhini [Memoria IX.] dove sia 5' = {n\f + («iT + («2)^ + {Kf- Se noi indichiamo con (h' V elemento di volume exclideo corrispondente in B' troviamo d x' (5) d X = (1 - ly Introduciamo in I^ coordinato polari, ponendo u[=?j cos 6 ; «l'=S seti 6 cos 9 ; 11',=.^ seii 6 sen '^ cos '\> ; »2=3 seii 6 sen cp seti -]< dove S, e, , sono variabili varianti rispettivamente negli in- tervalli (0,+ ce), (0, ^), (0, -), 0, 2-). Si ha che dx' :z= 3^ seir 6 sen » rf6 fi'f rf-J* (^'^ E quindi flT == ^T^ seii' d seu (p d6 rf/f d'!^ Quiiuli il volume non — euclideo di una ipersfera il cui rag- gio euclideo (il raggio dell' immagine euclidea) èpe dato da '0 Jo Jo .'0 Se r è il raggio non euclideo della nostra sfera abbiamo per la (3) che questo volume Y è dato dalla 2r 2 -^ / r -r\i (4) V = —]^e-{-e-2j =^\e - e Consideriamo un movimento qualsiasi T della nostra me- trica. Le lunghezze (non euclidee) , i volumi ecc. non vengono naturalmente alterate. Siano », , >f.^ , »? , «2 le coordinate del punto corrispondente per il movimento T al punto C ^ (u^ , n^, ApiìUcazioni anaUtiche dei gruppi di proiettività ecc. 5 "ì ) "2)- Vogliamo calcolare 1' lacobiano / delle n rispetto alle «; intanto, poiché T non altera i volumi si ha la _ _0 _ — u dWj (Zm, d«2 dti^ du^ di(!\ du^ du° (1 - 3^f ~" (1 - ^'f dove 8"^ = 11^ u° + »2 iti. Ma ora per note regole di calcolo, il primo membro dell' uguaglianza precedente è uguale a du^ dui ''"2 f^"2 (1 - ff donde si trae : Ora 8 e 3 non sono che i raggi vettori delle immagini eu- clidee di un punto C e del suo trasformato per 2\ Indicando con r, r i raggi vettori non eucUdei (distanze geodetiche dalla origine) dei punti stessi in li, abbiamo per la (3) che è : 1 = /"'!+ '~y Sia ora dato un gruppo qualsiasi G discontinuo di movi- menti T. Esso, come sappiamo (*) , è propriamente discontinuo in B ; costruiamone i campi fondamentali con uno qualsiasi dei nostri procedimenti (**); tutti questi campi fondamentali saran- no dal punto di vista delle nostre metriche uguali tra di loro (sovrapponil)ili). Siano ora 1\ , T^ ,.... T„.... le operazioni del no- stro gruppo e costruiamo la serie (7) lAr + i/,r + 1^3 1" -h + ii»r + dove 7c è un numero intero , [/„! è il valore assoluto dell' la- (*) Cfr. loc. cit. pag. -19. (**) Cfr. loc. cit. pag. ÒO, 51. Ouido Fubini [Memobia IX.] cobiano pi-ecedentemente calcolato relativo al iiiovimento 1\, . Questi lacobiani sono funzioni del punto C ; ininiaginianio ora C varialjile in un piccolo intorno di volume non euclideo a e consideriamo i punti ti'asformati C^ C^ e gli intorni corri- spondenti ])er il nostro gruppo : i volumi «^ a., di qu.e8ti in- torni saranno tutti uguali ad a. Se, c(mie supponiamo, a è ab- bastanza piccolo, essi saranno tutti distinti. Quelli di essi che sono interni o hanno anche soltanto una parte comune a una sfera di raggio r sono interni a una sfera di raggio r ~\- d , se d è la massima corda di a e sono pei'ciò per le (4) in un numero n tale che (8) n < -^ (6'-" - e-"'--r < -^ f*"-+'" Consideriamo ora una serie di sfere concentriche di raggi r, 2 r, 3 r.... ; quei termini della (7), i cui punti corrispondenti d cadono tra la sfora di raggio (« — l)r e quella di raggio ur sono per la (8) in numero minore di -^ (>*■(»'■+<') ; ognuno di essi per la (tì) è minore di (Jl\'~.-..J < (.'• + '-'■>" ' -'«-" dove >- è il massimo raggio vettoi'e non euclideo di un punto C entro 1' intorno ((. Il loro contributo è perciò minore (indicando con // un fattore indipendente da n) della quantità// ^ -(6t-<)"'^ Se dunque ccmverge la converge anche la (7). Se dunque 6k — 4 > 0 ossia se ^ > -^ la nostra serie converge assolutamente e uniformemente. Considerazioni analoghe a quella di Poincaré dimostrebbero che al variare continuo del gruppo, (juesta serie si conservei'ebbe tale anche rispetto ai parametri definenti il gruppo. AfpUcazioni analitiche dei griqiXii di irroiettività ecc. 7 Se ora F^ è una funzione p. es. l'azionale di »,, ;?, e regolare nel campo (interno alla (2) ) della loi'o variabilità e perciò infe- riore a una costante determinata in (jnesto campo, e se noi in- dichiamo con Ì\C„) il suo valore nel punto C„ , la serie (9) s F (C'j n n è assolutamente e uniformemente convergente se ^' > ^ perchè la F è finita e la (7) è assolutamente e uniformemente conver- gente. Una tal serie per una trasformazione T^. del gruppo è moltiplicata come io ho già osservato altrove (*) per un fattore dipendente solo da 1\ : il ({uoziente di due tali serie rappresenta perciò una funzione invariante per il gruppo. Nella nota citata io avevo dimostrato l'esistenza di tali fun- zioni ; il risultato fondamentale e nuovo è che queste funzioni sono funzioni continue dei parametri definenti il gruppo, appunto come avviene per le funzioni fuchsiane di Poincaré. Ma le nostre metriche possono condurre rapidamente a un altro risultato ben più importante , alla generalizzazione cioè delle funzioni zetafuchsiane di Poincaré (**). Consideriamo a tal fine un gruppo F iperfuchsiano , il cui poliedro generatore sia tutto a distanza (non euclidea) finita e sia G un gruppo di sostituzioni lineari mnogenee su p varial»ili a lui oloedricamente o meriedricamente isomorfo. Siano //, , //^ ...., Hp p funzioni razionali delle u^ , u^ regolari nel campo interno alla (2) ; noi ne indicheremo con Ht {€,) {t = 1, 2,..., ^>) i va- lori nel punto C, trasformato di C per il movimento T^ . La trasformazione di O cori-ispondente a T, si indichi con S^ . Una trasformazione Si applicata a j) quantità qualsiasi \ \,... Xp, le p.p /Si . (") In una nota cioè ora in corso di stampa negli < Annali di Matematica ». (**) Acta Mathematica Tomo 5. Gnido Fitbini [Memoria IX.] Costruiamo le }> «erie : (10) ^^ = S *| //^ (6',)| -ò'r'l If (11 = 1, 2,.... p) ISi può dimoBtrare al modo stesso di Poincaré (*) : I. Se le (10) sono assolutamente e uniformemente eonver- genti le -^ dove è una qualunciue delle serie (9) considerate come funzioni del punto C , subiscono la trasformazione S^. , se al punto C viene applicato il movimento Ty. . II. Esiste una costante a tale che se la geodetica congiun- gente il punto C al punto (7, ha una lunghezza (non euclidea) X, , il numero li dei poliedri fondamentali che essa attraversa è tale che ri < a Z, . III. Esiste una costante 31 indijtendente da i , tale che i coefficienti di 8i e di iS'^ sono minori in valore assoluto di M" ossia di e^''-'- '"*? ^ ; posto i\^=a log il/, essi quindi sono minori di e^L' . Per dimostrare dunqve V esistenza di fnnsiuni anaUtiche Mi che, mentre C subisce una trasformazione T^ , suhiscano la trasfor- mazione iSk hasta dimostrare la convergenza assoluta uniforme entro 1' intorno a di C della (10) ossia poiché le // , funzioni regolari entro la (2) , sono finite , basta dimostrare la conver- ijenza della serie di cui il termine P'""" è il prodotto di i>" per un coefficiente della trasformazione aST^ Ricordando la pro- prietà enunciata di tali coefficienti , si vede che basterà dimo- strare la convergenza della serie (11) V g-Vi, j,, (') Cfr. loc. cit. pag. 232-233-234. Applicazioni analitiche dei gruppi di proiettività ecc. 9 dove Li è come sappiaiuo la distanza geodetica 0, C ; questa di- stanza è in generale minore (o se si vuole è dell' ordine di grandezza) di CgO + OC dove O sia V origine ; basterà i»erciò in- dicando con Vi il raggio vettore non euclideo di 6', dimostrare la convei'genza della Ora per la (6) è (indicando con r il raggio vettore di C) -'•\6 E da ciò si deduce tosto che si può scegliere una costante P tale che I e^^''-' |< I iP 1 Basterà perciò dimostrare la convergenza assoluta di S 7^*+P e noi sappiamo già che una tale serie converge assolutamente e in ugual grado se A--l-p>Y) ossia se k è abbastanza grande. U esistenza delle nostre funsioni è così dimostrata. Noi abbiamo così visto con quanta semplicità le nostre me- triche permettano di estendere a campi tanto piiì vasti le ge- niali concezioni di Poincaré e quanta rapidità esse consentano nelle dimostrazioni. Noi ora vorremo indicare alcune conseguenze del nostro ultimo teorema, che mi sembrano del massimo inte- resse. Come dimostrò Picard (*) in un caso particolare , tra le funzioni di », , u^ invarianti per un gruppo F iperfuchsiano ne esistono due tali che ogni altra funzione invariante per lo stesso gruppo è funzione algebrica di quelle ; diremo z, q due tali fun- zioni ; consideriamo un sistema di j> funzioni ^i ^a--- ?? di "i? "2 (*) Acta Mathematica tomo 5. Atti Acc. Serie 4", VoL. XVII — Mem. IX. 10 Guido Fnbini [Memoria IX.] tali die eseguendo su »,, >i., un' (i]>erazioue T di V esse subi- scano un' operazione del gruppo corrisiìondente G. Supponiamo per semplicità che sia : i> = 1 + 2 + 3+ + '' — -, dove A- è un intero positivo. Le l^ .... l^ funzioni di Hj, u.^ si po- tranno considerare come funzioni di ^ , /; . È ora ben chiaro che noi potremo determinare delle fun- zioni ^f,.,,„ dove 7- , .v sono due interi positivi o nulli , la cui somma è l-, e dove /, » sono due interi positivi o nulli, la cui somma è un intero positivo o nullo minore di /<■ , tale che si abbia : "=' #1? = ,:.'""- w " = '•'' " Infatti i)er ogni c()pi)ia di valori per r, s otteniamo ponen- do per / i suoi p valori tante equazioni per le «,,«„ quante so- no le incognite. Se anzi noi fissiamo nelle (12) i valori di >•, -v e facciamo variare / noi otterremo un sistema dì equazioni ?/- neari per le ^«,,,„ che risolute danno le a„t„ sotto forma di (]uo- zienti di due determinanti. Ognuno di essi è formato di p ri- uhe : la ( esima delle (juali contiene termini che sono o la =;, stessa o le sue derivate. Le altre righe si ottengono mutando / successivamente in 1, 2, , p. Poiché se noi applichiamo alle u^, u,^ m\ movimento di r, le e,, vj restano inalterate e le ^, subiscono una sostituzione lineare, a coefficienti cfìstanti, questi due determinanti resteranno moltiplica- ti per uno stesso f^ittore ; e jìcrciò le ff,.,^,, restano inalterate; esse sono (juindi funzioni di /r„ k.^ invarianti per T e quindi, per un teorema teste citato, esse saranno funzioni algebriche di ?, v;. Ai)pUcazioni analitiche dei (/ruppi di proiettività ecc. 11 Il sistema (12) di equazioni lineari alle derivate parziali è perciò a coefficienti algebrici. Xoi al>biaino perciò trovato una ampia classe di sistemi di equazioni lineari alle derivate parziali a coefficienti ak/ehrici in due variabili z, r, tali die si possono esjìrìmere tanfo le rarinhili ^ , vj quanto un sistema fondamentale di integrali jìer mezzo di funzioni uniformi di due variabili u^, u.^. Di 2>i^' ^i' ^ ) 1 riescono funzioni iperfuchsiane di n, , u^ ; gli integrali fondamentali sono dati (con un linguaggio analogo a quello di Picard-Poincaré) da funzioni zetaiperfuchsiane. Il pro- blema deW integrazione di tali sistemi di equazioni si può perciò (nel senso moderno di tale parola) riguardare come completamente risoluto (*). Il teorema vale evidentemente anche per equazioni con n va- riabili indipendenti. (*) Si potrebbe chiedere se le proprietà testé trovate viilgouo per ogni sisteiiiii integra- bile di eqnazioui lineari alle derivate parziali a coefficienti algebrici: la risposta è, credo, senza dubbio aft'ermativa : il dimostrarlo rigorosamente presenta perft delle difficoltà , per le scarse cognizioni che abbiamo sulle funzioni dipendenti da più di una variabile indi- pendente. Tale questione sarebbe forse facilmente affrontabile col metodo di ronliniiità di Klein e Poincaré : io non credo però che valga la pena di fare un tale studio, pevchìì, se- condo me, tale metodo servirebbe più per intnire che per dimostrare con i)ieno rigore le proprietà in discorso. ^ein4»ria X. Fenomeni carsici e pseudovulcanici del monte S. Calogero di Sciacca Memoria del Dott. RAFFAELE DI MILIA :N'0TI ZI E STORICHE Il monte S. Otilogero, V antico Cronio, fu, in ni tempo , per le stufe e le sorgenti termo-minerali oggetto di grande am- mirazione. Onde è che scrittori antichi (Diodoro Siculo , Dio- nisio di Alicarnasso, Strabone, Polieno, Pomponio IMela.... ecc.) e moderni (Savonarola , Baccio , Adua, Claudio ]Mario Arezzo, Eazello, Bcllitti.... ecc.) fanno a gara per celebrarne il nome. Pertanto la distanza da un centro di studii e la mancanza di ferrovia, tra Sciacca e le grandi città dell' isola, impedirono che gli scienziati contemporanei facessero del S. Calogero oggetto di studio. Quindi vecchi errori (ac in secolo e si son ristampati tino a poco tempo fa nei volumi dei dotti. Valga il vero : le prime notizie particolareggiate di (]uanto os- servasi sul mcmte S. Calogero si lianno dal Eazello (1), il <]uale nella Dee. I, lib. \l, cap. 8" così si esi)rime : « Quibus ille (moHK) non modo mari vicinus, sed ad niai'e « etiam procurrens plures habet cavernas , nude lutoso sulphu- (1) F. TiioMAE Fazelli(ii. 14y8— «f 1570). De lii-hiix Sicnlin linun I. Clanav MDOCXLIX. Atti Acc. Sekie 4°, VOL. XVII — Mem. X. 1 Doft. Raffaele Di Milia [Memoria X. « re (?) sale, igtiibus (?) et caleiitibum aqui.s al>umlat , iiiile per « totniii uiontis tractum aquaruin faetorum inaxiinus, sulpliur « et aquarum scaturigine^ etftnuMt. » E più oltre : — « Sed non « procul inde ad montis latus mare spectans, pnteus est ol)li(iuus « et ininiensns, unde niagnus effertur sonus, venti ne subterraiiei « an laticis ad ima delabentis incertuni. Ad verticis spondam « foramen (pKxjue est, montis viseera penetrans, ex quo etiam « perpetuus ett'unditur sonitus, aqnae ne etiam, an venti adliuc « ignotum : tametsi illins perpetuitas et uniformitas aquas dila- « bentes indicare videantur. » Verso la tine del secolo decimottavo (1776) Bellitti (2) scrisse una monografia « JMfc ■s-fiife e dei ha(/ni di Sciacca » nella quale è l)en dipinta 1' amenità e 1' ubertosità del monte , v' è una de- scrizione della grotta vaporosa, anche più particolareggiata di quella data dal l^izello e sono esattamente indicati gli altri meati fumanti. L' opera del Bellitti, ricca di diligenti e pregevoli os- servazioni , ebbe V onore di essere [tul)l)licata per cura del Tri- bunale del Real Patrimonio di Sicilia, ma fu poco conosciuta. Pare impossibile , ma è dura verità : V Aliate Eerrara (3) , clie pubblicò la sua oliera « I Campi Flegrei della Sicilia » nel 1810, (lo]to aver dichiarato nella prefazione di aver osservato tutti i luoghi, di cui scrive, non fa che ripetere il Fazello. of- fuscandone le tinte. Ecco il testo : « La grossa montagna di 8. Calogero, che isolata s' innalza * dalla spiaggia sopra (;ui è Sciacca , presenta simili fenomeni « di una sotterranea fermentazione. La superficie come che for- « mata da strato calcareo, che in (|uella parte della Sicilia, per « una grande estensione, è mescolato al sale muriatico, onde ha « un sensibilissimo carattere di salato, è condannata ad inm /xr- « petìit( ed orrorosa sfrrilità. (4) 31a nell' intcrnen'iine ed incessabile fermentazione solforosa, « i)ercliè i fenomeni vi esistono da tempi immemorabili. Quasi « da oiiiii parte, da oj>ni buco, da ogni fenditura escono vapori « di ac(jua l)ollente e di zolfo, die riempiono del loro odore sol- « locante tutta quella estensione, ^"i si vede un poco al basso « una sorgente assai calda e solforosa, un" altra che è purgante ; « uiT altra limpida e bnona a beversi; un'altra calda e salata e « carica di cinereo glutine calcareo. Ma nella parte alta del tianco « che guarda il mare si osserva un grande ed obli(pio pozzo, den- « tro il <|nale odesi un fragore continuo, come di un vento sotter- « rauco o di una caduta di acqua, ^'erso la • fciKimciii nilcuiiici in lUiìia — Mihiiid iss:-! — p. !',);■{. (6) S. ZiN'XO — Analim iiitalìtatìra e (inatrtìlutini dfìl' iirtimi sttnld, nnl/uira e fffrattt di Hciacea — Slufe di S. Caloficro. Naiioli ISJSl. (7) G. Di Stkkaxo — Apjiinili (iniUiijici mil Munii- Criinio (I'iil)licatei Mori — Trovasi al ])iede 8 del monte a circa ni. 50 (9) sul livello del nu^re ed altrettanto più a N della sor- gente bromojodurata S. Eriscia ; ebbe tal nome perchè , dicesi , che in tempi antichi servì di agguato ai corsari africani. La grotta dei ]Mori [)resenta un primo antro a forma di ferro di cavallo, ccdle due branche rivolte verso il mare e colla cur- vatura verso Bocca RoNna. La forma fu determinata da due dia- clasi ciuivergenti a X e divergenti verso il unire : tali diaclasi sono perfettamente osservabili, essendo V erosione pifi demarcata lungo il loro decorso nella volta dell'" antro. AH' estremo della branca orientale è V a])ertnra d' ingresso (alta m. 1.20 ; larga m. 0.70) , la (piale mostra nei colpi di scalpello di essere opera della mano dell' uomo , o almeno dilatata. Il fondo delle due branche delF antro è dolcemente inclinato verso la curvatura del ferro di cavallo, ove determinasi una conca. Entrando nella grotta , mentre si aspettano le tenebre più tltte, è bello , do[)o essersi inoltrato parecchi metri , rivedere il cielo e talora il sole, per una tìnestra, die fu aperta dall' azione erosiva delle acque meteoriche sul fondo di una piccola dolina a forma di jtiatto (diametro marginale massimo m. 5 : ]>rofondità (8) L' esjirpssione feiionieiiu cursim è usata in (luesto scritto in senso geologico non geo- grafico. (9) Tutte le altezze furon prese coll'aneroide e le altre misure col flecaraetro. Dott. Raffaele Di Milia [Memoria X.] ni. 1), alla «piale uradataiiiente veline a iiiaiicare il fondo. L'an- tro misura ni. 'IS in lunghezza ed lia altezza varial)ile fra un inininio di in. 1.50 ed un inassinio di ni. ."> , ed una larghezza inassima di in. 4. Nella curvatura della branca occidentale os- servansi due pilastri di forma fusoide, i ijuali. essendo l'uno rini- petto all' altro secondo la larghezza dell' antro, rivelano che l'e- rosione chimica dell' ac(iua si esercitò con diversa intensità sul calcare che occupava 1' antro e clic (jnesto si ampliò per disso- luzione delle ])areti divisorie di tre canali contigui (10). Troce- dendo più verso 1" «-stremo della liranca occidentale, dei tre ca- nali primitivi continua solo il medio. Tantn) diviene angusto e presenta sul fondo uno strato , spess«t circa 15 cin. di arenaria frialiile, che evideiitcMiiente rap]»reseiita un de])osito delle ac«iue circolanti nella gr«)tta. All' estrèmo della l)ranca occidentale tr«)vasi la gola di un p«)Zzo (diametro marginale medio m. l.oO; jirofondità ni. (i), il «juale in basso dilata, f«>rmand«» un secondo antro . che insieme alla noia d«'l pozzo lia forma di un grosso matraccio. Xell'estre- mità inferiore della g«da del pozz«» son«) due grossi setti di roc- cia in posto, i «juali agevolano la discesa dell' osservatore essendo capaci di sostenere un uoni«». 11 f<)nd«> del ])«)Zzo <"' occn])ato da sabbia calcarea e minuta ghiaia. Lat«'ralinente il p«iz/,«» mostra varii cunicoli , ma nessuno permette il passaggi«> di uomo, neanche se camminasse carponi. Kella curvatura dell'antro a forma di ferro di cavalh» sboc- <'ano due canali, clic i>ermettono il passaggio di un uomo. Kn- trambi hanno bocche s«)llevate oltre un metro dal fond«). e, do- li*) breve decorso, si congiungono in mi s«do canale (largo circa m. 4 ; alt«> m. 0.50) c«ui decorso da N a S ed in sensibile pen- dìo. Strisciando come un rettile, mi fu i)ossiliile espl«)rariie circa (10) Un fiitto siiiiilc (isM-rvi) Olinto Mulinelli hcIIm sruttn di \ilhuiova. Cfr. O. Mari- nelli— l'end III e Ili carnici, (/ri/llr e surgeliti nei dintorni di T:i.reeiito in Friuli, («iiorn. In (din !111. Vili). Fenomeni carsici e pHeudovulconici dei monte .*?. Calogero di Sciacca m. 20 ed ebbi a notare varie fenditure con decorso da E a W, dilatate dalle acque d' intiltrazione, in modo da apparire in se- zione come un triangolo. Visitai la grotta dei 3Iori varie volte in pieno inverno e la trovai sempre conipletamente asciutta, né mai la tiainnui della stearica rivelò la minima corrente di aria. Ciò mi fa ritenere che essa non ha altra bocca superiore e die fu scavata esclusi- vamente per prolungata azione erosiva delle acque d' intìltra- siione. Fauxa — Xel canale \nh interno catturai due individui o del Bhinóloplni.s fcrrHm-njuìnuìn, Aiiet.; nell'antro anteriore vidi qua e là sterco fresco di Lcjms (•hhìchìh.s. L.; vidi pure la Lacerta commìinis Wtu/Irr ed il J'/((fi(h(cf>/Ji(-s- maiffifaiiicìis; fimi. Plora — Raccolsi alcune alghe inferiori non determinate. Leggenda — Come saggio di volgare esagerazione riporto la descrizione della grotta fiuta dal Farina (11) : « È alto il suo « ingresso poco più di un metro, largo per metà e Tinterno che « si dilata ad emisfero, lui pressoché m. Idi diametro, m. 2 '/^ « di altezza. Si passa poi in una seconda simile alla descritta ♦ mercè un angusto forame a tior di terra, indi in una terza e « così in seguito per un irregolare raggio circa 3 Km. e si as- « serisce avere il buco di uscita airop[)osta contrada di Galati. » Grotta di (tallo — Trovasi nel peiulìo incolto di contrada tabella , pochi passi più a X della casuccia rustica di un tal Gallo, da cui prende nome la grotta. L'apertura d'ingresso è a m. 170 sul mare; ha forma ovale coll'asse maggiore secondo la linea N-S, ed è una dolina puteiforme, jii-ofonda m. ."i, aperta dalle acque di dilavamento. Xel primo tratto la grotta descrive un gomito ad W dellMn- (11) V. Farina — Le Terme Seìinuiitiiie .... ecc. Sciaceli 1864 p. 303. Jk>it. Raffaele di Milia [INIemokia X.J gl'esso, poi volge a X e cammina quasi dritta per in. 16, con al- tezza raramente superante i ni. 3 e larghezza di circa ni. 1. Quin- di trovasi un salto, alto in. 2, ÒO; salito il quale, trovasi una di- latazione (saletta) a forma di una calotta sferica, scavata in un conglomerato ad elementi pugillari e cefalari. Detto conglome- rato contiene anche ferro, che le ac(iue tiltranti hanno trasfor- mato in limonite a struttura alveolare. La saletta continua in un condotto, largo m. 2, alto m. 1, discendente a piano inclina- to a X : esso è lungo in. S,50 e sul suo decorso vedesi una vera marmitta di giganti (diametro m. 0, «iO ; ])rofondità m. 1, M)). Trovasi dopo un secondo salto, alto circa m. 5 e diviso in due gradoni, di cui Finferiore è alto m. 2, SO; il superiore ni. 2. 20. Salito il salto, trovasi una seconda dilatazione o saletta, più gran- de della prinui, ma della stessa forma e scavata anch'essa in un conglomerato ad elementi pugillari e cefalari. Il fondo della sa- letta è circa cm. 20 più l)asso dei margine superiore del salto. Seaue un canale inclinato a X assai l)ass(» , che visitai cannili- nando carixini lu-i- in. lo. ÒO. I*iù oltre il cunicolo è inii)rati- cabile. — Tutta la jìarte jìraticabile della grotta è lunga m. 4.") e nelle varie visite, fatte in gennaio, febl)raio e marzo, fu trovata sempre asciutta. Solo talora in ([ualche angolo osservai scarse goc- cioline di ac(jua, pendenti dalla volta, che, illuminate dal lanter- nino ad acetilene, avevano l'aspetto di perle. È rimarchevole il fiitto che V aria della grotta è in conti- nuo moto ascendente dal piano al monte, e l'apertura d'ingresso aspira continuamente aria. Quando all'aperto l'aria è in calma, il vento, che si genera nella grotta. Iia forza di spegnere la steari- ca dell'osservatore. Tale moto dciraria rivela che la grotta ha certamente uiraltra bocca più in alto; ma pare die il cuni<()lo superiore faccia nn cammino abbastanza lungo prima d' aprirsi alla superticie terrestre. Xella speranza di rintracciare l'altra bocca, detti alle tiamiiie un fascio di paglia coperto da cladodi secchi di Opìiiitia fìi'ìis-ìudirn, e, benché la grotta aspirasse come nn ottimo fumaiuolo, non si riuscì a vedere il fumo ricomi>arire all'ajjerto. Fenomeni contici e psevdovnìcanici del monte 8. Calogero di Scirtcca Questa grotta è assai istruttiva, oltre die per la corrente di aria, anche per le due salette, che vejigonsi nel posto di mag- giore peruieabilità della roccia, e per i due salti che, insieme ai rispettivi tratti di canale con pendìo contrario a quello del ])rimo tratto della grotta e al pendìo esterno del terreno, rappresentano due veri sifoni naturali. GrKOTTA 1)1 CiULLA — Trovasi nell'estremità occidentale di contrada Sabella in proprietà di famiglia Giulia, da cui prende il nome. La bocca guarda il mare in direzione S-W e trovasi a cii'ca m. KiO di altezza: essa fu aperta da acqiie di dilavamen- to ed ha forma ovale c(dla i)unta in alto (altezza m. 1, J)0; lar- ghezza m. 1, 70). Nel priuìo tratto la grotta presentasi come una stanzetta, alta circa m. "2 ed ha fondo (|uasi piano, poi volge ad E e s'in- crocia con un secondo canale, formando un pozzetto, e prosegue verso E con fondo a ripido pendìo. Tutto il canale è lungo m. 13; largo da m. 2 a 0, 50 ed ha altezza variabile come la larghezza. Il canale incrociantesi col primo descritto decorre da N a S con fondo a dolce pendìo e dopo un decorso di m. 9 immette nella gola del pozzetto. Similmente sbocca nel pozzetto un altro ramo, il quale originasi a fimdo cieco, assai basso e stretto (al- tezza ni. 1, 50, larghezza m. 1, 30) e con ampiezza quasi uni- forme, scende da E ad W per m. 7, poi volge a N e raggiun- ge la gola del pozzo dojìo altri m. 4. Il pozzetto è profondo m. 2 e verso N continua diretta- mente in un canale sottoposto all' altro lungo m. 0. Questo ca- nale inferiore può ossevarsi solo camminando carponi e anche con difficoltà per angustia di spazio. Parecchie volte nella stagione invernale mi recai in questa grotta, ma solo dopo copiose piogge osservai stillicidio delle ac- que d' intìltrazione ed eccezionalmente trovai un po' di acqua nel pozzetto. Kel dirupo prodottto dal piano della faglia , oltre che la Atti Acc. Serie 4^, Vol. XVII — Mem. X. 2 10 Doti. Raffaele Di Milla [Memoria X. grotta vaporosa, si riiiTengono la grotta della ]Molara , Cocalo , Cucchiara, Canala, Leproso, Tacliahano. (trotta della ]M()LAKA — Prende nome dalla contrada, in cui trovasi, ed aj>re8Ì per varie bocche a circa ni. 150 sul mare. La pivi grande delle aperture d' ingresse) guarda il mare in di- re/ione S ed ha tìgura ellissoidale (altezza ni. 2, 10 , larghezza in. 2, (50). La grotta si estende da W ad E ed è lunga m. 24, alta da ni. 1 a 7; larga da 2 a 1:5 in. Il principale diaclasi, che dette luogo alla tormazione della grotta è della maggiore evi- denza; segue la direzione della linea di taglia e si biforca verso E, onde la grotta mostra da quel lato un piccolo corridoio bas- so, clie circonda un inasso. È parimenti visibile un altro diaclasi che s'incrocia col iirimo e che facilitò la formazione della mag- giore apertura d' ingresso. La grotta è tutta scavata nel calcare brecciato del Cretaceo ed al lato N è ingombrata da massi rui- niformi di aspetto svariato. Il fondo è un piano leggermente in- clinato verso la bocca principale, innanzi la ((uale è una conca a forma di piatto, tutta intersecata di fenditure messe in evidenza dall' azione erosiva delle acque. Le acque della grotta in parte trovarono scolo attraverso le cennate fenditure e in parte for- marono un rivo scorrente dalla bocca maggiore della grotta, come chiaramente rilevasi da un selle giornate) s' inverte. La bocca grande ha forma ovale colla punta in alto (larga m. 2, alta m. 5). 14 Dott. Raffaele Di Milia [Memoria X.] La roccia soprastante mostra una profonda insenatura con supertìcie liscia e rivela, che un ruscello, cadente di là, per re- trocessione della cascata ingrottò sempre meglio le sue acc|ue. Dair ajjertura d' ingresso si scende i)er ripido pendìo in una sala (juasi rettangolare (lunga m. 5» ; larga 2, 50 ; alta 5), che posteriormente immette in due canali. TI canale di W comincia angusto (bocca larga m. 1, 40 ; alta m. 1, 70) nia i)iù in den- tro la sua altezza si eleva tanto che illuminando la grotta con una stearica, legata sopra una canna, ai)pena si riesce a vedere la volta. Esso è lungo m. 12 ; (|uasi a metà della lunghezza mostra lo sbocco del cunicolo , proveniente dalla bocca piccola della grotta, e posteriormente si continua anch'esso in un cuni- colo impi-aticabile alT uomo , contluisce cogli altri canali della grotta in 2 jìozzi sottoposti , che saranno appresso descritti. Il canale dell" E della sala descritta è anche più angusto del pre- cedente (alto m. 1, 40; largo 1, 15), scende a piano dolcemente inclinato per m. 7, indi raggiunge il ])iede di un salto e devia a destra jìcr contluire in un terzo canale più ad E della bocca grande. Superato il salto , di m. 3 , V osservatore trovasi alla con- fluenza di (luattro canali ; due i)rovenienti da E e due da W. I due canali dell" E iniziansi entraml»i a fondo cieco e scendcnio ripidi ed angusti (1" interno è lungo m. 14 ; V esterno m. 10), poi si congiungono in uno , che forma un salto di circa m. 4. Dei due canali dell' W, imo n(>U. lUiffa<-l<- (li Milhi [Memoria X.J mento, pei <|Uiili aspira aria. Le acque di tale ruscello furono acque d' infiltrazione, le (juali alimentarono e scavarono i canali die s' iniziano a fondo cieco ed a((|ue di slavamento che for- marono e dilatarono i canali in diretta continuità colle bocche della «irotta. La grotta è .scavata secondo due diaclasi [trincipali e nornuili, dai (juali diramano altri diaclasi secondarli. T due ])ozzi sono suir intersezione dei diaclasi. La grotta è riferibile al tipo f/oìih', proposto del ALirtel. (12) Faitka — Fra i ciottoli che ingombrano la sala vidi la Scolopemhut ìii(irs-ìf((ii-s, (rerv. e nei i)ozzi catturai due specie di Ortotteri non ancora determinati. Lecoen^da — Ki])orto dal Farina : « Qui si trova una di ijnelle grotte spettacolose, la (juale credesi perforare il monte in tutta la sua lunghezza v. Y. Farina — Terme ■srJiniinfiiie pftfl- ''^'•>. CtROTTA del Leproso — Trovasi nel dirupo sottoposto alla Stufa, a m. 320 sul mare, e fu cosi nomata dal fatto che un leproso curò la sua infermità, usufruendo dei caldi vapori della grotta. Due bocche guardanti il mare dalla medesima altezza ed in direzione S, una distante dall' altra m. 10, vi danno adito. Tali l)ocche furono aperte dalle acque di dilavaniento, che nelle piogge copiose, ingrottano per esse. Entrambe hanno ì'ov- ma ovale colla punta in alto (la bocca di sinistra è alta m. 1, 50, larga 1 ; quella di destra è larga m. 1, 00, alta 2, 10) ; e con- ducono rispettivamente in una saletta quasi quadrangolare (ognu- na è larga m. 4 ; alta 2). Le due salette comunicano tra loro a mezzo di due bassi canali, che in sezione trasversale appari- rebbero come due losanghe separate da un setto. La distanza (\2) E. A. MAinm.. Ln ! ; in principio è sutììcientemente largo, ma, come si progredisce nell' interno diviene sempre pili angusto e presen- ta a circa un metro di altezza due terrazze o cornici laterali, una di fronte all' altra, che rappresentano un antico letto delle acque della grotta. Il fondo del canale va dolcemente scendendo verso r interno lino a raggiungere una conca, che dilata in uno antricciuolo bassissimo ; ]ùù oltre sale in sensibile pemlìo. Verso il tramonto del 2(5 aprile 1908 il termometro segnò lìTC nel canale vaporoso e scese fino a 13°C nella conca del ramo senza vapori. La gl'Otta fu scavata da acque d' infiltrazione e di slava- mento ed è riferibile al tipo f/oxJc. EAUifA — Nel canale senza fumarola rinvenni un grandis- 8im() numero del BhinnhtplniK ferrum-eqmmtm , Auct ])endenti a catene dalla volta. Flora — Le pareti delle due salette sono quasi completa- mente ricoperte di un' alga verde incrostante, di cui raccolsi un saggio ed in qualche angolo trovasi pure ([ualche meschina fronda di Adiantum capiti KS-Venerifi L. GIROTTA DI Tachahano o dell' EOO — Trovasi all' estre- mità occidentale del rigetto, vicino la via di Tayno ed el)be da- Atti Acc. Serie 4', Voi,. XVII — Mem. X. 3 18 JMt. Bafacle IH Milia [Memoria X.] gli Arabi il nome
  • 20 snl mare. La bocca guarda il N-W ed è larga m. 2,50, alta 1,20 ; è lunga m. 8 e si va gradatamente restringendo come si procede nell' interno. È tutta scavata nelle marne bianche del Nummulitico e presenta pochissimo interesse. I fatti rilevati conducono alla conferma dei principii fon- damentali dell' idrologia sotterranea, già stabiliti dal Martel ed altri speleologi e cioè : 1. Nei terreni calcarei i diaclasi e le giunte regolano la cir- colazione acquea del sottosuolo. 2. Le sale si manifestano nei punti, dove le acque dovettero soggiornare e però vi esercitarono più intensa azione erosiva. 3. I bacini idrografici del sottosuolo tendono continuamente ad aljbassarsi. (13) Alovnii scrittori orcdf-ttero clic I' eco fosse nella jiTotta. Questo gi-ossolano errore provenne «la una cattiva iiiterpretazioue del seguente passo del Fazello : Specus — destror- suni obvia est, uiide vocis etiaui eniinus emissae Edio responsa refert. Feìiomcììi Cfir.sici e j)seìHÌoriilca ìlici del monte »S'. (UiUujero di Sciacca 19 Feiioiiieiii pseudo vulcanici. Il S. Calogero ]mn considerarsi citine tijx» dei monti psen- dovnlcanici. Xella Aetta è la grotta va[)»»r<>.sa, che asconde nei suoi re- cessi il psendo-cratere , da cni vien inori nna cidonna di fnnio visibile talora anche a parecchi Km. di distanza. Presso la grotta vaporosa, nello scoscendimento jn'odotto dalla frattura del rigetto, vedonsi disseminate numerose fumarole, dette ntd paese Ba(/ui- vcìli che corrispondono ai campi di fnniaride dei veri crateri. Altre fumarole, allineate sul dorso e sui fianchi del monte, ricor- dano le fenditure dei coni vulcanici. lutine, ai piedi del monte e per la massima ])arte aggruppate agli esti-emi del suo asse mag- giore (cioè nella valle dei bagni e nelTalveo del Carobollace) si osservano le sorgenti termo-mincu-ali, le quali, come notò il Baldac- ci (IJ^), pare abbiano (lualche relazione colla frattura del rigetto. Con fenomeni anologhi a i|uelli dei veri vulcani, nui ridotti a più semplice espressione , il S. Calogero ha piccoli parossi- smi (15), periodi di semplici emanazioni ed anche di calma. (14) Baldacci — Descrizione (leoliifiicu (Irli' inala di Sicilia — Roma 18S6. (15) Scarse notizie si lianiio sui parossismi delle stufe di Sciacca-. Si hanno notizie dei parossismi coincidenti con periodi ili gravi terremoti degli anni 1727 , 1817 e 1831. Ecco ciò che scrive il Savasta in rapporto agli avveuimenti del 1827 : « AHI 2t! detto (settenilire) venerdì, ad ore 4 di notte, si fece sentire nelle viscere della terra un tuono orrendo, che intiuuìrì tutti quelli che lo sentirono — vi fu chi vide nel territorio, chiamato dagli Sciac- chitani « Mandra Roxna » che essendo scoppiato un terremoto, si a]iri una voragine e da essa uscì uu' esalazione infuocata , che puzzava di zolfo , benché portandosi molti curiosi ad osservarla, ritrovaronla chiusa. Altri videro u.scire nel territorio ilaiKjiapira una trave di fuoco, che .audossi a precipitare lungi da essi. Molti, che nel tempo del terreuuito si trovarono alle stufe del S. Calogero videro che da ciucile grotte uscirono fumi e vapori accesi al dopjiio dell'usato. » Savasta — Tutoria dell' orrendo terrciiiolo di Scidccii nel 1H27 . Palermo 1829. Kispetto agli avvenimenti del 1817 leggesi nella Biblioteca italiana (settembre 1817) il di 14 gennaio verso le .S p.m. si senti a Sciacca un terribile tuono sotterraneo seguito da g.agliardissimo terremoto Nel 19 si sparse uu sensil)ile odore di zolfo nell' aria e la Stufa emetteva una cidonna di fumo, che scintillava fuoco. Piti incerte sono le notizie riguardanti il parossismo del 1831, giacché mentre Hofmann registra che il 18 luglio alle stufe di Sciacca si udii'ouo rumori sotterranei assai pili forti dell' usato, (Jennnellaro scrive : « Replicate osservaziimi si sou fatte da quel giorno (14 luglio) in poi nei bagni termali e nelle stufe di S. Calogero, per vedere se alcun camliia- mento (juelle softrissero dalla nascita del nuovo vulcano, ma nessuna sen.sibile variazione si è notata » — C. Gk.m.mkllahi). liclazionc del iiiiovu vulcano noria dal mare fra Seiaceu. e Panlelleria — Catania 1831. 20 l)oU. Raffaele di Miiia (Memokia X. Dalla tlescrizioiie, che segue, il lettore non tarderà ad aecor- gei'si, che le fumarole, allineate wul dorso e sui fianchi del monte, e la stessa grotta vaporosa sono soluzioni di continuità , eftet- tiiate da acqxie di dilavamento e d' intiltrazione lungo due dia- clasi, diretti secondo gii assi del monte, e che i Bdf/nicelfi rap- presentano altre soluzioni di continuità su diaclasi irradianti dal pseudo-cratere. Girotta va|»oro>70 sul mare (T. 1. (t. M.) e fu dal- l' nomo, che spesso per sua comodità si compiace deturpare 1' o- pera di natura, divisa in varie parti, che si appellano : Eremo , Stufa degli Animali, ^Vntro di Dedalo e i riposti recessi, cui dò il nome di spelonca Fazello per ricordare il nome delF autore, che prima li descrisse. JC Pianta della grotta vaporosa — ( l'Ianimetria ) Seala 1:500 1. Eremo. — 2. Stufa cicali animali — 3. Antro di Dedalo. — 4. Spelonca Fazello. — .5. Pseudocratere. — a Sasso cadnto. — h Colonna naturale. — e. Antricciuolo fumante. I tratti interlineati rappresentano roccia in sito e le freccioline indicano il pendio del fondo. Ere.aio — È la parte pili occidentale della grotta; un tem- ])o fu in diretta continuazione colla stufa degli animali, ma oggi n' è divisa da un muro. Il nome eremo venne della tradizione aftermante che in questa ))arte della grotta menò vita eremita S. Calogero, il quale Fenomeni earniei e pseudovuleuniei del monte '. Calogero di ticiuccu 21 fu iiiaiulato ad evaiiuelizzare il popolo della vicina città e be- nedire le stufe, che suscitavano terrore nell' ignoranza degli avi del y secolo. L'apertura d'ingresso guarda il mare e mena in una sala a forma di un grosso tronco di piramide (luadrangolare (lunghezza m. 5, larghezza m. 3, altezza variabile da 3 a 7 m.), che sulle pareti mostra caratteristica l'erosione chimica delle ac(iue o nella volta l'ablazione in una marna azzurrognola. In questi ultimi anni (1883) r ingresso fu moditìcato per adattarvi un cancello di ferro e fu spianato anche il fondo, perchè si volle trasformare la sala in sepolcro, nondimeno vi è sempre tanto da leggervi la storia naturale di sua formazione. La sala è ben illuminata ed ha a sinistra un' apertura, che mena in un antro (lungo ni. 3, largo ed alto ni. 2), il «juale è scarsamente rischiarato dalla luce dif- fusa dalle pareti della sala. Rimpetto all' ingresso è il muro che divide r eremo dalla htufa degli animali ed addossato al muro un rozzo altarino. A S è un secondo antricciuoh), il quale ap- pena pnò contenere un uomo giacente e comunica all' aperto con uno spiraglio, pel quale penetra luce e talora acqua. Il fondo ed il tetto mostrano risentito pendìo verso V interno e rivelano che il lavorio dell' acqua fu favorito dal!" azione delle giunte. Xelle frequenti visite da me fatte il 1!)02 e 1903 1' eremo fu sempre trovato comjìletamente asciutto. Stufa degli animali — È la seconda parte della grotta e trovasi ad P] dell' eremo. L' apertura d' ingresso ha forma ovale col grande asse orizzontale e dista dal cancello dell' eremo me- tri 5, 30. La stufa in parola è un antro (lungo m. 13 ; largo 5 ; alto da 1 a 3) ; il fondo ed il tetto hanno regolare pendìo verso N secondo l' inclinazione degli strati. Bisogna però tener presente che il fondo fu abbassato di circa 25 cm. , come chiaramente rilevasi dai colpi del piccone nella zona bassa delle pareti del- l' antro. Posteriormente 1' antro continua in un cunicolo impra- ticabile all' uomo, donde emanano caldi vapori di ac(jua e gas 22 l'off- Baffaele Di Miliu [Memoria X. (O ; N ; CO.,) ed al lato orientale è un canale, o<;ui eliiuso tla un niuriccio, che ininietteva direttamente nell' aiitio di J)edalo. Temperatura 'M\'V, (dì 14-()-l!)0:ì). AxTKo i>T 1)e]>al() — Trovasi ad E della stufa deiili ani- mali ed lia un iniiresso proprio, clie guarda il mare e dista dalla bocca della stufa dciili animali m. 7. 1/ architetto ateniese, verso il XII secolo iivanti V era volgare, lo avreblie dilatato ed adot- tato air uso dei l)aiiiii. 1/ antro ìia t'orma di una cornamusa colla punta verso sci- rocco : è luntio m. 9 ed lia larghezza ed altezza massima di m. 4. Il fondo ed il tetto han risentito peiulìo verso scirocco ; ma il tetto presentasi nel mezzo più ampiamente scavato , indicando essersi cx viva rupe ulierrima detìiieutia ottendisseiit, et in vianiin aml)ages primiim .ac deinde in angiistias ncidissent, liorri.re iiietiique a progrediendo al>diieti, ne siittucati interirent, ad suprema re- versi suut. Fa/.eli.us— /'«■ Rchux xiriilig. Dee. I, liU. VII— ]>. 274. Fenomeni carsici e jtsetidonilcanici del monte A'. Colorerò di Seiacca 23 nel canale principale, che presenta leggerissima inclinazione verso il foro dell' antro Dedalico. A sinistra del foro dell' antro Dedalico e in continnazione del diverticolo, provenient(^ dal l)uco dell' orecchio, ai tempi del Pazello, era un canale, che di preferenza era battuto dai visi- tatori, che spingevansi tino alla bocca dello pseudocratere; tanto vero che 1' illustre storico accenna solo a (]uel canale e passa a descrivere la voragine fumante , senza accennare ad altra via. Kellitti descrive 1' altro ramo del canale. frattanto il 7 luglio 1903 io trovai il detto canale rapidis- simo e tutto coperto di fango di argilla azzurra, in modo da spaventare il solo pensiero di tentare la discesa per esso. Pare perciò che il canale descritto dal Eazello ne avesse un altro sot- toposto e che il suott. Kaffneh IH Milla [Memoria X.J co. 1/ interno dello pseiidocrateve era quasi uniformemente co- perto (li uno strato di tanno di ari>illa azzurra. Il termometro, posato presso la colonna seunò 4()"0. La erotta Aajtorosa è scavata nel Titonico a contatto c(d Xummulitico ed il pseudocratere corrisponde all'incrocio di due diaclasi normali e diretti secondo i punti cardinali. IS'ella forma- zione della grotta V erosione chimica e meccanica delle acque si esercitò a preferenza Iuuììo i diaclasi e le i>iunte , ma V azione delle giunte prevalse. La grotta è riferibile al tipo (/oiiìr del Jilartel. La grotta vaporosa, precii)uamente d" inverno, agisce eome un condensatore del vapore acqueo, che, ripreso lo stato liquido, prima scioglie V anidride carbonica emanata dallo pseudocratere e jtoi il calcare dei vari canali, ove scorre; in altre parole il di- namismo del pseudovulcano sostiene il fenomeno carsico. Fumarole. Trascurando la descrizione dei cosidetti Bagnicelli, che mo- strano maggiore incostanza nella loro attività e non pare al)- biano grande valore scientitico, descriverò le fumarole che met- tono in evidenza i due diaclasi, i quali incrociantisi nella vo- ragine dello pseudocratere dividono il monte in (piadranti. Le fumarole della linea E-W sono geueralmente allineate sul labbro su])eriore del rigetto. 1. Ad E della grotta vaporosa trovasi una sola fumarola , clie dista circa m. .S20 dalla cima del monte e si apre nel cosiddetto antro della Quaquera , sito p(»clii ] tassi più a S della casa colonica del Sig. E. Scaglione. È un antricciuolo (juasi completamente interrato dal terriccio , accumulato dalle acque meteoriche; ha circonferenza di circa m. 4 e dà vapore per mia giunta. Temperatura 28 O." (14-6-1903). 2. Ad AV della grotta vaporosa e distante circa m. 50 da essa trovasi un altro meato fumante, conosciuto dai terrazzani Fenomeni carsici e psevdoruìcnnici dei monte S, Caioriero di Scincca 25 col nome di lineo nunoro-so, datogli dal Fazello. Ha diametro di cm. 10 e 8' interna nelle marne del i^nmmulitico con ripido pendio verso X. Il l)nco rumoroso mena certamente in una grot- tucola, giacché io vi introdussi una canna lunga oltre due metri e questa muovevasi liberamente in tutti i sensi. Il calcare so- prastante il foro fumante mostra ima scanalatura a superficie liscia, ([nasi doccia prodotta dal dilavamento. Temperatura 37" C. 3. Un terzo meato fumante dista dal precedente in. 150 ed apresi a tior di terra come bocca di un pozzetto (r apertura ha forma ovale con diametro marginale massimo m. 0. 00; minimo 0,70) si approfonda nella roccia oltre un metro e piega verso la grotta vaporosa in una fenditura dilatata dalle acque meteoriche Temperatura 32" C. (14-5-1003). 4. Un' altra fumarola dista dalla precedente m. 120 e tro- vasi a destra di chi scende per la via sul ciglione della Scalilla. La bocca guarda il S ed ha perimetro di circa 1 m. Temperatu- ra 27» C. (11-5-1903). 5. Il quinto meato fumante dista dal i)recedente m. (iO e trovasi sul terrazzo , che mena al cosiddetto telegrafo vecchio. La bocca guarda il S-W ed ha perimetro di circa m. 3; immette in una grottucola che prima si estende secondo la frattura del rigetto, poi piega a X. Temperatura 35" O. (14-5-1903). (). Qualche metro sotto il precedente ed in posto di non facile accesso trovasi un' altra fumarola. Il meato ha forma di imbuto col diametro marginale di cm. 37. Temperatura 34" C. (14-5-1903). 7. Il più basso meato fumante trovasi a circa un km. dalla cima del monte ed Etni. 2 più in giù della grotta di Tachahano. Ha circa cm. 50 di circonferenza e s' interna nella roccia con fondo inclinato secondo la linea del rigetto. Temperatura 29"C. (14-5-1903). Il diaclasi deUa linea X-S evidentissimo nella spelonga Fa- zello per i due canali, che sboccano in perfetta corrispondenza nella voragine dello pseudocratere, non è così evidente esterna- Atti Acc. Serie 4", Voi.. XVII — Mem. X. 4 26 J)utt. h'afuele Di Milia | Memoria X.] mente se non jier ])iecol() tratto in tìivezione S. Pare che su questo diaclasi si trovassero alcune fumarole (oggi completa- mente spente), cui accenna il Bellitti a pag. 37 : « Xel corpo stesso del monte in una collina a tramontana, nel luogo delle Chiavi .... sonvi diversi Imclii da cui fumo caldo e vaporoso esala » . 1" Il primo meato fumante a S dello pseudocratere couiu- nica colla stessa grotta vaporosa e corrispondente airestremità S del (ranale X-8 della spelonca Eazello. Ha perimetro ellittico nujlto allungato (asse orizzontale m. 2, 50 ; asse verticale m. 1. Il caldo va})ore vieii fuori da una giunta, che è incrociata da piccoli diaclasi. Temperatura 3.")" C. (14-5-l!)()3) (17). 2. La seconda fumarola trovasi circa m. 20 più gii'i dell'an- tricciuolo descritto. I vapori vengon fuoi-i da un foro del ])eri- metro di m. 0,50, clie s' interna nella roccia scendendo a ripido pendio verso X. Le emanazioni si compioiu) con grande inten- sità. Teperatura 37° 0. (15-5-1903). 3. La terza fumai'ola trovasi in. 102 più giù della prece- dente e sul medesimo diaclasi secondo il quale più in basso si formò la grotta di Cucchiara o secondo un altro molto vicino. Il vapore vien fuori da un foro orbicolare del diametro di ni. 0, 40, profondo m. 3, che scende ri})idamente verso N, con- tinuando in una fenditura, visibile per oltre un decametro. Tem- peratura 20" C. (11 5-l!)03). Le emanazioni del psendocratere e delle varie fumarole sono precisamente le stesse. L' analisi fatta dal Zinno, so[»ra 10 litri di vapore, presi nell'antro di Dedalo, fornì i seguenti risultati calcolati sopra un litro ; O cine. 137 1 H,0 cine. 479 N » 360 HOl » 003 CO, » 014 H,,S » 002 (17) Cii-ca 111. S i>iii ad E <-A in liasso i^ la gi-otta delle Pucelle, che è capace appena di ascondere un nonio accoccolato. Ebbe 1' cmure di essere descritta dal Kazello per la grande intensità delle emanazioni : offfii h fnniarola spenta. Fenomeni carsici e pseiuloi-ulcanici del monte S. Calogero di Sciacca 27 A che cosa è dovuto il rumor cupo, clic odesi presso quasi tutte le bocche fumanti ? È esso causato da acque termo-mine- rali scendenti qiiasi in conduttura naturale dalla cima del monte alla valle dei bagni, ove verrebbero all' ai)erto, come credettero iili scrittori delle terme selinuutine "ì Recisamente no e per molte ragioni. Prima perchè lo pseudo-cratere non funziona afìatto come un geii-ser e le volute acque, in cima al monte, restano sempre un parto della fantasia. Secondo perchè mentre la temperatura delle emanazioni vaporose raggiunge appena i 40" C, (jucUa delle acque solfuree è (juasi costantemente di 58" C , e questo sbalzo di temperatura sarebbe incomprensibile, giacché le acque man mano che fluirebbero nel basso dovrebbero perdere non gua- dagnare calorico. Terzo perchè, essendo le acque termali preva- lentemente sulfuree; 1' H^ S dovrebbe essere un prodotto costante ed abboiulante fra le emanazioni delle fumarole e intorno alle bocche fumanti non dovrebbero mancare piccole sublimazioni di zolfo ; invece 1' analisi rivela appena tracce di H^ S e le subli- mazioni mancano completamente. Causa tisica del suono sono le vibrazioni melecolari dei corpi elastici, nel caso nostro corpi vibranti sono i gas ed i vapori delle fumarole. Or siccome nei fluidi 1' elasticità è destata unicamente da variazioni di volume o di densità , e nelle fumarole queste variazioni sono continue ])er V mtermitfeiiza delle ina ni fe.[><)potamm .sp., di cui si raccolsero avanzi nella grotta di S. Ciro presso Palermo; la Niciia hniniea, VUrifHS arctos, V Elephas africamis , di cui si raccolsero avanzi nella grotta di S. Teodoro ( territorio di Messina ) (19). Allora il littorale della Sicilia non era completamente emerso dal mare postpliocenico , che deponeva quei sedimenti (paiudiina , calcari a Litotamni...) che i geologici distinguono col nome di piano siciliano e su cui sorgono ora ricche e popolose città, come Trapani, :Mar8ala, ]\Iazzai-a di Sciacca. In (jnel tempo si mani- festò uno straordinario incremento nella precipitazione atmo- sferica, la quale a sua volta [)r<)vocò grande intensità nei feno- meni di erosione; allora le grotte del Cronio, in gran parte abboz- zate, accoglievano gran copia di acque, che lentamente le dila- tavano erodendone le pareti ed il fondo. Fra tutte , quella più in alto del monte dovè primeggiare per la quantità di acqua , che ricettava e che vi scorreva dalle varie bocche e canali con- fluenti in essa. Tale acqua favorita dall' incrocio dei diaclasi, a lungo vol- gere di anni, andò lentamente scavaiìdo la profondissima gola del pozzo centrale, il cui fondo, gradatamente abbassandosi nella crosta terrestre, dovè pervenire in sito, ove domina un alto grado geotermico. Colà le acque cominciarono a vaporizzarsi svi- luppando anche O; N; e CO^, che avevano in soluzione. Tale fe- nomeno potè manifetarsi lentamente o anche impetuosamente in seguito a scotimenti sismici, che aprirono nuove fenditure nelle viscere del Cronio; ma certo si manifestò ({uando la grotta ave- va già r odierna configurazione, e perciò o alla fine dell' epoca diluviale o durante la successiva epoca delle alluvioni. Allora la colonna vaporosa apparve sul Cronio e la gola del pozzo centrale della spelonca Eazello si mutò in pseudocamino, la (19) Cfr. C. F. Parona. Trattato di Geologia — Can», editrice F. Vallardi, p. 684. 30 Boti. Raffaele Di Milia [Memoria X.] parte più alta e slargata, ove prima era stato un laghetto, in pseudocratere e tutta la grotta divenne Stufa. Gli altri meati fumanti debbono ritenersi di epoca più recente, giacche le actiue non vi hanno esercitata così profonda azione erosiva, che avrebbe rese assai più ampie le loro bocche coi rispettivi canali. La scarsezza della i)recipitazione acquea odierna mi fa ri- tenere, che il dinamismo del pseudovulcano è sostenuto oggi da intiltrazione di acque per meati diversi dalle bocche fumanti. ^leiiioria XI Le trasformazioni (2,2) quadratiche e cubiche di spazio Memoria del Dott. G. MARLETTA Con due mie note precedenti, clic dovrò citurc nel corso del presente laAoro , detti principio ;ill(i studio delle trast'ornia- /ioni (2,2) fra piani. In esse trattai della trasfornuizioue (|uadra- tica e delle due specie di trasformazioni cubiclie , assciiiiando, inoltre, alcuni teoremi e alcune tbrmole relative a trastòrinazioui d'ordine e generi (jimlunque. La presente nota Inizia lo studio aiialouo [>er lili sjiazi or- dinari, studiando la trasformazione (juadratica e le trasforma- zioni cubiche (2,2), ove per trasformazione ciihicd s'intenda ouni trasfornuizione che ad una retta generica di uno s|»azio , faccia corrispondere una culùca nell'altro, e ad una retta di (|iusto u- na cubica di quello. È da notare che mentre per le trasforma- zioni piane mi son servito <|uasi sempre di certe supertìciiMlel lo spazio da (luattro dimensioni, le j)reseuti . invece, sono studiate direttamente senza uscire dagli spazi ordinari dati, tranne ([uan- do la semplicità e l'eleganza del ragionamento me 1' abbia con- sigliato. Dei sei capitoli in cui (piesto lavoro è diviso , il |)rimo è quello che tratta la trasformazione quadratica. In esso assegnati i caratteri generali , si dà una costruzione della trasformazione senza uscire dai due spazi dati. Inoltre si assegna una costruzione assai elegante della più generale trasformazione quadratica involutoria, mercè \)vrù l'in- tervento della forma quadratica dello spazio da (]uattro dimen- Atti Acc. Sekik 4", Voi-. XVII — Meni. XI. 1 Doti. G. MarlcttK [Memoria XI. J sifMii. Anzi sì asseuiiii i)uve ranaloga costruzioiu' nel caso della ])iii iioneralo trasformazione quadratica invohitoria fra ])iani. Nel secondo capitolo si fa una classificazione di tutte le trasformazioni cubiche, dividendoli nei tre tipi seguenti : 1. Trasforuìazioni ])er cui sono ellittiche le cubiche corri- siìondenti alle rette. — 2. Trasformazioni per cui sono piane e razionali h' cul)iche corrispondenti alle rette. — 3. Trasforma- zioni per cui sono sghembe le cubiche corrispondenti alle rette. Quest'ultimo ti[io alla sua v(dta si suddivide in due sotto- tipi : II) Esiste in ciascuno spazio un complesso lineare speciale di rette ciascumi delle quali contiene una coppia di punti con- giunti. — ■ h) Esiste in ciascuno s])azio una congru(Miza lineare di rette antocongiunte. Le trasformazioni dei primi due tipi si possou tutte co- struire con opjìortune proiezioni di una forma cubica dello spa- zio da (juattro dimensioni. Xumerosi ed importanti sono i casi partic(dari che il 1' ti])o pre.senta, ma per amor di brevità non si insiste su di essi. Le trasformazioni del .")' tii»o si possono costruire tutte con proiezioni ()i)portune di varietà a tre dimen- sioni dello spazio a cin(|ue dimensioni. La trasformazione quadratica. 1. Siano *S' e *S'' due spazi ordinari riferiti algebricamente in modo die ad un punto del ]irimo corrispondano due punti del secondo, mentre ad un punto di (luesto corrispondano due punti di quello. Se un punto di S descrive un ]>iano o ì suoi oincdoglii generino una (juadrica '^'. Allora ad una retta qualun- (jue .v' di S' corris[)onde in A' una curva .v, che è una conica, giacché un piano arbitrario o V incontra in tanti punti quanti sono (pielli comuni alla retta .v' ed alla (juadrica cp'. Di coniche come ,v, ne abbiamo una (juadrupla intinità. Tj€ trasformazioni (2, 2) quadratiche e cubiche di spa::io Sia /■ una retta generica di un piano anch' esso generico

    di S ». Per i caratteri tìn ora detti, noi chiameremo (/ifiidrnficii la trasformazione in esame ; trasformazione che indicheremo con la lettera T. 2. Diremo che due j)unti di A — ^ di / — con ;i — , quale corrispondente di >. — di n' — . « Le superficie limiti e le superficie doppie di qualunque tra- sformazione quadratica, sono quadriche ». Doit. G. Marlctta [MEMORIA XI. I Le (lUiulriclie X, /.' — \i., '/ — si corrispomloiio proiettivamente, cioè ad un ]mnto dell' una corrisponde un ])unto dell' altra, in modo che se il primo descrive nna retta, anche il secondo de- scriverà una retta. « Li ioniche rorri.sjtoiKÌetifi (ilh ritti di S — di S' — xonu bi- tiuijicnfi In iK perfidi' liìiiite - — » {''")■ « Le i/imdricìie c/ie corrixpondoito ai piani di S — di S — , fueeiino \).' — X — ìuni/o unii conica ». (*) A due piani uenerici di *S' — di S' — c<>rrispiinti conffiitnti iti S — di S' — san fatte poste in rette a.s-eenti da un certo punto A) — B — doppio per la trasformazione T ». Le rette della stella (/>) sono perciò autocongiuute, e quindi a ciascuna di esse corrisponde in aV in forza di 7', una retta di (*) De Paui.is — Li- Ircis/i'Viitaziuiii doppie lìrUu spazio.— Mem. Acc. Liucei 1S85 — 6 1. Le irasfoììiiazioid {'.', 2) quadratiche e cubiche di kjkcìo 5 (7/) contata due ADlte. Da (juesta ossei'vazioiie (lednciaiiio che « fra /(■ (hic .sfrUe (D), (lì') inferccdr mi' init(>(/r((fìa A, ore sono corrisponde il ti l'fffc o jiifiiii. dir si rorri-s/ioniloiKi iu T ». 5. Ad una retta della stella (/>) corrisponde in forza di T una retta di ( //) contata due volte ; e viceversa. Ad un ])iano di (/>) corrisponde un ])iano di (/>') contato due volte ; e vice- versa. Ci<»è fra un ])iauo di (D) e il suo corrispondente in forza dell' onioiiratia A, la 7' determina (*) una trasformazione qua- dratica (2,2). Da questa osservazione ses>tu)no moltissime pro- prietà della data trasformazione 7', delle (inali eiiunciereino le seguenti : « Nello spiixid S — S' — li( .s-njicrficic limile e hi ■siij)irfieie dop- j)i(i si foecinin /inii/o iiiui eoiiicii. e il coiin circiiscrifto ini entrambe ìnnffo questa. Ita il rertiee nei punto doppio D — D' — •>. (''') « Ad una tanf/ente della superfìcie limite /, — ;i.' — corrisjxiiidono due fan- epnti di \>.' — di /. — seraiitisi in un jtuiito detta su/urfieir dopi>ia k' — ;i — ». « Ad un j/iano taiupute di l — di 'j.' — corrisponde un cono (juadrieo eircoscritto a \>.' — ai- — , e urente il rertiee sulla .superjicic dojtpia >/ — \ì. — ». 6. Da quanto abl)iamo detto segue <- una eostruxione della piìi f/enerale trasforma -ione (piadratica {'2,2) fra due spazi ordi- nari (distinti o sovrapposti) S e S'». Si rammenti (*"') in primo luogo clic uiui trasformazione quadratica (2,2) (7') fra due piani - e r, è perfettamente deter- minata assegnando una proiettività ò fra due fasci (/>") e (/>"), un' altra (o fra le tangenti di una certa conica (/^ di -, e quelle (•) Tutte 1p i)n)i)rictà sin i>r:i ott.-iuiti' circa hi tr;isto"iiinzio)ic '/' , si pDssmio cziaiKlii. .itteiiere con i-ajiionanienti analnjjlii a qn.-lli che taiein.) i>i'i- la tiast.>iinazÌMnc ciihii'a del primo tijio. ('*) Maiìlkita — . /,(( trwfiinìKtziiiHc iiiiadniliru ('J.'Jì fra pilliti n. 1(1 — Kend. d. Circolo Mateniat. di Palermo, t. XVII. IIMJH. (*■*) Maiìi.ktta — 1. e. n. lìS. Dott. G. Mai-letta [MEMORIA XI. ] (li \\n altra conica (|j.') di -', in maniera però che tanto 5 che 0) trasformino, nello stesso modo, le due taniienti di (>.) uscenti da T). nelle due tauiieuti di {\i) uscenti da />'. Osserviamo inol- tre, che per determinare o è sutliciente asseiiiiare una sola cojtiiia di tansienti corrisitondenti, giaccliè fra le due coppie uscenti da D e da I)\ la corrispondenza è tissatii. una volta die si è asse- gnata S. Siano t e /'le due tangenti corrispondenti di (X) e (i).') di cui si parla : al puut(» ^[ di contatto di / corrisimnde, con- tato due volte, il punto .1/' di /' jtosto sulla retta ò/>J/. Ora è da notare che se si cambia /' con V altra tangente che da M' si può condurre a (:).'), la trasformazione [T] non viene a mutare, giacché in sostanza non si fa altro che sostituire la proiettività co con r altra (», che dcAc (*) intercedere fra le tangenti di (>.) e quelle di (;/) in forza della stessa {T). 7. Ed ora ecco la [ìiomessa costruzione della trasformazio- ne T fra due s^ìazi ordinari -6' e S' . Si stabilisca una corrispondenza omogralìca A fm due stelle (/>) e (/>') rispettivamente di 8 e 8'. Scelta una (|uadrica (|ua- lunque 'k di A', non [)assante per />, si iscriva un' altra ([uadri- ca ix' nel cono (juadrico di (/>') che corrisponde , in forza di A, al cono circoscritto dal ]»unto D a /.. Imdtre si tissi un punto (jualunque 21 di X, e un altro punto a ])iacere M' di 8', posto sulla retta MJjlf. Con ciò è perfettamente determinata una certa trasformazione quadratica (2,2) (7') fra due piani qualunijue omo- loghi in forza di A, e passanti rispettivamente per le rette TJJf e D'M'. Infatti in due piani re-' siffatti sono assegnate le co- niche limiti (/.) e (i).'), (juali sezioni delle (luadriclie 'k e il Sono assegnate, inoltre, le proiettività 3 e «>, la prima in forza del- l' omografìa A la seconda perchè si conosce una coppia di tan- genti corrispondenti (oltre di quelle uscenti da I> e />') , nella tangente a (>.) in il/, e in una, scelta a piacere, delle due tangenti C) Mari.etta — 1. e. 11. 9. Le trasformazioni (2, 2) quadratiche e cnbiche di sjJdri'o 7 che (Ih .1/' si possoii coiuluiTe a (ii'). Questa scelta, poi, non fa inutave la corrispontlenza (2,2) (7'), per (luanto si disse in line del n° precedente. die la trasformazione T così costruita fra i due spazi *S' e iS' sia (|uadratica, è facile vedere. Si noti tinalniente che la T non varia, se si sostituisce Jf con un altro jiunto (jualunque X di L, purché J/' si sostituisca con X', se (|uesto è T omologo (contato due volte) di .A'^ in 2\ Infatti basta osservare che in due piani corrispondenti in 7'. passanti rispettivamente per le rette I)X, DX\ la trasformazione (2,2) determinata dalla T, e r altra ottenuta con un procedimento analoi;«) a (luello ora detto, coincidono , liiaccliè sono determinate entranilie / e ;)' due ([uadriche (juali si vouliano di uno s[)a- zio ordinario A'', tangenti lungo una conica : il polo del i)iano di (piesta rispetto ad entrambe si chiami J> . Indi si stabilisca un" omografia ^ fra le stelle (/>) e (//), ove I) è un punto (jua- lunque di un altro spazio A', e nel cono (juadrici) di (/>) ' a /' e i>\ si iscriva una ([uadrica X. lutine si scelga un punto generico Jf di >., e uno J/', dei due punti in cui >/ è secata dalla retta M)JI. Procedendo come nel n" i)recedente si ottiene una trasfornnizio- ne quadratica (2,2) fra A' e A', in cui n' è evidentemente sujìer- ticie limite e X' superficie doppia, giacché ([uesta non è altro che la quadrica passante per J/' e tangente ;).' lungo la medesima conica secondo la (juale hi tocca X'. Xe segue che « dafc due (/ntfdrichc (/>i<(ìi si rofilUiìU). htiif/iiili h(iiott. (}. Minlrftii [Memoria XI.] (luce dalle proprietà dette sopra eirea la trasformazione quadra- tica (2,2) studiata. Esiste un teorema analoj^o nel ])iauo, circa due coniche bitangenti. J^el resto di (|ucsti due teoremi si pos- son dare dimostrazioni dirette. 0. Servendoci del teorema (jui sopra enunciato, possiamo dare un' altra costruzione della piii generale trasforinazioue (|ua- dratica (2,2) fra spazi ordinari /S, A''. Si dia in aV una (piadrica >- riferita proiettivamente ad una altra >-' di /S' : i)oscia sia '/ una (puidrica tangente "/. lungo una conica. Dato un ])uu1<) 7' di A', il suo piano polare rispetto a /. seca questa stessa lung(» una conica, alla (piale corrisponde in // un' altra conica. Tutti i coni (|uadrici circoscritti a n' dai punti di questa, si secam) (n" Sj in due ]tunti allineati col l)ii)olo // di /. , 1'.' : assumerenu) (|uesti due punti come corrispondenti di 7*. Per (|uanto si disse nel n" precedente è chiaro che in tal modo si viene a costruire una trastormazione (juadratica (2,2) fra i due spazi A' e A''. Si [)uò dare una costruzione analoga per la trasfornnizione (piadratica (2,2) fra piani. 10. <■ (^)ii((/sir<)f//i<( /ni.sfi>nii((."i()iic t/ifiuh-dfird ('J,'J) fra ■sjxi."! ordinari, -v/ pxò .sciiijtrc costruire, a mino di oiiiof/rttfir, lìicdidiifr 2>roie~ioiii dei inulti di min i/iiiidrini dillo ■sjnizin dii i/iiiittro di- mensioni » (*). Se i due centri di proiezione, sono reciproci rispetto alla (juadrica di A'4 , i due punti congiunti di un punto (lualunque di *S' — di iS' — coincidono, e le due trasformazioni congiuntesi riducono a due omologie armoniche. Da (jucsto teorenni segue che « mia trii.\fi)riiia~ioiir t/iiadratica (2,2) fra dm spaxi ordinari è l>erfettuinnitv diiiriniiiata (a innin di oinoi/rafir) , (/iiando sian noti i diir jtmifi dopiti, r i/iiiiffor<ìiii lopjtic di punti ron'i-sjnnidi liti {') Maiìi.ktta — I. e. 11. l'.i. Le trasformnzioni {2, 2) quadratiche e cìiliiche di spazio !* = «^'- c^- Siano ora Q e Q' due punti (|ualun(jue di uno spazio .s-truzione della più f/encìude Iriisfor maxione , e/ fuori di essa. I due coni a tre dimensioni circoscritti da questi punti a 6, si toccano lungo la conica secondo cui 6 è se- cata dal piano polare della retta QQ'. Ne segue che essi si se- cano in una superficie del quarto ordine , spezzata in du(; qua- driche. Se ora si sceglie lo spazio di una a piacere di (jueste quadriche, come quello in cui si vuole stabilire una trasforma- zione quadratica (2,2), mediante proiezioni dei punti di D da Q e Q', si ottiene una trasformazione involutoria. È poi evidente che viceversa ogni trasformazione quadratica Atti Acc. Sehik 4% Vor.. X\'II - Meni. XI. 2 10 Doti. G. MurU-tta [Memoria. Xi. (2,2) iuvolutoria dello spazio ordinario, si jmò, a meno di oiiio- gratìe, ottenere nel modo ora detto. II. Classificazione delle trasformazioni cubiche. 1. Cliianiereuio fi'a.sfonjiazioiir ciihicd (2, 2) fra due s])azi ordinari tS e *S'', ogni corrispondenza algebrica (2,2) stabilita fra (|uesti si»azi. in modo che ad un piano generico di A' — e di ò' — corrisponda una supertìcie cubica di iS' — di A' — .Segue intanto iuimediataniente che ad una retta generica di A' — di A'' — cor- risponde in A' — in S — una curva del terzo ordine. 2. Sia 7' la traslbrniazione cubica in esanu-, e facciamo la ipotesi c]u> sia ellittica la cubica r' corrispondente ad una retta generica r di S. Le cubiche r' sono in numero (juattro volte intinito , e in un piano generico >' di A' non ve ne può essere una semplice intinità, giacché se così fosse la superficie cubica > (;orrispon- deute di f , avrebbe infinite rette doppie, e quindi si spezzerebbe in diu^ piani >, e }, , uno dei quali, p. es. ò^ , da contare due volte. Fra i piani V e -'-^^ non può intercedere nini corrisponden- za (2,1) in forza di T. giacche in tal caso ad una retta gene- rica di A" corrisponderelìbe in S una curva del sesto ordine, spezzata in due cubiche (razionali) poste una in i,. e l'altra in ò.,: visto clic fra i piani /, e / intercederebbe mediante T una cor- rispondenza l)i univoca. Se poi la data trasformazione determinasse fra i piani f e > una corrisi»ondenza (2,2) , allora entrambi questi piani sareb- bero autocongiunti, e ciò è assurdo essendo •>' un i)iano generico di A". Concludiamo duucjue che in un piano siffatto non può esistere una semplice infinità di cubiche >•'. È poi facile com- prendere che non può esistere alcun piano di A' contenente se ' ]je trnsfoftiKiiioni {2,i>) quadratiche e cubiche di spazio 11 curve r\ giaccliè non esiste alcuna sui)erficie (di A') avente un tal nuniei-o di rette (doppie). Perciò possiamo eoucludere che in iaccliè in tal caso ad nna ri'tta generica di xS" corrisponderebbe in (S' una curva d'ordine superiore al ter- zo; ma invece resterà determinata una corrispondenza (2,2). Per una retta generica -s' di /S' passa un piano -' (almeno), e [)er (pianto ora abbiauio detto la cubica -v di A' ad v' corrisjioudente, sarà posta in un <'erto piano -, e sarà ellittica , ìir cubica (-, 2) fiut m2)((zì oriliiuiri . se sona rììilticlic le cìihicli( (li xìKi \paxii> cDjris-pondetili alle rette deiraltni. /nirt- ellif- licJic sariiiiini le eiihiclie di questi) che corvixpoiiihnin (die rette di (j nello » . 3. Con analoghi ragionamenti si dimostra che « data limi trasforinaxionc cidtica (-,'2) fra .spazi ordinari, -se .so- no piane e razionali le cnhieJic di uno .spazio eorri.spondenti alle rette dell'altro, pure piane e razionali -saraniai le ciihicJic di (/iic.sto che corrispondono alle rette di (jìicUo ». ('■•) Maki.etta — « Li Iranfoniuciuiii ciiliirìic (L'. 2) fin iiiniii ■ (I. li) — Kriiil. il. Cir- lìolo M.atem. (li Palornio, t XVII. 190.S. In questa mia nota citata, .si ponga: Errata corrige jiai;. 10. viya "J" : al iiiinto lu"' h\. h ad mi piuitcì ili-ti-rniinatii di-lla lu"' />', . .> ; » H-' : * l'I" ' a':. Il > Mi~' II', . 12 Bott. G. Marlttta [Memoria XI.] 4. ])ai (lue teoremi })receclenti si deduce iiiimediataiiiente che « (ìat<( ìiiKt frdsfonìHtzioiic cnhica (2,2) fra >,jki::ì ordinari, xc no- no .sf/Iienihc ìc viihiche di uno spazio corri.spondfnti alle rette del- Valtro, pure s;/Iiemhr saranno le eiihieìic di (jne-sto c/ie eorrispondo- no alle rette di quello ». 5. Siccoiuc ili seguito faremo vedere che esistono etì'ettiva- niente trasformazioni per le quali si veritìcano le ipotesi dei tre teoremi precedenti, (;osì possiamo ora elassijìcare le trasforma- zioni <'u])iche (2,2) fra si)azi ordinari , formandone tre tipi ; e precisamente metteremo nel 1° tipo quelle trasformazioni per le (jiiali sono ellittiche le cubiche corrispondenti alle rette ; nel 11° tipo lineile per le quali sono piane e razionali le cubiche corris])ondenti alle rette. E , infine , porremo nel ///" tipo le trasformazioni per le (inali alle rette corrispondono (-ubiche sghembe. III. La trasformazione cubica del primo tipo. 1. Sia T una trasformazione cubica (2, 2j fra due spazi S e S\ tale che sian cubiche ellittiche le curve di A' — di A' — corrispondenti alle rette di A''-— di A' — (II, 2). Ai piani di A' — di A' — corrispondono in A" — in A' — sui)ertìcie del terzo ordine a sezioni piane ellittiche. Si vi(l(> (II, 2) che in A' — in A' — esiste una dojtpia iiili- iiità di piani - — -' — a ciascuno dii quali corrisj)oiide in A" — in A' — un piano -' — - — contato due volte, (insieme con un altro piano), e che fra due piani z e -' corrispondenti , la data trasformazione 1\ determina una trasformazione cnliica (2.2) di ])riiiio genere. Le tiafiformazioni (1', 2) quadratiche e cubiche di spazio 13 2. Ora osserviamo eli»' i i)iaiii - — -' — tonnaiio una stella. Infatti per una retta generica di ò\ p. es., ])assa quel solo piano ::, che corrisponde al piano -' di /S' contenente la cubica che corrispoiule alla retta. Dun(iue concludiamo che « hi 8 e in S' esìsiono (hic ■-tfrllc faJi rìir (t<7 ìiii pi(fii<> (/ìiahiììf/irr di unn di c.v.vr , corrisponde nel V altro s/){(zio nìi jtiano delV altra niella , confato due volte, {insieme con nn piano iisso). Fra due piani sifatti la trasforma::ione T determina una trasformatone (2,2) cubica di jirimo f/enere , / cui jiunti fondamentali sono rispettiva- mente i centri 1) e ])' delle due stelle, jiunfi che soìai duiK/ue pure fondamentali semplici jnr la trasfonn((zioìte T. Fra le due stelle (D) € (I)') intercede un'onauj rafia dorè sono oiìiolof/ln ]>iani o rette cor- rispondentisi in T ». Questa omoyraHa si indicherà con A. Al punto [> — D' — corrisponde in *S'' — in *V — il punto // — I> — insieme con un certo piano fondamentale V — ò — . 3. È poi facile dimostrare che « qualuìa/ue trasfornia~ione (2,2) cnltica del jtrimn tipo, fra spazi ordinari, si jtuò sempre costruire , a meun di omi>(/rafie , mediante proiezioni dei fiunti di una forma odiiea dello spazio d(( quattro dimensioni, (fa due jiìinti di essa ». 4. K noto ('■') che per un punto <|ualuu(|ue della forma cu- hica di /6'j passano sei rette di essa . le (|uali apparteng<>tf. a. Mariftfii [MEMORIA XI. I 5. Si (Iclliiiscano le f^uperficie limiti e le siiperticie doppie, analogaiueiite a come si fece (I, 3) per la trasformazione (jua- dratica. Osservando die la snperticie limite /- di S — ;ì.' di S' — è il contorno ap[tarente della forma cubica da mi suo jìunto, si deduce senz'altro clie « la superfìcie Jiinife 'l di S — unto. « La siij>erficie doppia i. — • ;j. — '' .' e /.' jj. rispettivamente. Ma è noto (*') die la cur- va limite e hi curva doi)pia di una siffatta trasformazione pia- na, si toccano in tutti i ]tunti comuni . e die le tangenti in questi concorrono nel punto fondamentale. duiKiuc : « JSeUo si>a::io S — S' — ìa superiicie litui te e la superficie dortpia si toccano ìitut/o una curva del dodicesimo ordine, e i piani tanqcnti comuni nei punti di questa curva , roneorrono tutti nel punti) fonda incutale J) — D — ». Del resto ciò segue dall'osservare die il cono in tal modo ottenuto, è la traccia in aV — in A' — delF altro di seconda spe- cie, circoscritto alla forma cubica daHa retta />/>. 6. Si è detto (111.2) che al ]»unt(» I) — />' — corrisitonde (*) Skiìhk — «.1. e. i> (*') Maim.ktta — e 1. e. » (III. 6). Le tidsformaiioni {2. 2) qKadratiche e cubiche di fijjazio 15 in ,S'' — in 'V — il limito /> — /> — insieme col ijiano fondamen- tale ò' — ò — ; (jnesto v il hioyo delle rette fondamentali (*) dei j)iani -' — - — . « A fi(i-s(iiii() dcjili «Ifri -sci piiiiti fn)i(IamenfaU coyri.sjMìiitlc niHi rrff(( li.scciifc >. « (^>i(r.s/c .sii retti' fi)iiiìi(iiieiifi(Ii iipjunieiif/itiiit mi imi) .stesso ciutii t/itinJrii-o. e i/iiicciimo iirJIit .supiriii'ii /.' — a — •> . ' Le riirre ei)rri.s-//(iiiileiifi (die rette ■soni) riihiejie ellittiche, le ijiia/i toeeinio .sei rotte fa .siijierfieie li in ite. I loro pioni pK.s.soiio per il pillilo foiiilninenlole ili 1^ ele(.s.se ». « /je .siij>ertieir ili S' — ili S — ejie eorri.sponiloiio ni pioni eli S — ili S' — toeeinio lo .siijìertieie Untile ;j.' — /. — . Iiini/o ifiiii eiir- rii ilei .se.sf'oi-iliiie ». cioi"' in o<:ni juinto comune. 7. Voiilianio ora dire (lualche cosa circa alle ti-asformazioni coniiiunte a 7'. Considereremo quella esistente in aS' , valendo pure per l'altra di A'', tutte quelle proprietà che enuncierenio. « Le .siiperfieie eoni/iiiiitr ni pioni. .sv>//o ilei .se.sto online; /nin- no ijiioilriiji/o il punto 1 >. e iloppl i/ii nitri .sei punti foiolonieiitiili. Le curve eoni/innfe alle rette, -sono .sr.sfirhr ellittieJie, con un punto (pimi ni pio in 1). Al punto D e eoni/iiin/o mi liioi/o del ijiiiirr or- iline. eoinj)i)-sti) ilei piano ò, e ili una .superficie ciihiea urente come doppio ijiicsli) inede.sinio punto J). -1 cia.scnno defili altri .sei punti fonda inoliali e eone/iinita una i-etla di (D) confata due ralle ■> . 8. Non daremo alcuna costruzione della trastormazione T. senza uscire dai due spazi *S' e 8'. Solo osserveremo clic una co- struzione siffatta è senii)re possibile, ouni (|ual volta esiste una rappresentazione biunivoca della forma cnliica clic serve a co- struire 1\ nello spazio oidinario. Ks-sa, in tale ipotesi, sarà con- dotta in modo iierfettamente analoiio a ({nello tenuto per la trasformazione (2, 2) cubica di ]m-ìiiio iicnere fra piani (**), cioè (,-) Marletta .Le. (III. 2). ('*) Marletta — « 1. c. » (III, LI). 16 ]><>tt. G. Marìcttn [MEMORIA XI.] basterà interpetrare convenientemente nella rappresentazione della forma cubica, la funzione di questa circa la costruzione della data trasformazion<;. Se la delta forma non e la generale, non si ot- tiene pili la trasformazione T generale, ma bensì un caso i)ar- ticolare. (*) TV. La trasformazione cubica del secondo tipo. 1. Sup])oniam<) clic nella trasformazione cubica T, ad una retta generica di xV, e ([uindi anche di 8' (II, 2) , corrisponda una cubica piana razionale di 8', di 8. Una retta generica di >S' contiene dun(|uc una co^ìpia di punti congiunti : se questi fos- sero distinti, si avrebbe in 8 una ((uadrupla iniìnità di cop])ie di punti congiunti; e ciò è assurdo. Dunque i due punti congiunti posti in una retta generica di 8, non sono distinti , ma coincidenfi. In altri termini possia- mo dire clic in una l'etta generica di S esiste un punto <1<)pj>ii> ])er la trasformazione. JJ hiof/o (li questi pilliti doppi <■ dunque un piano che chia- meremo -. Siccome poi per 8' possiamo ripetere le considerazio- ni fatte i>er 8, così possiamo dire che anche in 8' esiste un pia- no t' ciascun punto del quale è dopjtio per T. È chiaro ancora che x e x' sono corrispondenti, e che -' — )■' — è il luogo dei punti do[)i)i delle cubiche di 8 — di 8' — corrispondenti alle rette di A" — di 8 — . Ad un piano generico di 8 — di 8' — corrisponde in A" — in 8 — una rigata cubica la cui direttrice doppia è nel piano t' — t — . 2. Sia .s' una retta generica di 8', ed -v la cubica corrispon- (*) Dalla iiiciiioria citata del Prof. Segiìk, si ricavani) tutti i tijìi di siiporticic limiti per trasfbniiaziiiiii (2,2) conio quelle che studianio, ^inedie una suiierlicie può assumersi co- uu! una tale sniicrlicii- limite, allor.a e .solamente allora ([uando è contorno apparente di una forma cubica di N, iano generico di S non può esistere un nu- mero di curve -v almeno tre volte infinito, per ragioni simili a (|uelle addotte nel § 2 del capitolo 11. Concludiamtt dumjue che le curve v sono sparse in una dop- l)ia infinità di piani, in ciascuno dei <|uali esse sono in numero doppiamente infinito. Un piano siffatto l'indicheremo con z. Co- se analoghe si dicano circa lo spazio A''. 3. Analogamente a come si fece ])er la trasformazione cu- bica del primo tii»o, si dimostra che « /(i frdsfonixizìonc ciihica del secondo tipo /tiù f/cìicrale , .si puh .s('iH[tì-f ottenere , a meno (fi trasfornifizioni ontof/rtffiehe , mediante proiezione dei punti di una forma enliiea di S, dotata di piano dojijrio, Hceffliendo come centri di proiezione dui' punti (semplici) della medesima. Per amor di ì)revità non ci dilunghiamo nella ricerca d(M rimanenti caratteri proiettivi della trasformaziitue T ; caratteri che, del resto, sono analoghi a quelli della trasformazione stu- diata nei capitolo precedente. Ar-ri Acc. Skime 4% VoL. XVII — Meni. XI. 18 Dott. G. Marktta [Memoria XI.J La trasformazione cubica del terzo tipo e del sottotipo <() 1. ('((usidcriaiiio (»ra ripotesi clic ad una retta generica di /S — di A'' — , corrimMìuda una cubica sghemba di /S' — di A' — , in forza della trasformazione T. In una retta generica di «S' non esiste alcuna coppia di punti congiunti : se ne esiste una, la cu- l)ica corris])ondente ammette un punto doppio. 81 possono evi- dentemente distinguere due casi : il primo è che una retta (non generica) possa contenere un numero finiti) di coppie di punti congiunti; il secondo è che una retta non possa contenere un numero finifo di sittatte coppie, cioè che se una retta contiene (almeno) uiui coppia di punti congiunti , ne ammetta infinite. Siccome in seguito si farà vedere che a queste due ipotesi circa lo spazio A', corrispondono di c(ni.s(!invn::a ipotesi analoghe per lo spazio /6', concludiamo che il fir~<> tipo (H, 5) di trasforma- zioni cubiche (2,2) fra si)azi ordinari, si divide in due sotto-tipi a) e h). Cominceremo con lo studio del sottotipo a) , cioè di tinello per cui esistono rette p che contengono un numero finito di cop])ie di ])unti congiunti. 2. Le rette y> di S che posseggono (almeiioj una coppia di punti congiunti, formano un certo complesso (i>). In un piano generico (p ve ne saranno x ' di tali rette, e le coppie di i)unti congiunti in esse contenute costituiranno una curva /", la quale corrispoiule ad una linea /"' doppiti per la superficie cubica 'f' di A'', al ])iaiio i corrispondente. Ne segue senz'altro che /"' è una retta, e precisamente essa è la direttrice dojìpia della rigata f'. Per le ipotesi fatte circa le rette p , la /" non può essere una retta, e allora essa non è ((ìitocoiiffiiiiifa, se con tal nom(> inten- diamo significare che i due punti congiunti ad uno qualuiuiue di /", giaccimio entrambi in/'. Infatti se così fosse, alla retta/"' corrisi)onderebbe in >S la /" ctnitata due volte , e ciò è assurdo. Le tids/nriiuiziotii (2. 2) (jiindìdtichc <■ cidiiclir di spazio 1'.) perchè ad mia vetta di *S" i»uò corrispondere in aS' o mia linea del terz'ordiue. o una curva d'ordine inferiore al terzo insieme con una .supertìcie, (ciò nel caso che qxiella retta di iS' passi per un i)unto fondamentale di 1" classe (*) ). l)un(iue com-ludiamo che dei due jmnti congiunti ad uno generico di /". uno solo «iia- ee pure in /'. Tua retta (puiluniiue r del piano .p, seca /'in tanti ])unti. quanti sono i punti (variabili) comuni alla retta /" ed alla cubica sjiliemì)a / ad r corrispondente. Ma r ha /" i)er corda, dunque r i ]iuutj coniugati formeranno uìi fascio lineare. Concludiamo che « // coinpJrfis-o (^t) <■ Ihicnrc ». Segue ;uu'ora che una (|ualunque retta y> contiene una sola co]t]tia di ]»unti congiunti. 3. Sia J' un punto generico di A', e /',, P^ i '^'i**' «U. ur. DuiKjuc cDUcludiaino clic i piani - sono in numero sem- plicemente infinito, e che ciascuno di essi è UKfofoiu/iinifd. Di piani - per un punto iicnerico /* di S ne passa dun((ue uno solo, precisamente il piano J'J\ /'., : dun(|ue essi formano un t'ascio di asse d. Xe seiiue clic '< // ctnnjtì <'.s.s(p liiwayr {}>) è sjh- c'uilr, e il suo f^v.vc r <1 ». Ad un piano - corrisponde in 8' una su])erticie cubica s])ezzata in due jtiani -' e ò', il j»rimo dei quali è da contare due volte, ed è anciresso autocongiunto. ])uu(|U(> anclie in S' si lia un fascio {(!') di i)iani -' auto- congiunti. Fra due piani - e -' la data trasforma/ione 7' in S' le cop/tif (li pidifi cniif/iiiitfi fiinio (Ji.s-frihnifc iir//>' rcftc p del coììijths- s(t lineare si>eei(ile di ^rv.vc d' •■ , osservazione che giustifica la di- visione in due sottotipi data alla line del n. 1 del presente ca- pitolo. Chiameremo ò Fomogratìa , che la trasformazione T de- termina fra i due fasci (d) e (//'). È chiaro, infine, che ciascuna delle due rette d e d' è autocougiiinta. 4. Immaginiamo che gli spazi S e ^S*' siano immersi nello spazio S. da cin(|ue dimensioni : allora possiamo sempre su})- porre, a meno di omogi'afie, che la retta A' iS' sia secata in uno stesso punto da due piani dei fasci (d) e (//') omologhi in o. In- di scegliamo due rette (sghembe) /' doppie, e tale che nn piano ge- nerico condotto per una di (jueste, incontra ancora la superticie in due punti. Osserviamo però che di questa supertìcie fa parte una rigata dt^l quarfordiue, avente \o rette t/ e q' per direttrici do])])ie, e ciò per il l'atto che ad un punto (iualun<[ue di d <'or- rispondono due punti dì <ì\ e viceversa. La parte rimanente il è dunque una supertìcie cubica , la (juale al variare dell' iper- piano A, genera una varietà a tre dimensioni F, anch'essa del terz'oi'dine. Di questa non tanno parte le (/ , 7', ma ciascuna dì esse l'incontra in un sol punto Q, (/, giacché un piano per zione dei |iunti di nn cono culiico a tre dimensioni di S. . Si assetiiii un fascio (d) di jiiaiii in A. ed nn altro (d') in A"; poi si stabilisca un* omoi>ratia ci fra i ])iani di (//j e (|iielli di {ff') : sia anc(n-a )', un ])unto (|ualun<|ue di A non ]tosto sulla retta d, e 1", un i>unto di A" i»er cui non ])assi d'. E ora Ira due piani - e -'=5- di (d) e di (//'), si stabilisca una trasfor- mazione (2,2) T cubica e di genere nullo, in modo che sia d^ A'/*', e d' = F' F\ . dove A' ed 7*"'' sono due punti fondamentali })er t e non corrispondenti, e F, e F\ sono i ])unti congiunti alle due rette fondamentali corrispondenti ai punti F' e K vis])ettiva- mente (*). Ciò a meno di omogralie . [)uò farsi seiiijire. lutine si chiamino corrispondenti due jninti P e /'' , uno di A e uno di A", ogni ((ualvidta si ablua ì''d'=lFd e V\ /'.-'=- 1 , /'.-. In tal modo si viene a costruire una trasforniazi(me (2. 2j 7'. (*) IIauletta — « 1. r. ■ 11. — Chi- le iliir ritti- Kl\ e /"A", shiki autdi-uii^iunti- r corrisiiondeiitì in ": . si fliiin>sti:i laciliiiente osscivuikIh clu' aUa A'/', , \i. cs. , coitìsikiimIc- in tu' la rotta foiKlaiiiciitali' /,:' insieme con iiua conica liitangcntc- la luiva limite \i.' dotata di limito doppio in /•". e iiassante per K\. Questa conii'a duniiiie si deve necessariauiente spezzare nella vetta !■' K\ contata iliie \ olte. Analofianieiite dicasi per le rette //(/', e li' Il\ dove (T^ e H\ sono i pnnti eonuinnti alle rette fondamentali r/ e- h' rispettivamente. Le trasformazioni (2, 2) qxKWlraticlic e cubiche di apazio 23 tale che ad una vetta uenerica f di iS corrisponde in -6" una cu- bica sghemba /', infatti /' è secata in due punti variabili da un piano qualunque del fascio (d'), ed ha in comune con l'asse (7' il (solo) punto F' , punto che è fondamentale in ogni trasforma- zione (2, 2) che intercede fra due ])iani di (d) e {d') omologhi neiromografia 5. È chiaro, ])oi, che T è del sottotipo a). VI. La trasformazione cubica del terzo tipo e del sottotipo //) 1. Vogliamo ora studiare la più generale trasforma/ione cu- l)ica T, del ffu-::(> tipo e (V, 1) del .wtfotipo 1>) , cioè (]uella tra- sformazione (2,2) per cui son cubiche sghembe le curve corri- spondenti alle rette , e le coppie di punti congiunti di 8 sono sparse nelle rette p di una congruenza (/>). Xel presente ordine di idee, jiossono farsi due ipotesi: la prima è che ciascuna retta l> sia tale clie ad essa appartengano entrauibi i due punti con- giunti di un suo punto (lualunque ; la seconda ipotesi è die dei due punti congiunti ad uno generico di uiui (jualsivoglia retta l>, uno solo appartenga a cpiesta stessa retta. In line di (juesto capitolo si dimostrerà che la seconda ipotesi è da escludere, e quindi possiamo dire fin da ora, che il sottotipo ì>) non si divide alla sua volta. Facciamo dunque lo studio delhi trasformazione T, ammettendo la prima ipotesi, ossia, come diremo nelTipotesi che ciascuna retta [> sia (niforoiif/iiiiifa. 2. Una retta generica r di S non contiene alcuna coppia di punti congiunti, e queste coppie sono sparse nelle rette p di una congruenza (p) del 1" ordine. Se (juesta congruenza fosse, poi, di classe zero, sarebl)e costituita dalle rette di una stella; e alh)ra il piano - passante i)er il centro di (juesta , e ]>er una retta generica >• di aS', avrebbe per corrispondente in 8' una su- 24 I>»tf. (>■ Mnrlrttfi [MkmORIA Xi.] l)ertìcie cnl)i(ii contenente (alnieiio) r. ' rette (l()[)[)ie , e (juindi formata da due piani . uno dei (jiiali sarebbe da eontare due volte. Ne sei>iiirebbe che la curva r . ad r corrispondente, no 1>). Non insisteremo sullo studio della trasformazione 1\ che o- ramai può facilmente essei- fatto mer(^è la varietà T. (i. Dimostriamo ora quanto si asserì nel «S 1 del presente capitolo, cioè che le rette p contenenti infinite cojjpie di punti congiunti, devono essere necessariamente ((ufoconqiiiitfe. Infatti 2(i JMM. a. Mmh'ttu | Memoria XI.J sup|>()iiiiiiii() clic iioìi siinu) iiutDcoiiiiiuiite: allora 1" ordini' della coiiiivucnza /> e ciiualc a <ìii( , mentre la classe rimane e() ripetute prove e lunga esperienza posso assicurare nel modo più assoluto che una tal disposizione non j^orta nessuna variazione nello stato elettrico del collettore, purché 1' acqua vi cada in gocce, e soltanto quando cade a filo continuo sino alla supertìcie libera si stabilisce la comunicazione col suolo. Oltre la comodità e il vantaggio di non dovere interrompere la curva ogni qualvolta si deve riempire il collettore, si ottieue così un altro etfetto utile e non trascurabile, cioè che mantenendosi co- stante il livello dell'acqua nel collettore, il getto esterno conserva sempre la stessa velocità, mentre varia moltissimo e spesso s'in- terrompe quando il collettore da pieno è presso a vuotarsi. Quanto all' isolamento è da notare die gl'isolatori IMascart, i quali sono generalmente usati negli Osservatorii, non prestano buoni servizi se non a condizione che il vetro sia di ottima qua- lità e che l'acido solforico impiegato per il suo disseccamento sia molto concentrato, anzi conviene spesso rinnovarlo, poiché il ve- tro è assai igroscopico. Invece io ho potuto realizzare un miglioramento sensibile neir isolamento fìicendo poggiare il collettore sopra cilindri di zolfo compatto a superficie ben levigata ; dell'altezza di circa 15 cm. ciascuno e del diametro di 7 cm. Per ottenere dei cilindri di zolfo che possano resistere al peso di 60 o 70 kgr. senza rom- persi, bisogna prendere dello zolfo puro e portarlo a completa (1) Osservazioni contìnue dell' eleltrii-ità atmosferica. ~ l'iilililioazioiii del li. Istituto di Studi Superiore — Firenze 1884-85. Prof. A. Vavasino [Memoria XII.J fusione dentro una capsula di porcellana piuttosto grande. Indi si lascia ratìreddare agitando (continuamente con una spatola di legno sino a che la massa prenda la consistenza di una (-rema, e poscia si cola nelle forme di cartone. Allorcliò la massa è com- lìletauiente solidificata si toglie dalle forme e può essere lavo- rata al tornio e alla lima , perch' essa accjuista una durezza e una omogeneità molto più grande che quella dello zolfo ordi- nario. Si ottengono in tal modo dei cilindri a superlicie perfet- tamente liscia, che può essere anche yerniciata con gomma-lacca, e che presentano una grande resistenza alla pressione. L' elettrometro Mascart possiede anch'esso un inconveniente, di poca o nessuna entità nelle esperienze di breve durata , ma che può condurre ad errori gravissimi nel nostro caso , in cui si tratta d'una registrazione continua: intendo parlare dello spostamento nella posizione dello zero, già osservato e discusso dai Prott'. Iloiti e Pasqualini nella citata memoria. Ponendo in comunicazione col suolo V ago dell' elettrometro ad intervalli di 24 ore, esso non ritorna alla sua posizione di riposo, ma rimane spostato dalla parte stessa secondo la quale avvennero le maggiori deviazioni durante le 24 ore ; tali spo- stamenti sommandosi di giorno in giorno possono farsi grandis- simi. La causa di questo fatto risiede , secondo il Prof. Koiti , neir acido solforico in cui pesca 1' ago dell' elettrometro e donde riceve la carica ; ed i suoi studi precedenti sulla viscosità ed elasticità susseguente dei liquidi gli diedero anche la vera spie- gazione del fenomeno (1). Dimorando lungo tempo iu quiete 1' acido acquista in certo qual modo le proprietà dei solidi, come tutti gli altri liciuidi vischiosi, cioè un certo assettamento molecolare, per cui la parte sommersa dell'ago, deviata ordinariamente per 24 ore dalla stessa parte, trova un certo ostacolo a tornare alla posizione di riposo, e non vi torna che dopo un tempo più o meno lungo. (1) Nuovo CimciUo, Serie III, Tomo III, Pisa 1«78. Sulle variazioni diurne del potenziale elettrico delV atmosfo-a L' inconveniente è gravissimo perchè ne risnlta alterata tutta la ciirva, e manca un criterio per misurare le sue ordinate che ci danno i valori del potenziale nei diversi punti. Il rimedio sarebbe di cambiare 1' acido ogni giorno durante l' inverno , e due volte la settimana almeno durante l'estate, ma il Prof. Eoiti volendo risparmiare tale noiosa manipolazione , soppresse la comunicazione con l'acido sostituendo alla sospensione bifilare di seta, un solo filo d'argento sottilissimo, pel quale si guida la carica all' ago, e ricorrendo ad uno smorzatore ad alette. Avrei senza dubbio realizzato anch' io una tale trasforma- zione, se gii scarsi mezzi di cui disponevo non me 1' avessero impedito, pur tuttavia volendo ovviare a questo gravissimo in- conveniente , ho messo in pratica un altro artifizio , già prece- dentemente adottato dal D.r Del Lungo nelle sue ricerche , e che io ho stimato ottimo : Tolta una delle traverse orizzontali allo smorzatore dell' ago, 1' h(» fatto [ìescare, appena quanto ba- sti a sommergere completamente 1' unica sbarretta rimasta, nel mercurio di una vaschetta, assieme all' altro filo di platino che conduce la carica. E poiché la presenza dell' acido è necessaria per mantenere secche le diverse parti dell' elettrometro, così la precedente vaschetta venne posta al centro dell' altra bacinella contenente 1' acido solforico. Ho potuto constatai'e che le oscil- lazioni dell' ago erano divenute più rapide , cosicché si aveva guadagnato in molùlità , perciò in prontezza , e , ([uel che più conta, potei assicuraruii dall' esperienza quotidiana, che era del tutto sparito 1' inconveniente dello spostamento dello zero. Sem- brerebbe dunque che il mercurio non presenta, o poco, quel fenomeno di elasticità susseguente. Aggiungo finalmente che io ho soppresso del tutto 1' illu- minazione a benzina, sia perché spesso, per la sua cattiva qua- lità, dava una fiamma molto fuliginosa , e quindi veniva poi a spegnersi , specie durante la notte quando non si potevano sor- vegliare gli apparecchi , sia perchè coi forti calori estivi della Sicilia la benzina si volatilizzava troppo rapidamente dando una Prof. A. Cavasino [Memoria Xil.] fiaumia molto grande, pericolosa per la cassa di legno dell'oro- logio a cui è attaccata la lampada . e per il ]>avimento dello stanzino d'osservazioni pur esso di legno. In sua vece tì ho sostituito r illuminazione a gas acetilene , prodotto da uno spe- ciale acetilenogeno , con consumo medio giornaliero di un chi- logrammo di carburo di calcio. In tal modo si ottiene una fiam- ma che può essere facilmente regolata , ed in line è evitato il pericolo d' incendio perchè V apparecchio di produzione del gas vien posto all' aperto, e questo vien guidato dentro V osservato- rio da un' apposita conduttura. Il fascio di luce che traversa la fenditura della lampada , raccolto da una lente , vien riflesso dallo specchietto unito al- l'ago dell' elettrometro, e poscia va a colpire, traverso una nuo- va fenditura perpendicolare alla prima , la carta sensibile del registratore Puboscq. Il quale è essenzialmente costituito da un orologio a pendolo che comunica il movimento ad un telaio , dove è posta la carta fotografica: il movimento avviene in modo che in 2i ore la carta scorre per tutta la sua lunghezza da- vanti alla fessura detta sopra , e il punto luminoso che la col- pisce vi traccia così una curva rap])resentante i valori del po- tenziale elettrico nell' aria. « * * Esporrò ora in breve i risultati delle mie osservazioni, che sebbene esse siano in numero assai limitato , e tali da non po- terne dedurre un risultato decisivo , pure quel poco che ho potuto fare merita, io credo, qualche considerazione. La curva del potenziale elettrico dell' atmosfera presenta tre caratteri ben distinti dei quali conviene principalmente te- ner conto per istudiarla : 1. Le variazioni regolari, le quali sono state riconosciute periodiche con due massimi e minimi nelle 21 ore. 2. Le variazioni irregolari che da quelle piccole e inces- santi che fanno dentata e bizzarramente sinuosa la curva, vanno Sulle variazioni diurne del potenziale elettrico delP atiiio.sfera 7 a quelle antplissiìiie perturbazioni oscillatorie proprie del tempo burrascoso, quando il potenziale passa dal positivo al negativo. 3. Il valore delle ordinate , ossia del potenziale elettrico nelle diverse ore, nelle diverse giornate e nelle diverse stagioni. Le curve ottenute a Catania mostrano, come tutte le altre ottenute altrove , queste variazioni regolari ed irregolari. Come altrove i due massimi e i due minimi si mostrano ben detìniti nei giorni calmi e sereni, mentre basta un po' di cattivo tempo per perturbare il regolare andamento della curva. Durante il bel tempo il potenziale si nianteinie costante- uiente positivo, pur essendo variabilissimo ; (jualcbe v(dta, e solo per poco tempo a guisa di perturbazione, durante la pioggia è sceso negativo. Pare quindi che il potenziale delF aria tenda sempre a mantenersi positivo, giacché quand' esso passa al ne- gativo n 18-19 10, - 20, 20 3, - 16, 10 -■ 19-20 ^, - 19, 30 2, - Dal diaj;ramuia non appare il :> 20-21 10, 10 20, 10 3, 10 15, 45 2" minimo. » 21-22 9, 45 20, — 3, 40 16, 20 * y> 22-23 9, 20 19, 45 1, 35 14, — » 23-24 10, 20 19. — 3, 15 14, 45 » 24-25 8, 30 21, 25 1,45 15, — » 26-27 27-28 9, 35 8, 30 20, — 19, 20 2, — 1, 50 14, 45 Dal diagranuna non è possibile scorgere un secondo minimo. » 28-29 8, 10 21, 20 Oi - — 14, 20 » 29-30 9, 10 19, 25 2, 10 14, 30 ottobre 1-2 9, 45 19, 35 1, 50 14, — ^> 11-12 10,- 20, 50 1, 20 1 Spentasi la lampada alle 11'' Somme - ■ • • • • ll m 231, 20 li m 522, 15 li ni 56, 20 Il 111 »15, 45 numero dei termini . 26 26 25 21 i Medie . . h III 9, 15 h ni 20,5 h ni 2,16 Il ni 15,20 Sulle vdrìdzìom diurne dei potenziale elettrico delV atmosfera 9 V Quanto ili valori del potenziale non mi è stato possibile , l)er lo scarso numero di giorni d' osservazione , ricavarne qual- che conclusione sicura, tranne una conferma delle leggi sovrae- sposte. Durante tutto questo periodo autunnale in complesso il potenziale s' è mantenuto piuttosto basso , e ciò è pienamente d' accordo con quanto lianno trovato altri, i quali assegnano un massimo in Dicembre ed un minimo in Luglio. Riporto senza altro nella Tabella II i valori del potenziale elettrico ricavato dalle curve, c i:i 14 > 15 . IC 17 . 18 19 . 20 21 » 22 ■ 23 > 24 25 • 26 27 28 > 2a 30 1 2 11 12 12 min. = 20 el Sotiinm Nuiiiei-o iloi toriiiiui. Medio in olfìinouti . Potoiizìitle in Volt , 20 el 10,9 —2,5 16 22,5 22,5 18,7 18,7 10 12,4 12,7 15 18 fi. 7 6,7 6,7 28 20 26 .50 50 42 _ - — 40 48 49 10 11 10 17 19 18 19 20 17 30 42 36 18,0 17,2 20 18,6 13, e 14 20 19 19 7,2 —2 —4 20 3,5 13,6 20 18,7 20 17,6 11,2 16 —3 15 10 17 20 10 11 10 14 2l 22 7, 6 15 16 19 16 22 19 11 15 27 16 21 20 12 20,7 12 —2,6 In 17,5 18,7 21 17,5 12 14 26 10 23 10,4 22 48 25 12.9 22,9 2,2 11.4 3,7 15 19 20 20 20 10 13,8 32,6 11,8 31 13 18 50 2,6 21 21 21 13,5 31 10 37 Sulle variazioni diurne del potenziale elettrieo dell' atmosfera 11 17 10 54 38,6 17 27,5 20 18 21 IS6 26 18,2 15, 5 4!)U 4B1.- iW 1-5 526, J S5I 26 26 25 24 23 23 18, S 17,7 1»,3 )9,7 22,8 2S,9 16 15 m 16,4 16,7 19,4 2II.S 712,4 28,5 24.2 m 25 25, J 41,8 13 14 lo 1« IJ 18 19 20 21 22 23 24 Media 20,8 6,4 - - - 32 22 38 24 22 26 23 31 33 30 28 30 42 54 60 64 64 60 60 51 40, 1 54 50 56 41 44 - - - - — — — 51,4 — - - - _ 44 51 64 57 54 51 46 — 48 44 36 50 52 32 28 52 26 23 18 12 45,8 - - - - - 22 25 ■ 20 20 18 11 11 14,9 25 22 22 29 28 32 34 37 27 26 25 22 24,2 25 24 23 6 15 20 26 29 38 36 37 29 22,7 3 14 24 35 44 21 6 16 20 16,7 15 16 34 13 34 14 13 14 24 34 36 24 24 21 31 23,3 - - - — 28 26 26 30 37 27 32 26,8 14,3 15 10,6 13 17 11 12 15 21 18 19 17 15,6 31 30 27 5 24 24 15 6 3 3 —1,5 -3 18,4 4 3 0 3 — 2 —3 — — - - — 1,9 - — - - — - 27 20 9 14 14 31 - 10 7 17 10 13 5 27 29 12 7 2 4 12,3 26 23 21 15 24 36 35 32 24 19 16 16 15,6 32 30 29 30 40 38 36 44 33 25 24 21 25,8 33 32 26 33 28,5 21 20 33,7 26 32,5 27,5 24 25,5 27 21 27,5 16 27 20 16 22.6 20 23 21 19 22 33, 5 21 28,7 - — 23 30 20 21 23 34 20 24,3 21 18 20 21 25 34 14 16 20 16 11 10 18 18 17 12, -i 25 27,5 — — — — — -■ — 16.7 - — - - _ 28.7 20 27,5 24 21 19 13 - 20 27 27,5 21 27 28,7 30 22 19 17,5 15 14 18,9 18,4 15 16 18 27 17 16 27 30 12 12,5 9 21 10 7 15 16 5 0 9 3,7 14 15 12 17 10,8 44 32 — ... — — — — — — - — 32.6 - — - - — 20 26 26 10 4 8,5 10 18 15 20 16 16 20 — — — - - - 16,1 - — — 27 19 19 36 28 19 - 24,5 582 S»7,4 300,8 446 638 648,4 663 74.1, 4 662 578,7 65U 4911 24 24 22 21 21 27 26 26 36 26 26 26 24,2 22,4 22.7 21,2 25,6 24 25,5 28,6 25,1 22 20,8 18,9 20,6 19 1!),S 18 21.7 20,4 21,7 24, S M 21,3 18,7 17,0 !6,1 Sulle variazioni diurne del potemials ekitrim deW atmmj'era «li mercurio. i;ì Soinma .... numero dii larminl Msilie 3(18,35 30 10,11 891, 19 30 9,f0 2i8,()I 30 9,26 .81,02 289, 84 307,(19 343, 85 342,00 30 30 30 30 30 9,86 9, «6 10,28 11,16 11,40 365,70 30 12,19 M 828, !S 30 10,96 321^' «; 10, « 18 10,78 9,60 11,83 11,91 12,13 11,08 10,90 10,64 8,00 9,00 10,54 10, SO 10,49 10,40 12,70 13,65 12,65 13,32 12,39 13,22 12,11 8,24 8,51 8,84 9,88 11,00 12,06 12,2» 10,54 9,34 9,72 9,64 12,70 11,82 12,19 12,04 10,50 10,98 10,50 10,02 11,70 9,73 9,75 9,65 11,35 14,76 13,24 12,25 12,88 14,11 10,10 8,16 9,24 9,25 9,70 13,12 13,00 14,87 11,68 9,80 10,34 9,95 12,12 10,58 11,79 11,86 10,43 9,81 10,82 10,10 11,21 8, .38 10,25 8,72 11,75 13,85 14,38 11,37 13.82 13,01 9,40 9,21 9,61 8,2: 10,22 11,12 12,40 13,35 11,81 9,60 19 2U 21 9,65 10,39 12,39 10,65 11,68 11,40 10,75 8,41 11,75 11,40 11, 8,10 10,41 8,85 11,42 12,99 14,64 12,87 14,54 12,23 9,72 9,23 10,00 10,10 10.21 11,04 11,31 12,81 10,25 9,04 10,28 12,65 14,35 12,46 11,31 12,11 13,82 8,73 12,50 14,50 13,22 8,96 9,90 9,05 10,74 11,25 14,65 14,13 14,95 14,21 11,21 9,44 10,22 10,25 12.12 12.35 11.40 12,94 10,50 9,23 11,73 14,52 17,07 13,45 11,98 16,51 17,34 9,66 15,91 20,63 18,30 9,82 10,46 6,77 10,51 11,10 14,11 14,26 14,95 15,53 12,65 12,00 10, 10,12 10,96 13,33 13,33 11,71 11,80 6,48 10,17 11,78 12,76 10,64 11,27 13,11 14,10 9,60 12,98 15,39 13,05 9,86 11,50 9,57 11,60 13,12 14,20 13,30 15,06 13, 9,32 9,30 9,11 9,66 10,31 11,80 12,40 12,27 10,14 6,00 28 10,04 9,87 10,95 10,03 11,18 11,89 12,90 9,16 11,92 12,08 12,70 8,72 11,22 8,25 11,82 12,75 13,89 13,15 14,70 12,52 8,84 8,22 9,12 9,11 9,91 12,70 12,15 11,70 10,20 7,21 ''■« 364,04 30 11,80 3.58,00 358, 10 328,54 338,45 829,48 30 30 30 30 30 11,93 11,98 11), 95 m 11,28 10,98 3SU,52 30 11,03 353,43 30 11,78 87,95 12,98 M 346.50 30 11,65 828,90 30 10,96 317,3^ 30 10,58 14 l'rof. A. Vavmino [Memoria XII.J >s'ella Tabella III sono riportati i valori della tensione del vapore acqueo in ciascuna delle 24 ore, di tutti tjuei giorni per cui Ilo costruito la relativa curva, scegliendo sempre giorni calmi e sereni, ed lio fatto anclic le medie i)er ore di tutti i :30 giorni d' osservazione. Da essa appare subito che le ore in cui cadono i massimi ed i minimi di tensione sono presso a poco <|uelle stesse in cui si avverano quelli di elettricità ; però la relazione non a])]»are tanto evidente dalla media generale, quanto dal coufrouto delle singole curve giornaliere corrispondenti. 3ia quello che più reca sorpresa si è la grande rassomi- glianza tra la curva delF elettricità e quella barometrica diurna, e la loro coincidenza è tanto [tiù spiccata (luanto più calme e serene sono le giornate. L' intima relazione tra 1' elettricità atmosferica e le varia- zioni diurne del barometro è un fatto veramente singolare e degno di tutta V attenzione degli studiosi di meteorologia. Essa è stata notata anche da Bverett e Wliipple (1) a Kew, da EUis a Greenwich , da Eagona (2) a Modena, da Eoiti e Pasqualini u Firenze, ed io la trovo confermata anche qui a Catania. Ed è curioso che mentre la pi-essione atmosferica mostra una stretta relazione con l'elettricità dell'aria, viceversa gli elementi da cui la pressione dipende principalmente, cioè la temperatura e r umidità relativa, non m osti-ano alcuna relazione con 1' elet- tricità atmosferica. Ciò mi induce a credere che sulle variazioni diurne barometriche intluiscano non \)Wo anche quelle dell'elet- tricità, e che (queste alla loro volta di[»endano da un' altra causa a noi sconosciuta. Ma su questo particolare io non oso allatto pronunziarmi, e lascio il giudizio detinitivo ai dotti, perchè l'ar- liomento è tale da richiedere un lungo e profondo studio e una larga discussione. In particolare ritengo che a più sicure conclusioni si per- ei) Oljservatiim of Atmosphprie Electi-icity nt tlip kew Oliscrvatory «Inring ISSO. By (;. M. Whipple, Superiiitentleiit— Ileport of the British Associatiiìii ISSI. (2) Memorili doli' Accad. di Scienze, Lettere ed Arti di Modena— Aimo 1S70, Tonu) XI, pa;;-. 10. Sulle variadoni divrne del potenziale elettrieo delV (itniosfera 15 verrà quando lo osservazioni dell' elettricità atmosferica si fac- ciano contemporaneamente in parecchie stazioni , e si possano rendere paragonabili fra loro le diverse cni've ottenute insieme in luoghi vicini e lontani, alti e bassi, sul mare e in terraferma. E da augurarci quindi che nei numerosi nostri Osservatorii me- teorologici si attenda assiduamente a queste imi»ortantisime ri- cerche, che si collegano con tanti j>rol)lemi ius(duti di tisica ter- restre, relativi al magnetismo, alle correnti telluriche, all'aurora boreale, ed, interessando anche la vita pratica, agli effetti disa- strosi della grandine e dei colpi di fulmine. Ma atfincliè si generalizzino nei nostri Osservatorii le ri- cerche sull'elettricità atmosferica, parmi che bisognerebbe sempli- ficare gli apparecchi a ciò destinati e che se ne renda ]nù pra- tico il loro uso, perchè appunto la ragione principalissima per cui molti iion intraprendono o hanno abbandonato queste osser- vazioni sta nel fatto che, oltre al paziente lavoro di sviluppo fo- togratico delle curve, si richiede un' assidua sorveglianza degli apparecchi, e tutte quelle cure le più diligenti e meticolose per ben regolarli onde il loro funzionamento sia esatto. Un passo in questo senso è stato fatto dal Chiar."'" Prof. L. Palazzo, Diret- tore dell' Osservatorio di Roma, il quale in una sua recente co- municazione fatta nella riunione della Commissione Internazio- nale per lo studio dell' alta atmosfera, descrive un apparecchio registratore da lui ideato, molto semplice ed ingegnoso, destinato per le osservazioni durante le ascensioni in pallone, o con cervi volanti : certamente questo strumento , od uno somigliante, con opportune modificazioni potrebbe servire ad uno studio (almeno sommario) dell' elettricità atmosferica anche negli Osservatorii. Compio infine il dovere di porgere i miei più sentiti ringrazia- menti al Chiar.'"" Prof. A. Ricco, il quale mi ha fornito di tutti i mezzi necessari per queste mie ricerche, e di tutti qiiegli utili e sa- j)ienti consigli necessari per ben condurre tali delicate osservazioni. C'atauia Gemiaii) 1904. Dal B. Osservatorio Astrofisico e Meteorologico. ^feinoria XIII. Sugi' integrali delle equazioni del moto d' un punto materiale Nota IL del Dott. VINCENZO AMATO In questa Xota, che fa seguito alF altra pubblicata negli Atti di (juesf Accademia (Serie 4% voi. XIV, che diremo Xota 1), sarà dato un metodo per costruire due integrali primi comuni a pili problemi del moto d'un punto sopra una superficie varia- bile col tempo di posizione e anche di forma (nelF ipotesi ge- nerale che la forza sollecitante dipenda dal tempo , dalla posi- zione e dalla velocità del punto materiale di massa unitaria), ovvero due integrali primi comuni a più ])roblemi del moto di un punto sopra una superficie fissa, nel caso in cui la forza di- penda dalla posizione e dalla velocità del jìunto (Korkine, ^[a- themati.scJic Annaleu, voi. Il, 1S70). Sarà inoltre data una concisa dimostrazione di un teorema del Korkine che stabilisce come condizione necessaria, per resi- stenza di due integrali primi comuni a più prol>lenii del moto d'un punto sopra ixna superficie fissa, la sviluppabilità della su- perficie stessa, quando la forza dipenda soltanto dalla posizione del punto. 1. Le equazioni difierenziali del moto d'un punto sojira n- na superficie si possono scrivere così u" = U, v" ^ F, dove le JJ, Y sono funzioni delle t, >t, v, ti', v' (Cfr. Xota I, § I). Se TI' (t, u, V, u', v'} = a Atti Acc. Seeik i", Voi.. XVII — Meni. XIII. 1 Ihitt. \ iiiccìiìo AìllittO IMkmoria XIII. I (■ un iutt'iiralc primo coiiiiiiic a iluc |if<>1>l('iiii ( 1'. \[j. f/^',, \J (leve sotUlistarc siinultaiicaiiicntc le e(|iia/i(nii A ( ir B ( W) = V (W) ^ ?n' ' ' 3r' air , ,sir , dt ' " ?» "^ ,9» air , air a,,'"'-'' ar ^'" A(/ air ' all' /; (/•■) air '. (1) (love /i' ini / liaiiiK» siiiiiilicati noti (Nota I. v^ II). Per(^li(> il sistema (1) sia jacobiaiio. cior pendile esistano (hir integrali primi comiiiii a |)iii problemi dehlxino essere soddisfatte le eondi/ioni A (/,■) = 0, .1 (/) —23 ik), n I /; i/.-)i :-- e i/). Dalla prima si ha /.■ = (p (t, II. r, r' -- /.■»('). essendo 'f una funzione arltitraria. Assumeiulo. in luouo di r' . la nuova variabile ir data dal- l'equazione si lia r' =:z ir -j- m (t. Il, r. ir) ii . SirS esseiulo * ( f, ii. r. tv) una nuova funzione arbiti'aria. Col precedente cambiamento di varialnle, posto ir (t. II. r. Il', r') =z _jY ('• ". '"• "'. '")» iSDf/l' iiit(' (t. V. r. ir) -^ e dove le «. [j sono fnnzioni arbitrarie. 11 sistenni (2) sarà al lora Jaeobiano e ci fornirà i dne inteiirali comuni (*). (*) Tutto c\i< clir |ii-oce« 3? dr "^ ' Sf as dt dt ^ dv seeiie ?A i__L aA, a -KP 3)4 ' dr ' 3 A r 3m . / 3ts 3A, ds 3«( ^ ^ 3y ^ L 3( "^ \ 3i.' ' 3'*' Sa die 0. E i)erò il sisteuia (2) si trasforma iiell* altro 3a. 0, aA^ 3a, 0, 'A, «^ + a^Vi 0, SiKjV liìtcgncU «Ielle equazioiìi del moto (Vita punto materiale oAvei'o neir unica ('(inazione '-A^-f c.4^^?^=.0. (3) 2u ' dr ' Ss i-ìw ammette due integrali distinti , essendo le ii, >; -s vavialiili indipendenti. Distinguiamo ora due casi : aj Siano date le a. ?. Si trovino i due integrali, riseduti rispetto alle costanti, del sistema (Ir ds dli = — =^ -7- di ecfuazioni differenziali ordinarie. Operando sui due integrali trovati il seguente 2»i'«Hlott(> di trasformazioni « = «, « = «, r:=,t\ {t. Il, *•, S), B = C, w = f, {t. n, ì; s) = ^ , i'' = /(• — 9 (t. H, i; w) «', dove 9 è la fiinzione trasformata di L^«^^. I e, ^^ per mezzo delle relazioni V = f\ it, II, r, s) , (f = f, {t, II, r, s) = -^ , si hanno i due più generali integrali primi, funzioni delle ^ u, r, >(', V', comuni a tutti i problemi (T, V) del moto d^in punto so])ra lina superficie varial)ile col tempo di posizione e anche di forma (neir ipotesi generale che la forza sollecitante dipenda Iioit. \'iiiccii:<> Aiiiiitd [Memoria XIII. (|;il tciM|io. dalla |)(isi/,i(mc e dalla M'iocità del limito;, (juaiido le lorzc soddisliuo la coiidi/ioiie (") r — /,■ r ^i; 1» ) Siano date le (■(|iia/ioiii A, [II, /■, .v)=i:c j ' (4 A., (/(. /■. -s-j :=C.,, ' (4) (•(.Il \ . A, finizioni arbitrai-ic e tali clic sia diverso da zero il fleteniiiiiaiite t'niizioiiale rispetto alle y, -v. dr , Sx Sono determinate allora le due Iniizioiii « =: -^ , \> = j^^ i>i modo «die le (4) sieno inteiirali d" un" et|nazione della torma (3). Da «luanto precede si pnò condì iiidere : ^[ss((iii(il< din finizioiii (ìi'ìlc rid-itiliili ÌihIÌjhikÌcii/ì u. r. s A, ("' i\s)~c^. . ^V, in, r, s) =:C, , /(ifi clic "iit (ìirn-.so (1(1 zcni il loro (ì(icniiiii(iiit( finizioiKdc rispcl- /(> ((Ile r. s, ed ii(/ii(i(/li((/(' a due co-sfdii/i arhiharic. r nota la tra- .\forni((~ioii<' da ojxrdn sulle ii. r, s yyc/- //((s.sdn (die rdrifìbili i, II. V. n', \' e iii((ìi(inl( (jiicxln lra.sf()niijimente. ]treiidendo le mosse dai risul- tati contenuti nella mia Nota : Sidl' iiil((/ni:.ioiic d' un' equazione (Giornale di :Matemati:r^. 11). l^Hj/l' intef/rali delle equitziinti del moto d' mi punto miiierii/le 7 lire la ti-astbriiiazioiic relativa al sistema di due iiitei:rali lìriiiii coiiiiiiii a ])iù prol)l(qiii del moto d" un ])Uiit<» sopra una supei- tieie tissa, nelF ipotesi che la forza sollecitante dipenda dalla posizione e dalla velocità del punto. Infatti i risultati della Xota oi-a citata si possono enuncia- re così : 8ia r una variabile ausiliaria ed F (n, i\ f) una funzione qualunque delle n, r, r. Considerianu) le forinole $ = — - , ffi = F fi (", '•) — ^:}ldr-a(„,r)ià4'lr (6) dove le «, ii sono funzioni arl)itrarie, e dopc» aver fatte le ditte- renziazioni e le integrazioni indicate, sostituiamo r col suo va- lore in funzione delle n, v, ir che si ha dairequazione ir = F {II, i\ r). Allora le {(i) daranno ])er

    ') = c, dove e è una costante arbitraria. Si risolva Y ei|uazione CU ' cr rispetto ad «. Siamo così ricomlotti al caso precedente. Dunque, as-sef/iiafd iiitti fxtizioiic qKtiJtiiiqiif \^ i u, ri, r notti hi fydsftn'mazione da ojicrdir .sulle u, r pev jfiis-sarc nlh- rari((hili t, u, T, a', v' e mediante ijiiesta fra.tformn~ìone la finixiotu' data ed un'altra eìie .si attiene da essa con una intef/razione, iif/naffliate a due costanti. e().stitui.s-cona un .si.sten)a di due inf<(/rali primi eii- muni a più problemi, in fun."iane delle t, u, v, u', v'. 3. Le equazioni differenziali del moto d'un ])anto sopra una superficie fìssa si possono s(;rivere così (Nota I. pag. 10) EG—F- /li /li / 1 \ ' „ EX-FM in , ,., ^12 , , , (22, ,, EG—F' (2 1 /2\ I 2 \ Supponiamo clie le .1/, X, dipendano solo dalle u, r. Allo- ra si avrà Si può quindi trovare una funzione ;a delle u, r tale che sia [JL {V — -Ji U) = Hi', dove m' è la derivata d'una funzione m ( n, rj risi)etto a t. lo Dott. \'ini'. Si rientra così nelTipotesi fatta nella Xota I e quindi, per l'esistenza di due inteurali coiiiuni. occorre che sia ^^- ( = *" ' = 0. n \ (1 * La seconda di (jueste condizioni ci dice che le linee v S(»no f/eodf'ficìie della superficie data , mentre le due condizioni espri- mono rannullarsi della cur\ atura totale della superticie. la qua- le perciò deve essere .sviluppahìk (*). Catania, Aprile 1904. . . all' (*) Nella iKita I In diiiinstniziiiup è relativa al caso particolare lu cui sia ^-7- = 0, mentre ipii è provato clic il caso generale si jmò ricondurre a ([nello. Memoria XIV. Istituto zoologico della R. Università di Catania diretto dal Prof. A. Russo Primo contributo alla conoscenza dei Crostacei decapodi abissali del Compartimento marittimo di Catania Memoria di FRANCESCO MAGRI Lo studio della fauna abissale in questi ultimi anni lui ac- quistat(j una notevole importanza sia per la distribuzione geo- gralìca e batimetrica delle forme viventi nelle grandi pi-ofondità marine, sia per gli adattamenti a cui le forme stesse vanno sog- gette. Le esplorazioni abissali fatte nel Mediterraneo fino ad oggi sono ben poche, per cui scarse sono le nostre conoscenze su tale argomento. Fra tali campagne ricordo quella fatta ad iniziativa del Gigiioli e del Magnaghi sul Wa.sJiinf/fon nel 1881; quella che si svolse nell'Adriatico e nel bacino orientale del Mediterraneo sul Fola, nave della marina Austriaca, e le ricerche eseguite recen- teiiiente nel golfo di Xa[)oli col Maia dal defunto P. A. Crupp e dal dr. S. Lo Bianco. Occupandomi da tre anni dei Crostacei (lecapodi del Com- partimento marittimo di Catania, e confrontando i dati da me raccolti con (juelli ottenuti su tali animali nelle esplorazioni precedenti, mi sono accorto che 17 specie della mia collezione sono state citate dai precedenti autori come forme esclusivamente abissali, mentre ho potuto assicurarmi che nel nostro mare si trovano a profondità relativamente piìi piccole. Per tale ragione ho creduto non privo d' interesse pubbli- Atti Acc. Serie 4", Voi,. XVII — Mem. XIV. 1 Francesco Magri [Memoria XIV.J carne un succinto elenco allo scopo ili contribuii-e alla migliore conoscenza delle forme abissali. A ciascuna 8i)ecie , quando il Ijisogno V lia richiesto , per meglio chiarire i caratteri diagnostici, ho fatto seguire delle os- servazioni desunte dall' esame degli esemplari della mia colle- zione. Per la classitìcazione mi sono riferito a (]uella deWEdirayds, del Carv.s e di altri autori più recenti. CRUSTACEA DECAPODA M A 0 E U E A NATANTIA Fam. Pekaeidak — Sp. Bate. Sottofam. Penaeinae — Ortni. 1. Penaeus caramote — Desm. È abbondante nel Compartimento marittimo di Catania, abita alla profondità di 50-00 m. circa, e quasi quotidianamente comparisce sul mercato in notevole quantità. Gli esemplari in collezione sono stati catturati colle nasse nella baia di Catania. Pam. Penaeidab — Sp. Bate Sottofam. Penaeinae — Ortm 2. Penaeus membranaceus — Risso È abbondante nel Compartimento marittimo di Catania; infatti, nel mercato ci si mostra copioso in ceste, insieme con altri Crostacei cioè : col Pandalns Pristis, col Pandahus narval, abbondantissimi nel nostro mare. AI)ita in mezzo al tango alla profondità di 100-300 m. circa. La sua frequenza, in rapporto alle profondità in cui fu rin- Frimo contributo alla conoscenza dei crostacei decapodi abissali ecc. 3 venuto questo Crostaceo , induce a credere che la distribuzione batimetrica di esso varii da 508 m. a 300. — I caratteri di questa specie liaiiiio dato luogo a discussioni, rii)or- tate nel lavoro del Senna. Secondo alcuni , il rostro sarebbe lungo tanto da sorpassare di molto gli occhi e da raggiungere o superare lo scafocerite, ed i maschi a parità di dimensioni colle femmine l'avrebbero notevolmente più corto. Questi dati sono confermati dalle mie osservazioni; però nei numerosi esemplari di maschi il rostro raggiunge lo scafocerite senza superarlo mai, nei maschi il rostro è di poco piìx corto, e il Tiumero dei denti, che il (Jarus crede da 5-G e il Senna da S-9, nei miei esemplari è da 7-S. 11 maschio è costantemente piìi piccolo della femmina. ¥am. PE^fAEiDAE — 8p. Bate. Sottofam. Parajìenaeinae — Ortni. 3. Penaeus siphonocerus — Phil. È scarsissimo, forse perchè abitualmente vive a grande pro- fondità. Cxli esemplari in collezione mi sono pervenuti dalla baia di Catania e sono stati presi colle nasse. — Il rostro nel margine inferiore è munito di numerosi peli, e nel su- periore porta costantemente sei denti, il primo dei (piali è piìi distanziato, il secondo più robusto degli altri. Questi caratteri contraddicono evidentemente le osservazioni del Carus, secondo cui i denti del margine superiore sarebbero sette e tra l'uno e l'al- tro numerosi peli. La squama anteniuile è lunga quanto lo scafocerite. Il solco cervicale molto accentuato è terminato ai due lati con due spine di cui la superiore piìx robusta. Il I. somite dell'addome è più stretto degli altri e forma una specie di collaretto; gli ultimi tre sono carenati ; il IV lo è per metà, mentre il VI porta nel suo mai'gine anteriore una spina sottile. Il telson, appuntito e fortemente solcato longitudinalmente, porta in vi- cinanza del suo margine anteriore una sottilissima spina per ogni lato. La branca esterna ed interna dell'uropodo termina ai margini con numerosi peli simili alle barbe delle penne degli uccelli. Francesco Mayrl [Memoria XIV Eam. Pekaeidae — Sp. Bate Sottofam. PaKipkiwiimc (Dana) Cls. 4. Pasiphea Sivado — Risso Da notizie attinte da alcuni pescatori, mi risulta che que- sto crostaceo si pesca colle nasse, alla profondità non superiore a 200 ni. Credo probabile pei-ò, die si peschi a profondità mi- nori, senza escludere la possibilità di una cattura superficiale. Infatti lo Smitli , come lui rilevato il Bif/(/io , considera le specie del genere Pasìpliea come essenzialmente nuotatrici e non rigorosamente abissali. Gli e8em])Lu'i in collezione mi sono pervenuti dalla baia di Catania e sono stati catturati dentro le nasse. — Ha il corpo forteoieute compresso, il cefalo torace non carenato nella sua porzione anteriore, che si va gradatamente allargando sino alla posteriore. Il margine frontale del cefalo-torace è libero , gli occhi sono brevi e peduncolati. Lo stipite antenuiilare è composto di tre articoli, che presi insieme so- no lunghi meno di \ 3 del cefalo-torace. Il I. di tali articoli è lungo quanto gli altri due, ed incavato nel mezzo, dove raccoglie gli occhi ; il piìi corto è l'articolo mediano. Lo stipite porta le antennule, il filamento esterno delle quali è piìi forte dell'interno e della lunghezza quasi del cefalo torace. La squama antennale stretta, quasi lanceolata supera in lunghezza lo scafocerite. Il peduncolo antennale è lungo e diviso in tre articoli, dei quali è più sviluppato il I. superiore. Il I. paio di pereiopodi ha dita lunghe una metà del metacarpo. 11 I. paio , il pili sviluppato , ha dita sottili e di poco piìi lunghe del metacarpo. Le tre paia rimanenti cioè III, IV, e V. sono le piìi gracili e le meno lunghe. I pleopodi sono molto bene sviluppati. II VI. soinite, che è più lungo degli altri, e mnnito di una spina sot- tile al nuxrgine anteriore. Il telson è breve. Jj'animale è di color bianco cartilagineo. Primo contributo alla conoscenza dei crostacei deeapodi abissali eec. 5 Tam. Pexaeidae — Sp. Bate Sottofiun. Crditfiijnhlae — Dana 5. Lismata seticaudata — Risso È al)l)astanza raro , si pesca colle nasse alla profondità di 200 ni. circa. (tIì esemplari in collezione sono stati catturati nella baia di Catania. Tarn. Pexaeidae — Sp. Bate Sottofaui. ArìMeinac — Alcock 6. Aristeus antennatus — Risso È scarsissimo , e si pesca colle nasse , che vengono messe alla profondità di 150 m. circa, per la cattura dei gamberi. La scarsezza di questo crostaceo e il rn)n trovarsi in tutte le stagioni, non lascia alcun dubbio che il suo habitat sia abis- sale, come è confermato dal Senna che Tha trovato alla profon- dità di 800-1005 ni. Per tali ragioni bisogna ammettere che la sua comparsa nel mercato di Catania sia dovuta ad una entrata accidentale nelle nasse da pesca. Gli esemplari in collezione mi sono pervenuti dalla baia di Augusta e sono stati catturati colle nasse. — L'animale lui il rostro che .supera di molto lo stipite delle auten- mile ed è niimito alla base di tre deuti robusti. I tergidi dei tre ultimi seginenti pleoiiali sono earenati , il terzo è ca- renato solo per metà; e tutti sono terminati dalla parte inferiore da un dente, contro l'opinione del (Jarus , il quale ritiene che in questa specie il rostro superi di poco lo stipite delle antennule e che porti alla base cinque denti robusti e che solo il IV e il V somite dell' addome sono carenati, mancanti però di denti ai margini inferiori. Francesco Mann [Memoria XIY Il I. paio (lei piedi iiiasfellari è cosparso di peli e molto sviluppato nei (lue sessi. La femiiiiua costautementc è più robusta» del maschio. Eam. Penaeidae — Sp. Bate Sottofmii. Aflsfcinae — Alcock 7. Aristeomorpha pholiacea — Risso Questo crostaceo nelle ossevTazioni del Senna è riportato alla profondità di 7(J0-82o ni. Secondo le mie osservazioni esso vive a 200 ni. circa. La frequenza con cui (jnesta specie si rinviene nel Compar- timento marittimo di Catania , fa credere che la sua distribu- zione batimetrica sia molto variabile. Gli esemplari in collezione mi sono pervenuti dalla baia di Augusta, però se ne trovano anche nella baia di Catania. — Il rostro ò diversamente luugo uei due sessi; infatti, nella femmina supera di molto lo stipite delle antennule ed è alquanto curvo all'ingiù verso la base mentre in seguito è ascendente, convesso e carenato, ed alla punta gracile e assottigliato. La cresta nella porzione frontale è provvista di cinque denti bene svi- luppati ed acuti con numerosi peli tra un dente e l'altro. Il resto del rostro porta da due a cinque denti molto meno sviluppati di quelli della cresta e più distanti, iierciò il numero totale di essi può ascendere ad undici, ma per lo più- è minore, rimanendo però costanti i denti della cresta frontale. Il margine inferiore del rostro è liscio, cosparso di peli solo alla base. Il rostro nel maschio è molto più corto e raggiunge appena la lunghezza della cresta di (jucllo della femmina; è convesso, carenato e munito di ciiniue denti tra i quali sono dei peli come nella femmina. Lo scudo nell' Aristeomorpha pholiacea è lievemente carenato sulla linea dorsale della regione gastrica. La regione braiichiale ò bcTie indicata da una cresta. Il dorso del III. somite non è carenato, è carenato invece il IT e il V soniite e il VI in cui si distinguono tre carene. Il colore dell' animale è rosso intenso, gli occhi sono di colore azzurro carico. Primo contributo alla cononcenza dei crostacei deeapodi abissali ecc. EEPTANTIA EuRYONiDEA — I)e Haaii F a u). E u R Y o 2> I D A E — Dan a 8. Polycheles typhlops — Heller Questo crostaceo è scarsissimo nel Compartimento marittimo (li Catania , e pare che sia una forma esclusivamente abissale, perchè soh) qualche esemplare viene ad impigliarsi casualmente nelle nasse dei gamberi. di esemplari in collezione mi sono pervenuti dalla baia di Catania e sono stati catturati colle nasse. — Il canipazio è leggerinente convesso nei due sessi con i niaigiui forti pelosi e dentellati. Il solco cervicale è molto manifesto, incurvato e lateralmente biforcato. La linea principale segue l' andamento di una curva e raggiunge il margine esterno presso il suo terzo anteriore, l'altro ranio va orizzontalmente al margine esterno. Questi due rami limitano due iufossature , una piti grande inferiore e una molto più piccola superiore e dividono il carapazio in tre regioni: una anteriore cefalica, una posteriore toracica ed una mediana laterale piccola e triangolare. La superficie della regione cefalica del carapazio è percorsa da tre creste ìoiKjitudiìudi spinifere caratteristiclie, la i>iìi sviluppata corre lungo la linea mediana e procede sino al margine posteriore. Nella parte posteriore ai due lati della cresta mediana , vi sono altre due linee spinifere, che scendono sino al margine posteriore. Le chele dei ])rimi pereiopodi non differiscono nei due sessi. Nel maschio il V non è chelato e termina con un breve dattilo, nella femmina è una pic- cola chela a dita alquanto disuguali. Nella femmina il I. pereiopodo è poco più lungo che nel maschio, pure biarticolato, ma di forma diversa. Il ma- schio è costantemente più piccolo della femmina. Francesco Magri [MEMORIA XIV.] EUCIPIDEA Eaui. AcAXTHErHYEiDAE ( Bate ) — Ovtiii. Sottofam . A cnntliephyriìwc — Ortm . 9. Acanthephira pulchra A. M. Edwards Questa specie fu pescata a 1050 m. da S. A. il Friitcipe di Monaco colle nasse al largo di Monaco, e dal Gif/JioJi nella Cani- l)agna Talassogratìca del Wasliington , col f/anf/aìto alla profon- dità di 21.SS a 2390 m. Da noi tale specie è scarsissima e si pesca alla profondità di 200 ni. circa nella baia di Augusta colle nasse. — Le Acanthephirinae sono iiiiiiiiali essenzialmeQte abissali, perciò si deve credere o che qualcLe individuo occasioualiiiente risalga a pi'ofondità miiio- i-i, o che venga quivi trasportato da correnti marine. Il Eiggio però sostiene che , pur vivendo normalmente a grandi pro- fondità, abbia una distribuzione batimetrica che nel Mediterraneo varia entro limiti assai estesi, da 200 a 2090 m. Milue Edwards ha descritto assai brevemente questa specie che crede somigliante alla A. armata delle Antille, dalla quale si distingue per l'ar- matura del rostro, di cui il dente anteriore è separato dagli altri da un in- tervallo maggiore di quello esistente fra i cinque denti seguenti , e nella parte inferiore è guarnito di denti posti ad intervalli irregolari. Il Eiggio ha descritto questo crostaceo, e ci ha dato anche la figura. Il Senna però non crede esatta uè la descrizione uè la figura. Dalle osservazioni degli autori messe in rapporto colle mie rilevo che il Kiggiohix esaminato esemphiri femmine mentre il -S'e/DW esemiilari maschi. perciò le discrepanze e le pretese inesattezze sono probabilmente dovute a differenze sessuali. Infatti, nella femmina il rostro è un \Vo più lungo di quello del mascliio, come si osserva nella figura del Eiggio. Posso aggiungere anche che l'ultimo dente del margine superiore nel maschio è più distanziato che nella femmina, che i denti del margine inferiore ortano alla base altre due piccole s])ine. Pam. Pandalidae (Bate) — Ortm Sottofam. Pandaìinne — Ortm 11. Pandalus heterocarpus — Costa Per la sua grande rarità nel Compartimento marittimo di Catania questo crostaceo pare debba riferirsi alla fauna abissale, e che quindi accidentalmente sia capitato nelle nasse dei gam- Atti Acc. Serie 4", Voi,. XVII - Meni. XIV. 2 10 Francesco Magri [Memoria XI\'.| beri. Esso fu descritto dal prof. Achilìe Costa che lo cliiainò Heterocarpus per la conformazione delle sue zampe. Per un certo tempo si credette una forma propria del golfo di ^N'apoli , ma il Bìfiffu) nel febbraio del 1894 lo rinvenne in- sieme con alcuni crostacei provenienti dalla baia di Augusta. Tn seguito fu riscontrato anche dal Senna nel ^Mediterraneo. Io r ho trovato nella baia di Catania nell' inverno dello scorso anno, alla profondità di 150-400 m. circa. Gli esemplari in collezione sono stati tutti catturati colle nasse. — Eostro lungo e gracile provvisto di denti sottilissimi, che variano nei diversi individui , però il numero di quelli del margine interiore è semiìre maggiore di quelli del margine superiore. Placca laterale del IH. somite arrotondata. Lo scafocerite è più corto dello scudo. 11 I. paio di iiereiopodi non raggiunge il massillipede esterno clic è provvisto di peli. Tarn. ]S[iKiDAE Sp. Bate (Processidae — Ortm) 12. Nica edulis — Risso La scarsezza di questo crostaceo nel Compartimento marit- timo di Catania, e il rinvenirsi solo dopo che il mare è stato molto agitato, non ci lascia alcun dubbio che esso debba rife- rirsi alla fauna ah issale. Gli esemplari in collezione furono catturati a 200 m. circa colle nasse nella baia di Catania. GALATHEIDEA HEISDEESON Eam. Galatheidae — Henderson ISottofam. GalatJteinae — 31. Edw. e Bouv 13. Galathea strigosa — Linneus È scarso nel Compartimento marittimo di Catania. Tutti gli esemplari souo stati pescati colle nasse alla profondità di 200 metri circa nella baia di Aci Trezza. Frimo contrihuto alla coitOKcenza dei crostacei decapodi ahinmli ecc. 11 ^ella mia collezione si trovano cinque esemplari di (falathea che per molti caratteri pare debbano riferirsi ad altre due specie diverse. Mi propongo quindi farne uno studio speciale. Fani. Galatheidae — Henderson Sottofam. Oalatheinae — M. Edw. e Bouv. 14. Munida bamffica (Pennant) La distribuzione batimetrica di questo crostaceo varia da 940 m. (Senna) a 100 m. , alla quale profondità 1' ho trovato spesso nella baia di Aci Trezza , da dove provengono tutti gli esemplari in collezione. — Lo stipite delle aiitemie tiiarticolato raggiunge appena gli occhi. Il I. articolo i)orta due spine bene sviluppate al suo margine anteriore, il II. una spina dal lato sinistro, il III. una spiTia gracile dal lato destro. Il tilaniento antennale è lungo per tre volte l'animale e pluriarticolato, munito ai margini laterali di sottilissimi peli. Lo stipite delle antennule è formato di un solo articolo , che in basso j)orta due spine, di cui la superiore ])iù sviluppata della inferiore, il mar- gine anteriore porta pure due spine di cui l'interna è molto più sviluppata dell'esterna, 1' antenna è biarticolata e terminata con un breve tìocco. Il I. paio di pereiopodi sono molto sviluppati e arrotondati ; le dita della mano ugualmente sviluppate terminano l'esterno con due unghia , bianche cornee appuntite, l'interno con un' unghia pure appuntita. Il Y. paio di pereiopodi sono gracili, corti e terminano in una piccola chela tra un cinfìb di peli dorati. Il I., II. e III. portano numerosi e brevi peli sul margine anteriore. Il II. soniite è munito di sei spine, le prime quattro disposte due per lato ugualmente distanziate e le due rimanenti mediane più distanziate delle altre; il III. somite ]iorta quattro spine, una per lato corrisi)ondente longi- tudinalmente all'interno delle due del somite superiore e due mediane cor- rispondenti alle due mediane del somite superiore. Le branche dell' uropodo terminano al margine esterno con numerosi peli liiondi. 13 Francesco Magri [Memoria XIY.| NEPHl{()rSJJ)EA - Ortinann Fani . Xephkopsibae — Leach. 15. Nephrops norvegicus — Linneus Secondo le osservazioni tlel Senna , questo crostaceo fu pe- scato alla profonditii di 823 ni. col f/auf/atio. I miei esemplari furono pescati colle nasse alla profondità di 300 ni. circa, nel Gennaio dello scorso anno. Essi provengono tutti da Aci Trezza. — L'animale è di color bianco osseo lucente, e solo il ear[)0 e le ilita (Ielle grosse chele del I. paio di pereiopodi sono chiazzati in rosso mattone. Il carapazio, il telson e i pleopodi sono bianchi ed hanno quasi l'aspetto di vetro smerigliato. BRACHIURA N O T O P O D A Eain. Ijtachidae — Miers Sottofani. LeptopodiìKie — Miers 16. Stenorhyncus phalangium — M. Edw. Si trova in quella porzione di mare che da Catania va alla baia di Aci Trezza, insieme con altre specie del genere Imuus, che vengono dai pescatori volgarmente chiamati Tarantuli di mari. II dott. S. Lo Bianco nelle sue osservazioni riferisce di aver pescato una Mefjalopa di iStenorhi/nci(s phalaìifiiuìii alla profondità di 1500 m. Da noi tale specie si cattura in discreta quantità alla pro- fondità di 300 m. circa. Gli esemplari in collezione mi s 14. Ieannette Power — Itinerario della Sicilia, riguardante tutti i rami di storia naturale — Catalogo dei crostacei p. 15-l(i, Messina. 15. Monticelli F. S. e Lo Bianco S. — Comunicazioni .mi Fenaeldi del golfo di Napoli — Monitore Zool. Ita,!. XII., u. 7, 1901. IG. Monticelli F. S. e Lo Bianco S. — Sullo sviluppo dei Penaeidi del Golfo di Napoli — Monitore Zool. Ital. XI., siii)i)Ieuiento, l'JOO. 17. RiGGio (t. — Sul rinvenimento di nuovi crostacei macrtiri nei mari di Si- cilia in: 11 Naturalista Siciliano an. XIV p. 244, 189.j; e an. I. nuova serie n. 1-3. 1890. 18. EiGGio (1. — Appunti di Vareinolngia Siciliana — Sul Pol>/cheles Boder- leini, Biggio ex Heller, in Naturalista Siciliano anno IV., p. 99, 1884-85. 19. MiLNE Edwards — Diagnosc d'un Grustacè Maeroure nouveau de la Me- diterranée in : Bull, de la Société Zoologique de France anuée 1890 p. 1G5. Paris. 20. P. Pavesi — Intorno alP esistenza della Fauna pelagica o d'alto Lago in Italia — Lettera del prof. F. Pavesi al dott. G. (Javanna in: Bnll. della soc. entoniol. Ital. 1877, voi. IX, p. 29.3. Memoria XV. Forraole d'incidenza per le coppie: « punto e retta, retta e piano punto e piano )^ nello spazio da n dii Memoria del D.r NICOLO G1AMPA6L1A Secondo la iloiiomiiiaziiuie di H. 8clnil»t'rt dm- spazi lineari, di diversa dimensione, elie si appartengono dieonsi incidenti e per formola (V iiK-idcnxn relativa a dne spazi s'intende ogni relazione intercedente fra varie condizioni fondamentali a cui può essere assoggettato il sistema di due 8j»azì incidenti (*). Di forinole d'incidenza nello spazio ordinario tratta lo Scliultert nel Cap. II del suo libro « Kalkiil der abziililenden (ieometrie » e prima che egli in nna sua recente memoria avesse assegnato in uno spazio ad /* dimensioni la formola fondamentale d* incidenza (') 'J'(ilf;(i dalle meiiioiii' Ufllo SclinljiTt le seguenti iii>ta;!Ì(iiii e ileliiiizioiii : « Il simbolo [a] raiipresenta mio spazio lineare di {uniti ad ieute ["J ad ii dimensioni (o V «) »• 1 Dati k -\- l. spazi [«„], [((,1 [a/,_i] , [";,]. eon (I < "„ .... <, «;,_i oniamo inoltre di applicare la pili generale formola d' incidenza jter il punto e la retta alla formola fondamentale di coincidenza (""**) per la coppia di punti allo sco])o di trovare tbrmole di coincidenza, per coppie (li punti, di nnjggiore dimensione di (|uelle finora note. In (|ue- sta ricerca faremo uso della forinola di risoluzione per il i)rodotto di due coiulizioni fondamentali inerenti alla retta o al piano tutte le volte che si tratterà di sostituire a (pud ])rodotto la soin- Hia di più coudizioni wem])lici (*****). (') V. rdifr ilir liiriili'iiz zwi'ier linciircr Itaiiiiie l>clii'l)i;;i'i (liiiiiiisioiicii. ^Matll. Ann. hfat. ili Paloniio r. .'." vS 1'" ISiU. (*'•*) Xcl considoraro la copjiia di spa/.i di ugual dimonsione ma indiiiondenti di posiziono Ila grande ini]iortan/,a la condizione che i due spazi della cojìpia siano infiuitameute vicini. C^nosta ciiudizione, come pure ogni condizione, inerente alla coppia, composta con es.sa, di- cosi mii(ìi:ìoiie di coiitcidciiza per la cojiiiia di spazi, lina relazione intercedente fra condi- zioni di coincidenza e coudizioni fondaiiioiitali liioii'iiti alla cu|ipìa diccsi fni-miiìii lìi iii'iiici- iliii:(( relativa alla coppia di s|iazi. (»"") Por la risoluzione del luodotto di .lue .iinilizioiii tondanioiitali iiicioiiri alla, lolla sarà adoiiorata la forinola seguente: '))■ (",w "i) "'o; ''i) S ("fi -r- K — " + ! + «, », -^ (;, — H — rj.) , a—O dove II e il ininorc dei iinniori ii^ — ((„ — 1, '(( — h,, — 1. e dove bisogna ritenere nulli i sim- boli noi ijiiali risulta "„ -r ''n — " -f- 1 "f- ^- riniere una relazione fra i caratteri di (|uella varietà, o di (|uel sistema. Formole d' incidenza per il punto e la retta. 1. Relativamente al sistema di un punto e una retta inci- denti, dopo le due note formole d' incidenza : 1) (a, II) (11 — 1) = {a) -L (,(. « — 1 1 ; « < j» — J (*) 2) (a,ìì)(n—l) = (n—I.n){a)-^{a,n—ì):a<:v — J~^-\ (**) resta soltanto a conosci-re la forniola d" incidenza più ucncrale possibile la (|uale si può ottenere nel modo seguente : Applichiamo la 2) per nn [«-A] di [//] e segniamo con sbarre due s])azi che s' a])partengono (***), si avrà : 2)' (a, 'lì-l) iii-l-l) — {)i-l-1:. «-/,•) (« ) -L {a, n-l-l) ;• a < »-/-/,• -:- 1. l)elli t Prodotto di due condizioni iMnittfiistii-lii- ri'l:itivc .il |ii;iiii di un l]icrs|i:i/i(i , Acc. Reale delle Scienze di Torino. Auw» UlOO-ilOl. Nel ciisu del prodotto di iliic roiolizionl relative al |ii:ino verrà adoperata iiive<-e i|iie- st' altia t'orniola : -j. (((^,. «,. .) ;/,-. ir,— 1. -> = ''" -!- 'A- (Gli-. M. Pieri «- Sul prolde- ma degli spazi secanti ■ Nota V forni. c(,,-.;.) per •■< ^ -J. — L'end, del i;. Ist. l.onili. Serie li Voi. XXVI Fase. 14. ('■) H. ScHCBERT — Vielt'aclie t.ingenten (**) M. PlKHi — Formole ili coincidenza ("*") Questa notazione sarà semiire adopi'rata in seniiito per iiidiian- i-lie due spazi si appartengono. iMt. Xhoìò GianipayUa [Mkmukia XV. D' altra ))avte la 2) stessa, posto k in luotio eli / ed ii-/-k in Inoiio (li o. (lixcnta : {ii-l-l; «)(«-/■•) — {n-k, II) («-/-/■■) f {h-1-1\ ii-k) ossia, moltiplicando simbolicamente per (a ! k) '■ {n-l-h; II) in-h) (« ^ /,•) = («-/,-, n) (n-l-l,) («+ At) - •-- {n-l-k, n-k) [a -\- k) , ma : (M-A-) («-f A-) = (rt) : (/(-/-/.•) (rt -f A-) = (a-ì) ; (ii-l-k, n-k) ia^kì = { u-l-k, ii-k) (a), (piindi : 2)" (»-l-k ,h) (a) = {n-k, il) (n-l) ~\- {n-l-k, ^■) (n) Dal confronto della 2) con la 2)" risnlta : (,i. H-k) {ii-l-k) = {n-l-k, II) {a) + {a, n-}-k) — {ii-k, >i) {a-l) ; a < n-l-k -j- 1 e notando intìne clie : (a, n-k) (n-l-k) = {a, n-k) {n-l) , si lia la foiniola cercata, cioè : :>). (a,ii-k){n-l) = {n-l-k.ii){a)^{a,H-l-ki — (n-k.n}{a-l): a er la coppia di })uiiti (F, /*') è la seguente : p) £ = (n-l) + (H-l)'-(«-2,«), {*) dove z denota la condizione che i due jìunti della coppia siano infinitamente vicini. — Essa è di prima dimensione e però rife- rita ad una data serie co' di copjìie (P, F') esprime che « il nu- mero di »|uelle coppie i cui punti sono intinita niente vicini è ugnale al numero di quelle coppie che lianno il loro punto /' in un dato [»-l], aumentato dal numero di quelle altre che hanno il loro punto F' nel dato [»-l], meno il numero di (luelle co])pie per le quali la congiungente i due ])unti incontra un dato [h-2]». M(dtiplicando sibolicamente la p) ]ier («, ii-ii) si ottiene : £ (a, n-a) = {a, n-ay n-l) ~j- {a, n-a)(n-l}' ■ — (a,n-a){n--J, n), ma la •V} del y^ I per },=^a, 1^=1, ci dà: («, n-a) («-!) =r {n-Htili(i [Memoria XV mentre, jit r In tormolii di risoluzione fi), v : {a. n-tt) {ii-2. il) :=^r(, ìi-a-\) -\ (h-ì, v-a). ((llindi. sostitnciido e liducciido. si ]i:i : £ (((, n-ti) ^ (n-n-\, n) ('• Nella stessa ynisa si pciviciif alle eguaglianze : : («-1, •/(-(( -|- 1) = (n-(i. Il) (ti-\ ] ;- («-«, V) {<{-\)' — (»-« -j- 1, ;() (a-2) — — (n-d -' l./() ('r-LM' -' («-1. n-ii) — («-!', n-a -[- 1) ; ■^'-"-!, »') («) + -J- (w-'(-l. il) (a)' --- (a, ìt-a-1) : 2 a <'ii. si ritrova, cioè, per via ])iù diretta e \nh semplice una nota for- inola di coincidenza per serie v." di coppie di juinti (*). (*) C'fr. — M. rn:i:l — FdiiiHilc- ili luiiicidciii-:! tona. "|-', ). Formoli- (V Incidcnzd [ter Ir l'oppie : « punto e retta, retta e piaìw, ecc. 7 '.]. ;\Iolti|)li(iiii(l() siiiilxtlicaiiHMitc la [j) per (((, it-h) si ottiene: s ((/. «-/,•) ^= {ti, ii-h) iii-l) -'-- ((/, ìi-k) {iì-\ )' — ((f, it-k) (11-2, II), ma la '.)) del \^ I. i»('r / -— 1, ci dà : (rt, /(-/.-) (ji-l) = (»-/,■-!, Il) ((() -;- i'rt, /*-/t-! ) — («-A-, ")("-l-) j (rt. «-/.•) («-!)' = («-/(-!. ;)) (rf)' -p (a, n-k-\ ) — f»-/,-,)i) («-!)' ^ mentre per la torniola di risoluzione d) ò : (((.. II-1-) (11-2, n) = (a, ii-k-l) -'- (f/-l, «-/.■) , «juindi, sostituendo e ridncendo. si lia: 7,-,) s («,«-/.•) -- («-/,■-!, ;()(") — («-'••, "')(rt-l)-j- ("-/.--l, ii){fi)' — dt-L: ii) («-!)' -f- («., /(-/,■-! ) — («-!, /(.-/.■) ; " < //-/.■ aiutando suet-essivaniente in (jucsta e^uaglian/a a e /r ri- spettivamente in a-ì, /.-l ; i(-2, h-'l ; 0, A-rt, si avranno le uiiuaalianze : Y,,.,) s f<(-l, «-7,-~L]) =(,(-/.-. 70 ur-1) — (h-/,- -L 1, /() («-2) f {n-l-, n) («-!)' — . n-1; - 1, //) («-2)' J- (f(-l . /)-/.■) — («-2, /(-/,- -\- 1) ; 'f-1 < ii-l- -f 1. -f^) £ (l,H-;i- -1- '(-1) = (/«-A- -:- (F-2.«) (1) — («-A- -1- («-1,»)(0) f (»-A;+«-2,») (l)' — (H-/.-"-<(-l. v/)(0)'-!-(l, H-A--r"--) — (^*' "-/.■-[- 'f-1) ■fj £ (0. ii-l; - II) — (H-l,--r "-!• ") «J) -f ("-/'■ -i" "'-1' ") (^)' -r CS "■''" ^f "-!) iSommaiido le ■,) nienilii'o a membro e riducendo si ricava: T). £ (0.«-<( -;- A-) + 3 (1,«-A- -'-- <(-l) + ....-{-£ («,ji-A-)= («-A-l,H)(")+(«-/'-ii") («) Questa è una nuova torniola di coincidenza per serie o:""'""' di eop])ie di punti. Doli. Mcolò GiampagUa [Memoria XV.] i. La la) (1(1 iiiuiicro precedente si piK» anche scrivere così : ^„) z{a,n-l-) =(«,«-/.■) ()(-l) j- (ii-k-l. Hi [a)' — (v-k. »)(«-!)' — (/(-l. /»-/.■) ; a < it-k |»ercli('. in virtù (Iella ."5) del y^ 1. (> : («,«-/.■) (h-1) --^ (n-l.-\. il) (a) A- (d. ii-l:-\} — {ii-k. ni lo-li. Moltii)lican(lo la pj per {a ^: 1, ii-/,-) {ii-l). si lia : 3(«-{- 1. »-/.•! («-lì — («-j- l,W-A-)(H-2) -L (rt-L 1, //-A-)(«-I )(»-!)' — {((■-{- 1, n-k) (ìi-'J, V) (ii-l), ma, per la ."{) del § 1, è : («+ 1,«-A-) („.l)' =(»-/,•-!,«) (((-L 1)'-|- (ff-J- l.»-A--li — (»-/.-. „)(a)' e d'altro canto, per la à). è: (ff. -f- 1, «-/.■) («-2, «) — {n -f- 1, «-/.■-{- 1) -[- {(I. ii-l'l, fjnindi, sostituendo, si ottiene : K, + \) s(«-|-l,w-/0 ("-!) = («+ 1,"-^') (»-^) -r-{«-A'-l, ")'(«-; 1 )'(»'-!> — (v-l.; il) {(!)' («-!) — («, ÌI-1-) {ii-l}. In UKulo analogo si trovano le eguaiflianze che seguono : Sa+i) s (« 4- 2. «-/.■) («-2) — (« -[- 2, »-/.■) (H-.",) -[- (J/-A-1. «1 (« -| ^ 2)' fH-2) — ( »-/,-, ») (r( -f l)'(w-2) — (rt -;- 1 . ìl-k) (;(-2) Sa-h-i) 3(ff -| 3, )i-k) {11-3) = {a^'à, n-k) (»i-4) J- (h-A'-I, «) {a J ;i)' (»-;i) - (n-k, I,) {a J- 2)' (ii-'à) — {a -j- 2, ii-k) ì^h-ÌV) S„.,_,) 3(»-A--2,H-A')(«-J A-+2) ^ {n-k-2,n-k) («-f A' -L- l)+(„-A-- l,7,)(;,-A--2)' (« + A-+2) — {ìi-k, n) ('H-A-3)' (rt -f A--|- 2) — {«-A--3, n-k) {a + A- -{- 2). «i„-*-i) s{ri-k-\.),-k){((^-k^ l)={)i-k.l.)i-k\(a-\-'k) -j- («-A-l, w)(«-A'.l)' (« -fA--l-l) — (»-/■. ») (H-A'-2)' (d -f- A'-(- 1 1 — (»-A--2. ìi-k) (a^k ^[^ 1). Formole (V incidenza per le coppie : «pvnio e retta, retta e piano, ecc. 9 Dal soiniiiave meniliro a membro le o) risulta : A). ^ 3 (i, n-k) (h -L a-i) = («-A--1, n-k) («, -^ k) — («-1. n-k) i^n-k-l i=.}i-k-l -f y, {n-k-l, n) («. -L a-i) (i)' — >] (n-k, n) (n -\- a-i) (i-l)' ; a < n-k. t=a ?=a La A) è ancora una nuova formola di coincidenza, per serie ^^ni-k-a j^i coppie di punti, più iienerale della T). Ponendo in es- sa il- = 0, si ha (*) : A)' ^ S (Ì,H)(»-Lff-j) =— (rt-l,w)-jlv („_j_ff.f) (i)'=— (rt-l,H) -L>] (j) („ _j_ „.j)'. i=a *=a i==a Dalla A)', ponendo ffl = 0, si ricava la formola che esprime il princii)io di corrispondenza nello spazio punteggiato da >i di- mensioni, cioè : (**). ' V 3 {i, n) (n-i) = 1, (i) (n-i)' ; ponendo a = 1, si ottiene V altra nota formola di coincidenza : 'Ts {i,n) (n-i 4- 1) = - («,«) + 'SW (n-i + 1). (***). 1=1 >=i § III. Formole d' incidenza per il piano e la retta. 5. Il numero delle costanti della coppia, costituita da una retta e un piano incidenti, è : 3«-4. Il principio di permanenza (*) Si coiivicue, una volta per sempre , di attrilmire il valore zero ad ogni simltolo di condizione, il quale sia privo di senso , vale a dire ad ogni i>areutesi , gli elementi della quale non soddisfacciano in tntto alle disuguaglianze, di cui in principio della nota di pag. 1. (**) Cfir. M. Pieri — < Formole di coincidenza » N. 2. (**'*) Cfr. M. Pieri - Sopra un Problema di Geometria Enumerativa » Giornale di Ma- tematica . Atti Acc. Serie 4", Vol. XVH — Mem. XV. 2 10 Bott. Nicolò Giampaglia [Memoria XV.] (It'i numeri ci fornisce le due seguenti relazioni fondamentali fra le condizioni caratteristiche a cui si può assoggettare una tal coppia : «j-S) {i-3 n) (n-'2,n) = («-4, «-1, n) (a,n) -}- {it-2. n-'l, H ) -p ( rt-1, H-3, « ) ^ (a, «-4, n) -f («-1 , »-2, «-1 ) -[- ( «, "-3, n-l ). Questa euuaiilianza, trasformandone il 1" membro mediante la «2;°) (cangiando a in «-2), la (alo) (cangiando a in rt-1) e la Taio) 6 tosto l'idncendo, diverrà: (a-l,»-l,M.)(w-3, w) -|-{Vf, »-l,«)(»-4, n) — («-3, n-l, «)(«-!,») = («-4, n-l,ìi)(a,n) -|- («-1, H-3, H) + (rt, «.-4, /(), ina per la al^) (cangiaiulo a in a-1) è : (rt-1, n-l n) («-3, «)^(M-3, «-1, n) (a-1, n) -\- (a-1, 7(.-3, «), quindi, sostituendo e riducendo, si perviene alla a|;°). S. Come dalle «àio)? ^ìfi) '^'^ ricavò la a|i), così, con analogo procedimento dalle ^lo)? 'Aa) "^i otterrà la : al-J) {a, 11-3, II) (n-2, n-l) = (»-4, n-l, n) -\- (a, n-l, n-l) — («-3, «-1, n) (a-1, n-l) ; a <' «-3. Infatti moltii)licando la '4;o) per (»-2, n-l), la aj,) per («-3, u) e uguagliando i secondi membri risultanti si ha (isolo al primo membro la condizione {((, »-3, )i) {n-2, ti-1) ) : («, H-3, n) (n-2, n-l) := (a, h-3) + («-1, «-2) -1- (rt-2, n-l) + (a, n-2, n-l) (n-4, »-l) — («'3, M-1,)}) (rt-l, n-l). Per la stessa «glo)? applicata in un [/(-!] di [h], è : (rt, n-2, n^) (n-i, n-l) = (m-4, n-2, m-1) (a, n-l) -f- (a, n-i, n-l), 14 Dott. Nicolò Giampaglia [Memoria XV. j perciò, sostituendo, si Im : (a. «-.'3, )() (»-2. 7i-l) = (rt, n-:i) + (rt-1, h-2) + («-2,m-1) -\- (h-4, »-2, n-\) («,«-!) -\- («, )i-i, it-1) — (m-3, «-1, ») (a-1, n-l) ; la «o'?), quando si ponga n = «--t e tosto si moltiplichi per («+1, n), ci dà : (n-i, n-2, n-l) (a, u-l) = (ìi-i. n-l, n) (a, n-lì — {a, n-S} — («-1, n-2) — (a-2, n-l), ([uindi, sostituendo ancora e riducendo, si ottiene la rx|'^). 9. La ago) poi, ni<>ltii»licato, per (h-2, n-l), ci dà : (a, n-l. 11) (n-i, n-l) =^ (h-3, «-1, n) (a-1, n-l) -}- («, «-3, n) (n-2, n-l), la quale eguaglianza, per la a|;°), diviene : aj;';) («, H-l, u) {n-l, n-l) = (>i-4, )(-l, n) {a, n-l) -f {a.n-i. w-l), Dal moltiplicare la a{^Q) per («-2, h), risulta : (a, w-l, Ji) (h-4,«-1) + (a, n-l, n) (»-5, ») = («-4, w-l, n) (a,n-l)->^(n-i,n-l.n)(a-l,n) -f- («, w-4, n){n-2,n) e questa eguaglianza, per la aj;°), diviene (isolo al 1" membro la condizione {a, «-4, n) {n-2. u) ) : 7.5;S) (a, n-i. n) (ti-2, n) =: {n. u-l, n) in-5, n) -\- (a, n-l, n-l) — (n-i. n-l,n) (a-l, n). 8i potrebbe verificare subito che, moltiplicando la a\'^) per (ft-5, «-1, «) e poi servendoci delle «àio)» "ilo), iio), «Ì;o)? «i «atter- rebbe la : al;[J) (a. w-l) (w-5, w) = (n-5. w-l, w) (a, n) -{- (n. w-5, n) ; Forinole rf' incidenza per le coppie : «punto e retta, retta e piano, ecc. 15 8icchè. applicando ripetutamente i varii procedimenti tln qui te- miti, verremmo ad ottenere in generale le seguenti foruiole d'in- cidenza : a);",) (a, «-1, n) (n-k, n) — (n-l; n-i, n) (a, n) + (a, n-l; n) ; a < n-k -(- 1, a^;^) {a,n-l;n) {n-2,n-l)z^ {n-l-l, n-l,n) («,«-1)+ («, h-^'-I, »(-1) — (n-l; )(-!,«) {0-1, n-\) ; a. < n-l; fl.i") {a,n-l; il) (n-2, n)= (a, n-l,n) («-A-l, n) -f {a,n-k, n-l) — («-/,■,«-!, «-)(«-!, »); a < H-t -|- 1, le quali costituiscono una notevole generalizzazione delle forniole fondamentali. 8i noti die la ì;|o°}, i" virtù della 4fi,o) C), diviene : «J.o ) (i-l; n) (n-2, n) =z {n-l-1, n-l. n) («,«) -f (a, n-l;n-l,H) -\- fa, n-k, n-l) — (n-k, ìi-1. n){a-l, n) ; a <^ n-k. IO. Dal moltiplicare simbolicamente ambo i membri della «2,'ij PP^" ("-'■^' ""!)' l'is'^lf'^ : (rt, H-A-, «) («-3, n-2) = («-/.--l H-1 H) ("-1, n-2) -f («, «-À-1, n-l) (m-3, h-2) — (;;-/.■, n-l,n) [a-2, n-3) , la quale eguaglianza , notando clie, per la a|;J) applicata in un [h-1] di [/)]. «• : {a, n-k-l, n^) {n-3, n^) = (n-k-2, n-2, n-l) (a, n-2) -|- {a, n-k-2, n-2) — n-k-1, n-2^-1) {a-1^2) ; a < n-k-1, diviene : («, n-k, n) {n-3, n-2) = (n-k-ì, n-l, n) {a-1, n-2) ~\- (n-k-2, n-2, n-l) (a, n-2) ~\- {a, n-k-2, n-2) — (/*-/.■-!, «-2, ^) (a-l, n^2) — (n-k-1, n) (a-2, n-2). (*) Evidentemente per ottenere la a}^\i^ non liisogiia. fare altro clic sostitnire nella a ^'"(i) k con fc+1 . 16 Jkitt. 2\icolò Giaitipaglia [Memoria XV.] ]Ma, poneiìdd in aV'i'}: una Aolta (i^i>-k-2 e quindi nioltipli- caiulo per {a ^r 1. "-Ij '- un'altra volta i-7.--2. )(-!, n) {n. «-2) — («, «-/.■-2 — ....— («-/,■, »(-2), (H-A-1, «-2, «^1)(«-1, ^2)={n-]:-ì . n-i. n) («-1, m-2) — (rt-1. »-/.-l) — . . .. — (f(-A.-j(-2); epperò, sostituendo e riducendo, si lia : a*:;) (a, n-l\ «) («-3, h-2) = {n-k-2, »-l, n) (a, w-2) + («. H-A--2. «-2) — (a. h-/,--2) — (h-^(, «-1, n) ((/-2, )(-2) ; « < m-A-I. Dal moltiidicare sinibolicaineiite amlx» i membri della a^f) per (ii-o, ìi-'l), risulta : (a, «-A-, w) (H-i, »i-3) := (»-A--l, »-l, «) («-2, h-.i) -f- («, h-A-1, »-1) {n-i, n-S) — (ii-k, n-1, n) {it-'ò. n-o); questa eguaglianza, notando che, per la a^'^) applicata in [n-1'] di [//], è : {a. n-l-l.nA) («-4, «^) == (H-A--3. w-2. «-1) {a. »-3) -{- {ti. ;(-A-3. «-3) — (H-3, 11-2, »-l) (n, n-k-o) — («-A-l. «-2, n-1) (n-2, n-3) ; « iicc]iè, sostituendo (juesti risultati nelF ultima eyuaiilianza e ri- ducendo, si ha : «f.s) {C'i *'-^"; w) («-4, n-3) =z {n-k-3, ni, n) {a, n-3)-{- (a, n-k-3, n-3) — (H-3, n-l. n) («, n-k-3) — {n-k, n-l, n) (a-3, n-3) ; a < n-k-2). In generale , ap[>liiaiido successivamente /-l volte il pre- sente procedimento, si troverà : a<+i./) («, n-k: n) {n-l-1, n-l) - I n-k-l, n-ì. n) (a, n-l) -f {a, n-l-l. n-l) — {n-l, u-1, n) (a, n-k-l) — {n-k. n-l, n) {a-l, n-l) ; a < /(.-;-/,• -\- 1. 11. Intanto, se la 4;;^) si moltiplica per («-/-l, n-ì), si ottiene r eguaglianza : {a, n-l, n) {n-k-ì, n-l) = --s+l) + («-S, «-/.•-s-l-2) -L -f {a-l; n-s-l) | — (/(-s-1, n-1, n) [ (a-l, vi-.s-A'+ 1)+ («-2, n-s-k^2) + («-A-, n-s}\ . perciò, sostituendo nella i)recedente eguaglianza e riducendo, si avrà la forniola : -f (rt., «-A--,s-l, n-s) -f (ff, M-A--,v, w-s-l) — (H-A'-s, h-1, h) (a-I, n-s) — {n-s-l, H-1, n) (rt, H-A-s) ; « < n-k-s. 13. Allo stesso modo si passa dalla af;°i,i) alla formola più generale «^t;'). Difatti la a?fi,0, applicata in un [n-s] di [/*], si trasforma come segue : Forinole (V iucideusn per le coppie : «punto e retta, retta e piano, ecc. V.) {a, n-l--s, n-s) (»-/-],«-/) =: («. n-l-s, d-h) (n-l-s-l, n-l-s) (ìi-l-l-s, /(-.v-1, H-s) ia,n-l-K) -\- {a, n-l'-l-s, n-l-s) — {n-l-s, n-s-ì, n-s) (a, n-l-k-s) — (n-k-s, n-s-1, n-s) {a-l, n-l-,s) ; « <^n-l-l--s-\-l, mentre dalla medesima, se si pone : una volta n-ì-n-J,- in luogo d a, s in luoiio di /, Z •::= 1 e quindi si moltiplica per (a + *, n-7) un' altra volta ìi-I-s in luogo di a, -s in luogo di J, J,- :^ 1 e quind si moltiplica per {a H- -v, //-/-/,) ; una tei'za volta h-I-s in luogo d fi, .V in luogo di /, Z' =: 1 e quindi si niolti]dica per ((( ~j~ v-/, //-/). si ricavano le seguenti relazioni : (n-l-s-Ji', n-s-1, n-s) (a, n-I-s) .=: {n-l-s-l\ n-1, ii) (a, n-l-s) -f {n-s, v-1, n) I (a-ì . n-2 l-s-k-^l ) -f -f- (n-l-l-^1. n-l-s-] ) | — (w-.v-l. n-l.n) I (ff. H-2l-s-l--\- 1) -^ -f («.-/-A'-Ll, u-l-s) | , (tì-l-s. v-s-ì. n-s) (a, 'n-l-l^-s) n^ (v-ì-s. n-ì. v) (a, n-l-s-l-) + (w-s, M-1, n) ( {a-l, n-2l-l--s-\-l) -f -|- (ff-/+l, n-l-s-ì:-! ) | — {n-s-1, n-1, ») I {a,n-2l-l--s^l) -f + {a-l-\-l, n-l-s-Jc) ] , {n-li-s, n-s-1, H-s) {a-l, n-l-s) = (h-/.-.s-, h-I. h) {a-l, n-l-s) + {n-s, n-1, n) \ {a-l-1, n-l-s-k-^l) -L -f- («-^-Z'-f 1. ìi-l-s-1) | — («-.s-1, n-1, n) \ {a-l, n-l-s-l-^l) -f -^ {a-U-^l, n-l-s)\, perciò, sostituendo nella precedente eguaglianza e riducendo, si ottiene la forinola : ^ìti.'^t) ("j «-/'■-*• n-s) (n-l-1. n-l)=:{n-l-s-l-,H-l, n) ia, n-l-s) -f- {a, n-l-s-f^; n-l-s) -\- {n-s, M-1,») {a-l, n-l-s-k-) — {n-l-s, n-1, n){a,n-l-s-k) — {n-l-s, w-1, n) {a-l, n-l-s) • a < n-l-s-k -|- 1, 20 I>ott. Nicolò Giampaglia [Memoria XV la .juale è una forinola d" incidenza, di (ii r 2.y r 2/ + k-a-^y di- uiensione, abbastanza generale per la coppia di un piano e una retta incidenti, e, riferita ad una «erie algebrica oo"^^^^'^"-"-^ di tali coppie, rappresenta una relazione tra numeri, ciascun dei quali si riferisce ad una delle condizioni fondamentali in essa scritte, esiirimendo quante coppie della serie soddisfano quella condizione. IJr. Abjuanto caratteristica, nui non del tipo delle formole a), è la formola d' incidenza : -q) {a, n-1, n) \ {n - 4^ - h »)"' — (" - y , n-lf] = {n-r, n) \ {a. u) -|- {a, n-2, ii) |, di {n -]- r - a - 2)""^ dimensione, valida per r pari ed ^f < ;;-!. Per la dimostrazione, risolviamo, secondo la formola 6), i due prodotti simbolici : {n--^-l,n) (h - 4- - 1' "')? ("■ - 4" ' "■ - 1) ( " - ^ ' "'!) ! che possono anche denotarsi rispettivamente coi simboli : si avrà : (n-^- 1, nf = {n - ^ - 1, „. - ^) ^ (n- ^ - 2, « - ^ + 1 ) + + (n-r -f 1, «.-2) -j- {n-r, n-1) -\- (n-r-l, n) , («._L, n-ir = {n-~-h »-^) + («-^-2, «-^+1) + + (»-»•+ 1, «-2), da cui, sottraendo membro a membro, si ricava ; V-) (« - -5- ■ 1» ^0' — (« - ^ , "-!)' = ("-»> «-1) + {n-r-l, n) ; r numero pari. Or, se moltiplichiamo simbolicamente la a^;^) per (»;->•, /(), si ottiene : (a, n-1, n) (n-r, n) {n-2, n) = (n-r, n) [ (a, n) -\- (a, n-2, n) ], Forniole iV incidenza per le coppie : «punto e retta., retta e piano, ecc. ma, per la 6), è : {n-r, n) (n-2, «) = {n-r, n-l) -L {n-r-1 , n) , quindi, in Tirtù della velazione \>.), si lia la r,). Kiferita ad una serie algebrica cx;" ' '-"■^ di coiìpie, costituite da una vetta e un piano incidenti, la rj) esiirirae che : « la dip'- renza tra il innncnt dille coppie, per tiri il piano ineonfra vii dato [a], mentre la retta -s' app<>f/(/ia a due dati [n - |- - 1], e il mime- rò eli quelle per eiii il piano incontra il dato [a], mentre la retta .v' appaflfjia a due dati [n - -^] e (/iace in due dati [n-l], |>rf**ffHy/ rispettivamente per i-l), saranno parte di quelle che soddisfano la con- dizione (a, n-l, n) (h-2), più tutte quelle che soddisfano la con- dizione (a, n-2, n-l) ; e le coppie , soddisfixcenti la condizione O Cfr. H. ScinuiF.in — U.-l.or ili.- Ii.ci.lniz « :i, f^nii. H) per ,» __ 0, r_0. Forinole (V incidenza pai- le copine : «punto e retta, retta e piano, ecc. 23 (rt, n-1, II) (11-2), senza sudditstare \a((i, ii-2, n) {n-l), sanuiiio quelle per cai il punto F giace in [a\. Pertanto, visto che le cimdizioni in discorso hanno il medesimo peso, deve sussistere la pf'°). IG. La eliminazione delle condizioni, inerenti alla retta, fra formole d' incidenza, relative alle coppie di un ])uiito e una retta, di una retta e un piane», incidenti, presenta maggiori dithcoltà, allorché si vogliano ottenere formole d' incidenza per il punto e il piano più generali della fondamentale. È più conveniente in- vece ricorrere alla moltiplicazioue simbolica per condizioni ine- renti al i)unto o al piano, in ciò, s' intende, tenendo conto della formola di risoluzione t), concernente il prodotto di due condi- zioni relative al piano, come pure conviene ricorrere a (luegli ar- titizii di cui s' è visto esempio nei §§ precedenti. Così, moltiplicando la fif°) per (»-3, n-l, n), si avrà : (a-1, M-2, n) (m-1) ■-[- (a, h-3, n) (n-l) -'- (a, h-2, h-1) («-!) = (a-1, w-l. n){n-2) -f (ff, «-2, n) {n-2) — («-3, «-1, n) («) -|- («-1, /(-2, n-1) -f («, n-3, ii-l). D' altra parte, in forza della stessa f{°), posto in essa a-1 in luogo di n, è : (a-1, «-2, n) (m-1) = u(-l, /i-l, n) (n-2) -^ («-1, n-2. n-lì — (a-1), dunque, sostituendo e riducendo, si ottiene : {a,n-3,n) (n-l) =(o, n-2, n) (u-2} — {a, n.-2, n-1) (n-l) — (n-3, n-1, n) (a) -L (a, n-3, n-1) -^ {a-D. D' altra parte, moltiplicaiulo ancora flf°) per (n-1) . si ha, isolando al 1° membro il termine [a, n-2, n-1) (h-1) : (a, n-2, n-1) (n-1) = ya, n-2, n) (n-2) — (a, n-1, n) {n-3) -j- («-1), perei*"), sostituendo questo risultato neirultima eguaglianza e ri- diicendo, si ottiene infine : PJ'») (a, n.-3, n) (n-1) = (a, n-1, n) (n-3) + (a, n-3, n-1) — («.-3, n-1, n) (a) ; « <«-2. 24 Doti. Xicolò (HampugUa [Memoeia XV.J Moltiplicando la ?i'°) per ('»-.'>. it-\. ti), si avrà : (a, n-i, ti) (n-Y) -f («-1, ìi-S, n) (n-1) 4- in, ìi-3. ti-l) (n-l ) = (a, n-2. ») (n-3) -\- (or-l, w-1, 71) (n-3) + («-1, n-1, n) (n-3) 4- (a-l, h-3, ìi-1) -[- (a, n-4. n-l) -f (a, n-3, v-'2) — (n-i, n-\. ii) (a) — {n-3, n-2, n) {a). Intanto, i)er la pf'°) stessa, jiosto in essa a-l in hioojo di a, è : (rt-1, M-3, n) (n-l) = (rt-1. n-1, «) («-3) -{- («-1, n-3, n-1) — {n-3, n-1, n) (a-1). mentre la pf;°), applicata in un [n-ì] di [ii], ci dà : [a, n-3, n-1) (n-l) = {a, h-3. n-i) (n-2^ -r- la. n-2, n-1) (n-3) -f (a, n-3, n-2) — {n-3, n-2, n-1) (a.) ; a < n-2. ])cr cui, sostituendo e riducendo, si lia : (a, n-i, n) (n-1) — (n-3, n-1, n) (n-1) -f («, n-2. n^l (^) — (n-3, n-2, ^) (a) = := (d, n-2. n) {n-3) -!-(«. »-4. /(-li — in-i. ii-]. n) (a). Questa eguaglianza, visto clic dalla fif'°), se si iTiolti]»lica per («-2), si ricava : (a, n-2. n-1) (n-3) = {a. n-2. n ) ( n-3) — la, n-1, n ) (n-i) -f- («-2) ; se si pone (( = //-8 e (juindi si moltiplica per (a + 1), si ricava : (n-3, n-2, n^) (a) = (n-3. n-2, n) (a) — (n-3. n-1. n) (a-1) -\- (a-2), diviene : ^f'^) (n, n-4,«) (n-1) ■= (a, ìì-1, n) (n-i) -{- (a. n-i, n-ì) — tn-i. n-1, n) (a) ; a < «-3. Con (jnesto jìrocedimento si troverà in generale : [i{-% (n, n-J, n) (n-l) = (a, n-1. n) (n-l) -f- (a. n-I. n-l) — (n-J. n-1. n) (a): a <«-/+]. Formale d' incidenza per le coppie : «punto e retta, retta e piano, ecc. Jìò 17. Per giMievaliz/aiv ancor più la iif), la >si inoltipliclii per {i4-X) ; si avrà : ' {a, «-/, n) (n-2) = {a, ,i-l. n) (n-l-1) -|- («, n-l, ii-l) (n-l) — («-/, n-1, n) («-1). ir altra parte la V,"') (*), applicata in un [/*-l] di [»] ci dà ; {fi. ii-l. ii-l) (w-1) 1= i. ii i («). Intatti la foriinda : {a, n-l, n) (m-3) ^:z {h. ii-\ ii){n-l-2) -{- (a, n-l. ii-ì ) (»-2) — (»-/. n-l, n) (a-2), che si ottiene dalla iSf'") moltiplicando i>er (h-2), si trasfornnt nella ps"), (juando si tenga conto delle seguenti relazioni : {a, n-l, n-\ ) {n-2) — {a. ii-l,n-l) (w-3) = {a, «-3, n-l) {n-l) -}- {a, n-l, n-3) — (n-l, n-3. nA) (a): a ^ n-l -\- 1 (a, rt-3, n-l) {n-l) --i^ (fl, «-3, n.){n-l) — {a. n-\. n) {n-l-2) -\- (n-3, n-l, n) {n-l-{-l), {iir-l, n-3,^l){a) ■= (n-l, n-3, n) (a) — (n-l. n-l,n) (a-2) -f {n-3. n-l, n.) (a.-l~\-l) , C\ IN.iHMiiU. I-Ì in liiof-d ili ; ii..ll:i '^{•"J. si (itti.Mi.- la ^:i|'''''). Arri Acc. Skhik 4'. \(ii.. XVII - Meni. XV. 'M Doti. Nicolò Giampaglia [Memoria XV.J la ](iiiii:i (Ielle quali risulta dalla, Ìj""), applicata in un [/'-!] di [il], la seconda dalla f'/^), moltiplicata i»er (7(-7^-l), la terza dal- la Pi'^), quando si ponga a = n-l e quindi si moltiplichi per («-(-1). Applicando successivamente Z-1 volte il presente procedi- mento, si otterrà in generale la formola : fl^-") (rt, /(-/, n) (n-lc) = («, n-k; n) {n-l) -j- («, n-l, n-k) — (»-/, n-k, n) (a) ; a < n-l -|- ] , k <^l. 18. Ecco intine come si può generalizzare completamente la pf): La si a]>pliclii ]»er un [//-.v] di [^/], avremo : («, ii-l-H, ii-x) (v-k) ^ {a, n-I-s, n-s) (n-k-s) = (a, n-k-s, n-s) (n-l-s) -j- {a. H-l-s, n-k-s} — (n-l-s, n-k-s, »-.s) (a) ; a <^?t-/-s-|-l, A- <;^ l <«-«; si ponga in essa: v in luogo di h, k]-.s in luogo di l, indi si mol- tiplichi per (»-/), avremo: [a, u-k-s, n-s) {n-l-s) =. (a, n-k-s, n) (n-l-s) — (a, n-s, n) (n-k-l-s) -4- {n-k-s, n-s, n) (a-l) : ^ ..'1 si p (0, 1, ;^) («-2) \ S ZZZ ti — .-> I ' '^ : - (0, 1. 4) (n-S) ( « =: n = (0, 1, /*) (1) , ^ l — n — 2 I » = 1 (0, 1, '«-!) (2) (*) Kiilkiil ilii .ili/iihlciiilen Geometrie, ^ 10. 'ìH Dott. Nicolò Giampugìia IMtóMOKiA XV. liaHe quali, inoltiplicando rispettiTaiiieiite ]K'r (y/-l), si ottengoiKi lo altre di (3«-4)'"" diinensioiK'. cioè di diiiiciisioue massima : (0, I, 2) (»-2) (0, 1. 3) (/(-3) (0. 1. 4) (n-4:) (d. 1, h) (0) = r. ( contengono i risultati delle osservazioni dell'anno meteorico 1903 (dicembre li)()2 a novembre 1903): come ne' precedenti riassunti le temperature e pressioni bai'ome- triclie non sono ridotte al livello del mare, uè queste ultime al valore normale della gravità. Xel (juadro X. 3 si aggiunge da ({uest' anno il numero dei giorni nei (juali si sono avute abbondanti scariche elettriche atmosfericlie, registrate dall' apparato su menzionato. Nel Quadro N. 1 si trovano de' singoli elementi i valori medi dedotti dal dodicennio di osservazioni dicembre 1891 a novembre 1903, valori che consideriamo ]n'ov visoriamente come normali. Della temperatura si riportano nella seconda colonna i valoi'i ridotti col calcolo al livello medio del mare: così ancoi-a la quarta colonna contiene i valori della pressione atmosferica ri- dotta al livello del mare e al valore (i,. della gravità alla lati- tudine di 45°. Confrontando i valori delle stagioni e dell' anno in esame con i corrispondenti dell' anno precedente, abbiamo ottenuto il seguente specchietto : Inverno. Priniavei'.a . Estate. . Antiinno Anno ^ i. e "g'*^ 2 « ^ ^ e .S s * P.Ì -=: H — 1.1 + 3,4 0,0 0,0 — 1,0 — 0,5 — 0,7 + 1,5 — 0,7 -i- 1.0 ■ir — 0,65 — 0,47 — 0,61 — 5, 33 — 1 , m a 13 ■ 0,3 3,3 1,3 6,8 2,3 s ^ ^ -2 ■jc 5 3 o "a E ^; — 0, 07 — 9,6 -1- 12,5 -^ 0, 80 — 107,4 - 14,4 — 0, 14 + 15,9 4- 6,7 + 0, 44 —615,4 — 14,8 4-0,26 —716, 5 -^ 4,6 — 0,08 0,01 0,01 + 0,02 — 0, 02 liisultati delle osservazioni meteorologiche del 190S, ecc. Sono da notare i valori della teniperatnra, pili piccoli in quasi tutte le stagioni ; quelli elevati della pressione atmosferi- ca e della nebulosità nell' inverno ; quelli più bassi della tensio- ne e dell' umidità nell' autunno, e della nebulosità nella i)rima- vera e nell' autunno. Le divergenze poi sono grandissime nelle qtiantità di pioggia caduta nella primavera e nelT autunno, e ciò è dovuto tanto alla eccessiva abbondanza delF anno ])re(edente quanto alla scarsità di quest' anno. Passando poi a paragonare gli stessi valori lon ijnelli me- di del dodicennio si lia quest' altro specchietto : Inverno. Primavera . Estate . . Autunno Anno t ^ =5 tì 2 alo '" > X i-r Ti '- > Jw ■'^ S 5 .s -5 si 2 5 5 e II y ^ fH H ?H — 0,2 + 3,7 — 0,26 — 1,8 + 0,09 — 85,5 + 2.0 0,0 -f- 0, 1 - 0,27 — 2.2 + 0. 65 — 53.7 + 5.2 — 0,7 — 0.2 — 0,96 — 1,4 + 0,05 — 5.8 — 4.0 — 1,0 + 0.6 — 4,62 -.3,6 0,00 —140.4 — 8,6 — 0.5 -!- 1,0 — 1, Ó2 — 2,3 + 0.21 —285. 4 — 1.4 0,03 0,06 0.07 0, 06 — 0,04 Da questo si ricavano conclusioni del tutto analoghe alle precedenti, eccetto che i)er la nebulosità, la quale si è scostata poco dalla normale. È degna ])oi di nota la scarsezza della quan- tità di pioggia in tutte le stagioni : di tatto si hanno valori presso che uguali alla metà della normale ; e il valore annuale è superato, in difetto da due soltanto di (pielli del trentottennio 1865-1903, e cioè da 190,5 nel 18(57 e 80S,() nel 1871 '). Auche nel 1903 si sono avuti dei (■rcpiiscoli rn.s-ei, ma ge- neralmente deboli : alquanto più intensi nel feljbraio e ne' primi di raai-zo : non hanno raggiunto che V intensità 1, indicando con ') Mkndol.^. L., La piogaia in Catania dal 1865 al 10(10 — Atti doli' Ace. Gìoenia di scienze naturali, Ser. 4" Voi. XV, \>-d\i. 64. Cat.iuia, 1902. 4: Prof. A. Ricco e L. Mendolu [Memoria XVI.j IO r intensità masHiuia dei grandi crepuscoli rosei del 18onte a sesto rial- zato sull' orizzonte al luogo del tramonto ; qualclie volta si è visto striato, come nel 18S3-4. A sole alto in Catania non si è mai A'isto r anello di Bisliop ; solo qualche volta si è potuta osservare fra le nubi una nebulosità rossastra sotto al sole. Al 23 agosto a Randazzo (altit. 754 m.),^ occultando il sole, abbiamo visto V anello di Bisho]), sensibilmente rossastro, all'e- sterno, ma assai debole. Questa diminuzione dei crepuscoli rosei nel 1903, in confronto di quelli del 1902 , sembra coincidere con la diminuzione dell' opacità dell' aria che generalmente si è osservato aver avu- to luogo dal 1902 al 1903. Catania, feblniijn 1904. Risultati delle osservazioni meteorologiche del 1903, ecc. «tuatlio ^. 1 — 190:j. ^ .^ Medie ^ S Temperature medie o rt ~ (li'i massimi diurui ili temperatura, II del suolo ti O II (lei minimi e dell e escurs. h;3 Profondità M m E Qui , 20 Oin, iO 0"', 60 o (} o o 0 0 o o 0 Dicpiubre . 11, 1 14, 7 8, 4 6-, .9 13, 2 10, 9 12, 1 13, 3 16, 3 Geunajo . . 10, 7 14, tì 7. 0 7, 5 12, 1 10, 0 10, 6 11, 4 16, 2 Fcblirajo. . 10. 5 14. 6 6, 9 7. 7 n. (i 9. 9 10. IJ //. -J 16, 2 Marzo . . . 12, 7 16, 4 9, 2 7, 2 12, 3 12, 4 12, 8 13, 0 16, 2 A]ii'ile ... 14, 1 18. 5 10, 0 8, 4 12, 9 14, 7 15, 2 15, 2 16, 1 Maggio . . 19, 1 22, 8 15, 0 7, 7 15, 3 18, 2 18, 8 18. 4 16, 1 Giugno . . 21, 3 25, 2 17, 1 8, 0 17, 6 23, 0 23, 2 22, 8 16, 2 Luglio . . . 2.5, 1 29, 1 20, 3 8,8 19, 7 26, 8 27. 1 26, 4 16, 3 Agosto. . . 26, 6 30,6 22, 0 8, 6 21, i; 28,1 28,5 28,0 16, 3 Setiteuilu-f . 23. 2 2tì, tì 19, 8 e. 8 21,6 25, 3 26, 0 26, 0 16, 3 Ottoliie . . 19, 8 23, 9 16, 0 7, 9 20, 1 19. 7 20, 8 20, 9 16, 3 Noveuilu'e . 14, 4 17, 9 11, 2 0, 7 16, 5 15. 0 16, 0 16, 4 16, 3 luveruo . . 10, S 14, b 7, 5 ■7, 2 12,3 10, 3 11, 1 12, 0 16, 2 Primavera . 1.5, 3 19, 2 11, 4 7, 8 13, 5 15, 1 15, 6 15, 5 16, 1 Estate . . . 24, 4 28, 3 19, 8 8, 5 19, 7 26, 0 26, 2 25, 7 16, 3 Antuuiio. . 19, 1 22, 8 15, 7 7, 1 19, 4 20, 0 20, 9 21, 1 16. 3 . Anno . . . 17, 4 21, 2 13, 5 7, 7 16,2 17, 8 18, 5 18, 6 16, 2 Prof. A. Ricco e L. Mendola I Memoria XVI.] Quadro ^. 2 — 1903. e 'C Ì 1 S -C CD e; ^ — ■ e ■s 1 INSOLAZIONE A B A B > — min mm iiun nini II II Dicembro . 7.56, 7 7. 07 (56, 7 2. 21 96,4 53. 8 100, 4 296, 5 0, 34 Gemiajo . . 762. 4 6, 70 66, 7 i; 7 a 20, 3 58, 8 110. 2 305, 1 0, 36 Febbrajo. . 763,0 6, 30 63, 0 1, 98 27. 2 36, 3 167, 1 301. 0 0, 56 Marzo . . . 7.58. 1 7, 39 64, 4 2, 39 28, 9 48, 9 165, 0 370, 4 0, 45 Aprile . . . 702,0 7, 04 56, 3 4, 02 14, 7 45. 3 176, 5 394, 4 0, 45 Maggio . . 155. 6 9. 71 57, 0 3, 99 8, 7 53, 8 181, 7 438, 4 0, 41 (xiugUO . . 754. 8 11, 05 56, 8 3. 97 11. 7 32, 8 189, 5 439, 9 0, 43 Luglio . . . 756, 3 11, 38 46, 7 5, 44 ■i, 2 8. 3 230, 8 446,6 0, 65 Agosto. . . 756. 7 18, 12 48. 8 6,85 0, n /. 7 302, 6 419, 0 0, 72 Settembre . 758. 8 12, 97 59, 5 3. 91 23. 9 25. 1 153, 9 370, 8 0, 42 OttoI)re . . 757, 4 10, 88 60, 2 3. 86 30, 3 30. 6 172, 8 345, 8 0, 50 Novem))re . 757. 4 8, 53 65, 2 1. 81 61. 6 47. 2 115. 6 303, 1 0, 38 Inverno . . 760, 6 6, 70 65, 5 1. 99 142. 9 .50. 1 377, 7 902. 6 0, 42 Primavera . 755. 4 8, 06 .59. 3 3, 46 .52. 3 49, 4 523, 2 1203, 2 0, 43 Estate . . . 756, 0 11, 90 50, 7 5, 10 15, 9 U, 0 782, 9 1305, 5 0. 60 Autunno. . 757. 9 7, 13 61, 6 3, 20 115, 8 34. 3 442, 3 1019, 7 0, 43 Anno. . . . 757. 4 X, 46 59, 2 3, 45 326. 9 36, 9 2126, 1 4431, 0 0, 48 Risultati delle ossertmzioni meteorolof/iche del 1903 ecc. Quadro X. 3 - 1903. — ■:^ ì z 7* fl) e ESTREMI METEOROLOGICI ANNUI ^ ^ -2 ^ o p .5 c3 co 4^ OSSERVATI 41 pi! w < < 176 ■ e 39 56 40 alassimo Itiniiiio Temperatura 34, 2 1, 9 1 1 ^ ' N ^ ^ hi 10 3 1 8 22 dell' aria 16 luglio 25 dicembre 7 17 16 12 52 00 7 9. 1 ■e Temperatura JZ, i 5 E 6 9 9 6 30 ilei sotterraneo 2 settembre 20 fel)l)raio 1 SE 0 1 2 1 4 S 1 Om, 20 29, 0 7, 0 ce S 1 16 agosto 26 diconil)re % s 1 0 0 3 4 1 d ^ , ,n 29, 3 9, 0 s sw 1« 4 4 15 41 g : om, 40 § ^ 16-17 agosto 27 dicembre S" è f ? w 7 17 4 5 33 i 1 Bu 1 E Olii, 60 28, 3 10, 9 NAV 0 2 0 1 3 16-20 agosto 27-28 die. 16, 4 16, 0 Temperatura acqua del pozzo 30 uoveuibre 28 aprile ' sereni .... 2tì 26 71 31 1.54 1 S 1 misti 39 41 19 40 139 Pressione 772, 3 740, 7 .2 ; atmosferica 9 febbr. 9'' 30 uov. 15h tu *o coperti . . . 25 25 2 20 72 Tensione 20, 53 2. 37 ? a con pioggia . 27 28 8 26 89 vapore acqueo 13 sett. 21h 17 febb. 21h S s con srrandiue. 2 0 0 0 2 95 18 1 Umidità s con nebbia . . 4 6 0 4 14 relativa 28 mar. 211i 12 apr. 15li c o e8 con brina . . 0 0 0 0 0 Evaporazione 11, 67 0, 45 © all' ombra 11 ottobre 8 dicembre .«A con temporale 3 4 3 6 16 S \m scariche elettriche Velocità oraria 33 Km N 17 39 25 11 92 del vento 23 die. 141' Vrof. A. Ricco e L. Mendola IMemoeia XVI.l Quailro N. 4 - 3Ie«lìe 1893-190.3. Tempe dell' all'osser- vatorio ratura aria ridott,! al mare Pres^ atmos all'osser- vatorio ione feri e a rid. al ma- re e a s^. 2 li: e: > Umidità relativa 1 ^ _2 "e & ili Nelìulosità 'te e: X o o mm mm mm inm mm fieniiajo . . iO, 2 IO. 6 757, 3 762, 8 6, 50 65, 9 i. 83 61, 7 45, 7 0, 46 Feblivajo . 11, 0 11, 4 756, 5 762, 0 6, 86 66. 4 1, 99 66. 6 48, 7 0, 46 Marzo . . . 12, ti 13, 0 755, 3 760,7 7, 27 64. 1 2, 31 46, 6 46, 7 0, 48 Aprile . . . 15, 0 15, 5 155.1 760,4 8, 26 62, 6 2, 69 38, 4 46, 2 0, 46 Maggio . . IS, 4 18, 8 7.55, 6 760, 8 9, 46 57, 9 3. 43 21. 0 ,39, 6 0, .52 (xiiigiio . . 22, 8 23, 1 7.56. 1 761, 3 11, 64 52, 8 4, 51 6, 4 25, 9 0, 61 Luglio. . . 26, 2 26,6 755, 9 761, 0 12. 93 JS, 5 5, 65 2. 0 11.2 0, VI Agosto. . . 26, 2 26, 5 756, 5 761, 6 14. 02 54, 0 5, 11 13, 3 16, 8 0, 68 Setteiiiliri' . 24. 1 24. .5 7.57, 2 661, 5 13. 29 58, 6 4. .50 .54. 0 28, 8 0, 56 Ottobre . . 20, 6 21. 0 757, 2 762, 5 12. 27 66, 3 3, 05 87. 3 47, 5 0. 47 Novembre . 1.5, 6 16, 0 757, 5 762, 8 9. 68 70, 7 2, 05 114.9 52. 3 0, 43 Dicembre . 11, 8 12. 1 756, 8 762, 2 7. 54 m. 5 1, H9 100, 1 49, 9 0.42 Inverno . . 11, 0 11. 4 756, 9 762, 3 6. 96 67, 3 1, 90' 228, 4 48, 1 0, 45 Primavera . 15, 3 15, 7 755, 3 760, 6 8, 33 61, 5 2, 81 106, 0 44, 2 0, 49 Estate . . . 25, 1 25,4 756, 2 761, 3 12, 86 52, 1 5, 05 21, 7 18, 0 0, 67 Antnnno. . 20, 1 20, 5 757, 3 762, 5 11, 75 65. 2 3, 20 256, 2 42, 9 0, 49 Anno . . . 17, 9 18, 3 7.56. 4 761, 6 1 9. 98 61, 5 3, 24 612, 3 .38, 3 0. 52 Memoria XVII. Eruzioni e Pioggie. Nota di A. RICCO Inclubbiameiite 1' acqua ha una grande parte nel funziona- mento dei vulcani : masse enormi ne vengono lanciate fuori, sia allo stato di vapore, sia di fango, sia di acqua bollente : anche le lave già eruttate emettono grandi quantità di vapore acqueo. Inoltre da alcuni è ritenuto che V acqua determini le eru- zioni penetrando nei focolari vulcanici, sia dal mare , sia per mezzo delle pioggie. Alcuni anni fix quest' ultima ipotesi è stata discussa in relazione alle recrudescenze delle eruzioni vesuviane dai prof. Ct. De Lorenzo ed E. Semmola in seno alla E. Acca- demia delle Scienze di Xapoli, ammettendo Tuno l'influenza di- retta delle acque di pioggia cadute sul vulcano e filtranti sino a contatto colla lava incandescente (1) e l'altro soltanto l'azione delle acque circolanti sotterra (2). Ho voluto cercar di vedere anch' io quel che risulta, met- tendo in relazione le eruzioni etnee colla pioggia. Ho cominciato dall'ultima grande eruzione, quella del 1892, che, essendosi svolta nel versante meridionale dell'Etna e perciò proprio in faccia all' Osservatorio ed alla portata dei nostri potenti cannocchiali , ha potuto essere seguita da noi giorno e notte in tutte le fasi della sua lunga durata, che fu di quasi 6 mesi : talché si è in grado anche di fare un confronto rigoroso (1) DoTT. G. De Lorenzi) — Sulla prnhabile causa dell' attuale attività del Vesuvio. Reu- diconti della R. Acc. delle Scienze di Napoli ; Maggio 1900. (2) Prof. E. Semmola — Le Pioggie ed il Vesuvio. Ilùd.; Agosto e Dicemlue 1900 e Marzo 1901. Atti Acc. Serie 4', Vox.. XVII - Mem. XVII. 1 A. Eiccò [Memoria XVII] delle alternative numerose di attività colle cadute di pioggia: di queste abbiamo considerato solo quelle di 10 mm. o più , rite- nendo che le minori non ))ossano penetrare a molta profondità e produrre sensibili effetti. Ed ecco questo confronto : 27 agosto : pioggia 27.8 nnu. Attività eruttiva mediocreuiente crescente , stazionaria nel giorno seguente, decrescente nel 3° giorno. 13 settembre : pioggia 12.3 nun. Attività crescente, fortemente crescente nel 2" giorno, poi stazionaria. 20 settembre : jtioggia 13.6 mm. Attività stazionaria, stazionaria anche nei due giorni seguenti. 10 ottobi'e ; pioggia 10.1 mm. Attività non potuta determinare, stazionaria nei due giorni seguenti. 18 ottobre : pioggia 15.0 mm. Attività decrescente, stazionaria nei due giorni seguenti. 11 novembre: pioggia 17.6 mm. Attività decrescente anche nei due giorni seguenti. 27 novembre : i)ioggia 20.3 mm. Attività eruttiva mediocremente crescente, stazionaria nei due giorni seguenti. 14 dicembre; pioggia 75.5 mm. ! Attività stazionaria, decrescente nei due giorni seguenti. 28 dicembre: pioggia 28.0 mm. Eruzione finita in questo giorno. Riassumendo, si ha : Attività Eruttive Crescente . . . Stazionaria . . Decrescente . . Indeterminata . Nel giorno della pioggia Nel 3" giorno 0 6 3 Si vede che i casi di attività crescente do]>o la pioggia cir- ca si bilanciano con quelli di attività decrescente , e che pre- Eruzioni e Piogyie. valgono i casi di attività stazionaria dopo la pioggia; e che neppure la straordinaria pioggia del 14 dicembre produsse ri- sveglio di attività eruttiva. Kon risalta dunque una intluenza immediata od a breve scadenza della pioggia sull' eruzione del 1S92. Ma (juesto studio può farsi sopra base più larga, facendovi contribuire tutte le eruzioni etnee di cui si conosce la data, ed osservando come sono avvenute in relazione al periodo annuo della pioggia, che, come è noto, in Sicilia ò ben determinato , perchè si lia una stagione attatto asciutta ed una stagione pio- vosa ; per simmetria dividendo 1" anno in due semestri , V uno contenente i mesi piìi scarsi di pioggia, V altro quelli piovosi , si ha : {Semestre asciutto : Aprile a Settembre. Semestre piovoso : Ottobre a Marzo. Kiguardo alle eruzioni etnee, oltre quelle che diedero luogo alla prima formazione del vulcano, avvenute in epoca geologica precedente 1' attuale, secondo 1' Alessi sono citate (1) : 5 eruzioni preistoriche o mitologiche , preelleniche ed elle- niche, le quali diedero occasione ai miti relativi ai Titani, ad Encelado, a Proserpina, a Fetonte, a Bacco, ad Ercole, ecc. 16 eruzioni storiche, di cui anclie l' anno è incerto, ed ap- partengono specialmente all'epoca greca della Sicilia. 14 eruzioni storiche di cui si conosce V anno : sotto V im- pero romano. 2L eruzioni ricavate dai classici, delle quali è dato solo 1' anno. 13 eruzioni ricavate da vari autori. 69 eruzioni di data certa, cioè di cui è dato sempre V an- no, talora il mese, ed il giorno, dal 1169 in poi. Sarebbero dunque in tutto 138 eruzioni pili o meno note : (1) storia critica deììe Eruzioni dcìVEtna. Atti dell'Acc. Gioenia Tomo IX, 1835, p. 207. A. Ricco [Memoria XVII] ma di sole (52, dal 1109 in poi si conosce il mese in cui scop- piarono, lasciando (|uella del 253 che è isolata, (juantunque si sappia che avvenne nel febbraio. Segue nella tabella l' elenco delle eruzioni raccolte dalle migliori fonti, cioè dall' Alessi, dal Ferrara, dal Recupero, ecc. GIOENO GIORNO Anno MESE del jiriucipio dell' eruzione Anno MESE del principio dell' eruzione 253 febbraio 1 1610 febbraio 6 11H9 febbraio 1 0 2 1613 ottobre ì 1285 gennaio 7 o 17 (1) 1614 luglio (2) 1 1323 giugno 30 1633 febbraio 21 1329 giugno 28 1634-36 dicembre 18 1329 luglio 15 1640 febbraio t 1333 •! ? 1643 febbraio ì 1381 agosto 5 0 6 1646 novembre 20 1408 tiovt^nibre 9 1651 febbraio T 1444 t ? 1669 marzo 11 1446 settembre 25 1682 settembre ? 1447 settembre 21 1688 aprile ì t 1470 r t 1689 marzo 14 1494 f T 1693 gennaio 11 1536 marzo 22-23 1702 marzo 8 1537 marzo 11 1727 novembre 20 1566 novembre 1 1732 dicembre 10 1579 settembre 9 1735 ottobre 11 1580 ? T 1744 ? T 1603 luglio 1 1747 settembre ? 1607 giuguo 28 1752-4 ? ! (1) Quest' eruzione si disse contemporanea alla morte del Re Carlo I, la quale avvenne al 7 gennaio, ma la notizia giunse a Catania solamente 10 giorni 'dopo : [tanto ho saputo dal Chiarissimo Collega prof. V. Casagraudi Orsini. (2) L' efflusso della lava di questa eruzione durò 10 anni. Eruzioni e Pioggie. GIORNO GIORNO Anso >I E 8 E del principio dell' eruzione Anno MESE del principio dell' eruzione 1755 marzo r . 1838 agosto 8 1758-9 ottobre ? 1842 novembr(! 27 1759 aprile 14 t 1843 novembre 17 1763 febbraio 6 1852 agosto 22 1766 aprile 26 1863 luglio 8 1780 iiiagf;io 18 1865 gennaio 30 1787 luglio ' 1868 dicembre 8 1792 marzo nei primi 1869 settembre 26 1802 novembre 15 1874 agosto 29 1805 luglio 11 1879 maggio 25 1809 marzo 27 1883 marzo 22 1811 ottobre 27 1886 maggio 18 1819 maggio 27 1892 luglio 8-9 1832 ottobre 31 1890 luglio 19 e 25 Natui'ahuente questo elenco non può esser completo, perchè nei tempi antichissimi (e forse più durante le tenebre d' igno- ranza nel medio evo) 1' Etna era più oggetto di terrore anziché di studio : sia per le spaventose sue conflagrazioni, sia per la su- perstizione ed il mistero religioso di cui pagani e cristiani cir- condavano il vulcano, sia per la cintura di foreste, presso che impenetrabili, formate di alberi colossali, dei quali ora restano pochi cam])ioni celebri, come il Cantugìiu dei cento cavalìi, ormai decrepito e cadente. Si Ila poi la prova della incompletezza dell' elenco nel fatto che il numero delle eruzioni registrate è scarsissimo o nullo nei prinii secoli, e poi va ra]>idamente aumentando, avendosi : Secoli XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX Eruzioni 11 5 6 5 16 16 20 A. Bieco [Memoria XVII) mentre in generale tutti ì vulcani tendono alla estinzione , e quindi le loro eruzioni j)iù probabilmente debbono aiular dimi- nuendo di frequenza. Ad ogni modo, passiamo a studiare la distribuzione nei me- si, nelle stagioni e nei due semestri, come si è detto sopra, per le 58 eruzioni di cui è noto il mese dello scoppio; considerando che le eruzioni dell' Etna sono fenomeni grandiosi visibili a gran- de distanza, per cui noti vi è ragione di credere che siano state tralasciate quelle di una stagione, piuttosto che di un' altra, tanto più che siamo in un paese ove le vicende climatiche sono assai miti. La distribuzione delle eruzioni per mesi dell'anno meteorico ci dà : Dicembre Gennaio Febltraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Sett. Ottobre Nov. 3 37 934384H5 7 Inverno Primavera Estate Autunno 13 16 15 18 iSeme-sfye a-scìuffo : Ai)i"ile a Settembre 28 eruzioni Semestre piovoso : Ottobre a Marzo 34 eruzioni Considerando i semestri, si ha veramente una prevalenza sensibile delle eruzioni nel più piovoso ; ma se si guarda la distribuzione nelle stagioni, si trova che il numero delle eru- zioni è minimo nell' inverno , che in Catania ed in Sicilia è la stagione piìi piovosa. Ma (juesto risultato contradittorio col detto prima, potrebbe spiegarsi col ftitto che nell' inverno, ed in parte della primavera, sopra circa la metà superiore del vulcano invece di pioggia cade neve, la (juale permane sul suolo senza fondersi e senza penetrarvi ; ma i)oi allo sciogliersi delle nevi nella seconda metà della prinuivera e nel princi])io dell' estate si dovrebbe avere la maggior frequenza delle eriizioni, e ciò non è, perchè in primavera, estate ed autunno si ha prossinuunente la stessa frequenza delle eruzioni. Eruzioni e Pioygie. (iruardaiulo poi ai mesi, si hanno massimi di frequenza delle eruzioni in marzo, luglio , e novembre , cioè in condizioni plu- viali affatto diverse cioè : con neve in Marzo, siccità in Luglio, pioggie abbondanti in Xovembre. E così pure si hanno minimi di frequenza delle eruzioni in dicembre , gennaio . aprile e giugno , pure in condizioni af- fatto diverse riguardo alle idrometeore. Dunque neppure da queste statistiche pare risulti dimo- strato che la i)ioggia abbia una intluenza immediata od a corta scadenza sulle eruzioni. Né si potrà dire che la pioggia eserciti la sua intluenza con un certo ritardo sulle eruzioni , occorrendo del tempo per penetrare fino ai focolari vulcanici ed eccitarvi le eruzioni ; perchè allora se il ritardo è di mesi o di stagioni si dovrebbe trovare nelle eruzioni il periodo annuo stesso delle pioggie, ma solo spostato in ritardo, il che non si verifica ; perchè anzi il semestre piovoso è quello che dà maggior numero di eruzioni , come se non vi fosse ritardo, e doj)o le abbondanti pioggie e la fusione delle nevi della primavera, in estate ed autunno si han- no altrettante eruzioni quanto nella primavera stessa. Se poi il ritardo sia anche maggiore, allora per il dimorare e r immagazzinarsi dell'acqua nelle cavità del suolo, scomparirà r influenza dell' avvicendarsi delle stagioni , e si potrà trovare solo che le eruzioni seguono gli anni piovosi con ritardo di un certo numero di anni. Dalle osservazioni dei giorni piovosi tenute da C. Gemmel- laro dal ISIG al 1826 risultano più piovosi a Catania e Nicolosi i seguenti anni, ai quali metteremo di contro gli anni delle eru- zioni che seguirono, si ha : Auiii piovosi 1817 eruzioue al 1819 : ritardo 2 anni id. 1820 id. 1832 > 12 » id. 1823 id. 1832 » 9 » id. 1826 id. 1832 » 6 » A. Ricco [Memoria XVII] Per 1' unno piovoso 1S17 si lui un ritardo dell' eruzione di 2 anni, ma per ijli altri anni piovosi non vi sono eruzioni se- guenti, se non (|uella del 1S32, che dà un ritardo minimo di anni 3 id. id. f 1853 id. 1863 » 10 id. id. 1858 id. 1863 » 5 id. id. 1863 id. 1863 > 0 (1) Lo studio della pioggia in Palermo è stato fatto successivameute da Cacciatore , Tacchini, Millosevich e De Lisa. (2; Dobbiamo dire però che il rapporto della quantità di pioggia nelle due stazioni non ò costante nei diversi anni, e quindi questo confronto non può avere che un valore limitato. Eruzioni e Pioggif. Abbiamo indicato con una /" le annate fortemente piovose (pioggia > 75t) inm.). Anche qui non abitiamo alcuna regolarità nel ritardo delle eruzioni rispetto agli anni piovosi, e neppure rispetto ai molto piovosi, che più certamente lo furono anche per le regioni etnee. Finalmente al 1S6S furono istituite regolari osservazioni plu- viometriche neir Università di Catania , le quali poi sono state diligentemente e coscienziosamente discusse e pubblicate dal I).r L. Mendola (1). Se ne ricavano con sicurezza gli anni più piovosi in Oat,a- nia dal 18(i,) in poi , cioè quelli che danno dei massimi della (luantità di pioggia : abbiamo distinto (come prima) i massimi più forti colla lettera /". /■ 1873-4 eruzione al 1874 e 1879 : ritardo 0 0 5 auui 1S77 » » 1879 e 1883 > 2 0 6 » f 1880-1 » » 1883 e 188») » 3 0 5 » 1883-4 » y> 1883 e 1880 » 0 o 2 » 1887 » » 1892 » 5 » 1889-90 » » 1892 » '> » f IS04 » » 1899 » 5 » lS!)t; » » 1899 » 3 » f 1898 » » 1899 » 1 » Scegliendo o])portunamente le eruzioni seguenti gli anni piovosi, si i)uò trovarne cin(|ue le qiuili seguono col ritardo di 5 a 6 anni ; ma evidentemente il confronto così fatto è troppo artitìcioso, perchè se ne possa coticludere qualche cosa di positivo. Tentiamo anche di cercare la relazione fra pioggie ed eru- zioni, in senso inverso , ossia vediamo se le eruzioni sieno state precedute da anni piovosi o meno; si ha : Eruzione dfl 1>(74 aliiivtitii : piofigie grandi nrl llSTo e 1874. » » 1879 notevole : pioggie scarse nel 1878 e 1879. » » 1883 abortita : pioggie .scarse nel 1882, maggiori della media nel 1883. > » 1886 grande : pioggia normale ne! 188.5, maggiore nel 1886. » » 1892 grande : pioggia i)oco sujieriore alla normale nel 1891 e 1892. » » 1899 centrale : pioggie grandi nel 1898. in>che nel 1899. (1) Alti dell' Acc. (rioeniu Voi. XV, Serie IV, 1902. Atti Acc. Serie 4°, Voi,. XVII - Mem. XVII. ao A. Ricco [Memoria X V Altbiamo soltanto Y eruzione breve e piccola del 1874 e l'e- ruzione centrale nel 1899 di solo fumo e lapilli e (|ua8i istanta- nee, precedute da grandi pioggie. Finalmente do])biamo notare che abbiamo avuto negli ultimi anni casi di i)ioggie strabocclievoli, non seguite da alcuna eru- zione. Infatti nel Settembre 1902 si el»l)e 4(59 nini, di pioggia, cioè quasi la pioggia normale di tutto Tanno: nell" ()ttol)re seguente la ])ioggia fu 239.5 mm. anch'essa enormemente superiore alla me- dia del mese (tKJ mm.) : e non è seguita tinora alcuna eruzione. Xella 1* decade del 1904 la j»ioggia è stata di 223 mm. , cioè circa 10 volte la normale, e tinora (giugno 1904) non si è veri- ficata alcuna eruzione. Pare dunque che dall' esposto si possa concludere che le pioggie non hanno influenza a determinare le eruzioni dell'Etna. Certamente la percolazione delF acqua meteorica attraverso le falde dei vulcani ed attraverso il terreno attiguo si fa lenta- mente e viene regolarizzata e resa continua dalle cavità che in- contra ed ove si raccoglie ; come del resto accade per 1' acqua che alimenta le comuni sorgenti. D' altronde è noto che nelle caverne ha luogo stillicidio continuo in tutte le stagioni , e ciò si veritica pure nelle grotte vulcaniche, come in (jnella delle Co- lombe ed in quella (lefiU Arehi sull' Etna, ed anche a non molti metri di profondità. Perciò le acque di pioggie non possono arrivare ai focolari vulcanici che in modo continuo e reg(dare e quindi no)i posso- no essere causa determinante delle eruzioni o dei parossismi vul- canici. Ma di fronte alla antica scuola dei nettunisti , i (juali am- mettono che le acque del mare o delle pioggie producano le eru- zioni, sta la scuola più recente dei plutoni.sti i quali ritengono che le eruzioni siano prodotte semplicemente dal calor interno della terra, senza intervento di acqua dall'esterno, cioè dalF atmosfera o dal inare; anzi alcuni vanno più avanti; ed alla testa di essi sta l'illustre geologo Prof. E. Suess, il quale ritiene che le acque, ed Eruzioni e Fioggie. 11 attualtiiente almeno una parte : (]uelle che egli chiama aciiue gio- vaniìi, acque nuove, acque vulcaniche, provengono direttamente dai gaz e vapori che si svolgono dalle lave o dal magma interno {Entgassuìifi), e che quindi prendono parte per la prima volta alla circolazione idrica terrestre; mentre egli chiama acque gua- dom (vadose) le acque dei mari , dei tìnmi , ecc., le quali da tempo fanno parte della detta circolazione. Certamente in origine le acque tutte provennero dal ratt'red- damento e condensazione del vapor acqueo delF atmosfera, ab- bandonata dal globo terrestre incandescente, quando cominciò a consolidarsi : quindi V origine ignea o plutonica dell' acqua è fuori di dubbio. 3Ia anche attualmente, senza parlare dei vulcani di fengo (la cui acqua dai iiettunistì si vorrebbe far venire dal mare) , ovimque sui vulcani, ove il vapor accjneo delle fumarole può condensarsi, si ha produzione piìi o meno abbondante d' acqua giovanile. Così a YiiJcarolo presso l'Osservatorio Etneo (1), il fu- mo condensandosi, distilla, e si sente 1' acqua cadere a goccie nel fondo di ((uel piccolo cratere, che ne contiene sempre alquanta. A Stromboli vi è una piccola sorgente d' acqua, a metà del versante Est del vulcano, detta la Schhciola, evidentemente prodotta dalla condensazione del vapor accjueo dello Stromboli stesso. Xelle Favare, grandi fumarole di Pantelleria, gli indigeni favoriscono la condensazione del vai)or acqueo, mettendo degli sterpi obliquamente sulle bocche esalanti , con che Y acqua di condensazione percola in piccoli bacini, che servono a dissetare le greggi e talora anche gli nomini. Ma tornandt) al nostro argomento della relazione fra eru- zioni e pioggie, possiamo domandarci : poiché non risulta che le pioggie producono le eruzioni, può darsi che le eruzioni de- (1) Se si facesse la spesa ili una conduttura di 300 m. per portare il vapore di Vul- carolo all' Osservatorio Etneo, si avrebbe per condensazione racqna ed il calore che ora ci procuriamo a stento, fondendo neve e consumando molto combustibile. 12 A. Ricco [Memoria XVII] terminino le pioggie ? Domanda che avrel)be dal lato pratico un nesso intimo colla ancora dibattuta «juestione della intìuenza degli spari sulla grandine. Il kSarasin recentemente ha emessa V opinione che V epoca glaciale sia stata prodotta dalle frequenti e violentissime eru- zioni d' allora, che avrebbero ingombrato di ceneri V atmosfera, ])roducendo impedimento alla radiazione solare , e copiosissima condensazione del vapor acipieo atmosferico : donde freddo in- tenso e nevi abl)ondantissime, che avrebl)ero coperto tin V Eu- ropa di jiarecchie centinaia di metri di ghiaccio. Per rispondere direttamente alla domanda se le eruzioni determinino la pioggia, cominciamo dal caso semplice dell' eru- zione del 1892. Come abbiamo già detto V estate in Sicilia è quasi priva di pioggia : sarà (juindi facile vedere se V eruzione ne ha prodotta , come si potrà vedere se in generale nei mesi dell'eruzione la pioggia fu maggiore del solito; al)biamo infatti : MESI ile W eruzione del 1892 Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Totale. . . , Normale 2.3 8.5 31.0 G«.3 90.1 80.2 284.1 PIO G G I A 1S92 1.0 29.0 43.0 51.8 55.5 91.5 274.8 Dirtereiizii 1892 — N + 1.7 + 20.5 ; 12.0 14.5 34.6 + 5.3 — 9.6 Le ditterenze mensili , quantunque positive nei primi tre mesi, sono piccole, discordanti, inconcludenti nell' insieme; nel totale del periodo deireruzione la pioggia è anzi stata alquanto più scarsa del solito, e ciò malgrado le enormi colonne di fumo, la cui cenere spesso arrivava tino a Catania ed anche assai più lungi, ed i vapori arrivavam> molto al disopra della (;ima del- l' Etna, cioè oltre 1' altitudine di 3000 m. e malgrado le poten- Eruzioni e Pioggie. 13 tissiine detonazioni clie facevano tremare le invetriate in Catania. E dopo ciò si ])otrà credere all' efficacia de.i

  • enerale: vediamo cioè se le eruzioni sono state accompagnate o seguite da mesi o stagioni piovose, ed anche qni per ora non potremo considerare che gli anni posteriori al 1865; abbiamo: Data e durata dell' eruzione Differenza della pioggia colla media in millimetri per mesi per stagioui 1865: Geuuaio 30 a Giug. 30 Febbraio Aprile — Giugno — 31 2 Marzo Maggio Luglio — ? 17 2 Estate — 13, Autunno + 80 1868 : Dicembre 8 . . . . Dieeui. — 71 Geun. -r 4 Inverno (1869) : — 132 1869: Sett. 26 Settein. — 25 Ottob. - 42 Autunno - 38 1874: Agos. 29 a Sett. 1 . Setteiu. — 31 Autunno — 27 1879: Mag. 25 a Giug. 5 . Giugno — 7 Estate - 106 1883: Marzo 23 a 26. . . Marzo + 39 Aprile + 26 Primavera + 48 1886: Mag. 18 a Giug. 5 . Mag. - '5 , Giugno — 1 Estate — 1 1892 : Luglio 8 a Die. 8. . Luglio + Settera. ^ NoTem. — Geuii. — 2 12 35 41 Agosto Ottobre Dicem. -j- 20 15 .5 Inverno — 100 1899: Luglio 19 a 25. . . Luglio — Agosto + 26 Estate + 17 In generale si vede che, né durante le eruzioni, uè dopo, uè per mesi, uè per stagioni, si ebbe pioggia maggiore della iior-^ male, anzi più s[)esso fu scarsa, cioè in 15 mesi su 23 conside-», rati, ed in (j stagioni, sopra 8 considerate. Possiamo dunque concludere clie le pioggie non determinano le eruzioni etnee , e ehe (/ueste reciprocamente non determinano le jiiofff/ie. memoria XVIII. Azione Fisiologica del Potassio del Prof. ANTONIO CURGI Dando mio sguardo alla bildiografia scientifica su quanto si è fatto relativamente all' azione fisiologica e terapeutica del potassio e del sodio, e guardando come i diversi Trattati di Ma- teria Medica riassumono le conoscenze su tale argomento, si de- duce in generale che il potassio (s' intende sotto forma di sale : carbonato, fosfato , solfato , nitrato, cloruro , bromuro , ioduro e acetato, tartrato, citrato e solfometilato, solfo-etilato, solfopropi- lato, solfo-butilato, solfoamilato ecc.) iniettato nella vena o sotto la elite secondo V animale , vi determina 1" arresto del cuore e perciò la morte dei centri nervosi per 1' arresto improvviso della circolazione del sangue ; mentre il sodio (sotto le stesse forme di sali) anche a gran dose non eserciterebbe alcuna azione sul cuore e suU' organismo. Da cir> ne è i-isultato V uso nella pratica medica di esclu- dere dai medicamenti i farmaci a base di potassio e sostituirli con quelli di sodio ; p. e. dapprima si usava comunemente il bro- muro ed il joduro di potassio ed oggi dai Clinici e Medici [ìratici viene consigliato ed usato invece il joduro di sodio , e qualun- que altro bromuro che non sia di ])otassio. Le mie ricerche mi ])ortauo a fare vedere che ciò è erro- neo, ma anzi contrario al vero e quella conclusione è la conse- guenza di esperienze mal fatte e male interpretate. Infatti riguardo all' azione bioh)gica non è affatto vero che il potassio abbia azione debilitante e paralizzante sul cuore, ma invece come dimostrerò ha notevole azione eccitante sulla fibra muscolare cardiaca e vasale se a piccole dosi, iniettate nella vena Atti Acc. Seiuk 4', Vol. XVII - Mera. XVIII. 1 l'rof. Antonio Curci [Memoria XVIlIj (•Olì prudenza e cautela lentamente in «)luzioni non roncentrate; ma die in soluzione concentrata alla dose di 1 a 2 o 3 grammi in una volta nella giugulare, come hanno tatto alcuni j)recedenti sperimentatori, determina un rapido arresto del cuore, s' intende pei' un' azione rapida intensa alterante del sale potassico sulla composizione chimica della fibra muscolare. Per la via del san- gue dopo assorbimento della mucosa gastroenterica, 1' azione è gi'aduata, lenta, normale, ricostituente e non alterante come quan- do s' inietta nelle vene. Così il sodio non è inditterente ed inattivo, sol perchè iniet- tato alla dose di 3 a 4 grammi non fa arrestare il cuore come fa il potassio. Esso ha un' azione generale eccitante il sistema nervoso-cerebro-spinale animale e vegetativo , che si manifesta notevolmente con intense convulsioni alla dose di 2 grammi di sale sodico per chig. di animale e con V eccitamento del cuore e aumento della pressione sanguigna, senza aversi arresto di questo organo, se non (piando si sia giunti ad iniettare almeno 5 o 6 grammi per chg. Lo si vede che è (juistione di dose relativa : il potassio a cen- tigrammi, il sodio a grammi , quello eccita la libra muscolare cardiaca e vasale, questo eccita la cellula e la fibra nervosa ani- male e vegetativa. Perciò da (|ue.sto previo annuncio si vede come le idee am- messe e professate dai Parmacologi, sull'azione biologica del po- tassio e del sodio sieno incomplete e sbagliate, ed io passerò a dimostrare con esperienze dirette e ])ro]irie qual' è la vera azio- ne di questi due metalli. Del pari sbagliati sono i criteri di volere sostituire ai sali di potassio quelli di sodio per evitare 1' azione debilitante del potassio sul cuore ; primo, perchè 1' azione terapeutica CAddente che esercita il joduro di potassio, non manifesta affatto il ioduro di sodio, il quale si mostra in pratica poco efficace e molto meno di quello potassico; secondo, perchè i sali di potassio per la via dello stomaco iiou possono trovarsi nel sangue in quella conceii- Azione Fisiologica del Potassio. trazione clic e pericolosa per la vita del cuore, come quando si la la iniezione nella giugulare, sia per la lentezza dello assorbi- mento, sia per la vajiidità dell' eliminazione. Kiguardo alla non [)0ssibilità di potere avvelenare il cuore per la via dello stomaco, altri molto autorevoli hanno preso la j)arola a cui io sento di dover essere ossequente. Io convengo con essi completamente, anzi aggiungo di più clie col ])otassio , non solo non si debilita ma anzi si rinforza r organo cardiaco ; e perciò anzicchè evitarlo bisogna premedi- tatamente usarlo a preferenza, sia come eccitante e rinforzante il muscolo cardiaco e vasale , sia perchè il sale potassico è più efficace. To dinìostro perchè il sale potassico (joduro ecc.) è più efficace nel ricambio materiale di quello sodico col fatto noto già da tempo, a cui nessuno ci ha pensato , che i sali di sodio restano nel plasma sanguigno ed umori interstiziali circolanti , mentre i sali potassici entrano a far parte dei tessuti e penetrano quindi nei proto]ilasmi e forse nei nuclei, il sale potassico com- posto a funzione basica si combina agli albuminoidi componenti il protoplasma a funzione acida; perciò il joduro potassico penetra nella cellula, mentre il ioduro di sodio resta fuori di essa negli umori interstiziali e nel plasma sanguigno. E siccome gli albu- minoidi ed altri composti organici subiscono il processo di ossi- dazione quando sono in combinazione con alcali o sale alcalino, così si capisce che il sale potassico, il quale jienetra nella cellula, neutralizza i composti acidi e li rende atti ad essere decomposti e bruciati dall' ossigeno ; mentre il sale sodico nulla può fare nella cellula nella quale esso non penetra , sebbene eserciti la stessa azione sulle sostanze oi'ganiche acide contenute nel 2:>lasma. Ecco perchè il sale potassico aftVetta il ricambio materiale nella cellula, mentre il sale sodico a riguardo di questa è indifferente, esercita la stessa funzione fuori la cellula cioè sugli umori in- tei'stiziali e nel plasma. Eino dal 1883 io ho eseguito numerose esperienze e studi per cui pubblicai sulla Gazzetta degli Ospitali , Luglio, 1885 , L'rof. Antonio Curci [Memoria [XVIII | X. 2'2 uiiii nota pi'eventiva Siiir fcioiie hioìof/ica dei principaU metalli alcalini ed alcali no-t e y rosi ilic (jiii riproduco integralmente, per servire j)iuito di i>artcnza e per atterfuare la data e la lun- ghezza del mio lavoro. 1. Il potassio, nei batraci (rane, rospi), produce paralisi di senso e di moto, la quale si manifesta dapprima nel punto dove si è iniettato il sale potassico, ma poi si manifesta nel generale. Prima uccide il cervello, il sistema nervoso spinale ed il sistema muscolare volontario, poi, molto do})o, uccide il cuore. Per ot- tenere questi risultati , bisogna che V iniezione si faccia in sito lontano dai centri, cioè in un arto posteriore. Pacendo V iniezione nei sacchi linfatici dorsali , la paralisi dei centri nervosi, dei muscoli volontari e del muscolo cardiaco è quasi contemp(tranea. Invece, facendo agire il sale potassico di- rettamente sul cuore scoperto, questo si arresta in breve tempo; e non pertanto dopo 1' animale si muove e fugge. Xei mammiferi poi il potassio aumenta dapprima V eccita- bilità dei muscoli striati e del muscolo cai'diaco ; quelli, sponta- neamente o per lieve eccitamento, entrano in contrazione tonica, e questo esagera la sua funzionalità sistolica e diastolica. In se- guito paralizza il cuore, il quale è sempre ucciso prima che gli altri muscoli possano essere paralizzati. Il sistema nervoso non è influenzato che indirettamente in seguito a disturbi circolatorj. Il potassio dà talvolta tremori e leggieri moti convulsivi , ma questi fatti dipendono dalla aumentata eccitabilità muscolare e dall' anemia cerebrale in seguito a indebolimento e paralisi del cuore. La differenza d' azione nei batraci e nei mammiferi dipen- derebbe dalla differenza di temperatura, giacché nei primi (ani- mali a sangue freddo) alla temperatura ordinaria il cuore è poco sensibile all' azione del potassio ; invece alla temperatura di 87" 0. (rospi) di 22" C. (rane) diventa più sensibile e si paralizza prima, talvolta contemporaneamente o poco dojìo dei centri ner- vosi, e così si avvicina al cuore dei mammiferi. Azione Fisiologica del Potassio. È probabile forse clie , raffreddando gli animali a sangue caldo , si dovrebbe in essi paralizzare prima il sistema nervoso e muscolare volontario, in ultimo il cuore. 2. Il sodio nei batraci a pi(;cole dosi aumenta 1' eccitabilità dell' organismo e specialmente la sensibilità generale. A dosi grosse produce forti convulsioni toniche e veri accessi tetanifor- mi. Le convulsioni sono il risultato di un forte eccitamento del sistema nervoso centrale, dei nervi periferici, specialmente delle placche terminali e della contrattilità muscolare. La morte av- viene per esaurimento dei centri nervosi. Il cuore è 1' ultimo a morire. Nei mammiferi il sodio produce gli stessi fenomeni che nei batraci, aumenta cioè 1' eccitabilità nervosa e muscolare, e così il solletico od un leggiero stimolo su di una regione della cute, determina contrazione tonica del gruppo muscolare sottostante. In seguito produce convulsioni toniche, che cominciano dal tre- no anteriore e poi si estendono al posteriore : le convulsioni sono tetaniformi violenti. Ai primi accessi convulsivi, la respirazione si arresta nella fase inspiratoria per tetano dei muscoli toracici e, per impedire r astissia, è necessaria V insutHazione dell' aria od anche la sem- plice compressione del torace. In seguito cessa lo stato couvuIsìa o e succede la paralisi , che comincia dal capo e dal collo, con perdita di coscienza, viene al tronco e si paralizza la respirazione (necessaria la respirazio- ne artiticiale), indi finalmente scende al treno posteriore. A que- sto ])unto r animale è morto e di esso solo vivente è il cuore , il qiiale infine, dopo aver funzionato più del normale, si rallenta e si arresta. Sicché il sodio uccide gli organi nell' ordine seguen- te : cervello, midossono penetrare nel sangue cogli alimenti : carbonati, tartrati. fosfati, acetati, ci- Azione Fisiologica del Potassio. frati, nitrati, solfati, cloruro, ecc., può avere qualche azione sul sistema nervoso ? Iniettiamo nel sangue una quantità notevole di sale potas- sico allo scopo (li avere manifesti i fenomeni dipendenti dalla sua azione, che si vuole conoscere qual' ora 1' abbia. Le esperienze di Blake del 1839 (1) e ]toi ({uelle di C. Ber- nard e di Cxrandeau (2) e le ulteriori di Traube (3) , di Gutt- mann (4). Kosenthal (5), Podcopaeu ((3), Kemmerich (7), Bun- ge (8), Hermans, Ealck, Aul)ert e Delin, 8ydnay Kinger e ]Mur- rell (9) e di molti altri hanno messo in rilievo , che mentre i sali di sodio non manifestano nessuna influenza sul sistema ner- voso, nmscolare e circolatorio e sulla temperatura, i sali di po- tassio hanno un' azione tossica paralizzante specialmente sul cuore. Questi risultamenti hanno api)unto prodotto la persuasione generale tino nei medici pratici dell' azione deprimente del po- tassio sul muscolo cardiaco, e perciò temendo quest' azione, da tutti si è richiesto di non usare nella pratica medicamenti a base di potassio , come gì' ioduri , Ijromuri , salicilati ecc., ma invece preferire quelli di sodio , ammettendo che il sodio non avesse alcuna azione nociva, uè utile. Vedremo quanto sia giu- stiticato e quanto valore abbia (piesto preconcetto. Ma venendo ad osservazioni più minute sui diversi tessuti organici e sui diversi animali e studiando a part3 1' azione lo- cale, cioè r azione in seguito al contatto immediato di un sale potassico in soluzione accjuosa con un tessuto e l' azione gene- rale, che si ottiene dallo stesso sale potassico iniettato nel san- gue e per questo portato nell' interno dei tessuti e degli organi in contatto cogli elementi anatomici, si sono avuti dei fenomeni diiìerentissimi negli animali a sangue freddo e negli animali a sangue caldo, i (juali hanno dato luogo ad altri preconcetti er- ronei. Infatti nei batraci i sali di [)otassio esercitano un' azione deprimente sui centri nervosi, cioè aboliscono sensibilità, moti- lità, movimenti riflessi, incominciando dagli arti jìosteriori e ve- Vrof. Antonio Vurci [Memoria XVIII] nendo agli anteriori sino a farsi generale , ed a (jnewto punto aprendo il torace dell' animale si trova il cnore j'iili^'Hite e clie funziona normalmente ; mentre ne<>li animali a sangue caldo si ha r arresto del cuore senza pregia azione qualsiasi sul sistema nervoso. Esperienza. — Ad una rana di media urandezza, iniettan- do in un arto posteriore 2 cg. di sale potassico, dopo 5 ni. vi è jìaresi ed iiu'ccitabilità dell" arto iniettato. Più tardi la stessa paresi ed ineccitabilità si manifesta anche nelF altro arto po- steriore e poi aumenta d' intensità e si diffonde agli arti ante- riori, tinche la rana senza movimento , rilasciata è ineccitabile in tutto il corpo e non manifesta alcun fenomeno riflesso agli stimoli meccanici. Dopo 85 m. dall' iniezione, 1' animale è come morto, ma ha il cuon^ pulsante e vivo. Colla elettrizzazione lo- calizzata sulla testa si ottiene contrazione in tutto il corpo, me- no neir arto iniettato diventato ineccitabile per Y azione imme- diata locale. Circa 1 ora doj)o si abolisce pure V eccitabilità nervosa e muscolare allo stimolo elettrico, mentre il cuore con- tinua a funzionare, un po' ]>iù lentamente e non si arresta che assai tardi. Dunque si deduce da ciò che il potassio in tali aninuili è un paralizzante del sist(Mna nervoso e poi di quello muscolare quando vi arriva per la via normale del sangue ; mentre il cuo- re continua a vivere e funzionare indipendente ed autonomo. Siccome 1' eccitabilità elettrica si conserva per ([ualche tem- po dopo alxdito ogni movimento agli stimoli vcdontari e mec- canici, dobbiamo dire che si abolisce 1' eccitabilità delle cellule sensitive o riflettriei dell' encefalo e del midollo spinale, per cui non si possono produrre pili uè atti ritiessi né volontari ; ma che rimane eccitabile la parte motrice, la quale non può essere eccitata che dall' energia elettrica, la quale può raggiungere di- rettamente i centri motori , facendo a uìeno degli apparecchi sensitivi. In ullimo si abolisce anche 1' eccitabilità degli organi o apparecchi motori nervosi. 'ì^on per tanto a (juesto ])unto il Azione Fisiologica dei Potassio. cuore ancora vive e fuiizioiia; vuol dire che questo organo (parte nervosa e parte muscolare) non viene attaccato dal sale potassico. Questi risultainenti sono contraddittori con quelli risultanti dalle prime esperienze, e non sono per niente conformi a quelli che si ottengono negli animali a sangue caldo, come vedremo. Per avere netti e distinti i fenomeni dell' azione, nel modo come r al)l)ianio esposto, è necessario usare qualche precauzione, cioè che nelle rane 1' iniezione si faccia in sito lontano dal cuo- re in modo da evitare che la soluzione possa raggiungerlo ])er diffusione di contiguità attraverso i tessuti vicini e perciò non iniettare nella cavità addominale, n«' nei sacchi linfatici dor- sali, ma bensì in una gamba posteriore e 1' iniezione deve essere in dose e soluzione di piccolo volume, onde vi arrivi il sale po- tassico per il sangue dopo assorbito. Infatti se 1' iniezione si fa nei sacchi linfatici dorsali o nella cavità addominale, il cuore si arresta contemporaneamente colla manifestazione della paralisi generale. E quando poi si fa venire direttamente in contatto col cuore scoperto una soluzione di sale potassico, quest'organo si arresta a capo di pochi minuti , mentre la rana o il rospo fugge grac- chiando col cuore arrestato ed ineccitabile. Perciò nei batraci la paralisi dei centri nervosi non si i)uò attribuire a disturl)i della circolazione sanguigna , ma devesi attribuire ad azione diretta sulle cellule nervose. Quando il sale circola col sangue ne arriva eguale quantità tanto nel tessuto nervoso, quanto in quello muscolai'e ; ma se per il muscolo la quantità non è sufficiente, per 1' organo nei'voso basta a fargli perdere la vita. E si(!Come con quantità maggiori iniettate si ha anche la j)aralisi del muscolo, vuol dire che la cellula ner- vosa sensitiva e poi quella motrice hanno in tali animali mag- giore affinità col sale potassico, il (juale penetrando la cellula vi si combina al protoplasma acido e vi forma un composto morto, un composto non atto a produrre 1' energia vitale o ner- vosa. Dal suo canto il muscolo volontario segue subito il tessuto Atti Acc. Serie 4% Voi,. XVII - Mem. XVIII. 2 lo Prof. Antonio Curci [jSIemoria XVIIIJ iHsrvoso iieir assorbire sale potassico , con cui la iniosina e il sarcoplasma si coagula, si altera o si trasforma in un composto non vitale e non atto a produrre V energia muscolare. Il mu- scolo cardiaco è meno attaccaì>ile, ha meno affinità ed esso muore molto più tardi, allora (piando può essere attaccato da maggior quantità di sale potassico. Bisogna (;he faccia notare , che (jnest' azione del potassio , conseguenza di un' alterazione chimica dei protoplasmi, è un' a- zione alterante o distruggitrice di i] nella composizione tìsica e chimica mi, do])o due altre, si ha il tetano dei muscoli toi'acici, per cui è necessario insufflare l'a- ria. Il cuore pulsa forti^ , la pressione sanguigna aninentata, ad altre due iniezioni il cuore si è fatto irregolare, si è tetanizza- to, come ha dimosti'ato 1' ultimo tracciato, e si è arrestato. In tutto si è iniettato 2 '/j grani, di bicarbonato potassico. Visto che anche co] carbonato si ha 1' aumento della con- trattilità dei muscoli, ma essendo intensa la sua azione sul cuo- re non è possil)ile di potere vedere 1' ulteriore azione, e intanto si ottiene già 1' aumento della contrattilità dei muscoli, a minor dose che con gli altri sali, ho fatto un' altra esperienza facendo l' iniezione nell' arteria crurale in senso centrifugo. Esperienza. — Cane da caccia di clig. 24. Si fa 1' iniezio- ne neir arteria crurale sinistra di un grammo di bicarbonato potassico sciolto in 20 e. e. di ac<]un. Ad ogni iniezione 1' ani- male grida ])er dolore e 1' arto si distende e trema senza ottene- re altro. Cliiusa 1' arteria, messo 1' animale in li))ertà, mostra di soffrire e trascina 1' arto paralizzato penzoloni. Sicché da questa esperienza, in cui ho tentato di fare agire direttamente il sale sui muscoli senza passare per il cuore , ne è risultato che ad ogni iniezione si è avuto contraziolso di pari passo si è indebolito, reso più piccolo e pili frequente , senza presentare più le intermittenze diastoliche ed in ultimo rarefacendosi è scomparso. Questa esperienza ci fa vedere che con il fosfato si hanno meno effetti nocivi, essendo il fosfato iin componente normale dei protoplasmi, quale fosfoalbuminato in generale o fosfocar- nico potassico in particolare. Con il carbonato, con cloruro si ha un' alterazione più rapida dei fosfoalbuminati e perciò si ha la morte istantanea del cuore quando la dose è grandissima ; col fosfato l'alterazione è più graduata e permette che il cuore perda 20 Prof. Antonio (Jurci [Memoria XVIIIJ le proprietà vitali gratlatauiente. JMa sempre emerge il fatto sco- nosciuto che sotto r azione di un sale di potassio tutto 1' appa- rato circolatorio viene eccitato, aumenta di t'orza e di energia, e perciò di funzionalità completamente Y o])post() di quello che si ritiene comunemente. ESPI5RIENZA. — Cane Itastardo di clig. 10, 400; solita ap- plicazione del manometro e stigmoscopio alla carotide; iniezione nella safena esterna di solfometilato di potassio in soluzione al 3 Va O/O. Osservazioni iniezione ili grani. 0. 70, a 0, 10 jier volta polso mi po' ralleutato ed iutermitteìite , o- scillazioni piìi alte iniezione gratinata di gr. 2, 70 iniezione di altri 0, SO ; polso più lento, i)iiì ampio con intermitteDze 12,25 arresto del cuore dopo iniettati altri 1, 20. Con r arresto del cuore la coloiiua mercuriale si è abbas- sata a 0", r animale ha emesso deHe grida, lia avuto convul- sione, ha urinato ed è morto per improvvisa anemia cerebrale. 8i sono iniettati in tutto grani : 3, 40 di solfometilato. I risultamenti di (|uesta esperienza sono conformi a quelli delle altre. Altre esperienze, che lascio inedite, dimostrano pure l'enor- me aumento della in-essione arteriosa , non che 1' aumento in ampiezza e forza del polso, ccm rallentamento e qualche inter- mittenza di tanto in tanto. Sicché i fatti che emergono sono che (juando nel sangue vi arriva una notevole quantità di sale potassico, si ha aumen- to delhi pressione sanguigna e rinforzamento della pulsazione cardiaca ; ciò che indicherel)be essere il cuore ed i vasi sottoposti ad enorme eccitamento, per cui da una parte i vasi contraen- Ora Pressione 11,30 170 11,12 210 12,11 200 12,17 250 12,22 240 Azione Fisiologica del Potassio 21 dosi spingono il sangue nelle parti centrali del sistema arterio- so, dall' altra il cuore spinge con piii forza la massa sanguigna neir aorta. A chi sarebbe dovuto questo anniento straordinario della contrattilità e funzione dei muscoli cardiaci e rasali ? Sa- rebbe dovuto ad azione eccitante sulla libra muscolare diretta- mente o sul sistema nervoso cardiaco-rasale, onde (|uesto eserci- terebbe la sua aumentata funzione sulF apparato muscolare ? Per rispondere a (Questa domanda facciamo delle esperienze usando artiticii da potere vedere se e quali effetti si hanno da nn sale potassico sul cuore e sui vasi, sottratti il più che possi- bile alla innervazione. Le esperienze sul cuore di rana staccato dall' animale, han- no poco valore, perchè il cuore se è sottratto dall' innervazione estrinseca, quella cerebro-spinale , non è da «piella intrinseca gangliare, che è 1' apparecchio eccitomotore immediato del mu- scolo cardiaco. In modo che staccato il cuore e messo in \\n sangue contenente una data proporzione di sale potassico , gli effetti possono dipendere tanto da azione sni muscoli , quanto sui gangli nervosi. E allora, cosa si può conchiudere ì Dico di passaggio che lio pur non di meno fatto queste esperienze, staccato il cuore da nna rana, applicatovi la pinzetta cardiografica di Marey , ho preso dei tracciati prima e dopo la immissione di una soluzione di sale potassico, e da questi ho veduto che le pulsazioni del cuore si rallentano e subiscono delle intermittenze, in modo analogo come si osserva nei tracciati ottenuti dal cuore in sito sotto l'influenza della innervazione estrinseca. Queste esperienze ci dicono che il potassio può agire sul cuore , come sui vasi e che il rallentamento e 1' interniittenza del polso, cioè la prolungata diastole , sono dipendenti da mo- dificata funzione dell' organo cardiaco, indipendentemente dalla innervazione estrinseca e dalla pressione del sangue. Con ciò non abbiamo potuto ancora sapere se agisce sulla fibra musco- lare o sulla cellula o fibra nervosa. Prof. Antonio Cnrci [Memoria XVIII] Debbo riferire in proposito che dai cani non curarizzati , lio avuto molti tracciati stìgniografici cbe indiclierebbero come il cuore sotto V azione del potassio andrebbe soggetto al tetano, specialmente nel momento ((uando per la grande dose vi è mi- naccia di paralisi. E siccome questo tatto non si è mostrato nelle esperienze con cui'arizzazione dell' animale, in cui è abbassata 1' eccitabilità dei nervi , così dobbiamo concludere che 1' azione tetanizzante consistente in una serie di sistoli l'una sull'altra, provenga da un ripetuto eccitamento del sistema nervoso o meglio da scariche precipitose dell' energia elettricn, dai gangli, la (juale promuove la sistole. Inoltre ho tatto esperienze sui cani distruggendo previamen- te il midollo allungato mediante punteruolo attraverso lo spazio occipito-atlantoideo e pi'evio taglio dei vaghi. In questo modo sebbene abolita hi innervazione centrale cardio-vasale, l' iniezio- ne del sale potassico nella giugulare ha dato sempre gli stessi etfetti, cioè aumento enorme della pi'essione arteriosa , rallenta- mento e rinforzamento del polso con qualche intermittenza o prolungata diastole. In queste circostanze sperimentali restano sempre i nervi e gangli periferi<'i in funzione ed eccitabilità normale, perciò si può dire che il j)otassio vi agireìibe per mez- zo di questi. Allora lio fatto esperienze in cani, a cui mediante prolun- gate inalazioni di etere o di cloroformio, oppure mediante spinta ourarizzaziono sino al punto che, eccitando con corrente elettrica il nervo crurale od altro nervo sensitivo, sieno aboliti i ritiessi vasomotorii. È noto che nello stato normale eccitando un nervo sensitivo si ha per riflessione sui centri vasomotori un aumento della pressione sanguigna, non che un rinforzamento delle ])ul- sazioni cardiache ; questi si chiamano riflessi vasomotorii. (1) Ora coir inalazione dell' etere o del cloroformio o colle iniezioni di (1) V. esijerieiize pubblicate negli Annali ili Chiuiioa 1886 e 1887. Azione Fisiologica del Potassio. 23 gran dose di curaro si arriva a rendere impossibili (|nesti riflessi Yasomotorii. Nel caso degli anestetici 1' eccitamento resta ferma- to nei centri sensitivi e non passa nei centri vasomotore ; nel caso del curaro V eccitamento passa ai centri motorii si riflette pei nervi centrifughi, ma si arresta all' estremità di questi e non passa nella fibra muscolare. Perciò è colla curarizzazione che otteniamo condizioni sperimentali precise e concludenti, in quan- tocchè allora siamo sicuri che abbiamo sottratti i muscoli al- l' influenza nervosa, e allora possiamo sapere se il farmaco agi- sce per i nervi, o ne fa a meno di (piesti ed agisce direttamente eccitando la fibra muscolare. Messa 1' esperienza così, si sa che per 1' abolita funzionalità nervosa che mantiene la funzione muscolare , la pressione del sangue scende molto bassa a 00 e ÒO e anche 40 millim. , men- tre il polso cardiaco è piccolo e debole. A questo punto iniet- tando nella giugulare il sale potassico, dopo poco si vede in modo sorprendente che la colonna mercuriale sale, e le sue oscillazioni diventano visibili ed ampie cioè la pressione aumenta enorme- mente raggiunge il grado normale e poi lo sorpassa sino a 200, 250 e oltre, mentre le pulsazioni cardiache si rinforzano e sono più alte e più ampie. Questi brillanti risultamenti dimostrano a parer mio che sebbene i nervi sieno ineccitabili e non trasmettono 1' eccitamento alle fibre muscolari, il potassio ne fa a meno e produce gli stessi eftetti di eccitamento , vale a dire agisce sulla fibra muscolare direttamente, che eccita s' intende sviluppando enorme quantità di quella energia che fa contrarre le fibre muscolari. Ed ora si vorrà persistere da parte dei Clinici e Medici nel- r errore che il potassio sia un debilitante del cuore e dei vasi ? Essi a causa delle cattive esperienze dei primi sperimentatori , che iniettavano 1' enorme dose di 2 a 3 gram: di sale potassico, non ne hanno avuto colpa, sono stati ingannati, ma ora se si ostinano diventano colpevoli davvero. Ma a schiarimento e ulteriore dimostrazione del fatto enun- Ora Pressione 11,:20 55 11,22 55 11,24 110 11,25 85 11,27 160 11.29 75 24 Prof. Antonio Curci [Memoria XYIII.] ciato , che è il punto principale importante dell' azione del po- tassio l'iferisco le seguenti esperienze. Esperienza— 25 Gen. ISSfi. Cane di chilog. 11,800. cura- rizzato sino alla paralisi dei vasomotori, cioè che eccitando il nervo crurale non si ha aumento di pressione sanguigna e non eccitamento delle pulsazioni cardiache : Osservazioni Assicurata l'abolizione dei riflessi vasomotori Iniezione di 10 cg. di CIK. in soluzione al 2 ° o nella ^iugulare. Rallentamento e sollevamento del polso. Iniezione di 20 cg. di CIK. Iniezione di 40 cg. di CIK. Paralisi cardiaca e morte. ESPEKIENZA — 12 luglio 1S86. Cagnolina di chilg. 3, curariz- zata sino ad essere aboliti i riflessi vasomotori, eccitando il ner- vo crurale. La pressione arteriosa è abbassata a 65 e iniettando cg. 10 di carbonato di potassio si ha un grande innalzamento della pressione sino a 120 con aumento del polso in altezza ed am- ])iezza. EsPEKiE>sZA— 19 gennaio 1886. Cagna di chilg. 10,800 cura- rizzata sino airal)olizione dei riflessi vasomotori. La ])ressione è 50-80 millm. , ma dopo 1' iniezione di cg. 10 di cloruro di po- tassio aumenta sino a 200 e contemporaneamente il polso è di- ventato più raro, più forte, più ampio. Poi si è abbassata nuo- vamente la pressione a 75 e fatta l' iniezione di cg. 10 di CIK nella giugulare, è aumentata a 140 e più tardi al)bassata a 85, per una terza iniezione di cg. 20 di CIK. si è alzata a 130 e poi ancora iniettati altri cg. 20, la pressione è salita a 200 con le solite moditìche del polso. Indi si s(fsi»ende la respirazione artitì- ciale e la pressione giunta a 150 è poi per l'asfissia salita a 210. Dunque è inutile più dubitare, il potassio eccita gli organi della circolazione sanguigna ( cuore e vasi ) anche quando sono depressi e quando la eccitabilità del sistema nervoso cardiovasale Azione Fisiologica del Potassio. è abolita per spinta curarizzazioue; e ciò fa perchè eccita diret- tamente la tìbra muscolare. Siccome io sostengo la teoria che la libra muscolare si con- trae per influenza di energia elettrica proveniente dai nervi o anche per la stessa energia che si svolge nel muscolo stesso in seguito a contatto tra la tìbra muscolare e sale potassico o di altro stimolo chimico, tisico o meccanico ; così io concludo che il potassio eccita la fibra muscolare direttamente perchè con questa forma un sistema elettrogenico ; il ione K con carica po- sitiva aumenta il potenziale delle fibrille. In altri termini la fi- bra muscolare è elettrizzabile al contatto di un sale di potassio e perciò si eccita e si contrae. Essendo dunque di natura elettrizzante e perciò di eccita- mento r azione del potassio sulla fibra muscolare, si capisce che quando s' iniettano grandi dosi la fibra si ai'resta per abnorme e intensissimo eccitamento o per abolita elettrizzabilità. L' arresto del cuore sotto le grandi dosi pxiò essere effetto di alterazione chimica, cioè che si forma colle piccole dosi com- posto vitale ed elettrizzabile. colle grandi dosi invece composto non vitale non elettrizzabile e perciò non eccitabile. Io poggio questa ipotesi sul fatto che 1' albume d' uovo trattato con alcali, dapprima forma un conijiosto solubile e poi aumentato 1' alcali si coagula come gelatina ed insolubile nell' acqua. Differenza di azione del potassio negli animali a sangue caldo e a sangue freddo. In qualunque maniera, via e forma il sale potassico vi arriva nel sangue e che con questo si diffonde nell' organismo, esso è assorbito dai tessuti in diverso grado a seconda 1' animale. Così nei batraci si osservano fenomeni di paralisi del sistema nervoso, dappi'ima di quello centrale e poi di quello i)eriferico, indi per- dita di eccitabilità dei muscoli scheletrici, infine dopo eccita- mento, tardiva paralisi dei muscoli plancnici (cuore, vasi). Invece negli animali a sangue caldo i primi fenomeni che si osservano Atti Acc. Serie 4", Vol. XVII - Mem. XVIII. 4 26 l'rof. Antonio Curci [Memoria XVIUJ riguardano gli organi della circolazione sanguigna, coi ftitti del rallentamento del polso e del pivi forte impulso del cuore, del no- tevole aumento della pressione sanguigna per speciale eccitamento della libra muscolare del cuore e dei Tasi ; mentre non si arriva a potere agire sui nervi. Ciò parrebbe significare che a bassa temperatura il sale potassico abbia più affinità col tessuto nervoso, dal quale viene pel primo assorbito, poi dai muscoli scheletrici, in ultimo dai muscoli plancnici ; al contrario ad elevata tempe- ratura, le affinità sarebbero [)revalenti pei muscoli splancnici, modellate pei muscoli scheletrici, nulle o non possibili pei nervi. Inoltre si osserva una differenza anche nella qualità dei sin- t(nni, cioè nei batraci vi è paralisi del sistema nervoso prima e del sistema muscolare poi, mentre nei mammiferi indifferente pel sistema nervoso, si osserva un forte eccitamento della fibra mu- scolare cardiovasale con piccole dosi e debole eccitamento dei muscoli scheletrici. Ciò vuol dire che nei batraci il sale potassico si combina alla sostanza nervosa e ne annienta la proprietà di produrre energia ; al contrario nei mammiferi, se si combina o non alla fibra muscolare splancnica, è evidente che sviluppa in essa fil)ra 1' energia necessaria che fa aumentare V ec(titabilità e ne ]»roduce la contrazione. Siccome detta energia , secondo me è sperimen- talmente dimostrato essere di natura elettrica (1), così concludo che la fibra muscolare, specialmente quella splancnica, alla tem- peratura degli animali caldi è elettrizzabile in contatto del sale potassico, mentre non lo è il tessuto nervoso. Quest' ultimo pare che non si coml)ini col sale potassico alla temperatui'a animale , e ne è indifferente , ma si combina alla temperatura bassa dei batraci e, in seguito a questa combinazione, subisce r annientamento di ogni proprietà vitale. IsTell' uno e nell'altro caso risulta quindi, che il tessuto nervoso non è elet- trizzabile in contatto di un sale di potassio penetrato per la via (1) V. Curci — L'oriianiHiuo vivente e la mia anima. Azione Fisiologica del Potassio. del sangue. Certaiuente non è la stessa cosa lo scoprire l'encefalo e applicarvi direttamente una sostanza, come lia fatto Astolfoni con sale potassico, allo scopo di studiarne 1' azione sul sistema nervoso. (10), Questo metodo può essere ado|)erato solamente a scopo scientitico e non per trarne (gualche criterio pratico. E molto tempo clie io cercai e spiegai la ragione di ([uesta differenza e come appendice la es[)osi in uno scritto stampato sugli Annali di Chimica nel 188(5 già citato, che io (£ui credo utile di riferire, giacché quelle esperienze e deduzioni sono ri- maste inosservate. La ragione della differenza dell' azione consiste nella diffe- renza di tem])eratura. Infatti mettendo delle rane in acqua e ri- scaldando gradatamente quest' acqua alla temperatura circa S'i^c. e non sorpassando i 33 e tenendovele per un paio di ore , allo scopo, con il riscaldare i tessuti, di renderle quasi degli animali a sangue caldo, ho fatto in uno degli arti posteriori 1' iniezione di un sale potassico, bicarbonato, cloruro, fosfato ecc. alla dose di 2, 3, 4 e 5 cgm. Allora ho osservato che 1' animale dopo un certo tempo incomincia a mostrare sintomi leggieri di paralisi ; a questo momento scoprendo il cuore, si trova già arrestato in diastole ; mentre alla temperatura ordinaria anclie quando la pa- ralisi generale è completa , il cuore si trova sempre pulsante. Quindi il ciiore si arresta prima che incomincia 1' azione sul si- stema nervoso , cioè a dire s' inverte 1' ordine ordinario di essa azione a bassa temperatura. Stabilito questo fatto con molte espe- rienze e riconfermato anche sui rospi, i (juali animali sopportano un maggior grado di calore, sino a 37"c. e così riscaldati in acqua a 37 e non oltre per un buon paio di ore , facendo poi 1' inie- zione sempre in uno degli arti posteriori per evitare la penetra- zione nella cavità peritoneale alla dose di 5 e talvolta sino a 10 cgm. di sale potassico, hanno poi lìresentato lo stesso fatto , vale a dire di trovare il cuore arrestato al coniinciamento dei primi sintomi di ]>aralisi generale. Per vedere con precisione il momento in cui il cuore si ar- 28 Vrof. Antonio Curci [Memoria XVlllJ resta ho fatto esperienze su rane e rospi, a cui aveva previamente scoperto il cuore, colle dovute precauzioni di fare una piccola apertura e senza aprire il pericardio, quanto bastava per poterlo vedere ed osservare. In tali casi ho visto il cuore dapi^rima ral- lentarsi e poi arrestarsi, mentre F animale aveva ancora tutti i movimenti, sensibilità ed eccitabilità. !N^on è inutile dire e far no- tare che si sono tenuti de^li animali di confronto , senza inie- zione, ai quali il (Uiore non si è arrestato. Ho veduto pure in questi esperimenti che V eccitabilità de! miocardio si abolisce prima di quella dei muscoli striati (s'intende di quelli non imbevuti di soluzione potassica). Il contrario adun- que di ciò che avviene alla temperatura ordinaria di inverno. Talvolta, mi è accaduto di osservare che il cu<^re arrestato, messo l'animale fuori l'acqua calda, col ratfreddamento ha ripreso le sue pulsazioni. Quest'ultimo fatto indicherebbe che il sale di potas- sio inni si combina stabilmente alla sostanza muscolare, perchè non credo ])oter ammettere che col ratfreddamento venisse rotta la combinazione avvenuta a caldo, e perciò dobbiamo concludere che è solamente 1' aumentato calore che rende il muscolo elet- trizzabile in contatto del sale e perciò eccitabile in modo anor- male ed esagerato — e che a freddo ciò non avviene. RIASSUNTO In riassunto risulta che il tessuto nervoso tanto negli ani- mali a sangue freddo, che in quelli a sangue caldo non si ec- cita in presenza di un sale di potassio, anzi si paralizza e perde r eccitabilità ; cioè esso non si elettrizza e perde la conducibi- lità elettrica e da ciò la ineccitabilità. I muscoli a bassa tem- peratura fanno come il tessuto nj^-voso, si paralizzano perdendo) r elettrizzabilità e la conducibilità , forse in questo caso in se- guito a combinazione chimica come pare dallo aspetto diverso che prende il muscolo. Ma ad una temperatura superiore cioè ai 32» pei batraci ed ai 37° e. pei mammiferi, i muscoli special- Azione Fisiologica del Potassio. 29 mente del cuore e dei rasi sono eminentemente elcttiiz/abili col potassio, per cui aumentano di eccitabilità e di funzione e (jue- sto fenomeno avviene per semplice contatto e non in seguito a combinazione , perchè come abbiamo visto nelle rane già calde, i fenomeni di iperfunzionalità del cuore si dissipano col ritorno alla temperatura ordinaria; ciò non potrebbe avvenire se il potassio contraesse una combinazione chimica colla sostanza muscolare. La prova della elettrizzabilità del muscolo a temperatura elevata in presenza del potassio risulta dai numerosi studi spe- rimentali di Elettrofisiologia, che qualunque irritante appli(;ato su di un muscolo (sale di potassio, sodio ecc.) il quale aumenti r eccitabilità ed ecciti la contrazione, produce la variazione ne- gativa o corrente di azione neHa corrente di riposo, cioè produce una corrente elettrica, la «|uale, mentre si manifesta all' esterno come variazione negativa , nelF interno i)r(>voca hi contrazione muscolare. Ciò è solido fondamento dimostrativo al mio principio, che un irritante in contatto di un tessuto svolge energia elet- trica, per la qirale si eccita e si ha la reazione. E ([uindi dobbia- mo ammettere che a qnel grado di temperatura il uiuscolo è elettrizzabile in contatto di un sale potassico. Da ciò la eccita- bilità speciale del muscolo cardiaco e vasale per il potassio. A piccole dosi V intensità dell' energia è sufficiente a pro- durre un notevole eccitamento ed aumento della funzione mu- scolare, a grande dose la quantità enorme dell' energia uccide come fulmine la libra muscolare. Si capisce che iniettando grosse dosi nella vena si ha un intenso eccitamento del cuore e dei vasi, per cui si ha un rapido innalzamento della pressione e rinfor- zamento delle pulsazioni cardiache, ma subito come fulminato il cuore si arresta. Questo fatto appunto diede luogo all'errore di far credere essere il potassio un forte deprimente del cuore e si è cercato baiulirlo dalla farmaceutica. Intanto non bisogna di- menticare che il potassio è contenuto abbondantemente negli ali- menti, entra come costituente del protoplasma , serve come l)ase alcalina nel ricambio materiale e per allontanare gli acidi dal- 30 Prof. Antonio dirci [Memoria XVIII] l'organismo. Bisogna rilevare specialmente che lia una funzione fisiologica messa in luce dalle nostre esperienze, (|uella cioè che esso serve a stimolare e conservare 1' eccitabilità muscolare. È quindi un controsenso, un errore anzi , qiiello di volerlo esclu- dere dal novero dei medicamenti, mentre è necessario come ali- mento e può prestare servizi come medicamento per sollevare le forze dei muscoli, specialmente del cuore in malattie di questo organo e nelle denutrizioni, quale di marasma cardiaco , cuore atrofico e debole, degenerato ecc. Azione Fisiologica del Potassio. 41 BIBLIOGRAFIA 1. Etliinburg- medicai lournal. 2. loiiru. (le l' iiuatouiie et de la pliysiol ; voi. 1. p. :MS. Paris. ISCi. 3. Gesamuielte Beitriige zur Patbologie uiid Physiologie, voi. I. p. 383. 4. r.eiliiier kliuisclie Wochenschrift, 1805 — Arcliiv. f. pathol. aiiato- niie, voi. 35. 5. Vergleicbeude Uutersuclimigen iiber die physiologisclie Wiikuug der Salze der Alckalieu uud alkalischeii Evdeu. luaug. 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XIX. 1 Prof. G. Pennacchietti [Memoria XIX.] In ciò che segue ci proponiamo di dimostrare che i pro- blemi del moto d' un punto libero nello spazio, soddisfacenti a tali condizioni, sono tutti e soli (|ixelli pei quali sussiste la fun- zione di forza : « = ^rr^. f fP^] + -^ /'. Ìt) + ^. (- + f +-^) ' dove la terza funzione, che comparisce nel secondo membro, è data arbitrariamente, come abbiamo detto delle due altre, ed il suo valore dipende soltanto dalla distanza del punto dall' origi- ne delle coordinate ; e dimostreremo eziandio che tutti tjuesti pro- blemi sono riducibili a (]uadrature. Tale è il risultato della presente ricerca. Questa è la classe di problemi che forma oggetto dello scritto. Seguendo lo stesso metodo tenuto in questo ])ic(;olo lavoro, sarebbe pur agevole in- dicare anche alti-e classi di pi()l)lemi del moto d' un punto libero nello spazio similmente riducibili a quadrature, ma sopra di esse non abbiamo stimato doverci qui fermare. v^ 1. Siano (1) 2= sono funzioni date di r„ !:. le equazioni differenziali del 2" ordine del moto, in un piano, d' un punto materiale, di massa eguale all' unità, sotto 1' azione di una forza P dipendente dalla sola posizione del punto. Sia : (2)1 ,, n, il sistema (7) si trasforma ne] seguente : Sr 3^^"+^[3^'+a?^+ a>:'?("^"-^+3i:'^(■^"^M^'• Da tal sistema si deduce che F è una funzione delle sole (piatirò variabili r, , %, >. , [i soddisfacente all' unica equazione : dF 3F SF ?IF Si paragoni quest' equazione colla seguente : Prof. tì. PennaccMettì [Memoria XIX.] la quale è ideiiticaineiite soddisfatta (lualuiique siano r,. Z. r,', ^ 8e r equazione : F (r, . r . r; ;;') — cast. (' un integrale primo, indipendente dal tempo, del sistema (1). Poiché dalle (5), (8) si deduce : l - xy — .r'y . ,,.:=: xz' — ;,'z , (la tal confronto rimane dimostrata la ])roprietà sopra enunciata, che cioè, nelFipotesi (-i), i tre integrali primi distinti, indipendenti dal teni])o, del sistema (1) olirono subito tre fra i cintjue integrali primi distinti, indipendenti dal tempo del sistema (.S) col sosti- tiiire in (]uelli ^, — , J//' — .''//, •'.:■ — ■'- al posto di r,, ^, r/, ^'. B notevole che da tale [)roprietà si trae imnu'diatamente die, se : è r equazione della traiettoria nel problema del moto nel piano, sarà : r equazione di una superficie conica, sulla quale resterà costan- temente il punto materiale, libero nello spazio, sotto 1' azione della forza F. E quasi superfluo aggiungere che il primo mem- bro dell' ultima equazi = -^ e dalla funzione ?'(r,. ?) ora determi- nata, il ])rol)lenni del moto del ])iinto nello spazio sarà riduci- liile a quadrature. Resta di vedere come si possa approtìttare delle precedenti osservazioni per dimostrare il teorema che mi sono proposto nella introduzione di (jnesta Nota. § in. A tale scopo ricercliianni intanto la condizione necessaria e sufficiente, a cui devono soddisfare le due componenti tp, ^ della forza P, nel problema del piano, affinchè la forza F, di componenti A", )'. Z. nell' ipotesi (4), ammetta una funzione di forza ». Supposta r esistenza di tale funzione, le (4) diventeranno : 2u y_ ^ A (A A-) i^ _ 1 ^ A L /A A-, Sopra una classe di problemi di meccanica riducibili a quadrature. 9 ovv^ero, prendendovi, secondo le (5), come variabili indipendenti .r, 7], z, invece di .r. //, ~ : Supponendo clie la fnnzione di forza i( sia determinata, a meno di una costante additiva, dall'equazione: F {,,-. -q, X, u) = 0 , le due equazioni precedenti, a derivate parziali lineari di 1' or- dine non omogenee, si trasformei'anno nelle due seguenti orao- a,eiiee : (12) _ -r,^' |- + (yi^ + 1) ^-^ |- + r^^^ ^ + . (.„ ?) 1^ = 0 , 3F 3F 3F 3F (13) - Z^' 1- 4 -l?^-^ ^ + C^- + 1) -r-^ ^ + '!, (r,. 0 4r = 0, i cui primi membri rai)presenteremo brevemente con A (Fj. B (F). Si avrà identicamente : A (BiFì) — B (A{F)) =r " ;- "'7^-P -[ (r,, 5), nel problema del piano, e la forza F, di componenti X (x, .?/, s), Y (x, y, s), Z (x, ij, s), nel problema dello spazio, nell' ipotesi (4), provengano, simultanea- mente e rispettivamente, da funzioni di forza u (r, , ?), v (x, y, s). Supposto che ciò si verifichi, potremo porre : (15) ?(>!, ?) = |- , *(r„ K) = ^ nella equazione (14), la quale diventerà : ('«) ik <-■ - « + ••? (5 - $) + ^« ^ -? i) = "■ Sopra una classe di problemi di meccanica riducibili a quadrature. 11 Volendo cambiare in quest' equazione differenziale parziale lineare del 2° ordine, colla trasformazione di Eulero , le due variabili indipendenti r,, ^, in modo che, nella equazione tras- formata, siano nulli i coefficienti di due delle tre derivate seconde rispetto alle nuove varialìili r,^ <;,, si trova che ciò pu»"» ottenersi colla trasformazione : r f -f C" = r,, , — = ?;,. 8i giungerà allora alla eiiuazione trasformata semplicissima seguente : : L Ji_ — ^ 0 " drnd-C, ' 2: onde ovvei'o : i' = f (il) I ;— 1 ^"(f) i4-(t) Questo risultato è della forma : (17) v=f{r^^C)+f,A{f), quale si è dato nella introduzione, e costituisce V integrale ge- nerale della equazione differenziale pai'ziale lineare fltì) a due variabili indipendenti r„ Z,. La funzione di forza v, nel problema del piano, è allora la somma di una funzione della distanza del punto mobile dal- l' origine delle coordinate nel piano e di una funzione omogenea 12 Prof. G. Fennacchietti [Memoria XIX. J (li grado negativo — 2 delle coordinate r^, Z, del punto, sicché il punto mobile nel piano può considerarsi soggetto a una forza diretta costantemente verso V origine e funzione della distan/a e ad un' altra forza che ammette una funzione di forza omo- genea di grado negativo — 2. Neir ipotesi delle (15), (17) si lui poi svilu])piindo : ove : (19) t\ (V) = 2 -f A (f ) + (1 + ^) f\ (f ) , o ciò che è lo stesso : ove : (21) /; (-f ) = [ 1 + i^r ] t\ (f ) , cioè il momento della forza P, rispetto all' origine, nel proble- ma del piano, è una funzione omogenea di grado — 2 delle coordinate. § V. Passiamo ora ad integrare il sistema delle due equazioni differenziali parziali di prim' ordine lineari omogenee (12), (13) colle condizioni (15), (17), le quali, per ([uanto si è detto, non sono necessarie, ma però sono sufficienti perchè il sistema stesso sia Jacobiano. ISopra una elasse di problemi di meccanica, riducibili a quadrature. lo A tiil line dalle (12) e (18) elimino ^ . ho presenti le (l.">) e (20) e pongo per brevità : (22) — = a. Dovrò integrare il sistema .lacobiano : 3F 37'" 3F 3F - r,r' 37 + (1 + ^)^' ^ + -^Zx' ^ + eudenti dal tempo, cioè (J), (7^), (C) e il quarto ora detto, pei problemi del moto nello sj^azio, definiti dalla funzione di forza (30), sicché, il teorema, enunciato nella introduzione del presente lavoi'o, ne scaturisce, senz'altro, a]»]dicando una seconda v (ìli timoni Oxnn-rasioni <■ ricerche (con'^ina tavola). ••••... II Doti. BarljagilUo P. e Drago U- — Primo conlrihnlo allo slmìin della Fallila eliniii- loloi/ica dei pesci della Sicilia orientale . . . . . . , |]| Prof. fi. Fllbini — Sulla teoria delle forme ipiadraliche Berìitiliaiie e dei sistemi di tati forme ............. JV A. Ricco e S. .Vrcidiacoiio — /," Eruzione dell' Etna del 1S9'2 — Partn III — VìsHc all' iiiìjniroto eriittiro ed al cratere centrale (con^tre tavolel .... \' Prof. E. Drilii'O — Sulle opposte rariazioni di rcsisteii:a dei coherer a perossido di piomlio per iiifliienza delle onde elettriche . . . . . ... \'I G. Lopriore e (w. Coniglio — Lu funzione de'le radici in rniipiirto olle /unzioni traumatiche ............ VII Doli. G. Scalia — Mìicetcs siculi noci ......... VHT Prof. G. Fubini — Jpplicasioui anulitiche dei (impili di projettiritii trasformanti in sé una forma Hrrmitiano .......... IX Dott. R. Dì .\[ilia — Feiiiinieni carsici e jisindoriilcdnici del monte S, ('iihxjirn di Sciacca ............. X Doli. (ì. Jlarletta — Le trasformazioni ('J,2) (ptadraliche e cubiche di spazio . XI Prof. A. ('avasino — Sulle rariazioni dinrne del polenziiile elettrico d-Il' atmosfera . XII Dott. V. !^ma.in ^ Sugi' intefirali delle equazioni del molo d' nn punto niateriole . XIII F. Magri — Primo contributo alla conoscenza dei crostacei deeupodi aliissali del t'oin- partimcnto marittimo di t.'atania ......... XI\' Dott. Nicolò Gi.aiupaglia — Forinole (V incidenza per le coppie punto e retta, retta e piano, punto e piano nello spazio ad n dimensioni . . . ■ . . XV A. Ricco e L. Meudola — Jtisultuli delle osservazioni meleorolopiche del 1903 fatte nel R. Ossm-vatorio di Catania ......... XVI A. Ricco — Eriiziovi e Pioggie .......... XVII Prof. A. dirci — Azione fisiologica del jiotassio ....... XVIII Prof. G. Pennaccllìetti — .S'o/d-h una classe di pruliliiui di meccanica, ridnciliili a quadrature ............ XIX €UlÙ'Aflc. ;-§io.ma:d./6c;?U'.5e..A\'Vf:XVll D: S di FRANCO- O.vvatUe .af-'tllna: Tav. If Fiff.I 'ioì Fiff.2 Ftff.3 Fiff.4 100 :oio M^.S yl 4' ~ — ~ — /yLi;_^^ m -., ' "> 100 /"'"-■ / ou Fiq- 6 Fir. Fig. 5. Fitr. Fig. fèim^^. S-,. ir. A •»■ Fig. i. Yìz. 3. ■ \' ' ' ,.TT^-: •=>=», <,■•• «f.^^. .t*;m'ìf^^'^^ F. Cavara, fotogr. fototipia E. Calzone - Roma. Tav. lA . ii. Tav. Y CD o o co C3 f^ CO W) Tav. YI. o CD b'o ^^^^y^'^^y^^m^' ,,,,,,„„„ iiiiiliiliyiiii*iiiiiiti'i|iJ 3 2044 093 259 299 Wl s&Ss 'M0i^k .73^-. "^^ ^>^^^V S^W^ii:?- ^^ ^^m^ ^^'^' "^'.iym ^§^ ^^■;^^ ^^ ^-,/^ ^Si"^^-^, -C^-:^ ^^-^ ìi- -^^^ i \ \\ X<>^^^^ -^—r — ' — ~^ --^i. -""^ *^!Ì^ r J!^ ■^ ^- ^ ^~^ '"-\;> — ^.- v"*' '^ >S;>^;^ ^^ SI ^'^^ ^^1^^'^^^ ^^■^J^::^ >^ ^ '^'fc^