V ^.n /K ATTI DELL' ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI SIENA DETTA D E' F I S I OC R I T 1 C I TOMO VJII. SIENA 1800. Dai Torchi Pazziniani Con Approvazione INDICE DEGLI AUTORI, E LORO OPUSCOLI Contenuti nel presente Volume. PIETRO FExRRONI — ' Meditazioni Analitiche intorno alla formola Sdx(^—Lx^ ^ ed al- tre con esse strettamente congiunte . P^S" ' §. I. Cemento e parale/io dei due metodi adoprati dal Padre e Figlio Euler . g §. II. Nuovo metodo d' integrare la formula Euleriana . 3Ó' ^. III. Rilievi , Aggiunte , Conseguen^^e , ed /■Jpplicg:^iotìi delle Dottrine spiegate . go DOMENICO BATTIMI Relazione intorno alle Acque delle Fonti di Siena ove si tratte dei loro Acquidotti , delia loro natura ed usi, depli inconve- nienti che ne derivano in pregiudÌ7^io dttla pubblica salute , e della maniera di ripararvi. log Articolo I. Acquidotti. n, Articolo lì. Acque . 118 Articolo 111. Regolamento . 129 Articolo IV. Inconvenienti . " '35 Articolo V. Rimedj . 156 Notizie Istokiche sopra gli Acquidotti delle fonti di Siena in schiarimento ed illusira:^ione della precedente Relazione. 164 Analisi Chimica delle Acque delle sorgenti del fumé Stogala e di Carabo Ili, '"192 PAOLO MASCAGNI Istoria di un Ermafrodito dilla specie Bovina, j 20 1 AN- ANTON-MARIA FINESCHI Memoria sopra la fecondazione dei fiori doppj . FRANCESCO MARMOCCHI Memoria sopra il Ragno rosso dell'Agro Volterrano . BIAGIO BARTALINI 211 Hi RACCtJACLlo di alcune produ7^ioni naturali dell'Agro Sanese scrit- to ad un Amico . 224 ANASTASIO CAMBINI Istoria di due gravidanze extrauterine, DOMENICO BATTINI 231 Istoria Ragionata di una rara e singolare tardanza e difficoltà agli sqrivj intestinali , prodotta dulia quadrupla lungàe^Z'^ s triplice ripiegatura dell'intestino retto, e dall' enorme dilata- zione del retto e del colon . 237 . COMMENEJATORE FRA DANIELLO BERLINGHIERI Elogio di Guido Savini patrizio Sanese Provveditore della Regia Università di Siena . sSa •^ •e«a» «eg»» veeo* 9 «os*^*:»»* «e*** ««ao* ««a»* «se»* «osa» 40e» ^^ ERRORI CORREZIONI Pag. 230. lin. I. num. 12. 135. Articolo III. 198. ultima Un. ^. XVH» S18. 6, alle 218. 3. della nota vi leggi num. 13. Articolo IV. §. XVHI, allo si J IgJB* MEDITAZIONI ANALITICHE INTORNO ALLA FORMULA Ed altre con essa strettamente congiunte (*). LA domanda facrami alcuni anni sono da un Matematico non Ita- liano a chi veramente apj artenesse 1' invenzione e dimostra- ■ zione diretta del valore dell' integrale jdxi — Lx)~^, ed al. tri consimili , posta la variabile x'=i , cioè se a Leonardo Euler , che prima di rutti ragi'^nò di tutti questi Integrali, discuoprendone il vario e difTicile significato, nei Tomi V. e X(. dei vecchi Atti dell* Accademia di Pietrobuigo C')> " piuttosto a Giovanni-Alberto suo figlio , che prese in parte a trattare dell' iilesso argumento nel XVI. Volume delle Memo'ie dell' Accademia di Berlino Qi^ , m' impegnò nell'esame di così eccellente scoperta, la quale semprepiù insegna a conoscere quanro grande ed esresa sia l'alleanza tra 1" Iperbola e jl Circolo , non meno che tra le Logaritmiche e le Parabole (i~) . A Pri- (•) Questa Memoria fu presentata alC Accademia VAnno 1794. (1) Commentarli Acadtmitc Scientiarum Imperiarti PetropolitanJt ad an M DCC. XXX. i> XXXI. edili nel M dcc. xxxvili da pag. 56. a 58. = De progressiotiibus tran- scetìdcnilèus , seu quarum termini generale^ algebralce dari nequeunt = E parimente Commentarli &c. ad annurr. M. DCC xxxix. pubblicati nel M. DCC. L. da pag. j. a J2. = De produclis e- infinlt'S factorlhus ortis =. (2) Mémoìrcs de l Académie Royale des Sciences 6- Belles- Lettres pour Vannie M.BCC LX. stanlpate nel m. dcc. LxVii. da pag 250. a 2É0 = Sur le temps di la Chute d'un Corps attiri ìers un eentre des forces en ralson rrciproque des dlstances. (3) Prima di tutti, per quanto io sappia, dimostrai nel Capitolo VlJI. della mia Opera MagnituJinum expontntialium C-c. puhhViata del M. DCC. Lxxxii. , e se- gnatamente ai §§. 344. 45. 46 , che la Lcgiitica comune fosse una Parabola prim maria a. ATTI Primieramente feci riflettere allora nel mio carteggio come il Figlio, sebbene scrivesse molti anni dopo del Padre (4^ in occasio- ne di sciogliere un bel Problema Dinbmico (^) , fesse nelle conse- guen7e dedotte altrettanto d'accordo col Padre, qucnio se avesse seguitate del tutto le diluì traccie (ó^; coli" irisigue differenza però che i ritrovamenti del Padre erano nati da un metodo universale e diretto , mentre all' oppofio le repliciie fatte dal Figlio conosceva- no la loro origine da un metodo particolare e precario , quale è quello delle Iriurpola^ioni (7^ , applicato avanti di tutti da Gio- vanni maria d'ordine o grado infinito. Questa nuova scoperta riceverà m-jgior lustro, ed estensione nel S IH, applicandola alle Logaritmiche di tutù i gradi ,che furo- no avanti d'ognuno considerate dal P. Abate D- Guido Grandi, e da Lorenzo Lorenzini sul principio del cadente Secolo XvM. (4) O si ponga mente alla data degli anni Accademici, o di quelli dell'edi- zione de' due Volumi, l'intervallo di tempo è sempre di pi esso a 30 anni. (5) Cioè quello d'assegnare il valore del tempo t della discesa d' un grave affetto dalla for^a espressa dalla legge deila secenda Nora per la distanza a con- tata dal centro . Trovò dunque Euler il giovane che se quella for^a alla distanza dal «nrro / pareggi la gravità terrestre g, si fa t zz ~ / 1/, 7\ Posta y la distanza variabile, ed integrata la Formula di tal maniera che /— o quando j— che A ij al tanto nel Tomo delle Memorie dell' Accademia delle Scienze di Parigi per 1' an- no I772., quanto nel Voiume dell' Accademia di Berlino per il 1783. stampato nel 1785. , dive si legge ài pag. 179 sino a 290. il suo eccellente Ragionamen- to Sur une méihode particulicre £approximation & tT ìnterpolation. Intendo solo di dire the siffaiii mettdi sussidiar) debbano allora aver luugo quando l'Analisi non somministri delle maniere tig. rose e dirette per arrivare all' intento di sciogliere o applicare alla pratica un Problema assegnato. Unicamente M. De La Place ne- gli Alti della H. Accademia delle Scienze di Parigi per l'anno 1779. (^Mémoìies sur Ics Suitcs dalla pag. 207. alla 310.) ha dato il metodo rigoioso e diretto. (8) Oltre quello che scrive M. Montucla a questo proposito nel Tomo II. àtW liiàtoire dcs Mathematìques , merita d'esser letto in fronte V Opuscolo Ciclome- trico di WdUis comprendente le tre Proposizioni (.l^^■ 193- 194 seguitando l'or- dine della ristampa al termine del\'.i4rithmeii€a Infinhorum &-c ) indiiizzate da lui a Guglielmo C)ughtred sino del 165S , ma trovate e comunicate ai Geojnetri nel 1052., il qual' anno può dirsi con tutta ragione la vera epoca del metodo A'' interpolare o intercalare le serie di cui s'ignori il termine generale. La Proposi- zione 166. della precitata Aritìimetica 6-c è specialmente un capo d'opera ; e que- fta insieme coli' alti e ha meritato il bel Comento di Newton, che si legge nell' Articolo IH. de\r Opuscolo XI. della iiaccolta pubblicata da Giovanni Salvemini di Castiglion-Fiorentino . Rispetto al modo adoprato dal Visconte BrouncKer nella sua interpol-iione nen ho veduta congettura migliore di quella scritta dell' Euler nel Tomo XI. dei vecchi Commentar) dell' Accadsmia di Pietroburgo , e segnata- mente ai §§. 14. 15. 18. pag. 39 40 e 41. Uri'ahra maniera ingegnosissima A'' in- terpolare venne poto dopo sci ptrta ài Newton, ed è il suo M'thodus Differen- tialis pubblicato la prima volta in Londra nel 171 1., ma scritto sino del 1676. , e degnamente poi comentato da M. Stirling , non meno the da Mac-Laurin nel Capitolo iV. del Libro II. Tr:jttie of Fluxions §. 818. e seguenti. (9) Anche quello r-atta.o si deve contare tra le giovanili scoperte dell' in- comparabile Autore rimandandolo per lo meno all'iftcss' epoca del 1676., come apparisce dall' Articolo 111. dell' O/^u colo Xt citato nella Nota precedente, e no- minatamente dalla pag. 341. e s^gg II dotto Comento fattone da Matteo Stewart, le molte app'iczioni che sino dei 1708. il P. Heyneau pubblicò nella sua Analy- se dcmonaéc deil« Foriiuile Nt;wtoniane con adattarle in forma di canoni ai diffe- renziali polirìo'nj , lutto Ciò che M. De Bougainville ha trascritto da lui sopra di questo argumento unitamente alle correzi'-ni date da M. Alembert^ come si vede dal Gap IV. sino al X. del Traile da Calcai Integrai, e l'uso più esteso che i PP. Le Stur e 3acquler , e prima di essi Tommaso Simpson (Elemens du Calcai Ime- 4 ATTI al dire dei più celebri Marematici, e soprartutti dei PP. Le Seur e Jacquier , sarà sempre una miniera inesausta di pellegrine bel- lezze in aggrandimenco dell' Algebra (io) come il suo famoso Bi- nomio (li). Mi accadde in ultimo luogo di rintracciare e raccogliere alcune verità nuove , e non dispregevoli a mio giudizio sì per la loro ap- plicazione alle Curve, sì per dilatar l'uso dello i^ero e AeW infini' to nel Calcolo , con quell'accorgimento ed avvedutezza però , che é necessaria all' effetto di maneggiargli come le grandezze finite , e non esporsi ai pericoli, nei quali è facile d' inciampare senza gui- da certa e sicura C'^) . Non avrei mai pensato a riordinar le mie carte di sciolte e con- fuse th' eli' erano , e molto meno a render pubbliche le mie ricer- che, se non mi fosse stato d' eccitamenro un Problema, che si di- ceva venuto di là dai Monti , e specialmente diretto agli Analisti d'Italia. Il Problema, se ben mi ricordo, era espoflo cosi dall' occulto Autore della disfida C'3)- ,, Trovare qual sia la Funzione ?*• dimodoché nell' unico caso ,y di Integrai i f68, I. Parte , The docìrine and application of Fluxions 1750.) fecero delle medesime Formule, n»n saranno i fonti, da me citati nella presente ricer- ca . Citerò unicamente il fedele interprete , e giusto ammiratore di Newton M Mac-Laurin , e precisamente il Capitolo III. del li. Libro delle Flussioni dal § 789. in poi, non meno che i Capitoli li. Vili, e IX. della Seiione I. del Tom. I. Institutionum Calculi mtegralìs del Sig Leonardo Euler come quelli , che servono di Commentano perpetuo ed amplissimo ai luoghi accennati dell' istesso Mac-Laurin . (io) Basterà di leggere la Nota 276. della mia Opera = Exercitatio Maihcma' tica de Calcalo integralium =. (11) Oltre delle molriplici conseguenze dedotte dal Binomio Newtoniano nell' altra mia Opera Magnitudinum Exfonentialium &c% ho raccolte diverse nuo- ve applicazioni di esso nel mio Diporto Analitico, che speto in breve di pubbli- care . (13) Forse alcuna cosa da me .^l'rove non vista su! maneggio sicuro dell* infinito e dello ^ero s incontrerà i el §. I. e soprattutto ne' § HI. (13) Non bisogna mai fidarci dei Giornali, ed altri Fogli di minor conto, volendo ben misurare o il merito de' Programmi in materia di Scienze, o quello delle Nazioni e dei Dotti Mi ricordo d' aver letto un fatto , che lo dimostra ad evidenza. Il gran Galileo, quest'uomo sommo, e sommamente benemeri.o del- la sana Filosofia venne accusato da uno Scrittore imprudente di non aver saputo che uniti insieme tutti gli angoli d' un Triangolo rettilineo fjcesser dui retti ( Tomo I. a pag. 131. degli Atti e Memorie inedite d^W Accademia del Cimento &c. fubilica'e dal D. Giovanni Targionì Toi\etti nel 1700 ), DEL L' ACCADEMIA 5 „ dixnisi verifichi 1 Equazione e Six(^dx) SdxQ.,)=- ■_ __ 1 __ ■_ ___•__ •+• —-~i- ^ -V- — — 1_— -^- »» S dx, come risulta dal paragone che si faccia degh Atti de- gli truditi di Lipsia dell'anno citato a pag 131., del Tomo I. della Raccolta del- le sue Opere al num. xxwi. pag. 185. , e del §. XII. del num. cxLViii. del To- nio 111. a pjg ^iji. 82. nell'eccellente Dissertazione che principia da pag. 376., ed à per molo Dcmonstraiio mcihodi analyticce , qua usus tst Jo: BernouUius prò ieiermiiiania aligua quadiatura exfonentiali per seriem &C' (i5^V"à un mezzo facile di btn distinguergli e non corife ndeili col volgo dei semiduiii , ed è di vedere se siano stati soggetti alla satira dei loro contempo- ranei . Arisiofane si giuoco di Socrate nelle sue Nuvole; e quisti presente sem- pre alla Scena andava consolandoti seco stesso d'avervi udito piCi volte vitupera- re gli iJei . Raccontano del Misai-.tiòpo d Atene Timon ne [ut coupable que pour i itie di^hd'u.é conire des hommts pervers . Ecco perchè Timone era in odio, ed all'mcoiuio nella popolare stima Alcibiade. Ma siccome taluna volta possono es- ser '■c-ggerii al capriccio dell' effrenata persecuzione ancora gli sciocchi, quindi è che pei Separargli dagli Uomini grandi converga attender di p ìi al contegi.o che adipcran gli uliinii nel corrispondete ai traiti della velenosa tuiluniiia . Lo inse- gna l'Au.oie dei! Esprit (Tom 1 Disc. 1. Gap. IV.pag. 37. edi-. del 1758^- Pour ai' tncr hi hommcf, ti faut en atiendrt pcu : pour voir Uurs defuuts sans aì-gnur , il faut s'acioutu'iur à les Icur pardonncr, sentir que l' ifidulgence est une fustlce que la foiblc hurruiiiié est tn droit j'exigir de la sagesse . Ci<))Quest<» è dilatio l'epoca della prima edizione fatta in Londra del Trat' tato di Newton, del quale ò parlato di sopra. Qsaaei Nanoni Opuscula &c. T. 1. nella Pieliiione a jt^ag. Vii.;. 6 ATTI Così era solito di pensare ed agire insieme con altri egregj Scrittori l'elegantissimo Matematico Giovanni-Enrico Lambert C'7) mentre che lasciò scritte quelle auree parole = Equidem liis nil noni dtfteqitur , cum tanien utile sit inventionum. reserare fontes &c. n: Nel ili. Volu- me degli Atti Elvetici Ci8) . Dell' istessa opinione ha mostrato più modernamente di essere il Principe dei viventi Geometri ed onor grande d' Italia Luigi De La Grange allora quando tra le nuove Memorie pubblicate dall'Accademia di Berlino nel Tomo del m. dcc i.xxur. avendo inserita quella r: Sur l' attracfion des Sphéroìdes Etlipti- ques •:z. C19) si applaudi seco stesso d'aver potuto una volta dopo dt tanti inutili tentativi render suddite dell' Analisi algebrica le belle scoperte sintetiche fatte sino del M. dcc. xl- da Colin Mac-Lau- rin Qio') : soggezione anche pii\ avvalorata dipoi da M. Krafft nel li. Volu- (17) Sebbene il suo Elogio stampato del 1780. dapag. 72 390 ntW Histoìre ^elle Nouveaux Mémoìrcs de tAcadénik Royale des Sciences & Belles Lcttres =: d Berlini per l'anno 1778. non sia molto favorevole alla profondità del sapere di questo Svizzero illustre , leggendovisi le parole seguenti fpag. 85 ) = AI. Lambert n'igno- Toit rien en Geometrie , & il ria rìen faii que d'estimable dans ce gerire , sans avoir peui-ctre la profondeur des vues ni mème la dextcrité du calcul qui car^sclerisent les trois Oli quatre premiers Géometres du siede =, tuttavia dai su )i Scritti apparisce che per l'eleganza e chiarezza non la ceds nemmeno a Giovanni BernouUi senio- re , il quale al dire di M. D' Alembert QMélanges de Litterarure , d' Histoire , & de Philosophie = à Amsterdam ijSj = Tom. II. da pag. fi a 67 ) non ebbe pari sino ai suoi tempi nell'esporre con mvidiahiie faciliti le più sublimi e recondite speculazioni di Matematica. Senza parlare dell' ammirabile Photoméirie bastano in pruova del mio argumento le tre bellissime Opere di Lambert = Tratte sur la rou- te de la lumiere =■ Insigniores orbitce Cometarum proprictates del 1761. = Biytràge ^ur angewandten Mathematik =., l'ultima delle quali letteralmente tradotta significa Aggiunta di ciò che manca alla Matematica, e Contìen cose del maggior momento trattate colla massima semplicità . (18) Tomo III. edito in Basilea del 1758 a pag. 128 = Jo. Htnrici Lamberti Observationes varie in Mathcfin puram ■=. Si legga soprattutto il § 19 apag. 141- ('19) A pag. lai. Quantunque avesse discorso a lungo e sino alla pag. 149. per rivestire algebricamente tutte le scoperte fatte da Mac-Laurin, riprese ad illustrare l'istessa materia nella sua Addìtìon au Mémoire sur VattraBion des Sphéroides Elliptiques pubblicata de! 17/7- nelle Nouveaux Mémoires &c. = a Berlin 177$- = da pag. 17 j. a 280. (20) V cdonsi il Tomo Pour le Prix de M. DCe. XL. a Paris M. DCC. XLi. delle Dissertaz Olii premiate sur Ls flux & reflue de la Mer dall' /accademia delle Scien- ze di Parigi a pag. 193 sino a z^e curvis Tracìoriis compnsitis ( da ^6. a 46.^ di cui parla 1' Exercitatio Mathema- tica &c. alla Nota 579. e pag. 294. 95. (22) Ai numeri 21. 22. del 11. §. e altrove . (li) Visi aggiunga l'altra Nota 348. sul fine ne forte homines malefcrlatì hlasph^meni . C24) Taluni mi sembrano troppo facili a tacciare d'orgoglio il dovere, cui ob- bliga la Verità, di non piegarsi che alla ragione in tuttociò che possa esseredel- la sua sfera. Per tutti costoro sarebbe un tessuto d'orgoglio la vita privatd e pub- blica dell' immortai Beniamino FranKiin (Esprit des Journaux &i. (Nota 13.) Me- moires de la vie privce de Beniamin Franklin &-c. = à Paris i-jo/i ^) Cda pag. 66. a 76 ). Costoro acciiserebber di certo per eccesso d'orgoglio la franca risposta data da Lambert al Rè filosofo Federigo II. in Potzdara Que savei-vousì — Tout, SirC'Comment Cavc{-vous apprist — De moi~mcme fa pag. 84. dell'Elogio citato nel- la 17. 8 ATTI del presente suo accrescimento alta moderara contradizJone dei sag-' gì [25]. Nel rimanente penso nnn altrimenti eh' Euripide [26J. Je hais ces hommes inutiles qui n'ont d'autre mérite que de s'egayer aux dépens d^s sag<;s qui tes méprisent . COMENTO E PARALLELO Dei due metodi adoprati dal Padre e Figlio Euler . §. I. I. /^Uando Euler il vecchio intraprese avanti dì tutti la ricerea V^^ del termine generale della Serie- infinita 1-1-1.2-1-1.2. 3-1- 1.2 ;i. 4 H- 1.2.3.4 •••••• '^ "^ <^c. , essendo n V indeterminata che serve d'indice per stabilire l' ordine o luogo dei termini progressivi, s'accorse subito che questa Serie fosse della classe delle trascendenti, cosicché il suo termine generale non potesse sortire da uessun altro fonte fuori di quello della Quadratura delle Curve o sivvero delle Funzioni algebriche come dicono gli Aiialisri [27] Turtavolta a forza di speculare la natura e carartere della Sene accennata , la quale appartiene al genere di quelle , che sono solice d' esser chiamate hypergeometricce , fece un passo sommamente ingegnoso ed ardito, e fu di attingere dall'Infinito una Formula composta d' un infinito nu- mero di fattori , la quale per gli n interi e positivi fisse in grado di rappresentar tutti i rf/-/n/«i! della Serie proposta [^'28]. Trovò difatto per termine generale della serie, di cui intendeva stabilire universal- mente la 17. Nota'). Piegarsi alla grandezza dei nomi e non al valor delle cose vuol dir tradire sotto il pretesto di falsa prudenza il più nobile incarico, che imponga agli uomini la Società . Ampio e procelloso mare à sempre divisi ì due regni del- la Verifà e della Fortuna. C15) Infatti degenera in vizio vestendosi all' Auica . = La hunesse à' Aihlnes voyoit les combdts des gens d'oprit avec le mine plaisìr quelle auroit vu ceux des animaux feroces = (Tomo VI. al Capo LXVII. (^Socrate) e pag. 119. del Vo^age du Jeune Anacharsìs cn Grece cdiz. del 1790. ai Due-Ponti). (26) Tomo precitato a pag. 189., sulla versione fattane dall' eruditissimo Sig. Abate Buthelemy. (27) Volume V. dell'Accademia di St. Petersbourg a pag. 37. §. 3. Arbitratas eram ante sedei i , a, 6, 34. &c. termìnum generahm , si non algebraiium, tamen exponencialem dari . Sei postquam intellextssem terminai quosdam intermedios a qua- dratura circuii pendere , nequc algebraicas ncque exponentiales quaniiiates ad eum exprimendum iJoneas esse cognovi . (Si corregga l'errore della numerazione della pag. 39. sostituendovi il num 37.^. E nel § 15 a pag. 47. infia autem sequetur methodus eosdem terminos intermedios ad algehraicaium curvarum quadraruras reducendi. fi8)Nel loco citato alla pag. 36. incidi..^, in sequentem ixpressionem , 5u« dicìte frogressionis terminum ordine n exponit. DEL L" ACCADEMIA 9 meate la //aa^, l'espressione numerica elegantissima > ^; ; ?— -' ^•^ ' " (1 -*- n) ( J H- «; (3 '-•• 4-; a'--- 5 - KS'-'- 6-; C^'-. 7-) ^^^ ^^ sebbene egli confes- si [29] essere troppo laboriosa ed incomoda per assegnare i termini della Serie corrispondenti agli indici interi, e positivi (^poiché dei negativi non credè mai nei precitati due Tomi di dover farne paro- la (^30], ) asserì nel medesimo tempo ch'eli' era di sommo uso per il ritrovamento di quelli , che appartenessero a degli indici frazionar] , non potendo 1' Algebra esprimere in numeri ragionali o Irrazionali le Qdznzità trascendenti con altro mezzo, eccetto che quello di adope- rare a tal fine delle Serie infinite . 2. Quanto si avveri nella seconda parte il preludio fatto dall' Euler lo vedremo trappoco nel Num. 6. ; ma sia frattanto permesso d'accennar qui che molto meno elaborato sarebbe comparso quel termine gene- rale eziandio per gli indici interi qualora gli avesse data quella/or- ma più semplice e naturale , della quale é capace, cioè -— ^' ^' '^— ; (H-")(3-l-») ( 5. 6. 7. 8. 9- IO. II ^ co 3-H/)) (4+") (.S-1-/J) (6-4-/I) C7-t-n) (SH-/)) (9-I-/!) iiO-i-n) 0 i-hn) (oo+]t)' Che questa forma sia la medesima in sostanza dell'Euleriana ognuno lo concepirà facilmente subito che faccia prendere all' ultima il nuovo aspetto d ma identico y di 'j» — O'j" — ') (4" — ») ' 5"— '/ U^-i' 7-~ij\8--') '9"-iJ(,o"-Olii''-i) (00"— 0 , sotto (S-t-n) (6-hn) C?-*-") C8-J-/I) (9-t-") Oo-t-l) (ii-+-nj (_oo-i-n) del quale aspetto è fuori di dubbio che le due Formule perfetta- mente combinino tra di loro . La mia forma però non à il merito solamente della maggiore semplicità, spogliando quella dell' Euler d'ogni estranea e superflua sublimità che comparisce a prima vista d' avere, ma à l'altro di più d' essere ricavata per cosi dire intui- tivamente, e senza nessun' arte ne pensiero dalla natura e progresso Tom Vili. B dei ^^^— — ^^— — — — ' I I .1 -— ■^j (19) Al §. 2. pag. 36. e 37. del loco citato. Quunquam autem hac expressìo nuL~ lum usum habere viJeatur in inventione terminorum ; tamen ad interpolationem cjus serici, seu ad tcrminos , quorum indicfs sunt numeri fracli , egregie accomodari potest. (3o")},a prima voha ch'egli parlò degli indici negativi fu, per quanto io sap- pia , nel loco accennato dalla Nota 34. IO ATTI dei termini ra:^ionaU della Serie proposta . Nel modo infatti , col quale r ò esposta , cioè col numeratore sempre costante , e vale a dire non affetto in sostanza dall' indeterminata n , ma sempre eguale al jDfodotto di tutti i numeri natura/i, si fa chiaro che cominciando da 7^ero quante unità si daranno a n nel denominatore, d'altrettanti dei primi numeri della Serie natura/e anderà progressivamente mancando il denominatore medesimo , onde nasca per 1' indire n il quoziente 1.2.3.4.5 n composto di tante cz/re del numeratore, quante rimangono fuori o per così dire spuntate dal denominatore , Ed intanto due volte si replica i. la prima per V indice i , e la seconda per l'in- dice o, a motivo che in quest'ultima essendo n:^o si ripete nel denominatore V istesso numeratore , eia comune Aritmetica insegna che in siffatto caso particolare si mantenga il qu.o-^iente medesimo o spuntando dal denominatore 1' «riiVii come quando « =r 1 , o lascian- dovela come quando «=:o . Metodo più diretto e più a priori di questo per conseguire il termine generale , ed esser padroni di tutta la Serie proposta, nessuno a mio giudizio potrebbe mai immaginarlo. Egli é così a portata di tutti che se fosse questo il luogo di renderlo dilettevole, non che facile, suggerirebbe l'idea d'una Macchinetta composta di due sole righe, una delle quali scorrendo sotto dell' al- tra desse tosto a conoscere i rermf'n/ progressivi della medesima Serie . Incisi nella n[ga immobile i numeri naturali , e nella mobile quelli affetti da n , ognun vede che facendola scorrere da sinistra a destra per tante divisioni di caselle, quante un/Và siano in n, nascerebbero dal generale tutti i ragionali termini particolari scolpiti in quella parte della riga immobile, che a sinistra rimarrebbe sciolta o libera dalla mobile . Ebbero tempo fa non poco applauso dai Matematici le ingegnose Macchine aritmetiche Ai 'B\&s,\o Pascal ^31), e Gottofredo Leibnltz [32], uè furono all'età nostra mal' accolte dai dotti l'idea d'un nuovo Istrumento proposto da M. Rowning nel Volume LX. delle Transa-^ioni della Real Società di Londra per trovar le radici di un' Equazione di qualsisia ordine o grado Css)' ^ l'i R^'ga di Lo- dovico Wentz divisa in forma di Hcala di proporzione , ed applicata a ri- (31) Oeuvres de Blaise Pascal a la Haye 1779. (^32) Miscellanea Berolinensìa Tom.l. Part. III. num.xxxi. (1749.) apag. 318. e segg sino a 521. G. G. L. Brevis descriptio Machinte Arithmeticx cum Figura; quam vide Fig. j}. V Autore attesta d'averla presentata sino del 1673. alla Socie- tà Reale di Londra, e d'averne riscossa non poca lode da Antonio Arnaldo, Cri- stiano Huygens, e Melchisedecco Thevenot, non meno che da Ehrenfrido Tschir- nhausen (^Medicina mentis &c. second. edii.) j in quel tempo famosissimi Letterati e Geometri. Si legga alla pag. 318. Specimen Machims &c. (if^Direcìions far making a Machine for fading the Roots of Equations univer- sally , with the manner of using it . . , . = to lohn Bewìs = a pag. 340. e segg. deli' edizione origmale del i7?i- DEL L' ACCADEMIA ii a risolvere praticamente col principio de' Minimi il famoso Proble- ma delle due Medie propor^ionaii l_S4^t per non dire di tante altre inventate o promosse dal fecondo ingegno di Lambtft[35] Ninna cede però alla semplicità e naturalezza di quella , che ò di pas- saggio accennala . 3. Ci avverte 1' Euler d'esser egli arrivato alla suddetra forma , e composizione del termine generale dopo avuto 1' accorgimento che quantopiCi i termini della Serie si discostavan dal primo, tantopii'i avvicinavansi a vestire il carattere d'una Progressione geometrica [j^]. Torna ad avvertire i'isf esso parlando altrove (37) della S' rie più generale (/■-+-g) -*- Cf-*-e) (f-ris)-^ C/-»-g) (/-+- 2g) (/-»- 3g; -t- cf^s) (/+ zg) (/-h 3g ) (/■-♦- 4g)-«- &c. la quale comprende la prima come caso singolarissimo quaud,) cioè /r: o , j :r 1 . La verità di questa geometrica Progres- sione nasce dai Primi fondamenti del Calcolo, e venne praticata da Lord Giovanni Neper sino dal tempo, in cui immaginò i Logaritmi [38] . essendo appoggiata al noto canone universale A : A (f-^-ng) : A if-^-ng') [/-t- (n-Hi) g] -f^ subito che ricreo, a motivo che allora 2n:=^r2-t-I. n'^—n'^^r,, o più brevemente ^H-ng— /-+-(/j-t-i)g. D' altra parte il ter- mine generale nel modo più semplice , col quale l' ò esposto al Num 2. , B ij som- (54) /Iclj Helvetica Physico- Mathematica- A natomico-Botanìco-Me dica &c. Volu- men I. ^: Basilea 17 51 a pag. 8^. e segg.— Ludovici JVentiii nova atque duplex solatio mechanica Pr bUmads Deliaci rz (15) Più macchinista di Francesco Bacone da Veruiamio ridusse a Macchina perfino l'arte di ragionare. Si veda il suo Novum Organon (1760.), la Logique Algebrique j V Ar liiteclonìque , e soprattutto i! Giornale della sua vita scritto da se medesimo cominci indo dal Maggio 1752. sino a quello del 1777- Tra i più mo- derni meritano d' esser ietti nella Seconda Parte del lomo LXXVII. delie Philo- sofhical fransaclions For the Y-ar ijSj dalia pag. 346. a 35}. al num. xxiu. The Princìples and illusi aclion of an advantageous Method of arranging the Pf- Tences of Logjrìthms , on lines graduated for the Purpose of computation = By Air. William Nicholson, commumcatel by Sir Joseph B.mks Bart P R. S. ., dove r Aut ire perfeziona molti ^imo le celebri Scalr Logaritmiche di Edmondo Gu' ter. (,6) Alla p.g. 3Ó. del Tom. V. precitato delfAccademia Imperiale di Pietro- burgo SI leggi. . . .considerans quod ea (Series^ in infinitum continuità tandem cu^ geometrica confundatur .... (.7) N;l TomoXl degli .4ffi vecchi dell' istessa Imperiale Accademia a pag. 6, § 6. Quìn am autem Progressio assuma tandem cum Geometrica confunditur &c. (ì8) IJ fatto sino del 1614. nelcalcolo dei suoi Logaritmi ed Antilogaritmi (^Hirfict Li'girithmorum Canonis descriptio dedicata allo sfortunato Re Cailo i , allora Prin..ip; di Galles^ dovette supporre le differenze dei Logaritmi proporz o- nali alle d.ffi-enze dei Numeri molto grandi . L' istesso fece egualmente Enrico Briggs neir Arithmaici Logariihmica pubblicata del 1624. Si veda a questo pro- posito la bella Memoria di M. De La Grange neg'i Atti dì Berlino citati di sopra (Xoraj.), e segnatamente alle pag. 284, 388. e §§. 13. 30., dove espone ed am- plifica il metodo tenuto da Briggs. la ATTI B B B somministra parimente — .- : ■— mentre 72 — oc , perchè m-4-/2rrm-(- i-t-n qualunque sia' m, e molto più in questo caso che ancora m ~ oo in virtù della forma dell' istessO urmine generale adattata agli ultimi termini della Strie . Il numera- tore Q sempre fermo ed eguale a 1.2.3.4.5..... " .... 00 è un Infinito 00 costante dell' ordine [oc] sicuramente superiore a , f^ \ ^ come quello che nasce dal prodotto 00 (00— i") Coo— 2) Coo— 3) (00—4) (00— <;) <5^c. , loche verrà confermato nel Num. 4. Non diversoinente il denominatore (n-/i; (2-*-n) (3-1-") r4+") CS-l-'l) (bo-l-n) =: (oo-Hn) (oo^n—i^ (oo-¥n—z) (004-/2 — 3) Coo-t-«_4; (oo-t-/2— 5).... (00-1-/2— ?i) &c. è un infinito varijhile dell' istess' orAne [J^n . 00]. Di qui ne deriva che sebbene il termine generale abbia l'incomodo ed imbarazzo d'essere espresso per mezzo di due Infiniti (39), tuttavia essendo questi del medesimo qrado e tra loro comparabili , si conseguisca in cambio d' un valor vago , ed indeterminato ( come suole spesso accadere ), e senza ricorrer nem- meno alla regola di Giovanni Bernoulli , o ad altri analitici artifizj consimili C403, il valore d' ogni termina della Serie sempre determi- nato e finito , cioè il — =11.2.3.4.5 " > sino a tanto che Sn n si mantenga dentro del limite delle grandezze finite . Ma qualora nzroo, si converte questo prodotto ( i-hoo_) (i-t-oo) (34-00) (4-1-00^ (54-00) (2.00^ nell'infinito dell' ordine più elevato [co] e cer- tamente superiore a 00°° siccome appartiene con tutta chiarezza dalla natura dell'ultima Serie composta d'infiniti fattori Qj^i^ , e sarà di più avvalorato nel Num. 4. Questi ultimi fattori però nella maniera, colla quale è composto ìì termine generale , non intorbidano in (59) Ea quidem series in nullo casa abrumpitur ncque si n est numerus integer r.tque si fracìus &c. sono parole di L. Euler al §. i. pag. 36. del suddetto Tom V, di Pietroburgo quando ragiona del suo termine generale. (40) Perfcclio regulx suie editx in Libro Gallico Analyse des infiniment petlts Art 1&3 prò determinando valore fraclionis j cujus numeraior & denomìnator certo easu evinescunt. (Atti di Lipsia d'Agosto del 1704. a pag %j^. ^Johannis Bernoul- Hi Optra omnia &c, T. I. num. IXXI. a pag. 401.^. Come poi questa rfgo/a si adatti al caso degli Infiniti vedasi nell'eccellente Gap. XV. De valoribus Funcìionum , qui certis casibus vidfniur indeterminati. (I. Eul. Instituticnes Calculi Differentialis')- (41) Vale per questa Serie quell'avvertimento medesimo, che l'Euler comuni- cò agli Analisti nel §. 156. a pag. 118. del Gap. IX, del I. Libro o Volume Intro- ducl.onls in Analysìn Infinitorum . DEL L' ACCADEMIA 13 in modo alcuno la sua primitiva chiarezza , né fanno si eh' ella va- da smdirita nel grande abisio dell' Infinito . Imperciocché o si crede permesso di spinger la Scrii dei aumeti naturiili più in là dell' co, cioè di quell'Infinito ordinario che proviene dalla Sommu d' ia- numerfabili unità l-t-l-t-lM-lH-l-l-l-Hl-4- &.c. come par convene- vole , e si alidccia alla mente di tutti pensando alla Serie naturale dei numeri , o si crede di aver diruto di procedere con questa Se. rie più oltre mediante i numeri 00 -*- i , 00 -t- 2 , 00 -i- 3 , , 00 ■+- n ... -, 2 . 00 , e vale dire replicando l' istessa Serie colla giun- ta dell'Infinito, e cosi d'altre giunte, le quali avesser per capo 2 . 00 . 3 • 00 , 4 . 00 . . . . , ;72 . 00 &c. , oo'^, r . 00 S ce ', jt7 . 00 5 . . . . 00', ,^ . 00', 00°^,/. 00''°, &c.,che dopo d'alcune espressioni di Wal- lis C42) diedero origine 0 molte dispute tra i Matematici, e nomi- natamente agli Stritti polemici ^43) ^i Pietro Varignon e del P. Abate Doi. Guido Grandi (44)- Nel primo caso resta iermo il di- scorso fatto di sopra, e ferma in tutte le sue parti l'espressione chiarissima del termine qtnera/e . E nel secondo con quel!' istesso diritto , in virtù del quale procederebbe più avanti la Serie dei numeri natura/i nel denominatore , dovrebbe parimente procedere nel numeratore , di tal maniera che 7 r-/-^ -- (n-n; (2-rn) (3-*-"^ (4+") Cs-»"") • ■ • . 00 (bo-Hi) (00+2) (00+3) (004-4") (co-t-^) 1 . 00 ..coCoo-HOCoo-H^Xco-HjJ (.00-1-4; (oo-H/j) ...... 1.00 ^^^^^^^ ^d essere la nuova forma del tsrmine generale , ma di valore però (siccome ognun vede ^ equivalente alla prima. 4. Intanto si fa palese che sin da principio di qaiesta ricerca abbiano subito luogo di venire soft' occhio le due belle Serie (00 - 1) (00—2) (00—3) (00 —4) (00 -s; (00— n) , « Coo-Hi) (00-+-2) (oo-j-3) (oo-t-4)Coo-*-5^ (oo-h/i). Degli elementi dell' ultima occorrerà di parlarne più a lungo nel §. 111. Ma gioverà prima di tutto por men- (^i^Ariihmalcalnfirìtorum&c. anno 1655. tyfis fJfra . Nella Proposizione Ci V, egli scrisse Ratio plu li-.' !• ,-,;, ( "T ) ~ i* .itavi . . -tir • — 'T • &c. -. I. a. 2.2.3 i.i 1.2.3.4 ■( \(oo-»-i) C00-H2) ' -i- Jli 4_- 4 4 • 4 a. 2. a. 6 j.j 3.7 00 5 } = t ••'•'••• » 4.4.4 .6 «.6 (^ooH-i) (oo-l-i) Coo^-jJ ) = ,/; 1.2.3.4, "^t- > « general- mente 1.2. 3-4-5-<5. 7--/- • «^(oo-l-0(oo+-i)(oo"-t-3)(oo+4)7rr(^ =r I. 3. 3.4. 5. 6. 7 n . Questa regola , oltre delle due predet- te eccezioni , fallisce ancora nel caso di nrroo per i motivi addotti di sopra. Ed ecco come la forma Euleriana conduca necessaria- mente a considerare grado a grado la Serie (oo-l-i Coo-4-2) (^oo-t-3) C'^0-1-4) fooM-^) Coo-+-5) (oo-*-7) &c. , ma in modo diverso da quello , ciii porta la forma più semplice del termine Cjenerale da me propo- sta e spiegata . Non concepisco però coli* istessa chiarezza , per qual ragione il Sig. Euler asserisse (46) che nulla più di un'appros- sima-^ione si potesse sperare di conseguire dal suo termine generale cercando i termini corrispondenti agli indici interi e /)OJ/V/y/ ,* quando io trovo al contrario dalla leqqe , che osservano quei fattori innu- merevoli, non il prossimo, ma il perfetto valore di ciascheduno dei termini particolari , in virtù dell'eguaglianza indubitata che regna per la dottrina dei limiti tra i numeratori^ e denominatori degli ulti- mi fattori infiniti (47,1 . 5- Ri- (i) Sei illa Series aJ qucmvìs termtnum ìnventendum taniummodo approxlma- tiones fuppeditat , nisi excipiantur tasus ii~0 6- nZII , quibus ea aclu ahit in r. (T. V. di Pietroburgo §. i. a pag j6 ) A'i ^--iiTifai fpo'ji-iS',; ttfoinfai (Eur. Hipp.^. r (47) Giovanni Waih's fu forse il primo di tutti a parlar questa lingua „ ~" >» (/'2« infiniti parva') habenja erit prò nihilo .... Nam 00, oo-i-i , 00 — i perinie „ sunt„ come dice lo Scolio della Proposizione 182. della di lui Opera accenna- ta dalla Nota (42) . i6 ATTI 5. Ridotto adesso di tanta semplicità e sicurezza il tarmine ge- nerale della Sene propofta si fa molto agevole il modo d'intercalare la medesima Serie , o d' invefiigare qualunque altro termine che abbia per indice dei numeri diversi dagli interi politivi, come fra- pianar j , irra'^ionaii :ì trascendenti , ed eziandio nèqativi . La diflìcokà non consiiìe' più nella Sene, la cui ìndsle , naturai, e carattere or- mal conoscendosi per mezzo . à&\ jer,mine generale , somminiftrano sempre ed in ogni caso \\ termine particolare intermedio rappresen- tato da infiniti fattori , ma si risolve unicaniente nell' Algebra , dalla quale dipende (tutte le volte che riesca fattibile^ assegnare queir Àrea , o Funzione , che sia equivalente al prodotto dèi sud- detti fattori infiniti. Euler sopra di tutti promosse quefta bella Teoria tanto nelle antiche e moderne Co/le-^ioni Actadcmithe per mezzo delle Quadrature Q^^^ , quando nel 1. Volume deW Introduzione all'Analisi deql' Infiniti (49) indipendentemente dal Calcolo delle Flus- sioni . Apparirà dai due seguenti §§. quanta copia derivi di verità geometriche ed analitiche da quefta sola speculazione , e quance delle già note ne discendano felicemente , o si confermino a vicen- da , e ricevano nuova luce . Giova però avanti di seguitar passo a passo il metodo tenuto dall' Euler fermarsi a considerare come facil- mente si manifefti anche al disattento osservatore la stretta corri- spondenza che debbano aver col Circolo alcuni dei termini d^ inter- calare nella Serie propofta . E difatto risalta subito agli occhi di tutti che il numeratore sempre costante del termine generate, sempli- ficato da me nella maniera spiegata al Num «., cioè i. 2.3. 4. 5. 6. 7. 8. 9 00, altro non sia che il prodotto della mera di cia- scheduno degli infiniti/c^^or/ della radice quadra del numeratore della Serie Wallisiana conosciutissima conducente alla Quadratura del Cir- colo , la qual Serie fu la prima di quefta forma a vedersi negli Scritti dei Matematici (50) . Se dunque accada che in alcuno dei va- lori (48^ Nel Tom. XI. dei vecchi Commentar} luogo citato dalla Nota (i)j ed in oltre nei §§. IS- 16. a pag. 40. (i?e Fraclionibus continuis Observationes) dove ge- neralizza le Serie di BrouncKer e "Wallis ; nei Commentar/ della R. Accademia di Berlino per l'anno 1761. stampati del 1768. da pag. 8j. a 107. Remarques sur uà beau rapport entre les Séries des Pu'ssances tant dire eli s que réciproques; nel Tom. HI. delle Mélanges de Turin da pag. 156. a 178. della 2." numerazione Observationes circa Integralid Formularum &c &c. (49) Gap IX. dal § 155. e pag. 117. in poi, e quindi Gap. X. e XI. (50) E' molto lusinghevole per U Toscana che le profonde speculazioni del Wallis intorno alla quadratura del Circolo ( come egli stesso confessa nella sua Lettera dedicatoria in data del 19. di Luglio 1655., che precede r Opera summentovata nella Nota (43) ) nascessero dalla lettura dell' Opere dell' immortale Torricelli Matematico del G. D. Ferdinando li. , stampate del 1644. in Firenze. E non è meno onorevole a mio giudizio per Wallis che Carlo DELL* ACCADEMIA ,.*7 lori innumerevoli dell indice n ancora il denominatore variabile dell' irtesso termine generale si converta nel prodotto delle metà di tutti i numeri dispari contati coU'ordine loro naturale , che torna a dire I 3 5 Z 9 " »3 »5 17 a.oo-r nel prodotto — • — • — • — • ^"TT' T' "^ 7, ' cioè nel prodotto della metà d'ognuno degli infiniti /j/fort" compo- nenti la radice quadra del denominatore della medesima Serie di Wallis, verrà da nascere allora qual termine particolare della Serie proposta quello espresso cosi i * 3 * ó 7 ' 9 ^J,' 'J '5 * '^ aaaaaa'-iaa ^°° . 2 4 6 8 10 3.00— T , o sivvero con maggiore semplicità t • 'r ■ 'r ■ T ■ —.•.. 12 14 16 18 21/°^ ^1 'l il l'i _-^°°_ _ rX" 43446688 2.00 — 1 — 1/ —..— .—.■— •^.^.— .— I 3 3 5 5 Z Z 9 10 IO 12 12 14 14 i<5 16 18 200 9 -iTu •,!• l'ili- il'i^-i'i a-^o'=]-'^l^A. posta laJT/- ^/c A per r Area d' un Circolo , di cui il diametro sia eguale a I Cs O = l^C mentre C rappresenti la Circonferenza circolare ripor- Tom. Vili. C tata Carlo Cavendish , e Gug''elmo Oughtred ( Autore del Libro intitolato Clavìs ma- thematica^ promuovessero sino del lójj. con minor frutto di lui le dottrine di Galileo Galilei e di F. Bonaventura Cavalieri, ed anzi che gli restassero indietro ('siccome afferma) Setho Ward. Lorenzo RooK , Riccardo Kawlinson , Roberto Wood , e Cristeforo Wren , famosissimi Matematici contemporanei . 3 4 4 6 6 8 8 IO IO 13 (Si)Wallis trovò j - j • J •-•--• — • — .— • &c. = A [si veda il lo- co citato , ed Euler nel Tomo XI. di Pietroburgo tra i primi a pag. ;. §. 4., come altresì nel §. 185. del Volume F. Introduclionis in Analysin Jnfinitorun a 2 4 4 6 6 8 8 IO IO 13 pag. 146.] Dunque 4- " • " J J -■-•-•—•—• j^ Scc. = 4 A. [Si vedano ancorale Additions di M. De La Grange a pag. 381. del Tomo li. edizione del 1774. dell' Algebra d' Euler Vulls/dndige AnUiiung ^ur Algebra']. [Emendato però lo slja- glio di stampa con surrogare 7. al terzo 5.]. i8 ATTI tata all' istesso diametro (52). E' vero che la Serie degli infiniti /.^^.2 4 6 8 IO 12 14 16 18 2.00 jutton ^ ■ — .,-. ^ . ^. — . ^ . ^ . „ subitosi pre- I 5 5 Z 9 'I '3 '5 «Z 3.00— i t^ aenterebbe cosi [/" t . t . i. i. t. i. H. . !. . 12 . 12 . 'J . 12 . « » 3 3 5 5 Z 7 9 9 II "' 14 14 ló lO 18 18 3.00 3.00 ^ . JZ . „. H-. ^. — . . Ma per evitar que- 13 «3 15 '5 iZ »Z 2 °°— I 2.00—1 sto equivoco conviene di rammentarsi come nel modo , col quale ò dedotto al Num. t. dal numeratore del termine generale Euleriano il mio sommamente più semplice sia chiaro che quando dovesse fi- nir la Sene i. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9 n 00 a qualunque suo termine n , finirebbe nel caso speciale , di cui parliamo , ia r X- , , a 4 6 8 10 13 14 16 18 n. n a — V n ; laonde ^ . ^ ■ — • — ■ h-— . ^ . ^.„ I 3 5 Z 9 " 13 '5 «Z 11 — 'Z- . 3 i/°° viene ad essere la vera e rigorosa espressione del 2.00 — 1 valore cercato , che necessita in conseguenza a disporre i termini del suo Quadrato nell'ordine della Serie di Wallis['53]. Ciò sia detto una volta per sempre , contuttoché in ogni altro caso parti- colare volendo inoltraci i nostri pensieri sino al segno di conosce- re e ftabilire Informa di queste Serie in ordine ai r^z-m/n/, i qua- li appartengono all' /n/ni7o , potessimo col metodo istesso egualmen- te rendere minuto conto e ragione della forma o composizione ana- litica di quei termini ultimi, che oltrepassino ìì limite dei finiti. 6. Non fa di meftiero specular molto per accertarsi che il caso del Num°. precedente sia quello dell' indice —\ . Difatto in esso solo accade che il denominatore del termine generale cioè (i-t-n) (-i-f-i) (3-4-;i) (4-l-n) (5-l-n) (ÓH-n; (z+n) (8-hn) (p+n) (oo-^-n) diven- ga (51) pare che debba esser corretto il loco chato dell' Euler Introducilo &c. , 2 2 4 4 6 6 8 8 IO IO 12 dove parlando della Serie T-j'-J-J-J-j-i'T-TT'IT-^^- ^°gg'""S^ ^"* est exvrcssìo prò Periphena Circuii , quam Wallisius inventi in Arithmetìca Infinito'^ rum , in cambio di Semipcriphcria riportata al diametro i. Per maggior lume di tutto nu.^sio si consulti la Nota 131. , ,,, • (53) Mdc-Lauiin a pag. 355. linea 13- Tom. II. del Tratte des Fluxions edizione del i749> DELL" ACCADEMIA 19 £ 5 2. . 2. . l! . 'j? .11 3 i! 2 a 2 2 s J. 12 ^■°° ' siccom* era 1* intendimento poc'anzi propoftosi. 2 2 2 Quindi è che sebbene la ricerca del termine della Serie Euleriana, il quale corrisponda a\V indice — i, sembrasse più difììcoltosa d'ogni altra come quella clie mira ad inveftigare il valore d' un termine spettante agli indici negativi , turravia in virtù del possesso del /tr- mine generale , e della maniera facile, nitida, e pronta di disporlo nell'ordine sopraindicato si possa dire per il contrario che vada in traccia del primo e più semplice di tutti i termini da intercalare . Euler non accennò queilo termine nei luoghi citati, perchè allora non ebbe altro scopo fuori di quello di definire i termini della sua Serie corrispondenti agii indici positivi; ma non è meno vero che i suoi principi medesimi ed il suo istesso termine generale ve l'avreb- bero immediatamente condotto quando avesse rivolta la mente dalla parte degli indici negativi . E difatto , subitochè quel gran Matema- tico speculò sopra i termini della Serie , i quali corrispondevano ad alcuni degli Indici negativi e nominatamente a — | , come fece nel Tomo XVII. degli Atti dell'Accademia di Berlino [^54] , diede sicuro riscontro di possederlo con aifermare [55^ che il termine della Serie attenente all' indice ^ fosse eguale alla metà di quello relativo all' indice —5 , cioè (|)=:| C— a), ed in conseguenza essendo il pri- mo z." i/a = I i/c in grazia di ciò che vedremo trappoco , veniva l'altro ad essere eguale a 2i/a = i/c come sopra. Quella scoperta era fiata fatta da lui assai di buon' ora: imperocché la Memoria, in cui ell'é contenuta , à la data del m. dcc. xlix. , torna a dire an- teriore di molti anni alla citata Dissertazione del Figlio [56] . Ri- spetto agli indici positivi Euler il padre colla sola guida del termine ^ert^rc/f [57] notò il caso di «=5, l'altro di nz:|, ed avrebbe pa- C ij rimente C54) Nella Dissertazione accennata dalla Nota (48) al §. 14. e pag. 98. CSS) Loco citato .... &pariant none expressìon — -^^ devicnt efficlivementzii' 1/ n" (.$6) Il titolo dell'annuniiata Dissertafione indica così la sua Data la en 1749. Dunque almeno undici anni prima del Tomo per il 17Ó0. indicato nella Nota (2)' (57J TomoV. di Pietroburgo (Jccme sopra) al §. 11. pag. 44. in seguirò del metodo tenuto alla p^g. 37. Di nuovo al §. 17. pp. 48. 49. , e nel sumraemovato Tom, XI. coir istesso metodo generaliiiato a pag. 7. e §. 7. ao ATTI rimente potuto senra ricorrere al Calcolo Infinitesimale [siccome poi fe- ce] assegnare il valore di cento altri termini intercalati, perchè sebbene espresso con meno semplicità , possedeva il termine generale , e vale a dire la chiave analitica della sua Serie. Nulla infatti v' à di più facile, quanto trovare qualunque /^T/Tz/nr della medesima Serie, di cui l'in- dice sia JL -, pofio n' uno dei nameri /JO«V/w dispari della Progres- ^ìoat nalurale aritmetica. Cosi sen'iri, zl[' indice 5 apparterrà I- 3- 3. 4- 5- 6. 7. 8. come termine particolare e specifico S 5 2 9 i^ '3 '5 JJ , oo 19 2.00-+-1: I. 3. 3- 4- S- 6. -■ 8. 9- IO.. [ . 5 2 7 2 9 0 1 1 2, 2 ■ 2 ' 2 19, 2 2. e 2 I r:"^. 2i/a = i/a=s ^l^G in virtù delle cose poc'anzi premesse e provate. Parimente se 0=3, all' inc/Zce | corrisponderà qual /érmi/ie I. 3. 3. 4- S- 6. 7- 8. 9. ■ ■ . . 00 — L S intercalato 5 7 9 11 13 15 17 19 21 2 . oo-+-3 — T " 'T ('• a. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. n 00 \ ^ ^ j- . ^ . ^ . J. . E . li . 'J • 'i . 'i . '2 . ^ 200-1)= - . - ■ 22332222222 - 2.1/a=-i/a— — • i/c» Né solo questi valori da me trovati con ammirabile facilità combinano con quelli dell' Euler [58] , ma è da notarsi di più il medesimo Euler avanti di sperimentare il Sistema «Ielle Quadrature , che glieli fece conoscere in un modo indiretto, e piuttosto compilato anzi che nò [59], gli deducesse dal termine ge- nerale p _^— ——.——_____ •_— __^___^__^_ »■ (58) Oltre di questi termini espressi colle Funiioni dell' Area del Circolo ado- pera ancora egli stesso la circolare Circonferenza, come al §. 17. pp. 48. 49. del precitato Tom. V. dell'Accademia di Pietroburgo, dove rammenta Azz.-^ p, i/a =:5 1/7. Il metodo, che qui ò adoperato, e poco diverso da quello che usò 1/ Euler in proposito delle elegantissime Serie di Goldbach. (Varia; observationes circa Serles infinicas &c. nel Tom. IX. di Pietroburgo per l'anno 1737 ). (■55) Lo confessa l'Autore medesimo al §. 15. pag. 47. del Tomo suddetto ~ Hinc quìdem idem concludere non licer ob defeclum Analysis &c. :^ dopo d'aver chiamato il suo metodo operosissimam. Per meno del Calcolo Integrale gli con- venne D E L L' A e e A D E M I A 21 nera^f [_6o^ . In conferma di ciò, prendendo di nuovo ad esaminare ristesso argumenro, siccome egli fece alcuni anni dopo nel To- mo XI. dei più anticlii Commentar] dell' Accademia di Pietrobur- go [61], e volendo dar conto del valore del termine da intercalare per Vindice | della Serie (/H.g)4-(/_H^) cy_i.jg)+(yiHg) (/•^-agXy^.jg) •^(f-^S') (/■+"»?) (^f+ìS) (/+4g)-h ^c. rammentata nei Numeri 3. e 13. , lo derivò dalla /orma \/1^7\ /~ (f-^f:) C/'-t-3.g)C/4-2g)(/-+-3g)(/-t-3gJ a+4gj £^tig}ffijg) y:j;?/l,f-^,y ^^- composta d'infiniti Mor/.Laqual forma nel caso particolare superiormente contemplato di/c: o, e^ ti i . .^ \/~^- 2. 2. 3- 3- 4- 4- 5- S- 6 1-2.3.4.5. 1/5 ... somministra y —- = ^ ^ ^ ° • 3 . 3 ^ 5 , S . 7 .7 .9. 9. !_!. i^ ^•5.7.9«i... / 32Ì33222 2 2 3. 2 2 2 ~ cioè quel medesimo termine corrispondente all' indice § nella Serie infinita i-+-i.2-»-i.2.3-|-i.2-3-4~*" "^c. , quale appunto ò poco prima assegnato con metodo assai più semplice dell' Euleriano . Anzi di qui sempre più si corrobora che quando debbasi spinger la Serie rappresentante quel termine intercalato sino a qualsisia nu- mero ■yenne cercare il valore del termine dalia Serie i -|-i . 2-1- 1.2. 3 +i. 3. 3.4.-f-8<;c. corrispondente ì\'C Indice g;, |,, &c. col dedurlo dal termine analogo dell' altra Se- I 1.3 1,3.3 I. 3. 3. 4 "^ I "^ J7^ + T^Tl "^ Ì76r7."8 "*■ ^'^' Credasi Tom. V. e». §§. 20. 31. 3 pag.5i.]. [Si legga ancora il seguente num. ii], (60) Lui stesso lo scrive nel §. 13- pag 47. del Tomo suddetto Sei ìnltio estendi hunc terminum esse gqualem radici quadrate ex circulo , cujus diameter 1 , rimandando cosi al § 3. pag. 36. 37. Mi sembra però che nel giudicare del pre- gio dei due metodi non siasi sempre espresso egualmente. Ora dice [§. 3. pag. 36.], parlando del termine generale , hoc aatem Me explicare non constitui. cum infra magis idonei modi occurrant ad idem efficiendum. Ora parlando di quest' ultimo mo- do per le Quadrature, soggiunge [§. 13. pag. 47.] Ex cujus cum hac comparatiene forte nonnihil ai amplificationem analysis ierivari poterii . Là dice del primo metodo [§.3. pag. 37.] tamen ad interpolationem ejus serici, seu ad terminos , quorum in- diccs sunt numeri fracli, egregie accomodari potest. Qua, dove espone il secondo [§ 15- pag. 47.], comparisce che nieghi il già detto = Verumtamen ad terminos in- dicum fraclorum invcniendos perquam est idonea, quìppe qui adhuc tic operosissima quidem mtthoio definiri potuerunt = . (ói) Printipalmentc si legga il §. 6, alla pag. 6. 12 ATTI 2 4 6 8 IO n— 2 mero n , ella diventi _•-•-■-• — - — - . i \/n , e perciò ali* 5 5 7 9 II n—i a 4 6 8 IO 00-2 infinito -•_•-■_• — . 2 i/Ji , ed anche meglio C se oo denoti il limite della Progressione naturale dei Numeri , che ne dà a 4 6 8 IO 2.00 — a r idea la meno oscura di tutte ) -'-•-•-• _ 7 „ ' , • 2 t/oo»per- 3 S 7 9 II 2.00—1 r rettamente d* accordo colle rigorose Formole di Mac-Laurin [62]. Adesso è impresa di poco momento quella di proseguire sulle me- desime traccie e cogli istessi principj nella ricerca dei termini at- S 7 9 tenenti zgli indici -'-'- ' &c. imperocché partendo sempre dalla Serie fondamentale, che à servito a scuoprire il valore del termi' I 3 S ,- ne per 1' indice — | , si trovano facilmente eguali a - * - ' - 2 i/a » - • - • - • - . 2i/a ,- •_•_ •_• -.2 i/a . &-C. o sivvero _ • _ • _ . l/c , 2 a, 2 2 2 Z 2 2 Z 222 -•-•_•_. l/c ,-•-•-•-• -•i/cj&c. ; ed in generale per l'indi- 2232 22222 ce — viene il termine universalmente somministrato dalla Formola 2 ^- 3- S- 7- 9 "'. -l/À = I- ?• 5- 7- 9 "' ./c> canonica "'— i «jj-i a 2 2 7. Ma " . — • ■ "" (62) Questo rispettabile Autore ha preso inganno scrivendo {Traìté desFluxlons Tom. II. pag.264.] ^^^ i' termine della solita Serie 1,1. i, 1.3, i. 3. 3 , i 1.3-4 I. z, 3. 4. 5 , &CC corrispondente aWindice 5, cioè intermedio tra i due primi i , i . I sia posta [com'egli fa allepag.ass- e 364.] la Sigla e rappresentante la Cir- 2 y — conferenza circolare, di cui i significhi il Raggio, averebbe dovuto scrivere ^ o siv- vero . 5 : altrimenti sarebbe falso quel che soggiunge ce qui s accorai avcc ce qu'on 2 au trouvé par et autres Méthodtt .CiKhiXÒ di spiegare l'origine di questo equivo- co ad §. II. al num. 19. DEL L* ACCADEMIA. 23 7. Ma non contenro il grand'Euler di possedere il termine generale della sua Serie, e d' avere spianata la Strada onde giungere ad onta dei fattori innumerevoli , che lo compongono , al ritrovamento di grandezze liote e finite non solo nei casi degli indici interi po- sitivi, come in alcuni altresì degli //jJ/o frazionctrj parimente/>oó/V/- vi , immuginò di spogliarlo d" ogni ombra ed apparenza dell' Infi- nito [63] ricorrendo alle Quadrature . Fu allora ch'ei discoperse un' armonia non pilli vista tra l' Iperbola e il Circolo, fu qui dove spic- cando un volo da pari suo fece conoscere soprattutto sino a quale alto segno poggiar potesse spiegando l'ali di quella mente penetran- te e sublime, di cui lo forni la Natura. Si propose perciò lari- cerca della forma di un Integrale trascendente , il quale svanisse polta la variabile x:3o , epo(la=:i facesse nascere la sua Serie, e vale a dire si risolvesse come Funzione dell' indice n in ciaschedu- ne dei termini della medesima Strie [64] Quefta Teoria aftatto nuo- va in quel tempo C65}. ch'egli tanto promosse dipoi, quanto ap- parisce dalle seguenti di lui Memorie inserite nell* irtesso Tomo V« citato dei Commentar) di Pietroburgo 66,, in alrii Volumi dell'Ac- cademia Imperiale medesima (67) , nelle Raccolte delle Reali Acca- demie di Berlino (08) , e Torino (69), non meno che nelle Istituzio- ni del suo Calcolo Integrale (70) , non differisce dal metodo ultima- mente imitato tra i nostri Italiani dal Sig. Gian- Francesco Malfat- ti nel lomo IV. delle nuove Mémoires Ùc. dell'Accademia Tori- nese (63) Ancora gli Scrittori di Elementi trattano di queste apparenze d' Infiniti e di Leri (Marie Lcfons &c. a pag. 457. edizione di Parigi del 1778., Beiout Cours &c. Tota. iV. a pag 79 e scgg ^ . (64) Nel citato Tomo V. di Pietroburgo si legga a pag. 39. il § 6. Concipia- tur pdx &c. (65) Intendo del 173? • [Si veda la Nota (i)]. (66' Di summatiune innumcrubdium Progrcssionurn da pag, gì. a lo6. f> (67) De produclu &e. (Nota (i)) nel Tomo XI. (rn . n — 1(00,) -^-n.n — i • n — 2 (00, ) ^ -4- n . n — 1 • " — 3 -11—3(00,) ''■ _j_ . — — -»-— , — — - -1- — , — &c. I + C. replicata perciò 1' istessa suppo- 4.5 s<5 6.7 7-8 / ir ff sizione die l'Integrale debba esser nullo quando xr:o ossia ^~ — r. Viene a determinarsi la Costante C =i"( — -*- \- — + — -^ — V.1.3 a.j 3.4 4.5 s-S 6-7 7-8 J \ 2 2 3 3 4 4 5 s 6 5 I I I I N — --*"- --j-»-^ — &c. Ir: "il; laonde il valore dell'Integrale quan- -^T-' ^'°^ ?=o » risulta come sopra Zi" i , senza intervento però dell'Infinito armonico; e presso a poco si sperimenterebbe ristes- se in proposito di Sdx{-±hyi)'^, SdxiltLx)^, &c. Mediante 1* ajuto di altre Serie infinite sommamente eleganti , dedotte dalle potenze del premesso Infinitinomio . D ij 9. Ab- _ (80 Paragrafo 6, e", nella Nota (64), e §. 14. a pag. 46. del Tomo V. di Pietroburgo . (84) Misceli. Berolìn. Par. I. della Continuazione VI. o sia Tomo VII. a pag. 149. pubblicato nel 1743. De imenrione Imegralìum &c [Si veda la Nota (68) }. (85) Disquisitio XIII. De Infinito Logarithmico tra l'altre del Volume stampa- to in l'avia l'anno 1780. da pag. 303. a 323. «7 ^^f^ Principalmente ai Capitoli II. ( §. 73.), IH. (§§. 109. no, ni. 114.)»' Iv. (§§■ 128 129 _), X. in tutti i Paragrafi. (87) Alla Sezione Ili. §. 49. ed altrove . 28 ATTI 9. Abbandonato dunque dall' Euler questo metodo inverso (88), si pose a cercare tra le innumerevoli Formole Integrali quella che gli somministrasse nelle condizioni suppofle il termine generale del- la sua Serie (89). Primieramente considerò Sx^dx(i—x)"' , e vide che annullandosi quando x^o , prendeva nel caso di x=i per gli indici o , I , 2,3,4, ^c. la forma di — — - , . . , , . t, , . . . . i^_i I. 2. 3 I. 2. 3. 4 (<-t-i)Ce-i-2;(£-H3) ' (f-MX'2-t-2)r^3)(f+4) ' (£-}-iX«-l-3)C£H-3)Ce-t-4)(i-+-S) * ^.hi si fraciio non fuerit g g numero integro cequalis, seu si £ ad g non fialuerit rationem multi- pHcem , progressio erit transcendens , & termini intermedii a quadratu- ris pendeùuntz^ apparisce d'aver egli pensato non essere trascendenti le Serie, che avessero Sx.^dx{i — x)'' per loro termine generate . E di- ■ III (88) E' vero che nel §. 11. a pag. 44. del e* T. V. di Pietroburgo asserì che r. r — i.r — 2 i'^:Sdx(—Lx)' , posto al solito x^t , rimandando al §. 14. pag. 46. Ma qui non fa altro che dare in conferma per il solo caso di rrr3 il valore di SdxC—Lx}"^ ricavato dalla Formola del Bernoulli — jr(Lx)5+ 3 jr(Ljc)* — 6jr(Ljr)-t-6jr:r:3.2. irró. Non è il suo metodo (torno a direj, ma una riprova della verità del suo metodo per i soli indici intieri e positivi. E questa riprova è vera riprova , perchè consiste nel paragone dei risultati di due diversissimi metodi. (6<)J Assumsi igitur &c. §. 7. a pag. 39. e 40. ^ e soprattutto §. 8. a pag. 40. € §. 9. a 41. del Tom. V. 8cc. (90) Del Tomo V. ai §§. io. 12. 13. 14., alle pag. 42. 45. e 46. (yO Al §. IO. e pag. 43. del Tom. V. DEL L* ACCADEMIA 29 E difatro poco sopra esso si esprime così . = Hìc observandum est progressionem semper fieri alqehraicam , quando loco e assumatur nu- merus affirmativui =(92) . Ma se a forma della sua stessa defini- zione (93) è sempre trascendente la Serie ogni volta che i termini pofti di mezzo a quelli degli indici interi e positivi dipendano dalle Quadrature, ognun vede esser ciò tanto vero di Sx^dx{i—xf 5 quanto di 5xfi £/x(i — x) . Ne dà un esempio il medesimo Euler : imperocché dopo d'avere adoprato l'esponente _, e dedotta per gli. S indici 1,2,3,4, •••• " laSerie-7-— , 77— -7777- — : , 77-— 777; — <77T— T' '• a. 3. 4 I. 2. 3. 4 .... n (/+g)(/+^g)r/+3g)(/+4g) ' f/+g)f/-t-2g)(/+3g)(/+4g; 0+"g) ' ^ to /:= I , ^ =: o a fine di conseguire la Serie propostasi i , i . 2 , I .2.;<, 1.2.3.4 ' I-2.3.4 ". ottenne per termine generale di questa (che pure è trascendente atteso i termini interme- dj non algebricamente esprimibili) la Funzione Sx° dx{i — x) n-t-i 00 n =: 00 Sx £fx(i— X) , dove senza curarsi del coefficiente costante, che non cambia mai la natura della Funzione , f=:oo spetta al- la classe degli esponenti interi e positivi come ultimo loro limite e compimento . IO. All'effetto di liberarsi degli Infiniti , che ingombravano il o o termine generale {()^), fa la sostituzione di x»-^or=x' , ed ottiene la nuova forma di esso Sdx. '—; e per togliere ancora qui tutto o" CIO che non sia grandezza finita , ricorre alla regola data da Gio- C92J Paragrafo 9. a pag. 41. (93) Neir istesso Tomo V. egli dice (§.4. pìg. ji.^ Progressiones vero qua: ta- Its requirunt terminos generales , qui algekraice duri nequeutit ^ vuco iranscendentes ^ qucmadmodum Geometra omne id , quod vires communis Algebrce superai , transcendcns appellare solent. E nel §. 6. a pag. 39. Integrale diclo modo determìnatum erit pro- prie terminus generalij . Si quìdem id haberi poteste non opus est formula differentin' li , sed progressio inde formata habebit terminum generalem algebraicum ; secus res se habet si integratio non succediti nisi certis numeris loco n substitutis. [Si veda l esempio che siegue al §. 11, pag. 45.]- /■T ^^'^) h°'^° citato Qui vero huius exvresiionìs sii valor , sequenti modo investigo. (Legga.! il §. 13. a pag. 45.). ^ 30 ATTI vanni Bernoulli (gf) , coli' ajuco della quale conseguisce finalmea» te SJxi—Lx)" per espressione del termine generale (96]. Tre riflessio- ni mi occorrono sopra di questo procedere tenuto dall' Euler . In pri- mo luogo senza punto cambiare la primitiva/orma 00' '^'Sx'^ dx{i — x)'' proverò anzi nel li. §. com' ella sia la vera e più naturale per discuoprire tutti i termini della Serie lochè semplificherà non poco /a ricerca presente. In oltre poteva l' Euler senza del Calcolo Dif- ferenziale ricavar subito (frammentandosi che x'^zzi+oLx in virtù. delle Formole esponenziali) da Sdx(^J~J^) l'equivalente 5<:/x[^""^~i'j^| =r 5'rfx(— L^)". O piuttosto essendo di già notisi Simo, secondo ciò che scoperse sino del 1695. Edmondo Halley (97), che =: Lx , nasceva l'istessa Funzione 5cfx( — L:r indipendente- o ^ y 1. mente dall' uso della Regola Bernoulliana . Di questa Equazione Halleyana , illustrata molto, e promossa dal medesimo Euler (ygj , e quindi dal Cav. Daviét De Foncenex (99), ed ultiinainenre dd M. De La Grange (loo; che la trovò combinare colla pratica d' inter- polaT^iove usata più in antico da Briggs nel costruire le sue nuove Tavole dei Logaritmi, mi servirò nel §• III. per assegnare gì' istessi Integrali in una maniera diversa da tutte l'altre sino ad ora ado- prate (loi) . Finalmente avendo l' Euler in mira di rintracciare una Funzione logaritmica , poteva immantinente ottenerla nel modo se- guente 00 ""^^ ^x'^t/xCi-x)" =i'x°°. 00 f/xT'—- y°°"') =5'c/(x«') C-L (95) Per regulam igitur cognititn quxramus &c. (§. 13. pp. 45.6 46 loco citato) . Si consulti la Nota (40}. (96) Nel seg. §. 14 a pag. 46 Parimente nel §5. a pag 5. e 6. del Tom, XI. (97) Volume XlX delle Philosophìcal Travsacltons al niim. 216. A most com- pendious and facile mcthode for construcling the Logarithms : &-c. without any regard to the Hyperbola &c. (98) Capo VII. del Tomo I. stampato tiel 1748. dell' Opera celebre Introduclio in Analy in Lifinitorum , e più ampiamente tra le Memorie della R. Accademia di Berlino del 1749. pubblicate nel 1751. quella così intitolata (pag. 139) Vela con- troverse entre Mrs. Ltihnit^ & Bernoulli sur Ics Logarithmes des nombrcs negatifs & imaginaires (Ano alla pag. iSo.") . (99) Refirxions sur les quantités imaginaires nt\ Tom. I. edito del i-j^i). Miscel- lanea philosophico-maih, malica Societatis privarte Taurinensis = Augusta Tjurinorum=. (100) Ai §§. so 11. Cpsg 388. 38y.) della Dissertazione c\izX3. nella NotaQì}., non meno che tra le Mémoires dell'Accademia di Berlino per l'anno i7?6. Sur fusage des FraBinns continues dans le Calcul Integrai ai §§. io. e 12. pp. 349-i50. 6552. Cioi) Vedasi il nura. jo. DEL L' ACCADEMIA 31 f—L (*■***)) per essere 00 =: - , ed 00 — 1 zr 00 . Operando cosi que- sto rispettabile Autore avrebbe non solamente veduto che coU'uni- ca Formoìa universale , poco fa spiegata » soddisfaceva a tutti i casi tanto degli indici interi positivi , quanto dei fra-^ionarj parimente positivi, e perfino degli indici negativi secondo che manifesterò nel §. HI. [102], ma di più che quella Formola primitiva, senza di nes- sun cambiamento, nel medesimo tempo che spiegava come per gli indici inferi , fatta la sciita ipotesi di x=:i , somminiflrasse per ter- mini della Serie quelli iftessi, che risultavano dall'Integrale Lo- garitmo del Bernoulli esposti nel Num. 8. (poiché Sdx.{ — Lx)" con- duce sempre a risultato eguale a quello di 5rf((fx)( — L(?x))" men- tre x—i ogni volta che fx come X diventi o posto x— o , ed rr i po- sto xmii , lo che segue di x°° ) (103) fosse idonea altresì a far cono- scere i termini corrispondenti agli indici — che comprendevano del- 2 le Funzioni di Circolo, sebbene espressi da una Formola logaritmica . II. Euler difatto arrivato a possedere la Formola Sdx ( — Lx)" ccyi un merodo assai laborioso , di cui non parve molto contento egli stesso (104) , non potè nemmeno condursi a trovare direttamen- te i valori di 5Jx(— Lx)= ' Sdx.'—Lxy'' , 5(fx(— Lx)* &c. , ma gli convenne in una maniera indiretta ottenergli per mezzo d' un'altra _ . I I. 2 , 1. 2. j I. i. 3. 4 I. 2. Serie, quale fu quella_4- + H \- 4-- 2 3.4 4. s. 6 s- 6. 7- 8 C"+i) (102) Numeri 28. e 29. Per adesso dalla parte àegV indici negativi non esta- te rinvenuto che quello corrispondente a-^ . (Num. 6. e 14 ). C103) Di qui si scorge quanto estesissima potrebbe essere la soluzione di quel Problema Analitico risoluto nel Proemio. Imperocché in vece di fjt^Lf — j col- le medesime condizioni espresse di sopra potrebbesi sostituire (px^hl ]— -LCA*) surrogando ancora a dx il differenziale d^x. Si riscontri l' Euler nel §. 13. Ex cori' iitione , qua hujusmodi termini generalcs usui accomodari debent , facile intelligitur loco X alias funcliones ipsius x posse subrogari, dummodo eit tales fuerint , ut sìnt TZ.0 si x—o & z^i si xzzi &c. alla pag. 43. del Tomo V. (104J Loco citato § 15. a pag. 47. Verum quidem est hanc methoium termi- norum istius Seriei inveniendorum esse operosissimam &c, [Nota CS9) ] • £ ^ii nuo- vo nel Tom. XI. a pag. 6. Quanquam entm si n sit numerus fraclus, non ita facili constai, qualem quadraturam Sdxir-Lxy contineat &c. sa ATTI j. 4. . . ; . M n' (^^■):~'%n ' ^' ^^^® concluse (105) che Sdx{—Lx) — fosse eguale ^Y I. a. 3. 4... (i'-M)^ÌA-(-«'—*' «•)!-' ^ poi P'ù generalmente (106) trovò I i£-HI )«*•(*•_.*•*•) £ Sdx ( ;^'^_ ;t- J) £ 5i*' {x »_ .v4 ) £ Sdx (*•-♦— ^» ) £ . . . . li__Z ì 1 9 ì Sdx{x^-^ — x^) _ , che soddisfaceva ad intercalare qualunque Termine della Serie proposta mediante le quadrature., purché appartenesse ad un indice ra-^lonale e /jo^iV/i'o (107). All' oppofio mentre avesse prescel- ta la Formola Sd{x'>^){—l.{x°°)Y, identica alla sua primitiva 00" "*" ' Sxaodx{i — x) , veniva non solo ad attingere da quest' unico fonte i '^f'"- mini della sua Serie per gli indici positivi ed intieri , ma a confer- margli , se pur voleva, colla nota Serie del Bernoulli: poiché Sd{x*°) (_LC^oo)).;=^-oo(-(^_^^,o))«+;^(^_L(:vOo^y,-,_^ ^ . ^JZ^ (-LCv^O)'-^ + n . ;rr. . .-Hi (-(L.-;)"- V „ . ;irT . ,-^1^ . ;^(-l (.-«))«-'*+ &c.), e perciò =0 se xrro, e posto x=i , si converte in i. 2. 3. 4 n come l'altra del Num. 8. Di pift senza la sostituzione usata da lui, e senza ricorrere ad altra Serie veniva a ricavare direttamente dal- la sua Formola primitiva e fondamentale oo""*" '^x*' dx {i—xf tutti n' i termini che appartenevano agli indici positivi — ed erano dipen- 2 denti (105) Leggasi tutto il processo analitico dei §§. 19. 20. e 21. e parte del 2z. alle pag. 50. 51. e 52. del Tom. V. summentovato . (106) Ai §§. 22. e 23. pp. 52. e 53. del suddetto Volume V. e massime dove sta scritto Mine generaliter &c., non meno che al §. 5. pag. 6. del Volume XI. degli antichi di Pietroburgo .... tamen eoiem loco estendi posilo — loco n [or- P ^ mulam Sdx(^ — \^x) — congruere &•€. 1 (t07) Nel Tom. V. ed XI. precitati Euler considetò sempre Vindice n positivo. Nei casi poi degli indici irraiionali e transcendenii ognun vede che quelle For- mule si pei dono neh' Infinito. DEL L' ACCADEMIA 33 denti dalla quadratura del Circolo , non meno che quelli attenenti agli indici frazionar] — parimente jjojm'y/, che rimandavano ad zXtt e qua- drature di Curve. Tutto allora veniva facile, naturale, diretto , e connesso con un solo principio , il quale 1' avrebbe in oltre con- dotto ad assegnare i termini della sua Serie dalla parte degli indici negativi , che non paté contemplare per l'inefficacia delle sue For- inole. Ed infatti quel termine della sua Serie, che corrisponde all' indice — |, di cui ò parlato sin dal principio del Num. 6., egli lo rintracciò mediante il termine generale espresso per inhnnì fattori C108), né potè mai conseguirlo dalla Formola j/ I-2-3-4 (n'-^i-)Sdxix-xx)2_ z la quale in quel caso diventando , /~ , „. . ._» ''"' ^ ^ 1/ (^ — i-hi) Sdx{x—xx^ a =0.^ /— . :;:; era ben lontana da rappresentare, mentre x slam J y X — XX diametro d'un Cerchio, la Funzione i/c. al quale effetto conver- rebbe che fosse, come ognun sa, \/~i\/ 1 . Tutto ciò sarà di- J VX XX mostrato nel II. §. ma intanto non deve far maraviglia se ai primi inventori in materia di scienze ( che fuori di dubbio son uomini grandi ) non sempre gli si affacci alla mente tutta intiera la fecon- dità ed estensione dei loro principi, d* onde avvenga che nella ca- tena interminabile del sapere molti anelli vi siano ancor di pre- sente così lontani uno dall' altro , che sarebbe di sommo profitto O rapprossimarli o riunirli . 12. Passando adesso a parlare d'Euler il giovane, egli inco- mincia da dire Ci°9) ^^^^ niuno Analista avanti di lui aveva r trovato a priori il valore dell' Integrale ScfxC — Lx) ^ nemmeno per l'unico caso di x=ii . S' Jo non vado lungi dal vero , a me pare per il contrario che molto prima del Figlio avesse il Padre scoperto e comunicato il valore di quell'Integrale rri/c , e che fosse arrivato a conoscerlo col mezzo di un metodo altrettanto diretto ed a /5/-/ori, Tom. Vili. E quan- r (108) Nota (102). Difatto nel Tom. XVII. dell'Accademia di Berlino non diede nessun metodo nuovo a questo proposito , ma rimandò ai due citati di Pietroburgo Orj'ai iimonfé autrefois &c. (§ . 14. a pag. 98). (109) Et c'est là cene formule mème de la quelle f ai fair mention au commen- tement, & doni personne ria encore donne l' integration a priori , quoiquon la cher- che seulement pourle cas x (ovyero ; cioè mediante una Formola aritmetica composta d' infiniti /a/^on" , e mediante la Funzione integrale Sc/x(— Lx^", equivalente per il ca- so di xzri in qualunque supposizione del valore dell' indice n alla prima . La prima forma del termine generale o provato nel Num. 2. eh' eli' era cosi naturale e diretta da non poter mai desiderarla né più semplice né più rigorosa . L* altra forma trovata parimente dal vecchio Euler fece tosto conoscere che queir istesso valore *,/~,c\i\. conduceva la prima nel caso di n~ — 5 , fosse ancora rappresentato da Sdx(^ — Lx) ^ come da Formola equipollente . Il Padre adunque Jjvanti del Figlio aveva assegnato in un modo quasi intuitivo (^ e vale a dire più perfetto di tutti) il termine generale della Serie pro- posta; r aveva assegnato di due forme diverse ; e nominatamente sino del m. dcc. xlix. aveva assegnata 1' Equazione SdxQ — Lx) '^ — l/cCiio^. che si deduceva immediatamente dalla perpetua corri- rispondenza delle due forme , e costituiva il caso più facile e pron- to del suo termine generale Qm^ . 13. Posto ciò al solo effetto di stabilire la vera epoca della Scoperta , andiamo più oltre ad esaminare il metodo tenuto dal Figlio . Esso si appoggia [112] a queir istessa Equazione S^x^— Lx)" =: 1. 2. 3. 4 n (^quando x=:i , ed nzz ad un numero intero po- sitivo^ conosciuta egualmente ed usata dal vecchio Euler dopo di Giovanni BernouUi , siccome ò detto nel Num. 8. Fissa quindi due leggi potissime della Serie Cs)' ^ sono; i. che ogni termine della medesima [da lui con tutta ragione chiamata /TL/pergéométriqueQii^')'], il cui indice oltrepassi di un'unità quello del Termine antecedente, sia eguale al prodotto di quest'ultimo termine moltiplicato per l' in- dice nuovo; 2. che allora quando la Serie si avanzi sino all' in- dice nzzoo, ì termini consecutivi attenenti agli indici n , n-i-i , n-h2. (no) Sia riletta la Nota ($6). (in) Difatto Euler il Padre fa il primo a rappresentare il termine generale di quella Serie in due modi , cioè come si vede esposto nel Hum. i., e per mez- zo di Sdx(^ — Lxy . (112) Tom. XVI. cit. dell'Accademia R. di Berlino alle pag. 255. e 256. (113) Donc par lunature de la Sèrie hypergéométrique &c. a pag. 357. del To- mo citato. Quindi alla pag. 258. Mais , si n est un nombre infini, il est manifeste par le caraclere de la Serie &c, (114) Alle pag. 256. e 357. Ancora Euler il Padre 1' aveva nominata cosi sino del 1749. (§. 14. a pag. 98. Tom. XVII) en examinant la progression hypergéo* tnétri^ue i, i. a, i. a. J, i. a. 3. 4) 6tc. DEL L' ACCADEMIA 35 n4-2 , 0 sivvero agli indici n, n-»-^ , n-hi debbano essere in Propor- zione continua geometrica (115). La prima di queste due lepqi ^ intuitivamente 1' indice n sia intero e positivo , perocché nasce dalla sola osservazione oculare della Serie proposta i-4-i . i-4-i . 2-*-i.2.3-*-i,2. •3. 4-t- -*-i. 2. 3. 4 n. £ quanto agli indici frazionar] positivi , , n' rappresentati universalmente da — , vien dimostrata con pari evi- denza dai termini noti § |/c . ve » —- — ^^C • 2.2.2 2.2.2.2 1.3.5. 7.9 _ l/c. 7— l^C. -— , &c. frappo- ' ' 1 -2. '24 '2 4 . 0 2.4,0 8 '^ sto tra i due primi termini r e i» di cui accennerò un mio pensiere nel Num. 23. del §. IH. Anzi dovrei dire piuttosto che ancora sili di questa interpolazione sia stato il Figlio prevenuto dal Padre , come si può riscontrare nel e." Tomo XI. dell'Accademia di Pietro- burgo C120) dove presso a poco nel medesimo modo e sul fonda- mento delle medesime leggi si assegna mediante la radice quadrata d' una Serie composta d' infiniti fattori il valore del termine 7^ , che corrisponde all' indice ì della Serie più generale notata appiè del (117) Nota (109). Tom. XVI, cit. alla pag. 357. Ainsi notre valeur desirée n'est autre chose que le terme qui da/is la ménte progression réponl à l'indice — ^ • Voli s'cnsuit que toui d prèsene se réduit à ce que nous nous efforcions de dégager ce terme par V interpolation . C118) Vale a dire alla pag. 468. e 469. del Tomo 1. della Raccolta delle sue Opere pubblicato in Oxford nel 1695. Egli sì appoggia principalmente alle Pro- posizioni 118. e lii. che sono alle pag. 4iS' 416 e 417., e quindi ai due Scolf della Proposizione 165. (a pag. 439-) e della 168. (a pag. 441.^, non meno che al- la Tavola della Proposizione CLXXXIX. C119J Tomo I. poc'anzi citato Johannis Wallis S, T. D. Geometria Professorlt SavìUani in celeberrima Academia Oxoniensi Opera Mathematica &c. da pag. 469. (^Ilem ali ter &c) sino a 476. Si consulti eziandio la Nota (48), poiché nel luo- go ivi citato Leonardo Euler scrisse così (§. 18. a pag. 41 ) . Quantum quidem ex Vallisìi recensione constat, Brounckerus ad istam formam deduclus est per inter- I I . j 1.3. S polatlonem huius Serici - H 1 7 -f- &c. , cujus terminos intermedios ' 2 3.4 2.4.0 ìpsam Circuii quadraturam prabere IVallisius demonstraverat . E' però vero che la Sene di Wallis non è la qui esposta. (Vedasi il num. 25.)- (no) Al |. 6. e pag. 6. 7. e specialmente poco sopra e poco sotto di questo passo hi termini interpolati evadent tandem medii proportionales Inter contiguos Se- riei terminos . Quare si sìnguli termini interpolati jam ab initio tanquam medii pro- forti-onalcs speclentur, sequentes prodibunt approximationes ad terminum j, cujus in- dex 5. Quanto questa interpolazione era facile j altrettanto era difficile > l'altra indicntj nel a Nota precedente, dimodoché l' istesso Euler cambiasse poi di pareri. i^Nova Acla Academite Petropolitanx Tom. II. a pag. 43. (Diporto Analitico) . DEL L' ACCADEMIA 37 del numero precedente . Il confronto è facile a farsi nel raodo se- guente Ci2i) , ponendo /=:o , gzzi . Padre Indici I Termini 3 » 5 2 &c. ìz 2 3 5 &c. 2 7 3 Indici I Termini Figlio . I 3 2 5 s Z &.C. I 3 5 3 I 2 s 1 2 &c. 7 2 Intanto si vede che salve sempre le medesime leggi sia ^zz\x' , Ed in virtiH della Progressione geometrica accertata dall'uno e dall' altro rispetto agli ultimi termini delia Serie, come ò avvisato nei 2. 4. 4. 6. 6. 8. 8. IO. IO in 2n . (m-t-i) Num. 13. , il primo trovò Z2Z= ^ r; — ^ < 3- 3- S- 5 7- 7- 9' 9- n (3n-iX2n-+-i)(jn-t-i_) ' a.2.4.4.6.6-8.8.io.io ì/i . m . 2 (in-j-i) ed il secondo;v'x'Ccioè4??)-j3^^ j5j,.7.^.^.,j (a/j-iXa/H-iXi^-HT)' espressioni identiche tra di loro C*22) . 15. Concludo da tutto questo ciie o per non aver lette il giovane Euler le Dissertazioni anteri >ri del Padre o per non essersele ram- mentate C>23) abbia potuto supporre che mancasse la maniera bre- (121) Tomo XI citato al §. 6. pag. 6 , e Tom. XVI. di Berline nella Tavo- letta th' è a pag. 357. (lai) L" per errore di Stampa che in fondo della pag. 259. del Tomo XVI. di Berlino si legge /"- — i/7 in vece di / . ~ x. Così nel Tom. XI. di Pietroburgo (§■ 7. pag. 7.) Sdx\—Lx)* =1/ ^ in cambio dit/^.(lin. ii.>' 3 2- C123) Un'Eristico domanderebbe [_Nota C4O] se vi potesse essere stato qual- che altro motivo? Rispondo colla Dissertazione celebratissima di M. Formey Exa' men de U Question = Si toutes Ics Véniés som bonnes à dìrc'i = (Atti di Berli- no per l'Anno 1777. stampati nel 1779. dalla pag. 333. alla sjs-.^- Epoisoggiun- 38 ATTI T breve e diretta di assegnare il valore di Sc/.vC— L.v) * nel caso di x=:i , e dei suoi dipendenti Integrali . Concludo di più che al me- cedo d' interpolazione usato per questo effetto dal Figlio convenga il nome di sussidiario, indiretto, ed obliquo , piuttosto che l'altro di rigoroso, e a priori, com' egli à creduto di pubblicare. E final- mente concludo che mentre ancora 1" interpolazione adoprata dal Fi- glio avesse diritto di essere il cammino naturale e sicuro [che non Io è nella Teoria delle Serie a paragone del loro termine generale ] per arrivare a conoscere i valori degli Integrali SdxQ — L^^y, e par- ticolarmente di Sdx(^ — L*')~'^, quella medesima interpolazione in un modo più universale fosse stata di già promulgata parecchi anni avanti dal Padre , onde a questo solo si debba tutto il merito del- la scoperta . NUOVO METODO D' integrare la Formala Euleriana . §. II. i6. T A prima /orma oo"'*' ' Sx°°Jx(^i — x")", alla quale pervenne J_-« [sebbene con un giro più lungoj secondo ciò che ò avver- tito nel Num. 9. Euler seniore , cercando di stabilire il termine generale della Serie i-t-i • i-k-i . 2-t-i. 2. 3-HI. 2. 3. 4-1- . . .-1-1.2.3 4. . . .n [124], e ch'egli giudicò inefficace per condursi alla meta delle sue nuove speculazioni , è quella appunto come vado adesso a mostrare . che somministrava con maggior sicurezza e brevità i valori dell' Inte- nti - giale Sdx(^—Lx') *, e più generalmente SdxQ—Lx')'^, ed altri con- simili, posto x^i , per immediata conseguenza dalle più antiche Formole delle Quadrature di Newton, tanto illustrate modernamen- te e promosse dal Ch. Samuello Vince , quanto apparisce dalla sua eccellente Dissertazione sopra di questo argomento analitico inseri- ta nella Parte II. del Volume LXXVI. delle Philosophical Transa- ^ions go [SOriAAS alla parola Epis ( edizione di Colonia del 1619.), Scapula Lexicon Grxcolatinum &c. (edizione di Amsterdam presso Blaeuw ed Elzevirio del ib^i-) al vocabolo Ep'igixoV) che dai veri Dotti in materia di Scienze non si ammette mai genere eristica , cioè non si disputa mai verborum contendone vìiuperanja . C124) Egli considerò ancora il termine i quando V indice n sia— o. Si veda il Tom. V. di Pietroburgo (§. i. pag. 36. , §. 8. a pag. 41. &c. , ed in proposito di un'altra Serie §. 25. alla pag 54.), non meno che il Tom. XVII. di Berlino al §. 12. pp. 9$. 696. Così parimente fece Mac-Laurin nel loco citato dalla Word (62). DEL L' ACCADEMIA 39 £fìons della Società Reale eli Londra [125]. None già min intendi- mento quello di far vedere che la scoperta dell' Euler debba ascri- versi tra quelle di Newton per aver egli fatt' uso della Formola celebre del Binomio quando à dedotti i termini della sua Serie dal termine generale Sv dxC^ — •*•) , e per integrarla à sciolta la potenza (i— ,v^* col metodo Newtoniano, siccome à poi replicato dell'altre Serie assegnando i loro termini generali mediante le Quadrature [126]. Così discorrendola si farebbe gran torto al pregio delle più belle invenzioni dei Matematici, perchè vorrebbe dire l'istesso come pri- varli del merito di tutto ciò che trovarono in varj tempi, col ri- mandare Euler a Newton, questo a DesCartes, e col regresso me- desimo a Francesco Vieta , a Leonardo Fibonacci [127], ed agli Arabi, i quali passano per i primi ritrovatori dell'Algebra [128]. Veramente à grandissimo merito l'inventore dell' istrumento d' un' Arte ; ma non lo à tale però a mio giudizio da assorbire l'onore € la lode giustamente dovuta a chiunque vada in progresso di tem- po perfezionando l' istrumento medesimo o applicandolo a dei nuo- vi usi , o riunendolo ad altri isirumenfi onde accrescere semprepiù la loro attività ed efficacia. Intendo solo di dimostrare che frale Formole Newtoniane preesistesse tutta preparata e quasi completa la scoperta fatta assai dopo dall' Euler . 17. Principiando dall'indice n=— | , che per le cose premesse compariva essere il caso più difficuUoso di tutti, ognua sa [129] che generalmente in virtù delle Formole mentovare da Newton •V ^ sia a /_^ii=— , posta dopo dell' integrazione la variabile . I. 3. S- 7- 9- li (2'' — i) ?=i , come 7— — r j; ^-— — — ad i , sino a tanto cioè che ' 2. 4> o. o. IO. 12. 2r il (£i5) A new methoi of finding Flucnts by Continuation (Read July 6, 1786. _) dalla pag. 432. alla 443. (laó) Nel summentovato Tom. V. ai §§. ii. (p.43.) 17. (p. 48 ) 18. (p 49.) 19. (p. jo; 10. (p.si-) 35. (p. J4)> e di nuovo a p. 91. e segg. Così del To.XI. da pag. 3. a 31. C117) Dal MS. celebre, che esiste nella Libreria Magliabechiana Fiorentina j di questo valoroso Pisano spero in breve di ricavare dei nuovi lumi per la vera Istoria dell'Algebra sfuggiti a Wallis, De Gua , Monuicla , e molti altri, lliacos intra muros peccatur & extra . Cii8) Bailly, Gentil, e prima di loro lluet, ed i Missionarj Gesuiti trovarono tutto lo scibile in Asia . (139J Mac-Uuritt Tratte des Fluxions al «. 793. pag izi. del Tomo li. 40 ATTI il numero dei fattori e nel numeratore e nel denominatore dell'antecedente di questa ragione sia eguale adr. Quindi è che se /■ e oc , debba esse- 2- 00 re nella solita ipocesi di ^ - i adottata sin da principio /z I. j. 5. 7. 9. rr. 13 C2.00— r) C à. 4- orano, 13. 14 a . «. • 7» ^"^^^^ sempre per C la Cir- conferenza d* un Circolo , di cui sia i il Diametro . Ma è parimen- te chiaro che nel supposto di /j=— 5 il termine generale della Serie r Euleriana [Num. 16.] diventi i/oo .A'^ «'•*Ci—*') * ovvero , facen- do per maggior comodo a^,=?^, e contato sempre l'Integrale da *■ ov- vero ^s:o sino ad te ovvero ?!= i > 2^^oo•y? d^Qi — 5**;) * ^ 2.1/^ J^ cf^Ci— ?'*!) P" ^^ regole elementari [130]. Dunque il termine della Serie proposta attenente all' indice — i viene ad es- sere tz —'■ '^- 7- '^- "• ^^ (ì-°°— 0 Voo , £ j- c /^^- 3- s- " 2. 4. 6. 8. IO. 12. 14 3 . 00 a "" \2. 4. 6, (2.00 — i) \ C . . — — } \ y— — r7= = l/c in virtù (3.00—3)21/05/ VQ 7. 9. II. 13. . . . 8. IO. 12. 14. ... della (130) Fatta !a sostituzione ognun vede che gli inaici z.oo-t-i, 2 . 00 debba- no reputarsi eguali , siccome ò avvertito nella Nota (47) citando Wallis , e pre- cisamente lo 5to/io della Proposizione CLXXXii. alla pag. 453. Si può ancora nel caso presente in termini puntuali aggiungere l'autorità dell' Eu^er (tnstitutionum Calcali Integralis Volumen primum Sez. 1. Gap. IX. Prob. 43 § 336* p.256-^. Mentre poi rimanesse scrupolo ^ verrà dileguato nel num. ii , dove con un metodo più breve tenendo fermo il rigotoso esponente 2 . ee -l- 1 ricaverò le consegueaze medesime . DEL L' ACCADEMIA 41 della Serie di Wallis [i3ij> di'Tiostrata con tutto il rigore analitico dopo di questo famoso Geometra [132] . i8. In proposito dell'indice ^ accade 1' istesso con piccolissima mutazione. Imperciocché il termine della Serie corrispondente a quest' fz.a» 4 indice si fa 2 ^ «> i/^q .y? d^Qt—'^*^ . Ora sappiamo dalle Qua- drature di Newton [133] che posta al solito ^zi i C<^h' è quanto di- fir \ f § I- 3- S- 7- 9- II (.ir — i) -^ ^^ T ^ <^v e ^ 4.6.8.1912,14.16 3.00(2.00 -H2) Tom. Vili. F laon- 3 4 4 6 6 8 8 lo IO 11 12. 14. C131) La Serie fondamentale è questa • — • • • — • Scc. * 3 3 S S 7 7 9 9 II II 13 '3 34466 38 rzA fsi veda Wallis nel luogo citato dalla Nota CsO- Dunque •-•-• -• -•- e vjy 3355779 IO IO 12 12 14 C 2 4 4 6 6 8 8 IO IO 13 7' " * rr'7j"77 =7' * p"^'° ^'3'j's's"7*7"9*T*"'^ " ^ <^ , , 2. 4- 6- 8. IO. 13. 14 (2 . 00 —2) t/r.^ _ i/c ,,• ,, rz:"~; laonde ;: r __ —■ — , ^3 13 3' 5. 5. 7. 9. II. 13. 15 r^-^o— 0 t/r ^c , 3. 4. 6 8. IO. 12. 14 (2.00 — 2)21/^ -_ ^ , . e finalmente — ^ r r =r r/c . Combma perfet- 3.5.7.9.11.13.15 (2.oo_l) tamentfi con questa espressione quella di Mac-Laurin altrove accennata (%. 842. 2468 n — 3 P"8' 255.), cioè- •7'7-à À^ il/Trri/c . Ed infatti cir 3C, perchè Mac-Laurin suppone il Raggio rm . Quindi è che fatto n~3. 00 per conseguire la 2468 (2.00 — 1) itrniere valeur della Serie, si ottenga - J. " • " (IT^^IZl^^t^à" w=t/iC, i 4 6 8 (2 . 00 — 2) o iivvero ^-j.^-^ (^'r^~{) * l^» =1^^ come sopra . O32) Senza interpolazione, rè Calcolo Infinitesimale Euler tra gli altri vi soddisfece (^Introducilo in Aialysin Infinitorum Tom. ì §. 185. pag. 146. Cap.XI.^. Ivi là sua Serie combina con qatlla della Nota precedente . (133) Mac-Laurin nel luogo citato dalla Nota O-9) alla pag. 231. 42 ATTI , j , — /"2.00 ,, os 1.35.7.9.11.1? f2oc^i)2. oei/rrc laonde 1 . wi/oo./z dz\i— z°i =— ^^^ ^ ^ ^ — > v-^-wi^ oo_ v/ ' 4-6.8.IO 12.i4.j6....2.oo(2. oo-j-a) a _. I-3-S-7. 9- "-'3 Ca.oo— Qa ooj/^ C __i^5^9^j^i3 2.4.6.8.10.12.14 (a. «o —2^4. 00* ' ~ ""2-4-6. 8.10. 12.14 (2.00 — 0 C ^ C _ , ,- (r.'i^:^^)!/^ • — - 2]/^ — al^t ' come appunto trovarono am- bidue gli Euler secondo ciò che ò spiegato nei Num. precedenti . 19. Giova adesso fermarsi a considerar brevemente il pregio di questo metodo tanto più bello, quanto più semplice. Esso si ridu- ce in sostanza ad un caso singolare delle universalissime Formole Newtoniane. Tanto per Vindice ^, quanto per 1' altro — |, rispet- to al quale pareva al giovane Euler clie per rincontrare il ter- mine della Serie mancasse all' Analisi un modo semplice luminoso , e diretto, questi termini non sono difatto che il limite o l'ultimo caso delle Forraole "ricavate dalle Quadrature di Newton , cioè gli ? dz -l/i^z^, ej^ "? moltiplicati per una costante 0 sia per un modulo. Come appunto dalla Formola del Binomio di Newton coli' ajuto primieramente d'un moc?i//ti[ 134] seppe il felice ingegno dell'Halley dedurre i valori trascendenti di Lx, ed e" in qualità di singolari ed ultimi casi, o di limiti dalla partedello ^ero di ^ ' dalla parte dell' /n/nzVo di ji 4-^ | , non diversamente accade del- le Formole suddivisate . H metodo , che qui s* osserva , è cosi fa- cile ed instruttivo da far vedere ad ogni passo, che l'esponente r si avanzi verso 1' 00 come poco a poco vadano a mettersi insieme tutti gli elementi numerici della radice quadrata della Serie di Wallis , o tutti all' eccezione del primo ; cosicché chiaramente si scorga non solo il vero motivo analitico , in virtù del quale i termini della Serie proposta corrispondenti agli indici i"| dipendano dalla quadratura del Cerchio [ lo che si verifica sempre anche delle Formo- le analoghe AY^ J|(i— ^*3^, B/' d:^Qi—:}*) ^ quando r sia fini- rò]. I (134) Questo modulo è—, posto ro=oo. Si veda illuogo citato dalla Nota^jjj)» DEL L' ACCADEMIA 43 to], ma l'altro eziandìo, per cui nel caso ultimo o limite mentre rtrw, i due termini istessi si convertano o nell'intera o nella metà della radice quadrata della circolare circonferenza . In vece adunque di far nascere tutta in un tratto questa radice o intera o dimezzata della Serie Wallisiana il mio metodo ne dimostra la provenienza , e gradatamente la compone sino dai suoi primi ele- menti , e ciò che forse meno chiaro apparisce usando del termine generate somministrato dall' Euler per mezzo d* infiniti fattori , ren- de perfino minutissimo conto, e ragione della precisa forma , che debbono avere gli ultimi elementi della medesima Serie , sebbene affètti dall' Infinito [135]- Consiste a mio giudizio in questa spe- cie di genealogia e filiazione di Formole , siccome ò detto altra volta [136], l'evidenza somma delle scoperte. Non cosi accade della Funzione Logaritmica /Jx^—L^) '~^, la quale non lascia ve- dere l'originaria sua connessione col Circolo [137] se non deri- vandola , come ò fatt'io nel Num. io., dal vero e primitivo rer- mine generale «5 A' d\\i—x') =2. 00 posto (?^)'°=*''; di tal maniera che quest' ultima forma anicamen- te provenga da una trasposizione o nuova disposizione dei termini della prima, eh' è la sola originale, e somministrata direttamente dall'Algebra. Ecco perché 1* Euler seniore non seppe mai dal pu- ro fonte dell'Analisi dimostrare il commercio che v'era tra la For- -1— I mula Sdx{—hx) ^,e l'Area del Circolo [138J senza ricorrere a dei metodi subalterni; commercio che prende nascita, siccome ora ab- F ij biamo Cf.jS) Risulta questo pregio dal parallelo che voglia farsi del presente meto- do co' o sviluppo della medesima Serie indicato nel Numero j. ('3 6) Alla pag 146. del Tom. V. della Società Italiana nel mio Prodromo &c. ('37) Ciò risulta da tutto l'esposto nel num. 11. , ed altrove ai luoghi ivi citati, dal §. 7. e pag. 7. del Tomo XI. dell'Accademia di Pietroburgo nunc igitur non solum certum est &c. (138) Per Y indice 5 non espone altro metodo fuori di quello di rimandare al suo termine generale per infiniti fattori (Tom. V. di Pietroburgo §. 2. pag. 37. Ex hujui^ igltur cum mea convenientia concludere licet terminum indicis ^ esse aqualem radici quadrata ex Circulo , cujus diameter =3i), e dell'indiretto per le Quadrature (§.1$. a pag. 47.) Si ponatur «=5 habebitur respondens terminus siSdxi/^G-, <^ijjus valor per quadraturas datur) , ma coU'ajiito d' una Serie infinita diversissima dalla proposta. Si veda il num. 11. 44 ATTI biamo veduro e vedremo più generalmente tra poco in proposito r - della Formola /dx{-—Lx) ^ , da un' istessa Funzione diversamenre presentata e distribuita. In cambio che la Formola Jc/xC — L.v) ^, la quale invoca Logaritmi e Logistiche , sia il vero principio e fon- damento analitico di questa ricerca, eli' è piuttosto una conse- guenza teoretica del vero principio derivato dalle prime agevolis- sime integrazioni dei Uìff'eren-^iali polinowj [139]; e per quanto si possa dire che quella per la connessione o identità , eh' à coU'altra nel caso di x—-^^—x'zzi , abbia procacciate all'Algebra delle nuo- ve ricchezze, contuttociò eli' è come la strada tortuosa a paragone della diritta. Nemmeno coli opera delle Serie infinite riesci poste- riormente al grand'Euler [140] di decifrare mentre x:=zi il valore r _i — i dell' Integraleycfx(—Lx) ^. E difatto la Serie, ch'egli offre (-Lx) * / t.AT I.3.A.' I.3 5.*. 1.3-S'Z-A' \ V*" "^ri::^ "^ ^L^7 "*" 8[G)T "*" Telì^y '-) ' " converte fa- cendo x:zi nell'altra Serie infinita -J=:(i-< 1---1-T ■+■ -^,---1- _ _. ■+■ &c. I =r — -h _- — ■+■ — _l__'__fJÌ •+■ &.C. Serie a dire il vero elegantissima [141], ma divet' (139) Tutto dipende dal solo canone della Quadratura delle Curve di Newton, che Mac-Laurin à così bene spiegato al suo solito nel §. 792. alle pag.219. e 220. Traile des Fluxions . (Botigainville Traiti du Calcul Integrai.?. 1. Gap, IV. V. VI. VII. e Vili;. (140) Institutionum Calculi Integralis Volumen primum &c. alla Sei. I. Gap. IV. «elio Scolio §. 214. pag. 131. (■.41) Tra l'altre proprietà della Serie mi piace rilevar quella che tutti i suoi I I 1.3 1.3.S I-3-5-7 co(mci» =3.00 Jz dz{i-.z^) , 1' una e l'altra forma soddisfacendo egualmente posto at^z®— 1 a tutti j casi possibili [142]. Si vede subito che trattando d'indici in' eri e positivi , fuori del caso di n = o:, quella Funzione denoti sempre una grandezza finita , cioè 1. 2 3. 4. 5. 6 n , e se ne vede chiara la causa , perché il suo valore corrispondente all' indice n si risolve in ^"-»-'f— ^ — '■ — - — '■ - :: ^ — : 5 ■ 6 . .^^^^., pensandosi e distinguendosi gli Infiniti mirabilmente tra lo- . ro (142) Ancora senza la sostituzione di xzzi"^ si rende chiara la connessione ^ /*A°°Jc col Circolo quando «sia =:+; 5 &e. Imperciocché Ix'^ dx]/i—x , 1 — ?_■= dipea*? dono come vedremo nei numeri 21. e 22. dalla quadratura del Circolo (Tom. XIJ di 1^1 troburgo § 8. pag 8. • (14O WjIiis ed Euler nei luoghi citati dalla Nota (no'). Leggasi ancora il tmm. 4 * verso la fine . ^ > j bi> 46 ATTI fo C'44]* S' vede chiaro altresì che la Funzione medesima peri due casi dell'indice n^^ti sia di grandezza finita malgrado gli In- finiti, dei quali è composta, siccome apparisce dalle due Serie esposte nei Numeri 17. e 18. , dove parimente gli Infiniti del nu. meratore e denominatore si contrabbilanciano in modo da produrre un quoi^iente finito . Con egual chiarezza si scorge come e perchè nei due ultimi casi l'istessa Funzione trasformisi in una Funzione della Periferia Circolare. Non dissimil chiarezza ritroveremo rap- porco ai termini attenenti agli altri indici — colla sola guida dell' istessa Funzione canonica nel Numero che viene in appresso . Final- mente è facile ricavare dal Num.18. in che consistesse l'abbaglio di Mac-Laurin, del quale ò parlato nella Nota 62. Seguitando il me- todo d' interpolazione adoprato dal Ch. Autore [145] mi pare che in vece della sua Formola ultima LI -•-•-•_• ••• • i/n-Hi 1 si V3 S 7 9 «— ^ ^ fi 468 n— I ,/rz-i\ , arrivi piuttosto all'altra Lf -'-• -'-""——' YJlTI ) ' ^ perciò venga ad essere il termine ricercato per l'indice 5 della Serie i-Hi . i-l-r.2-+-i.a.3-*-i.2-3*4'*" 1.2. 3. 4 n, ossia il fermine „quiest entre les deux premiers termes principaux ,,[146], quel Numero., al quale appartenga il predetto Logaritmo //s^fioZ/co , e vale 1 . 2. 3. 4. 5- é R (144) Non deve adesso far poca meraviglia se — ST fc^'^^dxQ—Lx)" nel caso di *— t come dopo del Bernoulli ritrovò 1' Euler (lastit. Cale, Integr. Corol. 2. a pag. I3i-)' E difatto quell'espressione trascendente sciolta nel modo Halleyano, e dipoi nell'altro da me immaginato (si vedano i numeri io. ed il presente) acquista la forma /« djt\^ ) "^ 1 Jl . / I— jo \ ^ ^ questa neir ipotesi assunta dev'essere =: /_l!_l( ^""^j * eh' è quanto dire -L /5-~),'-LC^-))"=: Af!2r^f . ("145^ Si legga il Capitolo IV. del Litfro II. delle Flussioni dal §. 852. e pag. aói. sino alla fine dell' istesso Capitolo. ^ O46) A' igales distances de chacun, cioè tra i, 1 . i, ossia alla distanza g* (§.856. pag. 263. del luogo citato). DEL L' ACCADEMIA 47 e vale a dire j- [e non già come scrisse Mac-Laurio (147)3 i/r posta e la Circonferenza d'un Circolo, che abbia i per Raggio , o piuttosto^— ^ quando la Sigla C rappresenti la Periferia Circolare riferita ad i come Diametro [148]. 20. Per gli indici -'-'->-» '^^•' — l' istesse Formole ricavate ° ì 2 3. 2 2 dai Trattato delle Quadrature di Newton fanno conoscere non dif- ferentemente da ciò, che si è veduto nei Num. 17. e 18., i respectivi termini della Serie tenendo sempre fissa la forma 2 . ot /' t * • * JlO— i'*)" ^^* termine (generale. Riscontreremo difatto delle Se- rie infinite , che non diversificano dalla radice quadrata di quel- la del Wallis , eh' io chiamerò la fondamentale , se non per esse- re mutilate o mancanti di qualche fattore o di alcuni fattori . All' effetto che delle Serie cosi mutilate si riducano alla fon- damentale adopero il metodo dei coefficienti , siccome 1' ò di già usato nel numero 18.; metodo presso a poco consimile a quello in- trodotto neir Analisi sino del m.dcc. lx. da Giovanni- Jacopo Dortous De Mairan (149), e molto prima di lui da Jacopo Bernoul- ii (147^ Non pars che possa essere error tipografico, perchè soggiunse (p.564. in principio,) par conséquent le terme requis est égaL à la moìtié de la, tacine quar- rie de la circonférence , doni le rayon est i. C148) Così sempre l'adopera Wallis nei luoghi citaù . All' opposto Mac- Laurin C§§ 842 844.845.854 856.^. 'Parimente l'Euler (/ntrod.T.l.df. Vili. &cj. (149) Memorie della R. Accademia delle Scienze di Parigi alla pag. 283. e segg. Rcmarque sur les Siries infinies. Nel riflettere su queste Serie mi è compar- sa molto elegante la disposizione che siegue . Iiiiiiii II -»-;+;+ Ti -»-IJ-^?6+ 4;-*- 6i+ 87-^7^-*- ^^• »6 36 64 •*- ^ -^ « J- I Io 64 100 I 81 I 100 &c. tue. &c. 8cc. &c. 8cc. Diritto 48 ATT t li (150). Nel caso adunque di n =— abbiamo 2.00'* l/~/?**'^ . /",' ov^_ i y— (^- 5- S- 7- 9- "• I? (ioo— i)\ ^ ^ '^ ■ V6. 8, IO. la. 14. 16. 18 {z.oa^^j per le solite regole Newtoniane (151) [limitandosi co- me sopra l'Integrale da ?=o sino a ?=i], eh' è quanto dire — ^ 3' 5- 7- 9' "• ^3 ■ . (2. 00 — r) a . 00 ° \/~ f f 6.8. IO. 13. 14. 16. 18 (3.00 — 2)(2 .00 ) (2 . 00 -Ì-2)(3. . 00 -H 4) \ .,' "? . 5 /- a -?N a/3- S- 7- 9- 'I- 13- 15 (a.oo— i) >^ \y^-f-]h-l l/i -?*j=V4.6.8.io.i..,4 (z.oo-.;Vooj a tenore Difatto in essa tanto le colonne orìzzontaH , quanto le diagonali omologhe sono perfettameate identiche , Chiamata dunque A la superior colonna orizzontale o la A A A A A prima diagonale, ognun vede l'Equazione A M \- — -+- -7 H H — -r-^ AAAA ce grilli ---(-- y- r: h H &c. , cioè -T- (I 4---i---t r-J- -4-— >1_ 49 ^ 64 81 100 ' 6 ^* ^ 4 ^ 9 ^ IO ^ 35 36 I I i I ^^ , \ c* — 4- -- _j_ 1 4-'&c. ) r: -7 , eguale alla Somma di tutte le Serie: 49 64 81 100 / 30 ' ° delle quali è composta quella infinita Figura numerica, che non è diversa, come /Il I I II I apparisce evidentemente , daj^i -j- - -h - ^. -- -{. ~ + -g 4- -- + g- -1- I I n: 87 ■*■ IS5 ^^') (150) Posti tonum arlthmetìcarum de Seriebus infinitis , earumque Summa finìt* Pars altera = Basilea 1692. = nel Tom. I. al num. xxiv. (Jacobi BernouUi Ope- ra = Genevce 1744 ) ed al num. LIV- (151) Si consulti Mac-Laurin nel luogo citato al §. 792. ("Tom. II. pag. 219. e 220._). Questo §. è il fondamento di tutto, e nasce subito dai Teoremi di Newton, come avverte egli stesso nel §. 789. e segg. Dopo di MacLaurin merita di esser letto il Trattato del Calcolo Integrale di Bougainville, e principalmente il Nume- ro Lxxxvni. del Gap. VII, Par. 1. alle pag. 114. 115., non meno che il Cap. II. àiWi Istituzioni di Calcolo Integrale dell'Euler nella Seiione I. del I. Volume. DEL L' ACCADEMIA 49 tenore delle dimostrazioni premesse (152), giacché posto :^o , non meno che =:i , svanisce 1* integrale algebraico _ -f i—z'^\ . Perque- 4 sto motivo a fine d'abbreviare il cammino tralascierò di notare in appresso cucce le parti a/gel>raic/ie degli Integrali , che pur troppo si conoscono in seguito delle ordinarie Tavole d' integrazione dei 5 Differenziali Binomj (153) • Sia ora V indice nzz~, e perciò 2 . oo' /_ fj^-'^x-ix r^fe— • •'^-^ 9 ''• 13 7" "^ ' 8 IO.I2.14.lÓ.l8.2,0....(C!os-3)(2.<»)(-2.00^-iXa.<»^-4) (a.oo— i)2.ooV~/' r r r- \ 3.0 ^o~ — — -. — 1/ ldz\/i — ~'i.^~ldzy, --5 3.4.6.8. IO. 12. 14 (2.=°-2)v« Ay ^ V ' /> i7 1"^ _ '^ ^ *^ ^-3 5 "*■ 8^'^^^»— = y — p=r .g. — = ~~:i'''c: , come per questo ?^r. m/rtr intercalato egualmente che per gli altri , i quali precedono e sieguono , abbiamo trovato nei Numeri 6. e 14. Aperta e cono- sciuta la strada poco vi vuole a trascorrerne il rimanente con pie fermo e sicuro . Così il termine della Serie corrispondente all' in- dice - ossia a . od^^/^f^^ ' "^c/^Ci— :j*)*— — .?• 7.- 9. i''3- • • 10,12.74.16.18.20.22 .... (2.00—1)2. 00^|/~ ..... . (2 . 00 — 2) (2 . 00 ) (2 . a'.-J- 2) (2 . «6 -1-4) (2. 00 -4-6){2 . 00 -1-8 ^ ^2. 4. 6. 8.10... ...4 ^2.«o_2),i/^-;(^/ ^'-^ ^- y sy 64/ •,-,/-•. i/c 64 4 2.2.2.2 non diversamente dagli Euler . E qui si noci di nuovo come gra- Tom. Vili. G do (152) Soprattutto nilla Nota 151. C'S;) Mac-Lauan , e Bougainviile nei luoghi citati dalla Nota 151. 5° ATTI do a grado, fermo sranre il numeratore, ritirisi sempre più indietro il denominatore della radice quadrata della Serie originale ricavata da quella di Wallis (154) a proporzione che cresce 1' indite non 2 dissimile in questo al giuoco che accade nelle ingegnose Ri^he di Gunrer (155). Partendo dal caposaldo dell' indice —3 , dove a forma del Num. 17. la Serie è tutta compiuta e perfetta, il suo denominatore viene ad essere mutilato della prima cifra 2 crescen- do Vindice d'un' unità, o diventando |,, delle due prime cifre 2 , 4 crescendo di due unità o diventando ^, delle tre prime n/re 2, 4,6 crescendo V indice di tre unità ossia diventando | , delle quattro pri- me cifre 2,4, 6, 8 crescendo di quattro unzVÀ e perciò diventan- j I • j- ^ M'-t-i n' do l indice — -, e generalmente di —^^ delle prime o/re quando— fosse Vindice del terniine ricercato. Queste cifre mutilare si resti- tuiscono poi facilmente al denominatore medesimo facendole ancora passare nel numeratore , eh' è come dire per mezzo di coefficienti , onde tutto si appoggi all' unica e sempre ricomposta Serie origina- le di Wallis. Bello é il vedere la distribuzione, la forma , il va- lore, e la qualità degli ultimi fattori del numeratore e denomina^ Tore sebbene Infiniti, presenti all'occhio dell' Analisra sino a tanto che «' non convertasi nell' Infinito ordinario (156) come se fossero altrettante grandezze ^nZ/e . Ma v' è un modo anche piiH compen- dioso [che sempre però si parte da NeNvtortJd' intercalare gli istes- si (154) Se alla Serie, di cui parliamo, dovesse es'jer data la forma più sempli- G^— 0 (5^—1) ce, più elegante, e più rigorosamente dell'inventore, sarebbe — -, „ 3 • S • y» . ^2 — ; „a '\ (-^ . 00 -hi)'^ ' """^ apparisce 'dalla pag. 469, del Tom. I. delle Opere Wallisiane. Leonardo Euler à generalizzata la Serie tanto nel luogo citato dalla Nota (61), ed alla pag. 7. %■ 7 , egualmente che nel Tomo rammentato dall'altra Nota (48) ai §. 15. e pag. 40. Del resto si confronti il qui detto col num. 3. , (155) >SZ/Jing Gunter (Nota 3'S.'). Vi sono in tutte le Lingue dei termini^^ che non si traspirtano in altre senza scapito di valore. Bisogna dunque soffrirgli tali quali sono per non far torto alle idee- Mi rammento d'avere scritto una volta arìalfabèto, perchè molti l'avevano scritto prima di me^ e tra gli altri Giovanni Cinelli (ved. Opera citata dalla Nota 13. alla pag. 446.), il quale passava pres- so la Crusca per un buono Scrittor Fiorentino. (156) La ragione di ciò si desume dalla dottrina spiegata^ n^lNuijrero 3. e quindi nel 4. ' " - DELL* ACCADEMIA Ji si termini sopraespressi , ed altri occorrendo . Prendo l'esempio dall' indice =: -, e trovo (157) per termine della Serie 2.(»^l^*»Jz 9 fi- 3' 5- ? 9- "• '3 a.<»V~\ 63 C _ 4.6.10. «'?('— «''j^" Vii- '4- io. 18. ao. 33.34 ji28*4 »/c I ? C — ULLil?. i/c al qual* ultimo valore si arriva tenendo a' * a. -.i. -2. ■!. il esatto conto del modulo 2 . os^/m, e cautamente osservando che (2.»)(2.«'i- a)(2 . 00 -i-4) (2 . oe-i-6) (2.00 4-8) (2 ,00 -Mo) — 2^. 00^, e perciò — -$ ^5— =: '" g o 7~~i "'^^ altrimenti dall' operato di so- pra. Questi esempj abbondantemente dimostrano l'uso universale del metodo, e l'evidenza somma nell'ad iprarlo . Basterà dire che tut- to si agg ra sopra dei soli elementi della Serie Wallisiana , dei quali fecero uso anche Biagio Pascal ed Jacopo BernouUi per ri- solvere alcuni Problemi spinosi dei Giuochi d'u^^ardo sino dal na- scimento della Teoria dei probuhili (158) . 21. Quanto si approssimasse Mac-Laurin a possedere il metodo da me sviluppato poc' anzi , non importa diffasamente mostrarlo . Imperocché conosceva benissimo il modo tenuto dall' Euler per rac- chiudere uno o più termini d' una Serie trascendente sotto di una Funzione di/feren-^iaie , che non ammettesse generalmente Integrale algebrico , siccome chiaro apparisce dalla Nota apposta al §. 853. G ij del (157) Institiitionum Cale. Integr. L. Euler . T. I. nella Tavola degli Integrali alle pag. 337. e 238., che può essere facilmente continovaia cogli isiessi princi- pi A'ewtoniani . (158) Ars conjeclandi = Opus posthumum = Basileus, i/J?- a pag> 107.= e segg. Si veda ancora la Lettera di M. Pascal al Sen Pietro De Format alla pag. i8o. della Raccolta dell'Opere di quest'ultimo Matematico, stampata in Tolosa l'an- no 1679. liopo i dubbj di Daniello Bernculli , e di M. D'Alembert (rantane animis calestibus irte?') sopra i f'ndamenti del Calc() _ 5l^:.-^-^l---'°'--~"'^'~- . Esfli era di aia avvezzato a considera- re tanto nel Tomo V:, quanto neli' XL degli antichi <<4rr/ di Pie- troburgo l'esponente /s= w . non meno che /— i e più generalmente f-±a—f in questo caso speciale ossia limite di tutti i casi possi- bili, discorrendo di altre Serie infinite (166) e nella solita suppo- sizióne che l'Integrale si esienda da x^ro sinoax^i. Cosa dun- que mancava al grand' Euler per innalzare dai veri suoi fondamen- ti questa bella Teoria? Nulla più che unire tra loro quelle due forme d'Integrali, e farne una sola per Vindice l , cioè 00 /sy^»» .è A.6. 8. TP. 12. U.i6 (J ■ «> — 2) (-3 • oc ) V^ _. ^ dx[l~x) ——^^.9.11.13.15 (2,co_l)(2.oo-f-l) a *■■■ /2. 4. 6. 8 , o. 1^4- '6 {^ .^-iyii/Z\ _ _^ ^^ j„ ^i^^ù degli espo- sti principi . Ecco adunque la maniera breve , e diretta di scio- gliere questo Problema insieme cogli altri per i' indice — ^ e per 3^7 ^^^ ^ 2_. Euler aveva ridotti a delle Tavole semplicissi- me siffatti Integrali per il caso di x =: i in seguito delle Formole date da Newton (16/). Non vide allora sin dove potesse estender- ne l'uso. Per esempio sapeva (168) che Jz J?(^i— ^j — — ^ ^ ^--"-~U _ _ qi^iando ^=1 , e sapeva di più (169) che posto an-. cora (166) Per il Tom. V. l'ò di già detto nel num. io. , e per 1' XI. basterà ri- scontrare §. 39. alla pig. 26. ed il § 49. alla medesima pagina . (167) Nota 157. (168) Coioll. I. al §. 121. del Gap. 11. delia I. Sezione a pag. 80. e Proble- ma 38. del Capo Vili, al §. 330 dell' istessa Sezione e pag. 231. del I. Volume Jnstit. Cale. Iniegr. Sebbene questo Volume fosse pubblicato non prima de! 17Ò8. dall'Accademia Imperiale di S.' Petersbourg , ognun sa che il MS. dell'Autore era l'opera dei Stud) suoi giovanili . (169) Problema 43. del Capitolo IX. della Sezione I. del Tom. I. delle /sti- tui'ioni A 54 ATTI 2>ao Cora n S co , fosse /a d^ì^ i— ? j — a. 4 ó. 8 : . . . t fdz{ i-^k"^^ "; eh* è il Teorema Mac-Lauriniano (170). Aggiunto 7, 9. . . . . . (a.ao — i) p _ C facili difficilissimi in materia di Scienze (171). e mai gli venne in pensiere la giunta dei modulo , senza di cui restava sempre incom- pleto il suo coefficiente . Non se n' accorse tampoco dove magistral- dif.Sen. fJdf.Cos. d neir eccellente Capitolo V- della I. Sezione del Tom. I. delle Istituzioni di Calcolo Integrale (172) , per ijuanto Vedesse abbozziti ed a poco a poco riuniti nei coeffitienri degli ultimi termini gli elementi tutti numeriti della Sene di Wallis . Questi ultimi termi- I. 3. 5- 7 (2" — 0 . ., , T ni sono —77678 ^n ' ^ ^J per l'uno , come per 1 altro In- ' * tegrale dx 1-3 fusioni citate a! §. 336. e pag. 255. E' però sbagliata l'Equazione S.7 2i r x^Ux j , r ^"^ ^- 4- 6. 8 • "• _ h:7:7.Tc^-)J-^^^=^^ ''''^'° i-"y^7i^^=r^7.TT7r. (._t) (170) Sia consultato il num. 17. .,„ ., ., , . (171) Anche in materia di stile il disteso più fluido e più chiaro suol essere effetto di Brande studio e difficultà . Checché sia della divina Commedia di Dante, sopra di cui molte quistioni si agitano tra gli eruditi ^ merita di esser letto ciò che de' Sassi &-C. dell'Accademia del Cimento, e del loro Estensore Conte Lorenzo Mi- ealotti accenna la pag. 417- del Volume 1. d'Atti e Memorie &c. citato dalla A^o- la n., non meno che l'altra pag. 444. in proposito di Carlo Dati. (172) Ai §§. 242. e 145. (pp- 152- I530* Seno in sostanza le stesse Formole del Capo II. alle pag. 79 e 80. E' però da sapersi che l'Autore celebratissimo le possedeva molto avanti (sì veda la Nota (343; alla pag. 288. della mia Eserci- tazione De Calculo Integralium ) . DEL L' ACCADEMIA 55 tegrale {173) . Era facile il Corollario/t/fScn.»-~» ovvero /c?(f. Cosen.= - ~<» I. j. <. 7 (2.00 — 1) . , , ^ ., ,. :s — —^-~ ^^ -■ ? ognivolta che 9=: — posto i il diametro, a, 4. o. 0 a . 00 2 che vale 1' istesso di posto il Raggio r= i siccome alcuna vol- 2 ta praticò 1' Euler (174). Ma tanto il primo, quanto il secondo di quelli Integrali , se ^ sia eguale al Seno o Coseno dell'Arco?, ? '°°«??(* — I*) . Dunque quando ?=! , par- tendo da :}—o, e viceversa (175), averemo ji/^/rff . Sen. ' y'/? . Cosen. »=r4.T'8:~'":T.oo 'T = ^^ *=°™^ sopra , chi avrebbe mai detto ad Euler il Figlio che nel limite di questa Funzione agevolissima trigonometrica 2 p/ ,7. /f/* . Sen. ^-"^i stas- se involto e racchiuso quel termine /t^x( — L.vj ^, eh' egli con tanta pena si pose ad interpolare neWi sua Serie (176); dimodoché queste due espressioni trascendenti 2[/^/df . Sen. ' teldxi — Lx\ ^ siano nella fatta supposizione esattamente equivalenti tra loro? Adesso si che squarciato ogni velo più vivamente risplende ed è nel suo mag- (173) Difatto chiamando A;~Sen. f, la prima Funzioneè /-f if., e chia- XX mando x^z Cosen. f , è pirimente l'altra Funzione/- ^ , purché nella prima *' V^i — XX V integrale s'intenda contato da *~o sino ad xzzi , e nell'altra egualmente da *=o o sino ad jrziij ch'è quanto dire dalle due. opposte estremità del Quadran- te di Ciicolo . (174) Nella sua Introduzione all'Analisi degli Infiniti e nominatamente al Ca- po Vili. §. 12Ó. e pag. 93. del 1. Volume intese per la Sigla IT U Semicirconfe- reiua riportata al Kaggio i. All'opposto nelle Istituzioni ii Calcolo integrale (T.I. S 331. p. 231.) egli scrisse semper enim II designai peripheriam circuii j cujus diamcter = i. C175) Colla so'a diffirenza accennata in fondo della Nota 173. Ò7^) ^i veda d^l aum. J2. sino al 15. £ poi si legga il num. 23, 56 ATTI maggior lume la divisata corrispondenza meravigliosa tra l' Iperbo- la e il Cerchio. Né qui finisce l'enumerazione dei mezzi analiti- ci , che aveva in pronto Euler il Padre a fine di render perfetta la sua ricerca. Senza dire delle maniere sino ad ora spiegate, le quali ammettono d' essere estese con tutta facilità ancora agli altri n' indici — a norma del Numero precedente verso la fine, egli aveva 2 presente da .\=:o sino a .\=:i l'Integrale / ,y ~ clxfi —x'^ )''^r~ = —7 . ^^■^ • Qm+nXk+'in) ' Cn+^n) (i-l-j^ " (m+3^ C*H^ ^'^' ^'^^°^'^° '^°' SÌ in in{in\ci fattori (177). Se avesse supposro 0^2 , A-ir: a qualun- que numero dispari della Serie naturale , in-zzi • <» , conseguiva im- 1^ fi 5 mediatamente l'intento. Abbiasi per esempio kzzj , onde ~~» e perciò dopo le necessarie sostituzioni /x^-°° dx(i — x^y^::: — a(i. oo-f-7) 4(2.00+0) 6('i.oo+ii_) 8(3.00+13) __ T. 3 4 6. o ,^ /1.3.46 8.10 12.14.16... i.N /2. 4.6 8. IO. 13. °''° T= I. j. <: 1=1.3. ■?, — is.irrrrr 1^1.3.5.7.9.11.13.1517 ; ^ ^1^3. s-7-9- »i- 1?- ^4-^g (2.c°-2)(x.o^) N j^^g„^^3 conto 15. 17. . . .(3.00—1; (2.oc+l)(2 . oo+3)(2. oo+SX^ . QO+7) / come si deve (178) della le_q(je degli ultimi termini. Quindi av- , ._/2.00, / 4\l__ 1.3.5/2.468,10.13.14.^-^- viene 2.o«v<»/^ rfx(i-^*) - -^ ,:^ [^^jrT^rii.^i- is- 17 (3.00—2)21/^ I- 3- S 1 • /• ,^^ pr— ^^^^r = 2_ 2. 2 l^C coerentemente alle superiori dottrine U79J' L'ìstesso accade sciogliendo la stessa Formola Euleriana C'^o) ferme — — r- I _ ... (177) Proposizione 45. al §. 364. e pag. 361. del I. Volume /i^if Calc.Integr. (178) Consultisi specialmente 1 esempio deli' indice ^ nel num. 20. (179) Num. 6. e 17. 18. io. ed altrove. (180) Instit. Cale. Inttgr. Volumen 1. nello Scolio al §. 374- ed alla pag. 269. Nella Definiiione, che siegue {%. j7S. e noa 475- )^ V à per isbaglio tipogranco DEL L* ACCADEMIA 37 /q — n \^~ dx\i—x ) n , quantunque diversamente dall'antecedente siano tutti i fattori (181) affetti dall' Infinito . Imperocché essendo quell'Integrale = (p^n)^,^,,) a "è gli fosse dispiaciuto di appor- re un modulo o coefficiente parimente infinito (^185) . Anzi sono d'av- viso che stando ancora al massimo rigor della Formola del Num.17. , e vale a dire 21/^/?'*°° d^[i—i^) , senza supporre (com'è) 2 . 03 -1- I =: 2 . oc , averebbe potuto l'Euler per mezzo d'altre sue Tc- vole d' Integrali particolari Cidó^ arrivare a conoscere il valore del termine per il solito indice — | . Difatto A^" 'jx(i— *^) = -r-r IO . 13 . 8cc. I . » .4.0.0 . IO . la . (XCi , — (n'-l-a) (/2'-+-4) C/i'-l-6) (/j'+8; (r^-^io-) {,n'+i2) («'-{-14) 8^. ' '^ ^^ ^^"^^ , rzn-h-if , ^„\ "^ z. 4. 6. 8. IO. 12 ;n ,/ ^ , r ., ,. . y r^. •=»-*- ^/ T__vr^ *_2-4-6.8.IOIi 2. co li SUO /zTOfe 2^00-i-iyx 1,^-^^j -3-:^:7:^r7:T^rT.r(^oo-:4:ó ,_ 3.00 / 3.00 — 2 . , 2^«>-^i = ;/c, poiché ----p^.2|/--t-i=:^-^^— ^ .2/0C perla dot- C183) £)« quadratura Curvarum sino dai primi Teoremi , Mac-Laurin nei luoghi citati dalla Nota 151. 8iC. (184) Aveva ouenuta la formola diretta/ v ^_Cvedasi il num. 9, Terso la fine), ma non vide come profittare di questa senza cambiarla nell'altra (185) Aveva ancor egli sott' occhio quel modulo "TJT ::;: 00 "•" (jìota'^iQz) (186) Problema 39. al §. 340, pp. 237. e 238. del Gap. Vili. T. I. Init'it. (alt. Jntegr. DEL L' ACCADEMIA 50 n' 4-1 dottrina elementare de* Limiri . Non diversamente a^n-t-ij7 /"an-l-i / V— L ' 2 • 4 • o • » • L° • ra . . . . X j.vi^i-x.; 3 -(-i:j)(„,^4)c„'+6)(«'-t.8)(«'4-ioXn'-M3x«'-MUTr. ni 4-1 n '-+-2 /" _|_ / " ....(n-t-O- a ri/;^:;^ , e nel limite 2^00^-1 y-^ U^''^-^^dx[i-xxyi . ■ • • "^ _ I . a . 4 • g • ^^JL,"" • 12 . ■ ..(°°-4-0— _ ^ ^ — („'_|_3)(>,'-^-4)(n-+-6X«'-^-8X«'+Io)(n'-^-I2;Cri'^-I4).•.. .— — — 1. ?• 5- 7- 9 ^' 2]/ " = ^^Ii • l^i^' seguitando quell'ordine istes- SO per i fattori del denominatore , che abbiamo poco avanti indica- to C187). E poi se ben si rifletta, quell'espressione (^'-4-2) («'-+- 4) ? • 4 . s . 6 . 7 . . . . n' \/ JTv n' \/ n^~\ è la Formola semplificata del termine generale sin da principio proposta (|i88), alla quale ci ve- diam' ora ricondotti mirabilmente dopo l'esperimento di tanti e si differenti metodi , tutti insieme concordi . 2".. Leonardo Euler intanto non giunse a queste facili conse- guenze delle sue Formole universali , quantochè aveva deciso , come osservai nel Num. 9., che fosse sempre yx'^Jxl^ ^) , 0 sivvero per la sostituzione pari alla mia C189) altrove usata da lui medesi- mo C190) 2/? d^y ? ) un Integrale c/^e^r/co , e perciò in nes- sun caso dell'esponente e intero e positivo , e dell' mr\, r a^'' i.a. 4. 6- 8. 10.12. 14....:: re mero antecedente. 2/? "^ ^?^i-? 3 = ^T^-TrTiTrTi 7^2 l'^^TTf) ; questo valore semprepiCi si fa piccolo , quanto il numero dei ■fattori si aumenta, il qual numero aumentandosi all' infinito quan- do e ;= co , è forza che allora diventi infinitesima ed inassegnabile quella fruizione, e precisamente del grado — ^-^ in virtù delle ragioni accennate (194)' L' istesso si dica d'ogni altra espressio- ne particolare compresa nell' ecumenica aj^^^"'"'^/^^!— ?*)" come quella , di cui conoschiamo 1' universale sviluppo nei suoi fatto- ri Ci953' E' sempre algebrico e finito , ma sempre decrescente crescendo e il di lei valore ; è infinitesimo dell'ordine —^ quan- o do e='» . cioè quando il valore risulta da /uf^/or/ innumerevoli ; ed è appunto per questo motivo che allora facciasi trascendente , pe- rocc-liè V Algebra insegna (196;) essere trascendenti le Quantità tutte, che non si possano esprimere con altro mezzo eccettoché colle Se- rie infinite . E tlifatto quando e=M , abbiamo 2 /?^"'^"*"V?^i— ^a j — I. q. s- 7- 9 "■' • l/c — "'+1 ^_pi . Anzi con tutta chiarezza adesso s'in- 2 ■i 00 -^ tende perchè sia necessario il modulo o coefficiente os , ossia nel caso ò.e\V indice frazionario— l'altro —H-r che torna l'istesso (197), A 2 00 a fine di rendere 1* espressione fx^dx.(i—x) > o respettivamente 2/? ('194) Ecco di nuovo (Nota 63) degli Infinitesimi ed Infiniti comparabili tri di loro, e non vaghi, ma determinati in tutte le parti. ("19^) TjviiU Euleriane citate dalla Nota (186). (196) Alla pag. vili, delia Preùrione Introd. in Anal. Infir.it. parlando delle Quantità trascendcnii à scritto l'incomparabile Autore Iix vero vel per alias rationes componuntur, vcl ex iisdem operaiionibus Algebrs infinities repetitis efficiuntur. n' (197) Poiché — ^ n generalmente considerato per indice della Serie. 6a ATTI 2/?*' d^(i — ?'^ì"2 utile alla Serie proposta , e non altrimenti infi-^ nitesiina, ma significativa d' ana grandezza finita. Alla Funzione n' canonica s/^^^"*"'^^^ i— j*")~ si riduce quell'espressione Euleriana 1/ I. 2. 3. 4 /i'. n'-t- I .(dx{x~.xx)l-. , che presa in ajuto un'altra Serie, e con metodo assai più lungo del mio C^Q^) assegnò il Ch. Autore per la ricerca di tutti i termini corrispondenti ad ìn- dici rotti, ma sempre denominati dal 2 Ci99) • <^osl per esempio yX f (x xx)^ /_?If^_ / ^x-xx 1^^-^^ /Ifll-- fj^li^ flìàì_ __ /x. 3. S X. 3. S. 7. V^x-xx ^J^x-x'x'Jy.Zxx - ^U~T. - ----g-g: 1. 3. s. 7. 9 I. 3. S. 7 9- II \ , -*-3 T-s — 7-5-—: nel caso di x=:i perle regole notefaoo) 2. 4. 6. 8. IO. 3. 4, 6. 8. IO. 12 y ^ ° ^ ' — , / 00^ \ ^^ I ^.c I, •?. e — ^1 7— ir — — 7o^ • C, verrà ad essere il ter-. Ki. 4. 6. 8. 10. 12 ) 2.4.68.10.12 mine ricercato eguale a [/~ì^|l_4-_ì^- 0- 3- 5)Ci- 3- 5) . c'=ÌlÌ.t/5- ° 2. 4. 6. 8. 10.12. 3,2.3 ' non diversamente da ciò, che colla massima facilità è stato veduto di sopra. In complesso [siccome à suggerito prima di compilarla sua Tavola 1' istesso Euler (^2ci)] dall'ultima espressione essendo agevole il passaggio all' altra contemplata superiormente col sosti- tuire :j^=x nella medesima ipotesi dell' Integrale condotto sino al valore di ? — i, sarà fuori di dubbio la coincidenza della Formola Euleriana con quella somministrata dalla Funzione , che rappresen- ta (19S) A questo proposito si vedano i luoghi citati dal num. 11. (199) EgU chiamò p ciò, ch'io qui nomino n' . Hoc igitur modo invcniuntur omnes termini Progressionis i , 2 ^ 6 , 24 , &c. , quorum tndices sunt fraciiones de- nominatore existente 2. (T. V. di Pietroburgo § 22. a pag. 52.). Poi scende a P F P trattare degli indici "T > "T , 8cc. ,^— nei segueHti §§. (200) SchoUon 2. accennato dalla Nota 190. colle sue Tavole . (201) Nota medesima 190. DEL L* ACCADEMIA C3 ta il termine genera/e nel modo più semplice, col quale 1' è esposto. Imperciocché [/ i. 2. 3. 4 5- 6.. ...n' (n'^i^Jdx[x =[/ 1. 2.3. 4- 5-6.. . ..n'C'-H) e — si fa 2 '/■ dz 1-3 laonde il termine cor- rispondente all'indie /~ 1.3.3.4.5.6.7.8. ,9,...73'('j'-4-02. I . ? • 5 • 7 ■ 9 . . . . . . ..("'+?X '''-^-5X«'-^-7X"'-^-9X"'-^-IO •-. («'-♦-5)C"'-+-7;C'J'-H9X'2' '^ll)....(r2 • 5- 7- 9-- '-hr. l'-l-3) 2 . .n' 4 . come 6 . 8 . 10 . (n'+n';C '• 3 (in'— i) a''^-' 3 ^ . t/c , apparisce studiando la fegge di continuazione o progresso della Tavola d'EuIer (^202) . Chiunque paragonerà queste Formole , che assegnano i termini in- tercalati della Serie Euleriana dipendenti dalle Quadrature , con quelle che ò immaginate e dedotte negli Articoli precedenti , do- vrà confessare che l'ultime per la loro naturalezza e semplicità di- scufiprano subito quanto più facilmente vi conducessero i metodi somministrati da Newton; cosicché quest'Uomo immortale avesse molta ragione di lasciar scritto Ex his principUs via sternitur ad majora C^°3} • RILIEVI, Aggiunta , Conseguenze , eq Applicazioni Delle Dottrine spiegate. §. III. 23. QOno costretto dall' abbondanza della materia di limitarmi »3 piuttosto a dei saggi che a delle specolazioni compiece . Alcune non sarann'altro che dei pensieri abbozzati, ed oltre a man- carie quel iìnimento, che meritano, avranno forse qualche fallacia na- Ci03) Ver le fatte supposizioni essendo n' numero intero dispari, n'-i-i è ffl/7,ed fn'-i-i) 2— n'-f-C^!'-h2;=2n'-|-3. Le Tavole sono quelle rammentate dalla ^ota 157 , ma nella Colonna delie potenie pari della variabile ;ir. (20 0 Ultime parole del suo Trattato De Quadratura Curvarum. ( Vedasi la pag. 244. del I. Volume degli Opuscoli, di cui parlano le Non 8. 9. e 16.). 64 ATTI nascosfa . I Mafematici tanto più grandi di me, che onorano og- gigiorno r Europa , vedranno subito dove possan esser manchevoli le mie deduzioni : gli altri facendo sperimento e sviluppo dtlle mie Forinole coglieranno dai semi, ch'io getto, quel frutto, che non sono adesso in istato di aver mjturo e perfetto. Primieramente mi pongo a considerare una bellissimo analogia tra la Serie esamina- ta sino ad ora e quella famosa di Wallis, che mostra sempre del- le nuove eleganze a proporzione che p'i\ si rifletta sulla medesima . Leonardo Euler (204) trovò facilmente che il termine dell' ultima 3. 2.4 2. 4. 6 3. 4. 6. 8 Serie - -»- -t- 4- -l- &c. corrispondente zWin- 3 3 • S 3- 5- 7 3' 5- 7- 9 2. 4. 6. 8. IO. 13 in . , - dice n era ^ ^^ ^--__^-______^ , e sin qui non fece un pas- so di pili del Matematico Inglese C205) . Wallis interpolò la sua . . n' I Serie per quindici—, compresovi acora , che fu il primo esem- pio degli indici negativi avanti di quello degli Euler (206); ma Euler seniore andò ancora più lungi con assegnare il termine gene- rale espresso cosi ^ — jdy.\J~x^ \/'x , posto x :=r , il quale a differen- za dell'altro, di cui parlano i Numeri ir. e 22., somministra il ff/*- ne relativo al predetto indice —4 come quello che allora conver- . . . — 1-*-3 tasi in — Ì7T^ - J v^.^x = T = ^A' '=^' ^ ^Pf""^° il valore medesimo Wallisiano secondochè vedremo in appresso (207). Potrò (204) Tomo V. dell'Accademia di Pietroburgo tra i primi alla pag. 42. § 11. (205) Difatto questi considerando la Serie inversa espresse il termine genera- XI. 5. 7. 9. &c. -,- g-T:— • (Si veda MArìthmetìca Infinitorum nello Scolio delia Proposizione CLXVM. o la pag. 441. del I. Volume della Raccolta di tutte le Opere &c ) . (2o63Neir^-/rAn2ff;ca precitata osservisi hTavola de\h Proposizione CLXXXiX. alla terza linea, dov'è il termine h, [2] « (207J Wallis nel luogo poc'anzi accennato espone il termine della Serie in- versa per mezzo di 2 [2]. Ma [2] secondo lui è -r-Cvcd- alle pag. 439. 6469). I I Dunque - [~] — -7- , e royersciando 2A. DEL L' ACCADEMIA 65 Potrò io nel paragone delle due Serie aggiunger cosa di qualche momento a dei ritrovati così sublimi? Ecco in breve il Prospetto, che sottopongo agli occhi degli Analisti (208) . Strie di Wallis . Termine generale per l' indice n Serie dell' Euler . Termine generale per 1* indine n intero positivo I. 2. j. 4. s- 6- 7- Termine per 1* indice posto »' dispari positivo 2' 2, 2. 2. 2. 2, 2. 2 2 Termine per l'indice -| eguale a i/g Termine per l* indice o=i . Combinano adunque queste due Serie per 1' indice o . la proposito degli indici interi e positivi i numeratori combinano, non meno che ì numeratori dei Coefficienti della Funzione del Circolo per gli 1/7- .n' dici — . Il termine della Serie Euleriana per l'indice n diviso per il doppio del Coefficiente della Funzione del Circolo nel termine n' della medesima Serie corrispondente all' indice — rende appunto il termine generale della Serie di Wallis per Vindice n, che sebbene esposto da me in un modo diverso da quello del Geometra Ingle- 'Ton\. Vili. I glese , intero positivo r. 2. 3. 4- <;. 6. 7- • : . • . R 3 a S 7 2 2 9 — • 2 II 2 13 15 2n-t-I T ■ 2 ~~~ T ermine per 1' indice " posto n' disf )àri positivo I. 3- S- 7 9- II. 13-15 "' . C 2 2. 4. 6. 8 10. 12. 14. 16. ...n'-t-i T jrmine per l'in dice —seguale c a_ Termine per r indice om . C208) Pietro Mengoli nel suo Circolo Cedii. di Bologna del 1673.) senza nes- sun bisogno del lunghissimo giro delle Proposizioni moltiplici e dell' /«r^r/'o/j^/o- nc usata dalWaUis dimostrò direttamente e colla massima facilità i due lìmiti di questa Serie rappresentante 1' Area del Circolo , posto i il Quadrato circoscritto . Di quell'Opera piuttosto rara, e poco o punto conosciuta dai Matematici Oltra- montani, ò parlato nella Nota 25. al Discorso proemiale della mia Exercitatio mathematica &c. altrove citata. (Si veda alla pag. 223.^. 66 ATTI glese , pure concorda interamente col suo C209)» essendo evidente , „ r. 2. 3.4. 5. 6. 7 n , , 2. 4. 6. 8. IO. 12. 14 2n m l'egualità — ._- .^______ r= 3. 5,7. 9.11.13.15 an+i 3. 5. 7. 9. II. 13. 15 2n-hi i_i • 2222221 2 n' Nel tempo che il Termine per Vindice ■j della Serie Euleriana à il suo denominatore formato dal prodotto della replica del binario, e va- le a dire dei termini della Progressione aritmetica , dei quali il primo sia 2, e la difterenza o (210), così il termine per l' istess* indice della Serie Wallisiana à il suo denominatore composto del prodotto dei termini della Progressione aritmetica, di cui sia primo termine 2 , e 2 parimente la differenza . Di più il termine della Se- ra' rie dell' Euler per l' indice n è V istesso di quello per 1' indice — della Serie di Wallis, tranne la Funzione del Circolo, e scrivendo neir ordine naturale numerico tutte le cifre o elementi , i quali compongono tanto il numeratore , quanto il denominatore del mede- simo termine . Finalmente nel modo istesso che retrocedendo dall' indice 5 all'altro — Snella Serie Euleriana non si fa che raddoppia- re il termine 5 . i/c » cosicché venga ad essere =i/J per la dottri- na spiegata (211) , ancora il termine della Wallisiana corrisponden- I C C te all' indice — | si ottiene raddoppiando quello ~ ' ~ -- ~7 » '^^^^ X C ' appartiene zlV indice , onde diventi — .Tanti rapporti di analogia 2 ^ di queste due Serie , uniti all'altro che i loro termini intercalati a distanze eguali tra i corrispondenti agli indici interi dipendano in ambedue dalla Quadratura del Cerchio , rendono assai manifesto per qual motivo analitico abbia incontrata Leonardo Euler una fratel- lanza sì stretta con altra delle medesime Serie sino al segno di risolvere e spiegare la seconda per mezzo della prima , siccome è già detto {212) . Resta unicamente da vedere in qual maniera , sen- (209^ Luogo citato ntWs. Nota 205. (210) Wallis averebbe chiamata qiusta Progressione col nome di Scries equa- X2 4 6 8 10 12 14 l'Ili* TT'T ^* Ciri) Si consultino i numeri 6. 14. e 17. (212) Nel num> ii< DEL L* ACCADEMIA 67 senza servirmi del lungo metodo A' inurpola-^ione ad oprato dal Wal- . . . «' lis per arrivare a scuoprire i termini attenenti agli indici — più quello dell* indice — 5 come si rilevano dalla breve Tavola de- scritta nella Proposizione CLXXxix. della sua Aritmetica deisti In. finiti , io sia giunto a stabilire la forma del termine generale I. 5, <. 7. 9. II. 13. IS "' ^ 3 TTr !.. , • • '■' — ' . ,^ • — non assegnata da Wallis (113), a. 4. 6. 8. IO. li. 14. 16 n'-hi 2 ° v 0/ • non meno che ^ rapporto all' indice — |; • Il metodo, che ò te- nuto , si appoggia in parte a quello , del quale ò fatt* uso sino dal Num. 6. , ed in altra parte a ciò eh' io chiamo la cireolu^ione delle Serie C^i4) ossia la loro prosecuzione di là dall' Infinito, onde in guisa d'anello vengano a ricongiuogere il punto, da cui sono partite, e quindi da capo proseguano facendo altri passi, ma sempre coli* osservanza della medesima fegge (215). Que- sto artifizio, che mi sembra nuovo per quanto io sappia , mirabil- mente riesce nella Serie di Wallis: altri lo sperimentino in altre Se- rie . Suppongo prima di tutto che sia quistione del termine per V indice J, e vedo che il termine generale per gli indici interi e/)0- 2. 4. 6. 8. IO. 12 in sitivi , principiando da i, egli è ^"j. 7. 9. n, ij....2n.^i ' laonde se si continui all'infinito, e dipoi circolando si torni ali* indietro, e si faccia un passo di più all'effetto d'andare in traccia dell' indice i , acc[[ii- •i. 4. 6. 8. IO. 12 oc . 00 12. IO. g. 6. . 2. t sta la forma di ■ — 3. 5, 7. 9. II. 13 00 -Hi. 00 -t-i .... 13. II. 9. 7. 5. 3. a » I ij e per- (213) Egli notò nella Tavola, di cui parla la Nota io6 , questi termini soli ^^mtendendo degh india positivi ^ ' 2 ' I ' 3 j ' ^'°^ '• 7 ' ^ • T'à-T'Ó^'T' Cvedansi le Note 206. e 207.) senza indicarne la legge j né il modo di continuare la Serie . (214) E' però ben diversa una Serie simile circolante da quelle Serie perio- diche dì frazioni, considerate sotto di questo nome da Robertson (_ Philosophiatl Transaólions Tom. LVIIl. per l'anno 1768. al Num. xxxn. da pag. 207. alla 214. Of the Theory of circulating Decimai Fraclions = By John Robertson =), e quin- di nel Volume li. per l'anno 1771. delle Nouveaux Mémoires della R. Accademia di Berlino [ 5ur les Fraclions dècimales périodiques {ou circulantes') dalla pag. 273. alla 303.) da Giovanni Bernoulli l'juniore. (115) Seguitando il costume d' Archimede e di Ludolfo da Ceulen , e di Ja- copo BernouUi, sarebbe questo il Simbolo isìì' Eternità . €8 ATTI ., I /2.4.4.6.6.8.8. IO 10,13.13. ...N 2. 4. 4..6.6 8.8.10.10. e perciò eguaglia 2. - - ^ ^ , „ = — ^--^ 13. 12 ^j j^ , eh* è appunto l'espressione trovata da Wallis (216) in C numeri per 1' Area del Circolo o per —, di cui sia i il diametro. 4 Vado più avanti in cerca ut' termini , che si riferiscano agli indici i , _ , _ , &c. , e trovo coli' istesso principio della circola-^ìone per 2 .2 2 ,, . ,. ^ , ~ ■ . ^- 4- 6. 8. IO. 12 00 . 00 ■ 12. Vindice - la Sene seguente —• 3- 5. 7. 9. II. 13 004-1.00 -}-i, ., . 13. 10. 8. 6. 4. 3. r. 3 j /a. 4. 4. 6. 6. 8.8. IO. IO 13.12.. .A __ 3 C 11. 9. 7. s. 3. 3. 4 =^ • * • 4 ^3. 3. s- 5.7-7 9Vii^i-J3----J — 4 ' T ' per Vindice | l' istesso metodo mi suggerisce qual termine della a. 4. 6. 8. IO. )3 ; . . 00 . 00 12. IO. 8. 6. 4. 2. i. 3. S 3. 5. 7. 9. II. 13 00 -H l . oe-h I. ... ; , 13. II. 9. 7. 5. 3. 2. 4. ó Serie -o l 1 if- 4- 4 ^- ^ ^- ^- '"• '°- '^- '^ Vj 1 f^. „er — 2 . 3. . 4 . Q ( ■ I — 4 . (t . - , per V3- 3 S- S- Z- 7- 9- 9- !'• ' '• '3 / '^ Vindice - mi viene il termine della medesima Serie -'"''■ '-^ — " 2 3-5-79i'i3-- •• 00 . 00 12.10.8.6 4.2.1. 3.5.7 _ ili y /3^44 6.6. 8.8. /■X4^ V3-3-Ì ...cx:-+-i.oc-h'i....i3->i-9-7'5-3-a-4'6. 8 - •2-4 • 6- 8 \^3. 3.5. 5.7.7. 9. l2l!°J,^;iH:.:.:^)=:|.f . -^.^ , e così discorrendo degli altri, con 9. 11.11.13 / * fare un passo di più ad ogni indfce nuovo , e tener ferma la legge che i numeri omologhi del denominatore nella Serie circolata supe- ria quelli del numeratore di nn' unità . Corrispondono perfettamente i termini rintracciati ^,f..^J._,^._, -3) 2^^\ I_ ^C 'S- 17- 19 Ci-«>-i) >'"~2/— '/ 4- — il/c 4 ^ 5 00 sia un In fi- 70 ATTI legcìi dell' Aritmetica che presentare un Infinitamente-piccolo vago ed indeterminato . Ecco dove comparisce nella Serie del Wallis quell' istessa Funzione del Circolo i/c, che fa tanta figura in quel- la dell' Euler : cosicché debba dirsi che l'ultimo termine della Wal- lisiana ^ . ^^ sia al termine dell' indice 3 dell' Euleriana § i/c come l/oo 1 : 2 \/^ • Inoltre nella Serie istessa di Wallis abbiamo per gli in- .. . r . . C V/C . A ^^A dia o , \ , 00 i termini i, — , § . — --= , o piuttosto i. A, _.; 4 2(/oo 31/00 dimanieratalechè [tranne il modulo al/^J come gli indici 0,1, co sono in continua Proporzione geometrica in forza della Serie paral- lela del Grandi (220) , non altrimenti lo siano i termini che gli appar- tengono [ sebbene in ordine inverso J i , j/ ^ , A . Di piih . . . • IVIa io non la finirei mai se tutti qui pretendessi raccogliere i punti di convenienza ed i rapporti insigni, che hanno tra loro le meditare due Serie. 24. Quanto era diflìcultoso ed indiretto il modo d' esprime- re mediante le Quadrature ì termini da intercalare per gli indici 72" 72'" n"' n" n"' , , — , , &c. discoperto dall' Euler per la sua Se- 3 4 5 65 Z rie (221), altrettanto facilmente gli somministra ridotti in delle Serie infinire il mio termine generale eo'^'*'^ ix^ dx(i—xy . Anzi paragonato questo con quello dell' Euler, e coli' altro composto d' infiniti fattori , e spiegato nel Num. 2 , arricchisce agevolmente l'Analisi con delle nuove Serie infinite (222) . Prendiamo per esem- pio r indice ^. Dunque otterremo in virtù dei soliti Teoremi di Newton (220) Nota 82. Merita a questo proposito d'esser ietta e ponderata l'egre- gia Dissertaiione dell' Ealer accennata nella Nota 48 , e principalmente al §. 2. pag. 84. Mais f ai déji remarqué dans une autre occasion, quii faut donner au mot de Somme une signification plus étendue , & eniendre par là une fraclion , ou autre expression- analytique , la quelle étant dévcloppée selon Ics principes de Vanalyse produise la mètne Sèrie dont on cherche la Somme , col rimanente che siegue . Si veda in oltre 1' eccellente Memoria del medesimo Autore De Seriebus divergentibus nel Tom. V. de' Commentarj nuovi di Pietroburgo ( da pag. 205. a 338.) per gli anni 1754. 655. pubblicato del 1760. C221) Luogo citato dalla Nota 106. (222) Non intendo però di toglier nulla al merito sommo del Capitolo IX. (De evolutione Integralium per producìa infinita ) della Sezione I. del Tomo I. delle Istitu\ioni di Calcolo Integrale, non meno che della Dissertazione ciiM dal- le A'ore 48. e 69, le quali produzioni eccellenti s'occupano dell' istesso argumento ivi profondamente trattato dall'Euler . DEL L' ACCADEMIA 71 i _ /'oo / >."3 3. 6. 9 la. 15. i8. ai jn Ne%rton (22S) oel/ooyA. dx\^\-x) _ 4. 7.10. 13. 16.19. aa....(3nH-j)..7. . 3- °° • 3-^/"*. , perchè /^«.f*-f I-Af)^^x(l-*)' Ccioè -, con- (3.oc^.,)(3.o»-t-4) •/ V /y V ^ 4 tando come devesi l'Integrale da x=o sino a .x_i ] .. 3j^9ja^5-i8-2jt:^---J^Llli:;l.lil_ . j . L'istesso rilevasi in con- *• 7.io.i3.i6.i9.23.a5" •C3«-t-4)--0°'-<-4) ferma di e somministra p 6.7- io dal termine generale del Num. 2. come quello, che ì per il caso di n =:j della presente ipotesi 4 7 IO 13 16 19 22 0"+') (3°°-»-l) = ( j- ^ ' _1 .__ .... — — \4. 7. IO. 13. 16. 3 ? 3 ■ 3 ■ J 3 3 '3 3 18. 21 3" 3 -"p ^ j_ 19. «....(3"-Mj)...- Cj.«.-i-iV • ^^ egualmente che sopra , e per i motivi addotti nell altro caso àelV indice n^^—L verso la fine del Num. 5. A tenore perciò della Serie di Wallis si può scrivere que- ,. . , j , . 3 6 9 12 is 18 21 Sta nuova bene nel modo , che siegue ,--- — .. .__ . 4 7 10 ■ 13 * 16 * 19' 22 * * ' * .... — — . I, ~ qualora si volesse fermare la Serie al termine dell' 3n-4-i '^ " indice n onde averne per approssimazione il valore . Egli é certo che senza il modulo aggiunto ce j/^ 1* Integrale /x°° t/.v(^ — ^p sa- rebbe un infinitamente piccolo dell' ordine — — = o ; ed é manife- sto egualmente che quella Serie composta d'infiniti fattori e cor- redata del suo modulo rappresenta '^^ 2 /dx.x-^xxjT . jdx{x'^—x^)h ^ ^ vale a dire si riduce alla Quadratura di Linee del 3." grado (224), e segnatamente secondo la numerazione Newtoniana (225) alla pua- dr atura (223) Mac-Laurin ntl luogo citato dalla Nota 139. (224) Si consulti il §. 23. alla pag. 52. del Tom. V. citato dalla Nota 106 terminus ordine ^ &ic. C225) Isaaci Nìwtoni Equitìs Aurati &c. Opusculorum Tomus prlmus &c. ^ Lau- sanne & Gcnfvce 1744. = Opusc. IV. Enumeratio Linearun tertii ordinis edita Lori' dini 1706. e pag. 2j». e 264. e Tavole Vili. XI. 7a ATTI aratura della Parabola pura Campaniforme della Specie LXXf. e Fig. 79 , ed alla Quadratura d* una delle sei Iperbole difettive sen^a diametro assomigliantesi a quella della specie xxxv- e Fig. 45, siccome è fa- cile di ravvisare. Alcune osservazioni notabili vengono suggerite dal- le ricerche premesse. Primieramente è degno di riflessione come il termine della Serie per l'indice -j si risolva nella radice cuba d' unai Quantità trascendente, quando quello per l'indice 5 si risolveva nella radice quadrata ; e questa /e^gge à luogo generalmente per gli altri indici ^, y &c- Oltrediciò come all'indice | corrispondeva tra le Quantità trascendenti l'Area del Circolo, non manca d'esser mi- rabile cheli termine dell'indice \ comprenda tra le Quanzizà truscen- denti, da cui dipende , l'Area d'un Circolodi second' ordine , qual' è quello distinto dall'Equazione ^5=:Cx*— x5;)=:x'*(i— x) secondo le definizioni adottate dai Matematici (226) . Ir. terzo luogo si ma- nifesta come per mezzo d' una Serie infinita abbiasi il valore di jdx[x—xx^]i,ljx(x'^ — .i'^p, limitando r Integrale da xrzo sino a x—i, in aumento d'altri prodotti di Quantità trascendenti di simil forma risoluti cosi dal grand' Euler (227). Lo che è tantopiù valutiibile , quantoché il primo degli Integrali si ottenga mediante la rettifica- zione delle Coniche Curve (228). Finalmente ognun vede che sen- za la giunta del modulo quella Serie composta d' infiniti fattori non avrebbe mai valore finito, non diversamente da ciò die abbiamo veduto della Wallisiana (229) parlando dtW indice ^. Ricorrereb- bero presso a poco le istesse massime per tutti gli indici, dei qua- li ora vado a discorrere: ma essendoché non resti nessuna difiìcultà dopo gettali i fondamenti di tutta questa specolazione , lascerò di trattenermi più a lungo , ed accennerò solamente i principali ri- sultati del Calcolo . Per l'indice f il termine della Serie Euleriana è usuale (226) Tra gli altri può leggersi sulla fine T Esempio il. della I. Proposizio- ne Sella Sezione 11. àeW Analyse des Infiniment pétits di Mr. De i' Hópiial (alla pag. 18. ediz. del 1768.)- Nelle Opere MS. di Lorenzo Lorenzini avvi Exercita- tio III. de infinìtìs EiUpsoldibus & Hypcrboloidibus, ed è questa un bel Trattato geometrico delle proprietà delle innumerevoli Iperbole ed Ellissi, e perciò ancora dei Circoli di varj ordini . Sono ben lontane nulhdimeno l'ultime Curve dal so- migliare alla figura del Circolo. Difatto quella, di cui ragionò, à due rami infi- niti ed un asintoto retto . (337) Per esempio nel Tom, 1. delle Istituzioni di Calcolo Integrale a'ie pagg. 232. 233. 244. 345. 259. 260. 269. 374. ed altrove. Vedasi ancora la Nota 334. della mia Opera Exercitatio mathematica &c. (128) Bougainville Traile du Calcul Integrai I. Parte al iium. coxxx. p. 228, e Tom. IV. degli Opuscules Mathéinatìques &c. di Mr. D'Alembert alla pag. 380. (229) Sia riletto il nura. 23. DEL L' ACCADEMIA 73 5 r ^ . ( \^ 3 6 9 !2 15 l8 21 é uguale a co //-"r • /k*' ax( i— *) = --5 — • _.... T *^oo*y ^ '' 58111417 20 23 __^ 3 6 Q 13 15 18 21 ]jiu9:tiiiiaiHcui.c ~" - 3« V- ' 3 • 00 3 . i/~r e prossimamente 3.CX)+2 CC^ S 8 II 14 17 20 3j 3« >^— "^ ^ — -= ^^I^ •'"'''=: j/ a. s- ldx{^x-xx)i .Jdx[^x-*~xi'p . il che concorda altresì col termine generale esposto in principio (230) , inresi sempre questi Integrali per il caso di xzzi senza necessità d' avvertirlo di nuovo in appresso. All' indice ^ conviene il termine oz'^l^.fx^dx /',_r-V — 3 <^ 9 li iS j8 21 3.00 l~- \ J -• — — • -r • — ' — — . CO K CO e prossi- 7 10 13 16 19 22 25 3.oo-f-4 3 <5 9 12 15 18 21 ,n i inamente -• — • — — — ._• — . . . , _Z . n ,/n 7 IO 1} 16 19 22 2S 3„4.4 • " l^" • • • • =[/ 1.2.3.^4 s-jdx'yv—xxji.fdx'x^—x^y, andando cosi affatto ci' accordo tra loro le Formole Newtoniane colla prima espressione huleriana del termine generale (231). L'indice n=] conduce al ter- - 'x— ;t r f >i 36012151821 mine oo*t/oo^. /x'o^xf i_.vP = 1 1 1 ..' J \ } 8 II 14 17 2C 20 23 3 •«> j 3 6 9 12 15 18 21 ~"~t:- • 90 1/ ^* e prossimamente _•_•_•_• — — .-- 3.00-J-5 K 00 r 8 II 14 17 20 23 26 -^- . n ^T^ =l/~2. 4. s- 6. ir.|j;r(^.v_;c;r)^ . fdxi^x^-^x^y^ > di con- certo tra il primo termine generale spiegato nel Niim. 2. e le For- mole derivare dalle scoperte di Newton (232) . Universalmente se Tom. Vili. K r in- (230) Num. 2. Ed in questo caso e nei seguenti l'esperimento di quella conferma porta seco la massima facilità. C23O Come sopra nella Nota 229- (232) Si torna a dire che 1' uaico fondamento di tuttociò sia la Serie . . . __ . &c. alla pag. 220. del Volume li. del M M-H1 M-t-an M-Hj'J M-4-41 Traile des Fluxions di Mi. Mac-taurin. 74 ATTI n" l'indice fosse _ posto n" un numero intero positivo qualunque non 3 divisibile senz* avanzo dal 3 , il termine della Serie Euleriana espresso mediante la Funzione 00 . . jx'^ dK\ \—x\ j ridurrebbesi 3. 6 9 12 is a pareggiare la Serie infinita , • - — -• -• -r* — tTi • 8< " = 1 3.00 — . 3 # -T-— 77 • — ; — r, — ^ ;, . CO 5 c prossunamentc — - . -. ' iB-{-n" zi-\-n" 3.084-/1" '^ 3+n" 6-t-n ' 9 " '5 18 31 V-~ 9-1-/I" i2-h/J" 15-4-n" i84-n" ii^n" 3/n-n" ' ^^" gantissima quant' altra mai , la qua'le discuopre l'origine e infor- ma della composizione di tutte le precedenti ; Serie che mostra per- chè tutte debbano avere gì' istessi numeratori, e per denominatori delle Progressioni aritmetiche , la cui differenza sia il medesimo numero 3, Serie finalmente che accordandosi col primo termine generale somministrato dall' Euler parte dal solo principio Newto- niano C233) consistente nella Proporzione/.^ dx( \—x\ ' •l'^^i 1— >'^) * «._3_ . . _J_ 6 _9_ ^ 11 ^ _JS_ ^ __i8__ ^ _jii_ j_ 34-/j"' "6+n'' ' 9-t-«" ■ i3-h73" ' i5-(-n'' * i8-h«" ' aH-n'' ' 24-4-/1" " Leo- (233) Luogo citato nella Nota antecedente . E' poi chiarissimo che fdx'i—x!^ = — 5_-- da xzza sino a ;c— i . Si veda a questo proposito l'eccel- J \ J 3 -H n" lente recentissima Memoria, di cui parla la Nota 125., dove Sir Vince alle pagi- ne 433. 34. e 35. (Ex. I. e a) peifeiiona il metodo di Sir Isaac Newton adattan- dolo ai Fluenti /" ^*'- ''* /•' - . . ^ . r--—— /-7===, \x àìYzJ^xi conosemti che siano// , ...« A — ÌjaI/óIkc ' ^ '° generalità per tutti i casi possibili della variabile. DEL L* ACCADEMIA 73 L-onardo Euler avendo insegnato (234) come ortenere quella tale Area o Quanrità trascendente, cui si riporta questa Serie infini- ta (23'") , vediamo adesso piuttosto dove conduca il mio metodo applicarlo' agi* indici negativi -\ , -\ . Rispetto al primo non v* à dubbio che seguitando le tracce medesime Newtoniane abbiasi per termine della Serie ©»'. /x«° rf^f > — -v j perii caso di x—i , egua- 3 j 6 9 12 ry 18 ai _ 3 6 9 'a le alla Serie infinita -.-.-._.-•-.- •- --.-.-.- • 15 18 2, 3.00 3^ - 3 6 9 12 15 18 21 — . _ • • • • • • ~ : "^oc^ ;::_._._. — . — . — . — .... 14 17 20 3.°o-r j^-^^^Tj, ^ S 8 " M 17 20 3.00 I 3 6 9 12 is 18 21 — '■ "1 — , o sivvero prossimamente _•-•-• — " — " — • — ... 3.00—1 3.— r a s 8 II 14 17 20 1/ 00 , ■' yZ' IQ modo consimile ce* ./-^ dx.li—xj si risolve nella 3 '2 — I . [//t •' e . . 3 6 9 12 15 18 21 3-0O Sene omologa _•_._. — . __. _ ^ e pros- I 4 7 IO 13 ló 19 3.00—31/002 3 6 9 12 15 18 ai 31 , . simamente -.-.- — — — f:^. . non adattan- 1 4 7 IO 13 16 19 3/2— 2.1/ n-^ dosi né a questa né all'altra il metodo delle Quadrature impiegato ingegaosamente dall' Euler C"3^^ • 25. Cogli istessi principi si potrebbe discendere ad intercalare i termini della Serie per gli indici JL , supponendo denotato da 4 K ij n'" qua- (134) Non solo neir uno ed altro Volume ai luoghi citati dalla Nota 106 , ma ancora nel §. 37. a pag. 35. dell' XI. j che si può dire il fondamento di tut- p to . Di qui è che l' Autore scrivesse „ Idxi — Lx\ 1 per quadraturam Curvarum al- n g(l>raicarum exprimi potest „ , (a^Sj Sia riletto il num. 11. nel suo principio. (236) Cos> dimostrai nel prefato num. 11. (verso la fìne^ anche del termine relativo all' indice — ^ . 7(> ATTI n"> qualunque dei numeri dispari interi e positivi, ed ancora ne- pativi purché non più avanci di — 3 . Così per esempio il termine I 4 8 1 1 1 6 20 24 relativo all' indice - è usuale a -.-.— • — •--• — .... _±"-°°- • 4 5 5 9 .13 17 21 2S 4.00+1 4 4 8 13 16 20 24 ^/~ e prossimamente -.-. — . — . — . — -J: — 4 - posto sempre n il numero delle frazioni come ò praticato di sopra ; ed il termine relativo all'indice — j discuopresi rappresentato dall'altra 4 8 12 16 20 24 400 "^ J---77-7:- — • — 4^ e prossimamente 7 J y -:> 4.0Ó— i.i/oo 4 8 12 16 20 24 4/2 7 ■ 7 ' 77 ■ 77 Tq ■ 2T ^~- secondo il metodo tenuto dal ^ j :? j ^„ — 1.|//2 Wallis. Ancor qui merita osservazione che il numeratore di queste n'" Serie per tutti gli indici — ■— si conservi sempre immutabile, e che tanto i numeratori , quanto i denominatori delle fràv^ioni componenti ■formino delle Progressioni aritmetiche dove la differenza dei ter-r ;nini sia il numero 4 , cioè l'esponente dei termini intercalati [2^1), Molto vicina alle Serie premesse è quella considerata da S. Kotel- iiìkow nel Tomo X. dei Commentar] nuovi dell' Accademia Impe- .,,._,. , , „^ . , 2. 6. ip.14. 18. 22 (4^ — io) naie di Pietroburgo C238J, cioè — ;: ;-, o siv- ^ ^ -^ 2. 3. 4. 5. 6. 7 C «— i) , . , , ., , . r . 2. 6. IO. 14. 18. 22 vero chiamando n il numero dei fattori , - 2. 3. 4. 5. 6. -7., zìi ^' (4j^_^ indicante il numero di tutte le costruzio- Cn'-t-x ) (oo-t-0 n i (237) E' /fgg« universale per tutti gli altri ìndici fraiìonarj . Le Progressioni aritmetiche prendono sempre regola dal denominatore àtìV indice dopoché questo sia stato ridotto ai suoi mitHmi termini. Cosi fu veduto rispetto agli indici ~^ , Ancora qui ricorrendo alle Quadrature , verrebbero fuori altri Circoli di grado superiore a quello del num. 24. . 2. 6. IO. 14. 18. 22 (4'' — io) , ., . (238) Demonstratto Semi ^ y — — r- exhibttcs in re- ^ ^ ^ 2. 3. 4. s. 6. 7. C"— 0 (snsione VI. Tomi VII. Commencarioruti A. S. P. dilla pag. 199- sino a 205. D E L L' A e e A D E M I A 77 ni possibili d'un Poligono quando n rappresenti il numero de' suoi Lati (239). La natura e la classe di questa Serie non furono al- lora ben' accertate né dall'Autore predetto né tampoco da chi lo precedette in questa bella ricerca, come apparisce dal Tomo VII. dell' istessa Accademia , né da chi venne dopo di lui . Specolando alcuni anni sono sopra di essa trovai facilmente che ridiiceva&i n [i- 3- S- ?■ 9- " (m'—i-) \ all'altra forma 1 \J~^^^_ g. 7 («'-f-i)/ ' ^ ^'^^ questa aveva per proprietà quella insigne a mic^giudizio «d'elegantissima d'accostarsi semprepiù la ragione del numeratore al denominatore dei suoi fattori alla dupla, quanto più cresce n', e finalmente diventar dupla con- n' linuandosi all' infinito . Tranne il moltiplicatore 2 , si ravvisa cpn tutta evidenza che gli elementi componenti ì\ numeratore , si^^^oslo continuato all' infinito sian quelli isCessi della Formula Newtonia- na considerata nel Num. 17, e quanto agli elementi del denomi- natore son quelli isfess; della medesima Form.ola , m^. replicati di mezzo a loro gli elementi del divisato 'immeratore .. Non é nem- meno difficile trovarne per mezzo delle Quadrature il tennine gene- rale oltre di quello espresso di sopra per mezzo dei suoi fatto- ri (240). Imperocché per rappresentarlo, ed intercalare iimnào pia- cesse tutti i termini intermedj , si fa luogo alla Formola — — ; ; ; — • nella solitef ipotesi di xrri stabilita sin da principio . i6. Meditando sopra i due Numeri precedenti ognuno sa con- cepire come verrebbero adesso ad inserirsi tra r..:ermini della Serie Euleriana corrispondenti ad indici interi e positivi degli altri ter- mini in qualanque numero ed ordine , che si volessero intercalati tra i primi, onde a;npliare le Tavole sino adora prodotte (241). Co- nosce parimente da se medesimo come rintracciar facilmente dei ter- (239) All'effetto di fissar l'epoca, basti il sapere che il Tomo X. dei nuovi dell'Imperiale Accademia di St. Petersbourg si liporta all'anno 1764^ e Tedizio- ■ne è del Ì766. ■■ i- . C240) Tomo V. di Pietroburgo tra gli antichi alla pag. 48. e §3. 16. 17 , e Tom., XI. dell' istessa classe al §. 5. e pag, 5. In questi luoghi citati esistono tut- ti i principj onde mettere insieme la Funiione trascendente, che siegue. (241) Queste si trovano nel Tom. XVI. dell'Accademia di Berlino , citato sin dalia Nota 2, e precisamente alle pagg. 157. 258. e segg. , delle quali n' ò dato un saggia nel num. 14. 78 ATTI termini senza fine dalla parte degli ìndiri negativi , purché questi ul- timi non arrivino a -^i , lo che risulta altresì dalla forma del ter,i mine generale accennato prima di tutto nel Num. 2 , e concorda colle pii\ antiche teorìe del grand' Euler C242_) . Accade oltcediciò che come appunto in virtù dei Numeri 17. 18. e 20, i termini della n' n'-i-i n' -j- 2 Serie Euleriana , i quali abbian per indici — , , _^ , 3 a 2 «'+ ? n'^ n . . , — } >-». , dipendono uno dall'altro, e replicandosi non diiferiscono che nei soli co.e_ffìcienti , non diversaxnente appar- tenga questa medesima proprietà a tutti gli indici possibili /ra- ^ionarj , purché si verifichi la medesima condizione . E difetto sia- no i due indici ^ e f. Ad essi corrispondono i termini " - jo 13. ló! i8. 21 3 .0° 3 — A' ?• 6. 'cj.-ì'2. 15. 18. al 3-°o 19.32 (3 .co-f-i) ' K 00 ' 7.10.13.16.19.22.25 (3 -00-^-4)* 00 1/'"'= B' = 4 /3- 6. 9. 12. 15. 18 21 -. .-'?.oo . 00 l/^ \ °° l 4. 7. IO. 13. 16. 19. 22 (3 .00 -f- l) C3 00 -+-4) / 43.2 00 ^ — - . A = A', poiché : — r:-. Parimente scegliendo gli 3 1.3 ^ 3.00+4 3 & & ... * 5 altri due indici - e -, cui competono i termini di già trovati nel 24. -T j ► 3- 6' 9- 12. 1$. 18. 21 3 . 00 ì — ^, Numero precedente : „ ,,-7-— ' ,^ ^, , . . . ./oo^ = C , e *■ s* o- !!• I4' I7' 20-23.. . ...(3 .00-Ì-2) l' 3. 6. 9. 12. t;. 18. 31 3 . 00 3 0 ;: z ; : . 001/00'^ r= D', quest' ultimo si 8.11.14.17.20.33.26 (3-"»-+-5) ^ /3.6. 9. 12. !$■ 18. 21 3 .00 . ocl/oo^ I iduce alla /orma seguente 5 rr-: ' r,' ^^ ^^; — ZZ::^J •'^S-o. II. 14. 17. 20. 23 C3'°°+2) (3. 00-1-5)'' ri —, J rr ~ . C. La iegge è facile a riconoscersi; e questo metodo ser- ve a (242^ Egli difatto scrisse d'un caso consimile C§- *?• P^g- 48- del Tom. V. di Pietroburgo &c.^ . Quanquam hìc exponcns ipsius x sii negativus , tamen id in- commodum , de quo supra dicium , hìc locum non habci , cum sit unitale miaor. DELL' ACCADEMIA ...79 ve a rintracciare con molto compendio di Calcolo i termini inter- rae ....à] della bella Serie proposta. Chi per esempio dopo trovato , come si è fatto nel Num. 25, il termine relativo tìV indice \ , eli' io nomino E', cercasse quello corrispondente all' altro indice f, che può intendersi mediante la Sigla F' , incontrerebbe 5/4. 8. 12. 16. 20. 34 4 «> • _°° "t— "N 5 r; „„^,,. pi — Z 1 y ^ —— ^ . i/co = -• E ' "eque ^ — V5. 9. 13- >7 21.35 (4.00-HX4.00-+-S) *'«'y 4 limitem novit Analysh . Ma si potrebb? egli forse con questo mo- do più semplice rintracciare ancora quei termini, cui spettano gli iodici -«-i? Sì: é CIÒ che ò promesso nella Nota 142, e che va- >^ a .1 2 do adesso a provare. Abbiamo difatto k \/ ^ . j x'^ dr^i—x j __ a. 3. 4.6. 8. 10. 13. 14 " • (3.00—2) 2j^gg_, 03l/w = i f-.- . ^S '°.'^ '^'^ Jil^^-l") o ^/- =«. i/c- colla guida f ^-77 ri'n .7 (2.<»-.); della sola Serie e Proporzione data da Mac-Laurin in seguito di un Teorema di Newton (24^). E per 1' indice — ^ abbiamo egual- mente colla medesima unica Sgorta (244) 1' altra Equazione l/oo • TdxU-A~''--.- - - -.-- '-!.... (±!!r:-)^^j-"'-^J^°!±i). '^ } » 3*5 7 9 ^1 » 3 "'(3.00— 1X2- «-»-0C3'<»-»-3) / , a 4 6 8 10 13 2.00—1 y y_ -li T l/oo —-.-.-.-. — ._...———; 21/00 = i/c secondo le dimo- 3 5 7 9 11 1 j * 3 .00—1 strazioni premesse 0^45) • Questa lusina;hevoIe facilità oltreché serve a confermare viepiù l'attività ed efficacia di quella forma del termine generale , che parve inefficace al penetrante ingegno dell' Euler , siccome avvertii sino dal Num. 9, mi sarebbe stata d'ecci- tamento C243) Si consulti la Nota 3p. e la confessione di Mac-Laurin nel § 789. alla pag. 3'8. del Volume ivi accennato. Del resto 1' applicatione al caso nostro è assai facile, perchè nzii, /nni , fcs» e perciò M— in-h/J-t-m—a'''— °°' *— '' (144) Vagliono le med'isime sostituzioni espresse poc' anzi , colia differenza che qui /n— 4, onde M=:\ ed An*'. (245) Particolarmente nella Nota (131) per maggior lume dei dilettanti di Matematica . 80 ATTI tamento a presceglier dapprima il cammino brevissimo, se non avessi voluto seguitar dappresso l'orme lasciate da Newton C^i6) , e compruovare per molte parti la verità delle j resenti ricerche. 27. Rimane adesso a parlare degli indici negativi incominciando da I ; perocché sino a — i abbiamo veduto nei Numeri 17. 24. 25, e 26. come il metodo da noi proposto faccia subito conseguire i termini intercalati della Serie Euleriana . La considerazione è del tutto nuova e non poco intralciata , ed aprirebbe un campo va- stissimo per delle meditazioni profonde • lo non farò che abbozzar- la , rammentando ptr tutto ciò , dov* io andassi lontano dal vero, il bel detto di Jacopo Bernoulli Qz^j^. ■ Il esr fxtrérr.ement facile de se méprendre daos toutes ces conncissances , si l'on n'y fait pas toujours une serieuse attention . Qualora si sperimentino a quest'effetto tanto il termine generale dato dal vecchio Euler per mezzo di fattori infi- niti (24^)' quanto il metodo d' /nr^rpo/c^/onf usato ddl Figlio (249), vanno ambidue perfettamente d'accordo tra loro . E 1' uno e 1' al- tro partendo daW indice —i Cg'acché il tratto più raro e mirabile della Serie consiste nel breve intervallo do o a —^x- , Ossia nell'anello che unisce insieme le nuove colle già fatte ricerche) somministra- no per gli indici interi negativi —1 , —2 . —3 , —4 , —5 , —6 , .... , —n I I I 1 i seguenti termini co , — - . os , •*■ j— ^. c« ,— ^ ^_ ^ . ce , ^ 1.2.3^4^* le a dire Infiniti , tutti tra loro comparabili , ed alternativamente positivi e negativi secondo che l'indice —n sia dispari o pari . La legge della Progressione non potrebbe mai essere né pu'i semplice né'pii\ bella. Imperocché tranne il coefficiente oal^ch'è l'Infinito or- dinario i-i-i-*-i-t-H-c-4-i-t-i &c.) C250)' '1 1"ale s* replica sempre per tutti i termini, ed astraendo dai segno, ciie come ò detto si alterna cominciando dal positivo , il rimanente non é che 1' inverso' del valore dei ttrmini corrispondenti ae^U indici positivi n—i (24Ó) Come ò fatto nei numeri 17. e 18 , dove è subito in mostra senz'altro esame la dipendenza dal Circolo. (247^ Ars conjeclandì &c. , Epistola gallicè scripta de Ludo PiU reticularis (vedasi la Nota 158). In fondo di questa Lettera sur le Jcu de Fa^me , dopo il Gap. IV. dell'Opera, avvi il passo citato. . .,|..f,.^, „| „rr><'.r'^ (>>,< (2483 Numeri i. e 2. (249) Numeri 12. i;j. e 14. (250) S'abbia sempre presente il detto nel num. 8. Simili distinzioni non debbono più ferire oggidì le caste orecchie dei Matematici . DEL L* ACCADEMIA 8i B— I , e pare che conservi però il carattere ed indole primitiva della Serie Euleriana . Accade in somma non so che di simile a certe più antiche Serie considerate da alcuni Analisti (251), tra le quali primeggiano atteso la mirabile loro eleganza - 6. 7- 8 n __ n(n—i) 4- Sy^- 7- 8. 9. ..... . .Jt n(>i— i)(n— 2) 4. 5. 6 (n-2) ~ 1 . 2 ' I- a- 3- 4- 5- 6 (.n—ì)" 1.3.3 • ed altre di simil sorte C252) . Difatto anche in queste , se n fos- se infinito , cioè se venissero inoltrate di là da ogni tiniite assegna- bile come segue di quelle rappresentanti il termine generale spiega- te nei Numeri 2. e 3. , avverrebbe che fossero j — _??_,&c., 1.2 I. 2. 3. ossia roversciate in confronto dell'altre della Serie dell' Fuler, che considerammo principalmente (^sebbene colla potenza dell' Infinito su- periore d'un gradi) nel Num. 9. Presso a poco si verificano le medesime circostanze , e pienamente 1' inversione dei coifficìenti ed 3 5 alternativa di seenni nei termini intercalati , per gli indici i 7 9 «' 3 „3 — "»—"' j — _, ai quali apparterrebbero . (/e , — . 3, ^1-3 Kc-, - £iJ:-l. t/c , A±.f_± . /j ^^2.a.3.3.3. ■■ .i/c_ '• 3- 5- I 3- 5- :• '•35 2 9 ("'—2) "" ■ , 7^ " "^ . i/c , che salva la comune Funzione o fatto~ I- 3- 5' : 9 i«'— Jj « l/c sono appunto le Formole inverse rispetto a quelle spettanti agli indici ' ~.. come sopra C^SS) » ^ tutte di grandezza finita, ma negative quando n'—i sia impariter par , e positive nel caso con- trario . A fine di essere cerziorati che il modo adoprato dai due Euler veramente conduca ai valori suddetti , e che in questo per- Tom. Vili. L fetta- (251) Vedasi la Phserta-jione citata dalla Nota 238. (252) K.iteiniK w mirava a comporre una Teoria sublime di Agrimenitura servendosi di queste Serie, che non so dire se venisse dipoi pulblcata, in ag- giunta del Libro assai bello e profondo stampato dal Mur'wom De re ichnographica. (,^iì) li paragone può farsene con quelle dei numeri 6. e 14. 82 ATTI fettamenre combinino tanto quello a priori , quanto l'altro a pos-te- riori , facciamo l'esperimento per 1 indice — 3 consegui- ci, o. I. 2. 3. 4. 5. 8tc. I ' r j o rebbesi (254) Numeri t. 9- 12* e altrove. DEL L* ACCADEMIA 83 1 . 3. 3. 4. 5. 6. 7. 8cc. I "b''"' '^ =_i _i. o. I. z. 3. 4. &c. = rr • « » p" ^ ""''^^ - 4 I. 2. 3. 4. j. 6. 7. &c. I »i otterrebbe v =— , ^ , r— = . oa , e col — 3. — a. — I. o. 1 . 2. 3. &c. 1.2. 3. metodo istesso mandando sempre più avanti il dencminatore , all' opposto di ciò, die avvisai nel Num. 20, nascerebbero tutti i ter- mini consecutivi . Non diversamente investigando i termini frappo- sti tra quelli di già ritrovati , corrisponderebbe all' indice ^ la I. 2. 3. 4. 5- 6. 7- &CC. . 1.2 3.4 5. 6. 7. Sco. Serie—' 13579 '_'5^(. ='''=--2 j 1 3 5 7. 9.1^.13 ^^^ j=r— -./c 3323332 \.3223332 ' in virtù dei Numeri 5. e 6, all'indice —| la Serie— 3 "' 1^579 =: -. — . . £<.c. 3 3 3 2 3 2 2 / I. 2 3. 4. ^. 6 7. &CC. 2 * )3 ■ 2 = 77^ . t/c, air mcf/rf .| l'altra - - z a ^ - I. 2. 3. 4- »:• 6 7 SCC /I. 2. 3. 4, 5. 6. 7. &C0'\ Serie -S-?-'^ !. il. &c=^=-x '3. A flTl. 13^1^7 =" 3323333 ^3 332332 2. 3. 3 -^ — ^ . i/c . non procedendo altrimenti che cogli istessi principj nel rimanente . Un accordo cosi seducente delle risultanze di due metodi diversissimi tra di loro , unito alla vista d'una progressio- ne di termini dalla parte degli indici negativi Q interi e frazionar]) consimile a quella che accompagna i termini corrispondenti agli in- dici positivi , farebbe subito credere con molta apparenza di ragio- ne che tutti quei termini fossero veri , ed appartenessero alla con- tinuazione della Serie Euleriana. Contuttociò questi termini mi sembrano falsi; ed il ritrovamento della fallacia nascosta farà co- noscere semprepiù di qual pericolo sia illimitatamente fidarsi dei metodi à' interpolazione (255), o della forma delle Serie Infinite, delle quali non s'abbia appieno presente la disposizione degli ul- L ij timi (255} Riscontrando la TavoU del num. 14. egli è manifesto che se il gio- vane £uler avesse impostato, come poteva, il principio delia numerazione o sivyero 84 ATTI tirai termini, che si avanzano nell'infinito C^S^)' L'unico mez-r zo per discuoprire qu^li siano con tutta sicurezza i termini della medesima Serie per gli indici negativi è a mio giudizio quello d'espor- gli al cimento del termine generale oo " ^/x^ c!x U — x\ ; poiché questa Formnla ci é stata sempre di guida fedele dall' indice — i sino all' indice oo . Difatto anche mi quest'ultimo caso troviamo OS 00 H-a ooH-3 1-4-4 «o-t-S oo-t-6 — ^ — )oo°°+i colla solita Formola Newtoniana C257); 00 -+-7 2 .o»H-i ' e quella Serie dedotta dalla supposizione di xzzi concorda perfet- tamente sivvero l'incognita x" più indietro, per esempio aìY indice — |, averebbe otte- nuto i valori seguenti colle sue stesse leggi "a j:" "2 2 2 2. a -n 2 -*•! ■ I • 3 y 2.2.2 -^3 -H . I . .1 . .1 x" 2 3.2 2.2 ti 2 2,2 2.2. Ì.;r" 2 -+7 •^i.i ■•? 3 .^ \x" li &c. 2.2.2.2 &c. 2.2 »'3 facnde, siccome . x" ^z l/c, veniva ad essere per P indice — | il termi- 2*2 ps ~ — §■ . j/c ., e per l' indice — 3 il termine zr . j/c , cosicché quest© iBietodo indiretto dell' Euler senza nessun cambiamento sostanziale condurrebbe» salvo il rimanente, anche ai termini falsi. C256) Specialmente si veda ciò, che ò avvertito nel nom. 5. (257) Nota 232. DEL L* ACCADEMIA 85. tamente C^S») coll'altra Serie dell' Euler ^„^,)\„^,)\„!j.3) '(^^ ^ 5 ' ^ • 7 llJ^: " - , il cui termine generale per le Quadrature èia Funzione (in-t-i) x"^ dx (i— j;]" . Imperocché posto nr:oo , vie- ee ad essere come sopra |x* rfx(i-a;j = ^^^^:i:^ ^^ ^i)(,o ^-3)(oo -t-V) (;;^7^(-:t."g)^-t-7) .... 7.^.(2. 00+ 1 ) • E mi pare che di qui ne de- rivi essere (w H-i(co +2X50 "'"SX» ■♦"4X«« '♦"SC'» -*-6^»5 -t"7) ...... 28. Tutta la specolazione seguente si appoggia sopra il valore di 00 / ■ — / , eh e la jorma del termine generale fx^ dx (i— •*) "~ /'^■*'( — L^'j""* coerentemente alle premesse di- mostrazioni C-59!)' E' poi di perse manifesto che /(i*'i— L*'j —— — j- — / , /i^\ ; dimodoché ciò che mi resta di dire, dipenda da trovare il valore dell' ultima Formola posto ^'m , valore che non pcté assegnare il grand' Euler, e del quale parlò con dei ter- mini di tal sorte da far poco sperare ad altri miglior fortuna di lui . Elco com' egli s' espresse difatto in più luoghi (260) . Cu.~ jus - integrale si assìgnari fesset, amplissimum usum in Analisi esset CajB) Nel Tomo V. dei vecchi Aui dell'Accademia di Pietroburgo si guardi al §. 20. e pag. 51. Cajg) Si veda anche qui sotto il num. 29 (260; P«rtKolarmente nello Scolio a pag. 134. §. 319, del Tom.I. Institutie- ffum CaUuli Intc^ralis, «6 ATTI esser allaturum ; vero nullis adhuc artificUs neque per logarithmos , neque angulos exhiberì potuit Videtur ergo hotc formata / ,- sinqutarem speclem funffionum rranscendentium suppeditare , qucp uti- que accuratiorem nvolutionem meretur . Lei altrove Qi.ài') . Qaod in- tegrale / ■-■_ si debeat evanescere , sumto ^=o , constans C fit infini^ ra, unde prò retiquis casibus nihil concludi potest . Idtm incommodum lucum habet , si evanescens reddamus casa ^ZZi .... Caeterum pater.. .Hinc ergo natura hujus funffionis transcendentis parum coqnoscitur , sebbene tentasse di scioglierla in delle Serie infinite Q%6r:^. Qnes\.di insupera- bile difficultà incontrata dall'Euler averebbe dovuto subirò allonta- narmi dell'intraprendere qualunque nuova ricerca Cs'is). Contuttociò mi é sembrato che fosse meglio incorrere nel pericolo d'ingannarsi, piuttosto che tralasciare la più bella parte dell' argumento , che avevo tra mano. Rammentiamoci adunque (264) che da xziosiai-j axsitanto vaglia 1' Integrale yJ^r— La:) , quanto l'altro; c?,x<» ) (^— L(^*°)j Zzjoo.x'^dxl ^ )= /o.oo .x-^ dx' l-(_x°°)'i \ ^Jx*° dx \^i—xj . cosicché quello, che sarò adesso per dire dell' ulci- (261) Scolio alla pag. 140. §• 228- del Volume citato . E' per isbagiio che l'Autore rimandi al §. 227. nell'altro Scolio additato di sopra. (362) Luogo citato. Gli convenne però cambiar forma, e ridurla in Esponen- ziale . E' ben vero che nel Tom, IV. Nova Acìjt Academix Scientiarum Jmfenalìs Petropolit^nx per fanno 1786. edizione del 1789 , e precisamente nella sua Dis- f i i \ sertazione Evolutio Fomulce Integralis Sx ^-3^ ~^ Ix ) " '^'''"'"^ *=o ufque ad J;m exiensa (da pag. 3. aio ), e nell'altra Uberior explicatio &c (da 17.3 S4-^, ambedue posaime ed esibite sino del 29. Febbrajo 1776 , aveva adornata di più questa diffidi pa.te del Calcolo; e tenterò di provare nel mio Diporto Analitico come tenendo conto delle costanti i di lui resultati non siano in contradizione co' miei . (26^) Facendo la giusta antìtesi dell' espressione da lui adoperata ( luogo citato pag. 135.) Formulas igitur magis traclabiles evolvamus &c., questo solo in bocca di sì grand' Uomo dimostra quanto sia azzardoso il cimento . (264) Numero 29. indicato di già dalla Nota 259. Euler usò presso a poco ristesòo metodo nel Tom. XIX. citato dalla Nota 266. (alla pag. Éb.) DEL L' ACCADEMIA 82 ultima Formola , debba intendersi eziandio della prima . Richia- miamo parimente alla nostra memoria che secondo il Num. g. il termine della Serie prepostaci sin da principio , corrispondente ali' indice — i , venga dato dalla Serie, la quale nasce direttamente dal Binomio Newtoniano (265) , ed è Serie infinita come lo sarebbe in tutti gli indici {razìomit] positivi , ed in tutti gli altri indici nega- tivi , e non perdiamo di vista che adesso eli' abbia la forma se- I euente -f -t- —7-- -+- — -i ;— •+■ 4- ° 00 -hi 00 -ha 00 +3 °° -•-4 *5 -1-5 w ■+■6 ^'T^^ "^ "J" ;; • Non v'à chi non sappia oggimai essere siffatta espressione —L2 . Quindi è che il termine di quella Serie, della quale sia termine generale oc" ^ ! x'^ dx (i—x\ , per il caso òeW indice — i, e sempre inteso l'Integrale da x~'o sino a Atri , combini col valore del Logaritmo Iperbolico del Numero 2 , non —^ , onde I j-^ ir — L2 centra il sentimento dell' Eu- ler (266). L' istesso Euler fu il primo, per quanto io sappia , che dimostrasse essere quella Serie infinita ; tutta composta di termini infinitamente-piccoli , uguale a L2 , come apparisce C'^tj) dal suo ^ 1 ' ' I ' Teorema ^ -h "TT ■+■ -i H- -i ^.L2 -ì- i m m ^ m-h. ;ji-hj m-1-3 z m *^^ -^ 4 '"■ subitochè pongasi ot — 00, ed — si trasporti nel secondo membro dell' (163) 1 eonardo Euler nel luogo citato dalla Nota 89, e dietro di lui il nu- mero 9- nel suo principio . (266) / -i nullìs adhuc artijìciis ncque per logarithmos exhiberi potuti (Xuogo e p^sso citato poco sopra nella Nota a6o.) Egli nuovamente discorse di ciò nel Tom. XIX. dei nuovi Commentar) di Pietroburgo per l' anno 1774. editi del 1775. C«m f«p/ai mihi occurrissent Formula dìffercntìales ... . velutì . nunquam perspicere potui , ad quodnam genus quantltatum earum integralia sint referenda = (P^g- 66.) =. (267) Volumen primum Inuitutionum Calculi Intcgralis Caroli, 3. al §. )ii. e pag. 211. 88 ATTI dell* Equazione , e dall' altro Teorema nella medesima supposizione di mzios (268), che stabilisce generalmente LI — . ) — 2, K^x "^ .il -^ ,Ìi ■*■ ;7Ìl -*■ -^ ^)' osivveropo. /^ ( i2 . co -J- I ) N sto X ir 2 conduce all'Equazione medesima | L ( — 00^ 1 ;-^iL4 a Altra pruova del preaccennato Teorema l'ò Ietta nella 1. Parte del Tomo II. degli Atti della Società Italiana, e si deve all'eru- ditissimo Padre Gregorio Fontana (2O9) . Ragionerò più diffusamen- te di questo Teorema elegante nel mio Diporto Analitico (2:0) , derivandolo con altre Serie di simil sorte dalle pmposiz'oi'i notis- sime di Mr. Giovanni di Beaugrand e del P. Cavalieri , e da o . 00 :3 i trattandosi dell'Infinito ordinario, siccome ò detto più volte di sopra (271), In cosa però di tanta importyiiza, qual' è quella di veder più oltre dell'Euler nell'argumento di cui parlia- mo, [quantunque l'Istoria delle Scienze consolantemente ci an- nunzi avere sbagliato anche Newton (272)] , e nel dubbio che ma- neggiando delle Serie infinite possano introdursi delle fallacie nel e al- (268) Tomo citato nel Corollario al §- 324. ed alla pag. 123. Altra dimostra- zione elegantissima fu dipoi inserita dall' Euler nel Tom. XIX. dei Commentar) nuovi di Pietroburgo al §. 5, pag. 69. e 70. In quest' istesso Volume (S-3-P-68.) esiste la sua Formola / — ,- = Li, che mostrerò nel mio Diporto Analitico J L? non opporsi forse al mio predente ritrovamento . Ma prima di tutto si veda il Tomo VII. indicato dalla Nota 301. (269) Sopra r Equazione d' una Curva , sopra la falsità di due famosi Teore- mi, e sopra le Serie Armoniche a termini infinitamente piccioli. ("Si veda special- mente dilla pag. 138. a 141 ). (170) Ivi noterò molte altre di queste Serie , alcune delle quali verranno ancora poco sotto accennate. Parlerò nel luogo medesime) dei metodi di Mac- Laurin , Euler, Ma:f,-.t i &c. usati a questo proposito. (^Nota 11.). C/i) Exercìtatìnnes Geomeir'icx sex, Auclore F. Bonaventura Cavalerio Me- diolanensi &c., stampate in Bologna del 1647. Nella IV. egli paila de ' otestati- bus Cossicis seu Algebraicis, e particolarmenie alle pag. 244. e segg. . 283. esegg. (271) Forse non sarebbero ancora nati i Cannocchiali acromatici , se la di- visa delle Scienie non fosse s.ata, e non dovesse sempr' essere Nullius in vtrba^ DELL* ACCADEMIA 99 Calcolo, onde senz'avvedersene si vada lungi dal vero (273) , ò gipdicaco a proposito di confermare per altre parti lo scioglimentc e valore suddivisato del termine qenerale . Primieramente osservo che neir isteSso Volume V- degli Atti antichi dell' Imperiale Accademia di Pietroburgo 0^74^ venne determinata dall'Euler come ^erm/ne jom. r I I I r I f matorio della Serie armonica i H 1 — ^ — _t_-^ — I — &c. (de* 2. j 4 5 6 7 V cui termini sia l' indice n , ed jl termine generale ' \ la Funzione .... n ) . dx , che nella solita integrazione supposta estendersi uni- camente da x = o sino a :if ;r i . Inferisco da ciò che mentre V in- dice n s 00 , debba nascerne / ^- . dx -zz / — / ^— :3 i j ^—X J I— * J 1 — x iiiiiiriii j •+-7-*-7-*-T + 7-»-^-*-7-*-8-t--H -i-— -H 4-— =:ce oo Armonico , ed in conseguenza / — / — co Armonico =— ^ •' »—■ *• J i—x L (f — X) — 02 Armonico z^ — Lo —" os Armonico nel caso di x S i , e finalmente :^ m Armonico — o» Armonico ; Equazione vaga , ed inde- terminata (275). A fine perciò di determinarla rifletto che/ — — — J i — X /X ,ix •*'* A-' X* ■*•' X^ Xf = .V H » h f- — -<- -r -1- -- -H &c. — I— .V 334 5 o Z ( -I «=4-2 ra-^-^ 00 -1-1 50 -t-5 «»-f-6 eo-j-i 034-2 *5-t-3 co-t-4 00 4-5 00 4-6 Tom. Vili. M .x«'i ,(273) L'Istoria Naturale, 'a Medi:ina, la Politica $cc. inno, come ognun sa» iloro romanp . Gli anno parimente le Matematiche miste, e soprattutto Tldio- "letria, ed anche di fresi-hissima data. Parrebbe che non dovessero aver mai luogo nelle Matematiche pure . Contuttociò se n'incontrano, ma molto più radi. (274) Vedasi la Disst.na\'wne citata nella Nota 66. (al §,4.pag. 92. 930- (275) Idiota 6j Si C' n«ul:i ancora 1' Eccellente Capitolo XV. Vt vjlonbus Furici onum , qui c.rus casibus ridcntur indeterminati delle Institutioni di Calcglo Diffcieniiale dell' EuUr . 90 ATTI no "^'^ \ III ale a dire nel caso nostro zri-H--i f- - 2 3 4 _ -t- Jx/ i-.v'^ = Jdxfi^xj . che vorrebbe significare L2 :: L oc ; conseguenza sicuramente falsa, e rigettabile per tutti i titoli . Ma in primo luogo la regola non può adattarsi al caso presente, perché manca la coudizione di /-(-i eguale ad na numero positivo (280), essendo /=—i , e perciò —i-H irro . Si fa dunque M ij ne- C*77} Opinìnnum commenta delee dies , naturce judicia confirmat . (z?^) Si veda pressoché intiero il li. §. (279) Luogo delle Flussioni di Mac-Laurin additato principalmente dalla A'oraijg. (180) Luogo citato all'ultimo verso della pag. 219. 91. ATTI necessaria l'aggiunta della costante (281), ed allora ne siegue Leo jH- L2 — Loo ; e questo nou è più né mistero liè paradosso ia forza delle riflessioni avanzate . Lo che t antopiù acquieta ed ap- paga lo spirito mentre si avverta a quella bellissima proprietà di I I I I I I I cui godono le due Serie infinite 1 "^ ^ "*" 7 "* ^~"*"6"* *" s liii iiiiiii I I I I ^-■^ ""lò+Tì—Tà'^ ^'^' ' ^^ ^ ^^^^ ^^ prima sia eguale a a /i I r I r I \ l--i ^e'^s'^Tò'^Tz'^ ^^' ì ^^"^^ risulta dalla sua rigene- / I I I I I X razione, e perciò eguale ancora a 2 i H 1-7-1- -H — l l-.5cc. I v 3 5 7 9 II y come mostrò agevolmente Jacopo Bernoulli (28 ) , ed io ricavai dai soli principi della Geometria (283); d'onde ne nasce ;+L2— -*■ , I I I I 1 I 1 1 I II I I I da considerarsi alla pari dello zero in confronto di r -i- - -w --I-- *■ 2, 3 4 i Tt r i I 1 I I -4-7-i-T-t---+---)---J J- — -H— ■+■ S^c. o sivvero dell' ^ S 6 7 8$) IO II 13 Infinito armonico Lee s — Lo, che > altri nominano ^araJo^jo (284). Ma trattando d'una Funzione differenziale -- — — , la quale é il ùmi- (281) In un caso simile Leonardo Euler si espresse così . Hìc autem notarì iehet hunc casum & alias , quibus e-h-ifit numerus negathus, non posse ex genera- li deduci..,, post integrationem enim constans infinita est adiicienda. ("Pag. 43. del Tom V. dei vecchi Atti dell'Imperiale Accademia di Pietroburgo). C182) Al num. XXIV. de! Volume I. = Jacohi Bernoulli Opera — Genève 1744. L* istesso stabilì ancora Giovanni Bernoulli (^ Opera ANLKaOTA al num. CL De seriéhus varia nel Tomo IV. della Raccolta &c.) . (283) Magniiudinum exponentialium &c. Gap. VI. §. 257. e pag. 344. - (284) In sostanza non è altro che l'Area asintotica dell' Iperbola ÀpoIIoniana equilatera paragonata al Rettangolo i-j-i-t-i-Hi-t-i-t-i-hi-h &c., dell'Ordinata i neir infinito Asintoto . (Ved. le A'o« 82. 83. 84, 85.) . DEL L* ACCADEMIA 93 limite dell'altra li^ , e questa essendo della classe delle Frazioni razionali integrate generalmente da Giovanni BernouUi sino del M.DCC. II. (285), vediamo se risolvendola secondo il metodo comu- nemente usato dagli Algebristi vadano i suoi risultati d' accordo co'i primi. Seguitato adunque il metodo BernoulUano , e calcate r orme medesime di Leonardo Euler C^Sò^) , e più puntualmente di Sarauello Vince (287), abbiamo /^ -= Jàs^-if!''^ — x*" — J \—x — 00 "" oo_I "^^"^^ r=c» , SI conseguisce 00 _3 00 —4 CX3 —5 3^ 1 _x ^ _<&c. — LCi— x), eh' è quanto dire «e _3 00 — 4 00 — 5 I I I I ^ ^ ^ ^ j_ -1- _ -t • -1- — ^- -> -+" -l-.. 00 — 1 00 —a co — 3 00 — .4 00—5 90 — 6 co — ^ ^ ri — Lo, cioè roversciato l'ordine della Serie = — eo — (00 — 1)7 {\ -i-l-t-'+l-<-i-f-l-4-l H- &c A -»- :"*"—)"''(* "•" V^ 334567 00_3OO_Iooy\ 1 I I I 1 I I ^ ' > _-t-_ + _-+-_-H--t-- H- &c H 1 "*" — ) » o sivvero 2 34567 °° — 2 00 — 1 00 y eguale a queir istessa differenza vaga ed indefinita dei due Infiniti Armonici, che mi è di sopra riescito di decifrare e determinare. A maggior lume di ciò sperimentiamo quel che sarebbe il limite di (285) Solution d'un Prbblcme concernant le Calcai Iniégral :iel Tomo della R. Accademia delle Scienze di Parigi per l'Anno indicato a pag. Ì96. (Volume I. delle sue Opere al num. Lxx. e pag. J93-)* (2SÓ) Insàtuiionum Caladi Integralis Volumen I, P. I. S 1. L. I. C. III. alle pag. 9j. e 101. §à. 139. 140' e 157. (287. Nella Memoria descritta dalla Noia 125. all' Articolo IV. e pag. 4J7. fMilfatti nel Tom. lY. dei avfoyi della R. Società di Torino a pag. 100 , posto 94 ATTI n <^' /~ -, e vale a dire il valore di/- -, andando per l'istes- J '-•-•*■ J \->l-X ^ so cammino dei metodi precedenti . E' manifesto a chiunque che il /n , _ -^t_ — ed in altra maniera consimile a quella , che ò praticata poc' an- zi,y-- =/(/c^x-;."-^' cfx-H."-^^ Jx-x""^3 dx^y^^^ tfx— X £/x+'?cc li'-'^" °°Jx]. Quindi è che nel solito _^ 1 l 1 » _j^ 8o_3 ~ '^'Zr^ -^ ;;^4 — ^^1^5 "*" oo_6 ~" 00- z"*" '^'^ '^^^' l 1 1 l I I e parimente zi — ^ — 1 h ^ oo+l 00-+-2 oo-t-J °°+4 °°4-5 oo -t-6 — -ji . O si assuma perciò 1' Infi.iito ordinario os oo-t-7 ^ • °° come //m/re dei numeri pari o dispari , viene ad essere nell' uno e ^ /x^dx nell'altro caso Cps"^ quanto a me pare J /— |-— -= L2 — Li= o ; dimodoché quello ^ero , che sarebbe vago ed indeterminato nella seconda Equazione, si determini e definisca mediante la prima , e si prestino mutuo soccorso tra loro e s' illuminino e s' avvalorino di concerto le due Equazioni medesime . Leggendo la profonda Me- moria su' Calcolo Integrale d' tduardo W^ring , eh' è nel Volu- me LXXVl- delle TransaT.ioni di Londra (2ÌÌ8) , trovo 1* Equazione se- (188) On infinite Series = Read Decembre 15, 1785. = E nella I. Parte de! Tomo stampato del 1786. al num. IV. dalla pag- 81. sino alU 118, divisa in "e patti. Si veda specialmente \' Esempio 3. a pag. 85. DEL L- ACCADEMIA 95 l-hx -»-*• /n-4-i. m-h2.m-H3 .ffj-h4 Vi+i/ "^ <^c. i , della quale parlerò molto a lungo nel mio Diporto Analitico . Ma frattanto non posso astener- mi dall' osservare ciie rinnuovata 1' ipotesi di m - co , e .x e: x , quell* /x^dx I , , I Equazione diventi J—_^~ = - (^— — + -, 1 +_L. I I- 2. 3 n 00 -+-I . «5 -i-i • 00 -t-j . 00 -t-4 . 00 -+-5 ... .00 -t.(,;^_l) I. 2. 3- ■ ■ . ■ . /J . ... co 00 -4-1 00-4-2. oe-t-3' 00+4.00 -1-S 00 -t-C^-t-i^ 2 . a>-4- 00 + 1, 00+j.so -H 3 2? * 00 +1 . oo-)-2 . 00-H3 .co.+_4 . -h /2 "u -T-. . 1 . • 1 :, • — . T • ~ . j . ■ . r-,,'<-T-i^ » •+- — ^ . ]p j . Adesso ognun vede che il primo termine della Serie sia un' infiinitamente- piccolo del prim' ordine , quello che siegue dt 1 secondo, indi del terzo , e cosi discorrendo dei successivi , rispetto ai quali il termi, ne n'"' è sempre dell' ordine o" . L'ultimo termine poi per le di- mostrazioni di già spiegate nel Num. 3. e ntl 4. consecutivo, non meno che in virtù del {attere infinitamente-piccolo , è si- curamente ancor esso infiniresimo. Da questa analisi della Serie di Waring mi sembra perciò che risulti con tutta evidenza eh' essa eqciivaglia allo 7,ero nel caso proposto, d'onde nasce quella con- ferma, alla quale miravo, portandola in pruova de' miei pensieri . 29 Fermato adunque che il termine della Serie Euleriana cor- rispondente ali' indice '- r sia La, tutti gli altri, che spettino ad indici interi negativi , si trovano colla mLissima facilità . Euler n* à spianata la Strada, e per comporre la Tavoletta seguente mi son servito delle sue Formole (2oy). In- (189) Capo IV. §§. 217. e 218. pagg. 133. e 134, del Tcm. I. Institutionum Calcali Integralit, supponendo m— i., e L.t— — Lj. 96 Indici — I ATTI S'inten- de sempre x=i , —4 00 y^« rfx(i-*)"4=,^?(-L()-4 = — . ... (a 00^ + 00*+ oo-hLa) 1.3.} -C/2-1) y^-ci.[.-..)-":^-p\ur==,{^ + n — 3 + oon— 4 n—i,n—2 R— I. n— 2. n— } La n — 1.« -a.n — j.n— 4 . I , valendo il segno positivo mentre n — I . n — a n — 3 . n — 4 . n— s . . n sia impari, e negativo se pari, e confando i denominatori ed i termini sino a tanto che non s' incontri lo ^^ao . Sono aliernativi perciò i jei/n/ di questa Serie, e sarebbero tutti negativi restando fermi gli istessi valori dei termini , qualora si cercassero all' in- contro per l'altra Seriey^^CL?) ^^^CL?) ^//?CL?) 'yW^)'*» r —n • ••.|t/?CL?) > eh' è quella appunto somministrata dall' Euler ad imitazione ed in supplemento della celebre Bernpullia- na (290), nella quale in proposito dei segni accade tutto 1' oppo- sto (190) Questa si legge nel §. 211. e pag. 130. del Tomo poc' anzi citato. Vedasi il num. 8. ed il §. ai8. 4£c«nnato dalla precedente Nota. DEL L- ACCADEMIA 07 sto (291). Che per il caso di x e ^ riabbiano 1' istesso valore ^-in-Or^^r^ eJdz{—Lz) si prova come ò mostrato nel Num. io. quand'era V indice positivo , e nel precedente essen- do — I . Imperocché o*"^""'-^ Aoot/.vCr^x)"" = hjL J •' 00" „ >-> — n f f\ (*'*^^*\'~" dx[\-{x-^ )") -Idir.'^ ) . J_ (i-Cx»» f) =y àW*')\^ -— j ■=.fd{_x^4-V(,x'^^ =fdz{-Lz)^'\ posto ?s:x<» a forma ò.ti precetti suddivisati . V infinito , che appare nella Tavoletta supe- riore , è l'ordinario da me più volte per l' avanti considerato; ed è notabile che il metodo sopr'espnsto , non contento di far cono- scere le pii'i alte /jcren^e dell'Infinito medesimo , che sono l'inver- se di (.jiielle del modulo, o sivvero dotate 6.' esponenti minori sem.- pre ù' un' unità àf:\V indice n somministri di più tutte le altre po- ten^e dì minor grado , e perfino le grandezze fnite , onde avere sott* occhio c'iaLervate minutamente e cumulate insieme tutte le parti, le quali compongono il preciso valore dei termini ricercati. E* ben vero però the tranne il primo termine finito perchè — L2 , e trascurate come si deve le parti infinitamente minori della prima, qualunque dei termini della Serie nella numerazione degli indici ne- gativi come x"-^''"'y!^~rfx(i-.;r)-''=|j?(-k)~''==i ■^^• Né manca d' eleganza il vedere che nel modo medesimo , in virtù , ... "-*-! del quale ogni termine dalla parte degli indici positivi come 0» fx*>dxf^i~xY —fe^{~^^)"— I- 2. 3. 4. 5. 6 n . non diver- samente ciaschedun termine dalla parte degli indici negativi co- me oo~"'*"'/^=°i;r(i-*)"~''=/it(—L^)""" faccia ricomparire nel suo denominatore V istessa Serie t. 3. 3. 4. 5. 6 C — ')• ^h* e quanto dire inversa, e solamente mutilata di n ultimo dei fattori, Tom. Vili. N essen- (291) CoroU. I. e a. §§• aia. ai3. del Tomo medesim» alle pag. 130.6 131. 98 ATTI essendo evidente che i. 2. 3. 4. 5. 6 (« — T)'z:'n — ì)!n—o.)(n — 3) Qn—^)[n — 5j(72— 6) i • Anzi se parsgoneremo tra loro i valori dei due Integrali jx'^ dxU—x J^ ^ Ax°° Jx^i— aJ ^""""'^ troveremo che I. 2. 3. 4. 5. é " J .1 1 , ^ • ^ .1 il primo sia :: ^ ed il secondo — -f _ , cioè il primo sempre infinitamente-piccolo dell'ordine n-+-i, il secondo sempre finito, e positivo se n pari , negativo se impari (292). Ora s' intende come si passi dai valori infinitesimi di questi Integrali [sempre nel caso di x r: ij ai finiti. S'intende ancora come pro- ceda A^-W indice Q in poi per la parte dei negativi la Serie Eule- riana : imperocché all' indice o corrisponde il termine 1 , a — | il termine l/(T , a — i il termine Lo , e vale a dire in numeri pros- simi 1.000000,1.772-154, o. 693147 , dopo del qual' ultimo termine decrescendo viapiù i termini, che ne succedono intercalati , ve n'à uno finalmente che si fa ^ero , e quindi passano ad avere un valor negativo , ed anche infinito quando Vìndice diventi — 2. Si repetono questi passaggi dei ft /•/"/«/ per lo ^^èro tra tutti gli altri indici — 2, e — 3 , — 3 , e — 4 > — " , e — (n+0 , perchè cambiano sem- pre ed alternativamente di seyno i loro valori infiniti. V à wn mas ~ Simo almeno di termini tra Vindice o, e — i. Assegnar Vindice ne- gativo, che attenga a questo termine massimo , star dietro all'anda- mento di quella Curva composta di varj Rami infiniti, le cui ordi- nare siano i termini della Serie Euleriana , e le ascisse gli indici negativi (293) [poiché dalla parte dei positivi la traccia della Cur- va per punti è ben semplice in virtù del II. §.] , defiaire quali siano i valori degli indici negativi , cui corrispondono le interse- zioni della medesima Curva coli' Asse delle sue ascisse o sivveio i passaggi delle ordinate mediante lo ^ero dal negativo al positivo &c. , sa- rebbero specolazioni amenissime; ma a fine di raccoglierle tutte ed illuminarle ci vorrebbe un Trattato. Dirò solo che mentre sian ve- re le proposizioni dedotte in questo Numero e nel precedente , abbiasi per Corollario la bella Serie seguente , posto x :: i come fx-^dx /x^dx fx^dx pc^J^ C'fll = L2 dx (292) Si veda il num. 32. e si paragoni col principio di questo ossia colla Tavola antecedente. (^293) Num. 27. e Tavola citata di sopra. DEL L' ACCADEMIA 99 iiiiiiiii I I 33456789 IO li ra A -t-x -, siccome è facile di ravvisare, di qui nascerebbero mol- tissime conseguenze ed applicazioni a questa branca di Calcolo Integrale, che s'occupa dei limiri di Differenziali ragionali, poco o niente sino ad ora trattata dai Matematici. Di qui molte Serie false [perché diver^^enri ^ composte di termini parte infinitamente piccoli , e parte finiti, ed infiniti , o unicamente vere nel senso analitico e astratto , in cui piacque considerare le Somme di tutte Je Serie Infinite al gr> nd' Euler (294) . Per esempio I 3 j 4^5.67 oo+I -^2 00-4-3 oc-l-4 oo-t-S 00+6 oo-f-7 I 3 6 IO 15 21 38 _ -t-_l_-+- 4- H 1- -t- oo-l-I oc+3 00-1-3 os-J-4 oo-l-S oo-J-6 oe-l-7 I 4 IO 30 3S s6 84 H- ■+■ h 1 h +- oo-f- 1 oo-f-3 0=4-3 oo-J-4 00-j-S o»+6 oo-f-7 I 5 15 3S 70 126 310 -t-__. •+-^- -i-—-.~ -i-— ._ -+- H 1 oo-t-i 00-4-3 00-1-3 oo-f-4 00-j-S 00+6 oo-t-7 e cosi procedendo senza fine per mezzo di numeratori , che sieno i Numeri fìgurari [compresi ancora i monadici, che sono quelli atte- nenti alia Serie provata di sopra eguale a L2 J , cioè latera- li y triangolari, piramidali, trianaolo- triangolari , piramido- triango- lari &c. in infinito C295) • D' qui deriva 1" altra bellissima Serie composta d' infinite altre Serie a termini infinitesimi e perfet- tamente sommabile , N ij ,..-hJ°_ — — I 3. 00 1 ... + " __ t 4 • 00 ^ oo^ .. -\ I 13. 00 ? 40.00 "~ 4 00-1-1 (294) Nota (48). Srgnatamente nel luogo ivi citato si consulti a Tavola. delle Serie al §. 3. e pag. 85. (295) Wallis prese questi nomi dalla Claris Mathematica di Oughtred. (Ved. la Nota so.) . ^ loo ATTI I I I I I I •o-t-I oo-t-3 oo-h3 <*-+4 «^4-S oo-i-ó I I ■4- -h. 1- oo-t-7 a.t» II III -H •+■ H H 2. -i-l 3.00 -t-3 3.00 -4-3 3.ao-h4 3. oo-t-S I I I -»- 4- M 1- 3.30 4-6 3.00 -t-7 j.op I I 1 I I -1- -H H 1 _,_ 3.00^-1 3.004-2 3.004-3 3.004-4^,004-51 r T T libili I ' I \=14--- — _-.-4-...-*-_-*-.' 3.004-6 3.004-7 4.00 t -^345 « I I I . I I -1 4- A- 4- 4-00 -t-i 4.004-3 4,004-3 4oo-t-4 4-00 4-5I 1,1 I 4- — -+- _+ -1- 4,«o ^-b 4.00 4-7 5 • 00 III II 1 4i H 4. 5.00-^-1 5.004-3 5.00 4-3 S'°°-*-4 S-°°-»-S Il I .-h 4 4-, 5,004-6 5,80-^-7 6.00 Di qui parimente risulta 0=^+1 00 ^2 00 ^^3 ,*+4 ^-*-s '-♦-6 "*■ «,*4-7 CD "t^OO — 0 , la qual Serie infi- nira progredisce nel modo ed ordine istesso di quella considerata prima di tutte come uguale a Lz nel Numero antecedente . 30. Sino adesso ò pos^e in uso, all' effetto di conseguire 1' in- tegrazione di ldxh±Ljty~" , tanto le Formole di Giovanni BernouU DEL L* ACCADEMIA loi li, ^]uanto quelle di Leonardo Eiiler C-9^^ piuttosco indirette an- ziché nò , come appoggiate al modo d' integrare per successivo de- falco di parti . In aumento di ciò , che scrissero sopra di questo soggetto analitico Halley e Foncenèx 0^97) • posseggo da lungo tempo la maniera diretta d' integrare siffatti differenziali^ logaritmici non diversamente dai differen-^iali delle potente . Basterà un saggio per farla intendere , e questo saggio vado applicandolo unicamente a fdxf-^yi)" ben sapendosi che accada 1' istesso di fdxlLx) colla so- la differenza alcuna volta dell* alternativa dei segni nei termini della Somma . Ecco in breve il prospetto del nuovo metodo . 7 V, J J \ o ) ~ o'»~oXo-+-i; o^ C2.o-hi) ^o*\, (OH-I) 1 = x{—Lx]^+2x{—Lx)-h2X J ^ ^ -/ V o ; o5 o5(o-f-iJ) 0^2.0-4-0 0Y3.0+O ° (0-1-1) (2.0-4-;) (3 .o-i-x) y e )^_o_J__j=:x{—Ly)'i-h3x(_—Lxp-i-6xC—Lx')-i-6x, e cosi discorrendo di tutti gli altri. Dunque la teorìa della Serie Euleriana, e di quelle che ne dipendono, quando ancora dovesse essere stabilita su N iij del- (296) Sia Ietto di nuovo il num. 8. (297; A'ore 97. e 99. ,02 ATTI delle Formole logaritmiche verrebbe cosi a derivare dai soli diffe. ren^iali delle poten-^e , e vale a dire dai primi elementi del Cal- colo . Oltre di veder qui confermato il valore di o^'m, è fuori di dubbio che nella nuova Foimola (non diversamente dalle consi- derazioni fatte nel Num. 8. 3 posto .v-o abbiasi —---=—-—= — — o ^ iz - :=: oe, cioè all'Infinito armonico , Imperocché il vaiare vago - si de- i_;r«> 1— [i— (I— xì]" I I termina facilmente osservando che o o co ©( l—x) oCi—x}"^ o(i— A')i o(i— a:)4 o(i-jr)^ oCi— x)<^ o 3 0 3.0 40 5 -o 6.0 -^^ ■+■ &c. tru h -H-H I 1---H «5cc. subitochè sia x s:o 7-0 a 3 4 5 6 7 secondo la preaccennata supposizione . 31. Tutta la Geometria delle Logistiche di vario grado si reg- ge sulle precedenti dottrine . La loro Equazione generale è ;/ r: (^L;t:j'' 1 0 sivvero 3*~— L* • Tradotta in figura di esponenziali acquista la forma di e'^'zix, posta e la base dei logaritmi iperbolici. Divido tutte queste Logistiche in Paraboliche , ed Iperboliche : corrispon- de alle prime 1' esponente n positivo , e necjattvo alle seconde . Ognun vede che quando n sia i si faccia luogo alla Logistica Neperiana , e che il limite dividente le Paraboliche dalle Iperboliche venendo fissato dall' esponente n :: o, cioè dall'Equazione i/ :: CL>^)°— '» ""^P" presenti una Linea retta parallela all'Asse della variabile x . Ec- cettuato questo solo caso , in tutti gli alrri quelle Logistiche in- numerevoli godono d' un' Asintoto . Per trovare la quadratura di queste Aree asintotiche Lorenzo Lorenzini impiegò molto tempo e fatica colla sua Sintesi geometrica, e solamente arrivò ai due Teoremi seguenti (^298^, che si riducono in uno. ::ì Si exponens Lo- qistiae C298) Sono segnati 32. e 3$., e l'ultimo è distinto di più col Numero in matita rossa 35. nel MS. alla Classe XI. Scansìa 24. e Palchetto 4. della Librerìa pubblica Fiorentina Magliabechiana , il quale à per titolo Laurentii Lorcn\tr.i Opera Geometrica autographa., e segnatamente nel Tomo 111. Exercitationes Gfomiiricx àW Esercitaiione li. De infiniiis Parabolis, Hyperbolis , & Loghticis. Anche nell Eser- DEL L' ACCADEMIA 103 gistica submultiplex sit uniratis , dico quod proportio Spatii Logistici infi. nite lonqi ad reltangulum Axis in Paramefrum componetur ex rationì- bus, quas habent ad expi nenrem oni'es ipsius midtipUces unitatein non excedttites = . :r Si exponens I ogiòticct sulmultipitx sit uniratis , dico qucd Lucjisticum Sputium mfnitf longuni se habebit ad rettangu- lum ex 4xe in Parametrum ut producfuni ab omnibus numeri* inteqris aon excedentibus exponentis dencminarorem ad unitatem zz . Ciò vuol dire secondo la genera7ione delle influite Logisnche data dal Lo- renzini, e prima dal Grandi (299), che posto S 1 il parametro o termine di rapporto delle Ordinate y , e contare le Ascisse *■ da o sino ad i , lo Spazio intero asintotico della Logistica, il cui espo- nente sia -, venga ad essere all'unità [Rettangolo del Parametro 83456 nell'Asse] in proporzione eguale alla ragione di n n n n n n—l ni., . ._ : _, cioè 2. 3. 4. 5. 0 n—i . n : i , 0 sivvero più bre- n n n vemente e direttamente , nell'altra maniera di esporre il medesimo ritrovamento , come i. 2. 3.4. 5. 6 n : i. Questo appieno concorda colle antecedenti Proposizioni : perocché avendosi y" ti Lx ossia !/•=:( Lx)' , e dovendo contare x da o ad i , eh' é quanto dire secondo i diversi valori dell' esponente n essendo 1' Ordinata ora positiva ed ora negativa , la vera Equazione dell'Area corrispon- de],le alla Curv» dal!.! parte, in cui si accosta all'Asintoto, diven- ta rt lydx—JdxQLx)' ; e perciò volendolo considerar sempre come positivo , viene a farsi lo Spazio Asintotico dalla medesima parte Jjjdx :=:Jd\(--Lxy - i . 2. 3. 4. 5 6 n in virtù della Serie Eultriana . Ma con tutto il maggiore sforzo della sua Sintesi il Lorenzini non sarebbe mai giunto a sapere che mentre 1' Equazio- ne Eserciiupont VI. v'à qualche cosa sulle Logistiche . [Sì vedano inoltre H N. ros- so 32. A&W Eserciiaiioncll. e la Nota (76)]. Fiorì il Lorenzini dal Luglio del 1652. sino all'Aprile del 1731. (299) Sia consultata la Nota (75). 11 Monitum del Lorenzini al num. 2. del Tomo citato ptende origine dalla desctiiione data dal Grai-.di nel luogo citato de- gli Vgemini, P^re adunque che il Grandi fosse il primo a pensare intorno alle infinite Logistvbe. E difatto egli scrisse cosi ("luogo citato a p. 6^)- De quibus & fgregium Tficìuum genesi a nohis perhumaniter ''" zr.v , e posto nz qualunque numero imero positivo , se pari, sarà lo Spazio Asintotico geometricamente quadratile e soggetto alla re- gola del Lorenzini {si expenens suhmultiplex sit unitutis &c. ). se di- sj^àri , sarà trascendente lo spazio Asintotico, ma Funzione algebri- ca dell'Area Circolare „ . Qual' specie siano di quantità trascenden- ti , e come si possano conseguire prossimamente per mezzo di Se- rie Infinite 1' Aree Asintotiche d'altre Logistiche Paraboliche espres- r f _ y - r se dall'Equazione i/'» = L.v ovvero e «rrx , dove 1' esponente — non in non sia riducibile alla precedente forma, si deriva per Saqqio dai Numeri 24. e 25. Né Lorenzini né Grandi trattarono delle Logisti- che Iperboliclie , e qualora n'avesser trattato , mancavano d' istru- mento onde poterle quadrare. Avvene una di queste, cioè quella rappresentata dall'Equazione i/*r= j— ovvero t/^Lx^i ossia t ^=rx, il cui Spazio Asintotico dalla parte dove la Linea viapiù si acco- sta all' Asintoto yì/ixz:i/r, e vale a dire eguale al Rettangolo dell' Asse o Base , su cui riposa l' istesso Spazio Asintotico , nella mediacontinua geometrica Proporzionale tra 1' Asse medesimo e la Circonferenza del Circolo che 1' averebbe come Diametro . Ad altre Aree trascendenti insegna il Numero 26. che vengano a farsi eguali o presso a poco esprimibili con delle nuove Serie In- finite gli Spazj Asintotici di altre Logistiche, cui appartenesse r Equa- B E L L* A e e A D E M I A 105 l'Equazione y 'LxV =1 o piuttosto eì/j' =x , putchè p^q nè-'=^. Ma la più ammirabile a mio giudizio di queste Logaritmiche Iper- boliche è quella distinta dall'Equazione z/Lx ~ i cioè eyzzx . Im- perciocché lo Spazio infinitamente- lungo compreso tra la medesima Linea ed il suo Asintoto viene ad essere eguale in virtù del I I I I I T I I I I ' 2 3 4 5 6 2 ^ 9 IO ^11 1 i — :^— H — &c., mentre quello Asintotico dell' Iperbola Apol- 12 13 loniana pareggia la medesima Serie senza 1' alternativa dei segni IIIITIII I I I I I 4- _ -4- _ -+-- -H- -t- — }-_-t-_-t-_-4-_-l- — -i- — -t- 1- «Scc, e va- 2^456789 IO II 13 13 le a dire il primo si uguaglia allo Spazio dell' Iperbola Cc-nica rap- presentante il Logaritmo Neperiano di a. Non è, né dev' essere di poca sorpresa fi vedere che dopo il commercio spiegato tra le Aree di alcune Logistiche e il Cerchio, comparisca in altre il commer- cio tra le loro Aree e 1' Iperbola . Andando più avanti a parlare di tutte quelle Logistiche, alle quali spettano l' Equazioni z/ (Lx)* =ri ,^(L.v)5=:i , f/(Lx)'*=i , &,c. , e generalmente y(Lx)" zzi o plut- tosto-^''^J' =-«''el/> =■■*■ &c. et/ji zr-v, posto n qualunque dei Nume- ri della Progressione naturale Aritmetica , gli Spazj loro Asintoti- ci si fanno infiniti e più che- infiniti nel senso, ordine, e rapporto inrimo coli' Iperbola di Apollonio (cioè coli" L2) , che dimostra la Tavola del Nnm. 29., qualora sia vera, e meriti perciò l'acco- glienza dei Matematici. 1 segni negativi, che accenna l' istessa Tavola, non meno che quelli, i quali s* incontrano nell' adoprare piuttosto la Funzione — L;Tr:Lf_] in cambio dell' altra Lx , sono \x J cose tropp' ovvie nella dottrina delle Curve per non esigere adesso da me né interpretazione né schiarimento. 32. Quanro alla ricerca di tutte le altre proprietà , che riman- gono , delle infinite Logisticiie, come Tangenti, Massimi o Mini- mi, Punti- si^g^lari , Curvature, Solidi, e loro Superficie «Scc 8i<:. nulla vi ha di più facile per conseguirle . Riportai tempo fa la Logaritraica Neperiana e di qualunque altro Sistema Logometrico alla loC ATTI alla famiglia delle Parabole (300) , assegnando cosi coi primi Eie- menci della Geometria e del Calcolo in poche linee tutto ciò, che rispetto ad essa dimostrarono con molto apparato, dopo di Cristia- no Huyghens , il P. Abate Grandi ed altri eccellenti Scrittori. Non diversamente considero le Logistiche degli altri gradi come lì- miti delle Curve generis Parabolici ognivolta che siano espresse dall'Equazione yzzLx)" ovvero £/=( — Lx)", e sia n numero positivo ed intero. Difatto se la Curva di genere Parabolico fosse y:=. [.f_li] o piuttosto y=:f ^"~^ j , si convertirebbe in una Logistica subi- tochè m rr o . Qualunque poi fosse 1' esponente /? o intero o rotto o positivo o negativo, averèbbesi parimente la Logistica universale o Parabolica o Iperbolica espressa sempre dal limite di quella Curva algebrica distinta coll'equazione j^=rl / , ovvero y^y -/ > ponendo mzzo . Quei metodi adunque , che la comun Algebra som- ministra per trovare le proprietà ed affezioni di queste Curve Al- gebriche , conducono ancora a determinar quelle delle Logistiche di vario grado dopo fatta la dova^a^ sostituzione . Anzi tutte le Logistiche potrebbero essere rappresentate anche come limiti di M . 1 ■ . . t. T- • n-J- 1 m(, \» Curve algebriche, le quali avessero per Lquazionem x. \} — xj rry, posto m:=so . Cosi per esempio yj/rfx nella Logistica cTj'c/x nella Curva analoga algebrica :: i : TT\ per x != i e n tr r , cioè co- me I : I quando wi S 00 , Di nuovo se n t: 2 , si ottiene fydx : i. 2 fydx :'. 1,2 :^r i\ .": i : i mentre m zi co . In generale fydx : fy'dx (300) Magnitudinum Exponentialìum &c. Theoria nova &c. nel Capitolo Vili, a pag. 509 510. . De Calcalo Integralium Exercitatio Mathematica alla pag. xxi. (Vedasi la Nota ^.) . In qHest' ult ma Opera aviei dovuto citare nel §. 54. par- lando della Superficie del Cono Oblique una Dissertazione postuma di Leonardo Euier inserita nel Tom. III. Noya.AÙa &c. dell'Accademia di Pietroburgo per l'anno 1785. edizione del 1788. (d; pag. 69. a 90.), la quale à per titolo De Superficie Coni Scaleni, ubi imprimis ing ntes difficultates , qute in hacinvestigatione ocLurrunt,perpenduniur. Ma nun vi si tratta che di sole (sebbene ingegnosissime) approssimazioni per mezzo delle Serie Infinite. DEL L' ACCADEMIA 107 I. 2. 3. 4. 5 n fy'dx:: 1. 2. 3. 4- 5 " = (n^i)lZ^i~ =1:1 nella me- /// desima ipotesi di /n — oo , ossia del suo limite. Colla sola differen- za però che per generare le Curve Logistiche dell' ordine n me- diante quest'ukimo Limite si faccia necjessario l'uso dell'altro Li- mite sussidiario delle Parabole a rr^ , siccome apparisce rileggen- do i Numeri IO. 19. 28. 29. Ecco adunque come riportando le Lo- garitmiche all'Asintoto o ad un Asse perpendicolare all'Asintoto, e valutandole ora per limite di linee algebriche dalla parte dello z^ero , ora dalla parte dell' Infinito , riesca di spingere tanto più oltre le teorìe Ugeniane quanto che queste ccmpariscano un pun- to solo a paragone dell'altre . Ma nulla ci perde al confronto l'im- mortal Matemaiico dell'Olanda, perchè convien sempre giudicare del merito degli Uomini grandi dal Secolo , in cui vivevano . Pres- soché tutta la Teorìa sin qui divisata dal §. 27. in poi riconosce per unico suo fondamento il principio a senso mio manifesto che il vero Infinito armonico venga rappresentato dalla Serie I I I 1 I I I , , , , 1 -4- _H- _-+---»-- -»---+-_ •+• H , ne debba mai immaginarsi 334567 00 protratta questa più oltre della Frazione _ , e che per 1' istesso so motivo che 1' Integrale / =/ esteso da A'rio sino a J ' — ■*■ / 1 X x = i , il quale porta à quel!' Infinito armonico , si limita al perio- do solo di tuaì i denominatori o numeri naturali possibili da i si. me- no all' 00, non diversamente l'altro Integrale /__'^ nella desima ipotesi abbia da limitarsi ad un periodo eguale da co -4- i sino a 00 -t- 00:^:2 . 83, e non debba progredire più oltre quando ri- solvasi nella sua Serie. Parimente ò supposto che Lso = L(5)=: — Lo=; DO armonico di concerto con tutti i Matematici , che ne hanno sino al presente trattato , fuori del solo Leonardo Euler tanto nel- la Dissertazione prifonda De numero memorabili in summatione prò- flressionis: harmonicce naturalis occurrente , inserita tra l'altre della Parte 11. degli Atti deli' Accademia di Pietroburgo per 1' an- no M. DCC LXxxr. Ca psg- 49- e segg,), quanto nell'altra postuma soj)raccicata del Tom. IV- degli Atti nuovissimi dell' istessa Impe- riale Accademia Cpag-sO- Del rimanente, se il modo da me pra- ticato nella crnsiderazif ne di quelle Serie a seconda di tutti i Geometri sia il solo accettabile a fronte di ciò, che l'immortale Leo- io8 ATT I Leonardo Euler ci lasciò scritto sì nel VoUme XIX. della prefata Imperiale Accademia QNova methodus guantitates Integrales determi- nandi dalia pag. 66, alla 71.). si negli altri Tomi annunziati QNote 262. e 301.). e principalmente nell'eccellente Memoria di- scinta col titolo Vberìor explicatio methodi singularis nuper expositce Inreqraiia alias maxime abscondita investigandi , sarà il soggetto d'un nuovo esame tra i varj argumenti propostimi nel mio Diporto Ana- litico . Egli è però sempre vero che dipendendo la Tavola dei ter- mini della Serie Euleriana corrispondenti agli indici interi negativi dall'unico valore di /-^ C siccome ò mostrato nel Num, 20.), J Lx qualora questo non fosse nell* assunta supposizione rrLz , ma piut- tosto quel numero infinito trascendente ed inesplicabile , che piacque all' Euler , sarebbe facile riformare 1' istessa Tavola col sostituire quell't oc ] incognito in vece dell' L2 ; di tal maniera che reste- rebbe tuttavia completa la ricerca presente, che verte intorno alle l-ogZTìtmizhe Iperboliche , ed all'elegantissima Serie, cui si riferisco- no specialmente queste mie poche Meditazioni (301,) . RELA- (joi^ Tutto il maraviglioso della Teorìa nuova dell' Euler si parte dalla sua bella ed ingegnosa Dissertazione De progressìonibus harmonicis observationes , pub» blicata del 1740. dalla pag. 150. sino alla i6a. del Tomo VII. Commentariorum Acadcmix Scientiarum Imperialis Petropolitante ai annos M, vcc. xxxir 6- xxxr. Conviene di consultare principalmente i §§. 2. 6. 7. 11. e 13 , e non meno che le Institutiones Calculì Diferentialis (ediz. del 1755.) dell' istesso Scrittore incom- parabile al Capitolo VI. della Sezione li. (£>« summatione pregressionum per series infinita}') (a pag. 444.}- CORREZIONI Da farsi nelle Meditazioni Analitiche , ERRORI CORREZIO»! 21 Pag. lin. 00 jw// 5 I- 8 .5. IO 7. m II. ivi 18. 'vi 22. M «• 19 ulr. ao l'I. ivi ulc, ivi 5, il 8. 32 12. ivi ult S5x(ix) ^ algebriche ' *- - ■ Nota (32) alla pag. iiS. I Tn appartiene o si crede Nora (45) ai ^%. di pii\ il compilato . Nota L'Euler (/-+-4g)(r+5f)c/"4-sg;(7+%)5i. i.f i i ed al' trovi ~) jdCx*^ ) Difacio ch'EuIcr il Padre fosse" iTi ivi 3. ivi fdxc-txy , 35 j, intuitivamente 36 4. per il 17 4. Indici i Termini x' ivi 3 Ni"*%C'*2)i" cambio di t/L 39 24. da Newton ivi 1. Nota (128Ì I luet 4' ivi 4i 7. Nota i/c- .8 /-(a')»)°-^^-^ ivi 45 I. Nora (137) altrove ai ivi 5.7--^^ ivi ivi 47 16. 2 $ uit. distinguendoli 15. ^"+' 1. i/c 49 ivi ivi 7. a oc — 2, 9. 2 . 6 ì 16. (E .oc -4-8 ivi !«. 7 9 . Il . 13 'S 5' 4 ''^ 4- ,9 53 54 9. d ivi I. Nota Ci ^9)1/^^7 55 4. Nota (i73) ••^=00 56 12. 7 l'ui I. Nota ^86) 39. 61 IO. o n'-4-i /cfxC— Lx)" come nel num. j, l'ò ivi ditfusamente provaco • iniuicìva mentre il Indici — 3 Termini x' in Cambio di_ _ d Ntwtoa Huct oltre ai ■o t ~ - I • 00 ,""« 7 • OC, a 2 . 3 distruggendoli " _ a j/c (per due volte) a . co — 2 « . 6 CI (2 . 00 -f-8) 7 . 9 . 11 . 13 . 15 7- 9 —a /^ I •=7 m -Jt «•+-1 39- n'-H» o — a «S 65 ult. Ingle- o 72 ult ^ 74 5- ? '• 6-1-/1" ivi 6. 1/ n' n ivi 5. Nota (233) J/ix[/l^ __J_:.'^ 79 9. Si? ivi 2. Nota (24.)^ pag. 2 8 8- I • » • ? ■ 4 ^ ' C"-i-U("-H2X«-l-3X'!-i-4) ivi 2. r,-(-7 87 8. -». ivi 18. Lfi-*-2'72 ivi 4. Nita (266, Y^ ivi 2. Nota (267; pag. aii 88 I. Nora ^263) pag. 223 89 8. elle rifila ivi ulr. x^ 7 alla chiamara) 90 IO. Nota e pa^. 206 ). -t- pjy 4'" pag. tu. e nella nuova Editione del 1792. pag. 187. Gap Vii. Prob. 36. Sch. 3. Ex. 2. pag. 223. (nuova Edizione 197.) nella e pag. 2o6.) . Questa Serie è stat» sì Celebre , ciie ancora ai dì no- stri é tornata di moda a Man- chester. Vedansi le Memoires of the IJttnury and Phitosophical Society of Munchester Voi. Ili. London, 1790. a pp. 335. 36. in ft)ndo della Dissertazione .^ome Properties of Geometrical Serits «xplained Ùc. By John Rothe- rarn . Di qui nasce subito anche la Serie data dall' Euler C^f^. di Ber. 4 jji Berlino del iy6i. a pp. 93. 94. I — I-4-I — I-t-I — l&C 1 92 12. -t-g — I og 8. — (Se e. X "~ — &c. — X , ' ' , 1 (-'-) — 1 r--y ivi 8. co n — 4 K> ~ ivi 9. n— 4 n— 5 "-4 • ""5 ivi 1. N'fa fago) Questa silegge Come si legge 97 2./;t~^x(i— X)- fx=° dxQi-xy ivi 4./'x«''<'7-^^-'' y;.~j<.-x)-« 58 17- dal neqativo al positivo dal positivo al negativo 99 I. Nota (294) a Tavola la Tavola loi 12 f o-^-t--yX'— ■*°) \ /£j_f.±li£zif Z)'^ ivi 15. -f-(o-t-i).'<^o -hC«>-*-'>*" " ivi 18. (2Q-Ì-1) Ca . o-i-J loi 6. § -f ivi 3. 20 ft . o ivi ivi. 40 4 • o 103 17. i/ i/ ivi 22. fdTi(hx) fdx(hKy "4 4- -^ » -ir ivi so. non sia sia ivi 24. e^"* =:J< e jy2 =sf ivi 15. i/(Lx) Kl-O^ ivi 17. . &c. , e +17=: x , «Stc. «a»ifc«t«^*«»• *«*°* n»».' «T»" •q»aw Si tralascia di notare alcune minazie clie non alterano il senti- mento . log RELAZIONE INTORNO ALLE ACQUE DELLE FONTI DI SIENA OVE SI TRATTA Dei loro acquidotti, della loro natura ed usi , degli inconvenienti che ne derivano in pregiudizio della puh- hlica salute, e della maniera di ripararvi DI DOMENICO BATTINI Pubblico Professore di Medicina Pratica nell* Università' E Segretario perpetuo dell'Accademia. Q[(ifcu.« igitur locis longinquìor erit aquatio, quacumque ratione poterit, eò aquam ducendarri vel opere arcuato, vel subterraneis cuniculis , vel apertis rivis ex'istimo ; ut res Immane vitte tam necessaria potius redundet, quani defcLit . Doni de rest. salubr. agri Rom.pa.g.i6l, ■s E ha riscosso in ogni tempo il meritato applauso 1' aureo pre- cetto lasciato da Ippocrate ai Medici , affine di riuscire per- fetti nella loro arte, di non dover giammai trascurare la cognizione del suolo, dell'aria, e delle acque, nella quale faceva consistere ed il giusto giudizio sulla salubrità e insalubrità dei luoghi, e la cognizione esatta della natura dei mali che vi predo- minano , ed il sicuro metodo di curarli Qi^; con maggior ragione dovrà applaudirsi alla vigilanza e premura di uu Governo saggio ed illuminato , il quale facendo agire le molle che sono in suo potere ecciti opportunamente l'attenzione ed attività dei Medici, e dairisul- tati delle loro ricerche sappia trar profitto a pubblico vantaggio. Quefti infatti restano per lo più sterili in mano dei Medici o non producono che frutti tardi ed imperfetti ; laddove in mano di chi governa divengo- no efiremamente fecondi , ed i frutti ne sono anticipati e durevoli . Tom, Vili. O $. II. (i) De acri, aquis, 6- locis n. i. Ilo ATTI §.II. Le Acque'o si riguardino per il lato della loro qualità ori- ginaria o per quello dell' uso che se ne fa , sono bene spesso la causa della prospera salute o dèlia malsania di un Popclo . La loro bontà , la copia , it fcuon regolamento ne formano la felicità , come la negligenza ne fa rabjezione e il decadimento. Le iftorie dell'antica e moderna Roma sono un perenne monumento dei sor- prendenti vantaggi che a lei ridondarono dalle cure prese dai suoi Edili, dagli Imperatori, e dai Pontefici per arricchirla di acque copiose e salubri, e dei danni gravissimi che risenti nei tempi in- felici dal trascurarle . §. III.LaCittà diSiena non sarà certamente nell'opinione di essere a sufficienza provveduta dalle sue fonti . Ad essa ricordano i rovi- nati ed abbandonati acquidotti quanto una volta fosse più dovi- ziosa di acque . La penuria di acqua , che provano tutte le sue fonti, i condotti particolari, ed in specie gli orti nei tempi asciut- ti , i compensi o insufficienti o sozzi , coi quali in parte si sup- plisce, la total sua insufficienza per l'uso di pubblici e privati edifizj , non possono lasciarla in inganno sull'attuale rilevante man- canza . Le assidue cure del suo Magiftrato Comunitativo per man- tenerne le sorgenti e per provvedere alla scarsezza quanto è nel- le sue facoltà con sì tenue profitto , le provano ogni giorno il bi- sogno di un braccio superiore e potente , che le restituisca 1' an- tica abbondanza . §. 1V« Sua Eccellenza il Sig. Vincenzo Martini Consigliere intimo attuale di Stato di S. A. R. il Serenissimo Gran Duca di Toscana, Luogo-Tenente Generale e Governatore della Città e Stato di Siena informata di molti inconvenienti , che si supponevano negli acquidotti e nel regolamento delle acque, li credè meritevoli dell' attenzione del Real Governo ; e fu sommamente penetrata dalle doglianze promosse intorno alla natura di quefte acque, le quali, generando continuamente molte grume o concrezioni tartarose nei canali ove scorrono e depositando una crofta terrosa nei vasi, nei quali si espongono al fuoco , noa senza motivo erano credute pie- ne di crasse terre/ìri particelle e capaci di produrre varie infermi- tà in queliì ch^ devono farne uso continuo , tra le quali non es- sendo infrequenti in Siena le malattie di calcoli e renelle, nulla sembrava più verisimile, che il dovere esse 1' origine, alia qualità) delle acque . Quefti erano già motivi pressanti di .commetterne un'accurato, esame, e fummo noi, deftinati; ma ne insorse poscia un' alfro' ancora mai;giore , a cui ci fu eftesa la commissione . Rac- cogliendosi in diverse parti della Città e facendosi rilìagnare le le acque di scolo per uso delle imbiancatrici e della irrigazione degli orti, si ebbe ragion di temere nascondersi quivi l'occulta cau- sa delle febbri simili a quelle dei luoghi palullri regnanti annual- mente DEL L' ACCADEMIA iir mente in Siena nell' eilace e"cl autunno , dalle quali osservavasi nelle tabelle mortuarie tanto accresciuta in quelle Itagioni la mor- talità degli abitanti . §. V- Quefli diversi oggetti sembrarono a noi pure della più grande importanza , e quantunque per determinarci ad adempire con premura la commissione affidataci nulla più abbisognasse che la partecipa- zione dei venerati comandi dell' E. S. , dobbiamo confessare che l'intima persuasione della delicatezza dell'affare e delle utilità che poteano derivarne concorse ad impegnarci viepiù e ci avvertì, che in nulla doveasi precipitare il noftro giudizio, ma tutto era d'uopo esaminare con la più sci^upolosa esattezza e rappresentare senza «mani riguardi ciò che si fosse trovato e verificato . §. VI- Con quefta mira (^i} abbiamo scorsi in moire parti gli acqui- dotti o bottini della Fonte detta di Piazza e anticamente Fonte Gaja ; abbiamo esaminata l'acqua, i metodi di diftribuirla , e le sue deposizioni ; si sono visitati gli scoli e gli usi che se ne fanno sino all' intiera loro consumazione; e si sono fatte tutte quelle os- servazioni e ricerche che in qualsisia modo potevano influire al più c;sacco adempimento del noftro incarico. Renderemo pertanto conto di tutte le cose ritrovate e dei noftri seatimenti sotto cinque Titoli, cioè: 1. Acquidotti. 2. Acque . 3. Regolamento . 4. Inconvenienti . 5. Rimedj . ARTICOLO I. Acquidotti . §.VILQIena f'ibbricata sopra colline di tufo per la uatura del suolo v_J non ha vene naturali di acque , colle quali provvedere ai bi- sogni dei suoi abitanti . Ne trasse un tempo da luoglii più remoti e tuttora ne goderebbe i vantaggi , se le guerre efìerne non avessero diflrutti gli antichi acquidotti. Fu pertanto ridotta a coltivare 1' espediente più atto in quelle circoftanze a provvedere la Città di acque , il primo per quanto sembra che fosse immaginato , e O ij fiato (i) In questa visita ci furono di scorta il Sig. Antonio Matteucci Ingegnere a ciò destinato, soggetto di molto sapere e riputazione, di cui la Città merita- mente ha pianto l' immatura morte , ed il Sig. Giuseppe Gani pubblico custode dei bottini , la cui pratica, perizia, e notizie ci hanno molto giovato. ir2 ATTI flato eseguito con spese grandiose , mentre la Repubblica Senese spiegava la sua maggior grandezza e potenza. Furono a tale ef- fetto scavati nel duro tufo spechi o gallerie sotterranee , che dalla Città dividendosi in rami secondo 1' opportunità s' innoltravano nel seno delle più elevate adjacenti colline , allacciando di mano in ma- no li stillicidj di acque, che dalla superficie per filtrazione, ove trovinsi acquitrini , e altri riftagni e conserve di acque , vanno a scaricarsi nei sottopofti artificiali vuoti. L'ampiezza della Città, per cui si dilatava in molti luoghi bassi ed era circondata di sob- borghi , die occasione e comodo negli antichi tempi di coftruire molti simili acquidotti, dei quali si vedono tuttora i veftigj ; ma ridotta poscia entro più angulìi limiti, resi inabitabili o inutili molti dei quartieri più bassi , difìrutti i sobborghi in conseguenza della sua spopolazione, furono abbandonati molti di quelli acqui- dotti , né si pensò più a mantenere che quelli che conducevaao l'acqua alle parti più abitate Qi^ . §. VlH- Tra quelli richiesero in ogni tempo maggiori cure ed ispe- zioni quelli dell'antica Fonte Gaja o Fonte di Piazza , sì perché ser- vendo ad una fonte situata , dopo quella di Fontanella poverissima di acqua, in parte molto più elevata di tutte le altre, ed essendo perciò più prossimi alla superficie , sono soggetti a maggiori incon- venienti , quanto ancora per il motivo , die 1' acqua di quefta fon- te interessa la maggiore e più scelta parte degli abitanti . Per tali cause non essendoci permesso dalle circoftanze dei bottini del- le altre fonti di assicurarci personalmente dello ftato di tutti, ab- biamo almeno voluto riconoscere colla visita personale lo flato at- tuale degli acquidotti o bottini della Fonte di Piazza, ed osservare quali vantaggi o pregiudizi provenissero all' acqua della maniera nella quale sono colìruiti e mantenuti . §.IX. In tempo pertanto di pioggia , all'oggetto di osservarne con- temporaneamente gli effetti , e' introducemmo nei bottini primiera- mente dentro Siena per Fonte giulla e e* innoltrammo verso il ga- lazzone pollo sotto il prato del Nobil Collegio Tolomei fuori di Porta Camoliìa , indi ritornati indietro osservammo rutto il corso dell' acqua sino alla conserva o purgatorio pollo dietro appunto alla (i) Nel Tomo I. delle Lettere Sanesi del P. Guglielmo della Valle si trova- no riunite molte interessanti notizie intorno alle varie fonti di Siena , e loro acquidotti o bottini, e specialmente alla pag. 229. e segg. 257. 260. e segg. Vedasi anche intorno alla Fonte Gaja e suoi bottini il Tomo 11. pag. 155. e seg. e pag. 180. e seg. Dietro a questa Relazione si daranno molte notizie per schia- rimento e illustrazione di ciò che viene qui soltanto accennato intorno agli acquidotti della Fonte del Campo o Fonte Gaja . DEL L' ACCADEMIA 113 alla Foncé di Piazza. Siccome le osservazioni fatte in quefta occa- sione si dovranno riferire più opportunamenre in appresso con le altre relative alla diftribuzione e regolamento delle acque nella Città , lasciando di fermarvisi adesso , passeremo a parlare di ciò che riguarda il corso dei bottini e delle acque fuori della Città . §. X. Entrati adunque nel giorno iftesso nel bottino per l' ingresso poflo sotto il Borgo fuori di Porta Camollla retrocedemmo prima alquanto per osservare il nominato galazzone; quindi ritornando donde ci eravamo partiti continovammo ilcammine per il ramomaeftro. Giunti all' ingresso del ramo di Marciano e' innolcrammo in esso per osservare le scaturigini sue e i bianchissimi tartari che ivi si for- mano. Retroceduti al ramo maeftro continovammo il viaggio osser- vando tutti li ftillicidj e i diversi influenti sino al ramo di S. Dalma- zio ed al ramo di Quarto . Quefto giro baftò per farci conoscere la natura delle vene perenni allacciate da qnefìi bottini, quelle delle acque provenienti da ftillieidj impuri che- vi s'introducono dopo le piog- gie, gli inconvenienti che vi sono per difetto naturale dei bottini, quelli per difetto del regolamento e manutensione , ed infine i van- taggi e pregiudizi risulcunti dalla maniera in cui sono coftruiti . §. XI. Le acque che si raccolgono dagli stillicidi più puri e perenni originariamente limpidissime , sono di natura atta a produrre gru- me o concrezioni tartarose. Infatti quasi da per tutto, ma special- mente , come abbiamo noi stessi veduto , nel ramo di Marciano e parimente , secondo che ci é flato assicurato , nel ramo di Qaarco e altrove , dovunque gemono le Acque , producono bellissime fl;a- lattiti ed altre concrezioni di tal genere . In quei luoghi ancora dei bottini flessi dove o li iiillicidj non sono perenni o le acque che danno sono meu pure, si formano, sebbene in minor quanti- tà , le solite ftalattiti, ma colorite. Scorrendo le acque in un go- rello aperto incavato e coftruito nel pavimento del bottino, gene- rano continuamente una pellicola terrosa e degli incroftamenti e grume ai lati del canale e delle deposizioni al fondo, che ordi- nariamente provengono dalla caduta delle pellicole dopo essersi ingrossate. Le radici degli alberi che penetrano nei bottini e so- no irrigate dalle acque che ne gemono , e le radici che con pro- digiosa vegetazione si diftendono per lunghi tratti nel canale fles- so dell'acqua s'incroflano di tartaro. Nel galazzone seguitano a produrre alla superficie una simile crolla tartarosa . §. XII. Le acque soltanto che ftillano nei hot tini in tempo di asciut- tore , se giudicar si dee dalla qualità delle materie che depongono e dalle qualità fisiclie, sono le più pure; imperocché le tartariz- zazioni che da esse provengono sono in ogni tempo bianchissime, le acque sono limpide, né giammai si alterano, neppure in tempi di piogge dirotte . Nei tempi piovosi e cosi generalmente nell* 114 ATTI inverno s'introducono nei bottini delle acque, le qaali, se si de- vono giudicare dalle loro qualità e dalle materie che depongono , sono molto impure. Quefte acque si osservano torbide e di colore oscuro , ed a misura che si mescolano con le acque limpide prove- nienti dalli ftiUicidj del primo genere rendono torbida la mesco- lanza. Nella superficie delle volte e pareti dei bottini, perle quali scorrono, lasciano una traccia oscura, neraftra , e sordida. Quelli impuri ftillicidj si riscontrano specialmente dove i bottini scorrono prossimi alla superficie del terreno e non ne sono rimossi da buo- ne volte e pareti murate . Ad essi sogliono pure" aprire il varco le radici degli alberi ancora dove i bottini non siano tanto super- ficiali , murati, o scavati nel duro tufo, le' quali con sorprendente avidità penetrano in quefli ricettacoli , vi vegetano vigorosamente , vi si prolungano , e vi si ingrossano . Da questa ultima cagione han- no origine certi stillicidi di media natura , i quali nei bottini pro- fondi sono prodotti da acque superficiali , che s' introducono per le fenditure del terreno fatte dalle radici penetranti nei bottini . Non può abbaftanza esprimersi il male che cagionano le radici degli alberi. Esse non solo s'insinuano a traverso dei tufi più duri , e guaftando a po- co a poco la ftabilità della volta naturale dei bottini e delle loro pareti obbligano a riparare ai frani con volte e pareti murate , ma giungono perfino ad internarsi nei muri , a scollegarli , ed a pro- durre a traverso a quefii una gran quantità di fìillicidj impuri . §, XIII. L'influenza malefica di quelle acque impure non comparisce soltanto neir intorbidamento che inducono nelle acque limpide , colle quali si mescolano ; ma ancora in una maniera diftinta nell' alterazione delle concrezioni tartarose dopo la loro mescolanza . Quelle grume e deposizioni divengono tanto più colorite e fosche, quanto più le acque si avvicinano alla Città ed hanno acquiftato nel loro corso un maggior numero di tali fliliicidj . Quindi la pelli- cola del galazzone è di un colore giallo- scuro , e le grume raccol- te nel ramo raaeftro che s'introduce in Città sono giallailre e fria- bili . Colla mira di schiarire sempre più 1' indole originaria delle acque di quefti bottini e la causa delle alterazioni avvventizie si determinò di esaminare i componenti di tali diverse grume . §. XIV- Ne furono pertanto scelte quattro sorte: 1. Le bianchissime e dure flalattiti del ramo di Marciano ; 2. Alcune flalattiti prodotue da llillicidj di media natura nel ramo maeftro che s' innoltra verso Monte Celso tinte di rossigno come da un'ocra, alle quali facevano ilrada le radici delle piante insinuatesi a traverso della volta murata; 3. La pellicola raccolta dal galazzone ; 4. Le concrezioni giallailre , friabili , raccolte a bella polla dal tamo , che s' introduce in Città . §. XV. DEL L' ACCADEMIA 115 $.XV« Cinquanta grani per ciascuna sorta precedentemente polve- rizzate furono polle in cligeitione nell'acido acetoso , il quale ne di- sciolse lentissimamente una buona porzione, ma infine , perquanto ec- cesso ne fosse aggiunto , non vi esercitò più , neppure con 1* ajuto del calore, la minima azione. Ciò che non fece l'acido acetoso fu compito dall'acido marino (i) (. acido muriatico). Esso continuò la soluzione, lasciando differenti quantità di residuo insolubile. Non fummo facili a credere clie la parte non attaccata dall'acido ace- toso e sciolta poi dall'acido marino fosse assolutamente insolubi- le dal primo , la di cui azione potea sospettarsi essere ftata im- pedita dall' agglutinamento di alcune parti più dure , la cui ade- sione non fosse flato capace di vincere quell'acido debole C-D • Per assi- (1^ Se in questo scritto non ho seguita la nuova nomenclatura chimica e mi sono attenuto per così dire alla più antica, non dee dedur^ene che io non conosca tutto il pregio di qviella e non ammetta la maggior parte dei fatti e delle nuove teorie, su cui si sostiene. Per quanto alcune ragioni mi disto- gliessero dall'usate la detta nuova nomenclatura nelle mie Memorie sopra le Acque Minerali inserite nel Tomo VII. degli Atti di questa R. Accademia delle Scienze, e pubblicate anche separatamente, è noto generalmente che molto innanzi non era io stato degli ultimi a promuovere in questa Università il gusto delle nuove scoperte e dottrine chimiche , e ad adottarle nei miei Scritti e nelle mie spie» gazioni . Per la qual cosa non fu bene dedotto da alcuni che si compiacquero render conto di tali mie Memorie nelle loro Opere periodiche , che per non ave- re usata la nomenclatura rigettassi le dottrine e fossi tuttora attaccato alla ipote- si del flogisto; e tanto meno ragione se ne avea, quando io non aveva trala- sciato di avvertire che altri riflessi diversi dal non approvar le dottrine aveanmi indotto a ritener per allora gli antichi nomi . In questa occasione pure varie noti dissimili ragioni mi obbligarono a non partirmi dalla nomenclatura pili general- mente nota a quelli che non coltivano la Chimica ex professo, tanto pid che lo scritto dovea essere munito della firma degli altri Deputati per trasmettersi al Real Governo , i quali io non sapeva se tutti si fossero ormai determinati a se- guire le dottrine, colle quali è necessariamente connessa h nuova nomenclatura. Mi dispenserei volentieri dal contrapporre i nuovi nomi ai vecchi, come altri han fatto, poiché ciò è inutile per chi non li conosce o non ne conosce le ragioni, e chi è f.irnito di queste notizie non ignora certamente i vecchi nomi ; ma per deferire all'altrui opinione non ometterò di farlo dove più mi sembri necessario. (i) Avvertirò in questo luogo per solo lume di chi si avvisasse di trarre conseguenze dalla più pronta dissoluzione dei carbonati calcarei nell'acido ace- toso e d iHa maggiore o minore effervescenza che l'accompagna , che in pari cir- costanze la soluzione è più pronta e reffei vescenza maggiore quanto le molecule dei carbonaii sono tra loro meno aderenti, e perciò giova ridurli in finissima polvere e al massimo grado di divisione. Malgrado però li cura che si pone a polverizzarli vi sono talora alcune molecule più dure che resistono all' azione dell'acido acetoso , ancorché ajutato dal calore della ebullizione , le quali male a proposito si creberebbero insolubili da quest'acido, poiché l'insolubilità dipende dalla concorrenza di una circoitanza accidentale che ne impedibce l'effettuazione. ii6 ATTI nssicurarcene , dopo aver separato tutto il ferro della soluzione nell* acido marino per mezzo dell' alcali prussiano (/jruwicro £///)om^^a) se ne precipitò la terra colla soluzione ftretta dell' alcali vegetabile ^carbonato di potassa^ , la quale fu poscia di nuovo sottopofta all' azione dell'acido acetoso . Qnefìo allora la sciolse tutta con mol- ta energia, a riserva di una tenuissima quantità di materia bian- co-giallaftra , leggiera, floculenta, di natura vegetabile, rassomi- gliante ad un mucco nuotante nell' acqua , porzione della quale ve- niva anche deporta a poco a poco dalla prima soluzione acetosa. la tal modo si verificò che tutta la terra solubile dagli acidi era del genere di quelle solubili nell' acido acetoso . Quefta terra non po- teva dunque essere che terra calcarla (^carbonato di calce') , o magne- sia ^carbonato di magnesia') . Per vedere se vi esiilesse la secon- da ed in qual proporzione , furono condotte a siccità le due solu- zioni acetose, e sciolto quindi di bel nuovo in acqua diftillata il sale acetoso fa aggiunta ad ambedue separatamente l'acqua di cal- ce a poco a poco sinché non si videro i primi indizi della forma- zione della pellicola . Per tal mezzo la sola pellicola del galazzo- ne di Num. 3. (§.XIVO die un tenue precipitato magnesiaco e lo die non dalla seconda, ma dalla prima soluzione acetosa , facendo co- roscere che la terra , che resifté all' azione dell'acido acetoso non fu Ja magnesia , ma semplicemente una porzione della terra cal- cari a ( carbonato di calce ) . §. XVI. 11 residuo insolubile delle grume di Num. i. e 2. fu una tenuissima porzione di una materia nerastra parte filamentosa e parte pulverulenta . Il residuo poi di quelle di Num. 3. e di Num. 4. fu una materia giallastra . Quello solo era in quantità suscettibile di ulteriore esame . Ed infatti avendolo porto sopra un ferro ro- vente , da principio^ fumò e diventò nero come il carbone e con- cepì una tenue fiafnmella lambente, quali fenomeni manifertarono chiaramente i' indole di una porzione combuftibile , dichiarata dall' odore del fumo di natura vegetabile . Tenuto quindi lungo tem- po esporto al calore rovente di nero diventò rossigno . Quando non fece più mutazione, tolto dal fuoco, fu sottopofto all' azione dell' acido nitroso per separarne la cenere e qualche particella di fer- ro , che potesse avere acquiftata . Rertò una terra del colore pres- so a poco dei mattoni , e sicco.ne le volte , le pareti , ed i canali sono cortruiti di mattoni potè snpporsi che la parte insolubile dagli acidi altro non fosse che un poco di sortanza dei mattoni rtessi rosa dalle acque nello ftillare attraverso ai muri e nello scorrere per il canale. Infatti come si vedrà in seguito , il residuo insolubile dei componenti dell'acqua trattato similmente dà una terra diversa. §. XVII- Le quantità respettive delle diverse materie compo- nenti le suddette concrezioni furono quali appariscono nell' appresso : TA- DELL' ACCADEMIA TAVOLA SINOTTICA "7 Concrezioni Num. I. Terra calcarla (^car- bonato di calce^ . . . gr. 49 | Magnesia Aerata (car- bonato dì magnesia') „ Ferro in ftato di calce , ^ossido di ferro ) . • • ,> — fé Mucilagine vegetabile „ — f Residuo insolubile . . . „ — | 8 I 4 Num. 3. Num. 4. 47 I i — 6 t I Somma gr. 50 50 „ 50 46 t 3 r 6 50 §. XVIII. Da quefto esame C§-X1V. — XVII.) si raccoglie che l'acqua unitamente al tartaro depone negli acquidotti, per i quali è condotta alla città , una materia terreo- vegetabile tanto più ab- "bondante, quanto più le acque si avanzano , e che, deponendone le acque limpide quantità minime, è d'uopo attribuirla agli ftillicidj di acqua impura . Questa materia consiltendo per una porzione in una terra insolubile o sia di natura silicea, e per una parte di ul- timi avanzi della decomposizione dei vegetabili, quantunque re- casse in parte diffusa nell' acqua che perviene alle fonti non sa- rebbe di natura atta a contribuirle alcuna qualità nociva ; ma tro- vandosi in quantità eccedente non mancherebbe di renderla ingra- ta al palato ed all' occhio per la copia dei corpiecioli in essa so- spesi e natanti , come succede non di rado nei tempi piovosi . §. XIX. E da tutte le riferite osservazioni si ha per generale risultato: i. Che le acque condotte dai bottini della Fonte di Piaz- za sono impregnate di un tartaro comporto principalmente di terra calcarea, talora mifta ad un poco di magnesia; 2. Che scorrendo per canale aperto dentro i bottini, nei quali l' aria efterna ha li- bero accesso, depongono continuamente una gran parte di quefto tartaro; 3. Che all' oppoflo dalle filtrazioni di acque torbide acqui- Tom. Vili. P ftano ii8 ATTI flano successivamente delle impurità che alterano le qualità sensi- bili dell'acqua, le qucili depongono poi in parte prima di giunge- re alla Città, ritenendone però sempre , e particolarmente in tempo di dirotte piogge , qualche porzione . §.XX. Per quanto poi non siano ftati da noi personalmente vi- sitati i bottini dell'acqua di Fontebranda , per non essere passeg- giabili se non per piccolo tratto ; pure dalle prese notizie avendo ri- levato che nei suoi bottini produce aggrumamenti e tartarizzazio- ni maggiori di quelle che si generano dell* acqua della Fonte di Piazza , che diftillà da un suolo della medesima natura , che i suoi bottini sebbene più prefondi sono penetrati dalle acque delle piog- gie conducenti acque torbide e impure, perchè l'acqua della fon- te dà manifelli segni della concepita alterazione, siamo autorizza- ti a credere che i fenomeni non debbano essere molto difterenti e che quello che si è trovato nell' esame degli acquidotti della Fonte di Piazza si possa senza errore attribuire ancora agli acquidotti di Fontebranda . ARTICOLO II. Acque . §. XXI. C'Ebbene l'acqua della Fonte di Piazza formasse il princi- C^ pale oggetto delle nostre ricerche, pure nell* esserci accinti al suo chimico esame ottimo consiglio fu riputato di asso- ciarvi quello ancora dell'acqua di Fontebranda, da molti tenuta in gran pregio e della prima più perfetta e salubre, non solo perchè eftendevarao con ciò 1' utilità del lavoro e ci procuravamo in essa un confronto , ma sul riflesso eziandio dell' antica fama di quefta fonte. L'Analisi delle due acque fu prima eseguita nell'efìate del 1792. e ripetuta poscia nei susseguente inverno dopo lunghe pioggie , acciò sodisfacesse a tutti gli oggetti. §. XXII. L'esame delle qualità fìsiche ci die gli appresso risultati . 1. Quefie acque attinte subito dalle pubbliche fonti ai loro sbocchi comparvero generalmente limpide e criftalline . Osservando però attentamente vi si scorgono anche a occhio nudo dei corpuscoli sospesi e natanti , sempre più copiosi nell'acqua di Fontebranda che in quella di Piazza, i quali dopo le pioggie sono più abbondanti , mentre comparisce leggiermente alterata la limpidezza dell' acqua , 2. Non emanano odore sensibile. 3. Il sapore, quando godono dell' ordinaria limpidezza, è grato e vivace . Dopo le piogge perdono la vivacità e talora acquiftano un leggiero sapor di terra. L'acqua che di fresco attinta è grata e vivace , lasciata a lungo in vaso aperto peggiora il suo sapore che apparisce tanto più crasso, quanto é flato più lungo il riposo. 4* I' D E L L* A e e A D E M I A 119 4. Il calore ne e vario secoudo le ftagioiii ed il calore atmo- sierico . 5. 11 peso specifico esaminato per mezzo dell* areometro in tempo eflivo alla temperatura digradi 13 fu trovata ftare all'acqua diftillata, in quella di Piazza come i ,0000 a 1,000 7, ed in quel- la di Foncebranda come i , 0000 a i , oooH . §. XXIII. Se ambedue si lascino espofte ali* aria : 6. Sprigionano lentamente delle bolle di aria intanto che alla loro superficie si forma una tenue pellicola . Se si espongano al fuoco si sviluppa una quantità considerabile di bolle aeree e si genera con prestezza la stessa pellicola alla superficie , mantenen- dosi al di sorto il fluido perfettamente limpido . Questa pellicola nell'acqua di Fonrebranda si é trovata sempre alquanto più densa che in quella di Piazza. Filtrata l'acqua per carta emporetica di peso noto dopo sostenuta ebullizione , nelle diverse prove ripetute in più tempi dopo il conveniente prosciugamento , giammai neppure dall'acqua di Fontebranda si é potuto ottenerne un'aumento nel pe- so della carta maggiore di un mezzo grano per ogni libbra di acqua. La sostanza terrea formante la pellicola indicate se gettisi nell'aci- do acetoso vi si scioglie con effervescenza . §. XXIV- i-e esperienze eseguite coi reagenti furono le appresso: 7. Immersavi la carta colorita con laccamuffa prese in ambedue una tinta rossigna leggierissima e fugace; ed essendo stata ripe- tuta l'esperienza con la medesima carta arrossita dall'acido aceto- so, nell* atto che generava delle bolle aeree si restituì al suo natu- rai colore . Se le stesse carte infondevansi nell'acqua stata prima sottoposta all' ebullizione e filtrata, non soffrivano alcun cangiamento. o. La carta colorita col verzino di Fernambouc e alterata coli' acido acetoso in ambedue ricuperò il suo naturai colore, ma non Io cangiò punto in violetto . 9. L' acqua di calce le dealbò ambedue leggermente, ma quella di Fontebranda alquanto più di quella di Piazza. Mescolata l'acqua di calce con le medesime acque dopo essere state sottoposte alla ebullizione, non vi produsse mutazione sensibile. 10. L'acido saccarine intorbidò molto queste acque ; ma dopo r ebullizione e filtrazione non le alterò piv\ in minima parte . 11. La soluzione stretta di alcali fìsso aerato (^carbonato di po- tassa'^ le dealbò ambedue, ancora dopo essere state depurate con r ebullizione . 12. Se instillavasi in ts^cVaXcdW ^T\iss\zno (^prussiato di potassa') senza alcuna loro preparazione non presentavasi la minima apparen- za di azzurro; ma se eravi stato precedentemente aggiunto un po- co di acido nitroso Qacido nitrico') purissimo, in tal caso compari- va una tenue nuvoletta azzurra . P ij 13. La I20 ATTI 13. La soluzione nitrosa di piombo die nn precipitato bianco abbondante, il quale veniva disciolto quasi totalmente dall'acido acetoso . 14. La soluzione nitrosa d' argento produsse in ambedue un pre- cipitato bianco copioso. Se però la soluzione era con eccesso di acido , tenuissimo era allora il dealbamento ed incominciava dalla comparsa di alcune strie , diffondendosi poi lentamente in tutto il fluido. E tali appunto furono i fenomeni della stessa soluzione per- fettamente saturata , instillata nell'acqua depurata coll'ebuUizione . 15. La soluzione nitrosa di mercurio die in ambebue un pre- cipitato giallastro, alquanto maggiore nell'acqua di Fontebranda, e minore tanto nell* una che nell'altra state antecedentemente sotto- poste alla ebullizione . Ma questi precipitati erano tutti solubili nell'acido acetoso , se pur forse se ne eccettui qualche porzione quasi impercettibile . §. XXV. Dalle riferite esperierjze (§. XXIL — XXIVO si raccoglie : I. Che in ambedue vi è dell' aria fissa o acido aereo Qacido carbonico ) Cs* (5. 7. 9. ) • z. Che contengono delle terre effervescenti QcarbonatL terrosi') (^i^ , le quali si depongono ogni volta che si espelle, o si perde 1' aria fissa (6) ; che la loro quantità ne è varia alquanto , ma sempre te- nue (8) , e non maggiore di un mezzo grano per ogni libbra di acqua (6) di cui gran parte è terra calcarla (carbonaro di calce) {10). 3. Che vi è tenuissima quantità di ferro, non combinato con al- tro acido fuori dell'acido aereo (12). 4. Che aon vi é selenite (^solfato di calce) né altro sale a base calcarea (io) . 5. Che vi è una tenue porzione di sale composto dall'acido ma- rino C14!) e fo'"se una porzione tenuissima formata dall'acido vir triolìco G^^'^'' solforico) {14 15 i<^ • 6. Che alcuni di detti sali sono a base probabilmente ma- gnesiaca (11). 7. Che la quantità sì delle terre, che dei sali e un poco maggiore nell'acqua di Fontebranda, che in quella della Fonte di Piazza C I 3 5 ^9 " '5) • , . ,. . §. XXVL La precisione nei quantitativi e più speciali cogni- zioni delle qualità doveano desumersi dall' esame dei residui dell' evaporazione . A tale effetto furono evaporate libbre 69 di am- bedue le acque in vaso di terra vetrinato fino alla riduzione del fluido a piccola mole , essendo stato allora passato in vaso di ve- tro per compire l'operazione. Il residuo raccolto con diligenza da ambedue i vasi non oltrepassò i grani 13 nell'acqua di Piazza, e i or. iQ nell' acqua di Foatebranda . Questa inaspettata scarsezza nei DEL L' ACCADEMIA lar nei quantitativi indusse il sospetto che una porzione si fosse per- duta nelle porosità e ineguaglianze del vaso di terra e si determi- nò di ripetere le evaporazioni dal principio al fine in vasi di ve- tro per escludere ogni possibile distrazione di materia. Nel tem- po adunque di maggiore asciuttezza ne furono svaporate altre lib- bre 30 per sorta, e se ne ritirarono gr. 13 di residuo dall'acqua del- la Fonte di Piazza , e gr. 31 dall'acqua di Fontebranda . Di uguali quantità fu ripetuta 1' evaporazione in tempo d' inverno dopo lun- ghe pioggie, coU'avvertenza di non prendere l'acqua da destinarsi a questa operazione se non dopo essere cessata la pioggia di qual- che giorno e si ottennero gr. 20 di residuo tanto dall' una, che dall'altra. §. XXVII- Quefìi residui attraevano tutti più o meno l'umi- do atmosferico , e più potentemente quello di Fontebranda ; erano ruvidi al tatto e di colore cenerognolo ovvero giallaftro. Il colo- re dei residui dell'acqua della Fonte di Piazza fu coftantemente cenerognolo; quello poi dell' acqua di Fontebranda tratto dalle lib- bre 69 di acqua era del colore del tufo , ed al medesimo incli- navano gli altri residui della flessa acqua . Per la separazione delle diverse softanze componenti quelli residui fu tenuto il me- todo che siegue . §. XXVHI. Primieramente furono tenuti in infusione nello spi- rito di vino rettificato affine di separarne il sale deliquescente in- dicato dalla proprietà osservata nei medesimi di attrarre 1' umido aereo ed insieme le altre softanze solubili nello flesso meftruo . Quindi furono tenuti nell'acqua diftillata fredda , all'effetto di ri- tirarne i sali insolubili nell'alcool e solubili nell'acqua a freddo. In terzo lungo spogliati che furono esattamente dalle softanze in- dicate furono sottopoftì all'azione dell'acido nitroso C.acido nitrico'^ purissimo . Rimase un piccolo residuo insolubile da tutti i rae- ftrui messi in opera . ^. XXIX. La soluzione spiritosa (§. XXVHI.) fu fatta svapo- rare o al calore solare o ad un fuoco lentissimo > Il residuo era nn magma di color giallo assai fosco che attraeva potentemente r umido . Era evidente esser desso un sale deliquescente infetto da molta materia eftratliva , Si procurò di separare il sale dalla parte eflrattiva per mezzo dell'acqua diftillata, ma ciò non riusci che imperfettamente, perché l'acqua scioglieva quefta materia. II sale ottenuto reftò in conseguenza sempre infetto da una porzione di essa, in modo però da potersi trascurare senza grave errore . %. XXX. La parte salina (§. XXIX.) veniva prima prosciugata con diligenza sopra un vetro da orologio e pesata . Scioglievasi poi di nuovo ed allungavasi con acqua diftillata e dividevasi in più porzioni . In uQa era inftillata la soluzione dell' acido saccarino , che 122 ATTI che non avendo ma; alterafa la mescolanza escluse la presenza di qualunque porr.ione di base calcarla . Con altra si mescolava l'acqua di calce, che diede sempre un precipitato giallaftro a fiocchi. La soluzione nitrosa d' argento infìillata in una terza porzione non mancò mai di dare iftantaneamente un precipitato bianco a ftrie , che subito si raccoglieva al fondo in form.a di un coagulo. Ciò Laftò per assicurare che il sale deliquescente era un puro sale marino a base di magnesia Qmuriato di maqnesla^ . §. XXXI. Quanto alla parte eftrattiva ^§. XXIX.) oltre a quan- to se ne è di già accennato, cioè essere essa solubile sì nello spi- rito di vino, che nell'acqua, si osservò clie prosciugandosi acqui- llava un colore sempre più fosco , ma lo schiariva al contrario ad un calof brusco . Poiì;a sopra un ferro rovente da principio si an- neri , emanò un fumo , concepì una tenuissima fiamma lambente turchiniccia ; levata dal fuoco si presentò sotto la forma di una massa spongiosa bruna attaccata al ferro. Quefta è una materia vegetabile della natura di quelle , che chiamansi eftratto-resinose . §. XXXII. La soluzione acquosa (§. XXVHL) similmente fatta evaporare a lentissimo calore e quando la materia erasi ridotta a piccol volume veniva colata sopra un vetro da orologio e quivi condotta a siccità all' oggetto di facilitarsi il modo di conoscerne il peso . Il residuo conteneva una softanza salina indicata dal sa- pore e dalla forma regolare di alcune molecule . Ma neppur que- fla era pura. Bisognava passarvi sopra rapidamente delle piccole porzioni di acqua diftillata per separarne la parte salina , e ripe- tendo varie volte lo stesso artifizio dopo aver condotta la materia a perfetta asciuttezza si giungeva ad ottenere il sale sufficiente- mente puro. §. XXXIII. Quefto sale dalla figura dei criftalli ordinariamen- te compariva di due qualità , poiché alcuni erano di figura aghi- forme ed altri di figura cubica . Ora predominavano gli uni ed ora gli altri . Esso non potea sottoporsi ciascuna volta alle prove coi reagenti per la sua scarsezza . Fu scelto a quefìo fine il sale ri- tratto dalla prima evaporazione di libbre 69 per ciascuna sorta di acqua dove anche le quantità respettive potevano esser facilmente conosciute separando i criftalli cubici dagli aghiformi . Tutte le soluzioni di quefto sale fatte in acqua diftillata furono divise in più porzioni per osservarvi gli effetti di diversi reagenti. I risul- tati furono presso a poco eguali in ambedue le acque . La solu- zione muriatica di terra pesante inftillatavi vi produsse un copio- so precipitato iftantaneo e Io ftesso la soluzione nitrosa d'argento, dando quefta alle prime goccie un precipitato pronto accagliato ; l'acqua di calce vi produsse un precipitato leggiero a fiocchetti , che si raccoglieva in carta pesata per cui si filtrava il fluido per sa- D E L L* A G e A D E M I A. 123 saperne il peso . Si dedusse da quefìi sperimenti che il sale era un mifto di sali compofii dall'acido marino e dall'acido vitriolico. 11 sale compnfto dall'acido marino era vero sai comune {muriato di soda) perchè non era deliquescente e dava cristalli perfettamente cubici . Il sale compnfto dall'acido vitriolico era un sale d'Epsom(,Jo/. fato di macjnesia) , perchè la base di magnesia indicata dall'acqua di calce non poteva essere combinata che con l'acido vitriolico. §. XXXIV. L' altra solìanza che, come si accennò , contaminava il sale eftratto col mezzo del fluido acquoso , ora fu in maggiore , ora in minore quantità . Essa da principio scioglievasi assai bene nell'acqua ed allora aveva un color giallaflro. Ma prosciugandosi, specialmente con fuoco non leggiero, diventava piìi bianca e pren- deva una forma lamellosa lucida e la sua solubilità diventava mi- noie esigendosi quantità sempre maggiori di acqua per scioglierla. Lo spirito di vino, neppure bollente, non aveva su quefìa mate- ria la minima azione. Polla sopra un ferro rovente fuma leggiera mente, si annerisce, indi degenera in una polvere cenerognola . L' indole sua non sembra diversa da quella delle softanze mucilagi- nose vegetabili , sebbene alquanto alterata . §. XXXV. Per dimolirare i principj fiati disciolti dall' acido nitroso (;§. XXVIII.) si die principio da ricercarvi il ferro. L'aci- do nitroso adoperato ne era del tutto privo. Avendo adunque 1' al- cali prussiano infiillato in queAa soluzione prodotto in essa un pre- cipitato azzurro , non potè dubitarsi della presenza del ferro . Que- Ao però fu sempre in tenuissima quantità. Cessata l'azione del rea- gente , dopo che l'azzurro si fu riunito al fondo in mollecule gros- se , fu filtrato il liquore . L'aumento di peso acquiftato dalla carta dopo essere stata ben lavata con passarvi sopra acqua diftiUata, e quindi asciugata , indicò la quantità dell'azzurro . §.XXXVI. Separato e conosciuto così il ferro ed una sol volta senza averlo separato, si procede a precipitare tutte le terre per mez- zo della soluzione di alcali vegetabile (^carbonato di potassa') ben puro . Le terre precipitate , dopo essere fiate ben lavate , edulco- rate , e asciugate, furono sottopone all'azione dell'acido acetoso per separare le terre solubili dalle insolubili da quefl'acido . Ma es- so nell'acqua della Fonte di Piazza le disciolse tutte , ad eccezione di quando non ne era flato prima separato il ferro, essendo allora rimafto un residuo giallafiro , che sciolto nell'acido nitroso die col mezzo dell'alcali prussiano la corrispondente quantità di azzurro . Nell'acqua poi di Fontebranda rimase un piccolo residuo avente i caratteri della pura argilla (^allumina). La soluzione acetosa sempre fu svaporata a siccità sì per liberarla dall'acido aereo (^acido car- bonico') , che potesse esservi rimafto nell' effervescenza delle terre , che per privarlo dell'acido acetoso sovrabbondante . Nella soluzione del 124 ATTI del sale acetoso in acqua diftillata , previa la filtrazione , fu versa- ta a poco a poco l'acqua di calce finché non die segno di forma- zione di pellicola alla superficie, e se ne separò coftantemente un precipitato a fiocchi , il quale per mezzo della filtrazione fu rac- colto in una carta di peso noto . Quello precipitato era magnesia pura , la quale bisognava considerare in ftato di combinazione con l'acido aereo per dedurne la quantità di magnesia aerata (^carbo- nato di magnesia') contenuta nelle acque . Detratta quefta ed il fer- ro , egualmente che l'argilla quando vi era, il resto altro essere non poteva che terra calcarla (carbonato di calce) . §. XXXVn. Non ci rimane da esaminare se non che cosa fosse quell'ultimo residuo insolubile a tutti i mestrui C^-XXVIIIO- Esso era di color cenerognolo ora più chiaro ed ora più cupo, com- posto di parti filamentose e pulverulente . Appena fu posto sopra un ferro rovente si anneri , si accesero le parti combustibili e furo- no suscettibili di concepire una tenuissima fiamma. Quindi ne schia- ri il colore a poco a poco consumandosi la parce annerita e se ne ebbe un residuo ora candidissimo, specialmente dall'acqua di piaz- za, ed ora misto di parti rossigne . L'acido marino ne sciolse al- cune porzioni con qualche effervescenza , ma la maggior parte restò insolubile e si concluse che il residuo esaminato era un misto di terra silicea Qi) e di materia combustibile ultimo avanzo della ri- soluzione delle sostanze vegetabili . §. XXXVIII. Queste acque contengono come si é veduto C§. XXV- lO dell'aria fissa {gas acido carbonico). Per determinarne la quantità adottammo il metodo di mescolarvi 1' acqua di calce e dalla quantità del precipitato prodottovi, detratte le sostanze con- tenute Ci) Il Sig. Mandruzzato, cui devono un nuovo lustro i celebri Bagni di Aba- no e molto benemerito dell' arte di analizzare le acque minerali , nell'estratto della mia Analisi dell'acqua di Montalceto (Giorn. diMedic. di Venez. Tom. IX. Part. Fis. pag. i6.^ avverte che non può essere ben provata la presenta della terra silìcea per la sola insolubilità neW aneto ; dacché essa potrebbe essere calce ossidata , secondo do che\it indicato nella seconda parte del Trattato de" Bagni di Abano. Non mi è no- ta questa calce ossidata, ed io avrei sommamente gradito che il celebre Autore alla Sez. III. §. XXX. della seconda parte dell'opera citata, in luogo di appog- giarne r esistenza alla sola congettura si fosse data la pena di verificarla con le prove necessarie, e di assicurarsi che la parte supposta insolubile delle sue con- crezioni calcaree e del carbonato che spontaneamente si forma dall'acqua di cal- ce al contatto dell'aria non fosse selenite formata dall' acido solforico adoperato conia calce de' carbonati e depostasi per non potersi sostenere in dissoluzione nel fluido che in parte, la quale riuscirebbe insolubile ancora dagli altri acidi; lo che era tanto più opportuno e indispensabile perchè si trattava di un compo- sto del tutto sconosciuto nella Chimica, il quale non era perciò lecito ammettere senz% una rigorosa dimostrazione. DEL L* ACCADEMIA 125 tenute nell'acqua , che doveano pure unitamente cadere al fondo , inferirne la quantità dell'aria fìssa contenuta nell' acqua in stato di libertà. Affinchè il risultato fosse men soggetto ad errore operam- mo su quattro libbre di ciascuna sorta di acqua (i). Ma questo esperimento eseguito in Agosto non fu ripetuto nell' inverno . Tom, Vili. Q $. XXX Vili. (i) Il Sig. Mandruizato Cluog. cit. pag. 17.) non trova buono questo metodo per rintracciare la quantità di aria fìssa o gas acido carbonico contenuta nelle acque , principalmente perchè non tutti i precipitati di carbonato di calce ecntengo- no la stessa quantità di gas acido carbonico né di acqua di cristallizzazione . Nondi- meno tutte le ricerclie dei ChuTiici non sembrano lasciar dubbio alcuno sulla cer- ta e costante proporzione tra la terra e l'acido nei carbonati calcarei , quantun- que differiscano tra loro i Chimici nello stabilire tal proporzione a cagione dei metodi difTerenti tenuti da essi nel determinarla. Ed il Sig Mandruzzato nell» Parte 11 del suo Trattato dei Bagni di Abano, a cui ci richiama, non adduce neppure una prova sperimentale della sua asserzione. A scanso di mala intelligenza dirò, che in questi sperimenti ho sempre di- stinto due stati dei carbonati calcarei . Uno è quello in cui sono quando sono indiscioltì e indissolubili. L'altro quando si trovano sciolti in acque contenenti ga? acido carbonico. Nel primo stato io riguardo i carbonati calcarei costituiti invariabilmente da quella proporzione tra l'acido e la càlce^ che risulta dalla re- ciproca saturazione dei due componenti . Egli è nei carbonati calcarei in questo stato, che in cento parti Bergman ha trovato costantemente 34 di acido, 55 di calce, e 11 di acqua, Wenzel 43 ^ di aeido , 52 g di calce e 5 di acqua, Kirwan secondo le ultime sue esperienze fatte sul marmo statuario 43 di acido (Mem. sur la force des acides &c. V. Annales de Chymie T. XIV. pag. 238 e seg.^ . Or io non credo che i carbonati calcarei possano contenere divers? quantità di acido carbonico al di sotto della perfetta saturazione della calce; perchè aven- do affusa rltìH'acqua di calce in due porzioni eguali di acqua artifìzialraente im- pregnata di gas acido -carbonico, in una di queste porzioni a poco a poco, nell' altra tutta ad un tempo ^ ho trovato con reiterate prove che ambedue esigevano egual quantità di acqua di calci prima che cominciasse a formarsi la pellicola indicante l'eccesso della calce, o che dopo la filtrazione cessassero di dare del precipitato calcareo per l'affusione di nuova acqua di calce. Che se vero fosse ciò che suppone il Sig. Mandruzzato , siccoirte nel primo caso non vi sarebbe con- correnza simultanea, le molecule di calce successivamente affuso verrebbero tut- te pienamente saturate e nell'altro caso l'acido dovrebbe distribuirsi equabilmente nelle molecule di calce concorrenti simultaneamente onde i carbonati si otterreb- bero più o meno saturati secondo che più o meno acqua di calce si mescolasse con l'acqua pregna di gas acido carborùto, e maggiori o minori sarebbero le quan- tità di carbonato calcarlo che se ne ritirerebbero; lo che certamente non segue. Questo medesimo vien confermato dalle seguenti asperienze. Presi cinquanta grani per sorta dei suddetti carbonati ed avendone fatta lentamente la soluzione nell'acido nitrico allungato con tenere esatto conto dei materiali impiegati, me ne è risultata costantemente la perdita dovuta al gas che si sviluppa trg '/e 18 grani, e giammai più né meno nelle stesse esperienze ripetute molte volte, quan- do sono state prese le necessaiie precauzioni, e che non erano stati privati dell' acqui costitutiva i carbonati ; con che viene a stabilirsi il gas acido carbonico eoa- ia6 ATTI §. XXXIX. La quantità dei componenti ricavati dalle acque respective nei diversi tempi , taciute fin qui per brevità appariran- no dalle seguenti Tavole, quali sono state riconosciute col peso, o de- contenuto nei carbonati tra 34 e 36 per 100. Le precauzioni necessarie, sema di che i risultati sono molto differenti, per quello ciie l'esperienza mi ha inse- gnato, sono: I. Che la soluzione dei carbonati nell'acido nitrico si faccia invaso chiuso con una semplice tenue apertura che permetta l'egresso a! gas che si spri- giona senza permetterla allo spruzzo Cogionaro dalia efiei venia; 1. Che fatta la soluzione si permetta che a poro a poco perda spontaneamente il gas che retta impegnato nel fluido , o si esponga ad un leggier calore per sollecitare la sepa- razione del gas; altrimenti la perdita apparisce minore; 5. Che acciò non si dis- sipi né acido né acqua coli' evaporazione si avverta che 1' acido non ecceda il bisogno per la saturazione della base calcaria^e si tenga la soluzione o sì espon- ga all'azione del calore in vasi chiusi, dai quali un sottil tubo o apertura dia esi- to al gas e non permetta, che si disperda il vapore acquoso. E' poi molto me- glio in queste esperienze servirsi dell'acido nitrico o muriatico, che dell' acido sulfuiico, perchè la selenite che si depone, e si mescola con i carbonati da scio- gliersi per tuia parte impedisce la libera e completa azione dell'acido, e per al- tra parte lascia incerto il punto della tota! dissoluzione ; laddove gli altri acidi sovramentovati non lasciano il minimo dubbio, poiché il sale, che ne risulta, ri- mane tutto in dissoluzione. Quefti offrono ancora il comodo di tenere a calcolo le impurità insolubili, qualora come spesso avviene si trovino tramischiate coi carbonati, che trascurate produrrebbero una variazione nei risultati. Ho detto, che tali erano le perdite dame costantemente ritrovate con l'accennato metodo, purché i carbonati non avessero punto perduto della loro acqua di cristallizazio- ne , per il motivo, che avendo alcuna volta sottopofìo .'alle flesse prove dei carbonati, che avevano sofferta l'azione di un calore alquanto firte , non però capace di scomporli, la perdita è stata uii poco maggiore, cioè lino a 38 e più per cento. Ma neppure in questo caso mi è accaduto di, vederla ascendere alle quantità indicate da Wenzel e Kirwan , e molto meno a quasi 47 per 100 come avvenne al Sig. Mandruzzato nei carbonati calcarei ottenuti con versare 1' acqua di calce sopra l'acqua dei Bagni di Abano (Dei Bagni di Abano P. II. pag. 67). Siccome adunque dal combinare insieme le esperienze surriferite pare che si possa conchiudere con qualche sicurezza , che nei carbonati calcarei la propor- zione dell'acido alla base è costante, ed eguale a quella flabilita da Bergman o poco maggiore, ne segue, che la spontanea separaiione delle terre mentre Vacqua verde Vaciiità non lascia punto incerto il punto di saturazione; e che i carbona- ti calcarei non potranno esser privali, sia spontaneamente, sia per l'azione del calorico, o per quella della calce, che del gas acido carbonico soprasaturante, in virtù del quale stavano in dissoluzione nell'acqua. Al di là di quefto punto niuna forza di fuoco sul carbonato calcareo immerso nell'acqua è capace di disu- nirne l'acido, uè qualunque eccesso di calce è suscettibile di appropriarsi parte alcuna dell'acido stesso; e dove vi sia eccesso di acido qualunque raolecula di calce che si forma in carbonato calcarlo si unisce con quella precisa quantità di acido carbonico necessaria a coftituire il carbonato medesimo nelle consuete pro- porzioni ad esclusione delle molecule di calce concorrenti in eccesso. Io aveva già fatte quefle Analisi e lo scritto aveva avuto il suo corso quan- do vennero a mia cognizione le difficoltà e i nuovi metodi del Sig. Mandruzzato. Que- DELL* ACCADEMIA. 117 o dedotte col calcolo. Ove peraltro non pocevasi indicare il preciso quantitativo dell* aria fissa è stata soltanto indicata la sua presenza col segno + . Acqua della Fonte Gajà, o di Piazza In libbre 30. ^»v Aria fissa {gas acido carbo- nico) gr. 9 ^ .» + Terra calcarla ( carbonato di » $ calce ) . . . , 7 - »• *4 4 r i3 Magnesia aerata ( carbonato di magnesia) ,, t Ferro in stato di calce (ossido ai ferro) ,,0 — j, o — 18 37 Sai marino a base di magnesia (muriato di magnesia) . . , . „ o | ,t t % Sai marino comune {muriato di soda ,,2 I ,,0 -1 Sai d'Epsom (solfato di magnesia) „ i y ,, 2 | Materia estratto-resinosa . . . ,, o s „ o ^ Maceria estrattiva mucilaginosa „ o ^ ». o f Residuo insolubile „ o ^ ,, o | Q ij Acqua Quefte esperienze non ebbero altro oggetto che di accertarmi se eravi bisogna di una rettificazione, e se in appresso io doveva cangiar metodo. Ma in vece sembra che ne provino la bontà, la quale comparirà maggiormente se a confron- to dei piccolissimi difetti di quefto si pongano quelli degli altri metodi seguiti dai Chimici per determinare la quantità di acido carbonico contenuto nelle acque minerali, Tra quefti io non potrei mai indurmi ad adottare quello propofto nel luogo citato dal Sig. Mandruizatu. Egli è vero che ci può dare i! totale di detto gas, cioè unitamente tanto di quello coftituente il carbonato calcarlo contenuto nelle acque e i carbonati salini che vi fossero, che di quello in eccesso; ma siccome la virttl che le acque gazose ripetono dal gas acido carbonico dipende unicamente da quella parte di gas, che non è intimamente combinata colla calce o con altre basi terrose o saline, ma che vi è in eccesso e che comunemente di- cesi libero ; convien dunque conoscere separatamente quella porzione in eccesso; lo che ha appunto in mira il metodo che è flato da me coftantemente seguitato nelle mie analisi. 128 ATTI Acqua di Fontebranda In li bòre 30. Estate Inverno Atìa ^ssz (gas acido carbonico) . . . . . gr. 17 — _^ Terra calcarla {carbonato di calce) ». 23 | „ 15 * Magnesia aeratdi {carbonato di magnesia „ i ;| „ o f Argilla {allumina) , i — „ o » 2 Ferro in stato di calce {ossido di ferro ) „ o 9 „ o — 37 Sai marino a base di magnesia ( muriato di magnesia ) , ,. 3 ^ ,. o | Sai marino comune {muriato di seda) . ,, o g „ o | Sai d'Epsora (5o//à/o di magnesia ., o f ,, o | Materia estratto-resinosa „ o f .. o \ Materia estrattiva macilaginosa ....,, o \ „ i i Residuo insolubile ,, i — ,, i | Le quali quantità , prendendo il termine medio tra 1' estate e r inverno, ragguagliano in cento libbre d'acqua come appresso: Libbre 100 Acquadella Acqua Fonte di Fonte- di Piazia . branda . Aria fissa {gas acido carbonico )....,.. gr. + >» + Terra calcaria {carbonato di calce) ,, 38 i^ ,, 65 ^ Magnesia aerata {carbonato di magnesia ) . . „ 2 | ,, 2 | Argilla ( allumina ) ,, o „ 2 | Ferro instato di calce {ossido di ferro) , . . ,, o f ,, o | Sai mar. a base di magnes. {muriato di magnesia),, 3 ^ ,, 7 ra Sai marino comune ( ;72«r/a/ff di soda ) , 4 g ,, 1 f Sai d' Epsom ( so/fato di magnesia ) ,, 6 | ,, 2 f Materia estratto-resinosa ,, 2 g ,, 2 ^ Materia estrattiva muiilaginosa ,, o -H ,, 4 | Residuo insolubile , . • » i | i> 3 ^ §. XL. DEL L- ACCADEMIA 129 ^. XL. Si conferma pienamente dalla riferita analisi, che le acque delle fonti di Siena contengono non solo delle terre atte a depositarsi nei canali e generarvi grume o sia concrezioni tarta- rose , come si era dedotto dall' ispezione dei bottini , ma di più che quefìe terre ne formano il carattere diftintivo , per essere le softanze che unitamente all'acido aereo o aria fìssa, mezzo essen- ziale alla loro dissoluzione, vi predominano; tutte le altre, come il ferro, i sali, e le materie eftrattive si separatamente, che in complesso essendovi in quantità minime e di gran lunga inferiori . Si viene però in cognizione che le fìesse t^erre , quantunque pre- dominanti a riguardo degli altri principj , pure vi sono contenute in quantità assai piccole; le quantità medie potendosi considerare circa I di grano per libbra nell'acqua di Fontebranda , e ^ di gr. per libbra in quella delia Fonte di Piazza . La qual quantità con- tinuando a ftarvi in dissoluzione sino all'ultima particella per l'in- termedio dell'aria fissa , e quefìa essendo sempre nell' occasione di disperdersi in qualche parte, quindi é che quefte acque, non ofìante che nel loro tragitto per gli acquidotti abbiano già depo- fta , come é probabile, la maggior parte della terra di quefta spe- cie , che contenevano originariamente , nondimeno sono tuttora suscet- tibili di produrre grume o tarcarizzazioni , e quefte sensibili e as- sai copiose nei luoghi , per i quali l'acqua scorre senza interruzio- ne, dove perciò ogni porzione che vi passa vi lascia qualche parti- cella e contribuisce ad aumentarne la mole per via di successive apposizioni . ARTICOLO III. Regolamento . $. XLI. y^Uerte notizie ci fanno ftrada a conoscere in parte l'in- vi fluenza del regolamento che si tiene per la diftribu- zione delle acque alle fonti ed altri pubblici usi, e ai Particolari , z\ cui esame dobbiamo ora innoltrarci . Ci reftringeremo in quefto Articolo alla sola acqua dei bottini della Fonte di Piazza , giac- ché quella di Fontebranda e le altre , dopo aver governate le re- spettive fonti , sono subito erogate negli usi subalterni senz' altra previa distribuzione , attesa la scarsezza dell'acqua di Fontanella e la troppo bassa situazione delle rimanenti , §. XLll. E' d'uopo rammentarsi che I' acqua condotta dai di- versi rami dei bottini dell.i Fonte di Piazza, riunita in un sol tronco , tutta ordinariamente si versa in quel vafto recipiente C§. X.) lungo Braccia 100 , lare;o Braccia 4 , profondo circa Braccia 5, detto II galazzone poflo sotto il prato del Collegio Tolomei fuori della Porta Camollia . In quefto galazzone l'acqua , dovendo scor- rere 130 ATTI rere con moto molto lento, ha campo di deporre quelle materie, che attesa la sua velocità depor non poteva nel gorello dei bottini, ma traeva seco fincJiè non trovava 1' opportunità di abbandonarle . L'acqua per quefta sola ragione deve uscirne più depurata, purché il recipiente sia tenuto pulito e vuoto , e non venga ripieno a bel- la poiia, come era seguito nei tempi andati, avendolo il Sig. Anto- nio Matteucci , quando nel 1782. fu deputato a resarcire i botti- ni, trovato intieramente ripieno, per essere flato precedentemente fatto servire di scarico alle grume nei ripulimenti dei bottini iftes- si . Non si sa che sia mai più seguito un tale inconveniente; anzi essendovi ftati allora fatti più muri divisorj , all'oggetto non solo che redasse viepiù infranto e rallentato il moto dell'acqua, ma acciò an- cora potesse meglio sgravarsi dalle materie eftranee , con essere ob- bligata a passare ora di sotto ora di sopra ai muri predetti per più volte prima di giungere all'altra eflremirà ; perciò quefto recipiente sembra dare al presente tutti i vantaggi , dei quali è suscettibile . §. XLIII. Dal galazzone suddetto si fiacca 1' emissario da un livello presso a poco uguale o poco inferiore a quello del suo im- missario . Nel suo tragitto per condursi alla Fonte di Piazza si fiaccano diversi rami per dare 1' acqua ai pozzi particolari della Città ed al fontino della abbandonata Fonteginfia , un grosso ra- mo poi conduce l'acqua alla fonte di S. Francesco, somminiflran- dola anco di mano in mano ai pozzi dei Particolari . Tutto il refio dell'acqua va a scaricarsi in un' ampia conserva situata appunto dietro alla pubblica Fonte della Piazza grande . §. XLIV. Quefla conserva è, come ognun vede, defìinata ad un'uso consimile a quello del galazzone, cioè di obbligare l'acqua a trattenersi e deporre un refìo di materie ellranee nuotanti in essa, che tuttora contenesse: altro uso si è di servire di comun ricettacolo alle acque che debbono essere dilìribuite alla detta pubblica fonte , alle fonti dei cortili del palazzo del Pubblico ed ai rami di bottino , che conducono l'acqua alla fonte del Casato, ed alle diverse fonti del Terzo di S. Martino . Le prime special- mente, dovendo l'acqua risalire per sboccar fuori, avevano bisogno di un peso che le premesse . Infatti si fiaccano dalla conserva le canne di piombo che danno l'acqua alle lupe ed altri emissarj del- la fonte principale e quelle simili , per le quali è mandata ai due cortili del pubblico palazzo , dove è da osservarsi che 1' acqua trasmessa da quefìe diiFerenti canne comparisce più limpida e grata al gufto di quella dei pozzi dei Particolari. In quefte canne non si formano grume in molta quantità, producendosi quefte soltanto, secondo che ci ha riferito il pubblico Bottiniere, nella graticola, per cui r acqua dalla conserva passa nelle canne, e quindi nel luo- go , dove le canne si ripiegano per salire alle fonti . §. XLV. DEL L' ACCADEMIA 151 «. XLV. L'acqua poi dcftinata perii Casato e per il Terzo di S. Martino scorre per bntini simili ai descritti , se non che sino verso il termine della Piazza per la poco loro elevatezza non sono passeggiabili. 11 ramo del Casato non presenta alcuna cosa . meritevole di rimarco . Rispetto al ramo del Terzo di S. Martino non possiamo passare in silenzio l' inconveniente , cui dà luogo quasi in ogni ertatela somma scarsezza dell'acqua. Non essendo quella ballante ad alimentare tutte le fonti pubbliche e tutti i pozzi dei Particolari , si é coftretti a far ricomparire quella che già ha servito alla fonte principale della Piazza grande gettata fuori dal- le lupe. Le lupe versano l'acqua in un'ampio recipiente rettango- lare esporto al pubblico e soggetto a ricevere molte immondezze. Infatti é necessario vuotarlo di tanto in tanto, acciò 1' acqua rac- coltavi non diventi sporca e schifosa . 11 rifiuto di quefto medesimo ricettacolo, che per solito dovrebbe andarsene separatamente alla gavina del mercato, nei tempi di scarsezza di acquasi rimette in circolo per un'occulto foro laterale, che mette nel ramo che con- duce l'acqua al Terzo di S. Martino e si dirtribuisce in luogo di acqua pura , che manca alla conserva . §. XLVL II ramo di S. Martino somminirtra l' acqua alle fonti pubbliche di Pantaneto , del Ghetto, di S. Giufto , e del Ponte, ed a quella di Pispini; con querta differenza che sino alla Fonte del Ponte scorre per bottino aperto, di qui poi sino alla Fonte di Pispini va per canale chiuso e forzato , e perciò la Fonte di Pi- spini manda la sua acqua a getto. Tutti i rami nominati , oltre al- le pubbliche fonti, alimentano un gran numero di pozzi di Par- ticolari , che pagano una tan£;enre per conseguir l' acqua ed altra per il reparto delle spese delle ripuliture dei bottini , che sono gravosissime . §. XLVil. Quefti pozzi sono ricettacoli più o meno grandi, i quali ricevono l'acqua dai respettivi rami maeftri per mezzo di diramazioni laterali fatte a querto oggetto. L'acqua che li riempie vi rimane ftagnante essendo generalmente privi elei proprio traboc- co o emissario , talché è obbligata a livellarsi col pelo dell' acqua del gorello del bottino , andandovene della nuova soltanto quando ne è levata e dovendo retrocedere se mai abbassi l'acqua del bot- tino'. Essi dovrebbero riceverla per mezzodì tenui fiftole o dadi, acciò neir attingersi 1' acqua dai medesimi non dovesse portarvisi quella del ramo maeftro con troppa celerità , né fosse lecito ai par- ticolari abusarne a scapito altrui, e nel caso che l'acqua di qual- che pozzo rertasse infettata , come è facile e frequente in si gran numero di pozzi , qualora specialmente vi cada e vi si putrefac- cia qualche animale, non dovesse subito comunicare l' infezione all' acqua del canale maertro . Ma noi abbiamo sentito che tali firtole non 132 ATTI non si trovano, clit in pochissimi pozzi e siamo ancorai di parere clie piccolo ne sia il vantaggio, specialmente per il secondo og- getto, non essendo quello il principal difetto di quefti 'pozzi . In fatti il pregiudizio per 1' universale non sarebbe sensibile e per ri- guardo ai Parricolari giova il credere che sarebbe loro cura ri- parark) prontamente. 11 male maggiore percuoterebbe l'opinione, a cui non porterebbero rimedio le fiftole . §. XLVm. I pozzi cofiruiti nella foggia divisata (§• XLVIIO hanno un'altro male, ed è quello di far comparire l'acqua assai più cattiva di quello che sia realmente, in una maniera cosi mar- cata, che per quanta cura sia stata da noi posta nel farne una analisi esatta, da cui risulta la sua innocenza, essa non sarà mai bastante a garantirci dalla taccia di poco avveduti da chiunque sia solito lasciarsi colpire e sedurre dalle apparenze . L' acqua presso che stagnante in questi pozzi ha campo eflfectivamente , a meno che non sfa con più frequenza dell'ordinario scossa ed agitata, di de- porre e generare alla superfìcie una tenue sì , ma assai sensibile pellicola, la quale osservata da chi ne fa uso dà l'idea di un'acqua carica di terrea softanza . In tempo poi lungo non lascia di gene- rare alle pareti del pozzo delle grume tartarose e ciò che dee fare ancora più specie macchiate di un colore g'allo scuro e sudi- cio; quantunque nulla di ciò si osservi nei recipienti aperti e pub- blici delle fonti, dove l'acqua trabocca e si cangia con frequenza. §. XLIX. Ma noi accennammo già (§. XL.) che a forma dell' analisi iftituita e malgrado la tenue quantità di materia terrosa contenuta nell'acqua, essa non avea per anche perduta la disposi- zione a generare concrezioni tartarose , quando vi concorrono le necessarie circoftanze , Infatti quefta qualunque siasi quantità di terra essendovi mantenuta in dissoluzione per 1' intermedio dell' aria fissa, softanza volatile e fugace, né apparendo di quefta ec- cesso sopra alla quantità necessaria all'uffizio indicato, a misura che si disperde , bisogna che si deponga a proporzione la terra . E sic- come queft'aria se ne vola dalia superfìcie, così la terra alla super- fìcie si raccoglie in forma di pellicola , tenuissima e rarissima da principio, indi ingrossata per via di successive apposizioni . Le grume laterali non si formano che in tempo lunghissimo dalle ter- ree particelle che nuotando nell'acqua lambiscono le pareti e vi si attaccano e sovrappongono. §. L. Ma d'onde dipende la macchia di quefte grume (§ XLVUl.) ancora più fosca di quella delle grume del galazzone e del canale maestro che introduce l'acqua in Città e qual materia altera cosi la loro naturale bianchezza? Il sistema di rimettere in circolazio- ne ael Terzo di S. Martino l'acqua già stata versata nel recipiente esterno della Fonte di Piazza (§,XLVO P"ò far credere doversene in DEL L' ACCADEMIA 13S in gran parte l' origine a quelto sozzo compenso . Quefia causa però non é né sì permanente né si comune a tutti i pozzi della Cit- tà , quanto lo è la produzione di quel tartaro impuro . §. LI. Rivolgendo indietro 1' occliio ai componenti dell' acqua troviamo che l' acqua gettata dalle lupe della Fonte di Piazza , sul- la quale é ilata istituita 1* analisi , contiene una sofìanza vegetabile suscettibile di colorire il residuo della sua evaporazione Q§ XXXVHI.) Di quefla materia ne contengono una dose appena sensibile i tarta- ri bianchi e i meno impuri . Le grume del galazzone e quelle del ramo maeftro , che gli serve di emissario contengono una materia giallaftra ( §. XVL ) . Quelle softanze sono della medesima specie; cspofie al fuoco di qualunque grado vi subiscono i medesimi can- giamenti; differiscono soltanto nel colore, che nei residui delle acque può esser divenuto più oscuro e neraftro per l'azione del fuoco nel prosciugarsi nei vasi . Paragonati insieme il residuo in- solubile nell'acido marino delle grume cavate dal pozzo della Cura della Magione e quello lasciato dalle grume dei pozzi del Terzo di S. Murtino , non vi é ftata trovata, quanto alla qualità, dif- ferenza sensibile . Essendomi ftata presentata una gruma di figura cilindrica formatasi attorno ad un legno di tal figura rimallo isola- ro nel canale, che porrà l'acqua dal canale maeftro alla conserva polla dietro alla Fonte di Piazza si osservò più leggiera e friabile di quelle illesse dei pozzi , tessuta a raggi divergenti , e di colore pii\ scuro. Il suo residuo insolubile simile a quello delle grume del pozzo della Cura della Magione , era alquanto più scuro di quello delle altre mentovate grume. 5. LIl. La quantità del residuo insolubile suddetto in cinquan. fa grani di gruma diferirono come appresso : Le grume del pozzo della Magione , o sia presso la porta Camollia diedero del detto residuo insolubile g""- 4 La "ruma trovata nell' immissario della conserva della Fonte di Piazza "Ss Le gruine del fontino dopo la fonte di S. Giulio , di do- ve si diftribuisce l'acqua a diversi pozzi particolari . . . ,> 4 ^- Le grume di uno dei pozzi particolari del Terzo di S. Mar- tino pollo al di là della fonte di S. Giulio .• 3 ^ §. LUI. Si rileva da ciò che la quantità della maceria , che forma il residuo insolubile e che colorisce e macchia le grume, cresce sempre dal galazzone alla piazza e diminuisce dalla piazza in giù . La total quiete dell'acqua, come nei pozzi particolari che non hanno trabocco, forse contribuisce alla minor quantità di tal materia , perché le grume dei due pozzi, uno della Cura della Magione , l'altro aldilà del- la fonte di S. Giulio , di quefto genere , ne danno meno del. la gruma dell' immissario della conserva e del fontine dopo la fon- Tom. Vili. R te 134 ATTI te di S. Ginfìo . I corpi nuotanti nell' acqua e che ne infrangono il moto, siccome contribuiscono grandemente ad accrescere la quan- tità delle deposizioni rartarose , die vi sì attaccano , cosi in pro- porzione sembrano contribuire alla deposizione di maggior copia del residuo insolubile . §. LlV- Quefte osservazioni C §• LI. — LUI.) pongono fuori di ogni dubbio , che le impurità ed il colore oscuro dei tartari che de- pone l'acqua del bottino alla Fonte di Piazza in tutto il suo corso rientro la Città e nei diversi suoi ricettacoli dipende, almeno per la massima parte non da materie o immondezze acquistate, ma da materie che trae seco fino dalle prime sorgenti . E poiché noi abbiamo diftinte in tre specie queste sorgenti (§. X. — XII. ), altre perenni e limpide , le quali finché non si sono mischiate con altra specie di acque depongono un tartaro bianchissimo, altre pure pe- renni , ma che danno un tartaro colorito, altre infine , sommini- ftrate dalle pioggie di acque torbide e impure, le quali cessano di fiiillare nei bottini nei tempi asciutti; sembra perciò clie l'origine di tali impurità debba ripetersi principalmente dalli ftilliciflj delle acque torbide delle pioggie ed in subalterno luogo da quelli del- la seconda specie . §. LV. Fin qui si é veduta la distribuzione e regolamento dell'acqua del bottino della Fonte di Piazza per 1' oggetto di ser- vire air uso immediato degli abitanti . Agli altri usi secondar] sono destinati gli avanzi dell'acqua , che danno i trabocchi delle fonti e fontini . Di questi usi altri sono pubblici ed altri privati. Ai pubblici sono destinati gli abbeverato] e i lavato) , i quali si trovano al Mercato vecchio , prendendo l'acqua dal trabocco delia fonte della piazza grande , a S. Chiara governati dal trabocco della fonte di Pispini , a Ovile dentro e fuori della Città, i qua- li prendono l'acqua dai bottini particolari delle prossime fonti , a Fontebranda , ai quali serve il trabocco di detta fonte. §. LVf. Le acque del trabocco di Fontebranda e suoi reci- pienti subalterni, sono anche destinate da antica costumanza all'uso dei Macella] per lavarvi le interiora degli animali . Nel recipiente della fonte del Ponte vi sono num. 5. dadi , che somministrano l'acqua al palazzo Bianchi, al Conservatotio del Refugio, alla ca- sa Vaselli , al Monastero di Ogni Santi, e ad una casa che prima era 1' Ospizio delle Orfane . §. LVll- Tutti gli altri scoli o trabocchi e così pure i traboc- chi degli abbeverate] e lavato] sono ricevuti dai particolari per lo- ro usi privati. Altri servono a diverse arti, come dalla Fonte di Piazza alle tintorie, ed alla pescheria, e da Fontebranda alle con- ce e a diversi mulini, dei quali si parlerà in appresso. Non solo poi tutti i trabocchi rimanenti , ma in subalterno luogo ancora i pri- D E L L' A e e A D E M I A 13? primi, sono generalmente distribuiti agli orti, ptr lo più dentro la Città, non toccando a quelli di fuori, se non che gli avanzi . ^. LVUl- Questo pertanto è il metodo, ciie si tiene nella di- stribuzione delle acque; altre cose resterebbero referibili alla ma- niera di regolare le acque e specialmente li scoli delle fonti , ma siccome in questo Articolo abbiamo dovuto toccare incidentemente qualche inconveniente su tal particolare, cosi nel parlare ey. pro- fesso degli inconvenienti nel seguente Articolo, faiemo conoscere il regolamento degli scoli . A R T I C O L O III. Inconvenienti , %. LIX. T^Ue sorte di pregiudizi possono temersi dalle acque . J_^ Chiameremo i primi intrinseci, per intendere quelli che dipendono dalla qualità originaria delle acque e dalle altera- zioni che in virtù delle medesime possono recare alla salute di co- loro , che devono adoperarle per loro ordinaria bevanda e per gli altri usi della vita umana. Diremo gli altri eftrinseci , perclié pro- venienti da qualità avventizie o sia acquiftate per colpa o incuria degli uomini, l pregiudizi eArinseci sono pure di due specie: al- tri immediati, cioè cagionati immediatamente dall'uso delle acque, altri mediati, quali sono quelli, cui le acque danno origine per mezzo dell'aria , che rendono infetta . Esamineremo pertanto le acque tutte della Città sotto quefìi diversi rapporti . § LX.I risultati delle analisi iflituite ci acquietano sulla qualità delle acque e ci assicurano essere esse salubri , perché non conten- gono elementi, i quali possano recar danno o per la loro quantità in complesso o per la qualità e quantità respettive di ciascuno. §. LXI. Il totale del residuo ottenuto dall' evaporazione di lib- bre 30 dell' acqua della fonte di piazza é flato tra i 13 ed i 20 grani, e la quantità media gr. 16 | , ed il totale di quello ricavato da ugual quantità dell'acqua di Fontebranda ascende fra i 20 e 31 grani la cui media quantità è di gr. 25 | C§' -^^VI ) • Per assicu- rarsi che quefie due acque devono porsi nel numero delle acque di loro natura salubri , balla farne un confronto col prodotto di altre acque tenute in gran pregio e da tutti per ottime riconosciute . L'acqua celebre d'Asciano condotta a Pisa per magnifido acqui- dotto , analizzata ultimamente dal Sig. Giorgio Santi ?. Professo- re di quella Università die circa \ di grano di residuo per libbra 0^3 ■ R ij La (i) Analisi Chim. delle acque dei Bagni Pisani ec. pag. ;co. 136 ATTI La quantica di materia cavata per lo ftesso meizo dalle migliori acque di Roma , non esclusa quella di Trevi , fu tra gr. 2 | e 3 ^ per libbra (i) . Cento libbre dell' acqua della Fonte di S. Croce di Firenze deposero , secondo l'Analisi del Sig. Pietro Giuntini , gr. 1242 j di residuo e quella del condotto Reale nella flessa quan- tità gr. 216, e così la prima gr. 12 | circa per libbra e la secon- da gr. 2 g per libbra C^^- Le acque di Upsal analizzate dalla ma- no maeftra di Bergman (^3), eccettuando 1' acqua del po/zo trattorio molto più carica di componenti e riconosciuta per insolubile, die- dero un residuo tra i grani 9 5 e i gr. 124 per misura Svedese, 3 S che ragguagliano all'incirca tra gr. 1 — e gr. 1 — per libbra noftra . L' acqua celebre di Nocera di cui é nota la purezza e salubrità die al Sig. D. Massimi C4) quasi un grano per libbra di materiali fissi. §. LXII. Senza parlare dell'eccellenza dell'acqua di Pisa e di No- cera , che può appartenere ad altre cause , se in grdU pregio sono fiate sempre tenute diverse delle acque di Roma ed in particolare quella delia fontana di Trevi , contuttoché superino molto le nofì:re nella quantità dei loro componenti fissi ; se 1' acqua della fonte di S. Croce gode in Firenze alta riputazione , quantunque contenga dodici volte più di materia delle nofìre quando ne sono fiate trovate più ca- riche ; se non si ha scrupolo in Firenze sull'acqua di Montereggi del condotto Reale sebbene ritenga il triplo e più delle quantità medie trovate in quelle di Siena , e sappiasi dalle osservazioni di Targioni Tozzetti ne' suoi Viaggi Cs) ^^^^ produce una crofla con- tinuata di Tartaro nei cannoni del condotto Reale di Boboli ; se le acque di Upsal giudicate furono da Bergman dietro all' analisi eccellenti (6) : le acque di Siena per rapporto al quantitativo in genere dei loro componenti fissi non potrebbero con giuflizia dirsi di cattiva qualità e reclamano un luogo diflinto tra le potabili pure e innoceiiti. §. LXIII. Noi però non ci fermeremo a quello solo dato . Vi sono delle acque scarse di componenti fissi , die nondimeno sono giufìamente riputate insalubri, come per esempio 1' acqua del Gia- nicolo (i) Lancisi de nativis Romani Cali qiulttatibus Gap. Xlll. Oper. Tom. I. pag. 74. & seq. _ (2) Vedansi le cit. analisi del Sig. Giuntini in pie del Regolamento a;ei R. Arcispedale di S. Maria Nuova di Firenze. Firenze 1783. (3) Dissert. delle acque di Upsal §. III. (4) Dell'acqua salubre e Bagni di Nocera pag. 37 e j8. (5) Tom. I. psg. 415 edii. seconda. {é) Luogo citato §. V. D E L L' A e e A D E Ni I A 137 nicolo in Roma , la quale sebbene colla evaporazione lasci un resi- duo uguale a quello dell'acqua della fontana di Trevi , pure da Lancisi CO ^ giudicata alle altre tutte inferiore in ragione dei principi graveolenti , ciie s' innalzano nella evaporazione e dai qua- li è co/tituifo in gran parte il detto residuo . Egli é pertanto do- ver nofìro di esaminare se mai le acque delle fonti di Siena ri- petessero qualche considerabile imperfezione dall' indole malefica o dall'eccesso di alcuno dei componenti dell' indicato loro residuo. <^. LXIV. Tralascieremo di far parola dei sali, come pure par- ticolarmente del ferro . Quefti componenti vi sono ini troppo tenui quantità, perchè possano venire in sospetto. Le materie , che prin- cipalmente sogliono accusarsi , sono quelle che danno origine al- le grume o concrezioni tartarose nei canali e nei recipienti e per- ciò sopra tutto le terre , che vi ftanno in dissoluzione per 1* in- termedio dell'aria fissa. Per quanto piccola si conceda la loro quan- tità , se nel loro corso sono capaci di generare grume considera- bili , non dovranno fare lo ftesso nei canali del corpo no/ìro? Que- fto infatti è il comune sospetto avvalorato dalla frequenza in Sie- na di tal sorta d' infermità C§- IVO ed è 1' importante oggetto di cui ci è comandato un* accurato e maturo esame col biglietto del- la Segreteria del R. Governo de' 18. Febbrajo 1792. §. LXV. In schiarimento della queftione è d'uopo primiera- mente avvertire , che se le acque delle fonti di Siena giungono a produrre grume considerabili nei loro condotti e ricettacoli ; non contenendo- «Ime tenui quantità di materie tartarizzanti come dimo- fìrò r analisi ;! ne segue che la quantità e mole delle grume è do- vuta , non adr un'eccesso di materia contenuta nelle acque, ma al- le successive apposizioni di piccolissime quantità di tali materie prodottevi dal continuo passaggio dell'acqua. Quefto riflesso condu- ce a render ragione di qualunque più considerabile quantità di tar- tarose concrezioni , che in un tempo dato possano essersi formate nei canali e recipienti ; poiché scorrendo essa nei primi senza in- terruzione e rinnuovandosi nei secondi a misura che se ne cava , fatto il calcolo della materia tart,arizzante contenuta , secondo le noftre osservazioni , nel volume di ae,qua passata nel tempo dato per il canale o recipiente, dove sonosi generate le concrezioni suddette, non vi è dubbio che vi sarà sempre nell'acqua una quantità di ma- teria superiore a quella, che dovea impiegarsi nelle date concrezio- ni . E ciò si applica a quelle concrezioni , che si formano dalla fonte in giù o sia dopo il luogo , da cui è ftata attinta 1' acqua esa- minata ; perché in quanto alle tartarizzazioni superiori ognuno vede che (0 Luogo citato Gap. XIII. §. ai. Oper. pag. 76. 138 A T T I. che sono ftate prodotte da quel più di materia, che trasse l'acqua dalle sue sorgenti e depositò depurandosi, prima di giungere al suo destino. C §. LXVl. Orse istituiscasi un simil calcolo sopra 1' acqua , che si usa da ciascun' uomo , il risultato sarà ben piccolo per doverne temere alcuna cattiva conseguenza . Bisognerà prima detrarre l'acqua. ftata espofta al fuoco , perchè essa o lascia la sua terra attaccata ai vasi, che si adoperano (§.lVOos^ iti parte venga introdotta nel corpo nostro , non essendo più in ilato dissoluzione non è suscet- tibile d' introdursi nelle seconde vie, ma, deve, andarsene con gli escrementi. Tutto adunque si refìringe alla teri^a , chei s' introduce, con r ordinaria bevanda , la quale supponendo che senza puntò, scomporsi trasporti nei vasi del corpo e vi depositi tutta i la terra che contiene, potrà lasciarvi ^ potessero baftare per dileguare il timore, che la proprietà di tarta- lizzare osservata nelle nollre acque le renda molto proprie a prò-. durre nei corpi le malattie di calcoli e renelle, non mancano però altre Ragioni ancora piiV forti e decisive . Avendo noi a bella po- lla esf.minato il tenor di vita di molti abitatori della Città afflitti dalle sopraindicate malattie, ne abbiamo incontrati non pochi , che avevano abitualmente fatto uso dell'acqua delle fonti , ma molti an- cora che avevano sempre , cioè tanto prima , che dopo essere ftati attaccati da quefte malattie, adoperate acque di cifterna o sia di pioggia ; neir atto che un' immenso numero che non ha giammai adoperata sltr' acqua, che quella delle fonti, non si sono accorti di averne contratta la minima indisposizione di salute. L'altra ra- gione ancora più forte si é, che le concrezioni lapidee conosciute sotto il nome di renelle, calcoli, e pietre delle ftrade orinarle, non sono in verun conto di natura terrea o calcaria , come vol- garmente si suppone, 0 sia dell' iftessa natura delle grume , che si generano dalle acque nei loro canali , ma sono compofte intiera- mente da un'acido di particolar natura , chiamato perciò acido li- tico , quale acido non s' introduce dentro di noi dal di fuori , ma si genera nel corpo iftesso per cause morbose interne e per una par- co Fabretti de Aquìs & ^qumlucl. vet. Roma dissert. trcs edit. secund. 1788 pag. 10. Cassio Corso dell'acque antiche di Roma. Par. I.nura. vm. §. ij.pag. 71. 140 ATTI particolare disposizione di alcuni individui , di cui per anche noa é conosciuta la natura e le circoflanze . §. LXX. Radano in tal guisa assolute le noflré acque da qua-i lunque accusa fondata sopra le qualità loro originarie ed intrin- seche . Non è così delle qualità eflrinseche o avventizie C$- LIX.) • La necessità di raccogliere quella maggior quantità d'acqua, che si può, per supplire ai bisogni della Città, la negligenza nel relìau- rare a tempo i bottini , il siftema di polizia vegliante il coftume adottato e reso necessario dalla scarsezza per la diftribuzione del- le acque ed altre simili accidentali circolianze influiscono certa- mente a rendere meno perfette e meno buone le acque . Le imper- fezioni delle quali s'intende parlare adesso, sono l'origine dei pre- giudizi eftrinseci delle acque, che da principio abbiamo detti im- mediati , perchè nascono direttamente dall' uso delle acque ifiesse, i quali dividerermo in tre specie ; i primi dipendono da difetti, negli acquidotti , i secondi da immondezze che ricevono le acque in Città , gli ultimi dalla coftruzione dei pozzi dei particolari . §. LXXI. Alcuni pretendono che rechi pregiudizio alle acqite lo scorrere esse nel bottino in canale o gorello aperto , a motivo delle immondezze che possono cadervi . Quefto rilievo non è fonda- to ; poiché non essendo i bottini accessibili se non dalle persone deftinate alla loro cuftodia, non è da temersi alcun pregiudizio, quando sia pofto rimedio agli altri difetti degli acquidotti . Lo scorrere poi in canale aperto giova grandemente alla maggior de- purazione delle acque , perché potendo facilmente esalarne molta aria fìssa si dà luogo alla deposizione che si manifefta nelle con- crezioni tartarose , senza la quale le acque giungerebbero alla Cit- tà molto più cariciie della loro terra e sarebbero men buone . §. LXXn. Ciò che merita correggersi nei bottini é tuttociò che concorre a comunicare alle acque delle materie eftraneè , come ter- re insolubili che le intorbidino , una troppa quantità di materie eftrattive, e quegli ultimi residui della dissoluzione dei vegetabili quali si manifeftano nelle acque e loro deposizioni sotto la forma di residuo insolubile. Quefie materie si trovano nelle acque subito dopo le pioggie, perchè si altera alquanto la loro trasparenza, ed in qualche quantità vi si trovano in ogni tempo indicate da quei corpuscoli natanti, che vi si osservano, e dalla qualità del residuo della loro evaporazione e dalle softanze componenti le concrezioni o grume . Non contrariamo che una tenuissima quantità di tali ma- terie non debba considerarsi come originaria alle acque non la- sciando di deporne le acque più limpide nelle ftalattiti che si for- mano ai loro primitivi Itillicidj . Ma la quantità originaria per r eflrema sua tenuità non può contribuire alle acque niuna sensi- bile e valutabile imperfezione. L'origine dell'eccesso di tal mate- ria DELL* ACCADEMIA 141 ria deve dunque considerarsi per avventizia, perchè nasce da quel- li ftillicidj , che si dovrebbero rifiutare , e si ricevono soltanto o per non commettere le spese necessarie ad escluderli o per procacciarsi una maggior copia di acqua. Quello eccesso é una imperfezione, perchè ne perturba colle particelle disperse nel fluido 1" originaria limpidezza , contribuisce forse un poco ad alterarne il sapore , e le rende pii\ facilmente putrescibili quando sono ftagnanti . Ad accre- scere quefti difetti concorrono talvolta i frani che seguono dentro i bottini quando non siano torto riparati . §,LXXU1. Possono concorrere ad alterare le acque ancora le aper- ture ad uso di pozzo , per le quali fuori della Città da varii luoghi atcin- gesi i' acqua immediatamente dal canale maefiro, non essendo, per ciò che abbiamo sentito , infrequente che per tali aperture cadano nelle acque degli animali che v'imputridiscono e altre sozzure. Di quefti pozzi uno se ne trova alla villetta del Cappuccino, altro alla vil- la dell'Ebreo, altro a S. Dalmazio alla villa già dei Sigg. Soz- zini , ed uno al prato del Collegio Tolomei , il quale però ha un recinto di muro suo proprio formato dentro la vasca del galazzone . $. LXXIV- Quefte imperfezioni (§. LXXII. LXXIII.) sono dì molto rilievo e meritano certamente di essere corrette, ma le acque ne acquiftano ancora delle maggiori nelle pubbliche fonti , sulle quali è d* uopo che sia eccitata 1' attenzione e vigilanza di chi è deftinato a presiedervi . L'acqua di dette fonti si versa in un' am- pio ricettacolo o vasca espofta al pubblico. L'acqua che ne tra- bocca dovrebbe essere relegata dagli usi immediati della vita uma- na . Non è però così . Abbiamo veduto di sopra , che per rimediare alla scarsezza di acqua si rimette in circolo per il Terzo di S. Mar- cino l'acqua servita alla fonte di Piazza. Le acque che hanno ser- vito alle fonti non possono considerarsi che come molto pregiudi- cate dalle materie, che sono gettate nelle loro vasche . Infatti ogni volta che si vuota la fonte di Piazza, e le altre della Città si tro- va nel loro fondo, oltre a molti sassi, un loto fetente. E qui torna in acconcio osservare che essendosi in oggi i Macellari diftusi per tutta la Città, non ftanno pili all'antico coftume di andare a la- vare le interiora degli animali al luogo deftinato in Fonte- branda , ma hanno introdotto di servirsi per il medesimo uso di tut- ti gli abbeverato], che più gli tornano comodi , e ardiscono, cosa ftomachevole al solo doversi dire, di fare lo ftesso uso dei recipien- ti di acqua buona delle pubbliche fonti , non rispettando neppure quella di piazza. Quelli che immergono nei recipienti medesimi i loro vasi in vece di riempierli al getto delle fonti , si abbeverano di quefte acque immonde . Le acque che dal recipiente della font* del Ponte, sono diftribuite a diverse Case e Comunità religiose per tutti gli usi della vita sono spesto infettate dalle accennate immondezze. Tom. Vili. S 5. LXXV. 142 ATTI §, LXXV. Non dovevasi in fine tralasciar di avvertire cke l'or- dinario metodo di dirtribuire l'acqua ai particolari, cioè per mezzo di pozzi {§. XLVll.) che non hanno trabocco ed hanno , come suol dirsi, il torna addietro, perchè l'acqua in certe occasioni è soggetta a rifluire nel canale dei bottini, nuoce alla bontà dell'acqua ob- bligandola a rimanersene lìagnante nei medesimi . Prescindendo da ciò che può solo pregiudicare alla vifla ed alla opinione mediante la pellicola che si form.a alla superficie dell'acqua e le grume che si attaccano alle pareti , egli è certo che quefta circofìanza dee an- co molto pregiudicare ài sapore dell' acqua tanto maggiormente , quanto meno frequentemente se ne attinge e più di rado vi si rin- nuova . Oltre il confronto del sapore dell'acqua di fresco attinta da una fonte con quello dell'acqua di un pozzo poco frequentato , si renderà manifefta quefta verità a chiunque si prenda la pena di as- saggiare r acqua attinta di fresco e risentirla poi dopo averla la- sciata in V8SO aperto per qualche giorno. Quell' acqua che in ori- gine appariva al gufto vivace, grata, e leggiera, apparirà poi gra- ve e crassa e priva della primiera vivacità . Pure quefta seconda sa- rà trovata, se si esamini chimicamente, più pvira della prima, per- chè avrà depofto porzione dei suoi componenti più crassi. E poiché il sapor grato delle acque è una perfezione giuftamente voluta e pretesa nelle acque potabili, non può negarsi che un metodo, che la diflrugge, non sia da abolirsi per quanto è possibile. §. LXXVl- Ci rimane da trattare di quei pregiudizi che pro- vengono dalle acque della Città , ma mediatamente , cine in quanto in conseguenza dell' uso , che se ne fa , ne riceve pregiudizio il suolo e l'aria della Città , di loro natura per quefto lato dotati della maggior salubrità . Noi speriamo che ci sarà accordato un ge- neroso perdono se nel trattare di un'argomento si interessante il pubblico bene scenderemo forse ad un troppo minuto dettaglio e le nostre imparziali osservazioni si temeranno contrarie al parti- colare interesse di pochi possessori . Sospendano coftoro un mo- mento i loro timori , perchè il pregiudizio che essi temono per se potendo dar luogo ad altri pubblici non lievi inconvenienti la conclusione del noflro ragionamento , diretta al bene del pub- blico a tutti gli effetti non può che ritornare in fine a vantaggio di ciascuno . §. LXXVn. La Città di Siena risiedendo sopra una collina divisa in più diramazioni o branche , o piuttofìo sopra un gruppo di colline insieme connesse e concatenate in guisa da formare uà sol corpo, comprende nel suo recinto il principio di diverse pic- cole valli, per cui hanno scolo le acque e le pubbliche cloache. Nel basso di queste valli sono situaci gli orti, i quali per la lo- ro irrigazione profittano degli scoli delle acque della Città , D E L L- A e e A D E M I A 143 si delle pioggie , che delle fonti, ed inoltre di diverse vene e (ìil- licidj , che in essi scaturiscono naturalmente o per via di bottini artefatti . Le principali di quelle piccole valli sono i. quella di Ovile ; 2. quella della Madonna del fosso o sia di Follonica ; 3. quel- la fra la porta Pispini e la porta Romana , che chiameremo di Pi- spini; 4. quella fra la porta Romana e porta Tufi o sia di porta Giustizia; 5. quella di Fontcbranda . Tutte sono tagliate trasver- salmente dalle mura della Città . Dentro le mura alcune sono abi- tate ancora nelle coste e nel basso, come in gran parte quella di Ovile e di Fontebranda. Le altre sono circondate e chiuse dalle fab- briche dispolte lungo il dorso delle colline, e sono nel basso colti- vare per lo più a ortaggi . Tutte nella loro continuazione fuori delle mura sono ridotte a queflo genere di cultura . §. LXXVUL In quefle valli sì dentro , che fuori della Città per provvedere ai bisogni degli orti tanto d* inverno , che partico- larmente d' eftate si procura di adunare e ritenere tutte le acque che dalla Città vanno a scaricarsi nel ruscello, che scorre nel loro mezzo . Comunemente si costruisce un'ampio recipiente o conserva, o come chiamar si suole fonrone , ove raccogliesi quella quantità d' acqua , che più si può , per supplire con quella in mancanza del giornaliero governo . Da queflo fontone passa l'acqua in altro reci- piente coperto con tettoja , che serve per lavare gli erbaggi , di dove passa successivamente ai fontini o più piccoli recipienti re- golarmente diftribuiti in tutto l'orto per uso d'innaffiare . In molti luoghi si la prima grande conserva, che i fontini subalterni sono murati, in altri sono semplicemente scavati nel terreno. In altri in mancanza o scarsezza di fontini , l'acqua é-condotta alle diverse par- ti per mezzo di fosse e di solchi e dove si vuole raccogliere 1' acqua per gettarla alle piante si scavano nel terreno delle piccole buche, chiamate dagli Ortolani bottaccioli . Terminata 1' innaffiatura tutti queili solchi e bottaccioli reflano asciutti . Molti orti essendo lun- go il ruscello, che scarica le acq.ue pel mezzo alle piccole valli, praticano i loro coltivatori di fare all'acqua di tratto in tratto dei ritegni , acciò vi si raccolga e vi si trattenga ed alzi il suo livello , per condurla così ai fontini, o gettarla immediatamente alle piante . ;.',.§.. LXXiX. Le acque, che dalla Città vanno a quefti orti sono: ■sriii*. I trabocchi delle fonti. Quefti se vanno direttamente agli or- ti vi portano acque fresche e pure, difficili a concepire alterazioni; 2. I trabocchi degli abbeveratoj e lavatoj , gli avanzi delle tin- torie ec. , i quali danno sempre un' acqua più 0 meno alterata e putrescibile ; 3. Gli avanzi delle acque servite per le Comunità Religiose , for- mati per lo più di acque pregne degli spurghi delle loro cucine e cloache , le quali perciò 0 sono già fetide o sono facili a diventar!^ . S ij l'I 144 ATTI 4. I trabocchi delle fonti , abbeverato] , lavato} ec. ricevuti pri- ma nelle pubbliche cloache, ove s' impregnano delle materie degli acqua] , luoghi cojTluni , ed altri spurghi di particolari . §. LXXX. Siccome le acque della Città, sebbene diligentemen- te raccolte, conservate, e diftribuite , non sono baftanti ai biso- gni degli orti , cosi si profitta di tutti li ilillicidj , vi s' impiegano le acque di qualche fonte pubblica abbandonata e in qualche luo- go sono flati scavati dei bottini particolari nel fianco delle colline per allacciare gli ftillicid] interni e procurarsi così maggiore abbon- danza di acque in tutte le ftagioni . §. LXXXI. Le acque raccolte come meglio si é potuto dai Pos- sessori, allorché sono abbondanti, pure, ed hanno un corso peren- ne , e si avverte di tener purgato dal loto e immondezze i fontoni e fontini , non sono capaci di recare danno alcuno o infezione all' aria in veruna ftagione dell'anno . Ma se si lascino lungamente ri- fìagnanti , molto più se siano originariamente impure acquiftano più o meno i caratteri di acqua /lagnante e paluftre . Le acque che si tengono ftagnanti in fosse o conserve scavate nel terreno , in pari- tà di circoftanze, più facilmente si corrompono. Qaelle che con- tengono le saponate dei lavato] , li spurghi degli acqua] e dei luo- ghi comuni , il sudiciume delle strade e delle cloache si fanno sol- lecitamente fetide e trovasi nel vuotarle fetido il loro da esse de- pofto in fondo ai recipienti. Ma se contengono in copia delie parti animali putrefatte , le acque sono nere e fetidissime sino ad incq^- modare gli ortolani e depongono un loto fetido e nero. Quando sono battute dal sole sviluppasi bene spesso dal loro fondo o loco mol- ta aria infiammabile delle paludi; sempre poi ne danno gran quan- tità quando si smuova a bella pofta il loro fondo . §. LXXXn. Quefto prospetto C§- LXXVH. — LXXXI. ) che al- tro non é che 1* epilogo delle osservazioni da noi fatte in tutti i luoghi ove vanno a scaricarsi e raccogliersi gli scoli delle acque urbane e suburbane (i) , moiìra già chiaramente come la Città di Siena debba essere soggetta agli effetti perniciosi di emanazioni simili alle palufiri ; né può veruno maravigliarsi che i quartieri al- le medesime più espofli soggiacciano ai danni delle malattie solite manifeftarsi nei luoghi paludosi. Ma acciò quefta verità apparisca colla massima evidenza è necessario procedere ad una descrizione parziale delle respettive valli, breve si, ma sufficiente a far con- cepire la necessità di un rimedio pronto ed efficace atto a far ces- sare (i) Queftc osservazioni sono il risultato dell» ricerche di tutti i Medici d^ putati, i quali si distribuirono i luoghi da esaminare. Furono poi quelle da me replicato in tutto il citcoadario della Città tanto deatro che fuori delle muta.» DEL L* ACCADEMIA 145 sare una volta ed a svellere dalle radici un sì daanoso incon- yeniente . 5. LXXXIII. La valle di Ovile , in quella porzione die è compresa dentro la Citrà in parte abitata ed in parte disabitata , ha nel suo basso un'ampio lavatojo che non si vuota se non poche volte il mese.dalqua- le per esser molto frequentato e perciò pieno d'immondezze devono le abitazioni circonvicine soffrire non lieve pregiudizio. Negli orti che occupano la parte disabitata non mancano le loro conserve e fon- tini , che tutti contengono acque quasi {lagnanti. Gli scoli poi tut- ti sono ricevuti in più cloache, i cui emissarj scoperti e di super- fìcie ineguale offrono frequenti rimpozzi di acque lìagnanti e mor- te , le quali, specialmente quando attesa la scarsezza dell'acqua e r impiego che se ne fa di mano in mano dai Particolari non so- no rinfrescare da nuove acque , s' imputridiscono a motivo delle grandi impurità che contengono e mandano un fetore considerabile. Qtiefti ristagni negli emissarj delle cloache , per lo più a fìerro , seguono particolaimente dove 1' acqua ha delle piccole cadute a mo- tivo dei riregni naturali o artefatti , deftinati ad impedire che si profondino. Fuori della porta Ovile vi è altra fonte con lavatojo, il quale spaglia all' intorno le sue acque , e quefte unitamente alle acque impure della Città danno origine ad un ruscelletto di acque, per lo più sporche e torbide, di lento corso, di letto ineguale, che scorre per il mezzo alla valle verso Ravacciano, dove le acque sofìenute da una serra fattavi per prenderne le acque per uso de- gli orti di Ravpcciano nell' eftate vi muojono , e quasi v' imputri- discono . 1 fontini dei menrovati orti che ricevono le acque indicate sono tutti ripieni di fanghi putrefatti . §. LXXXIV- Quello spazio compreso fra la collina ovvero di- ramazione di collina, sopra la quale é pofto il Convento di S. Fran- cesco e quella ove è situato il Convento di S. Chiara e che ha di fronte la cortina di Provenzano e la flrada detta della Madon- na del fosso, é quello che da noi s'intende sotto il nome di val- le di Follonica. Per il mezzo di quella scolano molte acque vera- mente sporche e fetide, le quali nell'emissario comune delle cloa- che , che in esso si scaricano , soffrono i medesimi pregiudizi ac- cennati parlando di simili emissarj della valle di Ovile . Negli Or- ti superiori alle antiche mura della Città di proprietà della fami- glia Piccolomini fu cofìruita non sono molti anni un' ampia conser- va scoperta, die riceve il trabocco del fontiuo di Provenzano ed insieme le acque delle ftrade polle sotto la fabbrica della Chiesa Collegiata . L' acqua tenuta quivi ftagnante per valersene negli asciut- tori ertivi vien poi secondo il coftume diftribuita a diversi fontini ripieni sempre di un loto suscettibile di spargere nell' efiate cat- tive esalazioni . L* ortolano istesso non ha sapato negare che il lo- to, M6 atti to, che si trova nel fondo della grande conserva suddetta, quando va a terminare l'acqua, non sparga del fetore. Siamo ftati assicu- rati da persona saggia, Intelligente, e circospetta, che quando vi- de coltruire quella conserva, presagì fin d'allora il pregiudìzio, che ne sarebbe provenuto alla salute dei circonvicini abitanti e che il successo le fece subito vedere avverata la predizione . Que- sto fatto è una prova irrefragabile dei gravissimi danni prodotti da quefte raccolte e rillagni di acque impure, nulla finora considera- ti, e che meritano certamente tutta l'attenzione di chi presiede alla pubblica salute ed i più efficaci provvedimenti. §). LXX.XV. Nella pendice di quella valle per la parte del Con- vento di S. Francesco vi è un fontone; che riceve l'avanzo dell* acqua del medesimo Convento , che non essendo di grande ampiez- za e lontano dalle fabbriche , non sembra di alcun pregiudizio . Nel basso poi della medesima , prossima alle moderne mura della Città esiste la fonte di Follonica, nel cui cratere si raccoglie sempre gran quantità d' acqua perenne, che di. qui vien diiìribui- ta nelle molte fosse scavate nel terreno per l' irrigazione degli orti adjacenti , L'acqua riftagna in fosse, e benché continuamente rin- frescata dal trabocco della fonte, non lascia di prendervi qualità pro- prie delle acque (lagnanti a motivo della gran quantità di deposi- zioni limacciose, che si raccolgono nel fondo di detti scavi, le quali per la quantità delle materie vegetabili , degli insetti , ed altre im- mondezze , che vi cascano , non mancano di putrefarsi . Quello luogo è certamente frigido ed insalubre, ma le sue esalazioni , at- tesa l'abbondanza di acqua sempre fresca e nuova , non hanno molta forza e per la diflanza ed elevatezza dell'abitato non sembrano ave- re molta parte nelle malattie che vi regnano. §. LXXXVI. I disordini rilevati nelle due descritte valli di Ovile e Follonica non sono certamente di piccolo oggetto; ma sono poca cosa a confronto dei disordini osservati nelle seguenti . §. LXXXVII. La valle , che chiamata abbiamo di Pispini , non è abitata nel basso. Al suo principio dentro la Città da una parte è circondata dal rione di Pispini , e dall' altra da quello di porta Romana. Nell'alto riceve il traboccodell'acqua che dalla fonte del Ponte va alla Casa Vaselli, la quale .essendo pura e consumandosi di mano in mano , non reca alcun danno . Dall' altra banda è si- tuato il fontone , che riceve le acque fetide e immonde del Con- servatorio del Refugio. L'acqua contenutavi è quasi {lagnante, ri- piena di un loto neradro , spesso emanante il fetore di materie animali putrefatte. Quella fonte riceve tutta l'acqua, che si rigetta dalla cucina del Conservatorio; e tutti li spurghi di lavature di carni . e di utensili da cucina e da tavola, le rannate e sapo- naieneoi^vanno a searisarsi.ia. quello fetido cratere.. Con quefl* . r: acqua D E L L' A e e A D E M I A 147 acqua in tempo d' e/late s' innaffia l'orto de' Sigg. Vaselli ed in tal tempo vieii riferito suscitarvisi un fetore insopportabile . L'avan- 7.0 scorre per un fossetto per il me/zo degli orti inferiori dai qua- li si riceve nei proprj fontini , e tutti i luoghi lambiti da queft' acqua sono contaminati da un loto nero . Le acque rammentate sono nei tempi asciutti del tutto consunte dagli orti superiori e gl'inferiori Tederebbero sprovveduti. Supplisce per quelli dentro la Città un bottino scavato nel fianco della collina. L'acqua che sca- turisce per il detto bottino è regolata nella solita forma per mezzo di conserva e fontini. Quefli recipienti mal cuftoditi contengono nel loro fondo gran quantità di loto suscettibile di ribollire , come dicono, neir eftate ed emanare gran copia di esalazioni simili alle paluftri . Il male di quefla vallata è anco maggiore fuori delle mura . §. LXXXVIII. Il proprietario del primo orto si fa una pre- mura di ridurre in una conserva mal cuftodita tutte le acque che può raccogliere dall'emissario delle cloache della Città, che qui- vi sbocca , e dagli ftillicidj e fìlrrazifmi delle acque superiori mal contenute nei descritti ricettacoli. Il di più passa nel fossetto , che scorre nel fondo della valle. Dalla conserva si fa passare l'acqua nei fontini subalterni , dove non ha quasi moto e si raccoglie nel fondo un loto nocivo colle sue esalazioni . Peggiori ancora sono le condizioni del fossetto, il quale per mezzo di ridossi di terra vien ridotto in tante fosse separate, nelle quali si fa riflagnare l'acqua per gettarsi alle piante. Gli avanzi, che non mancano nell'inver- no e nei tempi piovosi, ma che nell* eftate e nei tempi asciutti non si permettono, formLUido un piccol ruscello scorrono sino a certe vafte conserve comunemente dette le cjula'^-e , deftinate a tratte- nervi r acqua nell' inverno per formarne ed eftrarne il ghiaccio e riporlo nelle prossime diacci &je. Negli orti prossimi alle galazze sonovi alire acque di bottino, le quali dopo aver servito col soli- to metodo alla irrigazione degli orti , sono pure trasmesse alle stesse galazze . Quefìe dopo levato il ghiaccio reftano piene d'acqua morta a guisa di due piccoli ftagni, nei quali vegetano molte pian- te paluftri. Negli ultimi di Maggio 1' erbe erano foltissime , il fon- do limaccioso, in cui senza rtsiftenza fu immerso un braccio e mezzo di baftone. L'acqua ftagnante e ruminde a molta diAanza il pessimo odore , che ne emana e che in certi punti provasi intollerabile . §. XC. Le pendici di quefta valle sono irrigare per la parte di Salicotto dal tenue trabocco della fonte di S. Giufto e dagli avan- zi di due trabocchi della fonte del Ponte , e per la parte dell'On- da dal trabocco di Fontanella nella maniera consueta . L* orto cosi detto dei Pecci , in oggi di proprietà del Nob. Sig. Giuseppe Ven- turi Gallerani acquiftato dalla Compagnia della Madonna sotto lo Spedale , gode del benefizio di una gran peschiera porta immediata- mente sotto la piazza del mercato, le cui acque sono buone e dol- ci , venendo da una sorgente abbondante sua propria . Infatti vi fta sempre molto pesce e vi si conserva a maraviglia . Quefta peschie- ra col suo trabocco somminiftra 1' acqua a tutto 1' orto , alle cui diverse partizioni è condotta per canali murati , dai quali si manda nei fontini murati ovvero più comunemente nei solchi e bottaccioli preparati . §. XCl. A queft' orto succede quello dei PP. Serviti ed a que- fto quello del Sig. Cav. Sansedoni . L' orto dei Serviti potrebbe godere 1' avanzo dell'acqua dell' orto Venturi , se per lo più nell* eftate non venisse tutta consunta dal proprietario. Si é perciò pro- curata anche ia quefto una vena sua propria, che appunto scatu- risce DEL L* ACCADEMIA 149 risce sotto la casa dell'Ortolano. Noi osservammo queft' acqua af- fatto ftagnante , trattenuta per farla salire al livello, che si desi- dera . Quindi la casa è resa inabitabile , muffandovi perfino il fie- no, die si tiene nella sua parte pii\ alta. L'acqua dell' indicato flagno passa nel fontine coperto e da quefto si diftribuisce in tut- to l'orto nel modo che segue. L'orto é diviso longicudindlm^^ate in più parti. Fra una divisione e l'altra in luogo di viottolo si vede una serie di fosse scavate nel terreno e dispo/ìe in più ordi- ni di lince longitudinali . L'acqua va direttamente alla prima fos- sa di ciascun' ordine e riempita quefta la susseguente gode del suo trabocco e così successivamente sino all' ultima . Quefìe fossette sono sempre più o meno piene in tutte le ftagioni . A misura che si vuotano per innaffiare, di mano in mano si riempiono. Cosi in un'area assai spaziosa coftituiscono un vero fìagno diviso in una moltitudine di piccoli crateri, le cui acque e fondo hanno lutei i caratteri delle acque paluflri e sono suscettibili di cagionarne tut- ti i danni . ^. XCir. L' orto Sansedoni è in circoftanze ancora peggiori . Privo di altre acque, esso prende l'acqua dalla cloaca o gavina del mercato , che riceve gli scoli e trabocchi della fonte di Piaz- za, dopo aver condire le tintorie e 1' abbeveratojo e lavatojo del mercato vecchio . Per fare un' idea dell' indole dell'acqua adopera- ta in quefì' orto e de' gravissimi pregiudizi, che può recare dove sia trattenuta, é d'u pò premettere alcune notizie su quella cloaca . XCIII. Essa é quella flessa , che ha il suo principio dalla Piaz- za grande e ne riceve le acque e le immondezze. Passa sotterra- nea sotto il pubblico palazzo e sotto la piazza di ' mercato vecchio di dove scende verso le mura della Città corteggiando sem- pre il fianco della collina per la parte di Salicotto , e si scarica fuori per un'ampia apertura delle mura iftesse . Sebbene la cloaca dentro la Città sia tutta sotterranea vi è però una larga apertura, che mette nella medesima sotto il lavatojo del mercato e nel suo corso per gli orti vi sono molti occhi e fenditure per le quali tra- manda le sue fetide esalazioni . Presentandosi ancora da lontano al suo sbocco fuor delle mura non può esprimersi 1' insopportabil fe- tore delle sue emanazioni , acute e penetranti a segno di risentirse- ne per un pezzo nelle narici le impressioni . 11. loto che portano le putride acque di quefta schifosissima cloaca i che in ragione della sua schifezza può dirsi la cloaca massima di Siena , é nero e feti- do al sommo . Non farà maraviglia se le acque e le esalazioni di quefta cloòca sono cosi infette, quando sappiasi che non solo vi si scaricano le immondezze della piazza e di altre ftrade , le acque servite alle tintorie , quelle del lavatojo del mercato che serve a due terzi della Città, li scoli e spurghi del palazzo pubblico, e suoi Tom. Vili, T a a- 150 ATTI annessi, e di molti particolari per me7.7,o dei respettivì acquaj e luo- ghi comuni , ma ancora vi si getta il pesce invendibile e molte beftie morte e soprattutto i cadaveri dei cani, che specialmente in eftate si fanno morire di veleno . §. XCIV. Acque pregne di tali materie e per conseguenza ne-» re e fetide sono quelle di cui l'orto Sansedoni gode la privativa e che nel medesimo ricevute e difìribuite in più ordini di fosse , di- spofte come nell' orto dei Serviti, servono alla sua irrigazione. Que- lle acque depongono nel fondo delle indicate fosse un loto fetido e nero e vi acquifìano i caratteri delle peggiori acque paluftri. §. XCV. Nella ftessa valle immediatamente fuori delle mura vi sono due orti , uno del Conservatorio di S. Maria Maddalena , l'altro del Monaftero di Ognisanti . Nel primo si vede un fontone che raccoglie le acque di uno fìillicidio , che sarebbero sufficienti al bisogno dell' orto , se nei tempi asciutti non se ne seccassero le sor- genti. Allora sono obbligati di profittare degli avanzi dell' orto Sansedoni ; quali avanzi ! L' orto del Monaftero di Ognisan- ti , non avendo altr* acqua , condisce tutti i suoi fontini con le acque della cloaca , che non sono ftate introdotte nell' orto San- sedoni . Quindi sono torbide, nere, fetide, e depongono un loto copioso, nero, e fetente. Simili sono le acque del fossetto, che scorre nel basso tra i due orti , e dove le acque provenienti dagli avanzi dell'orto Sansedoni e dei PP. Serviti sono, come in altri luoghi si è detto , trattenute in teme piccole artificiali lacune . §. CXVI- La valle di Fontebranda é soggetta a simili incon- venienti a motivo delle acque impregnate di materie putrescibili nei lavato] della biancheria e nei lavato] delle budella, che dopo vanno alle conce ed ai mulini . I mulini trattengono l'acqua in bot- tacci, affine di raccoglierne tanta che bafti per la mulinata, e fa- cendo riftagnare un' acqua sì torbida e sporca , quando la gora è vicina ad esser piena si vedono comparire alla superficie sponta- neamente delle bolle di aria, che può credersi aria infiammabile in minor copia ai due primi mulini , più ai due secondi, nel mo- do appunto, che si vedono svolgersi dalle acque minerali e dalle paludi . Siamo flati assicurati esservi spesso dei malati nelle fa- miglie dei mugna] ed alcuni spesso morirne . §. XGVIl» Noi tralasciamo la particolar descrizione delle altre più piccole valli situate tra le altre branche delle colline , sulle quali giace la Città, perchè i pregiudizi che ne derivano o sono molto minori o da quanto si è detto delle principali facilmente si comprendono. Fermandoci adunque a quello passo ci sembra che dalla sola e semplice descrizione e quadro del metodo comune di adunare e trattenere le acque per la irrigazione degli orti debba ciascuno reilar cooviato che un tal metodo porta alla necessaria con- DELL* ACCADEMIA. 151 conseguenza di creare in un suolo naturalmente asciuttissimo e sa- lubre un suolo simile a quello dei luoghi bassi, acquidosi, pri- vi di scolo , e paluftri ; che le acque fatte riftagnare a cagione delle piante che vi periscono e vi si macerano ed imputridiscono, degli insetti che vi muojono, e molto più quando erano già , pri- ma di farsi riftagnare , cariche d* immondezze e di materie vege- tabili ed animali putrescibili o già imputridite , n )n solo coi loro vapori debbono rendere l' aria nel basso delle valli umida , uligino- sa , crassa, e grave, ma inoltre colle esalazioni delle impurità che contengono e dei loro loti e fanghiglie , quando le acque vanno a diminuire ed a scuoprirsi il fondo ed il sole le percuote con tut- ta la sua forza, infettarla nell' ilbessa guisa , che s' infetta l'aria dei luoghi paluftri e recare all'aria pregiudizio tanto maggiore , quanto è più prava e maligna la qualità delle materie che imbrat- tano le acque . §. XCVIII- Quefte nocive esalazioni non si limiteranno ad in- fettare soltanto a più o meno altezza la colonna di aria che sovra- fta verticalmente ai rilìagni mentovati; ma per la naturale incli- n-izione delle materie contenute in qualsisia Ó.ato nei fluidi si dif- fond-raiino in giro e anderamo ad infettare anco i luoghi adjacen- ti finché spargendosi non giungano a quel grado di diradamento nell* atmosfera , per cui se non reftano diftrutti , divengono almeno In- nocenti, o per la loro gravità specifica maggiore o minore, per la cessazione o coli' ajuto del calor solare, non debbano o cadere a terra o sollevarsi n 'le più elevate regioni dell'aria. § XCIX. Che se la massa di aria pregna di esse sarà messa in moto dai venti, quanto ciò sarà utile ripurgando la valle allor- ché allontaneranno quella della Città dissipandola perle foci, al- trettanto saranno insalubri e perniciosi quando incanalati al con- trario per le medesime foci promuoveranno l'infetta massa controia Città iftessa . Poiché essendo terminate e chiuse le valli da una corona di abitazioni , quelle che ne sono invertite non possono che risentirne grave danno. §. C. Potrebbonsi , e dovrebbonsi forse corroborare quefte os- servazioni con molte autorità di celebri Scrittori, e con molti non dissimili esempi . iVIa se per una parte non ce lo permette la lun- ghezza ormai troppa di quefto scritto , per altra parte ci scusa il trattarsi di cose così note a tutti, che sembra sufficiente per qua- lunque persona non priva di ogni cultura enunciar loro i fatti ai quali si appoggiano per esser certi di riportarne l'assenso. Passe- remo adunque a sciogliere alcune tenui difficoltà , che potrebbero insorgere, o piuttofto a spiegare come le cause morbose dimoftrate producano i loro cattivi eifere il prodotto delle esalazoni di acque (lagnanti e corrotte. Ed è tanta l' influenza di quella cagione chele malattie da essa prodotte si riconoscono dal- le comuni gallrico-biliose eli. ve regnanti in quelle adjacenze per il loro apparato di putrescenza e malignità . E qui si avverta che parlando io dei danni di quefla sorta di fosse non pretendo già di ripeterli dalle canape o dai lini che vi si ma- cerano, come se quefte comunicassero all'aria qualche speciale infezione. Io con- sidero quefte fisse tome ricettacoli di aque ftagnanti e putrefatte e come tali dan- nose òlle salubiità dell'aria e cagioni di malattie simili a quelle dei luoghi palu- (Iri più perniciosi ; sotto il qual punto di vifta io credo che ninno avrebbe osato giudicarle innocenti, non esclusi quelli che col massimo impegno hanno intrapre- so di dimoftrare l'innocenza delle canape e dei lini in macerazione. I danni che apportano i fossi e allagamenti intorno alle fortezze e Città for- tificate , dei quali adduce molti esempj Michele kào\i'ì (Diss. de aere , solo, aquis, & locìs Lipsiens. jmg. 20.), provano quella (lessa verità. Presso a Livorno Castel- lo M.irittimo di Toscana, scrive Leonbatista Alberti ('Dell'Architertura ec. lib. xo. cap. 13.^, erano gli uomini sempre ne' giorni canicuìari oppressati da gravissime feb' bri, ma fatto gli Abitanti un muro riicontro al mare si mantennero poi sani, ma dipoi messa l'acqua nei fossi per far l'edificio più sicuro son tornati di nuovo ai ammalarvisi . Nota Targioni Tozzetti ( KagiO;umento sopra le cause e sopra i ri- medi dell' insalubrità d' aria della Valdinievole pag. 273.) che al Complotto delle esalazioni delle acque morte dello Smannoro e del piano del Casello, unite a quelle del paduletto o acquitrino chiamato il Neto attribuir si dive la causa delle febbri putride lunghissime e perniciose , che in certe estati divengcno epidemiche fra i contadini e pigionali, che abitano nei poggi di Querceto, e di Settimello , contut- tachi tali poggi per se medesimi sieno dei più salubri della Toscana . Io refiituii molti anni sono in Valdinievole la salubrità a diverse abitazioni che nell'enatc erano infettate dalle acque ristagnanti negli scavi, d'onde si eftrae- ya 154 ATTI il bestiame o per altri loro privati usi , ci sarà facile comprendere come essi allignino intorno a se delle cause d' infezione, cne col concorso di altre cagioni non lasciano di bene spesso percuoterli . §. CHI. Non é poi da stupirsi che non rutti gli abitatori delle contrade , che racchiudono una medesima valle siano egualmente at- taccate dalle malattie , e clie ne restino al contrario talora assa- lite persone che abitano luoghi più rimoti e diffesi . E primieramente è d'uopo rifletiere che le esalazioni sparse nell'aria diventano tanto meno attive quanto più si diradano e si diradano ranto più quanto più in alto sono obbligate a salire ed a percorrere maggiori spazj . Perciò i rioni meno elevati saranno più soggetti ai loro danni di quelli situati più in alto, e le parti più lontane meno delle pros- sime , va la terra per farne mattoni e lavori figulini, consigliando che sì avvertisse di allontanarle. Fu fatto , e i mali cessarono. Mi sovviene di una casa di contadi- ni nella flessa provincia, nella quale si ammalavano tutte le tamlglie the anda- vano ad abitarri e molti vi morivano di febbri intermittenti o rielle loro conse- guenze senza che si fosse potuto indovinarne la cagione . E•^amii)ai tutto il cir- condario e non potei trovarvi alcuna causa d'insalubrità. Allora posi mente a certi chiusini di pietra nel piano terreno della t;a-a e mi dissero essere di antiche buche da grano. Le feci aprire e si trovò che filtrava in esse l'acqua e che ne contenevano della stagnante. Persuaso di avere scoperta la cagione delle malat- tie indossi il proprietario a riempirle, e la casa fu risanata . Michele Adolfo neh' Opera citata ( § 14. pag. 29 ) parla eziandio della insa- lubrità degli orti , ascrivendone però la cagione piuttosto ai conciiii e ad altre circoftanze, che alle acque che vi si tengono bagnanti. Targioni Toizeiti (luo- go citato pag. 437.^ oppone la salubrità dei tanti e fertilissimi orti da erbaggio, che si vedono con piacere dentro ed intorno per ogni verso alle Città di Firenze , Prato , Pi-toja , Lucca, e Pisa, dove j' inniffia e sì concima quanto più si può an- che con sostante escrementizie d' ogni genere sn^i che gli Ortolani ed i Contadini o vitini Abitatori ne risentano fregiuli^io di sanila. Tsrgioni Pozzetti ha ragione. Ancora la Città di Peseta, la quale non ha altro che orti intorno a se, che for- mano in gran parte la sua delizia e la sua ricchezza, secondo che mi ha convin- to l'esperienza di cinque Anni, non risente da essi il minimo pregiudizio. Ma la loro irrigazione si effettua per mezzo delle acque sempre fresche e correnti del fiume Pescia che la divide nel mezzo. Fivizzano mia patria gode i vantaggi di copiosissimi orti nelle pendici ed alla falda della collina, su cui risiede ^ né giara- mai si è potuto attribuire ad essi alcun fomite d' infezione a quella insigne Ter- ra o agli ortolani e vicini. Ma sono gli a\anzi delle sue fonti, sempre peren- ni e sempre abbondanti , che si adoperano con giufto reparto alla loro irrigazio- ne. Facciasi altrettanto in Siena, come viene propofto , e i suoi orti insalubri diverranno torto innocenti. Poiché non si tratta qui dell'insalubrità degli orti, si tratta dell' insalubrità delle acque tenute ftagnanti per uso degli orti. Se gli orti Sanesij ove sono tante acque (lagnanti, sono insalubri, e gli orti della Cit- tà e Terre copiose di acque fresche e correnti per l'innaffiatura nulla hanno d'insalubre, a me pare che il confronto formi una validissima riprova di quanto si è procurato di dimoiturtt intutuo alla insalubrità degli orti Saaesi. DEL L* ACCADEMIA 155 sime , quelle investite direttamente dai venti più di qHelle a cui r aria infetta non giunge che per reflessione . Cosi prendendo per esempio la valle di Pispini il rione che scende alla porta Pispini per la parte degli orti generalmente sarà più infetto del rione di Romana e per essere situato più basso , e per esser' esposto più direttamente ai venti incanalati nella valle verso la Città ; e nella valle di porta Giustizia il rione più infetto sarà Salicotto , per- chè più vicino, più basso, e più direttamente investito dai venti . ^. CIV. Non avvi però dubbio, che nei rioni infetti mentre molti dovranno soggiacere alle malattie , altri potranno restarne immuni ed illesi . Si osserva infatti che le persone comode e i Monasteri spesso se ne difendono, mentre il basso popolo ne è grandemente afflitto . Le persone della prima classe stanno più riguardate , hanno abirazioni più elevate, ampie, e ventilate, chiu- dono la sera le loro finestre, sono ben muniti di vestito convenien- te alle stagioni , hanno un nutrimento sano , vini ottimi , e mille altri comodi che bastano a garantirle. Il basso popolo manca ge- neralmente di tutti questi mezzi. Il caldo che si rinchiude nelle anguste sue abitazioni l'obbliga a starsene giorno e sera fuori del- la sua casa allo scoperto, a dormire a finestre aperte, e soffre molti altri inconvenienti adatratissimi a farli imbevere i morbosi miasmi, a promuovere lo sviluppo della malattia, ed a renderla di peggior condizione. Se ciò non ostante alcuni rimangono illesi, può essere l'effetto del temperamento, di antecedenti disposizio- ni, e di un concorso favorevole di circostanze . 5. CV- Che se le malattie dello stesso genere assaliscono tal- volta gli abitt tori dei rioni meno esposti , per intenderne le ragio- ni senza dover supporre che i miasmi che s' inalzano dalle valli indicate giungano a trasfonder fin qua la morbosa loro influenza , basta avvertire, che se i quartieri che si abitano non sono sogget- ti air azione di queste cause , possono però gì' individui imbever- ne i seminj nelle parti infette ; i piccoli germi imbevuti possono essere determinati a svilupparsi e ingranditi da diverse altre cau- se , come dalla soppressione dell' insensibile traspirazione , dai di- sordini nel cibo e nella bevanda , da passioni d' animo e simili . Inoltre ogni luogo , ogni privata abitazione può esser soggetta a cause congeneri a se particolari, d'onde nasce che i luoghi più elevati , più asciutti, più lontani da qualunque più piccolo rista- gno di acqua , pure talvolta offrono delle febbri di genio intermit- renre , sporadiche per altro, o sia particolari a certi individui per cause private, e non già comuni, o epidemiclie e endemiche. §. evi. E* qui non possiamo dispensarci dall' avvisare , che nella Città di -Siena, prescindendo dalle cause pivH generali e co- muni già estesamente spiegate , esistono realmente molte altre cause 156 ATTI cause particolari, neppure totalmente private e individuali, che meritano tutta 1' attenzione di chi presiede alla pubblica salute . Se facciasi un giro per i chiassi o vicoli della Città , si osserve- rà che nella maggior parte vi sono cementi, ceneracci , spurghi delle cucine , scoli d' acquaj , ed altre molte simili immondezze ; che in molti si trattiene un'acqua sporca e quasi nera a motivo sì deli' ineguaglianza e incavi del suolo , che specialmente dei yacnto- vati ingombri ; che la povera gente per avidità di profittare della vendita del concio scava nei chiassi flessi delle buche sotto le respettive fineftre , ove mette delle paglie a imputridire , get- tandovi sopra a tale efterto dell' acqua sporca e tutti i loro spurghi ed escrementi e rivoUando di tanto in tanto il miscuglio , qujl pessimo uso si riscontra principalmente nel chiasso detto Pulceto , ove in varie di queile fosse si è veduta l'acqua verminosa che ema- nava grandissimo fetore -, nel chiasso , che refta dietro le case di Vallerozzi dalla parte degli orti , ove olcre la pagliaccia o paglione si osservarono per un lungo tratto delle fciglie di calcagno portate- vi espressamente per ridursi in concio, con fetore grande; nel chias- so detto della Tartuca ed in quello di S. Sebafiiano di sotto; come pure nei chiassi laterali sopra Salicotto dalla parte del Ghetto , ove si osservano presso a poco le ilesse cose . Quello poi che si è det- to riguardo all' acqua putrida e ferma, che si vede negli emissarj aperti delle cloache, che si scaricano per le valli descritte, si ve- rifica appuntino in tutte le altre cloache della Città §. CVH. Possiamo pertanto concludere con rutto il fondamento ed in replica alBiglietto della Segreterìa del Real Governo de* 3. Apri- le 1793. riferire , che le malattie del genere delle intermittenti palufìri endemiche in Siena nei mesi di Luglio e di Agofto e che secondo il corso delle ftagioni si manifeftano or più prelto or più tardi , ed ora più ed ora meno si prolungano nell'autunno , hanno un'origine totalmente efìranea alla natura del suolo delia Città , e tutta acci- dentale e fattizia dalle acque si dei pubblici acquidotti , che di altra provenienza , raccolte in diversa guisa negli orti urbani e su- burbani, che quivi si lasciano ftagnare e imputridire. ARTICOLO V. Rimedj . $. ovili. A Vendo fatta coftare l' originaria bontà delle acque IX, delle fonti di Siena C§- i-^- ~" I-X.X..) , non potrem- mo proporre di abbandonarle , a meno che per altri riflessi non si dovesse introdurre in Citrà altra acqua di perfezione ancora mag- giore , nei qual caso convenisse escludere l'&cqua buona per sur- - - " rogarle D E L L* A G G A D E M I A 157 rogarle l'ottima. Ciò che coftituisce alquanto difettose quefle acque è rutto ellrinseco alla loro natura , e può correggersi o togliersi del tutto con i necessarj risarcimenti , coi regolamenti opportuni , colla vigilanza di chi presiede a queflo ramo di amminifìrazione . §. CIX. Le acque conducono materie impure a motivo i. delle acque superfii;iali che in tempo di pioggie penetrano direttamente nei bottini; 2. degli ftillicidj d* inferior qualità che s' insinuano per le fenditure fatte dalle radici degli alberi non solo nel duro tufo , ma ancora nelle volte e pareti murate; 3. dei frani che spesso suc- cedono nei bottini nei luoghi non muniti di muro ove il tufo é meno duro (§• 5^H--XIX. e §. LXXII.) • §. ex. La prima cagione C§- CIX. i.) presenta la necessità di fare le pareti e volte murate impenetrabili dalle acque impure in rutti i luoghi , nei quali si osservano simili filtrazioni , e fare i do- vuti risarcimenti ove a traverso le volte e pareti invecchiare e gua- ite s' introducano acque di tal natura indicate dalla sordida trac- cia, che vi lasciano. Molti certamente sono i luoghi che abbisogna- no di tal provvedimento e grave il dispendio ; ma se si doves- sero introdurre altre acque potrebbero abbandonarsi e serrarsi tut- ti i rami pii'i guafli o non necessarj per dar passaggio alle nuove acque . §. CXL L" altra cagione coftituita dal guaflo fatto dalle radici degli alberi penetrate fin dentro i bottini C§' CIX. i ) esige due provvedimenti : il primo , che si resarciscano tutti i luoghi ove è ac- caduto il guafìo accennato; 1' altro , che si tronchi la ftrada a quefti danni . Quefto secondo supporrebbe la riprifìinazione degli antichi ordini disponenti , che niun Possessore possa piantare e la- vorare sull'andamento dei bottini alla diftanza di un braccio e mez- zo per parte , mai flati rimessi in osservanza , sebbene fossero ri- pubblicati con Notificazione del 6 Novembre 1755. Tale innova- zione ha le sue gravi difficoltà . Ma a noi spetta proporre il rime- dio di un sì grave inconveniente, non già di esaminare e supera- re le difficoltà clie presenta 1' esecuzione . §. CXil. La terza cagione C§- CIX. 3 ) si toglierà coli' atten- zione di supplire con muro dovunque il tufo manchi della neces- saria consil1;enza e durezza . §, CXllI. Tolti quefti inconvenienti le acque saranno piò lim- pide, non si altereranno in tempo di pioggia, non abbonderanno di corpuscoli natsnti, daranno un tartaro più puro e bianco, la mole delle grume e tartarizzazioni sarà minore , perchè la mesco- lanza di tali impurità rendendo le grume di gravità specifica minore ne aumentali volume in maggior ragione dell' aumento della massa . §. CXIV. Aflinchè poi le acque non vengano , come di leggie- ri segue attualmente, alterate da varie immondezze, conviene: Tom. Vili. V i.Ghe 158 ATTI 1. Che non siano permessi i pozzi fuori di Città, che pren- dono r acqua direttamente dal canale o gorello del ramo maeilro (§. LXXlil.)' Provvedasi ognuno di una diramazione laterale, co- me tutti gli altri Proprietari ^^ simili pozzi . 2. Che dovendosi continuare nei sifìema attuale siano riftabi- lite le liftole o dadi in tutti i pozzi dei particolari (§. XLVUO > e questo costume sia tenuto nella più rigorosa osservanza . 3. Che dove si possa o convenga si abbandonino e si chiudano le vasche aperte e pubbliche delle fonti (§.LXIV.)> in modoperò che pos- sano aprirsi quando occorra attingerne grirn copia di acqua per spe- gnere gì' incendj , alle quali passi subito e senza trattenersi l'acqua gettata dalle fonti medesime dalla vaschetta esterna destinata a riceverla . 4. Che dove o qualora non abbia luogo la riduzione predet- ta sia vietato con pene rigorose di gettare in dette vasi.he , o co- municare in qualsisia modo immondezze all'acqua contenutavi , ri- mettendo in osservanza con maggiori cautele l'articolo VI- del ve- gliante Regolamento di polizia . 5. Che ciò nonostante sia proibito rimettere in circolo le acque di dette vasche (§i. XLV- LXIV.) > nei canali delle acque buone per mandarsi ad altre fonti pubbliche o ai pozzi dei Particolari . 6. Che dette vasche siano ripulite metodicamente secondo il bisogno dal loto depositato nel loro fondo, §. CXV. Con tali provvidenze e cautele si otterrà un'acqua più pura e buona di quella che tutti generalmente, ma specialmente alcuni abitanti, ed in modo particolare quelli che prendono l'acqua dal ramo del Terzo di S. Martino, hanno sinrìra goduta a motivo di varie sozzure acquistate . Tuitavolta essendo l'acqua di sua na- tura tartarizzante , e perciò scomponibile a misura che continua a perdere della sua aria fissa , trovasi costantemente in una tenden- za alla scomposizione , colla quale si altera più o meno la sua limpidezza , e si perde quel sapor grato e vivace , che dà l' idea di una particolar leggieiezza , quando i suoi componenti sono in stato di perfetta dissoluzione. Per riparare questo difetto non de- vesi adottare il sistema di far scorrere le acque per canale chiuso in rutto il corso dei b(^ttini in pregiudizio della più facile loro depurazione (^.LXXIO* Nel distribuirla però alle fonti ed ai poz- zi meglio sarebbe mandarle per canne serrate, dalle quali, come si osserva alle fonti dei cortili del Palazzo pubblico, suole uscirne più limpida e vivace . §. CXVl. Per migliorare 1' acqua dei pozzi dei Particolari (§. XLVUl. ) conviene fare in modo che non debba riftagnarvi to- talmcnie in guisa che entraravi una volta più non pnssa uscirne se non che a misura che viene attinta , ma aii' ( ppolìo ciascun poz- zo D E L L' A e e A D B M I A 159 7.0 riceva copia di acqua corrente , la quale empiuto il recipiente debba altrove scaricarsi per il suo canale di trabocco o rifiuto. Sa- rebbe un consumo troppo grande se l'acqua di ogni pozzo ben pro- visto dovesse subito esser tolta intieramente dalla circolazione . In vifta di una giulìa economia di acqua dovrebbesi istituire quel nu- mero di canali laterali o separati che fossero necessarj per i di- versi quartieri e situazioni, ciascuno dei quali dovesse governare quella maggior serie di pozzi, che fosse possibile, mediante la so- lita contribuzione o tassa, passando di uno in un'altro fino all'ulti- mo , dal quale avesse il suo esito. Cosi ciascun pozzo goderebbe di un'acqua sempre nuova, limpida, di buon sapore, esente insomma dai difetti notabili, che attualmente vi si rimarcano CO • §. CXVII. Con ciò (§. CIX. — CXV.) refterebbe provveduto alla maggior bontà, e possibile perfezione dell'acqua. Ma vi è un' altro articolo di somma importanza, quello cioè di regolare in mo- do gli usi subalterni delle acque, onde cessino i dunni gravissimi che dal silWma o piutroflo abuso attuale risultano alla pubblica salute (§.LXXV1.— LXXXH.). Proponghiamo per quefto oggetto: 1. Che gli abbeverato] e lavamj della Città, e soprattutto quelli del mercato vecchio (§. LXXXIX ) siano provveduti abboa- dantt mente di acqua in guisa che non s(Uo supplisca al consumo che ne fanno le lavandaje, ma soprabbondi a segno che il copioso trabocco basti a tener 1' acqua dei lavato] sempre rinfrescata e rin- nuovata , e a dissipare le immondezze , delle quali s* impregna di mano in mano . 2. Che siano vuotati e ripuliti i lavato] dalle materie deposi- tate al loro fondo metodicatnente secondo il bisogno. 3. Che sia vietato ridursi in valle conserve le acque dei tra- bocchi delle fonti e lavato] , e le altre in qualsisia foggia procu- rate, e tenervisi lungo tempo {lagnanti, molto più quando si trat- ti di acque immonde e non rinnuovate continuamente colla mesco- lanza di acque pure , perenni, ed abbondanti. 4. Che sia vietata quella moltitudine di fontini e di fosse contenenti acque ftagnanti e limacciose , giornalmente governate con acque scarse o sozze , atte a perpetuare le loro nocive esala- zioni ; dovendo chiunque brami coltivare a ortaggi i suoi fondi in- torno alia Città serviisi di acque sempre correnti, pure, dolci, e giammai di acque impure e iìagnanti . V ij 5. Che (i) Quefto certamente sarebbe il miglior metodo per ottenere l'acqua dota- ta delle maggiori possibili q\ialità . Mi è d' uopo avvertire che l' esecuzione di quefto prt. getto sarebbe, se non impossibile, almeno soggetta a tali difficoltà, che non deve far maraviglia se ni^n sarà adottato. Si ottenga la co'pia necessaria delle acjae, che è il iìne principale, e si passi sopra volentieri a quest'oggetto secondano . lOo ATTI 5. Che per le flesse ragioni a niuno sia lecito trarfenere le acque nei fossi di scolo che servono di emissario alle cloache del- la Città sì dentro che fuori, né fare altre nccolte di acque di qua- lunque genere, dalle quali potesse derivarne pregiudizio agli abi- tanti; e sia invigilato che le gaiezze per il gliiaccio siano vuota- te intieramente dopo 1' inverno , ne vi resti acqua fìagnante . 5). CXVllI- Dopo avere esporti i mezzi di rijnediare alle cat- tive qualità avventizie delle acque e del suolo di questa Città (§. CIX. — CXVl.) > ci si permettano alcune osservazioni e rifles- sioni dirette a spiegare come possano essere eseguibili le dette pro- videnze , e quale sia poi il rimedio vero e radicale . §. CXIX. Le acque di cui si tratta e particolarmente quelle del bottino della fonte di Piazza , the devono alimentare quasi tut- ti i quartieri della Città , hanno un difetto massimo ed essenzia- le , vero autore di quasi tutti gli altri inconvenienti , consirtente nella notabile loro scarsezza , specialmente nei tempi asciutti . Chiunque abbia fatta attenzione alle prove di cjueiìo difetto date incidentemente in più luoghi C §• XLV-LXXX. ') , ed agli effetti che ne derivano, avrà già preveduto, che alcuni provvedimenti propofti possono eseguirsi senza accrescere il principale , e che altri sup- pongono necessariamente la previa correzione di quefto . 1. I lavori e risarcimenti (§. CX. — cXIl.) diretti a rimuove- re le acque impure delle pioggie e quelle imperfette, cui fanno fìrada i guafti prodotti dalle radici degli alberi , non potrebbero fa- re a meno di non diminuire la copia delle acque, e di non erten- dere all'inverno e ai tempi piovosi molti disordini, che ora sono in pieno vigore soltanto negli asciuttori . 2. 11 divieto di rimettere in circolo le acque delle vasche del- le fonti pubbliche (§.CXlV-5), e di concedere quefte acque ad alcuni particolari non è eseguibile senza prima accrescere la copia xJell'acqua, a meno che non si credesse indiiferente lasciare molte case ed un quartiere intiero in certe circortanze mancante di acqua. g. Il metodo di ftabilire un'acqua corrente a benefizio dei poz- zi dei particolari per mezzo di rami di acqua laterali diftinti dal canale maeftro (§. CXVIO suppone di sua natura una copia di acqua molto maggiore di quella che si consuma attualmente. Nel presente siftema non si perde per mezzo dei pozzi , se non 1* acqua , che ne viene attinta; nel nuovo metodo ciascun ramo dertinato ad una serie di pozzi disperderebbe una quantità d'acqua proporzionata alla sua luce ed alla velocità del moto . 4. E' impossibile adottare il metodo di vuotare e ripulire più spesso i lavato] e di assegnar loro maggior copia di acqua Q.CXVll. 1,2^, se r acqua non vi é. 5. Può proibirsi che negli orti non facciansi ridotti e rirtagni arci- DELL* ACCADEMIA i6i artificiali di acque . ordinando che le acque dei rrabocchi e scoli delle fonti, e le altre incanalate in essi siano mantenute coflan- temente fresciie e correnti (§. C'XVIf- 3 . 4. 5} • Ma quello provve- dimento dillrugge la cultura degli orti e induce la total mancan- canza di erbaggj nell' elìate , altra sorgente di malattie non meno perniciosa di quella coltituita dai riflagni di acque. Or é assurdo rimediare ad un' inconveniente con altro inconveniente maggiore . Il solo rimedio che si può adottare è adunque quello di sommi- niflrare agli orti in tutti i tempi 1' acqua pura e corrente neces- saria alla loro irrigazione, onde non sia d'uopo ricorrere al com- penso delle conserve e dei riflagni , td a trar partito da qualun- que acqua immonda e corrotta . §. GXX. Quelle poche riflessioni (§. CXIX.) di tanta forza per se medesime e nella loro semplicità , che é inutile ampliarle con colori artificiosi, a quello che ci sembra, mettono nella vera e buona ftrada , mentre fanno conoscere , che per rimediare agli inconve- nienti osservati nel regolamento ed uso delle acque delle fonti di Siena è assolutamente necessario e indispensabile provvedere pri- ma la Città di nuove sorgenti r/i acque buone e perfette , ed in tale abbondanza , che possano supplire senza risparmio a tutti i bisogni ed USI . § CXXl. Qiieflo rimedio vero , unico , efficace invano si spe-^ rereboe da nuovi lavori e risarcimenti nei bottini attuali. L'effet- to non può essere «.he incerto, imperfetto, incoftante , e precario. Bisogna trovare vene p uomini d'altronde di gran valore, {limati ed impiegati dalla Repubblica nella direzione delle più cospicue fab- briche a quel tempo innalzate; ma Jacomo di Vauni d'Ugolino fa X ij quel- (t) Questo Decreto senza citare il lungo da cui è flato tratto è riferito dal P. Maestro Guglielmo della \/alle =5 Lettere Sanesi e= Tom. I. pag. 330. (3) Tom. XX. fog. 119 (3) Uehb. del Concft. Tom. CXCIV. fog. 13. (4) Vite ec. edii. Sanese Tom. 11. pag. 127. i68 ATTI quello che concepì il progetto di condurre acqua abbondante alla piazza del Campo, e s' incaricò dell' esecuzione. Si lei^ge ancora tra le deliberazioni del Consiglio della Campana Qt^ sotto il di 16 Dicembre 1334 1' approvazione del contratto inabilito tra il Co- mune di Siena e Maeftro Jacomo di Vanni d'Ugolino per condurre l'acqua a Fonte Gaia per bottini sotterranei nella medesima quantità di quella che veniva attualmente inFontebranda, senza toccare quella di detta fonte o di altre fonti della Città , e con altri parti e condi- zioni ivi enunciate , per il prezzo di 6000 fiorini d' oro. Jacomo si messe tollo all' impresa , ma non ricevendo dal Comune di Siena le somme convenute vi spese tutto il suo senza averla condotta a ter- mine; onde ael 1337 fu coftretto a ricorrere al supremo Consiglio della Repubblica facendo un quadro compassionevole delle sue cir- cofìanze e chiedendo che qualora si volesse continuare il lavoro fosse dato un provvedimento efficace, specialmente con eleggersi una Deputazione che esaminasse e provvedesse, ed avesse facoltà di fare quanto potesse occorrere per 1' esecuzione , altrimenti poi egli fosse liberato da ogni obbligo («}. Lo fiato infelice , a cui era fiato ridotto Maeftro Jacomo per questa impresa , è pur rammentato nell'esposizione al Consiglio di una petizione fatta dal figlio Gio- vanni l'anno 1349 di succedere al padre già morto con quefte me- morabili parole: pui nisi quod paterna pia manus prordecessornm ve- strorum qui in officio pnrsidebant extendisset clementiani suam non tantum potuisset dici lesus sed ipse Maqister cuni tota familia sua fuis- set deradicatus Cs) ■ Accolse benignamente il Consiglio le rimoftran- ze di Jacomo, e sotto il di a8 Aprile dell'anno ftesso 1337 (4) ordinò crearsi la propoila Deputazione munita della necessaria autorità acciò 1' opera fosse sollecitamente ultimata . Quefta Depu- tazione dovette poi essere eletta dai Nove del Governo; poiché nell' Archivio delle Riformagioni si conservano i libri concernenti quefìo lavoro, segnaci colla lettera B e coi numeri i8j, 184, 185, il se- condo de' quali e primo dell'uscita , intitolato come appresso, ne in- dica e le persone e il tempo, in cui cominciarono il loro uffizio,- Al Nome di Dio Amen . Qui appresso saranno scritte le spese che si faranno per caqione dtW acqua che de' venire nel Campo di Siena al tempo .di Predi de' Neri de' Pon^i ; Naddo di M. Stricca , Cecco di M. Bindo Signori eletti da' Sicjq. Nove , e di me Francesco di Mejo Figliani scrittore a dì 16 di Febbrajo 1339 Cs) • P^"" opera della qual (0 Tomo evi. fog. 66. (1) Delib. del Gens, della Camp. Tom. CXX. a fo. 6j e seg. (3) Deliberazioni del Consiglio delia Campana Tom. CXLVII. fo. 38. (4) V. Deiiberai'oni del Consiglio della Camp. Tom. CXX. fo. 67 e seg. ($3 Ved.il Libro di Biccherna segnato B nura. 184 alla pag. a; un* simila i»- titoLiione si legge al Libro dell'entrata segnato B num. i^y DEL L" ACCADEMIA i6<^ qual Deputayinne dovette l' impresa dei bottini esser data a rischio solidaliiienre ai tre Maefìri , i cui nomi leggonsi nella prima partita di qiieili medesimi libri regiftrata come appresso: In prima a Maestro Landò Pieri \ e quali ailoqaro e tolsero a rischio Maestro Agostino Giovanni > di fare venire nel Campo di Siena Maestro Jucomo di Vanni J quella quantità d'acqua c/te nella car- ta si contiene fatta per mano di Notajo per seimila fiorini d' oro saranno scritti partita per partita come io pagherò ebbero a d) i6 di Fehbrajo contanti per convertire e dispendere nel sopraddetto lavorio trenta e otto lire e 5 soldi ec. §. V- Da quefla impoftatura di partita e dichiarazione prende argomento Uberto Benvoglienti (1) , uomo per altro dottissimo e delle patrie cose inveftigator diligente e peritissimo conoscitore, di riprendere Giugurta Tommasi, percliè nelle sue lllorie (^2) afferma che Maeflro Jacomo di Vanni fosse il solo e 1' unico Maeflro a da- re opera di condurre l'acqua in piazza , ftimando egli che tale ono- re si debba ai tre nominati Maeftri che in società presero il la- vorìo. Ma dai documenti citati chiaramente apparisce che Maeftro Jacomo di Vanni fu in realtà il primo ad immaginare e condurre molto innanzi guest' opera, avendola soltanto sospesa per le ragio- ni enunciate , le quali per la prosecuzione e compimento dovette- ro anche obbligarlo ad associarsi gli altri due Maeftri o perchè solo non aveva forze o perchè volle mettersi al coperto dal rischio. Del rimanente nella ftessa relazione del suo citato (§. IVO ricorso del 1337 fatta al Consiglio Cs) si espone la sua speciale iftanza nel caso che si prosegua il lavoro: Quod ad hotc dicfus Jacobus sa- \ Lirio & modo hacfenus ordmatis per diStum Comune CSenarum') requi' ratur potius quam alias Magister , soggiungendo : cum idem fuerit di^i operis principium & repertor. E nello Statuto di quel tempo C4!) si (i) V. un suo MS. esistente nella pubblica Libreria dell'Università di Siena nel Volume XXVI. A. i. (a) Parte II. pag. 667. (3) Delib. del Cons. della Camp, Voi. CXX. fo. 6? e seg. (4) Questo Codice degli Statuti o Leggi veglianti in Siena viene comune- mente riputato del 1355, perchè porta in fronte il nome dei Dodici, i quali in quest'anno, scacciati i Nove, furono prepofti al Governo della Repubblica. Ma trovando?! che Jacomo di Vanni era già morto nel 1349, e dovendo lo Statuto essere scritto durante la di lui vita , è chiaro che deve essere anteriore all'avve- nimento dei Dodici al Governo, E poiché ivi si ordina di preferiilo nel caso che il Comune di Siena si determini a far condurre l'acqua alla piana , per essere flato Jacomo rltrovatorp del modo, è chiaro che l'articolo è pofteiiore al detto ritro- vamento ed anteriore ah' anno 1339 in cui fu riassunto il lavoro, e verisimilmen- te dell'anno 1337 in sequela a' di lui ricorso pii^ vohe citato C§.1V. V.). td infatti se si esaminano tutti i lu^.ghl di quel Codice ove sono nominati i Dodici, ivi si Tede I70 ATTI si legge il seguente memorabile articolo : De Maqì/ìro Jacopo de Vannis Magiftro lapidum . Si contingat Comuni; Senarum. intendere ad faciendam conduci aquam in Campo fori Coniunis proediifi requiratur Maqifter Jacopus qui fuic repertor operis antedidti cum salario & paéiis inter dictum Comune & dicì'um Maqi/lrum Jacopum hatfenus ordinatis ; oaore singolarissimo reso a quefto Maeltro dalla Repub- blica Sanese e prova irrefragabile essere egli solo flato sempre te- nuto per il riirovatore dei condotti della Fonte di Piazza. Ed è certamente in omaggio al merito di ritrovatore dell' acqua se nella relazione che si fa al Consiglio delle preci del figlio Giovanni sotto il di 26 Novembre 1349 C§' IVO vien dato al di fresco defunto }a- como il Soprannome dell'acqua, denominandosi il primo filius olim Magislri Jacobi dell'acqua ; coiìume andato poi sempre innanzi (i) ed imitato nel secolo seguente quando Jacopo della Quercia a ri- flesso degli ornati della Fonte di Piazza fu detto ]&co\to della Fonte. §. VI. Per l'induflria adunque e direzione principalmente di Jacomo , tuttoché in ultimo in società con ali ri due maestri, ebbe r opera di condurre l'acqua alla piazza di Siena felice termine con grandissimo giubbilo dei Sanesi , che ne attendevano con impa- zienza il momento . Variano però non poco le Storie edire o ine- dite neir indicare 1' anno e il tempo d* tal venuta ; altri metten- dola nel 1342 C23 • altri nel 1343 (3^ , ed altri infine nel IS44 vede raschiata la pergamena per cancellare ciò che vi era scritto, cioè il nome dei Nove, e sostituirvi i Dodici. (i) In maggior conferma ecco alcuni documenti ritrovati per le ricerche e diligenza del Sig. Giovacchino Faluschi Sacerdote Sanese , cui io ne aveva data special commissione. Nel libro de'Consigli della Campana segnato di num. CLXI. all'anno 1356 sotto il dì 26 Novembre fo. 30 si legge essere stato deliberato che per lo spazio di anni io si dassero ogni anno 12 fiorini d'oro a Domenico e Ja- coma figli del q. Maeftro Giovanni di Maestro Jacomo dell'acqua della fonte del Campo per essere pupilli e poveri, e per essere vissuto poco il detto Jacomo, al quale il Comune di Siena per recognizione di tanto benefizio avea desinato dar» si 150 lire l'anno. Nel Tomo CLXX Vili, delle Deliberazioni dello flesso Consiglio all'anno ij66 sotto il di 30 Ottobre fo. 42 si ordina che per elemosina e per memoria del q. Maeftro Jdcomo deW acqua si diano ai pupilli Domenico e Jaco- rna del q. Maertro Giovanni del detto Maeftro Jacomo fiorini 20 d'oro per anni cinque dei denari della Bii-cherna, E sotto le volte della Chiesa di S. Francesco nella stanza che era già dell'Uffizio dell'Abbondanza e serviva per magazzino dei grani esiste una lapida sepolcrale affissa al muro di contro al primo pilastro ove si legge quefto epitaffio: 5. Maestro Giovanni del M.° Jacomo Ercdum suorum Mugi- stri de. aqua. (i) Tommasi Historie di Siena P. II. pag. 293. (3) La Cronica di Andrea Dei e Angelo di Tura . V. Muratori Script. Rer. Italie, lom. XV. pag 105. Malavoki Hist. delle guerre e fatti dei Sanesi P. II. pag. 102. D E L L' A e e A D E M I A 171 1344 ^i) . Non avvi però dubbio alcuno che 1' acqua non facesse la sua prima comparsa alla piazza il di 5 Gennajo 1513 dappoiché se ne trova la memoria al principio del libro di Biccherna B n. 184 già citato, di mano di queli' i flesso Francesco di Mejo Figliani scrit- tore o sia computida di quefta ragione negli appresso termini: Sia memoria che venne l' acqua nel Campo Domenica 5 di Genna- ro 134Ì C*!) J dov'è da avvertirsi che, secondo lo stile anticamen- te in uso in Siena , in quefti libri egualmente che in tutti gli aK tri libri pubblici si facevano cominciare gli anni ab incarnatione e cosi dal di 25 di Marzo, i quali da quell'epoca in poi coincide- vano con r era volgare a nativitate o sia dal di i di Gennsjo . Onde ciò che qui si dice del dì 5 Gennsjo 1542 al> incarnar, deve intendersi del 1343 a nativit. lo però non credo che quefia fosse la sua pubblica comparsa , altrimenti non avrebbe lo scrittore man- cato di notare le fefte che in tale occasione furon fatte , le quali come testimonio di vista furono diligentemente descrirte sotto quel!' anno dal compilatore di quel tempo della Cronica di Andrea Dei e Angelo di Tura. Mi sembra poi che per rilevare come la cosa fu dia lume 1" altra Cronica MS. di Agnolo Tura del Grasso Cs) • Vie- fj) Aupnjì. Panicii Hljì. Senen. Libsr, nel Voi, MS. che si conserva nella Libreria riell'Università al p!ut. XXV(, E. 26 Quivi si suppone la venuta dell'acqua il primo Luglio 1344 .ma si osserva poi emendato d'altra mano il MS. e per quan- to pare di mano del Bjnvoglienti con sostituirvi il mese di Giugno e l'anno IJ43. Lo stesso anno 1344 e meve portili MS. intitolato: Pii III. Annal. Senens. esi- bente nella Libreria dell' Università al plut. XXVI. E. 11 a fo. laa t. ° ; ma que- sti Annali attribuiti al Sommo Pontefice Pio HI. non sono che una copia dell' Iftoria di Agoftino Patrizj sopra citata, con piccole e non essenziali variazioni. (1) Con quefta memoria combina il Tommasi ("Hift. di Siena luogo citato) se non che sbsgiia il mese dicendo : Nel principio del mese , cioè a' ^ di Ferrajoin Domenica 1342 la fonte Gaja del Campo cominciò a ricevere acque in mol- ta abhondania , U quale Maestro Jucomo di Vanni £ Ugolino , havendo nel cavare del buttino molte difficoltà superate , fì'ialmentc vi condusse . Ma oltre allo sbaglio del mese un'altro ne commette indicando le fefte fatte dai Sanesi per tale avve- iiinento come se fossero state fatte subito allora e non nel Giugno seguente, di che non può dubitarsi. Il quale sbaglio si parte forse dalla maniera confusa c:n cui si esprimono alcuni antichi Cronichisti , e precisamente la Cronica anoni- ma e la Cronica Aldobrandina , che più sotto si rammentano ('3) Que'^ta Croiiica è citata da Uberto Benvoglienti pel suo sopraindicato MS. che si conserva nella Libreria dell' Università al plut XXVl. A. i. con trascrive- re ivi tutto lo squarcio da me riferito nei §?, VI. e VII., ma non esiste in detta Libreria il Codlc'^, di cui si è servito Benvoglienti., né mi è noto ove si trovi. E' per a'tro cosi grave l'autorità del Benvoglienti per potersi intieramente riposa- re sopra di essa, tanto piti che lo squarcio indicato concorda con altre Croniche di quel secolo . 17* ATTI Viene in essa notato sotto l'anno flesso : Sanesi avendo fatti molti grandi buttini sotterra per trovare acqua Ù condurla nel Campo di Sie- na .... . & avendo già in questo tempo condotto l' acqua che poteva venire ordinaro e cominciaro a murare nel mese d' aprile una fonta- na sul Campo di Siena ma non molto grande . Si legge pure in al- tra Cronica anonima del secolo XIV. (i) all'anno 1342= L'acqua che Vienne nella fonte del Campo vene la prima volta a dì V- di Gen- naio in Démenica (nel die concorda colla memoria dei Libri dell' acqua j e muri uno nel buttino e di deità acqua si fé gran fefta ; e pii sotto: la f otite del Campo si cominciò a murare d' Aprile . Le flesse cose precisamente sotto l'anno 1342 riferisce la Cronica di Dome- nico Aldobrandini continuata dal suo figlio e nipote C^) • -Dai quali racconti parmi che assai chiaramente apparisca che dopo es- sere fìata condotta 1' acqua alla piazza si pose mano a fabbricarvi una piccola fonte . E poiché fu cominciato a murare la fonte nell' Aprile è chiaro che 1' acqua vi era giunta alquanto prima e senza dulsbio, a forma della memoria e della Cronica anonima, il 5 Gen- najo dello flesso anno, ma per altro privatdme.ite , e che furono fatte le fefìe per segnalare l'epoca dell' arrivo dell'acqua alla piaz- za quando, dopo essere terminata la nuova fonre, le fu dato l'acqua pubblicamente , cioè il primo Giugno dell' anno flesso giorno di Pentecofte . §. yn. Qual fosse 1' opera fino a queflo tempo condotta a ter- mine sotto la direzione di Jacomo di Vanni può argomentarsi da quello che sono i bottini dell' acqua che viene presentemente alla fonte di Piazza. Sanesi dice Agnolo Tura del Grasso nella citata Cronica MS. , avendo fatti molti grandi buttini sotterra per trovare acqua O condurla nel Campo di Siena i quali buttini furono comin- ciati già gran tempo (cioè l'anno 1334) & sono sotterra fuori della Città a quattro miglia in più rami de'quali ve n' è molti che non v'an- no trovato acqua & molti ve ne sono che gittano acqua abbondante & tutti sono fuore della Città a CamulUa per infino sul Campo & avendo già in questo tempo &c. (Ved. sopra §. VI.) . Or appunto gli attuali bottini si efìendono circa a quattro miglia fuori della Città , si di- vidono in molti rami , alcuni dei quali conducono acqua ed altri nò ; cosicché non pare che siavi il minimo dubbio che non sian dessi i medesimi da prima ritrovati e cofiruiti da Jacomo di Vanni , quelli che diedero l'acqua alla piazza l'anno 1343. §. Vili. Un'idea dell'eflensione e diramazione di quefli bottini 5i ha dalla pianta 4èi medesimi, che si annette ( Tav. I.), tratta da quel- li) V. il Cod. che sì conserva nella Libreria dell'Univ. al plut, XXVI. D. 6. (a) V. il Cod. che si conserva io detta Libreria al plut. XXVI. D. s- DEL L* ACCADEMIA 17$ da quella in grande fatca l'anno 1769 dal Sig. Florenzio Razzi pub- blico Ingegnere, di Commissione del Magillrato e Provveditore di Biccherna, con la direzione di Belisario Bulgherini Provveditore del- le ftrade foranee, ponti, e fonti della Città, in esecuzione di Sovra- no Motuproprio del dì 27 Aprile 1768 , la quale si conserva nelle Stanze di residenza del Magiiìrato Civico della Comunità di Sie-« na. Secondo r indicata pianta la lunghezza del ramo maeflro con tutti gì' influenti fa la tomma di canne 6200 e braccia 2, che sono miglia ftaturarie Sanesi num, C e braccia 3201 o prossimamente mi- glia sei e ^ , ovvero miglia moderne di Braccia Sanesi 2500 num, 9 e Braccia 2302, non considerati però i rami clie. conducono l' acqua dal canale maeflro ai pozzi dei particolari, i quali se fossero tenu- ti a calcolo accrescerebbero non poco il totale dei bottini. ^, JX. Parrebbe che la copia di acqua condotta in quell' an- no ii-i3 alla Piazza di Siena giungesse al colmo di ybbondanza quando non si facesse attenzione che alia gioja che recò a tutti i' ceti dei Cittadini ed alla pompa delle fefìe celebrate . Egli è mol- to verisimile che i Presidi e Maeflri di quefl' opera si dassero ogni premura di far comparire le acque più copiose clie potevano , usan- do gli artifi/.j idonei a condurli al loro intento. Né ciò era loro diffì- cile avanti che 1' a'qua fosse data perennemente alla fonte potendo trattenerla e farla alzare nelle conserve f nei bottini a loro piaci- mento. Io non so se fino da quel tempo fossero coflruiti dei serba- toj defìinati a queflo o altro simile uso. So che nel secolo decimo- sefìo tali recipienti esiflevano nel ramo di Marciano , poiché in una informazione anonima su quefìi bottini , che rende minuto conto dello flato in cui allora si trovavano, esiftente nella pubblica Libre- ria dell' Università nel Volume di manoscritti miscellanei segna- to XXXI. A. 18, la quale sembra essere una minuta autografa, e certamente di carattere di quel secolo , scritta non molto dopo la caduta della Repubblica , ma alquanto dopo il 1558, essendovi ci- tato il tempo del Camarlingato di Biccherna di Tommaso Buoninse- gni , che fu in detto anno, si legge: Sonavi ancora (nel ramo di Marciano) le gala-^-^e grandi dove si suole raccorre l'acqua per dare la carica a detto buttino per S. Maria d' Agosto o altri giorni celebri & mostrare la Città più abbondante d' acqua . La verità è che que- sti bottini fino dal loro principio non corrisposero appieno al desi- derio dei Sanesi di vedere la Città loro e specialmente la fonte situata nella gran Piazza, ricca di acque onde provvedere tutte le altre fonti senza risparmio e supplire a tutti gii usi come si face- va con quella di Fontebranda ; della qual cosa e' iflruisce baflan- temente l'introduzione ad una rappresentanza fatta al Consiglio della Campana l'anno 1347 il di 13 Aprile in quefìi termini?: Cum opus aquce conducendoe in Canipum Jori Comunis Senarum ferventer non pro- Tom. Vili. y cedat , 174 ATTI cedaT , ut spes Senenslnm respicit (^i). E qnefla fin d'allora fu la ra- gione che si pensò a condurre a Siena , come da detto atto si ve- de , oltre alle acque del Caftagno, di Uopini, e del poggio di Vico, le quali allora non erano iìate per anche derivate nel condotto mue- fìto di Fontebfcci , ancora le acque della Staggia, della fonte ùi Quietole e di Mocenna, delle quali opere, quce , come si esprime il documento, parant de proximo pulcfiritudinem & utilitatem tam af- fectuosius expe^atam , era già ftata fatta 1' allogagione ; e che si duTiandò al Consiglio di assicurare meglio e accrescere il fondo deftinato a quefta impresa, il quale, secondando pienamente la pro- posizione fattali, invece delle entrate della Città di Grosseto, che erano assegnate per il lavoro dei bottini e delle fonti, gravò il provento della gabella delle carni a paqare all' Ulfiziale ed Opera- jo prò tempore sopra quelV Opera dugento fiorini d' oro il mese finché il progettato lavoro fosse condotto a perfezione . §. X. Non saprei assicurare che a que/ìi nuovi condotti appar- tenesse il lavoro fatto in quest'anno per condurre altr'acqua essen- done Operajo Maeftro Jacomo di Vanni come si vede al Libro di Biccherna B num. 213 fo. 28. Posso però asserire con franchezza che il lavoro fu incominciato e condotto molto innanzi , ma che poi fu interrotto o sospeso; lo che obbligò la Repubblica a dare nuovi provvedimenti V anno 1360 . Si legge fra le deliberazioni del Consiglio della Campana il decreto del dì 8 Febbrajo 1347 osa 1348 con cui viene ordinato invigilarsi che non siano cagionati danni e impedimenti al lavorio dei condotti delle acque da condursi alla fonte di Piazza, Fontebranda , e altre, incaricandone il Poreftà o suo minìftro Qm'des^ in partibus Qaercieqrosse Jepatatus ad requisitionem ape- rurii super ipso laòorerio deputati ; nelle quali parti di Querciagrossa non poteva essere altro lavoro che quello per condurre l'acqua della Staggia e di Quiecole. All'anno poi citato sotto il d) 2 Dicem- bre C2) apparisce la proposizione dei provvedimenti da prendersi per riassumere il lavoro, approvata con decreto del Consiglio, da cui si rileva che gli acquidorti desinati a condur l' acqua della Staggia erano già in gran parte fatti , ma che refìbva a f irne una certa parte per unire quelli già fatti tra loro e col bottino maeflr^0 del di 13 Aprile 1347, risulta da quello, che Ser Nino si cliidma grandemente danneggiato ia quello lavoro specialmente in occasione della venuta dell' Impera- tore ed inoltre attesa la guerra dei Perugini ed aucJie per causa di varie compagnie di facinorosi entrate in Toscana. Or la venuta dell'Imperatore in Siena fu l'anno 1355 e nel 1358 fu la guerra con i Perugini , e perciò 1' epoca di tal contratto dovea essere an- teriore . §. XII. I documenti che mi è riuscito raccogliere e dai quali anche per altrui mezzo ho fatte diligenti ricerche non offrono altre notizie concernenti il proseguimento del lavoro e la sua riduzione al termine desiderato (^1} . Gli archivj non hanno conservato che i libri delle Deliberazioni del Consiglio Generale e del Gonciftoro , dai quali si possano avere notizie precise e sicure intorno alle gran- di imprese della Repubblica. Ma in quelli non compariscono che quelle supreme determinazioni, che autorizzavano i Magillrati su- balterni , ed in quello caso il Magiltrato di Biccherna , o le or- dinate deputazioni ad eseguire . I dettagli poi dovevano apparire nei libri di Biccherna e nei libri delle particolari deputazioni ; 1* opera degli acquidotti della Staggia essendo affidata ad un Uffi/iale o Òpe- rajo deftinato a presiedervi e provenendo il fondo assegnato per ral lavorìo non dalla Cassa di Biccherna, di cui soltanto esillono i libri, ma dall'uffizio della gabella delle carni, doveva adunque avere i suoi libri particolari sul piede di quelli che esistono dal 1340 al 1343. • quali essendo perduti si é necessariamence all'oscuro su quefto interessante articolo . Due cose nondimeno mi portano a concludere che 1" opera fosse continuata e che 1' acqua per quelli nuovi canali fosse condotta al bottino maefiro : 1' esistenza dei me- desimi acquidotti, e le tracce impresse in essi dall'acqua che vi ha corso . §. XIII. Eravi in Siena la tradizione clie le acque dei bottini della fonte Gaia venissero anticamente dalla Fonte-llella , perdute le quali la (i) Nel libro delle revisioni di ragioni di Camarlinghi del Magiftrato diBic* cherna segnato di niim. 11 dall' anno 1367 all' anno 1377, si legge quanto ap- presso =; 1376. Escila del Camarlingo . Omissis &c. Anco troviamo che ha ricevuto di ferro , che vendè , che ritrasse dal buttino di Quercia grossa 42 L. 12 S. « 8 den. Si può dunque inferirne che in tal'anno era teiminata la layotaiione di quel con- dotto , impropriamente qui denominato bottino , perchè aitrimenri non si sareb- bero venduti i ferri che alla medesima servivano , e dei quali ancora si parla nel concordato del 1362 con Ser Nino Dei Medico; sebbene le suddette espressioni Don abbiano valore sufficiente per accertarcene. DELL* ACCADEMIA XTf la Città ne patisse penuria . Su quella tradizione era appoggiata l'asserzione di Girolamo Gigli in più luoghi del suo Diano , che quelle acque procedessero dalle penditi di Fonterutoli (i). Neil' auno 1712 scarseggiava singolarmente l'acqua alle pubbliche fonti a cagione dei grandi asciuctori preceduti . Quindi fu propello nel Collegio di Bdlìa (2^ il modo che poteva tenersi per riparare effica- cemenre al danno prodotto da tal mancanza , /i/^//anJo altro ramo di Kcqua dal luogo detto la Fonte a Stella , d' onde soleva aversi quan- do la Città era in stato di Repubblica ; e furono eletti due dello flesso Collegio perchè trattassero di tal bisogno col Magiftrato di Biccherna e con chiunque fosse necessario e considerassero tuttociò che ridondar poteva in pubblico servizio , cioè Galgano Bichi e Giu- seppe Cosatti , ai quali nel io Febbrajo 1711- 1713 fu aggiunto per terzo Leonido Landucci . Non si trovano però tra i libri e filze che dal soppresso Magiltrato di Biccherna passarono nell* Archivio dell'attuai Magillrato t^ivico della Comunità di Siena i documenti di tal' affare, forse perchè lurono ritenuti dai Deputati nei domeflici archivj come era frequente in Siena. Ma trovandosi in mano dell' attuai bottiniere Gani una pianta dell' antico acquidotto C'I'av.II.) che dalla Stella e da Quietole, secondo la comune credenza, conduce- va l'acqua alla fonte di Piazza, in pie della quale si legge la re- lazione senza fiima ma sciitta di mano del Bottiniere di quel tem- po Giuseppe Fondi, diretta ai sovra mentovaci Deputati ed al Camar- lingo di Biccherna Niccolò Sozzini , che porta la data del dì 15 Dicembre 1702 , si può di qui ricavare e l'operato della Deputa- vi! ne e le notizie sopra gh antichi condotti provenienti dalla Staggia in tale (ccasu'ne scnperci . §. XlV. Rende pertanto conto il Fondi come eragli sortito di ri- trovare r acquidotto Jiieniovato da S Stefano sopra Macialla fino a Quietole , e cJie avendolo di tanto in tanto scoperto e fattone saggio ha riconosciuto eh: parte di esso è fatto di docce di terra cotta" con suoi muri laterali e coperto di lastroni di sasso e quefto da Quietole pìO al Podere delle Rede per lo spa-^io di canne 1068 in facciaci qual podere presso Levante le docce iniLoceano in condotti tondi parimente di terra cotti/ lunghi più di braccio e di diametro nel loro vuoto un Se fio di braccio che st no murati in me-^^o ad un fortissimo muro di lavoro quadro e seguono cosi fino a S. Stefano per canne 1247 e può credersi , continua egli , che siano tali fino alla loro imboccatura nel bot- (1) Hiario Sanese P. 1. pag 26^ e 360. (j) V. le Delib. del detto Collegio di detto anno esistenti nell' Archirio del Magistrato Civico della Comunità di Siena-. 178 ATTI bottino sotterraneo , quale imboccatura dovrebbe essere , a di lui ere- dere , tra l' Olmo e la Ripa . Una gran parte Ji quefti condotti esi- ftono ancora ed io flesso ho potuto riscontrare il loro andamen- to ed osservare e fare scavare delle docce sperte di figura quadri- latera vicino al podere di Quietole , lungo la ftrada che scende al mulino di Cavasonno , e verso Pietr'alta e Petrojo, e dei condotti ton- di nel podere delle Rede ed in quello dell' Olmicino . L'andamento e lunghezza di quefto condotto da Quietole fino a S. Stefano ed i luoghi , per i quali passava con le sorgenti dalle quali riceveva le acque appariscono dall'annessa Pianta (Tav. 11.) fatta sulle trac- cie di altra del 1712 del bottiniere Fondi , la quale egli rimesse ai Deputati per corredo della sua citata relazione . Quella pianta per altro è semplicemente dimofirativa, ed è molto liingi dal poter da- re esatta idea delle relative dillanze e misure . La descrizione del- le misure fu dal Fondi annessa alla Pianta separatamente in can- ne di braccia quattro Sanesi , e sono le appresso: Dal Colombajo a S. Stefano o sia dal term.iiie attuale del bottino maeftro fino al fermine dell' antico condotto della Staggia a S. Stefano canne num, 984 — Da S. Stefano a Querciagrossa ------- ,, 721 — Da Querciagrossa al podere delle Rede - - - „ 472 — Dalle Rede a Quietole - _-- __----,, 1068 — Da Quietole alla Stella ---- _.-. -,, 780 Dalla Stella a Vignale - --_-..--,, 456 — Da Vignale al Romito ---.----,, 685 — Dal Romito a Quietole _-_-.- - -,, 290 Da Prassi al Romito ---.-.- ..-,, 700 — Che in tutto sono canne ... - - num. 6.156 — §. XV. Dopo avere il Fondi descritto il condotto di Quietole e della Stella, che chiama superiore, passa adire di altri acquidotti, dei quali pure avea trovate le reliquie, i quali passando sotto Quie- tole venivano tutti ad imboccare nel canale tondo in faccia al po- dere delle Rede. Ma quefti non sono indicati nella Pianta. Egli pare di sentimento , che il condotto inferiore servisse per le acque di Vignale, Vignalino, e Frassi , non sembrandogli che quelle potessero farsi salire nel condotto superiore di Quietole ; talché secondo esso, ed anche secondo che sembrano dimoftrare le reli- quie attuali , r acquidotto delle sorgenti della Staggia era diviso iti due principali rami che influivano nel canale tondo . §. XVL L'esilìenza di quefti canali non lascia dubitare dell' in- canalamento a Siena dell'acqua di Quietole e forse di quella del fiume . DEL L' ACCADEMIA 179 fiume . Ma le rovine di grossi muri sotto il Romito , nell' interno dei quali vtggonsi scolpiti dei canali colUuiti con grande artifizio all' edttto di farli resiAere a qualunque elterna o interna forza, fan- no chiornmente conoscere che pel loro mezzo conducevansi al di qua della St ggia le acque delle sorgenti , che scaturiscono nell' altra pendice di contro a Quietole . E poiché le acque di Vignale, Vi- giialino, e Romito insieme riunite non avrebbero potuto salire al condotto della sorgente di Quietole senza grandemente forzar- le, egli è verisimile, che l'indicata coftruzione avesse quefto og- getto, o più probabilmente avesse l'altro di far tragittare la Stag- gia alle dette acque o sotto o sopra e quindi alla falda del pog- gu) lungo la defira riva del fiume condurle per un condotto in- feriore finché si potessero riunire all'acqua di Quietole nel condot- to superiore. Ed in maggior conferma che le indicate acque non meno che quelle della Stella fossero nei descritti acquidotti inca- nniate, non tacerò essermi ftate fatte osservare alcune docce di terra cotta trovate nel podere di V'gnalino al di là della Staggia, e che i contadini flessi, che asserirono averle trovate, aggiunsero di essersi iir.batiuti presso la sorgente di Vignalino in un condot- to murato, (lato indi difirutto nel coltivare, che essi non dubita- vano esser quello lìesso coftruito per tradurre quell'acqua al comu- ne atquidotio. E' poi certo che nell'atto di fare in queft' anno medesimo delle nuove colfivazioni presso la fonte Stella nel podere adjacenie furono a caso trovati certi condotti rotondi di terracot- ta, i quali d'jvevano anticamente servire a condurre l'acqua di quella sorgente ed in parte sono ftati subito reftituiti a tal' uso per comedo del podere . lo non ardirei pronunziare alcun certo giudizio intorno all' antico uso dei mentovati condotti ; dirò anzi sembrarmi alquanto inverisimile the i Sanesi traessero le loro acque da flato efiero ed emulo , poiché le terre al di là della Staggia era- no fin da quel tempo in potere dei Fiorentini . Pure non è del tut- to improbabile che la Città ne avesse fatto 1* acquifto dai parti- colari che ne erano in possesso, affine di averle più pure e purga- te di quello che sarebbe fiato se avessero prese le acque dal fiume. §. XVll. N'-n lascia poi il F;>ndi di esporre le sue congetture intorno alla cont inufizione dei condotti di quefte acque da S. Ste- fano, ove terminano le treccie da Ini ritrovate , fino al bottino che incomincia dui CohuTibaii^ . Si é già riferito (§. X1V-) uno squarcio della sua relazione, ove pone rimboccatura del canale tondo nel bottino si'trerraneo tra l' Olmo e la Ripa . E lo fiesso meglio ap- parisce dove nella ftessa relazione per ricondurre alla Città le acque di Qnieiole e dflla Sr&rj^jia propone di fnir di vuotare il bottino (lil Lolotnbajo presso l'Olmo ad effetto di ritrovare se josse possibile la iSo ATTI la desiderata imloccatura in esso del canal rondo , e nel medesima tempo cercare di scuoprire quefto di S. Stefano alla volta dell'Olmo , che non era ftato ritrovato. Altra opinione adottò l'Ingegnere Matteucci in una sua Memoria MS. sopra le fonti e gli acquidocti della Città di Siena, segnata del dì 12 Febbrajo 1792 , che ori- ginale si trova appresso S. E. il Sig. Luogo Tenente Generale e Governatore Vincenzo Martini, ed in copia nell'Archivio Comuni- tativo,ove dà un' idea ed uno sohizzo dimoiìrativo delia situazio- ne del cammino e della direzione che avevano gli antichi canali delle sorgenti del fiume Staggia . Ivi adunque dice ; Non ho trova- TO alcuna memoria 0 pianta , che indichi la protra7/ione di questo l'Ot' tino oltre il Colombaio , alle riserva di una reL:^ione del Rottiniere Giuseppe Fondi del 1719, nella quale espone che ,, dall'occhio del „ Colombajo per braccia 160 vi è il termine del bottino con terre- ,, no rovinato e scosceso, di dove si vede sorgere un poca d'acqua,,; Ma dall' alligato schi^:^o di prof lo livellato (V. Vav. III.) e misurato in compendio sulle tracce e direzione degli antichi canali sembra di poter credere , che questo ramo di bottino del Colombajo possa inoltrarsi fino alle vieinan^e della Chiesa di S. Stefano , giacché diversamente l' acqua delle sorgenti sopra indicate non sarebbe potuta giungere alla sommità dell' ojìeria della Ripa sen'^a averlj incominciata a forcare fino dalla sua scaturigine; lo che non era, perchè fino a tutto il po- dere di Pietr'alta trovansi le docce aperte, e perciò i condotti tondi che si trovano nei luoghi intermedj erano soltanto deftinati a superare le alture di Querciagrossa , Argiano , e Macialla pei paS' sarsene dipoi liberamente nei bottini sotterranei . §. XVIII. Alcuni fatti pare che provino la protrazione del bottino del Colombajo verso il podere dell Olmo . Essendosi appli- cato il Fondi ad osservare il termine di quefto bottino conobbe che non poteva avere il suo fine all'occhio antico vicino al Colombajo ^ onde prese a farlo vuotare , e riferisce che fino al dì , in cui pre- sentò la citata sua Relazione , ne era ftato vuotato sopra a 46 canne, delle quali num. 56 nel bottino maeftre sotto e sopra nel modo medesimo che fìa il rimanente fino a Siena ; nel residuo poi trovò murato il solo gorello ove corre /' acqua . E siccome non si trovava il termine , ma dalla terra portata e Jìesa dall'acqua per la lunghe-^:^a del bottino argomentava la sua continuazione ; cosi ftabill riconoscersi da ciò che il bottino seguitava alla volta dell'Olmo per andare come può cre- dersi a trovare l' imboccatura del suddetto condotto tondo . La produ- zione di quefto bottino verso l'Olmo e la Ripa pare che si confer- mi dalle osservazioni riferite dall'Autore dell'Informazione anonima esistente nella pubblica Libreria dell' Università già sopra citata (§. IX.). Tornando t egli dice, a detto sboccatojo , cioè allo sboc- catojo DELL* ACCADEMIA i3i catojo del Cafìagno, & caminando versola Ripa sì camino altri 600 passi trovandolo sano & assai netto . Terminasi in una ruoinata la qua- le lo serra in tutto , ma sotto ci viene l' acqua per cliioca murata di mattoni. L'autore medesimo non metteva in dubbio che il princi- pio di quello bottino non fosse verso la Ripa e forse verso Quer-i cìagrossa , poiché incomincia la sua inforinaz.ione col dire: L'ucqui- dotto o buttino che dà l'acqua alla fonte di pia7^7,a , ec va a pigliare l'acqua per la Jtrada della Cafiedina fino al luoqo detto la Ripa e forse presso al tuoqo detto Quercia grossa . Cosi se non è di- modrara la protrazione del bottino sotterraneo vetso S. Stefano , essa non è priva di appoggio, o almeno non è mai flato dimr)flra- to il contrario , perchè nelle diverse visite e tentativi non si é mai trovato il termine del bottino indicato dal terreno vergine , ma sem- pre si è lasciato con manifefli indi?) di continuazione verso 1' Ol- mo, ove il Fondi con maggior probabilità poneva l'imboccatura del canal tondo nel bottino sotterraneo . Né io sarei facile ad ammettere senza altra prova il prolungamento del bottino fin verso S. Stefano supporto dal Matteucci C§-XV1L^, quando dall' ispezione locale si vede che i nostri Antichi potevano condurre le acque superiiciaimente per linea inclinata lungo la pendice occi- dentale del poggio, come fatto avevano fino a S. Stefano, ed in tal guisa risparmiare tempo e spesa . Ed infatti pare che lo flesso Matteucci cangiasse poi di opinione poiché nella sua Relazione se- gnata del dì 8 Agoflo 1794 , e da esso presentata a! Magiflrato Comunitativo della Città in esecuzione delle incumbenze flateli dal medesimo affidate, e meglio ancora nel Giornale delle sue operazio- ni sotto il dì I Lugli 1 dell'anno flesso ivi citato, ftabilisce il ter- mine dei condotti superficiali murati presso il podere del Poggia- rello, ed asserisce esservi tutto il fondamento di credere che l'ab- bandonato e ripieno bottino sotterraneo avesse quivi principio.. $. XIX. L'esistenza dei condotti non é però da per se sola suffi- ciente a provare in una maniera fuori di ogni controversia che l'acqua delle sorgenti della Staggia sia stata effettivamente con- dotta nel bottino maestro ed alla Città. Potrebbe infatti l'impresa degli acquidotti essere stata condotta molto innanzi e non essere poi stata perfezionata , ovvero per altre ragioni l'acqua non essere mai venuta alla Città . Per togliere questo dubbio ho pensato che se l'acqua avea corso in questi canali, essendo di natura tartariz- zante , come me lo aveva provato l'analisi delle sorgenti della Stag- gia, avrebbe dovuto lasciare in essi sicure tracce del suo passag- gio . lo feci adunque scavare in diversi luoghi i canali per esami- narli ed assicurarmi se vi esistessero grume, quali sogliono depo- sitarsi da tal sorca di acque , e riconoscerne le parti componenti ♦ Tom. Vili. Z Ho i8i ATT "l Ho pertanto osservato che tutte indifiintamenre le docce quadre aperte mantengono ai loro lati un forte e grosso incrostaménto di tartaro, che non può essere che la deposi7Ìone di acque ciie vi abbiano corso. Egli è vero che il fondo del canale non è punto incrostato; ma qui conviene far conto della costante osservazione fatta nel gorello dei bottini attuali da quelli che gli hanno in cu- ra , cioè che l'acqua che vi corre depone sempre delle griime du- re e solide , e tenacemente attaccate ai lati del condotto e non mai al fondo , dove le croste che vi cadono rimangono sciolte e fria- bili, e nota vi si attaccano a motivo del sedimento melmoso che vi trovijno , e che torna a depositarsi sopra di esse , il quale ne impedisce l' adesione . La qital cosa dovendo pur succedere negli an- tichi canali, il tartaro non poteva attaccarvisi né mantentrvisi contro r ingiurie dei secoli . Nei condotti tondi non sì trova quel- la copia di tartaro che apparisce ai lati del canate aperto; ma spe- cialmente alquanto lungi dal suo principio , e così piuitofto nel condotto scavato nel podere dell* Olmicino che in quello del pode- re delle Rede, conserva nella sua parte superiore una tenue ed ugua- le crofta di tartaro, mentre per la medesima ragione addotta par- lando del canale aperto appena se ne vede traccia nella sua parte inferiore . §. XK. Una prova nove/la che i descritti rartarosi incroftamenti sono il prodotto delle acque delle sorgenti della Staggia correnti in quefti canali, io l' ho desunta eziandio dalla loro naiura e com- ponenti . Poiché avendo staccate pia porzioni da diversi canali aper- ti e tondi, e dopo averle bene lavate e purgate avendole farte scio- gliere or nell' acido acetoso or nell'acido muriatico purissimo , ho osservato che , a riserva di un resto d' impurità , vi si sono di- sciolte egualmente in totalità , e che la soluzione non conteneva se ncn carbonato di calce misto con pochissimi atomi di magnesia , e che in ciò convenivano perfettamente con la natura e composizione delle terre effervescenti , che erano ftate eflratte dalle diverse acque delle sorgenti della Staggia, §. XXI. Provato che l'acqua ha corso per questi canali di Qnie- tole e che per necessaria conseguenza era Hata condotta alla Città , dee recare non poca maraviglia come abbia poi cessato di ve- nirvi senza che i Sanesi abbiano mai più pensato per tanto tem- po e specialmente nei principi ^ ristabilirne il corso. Se prestiamo orecchio alla tradizione ed alla comune credenza furono i nemici della Repubblica che in occorrenza di assedj rompendo gli acqui- dottì deviarono le acque ed alienarono la Città dal pensiero di ristabilirli, giudicando meglio avere minor copia di acqua che es- ser nel caso di vedersene mancanti del cutro in tali occasio- ni DELL* ACCADEMIA J83 ni (i) . La rottura degli acquidotti è in'modc particolare rammentata negli assedj del 1526 e del 1555 , e die cadesse negli acquidotti di Fonterutoli o sia delle acque della Staggia sembra in qualche modo convalidarlo con varie equivoche espressioni il Gigli nel suo Dia- rio C*)' ^^ avendo preso ad esaminare i fondamenti di quefta opi- nione mi è avvenuto di persuadermi che negli accennati assedj fos- sero stati bensì rotti gli acquidotti , ma che ciò accadesse prtsso la Città» non già negli acquidotti che conducevano 1' acqua dalla Stag- gia a S. Stefano e di lì nel bottino maestro, i quali in quel tem- po aveano forse cessato già di condurla per altre cause. §. XXU. E che nel 1526 fossero rotti vicino alla Città parmi di poterlo concludere dal racconto di Sigismondo Tizio scntnre Sanese contemporaneo , che nel tempo di quell'assedio dimorava in Città . Egli espone il fatto cosi Cs) '■ Hostes interea cqu.im commeari' tem in urLem ex Bottinis, ut vocant , abstulere , aliò dcvilveutes : Pu- talant enim sì nolns jaffuram iritu/isse fjravissimam , ciiin nihil no- cuerinr ; non (juidem ignorare del uerunt aquam al.Uttam solum ad fon- tem , qui in foro e fi , & alias quosdam , decoris qratia , conrivare , nec ex fcntihus uìiiversis auferri posse ; meminisse insuper deiuerant cives' extorres quot cisteniis Senensis Civitas abundet , quot puteis scjturiat. Ed in primo luogo osservo che l'acqua fu deviata dai bottini, I bottini sono j)ropriamente quelle sotterranee gallerie fatte per raccogliere le acque dall'interno delle adjacenti colline ( §. L); laddove i condotti delle acque della Staggia erano superficiali e perciò diversi dai bottini. Egli è vero che quel nulla aver nociu- to con tal rottura di acquidotti potrebbe far credere che gli as- sedianti non avessero levata tutta l'acqua alla Città, come sareb- be accaduto se avessero rotti soltanto gli acquidotti della Stag- gia , mentre i bottini avrebbero continuato a somministrare alle fonti acqua sufficienie. Ma se così fosse, non avrebbe certamente mancato il Tizio di avvertirlo e riscaldato , come era , di trarne maggior motivo di derisione . Egli all' opposto confessa essere sta- ta levata l'acqua alla fonte di Piazza e ad altre che ne dipendo- no, e solamente avverte che la Città era provveduta di altre acque, di cui non poteva esser privata, ed assai abbondanti per supplire ai bisogni di un* assedio . Ma se 1' acqua per opera degli assedianri fu intieramente levata alla fonte di Piazza è gioco forza confes- Z ii sare (i) Ved. la Relazione precedente ai §§. VII. e CXXIII. (jì P. I. pag. S25- (3) ^igismunJì Tqii Hìftorìar. Scnens. ad ann, 1526 T. X. pag. «yr. V. il MS. esistente nella Libreria di questa Università . 184 ATTI sare che fu essa deviata dal tronco comune vicino alla Città . Né altrimenti dovette andare la cosa nell' assedio del 1555, per cui rimase estinta la Sanese Repubblica. Scipione Bargagli autore con- temporaneo ed a cui in ciò che concerne le calamità sofferte in Siena per l'assedio pare che dar si debba tutta la fede d' isterico , neir introduzione ai suoi trattenimenti ristampata recentissimamen- te in Livorno sotto la data di Londra 1798 nel Tomo li. delle novelle di Autori Senesi , fa una non so diie se più tenera e pare- tica o più ingegnosa ed elegante descrizione dei disagj che patì la Città in quelle angustie, e tra le altre cose e aneddoti ch'egli riporta, non posso io trattenermi , soggiunge Cp^g- 123), dal non accennare un benché leggierissimo caso a persona avvenuto , che sopra un suo asino portava acqua a vendere , della quale ancora si pativa disagio , per cjuella cjià statane impedita e tolta , che fuori delle mura per lunghi condotti perviene a più fontane pubbliche della Città. Men- tre costui dunque votava le barlette deli' acqua in casa , cui venduta le aveva , sopravvennevi per caso una frotta di Lan^i soldati , // quali veduto t' asino tutto solo , a guisa d' orsi affamati , tratti fuore tor coltellacci , lo sbranarono spacciatamente , partendosi lieto ciascuno col suo brano o brandello in mano & in spalla , Or se tanta era la pe- nuria dell'acqua che si portava a vendere in giro si\ gli asini , con- vien pur confessare che la fonte di Piazza e le alrre, che hanno 1' acqua dagli Itessi condorti suoi , erano totalmente asciutte; e poiché r acqua non mancò mai alla Città , perché né il M'alavolti nella sua Storia né il Maresciallo di Monluc ne' suoi Commentar) , il quale racconta minutamente i patimenti sofferti dalla Città in quella congiuntura , non ne fanno menzione , è chiaro che prcnde- vasi dai diversi pozzi e cifterne e da quelle fonti , come Fontebran- da , Follonica, Fonte nuova ec. , i cui bottini o per la poca eflen- sione o per la profondità non potevano dai nemici danneggiarsi, per portarla a vendere in quelle parti , che non avevano altr'acqua che quella dei bottini di Fonte Gaja. E se le mentovate fonti erano del tutto asciutte, egli è pur fuori di dubbio che non dai condotti del- le sorgenti della Staggia , ma dagli stessi bottini presso la Città o in una parola dal tronco comune era Hata l'acqua levata e deviata. Ed io credo che per cagione principalmente dei danni cagionati al ramo maeftro fra la Città ed il principio del ramo di Marciano fosse reftaurato quefto pezzo di bottino poco dopo la guerra e che a tal reftauramento si referiscano le appresso ^jarole della citata informazione anonima : Queste acquidotto si trova al presente assai iene in ordine- da la Città fino allo spiraglio del Malevolta , perchè fu. restaurato quasi subito doppo la guerra mi tempo die Tom so Buo- ninseqni fu K." di Bicchema . Si trova poi che Tommaso Buoninse- gai fu Camarlingo di Biccheraa 1' anno 1558. DEL L' ACCADEMIA i8j §. XXITI. Quella informd/ione scritta, come altra volta ho ac- cennato (§. IH..) nel secolo XVI. e forse non molto dopo al 1558 non rammentando punto i condotti delle acque della Staggia e par- lando in modo dubitativo dell'origine del bottino maeftro , che s'in- noltra per la ftrada della Cartellina , mi fa credere elle non recen- te in quel tempo fosse il guallamento di quei condotti, talché fin d'allora perduta se ne fosse la memoria. Imperocché se l'aurore di essa ne avesse avuto certa notizia , incaricato ccm' era di esami- nare lo lìato degli acquidotti fuori della Città, avrebb* egli trala- sciato di render conto di quefti della Staggia ? Avrebbe egli detto dubbiosamente che i acquidotto 0 buttino che dà l' acqua alla fonte di Pia-^-^a , ec va a pigliare l' acqua ptr la strada delta Castellina fino al luogo detto la Ripa , e forse presso al luogo detto Querciagrossa ? E poiché i bottini sono descritti in pessimo ftato e bisognosi di grandiose spese per rifìorarli e che la Città penuriava d' acqua a segno che buona parte delle sue fonti erano asciutte e con poca acqua , avrebb" egli propoilo la rellaurazione di tanti rami di bittini e ta- ciuto il modo più facile di provvedere la Città con riftabilire i con- dotti delle acque della Staggia? E tanto è cerco che quefle acque cominciarono a mancare da tempo molto più antico, che in una Deliberazione del Consiglio della Campana del 4 Febbrajo 1462- 1463 fi) si adduce per motivo della nuova forma di eleggersi r Operajo dei bottini e degli speciali doveri ivi ad esso ingiunti 1' essersi avuta piena informazione quanto sia diminuita l' acqua delle fonti & maxime quelli del Campo , perché si dice volgarmente l'acqua del Caftagno esser perduta , rhe oltre al danno risulterebbe in- famia per esser perpetua alla .... Repubblica . E tra gli obblighi dell' Operaj'^ da eleggersi per il triennio successivo si comprende prin- cipalmente che non possi né debbi in quello tempo di tre anni lavo- rare se non da Fontebecci al Caftagno per fino dove principia il but- tino dal Caftagno sotto pena di fiorini 100 & a quefio moiio , soggiun- ge, sì mettarà l'acqua da Caftagnn , che so più di anni 16 che noti venne a Siena, e così si faccia ^di tre anni in tre anni , che verrà a dire si farà tuono 1 perpetuo lavorìo , ec. Dalle quali ragioni e de- nominazion» apparisce , che non potendo venire a Siena 1' acqua del Caftagno per essere diruto ed impedito quel tronco di bottino mae- ftro da Fnnreberci fin dove principia il bottino del Caiìagno , non poteva venir neppure quella della Sraggia. E poiché si parla dell' acqua del Caftaeno , che da 16 anni era j^erduta, e si reca a per- petua infamia della Repubblica il trascurarla, e niuna menzione in- 0) V. il Voi. CCXXXIV. esistente nell'Archivio delle Riformagioni afo.29e e segu. i8(3 _ ATTI, intanto si fa dell'acqua della Sraggia; non è quefta una raqione validissima per inferirne che qnest* acqua mancava alla Città da tempo molto più lungo, a segno di esserne cancellata la memoria, o di considerarsi la riassunzione dei lavori per ricondurla come impossibile o come superiore alla condizione dei tempi od alle for- ze della Repubblica ? § XXIV- Quando poi e come cessassero dal loro uffizio i con- dotti dell' acqua della Staggia non è facile il determinarlo , man- candone ogni traccia . Sembra nondimeno probabile che 1' acqua non continuasse per lungo tempo a scorrere per quel condotto , perchè tanto persuade la tenue crosta che s* incontra specialmente nel condotto tondo . Io so che l' acqua provveduta di gas acido carbonico, in cui pel di lui mezzo Ila in dissoluzione il carbona- to calcano o magnesiaco , si scompone più lentamente e difTicil- mente nei canali chiusi per essere in essi impedita o difìcultata la perdita del gas ; ma so altresì che l'acqua che entra in un si- mile canale dopo aver corso per canale aperto, vi entra già in par- te scompofta , onde, suppofto ancora che si renda nel condotto ton- do indecomponibile , vi porta assai materia da depositare, onde la- sciare , particolarmente in alcune parti di esso, non lievi indizj del suo passaggio. Né posso ignorare che 1' acqua di tal natura, ancorché scorra continuamente per canali chiusi , pure non lascia di produrre qualche grado di incrofìamento alle loro pareti , tanto più discinto e grande, quanto è maggiore il tempo del suo corso . Cosicché tenue essendo nei nofìri canali la crofta tartarosa , mal- grado la qualità tartarizzante dell'acqua, breve a proporzione coa- viene che sia fìato il tempo che hanno essi continuato a condurla. Non voglio però denotare con ciò un sì breve spazio che non com- prenda più diecine d' anni e non possa anche eftendersi ad una parte del secolo seguente. La vendita del ferro ritratto dal botti- no di Querciagrossa fatta nel 1376 rende verisimile la congettura che poco innanzi fosse ultimato il lavoro di quelli canali . In quel tempo non era spento nei Sanesi Io zelo per il mantenimento dei bottini, perclié nello flesso libro delle revisioni di ragioni di Ca- marlinghi del Magifìrato di Biccherna segnato di num. II. dall'an- no 1367 all'anno 1376 , che esiste nell'Archivio delle Riformagioni , all'anno flesso 1376, in cui si tratta della suddetta vendita di ferro . apparis:? ancora la spesa di fiorini circa 113 per nettare e ripulire il tuttino della fonte del Campo . Ed il vedersi che l'acqua di Mazzafon- da, che per le determinazioni del Consiglio della Campana del 1389 e del Conciftoro del 1398 sopra citata dovea esser condotta in Fontebranda, fu invece introdotta nel bottino della fonte di Piaz- za (Tav. i.^, fa conoscere che si pensava tuttora a rendere que- fla 1 DEL L' ACCADEMIA 187 fta fonte doviziosa di a^qua a |. referenza di Foutebranda , non ollan- le l' im])eg.io di diversi corpi di arti interessati per accrescere le vene di Fmtebranda . Seppur non vogliasi che la variazione di- pendesse dal caso, cioè dall'essersi trovati più alti che non cre^ elevano col bottino di Maz^uft nda, o dal bisogno di crescere l'acqua dr Ila fin' e di Piaz/a per motivo appunto della diminuzione o per- dita di qnella dei condotti della Staggia. §. XX.V- Come finalmente lessasse l'acqua di scorrervi potrà in qualche iiirdo , né senza molti gradi di verisimiglian7a , congettu- rarsi , combinando) la ftruttura dei condotti con le circolìanze dei tempi , che successero immediatamente alla loro fabbricazione . Se è vero , come pare che il Fondi abbia pofto nella maggiore eviden- za , ciie l' imboccatura del candì quadro o aperto nel canale tondo fosse al podere delie Rede , dalla sola ispezione del profilo della livellazione da esso fatta (Tav. IlIO si conosce che da quefto pun- to a quello di Qaerciagrossa , dove per i bassi dell' Olmicino dove- va risalite l'acqua , non vi è tal diiì^^erenza di altezza per potersi eseguire il passaggio con felicità . Talché l'acqua non solo dovea scorrere per quello pezzo di canale con p();hissima celerità, ma ancora facilmente deporre nella parte più bassa di esso , e ogni giorno accrescere gli oftacoli al suo corso. Io dunque penso che il canale (ondo , che nei principi """ ^vrà certamente condotto gran copia d'acqua , ma però sufficiente a contentare la moltitudine , avrà a poco a poto e per gradi quasi insensibili diminuita la quantità dell'acqua che versava nel bottino maeftro , che non sarà fiato fa- cile l'accorgersene senza usarvi un'assidua vigilanza. IVIa come cre- dere che si usasse una tal vigilanza in quei torbidi tempi , nei qua- li la Città era divisa in fazioni, secondo la cui preponderanza cangiavasi la forma del governo e l'influenza dei Magiflrati , e do- minavano persone di d fferente carattere guidate da privati odj ed interessi, e da mire del tutto oppofìe? Tutto infatti da li in poi spira in quefla parte oscitanza e negligenza , e la deliberazione sopra riferita (^. XXill.) del 1462 relativa al bottino maeftro da Fonrebecci fino al Caiìagno , il quale era ridotto in cosi infelice fiato da esser perduta ancora l'acqua del Caftagno , prova che era grandissimo tempo che non si pensava più ai bottini , ed in conse- guenza neppure ai cond'^tti dell'acqua della Staggia , dei quali a queir epoca sembrava eftinta perfino la memoria ; non scusando che i Sanesi poco dopo il principio del XV- secolo profondessero somme nell'abbellimento efterno della fonte di Piazza , perché altre sono le molle che spingono a fare le opere nuove e di fafto at- te ad imporre alla moltitudine, altre quelle che dispongono alle udii, ma oscure e ordinarie. §. XXVI. i8$ ATTI §. XXVI. Quello però a cui non erasi più pensato per il cor- so di circa quattro secoli, cioè di ricondurre alla Città le acque delle sorgenti della Sraggia e redimerla in tal modo da quella ine* vitabile penuria , e dalle incertezze e pericoli , cui è ftata sem- pre soggetta da che furono fatti gli attuali bottini (;§-XX. ). ^ flato leplicatamente rimesso in campo nel presente secolo . Ho già accennato ciò che fu trattato nel Collegio di Balia l'anno ijn C§. XlllO. e coerentemente a quefte proposizicmi il Bottiniere Fon- di , oltre all'aver ritrovato l'andamento dell'antico condotto C§.XlVO. preseniò delineato il profilo della livellazione fatta per tale ogget- to (Tav. HI.) ed insieme le proposizioni concertate con altri , dei quali non apparisce il nome , che si conservano soltanto in minu- ta . Ivi s'adotta il sistema di far superare all'acqua il fondo della Staggia , quello dell'Olmicino , e l'altro tra il Poggiarello e l'Ol- mo con canne forzate, come all' incirca praticarono gli antichi . Siccome però dalla relazione non apparisce come al podere delle Kede diasi all'acqua un'altezza o pressione sufficiente per supera- re agevolmente 1' altura di Querciagrossa , non potendo adempire ^"'oggetto la conserva che propone farsi quivi il Fondi nella prima sua relazione dei i-, Dicembre 1712, è chiaro che quefto progetto adottava 1 difetti medesimi che aveva l'antico condotto C§- XXV-) ed esponeva il lavoro allo flesso infelice esito . Ma questo affare , sia che le abbondanti piogge cadute nell'anno seguente e succes- sivi ne temperassero il bisogno , sia che la Depurazione fosse disa- nimata dall'essere esauste le casse pubbliche come dai libri appare, andò allora in dimenticanza , né mai più ne fu trattato lino all' anno 1794, in cui il Magistrato Comunitativo Civico con sua rap- presentanza del di 14 Gennajo energicamente lo ripropose a S. A. R. il regnante Gran-Duca, come il solo mezzo di porre una volta fine ai disagi e ai danni gravissimi che nascono in varia foggia dalia scarsità dell'acqua dei bottini della fonte di Piazza ; convinto dall' esame della precedente Relazione presentata al Real Governo in nome della Deputazione Medica e dal Governo medesimo rimessa al Magistrato, ed ammaestrato dalla assoluta inutilità dei tentati- vi e sforzi fatti dall'Ingegnere Matteucci quando per quattro intie- ri anni , cioè dall'anno 1780 fino all'Agoflo dell'anno 1783 , per com- missione speciale del Magiflrato di Biccherna, che allora presiede- va a quello dipartimento, si era impegnato a dirigere la ripuli- tura dei bottini ed a rintracciare con diligenza le perdute vene ed allacciarne delle nuove. Poiciiè sebbene gli fosse riuscito con la sua indefessa assistenza e patriottico zelo portare la quantità dell'acqua da barili 4218 ^ nel corso di un giorno, come l'aveva trovata il 20 Settembre del 1780 nel punto della maggior siccità dopo essergli flati DELL* ACCADEMIA 189 flati consegnaci i bottini, a barili 12217 § in tempo eguale , quan- ta era nel massimo asciuttore dell'edace del 1783, allorché ne fece la reAituzione; pure malgrado le cospicue somme impiegatevi eia continuazione delle cure del Magiflrato della Comunità Civica , suc- ceduto a quello di Biccherna , la quantità dell'acqua dei bottini della fonte di Piazza era dopo quel tempo andaca progressivamence così diminuendo, che fatco dallo flesso Matteucci nell'Aprile 1794 nuovo sperimento della quantica, non eccedeva barili 2700 in 24 ore, e lefonci, alle quali suole diftribuirsi , erano negli asciuttori ridotte all' efìrema penuria . L' Ingegnere Matteucci , incaricato 1" anno ftesso di fare le livellazioni , perizie , e proposizioni per r esecuzione del progetto di ristabilire il corso alla Città delle sor- genti del fiume Staggia, nella sua Relazione che. presentò al Mdgi- ilrato Comunitativo lidi n Agofto dell'anno ftesso C^^ > rimase Tan. Vili. A a . egli Ci) Per compimento della storia di quefti condotti e dei vari! progetti flati sin'ora fit'i per ricondurre alla Città le acque delle sorgenti della .Staggia , noa spiacerà di vedere quivi riportati i risultati della livellazione dell' ingegnere Mat- teucci contenuti nella citata sua Relazione, i quali si riducono ai seguenti : Dalla sorgente della Stella a quella dì Vignale vi corre la distanza in linet. serpentina di catene 77 (o sia Brace. 1925^ colla pendenia el inclinaiione natu- rale di braccia 16 1 solli 18 e 3. Dalla sorgente di Vignale aW altra di Vignalino catene 42 e brace. 17 (Brace. 967) dì dijlania j e brace. 77 e sol. 9 dì pendenza . Dalla sorgente di Vignalino a quella di Quietale attraversando la Staggia cor. una botte di catene 8 e brace, 8 (Brace. 208) di lunghena, vi è la dijìania di ca- tene SJ « braccia 13 (Brace. 1338), e di pendenia brace. 58 sol. i e 9. Dalla sorgente del Trogolo di Fonterutoli alla sorgente del Romito vi è la di- Jlan^a di catene 137 e brace. 31 (Brace. 3446), e la pendenza brace, 155 e sol. 5. Dalla sorgente del Romito a quella di Quietole vi è la lunghe-^^a e dijìan^a della botte che attraversa la Staggia di catene 14 e brace. 6 (Brace. 356), che fla. in livello. Da Quietale j punto dì riunione di tutte le sorgenti, al primo canale for\ato presso Pttrojo vi è Vintervallo di catene 181 t brace. 3 (Brace. 4528) e la penden- za di brace. 71. Queflo primo canale forcato , che si eflende per catene 121 e brace, 14 (Brac- cia 3019), giungendo fin verso la Parrocchia di Quercìagrossa , V acqua viene a ri- montare brace. 22 e sol. t più bassa del punto ove ha principio la discesa . £' inevitabile immediatamente dopo di quejìo un secondo canale fondato di ca- tene 26 e brace. 3 (Brace. 653,) di lunghe^a , quale va a terminare di fronte al podere di Arginano colla discesa di brace, i sol. 15 e den. 3. Dipoi dopo una circonflessa tirata di catene 49 e 8 (Brace. Ó33) di diflan\«. livellata si giunge presso la Chiesa di S. Stefano . Un terio canale farfara di catene 55 e brace. 7 (Brace. 13S2) di ejìensiane si richiede in qusjìo intervallo per far rimontare l'acqua di fronte al podere della Ri- puccia . .. E fi- igo ATTI egli pure artaccato al siftema del canali forzati ove erano inrerpo- fìi dei bassi-fondi , nel modo che avtvano usato gli antichi , spe~ ciaimente in veduta di moderare la spesa ; ma non mancò di cor- reggere quel sopra enunciato radicale loro difetto , volendo che s'incominciasse a forzare l'acqua dal podere di Petrojo , e cosi da un punto molto più alto di quello che fatto avessero gli antichi ed incautamente avesse il Fondi adottato . §. XXVII- Rivolgendoci ora a dare una yifla generale alla fìo- ria dei condotti delle acque Sanesi ne apprendiamo che gli attuali bottini non corrisposero in alcun tempo ai bisogni della Città , né allo scopo e desiderio degli abitanti , che le acque da essi sommi- niitrate furono fino dal principio riconosciute scarse e insufficienti, e che né per aumenti fatti ai medesimi sullo flesso piede , né per induftria o artifizio nel ricercare e raccogliere gli llillicidj e le vene più durevoli e abbondanti , né per diligenza e spese di ma- nurensione e di acconcimi , giammai é riuscito procacciare ftabil- mente tal copia di acqua , onde veracemente ne provenisse alla Fonte Gaia quella abbondanza che dagli Inorici si esagera. La fto- ria fedele ed imparziale concorda con le osservazioni fisiche nel di- mnArarne l'originaria, intrinseca, e coftanre insufficienza , e nell' additare il rimedio unico, sicuro, efficace. Stando quello rimedio ntll'acquifto di acque vive, copiose, e perenni , deonsi riguardare coi sentimenti più schietti di riconoscenza le incessanti premu- re di S. E. il Sig. Vincenzo Martini Consigliere intimo attuale di Stato e di Finanze di S. A. R. e Luogo Tenente Generale e Governatore della Città e Stato di Siena, dirette a procurarne a quefta flessa Città il godimento ed a por termine ai mali che dalla scarsezza derivano; e deesi pure applaudire al patrio zelo e savia fermezza della Magiflratura Comunitativa Civica annuale, che oltre ad avere fatto l'anno 1794 reiteratamente il progetto di ricondurvi le sorgenti del fiume Staggia, le sole del circondario capaci di prov- vedere E finalmente la dijìxnia di catene 84 e brace, io (" Brace. 2110) conduce al termine dei conlotti superficiali murati presso il podere del Pcggiarelh (§ XVIll) dove si ha tutto il fondamento di credere , che possa aver principio r abbandonato ripieno bottino di Piana , e che possa eflendcrsi per il corso di catene 60 circi (Brace. 1500) colla discesa e pendeni;a di brace. 14. Poiché dunque la lunghezza di ciascuna catena è di braccia Fiorentine 25 , e che cento catene o sia braccia 2500 formano il miglio, l'eftensione totale del lavoro propofio di catene 853 e brace. 2 assegnato ai canali da coftruirsi, e di ca- tene 60 assegnate al bottino che si suppone ripieno, sarà di catene 913 e brac- cia a , che sono miglia nove ed im' ottavo circa. 11 totale poi della pendenza sarà di buccia 569 e sol. 8. / D E L L' A G e A D E M I A iqi ^ vedere la Città e corrispondere agli usi eftesi e multiplici che se ne attendono, non lia dipoi omessa occasione di manifeltare 1' ardente pubblico desiderio dulia pronta e compiuta esecuzione; alla cui finale decisione altro ornai non manca che il risulcato dell'esame , che il Reale noftro Sovrano Ferdinando 111., quasi un pegno delle sue cure paterne e della importanza che pone nella felice riuscita di sì grand' opera, ne ha confidato al Sig. Giuseppe Salvetti , uoaio di profonde cognizioni e di consumata esperienza in simili opere . Né infatti saranno mai troppe le precauzioni dacché altra volta la flessa impresa , parte per difettosa esecuzione in quei tenioi , nei quali le operazioni di tal genere erano condotte àA caso o al più da una pratica oscura e grossolana , parte per incuria e per 1' in- fluenza di varie cagioni morali e politiche (]§. XXV ) videsi ìa breve tempo mancare con gravissimo danno della Città. II Pubbli- co Sanese dee dunque esigere che senza accettazione di teorie e di siftemi e senza risparmio di spesa sia prescelto il metodo più at- to a corrispondere alle sue mire ed a prevenire altra uguale disav- ventura ; dee cercare nella esecuzione la ftabilità e sicurezza, onde renderne il benefizio coftante e perpetuo; dee soprattutto proporsi, come oggetto degno del suo pensiero e dei suoi maggiori sforzi , di troncare i mali incalcolabili, che per la scarsità dell'acqua piom- bano annualmente sulla classe piCi numerosa dei Cittadini . Così l'in, dita Città di Siena agli altri nobilissimi suoi pregj accoppierà quello interessantissimo della perfetta salubrità dell'aria , largamen- te ad essa conceduta per la natura del suolo, sol che si diftrug-» gano le cagioni avventizie , che nell' eftate ed autunno alquanto la turbano . Ed io sarò pago , se eoa quelli qualunque siansi miei scritti Funger vice cotis, acutum Reddere quce ferrum vaUt , exors ipsa secondi . A a ij ANA- 192. ATTI <<" ANALISI CHIMICA Delle acque delle sorgenti del fiLinie Staggia e di CamholU DEL MEDESIMO AUTORE Illustriss. Sigg. Gonfaloniere e Priori rappresentanti LA Comunità' Civica di Siena . §• I. ^E si osservi dallo stesso loro crine non lungi dalla Fonte O Stella l'andamento dei monti , onde scaturiscono le acque contemplate per tradursi a quefta Città di Siena in sequela alla noftra Relazione trasmessa al Real Governo tino dal dì 3 Ago- fto 1793, esso comparisce disposo a foggia di O, il di cui maggio- re asse quasi coincide con una linea tirata da levante a ponente . Da tale andamento risulta una valle ed una convessità verso mezzogiorno , ed altra valle e convessità verso settentrione , con quelle diramazioni e valli subalterne proprie di luoghi montuosi. La valle e convessità meridionale acquapendono nel fiume Staggia , il quale prende l'origine principalmente dalle sei sorgenti, delle quali le SS. LL. llluftrissime , secondando saviamente le provide cure di S. E. il Sig. Luogo-Tenente Generale e Governatore, con Lettera de'28 del caduto Agoiìo si degnarono commetterci l'esame air oggetto di riconoscerne le qualità , ed assicurarsi della loro bontà e salubrità prima di proporne la tradazione alla Città . Nella valle poi settentrionale , che acquapende in Arbia , scaturisce la sorgente di CamboUi, non compresa Ira quelle additate nella ci- tata Lettera delle SS. LL. lUufìrissime , ma dall'Ingegnere Sig. An- ionio Mj-fteucci (i} riputata opportuna allo ftesso oggetto, di cui perciò abbiamo associato l'esame . §. II. La sommità di quefti monti é formata di pietra calcarla, per la maggior parte galeftro o alberese, i cui filoni scendono in- clinati Ci) Nella sua Relazione del di 8 Agoflo 1794 avverte il Matteucci di aver riconosciuto e riscontrato esser quefta sola sorgente fiù abbondante dcWaiqua tut- ta che conducono alla Città gli attuali bottini della fonte di Piazza ; che per altro per non eccedere la commissione non ne aveva fatta la livellazione per assicurarsi se midiante il traforo del monte potesse guidirsi alla volta del Trogolo di Fo«- terutoli 0 ad altro luogo più opportuno . D E L L' A e e A D E M I A igs elinati lateralmente e nudi t n dove ha principio il terreno ridot- to a cultura . Tutte le sorgtnti mentovate sgorgano dal seno del monte sul confine dell'orrido dorso col terreno inferiore suscetti- bile di coltivazione; sebbene alcune abDandonate a se ftesse , o condotte per canali artefatti , non si manifeftino che più lontano ed in basso . ^. 111. La sorgente inferiore a tutte è quella , che si manifefta alla siniflra del fiume Staggia nel podere di Quietole , quasi sull'in- gresso della valle meridionale, tradottavi per canale artefatto; cui Ila di fronte nell'oppofta pendice alla delira dello ftesso fiume la sorgente del podere del Romito , la quale abbandonata a se flessa nella massima parte filtra per il terrtno sottopofto . Succedono nella flessa parte orientale della valle le altre tre sorgenti, cioè primiera- mente quella del podere di V'gnalino, più oltre quella del podere di Vignale , ambedue condotte per fosso scoperto selciato , e finalmente quasi al termine della valle' dallo ftesso lato inclinante a mezzogior- no la fonte Stella, un tempo rinomata, in oggi scarsissima e la- sciata in abbandono. Nel convesso del monte al principio di una delle accennate subalterne valli nasce l'altra sorgente condotta per canale al tosi detto Trogolo di Fonterutoli , e dal fianco oppofto del medesimo monte , dove appunto termina il filone della pietra che ne cuopre il dorso , sgorga la sorgente del podere di Cambolli ; delle quali tutte si tralascia di descrivere le situazioni per essere già fiate con precisione ftabilite dal Sig. Matteucci . §. IV. Neil' esserci portati due di noi sulla faccia del luogo era nofìro principale sco|-0 di esaminare le qualità sensibili di ciascun' acqua alla ftcssa loro scaturigine. Osservammo primieramente il gra- do della loro limpidezza , che per quanto fosse in generale soddi- sfacente , pure non poteva essere relativo alla purità originaria del- le acque, ma riusciva diverso in rapporto al luogo ed al modo , in cui pr-tevano raccogliersi . Quelle che possono attingersi immedia- tamente alla loro scaturigine dal seno del monte , o che scorren- do per qualche tratto fanno il tragitto per canale serrato si mo- ftrano più limpide e crifiallint . Tali sono le acque delle sorgenti di Quietole, di Fonterutoli, e di Cambolli-. Quelle che filtrano per ir terreno superficiale, come la sorgente del Romito , o che spa- gliano all' intorno , cerne le acque della fonte Stella, moltrano mol- ti più di quei corpiccirli , che tutte le acque di vena o più o me- no ritengono natanti. Quelle infine che scorrono per un fesso aper- to o sono percosse dal sole non è maraviglia se talora diventano opaline per aver sofferto un grado di scomposizione. E quando si pa- ragonino insieme due di quelle acque , una delle quali sia divenuta opalina e l'altra conservi la sua originaria limpidezza, bisognerà dedurne che la prima è più carica di coinponenci solici deporsi in simile 194 ATTI simile circofìanza . Di qui ebbesi il primo indizio che la sorgente di Vigialino fosse più delle altre , che scorrono all' aperto, carica di terre, tenutevi in dissoluzione per l'intermedio dell' aria fissa. §. V- Per simili ragioni il gufto non ne è egualmente grato s coerente alle quantità respettive dei componenti di quciìe acque . Quelle clie si attingono all'immediata loro scaturigine, o che han- no fatto breve corso per canale chiuso , generalmente sono più gra- te e vivaci, ed apparentemente meno crasse . Tali sono le sorgen- ti di Quietole , del Trogolo di Fonterutoli , e di Gambolli . Se han- no filtrato o spsgliato per il terreno , o hanno sofferto un grado dì scomposizione sono men grate ed appariscono a chi le assaggia al- quanto più crasse; e perciò non solamente l'acqua di Vignalino più carica di .componenti , ma quelle che si dimnfìreranno le più leg- giere e le più pure , sembrano al g)ifto più crasse e più gravi delle altre . §. VI. Quefte osservazioni fanno conoscere baflantemente , che 1' occhio ed il palato non sono giudici idonei della bontà sì assolu- ta, che relativa di quefte acque; mentre le loro qualità sono alte- rate da varie circoftanze eflrinseche all' originaria natura delle me- desime, le quali rendono erroneo il giudizio dei due sensi. Quin- di ci applicammo a determinarne con esattezza la gravità specifica, che alla temperatura respettiva fu riscontrata come appresso: Acqua difiillata ____ Acqua della fonte Stella - - - - Acqua del Romito - _...-.- Acqua del Trogolo di Fonterutoli - Acqua di Quietole --.-.--- Acqua di Vignale --. Acqua di V'gnalino -..-.--- Acqua di Gambolli - ------ Peso specifico ooooo 00046 00103 00115 00128 00132 00140 00146 Temperatura Or 17 »3 »4 4 r a 12 I* 12 II I 4 II La temperatura non è sempre quella delle acque alla origine pri- mitiva, ma quella che avevano nel luogo, ove potevano attingersi in copia all'effetto di determinarne il peso specifico coli' areometro CO* §. VII. (1) In quella occasione non fu presa in considerazione la quantità dell'acqua delle mentovate diverse sorgenti. Quefta era già stata in parte misurata e in parte valutata dall' Ingegnere Matteucci Udì 3 Aprile 1794 in presenza di S. E. il Sig, Vincenzo Martini Luogo-Tenente Generale e Governaiore della Città e Stato di Siena, e di Monsig. Benedetto Pericciuoli Vicario Generale Arcivescovile come Priore del Magiftrato Civico DEL L' ACCADEMIA 195 §. VII. Le acque di quc-lìe sorgenti cominciano subito a dare indizio della loro tendenza a scomj.'orsi spontaneamente; poiché do- ve refìino ftagnanti , o abbiano lentissimo corso generano alla su- perficie loro una pellicola, la quale nelle acque di V gnalino si è osservata piìi manifelìa, che in tutte Je altre. Esse col loro spruz- zo non lasciano di produrre un tenue incroftamento sulle vicine piante, per cui si rendono ruvide al tatto . Nel fondo del ruscellet- to per cui si scaricano, s'incontra una crofìa di tartaro impuro; alcune poi , come quelle dei Romito e del Trogolo di Fonteruto- li , hanno prodotte delle petrificazioni più insigni. La sola acqua del- la fonte Stella, tuttoché abbia un moto lentissimo ed a luoghi ri- lìagni , non ha presentati sensibili vefligj di simili produzioni . §. Vili. Per maggiormente assicurare sul porto la presenza nel- le acque delle terre effervescenti tenutevi in dissoluzione dall' aria fissa , Civico della Città, i quali vollero portarsi ad una speciale visita di quefte sorgen- ti. Da tali esperimenti riferiti nella Kelaziune del Mdtteucci segtijta del di 5 Aprile dell'anno stesso esifttnte nell' Archivio della Comunità di Siena risultaro- no le appresso quantità respettivs : in un m 24 ora ore Sorgente dì Quietole Barili ^7 ì 656 i Del llomito - - „ 99 5 1294 — DiVignalino - - „ •7 i 416 — Di Vignale - - „ ^7 1 656 2 Di Fontetutoli „ 41 — 983 — Quantità sperimentata - „ 212 1 5106 — i Quantità valutata circa",, i'r^_ 3^94 — Totale • Barili 350 ., 84C50 — Z' poi da considerarsi , che i punti j nei quali si è potuto raccogliere le acque per soggettarle alla misuia , non sono quelli della loro sortita dalle montagne, ma quelli ai quali le acque sono state Derivate per comodo dei contadini e degli usi , che si sono prciposii di farne , e per conseguenza dopo aver scorso superfi- cialmente a traverso ai campi per mezzo di fognoni formati ili sassi a secco , i qua'i t'aviano l'acqua per ogni verso. Che se queste sorgenti venissero rintrac- ciate .ille loro scaturigini e guidate ali' assegnato destino per mezzo di condotti murati crede il Maiteucci che la quantità dell'acqua crescerebbe molto di più. La qut-ntità dell'acqua dr^l!a fjnte Stella quivi tralasciata, perchè attualmente k quasi del tutto sparsa e traviata, si trova indicata nell'altra Relazione di Mat- teucci del dì 8 />gosto 1794. Lgli trovò che rendeva appena cento barili il gior- no . Ma sapendosi che anticamente era una sorgente abbondante e ciò eziandio a memoiia di akuni viventi, merita che sia dessa dilgentemente rintracciata e riunita , potendo servire non solo ad aumentare la quantità dell'acqua , ma ancora attesa la singolare sua puiezza, a bonificarla . 196 ATTI iissa, manifefìate dai descritri fenomeni, s' infuse in quefìe acque la carta tinta con la laccamuffa e quella simile fiata dipoi alterata dall' acido acetoso . La prima vi prese un rosso smorto e l'altra, nell'atto che sviluppava alcune bollicene d'aria alla sua superficie, perduto il rosso vivo colore assunse un rosso smorto eguale a quello dell'altra carta , e prosciugata si ripriftinò perfettamente nel suo color blu. primitivo. §. IX. Ma poiché i prodotti di quefte acque C§- VHO possono differire secondo le varie circoftanze , che vi concorrono, se ne pro- curò un confronto più esatto coli' esporre all'aria libera in vasi si- mili quantità eguali di acqua per tempi eguali . Le acque così espofle generarono lentamente alla loro superficie una tenue pelli- cola la quale acquiftava maggior densità a misura del tempo della loro esposizione . In qucfle pellicole dentro i limiti della efìrema loro tenuità si notavano tre gradi . Il primo grado di tenuità de- vesi all' acque della fonte Stella e del Romito; il secondo alle acque di Vignale e Fonterutoli ; il terzo a quelle di Quietole, Vigna- Uno , e Cambolli . §. X. Succede rapidissima e molto maggiore quefta scomposi- zione allorché le acque si espongono all'azione del fuoco . Un grado di calore inferiore a quello della ebullizione serviva a sviluppare lentamente delle bolle aeree , ed a produrre contemporaneamente ed in breve tempo l'indicata pellicola colle gradazioni riferite . L' ebul- lizione dava più sollecita la separazione della flessa terrea sofìanza , ma ne refiava maggiormente perturbata la trasparenza del fluido . §. XI. Quefie ultime esperienze C§. IX. X.") furono eseguite eoa le acque attinte alle sorgenti respettive e trasportate in Siena chiu- se esattamente in bottiglie ; sopra le quali furono pure quivi con- tinuati gli altri sperimenti diretti a conoscerne la qualità e quan- tità prossima dei componenti per mezzo dei reagenti e di altre necessarie operazioni . §. XII Incominciando pertanto dagli esperimenti fatti sulle acque naturali : 1. L' acqua di calce mescolata con una adequata porzione di ciascuna di esse,, vi produsse un dealbamento latticinoso ed uh precipitato abbondante , sensibilmente maggiori nell' acqua di Vi- gnalino che in tutte le altre . 2. La soluzione ftretta di alcali vegetabile inflillata in altre porzioni die in tutte un dealbamento assai tenue , sebbene esso pu- re alquanto maggiore nell' acqua di V'gnalino . 3. L'alcali prussiano non die la minima produzione di azzurro né infìillato nelle acque naturali, né in quelle porzioni, ove preceden- temente era fiata aggiuta qualche quantità di acido nitroso purissimo. 4. La soluzione nitrosa di argento non vi eccitò che un leggiero dealbamento . DEL L' ACCADEMIA 197 5. La soluzione nitrosa di piombo die un dealbamento e pre- cipitato abbondante . 6. La soluzione nitrosa di mercurio nelle acque di Quierole , del Romito, di Vignalino, e delia fonte Stella die un precipitato di color bianco sudicio , più abbondante nella ter/.a che nelle altre; ed in quelle di Vignale , Fonterucoli , e CamboUi un precipitato giallo a guisa del tuibit , parimente abbondante. 7. Ma si yuefti precipitati mercuriali , quanto i precedenti sa- turnini polli in infusione nell'acido acetoso si disciolsero in totalità senza lasciare alcuna sensibile traccia di residuo indissolubile . §. Xlll. Intanto che si eseguivano i riferiti sperimenti ( §. IX. XII. ~) furono sottopofte alla ebullizione due libbre di ciascheduna dtUe sette acque in alcreitanti evaporatori di vetro a bagno di are- na; e dopo che le acque ebbero fermata la loro pellicola e si era- no rese torbide, quando l'acqua era già diminuita non poco di vo- lume, né vi era apparenza che potessero ritenere alcuna porzione di aria fissa e di terre effervescenti in dissoluzione , furono passa- te per carta , tenendo esatto conto della materia reftata nella me- desima . Furono quindi tutte le acque condotte a siccità e fu no- tato il peso dei residui, i quali sommati colle materie dei filtri suddetti diedero le appresso quantità di componenti fissi , concenuci nelle respettive partite d' acqua Fonte Stella ...--.-. Gr.' — | Vignale -„ i| Romito _._..- ,, 3 \ CamboUi ----- ,, 3^ Vignalino -•- ----,, 3^ Fonterutoli --------». 3 3 >3^ Quietole .-----. .-r,, 6 — §. XIV. Dal residuo della evaporazione per mezzo dell' acqua diftillata fu separata la parte solubile nell'acqua fredda , e rimase indisciolta una molto tenue quantità di maceria , che potendo es- sere selenite o esservene compresa qualche porzione, fu perciò fat- ta bollire a sufficienza nell'acqua diilillata . Quindi filtrato il fluido vi furono infìillate in porzioni separate le soluzioni dell'acido sac- carino e dell'alcali vegetabile, ma niuno di quelli reagenti ne al- terò punto la limpidezza ; lo che escluse ogni parte selenitica . §, XV- Mediante poi l'affusione dell'acido marino si riconobbe, che quella porzione di materia insolubile nell'acqua sì a freddo, che al calore della ebullizione, altro non era, che una ferra eiferve- scence passata per la carta nella prima filtrazione, e perfettamente simile a quella contenuta nella carta medesima . Onde considerata quella piccola addizione alla parte maggiore di tali terre ottenute Tom. Vili. , B b coU 198 ATTI colla prima filtrazione, reftò fissato il rotale di esse in ciascuna partita di due libbre di acqua al più come appresso : Fonte-Stella - - - - » - - Gr. — 1 Romito .----------,, ij Vignale -..---•--- ,, i ^ Quietoie ---------- „ i| Trogolo di Fonterutoli - - - ,, 2 — Cambolli -----,, ^f- Vignalino --------- „ 2^ 5. XVI- Ciò che manca a compiere il totale della materia fis- sa contenuta nelle due libbre di ciascun'acqua C§. XIII. ) era fiato disciolto dall'acqua ftillata fredda affusa a ciascheduno dei residui respettivi nella dose di due once; con che tutta la parte solubile venne ridotta in un volume di acqua eguale alla dodicesima parre di quella che era fiata evaporata . Nella qual soluzione divisa in più porzioni furono iflituice le seguenti esperienze per rilevare quali sofìanze saline contenesse . 1. Inftillata adunque in una di dette parti la soluzione nitrosa d* argento die in tutte nell' iftante un precipitato a ftrie che si depose prontamente al fondo , indi tutto il fluido s' intorbidò lentamente . Que- Ao precipitato fu tenuissimo nell'acqua di Quietoie, poco maggiore . neir acqua di Cambolli , alquanto più abbondante nelle altre . 2. La soluzione di terra pesante nell'acido marino introdotta in altra porzione della soluzione die un precipitato tenuissimo ed appena sensi- bile nelle acque di Vignale e Fonterutoli, tenuissimo in quelle di Vi- gnalino, fonte Stella, Cambolli, e Romito, tenue in quella di Quietoie. 3. L' acido saccarino dlluto non die a conoscere in veruna di esse alcuna sensibile reazione . 4. L'acqua di calce le dealbò tutte leggierissimamente. 5. Né sensibilmente maggiore fu il dealbamento prodottovi dal- la soluzione ftretta di alcali vegetabile aerato . §. XVII. Da quefte esperienze C§- XVL) si deduce con suf- ficiente certezza esservi in ciascun* acqua dei sali risultanti dalla combinazione dell'acido marino (i) e dell'acido vitriolico C1.2) con qualche base ; die una parte di quefte basi , esclusa la calce , Ti , 3) è coAituita dalla magnesia (4 • 5) 5 che secoado le indica- zioni respettive dei reagenti prevalendo la quantità degli acidi (i, 2) alla quantità di magnesia (4, 5) necessaria alla loro satu- razione, una parte degli acidi dee esser combinata con l'alcali mi- nerale, e perciò, oltre un poco di sale di Epsom o di sai marino a base di magnesia , non dee mancarvi una porzione di sai marino comune, piuctofto che un sale Glauberiano, atteso che l'acido ma- rino (i) prevale non poco all' acido vitriolico C^)* ^ §. xvir. DEL L* ACCADEMIA 199 §. XVIII. La quantità dei componenti salini indicati superior- mente, considerati 1 deboli elfetti dei reagenti in proporzione alla quantità di acqua , in cui i medesimi erano sciolti , si manifefta piccola al sommo e grandemente inferiore alla quantità di mate- ria iìata disciolta coU'acqua difiillata fredda dai residui dell'eva- porazione di alcune acque . Bisognò concluderne che specialmente in quei residui , ove risiedeva una quantità esuberante di softanze solubili , fosse compresa qualche altra sofìanza non salina e per conseguenza una materia ellrattiva; la quale induzione veniva con- fermata dal colore dei medesimi più o meno fosco a confronto de- gli altri assai candidi e dal color giallaftro, quale suole indursi dalle materie ertrattive , preso dalle soluzioni ; differenze che appa- livano più rimarchevoli nelle acque di Quietoie, dal cui residuo l'acqua diftillata fredda avea disciolto non meno di quattro grani di sola materia eftrattiva . §. XIX. Si può conchiudere, che tutte le acque esaminate contengono; i. Terre effervescenti C§- VH. VUL IX. XIL) nelle re- spettive quantità già sopra (§.XII1. ) indicate; 2. Aria fìssa (§.VIIL XII. I ) in quantità per lo meno proporzionata a softenere in dis- soluzione nell'acqua le respettive quantità di dette terre; 3. Sale d' Epsom o sai marino a base di magnesia , e sai marino comune C§. XVllO '" quantità minime (§. XVIII.) e indeterminabili col so- lo mezzo dei reagenti; 4. Softanza efìrattiva mucilaginosa C§- XVIII.) mancante o indiscernibile nelle acque di Vignale e della fonte Stella , ma molto diftinta nelle altre e superiormente in quella di Quietole ; 5. Che sono del tutto scevre di ferro (§. XII. 3 ) e di selenite (§. XIV.). §. XX. Se si passi a paragonare quefti risultati con quelli che si ottennero dall' analisi delle acque , che governano attualmente le fonti di Siena , si dovrà concluderne , che si le une che le al- tre sono della medesima indole , perchè alla sola riserva della quantità tenuissima ed assolutamente disprezzabile del ferro con- tenuto nelle ultime, tutte forniscono i medesimi componenti si vo- latili che fìssi, e perchè si nelle une che nelle altre il predominio si deve alle terre effervescenti suscettibili di separarsi dall'unione dell' acquH a misura che si disperde l'aria fìssa, mezzo della lo- ro dissoluzione, e perciò di produrre nei canali, per cui scorrono, grume e tartarizzazioni ed altre sorte di deposizioni secondo le circofianze ; che l'acqua della fonte Stella, prescindendo dalle qua- lità elì;rinseche , che acquifla dal suolo per cui scorre negletta, per la cospicua sua leggierezza riscontrata con sensibilissimo areome- tro e per la somma scarsità delle terre effervescenti, gode sovra ogni altra molti gradi di preminenza; onde essendosi nella massi- ma parte deviata e dispersa , merita che si usi ogni diligenza per Bb ij rinr aoo ATTI rintracciarla e riunirla in quantità, clie giovi incanalarla, e quando non piacesse condurla in cannone diftinto, serva a bonificare la massu del- le acque; che tra le altre le acque del Romito, di Quietole, e Vignale alla flessa sorgente possono riputarsi eguali in bontà a quelle della fonte di Piazza e di Fontebranrla ; che quelle soican- to del Trogolo di Fonterutoli , di Vignalino , e Cambolli reitano alquanto inferiori . §. XXI. Neil' assegnare con scrupolosa esattezza il rango re- spettivo a quefte acque comparandole tra loro e con 1' acque attua- li delle fonti di Siena , siamo molto lungi dal volerne trarre un fiiotivo di esclusione per quelle sorgenti , le cui acque in viltà di un leggiero eccesso di terre effervescenti si sono dovute consi- derare alquanto inferiori alle altre. Poiché in primo luogo, la- sciando di riguardarle in linea di comparazione e prendendole sot- to un punto di vifta assòluto , fa d'uopo convenire che le quanti- tà di terre indicate sono molto al di sotto di quei limiti, dentro i quali le acque sono e si reputano comunemente salubri e prege- voli. In subalterno luogo giova considerare che il piccolo eccesso, non assoluto, nia semplicemente relativo di tali terre, viene ad essere largamente compensato dalla , somma scarsezza della parte sa- lina e dalla assenza totale di selenite . Devesi riflettere in ultimo luogo che i paragoni sono ftati fatri delle acque cadute socco il presente esame, quali sono iìate riscontrate alle loro scaturigini, con quelle delle fonti di Siena già pervenute al loro de/lino e mol- to depurate nel loro, corso . Che se non perdasi di vifta che le nuove acque per essere tradotte alla Città ed alle iìesse fonti do- vranno percorrere circa dodici miglia di acquidocci convenevolmen- te coftruiti , ove successivamente dovranno deporre nuove porzioni di tartaro e depurarsi per mezzo dei consueti purgatorj , ciascuno, converrà con noi senza difficoltà che cucce alfine pocranno giungere alla loro delìinazione cosi impoverice e purificate dalle terre , che con- tengono alle sorgenti ,onde superare non poco in bontà le acque , dalle quali la Città di Siena é Hata sinora troppo scarsamente provveduta . §. XXII. Per tali ragioni approviamo pienissimamente la scelta di qualunquedellesette sorgenti di acque esaminate in quarta Relazione, e nell'atto di rimettere aile SS. LL, Illuftriss. il noftro concorde sen- timento , abbiamo i' onore di essere con profondo ossequio Delle SS.LL. Illuftriss. Dalle nofìre Case li 9 Settembre 1794. Divetissrmì Ohbli^ittisiimì Servitori Protesiore di Medicina Pratica. Profess. di Storia Naruraie , (^!\imica , e DuttaDlca . nii P. Professore di Medicina Teorii.l . . Professore di ChiiurgiA Teurica . Caigacio Fettuccl Medico Fisico . Divelli {Dumer.ico Gattini P Biagio Bartalini P. I Git: Niccolò Semenil Giuseppe Lodoji P. 1 /-_i D.^. : ^/t.. Th:L PIANTX TOPOGI^\riCA L-Ia Bottini dilla l'enti: di Piazza, della i^iltd di Sima. omcfaziiiitt ae&Aihrci'iaÈire.. jR J^amo 3t£ottùw._ J JtijrMSù dlSottirw. 0 Oì.-Hc di Bollino. ■ ? fillio cht accenniL un Tozzo paftiùolarL ^ . nini/Mr^i. ih. Torre ^^^ Tìioi'CMtniaj^ ^ te :-^'Ì^lì^^^ _JL &p.itjj-tiji 1* ,^#7711 i^C.CeJiui y. „ ^O.HjfortJiJl Tami'.^^ J'eiroiul/a.. il'c-n/a Hi'"CaiintL //.So iS'anMi'j^ ■>'■ W/ unito Ac^tudotìo ddla Foriti Ma^zz^ -raq.' 200. f' di ai LazzcL J^d-una^atTa ^ulU tracce di aJrra dd ,yrddMiru^rG.J2, Trafilo MaZLydìazzmù falla, n&l / lOO 200 300 cjjola. UL Lanm 50O /. ,^K-m^_^...y.^n. ^^^ s^ Zùiio. prÌ7ion&/f. tirala al fo/ulo Jel JJoffini f- Idrofilo ddl/o-ZiFcI/azzionò faM. mi /7/2 c//^/ó Jortjmti di Pii.7no/& Wi/m/m Ifomito e Qm'uPk c{'//'aamiin/li cMa^ Ta^rjir Li^d/o/Zzle/K liiJ^cmilrJMi/ 1' Tj/ifmiM ^/^/ ///'/////^ J*an: 2 00. /Oi? 200 30P 1(00 ^00 cjca/a. ai Canm 50o lur, L a/Mj/ii'zze /oo zoo 3PP ^oa ^op 'JìaU/ ili Bruca' a. óOO fjer L allézzc f- Jlomllé ^ a?!--. _ lisi "''"Z" ' '"■ Zt'Ifi'J/ ' '"•'■ 'li i^'i^àj/^aM Jnp'M'i- M'ar/aZ/iL JìmM, <5<- -Toa^ÌM'i'lr nlnia Cobiitbm 7:r::3S7... ^ I^BnììtQ lima crÌ7Zon&/i-y tiralk al fo/rJo M. JJp flirta Olntlcin^ ÌOt ISTORIA DI UN E R M A F R O D I T.O DELLA SPECIE BOVINA. T "N Caldana piccolo Cartello della Provincia Inferiore Sanese sot- to la Potesteria di Giuncarico l'anno 1789 nacque un Vittllo da una delle Vacche di un certo Giovanni Tosi, che nel crescere non mostrò quel consueto ingrandimento nella borsa ove sogliono contenersi i testicoli, ma l'ebbe sempre piccola, raggrinzata, ed sttdccata come sogliono averla gli animali di tal genere che sono fiati castrati; nonostante presentava l'aspetto di toro, e nel bran- co ne faceva le funzioni con molta viv>*ftà . Nel 1797 il Tosi ebbe bisogno di una bestia bovina per il la- voro , domò qncfta, se ne servi per tre anni, ed appresso nel mese di Novembre del 1797 la yend^ a un tal Bardini , che la rivendè a un certo Lotti lavoratore di un podere delle Masse di Siena det- to Canneto , che dopo essersene servito per il lavoro ed averla in- grassata, come sono soliti di fare ogni anno i contadini dei pressi della Città, intorno al 10 Aprile del 1798 la passò per carne a un tal Ceroni Beccajo. In tutto l'indicato tempo secondo le rela- zioni che ne ho avute conservò l'aspetto di Toro con tutte le qua- lità, che sogliono caratterizzare il maschio di questa specie. Ucciso il suddetto animale, ed aperta la cavità del basso ven- tre si presentò agli uomini del Beccajo fra la vescica, l'intestino retto, e i reni , un budello che mai si erano trovati a vedere nei Buoi, il quale si divideva in due parti, destra, e siniftta, ripie- no di un fluido; onde sorpresi dalla nnovità ad uno di costoro chiamato Gaetano Tommasini venne in mente di separarlo, e di portarlo alla scucila d'Anatomia perché fosse esaminato . Lo separò con la vescica , e l* inreftino retto , tagliò il mem- bro genitale nel perinèo, lo rovesciò sopra uno dei cosci come soa soliti di »;>re,e portato l'indicato budello allo Spedale, trovò 1* scuola di Notomia chiusa , passò alla Medicheria , e lo consegnò, co- me, mi disse «4* Infermiere Cambini, ed ai Giovani Chirurghi , perché fosse ao2 ATTI fosse crasporcaro all'Anatomia . 1 Giovani per un* apertura , fatt» siccome era molto voluminoso, evacuarono il fluido che tonteaeva, che fu valutato intorno a 15 016 libbre . Questo fluido era di un color biancaftro alquanto (.paco , td aveva l'odore del siero, secondo mi riferirono. In seguito fu fatto portare alle flanz.e dell'Anatomia . Io era lontano . Tornato il giorno dopo . ed essendomi messo ad e- saminare il sopraddetto budello , riscontrai, che presentava tutti i caratteri di un utero vaccino con la sua vagina , che in cambio di avere l'apertura ali* eflerno , con apertura capace del capo di un mediocre spillo metteva foce nell'uretra nella parte media della ba- •e del grano ordeaceo fra le aperture dei due canali spermatici. immediatamente andai a trovare il Beccbjo, ricercai se esifte- Vano i quarti di dietro, e per buona fortuna rimaneva in totalità la parte pofteriore tagliata al davanti dei reni , onde potei avere la verga , che vi era ancora attaccata, e quei due corpi, che occu- pavano lo scroto, che credeva fossero i tefìicoli avvizziti dopo la caflratura ; insomma tutto quello , che bisognava per poter fare idea delia bruttura delie parti della generazione di quefl;'animale . Fatto ciò tornai ad esaminare ledette parti, e prima di tutto procurai di riempiere di materie colorate i Vasi sanguigni , essendo- mi riuscito bene riguardo alle arterie , non C( sì per le vene , at- tese le valvule . Riempiei ancora qualche vaso linfatico col mercu- rio per conservare poi il pezzo . A prima vifta i due corpi , che si trovavano siifufuàri ove so- gliono essere le ovaje , furono da me presi per le ov^je medesime; ma essendomi pollo ad esaminarli riscontrai , che erano veii testi- coli. Trovai i respettivi vasi deferenti, v'inrrndass' uno di quei tubi di vetro, che adopero per l" iiijezione dei vasi linfatici, lo feci riempire di mercurio , e siccome col peso della colónna per- pendicolare non era cajiace di avanzarsi molto , pigiandolo colle dita e impedendo , che non ritornasse indietro forzato dall' ekifti- cità delle membiane, mi riuscì di farli penetrare tutto l'esteso, ed avvolto canale che forma l'epididime, di farli passare i coni che «ollituiscono il capo dell' epididime stesso , e di farlo intro- durre ne' moliiplici , ammassati, e avvolti canaletti, che coftitui- scono in gran parte la softanza del tefìicolo . Voltato poi il tubo Terso il cai ale dell' uretra a seccnda del corso dello' sperma , il mercurio andava con gran velocità spinto dal solo peso della sua colonna , e mi messe allo scoperto dietro alla vagina , e sulle parti laterali della faccia anteriore per tutta la sua estensione dae grossi , e lunghi saccliciti che prima non comparivano . Quefti verso il termine della vagma si congiungevano con le vescichette seminali , cJie erano manifefte, e prominenti ai lati dell' efterno delia vagina , onde si riempirono ancor queife , e quando furo- DEL L* ACCADEMIA 203 furono rese turgide , il mercurio per il canale comune all' iftesse vescichette e ai suddetti sacchetti passò nell'uretra per le apertu- re laterali alla base del grano ordeaceo , e non rimase alcun dub- bio , che le parti desinate alla .separazione e al trasporto della semenza non rimanessero in totalità nella cavità dei bassoventre , e dietro dietro all'utero, ed alla vagina. Intorno alla parte superiore del tefticolo sinifìro si vedeva di- ftinto un corpo piccolo, rotondeggiante , riunito al teilicolo flesso so- lamente per mezzo del peritonèo, e dei vasi sanguigni, e linfatici, il quale, nella sua superficie e nell'interno si assomigliava alle ovaje , come potei accertarmene facendone il paragone . L'aver ritrovato gì' ilìrumenti deltinati alla separazione, e al trasporto della semenza internamente , e l'aver trovato nello scro- to quei corpi , che mi figuravo fossero i tefìitoli avvizziti per la caflratura, che presso di noi si pratica ftringendo il cordone dei vasi spermatici , e voltando in senso contrario i tefticoli , in prin- cipio mi fece sospettare, che vi potesse essere un altro apparato per la separazione della semenza , onde feci molte ricerche per ve- dere se trovavo altre vescichette , oppure altri canali , che comu- nicassero con quelle, che esistevano; tuttociò fu inutile. Presi ad esaminare i supporti tefìicoli, la loro superficie era tut- ta disuguale, non potei trovarvi veftigio d' epididime , né di vaso deferente; e solo dei vasi sanguigni, e linfatici che vi s'insinua- vano, e del tessuto cellulare. Non erano quefti contenuti in un sacco membranoso che equivalesse alla vaginale , né rivediti da una membrana simile all'albuginea , e nel loro interno non moftravano il carattere dei telìicolì , ma piuttofto quello delle ovaje . Per farne il paragone presi tutto 1" insieme delle parti delia- generazione di un bue vecchio caftrato per lo meno da otto, o dieci anni, ed esaminando! tellicoli li trovai ridotti assai piccoli, ma potei riscontrarvi le sue membrane , 1' epididime , e il vaso de- ferente , e a qualche diflanza dai tefticoli potei insinuarvi il tubo, e riempierlo di mercurio colla sua dilatazione o sacchetto , e con la vescichetta seminale . Non avendo trovate le suddette comunicazioni, ed avendo ri- marcata una differenza così sensibile non sapevo cosa pensare , quan- do dall' ifloria sopra esporta rilevai , che 1* animale non era ftato cartrato, siccome nella borsa non si erano mai fatti vedere, come sogliono , i tefticoli . Tuttociò mi fa sospettare , che i supporti tefticoli fossero le ovaje, che occupassero il pofto dei tefticoli, come i tefticoli oc- cupavano quello dell' ovaje . In quefto animale si riunivano le parti maschili della generazio- ne in tutto e fcr tutto perfette, e come maschio deve aver ge- nerato : 204 ATTI nerato: vi si riunivano quelle della femmina ad eccezione delle parti efìerne, clie mancavano in coralità, e come femmina non po- teva generare per la detta mancanza , e per il sito delle ovaje nel- lo scroto diiìanti dalle trombe, quando non si volesse, che la ge- nerazione per quelìo lato, si fosse potuta effettuare ii quel corpo attaccato al teflicolo sinillro che sembrava aver tutti i caratteri dell' ovaja. Siccome in queft' individuo si presentava uno dei più per- fetti Ermafroditi di cui si abbia relazione nell* (ftoria i!\natomi- ca Qi^ mi determinai a farne tirare gli appresso disegni che fa- cendo vedere , e conoscere con chiarezza le parti della generazio- ne del suddetto animale rendono inutile una dettagliata descrizio- ne delle medesime onde me ne afìengo e passo alla spiegazione delle Tavole . Splega-^ione dclls Tavole , Tav. I. F[g. I. Quefla figura dimoftra 1' utero e la vagina ripieni di una certa quantità d'aria , veduti dalla parte anteriore ,o inferiore , i tefìicoli situati nel pofto delle ovaje con i respettivi vasi , e ricettacoli de- flinati a trasportare, e contenere la semenza, la vescica, il mem- bro genitale, e 1* eilremo dell' intefiino retto. A. A. La vagina, la cui lunghezza é poi. 8. lin. 7. , B. B. L* utero . C. La vescica tirata a deftra. D. D. 11 membro genitale ripiegato dalla parte sinistra . La sua eflensione in lunghezza dall' unione della vagina coli' uretra al suo eftremo è di piedi 2 poi. 11 lin. 2 , la larghezza alla radice poi. 4 lin. n, a poca diftanza poi. 3 lin. 4 , alla metà della sua lunghezza poli. 3 , verso l'estremità ricoperta dal prepuzio poi. 3. lin. 4 , sull'eftre- mità poli. I lin. 5. E. L' inteftino retto allontanato , e tirato indietro • a. a. a. a. 11 Peritonèo tagliato, che forma le duplicature che comprendono i vasi e nervi, e si ripiega sull'utero, la vagina, e la vescica per formarli . o in totalità, o in parte , l'involucro este-t fiore, e tenerli collegati alla cavità del basso ventre . ò, b. Porzione della vagina che da questa parte non è ricoperta dal (i) Neir Istoria dell' Accademia delie Scienze di Parigi ann. 1720 pag. 38 e segg. ediz. Olan. si riportano le osservazioni di Petit sopra un Ermafrodito del- la specie umana, che fanno vedere, che aveva una certa somiglianza conquefto, ma si rileva che le parti non vi erano così decise . DEL L* ACCADEMIA aoj dal peritoneo, che forma al suo estremo una elevazione rotondeg- giante . La circonferenza di quefla porzione della vagina da un riflria- gimeiito che si vede a livello dell'eftremo anteriore delle vescichet- te seminali fino all' eflremità pofìeriore dell' ifiessa vagina varia da poli. IO e lin. 3 a piedi i e lin. y. e. L'attaccatura della vagina all'uretra, che comprende il pie» col canale di comunicazione della vagina coli' uretra isressa , e i canali s^jermarici . La sua circonferenza è di poli. 2 e lin: 11. d. ci. Porzione della vagina clie dall' indicato riltringimento a. livello delle vescichette seminali va continuamente duiiinuendo in diametro fino alla sua congiunzione coli' utero in quella parte, che può dirsi il suo collo , vedendovisi uno fìringimenio maggiore . e. e. Il collo deli' utero Qi') . f. f. Il corno defìro dell' utero . fl. /7 11 siniflro. La loro lunghezza , presa la misiìra sulla par- te mtdia, pied. i poli. 9 lin. 10. La convessità anteriore dal le- gamento all' efìremo del corno piedi i poli, 4 lin. 3 . La concaviti porttrirre picd. r lin. 9. h. Infossamento che si vede nell* unione dei due corni fra il collo deli' urero , e una duplicatura del peritoneo, che li collega dalla parte anteriore ove incominciano ad allontanarsi . /. Legamento formato da una duplicatura del peritoneo che unisce i due corni . In principio è ftretto indi si slarga a poco a poco, e al suo eftremn è largo due pollici . k k. Efiremi dei corni assai riflretti, e loro continuazione nelle /. /. /. Trombe di Fullopio . m. m. I Tefticoli . n, n. Porzione degli epididimi . 0. o. I cordoni dei Vasi spermatici coll'arterie injettare . />./?. Porzione dei vasi deferenti ripieni di mercurio. q, q. q. q. Sacchetti , nei quali si continuano i vasi deferen- ti , che occupano tutta la lunghezza della vagina . La loro lun- ghezza poli. 7 lin. 7 , il diametro variato dalle lin. 9 alle 6. r. Vescichetta seminale del lato sinistro . s. Congiunzione della vescichetta col sacchetto del suo Iato. Tom. Vili. ■ Ce f. Ca- co 11 Fluido che si conteneva nell'utero, e nella vagina d'iva aver dilatata questa parte . Neil' utero vaccino in itato naturale si trova assai ri>tretta, es- sendo le sue parti quivi ammassate e formando di%erse duplicature a tre ordini, che comprendono tre d'Stinte cavità circondate dai rilievi e incavi delle duplica- ture stesse, le quili coniunicano con angime aperture, la prima colla vagina e colla seconda, questa cpIU terza, e la terza col principio dei due comi dell'utero. so6 ATTI t. Canale comune alla vescichetta, e al sacchetto, che secon- dando l'attaccatura della vagina all'uretra va ad aprirsi nell'ifles- sa uretra , efteso in lunghezza poli, r lin. 13. u. Il collo della vescica che si continua nell'uretra. li'. Il fondo della vescica . X. L' uraco tagliato. £/. i/. Gli ureteri tagliati . ?. Softanza muscolare dispofta a Arati che circonda il canale dell' uretra . * Luogo ove il Beccajo aveva tagliata l'uretra, e separata 1% verga , che fu riunita e fatta disegnare come continua . 1. Altra softanza muscolare che é formata da ftrati più grandi, e circonda il bulbo dell' uretra . 2. Porzione del muscolo ischio-cavernoso deflro tagliato. 3. 3. 3. I corpi cavernosi del pene . 4. 4. Il corpo spongioso che circonda il canale dell' uretra . 5. 11 prepuzio tagliato . 6. 6. L' eftremità della verga che potrebbe dirsi il glande , la quale ra gradatamente diminuendo in modo , che si rende in fine molto sottile. 7. L'apertura dell'uretra nell' eftremità sottile del glande. 8. 8, 8. 8. Muscoli, che nascono intorno alla parte superiore del podice dallo sfintere esterno, i quali circondano 1' iftesso sfinte- re efterno , vengono all' inferiore , e producendosi dietro il canale dell'uretra vanno a terminare sul corpo spongioso verso il glande. La sua lunghezza è di piedi 1 poli. 4. 9. L' apertura del podice. 10. Lo sfintere efterno . 11. L' interno . Fig. 2. Quefta figura rappresenta porzione della faccia interna dell'eftre- mità pofteriore della vagina per un apertura fatta affinchè si veda il piccol forame che comunica coli' uretra . a. a. Porzione della parte posteriore , ed efterna della vagina. b. b. L* apertura fatta . e, e. La superficie interna della vagina nel luogo corrisponden- te alla sua attaccatura con l'uretra accoliata all' apertura. d. Il piccol forame di comunicazione fra la vaguia e 1' uretra. Le membrane intorno intorno sono alquanto raggrinzate , e formano quei piccoli rilievi , ed incavi che si vedono espressi come tanti raggi , che dal forame si spandono intorno intorno . Fiff. 3. La figura terza rappresenta porzione del canale dell'uretra aper- ta dalla parte superiore per far vedere il grano ordeaceo , ed i canali , che vi sboccano . A. La DEL L* ACCADEMIA 207 A. La parte dell' uretra che si continua col collo della vescica. B. Quella, che riguarda il seguito del canale . C. C. Sollanza muscolare formata da molti (irati di fibre , co^ me moftra la sua grossezza che rivefie la parte membranosa del canale dell' uretra . D. D. La parte membranosa dell* iftesso canale . a. Rilievo che si osserva tra '1 collo della vescica ed il pria- clpio dell' uretra . b. Il grano ordeaceo . e. Le aperture dei canali spermatici . d. L' apertura di comunicazione con la vagina che ammetteva facilmente il capo di uno spillo di mediocre grandezza • Questa apertura gonfiando la vagina non lasciava passare l'aria nell'ure- tra, come gonfiando l'uretra non la lasciava passare nella vagina. Ciò dependeva dalla corruga/ione delle membrane che circondava- no il canale . Credo che nel tempo delia vita , in cui la corruga- zione sarà ftata anche maggiore, non potesse aver luogo il passag- gio dell' orina , e della semenza dall'uretra nella vagina, e neppu- re dalla vagina nell'uretra il passaggio di quel fluido, che vi si conteneva . e. e. Due rilievi, che venendo dalla base del grano ordeaceo , ove si congiungono formando un archetto, si avanzano a qualche di- fianza sulle parti lacerali della superficie dell' uretra e interpongo- no una sinuosità , che sem.bra il velìigio di una apertura maggio- re di comunicazione fra l'uretra, e la vagina. /. /. Due altri rilievi , che vengono dalla parte laterale della base del grano ordeaceo , e terminano ai lati della superficie in- terna; interponendo due sinuosità insieme con i suddetti, in cui si manifeftano molte aperture, che sono gli eftremi dei canali che portano il muco separato nei follicoli glandulosi . g. g. Rilievi più efiesi in larghezza dei precedenti che venendo dalle parti laterali della base del grano ordeaceo vanno a congiun- gersi coi precedenti , e con essi terminano insensibilmente sulle parti laterali della superficie interna. Fra il grano ordeaceo, e il principio dei rilievi /. 9., e la loro congiunzione si vedono due si- nuosità occupate dai canali delle proftate , che quivi 3' aprono nel canale dell' uretra . Tav. II. Fig. I. Quella figura mofìra l'utero, la vagina, la vescica, la verga maschile colle sue respettive parti vedute dalla faccia pofleriorc , e superiore . C e i] A. A. La 2oB ATTI A. A. La vagina . B. 11 corno deftro dell* utero . C. Il siniftro . D. D. Il loro riftringimento , e termine nelle trombe di Fallopio . a. a. La tromba deflra, che forma moke circonvoluzioni, e termina all' apertura ò. circondata dalle sue frange , per cui 1" utero comunica colla cavità del basso ventre . b. Porzione della tromba sinifrra con la sua apertura. e. e. Infossamento fra i due corni dell' utero più marcato dal- la parte pofteriore . d. Duplicatura del peritoneo che lega i due corni . e^ e. e. Il peritoneo tagliato. /. Il tefticolo sinistro . g. Un corpo rotondeggiante congiunto all' ifiesso tefticolo per mezzo del peritoneo, e di vasi sanguigni e linfatici che s' assomi- glia all'ovaje tanto per il suo efteriore , che perla ftruttura interna. A. Il cordone dei vasi spermatici tagliato, le cui arterie sono ripiene di una materia injettata . /. Porzione dell* epididime. k. k. Il tefticolo deftro coperto in gran parte dalla tromba , e dal suo epididime . /. Il cordone dei vasi spermatici tagliato , e rovesciato sopra l'utero . m. L' epididime . 77. Il SUO capo . o. La coda , da cui parte il vaso deferente . p. La vescichetta seminale del lato deftro . E. La vescica . r. L'uraco tagliato. s. s. Gli ureteri tagliati . /. L' uretra fino alla sua unione colla vagina . u. Luogo dell'unione della vagina coli' uretra , ove si conten- gono i canali dei vasi spermatici , e il canaletto di comunicazione dell' interno della vagina coli' uretra . IV. Le proftate . F. F. Il membro genitale voltato a siniftra col suo prepuzio ta- gliato , veduto dalla parte superiore . X. Continuazione dell' uretra fasciata dalla sua softaoza mu- scolare che s'insinua sotto i corpi cavernosi. y, y. Porzione dei muscoli ischio- cavernosi uniti all' istessa ori. gine dei corpi cavernosi tagliati . ^. :f. Nervi che vanno a diramarsi mirabilmente per la verga. Fig. 2. la figura seconda moftra porzione del corno sinistro dell'utero con DEL L' ACCADEMIA «co con la sua tromba corrispondente, il teflicolo, e quel piccol corno rotondeggiante, che s* assom glia all' ova/a . ^ A. A. Porzione del corno siniftro dell'utero che colla sua efìremità riftretta termina nella tromba . a. a. La tromba di Fallopio che al suo eflremo mostra le fran gie, che circondano l'apertura di comunicazione colla cavità del bassòventre . e. Il testicolo spogliato delle sue membrane . d. Un corpo, che s'assomiglia all'ovaja, che era unito al te- sticolo solamente per mezzo del peritoneo, e di vasi. e, e. Membrana del peritoneo tagliata, che riuni'va il suddetto corpo al testicolo . /. /. L' epididime . g. 11 suo capo formato dai coni, che col loro apice derivano dal testicolo, con tanti canaletti, che sortono fuori del medesimo ed ammassati ed attortigliati costituiscono il corpo e la base deel' istessi coni, si riuniscono poscia in un solo canale, che avvolto in varia maniera va a formare tutto l' epididime fino alla sua co- da , da cui deriva h. Il vaso deferente . Fic;. 3. La figura terza rappresenta uno dei corpi , che occupavano lo a. Sinuosità che vi si osserva . b. Cordone formato da un ammasso di vasi sanguigni e linfatici • che passano per la sinuosità , e si distribuiscono nella sostanza di questo corpo. La sua somiglianza coirovaje mi fa credere che fos- sere le ovaje che occupassero lo scroto . ME- l'aq: 2oa. 6g0^' ^.. >,*>'" "'•'*■'•■■• ' y'■■^•^\<'i■iflik:•ti^iè/jì^s^■':'■ de quanto si voglia, aoDia compresi iicii cinriuu (,ciin,c i^uam. garofani possa avere col loro calice particolare , é raro , che nel ~ pie- Facf: 2Pif. 1 air. i . Fio'. I . B JPjia: 20(j. ■CI vu f come potrete osservare voi , che se si prenda un garofano, sia gran- de quanto si voglia, abbia compresi nell' efìerno calice quanti garofani possa avere col loro calice particolare, è raro, che nel ,^ ~ pie- F.^r. UPij. I rl.U DEL L' ACCADEMIA aii MEMORIA Sopra la fecondazione del fiorì doppj DEL SIG. DOTT. ANTON=MARIA FINESCHI L figgendo io per piacere nell'ore d'ozio l'Opuscolo del Linneo intitolato Spor.salia Plantarum , vi lessi alcuni paragrafi ri- i guardanti i semi dei fiori doppj , i quali mi fecero sovve- nire di ciò , che mi era accaduto nella mia più florida gio- ventù , quando, non iniziato nei forensi studj , poteva attendere alla cultura di tali fiori . Volli confrontare le mie esperienze con quanto dice il lodato Autore, e viddi, che quei paragrafi, che ho accennati, meritava- no qualche spiegazione , la quale e poteva non dispiacere a chi riguarda i fiori con occhio fisico , e piacere moltissimo a chi li coltiva pelle signore . Mi determinai perciò di fare, dirò così, un cemento a tali pa- ragrafi > e presentarvelo , conforme faccio. Accademici virtuosissi-, mi, e sottoporlo in ogni parte alle vostre savissime reflessioni . „ Flores iuxuriantes, C così dice il lodato Autore al $. 36) sunt; ,, cym plurima petala jufto florem occupant , suntque vel Pieni, ,, ubi loco omnium fìaminum petala enascuntur : vel Mu/tiplicati , ,, cum ftamina nonnulla exulant , nonnulla vero raanent : vel Pro/i- i, feri cum piflillum in alium excrescit florem cum suo pedunculo „ . Ed al §. 37 ,, Omnes flores Iuxuriantes merito Inter monftra „ collocamus, cum transmutantur partes essentiales , diversamque ,, induunt naturam , &. figuram , quod haud parum admirantur igna- „ ri , quibus flores, pieni, & multiplicati in deliciis sunt ,, . Io non intendo di voler fare il correttole ad un Uomo, il di cui nome , e fama saranno sempre immortali ; ma siccome nelle cose di fatto si può disconvenire da uno , senza mancarli di quella ftima , e di quel rispetto, che li si deve, cosi non posso convenire eoa esso in verun modo, che nei di lui fiori proliferi , e pieni segua Ja metamorfosi del pifìillo, e flamine in petali, perchè osservo, come porrete osservare voi , che se si prenda un garofano, sia gran- de quanto si voglia, abbia compresi nell' ef^erno calice quanti gjroFani possa avere col loro calice particolare, è raro, che nel ' pie- a?* ATTI piccol garofano, che forma ii centro , non visi trovili piftillo ca- pate ancora di ricevere le polveri seminali, e fecondare qualche vol- ta i semi , come porrete riscontrare da quefto fatto . Aveva io in no vaso una pianta di un rarissimo garofano di colore tendente al nero, i fiori della quale, se avevano un ora di sole , si potevano dire quasi bruciati . Uno dei fiori si era di già aperto, ed aveva molti «ccessorj, che lo facevano essere dei più jproliferi. Aveva il solo piftillo , e mancava affatto delle llamuie . Mi era raccomandato a chi cuftodiva 1' orco, giacché non poteva averlo in mia casa, che non ha comodo, né di luogo, né di espo- sizione , che la mattina dopo levato il sole , me lo togliesse dall' . aria aperta, e lo riponesse in un luogo ombroso. Né fu levato dal sole, né io andai per qualche giorno all' orto , onde trovai i petali tutti bruciati . Ma siccome il pistillo non ave- va sofferto nulla, credei di non cogliere il fiore bruciato, per ve- dere che ne avvenisse. Il fatto fu , che dopo asciuttata la cdssula , vi trov&i un seme solo granito, ma molto più grosso dell'ordiaa- rio , che sementato, dette, a suo tempo, uno dei più bei garofani proliferi di colore oscuro , che fossero mai venuti . Se vi degnate , Accademici Virtuosissimi , di pazientare anche un poco, darò la mia spiegazione di quello fenomeno, à\ come, cioè, potesse succedere . che un fiore /i/-o///i.'ro , mancante di ftamine , producesse un seme fecondo . E' facile ancora il conoscere , che la pienezza del fiore non dipende dalla metamorfosi del pifìillo , e delle flamine in petali, perché, se ciò fosse, non si darebbe mai pienezza di fiori, giacché il pistillo , e le flamine sono di numero molto, e molto inferiori ai petali , che si trovano a centinaja in alcuni dei fiori pieni , sicché l'abbondanza di tali petali , deve dipendere da tutt'altro , che dalla metamorfosi sopraddetta , siccome da tute* altro deve dipendere la mancanza e dei piftilli , e delle lìamine . Vi bafìi per ora di conoscere , che é dubbia molto, se non vo- lete creder falsa , la metamorfosi , come la credo io , giacché net fiori moltiplicati , chiamati volgarmente da noi semidoppj , esistono sempre e flamine e piftilli, sebbene il seme nella massima parte di tali fiori sia Aerile, ma ciò, come fatò vedere, per Èccidente, no per natura , e nei fiori proliferi si vede quasi sempre il piflil- lo , e molto spesso le flamine ancora: sebbene senz' alcun frutto nel modo iflesso . A me pare , che possa dirsi con ragione , che quando nei fiorì noftri mancano le parti della generazione, debba attribuirsi o alla mancanza del nutrimento necessario a tali parti , che , succhiato dalla troppa quantità dei petali , impedisca il loro sviluppo ed ac- crescimento , o dall' occuparii , dirò cosi, dalle radici dei petali quello D E L f A e e A D E M I A aig quello spazio , die averebbe occupato il piflillo, e le ftamine , e die non possano perciò venire alla luce, giacché quando il Lin- neo non ci porta veruna esperienza , che confermi la di lui asser- sione , pare, che si debba ricorrere ad una ragione naturale , piut- tolìo che ad una quasi soprannaturale, molto più , quando troviamo combinata una eccessiva quantità di petali coli' esistenza delle flamine, e dei piftilli . E' vero , come qualche yolta ho osservato con mio sommo piace- re , che i pifìilli di fior di limone , pare che sieno soggetti ad una metamorfosi; ma se si veda il fatto con occhio filosofico, si vedrà sparire atfatto tal metamorfosi , e vi si troverà un corso regolaris- simo della natura . E' fuori di questione, che i piftilli hanno la loro epidermide , la loro softanza cellulare . Quando hanno fatta quella funzione alla quale sono fiati deftinati principalmente dalla natura , si asciuttano, e cadono. Nelle annate , nelle quali non piove in tempo della fiori- tura dei limoni, si vede spesso, che i piftilli di qualche fiore, in vece di asciuttarsi, restano verdi , crescono a guisa di tanti cornet- ti , maturano quando il limone , del quale formano parte indivisibile per natura, ed hanno la ftessa polpa , la ftessa scorza. Quefto non vuol dire esser sottopofti ad una variazione , ma che l'epidermide, la softanza cellulare dei pistilli nel limone, non è di- versa né punto, né poco da quella del frutto : che il cadere, o noa cadere i piftilli, in tal pianta, dipende da unacausa meramente eftrinseca , e non da altro : che non cadendo , mantengono la loro primitiva natura, nonoftanteché si sieno in principio manifeftati sot- to un diverso aspetto da quello sono effettivamente , e che fanno tut- to quel corso naturale , che fa il frutto del quale formano parte . Dopo quefto seguitiamo il noftro Autore . ,, Hinc nuUos flores „ plenos C§« 38) naturales umquam dari, nisi ex simplicibus propa- ,, gati sint , prnspicere possumus , siquidem nulla dantur monftra ,, naturalia . Flores hi , primum ope nutrimenti copiosissimi exo- „ riuntur ,, . Niuna cosa è piòverà di quefta. Il solo nutrimento é il segreto per far passare i fiori dallo flato di scempio a quello di doppio. Le fasi lunari nel seminare , per quefto oggetto , son tutte fole . Mille esperienze ho fatte , ed ho veduto , che con buon seme , e buona terra , si hanno dei fiori doppj , con cattivo seme e cattiva terra si hanno scempj • Giova anche molto nutrire il seme con robe grasse , prima di spargerlo in buona terra, che vuol dir nutrimento nel mo- do iftesso . 11 molto nutrimento fa sprigionare nei semi , come lo fa al grano , più germi, e quefta è la vera cagione della doppiezza, e no la luna . Tom. Vili. D d . Deb- 214 ATTI Debbo per altro confessare , che con tutte le diligenze usate non sono mai arrivato ad avere un fiore neppure semidoppio dai se- mi dei monopetali, forse perchè il noflro non è clima adattato per tale oggetto , giacché , se esiftono i fiori doppj di questa specje , è necessario dire, che son venuti dal seme, e no dalla natura, che non li vuole , ma li ama scempj . Fra quanti fiori per altro , portati dal campo al giardino, corrispon- dono il meglio possibile ai voti del Giardiniere , il Ciano occupa con sicurezza il primo pofto . Giace esso disprezzato pei campi, sempre uguale a se flesso, sempre scempio , e sempre uniforme nel colore, rinasca al campo quanto si vuole. Portatene una piantici- na nel giardino, governatela, cuftoditela . Troncate subito tutti i fori , che getta , alla riserva di tre o quattro per dare il seme , e vedrete, che nascono da quefto fiori non solo, tutti doppissimi, ma di colori assai varj ancora , fino ad averne di quelli di mezze tin- te , che son bellissimi . Se si cuflodiscano, se s'ingrassino quelle piante , dalle quali si vogliono avere i semi; se s'impedisca di darne troppi, si hanno dei fiori doppj ancora dalle altre specie di fiori , purché non si tra- scuri di spargere il seme in terra buona , e di ajutare con ingras- si il seme a sviluppare più germi nel tempo iftesso . Ma veniamo, finalmente al più bello. ,, Cum flores hi ftamini- ,, nibus deftituantur , (segue ai ^§. 39 e 40) privantur etiam orga- ,, nis genitalibns masculinis , ftigmata foecundancibus : nulla vero se- 5, mina ante faecundationem progerminare possunt . Ergo hi flores , ., seminibus careant necesse eft . Eadem de proliferis omnibus argu- „ mentandi methodus valet, ex. gr. Ranunculus , .Rosa , Geum ; om- 5, nes euim fteriles fiunr , quia abefl: germen , %• 12 e 13 fatte incidere a bella polla . Tali pezzi di pietra non mi parvero dei comuni , onde deliberai di fermarmi in quel luogo per osservarli più minutamente, ma una dirottissima, e continuata pioggia mi coftrinse a partire, e non mi permesse se non di raccorne aUuni pezzi per esaminarli doppo il mio ritorno a Siena conforme ho fatto . A prima giunta credetti, che fossero le cosi descritte Oliti, ma varj granelli , che vi trovo legati da sugo spatoso , e clit mi sembrano formati di vane sfoglie, o circoli concentrici sino al- nu- mero di Tre, o quattro me ne dissuasero; molto più poi, die non di rado si nova racchiuso nel centro dei grani più grossi un p,!obec- rino mnlro frappile , che nella sua frattura lascia un voto formato di uno , o due circoli , e per quanto in due tavole relative alla de- scrizione delie Ooliti riporrate da Ernerto Bfucmanno nel suo trat- tato, che ha p 'r titolo: Thesaurus subterraneus dacatus Brunsuiqu si vedano figurate alcune pietre , che molto si accoftano ai pezzi da me trovati, pur nonoitante vi trovo qualche singoiar diversità, on- de non credo possano con sicurezza annoverarsi a quella specie . Si uniforma ancora in gran parte ai ridetti pezzi di pietra la miniera di ferro li monosa , alla quale pure viene dato il nome di Oolite, come nota lo (lesso Brucmanno, e Rome Delisle : ma i varj tentativi chimici che ne ho fatti mi hanno baftantemente persuaso , che sono di una sofìanza diversa dalla detta miniera . Ho rilevato ancora , che non tutti i detti pezzi di pietra sono simili fra loro, ma ve ne sono alcuni comporti di un maggior nume- ro di grani , ed i grani flessi sono di mole diversa : per esempio nello flesso pezzo vi sono dei grani della grossezza del panico , e ve ne sono di quelli, che arrivano alla mole di una grossa lente . Ancor quefli però sono formati delle medesime durissime sfoglie concentriche in quel numero di sopra espresso , e flrettamente le- gati assieme, colla differenza, che nella superficie eflerna sono per la maggior parte appianati, e rappresentano vari circoli. In altro pezzo vi si trovano dei grani, che sono fra di loro ancor più diver- si, perche alcuni lianno una protuberanza in mezzo, come vedesi nel num. 12 (Tav. XI.) fìg. 13 lett. A, altri sono divisi da una, o due linee in forma di croce Q fig. 13 lett. E. H. K. ), altri sono tagliati da più linee , che si partono dal centro si diflribuiscono in sfera, e vanno sino alla loro circonferenza , come potete vedere nel Tom. Vili. Ff n. i» ajo ATTI n. 12 ^Tav. Xl.) lete. G. e D. , ed altri finalmente racchiudono nel loro centro dello spato crifiallino , come vedesi (ivi) lett. I, B. C. F. Per ultimo non ho mancato di rompere alcuni di detti pezzi per esaminarli interiormente , ed ho osservato nel loro centro , ptr quanto mi è sembrato , dello spato criftallixzato in forma quadrangolare , co- me potrete rilevare dalla flessa fig. 13 lett. G. I riscontri , che ho fatto in seguito di quelli pezzi di pietra con quelli descritti da varj Autori, e che hanno qualche analogia con quelli da me trovati, mi portano a credere, che siano della spe- cie delle porpiti , giacché le figure riportate da Guettard Tom. IH. delle sue memorie tavola Xll. , e Xlll. non differiscono dai detti pezzi, se non che nella grandezza, e la descrizione, che fanno delle Porpiti Bomare , e Beitraad sembra che confermino il mìo sen- timento . Voi che avete buon'occhio per le cose naturali , esaminati che averete quelli prodotti, che vi presento, saprete meglio di me co- noscere la vera specie, onde vi prego, che mi comunichiate il vo- ftre savio parere . Mi reilerebbe da descrivervi altri prodotti da me trovati, e che meco conservo , tra i quali un Agarico molto singolare , due grosse petrificate Mandibole , un Viperetto petrificato , alcuni Dattili di sin- golar figura, alcuni criflalli di monte uniti assieme con dei crifìalli di Zolfo , un Granchio totalmente petrificato , alcuni Corni d'ammo- ne ripieni di spato bianchissimo, ed in essi elegantemente criflal- i zzatosi, rilegati, ed impaftati con alcune Belenniti nella sofìanza del nostro marmo cosi detto di Caldana , ed alcune altre produzioni , ma contentatevi , che mi riserbi di farlo ad altro tempo, giacché i riilretti limiti di una lettera non mi perraetcono che più a lungo vi rechi noja . Siena 15 Geanajo 1799. ISTO- Vacr 270 Ta^.VI JV^ J Fia.-h Tua: 2Z0 Paa: 2Z0 Tat^- V^J^ Faa: 2Zd Ta(^: Vjjf Ta^.IX '.■ S3'c/ 7a^:IJ(. 1 Faù: 2?o flri^ì^/^é^ì^^KijL^ ^*^w0j^j[, w^0>ì^%mj^^Cj£^^ j^f^^ìgJcu^^isMJSgf^ iailffa("ii^c3Si(&2:8S!U=^ K' ^ ^/ /£ TaK-XJ DELL* ACCADEMIA i3t ISTORIA Di due gravidanze extrauterine DEL SIG. ANASTASIO GAMBÌNI Professore d'Ostetricia nell'Università' E Chirurgo Infermiere del R. Spedale della Scala. SE Iff ovaje sono desinate a concenere ì primi rudimenti dell' embrione umano , e se io quefti corpi segue la fecondazione , come sembra pofto nella più grande evidenza da un gran nu- mero di farci ricevuti per sicuri, ed inconrrafìabili nella Fisiologis , non deve pii\ sorprendere che il feto» il quale dalle ovaje deve im- boccare nella tuba Falloppiana, superarne tutto il tratto, discende- re nella cavità dtll' utero , ed ivi svilupparsi , crescere , e perfezio- narsi secondo le leggi della natura , incontrando talora qualche non lieve oftacolo in quello non facile tragitto , sia obbligato a fermar- si , e col concorso di favorevoli circoftanze possa svilupparsi, e cre- scere fuori dell'utero. Ed infatti la ftoria Patologica, e Medica ci offre oramai una serie numerosa di osservazioni , che non lasciano dubitare che il germe non si sviluppi talvolta nello flesso ovajo , talvolta nella cavità della tuba , e che ancora , non avendo potuto in qualche occasione imboccare nella tuba , sia caduto nella cavità del basso ventre , ed attaccatosi alla superficie de" visceri in essa contenuti , abbia potuto svilupparvisi . Fra le gravidanze, le quali per aver luogo fuori dell'utero di- consi extrauterine, forse la meno rara è quella, che succede nel canale della tuba; poiché a mio credere essendo la ftrurtura , eia superficie della tuba molto analoga a quella dell' utero , presenta •ubito all'uovo obbligato a trattenervisi da qualche impedimento, che si frapponga al suo progresso nella tuba , ed alla sua discesa nella cavità dell'utero, le circoftanze meno sfavorevoli al suo svi- luppamento . Quali poi siano gli oftacoli capaci d* impedire la discesa dell' uovo nella cavità dell'utero dopo che è (lato ricevuto nella tuba , non può determinarsi con certezza per la mancanza di osservazioni idonee a dimollrarli nei cadaveri . Tuttavolta se non dispiaccia di F f ij so- £32 ATTI «oftituire il raziocinio appoggiato alle cognizioni anatomiche, ove le osservazioni , ed i fatti positivi ci abbandonano , potre- mo acquiftare qualche idea forse non lontana da) vero, almeno di alcuni di cali impedimenti . Se ci rammentiamo che il canale della tuba, più ampio al suo orifizio efìerno verso 1" ovajo , diviene tanto più angufìo quanto più si avvicina al suo termine nell' ute- ro , non ci sarà difficile di comprendere che 1' uovo deve incontrare difficoltà tanto maggiore alla sua discesa , quanto più s' avanza nel canale . Esso nondimeno supera comunemente quefta difficoltà ; ma r orifizio efierno della tuba in qualche caso può ammettere un uo- vo così voluminoso da non poter superare le anguftie della parte inferiore del canale, e particolarmente dell'orifizio interno . il quale suole essere eftremaniente angulìo . L'uovo può trovarsi più grande dell'ordinario per essere troppo turgido di umori, o perchè siasi trop- po trattenuto nell' ovajo dopo la fecondazione . La naturale angu- ria dell' orifizio interno della tuba può essere aumentata da qualche ingorgo , o durezza nata nel fondo dell* utero , o al medesimo ori- fizio, e da qualche corpo efiraneo , che si trovi nella cavità dell' utero . Se la tuba sia troppo rigida , o per qualunque altra causa incapace di eseguire quel moto vermicolare, che promuove l'uovo verso l'utero; se sia mancante di quell'umore mucoso, che ser\'e a "renderla lubrica, e facilitare il moto dell'uovo; se sia infarcita di umori viscosi , e glutinosi , l'uovo in quefìi , ed altri casi somi- glianti, che inutile sarebbe rintracciare troppo minutamente, potrà essere impedito di arrivare al suo defìino , e ciò specialmente dap- poiché per la troppo lunga dimora nel canale, già abbiano germo- gliato le radici della seconda , e , come avverte il Vallisnieri , abbia- no resa ineguale la sua superficie . Sebbene però le gravidanze nella tuba non siano molto rare , se si prendano in complesso le osservazioni regiftrate dagli Scrittori , pure quando si tratti di feti sviluppati , e perfetti a riguardo dell' epoca della gravidanza, e non già di casi i quali nuU'altro presen- tino che i reliquati di un leto , che si suppone esservi ftato , o le morbose alterazioni, che ne sono derivate, quefìe osservazioni pos- sono ancora considerarsi per rare, e meritevoli di essere conserva, te . Tale è appunto , dottissimi Accademici, quella , che mi faccio un dovere di sotroporre al saggio voflro discernimento . Essa vi pone sotto gli occhi un'altra particolarità, cioè una gravidanza tubale con una gravidanza falsa uterina. Ma prima io devo accennarvi le no- tizie intorno alla malattia, che precede la morte della donna, che fu il soggetto di quefta osservazione . Correva il terzo mese che a Glrolama moglie di Vincenzo Ser- chi di Siena, d'anni quaranta, di coftiruzione sana , e madre di tre figli, mancavano i suoi mensuali repurgamenti, e poiché soffriva diwr- D E L L* A G e A D E M I A «33 diversi altri incomodi proprj della gravidanza, non dubitava essa di esser gravida . La sera del di 16 del prossimo passato Febbrajo improvvisamen- te, e senza alcuna niBniferia cagione fu assalita da dolori atroci nel bassoventre accompagnati da vomiti, convulsioni, e svenimenti. 11 Medico Sig. Corsini accorso alla di lei assiflenza non mancò di prescriverle quei rimedi, che ftimò più efficaci a calmare i suoi tra- vagli , ma inutilmenre . Chiamato la susseguente mattina a visitarla. trovai die olrre ad un dolore permanente, e generale di rutto il bassoventre, di quando in quando soffriva dei dolori del tutto si- mili a quelli, che accompagnano il parto. 1 muscoli del bassoven- tre erano tesi , e rigidi , ma senza timpanizzazione , e senza feb- bre. Passai al risconcro dell' utero , e trovai il suo volume accresciu- to, ed il suo orifizio chiuso , da cui gemeva piccola quantità di un siero sanguinolento. Da tuttociò giudicai che 1' utero fosse gravido, e contenesse non già un feto, ma piuttofìo una m^>la , e che i de- scritti dolori espulsivi indicassero gii sforzi , e le contrazioni di quel viscere dirette ad espellerla; perciò ordinai quei piccoli ajuti utili a queil" oggetto , e feci sperare alla donna un felice termine dei suoi travagli. Solamente la mattina del di 19 i dolori si resero più violen- ti, particolarmente all'epigaiìrio, ove r Inferma soffriva un senso mo- leftissimo d'ardore, si manifeftò il meteorismo del ventre , e soprag- giunse la febbre . Fu allora sopracchiamato il Sig. Dote. Antonio Mancini , il quale , avendo concepito giufto timore dell'attacco in- flammatorio, ordinò la cavata del sangue , ed altri rimedj tendenti a raffrenarlo . La cavata del sangue fu replicata nel giorno flesso , ma a fronte di lutti i praticati soccorsi la sera del dì co, e cosi dopo tre giorni di malattia mori la donna quasi in compendio . Queflo infauiìo successo non coerente al primo ftadio della ma- lattia, imprevisibile, e precipitato nel suo fine, pose giufiamente in sospetto dell' esiflenza di qualche occulta cagione , la quale ci proponemmo d' invrfligare colla sezione del cadavere. Non sì tofto fu aperto il bassoventre die ci accorgemmo che tutta quefla cavità era inondata di sangue. Quefto fluido in parte era sciolto, ed in parte coagulato, e la sua quantità fji giudicata intorno a cinque lib- bre . Tolto di mezzo con diligenza queflo sangue si esaminarono ad uno ad uno i visceri del basso ventre contenuti nel sacco del peri- toneo , e trovaronsi tutti nel più perfetto ftato , e così senza la minima traccia di sofferta infiammazione . Sollevati poscia gli iute- ftini , si osservò che la tuba Falloppiana della parte defìra per un trarrò di quattro dita traverse , incominciando poco al disotto dell' orifizio efterno fino ella sua parte media alla diftanza di tre dita Ì3 circa dall'utero, dilaravasi in un tumore della grandezza , e figu- ra di un uovo di salina; queflo tumore giaceva immediatamente so- pra 134 ATTI pra l'ovajo, e intieramente lo ricuopriva , avendo dovuto levar di Siro, e discofìare il rumore , affine di mettere allo scoperto l'ovajo . Nella parte inferiore , ed anteriore del tumore medesimo scorgeva- 9i nella superfìcie della tuba dilatata un grumetto di sangue, che vi flava aderente, tolto il quale, potè osservarsi che in quefto luogo appunto esisreva un vaso sanguigno dilatato, e lacerato , da cui era flato versato il sangue Itravasato nella cavità del basso ventre . L'ute- ro ancora , che indi si passò ad osservare , comparve quasi doppio del naturale fuori del tempo di gravidanza . Affine poi di porci meglio in grado di esamiftare ciò che si con- teneva nella cavità dell'utero, e specialmente il tumore della tu- ba, si levò di sito lo flesso utero con le sue appartenenze . Ed aperta la cavità dell' utero con taglio longitudinale , si trovò in es- sa una mola carnosa del peso di un oncia e mezza, di colore rosso scuro, così aderente alla superficie interna dell'utero, che non po- tè separarsene che a llento . Dalla cavità dell' utero s' introdusse nel canale della tuba per il suo orifizio interno un sottilissimo specillo, e si apri quindi lo flesso canale longitudinalmente per tutto lo spa- zio compreso fra l'utero , e la psrte dilatata della tuba . Quefìa porzione si manteneva nel più perfetto flato naturale . Dopo ciò si aprì con diligenza il tumore della tuba , che occupava il rimanente del canale, facendo un taglio longitudinale nella sua parte anteriore alquanto superiormente , e profondando il taglio per gradi fintanto che ci parve d'inciderne la soflanza , e che non si presentò ai no- {\rì occhi un corpo vescicolare contenuto dentro al tumore. Si di-, latarono i lembi del taglio , ed in tal modo si messe allo scoperto una gran parte dell'indicato corpo vescicolare, il quale si osservò perfettamente trasparente , talché a traverso delle sue membrane acorgevasi chiaramente nuotare dentro di esso un corpo opaco si- mile ad un piccolo feto . Quefto corpo vescicolare era incontrafta- iilmente un uovo , che non aveva potuto avanzarsi nella tuba , e calare nell'utero, ed aveva dovuto fermarsi, ed incominciare quivi il suo sviluppo . Passati alcuni giorni si aprirono le membrane coftituenti l'uovo accennato . Ne uscì un limpido umore , e potè meglio esaminarsi il corpo contenutovi. Quefto era, come già si era supporto , un feto perfettamente formato relativamente alla sua età all' incirca trimeftre ; si scorgevano ad occhio nudo le sue parti genitali maschili , e tut- te le altre principali parti inclusivìimente le più minute , come le dita, gli orecchi, gli occhi, il naso, e la bocca. La sua tefta era situata dalla parte dell'utero , ed i piedi verso 1' orifizio efterno del- la tuba . Era la sua lunghezza circa due pollici Parigini . 11 tralcio , che drpo varie volute andava ad impiantarsi neila placenta , era molto grosso in proporzione della grandezza del feto , La placenta era DEL L- ACCADEMIA 4^^ era attaccara alle parti interne della tuba dilatata , ed era così ara- pia che circondava intieramente le membrane componenti 1' uovo, talché ci accorgemmo che nel fare il taglio longiditudinale per apri- re il tumore della tuba, oltre alla sofìanza di quefto canale, era fiata tagliata ancora la placenta. Quella parte della tuba interessati» uel tumore contenente il feto, quantunque molto diftratra , e dila- tata , avea le sue parati piuttoflo ingrossate che assottigliate . Tralascio molte osservazioni da me fatte intorno al feto surri- ferito, ed alle sue membrane , perchè gli sono comuni con qualun- que altro feto di eguale volume , ed età contenuto nell' utero . In vece di quelli inutili dettagli penso di cogliere quefla favore- vole occasione per farvi succintamente il racconto della più rara fra le gravidanze extrauterine , che mi successe di osservare molti an- ni sono nel Regio Spedale di S. Maria nuova di Firenze . Avvenne il caso nella persona di Orsola Trevisani vedova d» molti anni di Bartolommeo Mazzoni di Firenze , madre di più figli, nella sua età disopra 60 anni. Fu essa portata allo Spedale il di ir Dicembre 1782 per un Ernia incarcerata, di cui pochi giorni dopo morì . Io feci la sezione del cadavere a solo oggetto di esaminare lo /tato degl' inteftini ; ed aperto il basso ventre mi comparve su< bito un tumore della figura , e volume di un grosso limone situa- to a siniflra nella pelvi , ed involto in un lembo di omento. Preso quel corpo in esame, conobbi essere 1' ovajo sinifìro, il quale oltre ad essere cresciuto a quella mole , era degenerato in una sofìanza quasi ossea . Nel levare di sito quefìo tumore per meglio esaminar- lo, os5erVai che era aderente alla tuba Falloppiana , di cui non ri- maneva intatta , che una piccola porzione verso i* utero . Il tumore fu tagliato ov' era meno duro, e ne scaturì poca materia simile al miele sì nel colore , che nella consiftenza , molto fetida . Il rima- nente poi della materia contenutavi era una sofìanza adiposa, den- sa , ripiena di peli, e di piccoli capelli. Avendo successivamente agitata nell'acqua quefla materia adiposa, se ne separarono otto denti , dei quali sei molari , e due incisori , msncanti delle loro radici , ma perfettamente smaltati , e grossi come quelli degli adul- ti . Due dei detti denti erano piantati in un pezzetto d'osso, che ci parve una porzione dell'osso mascellare. Vi esifteva inoltre uà pezzo d'integumento, che sembrava appartenere alla parte capil- lata , poiché vi si vedevano diftintamente i ducei dei capelli . L'ova- jo , che formava il continente delle accennate parti era nelU mag- gior parte ossificato , e nella sua superficie interna vi si vedevano delle ineguaglianze a guisa di solchi . Che spesso nei rumori delle ovaje si trovino delle parti c?rno- se , cnitilaginose , ed ossee, ed anche dei peli, niente ciò prova per flabiiire le gravidanze nell'ovaja ; poiché simili prodotti accade pu- re 436 ATTI re di osservarli in tumori steacomarosi di altre parti del corpo , ove non può supporsi lo sviluppo di un feto . Ma quando vi s' in- centrano dei capelli, dei denti, e delle altre ossa , sufficientemen- te caratterizzate per doverle considerare come produzioni organi- che, niuno in tal caso ha potuto contraftare che tali reliquati non apartengano ad un feto, che ivi un tempo ha dimorato. Così que- fta osservazione accresce il piccol numero dei fatti , i quali dimo- fìrano che nella ovaje può accadere lo sviluppo del feto, e che per- ciò ne segue quivi la fecondazione . Spiegazione della Tavola XII, Fig. I. Rappresenta la tuba Falloppiana della parte deftra eoa 1' utero e sue appartenenze . A. L' utero . B. B. Le ovaje . C. C. I ligamenti rotondi . D. La tuba Falloppiana siniflra . E. E. La tuba Falloppiana deftra con le sue fimbrie intorno all' orifizio superiore . D. D. D. Tumore prodotto dalla dilatazione della tuba Fallop- piana siniftra . a. Luogo ove si osservava la lacerazione, per cui era sgorgatoli sangue trovato nella cavitò del bassoventre . b. b. h. Apertura fatta in detto tumore per mettere allo scoper- to r uovo contenutovi . e. e. L' uovo intiero . d. d. d. La placenta che circondava 1' uovo in tutta la sua pe- riferìa . Fig. 2. Rappresenta il tumore sopradescritto della tuba Falloppiana si- niftra. e l'uovo aperti con taglio longitudinale per far vedere il feto contenutovi . A. A. La tuba . B- B. B. 11 tumore o dilatazione della medesima . a. Il luogo dell' accennata lacerazione . b. b. b. La placenta divisa . *. e. e. Le membrane dell' uovo aperto . d. d. Il feto. e. Il cordone ombelicale. ISTO- Tacj: 2-36 B e J_ l) Fici: f- W\^ DELL* ACCADEMIA «37 ISTORIA RAGIONATA Di una rara e singolare tardanza e difficolta agli sgravj intestinali, prodotta dalla quadrupla lunghe^x*^ e tri' plice ripiegatura dell* intestino retto, e daW enorme dilatarjone del retto e del colon DI DOMENICO BATTINI P. PnoFEsioRE DI Medicina Pratica e Segretario perpetuo dell'Accademia. LA natura , sempre provida e sempre intenta alla conservazione dell'umano individuo, ha regolato in guisa il bisogno delle A evacuazioni inceAinali , che possono esse talora molto ri- tardarsi senza sconcerto, e senza che l'uomo gaiftamente possa dir- si ammalato. La comune osservazione ci pone giornalmente sotto gli occhi un gran numero di uomini , i quali godono di una piena e Ila- bile salute , nel tempo che vantano la loro particolare tardanza a sgravarsi del ventre senza moleflia ; né la ftoria medica é avara di casi, ove gl'individui dell'uno e dell' altro sesso si veggono sog- getti a quefia irregolHricà , che Haller si è data la cura di esatta- mente raccoglitre e indicare. Ma quefta ordinaria tardanza, comu- nemente detta ftirichezza , o non è che l'effetto della lassezza e torpidezza degl' interini , e delia ftraordinaria mole e indurimento delle materie concennte, per cui queiìe non sono che lentamente pro- mosse ; o dipende dal trascurare alcune cause coadjuvanti , impu- cabile a errore o ignoranza; o in fine non è che un sintoma di al- tra vegliente malattia : molto perciò lontana in tutti 1 casi men- tovati dal coftifuire per se medesima una malattia essenziale e primaria, e dall' esigere altro metodo curativo fuori di quello che ha per iscopo semplice ed unico di sollecitate le inteftinali evacuazioni. La tardanza dei consueti sgravj del ventre allora solamente dee riguardarsi come una pirticolare e formale malattia, quando oltrepas- sa i limiti ordinar] , e la funzione si prova difficile , laboriosa , do- lorosa, ed è precedura e accompagnata da accidenti insoliri e gra- vi, e quando la consistenza e qualità delle materie che si rendo- no si allontana considerabilmente dal suo coftume ordinario. In que- Tom.Vlll. Gg Ilo '•a 138 ATTI fìo aspetro si è che il ritardo e la difficoltà dee riconoscere delle cause sue proprie, delle lesioni insigni, o qualche difetto organico particolare. In quefto caso il metodo curativo può doversi grande- jnente allontanare dalle idee comuni e dai rimedj usitati . In simi- li contingenze fa d* uopo di una incredibile sagacità nel giudicar- ne , della maggior prudenza nel condursi , e di tutto il coraggio per opporsi ai volgari pregiudizi . Quantunque l' iftoria medica ci abbia conservata la memoria di molti casi di tal genere, i cui dettagli darebbero molto lume per fissarne i segni diagnoftici e prognoftici , e per dirigerne la cura, ci spiace, allorché si passa a consultarli, di trovarli così digiuni, cosi fterili e mancanti, onde per lo più sembrino appena suiHcienti al- la pura e semplice indicazione di un fatto successo; cosicché non male si apporrebbe chi avuto riguardo specialmente alla iloria dei fenomeni morbosi, softenesse non essersi per anco incominciato a raccoglierne i materiali , e considerata la moltitudine delle cause ne ftimasse la cognizione patologica imperfettissima e i fondamenti del metodo curativo del tutto mancanti. Non è mia intenzione , né convenevole a quefìo luogo il ritessere la ftoria delle cose da altri riferite su tale argomento, delle quali danno già ampio ragguaglio le opere di Bonec , di Haller, di Lieuteaud , e di altri; ma le ri- flessioni da me fatte di passaggio sul loro complesso baftano per gia- flificarmi se nel fare il racconto di un caso singolarissimo di que- llo genere, e del tutto nuovo a riguardo della particolare lesione organica trovata negli inteftini crassi , scenderò ad un dettaglio for- se troppo minuto , e mi sforzerò di illuftrarlo con varie osservazio- ni, le quali ho ftimato tanto più importanti, quanto più ftrani fu- rono i fenomeni, che accompagnarono il male, quanto più arduo il giudicarne in vita , e quanto finalmente più raro e singolare ciò che r apertura del cadavere ne scoperse . Don Camillo Rospigliosi Romano figlio primogenito del Principe Don Giuseppe fu il soggetto dell' iftoria luttuosa, a cui mi accingo. Egli fino dalla più tenera età non godeva dell' esercizio libero e lacile della funzione inteftinale, poiché , secondo che ne ho raccol- to , si era obbligati a procurare le evacuazioni per mezzo dei clifìeri , e le materie erano coftantemente molli , né mai compat- te e dure . Quefto sistema non era , almeno in progresso , suffi- ciente a mantenere la regolarità degli sgravj , mentre si trattene- Vano sempre , e si accumulavano negli incefìini delle materie , le quali erano poi espulse di tempo in tempo in quantità flraordina- ria. Tale era il suo fiato quando l'anno 1784 in età di sette anni fu deftinato e ricevuto per uno dei Convittori del Nobile Collegio Tolomei di Siena. Qui fu trovato inutile l'uso giornaliero dei clifteri, perché non reca- DEL L' ACCADEMIA 239 recava il desiderato regolare sgravio , né preveniva gli sconcerti ,■ L' ajiico dei clifìeri speriinentavasi vantaggioso solamente all' effetto di promuovere e facilitare le evacuazioni ai loro consueti periodi , o di prevenirne il soverchio ritardo , Le cose procederono così per più anni senza che eccitassero una più speciale attenzione di chi allora presiedeva alla salute dei nobili Convittori . Don Camillo si acco- modava perfettamente alla vita comune senza inconvenienti , né si lagnava di notabili incomodi ; talcliè sembrava che il disordine ri- guardasse più la pulizia che la salute , e dubitavasi più del morale clie del fisico . Ma ciò che in progresso si andò sviluppando mostrò chiaramente che a torto si incolpava il morale , e che realmente esifteva una causa fisica di particolar carattere , la quale meritava la più scrupolosa attenzione . Gli sconcerti , che non permettevano dulJitarne, incominciati da lievi gradi presero maggior vigore e pos- sesso verso l'anno 1788 , quando appunto venne a me affidata la cura medica di quefli nobili Giovinetti. Dopo quel tempo fin ver- so il fine dell' anno 1792 , tolto qualche intervallo di calma o di minor diflurjjo, le circofìanze, che accompagnavano l'esercizio del- la funzione inteilinale, furono le seguenti . Dopo aver goduto una perfettissima quiete per più giorni in se- guito al precedente sgravio , cominciava egli a risentire verso sera un'enfidgione all' ipogalirio prodotta dalla dilatazione del ventricolo, la quale nella notte si dileguava spontaneamente . Queua enfiagio- ne diventava ogni giorno maggiore ed a gradi si eftendeva a tutto il basso- ventre . In quello tempo, esaminando quella cavità quando era libera e cedente, non si scuopriva in essa veruna durezza, veruna re- sifienza , verun punto dolente alla pressione . Soltanto nella regione ipo- gaftrica compariva, e a poco a poco cresceva una tumefazione, che sor- geva dalla pelvi , lateralmente e superiormente circoscritta, varia in diversi tempi sì nel volume che nella figura . Allorché essa aveva acquiAata una mole considerabile , il basso-ventre si rendeva uni- versalmente sempre più gonfio a ore determinate con frequenti e forti gorgogliamenti di aria e con dei doloretti vaganti. L'appetito si perdeva , subentrava la nausea a qualunque cibo, si facevano fre- quenti esplosioni di aria dallo ftomaco , il polso si rendeva con-" centrato e frequente, nei maggiori insulti suscitavasi qualche grado di febbre, le orine erano abbondanti e chiare, talora scarse e fo- sche. Intanto svegliavansi molefti ftimoli all' eflremità del retro e ne succedevano le evacuazioni , ma scarse, né proporzionate al bi- sogno ed all'orgasmo eccitato nel basso- ventre . Se l'operazione era lasciata alla sola natura , non si otteneva che a ftento lo sgravio compiuto nel corso di molti giorni, degradando il tumulto intefti- nale a misura che se ne vuotava la cavità . Quindi cessava la dis- tensione flatulenta dei ventre, si reftituiva l' appetito , e si dile- G g ij guavi* f40 ATTI guava ogni apparenza di malattia . Se allora fornavasi ad esplorare il basso-ventre , si trovava del tutto o nella massima parte cliiìrut- ta r indicata tumefazione dell' ipogaiirio , non lasciando dubbio che non traesse essa 1' origine e non fosse intieramente formata dall'am- masso delle materie fecali trattenute negli intefìini . Sebbene però riuscisse così naturalmente lo sgravio , si osservava che v'impiegava un periodo lungo e molefto , e che non essendo esso perfetto , più spesso tornava il travaglio, o accrescendosi più del solito l'arreiìo, le deje/ioni diventavano in seguito più difficultose ed accompagna- te da maggiori tensioni di ventre, da tormini più vivi, da srimoli più molelìi , ed anche da febbre, inoltre le materie che si evacua- vano, sempre molli, prendevano un color fosco e neraftro , e le ori- ne diventavano scarse e fosche. Che se l'evacuazione era ajutata dai clifteri, si scaricavano le materie più prontamente e in mag- gior copia, ed i travagli erano più brevi e più rari. I periodi de- gli sgravj non erano sempre eguali, ma ora di sei, ora di otto, o più giorni . Le evacuazioni generalmente erano sollecitate dal mo- • to a piedi o a cavallo; i tempi asciutti sembravano contribuire al- la loro facilità più dei tempi umidi . Un vitto pieno e softanzio- so rendeva più gravi e più spessi i travagli. E fin d'allora si os- servò che quando i travagli erano più forti si risvegliavano certi dolorosi ftiramenti nella polpa or dell'una or dell'altra gamba, m» più spesso nella destra. Meditando sulle cagioni di queAo antico e oftinaro disordine della funzione interinale, non si era inclinati ad accusarne un vizio della digeftione, la quale nei tempi di quiete si eseguiva a perfezione, 11 primo effetto si osservava coitanteraente circoscritto al tratreni- jntnto e coacervamento delle materie fecali negli intefiini. Tutti gli altri sconcerri si suscitavano inconseguenza, crescevano e si svi- luppavano a misura che 1' arrefto si aumentava, e quefìo dissipato, svanivano pur essi, né si conobbe giammai che per altra qualunque eiasi cagione , ancorché accidentale, venissero rinnuovati . La tensio- ne dunque e flatulenza del ventre , l'inappetenza, la nausea, i do- lori , e gli altri sintomi che si aggiungevano a misura della gran- dezza del travaglio , riconoscevano decisivamente ed unicamente r indicato arrelìo per loro causa occasionale, e la sorgente di tutti ì disordini dovea perciò ricercarsi nella causa imm>;diata degli arresti. Or qutfia causa sembrava molto semplice e verisimile , ed an- che assai conforme alle circoiìanze , facendosi cousifiere nella ato- nìa e singolare inerzia del condotto inteftinale e particolarmente degli inteilini crassi . Senza una tal supposizione non si spiegava come gì* inteihni crassi e secondo che io credeva, specialmente il retto, ftandosene puramente passivi , permettessero un si lungo tra:- tenimento delle materie . Noa aveva qui luogo ciò che si osserva co* muoemeute DEL L* ACCADEMIA 141 munemente negli ftitici , cioè l'indurimento delle medesime, onde ripeterne la dillicoltà dell'uscita. Esse, come si è già avvertito, si mantenevano collantemente molli , e di tal condizione si osserva- Tano in qualunque tempo ne seguisse l'espulsione, sia naturalmen- te, sia col mezzo dei tlifleri o dei purgativi , lo che sembra indica- re poca attività nei vasi assorbenti . La malattia cadeva appunto in un soggetto di fibra per natura lassa ed inerte, e per tempera- mento tardo e torpido sì nel fisico che nel morale . La frequenza e forse r abuso dei lavativi nell' infanzia poteva aver contribuito a confermare gì' inteftini crassi in questo originario loro difetto. Si aggiungeva the la cavità del basso- ventre aveva un'ampiezza ftra- ordinaria attesa I' elevatezza considerabile e projezione in avanti della cassa ossea del petto , onde i muscoli del basso-ventre aveva- no una lunghezza maggiore dell'ordinario ed erano più grandi del dovere tanto il diametro longitudinale , quanto il diametro tra- sverso dal di dietro in avanti di quella cavità. Non essendo allora permesso di andar più oltre colle conget- ture, fu adottata e secondata quella idea nel sillemare la cura. Sul fine adunque della primavera del ijSA Don Camillo fu polio all'uso della limi-tura di ferro unita con piccolissima dose di ra- barbaro , che prodiiceva i migliori effetti . Ma verso il termine del mese di Luglio dello llesso anno essendosi rese comuni in Siena le diarree, ne fu attaccato ancora Don Camillo, che dopo esserne guarito ricadde nell'eccesso oppoflo . Fu attribuito 1' accresciuto ri. tardo degli sgrafj ad un maggior grado di atonìa interinale indot- to dalla malattia sofferta; quindi fu prescritto l'infusione a fred- do di china- china e l'uso delle bevande gelate, con provvedere frattanto al bisogno di sgravare il ventre ora coi lavativi, ed ora con piacevolissimi purgativi e specialmente con tenui dosi delle pillole dal Celli , le quali si trovarono in quefìa occasione le più conferenti . Sotto queiio siltema dal Settembre di detto anno al Febbrajo dell'anno seguente 1789 erano le cose ridotte in tal buon* ordine che Don Camillo godeva del benefizio del ventre regolarmen- te senza bisogno neppure dei clifteri . La rosolìa, cui allora soggiacque , formò un'epoca di ricaduta nei primieri sconcerti , ma gli ftessi rimedj non produsseso i mede- simi vantaggi, né di più fu ottenuto dalla tintura di marre, dalla corteccia prruvisna in soflanza , e da altri rimedj di quello gene- re . 1 purgativi poi di qualsisia specie ed in qualunque minima quantità recavano tale diflurbo , che volendo insiftere nell' uso di essi, piuftollo che l'evacuazione inteflinale , provocavano il vomito, L' i fi essa acqua del Tettuccio, egualmente che qualunque altra acqua minerale catartica, o era rigettata per vomito , o passava tut- ta per le vie orinarie; quella essendo fiata in qualunque altro ten». pò 54» ATTI pò Ja sorte di simili tentativi . I elilleri semplici o emollienti non facevano altro effetto che quello di aumenrare la turgidezza del ventre senza evacuazioni, le quali venivano soltanto promosse dai clisteri avvalorati con il sale d' Epsom o fatti con l'acqua del Tet- tuccio. Fu ricorso al moto a cavallo. Quelto esercizio per un cer- to tempo produsse i più lodevoli effetti , succedendone quasi im- mediatamenre degli sgravj spontanei e regolari di materie più com- patte del consueto , ed al contrario sospendendosi gli sgravj quando le circollanze non permettevano di coltivarlo . Ma i suoi vantaggi cessarono poi di essere così evidenti e sicuri quanto a promuovere le evacuazioni inteftinali, sebbene fossero insigni per rapporto all' universale . Trovavasi Don Camillo appunto in quefte circoflanze quando la sua malattia sul fine dell'anno 1790, sopra una mia relazione, fu presa in esame da tre dottissimi Professori Romani . Essi furono di parere che si dovesse ftsbilirne la sede nel ventricolo e nepli inte- stini, e consistere in una atonìa ed inerzia delle medesime viscere , che dedussero da una sorgente molto aita e lontana, in veduta che la Nonna paterna , il Padre , ed il Zio sono soggetti a cardialgìe river- sive , e che il Padre e specialmente la Madre vanno soggetti a costi- pa-^ioni e dure-^-^e di ventre nojose . Non si credettero in fiato di de- terminare la causa occasionale , ma conobbero essere dell' ultima im- portanza la convenevole scelta dei cibi e delle bevande , e propo- sero che il malato avanti il pranzo per ajutare te for-^e digerenti fa- cesse un uso discreto della conserva di ginepro , e per avvalorare le fer-^e espellenti delU intestina prendesse qualche modella dose delle pillole tartaree dello Scrodero avanti la cena . Quando si fosse ottenuta la remozione dell' incerta causa occasionale erano di parere di far ritorno ai rimedj tonici e corroboranti altre volte usati . Non li- marono conveniente di approvare 1' uso di qualche acqua minerale ricevuta per doccia o sia per getto continuato negli inteflini, ma proposero la doccia efterna sul basso-ventre , e per la ftagione e circofianze più propizie consigliarono il ferro unito con qualche ri- medio aperitivo e l'uso interno delle acque marziali, fermo ftante r esercizio assiduo del cavallo , Un sentimento così dotto e savio meritava bene di esser mes- so a prova con esattezza. La conserva di ginepro riuscì molto utile tanto allora che in altri tempi . L' uso delle pillole tartaree dello Scrodero non fu in principio sì felice ; in dose più tenue non ope- ravano , in dose maggiore cagionavano difturbi ed inutili fìimoli . In progresso di tempo nella discreta dose di 120 14 grani per sera riuscivano a produrre piacevolmente le evacuazioni, purché in det- ta ciuantità fosse compresa qualche porzione di resina di scialappa e si adoperassero quando già si era fatto un certo cumulo e già que- D E L L' A e e A D E M I A 143 quefto rendevasi palese al tatto, e se ne continuasse ogni sera l'uso fino allo sgravio . Alla buona ftagione fu insistito nell' esercizio del cavallo e nell' uso dei corroi^oranti , e fra gli altri dell' acqua di Rio. Non contenti dei tenui vantaggi che si riportarono da quefle dili- genze, nell'elìate del 1791 fu determinato di sperimentare gli effet- ti sì della immersione, che specialmente della doccia intefìinale al- le acque dei Bagni di Monte Catini. Fu così fortunato l'esito del- le prime prove della doccia fatta con l'acqua della Terma Leopol- dina, che avendo prontamente ed efficacemente e senza alcun pic- colo disordine o dilìurbo apportato un compiuto sgravio , si espri- meva Don Camillo , appieno sollevato e contento , di non essersi da gran tempo trovato così bene come dopo una tal prova . Egli al- tresì potè passare felicemente 1' acqua del Tettuccio, senza ottener- ne però lo sgravio per il secesso, ma sempre per le orine . Dopo quella cura che aveva per primario oggetto di sperimentare l' atti- vità tonica delle acque applicate immediatamente agli inteftini cras- si , si reftitui in Siena in ftato lodevole ed a poco a poco si ri- dusse in grado di potersi facilmente sgravare del ventre ai soliti suoi periodi o con l'ajuto delle solite pillole tartaree dello Screde- rò , o talora spontaneamente, e senza ragguardevoli difìurbi ; aven- do a ciò soprattutto contribuito gli esercizj della villeggiatura e l'uso dell'uva perfettamente matura. Ma, come quasi sempre è suc- ceduto , elle r inverno , sia per il freddo ed umido , sia per la dimi- nuzione del mito o per altre accidentali cause, ha portato nuovi oltacoli alla regolarità degli sgravj ed ha rinnovati piCi o meno gli antichi sconcerti , lo lìesso pure accadde in qualche parte nel prin- cipio dell'anno 1792, senza potersi ottenere dai rimedj consueti la pronta rellituzione al suo fiato piiH tranquillo e vantaggioso. Per tal motivo alla nuova eftate non si esitò a riprendere 1' uso della doc- cia inteftinale , la quale fu eseguita in Siena colla flessa acqua fatta trasportare dai Bagni di Monte Catini. In tal maniera avevamo avuto il contento di vedere ridotto Don Camillo in uno ftato plausibile, giacché si sgravava del ventre senza incomodo , per lo più senza ajuto di rimedj , la sua macchi- na si era sempre p'h sviluppata , la sua complessione si era fortifi- cata inclinando allo ftato pinguedinoso , amava gli esercizj del cor- po , ed il suo carattere malinconico e tardo si era corretto , mo- ftrandosi vivace, assai franco, ed allegro. In quefto ftato intorno ai primi di Febbrajo dell'anno 1793 cadde ammalato di scarlattina, mentre nelle prove della Commedia da recitarsi in quel medesimo carnevale dai nobili Convittori nel loro teatro faceva la delizia dei Cavalieri che 1" iftruivano e l'ammirazione dell'udienza. La malat- tia non poteva essere né p\h benigna né pii\ regolare, né poteva succederne una più felice convalescenza . Fu però nel tempo della con-' 144 ATTI convalescenza che, foisf per mancanza del moro e del consueti eser- CÌ7J , s'incominciò ad osservare ritardata ed inobbediente la funzio- ne del ventre . Le pillole purgative , che in principio ottenevano placidamente 1' effetto , si resero qualche tempo dopo inefficaci, tor- re in campo la flatulenta espansione del ventricolo e degli inteftini da molto tempo sospesa ; quindi i tormini , gli ftimoli inutili e mo- leftissimi , le inappetenze, le nausee, ed altri simili accidenti. Ninna cosa fu fìimata più innocente che il ricorrere ai clifteri col fine di ottenete j;1ì sgravj del ventre col minore possibile sconcer- to e pericolo. Ma i clifieri o emollienti o ftimolanti, o a maggio- ri , o a minori quantità , o di rado o più spesso replicati , lungi dall' invitare gì' inteftini a sgravarsi , cagionavano iti vece uno scon- certo incredibile mediante l'enorme quantità di aria, di cui deter- minavano coftantemente lo sviluppo , mentre il fluido era pronta- mente reso per le vie dell' orina . Non sapevasi a qual partito appigliarsi quando giunse da Mon- te Catini una quantità della solita acqua minerale fiata commessa per misura di previsione . 1 singolari vantaggi ottenuti dalla doc- cia jnteflinale con quefi' acqua a quei Bagni ed in Siena ftessa nei due anni precedenti ponevano nella dolce lusinga di trovarvi anche in quefta occasione il potente ajuto per procurare lo sgravio del corpo già da più settimane ofiiniìtamenre interrotto. Egli pre- se la doccia; ma qual fu lo ftupore in vedere che non rendeva l'acqua, e Che l'acqua ritenuta cagionava ftimoli orribili a segno di mettere in convulsione tutto il s ftema muscolare senza il m.inimo effetto! Conobbi nel momento che la mancanza di effetto nasceva dal perdersene il punto favorevole nel brevissimo intervallo neces- sario per adattarsi al comodo. E coli' avvertenza di obbedire agli {limoli senza riguardo , a più riprese fu ottenuto fra gli spasimi lo sgravio. Allora si rese evidente che le circofìanze erano cangia- te, che una forte disposizione allo spasmo ed il suo eccitamento per qualunque piccolo stimolo e per quei mezzi flessi , per i quali altre volte conseguivasi placidamente ed efficacemente il benefizio del corpo, formava un nuovo oflacolo ed una scabrosissima difficol- tà alla riuscita dei rimedj.Ciò in seguito venne maggiormente con- ferm.ato da un dolore in una delle gambe, che risvegliatosi in que- sta occasione prese poscia sempre più aumento, finché non si po- tevano ottenere di nuovo gli sgravj . Quefto dolore facevasi sentire specialmente quando la gamba era tenuta in quiete e conseguenie- jnente quando l'infermo sedeva ,oppur giaceva nel letto, e si acquie- tava quando teneva in moto la gamba . Perciò non solo egli era co- fìretto a ftare in piedi e passeggiare tutto il giorno con grave suo inccmcdo, ma neppur la notte gli era lecito prendere il consueto ripeso, trovandosi spesso obbligato o a scendere dal letto e passeg- giare , DEL L' ACCADEMIA «45 giare , o a farsi agitare e sfregare la gamba da un assiftente . Vidi la necessità di rimuovere ogni sorta di irritamento, e poiciié eneo la doccia di acqua pura produceva sconcerto , continuando i cliiìeri ad essere impraticabili , aspettai a riprenderne 1' uso che la natura si mostrasse disposta all'evacuazione. Allora una docciatu- ra leggiera al retto, quan^ca badasse per un dolce invito, produsse citimamente l' effetto , lo sgravio delle materie fu copiosissimo ed al sommo sollevante , mentre oltre alla cessazione estemporanea dei diHurbi addominali , ed al ritorno dell'appetito , cessò pure nell' istante ogni incomodo alla gamba. Ciò per altro non consolava ab- bailanza, né fu di lunga durata. Sebbene si fossero ottenute le eva- cuazioni del ventre in un modo facile e molto meno tumultuoso della volta precedente, non fu che dopo venti e pii\ giorni che ebbero principio, né vi era ragione di sperarle in seguito sponta- neamente più sollecite e più placide . Onde mi determinai di di- mandafe un'abboccamento col dottissimo Sig. Dott. Massimi Medi- co della famiglia Rospigliosi in Roma , noto per le pregiabili sue opere, il quale a tale oggetto si trasferi in Siena . RiconfibLe pur' esso la concorrenza di una spasmodia insigne, e senza abbandonare la supposizione dell'atonia, come causa predi- sponente primaria , vide la necessità di togliere di mezzo la novel- la cagione di sconcerti prima di ritornare alla cura dell' antica . Cre- dette peraltro che vano sarebbe ogni sforzo se innanzi non si tro- vava un metodo d'impedire i lunghi arrefìi egli enormi coacerva- menfi nel tubo intestinale, e con tal mira propose l'uso di qual- che purgativo e specialmente delle solite pillole tartaree dello Scro- dero combinate con l'oppio. Se quefto avesse potuto tenere a fre- no lo spasmo , si lusingava egli che i purgativi avrebbero avuto cam- po di produrre l'effetio o si avrebbe potuto aumentare le dosi al segno di doverlo produrre . Intanto stimò conveniente le bevande gelate, giacché gli altri corroboranti, egualmente chela flessa più gentile infusione o decozione di china , non erano tollerati dallo stomaco . Erano placidamente scorsi quattordici giorni senza alcun movi- mento del turgido ventre quando fu dato principio al nuovo meto- do. La dose delle pillole da it o 14 grani fu portata gradatamen- te ai sedici, ai venti, ai ventiquattro, ai trenta grani , e finalmen- te all'intiera dramma senza effetto. L'oppio dai tre quarti di gra- no fu a gradi accresciuto in modo che non producesse soverchia sonnolenza . Ma l'oppio nulla piih operò che addormentare nel mo- mento r irritazione del purgativo, e l'infermo aveva già in corpo dugento cinquanta grani dell' ultimo senza il minimo sgravio . Fu pertanto riconosciuta 1' inutilità , anzi il manifeflo pericolo di ulte- riore insistenza . infatti oltre ad essersi rinnovati i dolori , e sti- Tom. Vili. H h ramenti «4(> ATTI ramenti della solira gamba , partecipò dell' incomodo ancora l'alerà, e l'iigicazione si comunicava talora anco alle braccia , il ventre era sempre più turgido , i tormmi frequenti , gli fiimoii quanto muti- li , altrettanto acerbi, le onne sclirivano dell'incaglio, non erano rese che con dolore e ardore, ed trino scarsissime ed oscure. L'oppio in dose di un sol grano con otto grani di assa fetida era del tutto inefficace, ed anzi convenne presto abbandonare l'assafe- tida per la moleltia che recava , ed incorporare 1' opjMO al diascordion. Quindi il male prese sempre più il carattere di una colica flatulen- ta , i dolori e gli stimoli divennero più frequenti e crudeli, ed eccessiva la dilatazione del ventre prodotta dagli sviluppi di aria, talché non serviva stringere strer.tam5)' V. Che la dilatazione degli inteftini superiori al retto implicando accorciamento nella loro lunghezza , bajta a spiegare le dolorose contila- ^ioni dell' ano . VI. Che l'affezione spasmodica , mera consequenza dell'eccessivo ftimolo e delle varie pressioni, più o meno ha sempre vegliato secondo la maggiore -o minore intensione delle cagioni che l'han prodotta (8) . Vii. Che, non offante la gioventù del soggetto in quejtione , pare assai lontana la lusinga di vederlo ridotto a godere del benefizio del corpo come la comune' degli uomini , rej'tando solo la probabilità che^ si abbrevino gì' intervalli degli sgravj in modo da evitare il grado di ferocia , a cui fi elevarono i sintomi in varie occasioni e principal- mente nella passata eftate Qo. , % , ii ^ . viK. Che i compensi sopra/lodati , egualmente che il vitto più ve. qetabile che animale , per quanto non possano contribuire alla perfet~ ta guarigione, vi ha tutta la ragione di sperare che siano bafiante-^ mente efficaci per trattenere i progressi della malattia e mitigare gli effetti . IX. Che il più si deve attendere dall' attività della macchina , dal soggiorno in larghi montuosi e di aria salubre in ogni rapporto Cm) • X. Che solo dopo avere ottenuto un grado plausibile di vigere negli inteftini debilitati può aver luogo la cura de' corroboranti da iftituirsi con la medesima delicatezza e circospezione . Alessandro Bicchierai . Da qnesra epoca si tacquero tutte le opinioni, le i|)Otesi , e giudi?) arbitrar] sopra quefta malattia , la quale fu senza ulteriori dubbj e contrarietà considerata come un vizio d'organizzazione co- ftituito dalia flraordinaria ed ampia dilatazione di una gran parte dei grossi inteftini , in cui si apriva quel tratto dell' iatefìino retto che snppoaevasi conservare il diametro naturale e far le parti di emissario . Ciascuno fu coDviato che gì" inteftini aveano perduta rat- DELL* ACCADEMIA «57 l'attività di espellere abitualmente e metodicamente le fecce, che si andavano raccogliendo nel vafto ricettacolo; che i rimedj vale- voli ad eccitare l'azione degli intefìini non operavano che a dan- no, perchè risvegliavano una spasmodia molefta ed accrescevano la difficoltà dello scarico con promuovere delle contrazioni violente , e spesso durevoli e cofìanti all'emissario; che perciò il miglior par- tito si era di bandire per sempre dalla cura tutti i rimedj purga- tivi e confidare alla natura quasi intieramente 1' esecuzione di quefta funzione , col concorso prudentemente regolato del conve- niente siftema di vitto , dei mezzi atti a mantenere la macchina nel miglior tuono negl' intervalli degli sgravj , e dei sedativi , ogni volta che la spasmodia intefìinale nel tumulto degli sgravj difficul- tava l'uscirà alle fecce. Con tali massime Don Camillo si rimesse a poco a poco al vitto ordinario di uomo sano , coltivò coftante- mente il moto a piedi, a cavallo, e in altre forme, fece talora uso di qualche tonico e soprattutto delle bevande e cose gelate , e sempre che il permetteva lo lìato tranquillo del ventre coltivò il bagno freddo in tutte le ftagioni e talora 1' applicazione al basso- ventre di pezze impregnate di acqua fredda ed anco gelata ; ai tu- multi prodotti dagli sviluppi d'aria allorché gli sgravj erano meno felici si provvedeva con discreto uso di cose carminative e spe- cialmente del liquore anodino minerale dell' Hoffmanno , ed alle do- lorose contrazioni e iìimoli , che accrescevano la difficoltà, ci op- poneva una proporzionata dose di oppio . Ed in quefto semplice e regolare si e del fluido, ne opponevano poscia uno insuperabile nU'uscita dell' acqua introdotta . Oueffa era in vece prontissimamente assorbita e resa per orina . L' inefficacia dei tentativi con la doccia di acqua pura ccnduceva naturalmente a softituire l'acqua minerale . Erano già ftate date le disposizioni per tentare alla sorgente la doccia delle acque minerali di V'gnoni , quando l'enorme tensione del ventre e soprattutto la contrazione sempre più violenta dell'ano, e dell'efiremità inferiore del retto obbligò a dimetterne il pensiero. So- praggiunta indi una calma pensai di sperimentare i clifferi dotati della più piacevole attività espulsiva . Fu introdotto un semplice decotto emolliente avvalorato con l'olio di ricino. Altre volte i clifferi promovevano gravissimi difiurbi ; queffa volta ninno fu il difturbo da essi recato, ma niuno pure l'effetto. 11 fluido era reso per crina e il ventre rimanevasi nello flato primiero. Replicato e riuscirò molte volte inutile un tal tentativo, dopo altre dilazioni non parendo potersi lasciare intentati senza colpa quei mezzi , che in casi tfìremi si reputano necessarj per determinare gì' inteffini ad un più valido sforzo , al termine di giorni 65 di sospensione si vol- le sperimentare 1' effetto di un cliftere fatto con una leggiera deco- zione di tabacco , che ebbesi la precauzione di introdurre a picco- le riprese a scanso di troppo gravi sconcerti . L'azione del medica- mento eccitò validamente l'azione inteff inale, ma non essendo av- venuto lo scarico, ne derivarono dei dolori per breve tempo. Il ta- bacco in seguito cagionò i soliti diffurbi al capo ed allo ffomaco , ma poiché forono essi svaniti, lungi dal vedersene alcun' effetto-, parve D E L L' A e e A D E M I 259 parve al contrario che il basso ventre si componesse in una calma teinpofiiriii e fosse sempre piìi allontanata la speranza di una pros- sima evacuazione . Allora , ad eccezione del moto o a cavallo o in vettura secon- do che Ila permesso lo fiato dell'ammalato, e perfino di una corsa di molte poste , fu sospeso ogni altro tentativo finché non na- scessero maggiori disposizioni agli sgravj ; tanto pii\ che il malato medesimo ricusò di acconsentire all' uso dell' olio di ricino per bocca propofio dal Ch. Sig. Dott. Massimi . Quefle disposizioni parvero prossime ottantadue giorni dopo l'ultimo sgravio. Eransi riaffacciati i segni di quella fermentazione delle materie inteftina- li solita annunziare le evacuazioni ed il malato provava degli Ili- moli con quella medesima sensazione che suolevano eccitare , al- lorché altre volte riuscivano efficaci . Le orine rese più cariche e scarse pareva clie rendessero probabile il buon successo. Ma poiché, malgrado tali preludj , il ventre mantenevasi chiuso , quefta cir- cortanza determinò a sollecitarlo coi clifìeri. Non avevan' essi al- tro oggetto che di ammollire e sciogliere le materie fecali, e vo- lessi esclusa da essi ogni azione ftimolante , tanto più che i tenes- mi assidui aveano ormai confermato nell'opinione , che 1' eftremità inferiore del retto non fosse esente da vizio locale. Fu perciò scel» ra la decozione dei semi di fien greco, cui fu aggiunta porzione di ottimo olio comune . L'esito {a consolante . Il primo cliilere fu reso al debito tempo non senza materie , e simile esito ebbero al- tri tre clifieri ripetuti nel medesimo giorno coi debiti intervalli . Don Camillo era dai medesimi sollevato , gli ftimoli dolorosi si mi- tigavano, l'uscita delle fecce si facilitava. Tre clifteri dati nel di seguente ebbero lo ftesso evento , ed egual benefizio spontaneo ne segui la noue susseguente . Il terzo giorno non fu ommessa l'amminiilrazione di due clifieri , ma le disposizioni erano cangia- te. In mezzo agli fiimoli non fu resa che la parte più fluida sen- za materie, e nella seguente notte non ne venne alcuno scarico spontaneo . Continuando nei di seguenti le flesse circoftanze non vi fu luogo a ripetere i clifìeri . Intanto dopo una pausa si accreb- bero di nuovo le contrazioni dolorose all' ano ed al retto, si ma- nifeftò qu.ilche temporaria difficoltà a rendere le orine , si accrebbe la massa dell'aria negl' inteftini , e videsi la necessità di applicarsi con impegno a sciogliere quello ftato spasmodico interinale, che si riconosceva per attuale cagione di tanta ofìinazione . Fu fatto uso più generoso dell' oppio , ma inutilmente ; furono prescritte injezio- ni nell' intellino retto con soluzione d'oppio, senza vantaggio; fu- ron porti in opera semicupi, vapori, bagni universali , e rutto in- darno. Gli sviluppi d'aria crescevano, e si accumulavano princi- palmente 26o ATTI palmenre nelle parti superiori del ventre e diftraevano enorme- mente il ventricolo , eccitando dei vomiti . Quella novità avendo pollo in qualche giusta apprensione fu consultato il Sig. Dottore Giuseppe Lodoli P. Professore di quefla Regia Università, che fu egli pure di parere non potersi in quell" iftante avere altra mira che di sciogliere lo spasmo interinale e doversi insiftere quanto potevano permetterlo le circoftanze suU" uso delle injezioni mucila- ginose ed oppiate, del bagno, dei fomenti all' ipogallrio, dei cli- fleri emollienti ogni volta che fossero llati eseguibili , iniineditut- tociò che dirert. mente o indirettamente potesse contribuire a que- llo importantissimo oggetto ; ed acciò l'applicazione locale dell' oppio riuscisse più efficace si adottò il metodo di adoperarlo sciol- to nel sugo gaflrico . Ma nonollante la calma indotta da quefti soccorsi e dai mezzi piili idonei a procurare l' uscita dell'aria , dei quali ommettonsi i dettagli , nella sera seguente , cioè del di 5 Genntijo 1798 , fu di bel nuovo assalito l* infermo dalle solite an- goscie prodotte dalle gran masse di aria svihippantisi negl" intefli- ni , che non trovando esito andavano a coacervarsi nel ventricolo e vi producevano diiìrazioni dolorosissime e quindi talora esplosio- ni di aria violente spesso accompagnate dal vomito . In quello (la- to i polsi concepirono una celerità febbrile , le orine divennero molto cariche e fosche , e l' infermo cadde nelle maggiori smanie che avesse mai provate ; a calmare le quali, essendo fiate inutili le consuete diligenze , contribuì nella notte una presa di due grani di oppio, per la cui azione fu agevolata all'aria 1' uscita . Nella seguente mattina gradì la bevanda ghiacciata che fino a queflotem- pj aveva aborrita, ed anche le injezioni oppiate riuscirono di mol- ta utilità , perchè sollecitavano l'espulsione dell'aria. Da quello giorno il punto più diflratto del basso ventre era la regione lomba- re destra lateralmente ed anteriormente sotto le corte spurie, d'on- de diramavasi un doloretto fino alla scapula . Giunse allora un parere dell'Archiatro Sig. Dottore Giuseppe Petri , di cui gli afflit- ti Genitori aveano richiedo il consiglio in sì lacrimevoli circolìanze , nel quale progcttavasi l'applicazione delle sanguisughe ai vasi se- dali , e nel caso che reilasse diminuita l'anguflia dell' ano si pro- poneva l'uso della supporta, e si esortava 1' infermo al tentativo dell' olio di ricino . Fuiono pertanto applicate cinque sanguisughe ella accennata parte che procurarono un sufficiente sgravio di san- gue , senza vantaggio ; ma non si potè fare uso della supporta , di cui in altro tempo erasi fatto sinillro esperimento, né dell'olio di ricino, cui orto la ripugnanza assoluta del malato. La febbre nei di seguenti continuò ad accompagnare la malat- tia con smania, sete , aft'annetro , e inquietudine di rtomaco , e eon sudore nella decliaaztone . Tuttavolta nel di S. Genaajo comin- ciò D E L L* A e e A D E M I A sCi ciò 0 rendere spontaneamenre delle materie fecali , egli dice\a di sentire delle disposizioni all' evacuazione , cosa da esso proferita per la prima volta dacché trovavasi in quefìo travaglio, e poiché si era sciolta quella molesta serratura di Ilomaco , era il ventre più mol- leggiante , e l'aria più liberamente ne usciva, la sete inoltre si era mitigata, continuava il sudore , i polsi erano sciolti ed elevati, le orine losche e facili; tali apparentemente plausibili circoftan/.e nu- trivano ancora delle speranze. Di fatto in quefto giorno e nei se- guenti furono evacuate molte materie , ajutate da bibite di brodo caldo e dalle solite injezioni nel retto, e le cose proLedcrono plau- sibilmente fino al di jo dello ftesso mese . Ma in quel giorno l'aria che nel movimento delle materie si svolgeva in masse enormi soffi; un incaglio all'uscita, ed essendosi coacervata nel ventre cagionò in esso molta tensione e tumulto, e specialmente delle violente diffrazioni al fianco deflro con dolori atrocissimi e con fìirai-chtatu- re al petto . Avendo continuato a sgorgare le materie fecali in que- fto e nel seguente giorno , se riducevansi a calcolo quelle finora evacuate , la quantità ne era ormai cospicua ; ma era essa tutt'ora molto scarsa se si riferiva al lungo periodo di sospensione ; essendo mancato quello sgravio copioso che in altr*" occasioni succedeva agli sgravj minori ed apportava la perfetta liberazione. Quindi non é maraviglia se i travagli non erano quietati dalle evacuazioni, se non che temporariamente , e più in ragione dello sprigionamento contemporaneo dell'aria , che della mole delle materie evacuate , e se le circoftanze dell'infermo continuavano in realtà ad essere in- felicissime . La seguente giornata ed ultima di sua vita fu passata plausi- bilmente, quantunque grande si mantenesse la tensione del ventre . Nessuna cosa fino alla mezzanotte dava indizio di siniflri prossimi accidenti. Egli aveva rese le orine senza difficoltà , i suoi polsi era- no febbrili, piccoli, ma non più del di precedente, la sua respira- zione era naturale. Alla mezza notte nuovamente si accrebbe la diffrazione del ventre e i dolori resi sempre più atroci messero l'in- fermo nelle maggiori smanie. Niente baflò a ricondurre la calma. Con le schizzettature replicate ebbe nuovi scarichi di materie fecali , ma senza frutto; non giovarono le fomente fatte alle diverse parti del ventre indicate dal malato, non le dosi di oppio replicate, non i varj carminativi, dai quali in altro tempo soleva ritrarre tempo- rario sollievo . iMulgrado quella sua infelicissima situazione e la maggior debolezza dei suoi polsi , egli conservava molte f )rze , Quin- di fu in grado di levarsi d.il letto e prendere varie situazioni . colle quali lusingavasi meglio promuovere la sortita dell'aria , e riusci a fa- re dei passi per la cajnera ed a lìarsene qualche tempo in una se- dia senza provare né aumento d' incomodi , né sentiraenco di debo- Tom. Vili. K k lezxa . a6« ATTI lezza. In quefte angoscie continuò Don Camillo fino alle ort sei delia mattina, dando molto timore sull'esito del suo male, ma senza indizj di prossimo fine. Allora cominciò a mancarli il respi- ro, si resero i polsi più piccoli , deboli , e celeri , ma era intiera- mente preclusa la sortita dell'aria , che difiraeva enormemente il ventre . Conservava nuUadimeno la sua presenza di spiriro e molte forze a segno di potersi sollevare col corpo senza altrui ajuto e tenersi sopra le ginocchia ed i gomiti , affine di tentare di espellere l'aria racchiusa nel modo che eragii riuscito in altre occasioni; ma trovando vano ogni suo sforzo, dimandò spontaneo che gli fosse amminilìrata l'eftrema unzione. Dopo tal funzione, cui si preso con singoiar coraggio e rassegnazione , il respiro si rese viepiù im- pedito e mancante, i polsi caddero nel massimo languore e assun- sero i caratteri del polso dei moribondi , e cosi alle ore sei e mi- nuti 55 terminò la sua vita quefto illustre giovane , degno certa- mente di mglior sorte e per la sua dolce ed ammirabile indole , e per i coftumi illibati, e finalmente per quella sua rara docilità e rettitudine, di cui era esempio e modello ai suoi compagni. Un caso cosi fìraordinario esigeva che se ne inveftigassero ac- curatamente le cagioni con l'apertura del cadavere. Fu pertanto eseguita la mattina del dì ix Gennajo , ore 25 5 dopo la morte. V intervennero meco il Sig. Dott. Giuseppe Lodoli Medico con- sultato ed il Chirurgo del Collegio Sig. Carlo Sticotti; ed i! Sig. Dott. Antonio Mattei pubblico Dissettore dell' Università fu incaricato dall'operazione con l' ajuto del Giovine Itudente Chi- rurgo Sig. Bernardino Ccrpi . Si compiacquero assiftervi i Sigg. Pao- lo Mascagni Lettore di Anatomia in quella medesima Università, Niccolò Semenzi Lettore di Medicina teorica , e Anaftasio Gambi- ni Chirurgo Infermiere del Regio Spedale e Professore d'Oftetricia. Prima dell'apertura fu osservato tutto il basso-ventre egualmen- te ed eftremamente dilatato e teso , talché premendolo compariva duro come il marmo . Siccome durante la vita del soggetto si di- fìinguevano all'occhio ed al tatto varie parziali gibbosità e ine- guaglianze indicanti l'ineguale figura e diftrazione degl' inteftini , né mai antecedentemente il basso-ventre si era condotto a quella uniforme ed eccessiva tumefazione e tensione . la quale fu soltanto «coperta alcune ore dopo la morte, fu unanimemente giudicato , prima ancora di procedere alla sezione, che tal cangiamento fosse nato dalla rottura degli intellini accaduta subito o poco dopo l'eliinzione della vita, e dal passaggio dell'aria dalla cavità degli iute Ami in quella dell'addome. Fatto quindi un taglio longitudinale nelle parti continenti dell' «doome fino al peritonèo , innanzi di aprire quella membrana fo està incisa in un sol punto affine di farne uscire l'aria graduata-, laeate DEL L' ACCADEMIA ft6| mente. L'aria ne usci subito con grandissimo impeto, talché non riuscì accoftarvi una fiaccola accesa per assicurarsi se fosse aria in- fiammabile . Ripetuta però l'esperienza quando le esplosioni erano divenute minori ed interrotte, si osservò che queft'aria, a misura che si sprigionava , concepiva fiamma nel modo che segue del ga» idrogeno non puro . Aperta successivamente la cavità dell'addome si offerse alla ri» fta uno spettacolo del rutto nuovo e singolare , che ecciiò la co- mune sorpresa . Consisteva la novità nell' essere occupata tutta 1« parte anteriore della cavità immediatamente sotto alle parti conti- nenti, o sia le tre regioni epigafirica , ombelicale, ed ipogastrica comprese le parti loro laterali , cioè gì' ipocondrj , i lombi , e gì' ilii , dagli intestini colon e retto accresciuti ftraordinariamente di dia- metro e capaciti , e dispofti in queila parte mediante varìi giri e tortuosità giammai finora osservate o descritte . Il colon partendo dall'interino cieco collocato presso a poco nell'ordinaria sua sede ( ved. la fig. Tav. xiif. _) faceva subito una corta voluta nascofta sotto la curvatura iliaco-iombare de/ira del retto e la parte deftra della terza porzione di quello medesimo interino, che in appresso verrà descritto. Qui fra l' indcata par- te del retto ed il colon , con discoftare il retto, si osservò qualche porzione di materia ftercoracea {travasata, tolta la quale al prin- cipio appunto del colon vicino alla valvula del Bavino si resero visibili tre piccoli fori comunicanti con la cavità del basso ventre , ove le tuniche dell' inteftino non avevano concepita alcuna morbo- sa alterazione ed erano piuttoiìo assottigliate . Indi il colon si ri- piegava sopra il cieco e di più saliva quasi verticalmente per la region lombare deftra fino alle cartilagini delle cofte spurie , facen- do in quello luogo colle dilatate sue celle varie insigni protuberan- ze verso la parte efterna e alquanto pofteriore dell'addome , e sen- za fare alcuna voluta nel deflro ipocondrio, piegato in arco ed oc- cultato in parte nei lati sotto le corte spurie , passando a traver- so dell' epigaftrio un poco obliquamente dal basso in ulto e dall' avanti all' indietro, si portava nell'ipocondrio siniflro, ove piega- va verso la parte posteriore e scorrendo sopra il rene siniftro scen- deva nel lato siniftro della pelvi . In questa parte , in vece di for- mare le due piegature che coftituiscono il così detto S romano rovesciato del colon per terminare nel retto all'ultima vertebra dei lombi, seguitando la curva dell' ilio , piegava verso la parte efterna inferiore della regione iliaca siniftra , ove , fatta una curvatura , «on cui si volgeva sulla parte anteriore della ftessa regione imme- diatamente sortole parti continenti, aveva il suo termine. Quefto inteftino in tutto il suo corso era eftremamente dilatato , le sue celle erano molto più protuberanti che nello ftato aaturale.il suo K k ij colo- a'34 ATTI colore rossiccio per essere i suoi vasi sanguigni così turgidi come se fossero ftati artifìzialmente injettati , o come attaccati da un grado di universale infiammazione ; qualità che competeva egual- mente a quel rerto dei grossi inteftmi che manca a descriversi . Dal punto sovraccennato , a cui era Rato fissato il termine del colon , perchè le fibre componenti le tre sue fasce ligamentose an- davano qui dispergendosi equabilmente su tutta la periferia , e qu5 pure cessavano di comparire le celle e internamente le valvule , aveva il suo principio l' inteftino retto. Al retto perciò apparte- nevano tutti i susseguenti giri e tortuosità dell' inteftino crasso si- tuato per la massima parte nella parte anteriore del ventre , il quale per comodo può difìinguersi in quattro porzioni e tre gran curvature . La prima porzione dalla parte anteriore della regione iliaca si- niftra, ove terminava il colon , piegando dolcemente in arco all'in- giù verso il pube , si portava quasi orizontale nella regione iliaca delira , e dopo averla trascorsa intieramente si ripiegava in alto sopra se flessa, facendo la prima gran curvatura, che chiamerò la curvatura iliaca delira . Il diametro di questa porzione era tre pol- lici parigini e ^ linee, e la total sua lunghezza per linea retta dal principio del colon fino alla sua eftremità deftra poli. 9 a ^ secon- dandone la curva poli. la . La seconda porzione salendo obliquamente da delira a siniflra per la regione ombelicale giungeva fino alia parte esteriore ed an- teriore della regione lombare . Per tutta la lunghezza della prima porzione giaceva sopra la sua parte superiore ed anteriore e suc- cessivamente sopra il fine del colon , e per il rimanente aveva il suo appoggio sul fianco siniftro . Il suo diametro nella parte media era poli. 5 e lin. 3; la sua lunghezza totale per linea retta poli. la e secondo la sua curva poli. 15. La terza porzione nasceva in conseguenza della gran curvatura lombare siniftra dell' inleflino . Essa era collocata fra la seconda porzione del retto , su cui giaceva , e la grande arcata del colon ■ Colla sua parte piiH elevata situata a siniftra si produceva alquan- to nell'epigastrio, e di qui scendendo obliquamente dall'alto al basso e dall'avanti all' indietro si conduceva sul confine della re- gione lombare destra colla regione iliaca fino alla parte interna elei cieco ove ha principio il colon . Il diametro di questa porzione era poli. 5 e lin. 4; la sua rotai lunghezza in retta linea poli. 9 e lin. 5 e secondo la sua curva poli. 14 . Finalmente la quarta porzione nasceva per la ripiegatura iliaco- lòmbarè al termine della terza porzione . Laddove l'angolo delle al- tre curvature, nelle quali l'intestino si ripiegava sopra se stesso, era molco acuto, ia questa era quasi recto; poiché 1' intestino, occul- DELL* ACCADEMIA 165 CccultanJosi quivi sniro la sua seconda e prima porzione cessava di essere visibile senza levar quelle di sito , e sceiìdcndo ia giù obliquamente da destra a sinistra dall'avanci all' indietro si porta- va nel mezzo della pelvi , e di qui nella piccola pelvi , di cui occupava esatramente tutta 1' apertura superiore e tutta U capacità fino al pendice , obbligando la vescica, vuota di orma, a salire al di sopra delle ossa del pube. La lunghezza di questa por- rione fu riscontrata poli. 19. La somma delle dimensioni prese separatamente nelle porzioni superiori del retto, per quanto esatte, non potevano rappresentare eoa precisione la vera lunghezza di rutto il canale . Furono esse perciò ripetute in tutto il tratto dell' intestino crasso levato di sito e fu- rono trovate come appresso: Lunghezza del colon pieno unitamente al cieco piedi 4 poli. 3 Un. 6 Lunghezza del retto similmente pieno 3 io — Totale dell' intestino crasso pieno piedi 8 16 Poco diverse furono queste misure nell' intestino levato di sito e vuoto : Lunghezza del colon e cieco piedi 4 poli. 7 lin. 6 Lunghezza del retto ;... 4 — — Totale piedi 8 7 6 Dai quali confronti apparisce che sebbene l'accrescimento di diametro fosse in qu.lche modo comune al colon ed al retto, l'ac- crescimento in lunghezza apparteneva esclusivamente al retto , il quale , attesa la prorrazione della sua linea ad una lunghezza al- meno quadiupla dell' ordinaria ed il suo eccessivo aumento di dia- metro e capacità, aveva dovuto formare le diverse tortuosità nel ventre e fdisi luogo nelle regioni ipogastrica e ombelicale ed estendersi fino alla regione epigastrica . Cosi la lesione organica apparteneva privativamente al retto. Ma innanzi di levar di sito gì' intestini grossi piacque osservar- ne il termine all'ano. Qui è d'uopo osservare che l'ano per l'intie- ro corso dell' ultimo periodo della malattia , siccome ancora in al- tre precedenti simili circostanze , (lavasene del continuo in iflato di validissima contrazione, talché spesso ricusava di ammettere il si- fone si della canna da difteri , che di quella assai più tenue da injezir.ni , per introdurre il quale conveniva cogliere 1' iftance d'uà passeggiero rilassamento • e che similmente 1' eilremità dei retto era i66 ATTI era afflitta da spesse molestissime contrazioni, che talora non la- sciavano di opporre all'introduzione del sifone insuperabile ofta- colo, ancor quando lo sfintere dell'ano era aperto e dilatato . Noa fu perciò senza maraviglia quello stato di considerabile rilassamen- to e dilatazione del podice che si osservò nel cadavere , ed il ve- dere come le materie ftercoracee ammassate nel retto discese fos- sero fino al podice stesso, talché dopo morte ne fossero fuora usci- te varie glebe. Ma ben toflo la ragione ne fu manifefta . Durante la malattia 1' aria sviluppata e condensata flavasene racchiusa negl" inteftini e dilatava le tre prime porzioni del retto assai più che non lo erano nel cadavere. Quelle tre porzioni riposavano una so- pra dell'altra, ed essendo invariabile la base , su cui giaceva la pri. ma, perché formata dalle ossa del pube ed iliache , quindi é che ingrossandosi elleno e notabilmente crescendo il respettivo loro dia- metro , necessariamente erano obbligate a salire in alto , e sollevar- si nel ventre in cofal modo che la terza porzione sovrastante alle due prime dovesse, cedendo loro il luogo, andare ad occuparne uno più elevato su nell' epigaftrio . Per le quali azioni riunite do- vea portarsi più in alto nella region lombare anco la curvatura iliaco- lombare delira del retto e trar seco in su con forza tutta r ultima porzione che da tal punto sino al podice ftendevasi ; e da quelìa cagione avea senza dubbio origine quel senso di ftiratura all'ano, di cui spesso l' infermo solea rammaricarsi, e quelle vio- lente contrazioni dello sfintere e dell' efìremirà del retto che ne erano conseguenza . Allorcné poi l'aria , fattasi ftrada pel lacerato intefiino , venne ad occupare la cavità addominale e ad accumular, visi, cessò la causa che forzava il retto a sollevarsi nel ventre, e l'aria che prima esercitava il suo elaterio nel dilatare la capacità inteflinale , dovè agire in senso oppofto e fare una forte pressione suir efterna periferia degl'intestini, tanto maggiore, quanto più ne cresceva la condensazione, e spingerli al basso a proporzione. Così l'ultima porzione del retto dovè progredire nella piccola pel- vi, sciogliersi la ftiratura all'ano, ed invece formarsi all'eftremità del retto una specie di procidenza, rilassarsi lo sfintere, ed essere l'ano spinto all' infuori . Ai quali cangiamenti nulla più si oppo- neva dipo la morte , che anzi tutto contribuiva a favorirli sì per la cessazione di ogni reazione , che per quello lìato di totale ri- lassatezza e risoluzione indottavi da un certo grado di mortifica- zione indicata dal fosco e livido colore che occupava il giro dell'ano. Nel vuotare poi l'inteftino crasso dalla materia ftercoracea , di cui era turgido, si tenne conto del peso , che ascese a libbre «6. Quefta materia quanto era situata più d'appresso all' eftremità infe- Fiore del retto, più perdeva i caratteri proprj della materia fterco- racea , quale s' iacontra nella comune degli uomini, e acquiftava le DEL L' ACCADEMIA 167 le sembianze e le qualità di una materia terrea quasi senza feto- re , o piultofìo di quel terriccio, a cui suol ridursi la materia fìer- coracea nei pozzi neri dopo aver percorso tutti i gradi di putrida fer- mentazione . E poiché siffatta specie di terriccio inteflinale , che era il risultato della fermentazione e scomposizione sofferta dalla ftessa materia nel tempo del suo lungo arresto negli intestini , era divenuto molto compatto e duro, specialmente nell'ultima porzione del ietto , fu esso verisimilmente che nell'ultimo periodo formi ^ueir insormontabile ostacolo che soppresse le intestinali evacuazioni . Venuti poscia ad aprire longitudinalmente i grossi intestini onde esaminarne lo stato e le interne offese si osservò che il colon , oltre ad essere al suo principio traforato nel modo suddivisato, alquanto piò sotto, cioè sei pollici distante dal suo stesso princi- pio , per un tratto ulteriore di sei o sette pollici era considerabil- mente alterato nell'interna superficie , scorgendosi ivi del tutto la- cerata , erosa , e mancante la tunica intima e la nervea , ed ille- sa soltanto la musculosa e quella che il colon riceve dal perito- nèo . Tutta poi la circonferenza del colon ove risiedeva questa al- terazione e nella vicinanza per non picciol tratto, eccettuatane quel- la parte del colon perforata , compariva infiammata , ingrossata , e indurita . La sede di quefta insigne lesione era in quella parte del colon situóta nella region lombare deflra, ed occupava le più risenti- te protuberanze della sua parte efierna , che furono accennate . La valyula del Bavino era nel suo stato naturale, perciò capace di fare a perfezione il suo gioco per impedire il regurgito delle materie dal colon nell' ileo • Altra offesa simile alla sopra descritta s' incontrò all' eftremità inferiore del retto, di cui un tratto di dodici pollici era egualmente infiammato , ed insieme ingrossato e indurito nella sofìanza; ed al- la diftanza di due pollici dal suo termine all' ano presentava una erosione circolare, che come quella del colon interessava la tunica intima e la nervea, ma eccedtva appena il diametro di un pollice. Gli altri intefiini , cioè i tenui , parte stavano ripofii sotto il colon e le tortuosità del retto, dti quali ne compariva una porzio- ne nel lato siniftro fra il colon e la curvatura lombare siniftra del retto ed altra nella regione iliaca siniifra tra la curvatura iliaca si- niftra del colon e la flessa curvatura lombare del retto ; parte poi eransi ripiegati al di sopra dell' epigastrio e negl* ipocondri , ove tvea loro fatto luogo il ventricolo ed iJ fegato, i quali si erano por- tati p:i\ in alto . 11 ventricolo avea pur tratto dietro a se l'omen. to , che perciò era tutto nascofto sotto le colle al di sopra del co- lon, rimanendone visibile venza tagliare le colte spurie quella sola porzione che stava aderente al cieco ed alia parte delira del colon coatigua alla parte efteina del cieco. A queAa tra&locazione avea dato «68 - ATTI dato agio la firaordinaria curva ed elevazione della volta del dia- framma , che producevasi fino alla seconda corta vera . GV inteftini tenui erano moho gracili, cioè di un diametro mi- nore dell'ordinario e parimente il ventricolo di piccol volume . La lunghezza di quelli intefìini incominciando dall'orifizio superiore del- lo liomaco era piedi io poli, ii e lin. 6. Cosi il totale della lun- ghezza degl' intellini dall'orifizio superiore del ventricolo fino allo- ro termine non eccedeva piedi 33 e poli. 7 ; la qual dimensione era appena il selìupio della lungliezza di tutto il corpo di quello sogget- to, considerata anche la detrazione della diftanza dall'orifizio supe- riore del ventricolo al comlnciamento del duodeno. E ciò prova che non oftante 1' insigne allungamento dell' inteftino retto non era pun- to aumentata la lungliezza totale degl' inteftini . Neil' ispezione degli altri visceri contenuti nell'addome , come ancora di quelli del petto, ninna cosa fu avvertita meritevole di special menzione . Dopo il quadro della malattia ed i giudizj che vivente anco- ra il soggetto ne erano ftati formati , che io mi sono lludiato di fedelmente trascrivere , e dopo aver contemplato nel cadavere lo fiato dei visceri, onde nascevano i singolari fenomeni, che nel cor- so di essa comparvero, non può dispiacere l'aggiunta di quelle ri- flessioni che possono servire allo schiarimento della diagnosi di sif- fatti incomodi ed alla spiegazione di molte interessanti e curiose queftioni etiologiche e curative, che nel riandare e combinare la Ilo- ria quasi spontaneamente si presentano. Nel che fare mi fludierò di seguitare per quanto sarà possibile l'ordine dei quesiti propofti sino dall'anno 1793 per iscopo dell'esame dei Medici consulenti . E primieramente niuno ormai vorrà mettere in dubbio che la causa predisponente non fosse intieramente collocata nella parti- colare originaria alterazione dei grossi inteftini, ad esclusione di qualunque vizio della digestione o della bile , e degli altri umori concorrenti alle funzioni del ventricolo e degl' intefìini . fc. poiché in secondo luogo si ricercava in qual parte dei medesimi inteftini sì trattenessero e si accumulassero le materie fecali ; se jìassero ammas- sate indi/ìintamente in tutto il tratto di essi, 0 se esistesse qualche particola'e dilatazione 0 qualche particolare ricettacolo^ Si è ora sapu- to che l'ammasso facevasi nell' intiero canale grandemente dilatato , ma che il difetto maggiore e primitivo dovette avere origine nel retto, attesa non solo l'enorme sua dilatazione, ma più special- mente a causa della quadrupla sua lunghezza e delle tre curvatu- re che era obbligato a fdre nella cavità del basso- ventre per adat- tarvisi. E in tal modo trovasi pure la soluzione del terzo quesito, ove si ricercava in qual pa^ te degli intejlini esijtesse la subodorata dilata:^ione , potendoti s^aeiire perfettamente verificato quanto nel quesito DELL' ACCADEMIA «69 quesito medesimo si proponeva ad esaminare, cioè che apparteneva realmente e/ rfr/o dilatato in modo , almen fino dall'anno I7ì;3 , da do- ver salire e prodursi molto in alto fuori della pelvi e dare orijine a quel tumore circoscritto dell' ipogastrio , che innanzi al maggicri pro- gressi del male dillintamente compariva nei tempi di pienezza . Poi- ché sebbene la dilatazione siasi trovata comune al retto ed al co- lon , si può nondimeno tener per certo che quella del colon nnn fu che secondaria; dovendo essa avere incominciato ove cominciava l'ar- refto delle materie interinali ed il loro coacervamento ; in che ac- cader doveva nel retto, e solamente questo riempiuto dal luogo dell* arrefto fino al suo principio farsi comune anco all'inteftino su|)eriore. Qual fosse poi nel retto la cagione dell'arreTto, o sia l'ofldcolo che la produceva , non sarà difficile determinarlo quando si f.tccia at- tenzione alla natura della lesione organica, per cui recedeva dalla ordinaria figura e conformazione . Non è vero che gli oflacoli al li- bero progredimento delle fecce dal cieco all'ano consiftano perpetua- mente in Ihozzature, ingrossamenth delle .tuniche , scirrosità, tumo- ri, contorsioni degli interini et., che ne rendano considerabilmente angufìa la cavità, e diffìcultino o precludano il passaggio alle indu- rite materie. Di tal sorta di organiche offese impedienti il libero sgravio del ventre e spesso cagioni di ampie dilatazioni , s' incontrano senza dubbio moltissimi esempj(^i]): ma oltreché talora neppure gli oflacoli di queflo genere ballarono a far sì che l" inteflino al di so- pra si dilatasse , sia perché, per esser quella una operazione lenta , mancò il tempo ad eseguirsi, sia perchè alcune cause contribuiro- no a disciogliere le materie e sollecitarne l'uscita, sia infine per !a mancanza di cedenza e diflraibilità proporzionata delle tuniciie ; é poi certo che o non furono essi necessarj per produr quello effetto, o ne esiflono di altro genere, che in un modo quasi insensibile con- ducono allo stesso fine. Così un certo calzolajo, di cui parla Samue- le Formio in una sua osservazione riferita da Riverio C») , nel qua- le per un mese e più si era sospesa l'evacuazione inteftinale e che usati indarno molti clifteri e molte pozioni purgative , alfine morì , avea gì' inteflini tutti ripieni intieramente injtar sanquiculorum. vulgo Qbondins^ per l'arresto delle fecce ed anche degli alimenti e bevande prese ; la qual cosa , non comparendo oflacolo alcuno evi- dente, fu giudicata conseguenza della abolizione della facoltà espul- trice degli inteflini . Ed in quel facchino , la cui ftoria riporta 1.1 Ste- (1) Reniven. de abdìtis e. 30. Baflon. paraJigm. 30. Ruisch. Observ Ànaiomico- Chirurg. 95 & 96 pag. 121 8c seq. Tu!p. Obs Meà. Iib. 111. obs. 2 Morgagni it sei. & caus. morh. Fp. XXX II. n. 6 e 7. ed altri da esso cit. n. J. (2) Obstry. tomunuat. a Sam. Formio ob$. XVill. n^o ATTI Sttfano Blancardo CO» f'^^ dovette morire per non aver potuto sgravarsi del ventre per quasi cinque settimane, ancorcliè non sì avesse mancato di sollecitarvelo tfiìcacemente per mezzodì catarti- ci adoperati sì jjer bocca che per lavativi , con la sezione del cada- vere furono trovati gì' interini farciminis ad iiiòtar pieni d'ogni ge- nere di e se da esso ingozzate , senza che si noti oitacolo alcuno , anzi attribuendosene dall' osservatore la cagione o a spasmo o a pa- ralisia degli intellini. Ancora Pareo (2), trattando di quelle co- liche abituali cagionate dalla lunga retenzione delle fecce , rapporta seccamente di un giovinetto di dodici anni , nel cui cadavere tro- varonsi gì' inteltini infarciti di secche e dure fecce , quali esso le rigettava per vomito avanti la morte, ove se fosse esistito un evi- dente impedimento non avrebbe certamente mancato di avvertirlo . Md poiché i casi surriferiti non presentano che esempj di tal soppressione delle evacuazioni intellinali , che spinse quei soggetti alla morte senza un previo noto sconcerto o abituale ritardo e diffi- coltà di quella funzione ; queste circoflanze possono vedersi ampia- mente combinate nei seguenti casi. Teodoro Zuingero Cs) lia con- servata r ifloria di un maniaco, che da pii\ anni non evacuava il ventre se non dopo quattro , cinque , o più settimane , ed in cui l'addome si tumefece una volta enormemente per la retenzione sen- •za perder l'appetito, e si fiumidì allo sgravarsi d'immensa quan- tità di fecce , dopo la cui morte accaduta per una sospensione di sedici settimane si trovò l'ano otturato da una massa enorme du- rissima di scibale e gì' inteftini retto e colon ridotti a sì graa mole, che recò la più i\raordinaria sorpresa. E Lieuteaud (4) ri- ferisce il caso di un vecchio sottopoiio abitualmente a cofiipazio- ne di ventre, nel quale morto dopo la totale soppressione delle evacuazioni inteftinali riscontrò il colon di enorme grandezza , at- tesa la quantità della materia biancaftra quasi lapidea chir racchiu- deva. Merita poi diftinta menzione a quello proposito l'osservazio- ne di Navier inserita nell' Illoria dell'Accademia delle Scienze di Parigi per l'anno 1750 (5) , ove in un giovine di i5"anni che a ma- la pena si sgravava ogni izo giorni delle fecce interinali, furono trovati i grossi inteltini e specialmente il retto così dilatati, che l'ultimo rassomigliava più ad un sacco che ad un inteflino. Or que- (1) Anac. praSi. obs. 30. Vedasi anche Bonet Sepulchr. Tom. 11. pjg 206. Morgagni de Sed. & caus. morb Epist. xxxi. n. i. crede che questa iituria del B.aiuardo sia la stessa che la precedente del Formio. (1) Oper. Parìsiis 1582 lib. xvi. c:'p. 58 pag. 512. (}) Fphcm. nat. cur. dee. U. An. VI. obs. aj4 pag. 540 e segu. r4) Hjì. Anatom. Med. lib. 1. Observ. 292 lora. 1. pag.Sa. . (,5) Hijl. de VAc, dts Se. l'an. 1750. D E L L' A e e A D E M I A 471 queiìo sacco , egualmente che tutto il colon ed il cieco, era to- talmente pieno di materia fìercoracea , senza che apparisse ragion- ile alcuna della sua rerenzione . Questi e molti altri casi ad essi analoghi in ciò che riguarda l'assenza di un'alterazione organica man. feda atta a produrre l'an- gufìia del canale inteitinale e quindi 1' oftacolo allo scarico della materia fecale, se provano che non è sempre una offesa di quefta natura quella die ne sospende le evacuazioni, non sono peto, a mio credere, sufTicienti ad escludere qualunque sorta di oltacolo . Alla discesa ed espulsione delle fecce per un canfle tortuoso e diftraibile , qual' è 1' inrellinale , e di materie compatte , quali sono le fecce n-el crasso inteJlino , due condizioni si richiedono : una é l'azione degli inteftini sopra le materie contenute atta e sufficiente a promuoverne il movimento e progresso nel canale; l'altra è la li- bertà del canale medesimo , tale per lo meno, onde potersi senza gran difficoltà superare dalle materie spinte dall'azione interinale . Se manchi la prima, o almeno sia grandemente indebolita, allora quei lievi ostacoli, che non si rppongono, ma srlo ritardano la progressione delle fecce nell'uomo sano, divengono ofìacoli relati- vi più o meno forti e talora anche insuperabili. Lo ftesso avver- rà se le fecte abbiano acquilìato ta' grado di durezza e le sciba- le siano così voluminose , onde non possano superare gli ofìacoli ordinari ; perchè in tal caso nasce un addizione a quefti , che vin- cendo l'azione intefiinale impedisce il progresso delle fecce , le quali sono necessitate a coacervarsi ed in line a produrre i più fnnefii effetti. Così dall'indurimento ftraordinario delle fecce, che facevano la base della c< lonna , prodotto dalla soverchia azione dei vasi assorbenti e dall' impedimento indi opposto al loro rammol- limento , si dedusse durante ancora la vita del nofìro soggetto quell'ultima fìraordinarissima sospensione degli sgravj del ventie <, da cui derivHrono poscia le piii fiinefle conseguenze; e l'osserva- zione del cadavere dimofirò quanto fosse fondata la congettura. Che poi la causa primaria dei periodici arresti e del lungo ri- tardo degli sgravj del ventre nel caso nostro consistesse in quella totalmente straordinaria conformazione del retto , e non già nella durezza delle materie o nell' affezione spasmodica dell' estremicà inferiore del retto e dell'ano , che talora concorsero ad accrescer- la , più ragioni non permettono dubitarne. Ed infatti se gli angoli e le toriuosit ritardano la velocità dei fluidi nei canali di una de- terminala it-pacità, quanto più dovranno ritardare il moto dei cor- pi suftluidi , e quanto ancora più quello dei corpi the abbiano acquistato un certo grado di durezza ? Questo ritardamento in Don Camilln si verificò fino dall' infanzia , e fu osservato accrescer- si a misura dell'età. In quei piirai tempi gli sgravj si sopprime- L 1 ij vano sya ATTI ▼ano spontaneamente per più giorni . Non v'era indizio di spasmo o altro impedimento all'estremità inferiore del retto ; non era la du- rezza delle materie che formasse l'ostacolo, perchè si rendevano costantemente molli , benché per la brevità del ritardo non vi po- tesse esser luogo a credere che dopo il loro indurimento si fossero squagliate in forza di quella particolar fermentazione, che dopo i lunghi arresti le rammolliva ; non esisteva negli intestini altro vi- zio organico fuori di quella particolar struttura del retto. Era dunque desSa che costituiva la cagione degli arresti , In progresso , cresciuto il ritardo, svegliavansi sul fine dei molefti ftimoli e delle forti contrazioni all'ano atte a ritardare viepiù lo sgravio; ma ciò era conseguenza degli arrefti , non causa, e quindi tanto maggiori succedevano tali sconcerti , quanto erano più lunghi i periodi . Né io dubito che se si avessero altri esempj di simile ftruttura del recto , non venissero quefti in appoggio del lùio sentimento . Ma la fìo- ria anatomica- medica non ne somminiftra alcuno somigliante o eI- men descritto con le particolarità necessarie . Racconta Bonet CO che in un certo La Grange Ginevrino, il quale era morto di volvolo dopo 15 giorni di total soppressione del ventre, i'inteftino retto si era trovato ripiegato a guisa di un S , ma insieme Io ftringeva un anello membranoso procedente dal processo del peritoneo che scende al- lo scroto , che fu la causa della soppressione del ventre e del vol- volo . Haller C^") poi fa menzione di una doppia ripiegatura del retto da lui osservata , in una maniera cosi digiuna e passeggia-^ ra , che non può trarsene alcun lume patologico. Pofto l'arreilo delle fecce nei grossi inteftini e l'oftacolo qua- lunque atto a produrlo, ne segue la neeefTità dei dilatamento del canale al di sopra dell'oftacolo. Se vi è qualche offervazione, che eembra dimoftrare il contrario , esse riguardano per lo più casi re- centi, nei quali è ftato precluso il corso alle fecce iftantaneamen- te colla morte dei soggetti e non vi è ftato luogo a quefti effetti che si generano a poco a poco . La dilatazione forzata degl' inte- ftini , canali di lor natura molto diftraibili , può essere l'opera del momento per una forza espansiva enorme che si esercita nella lo- ro cavità . Quefta forza può esercitarla 1' aria , non mai le fecce accumulate . Per tal ragione nei casi violenti e di fresca epoca si leggono bensì esempj di maravigliose dilatazioni degl" inteftini pro- dulie dall'aria in essi racchiusale accumulata , non già prodotte da am- massi (i) Sepulchret. Lih. Hi. S colla sezione del cadavere fu trovato il colon dilatato del quadruplo cou una contorsione al suo termine, ove comunica col retto , dalla qua- le non nuova o recente, come crede l'autore, ma minore e, se in- sufììciente a precludere del tutto l'uscita alle fecce , almen baftan- te a ritardarla , cred' io che dipendesse l'antica cofìipazione di ven- tre, cui la flessa donna andava soggetta . Niuna osservazione però é meglio adattata a porre sotto gli occhi il progresso di quefìe lesioni , che quella riferita da De Haen C3) . Trattasi in essa di un uomo che tre anni avanti la morte aveva sofferta la passione iliaca con vomito ftercoraceo . grave singhiozzo, e mori dello fles- so male. Nel suo cadavere si trovò un forte riftringimento del co- lon alla dilianza di sette pollici circa dal principio del retto, co- me appunto se fosse quivi flato llretto da una legatura . Qui era- no (1) De morh. intermit. lib. I. cap. 41 pag 315. (i) Benveiuui Observ. Medicar. , quce Anatomia superstruclce sunt ColUclio /. pag. 90. &C seq. C-t) tiat. AJtdend, P. II. Cap. F. Vedasi ancora Stoll Rat. Medend. P.I.sccl.xiv. 474 ATTI no obbligati a fermarsi gli escrementi non meno che l'aria e le bevan- de . Al di sotto quel refìo del colon era divenuto più gracile , il retto non era ingrandito. Ma il colon dalla strozzatura fino al cieco eguagliava nella grandezza ove il braccio edove la coscia di uomo adulto , ed anche tutti i tenui inteflinl ed il ventricolo eccedevano del doppio e del tri- plo il naturale diametro . In quei casi adunque , nei quali si legge nota- ta la dilatazione degl' inteftini e specialmente dei crassi, e non si scorge l'oftacolo al corso delle materie contenute , converrà non oftan- te ammettere che vi fosse, ma non organico e atto a manifcftarsi colla sezione del cadavere; come in quell'uomo, di cui referisce M. Aurelio Severino (^i) , che essendo morrò di una lunga colica , cioè di 20 giorni , fu trovato il di lui interino cosi turgido che su- perava in grandezza gli ftivali da viaggio e nel quale non l'infiam- mazione venutane in ultimo, ma l'eccessiva ed antica mole delle fecce contenute, che non potevano essersi raccolte in quella mara- Vigliosa quantità che egli dice nel corso deila malattia , ma piuc- tofto dovevano esserne ftate la cagione , doveva pure aver prodot- ta molto avanti la dilatazione. Leggo negli Arti dell'Accademia dei Curiosi della natura (2), che nel cadavere di un uomo, il quale da lunghissimo rempo aveva il ventre turgido come nell' ascile una porzione del colon era così dilatata da rassomigliare un'otre glo- ' boso che con la vada sua mole riempiva rutta la superior cavità del basso- ventre . E tra le osservazioni Anatomico- Chirurgiche di Federigo Ruschio (3) una ve n'ha di una fanciulla di cinque anni soggetta da molto tempo a dolori di ventre, nel cui cadavere tro- vò quella parte del colon , ove comincia a prendere il nome di retto, condotta a si enorme eftensione , che cunpriva e sottraeva intieramente dalla vifta tutti gli altri visceri contenuti in quella ca- vità . Or quantunque in quefte due ultime ed in altre osservazioni, che faccio per brevità, non si noti cagione alcuna d'impedimento al di sotto della dilatazione, convien d'ie che mancando una le- sione organica , la quale non sarebbe certamente sfuggita a sì grand' uomini, alcuna ve ne fosse d'altro genere, di cui già si è fatta menzione, che essi non si presero la pena d' indiigar- ; seppur non vogliansi supporre congenite e organiche tal sorta di dilatazioni , o l'effetto di una atonìa locale, sul quale articolo, dove non sono da- ti che escludino tali cause o ne accennino di altra natura , Ja-- scierò che ognuno adotti quella opinione che più gli sembra ve- risimile . La » : -- ■• » (1) Pe reeond. Abscess. Natur. Lib. IV, eap. 36 /. 376. (aj Dee. li, an. VI. obs. u pag. 34. (3) Observ.^i pag, 118. DEL L* ACCADEMIA t'j La dilarazinne degli inteftini e snprarciuto dei grossi può ella conoscersi dai suoi particoiari segni? Quali sono quelli segni? Una siffatta qiielìione non è nuova in Medicina , sebbene poi nessuno siasi data la pena d' illuitrarla . Morì in Roma Donna Barbera Co- lonna consone in quarte noz/e del Marchese de Melchiorris , nel cui cadavere fu rrovuto il colon per tutCa la sua lunghezz,a ellrema- unente dilatato e piero di sciolta materia ftercorbcea; massimamec- te poi espanso come un* otre e procidtnte egli era dove con dop- pia curvatura va ad innelìarsi col retto , talché con la sua mole premeva 1' utero veiso il retto in modo clie quello e soverchiamen- te angullo ed al sommo ripiegato si ritrovò. Sorprese quei Medici, tra i quali Lancisi , Pascoli ed altri di quella Città, che invita non si fosse neppur subodorata qnefla immensa dilatazione del colon; onde Gennaro Giannelli Mtdico Romvno, che ne aveva la cura e ne dillese l'illoria inserita nell' Efemeridi dei Curiosi del- la Natura CO» combinando i sintomi con ciò che nel cadavere si era scoperto, credè poitr ridurre ai seguenti i segni della dilatazio- ne considerata sola e non complicata ; i. agli Ibmoli continui di evacuare; 2. alla lUtichezza di ventre conremporanea ; 3. alla usci- ta dei ilati anche nel tempo delle più lunghe e oftinate retenzioni delle fecce; 4. al dolore dell' ipogal'trio; 5. alle irruzioni e vortici delle interne flatulenze, particolarmente in quefta parte , ed alla loro esplosione piuttofìo cominciata e non compita, che ritardata; 6. alla mitigazione del dolore giacendo nel letto , e meglio bocconi che supino , meglio supino che su i lati , meglio sul lato deftro che sul siniiìro ; 7. alla molellia nel coito ; 8. ai frequenti flimoli al vomito nel tempo dei travagli; g ai rutti frequenti anche nel mi- glioie lìato di salute compatibile. Vediamo pertanto che cosa ne somminilhi su tale argomento l' esame di questo caso, ed il suo coufioiuo cri nolìro e con gii altii analoghi . E perciò che nguaida il primo segno, cioè gli ftimoli assidui all'evacuazione interinale bafta riandare le circoftanze del caso, da cui fu dedotto, per convincersi che nasceva piuttofìo da altre cause che dalla dil. r..zione . V' fa flato un flusso abituale quasi dissenterico; introdf tro nel retto un dito da un Chirurgo, sentì non so che di protubeiante , tcrtU(>so, e duiettd; colla sezione del cadavere si trovò eie l'uttro \oltato all' indietro esercitava sul retto una collante pugarv ra . Or qu-Tte cause erano per se mede, sime sufficienti a piochine quegli flim"li assidui, ancora senza la complicata dilatazione; fu dunuue ingiuflo 1" attribuirneli . Ed in- fatti nel caso ncfìio, quantunque la dilatazione interessasse spe- cialmente 0) Cent. IX. & X. in Afpend. pag. 59 & seq. *76 ATTI. cialmente il retro , pure mancava quella perpetuità degli ftimoli , i quali non si manifefiavano comunemente che quando erano immi- nenti o attuali i periodi delle evacuazioni , e quando essendosi già le materie portate prossimamente all'eflremità del retto lo spasmo V'interveniva a rattenerle . Né trovasi notata quefta circoftanza, non solo nei casi di dilatazione del colon riferiti dagli Autori , ma nep- pure in quelli , ove la dilatazione interessava specialmente il ret- to, nei quali a maggior ragione avrebbe dovuto manifeftarsi . Lo flesso io dirò del quarto seguo dedotto dal dolore ipoga- flrico . Vi sono talora i dolori o in una maniera o nell'altra in oc casione di dilatazioni intelìinali ; ma sovente vi sono senza di que- fle,e molte volte malgrado la dilatazione essi mancano. Mancavano di fatto comunemente nel caso noftro , e quando vi erano consilìe- vano coftantemente in ftimoli e contrazioni dolorosissime all' eftre- mità inferiore del retto, o sia in un tenesmo atroce, né mai in quella sorta di dolore, che nel citato luigosi dà per uno dei se- gni della dilatazione inteftlnale . Per necessaria conseguenza non aveva luogo il sefto segno . almen per rapporto al dolore ; perchè la situazione bocconi nel letto, che talora giovava a Don Camillo, non era già presa da esso e preferita per frenare il dolore , ma per coadiuvare l'uscita dell'aria . Né occorre che io mi fermi a con- futare il settimo segno consistente nella moleftia nel coito , che aveva una più vicina e adequata ragione nello ftato morboso e do- lente del retto e nella ftraordinaria situazione dell'utero; né i fre- quenti ftimoli al vomito coftituenti l'ottavo segno, comecché non comuni né al caso noftro né ad altri analoghi ; non dovendosi pun- to valutare quei sintomi, che insorgono soltanto agli ultimi perio- di della vita , e che sono effetti del sommo sconcerto addominale , indipendentemente dalla dilatazione o della total soppressione delle ev?ruazioni . Rimangono la ftitichezza del ventre ; l'uscita dei flati in tem- po delle pii\ oftinate tardanze delle evacuazioni; le interne flatu- lenze del ventre e il modo delle loro esplosioni ; i rutti . Il ritar- do delle evacuazioni, che sussifteva in donna Barbara malgrado l'affezione dissenterica ; che trionfava in Don Camillo; e che si ri- scontra ordinaria in tut:i i casi di dilatazioni del crasso inteftino, dei quali s^n note le circoftanze della malattia , é ben ragionevo- le riconoscerlo per una quasi necessaria conse'guenza di esse ; per- chè se la dilatazione suppone un'oftacolo al progresso delle fec- ce, o almeno ui' atonia per cui 1' inteftino è quivi inabilitato a promuoverle a dovere , quefto medesimo porta indispensabilmente a tal ritardamento . Né tampoco possono ricusarsi qual segno di dilatazione le fla- tulenze e loro effetti, quali appresso a poco formano il quarto, quin- D E L L' A e e A D E M I A 177 quinro , e nono segno lìabilito dairAmore della Aoria del male di Donna Barbera , purcliè si prenda quefla citcodsm.a in rutta qiu-l- la eftensione e variabilità che può avere secondo le diverse com- binaiioni della dilataz.ione inrcftinale con la varia natura degli ofta- coli e con le altre coflanti o accidentali complicazioni . E ciò si renderà più chiaro quando piaccia di f«re attenzione a ci che de- ve in t8i casi precedere e accompagnare gli sgravj. A tale eltecco dee prima ricercarsi e fiabilirsi onde vengano quelle gran masse di aria, che si sviluppano incessantemente, e la cui miniera sembra inesaufìa. Nel caso roHro non può dubitarsi che non derivassero dalla massa fecale ritenuta. Esse non erano il prodotto della fer- mentazione delle sofìanze alimentari mal digerite . La digellione andava sempre bene quando non era soverchiamente perturbata dai tumulti addominali consecutivi ai lunghi arredi , e forieri e com- pagni degli sgravj più penosi; nelle quali ardue circoftanze non po- rca temersi alcuno sconcerto dalla indigertione , perchè il mal.ito cessava di cibarsi . Le masse enormi di aria che sempre uscivano e non erano mai compensate dall'aria ambiente che si facesse ftrada in quelle cavità , non potevano ripetersi né d^lla rarefazione , né dal movimento dell'aria contenuta in esse . Altro dunque non vi era, che le materie fecali accumulate, capace di somminiftrarla . Ma quelle materie non sono suscettibili di fornire tanta copia di • ria se non quando certe loro parti componenti si risolvono nei lo- ro elementi atti a prendere lo flato aeriforme . Onde lo sviluppo dell'aria dalle fecce indurite raccolte nei grossi intestini e loro di- lafazioni sappone l'attuale loro scomposizione , che io senza indivi- duarne il genere considero come una specie di fermentazione. Trnvata l'origine dell'aria, facile riesce la spiegazione degli ef- fetti , Ma per considerare quella e questi quali segni della dila^a- zione intestinale non devono prendersi isolati; é d'uopo che vadano di concerto con il ritardo delle evacuazioni, che si sviluppino do- po un dato periodo di arresto, che si accrescono a misura della lunghezza dello stesso periodo . E la ragione si è che le fecce rac- colte e indurite nei crassi intestini non sogliono concepire cosi presto quella particolare alterazione , da cui nasce l'evoluzione dell* aria, ma solo dopo un lungo trattenimento: che il lungo tratteni- mento esige e forma il lungo ritardo delle evacuazioni, che l'alte- razione suddetta dee cominciare dai più piccoli gradi e crescere successivamente, e la stessa proporzione dee seguire lo sviluppo dei fluidi elastici ; che infine la quantità dei fluidi elastici che si formano, a cose eguali, deve essere proporzionata alla massa del- le materie , dalle, quali essi emanano. Or questa circostanza conduce al ritrovamento e spiegazione di aa nufvo segno delle dilatazioni intesiinali non avvertito dall'Au- Tom. Vili. M m toie 178 ATTI tore deirifloria indicata. Esso consiAe nel conante flato di mollei. za più o meno grande, nel quale trovar si devono le materie, che si evacuano, a differenza di ciò che succede nell'ordinaria flifichez- za. £d infatti come potrebbero altrimenti evacuarsi materie per la lungkezza del tratteniaiento fortemente indurite, per l'ampiezza della capacità ia cui sono raccolte formate in scybale di ftraordina- rio volume, impedite nel loro moto da qualche sorta d'impedimen- to , cbe si è pur riconosciuto indispensabile nel caso di simili le- sioni ? A fronte dell'oftacolo che dee risultarne riuscirebbe vano qua- lunque sforzo della natura o dell'arte per espellerle; quindi o la total soppressione e la morte o la loro evacuzione in ftato di mol- lezza, onde mettersi in ftato di cedere agli inpulsi superiori e di adattarsi alle ane;ulìie inferiori . Quefto rammollimento sdunque è il risultato di quella alterazione che dopo il lungo loro arresto alfi- ne concepiscono le materie coacervate negli inteftini , e da cui ha origine la produzione dei fluidi elaftici . Tali perciò esser doveva- no le materie evacuate da Donna Barbera , benché si dicano natu- rali e per la flessa causa nel caso riferito da Stoick ([i) non se- guivano mai gli sgravj a brevi intervalli se innanzi le fecce ferma- te nel retto non erano rammollite col mezzo deiclifìeri. E sfortuna che non possa confermarsi quefto fatto con una serie copiosa di os- servazioni a motivo del silenzio degli scrittori a quefto riguardo, forse perché per lo più non furono testimonj della malattia , o non ne videro che 1' ultimo fatai periodo . Finalmente non deesi dimenticare un' altro segno delle dilata- zioni medesime , che va di concerto coi precedenti . Questo è il tumore addominale risaltante dal coacervamento delle dure fecce nel- la cavità dei crassi inteftini dilatati il quale o più o men chiara- mente dee manifeftarsi alla vista ed al cacto . Se le fecce si Trat- tengono , se si ammassano, se speciahneiìte si coacervano nel luo- go dilatato, dotate coine sono di durezza, non possono mancare di coftituire nel ventre una considerabile resinenza e protuberanza , facile a riconoscersi col tatto . Non è per altro che possa sempre assegnarsi a queiìa tu;uefazione una detenniiiata figura ed una mo- le o circoscrizi(^ne limitara . Altra deve essere quando la dilatazione é parziale o mediicre, altra quando è universale o enorme . Diver- so il sito, diversa la figura, seconda il luogo e la figura dell'inre- fiino dilatato . in altro modo dovrà presentarsi ali* esplorazione quondo la tumidezza risulta dal solo aiuìiasvo delle fecce, inalerò quando imnense masse di aria vi si uniscono e dilatano con vio- lenza il resto del canale . Cosi nel caso noftro da principio si os- servava (;), Vedisi poco JOU*. D E L L' A e e A D E M I A jy.» servava nascere e crcpcere nel!' ipogartrio il tumore prodrrro d<(lle fecce ritenute; in progresso poi cresceva la mole del vent-e per ogni verso senza una figura determinata . Vi è qualche esempio ove la figura e circoscrizione dell'interno tumore formato dal fecale am- masso era ben diftinta , e qualche altro ove era indeterminato. Ao- tonio Storck Qt^ racconta un caso del primo genere , che osservò in un'uomo sessagenario. Costui per la percossa dei lombi si rese sog- getto ad una fisrnla lungo le vertebre dei lombi , che lo portò alla consunzione ed alia morte . Egli era molto costipato di ventre , e bi- sognava ogni due giorni sollecitarne le evacuazioni con lavativi; altrimenti sopprimevasi l'orina ,. e compariva un duro e rotondeg- giante tumore scpra il pube con molto dolore agli inguini e nel basso ventre; le quali cose evacuato il ventre si dileguavano. Nel cada- vere adunque trovò die 1' intestino retto a due dita dal suo prin- cipio dilatavasi verso la parte destra in un ampio sacco simile all' inteftino cieco; il qual sacco era pieno di durissime jr£/(^6'/^; e che il manente del retto fino all'ano era ingrossato e fungoso e cosi angiifto, che le fecce dure non potevano in alcun modo passarvi. Al contrario nell'osservazione riportata da Teodoro Zuingero sopra citata fu notata la enorme intumescenza del ventre prodotta dalle fecce e dileguata per il loro sgravio, senza circoscrizione alcuna o figura, e senza che nella indicata circoftanza potesse esserri . Coa- frontando quelìi casi insieme ne apprendiamo come la tumefazione del ventre prodotta dalle fecce possa diftinguersi dagli altri tumo- ri dell'interno del ventre . Perchè oltre ai lumi che può dare il si- to se sarà cagionata dalle fecce fermate in qualche dilatazione, do- vrà esservi la mancanza della loro evacuazione, o almeno le eva- cuazioni saranno manifefiamente inferiori al bisogno; la tumefa- zione medesima si aumenterà a misura dell'arredo , e svanirà o di- minuirà in una maniera rimarchevole dietro agli scarichi abbondan- ti degli escrementi . Quefìo segno porterà la diagnosi delle dilata- zioni ad un alto grado di probabilità tutte le volte che vada unito agii altri segni, iquali abbiamo riconosciuti proprj a quefto inte- ressante oggetto . Facendo ora ritorno ai propofti quesiti già si è data la solu- zione della prima e seconda parte del V. quando si é fatto coftare che la lunghezza e soprattutto la triplice ripiegatura del retto for- xrava queiroftacolo , di cui qui si ricercava la sede e l'origine. Le altre due parti del qnesito medesimo , siccome ancora i fenomeni riuniti sotto il sefìo quesito , porto quanto si è già dovuto dietro alla csservazicne ed ai più savj principj ftabilite, non possono con- M m ij siderandosi (i) Ann. Mtd. L Cadaver. septimum , fcg. 134. dtUZdiiionc d'Aiurdam ITJ^. aeo ATTI siderarsi che come effetti del lungo arrcfto ed enorme coacerva- mento delle fecce e delle consecutive alterdr.ioni che sono obbligate a concepire esaltati ora per il consenso nervoso, sì attivo nel Las- so ventre , ora per i" irritamento inteinpeitivo di soflanze purgati- ve introdotte nel tubo intefiinale in que(to suo Itato di passione , ora per le violente diflrazioni indotte dall' aria sviluppantesi dalla ritenuta massa fecale . Della Itiratura all'ano , da cui nascevano i più gravi e dolorosi tenesmi ne fu già resa ragione ove all'occasione di far la ftoria del- la sezione del cadavere si fece parola dei cangiamenti succeduti la sequela alla rottura degli intelìini ed al passaggio dell'aria dalla loro cavità in quella dell'addome. E per riguardo alla difficolti e scarsezza dell'orina, oltre a quanto ne avverti acutamente Bic- chieraj nella riferita sua rispofta consultiva abbbftanza ne ammae- ftra r osservazione di Storck poc'anzi a bella polla epilogata , ove la pienezza di un sacco del retto, premendo la vessica , cagionava la soppressione dell'orina. Quella osservazione ci conduce a uivcili- gare come nel noftro soggetto , ove spesso combinavasi tanta pie- nezza da occupare tutta quasi la capacità del vafto suo ventre , talché gli altri visceri in gran parte avevano dovuto farsi luogo su nel torace, sollevando il diafragma , non cagionasse più spesso la soppressione dell'orina, e soltanto precludesse quefla evacuazione nel contrago che opponeva all'uscita delle materie la violenta con- trazione all'ano ed all'eftremità del retto . La ragione di ciò a me sembra , che soltanto ia quefta congiuntura la massa fecale avea occasione di trattenersi soverchiamente e accumularsi nell' ultima porzione del retto, diftenderlo fìraordinariamente a segno di occu- cupare una gran parte del diametro della pelvi , ed esercitare un» forte pressione sulla vescica . Poiché non è verisimile che le fecce ye- nissero a fermarsi nell" ultima porzione del retto fin da quando le fecctf dopo gli sgravj cominciavano di bel nuovo ad arrecarsi . La cagione del fermarsi le fecce era la lunghezza e le curvature del retto; di>vevano dunque arrecarsi prima di aver superato l' impedimento, e così almeno avanti di aver sormontata l'ultima ripiegatura se l'ar- refto non si fosse fatto sino dal principio se non nell' ultima por- zione quasi verticale del retto, non si sarebbe fatto che fci di là det^li oftacoli, o sia dopo averli superati. Niuna ragione allora vi sarebbe ftata purché non ne seguisse lo scarico. Il retto era pervio, era Sano . non vi erano né contrazioni, né ostacoli che si oppones- sero. Percliè dunque non si sentivano gli stimoli? perché non ope- ravano i clisteri? perché i purganti, incitando gl'intestini, ad uà' azione più valila» non determinavano gli sgravj? Q'e-ite riflessi !n; n'inducono nell'opinione, che in realtà le Qtateue aia>Qaii *^'' '^"^ i' niinor pregio si era d* essere il più rinomato Giureconsulto della Curia Romana. V era l'Opitergi- no Cecchetit, uomo di franca sintentà, di piacevole ingegno, e di vafta letteratura, e conosciuto non meno pe* suoi scritti, che per le sue disgrazie (^1). Eraiivi i due fratelli Buonsmici, Filippo, e Cafiruccio; uomo di Corte il primo, di facili coftumi , cui la fine eleganza dello scriver latino inalzò presso ai Pontefici alla carica di Segretario di quell'idioma; militare l'altro fervido e impetuo- so, emulo di Cesare nella latina ifìor ia , di Guidiccinne, del Co- fìanzo , del Casa nella toscana poesia: uno Stay di Raglisi , autore del sublime poema del Neutonianisnw , e socio di quefta vofìra Ac cademia ; (i) L'Avvocato Gaetano Foni fu assunto pe' suoi me^'^i. atta Prelatura, e fat- to Promotvr della Fede. Mori nell'intervallo fra la sua r.óir.aa al Cardinalato, e r effettivo ct-nseguiniento di quefta dignità. (2) L'Abate Raimondo Cecchetti d'Oderso nel Friuli fu Segretario in Eoma i'i molti Ambasciatori Veneti. Avendo incorso il dispiacere di una gran Corte d'Europa per alcune espiessioni poco inaurale di uno fciitto che si sparse nel mondo contro sua veglia, tu costretto a viver luggiasct per alcuni ani.i , e fu de- bitore della sua salvezza a'ia tcraggioss smiciiia dei fretelìi Savini , the r.el for- te della burrasca lo accolsero in una loro Villa. Veggansi le Memorie che ha pubblicate della sua vita il Conte Bernardino Tomiiano . L' Opera che ha fatto più onore al Cecchgtti è stato un Trattato degli Ajili , staiiipato in Pa~ dova nel 1751. :9i ATTI cademia ; un Ganne Aviguoaese QO'y "a Paribeni Pilloj'ese (|4) ; uu Rossi Fioreaciao Cs^J m v cauti di Cortona ^4) . uà Crivelli di Trea- '^oCd); P^"^ "Oi parlare di molti e moiri altri, degni pure di esser nota- ti, se noa baftassero quedi pochi a far conoscere di quali uomini fosse cnmpolta la società , onde formava Guido la sua delizia. Non si tofto Egli ne fece parte che ne divenne come il centro ed il vincolo princi- pale. E' incredibile la tenerezza con cui li amava , e n* era a vicenda riamato . Li sua indulgene sensibilità riuniva fra loro i piò opposti teinperameati de' suoi amici ; faceva suoi propri tutti i di loro inte- ressi , e non concento di ass'lterli coi consigli e colla persona , mal- grado la riftrettezza delle sue circoftanze , trovava ancora il modo di essere «eco loro liberale . Talvolta padrone di una sola camera , e di uà sol letto, godea dividerlo con chi di loro si trovasse in ilìa- co d'averne bisogno . In qaefio letto ospitale Caftruccio Baonamici , solito a passar la vita fra i favori e gì' insulti della fortuna , ht comporto i più bei pezzi della sua Guerra di Ve Uè tri . Li componeva era se la notte; indi scuoteva Guidi dal sonno perchè li ascoltasse . Quefta lieta ed amorevol brigata fu per Guido una scuola as- sai migliore di qualunque Università . \ i apprese Egli a porre del conrinuj il suo gulìo ed il suo giudizio a confronto coi più solidi giudizi, e coi più fini e delicati gulìi del mondo. Sparsi quanto lo richiedevano gli affari e i doveri di ciascheduno nelle diverse par- ri del vortice Romano , si riunivano essi giornalmente , per ricrear- si in un commercio di spirito e di scambievole amicizia . Sovente ancora si congregavano in luoghi e giorni deftinat*, sotto la forma di regolari accademie , per ascoltare i Discorsi che ciascheduno a vi- cenda vi recitava sopra qualche punto di Metafisica , di Dritto pubblico, di belle Lettere, o di Ancicliità. Erano essi il più beli* ornimento delle Adunanze poetiche degli Arcadi , e dei Quirini ; e tanco in quefle che in quelle Guido riscuoteva la pubblica ammi- razione , sia «olle sue eleganti poesie, sia eo* suoi dotti ed eloquen- ti Ragionamenti, Uno solo di quefti , che ci é pervenuto intiero , dee farci grandemente compiangere la perdita degli altri . In qne- fto , _ (i) Uomo dì gran Spirito e cultura d' ingegno , Agente in Roma per la sua sazioiie . (.i) Il Cav. Giuseppe Paribenì , dipei Professore d'Istrurioni Canoniche nell' Univ."sità di Pisa , il di cui non ordinario carattere si crede adombrato dal no- stro Gaido in uio sqjarcio d'eloqu?nzi teofrastica, intitolato Ritratto di Damane. (;) Biblioie:trio di Casa Corsini, uomo di sonima dottriaa^ e d' altrettanta probità , (4) L.' Ab. Ridolflno Venuti , Antiquario Pontificio . C'i) A'snre in Rditiì dell' Elettore di Magonia , e dell'Arcivescovo di Sa- Hsbftrgo : fu di rara erudizione e bontà . DELL' ACCADEMIA •-.j^j J&a , contro la opinioae di Grozio , di Barbeyrac , e di alfri famosi Giuspabbhcirti , s* esclude dal numero degl' innumcrabili diritti (la- biliti dalla Natura quello di reflare, nel modo che i' intendiamo e che l'usiamo, e si rilega fra le positive disposizioni del Dritto ci- vile . Quello Sàggio é scritto con solidità di ragion.iiiunro , e coti semphcuà di fìile conveniente al soggetto , a cui danno tuttavolca risalto dei tratti non mendicati di una vera eloquenza . A queff epoca , ed a quefte medesime circollanze , appartengo- no ancora i pochi saggi di poesia lirica che di Lui abbitUii; dai quali, e specialmente dalla incomparabile Ode alla Sperc-^a, ben si conosce come , se un tal genere di gloria ambito avesse, poiea fa- cilmente avanzare, non che raggiungere,! più rlnom.iti Liriti d^Ha nòllra Lmgua : tanto alla perfetta cognizione , e al guito soprafìì.ie di quella, riuniva Egli la robuflezza dei pensieri e la vivc7Zé del colorito dei Classici antichi, a Lui sopra ogni credere familiari , Guido aveva fatto sbbaftanza per il suo spirito e yitr la sua re- putazione , ma Bulla per la sua fortuna . Venuto quindi il tempo eli' Ei rirnrnasbe alla patria , non credette il Principe Chigi poter meglio impiegare la nomina , che per dritto patronale gli appartene- va, alla digniià di Arciprete della Metropolitana Sanese , che col- locandola Si pra la sua persona. Lasciò Rfima il nuovo eletto piena della mem.oria de' suoi talenti e delle sue virci'i , e portò seco una tenera rimembranza, che ka conservato sino alla morte, dei sog- giorno e dei compagni della sua giovinezza . Non più laico né sacerdote ancora , fissò gii sguardi sulla nuo- ra carriera di lunghi e difficili ftudi , che se gli apriva dinanzi. L'abbracciò con ardore, e l'amore che vi pose gli fece credere per qualche tempo di essere dalla Provvidenza chiamato a quello fiato di vita . E sebbene Ei dovesse finalmente accorgersi che si era in- gannato , tali progressi avea già fatto in tutte le sacre dottrine , che fu poi cosa maravigliosa a vedere, allorché si fu ritirato dal santuario , come poclii vecclii sacerdoti e teologi di professione po- tevano ftargli a fronte nella intelligenza dei Padri, nella Iftoria Ec- clesiaftica , e nella scienza dei Canoni e della disciplina . Dalla severità «li queflc occupazioni si ricreava colle dolcezze della vita dcniellica , e' coH'amenità de' suoi fludi prillati. Reftato privo dei genitorj , viveva in un' intima unione co' suoi fratelli . La casa Savini era il ricetto dei buoni fludi, e della nobile ospita- lità : gli sventurati vi trovavano un'asilo; e le persone più calte della città si facevano un'onore di frequentarla . Dei frutti letterari dati da Guido intorno a quel tempo, l'Epi- ftola oraziana volgare a Caflruccio Rumemici è il solo «he ci sia pervenuto intiero; pezzo incomparabile, che forma da se solo nella poes-» italiana un genere del tutto nuovo, e che , con deftino ?ssai Tom. Vili. 0 o raro 294 ATTI raro in simili componimenti anco Aampati , inedito , ha sopravTi^ voto alla occasione . ed alle persone , per cui fu fatto . Posili versi scampati dal naufragio della traduzione che aveva intrapresa del poema inglese di Marco Akenside su i Piaceri della Immugino-^ione , e i giudizi che di essa si leggono nelle lettere de' suoi illuraiaati amici, ce la fanno conoscer degna dei nofìri ram- marichi . I suoi eccellenti principi intorno all'arte di tradurre si veggone sviluppati nelle osservazioni che ad iflanta dell' Abate Giannetti fece sopra una sua traduzione delle Georgiche di Virgilio . Quefto breve ma sugosissimo scrino, ove l'esempio è congiunto ai precer- ti, ed ove la modestia e la gentilezza prestano alla savia critica il lor dolce linguaggio, sgomentò nondimeno il traduttore in tal guisa , che condannò egli medesimo la sua fatica ad una perpetua dimenti- canza . Ma la menzione di queft'opuscolo ci ha condotti ad un'epo- ca in cui Guido erasi già spogliato della sua ecclesiaftica dignità. Imperciocché , non sentendo punto crescere in se medesimo la TOcaiione per lo fiato sacerdotale , incapace di sacrificare la sua coscienza all'anibizione o all'interesse, vi rinunziò del tutto nel 1757: ed in quel medesimo anno, quasi che sgombro di un grave peso si sentisse animato di una novella attiTicà, posò i fondamenti di quel- la riputazione di eloquenza che si accrebbe in appresso , e clie ▼erri confermata , se io non erro , dal giudizio della poflerità . Al- la presenza dei magiftrati e del popolo sanese , accolti nel sacro tempio di Provenzano per 1* annuo solenne aprimento dei pubblici ftudi , diresse Egli al Corpo adunato dell' Università , quella nobi- le parenetica Orazione, che fu quasi uà presagio dei pofti che do- vea poscia occuparci . La Università di Siena . quel!' antico Liceo che ha il vanto di aver dato nel decimoquarto secolo un'asilo alle scienze fuggitive da Bologna, e di aver prodotti o posseduti i Benzi, i Sozzini, i Pa- learj , e tanti altri famosi rertauratori delle Lettere e delle scien- ze, e che all'ombra della Real Casa de' Medici aveva conservato ed accresciuto ancora il suo splendore, era ultimamente caduta, per una varietà di sfortunate combinazioni , in un tale fiato di debo- lezza e di languore da far temere l' efìinziose persino degli ulti- mi veftigi della sua esigenza. Un Miniftro illuminato, la cui me- ni')ria sarà sempre nella patria nofìra onorata , Pompeo Neri Pre- sidente dell' Imperiai Consiglio di Reggenza , fu il primo che op- p liiesse una mano soccorrevole alla sua rovina . Fra i mezzi che pose in opera a quefìo effetto, uno dei più efficaci fu quello di collocare nelle sue Cattedre delle persone di un vero merito; e fra quffìe G lid ) non poteva rimanere obliato. Di tutte le scienze che a/eva E^U cuitivace con applicazione e con traspurto, (j^ueila sciea- 2» D E L L* A e e A D E M I A «95 za sovrana che è la morale delle nazioni , e la legge s!i coloro the non hanno per giudice altri che Dio, era ftata dallj sua tenera gio- ventù la sua prima scelta , ed il suo più coftante amore . Quella si fu dunque la s«ienza che , richiefto di voler essere uao degli ifti- tutori della sua patria , domandò iftantemtnte di poter insegnare ai suoi conciftadiai . U Neri glie lo promise : ma non avendo avuto poi lungo r erezione di una tal Cattedra senza altrimenii consultar- lo lo fece scriver su i Ruoli Professore d' ifticuzioni civili. Guido ondeggiò alquanto : ma pure fece cedere la sua repugnanza al do- ver di suddito e di cittadino, ed accettò. Ai noftri più riputati causidici, llati in gran parte suoi scolari , si conviene più che a me il render giuAiria al molò con cui per ben dicioir'anni ne sofìenne l'incarico. Si rtimmenrano essi bene 11 pregio de' suoi metodi , la elegante precisione del suo ùilc , la chiarezza delle sue esposizioni , la sua pazienza , la sua dolcezza , nella iftruzion familiare , e soprattutto 1' arte rara di conciliare al- la sua scienza 1" Ingegno e la Ragione , recalcitranti l" uno e l'al- tra al giogo della semplice autorità . Hanno ancor lama le sue Prelc:fioni , e le sue Laurer \ sorta di eloquenza quefìe in quel tem- po proftifuita all'inezia ed all'adulazione, e che Egli" ricondusse nei sentieri della iAruzIone e della dignità . Né qui si fermarono i servigi da Lui renduti alla Università ed al'a cultura sanese in generale. Ben vel sapete, o Fisio Critici : q'tefta voftra Accademia, tanto benemerita della filosofia, e che tiene un pollo così diftinto fra le società scientifiche italiane , ri- e nosce da Esso il suo risorgimento , e quasi una seconda iftitu- eione . Dopo la morte dell' illutìre suo fondatore (_i~) , e del primo fua generoso mecenate C») » 'e medesime disgrazie che minaccia- vano il deflino della Università aveano pur'aoco interrotto i suoi la- vori e le sue adunanze ; tanto che quello luogo, già sì celebre, ri- inaso allora in abbandono , appena saper potessi «hi ne fosse il cu- ftode . Ma Guido non disperò della sua salvezza, e ciò solo fa per essa un priiicipio di vita • Radunò quanti vivevano ancora de- gli antichi membri dell'Accademia , tefìlmoni del suo primiero splen- dore ; eccitò in essi la loro sopita attività ; procurò che a quefti si Unissero i pubblici Professori delle scienze ; e finalmente per ope- O o ij ra ' III .1 ■ — » I I ^^.^^»^— ■ (0 Pirro Maria Cabbrieili, valente Medico t Filosofo che sul cadere del $e- *nlo decimo «ertimo iflituì queft''Accadeniia , a siniijltudine di quella del Cimento i\ Firenze, e ne ornò !» saia con ura delie prime Linee meridiane eh» fossero co- strutte in Italia, precisamente nel tempo in cui il Casini disegnava quella di 5. Petronio di Bologna . r2)G:rolatno Landi,riceo e culto G«BiilnoMO Saocse, ch« tscofidò coi pro- pri danari l' impresa del Cabbrielli. 296 ATTI ra sua si tenne quella memorabil sessione dei 29 Aprile t759 > che é 1' Era della moderna Actarlemia Fisio-Critica , alla quale ven- ne allora ascritto quanto la città nolìra conteneva di culto e di ftudioso .' L'Arcidiacono Salluilio Bandini , soggetto, in quel tem- po, per età, per grado, per meriti, e per U considerazione che godeva presso il Governo, il piOi ragguardevole della città, fu per unanime consenso acclamato Principe dell'Accademia ; e il Savmi gli fu congiunco in qualità di Assessore . lo non proseguirò a narrare in faccia voftra quello che Voi medesimi avete fatto o ricevuto di onorevole dentro a quefto re- cinto : come Pompeo Neri certificasse per 1' organo di Guido la sua compiacenza per la felice reftaurazione dell'Accademia ; come Egli flesso le impetrasse dal Sovrano dei mezzi di sussilìenza e d' inco- raggimenco ; come molti lìranieri lilosoh di chiarissima fama si re- cassero a onore d' esservi ascritci ; come s' incominciasse la flampa degli Atti , insino al giorno d' oggi continuata : nelie quali cose tutte Guido si adoperò efficacemente per il vantaggio e decoro di quella compagnia. Solamence rammenterò che alla morte seguita nel 1760 dell'Arcidiacono Bandini , Guido ne lesse pubblicamente r Elogio , compoilo sulla maniera del celebre Fontenelle ; che nel 1764 fu egli medesimo eletto Principe dell'Accademia; e clie vi prestdè fin/) al 1771 > quando in seguito della sua rinunzia, il chiarissimo Bjldassarri gli fu dato per successore . Non vuoisi qui passare sotto «ilenzio, uno scritto comporto in questi anni da Guido; il più analogo, fra tutti gli altri , all'ogget- to di quell'Accademia, allo fìudio principalmente, delle cose fisi- che indirizzata . lo parlo della Memoria filantropica da Lui pre- scncaca al Collegio dei Medici sui mali correnci l'anno 17^7, da Esso attribuiti alla careflia , ed agli llenti di un» gran parte della plebe : Memoria che da uno dei nofiri migliori Medici (i) viene considerata come un modello della maniera di maneggiare simili temi ; specialmente in quella parte ove separa le vere dalle false cagioni dei mali , e le primarie dalle accrescitive . Ma egli è tempo oggimai di ricordarvi i suoi pregi in qualità d' oratore ; pregi che vivono nella memtiria e nel cuore di chiun- que l'ha udito, ma che, per mancanza di pabblicità data sin qui a* suoi scritti, non sono, fuori della limitata sfera de' suoi ascol- tatori , abbaAanza conosciuti . I vantaggi che la nolira Lingua ha S'^pra gli altri moderni idio- mi sono caramente pagati dalla difficoltà di prevalersene. La copia del- (c) l! Doitor Domenico Battini , Professore di M--dlcina pratica nella nottrtf Università, è motw l' auao dopo la ieuura di qnesto tlogio, DEL L- ACCADEMIA 597 delle sue voci esige una fine/za eltrema di gufìo e di criterio , per farne la scelta ; la liberià de' suoi modi un genio inventore ed ardito, che sopporti il giogo dell'ordine e della misura; le varie- (à degli accenti e de' suoni un'arte ed una delicatezza infinita , per regolarne la successione , cosi che la durezza non generi il disguiio , o la uniformità il fallidio, ed insieme una tal cautela che la tirannia dell'orecchio non abbia da eflendersi sopra il pen- siero, con scapito della giallezza e della precisione. La eloquenza italiana ha, come la latina da cui nasce, un meccanismo suo pro- prio e particolare, una specie di metro, che per non essere cosi compreso da certe leggi , come quello dtJla poesia , non è per que- llo meao sensibile , o meno necessario ad osservarsi ; e quantunque da se solo non foimi che la minor parte dei talenti dell'oratore, ogni grave trascurauza di esso balta a deturpare la espressione dei pensieri i meglio concepiti ed ordinaci . Quella è quell'arte trop- po negletta dai moderni, ed a cui i noltn antichi limitarono forse troppo le loro cure , per cui la loro orazione , su qualunque sog- getto ancor frivolo che si aggiri , diletta pur sempre per la variata equabilità del suo corso , che non mai discorda dalla gradazione delle idee, che non si accelera né si allenta senza ragione; che non «i slancia per cader toiìo , e poi nuovamente rialzarsi, che non lascia trzsenrire, ne sforzo, né intoppo, n^ pena, ed in cui l'anima , in vece di uà dolce esercizio, non trova una fatica , o ia vece di uà riposo un letargo. lo non so se vi sitno molti scrittori , specialmente di quefti noftri ultimi tempi , che possiedano quest* arte in tutta la sua ellea- z.ione al pari dtl Savini . Ma non é quello il suo golo precrjo ; né lo impiega Egli ad abbellir delle ciance, o a dar corpo ai nienti. i suoi argomenti sono sempie degni della sua voce; ed Ei li softie- ne con tutti i presidj deila erudizione e della filosofia. Quanto al genere delia sua t^loqucnza , ella é per 1' ordinario piuttoiìo ornata e soave, che fcrvidd e impetuosa: ma quando il soggetto lo com- porta o lo esige, allora la sua maniera s'ingrandisce, il suo ftile si riscalda , e fa bea giudicare che 1' Isocrate della Toscana avreb- be potuto esserne facilmente il Demoftene . Ma i tempi più felici per la quiete e la prosperità degli flati non lo sono similmente per la eloquenza, che nasce e si fortifica nei dubbi emergenti, e fra le contrallanti passioni. La Toscana im- mersa in una profonda pace , libera da efterni pericoli e da inter- ne agitazoni, regolata con leggi filosofiche da un Governo saggio e tranquillo, non era un teatro adattato a quella eloquenza che agira i grandi' interessi dei popoli, e tiene in sua mano la vita e le fortune dei cittadini ; e le scienre intellettuali e fisiche , che erano allora , e suao sempre poi ilate ia onore , non ammettono per lor 29» ATTI lor compagna che l'eloquenza la più tranquilla e la più moderara. Ciò rende ragione, non solo de! genere a cui si attenne il Savini, ma ancora della scarsezza delle sue oratorie produzioni: poiché, lontaniss mo da ogni ambizione letteraria. Egli non ha mai scrit- to o ragionato pubblicamente, se non se per animare gli ftudi , o per adempiere a qualche pubblico o privato dovere . Due sono le Orazioni iiate da Lui pronunziate per l'aprimenro delle patrie scuole . La prima l'anno innansi eh' Ei fosse fatto pubblico Professore , ripetuta alquanti anni dopo , per comando della Impe- riai Reggenza; l'altra quasi immediatamente dopo la sua elezione. L'applauso che ambedue riscossero non si contenne ne' limiti della aoftra città ; e quancunque fosse eccitato in parte dalla naaeftria e dalla grazia, che avea inimitabile nel pronunziarle C"^' ^^^^ gl> antichi riponevano una condizione si principale della eloquenza3t pur non di meno l' effetto che allora produssero si accresce anzi e si rinforza alla prova di una meditata lettura. La prima di argomento popolare, in certo modo, fra i Lettera- ti , come quella che aggiravasi sulla tanto famosa quefiione dei beni e dei mali della cultura , e che aveva allora tutta la freschezza e gli allettamenti della nuovi tà, fu altresì quella che riportò il suc- cesso più splendido e universale . AllO'chè tal queftione fu propo- fta la prima volta alla discussione dei dotti , il filosofo ginevrino scelse la tesi la più adattata a sorprendere , e la più difficile a softenere . Ma dopo essere ftata tratt. ta dalla seduttrice sua pen- na , la difficoltà e l'onore flava nel d. fendere la tesi oppofta .Tan- to di fatti intrapresero molti chiarissi ni ingegni; ma mentre altri si affaticavano a sciogliere il nodo , Guid» si attenne al partito , più confacentc alla circoftanza , di provarsi a reciderlo. Egli inna- morò talmente delle attrattive della Scienza i suoi ascoltatori , che il lor medesimo cuore ne fosse, presso la loro ragione , il più pos- sente avvocato . L' oggetto della seconda Orazione i ancor più grave ed impor- tante . M )ftra ella alla AuJiosa gioventù , sovente animata da trop- po ardere d' inoltrarsi senza la debita preparazione nel labirinto delle varie scienze, moftra , io dico, lo Audio della ragione e delle sue forze come l' unico filo capace di prevenirne lo smarri- rnento . In quefta Orazione fa grande onore a Guido l'essersi incon*» Irato con molti de'suoi pensieri ia quelli del più gran Metafisico che sia stato da Locke io poi (i) , e le cui dottrine oca erano ia Italia per anco conosciute . Queft" (i) I.' Abate di Coiidillac DEL L* ACCADEMIA 999 Queft' Accademia anch'essa, oggetto lungamente delle sue più tenere aftezioni, gnftò sovente i fmtti della sua facondia; ment.c, presedendo alle voftre illuftri fatiche, o quefìe iflesse fìimr-léva ed incoraggiva ; o ne celebrava i successi, o proponeva al vofìro tsame dei dubbi filosofici, e delle interessanti queflioni ; o finalmente, presentandovi le voftre moderne leggi fregiate della impronta del- la sovrana Autorità, esaltava alle voftre menti la dignità delle let- terarie associazioni , e additava l' immensa intervallo che separa , nella carriera del Vero, il solitario filosofo, e il filosofo in so- eietà (i) . Finalmente nell'anno 1765 , anno funefto per la perdita di uà Sovrano giuftamente amato. Egli fu scelto fra tutti i suoi concitta- dini , come il più capace di degnamente esprimere il pubblico do- lore ; e pose il termine, e per così dire il faftigio, ai suoi oratorj esercizi, con quella celebrata Orazione (2), in cui tanto inalzossi sopra la consueta sua sìavissima maniera . e che tal commozione produsse nell* immenza folla dei^li uditori , come se l' infautlo avve- nimento allora appunto sugli occhi loro si rinauovasse, specialmen- te quando lasciolli con quella patetica e sublime reticenza , para- gonabile a quel velo che un plttor greco getti sul volto di Aga- mennone presente al sacrifizio d' Ifigenia . Saliva intanto sul trono della Toscana quel Principe che in uà piccolissimo flato seppe fissare sopra di se gli sguardi di tutta l'Eu- ropa ; che meritò dal mondo il nome di filosofo, e dai filosofi quello di Grande; che infaticabile nella sua applicazione, quanto vailo ne' suoi disegni , nulla credeva indegno della maefìà del trono di ciò che poteva essere ai sudditi vantaggioso . Fino dai primi mo- menti del suo goveriio, rivolse Egli il suo sguardo animatore aquefta preziosa porzione de' suoi Sfati : e mentre facea rifiorire al di fuo- ri delle noitre mura le campagne deserte e inselvatichite , e condu- ceva al di dentro il buon'ordine, 1' indurrla , l'abbondanza, e le altre benedizioni del viver civile , pensava pur'anco ai mezzi di ri- porvi nell'antico onore le Lettere e le scienze, «he ne sono il pre- sidio e l'ornamento. Vide che i pubblici ftudi , non oftante il molto che si avea fatto per ravvivarli , non erano per anche giunti a quel- lo fiato felice in cui li brimava ; e che a quefìo si opponevano di- versi inconvenienti, che st applicò torto a rimuovere oa mitigare. Trovò il primo ed ii maggiore di essi nella coftituzione medesima deliii Università, a cui presedeva un Capo puramente economico, assi- Co Altrettanti soggetti di vari Ragionamenti pronufti^aù da Coide neU*A<- cadem a Fisio-Critica. ^i) Otazioa funebre di Fiaucejco I. Impetatoie* 100 ATTI asbiiìitn soltanco per l'apparenza da una Deputazione fetreraria ; Conobbe che a quefto fiacco ed insufficiente governo conveniva so- ftituire un governo vigilante ed attivo. Era d'uopo di un Capo che fosse uomo di Lettere, poiché preseder doveva a un Corpo di letce- rati , ma non cosi addetto a qualche scienza o siftema particolare , che tutto il refto delle dottrine trascurasse eavej.se a vile; che alla universalità delle cognizioni accoppiasse una riputazione capace d'imprimer rispetto ad uomini per se flessi di rispetto degnissimi; che sapesse colla soavità dello spirito e delle maniere guadagnale su gì' ingegni quell'ascendente che non si ottiene coll'autoriià . Un tal' uom ) , per buona sorte , viveva tra noi ; e 1' occhio perspicace di LEOi^OLDO seppe discernerlo nella volontaria oscurità , di cui la sua nndeftia avealo circondato, Un'Ordine sovrano non preveduto né bramato trasse Guido nel 1777 alle abituali occupazioni della sua scuola, per affidargli la general direzione dei pubblici ftudi , col titolo per noi nuovo di Provveditore . Dovrò io farmi adesso per ordine a narrare tutti i vantaggi che la sua ammirazione ha prodotto nei diversi rami di quefio fiabili- mento . O pure trattandosi di cose tanto retenti, e delie quali mol- ti di V )i eh? qui mi ascoltate sete flati non pur tefiimoni , ma ze- lanti cooperatori, bafterà accennarli alla voftra riconoscente memo- ria? Si videro dopa quel tempo meglio diftribuite le pnbbliclie le- zioni , le eatcedre ripiene di dottissimi Professori , molti vecchi abu- si edirpiti , il merito ricompensato e difUnto , pullulate in diversi generi di scienzd le scoperte , e le Opere accreditate, 1' orto bot- tanico creato, la biblioteca accresciuta , i coftumi della ftudiosa gio- ventù podi sotto la tutela di savie leggi ; le quali cose tutte, se sono ftate di somma lode per molti membri della Università, non porreb- be senza ingiuria fraudarsi di qupUa parte di onore che se gli aspet- ta il provido e zelante regolatore sotto i cui ausplcj si sono esse operate . EJ in vero LEOPOLDO , giudice severo ed illuminato de' suoi Miniftri , non cessò mai di dargli dei contrassegni di una noa or- (linaria considerazione . Lo consultava , non solo su quanto interes- sava le scied/.e in Siena , ma ancora su tutte le riforme che me- ditava nella iflruzion pubblica de' suoi Stati: e sia che le cure del suo governo lo guidassero fra quefle mura ; sia che i bisogni della Uiiiversità traessero Guido appiè del trono ; Lo accoglieva piiN da amico che da So7rano , Io ammetteva alla propria mensa, lo visita- va in sua casa , e si tratteneva seco in lunghi e familiari colla- qui , sovente alla villa di un Pubblico spettatore. E' da notarsi che di qaedo favore , messo sovente per aUri alla prova , Guido non si prevalse già Jiinai per se medesimo : ma contento del limita. to e:mlument;o assediatogli fii da principio, con quello si rimase sino D E L L" A e e A D E M I A ^or siao alla morte. Solamente negli ulrirtn itnni della si:a vita, il Keal FiGLO e Successore di LE13P0LD0 nel Granducato, troppo ripie- no di Virtù per non onorarla in altrui, si compiacque di conferir- gli una Commenda del suo Real Ordine , colla faculià, da Lui non usata , di veftirne le insegne . Guido avea sposato nel 1770 una fanciulla amabile e virtuosa, per nome Maria- Ortensia Bandini, di oneiii natali , ma priva di beni di fortuna. Aveva per altro tenuto impenetrabilmente occulto il suo matrimonio, rispettando 1' opinione de' suoi fratelli, che non presumeva favorevole. Ma nel 1780, essendo rimfflo il scio di sua famiglia , però che in quello intervallo i suoi fratelli eran morti senza descendenza , palesò il secreto del suo cuore, e fece cono- scere e rispettare per sua consorte quella che da tanto tempo ne aveva il carattere . Quantunque non ottenesse da quefta unione il contento che si era propofto di aver dei figli , trovò niente di meno in essa la sua felicità sino agli ultimi momenti della sua vita, e la sua consolazione nelle disgrazie. Imperciocché, dopo aver moftrato la sua virtìi nelle cose pro- spere e tranquille, gli rimaneva ancora di cimentarla alla prova dcll'avversirà . I disadri del suo patrimonio, che avevano avuto origine dalla troppo splendida generosità di Bernardino suo fratel- lo maggiore, ne n sì erano punto diminuiri, arri si andavano ogni £ Orno dilatando, per la sua propria non meno illimitata, benché pi raodefìa , beneficenza . Egli neppure ardiva di misurarne l' am- piezza , temendo di dover refìringere, non le proprie sue spese, che erano fiate sempre temperate dalla moderazione e dalla filo- se fia , ma quelle che era solito di erogare in sollievo della indi- genza, o in tributo all'amicizia. Egli era inoltre, convien pur dirlo , troppo fiaccato dal basso interesse , e troppo invaghito dei beni dello spirito e della mente , per dar molte delle sue cure alla conservazione di quelli della fortuna ; e schietto e sincero , qual' era nel fondo del suo cuore , non sapeva diffidare abbaftanza , né ftare in guardia contro l'altrui doppiezza. Venne finalmente il mo- mento in cui bisognò opporre dei rimedi dolorosi alla total rovina che gli sopraftava. Guido li abbracciò con coraggio; e sollecito sol- tanto che altri non fosse per partecipare alla sua disgrazia , solen- ne con eroica rassegnazione , e con serenità d'animo imperturbabile, il passaggio dalla opulenza alla più positiva mediocrità . Sperimenta allrra in se medesimo quella nobile verità che avea proclamata con tanto entusiasmo nel fine della sua prima Orazione; esser, cioè, r uomo che ha coltivato il suo spirito , non per ambizione o per in- teresse , ma per amore della virtù, inaccessibile ai colpi della for- tuna , e trovare in se stesso il rimedio a tutte le sciagure . Infatti Egli non fu meno felice allora , di quel che lo fosse ai Tom. Vili. P p tem- 30£ ATTI tempi pi^i floridi e fortunati . Essendo fiato temperante e motlefto in tutte le circoftanze delia sua vita , non ebbe da imporsi veruna nuova privazione. Ridotto a dover misurare la propria liberalità, fu liberale con pii\ scelta, e ^poiché ciò che dava aveva per Ess'i un maggior valore) con più sentimento ancora di questa virtù. Tutto il tempo che gli rimaneva libero dall' esercizio del suo impiego , lo passava in una semplice ma deliziosa villetta suburbana , la sola che si fosse riserbata fra tutte le avite possesioni. L.\ sua ftimabil compagna divideva seao e gli rendeva più cara la sua solitudine . Quivi piacevolmente si tratteneva nella contemplazione della Natu- ra , e nelle arci preziose che la rendon feconda . Ma la sua più as- sidua e quasi unica occupazione era nei pensieri della religione ; di quella religione che avea succhiata col latte, amata mai sempre nella sua gioventù, profondamente srudiata nelU età matura, e che faceva adesso tutta la consolazione della sua vecchiezza . La severità di quefti pensieri non escludeva da Lui l'amore dei belli fìudi, che avean fatto la sua gloria e la sua delizia . Ne ave- va soltanto santificato l'uso, facendoli unicamente servire di stimo- lo alla pietà , e d' ornamento alla religione . Alessandro suo fratello, dottissimo, come ho già detto, in ogni genere di sacra e profana erudizione avea voluto , nella sua età provetta, congiungervi ancora la perfetta intelligenza della Lingua ebraica, e sue ausiliari , al solo intento di far gnftare all' Italia una poetica ma rigorosa versione dei Salmi di Davidde , e degli altri ispirati cantori delle glorie di Dio . Queft' Opera doveva essere » in certa guisa, commune fra i due fratelli, ricevendo da Alessan- dro tutta la fedeltà del sentimento , e da Guido tutta la eleganza della poesia. 11 primo aveva appunto eseguito il suo getto, conver- si, al suo solito, ftretti e gravi, ma piutrofto aufteri ed incolti, allorché la m'-srte , accelerata forse dalle eftreme fatiche che si era per quelìo addossate, venne a rapirlo. Guido che in Esso avea per- duto la sua luce , il suo appoggio , la sua cauzione , tenne per molti anni le mani sospese sopra il lavoro . Tremava nel pensiero di riandar solo uh cammino dove una sola orma perdura poteva traviar per sempre i suoi passi. Ma richiamato dalla voce dell'av- versità a considerar più profondamente il nulla delle cose umane, il tutto delle divine, senti dal raddoppiato fervor del suo zelo in- fondersi nuove forze e nuovo coraggio. Impotente per se flesso a seguitare il fratello nella intelligenza dc;l Teflo sacro , chiamò in suo soccorso tutti i Padri della Chiesa, tutti gl'Interpreti, tutti gli Espositori : e precedendo colla cautela indispensable in una in.ifefia ove niuna inavvertenza è leggiera , giunse mediante una fac'.ca che non é facile a concepirsi, a coaduere la v'ersi'^ne di treut* otto Siimi a quel grado di perfezione clie si avea ragione di aspet* tare da due cali ingegni. . ~ DEL L' ACCADEMIA -303 A qneft' Opera deliinata a edificare 1' altiui pietà ne sssociav» soiranro un' altra diretta z nutrire la propria . Componeva per pro- prio uso un Manuale di preghiere e di lodi da cfienrsi all' Altissi- mo, attinte ai fonti delle Sacre Scritture; fedatfata alla presente si- tuazione del suo spirito e del suo cuore , ed espresse con una nobile e toccante semplicità di linguaggio. L' azione di un morta* le che s* indirizza al suo Dio sembravagli cosi augufta e cosi so- lenne, eh' Ei non si accingeva mai a quello lavoro, senza dare dei segni anco efterni di un profondo raccoglimento. Una vita si fattamente ordinata era una continua preparazione alla morte. Si avrtbbe detto che qualche occulta ispirazione glie 1» piesagisse vicina , quando tutto agli cechi noftri pareva ailentanar- ne il prospetto . La bontà del slio temperamento , e la sobrietà dilla sua vita , con &vtr trionfato delie infermità ora tormentose ed era minaccev<5li da lui per il passato sclTerte , e di alcuni fune- fii sintomi the ave&n deftito una viva inquietudine nel cuore de' suoi amiti , stiTibrivano piomettergli il godimento di una prospera e prolungata vecchiezza. Ohimè! quella dolce lusinga non doveva servire che a raddoppiarci il dolore della sua perdita , facendoce- la parere immatura. Allorché meno vi si pensava, mentre le facol- tà del suo corpo e del suo spirito erano nel lor massimo e pieno vi- gore , fu colpito in tempo del pranzo , eh' Ei condiva al suo solito di vivaci ed eruditi ragionamenti, da una mortale apoplessia, che gli tolse immediatamente le forze , e la favella ; la quale avendo un* iftante recuperata , non se ne valse che a consolare la consor- te ed i circolanti immersi nella più dolorosa coiiernazione . Indi un sonno profondissimo, insuperabile a tutti gli sforzi dell'arte, gli servi di passaggio alla beuta eternità; essendo ilata, siccome ^io credo, Vf^lontà Divina che fosse esente dalle angosce dell'agonia Quegli ihe si era innanzi tratto sì ben dispofto ad incontrarla . Così termirò la notte dei 15 Marzo 1797 la sua vita terrena, in et^ di settsnt'orto anni , otto mesi , e dodici giorni , GUIDO SA VINI ; Uomo che merita d'esser contato fra i più illuftri che quella patria abbia prodotti , ed alla cui più eftesa celebrità noa é mancato che 1* ardore di conseguirla . Egli amava le Lettere per loro flesse , non per la fama the procurano, o per gl'iftrumenti che qualche volta srmminilirano all'ambizione . Dissimile da quel!' antico filosofo che avrebbe ricusato il dono della scienza , se gli si fosse vietato il moiìrarla , sapeva goderne dentro di se medesi- mo , ed esserne liberale soltanto con chi sinceramente la ricercava. 11 simile può dirsi della sua virtù . Egli la seguiva per cuore ancor più che per dovere, o per forza di ragionamento. Era quindi vir- tuoso senza sforzo , e per conseguenza senza faflo , e senza affet- tazione , Uà sentimeato della medesima specie aveva mantenuto la P p i j sua 394 ATTI DELL- ACCADEMIA sili pietà incoacussa fra 'l commercio dei liberi pensatori e dei lo- ro scritti. Nella scelta delle amicizie , una occulta simpatia gli fa- cea sempre preferire quella degli sventurati . Dotato di uno spiri- to conciliatore, ne Iia fatto sovente uso per mantenere la concor- dia fra i buoni , e ricondurre la quiete nel seno delle famiglie' agi- tate . I SUOI colÌLimi erano semplici , come sempre lo sono quelli dei veri grand' uomini ; facilissimo il suo commercio . Sapeva l'arte di mettersi a portata di tutti gli spirici , e non isdegnava la con- versazione degl'idioti, e persino dei fanciulli. Osservatore sottilis- simo dello spirito umano , trovava un" ampia messe di utili riflessio- bì, dove gli altri non sanno raccogliere, che la noja e il disgufto . Ciò rendeva oltremodo vario ed inreressante il suo ragionare , che le grazie inimitabili onde lo accompagaava facevano sempre trovar troppo breve. Tenace alqinnco delle sue opinioni, perchè abbrac- «iate con ponderazione, ed espofle con ingenuità , le softeneva co» calore , ma non con arroganza . Era pazientissimo nel dolore e nel- la infermità. N in dispregiava i commodi e gli onefti piaceri; ma la loro mincanza non è mai giunta a turbar la sua quiete . Il suo f lìeriore annunziava i pregi della sua anima . Una fronte serena , un'occhio fino, e penetrante, una fìsonona dolce insieme ed ani- mata, prevenivan-» in suo favore, e gli tenevano luogo di bellezza. Il suo portamento era nobile e misurato, il suo gefto grazioso, la ftatura mediocre, snella e roba Ila la persona . Visse caro a tutti i bnoni , e specialmente ai poveri, e agi' infelici. La sua ftirpe noa si è conservita che per mezzo di una sua sorella , della cui pofte- rità ha avuto la sodisfazione di veder popolate molte delle prima- rie Case della sua patria, persino alla quarta generazione. Le sue altime disposizioni sono ftate degne della sua saviezza ; avendo saputo trovare nelle tenui reliquie della sua fortuna i mezzi di rendere ciò che doveva all'amor conjugale, al sangue, alla pietà, e persino alla conservazione di un Nome che rammenterà perpetua- raeate alla patria i pregi e le virtà di chi lo ha sugli ocelli «o-: ftri si chiarameace illullraco. \ Fine del Tomo Vili. f. : •jr. '/