^ ,.«f \ , ^ ATTI DELL’ ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI Affi DELL ACGADÉNI4 PONTIFICIA DE NUOVI LINCEI PUBBLICATI CONFORME ALLA DECISIONE ACCADEMICA del 22 dicembre 1850 E COMPILATI DAL SEGRETARIO TOMO XVIII. -ANNO XVIII. (18C4-63) Piazza Poli n. 91. ELENCO DEI SOCI ATTUALI DELL’ ACCADElllA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI DAL 3 LUGLIO 1847, EPOCA DEL SUO RISORGIMENTO, FINO A TUTTO DICEMBRE DEL 1864. EPOCA DELLA ELEZIONE 9 gennaio 1853 2 febbraio 1862 3 luglio 1847 4 gennaio 1863 3 luglio 1847 » )) )) )) 5 gennaio 1862 3 luglio 1847 1 febbraio 1863 ASTOLFI abate OTTAVIANO, professore d’in- troduzione al calcolo sublime nella univer- sità di Roma. AZZARELLI cav. MATTIA, professore di mec- canica e idraulica nella università di Roma. BONCOMPAGNI D. BALDASSARRE dei prin- cipi di PIOMBINO. CADET dott. SOCRATE, professore di fisio- logìa umana neiruniversità di Roma. CALANDRELLI D. IGNAZIO, professore di ot- tica e di astronomia neiruniversità di Roma. CAVALIERI SAN BERTOLO Comm. NICOLA, professore emerito di architettura statica e idraulica nell’università di Roma. CHELINI rev. p. DOMENICO delle Scuole Pie, professore di meccanica e idraulica nell’uni- versità di Bologna. CIALDI Comm. ALESSANDRO. COPPI cav. ANTONIO. DIORIO dott. VINCENZO, professore di zoo- logia nell’università di Roma. EPOCA DELLA ELEZIONE 2 marzo 1856 7 maggio 1863 3 aprile 1864 3 luglio 1847 . » » 6 febbraio 1859 3 luglio 1847 3 aprile 1864 11 maggio 1848 22 aprile 1849 3 aprile 1864 22 febbraio 1852 3 aprile 1864 FIORINI-MAZZANTI contessa ELISABETTA, botanica. FOLCHI comm. CLEMENTE, ispettore d’acque e strade, e membro emerito del consiglio d’arte. JACOBINI LUIGI, professore di agraria nella università di Boma. MASSIMO duca D. MARIO. MAZZANI canonico D. TOMMASO^ professore emerito di meccanica, e idraulica nell’univer- sità di Roma. NARDI monsignor FRANCESCO , geografo fisico. ^ PIERI GIULIANO , professore emerito d'’ in- troduzione al calcolo sublime nell’università di Roma. POLETTI comm. LUIGI, ispettore di acque e strade, e membro del consiglio d’arte. PONZI dolt. cav. GIUSEPPE, professore di geo- logia, e mineralogia nell’università di Roma. PROJA D. SALVATORE^ nominato professore di elementi di matematica nell’ università di Roma. ROLLI dottor ETTORE, direttore del giardino botanico dell’università di Roma. SANGUINETTI dott. PIETRO , professore di botanica nell’università di Roma. SANGUINETTI VINCENZO, professore di mi- neralogia nella università romana. VII EPOCA DELLA ELEZIONE 30 giugno 1850 3 luglio 1847 D )) » )) 3 dicembre 1854 3 luglio 1847 4 gennaio 1863 1 febbraio 1863 SECCHI rev. p. ANGELO, d. C. d. G., diret- tore dell’osservatorio astronomico nel collegio romano. SERENI CARLO, professore di geometria de- scrittiva , e d’ idrometria nell’ università di Roma. SPADA DE’ MEDICI conte LAVINIO, geologo. "7-4 TORTOLINI D. BARNARA, professore di cal- colo sublime nell’universilà di Roma. / V VIALE dott. cav. BENEDETTO , professore emerito di clinica medica nell’ università di Roma. VOLPICELLI dott. PAOLO, professore di fisica sperimentale nell’università di Roma. Comm. prof. NICOLA CAVALIERI SAN BERTOLO. ?]*a^(DiRiìi2iEa Duca D. MARIO MASSIMO. EPOCA DELLA ELEZIONE — vili — MÌ12131IDM mn ®(DItlìMU)(D iÌ(B(Bii]])Ma(B(D 1 marzo 1863 Prof. D. SALVATORE PROJA. » )) Prof. D. IGNAZIO CALANDRELLI. » » R. P. ANGELO SECCHI. )) » Prof. cav. MATTIA AZZARELLI. 10 dicembre 1864 Prof. D. IGNAZIO CALANDRELLI. - » » Prof. doti. GIUSEPPE cav. PONZI. » » Prof. CARLO SERENI. )) » Prof. D. SALVATORE PROJA. 3 luglio L847 Prof. PAOLO dott. VOLPICELLI. {Confermato nella carica di segretario pel secondo decennio^ nel 7 giugno 1857). 7 giugno 1857 Prof. GIUSEPPE dott. cav. PONZI. IX — * EPOCA DELLA ELEZIOA'E 3 luglio 1847 Principe D. BALDASSARRE BONCOMPAGNI. Q)Il!ai2!?2(DlS [DSILlLii ©]?I2(B{DlLii )) )) Prof. D. IGNAZIO CALANDRELLI. X EPOCA DELLA ELEZIONE SOCI CORRISPONDENTI ITALIANI "Ò dicembre 1854 » D 11 maggio 1851 5 ottobre 1848 4 febbraio 1849 2 maggio 1858 6 maggio 1860 11 ììiaggio 1851 5 ottobre 1 848 4 febbraio 1849 » » 1 aprile 1860 RELLAVITIS GIUSTO, professore di matema- tiche superiori nelEimiversità di Padova. RERTOLONI cav. ANTONIO , professore di botanica nell’università di Rologna. RETTI ENRICO, professore di matematica nel Liceo di Firenze. EIANCHI cav. GIUSEPPE, già direttore del R. osservatorio astronomico di Modena. RRIGHENTI MAURIZIO, già professore di geo- metria descrittiva nella scuola degl’ ingegneri di Roma, ispettore emerito di acque, e stra- de, ec. in Bologna. DE-GASPERIS professore ANNIBALE, astro- nomo a Napoli. LOMBARDINI ELIA , ingegnere idraulico in Milano. MAINARDI GASPARE, professore di calcolo sublime nella R. università di Pavia. MARIANINI cav. STEFANO, professore di fisica sperimentale nella università di Modena. MATTEUCCI comm. CARLO, professore di fì- sica nella R. università di Pisa. MENABREA LUIGI FEDERICO, membro della R. accademia delle scienze di Torino. MENEGHINI GIUSEPPE geologo in Pisa. XI — EPOCA DELLA ELEZIONE 11 7naggio 1851 4- febbraio 1849 » )) 4 febbraio 1849 » )) 6 maggio 1860 4 febbraio 1849 )) )> 6 maggio 1860 4 febbraio 1849 1 aprile 1860 4 febbraio 1849 MINICH SERAFINO, professore di matemati- che superiori neirimiversità di Padova. PARLATORE FILIPPO , professore di bota- nica , e di fisiologia vegetale, nel museo di fisica e storia naturale in Firenze. PIRIA RAFFAELLO, prefessore di chimica in Torino. PURGOTTI dott. SEBASTIANO, professore di chimica neU’iini versila di Perugia. SANTINI comm. GIOVANNI, direttore dell’ I. R. osservatorio astronomico di Padova. SAVI PAOLO geologo in Pisa. SCACCHI ARCANGELO, professore di mine- ralogia nella R. università di Napoli. SISMONDA cav. ANGELO, professore di geo- logia , e di mineralogia nella R. università di Torino. SISMONDA EUGENIO, geologo in Torino. TARDY PLACIDO, professore di matematiche in Genova. VILLA ANTONIO, geologo in Milano. ZANTEDESCHI abate cav. D. FRANCESCO , già professore di fisica nell’ I. R. università di Padova. EPOCA DELLA ELEZIONE SOCI CORRISPONDENTI STRANIERI 10 luglio 1853 17 novembrelS50 )> )) 10 giugno 1860 17 novemòre 1850 10 luglio 1853 17 novemòre 1850 10 luglio 1853 17 novemòre 1850 )) » » » » » AGASSIZ L. , professore di storia naturale a Roston. AIRY G. B., direttore del R. osservatorio astro- nomico di Greenwich. CHASLES MICHELE^ membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. DE CANDOLLE ALFONSO , botanico in Gi- nevra. DE LA RIVE AUGUSTO, professore di fisica in Ginevra. DU BOIS REYMOND E., fisiologo a Berlino. DUPERREY , L. I. , membro dell’ accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. ÉLIE DE BEAUMONT GIAMBATTISTA, se- gretario perpetuo dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. FARADAY MICHELE , membro della R. so- cietà di Londra, FLOURENS, G. P., segretario perpetuo dell’ac- cademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. FORBES G. , professore di fisica in Edim- burgo. FOUCAULT LEONE , fisico nell’ osservatorio .astronomico di Parigi. XIII EPOCA DELLA ELEZIONE 17«ovm6re 1850 )) » » » » » » (( 10 luglio 1853 » » )) » 17 novemòre 1850 1 dicembre 1861 10 luglio 1853 )) » » » 4 febbraio 1849 10 luglio 1853 FORCHHAMMER GIORGIO , segretario della società delle scienze in Copenaghen. FRIES ELIAS, segretario della R. accademia delle scienze di Upsala. GROVE G. R., professore di fisica in Londra. HANSEN P. A. , direttore dell’ osservatorio astronomico di Gotha. HENRY, segretario dell’ istituto Smitsoniano in Washington. I ACORI, professore di chimica in Pietroburgo. KUMMER , professore di matematica nell’uni- versità di Rreslavia. KUPFFER, direttore dell’ I. R. osservatorio di s. Pietroburgo. LAMÉ G., membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. LE TERRIER U. G. direttore dell’ I. osser- vatorio di Parigi. LIAIS E. , già nell’ I. osservatorio di Parigi astronomo aggiunto. LIERIG barone GIUSTO, professore di chimica in Monaco. LITROW , direttore dell’ I. e R. osservatorio astronomico di Vienna. MALAGUTI M. J. , professore di chimica in Rennes. MALMSTEN dott. C. G., professore di mate- matica nell’università di Upsala. XIV EPOCA DELLA ELEZIONE 10 luglio 1853 » » )) » » » 17 novembre ÌS50 10 luglio 1853 » )) )) )) 2 maggio 1858 3 aprile 1864 10 giugno 1860 2 maggio 1858 » » 17 novemòre 1850 MURCHISON cav. R., presidente della società geologica in Londra. NEUMANN, dott. professore di matematiche, e fisica neU’università di Kònisberg. OHM dott. M., professore di matematiche nel- l’università di Rerlino. POUILLET C. , membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. QUETELET cav. A., segretario perpetuo della R. accademia delle scienze, lettere, e belle arti del Belgio in Brusselle. REGNAULT V.,. membro dell’accademia delle scienze dell’ I. istituto di Francia. REMON ZARCO DEL VALLE dott. ANTO- NIO , presidente della R. accademia delle scienze in Madrid. ROBERTS G. , professore di matematica nel collegio della Trinità in Dublino. SABINE, fisico e membro della R. Società di Londra. SALDANHA (Duca di). SORET LUIGI, fisico in Ginevra. THOMSON G., professore di filosofia naturale nelFuniversità di Glasgow. WEHLBERG , segretario della R. accademia delle scienze di Stockolm. WHEATSTONE, membro della R. società di Londra. EPOCA DELLA ELEZIONE XV 12 gennaio 1849 3 luglio 1847 16 gennaio 1856 25 maggio 1848 )) )) 1 aprile 1855 3 luglio 1847 * 1 aprile 1855 25 maggio 1848 )) )) SOCI ONORARI CAETANI commendatore D.MICHELANGELO, duca di Sermoneta. GRIFI commend. LUIGI, segretario della com- missione generale consultiva di antichità e belle arti. RATTI dott. FRANCESCO, professore di chi- mica, e di farmacia nellTiniversilà romana. SOCI AGGIUNTI BETOCCHI ALESSANDRO, ingegnere. CUGNONI IGNAZIO, ingegnere. DELLA PORTA conte AUGUSTO. DES-JARDINS dott. FELICE MARIA. FARRI dott. RUGGIERO. PALOMBA dott. CLEMENTE. VESPASIANI abate I). SALVATORE, già sup- plente alla cattedra di fisico-chimica nel se- minario romano. MACCHINISTA XVI SOCI DEFUNTI PLANA barone comm. GIOVANNI, nel 20 di gennaio 1864.. WOEPCKE FRANCESCO, nel 25 di marzo 1864. SANGUINETTI VINCENZO, nel 20 di luglio 1864. r ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI PRESIDENZA DEL €01ll. SIG. PROF. N. CATALIERl SAN BERTOLO DXX SOCI ORBINA&X E I>EX COBBISPOMSENTX Ricerche analitiche sul bifilare tanto magnetometro, quanto elettrometro', sulla curva bifilare-, e sulla misura del magnetismo terrestre. Memoria del prof. P. Volpiceli!. [Continuazione) {*). Il momento M,, si deve considerare come una funzione di f, dipendente par- ticolarmente dalla elettrica distribuzione sulle parti che si respingono, una ruo- tevole, l’altra fissa nel bifilare elettrometro. Se questa funzione si conoscesse, il problema in proposito, di trovare cioè l’angolo « definitivo, in funzione del- l’angolo /S impulsivo, non potrebbe presentare altra difficoltà, da quella in fuori di risolvere la seguente (38) rispetto ad oc. Quindi si potrebbe giungere a tro- vare la elettrica tensione, corrispondente alla carica della leva, senza incon- trare gli effetti nocivi della elettrica dispersione. Vedremo nei paragrafi se- guenti 16, 17, e 18, quando, e come possa l’analisi risolvere questo problema. SESSIONE r DEL 5 DIGEIIBRE (864 MEMORIE E COMUNICAZIONI §• 16. Dalla (33), moltiplicata per d la quale fornisce w' = — y — tp ■ perciò sarà c^cos| l-i r-ì-')] j c^sen^- 2 / 4Xsen^ G- J 4Xcos^| ly-hcp ^ 2 Questo momento, come già fu osservato, agisce in senso contrario dell’ altro M'jj già trovato; quindi sarà il momento risultante della leva, generato dalle ripulsioni che le sferette ugual- mente elettrizzate A, M esercitano sopra la B. Moltiplicando questa equazione per dip, ed integrando fra i limiti o, /3, otterremo 11 primo dei due integrali di questo secondo membro, già fu trovato mediante la (42); il secondo si otterrà nel modo seguente : 2 cos ed introducendo i limiti, avremo Sostituendo nell’equazione precedente gl’integrali ora trovati, avremo 1 » 1 1 1 1 7 sen- 7 cos^ //3 yv seni — -- ) //3 H- 7\ cos ^ 1 2 2 \ 2 / ^ 2 / Fino ad ora considerammo soltanto i momenti, che provengono dalle azioni delle sferette A , M , sopra la B : ma le medesime agiscono similmente pure sulla N ; perciò anche da questa parte abbiamo un’ altra differenza di momenti cospirante colla prima, come già fu accennato di sopra. Dunque, per avere {§ 1 G) la forza viva totab M^dip , che a cagione del solo effetto elet- trico acquista la leva , percorrendo tutto 1’ arco = /3 , poiché abbiamo evidentemente essendo il momento totale contenuto nella (38); perciò dalla (44), sosti- tuendovi « in luogo di 9, avremo = My, , (46) M« = 2m^ — 8 — inoltre dalla (45) si avrà Sostituiti questi valori nella (38), avremo e finalmente, poiché aW)iamo 2sen«(^^^) cos^(^^^) = |seii2(«-H7) , perciò sì avrà la formula r ^ , 1 1 . ‘ 1 [ sen| l tn O O = 2(1 — cos/3)|^ — sen®(^^)] . che fornisce la cercata relazione fra gli angoli /3 impulsivi,, e gli « definitivi. Essendo dato il valore di y daH’istrumento , la formula stessa può servire a calcolare i valori di «, espressi pei /3; ma la sua complicazione impedisce che possa esattamente giungersi a tanto: perciò dovremo ricorrere airapprossima- zione, come nel caso precedente, riguardo alla formula (43). Dalla formula (34), e dalla (46) abbiamo 9 da cui, se mediante la (48), fosse possibile di eliminare oc, otterremmo un’ equazione, dalla quale potrebbe assegnarsi la carica c, per mezzo dell’angolo impulsivo /3; però, nella generalità, le indicate operazioni non sono facili ad eseguire. Già riflettemmo che l’integrale Mjad^, rappresenta tutta la forza viva. impressa dalla elettrica ripulsione alla leva, mentre questa ruotando, e partendo dalla sua giacitura iniziale di equilibrio, riducesi a quella, cui corrisponde l’an- golo /3 impulsivo. Dividendo adunque l’integrale medesimo per /3, otterremo il momento medio della leva, corrispondente all'arco (o, /3); vale a dire il mo- mento che, se agisse costantemente, imprimerebbe nel medesimo tratto an- golare (o, /S), una forza viva tale alla leva, da coincidere con quella che ad essa imprime il momento variabile My. Chiamando adunque con My. questo momento medio, sarà Ipotesi. Quando si voglia supporre, che il rapporto k fra l’indicato medio momento, e quello definitivo M^, rimanga costante, ipotesi che foiose non si al- lontanerà molto dal vero; si otterrà una relazione assai semplice, fra l’angolo impulsivo /S, ed il definitivo «; poiché allora si avrà che, mediante la (38), si ridurrà nella (51) k^sem — ì — cos/3 , formula dalla quale, dato (3 e k, sì conoscerà subito «; da cui dipende la elet- trica tensione, ovvero la carica c dell’asta. §. 19. (SO) 2 -—10 — Nell’ attuale ipotesi per determinare analiticamente , med iaute 1’ angolo impulsivo la carica elettrica c, da cui dipende la ripulsione, fra i due si- stemi , uno fìsso 1’ altro mobile del bifilare elettrometro, dobbiamo dalla for- mula che contiene c eliminare a, col mezzo della (51), lo che per ogni caso non è facile ottenere. Ora vediamo come possa questa eliminazione aversi , nel caso particolare del sistema precedentemente considerato, cioè composto di quattro piccole sfere, due mobili e due fìsse agli estremi delle rispettive due leve. Per tanto dalla (51) abbiamo 1 — cos/3 e dalla trigonometria si hanno le cos« = J{l- senV) = \/[> ~ (’ ] > A raggiungere il cercato valore di e, dobbiamo sostituire questi valori nella (49), riducendola prima come siegue : — 11 Laonde non resta, che sostituire in questa equazione i valori, trovati mediante le precedenti quattro formule, onde avere da questa ultima equazione il valore della carica elettrica c, in funzione della sola variabile /3, che rappresenta l’an- golo impulsivo. Le altre quantità P, 5, A, l, 7, à, k, che si trovano nella equazione stessa, tutte sono date dall’ istromento. Noi tralasciamo questo cal- colo, perchè facilissimo; e solo riflettiamo che la sperienza, quando sia bene istituita, potrà decidere quale fiducia possa meritare la equazione (51), e quindi la (52), che da essa dipende. PARTE QUARTA §. 20. Nella nota (1), che trovasi alla pag. 7 della memoria (a) del eh. sig. prof. L. Palmieri , sul nuovo elettrometro bifilare , ingegnosamente immaginato da questo dotto fisico, il eh. sig. prof. G. Rattaglini stabilì, come risultamento finale dell’ analisi da esso applicata, una relazione molto semplice , fra l’an- golo definitivo « , e l’ impulsivo /3. L’autore medesimo , adottando la ipotesi « che gli archi impulsivi, sieno, fino ad un certo limite, direttamente proporzio- )> naii alle forze (memoria citata p. 6),» evita la difficoltà da me incontrata, cioè quella di non poter in termini finiti, conoscere generalmente il momento varia- bile Mp della leva, corrispondente all’angolo variabile 9; ed inoltre anche l’altra di non potere in generale risolvere la relativa equazione (38) rispetto ad a. Però, se non erro, a me sembra che il eh. autore, oltre a lasciar desiderio di una maggiore dichiarazione riguardo alla ipotesi medesima , include pure nel suo ragionamento due tratti analitici, che non possono giustificarsi. Perchè ciò chiaramente apparisca, dobbiamo in primo luogo riflettere, che la forza, ovvero la elettrica tensione, varia tanto sulla leva, quanto sui bracci fissi dell’ indicato istromento, col ruotare della stessa leva ; poiché in questo ruotare varia sempre, tanto la elettrica distribuzione, quanto la distanza fra le azioni elettriche. Di più non si conosce a quale posizione della leva stessa , riferiscasi la sopra indicata proporzionalità; vale a dire se riferiscasi alla iniziale, alla finale, od a qualche altra intermedia giacitura della leva. Dimostreremo {a) Estratta dal voi. 2.“ degli Atti della R. accademia delle scienze fisiche e matema- tiche. Napoli 1864. 12 — in seguito, che sebbene dall’ autore sì ritenga, discendere quella sua formula finale soltanto dalla supposta proporzionalità già riferita, essa tuttavia non vi dipende affatto unicamente. In secondo luogo, per bene riconoscere i due tratti analitici dell’autore, i quali non possono giustificarsi, fa d’uopo riprendere il relativo calcolo da esso istituito. Egli adunque, dopo avere ottenuto le seguenti equazioni {a') S ^ = M — sen^ , (a) Mdj? = ^^(1 — cos/3) , la prima delle quali coincide colla (33), e la seconda coll’altra nostra (p. 2, 1. 17), continua nel modo seguente (pag. 7 memoria citata) «ora indicando » con f la tensione elettrica, e con k una costante, per la ipotesi fatta si avrà » {b). » quindi » (c) d. 1 COS^ M=^kf- 9seni? -4- COS9 — • t Per giungere al risultamento della (c), necessita innanzi tratto eliminare dalle (a), (à) la quantità nota , lo che ci conduce alla JL (d) Mdf = — cosp) . Quindi ad ottenere la stessa (c), il meno erroneo consiste in cangiare ^ per f> nella (d); poiché mediante un così fatto cangiamento, avremo r^Md9==^(l — COS9) , equazione che derivata rispetto alla 9, si trasforma nella d. 1 -- U=kf- d? formula coincidente colla (c), denominata (3) dall’autore (luogo citato); e me- diante le (a'), (à), (c), facilmente si otterrà la seguente formula finale deirautore — 13 — (9) osservando a questo fine che ? = a, trae seco = o dt2 Per tanto ci sennbra essere inesatto Tindicato cangiamento di /3 in g; poiché la (d) si riferisce unicamente all’angolo impulsivo ed unicamente per questo particolare valore di 9 dev’essere soddisfatta. Ma quando nella (d) si cangia /3 in 9, come ha fatto 1’ autore , si ammette che la stessa (d) valga per ogni valore del simbolo 9, compreso fra 0 e 9 ; lo che non può concedersi , per essere la (i) limitata esclusivamente a fornire quello solo dell’angolo impul- sivo /3. Dal fin qui detto si rileva, che il primo tratto analitico delP autore non ammissibile, consiste nella indicata proporzionalità fra l’angolo impulsivo /3, e la elettrica tensione f; tanto perchè la proporzionalità stessa non fu ben defini- ta riguardo alla posizione della leva, quanto perchè la formula finale (g) dell’autore, non è affatto condizionata esclusivamente a quella ipotesi, come dal medesimo si crede. In fatti, se invece di stabilire la (b), ossia la (2) dell’autore (luogo citato), stabiliamo un’altra qualunque relazione, del tutto arbitraria, per es. la da cui si vuole, che le tensioni elettriche, sieno come i quadrati degli archi /3 impulsivi; raggiungeremo anche in questa ipotesi, assai diversa dalla prima, la stessa formula finale (g) deH’autore, purché si ripeta il calcolo che procede. Ciò ad evidenza prova che la stessa finale (g), come dicemmo, non è condi- zionata esclusivamente a quella proporzionalità, che dal eh. Battaglini fu presa per base del suo calcolo. Volendo 'fere una ipotesi, a fine di mettere in relazione gli angoli /3 ed a, bisogna che questa sia tale, da riferirsi al momento variabile, come richiede la (38) ; e non si deve fare una ipotesi , qual’ è la (6) , nella quale soltanto entra l’angolo impulsivo cioè un solo valore particolare di ?.. §. 21. 11 secondo tratto analitico dell’autore, sul quale non possiamo neppure convenire, consiste nell’indicato cangiamento di i3 in come già dimostrammo. §. 22. Per attribuire un significato analitico esatto, alla formula finale dell’autore, da noi chiamata {g), dobbiamo ragionare come siegue. La nostra formula (38) rappresenterebbe allora esplicitamente in generale, la proposta relazione fra gli am geli « e quando si conoscesse il momento M?, espresso per l’angolo y, quando inoltre si potesse ottenere l’integrale '\df. i: e quando in fine si potesse risolvere l’equazione (38) rispetto ad a. Ma essendo la funzione M? tale, relativamente all’ingegnoso bifilare elettometro del eh.”" sig. Palmieri, da non potersi assegnare dall’analisi; perciò fa d’uopo ricorrere a qualche ipotesi fisica per esprimere la forma di M?» in funzione di 95. Fac- ciasi la ipotesi che siegue : {h) M(,= , ?>sen® -+-COS© ove kf denota una qualunque costante incognita , diversa dallo zero ; intro- ducendo questo valore nella (38), avremo j kf rVenp 1 — cos/S'^o essendo cos® — 1 Me, ‘ sena X '®ysen?)-f' cos?> d. 1 — dp Questo integrale riceve la forma indeterminata-^, quando si ponga in esso il limite zero; però colla solita regola, si troverà in tal caso essere uguale a zero il suo valore. Per tanto dalla {i) avremo kf /I — cos/3v i — - cos^' ma dalla ipotesi {h) si ottiene ■;= Mtt sena — 15 — .«sena cos« — 1 perciò sarà «sena -f- cos« — 1 a^sena donde «2gen« = a/3sen« -+- /Scosa — /3 , ovvero («/3 — «■^)sen« = jS(l — cosa) , e finalmente relazione fra ^ ed «. conincidente con quella dell’ autore, da noi riportata colla {g). Tale sarebbe lo sviluppo esatto analitico, per ottenere la {g): essa però non ha importanza veruna; poiché include, come giù fu esposto, una ipotesi (/t) del tutto arbitraria; la quale, per lo meno in astratto, deve riguardarsi assurda. In fatti la ipotesi medesima non fornisce per Mp valori eguali, come dovrebbe, quan- do l’angolo ^ aumenti di un intero numero di periferie; condizione alla quale deve Ma assolutamente soddisfare. Questa osservazione però diminuirà un poco del suo valore, quando si rifletta, che alla pag. 6 della citata memoria, si am- mette, « che gli archi impulsivi sieno direttamente proporzionali alle forze, » soltanto fino ad un certo limite, sufficiente pei bisogni della meteorologia » Ciò nulla ostante, noi siamo ben lungi dal credere, che la ipotesi (/i) possa in queste ricerche accettarsi. Finalmente osserveremo che, quando si volesse riguardare ammissibile la ipotesi (è) dell’autore, questa si dovrebbe stimare utile molto più della risul- tante finale (^), ottenuta da esso. Poiché lo scopo ultimo di ogni elettrometro, consiste nel verificare numericamente la dipendenza fra la forza elettrica , e la indicazione dell’ istromento. Ma la prima (ò) di queste due formule , cioè la dipendenza indicata, si verificherebbe in numeri direttamente ; poiché ottenuto dalla sperienza l’angolo impulsivo /3, si avrebbe tosto, dalla stessa (ò), il valore della forza elettrica. Perciò la (' Theil, Uebersicht der Alien und der neuen Mi- neralogie, t. 3, p. 201 — 204, trad. allein. (Prag, 1799 — 1803, 3 voi. in-8"); Andres, Origen, progresos y estado actual de loda la literalura, t. 1, cap. X, p. 366 — 380, et t. 8, lib. 2, cap. 2, pag. 476 — 522, trad. espag. de Carlos Andres (Madrid, 1784 — 1806, 10 voi. in-8°) ; Pinder , De Adamante , § 17, p. 77 — 83 (Berlin , 1829 , in-8°) ; et Klaproth , Lettre à M. de Humboldt sur l’invention de la boussule (Paris, 1834, in-8°). . 3 — 18 — les observations des anciens, puis leurs theories , sur les pheiiomènes niagneti- ques, et nous jetterons, en terrainant , un coup d’oeil rapide sur l’histoire ul- te'rieure de cette partie de la pliysique. i'" Partie. Observations des anciens sur les phénomènes magnétiques. § I. Ce serait une e'numeration fort longue et peu utile, que celle de tous les auteurs grecs et romains qui, depuis les premiers philosophes de l’Ecole d’ionie jusqu’aux derniers neoplatoniciens, aux Pères de l’Eglise et aux e'rudits byzantins, ont parie' de la propriéte' dont jouit Paimant, non seulernent de retenir le fer au contact, mais de l’attirer a distance C Qiiant aux auteurs orientaux qui mentionnent cette propriete', on n’en possedè pas qui soient anterieurs au moyen-àge. Mais nous indiquerons, d’après Plutarque, les notions des Egypliens sur P airaant, et nous parlerons aussi de Pantiquite' de la boussole cbez les Chinois. Ce qu’il est important de remarquer ici, c’est qu’aucun des auteurs qui nous restent de Pantiquite n’ a constate' que re'ciproquement P aimant libre se meut vers le fer. Diogene d’Apollonie ^ et De'raocrite ^ se donnaient méme la peine d’expliquer pourquoi le fer n’attire pas Paimant. Alexandre d’Apbrodisias ^ n’admet pas Pexplication propose'e par ces deux philosophes pour ce fait ne'gatif, mais il ne soupgonne pas que ce fait lui-méme puisse étre conteste; il reproche méme a Empedocle de n’avoir pas pu en rendre compte Saint Basile le grand ® n’be'- site pas davantage a affirmer que Paimant n’est pas attire' par le fer. Dans Pan- tiquite' , en matière de pliysique , une erreur de fait , affirme'e par un auteur, avait de grandes cbances d’étre re'pe'te'e, sans ve'rification, par tous les e'crivains poste'rieurs. En revanche, saint Basile, saint Gre'goire de Nazianze ^ et beaucoup d’autres * Citons seulernent Hippocrate, De mulieribus guce uterum non gerunt, fib. I, sect. 5, t. I, p. 686, 1. 46 (Foés, Genève, 1657, in-fol.). Quant à Thalès, Diogène, Empédocle, Démocrite, Platon, Aristote et une multitude d’autres, nous aurons l’occasion de les citer plus loin. — ^ cité par Alexandre d’Aphro- disias, Questione physiques et morales, II, 23, p. 139 de Spengel (Miinchen, 1842, in-8®). — ® Cité au mème endroit, p. 137. — ^ méme endroit, p. 137—138. — ^ Au méme endroit, p. 136. — ® Ou du moins l’auteur du traité de la Virginità, eh. 3 (S. Basili! Op, t. 3, part. 2, p, 844, éd. Gaume). — ’’ Poésies, Prose, ad Virg., v. 583; ad Nemesium, v. 198. — 10 — auteurs remarquent que raimant peut soulever unc masse de fer coiisideraLle. Les anciens se sont méme permis à ce sujet de singulières exagerations. Le ce- lebre astronome et ge'ographe Ptole'me'e ' répète, d’après un bruit public, dont au reste, il ne garantit pas la veracite, que les vaisseaux qui vont aux iles Ma- nioles y sont retenus par ime force mysterieuse, si dans leur construction l’on ii’a pas eu la precaution de remplacer les clous de fer par des clievilles de bois. Ptolémee se demande si ce phenomène ne serait pas cause' par de grandes mines d’aimant situe'es dans ces iles. Le méme phe'noraène est rapporte', avec cette ex- plication, par Palladius ^ et par Laute ur du traite sur leurs moeurs des hrach- nianes attribué a saint Ambroise Ces iles Mcinioles, au nombre de dix sui- vant Ptole'me'e, seraient entre Taprobane et la Cbersonnèse d’Or, d’après la lon- gitude que Ptole'me'e leur assigne; elles seraient en dega de Taprobane près des cótes de cette ile et sur le cherain des vaisseaux qui s’y rendent d’occident, suivant Palladius; elles seraient e'parses, au nombre de mille, dans la mer d’ Arabie et de Perse , suivant le faux saint Ambroise , qui‘ traduit Palladius sans le com- prendre; car Palladius parie de mille iles situe'es auprès de Taprobane et parrai lesquelles sont les Manioles, dont il ne dit pas le nombre. Quant a Ptolémee, il avait place devant Taprobane 1378 iles mais du nombre desquelles n’étaient pas les Manioles, jdacées par lui bien plus loin a l’est, a près de moitié cbemin entro Taprobane et la Cbersonnèse d’Or , c’est-a-dire entre Ceylan et Sumatra. La méme tradition sur l’attraction exercée par les iles Manioles se retrouve, avec la méme explication, mais sans aucune indication sur leur position géographique, dans ime biographie grecque d’Alexandre le grand Procope ® dit aussi qu’il n’entrait point de fer dans la construction des vaisseaux de la iner Erytbrée et de la mer indienne , et qu’on chercbait le motif de cet usage dans la crainte causée, disait-on, par de prétendus rocliers magnétiques; mais il ajoute que la vraie cause est la rareté du fer cbez les peuples de ces parages. Vincent de Beauvais s’appuyant de l’autorité d’un prétendu traite de Galien Sur les pierres, attribué aux cótes de la mer indienne cette propriété attractive, dangereuse polir les navigateurs. Des traditions analogues se trouvent cbez les écrivains arabes. Edrisi cito un ouvrage arabe intitulé le Lwre des meiveilles, où il est dit qu’au- ‘ Geogr., VII, 2, § 30, p. 211 (le Bertius. Comparez le scholiaste de Platon, lon, p. 138 de P»ubn- Icen. Sur l’inexactitude des traductions latines de Pirldieymer, de Servét et de Miinster pour le pas- sage de Ptolémee, voyez Saumaise, Exerc. plin. in Solinum, p. 775 (Utrecht, 1689, in-fol.). — ^ Sur les nations de l’Inde et sur les brachmanes, p. 4 de Bissaeus. (Londres, 1665, in-fol.). — ® A la suite de Palladius, p. 59 de Bissaeus. — ^ Géogr., \^II, 4, § 11 — 12, p. 214—215 de Bertius. — ® Citée par Saumaise, p. 775. — ® Guerre de Perse, I, 19, p. 101 de Dindorf. — Speculum naturale. Vili, 21, p. 503, col. 2, A (Pouai , 1624, in-fol.). — * Gcographie , U»' climat , 0« partie, cité par Rlaproth, Lettre, sur Vinvention de la boussole, p. 119. — 20 — cun vaisseau garnideclous de fer ne peut passer près d’ une montagne située ' dans la mer a peu de distance du de'troit de Bab-el-Mandeb, sans étre attiie et retenu par elle, au point de ne pouvoir plus s’en séparer. Edrlsi * raconte ailleurs la méme merville , en l’appliquant a une montagne situe'e dans le voi- sinage du cap Zanguebar. Bailac el Kibdjaki ^ citait des fables semblables, ti- lées par lui du livre arabe sur le pierres attribué a Aristote. Le rabbin Abra- ham ben Hannasè ^ parie de rocbers magneliques de la mer des Indes, qui at- tirent et brisent les vaisseaux où. il y a du fer. So-Soung auteur chinois du XI® siede de notre ère, dte un ouvrage diinois plus anden, où se trouve une tradition tonte semblable, relative aux cótes du Tonquin et de la Cochindùne. L’expligation magne'lique, propose'e par Ptole'me'e, alFirrae'e par Palladius et par le faux saint Ambroise, et rejetèe par Procope, est donne'e comme certaine par Pècrivain diinois , de ’raéme que par le rabbin. Ainsi ces traditions absurdes avaient cours a la fois en Orient et en Grece, et elles s’appliquaient a diverses cótes et a diverses iles de la mer des Indes, depuis l’Afrique orientale jusqu’a la mer de Chine. Elles avaient probablement une origine asiatique; mais elles devaient sembler très acceptables aux Grecs et aux Romains , qui accordaient bien a un petit poisson malacopte'rygien discobole, nomme' par les pre- iniers et remora par les derniers, le pouvoir d’arréter les vaisseaux malgrè les rames et les voiles, les vagues et les vents N’oublions pas d’ ajouter que , suivant Piine il jja près de l’Indus deux montagnes, dont Rune attire le fer et l’autre le repousse, a tei point que, si un voyageur a des clous de fer sous ses souliers , sur Rune de ces deux montagnes il ne peut pas poser le pied a terre, tandis que sur Rautre ses pieds restent attache's au sol. L’Inde, après comme avant les conquétes d’Alexandre, fut pour les peuples de ROccident les pays des merveilles incroyables. Les anciens racntionnent aussi beaucoup d’applications, re'elles ou supposèes, tlu pouvoir de Raimant. Le poète Claudien ^ de'crit un tempie d’or, et dans ce tempie deux statuettes. Rune de Mars, en fer, et Rautre de Ve'nus, en aimant, servant ’ l«^' Climat, "e partie, cité par RIaproth, p. 120. — ^ Cité par Klaproth, p. 121—122. — ^ Dans son Schilte Haggibborim , cité par Rircher, Be arte magnetica, lib. 1 , part. 1, c. 2. — ^ Cité par Klaproth, p. 116—117. — ^ Voyez Oppien, Halieutiques, 1, 217—243; Pìutairque, Questions de table, li, 7; Elien, Nature des animaux, I, 36, et II, 17; Piine, IX, 25, sect. 41, t. 2, p. 164, et XXXII, prooem., sect. 1, t. 5, p. 1—3 (Sillig); S. Basile, QEiture des swjowrs, VII, 6, p. 69 A (Bened.); George de Pisidie, Création du monde, v. 983—991, p. 37 (Paris, 1685, m-4°); Vhi\k, Des proprie tés des ani- maux, eh. 101, p. 336—338 (Utrecht, 1730, in-4°), et Michel Glycas, Annal., part. 1, A 5 [Byz. hist., p. 28, Venise). Comparez Gassendi. Be Physiol. Epicuri , cap. de qualitatibus occultis. — ® II, 96 , §. 98, n® 211, t. 1, p. 188 (Siiiig). — ’ Dans son petit poème intitulé Magnes. — 21 — a representer les amours de ces deux divinite's. Mais, oiitre l’aLsence de toute indication de pays, la vraisemblance intrinsèque ordonne de croire que les deux statuettes et le tempie d’or, ce'lebres par le poète, n’etaient qu’un petit meublé curieux , comme les anciens aimaient à en posseder *. Le poème grec sur les pierres, fabrique sous le faux nom d’Orpbee pendant l’e'poque byzantine, fait ai- lusion a une representation semblable Passons a des re'cits plus merveilleux, qui sont alFirmc's très sérieusement par divers auteurs, et qui pourtant ont peut-étre pour uniques prétextes, d’uiie parfc l’existence reelle de ces jouets d’enfants, d’autre part un projet con^u, dit-on, mais non execnte, par un arcbitecte d’Alexandrie. Piine ^ raconte que Ptolemee Philadelphe et son arcbitecte Dinocharès avaient dresse pour la reine Arsinoé le pian d’un tempie dont la voùte devait étre constrnite en aimant, afin que la sta- tue de fer de la nouvelle déesse y restàt suspendue par le simple contact; mais Piine ajoute que la mort du prince et de l’architecte empécba Lexecution de ce dessein. Cependant Ausone ^ se permet de decrire Poeiivre comme accomplle. Saint Augustin va plus loin: ce pere de l’Eglise, qui considère la puissance de l’ai- mant comme une des plus grandes merveilles de la cre'ation s’indigne de très bonne foi contre des prétres paiens qui en avaient abuse' pour tromper les peu- ples par 1’ apparencc d’un miracle perpe'tuel. A en croire les faux bruits que saint Augustin ^ re'pète , ces prétres auraient place' dans le pavé' et dans la voùte d’un tempie , qu’il ne nomnie pas et que sans doute on anrait e'tè fori embarrasse' de nommer, des aimants dont la force e'tait calcule'c de telle sorte, qu’une statue de fer restait en e'quilibre au milieu de l’air, par l’efìet des deux attractions e'gales et oppose'es, sans pouvoir ni monter ni descendre. Saint Isi- dore de Se' ville ^ abrégé la description de saint Augustin. Rulin d’Aquile'e ^ et saint Prosper d’Aquitaine 9, en rapportant des anecdotes a peu près semblables, s’abstiennent du raoins d’affirraer que la statue ne loucbàt a aucun corps solide. Cassiodore , dans une lettre èdite a Bocce au nom de Tlièodoric cite , au nomine des inventions mècaniques les plus admirables, un Cupidon de fer sus- pendu sans aucun lien dans un tempie de Diane, qu’il ne dèsigne pas. L’auteur du traitè sur la déesse syrienne altribuè a Lucien ” alFirme que dans le tempie de Junon, a Hie'rapolis de Syrie, une statue d’ApolIon rendait des oracles en di- * Sur ces petits temples en métaux précieux, voyez Saumaise, Exerc. plin. in Solin., p. 803 (Utrecht, 1689, in-fol.). Voyez aussi les instruments de physique amusante décrits par Héron, Pneiim. (éd. Thé- venot). — ^ Voyez Orphée, Des pierres, X, v. 30i et suiv. — » XXXIV, 14, s. 42, n“ 148, t. 5, p. 186—187 (Sillig). — ‘ Mosella, v. 311—317. — 5 De civitate Dei, XXI, 4. — ^ De civ. Dei, Wl,G. — ’’ Origines, XVI, 4. — ^ Hist. eccles., U, 23. — ^ Z>e proedicatione. III, 38. — Var. episl., 1, 45.— — 22 — rigeant elle-méme les prétres qui la portaient, et que lui-méme l’a vue , lais- sant la ses porteurs, se promener dans les airs. Ampélius parie d’une statue de fer^ qui^ en e'quìlibre entre quatre colonnes, se jouait dans l’air, sans aucim lien qui la suspendìt : il ajoute que, par les temps de pluie ou de vent, la statue restait en l’air, comme de coutume , mais immobile. Il est vrai que ni Cassio- dore, ni le faux Lucien, ni Ampélius, n’indiquent l’aimant comme cause de ces pbénomènes. Mais le moine byzantin George Cedrenus ^ et Suidas ^ racontent que dans le tempie de Serapis, a Alexandrie, il y avait une pierre d’aimant a la toiture, et qu’une statue en cui vre,. dans la téte de laquelle etait cache un mor- ceau de fer, etait attiree en baut par Taimant, mais etait retenue par des procedes ingenieux à moitie' chemin entre le sol et la voùte. En quoi consistaient ces pro- ce'des ? Ni Cedrenus ni Suidas ne le disent; mais d’autres auteurs sont plus ex- plicites dans des descriptions analogues. Par exemple, Nice'pliore Calliste Cède le ve'ne'rable ^ et les Annales de Trèves ® parlent, comme saint Angustio, de diverses statues pai’ennes maintenues en l’air par les attractions opposées de deux aimants . Un recit tout semblable a ete' applique' par le Talmud ^ aux veaux , sacre's de Je'roboam, par Maimonide ^ à une statue babylonienne du soleil, par le rabbin Kimcbi 9 a la couronne d’or des Ammonites, et enfili par Hildebert au tombeau de Maliomet. Pour mieux expliquer la suspension de la statue de Se'rapis entre le sol et la voùte du tempie, Glycas enche'rissant sur les des- criptions donne'es par Cedrenus et par Nice'pliore , ajoute a 1’ aimant infe'rieur et a Paimant superieur deux aimants place'es aux deux cóte's du tempie. La pos- sibilite' de cette suspension d’une masse de fer a e'gale distance de 'deux aimants et par leur attrae tion seni e a éte admise par l’auteur d’un ouvrage sur les Mi- néraux, faussement attribue a Aristote , et par Albert le Grand mais elle a e'te niee et solidement refute'e d’abord par Porta puis par Kirclier par de Boot par Prideaux et par Falconnet En elFet, Vequilibre, lors raéme qu’il serait possible de l’e'tablir, ne pourrait durer qu’un instant imperceptible, parce qu’il serait ne'cessairement instable. Kirclier observe seulement qu’ un ^ Lib. Memor. c. 8. Mirac. mundi. — ^ Synops. hist., c. 267, p. 325 (éd. gr. lat. de Bàie). — ® Au mot M«7vvvt«?. — 4 Hist. ecclés., XV .18. — ^ mund., t. 1, p. 400 des OEuvres (éd. de Cotogne). — ® Gest. Trevir., c. 4 et 23 {Access, hist. edit. a Xeièniim, Hanov. 1710 — 1740). — 'Gite par Kircher, De arte magnetica, lib. 1, part. 1, c. 5. — ® Citò par Kircher, ibidem. — ^ Cité par Bochart, Hierozo'icon, part. 2, lib. 3, c. 7. — Historia Mahumelis, cantus XVf, v. 1127 — 1140, p. 1293 de Beaugendre (Paris, 1708, in foi.). — Ann., part. 4, De Constantino M. {Byz., p. 199, Ve^ nise). — *2 Dg mineralibus, II, 3, 6. Il cite Aristote, De mineralibus. — Magia naturalis,Yìl, 2~. — Magnes sive de arie magnetica, lib 2, c. 1, probi. 6. — Qgmm. et lapid. hist., II, 254 , p. 466—467 (éd. Adr. Toll). — Vie de Mahomet. — Mém. De l’Acad. des inscr., anc. sèrie, t. 4, p. 616—634. — De art. magnet., lib. 2, c. 1, probi. 6 et 7. — 23 — oLjet de fer, attaché au Lout d’uu lien dont l’autre extre'inite serait fixee au- dessous de l’aimant a une distance très peu supe'rieure a la longueur du lien, pourrait rester suspendu au— dessous de Taimant, mais a une distance qui serait toujours très petite, quel que fùt le rapport de la force de l’aimant au poids de l’oLjet: ce qui ne peut s’accorder avec aucune des fables que nous venons de citer, puisque celles de Cedrenus et de Suidas supposent que les statues, rcte- nues en has par un proce'de' inconnu, etaient suspendues par l’attraction à une grande distance de l’aimant de la voùte, et puisque les autres fables supposent que les statues devaient étre enlièrement isolees en l’air et très loin des aimants. Passons a des faits mieux ave're's et plus scientifiques. Si Fon approcbe d’un aimant un anneau de fer doux, ranneau s’y attaché ; si Fon approcbe un second anneau du premier, il s’attache au premier, un troi- sième au second, et ainsi de suite, de sorte qu’oii peut avoir une longue sèrie d’anneaux suspendus par le simple contact, le premier a F aimant , et chacun des autres anneaux a Fanneau qui le precède. Fette expèrience, faite soit avec des anneaux, soit avec d’autrcs objets en fer, a ctè dèdite par Platon % Stra- ton de Lampsaque Epicure Lucrèce Philon le juif Piine Galien Themistius Simplicius Diodore de Tarse Nemesius èvéque d’Emèse ”, saint Ambroise saint Augustin et saint Isidore de Sèville Tous ces au- teurs, cornine aussi Aiistote savent que le fer, en contact avec Fairaant, par- ticipe a son pouvoir^ et que ce jDOuvoir communiquè cesse avec le contact qui le produit. En outre, Philon le juif et saint Ambroise remarquént qu’on ne pour- rait pas former ainsi une cimine d’un nombre indèfini d’anneaux, parce que chaque anneau a d’autant moins de pouvoir magnètique, qu’il est plus èloignè de Fai- mant. Passons a d’ autres faits dont la connaissance a existè aussi dans Fanti- quitè, mais a ètè plus tardive et moins rèpandue. Le poète Claudien a la fin du IV® siècie de notre ère, est le plus ancien auteur chez lequel nous lisions que Faimant se fortifie pai' le contact du fer ; qu’il languit et perd de sa force, quaud on Fen séparé. Thèophylacte dans une lettre d’amour, allègue aussi cette propriètè bien rèelle de Faimant. Le poète èpicurien Lucrèce a vu des anneaux magiques et de petits mor- I lon, p. 533 DE. — 2 Cité par Simplicius, Phys. f. 153 (Aid.) ou p. 381 (Brandis). — ^ Citépar Galien, Des facultés physiques, I, t. 1, p. 93—94 (éd. gr. de Bàie). — ‘ De rer. nat.,Yl, 911—917. — ^ De la création du monde, p. 32 C D (Paris , 1640 , in-fol.), — « XXXIV , 14, S. 42, n? 147, t. 5. p. 186(Sillig). — ’ à l’endroit cité, p. 94, 1. 3 et suiv. — ® Phys.,i. 63 (Aid.), p. 452 (Brandis). — 9 Phys., f. 153 et 316 (Aid.), p. 381 et 451 (Brandis). — ‘O Dans Photius, Biblioth., cod. 223, p. 215 a (Bekker). — " Nature de Phomme, eh. 1. — *2 Epist_ cl. 1, Ep. 45, § 14. — De civ^ D., XXI, 4. — Orig.. XVI, 4. — Phys,, Vili, 10; De l'àme, I, 2. — Magnes. — Lettre 26 , p. 46 (Boissonnade). — De rer. nat., VI, 1044—1054. — 24 — ceaux de fer s’agiter dans un hassin d’ airain, quand oii passait un aimant au- dessous du hassin: il croit que le fer s’agite ainsi pour fuir Taimant; il s’inia- gine que la force attractive est change'e en force re'pulsive par 1’ interposition de r airain ; il essaie méme d’ expliquer la cause de ce cliangement. Saint Augustin * raconte comment la méme expe'rience a e'te' faite, a travers un vase d’ar- .gent, devant son fière, SeVèi’e, e'véque de Milève, par le comte d’Afrique Ba- tlianarius. Mais le saint e'véque, loin de partager l’erreur du disciple d’Epicure, oomprend parfaitement que le phénomène est dù a l’attraction magnétique, qui traverse l’argent pour agir sur le fer. De méme, suivant l’ouvrage arabe Sur les pierres attribue' faussement à Aristote et cite' par Vincent de Beauvais l’attraction magnétique s’exerce a travers tous les corps solides, par exemple a travers l’airain. Piine ^ et saint Isidore de Séville ^ disent que le fer est la seule substance a laquelle l’aimant puisse communiquer le pouvoir d’attirer le fer. lls ajoutent qu’après avoir re^u ce pouvoir, le fer peut le conserver pendant un temps assez long après que le contact de l’aimant a cesse, et que les armes faites de ce fer, qu’on nomme fer vivant {ferrum vivum), blessent plus dangereusement que les autres. Laissons de coté cette dernière opinion, purement superstitieuse. Ces deux auteurs, et ceux qu’ils ont sans doute suivis, devaient avoir remarque' la légère aimantation qui se conserve dans le fer qu on a frotte' contre un aimant , ou bien qui est reste' longtemps en contact avec ce corps. Mais ils paraissent avoir ignoré les conditions de ce pbénomène et la différence du fer doux et de celai qui a un e plus grande force coercitive. Jean de Lydie ^ a vu aussi du fer aimantéj mais il croit que ce fer doit avoir été tire' d’un minerai magnétique. En un mot, l’aimantation par le contact de l’aimant est la seule que les anciens aient connue, et encore d’une manière très imparfaite. lls étaient loin de supgonner que dans cbaque aimant il y eùt deux magné- tismes contraires, manifestant tonte lenr énergie a deux extrémités opposées, dé- croissant vers le milieu de l’aimant, et séparés par une ligne mediane neutre. Galien ® est le seul auteur de Eantiquité chez lequel nous trouvions quelques mots sur la distribution du pouvoir magnétique dans les aimants , et il n’en parie que pour dire faussement que, lorsq’un stylet de fer touclie a un aimant par un de ses bouts, la force attractive communiquée par l’aimant l’est d'une manière égale dans tonte la longueur du stylet. De civ. D., XXIV, 4. Comparez S. Isidore de S., Orig., XVI, 4.-2 Spee. nat.. Vili, 19, p. 502—503 (Douai). Nous reviendrons sur l’ouvrage du faux Aristote. — “ XXXIV, 14, s, 42, n® 147. — Orig., XVI, 20. — ^ Des mois, III, 20, p. 41, et IV, 11, p. 58 (Bekker). — ® Des facultcspky- iiques, I, t. 1, p. 94, 1. 4—10 (éd. gr. de Bàie). — 25 — Chaqiie pole d’im ainiant attire le pole de noni contraire d’un antre aiinant. Une erreur de Piine parait avoir pour origine ime interpretation fansse de ce fait mal oliserve': il croit ' que c’est le propre d’nne espèce d’aimant etliiopien d’attirer les aiitres aimants^ de qnelqiie manière qu’on les Ini presente. Cliaque pole d’im aimant repousse le pole de mème nom d’im antre aimant ou d’un harreau d’acier aimante'. Piine ^ croit que c’est le jiropre d’une espèce d’aimant e'thiopien , nommè théainède, de repousser le fer. Prohablement la re- pulsion magne'tique^ oliservèe d’abord en Ethiopie , fut considcre'e cornine une propriète' speciale d’iin minerai magnètiqiie de cette contre'e, et Piine s’est em- piesse de copier, sans exanien, cette fansse opinion, perpe’tue'e peut-étre a des- sein et dans des vnes inte'resse'es par des vendeiirs ou des montreiirs de théa- inède ^ ■ Saint Isidore de Se'ville ^ et Psellus ^ distlnguent encore, comnie Piine, deiix espèces d’aimant, Fune qui attire le fer et l’autre qui le repousse. Suivant Marcellus me'decin de Tlie'odose le grand, il y a deux espèces d’aimant, sa- voir, l’aimant ordinaire, qui attire le fer et qui en mèdecine a des propriète's astringentes , et l’ aimant surnommè antiphjson (àvTjauo-wv , soufflant en sens contraire), parce qu’après avoir attire le fer, il le repousse J’ignorc où Mar- cellus avait puisè cette distinction chimèrique, fonde'e sur un fait re'el mal ob- serve'. Piine, Marcellus, saint Isidore et Psellus auraient pu trouver ailleurs des renseignements un peu plus rapprocbe's de la ve'rite'. Plutarque raconte que, suivant Mane'tlion, les Égyptiens donnaient a Paimant le nom d’o.y d' Horns et au fer le nom d’o.y de Tjphon, pour repre'senter la lutte du bon principe et du mauvais, lutte dans Jaquelle tantót le liien force le mal a cèder, tantót le mal reprend son cours. En effet, ajoute Plutarque, tantót l’aimant force le fer a s’ap- jnocber de lui et le traine a sa suite, tantót le fer s’ècarte de l’aimant et semble repousse en sens contraire. i\insi Plutarque et sans doute Mane'tlion ont su ce que Piine et les autres auteurs citès ignoraient, savoir que tout aimant peut don- nei’ lieu a ces deux pliènomèiies opposès. Mais dans quelles circonstances ? Ils ^ XXXVl, 16, s. 25, n.° 130, t. 5, p. 349 (Sillig). — ^ Ali iiième cndroit. — ^ Cette explication de l’erreur de Piine diffère peu de celle cpie Boot [Gemm. et lapid. hist., p. 441—450, Leyde, 1647, in-8.°), Falconnet {Acad. d. inscr., anc. sèrie, t. 4, j). 618) et Beckmann {ìieilr. zur Geschichte der Erfmdungen, t. 1, p. 245) en ont donnée. Je Pai rnodifiée seulcment pour la mettre à l’abri des ob- jections de Dclaunay [Miner. der 2ter Theil, p. 251). Je ne pense pas qu’on doive, avec le due de Noia Caraffa (Ree. de mém. sur la tourmaline, par Aìpinus, p. 122, Saint Pétersbourg, 1762 , in-8°), considérer le théamede comme une tourmaline. — '* Orig., XVJ, 4. — ^ Des pierres , p. 22 (éd. de Bernard). — ® De medicam., c. 1, p. 253 (collection medicale latine d’ Henri Estienne). — Voyez mon ménioire, De l'aimant , de ses noms divers et de ses variètés suivant les anciens, p. 22 (Extr. de t. 6, He serie, des Mérnoires présentés par divers savants à V Académie des inscriptions). — ^ Sur Isis et Osiris, eh. 62. — 26 — paraisseiit n’en avoir rieri su. Lucrèce en savait sur ce poiiit tout juste au- tant que Plutai’que ^ c’est-a-clire un peu plus que Piine et les autres. Mais ni Mane'tlion, ni Lucrèce, ni Plutarque, ni Piine,' ni Marcellus, ni saint Isidore de SeVille n’ont su que le fer repoussè par l’aimant est un fer aimante'; que, pre- sente' d’une autre manière au méme aimant, ce méme fer est attirè ; qu’ entre denx aimants naturels ou artificiels l’attraction et la re'pulsion sont re'ciproques, et que la re'pulsion n’a lieu que lorsque les deux poles de méme noni sont pre'- sente's Pun a Pautre. Rappellons-nous aussi que Lucrèce a pris a tort jiour un efPet de re'pulsion Pagitation de petits morceaux de fer dans un vase d’airain sous lequel on pro- menait un aimant. Dans trois vers de XOEneus d’Euripide, conserve's par Sui- das il est question d’une fausse appareiice, qui, pareille à la pierre iJ.xyvrp:iq, sédiiit d'ahord Vdme^ piiis la rend à clle-ménie. fleatli ^ a cru reconnaitre la mie allusion aux re'pulsions magne'tiques. En effet, Platon ^ a pense' que dans ces vers Euripide avait voulu parler de Paimant. Mais c’est la une erreur qu’Hesy- cliius ^ et Suidas ® ont eu raison de reproclier a Platon. Buttmann ^ a fort Lien montre' que les anciens donnaient le nom de l'iBoq a une suLstance qui trompe Poeil, au premier abord, par sa ressemblance avec Pargent, c’est-a- dire probablement a une espèce de tale, et que c’est a cette substancé qu’Eu- ripide a fait allusion D’ailleurs, si Pon voulait appliquer ces vers d’Euripide a Paimant, pour que la comparaison fùt vraie, il faudrait qu’un aimant , pre'- s^nte' de la méme manière a un méme morceau de fer, le repoussàt après Pavoir attire'. Ainsi Euripide , comme Lucrèce et Plutarque , aurait e'tendu a tous les aimants la proprie'te pre'tendue de Paimant antiphjson. Mais, nous le re'pe'tons, il n’est question ni d’aimant, ni de re'pulsion: le poète compare le faux me'rite k Pe'clat du tale, qui séduit d’abord Popinion et dont elle s’e'loigne ensuite. § 2. VoiPa tout ce que l’antiquite nous a transmis sur les attractions et les re'pul- sions magne'tiques. On n’y voit figurer ni la puissance attractive exerce'e re'ci- proquement par le fer sur Paimant, ni la force coercitive, par laquelle le fer ou Pacier conservent plus ou moins le magne'tisme qui leur est communique', ni * De rer. nat., VI, 1041 — 1042. — ^ Au mot 'HpaxXeta- — ® Citò par Buttmann, Mus. der Alter- thumswiss., t. 2, p. 12. — lon, p. .tSS de. — ^ Au mot Mayvr,T£S. — ® Au mot'Hpay.Xeta- — ’’ Mus. der Alt., t- 2, p. 5 — 17. — * Voyez mon Mém. sur V aimant, p. 6—7. les divers pvocedes d’ aimantation , a rcxceptioii du contact de l’aimant, ni la poiavite' des aimants naturels oii artificiels, ni la loi des attractions et des re'- pulsions magnelir|ues en ce qui concerne soit la polarite', soit les distances, ni, a plus forte raison, le lois e'iectromagneliques, ni le magnetisme terrestre, ni son action directrice sur Taiguille aimante'e. Cepeudant 1’ antiquite chinoise nous offre ime de ces connaissances qui ont manque' aux Grecs et aux Romains: je veux dire la connaissance de l’orientation magne'tique, principe de la boussole b Des deux extre'mite's de l’aigullle, c’etait l’extre'mite' repousse'e vers le sud qui fixait l’attention des Chinois. Mais je n’ai pas appris qu’on ait trouve dans la Clune antique aucune trace d’ ime notion quelconque de la re'pulsion. Il est difficile de deviner pourquoi les Chinois at- tribuent au cypres la propriete d’iiidiquer l’occident, cornine faimant indique le sud Certains auteurs modernes ne peuvent pas se rcsoudre a croire que cliez les peuples principaux de 1’ antiquite la boussole n’ ait pas dirige les navigateurs. Nous ne dirons rien de la fantaisie de Poinsiuet de Sivry ", qui prete gratui- tement aux anciens une boussole mécanique sans aimant , a laquelle les navi- gateurs auraient bien raison de ne pas se ber. Mais Pineda Fre'de'ric Herwart beaiicoup d’ autres e'erivains du XVP siede et du XVIP et plus recemment William Cooke Strutt M. de Penbouet 9, M. Eusèbe Salverte et méme IM. Pouchet ”, veulent que la boussole magnétique ait e'te connue des Pheni- ciens, des Egyptiens, des Carthaginois et des Juifs. Mais ils ne donnent pas une seule preuve plausible en faveur de leur assertion, condamne'e par le sileiice de toute Pantiquite grecque, latine et juive Le texte de Jamblique sur ime flèclie qui portait Abaris dans les airs^ le '■ Voyez plus loin. Ilio parile. — ^ Voyez M. Edouard Biot; dans les Comptes rendus des séances de VAcadénde des Sciences, 21 oct. 1844, t. 19, p. 826. — ^ Dans sa traduction fr. de Piine, t. 12, p. 484, in-4° — Gilè par Dutens, Origine des decouvertes, pari. 2, eh. 15, t. 2, p. 294 (2® éd.). — 5 Ad- miranda ethnicoe theologim mgsteria propalata (1626, in-4.°). — ^ lls soni cités et réfutés par Kircher, Magnes sive de arte magnetica, lib. I , pari. I, c. 5 et 6. Voyez aussi Fabriciiis , Bibliotheca anti- quaria, p. 973. — An Inquirg into thè patriarchal and druidical religion, p. 22 (London, 1734 , in-4°) — ^ Mceurs et usages des anciens Jiretons, t. I, p. 23, trad. fr. (1789). — ^ Recherches sur la JIretagne, Lettre III, p. 33 — 36 (1814, in-4?). — Des Sciences occultes, p. 436 — 459 (2® éd., Paris, 1843, gr. in-8.“). — ” Histoire des Sciences naturelles aw moj/en-a^e, p. 316 (Paris, 1833, in-8?). — Kircher (déjà cité), Pancirolle {Ber. memor. lib. II, tit. XI,t.2,p. 233) et son commentateur Salmuth (p. 234— 236), et Dutens (déjà cité), malgré leur enthousiasme crèdule pour l’antiquité, refusent aux anciens l’usage de la boussole. Dutens a tori de ranger Kircher parrai ceux qui prètent une boussole au roi Salomon. — Vie de Pythagore , eh. 28. C’ était simplement Abaris qui portait la Qèche dans ses courses à travers tous les pays, suivant Hérodote, IV, 36. Comparez M. de Humboldt, Cosmos, trad. fr., t. 2, p. 168 et 497—498. — 28 — texte de Pherecyde * concernent une flèche qu’Hercule fut lente de lancer contre rOce'an, et celui d’Homère ^ sur les merveilles de la navigation des Pheacìens, n ont pas le moiiidre rapport avec la boussole, qu’on a pourtant voulu y trou- ver. Je ne sais par quelle liallucination Buffon ^ s’ est imagine avoir lu dans VOdjssée que les Grecs se servirent de 1’ aimant pour diriger leur navigation à Pepoque du siège de Troie. Plusieurs auteurs, cites et refute's par Kircher , ont cru trouver la boussole mentionne'e dans deux comedies de Piante ^ ^ où elle serait nomniée vorsoria-, mais ce mot signifie la corde qui sert à tourner la voile, et les mots capere vorsoriam s’emploient au figure, a peu près dans le méme sens que l’expression francaise virer de bord, c’est-a-dire changer d’o- pinion ou de tactique i^lbert le grand un des premiers auteurs qui aient parie de la boussole, et Vincent de Beauvais ^ disent avoir trouve' la description de cet instrument dans l’ouvuage d’Aristote sur les Minéraux. Mais, quoi qu’en ait pu dire Ideler , il est très douteux qu’ Aristote ait ecrit un traile' special sur ce sujet; du reste, s’il en avait ecrit un, certainement ce traile' aurait e'te' perdu de très bonne beure, puisqu’il n’a pas e'te' connu des commentateurs an- ciens d’ Aristote Albert le grand 9 avoue qu’ il n’ avait jamais vu le traile' d’ Aristote sur les Minéraux, mais seulement des propositions cite'es comme ex- traites de ce traile. Il est vrai que The'opliraste avait compose' un livre sur les * Dans Athénée, XI, 5, § 39, p. 470 c (Casaubon). — ^ Odyssce, Vili, 557 — 563. — ® Supplément à l'histoire naturelle, t. 5, p. 269—270 (Paris, 1778, in-4.°). — '* Mercator , act. V, se. II, v. 34; Trinuìnus , act. IV, se. Ili, v. 19. — 5 Voyez Commentarii instiluti l?owo?u'eJisis, t. 2, part. 3, p. 223 et SLiiv., et Klaproth, Lettre sur l’invention de la boussole, p. 7, note. — ^ De Miner., II, 3, 6, Op. t. 2, p. 243 (Lyon, 1651, in foi.). Comparez II, 2, 2, et De Metallis, I, 3, 6. — ’ Spec. nat., IX, 19. — ^ Dans un passage des Météorologiques d’Aristote (III, 7, fin, t. 2, p. 33, Ideler), on a cru voir la promesse de faire un ouvrage special sur les minéraux. M. Barthélemy Saint-Hilaire ( Meteorologie d' Aristote, p. 272, Paris, 1863, in-8.°) croi! que c’est un renvoi au IV® livre de ìa. Meteorologie. Mais, dans ce IV® livre, les minéraux ne tiennent qu’une place très accessoire. Suivant la remarque d’Ac- coramboni {Veia mens Aristotelis etc., p. 485, Rome 1604 et 1690, in-foL), la phrase d’Aristote peut également signifier qu’il laisse ce soin aux minéralogistes. Un passage du I Ve livre des Météorolog'fgfues d’Aristote (IV, 8, 2, t. 2. p. 59, Ideler) peut, suivant la remarque d’Alexandre d’Aphrodisias sur ce passage et suivant l’aveu d’Ideler lui-mème, (Arwtot. Meteor., t. 2, p. 498), ètre considéré comme ren- voyant à un passage du IIP livre de ce mème ouvrage (III, 7, 4, p. 32), et non à un traité spécial. Pour prouver qu’Aristote avait écrit un livre IlEpt fxsraXXwv, Ideler (t. 2, p. 498) ette le témoignage de Julius Pollux (Onom., VII, 99, p. 758, Amsterdam, 1706, in-fol.). Mais cet auteur dit que le traité Ilep) pLSTaX^MV est d’ Aristote ou de Théophraste. Ideler cite aussi le témoignage d’ Olyrapiodore {Meteor., f. 2 a, Aid., ou t. 1, p. 133, Ideler). Mais, plus loin (f. 59 - 60 a, Aid., ou t. 2, p. 162—163, Ideler), Olympiodore, mieux informé, dit que la promesse faite par Aristote d’écrire ce livre n’a été tenue que par son disciple Théophraste, ou que, du moins, l’ouvrage du maitre est perdu depuis long- temps. En effet, Jean Philopon {Meteor., t. I, p. 135 , Ideler) ne connait rien d’Aristote sur les mé- taux, si ce n’estee qui les concerne dans les Météorologiques. — ^ De Miner., lib. I, tract. 1, c. 1; lib. 2, Ir. 2, c. 6; lib. 3, tr. 1, c. 1, Op. t. 2, p. 210, 243 et 244. Comparez M. Jourdain, Rech. sur les trad. lat. d’Aristote, p. 350 (1819). — 29 — mineraux , et qu’on attribuait quelquefois par erreur ce livre a Aristote lui- méme ^ j mais nous alloiis voir que ce n’ est pas celili qu’ Albert le grand et Vincent de Beauvais avaient en vue. Farmi les ouvrages d’Aristote, Diogene de Laérte ^ mentionne un traite' ITópt sur la pierre par excellence, c’est- à-dire sur Vaimant ^ , et non sur les pierres on sur les mineraux en général. Quant a 1’ ouvrage sur les pierres que 1’ on citait au moyen-àge sous le nom d’Aristote, cet ouvrage était loin de concerner l’aimant seni. D’ailleurs, Albert le grand et Vincent de Beauvais n’avaient pas sous les yenx l’ouvrage méme, mais seulement des extraits , et les passages qn’ ils en ont tire's contiennent quelques mots arabes. En elFet, des fragments e'tendus de l’ouvrage arabe sur les pierres que 1’ on disait traduit du grec d’ Aristote , ont e'té conserve's par Ahmed el Teifacbi, dans son livre sur les pierres précieuses En comparant les citations, on volt que c’cst bien le méme traite' d’où e'taient tirés les ex- traits mis a profit par Albert le grand et par Vincent de Beauvais, qui avouaient qu’ils n’avaient jamais vu Eouvrage méme. Celui-ci se trouve à Paris dans un manuscrit arabe de la bibliotlièque imperiale et on y volt que c’était un pré- tendu extrait arabe d’un ouvrage grec beaucoup plus étendu, dans lequel Aris- tote aurait parie de 700 espèces de pierres. Il suffit de parconrir cet extrait , poni’ voir qu’il ne peut pas avoir pour source un ouvrage autbentique d’Aris- tote ou de Tbéopbraste. D’ailleurs, le passage relatif a la boussole ne s’y trouve pas: il aura e'te' ajoute', sur d’autres manuscrits du méme ouvrage, par quelque copiste arabe Attribuer a Aristote ime description de la boussole, c’était le meilleur moyen de faire entrer la connaissance de cet instriiment dans l’ensei- gnement scolastique du moyen-àge, et tei a dù étre le but de cette interpola- tion faite dans un ouvrage qui, du reste, était lui-raéme apocryphe. Si les Grccs et les Romains de l’antiquité ont ignoré plusieiirs des pbénomènes magnétiques les plus importants et les plus riches en conséquences théoriqiies et pratiques, par compensation ils ont signalé beaucoup de pbénomènes magné- tiques imaginaires, dont il leiir aurait été facile de constater la fausseté. Pas- '■ Outre Olympiodore, déjà cité, voyez Hesychius, aux mots Ilpoo-^av^, ZzocpcfCtìV; Julius Pollux, Onom., VII, 99, et X, 149. Comparez Schneider, éii. de Théophraste, t. 4, p. 3o9, et Ideler, sur Aristote, Météor., t. I, p. 133 et 135, et t. 2, p. 326 et 498. — ^ V, Segm. 26. — “ Voyez moli Mém. sur Vaimant, p. 7-8. — '* Voyez M. Jourdain, Rec/i. etc., p. 350. — ^ Voyez Ahmed Teifascite, sulle pietre preziose, colla traduzione di A. Rainieri (Firenze, 1818, in-4.“). — ® iV.° 402 du fonds de Saint Germain. — Voyez Klaprotb, Lettre sur Vinvention de la boussole, p. 46 — 54. — 30 — sons-leur la ciedulité avec laquelle ils out adaiis sans examen des prodiges lo- caux ou temporaires, par exemple la suspension de statues au milieu de l’air par les attractions oppose'es de deux aimants dans tei ou tei tempie bien lointain ou peut-étre de'truit dès a vani l’e'poque des auteurs qui mentionnent ces mer- veilles Passons-leur encore certaines erreurs qui resultent d’observations mal faites, infldèlement rapporte'es ou faussement interprete'es. Enfin^ passons-leur d’avoir cru a de pre'tendues attractions exercées , disait-on, sur divers objets par des corps rares, mal de'finis et peut-étre imaginaires par exemple d’avoir cru que V androdamas attire l’argent, lo cuivre et le fer que V amphidane ou chrj- socolle attire le fer et l’or que la pa?itarbe attire l’or et les pierres précieu- ses que la catochite attire toutes sortes d’objets et que le bois des navires attire la sagde \ 11 est difficile de deviner quel fond de vérite' peut se caclier sous ces fables. Mais voici des faits rapporte's par divers auteurs anciens, et dont il leur aurait e'te' bien facile de de'couvrir la fausseté par l’expérience. L’aimant, dit Apollonius Dyscolus attire très bien le fer pendant le jour, mais très peu ou pas du tout pendant la nuit. Le diamant, dit Piine 9, attire le fer avec une puissance supérieure a celle de l’aimant. Placez un aimant auprès d’un diamant, disent Piine, Solin et saint Isidore de Se'ville ou bien frottez- le avec une gousse d’ail ou avec du jus d’oignon, disent Plutarque, Ptolcmée, Proclus et d’autres auteurs il cesserà d’attirer le fer. Dans le premier cas, éloignez le diamant; dans le second cas, frottez l’aimant avec de la limaille de fer, dit Tzetzès ou mieux avec du sang de bouc, disent Jean de Lydie et le faux Zoroastre l’aimàut reprendra tonte sa force. Pourquoi avec du sang de bouc ? C’est que le sang de cet animai a une energie prodigieuse: ce n’est qu’après y avoir laissé tremper les diamants, qu’on peut les briser en parcel- les, dont on se sert ensuite pour polir les pierres pre'cieuses Tels sont les * Voyez plus haut, § 1. — ^ Voyez mon Mémoire sur Vaimant, p. 22 — 25. — ® Voyez Piine, XXXVI, 20, s. 38, n.” 146, t. 5. p. 355 (Sillig). Comparez S. Isidore de Séville, Origines, XVI, 4. — ^ Voyez Plinc, XXXVII, 10, s. 54, n® 147, t. 5, p. 441. — ® Voyez Ctésias, sur l’inde, dans Photius , Bi- blioth., cod. 72, p. 45 (Betker); Philostrate, Vie d’Apollonius de Tyane, III, 46, p. 133 (Olearius), et Tzetzès, Chil., VI, 647-649. — « Voyez Piine, XXXVII, 10, s. 56, n® 1052, t. 5, p. 444, etSolih, c. 3, p. 13 de Saumaise (Utrecht, 1689, in-fol.). — ^ Voyez Piine, XXXVII, 10, s. 67, n° 181, t. 5 , p. 457. Comparez Solin, c. 37, p. 48 (Saumaise). — * ** Histoires merveilleuses, eh. 23. — ® XXXVII, 4, s. 15, n? 61, t. 5, p. 402. — Voyez Piine, XXXVII, 4, s. 15, n? 61, t. 5, p. 402; Solin, c. 52,. p. 59 (Saumaise), et S. Isidore de Séville, Origines, XVI, 13. Comparez S. Augustin {De civ. Dei, XXI, 4)„ qui doule de la réalité du fait. — “ Voyez Plutarque, Questions de table, II,^ 7; Ptolémée , Compo- sition en quatre livres, I, 3, f. 4 a (Niirnherg, 1530, in-4?); Proclus, commentaire sur cet ouvrage, I, 3, p. 20 (Leyde, 1635, in-12); Jean de Lydie, Des mais, VII, lì, p, 58 (Bekker); le faùx Zoroastre , dans les Géoponiques, XV, I, et Tzetzès, Chil. IV, 406 — 407. — Chil. IV, 406 — 407. — Aux endroits cités. — Voyez Piine, XX, 1, n® 2, t. 3, p. 288, et XXXVII, 4. s. 15, n°s 59—60. t. 5, — 31 — contes que cìes auteurs, clont quelques uns sont estimes , repèteut Lrès grave- ment, sans s etre jamais avises d’essayer les expe'riences qui les auraient si fa- cilement detrorapes. Nous citerons encore quelques autres jDi opriete's merveillenses de 1’ aimaiit , quoiqu’ elles n’ aieiit pas pour elles des autorite's aussi respectables. D’ abord voici line application antique de l’airaant, qui vaudrait bien la boussole des rao- dernes. Ou’un mari glisse un airaant sous Toreiller de sa femine endormie : si elle est fidèle, elle erabrassera son mari, sans s’eVeiller; sinon^ elle sera lance'e hors du lit sur le plancher par une force irre'sistible ce sont le faux Orphe'e, Tzetzès et Marbode, e'véque de Rennes au XI® siede, qui nous rassurent. Vou- lons-nous des effets plus doux ? Ecoutons les mémes auteurs l’aimant re'con- cilie les frères et méme les epoux brouille's ensemble ; il sulllt de porter un airaant sur soi , pour s’attirer 1’ afFection de tout le monde , et pour posseder ime éloquence entraìnante. Quant a d’autres propriete's de raimant, proprietes a l’usage cles sorciers et des voleurs, ne les divulgons pas, et laissons aux in- te’resse's la peine de les chercher dans les auteurs anciens ftlais, dans l’interét de la medecine, mentionnons ici un emploi thérapeutique du magnetisrae raine'ral, qui vaut peut-étre les vertus curatives de ce qu’on appello le inagnétisme animai. Le mcdecin grec Ae'tius ^ nous appreiul que, suivant la croyance populaire, un airaant temi dans la main calmait les douleurs de la goutte et les convulsions. jMarcellus me'decin de The'odose le grand, affirrae qu’im aimant pendìi au con calme le mal de tòte. p. 401; Pausanias, Vili, 18, § G; S. Augustin, l)e civ. Dei, XXI, 4; S. Isidorc de Sévillc, Orig., XVI, 13; Théophylacte, Dialogue, p. 13 (Boissonade), et Anatolius, Des syrnpathies, AaLWsYsLhùcms, Biblioth. gr., t. 4, p. 299 (vet. ed.) * Voyez le faux Orphée, des Pierres, X, 311 — 320; Tzetzès, Chil. VI, 623 — 634 , et Marbode, De lapidibus, § 19, v. 300—305, p. 43—44 (ed. Beckmann, Goettingen, 1779, in-8°). — ^ Comparez aussi Nonnus, Dionys. XXXII, 24. — “ Voyez le faux Orphée, à l’endroit cité, v. 320 et suiv., et surtout Marbode déjà cité, et Vincent de Beauvais, Spec. nat.. Vili, 21, p. 503, col. l, E (Donai, 1624, in-fol.). Quant à la pierre Sideritis, qui, bien emmaillottée, parie avec une voix d’enfant et rend des oracles, on pourrait étre tcnté de croire que c’est un aimant, puisque l’aiinant a souvent été nommè Sideritis-, mais il est probable que cettc pierre emmaillottée et parlant n’ est qu’ une réminiscence de la fable concernant la pierre avalée, puis vomie par Saturne. (Voyez le faux Orphée, Des pierres, XI, 354 , et Tzetzès^ Chil. VI, 614—620. Comparez Hésiode, Theog., v. 485 — 500). D’ autres auteurs donnent à cette mème pierre le nom de bétyle et en célèbrent les propriétés merveilleuses, surtout celle d’em- porter avec elle dans les airs, partout oh bon Icur semble, ceux qui ont pu la saisir. (Voyez surtout Damascius, Vie d’isidore, dans Photius, Biblioth., cod. 242, p. 342 b, 1. 26 — 31 , p. 348 a, 1. 28 — p. 248 b, 1. 29 de Bekker)- La pierre bétyle, de méme que la pierre ceraitniu de Plinc (XXXVII, 9, s. 51, n." 133, p. 437 de Sillig), parai! étre un aérolithe. Voyez Saumaise, snr Lampride, p. 181 des Script, hist. Aug. (Paris, 1620, in-fol.); Cuper, sur Lactance, De mortibus persecutorum, c. 11, t. 2, p. 448 — 449 (éd. Lebrun et Lenglet Dufresnoy); la trad. allem. de la dissertation danoise de Miinter, Ueber die vom Ilimmel gefallenen Steine der Alten, Dmthylien genannt {1806, ìn-S.°), eie. — Tetrab-, 1, serm. 2, c. 23. Comparez Beckmann, Geschichte der Erfmdungen, t. I, p. 301 et suiv., Magnetischc Curen. — ^ De medicam., c. 1, p. 233 f. de la coll, mèdie, lat. d’Henri Estienne. — 32 — En résumé, les anciens orit beaucoup acliiiire Taimant, et ils lui ont prete dcs vertus imaginaires; mais ils n’ont connu que d’une manière très incomplète et très errone'e sur plusieurs points ses propriète's re'elles: ils n’ont rcmarque que quelques uns des phe'nomènes les plus apparents , parceque , comme Cardan ‘ le leur reproche, ils en ont fait un objet de spe'culations the'oriques , sans en avoir fait auparavant un objet d’observations- exactes et d’expe'rimentations. {Sarà continuato) De secretis, c. 3. — 33 — Hydrallique — Sur le mouvemenl des ondes. - Lettre de Mf le marquis Axatole Hue De Caligny à M/ le commandeur A. Cialdi. Lt Accademia nostra conosce già il marchese de Caligny ; essa non ignora le lunghe ed importanti serie di esperienze di lui su i fenomeni delle onde, pubblicate nei Conti resi dell’ Istituto di Francia, nel Giornale del Liouville ed in altri periodici, nè come io ne facessi tesoro nel mio libro sul moto ondoso del mare: tuttavia, nel darmi l’onore di presentare ad essa delle nuove esperienze intorno l’ indicato moto, recentemente eseguite da questo illustre idraulico, ed inedite, mi reco a piacere di far precedere alle stesse il giudizio che il dotto abate Moigno dettava in fronte ad un articolo su taluni altri non meno stu- diati ed ingegnosi lavori del benemerito marchese. « M. de Caligny, diceva il Moigno, s'est occupé tonte sa vie de la grande et belle Science de V hydraulique], il lui a fait (aire des progrès notables par V invention de machines nouvelles très-simples, fondées sur des principes igno- rés ou mal compris, il nous a ainsi défendus d\ine mfériorité notoire; nous lui donnons par reconnaissance Vappui de notre publicité ! ect. )) [Cosmos 14.® volume 1859, p. 520). Dopo il breve esordio ecco le nuove esperienze contenute nella Lettera e nella susseguente Nota. le Commandeur En 1858, j’eus occasion de faire des observations sur un canal factice en planches qui n’avait pas été construit dans ce but , n’ayant pour objet que d’abreuver la cavalerie de Versailles pendant une longue secheresse, puisqu’on puisait de l’eau dans la pièce d’eau des Suisses. Je fìs mes observations sur un coté de ce canal qui avait soixante-dix-sept niètres de long. Je ne m’oc- cuperai point ici de l’autre partie de ce canal d’une longueur un peu moin- dre que celle- ci; je dirai seulement que ces deux parties se réunissaient en un point plus élevé que tout le reste du fond, et sur le quel l’eau était versée par une pompe. Je ne faisais mes observations qu’en temps calme, et lorsqu’il n’y avait plus d’autre mouvement dans le liquide que ceux que j’y produisais à l’extrémité la plus profonde de la partie du canal sur laquelle j’opérais au moyen d’une pierre de forme régulière, ayant vingt centimètres de long, vingt centimètres de haut, et dix centimètres de large. 5 La section du canal perpendiculaire à l’axe de ce canal était un Irapèze qui n’était pas tout-à-fait Constant. Ainsi , voici quelques unes de ses lar- geurs au sommet: 0”% 46, 0"*, 425, O'", 435, 0'”, 43, O'", 425, 0"”, 435, 0”, 435, 0”, 445, 0“, 45.;la largeur du fond variant de 0% 23, à 0”, 25, et ce fond portant de cliaque coté une baguette d’ environ deux centimètres de haut , autant de large, échancrée latéralement sur l’angle saillant de manière à offrir un centiinètre environ de largeur sur Téchancrure. Ces détails, quoique sans importance, donnent une idée du degré d’ irrégularité de ce canal. J’ajouterai que de quatre mètres en quatre mètres il y avait sur le fond, posée à plat, une petite planche occupant, en ees points, tonte la largeur du canal, et ayant un centimètre de haut sur cinq de large. La hauteur du canal prise en divers points était de 0“, 26 à 0"*, 265. Mais les profondeurs d’eau sont l’essentiel. Pendant les principales expériences elles étaient de 0'”, 1 1 5 à l’origine, puis de 0”,11, 0“,11, 0“,11, 0™,1175, 0"Sli25, 0"%12, 0^11, 0^11, 0%1125, 0™, 11, 0™, 1025, 0”, 095, 0”, 085, 0“, 925, 0% 0775, 0% 0725, 0% 055, 0”% 0525,0"% 0525, 0"", 0475, 0"% 0425, 0'", 015. Cette dernière profondeur était prise à l’autre extrémité du coté de la pompe. Je ne retrouve pas en ce moment la note sur les distances rigoureuses auxquelles ces profondeurs étaient prises; mais elles sont assez nombreuses pour donner une idée de la forme générale du fond à-peu-près horizontal, sauf de très-petites variations jusqu'à 42 mè- tres de V origine, et se relevant ensuite en pente très-douce du coté le plus profond, la longueur des ondes était d’environ un demi rnètre pour chacune, dont la hauteur était d’un centimètre et demi. La pente douce du canal vers 1’ autre extrémité permettant aux ondes de s’ étendre sans gèner celles de l’origi dio della maggior parte dei fenomeni naturali. » Ma non possiamo dissimulare, che nella geometria propriamente detta, )) ed in particolare nella teorica delle curve, alle quali questo metodo poteva » nella origine sua venir destinato , esso perde sovente i suoi vantaggi. Ciò )) viene dimostrato bene dall’osservare, che le quistioni relative tanto alle pro- » prietà dei sistemi di curve, assoggettate a condizioni comuni, quanto alle » costruzioni delle curve stesse , hanno Ano ad ora pochissimo progredito. » Nel caso anche il più semplice, quello delle sezioni coniche, fra le cinque » condizioni arbitrarie, quasi mai ne fu ammessa una sola, che non fosse di )) toccare delle rette, o d’ incontrare dei punti ; ed inoltre le condizioni che » furono introdotte isolatamente nei problemi, non furono variate. In somma » furono trattate pochissime quistioni , sebbene questa dottrina delle sezioni » coniche, dovesse considerarsi come il punto di partenza necessario, nel com- » plesso delle ricerche relative alle curve, ed alle superAcie degli ordini tutti. » Ciò deriva in fatti dal metodo analitico, il quale, sebbene tanto semplice » nel suo concetto, è peraltro accompagnato da talune difficoltà, che non possono » il più delle volte superarsi. Sono queste di due sorti : bisogna innanzi tutto » esprimere per mezzo di cinque uguaglianze, fra i coefficienti dell’equazione » generale delle sezioni coniche, le cinque condizioni date; poscia fa d’uopo ese- )> guire la eliminazione di quattro coefficienti, per ottenere una equazione A- » naie, che contenga soltanto il quinto coefficiente, la quale si riguarda come » la risolvente del problema. » Ora l’esprimere ciascuna condizione mediante una eguaglianza, può es- » sere assaissimo difficile, e può l’equazione ottenuta, essere molto complessa, » quindi poco facile a trattare. Certe condizioni possono ancora esigere il » concorso di qualche variabile ausiliaria; quindi ulteriori eguaglianze di con- )) dizione. Finalmente la eliminazione fra le uguaglianze ottenute, che non è )) altro fuorché una operazione di analisi pura, riesce non di meno quasi sem- » pre molto ardua, e spesso impossibile assolutamente ; sebbene a questo ri- )> guardo l’analisi abbia conseguito da qualche anno grandi risorse, per le quali » se ne possono sperare delle nuove. » Sono queste moltiplici difficoltà le cause , che hanno ritardato i pro- » grossi, di cui la teorica tanto delle sezioni coniche, quanto delle curve di » ciascun ordine, era capace. » Queste difficoltà non esistono punto nel metodo che ho esposto, per- )) chè il metodo stesso, nè deve formare uguaglianze di condizioni, nè deve )) praticare alcuna eliminazione : doppio scoglio deH’analisi. » Così fatto metodo, esclusivamente geometrico, deriva da un concetto, )) 0 da un principio semplice assai , che fornisce tutte le risorse necessarie )) per le applicazioni sue. L’ indicato principio consiste in questo, che nei si- )) sterni di curve assoggettate a quattro condizioni comuni, tutte le proprietà, » sebbene dipendenti naturalmente dalle stesse condizioni, non ostante si possono » esprimere in funzione di due soli elementi, che riassumono in certo modo, » e rappresentano le condizioni, qualunque sieno esse. Questi elementi, che )) ho chiamato caratteristici del sistema, sono il numero delle coniche pas- )) santi per un punto, e il numero di esse, tangenti una retta. » Dopo tutto ciò, si concepisce come lo studio delle proprietà dei sistemi » di coniche, acquista il carattere di astrazione, e di generalità delle teoriche )) analitiche; poiché non devesi tener conto delle condizioni variate, alle quali )) soddisfano i sistemi che si considerano; ma solamente delle due caratteri- )) stiche astratte, da cui vengono esse rappresentate. )) In così fatti sistemi, definiti mediante due caratteristiche, vengono sem- )) pre introdotte le condizioni di una quistione; cosicché i sistemi stessi fanno )) l’officio della equazione generale, che rappresenta le coniche neiraualisi. )) Non si sarebbe preveduto, egli è certo, prima di conoscere il metodo, » che due sole caratteristiche, due sole variabili, dovessero tener luogo, come « ora dicemmo, di quattro condizioni differenti. Ma il fatto è reale; aggiun- » giamo eziandio, che le operazioni da effettuare in ciascuna quistione, per de- » terminare le due caratteristiche indicate, sono di una facilità straordinaria; » poiché vederemo che le medesime si riducono quasi sempre a semplici ad- — 58 — » dizioni di due numeri, lo che contrasta singolarmente coi calcoli attuati del y» metodo analitico )), Per tanto il metodo dell’autore, che fu seguito da Steiner, e da pochi al- tri geometri, ma che fu coltivato sempre con gran successo dal sig, Chasles, non può dirsi analitico nel senso che comunemente si attribuisce a questa voce; ma esso è fecondissimo, specialmente quando è nelle mani di questo ce- lebre geometra. Sarebbe desiderabile che il metodo stesso, fra noi fosse più dif- fuso, e che facesse anche parte delle istituzioni. Fra i problemi sciolti dall’autore, se ne trovano molti, che fin qui resi- ■ stettero agli sforzi dei geometri, come per es. : Trovare il numero delle se- zioni coniche, tangenti a cinque date curve di qualsiasi natura; intendendo che i punti di contatto fra la sezione conica, e le rispettive date curve, non sieno dati. Dimostra il nostro autore come dipenda il numero stesso, dal grado di ciascuna delle cinque curve; cosicché crescendo questo, deve crescere il numero delle coniche. Arriva finalmente l’autore a stabilire, che pel caso in cui le cin- que curve si riducano a cinque rette, il numero cercato diviene 3264, e non maggiore; contro quello che fu creduto da qualche geometra fino ad ora. Il sig. Chasles non si limita, in queste sue ricerche, alla sola condizione, che la cercata sezione conica debba essere tangente a tante altre curve; ma introduce, invece di questi contatti, altre condizioni del tutto diverse , con- correnti a determinare una sezione conica, fra le quali addurremo le seguenti: — che abbia la curva conica uno de’suoi fochi, od ambedue, sopra una data curva di grado qualunque — che sia la curva conica, simile ad un’altra data sezione conica — che la direttrice di una conica sia tangente ad una data curva, di ordine dato — che abbia la sezione conica un contatto, di ordine superiore al primo, con una data curva di un certo grado — che la conica intersechi una data curva, di un ordine dato, sotto un certo angolo - eccetera. Riguardo a quest’ultima condizione l’autore conclude, che il numero delle sezioni coniche, intersecanti cinque date rette; sotto dati angoli, è 22176 , il quale supera di molto 1’ altro sopra espresso, ed appartenente al caso in cui la sezione conica è tangente alle rispettive rette. Il sig. Chasles colle riferite cinque sue memorie, ha riempiuto un vuoto, che fino ad ora esisteva nella teorica delle sezioni coniche, ad onta che la medesima siasi tanto studiata dalla più remota antichità, fino ai nostri giorni; ed è certo che il perfezionamento arrecato dal nostro illustre corrispondente, a questo ramo dei più coltivati nella geometria, non si sarebbe potuto rag- giungere col mezzo dell’analisi comune. Sulla elettrostatica induzione. Decima comunicazione (1), del prof. P. VoLPicELLi. Jja nota del sig. Gaugain sulla elettricità dissimulata, che fu resa pubblica da parecchi periodici, sia per estratto (2), sia per intero (3), ha relazione stretta, coi precedenti miei lavori, sullo stesso argomento. E siccome, non tutto quello che asserisce il nominato elettricista francese , accordasi con quanto dimo- strano e la 'sperienza e la teorica; così mi trovo necessitato, fare le seguenti osservazioni sulla indicata nota, le quali, per estratto, già furono pubblicate nei Comptes Rendus dell’accademia delle scienze dell’ imperiale istituto di Francia, t. o9, pag. 962 , col titolo « Neuvième note sur V infliience éle- ctrique ». Dice il sig. Gaugain che « non ostante le mie prove ulteriori , ancora viene contestato fortemente, che la indotta sia priva di tensione » . Ciò è vero, ma non deve recar meraviglia quando si tratta , come in questo caso , di modificare profondamente alcune antiche dottrine , dalla più gran parte dei fisici ritenute per vere, nelle istituzioni da loro pubblicate. Forse molto tempo dovrà passare ancora, prima che tutti riconoscano esser vero quanto disse Lichten- berg, anteriormente al 1794, cioè che la indotta è priva di tensione (4). Ed in fatti, sebbene sia decorso circa un egual numero di anni, ciò nulla ostante non ancora tutti ritengono per vero , non essere la elettromozione voltaica un effetto del contatto, ma bensì della chimica azione; quantunque sperienze ine- luttabili dimostrino l’opposto. Per tanto qui ripeteremo a proposito le seguenti parole del chiar. e R. P. A. Secchi^cioè « Non voglio però dissimulare che » alcuni non si sono mostrati persuasi delle mie conclusioni: ma non me ne » maraviglio- E questa la sorte di tutte le cose nuove, rincontrare delle dif- » ficoltà , sopratutto se la verifica non sia facile , e semplice, . . . . , non » deve omettersi che nelle bilance di molti , pesano assai le antiche gravi » autorità, e vari pregiudizi teorici .... (5) ». (1) Per le comunicazioni anteriori V. questi Atti, t. 17, p. 2o9. an. 1864. (2) Comptes Rendus, t. 59, p. 729. — Les Mondes, t. 6, année 1864, p. 429. (3) L’ Institut, année 1864, N. 1609, p. 349 — Cosmos, année 1864, t. 25, p. 494. (4) Erxleben Anfangsgriinde der Naturlelire. (6. a edizione) Gottingen 1794 p. 520. (5) Giornale arcadico, t. 38 della nuova serie, an, 1864, p. 174. — eo- li dotto ab. Moigno, riportando per estratto la indicata nota del signor Gaugain, si credette autorizzato asserire , che la opinione da me sostenuta con moltissime sperienze, cioè che la elettricità indotta non possiede tensione, trovasi universalmente rigettata (6). Ma debbo qui osservare, che se il sig. ab. Moigno avesse consultata la storia scientifica, riguardante la elettrica in- fluenza , da me pubblicata in 'parie nella ottava mia comunicazione su tale argomento (7), avrebbe conosciuto , che dal 1794 fino ad oggi , non pochi fisici ritennero assere la elettricità indotta priva di tensione ; quindi si sa- rebbe invece limitato a dire , senza eragerazione , che questo fatto ancora è controverso, ma non che il medesimo è universalmente rigettato. Del resto a me sembra che le pubblicate mie sperienze, valgano a di- mostrare vero, essere la indotta priva di tensione; anche perchè, fino ad ora, ninno contro le medesime potè dimostrare l’opposto. 2.“ Non posso ammetere che l’attuale divergenza di opinioni sull’argo- mento in discorso, provenga, come crede il sig. Gaugain , da confusione di linguaggio, cioè dal non essere in accordo fra loro i fisici, sul significato della parola tensione. Imperocché tutti fino ad ora i contendenti si accordarono, nel riguardare la elettrica tensione come una forza intrinseca repellente fra le mole- cole dello stesso elettrico sia positivo, sia negativo, e nel misurarla colla divergen- za degl’indici elettrometrici, cioè mediante gli elettrometri a pagliette, a foglie d’oro, e ad aghi orizzontalmente sospesi, come insegna ciascun buon corso di fisica, tanto antico, quanto moderno. Questa ipotetica divergenza di opinioni, fu immaginata per voglia di combattere, ma essa non esiste affatto riguardo all’argomento elettrostatico in quistione; ed il sig. Gaugain non potrà mai di- mostrare il contrario. In vece deve la divergenza indicata, riguardarsi proveniente, 'dal non a- vere fino ad ora la maggior parte dei fisici riconosciuto , essere la omologa dell’ inducente per tutto sull’ indotto isolato , e distribuita sul medesimo con una certa legge, dipendente dalla energia della induzione, e dalla forma del- l’indotto. Proviene ancora la divergenza stessa dal non essersi essi fisici accorti, che r angolo delle pagliette , poste in quell’ estremo dell’ indotto isolato , che all’ inducente più si avvicina , è prodotto principalmente dalla induzione curvilinea, ed in piccolissima parte dalla omologa della inducente, la quale tro- (6) V. Les Mondes, t. 6.“ année 1864, p. 429, li. 24. (7) V. questi Atti, t. 16, an. 1363, p. 484-643-874-1092. ii vasi debolissima sull’ estremo stesso. Quando poi l’ indotto sia non ' isolato , allora quella divergenza è prodotta unicamente dalla induzione curvilinea stessa. Pertanto quell’angolo non dipenderà mai nè punto , nè poco dalla tensione della elettricità indotta, perchè questa non la possiede affatto. Inoltre quando si voglia discutere se il fenomeno, annunciato per la prima volta in Italia da Melloni (8) , sia vero ; cioè se debba ritenersi che la in- dotta non abbia tensione , deve attribuirsi a questa voce quell’ identico si- gnificato, che le attribuì Melloni stesso , nel quale tutti si accordano i fisici anteriori e posteriori al medesimo; e per negare questo accordo, non bastano asserzioni, ma vi occorrono prove di fatto. Per tanto Melloni colla citata sua comunicazione, chiaramente dichiarò, esso intendere per elettrica tensione, la causa che fa divergere le pagliette ; intese cioè per tensione, una forza in- trinseca repellente fra le molecole dell’elettrico stesso, e dichiarò anche con una figura (9) questo concetto, comune ad ogni fisica istituzione. Dunque per indagare se sia o no vero il fenomeno riferito da Melloni , e da me dimo- strato con varie sperienze, bisogna ritenere la tensione come da noi fu con- cepita, come tutti fin’ora la concepirono, e come deve indubitatamente con- cepirsi . Il sig. Gaugain intende per elettrica tensione» la facoltà del fluido elet- trico a produrre corrente, quando per mezzo di un circuito, di cui la resi- stenza eguaglia la unità di resistenza, comunichi col suolo (10). Noi crediamo che sia questa facoltà una delle tante conseguenze della elettrostatica ten- sione , ma che non sia la vera definizione di essa ; e non possiamo inoltre convenire col sig. Gaugain che la intensità della corrente, derivata (11) me- diante quella comunicazione col suolo , sia le misura di quella elettrostatica tensione, quale da tutti s’ intende. Allorché siasi dimostrato coi mezzi alettro- statici, che la indotta non possiede tensione, cioè forza repellente per se stessa, non avvi dubbio che sarà pure dimostrato, per corollario, che non possiede neppure facoltà per produrre corrente. Quindi si vede chiaro che , a dimo- strar vera la nuova teorica sulla elettrostatica induzione , non è necessario dare alla elettrica tensione, un senso diverso da quello, che fin ora giustamente le fu attribuito nella dottrina dell’eletlrico equilibrato. Del resto è certo che, qualunque sia la facoltà o virtù, da volersi annettere alla voce tensione, questa (8) Comptes Rendus, t. 39, année 18S4, p. 177. (9) Opera citata, p, 180. (10) L’ Institut, N. 1609, p. 349, li. 27 salendo. (11) Luogo citato, li. 20 salendo. — 62 — non sarà mai posseduta dalla elettricità indotta, salvo quella di attrazione re- ciproca fra essa, e la inducente. 3." Mi sembra, contro l’opinione del sig. Gaugain, che 1’ enunciato del Melloni (12) non sia vago affatto, e che da questo enunciato discenda chia- ramente, doversi la elettricità omologa della inducente trovarsi per tutto sul- l’indotto isolato, dotata sempre di tensione, e mobile sul medesimo; dovendo la contraria, cioè la indotta, essere tutta dissimulata ed immobile sopra esso. Perciò non possiamo concedere al citato autore (13) , che sull’ indotto iso- lato (( la parte priva di tensione cangi di segno , quando si passi da un punto all’ altro sull’ indotto stesso « neanche possiamo concedere all’ autore stesso, che sull’indotto siavi, priva di tensione, una parte della elettricità o- mologa della inducente; poiché la privazione di tensione, appartiene soltanto alla contraria della inducente sull’ indotto. Da quanto abbiamo riferito , e molto meglio dalla stessa nota del sig. Gaugain , si vede chiaro , che questo dotto elettricista , non solo concepisce la esistenza di una elettricità priva di tensione sull’ indotto; ma che il me^- desimo ne concepisce due così fatte sull’ indotto stesso. Ciò recherà mara- viglia non poco al chiaris. e R. P. A. Secchi, il quale si espresse dicendo: « Se la questione porta che noi ci facciamo un' idea distinta di una elet- tricità statica riconoscibile, e che sia priva di tensione (non tenda), di que- sta non solo confessiamo che non abbiamo idea distinta, ma dichiariamo a- pertamente che ci riesce impossibile farmarcene un'idea qualunque (14). Questa impossibilità non fu incontrata dal sig. Gaugain, e non sarà in- contrata da chiunque voglia tornar colla mente sopra i moltiplici casi' di fa- coltà virtuali, e non attuali, di cui nella fìsica si abbonda. Per dimostrare sperimentalmente che la omologa della inducente, non può essere neppure in parte priva di tensione sull’indotto, dobbiamo ricorrere alla nota sperienza di Wilke (15). Ed in verità il cilindro indotto sia com- posto di due parti, ognuna isolata, ed a contatto fra loro. Mentre il cilindro così formato è sottoposto alla influenza elettrica, facciasi esso comunicare col suolo. Tutti ammetteranno che dal medesimo cilindro partirà la sola elettri- cità libera, cioè la omologa della' inducente; laonde se come ritiene il signor (12) Comptes Rendus, t. 39, année 1834, p. 182, li. 9, salendo. (13) L’ Institut, N. 1609, p. 350. (14) V. questi Atti, an. 1864, t. XVII, p. 230, li. 2.“sal., e pag. 261, §. 15. (15) Gehier’s Phys. Wdrt. Art. ElektricitSt, p. 302. — 63 -» Gaugain, vi sieno sul detto cilindro due contrarie elettricità, Tuna e l’al- tra di tensione, cioè senza facoltà di produrre corrente, queste non potranno partire, perciò dovranno rimanere ambedue sul cilindro indotto. Pertanto se le due parti di questo cilindro separatamente si sottraggano alla induzione, do- vranno esse trovarsi elettrizzate contrariamente, quante volte la conseguenza del sig. Gaugain sia vera. Però accade tutto all’ opposto ; giacché tanto la parte di cilindro più all’ inducente vicina, quanto 1’ altra più lontana, mani- festa una stessa elettricità, cioè la contraria della inducente. Dunque la spe- rienza si oppone ad ammettere che sull’ indotto vi sieno due contrarie elet- tricità, ognuna dissimulata, cioè priva di qualsiasi tensione ; vuole invece la sperienza stessa, che ve ne sia così fatta soltanto una, la contraria cioè della inducente. 4.“ Per tanto noi ci accordiamo col sig. Gaugain solamente in questi due fatti, cioè neH’ammettere che sul cilindro indotto ed isolato, per tutto si trova la elettricità libera, omologa della inducente (16); e nel riconoscere che la contra- ria di questa è ovuii^que priva di tensione sull’indotto stesso (17). Quindi con- cludiamo che gli oppositori alla nuova dottrina della influenza elettrica, e in ispecie quelli che non sanno concepire una elettricità priva di tensione , dovranno ammettere che il sig. Gaugain ha dato un estensione maggiore alla dottrina stessa , concludendo che due sono sul cilindro indotto le elettricità prive di tensione , e non una. Però noi che ne ammettiamo una soltanto , ci asterremo dal pronunciare sulla teorica dello stesso autore, da cui partì egli, per giungere a questa conclusione, bastandoci aver provato colla sperienza di Wilke, non essere ammissibile, che la omologa della inducente sia, neppure in parte, privata di qualsiasi tensione sull’ indotto. (16) L’ Institut, N. 1609, p. 350, li. 2, e seguenti. (17) Idem, li. 3. — . 64 — COMUNICAZIONI Il sig. prof. cav. Ponzi, espose nelle sale deU’accademia, la nuova carta geologica dei monti di Tolfa e Allumiere. Questa nuova carta, fatta nella pro- porzione di 1:150000, è molto più sviluppata dell’altra, che già il prof, me- desimo espose in una scala minore. I nuovi studi, e le osservazioni fatte sui monti Ceriti, condussero l’autore a ricomporre la indicata carta; e verranno in seguito pubblicati con una memoria, di cui si occupa egli attualmente. Il sig. colonnello comm. Cialdi, presentò una sua opera. Sul moto on- doso del mare e sulle correnti di esso, specialmente su quelle littorali, chie- dendo il parere dell’accademia su questo idraulico e nautico lavoro. Il prof. Volpicelli presentò la quinta parte della sua memoria, intitolata « Ricerche analitiche sul bifilare tanto magnetometro, quanto elettrometro, sulla curva bifilare, e sulla misura del magnetismo terrestre. 11 R. P. A. Secchi annunziò una lettera del sig. prof. Zantedeschi, no- stro corrispondente italiano, dicendo che in essa con tene vasi qualche osserva- zione riguardo ad un socio dell’ accademia , relativamente allo spettroscopio. Dopo questo annunzio, il prof. Volpicelli chiese che la stessa lettera fosse integramente letta; ed eccone l’estratto. « In due comunicazioni, dice il no- » minato professore, si fa parola dal R. P. A. Secchi, dei rapporti fra le righe » dello spettro solare, lo stato dell’atmosfera , e la meteorologia; argomento » ampiamente da me trattato nelle mie ricerche sulla luce ». » Il R. P. A. Secchi fece osservare, che sarebbe un campo di utilissime » ricerche, intraprendere un’analisi spettrale sui prodotti vulcanici del nostro » suolo ( Sessione V del 12 aprile 1863 ) , ma anche questo argomento fu » diffusamente da me studiato ». » 11 prof. Volpicelli trovò, che il sig. Giulio Duboscq mi aveva prece- » duto nella costruzione dello spettrometro, formato di un prisma fra due lenti » convesso-convesse (sessione V del 12 aprile 1863). Desidero far conoscere » che il mio spettrometro fu pubblicato in Parigi da parecchi giornali, e che » il sig. Duboscq non mosse mai querela di priorità contro di me , perchè » sapeva di non avere una pubblica data , valente a stabilire il diritto di » priorità. ■ — ■ II sig. prof. cav. Diorio, accennò ad un suo lavoro, concernente alcune osservazioni microscopiche sui corpi trasparenti, fatte a traverso vetri colorati. II sig. prof. Socrate D. Cadet, fece conoscere che per essere stato egli alquanto indisposto di salute, non aveva potuto presentare in questa adunanza un lavoro, col quale crede l’autore poter dimostrare sempre più probabile, che le febbri di periodo, ed anche le pestilenze, sieno prodotte da parassiti. Il sig. cav. Antonio Coppi, presentò in dono il suo tomo XII degli Annali d’Italia dal 1850 al 1854. Il R. P. A. Secchi, presentò in dono una sua memoria, pubblicata col titolo « Sulla relazione dei fenomeni meteorologici colle variazioni del magnetismo terrestre ». CORRISPONDENZE Fu comunicato il dispaccio dell’Emo e Rmo sig. cardinale Altieri, del 2 dicembre 1864, col quale da questo nobile porporato e protettore dell’acca- demia, venivano approvate le norme proposte dalla commissione provvisoria di censura, secondo le quali dovrà regolarsi la commissione stabile, prescritta dagli statuti accademici, al titolo III §. 13, per la revisione e pubblicazione degli scritti de’ Nuovi Lincei. L’Imperialefe R. istituto di scienze, lettere, ed arti di Venezia, mediante il suo segretario sig. Dott. Giacinto Namias, ringrazia per gli Atti dei Nuovi Lincei da essa ricevuti. La I. e R. società geografica di Vienna, invia lo stesso ringraziamento, per mezzo del suo primo segretario sig. F. Foetterle. La R. accademia delle sj/ienze di Monaco, mediante il suo bibliotecario sig. Wiedmann, annunzia l’invio di alcuni suoi Conti Resi. — 66 — La R. Società di Londra, ringrazia per lo stesso motivo, mediante il suo segretario sig. W. H. Miller. L’accademia R. delle scienze di Lisbona, invia per mezzo del sig. I. M. L. Atinocaelho suo segretario generale, un simile ringraziamento. Il R. Istituto Lombardo di scienze, e lettere, invia un esemplare del pro- gramma dei premi, sui quali è aperto il concorso, proclamati o ricordati nella solenne adunanza del 7 agosto 1864. La R. Accademia delle scienze di Amsterdam, con lettera del suo segre- tario sig. W. Yrolik, ringrazia per gli Atti de’Nuovi Lincei da essa ricevuti. L’ accademia stessa, con lettera del suo segretario generale sig. C. I. Matthes, annunzia l’ invio di varie sue pubblicazioni. ■ La R. Accademia delle scienze di Modena, per mezzo del suo segretario sig. Dott. Luigi Spallanzani, fa noto essere stati spediti aH’accademia nostra il IV e V tomo degli atti dell’accademia modanese. La R. Società delle scienze di Copenaghen, con lettera del suo segreta- rio sig. Forchhammer, ringrazia per gli atti de’Nuovi Lincei da essa ricevuti, ed annunzia l’ invio delle sue pubblicazioni. L’ I. e R. Istituto geologico di Vienna, per mezzo del sig. Haidinger, rin- grazia similmente. L’ Imperiale accademia delle scienze di Vienna, mediante il suo segre- tario generale sig. A. Schròtter, ringrazia per gli atti dell’accademia nostra da essa ricevuti. — 67 — COMITATO SEGRETO Furono communicate due lettere, una del R. P. A. Secchi , 1’ altra del del sig. cav. M. Azzarelli, colle quali rinunciava ognuno di essi a continuare nella carica di membro del comitato accademico. In seguito di queste due rinuncie, si risolvette che nella prossima tornata, sarebbesi proceduto alla no- mina di altri due fra i soci attuali, per completare il comitato stesso. In conseguenza di quanto viene stabilito nell’ossequiato dispaccio di S. E. Rma il sig. cardinale Altieri, protettore dell’accademia, in data del 2 di- cembre 1864, il sig. presidente invitò i soci ordinari Lincei, perchè nominas- sero per ischede quattro fra i medesimi , onde costituire la commissione stabile di censura, secondo quanto è prescritto dal tit. III.“, §.13 degli sta- tuti. Seguì da cosiffatto squittino che i signori Prof. D. Ignazio canonico Calandrelli, Prof. Giuseppe cav. Ponzi, Prof. Ab. D. Salvatore Proia, Prof. Carlo Sereni, ebbero la maggioranza dei voti, e rimasero scelti come componenti la indi- cata commissione, colla previa approvazione superiore. L’accademia riunitasi legalmente a un ora pomeridiana , si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. G. cav. Ponzi. — P, Sanguinetti. — A. cav. Coppi. — F. Nardi. — P. Volpicelli. — S. Proja. — A. com. Cialdi. — V. cav. Diorio. — S. Cadet. L. Jacobini. — E. contessa Fiorini. — B. Tortolini. — L. com. Poletti. — B. — 68 — Boncompagni. — I. Calandrelli. — A. Secchi. — E. Rolli. — C. Sereni. — M. Massimo. — N. com. Cavalieri S. Bertelo. ' Pubblicato nel 15 di febbraio del 1865 P. V. OPERE VENETE IN DONO Osservazioni meteorologiche fatte in Alessandria alla Specola del seminario negli Anni 1858-1863. Fase. 7, in 8." DelV inspirazione. Discorso letto il 25 febraro 1863 nella Università di Na- poli, in un consesso di studiosi di Estetica, da Vincenzo Siano. Napoli , 1864; un fase, in 8." Memorie delV Accademia delle scienze dell' istituto di Bologna. Serie II , Tomo in, Fase. 3." Rendiconto delle sessioni delV Accademia suddetta per V Anno 1863-1864. Un fase, in 8." Indici generali della collezione pubblicata dall' Accademia suddetta, col titolo di Memorie, in dodici tomi dal MDCCCL al MDCCCLXI. Un fase, in 4/ Sid bonificamento delle paludi. Memoria del prof. comm. Maurizio Brighenti . Bologna 1863, un fase, in 8." Della polisimmetrica dei cristalli per Arcangelo Scacchi. Napoli 1863 , un fase, in 4." Dei solfati doppi di manganese e potassa , del suddetto. Napoli 1857 , un fase, un 4.“ Sulla poliedria delle facce dei cristalli, del suddetto. Torino 1862; un fase, in 4." Memoria sullo incendio vesuviano del mese di maggio 1855, fatta per inca- rico della R. Accademia delle scienze, dai sodi G. Guarini; L. Palmieri, ed A. Scacchi. Napoli 1855, un fase, in 8." Della regione vulcanica del Monte Vulture , e del tremuoto ivi avvenuto nel di 14 agosto 1851. Relazione di L. Palmieri, ed A. Scacchi. Napoli 1852; un fase, in 4.° Memorie della R. Accademia di scienze , lettere , ed arti di Moden^. Tomo IV e V. — 69 — Saggio idrologico sul Nilo delV ingegnere Elia Lombaroini. Milano 1864; un fase, in 4.° Sopra i Temi proposti dalla R. Accademia di scienze , lettere , ed arti DI Modena. Fase. 5, in 8-" Bidlettino delV Associazione italiana di mutuo soccorso degli scienziati., LETTERATI, ED ARTISTI. Disp. IX G X. Napoli 1864. Continuazione degli Atti della R. Accademia de' georgofili di Firenze. Nuova serie; voi. XI; dispensa 2. n." 38. Atti dell' I. R. Istituto Veneto di scienze, lettere, ed arti. Tomo IX ; Serie S.“; Disp. 2-4.“ Alti dell' Ateneo Veneto, Serie 2.“ voi. I.“; punt. 1-3. Rendiconto del R. Istituto Lombardo di scienze lettere ed arti. Classe di scienze matematiche e naturali. Voi. I; fase. 4-6.° Idem. Classe di scienze moredi e politiche. Voi. I, fase. 3-6. Memorie deU'IsTiruTO suddetto. Voi. IX; 3.° della serie 2“; fase. 3° ed ul- timo. Annuario dell'IsTiTUTo suddetto pel 1864. Rendiconto dell' Accademia delle scienze fisiche e matematiche della R. Società' di Napoli. Fase. 3-9. Atti dell' Accademia suddetta. Voi. l.“ Bidlettino meteorologico dell' Osservatorio del Collegio Romano in eorrente. Détermination Determinazione del numero delle sezioni coniche , che devono toccare cinque curve d' ordine qualunque , o soddisfare a diverse altre condizioni; per. M. Chasles. Systèmes Sistemi di coniche, che tagliano delle coniche date, e sotto degli angoli determinati , di cui le bisettrici hanno delle direzioni date ; del MEDESIMO. Consideration .... Considerazioni sopra il metodo generale esposto nella se- duta del 13 Febbraio 1864; del medesimo. Questions Questioni nelle quali ha luogo tener conto dei punti sin- golari delle curve d'ordine superiore; del medesimo. Questions Questioni nelle quali entrano condizioni multiple , come sarebbero le condizioni di doppio contatto, o di contatto d'ordine superiore; del MEDESIMO. Force .... Forza crisiallogenica 2." parte, per F. Kuhlmann. Discours .... Discorso pronunciato alla inaugurazione della statua del Ba- rone Larrey a Tarbes’, per il prof. Giulio Cloquet. Étude .... Studio chimico sopra Varia atmosferica di Madrid; del sig. Ra- mon Torrez Munos; tradotto dal sig. Gàultier de Claubry, Parigi 1861 ; un fase, in 8. Discussion .... Discussione sulla docimasia polmonare, del medesimo. De la ... . Della determinazione delle acque naturali o minerali, delle pro- porzioni degli acidi carbonico o solfìdrico, liberi o combinati alle basi; del MEDESIMO. Dopi tal .... Ospedale di s. Luigi a Torino, del medesimo. De la ... . Della coltura e della raccolta del sugare in Algeri ; del mede- simo. De la . . . Della ricerca degli alcali organici nei casi di avvelenamento; del MEDESIMO. Uranoplastie .... Uranoplastica preceduta da una operazione di Bec-de-Liè- vre. Osservazioni del Doti. Dambre di Courtrai. Brusselle 1864; un fase, in 8." Bulletin . . . Bullettino della Società'' imperiale dei naturalisti di Mosca, publicato sotto la redazione del Dott. Benard. Anno 1863. N.” lY. Pbilosophical Transazioni filosofiche della R. Società'' di Londra, per Vanno 1863. Yol. .153 parte ì.“ e 2.“ Proceedings . '. . Bullettini della Società'' suddetta, Voi. XIII. N‘. 61-63. The transactions Le transazioni della R. Accademia irlandese. Yol. XXIY, scienze, parte 3.“, letteratura parte 1.“ Proceedings . . . Bullettini delV Accademia suddetta. Yol. YIII; n. 1-6. Repor t. . . Rapporto del comitato del Collegio Harvard, sulla visita fatta al- Vosservatorio di Boston nelVanno 1863. Sitzungsberichte Rendiconti della R. Accademia di Baviera a Monaco. Fase. 3" del tomo 1 - Fase. 4 del 1863; tomo II. - Fase. 1" del 1864. Sitzungsberichte . . . Rendiconti della I. Accademia delle Scienze di Vienna. Tomo 42, fase. 1-3; tomo 43, fase. 1-3; tomo 44, fase. 1. Classe filo- sofìca-istorica. Sitzungsberichte .... Bullettini delV accademia suddetta. Tomo 47, fase. 4° e 5.°; tomo 48, fase. 1-3. Classe matematica e scienze naturali; l.“ ediz. — 71 Idem .... Tomo 47; fase. S.'’ tomo 48; fase, i-i Classe suddetta; 2.“ ediz. Arehiv. . . . Archivio dell' accade mi a sudo. Tomo 30." Almanaeh .... Almanacco dell' accademia sudd. Fontes rerum austriacariim [scriptores] Tomo lY. Jahrbueh . . . Annuario dell'L R. Istituto Geologico di Vienna, Voi. 14." n. 1. Mittheilungen . . . Comunicazioni della /. R. Società' geografica di Vienna. Anno lY, 1864. Jahres . . . Rapporto annuale deU'IsTiTUTO ginnastico a Rrema, del Roti. A. Ulrich. Brema 1864; un fase, in 8.“ Yerhandelingen .... Memorie della R. Accademia delle scienze di Amster- dam. Tomo IT, 1863. Verslagen Atti dell' Accademia sudd. Classe delle seienze naturali. Yol. 15 e 16. Idem . . . Classe di letteratura, voi. 7." Jaarboek . . . Annuario detV Accademia sudd. pel 1862. Catalogne .... Catalogo del gabinetto delle medaglie e monete dell' Accade- mia SUDD. De Lebetis materie ac forma, eiuscpie tutela in machinis vaporis vi agenti- bus. Carmen didascalicum cuius auctori losepho Giacoletti pedemontano certamen poetici proemium e legato lacobi Henrici Hoeufft adiudicatum est, in consessu publico Academiae regine disciplinarum neerlandicae, die IX M. Marta-, Anni CIJIDCCCLXIII. Amstelodami MDCCCLXIH. Nova Acta regine societatis scentiarum Upsaliensis, Seriae tertiae. Yol. IV ; fase. I, 1862. Yol, IV; fase. II, 1863. Monographia hymenomyietum sueciae. Yol. I. Sistens Agarieos , Coprinos , Balbitios. Seripsit Elias Fries. N. 28, Upsaliae MDCCCLYIIl. Sebriften . . . Scritti della R. Accademia fisico-economica per gli anni 1861, 62, 63. La loi . . . La legge dello sviluppo e della struttura dell'uomo del sig. F. P. Li MARZIE. Vienna, 1862; un fase, in 4." Comptes . . . Conti resi dell' Accademia delle Scienze dell'L Istituto di Francia, in eorrente. Annali d' Italia dal 1750, compilati da A. Coppi. Tomo XII , dal 1850 al 1854. Firenze 1864, un voi. in 8. — 72 ^ Trattato elementare dei ponti tabulari a travi di ferro^ e descrizione parti- colare di quelli di Conway, e di Britannia, con un cenno storico di ponti di ferro, ed illustrazioni dell' applicazione del ferro malleabile alla costru- zione dei ponti di Draysdale Dempsey C. E. traduzione dall' inglese in italiano, del cav. Camillo Guglielmetti architetto, ec. ec. Roma 1864, un fase, in 8.® Sulla relazione dei fenomeni meteorologici colle variazioni del magnetismo terrestre. Memoria del P. A. Secchi. Roma 1864, un fase, in 8. \ IMPRIMATUR Fr. Hieronymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Yicesgerens. 'k ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE ir DEL 8 GENNARO 1865 PRESIDEJVZA DEL COM. SIG. PROE. ]V. CAVALIERI SAiV BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI J>EZ SOCI ORDINA&X E DEI COaRlSFONDEIHTl Il periodo glaciale e Vantichità delVuomo. Ultimo brano di storia terrestre del prof. Giuseppe Ponzi. Fra le tante scoperte che rendono sempre più maravigliosa la storia della Terra, una ve ne ha che in questi ultimi tempi fu causa delle più calorose discussioni. Questo è il periodo glaciale , o quel lasso di tempo durante il quale, lo stesso Globo che abitiamo andò soggetto ad un notevole abbassa- mento di temperie, per cui risultarono effetti notevolissimi. Quando per la prima volta l’ illustre Charpentier annunciò al congresso dei Naturalisti svizzeri, tenuto a Lucerna nel 1854, e dimostrò che il trasporto dei massi erratici fu opera dei ghiacci e non delle correnti acquee, ne derivò la necessaria conseguenza d’ includere nella storia terrestre uno straordinario periodo di freddo. Allora tutti coloro che professavano la dottrina del calorico iniziale e del lentissimo raffreddamento della Terra, intesero con ripugnanza cosifatta novella, e non solo ricusarono di abbracciarla, ma altresì si sforza- rono a combatterla con validissime opposizioni. Essi non potevano conciliare un periodo di tempo così eccezionario e indipendente, colle idee preconcette, ne tale da trasportare i ghiacci alpini sulle pianure elvetiche. Però come suole avvenire in questi casi, le animate discussioni promosse dalla nuova dottrina, richiamarono i Naturalisti sul campo delle osservazioni alla ricerca di fatti , fino allora poco o niente studiati. Vennero percorse le montagne delle Alpi, deir Inghilterra, dei Vosgi, della Scandinavia e perfino dell’America, e ritrovate 10 — 74 — per tutto chiare vestigia di vetustissimi ghiaccia], finirono col convertirsi, pas- sando al partito della verità proclamata da Charpentier. Così il risultato di tanti studi fece concepire una più giusta idea dei ghiaccia], e il trasporto dei massi erratici per i loro movimenti venne dimostrato all’evidenza. Si stabilì allora : 1. " Che dalla linea orizzontale delle nevi perpetue , alta sul livello del mare metri 2,700, prendono origine quei fiumi di ghiaccio, che riempiono le valli, e discendono fino a metri 1,150, dove si fondono per dare origine a fiumi di acque torbide, e lattiginose, quali confini si rialzano nell’estate, e si abbassano nell’ inverno : 2. “ Che questi ghiaccia] , sia per il proprio peso , sia per effetto di un alternanza di fusioni e congelazioni , sia per inclinazione delle valli , sia per altre cause, vengono animati da un moto progressivo, più o meno lento, che li trascina in basso, il cui massimo è di circa metri 70 o 80 all’anno, se- condo le circostanze locali : 3. " Che in questo cammino i massi di pietre, che cadono dalle rupi in- cassanti il ghiacciajo, sono portate via, strisciando e solcando per attrito il letto entro cui scorrono, raccogliendosi ai lati per fiancheggiare il ghiaccia]o con due barriere dette morene laterali. All’ incontro di due ghiaccia] le due morene interne si raggiungano e confluiscono in una, la quale si porta nel mezzo, denominata morena mediana superfiziale, che si può duplicare e an- che più secondo il numero degli affluenti ad un medesimo ghiacciajo. Tutte le morene finalmente si raccolgono all’ estremità inferiore in forma di semi- circolo che limita il ghiacciajo, formando quella conosciuta perciò col nome di mo- rena terminale o frontale, da cui esce un fiume formato dagli scoli del ghiaccio. 4. " Che al di sotto di questo limite si vedono scendere le vestigia di an- tiche e più estese morene, laterali e frontali, fino ad un livello notevolmente più basso, e il letto compreso logorato e inciso da strie e solchi nella dire- zione della discesa della valle. Questa protrazione di morene chiaramente di- mostra che quegli stessi ghiaccia] di oggidì , in un tempo giunsero fino ad uscire dai monti e avanzare sulle pianure della Lombardia e della Svizzera : 5. ° Che i bacini dei moderni laghi vennero scavati all’ estremità degli antichi ghiaccia] dall’enorme loro peso, scorrente su di un suolo formato da materiali incoerenti e mobili. Da tutti questi fatti si conchiuse che la Terra ebbe a soffrire uno straor- dinario freddo , dopo il quale la temperatura si rialzò fino ad arrestarsi al grado attuale. M — 75 — Ma come conciliare un fenomeno di questa natura colla dottrina del ca- lore iniziale ? Potea lo spirito umano, così avido di penetrare i misteri della Natura restar pago di tutto questo, e non spingersi nel campo indefinito delle idee a ricercarne la causa ? Disparatissime opinioni furono pronunziate dai Geologi, e vari giudizi, i più gravi dei quali meritano di essere ricordati. Non mancò chi invocò di nuovo lo spostamento dell’asse terrestre ; ma dappoiché La Place ne dimostrò l’ impossibiltà, questa ipotesi non venne ac- cettata, e piuttosto restò nelle mani del volgo. Il celebre Poisson, scoperto il moto orbitale del Sole, fu d’opinione che questa stella del firmamento con tutto il suo corteggio planetario abbia attra- versati spazi celesti più freddi, per passare alla temperie presente. Ma queste idee non appoggiate ad alcun fatto provato, restarono più ammirate che seguite. Pretese il Fauverge (1) che quel periodo di raffreddamento sia dipeso da una diminuzione di caler solare per la eccentricità dell’ orbita terrestre , sebbene sia di pochi gradi , da cui risulta , che per la retrogradazione degli equinozi la Terra 12,000 anni fà si trovò all’ afelio nel solstizio d’ inverno. Questa ipotesi quantunque dottamente sostenuta del nostro Conte Paoli (2), di sempre gradita memoria , pur non si regge , perchè nell’ invocato afelio , mentre un emisfero si abbassava di temperatura, dovea rilevarsi quella del- l’altro, la qual cosa non si verifica dalle osservazioni geologiche. Adhemar (3) calcolando su questa alternanza, volle dimostrare un trasfe- rimento del centro di gravità della massa terrestre prodotto dal vicendevole accumulamento e diminuzione dei ghiacci polari entro un periodo di 10,500 anni, da cui deriva uno spostamento periodico della sfera liquida da un emi- sfero all’altro. L’ ipotesi delle rivoluzioni del mare come si presterebbe a dar ragione di certi fatti geologici, altrettanto è insufficiente a spiegare le morene così avanzate nel periodo glaciale. A questi difetti volle supplire il celebre Lyell (4) con una sua ipotesi tutta terrestre. Egli crede e con esso molti dei moderni Geologi, che la su- perficie del Globo al declinare dell’epoca pliocenica sperimentò quel freddo per (1) Bulett. de la Société geologique de France 2.=^ Serie, t. Vili, p. 121 . (2) Quattro lettere postume del Coute D. Paoli ad uu suo amico « Sulln causa degli antiehi ghiaeciaj ■>■> Atti dell’Acc. dei Nuovi Liucei, Anuo 1859, sess. VI, pag. 307, (3) kàhemar Revolution de la mer. Paris 1860. (4) Lyell. The geological evidences of thè antiquites of Man. Loudon 1863. Traduil par Chaper. Paris 1863. — 76 — un ampia sommerzione dei continenti, che la sfigurò, e quindi per una nuova emerzione fu portata allo stato presente. La proposizione di Lyell accordata con tutte le altre vicende subite dalla Terra, darebbe certamente ragione di quel fenomeno straordinario, poiché egli è certo che una estensione molto più grande dei mari farebbe sperimentare alla superficie del pianeta un notevole raffreddamento. Ma d’altronde bisogne- rebbe che i fatti non si opponessero a provarne la verità. Che durante il pe- riodo glaciale siano state oscillazioni della crosta terrestre , credo che ninno lo metta in dubbio, ma questi furono parziali e ristretti, vale a dire incapaci di quei risultati a cui appella l’Autore. Che se fossero stati tanto vasti fino al punto di produrre il periodo di raffreddamento , la scala delle roccie non mancherebbe d’ indicarcelo. Un lungo periodo di sommerzione marina distesa su vastissime estensioni della superficie terrestre, avrebbe dovuto lasciare le sue proprie assise , corrispondenti a quell’epoca fra il periodo pliocenico e il quaternario moderno. Al contrario noi vediamo questo punto della scala, oc- cupato da sedimenti d’acqua dolce, lacustri e fluviali, da morene e massi er- ratici, 0 da altre combinazioni di cose che occupano una superfìcie emersa e non sommersa. Questo è ciò che si scorge in tutti quei paesi, dove niun fe- nomeno geologico giunse a sovvertire l’ordine stratigrafico , che esattamente siegue la storia terrestre. Lo stesso Lyell lo dichiara nella descrizione della serie dei letti rocciosi che presentano le contrade di Suffolk (1). Così eziandio avviene in Italia dove a chiare note si legge tutto l’andamento cronologico della penisola. Perciò, invece di quella sommerzione, io sarei piuttosto inclinato a credere in un sollevamento lento, bilanciato da oscillazioni parziali, e protratto dall’ultimo dei sollevamenti appennini fino a noi. Per questa lenta emerzione furono discoperte in Italia le due zone subappennine plioceniche , tanto nel piovente adriatico che nel tirreno, sulle quali poi si compirono in seeco tutti i fenomeni glaciali. Tante opinioni sebbene emesse da uomini di genio, non avendo sortito buon fine , sono una prova manifesta che la sciensa non conosce ancora la causa da cui derivò quel singoiar fenomeno. Ciò peraltro non deve scoraggire, ma servire di sprone per coloro che amano il progresso dello spirito umano, a non desistere dall’ assunto ; imperocché abbiamo chiari esempi che la pa- zienza e la costanza nell’osservare e raccogliere i fatti avvenuti , condussero (1) Leyll. op. cil. finalmente al trionfo. Sempre debitore alla scienza , non trovandomi in un paese capace di somministrar fatti nuovi e decisi ad illustrar sempre più la dottrina del periodo glaciale, ho creduto pagare il mio obolo, con raccogliere quelli che già si posseggono, e secondo la mia maniera di vedere ordinarli , armonizzandoli come in un quadro, rappresentante l'ultimo brano della storia terrestre , per agevolare la via e raggiungere cognizioni più perfette. Io mi sono accinto a questa impresa, perchè mi è* sembrato cbe non sia stato fin qui fatto da alcuno, o almeno non siano stati raccolti tutti i fatti e ordinati con quella precisione che richiede un argomento di tanta importanza. Prima peraltro di discendere a parlare partitamente di quei fenomeni , credo pregio dell’opera risolvere certi fondamentali problemi, e con questi for- mare il primo abbozzo del quadro geologico che mi sono proposto. Tali sono: l.“ Se il periodo di cui si rratta fu generale a tutta la Terra; 2.° a qual punto della storia geologica devesi ascrivere: 3.“ qual ne fù la durata ; 4.° a qual grado discese la temperie media della Terra per la produzione di tanti feno- meni: se la temperatura tornò al grado primiero. Per rispondere al primo di questi quesiti vengon fuori le osservazioni fatte, e che tuttora continuano a farsi, in numero già sufficiente, per indicare che quel raffreddamento, se non fu assolutamente generale, fu inteso dalla più gran parte del Globo. Quelli stessi massi erratici, e quelle stesse morene che portarono sulle alpi alla cognizione del periodo glaciale, hanno gli analoghi in tanti altri siti fra loro disparatissimi. Sono stati rinvenuti come già accennai nelle isole Britanniche nelle Alpi Scandinave, nell’Asia, nell’America Setten- ti-ionale, e perfino al Brasile nella meridionale. Laonde possiamo oramai rite- nere che il freddo fu generale, e capace di dare risultati sensibili. A sciogliere il secondo quesito, la scienza geologica colla sua scala strati- grafica attraverso le epoche terrestri, chiaramente dimostra che la formazione delle morene e i massi erratici, nonché i terreni di trasporto per correnti di- luviali, si trovano sempre giacenti sui depositi marini pliocenici, e per conse- guenza principia con essi l’epoca quaternaria, nella quale le acque dolci, gua- dagnando tutta la loro possanza sulle marine, condussero i tempi che ancora corrono. Quanto al tempo impiegato in questo periodo, tutti i fatti osservati, non ismentiscono una grande lentezza nel loro svolgimento , la quale viene pro- vata daH’allungamento dei ghiacciaj , e dal trasporto a considerabili distanze delle masse erratiche, e dei trovanti di un volume e peso enorme. — 78 — Ma conviene pure sapere quanta fu la dispersione del calorico in quel gran periodo terrestre. Molti si spaventano, all’aspetto di quelli avvenimenti, e credono che il freddo sia stato così formidabile da non potersi confrontare con quello della Siberia settentrionale o dello Spitzberg. Ebbene la cosa non fù così: il freddo non fu tale da uscire dalle nostre idee abituali. Humboldt dice che « anche le minime alterazioni nelle condizioni delVastro che illumina e riscalda si renderebbero sensibili a noi con effetti considerevoli )) e d’Archiac « che la più piccola mutazione nella posizione del Sole rispetto alla Terra da- rebbe origine a cambiamenti notevolissimi, nella temperatura del nostro pia- neta » queste sentenze proclamate da uomini di grande autorità, dicono chia- ramente, che basta un abbassamento di pochi gradi di calorico per avere sulla Terra grandi e notevoli risultati. E di fatti una tal verità fu dimostrata dal Martins con un semplice e ingegnoso calcolo, per mezzo del quale raggiunse il massimo freddo sperimentato nel periodo glaciale (1). Quel gran conoscitore dei ghiacchiaj alpini mise in rapporto la linea delle nevi perpetue, che è a me- tri 2, 700 sul livello del mare, e la estenzionc dei ghiaccia] che da essa si dipartono, colla temperie media del luogo, e trovò che basta una depressione di 4 gradi perchè i ghiacchiaj del Monte Bianco si portino fino alle sponde del lago di Ginevra , ovvero si distendano ad occupare la pianura Svizzera. Se ciò è vero , il massimo freddo terrestre nel periodo glaciale non fù che di pochi gradi al di sotto dello stato attuale, ma le conseguenze risultarono rilevantissime. Colla scala attuale delle latitudini sarebbe lo stesso che il clima di Upsal, Stocolma, o Cristiania scendesse fino alle Alpi, e quello delle Alpi alla latitudine d’Egitto. L’ultimo 0 il quinto dei problemi sul ripristinamento della temperatura, viene soluto in grazia della Paleontologia, tanto progredita a nostri giorni. Se gli Elefanti, e i Rinoceronti si trovano così diffusi nell’epoca pliocenica fino ad essere abitatori della Siberia settentrionale, e se nei tempi moderni, que- sti animali ridotti a poche specie sono confinati a vivere soltanto sotto la zona torrida, conviene concludere che, la temperatura della Terra anteriore al pe- l’iodo glaciale fu più elevata della posteriore, cioè che questa non ritornò più al grado primiero , la qual cosa porta che , la depressione fu maggiore del rialzamento. (1) Ricerche sul periodo glaciale di Carlo Marlins tradotte da Bartolomeo Gastaldi con noie ed aggiunte pag. 61 Torino 1861. — 79 Sciolti i problemi, avanti di por mano ad investigare gli avvenimenti che si succedettero durante il periodo glaciale, credo opportuno rivolgere l’atten- zione ai tempi che lo precedettero per conoscere lo stato del pianeta nel pe- riodo terziario. E qui si presenta la temperatura delle epoche miocenica e plio- cenica , per sapere almeno comparativamente a qual grado era elevata per poter calcolare la quantità di depressione. La vita strettamente legata al ca- lorico, è l’unico mezzo che la scienza possiede per raggiungere cosiffatte cogni- zioni, e perciò la Paleontologia è quella che meglio si presta agli argomenti. Dagli studi fatti sui vegetabili fossili delle epoche terziarie sappiamo, che la Mora miocenica ha una fisionomia molto più tropicale della pliocenica, e que- sta offre climi decisamente più caldi che non sono al presente. Un analisi fatta dallo Strozzi e dal Gaudin della Flora fossile della Toscana (1) dimostra che in Europa ai tempi miocenici vivevano molti Palmizi insieme a Cinamomi , ed altre piante di climi caldi, che la ricuoprivano di dense foreste. Nell’epoca pliocenica o subappennina si trovava in Toscana l’ Ai'eodaphe Heerii, laurinea molto affine siìV Areodaphe foetens , che oggi prospera a meraviglia nell’ isola di Madera insieme alle Palme e ai Banani, sebbene questi vi siano stati im- portati dalla industria umana. Oggi VAreodaphe di Madera condotta in Toscana, non può vivere che nelle serre: fatto dimostrante , che se coll’ avanzare dei tempi pliocenici la Palma scomparisce , pure il clima era notevolmente più caldo di oggidì. Che l’epoca pliocenica godesse di una più elevata temperie viene altresì accennato dalla Fauna di quel tempo. Avvegnaché i resti fossili degli animali riferibili ad essa, come sono gli Elefanti, i Mastodonti, i Rinoceronti, gl’ip- popotami, i Megateri, i Tapiri, i Milodonti ec. si trovano, come già dicemmo diffusi per tutto, e perfino alle sponde del Mar glaciale, dove si perdono se- polti nei ghiacci. Conosciuta la più elevata temperatura della Terra nei tempi miocenici e pliocenici , fa d’ uopo sapere quali erano le fonti di quel calorico. Era esso emanato dal Sole in dose maggiore, ovvero era quello iniziale e proprio della Terra ? A dire il vero, io non sarei troppo disposto a concedere al Sole una più grande influenza, ne totalmente alla Terra lutto quel calorico che mani- festava all’esterno. Sarei piuttosto d’avviso di non escludere ne l’uno ne l’altro (1) Memoire sur quelques gilements de feuilles fossiles de là Toscana par Charles- Theophile Gaudin et M. le Marquis Carlo Strozzi; pag. 21 22. Zurich. 1858, i o ammetterli ambedue, in direzione contraria, e pronti ciascuno a prendere la preponderanza, tosto che uno di essi si fosse reso deficiente. Le osserva- zioni paleontologiche accennano ad una temperie sempre più elevata di mano in mano che si rimonta la storia della Terra fino allo stato di fusione. Se ciò è verisimile, io crederei che il maggior calorico presentato nei tempi ter- ziari, era quello stesso raggiante del Globo, che non era uscito ancora dalle condizioni di un corpo riscaldato, immerso in un ambiente molto più freddo. Mi sembra poi anche naturale il pensare che, anche il Sole possa avervi in- fluito col suo irragiamento: laonde la temperatura della Terra in quei tempi deve aver presentato un abbozzo di scala di latitudini, procedenti dal cerchio massimo equatoriale verso i poli. Col progredire dei tempi terziari pliocenici, diminuito per gradi V irraggiamento proprio della Terra , a poco a poco la successione dei climi si dev’essere fatta più apparente e precisa, sebbene an- cora tale da permettere agli Elefanti di vivere nelle zone settentrionali. Ma quel soggiorno può dirsi appena reso sopportabile a quelle bestie , poiché il pelo che riveste i cadaveri che si diseppelliscono nella Siberia, accennano già ad un provedimento della Natura per sostenere un clima forse alquanto più basso dei moderni tropici, dove gli Elefanti hanno la pelle nuda. Così ebbero principio le linee isoterme, rese tanto più salienti dal trionfo del caler solare sopra quello terrestre raggiante all’esterno, oggi quasi del tutto scomparso. La tranquillità dei tempi pliocenici viene argomentata dagli stessi suai sedimenti, in genere restati intatti nella loro orizzontale posizione, e dai fos- sili di conchiglie e zoofiti, che parimenti si trovano nella loro normale giacitura non turbata dagli spostamenti delle assise, come in altre epoche della Terra. Le ossa componenti gli scheletri dei vertebrati, accusano altresì quella pace o tranquillità di Natura. Esse sono ancora connesse fra di loro, ovvero aggruppate attorno di un centro, indicando che l’animale venne estinto sul posto, o a poca distanza, e i suoi resti non sottoposti a lungo e violento trasporto di acque burrascose. Cotesti esempi ci sono offerti dallo scheletro intiero di Mastodonte rinvenuto nei lavori della ferrovia fra Torino e Genova, e quegli altri a Val- danio nella Toscana , siccome a Rignano , paese prossimo a Roma , venne estratta una gran parte dello scheletro di un Elefante antico dalle marne plio- ceniche, e tutti quegli altri contemporanei d’ Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, Asia e America, concorrenti a dimostrare uu clima più caldo, e tempi tranquilli e pacifici. Tali erano le condizioni della Terra allorché sopraginnse il periodo glaciale. — 8i — La differenza che si nota, fra ciò che fu avanti il periodo glaciale, e ciò che è al presente, non può spiegarsi se non colla sottrazione del calorico pro- prio della Terra, fino a dare tutta V influenza aH’emanazione solare. I ghiacci dei poli e le linee isoterme, così precise d’accumulare la vita all’equatore e lasciarne destituite le estreme regioni , certamente non sarebbero , se ancora si mantenesse l’ irragiamento terrestre dell’era pliocenica. Perciò crediamo non errare se riteniamo questa opinione fin’a tanto che una dottrina migliore non giunga a sostituirla. Pertanto da quello che abbiamo detto si rileva che , se il periodo gla- ciale si svolgette in un lasso di tempo lunghissimo a confini indeterminati : se il massimo freddo segna il punto di confine fra le due epoche contigue, plio- cenica e quaternaria, ne viene la conseguenza, che debba distinguersi in due stadi; uno di raffreddamento, tutto pliocenico; l’altro di riscaldamento, tutto quaternario. Probabilmente lo stato calorifico della Terra che abbiamo accen- nato fu al principiare dell’epoca pliocenica; ma col progredire di quei tempi lentamente abbassandosi fino al massimo freddo, dovette portare cangiamenti sempre più notevoli, tanto nella massa del pianeta, quanto nella vita che lo riveste. E difatti la differenza dei fossili fra gli strati inferiori e i superiori in- dica chiaramente una graduale modificazione nelle condizioni del pianeta. Quando si dibatteva la scoperta del periodo glaciale , io studiava particolarmente le assise plioceniche delle nostre contrade, e fin d’allora m’avvidi di quella di- versità di fossili , e ne feci cinque zone distinte (I) , indicanti una serie di tempi duranti i quali questa nostra regione venne a sperimentare una sequela di cambiamenti successivi, relativi ad un raffreddamento, o ad un ravvicina- mento all’ aspetto moderno. Così si vedono scomparire sempre più le specie perdute , e sostituire quelle che tuttora vivono parte nella stessa contrada , parte in paesi stranieri. Anche il sig. Lyell (2) nel ricavare la somma di quei fossili, dice che 100 specie del pliocene inferiore, contengono da 35 a 50 di ([uelle che vivono ancora, e nel superiore da 90 a 95, di modo che i fatti dimostrano che, veramente durante 1’ epoca pliocenica vi fu una depressione nella temperatura terrestre. (1) Ponzi « Sur les divérses zónes de la formation pliocène des environs de Rome. Bui. de la Société geologique de France tom. XV 1858. (2j Lyell. op. cit. 11 — 82 — Pertanto se durante quell’ epoca si dimostra un raffreddamento, è natu- rale che questo non sia stato istantaneo , ma lento e lungo , come in tutti processi di Natura, e altresì che questo progredisse dai poli all’equatore: impe- rochè le regioni settentrionali, per la scala climatologica già abbozzata , do- veano trovarsi più fredde, e prima delle altre soggette a congelarsi. Così una serie di fenomeni devono aver camminato in quello stesso senso sopra ambedue gli emisferi, concesso che il periodo glaciale sia stato generale a tutto il pia- neta. Al principiare dell’epoca pliocenica i ghiacci polari non esistevano, es- sendo permesso agli elefanti abitare in quelle estreme regioni ; ma all'abbas- sarsi della temperie i geli dovettero alla fine comparire. Coll’ avanzare del raffreddamento , i primi rudimenti dei ghiaccia] polari dovettero dilatarsi , e spingersi sempre più innanzi sulla scala delle latitudini, cacciando avanti di loro tutta la serie delle linee isoterme, le quali di mano in mano che raggiunge- vano r equatore doveano dileguarsi e scomparire , per fare avanzare le più temperate che gli succedevano. Questo cammino dovette prolungarsi fino al termine dell’epoca pliocenica, cioè fino al massimo freddo, o a tutto il primo stadio del periodo glaciale. A tanti cangiamenti cosmici non potea restare insensibile la vita tutta dipendente dal calorico. Essa ancora dovette mettersi in movimento, e spo- starsi per seguire di pari passo lo stesso cammino verso la linea equatoriale. Le piante prive di locomozione , sebbene in condizioni più sfavorevoli degli animali, nondimeno per la lentezza del procedere e per mezzo delle semenze, unico mezzo di spostamento, siccome oggi vediamo, ancor esse poterono pro- gredire nel cammino climatologico. Ma gli animali meglio forniti d’ istromenti locomotivi si trovarono più acconci ad affrontare viaggi , nella stessa guisa che i migratori trascorrono regioni disparatissime. Forse fu allora effettuata quella emigrazione veduta ed annunciata dal Lartet nelle sue vaste osserva- zioni (1), che trasportò gli animali dal settentrione al mezzogiorno. Le cognizioni possedute dalla scienza sono ancora troppo scarse per ar- gomentare ciò che avvenne degli animali invertebrati; ma dei vertebrati, ab- biamo quanto basta per seguirli e conoscere qual fu la loro sorte. Le classi degli uccelli e dei pesci , che godono dei più liberi movimenti, volo e nuoto, abituati alle periodiche emigrazioni, meglio di tutti gli altri, incalzati dal freddo (1) Sur les migrations annciennes des Mammifires de l'époque actuelle, par Ed. Lartet. - Inslilut imperiai de France - Séance 22 Février 1858. — 83 — avranno preso il partito di cambiar cielo , per rinvenire un clima più beni- gno, che potesse sostenere la loro vita a tanto variare di condizioni, Però se il trasferimento potè facilmente effettuarsi in quelle classi, non fu così cer- tamente per i rettili , animali torpidi e condannati a strisciar sulla terra. Ma i mammiferi che in ragione di movimenti tengono una media fra quei due estremi, dovettero comportarsi in altro modo. I carnivori agili e svelti, dotati di tanti altri mezzi sopra gli altri, a preferenza poterono effettuare la emi- grazione , eseguire il cammino equatoriale delle zone termiche. Non così gli erbivori e sopratutto i grossi pachidermi, tardi pesanti e non disposti a lun- ghi viaggi. Non tanto il corso dei grandi fiumi , che avrebbero pure potuto passare a nuoto, quanto le catene dei monti avrebbero dovuto presentargli barriere insormontabili, quando anche l’avessero tentata. Come adunque concepire che gli elefanti siberiani abbiano scavalcate le più alte montagne del mondo che attraversano tutta l’Asia, gicà rivestite di nevi e di ghiacci, per discendere nelle pianure delle Indie e della Cina ? La stessa quantità di cadaveri che oggi si rinvengono sepolti nei ghiacci polari avvisa che , quegli animali restarono nelle loro native contrade, e se avessero veramente emigrato, li troveressimo raccolti in gran copia nella zona equatoriale, ovvero in tutti quei luoghi, dove una barriera qualunque gli arrestava nel cammino. Io crederei pertanto che gli elefanti vennero quasi tutti spenti sul suolo delle loro dimore; e se devesi ammettere in essi una emigrazione, questa deve essere stato molto ristretta e limitata per breve tratto in quelle contrade sol- tanto , che poteano permetterla fino all’ incontro di ostacoli ; ovvero nei più meridionali, e abitatori di pianure. Le scoperte fatte dall’Anca nelle grotte della Sicilia dei denti spettanti all’ elefante africano (1) danno appoggio a questo modo di vedere , facendo argomentare che da quell’ isola, forse comunicante coll’Africa nei tempi pliocenici per mezzo del banco dell’Avventura , abbiano potuto passare facilmente da una regione all’altra. Degli altri pachidermi può essere avvenuto lo stesso, e specialmente dell’ ippopotamo, animale sedentario e assolutamente inetto a lunghi viaggi. Nello stato fossile è un fedele com- pagno dell’ elefante , e la promiscuità dei loro resti indica chiaramente comu- nanza di sorti. Mentre tutto questo accadeva nelle regioni settentrionali, all’equatore le (l) Note « Sur deux nouvelles grottes ossiféres décomertes en Sicile » par Anca. BoiilI. de la Société geologique de Franco. 4 .luin 1860. — 84 — cose doveano prendere un altro aspetto. Abbiamo detto che le linee isoterme camminando verso mezzo giorno, hanno dovuto successivamente scomparire , e su questa direzione concorrere 1’ emigrazione dal N. al S. Ma cosa av- venne di quelli esseri che menavano la loro esistenza sotto i tropici ? Questi dovettero trovarsi al peggior partito di tutti ; imperocché nell’ abbassamento di temperatura, non potendo effettuare l’emigrazione per mancanza di spazio, dovettero assolutamente perire. Mancano ancora alla scienza osserva/ioni di- rette in quelle regioni, a conoscere cosa avvenne degli animali pliocenici nel- Tabbassamento di temperatura del periodo glaciale; ma io sono persuaso che se si facessero tali ricerche la paleontologia sarebbe arricchita di nuove specie, e con esse si argomenterebbe delle loro avventure. Nell’avanzamento di depressione calorifica giunta la Terra ad un freddo più sensibile, gli animali che non aveano potuto emigrare, dovettero trovarsi nella più grande costernazione. Agitati e tremanti, l’ istinto innato della con- servazione dovette condurli a cercarsi un ricovero , o un recesso qualunque atto a difeuderli in tanta calamità. E qui io crederei probabile che le spac- cature delle roccie, e moltissime caverne o grotte dalla stessa natura scolpite, servissero loro di rifugio, ove confusamente si saranno raccolte. Ma tale scampo dovette riuscire più che mai fatale agli erbivori, sia per mancanza di cibo, sia perchè dovettero cader vittime del famelico dente dei carnivori: i soli che in quei nascondigli , con questo mezzo poterono prolungare la vita. Ed ecco perchè nella più gran parte delle grotte ossifere si vedono le reliquie dei car- nivori trionfare su quelle degli erbivori. Le ossa di jene, di orsi, di lupi, di gatti ecc. riuniti in famiglie colle loro coproliti , e le ossa degli erbivori ro- sicate, dimostrano in quelle caverne, avere i carnivori vissuto a spese di- quelle povere bestie , che per loro disgrazia gli si trovarono associate. Ma la sorte era segnata anche per questi, poiché consumati gli animali erbivori , furono anch’essi raggiunti dai più grandi nemici della vita, fame e freddo, che alla fine li condussero alla distruzione. Frattanto che sulla Terra si compivano vicende di tal natura, altri feno- meni si svolgevano nell’ atmosfera. Avanti il periodo glaciale la temperatura terrestre era più elevata di quella di oggidì, laonde dovea avere una estenzione maggiore , come dovea essere la sede di più intense meteore. I venti alisei suscitati dalla rotazione del Globo, e le correnti polari per effetto della diffe- renza nella distribuzione calorifica, doveano pure esistere. I vapori acquosi in maggior copia raccolti all’equatore doveano cingerlo di una più larga zona, e — 85 — in forza delle correnti polari diffondersi in ambedue gli emisferi. Neirabbas- samento graduale del calorico^ 1’ atmosfera contraendosi dovette restringere i suoi confini, e tanto vapore acquoso raccolto nel suo seno, condensarsi e con- vertirsi in acqua. Se questi fatti sono la conseguenza di una legge stabile della Natura, con sicurezza possiamo imaginare, come quelle acque cadendo sotto forma di pioggie, si dovettero fare sempre più frequenti e dirotte sopra vaste regioni, e gli squilibri termoelettrici condensare tremendi uragani, i quali at- tratti dai più alti cuspidi dei monti scaricare a diluvi enormi masse d’acqua. Così data origine a precipitosi torrenti si rovesciarono in basso , trascinando seco immense quantità di detriti di roccie, o ciottoli misti a sabbia , fino a che usciti sulle pianure, e frenato il loro impeto collo spandimento, ricuopri- rono con quelle materie il terreno terziario precedentemente depositato dal mare pliocenico. Una prova di questo importante fenomeno si ha tanto alle radici del piovente italiano delle Alpi, quanto nell’elvetico. A questa origine 10 crederei abbiansi a riportare tutti quei sedimenti che ricuoprono le pia- nure lombarde e svizzere , distinti col giusto nome di diluvio alpino , a cui penso possa riportarsi anche il Lliem, che ricuopre buona parte delle pianure francesi: sulle quali formazioni sono state fatte tante diverse congetture. Si vedono ancora allo sbocco delle valli i coni di dejezione, che si dilatano, si spandono , e si fondano insieme per formare quel grosso strato di sabbie e breccie disteso lungo la sponda sinistra del Pò , che non contenendo ossa o altre vestigio organiche indicano, gli animali aviere già disertate le altitudini alpine. Avanzando sempre più il freddo d’ intensità , dovettero 1’ acque solidifi- carsi e convertirsi in nevi. Ed ecco biancheggiare i più eccelsi culmini delle scabrosità terrestri, ecco determinata la linea delle nevi perpetue, ecco i ghiacci polari. Si fa più forte il freddo, quella linea si abbassa , comprendendo un numero maggiore di monti , e i ghiacci polari avanzano insieme con essa : si formano i ghiaccia] che gradatamente discendono a modo di fiumi incas- sati nelle valli, e tantopiù si spingono innanzi, quanto più crescono le nevi di alimentazione. Le tante osservazioni portate sugli antichi ghiacciai dicono chiaramente che il loro avanzamento per quel singolare fenomeno cosmico 11 fece uscir dalle valli, e spingere le morene frontali sulle pianure, scavan- dovi quelle fosse nel terreno diluviale, che come dicemmo servono tuttora di bacini a contenere i laghi di Lombardia e della Svizzera, 11 ghiacciaio della Dora Riparia dalle altitudini dei monti Tabor, Cenisio, e di Ginevra, avanzò — 86 — per 8o chilometri fino a Rivoli dirimpetto a Torino, e quello della della Dora Baltea dal monte Bianco e dal monte Rosa, percorse 130 chilometri fino a Caluso sulla sponda sinistra del Pò. Le morene frontali della Lombardia e della Svizzera dimostrano altrettanto, dimodo che si arguisce che tutto il re- stante del suolo era libero da quell’ ingombro. Peraltro nel settentrione d’Eu- ropa i ghiacciai si spinsero tanto avanti fino ad entrar dentro il mare , per darci una prova ulteriore che il raffreddamento procedeva dai poli all’ e- quatore. Colla comune dei Geologi volentieri ci uniformiamo a credere, che per mezzo di tali solide correnti potè scendere dai monti quella quantità di massi erratici, il cui enorme peso e volume non ammettono il trasferimento per opera correnti puramente acquee. Per tali e tante vicende la superficie della Terra fu portata ad un to- tale cagiamento di fisionomia. Da ogni lato era squallore e desolazioue. Im- mense foreste abbattute e distrutte per dar luogo ai ghiacci : una quantità di piante scomparse per non ricomparire mai più : moltissimi animali fatti cadaveri, altri ritirati e convulsi, altri peregrini erranti in rimote contrade. E tutto questo perchè ? Per un semplice abbassamento di pochi gradi, o per il disperdimento di quel calorico che ancora raggiava dalla massa planetaria. In tanto disordine di superficie la massa planetaria istessa non potea re- stare insensibile, e se non altro per sottrazione di quel proprio calorico, deve aver sofferta una coartazione nella sua scorsa esterna. Ciò non mi sembra improbabile, poiché la contrazione delle roccie deve avere esercitata tale pres- sione sulle materie fluide contenute, da spingerle, per le fenditure fino all’e- sterno, e farle traboccare col disperdimento di una gran dose del calorico terrestre. Anche in questo le osservazioni mirabilmsnte ci assistono, perchè mol- tissime eruzioni vulcaniche corrispondono a quell’ epoca storica del Globo. Sbucate su tanti punti della superficie terrestre, spargendo fuoco anche fra i ghiacci , dovettero rendere quei tempi tanto più disastrosi, e sfigurare il suo- lo con cangiamenti notevolissimi. Forse fu allora che le operazioni pluto- niche per cui si sollevarono le catene dei monti vennero sostituite dal vulca- nismo, per protrarsi fino a giorni nostri, mantenendo aperti tanti cunicoli di comunicazione coll’ interno, e così conservare 1’ equilibrio con irregolare, ma o[)portuno dejezioni, Le eruzioni al declinare dell’ epoca pliocenica furono tanto più vaste, e così energiche e diffuse, da dimostrare una causa determinante I — 87 — tanto più grande, che non è stato più nei tempi succeduti fino a noi. Tutti i continenti, e una gran parte delle isole sono così strettamente disseminati di bocche vulcaniche, da far credere che vi fu un tempo in cui si sarebbe detto, che tutta la Terra ardeva di un fuoco generale , e che questo fuoco per gradi si ridusse allo stato presente. Ci spaventano sovente le eruzioni dei vulcani moderni, ma queste non sono che miniature in confronto di quelle che furono capaci di spalancare bocche di qualche miglio di diametro. Senza andarli a cercare altrove, in questa stessa nostra Italia abbiamo esempi lu- minosissimi di qualla prisca attività vulcanica. ì campi Flegrei ardevano al- lorché il mare depositava le sabbie conchiglifere del monte Mario , dopo di essi le bocche eruttive dei Cimini sotto le stess» acque marine spiegarono tale azione, da vomitare tanto materiale vidcanico, disteso a ricuoprire tut- te le campagne romane e viterbesi. Il paese degli Ernici al declinare dei vulcani cimini venne invaso dal fuoco, allorché le acque mai'ine si ritiravano per discuoprire le basse contrade , o i subappennini italiani. Dopo di che i vulcani del Lazio assalutamente atmosferici comparvero , e le loro eruzioni si facevano , quando il suolo emerso veniva sbaragliato dalle correnti dilu- viali. Ma oltre di questi, quanti altri vulcani non si devono ascrivere a quel- r epoca ? La Francia, la Germania, 1’ Asia, TAfrica, 1’ America, e perfino le terre Antartiche sono così piene di vulcani spenti, che sec.ondo il mio modo divedere dimostrano che durante ì’ epoca pliocenica, o il periodo di raffred- damento, tutto il globo venne commosso e il suo equilibrio turbalo. Ma finalmente T abbassamento di temperatura facendosi sempre più lento venne insensibilmente ad arrestarsi e raggiungere quel confine, oltre il quale dovea incominciare una scala retrograda e rilevarsi. Ciò porta che tutta la scala di decremento dovette estendersi dal grado quasi tropicale dei primordi pliocenici, fino a circa i quattro gradi al di sotto della temperatura attuale, dimostrati dal Martins. Tale pertanto era la lentezza di questo procedere, che una lunga serie di anni dovette scorrere prima che la nuova manifestazione del calorico si rendesse sensibile. A poco a poco incominciarono a mitigarsi i rigori estremi e un leggiero tepore venne a ricomparire sulla superficie terrestre. In questo stato di cose qual corpo dovette per il primo risentirne gli effetti ? Certamente quello medesimo che a preferenza sperimentò i contrari. Incominciò la fu- sione dei ghiacci, e 1’ acqua tornata liquida tornò a scorrere sulle pianure , squallide deserte e non ricoperte da quelli. Da principio semplici rigagnoli , — 88 che coll’ avansar del tempo si cangiarono in torrenti, di mano in mano che la linea delle nevi perpetue si rialzava ritirando con se gli avanzati ghiacciai. Questi abbandonato successivamente le loro morene frontali, formarono alle radici delle Alpi quella serie di barriere , che ancor oggi ci fanno testimo- nianza di quei geologici avvenimenti. All’ avanzar della temperie in serie cre- scente, i torrenti si convertirono in fumane immense, precipitose e tremende costituendo quelle maravigliose correnti che si conoscono col nome di dilu- viane. È appunto a queste ehe si devono 1’ escavazioni di quegli alvei va- stissimi, nel fondo dei quali scorrono oggi le scarse acque dei miserabili fiumi moderni , e sul quale si raggirano per indicare raffrenata violenza. Laonde enormi quantità di acque gettandosi dalle pendici dei monti sulle soggette pianure, le spazzarono trascinando via tutto ciò che incontravano. Così in quelle grandi fosse vennero travolti tutti i materiali costituenti i sedimenti plioce- nici su cui scorrevano, rimescolandoli colle ossa di quelle vittime già perite nella pregressa catastrofe, e così vennero rotolate e disperse. Tali fatti sono argomentati sulle osservazioni che ognun può ripetere in quei medesimi se- dimenti di trasporto fluviale, che in banchi giganteschi anche oggi troviamo negli alvei diluviali. L’ elevazione di quesji depositi non oltrepassa mai il li- vello dell’ acqua che li formò, la cui linea orizzontale serve ad ammirarne la quantità. Nella vallata che oggi conduce il Tevere, quel livello è circa a 30 metri sul pelo medio delle acque moderne, in una larghezza fra il Pincio e il Vaticano non minore di un miglio e mezzo romani. Peraltro la lentezza di quelle fusioni viene chiaramente accennata dal tempo che vi volle per la formazione dei travertini in potentissimi banchi , depositati dalle grandi correnti diluviali. Dove le acque incontrarono lungo il loro decorso una depressione del suolo, la riempirono e ne formarono un lago. Quivi è appunto che arrestato il loro impetuoso corso , poterono tranquillamente depositare una sorprendente quantità di carbonato calcare , specialmente sul contorno di quei grandi recipienti. Il Tevere dà esempio di questi depositi per dilatazioni diluviali, che si rinvengono , a sinistra sotto monte Rotondo, e a destra sotto Piano. Così ancora 1’ Anione sotto Tivoli inondò di traver- tini la pianura che si distende fin sotto Monticelli, Tor de Sordi, e Martellone; e il Sacco che si dilatò in quell’ epoca sotto Anagni e Ferentino. La quan- tità di materia calcare lasciata da quelle ingenti acque , costituisce banchi compatti e duri di molti metri di spessore, atti ad essere usati nelle fabriche come pietra da taglio. Contengono tanta quantità di resti vegetabili e con- -- 89 — chiglie lacustri e terrestri da dimostrare una lunga serie di anni , necessari al compimento di tali formazioni e generazioni. Duranti questi tempi 1’ influenza solare sempre più si fa sentire sulla Terra, e le linee isoterme si pronunciano più precise, insieme all’ alternanza delle stagioni. D’ accordo con questa influenza il ritiro dei ghiacci polari si viene effettuando, insieme all’ innalzamento della linea delle nevi perpetue, e con essa il ritiro dei ghiacciai, fino ad arrestarsi al punto che tuttora man- tengono : fissazione permessa dal calorico terrestre disperso , e determinata dall’ equilibrio dell’azione solare che investe la Terra. Col rilevamento della temperie, scemando la fusione dei ghiacci e delle nevi finì con arrestarsi; laonde a poco a poco si vuotarono gli alvei diluviani, e le acque correnti si confinarono nel loro fondo. La Terra raggiunse final- mente r aspetto moderno, e lo stato di calma che tuttora mantiene. Tornando ora alla vita per tener dietro alle vicende a cui andò soggetta in questo ripristinamento , dobbiamo premettere che siccome nell’ abbassa- mento di temperatura del primo stadio del periodo glaciale, il freddo dovette procedere dal polo all’ equatore, così nel ritorno del calorico il movimento deve essere risultato retrogrado. Al ritorno di un tepore sensibile le piante restate avvilite e ristrette, per gradi si rianimarono, e specialmente le arboree spiegando nuovo vigore, poterono a poco a poco ritornare a far la loro com- parsa, seguite dalle erbe del campo. La grande avidità che hanno i vegeta- bili a guadagnar terreno venne di nuovo a spiegarsi e dilatandosi per suc- cessive generazioni, dovettero spingersi verso quelle medesime regioni che furono costrette abbandonare nell’ epoca pliocenica. Peraltro le condizioni erano cambiate, è un nuovo ordine di cose si veniva a stabilire. La Terra perduto il proprio calorico, influenzsta solo dai raggi solari, e le linee isoterme più sen- tite dovettero chiamare con loro tutte le zone vegetali , che dall’ equatore avanzavano verso i poli. Ed ecco determinati tanti nuovi centri d’ irragiamento, ecco le regioni botaniche, o i regni di Flora prendere una fisonomia più de- cisa, ecco una nuova distribuzione , caratteristica di un era novella quale è quella che oggi osserviamo. Gli animali compagni indivisibili delle piante da cui tirano la sussistenza, dovettero andar soggetti alle sorti medesime, se non che in un modo pro- prio alla loro natura e organizzazione. E poiché è verosimile, che nell’epoca pliocenica altri perirono sullo stesso suolo che abitavano , altri ritirati nelle spelonche subirono poi la stessa sorte per fame e per freddo; così è pur pro- 12 — 90 — babile che altri seguirono 1’ emigrazione. Questi furono più fortunati nel se- guire il proprio clima che camminava verso mezzogiorno; imperochè dovet- finalmente arrestarsi e retrocedere sulla stessa via con una contro emigra- zione (1) per uniformarsi a quel nuovo ordinamento da cui sono derivate la Flora e la Fauna moderna. E qui sorge un quesito : in questo ristabilimento tornarono tutti in- dietro ? La risposta è in uno stretto rapporto coi mezzi della locomozione di di cui godono gli animali, e perciò in ragione di questi il loro progresso fu più 0 meno facile e completo. Non parliamo degli uccelli e dei pesci , che come vedemmo nella prima emigrazione si trovarono in condizioni più spe- dite ad effettuarla , ne dei rettili , che per opposta cagione pochi poterono spostarsi ; ma solo faremo parola dei mammiferi, come i più adatti a som- ministrarci un criterio sulla nuova distribuzione degli essjeri. È cosa certa che questa seconda emigrazione non potè essere effettuata se non dai superstiti, cioè da quelli che per una causa qualunque giunsero a superare il periodo glaciale. Gli erbivori tenendo dietro alle piante dovettero con esse adattarsi alle linee isoterme, e secondo la loro robustezza di fibra so- stenere r alternanza dalle stagioni che si facevano più squisitamente sentire. Agli erbivori tengon sempre dietro i carnivori, perchè vivono a loro spese, e così anche questi vennero chiamati ad uniformarsi a tale diffusione di es- seri. Ma gli onnivori dotati di una costituzione diversa si dovettero trovare in ben altre condizioni; imperochè sebbene in genere seguirono la sorte de- gli altri, pure i pachidermi , formano eccezione. Tardi, pesanti, e mal dispo- sti a viaggiare, ebbero a soffrire più degli altri nel cataclisma glaciale. Dal- r integrità delle loro ossa componenti interi carcami, rinvenuti nei sedimenti pliocenici abbiamo già argomentato, quegli animali aver vissuto avanti il pe- riodo glaciale. Le loro reliquie contenute nei depositi quaternari formati dopo quella vicenda, ci portano a fare una distinzione. I travertini, che io sappia, non hanno presentato mai ossa elefantine, o d’ ippopotami , rinoceronti ec. Essi contengono invece quelle dei nostri contemporanei , come jene , castori, orsi , bovi , cervi , ec. Al contrario le materie di trasporto fluviale ne sono ripiene ; ma malmenate rotte e disperse, e miste a quelle medesime dei tra- vertini, poco 0 niente logorate, È per me questo un’ argomento che i grandi pachidermi furono tutti spenti nei tempi pliocenici da un freddo incalzante, (1) Larlet. op. cit. e che nell’ epoca quaternaria le loro ossa vennero trascinate dalle grandi cor- renti e commiste a quelle degli animali che allora viveano. Sempre però fanno a quelli una eccezione gli elefanti e gl’ ippopotami tropicali, da considerarsi come fortunati avanzi sfuggiti dalla pregressa distruzione. Dalle osservazioni complessive sui depositi quarternari, e da tutti i fatti raccolti, e ordinati da una sana critica, chiarameate si scorge che la Flora e la Fauna quaternaria hanno una fisionomia speciale e distinta, la quale ancora si conserverebbe, se non vi fossero sopragiunte certe differenze, che la distin- guono da un tempo all’ altro, l pachidermi restati sotto i tropici , vari car- nivori , rosicanti , ruminanti , e solipedi , senza parlare di uccelli rettili , e pesci sembrano costituire un residuo della Fauna pliocenica passato alla qua- ternaria, attorno del quale si sono associati i nuovi esseri ; fra questi pri- meggia r Uomo o r opera più perfetta della creazione, che insieme coi suoi non si rinvengono, almeno fin qui, nelle epoche anteriori. Distribuita la Fauna quaternaria sulla superficie terrestre, sembra che un lento procedere sia andato incontro a quelle modificazioni di fisionomia, che servirono ai Geologi a distinguerla in due epoche successive avanti le ultime scoperte antropiche. Se si faccia un confronto fra i fossili contenuti nei primi sedimenti quaternari, fino a quelli che vivono oggi nelle identiche località, si vedrà la stessa gradazione di passaggi che abbiamo notata nell’ epoca plio- cenica, colla differenza, che quella fu causata dall’ abbassamento di tempera- tura, questa dal suo ristabilimento fino al grado attuale. Al principiare del- r epoca antropica viveano presso di noi le jene e i castori , le cui reliquie sono tanto feequenti nei travertini. Oggi non sono più in Italia: che se si vedono cervi in qualche contrada della penisola, questi vi vennero riportati e mantenuti dalla mano dell’ uomo. 11 solo capriolo si riproduce spontaneo nelle nostre selve ; ma il camoscio in via d’estinzione, è solamente confinato in qualche punto dell’ alto appennino. Gli orsi e i lupi già tanto frequenti sulle pianure, oggi hanno stanza sui monti , e appena qualche lupo scende spinto dalla fame. Tali differenze sono state eziandio notate in altre regioni, e perciò non si può dubitare della loro generalità. Non possediamo ancora raffinate notizie del Diornis, e di alcuni altri uccelli giganteschi della famiglia degli struzzi, e perciò non possiamo ancora giudicare della loro origine. Le apparenze po- tiebbero farli giudicare pliocenici, ma le uova e le ossa di queste bestie di maragigliosa grandezza, rinvenuti nei terreni superficiali del Madagascar, sem- — 92 — brano accusarli siccome moderni. A questa stessa categoria potrebbe riportarsi altresì il Dodo, che i marinari Olandesi finirono di distruggere nelle isole di Francia e della Rivoluzione. Parlando della Fauna quaternaria non posso fare a meno di non fare al- cune osservazioni sulle tante scoperte di umane vestigia, delle quali è stata arrichita la scienza Geologica in questi ultimi tempi, e sugli studi e questioni messe in campo da uomini di gran valore. Rinvenuto 1’ uomo fossile , nella palestra scientifica fu gettato il dubio, se questo fu pliocenico, o anteriore al periodo glaciale. Sebbene taluno abbia pensato affermativamente, ed abbia per- fino tentato di dimostrarlo con argomenti, nondimeno mancano fin qui i fatti capaci di dimostrarne la verità. Fin qui regna 1’ opinione che 1’ uomo fu cer- tamente quaternario, dicono di più che con esso vissero 1’ elefante primige- nio, il rinoceronte ticorino, e il grande ippopotamo. A pensare cosi sono di argomento ai Geologi, le ossa di quelli animali rotte in modo da estrarne il midollo, 0 segnate da istrumenti incidenti, ovvero, appuntate, perchè fos- sero ridotte ad armi. Io peraltro con buona pace loro, non mi sentirei troppo disposto a partecipare interamente a questa credenza. Dopo aver ordinati i fatti avvenuti nel periodo glaciale e specialmente quelli che spettano al secondo stadio di esso, o alla rielevazione della tem- peratura mi sembrano logiche le deduzioni che da quella procedono. Che l’uomo fu contemporaneo di quei pachidermi che tuttorz esistono nella zona, tropi- cale è un fatto che non ammette controversie; ma che abbia vissuto nei tempi quaternari colle specie plioceniche estinte nel periodo glaciale, non può es- sere ammesso dalla ragione. Quando è provato che, l’uomo vivea al tempo delle grandi correnti prodotte dalla fusione dei ghiacci , non è provato che abbia vissuto con quelli animali; ma piuttosto si è trovato coi loro cadaveri, conservati incorrotti dal freddo , e che venivano trascinati dalle acque scen- denti dai monti. Qual meraviglia adunque che, tanto l’uomo quanto i carni- vori superstiti abbiano mangiato di quelle carni, aperte le ossa per estrarne il midollo, e appuntate le scheggio per farne armi ? E che , non si fece lo stesso nel secolo passato , e non si fa tuttora nella Siberia su quegli stessi cadaveri sepolti in quei medesimi ghiacci , che restano ancora a farci testi- monianza di quel gran cataclisma ? Se tanto è a tempi nostri, perchè a for- tiori non fu allora, quando una quantità di quei cadaveri giacevano seminati e insepolti sul suolo ? Le vestigia adunque dei grandi pachidermi di qualun- que specie si voglia, possono solo servire ad argomentare un rimescolamento — 93 — quaternario e non una contemporaneità. Nelle sabbie gialle e nelle marne ve- ramente plioceniche le ossa di quelli stessi pachidermi componenti interi sche- letri , aggruppate attorno un centro , indicanti di essere ivi periti o a poca distanza , non sono mai accompagnate da umane vesligia. Al contrario nei travertini quatanari non sono mai ossa di grandi pachidermi, e tutte queste si rinvengono solamente frantumate e disperse da un trasporto di acque che le tolsero al terreno pliocenico su cui passarono. Laonde conchiudo col celebre Cuvier che gli elefanti sono anteriori all’uomo : cioè quelli terziari, questo quaterna- rio; ad eccezione dei pachidermi che ancora vivono sotto la zona torrida. Questo modo di vedere si estende altresì a quelli animali che trovarono un asilo nelle caverne. Abbiamo fatto vedere che gli erbivori raccolti in que- sti recessi per la debolezza insufficienti alla difesa , dovettero restar vittime degli affamati carnivori, e che in fine anche questi dovettero perire d’inedia e di freddo. Se le vestigia dell’uomo associati ai resti di quelli animali, de- notassero veramente una contemporaneità, converrebbe supporre che l’uomo si fosse trovato nelle stesse caverne con quei terribili gatti, orsi giganteschi, ferocissime jene , e lupi rapaci , ed altre belve di quella fatta , la qual cosa è impossibile, perchè facilmente ne sarebbe restato vittima, egualmente che gli erbivori. Perciò un più giusto criterio porta a credere che l’uomo sia stato posteriore, e dopo il periodo della distruzione glaciale sia penetrato nelle spe- lonche, e così abbia associato le opere sue con i resti della Fauna plioceni- ca. Dunque neppure le caverne si prestano a dimostrare l’uomo terziario, anzi somministrano prove sempre più valide ad argomentarlo quaternario. Di fatti le osservazioni di Anca nella caverna di s. Teodoro in Sicilia (1 ) hanno fatto vedere che i resti dell’ umana industria , sono superiori ai resti elefantini e d’ippopotami. Che se fu accusata promiscuità fra i resti di car- nivori e dell’uomo nella grotta di Engis, scoperta dallo Schmerling , si deve pure riflettere che, quei studi furono fatti quando ancora la scienza non era in grado di far distinzioni nelle giaciture. La caverna di Bouniquel, scoperta in Francia dal Doti. Garrigon di Tarascona non si oppone alla mia maniera di vedere, anzi ne presta una prova. Imperocché sotto uno strato di breccia dura fu trovato un focolare con carbone cenere e ossa spezzate e calcinate di ruminanti , insieme a coltelli freccie , e utensili in corna di cervo e in osso. Un chilometro più basso, sotto la medesima breccia si rinvennero una (1) Anca op. cit. serie di altri focolari continenti gli stessi resti deU’umana industria, e in quan- tità sorprendente. Lo stesso Garrigon insieme a Rames e Fihol nella spe- lonca di Lombrìve, videro centinaja di mascelle del grande orso delle caverne, mangiate dalle jene , poi tagliate dalla mano dell’ uomo in maniera da poter essere impugnate per servirsi di un loro formidabile canino come arma di di- fesa. La grotta di Aurignac illustrata dall’ infaticabile Lartet, dimostra che in quelle antichissime popolazioni esisteva il culto dei morti. Yi si contenevano molti cadaveri umani, e fuori di essa sopra una specie di piattaforma si tro- varono avanzi di un banchetto , fra i quali intervengono le osse del grande orso , di jene , di cervi , di cavalli e di un rinoceronte rimescolate -a gran copia d’ istromenti, e ad altri oggetti di ogni specie, fatti in selci o in corna di renna. Forse 1’ uomo istesso avea sbarazzata quella cavità per servirsene ad uso più umano e speciale, e sui materiali, rimescolati nel gettarli fuori si era inseguito assiso a mensa. Tali e tante sono le scoperte di questo ge- nere fatte in questi ultimi tempi, che lungo sarebbe volerle tutte riferire. Io soltanto noterò che in tutte queste non si rinviene mai un argomento sicuro a dimostrare un assoluta contemporaneità dell’ Uomo con quelli animali che portano i caratteri di un’ epoca anteriore. Peraltro queste mie osservazioni non tendono già a raccorciare l’umana antichità, ma solamente a collocare i fatti nel loro vero posto, e accordare il complesso degli avvenimenti che co- stituiscono i fasti della Terra. Quanto poi a voler stabilire un punto d’origine all’umana esistenza , io lo credo un assurdo in geologia; imperocché oggi viene dimostrato dai fatti, essere l’uomo di una data molto antica, e che le sue gesta si perdono sfu- mando nel bujo dei secoli trascorsi. Laonde computare 15, 20, 30,000 anni, è nn operazione fondata nel vuoto e totalmente priva di sostegno. Io sarei , d’opinione non deviare dalla via sicura, quale è quella del tempo relativo o di comparazione. Le armi e gli utensili in pietra, in osso o in corna di cervo, prestano certamente un valido argomento di tempi immotissimi, e manifestano l’uomo non peranche venuto in cognizione dei metalli. Oggi la scienza è ric- chissima di questi fatti , e perciò viene dissipato ogni dubbio. Fra questi a modo d’esempio citeremo tutte quelle freccio in pietra silicea, che si trovano disseminate nella campagna romana, la cui diffusione fu seguita dal Nicolucci 93 — per una grande estensione (1). Egli le dimostrò nella provincia di Prosinone, nelle contrade napoletane della Terra di Lavoro , e giù per la valle Roveta fino attorno al lago di Fucino nella Marsica. I denti umani trovati dall’ ab. Rusconi nei travertini dell’ Aniene accusano 1’ uomo spettatore delle grandi correnti diluviane, e delle eruzioni vulcaniche del Lazio (2). Venne anche da me dimostrato (3) che le operazioni eruttive del Lazio furono atmosferiche, cioè dopo che le acque marine ebbero messo in secco i subappennini, e che spiegarono tre grandi periodi di attività, intercalati da lunghissimi riposi. Ciò porta certamente ad una sorprendente serie di tempi, anteriore alle tradizioni ed è appunto qui che entrando nel dominio dell’ archeologia storica , questa ne prende la consegna. Perciò quest’ultimo brano di storia terrestre viene na- turalmente a finire. Riassumendo ora le cose esposte, credo poterle ridurre a questi semplici capi : 1 . ” Che la temperatura del pianeta terrestre, avanti il periodo glaciale, era più elevata che non è al presante: 2. " Che durante l’epoca pliocenica si compi il primo stadio di quel pe- riodo, 0 il graduale abbassamento di temperatura, fino ed arrestarsi a pochi gradi sotto l’attuale : 3. " Che a questo punto finisce l’epoca terziaria pliocenica, e incomincia la quaternaria : 4. ° Che in questo nuovo periodo la temperie per gradi si ristabilisce ri- levandosi non più al grado primiero; ma equilibrandosi in quello che presso a poco oggi mantiene: 3.® Che in questa differenza si scorge aver perduto la Terra una parte del proprio calorico, e perciò sottoposta alla sola iufluenza solare. Tutti gli altri fenomeni non sono che la conseguenza di cosifatti avve- nimenti. Ridotto il periodo glaciale ella minima espressione , mi sembra che il pianeta terrestre vi faccia una comparsa tutta passiva, giacché non è com- prensibile come durante il suo lento raffredamento normale, abbia potuto per (1) Di alcune armi ed utensili in pietra rinvenuti nelle provincie meridionali dell’Ita- lia ec. Napoli 1863. - Atti della R. Acc. delle scienze Fisiche e Matematiche, voi. I. (2) Ponzi; - Dell’Aniene e dei suoi relitti. Atti dell’Acc. de’ nuovi Lincei, an. XV. 1 maggio 1862. (3) Id. - Storia naturale del Lazio, Gior. arcad. t. CLVIII, 18S9. — 96 — se stessa disperdere nello spazio tanto calorico, e quindi ripresa una porzione, lo sarei piuttosto inclinato ad opinare che il periodo glaciale fu un pertur- bamento sopragiunto nel regolare andamento della vita planetaria. Se questo modo di vedere ha qualche verosimiglianza crederei necessaria conseguenza dover rivolgere l’attenzione ad un elemento perturbante straniero al pianeta medesimo. E qui si potrebbe richiedere se la Terra andò soggetta ad altri di questi periodi. Qualche geologo risponde affermativamente; ma io credo che ancora la cosa abbia bisogno di essere provata all’ evidenza : non è che un grave sospetto che la Terra abbia soggiaciuto a qaesta specie di malattie , le quali se in verità sono state , devono aver alterato e sollecitato molto il processo del suo raffredamento. Dovrebbe adunque la geologia mettersi d’ac- cordo con l’astronomia, e fare un esame rigoroso degli avvenimenti celesti a questo fine diretto , perchè io credo che in questa guisa possa raggiungersi la meta, che è la cognizione della causa che produsse il periodo glaciale. Se in questo mio ragionamento dissi bene o male io non sò : lo giu- dichi la scienza. NOTA. - Durante la pubblicazione di questo lavoro, pervenne una memoria del sig. duca di Blacas; Snr un decouverte de vases funeraires près d' Albana diretta a far conoscere l’epoca a cui si devono riferire. Nel 1817 nel territorio di Marino nel Lazio per alcuni lavori agricoli fu sfondato uno strato di peperino litoide di 50,060 centimetri di potenza , e dalle ceneri sottostanti, con cui quelle solide roccie alternano, vennero estratti molti vasi di terra cotta di rozzissimo lavoro, insieme a qualche figurina e ornamenti di rame. Tale scoperta fu autenticata giu- ridicamente, e perciò non può essere controversa. Il cav. Alessandro Visconti fu di parere doversi riportare ai tempi in cui ardevano ancora i vulcani del Lazio : ma l’avv. Carlo Fea commissario delle antichità mostrò con- trario avviso, adducendo che erano stati introdotti sotto il peperino, per qualche grotta o cunicolo. Il sig. cav. Pietro Rosa nel fare la sua grande carta monumentale del Lazio vi- sitò di nuovo quella contrada , e convenendo nel giudizio del Fea aggiunse , doversi attri- buire gli oggetti trovati ai primi tempi dì Roma. Da questo giusto criterio il sig. duca di Blacas non si è allontanato; se non che vorrebbe che quegli oggetti fossero stati sepolti da un ultima calata di peperino, avvenuta in epoche molto recenti. A dire il vero sebbene la scoperta fosse provata in tutte le regole giudiziarie, pure non si pensò a corredarla delle rigorose osservazioni di giacitura che oggi reclama la scienza; perciò credo che tutti i giudizi emanati manchino di base. Io farei osservare pertanto , che se i vasi sono dell’epoca dei re di Roma , il Lazio dovea già presentare lo stato pre- sente 0 almeno era per terminare l’epoca lacustre succeduta ai periodi di vulcanismo spento già da una lunga serie di anni. Dunque i vasi rinvenuti nel 1817 non sono atti a provare 1’ uomo quaternario o testimonio delle conflagrazioni vulcaniche del Lazio. — 97 — Observations et Théories cles Anciens sur les attractions et les répulsions magnétiques, et sur les attractions électriques par Tu. Henui Martiin , Dojen de la faculté des lettres de Rennes. (Continuazione e fine. Vedi y,ag. 32.) IP Partie. Théories des anciens sur le magnétisjie On ne Yoit pas que les Cliinois se soient mis en peine d’expliquer 1’ action de l’aimant sur le fer. Quant a la direction de l’aiguille, un de leurs auteiirs declare que personne n’a pu en montrer l’origine Le philosoplies grecs ont cte très pre'occupes des plie'nomènes magnétiques et de leur cause. Ce n’est pas^ comme nous venons de le voir , qu’ ils les aient Leaucoup e'tudies en eux-raénles ; mais ils se sont efforces de les faire rentrer dans leurs the'ories ge'ne'rales sur Torigine du mouvement. C’est pourquoi divers philosoplies ont essaye' d’en rendre compie^ les uns par des forces vitales et raéme intelligentes, d’autres par des sympathies occultes et indefinissables, d’autres au contraire par des impulsions purement mecaniques, d’autres enfìn par diverses combinaisons de ces trois espèces de causes. Mais la plupart d’entre eux se sont arrète's a un ou deux des faits les plus apparents , et n’ ont pas méine tente d’ e'tendre leurs explications a tous les faits de'ja constates a leur epoque : ils semblent piotò t avoir detourne les yeux, pour ne pas xmir certains de'tails em- barassants, dont ils anraient eu trop de peine a rendre compte. Le chef de l’ecole d’ionie, Thalès, peuse que l’aimant a une àme , puisqu’il raeut le fer ^ . Mais quelle est la nature, corporelle ou incorporelle, de 1’ àme en ge'ne'ral et de l’àme de l’aimant en particulier ? Comment et par quels organes cette àme agit-elle sur le fer ? Nous ignorons si Thalès s’expliquait sur ces ques- tions. Nous verrons tout à l’heure comment elles e'taient re'solues par Porphyre. Nous connaissons mieux l’opinion de Diogene d’Apollonie , autre philosophe de l’e'cole d’ionie. Ponr lui, dans l’homme, dans les animaux, dans les ve'gètaux ' Comparez Gassendi, Saumaise, Falconnet, Buttmann, Delaunay et Pinder, cités au commence- inent de ce Mémoire. — ^ Voyez M. Édouard Biot, Comptes rendus des séances de l'Académie des Scien- ces, 21 Octobre 1844, t. 19, p. 826. — “ Voyez Aristote, De l’dme, I, 2, et Hippiasdans Diogène de Laérte, I, s. 24. Comparez le scholiaste de Platon, TtÉ-ji. X, p. 937 (éd. Baitcr, Ordii et Winckelmann, in-4.°). 13 — 100 — ce qu’on peut dire, c’ est que cette opinion sur le magne'tisme cadrerait assez Lien avec les autres idees d’Aristote; mais nous ne la trouvons expriine'e nulle part dans ses oeuvres. Seuleraent il cite * raimantation instable du fer doux par le contact de l’aimant, pour prouver que la faculte' de mouvoir peut-étre trans- mise a un corps, sans qu’aucun mouvement soit transmis actuellement a ce corps lui-méme. Ce point est de la plus haute importance dans la doctrine d’Aristote, pour sauver de quelques unes de ses conse'quences les plus inadmissibles sa fausse theorie de l’impulsion , d’ après laquelle le mouvement produit par une impul- sions instantanee devrait cesser avec elle, s’il n’e'tait pas prolongé et entretenu par la réaction incessante du milieu dans lequel le mouvement s’ opere On concoit qu’ une indication si vague laissait une grande liberte' d’ interpretation aux disciples et aux commentateurs d’Aristote: aussi nous verrons qu’ils ont donne' a cette question des Solutions très diverses. Cette diversite nous porte a croire que le traile Ilept tris llOov, sur la pierre par excellence, c’est-a-dire sur l’ ai- mani, attribue a Aristote par Diogene de^ Laèrte, n’e'tait pas de lui , ou bien 'avait e'te' perdu de bonne beure a moins toutefois que cet opuscule ne fùt liistorique et descriptif, et non ibe'orique; car autrement l’opinion d’Aristote sur le magne'tisme aurait e'te mieux cornine des pe'ripate'ticiens. Quant aux pre'tendus traite's d’ Aristote sur les pierres ou sur les mineraux , nous avon vu ^ que ce soni des ceuvres du moyen-àge. Farmi les philosophes doni nous venons de parler, Empe'docle et Platon, mal- gre' le grand róle qu’ils attribuent a l’àme et au principe vital dans leurs the'o- ries des phenomènes physiques, ont fait une part au me'canisme dans leurs ex- plications des attractions magnetiques. Le me'canisme devait naturellement do- miner davantage dans la the'orie magne'tique de De'mocrite, qui pretendaitqu’un mouvement eternel et ne'cessaire des atomes dans le vide suivant une méme di- rection, et la communication du mouvement par impulsion, devaient expliquer lous les phenomènes de l’univers. En effet , suivant De'mocrite auteur d’ un traile' spe'cial sur l’aimant des atomes soni cliasse's sans cesse de tous les corps, et les atomes de l’aimant, semblables a ceux du fer, mais plus subtils , pe'nè- trent au milieu de ceux-ci et les agitent; alors ces derniers se re'pandent au de- hors, et soni absorbe's par l’aimant , a cause de leur ressemblance avec lui et k cause des grands vides qui se trouvent dans sa masse; enfili, le fer lui-méme est entrainé a la suite de ses atomes- 11 est evident que cette explication est tout aussi * Phys., Vlir, 10, p. 26" a, 1. 2 (Berlin). — ^ Voyez Aristote, ibidem, p. 266 è, 1.27— p. 267 6, 1. 7 et 1. 15—19. — Voyez ci-dessus, l""® partie, § 2. — ‘ Voyez ci-dessus, partie, § 2. — ^ Voyez Alexandre d’Aphrodisias, Questions physiques et morales, II, 23, p. 137 (Spengel). — ® Voyez Diogène de L., IX, segm. 47. — 101 — insufilsante que celles de Diogènc, d’Empedocle et de Platon. Il n’est pas croyable que dans un espace libre les eraanations qui s’ecbappent d’un corps piiissent traì- ner ce corps après elles vers un corps qui les absorbe, et rcxpe'rience prouve le contraire. Le pbilosopbe qui a donne a Tatomisme sa forme definitive cbez les ancicns, Épicure, dogmatique sur la theorie generale des atomes, mais sceptique sur la theorie des phenomènes parliculiers de la nature , a propose plusieurs explica- tions des plienomènes magnétiques. Toutes sont fondees sur la porosite, par la- quelle, avant lui, Democrite avait deja essaye d’expliquer ces mémes phenomè- nes. Voici d’ abord 1’ explication que Galien * attribue a Épicure. De rairnant sortent des atomes, qui vont frapper le fer, puis rebondissent vers 1’ aimant ; mais ils sont faits de manière a s’accrocher facilement , dans leur retour , aux atomes que le fer envoie dans la méme direction , et a former avec eux des chalnes, auxquclles ils coramuniquent leur mouvement: de la mie vèritable trac- tion du fer vers 1’ aimant. Suivant la remarque de Galien, pour expliquer par cette theorie la comraunication du ponvoir magne'tique a un morceau du fer, il faudrait supposer que les atomes de l’aimant, après avoir traverse le fer, vont rebondir contro un autre morceau de fer. Sans doute, Épicure ou ses disciples, peu satisfails eux-mémes de cette explication si e'videmment dèfectueuse , en avaient propose d’autres, Du moins, voici celles (ju’emploie Lucrèce habituel- lement interprète des doctrines d’ Épicure. Les atomes qui sortent de F aimant chassent Fair compris entro F aimant et un morceau de fer situè a ime petite distance; les atomes du fer se pre'cipitent dans le vide ainsi forme, et tralnent après eux le fer , au([uel ils tiennent fortement. Ou bien F air qui entoure et presse le fer de tous les autres cóte's, n’ayant rien pour lui resister du cote qui regarde Faimant, polisse le fer dans le vide forme de ce cote. Ou bien encore. Fair contenu dans le fer tend a se dilater vers le vide, et eotraìne le fer dans cette direction. Ces trois dernières the'ories, si elles ne sont pas d’lipicure, doi- vent du moins remonter jusqu’a ses premiers disciples, puisque Straton, adver- saire des e'picuriens, semble s’étre propose' spécialement d’eii montrer la faussetè dans ses re'flexions sur le magnètisme, cornine nous le vcrrons bientót. La réfu- tation de ces trois the'ories est facile; car, si les atomes de Faimant chassaient Fair, ce serait en prenant sa place, et par conse'quent il ne se formerait pas de vide, lors méme qu’on empécherait le fer de se pre'cipiter vers Faimant. D ail- leurs, dans ces trois hypothèses d’ Épicure et de Lucrèce, en supposant méme f[u’elles fussent soutenables, un corps quelconque , mis a la place du fer , de- ‘ Des facultés physiques, t. ì, p. 93—93 des oeuvres (éd. gr. de Bàie). — ^ De rer. nat., VI, 1001—1063. — 102 — vraìt étre traine ou jDOusse, comme lui, vers Faimant. Lucrèce ne veut pas voir cette dilFicultd e'viclente et insoluble. Mais, apres avoir essaye' d’expliquer la pre- tendue action repulsive que Faimant exercerait sur le fer à travers le cuivre, il s’ empresse de nous dire pourquoi les aulres eorps ne sont pas repousse's par Faimant dans la mémc circonstance: suivant lui, les atomes du cuivre bouclient les pores du fer, et les atomes de Faimant, arrivant ensuite et faisant de vains elforts polir pe'netrer dans le fer, le cliassent devant eux; mais l’or n’est point repousse ainsi, parcequ’il est trop lourd; le bois et les eorps le'gers ne le sont pas non plus, parceque leur masse trop porcusé' laisse passer les e'manations du cuivre er du fer. Ainsi Lucrèce a soin de negliger Fexplication trop difficile de plie'nomènes que Faimant presente re'ellement, et de s’attacber a F explication , (jui lui a semblè plus facile, d’un fait imaginaire. Le medecin Ascle'piade ’, partisan zéle de Fatomisme et decide' a n’admettre aucune action a distance , mais peu satisfait de la the'orie d’Epicure sur F at- traction magne'tique, croyait se tirer d’affaire en niant, comme impossibles, des plie'nomènes qu’il ne pouvait pas expliquer. Plutarque ^ propose, au nom de Platon, ime the'orie de ces plie'nomènes, qui est presque purement me'canique, comme celle des e'picuriens , mais qui paraìt un peu plus vraisemblable. Une sorte d’émanation ae'riforme s’e'cliappe de cliaque pore de Faimant, repousse Fair ambiant, et y produit un courant, qui se replie circulairement sur lui-méme et revient rentier parie méme yoore, pour empéclier le vide de se produire; ce courant, dans son retour, rencontre le fer, y pe'nètre jusqu’a une certaine profondeur et le jiousse vers Faimant : le fer est le seni eorps dont Ics pores aient des dimensions convenables, pour ([ue ce courant aeri- forme s’y engagé de manière a Fentrainer; quant aux autres eorps, le courant glisso sur la surface des uns, tandis qu’il pènètre les autres de part en part avec trop de facilite'. 11 y aurait ici bien des objections a faire ; en voici une qui peut suffii e. Le courant doit ètre aussi fort en sortant de Faimant qu’ en y re- tournant, et il peut tout aussi bien rencontrer le fer dans la première circonstance ([ue dans la seconde. Dans la première , il devrait repousser le fer , au lieu de Fattircr. Rappellons-nous ^ cette pretendile variété' d’ aimant , qui, suivant le medecin Marcellus , attiro d’ abord le fer , puis le repousse. Le surnom grcc {xni'jvaow) de cet aimant indique assez la the'orie par laquelle on en expliquait Ics cll’ets suppose's. Cet aimant , disait-on , tantót attiro le fer par son aspiration , et tantót le chasse devant lui par son soufflé. L’ alternance de ' Dans (ìalien, à l’cndroit cito. — ^ Queslions platoniques, VII, 7. — ^ Voyez ci-dessus, par- lie, § 1. — 103 — ces cleux pheiiomèiies , aitisi expliquée , est imagiiiaire. Dans la tlieorie de Plutarque, les deux phenomènes, egaux eii inteasité, auraieiit dù ètre coutinus et simultanes, et par consequent se detruire miituellemeiit. Le médecin Galien afFectionne, corame pliilosophe, la pliipart des doctriiies de Platon j mais, eii physique, il se raontre Lieti plus djnamiste et vitnliste que lui. 11 attaque , avec raison , 1’ iiivraisemblauce de l’hypotlièse d’ Epicure sur les pliénoraènes magne'tiques, et l’audace d’Asclepiade, qui nie ces phenomènes. Ouant a lui ^ , il les compare aux effets de 1’ action occulte des mèdicaments sur les humeurs et des emplàtres sur les corps e'trangers introduits dans les chairs , en un mot , a tous les phenomènes d' élection qu’ il croit de'couvrir dans la physiologle. C’est, suivant lui, uu cas particulier de la grande loi des sjmpathies et des antipathies, et il pense que l’unique raison de cette loi se trouve dans la force technique de la nature, puissauce vitale, intelligente et divine, en vertu de la quelle chaque corps s’approprie ce qui convient a sa con- stitution et a scs Lesoius. Quant a la transmission du pouvoir magnètique au fer, il y voit mie transmission de qualite occulte par le contact, et il la compare a la transmission de rengourdissement au bras du pécheur par l’hamecon auquel une torpille s’est prise Les stoiciens voyaient dans tonte la nature l’action d’un principe intelligent et mate'riel a la fois. lls croyaient aux sjmpathies et aux antipathies elitre tous les corps de l’univers, conside're's corame merabres d’un méme organisine vivant, et par suite a la divination, aux presages. Nous ne devons donc pas nous e'tonner de ce que Cicèron ^ fait dire a un stoicien , que les phenomènes magne'tiques sout aussi certains et aussi inexplicables que ceux de la divination. Straton de Lampsaque, disciple de The'ophraste et l’un des plus ce'lèbres pè- ripate'ticiens mais d’un esprit très inde'pendant, croit a l’existence du vide % et pourtant soutient contre les Epicuriens que le vide n’est pas necessaire pour rendre compte des phenomènes magne'tiques il propose pour ces phe'noraenes une explication qui revient a peu près a celle de Diogène d Apollonie, et dont pourraient s’arranger e'galement les partisaiis du vide et ceux du plein absolu pourvu toutefois qu’ ils ne fi.ssent pas attention aux objections insolubles dont nous avons parie'. Le ne'oplatonicien Porphyre ^ reprend la doctrine de Thalès, en 1 expliquant: I Des la facultés physiques, t. t, p. 93; Des parties souffrantes, I, t. 3, p. 259, et VI, p^ la thériaque, à Pison, t. 2, p. 459 (éd. gr. de Bàie). — ^ Des parties souffrantes, VI, p. 315. — ^ la divination, I, 39, § 86. — Voycz Simpliciiis, Phys. VI f. 224 6 (Aid.), p. 409 a (Brandis).— Ibi dem, IV, f. 163 b (Aid.), p. 386 b (Brandis).— ^ Ibidem IV, f. 155 b (Aid.), p.382è, 1. 15—20 (Brandis). - ’ Ibidem, IV, f. 153 a (Aid.), p. 381 a , 1. 15-22 (Brandis). — ^ De C abstinence , IV , 20, p. 3/_ (Utrecht, 1767, in-4°). — 104 — suivant lui, raimant a unc àrae, et il la communique au fer place' près de lui. Pe'ne'tre' par cette àme, le fer, si lourd, devient le'ger et s’e'lance spontaiiément vers le soufflé vital [mtv[jL(x) que Taimaiit lui envoie ^ Neraesius e'vèque d’Emèse et philosoplie moitie platonicien, moitie péripate'- ticien, croit que laimant attire le fer, parcequ’il y trouve sa nourriture. Partisan de la gradation des étres suivant une seule ligne droite et sans aucun saut, le savant e'véque pense qu’a cause de cette faculte' de pourvoir lui-méme a sa subsistance, l’ai- raant doit étre place' sur un echelon interme'diaire entre les ve'gétaux et les animaux. S’inspirant des doctrines péripate'ticiennes sur le yom?wer //n/wo^/Ze, Thé- re'siarque Hermogène ^ compare Tinfluence ordonnatrice de Dieu sur la matière a l’action que la beante' exerce sur l’àme par son apparition, ou a celle que l’ai- inant exerce sur le fer par sa pre'sence seule. Ainsi, suivant Hermogène, l’aimant meut le fer corame le Dieu d’Aristote meut le monde, c’est-'a-dire corame objet da désir, a titre de cause piale et non a titi;e de cause efficiente du mouvement De méme, suivant le pe'ripate'ticien Alexandre d’Aphrodisias Paimant n’agit sur le fer, ni rae'caniqueraent, ni par une force occulte. Mais c’est le fer qui, spontane'ment et par une sorte de force vitale, se porte vers raimant, parcequ’il y trouve ce dont il a besoin. En d’autres termés, pour Alexandre corame pour Hermogène, raimant est Vobjet et non la cause du mouvement du fer. Quant au fer, il est anime', suivant Alexandre, par cette force technique de la nature que Galien a aussi invoquèe. De méme encore, le pèripatéticien chre'tien Jean Philopon ® dit que l’aimant n’est point mu par une àme, mais qu’il est un moteur immobile, et que, tant qu’il est pre'sent et qu’il n’a pas perdu sa force, il attire le fer par une puis- sance naturelle et première , et par conse'quent continue dans son action, tan- dis que l’impulsion est une force discontinue, corame le mouvement des corps qui l’exercent. Pbilopou a raison contre ceux qui voient dans les attractions magnè- liques des pbènomènes d’impulsion; mais il a tort de laisger croire que l’action de l’aimant sur le fer, de méme que celle du moteur immobile d’Aristote, n’est pas efficiente. Cependant il faut le louer de n’avoir pas nié explicitement, corame Hermogène et Alexandre d’ Apbrodisias, que dans l’aimant re'side la cause eff- ’ Il nous est pcrmis de scurire de colte explication antique. Cependant n’oublions pas que de nos jours des hommes savants et ordinairement sérieux n’ont pas craint d'expliquer le mouvement des tahles tournantes par un fluide vital, qui, transmis à la table par les doigts des opérateurs, en ferait l’instru- ment vivant de Icurs volontés. Voyez M. le comtc Agénor de Gasparin, Des tahles tournantes, 2 vo- lumes in-t2. — De la nature de l'homme, cb. 1, p. 40 — 41 (Matthsei). — Dans Tertullien, Adver- sus llermogenem, p. 287 (2® éd. de Rigault). — '' Voyez Aristote, Métaphysique, XII (A), 7, p. 1072 — 1073 (Berlin)- — ^ (Juestions physiques et morales, II, 23, p. 139 — 141 (Spengel). — ^Cantre Proclus sur réternitc du monde, VII, 14, feuille F, p. 1, 1. 2S — 32 (éd. gr., Venise, 1535, in-fol.). — 105 — cienle clu mouvement dii fer^ et de n’avoir pas, cornine le dernìer, prète au fer ime force vitale imaginaire. All moven-àge, le chroniqiieiir Lyzantin Michel Glycas s’inspiraiit de la the'ovie aristotelique de la lumière, explique l’actioii a distance de l’aimant sur le fer, et de la torpide sur les animaux, par une qualitè occulte que Faiiiiant et la tor- pide transmettent a l’air ou a l’eau, comme la lumière est une qualitè que, sui- vaiit Aristote, robjet lumineux transmet au milieu transparent. Nous avons dcja dit que, sur lattraction magnètique , tede est 1’ opinion qu’ Aristote lui-méme semble indiquer, sans rexprimer d’une manière formelle. Presque tous les minèralogistes anciens ont ètè plus oii moins partisans de la doctrine des sjmpathies et des antipathies élective:s chcz tous les étres corporels, et ont attribiiè aux minèraux, aussi bicn qu’ aux vègètaux, les fonctions de la vie, la distinction des sexes et la reproduction par enfantement. Cette idèe su- perstitieuse sur la gènèration des pierres a ètè citèe et presque acceptèe par Thèopbraste Mais le principal auteur et propagateur de ce vitalisme extra- vagant dans son application aux minèraux a ètè le naturaliste Sotacus de Ca- j yste, que Piine nomine très ancien, et qui avait compose' un ouvrage grec sur les pierres Ces mémes idèes n’ont fait que se rèpandrc de plus en plus dans la suite et Piine en les adoptant, s’est piu a rèunir les faits, rècls ou sup- posès, qu’on adèguaìt pour les confirmer. C’est en vertu de ces mémes idèes , (|ue tant d’auteurs anciens croicnt avoir tout dit sur la tbèorie du magnètisme, quand ils ont attribuè 1’ action de raimant sur le fer a une puissance spècialc, indècomposable et indeTmissable , agissant par elle-méme en vue de 1’ eiìèt a produire , en un mot a une force vivantc agissant awc intention. lls excluent aitisi a priori loute exjilication mècaniqué, et ils seinblent prendre a tàche d’en dèmontrer l impossibilitè. C’ est pour cola qu’au lieti d’approfondir 1’ ètude des faits rèels, ils se plaisent a y ajouter tous ces faits merveilleux et imaginaires r[ue nous avons rapportès Quant aux faits rèels , ils se croient dispensès de Ics analyser et d’en cberclier les lois. C’est aiusi que Plolèmèe Proclus, Elien 9, Anatolius Tbèodorct ” et Thèodote se contentent, cornine Galien * Annales, pari. I, jour o (dans la coll, byz., p. 28, Venisc). — ^ Voycz le fragment de son traile sur les pierres, § 4, t, I, p. 687 (Schneider). — ^ Voycz Piine, XXXVI, 20, s. 38, n° 146, t. 5 , p. 355, et Apollonins Dyseolus, Ilistoires merveilleuses, eh. 36. Comparez Piine, XXXVI, 16, s. 25, n" 128, p. 348; XXXVII, 2, s‘. 11, n° 35, p. 390; XXXVII, 6, S. 23, n” 86, p. 413; s. 24, n” 90, p. 415; 9, s. 51, n.“ 1,35, p. 430; 10, s. 57, n" 158, p. 447 (Sillig). — ‘ Voycz Plutarque, Questions de table, li, 7. — 3 XXI, 1; XXXVI et XXXVII, passim. — ® pe partie, § 3, — ' CompoMUon astrologiqne e» livres, I, 3, f. 4 a (Niirnberg, 1535, in-4°i — * Sur ce traité de Ptoléméc, 1, 3, p. 20 (Leyde , 1635, in-18). — ® Nature des animaux, X, 14. — Des sympathies et des antipathies , Biblioth. pr., t. 4, p. 300 (anc. éd.). — ” Thérap., Discours V, De la nature de l’homme, au commcncenient. — ’’ Ex- traits à la suite de S. Clément d’Alexandrie, p. 805 a BC (Paris, 1641, in-fob). — Gilè plus haut. 14 — 106 — de signaler , sans la definir , la sympalliie secrète a laquellc iìs attribuent les phenomènes magne'tiques. Aristote , Theopluaste ^ , Strabon ^ , Themistius Siinplicius Jean de Lydie Diodore de Tarse Saint Gre'goire de Nazianzé Saint Anibroise la laissent deviner^ sans en affirmer expresse'ment l’existence, et beaucoup d’autres auteurs iinitent leur reserve. Saint Cle'ment d’Alexandrie et Saint Angustio ” sont de ce nombre; cependaut ils paraissent tentes d’adopter, au moins subsidiairement, une explication qui n’est autre que celle de Diogene d’A- pollonie Piine semiale hesiter entre la doctrine des sympathies et des 'anti- pathies l’hypothèsc d’ une fonction vitale et les explications me'caniques proposees par Lucrèce, qui pre'tend qu’un vide se prodiiit entre le fer et l’ai- raant Diogene d’Apollonie le medecin Alexandre (de Tralles ?) Neme- sius le faux Zoroastre *9, Pliotius et beaucoup d’autres ont recours à diverses fonctions vitales, dont, a l’exemple de Tbalès, ils placent le siège dans l’aimant, qui attire. Alexandre d’Aphrodisias et d’autres avant lui le pla- caient au contraire dans le fer, qui, suivant eux, se porterait de lui-raéme vers l’aimant. Piine re'unissant les deux opinions, prete me'taplioriqueraent a l’ai- mant des sens et des inains pour tirer le fer a lui, et au fer des moeurs et des pieds pour aller vers l’aimant. Suivant Alexandre d’Aphrodisias et le poeto Claudien c’ est le besoin de nourriture qui engagé le fer a se diriger vers l’aimant. Suivant Piine Claudien Photius Theophylacte ^9, et les auteurs e'jotiques grecs c’est l’amour qui les rapproche. Evidemment c’est cotte der- nièrc ide'e qui a conduit des ecrivains superstitieux a attribuer a l’ aimant une influence mystérieuse sur les relations d’amour ou d’amitie * Cile plus haut. — ^ Des pierres, § 4, t. I, p. 687, et Hist. des plantes, IX, 18, § 2, p. 321 {Schnei- der). — 2 Géogr., XV, 1, n? 38, p. 703 (Casaubon). — Phys., f. 63 a (Aid.), p. 4.51 b, 1. 20— p. 452 a, 1. 29 (Brandis). — ® Phys., f. 3166 (Aid.), p. 452 (Brandis). — ® Des mow', IV, 11, p. 58 (Bek- Iccr). — Da deslin, dans Photius, Biblioth., cod.223, p. 215 a (Belcker).— * Poésies, Pières à la Vierge, V. 583 ; à Nemesius , v. 198; cantre les femmes trop parées , v. 97. — ® Epist., cl. 1, XLV , 14. — Atà (Tvyyevtia'J, Stromates, II, p. 370 c (Paris, 1641, in-fol.),et ex scripturis prophetarum electa, c. 27 (Max. Biblioth. vet. Patr., t. 3, p. 229 c). — " De civ. D., XXI, 4. — Voyez Saint Clément d’Ale- xandric, Strom., II, p. 370 c, àppriToy mev/xaTi, et S. Angustio, De civ. D., XXI, 7, nescio qua sor bilione insensibili. — XX, s.‘ 1, no® 1—2, t. 3, p. 288 (Sillig). — XXXVI, 16, s. 25, n»* 126-127, t. 5, p. 348. — XXXVI, 16, s. 25, n? 127. — Cité ci dessus. — '' Problèmes, sect. 1 (t. 1, p. 4, Phys. et med. gr. minores d’ Ideler). — Cité ci-dessus. — Dans les Géoponiques, XV, 1, p. 1050 (Niclas). — Amphiloch. (Jucest. 131, p. 126 (Mai). — Suivant les témoignages de Plutarque (Questions de table , II, 7, § 1) et de S. Isidore de Séville (Orig., XVI , 4). — “ Cité ci-dessus. — ^3 Suivant le témoignage de Plutarque, Questions de table, li, 7,§. 1. — XXXVI, 16, s. 25, n®» 126—127,1.5, 348 (Sillig). — ='5 Magnes, v. 16-21. — =*6 XXXVI, 16, s. 25, n" 127, p. 348. — Magnes , v. 22 et suiv., — Amphiloch. Queest. 131, p. 126 (Mai). — Dialogue, p. 11, et Lettre 26, p. 46 (Bois- sonnade). — Voyez, par exemple, Achilles Tatius, Amours de Clitophon et de Leucippe, I, 17; Ni- cetas Eugenianus, IV, 137, Tliéodorc Prodrome, etc. — Voycz ci-dessus, D® partie, § 3. — 10T — Farmi les iheories antiques sur le magnétisme , celles où le mécanisme joue le Principal róle ne sont pas heaucoiip plus satisfaisantes, parce qu’elles ne soni pas fonclées sur une elude suffisante des faits, et qu’elles n’expliquent pas mémc d’une manière plausible les faits alors connus. Mais enfm ce sont des tentalives doni l’objet louable e'tait de cherchcr les faits réels sous les phénomenes appa- rents, et d’analyser les phénomènes complexes pour en de'couvrir les lois simples et les caiises b Le but e'tait bon; mais les raoyens pris pour l’atteindre ont e'tè de'fectueux, parceque les bypotbèses prèmaturces ont usurpè la place de l’obser- vation et de Lexperimentation, qui ont fait presque entièrement de'faut. Cepen- dant il y a progrès de la vaglie indication de Thalès a la tlièorie de Diogène d’Apollonie, et de celle-ci a celle d’Empèdocle. Ces deux dernières, cornine celle de Thalès, prennent leur point de de'part dans le vitalisme-, mais toutes deux, et surtout la seconde, sont mécanicpies dans leurs principaux dètails. La thèorie de Straton revient a pcu près a celle de Diogène d’Apollonie; mais Straton la rend conciliable avec l’hypo illése du vide et des atoines. Les tlie'ories de Dèmo- crite, d’Epicure et de Lucrèce sont exclusivement mécanicpies, mais non moins dèfectueuses que les pre'cèdentes. La tlie'orie mècanique que Plutarque nous donne comme un comraentaire d’une indication vague de Platon, est supèrieure aux autres liypollièses de l’antiquite', quoiqu’elle reste sujette, comme nous l’avons vu, à des objections insolubles, tirèes des faits mèmes que Plutarque connaissait. Modifièe par Descartes et par Euler , cette tlie'orie a joue' un róle important dans l’his- toire des bypotbèses de la pbysique moderne mais elle est restèe insuffisante. Elle a voulu irouver dans les pbe'nomènes magnètiques des elFets de la commu- nication du mouvement par contact de procbe en procbe. Elle n’ a pas voulu admettre, comme faits mècaniques irre'ductibles, l’attraction à distance, cette by- potbèsc fondamentale de la mècanique celeste , necessaire aussi à la pbysique , et la re'pulsion ’a distance, doni la pbysique ne peiit pas davantage se passer. Au lieu de se borner a cberdier les lois spe'ciales de ces deux faits en ce qui concerne le magnétisme, elle s’est eflbrcèe de les ramener aux lois ge'nerales de Eimpulsion, et elle n’v a pas re'ussi. ' Voyez noa Phìlosojìhie spiritualiste de la nature, !'« parlie, cbap. C, et II® partie, chap. IO, 20 et 21.— ^ Vojez ci-après, HI® partie. — 108 — IIP Paptie. ÀPERyu DE l’histoire du magnetisme au Moeen-age et depuis la Renaissance. Pour complete!' lappreciation des observations et des tliéories antiques sur le magnetisme, il est Loii d’indiquer rapidemerit corament elles se lient aux de'cou- vertes modenies, qui les ont laissees si loin en arrière. Los savants du moyen-àge ont recueilli precieusement une partie de ce que les anciens avaient dit sur les proprie'tes de l’aimant, et ils y ont ajoute' quel- ques superstitions de plus b C’est Porta ^ qui le premier , au XVP siede , a soumis a une reVision de'taille'e et habituellement judicieuse ce melange de vé- rites et d’erreurs tradi ti onnelles. Mais un fait de la plus haute importance dans l’iiistoire du magnetisme a eu lieu au moyen-àge: c’est l’invention de la boussole, ou , pour mieux dire , son iraportation et son perfectionnement en Europe. Les Chinois , dès une epoque qu’il est impossible de fixer mais certainement anterieure au IIP siede avant uotre ère ont employe', cornme moyens d’orientation, des chars indicateiirs da sud: ces chars portaient une petite statuette, qui -tournait sur un pivot vertical, et dont le bras eìendu montrait toujours le sud, parcequ’ il contenait une ai- guille aimante'e , dont le pole sud e'tait vers la maiu et le pole nord vers l’e- paule Un auteur chinois du IP siede de notre ère de'signe expresse'ment l’ai- mantation de l’aiguille Un ouvrage chinois compose entre mi et iii7 de notre ère constate 1’ existence d’une boussole qui consistait en une aiguille aìmantée • Voycz surtout Albert le grand, De mineralibus, lib. 2, traci. 3, c. 6. — ^ Magia naturalis, lib. VII. Coinparez M. le prince Boncompagni , Intorno ad alcuni avanzamenti della fisica in Italia nei secoli XVI e XVII, § 22—26, p. 23 — 27 (Roma, 1846, in-8°). — Le P. Gaubil s’était trop pea défié (Ics Iraditions chinoises, qui attribuent cette invention, les unes à Hoang-ti (XXVe siede av. J. C), les autres à Tchoou-Kong (XR siècle av. J. C.). — Voyez Klaptoth, Lettre à M. de Humboldt surVo- rigine de la boussole (Paris, 1834, in-8.°), p. 6u — 67; M. Édouard Biot, Comptes rendus des scances de Vacademie des Sciences, 21 octobre 1844, t. 19, p. 822 — 827, sourtout p. 824, et M. Reinaud, Géogra- phie d’Aboul fedita, trad. fr., t. 1, Introd., p. CCV— CCXI (Paris, 1848, in-4°). — ® Voyez Klaproth, Lettre etc, p. 34 et p, 70 — 94 ; iVI. Reinaud et M. Éd. Biot, endroits eites. — ® Voyez Klaproth, p. 66—68; et M. Éd. Biot, p. 824. Ainsi c’était avee raison que Gilbert {De magnete, p. 4, Londres , 1600) attribuait aux Chinois rinvention de la boussole; seulement il ayait tori de ne la croire importée en Europe que dans la seeonde moitié du XIIP siècle, par Marco-Polo. Kircher (^l/a^ries, I, 6) se trom- pait, quand il rcfusait aux Chinois la connaissance de la boussole. Fabricius (Uibliotheca antiquaria, c. 21) et Juan Andres [Origen, progresos y estado actual de toda la literatura , trad. de Filai, enesp. par le frère de l'auteur Carlos Andres, t. 1, c. 10, p. 367 — 370, Madrid, 1784 — 1807, 10 voi. in-8°) se trompaient cgalcmcnt, quand ils supposaicnt que la boussole chinoise était un instrument magique sans aimant ni aiguille aiinantée. — 109 — posee sur un flotteur Les Chinois connaissent, au moins depuis le commcnce- raent du XP siede, la dedinaison de Taiguille airaantee, dedinaison qui dans lem- pays est faible et a peu près invariable Il parait certain que les Arabes ont eu connaissauce de la boussole a aiguille flottante avant les Europeens, à qui ils l’ont transmise, probablement pendant les preinières croisades Il est possible que Ton doive aux Ve'nitiens quelques per- fectionnements de la boussole; mais cela n’est pas prouve' La boussole a ai- guille flottante se trouve dedite par Guyot de Provins, poète francais du XIP siede par l’auteur du traite De natura rerum par l’auteur du traite De lapiclihus ■ faussement attribue a Aristote, par Vincent de Beauvais par Al- bert le grand 9, par Jacques de Yitry par Gautier d’ Espinos , ebansonnier de la première moitic du XIII® siede ”, par divers poètes provencaux de la mème epoque et par Brunetto Latini , maitre de Dante Le nom de caiamite , donne' a l’aimant, parait, suivant la remarque de M. Libri, supposer l’cxistence de la boussole a aiguille flottante, que l’on comparait a la petite grenouille verte nomme'e en grec xaÀai7.t"r,? ce nom de Eaimant se trouve dans plusieurs vieux auteurs italiens, mais dont aucun n’ a e'erit avant la première moitie' du XIII® siècle Guyot de Provins, (pii leur est ante'rieur, puisqu’il a e'erit avant 1203, mentionne expresseraent l’emploi de la boussole. Au contraire Adc'lart de Batb, ' Voycz Klaproth, p. 65, 68—69 et 95, et sourtout M. É(f. Biot , p. 825—826. — ® Voyez Rla- proth, p. 68 — 70; M. Éd. Biot, p. 822 — 829, et M. Rcinaud, p. COVI — CCVII. — “ Voycz Klaproth, p. 54 — 66, et M. de Humboldt, Cosmos, 2« partie, trad. fr., p. 310 — 312, 339, 556—557, 572. Klaproth réfute fort bien les objections de Renaudot {Ànciennes rclations des Indes et de la Chine, p. 3, Paris, 1717, in-8°), de Collina {Considerazioni etc. sopra Vorigine della bussola, p. 121 et siiiv.. Faenza, 17-48, in-4.°), et d’Azuni (Diss. sur l'origine de la boussole, p. Ili et siiiv.,2« éd., Paris, 1809, in-8°), reproduites de- puis,avec plus de confiance que de succcs,par M.Rey {Origine frangaise de la boussole et des cartes àjouer, Paris, 1837, in-8.“, 38 pages extraifes des annafrs de.5 V02/a(7e«), et par M. Mac-Culloch, Traités et Essuis, Essai sur l’origine de la boussole (traduit dans le Moniteur, n? du 27 octobre 1853, p. 1194). — 4 Voyez Klaproth, p. 132 et suiv. Comparez Montucla, Hist. des mathem., part. 3, liv. 1, § 8, t. 1, р. 524 et suiv., Libes, Hist. philos. des progrès de la phys., I, 8, § 5, t. 1, p. 123—125, et Pinder, De Adamante, § 17 (Berlin, 1829, in-8°). — ^ Dans le recueil de Méon, noiiv. éd., t. 2, p. 327. — ® Dans Vincent de Beauvais, Spec. nat.. Vili, 40. — " Ibidem, Vili, 19, et dans Albert le grand, De miner., lib. 2, tr. 3, c. 6. — * Spec. nat.. Vili, 40. — ^ De miner., lib. 2, tr. 3, c. G. — Hist. Hierosol., с. 89, p. 1106 (Bongars). — ” Gite par Klaproth, Lettre etc, p. 44. — Voyez Raimond Feraud , Olivier le templier, et Sordel, cités par M. Raynouard {Journal des savants, mai 1828, p. 292 294). — cité par Klaproth, Lettre etc., p. 45. Brunetto Latini avait vu une boussole chez Roger Bacon. Voyez urie lettre de Brunetto Latini, publiée dans le Monthly Magazine, et citée par Klaproth, p. 46. Dante lui-meme {Paradiso, canto XII, v. 29) fait allusion à Yaiguille {ago} qui se dirige vers l’étoile polaire. — Voyez Piine, XXXIl, 10, s. 42, n.“ 122, t. 5, p. 42—43 (Sijiig). Comparez mon Mém. sur l’aimant, p. 20, note 5. — Voyez Pietro delle Vigne, dans Allacci, Poeti antichi, p. 503 (Na- ples, 1661, in-8.“'); Matteo de Messine (ibidem, p. 490), le notaire de Dentino (ibidem, p. 432), et Gui- nicelli {Conti, la bella mano, f. 90, éd. Corbinelli, Paris, 1595, in-12), cités par M. Libri, Hist. des Sciences math. en Italie, t- 2, p. 62 et suiv. — no — qui ccrivait au commencement du XIP siede , se tait sur la boussole dans un alidogue où, s’il l’avait connue, il n’aurait pu manquer d’ en parler a propos de rattraction magne'tique. Meme silence, a la méme e'poque, dans les vers de Marbode ^ sur raimant, et un peu plus tard dans deux passages, Tun dn Romaìi de Brut par Wace, l’autre du Roman de Guillaume d' Angleterre où il est question de l’art de guider un navire. La seconde moitie du Xll® siede parai t donc étre l’epoque où l’emploi de cet instrument si utile a la navigation, mais si imparfait a son origine, s’est introduit en Europe C’est l’e'poque de la troi- sième croisade , la première qui ait suivi la voie de mer. Dès cette e'poque la boussole primitive e'tait en usage en orient et en occident Quant a la bous- sole à pivot, on la trouve mentionne'e pour la première fois dans le commen- taire ine'dit de Francois de Buti sur Dante ce perfectionnement de la bous- sole doit donc dater de la première moitie' du XIV' siècle. Mais rien ne prouve qu’il appartienne a Flavio Gioja d’Amalfi ^ inventeur pre'tendii de la boussole, postérieur d’un siècle et demi a l’e'poque de l’introduction de cet instrument en Europe. Revenons aux notions du moyen-àge sur l’aimant. Au XIIL siècle, Albert le grand ne savait pas encore que tout aimant est attirè par le fer: il cite ^ cette propriète' corame particulière a un aimant merveilleux de l’empereur Fre'de'ric 11. Au XVP siècle, panni les questions controverse'es sur l’aimant, Maurolico 9 pose encore celle-ci: Le fer attire-t-il l’aimant ? 11 est vrai qu’il n’he'site pas a se de'- ^ De eodein et diverso, ms. lat. de la Bibliothéque impériale, n.° 2389, passage cifé par M. Libri, Hist. des se. math. en Italie, et saiv.—'^ De lapidibus,% 19, v. 290—319, p. 41 — 45 (Beckmann).— * Voyez M. Baynouard, Journal des Savants, mai 1828, p. 292 — 294. — ^ Dithmar, évéque de Merse- bourg, dit (Chronicon Martisburgense, lib. 6, p. 180, éd. Mader, Helmstadt , 1665) que Gerbert , qui devint le pape Silvestre If, avait fait à Magdebourg un bon cadran solaire, en examinant l’étoile po- laire avee un tube [fistula.]. Papire Masson (dans son éd. des Lettres de Gerbert) et Maiolo [Dies Cani- culares, colloquiuin XVIII, p. 566—567, Moguntiae, 1610, in 4") ont traduit le mot Astuto par éowsso/e, tandis que Ics Bénédictins (Histoire littéraire de France, t. 6, vie de Gerbert, p. 610) Pont traduit , ,sans plus de raison , |iar lunette à longue vue. Le mot fistula signifie un tube sans verres, avee le- quel Gerbert visait J’ctoile polaire, pour trouver le pian du méridien du lieu. Cet emploi des tubes sans verres , pour prcndre unc visée , était bien connu des anciens et de Gerbert. Dans une lettre à son ami le moine Constantin (Ep. ad Constantinum de spharoi construetione, àms les Vetera Analecta de Ma- billon, p. 102, Paris, 1723, in-fol.), Gerbert dit que ces tubes (fistulm), dont on se sert pour viser l’é- toilc polaire, ne different des tuyaux d’orguc que par 1’ uniformité de leur calibre. — ^ Voyez Tira- bo.schi Storia della letteratura italiana, t. 4, lib. 2, cap. 2, § 25—33, p. 153—100 (Naples , 1777, in-4°); Juan Andrcs, Origen, progresos y estado actual de loda la Literatura, trad. esp. de C. Andres 1. 1, cap. 10, p. 366 et 370 — 380, et t. 8, lib. 2 , cap. 2, p. 480 — 482 (Madrid, iu-8°) ; M. Reinaud , Géograpkie d' Aboul fé dha , trad. fr., t. 1, Introd., p. CCIl — CCIV, et M- de Humboldt, Cosmos, 2® partie, trad. fr., p. 310—311 et 556. — ® Voyez M. Libri , flist. des Sciences rnath. en Italie , t. 2, p. 67—68. — ■ Voyez Klaproth, Lettre eie., p. 132—136. — ® De mineralibus, lib. 2, Ir. 2, c. 11. — ()pusc. mathem., p. 100—102 (Venise, 1575, in-4°). — 1 n — clarcr pour i’affirinative. Ce qui doit étoaner , c’est qu’un fait si palpablc ait tant tarde a ètre constate' et ge'neraleraent reconnu. Albert le grand ‘ parie avec admiration d’ ime espèce d’aimant qui attire le fer par un bout et (jui le repousse par Tautre. Ailleurs de méme qu’Arnold \ il attribue a tous les aimants cette méme propriéte'. Vincent de Beauvais '' em- prunte a Touvrage du faux; Aristote sur les pierres ouvrage plein de mots arabes, T opinion d’ après laquelle un angle de l’aimant attircrait le fer et un autre le repousserait, et d’ après laquelle 1’ angle qui attirerait serait la boréal. Saint Thomas d’Aquin ® dit que, pour qu’un petit morceau d’aimant attire mieux le fer, on commence par frotter le fer contre 1’ aimant. Celle manière de pro- cèder nous explique les erreurs d’Albert le grand, d’Arnold, de Vincent de Beau- vais et du faussaire qui a pris le noni d’Aristote , et les erreurs analogues de Piine, du mèdecin IMarcellus et de quelques autres auteurs dèjà citès le fer repousse par l’aimant ètait du fer aimantè, et les poles prèsentès l’un a l’auti’e ètaient les poles de méme noni. Au XVP siècle, Fracastoro ® dit qu’il y a deux espèces d’aimant, avec les- qiielles on s’amuse a fairc de petits couteaux, et que, si Fon approche un de ces couteaux de la pointe d’une aiguille de fer mobile sur un pivot, l’aiguille est atlirèe, tandis que l’autre couteau la repousse; mais il ajoute que, pour faire l’expèriencc, on commence par frotter coatre un aimant l’autrc bout de l’aiguille, et il explique la rèpulsion, qui, suivant lui, n’est qu’apparente, en disant qu’une des deux espèces d’aimant a beaucoup plus d’attraction pour l’aimant lui-mérae que pour le fer, et que par consèquent elle attire avec plus de force la pointe frottèe contre l’aimant, bien que l’autre pointe soit plus rapprochèe. Au contraire, Maiolo ^ s’èvertue a prouver qu’un vèritable aimant ne peut pas attirer un autre aimant. Ouant a Maurolico il croit qu’un aimant attire un autre aimant, de quelque manière qu’on les approche l’un de l’autre: il ignore donc la rèpulsion et la po- laritè de la force attractive et rèpulsive. La distinction des deux poles de l’aiinant ètait connue aussi anciennement que la boussole, mais seulement pour ce qui concerne la direction de 1 aiguille sauf quelques nolions incomplètes et crronèes de l’auteur du traitè attribuè faus- ‘ De min., lib. 2, tr. 2, c. 11. — = De min., lib. 2, tr. 3, c. 6. — ^ Dans Vincent de Beauvais, Spec. nat.. Vili, 34, p. 511 (Donai, 1614, in-fol.). — Spec. nat. , Vili, 19, p. 502-503. — Gite par Vincent de Beauvais, meme endroit, et par Albert le grand. De miner., lib. 2, tr. 3, c. 6. — ® Phys., lib. 7, lect. 3. — ' Voyez ci-dessus, partie, fin du § 1. — ^ De sympathiis et antipathiis rerum, c. 9. — ^ Dies caniculares, Colloquiuin XVIIl, p. 567 (nov. ed., Moguntiae, 1510, in-4.“). — Opusc. mathem., p. 100—102 (Venise, 1575, in-4.“) — Voyez le faux Aristote, De lapidihus, dans Vincent de Beau- vais, Spcculum naturale. Vili, 19, et dans Albert le grand, De mineralibus, lib. 2, tr. 3, c. 6. — 112 — semeiit à Aristotc, d’Aniolcl, d’ Albert le grand et de Vincent de Beauvais sur les repulsions. Au XW siede. Cardali conime Fracastoro ^ cornine Maiolo et coinme Maurolico, ne connait encore la polarite qu’en ce qui concerne la dire- ction des aimants dii nord an sud. Au contraile, Porta “ exposé nettement les plienomènes d’attraction et de re- pulsion dùs a la polarite des aimants naturels, ou du fer qui s’est aimante par leur contact. Gilbert ^ etudie avec soin la distribution de la puissance magne- tique dans les aimants , et enricliit la Science d’ un grand nombre d’ observa- tions, tant sur Ics plienomènes d’ attraction et de re'pulsion , que sur la force directrice. Depuis que Fon connut la tendance de 1’ aiguille ainiante'e a diriger une de ses pointes vers le nord, surtout depuis qu’on cut remarque la déclinaison et Vinclinaison, et avant qu’on eùt observe' la variation on se demanda quelle pouvait étre la force directrice, suppose'e invariable, et quel en e'tait le siège, suppose' immobile. Marsiglio Ficino ^ le pla§a dans le pole arctique. Pierre Pé- Icrin ® dans les deux poles; Cardano dans une e'toile de la queue de la Petite Ourse; Fracastoro^, dans des montagnes magnetiques situe'es sous le pole bore'al. Sui- vant Maurolico^, de méme qu’un morceau d’aiguille aiinantee devient une nouvelle aiguille, qui se dirige comme la première, de méme un aimant tend a prendrc la méme orieutatioii que la mine d’où il a e'te' tire, et il cornmunique cette verta aux aiguilles aimanlées. Or, de tous les points cardinaux du del, il n’y en a que deux qui soient fixes, le nord et le midi; un aimant ne peut donc s’orienter par rapport au ciel que suivant ceux-Pa. Mais F aiguille aimante'e ne se dirige pas exactcm.ent vers le nord: la cause en est dans Fattraction exerce'e sur elle par une ile magne'tique situe'e au dela et en cote' du pole boréal. Des iles magné- tiques sont indique'es eii cet cndroit par le sue'dois Olaùs Magnus, et elles soni ‘ De subtiUtate, HI). VII. — ^ Magia naturalis, lib. XVII. Voyez Intorno ad alcuni avanzamenti della fisica in Italia nei secoli XVI e XVII , Memoria di B. Boncompagni , § 23 et suiv., p. 24 et' suiv. (Rome, 1846, in-S“). — “ De magnete. Comparez Libes, Hist. philos_ des progrès de la physique, liv. 1, eh. 13, § 3—5, t. 1, p. 172 — 177 (Paris, 1810, in-8'?), et M. WheweW, History of thè inductive Sciences, Book XII, eh. 1, t. 3, p. 49—54, eli. 2, p. 62 (see. ed., London, 1847, in-8.“). — ^ Sous le noni de variation, Gilbert désignait la dcclinaison, differente suivant les lieux. Voyez M. Whewell, t. 3, p. al. Sur la découverte de la variation, e’est-à-dire du cliangement de la déclinaison de l’aiguille dans un méme lieu, voyez M. Wheweli, t. 3, p. 53. Comparez Libes, liv. 1, eh. 13, § 2, t. 1, p. 170, et note 46, p. 259 — 260, et M. Libri, Histoire des Sciences en Italie, t. 1, note 17, p. 383, et t. 2, p. 70—72. — 5 In Plotinum, Enn. Il, lib. 3, p. 115 (Bàie, 1580, in-fol.). — ® Gite par Kirchei-, lib. 1, pari. 2, prop. X, Experim. II, p. 84—85 (Colognc, 1643, in-4'’). Comparez Juan Andres, Ori- geti, progresos y estado actuat de loda la Literatura, t. 8, lib. 2, c. 2, p. 486 — 488, trad. esp. (Madrid, 1799, in-8.°). ~ De subtUitate, lib. VII. — ** De sympathiis et antipathiis rerum, c. 6. — ^ Opusc. mathem., p. 100 — 102 (Venise, 1575, in-4?). — M3 — marquees aussi sur les cartes de Gerard Mercator et de Tosse Hond. 11 y avait eiicore Lien loia de ces réveries de IMaurolico , a l’ idee lumineuse de William Gilbert ' , qui, a la fin du XVP siede, s’ avisa de conside'rer la Terre entière Gomme un airaant gigantesque, dout les poles ne sont pas situés exactement sur l’axe de rotatiou et dont la direction est imitee par ralguille aimantee. Kir- cher ^ ajoute que la Terre ne ressemble à un aimant (ju’en ce qui concerne la force dùectrice, et non en ce qui concerne l’attraction magne'tique. Quant a la cause de i’attraction exerce'e par l’aimant sur le fer, au moyen- àge on la cliercha surtout dans les qualites occultes et dans leur transmission au milieu ambiant. Telle est l’opinion d’ Averroès d’Albert le grand ^ et de saint Thomas d’Aquhi ^ sur la nature du magnetisme. Fracastoro ^ persiste aussi a y voir urie qualite occulte, qui s’allaiblit en se communiquant de procbe en proche, et il pretend expliquer ainsi pourquoi Fattraction diminue quand la dis- tance augmente. Maurolico ^ et Kircber ^ y voient iiOe application de la doctrine d’Anaximandre de Democrite ” et d’autres pbilosoplies ancicns sur Ì'attractioìi des semblables . Cardano renouvelle Fopiniou d’Alexandre d’Apbro- disias et du poète Claudien, suivant laquelle c’est un appetit de nutrilion qui fait que le fer se pre'cipite vers F aimant. Suivant Porta , la portion de fer qui entre dans la composilion de Faimant, combattile et comprimee jiar la piene avec la quelle elle se trouve combine'e, appelle le fer a son secours, et celui-ci accourt en qualite d’auxiliaire. William Gilbert admet qu’une /orce de réunion, puissance iricorporclle re'pandue autour de Faimant, produit la tendance mutuelle du fer et de l’aimant a s’e'lancer l’un vers Fautre. Gassendi reproduit et cor- rige, autant qu’il le peut, les tlie'ories mecaniques d’Epicure et de Lucrèce sur I De magnete, lib. VI, c. I, p. 203. Comparez Libes, liv. 2, chap. 13, § 1—5. — 2 Gilbert croit à la rotation de la Terre. Voyez M. Wbewell, History of thè inductìve Sciences, liv. V, eh. 3, sect. 2, voi. I, p. 40‘J, et liv. VII, eh. 1, t. 2, p. 151 — 152 (sec. ed., London, 1847, in-S*). — “ Magnes sivc de arte magnetica, lib. I, pars II, prop. 2, p. 52 — 55, et lib. Ili, part. II, c. 2, theor. 1, p. 519 et 522 — 523. — ** Voyez le traité d’Averroés (Ibn Rosehd) intitulé Colliget [Kétdb al Colliyat, livre des ge'néralites sur la naédecine), V, 25, trad. lat. impriméc une fois à part (Venise, 1482, in-fol.), et plu- sieurs fois avee la trad. lat. d'ceuvres médieales d’Avenzoar, de Rhazès et de Sérapion le jeune. — ^ Phys., lib. 8, tr. 2, e. 5, text. 35. — ® In Phys. , VII , leet. ,3. — ^ De sympathiis et antipathiis rerum , c. 5. — * Opusc. mathem., p. 100 — 102 (Venise, 1575, in-4°). — “ Magnes, lib. I, pars 2, prop. 3, Disquis., p. 59 — CO (Cologne, 1643, in-4"). — Dans Simplieius, Phys., fol. 6 è, 1. 45 — 48 (Aid.). — Dans Sextus Emp., Cantre les mathérn., VII, 116—117, p. 395 (Fabrieius), et dans le faux Plutarque, Opinions des philosophes, IV, 19. — Voyez Platon, 2rmc'e, p. 63 BGD; Théophraste, De se/isaDV/n, § 1 fin, p. 647 (Sehneider), et saint Clément d’Alexandrie, Stromates, II, p. 370 e (Paris, 1641, izi-fol.). — De subtilitate, lib. VII. — Magia naturalis, VII, 2, p. 289 — 290 (Leyde, 1644, in— 12). — De magnete. Comparez Gassendi, Epieuri philosophia, t. l,p. 365 — 366 (Lyon, 1649, in-fol.). — Physiea, sect. 3, membr. 1, lib. 3, c. 4, t. 2, p. 122—127 (CEuvres, Lyon, 1658, 6 voi. in-fol.), et Epieuri philosophia, pars 2, Phys., cap. de propriet. magnet.,i. \,p.oGi — 389 (Lyon, 1649, 3 voi. petit in-fol.). 15 — 114 — le magne'tisme, mais sans re'ussir a les rendre plausibles. Celle de Plutarque est de'veloppe'e et modifie'e d’ime manière inge'nieuse par Descartes ^ et par Euler Ces deux savants substituent aux courants ae'riformes, suppose's par Plutarque , des tourbillons d’une matière plus subtile, et ils s’efforcent de rendre compte de la polarite', que Plutarque et tous les anciens avaient ignore'e eh ce qui concerne Ics attractions et les re'pulsions. lls supposent, dans les aimants naturels ou ar- tificiels, des condui Is permanents, aboutissant aux deux poles, et faits de Ielle sorte que le fluide magne'tique , y pouvant pc'ne'trer dans ime senle direction , entre par un pole et sorte par l’autre, puis vienile rentier par le pole oppose'; ils admettent que des courants semblables sont forme's temporairement, par le passage méme du fluide, dans les corps magne'tiques non aimantès d’une ma- nière stable, mais actuellement rapproclie's d’un aimant; que ce fluide, au con- traire, traverse sans efFort , dans toutes les directions , les corps non magne'ti- ques; que si, en sortant d’un aimant, ce courant de fluide magne'tique rencontre un pole d’un autre aimant où il ne peut pas entrer, il cbasse ce pole devant lui et repousse en arrière l’airaant d’où il sort lui-méme; mais que, lorsqu’ eri sortant d’un aimant ou d’un corps magne’tique il trouve un autre corps magne'- tique a proximite', il entre imme'diatement dans ce corps, au lieu de se replier sur lui-méme pour rentrer par le pole oppose' dans le corps d’ où il sort, et qu’alors il entrarne les deux corps l’un vers l’autre. Cette ihe'orie très supe'rieure a celle de Plutarque, est encore très insufllsante. D’ après elle , (e courant qui sort d’ un aimant place' devant un corps non magne'tique , devrait pousser ce corps en avant et repousser l’aimant en arrière. En efFet, d’après cette the'orie, le fluide magne'tique qui sort par un pole d’un aimant ne peut pas plus pe'ne'trer dans un corps non magne'tique , qu’il ne peut pe'ne'tier dans le pole de méme noni d’un autre aimant, et par conse'quent la re'pulsion devrait se produire e'ga- lement dans les deux cas. D’ailleurs, cette the'orie ne peut rendre compte , ni de la distribution du pouvoir magne'tique, telle que l’expe'rience la constate, ni d’unc multitude de plie'nomènes re'cemment de'couverts, par exemple, des plie'no- inènes d’induction. Depuis que Newton, en constatant la grande loi de l’attraction universelle , a mine' les vieilles liypotlièses de l’inactivité absolue de la matière et de l’im- possibilite' de tonte action me'canique a distance, depuis, surtout, que les expé- riences d’OErsted et d’ Ampère et Ics belles lois de'couvertes par ce dernier ont ‘ Principes de la philosophie, Part. IV, § 1^3 — 183. — ^ Lettres à une princesse d’Allemagne,ìll^ parlic, Lettres 37 — 54. — 115 — fait connaitre les influences réciproques des courants e'iectriques et magne'tiques, OH a commence a entrevoir la possibilite' d’ arriver a ime explication plausible de tous ces phe'nomènes. Il est eVident de'sormais que les plie'nomènes magnétiques, electriques et électro-magne'tiques d’attraction et de repulsion a distance doivent s’expliquer me'caniquement, mais non par 1’ irnpulsion et par la communication du monv'ement de proclie en proche. Lors méme qu’on supposerait, contre tonte vraisemblance, que tous les phe'nomènes d’attraction et de re'pulsion a distance dussent un jour, par de nouveaux progrès de la Science, étre ramene's ainsi a des Communications de mouvement, qui auraient lieu par irnpulsion, d’un fluide imponde'rable aux corps ponde'rables et re'ciproquement, il faudrait encore recon- naitre que, dans l’e'tat pre’sent de la Science, il est necessaire de recourir, au moius provisoirement, sinon de'fmitivement, pour l’explication des attractions et des re'pulsions magne'tiques, a une puissance speciale agissant a distance et lè- sidant en des atomes de fluide imponde'rable qui ondulent autour de corps pon- de'rables, et que cette puissance de'pend des onduìations de ce fluide. Cette the'orie me'canique ne peut pas encore étre trace'e d’une manière com- plète : on ne peut pas encore la raraener a un petit nombre de lois simples , dont chacune exprime le mode d’action d’une cause de'terminée, et qui, combine'es ensemble de diverses raanières, permettent de pre'voir tous les phe'riomènes qui s’y rapportent, dans toutes les circonstances qui peuvent se pre'senter Peut-étre méme n’arrivera-t-on jamais a ce point, fante de pouvoir distinguer par des dé- linitions rigoureuses les diverses onduìations magnétiques de l’éther et la manière speciale dont elles agissent a distance. Mais , enfin , on est sur la voie : on apercoit le but, et on s’approclie. On est arrivé a des lois encore complexes, mais qui présentent déja un caractère remarquable de simplicité et de convenance, et qui lient entre eux, d’une manière satisfaisante, tous oii presque tous les phé- nomènes magnétiques connus jusqu’a ce jour. * Coniparez moti ouvrage intitulé: Philosophie spiritualiste la nature, 2' partie, cbap. 13 et 16. 116 II. OBSERVATIONS ET TllÉORlES DES ANCIENS Sur les attpactions électriques. Les mouvements produits par rélectricite dans les petits corps que nous pou- vons observer de près, ont cela de commun avec les mouvements magne'tiques, que les uns et les autres semblent spontane's, qu’ils ne re'sultent e'videmment pas de la pesanteur, et qu’ils ne pouvaient pas étre conside're's par les anciens comme de'termine's par les tendances naturelles qu’ ils attribuaieiit a leurs quatre e'ie- ments vers telles ou telles parties de l’espace universel. Les mouvements e'iectri- ques auraient pu leur sembler dignes d’une attention tonte speciale, a cause de la varie'te' des corps qu’ils afFecleiit d’une manière sensible, et a cause des con- ditions pre'alables qui sont nècessaires pour que le phenomène se produise. Ce- pendant les anciens se sont moins occupes des mouvements produits par l’electri- cite' que des mouvements produits par le magne' tisme, et il se sont contente's de constater quelques ressemblances entre les uns et les autres, sans s’appliquer a noter les difFe'rences. Sur cette partie de la pbysique, aujourd’liui si riclie et si feconde, les anciens avaient laisse' à peu près tout a faire. Dans cette Etude, comme dans la pre'ce'dente, nous rapporterons d’àbord leurs observations, puis leur the'ories; mais ces observations et ces tbe'ories sont trop peu de chose, pour qu’a ce propos nous puissions convenablement pre'senter un apercu de l’iiistoire ulte'rieure des notions sur l’e'lectricite'. Ainsi cette Etude n’aura (jue deux parties, au lieu d’en avoir trois, comme la pre'ce'dente. — 117 — ì'"" Paptie. Observations des anciens sur LES ATTRACTIONS électriques. Les anciens paraissent avoir ìgnore complètement les repulsions electriques. Ils paraissent avoir ignoro aussi la réciprocité cles attractions electriques, de méme que la re'ciprocite' des attractions raagnétiques. Farmi les corps qui acquièrent des proprietés electriques par le frottement, ils ont remarque surtout le succili, objet, très precieux alors, dont riiistoire et la mytliologie antiques sont très curieuses % et seulement un petit nombre d’ autres corps , sur la plupart desquels il y a méme lieu d’élever des doutes. Le Ijnciirium, sur lequel ils ont débite une fable absurde et donne des ren- seignements vagues ou contradictoires, parait, s’il n’est pas une variété de succili, étre une hjacinthe zircon hrun-orange, ou peut-étre une tourmaline,électrisables toutes deux par le frottement Dioclès et Théopliraste ^ attribueiit au Ijncu- rium les niémes propriétés attractives qu’au succin. Solin ^ et Priscien a propos des iles Britanniques , attribueiit ces mémes propriétés au jajet (gagates), signalé par eux comme un objet précieux qu’on trouve dans ces iles. Rajipelons-nous ® l’opinion des anciens sur la rivalité prétendue de l’aimant et de ì'adamas. Outre la confusion du diamant avec l’aimant, cette fable pourrait étre due en partie a une observation vraie, répétée par Fracastoro ^ : un gros diamant, convenablement frotte', attiro les corps légers, a la manière du succin. Rappelons-nous aussi Y anclrodamas de Piine *, qui attiro l’or, Pargent et le fer. Ce renseignement est faux, s’il se rapporto a un ainiant; il est incomplet, s’il se rapporto à un corps électrisable par le frottement, puisque le frottement n’est ’ Voyez mon Mémoire sur le succin , ses noms divers et ses variétés suivant les anciens (Extrait du t. VI, serie, partie, des Mémoires présentvs par divers savants à VAcadèmie des inscriptions et helles lettres), et M. Rossignol, Les métaux dans l’antiquité, p. 348 — 359 (Paris, 1863, in-8?). — ^ Voyez mon Mém. sur le succin, p. 34 — 37. — ® Voyez Théophraste (Des pierres, § 28—29, p. 693 — 694 de Schneider), qui cite Dioclès. — ^ C. 22, p. 31 de Saumaise (1689, in-fol.). Comparez Piine (XXXVI, 19, s. 34, 142—143; t. 5, p. 353— 354 de Sillig), qui ne parie pas de la propriété attractive. — ® Pe- riegesis, v. 584. Il n’est pas question du jayet dans le passage correspondant du poème grec de Denys le Périégète, traduit librement par Priscien. Comparez Denys, v. 565 — 569, et Priscien, v. 577 .584. — ® Voyez l’ Elude précédente, sur les attractions et les repulsions magnvtiques, D® partie, § 3, et mon Mémoire sur Vaimant, ses noms divers et ses variétés suivant les anciens, p. 17 — 20. — ' De sympathiis et antipathiis rerum, c. 5. — » XXXVI, 20, s. 38, n“ 146, t. 5, p. 355. Comparez l’Etude précédente sur les attractions et les repulsions magnétiques, D® partie, § 3. — 120 — au raiig des escarboucles , il faut e'videmment reconiiaitre mie tournialine ru- bellite de rinde ^ Piine de'signe, en efFet, l’Inde cornine le pays où se trouve la meilleure espèce de Ijchnis. Mais il a ignore la polarite electrique de cette tourmaline, de méme que la polarite' des airaants. Remarquons que les anciens ont fixe' leur attention de prefe'rence sur les objets rares et pre'cieux, et qu’ils ont ne'glige d’e'tudier des objets plus vulgaires, qui s’of- fraient d’eux-mémes a des observations plus faciles. Ainsi ils ont reconnu l’at- traction electrique determine'e par le frottement daiis le succin et daiis le jayet, et peut-étre dans 1’ hyaicitlie zircon , dans le diamant et dans quelques autres pierres pre'cieuses. Ils ont suppose', dans d’autres corps, des phe'nomènes analo- gues, purement imaginaires. Ils n’ont pas soupconne l’existence très réelle des at- tractions e'iectriques de'termine'es par le frottement dans des corps très conirauns, qui les pre'sentent au plus baut degre', par exeniple dans le soufìre, la re'sine, le verre, la ciré, etc. Ils ont constate' Pattractioii electrique de'Lermirie'e par le cliangement de te'mpe'rature dans la tourmaline rubellite. Ils paraissent avoir ignore' que la méme proprie'te' existe tout aussi bien, sinon mieux, dans d’autres tourmalines moins rares, par exemple dans le scliorl commun et dans beaucoup d’autres corps cristallise's IP Paptie. THÉORIES des anciens sur les ATTRACTIONS ÉLEC.TRIQUES Les tbe'ories des anciens sur les attractions e'iectriques ont pour objet l’expli- cation d’un seul fait, savoir, du mouvement des corps le'gers vers le succin. L’ex- plication de ce fait a occupe' moins d’auteurs que celle des attractions magne'- tiques, et la plupart de ces auteurs n’ont guères parie de cette explication, que pour l’assimiler a l’autre , sans savoir , ou sans remarquer , que le succin non frotte' n’attire pas. Thalès donnait, dit-ou une àme au succin, comme a l’aimant. Dans les at- tractions exerce'es par l’un et par l’autre de ces corps, le me'decin Alexandre ^ et d’autres auteurs croyaient reconnaitre une fonction vitale qui n’admettait pas d’explication me'canique. Galien Strabon, ^ Anatolius ® y signalent une cause ' Voyez Delaunay, Uerbersicht der alteri und der neuen Mineralogie, p. 54 et suiv. (Prag , 1803 , in-8?). — 2 Voyez Hippias, dans Diogène de Laérte, I, segna. 24, et le scholiaste de Platon, Rep. X, p. 937, (Ziiricli, 1839, in-4?). — ^ Problèmes, sect. 1, prooem., p. A ~ Des facullésphysiques, t. 1, p. 93, 1. 32—35 des (Éuvres (éd. gr. de Bàie.). — ^ XV, 1, n? 38 , p. 703 (Casaubon). — 6 Des sympathies et des antipathies, dans Fabricius, Bihlioth. gr., t. 4, p. 300 (anc. éd.). — 121 — occulte irréductible, ime sjmpathie inexplicable, que The'opliraste ’ et Simplicius ^ V laissent soupcoimer, sans raffirmer expresse'ment. Jean Philopon ^ suppose que le succin attive les corps le'gers par sa seule presene^, en vertu d’une puissance iiaturelle et par conse'quent continue dans son action, comme celle de l’aimanl, ainsi qu’il le declare d’une manière expresse; il ignore donc la nécessité du frot- tement pour donnei- au succin cette proprie'te' merveilleuse. Dèmocrite ^ y voit un pbenomène d’ absorption des e'manations , et il explique ce phe'nomène par X attraction des semblables. Alexandre d’Aphrodisias ^ raontre que cette expli- cation, inadmissible inérae pour l’aimant, l’est bien plus encore pour le succin, puisque tous les corps, si divers, que le succin attive, devraient étre semblables à lui et par conse'quent semblables entre eux. Alexandre aurait pu ajouter qu’ab- sorber les e'manations d’im corps, ce n’est pas attirer siraultanèment tonte la masse solide du corps lui-méme: la potasse caustique absorbe riiumidite' qui se degagé d’un morceau de giace fondante; mais elle n’imprime aucun mouvement au mor- ceau de giace. La théorie d’Epicure sur les attraclions e'iectriques nous est moins connue que sa tbe'orie sur les attractions magne'tiques; mais Galien ® nous apprend qu’elle ètait 'a peu près la méme. Ascle'piade ^ niait les premiers de ces phe'nomènes , aussi bien que les derniers, pour se dispenser de les concilier avec sa ne'gation syste'raatique de tonte action a dislance. Platon ^ declare que les attractions de l’aimant et du succin, de méme que les phe'aomènes de la respiration, resulteut de la communication du mouvement par impulsion et de Timpossibilité du vide, fllais corament ces attractions en résultent-elles ? voil'a ce qu’il n’explique pas. Suivant le faux Tirae'e de Locres 9, le succin e'met une sorte de respiration et absorbe en e'cliange un corps de méme nature: dans cette indication rapide, i! est aisé de reconnaìtre la théorie de Diogene d’Apollonie sur l’aimant; elle n’est pas plus satisfaisante dans son application au succin. Piine remarque que le succin a besoin d’étre frotte, pour attirer: or le frot- toment écliauffe ; d’où Piine conclut que le succin frotte exhale de la chaleur. Itlais il ne nous explique pas comment l’atti’action résulte de cette exhalation, Alexandre d’Apbrodisias, bien que djnamiste liabituellement et en particulier ^ Des picrres, § 28 — 29 (t. 1 , p. 693 — 694 , Schneider). — ^ Phys. , f. 3166 (Aid.), ou p. 4516 (Brandis). — ° Cantre Proclus sur Véternité du monde, IV , 14, feuille F , p. 1, I. 28—32 (éd. gr. , Venise, 1535, in-fol.). — '* Dans Alexandre d’Aphrodisias, Questions physiques et morales , li, 23, p. 13T— 138 de Spengel. — ^ Ibidem, p. 137 — 138. — ® Des facultés physiques, t. 1, p. 93 , 1. 33 — 40 desOEuvres {éd. gr. de Bàie). — ‘ Dans Galien, endroit cité, p. 93—95. — * l'imce, p. SO c. — ^ De rame du monde, p. 101 E — 102 A (H. Estienne et Serranus). — XXXVII, 3, s. 12, n® 48, t. 5, p. 306 (Sillig). 16 — 122 — pour ce qui concerne le magne'tisme, admet et de'veloppe, pour l’attraction exerce'e par le succin, la the'orie mécanique que Piine n’a fait qu’indiquer. vSuivant Ale- xandre d’Aplirodisias % Iq succin attire les corps legers, de mérae que la ventouse attire les humeurs, parce qu’en vertu de TimpossiLilite du vide il faut bien que quelque cliose vienne remplacer la chaleur qui sort de la ventouse et l’espèce de feu qui sort du succin. Mais ce serait Fair ambiant, ou bien quelque fluide plus subtil, qui devrait remplir cet office: les corps solides qui viennent se mettre en contact avec le succin ne comblent nullement les vides qui peuvent exister dans sa masse. Supposons que le succin absorbe les emanations de ces corps solides: ils n’attirera pas pour cela ces corps eux-mémes. D’ailleurs, il est evident que, d’après cette théorie de Piine et d’Alexandre d’Aplirodisias, il en devrait étre du succin comme des tourmalines, c’est-a-dire que tout changenient de temperature devrait, aussi bien que le frottement, lui donnei’ la proprie'te d’attirer les corps le'gers. Plutarque ^ essale d’ expliquer pourquoi le frottement est necessaire : c’est , suìvant lui, pour de'boucber les pores du succin; ensuite ce corps e'met une sorte de substance igne'e , ou d’air très subtil , et un coutre-courant se forme pour aller dans le succin remplir les vides. Mais, les exhalaisons du succin etant moins fortes que celles de l’aimant , le contre-courant est plus faible et ne peut en- trainer que les corps legers. Est-il besoin de dire que ce contre-courant, capable de mouvoir par impulsion les corps le'gers vers ■ le succin et le fer vers l’aimant, est imaginaire, et que, si le contre-courant attire, le courant qui sort du succin devrait repousser ? En re'sume, les tlie'ories des anciens sur les attractions e'iectriques sont encore plus insufflsantes que leurs tlie'ories sur les attractions magne'tiques, et elles ne me'ritent pas une critique de'taille'e. Il suffit de remarquer , en ge'ne'ral, qu’ une the'orie pliysique doit s’appouyer sur des faits e'tudie's avec soin: or celles que nous venons d’analyser s’appliquent a un seul fait principal, grossièrement observe', dont elles sont pourtant incapables de rendre compte d’ une manière plausible. Que serait-ce, si on voulait les appliquer aux faits nombreux et varies, aux lois admirables, qu’ une observation attentive de'couvre dans P e'tude des proprie'te's électriques des corps ? Remarquons que les anciens ont connu encore biens moins de faits sur les attractions e'iectriques que sur le magne'tisme. En elFet, ils ont ignorè la com- munication de Pelectricite' par le contact , la distinction des bons et des mau- vais conducteurs, l’e'lectrisation par influence , la polarite' e'iectrique , la distri- * Questions physiques et moraìes, II, 23, p. 139—141 (Spengeì). — ^ Questions platoniques, VII, 7. — 123 — Jbution de l electricite a la surface des corps, la distinctìon des deiix electricites contraires, les repulsions e'iectriques, la rc'ciprocite' des attractioiis et des repul- sions, tous les faits qui dependent de ceux-la, et a plus forte raison les appareils ingenieux dont rinvention a e'te' sugge'ree par ces faits. Enfin, Eelectricite dyna- raique ne leur a ete' nullement connue. A plus forte raison, ils ont ignore les phenoniènes electromagnetiques et e'iectrocliimiques. A plus forte raison encore, ils n’ ont nullement soupconne' que les phe'noraènes e'iectriques et magne'tiques qu’ils connaissaient eussent aucun rapport soit avec les commotions que la tor- pille produit, soit avec la foudre, avec les aurores bore'ales, et avec les autres phenomènes appartenant a ce que les modernes ont appeld E électricité atmos- phérique. — 124 — Di alcuni insetti i quali hanno danneggiato talune vigne della provincia Ro- mana di Marittima e Campagna nel cessato anno. Nota del prof. Vincenzo cav. Diomo. Ija Ch.""* Sig.** Contessa Elisabetta Fiorini-Mazzanti illustre nostra accade- mica, presentommi nella seduta passata , alquanti piccoli insetti , dicendomi avere dessi danneggiato notevolmente alle uve le quali aspettavano 1’ ultimo ricolto, in non poche vigne della Provincia Romana di Marittima e Campa- gna, ed asseriva averne negli stessi suoi poderi sofferto le avarìe; sicché era desiderio suo che dopo averli esaminati, ne dicessi qualche cosa nella seduta presente. Onde corrispondere pertanto al gentile invito della sullodata Ch.”® accademica, vengo ora a raggionarvene brevemente. Non fu difficile riconoscere a colpo d’occhio quelli animaluzzi, la di cui maggior lunghezza toccava appena i millim. su due di grossezza, non es- sere poi altro che dei lepidotteri chetoceri vicini alle tignuole, delle quali ave- vano il portamento , ma non le abitudini. Difatti le ali superiori raddossate al corpo faceanli scorgere non molto discosti dalle tineiti: , e li avresti confusi con queste, ove non ti fosse occorso di rimarcare che le ali suindicate ecce- devano un poco il corpo per la di loro lunghezza; che le sottostanti ali po- steriori chiudevansi a ventaglio ; che la proboscide membranosa e lunga no- tevolmente ravvolgevasi a stretta spira su se stessa; che finalmente l’ultimo articolo de palpi, che non superavano in lunghezza la testicciuola dell’anima- letto, presentavano l’ultima articolazione quasi tanto sviluppata quanto l’an- tecedente: caratteri tutti che presi insieme facevano conoscere che le nostre farfallette dovevano riportarsi al genere Yponomeuta-, di cui per sopra più ave- vano le abitudini e gli istinti; vivendo come i congeneri tutti riunite in so- cietà, sotto delle istesse tende; e non fabricandosi come le vere tignuole dei foderi od astucci ove raccorsi ognun da se, e da trasportarsi all’opportunità ove i bisogni della vita lo richiedano. Assicura vami infatti la Ch. Accademica sullodata che i nostri piccoli èntomi dispiegavano la malignità loro contro del frutto della vite avviluppandolo di una seta che di loro stessi usciva , sotto della quale annidati e nascosti, andavano a tutto bell’agio rodendo gli acini; che vizzi e rammolliti per il sottratto influsso della luce solare diretta, im- pedita dalle tele intessute dal verme di penetrarli; meno di resistenza vitale opponevano ai sottili e ripetuti attacchi delle larve distruggitrici. Per ciò che si riferisce alla specie zoologica, le nostre farfallette quan- tunque vicine a qualche altra indicata nelle opere dei più conosciuti classifi- catori ; se ne discostano però nettamente per alcuni singolari caratteri quali a me parrebbe di potere esprimere con la frase seguente ; « Iponomenta - alis griseo-argenteis; punctalis minimis fucescentibus ad marginem biserialibus, ad basim confliientibus irroratis', apice obscuriore, ci- liato » . Il più curioso però si è che trovansi sotto dell’ istessa tenda coppie di individui che infra di loro ben poco si rassomigliano; e la frase da noi or ora enunciata, deve per l’altro individuo della coppia , che per grandezza e svi- luppo pochissimo dal primo differisce, modificarsi così : « Ipono ME NT A - alis albidis subpellucidis; jmnctulis minimis cinereis ir- roratis rarissimis; apice, strigis obscurioribus abbreviatis obsoletis, postice ci- liatis )). Pare pertanto che la specie della quale ci stiamo occupando, debba ri- tenersi come una di quelle, che sono rappresentate in natura da una doppia stasi individuale, l’una maschile, l’altra feminea. Nel caso nostro il maschio si avvicina alla Tiiiea cinerella di Fabricio; la femina alla Tinea Harrissella dello stesso autore; nò ciò sarebbe poi troppo strano avendo lo stesso Peiagna (Instit. Entom. Y. IL, pag- 605 et 509) de- scritte entrambe queste specie di Tignuole fra insetti che risconti-ansi nel- r Italia meridionale. Che se le due specie Fabriciane testò nominate finissero per non essere poi altro che la nostra; in tal caso ci piacerebbe che alle due fuse insieme si accordasse il nome di linea oenothriella, dal paese che le riu- nisce, e dalla pianta a cui renderonsi infeste. La metamorfosi di codesti lepidotteri, si verifica copertamente [metamor- phosis obtecta) al di sotto di una crisalide coriacea; su della quale vedesi trac- ciato il corsaletto ed il ventre del verme inchiuso : dessa ò di colore arancio e non presenta macchia alcuna di diverso colore. Il bruco, o larva, o verme, non ha più di 3 millim. di totale lunghezza , sopra 1 miliim. di diametro : è liscio in tutto il suo ambito; di colore rosso castagnino, con una linea dor- sale, altra ventrale, e due laterali nere che ne percorrono tutta la lunghezza. Sembra avere 1 6 piedi ; ma il cattivo stato di tutti gli esemplari non ci consente lo assicurarlo. Gli anelli cefalici sembrano sui bordi sfumati di ne- ro. Nessun punto però diversamente colorato si scorge sulla superficie del vermetto che descriviamo. Pare che desso abbia un intestino setigero breve 17 semplice e membranoso , il qnale gli fornisce lo stame per tessere le tele suaccennate. Non consentendomi il tempo di dirvene di più per oggi; chiuderò questa comunicazione ringraziando l’ Illustre accademica per la occasione che mi ha fornito di studiare una specie di più fra quelle che danneggiano alla vite. Dessa infatti associasi in ciò fare non solo alla Zigena alla Piralide della vite, alla Falena dispari, ed al Crittocefalo ed ai curculionidi della vigna e di bacca; ma sibene ancora a molti veri acaridi riscontrati da me più volte aggirarsi in mezzo al funesto Oidio del Tubero ; i quali aumentano per conseguenza il numero degli ampellofagi. Accenno poi tanto più volontieri quest’ultimo fatto; in quanto che leggo nei Conti resi dell’accademia delle scienze di Parigi che pure il sig. L. Ancelon lo ha indicato nella seduta del 24 ottobre del ces- sato anno. {Compt. Pend. T. 59 pag. 703). — 127 — Primo saggio di Osservazioni Meteorologiche comparative fra Roma e il Monte Cave; istituite e discusse da Giuseppe d.’’ Serra Carpi . permetto di presentare all’ Accademia un primo Saggio di normali osser- vazioni Meteorologiche comparative a diverse altezze che vennero da me pel primo istituite nella nostra contrada affine di poter discutere alcune impor- tanti questioni che non sono ancora completamente risolute. Un tale studio pertanto ho potuto intraprendere profittando della località del Monte Cave che riunisce in se il vantaggio di un notevole dislivello e di una tenue distanza dalla Capitale, e nel ritiro posto su quella vetta recai un mio barometro già confrontato qui in Roma con altro normale, inoltre un termometro di cui cal- colai lo spostamento dello zero, e ugualmente uno psicrometro d’August che venne da me fatto costruire in guisa che si potessero apprezzare le decime di grado, essendomi già preventivamente assicurato della simultaneità delle indicazioni dei due termometri che lo compongono. La situazione poi del Ritiro su quell’ altura mi fu faverevole affine di collocare opportunamente gli istromenti e specialmente i termometri che sono esposti al Nord e riparati dei raggi solari sia diretti sia riflessi. Tre volte al giorno si fanno le osservazioni dei seguenti elementi Meteorologici , cioè del Peso deir atmosfera , del suo calore , della sua umidità , della direzione del vento e dello stato del Cielo unitamente poi ad altri fenomeni come la tem- pesta, il cader della neve, le nebbie ec. Ma tutte le mie cure non avrebbero avuto alcun successo se non avessi trovato, nei RR. PP. Passionisi che dimorano su quel monte, dei diligenti e premurosi osservatori, quindi è che publicamente rendo ad essi questo dove- roso encomio per avere con tanto inpegno cooperato all’avanzamento di un tal genere di ricerche. Le ore poi delle osservazioni sono le sette antim. le tre pom. e le sette pom. e sopra ciò non essendo questo il momento di entrare a discutere quali tempi siano preferibili per osservare , dirò solamente che fra i diversi motivi che mi fecero prescegliere le dette ore, non ultimo certamente si fu il renderle conciliabili col tenore di vita di quei RR. Religiosi. Ed ecco pertanto un qua- dro nel quale ho brevemente raccolto i risultati delle osservazioni termome- triche fatte nell’ultimo trimestre del 1864. Quadro rappresentante le differenze medie di temperatura fra Roma e il Monte Cave. Ottobre Novembre Decembre Decade Media in gr" C‘. Decade Media in gr- C'-. Decade Media in gr‘"‘' CC 1” -+- 3% 64 1“ -4- 5% 03 r -t- 4 , 56 2. H— 5 , 12 2. -H 5 , 64 2. — H 5 , 40 3. -+- 5 , 82 3. -f- 5 , 82 3. -1-4,97 Diff. mens^ 4% 56 Diff. delm. -H 5", 40 Diff. delm. -H 4 , 86 N. B. Il segno innanzi ad una cifra indica che la temperatura di Roma eccede quella del M. Cave di tanti gradi quanti ne indica la cifra stessa. Fra le molte ricerche di cui è fecondo il sistema di osservazioni da me istituito, la prima che mi sono proposto è stata quella di determinare la dif- ferenza di temperatura per le diverse altezze, a fine di indagare nel nostro paese quale rapporto sia adottabile fra la temperatura e 1’ altezza di quelli che vengono dati dai Meteorologi. Quindi è che vennero da me eseguiti sulle osservazioni termometriche, i primi confronti dei quali ho dato un cenno nel sovrapposto quadro. ' Dalle differenze di temperatura che presentano in questo primo trime- stre di osservazioni le località di Roma e Monte Cave, ho potuto dedurre due importanti conseguenze- Chela minima differenza di temperatura fra Roma e quella vetta è alle ore 7 antim, laddove la massima differenza è alle ore 3 pom. Quindi è che qualora si avessero a fare in qualche altura operazioni di altimetrìa barometrica o altre nelle quali fosse d’ uopo tener calcolo della differenza di temperatura, sarebbe meglio 1’ eseguirle circa quell’ ora, nella quale la diffe- renza già indicata è la minima. 2.° Ho potuto determinare di quanto decresca la temperatura per una data altezza nelle nostre contrade, giacche essendo il dislivello assoluto fra Roma e il Monte Cave di 954 metri, ed aggiungendo 6”' dei quali il termo- metro su quel Monte sovrasta il suolo, avremo l’altezza complessiva di 960 metri; ma le osservazioni che si fanno in Roma sono circa 50'” sul livello del mare, dunque il dislivello fra i due termometri nella capitale e su quel monte è circa di metri 910metri.Ora la differenza media che ci offre questo primo — 129 — trimestre di osservazioni è di 5", 06 ossia la temperatura diminuirebbe nella nostra latiludiìie di jyer 178 metri di altezza. Ed un tale risul- tato sebbene in appresso verrà forse un poco modificato da una più lunga serie di osservazioni, pur tuttavia già si mostra molto soddisfacente, giacché esso è assai vicino a ciò che venne osservato in altre località da celebri Meteorolo- gi che si occuparono della stessa determinazione. Pertanto riguardo alla temperatura media del Monte Cave questa venne da me dedotta aritmeticamente dalle osservazioni alle ore indicate, ed ho trovato le medie per ottobre 9,° 63 C,° per Novembre 6,° 81 e perDe- cembre 3,° 07 dalle quali risulterebbe la media di tutto il trimestre 6,” 31. Volendo applicare a queste cifre la solita correzione che Dove desunse dalle osservazioni di Chiminello a Padova e che calcolata numericamente importa per le nostre ore — 0,“ 34 ; — 0,° 21 ; — 023, si otterrebbe il medio fi- nale per i tre mesi ora indicati di 9,°31 ; 6,° 60 e 2,° 82. Donde risulte- rebbe il medio del trimestre di 6,° 24. Allorquando però la mia nuova stazione novererà un più lungo corso di osservazioni, spero di poter perfezionare questa importante ricerca e di isti- tuirne ancora delle altre, a fine di tentare la soluzione di molte interessanti questioni, che ci presenta 1’ avvicendamento dei fenomeni nell’ atmosfera. — 130 — Sulla memoria del sig. Cav. Michele Stefano de Rossi , intitolata : Analisi geologica ed architettonica delle catacombe romane. — Comunicazione del prof. P. VOLPICELLI. Il sig. cav. Michele Stefano de Rossi , che nel 1860 sottomise al giudizio deir accademia, una macchina icnografica ed ortografica , da esso inventata pei livelli e le piante delle romane catacombe , ci offre oggi 1’ edizione dei primi frutti di quel congegno; ed insieme un saggio dell’analisi geologica ed architettonica, dal medesimo intrapresa, di Roma Sotterranea. La novità e la importanza di una siffatta analisi , la quale dalle scienze naturali trae luce, per l’ istoria e 1’ archeologia, è posta in chiaro fin dalle prime parole della prefazione; in cui l’autore dimostra come la geologia , e 1’ architettura ci rivelino le leggi dalla natura e dall’ arte, imposte alla escavazione delle romane catacombe. Questi due capi d’osservazione, fanno conoscere i luoghi ove quegl’ immensi ipogei esistono; ne determinano i limiti, lo svolgimento, e le epoche varie dell’escavazioni; ne scoprono finalmente le relazioni con la esterna superficie del suolo. Per mezzo delle quali relazioni , l’autore fu in grado paragonare l’esistenza , le forme , ed i limiti de’ sotterranei cristiani , con gli effetti geometrici delle leggi romane sulle aree sacre ai sepolcri , e con quelli de’ termini delle proprietà, tanto publiche, quanto private. Perciò intraprende l’autore sotto questo punto di vista: 1 ." la generale icnografia del no- stro suburbano, e sotterra e sopratterra: 2.° le parziali piante e spaccati architet- tonici e geologici di ciascun sotterraneo cemetero. Ambedue i lavori ed ortogra- fici, ed icnografici, sono illustrati da un testo analitico, diretto a rintracciare le ragioni, e la cronologia delle singole parti dell’escavazioni. Oltre a questo, in speciali trattati, egli risolve alcuni problemi generali, relativi allo studio delle romane catacombe, i quali principalmente dall’analisi geologica, ed architet- tonica, possono essere chiariti. Alla vastità e novità di questo programma, esposto nella prefazione, ri- sponde il saggio, che ne viene in luce nel primo volume della Roma sotterranea cristiana, opera del fratello dell’autore, il testo del quale volume si divide in tre dissertazioni. La prima tratta della origine delle romane catacombe ; la seconda determina i limiti e le leggi dell’escavazioni ; la terza contiene l’a- nalisi geologica ed architettonica della più gigantesca sotterranea necropoli ; ~ 13i — quella cioè che è chiamata di Callisto, e specialmente della più antica regione di essa, appellata di Lucina, principale argomento del volume predetto. La famosa e rilevantissima questione sulla origine delle catacombe romane, cioè del fine pel quale furono in origine scavati quei labirinti sotterranei del nostro suburbano, non poteva essere definitivamente decisa, senza un com- plessivo, storico, geologico, ed architettonico esame. L’opinione di coloro che li stimavano cave di pozzolane, veniva favorita dalle storiche testimonianze; la sen- tenza poi di chi li voleva opera de’ cristiani fossori, era fondata sulle forme dell’ escavazioni , e sulla natura delle roccic scavate. Trovare il vero fra le due contrerie sentenze, forma lo scopo cui tende il nostro autore. Egli perciò enumerete e classificate topograficamente le testimonianze storiche, le quali appellano aranarie, o cripte arenarie i cemeteri cristiani, ne fà rilevare in prima lo scarso numero; quindi esamina se con quelle parole arenaria e cri- pta arenaria, s’intenda il luogo donde la pozzolana si estraeva. E per giungere a questo risultamento, ricostruisce innanzi tutto l’antica nomenclatura delle roccie componenti il suolo romano, studiandone le proprietà fisiche, e gli usi cui furono utilizzate. Affinchè poi questo suo studio fosse completo, chiaro, ed ordinato, l’autore riassume la genesi geologica della nostra contrada. Queste generali nozioni filologiche e geologiche, applicate quindi ai testi storici, ed ai luoghi indicati da essi, aggiuntovi anche un’esame comparativo delle forme architet- toniche delle catacombe, e delle arenarie antiche, fanno concludere ad evidenza, che gli storici testi, non indicano, tranne qualche rara eccezione, ne’cemeteri cristiani, le cave della pozzolana. La scelta poi degli strati da perforare, come pure le forme dell’escavazioni, addimostrano chiaro che la origine e lo scopo unico di questi ipogei, consiste nel preparare i sepolcreti de’ primitivi fedeli. Dimostrata cristiana quest’opera gigantesca, l’autore si propone togliere la oscurità e gli errori che hanno regnato fin ora, sull’estensione indefinita di questi sotterranei verso il mare, ed anche sotto i letti del Tevere, dell’Almone, e degli altri corsi delle acque. Di questa parte del suo studio 1’ autore ci diede un cenno collo scritto, che accompagnò all’accademia la presentazione della macchina sopra indicata. Ma ben diversa, e più diffusa è la trattazione che ora viene in luce, la quale si estende anche sopra parecchi punti, al- lora non toccati, ed è corredata di tavole geologiche , ed architettoniche, di molta novità ed importanza in siffatto argomento. Quindi è che, a cercare i limiti e le leggi di tali escavazioni, dopo rinvenuta colla sperienza e colla storia, la zona di territorio che le contiene, passa l’autore ad esaminare le condizioni geologiche, necessarie negli strati scelti a tale uso. Quindi egli dimostra necessaria a priori, e cercata nel fatto, la collocazione di questi sotterranei nell’alto dei colli. Un particolareggiato studio, tanto sulle profondità varie delle gallerie, quanto sul sistema sempre orizzontale della escavazione, fà toccare con mano l’assurdità della sentenza di coloro, che credono estendersi le catacombe nelle valli, 0 almeno scendere a seconda del movimento del suolo, fino a passare sotto i letti delle acque. Tutta questa dimostrazione si rende visibile a colpo d’occhio, in una tavola che presenta la sezione geologica-architettonica del ce- metero di Callisto; nella quale veggonsi tutti gli strati diversi, scelti o evi- tati dal cemetero cristiano , e le varie loro altezze sopra i livelli del primo apparire delle acque in que’sotterranei, e dei corsi dell’Almone e del Tevere. Queste leggi naturali sono poi verificate, mediante un rapido esame geologico- archeologico della zona del nostro suburbano, che coll’autore chiameremo ce- meteriale. Spinge quindi più innanzi la cognizione de’ limiti e delle leggi , e giunge perfino a provare, collo studio sulle configurazioni geometriche delle aree sacre ai sepolcri, quali sieno i principii, e le successive ampliazioni de- gl’ ipogei, che poco a poco divennero quella spaventosa necropoli, dell’ am- piezza di cui niuno avea fin ad ora tentato acquistare una scientifica idea. A questi due primi generali trattati, segue l’analisi della pianta del ce- metero di Callisto, e della regione di Lucina. La pianta stessa è un’impresa di proporzione gigantesca, e l’autore l’analizza ne’ suoi rapporti, con la for- mazione geologica della collina , e con le linee delle antiche vie publiche , e private che le correano sopra. Nella dissertazione di cui parlammo, tocchiamo con mano come, malgrado i guasti orribili fatti dal tempo, e dagli uomini , nelle gallerie medesime, si possa con 1’ accurata analisi giungere a rinvenire, con ogni certezza, la cronologia di ciascun passo, praticato nella vergine roccia dagli antichi fossori; e le ragioni tutte che regolarono l’escavazione di quella sot- terranea città, da tutto il mondo ammirata, che ora soltanto viene in chiara luce, pei dotti lavori de’ chiarissimi fratelli de Rossi, e che dovrebbe attirare di preferenza, le più efficaci cure della cattolicità intera. — 133 — Fìorae romanae Prodromus exhibens plantas circa Romam , in Cisapenninis Pontificiae dictionis provinciis , et in Piceno sponte venientes. Auctore Petro Sanguinetti (Continuazione) (*). ****** Crocodiloidea Lin. Spinis squamarum involucri solitariis. 1917. cicHORACEA. L. Sp. PI. p. 1299. Glabriuscula. Caule erecto sira- plici vel parce ramoso, ramis erectis*' foliis late-lanceolatis irregulariter den- tato-mucronatis, radicalibus in petiolum productis deorsum pinnatifìdis inte- grisque , caulinis decurrentibus : calathis grandibus solitariis ramis terminali- bus, pedunculo elongato subnudo: involucri campaniformis squamis lanceola- tis acutis, spina longa setacea tandem recurva, terminatis: pappi setis ache- nio plus duplo longioribus. C. cichoracea Sang. Cent, tresp. 122. n. 278. - Bert. FI. It. l. 9. p. 488. In maritimis Civitavecchia juxta locum dictum. La Torre di Orlando. Perenn. Fior. Julio. Corollulae rubrae. 1918. SALM ANTICA L. Sp. PI. p. 1299. Inferius birsuta superius pu- bescens vel-glabrata. Caule erecto ramoso quandoque subsimplici , ramis e- recto-patulis elongatis : foliis inferioribus lyratis , mediis lanceolatis, summis linearibus omnibus toto margine dentato-spinulosis: calatbis raediocribus, caule ramisque terminalibus : involvcri ventricosi squamis ovatis, spina brevissima sub-recurva, terminatis: pappi setis scabridis achenio multo brevioribus. C. salmantica Maur. Cent. 13. p. 41. - Bert. FI. It. t. 9. p. 489. In muris secus portam Divi Pancratii. Perenn Fior. Julio. Corollulae albae. GALACTITES. 1919. TOMENTOSA Moencìi. Melh. p. 558. Albo-tomentosa. Caule erecto ramoso-corymboso : foliis pinnatifìdis decurrentibus, lacinis lanceolato-acumi- natis spinosis, pagina superiore denudata albo-viridibus= calathis grandiuscu- lis: involucri campaniformis squamis lanceolatis arachnoideis. G. tomentosa. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 299. n. 1091. - Bert. FI. It. t. 9. p. 491. Vulgatissima in agris et viis. Ann. Fior. Junio- Julio Corollulae intense roseae. Syngenesia-polygamia necessaria. CALENDULA. (*) Vedi la sessione IV.® del 20 giugno 1864, p. 191, di questi Atti. 18 184 — 1920. ARVENsis L. Sp. PI. p. 1308. Pubescenti glandulosa. Caule ra- moso decumbente vel erecto : foliis lanceolatis acutis remate dentatis, itife- rioribus in petiolum productis , superioribus amploxicaulibus , nonnullis e a- cheniis exterioribus lineari-canàliculatis demum suberectis. C. arvensis. Seh. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 299. n. 1092. - Bert. FI. It. t. 9. p. 498. - C. offìcinalis Sebast. En. PI. Amph. Flavvi pag. 82 n. 44. In arvis viis vineis vulgatissima. Ann. Fior, hyeme et vere. Corollulae citrinae. Vulgo. Calla, Primo fiore. EVAX. . 1921. PYGMAEA Pers. Stjn. PI. t. 2. p. 422. n. 1. Cinereo-tomentosa, humilis. Caule erecto ut plurimum simplici toto folioso: foliis sessilibus spa- thulatis obtusis, supremis involucrantibus patentibus, calathorum glomerulo du- plo longioribus: acbeniis scabris. E. pygmaea Bert. FI. It. t. 9. p. 501 - Gnaphalium rorseum supinum cau- les. Bari'. le. 127. f. 4. et Gn. leontop. erectum l. c. In pratìs maritimis. Porto di Ascoli. Ann. Fior. Vere et Autumno. Corollulae luteae. 1922. ASTERisciFLORA Pers. Sijn. PI. t. 2. p. 428. n. 2. Albo-tomen- tosa, pusilla. Caule simplici vel parce ramoso, foliis sessilibus lanceolatis a- I cutis supremis involucrantibus patentibus, calathorum glomerulo, plus duplo longioribus: acbeniis ciliatis. E. asterisciflora Beri. FI. It. t. 9. p. 502. - Micropus pygmaeus Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 286. n. 1084. In pratis mare versus non infrequens. Casetta Mattei, Pozzo Pantaleo , Civitavecchia etc. Ann. Fior. Junio. Corollulae spurco-luteae. MICROPUS. 1928. ERECTUS L. Sp. PI. p. 1818. Albo-lanatus, lana saepius fioccosa. Caule ut plurimum solitario ramoso, ramis bifìdis aut dichotomis : foliis ob- verse lanceolatis integerrimis : involucri squamis inermibus. M. erectus Bert. FI. It. t. 9. p. 506. In aridis montium Umbriae, et Piceni alla Sibilla, al M. de'Fiori. Ann. Fior. Junio-Julio Corollulae luteae. — 135 — Syngl'nesia-Polygamia segregata. ECIIINOPS. 1924. SPAEROCEPHALUS. L. Sp. PI. p. 1314. Glanduloso-viscidus alboque to- mentosus: foliis desuper simpliciter pilosis spurco-viridibus. Caule erecto ramo- so : foliis sinnato-pinnatilìdis, pinnis dentato-spìnosis, superioribus sessilibus cordato-amplexicaulibus, inferioribus in petiolum productis : capitolo grandi : involucri proprii squamis externis, internis dimidio brevioribus: achenii corona brevissima denticolata. E. spaerocephalus Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 299. n. 1093. - Bert. FI. It. t. 9. p. 509. - Carduus sphaerocephalus latifol. albens. Barrel. le. 143. In locis montanis. Presso Tivoli, sul Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Julio, Augusto- Corollulae albo-coerulescentes. 1925. ELEGAiYs Bcrt. FI. It. t. 9. p. 513. ineano-tomentosus, foliis so- pra denudatis viridiusculis: caule erecto simplici ramosove : foliis inferioribus bipinnatifidis, superioribus simpliciter pinnatifidis, rachide angusta, laciniis laci- nulisque valde dentato-spinosis : calatho grandiusculo : involucri proprii squa- mis externis, internis triplo brevioribus: achenii corona brevissima setaceo-la- cinulata. E. Ritro Sang. Cent, tres p. 122. n. 280. In sterilibus montium et ad vias in Umbria, et in Piceno. Perenn. Fior. Julio. Corollulae cyaneae. CLASSIS XX CYAANDRIA SeCT. 1. GyNOSTEMIUM IRREGULARE (l) OrCHIDEAE Li lY Oro. 1. Monandria. 471. ORCHIS. Perigonium orchideum ovario adaerens sex partitum: (2) (l) Partes praecipuae Cynostemi irregularis cum Richard o denominantur. Gynizus, cicatrix impressa in parte inferiore, et interna perigonii , sti- gmati respondens. Bostellum, processus superior Cynizi, qui plus minus ad instar rostri in parte superiore Cynizi anterius producitur, eumque quodamodo occultat. 1 galea petaìis aequalis: opercula, galea et petalis, breviora: partes omnes vel in fornicem conniventes , vel saepius pelala patentia aut reflexa , galea cum operculis connivens: labellum lobatum vel integrum calcaratum: anthera 2-lo- cularis , loculis contiguis parallelis : massae pollineae retinaculo bursiculato , quandoque nudo, retentae, et in caudiculas productae: gynizus concavus: ova- rium saepius eontortum. 472. PLAT ANTHERA Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitura: galea petalis patentibus aequalis : opercula petalis breviora : galea et opercula insiraul fornicata ; labellura lineare obtusum , calcar atteriuatura ovario multo longior : anthera 2-locularis loculis latis explanatis aut conve* xiusculis parallelis patentibus: massae pollineae retinaculo nudo retentae et in caudiculam productae: massulae distinctae bine inde ad latus loculorum sero hiantium: rostellus nullus: ovariura non eontortum. 473. HYMANTOGLOSSUM Spr. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitura: galea petalis aequalis, opercula linearia galea et petalis breviora, omnia inisimul in cucullum parvum coadimata: labellum elongatum tripartitum laciniis angustis lateralibus breviusculis, media longissima 2-fida: calcar saccatum saepe brevi crasso pendolo: anthera 2-locularis : 'massae pollineae retinaculo unico bursiculato retentae, et in binis caudiculis productae ; ovarium stipita- tum non eontortum. Proscolla, glandulae in parte anteriore Rostelli , fecundationis tempore madidae, stigmatis opus coadiuvantes. Retinaculum, membrana mucosa elastico extensibilis, quae massam pol- lineam involvit loculosque determinai. Membrana haec quandoque basi duplex; scilicet recipitur ab alia breviori, lune retinaculum bursiculatum dicitur, nam haec peculiaris membrana , quae ab extremitate anteriori Rostelli exurgere videtur, Burzicula nuncupatur. Caudicula, pars inferior retinaculi successive attenuata, qua loculi, ut piu- rimum, Proscollae adhaerent. Massa pollinea, quidquid Pollinis in quoque loculo continetur. Massaia Pollinea, partes in quibus massae quandoque dividuntur. (2) Partes Perigoni! ut plurimum sex, tria externa , tria interna: duo ex interioribus, et tria externa labium superius ut plurimum constitunt (labium simpliciterdicendum)et nominibus peculiaribus sic distinguntur.Ex externis media Galea noncupatur , lateralia Pelala, duo interna superiora Opercula, tertium ex internis omnium majus inferius quam saepissime productum Labellum. — 137 - 474. PERISTYLUS Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum: galea et pelala ovato-lanceolata, opercula linearia, omnia in cucul- lum parvum campanulatum conniventia; labellum oblongum angustum, sepalis vix longior, apice trifidum, lacinis linearibus media brevissima: anlbera 2-lo- cularis; massae pollineae retinaculis nudis distinctis involutae et in caudiculas prodnetae: ovarium contortum. 475. NIGRITELLA Rie. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex parti- tum resupinatum: galea et pelala laneeolala, opercula breviora et angustierà, labellum erectum ovatum subundulatum, omnia insimul erecto-patentia: cal- car scrotiforme vel cylindraceum semper obtusum et ovario brevius: anthera 2-locularis: massae pollineae modo nudae, modo a retinaculo bursiculato se- miobvolutae in caudiculas elongatas, jamdudum produclae: ovarium non con- tortum. 476. ACERAS R. Rrown. Perigonium orchideum sex partitum ovario adhae- rens: galea petalis aequalis et cum opercula minora in cocullum conniventia: labellum planum ecalcaratum dependens profunde trisectum, segmentis lineari- bus , medio longiore et saepe bifido : anthera erecta bilocularis : massae pol- lineae retinaculo unico bursiculato retentae et in caudiculas distinctas pro- ductae : gynostemium breve obtusum : ovarium contortum. 477. OPHRIS L. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum: galea et petala aequalia patentia sub coneava: opercula minora erecta: label- lum sub earnosum ecalcaratum porrectum ut plurimum convexum indivisum, vel trifidum, lobo medio integro emarginato vel bifido, pectore varimode pi- ctum. basi saepe bicolliculosum: anthera erecta, denuo super gynizum con- cavum non raro recurvata, bilocularis : massae pollineae retinaculis bursicu- latis retentae et in caudiculas productae: apex gynostemii saepius elongatus et apice rostratus: ovarium non contortum. 478. SERAPIAS E. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum, partibus inferne connatis vel liberis: galea petala et opercula in cucullum acu- minatum inclinatum coadunata: labellum ecalcaratum trilobum basi gibbum, lobo medio longiore saepius cuspidatum et medio refractum, lateralibus ro- tundatis erectis vel a^eendentibus, cuculio inclusis vel exertis : anthera ver- satilis 2-locularis, loculis parallelis contiguis: massae pollineae retinaculo unico bursiculato retentae et in caudiculas distinctas productae: gynostemium elon- gatum, rostro apice compresso: ovarium non eontortum. 479. SPIRANTHES Rich. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex- partìtum erectum ringens: pelala libera et ad labellum deflexa: galea et oper- cula connata insimul fornicata : labellnm integrum sepalis subaequale breviter unguiculatum ecalcaratum , facie superiore inferius canaliculaturn, facie infe- riore medio bicallosum; anthera mobilis acuminata: massae pollineae retinaculo unico nudo retentae et caudiculis proscollae insidentes: gynostemium breve deflexum, in canaliculo labelli, receptum: ovarium non contortum. Flores spi- cati spiraliter dispositi. 480. NEOTTIA Rie. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum: galea pelala et opercula in ter se fere aequalia et in fornicem campanulatum insimul conniventia: labellum porrettum, galea plus duplo longior, basi conca- vum, apice 2-lobum, lobis divergentibus: gynosteminm breve apice reflexo an- theriferum: anthera libera 2-locularis: massae pollineae parvae pulverulentae nudae ecaudiculatae proscollae communi junctae : ovarium stipi tatum non contortum. 481. LISTERÀ R. Brown. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum: galea et petala aequalia ovato-subacumiuata, cum operculis angu- stibus et brevioribus, in cuculio patenti, disposita: labellum dependens.labio multo longior, basi foveolatura longitudinaliter sulcatum, sulco nectarifero, ecalcaratum bifìdum, laciniis linearibus, lacinulaque brevi prope basim bine inde quando- que auctum, apice antheriferum: massae pollineae pulverulentae ecaudiculatae proscollae communi adfìxae: ovarium subrotundum longe stipitatum. 482. EPIPACTIS Rich. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum, partibus subaequalibus: petala, reflexa, galea et opercula conniven- tia : labellum ecalcaratum patens medio refractum, postico cartilagianeum con- cavo-saccatum et cristulis diiobus elevatis basi bine inde donatum, antico pe- taloideum ovatum indivisum vel trilobum : gynostemium breve acutum, an- thera biloculari terminatum : loculi contigui paralleli : massae pollineae pul- verulentae retinaculo unico retentae ecaudiculatae : ovarium non contortum longiuscule stipitatum. 483. CEPHALANTHERA Rich. Perigonium orchideum ovario adhaerens sex partitum, partibus subaequalibus: petala patentia, galea et opercula con- niventia, labellum trifìdum ecalcaratum basi saccatum pectore sulcatum an- therius ovatum vel lanceolatum jamdudum integrum: gynostemium elongatum: anthera terminalis bilocularis operculata lobis contiguis : massae pollineae pulverulentae bilobae ecaudiculatae : ovarium vix contortum. 484. LIMODORUM Tourn. Perigoninm orchideum ovario adhaerens sex partitum, partibus erectis campanula to-patentibus : galea rostrata petalis de- — 139 — clinatis, aequalis: opercula minora erecto-patula: labellurn basi constrictum et in calcar angustum dependens ovarium subsuperans, productum: gynostemium elon- gatum: anthera terminalis libera obtusa biiocularis, loculis contiguis : massae pollineae indivisae, retinaculo communi junclae ecaudiculatae: ovarium stipi- talum contortum. Sect. 2. Gymnostemium regulare Aristolochiae Juss. Oro. vi. Hexandria. 485. ARISTOLOCHIAE L. Perigonium simplex petaloideum ovario adhae- rens superne liberum tubulosum, tubus primo inflatus dein rectus vel curvus, post nutias deciduus : limbus unilateralis ligulatus, ligula integra vel bifida : antherae subsessiles dorso stylo adnatae, biloculares, loculis parallelis : Stylus brevis : stigma sexlobum, lobis radiatis : capsula coriacea 6-locularis: semina triangularia depressa, in unoquoque loculo uniseriata. Gynaadria-Monandria. ORCHIS. * Tuberibus indivisis. 1926. RUBRA Jacq. Coll. 1. p. 60. Tuberibus subrotundis : scapo toto ves- tito; foliis vaginantibus, inferioribus lanceolato-linearibus canalieulatis , supe- rioribus squamiformibus abbreviatis acutis: floribus in spica ovata crassiuscula: bracteis coloratis nervosis ovarium quidquam superantibus: labii partibus con- niventibus: labello integro obovato unquiculato venoso anterius denticulato : calcare cylindrico dependente ovario breviore. 0. rubra. Beri. FI. It. t- 9. p. 516. - 0. papilionacea Seb. et Maur. FI. Borri. Prod. p. 306. n. 1104. In pascuis apricis et viridariis abunde. Perenn. Fior. Aprili Maio. Perigonium plus minus saturate rubrum. 1927. EXPANSA Ten. Sijll. p. 455. Tuberibus subrotundis: scapo toto vestito: foliis vaginantibus, inferioribus lanceolato-linearibus, superioribus squa- miformibus obtusiusculis abbreviatis ; floribus paucis in spica ovata laxius- cula; bracteis coloratis exquisite nervosis vix ovario longioribus : labii parti- bus conniventibus obtusiusculis nervosis : labello obovato-delthoideo planiu- — uo — solo exquisite venoso anterius denticulato: calcare cylindraceo siiberecto ob- tusiusculo ovario breviore, partibus perigoni! longiore. 0. expansa Sang. Cent. tres. p. 123. n. 281. In colle prope Romam vulgo dicto Porcareccio. Perenn. FI. Aprili. Perigonium saturate rubrum. Obs. 0. Expansa Ten perfecte congruit cuna 0. Mario papilionaeca Tum- balii apud Cren, et Godr. FI. de Franco t. 3. p. 185. Nomen Climi Tenoris servavi, utlegibus philosophiae botanicae obtemperarem, licet nomen Tumbalii aptius ad originem specie! indicandam. 1928. pYRAMiDALis L. Sp. PI. p. 1332. Tuberibus subrotundis : scapo laxe vestito : foliis vaginantibus linearibus canaliculatis, superioribus squami- formibus acuminatis: floribus in spica densa conica: bracteis lanceolato-linea- ribus ovario brevioribus: labi! partibus lanceolatis acutis: sepalis patentibus , galea cum operculis connivente: labello trilobo basi desuper bilamellato, lobis longitudine subaequalibus apice integris aut dentatis: calcare lineari-elongato, ovarium subsuperante. 0. pyramidalis Seb. et Maur. FI. Barn. Prod. p. 306. n. 1105 - Bert. FI. It. t. 9. p. 518. In apricis pascuis viridariis nec non in sylvulis. Villa Borghese, Pamfili, Macchia Mattei etc. Perenn. Fior. Aprili Maio. Perigonium kermesinum quandoque album. 1929. coRiopHORA. L. Sp. PI. p. 1332. Tuberibus parvis subrotundis: scapo vestito: foliis vaginantibus lanceolato-linearibus acutis canaliculatis, su- perioribus abbreviatis squamiformibus ; floribus parvis in spica cylindracea subconferta : bracteis lanceolatis nervosis ovario vix longioribus : labii parti- bus inferius connatis in cucullum dispositis: labello 3-fìdo, laciniis lateralibus deflexis crenatis, media Sublongiore integra lanceolata: calcare conico ovario subdimidio breviore* 0. coriophora Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 302. n. Ì096. - Bert. FI. It. t. 9. p. 522. In montibus collibus ericetis, oris nemorum mare versus etc. Perenn. Fior. Maio Junio. Perigonium viridi-rubellum odore nunc grato, nunc cimicino. 1980. Morio L. Sp. PI. p. 1333. Tuberibus subglobosis: scapo vestito: foliis vaginantibus lanceolatis, inferioribus obtusis, successivis acutis, supre- mìs squamiformibus laxe vaginantibus: floribus in spica abbreviata laxiuscula; — 141 — . bracteis lanceolatis nervosis ovarium subaequantibus ; labii partibus obtusis in galeam conniventibus: labello trilobo, lobis latis, lateralibus crenatis, medio latiore submarginato : calcare cylindraceo obtuso, ovario subreviore. 0. Morio Seh. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 304. n. 1099. - Beri. FI. It. t. 9. p. 524. In apricis etiam prope urbem frequens. Villa Borghese, Parafili, etc. Perenn. FI. Aprili. Perigonium subviolaceum, odore grato fugaci. 1931. MAScuLA L. Sp. PI. p. 1333. Tuberibus ovalibus: scapo superius nudo ; foliis oblongis obtusis nervosis saepius maculatis , superioribus squa- miformibus vaginantibus acutis: floribus in spica laxa elongata: bracteis mem- branaceis lanceolato-acuminatis coloratis, ovarium quidquam superantibus: la- bii partibus lanceolatis acutis, galea cum operculis connivente, petalis patenti- bus retroflexisve ; labello trifido superne puberulo, laciniis lateralibus subin- tegris vel apice dentatis , media maiore apice dilatata crenata emarginata : calcare cylindrico obtuso obliquo vel pendolo ovarium subaequante. 0. masculae Seb. et Maur. FI. Bora. Proci, p. 303. n. 1098. - Beri. FI. It. t. 9. p. 527. In montium sylvis. Albano abbunde. Perenn. Fior. Aprili Majo. Perigonium purpureum labellum punctis sa- turatioribus notatum. 1932. usTULATA. L. Sp. PI. p. 1333. Tuberibus ovalibus: scapo laxe vestito : foliis acutis inferioribus oblongis nervosis, superioribus squamiformi- bus : floribus in spiga congesta cylindrico-ovata: bracteis ovato-acuminatis o- vario brevioribus: perigonio parvo: labii partibus ovatis in cucullum acutum coadunatis : labello trifido punctato-scabro, laciniis lateralibus oblongis, media obcordato-bifida: calcare tenui subuncinato obtuso ovario quadruplo breviore. 0. ustulata Saag. Cent. tres. p. 124. n. 283. - Bert. FI. It. t. 9. p. 531. In montibus tiburtinis. Monte Catillo, S. Polo, S. Gregorio etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium albidum denuo purpureo-nigrigans pun- ctis labelli purpureis. 1933. sEcuiy DI FLORA Bert. Amoe. p. 82. «. 8. Tuberibns ovalibus: scapo vestito: foliis inferioribus ovato-lanceolatis subcongestis, superioribus vaginanti- bus squamiformibus : floribus secundis deorsum imbricatis in spica cylin- drica densa : bracteis lanceolatis ovario duplo brevioribus : perigonio parvo : labii partibus acutis in cucullum inclinatum coadunatis : labello trifido laci- 19 — 142 — niis lineai’ibus angustissiniis , media duplo latiore bifida vel subtridentata : calcare recurvo ovario triplo breviore. 0. secundillora Sang. Cent, tres p. 125 n. 284. - Bert. FI. It. t. 9. p. 533. In nemoribus prope Albanum. Perenn. Fior. Aprili. Perigonium subcarneum suaveolens. 1934. VARIEGATA Wild. Sp. t. 4. p. 21. Tuberibus ovalibus: scapo su- perne nudo : foliis inferioribus oblongis, superioribus ascendendo minoratis squamiformibus : floribus in spica densa subglobosa: bracteis lanceolato-acu- natis ovario brevioribus: labii partibus ovato-acuminatis basi connatis in cu- cullum inclinatum eoadunatis: labello plano trifido maculato, laciniis apice den- ticulatis cranatisve, lateralibus oblongis angustis, media latiore biloba vel in- divisa , quandoque apiculata : calcare crassìusculo apice obtuso dependente ovario breviore. 0. variegata Seb. et Maur. FI Rom. Prod. p. 306. Bert. FI. It. t. 9. p. 534. In sylvaticis, incultis, apricis, viridariis non rara. Perenn, Fior. Majo. Perigonium albo-roseum quandoque prorsus album, maculis sanguineo-rubris totum elegantissime pictum. 1935. vNDULATiFOLiA Biv. Beni. Sic. PI. cent- 2. p- 44. Tuberibus o- valibus oblongisve : scapo superius nudo : foliis inferioribus crebris oblongis margine undulatis , superioribus squamiformibus lanceolato-acuminatis : fiori- bus numerosis in spica subglobosa densa : bracteis ovato-acuminatis ovario triplo quadmploque longioribus: labii partibus liberis ovato-acuminatis in cu- cullum conniventibus: labello 3-partito puntato scabro, laciniis linearibus an- gustissimis, obtusis trivenosis, lateralibus integris , media bifida , raucronulo lineari-subulato interiecto: calcare dependente emarginato, ovario duplo bre- viore. 0. undulatifolia Fior. Giorn. de'Lett. di Pisa t. 17- p. ìdO. - Bert. FI. It. t. 9. p. 537. - 0. antropopbora altera Column. Eeph- 2. p. 8. et 0. an- tropophora oreades l. c- p. 9, fig- In apricis montium. Terracina al Circello. Prope Romam. Monte Mario etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium majusculum elegantissimum suaveolens albo-carneum. 1936. TEPHRosANTHos WUld. Sp. PI. t. 4. p. 21. Tuberibus ovalibus: — 143 — scapo superne longo fractu nudo : foliis inferioribus oblongis, sucessivis squa- miformibus, omnibus obtusist floribus in spica ovata laxiuscula: bracteis ova- tis acutis ovario triplo quadruploque brevioribus: labii partibus conniventibus basi coalitis: labello porretto 3-partito punctato glabro, laciniis lateralibus in- tegris, media longiore bifida, appendicula lineari interiecta, omnibus augustis- simis obtusis univenis: calcare subscrutiforme ovario quadruplo breviore. 0. tephrosanthos Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 306. n. 1104. - Beri. FI. Il t. 9. p. 538. - 0. Zoophora Cercopithecum referens Oreades Column. Eephr. ì. p. 139 et 0. altera Oreades Cercopithecophorae L c. p. 320 fig. In collibus pascuis apricis et sterilibus communis. Perenn. Fior. Aprili- Perigonium albido-purpurascens grate redolens. 1937. MiLiTARis L- Sp. PI. p. 1333. Tuberibus ovalibus: scapo supe- rius longe denudato : foliis inferioribus ovali-oblongis, successi vis squamifor- mibus, omnibus acutis: floribus in spica ovoidea vel oblonga laxiuscula: bra- cteis ovatis acutis ovario triplo vel quadruplo brevioribus: labii partibus ova- tis acutis multinerviis in cucullum conniventibus: labello porretto tripartito, laciniis linearibus, media longiore apice dilatata biloba , lobis brevibus diva- ricatis venosis truncatis vel rotundatis, dente brevissimo recto interposito: cal- care dependente ovario dimidio circiter breviore. 0. militaris Seb. et. Maur. FI- Rom. Prod. p. 305. 7i. 1101. - Beri. FI. It. t. 9. p. 540. - 0- galeata Sang. Cent- tres p- 124. n. 282. Circa Romam, Albanum etc. non rara. Perenn. Fior. Maio. Perigonium cinereo -roseum labello saturatiore. 1938- FUSCA Willd. Sp. t- 4. p. 23. Omnibus in partibus grandis. Tu- beribus ovalibus vel oblongis : scapo superne nudo basi dense folioso : foliis oblongis venosis, superioribus paucis acutis squamiformibus: floribus in spica densa ovali vel oblonga: bracteis seties et ultra ovario brevioribus: labii ga- lea et petalis ovatis breviter acuminatis, operculis linearibus, omnibus in cu- cullum conniventibus: labello elongato 3-partito laciniis lateralibus linearibus, media successive dilatata, lateque apice biloba, lobis truncatis aut denticulatis, dente parvo in sinu lobulorum sepius adjecto: calcare dependente ovario vix dimidio longiore. 0. fusca Seb. et Maur. FI' Rom. Prod. p. 305. n. 1102. - Beri. FI. It. t. 9. p. 541. /3 angustata Cren, et God. FI. de France t. 3. p. 290. Lobis laciniae inediae, laciniis lateralibus parum majoribus. In collibus et marginibus viarum circa urbem non infrequens. Monte verde, Acqua bollicante etc. ^ Villa Pamfili. Perenn. Fior. Majo- Perigonium atro-purpureum , pectore labelli albo, inaculis purpureis fluscis hispidis. 1939. PRoviNciALis. Balb. Mise. Bot. att. p. 33. tab. 2. Tuberibus ro- tundis aut ovalibus: scapo superius nudo : foliis inferioribus oblongo-lanceo- latis acutis maculatis, superioribus paucis distantibus squamiformibus: floribus in spica subcylindrica laxa : bracteis lanceolatis acutis ovarium subaequanti- bus: labii partibus omnibus ovato-lanceolatis obtusis, internis minoribus: la- bello trilobo papulis puberulis rubris maculato, lobis lateralibus deflexis ob- tusis sUbcrenatis , medio emarginato vel sub trilobo : calcare cylindrico bori- zontali-adscendente ovarium subaequante. 0. provincialis. Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 303. n. Ì097 . - Bért. FI. It. t. 9. p. 546. Abbundat in montium sylvis. Albano, Ariccia, Tivoli, Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Aprili Majo* Perigonium luteum, odore sambucino quando- que vix sensibili. 1940. LAxiFLORA Lamark FI- Frane ed. 2. t. 3. p- 504. Tuberibus parvis subrotundis ovatisve; scapo toto vestito: foliis canaliculatis lanceolato- linearibus acuminatis: floribus paucis in spica elongata admodum laxa : bra- cteis lanceolato-linearibus nervosis ovario ut plurimum breviorihus: labii par- tibus omnibus obtusis: petalis retroflexis, galea et operculis erecto-conniven- tibus: labello porretto trilobo, lobiis rotundatis, lateralibus deflexis, medio bre- viori nullove, calcare oblique ascendente obtuso ovario breviore. 0. laxiflora Seb. et Maur- FI. Bom. Prod. p. 304. n. 1100. - Bert. FI. It. t. 9- p. 549. In pratis argillosis vulgaris. Perenn. Fior. Aprili Majo* Perigonium purpureum exicatione purpureo- fuscum. 1941. pA/MSTRis- Jacq- Coll. 2. p. 75. Majuscula. Tuberibus subrotundis ovatisve! scapo toto vestito: foliis canaliculatis lanceolato-linearibus elongatis: floribus in spica cylindracea densiuscula : bracteis lanceolato-linearibus ovario longioribus: labii partibus omnibus obtusis, petalis subretroflexis, galea et oper- culis conniventibus: labello porretto cuneiformi basi constricto apice dilatato- — 145 — trilobo, lobis aequalibus, lateralibus rotundatis deflexis , medio ut plurimum emarginato, aliquando angustiore aut longiore : calcare crassiusculo dependente vel erecto, ovario breviore. 0. palustris Bert. FI. It. t. 9. p. 551 - 0. laxifloraa ensifolia Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 304. n. 1100. Perenn. Fior. Majo. Perigonium purpureum exsicatione roseum. 1942. Morio-laxiflora. Reuter ex Cren, et God. FI. de France t. 3. p. 294. Tuberibus subrotundis vel ovalibus: scapo toto laxe vestito: foliis ca- naliculatis lineari-acuminatis : floribus in spica cylindrica vix laxa : bracteis laneeolatis acuminatis membranaceis 1-nerviis, inferioribus latioribus 3-nerviis : labii partibus ovato-obtusis, petalis retroflexis, galea et operculis conniventi- bus: labello profonde trilobo, lobis lateralibus rotundatis, medio troncato aut retuso: calcare cylindrico obtuso ovarium subaequante. In pratis et sylvulis prope mare. Ostia, Fiumicino etc. Perenn. . Fior. Majo. Perigonium purpureum exiccatione pallide roseum. Obs. Facies 0. Morionis at pianta exilior jamdudum creda, et ad for- mam 0. laxiflorae accedens. ** Tuberibus palmatis 1943. MACULATA. L. Sp. PI. p. 335. Tuberum divisionibus fusiformibus: scopo toto laxe vestito ; foliis oblongo-lanceolatis erectis ascendendo minori- bus quam saepissime nigro maculatis : floribus in spica cylindracea laxiuscula: bracteis lanceolato-linearibus, inferioribus longioribus, sucessivis aequalibus, su- premis ovario brevioribus : labii partibus laneeolatis : petalis patentibus vel retroflexis, galea apice reflexa cum operculis connivente : labello plano orbi- culari trilobo, lobis lateralibus latis crenulatis, medio angustiore integro ut plurimum lanceolato : calcare cylindrico dependente ovario breviore. 0. maculata Seb. et Maur. FI. Rom- Prod- p. 307. w. l - Bert. Fl- it. t. 9. p. 554, In montium sylvaticis communis. Albano , la Riccia, Frascati, la Fa- vola etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium roseum quandoque album. 1944. sAMBUciNA L. Sp.pl. p. 1334. Tuberibus digitato-lobatis: scapo humili crebre vestito : foliis inferioribus lanceolato-oblongis patentibus, superioribus lanceolato-acuminatis ; floribus in spica ovata laxa : bracteis foliaceis lanceo- — 146 — latis inferioribus flore longioribus: labii partibus oblongo-lanceolatis obtusiu- sculis: petalis patentibus retroflexisve •• galea operculisque erecto-conniventi- bus : labello obscare trilobo, lobis lateralibus rotundatis crenulatis siibdeflexis, medio angustiore subemarginato : calcare obconico obtuso dependenle ova- rium subaequante. 0. sambucina Bert. FI. It. t. 9. p. 536 /3 purpurea. Floribus purpureis. 0. sambucina /3 Bert. l. c. p. 357. In alpestribus Umbriae. Pian grande del Castelluceio. /3 in Piceno Ca- stel Manardo, et ex Umbria Monte la Forchetta. Perren. Fior. .Junio. Perigonium flavum, in /5 purpureum. 1945. psEUDO-sAMBUciNA. Tcn- FI. Nap, t. 2. p. 284 tab. 86il. Tuberibus oblongis integris vel palmatis : scapo basi crebre, apice laxe vestito : foliis laneeolato-linearibus canaliculatis, superioribus angustioribus: floribus in spica oblunga crassiuscula: bracteis foliaceis lanceolatis florem subsuperantibus : labii partibus ovato-lanceolatis obtusis: petalis patenti-retroflexis: galea erecta apice retrocurva, operculis conniventibus: labello trilobo, lobis subovatis crenulatis, me- dio angustiore subemarginato : calcare gracili ascendente ovario longiore. 0. pseudo-sambucina Bert. FI. It. t. 9. p. 559. jS romana. Perigonio purpureo. 0. Romana Sebast. Bom. PI. Fas. alter tab. 3 - Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 308. n. 1107. In montanis secus Viterbium, ^ circa Romam frequens. Pigneto Sacchetti, Monte Mario, Villa Borghese etc. Perenn. FI. Aprili. Perigonium flavum , in ^ purpureum quandoque al- bidum. 1946- coNOPSEA L. Sp. PI- p. 1333. Tuberibus palmatis.- scapo ere- eto loto vestito : foliis inferioribus lanceolatis linearibusque canaliculatis, su- perioribus bractaeiformibus laxis acute lanceolatis : floribus numerosis in spica cylindrica elongata subconferta : bracteis ovato-lanceolatis ovarium aequanti- bus, inferioribus superantibus : perigonio parvo : labii partibus aequalibus : petalis ovato-lanceolatis patenti-declinatis : galea et operculis ovatis obtusis conniventibus : labello basi angustato apice dila tato- trilobo, lobis ovalibus in- tegerrimis : calcare tenui subulato ovario semper dimidio breviore. 0. conopsea. Bert. FI. It. t. 9. p. 562. In apenninis Umbriae et Piceni. Vettore, Monte de Fiori etc. Perenn. Fior. Junio in Augustum. Perigonium kermisinum aliquando album. — 147 — PLATANTHERA. 1947. BiFOLiA. Rich. Annoi, in Mem. du Mus. d' ìiist. nat. t. 4. p. 57. Tuberibus majusculis ovoideo-elongatis : scapo laxe vestito : foliis radicalibus geminis raro pluribus obovatis nervosis basi constrictis majusculis, superiori- bus parvis lanceolato-acutis squamiformibus : floribus laxis in spica cylindrì- co-elongata : bracteis ovato-lanceolatis acuminatis ovariuin superantibus : labii partibus inaequalibus , petalis ovato-lanceolatis acutis , galeaque late-ovata obtusa, in triangulum patentibus, operculis linearibus obtusis conniventibus, brevioribus : labello integro lineari-oblongo ; calcare filiformi apice subinflato compresso, ovario duplo longiore. P. bifolia Beri. FI. II. t. 9. p. 564 -Orchis bifolia Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 302. n. 1094. In sylvaticis montium non infrequens. A/6ano, Frascati, Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium album , labellum et calcar apice vi- ridulum. HIMANTOGLOSSUM. 1948. HiRC[NUM> Spr. Sysl. Veg. t.S.p. 694. Tuberibus ovalibus : scapo fistoloso toto vestito: foliis oblongis lanceolatisve acutis supremis minoratis squamiformibus: floribus laxis in racemo simplicì longissimo : bracteis lanceo- lato-linearibus ovario longioribus, supremis abbreviatis : labii partibus venosis cucullato-conniventibus : galea petalisque ovato-obtusis, operculis linearibus : labello angusto longissimo basi pubescente trifido, laciniis linearibus, laterali- bus integris erenatis undulato-crispis , media longissima in prefloratione spi- raliter contorta tandem explanata arcuato-pendula 2-furca, furcationibus trun- catis apice 2-3-dentatis : calcare saccate brevissimo pendalo. H. hircinum. Beri. FI. It. t. 9. p. 568 - Satyrium hircinum Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 508. n. 1108. In pascuis slerilibus ad margines et in umbrosis Ville suburbane, Monte Mario etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium albo-rubellum. PERISTILUS. 1949. viRfDis. Lindi. Orchid pi. p. 299. Tuberibus. palmatis : scapo brevi superius nudo : foliis paucis elliptico-alatis obtusis, ultimis acutis: flo- ribus in spica ovato-cylindrica basi laxiuscula: bracteis foliaceis trinerviis prae- sertim inferioribus florem superantibus: labii partibus inaequalibus in cucul- lum conniventibus. galea et petalis ovato-lanceolatis obtusis, operculis linea- — 148 — ribus: labello porretto oblongo-lineari apice 2-fido, lacitiiis linearibus brevibus integris dente minimo interposito: calcare scrotiformi ovario quaduplo, quintu- plove breviore. P. viridis. Bert. FI. It. t. 9. p. 570 - Satyrium viride. Seb. et Maur. FI. Boni. Prod. p. 308. n. 1109. In rnontanis umbrosis Latii Umbriae et Piceni. Monte Gennaro^ Guada- gnolo, Vettore, Monte de Fiori etc. Perenn. Fior. Junio-Julio Perigonium subviride. 1850- ALBiDUS, Lindi. Orchid. pi. p. 299. Tuberibus digitato-partitis : scapo toto laxe folioso: foliis abovato-oblongis obtusìs , superioribus lanceo- latis acutis:floribus confertis subunilateralibus in spica tenui cylindrica: bra- cteis foliaceis lanceolato-acuminatis ovarium aequantibus: labii partibus ova- tis obtusis in cucullum coadunatis: labello apice 3-fido, laciniis lanceolatis, la- teralibus angustioribus acutis : calcare crasso obtuso, ovario duplo breviore. P. albidus. Bert. FI. It. t. 9. p. 572. In elatioribus montium Piceni. Pizzo di Sivo. Perenn. Fior. Augusto. Perigonium parvum albo-luteolum. NIGRITELLA. 1951. ANGusTiFOLiA Bich. Annot. iu Mem. du Mus. t. 4. p. 86. Tu- beribus compressis palmatis : scapo toto vestito basique vaginato: foliis linea- ribus margine denticulatis, inferioribus congestis: floribus numerosis in spica densa ovato-conica : bracteis lanceolato-acuminatis florem aequantibus : labii partibus aequalibus campanulato-patentibus: labello ovato crenato integro vel obscure trilobo margine ondulato : calcare scrotiforme ovario subquadruplo breviore. /S rosea. Floribus roseis - N. angustifolia /S Bert. FI. It. t. 9. p. 573. In elatioribus montium Picèni. Pizzo di Sivo. Perenn. FI. Junio-Augusto. Perigonium in speci atro-purpureum exic- ca tiene nigrum, in varietà te nostra roseum Yainillae suaviter redolens. ACERAS. 1952, ANTROPOPHORA. Bob . Brow. in Alt. Hort. Kew. t. 3. p. 191. Tube- ribiis ovalibus ant subrotundis : scapo superius subnudo : foliis inferioribus approximatis oblongo-lanceolatis ut plurimum obtusis patentibus, superioribus paucis squamiformibus acutis: floribus numerosis tandem laxatis in spica cy- lindrica elongata: bracteis lineari-acuminatis membranaceis ovario brevioribus: labii partibus externis ovatis, internis angustioribus, omnibus in cucullum in- cliriatum coadunatis: labello pendolo trifido laciniis linearibus longissimis, me- dia latiuscula longiore apice bifida, basi in foveolam, denticulo utrinque ele- vato instructam, excavata. {Continua) — 149 — Intorno il Parassitismo , considerato come causa de' Morbi miasmatici e dei contagiosi^ ragionamento del prof. Socrate Cadet. • • . Non dubitamus . . . quin huiusmodi hvpolhesis (peculiàrium vermiculorum) ad eas sit referen'da i[uae, licei nudis sensibus sint imperviae, esse tamen verae, ac tempore diligentiaque in clariorem lucein proferri et possunl et debent. [Dissertatio historica de bovilla Peste ex Campaniae finibus anno 1713 Latio importata P. Ili C. VII Joannis M. Lancisii opera. Romae 1745 T. ij p. 173). I ^ . I. Lj attribuire tutti, quanti sono i morbi miasmatici e i contagiosi a Pa- rassiti, se poteva parere concetto soverchiamente ipotetico o troppo prema- turo parecchi anni addietro, sembra che debba avere succe.ssivamente acquistato un grado maggiore di probabilità , se non la certezza , anche per coloro cui non fu dato premettere lo studio delle scienze naturali allo studio delle me- diche; dall’essere oggimai comprovato a piena evidenza come, mentre alcune di tali infermità sono prodotte solo e manifestamente da siffatti organici, in altre ne furono discoperti di natura tutta speciale. Alle quali cose si vuol ag- giungere che, per la dottrina del Parassitismo si può spiegare razionalmente l.° la natura moltiplicativa e 2." la trasmissiva dei Morbi contagiosi; 3-" la delitescenza dei germi produttori dei Morbi miasmatici e del maggior numero dei contagiosi nelle organazioni invase da quelli; 4.° la forma speciale di cia- scuno di tali Morbi; 5.“ il vizio degli umori e dei solidi in essi; 6.° il per- chè alcune indicazioni tornino profittevoli a prevenirli e 7.“ il perchè altre tor- nino profittevoli a combatterli. II. Ma poiché ogni ramo di medica dottrina s’ehbe i suoi coltivatori fra noi, ricordo volentieri che, se gl’ Indiani e i Greci ebbero adombrato ne’ miti loro che le cause di taluni dei morbi più gravi fossero animali e palustri, come si può argomentare dal mito di Visnù che in forma di Crisna uccide il ser- pente Calinuga tradotto nel mito di Apollo e del Pitone (1) e da quelli del- (1) Storia universale di Cesare Cantù VII edizioue. Racconto. T. I. L. II. C. XIII , p, 31S. 20 r Idra di Lerna e del corso dell’ Alfeo volto a purgare le stalle di Augia » parecchi dei Latini attribuirono apertamente ad organici palustri alcuni dei morbi più gravi, come si trae dai loro dettati. Perocché Marco Terenzio Vai- rone da Rieti, rispetto alla scelta della dimora, ammoniva in tal modo: « Adver- » tendum...si qua erunt loca palustria ... quia cum arescunt, crescunt ani- )) malia quaedam minima quae non possunt oculi consequi, et per aera intus )> in corpus per os et nares perveniunt atque efflciunt difficiles morbos » (1); Lucio Moderato Columella da Cadice faceva notare che « nec paludem qui- » dem vicinam esse oportet aedificiis ... quod illa caloribus noxium virum eructat » et infestis aculeis armata gignit animalia quae in nos densissimis exarnini- )> bus involant. Tura etiam nantium serpentiumque pestes, hiberna destituta )) uligine, coeno et fermentata colluvie vere natas emittit , ex quibus saepe )) contrabuntur coeci morbi , quorum causas , ne medici quidem perspicere » queunt » (2); Palladio Rutilio Tauro Emiliano ammaestrava affermando che: (( Palus ... omnino vitanda est, praecipue quae ab austro vel et occidente, et )) siccari consuevit aestate, propter pestilentiam et animalia inimica quae ge- )) nerat » (3); Da ultimo Marco Yitruvio Pollione , probabilmente da Fondi 0 da Formia, ragionando « de electione locorum salubrium , et quae obsint » salubritati », insegnava che: « In ipsis vero moenibus ea erunt principia. » Primum ductio loci soluberrimi. Is autem erit excelsus et non nebulosus, » non pruinosus, regione sque codi spectans ncque aestuosas ncque frigidas , » sed temperatas. Deinde si evitabitur palustris vicinitas. Cum enim aurae » matutinae cum Sole oriente ad oppidum pervenerint , et iis natae nebulae » adjungentur, spiritusque bestiarum paluslrium venenatos cum nebula mixtos » in habitatorum corpora flatus spargent, effìciunt locum pestilentem etc. (4). 111. Tutta volta questi concetti non sarebbero scesi mai dalla sfera troppo alta della speculazione in quella accessibile della osservazione anche dopo il risorgimento delle Lettere delle Arti e delle Scienze in Italia e in Europa , (1) Rerum Rusticarum 1. III. L. I. C. XII. (2) De Re rustica. 1. XII. L. I. C. V. (3) De Re Rustica 1. XIV. Lib. I. Tit. VII. Scriptores Rei Rusticae ex recensione .Io. Gottlob Scheiner. Augustae Taurinorum A. 1827. Tip. 274 et 366. T. II p. 289 et 360 et T. IV p. 51. (4ì Architectura ... cum exercitation. notisque ... Jo. Poleni et comment, varior. ad- ditis nunc primum stud. Sim. Stratico. Utini 1825. Voi. I. P. I p. 140 et P. II L. I. C. IV. p. 55. — 151 se la Provvidenza per beneficio singolarissimo non avesse conceduto che fosse iniziata una volta la scoperta del Microscopio , il che avvenne per opera di Ruggiero Bacone da Sommerset nel secolo XIII; perocché senza cosi prezioso strumento non sarebbe mai venuto fatto di renderci sensibili le incontestabili cause di parecchi, fino ad ora, di tali morbi. IV. Ma per vero, non si può ricordare il Microscopio senza rammentare insieme qualche gloria scientifica della nostra Accademia. Essendoché molto probabilmente, gli Occhiali, che furono precursori del Microscopio, furono in- ventati da un Salvino d’ Armato degli Armati di Firenze, mortovi nel 1317, 0 da un frate Alessandro da Spina pisano che, come accenna Cesare Cantò, « forse divulgò quest’arte, tenuta in pi-ima segreta » (1). Ma rispetto al Mi- croscopio; lasciando stare che, sebbene inventato da Cornelio Drebel d’Alckmaer in Olanda debba nonostante il nome al linceo professore di medicina Giovanni Fabbro da Bamberga perciò che rappresenta le cose non visibili per mini- mezza, come r illustre fondatore dell’Accademia, principe Federico Cesi, cono- scitore valente delle cose naturali avea chiamato Telescopio un altro stromento ottico da ciò che rappresenta le cose non visibili per lontananza (2), e, la- sciando stare che il nostro Galileo Galilei fiorentino , il cui solo nome è un elogio, come già in Venezia per notizia avuta della invenzione fatta in Mid- delburgo della Zelanda da Giovanni Lippersein , era riuscito a congegnare e a fabbricare il telescopio che volse, primo, a studiare il cielo, avesse nella primavera del 1624 indovinato qui l’uso del Microscopio lavorato forse dallo stesso Drebel, io non credo poter far meglio che ripetere qui le parole me- desime che altra volta ci ebbe dette il mio onorando maestro professore Luigi M. Rezzi, dopo avere generosamente mostrato che al Drebel si vuole rendere la gloria di tanta scoperta. Non fu il Galilei « che pose subito mano a fab- » bricarne parecchi? che volse l’ingegno ad aggiungergli nuovi più acconci » artifici ? e che , laddove era fino allora rimasto nelle mani del Drebelio e » dei principi e cortigiani stromento di vano trastullo e passatempo, lo volse )) ad uso pubblico e all’ ingrandimenro dell’ umano sapere , inviandolo a chi « poteva e voleva giovarsene a disvelare i segreti della natura, siccome, senza )) por tempo in mezzo e innanzi a tutti , dietro i consigli e gli eccitamenti (1) Op. cit. . XIII C. I. T. IV. p. 397. (2) Rerum medicarum Novae Hispairiae thesaurus dell' Hernandez p. 473 e 737. » suoi fecero in Italia il Cesi e i suoi vecchi Lincei? » (1) E questi , oltre i nominati furono : un Fabio Colonna, commendato botanico napolitano e un Francesco Stelluti da Fabriano, letterato e naturalista industrioso. In propo- sito del quale giova ripetere che, come fece noto a noi ed al mondo scien- tifico il nostro zelantissimo eollega professore D. Salvatore Proja , nella Bi- blioteca Lancisiana , aggiunto al rarissimo esemplare del Rerum medicarum Novae Hispaniae thesaurus, sire plantarum, animalium, mineralium mexica- norum Historia, stampato Studio ac impensis Lynceorum e non d’ altri, col frontespizio deH’anno 1 630 e non posteriore, oltre un rarissimo esemplare del commendato Apiarium del Cesi, v’ ha eziandio il frontispizio di questo, con le Api studiate dallo Stelluti, e probabilmente fatte disegnare da esso ad un tal Francesco Fontana napolitano ed incidere dal celebre M. Greuter nel 1625. Tali api molto aggrandite, vi appaione ritratte non solo di sopra, di sotto e di fianco, ma anche in parecchie delle loro parti distinte. Oltreché nel libro di che parlo fu aggiunta anche un altra rappresenza delle api, che lo Stelluti innestò il 1630 nel suo Persio tradotto in verso sciolto (Roma), per avere me- glio studiato le specialità interne di tali Insetti (2). I quali monumenti sono da avere come insigni e preziosissimi, dacché furono i prenunciatori degl’ innu- merevoli e solenni beneficj che ci avrebbe recati il Microscopio. V. Lasciando questo argomento, sul quale ho creduto dovermi trattenere come quello che riguardo l’ ingegno necessario per iscoprire gli organici mor- biferi di che ci occupiamo , procedo ad accennare una specialità di altissimo interesse, con le parole del ricordato Cantù « Nella frequente ricorrenza delle » pesti eransi fatte provvigioni momentanee; poi in quella del 1403 Venezia » tolse agli Eremitani l’ isola di S. Maria di Nazaret per mettervi le persone » sospette e le provenienze di Levante per ispurgarle. Un magistrato di Sa- » nità doveva soprantendervi, e così Venezia si garantì dalla peste . . . Que- (1) Sulla invenzione del Microscopio , lettera dei prof. Luigi M. Rezzi . . . accade- mico linceo onorario al ch.° sig. D. Baldassarre de' princìpi Boncompagni, negli Atti del- l’Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei, anno V, 1851-1832, p. 99, 103, 110, 111 e 117. (2) Rezzi op. cit. p. 133. Proja : Urbano Vili e gli accademici Lincei - Nuova serie del Giornale Arcadico T. VII, anno 1858, p. 103. Sopra alcune delle più rare opere degli antichi Lincei, le quali si trovano nella Biblioteca Lancisiana di S. Spirito. Comuni- cazione, negli Atti dell’accademia de’ Lincei, anno XII, 1858-1859, p. 100. Ricerche critico bibliografiche intorno alla storia Naturale del Messico di Fr° Dernandez ec. nei medesimi , Anno XIII, 1859-1860 p. 441, e Sulle dissertazioni botaniche della eh. memoria di Miche- langelo Poggioli lettera. Nella Corrispondenza Scientifica in Roma. Anno XVI. 1861, p. 61. 133 — » sto primo esempio imitato , valse non poco a preservare T Europa » (1). Adunque a’ Veneti l’onore di avere immaginato e fondare i Lazzaretti e sta- bilito le Quarantene. VI. Ma tornando a quello che fu creduto intorno le causa de’ morbi di che ci occupiamo; se un Francesco Valleriola da Avignone comprovava nel 1358 che i contagj non derivano da putredine (2). Se un Giovanni Pistorius da Ridda dell’alta Assia nel 1386 proponeva che le cause della peste fossero state create col mondo (3); se un Felice Fiaterò da Basilea nel 1 602, convenendo col Pistorius, considerava tali cause come seminali e diffusive (4) e finalmente se uu Daniello Sennert da Breslavia le paragonava a fermenti , distinguendo molto bene le epidemie dai contagj e questi dai veleni, dal 1620 al 1 633 (3), non prima della metà del secolo XVII riuscì di abbozzare sufficientemente una teorica, per la quale molte delle infermità più gravi fossero attribuite a ca- gioni parassitiche ; tanto fu ardua la pruova ! Alla quale solenne impresa si accinse, primo che io sappia. Augusto Hauptmann da Dresda nella sua Epi- stola praeliminaris ad tractatum de viva morlis immagine , stampata in Francfort sid Meno nel 1630 , e insitolata a quel vasto e stupendo ingegno che fioriva allora fra noi , cioè ad Atanasio Kircher da Giessen (6). Il quale tenendo conto della nuova teorica, cotnmosso dalle stragi che la Peste bub- bonica, provegnente da Napoli, aveva fatte nella nostra Roma volgendo il 1636, dettò quello Scrutinium phijsico medicum contagiosae Luis quae Pestis dicitur, uscito alla luce qui nel 1638 che, se è venerando come il primo insigne mo- numento di tal dottrina, può anche oggi essere non senza qualche utilità con- sultato. I VII. Le opinioni discusse qui fra noi intorno la causa di quella luttuosa vicenda ci furono tramandate da un Gregorio Rossi o de Rossi Sabino, che ci I ebbe prestato 1’ opera sua medica nel Rione di Trastevere, in quel libretto (1) Racconto L. XIV. C. II, p. 863. 1 (2) Loci medicinae coramunes. Lugduni 1589, pag. 70. I (3) De vera curandae Pestis catione liber unus. Francofurti 1668. Isbrandi de Die- I merbroek opera omnia medico practica. Genevae 1688. T. II, 32. (4) Praxeos medicae opus. Basileae 1666. T. I, p. 83. T. II, p. 75. (5) Opera Lugduni 1656. Voi. I, p. 383, 789 e 794 e Voi. II, p. 1001-1003. ! (6) Miscellanea curiosa sive Ephemeridnm medico physicarum germanicarum Academiae S Naturae Curiosorum decuriae Faneofurti et Lipsiae T. I. 1684. p. 48. Christiani Langii opera I omnia. Francofurti ad Moenum 1688 in praefatione (D. Georgii Francii. Opere tisico mediche ';j del kavalier Antonio Vallisneri Venezia 1733. T. 2.“ p. 27. li s ch’ebbe intitolato: Gregorius Roscius Selcien. Sabinus de postrema Pestilen- tia Urbis Romae {Romae 1665). Nel quale sono specialmente da essere ram- mentati questi concetti « Che i germi pestilenziali si conservano meglio in ciò ch’è » opportuno a conservare la vita, come sono i panni di lana. Riguardo a quelle )) Pesti che si diffusero nel mondo da una veste o da un solo individuo infetto, )) ciò non sarebbe potuto accadere senza l’ incremento, nè 1’ incremento sarebbe )) occorso senza la generazione, nè questa senza un motore vitale ». e « Che » la putrefazione non possa procreare alcun corpo vivo. » Da ultimo veniva » ripetuta una idea già innanzi accennata, cioè « Essere state create fin dal » principio del mondo le specie animali, tanto grandi e nobili quanto minime » e quelle che il mondo avvisa essere perpetuate dalla putrefazione. » Vili- Ora, considerando come Francesco Redi da Arezzo trovò nel 1667 con le sue interessantissime sperienze, che i vermi della scomposizione putre- fattiva visibili ad occhio nudo non sono altro che larve di mosche uscite dalle uova depostevi dalle madri loro (1) , nasce il ragionevole sospetto che fosse mosso ad istituirle anche per le succennate discussioni occorse qualche anno innanzi fra i nostri, intorno alla celebre e tuttavia da alcuni difesa ipotesi della così appellata Eterogenia o Generazione spontanea. IX. Ad Isacco Colonnello che nel 1687 ritraeva mediante il Microscopio una femmina del Sarcoptes Scabiei Latreille (2) per Giacinto Cestoni da S. Maria in Giorgio d’Ancona , accadde di vederle mettere le uova. Donde , se era conosciuto fino da tempi rimoti che la Psora può in molti casi venire im- mediatamente troncata con la semplice sottrazione meccanica della causa che la produsse la cresce e la diffonde, risultò sensibilmente che questa causa è moltiplicativa. La quale osservazione è d’assai maggior interesse che a prima giunta non pare, come quella che ci disvela perchè taluni incaparbissero nel negare che la Rogna si trasmetta e si riproduca unicamente pel Sarcotto, dal non avere saputo immaginare che si possa trasmettere e riprodurre eziandio per le uova di tale acarìde. Ma in proposito del Cestoni è da avvertire che, quando parecchi anni addietro fu voluto stabilire un metodo pel quale riuscisse distruggere radicalmente e prestamente la scabbia, fu mestieri tornare proprio alla semplice e sola indicazione antiparassitica che aveva insegnato quell’investi- gatore già dalla fine del secolo decimesettimo (3). (1) Esperienze intorno alla generazione degl’ Insetti. Firenze 1678. {% Acarus exulcerans LINN. (3) V. in fine al tomo primo delle Opere di Francesco Redi deH’edizione di Venezia X. Xel principio del secolo decimottavo , correndo in Modena Febbri miasmatiche di apparenza benigna , e poco stante letali , il modanese Fran- cesco Torti avvisò adoprare a combatterle dosi maggiori di china , che non erano state adoprate per lo innanzi, allargando a più forme di tali febbri il metodo trovato qualche anno prima da Riccardo Morton della contea di Suf- folk (l). Donde venne fatto alla Medicina di trionfare d’ordinario le così dette Febbri perniciose, per natura mortifere irreparabilmente. XI. È noto che nel 1709 m.osse una pestilenza bovina fierissima dalla Tartaria, la quale, traversata la Russia, la Podolia, la Bessarabia, la Molda- via, la Vallachia, l’Ungheria e la Dalmazia, ruppe in Italia nel 1711 (2). Ora, 10 studio che fecero in questa epizoozia Bernardino Bono da Brescia e 1’ il- lustre Antonio Vallisnieri da Trasilico della Garfagnana (3) rivelò che nel san- gue de’ soli buoi appestati erano vermetti piccolissimi , ma spiritosi. Donde 11 detto Vallisnieri scrisse e stampò in Milano nel 1714 l’operetta intitolata: Nuova idea del Mal contagioso de' buoi (4). XII. Nell’anno 1863 ricorrendo fra noi l’epizoozia medesima, il nostro concittadino Paolo Peretti rinvenne, e i nostri concittadini e miei colleghi pro- fessori dottor Giuseppe Ponzi e dottor Vincenzo Diorio studiarono e rappre- sentarono vermicelli del sangue de’ buoi infermati che parvero larve di Fi- larie (o). XIII. Intanto avvertiamo che occorse notare qui, come era stato notato altrove ne’ buoi morti di cotal pestilenza, la membrana « mucosa dell’ abo- )) maso e degl’ intestini sino al retto ... di un rosso più o meno acceso ed )) in più punti livido, particolarmente nell’ ileo e nel quarto stomaco, ed iti 1742, due Lettere di Giacinto Cestoni, una al Redi del 18 luglio 1687, l’altra al Vallisnieri del lo gennaio 1710 e, Lecons théoriques et cliniques sur les alfections parasitaires par M. Bazin. Paris 1838. p. 254. (1) Therapeutice specialis ad Febres quasdani perniciosas inopinato ac repente lethales, una vero china china peculiari methodo ministrata sanabiles. Mutinae 1712. (2) Trattato sistematico delle Epizoozie de’ più utili aiammit'eri domestici , compilato da Gio: Battista Laurin. Milano 1829. T. I, p. 13. (3) Storia della Medicina in Italia del dottor Salvatore de Renzi. Napoli 1840. T. IV. p. 116. (4) Opere cit. del Vallisnieri, T. II. p. 15. (3) Relazione della Peste bovina dell’agro romano correndo l’anno 1863. Roma 1863. p. 38. Atti dell’.\ccademia Pontiticia de’ Nuovi Lincei anno XVI. Sessione VI del 7 maggio 1863. p. 843. Corrispondenza Scientifica in Roma. Voi. VI. n. 47. 15 luglio 1863 p. 473. )) tutti poche esulcerazioni della membrana stessa, d’altronde non resistente » in tutto il tratto gastro-enterico sotto 1’ azione delle dita , . . . lasciando » scorgere sotto di se la membrana muscolare rosseggiante, non però esul- )) cerata. Le alterazioni . . . furono più evidenti nel fondo del cicco ed in » buon tratto del colon . . . Rare volte la mucosa gastro-enterica ne ap- )) parve in pochi punti di tinta plumbea ... le ghiandole meseraiche . . . )) ingorgate in parte, ed alcune anche rossastre . . . Nel fegato non mai nulla » di morboso che fosse recente ; la cistifellea qualche volta zeppa di bile a » un dipresso naturale r> (t). XIV. Il nostro benemeritissimo Giovanni Maria Lancisi, trovandosi for- zato a dimostrare quanto danno avrebbe recato alla salubrità della nostra aria il taglio di alcuni boschi, attese a dettare i due classici Libri de noxiis paludum effliiviis eorumque remediis [Romae 1717). Ma per riuscire nel conoscimento della causa de’ morbi miasmatici (sebbene per combatterli basti l’uso finora em- pirico della china o d’un suo alcaloide), avvisò, da quel valentissimo che era, dovesse essere non solo organica , ma, quel eh’ è troppo più , organata ; e piantò il concetto fondamentale, e per lunghi anni non seguito — di conser- varla come fosse riuscito a ritrovarla a fine di studiarla con le Lenti e pe- ravventura col Microscopio (2). Laddove, per dire delle pruove che in siffatta specialità furono istituite nella sola Italia — sebbene quivi Giovanni Rasori fosse tornato a vagheggiare le idee di Yarrone di Columella di Palladio, di Vitruvio e appunto del Lancisi intorno le cause di tali morbi (3), il milanese conte Pietro Moscati in prima, quindi il bassanese Giovanni Rrocchi e da ultimo il vivente Salvatore de Renzi, quantunque riuscissero a raccogliere una sostanza sensibilmente particolare nell’acqua provegnente dal vapore delle paludi, poiché pensavano dovesse essere piuttosto organica che organata, attesero a distrug- gerla mediante le analisi chimiche per istudiare gli elementi di essa ; dalle quali analisi non trassero, come appunto non doveano trarre, alcun apprez- zabile frutto (4) ; essendo evidente che la sola conoscenza degli elementi di (1) Rapporto dei veterinari commissarj Roberto Fauvet professore ed Ermete Garo- fani medico veterinario, per lo studio del Tifo pestilenziale bovino. Roma 1863. p. 13. (2) Lib. I. P. I. C. XVI. T. III. p. 59. (3) Dizionario classico di medicina esterna ed interna. Venezia T. XVIIl p. 638 e Dot- trina teorico pratica del Morbo petecchiale del d. F. Enrico Acerbi. Milano 1822. p. 356. (4) Dizion. class, di Med. cit. T. XVIII. p. 630 e T. XXII. p. 764. — 157 — un corpo organico non è e non può essere bastevole a svelare l’organazione e , quei che nella specialità de’ Morbi miasmatici sommamente interessa , le funzioni di quella. Per tal modo l’erroneità del metodo analitico da un idea falsa preconcetta, fece tardare per assai lungo spazio la scoperta dei corpu- scoli considerati come vegetabili in gran parte, nel vapore che si leva dalla fermentazione; dei corpuscoli considerati come animali in gran parte nel va- pore che si leva dalla putrefazione e il riconoscimento dei corpuscoli bruni che il sommamente benemerito J. Lemaire, seguendo un concetto identico a quello del Lancisi, riuscì a vedere nella emanazione palustre del luogo chiamato per antonomasia Tremhlevif della Sologna; che, se non avea riconosciuti nel va- pore acquoso di Romainville, cioè di un luogo de’ più salubri del dipartimento della Senna , nè pure rinvenne nel vapore acquoso del così detto Giardino delle Piante di Parigi , sebbene questo Giardino sia cinto da insalubri ema- nazioni (1). E non sembra poi assurdo supporre che tali corpuscoli possano essere i produttori di alcuni dei morbi miasmatici. E forse identici o analo- ghi per relfetto ne stavano in quell’acqua palustre che, raccolta presso Bona dell’Algeria nel luglio dell 834, produssero Febbri periodiche semplici o Feb- bri perniciose in tutti i centoventi militari fra ottocento che ne bevvero nei tornare in Francia; mentre tutti gli altri che bevvero acqua salubre, ne an- darono al tutto immuni (2). XV. E troppo noto perchè ci fermiamo a ricordarlo, come G C- Nyander da Calmar , sostenesse il 23 giugno del 1757 innanzi al sommo Carlo de Linné, che gli esantemi derivino da animalucci , generalizzando una sua os- servazione (3). XVI. Ricorderò invece come accadesse a Gio; Giorgio Roederer da Stra- sburgo , di studiare in Gottinga nell’ inverno dal 1760 al 1761 la grave ir- ruzione d’una Febbre tifoide, ch’osso chiamò Morbo mucoso, nella quale av- vertì meglio che non avessero fatto, il Bonnet nel Sepolcreto e il Pringle nelle Osservazioni , i vizj dell’ apparecchio digestivo- Perochè notò e rappresentò molto bene in tre tavole, l’enfiamento e la perforazione dei follicoli della mem- (1) Comptes rendus de l’Académie des Sciences di Parigi T. LIX p. 317 e p. 42S. 17 et 19 aoùt 1864. (2) Traité de Géographie et de Statistique médicales des maladies endéraiques par J. Ch. Boudin. Paris 1837. T. 1. L. III. Ch. IV. Art. I. p. 142. (3) Exanthemata viva nelle Anaoenitates Academicae. Erlangen. Voi. V. p. 92. 21 brana mucosa stomacale ed intestinale , rappresentandovi auche la sostanza acinosa del fegato, mentre notò eziandio i vizj delle ghiandole del mesenterio. XVII, L’ essere stato contemporaneamente ritrovato nell’ intestino cicco de’ cadaveri quel verme visibile ad occhio nudo eh’ è il Tricocephalus dispar Rl'dolphi, scoperto già dal Morgagni (1), e che allora dal Buttner fu chiamato Trichuris, fece che il detto Roederer a questo e ai lombrici attribuisse il con- vertirsi del morbo di mucoso in verminoso; donde alla prescrizione curativa dei moderati evacuanti aggiungesse , quando non vi concorresse la febbre , quella dei mercuriali e della canfora (2). XYIIL Le alterazioni intestinali e mesenteriche avvertite in questa na- tura di Morbi, furono successivamente riconosciute nel secolo attuale da pa- recchi autori, come più o meno appalesano le denominazioni dì Febbre entero mesenterica del Petit e del Serres, di Dotinenteritide^ del Bretonneau, di Esan- tema intestinale di Gabriello Andrai , di Enteritide follieolosa del Cruveilhier e del Forget e di Enteromesenteritide del Bouillaud (3). XIX. Nell’ articolo Intestin del Dictionnaire de Médecine , Chirurgie , Pharmacie de P. H. Nysten [Paris 1858 p. 761) si legge: « Elles (les glan- » des de Peyer) s’ulcèrent et s’ouvrent du coté de 1’ intestin dans la fièvre » typhoìde . . . en outre, un dépót de matière amorphe jaunàtre, avec cel- )) lules et noyaux particuliers , les envahit dans cette affection (matière et cellules typhiques) ». XX. Essendo stati trovati funghi fra i denti e le gingive, dalla gola allo stomaco, su le ulceri intestinali e su le fecce d’ infermi di Febbri considerate, 0 che pare si dovessero considerare come tifoidi dal Berg, dal Bennett e dal Langenbeck , io avvisai in altro lavoro che potessero essere tenuti piuttosto per causa, di quello che per concomitanza di esse (4). XXL Ma poiché il Signol ebbe annunziato all’ Accademia delle Scienze di Parigi, di avere rinvenuto certi Batterj nel sangue de’ cavalli infermi con (1) Epistol. anatom. XIV § 41.Traité (lesEatozoairesparC. Davaine Paris 1860. p. 205. (2) Io G. Roedereri et Car. G. Wagleri Tractatus de Morbo mucoso annexaque prae- falione de Trichuridibus ab Henrico Augusto Wrisberg. Gottingae 1783, p. VII et p. 10, 47, 62, 72, 142 et 241. (3) Clinica medica diG. Andreal. Milano 1832. T. III p. 6. Traité élémentaire et prati- que de Patbologie interne par A. Griselle. Paris 1857. T. 1. p. 21. (4) Su la natura della Febbre tifoide e nervosa e de’ Morbi appiccaticci nella Corri- spondenza scientifica in Roma. v. 6. n. 29. 21 aprile 1861. p. 296. — 139 — forme tifoidee (1) poiché il Delafond e il Davaine avevano veduto qualche cosa di analogo rispetto alla Febbre carbonchiosa, detta impropriamente Saug de rate (2), il nostro commendabilissimo Atto Tigri, rammentando di avere veduto talvolta forme batteriche nel sangue umano, riconobbe che occorrono solo nel sangue di coloro che muoiono per Febbre tifoide ; dacché si può credere a buon diritto che si fossero insinuati anche nella organazione di un tale che mori in breve periodo nello spedale di Siena per conseguenza di caduta (3); appresso affermò di averne trovati in numero maggiore nel sangue arterioso che nel venoso (4); in una sua comunicazione epistolare del 21 dicembre 1864, aggiunse di avere rinvenuto i Balterg su la mucosa intestinale de' morti per malattie tifoidee; e finalmente non trovandoli altrove nel cadavere di un tifoidico, dichiarò ch’era riuscito a ravvisarli nella sostanza dei polmoni (3). XXII. Per le quali cose, come altri attribuisce ed io attribuisco la Feb- bre tifoide a Parassiti, segue che, o questa sia di più nature, il che non é punto improbabile; ovvero, che le mucedini che vi occorsero, siano da avere in conto di complicanze secondarie. XXIIl. Potrei allargarmi col rammentare le scoperte che si vennero fa- cendo di Parassiti minimi, tanto vegetabili quanto animali, che di tratto in tratto ci recano danni gravissimi, malconciando ora questa, ora quella natura di vegetabili, o molto utili o necessarj; ma credo dovermene tacere per non rendere questo lavoro troppo voluminoso. {Continua) (1) Compì, rend. cit. T. LVII p. 348. 10 aoùt 1863. (2) Compì, rend. cil. T. LVII p. 220 27 juill. 1863 el p. 348. (3) Compì, rend. cil. T- LVII. p. 633. 3. ocl. el p. 801. 16. nov. 1863. e Alli dell’ Ac- cad. cil. de’ N. Lincei A. XVII. Sess. del 6 die. 1863. p. 1. (4) Compì, rend. cil. T. LVIII. p. 321 15 févr. 1864. (5) Compì, rend. cil. T. LX. p. 25. 2 janv. 1865. Intorno alla pupilla umana subordinatamente alla contrattilità dell' Iride. Os- servazinni del professor Atto cavalier Tigri presentate dal professore So- crate Cadet. In due modi, che non credo stati avvertiti, mi fu dato notare dei movimenti nell’ Iride, cioè delle variazioni nei diametri della pupilla: a) subordinatamente alla volontà; b) e come ultima manifestazione della contrattilità cadaverica. Non importa dire che le condizioni del fenomeno sono, nei due casi ben diverse fra loro; egualmente diverse le applicazioni utili. Dirò frattanto della contrattilità dell’ Iride subordinatamente alla volontà. Non mi sembra un fatto avvertito la contrattilità volontaria dell’ Iride , e tanto più nelle condizioni che vengo a indicare. L’ esperimento può essere eseguito da chiunque ; è dei più semplici che si possano immaginare. Basta situare una persona in luogo di luce moderata, affinchè il ristringimento delle sue pupille non divenga tanto sensibile. Dobbiamo assistere ad un ristringi- mento dell’apertura pupillare, che si effettuerà immediatamente, e si vuole per- ciò che si compia con evidenza e con rilevante diminuzione del primo dia- metro 0 del precedente alla esperienza. Così disposta la esperienza, si ordina alla persona medesima di produrre volontariamente nei suoi occhi lo strabismo convergente, vale a dire la for- zata direzione degli assi oculari verso il naso. Allora, osservando attentamente le aperture pupillari, si nota in ambedue, perdurante lo strabismo , un gra- duato ristringimento fino al massimo della sua effettuazione; e si nota poi un graduato dilatamento in quelle aperture nel ritorno degli assi alle condizioni ordinarie di direzione. Promovendo ancora la semplice contrazione fissa della maggior parte dei muscoli motori del globo oculare, si ottiene egualmente un sensibile cambiamento di diametro nella apertura pupillare, ed in rapporto al grado di contrazione dei detti muscoli volontarj. Allorquando resi conto (Comptes rendus de l’Académie des Sciences de Paris, t. 50." pag. 55. Seduta de’ 2 Gennaio 1860) d’alcune osservazioni mie sul così detto Magnetismo animale, e sull’ Ipnotismo, cercai d’ investigare gli effetti della contrazione simultanea e convergente dei muscoli retti interni e degli obliqui maggiori dell’ occhio, dichiaratasi nel guardar fissamente la per- i61 sona, 0 l’oggetto lucido posto innanzi di loro; e posi in rapporto la continuità dei nervi stiragliati dei suddetti muscoli nella indicata contrazione forzata ed abnorme, col Ganglio lenticolare, e quindi per mezzo delle sue radici senziente e motrice col centro cefalico; e mi resi conto del deliquio causato da iperemia cerebrale : ma non mi avvidi a quel tempo dei cambiamenti avvenuti nella pupilla; i quali trovano oggi la stessa via di spiegazione, avvertendo all’azione reflessa dal Ganglio stesso di Meckel sui nervi ciliari, e sull’ Iride. Farmi evidente in questo caso una forma di Sinercjìa fra muscoli della vita animale, e della vita organica: e 1’ esperimento in discorso giudico elo- quente ed appropriato a dare idea chiara dell’ indicato avvenimento fisiologico spettante al sistema nervoso; del quale avvenimento altri esempj si potreb- bero citare in esecuzione per altre parti. Inoltre la forzata contrazione dei muscoli retti interni , che ricevono la innervazione daWocidomotore eomune, equivale, a parer mio, ad un’azione sti- molativa ed eccitante indiretta sui filamenti nervosi ciliari , per la quale è messa in atto la contrattilità delle fibre circolari dell’ Iride. E questo giudico non solo esperimento di Fisiologia assai significativo ; ma sembrami altresì un mezzo adatto per investigare la facoltà contrattile del- r Iride; un mezzo semplicissimo in sostituzione della luce viva, della Stricnina, e della Fava del Calabar. Pertanto, la Fisiologia e la Terapeutica rinverranno, io spero in quanto esposi nuovi argomenti di studio. Relativamente alla contrattilità dell’ Iride da me avvertita nel cadavere, contrattilità da dirsi residuale della vita intrinseca delle parti, io credo di po- terla assomigliare alla rigidezza cadaverica. Il fatto in discorso, che può es- sere da chiunque osservato, è il seguente. Nel più dei cadaveri decorse alcune ore dalla morte, osservando gli oc- chi , vedonsi le aperture pupillari grandemente dilatate ; e prima che siano scorse 24 ore, ovvero dopo più lungo tratto di tempo se la stagione è in- vernale e fredda, le dette aperture si ristringono a segno da destare la me- raviglia nell’osservatore. Il fatto che narro suole coincidere coiravvenuta ri- gidità cadaverica; bensì la tensione dei muscoli dello scheletro precede sem- pre VAtresia pupillare. Direi che questa è l’ultimo fatto significativo della ri- soluzione delle parti; e potrebbe giovare nelle indagini cadaveriche dirette a stabilire il preludio della decomposizione putrida. Poiché la pupilla , che era contratta, torna a farsi ampia tostochè incomincia il processo putrefatti vo, egli è evidente che dura brevemente la sua contrattilità residuale, allorquando la rigidità cadaverica non si effettuò come d’ordinario , o per causa dell’ indole della malattia , ovvero per cagione dello stato umido e caldo dell’ ambiente. Credo poi che la dilatazione della pupilla dopo il ristringimento provato post mortem, sia totalmente passiva, e conseguente all’ aumento di volume degli umori contenuti nella camera posteriore dell’occhio, e favorita dalla flaccidezza dichiarata nei suoi involucri, e nella stessa membrana dell’ Iride. Inoltre pa- rificando io la suddetta contrazione dell’Iride alla rigidità cadaverica, non tro- verei inaccettabile la sua sorgente dai nervi dei muscoli oculari tonicamente contratti; e per conseguente ne deriverebbe la medesima spiegazione data a riguardo del primo fatto, cioè dello strabismo volontario. Se non che bisogne- rebbe ammettere la rigidezza cadaverica di quei muscoli effettuata tardiva- mente , e dichiarata come ultimo fatto di contrazione dei muscoli della vita animale; gli terrebbe dietro la contrazione dell’ Iride promossa egualmente dai nervi ciliari. Pertanto il prinao fatto ci ha posti sulla via di dare spiegazione del se- condo; pel quale si potranno ancora istituire esperimenti, a pupilla dilatata, con la stimolazione galvanica portata sulla inserzione anteriore del muscolo retto interno dell’occhio - È d’altronde innegabile il ristringimento attivo della pupilla nel cadavere, ed il nesso esistente fra esso ed i nervi ciliari, perciò un resto di vita in quelle parti. CORRISPONDENZE L’ Emo. e Rmo. sig. Cardinale Altieri, protettore dell’accademia, coirono- revole suo dispaccio del 10 dicembre 1864, N.“ 4046, manifestò grande sod- disfazione approvando la nomina dei membri di censura, prescritta dallo sta- tuto accademico, al titolo III, §. 13. Per ordine di S. E. il sig. ministro delle finanze, l’osservatorio fisico cen- trale di Russia, mediante il suo dirittore sig. Kupffer, ha trasmesso in dono all’accademia nostra, un esemplare degli annali dell’osserVatorio medesimo, pub- blicati daH’amministarzione imperiale delle miniere, per l’anno 1860 e 61. Il sig. Kupffer ringrazia per gli Atti de’ Nuovi Lincei, giunti all’osserva- torio fisico centrale da esso diretto; ed in pari tempo fa pervenire un esem- plare del suo rendiconto, per gli anni 1861-62-63. Il sig. cav. A. Coppi presentò in dono, da parte dell’autore sig. com- mendatore dott. Renedetto Trompeo, l’opuscolo del mederimo, avente per ti- tolo « Saggio d’osservazioni del circondario Riellese ». COMITATO SEGRETO L’accademia procedette alla nomina di due membri del comitato, per es- sere sostituiti, uno al R. P. A. Secchi, l’altro al sig. cav. Mattia Azzarelli, che si dichiararono impossibilitati a continuare nell’esercizio del comitato stesso. Per tanto, dallo squittinio segreto, fatto per ischede, risultarono a mag- gioranza di voti, nominati membri del comitato accademico, colla previa su- periore approvazione, i signori prof. Vincenzo cav. Diorio, e Monsignor Nardi. Conforme alle prescrizioni statutarie, si procedette alla nomina del pre- sidente biennale dell’accademia; quindi per acclamazione unanime, il sig. com. N. prof. Cavalieri S. Rertolo, fu confermato in questa carica, salva l’appro- vazione sovrana. L’accademia riunitasi legalmente a un ora pomeridiana , si sciolse dopo due ore di seduta. — 164 — Soci ordinari presenti a questa sessione. G. cav. Ponzi. — E. Rolli. — M. cav. Azzarelli. — F. Nardi. — S. Cadet. A. com. Gialdi. — V. cav. Diorio. — E. contessa Fiorini. — P. Sangui- netti. — P. Volpicelli. — B. Boncompagni. — C. Sereni. — L. Jacobini. — A. cav. Coppi. — B. Tortolini. — L. com. Poletti. — I. Calandrelli. — M. Massimo. — S. Proja. — N. com. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 7 di marzo del 1865 P. V. OF£BE TENUTE IN DONO Memorie dell' Accademia delle scienze dell' istituto di Bologna. Serie H , Tomo III, Fase. 3." Ofversigt ... Bullettini della B. Accademia delle scienze di Stokolm. 1863 N.“ 1-10. Konglica . . . Atti della B. Accademia sudd. del 1862. Meteorologiska . . . Osservazioni meteorologiche per il 1862 della B. acca- demia SUDD., empiiate da E. Edlund. Annales . . . Annali dell' Osservatorio fisico centrale di S. Pieroburgo, e coRRispoND. meteorologica del 1863. N.' 1 e 2; e 1864, N., 1 e 2. Analisi geologica ed architettonica delle Catacombe romane, dichiarata da Mi- chele Stefano De Bossi, Roma, 1864. Compt . . . Conto reso annuale, diretto a S. E. Mf De Beutern dal Diret- tore dell'Osservatorio fìsico centrale sig. A. T- Kupffer. Anni 1861-1863. Considerations . . . Considerazioni sulla previsione delle tempeste, e special- mente su quelle del ì al à dicembre 1863, di Ferdinando Mvller. - S. Pietroburgo, 1864. Bullettino meteorologico dell' Osservatorio del Collegio Bomano, in corrente. Comptes . . . Conti resi dell' Accademia delle Scienze dell'I. Istituto di Francia, in corrente. Continuazione degli Atti della B. Accademia ei Georgofili. Nuova serie voi- XI. Disp. 3.^ 1864. 165 — Le .... Il trentesimo congresso scientifico di Francia, tenuto a Chambery. Rapporto diretto alla R. Accademia di medicina a Torino, il 30 agosto 63, del doti, commend. Trompeo. Discorso del sudo, pronuncialo nella seduta del 29 aprile 1864, nell'occasione in cui rimetteva il seggio presidenziale della R. Accademia suddetta al dott. Demarchi. Trieste 1864. Ricerche e congetture intorno all aritmetica degli antichi romani. Modena, 1854. Saggio d' osservazioni del circondario Riellese del Comm. dott. Renedetto Trompeo. — Biella 1864. Sferiacei italici per G. De Notaris. Fase. T e 2‘’ : Centuria 1.'"® con 98 tavole. Genova, 1863. IMPRIMATUR Fr. Hieronymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Vicesgerens. 22 m “.n-.v : tffi r yn^<,\irtn.5\vi i> oa wiu>\ ,«va«jyV^ iU c&.^w»*ftm '9^>‘^^!^^'^ H . . v ’ J UK Vs ,^«ùfì‘tfV»oa;.^'Tifi\ . . '■ . 'V'- ■'•■• - :j/V. ^>^3^ltt^^^..lV'^uò^U l^‘^^^'■vv^fti^vi«^uv^l( :Aà‘ivJiv VA» Vu iyUab\>«?., ’f\ tvW'ib '»bì' iì '. àtòuh' >^|p ’ . 4'^H vH'ng^rn ,»ririhbM ',jttu.ttto4 ì4f>y?«»'; y\j^VyU3ÌSiblljw*\ì^rón'yot.«Vi^sn ) ;>t'r;\ .tflfiwonr tóVj ?y«'yVb»ill’'0*«VulbuVyVr.)'* VA'^ ' ■■ ' j. .in'--' 'Aiw *■.' ^9 ■ fioo f unii tuo J : o "f n.tj ' y' -. •• HU'tAMIMtóJ . m. ììbI^ ,A :S. .< .ìH ,biO HgiU .^^iv.ioi'>»jf t-mi iàìSÈlt^^. ' 'Sì flUTAMfiTqiM ^::%-':-i, . \-r , ,.tj*HfbiA ^M(ìll9J8/iH GToasHiV o(I Hin!*"'"' ,• ' '■,>■ ' - ; i ‘iu;my«!3'>r7= ^ >'|jr '5 ■ ''V’"'' ’.>»■ «V (^■; rr^ '-h'- " '■■ v,i . V '■ ■ . 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Proja. MEMORIE E COMUNICAZIONI 2>EZ SOCI ORDINARI E DEI CORRISPONDENTI Riduzioni delle osservazioni magnetiche fatte alV osservatorio del Collegio Ro- mano dal 1859 al 1864. Del P. A. Secchi. INTRODUZIONE Lo studio delle variazioni magnetiche in rapporto colle meteorologiche non è stato ancora intrapreso nella scienza in una scala abbastanza estesa, e con metodi categorici tali che possano sicuramente condurre alla conclusione, se debba necessariamente asserirsi o negarsi una relazione tra le due classi di feno- meni, e in quali termini essa sussista. Da un confronto continuato di tre anni fatto nelle riviste meteorologiche del Bullettino meteorologico dell’osservatorio del Collegio Romano e dalle note mensili, si può rilevare che la cosa non è da rigettarsi tanto dì leggieri, e che un dubbio è almeno fondato, quindi una discussione sotto questo aspetto è degna di esser fatta. Era nostro desiderio il presentare molto prima questo lavoro all’Accademia, ma aspettavamo dì avere un periodo competente per togliere ogni sospetto che le coincidenze fossero fenomeni accidentali. Attesa la natura dei fenomeni ma- gnetici, noi crediamo che almeno un periodo decennale sarebbe stato neces- sario a tale effetto , ma diverse ragioni ci obligano a limitarci ad un quin- quennio che ora trovasi completo. Se questo periodo non sarà sufficiente a 23 168 — risolvere tutte le incertezze di questa complicatissima materia, potrà però darci lume per vedere sotto quale aspetto dobbiamo trattarla. Realmente sono 6 anni e mezzo che noi ci occupiamo di queste ricer- cerche, ma i primi 18 mesi appena meritano attenzione pei molti mutamenti fatti negli strumenti, e perchè allora, non essendo bene definito il termine a cui doveano tendere le nostre ricerche , non si è fatta là debita attenzione alla parte meteorologica. In questo stesso tempo pure non avevamo ancora condotto al suo com- plemento il Meteorografo , strumento per noi indispensabile in queste ricer- che, e che ci poteva dare a vista il confronto generale del movimento atmo- sferico col magnetico. Senza di esso la comparazione o sarebbe stata assolu- tamente impossibile salva una enorme fatica , o almeno sempre soggetta a mille equivoci, potendosi prendere per fenomeno principale della giornata ciò che era meramente secondario. Di più siccome i fenomeni magnetici sembrano essere in relazione coi meteorologici presi in vasta scala, era assolutamente necessario l’avere sott’oc- chio, almeno in alcuni casi più importanti lo stato generale meteorologico di una vasta estensione di paese , e questo non potevasi fare fuori del periodo abbracciato dal Bollettino Meteorologico dell’osservatorio di Parigi cominciato solo nel 1839. Tutti questi sussidii ci hanno facilitato grandemente questo studio, e se non sarà possibile troncare tutte le quistioni, potremo almeno vedere da qual lato ha da prendersi la discussione per arrivare alla soluzione. In questa ma- teria vi sono forti pregiudizi da vincere, e grandi autorità da combattere. Noi lo faremo sempre col debito rispetto, ma crediamo che nelle scienze l’auto- rità non deve essere il giudice delle questioni, ma i fatti. Quindi senza pro- pendere da una più che dall’altra parte, noi studieremo con sincero amore di scoprire la verità. E in ciò saremo tanto meno sospetti, in quanto che an- dremo in più di un caso contro ciò che noi stessi abbiamo altra volta opi- nato. Ma ove trattasi di riconoscere la verità non ci recheremo mai a diso- nore mutar parere. Per procedere con qualche ordine in questa materia, diremo prima degli strumenti, del modo di osservazione e degli elementi di riduzione; quindi dare- mo le riduzioni fatte col modo e collo stile consueto per rilevarne i vantaggi e i difetti; finalmente discuteremo i fenomeni sotto un nuovo aspetto, quello cioè — 169 — che sembraci più logico, e opportuno a mettere in chiaro lo stato della con- troversia. §. l.° Strumenti. Gli strumenti di cui si è fatto uso sono i soliti adoperati negli osservatori! magnetici di Inghilterra e delle Colonie: sono stati costruiti dai medesimi ar- tisti, anzi non sono che una muta di quelli stessi che vennero usati in queste ricerche. I metodi, pure di osservazione e riduzione sono i medesimi. Gli uni e gli altri sono stati ampiamente descritti nelle Memorie delV osservatorio del Collegio Romano per Vatmo 1859, ìium. 25 e segg. Quindi non è necessario entrare in alcun dettaglio intorno a questi. Diremo adunque soltanto della presente riduzione. Questa, per varie ra- gioni che vedremo a suo luogo, comincia dalla forza orizzontale ossia dal Bi- filare. 2.° Riduzioni delle variazioni della forza orizzontale. La forza orizzontale si misura in modo assoluto, o in modo soltanto dif- ferenziale, tratteremo di ambedue unitamente, cominciando dal secondo. Queste osservazioni, come si disse cominciano nell’agosto del 1858, ma i primi mesi di questa serie sono stati rigettati, perchè erano in essi troppo frequenti i cambiamenti di scala e gli aggiustamenti. Anzi l’ intero anno 1859 si è stimato doversi escludere, perchè quantunque i mutamenti siano stati mi- nori, pure la riduzione delle osservazioni ha fatto vedere dei salti, e dei moti progressivi così singolari che sembrano mostrare o un anno eccezionale nelle perturbazioni, o che lo strumento non era ancora definitivamente sistemato (1). Escluso questo periodo preparatorio ci restano 5 anni interi dal dicem- bre 1859 al novembre inclusive del 1864 , che sono sufficienti a dare una idea dell’ andamento di questa forza pel nostro clima , sopratutto giovandosi delle leggi generali già note. Le osservazioni del bifilare per esser comparabili bisogna che siano cor- rette della temperatura: noi fino dal 1859 abbiamo posto ogni premura nel (1) Noi non sappiamo a che attribuire ciò , ma pare certo che lo stato definitivo di tensione non si acquisti dal filo di sospensione che dopo un tempo assai lungo. Di ciò ne abbiamo una prova diretta nel filo del declinometro che ha impiegato più di 6 mesi a pren- dere uno stato fisso e permamente. Tanto poco noi conosciamo le forze raoleculari che qui entrano in giuoco che ciò non sorprenderà i tìsici accurati. — 170 — determinare gli elementi di queste correzioni. Nelle citate Memorie delV os- servatorio è esposto diffusamente il metodo da noi seguito per determinare il coefficiente di correzione dovuto al cambiamento termometrico interno che qui richiameremo brevemente (1). A tale effetto si è collocato nell’ interno della seconda cassa che protegge il bifilare un tubo di piombo che vi fa 4 giri: in questo tubo si è fatto cir- colare il vapore dell’acqua bollente proveniente da una piccola caldaia di rame. 11 sistema fu per tal modo portato dalla temperatura di 61" F. a quella di 112", valori di poco diversi dai due estremi a cui può arrivare: si notavano le po- sizioni del magnete e del termometro ogni 5 minuti, e anche più spesso tanto durante il riscaldamento che il raffreddamento, e le variazioni che intanto po- tessero avvenire nel magnetismo terrestre erano date da un piccolo magne- tometro bifilare succursale. L’ esperienza fu ripetuta due volte in due giorni diversi. Essa ci diede per risultato che alla elevazione di 1" F. di temperatura corrispondeva una diminuzione di 836 nella scala. Questo metodo da noi usato, senza che sapessimo se da altri fosse stato immaginato, ci parve migliore dell’altro che consisteva a elevare la tempera- tura del magnete smontato e misurare il suo momento magnetico dietro la durata delle oscillazioui. Ad onta però di tutte le diligenze usate in queste esperienze, noi non eravamo per nulla tranquilli sul valore di questo coeffi- ciente per molte ragioni. 1." Avevamo notato che quando la sbarra risentiva il primo calore, la scala cresceva invece di calare, come avrebbe dovuto, poi prendeva l’andamento calante regolare e ciò in tutte le sperienze fatte. Que- sto fenomeno rovescio alla legge, si può attribuire all’ influenza della tempe- ratura sui fili di sospensione che ne muta la elasticità , e la lunghezza più presto che non muta il momento magnetico della sbarra stessa, attesa la loro poca massa. Ad ogni modo ciò costituiva un’ incertezza, per diminuire la quale il coefficiente fu dedotto solo dalle parti di mezzo delle variazioni. (1) Leggiamo a pag. 281 del voi. XVII di questi Alti, stampato dal sig. prof. Volpi- celli « Fino ad ora nulla di preciso fu pubblicato dallo stesso autore [il P. Secchi) sui periodi magnetici di lunga durata , e pare che a lui manchino i dati magnetici necessari per avere questi periodi con esattezza». Interrogato nell’Accademia che cosa intendesse per questi dati fu risposto intendersi la temperatura. Il dotto professore non ha forse veduto le cose da me pubblicate così per esteso nelle Memorie dell’ osservatorio, poi nel Bullettino ove ogni mese è la colonna del termometro appunto per servire alla riduzione de’ lunghi periodi quindi questo dato non mancava. 2.® Nulla ci assicurava che il magnete avesse la stessa temperatura del termometro, perchè questi due corpi sono di massa diversa, benché siano vi- cinissimi, ed il termometro per ciò sia fatto espressamente voluminoso. Ad at- tenuare questa causa di errore, noi perciò preferimmo le osservazioni fatte du- rante il raffreddamento che progrediva con più lentezza ed uniformità. 3.® Per- chè con questi metodi artificiali è impossibile evitare V influenza delle correnti d’aria. -4.° Non si è sicuro se in questa circostanza resti costante il momento magnetico prima e dopo l’operazione, e di fatto le riduzioni hanno mostrato che esso ricevè in tal occasione una variazione non trascurabile. 5.® Perchè il coefficiente poteva esser variabile col tempo. Questi inconvenienti non sono stati riconosciuti da me solamente, ma da tutti quelli che si sono occupati di questa materia come può vedersi nelle ultime pubblicazioni di Sabine. Perciò si è creduto preferibile di servirsi delle osserva- zioni stesse fatte dentro il periodo annuale per determinare questo coefficiente, e poi finalmente si è cercato di mettere gli strumenti in luoghi in cui la tem- peratura fosse variabile il minimo possibile; e a Kew si trovano in una stanza molto bassa, e a Greenvich si prepara un luogo sotterraneo. E questa è la miglior cosa. Tuttavia il coefficiente così determinato poteva servire come quantità prov- visoria per correggere le osservazioni nel breve periodo diurno in cui per la cir- costanza della camera in cui sono è raro cbe la temperatura nel giorno cangi di più di 1® F. Ho fatto vederci vantaggi di questa circostanza in alcune communicazoni fatte all’accademia di Francia (v. Comptes rendiis Tom. LY!. 20 aprile 1863) le quali potevano persuadere chiunque che le variazioni osservate durante le burrasche di 20 e 30 divisioni talvolta in un giorno , non pote- vano avere per causa la temperatura. Tuttavia volendosi render comparabili le osservazioni di periodi più lunghi di uno o due giorni e soprattutto di un anno, è indispensabile applicare quelle correzioni. Ma perchè queste riescano esatte , è necessario che il valore del coelficiente sia accurato quanto più si può , per lo chè è mestieri che si abbia un periodo assai lungo di anni nei quali possano stimarsi come neutralizzate le variazioni accidentali de’ diversi anni; cinque anni sono pochi certamente, ma per ora ci dovranno bastare. Non deve però dissimularsi un inconveniente nel servirsi delle varia- zioni annuali per determinare questo coefficiente ; esso è che viene a ri- fondersi almeno in parte sulla temperatura del magnete quella variazione che può essere dovuta ad un altra causa di periodo simile, come è per esempio 172 — la declinazione o la distanza del sole. La separazione loro riesce difficile assai, perchè il massimo di questa che è in giugno, è assai prossimo al massimo dell’al- tra in luglio 0 ai primi di agosto. Tuttavia abbiamo adoperato per separarle un metodo che trovasi per quanto è possibile esente da tale inconveniente. §. 3. Sistema di riduzione. Per preparare le equazioni di condizione da cui dedurre il coefficiente di temperatura da tutto il complesso delle osservazioni si è proceduto al modo seguente. Primieramente dai registri in cui souo notate le posizioni de’ magneti si sono estratte le varie ore di osservazione, avvertendo all’atto di estrazione di fare attenzione alla variazione termometrica, e se questa eccedeva mezzo grado sopra la media diurna del termometro si faceva una conveniente correzione per quell’ora proporzionatamente, secondo il coefficiente provvisorio già noto. II termometro orasi da prima notato ad ogni osservazione , ma si riconobbe tal cura affatto inutile , restando esso quasi stazionario , e quindi si fissò di leggerlo 3 volte o 4 al giorno, e si trovò ciò più che sufficiente, e vediamo che questo si pratica pure così a Greenwich, purché si avesse cura di tener chiuse le finestre e gli sportelli oscuri della stanza , e di non aprirli che al momento dell’osservazione. Ciò si fa colla massima facilità mediante un sistema di corde e contrappesi che sono vicino alla mano dell’osservatore dal luogo da cui suole osservare gli strumenti, e che permettono agli scuri di chiudersi da sè appena è finita l’osservazione. Con tali cautele, e ricordando che il muro esterno della stanza ha 1.“ 50 di spessezza ; non riuscirà difficile a credere che la variazione diurna di temperatura fosse così piccola come si è detto. Le osservazioni scelte sono le seguenti, lasciando le altre molte fatte in tempi irregolari e circostanze accidentali. a) Ore 7 antim. Le osservazioni si fanno ogni giorno a quest’ora pre- cisa, entro pochi minuti di tempo tutto l’anno, essendo questa ora fissa per le osservazioni meteorologiche. Nell’ estate quest’ ora non comprende il mas- simo mattutino che anticipa un poco, ma nei resto dell’anno lo comprende. Si sono fatte nell’estate per più mesi le osservazioni un’ ora prima, cioè alle 6 ant. per trovare l’ora di questo massimo e si è veduto che esso ha luogo tra le 6 e le 7; ma abbiamo preferito ritenere per fissa l’ora di tutto rànno. 173 — b) L’ora delle 9| ant. Questa ora è pure determinata direttamente per gran numero di casi, ma in molti lo è indirettamente dalla media delle due ore 9 e 10 che si fanno abitualmente. Tra queste ore cadendo comunemente il minimo mattutino in alcuni mesi, abbiamo segnato come indicazione delle 9§ la indicazione minima trovata tta le 9 e le 10. Abitualmente si è osser- vato il bifilare anche alle 1 1 , ma non se ne è tenuto conto in questa ri- duzione. c) L’ora del mezzodì è ora fissa, come quella delle 7 ant. d) L’ora 1| poni, è pure fissa, ma per le sole osservazioni magnetiche: nell’estate specialmente si è per lo più differito alle 2 pom. per cogliere me- glio il massimo occidentale del declinometro. e) V ora 3 pom. È pure ora fissa di osservazioni meteorologiche gene- rali, e non manca mai. 11 massimo diurno del bifilare in alcune stagioni oscilla tra mezzodì e le 3 pom. onde su questo periodo le osservazioni sono come si vede frequenti e quasi orarie. f) L’ora segnata 5 è soggetta a spostamenti, che variano dalle 4| alle 5| secondo le stagioni: nell’ inverno è alle e alle 5 più frequentemente nel- l’estate. Essa fu introdotta per studiare il minimo pomeridiano e non fu sem- pre costante Ma nelle riduzioni non si è tenuto conto che di quelle decadi nelle quali si aveano almeno 6 giorni di osservazioni e questi distribuiti in modo da rappresentare plausibilmente la media della decade, avuto riguardo alle mancanti. g) L’ora 7 pom. è oscillante dalle 6| alle 7| pom. e non è costante. h) L’ora 9 pom. è costante per tutto 1’ anno come una delle meteoro- logiche. i) La 10| pom. fu introdotta per avere il massimo vespertino degli stru- menti e durò per diversi anni. Si vede da questa enumerazione che se le osservazioni non sono orarie, il che non ci permettevano di fare le nostre forze, esse però abbracciano il periodo più critico della giornata, e le ore tropiche più notabili. Per avere un saggio delle variazioni notturne furono fatte varie volte osservazioni semiorarie durante le 24 ore intere di 3 giorni consecutivi nelle vicinanze dei solstizi e degli equinozi, ma la scarsezza degli osservatori ci obbligò a desistere. Però la mancanza delle notturne non potrà rendere inutili le osservazioni fatte nel giorno, perchè si sa che tranne i casi di vere perturbazioni, nella notte i magneti sono tranquilli; anzi l’omissione delle notturne se è sfavore- 174 — voìe in qualche cosa , lo è appunto alla connessione delle variazioni magne- tiche colle meteorologiche come vedremo a suo luogo- Ad ogni modo queste abbracciano tutta la parte più critica del movimento diurno magnetico, e due terzi del periodo totale diurno. Dai recenti studi fatti altrove, e specialmente da quelli del sig. Airy, risulta che le perturbazioni di qualche importanza non sono mai sì repentine che sfuggano ad un sistema come quello da noi tenuto nelle osservazioni. Onde abbiamo fiducia che il non esser esso l’ottimo pos- sibile, al che solo può soddisfare il sistema fotografico, non sarà ciò ragione perchè sia tutto stimato inutile. Nella riduzione di queste osservazioni ho seguito il metodo ora usato dalle sommità della scienza, cioè di escludere certi valori più straordinari in epoca di perturbazioni. Essendo questo un lavoro preliminare pel lavoro più defini- tivo, era mestieri limitarsi ai soli casi più manifesti. Le regole che ho seguito sono state queste. 1 .“ Ho escluso le osservazioni che variavano dal medio delle circostanti in più, ovvero in meno di 20'^**' 2." Se però sopra o sotto, a destra o sinistra del quadro generale ve ne era una in meno e un’altra egualmente in più, si sono entrambe ritenute. 3.° le escluse, nel registro fondamentale sono segna- te in modo da potersi facilmente riconoscere. 4.° Seia perturbazione e la ca- lata fatta in un epoca persisteva a durare più giorni, si sono escluse solo le osservazioni della frazione di giorno ritenendo i giorni interi. 6.“ Le stranissime perturbazioni delFagosto e settembre 1859 sono escluse del tutto. In ciò vi è certamente dell’arbitrario, ma è il meno possibile quello di cui abbiamo fatto uso. §. 4. Determinazione del Coefficiente di temperatura. Alla determinazione di questo coefficiente si sono fatte concorrere tutte le osservazioni fatte nei 5 anni, di tutte quelle ore per cui le decadi erano complete e i mesi erano interi. A fronte di tutte le medie decadiche si è messa la rispettiva media ter- mometrica , e ridotto il tutto ai medii mensili , si sono ottenuti due quadri il primo rappresentante le medie mensili del bifilare, l’altro le rispettive tem- perature (Il quadro L che daremo più sotto è estratl^o da questo quadro più completo). A questo primo risultato dovevansi fare due riduzioni. 1.® la riduzione allo stesso zero della scala, tenendo conto delle mutazioni fatte nella sua po- sizione: 2." la correzione di temperatura. Perciò che riguai'dale mutazioni della — 175 — scala, esse sono parecchie nel primo anno 1859, ma dal decembre di esso fino al decembre del 1863 non ne è occorsa nessuna, ed è restato tutto invaria- bile. Al principio di gennaio 1864 si mutò la scala di 78,20 divisioni, onde questa cifra si dovea aggiungere a tutte le osservazioni di quest’anno. Usando per facilità di confronto le convenienti riduzioni anche per l’anno 1859, tutto fu ridotto ad una scala progressiva partente da un unico zero. I valori così ottenuti si potevano usare senza più alla determinazione del coefficiente di temperatura, ma secondo il metodo che è preferibile nella ap- plicazione de’ minimi quadrati , abbiamo giudicato meglio applicare prima a tutte le osservazioni la correzione dedotta dal coefficiente provvisorio di tem- peratura, e riservare così a determinarne solo la correzione k dovuta a que- sto stesso coefficiente, talché detto q il vero coefficiente, esso fosse q == 0,836 k . Con ciò il calcolo diveniva più semplice e poteva anche dopo la prima ridu- zione vedersi meglio la forma della funzione da discutersi col metodo de’rni- nimi quadrati. Tutti i medii sono stati quindi ridotti alla temperatura di 60“F. che è prossimamente la media, onde riesca minore l’ influenza della seconda potenza del coefficiente medesimo, che forse non è trascurabile nelle grandi temperature. Applicate adunque queste due correzioni ai medii mensili si ha il qua- dro A (v. pag. seg.) in cui le cifre relative a ciascun mese in media sono il risultato di un numero di osservazioni isolate espresso per 10x3x8x5, ossia 10 giorni X 3 decadi X 8 ore x 5 anni = 1200 , e il numero complessivo di tutte le osservazioni concorrenti a questa deter- minazione è 14,400 circa. Dico circa, perchè non vi entrano come si è detto le perturbazioni straordinarie, ma queste sono compensate dai giorni dei mesi che superano 30 e dalle decadi complete di osservazioni in numero maggiore di 8 al giorno. Nella tavola grafica daremo poscia delineati tanto i valori deca- dici quanto i medii dei vari quadri. 24 Quadro A Meda mensili delle osservazioni del bifilare corretti provvisoriamente della temperatura e ridotti a 60“ Fahrenheit. An. Genn. Febr. Marzo Apr. Magg. Giugn. Luglio Agosto 7bre 8bre 9bre Xbre 1859 40.29 49.78 43.77 52.78 57.59 68,00 75.25 75.93 77.98 83.46 (a) 85.48 1860 89.75 91.36 88,62 91.27 93.26 96.87 93.98 90.95 97.20 104.20 105.35 109.06 1861 110.35 108.90 105.42 108,28 111.43 111,95 112.29 111.50 115.52 116.82 119.82 120.94 1862 124,15 125.22 125 84 126.64 128.76 130.14 127.09 126.40 128,13 128.51 133.36 133.79 1863 136.42 136.37 138.54 139.68 141.91 143.40 142.41 143.30 141.38 147.13 148.82 152.97 1864 156,60 157,89 155,06 156,99 157,28 157.04 155.28 153.58 155.67 159.56 162.72 .... Med. 123.05 123.95 122.70 124.57 126,53 127.88 126.21 125.15 127.58 130.84 134,01 120.42 Quadro B Termometro Fahrenheit del Bifilare. An. Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giug. bugi. Agos. 7bre 8bre 9bre Xbre 1860 50.98 48.73 52.21 57.06 63.65 71.23 75.15 75.28 75.81 68.86 59.18 55,00 61 50.38 53.04 53.95 57.93 62.25 71.30 76.68 81.48 76,42 70.84 63.11 53,63 62 49.60 52.29 56,44 61.25 67.50 72.57 77.13 78.57 74.44 71.58 63.27 54.58 63 53.83 51.71 55.14 60.42 66.95 72.62 78.90 79.30 76,42 69,73 62.96 55.12 64 47.67 49.47 55.84 57,31 64.90 70,28 77.11 78,81 74.63 66.47 61.43 51.86 3Ied. 50.49 51.05 54.72 58.79 65.05 71.60 76.99 78.69 75,54 69,50 61.99 54,04 Da uno sguardo a questi due quadri vengono in evidenza i fatti seguenti: 1 Un progressivo aumento della scala, che può derivare o da aumento di forza magnetica nella terra, o da diminuzione di momento magnetico nella sbarra. 2.“ Dei salti notabili da mese a mese che sono fuori di ogni proporzione colle variazioni di temperatura; tali sbalzi sono più sensibili nelle valutazioni decadiche e vi torneremo sopra appresso. (a) I mesi precedenti del 1839 si mettono benché non servano alla discussione ulte- riore, e perciò sono collocati in linea più alta. — 177 — 3.° Che, tutto compreso, se il coefficiente di riduzione termometrica non è esatto ha però bisogno soltanto di piccola correzione. La prima cosa che si ha da fare, è di correggere le osservazioni del moto progressivo della scala. A questo effetto i risultati mensili sono stati disposti in una curva grafica prendendo per ogni mese un’ascissa di 5"”", e per ogni divisione della scala pure una ordinata di S""” e si è costruito il poligono che abbraccia tutte le cifre qui sopra indicate. Questa costruzione fece rilevare ad occhio le irregolarità, e mostrò che l’anno 1859 và messo da parte. Ritenendo il resto dal suo decembre in poi, è facile vedere che può condursi una retta che attraversi per mezzo tutto il poligono la- sciando sopra e sotto quantità prossimamente uguali. La posizione di questa retta potrebbe determinarsi col calcolo, ma la natura e l’estensione delle aberrazioni mostra che sarebbe fatica sprecata, e che può bastare la costruzione grafica stessa , con qualche tentativo di falsa posizione. Tirando quindi una retta e sommando le parti del poligono sopra e sotto la medesima, risulta che queste si eguagliano prossimamente prendendo la posizione dei due punti estremi per il decembre del 1859 90,'' 0 pel Novembre del 1864 163, 6 Quindi la differenza 73, 6 La cui quinta parte 14, 72 rappresenta la mossa annuale, e ogni mese si dovrà correggere di una parte proporzionale. Questo metodo ha il vantaggio di profittare dei termini inter- medi! su di una scala più estesa. Se si confrontino i due mesi estremi della media generale, troviamo Decembre 120.° 42 Novembre 134. 01 Differenza 13. 59 che poco differisce dalla precedente , ma così si viene a dar troppo peso ai mesi estremi, e quindi ci fermeremo al primo valore 14.72. Il quadro C con- tiene i risultati mensili colle rispettive correzioni dedotte dalla totalità delle osservazioni. Per usare cifre minori si è tolto da tutte il numero di 110 divi- sioni e così restano i numeri dell’ultima linea delle stesso quadro. In un’al- tra lìnea diamo le differenze dei valori della temperatura media di ciascun mese sopra 60.° — 178 — Quadro C Meda del bifilare corretti della variazione progressiva della scala. Xbre Genn. Febr. Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto 7bre 8bre 9b Medio A correz. 120,42 00,00 123.05 — 1.23 123.95 — 2.45 122.70 — 3,68 124.57 — 4.90 126.53 — 6,13 127.88 — 7.36 126.21 — 8,58 125.15 — 9.81 127.58 -11.03 130,84 —12.26 13^ -U Med. cor- retto C 120.42 121,82 121,50 119.02 119.67 120.40 120.52 117.63 115.34 116.55 118.58 m tolte 110 per sempl. 10.42 11.82 11.50 9.02 9.67 10,40 10.52 7.63 5.34 6.55 8.58 10 Differ. di temp.'“da 60“ F. — 5.96 — 9.51 — 8.95 — 5.58 — 1.21 4-5.05 4-11.60 4-16.99 4-18.69 4-15.54 4-9.50 4-1 Questo quadro fa vedere che la curva annuale ha una forte depressione nei mesi estivi, e che perciò non è esatto il coefficiente di correzione della temperatura. Ma potrebbe esser benissimo che la diversità fosse dovuta alla posizione del sole nella sua orbita. Essendo difficile separare queste due cause, perchè a periodo quasi identico, ho creduto poter procedere a questo modo. Supponiamo in prima che tutto sia effetto di inesattezza nel detto coefficiente; potrà prossimamente determinarsi la sua correzione dalla divergenza delle tem- perature nei mesi estremi. Questo ci darà: Pei mesi freddi Pei mesi caldi Term.“ Bifil. Term.“ Biffi. Genn. o 11. 72 Luglio 76. 99 7. 63 Febr. 51. 05 11. 50 Agosto 78. 69 5. 34 Medio 50. 77 11. 61 77. 84 6. 49 50. 77 11. 61 Differenze •4-27. 07 —5. 12 il cui rapporto è la correzione da farsi a g ed hk= — 0.188. Il segno meno indicando che crescendo la temperatura diminuisce l’ intensità. Quadro D Meda corretti inoltre dal coefficiente di temperatura aumentato. Xbre Genn, Feb. Marzo Aprile Magg. Giugo. Luglio Agosto 7bre 8bre 9bre Medio C Nuova 10,42 11.82 11,50 9.02 9.67 10.40 10.52 7.63 5.34 6.55 8.58 10.52 correzione termomet. —1.12 —1.79 —1.68 —0.99 —0.23 -hl.35 +2.08 +3.01 +3.51 +2.91 +1.79 +0.37 Medio D 9,30 10,03 9.82 8,03 9.44 11.75 12.60 10.64 8,85 9.46 10,37 10.89 Il quadro D dà i medii mensili corretti a questo modo, e mostrasi che la curva assai più si accosta alla retta, ma presenta due minimi e due mas- simi ben decisi. 1. ° Massimo principale in Giugno. 2. ° in novembre. 1. ° Minimo in agosto e presso al settembre. 2. ° in marzo. Quindi sembra esservi manifesta l’ influenza della declinazione solare, ma tale che agisca allo stesso modo quando il sole sta sopra e sotto l’ equa- tore, e solo un poco più fortemente nel tropico del cancro. Per determinare però meno arbitrariamente che sia possibile queste quan- tità residue, è d’uopo ricorrere al metodo de’ minimi quadrati. La formula generale si può stabilire facilmente dietro 1’ analisi antece- dente. Essa conterrà : 1 . ° Un termine A che è la posizione arbitraria dell’asse delle ascisse, e • che noi abbiamo già ridotto e piccole cifre togliendo le 110 divisioni. 2. “ Un termine B crescente col tempo e della forma Bn, essendo n e- spresso in dodicesimi dell’anno. 3. ° Il termine relativo alla correzione del coefficiente di temperatura, cioè k{f 60°). 4. ° Due termini uno dipendente dalla semplice declinazione del sole § Csenò, e un altro dal quadrato di questo seno, quindi la formula; Bifilare = A -f- Bn (t° — è0°)k -4- Csen5 Dsen^5 . Il termine Bn è forse meglio trattato come abbiam fatto, e perciò loomet- — 180 — teremo, e resterà la formolà con 4 incognite da determinarsi, al quale scopo si hanno le 12 equazioni del seguente quadro (E) ove i valori di ^ sono quelli della metà del rispettivo mese. Quadro E Equazioni di condizione Decembre Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre = A-h (t° — 60'^)44- Cseu§ 4- Dsen^^ 10.42 = A 5.96 4 — 0.395 C4- 0,154 D 11.82 = A — 9.51 k — 0.360 C4- 0.130 D 11.50 = A — 8.95 k — 0.225 C4- 0.050 D 9,02 = A — 5.58 4 — 0.037 C4- 0.001 D 9.67 = A — 1.21 4 -H 0.169 C4- 0.029 D 10.40 = A H- 5.05 4 4-0.323 C-h 0.104 D 10.52 = A 4-: 11.60 4 -h 0.396 C-4 0.1.56 D 7.63 = A 4-: 16.99 4 4-0.366 C4- 0.134 D 5-34 = A 4-' 18.69 4 4-0.244 C4- 0059 D 6.55 = A 4-: 15.54 4 4-0.053 C4- 0.002 D 8.58 = A 4- 9.50 4 — 0.148 C4- 0.022 D 10.52 = A 4- 1.99 4 — 0.317 C4- 0.101 D Queste 1 2 equazioni danno le seguenti 4 equazioni del minimo 111.97= 12Ah- 48.15fc-f- 0.069C-f~ 0.942D 260.18 =48.15A -i~1372.40fc -h23.570C h- 3.54 D — 2.14 =0.069A-+- 23.62/£ -h 0.942C -hO.OlOD 9.195 =0.942A-+- 3.538/c O-OIOC -t-0.1 1 ID I valori risultanti sono A:= 9.072 , = — 0.105 , C=t.845 , D.= 11.80. Però una piccola variazione in alcune delle ultime cifre delle equazioni fon- damentali può indurre una sensibile differenza in questi valori che salga fino alla 2“ cifra decimale, come risulta da due soluzioni fatte parallelamente. La materia è tale che appena merita tanta fatica. Si ha una controprova del me- todo nel valore di k che risulta di poco superiore a quello trovato sopra. 1 I — 181 — li quadro F dà il confronto tra la soluzione e i valori primitivi: Quadro F Confronto della soluzione coi valori primitivi. 1. prim. luzione 10.42 11.343 11.82 11.794 11,50 10,999 9,02 10.097 9,67 9.952 10,40 9.919 10.52 9.389 7.63 8.019 5,34 6.577 6.55 6.173 8.58 7.205 10,52 9.987 . Prim. -f-0.913 -0,026 —0.501 -t-1.077 -hO.282 —0.481 —1.141 —0.377 -1.375 —0.377 —1.375 —1.233 L’errore probabile di questa soluzione risulta 0, 6745\/ : ==0.624. V n — 1 11 quadro G da le medie normali corrette coll’aggiunta del nuovo coeffi- ciente sull’antico provvisorio. Quadro G Medie mensili corrette col nuovo coefficiente definitivo q = 1.053 Dee. Genn. Febr. Marzo Aprile Magg. Giugno Luglio Agosto 7bre 8bre 9bre Medio C correz. dif. 10.42 —1.06 11.82 —1.85 11.50 —1.74 9.02 —1.08 9.67 —0.24 10.40 -hO.98 iO.52 4-2.26 7.63 4-3.31 5.34 4-3.64 6.55 4-3.03 8.58 4-1.85 10.52 4-0.29 Medio F 9.36 9.97 9.76 7.94 9.43 11.38 12.78 10.94 8.98 9.58 10.43 10.81 11 quadro F messo in riscontro coll’ altro D fa vedere ebe si verificano i due massimi e i due minimi come fu notato allora, onde pare che questa circostanza sia da ponderarsi. Ma non ci fermeremo punto sulle conseguenze teoriche di questo genere, perchè sono pochi gli anni che abbiamo trattato e bisogna vedere se tal forma rimane costante in appresso. §. 5. Valore definitivo delle medie decadiche e mensili. Determinato così il valore del coefficiente di temperatura , abbiamo da capo corretto le singole medie decadiche, e quindi trattene le mensili, ridu- cendo però ora tutto a 50“F. Questo ci ha dato il seguente quadro H. 182 — Quadro H Meda decadici e mensili del bifilare ridotti a 50." F. Decadi 1859 1860 1861 1862 1863 1864 Genn. 1 2 ) 98.42\ 98.221 98.27 121,08) 120.38(118.11 135.55) 30.60(132.68 31.94) 144.21) 44.50'l44.60 165.80) 64.72(164.45 3 98.17) 113.86) 44.51) 62.85/ Febr. 1 2 3 "48.391 49.22 50.04) 101.54 ) 98.19' 99.07 97.47) 118.01) 118.84 118.03 ili. 2^1 134.13) 34.79(134.27 33.88/ 144 62) 46.88 145 03 43.56/ 164.95) 64.72 166.21 68.92/ Marzo 1 2 3 56.29\ 60.70^ 59.43 61.281 lOl.Olv 96.10 97.45 95.23) 115.87) 114.97(115.41 115.38/ 132.61) 35.31(135.35 38.15) 148.66) 49.59 148.93 47.05) 164.23) 63.8l(l64.62 65.82/ Aprile 1 2 3 60.70t 52.14( 54.31 50.08) 100.54) 97.79(101.17 105.23/ 119.80) 117.97(119.11 II9.57I 135.97) 38.59(137.56 38.14) 150.63) 49.29 150.75 52.34) 163.89) 71.03(167.43 67.37) Maggio 1 2 3 60.95\ 64.87( 64.33 67.171 104.15) 103.80'l01.75 106.36) 123 96) 120.82 122.41 122.45) 139.85) 40.29(140.81 42.28) 153.45) 52.28(153.61 55.13) 166.82) 71.22 169.22 69.62/ Giugno 1 2 3 57.59) 75.7l{ 71.00 19. W 110.33) 109.35 109.31 IO8.25) 126.21) 125.25(125.89 126.22) 142.25) 43.14 143.39 44.79) 155.41) 55.15(156.57 58.15) 171.43) 68.15 169.69 69.50) Luglio 1 2 3 84.32) 80.88 82.96 83.741 103.00) 108.97(107.76 111,28) 126.54) 126.92 126.49 127.00/ 139.00) 42.18 141.54 43.45/ 158.64) 55.79 157.54 58. JS) 170.15) 71.21 169.54 67.25) Agosto 1 2 3 90.94) 90.66 90.43 89.69) 104.55) 99.55(104.70 110.01) 126.93) 125.47(126.68 127.66) 140.54) 40.53(140.80 41.34) 158.02) 59.02(157.17 54.46) 169.46) 68.90 168.13 66.04) Setlem. 1 2 3 80.80\ 88.91; 88.00 94.29) 108.54) 110.15(110.62 113.17) 128.80) 128.1l'l28.92 129.77) 139.51) 44.89(141 .77 40.90/ 256.72) 53.51(155.15 55.22/ 170.44) 71.38(169.81 67.62/ Oltob. 1 2 3 94.24\ 86.50\ 92.99 98.22) 113.03) 117.64 116.23 118.08) 133.01) 127.85(129.97 129.06) 141.00) 43.28( 41.63 40.62) 158.65) 55.86(158.01 59.54/ 176.18) 67.51 171.74 71.53) Nov. 1 2 3 95.43\ 90.30( 94.68 98.31) 112.65) 117.08 115.75 117.48) • 131.72) 130.52(131.32 131.67) 144.65) 45.32 144.56 43.67/ 157.27) 58.82 159.99 63.82/ 175.92) 69.14(173.73 76.12/ Dee. 1 2 3 94.52\ 91.59( 94.98 98.82) 120.84) 114.94(118.59 119.99) 128.73) 130.08(130.08 131.48/ 144.46) 42.80(l43.3iÈ 42.82) 162.43) 62.37 162 55 62.82/ 1 medii mensili di questo quadro si sono nuovamente confrontati cogli antecedenti , e ricostruiti in curva grafica come i primi , onde vedere se si avea diminuzione nelle divergenze notate dianzi. (La curva grafica si dà nella tavola finale) Queste si sono trovate notabilmente minori, talché mentre pri- ma le somme sopra e sotto il medio montavano a =±=68, adesso non arrivano che a =±=56. Però avvertiamo che l’andamento generale adesso prende una leg- giera curvatura la quale mostra che la variazione non è rigorosamente prò- 183 porzionale al tempo come si è supposto , ma ciò potrà meglio trattarsi dopo un più lungo numero di anni. Non vi ha dubbio che applicando anche alle decadi le altre correzioni di G e D si sarebbe diminuita di assai la somma 56 delle divergenze, ma la media differenza essendo— = 0, 93 non ci pare che 60 tale quantità sia molto notabile in questa materia. Da questo quadro però risaltano ad occhio le grandi variazioni da decade a decade e che non sono in nessun rapporto colle variazioni delle temperature. Dal quadro H ricaviamo l’altro seguente I, nel quale introduciamo una variazione progressiva che pare più accurata della precedente, perchè è stata dedotta dalla nuova costruzione grafica. Siccome questi valori sono ridotti a 50°, volendoli confrontare con quelli del quadro G che sono ridotti a 60° , deve sottrarsi IO'', 53 oltre le HO già tolte allora, ossia in tutto 120,53. Quadro I. Meda mensili corretti a 50. °F. Dee. Gennaio Febraio Marzo Aprile jMaggio Giugno Luglio Agosto Settem. Ottobre Novem. 1859 94.98 1860 118.59 98.27 99.07 97.45 101.17 104.75 109.31 107.76 104.70 110.62 116.23 115.75 61 130.08 118.11 118.03 115.41 119.11 122.41 125.89 126.49 126.68 128.92 129.97 131.32 62 143.36 132.68 134.27 135.35 137.56 140.81 143.39 141.54 140.80 141.77 141.63 144.56 63 162.55 144.60 145.03 148.93 150.75 153.61 156.67 157.54 157 17 155 15 158.01 159.99 64 164.45 166.21 164.62 167.43 169.22 169.69 169.54 168.13 169.81 171.74 173.73 iedia 129.912 130 622 132.522 132.352 135.204 138.160 140.990 140.574 139.496 141.254 143.516 145.07 corr. 0.00 —1.196 —2.392 —3.588 —4.784 —5.980 —7.176 —8.372 -9.568 -10.764 -11.960 -13.156 lislta I 129.91 131.426 130.230 128.764 130.420 132.180 133.814 132.202 129.928 130.490 131.556 131.814 nt a G. 9.36 9.97 9.76 7.94 9.43 1138 12.78 10.94 8.98 9.58 10.43 10.81 diff. 120.55 120.46 120.47 120.82 120.99 120.99 121.26 120.95 120.91 121.12 121.00 olto 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 120.53 està H-0.02 -h0.07 +0.06 +0.29 +0.36 +0.27 +0.50 +0.73 +0.42 +0.38 +0.59 —1—0 . 47 L’ultima linea del quadro 1 dà le differenze trovate tra questo secondo calcolo e il primo, le quali colla loro piccolezza fanno vedere due cose: 1 .° che i calcoli fatti con due maniere così diverse di combinazione dei num.eri ribat- tono, e però i calcoli sono esatti; 2.° che il loro andamento regolare e pro- gressivo crescente coi mesi più caldi, non è dovuto ad altro che all’essersi con maggiore accuratezza di prima tenuto conto di un’ altra cifra decimale nella correzione termometrica che è fatta col coefficiente definitivo. 25 1 1 — 184 — La linea dunque segnata I nel quadro superiore dà il valore mensile medio del bifilare pel quinquennio suddetto, e si rileva, che vi sono i 2 mas- simi e i due minimi già esposti sopra, la cui fase principale e più sicura pare un aumento di forza in giugno, il che non sembra doversi attribuire alla tem- peratura , che ha il massimo in agosto; e benché ciò possa esser prodotto da un piccolo eccesso del coefficiente di correzione, tuttavia dietro il metodo usato non vedrei ragione da attribuirlo a tale cagione. Ma come dissi altrove bisogna aspettare altre osservazioni. §. 6. Variazione secolare della componente orizzontale. Avvertimmo fino dal paragrafo precedente al fatto che la scala del bifi- lare è andata aumentando sempre in modo progressivo durante il quinquennio. Tale aumento può derivare, o da diminuzione del momento magnetico della sbarra, o da aumento nella forza terrestre o da amendue. Per conoscere da quale delle due cause dipenda, ci servono le determinazioni del valore assoluto di questa componente fatte ne! decorso del quinquennio. Queste non sono tante quante avremmo desiderato di poter fare, ma sono quelle che abbiamo potuto fare avuto riguardo le altre occupazioni. Ecco i valori. Quadro K. Epoca d’osservazione in anni e fraz. d’anno Intensità o- rizzontale in misure in- glesi 28 aprile 1859,326 4,8964 3 novembre 1860,845 4,9030 29 settembre 1861,741 4.8771 29 aprile 1862,327 4,8851 16 agosto 1862,628 4,9138 2 marzo 1863,165 4,9210 14 giugno 1863,443 4,9210 21 decembre 1864,963 4,9394 La media è 1862,296 4,9071 Questa serie mostra un aumento di forza orizzontale nel magnetismo terrestre che sarebbe per l’ intervallo 0,0430. I — 185 — Questo andamento combina con quello che ha luogo ora in Europa, sotto le latitudini vicine alle nostre, come si può vedere nelle osservazioni di Li- sbona (Annaes do Observatorio do infante D. Luiz Lisboa 1864 pag. (CXXX) La variazione accusata dal bifilare dall’aprile 1859 fino al decembre del 1864 è 118.98 div. della scala: la frazione di intensità così cresciutasi ha dal valore delle scale del bifilare che dal 1 decembre 1859 fino al 1 dee. 1863. . . , = 0,00011173 e dal 1 dee. 1863 in poi = 0,000102075 La scala ha subito le variazioni seguenti Novembre 1863 = 143,77 Decembre 1864 =162.73 Aprile 1859 = 40,24 Decembre 1863 =152.97 103.53 che dà in parte dei rispettivi coefficienti. 9.76 0, 01 15782 0, 0009972 0, 0125724 questo valore non combina colla differenza precedente trovata 0,0430, e non è diffìcile assegnarne la ragione. Oltre variazione della tensione de’fili che sembra avere cambiato progressivamente col tempo, come:si vedrà che accadde pel decli- iiometro, vi deve essere stata una mutazione nei magnetismo della sbarra. Infatti se stessimo alla determinazione del valore della scala che verrebbe dalla variazio- ne della forza orizzontale, avremmo 0003664. Non essendo possibile ammettere tale valore, ne risulta che la differenza non è tutto effetto della mu- tazione della terra. Ciò però nulla pregiudica alle conclusioni lirate finora nè a quelle che tireremo appresso sulle variazioni relative, e solo potrà esservi qualche difficoltà nel confronto del declinometro col bifilare ma di ciò a suo luogo. §. 7. Variazioni orarie del bifilare. Sotto questo titolo noi non pretendiamo di trattare della legge oraria precisa del moto di questo strumento, essendo troppe poche le ore costanti di osservazione di cui possiamo disporre, che sono solo 7. Tuttavia anche 186 — questi sette punti, conoscendo la legge generale che già si è fissata per queste variazioni mediante le osservazioni fatte in altri luoghi , sarebbero sufficienti a determinare i coefficienti della formola analitica che serve a rappresentare questi movimenti. Li diamo pertanto acciò sia completa la riduzione de’nostri lavori e non altro, mancandoci ora il tempo per fare i calcoli necessarii delle formole in uso a questo proposito (a). Diamo però le curve tracciate sulle sette ore principali onde apparisca a colpo d’occhio l’andamento orario. Apparisce da questi numeri e meglio delle curve, che la variazione diurna cambia assai nei varii mesi dell’anno tanto nel valore assoluto, quanto nel- l’ora del minimo, ma questa diversità di variazione non è propria solo del no- stro osservatorio. Abbiamo confrontato le curve che risultano da queste cifre colle curve date da Kreil per Praga in Boemia {b) e ne è derivato che vi è gran somiglianza tra le nostre e le sue. Le nostre meno si accostano a quelle di Filadelfia (c), benché la latitudine geografica sia quasi la stessa e ciò non deve sorprendere, essendo quella stazione molto più prossima di noi al polo magnetico e sapendosi che queste fasi dipendono dalla latitudine magnetica e non dalla geografica. Inoltre noi mancando della parte notturna , e nei mesi estivi anche del punto massimo mattutino tal confronto non può esser illimitato. (a) La formola solita è Bifil. = A -4- Bsin(A + 6) -4- C sin(2A -h c) . (b) Kreil Resultate aus den Magnetisehen beobachtungen zu Prag. Wien. 1855. V- ta- vola finale II. (c) Bache Discussion of thè Magnetic and meteorologieal observations made ad Gi- rard College Observatory Philadelphia Washington 1859. Second Section part IV pag. 51 e 52. — 187 Quadro L. Meda orarli mensili. Ore 7 9| 12 ^ 2 3 5.6 9 Genn. 1860 100.64 96.99 96.44 96.72 96.37 96.07 97.61 61 120.06 114.80 116.74 118.69 118.18 118.76 1 19.50 62 135.47 133.66 130.74 131.25 132.33 132.90 133.52 63 143.72 139.68 139.93 139.99 140.29 140.30 140.89 64 96.65 94.22 92.92 93.31 92.60 92.96 93.68 Med. 119.31 115.91 115.36 115.99 115.95 116.59 117.04 Febbr. 1860 105.09 100.99 99.55 99.80 98.67 99,36 101.91 61 117.84 115.19 113.11 113.76 113.92 113.98 115.26 62 134.54 129.76 129.52 132.10 131.79 132.24 133.09 63 146.55 144.46 141.74 142.01 141.66 142.38 142.26 64 96.86 94.11 91.66 92.95 92.45 92.43 94.26 Med. 120.18 116.84 115.12 116.12 115.70 114.08 117.35 Marzo 1860 98.34 93.22 94.20 94.90 93.80 94.47 96.44 61 112.97 108.77 110.62 111.67 111.82 110.74 112.57 62 131.00 128.37 127.85 127.66 127.52 127.75 130.24 63 143.99 141.98 142.59 143.67 142.76 141.23 142.21 64 87.57 84.87 83.87 84.77 84.43 85.60 85.80 Med. 114.77 1 1 1 .44 111.83 112.53 112.07 111.96 113.45 Aprile 1860 94.00 90.02 93.61 93.93 94.11 94.58 96.16 61 111.36 108.77 109.91 111.33 110.20 111.17 112.46 62 126.43 123.34 126.49 126.62 123.91 125.63 125.04 63 139.76 136.16 139.82 140.47 139.15 139.16 140.44 64 85.71 82.40 86.71 87.03 85.90 85.56 87.45 Med. 111.45 108.14 111.31 111.88 110.65 111.22 112.27 Maggio 1860 88.73 87.30 93.55 91.12 90.99 89.82 93.34 61 107.93 106.28 110.63 110.19 111.04 110.28 110.33 62 119.82 119.73 126.16 124.49 122.77 121.14 122.70 63 134.41 133.68 136.03 137.42 135.46 136.32 137.45 64 78.15 73.14 81.16 81.65 80.70 80.52 81.53 Med. 105.81 104.03 109.51 108.97 108.19 107.62 109.07 Giugno 1860 85.38 82.84 87.69 87.47 87.84 88.34 88.91 61 101.24 98.18 100.46 104.08 104.57 104.95 105.76 62 115.84 115.18 121.12 121.75 120.50 119.56 121.39 63 130.83 128.14 133.01 133.97 133.14 133.21 135.24 64 73.64 70.92 74.52 75.43 74.98 76.44 79.99 Med. 101.39 99.04 103.36 104.54 104.21 104.50 106.26 188 — {Seguito del quadro L). Ore 7 9| 12 1 - 3 5.6 9 Luglio 1860 81.59 75.96 80.22 81.29 81.63 82.76 85.65 61 97.41 93.69 99.28 98.83 99.42 98.35 101.45 62 109.81 107.78 113.36 115.07 114.00 113.38 114.67 63 123.85 122.85 126.63 128.14 125.00 127.31 129.94 64 67.20 62.98 67.53 69.35 69.22 67.69 70.60 Med 95.97 92.65 97.40 98.54 97.66 97.90 100.26 Agosto 1860 74.84 70.73 79.26 80.74 80.41 80.21 83.14 61 91.59 87.84 95.11 95.55 94.68 1 93.68 96.47 62 108.61 105.98 111.61 111.92 111.33 110.91 112.38 63 125.44 123.01 126.93 127.87 127.24 127.52 128.72 64 61.88 58.95 64.57 66.37 65.75 66.33 68.54 Med. 92.47 89.30 95.50 96.49 95.88 95.72 97.85 Sett. 1860 81.23 77.83 83.89 86.78 86.45 86.20 87.75 61 99.76 99.11 100.06 103.49 102.22 103.43 104.52 62 115.74 112.14 114.96 115.98 116.39 116.28 119.45 63 127.18 124.75 127.95 129.87 128.18 124.40 129.35 64 70.18 65.57 69.96 71.36 70.43 70.50 73.01 Med. 98.82 95.88 99.36 101.50 100.73 100.16 102.41 Ottobre 1860 97.93 93.59 95.51 96.70 96.27 94.94 98.31 61 109.42 106.04 106.87 107.50 106.12 108.66 109.83 62 120.34 117.97 116.16 117.86 116.71 118.81 123.15 63 138.99 135.87 135.76 136.86 135.68 137.67 138.61 64 83.31 80.80 81.17 80.26 79.77 78.41 83.04 Med. 109.99 106.85 107.09 107.84 105.71 107.70 110.60 Nov. 1860 109.24 105.57 104.23 105.54 104.89 104.80 107.96 61 120.98 118.14 115.99 115.57 114.62 117.24 117.97 62 133.87 131.57 129.45 128.25 127.46 128.97 132.88 63 149.90 147.33 146.28 144.37 144.27 144.77 147.41 64 91.33 87.22 86.44 86.30 85.61 86.99 88.21 Med. 121.06 117.97 116.48 116.01 115.37 116.47 118.89 Dee. 1860 96.99 93.80 92.03 91.42 91.16 92.15 93.62 61 115.29 112.84 112.63 112.89] 112.77 112.29 114.59 62 j28.89 127.22 124.51 124.81 124.58 126.87 127.05 63 i 42.41 139.53 136.43 136.331136.65 138.19 138.94 64 |60.69 155.72 157.16 156.13ll55.39 156.09 157.31 Med. 128.89 125.82 124.55 124.32 124.11 125.12 126.30 189 — Per rilevare meglio l’andamento orario, si è composto il seguente qua- dro (M) nel quale il minimo di ciascun periodo mensile è sottratto dalle ore rispettive, e così risalta meglio la variazione diurna (a). Quadro M. Ore Mesi 7 9| 12 lé 3 5.6 9 Medio Gennaro 3.95 0.554 0 0,536 0.598 1.242 1.684 1.428 Febraro 6.098 2.764 1.078 2.046 1.620 0 3.276 2.813 Marzo 3.332 0 0.584 1.092 0.624 0.516 2.010 1.363 Aprile 3.314 0 3.170 3.738, 2.516 2.082 4.132 3.142 Maggio 1.782 0 5.480 4.948 4.166 3.590 5.041 4.168 Giugno 3.450 0 3.319 5.499 5.165 5.460 7.217 5.001 Luglio 3.320 0 4.752 5.884 5.006 5.246 7.610 5.303 Agosto 3.170 0 6.194 7.188 7.580 6.418 8.548 6.522 Settenibro 2.938 0 3.584 5.616 4.854 4.282 6.532 4.634 Ottobre 4.288 1.144 1.384 2.126 0 1.988 4.888 2.636 Novembre 5.694 2.596 1 108 0.636 0 0.904 3.516 2.309 Decembre 4.786 1.714 0.444 0.288 0 1.010 1.194 1.793 Si vede da questo quadro: 1° che il minimo ha luogo a diverse ore nei diversi mesi , e che da marzo a settembre accade al mattino alle circa, e nel resto dell’anno tra mezzodì e le 3 pomeridiane. 2° che la variazione è ben più forte nell’estate che nell'inverno, come già è noto accadere altrove. Il massimo è nei mesi più caldi- 3° l’ora del massimo qui sta alle 9 pom. nei mesi estivi, ma manca il massimo mattutino , però avendo fatte per molto tempo le osservazioni’ alle 10'^ | pom. il valore che ne risulta è minore di quello delle 9p: quindi il massimo vespertino in estate è tra le 9 e le lOp. Ma andrebbe errato chi credesse che questa tavola desse una idea esatta della variazione diurna presa nei suoi veri estremi. La perpetua mutabilità dell’ora del massimo e del minimo, che rimane spostata permanentemente talora per più giorni, rende questo risultato assai diminuito. Per avere una idea più esatta della escursione diurna media, si sono estratti tutti gli estremi dai registri originali senza aver riguardo alle ore in cui sono avvenuti, indi si sono fatte le loro differenze, e le medie, escludendo però anche qui quegli estremi che superavano 20 divisioni della scala in un giorno, poiché erano veramente per- turbati. 11 risultato di questo lavoro è contenuto nel seguente quadro. N. (a) La 3'‘ cifra decimale esisteva anche nel quadro precedente, ma ivi si è tolta per brevità, qui si conserva. — 190 — Quadro N. Valori meda della variazione estrema diurna del bifilare. Anno 1859-60 Ann. Dee. Gen. Febr . Marz. Apr. Mag. Giug. Lngl. Agos. Selt. Ott. Nov. Med ann. dec.l 11-50 6.40 6.47 7.49 11.30 10.18 8.30 11.21 11.16 14.57 9.27 9.44 2 9.37 8.54 9.93 11.03 9.28 7.71 7.65 8.90 14.31 10.37 7.68 8.40 3 5.67 9.99 9.73 9.56 8.29 9.96 9.98 10.96 11.44 9.05 8.22 10.70 med. 8.85 8.31 8.71 9.36 9.62 9.28 8.64 10.39 11.97 11.33 8.39 9.51 9.53 Anno 1860-61 dec.l 4.89 6.52 7.46 6.96 7.50 8.23 7.80 9.52 11.85 13.00 6.50 7.02 2 7.29 7.85 7.45 6.43 10.52 9.13 10.42 10.48 10.08 12.09 9.01 10.53 3 6.62 10.28 7.58 6.59 8.92 7.30 10.39 8.77 11.82 8.61 5.83 7.29 med. 6.27 8.22 7.49 6.66 8.98 8.22 9.54 9.59 . 11.25 11.23 7.11 8.61 Anno 1861-62 dec-l 8.59 8.89 9.53 5.17 7.60 8.20 9.63 11.05 9.21 12.15 7.62 10.34 2 8.26 10.35 8.06 8.92 9.25 10.50 10.12 9.90 10.72 11.08 7.99 11.05 3 5.90 10.99 5.05 7.49 9.99 11.05 9.94 12.71 12.88 11.94 10.02 8.21 med. 7.58 10.08 7.55 7.19 8.95 9.92 9.89 10.88 10.93 11.72 8.54 9.87 Anno 186 2-63 1 1 dec.l 10.16 8.01 9,73 8.77 6 69 8.23 9,47 10.55 8.02 8.72 9.20 12.56 2 6.13 10.51 6.55 6.04 10.22 8.86 8.89 10.90 11.25 8,86 10.74 8.46 3 8.69 10.19 9.39 6.90 900 9.91 8.59 10.01 10.57 8.12 8.86 7.33 med. 8.33 9.57 8.56 7.24 8.64 9.00 8.98 10.49 9.95 8.57 9.60 9.45 1 j Ann IO 186 3-64 dec.l 9.95 6.30 10 49 8.02 12.09 9.00 6.59 11.69 10.18 10.53 4.78 8.11 2 7.32 8.02 7.97 9.94 6.03 9.08 9.41 10.70 13.01 11.27 7.30 9.83 3 6.89 9.63 8.60 10.38 10.41 10.18 10.65 10.88 11.39 8.88 12.31 7.31 8.05 7.98 9.02 9.45 9.51 9.43 8.88 11.09 11.53 10.23 8.13 8.42 ‘ med. de’5 an. 7.81 8.83 8.27 7.98 9.14 9.16 9.20 10.49 11.13 10.62 8.35 9.17 1 — 191 — Si vede da questo che anche qui la variazione è maggiore nell’ estate che nell’ inverno. È però da notare che spesso mancando il massimo estivo al mattino, (perchè cade prima delle osservazioni), questa escursione è real- mente diminuita, m può dirsi che essa in genere è più che doppia della pre- cedente del quadro (M) , il medio del quale nella colonna ultima è 3.594, e qui è 9.18. Poteva avere dell’ importanza il paragonare la posizione media del bifi- lare dedotta dall’ intero complesso delle osservazioni come sta nel quadro H e nel quadro I, col medio desunto semplicemente dagli estremi diurni ossia dal suo massimo e minimo. Questo confronto si fa nel seguente quadro 0 , che risulta dal medio di tutti gli estremi , senza escluderne veruno. Non se ne è escluso nessuno perchè il fissare un limite era qui più difficile che ne- gli altri elementi discussi dianzi , e d’ altronde le posizioni medie , in pro- porzione, variano molto meno durante le perturbazioni che non le escursioni diurne. Quadro O. Posizione media mensile del bifilare dedotta dagli estremi diurni ridotti a 50° F. inn. Xbre Genn. Febr. Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto 7bre 8bre 9bre 860 90.72 97.91 99.91 96.97 101.05 105.18 109.23 105.74 105.52 110.95 115.87 116.41 ! 61 118.36 116.58 117.39 115.17 118.26 122.28 125.40 126.90 124.83 128.55 129.03 130.52 62 138.43 131.49 134.28 134.41 136.63 140.81 142,41 140.27 139.15 141.56 140.68 143.83 63 131.66 143.39 145.04 147.43 150.19 152.59 155.75 156.54 155.65 153.53 156.11 158.98 64 162.22 163.81 165.19 165.18 166.18 169.62 169.31 166.89 167.66 169.57 171.62 172.57 ied. 128.278 130.636 132.362 131.832 134.462 128.096 140.420 139.268 138.562 140.832 142.662 144.462 «ii.I 129.912 131.622 132.522 132.352 135.204 138.160 140.990 140.574 139.496 141.254 143.516 145.070 Iff. —1,634 —0,986 -0.160 —0,520 -0.742 —0,064 —0,570 -1,306 —0.934 -0,422 —0.854 —0,608 L’ultima linea dà le differenze cercate fra gli elementi di 0 e di I ; la media di queste differenze è 0,733 : essa presenta poche irregolarità, e solo si mostra un poco più forte in Giugno e in Decembre , ma sarebbe prema- turo tirarne delle conseguenze. Quello però cbe si può dedurre è cbe la media tratta da questi due estremi combinando quasi costantemente coll’altra, si potrebbero limitare le osservazioni al solo massimo e minimo senza gran danno ; ma le ore di que~ 26 1 I sti estremi essendo così incerte e variabili, non si sarebbe dispensato da fre- quenti ore di osservazione. Resterebbe a vedere se questa conseguenza sus- sistesse nel caso dei massimi e minimi dedotti dalla fotografìa. Però molti di questi estremi si perdono anche colla fotografìa stessa , perchè nei casi per- turbati il raggio luminoso resta nella posizione estrema un tempo insufficiente a fare impressione, ovvero esce di scala. §. 8. Discussione del bifilare secondo i venti e la pioggia. Come preliminare alla discussione che faremo appresso delle posizioni e dei movimenti degli strumenti magnetici rapporto alle burrasche, diamo qui la discussione di tutte le giornate del quinquennio esaminate sotto il rispetto della direzione del vento e della pioggia. Volendo conoscere se vi era qualche influenza delle vicende atmosferiche sui magneti era mestieri assicurarsene con qualche fatto generale indipendente da idee sistematiche e di una natura capace di fare scoprire quale elemento fosse quello che era più influenzato dalle medesime. A questo effetto furono i sin- goli mesi delle osservazioni ricopiati in tanti quadri distinti a questo modo. Nella 1“ colonna fu messo il massimo del bifilare, nella 2“ il minimo, nella 3® la differenza de’ due , nella 4“ il medio de’ medesimi , nella 5“ il termo- metro annesso osservalo, nella 6“ il medio corretto della temperatura, cioè ri- dotto a 50" F. col coefficiente definitivo: nella 7“ si mise la direzione del vento dominante, neH’8“ il barometro, specificando semplicemente lo stato suo generale se alto 0 basso o calante; nella 9“ lo stato complessivo del cielo indicando special- mente la pioggia. Questa forma di quadri è quella che si usa nel Bullettino meteo- rologico dell’osservatorio dal principio del 1865 in poi. Il vento dominante e lo stato del barometro erano conclusi ad occhio dalle tavole del meteoro- grafo, e lo stato del cielo dalle note de’ registri magnetici ove è particolareg- giato ad ogni osservazione. I numeri rappresentanti l’ escursione diurna furono quindi ricopiati no- vellamente mettendoli sotto tre categorie, cioè di vento dominante Nord, di vento Sud e di Pioggia. Per vento N si intendono tutti quelli che sono com- presi da ENE pel N all’OSO : per vento Sud tutti gli altri dall’E pel S fino al S.O inclusive e ciò perchè la pratica ci ha insegnato che il vero levante partecipa del Sud nell’ azione che le burrasche esercitano sui magneti. Sotto la pioggia poi furono messe le escursioni di tutti quei giorni in cui si ebbe pioggia etìettiva all’ osservatorio , colla giunta di alcuni pochi in cui si ebbe solo a vista sull’orizzonte. Quando poi i venti erano giranti e non facevano fermata notabile in uno più che negli altri rombi se voltavano per NESON sono stati messi coi S e viceversa se giravano per NOSEN sono stati messi fra i N perchè abbiamo veduto che il primo caso fa prevalere gli effetti del Sud e viceversa 1’ altro quelli del N. Nell’estate durante la notte si ha il vento di N e quello di SO al giorno , ma questo vento è per lo più il vento di mare che ha per base il N, quindi tutti i venti de’ bei giorni estivi di NOS si sono dovuti classi- ficare nei N benché andassero fino al SO. Se però mancava il N nella notte, allora si stava alla regola generale. Però questi venti sono pochi in confronto della gran massa, delle altre osservazioni. A tutto rigore si sarebbe potuta fare una distinta più minuta , ma ciò sembravaci inutile, e in un caso in cui volemmo fare l’estratto dei venti S.E., trovammo sì poca differenza da essi e dai S. che abbiam lasciato di ripro- durne le cifre. Per ciò che spetta le pioggie facendosi questo confronto come prepara- torio alle burrasche, sarebbero stati da mettersi tra i giorni di pioggia tutti quelli che seguivano quelle burrasche che aveano prodotto forti calate e vi- brazioni nei magneti, che continuavano il giorno seguente , come pure tutti quei giorni in cui si ebbe agitazione con tempo nuvoloso o minaccioso , o forte giro del vento, anche non cadendo pioggia: ma qui non abbiamo voluto largheggiare perchè ciò sarà lavoro di altro studio. Qui abbiamo voluto stare materialmente attaccati al canone del vento dominante e della pioggia effettiva. Quello che diciamo delle escursioni, fu fatto anche per la posizione media del bifilare corretta della temperatura, e fu tutto ricopiato colla medesima di- stinzione in tre classi. Fatti quindi i medii di ciascun mese si sono così formati i due quadri seguenti P e Q : il primo per 1’ escursione diurna , il secondo per la posizione media. Quadro P Yariazioni diurne del bifilare secondo i venti e le pioggie. 1860 1861 1662 col S colN Piog Sud Nord Piog. Sud Nord Piog. Gennaio 9.4 5.3 14.4 12.8 7.6 9.1 9.5 8.3 12.2 Febbraio 10.4 6.1 13.6 8.9 6.1 10.2 11.9 7.9 12.5 Marzo 15.1 7.5 17.1 8.8 6.2 c 7.6 10.0 6.1d 11.5 Aprile 10.4 7.7 11.8 9.7 9.2 15.1 9.6 7.3 10.2 Maggio 10.7 7.6 15.1 9.6 7.7 10.7 10.9 7.5 13.6 Giugno 10.2 7.1 12.1 10.2 9.4 11.0 9.3 8.2 10.2 Luglio 11.8 8.5 20.9 10.7 9.0 13.9 13.7 9.9 13.0 Agosto 13.4 11.3 21.3 13.3 9.5 15.0 13.9 9.8 13.7 Settembre 15.2 11.4 17.5 10.1 9.7 10.1 14.8 11.6 12.9 Ottobre 6.5o 6.9 10.4 13.7 8.8 9.2 16.6 12.6 e 16.9 Novembre 104 8.2 10.1 13.4 7.2 9.2 13.5 8.7 13.3 Decembre 5.3 4.2 9.1 11.96 9.2 25.0 10.2 9Af 12.4 Media 10.73 7.63 14.45 10.10 8.00 12.30 11.92 8.90 12.70 1863 1864 Medio di 5 anni Sud Nord Piog. Sud Nord Piog. Sud Nord Piog. Gennaio 9.0 8.6 11.7 6.7 7. 64 9.6 9.48 7.48 11.48 Febbraio 11.8 9.7 11.7 9.9 9.2 10.5 10.58 7.80 11.70 Marzo 9.2 5.5 8.5 11.9 7.9 13.4 11.00 6.64 11.62 Aprile 10.4 7.6 12.2 11.4 7.4 9.8 10.30 7.84 11.82 Maggio 8.6 7.7 10.0 10.5 9.0 9.7 10.06 7.90 11.82 Giugno 8.9 8.1^ 12.0 12.6 11.6 19.2 10.24 8.88 13.90 Luglio 12.7 9.2 12.7 12.2 8.9 17.0 12.22 9.10 15.50 Agosto 14.0 9.9 18.9 14.2 11.5 20.7 13.78 10.40 17.92 Settembre 11.5 7.6 13.1 13.6 9.7 13.7 13.04 10.00 13.46 Ottobre 12.6 8.2 13.8 14.9 3.5 10.4 12.86 7.88 12.14 Novembre 12.8 8.9 14.1 13.8 5.9 14.2 12.78 7.78 12.18 Decembre 9.5 7.2 8.6 12.9 8.8 11.9 9.96 7.70 13.36 Media 10,91 8.18 12.27 11.96 8.33 13.33 11.35 8.25 13.00 («) I numeri verrebbero rovesciati da S a N se si mettesse al S una forte burrasca di N a distanza soltanto di 24 ore, questa è l’unica eccezione in quest’anno. Questo mese del resto fu costantissimo e di notabilissima regolarità. [b) Rigettando certe burrasche di N cominciate col S resterebbe 4,4. (c) Nel Decembre il vento S si mostrò una volta dando 56,2 il che sposterebbe troppo a favore del Sud la media e perciò si rigetta: in compenso si rigetta nell’anno precedente una simile di N. Ritenendo tutto sarebbe pel decembre S = 26,7. {d) Si è messa al Sud una furiosa burrasca di Nord perchè la calata era cominciata col Sud: lasciandola al N sarebbe S = 8,5 N = 9,9. (e) Se si escludano i giorni burrascosissimi resta N = 8,l. (f) Escludendo 5 giorni di furiosa tramontana resterebbe N = 6,9. [a] Esclude le burrasche col N. sarebbe N = 6,7. (ft) Se si togliessero le perturbazioni col N forte i numeri si eguaglierebbero, mese di poche pioggie e burrasche. 95 — ’ Quadro Q. Posizione media del bifilare dedotta dagli estremi messa in confronto coi venti, e le piogge. Ridotti alla temperatura di 50.° F. 1860 Sud Nord Piog 1861 Sud Nord Piog 1362 Sud Nord Piog Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Decerabre Medio 97.50 97.13 ; 95.01 99.58 ' 98.91 101.75 99.54 102.94 96.87 97.88 96.20 100.43 112.32 17.34 14.17 18.59 115.35 17.98 15.93 17.21 120.161 17.181 15.141 18,041 128.78 33.32 33.32 33.13 132.60 34.83 34.79 37.19 129.73 34.40 34.53 34.57 104.56 ^ 108.85 ' 104.93 102.96 109.70 ' 114.70 116.66 ^ 117.81 : 106.13 111.00 107.88 108.91 112.80 117.06 116.11 119.43 22.23 25.12 25.93 23.67 28.24 26.12 28.40 19.84 105.46 106.25 101.31 100.00 109.43 114.23 115.77 118.00 22.23 26.35 28.60 26.78 29.08 30.07 33.44 30.22 22.52 24.06 25.15 22.98 26.96 25.01 31.23 21.86 40.73 42.34 38.90 38.47 39.38 39.36 42.16 39.40 41.31 42.71 41.21 40.57 44.83 42.24 45.70 42.50 40.94 42.35 42.97 39.40 46.43 37.69 44.10 43.50 105.85 108.54 105.15 121.81 124.43 122.51 137.44 140.04 139.24 1863 1864 (a) Medio di 5 anni Sud Nord Piog. Sud Nord Piog. Anni Sud Nord Piog. Gennaio 143.00 143.74 142.67 89.59 91.99 89.96 1860 105.85 108.54 105.15 Febbraio 42.62 46.20 40.40 92.68 91.11 91.54 61 121.81 124.43 122.51 Marzo 47.29 46.97 49.04 91.31 92.94 92.10 62 137.44 140.04 139.24 Aprile 49.49 51.05 49.76 91.93 94.19 91.58 63 152.07 154.13 152.04 Maggio 51.90 53.68 52.65 95.39 98.96 97.31 64 167.48 170.02 168.16 Giugno 54.22 56.37 56.51 95.54 97.88 96.76 Luglio 55.45 59.46 55.66 93.73 95.70 92.95 Agosto 55.80 55.88 52.13 94 13 94.6! 94.45 136.93 139.43 137.46 Settembre 52.61 54.86 51.17 95.77 96.66 96.01 136.93 1.S6.9,‘1 Ottobre 54.63 58.34 54.83 95.37 102.68 97.51 S — N = = 2,50 Novembre 56.50 60.53 58.22 95.11 102.01 97.33 P — N . 0,53 Decembre 61.52 62.43 61.54 100.81 103.09 102.06 Medio 152.07 154.13 152.04 167.48 170.02 168.16 [a] Nel medio di quest’anno si è aggiunta la correzione delio spostamento della scala 73,20. — 196 I due quadri parlano da sè , e si rilevano da essi facilmente queste con- seguenze. 1 L’ escursione diurna media è maggiore coi venti Sud che coi Nord, e maggiore colla pioggia che coi Sud. A questa regola non fanno eccezione che due mesi, settembre 1860 , e gennaio 1864 , ambedue di quasi costante serenità e in cui le perturbazioni magnetiche dipendono da reazioni e da vi- cende atmosferiche lontane. Quindi questa regola è sicura. 2. " Il rapporto di 11,35 : 8,25 è tale che la sua differenza è quasi un quarto del valor totale, onde non può stimarsi accidentale, e lo stesso dicasi a fortiori della pioggia. Ma questo ultimo rapporto, se si fosse voluto , po- teva accrescersi di assai più, e anzi in certo modo avrebbe dovuto realmente accrescersi se avessimo operato come sopra abbiamo indicato che si poteva. 3. " Come apparisce da alcune note apposite si sono esclusi due casi di forte perturbazione, perchè essi erano così strani e quasi unici nel mese che avrebbero grandemente sturbato tutto il medio particolare , ma siccome in un anno si esclude un caso di S e in un’altro uno eguale di N, così il me- dio generale resta invariato. 4. “ È da notare in genere che tra quei di Sud e quei di pioggia vi è grande relazione , perchè la pioggia per lo più viene al Sud o col vento girante. 5. " Il rapporto tra il N e la pioggia è quasi : : 2 a 3^/^ il che è ve- ramente notabile. Anzi se abbiamo da esporre fin d’ora la convinzione rice- vata dall’ esame di tutta questa vasta massa di materiali, diremo che delle cause concomitanti il movimento magnetico, cioè il vento e la pioggia, noi cre- diamo che sia quest’ultima la più influente, perchè nei mesi sereni e senza piog- gia ancorché volti un poco di Sud pure non si hanno grandi movimenti ma- gnetici, e come si disse in questi cadono appunto le eccezioni, mentre essi moti sono assai forti ogni qualvolta ha luogo la pioggia : ma di ciò diremo altrove. Questo per ciò che riguarda l’oscillazione o escursione diurna. Veniamo ora alla posizione media. Risulta dal quadro Q quanto segue : 1 Coi venti N il bifilare è più alto , e nel medio risulta di 2'^‘%5 più alto pei N che pei Sud, ma qui la regola non è così costante come per l’escur- sione diurna: e i casi di eccezione sono più numerosi, cioè 5: numero però a dir vero non troppo grande. Vi è inoltre nn caso di eguaglianza: cioè in tutto 6 eccezioni in 60 mesi. Però è da avvertire che il metodo da noi seguito tende a mascherare il vero stato di cose a pregiudizio del vento N, per cui risulta — 197 un valore troppo basso. Perchè siccome il bifilare cala col Sud durante la burrasca, e poi si conserva basso per qualche giorno malgrado la salita che va facendo quando si volta al N, quindi è che col Nord apparisce basso assai, ma in realtà questo è effetto del Sud, mentre il Nord lo fa rialzare. Dovrebbe dunque questa partita per dir così stare a carico del Sud, ovvero distinguersi in altro modo la forza del movimento. Ma noi benché abbiamo veduto questo sconcio non abbiamo voluto mutare sistema di riduzione per non incorrere la taccia di aver stiracchiato i fatti per dedurne delle conclusioni a nostro ta- lento. Per vedere quanto sia vero ciò che andiamo dicendo , faremo qui il confronto di questa materia col barometro. Si fanno come è noto le rose barometriche , ossia si formano le liste de’ valori medii del barometro per ciascun vento : ora in tali liste entrano col Nord anche i valori bassi che ha il barometro quando sale col N dopo essere stato abbassato col Sud. Questo fa che tali rose diano un idea molto imperfetta dall’influenza de’ venti sul barometro, perchè quantunque riesca a prevalere il Nord e a dare altezza maggiore al barometro , pure il suo vero valore è molto diminuito per la suddetta causa. Da 5 anni , discussi risulta che il vento che fa più alzare nell’inverno il barometro al Collegio Romano è il NNE che dà 28^, 0',S8 (a) e quello che lo fa più abbassare è il SO che dà 27^ 9^40 la diff."* è 3^18 ossia 7,"''"85 il che è infinitamente sotto del vero per la ragione suddetta. Tal cosa accade appunto nel bifilare il quale in certo modo può dirsi un barometro etereo, e usando il metodo suddetto resta molto dissimulata la vera influenza del vento precedente da quello che segue. In prova di ciò che abbiamo detto diamo più sotto il quadro della rosa barometrica. 2. ° Il numero delle divisioni di cui differisce il N dal Sud è di circa un quarto della variazione diurna media , poiché abbiamo dal quadro P in fine che la media del S col N è 9,80, ossia 10 in numeri tondi, e qui abbiamo la differenza di 2,50, che è la quarta parte di 10. Talché quantunque tal differenza paia piccola rapporto ai numeri assoluti, essa è però di rilievo non trascurabile rapporto alla fase diurna con cui solo deve paragonarsi. 3. " La pioggia dà un risultato curioso ed è che il suo valore è inter- medio tra S e N. E ciò si comprende dal fatto che durante le piogge sì ha bensì grande escursione , ma la media del giorno poco varia , e questa media sembra più influenzata dal corso generale del tempo e del vento e dalle grandi burrasche che si accostano o si allontanano. [a] Qui diamo 11 barometro in pollici e linee come si usava allora, e lo stesso dicasi del quadro seguente. Quadro R ROSA BAROMETRICA Quadro de Medii barometrici — dal 1840 al 1845 N NNE NE ENE E ESE SE SSE S p. i- V ' i- p. i- V' l- P' i- P' i' P' i' p. /. p- i‘ Gennaio 27.11.33 29. 1.47 27.11.79 27.10.35 27. 9.62 28. 1.14 28. 1.68 28. 0.31 28. 0.23 Febbraio 27.11.85 27.11.49 27.11.97 27. 9.60 27.11.80 27. 9.50 27.10.21 27.10.27 27.10.13 Marzo 28.11.92 27.10.37 27.10.10 27.10.26 28. 3.77 27. 6.10 27.11.76 28. 0.09 28. 0.31 Aprile 27.11.78 28. 1.42 27.11.22 28. 1.27 27.10.63 28. 4.90 27.11.13 28. 0.35 28. 0.19 Maggio 28. 0.65 28. 0.70 28. 1.12 27.10.50 28. 1.80 28. 1.55 28. 0.13 27.11.90 28. 0.10 Giugno 28. 0.74 27.11.36 » 28. 0.40 28. 2.55 » 28. 2.00 28. 1.50 28. 0.75 Luglio 28. 0.88 28. 2.60 28. 1.90 » 28. 1.60 » » )) 28. 0.96 Agosto 28. 1.45 28. 1.83 28. 2.60 28. 1.30 28. 1.90 » )) 27. 0.90 28. 1.01 Settembre 28. 1.00 28. 1.32 28. 0.40 28. 2.00 28. 2.46 )) 28. 2.16 28. 0.87 28. 0.77 Ottobre 28. 0.76 28. 2.74 28. 1.93 28. 0.28 28. 1.07 » 28. 0.87 27.11.87 28. 0.10 Novembre 28. 0.93 28. 1.96 28. 1.23 28. 0.50 27.11.90 27.11.45 28. 0.90 27.11.44 27.11.81 Decembre 28. 1.80 28. 1.69 28. 1.73 28. 2.10 27.11.42 28. 0.36 27. 9.93 28. 0.83 28. 0.08 Inverno 28. 0.32 28. 0.88 28. 0.49 27.11.84 27.10.61 27.11.66 27.11.27 27.11.80 27.11.48 Primavera 28. 0.11 28. 0.16 27.11.48 27.11.34 28. 1.40 28. 0.18 27.11.34 28. 0.11 28. 0.20 Estate 28. 1.02 28. 1.26 28. 2.25 28. 0.58 28. 1.98 « 28. 2.00 27.11.50 28. 0.90 Autunno 28. 0.89 28. 2.00 28- 1.18 28. 0.92 28. 1.14 27.11.43 28. 1.31 28. 0.60 28. 0.22 1 SSO SO OSO 0 ONO NO NNO Calma Gennaio 27. 3-66 27. 9.71 27.10.47 27.10.15 28. 2.00 28. 0.45 27.11.40 28. 1.03 Febbraio 2710.47 27. 9.29 27. 9.05 27.10.95 28. 3.00 27.10.78 27.11.19 27.10.35 Marzo 28. 0.93 28. 0.51 27.10.45 28. 1.09 28. 1.92 28.11.11 28. 0.45 28. 0.71 Aprile 28. 0.14 28. 0.40 28. 0.63 28. 0.35 27.11.40 27.11.41 28. 0.64 27.11.83 Maggio 28. 0.48 28, 0.12 28. 0.44 28. 0.62 28. 0.28 28. 1.65 27.11.47 28. 0.78 Giugno 28. 1.14 28. 0.96 28. 0.92 28. 1.56 28. 1.50 28. 1.46 28. 2.35 28. 1.53 Luglio 28. 1.17 28. 1.08 28. 1.18 28. 1.06 28. 1.25 28. 1.35 28. 1.12 28. 1.22 Agosto 28. 1,31 28. 1.12 28. 1.59 28. 0.29 28. 1.25 28. 1.55 28. 0.97 28. 1.31 Settembre 28. i24 28- 1 56 28. 1.00 28. 2 40 28. 1.13 28. 1.60 28. 1.15 28. 3.57 Ottobre 28. 0.69 27.11.93 27.11-73 28. 1.80 28. 1.13 27. 8 30 28. 0.30 28. 1.82 Novembre 27.11.22 28. 0.25 28. 0.00 27. 9.65 )) 27.10.93 28. 2.11 28. 1.55 Decembre 27. 9.56 27. 8.20 27. 8.70 27. 7.20 27.11.00 27.10.90 28. 2 75 28. 2.73 Inverno 27. 7.83 27. 9.06 27- 9.40 27. 9.43 28. 1.33 27.11.37 28. 0.44 28. 0.70 Primavera 28. 0.51 28. 0.34 27.11.52 28. 0.43 28. 0.53 28. Q.05 28. 0.15 28. 0.44 Estate 28. 1.20 28. 1.05 28. 1.23 28. 0.93 28. 1.33 28. 1.45 28. 1.48 28. 1.35 Autunno 28. 0.38 28. 0.58 28. 0.24 28. 0.61 28. 1.13 27.10.94 28. 1.18 28. 2.31 — 199 — §. 9. Conclusioni di questa parte e riflessioni. Queste sono le conclusioni che ci si presentano naturalmente all’ispezione de’ quadri, dai quali rileviamo come corollario generale che il vero elemento in cui più si manifesta V influenza meteorologica sui magneti è V escursione diurna del bifilare, e dopo questo lo stato assoluto di posizione. Quindi si spiega perchè alcuni che hanno cercato questa influenza in altri elementi non 1’ abbiano trovata, e singolarmente sia restata mascherata nei medii generali per le cause anzidette. Ma credo che dopo la massa non indifferente di cifre da cui dipende la precedente conclusione non possa affatto rivocarsi in dubbio la sua verità per Roma e che la sua forma sia stabilita con con un certo grado di precisione. Dico per Roma perchè non è impos- sibile che in altri paesi abbia luogo altro sistema di movimenti , come si sà che avviene pel barometro in qualche luogo eccezionale, e quindi la necessità di fare simili discussioni per molti paesi. Farò finalmente una riflessione. Noi abbiamo discusso la variazione diurna solo in ordine alla escursione considerandola nel suo valore numerico assoluto senza badare se essa era sotto o sopra della vera media. Ora ciò non va bene , e realmente si dovrebbe rifare il lavoro che abbiamo fatto confron- tando coi venti le alterazioni del medio , e si troverebbe un risultato più vantaggioso ancora. La ragione è perchè talora col Sud il bifilare resta talvolta paralizzato , e quindi esiste una vera perturbazione , ma di genere negativo. Per tenerne conto , questa non si dovrebbe mettere in ordine colle altre , ma computare come in eccesso di tanto , di quanto essa è in difetto, il che in altri termini viene a dire che il modo da noi usato in discutere i movimenti magnetici è imperfetto , e che dovrebbesi usarne un altro. Questo sarebbe di determinare prima la escursione media diurna , poi fare la differenza di questa col valore particolare di ciascun giorno, e a que- sta differenza applicare la separazione dei venti Nord e Sud. Noi conveniamo perfettamente in questa idea, e solo la molta fatica di ripetere questo lavoro ce ne distoglie pel momento : diciamo però che visto l’andamento generale, e che i casi di tali paralizzamenti pel bifilare sono poco numerosi non ne verrà gran danno : ma che essendo essi frequenti pel decli- nometro a questo forse l’applicheremo. Onde però ciò non faccia obiezione a 27 — 200 ~ ciò che si è stabilito sopra, faremo osservare che questo secondo metodo con- durrebbe a rapporti numerici più differenti di influenza diversa tra N e S, au- mentando le cifre del Sud, onde ciò non sarebbe un obiezione, ma una favore- vole combinazione per noi, quindi crediamo che pel momento possiamo so- prassedervi e che il detto basti a stabilire con cifre di precisione , ciò che avevamo più volte annunziato in termini generici, cioè che vi è una influenza della direzione de' venti e delle burrasche sulla posizione del bifilare. E che questa conseguenza si verifichi anche per le altre componenti della forza magnetica terrestre , lo vedremo nelle seguenti parti di questa memoria (a). {a) Tutto il precedente lavoro, anche nelle sue parti più materiali è opera di me solo, e quindi in molti casi l’ho dovuto fare duplicato, per sicurezza: sarò quindi sensato se pel momento dovendo attendere ad altri lavori non posso completare subito i calcoli degli altri due magneti che sono già molto inoltrati e che spero di dare quanto prima. — 201 Flovae romanae Prodromus exhibens plantas circa Romam, in Cisapenninis Pon- tificiae diclionis provinciis, in Umbria et Piceno sponte venientes. Alidore Petro Sangui netti (Continuazione) [*). A. antropophora Beri. FI. It. t. 9. p. 576 - Satyrium antropophora Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 309. n. 1110 - Orchis antropophora oreades. Co- lumn. Ecphr. t. 1. p. 818. fig. 820. In apricis collibus et inontibus frequens. Monte Gennaro, Teslaccio, Villa Borghese etc. Perenn. FI. Junio. Perigonium viridi- luteolum , oris laciniarurn purpu- reis, leviter odorum. OPHRIS. 1958. MYODES Willd. Sp. PI. t. 4.p. 64. Tuberibus parvis ovalibus : scapo sursurn nudo: foliis lanceolatis acutis sub-glaucis: floribus remotìs in spica exili : bracteis foliaceis lanceolato-linearibus , inferioribus ovario longioribus : perigonio parvo: labii partibus patentibus, externis oblongis obtusis in trian- gulum dispositis, internis linearibus facie antica hirtis: labello trilobo, lobis la- teralibus brevibus acutis, medio latiore et longiore obcordato mutico, pectore glabro coeruleo, macula quadrangulari nitida albo-coerulea donato caeteroquin fusco pubescenti-vellutino: apice gymnostemii erostre. 0. myodes Beri. FI. It. t. 9. p. 581. In montibus Tiburtinis. Alla sommità del monte della Croce nella dire- zione di S. Polo. Perenn. Fior. Aprili-Majo. 1954. APiFERA Willd. Sp. pi. t. 4. p. 66. Tuberibus ovalibus : scapo laxe vestito: foliis oblongo-lanceolatis ascendendo acutioribus : floribus paucis in spica laxa: bracteis foliaceis lanceolatis striatis ovario aequalibus, inferiori- bus longioribus: perigonio grandi: labii superioris partibus patentibus, externis ovato-oblongis roseis viridi-nervosis in triangulum dispositis, internis minori- bus angustioribus roseo-viridibus facie interna pubescentibus: labello purpureo- ferrugineo convexo trilobo, lobis lateralibus brevibus triangularibus basi gibe- rosis denséque villosis , medio majusculo suborbiculari vellutino ambitu re- curvo-trilobo, laciniis lateralibus rotundatis media elongato-cuspidata antice de- nuo recurva , pectore macula glabra viridi periferico luteola elegante!* pioto: gymnostemii apice in rostro longo flexuoso producto. 0. apifera Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 811. n. 1114 - Beri. Fi. It. t. 9. p. 582. (*) Vedi la sessione II.* del 8 genaaro 186S. In umbrosis et montanis frequens. Albano , Valle delV Inferno , Monte Mario, Ville suburbane etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. 1955. ARACHNiTEs WUld. Sp. pi. t. 4. p. 67. Tuberibus ovalibus: scapo apice nudo : foliis ovatis oblongisve obtusis ascendendo angustioribus acutis : floribus paucis in spica laxa : bracteis foliaceis lanceolatis flore Jongioribus : perigonio rnajusculo: labii partibus patentibus oblongis albidis roseisve nervo dorsali viridi, externis in triangulum dispositis, internis minoribus angustiori- bus antico pubescentibus glabrisve: labello lato integro convexo holosericeo, an- tico rotundato-truncato, cristulaque carnosula dentata sursum incurva, postico prominentiis duabus.triangularibus, pectore macula polymorpha glabra flavida, li- neolis fuscis anostomasantibus circumscripta: gymnostemii apice breviter rostrato. 0. arachnites Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 310. n. 1112 - Beri. FI. It. t. 9. p. 584. In collibus et ericetis circa Urbem frequens. Monte Mario, Valle delV In- ferno etc. Perenn. Fior. Junio. 1956. ARANiFERA WUld. Sp. pi. f. 4. p. 66. Tuberibus subrotundis ova- tisve : scapo superne subnudo : foliis ovatis oblongisve ascendendo angustio- ribus acutis: floribus laxis in spica cylindrica: bracteis foliaceis lanceolato-acu- minatis ovarium aequantibus inferioribus paulo superantibus perigonio me- diocri: labii partibus lanceolatis obtusis patentibus, externis pallide viridibus, nervis exquisite saturatioribus in triangulum dispositis margine revolutis, in- ternis quidquam brevioribus glabris margine crispulis : labello ovali-oblongo convexo subquadrilobo fusco-holosericeo margine revoluto, postico protuberantiis acutis quandoque obsoletis , pectore teniolis duabus longitudinalibus glabris , tertia tranversali conjunctis, antico emarginatura breviter appendiculata donato: gymnostemii apice brevi. 0. uranifera Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 310. n. 1113. - Bert. FI. It t. 9. p. 586. iS atrata. Fabio holosericeo atropurpureo, teniolis pectoralibus liberis. 0. uranifera ^ Bert. l. c. In collibus sterilibus, pascuis, viridariis circa Urbem vulgaris. /3 A Villa Pamfili. Perenn. Fior. Mar tio- Aprili. 1057. EXALT ATA Teu. ad Cat. ìiort. Neap. app. alter, p. 83. Tuberibus crassis subrotundis: scapo superius nudo: foliis o vato-lanceolatis, superioribus — 203 — bracteiformibus acutis: floribus laxis in spica cylindrica: bracteis foliaceis ovarii longitudine, inferioribus majoribus flores edam superantibus: perigonio magno: labii partibus patentibus, externis oblongis obtusis albo-roseis viridi-nervosis in triangulum dispositis, internis linearibus sulcatis margine undulatis pube- scentibus: labello late obovato convexo subintegro retuso, basi giberibus duo- bus vix prominulis, pectore macula pallidiore glabra subreniformii, apice ap- pendicula lanceolata longiuscula inflexa, donato: gymnostemi apice brevi acuto inclinato. 0. exaitata Bert. FI. It. t. 9. p. 588. In sylvaticis montium. Alla macchia di Marino vicino la Cappelletta . presso S. Polo etc. Perenn. Fior. Aprili-Majo. 1958. TENTREDiNiFERA WUld. Sp. PI. t. 4. p. 67. Tuberibus ovalibus subrotundisve: scapo brevi superius nudo: foliis acutis inferioribus ovatis, suc- cessivis lanceolatis: floribus paucis majusculis in spica laxa: bracteis foliaceis lanceolatis acutis ovarium aequantibus, inferioribus florem superantibus: peri- gonio majusculo: labii partibus patentibus albidis roseisve viridi-nervosis, ex- ternis brevibus late ovatis concavis in triangulum dispositis, internis oblongis brevissimis antico villosis: labello convexo bilobo flavido-virenti in latus de- flexo in ambitu dense villoso prope apicem setoso-barbato , pectore macula fusca glabra romboidali lineolisque irregularibus picto, basi brevissime bicol- liculoso, colliculis quandoque defìcientibus, antico in sinu loborum appendicula inflexa glabra: apice gymnostemii erecto obtuso erostre. 0. tentredinifera Seb. et Maur. FI- Rom- Prod. p- 309. n- ììì l. - Bert. FI. It. t. 9. p. 589. In sterilibus apricis circa Romam. Testaccio, Villa Borghese etc. Perenn. Fior. Martio- Aprili. 1959. Tenoreana Lindi. Orchid. pi. p. 376. Tuberibus ovalibus sub- majusculis: scapo breviusculo superius nudo: foliis acutis inferioribus ovatis, sucessivis lanceolatis: bracteis foliaceis lanceolatis acutis ovarium aequantibus, inferioribus florem superantibus: perigonio magno: labii partibus patentibus al- bidis roseisve viridi-nervosis quandoque albo-viridibus, externis oblongis obtu- siusculis subconcavis in triangulum dispositis , internis brevissimis lata basi ovatis, margine reflexis villosis: labello obovato convexo bilobo luteo in am- bitu vix villoso, pectore macula fusca vario-picta, lineolis perifericis et tran- sversis albidis venisque percurso, basi colliculoso, colliculis brevissimis quan- — 20-4 — doque defìcientibns , apice in sinu lobulorum appendice lanceolata longa in- curva luteo-viridula: gynuiostemii apice incurvo acute rostrato. 0. Tenoreana Beri. FI. It. t. 9. p. 591. In pratis montanis non procul a Roma. Malagrotta. Perenn. Fior. Martio-Aprili. 1900. Speculum. Morett. dee. 6. p. 8. Tuberibus ovalibus : scapo su- perius laxe vestito: foliis ovatis lanceolatisve, superioribus acuminatisi floribus paucis in spica erecta laxissima: bracteis foliaceis lanceolatis acutis ovarium subsuperantibus: perigonio majusculo: labii partibus oblongis virentibus: pe- talis patentissimis, galea erecta apice incurva, operculis lineari-acuminatis re- curvis puberulis viridi-nigrescentibus apice gymnostemi brevioribus: labello ob- ovato basi angustato trilobo hirsuto atro-purpureo, marginibus reflexis , lobo medio majore emarginato mutico, pectore macula ampia glabra coerulescente percurso: gymnostemii apice elongato erecto. 0. Speculum. Beri. FI. It. t. 9. p. 592. In montibus Latii. Qiiadagnolo. Perenn. Fior. Majo. Obs. Scapus et folia exiccatione nigro-virentia. 1961. Bertoloni. Morett. Dee. 6. p. 9. Tuberibus subrotundis : scapo superius nudo: foliis inferioribus oblongis, superioribus lanceolatis acutis: flo- ribus paucis in spica laxa saepius incurva, bracteis foliaceis lanceolato-acumi- natìs, inferioribus flores superantibus: perigonio majusculo: labii partibus ro- seis vel albidis, patentibus, externis oblongis obtusis in triangulum dispositis, internis minoribus lanceolatis: labello oblongo convexo quidquam ad superiora vergente, marginibus reflexis bilobo, et in sinu lobulorum, appendicula brevi incurva glabra donato, atro-purpureo lato margine holosericeo, centro macula pallidiore glabra nitida maculaque minore basi adjecta : apice gymnostemii e- longato rostrato super labeìlum inclinato. 0. Bertoloni. Beri. FI. It. t. 9. p. 593- 0. Speculum. Maur. Cent. 13. p. 42. In montibus tiburtinis. Sul Monte Catillo. Perenn. Fior. Majo. Obs. Scapus et folia exiccatione simpliciter sordescunt. 1902. LUTEA. Wdld. Sp. pi. t- 4 p- 70. Tuberibus subrotundis : scapo superius nudo: foliis inferioribus ovato-oblongis sucessivis paucis squamifor- inibus ovato-acuminatis : floribus in spica cylindrica laxiuscula : bracteis fo- — 205 — liaceis lanceolato-acutis , inferioribus flores superantibus: perigonio mediocre: labii partibus externis viridibus late-ovatis obtusis concavis patentibus, inter- nis brevioribus lineari-oblongis luteis glabris : labello oblongo basi angustato pubescenti-trilobo, lobis obtusis integris, medio obcordato mutico, pectore ma- cula sanguinea glabra apice quandoque biloba maculaque minore albida po- stico adjecta, ambitu luteo-subglabro, margine sinuato: gymnostemii apice bre- vi obtuso. 0. lutea Bert. FI. It. t. 9. p. 595. In apricis montium tiburtinorum. S. Gregorio. Perenn. Fior. Majo. 1963. BOMBiLiFERA. Guss. Sijn. t. 2 par. 2. p. 549. Tuberibus subro- tundis: scapo superius nudo: foliis ovato-oblongis obtusis superioribus lanceo- latis acutis: floribus 1-3 in spica brevi laxa: bracteis foliaceis ovatis acutis omnibus ovario brevioribus: perigonio mediocri: labii partibus ellipticis obtu- sis pallide viridibus patentibus, media concaviuscula, internis oblongis brevio- ribus anterius subhirsutis: labello convexo holosericeo trilobo, lobis iateralibus triangularibus deflexis villosis, medio puberulo obovato convexo subbilobo, lo- bulis deflexis unidentatis, appendicula inflexa glabra emarginaturae lobulorum interposita, basi fovea conspicua, margine bine inde tridentata,' pectore fascia latiuscula glabra notatis: apice gymnostemii breve obtuso eroslre. 0. bombylifera Bert. FI. It. t. 9. p. 597- 0. biulca. Maur. Cent. 13. p. 43. tab. 2. fig. 2. In sterilibus montanis aeque ac in apricis. Monte Mario, Testaccio, Villa Pamfili etc. Perenn. Fior. Aprili. 1964. FOSCA. Guss. Syn. t. 2. par. 3- p. 550. Tuberibus subrotundis : scapo superius nudo: foliis inferioribus oblongis caeteris lanceolato-acutis: flo- ribus paucis in spica laxa: bracteis foliaceis inferioribus ovario aequalibus, su- perioribus brevioribus: perigonio mediocre : labii partibus externis oblongis obtusis viridi-luteolis patentibus subconcavis , internis linearibus subbreviori- bus luteo-virentibus: labello elongato porrecto holosericeo trilobo, lobis late- ralibus brevibus obtusis, medio majore bilobo mutico basi bigiberoso, pectore macula lato-lineari glabra antice biloba donato: apice gymnostemii brevissimo crasso obtuso. 0. fusca Bert. FI. It. t. 9. p. 598. — 206 — In montibus Latii. Quadagnolo. Fior. Martio ad Majum. SERAPIAS. 1965. LONGiPETALA Poll. FI. Ver. t. 3.p. 30. Tuberibus ovatis: scapo loto dense vestito: foliis lanceolato-acuminatis: floribus in spica ovato-oblonga bracteis majusculis ovato-lanceolatis acuminatis florem exquisite superantibus : labii partibus externis lanceolatis acuminatis connatis, internis basi late ovatis apice longft acuminatis: labello trilobo lobis lateralibus obtusis erecto-connivenjibus, medio lanceolato-acuminato reflexo-pendulo, prope basim bicalloso, sulco cal- lis nitidis prominulis interposito, linea mediana pectoris pubescente. S. Lingua. Beri. FI. II. t. 9. p. 600 - Helleborine pseudo-cordigera. Sebast. Borri. PI, fas. 1. p. 14. iab- 4. f. 1 -H. longipetala. Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 312. n. 1115. In collibus aridis circa Urbem frequens. Testaccio, Monte Mario , Valle deir Inferno etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium et bracteae rubro-violaceae venosae. 1966. coRDiGERA. Poll. FI. Ver. t. 3. p. 29. Tuberibus subrotundis : scapo toto latiuscule vestito: foliis lineari-lanceolatis canaliculatis: floribus in spica ovoidea abbreviata: bracteis ovatis aeuminatis , flores quidquam supe- rantibus: labii partibus externis ovatis acutis acuminatisve connatis, internis basi subrotundis apice longe acuminatis: labello trilobo, lobis lateralibus obtu- sis erecto-conniventibus, medio cordato-lanceolato dependenti-reflexo supra basim nitido bicalloso , sulcoque callis prominulis interposito , pectore vix puberulo. S. Lingua /3 latifolia Beri. FI- It. t. 9. p. 601 - Helleborine cordigera. Sebast. Rom. PI. Fase. 2. p. 13. taq, à- - Seb. et Maur. FI. Rom. Prod, p. 312. n. 1116. tab. 10. dg. 2. In collibus arenosis circa Urbem. Monte Mario, Valle dell' Inferno, Te- staccio, Ostia, Terracina etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium et bracteae rubro-violaceae venosae. Obs. Pianta saepe praecedenti humilior , at forma labelli semper di- stincta. 1967. Lingua. L. Sp. Pi. p. 1344. Tuberibus subrotundis: scapo basi den- siuscule, superne laxe vestito : foliis lanceolatis acutis canaliculatis : floribus paucis laxis in spica oblunga: bracteis oblongis acuminatis concavis flore bre- vioribus: labii partibus externis lanceolatis connatis, internis lanceolato-acumi- nàtis, acumine in aristam mutato: labello trilobo basi angustato , lobis late- — 207 — ralibus subrotundis erectis, medio late ovato , apice acuminato-deflexo , basi callo unico conspicuo subelliptico, pectore glabro vel vix pubescente. S. oxyglottis. Bert. FI. It. t. 9. p. 605 - Helleborine Lingua. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 313. n. 1117. In collibus et arvis sterilibus circa Urbem communis. Villa Pamfili etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium et bracteae rubro-violaceae venosae. Obs. Pianta, duobus praecedentibus, omnibus in partibus minor, SPIRANTHES. 1968. AUTVMNAUS. Ridi. Annoi, in Mem. du Mus. d' hist. nat’ t. 4. p. 59. Tuberibus radicalibus plurimis brevibus crassis ovalibus aut fusiformibus: scapo fiorifero, squamis lanceolato-acuminatis laxis toto vestito: foliis ovatis nervo- sis fasciculatis in scapo sterili laterali: floribus secundis parvis approximatis in spica exili contorta: bracteis lanceolatis canaliculatis margine membrana- ceis ovario longioribus : labii laciniis connatis inclinatis : labello ovato-obtuso margine crenulato-crispo: partes floris fructusque pubescenti-glandulosae. S. autumnalis. Bert. FI. It. t. 9. p. 610 - Neottia spiralis. Seb. et Maiir. FI. Rom. Prod. p. 313. n. 1118. In pratis et pascuis apricis frequens. Villa Pamfili, Borghese etc. Perenn. Fior. Octobri. Perigonium album labello viridulo , suaveolens odore Vainillae. 1969. AESTivALis. Rich. Annoi, in Mem- du Mus. dliist. nat. t. 4. p. 58. Tu- berculis radicalibus duobus pluribus longiusculis subcylindricis: scapo toto vestito; foliis inferioribus fasciculatis lanceolato-elongatis acutis erectis , superioribus abbreviatis squamiformibus: floribus minusculis subremotis in spica contorta: bracteis lanceolato-acuminatis inferioribus latioribus ovario paulo longioribus: labii laciniis erecto-campanulatis: labello ovali oblongo margine crenulato-cri- spo: partes floris fructusque tenuiter pubescenti-glandulosae. S. aestivalis* Bert. FI. It. t. 9- p. 612. In humentibus prope Macerata. Perenn. Fior. Majo-Junio. Perigonium sordide album inodorum. Usus. Tuberà Orchidearum bue usque enumeratarum vulgo cognita sub nomine testicolo di Cane fecula replentur. Exiccata Salep in commercio sat notum jam subministrabant, droga primitus ab Ollanda petita, cui fama aphro- disiacae invaluit. Idem salep a quacumque Orchidearum specie obtineri ab ana- lysi Clievalier cognovimus, unde frustra drogam ab externis petimus. Salep in medicina nunc vix commemoratur. 28 NEOTTIA. 1970. Nidus avis. Ridi. Annoi, in Mem. du Mus. d’ hist. nat. t. 4, p. 59. Radice brevi transversa , fibris crassis numerosis congestis ; scapo aphyllo squamis vaginantìbus latiusculis ascendendo attenuatis laxe vestito : floribus in spica oblonga densa tandem basi laxata: bracteis lineari-acuminatis mem- branaceis ovario brevioribus : labii laciniis concavis: labello labìo longiore bi- fido, lobis divaricatis: ovario pedunculato. N. Nidus avis Beri. FI II. u 9. p. 614 -Epipactis Nidus avis. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 315. n. 1123. In sylvis opacis montium Latii. Monti Albani^ Tusculani^ Tiburtini etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium sordide album denuo , et praesertim exiccatione fuscum uti tota pianta. LISTERÀ. 1971. OVATA. Rob. Broiu. in Alt. Hort. Keiv. t. 4. p. 201. Radice car- nosa in fibras simplices crassiusculas non intricatas soluta: scapo inferno vagi- nato, supra vaginam folioso, superne squamis paucis brevibus distantibus vestito: foliis oppositis late ellipticis nervosis obtusis: floribus pedicellatis in racemo spicaeformi laxo: labelli laciniis obtusis subparallelis: ovario subgloboso.. L. ovata. Beri. FI. It. t. 9. p. 616 - Epipactis ovata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 316. n. 1124-Orchis bifolia. Hort. Rom. t. 7. tab. 72. In montium sylvis. Monte Compatri, Monte Gennaro, S. Polo etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. Perigonium viridi-luteolum. EPIPACTIS. 1972. PALusTRis. Swartz in Act. Holm. ann. 1800. p. 232. Radice re- pente, fibris crassiusculis: scapo toto folioso: foliis ovato lanceolatis distanti' bus superioribus lineari-lanceolatis : bracteis foliis superioribus conformibus saepe retroflexis flore longioribus: perigonio grandiusculo: floribus pendulis in racemo laxo: labii partibus lanceolatis carinatis: labello obovato obtuso mar- gine crispulo labium subaequante: capsula cylindrica basi attenuata. Scapus superne, et partes floris plus minus pubescentes. E. palustris. Beri. FI. It. t. 9. p. 620 - Serapias palustris. Sang. Cent, tres p. 125. n. 286. In pratis depressis hyeme inundatis; copiosa circa Hostiam. Perenn. Fior. Majo-Junio. Perigonium album purpureo-striatum. 197-3 MicROPHYLLA. Swartz in Aet. Holm. an. 1800. p. 232. Radice brevi in fibras crassiusculas soluta: scapo laxe vestito: foliis parvis lanceolatis acutis canaliculatis: bracteis foliaceis lanceolato-acuminatis saepius retroflexis ovario — 209 — longioribus: floribus cernuis in racemo brevi laxato: perigonio parvo : labii partibus ovato-lanceolatis acutis : labello ovato acuto labio breviore basi gi- beribus duobus crispis, margine crenulato-crispo: ovario obverse conico. Sca- pus superne partesque floris plus minus pubescentes. E. microphylla. Beri. FI. It. t. 9. p. 622 -Serapias microphylla. Sauf/. Cent, tres p. 125. n. 285 - S. latifolia foliis brevibus. Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 314- n- 1119 in descrip. In montibus Latii. Sit/ Tuscolo, Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium albo-luteolum. 1974. latifolia. Swartz in Act. Holm. ann. 1800. n. 232. fradice bre- viuscula in fìbras crassas intricatas solata: scapo puberulo toto vestito: foliis inferioribus crebris late ovatis exquisite nervosis basi scapum amplexantibus, successivis ovato-oblongis ultimisque lanceolatis acuminatis: bracteis foliis su- premìs conformibus inferioribus florem multo superantibus, caeteris successive abbreviatisi floribus numerosis subsecundis in racemo longiusculo : perigonio subgrande: labii partibus acutis: labello postice cartilagineo cymbaeformi me- dio bicristulato, cristis laevibus, postice cordato-ovato integro vel trilobo, lobo medio acuto, lateralibus rotondatisi ovario ovato basi angustato puberulo. E. Latifolia. Bert. FI. It. t. 9. p. 023 - Serapias latifolia. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 314. n. 1119. In sylvaticis etiam montanis. Macchia di Marco Simone, Monte Gennaro^ Monte Pizzo in Piceno etc. Perenn. Fior. Majo. Perigonium viridi-rubescens leviter grate olens. cephalanthera. 1975. GRANDIFLORA. Bab. Man. ed. 3. p. 313. Radice horizontali brevi in fìbras crassiusculas elongatas solata: scapo toto folioso basi vaginato: foliis ovatis vel ovato-lanceolatis acutis exquisite nervosis: floribus erectis in spica laxa: bracteis foliaceis lanceolato-linearibus acuminatis, inferioribus florem multo superantibus: perigonio grande: labii partibus obtusis: galea petalis aequale: operculis galea et petalis brevioribus: labello late ovato, labio subdimidio bre- viore, basi plicis tribus elevatis, antico prope marginem macula saturate lu- tea donato: ovario glabro. C. grandiflora. Bert. FI. It. t. 9. p. 626 - Serapias grandiflora. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 314. n. 1120. In nemorosis umbrosis. Boschetto della Villa Ceva incontro il porto di Ripetta, Bosco del Cavaliere nelV Umbria. — 210 — Perenn. Fior. Majo. Perigonium pallide ochroleucum. 1976. ENSiFOLiA. Righ. Annoi, in Mem. du Mus. d’ hist. nat. t. 4. p. 60. Radice transversa fìbris crassis perpendicularibus: scapo subflexuoso toto dense vestito basique late vaginato : foliis subdisticis nervosis lanceolatis elongato- acuminatis: floribus saepe paucis in spica laxa : bracteis minutis brevissimis: perigonio mediocri: labii partibus externis lanceolato-acuminatis , internis ob- longis obtusis, brevioribus: labello obtusissimo, labio dimidio breviore basi plicis quatuor elevatis, antico prope marginem, macula saturate lutea donato: ova- - rio glabro. C. ensifolia. Beri. FI. II. t. 0. p. 628 - Serapias ensifolia. Seò. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 315. n. 1121. In sylvaticis collinis et montanis communis. Monti Albani, Tusculani, Sa-- bini, Monte Mario, Villa Parafili etc. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Perigonium albo-candidum. 1977. RUBRA. Rich. Annot. in Mus. d' hist. nat. t. 4. p. 60. Radice re- pente brevi fìbris ramosis: scapo subflexuoso folioso basi vaginato apice nudo: foliis lanceolatis acuminatis subdistantibus: floribus saepe paucis in spica laxa: bracteis foliaceis inferioribus flore longioribus: perigonio submajusculo, parti- tibus omnibus lanceolatis acuminatis erectis: operculis galea et petalis bre- vioribus: labello plicis elevatis. flexuosis maculaque alba notato, labio subaequale. C. rubra. Rert: FI It. t. 9. p. 629 - Serapias rubra. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 315. n. 1122. , In montium sylvis. Sul Tuscolo, ad Albano, sul Monte Gennaro etc. Perenn. Fior. Aprili. Perigonium rubrum. LIMODORUM. 1978. ABORTiyuM. Sivartz in Nov. act. Holm. t, 6. p. 80. Radice re- pente nodosa: scapo lato aphyllo vaginis distantibus subinflatis toto vestito : floribus erectis in racemo spicaeformi laxo: bracteis foliaceis concavis ovato- lanceolatis acuminatis flore brevioribus: labellum ovale integrum margine un- dulatum: ovario oblongo angolato non contorto. L. abortivum. Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 316. n. 1125 -Rerf. FI. It. t. 9. p. 631. In collibus circa Romam frequens. Villa Pamfili, Monte Mario etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. Perigonium violaceum uti tota pianta , exic- cando violaceo-ferrugineum. — 2H — Ord. vi. Hexandria. ARISTOLOCHIA. 1979. ROTUNDA. L. Sp. PI. p. 1314. Tubere subgloboso majusculo, ra- dicìbus paucis: caule solitario vel multiplo prostrato erectove simplici infer- ne ramoso : foliis subsessilibus cordatis ovatis obtusis retusisve sinu angusto lobis approximatis, floribus solitariis: perigoni! ligula erecta elliptico-oblonga: capsula subglobosa erecta ab apice dehiscente. A. rotonda. Seb. et Maiir- FI. Rom. Prod. p. 316. n. 1126 -Reri. FI. It. i. 9. p. 643 - A. rotonda flore ex purpureo nigro. Hort. Rom. t. 2. tab. 80. In nemoribus circa Urbem, et in montanis communis. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores atro rubri. Vulgo. Aristolochia rotonda, Astrologia rotonda. Usus. Tuberà sub nomine radicis ab antiquitus in arte medica ad Ca- chexiam, Clorosim, Podagram sanandam magni habita: nunc in febribus in- termittentibus communiter usurpata in decotionibus amaricantibns. Drogarum sofisticatores, radicibus Columbae [radice di Colombo , Menispermum palma- tum) immiscent in damnum aegrotantium. 1980. PALLIDA. Willd. Sp. PI. t. 4. p. 162. Tubere subgloboso minu- scolo, radicibus paucis: caule flexuoso ereeto simplici ramosove : foliis petio- latis cordatis obtusis emarginatis sinu lato, lobis divaricatis: floribus solitariis: perigoni ligula erecta retusa: capsula pyriformi reflexa ab apice dehiscente. A. pallida. Sang. Cent, tres p. 126. n. 287-Rert. FI. It. t. 9. p. 644. A. rotonda altera. Bocc. PI. Sic. p. 9. tab. 3. fig. F. G. In umbrosis montium. Albano presso Palazuola, monte Gennaro, monti delle Marche. Perenn. Fior. Majo^-Junio. Flores lurido-oehroleuci fosco lineati intus ma- cula atro-purpurea. Obs. In offìcinis promiscue venditur cum precedente sub nomine Aristo- lochiae rotundae. 1981. Clematitis. L. Sp. PI. p, 1364. Radice ramosa late repente: caule elato ereeto subflexuoso inferne ramoso: foliis petiolatis cordato-ovatis retusis sinu lato , lobis amplis divaricatis: pedunculis axillaribus fasciculatis unifloris: perigonii angusti ligula ovato-lanceolata erecta tandem deflexa: capsula pyriformi pendola ab apice dehiscente. A. Clematitis. Seb. et Maur. FI. Bom. Prod. p. 317. n. 1127 - Ben. FI. It. t. 9. p. 647. A. longa vera, Hort. Bom. t. 2. tah. 81» In nemorosis maritimis frequens. Ostia, Fiumicino etc- Perenn. Fior, Majo. Flores luteo-virìdes. SPECIES ADDENDAE CLASSIBUS EXARATIS Monandria-Monogynia. CENTRANTHUS. 1982. ANGusTiFOLius. DC. FI. Frane, t. 4. p. 239. Caule e basi ramoso, ramis brachiatis: foliis linearibus integerrimìs: floribus corymbosis. Valerianella angustifolia. Beri. FI. It. t. ì . p ì&l. In Piceno ad radices montis la Sibilla. Perenn. Fior. Julio. Flores pulchre rosei. Obs. Species a Cent- rubro prorsus distincta: floribus paulo majoribus. 484. ZIZIPHORA. L, Calyx tubulosus tubo cylindrico elongato stricto fauce barbata, limbo 5-dentato: corollae ringentis tubus infundibuliformis, lon- gitudine calycis limbus brevis labio, superiore reflexo, inferiore trifido patente : fructus gymnobasicus- Labiatae Juss. 1983. CAPITATA. L. Sp. PI. p. 31- Tenuiter pubescens. Caule erecto ra- moso, ramis brachiatis: foliis lacneolatis integerrimis: floribus quaternis ova- tis mul liner viis ciliatis: floribus fasciculatis caule ramisque terminalibus : ca- lycibus hispidis, Z. capitata. Beri. FI. It. t. 1 . p. 132 In campis apricis Piceni- Macerata. Ann, Fior. Junio, Flores purpurei- SALVIA. 1984. GARGANicA. Tcn. Syll. p. 18. n- 8. Hirsuta, pilis apice glanduli- feris. Radice ramosa: foliis rugosis scabris eroso-crenatis inferioribus oblongo- cordatis longe petiolatis, superioribus acutis: bracteis brevibus cordato-acumi- natis: spicarum fasciculis 3-5-floris: corollae galea compressa falcata erectiu— scula, calycem duplo superante. S. garganica. Bert. FI. It. t. 1. p. 143. Ad margines viarum in alpestribus. Nei dintorni di Vallepietra.. — 213 — Perenn. Fior- Julio- Augusto, Fior, intense roseo-violacei. VERONICA. SERPiLLiFOLiA d tencllu. PusìIIq. Foliis subrotundis: caule fiorifero erecto. V. serpillifolia 5 Bert. FI. It, t. 1. p, 90. In pratis. alpinis Umbriae. Al Castelluccio. CIRCAEA. 1985. INTERMEDIA. Elirh. Beytr. 4. p. 42. Pubercula pilis laxis. Caule erecto: foliis cordatis vel ovato-cordatis acuminatis repando-denticulatis, den- tibus remotis: racemo simplici laxo. In umbrosis ad oras nemorum Presso Tivoli. Perenn. Fior, Majo decedente. Potala rubentia, calyx ru-viridis. Obs. Statura humiliore, herba viridi-nigrescente, forma foliorum a C. al- pina distinguitur, licet a nonullis uti C. alpinae varietas retineatur. SALIX. 1986. viMiNALis. L. Sp. PI. p. 1448. Foliis lanceolato-linearibus linea- ribusque elongatis integerrimis margine revolutis acuminatis supra glabris su- btus argenteis: stipulis nullis: amentis subcoetaneis sessilibus elongato-cylin- dricis : capsulis sessilibus sericeo-pubescentibus ; stylis elongatis, stigmatibus bifidis. Ad ripas fiuminum, et ad ripas canalium in Piceno non infrequens. Presso Macerala. Frut. Fior, Aprili. Flores herbacei. Obs. Rami rubro-fusci ad vincendum insignes, cortex amarissimus. 1987. PENTANDRA L. Sp . PI. p- 1442. Glutinosa. Foliis ovato-ellipticis lanceolatisve superioribus acuminatis glabris regulariter denticulato-glandulosis: stipulis subnullis : amentis coetaneis pedunculatis petiolatis cylindraceo-elon- gatis: staminibus tetra-polyandris pentandrisve: capsulis pedicellatis basi glo- bulosis in stylo elongatis: staminibus bifidis. S. pentandra Bert. FI. It. t. 10. p. 311- In apricis. Monte Mario. Frut. FI. Majo ad Julium. Flores berbacei- Obs. Odor plantae balsamicus diu etiam in sicco perdurans. 1988. MYRsiNiTEs L. Sp. PI. p. 1445. Foliis ovatis lanceolatisve opacis regulariter denticulato-glandulosis, utrinque reticulato-venosis acutis obtusisve: _ 214 — stipulis subnullis: amentis coetaneis cylindricis pedunculatis , pedunculis basi foliolatis: capsulis breviter pedicellatis ovoideo-conicis: stylo elongato : stami- nibus integris bifidisve. S. myrsinites Bert. FI. Il- t. 10. p. 320. Ad ripas fluminum et canalium in Piceno. Arcevia^ Ascoli etc. Frut. Fior. Junio-Julio. Flores herbacei. Tri ANURIA- Monogynia. VALERIANELLA. 1989. echinata DC. FI. Frang. t. 4. p. 242. Glabra. Caule terete striato dichotomo: foliis inferioribus petiolatis spathulatis, superioribus sessilibus obverse lanceolatis, omnibus serratis incisisve: bracteis linearibus flores subsuperantibus: achenio recto, corona 3-dentata , dente medio majore , omnibus demum re- curvatis. V. echinata Bert. FI. It. t. 1. p. 184 - V. cornocupiodes carinata. Co- lumn. Ecph. p. 226. fìg- In apricis et cultis inter sala Piceni. Ann. FI. Aprili-Majo. Flores albo coerulei. 1990. CORONATA Dufr. Hisl. de Valer, p. 60. tab. 3. f. 2. Caule erecto scabriusculo superius parco ramoso, ramis dichotomis, foliis lanceolatis den- tatis incisisve superioribus inciso-pinnatifìdis: bracteis acutis crebre ciliatis: flo- ribus capitatis: achenio subtetragono hirsulo, corona cyatiformi intus villosa, extus reticulato-venosa sexdentata, dentibus aristatis apice amosis. V. coronata Bert. FI- It. t. 1. p. 192.. In pratis montanis. Presso Vallepietra. 485. GYNANDRIRIS ParL Spatha bivalvis scariosa: perigonium liliaceum ovario adliaerens, tubo filiformi elongato, limbo sexpartito, laciniis inaequalibus, externis majoribus reflexis, internis minoribus erectis; staminum fìlamenta, et facies interna antherarum stylo stigmatique ita aglutinata ut gymnostemium re- gulare quodamodo exurgat: Stylus cylindricus: stigma petaloideum bifidum: ova- rium triloculare, capsula pedunculata cylindrica maturitate subtiliter scariosa: semina horizontalia alterna. 1991. SisYRiNCHiuM Pari. nov. gen. é nov. spec. p. 49. Scapo subflexuoso quandoque ramoso: foliis canaliculatis lineari-acuminatis scapum superantibus: floribus solitariis vel spicatis 1-6: spathis diphyllis, phyllis inaequalibus striatis subventricoso-canaliculatis: radice bulbosa tunicata, tunicis filamentosis. — 215 — Iris Sisyrinchium Beri. FI. It. t. ì. p. 244. In pratis humidis. Incontro V Osteria di Monte Rosi vicino il laghetto. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores coerulei, venis saturatioribus. IRIS. 1992. Italica Pari. nov. gen. e nov. spec. p. 37- Scapo erecto simplici unifloro , raro bifloro : foliìs ensiformibus scapo brevioribus : spathae phyllis obtusis subinaequalibus inflatis; perigonii segmentis subaequalibus, externìs re- flexis, inlernis erecto-conniventibus. I. pumila Bert. FI. It. t. ì. p. 235. In inaritimis. Sui monticelli che circondano il mare presso Civitavecchia. Perenn. Fior. Aprili. Flores violacei. Triandria-Digynia. PHLEUM. 1993. TENUE Spr, Sifst. Veg. t. 1. p. 241. Radice fìbroso-ramulosa: cul- mis caespitosis ut plurimum erectis glaberrimis superius nudis: foliis lineari- acurninatis margine scabris: vaginis laxiusculis: ligula oblunga obtusa. Racemo spicaeformi composito cylindrico gracili apice attenuato: perigonii glumae ca- lycinae vai vis ovatis scabris brevissime mucronulatis, carina nuda: glumae co- rollinae bivalvis, vai vis inclusis dimidio brevioribus insigniter nervosis, apice denticulatis, valva externa laliore. Ph. tenue Bert. FI. It. t. 1. p. 301 . - Pbalaris subulata Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 32. n. 82 - Gramen typhinum longissimum spica Pha- laridis molli albicante Barrel. le. 14. fig. 1. In maritimis non rara. Ostia, Fiumicino, Civitavecchia etc. Ann. Fior. Majo-Junio. Spiculae albo-virentes. MILIUM. 1994. scADRUM Rom. et Schidt. Mant. 3. p. 561. Radice fibrosa: culmo erecto gracili parce caespitoso sursum scabro apice denudato: foliis brevibus anguste linearibus planis : vaginis scabris: ligula lanceolata obtusa : panicula stricta, ramis paucis alternis fasciculatis scabris supremis solitariis: perigonii glumae calycinae valvis lanceolato-acutis minute tuberculato-scabris , glumae corollinae brevis valvis glabris obtusis , externa latiore internam involvente: caryopside acute tunicata. M. scabrum Bert. FI. It. t. ì. p. 384. In sylvis umbrosis et ad muros humidos. Frascati. 29 — 216 — Ann. Fior. Aprili-Majo. Spiculae virescentes. 1995. MVTicuM Jan. Elench. p. 2. n. 8. Radice fibrosa : culmo glabro simplici vel caespitoso erecto vel ascendente saepe geniculato: foliis linearibus vaginìsque scabris: ligula lanceolata erecta lacera : racemo spicaeformi, pedi- cellis abbreviatis strictis exacte cylindricis: perigonii glumae calycinae valvis falcatis acutis scabris vix basi ventricosis: glumae corollinae subbrevioris valva externa truncata apice denticulata mutica, in paucissìmis aristata, internam in- volvente: arista longa torta: caryopside acute tunicata. M. muticum Bert. FI. It. t. 1. p. 391. In pratis maritimis. Civitavecchia Ann. Fior. Aprili-Majo. Spiculae albo-virentes. AGROSTÌS. 1996. oLiiETORUM Cren, et God. FI. de Frane, f.3. p.483. {Sang. FI. Rom. Prod. tab. 4. n. 2.) Radice fibrosa, quandoque breviter stolonifera: culmo erecto: foliis inferioribus linearibus planis, superioribus anguste linearibus subulatis , omnibus erectis margine scabris: vaginis strictis superioribus elongatis: ligula oblonga erecta. Paniculae laxae ramis patulis tandem erectis: perigonii glumae calycinae valvis subaequalibus lanceolatis acutis carina vix scabris : glumae corollinae valvis inaequalibus, externa acuta dentata nuda, interna, apice bifida triplo breviore. In sylvis mare versus. Alla macchia dei Mattei. Perenn. Fior. Julio. Spiculae rubicundae tandem flavae. DIGITARLA. 1997. GLABRA Róm. et Schult. Syst. Veg. t. 2. p. 471. Radice fibrosa fibrillis exilibus: culmo caespitoso decombente; foliis linearibus margine scabris vaginisque glabris: ligula brevi obtusa. Spicis erectis subgeminatis rachide fi- liformi articolata basi nodosa: floribus geminatis secundis, superioribus saepe solitari is: perigonii glumis imbricatis, corollina parum exerta, calycinae valvis majoribus nervosis , nervis glabris , tertia minutissima obtusissima , valvulis interpositis pubescentibus. D. glabra Bert. FI. II. t. l. p. 417. In agris Piceni. Presso Macerata. Ann. Fior. Julio- Augusto. Spiculae atro-purpureae- Obs. Species D. sanguinali gracilior, foliisque glabris cito distinguenda. PIIALARIS. 1998. TRUNCATA Guss. FI. Sic. Prod. p. 64. Radice fibrosa, fibris elon- gatis robustis: culmo erecto apice nudo: foliis linearibus longe acuminatis sca- — 217 — bi‘is: ligula diaphana latiuscula apice lacera. Racemo spicaeformi cilindrico elongato : perigoni! glurnae calycinae vai vis oblongis basi angustatis ala ca- nnali integra superius dilatata, et apice oblique truncata corollinae quadri- valvis, valvis externis minimis lanceolatis acutis subpilosis, internis lanceolatis adpresse villosis. F. truncatae FI. It. t. 1. p. 111. In pratis maritimis. Ostia, Civitavecchia etc. Perenn. Fior. Majo. Spiculae albo-virides, valvis calycinis linea laete vi- ridi notatis. AIRA. 1 999- cRisTkTA L. Sp. pi. 94. non Seb. et Maiir. FI. Rom. Proci. Radice caespitosa fibrosa: culmo erecto apice nudo: foliis linearibus rigidiu- sculis involutis : vaginis tenuiter striatis: ligula brevi truncata. Racemo spi- cato Cilindrico inferius subinterrupto: spiculis minusculis 2-4-floris : peri- goni glurnae calycinae valvis subaequalibus compresso-carinatis carina scabris basi irinerviis: gluma corollinae valva externa majori mutica vel breviter ari- stata , valva interna apice acute bifida. A. cristata Bert. FI. It. t. ì. p. 434. In pratis alpinis Umbriae et Piceni. Castelluccio, Pizzo di Sivo etc. Perenn. Fior. Julio. Spiculae nilidae viiàdi-violaceae. Obs. Radice fibrosa, floribus minoribus, spicularum colore ab A. grandiflora praesertim distinguenda. 2000. cuPANiANA Guss. Sijn. t. \. p. 145. Radice fibrosa capillari: culmo exili erecto saepe caespitoso: foliis inferioribus setacei s approximatis , supe- rioribus linearibus canaliculatis: vaginis protensis sulcatis glabris: ligula elon- gata apice lacera. Panicula erecta trichotoma, ramis capillaribus apice sca- briusculis : perigonii glurnae calycinae valvis ovato-acuminatis subaequalibus denticulatis bifloris , flosculo altero mutico altero aristato: glurnae corollinae valvis externis acuminatis, in flore aristato apice bifidis, arista secus basim orta exerta. In apricis agri romani. Ann. FI. Aprili-Majo. Spiculae scariosae albo-translucidae. MELICA. 2001. NEBRODENsis Pari. FI. Palerm. t. l. p. 120. Radice repente : culmo caespitoso gracili erecto apice scabro : foliis auguste linearibus subtus asperis tandem convoluto setaceis: vaginis vix striatis, ligula elongata. Pani- cula spicaefoimi abbreviala laxa floribus unilateralibus , inferius subcompo- sita: perigonii glumae calycinae valvis subaequalibus lanceolato-acuminatis 5-7- nerviis; glumae corollinae floris fertilis valva externa loto margine longe ci- bata, interna breviori bidentata. In sterilibus maritirnis. Presso Civitavecchia, Perenn. Fior. Majo-Junio. Spiculae viridi-stramineae. 2002 Bauinh Villd. En. t. ì. p. 101. Radice repente: culmo erecto subcae- spitoso , folisque linearibus tandem involutis glabris substriatis : vaginis pu- bescentibus; ligula subtriangulari apice vix lacera. Floribus in racemo elon- gato laxo secundo inferius ramoso; perigonii glumae calycinae subtriflorae va- vis subaequalibus ovato-lanceolatis apice quidquam acuminatis, glumae corol- linae imi flosculi fertilis valva externa infra medium utrinque longe barbata, caeterum nuda, valva interna pubescenti glabra, nervo utrinque ad marginem inflexum minutissime cibata, flosculo altero ut plurimum fertili stipitulato, ter- tium minimum abortivum involvente. M. Bauinii Bert. FI. It. t. 1. p. 490. Ad rupes inmontanis prope Ronciglione. Perenn. Fior. Majo. Spiculae stramineae vel stramineo- virentes. ANDROPOGON. 2003. PUBESCENS. Vis. PI. rar. in Dalm. Dee. p. 3. Radice robusta fi- bris longis: culmo caespitoso erecto superius ramoso: foliis bneari-acurninatis laeviter striatis, vaginis strictis protensis: ligula lacera. Panicula ramosa pe~ duncubs apice pubescentibus, spicis conjugatis: pergonii floris hermafrodi ti glu- mae calycinae valva externa villosa , interna nuda : glumae corollinae valva externa mutica calycinas aequante, interna augustissima infra apicem biden- tatum aristata, arista flosculo sexies longiore: floris mascub pedicello compresso villoso: glumae corollinae val\a interna minori apice lacera. In collinis et pascuis circa Romam. Perenn. Fior. Junio. Spiculae viridi-purpurantes, Obs. Facile cum A. flirto confunditnr. PANICUM. 2004. ERuciFORME Ròm. et Schult. Syst. Veg. t. 2. p. 426. Radice te- nui fibrosa : culrnis caespitosis tenuibus decumbentibus , nodisque infractis ascendentibus erectisve : foliis brevibus lineari-acuminatis margine scabris , vaginisque striatis laxiuscubs pilosis: ligula e fasciculo denso piloso. Racemo — 2i9 composito spicaefòrmi, racemulis simplicibus erectis: floribus ovatis biseriatim secunclis muticis : rachide flexuosa: perigonii glumae calycinae valva minori ovato-oblonga acutiuscula: glumae corollinae floris neutri valva externa ma- jori ovato villosa, valva interna minori plana obtusissima glabra, nervo utri- usque ad marginem inflexum. P. cruciforme. Beri. FI. It. t. 1 p. 427. In arvis Piceni. Loreto, Macerata etc. Ann. Fior, aestate decedente. Spìculae flavo-virides. 2005. AMBiGvuii. [Sang. Flor.Rom. Proci, tab. 6. n. 1 .) Radice fibrosa fibrillis tomentosis : culmo caespitoso ramoso nodis infracto: foliis lineari-acuminatis deorsum scabris: vaginis laevibus; ligula pilosa lacera. Racemo composito spi- caeformi cylindraceo , racemulis subverticillatis in anthesi patentibus , seta solitaria vel binata ad basim cujusque floris ovoide», aculeis sursum scabrida: perigonii gluma calycina valva externa, interna 7-nervea, triplo breviore: glu- mae corollinae floris hermaphroditi valva externa scabra , valvae calycinae majori conformi, valva interna bidentata enervi angusta dimidio breviori, mar- ginibus inflexis. In hortis viis cultis ubique. Ann. Fior. Angusto Septembri. Spiculae virides. Obs. Foliis angustioribus minus scabris , caule magis ramoso a P. ver- ticillato primitus distinquitur, quibus caracteribus P. (glauco plurimum accedit. TRITICUM. 2006. PUNGENS. Pers. Sijn. t. ì. p. lOO.Piadice repente, fibris lanatis : caule caespitoso erecto basi crebre folioso: foliis erectis patentibos reflexisque glaucis lineari-subulatis pungentibus subtus glabris supra retrorsum scaberri- mis: vaginis strictis: ligula brevissima. Spica elongata densa, rachide canali- culata glabra, spiculis planis disticis alternis lanceolatis 8-12floris: perigonii glumae calycinae valvis lanceolatis mucronulatis 7-nerviis: gluma corallina externa acuta mucronulata quandoque aristata, interna breviter cibata. In arenosis maritimis. Porto d' Ascoli. Perenn. Fior- Tulio. Spiculae glauco-virentes. 2007. iiEMiPOA. Delil. in Ten. FI. Nap. t. 4, p. 18. Radice fibvosa : culmo erecto inferius genicolato superius nudo: foliis lineari-acuminatis mar- gine et superius scabris: vaginis strictis: ligula elongata lacera. Racemus lon- giusculus strictus , floribus subunilateralibus basi interruptis , ramis erectis crassis brevibus scaberrimis ascendendo elongatis , spiculis linearibus subge- minatis: perigonii glumae calycinae valvis aequalibus lanceolatis carinatis 1-3- — 220 — nerviis carina scabris: gluma corallina externa subacuta , breviter muoronu- lata acute carinata, carina utrinque uninèrvia. In montanis prope mare. A S. Felice presso Terracina. Ann. Fior. Majo-Junio. Spiculae virentes. 2008. LITORALE. Host. Gram. Aust. t. 4. p. 5. tab. 9. Radice stolonifera late repente, fibrillis descendentibus: culmo erecto laevi: foliis angustis rigidis so- pra scabris subtus laevibus cito involutis et apice pungentibus: vaginis stria- tis glabris: ligula brevissima ciliolata. Spica elongata composita- spiculis appro- ximatis alternis disticis oblongis compressis subdecemfloris-* rachide articolata mai'ginibus spinulosa.- perigonii glumae calycinae valvis erosis scabris subae- qualibus oblongis, flosculos inferiores subaequantibus, externa 5 interna 7 iner- via nervìs obscuris , carinali conspicuo spinuloso in acumino producto : valva corollina externa 5-nervia, valvis calyciniis subconformi, nervo carinali apice libero aristam brevem simulante, interna mutica utroque margine ciliato-spi- nuloso. In udis maritimis. Ostia. Perenn. Fior. Junio-Julio. Spiculae stramineae. Obs. Pianta glauca, atnotis datis a T. glauco prosus diversa et prò T. litorali Host. ex auctoris descriptione, omnino retinendurn. LOLIUM. L. PERENNE /S tenue. Schrad. FI. Germ. t. 1. p. 397 - Gracile spica tenui laxa, spiculis 3-4floris. In graminosis passim. Tor di Quinto. 2009. iTALicUM. Koch. Sijn. FI. Germ. et Helv. ed. 2. p- 936. Radice fibrosa, fibris flexuosis, culmos fertiles sterilesque emittente.- culrnis fertilibus caespitosis erectis fere ex integro vestitis- foliis lineari-acuminatis, vaginisque striatis scabriusculis; ligula lata troncata. Spica erecta elongata, rachide levi- ter flexuosa; spiculis numerosis lanceolatis planis alternis disticis sub 1 0 floris : gluma calycina lineari-acuminata li-nervi, spiculae dimidiam partem superante.- glumae corollinae valvis subaequalibus externa obtusiuscula apice scarioso-la- cera, in omnibus vel in aliquibus tantum flosculis aristata, interna apice ci- liato-lacera, nervo conspicuo utrinque ad marginem involuto m. In viis et ageribus passim. Perenn. Fior. Majo. Spiculae st^mineo-virides. 2010. MULTiFLoREM. Gttud. FI. Hclv. t. ì. p. 354. Radice fibrosa, fibris exilibus: culrnis erectis ascendentibusve glabris totis vestitisi foliis anguste li- — 221 — nearibus vaginisque striatis laevibus: ligula brevi truncata. Spica mediocri ere- cta, spiculis lanceolatis planis disticis approximatis 12-20-floris, rachide nervosa flexuosa laevi-’ gluma calycina lineari apice breviter acuminata exquisite ner- vosa spiculis subdimidio breviore: glumae corolline valvis subaequalibus externa obtusiuscula obscure trinervia longe subtiliterque aristata in flosculis inferio- ribus mutica , interna angustiore , nervo valido utriunque ad marginem in- flexum. L. multiflorum. Seb. el Maiir. FI Rom Prod. p. 64. n. 1 62 - L. perenne oc multiflorum. Satuj. p. 72. In pascuis agris graminosis. Ann. Fior. Majo. Spiculae virides sero stramineae. 2011. sicuLUM. Pari. FI. Palerm. t. l. p. 252. Radice fibrosa, fibris simpliciusculis •• culmis erectis ascendentibus basi saepe ad articulos infractis totis vestitis : foliis anguste linearibus vaginisque striatis : ligula brevissima truncata. Spica erecta densa, spiculis ovato-lanceolatis approximatis planis disticis !0-12-floris muticis; gluma calycina obtusa apice lacera 5-nervi flo- sculis plus dimidio longiore.- glumae corollinae valvis subaequalibus, externa lanceolata obscure nervosa apice scarioso-lacera, interna ad marginem distin- cte nervosa maturitate caryopsidem involvente. In inarginibus agrorum. A Tor de Quinto. Bienn. Fior. Majo. Spiculae viridi-stramineae. Obs. Pianta speciebus proximis omnibus in partibus bumilior, spiculisque dilatatis approximatis, et fere imbricatis apprime distincta. 2012. ROMANUM. {Sang. FI. Rom. Prod. lab. 4. n. 1.) Laeve. Radice exili fi- brosa : culmo gracili erecto fere ex integro vestito: foliis anguste linearibus , vaginisque laxiusculis striatis; ligula membranacea brevi irregulariter lacera, et ad latos in auriculas producta. Spica erecta tenui, spiculis numerosis ovatis planis, superioribus approximato-imbricatis, infimis laxiusculis, omnibus sub- 10-floris; gluma calycina lineari-acuminata flosculum inferiorem non superan- te: glumae corollinae valvis subaeqalibus, externa majore lanceolata vix ner- vosa in flosculis omnibus longe subtiliterque aristata, interna ad marginem nervosa maturitate caryopsidem involvente. In marginibus agrorum at non frequens. Alla Cafarella, attorno i prati di Tor di Quinto. Ann. Fior. Majo. Spiculae niaturae pallide stramineae. Obs. Spiculis planis ascendendo confertius approximato-imbricatis, valva — 222 — corollìna in omnibus flosculis longe subtiliterque aristata, arista in flosculo in- terno inferiore abbreviata, gluma calycina flosculum inferiorem non superante, et produtionibus ligulae ab affinibus prorsus distincta. 2013 sTRicTUM. Presi. Cyper. et Gram. Sic. p. 49. Radice fibrosa fibris, simpliciusculis : culmis caespitosis erectis ascendentibusve robustis; foìiis li- nearibns acuminatis planis vaglnisque laxiusculis striatis glabris : ligula bre- vissima truncata in latus acereta. Spica stricta rigida erecta vel incurva , spiculis lanceolatis obtusis reraotiusculis rachidi flexuosae insigniter excavata marginibus scabris approximatis sub-1 0-floris : gluma calycina lanceolata spi- culis quidquam breviore exquisite 5-nervia, in spiculis inferioribus obtusa in superioribiis acuta: glumae corollinae valvis subaequantibus jamdudum muticis, externa 5-nervia, obtusa , interna ad margines exquisite 1-nervia, ad caryop- sidem includendam involuta. L. perenne /S strictum. Sangf. p. 72 -L. perenne /S Beri. FI. It. t. ì. p. 757. In aridis ad margines agrorum. Solfatara di Tivoli. Perenn. Fior. Majo decendente. Spiculae intense virides. Obs. Cum. recentioribus in speciem recipimus licet p. 72 prò viatate re- censita. L. TE MULENTUM /3 robustuM. Gluma corollina externa mutica vel brevis- sime aristata. L. temulentum Bert. t- ì p. 761 - Inter sata. Presso acqua bullicante. SESLERIA. 2014. TENUiFOLiA. Schrad. FI. Germ. t. 1. p. 272. Radice stolonifera, stolonibus caespitosis : caule erecto tereti glabro superius lungo tractu nudo, inferius dense folioso, vaginis laxis superimpositis externis tandem stuppeis: foliis linearibus convolutis laevibus obtusis saepius breviter acutis quandoque obtusisr ligula scariosa brevissima. Racemo spicaeformi composito saepe brevi, spiculis ut plurimum trifloris: perigonii glumae calycinae valvis aequalibus ovato-lancèo- latis flosculos aequantibus, nervo cannali in aristam brevem producto: glumae corollinae valva externa 5-nervia, nervis in aristis productis, media longiore, valva interna 2-dentata: stigmatibus exertis pilosis: caryopside valva corollina interna obvoluta. S. coerulea /3 tennifolia. p.74. In apenninis Umbriae. Vettore, Perenn. Fior. Julio. Spiculae viridi-coeruleae. — 223 ~ 2015. ARGENTEA. Sttv. Bot. Eli', t. l. p. 68. Radice stolonifera, stolonibus ro- bustis fìbrillosis : culmo erecto basi dense folioso superius longo tractu nudo: foliis linearibus elongatis planis apice mucronatis margine scabris: ligula trian- golari adnata. Racemo spicaeformi composito elongato spiculis 2-3-floris: pe- rigonii glumae calycinae valvis aequalibus lanceolatis acuminatis nervo cari- nali in aristam producto: glumae corollinae valva externa 5-nervi, nervis in aristis inaequalibus productis, media longiore, valva interna breviter 2-den- tata: stigmatibus exertis pilosis: caryopside valva corollina interna involuta. S. coerulea x cylindrica p. 74. In Latii montibus. Monte Lucretile. Perenn. Fior. Julio. Spiculae straminéae. AYENA. 2016. BARBATA- Bvot. FI. Lus. t. 1. p. 108. Radice fibrosa fibris tenuibus: culmo erecto striato: foliis planis lineari-acuminatis vix scabris : vaginis strictis inferioribus pubescentibus: ligula troncata. Panicula erecta unilaterali ramis exilibus inferioribus semiverticillatis: spiculis ut plurimum 4-floris : perigoni! glumae calycinae valvis subaequalibus 7-9-nerviis, corollinis sublongioribus : glumae corollinae valvis inaequalibus, externa apice biloba, lobis arista molli erecta terminatis, inferius piloso-sericea medio aristata , arista rigida genicu- lato-contorta flore subduplo longiore, interna acuta glabra cibata: flosculis in- ferioribus fertilibus, tertio herrnaphrodito sterili, quarto, neutro. A. fatua /3 haterantha p. 79. In agris sterilibus et ad muros. Civitavecchia. Ann- FI- Julio. Spiculae albo-viridulae. POA. 2017. FESTUcEFORMis. Host. Gvam. Ausi. t. 3. p. 12. tab. 17. Radice fibrosa: culmis caespitosis erectis rigidis : foliis linearibus acuminatis patulis convolutis, vaginisque laxiusculis nervosis: ligula lanceolato-lacera. Panicula ac- quali sublaxa apice quandoque subnutante simplici compositave,ramis scabris lae- viter flexuosis inferioribus basi denudatis: spiculis erectis lanceolatis distinctis 5-IO-floris floribus approximatis: perigoni! glumae corollinae valvis inaequa- libus lanceolatis margine apiceque late scariosis, glumae corollinae valvis ob- scure nervosis externa obtusa et fere troncata , interna minore apice su- blacera. In arenosis prope mare. Ostia^ Fiumicino etc. Perenn. Fior. Junio. Spiculae albo et violaceo variegatae. 30 224 P. alpina y brevifolia. Foliis radicalibus angustioribus brevioribus supe- rioribus brevissimis. P. alpina brevifolia. Gaud. Agr. Helv. t. l. p. 190. In pascuis montanis Patii. Quadagnolo. P. pratensis § anguslifolia. Foliis omnibus angustissimis convolutis. P. pratensis /3 Seb. et Maur. FI. Rom. Prod. p. 49. In pratis ut serquilinis haud frequens. CYNOSURUS. 2018. AUREus. L- Sp. PI. p. 107. Radice tenui fibrosa saepe pilosa : culmo solitario vel caespitoso ascendente vel erecto quandoque infracto: fo- liis lanceolato-linearibus acuminatis carinatis margine et carina, in vaginam laxam decorrente, scabris. Racemo oblongo composito floribus secundis hirsu- tis, rachide glabra subflexuosa: racemulis nutantibus bis bifidis, ramulis tribus externis sterilibus, quarto interno fertili: florum sterilium glumis imbricatis, in- ferioribus oppositis lineari-acutis, superioribus alternis obovatis apice denticu- latis dorso scabris ; ramulo fertili bifloro flosculo inferiori fertili superiore abbortivo: perigonii utriusque floris valvis calycinis subaequalibus angustissime linearibus muticis carinato-scabris: glumae corollinae valva externa ovato-lan- ceolata breviter bidenticulata intrer denticulos aristata, arista valva triplo lon- giore, valva interna mutica brevissima bifida. C. aureus. Bert. FI. It. t. 1- p. 590 - Gramen sciurum seu alopecurum rninus heteromalla panicula. In aridis, muris, tectis- Civitavecchia etc. Ann- Fior. Aprili-Majo. Spiculae viridi-luteolae, maturitate flavo-auratae. Tetrandria-Monogynia. SGABIOSA. AVENSis pinnatifida. Foliis omnibus pinnatifidis. In Patii montibus. Monte Lucretile. GAPIUM. 2019. ELATUM. Thuill. FI. Par. p. 76. Glabrum. Caule debli tetrogono di- varicata, ramoso geniculis tumidis; foliis verticillatis suboctonis ovatis vel oblon- go-lanceolatis mucronulatis margine scabris: floribus in paniculis patentissimis trichotomis terminalibus lateralibusque: laciniis corollinis ovati-acutatis brevi- ter aristatis: achenio ovato-didymo. In umbrosis et sylvaticis ad sepes. Alla Casetta della Macchia Maltei. Perenn. Fior. Junio-Julio. Flores sordide albi. PLANTAGO. 2020. SERRARIÀ. L. Sp. PI. p. 166. Foliis lanceolatis in petiolum at- tenuatis 5-nerviis pectinato-serratis, serraturis acutis angustis: scapis tereti- bus pubescenlibus folia ut plurimum superantibus: spicis cylindricis continuis erectis; bracteis ovatis planis margine membranaeeis, calyce brevioribus ; fo- liolis calycinis ovato-oblongis: laciniis corollinis minutis ovato-acuminatis: ca- psula oblonga 2-spermia, calycem subaequante. P. serraria. Beri. FI. It. t. 2. p. 172 -P. apula lacinata bulbosa Co- liimn. Ecphr. p. 258, et P. pilosa lacinata apula p. 259 fig. - P. bulbosa mon- tana lacinata apula Bocc. Becherch. et Observ. p. 207 - P. angustifolia ser- rata hispanica. Barrei . Jc. 749. In montibus argillosis prope Fermo. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores albo-virides. 2021. suBULATA L. Sp. PI. p. 166. Foliis radicalibus confertis triquetris striatis basi dense pubescentibus marginibus breviter rigiduleque ciliatis; sca- po tereti pubescente folia plus duplo superante-’ spica cilindrica longiuscula minute pubescente; bracteis ovalibus apice acuminato florem superantibus : foliolis calycinis lanceolatis; laciniis corollinis lenceolatis acutis; capsula oblonga disperma calycem aequante. P. subulata. Bert. FI. It. t. 2. p. 172. In apenninis Umbriae. Vettore, al monte Capo d' acqua etc. Perenn. Fior. Julio- Flores spurco-albidi. Tetrandria-digyma. 486. MORUS. L. Flores monoici quandoque dioici in amentis ovoideis bre- viter pedunculatis. FI. mas. perigonium quadripartitum, parlibus ovatis con- cavis alternis, externis quidquarn majoribus ; stamina apposita filamentis su- bulatis, antheris bilocularibus introrsis. FI. faem. perigonium maris persistens- ovarium sessile : stigmata duo filiformia elongata interne villosa ; pericarpium (Sorosus) e nuculis membranaeeis monospermiis perigonio incrassato obtectis et insimul conferruminatis. 2022. MIGRA L. Sp. PI. p. 1398. Trunci corticc crasso senio rugoso; gem- mis sparsis; foliis cordato-ovatis palmatisque inaequaliter dentatis scabris, pe- ricarpio maturite nigro. — 226 — M. nigra Bert. FI. It. t. 10. p. ìli. In incultis et sepibus agri romani Umbriae et Piceni. Arbusc. Fior. Majo. Perigonia albo-^virentia. Obs. Arbor ab antiquitus nota, et apud nos ab irnmemoratu calta. Araenta foemina primo albo-viridia rubescunt, et tandem nigrescunt. Usus. In medicina Kob, et syrupus baccae Mori, uti refrigerantes, jam in- voluerunt; nane dessueti. In mensis Romanorum fructus afferebantur nane cibus pauperum, vel fermentationis ope in liqaorem alkoolicum conversi. Pentandria-Monogyisia. PRIMULA. 2023. ELATiOR. u Wild.Sp. PI. t. l. p. 801. Pubescens. Foliis oblongo- obovatìs ovatisve in petiolum alatum sinuato-dentatum decurentibus : scapis umbellatis paucifloris foliis longioribus : calyce tuboloso pentagono, dentibus lanceolatis acuminatis- corollae tubo fauce subaequali, limbo plano. P. elatior. Bert. FI. It. t. ì. p. 372. In apennino Umbriae. Monte de Fiori. Perenn. Fior. Aprili-Majo. Floris pallide sulphurei fauce saturatiore. Vulgo Primavera. 487. Menianthes Linn. Caìyx mosepalus liberus 5-partitus , partibus ovatis erecto-patulis ; corolla infundibuliformis tubo crasso , limbo 5-partito, partibus lanceolatis acutis margine integris, facie superiore barbatis: staminum lìlamenta tubum superantia- antherae subulatae: capsula globosa 1-locularis 2-val- vis Genti ANEAE Juss. 2024. TRiFoLiATA. L. Sp. PI. p. 308. Caule ramoso, ramis horizonta- libus erectisve; foliis ternatis longe petiolatis, foliolis grandibus, late obovatis, margine integro saepe undulatis. M. trifoliata. Bert. FI. It. t. 2. p. 410. Ad lacus et canales in montanis. Fra Sermoneta, e Bassiano- Perenn. Fior. Aprili-Majo. Flores albi vel albo rosei elegantissimi. Vulgo et in ofificinis. Trifolio fibrino. Usus. Trifola aquatici herba etiam in veteri medicina nota uti corrobo- rons et antiperiodica: in pretio haduc est praesertim apud villicos. ERYTHR.AEA. 2025. GRANDIFLORA. Bivon. manip. 4. p. 17> Caule erecto subangulato 227 — parce ramoso, ramis alternis elongatis: foliis oblongis obtusis exquisite 3-ner- viis, radicalibus rosulatis, caulinis oppositis adpressis-" floribus corymboso-fasci- culatis, fasciculis basi bracteolatis: laciniis calycinis tubo corollino brevioribus: diametro limbi corollini, longitudinem, tubi multo superante. E. Centaurium /3 grandiflora p. 181. In pratis montanis Umbriae. Valle Canetra. Ann. Fior. Julio. Flores amoene rosei grandes. 2026. PULCHELLA. Smith. Engl. FI. t. 1. p. 322. Caule erecto simplici ramoso ve, ramis dichotome corymbosis: foliis oblongis obtusis, radicalibus ro- sulatis, caulinis oppositis : floribus laxe coryrnbosis pedicellis inaequalibus ebracteatis : laciniis calycinis corellae tubum subaequantibus, diametro limbi corollini, longitudine tubi minore. E. Centaurium y pulchella p. 181 - Chironia pulchella. Seb. et Maur. FI. Rom. Proci, p. 89. n. 275. In pratis et pascuis non rara. Ann. Fior. Junio-Julio. Flores rosei. Qbs. A rhizotomis in oflicinis cum F. Centaurio indiscriminatim addu- citur, cui in medica amaritie prorsus similis. . SOLAMUM. NiGRUM moscatum. Caule perennante : foliis integris vel basi leviler dentatis. In incultis umbrosis non rarum. Villa Corsini. Obs. Monscum intense redolet. CAMPANULA. 2027. MicRANTiiA. Bert. FI. It. t. 7. p. 623. Glabra. Caule simplici erecto toto crebre folioso: foliis strictis linearibus acuminatis dentatis, denti- bus remotis callosis panicula terminali ramosissima contracta : tubo calycis brevissimo, laciniis linearibus subulatis, corolla turbinato-campanulata subtri- plo brevioribus: stylo elongato exerto scabro. Ad ripas fluminis Famhor in Piceno prope Monte Fortino. Perenn> FI. Junio. Flores coerulei. 2028. Medium. L. Sp. PI. p. 336. Hirsuto-scabra. Caule subangulato erecto simplici ramosove: foliis inferioribus ovato-spathulatis in petiolum pro- ductis, caeteris lanceolatis semiamplexicaulibus, omnibus crenatis: floribus so- litariis in apice caulis rainorumque: laciniis calycinis ovato-lanceolatis auriculis deflexis majusculis: corolla grandi campanulato-elongata : capsula 5-locularis, foraminibus lateralibus inferno hiante. — 228 C. Medium. Bert. FI. It. t. 2. p. 301. In apricis mare versus. Fra Porto e Fiumicino. Perenn. Fior. Majo-Junio. Flores coeruleo-purpurei quandoque albi. Vulgo Medio VIOLA. 2029. cENisiÀ. L. Sp. PI. p. 1325. Hirsuta. Radice fibrosa ramis exi- libus: caule filiformi decombente superius erecto: foliis integerrimis in petio- lurn productis, radicalibus subrotundis, caeteris oblongis, supremis approxima- tis: stipulis lanceolato-linearibus subintegris: floribus solitariis axillaribus lon- giuscule pedunculatis: petalis ovatis, majore obovato-cuneato calcarato, calcare petalis subaequale: capsula ovoidea obtuse trigona. V. cenisia . Bert. FI. It. t. 2. p. 710. In apennino Piceni. Vettore. Perenn. Fior. Julio-Augusto. Flores coeruleo- violacei. 2030. HiRTo-ALBA. Greu. et God. FI. de Frane, t. 1. p. 176. Hirtula. Radice late ramosa stolonibus arhizis : foliis crenatis primordialibus renifor- mi-cordatis, coeteris eordato-ovatis, sinu brevi : stipulis lanceolato-acuminatis glanduloso-ciliatis : scapis elongatis unifloris : sepalis ovali-oblongis apice ro- tuudatis: petalis oblongis lateralibus dense barbatis : capsulis tomentosis. In nemorosis et umbrosis. Villa Panfili, Orto romano sponte etc. Perenn. Fior. Februario-Martio. Flores albi calcare violaceo inodori majo- res quam in V. hirta. 2031. LUTEA- Smith. Engl. Fior. t. 1. p. 306. Glabra. Radice fibrosa exili : caulibus caespitosis longiusculis : foliis ovatis oblongisve crenatis : sti- pulis palmato-lobatis, laciniìs linearibus integerrimis : floribus axillaribus longe pedunculatis : sepalis oblongis obtusis : calcare obtuso petalis breviore : ca- psulis obtusis subtrigonis. V. lutea. Bert. FI. It, t. 2. p. 714. In alpestribus apenninorum Umbriae. Monte Vettore, Monte Corno etc. Perenn. Fior. Tulio. Flores luteo-lilacini. THESIUM. 2032. HUMiFusuM. DC. FI. Fran. t. 3. p. 366. Caulibus exilibus caespi- tosìs/ prostratis ad medium ramosis, ramis divaricatis : foliis lineari-lanceola- tis trinerviis : floribus spicato-racemosis, pedunculis divaricatis margine scabris, pedicellis unifloris 3-bracteolatis , bracteis lateralibus florem aequantibus, in- — 229 — termedia superante : perigonium campanulato-quinquefium : drupa ovoidea costata. In monti uin elatiorum sylvis. Pizzo di Sivo. Perenn. Fior. Julio- Augusto. Flores luteo- virides. Pentandria-digynia. GENZIANA. VER.VA 7 elongata. Caule elongato subnudo unifloro, calyce oblongo aequali. In Umbriae montibus. Monte Fidare. 488. CRESSA. L. Bracteae binae lanceolatae oppositae sub flore. Calyx monoseplus 5-partitus persistens : corolla infundibuliformis limbo 5-parti- to laciniis planis : stamina longe exerta , filameutis fìliformibus, antheris bi- locularibus : stili fìliformes longitudine staminum : capsula 2-valvis 1-2- lo- cularis, loculis 1-olygospermis. Convolvulaceae Vent. 2033. cRETicA. L. Sp. PI. p. 325. Pubescenti-cinerea. Caule erecto vel prostrato valde ramoso, ramis alternis diffusis : foliis sessilibus alternis ova- tis lanceolatisve acutis basi rotundatis : floribus terminalibus capitatis : co- rollae laciniis ovato-lanceolatis acutis extus villosis : capsula ovoidea mono- sperma. C. eretica. Beri. FI. It. t. 3. p. 61 - Chamaepitis tertia Math. Bocc. Becherc. et observ. nat. p. 190. Licet copiosa circa Salinas Ostienses pirmus legit, et benevole communi- cavit Reverendus Jndes ex institutoChristianarum Scholarum, subantistes Ro- mae in scholis gallicis apud palatium vulgo. Polij, fervidus historiae natura- lis cultor. Ann. Fior. Augusto. Flores lutei. APIUM. 2034. Petrose UNUM. L. Sp. PI. p. 379. Laete virens. Caule striato farcto, ramis ultimis vertici llatis : foliis bipinnatifidis inferiorum segmentis cu- neato-ovatis inciso dentatis, superiorum linearibus: involucellis polyphyllis fo- liolis fìliformibus brevissimis. A. Petroselium. Bert. FI. It.t. 3. p. 257 - Petroselinum seu Apium hor- tense vulgare. Coliimn. Eeph. 1. p. 113. Ab hortis aufugum bue illue erraticum. Alla Valle delV Inferno. Perenn. Fior. Junio. Flores albo-viriduli. Vulgo. Prezemolo, et communius Erbetta. Usus. Radix inter divretica enumeratur et prae aliis in syrupo de quin- que radicibus, et in quinque radices operientes ingreditur. Herba aromatica in culinis notissima. Semina loco Staphisagriae ad necandos pediculos usurpata. TRINIA. vuLGARis 7 Dalechampii DC. Foliorum segmentis linearihus abbreviatis, caule digitali, umbollis numerosis. In apenninorum rupibus. Vettore a Pietra Camela. RUPLEURUM. ARisTATUM /3 robiistum. Robustior et major omnibus in partibus : caule basi ramoso, ramis dichotomis erectiusculis. In maritimis. Ostia. 2035. TENuissiMUM. L. Sp. P/. p. 343. Glabrum subglancum. Caule ere- cto striato ramoso, ramis alternis divaricatis ; foliis lineari-angustissimis tri- nerviis: umbellis axillaribus terminalibusque 2-3-radiatis, simplicipusve: involu- cris setaceis 2-3-phyllis, foliolis inaequalibus umbella ut plurimum breviori- bus : involucellis subconformibus umbellula longioribus : cremocarpiis subglo- bosis acute costatis granulato-scabris . B. tenuissimum. Bert. FI. It. t. 3. p. 140 - Bupleurum tertium mi- nimum Column. Ecphr. 1. p. 85, et. ’B. minimum p. 247. jig.-B. 3 mi- nimum Fab. Column. Parrei. le 1248. In arvis maritimis. Civitavecchia. Ann- FI. Augusto-Septembri. Flores lutei. 2036. GLAUCUM. DC. Prod. t. 4. p. 127. Intense glaucum. Caule diffuso divaricate ramoso: foliis inferioribus lanceolatis basi angustatis , superioribus lineari-acuminatis: involucris pentaphyllis lanceolato-mucronatis margine et carina denticulatis: umbella subquinqueradiata brevioribus : involucellis con- forrnibus umbellula longioribus: cremocarpiis subdydimis tuberculato-scabris. B. glancum. Bert. FI. It. i. 2. p. 148. In maritimis Piceni. Lungo il litorale d’ Ascoli. Ann. Fior. Junio. Flores lutei. PASTINACA. 2037. DIVARICATA DC- t. 4. p. 189. Cinereo-pubescens. Caule 3-4-pedali tereti vix striato, ramis superioribus alternis divaricatis: foliis pinnatifidis se- gmentis ovatis lato margine dentato-serratis : umbellis pauciradiatis , radiis. inaequalibus divaricatis: facie commissurali 4-vittata vittis fere completis. In sylvis et locis liurnidis. Macchia d' Albano , Lago di Castello etc. Perenn. Fior. Majo-Junio. fiores albo-luteoli. HERACLEUM. 20d8- FLAVESCENS. WUld, Sp. t.\. p. 1 4-21 . Piloso-scabì'um Caule sub- orgiali sulcato fistuloso, ramis alternis : foliis inferioribus quinato-pinnatifidis, superioribus ternatifidis, segmentis oblongis acuminatis crebreque serratis- cre- mocarpiorum vittis irregulariter inaequalibus. H- flavescens. Beri. FI. Il.t. 3. p. 428 - Panax Heracleum albo fi. altius incisis acutioribusqiie foliis. Barrel. le. 707. In montanis umbrosis. Bocca Priora in Patio, Vettore in Umbria, Monte la Rosa in Piceno. Perenn. Fior. Julio- Augusto- Flores, albi JOULIS. HELVETicA /3 divaricata. DC. Caule subspithameo e basi divaricate ramo- so, ramis pedunculisque abreviatis- In arvis et ad vias, at satis rara. 489. CoRisTospERMiM. Bcrt. Umbella plana multiradiata , radiis ae- qualibus elongatis; umbellulae multiflorae in umbella terminali fertiles in axil- laribus intus steriles : involucrum universale foliolis integris lacinatisque, um- bella brevius,quam saepissime nullum: involucella polyphylla foliolis lìneari-acu- minatis, umbella brevioribus : calycis limbus obsoletus : potala ovata aequalia quandoque bifida ìnflexa : staminum filamenta petalis longiora; styli eredi in fructo acereti recurvati : cremocarpium ovato-oblongum : dorso convexum in latus subcompressum: carpborum filiforme maturitate liberum bipartitum: me- ricarpia dorso convexula 5-jugata, jugis aequalibus alaeformibus, duobus margi- nalibus tribus dorsalibus : vittis dorsalibus commissuralibusque nullis. 2039. cuNEiFOLiuM. Bcrt. FI. It. t. 3. p. 467. Caule erecto vel ascen- dente striato, ramis brevioribus alternis : foliis 3-pinnatiscetis pinnulis lan- ceolatis subspathulatis integris supremis 3-fidis. In Piceni alpestribus. Monte Cuceo dietro il Romitorio. DATJCUS. 3040. uuRicATUs. Guss. PI. rar. p. 126. Strigoso-hispidus. Caule erecto ramoso, ramis patulis : foliis subtripinnatilìdis, pinnis cuneiformibus, pinnulis brevibus minutis acuminatis : involucris pinnatifldis umbella multo breviori- bus, involucellis simplicibus umbellularn aequantibus, omnibus setaceis quan- 31 doque trifìdis: mericarpiorum aculeis elongalis, basique dilatata, connatis, apice glochidiatis. D. muricatus. Bert- FI. It. t. 3. p. 173. Iq pascuis apricis ad marginem agrorum. Frascati. Ann. Fior. Junio-Julio. Flores albi. CAUGALIS. 2041. pLÀTicARPOs. L. Sp. pi. p. 347. Glabra vel pilosiuscula. Gaule decombente, ramis divaricatis dichotomis : foliis bipinnatifldis, pinnis lanceola- tis, pinnulis inciso-dentatis approximatis : involucro universali subtriphyllo , foliolis lanceolatis albo-marginatis : involucellis conformibus: umbellulis gran- diusculis radiantibus : mericarpiorum aculeis coloratis basi parum dilatatis , apice hamatis. G. platycarpos. Seb. et Maur. FI, Rom. Prod. p. 112. n. 340 - JBert. FL It. t. 3- p. 181 - Echinophora altera asperior nyocJv^xpnog. Column. Ecphr. 1. p. 95. f. p. 94. In montium messibus aeque ac in maritimis. A Roviano , a Terra- cina etc. Ann. Fior. Junio- Flores albi extus purpurascentes. LINUM. 2042. NURBONENSE. L. Sp. PI. p. 398. Glauco-virens. Gaule erecto vel ascendente inferius ramoso, ramis corymbosis: foliis sparsis lanceolato-linea- ribus trinerviis scabris: floribus in racemulis terminalibus: petalis obovato-cu- neatis: sepalis lanceolatis acuminato-subulatis nervosis margine albo-membrana- ceis, capsulam ovatam acuminato-rostratam, subduplo superantibus. L. narbonense. Bert. FI. It. t. 3. p. 342 - L. sylv. latis acutis foliis fio. ampio. Barr. le. 1007. In pratis alpinis secus. Vallepietra. Perenn. FI. Majo. FI. intense coerulei ampli speciosi. Hexandria-monaggina NARGISSUS. 2043. PATULus. Loisl. not. p. 52. Spatha 2-6flora: perigonio hypocra- teriformi ; laciniis perigonialibus elliptico-ovatis mucronatis, tribus exteriori- bus latioribus , nectario scutellato sexfido duplo triploqoe longioribus : ne- — 233 Formule per determinare la temperatura di un ambiente, senza osservarla. Nota del prof. P. Volpi celli. §. 1- Ija temperatura t di un corpo in un ambiente, cangerà sempre, sino ad egua- gliare quella incognita e costante x dell’ambiente stesso. Adottando la nota ipo- tesi newtoniana (a), riterremo che gli eccessi, o differenze di temperatura z — x, decrescano in progressione geometrica, quando il tempo t, corrispondente alle differenze medesime, cresca in progressione aritmetica; perciò dovremo avere (1) T — x~cb~‘. In questa formula dev’essere la costante ò > 1 , e l’altra c positiva o nega- tiva , secondo che l’ambiente avrà temperatura maggiore o minore di quella del corpo. Le costanti medesime si debbono determinare dalla (1), per mezzo di tre corrispondenti valori delle due variabili t, t. La (1) rappresenta in modo complessivo , cioè discontinuo , la ipotetica legge sul variare della differenza indicata ; ma possiamo esprimere la stessa legge, in modo elementare o continuo, lo che riesce più vantaggioso. In fatti differenziando la (1) avremo (2) dz — — log.àdt , che mediante la stessa (I) diverrà (3) dr = — (t — a;) log.ù dt . Da questa equazione concludiamo, che la quantità dz, di cui nel tempo dt ha variato la temperatura z del corpo, è proporzionale alla differenza t — x di tem- peratura, fra quella del corpo e l’altra dell’ambiente in un medesimo istante. Dicasi altrettanto rispetto alle corrispondenti quantità di calorico , sapendosi che le temperature sono proporzionali ad esse. Nella (3) consiste la legge , detta di sopra elementare , circa il cangia- mento di temperatura di un corpo, collocato in un ambiente di temperatura diversa. La legge stessa può dirsi generalmente adottata, quando le differenze,, (a) Philos. trans. 1701 , num. 270, — Princ. LUI , prop» Vili , coroL 4. — Opusc. t. II, p. 423. — 234 — od eccessi t — a: di temperatura, non sieno molto grandi (a); negli altri casi essa non si verifica; e ciò fu riconosciuto per la prima volta da Martin (6). Inoltre la medesima legge suppone tacitamente, che il corpo sia di egual temperatura t in ogni punto della sua massa; però tale uguaglianza non si verificherà esatta- mente mai: giacché, durante il calorifico movimento, l’ interno del corpo avrà sempre temperatura differente, da quella che ha la esterna superficie di esso. Per tanto si vede, che la ipotesi newtoniana, da cui siamo partiti, sarà tanto meno inesatta, quanto più sarà piccolo il corpo, quanto più mobili saranno le sue molecole, quanto più sarà grande la sua facoltà conduttrice. Quindi possiamo ammettere che un termometro a mercurio, convenientemente costrutto, pos- segga in grado sufficiente le ora indicate condizioni. §. 2. Sieno » ^3 » tr® tempi, comunque fra loro distanti, e corrispondenti rispettivamente alle tre cognite temperature Tj , , osservate con un op- portuno termometro; dalle (1) avremo le ~‘i “‘2 ”^3 (4) Tj — x — cb * Tg — x = ch ’ X = cb Per trovare da queste la temperatura costante x deU’ambiente, dividiamo la prima delle (4) per la seconda, e questa per la terza; quindi avremo le Innalzando la prima delle (5) alla potenza e la seconda alla avremo le — X donde (6) {a) PoissoD, Tbéorie mathématique de la chaleur. Paris 1835, p. 71. (é) Dissertation sur la chaleur. Paris 1761, p. 69. — 235 — Questa equazione non contiene altra incognita fuorché la x-, ma la sua solu- zione non può in generale ottenersi, per essere 1’ equazione stessa di grado superiore. Pongasi «3 — m essendo m, n interi, e primi fra loro; avremo dalla (6) la (^1 — 3C) " m {r, — x)~ ovvero (7) (T, — xY (^3 — = (^2 — la quale, come facilmente vedesi, è del grado m-\-n — 1 ; poiché la massima potenza si trova egualmente in ambo i membri di essa. Affinché poi sia soddisfacente il valore della cercata temperatura £c, otte- nuto dal risolvere la (7), non solo fa d’uopo che il medesimo sia reale; ma di più bisogna, che posto in due qualunque delle (4), ne nasca per b un va- lore positivo, maggiore della unità, onde la progressione geometrica delle dif- ferenze di temperatura, sia decrescente col crescere del tempo t, ed affinché se ne abbia per c uno reale: in tutto come richiede la (I). • Però è chiaro, che se i valori delle temperature , sieno dati dalla osservazione, le (4) forniranno certamente il valore, tanto di b quanto di c, quale dalla (1) stessa é richiesto. In ciò consistono le condizioni, che assicurano ap- partenere le tre temperature date ad un caso naturale ; ma ciò sarà in se- guito più ampiamente sviluppato. 2. Corollario. Pongasi (8) = tg — t.2 , cioè le temperature ^3, sieno prese a tempi equidistanti l’uno dall’al- — 236 — tro; sarà m~n, perciò dalla (7) avremo ("l — (^3 — = (t2 — » donde formula che si ottiene anche risolvendo l’equiquoziente (10) Tj X Tg X r^ — x~~z^ — x che pur esso rappresenta la ipotesi newto niana, precedentemente indicata. Si ottiene anche la formola stessa, mediante l’applicazione della identità, o teorema, riconosciuto dal sig. Dufour nelle progressioni geometriche (a) ; poiché applicando algebricamente il teorema stesso al caso attuale, avremo la che, risoluta rispetto ad x, fornisce la (9), da cui sì dimostra, che per avere la temperatura di un ambiente da tre temperature , osservate nel medesimo in tempi equidistanti, si deve la temperatura di mezzo , diminuire del quoto che nasce dal divìdere il prodotto Questo risultamento analitico, che ora noi dimostrammo in generale, relativo al presente corollario, fu già praticato aritmeticamente dal dotto fìsico di Lo- sanna, il sig. Dufour (&). Avvertiamo che siccome all’errore inevitabile delle osservazioni di un ter- mometro, il quale nel caso nostro continuamente sale o scende, si aggiunge la imperfetta conducibilità, oltre al facile variare della temperatura dell’ambiente ”^1 — ^ — (^2 ~ ~ [^2 — ^ — (^3 — ^)] = T2 — , (^1 — ^2) (^2 -''^3) delle differenze prime, per la differenza seconda (а) Comptes Rendus, t. 59, année 1864, p. 1008,, li. 19. (б) Ibidem, p. 1009, li. 9. — 237 — mentre sì sperimenta; così per avere un accordo fra la teorica e la sperienza, deve questa eseguirsi colla più scrupolosa esattezza; quindi la (9), solo quando si adoperi ogni cautela nello sperimentare, fornirà un altro mezzo per la veri- ficazione della indicata legge newtoniana , che dall’ esempio del sig. Dufour ebbe già soddisfacente conferma (a); però meno facile riescirebbe la verifica- zione stessa, quando volesse adoperarsi la formula generale (7). §. 3. Passiamo a ricercare quali sieno le condizioni limitanti, che debbono aver luogo fra le tempeture , affinchè corrispondano esse realmente ad un caso naturale. A questo fine dalla prima delle (3), combinata colla (10), nell’attuale ipotesi (8), avremo e sostituendo in questa il valore della x, trovato colla (9), sarà Qualunque di questi due secondi membri si sviluppi , dovremo raggiungere sempre lo stesso risultamento; per tanto sviluppando il primo di essi, avremo 2TjT2— T,*— 2 ’-2(’’2— ^d)— ih—h) (a) Luogo citato. quindi sarà (il) — 238 ■— Ma sappiamo: T dover essere h intrinsecamente positivo; perciò la (11) esige T2 intermedia fra e tg. Sappiamo altresì: 2" dover essere 6 > 1 ; perciò dovremo anche avere > (t3-r2)^ Dunque la cognizione del vero valore della allora si avrà dalla (9), quando sieno verificate le ora espresse due condizioni. Se ciò non avvenga, dovremo concludere che le tre date temperature , Tj, sebbene fra loro equidistanti, non appartengono ad un caso naturale. Continuando nella ipotesi (8) , potremo conoscere anche il valore di c; poiché risolvendo una qualunque della (4), per es. la prima, rispetto alla stes- sa c, avremo (1 2) c = (Tj —x)h" ; e sostituendo in questa i valori delle x, b, trovati mediante le (9), (11), si otterrà (13) Suppongasi che all’ origine del tempo, cioè quando = 0, siasi osservata la prima temperatura, otterremo dalla precedente la che riducesi alla (14) c . — T, — i-s 11 valore numerico di Tj *— , deve superare sempre quello di ; ciò risulta 0 dalla precedente disuguaglianza, 0 dall’appartenere i termini Tj X f — a: , Tg Xf — 239 — ad una decrescente progressione geometrica, e dall’essere fra loro equidistanti. Dunque se il corpo sarà più caldo deH’ambiente, le differenze saranno ambedue positive , quindi anche c sarà positivo. Se poi 1’ ambiente avrà temperatura maggiore del corpo, le differenze medesime saranno ambe- due negative; inoltre per la (!2) lo sarà eziandio la costante c, conforme a quanto fu asserito nel principio del § 1 . Sostituendo nella (1) i trovati valori delle costanti à, c, mediante le (11), (12), avremo 7-* = (r,-a:) ; e ponendo in questa il valore della a:, ottenuto dalla (9), sarà (13) T — -IZJZJì-Is ('^2 '^l)^ Z'^2 ^ ^•2"~^1 ^3 ^^2 *^3 '^3 ^2 dalla quale, per ogni tempo t, si conoscerà la corrispondente temperatura t del corpo, e viceversa. Volendo verificare la (13), facciasi primieramente in essa t = dovrà ottenersi t = ; ed in fatti avremo — ^3 — (^2 — 71)^ ^■^2 '^1 '^3 In secondo luogo pongasi nell’equazione stessa t = dovrà essere z z= r^; ed in fatti, poiché abbiamo perciò sarà y *^2^ '^3 (*^2 ’^l) (^3 '^2) ^~^2^ *^2 “^2 '^3 y 2t2— Tj — Tj — Tj 2- In terzo luogo facciasi t = fj , dovremo avere t = ; ed in fatti poiché ri- 32 teniamo la ipotesi (8), cioè t^ = t^ — «2 ) perciò sarà 2 quindi ^1 ^3 — ^^2^3 — *^2^ T 2t2 — Ti — Tj I tre ottenuti risultamenti confermano la esattezza della (15). L’equazione (3) c’ insegna, essere la quantità di calorico perduto da un dato corpo nel tempuscolo d^, proporzionale a log. ò; quindi chiamando que- sto logaritmo il coefficiente della calorifica dispersione, se lo rappresenteremo con k, sarà Nel caso particolare di osservazioni equidistanti, sostituendo in questa equa- zione il valore di b mediante la (11), avremo Le condizioni già stabilite nel paragrafo precedente, per assicurarsi che il trovato valore della temperatura a?, sia naturalmente possibile, si riferiscono al caso particolare, in cui le tre temperature sono prese ad intervalli di tempo equi- distanti. Potevamo giungere a stabilire queste condizioni pel caso medesimo, seguendo una via molto più semplice di quella ivi battuta; cioè considerando soltanto che le differenze fra i termini equidistanti di una progressione geo- metrica decrescente , debbono diminuire successivamente. Abbiamo però se- guito quella strada meno semplice, perchè la medesima insegna come si po- trebbe giungere alle condizioni, che assicurano essere il valore trovato per la ic, proprio della natura, quand’anche le tre temperature i Tg , fossero prese ad intervalli di tempo ineguali ; lo che appartiene al caso generale relativo alla (7), in cui non possiamo valerci della proprietà indicata, delle differenze fra i termini equidistanti di una geometrica progressione. Ed infatti nel caso generale stesso , trovato il valore della x dalla (7) , avremo da una qualunque delle (5) quello di h- Sostituendo poi questi due k = log. b. (16) k 4 — 241 — valori in una qualunque delle (4), avremo la costante c; poiché dalla prima di esse abbiamo c = {z^ — x)b , (17) , ed intendendo che alla prima temperatura corrisponda il tempo — 0, sarà C = Tj^ — X . Quindi conosceremo se tanto b, quanto c soddisfano alle condizioni stabi-' lite , affinchè possa il valore corrispondente alla x , già ottenuto , riguardarsi proprio della natura. Per avere il coefficiente k della dispersione calorifica nel caso generale, in cui gl’ intervalli di tempo non sono equidistanti, dalle (3) avremo (18) Di qui si vede che non possiamo, nel caso generale, dare una formula espli- cita pel coefficiente k. Però, essendo cognito il valore della temperatura x , cioè deir ambiente , allora la formula (18) si dovrà considerare come finale. Laonde nella presente ipotesi vediamo che, per trovare k ossia ò, occorrono due sole osservazioni. Quando la temperatura dcirambiente sia zero, la (18) riducesi alla (19) equazione che si applica pure in elettrostatica. Riflettiamo in fatti che si ri- tiene dai fisici , essere la dispersione della elettricità, proporzionale in ogni tempuscolo alla elettrica accumulazione, ovvero tensione; ipotesi che fu adottata in prima da Coulomb (a), ed ora lo è generalmente (ò). La ipotesi medesima conduce appunto alla formula (19); poiché si avrà dalla (2) la formula elemen- tare di elettrostatica per la dispersione della elettricità , quando si annulli nella (1) il simbolo a:, cangiando il significato del simbolo t da quello di (fl) Histoire de l’ académie royale des Sciences. Année 1785. Paris 1788 , pag. 618 , li. 8 salendo. (6) Riess, La Elettrostatica, voi. 1, p. 108 — Jamin, Cours de phys. Paris 1858, t. 1.”, p. 366, li. 14. ^ 242 — temperatura, nell’ altro di elettrostatica tensione ; integrando poscia questa formula differenziale, giungeremo facilmente alla (19)>. La condizione x — o che ora indicammo, semplifica molto i precedenti criteri e formule; cosi per es. le (4) per questa condizione riduconsi alle (20) Tj = c& , x^ — cb , Ts = cb '' ; ed è chiaro che, in queste formule, c denota la temperatura corrispondente al tempo zero: dividendo la prima delle (20) per la seconda , e questa per la terza, otterremo di nuovo le (19). §. s. Esempio relativo al caso, in cui gl’ intervalli di tempo sono fra loro di- seguali. Supponiamo che gl’ intervalli *2 » ^3 ^2 dei tempi tg , sieno fra loro nel rapporto di I: 2, sarà — = — = 2 ; quindi m = 2 , n = 1 n e perciò la (7) si ridurrà nella — *)“ ÌH — *) = (tj — xY , ovvero nella -+■ — 3t2 T3 -+- 2r^ — 3^2 Se, risolvendo questa equazione, si avranno per x due valori immaginari, sa- remo certi che le temperature osservate , T2 , Tg, non corrispondono ad un caso naturale. Se poi questi valori della x fossero reali, quello di essi che, me- diante una qualunque delle (5), fornirà per b un valore positivo, e maggiore della unità, esso apparterrà certo alla temperatura che vogliamo trovare; altra- mente ninno di questi due valori sarà corrispondente ad un caso della natura. Non è poi possibile che ambo i reali valori della x, forniscano un 6 > 1 ; giac- ché vi si oppongono le fisiche condizioni del problema. — 243 — §• 6. L’errore che si commette nel determinare la temperatura x dell’ambiente, quando tutte, od alcune delle tre temperature , non sono con ogni esattezza osservate , si calcola nella ipotesi (8), prendendo il differenziale della (9), riguardo alle temperature stesse, considerate come variabili indipen- denti. Per tanto avremo (21) quindi , da) , da: , da: , da:=: - — dr, -t- - — dr^ -f- - — dr, , dv, ‘ dT, dr, ^ ^■^1 (^'^2 ”^1 ^3) ^^2 '^1 ”^3^ e poiché il valore della x non cangia col cangiare mutuamente in T3 , così facendo questo cangiamento nella precedente derivata sarà UtX/ / 2 d^"“ I2T2 — — T finalmente otterremo a (^2 ’^i) ('^2 (2r, — T,— ij)* Sostituendo i trovati valori nella (21), si giunge alla (22) dr ~ — 2(^1 — -='2)(^2 — -1- (^4 — (2^2 — Tj — Tj)2 equazione che dà la dipendenza fra gli errori differenziali dr^ , (IT2 , dr^ , delle tre temperature osservate, e quello dx relativo alla temperatura x dell’ambiente. Rigorosamente parlando , la (22) vaierebbe soltanto per errori infinitesimi ; però siccome in pratica gli errori delle osservazioni bene istituite^ sono sem- pre piccolissimi; così possiamo supporre che l’equazione stessa possegga una esattezza sufficiente, anche nei soliti casi delle sperienze. Dobbiamo riconoscere probabile , cbe una per lo meno delle tempera- ture osservate, contenga l’errore di 0,1 di grado termometrico; ma questo ne può produrre un’altro, maggiore di un grado, nella temperatura dell’ambiente. In fatti, applicando la (22) aH’esempio del sig. Dufour (a), abbiamo r,= 17“,l , t, = 13%2, r3 = 10%o; e la (22) stessa diverrà •i* = - 2- 2,7.3,Mr,-h (3,9)\lr J , che riducesi alla Ax = 5,06.dr^ — 14,6.dr2 ld,6.drg. Per tanto supponiamo che sia 0,1 di grado 1’ errore commesso, e che il medesimo affetti soltanto la seconda delle tre osservazioni, sarà dT^ = o, dT3==o , dr^ =0,1, donde Ax = — 14,6.0,1=: — 1,46; perciò la temperatura dell’ambiente sarebbe affetta dall’errore di un grado e mezzo. Termineremo questa nota, indicando qui oppressole precauzioni da pren- dere, pel soddisfacente accordo fra la teorica e la sperienza. 1. " Fa d’uopo che il bulbo del termometro sia piccolo, affinchè il mer- curio possegga il più possibile una stessa temperatura in tutta la sua massa. 2. ° I gradi termometrici debbono essere divisi in ventesimi, ossia in mezzi decimi; affinchè la temperatura del termometro, continuamente variabile du- rante la sperienza, possa leggersi colla maggior esattezza, in ogni fine di tempo annunziato con un orologio a secondi. 3. ° Gioverà leggere i gradi termometrici ad intervalli di tempo assai bre- vi, come p. e. di 5 in 5 secondi, e cessare dalla sperienza, quando in questo intervallo sia poco sensibile il decremento di temperatura nel termometro. Si otterranno per siffatta guisa molte indicazioni termometriche, le quali, com- binate tre a tre, prendendo però sempre le più fra loro lontane in ogni terna, forniranno altrettanti valori della cercata temperatura, pochissimo differenti l’uno dall’altro per gli errori inevitabili di osservazione. Assegnando il medio di que- sti valori, od applicando ai medesimi la teorica dei minimi quadrati, avremo (a) Comptes Rendus, t. 89, année 1864, p. 1009. 245 — con maggior esattezza, mediante la (9), la temperatura cercata; e potremo an- che detetminare l’errore probabile deH’ottenuto risultamento. 4. ° In ogni modo sempre dovremo valerci di quelle temperature, che nel registro di esse distano l’una dall’altra non meno di 1 ', affinchè il denomina- tore della (9) non riesca tenue troppo. 5. ° La temperatura del termometro si dovrà leggere a distanza suffi- ciente da esso, mediante un cannoccbialetlo, affinchè i raggi caloriferi dell’os- servatore, non alterino affatto l’andamento naturale del termometro. 6. ° Deve impedirsi con ogni cautela, che mentre dura la sperienza non cangi punto la temperatura deH’amhiente, che dalla (9) è supposta costante. 7. '* 11 cannocchialetto dovrà essere diretto sempre coll’asse perpendico- lare all’asta del termometro; affinchè non abbiavi nella lettura dei gradi ve- run errore, procedente o da parallasse, o da rifrazione. Inoltre il cannocchiale dovrà seguire l’estremità della colonnetta di mercurio, sempre mantenendo l’asse ottico perpendicolare alla termometrica scala. 8. ” Sarà utile far decorrere un breve tempo , un minuto primo circa , dopo aver collocato il termometro neH’ambiente, innanzi di cominciare l’espe- rimento ; affinchè le dilatazioni del vetro, e del liquido termometrico diven- gano regolari. Spei'ienza. Il termometro posto in un ambiente di temperatura costante, fu osservato dodici volte, ad intervalli di 30" ognuno, e, praticando soltanto alcune delle indicate cautele, si ebbero le temperature seguenti : 22,3; 20,9; 19,8; 18,9; 18,1; 17,4; 1G,8; 16,3; 15,9; 15,5; 15,2; 15 . Prendendo la prima 22,3; la sesta 17,4; e la undecima 15,2 delle temperature stesse, dalla (9) avremo a? = 1 7,4 (22,3 -17,4)(17,4- 15,2) _ 22,3 — 17,4 —(17,4— 15,2) mentre la temperatura deH’ambiente, ottenuta dal termometro stesso, fu tro- vata di 13,2; perciò colla differenza di soli 0,2 di coojmlo dalla calcolata. J — 246 — COMUNICAZIONI Monsignor Nardi presentò due memorie del commendatore sig. Cristoforo Negri di Torino: una sulle leggi forestali, l’altra sul regolamento delle acque, facendone un succinto rapporto, e notandone i pregi, massime la opportunità, e la chiarezza. Lo stesso prelato commendò pure il Negri per altri suoi la- vori scientifici, d’ indole isterica, e letteraria. CORRISPONDENZE Fu comunicato il dispaccio dell’ Emo. e Riho. sig. Cardinale Altieri, del 13 gennaio 1865, N.° 4069, col quale si approva tanto la eseguita elezione dei due nuovi membri del comitato. Monsignor Francesco Nardi, e cav. Vin- cenzo prof. Diorio; quanto la conferma del sig. Comm. N. Cavalieri S. Ber- telo, nella carica di presidente. L’accademia con dolore grande, ricevè la comunicazione della morte di un suo distintissimo socio ordinario, il sig. conte Lavinio de’ Medici Spada. COMITATO SEGRETO Si procedette alla nomina di una commissione, composta di tre soci or- dinari, perchè riferisse in accademia sul consuntivo del 1864, e sul preventivo del 1865. Dallo squittino segreto, fatto per ischede, risultarono eletti a com- porre la commissione stessa, i signori professori, D. Barnaba canonico Tor- tolini, dottore Socrate Cadet, e Carlo Sereni. L’ accademia riunitasi legalmente a un’ ora pomeridiana, si sciolse dopo due ora di seduta. è — 247 — Soci ordinari presenti a questa sessione. A. cav. Coppi. — S. Proja. — E. Rolli. — P. Volpicelli. — S. Cadet. — - E. Fiorini. — Y. Diorio. — P. Sanguinetti. — B. Boncompagni. — G. cav. Ponzi. — B. Tortolini. — M. cav. Azzarelli. — L. Jacobini. — A. Secchi. — L. com. Poletti. — C. Sereni. — A. Cialdi. — 0. Astolfì. Pubblicato nel 20 di aprile del 1865 P. Y. IMPRIMATUR Fr. Hieronymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Petrus De Yillanova Castellacci Archiep. Petrae Yicesgerens. -T' à^ ji^‘ vy ,_^ '* ..- ni> ; ij ■■ ^.\mm0j> ^u^ìi]> >;t»«N\V' .! ‘yA i- f ■■- .lol^iù A — ,J|ifóaitjfóV .‘3 - - >! - '^ '’® yrja mrf ,.T — i -- jdaaò8 .A n(!n(fé'-.l . i i- .iib*i>^\. A ' 'tìo- tì '•'-^aft4t ''>3^^-d v-’J hr> }lri«i'jì (ff ! ->r ola.iUltfu 1 7 /r M'y -k f.. K •rr . '' ^' ■ >> sìì^.. lv'-,Wf'; /lUTAtfSHV .,,, . aiiiM -A .'i, 'A .*!l .biOi ifcfi) afjar/aoi'jifi ' '■ . ' '(i}i'»’/uir?mri'» ':- ' ’ « v- ifUTAMfj!^'iH[.ì bjì.ì . . * ■ ■ '■** •-/ I ■ .4?'. .inif;4 :•, ': ::ìUv-\ -• -■•••< ;' • •>•••%• • ■ ‘ • ■ :Sj> ■ ', \ . r>-' -v: ' 'è ' ’y-S% • ’ ■■ ■':■■.,. ’■ ' ' •; V , -.•ayi'ìv-- •'';•.■■ ./.-•»- aato-) . __ ... •’ • • '(}f. > ,-l^v '•*; ,1 ^ •P.'i-,;' ;, ;/'?' • ' — 'AaiwJaV ,'IrvÌ(iS»tj44M'. mV/ - .OtOi'V*'; s-»-'!U>17ìU') .k.'wt .K r^.itu-foajnl. . J «*-r ‘iU ' . ’v . ' . '• .jU'ì^'jT .:»*fit»' •..:? ': - ■ &■ ii ■ '*' •l>=i(à' jj'' v3^>. .; ..- . ■ , ■: ^-744;.:yk. ■ - irJTAwi’ril#.} "■ ? VT <ì . :■ - ;r/' / . ', il i J Alì ». - A /i\>' • " LÌ^ Jia.: ; 1!'/ t-»;j . ; ■ • ’ ■'*'f''.[JJ['>'’A» ' ' V'^v ■■ ..>-: ^ ■■ . •”' ■ ■ ■ -i 0i> rr< i ' .■ / ,r' /Mii;;, / .Hi,' -,ai)'vì: ■lìHn. -..Mv ;: . ■ , ' ; ■■® ' '' . -:■'■ ìt'.'.y'- • .i» ' '■'« ‘'V . :• :■ , ..#'■. ' fij|E|KW /■ • a»-- ’• "'1' . ' * Wf-'^ •,,v_ ■ , , ;**- ■••.i», ' - . *■ ,==?a ;;k«ì;jg4a^i -4,^.1» -^'ì' , ' r ^ K. <44. ' ^’- ..■, ■*'%k.',-' •v^ - ’fi' ' ÌW ì ..ad' .. f V 4 ' ^J^ - /■ '.,Sp>ì-' liì "r' :4 ' .-'4 ■ "X^ J . ■ V . ' "«•V' ; i ^ • X..-;S tt '■ \ ' 'ÌA 'x ** .■ 4„ ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE Y.' DEL 2 APRILE 1865 PRESIDENZA DEL SIG. COM. N. PROF. CATALIERl SAN BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI J>EX SOCI O&OZNAaX E DEI COB.ILISPOIìfDE£ZTX Ricerche analitiche sul bifilare, tanto magnetometro, quanto elettromettro, sulla curva bifilare, e sulla misura del magnetismo terrestre. Memoria del prof. P. VoLPicELLi. (Continuazione, e fine) QUINTA PARTE (a). Misura della componente orizzontale del magnetismo terrestre. 23. Lo scopo di questa parte quinta, consiste nell’esporre il metodo, quale fu da Gauss per la prima volta introdotto nella scienza, per la misura sopra indi- cata. Credo possa questa esposizione riescire di qualche utilità, non tanto pei nuovi concetti, che in essa pure trovansi, quanto in generale per la chiarezza, e per lo sviluppo che alla medesima , se non erro , sembrami aver procu- rato, in ispecie per la esattezza delle definizioni. Questi vantaggi, se non m’ in- ganno, sono più 0 meno mancanti nelle pubblicazioni da me lette sull’argo- mento proposto. La indicata quinta parte incomincia/ coll’ assegnare il momento rota- torio attorno un asse fisso , proveniente dall’ azione mutua di due sbarre magnetiche, agenti l’una sull’altra^e collo stabilire la legge, secondo la quale il momento stesso diminuisce pel crescere della distanza.^Quindi s’ introdu- cono quelle modificazioni che permette la pratica, e che rendono più semplici queste ricerche^.Nel seguito si adopera la formula trovata, pel così detto me- la) Per le quattro parti precedenti, vedi questi Atti, voi. XVII, p. 321, e voi XYIII, p.l. todo delle deflessioni di Gauss, colla modificazione del sig. LamontiDa ultimo si sviluppa estesamente tanto la formula del tempo di oscillazione, impiegato da una sbarra magnetic^ orizzontale, ad oscillare sotto la sola influenza del magnetismo terrestre^uanto l’altra formula del momento d’ inerzia, relativo a sbarre magnetiche di varie forme. §. 24. Prima di entrare nell’analisi per la determinazione della intensità del ma- gnetismo tellurico , dobbiamo esporre il modo col quale questo agisce sopra una magnetica sbarra. Poiché il globo terrestre manifesta un’ azione magne- tica diversa ne’ suoi diversi punti, perciò dobbiamo ammettere che le singole particelle del globo stesso, posseggano intensità magnetiche non uniformi. Per tanto s’ immagini un ago magnetico, sospeso liberamente pel suo centro di gravità, onde potere in esso prescindere da ogni effetto da tale forza prodotto. Qualunque particella od elemento di questo ago possiede una certa parte di magnetismo, colla quale agisce al di fuori dell’ago stesso, e tale azione si ma- nifesta come quando Velemento medesimo possedesse un solo magnetismo, e non la polarità magnetica. Sarebbe del tutto fuori di luogo entrare qui nella ricerca , se in ogni elemento dell’ago preesista la polarità magnetica; poiché l’azione di questo al di fuori non dipende punto da tale circostanza. Lo stesso dobbiamo dire del magnetismo che risiede nelle particelle od elementi del globo terrestre , ognuna delle quali agisce come possedente un solo magnetismo. Neppure fa d’ uopo che noi qui c’ interessiamo della quistione , se tutta la massa del globo terrestre agisce magneticamente, o soltanto il suo strato super- ficiale ; poiché anche tale azione risulta indipendente dalla quistione ora in- dicata, quando si tratti della determinazione del magnetismo terrestre. In fatti dimostrò Poisson pel primo (1), dopo lui Gauss (2), e Belli (3), che volendo considerare l’azione magnetica complessiva, tanto di un globo, quanto di ogni altro corpo, sopra un punto al di fuori di esso, può sempre immaginarsi una distribuzione soltanto superficiale del magnetismo, che produca il medesimo ef- (1) Mèra, de l’acad. de Paris, année 1821, e 1822. (2) Annales de chimie et de physique 1834, t. 87, p. 16. (3) Meraorie di mat. e di fis. della Società italiana, t. 22, Modena 1849, pag. 203, proposizione 15. — Vedi anche pag. 207, nota (I). — 281 — fetto, come la reale. Ora siccome possiamo solamente osservare l’azione della Terra, sopra un punto al di fuori della medesima; così è chiaro che queste osservazioni non possono decidere la riferita quistione. Rifletteremo inoltre, che la determinazione del magnetismo terrestre, non dipende affatto da veruna ipotesi riguardo la causa del medesimo ; adunque neppure occorre qui entrare nella quistione, se venga esso prodotto da correnti elettriche, o se la terra sia propriamente una magnete. §. 25. Si considerino due elementi, uno appartenente all’ago magnetico, libera- mente girevole attorno il suo centro di gravità come punto fìsso, l’altro ap- partenente alla terra. Quando i magnetismi di questi elementi sono di egual natura, si respingono; e l’ago in virtù di questa ripulsione, tende a collocarsi per modo , che 1’ elemento suo considerato, si trovi sulla retta, guidata dal- l’elemento terrestre al centro di sospensione dell’ago. Similmente accade quando i due considerati elementi, posseggono magnetismi opposti; poiché in tal caso avrà luogo un’ attrazione fra essi ; e 1’ ago avrà la tendenza per collocarsi nella retta che congiunge l’elemento terrestre col centro di sospensione dell’ago stesso. Considerando che ogni elemento magnetico di una sbarra, o di un ago, subisce r azione di qualunque altro elemento magnetico terrestre ; si rileva che tutte queste azioni elementari ne producono una risultante, la quale deter- mina r asse magnetico dell’ ago a fìssarsi nella direzione di questa, che dicesi giustamente direzione del magnetismo terrestre. La direzione medesima viene fìssata da due angoli, quello cioè formato da essa col meridiano astronomico, angolo che dicesi declinazione; l’altro for- mato da così fatta direzione coll’ orizzonte , angolo che si nomina inclina- zione. Chiamasi poi meridiano magnetico quel piano verticale, in cui giace l’asse magnetico dell’ago. Dal fin qui detto può rilevarsi, che il concetto della direzione del magne- tismo tellurico, in astratto parlando, è molto semplice. Però il determinare numericamente questa direzione, non è tanto facile, quanto al primo aspetto può sembrare; in ispecie quando si tratti di determinare la inclinazione. Ma que- ste difficoltà riguardano la pratica soltanto, e perciò non possono aver luogo nell’attuale memoria. 38 — 282 — §. 26. Fin qui sopra la direzione del magnetismo terrestre ; ma per discutere sulla intensità del medesimo, e perchè questa sia concepita esattamente , fa d’uopo riflettere con molta precisione. In primo luogo è chiaro che un ago, sospeso liberamente pel suo centro di gravità, non è atto, nella sua posizione di equilibrio, per determinare la intensità indicata. Imperciocché l’ago stesso, dopo essersi posto nella sua posizione di quiete, non riceve più verun impulso dal magnetismo terrestre: quindi apparisce ad evidenza che questa posizione può servire unicamente a determinare tanto la declinazione, quanto la incli- nazione; perciò si deve ricorrere ad altri mezzi onde raggiungere la intensità stessa. Due sono i metodi proposti a così fatto scopo; quello cioè di Gauss, col quale si determina soltanto la componente orizzontale della intensità magne- tica, e l’altro di Lloyd col quale si misura la intensità risultante. Ciascuno di questi metodi ha i suoi vantaggi: quello di Lloyd si raccomanda per luoghi, nei quali la inclinazione riesce molto grande ; poiché in tali casi è tenue la componente orizzontale. Però sembra essere il metodo di Gauss, generalmente parlando , preferibile ; perchè meno soggetto agli errori di osservazione , che quello di Lloyd, il quale ha tutti quei difetti, che all’inclinometro sono rela- tivi. Analizzeremo in questa memoria quello fra i due modi che appartiene a Gauss, però modificato da Lamout riconoscendo altresì che l’altro di Lloyd merita esso pure 1’ attenzione dei dotti. §. 27. Coulomb ha dimostrato pel primo, che due particelle magnetiche agiscono, una sull’altra, con forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra esse (a). Ma da ciò non discende, che anche due sbarre magnetiche si attraggano, o si respingano secondo la medesima legge ; poiché tale azione risulta di tante altre elementari , parte attrattive , parte ripulsive. Quindi è che r azione risultante dipender deve dalla grandezza e posizione delle sbarre, non che dalla distribuzione dal magnetismo sovra esse. Per tanto sieno NS, ed ns (fig. 13) due sbarre magnetiche, la prima fìssa, la seconda mobile attorno al suo centro di gravità, e collocate in modo che {a) Histoire de facadémie royale des scien., année 1785, pag. 593. — 283 — il prolungamento dell’asse magnetico della NS, intersechi quello della ns per- pendicolarmente ad esso nel suo mezzo 0. Di più supponiamo che le loro estremità N, n, ed S, s, se fossero libere, si dirigerebbero rispettivamente ai poli Nord e Sud della Terra, Dopo ciò chiaro sarà , che ciascun elemento della sbarra fìssa NS , agisce sopra ogni altro della mobile ns. Inoltre tale azione sarà ripulsiva od attrattiva, secondo che le due particelle od elementi considerati, uno sopra NS, l’altro sopra ns, posseggano magnetismi di uguale, 0 di opposta natura: il numero infìnitamente grande di queste forze può ridursi a quatti‘0 classi. La prima P di esse, risulta dalle particelle contenute in NH sopra quelle in nO, e tutte queste forze sono ripulsive : la seconda Q con- tiene quelle di NH sopra le altre di Os, le quali tutte sono attrattive: simil- mente la terza P' comprende tutte le attrattive di HS sopra Ow : finalmente la quarta Q' è formata di tutte le ripulsioni di HS sopra Os. Supponendo che la distribuzione del magnetismo nelle sbarre, sia simme- trica rispetto al centro di esse , lo che si verifìca per ogni sbarra magnetiz- zata regolarmente; s’intende ad evidenza, che tanto le due forze P, Q, quanto le altre due P', Q', debbono essere uguali fra loro. Inoltre supponiamo essere tale la distanza ON fra le indicate sbarre, che il turbamento della magnetica distribuzione sopra Luna e l’altra, prodotto dalla reciproca magnetica influenza loro, sia così tenue, da potersi trascurare senza errore sensibile veruno. Dunque r azione di NS sopra ns, riducesi a quella di due coppie una P , Q , l’altra P' Q', delle quali la prima agisce in senso contrario alla seconda. La risul- tante di queste due coppie sarà evidentemente un’altra coppia, che ora dob- biamo determinare. Vero è che non conosciamo, con esattezza soddisfacente, la distribuzione del magnetismo sopra le sbarre ; sebbene Mayer pel primo, poscia Coulomb, Lambert, Hansteen, Biot, e Kupffer (6) abbiano cercato ricono- scere la distribuzione stessa. Però certo è, che in ognuna delle due metà Nord, appartenenti alle indicate sbarre , dovrà esistere un certo punto A, ovvero B, talmente situato (fìg. I3a), che immaginando nel medesimo raecolto tutto il magnetismo delle metà stesse , queste si respingerebbero come si respingono, per effetto della naturale distribuzione magnetica loro : tali punti verranno da noi denominati centri di azione. Poniamo HO==B, AO = a, BH = è, OB = d ; le distanze a, h sono incognite, appunto perchè non si conosce la distribu- [b] Gehler Phys. Worlerb. t. 6, seconda sezione, p. 788, e seg. — 284 — zìone magnetica sulle sbarre, soltanto sapendosi che i punti stessi, trovansi neH’interno delle rispettive metà loro. Di più devesi riflettere che i centri di azione A, B, rigorosamente parlando, cangiano di luogo col variare della distanza R fra le due sbarre. In fatti quando la distanza medesima sia finita rispetto le dimensioni delle sbarre, come viene supposta nel caso attuale; allora variando R, le azioni elementari reciproche delle due metà HN, On varieranno in un rapporto diverso fra loro, sia pel diverso cangiamento della obliquità di azione magnetica elementare, sia perchè le distanze fra gl’ indicati elementi, variano fra loro in un rapporto sempre diverso. Dobbiamo similmente ragionare sopra le azioni elementari reciproche, fra le altre due metà HN, Os ; e fra le HS, Ow, e le HS, Os. Da tutto ciò possiamo concludere, che le due distanze a, b sono, in astratto, funzioni della distanza d. §. 28. Per trovare la forza P, chiamiamo m la intensità magnetica della metà nO, appartenente alla girevole sbarra ns; vale a dire la quantità di magne- tismo , contenuto nella metà nO della sbarra medesima, e raccolta nel suo centro di azione A : rappresentiamo poi con M la intensità similmente rac- còlta nel centro di azione B della metà NH, appartenente alla sbarra fissa NS. La distanza fra i due centri di azione A, B si esprime con AB=l/'d2-Ha2; perciò, ritenendo che la ripulsione magnetica elementare , cioè fra due qua- lunque punti delle due sbarre, siegua la ragione diretta delle rispettive loro magnetiche intensità, e la inversa del quadrato della distanza fra essi; la forza ripulsiva P fra B ed A, sarà espressa da KwM ove K rappresenta un coefficiente costante che determineremo (§ 32). Volendo trovare il momento p di questa forza, rispetto ad 0, centro del moto ; fa d’ uopo moltiplicarla per la distanza OT della sua direzione dal centro stesso. Perciò facciasi l’angolo ABO = a , ed avremo — 285 — OT = dsena tanca 1 tanc^ donde OT d , AO — a — dtanga , ad Vi tane 0,2 Vd^-ha^' Dunque il momento p ripulsivo, prodotto dalle due metà Nord HN, On delle sbarre, si ottiene colla p = OT.P KmMad (rf2 ^2)1 • Prima di progredire in questa ricerca osserviamo, che qualunque momento magnetico, si potrebbe misurare numericamente, con una bilancia di torsione unifilare, o bifilare; producendo in essa, mediante un opportuno torcimento, un altro momento, eguale e contrario a quello magnetico di cui si cerca la misura. Cangiando in questa formula d in — d, muta soltanto il segno del mo- mento p , ma non il suo valore numerico : e siccome quando ruota la NS attorno la ns, per un angolo di 180% in un piano perpendicolare a questa, cangia pure soltanto il segno del momento stesso ; perciò dobbiamo conclu- dere che il cangiamento di d in — d, non altro significhi, fuorché una rota- zione di 180°, della sbarra NS attorno l’altra sn. Il momento attrattivo, prodotto della metà Nord HN, sopra la metà Sud Os, dovrà evidentemente avere la medesima espressione del momento p già trovato ; poiché il centro di attrazione A', collocato nella metà Sud della sbarra mobile ns, ha per simmetria, la medesima distanza dal centro 0 che l’altro centro di ripulsione A della metà Nord. E poiché questi momenti cospirano, perciò il momento complessivo p' , che risulta dalla prima metà HN , ossia Nord della SN , sopra la intera sbarra ns, avrà per espressione 2KmMad §. 29. Ora passiamo a considerare l’azione della metà Sud HS della sbarra fissa SN, sopra le due metà della mobile sn. A questo fine riflettiamo, che in tal caso ì centri di azione A , A' , relativi alla sbarra mobile sn , non potranno più coincidere coi nuovi , e che non può essere HB — HB' ; poiché sebbene le distribuzioni sopra le indicate sbarre , si conservino le stesse , tuttavia per essere nOs più distante dalla SH , di quello sia dalla NH , debbono anche i relativi centri di azione sulla sbarra sn , avere cangiato di luogo. In fatti Newton dimostrò che tanto a diverse distanze , quanto a diverse posizioni relative fra loro, due masse, dotate di azione reciproca elementare in ragione inversa del quadrato della distanza, conservano allora soltanto nel medesimo luogo i loro centri di azione, quando sferiche sieno ed omogenee. Dunque, chia- mando rispettivamente con a', b' le distanze dei nuovi centri di azioni K, B' dai corrispondenti centri geometrici 0 ed H delle sbarre, si esprima con d' la distanza fra il centro B', ed il centro geometrico 0 della sbarra girevole ns; cosicché per questo caso avremo OK = a' , B'H = b' , OB'==d' . Inoltre si esprima con q il momento, che risulta dalla ripulsione delle due metà Sud, una SH, l’altra Os delle due sbarre; avremo limMa'd' Il momento poi che risulta dall’attrazione delle due metà una Sud HS, l’altra Nord On delle due sbarre medesime, sarà espresso come il precedente. Quindi poiché questi due momenti cospirano, perciò il momento complessivo q\ che risulta dalla seconda metà HS, ossia Sud, della sbarra SN, sopra la intera sbar- ra sw, verrà dato dalla , ^ 2KmMa'd' 9 — 2? — ■ Dunque il momento F, risultante dalle due coppie magnetiche opposte, agenti sulla sbarra girevole ns, verrà determinato dalla (53) F=P' — 9’ = 2(p — 9) 2KMmad -h- «2)1 2KMwa'd' (d'2_,_a'2)| » nella quale il primo termine del secondo membro è maggiore dell’altro. Can- giando in questa formula d in — d, ed anche d! in — d', cangerà soltanto il segno del momento F, non il valore numerico del medesimo, come appunto accader deve, quando la sbarra NS ruoti attorno la ns, in un piano perpen- dicolare a questa. — 287 — Poiché abbiamo (54] d = R — 6 j d' = R — b' , perciò se dalla (53) eliminiamo le d, d', si avrà 2KMma(R — b) 2KMma'(R -f- b') — [(R - 6)2 a2J| ^ J.)2 ^ ^r2J| » ossia (55) F 2KMmn^l — 2KMma t'-i) 26' a'2 -4- 6'2 I “R^/ formula che ci proponemmo per primo scopo nel (§ 23) di questa parte quinta. §. 30. Per assegnare la legge, colla quale varia questo momento F al variare della distanza R, dobbiamo riflettere che il secondo membro della (55), si può 1 sviluppare secondo le potenze di — . Volendo però eseguire tale sviluppo con esattezza, bisognerebbe conoscere le distanze a, a', ò, b', in funzione della stessa R ; dunque fintantoché non si conosceranno queste funzioni, sarà im- sibile ottenere lo sviluppo esatto del momento F. Tuttavia dando luogo al- Tindicato sviluppo secondo le potenze della variabile —, contenuta esplicita nel R secondo membro della (55), pel teorema Newtoniano avremo 2 ^ 26 a^-f-6^^ _ 15^ 26 -+- 62y 1 R R2 ) 2' R ' R2 / 8 ' R ^ R2 / = 1 — 3/ 26 15P462 46(a2-h62) («2 62)2-| 2\ R R2 1 8 LR2 R3 R4 J •• . 36 / ,2 ^ 2\ ^ quindi moltiplicando per otterremo 2Ò R ' R2 / Cangiando in questa equazione a in a', e b in — b', avremo / 2b' a'^-\-b'^~i/ b\ 2&' / Svi (’ --R ^ -w-ì ^ r) = ' R ^ - r'^h ••••> e questi sostituiti valori nella (55), forniscono la (36) 2(aò-(-o’6')^-i-[a (Sb^~ o?)— ’ 2KMmai R2 2KMwa' R2 ], Questa formula rappresenta la legge, secondo la quale il momento rotatorio F, diminuisce col crescere della distanza R, lo che forma il secondo scopo (§ 23) di questa parte quinta. §• 31. Abbiamo fin qui conservata la esattezza nello sviluppo del valore di F; però in pratica giova ritenere, che la distanza R sia grandissima rispetto alle dimen- sioni delle sbarre, per due ragioni, fìsica una, ed analitica l’altra. La prima si riferisce al poter evitare, col crescere della R, il turbamento della distribuzione magnetica sopra le due sbarre, per la reciproca loro induzione : la seconda sì riferisce al potersi, col crescere di questa distanza, trascurare i termini affetti da potenze della variabile — superiori a quelle che si vogliono conservare. Dicemmo di prendere la distanza R grande assai; ma ciò, sotto il punto di vista della pratica, non si deve intendere in un senso assoluto: poiché cre- scendo sempre la distanza R, diminuisce il momento rotatorio della sbarra gi- revole, che fìnirebbe, nei soliti casi della pratica, ben presto ad essere insen- sibile, od almeno tanto piccola, che gli errori delle osservazioni, toglierebbero ai — . 289 — risultamenti numerici ogni esattezza. Non vogliamo qui decidere, quale debba essere il valore più vantaggioso, della distanza R fra le due sbarre; però sarà tale , da non allontanarsi molto dalle supposizioni analitiche , ma senza dare agli errori di osservazione troppo influenza. Questa decisione spetta del tutto alla pratica, mediante un analisi numerica dei risultamenti sperimentali. Crescendo R, le funzioni a , a' , 6,6', dipendono sempre meno dalla distanza R , avvicinandosi , per un R assai grande , a certi limiti. Si rileva facilmente che le a = OA , a' = OK , debbono avere un limite comune u; poiché ponendo le sbarre ad una distan- za infinita, potremo ammettere che le due metà HN, HS, della sbarra fissa NS, debbansi trovare a distanze sensibilmente uguali tra loro, dalle due metà della girevole sbarra ns. Similmente le 6 BH , 6' = B'H , dovranno in questo caso avere un limite comune (3 ; poiché allontanandosi SN dalla ns, dovranno é vero cangiare i centri di azione B, B', e fino ad una una certa distanza dovrà essere BH diverso da B'H; però quando la distanza R = HO sia divenuta sufficientemente grande, sarà sensibilmente BH = B'H ; cioè le distanze 6 , 6' esse pure convergono verso un -rifinite- comune /S- — ^ 1 La esatta determinazione delle a, a' , 6, 6', per mezzo di — , presenta R molta difficoltà, e sopra tutto perché non si conosce precisamente la distri- buzione magnetica sulle sbarre. Ma quanto spetta solamente alla forma delle funzioni a, a', possiamo dire che queste quantità sono sviluppabili secondo 1 le potenze pari di ; ed inoltre che le rispettive serie debbono ambedue comin- R dare col termine costante oc. In fatti abbiamo già stabito (§. 29) che per un cangiamento di d in — d , e di d' in — d' , necessariamente il valore di F si deve cangiare in — F , lo che risulta evidentemente pure dalla (53). Ma tale cangiamento si eseguisce anche cangiando R in — R ; perché a questo modo si produce un momento rotatorio di contrario senso. Inoltre chiaro apparisce che , per gl’ indicati cangiamenti , non possono cangiare nè a , nè a'. Per tanto dobbiamo concludere , che negli sviluppi di a ed a' , 39 — 290 — debbono mancare i termini corrispondenti alle poten ze impari di — : se ciò R 1 non fosse, il valore di F, sviluppato secondo la variabile^, tanto implicita, quanto 1 esplicita, contenendo anche le potenze impari di — , non potrebbe conservare lo stesso valore numerico pel cangiamento di R in — R, contro quanto fu dimo- strato; cioè che pel cangiamento stesso devesi la F cangiare in — F. Dovremo dunque avere R2 (57) o! =■ oc -+• R2 R^ 4 R^ dove «2» «3V sono indipendenti tanto dalla distanza R, quanto dalla inten- sità, e non dalla distribuzione del magnetismo; inoltre i valori di 6 e b\ saranno essi pure sviluppabili secondo le potenze di ~ , dovendo essere jS il primo termine di ogni loro sviluppo ; giacché per un R sufficientemente grande, dovrà essere b == b' — Del resto non fa d’uopo che prendiamo a considerare, se nelle serie che rappresentano i valori delle b, b\ si debbano ammettere o no tutte le potenze della variabile — ; laonde qui tralasciamo questo esame. Se nella (56) sostituiremo i valori delle a, a', forniti dalle (57), ricordan- doci essere /3 il termine costante in ciascuno dei valori delle 6 , b' , e tras- 1 curando sempre nel finale valore le potenze di superiori alla R ffimn la terza, otter- 2KMj?i Ma/S Apparisce chiaro che in questa espressione si contengono le sole potenze im- 1 pari di — , mancando però la prima;|inoltre, per una distanza sufficientemente grande, possiamo trascurare i termini della espressione stessa, nei quali si .1 contiene la potenza di — maggiore della terza; perciò sarà — 291 ,38) Dunque il momento col quale agisce la sbarra fissa NS, rispetto alla girevole su, trovasi proporzionale inversamente al cubo della distanza fra i due cen- tri geometrici delle sbarre, purché questa sia grande a sufficienza. Le ricerche istituite da Gauss, e da esso riferite nella sua memoria, che ha per titolo n Mesure absolue de V intensité du magnétisme terrestre (c) » di- mostrano sperimentalmente, che nel caso della distanza R grandissinia fra le due sbarre, le tangenti degli angoli v, v' di deflessione {pag. 56, della me- moria citata) sieguono la ragione inversa del cubo delle corrispondenti dis- tanze : da questa proporzionalità, con facile raziocinio , discende un accordo colla (58). Il medesimo autore però, nella citata sua memoria, considera l’at- tuale soggetto analiticamente , in modo più generale del nostro ; ma noi ci siamo limitati al solo caso delle due sbarre perpendicolari fra loro , essendo l’unico questo, che nella pratica viene in uso. Se però tutta la serie, che rappresenta il valore di F , non si volesse ridurre al solo primo suo termine, lo che giova praticare, quando la distanza R non è sufficientemente grande , si dovrebbe stabilire la (59) 8KMm«/S Q ove Q denota un coefficiente cognito nella forma, e che dipende tanto dalla distribuzione del magnetismo, quanto dalla intensità sua nelle due sbarre. Dalle (58) e (59) risulta il terzo scopo (§ 23) di questa parte quinta, vale a dire le modificazioni che rendono pratiche le attuali ricerche. §. 32. - Non essendosi ancora stabilita la unità di misura del momento della coppia magnetica, poniamo I 4K«/2 = I , donde K = - , 4a/3 ed avremo dalla (58) (60) 2Mw (c) An. de chim. et de phy. annèe 1834, t. 57, p. 1, et suiv. — 292 — Nel caso astratto di R = 1 , e trascurando le potenze di R superiori alla terza, otterremo dalla (60) F' = 2Mm ; quindi la (61) F'==R3F. Perciò il momento F', ipoteticamente ridotto alla unità di distanza, si ottiene moltiplicando il momento F , relativo a qualunque distanza R di opportuna grandezza, pel cubo di questa medesima distanza. Prendendo nella (60) le quantità M, m, ed R, ciascuna eguale alla unità, otterremo F== 2 ; e potremo concludere, che due sbarre magnetiche della intensità = f , poste come indica la fig. (13a), ed in modo che la distanza dei loro centri geome- trici eguagli la unità, producono fra loro un momento complessivo, espresso da 2. Però questo momento è quello di una coppia, composta di due forze, ognuna eguale alla unità, ed agenti alla distanza 2 l’una dall’altra; cosi chiaro ap- parisce che il momento di una di queste forze, nelle indicate condizioni, sarà espresso da 1 : espressione appartenente anche ad ognuna delle forze stesse. Col dire che i centri geometrici delle due sbarre si trovano alla distanza 1, intendiamo che tale unità, o sia grande tanto, da potere tascurare il secondo ter- mine del valore di F nella (59); ovvero intendiamo che se questa unità sia pic- cola , debba prima sperimentarsi ad una distanza sufficientemente grande , poscia riducendo il momento alla distanza unità ; però nella ipotesi che sia sempre il momento stesso inversamente proporzionale al cubo della distanza, come insegna la (58). Per determinare la sopra indicata unità della intensità magnetica di una sbarra, fa d’uopo stabilire le due unità, dalle quali essa dipende; cioè la unità di distanza , e quella del momento. Riflettiamo in primo luogo a questo fine , che un momento può rappresentarsi dalla forza che agisce alla unità di distanza dal centro del moto ; in guisa che attualmente resta solo a determinare la unità , sia di forza , sia di lunghezza. I fìsici quasi tutti , eccetto gl’inglesi, convengono, secondo la proposta di Gauss, nel prendere per unità di lunghezza il millimetro. Fu poi stabilito implicitamente che la unità di forza debba essere il peso di un millimetro cubico d’ acqua di- stillata , ed alla massima densità , sotto 1’ influenza di una gravità , la quale abbia per valore, non g = 9™, 81 , come si ammette pel solito in fisica , ma bensì g = 0"", 001 : questo peso viene da\ noi chiamato mil-~ — 293 — ligramma-ridolto. Dal fin qui detto risulta con chiarezza , cosa debba in- tendersi per intensità magnetica , ovvero pel magnetismo di una sbarra. Ma in pratica la determinazione di questa intensità, suppone che si abbiano due sbarre perfettamente identiche fra loro; e non sarebbe tanto facile soddisfare a ciò, con esattezza, valendosi dei mezzi comunemente adottati per magnetizzare. Però a svolgere maggiormente 1’ oggetto in proposito , riflettiamo che per determinare colla sperienza la intensità magnetica di una sbarra , ed esprimerla mediante le unità di misura già stabilite, possiamo servirci di una bilancia ; ma possiamo eziandio, con più vantaggio, valerci del bifilare. A tal fine bisognerebbe procurarsi anche un’altra sbarra magnetica NS, identica del tutto alla prima ns ; poi sospendere una di queste , la ws, nel bifilare , mentre la fissa NS, trovasi collocata come indica la {fig. 13), ad una distanza Rz=ON, grande quanto fa d’uopo, dall’altra. Di più suppongasi che la sbarra magnetica ns, posta senza torcimento nel bifilare, sia per modo stabile, che quan- d’anche il suo magnetismo cessasse, tuttavia rimarrebbe nella medesima po- sizione di equilibrio. Ciò vale a dire, che supponiamo trovarsi esattamente r asse magnetico della sbarra ns nel meridiano magnetico terrestre. A que- sta ultima condizione si deve necessariamente soddisfare, poiché altramente il magnetismo terrestre , imprimerebbe un momento rotatorio alla sbarra ; mentre noi vogliamo che gli effetti di questo magnetismo sulla medesima, sieno nulli, a fine di trovare il solo momento rotatorio, generato per l’azione reciproca delle due sole sbarre. A raggiungere tale scopo è necessario, che la sbarra posta nel bifilare sia ricondotta sempre a giacere coll’asse nel magne- tico meridiano. Premesso ciò chiaro apparisce, che per misurare il momento rotatorio della sbarra, sospesa nel bifilare, possiamo valerci dalla (10); esprimendo le lunghezze A, d, l in millimetri , ed il peso P della sbarra in milli-grammi- ridotti: vale a dire in una unità di peso, equivalente a quello di una massa contenuta in un millimetro cubico di acqua distillata, ed alla massima den- sità , sotto la influenza di una gravità , corrispondente all’ accelerazione di 0'”,001. Il torcimento adunque 9, che deve darsi ai fili di sospensione, per mantenere la sbarra mobile ns coll’asse nel meridiano n^gnetico, e perpen- dicolare a quello della fissa, determina il cercato momento. Combinando per tanto la (60) colla (10), avremo PA^seni? 2Mm [/"(/^ — -1- 2A§cos9) R® — 294 ovvero (62) IWtw — - — 2 — a2 — 6-' -H 2Adcosf) ■ PA^R^sen^ Ma siccome supponiamo le due sbarre fra loro perfettamente identiche , ab- biamo perciò M = m; così dovrà essere formula cercata, che determina la intensità magnetica m di una sbarra. la M diversa dalla m : in questo caso la (62) servirebbe a determinare il prodotto mM dei magnetismi delle due sbarre. In pratica essendo l sempre grandissimo rispetto alle A, à, possiamo trasformare le due precedenti equazioni, senza errore sensibile, nelle Sebbene la (63) non abbia direttamente per iscopo la determinazione del magnetismo terrestre, nè sia necessaria nel metodo comunemente usato a questa determinazione; tuttavia potrebbe in certi casi riescire utile a tal fine. In fatti , premessa la prima delle (64) , possiamo colla (27) giungere ad una formula, che assolutamente determina il magnetismo terrestre orizzontale. Per tal fine, prendiamo in primo luogo due sbarre aventi, rispettivamente le intensità magnetiche M, m, coi pesi Q, q. Operando nel modo sopra esposto, e intendendo che una delle due sbarre, la M, sia nel bifilare sospesa, e che l’altra sia fissa, otterremo dalla prima della (64) la Similmente se invece si sospendesse la m, ritenendo per fissa la M, dovrebbe aversi (63) PA^R^sen^ 2|/-(12 — a2 — ò2_^_2Aacos?>) ’ Se poi le intensità delle due sbarre non fossero eguali fra loro, si avrebbe (64) m‘ „ PASR^sen?) ' "" 2l (6S) — 295 — Da ciò discende, che avremo sempre la Qseny = qsencp^ , equazione che potrebbe servire, a determinare il grado di esattezza del pro- dotto numerico Mm. Per avere una relazione fra la terrestre orizzontale forza X magnetica, e le intensità M , m delle due indicate sbarre, si tolga in secondo luogo una delle due sbarre, la m, sospendendo nel bifilare l’altra M: operando come fu esposto (§ 12), cioè dando al bifilare un torcimento ?)2 tale, da ridurre l’asse magnetico della sbarra in direzione perpendicolare al meridiano magnetico, avremo dalla (27) la (66) MX QA^sen^J i = In terzo luogo, per lo stesso fine, tolgasi la sbarra M dal bifilare, sosti- tuendovi la m, quindi ridotta questa pure , con un opportuno torcimento 9^, in direzione perpendicolare al meridiano magnetico, sarà (07) „X=i^ = C. Le uguaglianze (65), (66), (67) contengono le tre incognite M, m, X, le quali perciò possono determinarsi ; ed a questo fine avremo Mm — A, MX = B, mX = C . Dividendo la seconda per la prima, si avrà B A ’ e moltiplicando questa per la terza, otterremo (68) X /BG /2qA§senc)2sen(3S3 ^ Va V IK^seiìip ’ formula in cui rappresenta q il peso di quella sbarra , che nella prima delle tre ora indicate sperienze si tenne fissa. Questo peso , come fu sta- bilito precedentemente, si dovrà esprimere in milligrammi-ridotti. Pesando la sbarra con una bilancia nel solito modo, troviamo, rigorosa- mente parlando (pag.303), la sua massa espressa in masse milligrammi (pag.303). ~ 296 — Quindi si troverà il suo peso espresso in pesi milligramnfii-ridotti {pag. 293), moltiplicando la massa, trovata mediante la bilancia, per l’accelerazione g della gravità espressa in millimetri. Chiamando adunque con fi 1^ massa della sbarra, sarà q = [j.g j e dalla (68) avremo La massa fi, come già fu osservato, si ottiene colla bilancia, dal numero dei milligrammi che fanno equilibrio colla massa della sbarra, l’accelerazione poi della gravità per Parigi è gf = 9810; dunque si avrà X= 140,07\/^^^pS^. V /R^senip Il magnetometro bifilare, negli osservatori! magnetici, viene impiegato per la determinazione della componente orizzontale, che appartiene alla forza ma- gnetica terrestre. Operando però con una sola sbarra, come si usa comune- mente, apparisce chiaro, che le variazioni della intensità magnetica di questa sbarra, debbono influire contro la esattezza dei risultamenti, come già fu espo- sto (t. 17, p. 358). Però il me^do che abbiamo qui sviluppato, fornisce la cer- cata intensità della sudetta componente orizzontale, senza punto dipendere dalla intensità magnetica delle due sbarre impiegate. Laonde ci sembra che questo no- stro metodo, potrebbe avere qualche utilità pratica; sebbene dobbiamo ammettere che il medesimo riesce non tanto spedito per le osservazioni giornaliere. Ma quando si avessero disponibili due bitilari, la speditezza delle osservazioni sa- rebbe molto più favorita, col rendere una volta fìssa la sbarra di uno dei due bifilari, senza toglierla dalla sua staffa, lo che gioverebbe molto anche alla esat- tezza del risultamento. In ogni modo poi, lo stesso metodo potrebbe convenire assai bene a verificare di tanto in tanto, se abbia la intensità della sbarra su- bito variazioni, ed in qual modo abbiano queste proceduto. In fatti dividendo la (66), per la (69), avremo (70) M Q^hen(p^\/lRhen^ l\J 2 sen^SgSenf 3 senysen? senf>3 2 formula da cui potremo conoscere se abbia la sbarra M variato d’intensità, e quindi se le variazioni vericatesi nel bifilare, appartengano al magnetismo ter- restre, od a quello proprio della sbarra, sospesa nell’ indicato strumento, ov- vero ad ambedue. — 297 — Debbo qui nuovamente ricordare, che non ho voluto in questo mio lavoro prendere in considerazione tutte le particolarità influenti sul magnetismo ter- restre; ma piuttosto delucidare i concetti, da cui dipende la determinazione della sua componente orizzontale. Perciò sarebbe stato del tutto fuori di luogo, par- lare qui delle cause perturbatrici , le quali possono modificare le operazioni precedentemente riportate, come il perturbamento delle distribuzioni magne- tiche, subito dalle due sbarre, pel mutuo loro avvicinarsi , e per parte del magnetismo terrestre. §. 33. A determinare il magnetismo terrestre, si adopera il magnetometro uni- filare di Lamont, contenente due sbarre, collocate una NS (fig. 14) invaria- bilmente sopra un estremo di un braccio, che può ruotare intorno ad un asse verticale, passante per l’altro estremo, e pel centro dell’ altra sbarra ns gi- revole, sospesa liberamente ad un filo. Se non agisse altra forza sopra la sbarra ns girevole, che quella procedente dalla fissa NS, certo la ns mobile si col- locherebbe in guisa , che gli assi magnetici .delle due sbarre si troverebbero sopra una stessa retta. In realtà però avvi un'altra forza , che agisce sulla sbarra mobile, cioè il magnetismo terrestre: questo colla sua componente oriz- zontale, sollecita sempre la sbarra mobile, fino a che non siasi nel meridiano magnetico ridotta. Rappresentiamo con S' N' questo meridiano , con ns la sbarra mobile , finalmente con NS la fissa ; è chiaro che nel caso rappresentato dalla fi- gura stessa, la ns viene sollecitata con due momenti, uno proveniente dalla NS, che tende a ruotarla in senso alla freccia contrario, l’altro proveniente dal magnetismo terrestre, che tende a ruotarla nel senso della freccia; poiché chia- miamo Sud (§ 27) quel polo della sbarra, il quale tende verso il Sud terre- restre. La posizione di equilibrio della sbarra mobile, viene dunque determi- nata dalla uguaglianza di sì fatti due momenti; e questa posizione sarà, ge- neralmente parlando, tale, che gli assi magnetici delle delle due sbarre, non formeranno fra loro un angolo retto. Girando però il montante intorno al centro 0, quei momenti varieranno; e supponendo essere la sbarra fissa di una intensità conveniente, dovrà esistere sempre un tal angolo 9, compreso fra la sbarra mobile ed il meridiano magnetico, pel quale avrà luogo la perpendico- larità fra gli assi delle due sbarre. In questa posizione il momento della sbarra mobile, proveniente dall’azione reciproca di queste due sbarre, sarà dato dal- 40 -- 298 — la (60). L’altro momento F', proveniente dal magnetismo terrestre, il quale agisce nella direzione del meridiano magnetico N' S' , dev’ essere proporzio- nale al sen?, ed al prodotto delle due magnetiche insensità, la prima m della sbarra girevole , la seconda X del magnetismo terrestre orizzontale : quindi sarà (71) F' = K'mX senp , essendo K' una costante, che dipende tanto dalla distanza del centro del moto dal centro di azione magnetica della sbarra , quanto dalla unità con cui si misura il magnetismo terrestre; poiché la unità, che serve a misurare il ma- gnetismo m della sbarra girevole, fu già fissata (§ 32, p. 292). Ma per l’equi- librio fra tutte queste forze magnetiche, dev’ essere F = F', laonde sarà (72) ^ = K'Xsen?, formula indipendente dal magnetismo della sbarra mobile. La (72) raggiunge il quarto scopo (§ 23) di questa parte quinta, cioè rappresenta il metodo delle deflessioni di Gauss, colla modificazione di Lamont; la quale consiste nell’uso del suo magnetometro unifilare precedentemente indicato , che conduce fra loro perpendicolari le due sbarre. §. 34. Si stabilisce l’unità dalla componente orizzontale del magnetismo terrestre, facendo che una sbarra ns (fig. 15) del magnetismo m{~ 1) (§ 32, p. 292), sia perpendicolare al meridiano magnetico NS, cioè che sia sen? = 1 , ovvero ? = -r » 6 venga dal magnetismo stesso X(= 1), sollecitata con un momento A F' = 1 . Intendiamo che il magnetismo m della sbarra, ed il momento della medesima, si misurino , come fu definito di sopra. Fatte queste sostituzioni nella (71) , avremo K' = 1 , e perciò dalla (72) si avrà (73) 2M R^senf Da questa equazione risulta, che supponendo il magnetismo terrestre invaria- bile, il prodotto R^sen^ dovrà esserlo pur esso, qualunque sia la distanza R, — 299 — purché i valori di questa non sieno tenui troppo. Ciò costituisce un mezzo importantissimo, per accrescere la esattezza delle sperienze, nel determinare il magnetismo terrestre, potendosi sperimentare a diverse distanze. Dai ragionamenti che precedono (§§ 32, 33, 34), deduciamo per maggiore dilucidazione quanto siegue. 1. " Per le unità che misurano i momenti delle sbarre magnetiche, ab- biamo stabilito, che le lunghezze sieno espresse in millimetri, e le forze in milligrammi-ridotti (§ 32, p. 292); vale a dire in quella unità di forza che uguaglia il peso di una massa-milligramma, già implicitamente (§ 32, p. 292) dichiarata, e sotto la influenza di una gravità, cui si appartiene l’accelerazione rappresentata da un millimetro (v. anche § 36, p. 303). 2. " Se il momento, prodotto fra due sbarre ugualmente magnetiche, agenti ad opportuna distanza fra loro, (fig. 13), e misurato secondo il l.°, venga ri- dotto astrattamente alla unità di distanza mediante la (61) , ed uguagli due unità di momento (!."), allora si prende per unità la intensità magnetica di una qualunque di queste sbarre. 3. ° La componente orizzontale del magnetismo terrestre , viene misu- rata numericamente, mediante il momento di una sbarra della intensità ma- gnetica = 1 , girevole attorno un asse verticale, ed equilibrata ad angolo retto col meridiano magnetico, in quella guisa che indica la (fig. 1 5); però sempre intendendo, che il momento stesso, e la intensità magnetica della sbarra, ven- gano misurate come nel l.° e 2.° fu stabilito. §. 35. La (73) ci fornisce il rapporto X : M , fra le due magnetiche intensità, una della terra , 1’ altra della sbarra. Siccome poi la M deve ancora consi- derarsi come incognita , così fa d’ uopo stabilire pure fra queste due quan- tità una seconda relazione, che la troveremo esprimendo ancora il prodotto XM , di queste due magnetiche intensità , già considerate. Sospendiamo a questo fine la sbarra NS, che fino ad ora si volle fìssa, con un filo di seta, privo il più possibile di torsione ; e determiniamo il tempo della oscillazione sua, prodotta dalla sola influenza del magnetismo terrestre. La equazione (33), sebbene stabilita pel caso del bifilare elettrometro , può valere anche nella presente determinazione, restando solo a decidere quale valore assumer debba il secondo membro di essa. Innanzi tutto è chiaro che , per essere attual- mente unifilare la sospensione, avremo d = A = 0, cosicché dalla citata equazione sarà ove la S rappresenta il momento d’ inerzia della sbarra, ed Mj,, che nel caso deir elettrometro esprimeva il momento di ripulsione fra la leva ed il sistema fìsso, dovrà nel caso nostro esprimere il momento rotatorio , che concepisce la sbarra , per effetto del magnetismo terrestre. Il momento stesso , varia- bile coll’angolo ?>, si esprime con MXsen^, come fu dimostrato colla (71) , facendo in essa K'= 1; dovremo però farlo precedere dal segno — , perchè il senso in cui questo momento agisce , si oppone manifestamente a quello conevnuto nel bifilare elettrometro : per tanto sarà Mp — — MXsen® . Ammettendo fìnalmente che la sbarra oscilli per archi piccolissimi , sarà senp = ?, e perciò Mp = ^ — MX9; Questo valore trasformerà la (74) nella _ MXy S ’ e finalmente, moltiplicando per avremo la che integrata fornisce la Ìs(|^J=-Mx2Vc; risultamento che si ottiene anche dalla (35), ponendo in essa Ad = 0, ed Mp = — MXp. Per determinare la costante C, stabiliamo che la sbarra, nel passare per la sua posizione di equilibrio, cioè quando ® = 0, possegga la velocità angolare — 301 — perciò sarà Ci = - ; quindi otterremo la 2 donde Integrando si avrà S MX. MXy^ S ’ ove denota G una costante, che possiamo determinare coll’ ammettere, che il tempo t cominci a contarsi, da quando la sbarra passa la prima volta pel meridiano magnetico, in modo che le t , 9 si annullino contemporaneamente. Per tanto avremo C = 0 , laonde sarà 1 Risolvendo questa equazione rispetto all’ angolo 9 , avremo 1 da cui si deduce, che il movimento di rotazione della sbarra è oscillatorio, passando essa pel meridiano, tutte le volte in cui si verifica la ove denota n un qualunque intero. Da ciò dobbiamo finalmente concludere, che il tempo B di oscillazione, cioè il tempo per passare da un estremo del- l’arco all’altro, ovvero fra due consecutivi passaggi pel meridiano, viene dato dalla (75), facendo in essaw=:l; e perciò sarà — 302 — (76) ® ~ \/mX ’ formala indipendente dell’ angolo f , purché questo sia compreso in archi po- chissimo ampi ; perciò le oscillazioni medesime saranno in tal caso isocrone: quindi la (76) include lo scopo quinto (§ 23) della presente parte quinta. Non sarebbe stato difficile dedurre la (76) da quella, che assegna il tempo di oscillazione del pendolo; poiché i relativi moti oscillatori, sono in ambo i casi, provenienti da un sistema di forze parallele fra loro, e perpendicolari all’asse di rotazione. Mancando però nel caso della sbarra magnetica, una circo- stanza essenziale, che caratterizza il moto oscillatorio del pendolo, cioè che in questo le masse delle molecole sono in proporzione dei loro pesi, abbiamo cre- duto convenire^ meglio al caso nostro, dedurre la (76) indipendentemente da quella che al pendolo si riferisce §. 36. Supponemmo nel precedente sviluppo , che la sbarra magnetica oscilli per archi piccolissimi. Non volendo fare questa ipotesi, la formula finale do- vrà dipendere dall’ ampiezza dell’ arco di oscillazione. Però la dipendenza fra i due tempi, che appartengono rispettivamente ad un arco infinitesimo, e ad uno finito, coincide con quella che per questi archi medesimi sì riferisce al pendolo. Perciò tralasciamo di esporre quali correzioni debbano applicarsi al valore osservato del tempo corrispondente ad un arco non piccolissimo, affin- ché riducasi a quello appartenente ad archi piccoli molto. Dalla equazione (76) abbiamo ‘ (77) MX=(^)'s ; Questa equazione ci dà il prodotto MX , ovvero il momento magnetico terrestre della sbarra, espresso mediante le unità stabilite nella prima delle tre osservazioni del paragrafo 34, p. 299, cioè mediante il millimetro, ed il peso del milligramma-ridotto. In quanto alle unità del momento d’ inerzia, queste sono il millimetro, e la massa-milligramma ; l’unità poi del tempo consiste nella durata del secondo. Vogliasi esprimere il prodotto MX con la unità di peso, equivalente a quello — 303 — di un millimetro cubico di acqua distillata, che abbia la densità massima, sotto la gravità g di un qualunque punto della superficie terrestre. In questo caso chiamando y V espressione numerica cercata ; poiché i numeri sono fra loro in ragione inversa delle rispettive unità colle quali vengono espressi, così avremo MX :y = g : ì , donde (78) MX / 7r S ove g si dovrà esprimere in millimetri. 11 prodotto MX, che rappresenta la intensità magnetica di una sbarra, mol- tiplicata per quella orizzontale terrestre , vale a dire il momento magnetico terrestre della sbarra, si può determinare in due diversi modi; uno cioè colla bilancia bifilare, che dicesi statico (27); l’altro col tempo di oscillazione della sbarra stessa, che dicesi dinamico (78). Siccome il momento d’ inerzia dipende dalla quantità di materia, contenuta nella unità di volume della sbarra, e siccome la unità di massa, è quella di un millimetro cubico d’ acqua distillata, èd alla massima densità; così apparisce chiaro che la massa della sbarra deve misurarsi col numero dei massa-milli- grammi, corrispondenti all’ equilibrio della bilancia ; ovvero, parlando il co- mune linguaggio , deve misurarsi col suo peso espresso in milligrammi. Ci serviamo della espressione massa-milligramma, intendendo per essa la quantità di materia di un millimetro cubico d’acqua distillata, ed alla temperatura di 4° C; mentre intendiamo ^er pesO'milligramma la forza esercitata dalla massa- milligramma, sotto r influenza della gravità, nella latitudine di Parigi. Si vede che la massa-milligramma, è invariabile per tutta la superficie terrestre; ma essa non è atta per misurare una forza. La bilancia, rigorosamente parlando è un istromento, che misura ovunque direttamente la massa, e non il peso dei corpi ; perchè in questo istrumento , cangiando latitudine , non si turba l’equilibrio già stabilito. §. 37. Il momento d' inerzia della sbarra è dipendente dalla sua forma, ed in pratica si adopera soltanto la forma parallelepipeda, o quella di un cilindro. Primieramente occupiamoci nel determinare il momento d’ inerzia di una sbarra omogenea , di forma parallelepipeda , collocata in guisa , che 1’ asse di rotazione , rispetto cui debbonsi prendere i momenti d’ inerzia , passi — 304 — pel suo centro geometrico; e che l’asse della medesima, come ancora le due faccio, superiore una, inferiore l’altra, sieno giacenti orizzontalmente. Supponiamo ezian- dio che la sbarra riferiscasi ad un sistema di tre assi ortogonali X, Y, Z, colla origine loro nel centro geometrico di essa. L’asse delle % difiggasi verticalmente in alto, e quello delle x si trovi nella direzione della lunghezza l della sbarra stessa, la quale abbia per altezza h , e per larghezza b. Indicando con y la densità della sbarra, vale a dire la quantità di materia contenuta nella unità di volume; apparisce chiaro che la massa di un elemento sarà espressa dal prodotto 7 dx dy dz . La distanza dell’elemento stesso dall’asse di rotazione sarà perciò il differenziale dS del momento d’ inerzia, sarà dS = y^)y dx dy dz , donde I b h 2“ /12 /VF -m (x^ -+- y^)dx dy dz . 222 Inoltre, poiché abbiamo j; i . 2 [x^^y^)dz=i = {x^ f)h 7V~2 2 I (x^H- y'^jhdy = h ^x^y = hi hx^ )■> perciò sarà — 305 -, 2 Ma la quantità yhbl misura evidentemente la massa p della sbarra, perciò sarà il momento d’ inerzia di una sbarra parallelepipeda, espresso dalla (79) Secondariamente, per avere il momento d’ inerzia di un cilindro, rispetto ad un asse verticale, che passando pel centro geometrico del cilindro stesso, intersechi l’asse di questo ad angolo retto, si potrebbe tenere una strada si- mile del tutto a quella seguita pel caso precedente, relativo al momento d’ iner- zia di una sbarra parallelepipeda. Ma per ottenere formule assai più semplici, pre- feriamo la seguente analisi, che riesce maggiormente spedita. Per tanto, in primo luogo assegneremo il momento d’ inerzia di un disco materiale, rispetto ad un suo diametro come asse. Collochiamo a questo fine l’asse delle a), di un si- stema ortogonale x in guisa, che 1’ origine coincida col centro del disco. La massa di un elemento sarà espressa da y^dxdy, ove denota la massa cor- rispondente all’unità di superficie del disco materiale medesimo ; ed essendo y la distanza di questo elemento dall’ asse dei momenti, sarà il differenziale del momento s d’ inerzia espresso dalla ds = ypfdxdy . Inoltre dobbiamo riflettere, che i limiti del valore della y, vengono deter- minati dalla periferia del circolo, e si avranno per questi limiti le seguenti espessioni — l/"r2 — 33^ , Kr 2 — ; mentre quelli della x saranno' — r ed r, essendo r il raggio del cilindro. Per tanto il momento d’inerzia s del disco, sarà espresso da ma essendo 4i — 306 — perciò, se introdurremo i limiti, sarà s = — x^)^dx . Inoltre abbiamo = (| ’■' - ì *') ^ I '■‘/ftct '** ’ <'*> ma r ^ — dx — arc.sen — , 1- perciò sarà (7r^ — x^) dx =(— r'^ — - a; — x^ -¥• ^r^arc.sen — , ^'84^ 8 r ed introducendo i limiti, otterremo J '(r^ — x^ydx = — r% j 1 4 s=—-i^rn. quindi formula esprimente il momento d’ inerzia, del disco rispetto ad un suo dia- metro. Per trovare da ultimo il momento d’inerzia s' del disco medesimo, rispetto ad una retta parallela al diametro stesso , e collocata in modo , che una perpendicolare a queste due rette, lo sia pure al piano del disco , abbiamo dalla meccanica (e) la relazione s' = s , essendo la distanza fra i due assi dei rispettivi momenti, mentre rap- [d] Si ottiene questo integrale dalle tavole di Meyer Hirsch, traduzione inglese, Lon- dra 1823, p. 132 , facendo nella corrispondente formula integrale a = r^, b — — 1 . [e] Poisson, Traité de mécanique, Paris 1833, t. 2, p. 54. — 307 — presenta la massa del disco, quindi nel caso nostro sarà ; perciò avremo 4- h\j . Mediante questa formula si giunge facilmente alla determinazione del mo- mento d’inerzia S'del cilindro sopra indicato. In fatti dividendolo in tanti dischi elementari, possiamo a ciascuno applicare la formula ora ottenuta. Per tanto si dica X la distanza di un qualsiasi disco dall’asse già stabilito dei momenti, dovrà essere dx l’ ertezza del disco medesimo. Indicando con 7' la quantità di massa, contenuta nell’unità di volume del cilindro medesimo, sarà '^’dx quella contenuta nel disco di ertezza dx, avente per base la unità di superfìcie. Laonde il differenziale del momento d’ inerzia del cilindro sarà ri dS'— y'r^n '1- x^ ^dx , e per tutto il cilindro , il suo momento d’ inerzia rispetto all’ asse indi- cato, verrà espresso dalla / ovvero dalla 2 Ma y'r'^nl rappresenta la massa p del cilindro, perciò sarà (80) Per un cilindro vuoto, si troverà il momento I d’ inerzia , sottraendo 1’ uno dall’altro i momenti dei due cilindri, rappresentati rispettivamente dalle su- perfìcie , una esterna , 1’ altra interna di quello vuoto. Dicasi r' il raggio di — 308 — questo secondo cilindro , ed avremo 72 , /2 -f2. ma riducendo sarà Riflettendo inoltre che v'7r(r^ — r'^)l rappresenta la massa p del cilindro cavo, avremo Trattandosi dì una sbarra , nella quale la lunghezza è grandissima, rispetto alle altre due dimensioni, le tre formule (79) (80) (81) precedenti, sì ridurranno in una molto più semplice ; poiché in questo caso la forma della sezione, non avrà sensibile influenza. In fatti se rispetto ad trascu- riamo b nella (79), r nella (80), ed r, r' nella (81), avremo per ognuna Dunque il momento d’inerzia in questo caso, equivale a quello di un punto materiale, collocato all’estremo della sbarra, il quale possiede un duode- cimo della massa di questa. Tutto l’attuale paragrafo raggiunge lo scopo sesto (§ 23), di questa parte quinta; cioè le formule del momento d’ inerzia, rela- tive a sbarre magnetiche di quelle forme, che nella pratica vengono usate. Tornando sulla (77), e sostituendo ad S nella medesima i valori trovati colle (79), (80), otterremo per la sbarra parallelepipeda (81) (82) §. 38. e per quella cilindrica — 309 — 1 ^ 1 A 6 ; 'R^senaìJ ’ Combinando poi ciascuna di queste uguaglianze colla (73), otterremo (83) ^ = T\/[(- pel parallelepìpedo ; ed pel cilindro formule ambedue indipendenti dalla g. Queste ultime due formule rappresentano la componente orizzontale dei magnetismo terrestre, ottenuto mediante la sbarra deflettente, sia di forma parallelepipeda, sia cilindrica. La maggior parte dei fìsici ha seguito le unità di misura, proposte da Gauss , cioè il milligramma ridotto, ed il millimetro , che abbiamo noi pure nei precedenti calcoli adottate. Ma esistono però altre unità, ritenute special- mente in Inghilterra , e sono il piede inglese per unità di lunghezza , e la massa del grano inglese per unità di massa. Onde trasformare le (83) e (84) in queste unità, dobbiamo porre r = kj,y b' = kjby R' = p' = k^p , ove le accentate rappresentano le rispettive lunghezze, misurate in piedi inglesi, e p' la massa in grani inglesi, essendo k^ ed k^ due cogniti coefficienti. Per tanto esprimendo con X' 1’ intensità magnetica terrestre orizzontale , misurata colle dette unità inglesi, avremo dalla (83) la X e finalmente (85) V-2 6 "^R'^sen® \P 6 /R^seny Ora sapendosi che il piede inglese uguaglia 304,79 millimetri {Annuaire du Cosmos i If année pag. 81), e che un oncia troy farmaceutica di 480 grani inglesi , uguaglia 31091 milligrammi {Misure piacentine e metriche , Piacenza 1840, pag. 331), abbiamo 480 304,79 31091 64,7659 Quindi sarà — 310 — e dalla (85) avremo (8G) X' = 2,169X ; vale a dire la intensità del magnetismo terrestre orizzontale, espressa in unità di Gauss , viene trasformata in quella espressa mediante le unità inglesi , moltiplicando la prima intensità per 2,169. §. 39. Nel §. 25 abbiamo esposto come, per la determinazione completa della forza magnetica terrestre, si richieda conosco’e tre di quelle condizioni od ele- menti, da cui la forza stessa dipende; similmente a quanto si richiede per la cognizione completa di ogni altra forza. Questi elementi sogliono essere l’angolo della declinazione (§ 25), quello della inclinazione (§ 25), e la componente oriz- zontale X della forza stessa. Però è da riflettere, che anche con altri terni di elementi, si potrebbe giungere alla indicata determinazione: così Lloyd sostituisce alla intensità della componente orizzontale X , la intensità della forza totale terrestre. Ognuno però vede che questo sistema incontra una difficoltà pratica, qual è quella che la sbarra sia girevole intorno ad un asse orizzontale, passante pel suo* centro di gravità. Potrebbe anche introdursi la componente verticale, di cui la cognizione avrebbe nella teorica grande analo- gia, con quella che si riferisce alla componente orizzontale; ma presenterebbe nella pratica difficoltà maggiore, per la ragione ora indicata. Da ultimo apparisce chiaro, che a conoscere completamente la forza magnetica terrestre, si potreb- bero evitare gli angoli sopra nominati, misurando soltanto le tre componenti di questa forza , secondo tre assi ortogonali fissi , e presi per maggiore co- modità, uno nella verticale, l’ altro nella meridiana astronomica , ed il terzo per conseguenza nella orizzontale dall’ Est all’Ovest. Però è chiaro, che que- st’ultimo sistèma non sarebbe conveniente, per la difficoltà pratica, da noi già rilevata nel sistema di Lloyd, la quale s’incontra due volte in quello che ora indicammo. Limitandoci al primo dei sistemi qui riferiti, rappresentiamo con ba un ago magnetico (fig. 1 6), sospeso liberamente pel suo centro G di gra- 3H - vità , in una latitudine boreale. Qualunque punto S del medesimo ago , ò attratto per la forza SB, proveniente dal magnetismo Nord, che sta nel polo Sud della terra , e respinto da una forza SA , proveniente dal magnetismo Sud che sta nel polo Nord terrestre. Queste due forze componenti avranno una risultante SR, giacente nel piano delle direzioni loro. Un altro punto N, alla medesima distanza di S dal centro C, sarà respinto dalla forza NB', pro- veniente dal polo Sud terrestre, che contiene il magnetismo Nord, ed atti-atto dalla forza NA', proveniente dal polo Nord terrestre, che contiene il magne- tismo Sud. La risultante NR' si troverà pur essa nel piano delle due forze componenti NA', NB'. Le indicate risultanti saranno eguali e parallele fra loro, attesa la distanza grandissima dell’ago dai poli magnetici terrestri, ed at- tese le piccolissime dimensioni dell’ago, trascurabili certamente riguai-do alla distanza grandissima dell’ago medesimo dai poli magnetici terrestri. Perciò le risultanti stesse formeranno una coppia , che obbligherà 1’ ago a ruotare in- torno al suo centro di sospensione C. Tutto ciò che abbiamo riferito pei punti N , S , può dirsi ugualmente per altri due punti qualunque ; laonde si avranno tante coppie, quanta è la metà dei punti dell’ ago ; e la risultante di tutte queste coppie , sarà essa pure un’ altra coppia. Ora è chiaro che 1’ ago sarà equilibrato , solo quando la distanza fra le due componenti la coppia risultante sia nulla ; poiché le forze stesse non possono annullarsi. Dunque l’ago non potrà concepire verun moto progressivo, ma riceverà soltanto un moto rotatorio; che durerà finché le due componenti la coppia risultante, formino una sola direzione, la quale coinciderà con quella che appartiene alla totale forza magnetica terrestre. La sospensione di un ago libero in ogni senso, riesce troppo difficile in pratica, perciò si é costretti a valersi di due congegni diversi, dei quali uno, il decUnometro, porta un ago, che può soltanto ruotare intorno ad un asse verticale , per osservare la magnetica declinazione (§ 25): l’altro, l’ inclino- metro, in cui l’ago é volubile intorno ad un asse perpendicolare al piano del meridiano magnetico , per osservare la inclinazione (§ 25). Questo secondo istromento dovrà essere collocato in guisa, che il piano formato dall’asse ma- gnetico dell’ago ns (fìg. 17), e dalla verticale NS condotta pel suo centro di gravità C , coincida col piano del meridiano magnetico. Chiamando T la forza totale magnetica terrestre , ed i la inclinazione magnetica , si decom- ponga in due la T , una orizzontale X , l’altra verticale ; sarà (87) cos^ ’ formula che serve a conoscere la forza totale magnetica terrestre , tanto mediante la sua orizzontale X , trovata colle formule precedenti , quanto mediante 1’ angolo d’inclinazione i. Finalmente avvertiamo, che l’asse dell’inclinometro dev’essere orizzontale non solo, ma deve anche passare pel centro di gravità dell’ ago, affinchè la determinazione della intensità magnetica terrestre sia perfetta. Nella pratica però s’incontra difficoltà grande per mandare ad effetto con esattezzà queste due condizioni , come già fu accennato in principio dell’ attuale paragrafo pag. 310. Ma certo è che tale difficoltà è di assai minor peso nel caso , in cui coll’inclinometro vogliasi misurare la sola inclinazione, come occorre per la (87), di quello che nell’altro caso, in cui vogliasi coll’istromento stesso, misurare la intensità magnetica terrestre ; salvo che non si vogliano intro- durre nuove complicazioni. Imperciocché se nei due casi ora contemplati, suppongasi l’ago esatta- mente sospeso pel suo centro di gravità ; variando la intensità magnetica dell’ago stesso, non potremo esser certi se abbia subita o no variazione pure la intensità magnetica terrestre, la quale riguarda il secondo caso ; mentre qualunque delle indicate variazioni, non farà variare punto l’angolo della ma- gnetica inclinazione che riguarda il primo caso. Ma se l’ago non sia sospeso esattamente pel suo centro di gravità, come in< pratica sempre avviene, la variazione della intensità sua magnetica, deve influire in ognuno dei due casi riferiti; però più nel secondo, e meno assai nel primo. In fatti nel secondo caso, necessariamente si deve conservare co- stante la intensità magnetica dell’ago; e siccome questo, ad escludere in esso gli effetti della gravità, deve magnetizzarsi due volte, una in senso contrario dell’altra; perciò non essendo possibile in pratica che queste due magnetizza- zioni opposte riescano identiche fra loro, così la determinazione della inten- sità magnetica terrestre non potrà essere certa. Nel primo caso poi, benché debhasi anche qui magnetizzare indispensa- bilmente l’ago in due sensi opposti, per evitare in esso gli effetti della gravità; tutta via la tenue differenza inevitabile delle due contrarie magnetizzazioni, non arrecherà errore notevole nel determinare la magnetica inclinazione ; giacché la correzione a causa della gravità, è per solito molto tenue rispetto l’angolo d’inclinazione. Dunque il variare della intensità magnetica dell’ago per effetto delle due magnetizzazioni opposte in esso, *è assai più nocivo nel secondo, che nel primo caso. — 313 — EPITOME DELLA MEMORIA PRECEDENTE PARTE PRIMA. {Tomo xvii). Formula differenziale (2) per Vequilibrio fra il peso e la forza oriz- zontale di un grave^ collocalo sopra una curva nello spazio, pag. 233. — Equazioni (3), (4) della curva a doppia curvatura, detta bifilare, pag.^^i'. — Considerazioni geometriche della curva bifdare ; rappresentazioni della curva stessa, mediante la intersecazione di un cilindro circolare, tanto con una sfera, quanto con un cilindro di base paraboloica; ed analisi dei cinque casi relativi a queste intersecazioni, pag. 334. ..338. — Equa- zioni (8), (9) della bifilare, generata da un punto delVago, diverso dal suo punto di sospensione, pag. 338, 339. — Formida (10) del momento esercitato dall’ago, per tornare nella sua iniziale posizione di equilibrio, pag. 339. — Corollari 1°, 2", 3", relativi al momento dell ago per fdi di sospensione assai lunghi, e per fdi paralleli fra loro, pag. 340. — Altri corollari 4° , 5° , 6° , relativi alla natura della curva bifilare , pag. 340, 341. — Equazioni (17), (18), (19) della bifdare, tracciata so- pra un piano, per effetto della rotazione progressiva del cilindro circo- lare su cui giace, pag. 342, 343. — Considerazioni geometriche sulle varie forme di questa bifilare , detta piana , e specialmente sui punti singolari di essa, pag. 343. ..349. PARTE SECONDA. Formula (29) del momento di una sbarra magnetica del bifilare , per qua- lunque angolo di torcimento de’ suoi fli di sospensione , pag. 352. — Formule (30), (31), (32) differenziali, relative al momento della inten- sità magnetica, tanto della sbarra, quanto della Terra, pag. 352, 353. PARTE TERZA. Disposizioni del bifilare elettrometro, e modo per misurare col medesimo la 42 carica da esso ricevuta^ pag. 353, 355. — Equazione differenziale (33), ehe determina il moto rotatorio dell'ago nell'elettrometro bifilare p. 356. — Formula (34) per l'angolo definitivo di equilibrio dell'ago stesso, pag. id. {Tomo xviii.) Integrazione (^7) della formula[^àf)',e relazione (38) fra l'angolo im- pulsivo fi, e quello definitivo oc, per mezzo di un integrale definito, p.ì, 2. — Relazione (43) fra l'angolo impulsivo, ed il definitivo, nel caso partico- lare in cui tutto il sistema elettrico, si riduce a due sferette conduttrici piccolissime, una fissa, e l'altra mobile, pag. 3. ..5. — Relazione (48) fra gl'indicati due angoli, nel caso in cui tutto il sistema elettrico, si compone di quattro sferette conduttrici, delle quali due sono mobili, ed altre due fisse, pag. 5... 8. — Formula (49) per determinare in questo caso la carica elettrica, mediante l'angolo impulsivo fi, pag. 9. — Considerazioni relative alla forza viva, rieevuta dall'ago, mentre percorre l'angolo im- pulsivo, per effetto della elettrica ripulsione, pag. ìd. — Ipotesi fisica circa questa forza viva, per ottenere la (52), che serve a conoscere l'an- golo impulsivo fi, per mezzo di quantità date dall' istr omento, pag. 9...1 1. PARTE QUARTA. Osservazioni critiche sulla ipotesi fisica del eh. sig. prof. Battaglini, circa il momento elettrico della leva, nell' elettrometro bifilare del eh. sig. prof. Palmieri, pag. 11, 12. — Analisi del ragionamento del eh. Battaglini, pag. 12. ..14. — Vero significato analitico da doversi attribuire alla ipotesi del citato autore, ed osservazioni sul valore del significato stesso, pag. 14, 15. PARTE QUINTA. Oggetto di questa parte quinta, pag. 279. — Esposizione del modo col quale agisce la Terra sopra una sbarra magnetica , p. 280 , 281. — Due metodi per determinare la intensità magnetica orizzontale della Ter- ra, pag. 282. — Analisi per giungere, a determinare il momento (55), col quale agisce una sbarra magnetica fissa, sopra un'altra girevole in- torno ad un asse verticale, nel caso in cui l'asse magnetico della fissa, intersechi quello della mobile perpendicolarmente nel suo centro, p. 282... ...287. — Sviluppo (56) del momento (55) in una serie, secondo le po^ tenze negative della distanza R fra i centri delle due sbarre, pag. 287, — 313 — 288. — Formule finali (38), (39) approssimate per questo momento, e rela- tive a distanze grandi, pag. 288. ..291. — Unità per misurare il momento magnetico di una sbarra ; ed unità per la misura della intensità sua , pag. 291, 292. — Formule (62), (63), (64), per misurare la intensità di una sbarra col bifilare, mediante le unità stabilite, pag. 293, 294. — Formule nuove (68), (69), (70), per determinare in modo assoluto, la intensità magnetica orizzontale della Terra, col solo bifilare, pag. 294... ...297. — Equazione (72) del rapporto X: M fra le intensità della sbarra, e della Terra secondo Lamont, pag. 297, 298. — Si stabilisce la unità della componente orizzontale del magnetismo terrestre ; breve sunto delle tre unità stabilite, che concorrono alla determinazione numerica della componente orizzontale magnetica terrestre, pag. 298, 299. — Si determina, mediante la (76), il tempo di oscillazione di una sbarra magnetica, pag. 299. ..302. — Formule (77), (78) per determinare il prodotto MX delle intensità magnetiche di una sbarra, e della Terra mediante il tempo di oscillazione della sbarra stessa, pag. 302 , 303. — Momenti d'inerzia (79), (80), (81), (82) di una sbarra parallelepi pedo, e di una cilindrica piena, e vuota, pag. 303. ..308. — Formule finali (83), (84) per la determinazione della componente orizzontale magnetica terrestre, pag. 308, 309. — Unità inglese pel magnetismo terrestre; e rajjporto numerico (85) fm questa unità , e quella di Gauss , pag. 309 , 310. — Considerazioni sulla scelta dei tre elementi, che occorrono per la cognizione completa della forza magnetica totale, terrestre, p. 31 0. — Determinazione (87) della forza magnetica totale, pag. 311. — Deluci- dazioni di alcune difficoltà pratiche, le quali s' incontrano, quando vo- gliasi determinare la forza ora indicata, pag. 311, 312. — 316 — Sur l'origine de nos Chiffres. Lettre de M. L. Am. Sédillot a M. le Prince Balthasar Boncompagni. Cher Prince, avez regu sans doute les re'ponses que j’ai eu 1* honneur de vous adresser par P entremise de M. E. Janin; vous avez pu voir que le rap- prochement des deux Djemschid, propose' par nous corame une siraple liy- pothèse, s’e'tait trouve' confirme' par M. Woepcke à la suite de son examen du Ms. 7470 du British Museum. Je voudrais appeler aujourd’hui votre attention sur la question de l’ori- gine de nos chiffres, dont on s’occupe beaucoup en ce moment. Dans le dernier opuscule que j’ai publie' {Courtes obseroations etc. p. 9 et io), j’ai chea ce sujet quelques opinions fort contestables *), et main- tenu cette doublé proposition e'nonce'e dans ma Seconde lettre à M. de Humboldt (i859, page is) : 1? les chiffres que les Arabes appellent chiffres indiens ne sont autre chose que les chiffres romains abre'ge's } 2? nos chiffres modernes sont bien les chiffres arabes , très-le'gèrement modifie's. Hors de la tout n’est que confusion, et nous en trouvons une preuve ecla- tante dans le savant travail de M. Woepcke de si regrettable me'moire , Sur la propagation des chiffres indiens. 1) Voyez notamment les e'crits de MM. Martin de Rennes, Olleris de Clermont-Ferrand , Camille Dareste, Renan, G. de HumRoldt, etc. — 317 — (c Veuillez, iri’écrivait M. Woepcke le 12 octobre 1863, me permettre de )) remplir ma promesse, et de vous ofiiir mon memoire Sur la propaga- ci tion cles chiffres indieiis, dont j’ai 1’ honneiir de vous adresser ci-joiiit )) un exemplaire; vous y trouverez le developpement compiei de mes vues )) sur la question , accompagne' de 1’ expose' des fails soit ante'rieurement » connus, soit nouveaux, qui m’ont determine' a adopter Topinion a laquelle )) je me suis arréte'. Je serais très-lieureux si les raisons sur lesquelles je » m’appuye pouvaient vous paraìtre assez convaincantes pour vous faire « partager ma manière d’envisager le probléme. En tout cas, vous ne ver- rez, je l’espère, dans mon travail, aucune trace de parti pris, mais un h de'sir sincère de me laisser guider uniqueraent par l’ensemble des don- )) ne'es historiques dont on dispose en ce moment L’ opinion que M. Woopclce cherche a faire pre'valoir serait : que les chiffres incUens ont e'te' transporte's a Bagdad et en Egypte sous deux for- mes diffe'rentes, celle que les Arabes d’orient ont adopte'e, et celle que nous connaissons sous le nom de chiffres Gohar. Les ne'oplatoniciens auraient Iransmis aux latins les chiffres Gohar qui seraient ensuite passés cliez les Arahes et Afrique, pour revenir en Europe sous le nom de chiffres arabes, Cette idèe fort complexe a ètè accueillie favorablement par ceux qui per- sistent a piacer dans Linde l’origine de toutes choses. On fait aussi revivre le peuple de Bailly, qui nous aurait tout appris hormis son nom; ce nom a méme ètè retrouvè dans ces derniers temps; ce seraient les Arjas. On voit que le roman se continue. Vossius, Huel , Weidler croyaient a une origine tonte pythagoricienne ; M. Laugel, dans un article de la Reoue des deux Mondes du 15 aoùt 1864 (p. 977) d’après Ed. Rolli et Moritz Cantor, nous montre Pythagore allant s’instruire en Egypte et dans Linde, et nous transmettant nos chiffres mo- dernes qui seraient des chiffres déoanagaris -, il va méme plus loin en at- tribuant a la Science grecque et a la Science chinoise ! une communautè d’origine qu’ il place dans Lantique Babylonie; puis il suppose que le zèro est nè spontanèment dans plusieurs endroits a la fois, aux premiers siècles de Lère chrètienne (i). (1) M. le Wliitney, qui occupe un rang si distingue' parmi les indianistes, repousse l’ide'e d’une origine pytha- goricienne dans une lettre qu'il m’a fait l'honneur de m’ e'erire tout recemment (Newhaven , Connecticut , 14 fe'vricr 1855). — La lumière commence à se faire sur la valeur des travaux historiques de J. B. Biot. Je ne croyais pas, dit M. Whitney « that in all Biot’s treatment of Hindu astronomy, there was so little reai understanding of thè suh- » ject »; et faisant allusion a mes divers e'critSjil ajoute: a It is very strange to me that Biot had not directed thè 43 _ 318 _ Toutes ces hypothèses ne peuvent que s’eVanouir au premier soufflé de la critique; les chifFres dévanagaris que Prinsep a fait connaitre, sont d’une epoque moderne, du X® siede; les Grecs et les Romains, maìtres successivement de la plus grande partie de l’Asie, Lien loin d’emprunter a l’inde des notions scientifìques, lui ont comraunique leurs connaissances et leur oivilisation; les Indiens comme les Grecs ont adopte les lettres de l’alphabet pour repre'senter les nombres-, ils ont comme Archimede e'tabli ime échelle de noms de nom- bres-, ils ont ensuite accepte les chiffres Romains, ce que de'montrent claire- ment la lettre de M, E. Thomas et les tableaux insére' dans le Journal Asiatique (octobre 1863, p. 379). M. E. Thomas est méme obligé de convenir que les dix chiffres ou le systéme de numération decimale, ne reraonte pas au dela du 7"*® siede de notre ère. La question se trouve ainsi résolue; car tout ce qui précède cette époque ne peut étre considéré que comme des essais isolés. Il était irapossible, en elFet, qu’cn présence des chiffres ro- mains, on n’eut pas eu l’idée de les simplifier ou de les remplacer par des signes de convention ou de fantaisie; il n’y avait plus qu’un pas a franchir pour arriver au point ou au zéro‘, mais ce pas ne devait étie franchi que fort tard, vers le 7® ou le 8® siècle de notre ère. Quel fut Eauteur de cette révolution toute pacifique? il est reste' inconnu; mais ce qui est bien cer- tain c’est que fùt-il indien, latin ou grec, il avait pris pour base de son innovation les chiffres romains. C’est ici que se place naturellement le nom de Bocce. M. Chasles, dans une admirable dissertation (i) que M. Woepcke et M. Thomas ont un peu trop négligée, a parfaitement demontré que le systéme de V abacus coiiduisait nécessairement au systéme de numération decimale ; mais on pouvait se servir longtemps encore de Yabacus comme du souanpan de l’Asie orien- tale sans arriver aux dix chiffres, et ce qui le prouve péremptoirement, c’est qu’oTz nj est arrivé, en elFet, que plusieurs sièdes après. Ce qui a fait supposer leur origine indienne , c’est le nom de chiffres indiens que les arabes leur ont donne'. Lorsque Glaréan en 1554, et le pére Goar en 1654 (cité par M. Woepcke, page 7) combattent le nom de chiffres arabes ap- plique' a nos chiffres modernes, ils ne font que s’appuyer sur les arabes eux- mémes qui nommaient ces chiffres, chiffres indiens. Or nous savons que les » attention of his readers to them , l>y a single liint or reference; it appears to me, as » gcnuous, and Almost to lie regarded as mala JUies. » (1) Histoire de l'Arithme'tique, Juillet, 1843. I must Say, Wliony disine _ 319 — arabes ont appele la geometrie grecque , une scieiicc indienne (i), Cercle indien, un instrunient astronomkjue décrit par Proclus, eie. hes dix chiffres auxqueJs ils clonnent, la clenomination de calcili indieii peuveiit leur avoir ete' communiques par un savant venu de l’Inde (2); mais Finventeur pouvait étre aussi bien un nestorien, grec ou roniain, établi dans binde (3), et ce qui nous porterait a le croire, c’est que les dix chiffres arabes, quoiqu’en dise M. Woepeke, ne se retrouvent sous la méme forme dans aucun pays de la presqu’ìle hindoustanique (4), et que tous les rapprocliements proposes ne valent pas celili que nous avons fait entre les chiffres romains et les chiffres arabes {Seconde lettre à M. de Humboldt., p. is). En voici la reproduction: Chiffres romains I II III IV V VI VII vili IX abrege's 1 1' 1" r 0 1 V A Chiffres arabes 1 f V Av Les chiffres Gobar employes dans les provinces d’Afrique ne furent qu’une modification des chiffres arabes orientaux. M. Woepeke leur attribue une origine comraune; mais il cite lui méme (p. 38) un auteur arabe qui appelle les premiers indiens et les seconds Africains ou Gobar (5). Cet auteur explique en méme temps avec quelles lettres de l’alpliabet ont été forme's les chiffres Gobar, etFoncomprend très bien que les Arabes d’Afrique, qui donnaient aux lettres de Falphabet une valeur numérique, differente de celle des Arabes d’Orient, n’aient pas accepté leurs dix chiffres SMisj !à^]\oviev quelqué alte'ration de forme. Quant a l’origine de nos chiffres modernes , a qui fera-t-on accroire que (1) Les considerations de M. Woepeke a ce sujet ( pages 172 et suiv. ) soni sans replique ; mais il n* est pas de méme des conse'quences qu ii en tire; 011 ne saurait y trouver la preuve d’une origine indienne pour V Arithmètiqne pas plus que pour la Geometrie. — C’est bien par V Art gèoìnétriqiie qu’il faut traduire ’ et non pas par Vart indien ; loc, land. p. 178. (2) Un persontiage, dit El>n Aladami; Voy. Woepeke, p. 141, (3) Quicunque sit inventor, maxima sane illi debetur grafia; Lauremberg, cite par Woepeke, p. 8. — Toute l‘ar- gumentation a laquelle se livre ce dcrnier sur le lalilavislara et V Arenaire (p. 68 et suiv.) ne prouve en auenne manière qu* Archimede ait empruntd aux Indiens sa manière de calculer ; il reconnalt lui-méme , p. 86, que ce ne sont de sa part que des pre'somptions ; et All)irouni qu’il fait intervenir, p. 94 , et qui florissait au siede, peut étre egalement invoque dans un sens oppose et contre les Indiens. (4) M. W'oepeke, p. 44 et suiv. compare les opinions diverses de Prinsep, E. Thomas, Benfey, Weber et Lasseii; et on est tout etonné de ses conclusions; Les consideVations dans lesquelles il entre, p. 53, en s’appuyant sur M. Martin, pour etablir l’identite' des signes neopythagoriciens et les chiffres Gobar, ne sont en aucune manière favorables aui Indiens. (5) M. Woepeke p. 34, 36 et 39: un élif, un ya, les mots kldj, aww, un ain, un he, un waw retourné, deui z^ros relie's par un élif et un waw . — il est clair que les chiffres Gobar ne sont pas autre cliose que les lettres de l’alphahet arabe d’Afrique. — Voyez aussi p. 6i où M. W. presente comme hors de doute une assertion qu' il de'truit lui-méme un peu plus loin ( p. 183 , in not.) en reconnaissant que le nom de Gobar , si on l’éiplique par poiissière, peut aussi hien venir des Romains que des Indiens. _ 320 _ ^ce sont les chifFres de Pythagore reste's inconnus pendant tant de siècles (i); que ce sont les chifFres dévanagaris transmis aux Egyptiens, puis aux Latins qui les auraient communique's aux Arahes d’ Afrique , sans en garder eux inémes le souvenir, pour les reprendre a ces mémes Arahes quelques centaines d’anne'es plus tard? Pourquoi ne pas admettre la transmission tonte naturelle des chiffres arahes aux occidentaux, soit par les amhassades des Khalifes de Bagdad, a partir du IX*" siede de notre ère (2), soit par les Arahes d’Espagne, comme M. Woepcke en convient lui— méme (page 184) ? On a cru que nos chifFres étaient les apices de Bocce ; mais pourquoi adopter cette de'nomination de chiffres, qui est tonte arabe (3), et pourquoi leur donner ces Jioms arahes qu’on trouve dans les manuscrits du moyen- àge, et qui ont fait naltre de si singulières conjeclures ? (4). 1 Igin 6 Caltis 2 Andras 7 Zenis ou Zebis 3 Ormis 8 Temenias 4 Arbas 9 Celentis 5 Quimas 0 Sipos, Je sais bien qu’on a vu dans ces noms un melange de racines grecques et se'mitiques. M. Woepcke a pris la peine (pag. 23 et suiv.) de rapporter les hypothèses propose'es par MM. Vincent, Bienayrae', Martin, etc. Mais avec la seule transposition diormis et de celentis (5), on peut hardiment de'clarer que ce sont tous des mots arahes estropie's ou mal lus. M. Woepcke, qui trouve, p. 14, une telle origine peu vraisemblable, reconnait (p. I86, in not.) qu’au raoyen-àge, les transcriptions n’e'taient rieri moins qu’exactes ; qu’on rendait Aboubekre par Alhuhater, Abou-Merwan par Ahhomeron, Ihn Roschd par Averroès , Aboul-Hassan par Ellacha- sem, etc.; ajoutons que comme Velif arabe e'tait rendu arbitrairement par a , par i et par o , comme Abrachis pour Hipparque , Ibrahim pour (1) V. plusbautp. 317, not. l^re; M. Woepcke avoue, p. 14, qu’on ne saurait admettre l’invention inde'pendante des chiffres une première fois dans l'Inde, une autre fois chea les pythagoriciens. (2) M. Woepcke paralt croire avec M. Bethmann, p. 147 en not. que Charlemagne a pu proposer aux personnes de sa cour des prohlèmes fonde's sur l’emploi des neuf chiffres et du ae'ro. (3) M. Chasles dans son histoire de 1' arithme'tique cite'e plus haut , p. 5 , rapporte un passage de Vignier où il est question de Savoye Pithou et de Bernelinus, disciple de Gerbert, auteur d’un traite' de Abaco et Numeris, et où le mot : chiffres est employe’. (4) M. Woepcke, pag. 15 et suiv. 29 in not. est oppose sur cette question a MM. Martin, HalliWell, Lachmann, Boeckh, Friedlcinj voy. aussi notre Seconde lettre a M. de Humboldt , p. 19. (5) M. Nesselmann, dit M. Woepcke, p. 22, se re'cuse pour les mots ormis, caltis, celentis. — 321 _ Abraham, etc., on a pu donner a certains mots une forme toule exception- nelle. On sait que cl’ Emir al hahr, Commandant de la mer, nous avons fait amirai, commandant de ; qne de semi al ras, le cote de la téte, un copiste maladroit, e'crivant senit, au lieu de semi, a introduit le mot zenit dans notre langue. L’usage des points diacritiques modifie d’ ailleurs a volonte' la valeur de certaines letti'es arabes; le a ha devient dj on g avec un point au-dessous e- , et un Kh avec un point au-dessus; ce qui fait qu’ un celebre arabisant , trouvant le mot rih dans un manuscrit d’Elmacin, au lieu de zig a tradiiit par ventiis Almamonis, les Tabula: astronomicce Almamonis. Pourquoi doiic l’inventeur des noms des chiffres précite's, lisant fort mal l’arabe, ou ayant sous les yeux quelque manuscrit peu correct, n’aurait— il pas pris une lettre pour une autre et fourni des transcriptions fausses ou inexactes ? Par exemple, qu’au lieu de z^«,onaitlu , et ; voila le mot Igin tout troll ve. Cette legon vaut certes mieux que celles de -h la femme, et que toutes les autres. - Si l’on veut faire venir Igin de Jjf premier, il suffit de dire u-jf, iwin et Igin (i) (comme on a fait de oascons, gascons, de war, warriors, guerre et guerriers, etc.) Qu’au lieu de deux, on lise nous avons le second terme, sans recourir au mot barbare andras tire' de h ay-np, Pliomme. Le mot Celentis est evidemment le Celect, des Arabes {trois), par la seule transposition d’un point diacritique. De Arhaa, quatre, Khamset, cinq, Tsemaniah, huit, on a fait arbas, Qaimas, Temenias. Caltis (six), est une corruption de qu’on a lu et Zebis, sept vient de sept qu’on a lu quelque fois seni. Ormis (neuf), serait e'galement une fausse lecture de dont on aurait fait Enfin Sipos ne peut étre que le Sifr (vide) des Arabes, j^, qu’on aura lu j Sifos ; et certes, il faut donner libre carrière a son imagination pour y reconnaìtre le jeton, de M. Martin (2). C’est ce méme mot, Sifr, (1) MM. Reinaud, Letoiirneux et Hanoteau ont trouvé chez les BerLères, les termes ighem et igguen, (Woepcke, p. 27); mais il est plus facile de confondre le lam et le nomi à la fin d’un mot, que le nomi et le mim\ quant a igguen il vient, plutòt a coup sur, de iwwel premier, que de ighem. (2) M. Martin a e'te' e'gare' par le titre de tpViyotpOptOC V.(XX ivdovq adopte' par Pianude; le calcul au moyen de Jetons ou de boules n’a aucun rapport avec notre système de nume'ration. — M. VVocpcke, p. 133, repousse l’emploi de l'owicron pour zero ; il argumente 'a faux sur le mot sipos, p. 62 in noi. et p. 64, 189, I9l, se re'fute lui-mi?mc. nous cu avons _ 322 — traduit en italien par Zefiro qui a produit le mot Zero -, fait aussi le mot chiffres. Quant a ridentification de nos cliifFres modernes, avec les cliifFres arabes, elle est hors de doute, si l’ou consulte les manuscrits arabes d’Espagne, du XP siede, quoi qu’en dise M. Woepcke, p. 3i, et corame il Paffirme lui- méme p. 14 et 185-186. Que ce soit Gerbert ou tout autre qui ait introduit chez nous ce nouveau système de nurae'ration, le fait ne peut étre conteste et le tableau suivant en offre la meilleure preuve: Arabes Orientaux Arabes d’Afrique Arabes d’Espagne Chiffres modernes I r ^ I H f I 2^ I Z 3 F 0 i A i . f e ^ ^ s ^ • 4- ^ ^ g ^ o C’est a M. le prince Balthasar Boncompagni, au savant editeur du liber rigorismi de Jean de SeVille, della vita e delle opere di Gherardo Cre- monese, du Liber Abbaci de Le'onard de Pise, qu’ il appartient de fixer l’opinion sur cette delicate et inte'ressante question. Agre'ez , je vous prie, eber prince, l’assurance nouvelle de la considéra- tion et de l’affectueuse estime de Paris, le 20 Mars 1865. Votre tout devoué Serviteur Sédillot. (1) Voyez pour les explications de de'tail, notre Seconde lettre d M. de Humboldt, pag. 18 à 26 — Le renvei-se- ment de certains chiffires p, (| ( ^ E. h) retrouve dans les taLleaax de M. E. Thomas cites plus haut: I, II, III, deviennent m , H , , etc. — 323 — COMUNICAZIONI Il p. Secchi comunicò le sue ricerche di analisi spettrali su talune ne- bulose come appresso : Annunziai nell’ ultima sessione il risultato ottenuto dall’analisi spettrale della nebulosa di Orione. Proseguendo questi studi ho ana- lizzato quella dell’Idra che è planetaria , e la stella nebulosa di H. 45. Nei gemelli. Nella prima ho trovato per tutto spettro una semplice riga verde che occupa il posto in mezzo esattamente a ò e F. di Fraunhofer. Nella se- conda che è oggetto assai più difficile ho trovato una riga di cui non ho po- tuto fissare la posizione per la debolezza , e una traccia di spettro continuo debolissimo, quale si conviene a una stella di 7.“ in 8.“ grandezza. La dif- ficoltà di queste osservazioni è estrema esigendosi di restare all’ oscuro un quarto d’ora di tempo per dare all’occhio una sufficiente sensibilità. Questo risultato caratteristico però non vuoisi prendere come dimostra- tivo che non siavi traccia di altri colori più deboli , che forse non arrivano a noi, e ne ho una prova nel fatto di jeri sera in cui osservando il fuoco bianco di bengala si vedevano per tutto spettro due righe lucide sole nel verde bleu, quando la luce non era vivissima mentre se era viva ce n’erano molte altre. Qnesto studio però delle nebulose e specialmente di quella dell’ Idra è interessantissimo essendo questa nebulosa decomponibile come dimostrai nel 1856 negli Atti dell’accademia e nelle Memorie dell’osservatorio. Nell’ultimo numero del Mondes 23 marzo 1865 trovo una esposizione sig. Girdleston in cui esso fa una applicazione dei principii del moto rotatorio ai moti molecolari. Questa teoria è stata l’anno scorso da me esposta diffusamente nell’opera del- VUnità delle forze (isiche e ne avea gettato i semi fino dal 1858 nelle nostre memorie facendone una applicazione ai moti trasversali dell’etere. Secondo me il sig. Girdlestone non ne ha tirato tutto il profitto che si può, perchè con questi moti si può anche fare a meno di ammettere nelle molecole delle elasticità propriamente dette come ho dimostrato nell’opera suddetta. Non è una intenzione fare una reclamazione di priorità, ma solo di far vedere che certe idee credute strane quando furono da me emesse, la prima vanno prendendo piede nella scienza. Il medesimo fece dono del suo discorso intitolato: Le scoperte spettro- scopiche, in ordine alla ricerca della natura dei corpi celesti, pubblicato nel giornale. Arcadico t. 41 della nuova serie. — 324 — Il prof. cav. Otto Tigri, per mezzo del sig. prof. S. Cadet, offre in una seconda memoria la continuazione de’ suoi lavori, sulla trasformazione del san- gue in sostanza grassa (v. questi Atti, t. 17, p. 286), ed in una terza offre i suoi studi sul gozzo , ed il cretinismo , investigati anatomicamente in or- dine a fatti speciali d’empoliposi. CORRISPONDENZE La società reale delle scienze di Upsala, per mezzo del suo segretario perpetuo sig. E. Fries, annunzia l’invio delle sue pubblicazioni. COMITATO SEGRETO Il sig. presidente invita il corpo accademico deliberante, a nominare una commissione di quattro soci ordinari, affinchè riferisca sulla memoria, giunta in tempo legale aU’accademia, pel concorso al premio Carpi. Il programma pel conferimento di questo premio, fu pubblicato cogli Atti della tornata del 1 dicembre 1863 (t.** XYll di questi Atti, p. 58), ed il tema era «Sulle linee isotermiche della Italia, de’ suoi mari, ed isole adiacenti». Per tanto, mediante lo squittino segreto, fatto per ischede, la commis- sione pel rapporto sulla indicata memoria, si compose dei signori professori c P. A. Secchi , CoM. N- Prof. Cavalieri S. Bertolo , Cav. G. Ponzi, Monsignor F. Nardi. Il sig. presidente invitò l’accademia a preparare i temi pel futuro terzo conferimento del premio Carpi. L’accademia riunitasi legalmente a un ora pomeridiana , si sciolse dopo due ore di seduta. / — 325 — Soci ordinari presenti a questa sessione. S. Proja. — G. cav. Ponzi. — P. Sanguinetti. — S. Cadet. — - A. com. Cialdi. — P. Volpicelli. — M. cav. Azzarelli. — E. Fiorini. — B. Tortolini. E. Rolli. — V. cav. Diorio. — B. Boncompagni. — D. Ghelini. — F. Nardi. — A. Secchi. — G. Sereni. — L. Jacobini. • — N. com. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 10 di agosto del 1865. P. V. OPERE TENUTE IN DONO Atti delV /. R. Istituto veneto di scienze , lettere , ed arti. Dispensa 5“-8“ del 1863-64. Rendiconto delV Accademia delle scienze fisiche e matematiche, Anno IV - fase. 2° - febr. 1865. Relazione dei travagli scientifici, sostenuti nelVAnno \XX1X° delV Accademia Gioenica di scienze naturali in Catania , letta nella tornata ordinaria del 18 Dicembre ìS6i, dal segretario generale Carmelo Sciuto-Patti. Memorie della Società' italiana delle scienze, fondkta da Anton-Mario Lorgna - Serie seconda - Tomo F Modena, 1862. Vita di Antonio Alessandrini scritta dal prof. cav. L. Calori, Bologna, 1864 - un fase, in 4°. Terzo rendiconto statistico del medico direttore Giuseppe Ci rol am i. -Ve&aro 1864 -Un fase, in 4°. L' Osservatore Medico - Giornale S^c^7^awo - Settembre - Ottobre 1864. — Palermo. Bollettino dell' Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso dei SCIENZIATI, LETTERATI ED ^flT/sT/. - Dispensa XP - Napoli 1865. Gneis con impronta di Equiseto. Nota del comm. Angelo Sismon da. -Tormo 1 865 - un fase, in 8°. Idee elementari per una legge in materia di acque, di Cristoforo Negri - Torino, 1864 -un fase, in 8". Leggi Forestali, Memoria del suddetto. ~ Tormo 1864 -un fase, in 8“. Discorso Agrario di A. Co/>p/. - Roma, 1864 -un fase, in 8°. Atti dell' Ateneo F^a'sto. - Serie IP -voi. P: Puntata 4“- 1865. Bulletin ... Bulleltino dell' Accademia imp. delle scienze di S. Pietroburgo -Tomo V-n.* 3-8: Tomo Vl-n.' 1-5: Tomo VII n.‘ 1, e 2. — 326 — Memoires ... Memorie delViMPERiALE Accademia suddetta. - Tomo V -n.' 2-9: Tomo VI, n.‘ 1-11. Vrocedìngs ... Bullettini del R. Istituto di Londra. -n.‘ 39 e 40 - voi. IV- parte III. Ruìletm ... Bullettino della Società' Imperiale dei naturalisti di Mosca - , n.* 1, 2, 3, an. 1864. Comptes ... Conti resi dell' Accademia delle sgienze dell' I. istituto di Francia, in corrente. Jahrbuch ... AmiMano dell' I. R. Istituto Geologico di V/ìj;vìv^. - Aprile — Settembre 1864. Die fossilen ... / molluschi fossili del bacino terziario di Vienna ; del doti. Maurizio Hórn es -Viennà, 1865, in 4". Abbandlungen ... Att/ della società' Slesica - fase. 3" del 1862, e fase. T del 1864. Jabres-Bencbt ... Quarantunesimo rendiconto annuale della Società' suddetta — 1864. Pbysikayke ... Comunicazioni fisiche del Dr. C. Hansteen alla Università di Cristiania . Om de ... Sulla costituzione geologica di Kyststraekningen, di M. Irgens, e T. Hiortdahl. Cristiania, 1864. Om ... Sopra le giacciaje-folgefon, di S. A. Sene. Cristiania 1864. Bei ... Diario della R. Università' di Cristiania pel 1862. Index scholarum in universitate regia fredericiania centesimo secando ejus semestri anno MDCCCLXIV ab augusto mense ineunte habendarum, etc. Cristiania, 1864. Nova Acta regiae societatis scientiarum upsalensis. Serial tertiae - voi. V, - fase. I, an. 1864. Le scoperte spettroscopiche in ordine alla ricerca della natura dei corpi celesti - Discorso del p. Secchi, pubblicato nel giornale arcadico, t. 41 della nuova serie. Il gozzo ed il cretinismo anatomicamente investigati dal Dr. cav. A. Tic ri -Torino 1865. Sulla trasformazione del sangue in sostanza grassa. - Fatti speciali raccolti dal Dr. A. Tigri. Torino, 1864. IMPRIMATUR Fr. Hieronymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR Pelrus De Yillanova Castellacci Arohiep. Petrae Vicesgerens. ' 1 — 32T — ATTI DELL ACCADEMIA PONTIFICIA DE NUOVI LINCEI — SESSIONE EF BEL 7 MAGGIO 1865 PRESIDENZA DEL SIG. COM. N. PROF. EAPALIERI SAN DERTDLO MEMORIE E COMUNICAZIONI SEI SOCI ORSINARI E SEI CORRISPONSENTI Intorno ad un passo della Divina Commedia di Dante Allighieri, Lettera del prof. Ottaviano Fabrizio Mossotti a B. Boncompagni., seguita da una Nota intorno a questa lettera. LETTERA DEL PROF. OTTAVIANO FABRIZIO MOSSOTTI A B. BONCOMPAGNI Pregiatis'"° Sig" C w^ecoiido le sue intenzioni gli invio col mezzo della posta la copia manoscritta dell’opuscolo del Bottagisio sulla Fisica del Poema di Dante. Avendo stamane aperto a caso quest’ opuscolo mi cadde sott’occliio il cemento al verso 97 del Canto li del Paradiso, e come parmi che lo spositore non ab- bia bene reso il pensiero di Dante che racchiude un principio teorico molto più interessante di quello notato glielo accennerò in breve per dar altro argo- mento a questa lettera. A me pare che Dante coll’esempio dei tre specchi ha voluto segnalare il principio che le superficie piane luminose, od illuminate in egual grado appajono della stessa chiarezza a qualunque distanza siano poste, perchè la grandezza deU’iinmagine e la quantità di luce che riceve la pupilla da ciascun punto diminuendo ì’una e l’altra nella ragione inversa del quadrato della distanza, vi è un compenso, ed ogni elemento d’egual estensione delFim- magine apparente è sempie rappresentato da una stessa quantità di luce nel- 44 — 328 — rocchio a qualunque distanza si osservi la superficie. Il lume che stea dopo' l dosso deve essere supposto ad una distanza molto maggiore comparativamente a quella a cui sono gli specchi fra loro, come il sole lo è rispettivamente alle distanze delle diverse parti della superficie lunare, onde tanto gli specchi che queste parti siano sensibilmente illuminate in modo eguale. Certamente la spiegazione di Beatrice è falsa perchè non tiene conto della luce assorbita, ma il principio teorico di Dante è giusto, e per quell’epoca do- veva essere una verità sublime e di non comune cognizione. Lo prego a dar le mie memorie al di lei cognato Massimi, al ProL Tortollini e [sic) ed a tenermi come sono per un Pisa li 9 Luglio 1847. Suo Osseq Servo 0. F. Mossotti. P. s 11 Sig. A. Torri che ebbe la compiacenza di far fare la copia dell’opuscolo del Bottagisiosi (i'/c), essendosi offerto di farla pervenire a lei per mezzo del Consolato Austriaco ho prefferito di valermi di questa via per togliere di mezzo le difficolta della posta che non avrebbe voluto prenderlo alle condizioni di un libro stampato. La spesa della copia è stata di 16 paoli toscani. Esternamente : « A Sua Eccellenza j| Il Sig."^ Baldassarre Buoncompagni (j Principe di Piom- » bino 11 Roma |] Palazzo del P. di Piombino || in Piazza Colonna 2'^" piano ». — 329 — INTORNO ALLA PRECEDENTE LETTERA DEL PROF. MOSSOTTÌ NOTA DI B. BONCOMPAGM Un manoscritto ora da me posseduto, contrassegnato « n? 390 »;,ed intitolato nella terza sua pagina « lettere [[ d’ italiani || a |j b. boncompagm. », è com- posto di 371 carte, numerate ne’ margini superiori de’ coi numeri i-37i. Nelle carte 406“, 407'' di cpiesto manoscritto^ numerate ne’margiiii superiori de’rec^o coi numeri 406, 407^ trovasi un esemplare autografo d’una lettera scrittami in data di (c Pisa li 9 luglio 1847 »(l) daH’illustre scienziato Ottaviano Fabrizio Mossotti, già Professore di fisica matematica e di meccanica celeste nella Università di Pisa, nato in Novara nel giorno 18 di aprile del 1791 (2) , e tolto ai vivi nel giorno 20 di marzo del 1863 (3). Questa letteraèstampata nel presente volume (pag. 327, lin. 14-27; pag. 328, lin. 1—21), precisamente come si legge neH’aiitografo medesimo. In una edizione intitolata « la j| divina com.iiedia || di |j dante alighieri j| col co- » .MENTO II DI PIETRO FRATICELLI. |J NUOVA EDIZIONE CON GIUNTE E CORREZIONI || ARRIC- (1) Vedi sopra, pag. 328, lin. 11. (2) In un opuscolo, in 8?, intitolato ((RICORDO || DEI. H PROF. O. F. MOSSOTTÌ H DI 1| ZANOBI BICCHIERAI || » Estratto dal N. 80 della Gazzettadi Firenze, 0 5 aprile 1863. || FIRENZE |1 stamperia sulle LOGGE del » GRANO II 1863. » (pag. 4“, numerata 2, lin. 1 — 4) si legge : » Ottaviano FaLrizio Mossotti nacque a Novara » Rosa Gola, perduti nella puerizia , cd ehlie nove fl il 18 di aprile 1791 da Giovanni ingegnere e da » fratelli de’quali gli sopravvive solo Antonino. « In questo passo del suddetto opuscolo intitolato (( ricordo II del || PROF. O. F. MOSSOTTÌ », ecc. è asse- rito che il Prof. Ottaviano Fabrizio Mossotti nacque in Novara nel giorno 18 d’ aprile del 1791. (3) Nel suddetto opuscolo intitolato (C ricordo || DEL || PROF. O. E. MOSSOTTI », ecc. (pag. 15^, nume- rata 13, linee 12 — 23), si legge : S- lin. LA DIVINA COMME- DIA, ecc. i862 p»g- lin. I.A II DIVINA COM- MEDIA, ecc. 1864 P“S- lin. LA DIVINA COMME- DIA, ecc. 1862 pag- lin. LA II DIVINA COM- MEDIA, ecc. 1864 “4M ^8~ rimovi 492 10 rimuovi 491 Il fa 492 16 fa- 9 modo. 14 modo ; dopo il I dopo ’l 1 10 ritrovi. 15 ritruovi 12 lume 17 lume. Un esemplare della .suddetta edizione intitolata « la divina commedia, ecc. BERLINO, ecc. MDCCCLXII )> è ora pos,seduto dalla Biblioteca Magliabechiana di Firenze, e contrassegnato « XX. 5. 196 cioè « Stan- » za XX , Scafiùrle 5 , numero 196 progressivo delle opere ora collocate in questo Scaffale ». Un altro esemplare della medesima edizione è ora posseduto dalla Biblioteca della Regia Università di Torino, e con- trassegnato (( F. III. 262 », cioè « Scansia F, Palchetto III, numero 2 92 progressivo de’ volumi ora col- )) locati in questo palchetto ». — 331 — (( Supponendo iuvariabile l’apertura della pupilla dell’occhio, la » luce, che riceve l’occhio da ciascun punto di una superficie lumino- » sa, sarà dunque in ragione inversa del quadrato della distanza: )ì ma anche ogni piccola parte della superficie apparirà tanto più » piccola quanto è più lontana, e la sua grandezza apparente di- » ininuirà appunto come il quadrato della distanza (1), Ogni parte )) della superficie parrà quindi non aver cambiato intensità di luce, )) perché quanto più debole sarà la luce che essa invia all’occhio, j) altrettanto piccola sarà l’immagine che quella luce deve presen- » tare alla vista. Così le parti omologhe delle immagini dei corpi )) luminosi sono bensì più piccole , ma sono egualmente chiare a )) qualunque distanza essi siano situati , prescindendo dalla luce )) perduta nell’attraversare l’aria, o gli altri mezzi non perfetta- )) mente diafani. J (1) Per convincersene l'asta osservare che le linee appaiono a noi della A grandezza degli angoli che esse sottendono come corde, e che gli angoli sotto * i quali saranno viste , dopo una certa distanza , le dimensioni lineari delle » piccole parti di una superficie diminuiranno sensibilmente nella proporzione * della distanza stessa, e per conseguenza le grandezze apparenti delle medesi- i me pai'ti sembreranno diminuire come il quadrato della distanza. Legend. Lib. . III. Prop. XXVll. . la questo passo del suddetto volume intitolato « LEziom ele.ment.4ri || m ]] fisica M MATEMATICA, ecc. TOJ/0 II. )) , ccc. è climostvato il principio teorico menzionalo di sopra nelle linee 14-16 della pagina 330. (i) In un opuscolo, in 4?, intitolato <( osservazioni ||di|| Giovanni bottagisio||sopra la )) fisica il DEL il POEMA DI DANTE. || IN VERONA || PER l’eREDE MERLO || M. D. CCC. VII.)) (pag. 42% numerata 40; pag. 43% numerata 4i) si legge : La vista più lontana, li vedrai i Come convien , eh' egualmente risplenda. De *ante domanda alla sua Bice die sieno i segni « bui, ossia le macchie da lui vedute nel disco lunare, e la di spiegarle colla teoria della rarità e densità de’ » corpi ; ma Bice dimostra essere suo parere falso; e do- » versi attribuire l’esistenza di cotali macchie alla diversa > virtù insita ne’ pianeti, ed essere un formale principio, 6 che produce il fosco e ’l chiaro , e appresso Beatrice » confuta le ragioni di Dante, dicendo : » Piglierai tre specchi, e ne riporrai due a una distan- D za uguale da te, e 1’ altro sia più lontano in guisa che » tra mezzo due sia collocato. Poi tu rivolgendoti ad essi, » ponti di dietro più alto del tuo capo un lume, il quale J) illumini i tre specchi, e riflettano a te la luce. Benché riguardo alla quantità della luce non sia uguale la forza della sensazione della vista attesa la maggior lontananza i dello specchio di mezzo, tuttavia vedrai che riguardo alla j> qualità i tre specchi risplcndono d’una luce medesima. » Dicea adunque Beatrice che le macchie della luna i non poteano provenire dai corpi rari. Imperciocché , o a questi continuano ad esser rari da un estremo all’ altro » del disco Lunare, o veramente vi conviene essere im » termine da onde vadano a incontrare un corpo denso, che j) non lasci passar il raggio. Il primo non puote avvenire, » perché se il corpo della Luna fosse raro banda a banda, j) non vi sarebbe ecclissi, ossia fasi lunari, trasparendo il » lume come per cristallo od altra sostanza diafana ; il i secondo nè anche, perclié quantunque il corpo denso, in lì cui termina il raro sia più lontano, ciò non ostante dee » riflettere collo stesso vigore la luce, salva quella piccioLi a differenza insensibile, che nasce dalla maggiore distanza j> di questo corpo detto raro; lo che vuol provare Beatrice a coir esperienza dei tre specchi ; ma s’ inganna a partito » Beatrice nella soluzion deirobbiezione, poiché un corpo * raro riflette meno luce , perché assorbe alquanti raggi , D né tutti si riflettono, come sopra un corpo solido ; cosi » r acqua e lo specchio ne riflettono meno , e quindi da B lungi obbliquamente osservandoli sono oscuri. Di fatti i B Pittagorici , e con essi 1’ illustre Matematico Volfi.^ iie’ » suoi Elementi d' Astronomia , hanno opinato le macchie 1» della Luna essere mari, laghi, e stagni, de’ quali, come j> la nostra tena, la Luna abbonda, che, attesa la loro rarità » e trasparenza, non riverberano i raggi, che ricevono dal B Sole , ma in gran parte gli assorbono , e attesa poi la B lontananza non si possono a noi riflettere quelli anche , » che passano ; comecché Keill , il P. Riccioli ed Euge- B nio voglion che sieno l’ombre de’monti, che s’innalzano B cola, e delle valli e caverne, dove non vi può raggio di » Sole; ciò aversi discoperto co’ telescopi , avuto riguardo B alle disuguaglianze c scabrosità della superfizie Lunare; e B considerato che cotali macchie in Luna calante nereggia- B no assai, e nel plenilunio imbiancano per 1’ aspetto dì- * retto del Sole b. In questo passo del suddetto opuscolo intitolato « osservazioini [| di || giovanm (1) Un esemplare del suddetto volume intitolato ((LEZIONI ELEMENTARI || DI || Fisic.v matematica. )) ecc. TOMO II. », ecc. é ora posseduto dalla Biblioteca Magliabechiana di Firenze, e contrassegnato (( III. 4. 398 )), cioè (( Stanza III, Scaffale 4, numero 398 progressivo delle opere ora collocate in questo » scaffale )). Un altro esemplare del medesimo volume è ora posseduto dalla Biblioteca Palatina (li Fi- renze, e contrassegnato (( 16. 6. 6. 36 », cioè (( Stanza 16, Scaffale 6, Palchetto 6, numero 36 progressivo » delle opere ora collocate in questo palchetto ». — 332 — )) BOTTAGisio )), ecc., dalla parola « Dante » (vedi sopra, pag. 331, col.i*,lin. ii) alle parole «aspetto di-||retto del sole « (vedi sopra, pag. 331, col. 2®, lin. 31—32), sono esposti i nove versi del Paradiso di Dante, riportati di sopra nelle linee 4—12 della pagina 330. Il Prof. Mossotti nella sua lettera riportata di sopra (pag. 327, lin. 14-27; pag. 328, lin. 1-21) avverte che in questa esposizione deVersi medesimi non gli sembi a bene reso il pensiero di Dante. (1) In un volume, in 8°, intitolato « giornale || arcadico |1 di scienze, lettere, ed « ARTI 11 TOMO .YAT/Z/.jloTTOBRE, NOVEMBRE, E DECEMBRE [] MDCCCXXV. |) ROMA || NELLA )) STAMPERIA DEL GIORNALE [| PRESSO ANTONIO BODLZALER |) CoTL Ucenza de' Superiori 5) 1825. » (pag. 126®, numerata 126, lin. 32-36; pag. 127®, numerata 127, lin. 2-7) si legge: ( E poco appresso si fa mestro (sic) di non volgare espe- rimento : a ” Tre specclii prenderai, e due rimuovi » ” Da te (l’un modo, e l’altro più rimosso )i ” Tr’amùo li primi gli occhi tuoi ritruovi; Il ” Rivolto ad essi fa che dopo ’l dosso I) ” Ti stea un lume che i tre specchi accenda; 1) ” E torni a te da tutti ripercosso; » " Benché nel quanto tanto non si stenda Il ” La vista piu lontana, li vedrai a ” Come convien eh’ egualmente risplenda ». L’esperimento che in questo passo del suddetto volume intitolato « giornale j| » ARCADICO, ecc. TOMO XXV ui. », ccc. dicesi « non volgare» (vedi la prima linea della prima colonna della presente pagina 332) è il medesimo che nella precitata lettera del Prof. Mossotti è chiamato « esempio dei tre specchi » (Vedi sopra, pag. 327, lin. 2i). Nel medesimo volume intitolato « giornale |j arcadico, ecc. tomo xxviii- », ecc. (pag. 120®, numerata 120, lin. 6-25; pag. 121®-135®, numerate 121-135; pag. 136®, numerata 136, lin. 2-27) trovasi uno scritto, che nella prima linea della pagina 120®, numerata 120, del medesimo volume è intitolato « Di alcune cose di Dante toccanti y la fisica. », e nella linea 28 della pagina 136®, numerata 13C, del medesimo volume è firmato « Domenico Vaccolini ». Ciò che si riporta nelle linee 11-I6 della pre- sente pagina 332 fa parte di questo scritto (2). (1) Il .suddetto opuscolo intitolato « OSSERVAZIONI 1| Di il GIOVANNI BOTTAGISIO », CCC. è composto di 56 pagine, delle quali le 1“ — 27®, 28®, 47®, 48®, 55®, 56® non sono numerate, e le 4® — 26®, 29® — 46®, 49® — 54® sono numerate coi numeri 4 — 50. Quest'opuscolo è chiamato dal Prof. Mossotti nella precitata sua lettera (c opuscolo del Bottagisio sulla Fisica del Poema di Dante )) (Vedi sopra, pag. 327, lin. i6). Un esem- plare di quest’opuscolo è ora posseduto dalla Biblioteca Corsiniana di Roma, e contrassegnato « Col: 123 = )) 1 = 20 », cioè « Colonna 123, Palchetto I, numero 20 progressivo de’ volumi ora collocati in questo pal- )) chetto ». Un altro esemplare dell’ opuscolo medesimo trovasi nelle carte 3® — 30® d’ un volume ora pos- seduto dalla Biblioteca Palatina di Firenze, e contrassegnato « 2. B. 2, 1. 54 », cioè « Sala 2, Banco, » Sezione 2, Palchetto 1, numero 54 progressivo de’ volumi ora collocati in cpiesto palchetto ». . (2) Il suddetto volume intitolato (( GIORNALE || arcadico, ecc. tomo xxrill », ecc. è composto di 416 pagine, delle quali le 1®, 2®, 145® — 148®, 284® — 290®, 413® — 416» non sono numerate, e le 3® — 144®, 149®— 283®, 291® — 412® sono numerate coi numeri 3 — 52, 35, 54 — 62, 64 — 112, 311, 114 — 144, 149 — 263, 164, 265 — 283, 289 — 410. Un esemplare di questo volume è ora posseduto dalla Biblioteca Angelica di Ro- ma, e contrassegnato « (-f-). 11. 31 », cioè (( Scansia (-f-), Palchetto il, numero 31 progressivo de’volu- » mi ora collocati in questo palchetto ». Un altro esemplare del medesimo volume è ora posseduto dalla Biblioteca Corsiniana di Roma, e contrassegnato « X. A. 28 », cioè « Bancone X, Sezione A, numero 28 » progre.ssivo de’volumi ora collocati in questa sezione ». A-U Sopra due piante che il chiarissimo professore Ernesto Mauri, di felice me- moria, lasciava denominate nell' Orto Botanico dell' Archiginnasio Romano. Del prof. Ettore Bolli. j\el descrivere queste due piante mi è grato di richiamare alla memoria di tanti illustri Naturalisti li nomi di Ernesto Mauri, di Giovanni Battista Broc- chi , e di Michele Tenore ; ma poiché non mi è dato di essere del tutto dì primo a far parola di queste, devo necessariamente premettere, come brevis- sima istoria, le osservazioni seguenti. Il nome adunque di queste piante non riesce ora certamente nuovo alla scienza, mentre sino dall’anno 1845 il celebre botanico italiano prof. Michele Tenore di f. m. pubblicando il catalogo delle piante dell’ Orto Botanico di Na- poli, dava di queste due nuove piante non solo la notizia, ma ne descriveva in gran parte anche una, indicandole però come ricevute alcuni anni avanti dal Mauri, loro scopritore. In fatti la prima di queste è riportata alla pag. 80, num. 27 dell’ enunciato catalogo con il nome di Brocchia dichotoma Mauri inedita con la trascritta annotazione « Sono già molti anni dacché il fù prof. » Mauri dall’ Orto Botanico Romano inviava questa pianta intitolata al chia- )) rissimo Brocchi, e ne prometteva 1’ illustrazione. Rapito poscia da immatura » morte rimaneva la Brocchia quasi dimenticata, come che non sia dato rin- » venirla in verun libro. Ritenendola qual preziosa memoria del compianto )) mio amico, questo alberetto vegeta bene nell’ Orto Napolitano, e vi fiorisce » ogni anno; quindi é che ad onorare la memoria di tale illustre ed infelice )) coppia di Italiani naturalisti, comunque mancante dell’individuo maschio, ho )) creduto doverne divulgare la notizia ». ■ L’altra pianta poi é soltanto indicata nello stesso catalogo alla pag. 86, num. 80, ed é il Gossypium molle Mauri di cui non poteva dare il Tenore alcuna descrizione, avendola perduta neH’antecedente inverno, come in seguito dell’ indicazione di questa ha avvertito. Ambedue le piante appartengono ad un clima caldo, e sembrano originarie dell’Arabia , ottenute forse dalli semi che spesso si trovano sparsi fra le gomme dette Arabiche che ci vengono portate in commercio, mentre bene mi é noto che il Mauri si dava cura di farne fare continuamente ricerca ; e conservandosi tanto l’una che l’altra in buona vegetazione nell’Orto Botanico Romano, mi hanno dato campo di pro- seguirne lo studio. Cosi riguardando la descrizione della Brocchia dichotoma 45 — 334 — Mauri riportata dal Tenore, considerava che quantunque fosse una pianta con fiori dioici , della quale possedeva il Mauri la sola femmina , pur tuttavia li pochi caratteri esterni del pericarpio ivi notati si potevano non solamente com- pletare, ma anche aggiungervi quelli più interressanti della interna struttura, delle qualità e quantità delle sue divisioni, del numero, situazione, ed inser- zione degli ovuli ancorché non fecondati; la qual cosa unitamente alla figura, da me nello stato naturale eseguita, mi sembrava di giovamento per dimostrare meglio ed arricchire questo genere di altri buoni caratteri, onde rendere meno difficile la determinazione della sua famiglia naturale, già denunziata dallo stesso Tenore siccome incerta; essendo che se per l’abito è molto affine alle Loran- tacee, ne è poi per li fiori, e per il frutto differentissima. Circa poi la denominazione di questo genere Brocchia stabilito primiera- mente dal Mauri fa duopo anche di ricordare che un’altro chiarmo botanico il Prof. Visiani nel descrivere l’ Illustrazione delle piante dell’ Egitto , ove il Brocchi per amore della scienza fu vittima, volle onorare con lo stesso nome generico la memoria dell’ esimio e sciagurato naturalista , e così ricavò da una specie del genere Tanacetum Lin. la Brocchia cinerea Visiani , traspor- tata anche dal Loudon nel genere Grangea , e dal Belile nell’ altro genere Cotula , riportandone anche la figura nella Flora dell’Egitto tav. 41 n.° 4; ma avendo vagato in tal modo questa pianta da l’un genere all’altro ben dif- ferente e distinto, chiaramente apparisce che non è fornita di caratteri tanto rilevanti da formarne un genere particolare ; ed è appunto per tale ragione che il traslocamento di questa, tanto nel genere del Visiani, quanto degli altri due sopradetti, non meritò l’approvazione di tutti li più rinomati botanici, tra quali sono da annoverarsi lo Steudel nel Nomenclator Botanicus, l’Endlicher nel Genera Plantarum , che hanno lasciato questa pianta sotto il genere Tanacetum, approvando così lo studio fatto sopra di questo dal De Candolle, che nel Tomo VI del Prodromo ha conservato soltanto il nome di Brocchia alla Sezione IV del genere Tanacetum DC, contenente un gruppo di alcune specie africane. Il rimanere adunque ancora nella scienza ad onore del Mauri il luogo ed il primato di questo genere, da lui antecedentemente formato, è ciò che mi dava il più giusto motivo di doverlo di bel nuovo descrivere ed illustrare. Riguardo poi al Gossypium molle Mauri ho dovuto darne per il primo la intiera descrizione, essendo affatto mancante di questa il Catalogo del Te- nore da me citato; ne mancai alcuni anni or sono di dare a quel grande — 335 — botanico notizia che questa bella specie del Mauri era ancora coltivata nel- r Orto Botanico Romano, e ne ricevetti , con bontà sua notabile , ripetute esortazioni di pubblicarla. Secondando ora adunque l’apprezzabile, e benevola volontà di quell’ottimo, e dottissimo personaggio , e non potendo io certamente essere in grado di recare alcun vantaggio alla scienza, avrò almeno procurato di soddisfare ad un sagro dovere, palesando sempre più il merito di un nostro illustre defunto botanico, alla patria, e alla scienza da prematura morte rapito. BROCCHI A. Mauri Flores dioici. Flos mas Foemineus aestivatione imbricata in ramorurn dichotomia solitarius. Perigonium simplex, pentaphyllum, foliolis inferne con- natis, duplici serie alternatim dispositis, ovarium usque ad medium tegentibus. Ovarium liberum, triloculare, loculis uniovulatis. Ovula anatropa ex angulorum centralium apice pendula. Styli tres , filiforrnes villosi , stygmatosi. Capsula conica, papyracea, nitens, trilocularis. Semina Huic generi tale nomen Auctor affixit, ut Joannis Baptistae Brocchi cele- berrimi viri suique amicissimi memoriam revocaret. BROCCHIA dichotoma, Mauri. Tabul. /.“ Frutex sempervirens, debilis, 3-5 pedalis, adpresse pubescens, dichotome ramosus, ramis incrassato-nodosis , teretibus , sub flexuosis. Folia opposita elliptico-oblonga, acutiuscula, subsessilia, senescendo coriacea, glauca, nervosa, nervis vix manifestis, in sicco prominenlibus, Flores virescentes in ramorurn dichotomia solitarii breviter peduncolati, cernui, pedunculis tomentosis, bra- cteatis. Bracteis 3-5 persistentibus, ovato-lanceolatis; supremis majoribus pe- rigonio adpressis. Perigonium ovatum pentaphyllum, foliolis inferne connatis marcescentibus , ovato-lingulatis, basi carnosis, ad medium reflexis, duobus exterioribus latioribus brevioribusque, interioribus longioribus interdum paten- tibiis. Ovarium perigonio subdimidio brevius, subpyriforme, glabrum, nitidum, triloculare. Ovula in loculis solitaria , anatropa , pendula. Styli tres ovarii longitudinem superantes, filiforrnes, villosi, divaricati, flexuosi, stigmatosi. Floret Decembri , Januario. B. dichotoma Tenor. Catalogo delle piante che si coltivano nel R. Orto Botanico di Napoli 1845 pag. 80. Patria prorsus ignota, tropicalis fortasse quoniam frigorum vim minime perpetitur. — 336 Familia ob maris defectum incerta, et quamquam habitu sit Loranthaceis affinis, nihilominus caeteris onjnibus fere characteribus longe recedit. GOSSYPIUM molle. Mauri Tabul. IL‘^ Frutex 2-3 pedes altus , pilis simplicibus stellatisque mollis , ramosus , ramis subflexuosis, rubescentibus. Folia petiolata , petiolis folio brevioribus , ' uniglandulosa, pollicem cum dimidio longa, late cordata , quinqueloba , lobis majoribus ovatis, acutis, uninerviis, mucronulatis, infìmis minoribus obtusis, 2-3 nerviis. Stipulae lineares. Involucelli foliola late cordata, inaequaliter inciso- dentata , sinubus uniglandulosis. Pedunculi teretes axillares genicolati, apice eglandulosi, unifoliati, petiolurn fare superantes. Calyx subinteger glandulosus, glandulis sparsis punctiformibus nigris. Petala obconica, sulphurea, basi fere ad medium macula punicea obcordata vel obovata notata, glandulosa , glan- dulis punctiformibus nigris vix manifestis. Stigmata duo, tria, tubo stamineo stricto rubro-punctato, sub longiora. Capsula rotundato-trigona nucis avellanae magnitudinem vix excedens, trilocularis, trivalvis ; valvis apice breviter ro- stratis , rostro bitìdo , basi plus minusve scrobiculato, loculis 3-6 spermiis. Semina parva, ovata, obtusa, angolata, epidermide dense niveolanata. Floret. Augusto, Septembri. Patria. Arabia ? Hanc speciem ut potui descripsi atque designavi stato suo naturali ad memoriam Botanicorum revocando Cavanillesii de Gossypiis sententiam « Gos- sijpia genus constituunt valde naturale, et ut in generibus naturalibus evenit, species vix differentias accipiunt. (1). Quam postea Gl. Decandollius confir- mavit, dum in Pr. S. N. Regni Vegetabilis de eodem genere retulit. Hic species a Botanicis admissas recenseam monens tamen hoc genus monogra- phiae accuratae et ex vivo elaboratae maxime egere. C (1) Cavanill. Sexta Dissert. Botanic, pag. 310. — 337 Qualche chiosa sul capo 1 7 del libro 1 della Natura degli Animali di Aristotele. Memoria del prof. V. Diorio presentata alla Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei nella seduta del 2 Aprile 1865, Il Chiarissimo Professore H. Milne Eduards nel 3° vofume delle classiche le- zioni che sta puhlicando sopra la fìsiologiu e 1’ anatomia comparata dell’ uomo e degli animali, incomincia la sua vigesima lezione con la storia della sco- perta della circolazione sanguigna: e mentre ne conferma all’ illustre Haruey la gloria, accenna con molta imparzialità che « tale scoperta fu poco a poco preparata per i sforzi di un gran numero di osservatori ; sicché 1’ uom di genio che a quella aggiunse il suo nome , per compiere 1’ opera sua, non aveva che ad aggiungere un piccolo numero di fatti a quelli costatati da suoi pre- decessori, ed a coglierne 1’ incatenamento, ed a dedurne la conseguenza ». 11 dotto Professore per provare il suo asserto , va riassumendo quanto gli antichi medici della Grecia avevano sul proposito di cognizioni ; ed accenna agli Asclepiadei ; ed Omero gli fa ricordare il nome di Pedalino , divenuto per la vita di un uomo campato da morte per mezzo del salasso, da sem- plice medico dell’ esercito di Agamennone , niente meno che sovrano del Chersoneso : indica finalmente come ai tempi d’ Ippocrate si cacciasse san- gue da più vene, di cui era ben noto in canseguenza il sito (1). Passa dopo ciò a nominare Aristotele. E mentre il celebre Hallero nella sua fisiologia (2). sviscerandosi per 1’ Harvey , sembra che studiisi di togliere la devota lode , a quanti prepararono o concorsero, più o meno direttamente, a quella tanto celebre scoperta; e pare che quasi solo a sfreggio siasi dilettato di risvegliare dal sonno antico Platone, Galeno, Euripide, Nemesio , e fino il dottissimo Sa- lomone ; dimenticandosi solo di chi meglio voleva essere nominato con di- stinta lode, cioè a dire, del Filosofo di Stagira, del Maestro del grande Ales- sandro : arreca non poco diletto, il vedere rivendicato, ancora in questa sco- perta; dal più celebre fra i viventi naturalisti , il nome e la gloria di colui che nelle età passate, come nella presente devesi salutare qual Principe dei cultori delle scienze filosofiche e naturali. Sperando perciò di potere ancor noi aggiungere qualche piccola chiosa a quanto il dotto Francese ha scritto per Aristotele ; toccheremo a fior (1) M. Edw. op. cit. t. 3, pag. 3. not. (2) Alb. Ealler. Eleni, physiel. t. 1, III, sez. III. 338 — di labbra qualche passo degli antichi suoi scritti ; onde vie meglio risulti , quanto avanzate si- fossero le cognizioni di quel Sommo , eziandio in quelle materie, che a rigore possiam dir nuove : e se ne accresca quindi a lui la gloria ; ed a’ moderni inverso del medesimo il rispetto. Prima però dobbiam premettere quanto il Milne Edwards ha riferito su di Aristotele, nella questione che prendiamo a trattare ; per esporre dipoi quanto crediamo di aggiungervi. 11 prof, ora lodato scrive adunque, neH’opera già citata nel modo seguente : « così Aristotele istesso, le di cui cognizioni ana- tomiche erano ben superiori a quelle di Ippocrate, non potè lanciare che po- che viste , sopra le questioni filosofiche di cui V esame ci occupa in questo momento. Gli sì deve frattanto la cognizione di alcuni fatti importanti. Così fu egli il primo a costatare che le vene comunicano con il cuore o ne na- scono, per servirmi di una espressione, che essendo pure men giusta, tra- duce meglio il suo pensiero : che dei vasi si portano eziandio dal cuore ai polmoni , e le cavità del cuore siccome quelle delle vene , sono ripiene di sangue » . 11 dotto Autore aggiunge al paragrafo qui riportato nella favella no- stra la nota seguente: » Aristotele imprendendo la storia delle vene ha fatto conoscere le opinioni dei suoi predecessori relativamente al modo di distri- buzione di questi vasi , e dà egli in questa occasione dei sunti abbastanza estesi degli scritti di Syennesio di Cipro, di Diogene Apollinare, e di Polibio. Critica con raggione ciò eh’ essi avevano detto dell’ origine delle vene nella testa, e stabilisce eh’ esse nascono dal cuore. Sonovi , dice egli, nel petto , allo innanzi della spina dorsale, due vene (o vasi) delle quali 1’ una più pic- cola trovasi situata più a siuistra e più indietro dell’ altra, porta il nome di Aorta, parla pure della biforcazione di questi due vasi verso la parte inferiore del ventre e dei principali rami che ne derivano; ma suppone che le ramificazioni dell’ aorta cangiasi in nervi verso le loro terminazioni. La descrizione che dà Aristotele del cuore egualmente è intaccata di alcuni gravi errori. Cosi, dice egli, che negli animali grandi il cuore è scavato in tre cavità. Tale asserto è stato interpretato diversamente dagli anatomici moderni. Gli uni pensano eh’ egli ha preso per un ventrìcolo medio la porzione basilare dell’ aorta, al- tri suppongono che questa istessa cavità media non è altra cosa che una di- pendenza del ventrieolo dritto. Sembrami però più probabile che bisogni spie- gar questo passo diversamente, e che la cavità dritta è 1’ orecchietta venosa e la cavità media il ventricolo dritto, e la cavità sinistra il ventricolo sini- stro. Infatti dice Aristotele positivamente che la vena grande cioè a dire la vena cava, nasce dalla cavità che occupa a dritta la parte superiore del cuore, ora non può ciò applicarsi che all’ orecchietta dritta , ed io non veggo rag- gione alcuna per supporre che Aristotele abbia creduto alla esistenza di un ventricolo situato fra le due cavità alle quali si danno oggi i nomi di ren- tricolo dritto e di ventricolo sinistro. In vece di descrivere tre cavità là dove non ve ne sono che due, ha egli lasciato di far menzione della quarta cavità, che in realtà esiste e sèmhra sfuggita alle sue investigazioni , cioè 1’ orec- chietta sinistra, che probabilmente egli non distingueva dall’ orecchietta dritta ». Fin qui il Prof. Milne Edwards. Ora rileggendo noi il capo 17 del libro III degli animali tradotto nella lingua del Lazio da Teodoro Gaza, e confrontandolo con altri passi dei libri Aristotelici ; abbiam creduto di riscontrarvi lo emendamento di qualcuno degli errori attribuiti a quel sommo filosofo dell’ antichità ; lo schiarimento di qual- che punto controverso ; e di più ancora un qualche cenno d’ alcuni altri fatti relativi al circolo sanguigno, i quali per leggittima induzione guidavano alla ricerca della piccola e della grande circolazione. Ora se noi male non ci ap- poniamo, il triplice asserto nostro , riman provato dai passi Aristotelici che prendiamo a dilucidare. E per incominciare ; s’ incolpa ad Aristotele di aver sbagliato, assegnando tre cavità sole al cuore degli animali superiori ; nei quali quel viscere ne presenta invece quattro. Pur troppo è vero che nel capo e libro sù citato si legge « cor sinum triplicem continet... maximum dextro in latore, mini- mum in sinistro : medium magnitudine inter sinistrum et dextrum » Nel capo 3“ però del 3° libro aggiunge « oritur ex eo amplissimo supremoque sinu {dextro scilicet) vena major : sedemque dextram tenet : mox per medium sinum formam recipit venne: utpotc cun ipsemet ventriculus cordis venne pnrticuln sit in qun snnguis restngnet ». Consegue evidentemente da queste ultime parole cbe il filosofo di Stagira, non disconobbe veramente il ventricolo destro del cuore ; ma solo, non lo nominò individuandolo, perchè considerollo come parte della vena che nasce in mezzo del gran seno e non come parte del cuore : « utpote cum ipsemet ventriculus cordis, venne pnrticuln sit in qua sanguis restagnet ». Ecco dunque che il principale errore Aristotelico svanisce per le spiegazioni date in certo modo da lui medesimo; il quale soggiunge immediatamente dopo « Aortn de sinu medio exit sed non eodem modo » quasi a confermare per la indicazione della differenza; quanto del seno destro, — 340 — e della vena che ne sorge, accompagnata dalla dilatazione ventricolare, avea indicato. L’ altro errore che si attribuisce ad Aristotele deriverebbe dalla poca chiarezza con la quale si espresse parlando del seno medio del cuore : manco di chiarezza che avrebbe dato motivo agli anatomici moderni di pensarla di- versamente sulla natura del seno anzidetto ; interpretandolo taluni come la porzione basilare dell’ aorta ; tal’ altri come una dipendenza del ventricolo dritto; ed il Milne Edwards finalmente opinando che sia desso appunto il de- stro ventricolo tutto intiero. In quanto a me confesso di non trovare rag- giane di esitanza , ne occasion di errore in ciò che il greco filosofo su tal proposito, ci lasciò scritto. Quell’ Aorla de sinu medio exit. Spiega mi pare chiaramente che deve essere tenuto per seno medio quello da cui nasce l’aorta. Ora nessuno dei moderni dubita che faorta tolga il suo principio dal ventricolo sinistro. Scende pertanto dai due punti già disaminati: 1° che Aristotele non disconobbe il ventricolo dritto, ma lo considerò immedesimato con il gran seno destro di cui fa parte, e come uno sfiancamento della vena, che in mezzo a lui apre il suo lume : 2“ che definì Aristotele nettamente il seno medio per il ventricolo aortico dei moderni. Rimarrebbe ora a trovare , cosa mai quel sommo pensasse relativamente al seno sinistro da lui pur nominato. Ed in vero, per dire che probabilmente Aristotele non distingueva 1’ orecchietta sinistra del cuore, dall’ orecchietta dritta ; converebbe cominciar dal cancellare quanto in lui troviam scritto, e quanto su que’ scritti abbiam già raggionato in rapporto alle altre due cavità. Di più non una sola volta quel Sommo del sinistro seno direttamente od indirettamente favellò : così per esempio, nel capo e libro, che fa f argomento del nostro dire si legge « Quin etiam ad pulmonem meatus a corde ducuntur perpetui fìndunturque eodem quo arte- ria modo: in omnes pulmonis partes et meatus qui eodem ab arteria ten- dunt sequuntur: verum ii superiorem obtinent situm: neque ullo comuni fo- ramine ad illos commeant : sed sua ipsi copulatione : spiritum quem cordi transmittant recipiunt. pertinent enim alter ad cavum destriim: alter ad ca- vum sinistrum ». L’ ultimo inciso di questo periodo come ognun vede non solo nomina di nuovo il seno sinistro cavum sinistrum » ; ma lo nomina in rapporto ai vasi che vi si conducono « ab arteria » cioè a dire dall’ aspera arteria (poiché i depositi adiposi del pericardio, non è raro che abbraccino e quasi nascondano le vene pulmonari che a lui sono addossate). Di più al capo 1 6" del 1 libro aveva già detto espressamente « Cor etiam arteriae iungitur obe- — 341 — sis cartillagineis ; fibrosisque vinculis : et qua annectitur cavum est » Ora che quasi pingui legamenti appariscano le vene polmonari, che legano il seno sinistro del cuore, all’ organo respiratorio ; nessuno degli anatomici lo ignora. Queir avvertenza poi fatta dal filosofo : « et qua annectitur cavum est » in- dica nettamente , non aver queg’i scambiata qui , la struttura vasale con la legamentosa. Ecco però che mentre ci dichiariamo difensori di Aristotele per 1’ un capo ; pur non volendolo , lo manifestiamo in errore per 1’ altro : essendo errore antico (di Erasistrato) e secondo le apparenze , ammesso ancora da Aristotele (quello di credere che l’ aria giungesse direttamente al cuore dalla arteria, cioè a dire dalla trachea e dai bronchi ; e forse per la via dei cardiaci legamenti accennati di sopra per quell’ « et qua annectitur cavum est ». Le leggi poi della sintassi, neanche ci permettono di riferire quell’ inciso del passo prima riferito « alter ad cavnm sinistrum » ad altro che a quei vasi i quali facendo antitesi a quelli che « meatiis qui eodem ab arteria ten- dunt sequuntur » ; sono espressi in quelli « ii superiorem obtinent sitimi » ossia nei vasi aerei. Questa interpretazione ci viene pure suggerita da quanto leggiamo in Galeno nel libro 6 al cap. 10, « De usu partium » relativa- mente alle arterie venose ed alle vene arteriose ; vene arteriose che sboc- cando nella sinistra orecchietta , portano al cuore 1’ aria che aspirarono dal polmone. Pria però di darci per vinti in già decisa tenzone, e di consentire noi pure a quanto al primo aspetto , sembra pur vero sull’ errore od appro- vato , 0 ritenuto dallo Stagirita , in quello che si riferisce alla penetrazione diretta dall’ aria ispirata nel cuore ; pria di cedere le armi vogliamo che ci sì concilino fra loro alcune, che ammesso quest’ ultimo caso, sarebbero espres- sioni contradittorie: le quali per gli scritti di un filosofo sarebbero cosa men decorosa. Or bene nel capo XVII già più volte citato leggiamo « (cor) babet (ut modo exposui) sinum triplicem maximum dextro in latore : minimum in sinistro : medium magnitudine inter sinistrum et dextrum. Omnes ad pul- moném foraminibus pervii redduntnr ». Ecco un primo fatto accennato in queste ultime parole aristoteliche ; che stabilisce tutti i seni del onore essere in comunicazione con il polmone. Un po più in basso dice che i vasi san- guigni polmonari , non communicano per alcun forame comune con i vasi aerei « neque ulto comuni foramine ad illos commeant » E eco un secondo fatto, che esclude la comunicazione diretta dei vasi aerei coi vasi sanguigni che corrispondono al cuore. Se 1’ aria , avesse Aristotele creduto che si ver- 46 — 342 — sasse, 0 che sì potesse versare, sempre direttamente dalle arterie nel cuore; avrebbe egli detto che , questi vasi, ed in conseguenza il lor contenuto « nullo comuni foramine « mettevansi in comunicazione, con tutti quegli altri meati, che ha dichiarato dì sopra aprirsi nel cuore ? Se ammetteva un passaggio diretto dell’ aria dall’ aspera arteria nel cuore ; a che prendersi tanta cura di dirci , che quella solo per penetrazione mollecolare, quasi predicendo la moderna endosmosi , dai vasi aerei facesse ai sanguigni passaggio, scrivendo (( copulatione ipsi sua , spiritum quem cordi transmittunt recipiunt )> ? E questo ultimo è tale un fatto, che sfuggito all’autore francese (1), non fa che accrescere e raddoppiare le glorie Aristoteliche, per le viste emesse , in secoli così remoti su discoperte , che a buon diritto chìamiam moderne; in- tendendo io dire della già accennata endosmosi polmonare. Ne ciò basta ancora al nostro fine ; imperocché se quel filosofo, avesse creduto che l’aria direttamente al cuore giugnesse dall’organo respiratore; era a lui gioco forza d’escludere , in condizioni normali , il sangue da qualcuno (l) Il più volte lodato Professore H. Milne Edwards nel volpme 1 dell’ opera sii ci- tata, nella lezione 7’ e precipuamente nella nota 1 della pagina 376, parlando della respi- razione, scrive che « le idee di Aristotele in rispetto ai rapporti degli animali con 1’ aria, erano un po vaghi, assai incompleti e spesso del tutto falsi « : aggiunge che « egli (Aristo- tele) pensava che 1’ aria insufflata in quest’ organo (cioè nel polmone), penetrava nel cuore » e cita il §. 16 del 1 lih., il §. 25 del lib. 8. de n. Anim e di più il lib. 'ìdepartib. anim. Noi abbiamo esposta già nettamente la nostra maniera di vedere sù tal quesiione, e ripor- tammo le parole del filosofo, relative alla entrata endosmotica dell’aria ispirata nei vasi san- guigni che attraversano il polmone: durante la vita. Nel 1 §. citato dal dottissimo profes- sore francese leggonsi per altro le parole seguenti « Spiritum dum arteria inflatur : an subeat cor: minus iu nonnullis constat : scilicet minutis. Atin grandioribus animalium spiritum cor subire ipsum apertum est ». La citazione 2 è equivocata, siccome ancora la 3."' È solo nel 3 libro de partibus animalium al cap. 3® verso il fine che si legge « Pulmo eamdem quara cor obtinet sedem • idque araplectitur. spiratio tum propter pulmonem : tum propter origi- nem cordi inditam agitur, attrahitur et redditur aer per arteriam ». La prima delie citazioni riportate è per noi equivoca, primo: perchè non abbraccia tutti gli animali polmonati {mi- nus in nonnullis constat) ; secondo perchè parla di insufflazione dei vasi aerei, che può es- sere pratticato ancora sui cadaveri; con esiti diversi e non della respirazione propriamente detta, che è funzione vitale. La citazione seconda, crediamo di ammetterla senza riserve , come non contraria alle opinioni da noi esternate. Non intendiamo con ciò nè di ritenere Aristotele per infallibile, rivestendo colle sembianze della verità, tutti i possibili suoi errori ne di adombrare menomamente il distintissimo merito del prof. Francese, del quale siamo ammiratori : volemmo solo esporre liberamente 1’ opinione nostra , in conformità di quello che nella memoria veniam discutendo. - 343 — dei seni, in che piaciuto gli fosse di far stanza all’ aria. Fece così Galeno, fe- cero così quanti del verbosissimo scrittore seguirono le traccie; ammettendo che solo a caso, ed a sventura, potesse il sangue invadere le arteriose cavità del cuore. Ma diversamente pratticò x\ristotele , nel libro HI « De partibiis animalium )> al capo IV scrivendo « Ventriculum triplicem cor magnorum ani- malium habet: duplicem minorum: unum ad postremum. Nullumque est quod sine ullo ventriculo constet : . . . Utile fìt: ut quae maxima sint: triplicem ventriculum habeant: dexter plurimum sanguinis: et calidissimum continet:.... sinister parum idque frigidissimum: medium mediocrem tum copia: tum calore; sed puriorem ». Per Ini adunque iu tutte e tre le cavità del cuore albergava il sangue; non ve n’era dunque per lui alcuna all’aria specialmente riservata. Or come conciliare il passo sù riferito, relativo alla immediata comunicazione dei vasi arteriosi ossia aerei con il cuore (o seno sinistro del medesimo) con l’attuale che tutte le cavità assicura come assegnate al sangue ? Una delle due: o convien dire che Aristotele ammettesse due strade per la penetrazione del- l’aria nel sangue ; indiretta la prima , e diretta la seconda ; il che moltipli- cherebbe in natura gli enti senza necessità contrariamente a quanto egli ebbe in più luoghi insegnato : ovvero quell’ inciso « alter ad caviim sinistrum » convien riportarlo ad un altro membro del discorso , diverso dai vasi aerei ai quali, per la sintassi ci vedemmo quasi obligati di riferirlo. In quest’ultimo caso però , se ne potrebbe niente raen che conchiudere , a quel sommo filosofo dell’ antichità , non essere sfuggito che dei vasi polmonari sanguigni , r un gruppo s’ insinuava nel destro maggior seno ; e 1’ altro si apriva nel sinistro più ristretto ; sicché 1’ uno portasse il sangue a respirare , e 1’ altro dopo aereizzato lo riprendesse « sua ipsi copulazione spiritum , quem cordi transmittant, recipiunt; pertinet enim alter ad cavum destrum, alter ad sini- strum.» Ammessa per buona però una spiegazione si fatta, ne scenderebbe come leggi ttima conseguenza che Aristotele avea conosciuti o almen sospettati i due termini iniziali , di quella che chiamiamo piccola circolazione sangui- nopia , perchè fra il cuore ed il polmone incomincia ; e finisce dal polmone al cuore. Nè sarebbe per me poi strano troppo , che tanto giuste ed avanzate fossero le viste di quel Sommo. Quanti secoli non han dovuto passare fino ad Autenrieth perchè si verificasse sperimentalmente che il sangue del seno — 344 sinistro del cuore è più freddo, che non quello del seno dritto? (1) Quanti non ne son trascorsi fino a Lavoisier, per rinvenire il perchè, il sangue il quale nel ventricolo arterioso, o seno medio del cuore si raccoglie, è di ogni altro più puro ? Ma pure dal passo da noi sù riferito deducesi all’ evidenza che tanto la differenza della temperatura , quanto quella della crasi sanguigna diversa, non era sfuggita al maestro, del grande Alessandro. Nè solo questi giojelli rinveniam noi , in quei sublimi scritti, donde la tesi presente è svolta: ma qualch’altro ancora ce ne risalta agli occhi fulgido e bello tanto, che non possiam fermarci, dall’indicarlo. Aveva già più volte il filosofo espresso e spiegato nei scritti suoi che due essendo le vene che principiano nel cuore ; di queste 1’ una era mag- giore (ed è la cava dei moderni con i due principali suoi tronchi) ; 1’ altra minore e viene appellata da lui stesso 1’ Aorta. Nel già indicato terzo libro de partibus al capo 4“ avea a ciò pure riferito dettando. « Itaque partem et principium venarurn cor esse apertum est . . . plenum etiam sanguinis est: quasi bine venae oriantur » ; passo che sempre meglio confuta l’opinione dei Galenici sullo scorrere dell’ aria sola naturalmente per le arterie ; e serve di utile conferma a quanto sin qui discutemmo. Quando a ciò aggiunge le seguenti memorabili parole: « Sed cum duae venae sint principales: altera major, altera minor: aortaque appellata: quae sparsa ramorum serie, caeteras minores venas producant, atque inter se differant: ut posthac exponemus; melius sane est: initia quoque earum esse distincta, quod fieri potest: si sanguis diversus distin- clusque sit: quamobrem uhi fieri potest sanguinis conceptacula duo habentur. fieri autem id potest in magnis. Sunt enim corda eorum ampliora. » Chi avrebbe mai imaginato di trovare già indicato in Aristotele la divisione del cuore in due metà , chiamate a raccogliere , conceptacula , ed a sospingere {quasi ìiinc venae oriantur) nella vena maggiore e nella minore sangue diverso e distinto. Diverso per le qualità [calidissimum , frididissimum , puriorem) , distinto per le vie le quali è chiamato a per- correre « altera major , altera minor aortaque appellata » ? Che altro mai sono distinzioni sifatte , se non quelle istesse adoperate dai moderni fisiologi, che chiamano cuore venoso e cuore arterioso, le due metà quasi (1) Vedi, C. Bernard Lecons sur les proprietés physiologiques des liquides de l’orga- msme tom. I, pag. 56. — S45 — addossate donde il cuore dei quadrupedi vivipari e quello degli augelli risulta; che nominano sangue venoso quello che nelle cave si raccoglie, ed arterioso r altro che risalisce nell’aorta ? Se queste non sono viste umane ammirabili, e straordinarie per i tempi in che Aristotele vivea; di certo non saprei cosa mai, ci si volesse nei libri suoi ritrovar di più; elaborati come furono nella infanzia non già, ma in mezzo allo abborrimento volgare della scienza anatomica; in mezzo al super- stizioso estispicio delle vittime immolate nei tempii, le quali quasi esclusiva- mente dierono i primi fatti alla scienza di osservazione , mentre placando le divinità buggiarde sulle are spiravano la vita. Con tutte le lodi per altro che potrebbersi andar riscavando per Io Sta- girita da libri suoi; sempre però rimarrebbe a suo discapito (parmi dica taluno), il gravissimo errore, d’aver ammesso il cangiamento delle ultime terminazioni arteriose in nervi. Disgraziatamente non possiamo nemmeno qui negare che così Arisiotile talora lo esprimesse. Se rifletto però che quei nervetti , nei quali terminavansi le arterie, erano vuoti per quel Filosofo: se ripenso a quello che delle diramazioni arteriose, in altri luoghi ha scritto: sono quasi portato a credere, che forse siccome chiamò vene, le diramazioni decrescenti dei tronchi sanguigni maggiori; così per quelle ultime fila in che spartiasi l’aorta, avesse adottato non già di esprimere propriamente la cangiata loro natura; ma solo la conservata tenacità e resistenza delle tuniche proprie che le formavano , insino alle ultime divisioni dei capillari sanguigni. Infatti dei nervi Aristotele e gli antichi non aveano lo stesso concetto che abbiam noi. I tendini furono simili ai nervi per loro ; e nel caso nostro se il filosofo vi accoppiò 1’ ag- giunto di nervi cavi , ciò indicar deve che diversa fosse la interpretazione la quale bramava data alle sue parole , da quella che noi volgarmente gli diamo. A dilucidare quest’ ultimo punto viene parmi in acconcio il seguente paragrafo, tolto dal capo 3.° del lib. 3." de natur. anim. « Amhae (cioè la vena maggiore e la minore; la cava e l’aorta) Amhae ex corde originem du- cunt , transigunt enim totae caetera viscera : per quae tendunt : suam ser- vantes naturam ut nihil contrahant detrimenti quominus et sint venae et appellentur. Se i vasi principali dividendosi e suddividendosi niente perdono; se con- servano la loro natura, in modo che sempre sieno da considerarsi quali vene: come potrà, credersi che alcune di queste vene, ritenesse Aristotile che pur finalmente in nervi fossero per cangiarsi ? Avrebbe egli scritto mai sentenza — 346 — così decìsa, quale è quella che qui abbiam riportata; senza ricordarsi di quanto poco prima dettato aveva ? Noi ci vergogneremmo per lui, solo al sospettarlo. Nel capo 4." del 3.“ libro « De natura animalium » troviamo ancora una più diretta prova , a sostegno di questo nostro opinamento ; imperciocché vi si legge così : « Ducitur eadem (L’Aorta) de corde nimirum amplitudine insigni: sed procedens arctior: atque nervosior evadit (e qui nervosior signifiea più te- nace e resistente per la tessitura delle sue membrane, e nulla di più): mittit ea quoque ad lactes (ai vasi lattei cioè) ramos ; quemadmodum major (ossia la cava : verum longe minores , perangustos enirn et fibris proximos quippe quos extenuatos in fibras: cavas tamen cessare adverterimus ». Le fibre furono gli elementi ultimi ed indivisibili meccanicamente delle organiche strutture per gli antichi: furono per essi, come disse lo Ballerò, ciò che è la linea per il geometra. Nel caso nostro dire che l’aorta nelle ultime sue divisioni assotti- gliavasi come le fibre ; era lo stesso che dire , che dava origine ai vasi ca- pillari. Aggiungendo poi che tali fibre erano però vuote « cavas tamen » vo- leva il filosofo prepararsi la strada, a quanto poi scrisse, ed abbiam riferito di sopra, dichiarando che nelle diramazioni ultime l’aorta e la cava, non can- giavano di natura, non perdevan nulla, ma rimanevan vene, adatte allo spe- ciale officio, a cui natura le volle ordinate. Ora dopo quello che in difesa dì Aristotele abbiamo raccolto da libri suoi, possiamo pur domandarci; quanto mai mancò a quel Sommo per arrivare a conoscere, o più tosto per giungere fino a tramandarci la storia completa della circolazione sanguigna ? Se io mal non mi appongo, parmi che un fatto solo, a lui sconosciuto; potè valere il ritardo di tanti secoli, a così stupenda sco- perta. La comunicazione voglio io dire fra i capillari arteriosi e venosi ; il passaggio ed il tramutamento del sangue attraverso dei medesimi , essendo corn’ è noto un fatto solo. Se Aristotele avuto avesse a disposizione sua i mezzi, di cui le scuole moderne dispongono ; e che sono pure trovati poste- riori dell’umano ingegno , il quale per la inventibilità sua propria sempre sì rassomiglia : avrebbe egli da solo raccolto tal messe di fatti, da prevenire di più secoli le più recenti scoperte. Giunse egli a dirci, che in un animale te- nuto tre dì digiuno, e poscia fatto morire per strangolamento; le ultime di- ramazioni venose apparivano manifestissime in mezzo agli organici tessuti (1), argomentiam da ciò, ove posseduto avesse i mezzi d’ injettare quei vasi istessi (1) V. De Nat. Anim. Hb. 3, cap. 3.® — 347 — ne’ cadaveri ; se sarebbe o no , giunto a discuoprire la comunicazione esi- stente fra le arterie e le vene ! Dicemmo poi che questo fatto solo mancogli per giungere alla grande scoperta; imperocché avea assai bene conosciuta ed espressa la vìa che il san- gue teneva per giungere da tutte le parti del corpo al cuore e da questo al polmone « Sanguis autem plurimum pulmo ex caeteris continet membris, quae animai pulmonis compos : idemque viviparum : intus forisque constituunt (De nat. anim. lib. I, cap. 17 « Cor unum ex reliquis visceribus sanguinem ìiabet : verum tenuissimum medio (loc. ead.) ». Per lui la maggior parte del sangue dei visceri interni ed esterni , andava al cuore ; dal cuore passava ai polmoni ; ivi attraverso delle pareti vasali , assorbiva 1’ aria atmosferica. Il seno destro raccoglieva il sangue scaricato dalla maggior vena. Il seno medio comunicando con 1’ aorta , vi sospingeva per entro quello ; che naturalmente non potevagli se non dal sovrapposto sinistro seno derivargli purificato ( puriorem ). Quell’ aorta dividendosi e suddivi- dendosi insieme con la maggior vena portava il contenuto suo ai visceri; sic- come la vena dai medesimi riprendendolo lo conduceva al cuore; dunque... Ma basti, basti finiscano le illazioni una volta, grida la moderna scuola; che già Tombra di Harveo sebbene, di persona umile gloriosa effigie, sembra riscuo- tersi dal suo riposo , e raffermarsi in capo con ambe le mani il serto ; già tanto validamente contrastatogli da Cesalpino, e che pure le chiose nostre, mai intesero di rapirgli. Pria però di lasciar questa tesi, ci si consenta ancora una parola, a lode di colui che i filosofi ed i naturalisti salutano loro Principe e Maestro. Che quel « cum ipsemet ventriculus cordis venae particula sit » del primo passo citato là ove parlammo la prima volta , del destro e maggior seno del cuore ; ci suggerisce un ultima idea ; ed è che quel Sommo , rimarcò la differenza dì struttura la quale fra il destro seno , ed il sinistro ven- tricolo si osserva. Nel primo sanno gli anatomici, che si continuano quasi le pareti delle vene cave, che si riuniscono ed abboccano per un apertura co- mune nell’orecchietta o seno destro: dal secondo l’arteria aorta si spicca in modo ben diverso ; ed il nostro filosofo non mancò di osservarlo « Aorta de sinu medio exit; sed non eodem modo ». (De nat. anim. lib. 3.°, cap. 3.°). Aveva dunque ben ragione il professore Milne-Edwards di scrivere, che le cognizioni anatomiche di Aristotele erano assai più avanzate che quelle dello stesso Ippocrate. Diremo pertanto conchiudendo , che crediamo debbasi ogni encomio ai — 348 — dottissimo professore francese ; che ha ricordato il nome di Aristotele nella storia della circolazione sanguigna. Speriamo peraltro non esserci ingannati , se confidammo di aggiungere qualche piccolo giojello di più alla corona di cui l’onorata fronte del filosofo di Stagira venne decorata, con tanto di giustizia dalle età trascorse. Resterebbe così provato ancora una volta, che nei codici degli antichi scrittori trovansi nascosti molti germi di quelle dottrine; le quali nei secoli a noi prossimiori soltanto giunsero a maturanza; e che troppo ta- lor ci vantiamo di chiamar novelle. Di qualche rimedio adatto ad impedire la riprodazione della Iponome^ta, j che danneggiò i vigneti della Provincia Romana di Marittima e Campagna nel passato anno 1864. Cenni del prof. Diorio. Nella sessione IR del corrente esercizio accademico (8 Gennaio 1865. T. XVII..) accennando la storia di quella Iponomenta che presentatami dalla Chma Accademica Sig. Contessa Fiorini-Mazzanti aveva danneggiato talune vigne della provincia Romana di Marittima e Campagna nel passato anno ; mi riserbai di aggiungere in altra Sessione qualche parola , sui mezzi più acconci ad impedire i danni che dà cosifatto lepidottero potrebbonsi occasio- nare ancora a danno degli stessi vigneti ; ed in scala assai più ampia rino- vellarsi. Onde tener parola, abbenchè mi manchino ancora i dati che alla com- pleta storia di quell’ animaluzzo richieddrebbonsi ; ciò non ostante esporrò brevemente quanto raccolsi sù dei rimedii proposti dai trattatisti di Zoolo- gia agricola per analoghe circostanze; aggiungendovi del mio qualche critica osservazione. E se pure così non riuscirò a dire nulla di nuovo pur tuttavolta sarò pago , d’ avere almeno in tempo opportuno richiamata all’ attenzione dei proprietarii, quello a cui forse senza di ciò non avrebbero ripensato. A sminuire i danni che spesso arrecano gli insetti alla agricoltura ; una farragine indigesta di rimedii trovasi raccolta presso degli antichi scrittori. I moderni, con miglior consiglio, hanno fatto di quelli una scelta ; ed imi- tando quanta si avera, nella medicina per la guarigione delle malattie; han veduto di dover spesso variare il rimedio, ò la maniera di applicarlo ; a se- — 349 — eonda che diversificano le circostanze di luogo, di stagione, e di sviluppo in cui ritrovisi 1’ essere pernicioso allorquando, se nè discuopre la esistenza. Che più, siccome ogni specie ha le sue proprie abitudini, così per ognuna pos- sono esservi ricorsi speciali. Parlare però dei rimedii contra degli insetti dan- nosi in generale, oggimai sarebbe lo stesso che ricadere negli errori antichi disconoscendo o disprezzando quanto la scienza ha di determinoto e preciso, e quanto ha sancito, una vantaggiusa esperienza. Ma se come ogni specie, ha una propria attività , dalle quali derivano le singolari sue abitudini ; così ognuna richiede delle cure , e delle provvi- denze distinte nello interesse della agricoltura : egli è evidente, che volendo indicare quelle le quali alla Iponomeuta da noi detta oenotrieUa sembrerebberò applicabili; dovrei dispensarmi dal far cenno di tutte le altre, che contro ani- maluzzi da essa diversi riescirono opportune. La scarsezza però delle noti- zie che ho avuto sul proposito, mi obligherebbero in tal caso ad uno asso- luto silenzio. Perciò onde non lasciare, che in attesa dei schiarimenti neces- sairi ; con il nuovo pullulare della specie se ne propaghi il danno ; mi gio- verò della notizia di quei mezzi che contro di famiglie d’ insetti vicine alla nostra , ed affini a lei per le costumanze si rinvennero pratticamente op- portune. Non sarà intanto superfluo il qui ricordare, come il bruco o verme della nostra farfalletta ravvolga di seta il frutto della vite , attaccandolo nel suo primo apparire. Ora ricercando in un opera preggevolissima, e recente di Zoo- logia-applicata alla agricoltura (1) se mai qualche cosa di simile si fosse in altri paesi verificato, per conoscere se provvidenze speciali si fossero in con- seguenza adottate utilmente contro di questo nuovo ampellofago ; trovo che il dotto autore di quella il Signor Antonio Bianco Fermandez dottore in me- dicina e chirurgia e professore di agricoltura nell’ ateneo Madridense, dopo di aver nominato nella tribù delle piralidi o torcitrici, la piralide della vite (Py- ralis vitis) da noi già nella prima comunicazione commemorata; aggiunge ciò che siegue. )) Il signor Boisduval nell’ appendice che ha fatto all’ opera del celebre Ratzeburg (pag. 174) dice esistere un’altra specie di piralide, eh’ esso chiama Tortrix roseriantty la quale vive sopra i fiori della vite, e che secondo quanto assicura FroUch , ha distrutto gran parte dei vigneti di Studgarda. La far- li) Ensayo de Zoologia agricola y Forestal-Madrid - imprenta nacional 18S9. 47 — 352 — gli uccelli insettivori , come , le rondini ed i caprimulgi ; quanto i piccoli mammiferi volanti, come le nottole ed i pipistrelli, nè distruggerebbero suf- ficiente copia ; se la smania irragionevole di dare a quelli ed a questi la caccia, non ne facesse sloggiare dai campi le utilissime famigliole. — Il pro- fessore Bianco nella già encomiata sua opera, avvisa pure che a poco giove- rebbe l’opéra spesa (1) a spurgare dagli insetti dannosi il campo od il vigneto se in pari tempo , le fratte , gli albereti ed i boschi circonvicini non ve- nissero assoggettati alla istessa legge di polizia. In altra epoca si attribuì frà noi il danno da un’ altra iponomenta arrecato ai Pomerii, al diradamento dei boschi (2). Il professore Spagnuolo invece osserva, che nei boschi trovano una quantità infinita di entomi con il ricovero, il nido , e la sicurezza. Po- trebbe dunque argomentar qualcuno , che per questo lato più di danno che di vantaggio alla agricoltura da quelli sì deriva. Ed è egli poi vero che gli insettuzzi volanti, là tosto si soffermano, dove il primo diramarsi d’un albero sembra offrirgli occasione dì riposo? Forse che non accade per ordine di natura che ognuna specie di entomi, appetisce e vive solo della pianta che quasi a pasto e nido suo diresti prestabilità ? Ove poi ciò avvenga, qual vantaggio, ripiglierà qualcuno, provverrebbe da boschi alla agricoltura, se questi agli insetti frugivori, carpofagi od ampellofagi, nè allettativo presentano, nè nutrimento ? A dubii così fatti, ed a tanto discordanti opinioni acconciamente però sì risponde: che gli insetti lepidotteri, giunti al completo loro sviluppo; e chiamati dallo istinto alla riproduzione della specie : spesso raccolgonsi a stuolo, e vanno a ricer- care altrove ove deporre le ovicina della loro progenitura; quasi prevedendo che questa, meno di pasto sufficiente rinverrebbe; là dove le colonie gene- ranti, nè consumarono negli anni antecedenti le previste. Siegue da ciò, che se le farfallette, ritraendosi dal campo di loro rapine; carolanti ed ebbre per 1’ amoroso istinto, trovino un ritengo od un ostacolo qualunque, che impedisca loro un più lungo viaggio; vi si gittano sopra cieca- mente , e depongono , sarei per dire fuori dì nido , le ova , le quali per la istessa ragione rimangono infruttifere ; non potendo i bruchi nascituri ritro- vare nel bosco , il nutrimento che sì avevano nel pomerio , o nel vigneto. Da ciò si deduce, ehe i consigli del professore Bianco, utilissimi addivengono (1) Op. cit. pag. 482. (2) Metaxà memoria zoologica letta ai lincei il 6 settembre 1821.. — 353 — per le siepi o ripari, che potrebbero rinserrare in un podere, gli insetti che già per una stagione lo devastarono ; superflui invece e meno idonei , per quelli entomi , che sorpassati già que’ limiti ; vanno a seppellire nei boschi , insieme alle inutilizzate loro ova, l’utile concime, dei morti lor corpicciuoli. Risulta dal fin qui detto che per i quattro stati diversi in cui può successivamente l’insettuccio sù nominato rinvenirsi ; si avrebbero ad adope- rare rimedii distinti. Allorché desso resta ancor chiuso nell’uovo, lo impedirne il pullulamento, sarebbe fra tutti il più vantaggioso. Ove già nato allo stato di bruco avesse incominciato , a distruggere il flore della vita già presso ad ingranire, il sorprenderlo nell’atto delle sue rapine ed il distruggerlo, riusci- rebbe a salvare in parte almeno la minacciata fruttificazione. Che se già chiuso nella crisalide, sotto alle tende aspettasse di aver gli organi del volo e della riproduzione , per portare altrove i germi della generazione futura ; allora cogliendolo nel suo naturale aguato stessendone i padiglioni e strug- gendone le crisalidi, si eviterebbero i danni, per la corrente non già (che il frutto fu prima dalle larve consunto), ma sì per le stagioni future. Ove poi riuscite a vuoto tutte le ridette misure , le farfallette già svolazzanti , con r apparente loro innocenza , si avviassero a spargere ed a depositare sù di novelli campi, l’infausta loro seminaggione; allora ingannandole ed allettandole con notturna luce artificiale, potrebbero guidarsi ad espiar nel fuoco , i gio- vanili loro trascorsi. Questo è quel poco che poteva io, in mancanza di più precise notizie, ridirvi sui modi acconci, ad ovviare il danno, che dalla Jponomenta oenotriella potrebbe ancor provenire. Che se questi pochi cenni non sono per riuscire sufficienti allo scopo desiderato; basteranno almeno a dimostrarvi il mio buon volere, ed a sciormi dal già preso impegno. — 354 — COMUNICAZIONI Il sìg. conti . N. Cavalieri San Bertelo presentò in dono da parte del sig. prof. Elia Bombardini 1’ appendice seconda al Saggio idrologico sul Nilo letta da quest’autore nel R. Istituto lombardo di scienze e lettere. CORRISPONDENZE Il medesimo R. Istituto per mezzo del segretario sig. Giulio Curioni: l’Ac- cademia delle Scienze di Modena per mezzo del bibliotecario sig. Wiedemann: e r Istituto di Bologna per mezzo del suo segretario sig. Domenico Piani, rin- graziano per i nostri atti ricevuti. Una circolare firmata dal sig. Com. Oronzio Costa presidente del Con- gresso italiano scientifico letterario di Napoli, e dal segretario sig. Emanuele Rocco annunzia l’apertura di detto congresso nel giorno 24 settembre 1865. L’Accademia di Amsterdam invia parecchie copie del suo programma re- lativo al premio per un componimento poetico di un carme latino di libero argomento. Il distinto Astronomo sig. Otto Struve con lettera diretta al Segretario propone alla nostra Accademia un cambio di pubblicazioni con l’osservatorio di Pulkova. Venne accolta favorevolmente, e l’ illustre Osservatorio fu posto nel novero di quei stabilimenti scientifici che ricevono le nostre pubblicazioni. COMITATO SEGRETO Dietro la rinuncia del R. P. Secchi a membro della commissione per esa- minare e riferire sulla memoria per il secondo conferimento del premio Carpi, r Accademia mediante votazione per ischede, onde accrescere il numero dei commissari, nominò in sostituzione il R. P. Chelini, e il prof. Volpicelli. — 353 — Fu parimenti eletta un altra commissione per votazione, incaricata di pro- porre il tema di matematica per il conferimento del terzo premio Carpi, nelle persone dei signori. Principe B. Boncompagni, prof. B. can. Tortolini, R. P. Chelini e prof. P. Volpicelli. L’accademia riunitasi legalmente a un ora pomeridiana , si sciolse dopo due ore di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. B. Boncompagni. — E. Fiorini. — E. Rolli. — S. Cadet. — G. cav. Ponzi. — A. com. Cialdi. — P. Sanguinetti. — L. Jacobini. — S. Proja. — B. Tortolini. — M. cav. Azzarelli. — V. cav. Diorio. — D. Chelini. — C. Sereni. — F. Nardi. — N. com. Cavalieri S. Bertelo. — M. Massimo. — P. Yolpicelli. Pubblicato nel 10 di settembre del 1865. P. Y. w ^rw*. ^'t ryi^ r- av r^.’ (f^'' u^ìUi'nn , -4.^ fJiv'ir ^',j -•L'% •'^ìk'.’:-:.- - ..■.v' . v:- ì t :v-^f, ... ., . ’.rr.nfcf iu;«if| 4^Tnif^ » ..'^iljiij^.:mhm^ : ••»;C.^I, ,. ■"■■■fi: l;. :, ' ■: " •'- J'.. . ^ ''^r' \ '•••• • ,,•>;■ ■ ' . .><•>.. I.- <'«''•' ^ >w\|i •4’' f*.'^‘».:>V^ , hiMÌU>t4, hnt.- ■ ■■ ."■ •'■ .^rr ■ L.rV-^.. 'M .,«Uf -• ■ -' .i,\ y(’, ■ .4Ì --Ì.Ì .aVHh{ .jr/ - ".'''■■ •■'''•■ ■ -.•. -W..; 1 r -. ». ' ■ •.»'•* • '■'■«» ' f '*«'t ■ .-i.. ' ■■ '';■ ''M'vis» . x:,;i -V . .,./.j ,’.•••• . l "■■ fr ■■'■'•’ •• .- •^-- V ' '''■ '-'-w.) V. V, ■’ ' /h' j'^-^’'' -.'rr^ - - .V ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE VII.' DEL il GIUGNO 1865 PRESIDENZA DEL SIG. COH. N. PROE. CAVALIERI SAN BERTOLO MEMORIE E COMUNICAZIONI SEI SOCI ORDINARI E DEI CORRISPONDENTI Sullo indurimento e conservazione indefinita dei corpi degli animali. Nota del prof. V. Dionio. Sono già parecchi mesi da che alcuni giornali scientifici nazionali ed esteri (1), riportarono degli articoli assai vantaggiosi intorno al modo di conservazione cadaverica presentato dal sig. Marini alla accademia delle scienze di Torino. In questa occasione si è ricordato pure il nome di un altro illustre Italiano il sig. prof. Gorini (2) , il quale con processo suo particolare raggiunge lo scopo istesso. Fu stampato pure che il sig. Marini portatosi a Parigi , pre- sentò ai dotti di là quattro maniere diverse di conservazione cadaverica (3): I.” delle mummificazioni; 2.° delle preparazioni di consistenza coriacea con attitudine perfetta a riprendere la freschezza e l’apparenza naturale; 3.° delle conservazioni indefinite con freschezza naturale; 4." finalmente delle pietrifi- cazioni con conservazione perenne di tutti i solidi e liquidi degli organismi viventi. Professandoci ammiratori sinceri di quanto può accrescere lustro al nostro paese; mentre attendiamo con anzietà i risultati delle esperienze pro- li) Les mondes, 24 Nov. 186o, n. 13. Cosmos II serie XIV, ano. I, voi. livr. 8 pag. 210, 22 Fevr. 1865. — Giornale di Farmacia, chimica ec. Tom. XIV. Fase. 2., pag. 93 Febraio 1865. Torino. (2) Giornale di Farmacia loc, cit. (3) Lev. mondes loc. cit. 48 — 358 — messe sù grande scala , e la rivelazione tanto interessante alla scienza , del metodo inventato dal sullodato italiano crediamo opportuno di accennare come già da alcuni anni si sono fatti esperimenti nella direzione istessa tanto dal sig. Dott. Angelo Comi in Roma, quanto dal sig. Bartolomeo Zanon farmacista in Belluno (1). E presentemente facciamo noi pure qualche tentativo nello stesso intendimento e ne abbiamo palesato ai nostri uditori, nelle lezioni di Zoolo- gia date publicamente nella Romana Università il modo e le risultanze. Che anzi il collega ed amico chiarissimo sig. prof. Francesco Ratti, volle per sua parzialissima gentilezza mostrare qualcuna delle nostre preparazioni in una publica lezione di chimica sperimentale (2) fatta nella Università istessa nel- l’anno 1863. Indichiamo quindi solo per lo interesse che può prendervi la scienza , che il metodo già adoperato ed insegnato da noi non è nè nuovo , nè sconosciuto in quanto alla sostanza ; essendo quello adoperato e palesato fino dal 1845 dall’ illustre sig. Ab. Baldacconi direttore del museo di storia naturale di Siena (3). Ciò che noi vi abbiam messo del proprio, è solo 1 la sostituzione del l’alcool all’acqua come dissolvente; 2.“ la diversa proporzione delle sostanze adoperate ; 3.° finalmente la determinazione approssimativa del tempo della immersione per i corpi , o per i loro preparati ; nonché le cautele che debbono prendersi per il successivo disseccamento dei medesimi. L’alcool adoperato , abbiam voluto che fosse estratto dal vino , e della forza non inferiore a 36° dell’areometro di Beaumè. Le sostanze che scio- gliamo nel medesimo, sono come nel metodo del Baldacconi, il bicloruro di mercurio, e l’idroclorato di ammoniaca, le proporzioni però adoperate da noi sono le seguenti: 1 di bicloruro, e 3 di idroclorato in certi casi; 1 di biclo- ruro e 4 di idroclorato in certi altri. L’alcool deve esserne saturo , per riu- scire idoneo al fine proposto. Continuiamo la immersione da 8 a 12 giorni per ottenere la consistenza coriacea delle preparazioni. La prolunghiamo ad un mese per avere mummificati i corpi degli animali, avvertendo di far pe- netrare per tutte le aperture naturali dei medesimi , il liquido conservatore a contatto delle cavità accessibili. Estratti all’epoca opportuna i corpi dal (1) Sandri considerazioni intorno ai melodi di riduzione a solidità lapidea dei corpi animali dei sigg. Angelo Comi e Bartolomeo Zanon Belluno 1839 Tipografia De-Liberali. (2) Dei vari modi coi quali si giunge a ritardare ed impedire la putrefazione dei corpi organici. Lezione publica sperimentale fatta dal eh. sig. prof. Francesco Ratti, nella Romana Università il dì 11 Giugno 1863. (3) Purgotti, Trattato elementare di Chimica. Ed. II, Tomo 2, pag. 136. — 359 — bagno gli esponiamo ad un lento e gradualo disseccamento , ad un calore di stufa ed al bujo : ed acquistano così tal consistenza da cambiarsi in fragili le sostanze più molli dell’ organismo. Finalmente i pezzi così preparati si possono ricuoprire di una vernice trasparente. Le preparazioni condotte in questo modo, conservano i visceri ed i tes- suti più delicati con il colore e le dimenzioni quasi inalterate : I muscoli si contraggono un poco: volendolo però si potrebbe ovviare, a questo d’altronde non grandissimo inconveniente , premettendo alla immersione , una acconcia injezione di materie solidificabili nei vasi , del pezzo che si vuole indurito. E siamo intimamente convinti che senza quest’altro artificio, mai siasi riu- scito a far scomparire dalle preparazioni i vuoti corrispondenti al lume in- terno dei vasi recisi; le areole del tessuto interstiziale; i solchi circoscriventi gli acini od i lobuli del tessuto adiposo ec. La sostanza organica , che dal mestruo reagente; è ridotta allo stato di insolubilità e di durezza non natu- rale non può crescere e moltiplicarsi ; quindi se i vuoti fra quella esistenti scompaiono, conviene conchiuderne che vi si è aggiunta dal di fuori una so- stanza di incrostazione ed iiitersiamento. Infatti anche nella celebre placenta regalata da Girolamo Segato all’isti- tuto delle scienze di Bologna; leggiamo che l’iniezione ed il coloramento di- verso dei vasi arteriosi e venosi era visibilissimo (1). Del resto la sostituzione dell’ etere all’ alcool potrebbe dare un certo grado di traslucidità , ad alcuni corpi assai ricchi di adipe ; mentre rimpiazzando questi mestrui con 1’ acqua destillata, e sciogliendovi il bicloruro di mercurio a saturanza potrebbe aver- sene non solo la conservazione assai prolungata delle anatomiche preparazio- ni (2); ma sibbene ancora potrebbero con giuoco alterno farsi, fino a certo punto, passare dallo stato di mollezza a quello di più solida consistenza mediante im- mersioni ed asciugamenti ripetuti. Il liquido però con il quale meglio si ottiene un si fatto fenomeno di disseccamenti, e rammollimenti successivi; senza disca- pito delle trame organiche : viene costituito da una parte di acido fenico , sciolto in cento parti di acqua , come ci riserbiamo di dimostrare a tempo più opportuno. Accenneremo pure in questa occasione che molti altri metodi si conoscono nella scienza per la conservazione dei corpi allo stato di natu- (1) Della artificiale riduzione a solidità lapidea e inalterabilità degli animali scoperta da Girolamo Segato. Firenze 1835, III ed. pag. 53. (2) Boitard, Compendio di Tassidermia ec. Milano 1834, voi. 2, pag. 102. — 360 — rale freschezza; e tanto il Boitard (1), quanto il sig. Arturo Eloffe (2) ne ripor- tano parecchi. Non vogliamo in questa occasione omettere come qualche prova fatta da noi all’oggetto istesso con la Benzina, ci ha dato risultati contradittorii, bastando solo che la putrefazione sia incominciata in un corpo perchè la virtù preservatrice di quella sostanza , sia sopraffatta dalle forze che portano la materia già organata ad una rapidissima fermentazione putrida. Ora per finirla , leggendo quanto l’ illustre panegirista del Segato l’avv. Giuseppe Pellegrini ha descritto delle preparazioni lasciate da quel sommo (3) non saremmo lontani dal sospettare , che anche con metodo non molto di- verso dallo esposto giungesse , quegli al compimento di qualcuno dei suoi ammirabili lavori. Oggi non sarebbe difficile alla chimica di assicurar- sene , esistendo ancora i pezzi del Segato. Ad ogni modo , non essendo io mosso da vane pretenzioni, son pago di aver, richiamato l’attenzione vostra sù di un curioso non meno che interessante argomento, e godo pure di po- tervi mostrare qualche rozzo saggio delle preparazioni che dettero argomento alla presente comunicazione (4). (1) Op. cit., voi. 1, pag. 132 e seg. (2) Eloffe Traile pratique dù naturaliste preparateur. Paris 1862, pag. 112-137 e seg. (3) Op. cit,, pag. 20 e seg. (4) Furono mostrate all’ accademia diverse preparazioni , in stato di conservazione perfetta. ~ 1 1 I Sul Parassitismo considerato come causa di Morbi miasmatici e contagiosi, l^agionamento del prof. S. Cadet. {*) XXIV. Luigi Sacco, medico dello spedale maggiore di Milano , nel suo Trattato di Vaccinazione {Milano 1809), narra, di avere riconosciuto pel mi- croscopio corpicciuoli tondeggianti nell’ umore del Vaiuolo spurio e corpicciuoli alquanto allungati nell’ umore del vaccino, ai quali attribuiva 1’ attività di que- sto. E teneva che il calore e gli acidi gli tolgano ogni efficacia per viziare i detti corpicciuoli. (*) Vedi Sessione seconda di quest’ anno p. 162. — 361 XXV. F. Vasani da Verona discepolo del Rasori , nella Storia di quel morbo gravissimo che fu 1’ Oftalmia contagiosa dello Spedale militare di An- cona, Verona, 1816) narra, come questa si appiccasse nell’Isola dell’Elba al sesto reggimento di linea italiano dal sesto reggimento di linea francese re- duce dalla Siria. Tale infermità, contagiosa anche per gli animali domestici, derivava, secondo esso autore , da corpicelli conici schiacciati, che proce- devano con la parte larga; e conservavano la forza vegetativa nell’ umore sec- cato ; nè gli venne fatto ritrovarli nell’ umore delle comuni oftalmie {Diz. class, cit. T. 32. p. 643). XXVI. Tale antecedenza dee porgere conforto all’ operoso prof. Tigri nelle investigazioni che s’ ha proposto di proseguire intorno la Congiuntivite contagiosa, per riconoscere se veramente in essa occorrano sempre le forme batteriche, le quali, a quello mi annunzia, vi avrebbe già più volte trovate. XXVII. Vizj, piuttosto dei follicoli solitarj che dei Peyerani delle inte- stina furono riconosciuti nei cadaveri deg’ Indocolerici dal Remberg di Ber- lino , dallo Scoutetten, dal Gaymard, dal Girardin e dal giuniore Simon , e furono molto bene rappresentati dal Serres e dal Nonat nella Memoire sur la Psorentérie ou Choléra de Paris nelle Memoires de V Académie des Scien- ces di Parigi T. XIV [Paris 1838 p. S73). Oltreché questi due autori av- vertirono come accada nel Colera diffusivo quello che accade nelle Febbri ti- foidi cioè, che alla condizione morbosa dei follicoli succeda quella dei ganglj chiliferi. La diminuzione notabilissima della massa del sangue per la scor- renza e pel vomito smodato fa, che nella Peste novella dell’ Asia la milza sia d’ ordinario raccolta e duretta. [A Griselle, Trnité élémentaire et praiique de Pathologie interne Paris 1857. T. I. p. 766). XXVHI. Non mi è sfuggito che il Boehm riconobbe qualche vescichetta nei villi intestiuali degl’ individui morti pel Colera pestilenziale (/. Mueller Manuel de Plujsiologie. Paris 1851. T. I. p. 486). XXIX. Ma sembra che F. A. Pouchet scoprisse in Beano prima d’ ogni altro, i Vibrionidi usciti dal ventre degli infermi di cotal Morbo volgendo il 1849. [Compt. rend. cit. T. 28 p. 555); i quali Vibrionidi furono riveduti in Parigi da C. Davaine nel 1853. [Compt. rend. cit. T. 59. p. 630), e ap- presso nel 1854 da Atto Tigri e da Leopoldo Fedi nella patria loro cioè in Pistoia. [Annali Universali di Medicina. Milano voi. CXVIIJ, fascicoli di no- vembve e dicembre 1856), da Filippo Pacini, parimenti pistoiese, in Firenze [Gazzetta medica italiana, Toscana fascicolo di dicmùse de/l 854) dal Rainey e dall’ Hassall in Londra [Traité des Entomozoaires et des Maladies vermi- ~ 362 — neuses par C. Davaine Paris 1860 p. 65). Che se non avvenne al Coulier di vederli nella egestione dei colerosi [Manuel pratique de Micrograpliie, Pa- ris 1859. p. 137), ciò induce a credere, che prendesse a cercarveli quando pel freddamente di quell’ umore morboso v’ erano già andati dissoluti. XXX. Ora debbo notare come, quantunque l’ immaginativa possa talvolta levarsi a concepimenti scientifici molto arditi, nonostante 1’ osservazione ebbe, e non una volta sola mostrato quanto la natura le avanzi. Perocché nello stesso argomento di che ci occupiamo , se fino agli ultimi tempi i Morbi contagiosi dell’ Uomo furono attribuiti a soli Animaluzzi da coloro che pro- fessavano la eziologia parassitica de’ Contagi, 1’ osservazione mostrò che a quelli se ne debbano aggiungere altri, considerati come vegetabili. XXXI. E per vero, quantunque il Forgeroux, già dal 1769 avesse an- nunziato che alcuni funghi del genere Clavaria invadono le larve vive e le ninfe delle Cicade, e che altri nascono su i bruchi e le larve delle Farfalle [Acerbi op. cit. cap. 3 p. 291), e quantunque dal 1820 il Configliacchi e il Brugnatelli avessero dichiarato che il Calcino del Baco da seta venga pro- dotto da un Fungo che vegeta sopra esso, chiamato nel 1835 Botustis Ba- stione dal Balsamo [Histoire naturelle des Végétaux parasites qui croissent sur V Homme et sur les Animaux vivents par Cìi. Bobin Paris 1853' p. 593), tanto i poc’ anzi ricordati quanto lo stesso F. Enrico Acerbi da Castano [op. cit. p. 207), sebbene propugnatore caldissimo della natura parassitica de’ Morbi diffusivi, non ricordarono i Vegetabili fra i Parassiti dell’ Uomo vivo. Che anzi 1’ Acerbi si condusse a niegare formalmente, nella sua molto eru- dita Dottrina del morbo petecchiale, che v’ abbia Funghi capaci di produrre in noi Morbi contagiosi, [p. 290). Tanto lentamente procede il nostro intel- letto eziandio nelle stesse scienze che aggrandiscono per 1’ osservazione e per r induzione. XXXII. Ma a far rivocare l’ affrettata ed arbitraria sentenza, successero in breve periodo scoperte di organici riconosciuti come Funghi, di varie na- ture di Morbi diffusivi. Perocché lo Schoenlein, nel 1839 scoprì [' Aclìo- rion, distinto appresso dal suo nome Schoenleinii remack , produttore della Tigna favosa [Bobin op. cit. p. 441. Alph. Devergie Traité pratiqne des Ma- ladies de la Peau, Paris 1857 p. 516);nel 1842 il Gruby trovò il Tricophy- ton tonsurans malmsten, produttore della Plica polonica, della Mentagra e della Tigna tonsurante [Bobin op. cit. p. 409 e 432. Devergie op. cìt.p. ìHONy- sten Dici, cit.); nel 1846 1’ Eichstedt rinvenne il Microsporon furfur rorin. - 363 — che produce alcune delle macchie cutanee, formanti la specie di Tigna detta Pitiriasi versicolore {Robin op, cit. p. 438. Devergie op. cit. p. 515. Nylon Diz. cit.): da ultimo nel 1850 il Bocck fece avvertire anche la Puccinia favi ARDSTEN, che occorre più sovente nella Tigna favosa che in altre {Robin op. cit. p. 619 . Nyslcn Dici. cit-). 1 quali Organici sono considerati tutti quali epifìtidi come quelli che vegetano e si moltiplicano sopra la pelle e o producono Tigne, a quel modo fanno 1’ Achorion, il Trichophyton e il Mi- crosporon, o vegetano in esse, come fu la Puccinia. XXXIII. Nel 1842 il Berg e il Vogel trovarono un altro organico con- siderato come Fungo, cioè 1’ Oidium albicans robin, che forma quella specie di muffa avvertita qualche volta nella bocca, de’ bambini e dei tisici presso la morte, chiamata Muguct de’ Francesi {Piobin op. cit. p. 488). XXXIV. Sembra che nel 1845 il Bemak {Robin op. cit. p. 513), nel 1856 r Ozanam {Compì, rend. cit. T. 42 p. 1012) e nel 1 858 N. Jodin {Compì, rcnd. cit. T. 47. p. 156 e. De la nature et du traitemeut du Croup. Paris 1859. dello stesso). XXXV. Sarò alquanto meno raccolto nel parlare della Febbre earbon- chiosa, perocché intorno a questa furono e sono forse anche adesso istituite sperienze, che tornano di altissimo interesse per argomentarne la cause di Morbi pestilenziali, XXXVI. Il Delafond già dal 1847 nel Trattato sulla Malattia del San- gue delle Bestie bovine seguito dallo studio comparativo dì questa affezione con V Enteritide sopracuta e con la Febbre carbonchiosa {Traduzione di Gaetano Storari Ferrara 1853), distinse molto bene 1’ ultima dalle altre due infer- mità. Cotal Morbo, contagioso non solo pe’ Buoi e per le Pecore, ma anche per altri Animali domestici e per l’ Uomo, com’ era già noto da ben parecchi secoli, occorre in più regioni dell’ Europa media e della meridionale, dal giu- gno al settembre, se la state corre assai calda e se la precederono piogge abbondevoli. Ma 1’ autore attribuì siffatta Epizoozia all’ acqua palustre, ai fo- raggi fermentati sui quali si svolsero e si moltiplicarono Muffe cioè Funghi irritanti e venefici, coi quali foraggi occorse commista sostanza vegetabile ed animale e Materia organica, che esso chiamo Settica ossia putrefatti va. E tenne che questa producesse il carbonchio , mentre a suo avviso i Funghi succitati produrrebbono la frequente condizione morbosa del canale dige- stivo. Non escluse che il Contagio del carbonchio sia volatile per breve tratto; e dichiarò che si riproduce nelle varie nature degli animali dopo un — 364 — periodo di delitescenza. Non gli sfuggì che i primi sintomi del Morbo procedono talvolta inavvertiti; ed osservò che nella Febbre carbonchiosa fulminante v’ha remissioni da 15 minuti a più ore, seguite da recrudescenze tali da presen- tare qualche analogia nella forma con le Febbri perniciose dell’ uomo. Notò che dall’ aperta manifestazione de’ sintomi alla morte decorrono d’ ordinario da 4 a 48 ore; e confermò che le guarigioni in questo Morbo non oltre- passano il decimo degli appestati. XXXII. Il sangue essenzialmente virulento è nero, e lentamente si qua- glia quando viene estratto ; le emazie sono vischiose ed hanno il margine come tagliuzzato per provare un principio di disfacimento, mentre la vena, da cui fu cavato non si raccoglie per cicatrizzare. L’ apparizione di qualche fenomeno critico alla pelle vuol essere favoreggiata perchè non isvanisca. XXXVIII. Il primo vizio interno, che il Delafond ebbe registrato come non raro in questa Ccntagione, è il glossantrace o carbone della lingua diffuso alle cavità con vicine. Accenna quindi il bubbone della gola. Che se il primo e il secondo stomaco non presentano vizio, il terzo stomaco presenta tal- volta macchie , e rossezza. Per contrario, se nel decorso del Morbo non si appalesa eruzione critica, ecco che le intestina occorrono rosse o nerastre ; la membrana interna di esse, in qualche tratto livida, diffluente, cangrenata, le piastre del Peyer talvolta rosse e gonfie. Ma 1’ autore pensava che siffatte alterazioni dovessero essere meglio studiate nei Mammiferi morti per questa Pestilenza. Consecutivamente all’ offesa delle intestina, i ganglj mesenterici dal volume di grossa nocciuola possono agguagliare quello del pugno, divenuti sanguinolenti, ed a misura che crescono in volume , nerastri e molli. Molle floscio, lacerabile il cuore, e le fibre di esso pallide; la faccia interna dei ventricoli suoi e quella del sinistro in ispecie, macchiata di spandimenti sanguigni bruni. Furono vedute macchiuzze brune su la membrana mucosa, della trachea e dei bronchi, il polmone nerastro perchè ingorgato di sangue liquido e nero. Si rinvennero, la milza assai, il fegato poco cresciuti e am- molliti, pretermettendo altre specialità che non hanno relaziooe diretta col mio proposito. {Sarà continuato) — 365 — Pnssage du traile De la musique d' Aristide Quintilien relatif au nombre miptial de Viatori traduit et annoté par M. A.-J.-H. Vincent membre de VInstitut Imperiai de France-, et M. TU. Henri Martin doyen de la faculté des Lettres de Renncs-, suivi de deux Notes de M. TU. Henri Marlin lune Sur Vèpoque d'Aristide Quintilien et sur celle de V astronome Claude Plolémce, Cantre Sur la chronologie de la vie et des oeuvres de Vtolémée. I. Passale du texte grec du traiti De la Musique d' Aristide Quintilien, tire du volume intitulé A’PISTEI'AOÌ KOlN- TIAIANÓY 11 nEPl' Il MOY2IICH2i|BIBAI'A r.l|ARISTIDIS ^VINTILIANI |1 DE l|MUSICA || LIBRI III. |1 MARCVS MEIBOMIVS II Restituii, ac notis explicavit. H Volumen li. |1 ABISTELODAMI. |1 Apud Ludovicum Elzevirium, || do lac Lii. (page 1586, numérotée 150, col. l^”, lig. 36 — 39 et col. 2‘ie ^ Hg. 31 — 34., pag. 159e , numérotée 151; pag. 1606, numerotée 152, col. l^^e^ ]|g_ 4 — 2 ^et cpl. 20e, Ug. i). T Sxj fiiv ovfx^i- ^TjìtiV H£ J TwV cv jMSaiKrf róvoiSjj^ rn T8 0^- Zodiacum quippe dividi contigit in partes duodecim , nu- mero requaics in Musica existenti- bus tonis , ac perimetro trianguli T8 s 'Pf 1 yx^ cal prAcèv Tufàirov. -ni i\rx,TjórciJii cu/viì o^- ^ymia, r^yoiyct fjJav 7ra.v]ciìg ap- ixÌ7i\oi rlw Ksurojc-ivu- fftip tÒ "tOOV ^UVCLjjS^iuJ ^cì^dj TCUS •dw 0^3'^' 'a€t&x!i(lxiq. iho Rcgj tvv fc -n^ciTUìfCpcun pnriw 2^lgL- ptiT^oy ftuHTH T^iyùJVH ciuj TrtV7i ) ti mg ct^tè-iMtfuKcÒg oao3citjf^i tyrù>v ^caÌìko, 'tsKtipnvxf moÓTyis. t'» yf, nJa) Tvv Tvoaretp^ 'oÓS iM- axQopov jounv ^ ct^wVi rlu) rm ouXdyc'qy m ^rjXiìcry. oi^ cÀ >(dl 'txXdjpcAV ixdgiuu x^" Qci3(^ cLu^TqQcuf^- (3d3@- n trayioci©^ (pueng. -TrrtdjQcUf^o th ròv 2l^X90ìa hìutì^ j ìadg/,3piov oy'Q- auviyyjST^ rCdv l'djajLifjvcaìi. ttkAiv c/lì ms 'Tfdtg W à?iKtì\iiS xet^ 30-3 wvnjacùvjlS i TU y) en un f ou ph arabe (ci), qui n en diflere que par un point de moins, ou bien en prenant pour un f arabe le k des Maures, en- tièrement semblable a cet/, on a fait Pheludi, et de Bathalmjous al Pheludi, on a fait, par un contre-sens, Ptole'me'e de Péluse, tandis que, suivant Theodore Me- lite'niote (i), Ptolemee etait ne a Ptolemais dans la Thebaide. Des auteurs arabes, trompes par Fidentite de nom, ont fait de Pastronome Ptole'me'e un des rois ma- ce'doniens d’Egypte nomme's Ptole'me'e. Un auteur arabe, encore plus mal inspire', a fait de Pastronome grec Ptole'me'e un homme de la race de Sem, de la pro- vince de Pheludia. Contre toutes ces fables, voyez Sclioell, Histoire de la lit- térature grecque, t. o, p. 240-241 (Paris, 1S24, in-s?). Ptole'me'e a travaille pen- dant 40 ans a Alexandrie , sous les règnes d’Adrien, d’ Antonin le Pieux et de Marc-Aurèle; mais son grand ouvrage astronomique en 13 livres date d’une epo- que peu poste'rieure a la 4® anne'e d’ Antonin le Pieux. Ses autres nombreux ou- vrages d’astronomie, d’astrologie, de gnomonique, de clironologie, de ge'ograpliie, de musique, de ge'ome'trie, de me'canique, de physique et de philosopliie (2), tous ou presque tous poste'rieurs a son grand ouvrage astronomique en 13 livres, ont bien sufll pour occuper ses quarante anne'es de travaux assidus dont parie Olympiodore (3). Je dis que la vie de Ptole'me'e s’est prolonge'e jusque sous Marc-Aurèle Antonin. Je Pai prouve dans mes Recherches sur Héron d' Alexandrie, p. 268, en invo- quant, outre le texte d’Olympiodore, le te'moignage précis d’une scolie grecque ano- nyme, que je croyais inedite. Mais elle avait e'te publie'e par le baron d’Aretin (4), (1) Dans Fabricius, Biblioth. gr.,. t. X, p. 407, éd. Harles. (2) Voyez mon Artide Ptolémée ( Claude) dans le Dictionnaire géncral de biographie et d’his- toire etc. de MM. Dezobry et Magdeleine (Paris, 1857, 2 voi. gr. in-8“ à 2 colonnes), t. 2, p. 2218-2219. (3) Sur le Phédon, p. 47, lin. 18 — 21, édition de Finckh (Heilbronn, 1857, in-8°). (4) Beitrdge zur Geschichte und Literatur aus den Schdtzen dcr Miinchnei- National-und IJof- bibliolhek. Cahier d’Octobre 1805, pag. 370. Voici le texte et la traduction de cette scholie ; q evioc faa-cv, ò ìcrzopr/.òq 0 Aliy.apyaazvq- Aizza » dì zcv Olvc7:idr\V, Evdo'^oq zTiì aGzpclcy'tav doqav rtvzyy.zvcvp.iy.pav, avvay.paaaq II^aTwvt » rp) CDi/caó'jxp y.aì Kzca'ca (lisez Kzrma) zoìKv/ìdicp (lisez Kvi(5t6))* lazpiyov dì àaycvvza xaì )> lazcpiav àvaypa'fcvai- )> TRADUCTION. (( Ce Ptolémée llorissait à l’époque d’.\drien, mais sa vie se prolongea jusque sous Marc Antonin. )) En méme temps se distinguaient Galien pour la médecine, Hérodien comme grainniairien, et Her- « mogène auteur d’un traité de rhétorique. Le premier entre les Grecs, QEnopide de Cbio mitparéerit — 372 — d’ après le manurcrit 287 de Municli , où elle se trouve (fol. 77 et s.) en téle du traile astrologique en quatte livres de Ptolemee. ÉPOQUE d’ ARISTIDE QUINTILIEN. Cette question se subdivise en cinq autres^ qui m’ont éte' posees^ et auxquelles je vais re'pondre. 1? La traduction latine du passage d’Aristide Quintilien doni la copie m’a éte envoye'e contieni, a la ligne 2 de la p. 70 du t. 2 de Meilaomius , une citation du Traité politique de Ciceron. Mais il aurait fallu continuer la copie jusqu’a la ligne 20 de la p. 70; car, a la ligne o le traile de Cice'ron De republica est de'signe d’une manière plus pre'cise, et le discours de Cice'ron pour Roscius le comédien est cile' a la ligne 18. De la traduction latine de ce passage d’Aristide Quintilien, et du texte grec que j’ai sous les yeux (p. 69, 1. Di - p. 70, 1. 18 du texte grec) , il re'sulte avec certitude que 1’ auteur e'crivait noh-seulement après r an 106 avant notre ère, date de la naissance de Cice'ron, non-seulement après 1’ an 77 avant notre ère , date certaine du discours de Cice'ron Pro Q. Roselo comoedo, mais après Fan 55 avant notre ère, date certaine du traile de Repu- blica. De plus, il faut remarquer qu’ Aristide Quintilien (p. 70, 1. 1—4) nie que Cice'ron puisse étre l’aiiteur du passage du traile de Republica, oxx. il dirait du mal de la musique. Je conclus de ce soupcon d’interpolation qu’ Aristide Quin- tilien vivait assez longtemps après la mori de Cice'ron, pour qu’une interpolation pareille fùt supposable. Cice'ron est mori ’a la fin de l’année 44 avant notre ère. 11 me parali très-probable qu’ Aristide Quintilien e'crivait depuis le pommence- inent de notre ère. Du reste, le soupgon d’ Aristide Quintilien est faux. Il dit que celili qui a fait un si pompeux e'ioge du come'dien Roscius ne peut pas étre l’auteur d’un passage se'vère contre la musique. Mais il peut se rencontrer plus de se've'rité morale dans un e'crit pbilosopliique d’un bomme de 54 ans, que dans un plaidoyer prononcé par ce méme bomme a l’ àge de si ans: tout differe , la matière à trailer, les circonstances et l’àge de l’auteur. Il y a dans les oeuvres authentiques de Cice'ron des contradictions bien autrement cboquantes que celle- la, et a des e'poques de sa vie moins e'ioigne'es les unes des autres. Le passage auquel Aristide Quintilien fait allusion ne fait pas par de des fragments du traile' perdu De republica, retrouve'es jiai’ M®"' le Cardinal Angelo Mai, mais ce passage » les procédés astronomiques : il se fit connaitre vers la fin de la guerre du Péloponnèse, époque où » vivaient aussi Gorgias le rhéteur, Zénon d’ Elèe, et, suivant quelques uns, Hérodote l’historien d’Ha- )) licarnasse. Après CBLnopide, Eudoxe n’obtint pas une mediocre gioire en astronomie: il florissait en » mème temps que le philosoplie Platon et que Ctésias de Guide , que T on cite à la fois parmi les )) inédecins et parmi les historiens. » Ainsi la scolie grecque dont le contenu m’ avait été indiqué d’ après une copie de Savile a été publiée à Municb par le baron d’Arétin en 1805. Je ne crois pas qu’ elle ait élé publiée ailleurs, et je ne cpnnais aucun auteur qui s’en soit servi pour fixer Tépoque de Ptolémée. — 373 — devait faire suite a un des fragments du livre, daiis lequel Cice'roii blàme se'vèrement la licence de la corae'die a Atliènes et a Rome. — En résumé, d’après ce texte d’Aristide Quintilien, il est ceri ain qu’il écrivait après l’an 54 avant uo- treèreetraéme après l’an 44, et il est très probahle qu’il écrivait après le commen- cement de l’ère chrétienne. — Des deux noms d’Aristide Quintilien, le i®'' est grec et le 2® est romain. Cette réunion d’un nom grec et d’un nom romain est rare avant l’époque d’Auguste, et très frequente surtout depuis l’avénement des Antonins (Voyez mon Mémoire Sur Oppien de Cilicie, p. 31, note 130). 2? Il me parait probahle qu’Aristide Quintilien n’a pas connu les Harmoniques de Ptolémée , ouvrage interrompu, dit-on, par la mort de l’auteur, et par con- séquent écrit sous Marc-x4urèìe, vei’S l’an 168 de notre ère. Je dis que c’est seu- lement probahle^ et non certain-, car Aristide Quintilien, ne jiartageant pas les opinions de Ptolémée sur les sons musicaux, aurait pu ne pas parler de ces opi- nions et pourtant les connaìtre. J’ajoute qu’il aurait pu écrire un peri après l’é- poque de Ptolémée et cependant ne pas connaitre on ne connaìtre que de nom cet ouvrage, dont les manuscrits pouvaient n’étre pas répatidus partout. Le si- lence d’Aristide Quintilien sur le contenu de cet onvrage ne donne donc qu’une probabilité, mais non irne certìtude , en faveur de l’opinion d’après laquelle il aurait écrit avant ou peu après l’époque de la rédaction des Harmoniques de Ptolémée. 3? Du silence d’Aristide Quintilien sur les sept tons de Ptolémée, Meibonius (Voi. II, p. 6, 1. 13—22, et p. 233, col. 1, 1. 14—23) croit pouvoir induire qu’il n’est pas postéi'ieur a Pépoque de Ptolémée. Il n’affiime pas que cette induction soit certame, mais il semble la considérer cornine telle. 4? Les preuves données par Meibomius me paraìssent n’arriver qu’à ime assez grande probabilité, mais non a la certitude. Id argumentum a silentio me parait ne devoir étre employé en histoire littéraire qu’ avec une prudente réserve. Ce qui est certain, comme le dit Meibomius (p. 6, 1. 13—22), c’est qu’ Aristide Quin- tilien est antérieur a Martianus Capella , qui vivait au siècle de notre ère ; car Martianus Capella {De nuptiis Philologice et Mercurii, lib. IX, § 930-966) s’est servi du traité d’Aristide Quintilien sur la Musique. 5? Fabricius (voi. 3, p. 642, 1. 2-9, éd. Harles) ne parait donnei’ que comme probahle , et non comme certame , l’ induction d’ après laquelle Aristide Quin- tilien, n’ayant pas cité Ptolémée, ne lui serait pas postérieur; car Fabricius re- marque qù’Aristide Quintilien, certainement postérieur a Cicéron, a gardé le méme silence sur tous lés écrivains musicaux postérieurs a son auteur favori Aristo- xène, c’est-a-dire au 4® siècle avant notre ère. 11 est yrai qu’ Aristide Quintilien aurait eu de fortes raisons pour citer Ptolémée, ou du moins pour tenir corapte des doctrines de Ptolémée, méme sans le nommer. Voil'a pourquoi il y a lieu de le croire plutót antérieur que postérieur a la mort de Ptolémée. Mais cette raison me parait donner une probabilité et non une certitude. La remarque de Fabricius me parait indiquer que sa pensée ne va pas plus loin. 50 — 374 — NOTE CHRONOLOGIQEE SUR LA VIE ET LES OEEVRES LE CLAEBE PTOLEMÉE ET SPÉCIALEMENT SUR L’ ÉPOQUE DE LA RÉDACTION DES HARMONIQUES. PAR M. TH. HENRI MARTIN. La plus ancienne des observations astronomiques citees par Claude Ptole'mee cornine faites par liu-méme est de la nuit du 7 au 8 pachon de la onzième aniie'e vague e'gyptienne du règne d’Adrien (i), c’est-a-dire de la nuit du 27 au 28 mars de Fan 127 de Pere chretienne. La plus recente de ces observations faites par Claude Ptoleme'e est de la nuit du 18 au 19 pharae'notli de la quatrième année vague d’An- tonin le Pieux (2), c’est-a-dire de la nuit du C" au 2 fe'vrier de l’an 141 de notre ère. Il est probable (ju’k l’e'poque de la première observation Ptoleme'e e'tait jeune. Supposons qii’il eùt 25 ans. Il en aurait eu 39 a l’èpoque de la dernière obser- vation; il aurait acheve sa Grande composition mathématique eri 13 livres pro- bablement peu de tenips après, vers Page de 40 a 45 ans. Sa Geographie a étè compose'e après cet ouvrage, dans lequel il la promet (3). Il faut de méme rap- porter a une epoque poste'rieure de sa vie ses Hjpothèses, ses Apparitions des fixes et sa Composition astrologique en quatre livres, puisque la Grande com- position mathématique est rappele'e au commencement de cliacun de ces ouvra- ges (4). Il en est de méme de Popuscule astrologique intitule' Fruit ou Cent apho- rismes, puisque cet opuscule est donne' par Ptoleme'e a son ami Syrus cornine un appendice de la Composition en quatre livres (5). 11 en est de méme de X In- scription sur les époques et les lijpotheses astronomiques , puisque cette inscri- ption de Canobe est date'e jiar Claude Ptolémée de la dixieme d' Antonin (e) , c’est-a-dire de Pan 148 de notre ère. C’est aussi très probablement après la Grande composition qu’ont èie dresse'es les Tahles manuelles, commentées par The'on (7), et auxquelles est joint dans les manuscrits le Canon chronologique des rois (s). (1) Grande composition mathématique, XI. 5, t. 2, p. 268 (Halma). L’observation datée de la nen- vième année d'Adrien {Gr. comp. math., IV, 8, t. 1, p, 167, Halma) n’ est pas indiquée par Ptolémée cornine f'aite par lui-méme. (2) Gr. comp. math., IX, 7, t. 2, p. 167 (Halma). (3) II, 12, t. I, p. 148 ^(Halma). (4) Hypothèses, p. 41 d’Halma (Paris, 1820 , in-4°) ; Apparitions des fi.xes, p. 3, II® partie de la Chronologie de Ptolémée par Halma (Paris, 1829, in-4.“), et Composition astrologique en quatre livres, I, 1, feuillet 1 recto, éd. gr. (Nuremberg, 1535, in-4?). (5) F.55 verso (Nnremberg, 1535, iri-i?). (6) A' la suite des Hypothèses, p. 62 (Halma). 1 (7) Edition d’Halma, 3 volumcs in-4? (Paris, 1822—1825). (8) Publié liien des fois dcpuis le commencement du XVII® siede , notammcnt par Halma dans la II® partie de sa Chronologie de Ptolémée (Paris, 1819, in-4°). — 375 — Pour le traile tlu Planisphère, le traile de X Analemme et Fopuscule philosophi- (jiie Sur le criterium et la facidté directrice-, on ignore a quelle epoque de sa vie Ptoléraée les a écrits ; on est dans la méme incertitude sur l’e'poque de la redaction de ses ouvrages aujourd’hui perdus. Quant aux Harmoniques eii trois livres, irne scolie grecque tiree par Wallis de deux manuscrits de cet ouvrage (i) nous assure que la re'daction en a e'te in- terrompue a la fin du chapitre 13 du IIP livre par la mori de rauteur_, et que les cliapitres 14, 15 et 16, qui maiiquenl, dit le scoliaste, dans les plus anciens manuscrits, soni un coinplement destine' a remplir le pian de Pauteur et ajoute par le très hahile Gregoras, c’est-a-dire par Nicépliore Grégoras, historien et savant Lyzanlin, mori vers 1359. Il y a tout lieu de croire que ce renseignemeut fourni par le scoliaste est vrai dans toutes ses parties; car il 1’ est dans celles qu’on peut vérifier. En eft'et, i? dans le plus ancien des douze manuscrits em- ployés par Wallis pour sa seconde edition des Harmoniques, et dans deux autres de ces mémes manuscrits, on lit a la fin du treizième chapitre du IIP livre: Te- loq Twv Tcu UroAegccicv 'kogo'jiYM'j, Fin des Harmoniques de Ptolémée (2), et pour- taut dans ces trois mémes manuscrits, les trois derniers cliapitres se lisent a la suite du treizième, cornine dans les autres manuscrits; 2° ces trois derniers dia— pitres soni ne'cessaires et suffisants pour achever le pian de l’auteur. Il y a clone tout lieu de croire c[ue ces trois cliapitres soni cV un continuateur de E oeuvre inaclievée de Ptolémée. Quant a la désignalion de Grégoras cornine auteur de ces trois derniers cliapitres, c’était la un fait récent, sur lequel le scoliaste byzantin devait ótre hien reiiseigné. Etait— ce la dernière maladie de Ptolémée cjui Eavail arrété près de la fin du IIP et dernier livre de son ouvrage ? Sur ce fait ancien, il est a regretter que le scoliaste ii’ait pas cité des témoignages. Mais ce fait en lui— méme, indépendainment de rasserlion du scoliaste, est de la plus grande vrai- semblance; car il serait étrange c|ue Ptolémée se fùt arrété volontairement si près du terme de sa tàclie, au milieu de l’applica tion de la musique a l’iiarmonie des splières célestes, application annoiicée dans le chapitre 4® du IIP livre, commen- eée dans les cliapitres 8 a 13, et doni le pian est trace' dans le chapitre 8. 11 est clone très probable cpie les Harmoniques de Ptolémée soni le dernier ou- vrage de cet auteur, cornine le scoliaste l’indique. Olympiodore (3), qui vivait a Alexandrie vers la fin du VP siècle, dit que Ptolémée s’occupa d’astronomie pen- dant 40 ans. Si nous comptons ces 40 ans depuis la plus ancienne des observa- tions de Ptolomée citécs par lui-méme, nous sonimes concluits à P année 167 de notre ère, sixiènie année du règiie de Marc— Aurèle. Telle est clone Pépocjue pro- li) Celte scolie a été publiéc par Wallis dans ses deux éditions des llarinoniques de Ptolémée, savoir: dans Tédition donnée par lui à part à Oxford en 1682, in-4? , et dans l’édition qui fait partie du tome III de la collection publiée par lui-rnème de ses OEuvres mathématiques, p. 149 (Oxford, 1699, in-fol.)- Cette méme scolie a été réiinprimée dans la lìibliotheca grmea de F.ibricius , t. 3, p. 431 de l’ancienne édition, et t. 5, p. 294 de celle d’Harles. Sur les deux manuscrits d’oii cette scolie est tirée, voyez la Préface de Wallis au commencement du t. Ili de ses Opera mathematica. (2) Voyez le t. Ili des Opera' mathematica de Wallis, p. 148, et comparez sa Préface. (3) Sur la Plu'don de Platon, p. 47, 1. 18 — 21 (éd. Finckli). — 376 — LaLle de la redaction des derniers cliapitres autlienliques des Hannoniques de Ptole'me'e, cliapitres qui concernent une application de la musique a l’astronomie. Ptoleraee aurait ete ainsi arréte , presque au terme de la re'daction de cet ou- vrage, par la maladie ou la mort, vers Page de 65 ans, s’il en avait 25 eii l’an 127. Les donnees precedentes et les inductions que nous en avons tire'es sont con- firnie'es par une scolie grecque publie'e, d’après le manusciit grec 28" de Municli par le baron d’ Aretin (i); car cette scolie dit que Ptoleme'e florissait déj'a soiis Adrien , et que sa vie se prolongea jusque sous Marc-Aurèle. The'odore Melité- niote (2) dit que Ptoleme'e vivait sous Pempereur j^lius Antoninus , c’ est-a-dire sous Antonin le Pieux, adopte' par Adrien {^Mlius Adrianus) et entre ainsi dans la famille Mlia, C’est^ en eflfet, Pavénement d’ Antonin le Pieux que Ptole'me'e , dans son grand ouvrage astronomique (3), a pris pour e'poque de son catalogne des etoiles fixes. Il devait avoir environ 36 ans a cette e'poque, qui re'pond a Pan 138 de notre ère. Suidas (4) et Pimpe'ratrice Eudocie (5) s’expriment d’une manière inexacte, mais non absolument fausse, en disant qu’il vivait sous Vempereur Marc c’est-a-dire sous Marc-Aurèle Antonin. Les dernières anne'es de la vie de Ptole'me'e ont dù coincider avec les premières anne'es de ce règne. En résumé', ne' sous Trajan, vers la troisième anne'e du IP siècle de notre ère, Claude Ptole'me'e a vu les règnes d’Adrien et d’ Antonin le Pieux en entier et les premières anne'es du règne de Marc-Aurèle. Sa Grande composition mathéma— tiqiie a e'tc publie'e par lui vers Page de 40 a 45 ans , avant la plupart de ses autres ouvrages, dont les Hannoniques sont le dernier, reste inacheve' vers Pan 167. (1) Voyez le baron à’ kr(ii\Yi,Beitràge zur Geschichte und Literatur aus den Schàtzen der Miinchner National-und Hofbibliothek, Óctober 1805, p. 370 — 371. (2) Astron., eh. 1, § 13, dans Fabricius, Biblioth. gr., anc. éd., t. 9, p. 212. (3) Vlf, 4, t. 2, p. 30 (Halma). Comparez VII, 2, p. 13. (4) Au mot Uroley./xiog 0 Klcf.vdtog, (o) Dans son Violarium (’lwvla), au méme mot {Anecdota graeca de Villoison, t. 1, p. 366, Ve- nise, 1781, in-4?). Eudocie vivait au XD siècle. Suidas est citò par Eustathe, qui vivait au XIID. On ignore si Suidas est antérieur ou postérieur à Eudocie. Sur Claude Ptolépée, Eudocie a copié Suidas mot à mot, ou bien elle a été copiée de mème par lui. — 377 — Sopra lina nuova specie di Palmodictyon , e sovra un singolare organismo di Alga unicellulare. Nota di Elisabetta Fiorini-Mazzanti. Nel settembre del decorso anno 1864 trovandomi in Terracina mi avvenne di vedere in un orto prossimo al mare una bigoncia contenente acqua impu- tridita, sulla cui superfìcie stendevasi una Ficea a strisce membranacee, ra- mose ed intrecciate a modo d’inferrata. Era lubrica al tatto, di colore cene- riccio cupo , se non che nel mezzo , ove il tessuto era più fìtto , appariva rugginoso. Ne raccolsi una parte , e sottoposta al microscopio potei agevol- mente riferirla al genere Palmodictijon del Kùtzing; non però ad alcuna delle specie pubblicate ; di che piacemi nomarlo Palmodictyon lubricum. Dopo pochi giorni quivi tornai fìdando che i brani lasciativi si fossero nuovamente stesi per moltiplicazione; ma con sorpresa non ne trovai più traccia; ed in- vece la medesima superfìcie dell’ acqua era tutta ricoperta di materia di un verde fosco cosparsa di punti. E questi punti osservati con il microscopio erano tanti piccoli esseri vegetali, unicellulari, bivalvi e di struttura cellulosa; e nella più parte di forma navicolare , con estremità assottigliate e diafane. Bello si era il vederli dotati di rapido movimento isocrono progressivo e re- gressivo; e talora assumere forma presso che sferica col ripiegarsi vivamente sovra se stessi. Sulle prime tali esseri mi parve poter riferire alle Diatomee; indi mi rimasi sospesa tra esse e le Dismidiee ; e infìne dopo prolungato e paziente studio dovetti convincermi che malgrado alcune apparenti affinità , differivano però realmente dalle une, e dalle altre. E passando quindi in ri- vista le Alghe tutte unicellulari non mi venne fatto di trovarne alcuna cui potere equiparare 1’ organismo di questi esseri sì per la loro natura ; come per il processo di moltiplicazione. E per quanto possa essere problematico il posto da assegnar loro , niun dubbio però può cadere sulla vegetabilità di essi, e sull’essere un’Alga unicellulare , e per forma , e per tessitura , e per contenuta materia alla clorofilla affine ; non che per sostanza gonimica gra- nulare trasformantesi in gonidii e spore; ed infìne per la presenza degli an- teridii. Nè il moto ond’ è dotata vivente può frapporre ostacolo , perchè ninno ignora come in pari condizione lo dimostrano non solo le Diatomacee^ ma hen anco le Oscillarine ecc. senza che qui io abbia ad accennarne la causa. Secondo mi penso non è poi a lasciare inavvertita quel repentino e to- 51 — 378 — tale dileguarsi della prima Ficea ; e il rapido originarsi di sì gran copia di esseri cotanto disparati per organismo e natura. E mal potendo ammettere una metamorfosi , mi do piuttosto a ricercarne altronde la causa ; e questa stimo doversi derivare dalle cambiate condizioni sì dell’atmosfera , come del mezzo : ossia dell’acqua stessa snlla cui superficie si originarono, imperocché non è a tacere essere caduta una notturna pioggia dirotta nell’ intervallo cprso tra la prima e seconda mia andata ; la qual pioggia mentre disorga- nizzava e disfaceva il delicato tessuto del Palmodictyon , preparava con la sostanza gelinea di esso gli elementi atti alla produzione di altri esseri d’in- feriore organismo. La natura sempre operosa trasforma plasmando nel mistero le sostanze d’uno in altro ente, con che mirabilmente sostiene l’economia del regno or- ganico giusta le prestabilite leggi proprie allo svolgimento, ed alla vita degli esseri; e ciò con tanta maggior prontezza ed attività quanta più semplice ne sia l’organizzazione. Si rinnovò la pioggia e si dileguò affatto il nuovo e singolare vegetabile senza che altro più apparisse di organico; e così ebber fine le mie osserva- zioni, poiché anche il padron dell’orto fé vuotare e pulire la sua bigoncia. Palmodictyon liibricum Fior.-Mazz. Mss. Phycoma natans; ramis mem- branaceis lat. 3 ad 5 rnill. metientibus: ad instar clathrorum divisis anasto- mosantibus; colore cinereo, ad centrum aeruginoso; textura composita cellulis minutissimis filisque implicatis, jalinis, continuis, vel articulis interruptis, ad centrum densiore ; matricis cellulis mediocribus , ut plurimum ellipsoideis , modo liberis, modo cohaerentibus. Hab. Inveni Terracinae mense septembri super aquarn putridam in con- gio berti Giansanti ad maris litus. Andina novum genus (1) Fior.-Mazz. Mss. Individua navicularia in sub- stantia gelinea nidulantia, modo solitaria, modo plura simul connata, interdum in massam coherentia; materie viridi chlorophyllo affini repleta et ob inclu- sam substantiam gonimicam granulosa, cellulosa; multiplicatio numquam per (1) Il nome che gli applico non ha nessun significato nella scienza; ma spero impe- trare indulgenza da suoi cultori , essendo caro al mio cuore per diletta figlia mancata qual fiore abbattuto dalla tempesta in sullo schiudersi nel mattino. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Ingrandimento di 500 diametri. F]g. l.“ Navicole in moltiplicazione per prolungata serie d liformi. 2/ Navicola isolata con incipiente prolungamento filiforme riore, e gruppetti di gonidii usciti lateralmente. 3.“ e L.'* Due e tre navicole connate. 5. '* Altro modo di moltiplicazione. 6. “ Forma sferica. 7. Moltiplicazione per sovraposizione e per contatto. 8. “ Per sovraposizione e per contatto laterale. 9. “ Navicala con prolungamento moniliforme produttore di 10. Altra navicala con moltiplicazione in parte connata , tendo il prolungamento filiforme. Semplice membrana vaivare di una navicola. Spore e gonidii qua e là vaganti. i endocromi moni- aH’estremità supe- altra all’estremità, e in parte emet- r V; ■ fi^ii^^'- ‘4l^N ^w„xV«r'‘ ' mm S>2^ |;.r^ '‘>y-: ■ ^ ■te. m p»-' ■■■■"■ ■■•■ ■' /,„■.- i ■. ; -'y' ■/■/ • »♦ ' < ^r.\- > ‘ / , / •.■'•• r,4 iU' - y .■•:^4.:,ì.^^■^vjfj^; (h>. ^ - ,i. .■ ■-• » •■ ■ ^ : «ì .'i .' . > _ -iJU *f, .j -j '/t; J.-;|V{4Ì!if;V|-5i^' (ìi.| A*ÌJ .I l i V .^ “ , . . . ( ■ ' ' .. : '- •K' ■■•?i t. -C; T .viV>\tu)U), 004 vi) v»^H'»ft«brt4vv]P . W )/..’ -■■"■••. ' ■,^'. t.4i’®.,v.'V' 71:; :\y. .' ^.nc .- Di'w r.h5HMSJÌ(ì^*ti^f onoi.XK'KlqOlorft ai ofn4v/in ,1 t4€ m '-i .inndlil ■‘‘ ■■'■■ t. tii4m j. .. . •> fl '■ : !‘k. l'tiAaiJ ilv ÌMéHT*’ *»-. I , ^ 4 T 'fi . *1 i » dià-jìiÌK félik; rito iifjUTOg Uv ìMoqqu'i;) « rWUiCft .*! fi ..i;anoiia ,ftm ■• I M> ^ .d)l«JfJ0J> ifìH| oitoi.vi«oql;ivO'i i-vq niUfisfr9^^r|qfJloK * \ ''==?= ..>kii>r^f ()3l{aqou i>i a' o{ioai«oq«iy()a. ’io% “.B f!hntrH<%r^>Mij; «rOh; IB ')i()rlah(«q.mir$uìiUnoin oiaomc^^^ PQ:) «((vmygH ^0^ • V '? -iW'wÌkì «f.’ri , fP.iUMio'v ol’iGq Ifi ‘ofiuixiiaUq^^^ iu>y . ijìoai mi -giK A "^(U^ : 3 .'jjn'idìiOl oiuijifm^nolOfq It q0n?>t - .X *" ’r ^ ' .(;{o‘JÌ7)u! ufiu ib 0-n5vfI;7 i;mrKbn'>4£J iifqto ’‘. I ì ; - y «( ò. KHp uIhpo^ ■> • -.'i CPir ^v - !■ I'.*4 ■ j V tliki •i. ”. .ÌW^bEÉI^''' v:v '"../J -.'i Ì-: «• ■ ‘■nm *45 . i> .*- ■liaja i,. Hi' «Mptìfér^^U^4fiT'*'^^ i)«r. . . ',-• .•-' .B"' ■■ : ^-■•■ '» V^,^>' k* ■SSitR ’it; ,"vf: i '.< Vi)‘r ■ y/ liiA ♦ i ■J — 379 — divisionem , neque per copulationem , sed ab ipsa substantia gonimica aut filiformiter producta, aut ad contactum operantia; interdum quoque a sporis gonidiisque vagantibus. In acido nitrico solubilia. Andina evanescens; alacriter mobilis; naviculis convexis vel solitariis, vel connatis, elliptico lanceolatis, interdum sphaericis, long. 0,'"'"0018 ad 0,"''”0020; lat. 0,""”0012 ad 0,“'”0014; ambitu qnandoque flexuoso : apicibus sensim attenuatis, diaphanis, saepe ab apicibus , nec non ab ambitu substantia fili- formi exeunte, et bine inde e propriis endocromatis in serie moniliformi di- spositis nova frustala gignentibus, aut juxta se ad contactum, aut licet raro vagantibus gonidiis et sporis multiplicantibus; membranis valvarum duplicibus subtilissime fibrosis, fibris undulatis. Hab. Inveni ut supra post pluvias. Oss. Singolare organismo cho per essere tuttora isolato non può formare nuovo tipo; ma che per se merita esser collocato intermedio tra le Diatomee e Desmidiee. — 380 — COMUNICAZIONI Il sig. prìncipe D. Baldassare Boncompagni presentò in dono all’accade- mia una copia della lettera del prof. Ottaviano Fabrizio Mosso tti sopra un passo della Divina Commedia seguita da una nota intorno la lettera stessa. Il prof. Socrate Cadet presentò due opuscoli del sig. prof. Ottone Bu-> chner ed uno del Resselmeyer da Francfort, risguardanti le Areoliti. CORRISPONDENZE Venne letto un dispaccio dell’ Emo Card. Protettore della nostra accade- mia in data 3 giugno 1865 n.® 4145 che autorizza il Presidente a proporre come corrispondenti stranieri i signori De Hauer, Barone Sartorius de Wal- thershausen, e Marchese Anatolio de Caligny. Fu letto parimenti un dispaccio di S. E. il sig. Barone de Buch Am- basciatore d’Austria presso la S. Sede, col quale l’I. R. Ministero della Ma- rina di Vienna invia alla nostra accademia una copia in tre volumi del viag- gio attorno il globo, fatto dalla fregata austriaca la Novara negli anni 1857- 58-59, tradotta in italiano. L’accademia gradito sommamente il dono, ordinò lettere dì ringraziamento, tanto airi. R. Ministero della Marina di Vienna, quanto al sig. Ambasciatore Barone di Buch. Il R. Osservatorio di Greenwich per mezzo del sig. Aines ringrazia per i nostri Atti ricevuti. Il prof. Volpìcelli presenta a nome del sig. J®hasles nostro corrispon- dente straniero una copia della sua opera : Traile aes sections coniques fai- sant suite au traile de geometrie swperieure. COMITATO SEGRETO Il sig. Presidente a nome del Comitato accademico propose a soci corri- spondenti stranieri signori prof. Francesco de Hauer, Barone Sartorius Wal- thershausen e Marchese Anatolio de Caligny. L’accademia a grande maggiorità di voti, li dichiarò soci corrispondenti, salva l’approvazione Sovrana. La Commissione eletta nella sessione VI del 7 maggio a proporre il nuovo programma per il conferimento del terzo premio Carpi, per mezzo del relatore sig. Principe Boncompagni, espose il tema scelto, che per mezzo di votazione venne adottato a maggiorità, e perciò viene pubblicato il seguente : PROGRAMMA PEL PREMIO CARPI Affinchè abbia luogo il conferimento del premio annuale, fondato per gene- rosa testamentaria volontà dal defunto socio ordinario dott. Pietro cav. Carpi, l’Accademia propone a svolgere il seguente TEMA Esporre un metodo con cui si possano determinare tutti ì valori ra- zionali di X atti a rendere un quadrato o un cubo perfetto, il polinomio A -4- Bx -I- Cx^ -f- Dic® -h per valori interi dati di A, B, C, D, E, ogni- qualvolta uno 0 più di tali valori di x esistano realmente , e che ne faccia conoscere la impossiblità nel caso contrario. DILUCIDAZIONE Un metodo dovuto al celebre Pietro Fermat per rendere un quadrato A -t- Bx “H Cx^ -4- H- Ex^ , od un cubo l’espressione A -f- Bx H- Cx^ -+- Dx^ , trovasi esposto dal P. Giacomo de Billy nella sua opera intitolata : Doctrinae analyticae inventum novum, a pag. 30 e 31 della edizione intitolata: Diophanti Alexandrini, Arithmeticorum libri sex, et de numeris multangulis liber unns,ecc. Tolosae M.DC.LXX. Questo metodo è anche esposto da Leonardo Euler nei capitoli Vili, IX e X del volume seeondo della sua opera intitolata: Einleitung der Algebra, e tradotta in francese col titolo: Élémens d'Algèbre. Il tomo XI delle Memorie dell’ Accademia imperiale delle Scienze di Pie- troburgo (anno 1830} contiene più memorie postume di Eulero risguardanti l’analisi di Diofanto, e fra le altre quella intitolata : Methodus nova et facilis formulas cubicas et biquadraticas ad quadratum reducendi. Il qual metodo chi ben lo riguardi non è altro, dice Jacobi, che quello della moltiplicazione de- gli integrali ellittici, metodo già proposto dallo stesso Eulero nelle sue Isti- tuzioni di Calcolo integrale, ed in altri luoghi, per risolvere algebricamente l’equa- zione trascendente dove n{ij) = nU{x) , dx vW)’ f{x) = a-^bx-k- ex? dx^ -+- ex^ . Questa importante osservazione di Jacobi trovasi nel tomo XIII del Gior- nale di Matematiche del sig. A. L. Creile (anno 1 835), all’articolo De usa theoriae integralium ellipticorum et integralium Abelianorum in analijsi Diophantea. Il metodo dato dal Fermat per rendere un quadrato A -4- Bic -f- Cx^ -4- Dx^ -+- Ex^ , è anche esposto nel volume intitolato : Théorie des nombres. Troisième édi- tion. Par Adrien-Marie Legendre. Tome II. Paris 1830 (pag. 123-125). In una memoria del Lagrange intitolata: Sur quelques problèmes de VAna- lyse de Diophante, ed inserita nei Nouveaux Mémoires de VAcadémie rogale des Sciences et Belles-Lettres, année MDCCLXXVIL A Berlin, MDCCLXXIX, è dato anche un metodo di risolvere con numeri razionali le equazioni gene- rali di terzo e quarto grado fra due indeterminate x, y. Tali metodi per altro sono imperfetti l.“ perchè suppongono già una nota soluzione; 2.° perchè non è provato che somministrino soluzioni possibili. Sarebbe quindi desiderabile che se ne trovasse un altro, il quale non abbiso- gnasse della cognizione d’ alcuna soluzione, facesse conoscere se il problema sia 0 no possibile, e, quando sia possibile, ne porgesse tutte le soluzioni ; il che sarebbe di notabile vantaggio nella teorica de’ numeri o analisi inde- terminata , e le aprirebbe la via ad insigni progressi , non essendosi finora potuto soddisfare, fuorché in casi molto particolari trattati da esimii geome- - 38S — tri, alle condizioni teste accennate. Ciò potrebbe anche giovare al progresso d’altre parti delle scienze matematiche, come è facile argomentare dalla con- nessione indicata dal suddetto Jacohi nel precitato suo scritto fra il problema esposto e la dottrina delle funzioni ellittiche. CONDIZIONI 1 Le memorie sul riferito argomento dovranno essere scritte o in ita- liano, o in latino, o in francese, escluso qualunque altro idioma. 2. ° Ciascuna memoria porterà un’epigrafe sul frontispizio, che si ripe- terà sull’ esterno di una scheda , entro la quale sarà scritto e suggellato il nome dell’autore, col suo domicilio. 3. “ Si aprirà solo la scheda corrispondente alla memoria premiata. 4. “ Se gli autori delle memorie che avranno conseguito una lode per giudizio dell’ Accademia vorranno che il nome loro venga pubblicato, dovranno farne richiesta nel termine di mesi quattro, dall’ epoca in cui fu conferito il premio; trascorso il qual termine, le schede chiuse con suggello saranno bruciate. 5. ° Per decisione dell’ Accademia , eccetto i trenta membri ordinarii di essa , chiunque , o nazionale o straniero , potrà concorrere a questo premio. 6. ° Ogni memoria accompagnata dalla relativa scheda, chiusa con sug- gello, dovrà franca di porto, giungere all’Accademia prima dell’ultimo di ot- tobre 1866; termine di rigore, passato il quale rimarrà chiuso il concorso. 1° Il premio sarà conferito dall’Accademia nel gennaio 1867, e consi- sterà in una medaglia d’oro, del valore di cento scudi romani. 8 ° La memoria premiata si pubblicherà negli Atti dell’Accademia in- teramente 0 in compendio, e l’autore ne riceverà in dono cinquanta copie. Roma, 11 giugno 1865. — 384 — PROGRAMME POUR LE PRIX CARPI L’Académie, dans le but de conférer le prix annuel, fonde par la géné- reuse disposition testamentaire d’un de ses membres ordinaires, feu le che- valier docteur Pierre Carpi, propose de développer le thème suivant. THÈME Exposer une méthode au moyen de laquelle on puisse détermirier toutes les valeurs rationnelles de x capables de rendre un carré ou un cube parfait le polynóme A -f- Ba; h- Qx’^ -f- Da:® -+- Ex^ , par des valeurs entières de A, B, C, D, E , pourvu qu’ une ou plusieurs de ces valeurs de x existent réellement, et qui, en cas contraire, en fasse connaìtre l’ impossibilité. ÉCLAIRCISSEMENT Une méthode due au célébre Pierre de Fermai pour rendre un carré A -H Ba; -f- Cx^ Do:® -h Ex^ , ou un cube l’expression A -+- Bo: -+- Cx^ -i- Do:® , se trouve exposée par le P. Jacques de Billy dans son ouvrage intitulé: Do- ctrinae analyticae inventum novum (p. 30 et 31 de l’édition intitulée: Dio- phanti Alexandrini Arithmeticorum libri sex^ et de numeris multangulis li- her unus, etc. Tolosae M.DC.LXX). Cette méthode se trouve aussi exposée par Léonard Euler , dans les chapitres Vili , IX et X du tome second de son ouvrage intitulé Einleitung der Algebra , traduit en frangais sous le titre d’ Élémens d^algèbre. Le tome XI® des Mémoires de l’Académie iinpériale des Sciences de S.* Pétersbourg (année 1830) contieni plusieurs mémoires posthumes d’ Euler , relatifs à 1’ analyse de Diophante , doni 1’ un est intitulé: Methodus nova et facilis formulas cubicas et biquadraticas ad quadratum reducendi. Cette méthode, en la considérant bien, n’est autre, dit Jacobi, que celle de la mul- tiplication des intégrales elliptiques', méthode déjà proposée par Euler méme dans ses Institutions de Calcul intégral, et ailleurs, pour résoudre algébrique- meni l’équation transcendente n(^) = nU{x) , — 383 où f[x) = a bx cx^ -i- dx^ H- ex* . Cette importante observation de Jacobi se trouve dans le tome XIII® du Journal de mathématiques de M. A. L. Creile (année 1833), à l’article: De usu theoriae inteqralium ellipticorum et integralium Abelianorum in analysi Diophantea. La méthode donnée par Fermat pour rendre un carré A Bx -4- Cx^ H- Dx^ H- Ex* , est exposée aussi dans le volume intituìé: Théorie des nombres. Troisième édition. Par Adrien Marie Legendre. Tome IL Paris 1830 (p. 123-123). Dans un mémoire de Lagrange intituìé : Sur quelques problérnes de VAnalijse de Diopliante, et inséré dans les Nouveaux Mémoires de VAcadé- mie rogale des Sciences et Belles-Lettres , Année MDCCLXXVII , à Berlin MDCCLXXIX , est donnée aussi une méthode pour résoudre en nombres ra- tionnels les équations générales de 3"'^ et 4"'®degré entre deux ìndéterminées x, y. Cependant ces raétbodes sont imparfaites 1 parce qu’elles supposent déjà une solution connue; 2.° parce qu’il n’est pas prouvé qu’ elles fournis- sent toutes les Solutions possibles. II serait par conséquent à désirer qu’ on en trouvàt une autre, qui n’eùt besoin de la connaissance d’aucune solution, fìt connaìtre si le problème est possible ou non, et dans le cas où il sarait pos- sible, en donnàt toutes les Solutions; ce qui serait d’un avantage remarqua- ble dans la théorie des nombres , ou analyse indéterrninée , et frayerait le chemin à d’importants progrès, le problème n’ayant été jusqu’aprésent resolu, que dans des cas assez particuliers traités par des savants geomètres, aux con- ditions susenoncées. Cela pourrait aussi étre utile au progrès d’autres parties des Sciences mathématiques, comme on peut facilement le voir par la relation que Jacobi a indiquée dans son écrit cité ci-dessus entre le problème ex- posé et la doctrine des fonctions elliptiques. condì TIONS 1.” Les mémoires sur le thème proposé devront étre rédigés en italien, ou en latin, ou en francais : nulle autre langue n’est admise. 52 — 386 — 2. " Chaque mémoire porterà sur son frontispice une épigraphe, qui sera répétée à l’extérieur d’une enveloppe cachetée, dans laquelle se trouveront le nom et l’adresse de l’auteur. 3. ° On ouvrira seulement 1’ enveloppe correspondante au mémoire qui aura obtenu le prix. 4. " Si les auteurs qui auront obtenu une mention honorable désirent que TAcadémie publie leurs noms, il faudra qu’ils en fassent la demande dans les quatre mois qui suivront le jour dans lequel le prix aura été dècerne ; ce terme expiré les enveloppes seront brulées sans étre décachetées. 5. “ L’Académie a décide que, à l’exception de ses trente membres ordi- naires, chacun, quelle que soit sa nationalité, pourra concourir pour ce prix. 6. " Chaque mémoire avec 1’ enveloppe cachetée correspondante devra étre envoyé franco à l’Académie, avant le dernier jour du mois d’ octobre 1866, date de la clóture du concours. 7. ” Le prix sera décerné par Ti^cadémie dans le mois de janvier 1867 et consisterà en une médaille d’or de la valeur de cent écus romains. 8. ° Le mémoire couronné sera publié, entièrement ou par extrait, dans les Atti de l’Académie, et l’auteur en recevra cinquante exemplaires. Rome, 11 juin 1865. L’ accademia per mezzo dello squittinio segreto approvò il riferito pro- gramma. L’accademia riunitasi legalmente a un ora pomeridiana , si sciolse dopo due ore di seduta. — 387 — Soci ordinari presenti a questa sessione. P. Volpicelli. — P. Sanguinetti. — E. Rolli. — A. com. Cialdi. — E. Fiorini. — D. Chelini. — M. cav. Azzarelli. — F. Nardi. — B. Tortolini. — B. Boncompagni. — G. cav. Ponzi. — L. Jacohini. — C. Sereni. — Y. cav. Diorio. — N. com. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 25 di settembre del 1865. P. V. OPERE TENUTE IN DONO Bulletin ... Bidlettino della Società Imperiale dei Naturalisti di mosca. Anno 1864. N.° IV. Memoires. ... Memorie della Società’’ Imperiale delle scienze naturali di Cherbourg Tom. IX e* X. Traité ... Trattato delle sezioni coniche facendo seguito al trattato di Geome- tria superiore per M. Ciiasles. - Prima parte. Parigi, 1865 ; un Yol. in 8.° Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere, ed Aì?t/. - Tomo nono: dispense 9'" e 10.“ Tomo decimo disp. 1“ — 10“. Memorie delV istituto suddetto. Voi. XI- Parte 111“ 1864. Rendiconto delV Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Anno IV - fase. 3 e 4° 1865. Rendiconti della Classe di scienze matematiche e fisiche del R. Istituto LOMBARDO .Vol. I - Luglio - Agosto; fase. VII e Vili. Novembre, e decem- bre , fase. IX e X. Voi. 11° - Gennaro; fase. I.° 1865. Memorie del Reale Istituto lombardo di scienze, e lettere, per la Classe di scienze matematiche e naturali. Voi. X - 1° dalla serie 111.° fascicolo l.° Milano 1865. Rendiconti della Classe di lettere e scienze morali e politicre del R. Istituto lombardo. Voi 1;° fase. Vll° - Agosto ; fase. Vili - Nove.mbre ; fase. IX - X - Decèmbre 1864. Voi. II°- Gennaro; fase. 1° 1865. Memorie del R. Istituto lombardo suddetto per le classe delle lettere, E SCIENZE MORALI E POLITICHE. Milano, 1865. — 388 — Continuazione degli atti della R. Accademia economico-agraria de' georgofili DI FIRENZE. Nuova Serie. Voi. XI - Disp. 4“ 1864. Sulla importanza dei Cimelj scientifici e dei manoscritti di Alessandro volta. Discorso del cav. prof. Luigi Magrini. Un fase, in 8“ 1864. Del Congresso pedagogico di Firenze 1864. Relazione del Cav. G. Scacchi. Un fase, in 8° 1864. Liste ... Lista delle Alghe marine di Cherhourg per A. Le Folis. Parigi , 1863; uo fase, io 8.° Bullettino dell' Associazione nazionale italiana di mutuo soccorso degli SCIENZIATI, LETTERATI ed ARTISTI. Disp. XII.“ 1865, Napoli. V Osservatore medico - Giornale Siciliano - Fase. 3" 1864. L' ineoraggimento - Giornale di chimiche, e di scienze affini, d' industrie e di arti etc. diretto dal prol. S. De Luca. Anno 1;“ fase. 1“- IV.° Napoli 1865. Rivista bibliografica - Sulla teoria delle coniche di L. Cremona. Roma , 1864. Determinazione numerica delle radici immaginarie delle equazioni algebri- che Memoria del prof. G. Rellavitis. Venezia, 1864. Viaggio intonro al Globo della Fregata Austriaca. Novara negli Anni 1857, 1858, 1959 sotto al commando del Commodoro B. De WOllerstorf-Ur- BAis. Tomo I,° II,” e III.” Bullettino Meteorologico dell' Osservatorio del Coll. Romano in corrente. Comptes ... Contiresi dell' Accademia delle scienze dell' I. Istituto impe- riale DI FRANCIA in corrente. ATTI DELL’ACCADEMIA PONTIFICIA DE’ NUOVI LINCEI SESSIONE Vili.' DEL ^0 LUGLIO 1865 PRESIEDUTA DALL’EMO E RMO SIG. CARD. ALTIERI PROTETTORE DELL’ACCADEMIA MEMORIE E COMUNICAZIONI JDEZ SOCI ORDISTAai E DEI COaaiSPONSEKTl Sidla conservazione delle sostanze animali. Comunicazione 2." del prof. V. Diorio. JVelIa seduta degli 1 1 di giugno dell’anno corrente, ebbi l’onore di comuni- care alla accademia il metodo da me seguito per conservare i corpi degli ani- mali, e più ancora le preparazioni anatomiche fatte dai medesimi , per via del disseccamento. Accennai per altro di conoscere pure qualche modo, onde conservarli nella naturale loro freschezza , senza che o lo addensimento dei tessuti ne avvenisse, o la putrida fermentazione. Indicai pure in quella occa- sione come v’erano dei liquidi di tale forza preservatrice dotati, che imparti- vano ai corpi immersi tale una incorruttibilità; che estratti ed esposti all’aria si mummificavano; rimessi nell’umido elemento riprendevano l’aspetto di natu- rale freschezza, tornando ad essere fin sanguinanti: e quindi esposti novella- mente all’aria, ripigliavano senza disfarsi 1’ apparenza di corpi secchi ed av- vizziti , senza discapito della di loro compage : aggiungendo che un sifatto giuoco, poteva più volte ripetersi. Di si fatte esperienze, mi sarei io tacciato, se la lettura del Politecnieo di Milano (voi. XXIV. fase. IL, Febraio 1865, pag. 113) gentilmente favo- ritomi dal sig. Principe Boncompagni , e la conoscenza fatta in Roma del prof. P. Gorini , non mi avessero posto nella obligazione di manifestare , in che consista quel liquido già da me indicato nella passata comunicazione e si ammirevole negli effetti suoi: e il come fossi io condotto a sperimentarle. -- 890 — Credo intanto superfluo di accennare come il prof. Gorini, ha fatto un segreto, del modo di sue preparazioni e dei reagenti di cui si vale per ottenerle. Era il febraio del corrente anno quando il sig. dott. Antonio Bertinì preparatore di anatomia comparata e zoologia nella U.“ R.“ riceveva dal farmacista sig. Antonio Maria D’ Andrea una piccola quantità di un liquido chiaro , che dicevasi avere virtù di preservare dalla corruzione i visceri ed i corpi degli animali, che fosservi immersi; aggiungendosi che quel mestruo non perdeva la proprietà sua, se dilungavasi con quantità ancora notevole di acqua potabile. Parecchie scimmie fnorte nel serraglio in allora stanziato in piazza navona , fornironci visceri mezzo putrefatti che abbandonammo in quel liquido, insieme ad alcuni anini aletti intieri che avevano servito alle nostre lezioni. Il D’ Andrea fece segreto della composizione del liquido in discorso ; e questo ci mise tosto nella curiosità di scuoprirne la natura. Tutto quello insieme di visceri e marcia e sangue e corpi d’ animali , venne abbandonato nel laboratorio in vaso chiuso. Nel mese di maggio estratti i polmoni d’una scimmia mantenevansi ancora freschi ed incorrotti. Si get- tarono di nuovo nel bagno; e rimasero così inflno al 12 giugno in che il sig. prof. P, Gorini ci onorava della prima sua visita nella Università. Dopo mostrate a luì le mummificazioni, e conservazioni da noi ottenute col metodo ch’ebbi l’onore di esporre all’accademia nella precedente seduta; feci portare il vaso dove tutti quei ventrami erano abbandonati: ed alla sua presenza feci estrarre dal sig. Giacomo Gambetti conservatore dei musei suaccennati con l’assistenza del sig. dott. Antonio Berlini sullodato, i polmoni già osservati nel mese di maggio; i quali ritrovaronsi incorrotti. Mi prese allora 1’ estro di tagliarne un lobo ed esporlo al sole. Questo si disseccò, come dalla porzione che mostro all’accademia si scorge. Una parte del viscere disseccato gettata nuovamente nell’acqua potabile vi ha ripreso lo stato di sanguinante freschezza : esposta nuovamente all’ aria , ha tornato a disseccarsi , rimanendo incorrotta sempre. Eravi in quel vaso il corpo pure di un cardellino, quello istesso che qui presento all’accademia, il quale assog- gettato alle vicende del lobo polmonale si conserva, come si vede, mummi- ficato ed intiero. Dietro tali fatti crediamo di dovere oggi ridire in che consista la com- posizione del liquido adoperato negli esperimenti. L’ odore suo analogo al creosoto, la solubilità dell’acido fenico nell’acqua, la virtù che questo possiede di preservare dalla corruzione le sostanze animali; il confronto e la apparente — 391 identità della sua soluzione, con il liquido portoci per mezzo del sig. dott. Ber- tini sullodato; ci fornirono i dati per iscuoprire non essere poi altro che l’acido sunominato (phenol. acido fenico , acido carbolico ec. H.® 0, HO = ) quello che sciolto nella proporzione di 1 a 100 di acqua, e diluito ancor di più, ci offre un sì prezioso ritrovato. Tanto ci crediamo in dritto di manifestare ad ogni buon fine e raggione (per quanto sappiamo) prima di ogni altro; nel desiderio che la scienza se ne avantaggi, quando pure avesse a soffrirne la speculazione. Tributiamo intanto le dovute lodi non solo al farmacista sig. d’ Andrea ed al dott. sig. Antonio Bertini che ci fornirono allo studio un liquido così interessante; ma sì ancora al sig. prof. P. Gorini che coi studii suoi ci ha messo nell’occasione di variare e moltiplicare i metodi e le circostanze delle nostre esperienze. COMUNICAZIONI Il R. P. Angelo Secchi presentò una nota sulle macchie solari. Il prof. Volpicelli comunicò una lettera diretta dal Barone de Cavados al sig. Liais nostro corrispondente straniero sull’ eclissi del 25 Aprile 1865. Però siccome la lettera istessa trovasi già pubblicata in quattro periodici Les Mondes, UInstitut, il Cosmosy e les Comptes RenduSy così non può aver più luogo nella publicazione di questi atti. Il Cav. A. Coppi fece dono della sua memoria letta nell’Accademia Ti- berina intitolata — Documenti storici del medio EvOy relativi a Roma e al- Vagro romano. RAPPORTI La Commissione eletta dal comitato accademico, composta dei sigg. prof. S. Cadet , V. Cav. Diorio e G. Cav. Ponzi relatore , lesse la sua relazione sulla memoria del sig. De la Mure — Sulla orìgine degli ammassi dì conchi- glie nella costa del Brasile. Le conclusioni prese dall’ Accademia sul lavoro del sig. De la Mure, sono che toccando argomenti della massima importanza faceva d’uopo che fossero maggiormente sviluppati. CORRISPONDENZE L’Emo e Rmo Card. Protettore dell’accademia con dispaccio 14 giugno n.° 4152 fa noto aH’accademia poter procedere a proporre per corrispondenti stranieri i sig. Maresciallo Gio. Batta Gilberto conte Vaillant, Generale Morin. e prof. Bequerel. Il consiglio di perfezionamento annesso al R. Istituto tecnico di Palermo per mezzo del segretario sig. Pietro Blaserna, propone alla nostra^jioÉSgl&fe lo scambio delle rispettive publicazioni. La proposta venne ac^ttàta. *- 393 — La R. accademia delle scienze di Amsterdam ringrazia pei nostri Atti ricevuti da essa. COMITATO SEGRETO La commissione incaricata dall’ accademia, per esaminare l’unica memo- ria presentata pel secondo concorso al premio Carpi, lesse in conformità del programma pubblicato il 30 dicembre 1863 , la sua relazione sulla memo- ria stessa, portante l’epigrafe « Ogni fatica è lieve quando serve ad illustrare il proprio paese ». La indicata commissione, per la rinunzia di uno dei mem- bri eletti dall’accademia, fu ridotta da cinque a quattro; cioè si compose dei signori comm. Cavalieri S. Bertelo, R. P. Chelini, prof. Volpicelli, e cav. prof. Ponzi relatore. Da questi furono esposti e valutati i molti pregi della memoria esaminata, e malgrado alcuni tenui e non sostanziali difetti da essi notati, fu- rono di opinione che il proposto tema potesse reputarsi pienamente e sod- disfacentemente esaurito in quella memoria, e che perciò questa potesse re- putarsi meritevole del promesso premio. L’accademia peraltro, giudicando i no- tati difetti meritevoli di un peso maggiore rispetto quello ad essi attribuito dalla commissione , decise , per mezzo dello squittino segreto , ed a mag- gioranza di voti , che , non a titolo di premio , bensì come semplice dimo- strazione di lode e d’ incoraggiamento , dovesse aggiudicarsi all’ autore della presentata memoria, una medaglia d’oro del valore di se. 80, come fu pra- ticato nel precedente concorso. L’ Accademia riunita alle ore 6 pomeridiane si sciolse dopo un’ ora e mezza di seduta. Soci ordinari presenti a questa sessione. P. A. Secchi. — M. cav. Azzarelli. — V. cav. Diorio. *— G. cav. Ponzi. — P. Volpicelli. — A. Coppi. — B. Tortolini. — E. Rolli. — D. Chelinì. — M. Massimo. — S. Cadet. — P. Sanguinetti. — N. comm. Cavalieri S. Bertelo. Pubblicato nel 10 di Novembre del 1865. P. V. 53 — 394 — N.B. Nella pubblicazione degli atti della sessione IV." del 5 marzo, manca la comunicazione fatta dal segretario, di una lettera a lui diretta dal sig. En- rico Narducci, avente per titolo — Intorno ad alcuni passi notevoli di antiche opere, relativi alle scienze fìsiche od astronomiche ; inserita poscia nel Poli- tecnico di Milano (voi. XXVI). ERRORI CORREZIONI Pag. 65 lin. 2 (salendo) seienze scienze )) 125 » 5 Iponomenta Iponomenta » )) » 12 Idem Idem )) 245 )) 1 (salendo) secondo grado » 256 » 26 (in nota) sostanza corticale sostanza midollare » 275 » 7 (salendo) e del e dal )) 289 » 13 (salendo) simile limite )) 293 )) 4 (salendo) mzgnetico magnetico » 836 )) 10 fare fere » 348 )> 3 Iponomenta Iponomenta » » » 7 Idem Idem )) 353 » 22 Idem Idem » 360 » 4 Benzina Benzina » 363 )) 16 stesso). stesso), trovassero produttore del < » 380 » 3 (salendo) Schasles Chasles » 892 » 4 (salendo) Bequerel Becquerel DEL xvm VOLUME (1864-1865) Elenco dei soci attuali dell’ accademia , sino a tutto il dicembre del 1864 pag. V-XY Soci defunti « XYI MEMORIE E COMUNICAZIONI Prof. VoLPicELLi Paolo , socio ordinario e segretario - Ricerche analili- ehe sul bifilare, tanto magnetometro, quanto elettrometro’, sulla eurva bifilare; e sulla misura del magnetismo terrestre . . . . » 1-279 Epitome delle materie contenute in queste ricerche )> 313 Observations et théories des anciens, sur les attractions et les répulsions magnétiques, et sur les attractions électriques, par Tu. Henri Martin, doyen de la facullé des lettres de Rennes » 17-97 Sur le mouvement des ondes: lettre de M. le marquis Anatole Hue De Caligny, à M. le Commandeur Cialdi )) 33 Note sur le mouvement des ondes produites dans un canal par le balen- cement d'un bateau {par le méme) presentée par M.’’ le com. Cialdi.» 36 R. P. A. Secchi, socio ordinario - Nota sullo spettilo terrestre atmosferico, e sulla relazione dei fenomeni magnetici coi meteorologici . . » 40 Richiesta di schiarimenti del medesimo » id. Risposta del prof. Volpicelli » id. Rianciii cav. Giuseppe, socio corrispondente italiano - Terza lettera astro- nomica » 41 Prof. Volpicelli P. - Presentazione di cinque memorie del sig. Chasles, relative alle sezioni coniche » 55 Il MEDESIMO - Srdla elettrostatica induzione. Decima comunicazione . » 59 Prof. Ponzi cav. Giuseppe, socio ordinario, e vice-segretario - periodo. glaciale, e l'antichità dell uomo » 73 Prof. Diorio cav. Vincenzo, socio ordinario e membro del comitato - Di alcuni insetti, che hanno danneggialo talune vigne della provincia romana di Marittima e Campagna, nel cessato anno. . . . » 124 Dott. Serra-Carpi Giuseppe - Primo saggio di osservazioni meteorolo- giche comparative, fra Roma e il Monte Cave , istituite e discusse dal medesimo » 127 — 396 — Prof. VoLpicELLi PAOLOf ~ Sulla memoria del sig. cav. Michele Stefano De Rossi j intitolata - Analisi geologica ed architettonica delle cata- combe romane » 130 , Prof. Sangui NETTI Pietro^ socio ordinario - Fiome romanae prodromus, exhihens plantas circa Romam^ in Cisapenninis pontificiae dictionis provinciis, et in Piceno^ sponte venientes » 133-201 Prof. Cadet Socrate f socio ordinario - Ragionamento intorno il paras- sitismo considerato come causa de’’ morbi miasmatici , e dei conta- giosi 149-360 Tigri cav. Atto - Osservazioni intorno alla pupilla umana subordinata- mente alla contrattilità delViride (presentata dal prof. S. Cadet) » 1 60 P. A. Secchi, - Riduzioni delle osservazioni magnetiche, fatte alVosser- vatorio del collegio romano, dal 1859 al 1864 » 167 Prof. VoLPicELLi Paolo, - Formule per determinare la temperatura di un ambiente, senza osservarla » 233 Monsignor Nardi F. socio ordinario, e membro del comitato - Sui pro- gressi più recenti della geografia generale » 249 Prof. Diorio cav. Vincenzo, - Di un rene pietrificalo in un cavallo vivo.)) 254 Bianchi cav. Giuseppe - Quarta lettera astronomica : Considerazioni e reminiscehze di meteorologia . . . . » 257 Prof. VoLPicELLi Paolo - Sulle osservazioni meteorologiche, e magnetiche nelV osservatorio delVinfante D. Luigi a Lisbona » 272 Sèdillot L. Ahi. - Sur Vorigine de nos chijfres. Lettre à M. le Prince Balthasar Boncompagni » 316 Prof. Mossotti Ottaviano Fabrizio — Intorno ad un passo della Divina Commedia di Dante Allighieri, lettera a B. Boncompagni, seguita da una nota intorno a questa lettera » 327 Prof. Rolli Ettore , socio ordinario - Sopra due piante che il chiaris- . simo professore Ernesto Mauri, di felice memoria , lasciava deno- minato nelVorto botanico dell' archiginnasio romano. ...» 333 Prof. Diorio cav. V. ^ Qualche chiosa sul capo 1 7 del libro 1 della natura degli animali di Aristotele ...» 337 h medesimo - Di qualche rimedio adatto ad impedire la riproduzione della Iponomeuta , che danneggiò i vigneti della provincia ro- mana di Marittima e Campagna nel passato anno 1864 . . » 348 h MEDESIMO - Sullo indurimento e conservazione indefinita dei corpi degli animali » 357 Passage du traité de la musique , d' Aristide Quintilien relatif au — 397 — nombre nuptial de Platon , traduit et annotò par M. A. - J. - H. Vincent, et M. Tu. Henri Martin » 365 Fiorini-Mazzanti contessa Elisabetta , dei soci ordinari, - Sopra una nuova specie di Palmodictyon , e sopra un singolare organismo di Alga unicellulare » 377 Prof. Diorio ~ Sulla conservazione delle sostanze animali ... » 389 COMUNICAZIONI Il sig. prof. G. Ponzi, presenta la nuova carta geologica dei monti della Tolfa, e Allumiere » 64 Il sig. Comm. A. Cialdi, chiede il parere dell' accademia, sulla sua opera che ha per titolo - Sul moto ondoso del mare, eccetera . . , » id. Il prof. VoLPicELLi, presenta la quinta parte delle sue ricerche analitiche sul bifilare, eccetera » id. Il R. P. A. Secchi , annunzia una lettera del prof. sig. cav. Zante- DE scili )) id. Estratto di questa lettera, pubblicato a richiesta del prof. Volpicelli . » id. 11 sig. prof. cav. Diorio, intorno ad. alcune osservazioni microscopiche.)) 65 Il sig. prof. S. Cadet , annunzia la futura comunicazione di un suo lavoro )) id. Il sig. cav. A. Coppi presenta il suo tomo XII dagli annali d'Italia. » id. Il R. P. A. Secchi, presenta una sua pubblicazione, sui rapporti fra i fenomeni meteorologici, e le variazioni del magnetismo terrestre. » id. Monsignor Nardi presenta due memorie del sig. comm. Cristoforo Negri.)) 246 Il sig. prof. S. Cadet, presenta una pubblicazione del sig. doti. Girolami.)) 276 Il p. A. Secchi, Analisi spettrale della nebulosa di Orione . . . w id. Coniazione della medaglia propina dell'accademia » id. Proposta del sig. prof. D. Salvatore Proja » id. Dono di una pubblicazione del cav. sig. A. Coppi » id. Distribuzione degli ordinamenti per l'accademica censura ....)> id. Il p. A. Secchi, Analisi spettrale di talune nebulose » 323 Dono del medesimo » id. Il sig. prof. Otto Tigri » 324 Il Comm. sig. N. Cavalieri San Dertolo presenta in dono, da parte del prof. E. Lombardi NI, l'appendice seconda al saggio idrologico del Nilo )) 354 D. Baldassarre Boncompagni presenta una copia d'un opuscolo, intitolato 398 — « Intorno ad un passo della Divina Commedia di Dante Allighieri, lettera del prof. Ottaviano Fabrizio Mossotti, a B. Boncompagni, seguita da una nota intorno a questa lettera » 380 Prof. Cadet Socrate presenta due opuscoli del prof. Ottone Bacher , e di Besselmeyer sugli aeroliti » id. Secchi P. Angelo presenta una nota sulle macchie solari ...» 392 Prof. VoLPicELLi Paolo comunica una lettera del sig. Bar. De Cavados al sig. Liais , nostro corrispondente straniero , sulV ecclissi del 25 aprile 1865 » id. Cav. A. Coppi dona una copia della sua memoria letta alV acc. Tibe- rina, col titolo - Documenti storici del medio evo, ec. ec. . . » id. Comunicazione del segretario di una lettera a lui diretta dal sig. En- rico Nar ducei )i394 RAPPORTI Sulla origine degli ammassi di conchiglie nella costa del Brasile del sig. De la Mure ' » 392 CORRISPONDENZE Dispaccio delVEmo, e Riho sig. Cardinale Altieri » 65 L'I. e B. Istituto di Venezia ~ La I. e R. Società geografica di Vienna — La R. Accademia delle scienze di Monaco » id. La R. società di Londra — La R. accademia delle scienze di Lisbona - Il R. Istituto Lombardo - L’accademia delle scienze di Amsterdam - La R. accademia delle scienze di Modena - La R. società delle scienze di Copenaghen - LI. e R. Istituto geologico di Vienna — LI. accademia delle scienze di Vienna . » 66 Dispaccio delVEmo e Riho sig. Cardinale Altieri , col quale viene ap- provata la nomina dei membri di censura . » 163 Dono di un esemplare degli annali dell’ osservatorio fisico centrale di Russia, diretto dal sig. Kupffer » id. Ringraziamento del medesimo » id. Dono del sig. cav. A. Coppi » id. Approvazione della nomina di due membri del comitato , e della con- ferma del presidente ,.'..» 246 Comunicazione della morte del socio ordinario il sig. conte Lavinio de’ Medici Spada id. Bullettino della I. società dei naturalisti di Mosca » 276 Ringraziamento della R. società delle scienze di Upsala . . . . » 324 — 399 — Il R. Istituto Lombardo ringrazia per gli alti dei Nuovi Lincei da esso ricevuti » 3oi Apertura del congresso italiano scientifico letterario di Napoli, fissato pel giorno 24 settembre 1865 id. U accademia di Amsterdam invia il programma, relativo al premio ver un componimento poetico » id. Proposta deir astronomo sig. Otto Slruve, per un ricambio di pubbli- cazioni fra V accademia nostra , e V osservatorio di Pulkova . » id. Autorizzazione a proporre per soci corrispondenti stranieri i signori De Hauer, Barone Sartorius de Walther shausen, e marchese Anatolia de Caligny » 380 Dono deir I. R. Ministero della Marina di Vienna di una copia in tre volumi del viaggio attorno il globo, fatto dalla fregata austriaca la No- vara, negli anni 1857-1859 » id. Il R. Osservatorio di Greemvich ringrazia pei nostri Atti ricevuti. )> id. Il prof. Vulpicelli presenta a nome del sig. Chasles, corrispondente stra- niero, r opera - Traile des sections coniques, ec « id. Autorizzazione a proporre per soci corrispondenti i signori: maresciallo Gio: Battista Gilberto conte Vaillant, generale Morin, e prof. Be- cquerel . . . » 392 Proposta di scambio delle publicazioni fra V accademia nostra, e il R. Istituto tecnico di Palermo » id. La R. accademia di Amsterdam ringrazia pei nostri Atti ricevuti. » id. COMITATO SEGRETO Rinunzia del R. P. A. Secchi, e del sig. prof. Azzarelu, alVincarico di membri del comitato » 67 Elezione di quattro soci ordinari , componenti la commissione di cen- sura )) id. Nomina dei signori cav. V. prof. Diorio. e monsignor Nardi, a mem- bri del comitato , per la rinuncia dei signori cav. M. prof. Azza- RELLi, e R. P. A. Secchi » 163 Commissione pel consuntivo del 1864, e preventivo del 1865 . . » 246 Nomina di una commissione per esaminare la memoria pel premio Carpi » 324 Invito alVaccademia per preparare i temi pel futuro terzo confeidmento del premio Carpi . » id. Aumento del numero dei commissari per esaminare e riferire sul me- rito della memoria pel secondo conferimento del premio Carpi. » 344 — 400 — Nomina di una commissione per proporre il tema di matematica pel terzo premio Carpi . » 355 Ammissione a soci corrispondenti dei signori prof. Francesco de Hauer^ Ba- rone Sartorius de Walther shausen, e marchese Anatolio de Caligny.)) 381 Programma di matematica pel terzo premio Carpi » id. Giudizio delV accademia sul merito della memoria^ presentata pel secondo conferimento del premio Carpi. » 393 Soci ordinari presenti alle diverse sessioni » 67-164-247-277-325-355-887-393 Opere venute in dono . » 68-164-325-387 Errori, e correzioni contenute nell’attuale volume XV III » 394 Indice generale delle materie che si riferiscono a questo volume. . » 395 IMPRIMATUR Fr. Hieronymus Gigli Ord. Pr. S. P. A. Mag. IMPRIMATUR I Pelrus De Villanova Castellacci Arf.hiep. Petrae Vicesgerens. \