DELL’ ACCADEMIA GIOENIA . DI SCIENZE NATURALI SERIE SECONDA— TORIO XV. CATANIA TIPOGRAFIA DELL’ACCADEMIA GIOCATA 1)1 C. CALATOIA Strada Quattro Cantoni % 1860 CARICHE ACCADEMICHE PER L’ A1I0 XXXIV DA LUGLIO 1837 A GIUGNO DEL 1838 1. Primo Direttore -D. Angelo Panebianco Intendente della Provincia 2. Secondo Direttore -Prof. Carlo Gemmellaro 3. Segretario Generale -Prof. Francesco Tornabene Priore Casinese 4. Segretario della Sezione di Scienze Naturali -Prof. Euplio Reina 5. Segretario della Sezione di Scienze Fisiche-Prof. Ignazio Lan- dolina 6. Cassiere- Prof. Gaetano De-Gaetani. 7. Direttore delle stampe -Giovanni Cafici Casinese 8. Direttore del Gabinetto - Prof . Andrea Aradas MEMBRI DEL COMITATO 1. Prof. Carlo Gagliani 2. D.r Bartolomeo Rapisardi 3. Prof. Michelangelo Bonaccorsi 4. Prof. Giuseppe Zurria 5. Prof. Andrea Aradas 6. Prof. Mario Di-Stefani Caruso ■ . . CATALOGO DEI SOCII ELETTI DA MAGGIO 1857 A GENNARO 1858 K *5 5 cs o *ÌQ • S NOMI E COGNOMI PATRIA GRADO ACCADEMICO NUMERO DEL REGISTRO DATA DELLA ELEZIONE Seduta Estraord. 1 Dr. Gennaro Serena . Napoli Onorario 279 del 31 Gen. 1858 2 Dr. Giuseppe Pyrroni Castrorea- Sollima le « 280 D 3 Dr. Luigi De-Blasiis . Torino )) 281 )) 4 Dr. Filippo Galofaro . Ragusa )) 282 » 5 Parroco Gregorio Liardo Solanto » 283 » 6 Dr. Alessandro Quadri. Napoli Corrispond. 645 Seduta Estraord. delJO sett. 1857 7 Dr. Epaminonda Abate. » » 646 9 8 Dr. Lucio Gulli . . . Piedimon- te » 647 del31Genn.l858 9 Dr. Gregorio Raymondo Granata Messina » 648 » 10 Dr. "Vincenzo Gobbi . Cesena » 649 » 11 Dr. Giuseppe Bertucci. Catania )) 650 A 12 Dr. Guglielmo Aclon . Napoli )) 651 » 13 D. Luigi Bellardi . . Torino )) 652 )) 14 D. Luigi Sgadari . . Noto )) 653 )) 15 Cav. Giuseppe Asmondo Catania » 654 )) 16 Dr. Ferdinando Rodri- quez Lipari Collaboratore 182 del 10 Sett. 1857 17 Dr. Nicolò Ceraulo. . Randazzo » 183 » 18 Dr. Gaetano Giuliano . Palermo n 184 del31Genn.l858 19 Domenico Longo Mar- dieso • • • ■ • Catania » 185 » ' , , ' RELAZIONE DEI TRAVAGLI SCIENTIFICI ESEGUITI NELL’AMO XHIV DELL’ACCADEMIA GIOEAIA SSLEIZE UT® I11.S II CITI SII scritta DAL SEGRETARIO GENERALE DELLA MEDESIMA FRANCESCO TORNARE»® CASISffESE Professore alla R. Università , Direttore del R. Orto Botanico di Catania, Presidente della Società per l'Arginaiione del Simeto , e della Società Economica della Provincia di Catania , Socio di varie Accademie nazionali ed estere ec. ec. LETTA NELLA TORNATA DEL 17 GIUGNO 1858 ATTI ACC. VOL. XV. ' • Quando col pensiere e coi sensi l’uomo si accinge all’a- nalisi delle cose , ci resta sulle prime colpito dalla varietà delle forme, c dalla diversità dei caratteri che gli offrono; poi ferma lo sguardo sopra ciò che di più interessante ri- leva, e cosi avvicina ed accosta, distingue e separa, se- condo che gli si presentano punti or di contatto, or di differenza ; indi lieto ed animoso spingesi oltre a confron- tare co’ presenti gli oggetti passati , e studia di lutti la composizione, le relazioni, la causa. È questo il progres- so delle umane conoscenze , questa la fase delle scienze e delle dottrine negli ordinarli loro perfezionamenti. In fatto che mai sono le scienze della natura nei libri d’ Empedocle, di Aristotile, di Teofrasto, e di Pli- nio? sono prime lince vaghe ed incerte, che accennano alle grandi differenze delle classi naturali , ma queste idee prendono sviluppo ed incremento nelle opere di Linneo, Lamarck, ed in quelle elei naturalisti moderni. Che sono mai le matematiche di Euclide, Archimede, Apollonio? sono i veri germi da cui sursero le opere di Newton , — 4 — Eulero, Laplace, Lagrange, e di cento altri. Le storie , le stesse storie non furono dapprima che la semplice e nuda narrazione degli avvenimenti civili , da cui nacque la filosofia della storia ora politica , ora letteraria , ora nazionale. Le vecchie leggi di Grecia , le vetuste Tavole di Roma furono magri precetti su cui elevaronsi gii edi- ficii del dritto civile e criminale, e del dritto filosofico. Alle empiriche mediche ricette pendenti pei vestiboli dei tempi d’ Apollo e d’Esculapio fecero seguilo le scienze an- tropologiche, in cui è somma la nostra età per le umani- tarie risorse, per i salutari soccorsi. E le medesime arti liberali e meccaniche , le arti in cui il genio inventore oggi reca sorpresa e sa del prodigio per la vastità e dif- ficoltà dell’ esecuzione , furono nel bel principio rozzi e • deboli tentativi prodotti dalla forza dell’immaginazione e del pensiero . Un sì graduale sviluppo di conoscenze non vien meno nello spirito umano col decorso degli anni, dell’età, e delle vicende dei tempi, ma cresce c si dilata a misura che f uomo acquista nuove idee, poiché sono esse simili ad ignote sementi clic germogliando ci offrono fiori di rara ed inaspettata vaghezza, talché se l'uomo vivesse i lunghi giorni del sole, f ultimo di questi sarebbe in in- tima, e non interrotta relazione col primo della sua vita letteraria, e scientifica. E per verità, dopo l’esatta descri- zione dei prodotti inorganici, ed organici che olire la cro- sta del globo dataci dai mineralogisti, dai geologi, e zoo- logisti del primo c secondo decennio del secolo presente giudicatasi toccalo su tali materie il limile dell’umana sapienza ; eppure non era questo che il primo gradino su cui doveva elevarsi f edilìzio della geologia, della pa- leontologia, e della vulcanologia odierna: quando Yalpeau e Dupouilran avevano nella metà del secolo che corre stu- dialo tulle in ispecie le malattie chirurgiche additando per ciascuna le fasi, le operazioni, le cure , che potevasi a- speltare di nuovo dalla scienza di Macaone, e Chirone ? quando tutte le mediche scuole, 1’ empirica, la fìsica la chimica, la razionale la fisiologica avevano presentato il quadro nosologico dei mali, che potevasi attendere per lo avanzamento delle accennate mediche scienze ? eppure non era questo che un passo, un primo passo al perfe- zionamento futuro delle scienze naturali applicate alla chi- rurgia ed alla medicina. Ed ecco nei lavori della Gioenia in questo anno XXXIV una prova evidente dell’ esposto principio; poiché i travagli di Vulcanologia, Paleontologia, Mineralogia, Con- chiologia, Chirurgia-operatoria, e Medicina-Elettrica, ci fan chiaramente vedere che malgrado i già noti avanza- menti di tante utili scienze nel campo dell’ umano sapere, oggi ci siamo spinti ancor più innanzi; c dobbiamo con- fessarlo, lunga via ci resta ancora a percorrere, Per lo che, esponendo in breve il volume delle Memorie di que- st’anno XXXIV dell’Accademia, e classificando le stesse secondo le varie scienze, se mostrerò da un canto il per- fezionamento scientifico portalo da’ Gioemi nei loro di- versi lavori, sospingerò dall’altro gli onorevoli Sodi a pro- gredire con alacrità e perseveranza nel nobile cammino. È un avvenimento che fissa gii sguardi del sapiente e dell’idiota il sollevamento graduale d’ alcuni punti del- la terra , sollevamento che se nei continenti richiede esa- me diligente ed accurato di fatti, nelle isole è facile a scoprirsi misurandosi le distanze, o le altezze delle anti- che coste, con quelle oggi bagnate dal mare. La scien- za è riboccante di queste osservazioni , ma le applicazio- ni particolari non sono tult’ oggi esaurite; così qualche geo- — G — logo parlando della Sicilia, e specialmente il prof. Carlo Gemmellaro descrivendo le rocce di Taormina, e del Ca- po Sant’-Alessio ha indicato alcuni falli circa al solleva- mento graduale delle coste meridionali dell’Isola; ma si domandava un lavoro apposito diligentemente condotto, con esami di circostanze e di falli, ed ecco dal Socio Gaeta- no Giorgio Gemmellaro una elaborata Memoria col titolo di Osservazioni geognostiche sul sollevamento gradua- le della costa di Sicilia dalla foce del Simeto all’Ono- bola (1). L’Autore percorre di palmo a palmo la costa accen- nala notando i caratteri degli antichi livelli e la differen- za col livello del mare del presente periodo ; cosi a di- verse altezze osserva le lave a grandi masse smussate agli angoli, i depositi conchigiiari nella roccia silicco-cal- carea, le brecce marine, c su di tutto i fori formali dal- la Modiola lithophaga LK. nei silicato-calcarei colla normale posizione delle conchiglie gasteropodi c delle la- mellibranchie, e poi nella stessa roccia, c su i Faraglioni d' Aci Trezza, roccia basaltica dctla ancora Scogli dei Ciclopi, all’altezza di 13 metri molluschi cilodomi; c sul basalto e sulle lave etnee a questo vicine trova all’ altez- za di li metri le serpularie ; talché si può oggi con fondamento stabilire, il sollevamento graduale nel presen- te periodo di questa parte di Sicilia essere stato di 13 metri c cinque decimetri. La nostra Accademia facendo plauso al presente lavoro lo ha riputalo degno de’ mate- riali scientifici dei suoi Atti, c la Società Geologica di Londra, cui ancora fu letto dal distinto Sig. Carlo Lyell l’ha giudicato degno dei suoi dotti Verbali per le utili conoscenze clic annunzia. (\j Leila nella seduta Ordinaria del 17 Dicembre 1857. — 7 — IPM«]M)Enim(D©II& Fondamento delle geologiche perquisizioni sono i re- sti organici d’ogni classe, e d' ogni ordine. 11 nostro So- cio Aradas non mai abbastanza lodevole per le ricerche, per gli studii , per gii scritti di Zoologia vivente e fos- sile siciliana, ha voluto quest’ anno presentare un lavoro su d’ alcune novelle specie paleontologiche del terreno se- condario di Sicilia , e specialmente del silo detto Pachi- no (1). L’ esame da lui portalo ad ogni pezzo è si dili- gente da non lasciare alcun vuoto, e le discussioni scien- tifiche su i caratteri d’ affinità, c diversità con gl’indivi- dui congeneri sono tanto estese da farci lieti di posse- dere un uomo quanto accurato, altrettanto dotto c profon- do nelle scienze zoologiche che professa ; ei descrive cin- que generi e sci specie di cui quattro d’assoluta novità per la scienza, e tre di esse dedicale a distinti uomini nel sapere medico , matematico , ed archeologico : son esse il Cerithium Fulcianum , la Nerinea Gagliani , il Peclen Fallicele. 11 Socio Aradas mostra quali caratteri accostino, e quali separino il genere Cerithium dal Ne- rinea di De-France , ed analizza con sagacia il genere Spherulites il quale appartiene alla famiglia dei rodisti, e poi ragiona della Ilyppurites fermandosi a ragionare su coloro che vogliono questa conchiglia bivalve, mostran- do gli avanzi delle due valve nella sua nuova specie Ilyppurites elegans ; l'indefesso Zoologo promette altre scoperte , c certo darà nuovi lavori interessanti , sicché l’Accademia racconterà sempre tra i suoi benemeriti, che (1) Raccolta divarie osservazioni di Sicilia Zoologia vivente e fossile ordinala in più Memorie. Memoria /.a Iella nella seduta Ordinaria del 29 Aprile di 858. — 8 — con zelo ed amore sempre travagliano al perfezionamen- to scientifico. Le ricerche paleontologiche non sono poi limitale da’ nostri Socii alla sola Sicilia,, ma si estendono al vicino continente, dove non verrà mai meno il campo alle eru- dite investigazioni, malgrado i travagli non interrotti del- l’esimio prof. Gabriele Oronzio Costa, del prof. Scacchi, e di parecchi componenti 1’ Accademia Reale delle Scien- ze di Napoli , tanta dovizia di oggetti naturali fossili si offre in lutto il Regno di Napoli, da non potersi pienamente descrivere dai professori anzidetti. Così il Socio nostro Guglielmo Guiscardi tra le conchiglie fossili di cui è ricco il Gargano, ne ha trovata lina della famiglia delle Ncritidee nuova per caratteri generici, nuova per caratteri specifici, per cui ha voluto appellarla Gargania Brocchii (1); il mentissimo Socio nel descrivere questa nuova conchiglia della formazione secondaria del Gargano, ove sono comuni i generi Hyppurites , Radiolites, Caprina , Nerinea ed altri, non lascia di mostrare che essa ha molli caratteri proprii e singolari, altri comuni col genere Pileolus Sby. fossile della Oolite di Rath ( Woodword), de’ piani Batho- niano, Cenomeniano, Corallino, c Parigino (d’ Orbigny); poiché se ha di comune, ei dice, 1’ aspetto patelliforme , la mancanza di spira, la lamina che ne chiude in parte la base, la piccola apertura, nel genere Pileolus poi l’a- pice è subcentrale , il margine della conchiglia si spande producendo un largo e continuo peristoma, onde la lami- na a disco rimanendo nello interno del cono la base ri- sulta concava ; mentre nel genere Gargania l’ apice è ec- centrico tanto da uscire dal margine posteriore, il mar- ci) Memoria di Guglielmo Guiscardi Su d’un nuovo genere di Molluschi della famiglia delle Nerilidee . Letta nella seduta Ordina- ria del 4 Giugno 1858. — 9 gine non si espande, si prolunga soltanto ed in parte , il che dà origine all’angolo rientrante che fa la parte boc- cale, e la posteriore della base; la lamina è del lutto marginale ; la forma della bocca infine è molto caratteri- stica in questo generi*. Se lo studio de’ fossili è il complemento delle scien- ze degli esseri viventi, le scoperte delle specie e dei ge- ueri eli conchiglie viventi sono utili per lo incremento del- la malacologia, necessarie per la compilazione della Fau- na nazionale, indispensabili per la paleontologia, la quale deve stabilire le specie viventi, e le fossili quali si trovano in un clima, e quali in un altro, e fissare il catalogo delle conchiglie proprie d’ ogni periodo geologico. Per tali con- siderazioni la Memoria del nostro Socio Salvatore Biondi: Descrizione d’ alcune specie malacologiche nuove che vivono nel nostro littorale , Memoria seconda (1), ha fissato l’ attenzione dell’ Accademia per la quantità delle nuove specie che offre una rada del golfo di Catania , cioè d’ Aci Trezza, ove il Biondi le raccolse, e per i ri- sultali di utilità che ne avranno i zoologisti. Le specie sono selle : Corbula madri forme cosi dall’ autore chia- mata per la simiglianza colla Macini stultorum : la E- ricina Aradas , la Diplodonta intermedia, il Pecten Gem- mellarii , il Vermetus cristatus , il Dentalium taranti- num del Costa, ed il Dentalium similis Biondi. L’ autore avrebbe potuto creare un nuovo genere della sua specie Diplodonta intermedia , dapoiebè egli osserva che questa differisce dal genere Lucina , a cui si accosta, per avere un dente, mentre ne hanno due le (1) Leila nella seduta Ordinaria del 23 Luglio 1858. jt — 10 — Lucine , e differisce altresì dalle stesse Diplodonta per la mancanza dei denti laterali ; ma l’ autore volendo sulle mas- sime del naturalista di Upsal stabilire, che i generi devono fondarsi non solo su i caratteri, ma sulla fisionomia e sul- l’abito, dicendo il grand’uomo: Character non facit genus , omnia genera sunt na tur alia, cosi il Biondi al vedere clic il suo individuo era per molte cose somigliante alle for- me delle Diplodonta , a questo genere lo volle ascrivere an- ziché alle Lucine , o pure crear un genere novello. Il Ver- metus cristatus è una specie elegante per la cresta che vedesi sul dorso della conchiglia, il Dentalium taranti - num del Costa è nuovo per la Sicilia, ma la seconda spe- cie del Biondi Dentalium similis ò una novella specie bene indicata , perchè differisce dalla taranlinum a causa d’ essere più larga alla base, più corta nel corpo, e di- versa nella disposizione delle strie. WrL(K&M®IL(D(EII& Difficile ed esteso è Y apprendimento di quel ramo dell’ umano sapere che si occupa della origine e delle fasi della terra, la geologia ; poiché vi si richiede una mente versata negli slu dii dell’astronomia, della fisica, della chi- mica, della geognosia, della mineralogia, della zoologia , e della botanica fossile e vivente ; ma più difficile e più e- stcso si rende questo ramo di vasto sapere, quando vi si unisce quello de’ Vulcani ardenti, perchè questo dimanda una attitudine agli studii d’una geologia parziale, cioè alla cognizione della causa dei fenomeni, che come i sintomi di un male, danno, ragione della genesi dei vulcani : gas , fumo, piogge d’ arene, slancio c corso di materie ora flui- de, ora solide, formazione di prodotti mineralogici, feno- meni elettrici, dinamici, idrodinamici, trcmuoli, solleva- menti, avvallamenti, alluvioni, per i quali si formano se- — 11 — dimenti, trasporti, tufi, infiltramenti diversi, in somma fe- nomeni variati, opposti, contrarii. E pure questo studio per noi che siamo sul dorso del più vasto monte ignivomo di Europa, per noi etnicoli è forse lo studio più ameno, più gajo , e dirò schiettamente, innanzi ai dotti stranieri più necessario. Per tali ragioni non si mancò di cultori in tutti i tempi delle cose vulcanologiche in Catania, e lungo e dif- fìcile mi tornerebbe tesser la serie degli scrittori in ogni secolo di vulcanologia Etnea. Solamente è da osservare, che quelle naturali scienze le quali si compongono del- l’elemento di altre variano di teoriche, e di spiegamento nei falli secondo l’epoche , ed il progresso delle scienze affini o collaterali di cui esse si giovano e si costituisco- no; quindi la Vulcanologia del secolo XA III non è quella del secolo XIX, c quella dello scorso decennio non è cer- tamente simile alla Vulcanologia dei nostri giorni ; e per- ciò 1’ Etna studiata fra noi nel secolo XVIII aveva dato luogo all’opera vulcanologica dell’immortale Bccupcro Sto- ria dell’ Etna, nei primordii del presente secolo sino allo scorso decennio aveva occupato la mente di Giocai, Fer- rara, Gemmellaro Mario, Alessi, Maravigna, Gemmellaro Carlo; ma oggi falle viete le teoriche di Dolomieu, d’ Ha- milton, di Breislack, vacillando quelle dei sollevamenti di De-Buch, di Bcaumont, c di Scrope, venute in voga quelle di C. Lyell , di C. Prevost, di Hoffinann in opposizione alle prime, non che stabilite le scuole chimico-vulcanolo- giche di Bunsen, Dcville, Lurocher, Abich; ed i fatti una volta descritti, oggi essendo spiegati in altro modo, facea mestieri che una compilazione nuova di osservazioni e teo- rie vulcanologiche etnee venisse fuora propria dell’età no- stra , c delle conoscenze presenti, ossia dell’odierno per- fezionamento. E tale ò il nobile scopo del nostro Socio, amico , e maestro Carlo Gemmellaro. Egli in parecchie — 12 — sedute ci ha presentato due lavori degni , come le altre sue opere , d’ ammirazione e rispetto. Nel primo si oc- cupa Sul prò fondamento del gran cono dell' Etna av- venuto il 6 Settembre dell’ anno 1857 alle ore 18 di Italia (1). Nessun fenomeno , ei dice , precesse quello avveni- mento raro ed imponente per noi , ma una cupa e pro- lungala detonazione ed una colonna di denso fumo cari- ca di cenere c di arena emersa da quel gran cratere , accompagnò il profondamento di quell’ alto cono ; la nu- vola però avvolse ed occultò per qualche tempo la somma regione del monte, talché dopo qualche giorno dalle gui- de dei forestieri che visitano 1’ Etna si potò solamente conoscere il raro avvenimento; le guide rimasero ollre- modo sorprese nel vedere ridotto ad unica immensa vo- ragine il fondo del sommo cratere, ove si osservavano in prima oltre alla gola perenne del vulcano, ammassamenti di scorie, e resti di piccoli antichi coni di eruzione. Nell' indagar la causa di questo straordinario avval- lamento il nostro Socio richiama alla mente qual si fos- se la struttura della massa dell'Etna, e considerando co- me essa fosse costituita di corsi di lave soprapposte una sull’altra , e quindi piena nell' interno di caverne , e di gallerie irregolari con varii spazii tra le stesse correnti di lave; ricordando che nelle eruzioni laterali per queste sotterranee gallerie si fanno strada le correnti di lava, e clic cessale le eruzioni restano molli vuoti nella massa della montagna, porta avviso clic il fenomeno del profon- damento del cono del sommo cratere avvenne a causa dei vuoti lasciali nel corpo dell' Etna dall’ ultima eruzione del 1852 ; siccome per simile causa si è veduto profondare tutto intero altra volta nel 1669 c 1844. L’autore a cliia- (1) Lelta nella seduta Ordinaria del 19 Novembre 1851. 13 — rire il suo pensamento esibiva al Corpo scientifico una car- ta, ove dava il disegno dello spaccalo ideale della massa dell’ Etna. Passando al secondo lavoro del nostro Socio chia- rissimo, esso porta il titolo di Vulcanologia dell Etna opera di somma utilità per lo scopo , pel modo onde è condotta, e che egli ha divisa in tre parti, ciascuna in di- versi capi e paragrafi : presenta nella prima parte la to- pografia dell’ Etna e la sua geologia , nella seconda la storia delle sue eruzioni; mentre la descrizione e l’e- same dei fenomeni che offre il vulcano con l’analisi delle lave e de’ cristalli che vi si rinvengono costituisce la ter- za parte; egli ha fatto lettura della prima e seconda par- te, e di qualche capo della terza, riserbando di leggere il restante nel novello anno accademico (1). Nell’ introduzione egli espone come dopo essersi per anni occupato di questo vulcano ha credulo dovere rac- cogliere in una sola monografia quanto dalle sue osser- vazioni può desumere in ordine a non pochi punti della teoria dei vulcani. Nella parte topografica ei divide il gran cono dell’Etna dalla base al vertice in quattro se- zioni, notando quinci e quindi i siti più rilevanti per le osservazioni scientifiche. Dicendo della geologia del vul- cano esamina la giacitura ed i rapporti che hanno le varie rocce dei due terreni terziario e vulcanico lungo la base, e poi sull’ alto del monte, e così viene a determinare i limiti dell’Etna sottomarino all’arrivo della terziaria for- mazione di gres ed argilla, indi il dominio che il vulca- no esercitò colle sue lave sul terziario terreno occupan- done la superficie per tutti i lati , lasciandone solo sco- f (1) Letta nelle sedute Ordinarie del 14 Gennaro, 25 Febbraro, e 25 Marzo 1858. — 14 — porta qualche parte , quasi per dar campo alle ricerche ed agli studii del dilingente geologo. Passa in seguito a parlare del basalto c delle lave prismatiche che pur da esso derivando possono conside- rarsi come le prime correnti dell’ Etna sulla parte di mez- zogiorno e ponente, e qui viene a stabilire la presenza di due sistemi di rocce nell’Etna, il felspatico, ed il pi* rossenico ; il primo scoperto nella parte antica dell’ Et- na, mentre il pirossenico sovrabbonda nell’ Etna moder- na, vale a direnelle tre sezioni di tramontana , ponente, e mezzogiorno. Nella parte orientale egli osserva 1’ Etna antico, ivi trova le tracce d’ un cono inabissalo, nella Y alle del Bo- ve, ed in tutte le colline clic la cingono, ed ivi prende occasione a discutere minutamente le proposizioni avan- zate da’ varii osservatori sull’ Etna circa all’ inclinazione degli strati, alle dighe verticali, ai sollevamenti, ed alla natura de’ materiali, ed appoggiato ai falli manifesta la sua opinione che 1’ Etna fu sottomarino e poi emerse dalle acque , allora fu un vulcano proveniente da un focolare aperto in seno alle rocce felspatiche ; ma spento quel fo- colare, ed un altro essendosene acceso nella estesa for- mazione del basalto, per quanto pare, formò la base del lato meridionale dell’isola, c cominciò a formarsi l’Etna moderno , al fianco di quello felspatico ; in quello istan- te la parte supcriore dell’ antico cono di questo inabbis- sò nei vuoti della scorza terrestre di quei sili, e si for- mò la gran Valle del Bove. La teoria dei sollevamenti del Sig. Elia Dc-Beaumont, che si vuole applicare a questa parte dell' antico Etna , dal nostro Socio vien confutata opponendosi dei fatti, che a mio avviso, provano bene f assunto ; ma nel tempo stes- so ei fa conoscere sino a qual punto quella teorica fosse da rispettarsi, rapportando i fatti di graduale sollevameli- to lungo la costa degli scogli dei Ciclopi, siccome da noi è stato or ora accennalo. Passando all’ esame della seconda parte l’ autore ha compilato la storia delle eruzioni dell’ Etna giovandosi de- gli scritti dei nostri Socii, e specialmente della Storia critica delle Eruzioni dell Etna del Canonico Giuseppe Alessi, ritraendone ciò che contiene di rimarchevole per la parte vulcanologica, trascurandone la superflua erudizio- ne, e riserbando alle annotazioni quelle notizie di eruzio- ni riguardate come tali, sol perchè dagli autori si face- va menzione che YEtna era ardente senz’ altra conoscenza di data, e di luogo; talché la compilazione del beneme- rito Socio può riguardarsi come la vera storia delle eru- zioni dell’ Etna, che possa far parte oggi della storia na- turale di quella montagna dall’ epoca oscura sino al 1852-53. Nella terza parte, della quale ha comincialo la let- tura ed in cui fermandosi su i fenomeni vulcanologici in particolare, dà principio trattando dei tremuoti, ci fa rilevare che questi sono primi fenomeni di eruzioni immanchevoli nei dintorni del Vulcano , precedendone lo scoppio, però si fanno più forti nelle vicinanze del cratere clic formasi nei fianchi della montagna, e meno sensibili quando l’e- ruzione ha luogo nel sommo del gran cratere. Volendo poi indagare se la stessa causa vulcanica produca i grandi tremuoti che scuotono o tutta, o gran parte della Sicilia, ha compilato la storia de’ tremuoti av- venuti in quest’isola dal 1293 avanti G. C. sino al 1848 dopo G. C. in una tavola, ove ha notalo le coincidenze de’ tremuoti con le eruzioni dell’ Etna, ed ha trovato che in 166 tremuoti raccolti dalla storia, si sono avute soltanto 71 eruzioni, e di queste sole 37 coincidono con tremuoti sensibili al di là delle falde dell’ Etna ; per cui il nostro Socio porla avviso che sebbene la causa degli uni e delle — 16 — altre si possa riconoscere nella subitanea formazione del vapore al contatto dell' acqua nell’ infocato nucleo della ter- ra ; pure i fenomeni sono accompagnati da altri fenomeni distinti da quelli de’tremuoti; e ciò egli avvalora osser- vando che gli scuotimenti di terra più fatali in Sicilia non sono stati accompagnati da eruzioni vulcaniche : come quel- lo dell’ anno 33 dopo G. C. del 963, del 1003, del 1293, e poi del 1693, del 1783, e sino a quest’ ultimi della vicina Calabria 1857-58. L’autore proseguirà nell’ anno accademico, che or comincia, a farci dono del restante della sua Vulcanologia dell’ Etna sino al totale compi- mento, e quindi descriverà e spiegherà i fenomeni par- ticolari delle eruzioni; cioè il fumo, le ceneri, le arene, le scorie, le correnti di lava ed altro ; passerà a sostene- re con falli evidenti la teorica del suo fratello Mario sulle eruzioni laterali, c distesamente sarà per trattare in varii capi sul modo di fluire della lava , della sua ra- pidità, dell’ intensità del calore, del grado di fluidità. Non lascerà di parlare circa le varie forme della superficie delle diverse lave, c sulla composizione e su i caratteri esterni dei prodotti vulcanici, e quindi sulla formazione dei cri- stalli tanto nella massa delle lave quanto nella sua cavità, indi in diversi capi dirà or sull’ azione degli agenti meteo- rologici e della vegetazione sulle lave: su i sollevamenti parziali, su i profondameli di suolo, su i crateri indipen- denti dall’ Etna, e verrà ad una conclusione la quale rias- sumendo per sommi capi il lavoro, mostrerà quali ajuti possano apprestare alla teoria dei vulcani, ed alla geologia in generale le osservazioni falle sull’ Etna. È ben vero che dando oggi il quadro dell" opera tutta ho anticipalo le idee dell’ anno accademico vegnen- te ; ma Y amore verso una delle più care scienze , un complesso di conoscenze interessanti ed utili ad ogni el- nicola , e ad ogni Socio della Gioenia in particolare, mi — il — dan fiducia d’ un gentile perdono, se io lodo, ed ammiro con anticipazione il compimento del travaglio che ingem- merà i nostri Alti Accademici. Fra le svariate teoriche , e le molle osservazioni novelle che presenterà la vulcanologia dell’Etna, la Mi- neralogia del nostro gran monte foggiata dai Sodi Cav. Carmelo Maravigna (1) e Barone di Wallhersausen (2) sarà più accresciuta nel numero dei prodotti, più ricca di spiegazioni, e di fatti ; io tolgo ad esempio il ferro oli- gislo di Monte Corvo sull’ Etna, che da tulli e due è ram- mentato , c fu descritto diligentemente dal primo ; quel minerale è in lamine esagono, si presenta ancora in forma oltaedra , per cui dal Maravigna fu esibito ai dotti come esempio d’evidente dimorfismo; a quest’idea nondimeno il nostro Socio non pervenne con le sue osservazioni, ma cedendo al principio che dominava in quei tempi nelle scuole. Ora essendosi tal principio rettificalo, ed osservatosi che il dimorfismo si avvera solo in quei pochi corpi , che per causa di calore e d’ elettricità mutano di proprietà chimiche c fisiche, facea d’uopo mostrare che il ferro oligislo etneo nelle sue forme ottaedro , e nelle sue la- mine esagono è sempre uniforme per fìsiche, e chimiche proprietà, e quindi none un esempio di dimorfismo mala prova brillante d’ una sola forma unitaria esagona , che per la diversità di collocazione dei cristalli nello stato na- scente , ora presenta la forma esagona , ora f oltaedra. Ed ecco il nostro Socio Gaetano Giorgio Gemmellaro con una Nota sul ferro oligislo di Monte Corvo sull’ Etna (3) (1) Atti dell’Accademia Gioenia Scr. la voi. 11 an. 1835. (2) Sai'torius v. Wallhersausen x\tlas des Aetna. (3) Leila nella seduta Ordinaria del 10 Settembre 1851. 3 — 18 — richiamandoci i principii scientifici per i quali i minera- logisti fondano il dimorfismo, e polimorfismo dei cristalli, e richiamandoci la teorica del chiarissimo prof. Scacchi da Napoli, stabilisce, che la forma del nostro ferro oligi- sto di Monte Corvo è tutta simile a quella del Canche- rone in Napoli, e che tutte e due sono cristalli romboe- dri, quali aggruppandosi 1’ uno sull’ altro presentano fac- ce striate parallele agli spigoli , quali strie s’ incontrano sotto gli angoli di 120°, e G0°, e cosi mentiscono ossia presentano la forma oltaedra, talché il nostro minerale è un gruppo di cristalli romboedri senza prova d’ alcun dimorfismo. (DiPtmivirdDiBnA E pure, se luminose prove di scientifico perfezio- namento raccoglie l’Accademia Gioco ia esaminando i lavo- ri di geologia, di paleontologia, conchiologia, vulcanolo- gia, mineralogia, che diremo della Chirurgia operatoria quando esaminerò la Memoria del Socio Dr. Alessandro Quadri Intorno alla cura della blenorrea del sacco la- crimale e de primi stadii di fistola lacrimale ? (1) Qual metodo sicuro la patologia esterna conosceva intorno alla cura della fistola lagrimale? Quanti melodi senza sicurez- za nella pratica , e quale imperfezione nella cura a vin- cere lo stillicidio blcnorrogico, l’ idrope, 1’ ernia del sac- co lagrimale? E malgrado gli sforzi d’ Avelio, Majan, La- forest, c Gensol, che cosa mai si conosceva circa al mo- do di combattere il primo stadio della fistola lagrimale? E checche voglia dirsi, i pratici coscienziosi anco fra noi, che non restiamo per questa parte a nissuna nazione da sezzo, si vedevano ridotti a guardare da spettatori il pro- gresso del male finche la fistola fosse compiuta, e gl' in- (1) Letta nella seduta Ordinaria del 19 Novembre 18 57. — 19 — fermi vedevansi nel duro caso ridotti or di desiderare il progresso del male, ora di sottoporsi pria del tempo ad una operazione, che desideravano evitare, se volevano spe- rimentare l’ ajulo efficace della chirurgia. E pur tale era lo stato della scienza chirurgica in riguardo di queste ma- lattie sino all’ anno 1856, quando in Londra il Professo- re Bosvinann faceva i primi sforzi a vincere la blenorrea del sacco lagrimale, ed a tentare di curare nei primi sla- dii la fistola lagrimale ; ma noi dobbiamo gloriarci che al nostro Socio si debbano i perfezionamenti di queste cure , di queste operazioni , e degli strumenti opportuni. 10 lo ripeto, i perfezionamenti nelle scienze positive comin- ciano dopo esaurite le ricerche su gli oggetti più grossola- ni e visibili della natura; perchè lo spirito d’osservazio- ne non si estingue nella mente dell’uomo, ma vinto un osta- colo sempre avanti si spinge. Così il Sig. Quadri nella sua Memoria dopo avere presentato lo stato della scienza chirurgica intorno alle indicale malattie della regione dell’ occhio, ci espone es- sersi portalo nel 1856 nei centri della civiltà europea per vedere quanto si conoscea di nuovo e d’ utile su questi interessanti malori, c così in Londra nella clinica di Bosv- mann incontrò un metodo che adottò, previe rilevanti mo- difiche, e tornalo in Napoli con felice successo 1’ impie- gò venti volte in un anno , mentre il Bosvmann lo avea tentato solo tre volle in Londra. Il Socio descrive minuta- mente il processo Bosvmann, e poi le sue sagge modifiche tanto negli strumenti che ha presentato all’ Accademia d’u- nita alle figure, quanto nel processo operatorio e curati- vo. Il Q uadri usa in questi casi del chiodo di Bosvmann 11 quale è d' argento, perfettamente cilindrico, alla cui e- stremità superiore sta un collo ed una punta finissima, im- piega altresì uno specillo sottile or di balena, or d’ ar- gento giusta il bisogno, un coltello da cateratta, ed il por- — 20 — tacaustico di Desinarres da lui avvedutamente modificato nello scopo di poter facilmente cauterizzare le parti affet- te. Introduce primamente nel punto lagrimale inferiore un sottile specillo, che spinge fino al sacco , e tagliando su d’ esso il canaletto lagrimale con un coltello da cate- ratta si fa una ben larga via per isludiare le varie altera- zioni che sono capaci di produrre le suddette infermità. A tal uopo esplora con lo specillo le parti, e secondo le diverse alterazioni che trovansi, nello stillicidio semplice usa il chiodo curvandone l’ estremità che fissa nel cui di sacco della congiuntiva, c che lascia in silo per alquanti giorni, ripulendolo cotidianamcnte: nella blenorrea del sac- co all’ uso del chiodo unisce quello della cauterizzazione col porta caustico di Desmarres da lui modificalo, e tro- vando finalmente de’ restringimenti li sbriglia e li cautcriz- za , e dopo che le parli si prestano all’ uso del chiodo di Bosvmann, l’Autore 1’ adopera unendo alla cura locale 1’ altra generale per abbattere il principio diatesico che mostra la malattia. E siccome la blenorrea, l’ idrope, l’er- . nia , e lo stillicidio del sacco lagrimale , quantunque al tutto guariti sono soggetti a frequenti recidive, cosi l’esi- mio oculista Dr. Quadri si riserba dare gli ulteriori ri- sultamenli di questi esperimenti all’ Accademia, osservan- do gli effetti della sua cura su i venti individui da lui fe- licemente in Napoli operali. MEnDnt£Hsm°iE[Liiw®ri(Eii E mentre 1’ Accademia attende i risullamenti del Qua- dri, e d’altri clic sulle vedute di lui potran tentare il pro- cedimento indicato, la scienza medica aspetta da noi la riforma dei nuovi rimedii contro le febbri intermittenti in- dicali dal nostro Socio Dr. Abate con l’ elettro-terapia. Nè vi sorprenda se a guarir d’ un male prodotto da — 21 ìntossicamento palustre si ricorra alle influenze dei due imponderabili l’ elettrico, ed il magnetico; nè si dica che oggi la medicina indossa, come sempre ha vestilo, la di- visa delle scienze predominanti nell’ epoche diverse, per cui ora fu statica, ora chimica, ora vilalislica ; dapoichè io dirò che la fìsica col suo perfezionamento nelle ap- plicazioni diverse è giunta a risultameli inaspettati , e diffìcili. Volta e Galvano avevano mostrato la celerilà, la for- za, e la proprietà dell’ elettricità e del magnetismo , ma quando le pile furono applicate alle leggi della celere tras- missione da Steinhell , Whcaslone e Brctt , con sorpre- sa la crosta terrestre ed il vasto Oceano diventarono ai nostri giorni una rete di Pili per i quali a minuto da un polo all’altro senza valutare difficoltà di mari, di fiumi, di monti, di colline, d’inospili ed inculte regioni, di va- rietà di climi, gii uomini tra loro scambiano i pensieri, comprano e vendono i prodotti agricoli ed industriali , stringono la pace, ordinano la guerra, e fan tutf uno dei molli gruppi della grande sociale famiglia. Percorrendo la storia, dobbiam confessarlo , rilevasi che conobbe Volta la forza dell’elettricità statica sul cor- po vivente , conobbe Galvano qual movimento dava una pila sugli apparecchi d’ una rana anco morta, ma quan- do la corrente elettro-magnetica per il Faraday si ridusse indotta e continua fu da Duchenne applicata ai bisogni della vita, alle risorse della medicina, ed il Faradismo, o P elettro-terapia, diventò una delle piò utili e necessa- rie risorse nelle paralisie generali, c parziali, nei dolori reumatici acuti, nei turbamenti di sensibilità, nelle nevro- si ; e quali utilità P elettro-terapia non apprestò alla Chi- rurgia quando Guerar obliterò per suo mezzo P aneuri- sma nel 1831, nel 1843 Palrequin ne confermò le espe- rienze, ed oggi le han felicemente ripetute Baumgarten, — 22 — e Wertheimber ? E quali applicazioni utili non abbiamo del calore elettro-magnetico fatto da IVelanlon, Amussat, onde cauterizzare le varie parli del corpo ammalato ; e nel trattamento dei restringimenti uretrali quante applica- zioni non ha falle sin dal 1852 il celebre Leroy-D’ Eliol- les , ed il medesimo per ridurre 1’ ernie strozzate ? e quante belle applicazioni da Radford e Barnes non si con- tano nei bisogni dell’ostetricia? animati da sì felici suc- cessi Schonebliein e Beckel da qualche anno bau tentato d’ applicare 1' elettro-magneto a vincere il tristo periodo delle malattie paludiche ; ma siccome il perfezionamento nelle scienze è un fatto posteriore ai primi tentativi, ed ai primi saggi, così questo perfezionamento forse si dovrà al nostro Socio Epaminonda Abbate , siccome ci avvisa nella sua Memoria che l’Accademia inserì nei suoi Alti (1). In essa 1’ Autore ci mostra che nello rintracciare le cause delle febbri intermittenti non sono mancali dei pa- tologisti i quali ne hanno riposta 1’ essenza nell’ aria at- mosferica, ora per i principii che la compongono, ora per le proporzioni dei suoi componenti; ma i concetti di que- sti non sono stali aiutati dai fatti. Le recenti esperienze di Schonebhein, e di Beckel provano, ei dice, clic una sensibile relazione si trovi fra la deficienza dell’ azoto e le febbri intermittenti , per cui spinto da questo fatto il Socio D.r Abate stabilì clic la causa , c la genesi delle febbri in esame sta nella deficienza dell’ elettricità atmo- sferica, la quale viene assorbita continuamente dalle de- composizioni che hanno luogo sulla superficie dei luoghi paludosi. Tali studii non sono nuovi pel nostro mentis- simo Socio , ei sin dal 1854 avea evulgato le sue idee circa alle relazioni tra l’elettricità dell’aria, e la presen- za del cholera ; e noi facciamo voti acciò queste ricerche (1) Leila nella seduta Ordinaria del 19 Novembre 1851. interessanti per la scienza e l’ umanità venissero sempre dilatate ed estese. Ei frattanto non fonda le prove del- 1’ essenza delle febbri per intossicazione paludica sulla de- ficienza elettrica dell’ aria traendole dai concetti fisico-chi- mici ; ma dallo studio dell’insieme dei sintomi di cpieste malattie che ne’ diversi stadii vengono caratterizzate da grande squilibrio d’innervazione, e dall’analisi dei mez- zi terapeutici, i quali in ogni tempo si sono posti in uso; per cui fa osservare che la chinina , il ferro e 1’ arse- nico i quali ordinariamente si usano con grande profitto, sono incitanti del sistema nervoso , mentre i debilitanti sono sempre nocivi. In conseguenza di questo ragiona- mento ei va all’ idea che a cura delle febbri intermittenti 1’ elettricità applicata opportunamente dovesse riuscire ri- medio specifico contro le stesse, ed intrattenendosi sulla virtù dell’elettricità l’antepone anche al chinino, volendo dire che questo non è veramente uno specifico. In seguilo mostra che se da parecchi non fu spe- rimentata proficua 1’ elettricità nella cura delle febbri in- termittenti, ciò avvenne perchè usata da uomini estranei all’ arte ; per cui egli parla dell’ utilità delle correnti con- tinue, dell’uso a farsi della pila di Daniel, della durata dell’ applicazione non più di quattro minuti e mezzo , e della scelta delle regioni in cui ha credulo fissare i poli della pila. Dopo un tale lavoro scientifico presenta la sto- ria fedele e dettagliata di parecchi casi di guarigione di febbre intermittente con questo metodo da lui adoperato nel grande Ospedale di Santo Spirito in Roma. (G(DKT(EILinsn(DEUi Sono tutti questi i lavori di perfezionamento scientifico in quest’anno accademico esibiti dai Giocnii nel Yol. XXXIY dei loro Alti, lavori non di concetti e pensieri ma di esperi- — u — nienti eseguiti sull’ uomo vivente, e di fatti osservati stu- diando gli obbietti naturali che la Sicilia, e il vicino con- tinente ci offrono. Poti *ei dire quanti lavori materiali i Gioenii han condot- to a line in quest’ anno; ma quanto lungo sarei, quanto prolisso! Solo accenno di volo, che il nostro Socio Dr. Domenico bongo ci ha esibito molti pezzi zoologici da lui solidificali , e vorrei dire ridotti a spessezza lapidea. L’ Italia conta un Segato, Catania lodò un Aloisio , e Catania stessa oggi offre del Dr. Longo molli pesci ^ molti molluschi, molti organi, come cuori, polmoni e si- mili ridotti con un metodo tutto segreto ad una consi- stenza da ricevere le impressioni dell’ acuto scalpello , da far sentire la risuonanza d’ un corpo duro, da offri- re un colore naturale ed un peso specifico. Quanti non han durato travagli in quest’ anno nei gabinetti di fisica, storia naturale ed archeologia! potrei mostrarvi nel ga- binetto fisico-chimico della R. Università cento macchine d’ elettricità , di magnetismo, di statica, d’idrodinamica introdotte per lo zelo dei nostri Sodi onde viemmeglio spingere lo insegnamento universale ; potrei mostrarvi in quel medesimo ginnasio un novello gabinetto di chimica applicata alle arti per lo perfezionamento degli appren- disti in varie facoltà ed industrie; potrei esibirvi 1" ingran- dimento , e direi il perfezionamento delle sale archeolo- giche e di storia naturale presso i Benedettini Casinesi ; ma non vi dirò nulla di ciò, perchè ognun di noi tiene ed aumenta ogni anno la sua privata raccolta di prodotti naturali, di libri e d’ antichità, e la tiene come un cor- redo ed un mobile necessario al suo vivere sociale. E di vero ; la casa del Socio nostro Antonino Lo-Giudice, estin- to in quest’ anno , di quest’ uomo amabile , dotto, lette- rato, non è dessa un gabinetto prezioso per isccllczza di libri, per raccolta di conchiglie viventi c fossili, di zoo- — 25 — fili, di medaglie rare, e peregrine ? sì, è presso noi un gusto oramai troppo comune travagliare alle raccolte di storia naturale , e poi esibirle ai dotti per trarne parli- lo, come praticò il consocio, o pure giovarcene noi stessi per concorrere con le opere al prefezionamento scientifico naturale. Se potessi per un istante mutar la forma del presen- te discorso, e costituirne uno storico racconto, vi narre- rei qual fu nei tempi andati lo spirito dei nostri padri; vi direi clic l’ amore per queste raccolte scientifiche formò sempre uno degli elementi dello spirilo nostro, di noi abi- tatori sotto l’Etna; vi esporrei allora clic nel secolo XVII gli avi nostri avevano un patrio museo formato dei ruderi greci, romani, c dei tempi medii trovati nel disollcrrare l’antica Catania, c depositati generosamente in luogo pub- blico e centrale onde essere a lutti d’istruzione e d’onore, museo clic rovinò nel tremuolo del 1(>93 (I); clic nel secolo XVIII sorsero i gabinetti di storia naturale, ed ar- clielogia dei Discari , dei Benedettini, dei Recupero dei Gioe- nii, e nel secolo presente fra le molle private raccolte pri- meggiano quelle di Maravigna, della R. Università, di Gemmellaro, d’Aradas, e Reina: vi esporrei i sagrifizii di tanti dotti, clic per l’amore della scienza non curano i sociali guadagni, non intraprendono le speculazioni del traffico, e dell’industria, ma dedicali alla cultura delle scienze vivono nella contemplazione della natura, e nella spiega de’ fenomeni cosmici. Astenendomi da tali dettagli per non avere la ingiusta censura di eccedere per affetto e patrio amore, solo vi addilo Alfio Bonanno sul quale già passato nel regno della tranquillità c della pace non cade più ombra di valevolenza, e d’invidia; leggetene il biografico (t) Ferrara St. di Catania pari. 3.a pag. 265 monumenti antichi. — 20 — Elogio scrino dal Socio Vincenzo Percolla, vedete come egli avesse rinunziato ad ogni onesto godimento sociale per diventare quale fu egregio medico, dotto fdologo , vedete in quello scritto ben ordinato e succinto la pittura dell’ uomo semplice e dedito alla vera e soda scienza (1); ma io taccio, esibendo il volume XXXIV degli Atti Gioe- nii, cifra che segna il numero degli anni della vita acca- demica, con questo volume alle mani lascio ad ognuno di giudicare dello zelo ed impegno dell’ Accademia Gioenia al perfezionamento delle scienze fisiche, e naturali in Catania. (\) Letto nella seduta Ordinaria del 23 Luglio 1851. LA VULCANOLOGIA DELL’ETNA CHE COMPRENDE LA TOPOGRAFIA, LA GEOLOGIA, LA STORIA DELLE SUE EREZIONI , NON CHE LA DESCRIZIONE E LO ESAME DE’ FENOMENI VULCANICI DEL SOCIO Siilo llllllliio ( Continuazione e fine ) FENOMENI IN PARTICOLARE «> CAPITOLO 1Y. FENOMENI DELL’ ERUZIONI Art. 1. — Tremuoti (2). / § 40. Fra i primi fenomeni dell’ eruzioni dell’ Etna vuoisi considerare lo scuotimento del suolo vicino al si- to delle vulcaniche manifestazioni, che suole precederle ad indeterminati tempi, ed accompagnarle sempre nel primo loro scoppio. L’ analogia di epiesto fenomeno con quello che con immensurabil forza, fa crollare le rupi e sovverte il ter- reno, ha fatto riguardar i tremuoti come effetti della cau- sa stessa, e si è detto esser sì strettamente legati a quelli de’ vulcani, che sarebbe un voler ripetere la cosa mede- (1) Nella descrizione ed esame de’ fenomeni vulcanici io sono obbligato di ripetere spesso quanto ho detto nella Parte geologica ; ciò non è del tutto disdicevole, può anzi giovare a non costringe- re il lettore a svolgere indietro le pagine per riscontrare il paragra- fo di quel Capitolo. Certe idee, oltre a ciò, quando son proprie, e servono a sostenere una proposizione che potrebbe passare per ori- ginale, o convincente almeno, non si possono abbastanza ripetere. (2) Fra gl’ innumerevoli lavori de’ Fisici su’ tremuoti diligen- tissimi estimar debbonsi quelli del Sig. Alexis Perrey , pubblicati nelle Memorie dell’Acc. delle scienze, arti e Belle lettere di Dijon. ATTI ACC. VOL. XV. 5 — 30 — sima il parlarne separatamente (1). Non bisogna però cie- camente sommettersi a questa teoria, quando non ci man- cano i mezzi di metterla alla pruova ; e questi mezzi, ap- punto , ci somministra la storia dell’ eruzioni dell' Etna e quella de’ tremuoti di Sicilia dall’ anno 476 av. G. C. sino al 1848 dell' Era cristiana. Questa però non iscen- de a particolarità , c principalmente sulle parziali e li- mitate scosse che in certi dati luoghi si sono avvertite soltanto, e senza gravi fenomeni ; come sarebbero p. e. (quelle rapportate nel Giornale Ufficiale di Sicilia n. 87, 24. Aprile 1858 estratte dalla storia delle Madonie, il di cui numero giunge a 101, dal 1811 al 1856, delle quali tranne quelle clic sono stale nel tempo stesso comuni col resto della Sicilia, il rimanente non è gran latto da cal- colarsi — Se si volesse tener conto di tali leggieri scuo- timenti di suolo , si troverebbe clic non vi è stato mai anno, che ne fosse scorso senza. (V. la qui annessa Ta- vola ). Vero è pur troppo che questa storia non è correda- ta di tutte le particolarità clic si richiedono, per istabi- lire con esattezza i dati, sopra i quali fondar si debba- no gli argomenti c le deduzioni, da cui aspettar si pos- sono opportuni resultamenti; ma non manca, però, di no- tevoli latti , dal rapporto e dal confronto de’ quali non poche illustrazioni può il fisico ritrarre. § 41. Abbiamo a prima giunta clic gli anni ne’ quali sono avvenuti tremuoti, nell’ Etna c nell’ Isola nostra, am- montano al numero di 166. Che quelli delle eruzioni vul- caniche, comprese anche quelle non ben assicurate della storia, sono non piò di 71; ed il numero de’ tremuoti che mostrano una certa coincidenza, con le eruzioni, a- (1) V. Daubeny on Yolcanos 2* ediz. , 1848 Par. 2* on Earth- quakes. 31 scende appena a 37. Talché i tremuoti che apparente- mente ( come dobbiamo dire per ora ) sono indipendenti dall’ eruzioni giungono a 129. Venendo poi a più minuto esame resulta: che di 12 tremuoti rammentati dalla storia sino a 122 av. G. C. troviamo, che a quello del 476 precedette di un anno la eruz. del 477: che quello del 437, benché Paolo Diaco- no dica che « coll’ incendio di Mongibello, si unì il tre- « muoto che gagliardamente conquassò la Sicilia » pure non è rapportalo da altri scrittori, e resta dubbio, perchè la eruzione che accenna la storia, avvenne dicci anni do- po, cioè nel 427. Non così il tremuoto del 396 che coin- cide esattamente con la eruzione di quell’ anno : come quello del 252 contemporaneo aneli’ esso alla eruzione: e parimenti quelli del 726 , c del 122. Ma restano altri quattro tremuoti senza compagnia , o precedenza , o se- guito di eruzioni, cioè, del 341, 318, 263, e 232 av. G. C. Dall’ anno 33 dopo G. C. sino al 963, si rammen- tano tredici gravi tremuoti, ed appena cinque eruzioni , fra le quali due non possono tenersi per certe; di questi stessi tremuoti quello del 163 si presume essere avvenu- to; e solamente un solo si può ammettere coincidente alla eruzione dei 253. Mentre poi gli otto che avvennero da quel secolo, sino al 963, furono de’ piò tremendi c ro- vinosi che dir si possa. Quello del 1003 avvenne un an- no prima della eruzione del 1004. A 1° febbraro 1169 1’ Etna era eruttante ; nel giorno 4 Catania fu totalmen- te diroccata da orribile tremuoto. Quello del 1198, suc- cesse I’ anno dopo la eruz. del 1197. Accompagnò quella del 1285, il tremuoto che scosse tutta la massa dell’Et- na e i suoi contorni; come quelli del 30 giugno 1323 c del 26 giugno 1329 che avvennero contemporanei alle eruzio- ni. Tanto può dirsi di que’del 1381, 1408 c 1444, che scossero veementemente la massa ed i contorni dell’Etna — 32 — con non poco danno degli abitanti minacciati da’fuochi e dalla terra tremante. Ma all’incontro 1’ eruzioni del 1446, del 1447 e del 1470 non furono concomitatc da scosse di tremuoto, o dovettero esser limitatissime al certo. Violenti si rapportano i trcmuoti avvenuti in Sicilia nell’ eruzioni del 1336, 1337, 1366, 1379 , 1603, 1614, 1633, 1634, e 1633. La famosa eruzione del 1669 fu accompagnata da scosse di tremuoto ; lo furono ugualmente quelle del 1682, 1702, 1727, 1732, 1733, 1780, e 1809. Ma il più terribile di tutti, quello cioè del 1693, avvenne nel prosieguo di una piccola eruzio- ne, appena degna di memoria ; e nessuna ne avvenne nel grave tremuoto di Messina c Calabria del 1783. Nè in quello del 1810, anche fortissimo in Messina: nè in quello del 1818 in Catania c nel Val di Nolo, o in quello non meno forte del 1846 e del 1848 in Catania , in Agosta e nel Val di Noto. § 42. Da questo breve reassunto di fatti non si può conchiudere per nulla, che i tremuoti tutti di Sicilia va- dano annessi a’ fenomeni vulcanici, mentre che fra cento sessantasei , appena trentasette si sono manifestati com- pagni di eruzioni, c rarissime volte precursori: che an- zi questi si son verificali più nell’Etna stessa che altro- ve ; all’ incontro i più tremendi, fra centoventinove che scossero la Sicilia , sono stali indipendenti , almeno in apparenza, dall’ azione vulcanica. § 43. Si aggiunga, che se si volesse tener conto di tanti altri fenomeni che accompagnano, ed anche pre- corrono i grandi tremuoti, ma che mancano assolutamen- te in quelli prodotti dall’ eruzioni , sempre più chiara risulterebbe una diffirenza di fenomeni ne’ due casi . L'of- fuscamento dell’ atmosfera e l’elevazione di temperatura, che precedono quasi sempre le grandi scosse di tremuoto, e che cessano subito dopo verificato lo scuotimento: lo — 33 abbassamento delle acque ne’ pozzi : le moleste sensazioni che avvertono, e manifestano taluni animali: l’apparizio- ne di talune specie di pesci in insoliti litiorali, e la pro- digiosa loro quantità nel tempo de’ tremuoti : i venti im- petuosi e talvolta le tempeste e gii uragani che li ac- compagnano, sono fenomeni che non mai si sono osser- vati nell’ eruzioni dell’ Etna ; in queste le scosse sono parziali e quasi sempre a sussulti : ne’ tremuoti sono al- l’incontro ondulatorie , vorticose, espansive e par che se- guono una linea di direzione. § 44. Non per questo però dobbiamo arrestarci a sole esterne manifestazioni di una polente azione, che ha luogo nelle viscere della terra; e l’aver noi in Sicilia il maggior vulcano di Europa, anzi dell’ emisfero antico, ci obbliga a diligente esame sulla causa de'tremuoti, co- sile uno de’ primi fenomeni dell’ eruzioni vulcaniche. Egli sembra che i fisici di tulli i tempi siano stati d’accordo nell’ attribuire la causa de’tremuoti e de’ vul- cani o alla decomposizione dell’ acqua a contatto delle sot- terranee rocce bituminose , o alla forza dell’evaporamento dell’acqua stessa a contatto de’ fuochi sotterranei; (1) ed in oggi co’ moderni geologi, il sommo Humboldt, ammet- tendo una comunicazione fra lo incandescente nucleo ter- restre, e la sua superfìcie, facilmente spiega la unicità di origine de’tremuoti, delle eruzioni vulcaniche, de’ sol- levamenti, delle acque termali ecc. Bisogna, nondimeno, distinguere la espansione sola del vapore, che proviene dallo avvicinamento dell’ acqua alla infocata massa e la espansione della stessa infocata massa , che liquida si fa strada attraverso le fissure della crosta del Globo, da quella di queste due espansioni riunite insieme ; ed al- lora dobbiamo considerare, 1° i fenomeni prodotti dalla (1) V, la Memoria sulla eruz. del 1843 Atti Gioen. voi. 20. la Ser. forza del vapore solo , e varianti in intensità a misura della maggiore o minore resistenza, che quella forza in- contra nella diversa struttura della scorza terrestre; 2° i fenomeni che accompagnano una massa in istato d’ignea fusione, la quale s’incamina per via di preesistenti fìssure, o per nuove prodotte dalla forza della stessa massa at- traverso del suolo; 3’ i fenomeni della potenza del va- pore sulla massa infocata, che per propria espansione si è incaminata, come sopra ; e si avranno così Tremuoti soli, Sollevamenti di suolo per intrusione di fusa roccia, ed Eruzioni vulcaniche. Vari gradi d’intensità di calore, poi, sopra diverse masse di acque, possono produrre le caverne esalanti va- pore ( le così dette stufe), e le acque termali; siccome diverse sostanze ridotte a gas, dallo stesso calore, pos- sono formare le salse , i vuleanetli idro-argillosi, e ter- re brugianli. § 43. La storia ci ha prestato un numero grande di tremuoti avvenuti senza manifestazione alcuna vulcani- ca nel nostro Etna; e conosce ognuno quante altre pro- ve somministrerebbe quella de' tremuoti di altre contrade del Globo. E, a dir vero, non si sarebbe potuto disgiun- gere questo fenomeno da ([nello del vulcano, (piando non si fosse manifestato clic ne’ soli sili, sotto i quali si cre- deva esistere un focolare vulcanico; perchè allora queste particolari stazioni di fuoco, evaporando istantaneamente l’acqua, dovevano produrre lo scuotimento del sovrappo- sto terreno; ma quando si è giunto, co’ fatti, a conosce- re, che questi pretesi focolari sono pochissimi, rispetto alla vasta estensione di suolo stalo scosso dii’ tremuoti , senz’ altre vulcaniche manifestazioni : quando si può sta- bilire che l’infocato nucleo della terra è il focolare co- mune, de’ vulcani non solo, i (piali non sono insomma , che aperte lissurc, o spiragli o gole di esso, ma delle 35 acque termali e di tulle le sotterranee emanazioni di gas e di calore ; allora, con un tal grado di asseveranza, si può sostenere che non tutti i tremuoti sono fenomeni vulcanici (1). § 46. Si scuote la terra, è vero, nella massa dei coni vulcanici e ne’ loro contorni, ma questo è un feno- meno dinamico parziale , necessaria conseguenza della forza espansiva della eruzione contro le pareti della gola vulcanica ; ed allora il limitato tremuoto è certamente uno de’ primi fenomeni dell’ eruzioni , può anche accom- pagnarle ed anche seguirle , come può ugualmente pre- correrle di qualche tempo ; e finalmente può venire sen- z’altra manifestazione vulcanica, quando la espansione del vapore si verifica tra la stagnante massa infocata e U ori- fizio del vulcano. Nè la storia dell’ Etna è mancante di esempj di molte e replicate scosse di tremuoto, in par- ziali contrade del vasto suo cono. Sotto questo riguardo, pertanto , il tremuoto può riguardarsi come uno de’ fe- nomeni delle eruzioni, e de’ primi che si manifestano; ma non si può per questo pretendere, per analogia, che lo fossero del pari gli altri, i quali quando esercitano alto grado di veemenza sono accompagnati da stupendi feno- meni ; e basta rammentare sull’ assunto, quelli avvenuti nel- le Calabrie ed in Messina, non che nel resto del Regno, nel '1783, senza un solo che avesse caratteri di vulcani- co (2). (1) Quando avea per le mani questo lavoro, non conosceva il voi. XII — V.a Serie, del Annales des Mines — 1851 nel quale si legge il bel lavoro del Sig. J. Durocher « Essai de Petrologie com- parative » scorrendolo ho trovato, con vero piacere essere egli del- lo stesso avviso, su questa mia proporzione intorno a’ tremuoti. (2) Mentre io scriveva queste pagine, a 16 Die. 1851. Un tre- muoto non meno terribile di quello del 1183 ha distrutto più di due terzi delle abitazioni nella Basilicata principalmente net Prin- § 47. Si vuole che un certo rombo preceda le scos- se de’ tremuoti ; se si dà questo nome a quel fragore che nasce dalla concussione e dal movimento del suolo, delle rupi, delle fabbriche, di tutto ciò, in somma che vien posto in moto nella superficie della terra, nel tem- po delle scosse, questo è senza dubbio il compagno in- divisibile del fenomeno ; e quando il movimento è ondo- latorio può darsi che si faccia sentire tal rombo qualche momento prima, nella direzione d’ onde par che le scos- se provengano, e qualche momento anche dopo nella stes- sa seguita direzione. In molli casi di tremuoto , e spe- cialmente in quello tremendo del 1818, mio fratello Ma- rio Gemmellaro, dopo la violentissima scossa che fece abbandonar le case alle genti , ed un gran numero ne rovinò, udì per pochi altri momenti il rumore del movi- mento della lava, a ponente di IXicolosi, che andava di- minuendo come il movimento seguiva la direzione di E. ad 0. Ma questo è luti’ altro che il preteso rombo che vuoisi assomigliare al rumore lontano di un mar fremente, e che è considerato come annunzio del prossimo tremuoto. Si è detto, anzi, clic un simile rombo siasi udito sotter- raneo, e talvolta senza esser seguito da scosse ; io non posso asserire non esser ciò vero, ma ne’ tanti tremuoti che sin dal 1803 ho dovuto avvertire e de’ quali molli de’ formidabili, trovandomi sempre in luoghi abitati, non ho udito che il rumore delle tremanti fabbriche soltanto, cipato citeriore, e nella Prov. di Bari, con grande mortalità di persone. Nessun fenomeno vulcanico ha accompagnalo questa deplora- bile catastrofe di quelle Provincie nelle quali si dovettero contare non meno di 9589 morti, e 1343 ferite — e di 48 Comuni che eb- bero guasti, più di dodici interamente distrutti . V. Relazione del tremuoto di Basilicata, di Raffaele Battista — Potenza 1858. — 37 — che danno un suono difficile ad esprimersi con parole, o compararsi ad altri (1). § 48. Fra’ fenomeni, clic contribuiscono a marcare una differenza fra i tremuoli vulcanici e quelli più gene- rali, oltre alle tempeste, alle alluvioni, a’ venti impetuosi, un altro ven’ ha che, non sempre, è vero, ma spesso suc- cede a’ più violenti : si è questo una prolungata serenila deir*atmosfera , anche nelle stagioni invernali. Volendo tentare di dar ragione di ciò, io vado considerando, che i vapori i quali di continuo si sviluppano dalla infiltra- zione delle acque che van permeando pe’ varii strati della scorza terrestre, ed a tale ridotte dal calore che inces- santemente emana dal nucleo della terra , sono quelli (1) V. la descrizione del Tremuoto di Basilicata, di sopra ci- tala, a pag. 12 13 ove Fautore dubita del preteso Rembo. In quest’opuscolo sono raccolti e descritti i tanti fenomeni, che si disse aver accompagnalo quella tremenda catastrofe. Avendo io in quello del 1818 dovuto provare la esagerazione , e spesso ancora la falsità de’ racconti di particolari fenomeni, oso dubitare della veracità de’ cercini di fuoco, delle fiamme alla superficie del suolo e de’ pavimenti delle case , delle persone spinte in allo e trasportate in altri siti ccc. ecc.. Si sà quanto 1’ alterata fantasia per altissimo spavento, possa produrre d imagini straordinarie. Pregevole lavoro dee riguardarsi quello pubblicato in Cosenza nel 1858, dal Segr. generale di quella Reale Accademia Prof. Lui- gi Maria Greco, che porta per titolo « Degli scrittori clic han trat- tato de’ tremuoti di Basilicata — Esatta ne è la compilazione : e sopra tutto sono mollo utili i comparativi specchietti de’ fenomeni che lian preceduto accompagnato c seguito i tremuoli di Calabria e di Basilicata. In quelli però de’ tremuoti di Sicilia c dell’ eruzioni dell’Etna, non siamo sempre d’accordo. Ma, per V opposto tutte le storie dall’Autore rapportate de’tremuoti di Basilicata c di Calabria, del passato e del presente secolo , non essendo stati mai seguili d’ alcun fenomeno vulcanico , par clic siano una prova di quanto io assumo, vale a dire della indipendenza loro da vulcanica azione; ed è una debolissima risorsa, quella di rammentare la esistenza del vecchio ed estinto Vulture! ATTI ACC. VOL. XV. — 38 — che mantengono la umidità del suolo, e s’ innalzano, o più o meno addensati in forma di nuvole, uniti a quelli che dalle superfìcie del mare e delle acque dolci esalano, quan- to le condizioni di elettricità sono normali , o pure dis- sipati dal calore estivo, o condizionati nello stato di elet- tricità e ridotti a massima tenuità, l’atmosfera ne com- parisce sgombra del lutto, a differenza delle altre stagioni. Tale perincazione di vapori nella terra è in qualche modo confermata dalle osservazioni che apprestano gli al- fieri, i quali prossimi a diseccare, in talune terre , per le lunghe sterilità di piogge, ripigliano il loro vigore, ap- pena il suolo si bagna con la opportuna pioggia, anche ad un sol piede di profondità, e senza che 1’ acqua giun- gesse alle radici profonde ; pare, così potersi ciò spie- gare, ammettendo che la superficie bagnata del suolo, di- venuta presso che plastica servisse di barriera alla esa- lazione de’ vapori sotterranei, e li facesse servire allo ali- mento degli alberi ; lo che non poteva avvenire nel tem- po che la mancanza di pioggia teneva frollo c di alla temperatura il terreno , d’ onde i vapori più facilmente esalavasi, privi delle peculiari elettriche condizioni, indi- spensabili al loro condensamento. § 49. Or, quando una grandissima quantità di que- sti vapori si esala di un colpo , formando una potente massa, sia nell’ eruzioni vulcaniche , o più estesamente ne’ forti tremuoli, è conseguenza naturale che f aria ne resti per qualche tempo priva, se non del tutto di una gran parte al certo ; e quindi nell’ ambito de’ luoghi ove il trcmuolo è avvenuto, una serenità lunga dell’atmosfera può verificarsi, a meno che da più generali variazioni at- mosferiche, dipendenti da più potente cagione, non ve- nisse turbata. che § 50. Ad altro modo di disordinamento dell’ elettri- condizioni dell’ atmosfera c de’ vapori si devono riferi- — 39 — re gl’ impetuosi venti , c le tempeste , che non di raro succedono agii squotimenti del suolo. Quando finalmente la subitanea espansione de’ vapori sotterranei è accompa- gnata da sviluppo di altre sostanze gassose, ne’ siti ove più forte è il tremuoto, tale alterazione succede nelle acque del mare , che i pesci ne risentono gii effetti, e vanno vagando in disordine aneli’ essi. Avvengono di simili fenomeni, benché in minore pro- porzione ed energia , nell’ eruzioni parziali de’ vulcani ; ma ciò è assai raro, e gii stessi scuotimenti nel limitato dintorno di essi non sono sempre i primi a manifestarsi o ad accompagnarle; accade talvolta come in quella del 1811 e principalmente nell’altra del 1838, che la lava vien fuori dal cratere, o da’ fianchi del cono, per sola espan- sione di calore, e scompagnata della forza del vapore, e quindi la massa del vulcano non riceve scuotimento alcuno. Da’ fatti di sopra riferiti, e dalle osservazioni su gli stessi da noi presentate, si può conchiudere che una po- sitiva differenza si vede chiaramente esistere fra le scos- se di tremuoto che accompagnano eruzioni vulcaniche, e quelle piu generali e più violenti , che scompagnate da fenomeni vulcanici , avvengono in ogni specie di terreno del Globo : che la causa primaria negli uni e negli altri è forse la stessa ; ma che ne’ vulcani è accompagnata da circostanze e da fenomeni che mancano ne’ tremuoti soli , ne’ quali la potente azione del vapore pare che sola basti a produrne i fenomeni. TAVOLA DELL5 ERUZIONI DELL’ ETNA E DE’ TREMUOTI DI SICILIA , REDATTA DALLA STORIA CRITICA DEL CAN. GIUSEPPE ALESSI, E DALLA SICILIA RICERCATA DEL CAN. ANTONINO MONGITORE , E DA ULTERIORI OS- SERVAZIONI. EPOCA dell’ Eruzioni • ■ 1 EPOCA de’ Tremuoti LUOGHI DI SICILIA PIÙ DANNEGGIATI COINCIDENZA con 1’ Eruzioni OSSERVAZIO.M Av. G. C. 1280. 1293. Si presume clic nel tempo de’Si- cani, 1’ cruz. dell’ Etna fossero state accompagnale da tremuoti. 737. 730. Si crede che in quell’anno vi fos- se stata eruzione — non è certo. 477. 476. Tremuolo in Sicilia alla morte di Gelone potrebbe ammetter- si la coincidenza.! 427. 437. li»))... ? Paolo Diacono vuol farlo coincidere? 396. 390. »»))... * coincide. 341 . « diroccò la casa di Dionisio in Siracusa . . . . — 318. Tremuoti gravissimi in Sicilia . . — 263. »)>»... — • 232. 252. »))»... * può ammettersi coincidenza. 232. )> )) inaridì il fonte Arciusa. — 140. — — — — — 135. — — — ■ — — 120. 120. Tremuoto gravissimo nell’ Etna . * 1 122. 122. » grande voragine aperta in Catania .... ! Dopo G. C. 33? 33 Tremuoti con gravissimi danni nel Valdemone c con islraordinarii fenomeni. La eruzione è incerta. 80? 82? • • • • • — è dubbio , l’uno e l'altro fenomeno. 41 — EPOCA dell’ Eruzioni EPOCA de’ Tremuoti LUOGHI DI SICILIA PIÙ DANNEGGIATI COINCIDENZA con i’Eruzioni OSSERVAZIONI 1 1 165. 165. Tremuolo Palermo, più che altra città danneggiala . >ì.. 1321. » )) )))).. — 1323. 1323. » violento ne’ contorni del- T Etna. 1329. 1329. » gravissimo » « * grande Eruz. del 30 giugno. 1333. 1333. » » ni).. * ! i 1352. » i) in Catania — 1360. » » in tutta Sicilia. — 1381. 1381. » )) nell’Etna. * 1390. « in Messina, da settembre a dicembre. . — 1395. » grave in tutta Sicilia. — 1408. 1408. il ne’ contorni dell’ Etna, du- rante l'incendio. * a 5 novembre 1410. )) rovina del Monastero di S. Martino . . . . — 1442. n grave per tutta Sicilia — 1444. 1444. » grave nell’ Etna. * 1446. — Non si rammentano tremuoti , j forse perchè limitali sollan- — a 25 settembre. 1447. . lo nell’Etna — a 27 settembre 1450. « gravi, e continuati in Sicilia. — Rovina del Mona- stero di S.aM.a del Brolo. 1456. » violento in Messina . — 11470. — • ••••• — grande Eruzione. 1475. « varie scosse in Palermo . — 1477. ))»))... — 1489. » precipitò parte di M. Pel- legrino , — 4490. » crollò il Mon. del Rogalo all’Alcara Y. D. — a 10 giugno. 1494? 1494. « fortissimo, in Messina prin- cipalmente. . — non si può assidi- rare la coincidcn- za essendo dubbia 1 la Eruzione. 43 — EPOCA dell’ Eruzioni EPOCA de’ Tremuoti LUOGHI DI SICILIA I'IÙ DANNEGGIATI COINCIDENZA con f Eruzioni OSSERVAZIONI 1499. Tremuolo fortissimo in Messina con rovina di fabbriche. — 1500. » » » » » — in gennaro. 1501. » a in Palermo — a 21 settembre. 1509. » » in Messina , e nell’I- sola tutta. — 1522. » in tutta Sicilia . . . — 1528. a a sopratullo in Noto . — 1536. 1536. a a in Catania ed Etna . * a 22 marzo. 1537. 1537. a a per Sicilia tutta * a 1 marzo. 1538. a a in Messina in aprile. 1539. a a in tutta Sicilia. — 1542. a uno di più gravi che avesse sofferto Sicilia tutta ! — 1548. a a in Catania principal- mente. . — 1549. a a in Messina a — 1559. a a in Palermo a — 1561. a a in tutta Sicilia. — 1562. a a in Palermo principal- mente . — a 6 aprile. 1566. 1566. a a in Sicilia tutta. a 30 novembre. 1567. a a in Palermo ad 11 aprile. 1571. a a a a — a 21 settembre. 1578. a a in Sciacca principal- mente . — 1579. 1579. a' a in Sicilia tutta. © a 9 settembre. 1580. — • ••••• Ch: oc OS a poco sensibile in M. Pelle- grino — 1593. a a fortissimo in Corleo- ne principalmente . — 1598. a violento in Naso — a 22 ottobre. 1599. a replicalo più volte in Mes- sina. — 1601. a a a a — 1603. 1603. a ne’ contorni dell’ Etna * 1607. a in varii luoghi di Sicilia . 1610. — a — 1613. a in Naso, con rovina di fab- briche . 44 — EPOCA dell’ Eruzioni EPOCA de’ Treniuoli LUOGHI DI SICILIA PIÙ DANNEGGIATI COINCIDENZA con 1’ Eruzioni OSSERVAZIONI 1614. 1614. Tremilo lo in tutta Sicilia . * Trem. a 2 luglio E- ruz. a 23 agosto. 1633. 1633. »)).. . . * a 21 l'ebbra ro. 1634. 1634. » replicale volte in Sicilia tntla. a 18 dicembre. 1633. 1633. » » » » . * in continuazione. 1637. » » a » in Palermo principalmente. — 1638. a violento in Messina ed in Calabria — a 26 marzo. 1640. _ • ••••• — 1643. » in Troina principalmente . — a 17 luglio. 1646. — — 1648. » in Palermo principalmente. — 1649. » nel porto di Messina. — 1631. — . • ••»•• — in febbraro. 1632. » in Sciacca principalmente. 1639. » nella riviera di Messina . — 1660. a grave per tutta Sicilia, per Palermo specialmente. — 1661. a a in Palermo principal- mente . — 1667. »))»... — a 20 dicembre. 1669. 1669. » replicate scosse duran te l’in- cendio . . . . a 8 marzo. 1682. 1682. a ne’ contorni dell’Etna * 1688. — • «•••• 1689. — • ••••• — 14 marzo. 1693. 1693. » il più orribile e dannoso per la Sicilia. — 11 gennaro. Dura- va ancora la pie- cola Eruzione. ! 1649. » in Catania e varii altri luo- ! ghi — 1693. )> « a » a — a 8 maggio. 1696. » » » » » — 1698. a » » e Palermo — a 12 aprile. 1701. — 1702. 1702. a ne’ contorni dell’Etna * 1704. » in Catania e Palermo 13 novembre. 1703. )> in Palermo — 10 giugno. — 45 — EPOCA dell’ Eruzioni EPOCA de’ Tremuoti LUOGHI DI SICILIA PIÙ DAMEGGIATI COINCIDENZA con 1’ Eruzioni OSSERVAZIONI 1700. Tremuoto in Palermo ed in altri luoghi . . . . — 3 maggio 1707. )) in Catania, Agosla, Lenti- ni, Piazza, ecc. — 16 ottobre 1709. » in Trapani, a 8 gennaro ; in Catania a 14 gennaro. — 1710. » in Palermo, poi in Catania, Polizzi, Mislrella ec. — 24 febbraro. 1713. )) in Naso . . . . — « (t 1710. « in Palermo — 28 maggio. 1717. « per tulio il vai di Nolo — 4 aprile. 1718. » per gran parte di Sicilia . — 20 lebbraro. 1719. »»)>... — 13 gennaro. 1720. » in Palermo — 26 ottobre. 1724. « violento in Sciacca . — 11 settembre. 1720. >j in Nolo, poi a 10 giugno, in Catania e Sicilia tutta. — 10 gennaro. ,1727. 1727. » ne’ contorni dell’Etna — in 1 Sciacca . * 22 novembre. ' 1728. » in Palermo 27 gennaro. 1729. » in Messina, Catania e Sira- cusa. . . . . — 23 aprile. 1730. » in Palermo — 6 novembre. 1731. » in Catania, e Mineo . — 18 novembre. 1732. 1732. » nell’Etna e nel vai demone. * 28 marzo. 1733. » leggiero in tutta Sicilia . 29 novembre. 1735*. 1733. » nell’Etna, in Palermo e Mes- sina . . . . . * 18 giugno. 1730. » in Palermo 16 agosto. 1738. » in Catania , Nolo , Modica ec. ec — 16 agosto. 1739. » in lulla la costa di tramon- tana di Sicilia — 1740. » in Salemi , con rovina di 1 conventi (1) . — 6 marzo. la di lui vita, e facilmenlc si comprende che o gli mancavano le notizie su quelli tremuoti avvenuti prima della sua età, o poco conto si teneva delle scosse non accompagnate da gravi danni. Dalle ultime perù , e dalle susseguenti si ricava , che sono rari in Sicilia gli 'anni, ne’quali va esente da Tremuoti, indipendentemente dall’eruzioni dell’ Etna J ATTI ACC. VOL. XV. 7 > 46 — — ■ -- © O LUOGHI DI SICILIA NJ .2 K N W © o !- fl. w © g a- — 5 ^ OSSERVAZIONI 1 w Z-, 13 w H "a PIÙ DANNEGGIATI © — u 5 O 1— • GC © 1780. Tremuolo nell'Elna , c replicale scosse in Messina . * in aprile. 1783. » gravissimi in Catania c Mes- 1 sina, che rovinò lulla. . — 1787. — »••••• — 1 luglio. ,1702. — • ••••• — 12 marzo. 1802. 1802. )> intorno all’Etna in ottobre, novembre, e dicembre . 1804. »»))... 1803. 1803. »))))... * 3 luglio. 1806. ))))))... 21 maggio , 10 ott. 1807. ni)))... — 24 23 novembre. 1809. 1809. » » sino a Messina. 27 marzo 1810. » violento in Messina e con- torni, non che in Calabria. — 16 febbraro. 1811. — • ••••• — 27 ottobre. 1816. « nell’Etna . . . . — 13 agosto 1818. » tremendo in Catania e nel vai di Nolo , con ruine di fabbriche .... — ? 18 febbraro— (pre- cursore? ) 1819. 1819. » forte per lulla l’Elna , e con molle repliche nelle Madonie . * 27 marzo. 1820. )) meno forti » » e 4 22 dicembre. 1822. » » ))».. — in diversi mesi. 1823. » » » » . . — » )) 1824. ))»)>».. — » » 1826. a )> » » . . — )) » 1828. » forte in Catania ed in altri luoghi . — 20, 21 luglio. 1829. ni)))... — 28 agosto. 1830. » )) » — 1 luglio. 1831. • ••••• La eruzione fu den- tro il cratere; nello stesso anno venne] fuori dal mare il vulcano, fra Sciac- ca e Pantelleria. 1832. 1832. » ne’ contorni dell’Etna ? 31 ottobre. 1838. — • • • • * • — — EPOCA dell’ Eruzioni EPOCA de’ Tremuoti LUOGHI DI SICILIA PIÙ DANNEGGIATI • COINCIDENZA con 1’ Eruzioni OSSERVAZIONI 1842. 1842. Tremuoto, varie scosse nell’Etna. * 27 novembre. 1843. — • ••••• 17 novembre. 1846. » forti e replicali per tutta Si- cilia 1848. » rovine in Agosla, e vai di . Nolo; forti per la Sicilia. 1852. • • • • • • 20 agosto. IN. 71. N.1G5 Totale N.37 di cui N. 6. dubbj j Art. 2. — Fumo. § 51. II gran cratere dell’Etna, come si rileva iacil- mente dalla storia, è andato soggetto a mollissime variazio- ni nell’ampiezza, nella profondità e nella forma; ma una perenne gola si ò manifestata sempre nel fondo di esso, ora per una ora per più aperture a guisa di profondis- simo pozzo, o di lunghe fessure, o circondata negli orli da un cono di rigettate scorie. Sotto qualunque forma , però , tutta la superficie del cratere ò sempre esalante vapori o soli o combinali a’ gassi solforosi o idroclorici, ordinariamente; ed in tempo di azione vulcanica, misti a minuta arena, a cenere, e talvolta a piccole scorie. Que- ste emanazioni vaporose sono riguardate come fumo ; e se strettamente parlando, non a tulle si potrebbe appro- priar questo nome, pure non può dichiararsi assolutamen- te impropria questa denominazione, che anzi vero fumo io credo quello in cui il vapore è misto a minute por- zioni di materie vulcaniche , per esser analogo a quello — 48 — che emana dal legno brugiante misto ad impalpabili par- ticelle di sostanza legnosa. Distinti sono, infatti nell’ Et- na gli ordinari! fumi di vapore, da quelli vulcanici; i pri- mi sono più o meno visibili, e più o meno abbondevoli e voluminosi, a seconda delle condizioni igrometriche del- T atmosfera, per cui dalla gente etnicola si guardano sem- pre come indizii delle variazioni atmosferiche; (1) men- tre gli altri sono effetto , c prova nel tempo stesso di azione vulcanica, di questi noi ci occuperemo un istante, come uno dei primi fenomeni dell’ eruzioni. § 52. Una essendo la gola, ossia il canale di co- municazione fra la parte infocata del focolare ed il cra- tere dell’Etna, molli depravagli vulcanici giungono a ma- nifestarsi alla superiore apertura della gola ; e molto più quando la espansione della liquida massa infocata è ac- cresciuta dalla forza del vapore; il fumo, per tanto, è uno de’ primi fenomeni dell’ eruzioni , e sempre dal sommo cratere si vede scaturire, a menochè il materiale lavico non abbia incontrato, elevandosi una laterale fissura, una laterale aperta galleria nei fianchi della montagna , e si fosse per quella introdotto ; perchè allora il vapore che lo precede romperà la scorza esterna di quel fianco, ed in forma di fumo vulcanico comparirà nell’atmosfera, nun- zio della liquida massa di fuoco clic più lentamente lo siegue. § 53. Ma per lo più il fumo si manifesta nell'Et- na dal sommo suo cratere , misto a cenere o ad arena minutissima in prima, e vien fuori in agglomerali nuvolo- ni neri, che rapidamente si succedono , spingendo scm- prepiù in alto i primi, talvolta ad immense altezze , da superare quella della stessa montagna. Sono essi ad in- tervalli accompagnali da rumorose esplosioni, e quanto (1) Atti Gioeni voi. 3. Sor. ta Su' segni meteorologici dell’Etna. — 49 — più gagliarde sono queste , tanto maggiore è il volume e la celerità dei vorticosi nuvoloni, clic verticalmente si innalzano, a meno che impetuoso vento non li obblighi a piegarsi dall’opposto lato. Come poi giungono a gra- duali altezze, cominciano a scaricarsi dell’ avvolta arena, lasciando il tetro colore, e biancheggiar si vedono nelle convessità più alte: finché intieramente spogliali di quel tritume vulcanico, assumono intieramente 1’ aspetto di cu- muli bianchissimi di vapore, in nulla differenti da quelli delle nuvole ordinarie. Nelle grandi eruzioni la uscita, Io ammassamento e lo spazio clic occupa il fumo nell’atmosfera, son certa- mente uno de’ più imponenti fenomeni, e la sola pittura può darne una idea a coloro i quali non sono stali spet- tatori di vulcaniche eruzioni. § 54. Il vento trasporta il fumo a varie distanze, e ne riduce la massa ad una striscia più o meno lunga a seconda della forza e della continuala linea che segue il suo soffio, per cui si rileva dalla storia esser giunte le arene dell’ Etna, trasportate col fumo, sino all’ Adriatico, ed anche sino a Candia. Queste però van cadendo meno minute come più son vicine al cratere dalla eruzione; e da quasi impalpabili si van grado grado raccogliendo sem- prepiù grosse per le falde della montagna, finché nelle vicinanze della origine in minuto rapido e in iscoriclte si veggon cadere. Quando già il materiale lavico é prossimo all’orifi- zio della gola, il fumo esce accompagnato da un infiam- malo cono di roventi scorie ed incandescenti masse, che si versano, cadendo fuori del margine del cratere, al Iato opposto del soffio del vento; ed allora è frequente il guiz- zar de’ lampi c lo scoppio del tuono , più di quando il solo fumo accumula i vorticosi suoi globi. — 50 — Art. 3. — Ceneri , Arene , Rapillo , Scorie , Bombe ed altre masse. \ § 55. Ceneri. Si è veduto, di tempo in tempo, ve- nir fuori dal sommo cratere dell’ Etna un denso fumo bigiastro, clic si scarica di una minutissima, e pressoché impalpabile polvere biancastra, alla quale si è dato il no- me di cenere, a causa della somiglianza a quella delle legna brugiate. Di essa ne resta rivestita la parte inter- na dello stesso cratere , e spesso non poca parte della esteriore superficie del cono; ed a seconda della quan- tità clic ve ne è caduta , forma uno strato più o meno doppio. Questa facilmente si bagna dell’ esalante vapore e diventa un fango biancastro, il quale può giungere a prendere la consistenza dell’ argilla, e rendersi suscetti- bile di modellarsi in varie forme. Rara però è questa cenere nell' Etna; (1) ed in cin- quantatre anni, non è stata da me osservata che tre vol- te : dopo la eruzione del 1819 cioè, nel 1822; e nella eruzione del 1852. Per quanto rara, però , nell’ Etna, altrettanto comune è ne’vulcani di rocce felispatiche come nelle Isole Eolie, nel Vesuvio ccc. Nell’ Etna ove le rocce pirosseniche sono più abbondanti, ed ove le più ordina- rie eruzioni di fumo carico di arene non le hanno che nere, aspre ed incoerenti, il fenomeno dalla caduta delle ceneri biancastre dee riguardarsi come puramente acci- dentale, vale a dire come proveniente da roccia fclspati- ca accidentalmente attaccata dal fuoco nella gola del vul- cano ; nel modo stesso come accidentali sono taluni pezzi di roccia felspatica antica rigettati, o dal sommo crate- (1) Ne cadde grande quantità durante la cruz, del 1103 v. pag. 120. — 51 — re o dalle bocche di eruzione, di cui parleremo qui ap- presso. Ad ogni modo può anche esser talvolta la cene- re, effetto della lunga permanenza di massa lavica nel focolare (1) che la ha ridollo ad uno sialo di calcinazio- ne ed alteralo intieramente, come saremo per dire. § 5G. In quanto alla estrema finezza della cenere c dell’ arena , ci è toccalo piò d’ una volta ricercarne la causa, e 1’ abbiamo rinvenuta nella violenza del passaggio del vapore sulla liquida lava nella gola del vulcano, o nel canale clic ha dato uscita all’ eruzioni laterali ; e non è fuor di luogo qui ripeterlo. « Ridotta f acqua a vapore, ed accrescendo così di due mila volte, quasi istantaneamente, il suo volume, sol- leva in alto non solo il materiale lavico che si oppone alla sua espansione, ma lo attacca in ogni maniera, ed a seconda dello stato in cui quel materiale si trova, lo porta seco sotto varie forme. Sminuzza, stritola, riduce in polvere quella parte della infocata massa, che avendo più dimorato sotto la intensità del fuoco, è ridotta quasi ad una calcinazione , e la porta seco fuori dall’ orifizio dell’ eruzione, in forma di cenere grigiastra o bianchic- cia: tritura, la parte scoriacea e semivetrosa, rigettandola in forma di arena di varia grossezza, sino a piccole sco- riette : ne strappa delle scorie leggiere, c nello innalza- mento della lava, anche masse intere ne distacca, ed in forma di bombe e di pesanti cilindri le fa cadere alla base del novello cono di eruzione ; e questi fenomeni si ripetono per tutto il tempo dello incendio, il quale per- dura finché avvi nel focolare materia lavica attaccala dal fuoco è spinta infuori dal vapore, k Abbiamo cosi in ogni eruzione, getto di cenere o di minutissima arena ne’ pri- mi istanti, quando la violenza del vapore è massima, per (1) Sulle strutture de’ Monti rossi — Att. Gio. ser. 2 voi. X. — 52 — 1’ ostacolo che gli oppone la lava stessa che va spingen- do in alto ; e allora appunto più gagliardamente la smi- nuzza, la stritola; seguono le arene più grosse e le sco- rie, e grado grado poi le masse di maggior volume (1). § 57. La comparsa, però, della cenere nel termine della eruzione, come ho dovuto osservare nel 1819 e nel 1852, non potrebbe attribuirsi alla violenza del vapore, che giù molto rallentata esser deve dopo lo sgorgamelo di tanto materiale. Un’altra causa deve dunque ricercarsi; ed ho creduto trovarla nella lunga dimora dell’ ultimo ma- teriale lavico nel focolare, ove ha dovuto subire una to- tale scomposizione nella struttura, da renderlo facilissimo a triturarsi ed esser trasportato fuori della ordinaria sol- levatrice forza di moderata quantità di vapore. Cosi io spiegava 1’ ammassamento del tufo biancastro nel bicorne di ponente de' Monti rossi, il quale evidentemente dimo- stra esser venuto fuori nel fine della eruzione del 16G9 (2). § 58. Arene. Varia è la grossezza delle arene erut- tate dall’ Etna in ogni suo travaglio vulcanico, anche quan- do non son seguite da sgorgameli to di lava. Dallo stato quasi impalpabile, esse gradatamente divengono di volu- me maggiore, c sempre più aspre, finche a piccole cel- lulari sconcile si assomigliano, c sino alla grossezza di una nocciola ritengono il nome di arene. In quelle ove le cellule il permettono, il ferro nella sua ossidazione pren- de un aspetto di smallo iridato, che più vago si osserva (1) Meni. cit. su’Monti rossi. (2) Meni. cit. — Una lucida prova dell'alterazione della lava, per lunga dimora nel focolare, che si riduce ad una specie di tufo color paglino, ci si appresta da un masso di lava porlirica, che si conserva nel Gabinetto della Regia Università di Catania; esso è di un palmo circa di diametro, divenuto tufaceo quasi intieramen- te, e fa vedere nel centro il nucleo della lava porlìrica, non anco- ra alterata dal fuoco. in quelle che giungono alla grossezza di lapillo, e che miste alle più minute occorrono da per lutto, ove grandi ammassamenti di arene han coverto il suolo. § 59. Miste alle arene, provenienti da lave piros- seniche, trovansi isolati i cristalli di Augite; con la su- perficie, però, alterata alquanto scabra e semivetrosa ; non così quelli clic abbondano ne’ tuli di cenere, nel prece- dente paragrafo descritti, ne’ quali sono di superfìcie li- scia nitidi ed in nulla alterali. I cristalli di Labradorite sono rarissime volle isolali, in queste arene, e quelli stes- si clic si trovano aderenti alle piccole scoriette sono al- terali aneli’ essi, ed assai più di quanto lo è l’ Augite. Come più si avvicina al cono di eruzione, d’onde le arene son venule, tanto più esse sono scabre e di mag- gior volume ; e nelle grandi eruzioni e di lunga durata giungono a coprire ampia superfìcie de’ circostanti terreni. Quelle cadute nella eruzione del 1069 occuparono, intorno a’ Monti rossi, un’ area di quattro miglia circa di diame- tro, con una media altezza di palmi dieci. § 60. Scorie ec. Dalla base del cono novello sino alla sommità, tutta la massa non consiste clic di scorie, di masse pesanti e di arene di ogni forma e grandezza. Le scorie sono nient’ altro che scabre, nere e spongiose porzioni del materiale lavico, strappate dalla violenza del vapore, c cacciate in alto nello stato d’incandescente li- quidità; per cui talune di esse nel cadere e rotolare sul cono assumono spesso una forma fusiforme, quasi due coni riuniti per la base, e prendono allora il nome di bombe. Sono queste di varia grandezza e volume, da quella di una nocciola a quella di un tamburo; è im- mancabile in ognuno di esse una specie di carena, o cre- sta scabra, che da un apice all’altro si eleva in linea ret- ta, sopra la meno ruvida superficie del resto del corpo delle bombe. Questa particolarità potrebbe spiegarsi, a ATTI ACC. VOL. XV. ® — 34 — mio avviso, clic siccome queste porzioni della l'usa lava sono strappate dal vapore, c spinte in allo con moto ro- tatorio prendono la l'orma fusiforme, c lasciano scabra sol- tanto quella linea marginale, che si forma quando il mo- to rotatorio ha cessato di agire sulla pasta molle ; per- chè grado grado si è andata raffrcdando, ed ha lasciato in quella linea la porzione che non ha potuto più con- tornare : potrebbe anche avvenire lo stesso fenomeno , quando le strappale porzioni vengon fuori in forma di falda, che rotolandosi sopra se stesse nella caduta, la- sciano scabro il margine che è restalo all’ infuori. Altra forma assumono le scorie quando sono di strut- tura cellulare e leggiere ; la loro pasta è più vetrosa , la superficie quasi smallala, c neH’ insieme compariscono globulari. La loro leggerezza, rispetto a tutte le altre sco- rie, ha fatto dare ad esse il nome di pomici; c sono di grande uso nelle fabbriche a cemento di gesso ; come tutte le altre lo sono a cemento di calce struzzo. § Gl. Masse pesanti. Le bombe sopra descritte do- vrebbero, in verità, appartenere alle masse pesanti , se non dessero molle prove di essere stale prima porzioni scoriformi. Le vere masse possono distinguersi, in quelle che appartengono al materiale lavico dell’ attualità della eruzione, ed in quelle di antiche lave e rocce della mas- sa della Montagna. Le prime vengon fuori di varia figu- ra, grandezza e peso, e per lo più inclinano alla forma globulare ; ma non mancano talvolta di assomigliarsi a lunghe colonnette prismatiche, spesso longitudinalmente solcate, per tutto il tratto del prisma. Qualche volta sono anche cilindriche, ed a seconda di come vengono a ca- dere sul pendìo del cono, si scostano più o meno dalla linea retta, o si curvano, e non di raro si conformano in cerchio. La pasta di cui son costituite è della natura stes- sa della lava, d’onde provengono; se non che alquanto più alterata apparisce, e di color più nero, sino a qual- che pollice dalla superficie. § 62. Alle masse non appartenenti al materiale la- vico che vien fuori, riferisconsi quelle di lave antiche ; e queste vcngon fuori incrostate, per lo più, di una tu- nica semivetrosa di lava moderna scorificata , e non mo- strano che poca alterazione nella loro superfìcie. Dal 1804, sino al 1838, era allo scoperto, appiè dell’ ultimo cono dell’ Etna, dalla parte di sud, un masso cilindrico di la- va felspatica compattissima, lungo palmi 16 e del dia- metro di palmi 4 circa ; stato già sviscerato dal corpo della Montagna , e rigettato nel tempo di eruzione dal gran cratere. Oltre a varie di queste masse si trovano soventi volte delle specie di puddinga, costituite di pezzetti di rocce vulcaniche compatte, di vario colore, agglomerali da una pasta vetrosa color rossiccio sbiadato ; e tutta la massa, poi, incrostala si vede di scoria vetrosa ; quasi- ché se ne fosse rivestita nel tempo che trovavasi gomi- tolala nella fluida lava, al traversare la gola del vulcano. Del modo stesso si trovano pezzi di varia grandez- za di rocce fclspatiche; fra le quali mi venne fallo tro- vare un frantume di granito, o altra roccia felspatica che sia, con qualche cristallo di ossido di stagno (1). § 63. Esplosioni. Tutti questi materiali vengono rigettati dal cratere di eruzione con veemente esplosio- ne. Anche questo fenomeno è uno de’ primi, non solo , ma inscparabil compagno di lutto il corso della eruzione. Esso è prodotto dalla istantanea e massima espansione del vapore, all' uscir dalla gola del vulcano; ed è accom- pagnalo, per conseguenza, da forte detonazione da farsi sentire a grandi distanze; e questa varia nel grado di so- (1) Sopra alcuni pezzi di Granilo ec. — Cai. 1823. norità , secondo la varia massa di materiale che viene in allo ; la quale quando è mollo voluminosa, rende più ottusa e meno sonora la detonazione ; ma più ancora vi influisce lo stalo dell' atmosfera, imperocché quando es- sa è carica di vapori non si presta facilmente a propa- garne la forza c le ondolazioni, ali’ incontro di quando ne è scarica clic sonore le tramanda. Ciò costantemente si osserva nell’ eruzioni dell’ Etna, tulle le volle che spira il vento N. 0., sotto il soffio del quale l’atmosfera è più sgombra di vapori ; ed allora il tuonar della esplo- sione è udito chiaro e sonoro, ed a maggior distanza (1). CAPITOLO V. BOCCHE DI ERUZIONE NE’ FIANCHI DELL ETNA § Gi. Il primo clic presentalo avesse una chiara teo- ria sull’ eruzioni laterali dell’ Etna , appoggiata ad un sufficiente numero di osservazioni e di fatti, si fu il mio fratello Mario Gcmmcllaro. Nella nota 8.a della sua Me- moria sulla eruzione dell’ Etna del 1801) (2), egli assume che la liquida materia di ogni eruzione s’ introduce dal focolare per 1’ unica gola del vulcano : c che per mezzo delle laterali fissure, o interne gallerie aperte in quella gola, o che si aprono nel tempo stesso della eruzione, il materiale lavico preceduto c spinto dal potente vapo- re, si fa strada verso la superficie del fianco della mon- tagna, finché vi stabilisce un’apertura che gli facilita lo sgorgamelo. Prova egli ciò con replicati fatti di non po- che eruzioni, che han mostralo con va rii successivi sven- taloj la sotterranea discesa della lava, da sopra in sotto, (t) V. La storia dell’ eruzioni. (2) Messina per Nobolo (1809). sino al punlo ove si apre una bocca di eruzione ; ed io stesso ho ciò verificalo nelle susseguenti eruzioni del 1811, 1819, 1832, 1838, 1842, 1843, 1832. Ecco come quel diligentissimo mio fratello si espri- me in quella nota. « Mi si permetta far osservare a tutti coloro che ragionar si studiano sull’ eruzioni verticali ed orizzontali dell’ Etna, clic nella eruzione del 1381, vicinissima a Gra- vina, la lava giunse a scaturire nell’ olivato per un ca- nale sotterraneo che scende dall'alto: del quale oggi se ne riconosce porzione all’ Est di Mascalucia nel luogo detto Cavoli ; all’ Est di Massanunziata ne\h sciava de boschet- ti: al Nord di esso villaggio sopra le Forche e nella stessa Fossa delle Colombe ». « La lava del 1337 si manifestò per tredici bocche, tra loro distanti e tutte in linea retta dcsccndcnlalc dal- l’Est del M. Vuturu a quello della Sona. Nel 1GG9, si conobbe che la lava terribile venne ad uscir fuori dai Monti rossi a Nicolosi, per un simile sotterraneo, che si ossservò discendere da Monte frumento a S. Leo, e sino all’ Ovest della Nocella e Fusara » (1). (t) Fra questo monliccllo ed i Monti rossi si apre la cosi detta, fossa delle Colombe la quale comincia con un cratere del diametro di 123 palmi, profondo 90 palmi. Sotto al parete di mez- zogiorno si apre la grotta, per angusto buco, dal quale si scende nella prima caverna per via di scale alla profondità di 30 palmi; essa è lunga palmi 90 , e termina in un canale alto appena 10 palmi, a piano inclinato di circa 43 gr. per 73 palmi ; ivi la ca- verna sempre diretta a mezzogiorno verso i Monti rossi è alta 23 palmi, e lunga circa 70 palmi ; da questo punto la grotta prende una profondità ed una larghezza straordinaria : vi si scende con scala sino a 30 palmi, ma per arrivare nel fondo bisognò a mio fratello M. Gcmmellaro situarvi un vericello . . onde per una corda vi si potesse giungere per altri palmi 130. . . si cammina poscia nel piano della grotta per 200 palmi e si giunge ad un buco clic non dà adito al passaggio di un uomo. Quivi è situata una lapide con (( Nel 1089 parimenti, una lunga scissura dalla som- mila dell’ Etna sino alla valle del Bove, manifestò la lava che scorrca sollo ad uscir nella detta valle, sommergendo le colline sulle quali passava. Per le eruzioni del 1703 e 1700, si aprirono diciannove bocche da Monte rosso, dello montagnola, sino al piano del Chiatto , ed all’Ovest del monte, detto salto del Cane ». « Nel 1780 un solco simile agli anzidetli, si vide sprofondato dalle allure , ove oggi esiste la mia caset- ta (1) al Nord-Ovest della torre dei filosofo, sino alla sor- gente della lava, sopra li Castellacci , passando sotto e conquassando Monte frumento. La eruzione, finalmente, del 1792, mostrò piu evidentemente il suo corso sotter- raneo dalla Torre del filosofo sino alle Serre del Salfi- zio, per lo abbassamento del terreno che formi) la grande fossa nel piano del lago , oggi detta Cisterna : per lo inabbissamento della rupe nel Tri-foglietto e per altri pic- coli sbocchi della lava medesima, nella Conca e nel pia- no del Salfizio , prima di manifestarsi grandiosa, e du- revole nelle Serre sudette. E chi sii se in tutte le altre eruzioni non sia corsa la lava per simili sotterranee gal- lerie ? ». la iscrizione: Marius Gemmellaro primus ima lìnee in tartara venil. Onesta fossa in somma è profonda 390 palmi e lunga più di G00. Il cratere di essa fa conoscere essere stala uno svenlatojo della sotterranea corrente , clic sboccò poi più basso ove si alzarono i Monti rossi nel 1GG9. (1) Mario Gemmellaro fabbricò a sue spese in queir allo sito, una piccola casetta di ricovero pe’ viaggiatori, nel 1804; e fu detta Gratissima, coni’ è stato di sopra accennato. Nel 1811, ottenne dai» li Ulfiziali dell’armata Inglese in Sicilia una contribuzione alle spese di un’altra più grande, che egli stesso alzo vicino alla sua, contribuendovi piti che ogni altro con danaro e con due mesi di assistenza ; questa seconda casa fu detta Casa Inglese. — 59 — a A tali osservazioni, aggiungendovi quelle dell’ at- tuale eruzione, sembra non restar dubbio alcuno a cono- scersi , che ogni eruzione discenda dal sommo cratere dell’Etna a scappar fuori; e non già dal centro del fo- colare per una retta che trafori il gran monte ». § G5. Benché sia innegabile la manifestazione della sotterranea corrente infocala, per mezzo de’ cennati sven- laloj, pure resta a provare che ciò avvenga per la co- municazione d’ interne gallerie , o di fìssurc con la pe- renne gola, nel corpo della montagna, le quali facilitano la laterale introduzione della fluida lava. Mi sembra non essser mollo diflicile il provare, tanto la esistenza di sot- terranee gallerie, quanto quelle delle laterali fissure, nel vasto corpo della montagna. Essa, infatti, non è formala clic di sovrapposizioni di lave sopra lave , con una specie di stratificazione a mantello ; ciò importa inclinala da sopra in sotto e non orizzontale. Gl’ intervalli fra uno strato di lava c l’altro sono di materiali sciolti che formavano le superficie ir- regolari, scabre ed incoerenti di ogni corso di lava ; fa- cili quindi ad esser rimossi e divenir frammentami negli scuotimenti del Vulcano. Vi sono, oltre a ciò, delle lave piene di grotte e di caverne nella loro massa , che fa- cilmente possono mettersi in comunicazione fra loro , e formare lunghe gallerie, se vengono rotte le interruzioni che le separano ; e siccome queste lave sono venule dalla gola del Vulcano, così non può mettersi in dubbio la co- municazione delle gallerie con quella gola ; ed anche nel caso che questa comunicazione fosse chiusa, per una qua- lunque causa di mutamento , facile a verificarsi in una gola vulcanica, non è poi diflicile che si possa riaprire per nuovi scuotimenti della montagna nel tempo di eru- zione ; e perciò la liquida lava che viene dal profondo focolare, trovando un aperto laterale meato in inclinata l — 00 — direzione in giù, è obbligata ad introducisi e discendere verso il fianco del monte; ed allora a seconda de' mag- giori o minori ostacoli, clic dee superare con la forza del vapore o de' gas che 1’ accompagnano e la precedo- no , darà sempre delle manifestazioni più o meno chia- re del sotterraneo suo corso. § Cfi. Nè è sempre necessaria la cavernosità, ed il mobile materiale fra una lava c l’altra, perchè le laterali eruzioni avvenissero: larghe laterali fissure nel corpo della montagna po&ono trovarsi , per le quali la liquida lava possa introdursi, e shoccare ne’ fianchi di quella; ciò che è ben dimostrato da quelle dighe , o verticali filoni di lave compatte, clic traversano la massa dell’Etna, e che lo sprofondamento del suolo che produsse la Valle del bove ha messo allo scoperto ; i quali, in gran parte, a guisa di tanti raggi si veggono convergere verso la gola del nostro vulcano. Una prova che queste fissure, ed anche l’apertura delle sotterranee gallerie siano lo effetto degli scuotimenti della massa della montagna, si è la placida c tranquilla salita della lava, sino al sommo cratere, d’ onde poi tra- bocca all’ esterno, quando essa viene spinta dalla sola espansione del calore ; mentre quando è accompagnata dal vapore c dalla forza de’ gas , allora gli scuotimenti della montagna sono immancabili, c le fissure e l’apertu- ra delle gallerie ne sono le conseguenze. Un esempio del primo caso 1' abbiamo avuto nella eruzione del 1838, da me descritta (1); del secondo mille altri ne apprestala storia delle eruzioni. § 07. Or, ammessa la laterale introduzione della liquida lava nel corpo della montagna, sia per mezzo delle sotterranee caverne, sia per le laterali fissure, noi pos- (1) Sull’ attuale eruz.ec. Cai. 18158. 61 siamo seguirne facilmente il corso ; considerando la forza del gas che la precede, non che la rarefazione dell’ aria prodotta dallo avvicinamento della incandescente massa , e quindi il necessario scuotimento del suolo, finche su- perata la resistenza della scorza della montagna una lar- ga bocca non si apre a facilitarne lo sgorgamelo nella parte più bassa , ove minore è 1’ ostacolo nel fianco del vulcano. Quivi da principio sono sbalzati di qua e di là i materiali tutti che formavano parte della scorza di quel fianco ; e subito, con esplosioni per lo più intermittenti, il vapore ed i gas rumoreggiando cacciano in aria in forma di arene, di lapillo, di scorie e di masse di varia grandezza la liquida lava, sulla quale hanno agito, e che in vario modo svellono, e sminuzzano. Nuvoloni di fumo carico di questi frammenti, s’innalzano a varie altezze, come di sopra si è detto, lasciandoli cadere ove il vento li spin- ge, ma più che altrove nel dintorno della nuova bocca, e van formando un cono stratificato regolarmente ; co- stituito, cioè, dalle masse pesanti in prima, poi dalle sco- rie più grosse , e gradatamente dal lapillo dalle arene grossolane, e di quelle più fine in ultimo. Ogni esplosio- ne, quando la intermittenza fra 1’ una e l’altra è lunga, va formando uno strato disposto come or ora abbiamo de- scritto : ma quando esse succcdonsi senza intervallo no- tabile, allora un tumultuario ammassamento di masse, di scorie e di arene, costituisce non poca parte del cono no- vello, intorno la bocca della eruzione; e ciò è tanto vero, quando le stratificazioni di questi materiali sono tanto più regolari, quanto più si avvicinano alla superficie del cono ; come si osserva dopo la cessata eruzione. In quanto alle arene che vengon giù a qualche distan- za dalla nuova apertura, siccome cadono con più lungo intervallo, ed a seconda del loro peso specifico, così van ATTI ACC. VOL. XV. 9 — 62 — formando i loro strati più regolari ; e ciò può osservarsi tutte le volle che si cava una fossa nell’ arena di Nico- losi, ammassata nella eruzione del 1669. Mentre per via della forza dell’ esplosioni tanto ma- teriale viene ad ammassarsi intorno alla nuova bocca, da formare un cono terminato da ampio cratere a cono in- verso, nella parte inferiore la fusa lava si fa strada per iscorrere sopra 1’ aperto terreno. CAPITOLO VI. SGORGAMENTO E CORSO DELLA LAVA. § 68. La lava che scaturisce appiè del cono, non d’ altronde proviene, clic dalla stessa bocca di eruzione; e se talvolta apparisce una separazione fra il cratere erut- tante c la liquida scorrente materia, ciò avviene tempo- raneamente, quando il materiale sciolto eruttato è in tale quantità da potersi cumulare sulla base, e formare una specie di arco sopra la stessa lava fluida, che non ha, da principio, la forza di superarlo c gettarselo a’ fianchi. Ma infine la corrente lo vince e se ne forma una latera- le muraglia , riducendo il cono inverso del cratere ad un aperto canale, d’ onde senza ostacolo essa vicn fuori. § 69. Lo stato di sua fluidità dipende dalla forza che la spinge in avanti, dal grado di calore che liquida la mantiene, c dalla maggiore o minore declività del suolo ove scorre. Ne’ primi tempi della eruzione è certo clic ra- pidissima fluisce la lava ; non perchè alcuno Y avesse mai osservalo nell’ Etna in que’ primi istanti, ma si è ciò de- dotto dal lungo tratto che in poche ore ha percorso. Questa rapidità del primo sgorgamento è la causa principale dello spavento degli abitanti delle falde dell' Et- na, per le possessioni e per le case sopra le quali par — 63 — diretta la corrente ; imperocché facendo una proporzione fra la distanza che ha percorso in poche ore, e quella che la separa da’ minacciati luoghi, ne temono già imminente la perdita totale. Questa cupidità, però, non è mai uni- forme e costante. La lavabile vien fuori non può, a dir vero, assomigliarsi allo sgorgo di una sorgente di acqua perenne, che senza interruzione seguitamente, nella stessa massa e con la stessa celerilà scaturisce; essa all’incontro viene spinta a grandi ondate con una marcata intermittenza fra 1’ una e 1’ altra; e tale, che quando la seconda giunge a spingere innanzi la prima, questa ha quasi raffreddata la superficie, e si sarebbe forse fermata senza la spinta dell’altra. Talché se la massa della ondala é grande, ed il suolo che va a percorrere é declive, con angolo ottuso, allora essa scorrerà con molla celerità, e non avrà tem- po bastante per raffreddarsi alla superficie, per far osta- colo alla spinta della susseguente ondata ; accrescerà anzi il suo movimento per la nuova forza che la incalza , c non si fermerà nella sua fronte, se non quando questa è già fredda e scorilicata. Allora la parte ancor liquida, sotto la raffredata superficie, non ha che poca forza per portarla seco in avanti, e grado grado la va facendo ca- dere a’ suoi fianchi ed alla fronte, scorrendo lentamente sopra la sua stessa scorza, ridotta in frammenti di varia mole e figura, aspri ed incoerenti. § 70. Quando lo ammassamento di questi fratnmenti della scorza , che sempre più doppia diventa come più si raffredda, divien tale da far ostacolo al retto corso della parte liquida della lava, allora essa si fa strada attraver- so di quel fianco che minore resistenza le appresenla, e scorre in altra direzione. Da ciò deriva la ramificazione del corso di una lava, che occupa talvolta grandi spazii di terreno ; mentre senza gli ostacoli che deviano e ne — 64 — dividono il corso, la corrente infocata dovrebbe venir giù con la stessa larghezza, a guisa di un torrente. § 71. Si domanda, non senza lina ragionevole cu- riosità, se il braccio della lava corrente che più degli altri va innanzi, c clic raffreddata ne stabilisce il termi- ne sia l’ultimo materiale uscito dalla bocca di eruzione, o più tosto il primo? Si può rispondere a ciò esaminando quel che si osserva ne’ fluidi in generale , quando scor- rono in un piano più o meno inclinalo. In essi sono co- stanti due condizioni : quella cioè delle molecole che scor- rono, e quella dei fianchi di esse. Nelle prime è visibile il movimento , ne’ secondi è appena sensibile ; di modo che pare, che le prime molecole scorrano, come se pro- tette da quelle de’ fianchi , quasi a guisa di una scorza propria; la quale fa lor mantenere una linea di direzio- ne, invece di spandersi intorno; come avviene quando il fluido si versa sopra un piano perfetto, o pochissimo in- clinato. Quanto maggiore è la inclinazione del piano tan- to più ristretta, è la linea del fluido che scorre, e tanto più accresciuta la celerilà del moto progressivo ; con lutto ciò quello dei fianchi è sempre minore. Quando dopo aver percorso un piano molto inclinato il fluido giunge in uno appena declive, allora si spande quasi in forma più o meno circolare, finche spinto ed ammontalo in mas- sa da quello che segue a scorrervi dietro, giunge a su- perare il livello del piano e si dirige, restringendosi in linea, verso quel punto ove il piano si fa alquanto più declive, e torna a scorrere come per lo innanzi. Abbiamo, così, clic la prima ondala delle molecole fluide, nell’ uscir dal punto di loro partenza si divide in tre parli : nella linea corrente, cioè, c ne’ due fianchi di riparo diremo così ; la seconda ondala segue lo stesso andamento, e fa, che la linea corrente spinta da quella 65 che segue si (livide a formare i fianchi, mentre l’altra scorre in linea, e così avviene in ogni ondala di moleco- le , finche dura il fluido corrente. Talché senza altri ostacoli, senza altre cause, che or ora passeremo ad esa- minare, le molecole clic ultime escono dalla sorgente, do- vrebbero esser quelle che dovessero formare il termine della linea corrente. Siccome però le ultime ondate non vengono spinte da altre per di dietro, così esse manca- no della forza necessaria a superare la resistenza di quelle che le precedono, e quindi si arrestano ove il movimen- to, quasi retrogrado, le obbliga a fermarsi. Or quanto abbiamo osservato in questo breve esame sopra il corso de’ fluidi in generale, potrebbe anche veri- ficarsi nella lava fusa vulcanica, che scorre ne’ fianchi della montagna, e ne’ piani di varia inclinazione. Ma in questa, benché liquida aneli’ essa , molte circostanze concorrono a renderne differente di molto il corso. !.a Essa tende, è vero, sempre a seguire il declive terreno più clic il piano, ma la superficie di questo ter- reno vulcanico non é mai levigata ed uguale, da permet- tere il libero corso ; e quindi la regolarità di una linea è troppo difficile a verificarsi. 2. a La lava appena scaturisce comincia a raffreddar- si nella superficie e ne’ fianchi ; e tale raffreddamento è progressivo sempre verso la parte liquida; di modo che una scorza sempre più doppia vi va formando sopra e ne’ fianchi. 3. a Questa scorza, spinta nel fronte e ne’ lati dalla massa fluida sottoposta, si rompe e cade in frammenti, accrescendo ostacoli da ogni lato al corso ; per cui la obbliga a rigonfiarsi per superarli; ciò che contribuisce non poco a farla deviare dalla linea, che come fluido do- vrebbe seguire. 4. a Quando la liquida lava giunge in un piano , o — 66 — anche in un suolo avvallato, allora vi si accumula in tan- ta massa da superarne il livello, per traboccare, in se- guito, nel terreno declive che segue, ma quanto più lun- ga è la permanenza in tali sili, tanto più doppia se ne rende la superficie, e quindi dev’ essa crescere nella mas- sa liquida, quando avesse la forza di superare anche questa altra non indifferente resistenza ; e noi spieghiamo da ciò, come nel corso della stessa lava si trovino tante di- verse superfìcie ; fra le quali quella orrorosa a masse pesantissime, scomposte e rialzate a grandi altezze, rotte in modo da renderle inaccessibili; caso più freguente nei piani, che nelle acclività. Per queste circostanze non puossi aspettare , nelle correnti vulcaniche, 1’ andamento puro de’ fluidi in gene- rale; e sarà sempre se non impossibile, oltremodo difficile il poter determinare, se 1’ ultima fronte delle braccia delle lave è formata dalla ultima ondata che esce dalla bocca di eruzione, o no. Pare però, per quanto si è osservato di sopra, che quella ondata che ha dato f ultima spinta a quella che la precedeva, lo ha fatto con poca forza , e che il moto che le ha impresso è andato diminuendo sempre da una all’ altra ; per conseguenza il fronte del più innoltrato braccio della lava è stato formato, non si può dire da quale ondata. § 72. Il calore che essa mantiene c di varii gradi; minore alla superficie, tanto che si può avvicinare al suo fianco e strapparne pezzi semifreddi senza scottarsi le dila; dalle fenditure, però, tale ne emana, e di tanta in- tensità che non è possibile tenervi vicina la mano senza brugiarsi. Quando la corrente invade i boschi, gli alberi non si accendono che quando la fronte o i lati si sve- stono della loro scorza, ed apparisce vividamente infoca- ta ; l’albero allora s’infiamma : le foglie sono le prime a crepitare a fumare ad accendersi; il tronco però quan- 61 — do è di una mediocre grossezza resiste qualche tempo , e benché ravvolto nella massa della liquida lava , pure non incenerisce sempre , e per lo più resta coperto da una scorza di lava , entro la quale si carbonizzza senza alterare il suo volume. Tali scorze si osservano dopo lungo tempo, nelle lave sottoposte a coltura , ed offrono la forma di una massa cilindrica vuota, come di un tu- bo , e talvolta con resti di carbone aderenti al parete in- terno (1). § 13. L’effetto del calore della lava sopra il suolo ove scorre, è diverso a seconda della natura della roc- cia che lo costituisce, e del modo con cui quella vi pas- sa sopra. Per questa seconda circostanza deve tenersi pre- sente quanto di sopra si è osservato sul modo di scor- rere della lava, cioè a dire, clic essa facendo sempre urlo nel fronte e ne’ lati alla scorza che si va raffredando, c facendola cadere in pezzi ed in frantumi , viene cosi a scorrere sopra i suoi stessi materiali; di modo che la parte liquida infocala non viene sempre a contatto col terreno. Ma quando vi arriva allora alterato a gradi di- versi trovasi il suolo, c più ancora quando ne è circon- dato ed oppresso da tutti i lati. Mille esempii offrono i tagli delle strade, le frane, le sponde degli alvei de’ torrenti, ec. di terreni sopra i quali è passata lina corrente di lava ; e quivi si trova il suolo arenoso cangiato in ghiaja vulcanica : 1' arenaria in solida massa silicea: l’ argilla in termantide : il calcario compatto in saccaroide, i tufi in puddinghe (2); ma quan- (1) V. Sui modelli esterni doleritici della Quercia ec., per Gae- tano Giorgio Gemmellaro, Cat. 1838. (2) Queste alterazioni delle rocce per contatto della piroge- nica sono state dette da’ moderni geologi , metamorfismo ; questa parola però non indica l’ alterazione delle rocce ma il solo cam- biamento di forma, talché un prisma basaltico rotolato da’ torrenti. (lo fra queste rocce e la liquida lava si frammezzano i caduti massi de’ fianchi della lava stessa, e 1’ aria vi pas- sa in mezzo aneli’ essa, allora inalterato resta il sottopo- sto suolo. E degno di osservazione in Catania, il così detto pozzo di Velia , o Gammazita ove si vede come la lava del 1600 urtando contro la muraglia della città nello stato di ignea liquidità, cd a più riprese, pure in nulla alterò la fabbrica, a causa dell’ aria che vi passava in mezzo, e de’ frantumi della stessa lava, che raffreddati impedivano 1’ immediato contatto del muro e della cor- rente. Lo stesso si osservava nel lato di ponente del Ca- stello Ursino. Si riconosce ugualmente , nel taglio della strada fuori porla Ferdinando, presso il poggetlo dell’ Ac- quicella, nel muro opposto la corrente di antica lava non aver per nulla alterato il sottoposto terreno, ove passava sopra i propri! materiali ; all7 incontro, questa stessa lava a distanza di un quinto di miglio circa, nel fondo Mon- tesano , avendo circondato un banco di argilla, la cam- biò tutta in termantide. Bisogna però distinguere , e principalmente fra le materie vulcaniche sciolte , ghiaje , quelle che sono del sottoposto terreno alterato, dalle altre alla stessa lava ap- partenenti, e che ne costituiscono una varietà; come dire- mo or ora parlando della sua struttura. § 74. Il calore continua a mantenersi nella lava per lungo tempo , benché intieramente raffreddata ne sia la superficie; e si vede dopo molti mesi, ed anche anni, 0 dal more può prendere la forma globulare , senza aver mutato di natura , come ha fallo il carbonato calcare cangiato in Dolomi- te ecc. Io ho creduto doversi usare per queste alterazioni di rocce la voce pireterotìca , che vale alterata dal fuoco , indicando cosi il cangiamento nella natura o struttura della roccia, e la causa clic l’ha prodotto. — V. Eleni, di Geologia ad uso della R. Università di Catania — 1840. — G9 — l'acqua che piove sopra la più rccenle lava , ridursi a vapore denso come una specie di leggiera nuvola, c sol- levarsi da lolla la superficie di quella; nè mancano esem- pli di essersi osservala, nel bujo della nolle, la interna incandescenza ove apronsi profonde fissure. La intensità , poi , del calore nel corpo della lava slessa è fide da fondere non solo le molecole che la co- stituiscono, e scomporle, ma a vetrificarle, ed accrescere in modo lo stato di liquidità, che avviene sovente trova- re, ne’ vani della massa, delle stalattiti non solamente e dello smallo che ne tapezza i pareti, ma essere la llui- dità giunta allo stalo di farla percolare in sottili filamenti ed agglomerarsi cadendo a guisa di gomitoli di filo di lino. Anche ne’ luoghi ove la lava è passata sopra le abi- tazioni degli uomini, essa ci manifesta uno stalo di fusio- ne tale da farla aderire ed immedesimarla alle tegole , vetrificarle c formar con esse un masso solo , non che avviluppare i pezzi di legno, conservarne il carbone, in clic lo ha ridotto, e portar le vesligia delle impressioni delle fibre legnose. CAPITOLO VII. VARIE FORME DELLA SUPERFICIE E DELLA MASSA DELLE LAVE. §73. A’ diversi gradi di calorico che fonde la lava si deve principalmente la varia sua struttura, in quanto a compattezza e stato più o meno elevato di vilrificazio- ne: siccome al graduale decrescimento del calore si deb- bono le diverse scorificazioni della superficie della lava. Quando ugualmente intenso è il calore, ed in ugual grado diffuso per la massa della lava, esso non farà che mantenerla nello stato di liquidità, senza distruggere nelle molecole integranti la tendenza all’adesione, che sarà poi ATTI ACC. VOL. XV. IO — 70 — energicamente esercitata come il calore diminuisce, e for- merà una massa compatta. Ciò avviene in tutte le lave dell’ Etna nel loro strato inferiore, ove son sempre com- patte e formanti una massa unica, se togli le lissure che nelle lave basaltiche dipendono dal restringimento che si verifica, nel riprendere la forma prismatica, benché gros- solanamente. § 70. Le lave compatte, a seconda del sistema fel- spatico o pirossenico, cui possonsi riferire, sono costituite, nelle prime di una pasta di fclspato compatto che rac- chiude cristalli di labrador , talvolta di anfibola, di ria- colite, c raramente di mica : le pirosseniche hanno la pa- sta più o meno semivetrosa con abbondanti cristalli di pirosscno augito di labrador e di granelli di olivina. Il colore delle prime è grigio inclinante al biancastro , delle seconde è più scuro: meno vetrosa è la pasta di quelle, e quindi meno alterate le molecole integranti ; per cui nella loro fatiscenza il terreno che se ne forma è più argilloso, e proprio alla vegetazione delle piante ; il tritume delle pirosseniche ò più aspro, più grossolano ed incoerente : difficilmente si scompone ed il terreno che ne risulta è meno favorevole alla vegetazione ; come chiaro lo dimostrano il feracissimo suolo della plaga orien- tale dell’ Etna, e quello assai sterile ed ingrato all1 agri- coltura della plaga occidentale. Se le lave fossero tutte di struttura compatta, po- ca differenza offrirebbero nelle loro masse; ma essendo soggette a varii gradi di calore, c di permanenza di esso, molte varietà di struttura presentano nella loro scorza esteriore ; per cui la superficie delle lave è così varia, anche in una stessa corrente. Queste varietà possono ri- dursi alle seguenti : § 77. In massa solida a superficie piana — Ciò si osserva in tulli que’ siti ove la lava è corsa lentamente 71 sopra un suolo piano ed uguale ; essa gradatamente si raffredda in que’ siti, e la superfìcie si mantiene piana, per quanto può esserlo una materia lapidea. Prende al- lora, ne’ comuni dell' Etna, il nome di balata o tavola , e talora di ciappa ; e non polendo servire per nulla alla vegetazione se ne fa qualche volta uso per piattaforma alla trebbia degli orzi, ed al raccolto de’ legumi. § 78. In massa solida a superficie increspata — Negli stessi siti di pianura, o in qualunque altro punto, ove la lava scorre placida e con ugual grado di fluidità , se la superficie clic va raffreddandosi incontra un* ostaco- lo a qualche pollice di profondità, si trattiene e s’incre- spa a modo di tanti cordoni curvilinei; e ciò in brevis- simo tempo, corrispondente sempre al grado di celerilà della sottoposta liquida massa scorrente. E facile il com- prendere che tale increspamento vada formandosi in senso inverso del corso della lava ; talché il volume de’ cordoni, che si accrescono in numero indietreggiando, va grada- tamente sempre piò ingrossandosi, come si allontanan essi dal punto del primo ostacolo. In nulla differisce la lava, in questo fenomeno, da altri liquidi che scorrono, e dei quali la superficie piò impura e glutinosa , presenta le increspature che abbiam descritto, allorché nello scorrere trova qualche superficiale intoppo che 1’ arresta. Se si osserva da vicino la struttura de’ cordoni della lava increspata, si troverà che sono alcun poco scabrosi , in quanto che la loro superfìcie é quasi vetrificata e scre- polala, o in certo modo lacerala, a causa della curvatu- ra che ha dovuto prendere inscrespandosi; ma del resto, senza questa distrazione, per così dire, la loro superfi- cie sarebbe stata piana e pressoché levigata, come nelle collaterali parti si presenta in effetto. Comunissima, pertanto, é questa superficie nelle lave dell’Etna; e serve a dimostrare essere stata l’effetto di sola superficiale increspatura di lava che orizzontalmente scorreva, non ostante che si vegga in oggi sopra masse inclinate in tutti i sensi ; lo che si debbo a posteriori cause, occorse nella corrente prima di assumere la per- dita e stabile consistenza. § 79. In massa rotta — Più frequenti sono però le lave in massa rolla, e tanto più quanto maggiore è il numero delle scoscese, de’ clivi, delle valli c del suolo ineguale nelle falde del Vulcano; c ben si comprende co- me, passando una lava pel margine di un rialto di ter- reno o di poggio, o di balzo debba cadere da quel lato, e rompersi in tutti i modi possibili, rovesciare sopra se stessa e confondere le masse con le superficie, formando cave, dirupi, ampie fenditure c balze precipitose, orrida superficie, insomma, di cui son comuni gli csempii da per tutto nelle lave. Lo svolgimento de’ fluidi elastici nella massa stessa della corrente può sconvolgerne in mille modi la super- ficie , e principalmente la subitanea evaporazione dell’ac- qua, che si trova talvolta sul terreno sopra del quale passa la lava, o che in seno ad essa stessa si va for- mando, o che da altra origine potesse pervenirvi. Lo istantaneo svolgimento del formato vapore produce senza fallo lo spaccamelo della massa fusa , e ciò basta per mettere tutto sossopra ne’ punti ove accade. Ed a questi svolgimenti di gas debbonsi altri aspetti clic assumono le superficie delle lave, come vedremo qui appresso. § 80. In massa rotta a rigonfiamenti — Frequenti sono nell’ Etna i corsi di lava solida a massa rolla c su- perficie sconfinane ne’ quali a quando a quando si solle- vano de’ rigonfiamenti in forma di cupola ; spaccali però da ampie fenditure, sempre più larghe verso l’apice della cupola, e van restringendosi presso al suolo d’ onde si innalzava ; di maniera che aperti sono sempre nella parte superiore, ed in modo da lasciar ampiamente scoprire la struttura della roccia. Essa infatti consiste di strati di lava concentrici, più o meno inclinati, clic esattamente vengono a corrispondersi nelle spaccature. La compat- tezza degli strati è sempre maggiore nella parte inferio- re : poi diminuisce gradatamente verso la superfìcie, e la scoria die li copre è anche cellulare. Questi rigonfia- menti, i quali avrebbero lutto 1’ aspetto di crateri di sol- levamento, si vede chiaro, clic non provengono dalla in- trusione di roccia sottoposta, la quale sarebbe manifesta nel vuoto della cupola, c di cui qualche pezzo o fran- tume ne sarebbe rimasto fuori. Essendo, inoltre, cosi spessi nel corso di talune lave c rari in tante altre, mo- strano essere più tosto, c più facilmente E effetto di svol- gimento di gas, che cumulali sotto la massa della lava, si sono spinti attraverso di quelle nel tempo di’ era li- quida ancora, e rigonfiandola in prima a guisa di bolla, la sollevarono come una mezza sfera ; e nel momento di farsi strada all’aria aperta, spaccata da molte fìssure la- sciavano, ed inclinala verso il suolo circostante. E notabile clic rarissimi sono questi rigonfiamenti nelle lave di recente data ; ed all’ incontro poi sono co- muni in quelle di epoca antica. § 80. Merita, fra le prime, attenzione uno di que- sti rigonfiamenti, che pare non aver avuto la forza neces- saria a venir sollevato, e clic perciò rimase con la sua convessità intiera, senza apparenti fenditure. Esso è for- mato, non giù di strali, per quanto possi giudicare da quel che se ne scorge , ma bensì di tuniche concentri- che, di non più di quattro in cinque pollici di spessezza, e delle quali se ne posson coniare circa cinquanta ; che fan manifesto il graduai modo di raffreddamento della liquida massa clic veniva sollevandosi. Questo rigonfia- mento appartiene alla eruzione del 1381, presso il silo \ — n — detto Cavoli , e nella strada trasversa da Mascalcia al quartiere meridionale di Tremeslieri. Sono comuni i rigonfiamenti in molte delle antiche lave, come presso Catania e vicini comuni ; i più elevali però sono quelli a tramontana di Misterbianco , ove a guisa di alte cupole torreggiano sopra il solo vulcani- co, già ridotto a coltura. § 81. In massa rolla a volta — Alla stessa causa, e non ad altro, al certo, attribuir debbonsi quelle grotte e quelle caverne, clic son frequenti nelle antiche lave dei- fi Etna. Esse son così spaziose e così lunghe , da aver bisogno di fiaccole per inoltrarvisi dentro ; e ve ne sono che possono contenere cenlinaja di bovi, ed altro . bestia- me, ed a tal' uso sono spesso destinate. Di queste talune presentano un suolo uguale e pia- no, e la doppiezza della parte della lava che ne forma la volta non è, per lo più , oltre a palmi otto ; come sono quelle presso Catania, nelle chiuse della Carvana , fi altra spaziosa di S. Giovanni di Gaiermo : quelle del bosco di Adorno in contrada Malaterra , non che delle antiche lave di Linguaglossa. II suolo piano di queste grolle c la poca spessezza della volta indicano, che la espansione del gas ebbe luogo nella massa stessa della lava , quasi dircssimo fra uno strato c fi altro ; c non già fra il suolo del terreno e la corrente, clic non si sarebbe, questa, prestata a rigon- fiarsi a volta, ma si sarebbe rotta come di sopra abbia- mo osservato. Rimarchevole per la capacità, per fi altezza, ma so- pra tutto per la sparuta doppiezza della sua volta, che appena a tre palmi essa giunge, si è la grotta di Sani - codio, contrada Carda , presso il ponte di Carcaci, dalla parte delle terre di Adorno ; entro la quale, c casa, e magazzino, e palmento vi sono costruiti. Mirabile essa 75 — resulta quando si riflette allo stalo di quasi plastica li- quidità in clic doveva essere la lava , se potè prestarsi a distendersi in tanto ampia volta !!. § 82. Lave in rollami — Non tutte le lave, che ven- gono dalla gola del vulcano , passano a raffreddarsi in solida massa. Vi sono di quelle che han sofferto maggio- re azione di fuoco, e sono passate a più alto grado di fusione ; per lo che molto alterate si manifestano sin dalla prima loro uscita dal cratere di eruzione ; ed a seconda della maggiore o minore violenza del vapore c del gas che le spingono, più o meno rotte e sminuzzate ne sbu- cano: benché incandescenti ancora ed in istalo di assu- mere forma di liquido, clic possa scorrere in giù. In que- sto stato rimpastandosi in massa liquida, nella parte in- feriore, vi si mantengono, (intanto almeno clic il fuoco che le ha fuso non si sia dissipato. Ma tosto clic il ca- lore comincia ad abbandonarle , ora perchè la forza di coesione ne chiama le particelle a ragunarsi in varii punti, ora perchè tornano allo stalo di sminuzzamento in che ridotte le aveva il vapore nella fauce del vulcano, esse divengono, dalla superfìcie sino a molta profondità, un’am- massamento continuo di rollami di varie forme; restan- do soltanto in massa la loro parte inferiore. § 83. Lave in rottami a lastroni ed in piccole lastre — Molle delle lave , nelle superficie non solo, ma sino a molta profondità, non consistono che di lastroni, di scabra superfìcie, tanto superiormente, quanto inferior- mente, e rovesciati in tutti i sensi, detti volgarmente c lop- pe, o balate. La forma di lastroni dipende dal modo di raffred- darsi la lava fusa e porosa. Questa, per tali qualità, in- dica essere stala attaccata da eccessivo fuoco, e da re- sidui di vapore tendente ad espandersi ; e quindi appe- na una superfìcie di pochi pollici era raffreddata, veniva quasi respinta dallo sviluppo del calorico e da’ gas, e staccata quasi a forza ; a ciò si aggiunge anche il re- stringimento della superficie stessa clic succede nel raf- freddarsi. Tale forzalo distacco vien provato dalle sca- brosità della superficie inferiore de’ lastroni, e di quella superiore degli altri che vengono di seguilo ; le quali non sono altro clic punti di adesione con clic mantenevasi attaccata ancora la superficie raffreddala a quella tuttavia incandescente e liquida. Staccata in tal modo la prima scorza, c rotta e ri- volta per la cagione stessa , una seconda se ne andava formando sotto , soggetta essa pure alle stesse vicende ; e svelta questa seconda, per la stessa forza, sollevar do- vea c porre sossopra i lastroni della prima. Formata in ugual maniera la terza, produr doveva gli stessi effetti, c cosi di mano in mano la gran parte della massa della corrente, s’ era ugualmente costituita, doveva per neces- sità ridursi ad un ammassamento di lastroni rotti e sconvolti. Dissipato però in massima parte il calorico, il di- stacco di successive scorze non poteva verificarsi ; e si vede, infatti, in molti punti, che dopo uno strato di sei in otto palmi di que’ rottami, la lava è consistente ; ma non lascia dimostrare la disposizione a rompersi in la- stroni, per le orizzontali e continuale linee di cellule in- terposte nella massa compatta. § 84. Se comuni sono nell’ Etna i lastroni di varia grandezza, comunissime sono le lave che in piccole la- stre si sminuzzano verso la superficie. Debbono esse la loro origine alla causa stessa di sopra accennata, eser- citala però con maggiore attività c con celerità accresciu- ta. Nel rompersi che fanno queste piccole lastre alla superficie della lava che scorre, in tempo dalla eruzione, danno un suono di metalli che uriansi insieme: e ciò al- — 11 — testar possono tutti quelli che sono stali vicini spettato- ri di eruzioni, ne’ fianchi del nostro vulcano. Le antiche lave sopra le quali è fabbricato il co- mumc di S. Agata Balliati, si compongono di piccole la- stre ; le quali servono ottimamente alla facile e salda co- struzione de’ muri a secco e delle case , nelle quali a guisa di artificiali mattoni si veggono accuratamente di- sposte senza cemento alcuno, bastando la scabra super- ficie a farle aggrappar fra di toro, e costituire una so- lida fabbrica. § 80. Lave in rottami globuli formi, in lapillo ec. — Intiere braccia di correnti di lava non sono composte si- no a grandi profondità clic di ammassamenti di materiale lavico di forma pressoché rotondata , e di grossezza da quella di una testa umana a quella di un tamburo. Tale forma è da attribuirsi allo sminuzzamento, che ha sofferto la fusa materia nella gola del vulcano: o all’urto repli- cato, anzi continuo, che va essa incontrando nella pro- pria massa; la quale variamente rappigliandosi ed adden- sandosi, a seconda delle varie evoluzioni del calorico, e spinta sempre in su dalla ondata sottoposta più liquida, si rompe in pezzi rotolandoli fra loro, finché una forma quasi globulare vengono ad assumere; e questa maggior- mente si va effettuando, come si precipitano i pezzi nei fianchi e nel fronte della lava, clic scaturita dal seno della montagna scorre per le sue falde. Ad un più forte sminuzzamento, dalle stesse cause prodotto, é dovuta la formazione del lapillo del quale tante correnti sono costituite, se non da capo a fondo, in gran parte certamente. Avvi però una specie di lapillo, clic nasce dalla fa- tiscenza di una lava di particolare struttura, che in va- rii luoghi puossi osservare, e di cui non so se avesse mai alcuno fatto menzione. Questa a prima vista, rasso- ATTI ACC. VOL. XV. 1 1 — 78 — miglia ad un tufo composto di addensata e grossolana arena vulcanica; clic racchiude nella massa de’ pezzi di ogni grandezza quasi globulari, di lava sconfortile, per lo più e porosa. Questa sorta di corrente passa per gra- di a faliscenza, così le piccole scorie cadono giù, c for- mano cumoli di lapillo; ed accade lo stesso allorché la industre mano dell’uomo la rompe, per renderla con pro- fitto un suolo adatto alla vegetazione, o per far uso del lapillo a brecciame di strade, o a materiale di cemento. Nella strada fra Gravina e Mascalucia, se ne scopre un buon tratto; di fronte al casino Ardizzone a S. Agata Badiali, può osservarsene un altro taglio; c vicino al ponte d’ Ognina, a fianchi di quell’ alveo di torrente, altre mas- se staccate se ne osservano; le quali sono dipendenti da corso di lava, ora sepolto in gran parte da altre di più recente data, e ridotte a suolo coltivato. lo penso doversi attribuire questa curiosa ed inte- ressante forma di lava, al totale sminuzzamento del ma- teriale lavico fuso che ha sofferto nel canale del vulcano, per la forza degli agenti della eruzione, che giunge, come abbiam dovuto spesso ripetere, a ridurre in arena grosso- lana , in minuta sabbia ed anche in cenere la lava che liquida s’innalza verso il cratere. Ridotta, per tanto, in tale stato di sgretolamento, non lasciando essa di esser l'usa nel tempo stesso, ed in preda ad intensissimo fuoco, esce dal fianco del vulcano a guisa di un liquido, scor- rendo ed avviluppando nella sua massa scorie e pezzi compatti di varia grandezza; c questi possono provenire dallo stesso materiale della lava più fusa c più capace d’ impastarsi; e sono essi quelle porzioni della massa non alterate dalla forza de’ gas. Raffreddata però questa spe- cie particolare di lava, direi arenaria , torna essa allo stato di facile disintegramcnlo , e di suscettibilità a di- — io- ne sola degli agenli meteorologici. Le lave di questa natura sono le più facili a divenir coltivabili, anche poco tempo dopo la eruzione; come si è veduto in molli sili di quella del 1852. § 86. Lave in rollami a scorie leggiere. — La superfìcie di certe lave non presenta talvolta che sco- rie cellulari e leggiere , le quali soprastanno ad una massa porosa e cellulare anch’essa, di pasta più fusa e semivetrosa , che mostra il grado di fusione che ha sofferto ne’ suoi componenti ; i quali alterali in parte sono fra loro rimescolali in modo da formare una pa- sta semivelrosa, ove a quando a quando va scoprendosi qualche cristallo di felspalo , o lalun frantume di piros- sene. Dallo stato di vetrificazione di tali masse si può ben concepire la forza del fuoco die la produsse , e facile del pari riesce lo spiegare come dalla stessa forza , e dalla rarefazione dell’ aria contenuta ne’ pori della scorza, sia derivata quella struttura cellularissima e leggiera, clic ha preso raffreddandosi la forma di scorie; e queste, in- fatti, per tale loro leggerezza, sono state chiamate impro- priamente pomici. § 87. Nel corso stesso di una lava avviene ordina- riamente, clic l’aria racchiusa fra’ vani della corrente, con raggiunta del vapore, prodotto dall’acqua, che spesso va formandosi, o che esala dall’ umido terreno, rarefa- cendosi forma con la sua espansione de’ piccoli svenlatoj, come tante piccole gole di eruzione, ed arene, leggiero lapillo, e scorie cellulari vengono lanciale in aria, e ro- vesciate poscia ne’ lati; costituendo così piccoli, ma veri crateri. Quivi le cosidelte pomici sono assai più leggie- re ; è da esse tali luoghi prendono il nome di pomicia- jo. Luoghi molto ricercali e frequentatissimi; imperocché tali scorie sono mollo pregiate nelle fabbriche, ove im- — 80 — piegatisi principalmente per le volle delle slanzc e muri interni. Cementate dal gesso prendon esse tale consisten- za, da superare qualunque altra sorta di muratura ; pur- ché, però, non venga esposta all’ umido dell’aria esterna. CAPITOLO Vili. ELEMENTI, COMPOSIZIONE E CARATTERI ESTERNI de’ materiali vulcanici § 88. Le ceneri, le arene, i lapilli , le scorie non sono che tritumi e frammenti del materiale lavico che viene dal focolare vulcanico. La ricerca di loro composizione non è disgiunta da quella degli elementi delle lave ; oc- cupandoci di queste noi includiamo i frammenti ; ed in quanto al loro carattere esterno ne abbiamo già detto abbastanza § SS. Fermo nell’ antico mio avviso su’ due sistemi di rocce che costituiscono 1’ Etna, il felspalico, cioè ed il piros- senico, non saprei allontanarmene; c sotto questo punto di vista passo ad esaminare di quali elementi son for- mate queste rocce, senza troppo dilungarmi in tale ri- cerca, dopo che tanti illustri autori ne han di proposito ed estesamente trattato. Eglino infatti, un più stretto esa- me han portalo sulla composizione delle lave, c sul modo di minutamente analizzarle, e dividerle secondo la diversità dei loro elementi, e di quelli principalmente che ne for- mano le basi. In quanto alla esistenza de’ due sistemi , essi non han potuto disconvenire con me , ed ammettono la pre- dominanza del felspato nell’uno, c dell’ augile nell’altro. Avendo però ammesso tante differenze nel felspato , sia per la base di potassa , clic costituisce la Oriosa , sia per quella di soda che forma l'Albite , sia perchè la po- tassa e la soda danno la Riacolite ec; avendo anche ri- guardo a varie altre sostanze che vi si trovano unite , non che alla quantità della selce che vi domina, han mol- tiplicato il numero delle rocce vulcaniche. Cosi, il Sig. Riviere dà le seguenti basi alle rocce felspaliche: potassa alla Oriosa , soda all’ Albite, soda e calce all’ Oligoclase , potassa c soda alla Riacolite, calce e soda alla Labradorite ed all’ Andesile; e riguarda co- me più antica la potassa , perchè base delle rocce più antiche; e più moderna la calce, perchè si trova in quelle di epoca più recente (1). Il Sig. Abich distingue la Trachite dalla Dolerite, Definisce la prima « Albite di potassa e felspato vetro- so )) c la seconda « combinazione di Labradorite ed Augite. Della Trachite ne là una famiglia, riunendovi il Porfido i rachitico , la Trachite propriamente della , la Domile, la Fonolite, Y Aiulesite, la Ossidiana e \l\ Po- mice, la Perlite, ed il Tufo trachitico. Trovando egli nella parte orientale dell’ Etna, allo Zoccolavo ed a Giannicola , una roccia che non poteva dirsi Dolerite con esattezza, ammette un’ altra qualità di roccia clic chiama Trachi-dolerite. Se si può poggiare sul sentimento del sommo Humbold, intorno alla Trachite dell’Etna § 19, e se è ammissibile f idea del sig. Riviere sulla antichità delle rocce a base di potassa, io vedrei confermata da uomi- ni tanto illustri la mia opinione sull’ Etna antico , e sul moderno; il primo nella parte orientale ove abbondano le rocce felspaliche, ed il secondo nella occidentale ove predominano le pirosscnichc. Qui intanto è opportuno il riprodurre quanto ha in ultimo, ricavalo il sig. Abich, dalle sue analisi chimiche (I) Annal. (Ics Mines. 4. Serie voi. 2. pag. 519. 1842. — 82 — sopra i primi componenti delle lave dell’ Etna. Egli tro- va clic tulle hanno i due elementi della Dolerite, la labra- dorite e l’augite; e venendo all’ analisi di esse ha in ge- nerale, ottenuto Silice 48, 83. — poi 38, 80 Labradorite, 34, 10 Augite , 7, 98 Olivina, 3, 00 Ossido di ferro magnetico, nelle lave sotto il Piano del lago, ed in quella del 7009 presso Catania. Prescindendo dalla equivoca giacitura della prima la- va solto il Piano del lago, noi troviamo in effetto mol- tissime lave dell'Etna, grigio-nere, compattissime con pic- cioli cristalli di labradorite, che potentemente agiscono sul- 1’ ago magnetico, c clic caratterizzano la Dolerite del sig. Àbicli; ed esse per 1’ appunto abbondano nell' Etna mo- derno; ma non son poche quelle di aspetto trachitico che si trovano nella parte antica di questa montagna : come dal seguente catalogo potrà rilevarsi. § 89. Lave del sistema FelspcUico. — 1. Lava compattissima , omogenea di color biancastro, di frattu- ra terrosa, senza vestigio di cristalli di sorta alcuna ; in tutto simile ad una Trachitc (in pezzi isolali nelle Ser- re del Salfizio ed in quelle di Calanna). 2. Lava compatta, screpolata, piena di minuti cri- stallini di ferro oligislo nelle fìssure; a superficie scori- riforme, aspra al tatto, dura, pesante; della natura stessa della precedente, se non che sembra aver fatto parte di materiali di un cratere posteriore; ( si trova come la pre- cedente ne’ luoghi stessi). 3. Lava come quella di n. 1 che racchiude pezzetti di scorie brunastre, (negli stessi luoghi). 4. Lava compattissima granulare, pesante, biancastra; di aspetto trachitico, con rarissimi c piccoli frammenti di orniblenda c di fé 1 spato vetroso, (in masse rotolate, o in pezzi staccati dalle colline fatiscenti delle Serre di Calanna ). 83 — 3. Lava compatta di struttura terrosa, pesante co- lor rossastro abbondante di piccoli cristalli di felspato più che di orniblenda; non son pochi anche quelli di mica: (si trova negli alvei de’ torrenti clic provengono dalla valle del Bove, sino a Giarre; e di vario volume ). G. Lava compatta granulare, color carneo sbiadato con cristalli alterali di felspato vetroso, e rarissimi fram- menti di orniblenda; ( comune nc’torrenli e nelle colline fa- tiscenti di lulla la valle del Bove ). 7. La stessa, in fatiscenza; e pare scomporsi come se la sua struttura fosse stata scisloide , ( ne’ luoghi stessi ). 8. Lava compatta granulare, color cenericcio, con cristalli di mezzo pollice di lunghezza di felspato ed ab- bondantissima di lamincttc dello stesso; rare vi sono le pagliette di mica rossastra; (negli stessi luoghi e nel monte Gallato, presso la Cerrila). 9. Lava compatta fclspalica, color carneo sbiadato, con felspato alterato e formante una polvere bianco-gri- giastra sparsa per tutta la massa macchiata di ferro ossi- dato, (valle del Bove, rocca della Capra). 10. Lava compattissima, simile ad una Eurite color bigiastro, con sottili fogliclle di felspato, ( da’ pezzi roto- lali nel vallone di Giarre , provenienti dalla valle del Bove ). 11. Lava fclspalica di massa compatta , ma piena di cellule irregolari ; color grigiastro, senza apperente mescolanza di cristalli, ( antiche lave dei Caslcllacci). 12. Lava cellulare e porosa con felspato alterato e macchie di ferro ossidato (nel luogo stesso de’CastelIacci). 13. Lava compatta color brunastro, con felspato ve- troso, alterato, e frammenti di orniblenda ( valle del Bove in pezzi rotolali). 14. Lava fclspalica, a pasta eurilica verde ; lucci- — 84 — cantc di laminctte felspaliche, ( rara in pezzi rotolali pres- so Fiumefreddo ). 15. Lava compattissima grigia, con minuti cristalli di orniblenda, ed abbondanti; (vallone di Zafarana, in pez- zi rotolali. ) N. B. Poco da questa differiscono le lave felspaliche delia parte orientale dell’Etna; e vengono di- stinte, nelle collezioni, per la località soltanto. 10. Lava compatta scistosa, di massa uniforme co- lor cenerino carico, in lastroni; (della Timpa dell’ ai- tano ). 17. Lava felspalica biancastra con cristalli alterali di fclspalo vetroso; in falisccnza; (valle del Bove, in pezzi isolali ). 18. Lava compatta anfìbolica , bruna, con felspato alterato (delle serre eli Calcinila). N. B. Grande varietà presentano queste antiche lave , pel vario loro stato di alterazione ; ma quasi tutte provengono da’ colli di Ca- lanna, benché roteiate da’ torrenti sono sparse per tutta la plaga orientale della montagna. 19. Lava porosa bruna, che facilmente si rompe in pezzi , per la pasta che passa in falisccnza; con grossi cristalli di orniblenda; ( Calanna) N. B. Le varietà di que- sta lava consistono nel grado, piu o meno innollrato di falisccnza; essa giunge, in alcuni sili, a divenire sciolta, c lasciar soli ed isolali i cristalli di orniblenda, di varie grandezze. 20. Lava porfìrica rossastra, con laminctte di fcl- spato alteralo; essa racchiude frammenti della stessa pa- sta , ma più bruni di colore, e vestiti di una scorza ne- rastra meno compatta; (valle del Bove, c vallone delle Giarrc in masse isolate). N. B. Non si può asserire se questi massi rotolali appartengano a corrente di lava, o a pezzi isolali provenienti dalle bocche di eruzione. Di simili svariate forme di miscugli ne abbonda tutta la parte antica dell’ Etna ; ecl una ben ricca collezione formerei^ bero tutte le accidentalità che s’ incontrano nelle masse del sistema felspalico. § 90. Lave del sistema pirossenicò. — Le lave di questo sistema si distinguono, per la pasta alquanto ve- trosa , benché compatta , pel color bigio più carico , e che arriva talvolta al nero; per la quantità de’ nitidi cri- stalli di pirosscne, per le lamine di labradorite, quasi esclu- sivo in questo sistema, e per la presenza de’ granelli di olivina. Le varietà , di struttura c di compattezza sono poche; benché ad indefinito numero possono portarsi , quando a minime differenze attender si volesse , nel colore della pasta , nella compattezza, nel numero maggiore o minore de’ cristalli, nella predominanza di taluni, e simili. Noi farem cenno soltanto di quelle varietà che sem- brano più distinte. 1. Lava basaltica compattissima, bruna, con cristalli di labradorite alterato in massima parte, frattura scagliosa, (dalla rupe di Paterno); questa lava nella base di po- nente della rupe , si trova più cellulare ed imbevuta di petroleo. 2. Lava basaltica compattissima, bluastra, con rari cristalli di labradorite; frattura scagliosa, (dalla carriera di lave prismatiche di Scilà). 3. Lava basaltica compatta , grigia , con laminette alterate di labradorite, c piccoli cristalli di pirosscne, frat- tura scistosa, (carriera di lave prismatiche di Licodia ). 4. Lava basaltica compattissima nerastra, con minu- tissimi punti di pirosscne ed olivina ; frattura scagliosa, ( rupe della Molta ). 5’. Lava basaltica alquanto porosa, con cellule piene di arragonite ; color bruno, frattura terrosa, (collina della Trezza ). 6. Lava pirosscnica cellulare brunaslra ATTI ACC. VOL. XV. con arra- 12 — 86 — gonite cristallizzata in aggruppamenti acicolari nelle cel- lule, ( scala ili Aci ). 7. Lava pirosscnica, compatta, grigia , con nitidi cristalli di pirosscne, foglieltc di labradorite, e granelli di olivina, frattura scagliosa, ( di tulle le antiche correnti dell’ Etna moderno , venute sulla collina terziaria della sua base ). Questa forma di lava è la più comune del sistema pirossenico. Quella della eruzione del I6G9, rotta c po- sta a confronto con quelle più antiche , in nulla differi- sce. Nel corso della lava però molte varietà di struttura, e di compattezza si osservano, non che di colore più o meno oscuro. 8. Lava pirosscnica, porosissima, cellulare, piena a ribocco di grosse lamine di labradorite, (presso Beipasso). Questa lava d’ignota eruzione, per l’abbondanza dei cristalli felspatici , fa inclinare a credere, essere venuta dal vicino estinto cono di cratere detto Mompileri ; nel quale si trovano isolali i cristalli di labradorite in immen- sa quantità , più che in alcun’ altro cratere , c si può quasi dire clic esclusivamente da ogni altro gli apparten- ga. Non sarebbe improbabile clic questa lava, che ne è così carica provenisse da quell’ antico cratere. Singolare è nell’Etna il cratere e le lave che ne provennero di Biancavilla ! Come se il focolare attaccato avesse una roccia di porfido, le lave di que’ contorni poco differiscono da quell’ antica roccia nella struttura c nel colore. Quando son esse levigate e pulite, non si distin- guono da un vero porfido ; c noi, da ciò, le chiamiamo por finche. 9. Lava porfirica, compatta , rossastra con abbon- danti cristalli di felspato ; frattura terrosa, (Biancavilla, e poi in pezzi rotolali per lutto il tratto del vallone, sino al fiume. Simclo ). — Si- lo. Lava porfìrica compattissima rossastra, con po- che lamine di felspato, frattura scagliosa, (negli stessi luo- ghi). Questa varia nel colore rossastro più o meno ca- rico. Gli scalpellini ne fanno grande uso , in rimpiazzo del porfido. 11. Lava porfirica scoriforme, rossastra con le cel- lule piene di lamine di ferro oligisto, ( cratere del Cal- vario, Biancavilla). 12. Lava porfìrica alterata nella massa e nel colore entro il cratere del Calvario, incrostata di ferro oligisto in lamine, ed in ottaedri. 13. Lava porfirica alterata e ridotta ad una massa arenaria , poco differente da una pozzolana , alquanto però più aspra al tatto, (Biancavilla). ecc. ecc. Superfluo sarebbe, a mio credere, il prolungare il catalogo delle varietà della composizione e struttura delle lave dell’ Etna, dopoché dal ristretto novero delle più di- stinte si ò conosciuto di quali principii son esse costituite ; ciò che più interessa nella vulcanologia dell’Etna. Noi riserbiamo la parte sua mineralogica ad altri, che vorrà con l’ajuto della chimica e della cristallografia, occupar» sene di proposito. Seguendo il nostro scopo , noi , da’ fatti rapportali possiam conchiudere, in quanto a’materiali dell’Etna, che questi sono stali apprestati al suo focolare dalle rocce felspatiche della scorza terrestre: dal Basalto, e da qual- che porzione diroccia porfìrica; e che in oggi le ultime lave coll’ avanzato grado di vetrificazione , con la dimi- nuita quantità di cristalli nella pasta, col suo colorito più scuro, e con la tendenza a ridursi facilmente in tritume, ci fan sospettare che parte delle stesse viscere del vul- cano fosse anche attaccala dal fuoco. - 88 — CAPITOLO IX. FORMAZIONE DE’ CRISTALLI NELLA MASSA DELLE LAVE, E NE' CRATERI § 91. Provalo oramai, clic non tulli i cristalli sono iormali per chimica affinità di molecole, sciolte nell ac- (jua , ed a contatto dell aria : e che una gran parte è dovuta al fuoco, Insogna distinguere, in questa seconda circostanza, quelli formati per sublimazione nella super- ficie, nelle fenditure e nelle cavità delle rocce, da quelli, che per altro procedimento si trovano in mezzo alla pasta stessa delle rocce pirosseniehe. L' Etna non è ricca di cristalli, come il Vesuvio ed altri vulcani; si possono contare soltanto la selenite fi- droclorato di ammoniaca, lo zolfo, il ferro oligisto, l’a- tacamile in Scarsissima quantità, come cristalli per su- blimazione; e poi il pirossene augite, il fclspato labradorite 1 antibola, il mica e forse la riacolite, non mollo comu- ni, ed i granelli di olivina, qua’ cristalli gomitolati nella pasta della lava ; tutto il resto clic si è aggregato a quelli dell Etna, appartiene al basalto degli scogli c dell’ Isola de' Ciclopi. § 92. Prima di dir qualche parola sulla formazione di tali cristalli, bisogna ricordare che, secondo abbiamo noi concepito, i prodotti vulcanici dell’ Etna possono pro- venire dalla fusione delle rocce felspatiche de’ terreni, così detti, primitivi, o da quelle pirosseniehe, come il por- fido ed il basalto. Velie prime le sostanze costituenti sono il quarzo, ossia acido silicico, allumina, magnesia, calce in poca quantità, soda o potassa c ferro. Velie seconde l’acido silicico, ferro, allumina, calce, soda e qualche traccia di magnesia. In ambedue, poi, ne’ vulcani in azio- ne, prendono importante posto lo zolfo, f acido idroclo- — 89 rico, il solforoso, il carbonico, senza bisogno di noverare i due principali agenti, 1’ ossigeno, cioè, e l’ idrogeno. Tutti questi elementi, nel focolare, nella gola e nel cratere de’ vulcani, posti in movimento dal fuoco, separati fra loro, riuniti, aggregati, van prendendo varii rapporti fra loro, ed in vario modo combinati, si compongono in diversi stati, c sostanze nuove van formando. Di ciò ne convengono i geologi più accurati (1) ; e noi passiamo a far cenno de’ cristalli formati per sublimazione , co- minciando da quelli che si trovano nel cratere dell’ Etna, e nelle bocche di laterali eruzioni. § 93. La Selenite , è molto frequente negli orli c ne’ pareli del gran cratere. Le molecole delle calce, posta in libertà, come tutti gli altri componenti delle sostanze delle lave, per la forza del calore vien portata in allo dal vapore e da’ fluidi clastici, e giunta ne’ punti ove l’ acido solforico si svolge per la combustione dello zolfo, ne re- sta attaccala; si solidifica, si prismatizza in selenite, e tapczza in molti siti il parete del cratere, le bocche dei fumajuoli, ed il margine dello stesso cratere; ora in iso- lale efflorescenze, ora mista a’ cristalli di zolfo, ora ac- compagnata da idrocloralo di ammoniaca , c talvolta da cloruro di sodio. Nel modo stesso questi altri tre cristalli , per su- blimazione , sonosi ne’ sili stessi arrestati ; e nel modo stesso il ferro oligisto si trova essersi aggregalo in la- mine ed in cristalli , a via di molecole sublimate e re- golarmente unite fra loro, in forza di quella clic dicesi affinità elettiva, e che io chiamo vita minerale (2); questa forza, subito clic le sostanze elementari della lava trovansi (1) The facility wi 111 wich thè element of thè carili their com- pounds, may he decomposed, and made lo enter inlo new comhi- nations, cc. Lycll. Princ: ec. lib . 2 c. XIX pag. 31 G 3® edit. (2) Sulla vita minerale ec. (alt. Gioen. voi. 9. Ser. 2.a libere dalle prime loro combinazioni, porta a riunirsi in- sieme quelle della stessa sostanza , e sublimate sino al punto ove il calorico comincia ad abbandonarla si dispon- gono in modo regolare, e formano quello che dicesi cri- stallo. A seconda poi , della quantità delle molecole si viene a formare ora un cristallo solo , ora un mucchio di essi che varia direzione van prendendo, secondo vie- ne a piantarsi la prima loro base; per cui sopra una faccia di un cristallo, altri se ne veggono sorgere, che più o meno si elevano a seconda, come ho detto, della quantità delle molecole ; le quali come cominciano a man- care, quelle che restano retrocedono gradatamente dal termine superiore delle faccette , e van formando quel- 1’ apice che piramide si appella ; e da questa graduai mancanza di molecole dipendono tulle quelle modificazio- ni, negli spigoli e negli angoli acuti di cristalli. § 94. Ma non bisogna ripetere quel che la cristal- lografia ha stabilito matematicamente. Noi diremo soltan- to che per la via medesima , e per lo stesso modo di formazione, nella massa della fusa lava, vanno aggregan- dosi le libere molecole della stessa sostanza, e costitui- scono il pirosscnc augite, il felspato labradorite, il vetro- so, T antibola, il mica, ed il peridoto, riunendosi a mo- lecole di altre sostanze, ed ajulati dall’ attività dell’ ossi- geno degli acidi, della elettricità, cc. con la differenza, che nella fusa lava le molecole degli elementi di essa, cioè del pirossene e del felspato, non si scompongono intieramente ne’ loro proprii clementi, c possono soltanto giungere a separarsi fra loro, e divenire solidi cristal- li, prima clic più intenso calore giungesse a decomporli, o ridurli a pasta semivetrosa, come il resto della massa, clic non potè mettere in libertà le sue molecole, c resto nello stato di liquida infocata roccia. In effetto i cristalli che si formano per sublimazione, si veggono comparire — 91 quando la intensità del fuoco ha intieramente scomposta e ridotta in polvere, per dir così, la lava, con la diu- turnità della sua azione; vale a dire nel fine delle eru- zioni, quando non più lava fusa, scorie, lapillo ed arene vengon fuori dal cratere , ma minutissima polvere bian- chiccia , in mezzo alla quale vengono spinti pure i cri- stalli del pirossene e del felspato, su’ quali V azione del fuoco non ebbe effetto. (1) Questi stessi cristalli , che pur vengono eruttati, misti alle arene ed alle scorie du- rante la eruzione, non sono mai nitidi ; ma le loro fac- cette sono tulle incrostate di materia lavica semivelro- sa. Nel modo stesso il ferro oligisto si osserva nelle cel- lule della grossolana arena nello stato incrostante soltan- to; ma finita la eruzione, anzi passali molli anni, si tro- va fra’ tufi e fra le scorie de’ crateri nello stato di ni- tide lamine, e di be' cristalli minuti ottaedri : Nel modo stesso la selenite non si trova ne’ crateri che cessata la eruzione ; e tanto può dirsi della fiorite e della ataca- mite, benché rara. In una parola, la decomposizione e ricomposizione delle rocce nel focolare de' vulcani è più o meno totale, quanto più o meno intensa ed attiva si è l’azione del fuoco ; ed i cristalli per sublimazione sono la prova della totale scomposizione della lava, che mette in piena liber- tà tutte le molecole elementari de’ suoi componenti, ed in islato di formar nuove composizioni ed assumere la forma cristallina. § 95. In quanto alla formazione dell’ Idrocloralo di ammoniaca, io sono stalo sempre di avviso, che questa sostanza non può altrimenti aver origine che dalla de- composizione dell’ aria atmosferica, che è a contatto dei crateri o della superfìcie delle lave, calde ancora. Im- (I) Mem. sopra i monti Rossi — Att. Gioe. voi. 11 ser. 2.* perciocché, nessuna difficoltà può sorgere ad ammettere che l’ossigeno dell'aria, trovando nelle ancor brugianti superficie e crepacci delle lave e de’ crateri, sostanze con le quali esercita affinità, può entrarvi in combinazione, e lasciar il nitrogeno libero e pronto a combinarsi al- l’ idrogeno dei vapori acquosi , tanto abbondanti in quei luoghi, e formar l’ammoniaca; più tosto che andar cer- cando la origine di questo alcali nelle sostanze organiche de’ luoghi pe’ quali scorre la lava ; senza riflettere che ne’ crateri , ove sostanze organiche non esistono , f idro- clorato di ammoniaca perennemente si forma. CAPITOLO X. AZIONE DEGLI AGENTI METEOROLOGICI SELLE LAVE EG. § 90. Sterile, deserta, triste, impraticabile orrida è la superficie di una lava recente ; e lo è per molto tempo, a sciagura de’ vicini abitanti; e lo sarebbe forse per sempre senza gli effetti dall' azione degli agenti me- teorologici, della vegetazione, c della mano dell’uomo. Aria. — Come agente chimico, può faria produrre qualche cangiamento nella superficie della lava, cedendo il suo ossigeno che va a combinarsi con qualch’ uno dei suoi componenti c col ferro principalmente; ella è cosi leggiera questa azione, senza fajuto deli’ acqua, che non può tenersi presente se non quando si considera nella parte che può avere l’aria nella formazione della grande quantità del sale ammoniaco, clic copre la superficie delle correnti ancor calde , appena estinte le eruzioni ; come di sopra si è detto. Venti. — Non è lo stesso del vento; il quale molto influisce nel cangiamento di aspetto e di struttura dei vulcanici materiali. Il trasporto che vi fa di polvere, di — 93 — minute arene, di foglie di vegetabili, e talvolta di piante intiere, non che d’insetti ed altri organici, riempie le ca- vità, cuopre la superficie aspra ; va smussando i tagli e le parti sporgenti della roccia , precipita i massi, vi fa allignar le sementi; e diviene una delle cause dell’addi- meslicainento delle materie vulcaniche, agevolato poi dalla vegetazione c dalla mano dell’uomo. § 97. Acqua. — Ma più che altro l’acqua è quella che sfigura non solo l’aspetto delle lave, ma ne altera la struttura ; c giunge col tempo a renderle fatiscenti e terrose; senza parlare di quella che ridotta a vapore rende umida l’atmosfera, ed agevola l’azione dell’ossigeno sulla roccia, umettandone la superficie. Quando essa cade in forma di pioggia s’insinua ne’ pori e perle cavità della lava , e comincia a disintegrarne le molecole spoglian- dole della coesione, e quindi facilissime a divenir polvere. Continuata e perenne quest’azione, il distintegramento della roccia si accresce ; l’ acqua stessa che sopravviene ne dilava le particelle sciolte , e lascia esposta alla nuova stessa azione la superfìcie scoperta, con una vicenda con- tinuala. La infiltrazione, poi, dell’ acqua nelle fìssure dalla massa vi mantiene una umidità , che grado grado inde- bolisce f adesione e la compattezza ; e con lo scorrer degli anni ne separa le molecole integranti della pasta, e prepara la fatiscenza, per la quale, dopo molti secoli, si riduce a terreno sciolto quella lava, che solida e com- patta era un tempo ; come sono nell’ Etna le lave del Salfizio, di Calanna e degli altri pareti della Valle del bove. Nevi e Ghiacci. — La lunga durata delle nevi age- vola di molto gli effetti dell’ acqua, in cui si fonde, sulle lave ; ed il ghiaccio dilatandone le fìssure vi contribui- sce ancora. § 98. Torrenti — Le acque che scorrono in alvei ATTI ACC. VOI. XV. 13 — 94 — di torrenti, c passano attraverso le lave, con lo strasci- co dei materiali che trasportano ne logorano la superfi- cie, c vi scavano profondi solchi non solo, ma ne tra- scinali via non poca parte spargendone i materiali nelle terre sottoposte, ed ampio tributo prestandone a’ fiumi , i quali sino al mare li rotolano spesso. Il Simelo e l’Ono- bola scorrono, per circa metà elei loro cammino, sopra un letto di pezzi rotolati di lave dell' Etna. Il primo di questi due fiumi, nella valle clic sepa- ra la montagna di Carcaci dalle allure di Adernò, fluisce sopra un letto di lave che esso ha scavalo, e reso levi- gato e pulito, sino a significante profondità, da far cre- dere che molli c molti secoli avran dovuto passare, per- chè un tale scavamento si fosse effettuilo. La lava intan- to, attraverso della quale scorrono le acque, non è mol- to antica (1), come si scorge dall’aspra sua superficie, non per anco del lutto alterata dalla vegetazione, nell’uno e nell’ altro fianco del letto; però è da notare che lo sca- vamento piò rimarchevole è in una lava di data piò re- mota di assai; e che quello verificato nella piò moderna si riduce piò tosto a spiazzamento di materiali sciolti, che a vero logoramento di massa lavica. Non pertanto io son di avviso, che senza l’ ajuto de’ materiali della sopravve- nuta lava, lo scavamento di quella sottoposta non pote- va avvenire facilmente; che anzi questa sola circostanza potè effettuarlo in poco tempo. Se noi consideriamo, infatti quel che dovette avve- nire, allorché la nuova lava scese dal fianco dell’Etna ad intercettare il corso del Simcto , e passare sul terreno ncltunico di Carcaci, troveremo, che le acque in gran co- pia cumulate dietro la barriera che le opponeva la lava, dovettero, in fine, con immensa forza superarla ; trasci- (1) 1003. — 95 — nando seco tutti i materiali della superficie, finche non vi cominciava a formare un canale o un solco; e questo viep- più ampio diveniva per il passaggio delle masse aspre e taglienti della nuova lava, sin a tanto che non giungeva nel fondo a livello del resto del letto di quel fiume; vai tanto dire alla superficie della sottoposta antica lava. Nè per questo cessava lo strascico delle aspre e dure rocce e delle arene che venivano svelte dalla superficie e dalla massa della nuova corrente, dall’ impeto delle ristrette acque, in un letto non abbastanza largo pel loro volume; una continua limatura (1) ne era quindi la conseguenza, e tanto più efficace quanto meno spazioso era il letto, che lo scavamento prestava alle acque; agevolata non po- co dallo stato sempre umido e bagnato della lava, che tanto influiva al suo disintegramento. Di simili scavamenti delle lave, sebbene non così no- tabili ne offrono le falde dell’ Etna, in tutti i luoghi ove i torrenti trascinano masse e materiali vulcanici poco ro- tondali, sopra un letto di lava. § 99. Alluvioni — Intieramente sfigurato è l’ orrido aspetto delle lave, più che d’altro, dalle alluvioni; le quali giungono a coprirle di sciolto materiale di arene in mas- sima parte, trasportato giù dagli alti fianchi della monta- gna, ed a cangiarle in renaccio, che volgarmente appellasi renature (2). Ne’ luoghi ove questi renacci sono abban- donati dagli antichi torrenti che li formarono, perchè de- viati in altra direzione, divengono atti a rigogliosa vege- tazione; e sono perciò ben coltivali. Sterili sono però quel- (1) Tale può dirsi lo cITelto della scabra e dura arena su po- ri della sottoposta lava , accresciuto dalla pressione delle pesanti masse trasportate dalle acque. (2) La parola renaccio 1’ abbiamo nella siciliana rinazzu , e vi è una contrada nella regione nemorosa dell’ Etna, cbe per tali re- naturei, si chiama appunto rinazzi. — 96 — li ove i torrenti continuano a portarvi sopra nuovi ma-* feriali, unitamente a’ semi delle piante delie alle regioni; per cui è curioso vederne talune quasi forzatamente ve- getare in una linea meno elevata! (1). Ma più clic le parziali renature , ne’ vari siti delle falde dell’ Etna, è da riguardarsi come ampio terreno di alluvione quel gran tratto della falda orientale che co- stituisce la Piana di Museali ed il Feudo 1 non che gran parte de’ terreni sopra Giarre, Macchia ec. In esso pos- sono chiaramente scorgersi tutte le masse ed i frantumi delle rocce appartenenti alla Valle del bove , ed a’ colli de’ suoi pareti ; e molli ne trascinano tuli' ora da quelle alte regioni i torrenti , che scendono sino al mare di Riposto. § 100. Questi torrenti sono i più rilevanti in tutta la superficie dell’ Etna; fra’ quali quelli che per lunghezza e larghezza del loro alveo , e per la enorme massa di acqua che vi scorre negli inverni piovosi, si distinguono il torrente di Mangano, e più ancora quello presso Giar- re, detto della strada. Tutti due provengono dalla parte più elevata della regione nemorosa della montagna, nella plaga orientale. Quello di Mangano prende origine, in parte, dalla stessa Valle del bove , c dalla parte destra scende per la valle di Calanna nella così detta Mortella : riceve le acque della valle S. Giacomo , passa a fianchi di Zafarana , poscia per Bongiardo c S.a Venerina, e da lì nei vasto letto principale vicino al villaggio da cui pren- de il nome. L’ altro , dalla parte sinistra della Valle del bove, passa presso M. Caliato, scende a fianco del Mi- lo , forma il vasto scavamento di Caragrande riceve acque da altri più piccoli torrenti del territorio di Ma- (]) Sono queste 1’ aslragalus aetnensis — il lancceUim volga- re— f antlicmis montana, ed il senecio clirisanllieniifolius. 91 — scali , Annunziata, S. Giovanni cc., c con spazioso al- veo , fra Giarre e la borgata della strada va sino al mare del Riposto. Allri due minori torrenti scendono dalla plaga N. E. dell’Etna andando verso Piemonte, quello, cioè, delle Carrube , e l’altro delle forche ; e portano d’inverno le acque ed i materiali di trasporto verso la pianura di Fiume freddo. Per tutto il tratto di questi torrenti, tanto nel fondo quanto nelle pareti, non s’ incontrano che masse, ciottoli ed arene di rocce felspaticbe , negli strati inferiori ; e misti a materiali pirosscnici in quelli superiori. Ciò che chiaramente dimostra, aver le prime alluvioni agilo sulle disfatte rocce dell’Etna antico; c principalmente quando, inabissatasi 1’ altra porzione del suo cono, e formato quel grande profondamento di suolo , che costituisce in oggi la Valle del bove , quelle alluvioni ne strascinavano giù le sciolte materie, e formarono la base quasi intiera del territorio di Mascali e Giarre sino al mare; ove, anche fin’ ora, i due menzionali torrenti , con vari altri prove- nienti aneli’ essi dall’alta regione dell’Etna , non lasciano di trascinare masse , ciottoli e sabbione, con le torbide loro acque in inverno. Nel resto delle falde del nuovo Etna, non sono mol- to grandi i torrenti ; e le alluvioni sono scarse, a causa del terreno più arenoso e bibulo , e delle lave che ta- gliano in mille modi il corso delle acque. § 101. Degno però, di considerazione è, nella falda di mezzogiorno, un deposito alluviale, sopra del quale sono corse diverse antiche lave ; e che da sopra Vaicorrente si va osservando, sopra le colline terziarie, per tutto il giro del secondo scaglione dell’ Etna, sino a’ colli di Niz- zeli. Onesto deposito è più scoperto, ed alto apparisce, più clic in altri siti, nelle rupi di Fasano e Leucatia. Prima che si fosse tagliala quella rupe per costruire — 98 — la strada carrozzabile per Mascalucia e Nicolosi, io rolli attentamente osservarla nel 1823 e la descrissi come ap- presso (1). (( E questa propriamente una sezione di un letto di tufo arenario vulcanico , il quale giace immediatamente sopra la collina argillosa , e sostiene nella parte supe- riore una corrente di lava, delle più antiche dell’ Etna. L’ altezza del letto dalla parte meridionale, ove è tagliato perpendicolarmente è di GO piedi p. circa, talché dando uno sguardo al d’ intorno per la parte stessa di mezzo- giorno , e trovandovi oggi una grande e bassa vallata, resta difficile a spiegare come avesse potuto in quel luo- go sospeso, ammassarsi tanto materiale di alluvione, non essendovi di contro argine alcuno , che impedir potesse la discesa de’ torrenti sino al mare ? « Il petto di questa rupe tufacea al Fasano presenta una stratificazione orizzontale, ove si contano da 16 a 20 strati di quel tufo , divisi fra di loro ora da scorie e frantumi di lave, di varie grossezze, ora da piccolo strato di argilla calcarifera indurita, ed ora da un tufo a grana più minuta e compatto , che , logoro in certi punti dal tempo, lascia uno spazio fra l’uno e l’altro strato. « Le radici degli alberi, c principalmente della caru- ba, dell’ ulivo e del fico, rompono masse di questo tufo, e le fanno cadere giù in pezzi di diversa mole c forma. Ma quel che vi è di più singolare si è, che siffatte stra- tificazioni , in quanto alla loro struttura e disposizione, non si riducono che a tre : ma subito dopo il terzo strato comincia di nuovo lo stesso materiale del primo, sopra di cui, sta il secondo, e poscia il terzo ; c cosi succes- sivamente di terzo in terzo questa stratificazione si am- monta per ben sei volte. (1) Alti Gioen. voi. VI ser. la 1830. — 99 « Cominciando, infatti, ad osservare, dalla parte su- periore, lo strato sopra di cui riposa la lava dell’ Etna, è un tufo arenario vulcanico grigio , con grosse scorie porose di lave di varie epoche, e frantumi di ciottoli di arenaria; lo strato che vien dopo, in giù, è un tufo di un grigio più oscuro con minute scorie di lave grigie, nere e rosse, frantumi di lave diverse, ciottoli di arena- ria, e rarissime volle qualche resto di conchiglia ter- restre. Il terzo strato è di un tufo arenario semplice, le di cui particelle disposte a sfoglie, ed interrotte da altri strati sottili di arena bianchiccia più minuta, si alternano con lamine di deposizioni di argilla calcarifera. In questo strato grandi c varii nidi si osservano , che contengono rognoni della menzionata argilla calcarifera, interrotta an- eli’ essa irregolarmente da liloncelli di arena minutissima e bianchiccia » . « In tutte queste stratificazioni, osscrvansi spesso delle impressioni di vegetabili ; di cui le più distinte sembrano appartenere ad un mirto (1) ». « Sotto l’ ultimo strato descritto ricomincia il materiale del primo con grosse scorie; sieguc il secondo, ed indi il terzo co’ rognoni di argilla, e così per più volte si può (I) Il prof. Tornabene al congresso degli scienziati in Napoli, nell’ adunanza del 24 settembre 1845 lesse una memoria nella quale crede poter determinare per impressioni di foglie del Qucrcus Ilex, quelle clic a me parevano di qualche altra pianta. Scavando in questo tufo , per trovar più abbondanti sorgenti di acqua il Gav. Fr. Paterno Castello, duca di Carcaci donò all’ ac- cademia Gioenia varii pezzi di tronchi e radici della Yilis vinifera, non per anco ridotti a lignite , ivi rinvenuti. In quanto però alle impressioni delle foglie, il celcb. Sir. Oh. Lycll mi fa sapere che avendole mostralo al prof, licer di Zurigo, le ha disegnato e riconosciuto per Laurus nobilìs , Ifhjrlus cornimi - iris, e Pistacia lentiscus. Io quindi non mi era ingannato in quan- to alla seconda. — 100 — osservare sino all’ ultimo strato, che riposa sulla collina argillosa terziaria ». Oggi col taglio della nuova strada di Mascalucia la cennata stratificazione è stala distrutta, e coverta a più di metà dell’altezza; ma quel che ne avanza, per esser più integro e meno alterato nella superficie , offre più nitidi i segmenti delle stratificazioni, lo impasto del tufo, i ciottoli ed i rognoni contenuti. Non così distinte sono le stratificazioni di questo tufo alla Leucatea, perchè più spianata e logora è la rupe; ma si distinguono bensì, benché a guisa di scaglioni s’in- nalzano, uno all’altro sovrapposti, dal più basso molino sino a buon tratto della via clic conduce al Trappeto, delta vanella eli Daniele . Un vasto avvallamento trasversale esister doveva fra la continuazione delle colline terziarie ed il margine della moderna Etna , se un così esteso deposito di materiali di alluvione potè per lungo tempo comularsi, più che in altri luoghi, in queste due rupi, di Fasano e Leucatea; e se in oggi per mezzo giorno sono allo scoperto e so- spese, ciò ha dovuto avvenire, perchè la parte della col- lina che serviva di argine all’avvallamento di che è pa- rola e andata in frane, ed ha formato la spianata, che dal Fasano si estende a Santa Sofia, c dal Canalieedo e Leucatea sino al primo scaglione della collina Gioeni. Sempre più, intanto, si viene a confermare la mia idea sulla venuta della formazione terziaria di gres ed argilla intorno all’ Etna, se come vediamo, esisteva un av- vallamento fra essa ed il margine di rocce vulcaniche del- 1’ Etna ; e dalle scorie e dalla natura della lave che sono frammiste al tufo, si detegge chiaramente che apparten- gono all’Etna moderno, per essere tutte del sistema pi- rossenico, e nesstina del felspalico. Si può stabilire, oltre a ciò, che mollo tempo do- — 101 — vette scorrere, perchè le lave giungessero, da’ fianchi dei- fi Etna, ad occupare le colline terziarie, se esse vennero a scorrere sopra questo letto alluviale , di cui le tante stratificazioni dimostrano una ben lunga serie di anni ne- cessaria per potersi a riprese cumulare. Per quel che riguarda le impressioni di foglie di vegetabili, e de’ tronchi di vite e radici di piante, nuove ricerche ed indagini accurate bisognano, onde meglio as- sicurarsi a quali generi c specie dovessero riferirsi. §102. Acqua marina. — L’acqua del mare sfigura an- eli' essa la struttura delle lave , nel Litorale dell’ Etna, spogliandole della parte mobile della superficie e del fronte , scavandone delle grotte , degli archi e riducen- dole talvolta a separati scogli. De’ pezzi rotti poi, ne for- ma delle masse di ogni volume rotondale e lisce , col continuo rimescolarli fra loro. Ne attacca anche la struttura, quando non sono esse compatte : ma quando sono cellulari e porose, e possono trattenere, sopra il pelo dell’acqua, il sai marino comincia con lenta azione a scomporne la pasta, e nella parte orizzontalmente disposta vi forma, col tempo, degli scavamenti riducendola ad informe ve- spajo. Questa lenta azione però non ha luogo nelle lave compatte, nè in quelle che trattenere non posson sopra di esse il sai marino. Molto meno poi quando sono sol- fi acqua ; per cui mal si oppongono taluni, detti Ingegnie- ri idraulici, nel voler pretendere che le rocce calcaree resistono meglio che le vulcaniche, all’azione dell’acqua marina. CAPITOLO XI. AZIONE DE’ VEGETABILI SULLE LAVE § 103. Non tardano le nude lave a coprirsi di Li- cheni e a poco a poco, con fi ajuto dei venti che vi tra- ATTI ACC. VOI. XV. ^ sportano delle arene, del terriccio e semi di piante, a dar appoggio alle radici dell’ erbe graminacee in prima, e gradatamente poi a delle altre, buche dimesticate alquan- to, permettono che la mano dell’ uomo venga con la indu- stria a renderle meno sterili ed inutili. I coloni dell’ Etna si affrettano a trarre profitto dei punti, ove meno solida c più sconferme è la nuda lava, e dove cominciano i licheni c qualche erbetta a stanzia- re, ed ivi van seminando la ginestra, c piantando il fi- co-d’ India, agevolandone a via di terra e di letame lo allignamento. Nel corso di mezzo secolo molle lave, asprissime da principio c sterili, sono divenute coverte, quasi intie- ramente, di succulenti fichi d’india, mollo più, poi, quan- do la lava è terrosa; perchè allora molli piani erbosi si stabiliscono, ne’ quali qualche fico o mandorlo comincia a vegetare, c sopra tutto l’ulivo va abbarbicando le sue radici fra le umide fessure della lava, c cresce a gran- de utile dell’ agricoltore. Come i succulenti rami del fìco-d’ India, clic cado- no sulla lava unitamente ad altre foglie di piante clic mar- ciscono, van formando un terriccio tanto profittevole alla coltivazione, cosi l’ industria cresce, e le lave vengono rotte dal piccone, dalla mazza e dal palo ; il suolo si appiana e non restano di esse che i pezzi solidissimi , sparsi quìi e là nel coltivato e fertile terreno, clic dopo secoli compensa con usura i guasti arrecali dall’ardente vulcano. Le Grandi masse solide stesse non restano seni- CJ pre nude; che l’ulivo, come si è detto, vi abbarbica e ed il Ficodindia. Queste due piante esercitano tale forza sulle pareli delle lissure della lava, da dilatarle ed an- che giungere a rompere la stessa lava. § 104. Quando sul suolo vulcanico della regione nemorosa si sono stabiliti boschi di pini , di faggi e di 103 querce allora lutla la superficie viene coperta dal terric- cio, da me detto silvano ; (1) in esso tre manifesti strali si possono distinguere; il primo non consiste che di fo- glie, in vario grado di decadimento, con minute branche di alberi ed amenti, misti ad arene di varie grossezze; il secondo ha questi stessi oggetti, ma più ammassati, e di- venuti quasi a modo di zolle umide alquanto e coerenti; il terzo, infine, poco differisce da una torba se fosse più umido e più molle. Di questo terriccio si fa uso da’ coloni per concima- re il suolo di arene vulcaniche che si prepara a coltura. CAPITOLO XII. SOLLEVAMENTI PARZIALI § 103. Si conosce da lutti cosa intender si debba in geologia per sollevamento ; eppure si è dovuto spes- so richiamar l’attenzione sul vero senso di questa parola, perchè male è stata applicata in molle opere c monogra- lìe riguardanti fenomeni vulcanici. Io stesso ho dovuto più d’ una volta farne parola (2); perchè si è detto da va- lenti Geologi esservi nell’ Etna manifesti segni di questo fenomeno, che, nella pochezza mia, anzi nella mia insuf- ficienza, non ho potuto mai riconoscere là dove si vuole che esistessero. Si dice p. e. che f attuale cono dell’ Etna, in quella parte che ne costituisce il busto, è una enorme massa (!) Elementi di Geologia ad uso della R. Università di Cata- nia— Art. Terriccio. (2) Su’ crateri dì sollevamento e di Eruzione Alti Gioen. Ser. 2.a voi. 3. Sulla Costituzione fisica dell’ Etna. Atti Gioen. Ser. 2.a voi. 3. ec. ec. — 104 — sollevata; e si pretende provarlo con quegli argomenti che abbiamo già riferito nella parte geologica di questo lavo- ro ; di tali e di altri simili non ho potuto mai per- suadermi, e sarò sempre di contrario avviso. Non debbo, però, per amor del vero, tacere di un sol punto ne’ con- torni di Catania, che potrebbe far eccezione a quanto ho conchiuso intorno a’ sollevamenti : e questo punto vengo qui a descrivere con tulle le particolarità geognosliche del terreno, onde potersene meglio giudicare. §. 100. La serie delle piccole colline terziarie, che formano il secondo scaglione di quella parte della falda dell’ Etna, che sovrasta per tramontana a Catania, comin- ciando dal Fascino , e passando per Leucatìia, risalisce alquanto alla Catira e S. Gregorio c gira per Nizzeti verso la parte orientale. Una spianata lievemente inclina- la a mezzogiorno, dietro V orlo di queste colline, è oc- cupala da vigneti e da’ comuni di Battiati, Trappolo, S. Giov. la Punta, Tremestieri , Mascalucia, Piano, Via- grande, Bonaccorsi, Vaiverde e S. Gregorio; dalla parte, però, clic sta fra questo comune c S. Giov. la Punta , questa spianala non termina ad orlo, come nel rimanente del suo margine per mezzogiorno c levante, ma sopra il silo detto la Catira , in direzione di ponente a levante sorgono cinque montuosi ammassamenti di lave antiche, rotte in blocchi angolosi, c prcssocchò prismatici; simili in lutto a quelle antiche lave che stanno sul resto dell’ orlo delle stesse colline, c che si van già precipitando come 1’ arenaria c 1’ argilla della sottoposta terziaria collina va in frane. Qui all’ incontro questi ammassamenti di lava cuoprono in forma di cupola la sottoposta arenaria; tal- ché, quando si viene dalla parte di tramontana lungo la spianata , le dette elevazioni danno la idea di coni di eruzioni più clic di altro; e scendendo giù si trova che le antiche lave che sono all’orlo delle colline di Fasano, Leucatea, Nizzeti, cd anche della Trezza sono della slessa natura di quelle delle menzionate convessità, e pare che da queste siano scaturite. Qualcheduno lo ha creduto, e forse manifestato , nè senza un motivo; quello, cioè, che dalla parte di tramon- tana queste lave più non si incontrano; e per tutto il trat- to della spianala, di clic si è parlalo, non si trova al- cun cono di eruzione, clic riguardar si potesse come ori- gine di tali correnti. Però, attentamente visitando quei siti, si vede che in più di un luogo le antiche lave sono allo scoperto; e la spianata è appunto il corso della gran- de corrente, di cui il margine si precipita con le frane della sottoposta collina, c che in oggi è coverta o da altri corsi di lave più recenti, o da materiali alluviali che Tanno ingombrato. Non si possono trascurare queste cupole , che così le chiameremo nel presente lavoro , le quali portando nella loro superficie le stesse antiche lave, che formano le cerniate correnti, e che conservano una giacitura oriz- zontale, le fan servire di scorza a quasi coniche eleva- zioni di collina di gres ed argilla , staccandole dalla com- pagna orizzontale corrente ; perlochè replicate volte ci siamo portali sul luogo , per esaminare attentamente le geognostiche condizioni di questo importante sito. La sottoposta formazione di gres con banchi di ar- gilla, interrotta dalla lava del 16G9, fra Nesima e Cifoli , si scopre in seguito al Fasano , poi a Leucatea , e più alto alla Catini ; e sopra questo sito, appunto, si eleva- no le cupole sopradette, che nel nucleo appartengono al- la stessa formazione terziaria, come da’ fossili che contie- ne e dal suo rapporto con tutte quelle delle Terreforti facilmente si dolere. I blocchi delle lave antiche die li ricuoprono sono staccati in gran parte gli uni dagli altri, e principalmente ne’ fianchi; nella cima però sono più av- — 100 — vicinati, ed appena separali da fendilure che le dividono in facce laterali ed in spigoli, avvicinandosi in tal modo alla figura di prisma informe. L’ argilla sta nella massa del gres in banchi di va- ria doppiezza ; ed in alcuni punti ha dato e segue a dare materiale bastante alla fabbrica di mattoni e di tegole , come quella del Fasano e Leucatea ; pare anzi esserse- ne fatto uso sin da remota antichità, come lo dimostra la non poca quantità di resti di stoviglie ed antichi lavori fìttili ne’ dintorni di IVizzeli . In alcuni siti si trova essa con ispaccaturc ripiene di gres, mescolato a tritume vul- canico, ed a resti organici. Mancano però ne’cennali luo- ghi i ciottoli di gres compatti, tanto comuni nel resto della stessa formazione nelle terreforti, e sino nella parte sco- perta di essa presso le mura di Catania nel giardino di Ficarazzi, nell’ orto S. Salvadore e nella strada delle Fosse. Gli organici fossili che fin’ ora abbiamo raccolto sono delle stesse specie di quelle viventi nel mare attuale, e taluni poco alterati (1). (1) Di queste ne fè cenno G. G. Gemniellaro, nella memoria sul graduale sollevamento della costa di Sicilia ecc., e la lista fu riprodotta nell’ opera — On lavas of Mount yElna ec. by Sir (diari. Lyell. Philosof. Transact. Part. 2. for 1858 — p. 84. append. 3. MOLLUSCHI Aporrhais pes-pelecani L. Nassa semistriata lìroc. )) mutabilis L. )) striata Ph. » Àscanias Brg. )) variabili Ph. Fusus Morie thyrrena? Gin. Turritella communis Risso, — 107 — La lava si accosta alla basaltica; però è più vetro- sa nella massa, compatta, grigia con nitidi cristalli di pi- rossene, laminelte di felspato e granelli di olivina. Gerilhium lacteum Ph. Scalaria communis Lamk. )) tenuicosta Mieli. Natica millepunctata Lamk. )) Olla M. ile Serres, )) macilenta Ph. Murcx Brandaris L. )) Trunculus L. Conus mcditcrraneus Brg. Troclius Magus L. )) Adansonii Payr. )) conulus L. )) an sp. n. ? Galerus vulgaris Ph. Dentalium Dentalis L. )) strangulatum Desìi. )) entalis L. )) mullistriatum Desìi. « an sp. n.? Venus radiala Eroe, n fasciala Donov. )) exoleta L. )) vetula fiast. )) verrucosa L. )) Cyrilli Sene. Psammobia costolata Turt. Cardita corbis Ph. Corbula gibba Olivi, Lutraria elliplica Lamk. Psammosolen coarctatus L. Cardium echinalum L. « Deshayesii Payr. )) sulcatum Lamk. » laevigatum L. )) papillosum Poli , Astarte incrassata Eroe. — 108 — § 107. E naturale il domandare a noi stessi una spie- gazione di queste elevazioni a Cupola coverte di una scor- za di lava della natura stessa di quella menzionala de’con- torni, clic può riferirsi ad una di quelle prime che l’Et- na spinse ad ingombrare la terziaria formazione che cir- condava le sue falde. La prima, anzi la sola idea che si affaccia alla men- te è quella di un sollevamento della collina terziaria, che portò seco in allo la lava di cui era coperta, essa, in effet- to, si trova appena scomposta nella superficie della cupola , ma rotta e staccala ne’ fianchi in tanti blocchi. Ma que- sto sollevamento se fosse stato prodotto da sviluppo di sostanze gassose, avrebbe dovuto rompere il terreno, e Pectunculus pilosus Lami;. )) Glycymeris Lami;. » minutps Pii. )) sulcalus Cale. Nucula sulcala Broun , » margaritacea Lami;. Pecten Jacobaeus L. )) opercularis Lami;. » polymorplius Broun, Ostrca )) .... )) an sp. n. ? Anomia Ephippium L. )) polymorpha Ph. ECHIIVIDl Hcmiaster canaliferus d' Orb. Brissus cylindricus Agass. Echinocyamus tarantinus Agass. ZOOFITI Cyathina pseudoturbinolia Edwards e Jlaime Millepora — 109 — sbalzarlo di quìi e di là, lasciando nel centro un’avval- lamento a cono rovescio. Qui all’incontro non si osser- vano che tante porzioni della collina, quietamente solle- vate, senza alcun indizio di violenza ; bisogna credere dunque, che una roccia pirogenica, la quale veniva spin- ta in allo per la forza espansiva del fuoco sotterraneo , avesse grado grado sollevato il terreno sovrapposto, sen- za produrre ruinosi effetti; e di tali sorta di sollevamenti non mancano pruove, ne’ luoghi tormentati da’ fuochi vul- canici. Questa roccia pirogenica, intanto, non si scorge nelle colline in discorso, che anzi nella parte di mezzo- giorno di queste cupole , ove la collina declina in basso, la formazione terziaria si mostra integra , per bastante tratto, senza che filone alcuno o altra maniera di roccia pirogenica si faccia vedere. Quando si volesse dar, di ciò, una facile e pronta ragione, si direbbe clic il disfacimento del terreno preso insieme, ha potuto nascondere la roccia pirogenica che ha prodotto il sollevamento. Ma noi non abbiamo biso- gno di ricorrere a questo sicuro mezzo di sbrigarsi di una difficoltà. Abbiamo nelle vicinanze di questi luoghi, nella stessa formazione e con le stesse condizioni il ba- salto delle colline della Trezza; e questo, nudo e spo- glio di altre rocce, torreggia in mare: si erge in al- tri gruppi fra il terreno franato della collina che gli sta a tramontana : si mostra col suo petto di prismi , ra- dianti a ventaglio nel colle di Catanzaro e di Uose na- scosto per due terzi della sua massa nella collina ter- ziaria: che mostra appena qualche suo tratto presso Ni- zeli, e, finalmente , può essere coverto del tutto sotto S. Grecjorio e Calira dalla stessa collina che gli venne sopra. Questa formazione di basalto, se tale può chiamar- si, non manca di farsi scorgere intorno all’Etna, per la ATTI ACC. VOL. XV. V'ì — no — parte di mezzogiorno principalmente; sopra il Fasano vi è basalto a S. Paolo , e, se vero basalto, è il suo pri- mo passaggio a roccia lavica per nuovo attacco di fuo- co. Yi è basalto a Yalcorrente , ove è globulare come quello di Àci Castello; e le lave prismatiche di Scila e di Licodia, sono anche prove della prima modificazione del basalto. Se dunque il sollevamento delle Cupole della Ca- bra non poteva formarsi se non dalla spinta di una roc- cia pirogenica, nello stato d’ignea fusione, senza il con- corso del vapore, o di altra sostanza gassosa , ma per sola espansione del calorico , questa è stata al certo il basalto, nuovamente attaccato dal fuoco, come nella ru- pe di Aci Castello, ed in Yalcorrente, del quale si ve- de ad occhio nudo la vicinanza la estcnzione , ed i fe- nomeni di nuovo attacco di fuoco, cui è andato soggetto. § 108. Finalmente, perchè non si creda che io non conosca quale si fosse la importanza de’ veri sollevamenti in Geologia, devo qui far cenno di un’ altro parziale sol- levamento, graduale, c che siegue lentamente tuli’ ora, nella costa marittima dell’ Etna; (1) scoperto non ha gua- ri, dal mio figlio Gaetano Giorgio Gemmellaro, negli sco- gli de’ Ciclopi evidentemente non che nel resto della con- nata costa. Una breccia calcareo tuffacea marina, clic at- taccavasi agli scogli sudetti, sotto il livello del mare, si vede in oggi a varie graduate altezze, scavata dalle Mo- diole ; lo stesso si osserva nell’ Isola, e nella costa vici- na. Questo visibile graduale sollevamento, come quello della Scandinavie e delle coste del Baltico, è sialo veri- ficato in Novembre 1857 dal ccleb. Sir. Ch. Lyell, che in compagnia del detto mio figlio volle portarsi ad osser- vare, (2) e che ne die conto alla società geologica di ri) § ii. (2) Atti Gioen. voi. XIV. 2. serie. Londra (1). Se non è osservabile, questo innalzamento , nel resto della costa sino a Taormina ciò si deve al ter- reno diluviale che vi si frappone. Ma da Taormina a S. Alessio, io l’ho scoperto, indicato da quell’ orizzontale scavamento nelle rocce calcare di que’ sili, clic fan urto al mare, a guisa di una seguita scanelatura, che più di una volta è stata da me accennata (2), e che io non ho voluto, sino a questo momento determinarmi a riguardar- lo, come fo adesso, per graduale sollevamento!.. CAPITOLO XIII. PROFONDAMENTI DI SUOLO NELL' ETNA § 109. Tranne i menzionati, nel precedente Capito- lo, più clic gl’incerti sollevamenti, sono manifesti sull’Et- na i profondamenti di suolo. Una montagna formata di tante tuniche di correnti di lava, con cavila, grolle, gal- lerie fra U una e l’altra: soggette a continue scosse di tremuoto che le tormentano e le rompono : che sopra- stano ad un suolo d’onde immenso materiale è stato svi- scerato, è ben naturale che essa montagna andasse sog- getta a profondamenti della sua superficie, ed anche di porzione talvolta de’ suoi fianchi. Cosi è avvenuto nel 1792 , durante la eruzione di quell’ anno ; nella quale , mentre sotterranea scorreva la lava dalla gola dell’ Etna , verso il fianco S. E. ove (1) Abstracts of thè proceclings of thè Geological Society of London N. 11. Session 1857-58 ordinary generai Meeting; februa- ry 24. (2) Sulla costa meridionale di iMessina Atti Giocnii voi. 6° se- rie l.a Sullo Scisto di Ali. ec. Alti Gioenii voi. 4° serie 2a. ^ulla Carta della Crimea ec. Alti Gioenii voi. 12° Serie 2.1 2 3 aprissi la via nel Salfizio, e corse poi verso Zafarana, avvenne che nel piano del lago , sollo il quale essa scor- reva, il suolo venne meno, ed un’ampia fossa formò pro- fondando, di un quinto di miglio circa di circonferenza e di 180 p. p. e più di profondità; la quale nelle pa- reli appalesa da otto a dieci strali di lave, fra le quali è interposto uno strato di arene e di lapillo. La valle di Calanna, di cui si è più d’ una volta fatto menzione, c aneli’ essa evidentemente , 1’ effetto di un profondamcnlo di quella parte dell’antico fianco orien- tale dell’Etna. Le pareli verticalmente tagliate: gli strali di alternanti masse laviche scoriformi: gii ammassamen- ti di rottami c materiali sciolti nel fondo di essa : il terreno laterale restato più allo, tutto indica un abbas- samento, per un tratto di due miglia circa di circonfe- renza; § 110. Della valle del bove si è tanto dello di so- pra, c sempre ho cercalo dimostrare essere aneli’ essa prodotto di profondamcnlo di quella parte della monta- gna. Ripeteremo qui, che a guardar una immensa mas- sa , conica per cinque sesti della superficie , avvallata profondamente per un sesto, non si può non riconoscer- vi un vero abbassamento di suolo, più profondo verso la sommità, più piano ma sempre declive, verso la base. A questa, però, non giunge mai perchè la sua estensione non oltrepassa il limile superiore della regione nemorosa. Le pareti di questa valle han prestalo molti schia- rimenti sulla struttura del nostro vulcano, e principalmen- te sulle tante sovrapposizioni di lave clic han formato le tuniche delle quali è rivestilo, e sulle dighe verticali, clic chiaramente si manifestano provenienti dalla gola princi- pale c divergenti verso la periferia dell’antico cono. § 111. Giova anche (pii rammentare come taluni abbimi riguardalo questa valle , come un grande ed an- — 113 lico cratere. Io ho manifestalo sin dal 1834. (1) e poi l’anno dopo (2) i miei pensamenti sull’ assunto ; non iscor- gendo alcun carattere di crateri, nè ne’ pareli della valle, nè ne’ lati, nè nello insieme delle forme c della gran- dezza di essa. Se il nome di cratere si vuol dare ad un basso suolo circondalo di colline, o di elevazioni di qua- lunque genere, i crateri saranno senza numero nella su- perficie della terra ; ma questa voce si riserba per F a- perlura della gola de’ vulcani; ed allora i crateri pro- priamente detti si conteranno a dito. Nè occorre repli- care quanto si è dello sul carattere distintivo di un cratere di eruzione; diremo qui soltanto che nella valle del bove, i pareti non mostrano quella sezione di strati di materiali sciolti, già eruttati ed ammassati a mantello intorno alla bocca di eruzione ; ma vi osserviamo all’ incontro, strati di antichi corsi di lave quasi fatiscenti, ed interrotti da dighe di lave a lastroni che li traversano in varii sensi; e ciò basta a provare che quella valle non ha carattere di cratere. Nè giova il chiamar l’attenzione sopra taluni crateri di eruzione, sparsi su’ fianchi dell’Etna, ne’ quali io ho fatto osservare (3) clic la parte anteriore di essi, d’onde sgorga la lava, non forma un cratere completo, ma una specie di canale inclinato, o meglio, un avvalla- mento , c quindi potersi dire che la valle del bove si fosse , in grande , quel che è F anteriore avvallamento ne’ crateri laterali ; En avvallamento di tanta e sì smisu- rata grandezza avrebbe dovuto avere, per resto di cratere (1) De valle bovis in monte iElna ccc. Oratio balata Stuttgardiae, in Phisycorum concinne 1834. Alti Gio. voi. 11 la ser. (2) Sulla costituzione fisica della valle del bove. Atti Gioen. voi. 12 sor. la 1835. (3) Sulla struttura del cono de’ monti rossi — Alti Gioen. T. AJ ser. 2a — 114 — una decima parte, almeno, di Sicilia per massa, e la lava che ne fosse sgorgata avrebbe dovuto giungere al di là della punta di Calabria , se si volesse calcolare la pro- porzione del canale del cono de’ monti rossi, per esem- pio, con la valle del bove. Ma lasciamo ciò da parte, la vera ragione per cui questa non può considerarsi come cratere, si è il non averne carattere alcuno. § 112. Si è, di sopra, provata abbastanza la pree- sistenza di un’ antica montagna vulcanica del sistema fcl- spatico, ove oggi è la valle del bove ; tutto il resto dei colli che ne costituiscono le pareti, è talmente disposto, che non può non riconoscersi aver formato essi parte de’ fianchi di un’altro cono. Questo inabbissava, quando il nuovo, cioè l’altuale, ingrandiva la sua mole; e questo profondamento produsse la valle del bove. Ciò è tanto evidente ali’ occhio imparziale del Geologo , che resulta manifestamente essere una assoluta repugnanza ad am- mettere profondamenti di suolo, che spinge taluni Geolo- gi ad abbracciare la opposta opinione, e non vedere nelle ineguaglianze della parte orientale dell’ Etna , che soli sollevamenti. Eppure, nel tempo che scrivo queste pagine, uno sprofondamento di tutto il fondo del gran cratere dell’Et- na , ha avuto luogo a 6 settembre 1857 di cui i feno- meni meritano esser qui brevemente riferiti. § 113. Nel principio di questo secolo il gran cra- tere avea la vera forma di una tazza ; ripidi i pareti tut- t’ all’ intorno, il fondo era orizzontale ; in esso si apriva la gola del vulcano a guisa di un pozzo ; più d’ una larga e lunga fenditura lo traversava da ponente a levante. Nel 1804 una eruzione colà dentro avvenuta , e della quale non se ne osservava da’ contorni della montagna , clic il solo getto delle scorie ed il fumo carico di arene, formò sopra quel fondo un piccolo cono di eruzione ed un breve corso di lava scoriacea. Nella eruz. del 1809 e del 1811 la gola si fè più ampia, ed un’ alleo cono la cingeva. In quella del 1819 e 1832 varii mutamenti si osservarono di poco rilievo ; ma nel 1 838, un nuovo cratere di eru- zione s’innalzò sino al margine del gran cratere, restan- do diviso da quello del 1804, da una specie di muro, che fu già margine della gola nel 1811. § 114. A G settembre 1857 una grave profonda detonazione e prolungata, più o meno forte avvertita alle varie distanze dell’ ultimo cono, fu accompagnata da una colonna di fumo, non però molto denso e tetro come d’ordinario, ed una grande quantità di minute scorie bian- castre, di arena grossolana e minuta trasportata dal ven- to di Ovest si sparse sul fianco orientale della montagna sino al mare di Aci e S. Tecla. Continuò il fumo , ma gradatamente più tenue; e due giorni dopo, spirando nella notte la tramontana , il cono del gran cratere fu coverto di arena bianco-grigiastra. Si dubitò per qualche giorno, che tali fenomeni fos- sero i precursori di una eruzione , ma nulla nè annun- ziava la probabilità. Spedita una persona sul cratere, ri- ferì che il cratere era divenuto tutto una sola spavente- vole voragine : che i coni di eruzione, le lave scoriacee, f orifizio della gola tutto era sparilo; che il fondo del cratere, in somma, era sprofondalo nel baratro del vul- cano. § H5. Noi abbiamo, di sopra, ricordato che il sot- terraneo passaggio della lava del 1792, produsse il pro- fondamento nel piano del lago, dello in oggi cisterna. È facile il comprendere, che dietro il vuoto lasciato nel fianco della montagna, per la uscita della lava del 1852 i pareti della gola cadendo a successive frane potevano andar formando una specie di volta a modo dell’interno di una cupola ; tinche franati gli ultimi strali che soste- — i 1 G — nevano il fondo del cratere , esso dovette di un colpo precipitar giù nell’ aperto abisso, e produrre quella cupa e prolungata detonazione ; la quale, se ben si riflette so- pra quanto si rapporta, non era sonora, nò accompagnata da forti scosse, come avviene quando ò prodotta da esplo- sione di gas ; nò il fumo era di quella solita qualità con tetro colore e carico di nere arene : nò sortiva agglo- merandosi rapidamente nell’incontro dell’aria atmosferica, ma leggiero c pressoché diafano s’ innalzava a poca al- tezza, e piegavasi al soffio del vento. Il fragore per- tanto era dovuto alla ruinosa caduta di quel fondo di cratere, ed il materiale che venne fuori, per la reazione dell’ aria compressa, era la parte più sciolta e polverosa del fondo stesso. Nò questa ò la prima volta che il cratere dell’ Etna abbia sofferto sprofondamenti; nel 1444 non già il solo fondo di esso, ma l’intiero cono, che più alto e più gran- de si era del presente, inabbissò nel baratro del vulca- no ; e poscia cominciò a formarsi un altro monlicello, che aneli’ esso sprofondò nella gola del Vulcano; nel 1537 e dopo parecchi anni formossi l’attuale, clic si vede cir- condalo nella base da un rilevato margine di maggior cerchio, clic formava la base del cono antico. Lo stesso fenomeno avvenne nella eruzione del 10G3 quando del- l’ ultimo cono attuale più di metà sprofondò, c la cima dell’Etna restò per molti anni troncala finché a via di getti di scorie e di arene non s’ inalzasse di bel nuovo. Talché si può francamente conchiudere, come dap- prima accennava, che abbassamenti, profondamenli di suo- lo nell’ Etna se ne contano molti, c forse molli altri tro- var se ne possono, se più minutamente sarà osservata questa vasta montagna; ma in quanto a sollevamenti sarà sempre dubbio il poterne quivi dimostrare. — in CAPITOLO XIV. CRATERI INDIPENDENTI DALLA GOLA DELL’ETNA. § 116. Si è con sufficienti prove dimostralo, che le lave venute fuori da’ fianchi del vulcano provengono ih ori- gine dalla unica sua gola che termina col gran cratere. Abbiamo, ciò non ostante qualche esempio di isolate moli vulcaniche nel terreno terziario, in gran parte occupato dalle lave dell’Etna, che debbano considerarsi come in- dipendenti da quella gola; tali sarebbero la rupe di Pa- terno e quella della Molta, nella plaga occidentale , ed il Monte del Majo al di là del fiume Onobola, che pa- re servisse di limite alla base settentrionale dell’ Etna. Forse qualche altro esempio potrà addursi in appresso, prescrutando più minutamente il perimetro di questa mon- tagna; ma basta anche un solo di tre menzionali, perchè ci occupassimo de’ fenomeni che presenta, da’ quali la sua indipendenza si possa riconoscere. Una montagna che si è tanto innalzata a via di ad- dossarsi materiali tratti dalle viscere della terra, non può avere che un sol canale, d’ onde quelle materie venisse- ro fuori; se più d’uno ne avesse, altrettante elevazioni, altrettanti coni si formerebbero, a poca distanza uno dal- T altro; e dividendosi il materiale svisceralo, non potreb- bero alzarsi a molta altezza. Il Lazio, cosi, la Campania l’Alvernia, non vantano una montagna vulcanica che fi- gurar potesse fra le altre per altezza , e per massa. Il Vesuvio si è innalzato alquanto dacché fu aperta una nuo- va gola neU centro della Somma, e cessarono i fuochi della Solfarana. Ma l’Etna moderno che s’innalza 10484 p. p. sul livello del mare non ha dovuto avere sin dal suo principio, che una gola ed una sola bocca, d’onde ATTI ACC. VOL. XV. ^ — 118 — il materiale lavico è venuto fuori; e tutte le volle clic le convulsioni, compagne delle eruzioni, han prodotto delle interne spaccature nel parete della gola, ed aperto le in- terne gallerie fra gli strali delle lave che costituiscono il corpo della montagna, e ne hanno aperto i fianchi, al- lora la lava non è salita sino alla bocca del Vulcano, ma lateralmente si è introdotta nel nuovo aperto canale, e si è palesata a varie altezze dalla montagna, con tulli i fenomeni di eruzione; di modo che le eruzioni laterali non possono aver luogo clic nel corpo stesso della mon- tagna. La struttura, infatti, di lave sovrapposte a lave, con intervalli di caverne, o di sciolti mobili materiali può soltanto favorirne la uscita laterale; ove però, tale strut- tura cessa non può verificarsi. § 117. Ciò posto, quando nel terreno terziario dei contorni deli' Etna si trova una rupe vulcanica isolala, che conservi o no un cratere ed una corrente, non potrà mai dii *si appartenere ad una laterale eruzione, ma che diret- tamente provenga da acceso focolare, per un canale di- verso dalla gola del gran Vulcano: o al piò si può pro- babilmente ammettere, che il materiale stesso di questo vulcano introdotto nel solilo camino, e trovatolo chiuso, per facile conseguenza di scosse di trcmuolo, o altre con- vulsioni terrestri, si sia fatta strada attraverso del terre- no nctlunico; ed abbia formalo un vulcanello isolalo die cessò di essere attivo, subito die il gran canale della go- la principale si potè riaprire. § 118. Vi è poi da riflettere che non lungi dalla rupe di Paterno e di quella della Molta, è allo scoperto il terreno basaltico di Valcorrenle, e questo dee conside- rarsi coevo a quello degli scogli di Ciclopi e della Trezza. Voi lo abbiamo considerale come preesistente, in gran parte, alla formazione del terreno neltunico che lo investe — H9 — ed abbraccia (1) ed avere cosi ben’ altra origino clic dal focolare dell’ Etna. Tale dubbio potrebbe soltanto toglier- si osservando accuratamente le condizioni ed i rapporti di questi due terreni; lo che difficilmente può verificarsi attesoché intorno a quelle due rupi il terreno terziario è talmente sfigurato dalla originaria sua giacitura, ed or- mai tanto rimosso dall’antico contatto con la massa vul- canica, che questa s’ innalza sola ed isolala per tulli i lati, se si eccettua, per quella della Motta, il lato di po- nente, ove i due terreni sono tuttavia in contatto. La poca distanza che separa le anzidette rupi dal ter- reno basaltico di Valcorrenle, non clic dalla prossima piat- taforma di lave prismatiche della Scala e S. lìiagio , mi faceva pensare nel 1825 (2), clic potessero appartene- re quella formazione. E la distanza clic ne ic reparava potevasi considerare come intervallo fra le parli più ele- vale di questo gruppo, siccome gli scogli di Ciclopi pres- so la collina della Trezza; ma queste rupi non sono sol- tanto basaltiche ; in esse è manifesto un cratere di eru- zione ed un corso di lava ; non si poteva quindi con suf- ficienti gradi di probabilità dire clic fossero venuti fuori sollevale, come il resto del gruppo basaltico, sia anche in istato d’ ignea fusione; L’azione vulcanica deve per forza ammettersi quando si scorge un cratere con le solite scorie, lapillo ed arene, ed un corso di lava. Al più si poteva ammettere 1' aper- tura di un vulcano attraverso la formazione basaltica ; come si era dovuto ammettere in Vaicorrente, per potere spiegare i basalti globulari , ed in Aci Castello per la stessa ragione. Vi è però una grande differenza fra que- sti luoghi c le sudellc rupi ; in quelli non vennero fuori dell' aperto vulcano che prismi di basalto, rimescolali nel (1) § IO c fog. (2) Atti Gioen. voi. 1 scr. 1a sul tratto terrestre dell' Etna. ec. * — 120 — focolare e rivestili di scorza vetrosa come ne’ consimili del vai di Noto, e materiale sciolto da formare un pe- perino ; ed in queste la eruzione vulcanica, come dalla forma e dalla natura del materiale evidentemente si ma- nifesta, fu accompagnata da’ fenomeni delle attuali eruzio- ni , formando un cratere c versando fuori una corrente di lava. Ma venghiamo a’ particolari delle due Rupi. Quella di Paterno come ho acccennalo, nella parte topografica (1) alta sul livello del suolo della città, circa 300 piedi, e di un miglio di circonferenza, è attorniata da terreno mi- sto di gres ed argilla , c resti vulcanici , per quattro quinti del suo perimetro ; restando nuda del tutto per un quinto, dalla parte di ponente. La roccia che la co- stituisce è compatta grigia con cristalli laminari di fel- spalo, di pirossene e di olivina in granelli; e per quan- to informe ed in grosse masse si mostra nella parte superiore, nel basso, poi, assume una struttura colonna- re. Un tufo vulcanico forma la parte supcriore della rupe, ove son fabbricale la Chiesa madre , la torre normanna ed il convento de’ Cappuccini ; pochi segni dell’antico cratere vi si possono scorgere; ma la lava che ne sca- turì si può accompagnare, per tramontana, andando verso il podere di Alessi c Salinclla , c scendendo verso po- nente sino al fiume ed all’ altra Solinella, d’ onde resta poi coverta da terreno alluvialc, girando per mezzogiorno. Appiè della rupe clic offre a ponente un orrido ed altissimo balzo, si trovano in mezzo al terreno argilloso, pezzi di lava pirosscnica della natura stessa di quella della rupe, impregnati di pclrolco ; e ove la pasta è cel- lulare, le cellule ne sono ripiene. Le salinelle, le acque acidole e quelle clic van la- ti) § 2. sciando a’ margini de’ ruscelli il petroleo, con altre acque minerali de’conlorni di Paterno, con quelle del terreno ba- saltico di Vaicorrente mostrano aperto ancora qualche spi- raglio che ha comunicazione con il profondo camino volca- nico, se non con altra qualsiasi stazione di fuoco sotter- raneo. § 119. La rupe della Molta, sorge pressocchc iso- lata dallo stesso terreno di gres ed argilla, non restando- vi a contatto, per ponente, se non per un quarto circa del suo ellissoide perimetro; la sua altezza, dalla parte di mezzogiorno è circa 170 a 180 p. p. La base, come la maggior parte della massa, offre un aggregato di pri- smi basaltici, di una pasta grigio-oscura, sparsa di pic- coli granelli di olivina, e rarissimi cristalli di pirossenc. Questi prismi, nella parte meridionale, clic è la più sgom- bra, ed appresta più chiara la struttura della roccia, sono più regolari, esagoni , e riuniti in un fascio inclinato a nord , tendente, così, verso il centro di tutta la rupe, a guisa di una piramide alla 80 piedi all' incirca. Il ri- manente della roccia, come quella di Paterno, è formalo di masse amorfe, di grossa mole ; ma guardate a distanza si vede clic nello insieme assumono poi una grossolana forma prismatica. Quasi a mela del lato orientale la massa basaltica pare clic si elevasse in un sol pezzo semiconi- co; però osservala da vicino si osserva rompersi in pic- coli prismi poligoni della stessa pasta; lo clic si può an- che osservare in un altra simile massa, verso tramontana. Sopra questo grande materiale, che diremo basal- tico, si posa un’ammassamento di una specie di tufo vul- canico, composto di piccole scorie rossastre, di pezzi di rocce pirogeniche , c di qualche rognone di argilla ; in alcuni punti anche ciottoli di arenaria e qualche resto di conchiglia fossile terziaria si sono rinvenuti. Verso la parte di N. E. questo tufo si vede introdotto fra uno strato e 1’ altro delle masse pirogeniche ; nel lato di Iramonlana esso ricuopre quella porzione delia rupe sino a più di metà della superficie. Quivi si osserva il margine di un vero cratere, nel silo, appunto, fra la torre Normanna e la Chiesa Madre; e le scorie brune e rossastre, le arene grossolane i lapilli, c la lava più vetrosa c carica di cri- stalli di pirossene e felspato in lamine , mostrano una apertura di vulcanica eruzione, non delle più antiche, ed in lutto simile a quelle dell' Etna. Questa lava cuoprc i basalti nel lato di mezzogiorno e parte di levante , ma più ancora in quello di ponente, ove essa, vicino al quar- tiere delle Porte si va ad unire con le masse basaltiche. Il corso di questa lava non si scorge oltre i confini della rupe ; ed a prima vista sembra non essersi estesa più in là ; è facile, però, concepire , clic come venne meno il suolo terziario clic la sosteneva , si fosse franata con quello, c trasportala giù ne’ sottoposti terreni; come in effetto non poche masse di lava si veggono sparse appiè della rupe della Motta c nel terreno che la circonda, ap- partenenti tanto alla roccia basaltica quanto alla lava di epoca più recente. § 120. Da queste osservazioni sopra le due rupi, di Paterno c Molta, si può conchiudere che un vulcano si è aperto, sopra rocce di più antica data , e forse ba- saltiche, e non è difficile che quelle inferiori fossero coeve al prossimo terreno basaltico sopraeennato, c preesistente alla venuta della formazione terziaria. Nella rupe della Motta, infiliti, questo terreno, dalla parte di tramontana, si vede interposto fra le rocce prismatiche e quelle su- periori; e quasi simile è la condizione di quello della ru- pe di Paterno. Nell’ una e nell’ altra, poi, si fe strada il fuoco vulcanico clic le produsse, attraverso la forma- zione basaltica, come di sopra ho detto, forse perchè ot- turato il canale ordinario della gola dell’ Etna; ed a si- — 123 mite fenomeno attribuir [mossi la rupe di Aci Castello , più d’ una volta menzionala di sopra; la quale mostra ad evidenza una nuova e posteriore azione vulcanica nella massa della formazione basaltica; ed allo stesso fenome- no non ho dubbio riferire il sollevamento della collina terziaria, ne’ due poggi di S. Gregorio (§ 102). Poco o nulla dir puossi del vulcanico Monte del Mojo; il quale sebbene tutto sub-aereo, e di data immensamen- te più vicina all’ epoche attuali , pure è sfigurato dalla mano dell’uomo, che lo ha reso coltivato da capo a fon- do. Ma clic aneli’ esso sia indipendente dalla gola del- 1’ Etna è indubitato, quanto lo è per le altre due rupi ; e basta osservare quanta estensione di terreno terziari si frappone fra esso e le ultime correnti di lave del- l’Etna dalla parte di tramontana. § 121. Da ciò si può facilmente vedere come io non potrei ammettere relazione alcuna fra il canale del focolare e della gola dell’Etna, co’ centri vulcanici del Val di Noto, e mollo meno con quelli delle isole adiacenti. Quando nel J831 un nuovo Vulcano si aprì fra Sciac- ca e Pantelleria, nel mare africano (1) , non si mancò di far credere possibile una sottomarina comunicazione fra’ vulcani estinti di Pantelleria, e la montagna di S. Calogero in Sciacca cv’ò la famosa grotta di Dedalo, che emana perennemente vapore; ed appiè della quale, esi- stono del pari, sin dalla più remota antichità, le acque termali dette Tliermae Selinunlinae : non si trascurò di osservare/ che seguendo da quivi una linea, alquan- to tortuosa, verso l’Etna, tulli i centri vulcanici del Val di Nolo (2) si tramezzavano, e che fra l’Etna ed i Cam- piflegrei di Napoli, le vulcaniche isole Eolie sorgono dal (1) Alti Gioca, voi. 8. ser. 1. (2) Y. Alti Gioca, voi . 3. ser. l.a — m — mare. Ma questo sarebbe lo stesso che spingere le ipo- lesi al di là di ogni probabilità ; imperocché per quan- to è facile che il nucleo terrestre incandescente , come generalmente oramai si ammette, avesse molli e molti spiragli attraverso la scorza della Terra, da’ quali, a se- conda della condizione diversa de’ luoghi e delle circo- stanze, i fuochi sotterranei si manifestano ora in esala- zioni di vapori, ora in acque termali, ed ora in forma di vulcani ardenti : altrettanto difficile riesce concepire un sottomarino canale di comunicazione fra vulcani spenti ed aitivi ; di cui i materiali differiscono nella composizione e nella struttura ; e quel clic più monta, nessun risenti- mento, nessun indizio di possibile comunicazione addi- mostrano, tutte le volte che in uno di essi si verificano eruzioni, anche gagliardissime. Che se talvolta durante una eruzione dell’ Etna, il perenne Stromboli arde aneli' esso, ed anche il non mcn perenne Vesuvio, ciò si vede ma- nifestamente doversi a pura accidentalità. Due volte brugiarono i crateri di Pantelleria; c per quanto appare que’ dell’epoca prima meltevan fuori ma- teriali trachilici; que’ della seconda, pirossenici; per cui la parte meridionale dclflsola è felspatica, augitica la set- tentrionale (1). Tutti i centri vulcanici del Val di Noto , come Viz- zini, Buccheri, Militello, Palagonia, Agnone ecc. sono pi- rossenici , da capo a fondo. LT Etna non è felspatica, che nella sola parte orientale; all’ incontro le isole Eolie so- no tulle trachiliche, eccettualo Stromboli, dalla parte set- tentrionale. Chi non vede in questi vulcani tanti diretti sventa- lo]*, ed indipendenti uno dall’ altro; a meno che per la (1) Come ha verificato l’esimio geologo Conte Fr. Bella I\e- grini, da Mantova. Alti Gioen. voi. 5. ser. 1. — 125 — loro vicinanza non dessero a sospettare poter essere qua- si ramificazioni del tronco stesso; come or’ ora accenne- remo ! § 122. Se fra’ fenomeni vulcanici si vogliono con- siderare anche lì, così detti, vulcanetti idroargillosi, que- sti sono aneli’ essi indipendenti dalla gola dell’ Etna , e traggono origine da sventatoj gassosi, per via di fessu- re, nelle diverse formazioni della crosta terrestre. Più di tre se ne osservano ne’ contorni di Paterno: un altro non molto distante, detto Salinella , vicino al torrente di S. Biagio, ed uno più attivo e più rimarchevole esiste pres- so Fiumefreddo nella spiaggia del mare, fra Biposto e Schisò (1). Io spero che non si vorrà credere, che io riguar- di per indipendenti lutti i vulcanetti, che evidentemente dimostrano non provenire da laterali intrusioni della ma- teria lavica, dalla gola del vulcano verso i suoi fianchi ; come sarebbero quelli tanti del Malpays intorno al Gio- rullo in America: o quelli attorno al cono nel cratere del Vesuvio, o in quello dell’Etna stesso. Questi tulli non sono che figli della stessa eruzione, che si manifesta per tante bocche, per quante fìssure le presenta la sopra- stante volta del terreno che attornia la bocca principale. E queste stesse, a ben considerarle, poco differiscono dalle laterali ; variando soltanto nella direzione, che si avvicina alla verticale, invece che nelle bocche laterali è orizzontale, ed anche declive. (1) Sulla Salsa di Fondachello ece., del D.r Giuseppe Mercu- rio Catania 1 841 . ATTI ACC. VOL. XV. 17 — 126 PRINCIPII VULCANOLOGICI CIIE POSSONO DEDURSI DALLE RICERCHE SULLA STRUTTURA E Su’ FENOMENI DELL’ETNA Dopo quanto si è detto nelle precedenti pagine , possiamo noi pretendere di rispondere nell’ affermativa al quesito che ci siamo proposti da principio, se 1’ Etna, cioè, con quanto ci ha offerto nello studio che ne abbiamo intrapreso, può concorrere a stabilire alcun che di posi- tivo nella teoria de’ vulcani ? Io non posso che presenta- re talune illazioni generali, come resultamene delle mie ricerche, e lascio che altri decida sulla questione. 1. Cominciando dal Focolore vulcanico, si può esso definire. « Un luogo negli inferiori strati della scorza « terrestre , ove , per 1’ azione de’ fuochi del di lei nu- « eleo , una o più rocce si trovano nello stato d’ ignea « fusione ; ed ove uno sviluppo di sostanze gassose ha « stabilito un canale di uscita verso la superfìcie della « Terra alla fusa materia che seco trasportano ». Ammesso, infatti, clic il nucleo terrestre è in perenne incandescenza: che la crosta del Globo era fusa aneli’ essa e che si è formata raffreddandosi gradatamente: che i grandi fenomeni geologici sono avvenuti da questo raf- freddamento della parte supcriore, e dall’ azione del calore del nucleo incandescente del pianeta, si deve conchiudere che il graduai raffreddamento di questo nucleo, deve produrre nuove formazioni di rocce; delle quali, quelle che sono a contatto della parte infocata debbono essere nello stato di fusione, ed oltre a ciò molti svenlaloi aver debbe il nucleo stesso, d’ onde ha sfogo tanto calore che perennemente esso emana. Le acque termali, le salse, le terre ardenti ed i vulcani ne sono le prove. Per que- sti ultimi, però, esister debbono circostanze particolari che li distinguono dalle sole emanazioni di calore ; e sopra — 127 — tutto un focolare, ossia una stazione di fuse rocce, ed un canale o una gola che può mettere in comunicazione quel- la stazione con la superfìcie della Terra; e la presenza di fluidi elastici, oltre la stessa forza espansiva del ca- lore; così il focolare, come l’ho io concepito, e quella parte dell’ infocato nucleo ove hanno accesso , per sotterranei meati, le acque; le quali ridotte istantaneamente a vapore producono i fenomeni vulcanici conosciuti, che precedono ed accompagnano 1’ eruzioni delle arene , delle scorie e 10 sgorgamelo delle liquefatte rocce , per la via della gola di comunicazione. Da queste fuse rocce, intanto si viene a conoscere, che nel focolare sono anche nuovamente fuse quelle che si formavano per solo raffreddamento di scorza del nucleo, la di cui sfera diveniva più piccola; e se queste erano felspalichc, come il granito, la sienite, o quarzose, co- me le altre dette primitive, ed allora nel focolare si can- giavano in rocce fuse che davano una lava felspatica; se poi erano pirosseniche, come il porfido, il grunstein, ed 11 basalto, allora cangiavansi in lave porfiriche, anfiboli- che e basaltiche; le quali, secondo che la forza de’flui- di elastici sarà stata più o meno potente, venivano spinte nel canale del vulcano, d’ onde si spargevano sulla su- perfìcie della terra. Ciò è quanto 1’ Etna ci ha mostrato con le sue di- verse rocce felspalichc e pirosseniche, che formano i due sistemi della sua massa, per cui può stabilirsi che : II. « IVel focolare vulcanico può fondersi ora una « roccia, ora un’ altra; sia che finito il materiale di una « il fuoco agisca sopra di un’altra: sia che cessata una « accensione di rocce che formava un focolare , un’ al- te tra se ne accenda, ed ostruisca il cammino della prima. Resta, in effetto, provato che nell’ Etna le antiche eruzioni non traevan fuori se non materiali felspatici; ma — 128 — dopo un certo tempo scomparvero quasi interamente, e prodotti pirossenici vennero fuori ; per cui la parte orien- tale è più scomposta è terrificata, e la occidentale più aspra, più vetrosa , e resistente ancora. In quella abbon- dano gli elementi della roccia felspalica , in questa le rocce sono pirosseniche poco ancora scomposte, se togli qualche corso di lava ove il felspato par che sovrabbon- di ; e ciò si dcbbe forse ad una circostanza particolare , per la quale la porzione del felspato cbe costituiva la massa della roccia, è stata ridotta in numero maggiore di cristalli, di quanto non lo fu la parte del pirossene, costituente aneli’ esso della massa. Questa varietà di rocce nell’ Etna, oltre a ciò pro- va cbe la gola, per la quale venivan fuori dal Focolare le materie felspatiche , dovette ostruirsi a causa di non esservi nel focolare altra fusione di roccia felspatica; ma che all’ incontro un altro focolare si accese nelle rocce pi- rogeniche e formò un nuovo canale ed una nuova gola, che agevolava il passaggio del lavico materiale pirosseni- co all’ Etna moderno. III. « La differenza che passa fra le rocce vulcaniche « e le semplici pirogeniche si è , che queste sono fuse « soltanto, e spinte attraverso degli strali della scorza ee terrestre, per sola espansione del calorico ; e le pri- « me provengono da un focolare nel quale somma inilucn- « za esercitano le sostanze gassose, ed il vapore prin- « cipalmcnte. Queste rocce vengon fuori accompagnate ee da un corredo ili fenomeni particolari, clic mostrano es- « sere stale elleno soggette a più eminente grado di f il- ei sione; e finalmente, che escono dall’apertura di un ca- ie naie, intorno al quale si stabilisce un cratere ; al con- ti trario le semplici pirogeniche si sono innalzale senz’al- ce tro fenomeno che quello della rottura della scorza della ee Terra ne’ punti ove si son latta strada. — 129 — Accade talvolta clic la lava viene spinta, senz’ altri fenomeni, sino all’orlo del cratere e da lì l’abbiam ve- duto versarsi sui fianchi del vulcano; e ciò prova clic la espansione del calore basta a portar sulla superfìcie ter- restre le liquide rocce che si fondono sul nucleo del pia- neta; nello stesso modo le rocce pirogeniche antiche sono state spinte entro la scorza terrestre, occupandovi le fen- diture ed i vani per sola forza espansiva del fuoco, sen- za vulcanici fenomeni; c così il granito è giunto sino alle ultime formazioni secondarie: e così il basalto sino alle terziarie. La prova piò chiara di quanto abbiamo assunto si è, che non si trovano mai scorie, lapilli, arene, ceneri ec. nelle rocce e ne’ terreni pirogenici antichi. E quindi i fenomeni vulcanici son dovuti intieramente alla coope- razione de’ fluidi elastici che si producono ne’ focolari. IV. « Fra’ fenomeni piò comuni de’ vulcani sono con- ce siderali i Tremuoti. Questi però debbono distinguersi « dagli altri, i quali piò estesamente agiscono in varii « punti della terra, e che non dipendono da azione pro- « priamente vulcanica; quando questa ne è la causa i Ire- te muoti non si estendono gran fallo al di là dei contor- ee ni del vulcanico. Le osservazioni di molli anni , come si è già ri- ferito (1), han provato in 166 tremuoti avvenuti in Si- cilia , soli 37 sono stali coincidenti con eruzioni del- 1’ Etna , e di questi , 6 non ben dimostrati ; e che le scosse piò estese per la Sicilia , e piò funeste per le conseguenze non sono state accompagnate da eruzio- ne vulcanica. Ciò prova che sebbene il tremuoto pro- venga dalla forza di espansione di sostanze gassose che tendono a farsi strada verso la superficie del Globo , (I) § 4L — 130 — pure più limitata è la estensione di quelli prodotti da eruzione , in paragone a quelli che hanno origine nelle profonde viscere della terra. V. « Per la stessa ragione i sollevamenti , propina- te mente delti, debbono ripetersi da causa non vulcanica, « benché dallo stato d’ incandescenza del nucleo terrestre « dipendenti ; quelli che si vogliono prodotti d’ azione « vulcanica sono equivoci, e non per anco dimostrati ad « evidenza; mentre ne’ primi il terreno sollevato attornia « sempre qualcheduna delle rocce pirogeniche antiche che « ne ha vinto la resistenza. VI. « Airincontro gli abbassamenti di suolo sono a più comuni ne’ vulcani, ne’ loro contorni, e nelle stesse « masse de’ loro coni, ove molte cavila e vani possono « esistere. VII. « I vulcani ardenti e stabiliti non possono avere « altro che una gola: se non fosse così essi non potrebbero « elevarsi a grandi altezze, nò la loro massa acquistar « potrebbe grande volume. L’ Etna moderno ha ciò dimo- « strato; mentre in tutte 1’ eruzioni la lava è venuta sem- « prc per la gola che termina col vasto cratere. L’ eru- « zioni laterali non son provenute che per vie sotterranee, « che comunicano trasversalmente con la stessa gola. (1) Vili. « Le lave possono scorrere senza interruzione « nella massa , a guisa di una melma, anche sopra un « angolo di 35 (2). » (1) § G4. Se a qualche cosa rassomigliar si volesse un Vul- cano, io credo non Scostarmi molto dalla verosimiglianza se ad un'albero enorme lo comparassi; di cui il focolare, o i focolari, rappresenterebbero la radice : la gola che da questi si eleva verso il cratere, costituirebbe il tronco , donde provenendo le laterali eru- zioni, i loro corsi di lave e le dighe, sarebbero i rami. Ognun vede quanto potrebbe dirsi su questa analogia. (2) § 23. 24. ec. Nel citalo paragrafo si e ampiamente trat- tato questo subjetto che sin dal 1847 io avea esposto nella mia — 131 — La sezione di un cono vulcanico dimostra aperta- mente la struttura a strati a mantello, e tale disposi- zione si è voluto credere dipendere da sollevamento; non volendo ammettere che la lava possa scorrere unita sopra una inclinazione al di là del gr. 25 ! IX. «I vulcani indipendenti dalla gola principale « sono accidentali. Yale a dire,, che o provengono da spi- « raglio separato del focolare, o da temporaria ostruzione « dei canale della gola principale ». X. « Un nuovo Vulcano può facilmente farsi strada, « e stabilire il suo asse nelle vicinanze, ed anche ai fìan- « chi dell’asse di un altro piò antico ed estinto , come « in tult’ altro punto della terra. Il Vesuvio nella Somma, (t il Picco nella Caldaja in Teneriffa, ed il nuovo Etna « a fianco della Valle del bove ne sono le prove ». Ciò avviene, come si è detto, quando un nuovo fo- colare si accende- presso ad un estinto Vulcano ; e forse i sotterranei vani lasciati da questo, han facilitato, per qual- che tratto, la comparsa dei materiali dell’ altro , che da que’ vani in poi ha stabilito la nuova sua gola. XI. « Eruzioni di Moja, o di acque non sono feno- « meni di Vulcano che in quanto le scosse di tremuoti, « frequenti in esso, possono aprire i fianchi della moli- li tagna e dare scolo alle acque fangose de’ laghi sot- ti terranei. Le acque clic si sono credute provenienti « dal cratere dell’ Etna si è provalo essere stale effetto « di scioglimento delle nevi nel tempo del passaggio della memoria sulla costituzione fisica dell'Etna; ed oltre clic si sono e- sposti i fatti si ò chiamata Y attenzione de’ vulcanologisti sul modo di scorrere della lava, per ispiegare come in terreno declive ad an- golo acuto anche sopra 35, può la corrente raffreddarsi in conti- nuità c formare una specie di strato di scorie al di sotto, di lava densa e massiccia in mezzo, e di rottami e di scorie sopra. — 132 — « lava infocata, o di dirotte piogge, che non sono infre- « quenti nelle grandi eruzioni. Nel tempo della eruzione del 1832, e ne’primi di settembre 1837, avvennero nell’Etna eruzioni di una ce- nere bianchiccia finissima; quella prima si trovò bagnala e molle, e ne’ punti di pendio acclive si vide aver corso come una melma liquida ; si volle credere allora da ta- luni, essere stata quella una eruzione di Moja ; ma le due seconde, che furono osservate da principio asciutte, e che poscia per le piogge cadutevi sopra presero l’a- spetto di melma, tolsero ogni dubbio, e non si parlò più di eruzioni fangose. Dovendo dire quel che l’Etna appalesa intorno alle condizioni del basalto de’ suoi contorni, può stabilirsi che: XII. (( Il vero basalto, è una roccia pirogenica non « vulcanica. Essa è composta di labradorite e augite corn- ee patti, con granelli di olivina senza o con rarissimi ee cristalli di augite. Non presenta mai cratere nè for- te ma di corrente; è sempre in gruppi con prismi regolari ee articolati, spesso a ventaglio : non offre mai la pasta ee semivetrosa delle lave : va facilmente in fatiscenza, e ee si decompone in una roccia fragile biancastra , che « abbiamo chiamato Ciclopite (1) » XIII. Il basalto globulare proviene da un Vulcano, (( clic ha stabilito il suo focolare nella formazione basal- « lica; ivi i prismi di esso disarticolati e rimescolali nella « fluida massa infocata, si sono rivestiti di una tunica « vetrosa, ed in forma globulare sono stali ammassati in- « torno alla bocca di eruzione, misti ad un tritume ba- « sallico (Peperino e tufo palagonitico); e molle cristal- « lizzazioni vi si son formate di varii elementi composte, « che facevan parte decomponenti del basalto » (2). (1) § 12. (2) § 9. — 133 — XIV. « L’analcimite deve la sua origine allo sles- « so fuoco vulcanico, acceso nella medesima formazione « basaltica; e l’analcime vetrosa ivi formata, dagli stessi « elementi del basalto, variamente combinali, è stala su- (( blimata in parte ne’ crepacci della roccia , e nella ci- « dopile, ed ha prodotto le belle cristallizzazioni di Anal- cime dell’Isola de’ Ciclopi, c dei Vulcani estinti del Val « di Voto. XV. « Le lave prismatiche, che si sono riguardate « come basalto, ne differiscono per la struttura di una a pasta semivetrosa , poco atta alla fatiscenza , che si « decompone in una polvere secca ed aspra , la quale « non giunge mai a formare una roccia. Esse, inoltre, « sono sempre in corrente; prismatiche a spigoli acuti, « poco regolari, e con la parte superiore in massa non « prismatica , scabra e scoriforme nella superficie ; pie- XVI. « Non pochi schiarimenti ha prestato lo slu- « dio dell’ Etna nello spiegare i vari effetti del calore « della lava sul terreno, per il quale va scorrendo; ri- « chiamando 1’ attenzione sopra quanto potesse influirvi il « modo di procedere della stessa lava, la quale va « spogliandosi della raffreddata superficie, la rovescia ai « suoi fianchi ed alla sua fronte, e scorre così, quasi « sempre, sopra i suoi stessi materiali (1). XVII. « Si è tolto ogni dubbio sulla vera fusione « della lava che scorre infocata: essa giunge, nelle sue « cavità, a fluire come un metallo fuso; ed anche nelle « cellule delle scorie forma una specie di smallo che le « tapczza § 71-5. XVIII. « Chiaramente si dimostra, come la cenere ( * ) § ATTI ACC. VOL. XV. 18 — 134 — « che precede la eruzione delle arene e delle scorie, « sia figlia dello estremo sminuzzamento della incande- « scente lava, prodotta dalla violenza del vapore in quei « primi istanti ; ma che quella che vien fuori negli ultimi « tempi della eruzione , proviene dall’ alterazione della « lava ; per la lunga permanenza nell’ infocato focolare « § 33. ec. XIX. « Si può con molta probabilità attribuire la « vera causa della formazione dell’ idroclorato di ammo- (( iliaca, sulla superficie delle lave recenti, alla decompo- ne sizione dell’ aria atmosferica, piò che ad altro § 93. Molli altri simili minori fenomeni, osservando l’ Etna ne’ suoi travagli, si sono facilmente spiegali; e ciò basta a poter conchiudere esser giovevole non poco alla Vulca- nologia, lo studio del nostro magno Vulcano. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 3®s>.ì)t3&&3>a>2& a>aas» a^sm Non avendo avulo a mani compila la gran Carla deir Etna dal Ch. Barone di Waltershausen che troppo tardi, si era formala la presente , dopo le più accurate perlustrazioni dell’ Autore; non si pretende che fosse ella esattissima; ma basta per servire di schiarimento alle ci- tazioni, che si fanno nell’opera, de’ luoghi; e principal- mente de’ sili de’ crateri di eruzioni , de’ torrenti e delle lave , che sono luti’ ora poco alterate dal tempo e dalla mano dell’uomo. Tav. I. Tavola comparativa dell' altezza delle principali mon- tagne di Sicilia, in confronto a quella dell’ Etna (1). Tav. II. Fig. l.a Profilo dell’Etna moderno, ed indicazione di quello antico cioè : A. Etna antico, di rocce felspatiche, del quale non restano che le pareti de’ suoi fianchi; essendosi tutta la massa del suo corpo subissata, e forma in oggi la gran Valle del bove. L' asse dell’ antico vulcano doveva cor- rispondere ov’ è oggi il Trifoglietto. (1) N. B. nel punto Fasano , sopra Catania , manca il nu- mero 634 p. p. — 130 — B. Elna moderno , di rocce pirosseniche il di cui asse resta a ponente dell’ antico, nell’ attuale ardente gola del vulcano § 37. Fig. 2.u Sezione ideale di una parte del cono del- l’Etna moderno , e del suo cratere; per formarsi una idea della struttura di questa montagna , tutta di tuni- che a mantello 1). D. di lave e di materiale sciolto; con caverne e gallerie interne II. II. per le quali la fusa lava che s’innalza dalla gola A, s’introduce, dila- tandole, come in E, e rompendo i fianchi della monta- gna, ove offre minor resistenza F, c vi produce le pri- me bocche della eruzione , che va a manifestarsi in G. B, indica il cratere dell’ Elna. G, la struttura dello stes- so , tutta di materiale sciolto, e sparso a mantello. La rottura degli intervalli fra caverna e caverna, e le scosse di tremuoto che ne avvengono, possono spiegare lo spro- fondamento del fondo del cratere, non di raro avvenuto; e l’ultima volta nel 1837. G, esprime il cono di eru- zione, dalla di cui base li, la lava scorre per il pendìo della montagna. Fig. 3.a Sezione ideale di un sollevamento di suolo. A, collina pliocenica di gres ed argilla, presso S. Gre gorio, sulla quale giaceva un antica corrente di lava B. B. B. Essa copriva in parte i gruppi basaltici della Trezza E, di cui parte formavano gli scogli de’ Ciclopi D, sporgenti sopra il livello del mare. Un posteriore sol- levamento della formazione basaltica G. G. per nuova azione vulcanica , non intieramente sviluppala , rialzò in due punti F. F. la sudella collina terziaria, e con essa la lava soprastante ; la quale dovette rompersi nell’apice c ne’ fianchi del sollevamento , e lasciar scoperta la col- lina E, E; § 103. ^florce/Znz • 7JIS/// sltcAa C/ane af/ (fir/iYTÙeh 'Iterar/ .ra/'Siet/t/ yir/w. fACa/Al CATANIA. CARTA TOPOGRAFICA DEL lì ETNA 7ì 7IJ&. „ 'A. osso r jftA>rsa ; 2f|Sr* tr AL G/rsserne. r ALI n /At resa ( AL.. AACarea ? Alassa r. AL. AAAeatnr ? AC. a/f'AtaAAa o AL Aeerrr/arcWn ' M. A AL a rea 2. M. Al. OSSO s M,. Aree aie a A ■r Al .Atra t AL CaAAsra f AC. CuAae s'cr s AL Jtsn ACetnana e. ACArrra ? AL- Aèree A * Ca/èe aAAAv/u < Ifa/tCff ZI* 2. AC CA At/jtfitw 2 AL Ajyerr f. . Ai. .7rétarcAerArA&rA/ ftarjea •/. ./erre (A/ J/èe^Z/i/a •2 Ai. Ta/eznna •s Ai~ Aarca A re -a fse/è A'faCeemei faAeu.^,. - .AL Arrer/tesa AL TCa/ett/o Aepe/r Ateaeen/ s ( INDICE DELLE MATERIE TOKIO XIV. Par. Pag. 191 Capitolo I. — Cenno topografico della superfìcie dell’Etna. 1 198 Sito, forma, altezza, ec. 2 199 Plaga meridionale; vulcani idroargillosi, rupe di Pater- no; lave basaltiche di Scala, S. Biagio; Aci Castello Scogli dei Ciclopi ecc. varii punti di altezza nell’Et- na ; temperatura. 3 202 Plaga orientale; costa di Aci; Torre d’Arcurafi; salsa di Fondaclielli ; Parte antica dell’Etna; Acqua di S. Venera, di S. Giacomo. 4 209 Plaga settentrionale ed occidentale. 5 210 Acque di Adorno e Biancavilla. 211 Cap. II. — Considerazioni geologiche. 0 « Gesso di Paterno ; colline terziarie. 7 213 Rupe di Paterno e della Motta. 8 214 Piattaforma di lave basaltiche nella Plaga meridionale — Terreno basaltico di Vaicorrente. 9 215 Basalti globulari; spiega della loro origine e forma. 10 216 Seguilo della collina terziaria; Rupe di Aci Castello, Scogli ed Isola de’ Ciclopi. 11 217 Sollevamento graduale degli Scogli de’ Ciclopi ec. v. § 107. 12 219 Cicoplite, sua origine e giacitura. 13 221 Collina argillosa ec. 14 222 Esame geologico della plaga orientale, che racchiude la parte antica dell’ Etna v. § 32. 17 227 Idee sulla comparsa dell’Etna sul livello del mare. 18 « Rocce del focolare felspatico. — 138 — Jl 'j |» py fy 19 228 Sulla Trachite (digressione) v. § 85. 20 229 Sugli strali delle lave che formano il corpo dell’ Etna. 21 230 Idee dc’fautori del Sollevamento della massa dell’Etna . 22 231 Confutazione di quelle idee. 23 232 Gradi d’inclinazione delle lave. 24 233 Modo di fluire delle lave, e seguito dello esame su’ Sol- levamenti : § 25 26 21. 28 238 Profondamenlo di suolo, pruove; ec. 29 240 L’Etna considerata geologicamente. 30 24! Formazione ed accrescimento della sua massa § 31 32 33 34. Spiega del balzo della Scala di Aci. 35 246 Prove. 36 « Due focolari, e due sistemi di rocce. 31 241 Idee di Mario Gemmellaro — Teoria del doppio asse nell’ Etna. 39 250 Gap. III. — Storia delle Eruzioni ec. T01V10 XV. 40 29 Gap. IV. — Fenomeni delle Eruzioni — Art. 1. — Tremuoti. 41 30 Resultamenli della storia de’ Tremuoti. 42 32 Altri fenomeni compagni de’Tremuoli : esame delle Teo- rie: nota sullremuolo di Basilicata in dicembre 1851 —43, 44, 45, 46, 41, 48, 49, 50. 40 Tavola dei Tremuoti con la coincidenza delle eruzioni vulcaniche dell’ Etna. 51 41 Art. 2. — Fumo — 52 53 54. 55 50 Art. 3. — Ceneri arene lapillo scorie, bombe ed altre masse 56 51 58 59 60 61 62 63. Esplosioni — spiegamento delle detonazioni. 64 56 Cap. V. — Bocche di eruzioni ne’ fianchi dell’ Etna. 64 « Teoria di Mario Gemmellaro; sua nota originale. Nota sulla fossa delle Colombe. Casa inglese. 65 59 Nuove delucidazioni. 66 60 Injezioni laterali o dighe. 67 « Descrizione dell’apertura d’ una eruzione laterale. 68 62 Gap. VI. — Sgorgamelo e corso della lava — Rapidità, stato di fluidità, modo di scorrere ec. § 69 10. TI 64 Esame del quesito « se mai l’ultima fronte o termine di una corrente di lava , sia dovuto alle prime on- date, uscite dalla bocca di eruzione, o alle ultime?)) 12 66 Varii gradi di calore della lava. — 139 Par. Pag. 13 61 14 68 15 69 16 10 11 (( 18 11 19 12 80 « bis. 13 81 14 82 15 83 a 84 16 85 11 86 19 81 « 80 88 « 89 82 90 85 88 91 a 92 « 93 89 94 90 95 91 96 92 a (( 91 93 98 « 99 95 100 96 101 91 102 101 Effetti del calore della lava sopra il suolo ove scorre. Nota sulla proprietà della parola pireterolica. Durata del calore nella lava ; grado di fluidità cui essa può giungere. Cap. VII. — Varie forme della superficie e della massa delle lave. Lave compatte. « in massa solida, a superficie piana. « « a superficie screpolala. « in massa rotta. « « « a rigonfiamenti. « « « « antiche e moderne. « « « a volta. « in rottami. « « a lastroni ed in piccole lastre. « (( a « « « « globuliformi, in lapillo ec. « « a scorie leggiere. Piccoli crateri nel corso delle lave. Cap. Vili. — Elementi, composizione e caratteri esterni de’ materiali vulcanici. Due sistemi di rocce' — felspatico e pirossenico. Lave del sistema felspatico. Lave del sistema pirossenico. Cap. IX. — Formazione de’ cristalli ec. (( (( a (( « « « « a « Selenite ec. ec. « « « « « Idroclorato di Ammoniaca. Cap. X. — Azione degli agenti meteorologici sulle lave. Aria Venti Acqua — Nevi e Ghiacci. Torrenti. Alluvioni. (( (( « (( Deposito alluviale del Fasano ec. Acqua marina. Cap. XI. — Azione de’ vegetabili sulle lave. 140 — Par. Pag. 103 (( 104 102 103 105 « 106 104 107 108 108 110 111 109 (( 110 112 111 (( 112 114 113 « 114 115 115 a 117 116 (( 117 118 118 (( 119 121 120 122 121 123 122 125 126 Terriccio « a « Terriccio silvano. Cap. XII. — Sollevamenti parziali. (( « « « Sollevamento parziale alla C atira. Spiegamento di detto. Altro sollevamento parziale nella costa marittima del- l’Etna. Cap. XIII. — Profondamenti di suolo nell’ Etna. « a « « (( « (( (( « « « (( « « (( (( (( (( (( « Profondamento del fondo del gran Cratere in settem- bre 1857. Spiegamento di detto. Cap. XIV. — Crateri indipendenti dalla gola dell’ Etna, cc « (( (( (( « « « Rupe della Motta, e di Paterno. « in particolare. Spiegazione ec. Se esista relazione fra l’Etna e le isole vulcaniche ad- iacenti. Vulcanetti idroargillosi ec. Principi vulcanologici che possono dedursi dalle ricer- che sulla struttura e su’ fenomeni dell’Etna. SE LA COTENNA SUL JJNNV ESTRATTO DALLA VEWA E INCOMPATIBILE COLLA ESISTENZA DELLA FEBRE ESSENZIALE INTERMITTENTE RICERCHE DI GIUSEPPE BONACCORSI Dottore in Medicina , Medico ordinario del Reale Ospizio di Beneficenza per le provincie di Catania e di Noto, Medico sostituto nell'Ospedale civico-militare di S. Marco, Medico estraordinario della Deputazione sanitaria marittima, Socio cor- rispondente dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania etc. MEMORIA IETTA ALL’ACCADEMIA GIOENIA NELLA SEDUTA DEL IO EEBBRARO 1859 < ATTI ACC VOL. XV. 19 « * La medicine ne s’enrichit <^ue par les faits. Fournir des nouveaux faits, ce sarait donc fournir des nouvelles lumieres. Brouss. hist. des Phlegm. Cronic livr. prim. MOTIVI DELLE RICERCHE Dopoché la fisiologia sperimentale e l’ anatomica patolo- gica meglio studiate fecero giustizia del solidismo e dei- fi organicismo assoluti, le febri che erano state radiate dai quadri nosologici , furono per così dire riabilitate e vi ripigliarono posto. I travagli sopratutto di Magendie, An- drai, Gavarrct trassero le febri essenziali dalla sudditanza della flogosi della mucosa gastro-enterica, in che fiavea ridotte fi Autore della dottrina dell’ irritazione. Oltre li varii caratteri fisiologici distintivi della flogosi e della febrc sintomatica della flogosi colle febri essenziali , si stabiliva il carattere fìsico, osservabile durante la vivenza dell’ammalato, risultante dalle qualità differenti del sangue nell’ uno e nell’ altro caso. Si stabiliva in massima che nel caso di flogosi e di febre sintomatica della flogosi il sangue presenta ac- crescimento delle proporzioni di fibrina, da onde coagulo — 144 — ristretto, resistente e la produzione della cotenna infiam- matoria segnalata dagli antichi e con particolarità da Stoll; e che pel contrario nelle febri essenziali il sangue pre- senta stalo contrario : diminuzione scemamente della nor- male proporzione della fibrina , pel clic coagulo largo , molle, facilmente dissociabile, anche diluviente c mai pre- sentando Cotenna. Colla eccezione però che quante volte alla febre essenziale è sodalo uno stalo locale flogistico allora si può osservare 1’ aumento della fibrina c quindi anche la cotenna. Si è ritenuto così dai pratici, che tulle volle che il sangue presenta aumento di fibrina da dar luogo alla co- tenna si tratta di flogosi, e che la febre è allora sinto- matica ; clic presentando le contrarie qualità si tratta di febre essenziale. Cosicché nel caso che li disturbi fisio- logici lasciano il dubbio sulla natura essenzialmente febrile o flogistica di una malattia, si consiglia di ricorrere come a pietra di paragone all’ ispezione del sangue con salassi così delti esploratori. Più che una volta mi occorse vedere ricorrersi a tal mezzo diagnostico, in casi ove la fenomenia lasciava dubbii se una malattia era di natura specifica maremma- na o altrimente se apparteneva alla febre essenziale in- termittente, o seppure era una flogosi e la febre un sin- tonia. Non niego che molte volte siffatta esplorazione riuscì utile, essendoceli!) vidi casi dubbii nei quali non trovata cotenna nel sangue ed il coagulo grande e molle, c dia- gnosticala la febre essenziale intermittente, il fatto tera- peutico, la guarigione coi Chinacei ne fece intiera dimo- strazione ; ed essendoché vidi altri casi dubbii nei quali trovale nel sangue maggiori proporzioni di fibrina c quin- di coagulo ristretto con bordi rientranti resistente c con cotenna, e diagnosticatasi quindi la febre sintomatica di — 145 — llogosi, ìi nuovi sviluppi del morbo e la guarigione coi mezzi antiflogistici mostrarono vera la diagnosi. Ma vidi sippurc dei casi ove la intiera confidenza nei resultamenli dello stalo del sangue mi lasciarono dubbio di erramento nella diagnosi clic portò il peggio c qualche volta la perdita degli ammalati: Vidi malattie febrili che a ragio- ne della eliologia, a ragione dell’ andamento accessionale della febre faccan sospettare di appartenere alla classe delle lebri essenziali intermittenti, o delle specifiche pa- ludiche , ma che per ragione del tipo continuo o quasi continuo della febre, e per qualche disturbo locale facean sorgere dubbii di febre sintomatica dipendente da flogosi : A derimere il dubbio si ricorrea al salasso esploratore; il sangue presentava aumento della cifra della fibrina con coagulo ristretto a bordi rientranti, resistente cotenna e significantemente doppia. Quest’ esplorazione dava la vit- toria a chi avea dichiarato essere la febre sintonia di flo- gosi, ogni avversa ragione era vinta dall’alto argomento della esistenza della cotenna ; il metodo antiflogistico si preferiva e si dava quindi bando alla China e suoi ; ma la malattia prontamente imperversava, ed insistendosi nel metodo prescelto 1’ ammalalo miseramente si moriva. Questi falli mi misero in forte sospetto contro il domina professato della incompatibilità dell’ aumento della fibrina c della produzione quindi della cotenna sul coa- gulo del sangue tratto dalla vena nelle febbri essenziali, e nella specie febri intermittenti palustri. E siccome più che in altre febri nella febre inter- mittente o malattia palustre un errore di diagnosi può costare la vita all’ammalato, mi determinai di istituire speciali ricerche a sapere se l’ aumento della fibrina e la produzione della cotenna sul coagulo del sangue è ve- ramente incompatibile colla esistenza della febbre essen- ziale intermittente. — 146 — Con tal proponimento usando tutte le riserbe, e met- tendomi in cautela contro gli errori di fatto, precisando quindi il diametro del vaso in che raccogliere il sangue, regolando l’altezza del getto e tutt’ altro in conformità dei precetti dei Classici, ho fatto praticare dei salassi di e- splorazionc in molli casi di febre essenziale intermitten- te, e l’osservazione mi forni fra gli altri i casi seguenti. STORIE CLINICHE OSSERVAZIONE PRIMA 4 Febre intermittente semplice a tipo quotidiano e poi recidiva col tipo terzano. Giuseppe Luca tessitore, di Catania, di anni 32 , a temperamento linfatico-sanguigno, costituzione media, abi- to di corpo regolare, di buona salute, contando nel cor- so dei suoi 32 anni solo una volta leggiera c breve ma- lattia. Nel mese agosto del 1835, da Catania trasferiva la sua dimora nel paese Motta S. Anastasia, luogo sospetto di malaria , da fi faceva una gita a Ramacca ove di- morava un giorno lutto o 24 ore, ed al ritorno dormi- va una notte nel fondaco detto Cabedda situato nel cuo- re della Piana di Catania, luogo già celebre di malaria. Reduce in Motta, ove permanentemente restava li se- guenti settembre ed ottobre, non era molestato da alcu- no disturbo nella salute. Restituitosi però alla patria Catania nel novembre dell’anno stesso, dopo cinque giorni dell’arrivo fu collo da febre intermittente semplice regolare a tipo quotidia- no, con accessi che invadevano con freddo , malessere, — 147 — vomito nelle ore antemeridiane, a cui succedeva periodo di calore, e terminavano verso sera con sedazioni abbon- devole dietro che, restava assoluta apiressia. L’ ammala- lo ricorreva alle cure del D.r D. Raffaele Radala, que- sti facilmente caratterizzava il morbo, e dopo il terzo ac- cesso prescriveva la China che prontamente trionfava del- la malattia. Dopo questo il Luca restava in salute per ben quat- tro mesi, ma allo spirare di questi era collo per la se- conda volta dalla febre intermittente semplice e regolare come in prima, a diverso tipo però presentando questa volta il terzianario. Ma poiché le ristrette facoltà del Luca , a di lui della, non gli permettevano acquistarsi il rimedio, e più che questo, io suppongo, per l’ incuria del medesi- mo, lasciò la malattia correre sola più che un mese , nel quale frattempo secondo i dettagli dati dall’ ammalato istesso, la febre perde per lo meno la sua regolarità, es- sendoché li accessi or anticipavano or postergavano, ora erano completi ora incompleti, ed il tipo vagava tra il terzanario ed il quotidiano. Per tal trascuratezza il mor- bo aumentava a tale clic rifiniva le forze dell’egrolp e lo inabilitava allo esercizio del suo mestiere. Ridotto in sif- fatta condizione ricorse allo specifico sotto la formola em- pirica volgare di Tino medicato, composto d’infusione nel Tino di più sostanze toniche ed amare tra quali primeg- gia il corlice. All’uso dello specifico anche questa volta seguì la sanità; ma scorso altro tempo nel giorno 5 giu- gno 1856 si mostrava per la terza volta recidiva la fe- bee intermittente, presentando la consueta semplicità ed il tipo quotidiano primordiale. Questa volta il Lucà fece da senno, e senza lascia- re il morbo in balia di se per lungo tempo, venne a cer- care gli aiuti della Medicina nello Spedale Civico Milita- re di S. Marco e vi fu ammesso. — 148 — Giugno 1856. — Giorno A0 di mal. — Giorno /° di Osserv. — Il giorno slcsso io esaminai l’ ammalato e n’ebbi le notizie che di sopra ho narrate, dalle quali risultando la probabilità essere il Luca travagliato da una terza re- cidiva di febre intermittente, stabilii in mia mente farne soggetto delle mie ricerche a sapere se 1’ aumento di fibrina e la cotenna sul sangue sono incompatibili colla febre intermittente essenziale. Con questo divisamento fa- ceva sull’ ammalato rigoroso esame. Alle ore 12 del mat- tino Ei trovavasi al secondo periodo della febre che avea avuto inizio alcune ore prima con freddo. Li polsi erano sviluppati e frequenti, mollo calore avvertiva 1’ ammalato c molto se ne avvertiva alla pelle dalla mia mano, in- quieto era nel letto e ricacciava da se le coltri, la respi- razione era grande e frequente ; dolore contuso avvertiva alla testa, la sete lo molestava, e la lingua si mostrava di color roseo animato ed alquanto secca, l’ orina tendea al calor ranciato. Nelle ore pomeridiane la febre presen- tatasi in remissione e cosi li sintomi che l’ accompagna- vano. Nelle ore vespertine dopo sudazione generale, e profluvio di orine clic dopo qualche ora di riposo pre- sentavano chiaro ed abbondevole sedimento laterizio , il Luca si trovava senza febre e libero da ogni incomodo da ogni molesta sensazione. Si cibava parcamente e passava la notte tranquilla. Gior. 6° di mal . — Gior. 2° di Osser. — La dimane continuava perfetta apiressia, e continuava tutto il giorno talché il Luca la passava fuori letto, e fu anche apiretico la notte seguente. Avea io fatte il giorno avanti delle esplorazioni a riconoscere se qualche punto se qualche organo presen- tava innormalità fisiologica o anatomica tale da essere causa dell’ apparato febrile, c non altro avea potuto rile- vare che aumento di volume e di densità della milza che — 149 — sbordava dalle costole spurie. Questo giorno permetten- dolo meglio lo stato di quiescenza in che trovavasi l’am- malalo, ripresi 1’ esame con maggiore dettaglio, interro- gando con tutti li mezzi di diagnostico che la Scienza possiede lo stato funzionale e materiale dei varii compo- nenti dell’ organismo del Luca; lutto era in regola, a meno dello stalo della milza che, in minor grado del giorno antecedente, offriva tutt’ ora rilevabile aumento di volume e di densità. Cior. 7° di nudai. — Giorn. 3° di Osserv. — Il giorno seguente però la fehrc accedeva con anticipazione, e per- correva li tre stadii colla solila regolarità e collo stesso accompagnamento di sintomi, per cedere intieramente in- sieme ad ogni altro accidente la sera dello stesso giorno dopo il solito sudore e le abbondevoli orine cariche di sedimento laterizio. Veduto questo secondo accesso, e certo già di avere per le mani un caso di fehrc intermittente essenziale sem- plice y scevra di qualunque complicanza ; scegliendo lo stadio di calore o di reazione della fehre, feci praticare un salasso di saggio di onde quattro con tutte le cau- tele. Questo sangue non tardava a dividersi, e presenta- va li seguenti caratteri : mollo siero color paglia ; coa- gulo piccolo con bordi rovesciati all’ indentro, cotenna di tinta nel bigio occupava la superfìcie superiore del coa- gulo , la quale lacerata presentava significante tenacità, ed era spessa di qualche linea, il coagulo tutto era tal- mente tenace da non potersi facilmente dividerlo in pezzi. Tal salasso non impressionava male il Lucà che an- zi se ne lodava come un mezzo che avea in qualche modo attenuato il calore, il malessere e la cefalgia che in quello stadio della fehre lo incomodavano. La fehrc corse colla solita regolarità li tre stadii e come sopra è notato cedeva intieramente la sera. ATTI ACC. VOI. XV. 20 — 150 — Giorno 8° di mal. — Giorno. 4° di Osserv. — La so- lila tranquillila avvcravasi durante tulla la nolle seguente, e si protraeva nel giorno appresso. Ed allora fissata indu- bitatamente la diagnosi, non ostante la cotenna presen- tata dal sangue, si passava sul mattino all’ amministra- zione del solfalo di Chinina nella dose di 24 acini. Lo specifico era favorevolmente ricevuto, ed all’ in- fuori dell’ ordinario passeggierò disturbo acustico, il Luca continuò ad esser per lutto il giorno così tranquillo da starsene fuori il letto ad oziare per la Corsea ; e la notte seguì calma come tulle le altre. Giorno 9[) di mal. — Giorno 5’° di Osserv . — Veniva il giorno accessionale. Ma l’ ammalalo si svegliava nel mattino in benessere, e prevalicata V ora dello accesso la- sciava il letto e si presentava all’ impiede all’ ora della visita collegiale. l\on pertanto si propinavano altri dieci acini di solfalo di Chinina. Tutto il giorno fu calmo, la febre era stala fugata dallo specifico e non piò riap- parve. Furono quindi dati li convenevoli consigli onde pre- cavirsi da ulteriore recidiva della febre stessa, e secondo il di lui desiderio si dava al Luca, già intieramente ri- stabilito in salute, la licenza di lasciare 1’ Ospedale. OSSERVAZIONE SECONDA Febre intermittente recidiva a tipo terzano e poi quotidiano Antonino Sofia campagnuolo, di Barcellona, di anni 31, di temperamento linfatico, a costituzione mediocre, si presentava il giorno 1 luglio 1856 nel succennato Spedale di San Marco. Fatte indagini dei suoi antecedenti, mi faceva sape- — 151 re che frequentando per lo esercizio del suo mestiere la campagna di Barcellona e precisamente la contrada Men- za d’ Olivieri di aria malsana, nell’anno 1844 soggiace- va a febre intermittente a tipo quartano della quale gua- riva peli’ uso del chinino; che nel 1848 era stato altra volta affetto da febre intermittente paludale a tipo terza- no che fu anche curata dal sudclto specifico. Che a da- tare da tale epoca sino a marzo 1850 fu quasi ogni anno ad epoche varie visitato dalla terziana clic fu sem- pre fugata collo stesso farmaco. Che nel detto mese mar- zo sotto l’influenza di vicissitudini brusche nella tempe- ratura atmosferica fu collo da puntura di petto, che in- tieramente si scioglieva per deplezioni sanguigne, c re- vulsivi. Dopo che trovatosi in buona salute , onde ottenere maggiori lucri dal suo travaglio, si trasferiva nella Pia- na di Catania, e si fissava pel lasso di un mese nella contrada Foretto, contrada che per malaria non la cede a tutte le altre della Piana sudetta. Che alla fine del me- se, dopo avere accudito con energia al travaglio per la buona salute che vi godea, la mattina del 29 giugno 1856 era soprappreso da febre che accedeva con fred- do, spossamento, malessere, cefalea, nausee, si continua- va nel giorno con calore estuante, e cessava la sera con sudore generale, cui seguiva notte tranquilla. La pace della notte era interrotta la mattina seguen- te dall’ accesso febrile che percorreva esattamente gli stes- si regolari stadii del giorno avanti per lasciarlo libero la sera e la notte tutta. Il Sofia lasciava correre la febre per più giorni senza pensare a giovarsi del solito rime- dio, ma vedendo che la febre insisteva c che le sue forze mancavano si decideva ad invocare i soccorsi medici nel nostro spedale. Giorno 9° di malattia — Giorno 1° di Osser. — Allo slesso momento del suo arrivo allo Spedale nel mattino, era collo dallo accesso febrile. Non ancor situato nel letto , freddo generale lo faceva tremare c contrarre sopra se stesso, la pelle arida si aggrinsiva e si scolorava; il polso era piccolo e frequente, la respirazione aneli' essa piccola e frequente, la lingua bianchiccia c piuttosto secca; pre- paralo subito il letto, il Solia si accovacciava sotto le pe- santi coltri. Dopo qualche ora la temperatura a poco a poco s’ innalzava, li polsi faceansi più ampi ed anche il respiro, la pelle riprendea il suo levigato, e si stabiliva il secondo stadio con febre mollo calorosa, cefalea, in- quietudine : rigettava da se le molte coltri. In questo stadio di reazione circolatoria eccedente, credei opportuno fare eseguire il salasso di saggio di oncie quattro, colle consuete cautele. Dopo riposo, que- sto sangue presentava abbondante siero bigiccio come lattescente , coagulo ristretto a bordi rivoltati verso la superficie superiore, questa superfìcie era coperta da co- tenna bigia profonda circa due linee resistente ed ela- stica, ed il restante del grumo difficilmente si facca di- videre in parti. 11 Sofia si dicea sollevato dall’ operato salasso ; e la cotenna osservatavi, e questo resultato mi misero nel- l’impegno di ricercare se qualche stalo locale flogistico era il motore della febre oppure la complicava. Giovandomi di ogni mezzo diagnostico , ed usando di tutta la mia attenzione portai scrupoloso esame sullo stalo funzionale ed anatomico di tutti li punti dell’ orga- nismo del Sofia, ma niente altro potei rilevare d’innor- malc che marcatole aumento di volume c di densità del- la milza. Nelle ore pomeridiane frattanto la intensità della fe- bre menomava ; verso sera slabilivasi il terzo stadio con profuso sudore, dietro clic f ammalalo restava affrancalo dalla febre e da qualunque incomodo. Lo che veduto, e certo clic si trattava di febre intermittente essenziale re- cidiva semplice, e senza complicanza di sorta, comunque il sangue avca presentato marcabile cotenna, dalla stessa sera alla notte si propinavano al Sofia 24 acini di sol- falo di Chinina. Giorno 10° eli mal. — Giorno 2° di Osserv. — La dimane l’accesso febrile mancò, e mancò definitivamente nei giorni seguenti che il Sofia fu tenuto nello Stabilimento per la ulteriore osservazione, e per refocillare con cibi le sue forze. Giorno. . . . Giorno 3° 4>° 3° di Osserv. — Si pro- pinarono altre dosi di solfato a compimento della cura, ed al quinto giorno dell’ entrata Sofìa lasciava lo Stabili- mento in perfetta salute, se se ne trae residuale grossez- za della milza, a ridurre intieramente la quale, ed a pre- cavirsi da ulteriori recidive fu fornito di consigli medici. OSSERVAZIONE TERZA Febre intermittente semplice terzana Giuseppe Sciacca di Catania , Marinaro Pescatore, di anni 35, a temperamento decisamente sanguigno , di costituzione robusta. Il giorno 22 luglio 1856 si presen- tava in questo spedale di S. Marco per essere curato da malattia febrile che lo affliggea. Riferiva che nel 1846 in seguito a sostenuti trava- gli del suo mestiere consistenti principalmente in reite- rate immersioni nel mare, era stato colpito da emiplegia destra, che migliorava poi ma non guariva intieramente restandogli difetto alla facile motilità dei due arti destri. Che non pertanto onde procurarsi la sussistenza, così in- fermiccio, continuava nell’ esercizio del suo mestiere ; ed — m — accedeva per questo nella spiaggia di questo mare con- finante colla Piana di Catania luogo conosciuto sotto la denominazione Plaia, ove pella bassezza del terreno sono molti impaludamenti epperciò celebralo per emanazione miasmatiche, e produttore di morbi di malaria. Nulla di meno lo Sciacca fu immune per varii anni da siffatti mor- bi. Finalmente la mattina del 20 luglio 18o6 era egli aggredito tutto a colpo nella persona da freddo sì forte che lo obligava ad intermettere il suo lavoro, e quantun- que ravvolto in pesante cappotto , sofferente sempre pel freddo c per contratture, facea con stento il viaggio dalla Plaia alla sua dimora in Catania ; quivi al freddo suc- cedeva massimo sviluppo di calore, cefalea, irrequietezza, sete ; ma verso sera mitigava il calore , si moderavano gli altri sintomi, si stabiliva generale e profuso sudore, ed a notte si trovava libero da ogni incomodo. La dimane si svegliava tranquillo, e senza molestia di sorta passava tutto il giorno e la notte seguente. Giorno 3° di mal.-— Giorno 1° di Osser. — La mat- tina del terzo giorno però, alcune ore prima clic nel gior- no 21, comunque cautelato nel letto era aggredito da forte freddo , all’ avvenire di clic, persuadendosi che la malattia insisteva , lasciava la propria casa per cercare soccorso nell’ Ospedale. AI suo arrivo allo Spedale tuttora trova vasi nello stadio di freddo, tremava, era contralto su di se stesso, la pelle fredda era secca come aggrcnsita ed i bulbi dei peli rilevati, il polso era piccolo c frequente, anche pic- colo e frequente il respiro, la lingua pallida e poco umida, sensazione di stiramento doloroso lo incomodava allo epi- gastrio. Si facea adagiare nel letto destinatogli e coprire di piò coltri, sotto le quali pure sentiva freddo e tremava. Ma dopo qualche ora la reazione si stabiliva e si trovava — 133 — in preda a febre ardente , passava daH’accovaccianiento immobile sotto le coltri , ad un rivoltarsi continuo pel letto, a ricacciare da se ogni copertura ; si doleva forte della testa, la faccia si colorava fortemente in rosso, gli occhi erano scintillanti, il polso era grande c frequente, e frequente e quasi rumorosa era la respirazione, la sete molestava significantemente 1’ ammalato, e la lingua era piuttosto colorala. Credei questo il tempo più opportuno ad operare il salasso di saggio, che colle consuete cautele fu eseguilo nella quantità solila di onde quattro. Dopo il riposo di alcune ore il sangue presentava mediocre quantità di siero flavescente ; ed il coagulo meno ristretto che nelle osservazioni precedenti, c senza rivol- tamento delli bordi verso il centro della superfìcie su- pcriore, era coperto solo in alcuni punti di cotenna bi- giccia; tutta la superficie però resisteva alla lacerazione, e spezzato in lui la la doppiezza mostrava significante te- nacità. L’ ammalato si lodava degli effetti del salasso : gli attribuiva Io sccmamenlo dell’intenso calore, della cefalea, dell’ inquietudine, della sete che ne era avvenuto di se- guito. Ma in fatto la febre clic avea percorso il secondo stadio , s’ incaminava al terzo , nel quale ripetendosi le cose giusta a come nel primo accesso , dopo profuso su- dore, finiva intieramente nella notte. Giorno di mal. — Giorno 2° di Osser. — La di- mane lo Sciacca trovavasi in tutta calma, e poiché dalle più minuziose ricerche dirette a scoprire se qualche sof- ferenza organica locale causava la febre o la complicava, ne ebbi risultati negativi, c poiché la eliologia e la sin- tomatologia facean certa la diagnosi di trattarsi di febre paludale semplice a tipo terzanario, nulla curando le qua» / — m — litìi presentate dal sangue, durando l’apiressia tutto il giorno, si propinavano 20 acini di Solfalo di Chinina. Giorno 3° di malattia — Giorno 3° di Osser. — Con- tinuò la calma per tutta la notte. Lo specifico avea vinto il morbo, nò la dimane nò il seguente giorno riapparve febre. S’ insistè non pertanto sull’ uso del Solfato, ed avuti li convenevoli consigli, lo Sciacca lasciava l’ospedale ri- sanato. OSSERVAZIONE QUARTA Febre perniciosa encefalica, remittente quotidiana D. Ferdinando Grasso Condurso da Catania, Civi- le, di anni 40, di temperamento sanguigno , robusto di costituzione; in agosto ISSO mi facea chiamare per as- sisterlo in sua casa onde curarlo di malattia febrile di clic era travagliato. Come antecedenti mi riferiva avere egli sempre go- duto ottima salute, se se ne eccettui che al 1836 mentre militava sotto le bandiere reali in Napoli, a causa di for- te insolazione era stato collo da colpo di sangue alla testa , di che fu subito guarito in quello Spedale della Trinità. Posteriormente compito il suo servizio militare si restituiva in patria ed otteneva il posto di Custode Civile della gabella dei pesci. Questo ministero lo obligava a dimorare giorno e notte nell’ officina di sgabello sita sul bordo della nostra Darsena (1). (1) Piccolo ricovero ili Parche net liltorale della Città difeso da muri dalle acque che vengono dal largo , ed in comunicazione col Mare per stretta apertura dal lato di terra, e le cui acque quindi — 137 — Giorno 1° di Malattia — Una mattina in sull’ albeg- giare, al sortire dalla stanza dell’ officina per accudire allo esercizio del suo impiego sentiva molestarsi dall’ im- pressione di aria umido-fredda, cui succedeva malessere generale, caduta delle forze, pandicolazioni, sbadigli, ver- tigini, nausee. Questo stato lo induceva a tradursi in seno della propria famiglia, c mal reggendosi, arrivatovi a mala pena fu subito soprappreso da rigoroso freddo, da acu- tissima cefalalgia seguila da stordimento. Si usavano mezzi a riscaldarlo, si propinavano be- vande calde dai parenti, ma il freddo non cedeva che dopo circa un’ ora. Seguiva fcbre ardentissima con ce- falgia e stordimento, che sempre gagliarda si estendeva sino a notte. Poi si mitigava, appariva sudore alla pelle, la cefalalgia cedeva anche essa, ma restava come un tur- bamento d’ idee, e passava le ultime ore della notte con semiquiescenza , vegliando e sonnacchiando interpellata- mente. Giorno T di mal. — Giorno 1° di Osser. — Ma non appena spuntato il dì vegnente era aggredito dalli stessi di- miscela ili acqua marina salsa e ili acqua dolce che vi proviene da varie sorgive di questa che esistono nella stessa Darsena , non possono essere rinnovate specialmente nei tempi ili calma ; cosicché nella stagione estiva quando il nostro Jonio è quasi sem- pre in calma, la Darsena può dirsi un Lago uno stagno di acque salse c dolci ; c comechè le acque piovane e la stoltezza dei vi- cini abitanti vi deposita ogni immondezza, che l’incuria non pre- viene di depositarvi , ne cura sgombramela , ne avviene che nei tempi calorosi si fa nel fondo della delta Darsena tal fermento che dà luogo a significante svolgimento di gas clic ad ognuno è facile os- servare dalle bolle che vengono alla superficie dell’ acqua e che rotte vi lasciano un strato sopranuotante di sostanza oleaginosa bianco-opaco. Da onde quel locale non è tenuto di pura aria , ed insigni Medici tra quali il Platania . il Galvagni , il Russo ec. vi hanno addebitato la genesi delle febri intermittenti die non di raro nella stagione calorosa ivi si osservano. ATTI ACC. VOL. XV. ‘21 sturbi che il giorno avanti, e la febre accedeva con non dissimile gravezza. La mattina slessa di questo giorno vedeva io per la prima volta il Grasso: lo trovava tremante e quasi convulso; si lagnava di estremo freddo , ma la pelle al tallo di altri non dava tal sensazione di freddo, forte- mente si doleva del capo ed era stordito, tarde, incerte e confuse erano le sue risposte ; li polsi erano piccoli e frequenti, e così il respiro. In questo stalo mi limitai ai soli compensi bevande calde e senapini agli arti. Dopo il lasso di due ore lo rivedeva, c lo trovava con cocente febre: polsi grandi e vibrali : calore della pelle mordicante : faccia colorata in rosso carico ed espansa : occhi scintillanti : la cefalea si continuava, ma scemato lo stalo di stordimento la intelligenza era più svegliata, talché polca dire del proprio stato, ciò che non uvea potuto fare nella visita prima; rivelava ora di essere stato dal principio dell’ accesso c di continuare ad essere incomodato da molesto tintinnio alle orecchie; la respira- zione era divenuta larga c meno frequente; la lingua si presentava umida, nè 1’ ammalalo era molestalo da sete. Standomene ancora ad osservare e facendo solo la medicazione dei sintomi, comunque polla etiologia e pel corso della prima febre era inclinato a diagnosticare la malattia febre intermittente essenziale, pure attesa la molla reazione angiotenica, la eccessiva rossezza della faccia, la forte cefalea, lo stordimento, ed il tintinnio alle orecchie, ed anche per servire alle mie ricerche, perchè trattavasi d’individuo robusto , gli feci trarre oneic sci di sangue dal bi •accio. Questo sangue dopo il consueto riposo si divideva in siero proporzionatamente non molto quantitativo, ed in coagulo piuttosto grande sormontalo per lolla la su- perlicic da cotenna bigia, elastica e mollo tenace, che si — 159 — lasciava trarre più che spezzare dal corpo lacerante con che si operava, ed al taglio presentava la rilevante spes- sezza o profondità di quattro a cinque linee; Ed il rima- nente del coagulo presentava aneli’ esso significante te- nacità. L’ ammalato risentiva momentaneo sollievo dal sa- lasso, ma bentosto le sue molestie ringagliardivano , e lo stalo di reazione energica si continuava sino oltre il mezzo giorno. Allora senza essere stati amministrati all’ am- malato altri sussidii che sole bevande diluenti , la feb- bre da se rimetteva largamente, minuivano la cefalalgia, 10 stordimento ed il tintinnio alle orecchie ; verso sera il miglioramento era ancor piu marcato, la pelle s’ inumi- diva, ma la febre non finiva del tutto, ed un senso di va- cuità alla testa ed un che di confusione nelle idee sussi- stevano. In questo stato l’attenta esplorazione degli organi tutti, solo mi dimostrava una sofferenza all’ encefalo. Giorno 3° eli mal . — Giorno 2° di Osser.— Nella notte continuò la stessa rimessione, e continuava la dimane nelle prime ore del mattino quando io visitava Y ammalato. Ma poco dopo, circa all’ora stessa dei due prece- denti giorni, lo assaliva il terzo accesso febrile con feno- meni più gravi però: Nel primo stadio infatti l’ammalato era come annientato, la sua pelle secca era inegualmente fredda nei va ri i punti, le mani fredde e di color livido, 11 polsi piccoli celeri e frequenti, la respirazione esilis- sima e l’alito freddo, ed un coma profondo gli permettea appena di proferire qualche vacillante parola in risposta alle insistenti interpellazioni ; Usciva da questo stadio , nel quale ogni maniera di stimolazione periferica non fu risparmiata; incedeva lo stadio di reazione con polsi alti duri, cocente calore, inquietudine, arrossamento della fac- cia, forte cefalea e stordimento. Questo stadio si prò- — m — lungava sino alle ore serotine, e da queste ore, al par di prima, e la febre e la ccfalgia minuivano, e si stabiliva proluso sudore. Dietro ciò diagnosticai la malattia una febre perni- ciosa encefalica remittente cotidiana; e fatto questo giu- dizio mi determinava all’ amministrazione del rimedio spe- cifico; ma a dileguare ogni dubbio, e quietare li scru- poli e le appreenzioni dei parenti si consultava fi esimio Professore I). Andrea Aradas, il quale, informato dei fatti, approvava la mia diagnosi e la indicazione curativa. Perciò nella notte, durante la febre in remissione, e continuando la confusione alla testa, furono amministrati 120 acini di solfalo di China. Giorno 3 0 di Osser. — Spuntò il giorno vegnente e la residuale febre era dell’ intutto cessata, e la confusione era sostituita dal ronzio terapeutico alle orecchie. Venne f ora dello accesso e mancò intieramente: l’ammalato era del tulio guarito, c messi in pratica li consigli profilat- tici di che lo forniva, gode d’ allora florida salute. OSSERVAZIONE QUINTA Febre perniciosa paralitica cmilritea Il Bai 'one V. di anni 77, di temperamento decisiva- mente sanguigno, forte di costituzione, nato da parenti che finivano la loro carriera vitale colpiti da apoplessia, contava questi. Antecedenti All’ età circa della pubertà era stalo visitato a brevi intervalli da attacchi di convulsione epileltiforme, ed in età più provetta da congestioni epatiche che radiarono per — JGi — dir cosi c sostituirono quella prima forma morbosa, che non si fece d’ allora più vedere. Col crescere degli anni la congestione epatica avve- niva a più larghi intervalli, ed ialine si stabiliva ad una volta all’anno, ordinariamente verso il termine della sta- gione calorosa. E questa malattia si curava sempre con deplczioni sanguigne generali e locali, dalle quali si ri- cavava costantemente sangue con aumento di fibrina e co- tenna, e che giudicavano la malattia in brevissimi gior- ni ; cosichò all’ infuori di queste passeggierò sofferenze la di lui salute era abitualmente rigogliosa , e massima l’attività fisica c morale. In Giugno 1853 dietro molte concitazioni morali , in un momento di forte colera fu colpito da congestione cerebrale siffatta clic mentre si alzava con empito dalla sedia cadde subito per terra, ed crasi verificata già la resoluzione paralitica della intiera metà destra del corpo. Senza il minimo lasso di tempo si accorreva con gene- rosi salassi, con forti derivativi e revulsivi, e dopo alcu- ne ore, nello stesso giorno la paralisi si risolveva in gran parte : la lingua era meno deviata e la balbuzie scemata in modo da potere proferire alcune parole distintamente, li movimenti dell’ uno e dell’ altro arto destri si ripristi- narono in parte. Di più in più nel prosieguo si risolve- va la paralisi, e restava postumo della malattia intorpi- dimento alla gamba e debolezza ai movimenti di essa. D’ allo! *a si riproduceva di tempo in tempo la con- vulsione cpilelliformc che lo aveva travagliato nella pri- ma età, ed anche questa volta immediatamente cedeva ai pronti salassi sul cui coagulo non mancava mai la coten- na. Ed all’ infuori di questo le funzioni tulle del suo or- ganismo si eseguivano con tale energia e regolarità co- me in gioventù. — 162 — Storia clinica Così stando, un giorno di maggio 1857 accedeva per sollazzo in un podere sito nella maremmosa Piana di Catania. Quel giorno tirava forte vento da Levante, ed allo uscire dalla Carozza per introdursi nella Casina, ed al ritorno della Casina, ove avea dimorato qualche ora, si sentiva molestalo da quel vento freddo. Si restituiva in Città con malessere generale, e con spezzamento delle articolazioni. Si credè infreddato, fece delle cautele e medicate analoghe a questa idea, ma il malessere lo accompagnava per lutto il corso della notte, nella quale non poteva dor- mire. Gior. 1° di maini. — Gior. 1° di osser. — E seguitava così la dimane , quando nonpertanto lasciava il letto e se ne slava a sedere. Seduto come era alle ore 16 sentì tutto a colpo annientarglisi le forze e mancargli ogni fa- coltà di muoversi, di parlare o altro. Chiamato prontamente presso il paziente lo trovava giacente come corpo inerte su una poltrona; la faccia sua era scolorala, rilasciata e senza espressione, ei mi fissava appena con occhio languido e semichiuso ; la pelle era fredda del freddo del marmo: non presentava alcun calore vitale; i movimenti degli arti e tutti altri movimenti volon- tari erano annientati: anche la parola era impossibile, e lo sfintere dell’ ano ed il collo della vescica rilasciati avevano lascialo scorrere fuori e orine e feci ; li polsi infine erano di piccolissimo calibro c lenti. La prima idea che mi si affacciò in mente si fu che tale stato di generale paralisi avesse potuto dipendere da compressione cerebrale causata dalla replica della con- gestione cerebrale che era stata altra volta, piò generale I — 1G3 — c più quali Illativa clic allora ; ma io pcndea incerto in questo giudizio perchè la natura dei sintomi non mi pre- sentava niente di raptus sanguigno alt’ encefalo, bensì inerzia generale. Mi limitava quindi alt' applicazione di ogni sorta di stimolante all’ esterno, ed all’ amministra- zione di bevande calde diffusive all’ interno. E dopo qual- che ora i! calore ritornava, la pelle si coloriva; la faccia si animava: si dissipava 1’ aria di ebeludine; la favella si chiariva, allivavasi il polso; ritornavano le forze e la pos- sibilità dei movimenti. A sera 1’ ammalalo era in uno stato opposto a quello della mattina. Forte febee, colorazione molto animala della pelle : eccessiva alla faccia ; inquietudine ; cefalal- gia; loquacia quasi delirio caratterizzavano questo secondo stadio. A tal punto feci sospendere ogni stimolazione, ed invece onde moderare la eccessiva reazione principalmente, in secondo per scrutare meglio la malattia, ed in ultimo all’ oggetto delle mie ricerche, facea praticare un salasso di oncie otto dal braccio. 11 sangue estratto dalla vena presto si cougulò, esso presentava abbondevole quantità di siero lattescente tor- bido, coagulo ristretto con bordi rivolti in su ed al cen- tro, e la superfìcie coperta da cotenna bianca mostrante una tessitura di fili per lutti i versi, la quale resisteva alla lacerazione come carne organizzala. Tagliatala si tro- vava della spessezza di quattro a cinque linee, ed il ri- manente del coagolo sottostante presentava simile densità e tenacità. Questo salasso a meno di momentaneo sollievo della cefalea non diede marcabilc resultalo; e la febre ed i sintomi tulli perduravano pel corso intiero della notte colla stessa intensità che la sera, e così seguivano nella mattina del giorno appresso sino a mezzogiorno. Ma a quest’ ora si inarcava una remissione e della febre e de- gli altri sintomi; si iniziava sudore alla fronte; c 1* amma- lato chiudeva gli occhi a vero sonno. Tale remissione durava c si pronunziava anzi dippiù sino alle ore 21 italiane. Gior. T di malat. — Gior. 2°. di Osser. — Ma date le ore 21, senza un perchè, la febre a poco a poco si riaccendeva, cresceva la cefalea, la sete molestava 1' am- malalo, e la lingua si mostrava rossa ed aspra. Per questo, comecché da tempo non si era fatto sgorgo sanguigno dall’ ano, come solcasi nel passato, si applicarono sei mi- gnatte, e se ne ebbe mediocre quantità di sangue molto plastico. l\on pertanto la febre si estendeva monotona per tutta la notte, c perdurava la stessa e colli stessi sin- tomi nel vegnente mattino lino alle ore li. Gior. 3* di inalai . — Gior. T di osser. — Ed alle ore 14 1’ ammalato era di subito soprappreso dallo stesso annientamento di forze e dalla stessa impotenza ad ogni movimento che il giorno primo della malattia, e appunto come allora ogni calore cessava, la pelle si scoloriva, la li- sonomia perdeva ogni espressione e l’occhio smorto non fissava che indecisamente gli oggetti; l’alilo era freddo, li polsi si facevano filiformi e lenti, e gli sfinteri rila- sciati lasciavano libero esito alle orine ed alle feccie. Si ricorse altra volta alle stimolazioni di ogni ma- niera. E non pertanto questo stalo di annientamento vitale perdurava per assai più lungo tempo che il giorno primo, lo che dava argomento a far munire 1’ ammalato almeno dell’ estrema unzione non essendo modo di amministrarsi gli altri divini e supremi conforti. Dopo il lasso di cinque ore la vita cominciò a riat- tivarsi, ed il sentimento, il movimento, la circolazione, la calorificazione di pari passo si rianimavano. — 165 — In breve si stabilì energica reazione al pari del pri- mo giorno, e durante tutta la notte l’ ammalalo fu mole- stato da insoffribile calore, da cefalea, da sete e da molta inquietudine fisica e morale, agitandosi continuamente nel letto e delirando. Gior. 4>° dimalat. — Gior. 4° di osser. — La mat- tina del giorno quarto perdurava tuttora intenso lo stato reazionario, ma al tardi circa a metà del giorno la febre rimetteva largamente e rimetteva con essa la intensità dei fenomeni morbosi; lieve sudore si affacciava al fronte e 1’ ammalato tendea al sonno. Credei allora avere sufficienti motivi per diagnosti- care la malattia una febre perniciosa periodica a tipo emitrileo e mi affrettai da una mano a propinare all’ am- malato forti dosi di Solfalo di chinina scello, e dall’altra chiesi un consulto, a che furono invitati il valentissimo Professore Giuseppe Antonio Galvagni ed il mio fratello e Maestro Professore Michelangelo Bonaccorsi. Essi stimarono giusta la mia diagnosi , e mi inco- raggiarono a spingere oltre alli 40 acini già amministrati la (Tose del solfato di Chinina. Così fu fatto e sino alle ore 21 si erano già consumali settanlacinque acini del far- maco specifico. A quest' ora bisognò sostarsi da ulteriore ammini- strazione, perchè la febre a poco a poco si riaccese, il dolore alla lesta crebbe , la lingua divenne rossa ed asciutta, incomoda sete molestava 1’ ammalato, e l'addome si mostrava mcteorizzato; e si stabilì invece medicazione diluente temperante. Lo stato febrile si continuò nella notte e perdurava la mattina del giorno quinto con eguale intensità. Giorno 3° di inalai. — Giorno 5° di osser. ~ Erano già passate e le ore 14 e le ore 16, epoca dell’accesso del terzo e del primo giorno, e pareva clic la febre ATTI ACC. TOl. XV. 22 eonlinuassc collo stesso tenore, ina alle ore 18 in un attimo l’ammalato tornò quasi freddo cadavere come in quei giorni. Sta volta però la reazione non si fece attendere così a lungo come nel terzo giorno, e dopo due ore di trattamento stimolante, perfettamente si stabiliva. In quello ed in questo stadio li sintomi tutti degli accessi del primo e del terzo giorno erano fedelmente copiati; ma anche lo stadio di reazione si abbreviava di molte ore, e assai prima di spuntare il sesto giorno la febre era non solo rimessa ma intermessa; spuntava genera- le e profuso sudore, c quieto sonno beava il paziente. Giorno 6 0 di ossei'.— -Ben per tempo perciò si co- minciarono ad amministrare nuove dosi di Solfato di Chi- nina che si continuarono sino a mezzo giorno. Lieve movimento febrile avvenne la sera di questo giorno e 1’ ammalalo potè dormire nella notte. Giorno 7° di ossei1. — Tal movimento febrile era già estinto la dimane, pel che anche nella mattina di questo giorno fu amministrata qualche dose dello specìfico. Passarono le ore 14 le 16 le 18 tutta la giornata e non avvenne accesso di sorta. L’ammalato trovavasi gua- rito, era entralo in convalescenza consistente in un senso di debbolezza generale che si dissipava di giorno in giorno mercé dieta refellizia che ben comportava. DEDUZIONI Le cinque superiori istorie le quali presentano tre casi di febre periodica intermittente semplice, c due casi di febre periodica remittente perniciosa o comilata bastano ìi potere fissare che la cotenna nel sangue non ò incompa- tibile colla febre intermittente essenziale? In tali casi la febre era veramente essenziale, c quan- d’anche lo fosse stata non era complicala ad uno stalo locale — 167 — llogislico da che dipendeva, ed a che si doveva la presenza della cotenna nel sangue? La presenza della cotenna sul coagulo del sangue nella fehre intermittente essenziale non contradice a quanto è stalo sanzionato dai Classici? § Essendocela 1’ assunto non è di provare che la co- tenna esiste sempre nella fehre intermittente essenziale da costituirne un carattere, ma la semplice possibile evenienza del caso; non la costante coincidenza dei due fatti fehre intermittente essenziale e presenza della cotenna nel sangue, ma la non impossibilità infine dei due falli, è chiaro che anche un solo caso bene stabilito di fehre intermittente essenziale scevra di complicanza, basta a fissare che la presenza della cotenna nel sangue non è incompatibile colla fehre intermittente essenziale. §2.° Per quanto poi alla essenzialità e non complicanza della febre nessun dubbio lasciano le istorie dei tré casi di febre intermittente semplice : Erano nate sotto l’ im- pressione di causa specifica maremmana , la sintomato- logia intermittente si presentava lucida , nessuno organo rivelava sofferenza o disturbo di sorta specialmente nel- 1’ epoca dell' apiressia , ed il più minuzioso esame , met- tendo in contributo li migliori mezzi diagnostici che la scienza possiede , non faceva riconoscere alcuna innorma- ] ila di stato organico o funzionale dei singoli organi, se se ne eccettui 1’ aumento di volume della milza concomi- tante o consecutivo per lo spesso alle febei essenziali in- termittenti. t — 1 68 — Ma dalle istorie delti due casi di febre perniciosa o Gomitata remittente risulta clic, in ambo gli individui 1’ encefalo rivelava sofferenze positive, c sofferenze posi- tive inoltre rivelavano gli organi della cavità addominale nel soggetto della quinta osservazione, specialmente nello stadio di reazione degli accessi dei giorni dispari, e nella febre dei giorni pari che con eguale intensità si protrae- va sino al momento dello accesso della dimani. Questo fatto e la significante cotenna che sormon- tava il coagulo del sangue estratto dalla vena potrebbero fare sospettare che se anche la febre accessionalc non dipendeva, non era sintonìa di malattia locale forse flogi- stica all' encefalo ed alti visceri dell’ addome, poteva però essere complicala a malattia siffatta, e che a questa si doveva e la continuanza della febre dei giorni pari e la cotenna nel sangue. Sembra invero che un tale argomento sia inelutta- bile. Ma se si considera che la malattia in ambi i casi nasceva sotto 1’ influenza di causa miasmatica, che la feno- meni era davvero accessionalc, c ciò che più monta, che lo specifico Solfalo di Chinina giudicava intieramente la febre e con essa li fenomeni tulli di sofferenza encefalica e addominale; mi credo potersi con migliore argomento so- stenere, che quei fenomeni morbosi che occorrevano colla febre erano semplicemente effetti di essa non stavano da se, erano semplicemente sofferenze più marcate di organi che predisposti per antecedenti malattie , o come con forinola volgare si dice deboli, facilmente e più che al- tri s’ impressionavano nel generale turbamento febrile che scuoteva 1’ organismo , non erano insomma clic sintomi simpatici della febre. E di vero il Condurso al 183C mentre militava sotto le bandiere reali avea sofferto cólpo di sangue alla testa. — 1G9 — pel che avea dovuto ricorrere alle cure dei medici dello Spedale della Trinità in Napoli. Il Barone poi , avea sofferto da lungo tempo alla lesta : era stato epilettico da giovine , ad età avanzata avea sofferto forte congestione sanguigna all’ encefalo che produsse la paralesia momentanea ma completa del lato destro tutto, c forse anche lieve emorragia in quanto che se li movimenti di questo lato si repristinarono , restò frattanto e resta intorpidimento e debolezza di movimen- to alla gamba e piede destro; lo stesso Barone era stato spesso c per lungo tempo molestato da iperemie epati- che che oltre dei disturbi alla economia del fegato , ne inducevano altri alle viscera tutte addominali. Ora se per la poco modificata azione degli agenti igienici, gli organi della macchina che si trovano deboli per replicale malattie o per grave malattia che abbiano anteriormente sofferto, sogliono molestarsene, mentre che tale azione spiegata simultaneamente in tutta o gran parte della macchina non fa impressione turbatrice su tanl’ al- tri organi ; pare logico il dedursi che all’ occasione del grave scuotimento morboso che la febre essenziale inter- mittente produce in lutto T organismo, gli organi che si trovano deboli per anteriori malattie devono molestarsi di troppo di quello scuotimento, e palesare con sintomi cor- rispondenti la loro speciale sofferenza. Se quindi Condurso era molestato da cefalea se da stordimento, se la calorificazione sua presentava disturbi estremi , ciò avveniva per la più grande molestia che il suo encefalo altre volle fortemente urlato dal colpo di sangue, risentiva dallo scuotimento generale che la febre essenziale operava in lutto il suo organismo. Se il Barone cadca colpito da generale paralisi allo esordire dello accesso febrile , se era molestato poi da cefalea, inquietudine, delirio; e se nei giorni pari pre- — 170 — cipuamenle gli organi digerenti mostravano loro peculiare sofferenza colla espansione addominale, la siccità ed a- sprczza della lingua, colla smodata sete, lo era perchè r encefalo del Barone per gli anteriori urli ricevuti, ri- sentiva più molesto il generale scuotimento patologico della fehre accessionale , il (piale serviva d' incentivo a riprodurre lo stalo morboso di una volta. E per fjucslo stesso, per l’urto febrile, li visceri addominali predispo- sti dalle passale malattie e maggiormente impressionabili davano segno di risentimento speciale tendente alla ri- produzione dello stato morboso di una volta. Così dunque il disturbo encefalico in ambi , il di- sturbo gastro-enterico nel secondo non erano malattie che stavano da se, clic preesistevano , non malattie ricorrenti nate da impressioni diverse da quelle che determinavano la febre intermittente, che la complicavano , ma non al- tro erano che effetti prodotti dalla febre stessa, clic sin- tomi accidentali di essa per ragione della maggiore im- pressionabilità di quegli organi. Infatti una volta che la febre fu troncata , ebbero anche fine li sintomi encefalici e li sintomi gastro-ente- rici, la febre quindi era il motore dei disturbi all' ence- falo , al tubo gastro-enterico , non dipendevano da ma- lattia altra. Vero è clic in tali casi se la febre non si fosse troncala e si fossero quindi replicali gli urli sopra que- sti organi così predisposti, sarebbe avvenuto, come sei sanno i pratici, clic la malattia a che tali organi erano predisposti sarebbe alla perfine scoppiata, ma sempre sta che nel nascere della febre intermittente non era lutto al più in cpiesti organi clic semplice eventualità a malattia c non malattia esistente , la quale se in progresso fosse esistila sarebbe sempre stala messa in allo, sarebbe stala prodotta dalla febre intermittente , dai reiterali urli di quesla ; talché sempre non avria potulo alTallo guarirsi questa malattia consecutiva senza che si fosse guarita la febbre intermittente; E dato pure che la malattia conse- cutiva la malattia sintomatica divenuta alla lunga idiopa- tica non sarebbe guarita ancorché si fosse curata conve- nevolmente la fehre intermittente, ciò saria avvenuto per- ché anche la fehre intermittente come tutt’ altre malattie può lasciare in conseguenza di se lesioni dinamiche o organiche di differente natura, che sempre ne dipendono come prodotto come effetto più o meno permanente. Ancorché dunque non si fosse accorso a tempo a troncare la fehre perniciosa che ammalava gl’ individui della quarta e quinta osservazione, vale a dire se non si fosse messo termine al «'onerale disordine ncrvoso-cir- cola torio che impressionava molestamente gli organi più suscettibili della loro macchina, e ne sarebbe avvenuto che sotto la ripetizione di tale molesta impressione si sareb- be sbilanciata la loro suscettività organo-dinamica , e la loro eventualità morbosa si sarebbe ridotta in alto, si fos- sero insomma davvero ammalati della malattia alla quale si trovavano predisposti , e la congestione ed auclie la infiammazione di essi si sarebbe suscitala ; anche allora queste malattie non sarebbero state che effetti che pro- dotti della fehre , e non componenti della fehre , tanto meno la causa della febre, ne anche primitiva coesisten- za, ma finali prodotti che avrebbero corso le loro fasi, e che oltre alla distruzione della causa occasionante di essi, avrebbero bisognato di metodi altri diretti alla loro differente natura. Così dunque e nelli tre primi casi di febre inter- mittente semplice, nei quali ogni ricerca fatta con quan- ta più attenzione, ed impiegando li migliori mezzi dia- gnostici, non fece scoprire alcuno stato locale che aves- se potulo causare, coesistere o complicare la febre inter- — 172 — mittente , trattavasi di febre intermittente essenziale spe- cifica ; ed anche nelli due casi di febre intermittente o a dir più preciso remittente perniciosa , cefalalgica so- porosa l’una, e paralitica l’altra, si trattava di febre intermittente essenziale specifica non dipendente , nè complicala da malattia locale flogistica; E poiché il sangue estratto dalla vena marcatamente facea conoscere l’ aumento della cifra della fibrina clic dava luogo a in- dubitata cotenna , si può stabilire come cosa provala che l’ aumento della cifra della fibrina nel sangue e la coten- na non sono incompatibili colla febre essenziale intermit- tente specifica maremmana. § 3.» Ma questa deduzione pare che urtasse di fronte li fatti sanzionati dagli Emalologisti, e le deduzioni accet- tate dai Classici. In effetto si è quasi ammesso nella Scienza che uno dei caratteri più concludenti che distingue il fatto pato- logico flogosi e la febre che ne è sintonia, dal fatto pato- logico febre primitiva essenziale non dipendente da stato locale flogistico, si è l’ aumento della cifra della fibrina e quindi la maggiore coagulabilità del sangue e la produ- zione della cotenna nel primo; e nel secondo la diminu- zione o almeno il non aumento della cifra della stessa fibrina e quindi la minore coagulabilità del sangue e la non esistenza della cotenna. Ma fatto migliore esame delle cose, in primo sono lieto di non trovarmi in opposizione colla imponente auto- rità del coscienzioso Professore Andrai, ma di trovare anzi nel suo immortale Saggio di ematologia come potere spiegare i fatti clic ho accuratamente raccolti. E di vero questo insigne Professore statuendo sulla — 173 — cifra fisiologica della fibrina nel sangue umano così scrive nel dello Saggio. « Vi sono pure alcuni individui che senza essere « ammalali possono avere nel loro sangue sino a quasi « 4, di fibrina. Inollre dicendo dello sialo del sangue nella pletora e nell' anemia, marca che in quest’ ultimo sialo generale dell’ organismo come nella clorosi, clic non sono affatto infiammazioni, il sangue presenta cotenna come nelle in- fiammazioni, e simile a quella che fisiologicamente si for- ma nel grumo del sangue di alcuni animali nel Cavallo precisamente, e conchiude con queste parole. « Epperò bisogna non obliare che in principio di « ogni malattia il sangue può presentare due grandi c modificazioni nei suoi globuli di cui una appartiene alla « pletora e 1’ altra all' anemia. Dippiù stabilisce che lo stato vario del sangue come nelle flogosi così nelle piressie non è causa della malat- tia ma effetto del processo morboso, e così si esprime. « Poiché la diminuzione della fibrina non esiste lie- te cessariamenle in nessuna febee, è ben chiaro che non tt bisogna porre in questa alterazione del sangue il punto « di partenza di quesfordine di malattie. Ma ciò che mi tt sembra incontrastabile si è, che la causa specifica che tt gli dà nascita, agisce sopra il sangue di tal maniera che « tende a distrurre la materia spontaneamente coagu- tc labile. Se questa cagione agisce con poca energia, o « se 1’ economia le resiste la distruzione della fibrina non « si compie, se al contrario la cagione continua ad agire « con tutta la sua intensità, e che le forze dell’organi- « smo sono mancate, la distruzione della fibrina comin- « cierà sia dal principio stesso della malattia, (ciò che e è rarissimo ) sia un certo tempo dopo che si è svi- « lappata. ATTI ACC. VOL. XV. 23 — i n — Ma ciò che è più importante si ò che 1’ Autore stesso dicendo della assenza della cotenna sul coagulo del san- gue come carattere negativo delle febri essenziali , san- ziona. (c lo posso asseverare che non V ho giammai trovata « (la cotenna) a meno che non vi sia stata qualche coni- ti plicazione flogistica, nò nella febre infiammatoria, nè nella « febre tifoidea leggiera, o grave, nè nella rosolia, nè « nella scartatimi, nè nel vaiolo. Tace quindi della febre intermittente, la sua asse- verazione non riguarda questa febre; ed anzi dicendo po- steriormente della influenza della fibrina sulla temperatura del corpo, statuisce per incidenza dello stalo della fibrina nella febre intermittente in queste parole. (t Questa temperatura tocca il suo massimo nelle « febri intermittenti, ove la fibrina come mi sono assi- ti curalo resta in quantità normale nel sangue. Questo fallo poi è consentilo dai Signori Léonard e Folley, che al 1845 annunziavano alla Accademia delle Scienze avere esaminato la composizione del sangue pres- so gf individui colpiti di febee intermittente, e non avere trovalo alcuno cangiamento nelle proporzioni della fibrina, dei globoli e nei materiali solidi del siero. Ma il giù celebre Professore Grisolle nella sua ope- ra di Patologia interna scrive. « E solo quando la febre si prolunga o si sono « verificati frequenti recidive, li differenti principii del a sangue diminuiscono di proporzione, ma questa dimi- « nuzione si verifica specialmente dei globuli, e produce « allora 1’ alterazione che descriveremo più basso all' ar- te licolo Anemia. Ed il diligente Signor Latour nel corso di Patolo- gia interna professata dallo stesso insigne Andrai, dicen- do sulla natura della febre intermittente scrive anche egli. — 175 — « Non si é dimostrato d’ altronde che 1’ alterazione « del sangue potesse almeno essere invocato allo stesso « titolo: Senza dubbio non si è trovato costantemente que- « sta alterazione in tutta la durata della febre, poiché « non si è potuto riconoscere nei primi accessi. « Ma non è possibile che la chimica sia impotente « allora a scoprire un’alterazione incipiente del sangue « mentre che si manifesta allorché la febre é ritornata « soventi. Essa scopre allora una diminuzione nei prinei- « pii costituenti del sangue, soprattutto nei globoli rossi. Or se dunque nello stalo fisiologico le proporzioni della fibrina possono elevarsi ad una cifra inconsueta qual’ è quella di 4, che può dar nascimento alla cotenna, che ho io poi veduto sul coagulo del sangue di individui in stalo di salute, e che si salassavano a prevenzione di malattia o per contratta abitudine buona o mala che si era. Se il sangue in principio di ogni malattia può pre- sentare due grandi modificazioni nei suoi globuli di cui una appartiene alla pletora e 1’ altra all’ anemia. Se nell’Anemia si lm pel piò aumento proporzionale di fibrina e quindi cotenna. Se la diminuzione della fibrina non è il punto di partenza la causa prossima delle febri in generale , ma effetto; ciò clic altronde resta definitivamente stabilito dall’ ultima teorica resultante dalle consenzienti esperi- menti delle due celebrità di Francia ed Inghilterra il Claudio Bernard ed il fu Marshall-IIall. Se quando 1’ economia resiste alla causa delle febri la distruzione della fibrina non si compie. Se nella specie nessuno asserisce che nella febre intermittente siasi osservala diminuzione nella cifra della fibrina. Se anzi si dice che se nei principii della febre inter- mittente non si può marcare la incipiente alterazione del — 176 — sangue, quando però la febee si prolunga e si softo veri* ficaie frequenti recidive, avviene specialmente la diminu- zione dei globoli e si produce allora l’Anemia. E vero quindi che i falli clic ho rapportali di au- mento della fibrina e di esistenza della cotenna nel san- gue estratto da individui in preda a fehre intermittente essenziale non contradice a quanto sperimentalmente si è stabilito dal venerabile Andrai e dai Classici nella Scienza. E d’ accordo con gli Autori nella teorica oggimai ridotta a tutta evidenza dal Professore Galvagni nel suo immortale Trattalo pratico delle malattie d'intossicazione palustre , clic la natura della febre essenziale intermittente è un speciale avvelenamento, che in prima ed or semplice- mente si limita a sturbare l’azione nervosa o il dinamismo, e poi ed alla lunga, secondo la varia resistenza dinamica, ad alterare la composizione del sangue e tutta la compage or- ganica; dico che nel principio della febre intermittente il san- gue mostrerà le qualità e le proporzioni nei suoi componenti che si avea prima dello attacco febrile, o dell’ azione della causa specifica o maremmana; c comechè per diverse cir- costanze individuali, e per accidenti di villo, di stali atmo- sferici ed altro può, durando ancora lo stalo fisiologico, trovarsi in aumento la cifra della fibrina nel sangue; comechè trovandosi l’ individuo predisposto ad altra malat- tia anche locale, per la sopravvenuta impressione deter- minante tossica, ad onta di qualunque diversa predisposi- zione si sviluppa sempre la febbre intermittente essenziale con semplice modifiche di forma tutto al piò, cosichò ed il Pletorico e 1’ Anemico ed il Reumatizzante e la Clo- rotica ec. saranno egualmente colpiti dalla febre intermit- tente. Perciò nel principio della febre intermittente se il sangue contiene aumentate proporzioni di fibrina da dar luogo alla cotenna, rimarrà tale aumento di fibrina, e la cotenna si troverà sopra il coagulo del saugue. E dirò — 177 — inoltre clic quando la febre si è prolungata o sono avve- nute frequenti recidive, se è vero che la diminuzione dei globoli rossi vi coincide e si stabilisce 1’ Anemia , o in lutti i casi se è vero che la distruzione della fibrina av- viene varia secondo la diversa resistenza vitale dell’indi- viduo, anche in tal caso può esistere in aumento la cifra della fibrina, e che quindi anche in tal caso può osser- varsi la cotenna sul sangue. E che se dunque nei casi che ho rapportati si trova che in alcuni la febre era di fresca data, e di antica in altri, e si rinveniva frattanto cotenna sul coagulo del sangue estratto dai primi e dai secondi, ciò va d’ accordo con quanto i Classici professano. E quand’ anche mi si vorrebbe opporre, che se è vero che da nessuno è stata marcata diminuzione di fibri- na nella febre intermittente essenziale, alcuno però non vi è che contesta 1’ aumento, c la produzione della coten- na, risponderò dapprima col Bernard che un fatto che si ò osservato anche una volta sola esiste, e che non si pos- sono negare li resultali positivi in nome dei resultali ne- gativi; e soggiungerò clic essendo l’aumento della fibrina una circostanza indipendente dalla causa che determina la febre intermittente, ma dipendente da circostanze d’ in- dividualità e da circostanze del cosmo, perciò essendo di- versi gl’ individui delle mie osservazioni dagli individui che hanno fatto il soggetto delle altrui , ed essendoché le vicissitudini brusche e spesse di temperatura atmosfe- rica che per il dominio di venti diversi nello stesso gior- no si avverano in Sicilia non mollo estesa isola situata sotto la Zona temperata, è siffatta circostanza di località che non trovasi la stessa ogni dove, e che può come si sà, influire all’ accrescimento della cifra della fibrina e predisporre alle malattie flogistiche delle quali sono il più spesso colpiti li nostri Villici che il loro genere di vita espone più all' influenza atmosferica ; e conchiuderò — 178 — quindi che se altri non ha osservato la cotenna sul coa- gulo del sangue in alcun caso di fehre intermittente, non per questo è distrutta la realità delle mie osservazioni , ma clie la ragione dei differenti resultali può trovarsi nella diversità di circostanze proprie ed estrinseche in che gl’ individui da me e da altri osservali si trovavano. Ma inoltre dirò per quanto riguarda li casi ove la fehre intermittente è durata lungamente o si è riprodot- ta con frequenti recidive, che quando li Pratici hanno ri- marcalo che se alterazione nel sangue avviene, questa al- terazione slà nella diminuzione dei globuli rossi, che tale alterazione è quella dell’Anemia, trovo che cosi implici- tamente contestano 1’ aumento proporzionale della fibrina, e la possibilità quindi della produzione della cotenna sul coagulo del sangue come io la trovava. CONCLUSIONE Poiché dai fatti da me osservati con quanta miglio- re diligenza ho potuto, le istorie dei quali, onde ogni lettore potesse giudicarne, ad onta di essere taccialo di lungheria, ho voluto rapportare intiere e con tulle le cir- costanze, risulta che un’ aumento di fibrina e la cotenna si è trovato nel sangue d’ individui attaccati di febre in- termittente semplice o perniciosa di fresca data e di an- tica, che non dipendeva nè era compagna di malattia lo- cale flogistica, ma nasceva da intossicazione maremmana che impressionava tutto V organismo, epperciò essenziale e s Poiché i fatti riferiti non sono contradetti ma anzi suffragati dalle osservazioni e da quello che i Classici professano riguardo alla genesi, alla natura ed agii effetti della fehre intermittente essenziale. Credo potere legittimamente conchiudere che la csi- — 179 — stenza della cotenna sul coagulo del sangue non è incom- patibile colla febre essenziale intermittente senza compli- cazione flogistica. E che quindi tutte le volte clic la etiologia, 1’ anda- mento accessionale dei sintomi e la natura di essi depon- gono per febre intermittente essenziale, e l’attento esame biologico e fisico non rileverà coesistente località flogi- stica; ancorché sul coagulo del sangue estratto si forme- rà cotenna, deve giudicarsi che la malattia è costituita ciò non pertanto dalla sola intossicazione palustre, è una febre intermittente essenziale senza complicanza flogistica, e deve senza esitare darsi di piglio al prezioso antidoto clic l’arte possiede onde combatterla, suffragando tutto al più questo mezzo con melodi diretti a ridurre le pre- disposizioni generiche nate dall’ individualismo o da spe- ciali impressioni dei varii modificatori esterni. •• ' CHRISTIANO ENRICO IIASSHAGHEN Professore del Liceo Richelieu a Odessa LETTO NELLA SEDUTA ORDINARIA DEL 15 LUGLIO 1858 ATTI ACC. TOl, XT. li Essendomisi ben spesso presentata 1’ occasione di visitare la bella penisola Taurica , non ho potuto mai fare a meno di non raccogliere sia delle mostre di roccie, sia delle petrilicazioni, sia delle piante, non che di fare delle an- notazioni, che potessero più tardi servirmi di materiali preziosi onde comporre un’opera dettagliata, consacrata alla descrizione di questo paese interessante. Non aven- do ancora in mia disposizione tutti i materiali necessarii per un si gran lavoro, sono costretto di presentarvene oggi soltanto un abbozzo. Per descrivere le formazioni geognoslichc della Cri- mea, fa d’uopo di non limitarsi a considerare questa bel- la penisola isolata e separatamente dai paesi attornianti; al contrario bisogna gettar un colpo d’occhio su di un raggio più vasto per conoscere più distintamente i suoi rapporti geognostici coi gran fenomeni geologici dei paesi contigui. Si troverà allora clic la catena dei Carpati , quella della Crimea, come quella del Caucaso appartengono — 184 — tutte allo stesso sistema di sollevamento. Per ogni dove si possano osservare le stesse cause e gli stessi effetti , il Platonismo colle sue forze gigantesche sollevando o rove- sciando l’inerzia delle formazioni Nettuniche o Sedimentarie. Dapertutto i porfidi, le tracliili, i basalti, le dioriti o grun- steins occupano la stessa parte fondando, sollevando, ro- vesciando o trasformando le montagne, ed ora nel centro, ora a destra, ora a sinistra quelle roccie ignee penetra- no a traverso le formazioni sedimentarie sotto le forme le più variate. Talvolta si riconosce in essi un’ unio- ne intima coi fenomeni di Vulcani , attualmente estinti tanto nel Caucaso quanto in Crimea. Si scopre frattanto ancora un avanzo di quest’ attività vulcanica nelle salse dei vulca- ni di fango sopra i due lati del Bosforo Cimmeriano, ora distretto di Rertch. Il più ragguardevole è clic in queste formazioni il granito non occupa che una parte ristret- tissima e secondaria dimodocchò in Crimea non ne ho tro- vato neppure una sola mostra. Frattanto l’ identità di tante cause differenti in queste tre catene principali, non trae una simultanietà d’effetti. Al contrario, l’esame di queste catene di montagne prova una successione continua d’effetti, una azione prolungata e per conseguenza una infinità di piccole rivoluzioni, fra le quali parecchie si distinguono per le loro universalità e divengono in questo modo delle rivoluzioni più o me- no generali. Rinumerarli senza conoscenza di terreno, sarebbe anche inutile. Bisogna dunque cominciare, get- tando un colpo d'occhio rapido sopra la composizione geognostica di questo terreno, poiché le rivoluzioni sum- menzionate hanno dato al paese un carattere lutto par- ticolare. Bisogna dunque primieramente aggruppare, coll’esat- tezza possibile le masse delle formazioni, la loro estensione, il loro giacimento rispettivo c le anomalie clic mostrano. — 185 — dopo clic ci sarà facile di trarne dei risultati generali e comprenderli. Distinguendo primieramente tre forme esteriori o ge- nerali del terreno, avremo fra le montagne: 1 i Carpali 2° la Catena Taurica c 3" il Caucaso ; fra le pianure una sola che Du Bois ha nominata Pianura Volitino — Podoliana ed infine tra i bacini: 1° quello della Galicia orientale, della Podolia e della Yolhinia occidentale : 2°, quello dell’Ucraina o del governo di Kicw; il vasto Step- pe della Nuova-Russia , della Crimea ed al Nord del Caucaso : c 4° gli stoppi quelli del sud del Caucaso. Ognuno di questi gruppi summenlovati meriterebbe un esame particolare. Bramando frattanto arrivare il più presto possibile alla descrizione geognostica della Crimea ; noi li passeremo per il momento sotto silenzio per occuparci specialmente della penisola in quistione. ÀI sud della pianura granitica all’ opposto della val- lata dell’ Ucraina comincia il vero steppe uniforme, senza alberi, interrotto soltanto da alcune leggiere ondulazioni nella sua superficie c che cessa soltanto al piede del Caucaso e della catena Taurica. Avanzando per lo steppe verso il sud, incontriamo sulla riva sinistra del Dniepr un fenomeno geognostico assai ragguardevole. Voglio parlare delle arene di Aleschki. Benché questo distretto sia fuor della Crimea, fa pertanto parte del governo della Tauride e sotto questo titolo mi sia permesso di dirne alcune paro- le. Queste arene che cuoprono un assai grande spazio so- no composte unicamente di piccoli grani di quarzo bianco giallastro. B Dniepr passando per il terreno granitico portò questa silice proveniente dalla scomposizione lenta dei graniti e l’ha deposto poco a poco, sino che ò stato for- zato egli stesso da quei alluvioni, di scegliersi un altro letto. Queste sabbie possono dare un’ idea di vere dune. — 1 8G — La loro superficie è molto variata; ora è una pianura leg- germente solcata da piccole ondulazioni a guisa di quel- le che produce un vento fresco sopra la superfìcie d’un lago; ora sono monacelli clic hanno qualche volta la forma di fortificazioni; ora creste lunghe o di forma variabile, coronate di una vegetazione spontanea di diverse specie di Salici (Salix) e di Betulla (Betula) piccole, ed oltre ciò delle Gramigne degli Astragali dei Lythrum ed altre piante che ricreano f occhio del viaggiatore colla varietà e la bel- lezza dei loro fiori. Secondo la qualità chimica di questo suolo, voi lo credereste sterile; al contrario, v’ incontrate gran villaggi fiorenti, piantati d’alberi magnifici ed at- torniati di recinti dove si coltivano il Girasole (Ilclian- thus) onde estrarre folio delle sue semenze, e vasti campi di Angurie rinomate per la loro eccellente qualità. Per spiegare la felicità di questo suolo, sterile in se stes- so, bisogna dirvi che ad una profondità di 3 a S braccia vi s’ incontra uno strato di argilla plastica che impedisce f acqua piovana di penetrare più avanti e perdersi nel terreno. Pe rciò si vedono dapertutto pozzi, che non so- no più profondi di 4 a 5 braccia e che danno un acqua eccellente. Ma affrettiamoci d’arrivare alla descrizione speciale della Crimea. Questa penisola ha, come ognuno lo sa, la forma di un trapezio di cui la più gran superficie è uno steppe uniformissimo , schiacciato e senza accidenti di terreno, attaccato alla terra ferma da un istmo largo circa di 7 verste. Le montagne propriamente dette non ne occupano più di un quinto, il sistema geognostico della Crimea può essere diviso in tre gran gruppi, cioè: l.° Le montagne che contengono il Grauwackc, lo sci- sto argilloso o Fyllade, scisto selcioso, puddingh, conglo- merato rosso e calcario fedito , che s’ avvicina qualche volta al calcano giurassico passando in pochissimi Ino- — 187 — ghi al calcareo volitico, poi le formazioni giurassiche e cretacee. 2. ° Lo steppe appoggiato conira il piede delle mon- tagne , communica col calcareo quaternario e termina vicino alla formazione cretacea e quella del calcareo giu- rassico. 3. ° 11 gruppo Plutonico ò coi suoi tradii li, i suoi por- lìdi e dioriti, in una parola le roccie eruttive. Lungi lo sleppe unito, ragguardevolmente schiaccia- to, in Crimea s’innalza poco a poco ed insensibilmente passando per la formazione cretacea, una catena di mon- tagne, la quale corre come un muro possente da Baia- clava sino a Teodosio, sopra uno spazio di 100 verste, o presso a poco. Il fondamento di questa catena consiste in scisto ar- gilloso (Fyllade) più o meno frammischialo di particelle di scisto selcioso e di grauwaca. La proprietà poco solida del primo che è dapertutto il fondamento della catena, presta un aspetto particolare e caratteristico a questa lunga e stretta base non con- sistendo che in contrafforti o colline ritorniate a dorso lungo, coperti d’ una vegetazione particolare e tagliati da burroni profondi e stretti perpendicolari all’ asse della gran catena. Lo scisto argilloso o Fyllade (Thonschisfer) della Crimea ha tutti i caratteri del Fyllade dell’ ovest dell’ Eu- ropa. Possiede lo stesso colore nero, bruno, grigio, e ce- nerino, contiene gii strati frequenti di scisto selcioso, di cui le numerose fìssure sono spesso tapezzate da pic- cole aelili di cristalli di rocca, trasparenti e di assai bel- la apparenza, come per esempio ai contorni di A'i-Da- niele , Àlouchta c Buine-Lumbut sopra la costa meridio- nale. Non contiene punto pelrifìcazioni. Il sollevamento dei porfidi, delle dioriti e del grun- — 188 — stcins ha cagionalo nello scisto alluminoso alterazioni del piu gran valore. Sopralutto nella vicinanza dei getti o dumi delle dioriti o porfidi diorilici, che hanno eruttato a traverso il Fylladc, è impossibile di scoprire nè stra- tificazione, nè inclinazione. Tutto è in un disordine orri- bile. A una certa distanza però il disordine non è così grande, ma gli strali sono sempre fortemente tormentali: dimodocchè è raro di trovarli nella loro situazione na- turale; s’ innalzano al pari delle onde a grandi altezze, ridiscendono c rimontano così di bel nuovo. Un bel- l’esempio di questo increspamento dello scisto argilloso cagionalo dal sollevamento dell’ Aiou-Dagb si vede sopra la via presso Dermcnkui al di sopra di Parlinita, sulla costa meridionale. Il sollevamento delle roccie ignee clic ha rovescialo lo scisto argilloso, ha parimente maltrattato il Gramvacke che per la piu parte si trova soprapposlo allo scisto ar- gilloso. Ma il Gramvacke essendo composto di strati so- lidi, più omogenei, più folti il rovesciamento ha operato più per masse, meno individualmente. Il Gramvacke di cui il potere aumenta al centro della catena, a Demirij, per diminuire alle estremità, alterna anche talvolta collo scisto argilloso. Il suo colore è d’ un grigio verde suci- do. Si trova per strali la di cui superfìcie non che la massa sono frequentemente incrostati di particelle carbo- nizzate, di piante monocotiledonce ; è estremamente raro di trovarne delle mostre alquanto riconoscibili. Sono que- sti avanzi di legnitc che sono stali riguardali da alcuni come carbon di terra e sono stali la causa dell’ ostina- zione colla quale certe persone hanno preteso voler tro- vare del carbon di terra in Crimea. Frattanto 1’ esperienza ha provato da mollo tempo clic il carbon di terra non si trova mai alternato colla Gramvacke. — 189 — ÀI di sopra della Grouwacke Tiene un conglomerato di grosse pietre rotolate di quarzo, di scisto , di Florn- stein argilloso; poi le roccie inferiori unite per un cemen- to argilloso calcareo di color rosso. La posizione di que- sto conglomerato è particolare, cioè non si trova in tut- ta la catena. Nel centro della catena sotto il Tchater- Dagh, ove la Grauwacke arriva ad una grossezza di cir- ca mille piedi e forma le roccie si pittoresche di De- mirdji, si vede un deposito enorme di parecchi centinaia di piedi di questo conglomerato. E là, al centro della catena, intorno al Tchalcr-Dagh , che si trova principal- mente concentrato. Quindi ricomparisce qua e là, sopra- tulto nei contorni di Kalaklava e nella valle d’ Angara. La sommità di tutta la catena Taurica si termina col calcareo fedito di’ è lungi dall’ essere nel suo stato primitivo. Una gran parte della sua massa è stata cam- biata in una specie di marmo o roccia calcarea d’ un sol colore o mormorata di rosso,' di giallo, di grigio, di ce- nerino ove si riconoscono con grandissimo stento alcune orme d’ esseri organizzati. Questa roccia prende un bel lustro c se ne servono per diverse opere come d’ un mar- mo. Più avanti si trova un altro calcareo di colore scuro compatto, più o meno penetrato di bitume. E questa va- rietà che si chiama in tedesco Slinkstu Slinkalz per- chè sviluppa per mezzo della confricazione un certo odore bituminoso. La roccia intera sembra essere stala travagliata dai polipi d’ogni genere. Si possono seguire i loro lavori del piede della montagna sino alla cima, so- pratutto nel monte llia vicino Laspi. Il numero dei po- lipi è considerevole comparativamente al piccolo numero di conchiglie bivalvi o univalvi che vi sono internate. Yi ho rimarcato due o tre specie di Ammoniti , quattro o cinque specie di Terebralule, diverse belle specie di Ce- rnì ACC. TOL. XT. 23 — 190 — rithium (di Livadia), due o tre Echinidi, uno Slrombus, alcune Ostriche ec. Alcuni di questi strati sono conglomerati e conten- gono delle pietre rotolate di Quarzo, Fyllade, Grauwa- cke ec. 11 più ricco dcposilo di petrificazione del calcareo fetido si trova nei contorni di Sudagli. Tutto il calcareo fetido è estremamente fratturato; da- pertullo vi sono fratture enormi pieni di frammenti della stessa roccia ora rotolali, tritali, fratturali, ora freschi ed angolosi, combinati da un cemento rozzo calcario prove- niente collo stillamento delle acque; si può dare a que- sto gruppo di calcareo almeno 1500 piedi di grossezza. Tutto il pittoresco della costa meridionale della Cri- mea gli viene da quest’ immenso muro che vi presenta T aspetto il più variato ora delle fortezze, ora delle gu- glie, ora delle rovine maestose. La catena appoggiala so- pra il Grauwackc c sopra lo scisto argilloso presenta la sua fronte a picco al mare, mentre si vede colle sue estremità immergersi sotto il mare a Gius c a Balacla- va ; si rileva poi insensibilmente al di sopra della sua base per giungere alla sua più grande altezza vicino al suo centro, ove lo scisto argilloso ed il grauwackc s’ in- nalza sino c 3000 piedi al disopra del mare. 11 Tchatyr-Dagh di 5130 piedi , il Yai'là al diso- pra della valle di Yalta 5075' ed il Barbugan — Yai'là so- no effettivamente i punti i più alti di tutta la catena. Già Ai-Pciri al disopra d’ Aloupca non ne ha che 3798' secondo le misure del sig. Chatillon e l’ Aia presso di Laspi non oltrepassa 1500 piedi. La più gran larghezza di questa catena, ridotta al nulla alle estremità è di 10-12 verste fra Alouchla ed il Tchatyr-Dagh. — 191 — Si può giudicare dall’ erto di questa parete calca- rea eh’ è tale che si potrebbe misurarne spesse 1’ altez- za intiera con un piombo, stante la difficoltà di scalarne le sommità. Dibatti non sono accessibili che sopra pochi punti e da sentieri dritti e stentati, intagliati per così dire nei fianchi della montagna. Il Pinus tauricci, il Juniperus ex- celsa si piacciono sopra queste pareti a picco; le loro radici cercano la vita nelle fenditure numerose ed il lo- ro stelo nell’ attaccarsi al muro, danno di lontano a que- ste roccie 1’ aria d’ essere macchiate di muschi. 11 cor- bezzolo Arbutus Andrachne ai rami rossi rilucenti si mischia piò raramente a questa fosca verdura e non ama a vegetare, che inchinalo sopra gli abissi quasi inacces- sibili. Le sole vie praticabili sino ad ora sono quelle che passano per i colli d’Àlouchta, Uscut e di Sondegh. Alla meraviglia che si prova giungendo alle sommità della catena di veder cessar tutt’ad un tratto con il cal- careo fetido tutto il seguito della formazione di transizio- ne e secondaria, si aggiunge quella di trovare dapertutto nelle parti piìi elevale della catena per cima una pianu- ra continua, coperta di erbuccie a zolle, un piano insensi- bilmente inclinato verso il Nord. Questa pianura è legger- mente solcata da teste degli strali che si raddrizzano in faccia al mare, abbassandosi rapidamente verso il Nord. I Tartari chiamano Yailà queste alte pianure nell’estate coperte di gregge al pari delle Alpi della Svizzera. La maggior parte delle sorgenti di cui la tempera- tura media è di 8° a 9° nascono fra lo scisto argilloso ed il calcareo. Quasi tutte hanno per serbatojo degli abissi e buchi profondi che hanno la loro apertura sopra le Yaì’la o nelle gole delle montagne e di cui alcune con- servano della neve lutto l’anno. Nella parte Ovest della catena fra Alupra e Laspi — 192 — ove il calcareo, vista la poca importanza del Grauwacke, riposa quasi immediatamente sopra lo scisto argilloso, que- ste sorgenti trascinano facilmente quest’ ultimo, che serve di base: ne risultano delle frane orribili e frequenti. Gli strali raddrizzali, sospesi, non trovando più appoggio, sdrucciolano al basso, coprono dei loro avanzi, grossi co- me piccole montagne, le pendici scistose, formano spa- ventevoli chaos , sotterrano villaggi e ruotolano sino al mare per formarvi degli scogli. Bisogna visitare Laspi, Foros Kucinch-coi per farsi un’idea di questa distruzione lenta ed imponente. Questi effetti frattanto sono piccoli in confronto a quelli clic sono stali prodotti dai getti dinotici e porlì- rilici; poiché bisogna ben ripeterlo con Pallas, che non si ritrova in questo strato calcareo che avanzi d’ un sistema più considerevole; dapcrlutto dove si rivolge lo sguardo non si vede che rovina e dislocazione. Il Tchalyr-Dagh stesso non è che un gran ceppo isolalo, rovescialo, di- staccato dalla massa principale per 1’ effetto dello getto di Diorite globuloso c del Konlchouk-ouragù , clic s’ innal- za sino a più di 2009 piedi fra il Batugan-Yai'là ed Tchatyr— Dagli. Al disopra di Sirncìs c eli Limene la catena è stala separala in due da un getto igneo più considerevole ancora. Un getto eguale ha staccato come un conio 1’ Ai-Jlia vicino di Laspi , dalle roccie vicine. Si potrebbero citare ancora diversi esempi di questo ge- nere dove la catena è stala rotta , come il grande mare il vigoroso caos di Karabagh al di sotto di Bi-jouk Lam- bat, h imponente roccia di Paraghilmene, le roccie pit- toresche di Tachelar nel mare presso di Aìou-Dagh, di Kisil-tach vicino di Urlu IU, le roccie di Limene, di Sondagli coronate di rovine, non sono clic avanzi delle rovine cagionate da queste eruzioni plutoniche. In seguilo dell’ infrangimene) e della distruzione del — 193 — calcareo fetido e giurassico le grotte non vi sono rare ; ve ne sono bellissime , fra le altre quelle di Risii — kobà, Sonoug-kobà, Tonali ec. Le grotte di Kisil-kobà , formano due piani e sono immense, quello di Tonali so- no quasi tanto vaste quanto le prime. Il fosco abisso del quale si volge il Salghir , os- servando non sembra essere anche clic una continuazione dei vasti sotterranei nei quali si riuniscono le acque che vi penetrano per gli abissi, e buchi di neve di cui 1’ a- pertura si trova sopra i Yailàs del Tchalyr-Dagh. Tal’ è il primo gruppo del terreno Nettuniano o sedi- mentario, che si è innalzalo del seno del mare costituen- do uua lunga fascia stretta e clic sembra da quel tem- po aver formato un’ isola , la di cui vegetazione antica meriterebbe qualcli’ interesse; da gran tempo ho veduto conservare una flora tutta particolare e sarebbe curiosis- simo di sapere se ha conservato alcune forme partico- lari ed in clic differisce dalla flora del Caucaso c dcl- 1’ Asia Minore. Sarebbe anche non meno interessante che necessario di fare delle ricerche degli esseri organizzati clic hanno potuto ricoverarsi nelle grotte sopramenzio- nate, per sapere se non rinchiudono anche degli ossami fossili, ciò eh’ è probabilissimo. Per assicurarsene biso- gnerebbe intanto fare degli scavamenti dispendiosi al fon- do di questi spechi sparsi qua c là la cui volta con- siste in avanzi della roccia soprapposla, ornala di stal- latati delle forme le più variale. Sopra il piede settentrionale di quest’isola summen- tovata s’appoggia il seguito delle formazioni più recenti. Frattanto vi si osserva una lacuna considerevole; i grup- pi del carbon di terra, della pietra bigeu, (Grès ancien ou Todlliagender), del calcareo Alpino (Fechstein) del calcareo conchigliare ( Musschelkalk ) del grigio screziato (Piindler Sandstein) e del Reuper mancano del lutto. *. * — 194 — Questa seconda serie comincia dal gruppo giurassico sul quale s’ appoggia la creta , il calcareo nummulilico, il ternario ed infine il quaternario che formano ognuno da ' se slesso un seguito ben distinto di strati quasi orizzontali le di cui uniformità si riconoscono nel vasto steppe della Tauride. Dapertulto lo sleppe dovrebbe abordare immediata- mente il piede della catena Taurica, come è il caso all’Est di Iiarassoubasar ; ma invece si osserva da Karassaubasar sino al Convento di S. Giorgio, una valle poco profonda che si estende lungi il piede della catena elevata , sepa- rando in questa guisa il gruppo antico dal gruppo recente, che si presenta come un muro poco elevato equidistante alla catena principale. Questa valle è piena di getti basaltici e Irachitici o piuttosto (fioritici clic hanno il loro- giacimento principalmente avanti le bocche per le quali il Salghier l’Almà, il Bodrach scorrono nello steppe. Questa striscia di roccie plutoniche corrisponde ai getti ed ai crateri della stessa natura che dall’altro lato della catena trovandosi lungi il mare, c rende totalmente isolata tutta questa metà del sistema Taurico dal Tchalyr- Dagli sino a Balaclava. Il gruppo propriamente detto giurassico che si stende lungi la valle delle roccie plutoniche non apparisce che a pezzi stracciali ed isolali i quali riposano sopra il Fyl- ladc. Il calcareo giurissico sembra essere d’ una grossez- za poco considerevole. Yi è un calcareo giallastro, granoso, tagliato a mezzo da strali poco grossi di arena gialla nel quale, trovansi diversi Gryfhec e Bclennili, e delle piccole Tu rrilelle, dei Cerili, dei Cid arili, delle Ostriche a orli dentali c piegali, e un numero assai considerevole di Polipi. Un banco di questo calcareo che riposa sopra un ha- — 19 5 salto amigdalo'ide vicino Badrach non è composto di Polipi mollo variati e molto ben conservali. Una roccia di marmo giallo che si vede alla riva dell’ Alma vicino a Saldi e ricca in Ammoniti , in N autili , in Chamiti ed in Terebratuli. Il groppo giurassico ha ottenuto un più gran svilup- po sulla riva destra del piccolo Salghir dietro Mamac , ove i suoi strati quasi orizzontali vanno a riposare quasi immediatamente sopra il piede della catena. Gli strati inferiori consistono in Oolita miliare con grandi Turrilelle, Ampullarie ed Aviculi cc. Una terra scistosa, granosa , azzurrognola, nericcia si stende fra due strali d’ Oolita miliare; varia in gros- sezza e rinchiude a Terenaìr piccoli Acrilico c frammenti di legnili giurissici provenienti dai tronchi d’alberi carbo- nizzali , disseminati nello strato. Ciò è stalo preso per carbon di terra; ma il giacimento che vengo di assegnare prova che hanno avuto torlo di prender questi avanzi per carbon di terra , perchè il carbon di terra non alterna mai colle formazioni giurassiche. Gli strati superiori consistono in Oolita a grossi grani con pel rificazioni e polipi, in scisto grigiastro sfoglialo, in coral-rag o calcareo polipico riempito di tubi di coralli. Vicino Simferopol e Mumach il calcareo giurassico si carica di pietre rotolale di avanzi di scisto riuniti insieme da un cemento giallastro nel quale le Echinili, le Gryphee , i Aaulili , le Lutrarie , le Cidariti ed i Polipi sono assai frequenti. Risalendo la valle del piccolo Salghir e passando per Mainarli , al contatto dei pudding e dei porfidi si vede una parete che chiude all’Est come un muro, le valle dei due Salghir e si stende da Djam- mulai sino Yeni sola ove raggiunge la catena principale e si appoggia sopra i pudding rossi. È questa muraglia che sembra chiudere da questo lato il cratere d’ eruzione delle roccie plutoniche; nella sua lunghezza dì 20 verste — m — è scavala da molle crepature, che penetrano nel centro delle massicce e terminano come strade senza uscite; so- no tante piccole valli strette cagionate dagli squarciamenti degli strati di cui parecchi celano dei villaggi tartari. Pene- trandovi si può facilmente studiare quasi tutta la grossez- za dello strato giurassico. Il gruppo cretaceo comprende camminando dal di- sotto. 1. ° Uno strato grosso d’ una marga cretosa bian- castra (Rreidc-mergel) formando una serie di colline bas- se, ritondatc, avanti il muro principale. E sprovvista di petrifienzioni. 2. ° Una marga cretosa turehinuccia si trova dispo- sta per piastre c rinchiude una specie d’ Ammollile, non clic dei Polipi, degli Echinili. L' Ostrea biaariculata vi si trova anche in gran quantità. 3. ° Un banco ora marnoso, ora cretoso della cre- ta chlorilica verde, tubolosa, rimarchevole per una gran- de abbondanza di Pettini, di diverse specie, accumulati 1’ uno sopra 1’ altro, tutti ben conservati c senza veruna traccia di confiecazione. Il Pecten quinquecostatus Sow, non vi è raro : V Ostrea biauriculata accompagnala da parecchie altre specie di grand’ ostriche a orli dentati e piegati si mostra anche in questo gruppo : e si vede la magnifica Àlcelrionia Dcsfranzii a Bodrak. 4. ° Molosso cretoso clorilaceo con abbondanza di Gryphea colurnba , di Belcnnili e di Naulili. 3.° Creta margosa bianca con Gryphea colurnba. C.° Diversi banchi grossi, ben distinti quasi orizzon- tali d’ una creta giallastra riempita alcune volle da En- crinili c clic per la sua solidità forma la cornice di qua- si tutte le roccie cretose da Inkerman sino a Simferopl. Questa creta è ricca in petrilicazioni. V. Creta margosa bianca, dura a rottura angolare, — 197 — contenendo la Terebratula ovata Sow. alcuni Yenus etc. 8. ° Creta marnosa bianca balliforme o amygdaloide. La sua massa sembra mescolata di particelle micacee. Qui finisce l’ Ostrea vesiculuris. 9. ° Marga o gesso bigio verde turchinoso, sminuz- zevolc circa 40' di grossezza. In mezzo di questo strato comparisce 1’ Ostrea crassissima di Lamarck, si trova di un enorme grandezza, ben conservata, con le 2 valve e senza traccia di strofinamento. Non vi sono altre petrifì- cazioni. IO.0 Marga nummoJilica assai compatta di 30' di grossezza. Quivi finiscono salendo la Terebratula ovata e calando i Nummuliti. L’ Ostrea crassissima si trova an- cora sparsa in tutto questo strato. Yi si trovano anche delle noci di zolfureto di ferro che colpiscono alcune Tercbratulc. E negli strali 2, 3, 4, 3, e 6 che sono incavate la più parte delle grotte o crypte così curiose che si tro- vano in gran numero a Tepekermen , Cerches Kermen , Cinfutcalì ed Inkcrman. La formazione terziaria comincia da un banco con- siderevole di calcareo a Nummuliti di cui la complanata è la più abbondante. Questo strato è cimentato da una massa bianca cretosa , che si rompe facilmente scheg- gettato angoloso. A cagione dell’ alterazione prodotta dal- F aria e dall’acqua, questa roccia presenta una forma ar- rotondata. Si crede riconoscere nei suoi ceppi isolati dei domi, delle torri, dei bastioni come per esempio a Ka- ralis, a Bacheissaraì. Le caverne vi sono frequenti. La Ostrea crassissima si perde nella parte inferiore di que- sta formazione si vedono con meraviglia le proporzioni gigantesche di tulle le conchiglie che vi si trovano c che sono affatto calcinale , di modocchè non presentano che ATTI ACC. VOI. XT. 2G — 198 — tonile grossolane. Vi si vedono il Cerithiuni giganteum , i Nautiliti, Trochus, diverse varietà di Conus c delle Cras- satelle enormi. Il calcareo nummulitico si trasforma nelle sue su- perficie in una marga biancastra, dove non vi sono quasi affatto pctrificazioni. Questo strato ha presso a poco TO' di grossezza. Salendo , poco a poco questa marga si carica di piccole pietre quarzose rotolate frammischiate di varie specie di Helix assai ben conservate ; infine la massa caricandosi vieppiù di selce diventa un vero calcareo selcioso, giallastro che si trova in cima di tutte le col- line, le quali formano per così dire il secondo piano di questa formazione. Questo calcareo diventa poco a poco granoso quasi come l’ Dolila giurassico, per la quantità di conchiglie mischiate a delle pietre selciose che lo com- pongono. Le conchiglie stesse appartengono alla forma- zione terziaria e sono quasi tutti travisali. La serie delle formazioni gcognosliche della Crimea termina con un banco immenso di Calcareo quaterna- rio, il quale appoggiandosi sul piede della pianura grani- tica della nuova Russia, si stende sopra lutto lo steppe della parte meridionale della Nuova Russia e d’ una parte della Crimea. Questo calcareo quaternario è composto di diverse qualità di conchiglie più o meno rotte , appena legale da un cemento calcareo giallo o biancastro . Fra le conchiglie si riconoscono il Cardium ruslicum, Cardium obliquatimi, una specie di Mactra, alcuni piccoli Mylilus, Venus etc. sino ad ora in parte ancor viventi nel mar Nero. In que- sto calcareo, o piuttosto in un letto d’argilla rossa inter- posta negli strali di questo calcareo hanno talvolta trovato degli ossami di mammifere. Questa è la pietra di co- — 199 — struzione d’Odessa, di Chersona, di Kertch etc. La se- gano , o la tagliano facilmente con un’ ascia , per darle la forma necessaria. A Kertch le formazioni terziarie e quaternarie sono rimpiazzate da’ seguenti strati > cominciando dal disotto. 1. Un banco considerabilissimo d’argilla fogliosa di color grigio o grigio bruno che si stende a una profon- dità di 8 a 9 cento piedi in circa al disotto del livello del mar Nero. Tutto lo scandaglio per il pozzo artesia- no cominciato a Kertch, si è immerso in questa argilla. Pare sprovvisto di pelrifìcazioni. Gli strati sono rovesciati di modo a fare un angolo di circa 35° con l’orizzonte. 2. Uno strato di 10 a 12 pollici di grossezza d’una argilla indurita, grigio-turchina contenente delle impronte di Cardium, di Trochus ed altri. I vulcani di fango ri- gettano spesso colla melma, degli avanzi di questa roc- cia, un poco alterati alla superlicie. Sulla superficie di antico rollarne quest’argilla indurata presenta un colore bruno dell’idrato di ferro. 3. Calcareo margoso assai compatto di color grigio contenente alcune forme d’ una piccola Venus. Questo cal- careo ha soltanto G a 10 pollici di grossezza. 4. Strato stretto da 2 a 11 pollici d’ una roccia arenosa riempita nel mezzo d’ una banda di Gesso fila- mentoso, bianco, mezzo-trasparente. 5. Marga grigia oppure biancastra , tenerissima con- tenente dei Cardium e delle piccole Venus. In questa mar- ga ho trovato, non lungi dal « Tumulo d’oro » delle su- perbe impronte di Polipi ed a Camiscb-Korun una impronta d’ un pesce benissimo conservalo. Questo strato non ha che 12 a li pollici di grossezza. 6. Marga grigia molto più compatta e dura che la precedente contenente le stesse impronte di conchiglie. Ila incirca 2 a 3 piedi di grossezza. — 200 — 1 . Calcareo compatto bianco-grigio per così dire im- pastalo di coralli e contenente delle impressioni di Turbo. Questa roccia corrosissima è d’ una grossezza varia- bile, da alcuni pollici sino ad alcuni piedi. Si trova so- pra le cime c si stende alcune volte anche sino al ma- re. E questo calcareo, che coi suoi picchi a polipi arro- tondati si confonde coi tumuli che circondano Kertch. 8. Calcario dello steppe o pietra di fabbriche im- pastato d’avanzi di piccole conchiglie. È la pietra impie- gala per le fabbriche a Kertch. Questo strato ha da 20 a 30 piedi di grossezza. Il suo colore è bianco gialla- stro. 9. Un altro calcareo di color grigio pieno di im- pressioni di Madre, Pecten, Venus eie. Il guscio delle con- chiglie ò lutto bianco, come calcinalo. Questo strato ha 1-2 piedi di grossezza. 10. Calcareo assai duro, compatto, impastato di con- chiglie schiacciate che non si possono riconoscere. Questo calcareo è corrosissimo d’ un lato dello strato. Ila 0 piedi di grossezza. 11. Strato di 5 piedi incirca di grossezza, d’argilla margosa , grigia , sporca , impastata di piccoli avanzi di conchiglie sconosciute. Inoltre contiene alcuni Cardium ben conservati. 12. Strato di marga tenera grigiascura contenente delle impressioni di Cardium, di Venus eie., di più gran dimensione, clic nello strato precedente. Ha 14-21 piede di grossezza. 13. Calcareo formante il suolo dello strato , della miniera di ossido di ferro limoso soprapposlo. E quasi unicamente composto di grandi Cardium collocali 1’ uno nell’ altro. Il suo colore è grigio o bruno scuro. 14. Strato di 20 a 70 piedi di grossezza, compo- — 201 — sto principalmente d’ idrato di ferro ossia miniera di fer- ro limosa, compatta o terrosa, friabile, impastata d' una gran quantità di globetli di fosfato di ferro di tessitura terrosa. In questo strato si trova una quantità di pclrifi- cazioni marine e d’acqua dolce, ora riempito di super- bi cristalli di Yivianite o fosfato di ferro cristallizzato, ora di questo stesso fosfato terroso e compatto. La Paludi- na vi appare, la Limnea auricularia Lam. si trovano con- fusamente con dei Turbi e parecchie specie di grandi Cardium. Talvolta anche queste pelrilicazioni sono lapez- zate di piccoli cristalli di gesso. La località dove si può meglio studiare questo strato interessante è a Cumisch Borun a 5 verste da Kertcli. 15. Strato d’ argilla margosa contenente alcune rare impressioni di conchiglia da 12 a 15 piedi di grossezza. Poi al disopra di tutti questi strati , si trova uno strato di terriccio di grossezza variabile ma fertilissima. Sopra la marga bianca slcndesi una marga o argil- la turchina contenente dei banchi di gesso di parecchi piedi di grossezza ; questo strato si vede benissimo vi- cino la batteria di S. Paolo sopra f Ak-borun. Poi segue un letto di calcareo pieno di Ceriti. Il Cerithium calcu- losum Basi. Cerithium inconstans Basi, vi si trovano fram- mischiali alla Lucina nivea Eichw. e con alcuni Buc- cinimi. Tutte queste formazioni da me summcnlovatc forma- no nei contorni di Kertch e di Taman una lunga fila di colline basse, arrotondile da 3 a 400 piedi d’elevazione sopra il livello del Mare e che offrono una particolarità rimarchevolissima. Sono coronate come ho detto sopra da lunghe file di roccie isolate costrutte dai Polipi, particolar- mente della specie l’Escara di Pallas. Viste da lontano , si prenderebbero per tumuli coi quali si confondono e contribuiscono mollo a dare quelle forme ondeggianti al — 202 — paesaggio intorno a Rertch, così caratteristici e così ben conosciuti da persone che hanno visitato questa penisola interessante sotto il rapporto doppio della geologia c del- 1’ antichità. E all’ estremità della penisola di Rertch nell’argilla fogliosa e nella marga che si trovano di preferenza i vul- cani di fango. Sono conosciuti da mollo tempo e sono stati sempre in un’ attività più o meno grande. Pallas ci ha descritto un’ eruzione formidabile eh’ ebbe luogo nel 1794. Gli avanzi che sono rigettali colla melma proven- O I gono dagli strali n. 2 o 3. La temperatura del fango è di -4- 11° quando quella dell’aria era di 12°. il fango ha un odor pronunziato di nafta che galleggia anche per lo più; ma giammai vi ho potuto riconoscere un odor di zolfo; come lo disse I)u Pois nei suo viaggio. Fra i vulcani di fango ed il Faro hanno scavato dei pozzi nei quali con un’ acqua alquanto salata si raduna poco a poco uno strato più o meno grosso di petrolio di colore scuro. Lo impiega- no per la fabbricazione delle gronde per i pavimenti delle case o per salczzi dei marciapiedi. ROCCIE IGNEE E METAMORFICHE. Malgrado la loro diversità riunisco in una calego- ria parecchie specie di roccic che hanno frattanto tutta la stessa origine perche sono state tutte o prodotti dal fuoco sotterraneo ed in stato più o meno liquido vomitato dal seno della terra, o sono state alterati e rimaneggiale da queste eruzioni ignee. Variano necessariamente secon- do che la materia che è entrata in fusione era primitivamente del Fylladc, del Grauwacke o tutt’ altra roccia. Le roccie cristalline di questa serie offrono difatti nella loro composizione tante diversità che s’ incontrano di numerose varietà di porfido c di Diorite nei prodotti — 203 — delle eruzioni d’una stessa bocca. Le ricerche che ho avuto occasione di Lire sino ad ora non mi permettono di de- cidere con tutta l’ esattezza bramata le relazioni che esi- stono fra queste roccie schizzettale e gli strati ch’esse attraversano. Si deve però intendere positivamente che al- cune di queste schizzeltature precessero il sollevamento degli strati alla loro altezza attuale e che in diverse lo- calità , durante tutti i periodi hanno avuto luogo succes- sivamente ed in gran numero, sollevamenti e schizzettatu- re che si riconoscono a stali differenti di fenditure e di- slocuzioni , dalla formazione delle roccie cristalline sino ai movimenti i più recenti. Le roccie ignee in Crimea appartengono tutte alla classe che si nomina rocce dioritichc , basaltiche , o in somma roccie Trapcanc. Vi ho distinto le varietà seguenti. Diorite: Massa compatta d’ abito bianco contenente de’ cristalli più o meno distinti d’Ànfibolo verde scuro. Vi si trovano qualche volta rinchiusi alcuni piccoli cristalli di Pirite zolforosa, per esempio : nel Diorite dell’ Aiou- Dagli. E questa roccia che compone principalmente i do- mi del Castel , di Koulchouk-Ouraga e dell’ Aiou-Dagh. Questi getti hanno una fisionomia tutta particolare ; la lo- ro cima è arrotondata in forma di Domi , i loro pendìi sono ertissimi principalmente verso il mare e presentano spesso la roccia a nudo , straziata da numerose e gran- dissime fenditure verticali. La roccia è durissima e d’una tenacità rimarchevole. Si scompone anche lentissimamente all’ aria. Al piede dei gran getti deH’Aiou-Dagh, del Castel, e del Koulchouk-Ouragà si trova un Diorite globuloso che ha assolutamente la stessa composizione che la roc- cia in massa. Vi forma un letto di poca grossezza nel quale sono premute una contro l’ altra grosse masse ar- rotondile occupando tutta la grossezza dello strato. Que- — 204 — sti globi sono composti di strati concentrici che si avvol- gono reciprocamente. Siccome queste masse, nel tempo del sollevamento della montagna sono state premute e strette una contro l’altra, sono spesso stiacciate di 5 a 6 lati. Questa diorite globulosa si scompone lentamente in un’ arena tinta in rosso dall’idrato di ferro. Se ne ve- de un bell’esempio sulla gran via vicino del Castel. Si potrebbe nominare Diorite serpentinico o Diaba- se una massa più omogenea d’ un bel verde turchiniccio nel quale l’Anfibolo non forma più cristalli cosi distinti, si trova in ceppi enormi ad Alupea e se ne hanno servi- to per fabbricare il nuovo c magnifico palazzo del prin- cipe Woron Zalf. Questa roccia è diffalli suscettibile del travaglio il più compito ed il più minuzioso; inoltre pren- de un bellissimo lustro. Vi si trova frattanto anche un’ al- tra varietà d’una struttura per cosi dire scistosa, qualche volta screziata di bruno c che passa alla varietà nomi- nata grunstein in tedesco. A Aloupka degl’incavi o spe- cie di crateri, che rammentano i cerchi basaltici merita- no un’ attenzione particolare. Si vedono diffalli sul pen- dio della montagna nel piano superiore due abissi di qualche centinnjo di passi di diametro attorniati d’e- normi ceppi di Diabase, accumulati gli uni sopra gli al- tri c che vestono anche il fondo dell’ abisso , profondo di 70 a 100 piedi, con una depressione marcatissima sull’ uno dei lati. Da questo cratere sino al mare sopra un’altezza di 300 piedi, il suolo è seminato, da questi stessi ceppi , arrestati sopra il pendio del Fyllade , che sorte disotto. Alcuni sono d’un volume rimarchevole e so- no di 20 piedi o più di diametro. Le rive del mare ne sono anche ingombre. Parecchi di questi ceppi sono ca- duti nel mare dove ricoprono il fondo e spesso mostra- no i loro capi al di sopra del livello dell’ acque forman- do cosi degli scogli vicino il lido. — 205 — Al disopra dei crateri non vi sono ceppi. E fra questi ceppi che il sig. Recbach ha creato il giardino incantevole che a vero titolo sorprende i viag- giatori colla varietà ed il pittoresco delle vedute le quali d’ una maniera tult’affalto inaspettata, si aprono pei suoi sguardi abbaglianti come scene feeriche. E probabile, ardirei anche dire, è evidentissimo, che questa Diabase o Diorite serpentesco formava altre volte nel seno della terra uno stralo solido montato da un primo sollevamento; una nuova eruzione di gaz od alleo, aves- se rollo questo getto e ne avesse gettalo in parte gli avanzi a una certa distanza sopra il pendio della mon- tagna. Ecco perchè il cratere ed il lato al disotto è ingombro di questi ceppi angolosi , le di cui fratture paiono talmente fresche che si crederebbero di ieri; men- tre clic al di sopra del cratere, non si possono natural- mente trovare simili ceppi. Sotto questi ceppi non si tro- va franando il Diorite serpenlinico o Diabase in massa compatta. Questo fenomeno si è ripetuto a Aì-Todor , al piede del quale è fabbricalo il villaggio tataro Biuch- Lambat. Tutta la collina a doppia cima non consiste che in ceppi dì Diorite staccali ed accumulati confusamente; una parte considerevole di questi ceppi ha rotolato so- pra il Fyllade , che ricoprono sino al mare , a un mi- gliaio di piedi più basso. Al piede della montagna di Ai'-Todor si vedono anche strali di Diorite globuloso. Il basalto amygdoloide è una pasta ora di verde scuro, ora d’ un grigio rossiccio, sparso di piccole ca- vità rotonde o bislunghe , piene di cristalli di diverse specie di zcolile ; gli uni sono bianchi, gli altri rossicci o neri. Ticino il Sablìs esso cuopre il grunstein sopra le due rive dell’Alma, si trova nella riva del mare al pro- montorio partenico vicino il convento di S. Giorgio , com- ponendo letti irregolari col grunstein. Si osserva un gia- ATTI ACC. VOL. XV. 27 — 206 — cimento simile vicino Laspi e Faros, dove inoltre si pos- sono vedere alcuni banchi di Basalto amygdaloide ripie- ni di pezzi o pietre rotolale di Fyllade o di Grauwacke. Sulla riva del mare al disotto del convento di S. Giorgio, sortono al mezzo degli strati rigonfiali di Diorite e di basalto amygdaloide, diverse eruzioni di Basalto pri- smatico (1). L' uno fra gli altri è visibile nel disegno che Dallas ha dato di questo convento. E questa bella roc- ca piramidale a due punte di color nericcio. Ila IoQ' al- meno d’elevazione c non consiste che in piccoli prismi d’ un basalto verde scuro o rosso scuro, giacenti in una posizione raggiante; dimodocchè un certo numero di que- sti piccoli prismi forma un mosaico di prismi de’ quali i più grandi con 5 o 6 lati. Dallas aveva preso questa piramide magnifica per dello scisto argilloso, non che tutta questa banda di roc- cie nere che si stendono dalla gola ov’ era il tempio di Ili genia sino a 3 o 4 verste verso il faro. Non era sen- za dubbio mai disceso sino al mare, ciò eli’ è diflici- lissimo, per cader in un errore cosi grave. E con quel- lo di Sably il gruppo basaltico o piuttosto porfidico o trachilico il più ricco in fatti interessanti di tutta la pe- nisola Taurica. Là si vede fra gli altri un basalto terro- so, talcoso d’ un bel verde scuro, marmorato di vene ros- siccio c clic si scompone in frammenti scagliosi. Malgrado la sua natura terrosa questa roccia sa mollo bene affrontare i flutti; un molo stretto di alcune centi- naja di passi in lungo, fa un superbo getto nel mare al- 1’ angolo Nord del promontorio partenico. La natura ha forato in questo molo un passaggio grandioso di 4(F di (1) Sarei frattanto molto portalo a riguardare questo basalto piuttosto semplicemente per un Porfido feldispalieo, clic col restrin- gersi nel momento del raffreddamento ha preso la forma dei pri- smi 6 latcri a guisa di basalto. elevazione, sollo il quale i Aulii del mare passano libe- ramente dimodocclie si può andare in battello. Il basal- to o porfido di Sablis rassomiglia mollo a quello d’ Eif- fel e della Svizzera Sassona. Quindi si vede alle rive del- l’Alma sotto il calcareo giurassico parecchi mucchi di belle colonne giacenti, di cui alcune hanno sino a 2 piedi di diametro ed anche più. E ben degno di rimarcare che si trovano spesso in Crimea fra i grunstein delle masse particolari; sono Sci- sto, Gramvacke ed anche Dioriti più antichi, che sono stati scomposti e come ricolti dall’azione del fuoco cen- trale che enumero fra i Trachiti , se si considera come trachite ogni formazione ignea o Netlunica che ha pas- sato per una simile operazione chimica. Seguendo la storia di queste Dioriti, di questi ba- salti e di queste trachili, si convincerà che dopo il sol- levamento della catena calcarea , vi è stalo sino alla for- mazione terziaria una serie d’eruzioni ripetute a certi in- tervalli. Il grunstein del Foras ha trapassato tutta la for- mazione dello scisto e non si è fermato che immediatamente sotto la rupe del calcareo; a Laspi ha separalo il piede dell’ A'i-Ilia dalla catena principale. Ila anche sollevalo il calcareo ed empito le fenditure a Bodrak, PORFIDO DIORITICO La denominazione del Porfido il di cui nome rimonta ai tempi di Plinio, è stala applicala primieramente ad una roccia d’un rosso porpora, portato dall’ Egitto c conte- nendo piccoli corpi bianchi ed angolosi di feldspato cri- stallizzato disseminali nella sua massa; questo nome ha in seguito servilo ad indicare ogni specie di roccia non stratificata, nei quali i cristalli di feldispato , o altri mi- nerali , sono dispersi in una pasta di natura differente. — 208 — Cosi si distingue il porlìdo feldspato dal porfido diori- lico, perchè in quest’ ultimo i cristalli disseminali nella massa sono dell' Albite e la pasta per lo più vien formata a PEU GiETAÌO GIORGIO GEHHELIIRO Socio ordinario e Segretario della sezione di Scienze naturali dell’Accademia Gioenia in Catania, Corrispon- dente delll e R. Società geologica d'Austria in Vienna, della I. Società di Scienze naturali di Cherbourg, della Società Economica della Provincia di Catania , dell' Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Dijon.' dei Quiriti di Roma , della R. Peloritana di Messina , della Senenbergiana de' curiosi della natura di Franbfort sul Meno, degli Zelanti d’Aci-Reale, de’Trasformati di Roto , del Gabinetto di Storia naturale di Siracusa, dell'Aretina del Petrarca, de’ Fisio-critici di Siena e dell’Agraria di Pesaro. LETTA NELLA SEDUTA ORDINARIA BEL 28 MARZO 1859 ATTI ACC. VOI. XV. 36 / ■ f Il gruppo de’ terreni di Judica è stato rapportato dai Professori Gemmellaro e Iloffmann al periodo cretaceo ; ma all'epoca delle loro ricerche, non essendovisi trovati orga- nici fossili, si sono avvalsi del solo elemento stratigrafico. Il Prof. Calcara venne il primo a dar la diagnosi d’una terebratula, d’una trigonia e di due ammoniti, le quali essendo a suo avviso delle specie nuove, ponendo in non cale le altrui osservazioni, in modo generico di troppo , rapporta al secondario di Catenanuova (1). Epperò de- vesi al Prof. Gemmellaro la scoverta d’una hippurite, che nel ]846 presentava all’esame della nostra Società. Il rinvenimento delle hippuriti è importante per la località (1) Calenanuova è un piccolo villaggio vicino Judica fabricato sopra un lembo del pliocene: in effetti vi si rinvengono molli or- ganici fossili, che lo caratterizzano, fra’ quali ultimamente ho osser- vato presso il sig. Passalacqua alcuni frammenti di difese e un bel dente molare dell’ Elephas antiquus trovati in uno scavo per ci- sterna. — 272 — ove trovansi, perche essendosi appalesale a’ piani cretacei superiori, va a circoscriverla in una limitatissima sfera d’ orizzonti geologici , che facilmente possono orientare il geologo a ben determinarne f epoca. E infatti , quan- tunque il nostro geologo siasi fissato nel suo lavoro alla specificazione del pietrefatto, anziché alla determinazione del terreno, in cui era stalo trovato, d’ indi in poi si è riguardato il terreno di Judica come appartenente al cre- taceo superiore. Il prof. Aradas nella sua « Monografia degli Echini viventi e fossili della Sicilia » descrive due cidarili, an- eli* esse colà trovale, di cui una é nuova, e l’altra la Ci- darites glandifera Golf. Però la presenza di tale cclii- noderme in quel punto ci trasporta all’ esistenza d’ un lembo dell’exfordiano, e quindi al periodo giurassico in- vece del cretaceo : ma non polendo, nemmanco per poco, dubitare sull’ esattezza della determinazione fatta dal no- stro zoologo , dobbiamo credere che vi fosse stala tra- sportata dall’ azione di qualche affluente terrestre prove- niente da tuli’ altra parte dell’ isola. Queste sono le ricerche geognostiche e paleonto- logiche, almeno e quanto mi sappia, che tino un mese addietro eransi fatte in que’ siti. Però nel corrente anno essendomi recato a Judica, dopo avere per ben molli giorni studialo i monti Torci- si, Banco, S. Giovanni, Scarpello e Judica, non che le corrispondenti vallale, ne ho dato alla luce un cenno geo- gnostico , in cui dall’ esame slratigrafico e paleontologico rapporto quel terreno a’ piani turoniano e nummulilico. In quel lavoro parlo d’ alcune conchiglie nuove da me ivi trovate , ed avendone altre anteriormente rinvenutevi da mio padre, Prof. Carlo Gemmcllaro, oggi vengo a sot- toporle all’ esame della Società , dando la loro descri- zione. CONCHIGLIE DEL PIANO TURONIANO SP. 1* AMMONITES Slj'LCATl'S Cale. 1843 Cale. Cenn. su' moli. viv. e foss. di Sicilia tav. 4, fig. 20. A. testa orbi colavi, involuta ; anfractibus convexiu- sculis , transversis plicatis, plicis numerosis , acquali bus undatis, prope carinam approximatis , anterius disjun- ctis ; periferia acuta , integerrima; centro umbilicaio. Loc. Calcario marnoso de’ monti Torcisi e Judica. SP. 2a TURBO BUCIIII Orb. 1844 Trochus Buchii Colf. Pelref. Gemi. 3, pag. 00, lav. 1S2, fig. 1. 1830 Turbo Bucini Orb. Prodr. de Pai. voi. 2. pag. 224, u. 239. T. nucleo turbinato , anguste umbilicaio; anfracti- bus (J — 6) subteretibus cingili atis , infra medium sub- angulatis , cingillis duodenis catenulatis. Loc. Lcmfdrde, calcario marnoso del vallone di S. Lucia e di monte Torcisi. SP. 3a TRIGONIA SCABRA Lamk. 1819 Lamk. Anim. sans veri. voi. 0, pari. 1, pag. 03. 1830 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 193, n. 117. 1841 Trigonia alaeformis Geinilz (non Sow. ). T. testa ovaio-trigona, anterius producta ; costis trasversis , tuberculato-scabris ; tuberculis crebris , par- vis , prominulis. Loc. Uchaux, Rouen, Le Matrou , Saintes, Montri- card, Rreling’sualdc, calcario marnoso di Judica. SP. 4a MYTILUS BIONDII mihi. Tav. la, fig. la. DI. lesta ovato-oblonga, sinuata , levigata , striis in - evenienti notala ; marcime ventrali concavo, dorsali con - vexo ; apice acuto , leviter recurvalo. Larg. 59 mill. Lungh. 29 mill. Spess. 28 mill. Questa specie ha nell’ insieme forma ovato-allungata; il suo margine ventrale è concavo, molto convesso il dor- sale. Proprio nell’ unione del terzo medio della conchi- glia con l’altro, che corrisponde alla regione ventrale, presentasi sinuata, la quale depressione dall’apice termina al punto più convesso della sua parte marginale. Le Sirie d’ accrescimento sono ben visibili, e nella regione sinuata leggermente ondeggianti. L’apice ò acuto e pochissimo ricurvato. Ha 1’ aria del Mytilus subcarinatus ( Mocliola ) Lamk. ; ma paragonandole si vede di leggieri dalla dispo- sizione della sinuosità, dalla forma degli apici e dalla configurazione de’ margini essere tuli’ altra specie. Essa porta il nome del nostro Socio Sig. Biondi, che ha egregiamente illustrato molte conchiglie viventi e fos- sili della Sicilia. Loc. Calcario marnoso di Judica. SP. 5a HIPPURITES CORNU-VACQINUM Bronn. 1832 Bronn, Salirb. p. 171. 1830 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 198, n. 177. 1837 Hippurites gigantea d’Hombres-Firmas, Memoires ec. Ilippurites Moulinsii d’ IIombres-Firmas, idem. Hippurites lata Melheron. Calai, cc. Ilippurites Gallo provincia lis Malheron, idem. 1827 Hippurites Fortisii? Catullo Sagg. di zool. Fos. pag. 171. tav. 6. fig. B. b. Hip. valva inferiore oh conica, injlexa ; costulis acutis , c onfertis; plicis dorsalibus anguslis ; valva su- periore convexa, costulis radiala. 0 — 273 — Loc. Salzburgischen, Bains de Rennes, Martigues, Beausset, Alais, Santa Clara, Oviedo , calcano a silice di Judica. CONCHIGLIE DEL PIANO NUMMULITICO SP. 6a TROCHUS NUMMULITICUS mihi. Tav. la, fig. 2a. T. testa depressa , imperforata ; anfraetibus 5 ca- naliculatis, quorum superiores convexiusculi, Icevigati ; ultimus planulatus , transversim et profonde striatus ; margine acutiusculo ; inforna facie convexa. Diain. magg. 21 mill. « minor. 17 mill . Longit. 16 mill. Troco depresso conoideo, imperforato; con 5 anfratti canalicolati, di cui 1’ ultimo ha la superfìcie piana e striata trasversalmente da 4 strie parallele e profonde, che man mano si dileguano, come giungono alla seconda circonvolu- zione, che presentasi, come tutte le altre, convessa e liscia. L’ ultimo anfratto è grande, e forma quasi per intiero la conchiglia. La base è convessa, e dà all’ esame 8 strie parallele. Il margine leggermente acuto; Y apertura è un pò dilatata. Loc. Psammile di Rocca Palumba e delle Quattro Finaite. SP. 7a TURBO STESIGOREUS mihi. Tav. 1, fig. 3a. T. nucleo turbinato-conico , imperforato ; anfrac- tibus 6 convexis , medio bicingulatis , superne tubercu- lis eoronatis ; ultimo anfractu magno ; apertura sub- rotunda , dilatata. Loc. Salzburgischen, Bains de Rennes, Marligues, Beausset, Alais, Santa Clara, Oviedo , calcano a silice di Judica. CONCHIGLIE DEL PIANO NUMMULITICO SP. 6a TROCHUS NUMMO LITI CUS mihi. Tav. la, flg. 2a. T. testa depressa , imperforata; anfractibus o ea- naliculatis, quorum superiores convexiusculi , Icevigati ; ultimus planulatus , transversim et profunde striatus ; margine acutiusculo; inferno, facie convexa. Diain. ma»'»’. 21 mill. O cj (( minor. 17 mill. Longit. 16 mill. Ti ’oco depresso conoideo, imperforalo; con 5 anfratti canalicolati, di cui 1’ ultimo ha la superficie piana e striala trasversalmente da 4 strie parallele e profonde, che man mano si dileguano, come giungono alla seconda circonvolu- zione, che presentasi, come tutte le altre, convessa e liscia. L’ ultimo anfratto è grande, e forma quasi per intiero la conchiglia. La base è convessa, e dà all' esame 8 strie parallele. Il margine leggermente acuto; l’apertura è un pò dilatata. Loc. Psammile di Rocca Palumba e delle Quattro Finaite. SP. 7a TURBO STESICOREUS mihi. Tav. 1, fìg. 3a. T. nucleo turbinato-conico , imperforato; anfrac- tibus 6 convexis , medio bicingulatis , superne tubercu - lis coronatis ; ultimo anfractu magno ; apertura sub - rotonda, dilatata. — 276 — Diam. magg. 46 mill. Longit. 59 mill. Trovansi di questa specie molti modelli , i cui caratteri, che possonsi dedurre aver la conchiglia, sono i seguenti, cioè : turbo turbinalo-conico, imperforato ; ha 6 anfratti convessi, nel centro bicingolati, e coronati su- periormente da tubercoli globosi , clic diminuiscono in grandezza, come dalla base s’ avvicinano all’apice. L’ul- timo anfratto è grande e un pò più lungo delia spira — 1’ apertura a un dipresso rotonda e dilatata. Loc. Nel gres di Judica in molti siti. SP. 8a CERITIIIUM IIEXAGONUM Lamk. 1802 Ann. du Mas. toni. 3, pag. 271. 1824 Desh. Conch. foss. voi. 2 , pag. 327, tav. 45, fi". 4-5 , e tav. 48. fig. 15-16. 1850 D' Ardi. Ilist des nrog. de la Geol. voi. 3, pag. 288. 1823 Cerilliium Maraschini Al. Brong. Meni, sur Ics terr. de Vicentin pag. 70, lav. 3, fig. 19. 1850 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 819, n. 410. C. testa pyramidata , hexagona ; anfractibus pia- nulatis, transrersim sulcatis et tenuissime striatisi sul - cis reputar iter granosis ; ultimo anfractu dilatato , ad marginem tuber culaio, rei dentato; apertura dilatata, inferite appendiculata, canali lato terminata. Var. b-pentagona. Loc. Ronca, Vicentino, calcario grossolano di Pari- gi, argilla di Barton, gres di Rocca Paluniba e Quattro Finaite. « SP. 9a BUCCINUM SCINÀ mihi. Tav. 1, fig. 4a. B. testa tenui, orato-conica, transrersim silicata ; spira contabulata ; anfractibus 6 conrexiusculis, super- — 277 — ne nodulis conjunctis coronatis ; apertura ovato-angu- sta ; columella subarcuata. Diam. magg. 35 mill. Longit, 57 mill. Conchiglia fragile di forma ovaio-conica; la sua spira c formala da G anfratti trasversalmente solcati , la cui parte superiore forma una rampa, che estendcsi all’apice. Il margine esterno di questa rampa è coronalo da tuber- coli graniformi gli uni agli altri congiunti per gli apici del gran diametro. Di tratto in tratto la superficie esterna della conchiglia è notata da piccole irregolari varici d’ ac- crescimento , che più o meno prominenti sono costanti sugli esemplari, clic ho avuto 1’ aggio osservare. L’ aper- tura è ovoide allungala, leggermente dilatala alla base — la columella è pochissimo arcuala — la estremità supe- riore della base in parte manca. Questa specie è una delle più comuni di Judica. Essa se ha qualche leggiera affinila è con il Buccinimi tiara Desìi. , sotto il qual nome 1’ ho crroneamenle rap- portata nel mio « Cenno geognostico sul gruppo dei Ter- reni di Judica ))*. ma avendone avuto altri esemplari più conservali, vedo essere un’ altra specie. Dislinguesi prin- cipalmente dal Buccinimi tiara Desìi, per la mancanza del solco obliquo verso il terzo inferiore della lunghezza dell’ ultimo avvolgimento c della callosità columellare, per la configurazione della base c per la superficie degli av- volgimenti, clic sono solcali, mentre nel Buccinum tiara Desìi, vedonsi semplicemente striali. Loc. In molli luoghi del gres nummulilico di Judica. SP. 10a NERINAEA CARONDAE mihi. Tav. 1, fìg. 5. N. testa subcilindnco-turrila , levigata ; sutura ATTI ACC. VOL. XV. 37 — 278 — lineari , insculpta; anfractibus complanatis , involutis , teniaeformibus . Ultimamente il Prof. Bellardi alla Nerinaea Brucken- thali Ncugeb., alla iV. ? Verneuili d’Arch. e alla iV. sw- pr acretacea Bell., rapportate dal Visconte d’Archiac nel « Tableau de la Faune nummulitique » (1) , ha aggiunto la /V. Serapis Bell, d’ Egitto a questa Fauna (2). Or noi ne presentiamo un’altra proveniente dall’ equivalente piano geologico di Judica, la quale ha in presenza, senza dub- bio d’ equivocare , tutti i caratteri generici delle Neri- nee. Non è così per i caratteri specifici; ma passiamo a descriverla, avendo una singolarissima forma capace di distinguerla dalle congeneri. Conchiglia quasi cilindrica, torricciolata, levigata, con la sutura lineare e incisa; gli avvolgimenti sono piani e avvolti a foggia di fettuccia. c > u Delle Nerinee, che conosco, ha semplicemente qual- che lontana analogia con la Nerinaea Voltzii. Loe. Gres del vallone di S.;i Lucia. SP. lla PECTEN S.VYAE mihi. Tav. 1, fig. 6. P. testa sub-trigona , aequilaterali , radiatim co - stasla ; radvis 12 convexis, striatis, parvis majoribus alternantibus ; transversim striata striis , confertissimis , impricalis , squamulosis ; auriculis aequalibus , radia- to-stratis ; margine cardinali subplicato . Lunghezza 22 nidi. Larghezza 23 mill. (1) Histoirc des progres de la Geologie de 1834 a 1849 , Tome 3, Paris 1850. (2) Catalogo ragionato de’fossili nummulitici d’Egitto (Memo- rie della R. Accademia di Torino) Torino 1855. — 279 — Conchiglia equilaterale, crassa, la cui forma è a un dipresso triangolare. I suoi margini laterali convergono all’apice, che è acuto e poco ricurvo, e si continuano dol- cemente con il ventrale convesso. Essa è longitudinal- mente ornata da 12 costello raggianti, convesse, rotondate e longitudinalmente striate, di cui 5 grandi alternano irre- golarmente con G a 7 più piccole; trasversalmente vedesi fregiata da strie numerose, fine ed avvicinate, che sotto la lente vedonsi implicate c squamose; internamente lungo il margine ventrale notansi solchi levigali improntati dalle e- sterne costello. Le orecchiette poco plicate longitudinalmen- te al loro asse, sono trasversalmente ornate da strie nume- rose del pari squamose — internamente presentansi leviga- le; il margine cardinale è quasi plicalo. La conchiglia in esame , sebbene abbia moltissima affinità con il Pecten sulcatus Lamk., che presentasi sotto moltissime varietà, ho creduto convenevole indicare sotto altro nome per le seguenti ragioni, cioè: 1° la presente specie ha forma quasi triangolare, mentre il Pecten sul- calus Lamk. è piuttosto orhicolare; 2" le strie trasver- sali numerose, fine, impricale e squamose di questo pettine non caralterizano il Pecten sulcatus Lamk., quantunque in alcune varietà di questo siano tali strie pur troppo aspre; 3° il Pecten sulcatus Lamk., vivente ne’ nostri mari, non si è trovato al di là del pleistocene, il Pecten Savae è del piano nummulilico, di cui ho una valva aderente a un pezzo di psammite, in cui vedesi la IVummuliles sca- bra Lamk. l’ Alveolina ovoidea Orb. e altre foraminifere. Questo pettine porta il nome del distintissimo me- dico e naturalista Professor Roberto Sava. Loc. Gres delle Quattro Finaile. — 280 — SP. 12a OSTREA. FLABELLULA? Lamk. 1806 Lamk. Ann. du Mas. toni. 8, pag. 164, n. 16; e tom. 14, lav. 20, fìg. 3 a b. 1824 Desìi. Coq. foss. tom. 1, pag. 366, fìg. 6 6 7. i830 D’ Ardi. Tabi, de la Faune numm. ( nella hist. de la Geol. voi. 3, pag. 274). 0. testa oblonga, cuneata , superne rotondala , sub - arcuata; plicis longitudinalibus, rugosis ; nate altera producla. Loc. Nizza, Biaritz, Cantone di Berna, Klagenfurt, formazione terziaria inferiore del nord della Francia, del Belgio e dell’ Inghilterra, Betenburge, gres di Judica. FCRAMINIFERE DEL PIANO NUMMULITICO SP. 13a NUMMULITES NUMMULARIA Orb. 1830 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 333, n. 676. 1822 Nummulites complanata Lamk. An. sans veri. voi. 7, pag. 630. 1832 Nummulites millecaput Boubè Mag. de Zool. tav. 13. 1838 Nummulites polygiratus Desìi. Meni, de la Soc. Geol. 3, tav. 5, fìg. 17-19. Nummulites irregularis Desh. idem tav. 5, fìg. 15-16. Nummulites distans Desìi, idem. lav. 5, fìg. 20-22. Nummulites placentula Desh. idem tav. 6, fìg. 8-9. Loc. Piramidi d’Egitto, Columbres, Crimea, Vicenti- no, Ronca, Bastennes, Gamarde, Biaritz, St. Sevcr, St. Paul del Var, St.Vallier, Laon, Montgaillard, Jndie orien- tali, Scinde, Imalaja, Hydrabad, gres delle Quattro Fi- naile. — 281 — SP. 14a NUMMULITES SCABRA Lamk. 1822 kLam. An. sans vert. pag. 629. 1850 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 335, n. 675. 1837 Nummularia acuta Sow. Trans, geol. Soc. 3, pag. 329, tav. 24, fig. 13. Loc. Soissons, Biaritz, Indie orientali, provincia di Cutch, Luckput, Scinde, gres delle Quattro Finaite. SP. 15a NUMMULITES PLANULATA Orb. 1850 Orb. Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 335, n. 677. 1845 Nummuliles Biaritzania d’ Ardi. Meni, de la Soc. Gcol. 2, pag. 191. 1846 Nummulites alacicus Leym. Mem. de la Soc. Geol. 1, pag. 338, tav. 13, fig. 13. Loc. Soissons, Cuise-Laniotte, Liancourl, Couiza, Biaritz, Le Yit, vicino di Castellane, St. Palais, Nizza, Fontaine dii Jarrier, gres delle Quattro Finaite. SP. 16. a ALVEOLIlNA 0V0IDEA Orb. 1825 Ann. des Se. nat. pag. 140, n. 3. 1850 Prodr. de Pai. voi. 2, pag. 336, n. 690. 1846 Alveolina subpyrenaica Leym. Mem. de la Soc. Geol. 1, pag. 359, tav. 13, fig. 9. Loc. Montolieu, Couiza, Indie orientali, Scinde, gres delle Quattro Finaite. SP. 17» ALVEOLINÀ MELO Orb. 1825 Orb. An. des Se. nat. pag. 140, n. 2. 1850 Orb. Prodr. de Pai. pag. 336, n. 689. 1846 Alveolina subpyrenaica var. globosa ? Leym. Mem. de la Soc. Geol. 1, pag. 359, tav. 13, fig. 10. Loc. Couiza: Montolieu, ford , Indie orientali, Scinde, Steinfelt, Grusback, Miss- gres delle Quattro Finaite» — 282 — SP. 18a ALVEOLINA LONGA Czjzck. 1848 Czjzek , Bcitr. zur Kenntniss ec. (Naturwiss Abhandl. ec. voi. 2°, tav. 12. fig. 34-35.) 1858 Alveolina parvula Gemm. Cenno geogn. Judica pag. 4 ( var. pare.) Loc. Le Wasehberg, Istria, Vicentino , Zafranboli, monte Boglan, gres delle Quattro Finaite vicino il monte Judica. SP. 19a NODOSARIA SICULA mihi. Tav. 1, fig, 7. N. testa elongata , veda, laevigata ; loculis 6 glo- bulo-ovatis distintissimis ; suturis prof nude excavatis ; apertura deleta. Conchiglia allungata, retta, levigata, cilindrica ; le logge sono al numero di 0 , globulo-ovale, separate da strangolamenti un pò prolungali e profondi ; 1’ apertura non distinguesi. Questa foraminifera ha qualche affinità con la No- dosana limbata Orli . ; ma manca del cordoncino saliente trasversale, clic notasi sul margine della sutura. Loc. Gres delle Quattro Finaite. Sp. 20a NODOSARIA ARCHIACIANA Mihi. Tav. la, Fig. Sa. N. testa recta, conica, scabrosa; loculis 5 globo- sis distinctisimis; apertura minima, rotunda. Conchiglia retta, conica, scabrosa; con ò logge glo- bose distinte le une dalle altre da profonda sutura; l'aper- tura è piccola e rotonda. Questa foraminifera porta il nome dell’ illustre Vi- sconte d’ Archine che ha illustralo maestrevolmente la fau- na nummulitica. Loc. Gres delle quattro Finaite. — 283 — SP. 21a DENTALINA GRACILIS ? Orb. 1840 Orb. Mem. de la Soc. Geol. 1, pag. 14, n. 4, tav. 1, fìg. 15. 1850 Orb. Prodr. de Pai. voi. 3 , pag. 280, n. 1355. Loc. Il sig. Alcide d’Orbigny ha trovalo questa specie nella creta bianca d’Inghilterra c a Sens — Io, con qualche dubbio, le rapporto alcune denudine del gres nummuliti- co delle Quattro Finaile che, sebbene abbiano un nume- ro minore di logge , presentano la forma mollo sìmile. POLIPAI DEL PIANO EUMMULITICO SP. 22a ORBITOLITES SUBMEDIA D’Arch. 1846 D’ Arch. Mem. de la Soc. Geol. tav. G, fig. 6. 1850 d’ Arch. Tabi, de la Fami. numm. ( nelle hist. de la Geol. voi. 3, pag. 231 ). Loc. lliaritz, Pau, Nizza, Annot, Le Ralligstoecke, Mattsee , Vicentino, Montfcrrat, a N. 0. d' Enos e tra l’Arda e la Maritza, Tchanlu-Kilissè , vicino Much, tra Gumueh-Hana e Baiburt, Candia, gres delle Quattro Fi- naitc. SP. 23a ORBITOLITES STELLATA D’ Arch. 1846 D’Arch. Mem. de la Soc. Geol. lav. 7, flg. 1. 1850 D’Arch. Tabi, de la Fauna numm. (nella hist. de la Geol. voi. 3, pag. 231 ). Loc. Biarilz, Nizza, Le Ralligstoeche, le Rothom, Verona, Riva dritta della Maritza , gres delle Quattro Finaite , Vallone di S.a Lucia. ' r-.; oh.*# .1 i/ -•"*» ;.im OSSERVAZIONI DISTRIBUITE IN PlU MEMORIE del Socio PROF. ANDREA ARADAS MEMO&XA 1. CHE CONTIENE 11 DESCRIZIONE DI IICIIE CONCHIGLIE FOSSILI DI PACHINO Letta nella tornata del 28 novembre 1858 ATTI ACC. VOI. XV. 38 I. I .* AVVERTIMENTO Intento a fornire un lavoro abbastanza esteso e di non lieve importanza , qual si e la nuova Fauna de’ Molluschi, Cirropodi , Echinodermi ed altri Zoofiti viventi e fossili della Sicilia , e di cui nella tornata del 22 Febbraro del I806 vi leggeva > Onorandissimi Col- leglli, il prospetto : non ho potuto pria d’ ora portare a compimento alcuni altri lavori, che pur sì trovano da molto tempo innanzi abbozzati , e che potrebbero tratte- nere utilmente la vostra attenzione. Uno di questi lavori si ha per iscopo la riunione di varie osservazioni di sicula Zoologia vivente e fossile, che verranno ordinate in piu memorie , di cui la prima contiene la descri- zione di alcune conchiglie fossili, forse del terreno se- condario di Sicilia , e propriamente di Pachino, e questa oggi ho ! onore di leggervi, e lo fb con la cer- tezza che mi accorderete il solito vostro compatimento, non potendolo negare a colui, che, sebbene sfornito di mezzi e di forte mente, non c però ad alcuno secondo nell amore alle patrie cose, e nella brama ardentissima di far progredire fra noi gli utili studii Zoologici. RINVENUTE NEL TERRENO DI PACHINO Uli organici fossili che offro ai vostri sguardi, o Signo- ri , son tali, per essere del tutto nuovi per la Sicilia, per la loro rarità, per la singolarità delle loro forme, e per la difficoltà di caratterizzarli, da attirare la vostra at- tenzione, c spingervi ad elaboralo disaminamento. Con- ciosiachè: se laudevole usanza è la vostra di giudicare, al pari di ogni dotto scientifico assembramento, attenta- mente e con sana critica gli argomenti clic nelle nostre assemblee ordinarie si svolgono e discutonsi, più minuta e sottile esser dee la vostra perquisizione, c meglio pro- fonda la vostra disamina, allorché di obbietti a storia naturale patria pertinenti siete invitati ad occuparvi: es- sendo che tutt’ altri lavori scientifici, che la storia naturale della nostra Isola non riguardano, sono di un interesse secondario per l’ Accademia nostra, nò possono ai pro- gressi di Lei quanto quelli giovare. E che gli organici fossili, su cui verseranno i miei ragionari, sian tali da assumere agli sguardi del natura-* lista un carattere di significante importanza è cosa, clic, — 290 — se mal non mi appongo, potrei evidentemente provare solo con dirvi, che essi spettano a generi ed a specie perdute, e si appartengono probabilmente alla formazione cretacea di Sicilia, che in Pachino rinviencsi ed in po- chi altri luoghi, formazione ristretta e non abbastanza stu- diata: e che taluni di essi fan parte di alcuni generi, che per i loro caratteri singolari, e la conformazione e struttura delle specie che comprendono, hanno lunga- mente travagliato la mente dc’naluralisti, somministrato ad essi ampia materia per intralciate quistioni, ed hanno for- mato il su bbictto di varie loro ricerche ed osservazioni. Le conchiglie fossili, di cui ho parlato, e che for- mano T argomento del presente lavoro, appartengono ai generi Cerilhium , Nerinea , Hippuritcs , Sphaerulites , Pecten. Farà seguito a questa memoria la descrizione di un’ altra conchiglia fossile del terreno terziario di Sici- lia, e propriamente di quello de’ dintorni di Mililello. GEN. CERITIIIUM. Bruci. CER1TI1IUM FULCIA1NUM Nob. La conchiglia fossile, di cui qui facciam parola, è tale che a prima giunta può , senza tema di errore , ri- ferirsi al genere Cerilhium. Ora un Perizio rinvenuto in un terreno più antico del terziario, non è, o Signori, un fallo di poca importanza. « Per lungo tempo, dice il « sig. Dcshaycs (Lamk. t. IX. pag. 273) si tenne per « fermo , clic il genere in discorso non oltrepassasse i « terreni terziarie Oggi però i Cerizii sonosi ritrovati in ce tutta la serie de’ terreni di sedimento. Per quanto però « frequenti ne’ primi, altrettanto rari s’incontrano ne’ se- « condi ». In quanto al terreno secondario della Sicilia, ò questa la prima volta, che vi si è rinvenuta una spe- cie appartenente al genere summentovato ; c questa sco- — 291 — verla non deve riuscire indifferente al geologo ed al zoo- logo siciliano. Impertanlo, V individuo, clic ho 1’ onore di presen- tarvi, avvegnaché mutilato, pure, per (pici pochi carat- teri speciali che conserva, si può, alle specie conosciute ravvicinandolo, riguardare come tale da offrire una novi- tà di tipo speciale. E considerando in pria le sue dimen- zioni , cioè la lunghezza all’ incirca di 0,235 c la lar- ghezza di 0,095 si scorge, che un solo dei Cerizii de- scritti potrebbe al nostro in qualche modo avvicinarsi, e si ò questo il Cirithium giganteum di Lamk. , il quale trovasi fossile ne’ dintorni di Parigi , e che ottimamente figuralo si mostra nell’ opera del Deshayes ; ma un colpo d’occhio vale a far rilevare le differenze nette e ricise che passano tra queste due specie : c di tali differenze a distin- guerle del tutto, quella cioè basterebbe una sola clic scaturi- sce dalle differenti proporzioni tra la lunghezza e la lar- ghezza deH’una e dell’altra, senza contare il numero, e la conformazione degli avvolgimenti e tuli’ altro. E quindi non solo per altre caratteristiche, ma per la sola consi- derazione della grandezza, la nostra specie si distingue chiaramente delle congeneri. Per l’insieme poi di tutti i caratteri ha una facies tutta propria : ed è veramente dispiacevole il non poterne formare una descrizione del lutto completa , attesa la sconservatezza dell'unico indi- viduo, clic mi è toccato in sorte di possedere. In onta a ciò, dopo averlo fatto diligentemente disegnare mi so- no ingegnato descriverne qui i caratteri, che tuttora so- no rilcvabili con la maggior possibile attenzione. Questa conchiglia è conico torricciuolala; sì può dir breve, al- lorché si consideri la larghezza della sua base in rap- porto alla sua lunghezza : perocché la larghezza della base corrisponde a poco meno della metà della sua al- tezza; 1’ ultimo giro della spira manca: per la qual cosa — 292 — nulla possiamo notare della conformazione della sua aper- tura , del canale della medesima e della colonnetta. Da un calcolo approssimativo risulta clic gli avvolgimenti del- la spira dovrebbero assommare a non meno di 24. Essi sono stretti, appianali, e nell’ insieme costituiscono una linea longitudinale , che non solo non è convessa , ma neanco esattamente retta, si bene insensibilmente concava. Nei punti in cui ancora conservasi intera la conchiglia, non si possono notare cingoli sugli avvolgimenti, o sol- chi, nè strie di sorta alcuna, solo delle eminenze, che non sono veramente tubercoli distinti, ma somigliano piut- tosto a va rico sita. Dal fin qui esposto emerge, è vero, che la diagnosi della conchiglia in esame è alquanto manchevole : ma per quel che si è rilevalo, si può assolutamente inferire che essa ha tali caratteri, da non poterla con altra specie del genere confondere, ed a mio credere è del tutto nuova. E tale sembrò al dotto paleontologisla di Madrid il Prof. Villanova, il quale fortemente impressionato di que- sta, giusta il suo dire, preziosissima specie, volle nel ter- reno secondario di Pachino far le più ostinate ricerche onde trovarne altro individuo: ma le sue perquisizioni an- darono interamente a vuoto, si perchè le conchiglie fos- sili di quel terreno sono rarissime, e perchè esistono per altro fortemente attaccale anzi inviscerate nella dura pasta di quel terreno medesimo. Volendo dare un nome alla specie descritta, credo giustissimo per un sentimento di profondo rispetto e di gratitudine fregiarla di quello del chiarissimo prof. Fran- cesco Pulci, uomo dottissimo nelle mediche scienze, e che per lo lasso di otto lustri ha sostenuto fra noi lodevol- mente T insegnamento della medicina. — 293 — 2. GENERE NERINEA de Franc. R genere Nerinéa fu crealo del sig. De France per alcune conchiglie , che rinvengonsi in terreni di antica formazione, e di cui egli non aveva poluto osservare del tutto la conformazione dell’ apertura , avendo avulo solo soli’ occhio i moduli interni ed esterni delle medesime, trovandosi il guscio interamente distrutto. Conobbe però questo egregio naturalista, che tali conchiglie van fornite di caratteri particolari , c principalmente di due o tre pieghe alla colonnetta, ed una nell’ interno del labbro de- stro , e sospettò, che la loro base terminasse in un canale, o meglio in una scanalatura, dal che inferì, aver le Neri- nec molla affinità con i Ccrizii. Questa affinità fu in pro- gresso meglio riconosciuta , c trovata tanto intima , da rendere inammissibile il genere Nerinea, o da farlo ri- guardare come un sotto-genere del gen. Cerithium, del pari clic il genere Trislomis o Triphons del Deshayes, che viene caratterizzalo da triplice apertura, oa dir piò chiaro in tre divisa, di cui lina è quella del canale, e le altre due formate dalla riunione de’ due labbri dell’aper- tura primitiva. Io , avvcgnacchè abborrisca dalla smania di crear nuovi generi, senza un vero bisogno perchè convinto che ciò non utile arreca alla scienza, ma pur troppo ingar- bugliamento, e le difficoltà accresce, che nello studio di essa incontransi, pure oso dire, che in un metodo naturale questi due generi cioè Nerinea , e Cerithium debbano trovare un posto distinto ; nè puossi negare, che nelle sole Nericce rinvengasi quella piega trasversale all’ interno del labbro destro , che è abbastanza rilievata, e clic, giusta quello che io ho potuto osservare, corrisponde ad un solco sull’ esterno degli avvolgimenti della spira. Checché ne sia ATTI ACC. VOL. XV. 39 — 294 — però, non volendo entrare in simili discussioni, perchè richieggono giudizio esperto ed acutezza di osservazione di che in me non è scarso il difetto , mi contento dire, che se come Cerizii si vogliano riguardare le Nerinee, re- sterebbe per lo meno a dire di essere de’ Cerizii ben singolari, e che, ritrovandosi in terreni di antica data, rie- scono interessantissimi, non solo a chi si fa a studiare il progressivo sviluppo e le varie specialità della sfera ani- male, bensì ancora a colui che vuole indagare le forma- zioni varie della crosta del globo. Una delle specie cui sopra abbiamo accennalo, e che è stata da noi rinvenuta in Pachino, ci ha offerto tali particolarità da doversi riguardare come nuova, ed è per- ciò che ci affrettiamo a darne la descrizione. NEPiINEA GAGLIANI Noe. N. testa conico -turricolata; anfractibus numerosis , planis , sutura profonda atque canaliculaia divisisi su- perne obsolete nodasis , inferne tuberculis rotundatis monili formibus ornaiis , transversai sulcaiis , sulcis tribus. Questa Ncrinea, sebbene non sia intera c ben con- servata, tuttavia porge all’ osservazione gli elementi biso- gnevoli per una completa diagnosi. Essa è conico-torric- ciuolala; sono in gran numero i giri della sua spira che si presentano piani; essi sono divisi da profonda sutura e scanalata; superiormente offrono alcune nodosità poco distinte c poco rilevabili, ed inferiormente, o meglio in vicinanza della sutura, una serie di tubercoli uguali, ar- rotonditi, moniliformi; lo spazio compreso tra i tuber- coli e le nodosità quasi scancellale, vedesi solcato trasver- salmente, ed i solchi sono impressi, ed al numero di tre — 295 — o anco due per ogni avvolgimento, nell’ ultimo però sono in numero maggiore; la base è sfornita del tutto di solchi, ed è regolarmente convessa. Sulla colonnetta si scorgono due pieghe, ed un’altra sull’ interno del labbro destro. La specie, or descritta, differisce dalla Nerinea mar - garitifera rapportata dal sig. Conte di Àrehiac , la qua- le è meno conica della nostra, e quasi cilindrica, ed ha una serie di tubercoli ovoidi al margine superiore degli avvolgimenti, mentre nella nostra i tubercoli son collo- cati alla base di essi, piccoli ed in numero maggiore rim- petto a quelli di cui l’altra è ornata, ed oltre a ciò vi si scorgono, come si è detto, delle nodosità, sebbene de- presse e quasi scannellate , nella parte supcriore degli avvolgimenti. Nemmeno la specie in esame potrebbe confondersi colla Nerinea nodosa 9 perciocché in questa non liavvi una sola serie di tubercoli, e la sutura non è punto ca- nalicolata. Ilo dedicato questa specie al piò anziano de’ pro- fessori della nostra Università , al D.r Carlo Gagliani , egregio matematico e distintissimo archeologo in mostra della sentita stima e del profondo mio rispetto verso la di lui benemerita persona. GENERE IIIPPURITES. Picot de-Lapeirouse fu il primo a scovrire le con- chiglie fossili clic appartengono a questo genere, le chia- mo Ortoceratili , e ne diede lodevole ed esalta descri- zione in una monografia stampala a Parigi nel 1781. Queste conchiglie furono riguardale come univalvi ed appartenenti a’ molluschi cefalopedi dal sopracitato na- turalista, dal sig. De-Lamarck, e dal sommo Cuvier nella prima edizione del suo regno animale. Furono di questo — 296 — avviso il De Ferussae cd il de Ilaan. Tale opinione non venne però adottata dal sig. Blainville, che conosceva ap- pieno le osservazioni del Deshayes sull’assunto, pubblicate nel I82ò in una nota inserita nel tomo V° degli an- nali delle scienze naturali. Onesto egregio malacologo fu il primo a dimostrare che le Ippuriti debbano formar par- te de’ molluschi bivalvi, c andar collocate in prossimità della famiglia delle Sferulili. Le osservazioni del Dcsliay- ses vennero sulle prime contrastate , ma confermate in seguito dal sig. Desmoulins, che adottò senza restrizio- ne alcuna 1" opinione dell’ altro. Io non posso niegare, che taluni naturalisti in tale ricerca, trasandando quanto fu provalo dal Deshayscs, dal Blainville, dal Desmoulins e da altri , e fantasticando, si siano lasciati andare tant’ oltre sino a non più riguarda- re le Ippuriti come organici fossili spettanti ai molluschi ed a collocarle tra i zooliti: ma non è cosa dilhcile il vedere ciò che non esiste, o sconoscere la realità delle cose, allorquando la mente trovisi ottenebrata dalla densa nebbia della prevenzione ; ed è perciò che ci è toccato altra volta veder considerato ostinatamente come una con- chiglia appartenente a’molluschi rudisli, un organico fos- un polipajo. Basta osservare la struttura delle Ippuriti, per as- segnare a questi organici fossili molto singolari un posto • tra i molluschi : ed il modo con cui la piccola valva si articola colla grande, dimostra pienamente clic essi si ap- partengono ai molluschi bivalvi. Un frammento d’ Ippurile rinvenuto in Pachino che io ho credulo utile descrivere, offre taluni caratteri che arguiscono a specialità distinta e diversa dalle altre che mi è dato di conoscere. Molle sono invero le Ippuriti descritte, e pochis- — 297 — sime quelle clic io abbia pollilo studiare; si è perciò clic solo a descriverla. Da quanto porge all’osservazione un tal frammento rilevasi, che la conchiglia esser dovea conica e curva, e longitudinalmente solcata. Varie Ippuriti presentano è vero delle solcature longitudinali, ma i solchi che si osserva- no nella nostra olirono alcune particolari là degne di con- siderazione. Essi son convessi, nella parte più eminente appianati , alquanto disuguali , e divisi da interstizii che sono più stretti e levigati. I delti solchi si mostrano longitudinalmente striati ; delle strie, alcune sono finissi- me, e non discernibili ad occhio nudo, altre, poco più ridevate, son tutte dritte, ma non equidistanti. Alcune strie trasversali riunite di quando a quando segnano gii ac- crescimenti della conchiglia, e sono situale pressoché ad uguale distanza. I solchi in vicinanza dell’ apice incomin- ciano a diventar leggermente flessuosi. Nel frammento in esame si scorgono tuttora i segni de’ due pilastrini , o supports , come dicono i francesi, che non mancano nelle Ippuriti, e che sostengono 1’ articolazione della valva pia- na e piccola colla grande e uniforme. La diagnosi della Ippuritc da noi descritta, sebbene sorga dall’osservazio- ne fatta sur un frammento della medesima , si potrebbe non di manco formulare nel modo di appresso. Ilippurites — testa conico-curva, elegantissime at- que longitudinaliter silicata ; sulcis convexis , medio planulaiis , rectis , ad versus apicem subflexuosis , stria- tis ; striis exilissimis , rectis, sed non aequidistanlibus ; interstiis Icevibus. Provvisoriamente chiamo questa specie II. elegans. — 298 — GENERE SPIIAERULITES Le Sfondili sono delle conchiglie bivalvi , che fan parte della famiglia de’ Rudisti. Oggi non si fa più al- cuna differenza tra le Sfenditi e le Radioliti. il pezzo calcareo che contendono, c che aveva dato 1uoì»o alla for- inazione del genere Birostrites , oi»gi del tutto escluso, non è che il modulo interno delle indicate conchiglie. Le os- servazioni del Deshayes e di altri malacologi, han dissi- pato qualsiasi dubbio intorno alla genesi del Rirostre. lo ho oggi l’onore, o Signori, (li presentarvi una spe- cie di Sferulite rinvenuta nel terreno di Pachino, che per la sua integrità e per i suoi caratteri non potrà non at- tirare la vostra attenzione. Io non posso riguardar come nuova del tutto la specie in esame , non avendo potuto per deficienza di libri conoscere e studiare tutte le spe- cie di Sfondili che la scienza possiede : laonde mi limito soltanto a descriverla. Noi non possiamo render conto della disposizione delle parli interne della conchiglia trovandosi chiusa per ogni verso. In quanto all’esterno ecco quali sono i suoi caratteri. La valva inferiore è conica, ventricosa, ed al- quanto obbliqua non però curva; la base ristretta; la val- va supcriore ampia, convcsso-conica ; 1’ una è l’altra pri- ve di espansioni foliaccc , o meglio di lamelle, si mostra- no però fornite di numerosi solchi, che nella superiore , partendo dal punto piò eminente c centrale , si portano alla sutura, e nella inferiore, della sutura movendo, si dirig- gono alla base. Tai solchi sono divisi da interstizii molto ristretti, presentano qualche ineguaglianza, ed alcuni una certa irregolarità. La sutura delle due valve , o a più chiaro dire, la linea in cui esse unisconsi, si mostra lles- — 299 — suosa e dentata per l’ incontro dei solchi della valva su- periore con quelli della inferiore. Arrogi a tulio ciò il non trovarsi nella conchiglia in esame alcuna ruga, o solchi trasversali e concentrici. Non essendo sicuro della novità della specie descrit- ta, le dò per ora il nome di Splicerulites multisulcata. GENERE PECTEN PERTEN VERSICOSTATUS Lame. Pecten , lesta incequivalvi , trigona; valva superiore plana , altera timida, incurvalo-ar citata; radiis numero- sis eonfertis, quorum aliquot remotis , aliis elevatioribus. Pecten quinquecostatus Sow. Min. Conch. pi. 56 f. n.° 8. Var. Pecten quadricostatus. Sow. Min. Conch. pi. 56 f. 1, 2. Peclinites regularis. Schloth. Pelrif. p. 221, val- va sinistra. Peclinites Grypheatus Id. p. 224 valva clextra. Pecten versicostalus Desìi. En. cy. nielli, vers. t. 3; p. 727 n.° 30. lanini quinquecostala-D' Orbigny . Questa specie fossile, trovala presso Mans, Coulai- nes, e Solignè-sous-Ballon, ha dato luogo alla creazio- ne di un novello genere, che è stato appellato Ianira, sebbene poco o nulla differisca dal genere Pecten. E noi abbiamo creduto conveniente riferirla a quest’ ultimo con- tinuando a chiamarla col nome assegnatole dal sig. De Lamarck, e dal Deshayes. Questa conchiglia è nuova per la Sicilia, ed è stata rinvenuta, del pari che le altre in questa memoria de- scritte, nel terreno di Pachino. Ebbe in vero ragione il Lamk. di chiamare questa specie versicostata ; perciocché — 300 — presenta molte varietà in quanto al numero ed alla dispo- sizione de’ raggi. Essa è inequivalve, e si avvicina alla forma triangolare, anzi qualche volta si mostra trigona come ho io potuto verificare sopra diversi individui, che mi son pervenuti dalla Turcna. La valva superiore, molto più piccola della inferiore, è pianissima, l’altra è tumida e ricurva. La prima porla sei raggi convessi, e striati. Le strie sono ravvicinate, c poco rilievate. Molti rag- gi si contano sulla inferiore, e tra questi alcuni formano delle costole distinte. Nel nostro individuo sono sei invece di quattro o di cinque, ciò che potrebbe costituire una distinta varietà. Le orecchiette sono piccole ed uguali. AGGIUNTA ALLA MEMORIA Descrizione di una nuova specie fossile del gen. Pcc- ten rinvenuta nel terreno terziario di Militello. PECTEN-FÀLLICE Noe. P. testa utrinque convexa, gibba , ovato-transversci , atque obliqua , inoequilatera , sub equivalgi; racliis 9-10 , lalis , subemvexis , transverse rugosis et nodulosis , versus limbum planulatis , incequaliter , loncitudinaliterque . uti interstiis , sulcatis ; auriculis incequalibus , rugosis. Questa specie e quasi equivalvc, ma inequilalerale ovato-trasversale ed obbliqua, tumida ed offre da nove a dieci raggi poco convessi, ampii, longitudinalmente c tra- sversalmente rugosi, nodosi, e verso la base appianati. Le orecchiette sono dissimili; 1' anteriore più piccola e ristretta della posteriore, ambedue rugose; l’ apice poco prominente. Ho voluto dedicare questa specie al Prof, esimio D.r Michele Fallica, benemerito Rettore della Reggia Uni- versità, in attestato di stima verace e profondo rispetto. DESCRIZIONE DI ALCUNE CHE VIVONO NEL NOSTRO LITTORALE 3.a PER SALVATORE BIONDI GIUNTI DOTTORE IN CHIRURGIA DELLA FACOLTÀ MEDICA DI CATANIA SOCIO CORRISPONDENTE DELL5 ACCADEMIA GIOENIA, E DELLA SOCIETÀ ECONOMICA DELLA PROVINCIA DI CATANIA LETTA nella tornata ordinaria del dì 31 Mano 1859 ATTI ACC. VOL. XV. 40 * Pariout oii le soleil apparali , la vie anime les planles el Ics animaux : Les moindres vegetaux voienl nai- Ire des milliers d' animalcules doni nous ne pourrions soupconner l’exi- stence sans le soncurs de micro- scope (I). Ovunque il nostro sguardo può giungere solo o armalo scuopre la vita, che muove le molecole de’ minerali ad aggregarsi nelle svariate forme cristalline; le piante a germogliare; gli animali a muoversi e sentire; la terra a percorrere la sua orbita; l’universo, insomma, a segui- re le immutabili sue leggi. In ogni cantuccio della natura si vede l’Onnipotenza Divina , e tanto più questa ci appare grande, quanto più piccolo è l’organismo animato; c tanto più diviene ine- splicabile il mistero della creazione, allorquando s’osser- vano questi organismi in illusiva apparenza semplici, ma clic in realità sono d'uno complicazione tale, clic la men- te non può comprendere come un rotifero abbia bocca con mascelle, esofago, glandolo salivari, stomaco, intesti- ni, ovarj, cloaca, ano; e tutto ciò in un animalculo , die (1) La Science pour tous Giorni ann. 3°, 18 février 1858 pag. 82. — 304 — l occhio non può scuoprire senza il soccorso del microsco- pio (1). Perchè sono sì piccoli e complicali questi es- seri ? a che giovano? — Si può dire: non essere compli- calo un essere, nè semplice, relativamente ai bisogni che lo stesso ha. Utile al benessere deH'uomo? — A prima giun- ta non si sa trovare quest’utilità : ina per dimostrare questo, rammentiamo che M. Relzius trovò diecinove spe- cie d’ infusori fossili nella terra di Degerna sui confini della Lapponia. La presenza di questi infusori serve a spiegare, secondo alcuni, come spesse volle ed in varie circostanze la sola argilla serve di nutrimento : (2) lo stesso può dirsi dell’ acqua. Gl' indigeni del Messico si servono come d’uno squi- sito cibo delle uova che a milioni depositano alcuni mo- scarini del genere Corixa nel fondo e fra i giunchi dei laghi, il Chalco ed il Texcoco , di dove gii abitanti di quelle contrade li pescano e li mangiano in varie guise apparecchiate , (3) facendone una specie di pane buono alla nutrizione (4). Io ho trovato venti specie circa di foraminiferi nel terriccio contenuto nel tubo digestivo dello Spatangus Purpureus , oltre ad alcune piccolissime conchiglie di mol- luschi, cioè; cardite, rissoc, scissurellc, buccini, ccrizì, dentalei, ecc ; tralasciando ccnnare i frantumi di varie al- tri testacei, perchè non necessarie allo scopo cioè, come servienti alla nutrizione dell’animale (*). (1) Milne Edwards, Zoologia sec. ediz. ita!, pag. 617. (2) Tommasi, Fisiologia, seconda edizione voi. t, pag. 123. (3) La Science ponr lous ami. 3 n. I pag. 8. (4) Op. cit. ani». 3 n. 3 pag. 22. (*) Esaminando il materiale dell’ intestino dello Spatangus pur- pureus per vedere se quest’essere faceva capitale, di sostanze animali o vegetabili, mi sono convinto che alla sua nutrizione ser- vivano le prime ; giacche, il così detto terriccio era composto di — 303 M. V an Beneden osservò uno spcrmalozoario in un uovo (1). Si conosce come gl’ insetti sono quelli che tra- sportano la polvere fecondante da una pianta all’altra. Altri simili fatti si potrebbero raccontare per vedere qual parte questi esseri prendono nel mondo: tralasciando di dire, clic servendo di pascolo agl’insettivori e ad altri ani- mali ci giovano indirettamente. Senza parlare poi delle utili applicazioni che si sono fatte di molli insetti; tutte conoscono la cocciniglia , la cantarda , il baco da seta; ed i fratelli Villa da Milano allevavano gl’insetti carnivori per distrurre gl’insetti erbivori, valendosene così come valevolissimo mezzo per purgare i giardini da quest’ ul- timi devastatori de’ vegetabili. I molluschi ci danno e cibi squisiti, c gioie di gran valore, e lana finissima, e colori tanto celebri, come la famosa porpora di Cipro, che si ricava d’ una specie del genere Irocus. Lo strombus gigas , clic oltre di essere saporitissima la sua carne ha una bella e grande conchiglia, clic per il suo smalto d’ un bel roseo carico serve d’ornamento nelle collezioni; nel arena e gran quantità di frantumi testacei , fra i quali se ne tro- vavano intieri come rissoe , scissurelle , qualche buccino , ce- ri*;, dentalii , ed altri ; e gran quantità di foraminiferi come la Polistomella crispa Larmsk, e la TAsleri d’Orbi; Biloculina carenata , questa non conoscendola 1’ ho chiamata così dalla sua carena che l’attornia ; Quinqueloculina nussdorfensis , la Bodolfma , la longiro- slra e la zig lag d’Orh: Quinqueloculina fasciala , die ho chiamata così per le fascio che la traversano. La Globulina egualis c la gibba di d’Orh; la Triloculina gibha di d'Orb : Biloculina simplex d’Orh: Triloculina consobri na, d’Orh: Ànomalina Badensis d’Orh; Adeso- lina sferica , l’ho così distinta dalla sua rotondità, Polimorfina ova- ta, dalla sua forma ovale: altre ve ne sarebbero a noverare che non sarebbero oggetto duna nota, ma piuttosto d’una apposita memoria, la quale spero in appresso pubblicare, tosto che completerò lo stu- dio e l’esalto esame di quest’ esseri microscopici. (1) La Science pour tous ann. 3° pag. 190 n. 24. - 300 — commercio se ne fa un grande uso , perchè ci fornisce la miglior calce viva lanlo necessaria nelle arti ; serve ancora per incidervi c scolpirvi de’ bei carnei, c tanti altri usi infine che mi dilungherebbero di mollo se li volessi tulli enunciare. Lo stesso può dirsi di Inni’ al- tri molluschi del genere Ae/i’ac; come l'alternala , la chiu- sa, la licjcra, ecc; che possono servire di barometro, per indicare la prossima pioggia, per l’ istinto che hanno di salire sugli alberi poco tempo prima (1). Ed a riparare l’ immenso consumo che si fa di que- sti esseri , la natura ha saputo supplire alle perdile con l’abbondante prodotto della fecondità: e ciò indipenden- temente del numero delle specie die destinale sono a que- ste riproduzioni, numero clic sembra infinito; c stollo chi vorrebbe segnare un limile siile qua non ad un da- to genere di animali, molto piò negl’ invertebrali, il cui acquisto si rende tanto difficile. Questo concatenamento di fatti mi conduce al ca- so mio. E arreca meraviglia , a dir vero, che dopo le infi- nite opere c lavori pubblicali ad illustrare la malacologia della nostra isola, vi sia alcuno che possa dire: io pre- sento delle nuove specie. E un fallo, o accademici, i la- vori del sommo Poli, del Delle Ghiaie, del Costa, Bivo- na, Philippi, Maravigna, Calcara, Àradas ed altri, che con eccellenti memorie, monografie ed opere complete hanno portalo ad un considerevole numero le conchiglie viventi del nostro mare, non che i fossili, sembra che abbiano fatto poco in faccia ai resullamenti che ci danno le giornaliere nostre raccolte. E credo che se fossimo forniti di lutti gli arnesi c mezzi necessari per potere con (1) Journal (le conchiologie publié sous la direction des MM. Tisclier et Bernardi. Tome VII. IV. 2. Année 1858 pag. 178. — 307 — facilità farne la pesca nel profondo del mare, e precisa- mente dalla nostra rada al mare de’ Giardini, allora sa- rei sicuro che potessimo riempire ben gl ossi volumi per rendere di pubblica ragione le infinite specie, che il caso nel corso di anni ad una per volta ci fa capitare, Ecco in effetti le specie clic a voi oggi presento per- venutemi da qualche anno a questa parte. Esse sono una varietà della Diplodonta intermedia , una Comincia, qual- che deaera, qualche Leda , un Pettine , un Fuso, ed una Mitra. SPECIE l.a DIPLODONTA INTERMEDIA VARIETÀ SIMILIS Nella tornala ordinaria del 23 luglio 1837 in que- sta Accademia leggevo una memoria su alcune nuove specie pescate in A ci- Trezza , fra le quali ve n’ era una, appartenente al genere Diplodonta , che portava un carattere estraneo allo stesso, ossia un dente laterale, e fu chiamala da me intermedia. Or, essendomi pervenuto fra le mani un altro esemplare della stessa, ove scorgo al- tri caratteri non veduti nella prima , ho creduto giusto farne qui parola, ritenendolo come una varietà nella quale si nolano le seguenti differenze. Il diametro è piu largo clic lungo di quanto nella intermedia, quindi difficilmente può dirsi orbicolare; il margine anteriore è più stretto; è gialla sbiadita; man- ca delle macchie laterali brune, c quantunque più gran- de, è più leggiera della precedente. — Di falli, il cardine è meno crasso, è più piccolo, come ancora il dente la- terale; mentre nel lato opposto si scorge un indizio di dente, che difficilmente si vede con la lente. Si possono bene osservare le impressioni muscolari che sono in for- ma di rene, o meglio di due grani d’uva, e l’anteriore nell’ estremità poco più larga della posteriore. Del resto — 308 — gli altri caratteri sono gli stessi per tutti e due gli esem- plari (1). Quindi si può formolare una diagnosi nella ma- niera seguente. Chiamo la conchiglia Diplodonta similis, varietà della intermedia, piuttosto che distinguerla con un segno che non ha significalo alcuno. DIPLODONTA SIMILIS D. testa sub-transversa , inaequilatera , gibosa , laevi, fulvo pallida, concentrico striata; apicibus appros- simatis, sub recurvis; cardine bidentato, dentibus diver- gentibus, laleralibus anterioribus amini for mibus , po- sterioribus obsolelis : impressionibus muscolaribus re - niformibus , palleare prof inula: radiis areae interme- dine, radianiibus. A prima giunta questa Diplodonta si può confon- dere, per la sua esterna conformazione, quasi con la Di- plodonta rotundata Mont. (2); ma i caratteri interni sem- brano differire molto più nei denti laterali, che assolu- tamente mancano in quella rapportata dal succitato auto- re. Questi caratteri dall’altro canto sono essi costanti? Abbiamo esemplari della Tellina Lattea in cui i denti laterali scompaiono. Speriamo che queste anomalie, o precisi caratteri, quali che siano, vengano in seguito confermati da una sequela d’esemplari che potrebbero capitarci. DIAMETRI Altezza mill. 14. Lunghezza . . 15. ^ Larghezza . . 10. (1) Memoria letta nella sedata ordinaria del giorno 23 luglio 1 857 . Descrizione di alcune specie malacologiclie nuove ecc. per Uiondi atti dell' Accademia Gioenia V. XIV. serie seconda. (2) Philipp! v. 1. p. 31 tav. IV. f. h v. 11 p. 24. — 309 — SPECIE 2.a CU MIN CI A PARTENOPEA Ti beri (1). c Conca sub-ovata , ventricosa , sub-aequivalvis , « inaequilatera , albescens , crassiuscola , puntis minu- ti tissimis aspersa , antico rotundata, postico sub-angu- « lata, bì sinuata, intus sub-mar garilacea ; nates antice « recurvae, dens cardinalis unicus in valva dea tra. » Questa conchiglia si presenta con tali caratteri, che rivelano essere a noi sconosciuta. I lati suoi sono eguali: il contrario si deve dire delle valve. Nel suo lato poste- riore , e proprio nella supposta unione della sesta con la quinta porzione di essa , esiste una carena mediocre- mente rilevala, che dalla base si porta lateralmente al- l’ombone dello stesso lato: una linea più dentro della suddescritla carena òvvi un seno, che col suo andamento T accompagna lungo la sua direzione; in guisa che, sì la carena che la sinuosità vanno a convergere in alto. Gli omboni rigonfi e ricurvi si rivolgono in dentro ed in a- vanti ; l’epidermide, che ad occhio nudo sembra vellutato finissimamente , sotto un mediocre microscopio si vede nel modo più bizzarro sparso d’ infinite punte cilindriche bigie con le estremità bianche , ed avvicinate tutte nel- 1’ ugual distanza sopra un fondo pure bigio. Il contorno della conchiglia, se togli il piccolo an- golo formato dagli omboni, indica un ovoide. Solo si può notare un leggerissimo angolo ottuso rientrante, là dove s’ erge il seno laterale alla carena suddescritta. Guardata internamente a prima giunta vedesi una piega o sinuosità prodotta dall’ alzarsi all’ esterno la ca- rena; indi con difficoltà si scorge il seno palleare sem- plice, e l’ impressione muscolare anteriore in proporzione (1) Descrizione di alcuni nuovi testacei viventi del Mediterra- neo. Lettere di Nicola Tiberi. Napoli, pag. 10, tav. l,fig. 14.15. 16. ATTI ACC. VOI. XV. 41 — 310 — piuttosto ampia , c difficilmente può dirsi romboide. 11 cardine non si può descrivere senza una forte lente di ingrandimento, ed è formalo d’ una laminella spessa oriz- zontale , la quale, nella destra valva , serve in avanti di base al piccolo dente clic s’ inalza verticalmente alla su- perficie interna di della valva; posteriormente mostra una fossetta in due partita , ove prende attacco l’ interno li- gamento nella direzione del margine dorsale posteriore della conchiglia. — La sinistra valva presenta l’identica laminetla; in cui in avanti, invece d’ un dente, vi è un in- cavo, nel quale va ad impiantarsi quello della valva op- posta. Indietro vi è pure la fossetlina per il ligamento interno, ma più piccola dell’opposta. DIAMETRI Altezza mil. 7. Larghezza » 10. Lunghezza » 8. if-2 Questa conchiglia, quantunque sconosciuta per noi, non lo è però per la scienza, molto più per il mare di Napoli ove il signor Tiberi la rinvenne per la prima volta, chiamandola col nome suddescrillo. Or noi 1’ abbiamo nuo- vamente rapportata per averla trovala la prima volta in Sicilia. Essa è rarissima : un solo individuo ed una sola valva ne ho avute dal mare di Aci-Trezza, e la conservo da più di tre anni nel mio gabinetto. SPECIE 3.a ISEAERA CUSPIDATA Il Signor Tiberi in una sua pregevolissima memo- ria (1) rapporta due Neaere ; una nuova per i nostri ma- (I) Tiberi op. cit. — 311 — ri la iV. Cuspidata Tellina d’ Olivi, l’altra nuova per la scienza la N. Renovata. Or, nella sua osservazione fa ve- dere, essere la prima la vera N. Cuspidata, e giammai lo è quella rapportata dal Fhilippi (1) ; ma più tosto es- sere quella da quest’ ultimo descritta una novella specie dal liberi oggi chiamata Renovata. Più, questi parlan- do della prima conchiglia , in una nota , fa cenno d’ un piccolo esemplare e d’ alcune valve portategli nel mentre andava a pubblicare quello pervenutogli dalle coste d’ À- friea : dice ancora appartenere alla surriferita N. Cuspi- data, perchè hanno tutti i caratteri di questa, meno però del dente laterale eli’ è uno, lo che lo porta a conchiu- dere, che questi sono de’ piccoli esemplari, e che l’altro dente si va a formare con 1’ età. Io però vi fo osservare, o Signori, che la conchiglia rapportata da Philippi non è quella di cui parla il liberi sotto nome di Renovata. Difatti vi presento due esem- plari, uno fossile, l’altro vivente: il primo somigliantissi- mo alla conchiglia descritta e designata dal Philippi, e giammai a quella dell’ altro; mentre il secondo si potrebbe dire appartenere a quello di cui parla questi nella surri- ferita noia. In effetti l’esemplare fossile che avete sotto gli occhi vostri , e che potete paragonare si alla figura che alla descrizione del Philippi corrispondono in mo- do evidentissimo: mentre differiscono dalla Renovata per il rostro più corto e più grossetlo e poco più largo alla base di quanto lo è quello di quest’ultimo, e non vi si ve- dono le esili laminelte parallele e simmetriche, che fini- scon tutte nelle strie ventrali di cui parla l’italiano autore, come ben si rilevano dal suo disegno; sicché il Philippi non fa menzione di ciò, perchè non esisteva nella sua conchi- glia, nè in quella di Olivi (2), nè nella mia si vedono, e (1) Fhilippi V. 1. p. 17. t. 1, lìg. 19. (2; Olivi, Catalogo ragionalo pag. 101. tav. IV. f. 3. — 312 — non credo avrebbero questi ultimi autori ciò trascuralo, nel mentre è un carattere interessante per la specie ; ma al contrario, vestono il rostro dello esemplare che io vi pre- sento le strie che traversano il corpo della conchiglia quasi circondandola in uno col rostro. Più, ha la fossetta piccola triangolare e profonda ove s’inserisce l’ interno ligamcnto, come la descrive 1’ Alemanno autore : un dente laterale la- minare nella parte posteriore, poco conico e tenue, come questi lo dice. Insomma, a conchiudere diciamo: sì per quan- to ne dice il Philippi, come per quanto ne abbiamo potuto deleggere, questa essere una conchiglia, che non puossi confondere nò colla Renovata, nò colla Cuspidata del Ti- beri; giacche ne differisce per essere meno ventricosa , meno triangolare, più piccola nelle proporzioni, ha il rostro più lungo e più stretto, ed ò assai più leggiera e più depres- sa : differisce ancora nel cardine. Insomma, deve dirsi tuli’ altra specie, che confonderla con le due sudelte. Quindi a conchiudere: essendoché la nostra specie, descritta an- cora del Philippi , è identica a quella di Olivi, crediamo giusto dire, esser questa la vera Cuspidata, e quella del Tiberi una novella specie; e così per precisarne vie me- glio i caratteri passo a descriverla minuziosamente, ser- vendomi della diagnosi latina del Philippi. NEAERA CUSPIDATA (CORBULA) DEL PHILIPPI (1) « N. testa tenue, ovata, transversim striata , po- ti stice in rostrum elongatum , angustwn desinente ; « dentibus cardinalibus nullis. Conchiglia di forma quasi ovale , leggiera e lucen- te , rostrata posteriormente , e striata nella sua superfi- cie dalle strie dell’accrescimento che circondano la con- chiglia in un col rostro , senza apparente interruzione , (t) Oper. cit. — 313 — avvicinate le une alle altre e che si fanno più esili in- sopra, e finiscono per vedersi difficilmente, anche con la lente, nella superficie degli omboni da sembrar levigati, i quali sono poco ricurvi. Il rostro è stretto, piramida- le, troncalo aH’eslremità, allargandosi un poco alla base. I margini ventrale e dorsale anteriore sono convessi: il ventrale e dorsale posteriore, o del rostro, sono concavi. II cardine è privo di dente; ma in sua vece vi è una pic- cola fossa triangolare ove s’attacca l’interno ligamento. Nel lato posteriore vi è un dente , che estendendosi da questa fossetta fino a prendere la base del rostro, d’una forma assai esile, si eleva non molto in forma laminare e piramidale in una direzione che precisamente non può dirsi verticale alla superficie della conchiglia , ma le si avvicina. Le impressioni muscolari sono di forma, la po- steriore triangolare e stretta, nella direzione del margine dorsale, l’anteriore irregolare forse perchè poco si scor- ge: la palleare impressa e sinuata posteriormente. DIAMETRI Maggior lunghezza mill. 16. if 2 — altezza » 6. — larghezza » 5. » Lunghezza dall’ ombone all’ estremità del ro- stro . . . . » 6. Y2 Fossile del monte Pellegrino in Palermo. Il secondo esemplare, che cade sotto i vostri occhi, e che a primo aspetto sembra quello stesso di cui parla il signor Tiberi nella sua nota (1) , ben esaminato si rileva evidentemente esser un altro, e non già la N. Cu - (1) Tiberi, Op. cit. — 314 — spulata; giacche l’individuo di cui parlo ne differisce per essere una conchiglia quasi diafana , poco più convessa nel margine ventrale, e poco più retti il dorsale del ro- stro (il quale è poco meno d’ un millimetro più lungo dell’ antecedente da noi descritta , ed intanto trovasi più corto); ed il dorsale anteriore, i quali sono assai obli- qui , la qual disposizione dà una forma piramidale alla metà superiore della conchiglia, forma che non si osserva punto nella Cuspidata del Tiberi , mentre la nostra è quasi tre quinti più piccola dell'esemplare figuralo di co- stui. La differenza maggiore poi si è nel cardine, il quale differisce nella nostra specie per avere invece di dente cardinale ben robusto, una piccola fosse! Lina ove s’ inseri- sce ['interno ligamento; mentre quella descritta dal sullo- dalo autore ha due denti laterali nel lato posteriore ben solidi e fissi su d’ una callosità marcabilissima , che dal lato anteriore dell’ ombone va a finire sul terzo esterno dell’ impressione muscolare del lato opposto: la nostra in esame ha un piccolo dente laminare e piramidale avente larga la base , e di direzione verticale alla superficie della conchiglia. Ciò io cenno, non già perchè mi reca meraviglia un tal caso , che in fatto di metamorfosi i molluschi ce ne offrono a preferenza di qualche altro animale , ma per tenere presente, non solo le diversità del cardine, come ancora quelle che 1’ assieme della conchiglia ci presenta, per paragonarla con la N. Cuspidata del Tiberi, ed alla Tellina di Olivi, ( Garbala del Philipp!) ed a quella de- scritta da Goldfus (1), alla quale nè quella designala del liberi, del Philippi, nò la mia si somigliano punto. Quin- di sembra che il nostro esemplare, come tpielli degli au- tori descritti , siano tante specie differenti; solo si somi- (1) Goklfns, tav. CLII pag. 251. — 315 — gliano quello di Olivi , di Philippi , ed il mio fossile , menlre queslo vivente s’avvicina a quello di cui fa cen- no il Tiberi nella sua nota, ma differisco però dagli al- tri. Perciò dobbiamo dire, che la vera Cuspidata sia quella come abbiam detto dell’ Olivi , che quella del Woodrvard rapportala dal primo (1) sia una novella specie , che io avrei piacere poter chiamare liberiana , come colui che ce ne ha dato un’ esalta descrizione con delle precise figure. Frattanto la nostra specie vivente, come abbiam det- to, cennala da quest’ ultimo nella sua nota, è una specie intermediaria alla Cuspidata ed alla Tiberiana, che di- stinguiamo col nome di Ardiniana , per segnare nella sto- ria l’amicizia che mi lega all’ egregio medico Dr. Giu- seppe Ardini. SPECIE 4.® NEAERA ARDINIANA N. Testa sub-trigona, tenue, sub-diafana, iransver - sim striata , postico in roxtrum produda, base latum ; dentibus cardinalibus nullis, iateralibus unico lato po- stico. Conchiglia quasi perlacia e trasparente , tenue , e togliendo il rostro , è di forma triangolare ; superficial- mente striata da strie strasversali, che si continuano col rostro , il quale, menlre è piò largo alla base di quello dell’ antecedente ed è un millimetro più lungo della stes- sa nel margine dorsale, nell’assieme poi è più corto. Nel cardine manca di denti, ma invece vi si trova una fos- seltina ove s’ inserisce l’ interno ligamento : il dente late- rale, come quello dell’ antecedente, tranne che è perfet- tamente verticale alla superfìcie della conchiglia. Le impressioni muscolari, la posteriore triangolare, (1) Tiberi, Op. cit. — 316 — 1 anteriore quasi quadrata, la palleare sinuata posterior- mente. I margini, il dorsale anteriore e posteriore quasi retti, il ventrale del rostro concavo, della conchiglia con- vesso. DIAMETRI Maggior lunghezza mill. 12. » — altezza » 6. Y2 — larghezza » 5. Lunghezza dall’ ombone all’ estremità del ro- stro ....» 7. )) Vivente del mare di Aci-Trezza. Cosi, ammettendo clic le sudescritte Neaere siano due individui distinti, abbiamo in Sicilia tre specie delle stesse, cioè : La N. Cuspidata (Tellina) di Olivi, ( Corbula ) di Philip. La N. Ardiniana , Cuspidata del Tiberi (1). E la N. Crispata , (Anatina) Scacchi, (Corbula) Phi: tah. XIII fig. 10, pag. 12, v. 2, Biondi v. Meni, atti dell’ Accademia Gioenia, serie 2.a pag. 10. tav. 3.a fìg. l.a SPECIE 5.a LEDA CUSPIDATA, NUCOLA, PIIILIPPI (2) « L. testa clongata , antice rotundata , postico du- « pio triplove lonpiore , in rostrum angustimi attenua - « ta, iransversim striata , rostro arcuato utrinque ca- (( rina duplici inslructo: margine integerrimo . Conchiglia bianca e lucentissima; depressa e guar- (t) Tiberi, op. cit. nota della pag. 1. (2) Philipp! v. 11. pag. 47 tav. VX lìg. 8* — 317 — data con forte lente si scorge la superficie striala da fi- nissime strie strasverse, compatte, alternate da altre più rilevate e distanti , le quali tutte circondando la parte anteriore terminano posteriormente nel bordo del rostro o carena ; quest’ ultimo poi in tutta la sua estensione e nel lato superiore è fregiato di due bordi divisi da un solco: indi si questo che quelli cominciando daU’ombone vanno a finire alla così detta estremità del rostro; i lati e margini sono tutti convessi, meno il dorsale posteriore che si estende per tutto il cennato rostro ed è concavo, come ancora lo è un poco il ventrale dell’ estremità dello stesso ; i denti laterali in serie finissime si prolungano nel lato anteriore due millimetri e mezzo, nel posteriore quattro ; la fossetta del ligamento è triangolare e ben distinta; 1’ impressione palleare sinuata posteriormente ad angolo acuto; le muscolari, l’anteriore quasi quatrango- lare più stretta in dentro , la posteriore allungala ; mar- gine levigalo; omboni, quantunque piccoli ed aguminati, s’ingrandiscono verso la base, formando un angolo ot- tuso nelle sommità degli stessi. Fossile del calcario di Monte Pellegrino in Palermo, ed in quello di Fioridia nella provincia di Siracusa. DIAMETRI Maggior lunghezza mill. 10. — altezza . » 5. Lunghezza dall’ombone al rostro ....» 7. Questa conchiglia per la prima volta scoperta dal Philippi nel terreno terziario del Lamato di Calabria, la fece di pubblica ragione sotto il nome di Nucola Cuspi- data. Non sò perchè però 1’ autore ha concorso con gli altri nel far subire varie denominazioni a questo genere, ATTI ACC. YOL.XV. 42 — 318 — e non metterlo al suo vero posto, come ben fa rilevare il Pictet (1) parlando di questo genere , trasandando dir la conchiglia una Leda piuttosto clic una Nucola , giacche ha tutti i caratteri dello Schumacher (2) fissati per questo genere. Quindi, io profittando dell’ occasione d’averla per la prima volta rinvenuta ne’ terreni terziari di Sicilia la chiamo col suo vero nome , lasciandole l’epi- teto datole dal Philippi per la distinzione della specie. Varie sarebbero le Lede che la Sicilia racchiude si fossili che viventi, le quali spero in appresso far di pub- blica ragione. SPECIE 6.a PECTIN TORNAI) E NI P. testa depressa , sub diafana , tenue , frammu - lata , aequilatera , aequivalve ; papillis regularibus , confertissimis , radiantibus . longiformibus , eleganter sculpta. Auriculis inaequalibus , sulcatis sulcis parvis rugosis.', La forma di questa conchiglia pub dirsi orbicolare togliendone le sommità: nel complesso sembra una coda di pavone, non solo per il contorno, ma ancora per la disposizione d’ una quantità di graziose macchie, che nello stalo di vivenza dell’animale si vedono rosso-scure, per- chè trasparisce il colore del mantello, disposte in raggi, che partendo dall’apice e dalla linea mediana si portano alla periferia, lasciando fra di loro uno spazio bastante per non confondersi l’una con l’altra. Sottoposta al microscopio, quelle, che si vedono con debole lente come finissime strie raggianti, allora s’os- servano essere piccole papille disposte in modo flessuoso (1) Pictet, Traile* de Paleontologie ecc. sec. ediz. Paris 1855 v. 3, p. 567. (2) I)iz. univ. di Slor. Nat. di D’Orbigni.- — Pictet, op. cit. - 319 — * ed attraversate da strie circolari, conservando sempre 1* i- dentica simmetria. Di tratto in tratto sulla superfìcie della conchiglia si vede qualche stria circolare più impressa ed apparente delle suddescritte, cagionate dall’ accrescimento della stes- sa. I margini, trasandando le orecchiette, possono dirsi tre: uno ventrale perfettamente circolare, due laterali retti che vanno a convergere negli omboni, quali omboni so- no acuti, poco sporgenti ed appena ricurvi. DIAMETRI Maggior lunghezza mill. 13. » — larghezza » 8. » — grassezza » 3. Y2 Le orecchiette sono limitate da margini, il superio- re retto e poco rientrante verso l’ ombone, il posteriore, di quella dello stesso lato, nella destra valva è dritto e forma angolo retto col margine superiore; nella sinistra al solilo 1’ orecchietta posteriore trovasi fenduta. Le o- recchiette destre hanno il margine anteriore ed il car- dinale retti, i quali unendosi formano un angolo poco ot- tuso; le stesse sono leggermente solcate ed impricale di piccole squamelte , che nelle posteriori sono più svi- luppate. DIAMETRI DELLE ORECCHIETTE Maggior lunghezza del- le anteriori . . . mill. 2. Maggior lunghezza delle posteriori . . . . » 4. 1f2 Chiamai questa specie Pecten Tornabeni , per at- testare la stima ed il rispetto che mostro per l’ insigne professore Francesco Tornabene. — 320 — SPECIE 7.a FUSUS ELEGANTISSIMI rS F. testa parva , turricolata , longitudinaliter co- stellata, et trasversaliter silicata: costellis quindecim rufis, attigue albidis , alternantibus eleganter et longi- tudinaliter ornai : anfractibus quinque , ultimo magno : peristoma plicato: columella recta attigue truncata . L’ eleganza di questa conchiglia la rende pregevole. Essa si deve mantenere presso a poco nello stesso dia- metro; giacche nella sua minutezza conta cinque anfratti, i quali bastano a rendere il fuso rostrato ed altri , da dieci a venti millimetri in altezza ; laddove questo teste descritto nc ha appena quattro. È lurricciolala e colorata d’ un bel biondo doralo : costellata longitudinalmente : le costelle dell' ultimo anfratto sono in numero di quindici strette ed elevale e trasversalmente da specie di solcature decussale : quasi ogni tre di quelle se ne vedono una o due bianche d’ una lucentezza di porcellana. È costituita di cinque anfratti, l’ ultimo dei filiali forma tre parti della conchiglia, ed il primo è levigalo : la sutura è quasi sca- nellala : il labbro è piegato : ed internamente nell’ aper- tura, che si vede levigata, vi trasparisce 1’ esterna scul- tura. Il colonnello si trova levigato internamente, ma in fuori presenta la tessitura del resto della conchiglia : in- feriormente le solcature, che decussano la conchiglia, sono disposte in direzione obbliqua da dentro in fuori e d’alto in basso, c tutte nelle uguali dimensioni e simmetria; indi termina troncato, dopo essersi per poco prolungato ed inclinalo leggermente indietro. DIAMETRI Altezza .... mill. 4. Larghezza . . . . » 2. — 321 — Di questa specie rarissima, da che raccolgo conchi- glie, ne ho avuto due soli individui dalla profondità del mare di Aci-Trezza. SPECIE 8.a MITRA AGI M. testa pir amidata fusiforme, colore castaneo : tenuissimis striis decussata : peristoma simplice : aper- tura magna interne lacteo-spurca : columella quadri- plicata : anfraetibus planis , ultimo magno , concavo ad basini. Basta vedere questa Mitra per non confondersi fra le conosciute del nostro mare. Il suo colore è d’un bel castagno piuttosto chiaro, ventricosa nel mezzo, stretta alla base, conica allungata all’apice. E longitudinalmente e tra- sversalmente striata da finissime strie avvicinate, le quali, molto più le trasverso, si fanno più pronunziale nella ba- se; gli anfratti in numero di sei a sette si possono di- re piani : 1’ ultimo che costituisce due terzi della con- chiglia, nel suo maggior diametro è convesso , e forma la parte ventricosa della stessa. Difatti, verso la base nel lato opposto all’apertura è concava, e così finisce stretta nella porzione inferiore ; nel lato del labbro al contrario è convessa per tutta la sua lunghezza. L’ apertura della lunghezza di diecisette millimetri va a dilatarsi insensi- bilmente mano mano che si prolunga verso la base. Il peristoma è semplice ; il colonello levigato come il re- sto deir interna apertura, e trovasi con quattro pieghe, la più alta sviluppatissima ; laddove le due ultime sono ru- dimentarie , anzi la quarta difficilmente si vede. Il lab- bro è semplice e col margine tagliente. Le suture sono così avvicinate, clic danno una forma piana non interrotta alla figura conica della conchiglia. Le pareti, relativamente alla mitra ebanus ed alla lutescens , sono delicate da far trasparire la luce. 322 — DIAMETRI Altezza .... mill. 30. Larghezza . . . . » 11. Un solo individuo ne ho avuto dal mare di Aci- Trezza , e gli ho dato tal nome , per ricordare la ric- chezza che il mare di Aci presenta in fatto di Molluschi. ELOGIO DI DEL SOCIO ATTIVO DOTT. ili. ZUCCAKELLO PATTI SELLA TORNATA ORDINARIA DEL 31 MARZO 1839 li uomo Illustre nella medica arie!., il grande nello in- segnamento di questo Ginnasio , che alla sapienza la pra- tica delle virtù accompagnava, non è più! ma la memo- ria di Antonino Di-Giacomo Professore di patologia , Protomedico generale , fondatore di quest’ Accademia , doveva per laudevolissimo costume di questo nobile cor- po accademico essere celebrala !... doveva onorarsi con pubblico lutto ! Ma sarò io destinato ad ufficio sì nobile ad un tempo , e sì tristo ?... dovrò inesperto a que- sto genere di forbita e maschia elocuzione spargere io gli ultimi fiori su le ceneri del valentuomo? . . Sì , ben mi vi accingo, confortato dai suoi amici 7 ammiratori e discepoli , i quali ascoltandomi suppliranno al mio vuo- to , ed ove sarò debole mi sorreggeranno di pensieri e parole, e la memoria del Socio mentissimo sarà ricor- data ne’ sentimenti della riconoscenza e del dolore. Nacque Antonino in Catania il dì 31 Ottobre 1783 mi acc. vot.xv. 43 — 326 — (la Antonio Di-Giacomo e da Lorenza Riccioli. Prosapia di ricchi e luminosi antenati non vantava il genitore , ma T origine traeva dalla vera nobiltà , quella che ben si acquista co’ sudori , co’ travagli, con l’onestà, colle lettere, vera e sola nobiltà in questa terra ! — Sin dalla più tenera età il genitore vide nel figlio i primi segni di quel sentire cedevole e dolce , di quell’ ingegno svel- to , di quella memoria felice , di quella feconda eloquen- za , di quella sofferenza allo studio , in somma vide e conobbe que’segni precursori, per li quali si cresce tra 1’ ammirazione degli uguali , tra gli applausi dei mag- giori , tra la gelosia degli emuli , tra la speranza della famiglia c della patria. Antonino sotto la guida di va- lentissimi apparò il latino e lo scrisse , e lo parlò con le frasi dei classici del secolo d’ oro ; indi si fece mae- stro nel greco e nelle lingue parlate di Francia, Inghil- terra ed Italia ; fu logico per natura c per arte , fu me- tafisico per tendenza e per isludio. Ma Antonino alla su- blimità dell’ingegno univa il candore dell’ animo , la ten- denza facile ad ogni virtù ; così di leggieri volle fondare la propria scienza sulla base d’ ogni bene sociale c re- ligioso. Da ciò videsi spinto, come da forza irresistibile verso lo apprendimento della scienza più utile ed uma- nitaria , io dico quello alla medicina. IVel Ginnasio di Catania egli imprende 1’ aspra e spinosa carriera. E’ là, che in breve empie la mente di vaste conoscenze pato- logiche ed anatomiche non sulle sterili parole o sulle mute figure , ma con 1’ ajuto delle sezioni cadaveriche ; per cui di buon’ ora meritava la laurea di filosofia c me- dicina nel 1801. E non solo Antonino a questi sludj poneva mano ed ingegno, ma sì bene in altri ancora in prò dell’ uomo necessarj allo esercizio della medicina, e principalmente di quella natura, in cui lo studio degli elementi si lega per molli anelli ai bisogni della sanità, — 327 — ed alla fuga delle malattie , dico , la distinzione delle piante, la varietà de’ minerali , l’influenza de’ climi , il vario genere di alimenti , i grandi fenomeni che regola- no gli esseri , in somma tutto ciò che è necessario al- l’esercizio dell’arte da lui con grande zelo intrapresa. Fu allora che conobbe appieno l’ importanza della chimi- ca , in ciò che riguarda le leggi degli elementi che com- pongono i corpi , le loro proporzioni , le metamorfosi che subiscono, i composti che ne risultano , l’azione in- tima e reciproca che esercitano. In somma dilatavasi la perspicace sua mente nel nuovo campo di laboriose e considerevoli fatiche; nè queste ricerche erano da lui ri- dotte a mere speculazioni, a teoriche filosofiche , ma ad accessorie applicazioni specialmente volgendole alla Far- maceutica, scienza ed arte che richiama la considerazio- ne ora all’ esercizio delle sostanze, quando vengono in conlatlo co’ corpi, ora alla conoscenza intima della rea- zione che i medicinali godono con i diversi agenti della vita ; e pure egli cotanto in queste conoscenze era in- nanzi che pensò venire alla nobile e diffìcile gara d’un concorso estemporaneo per la cattedra di Chimica filosò- fica e farmaceutica in questa R. Università degli studj al 1803. Antonino non riportava la palma: ma gli esa- minatori onorevolissimi , il pubblico intelligente concepi- rono pel giovane un felice avvenire .... ed ei costante da paziente prosiegue la via degli studj , c coraggioso non tralascia di ordinare altre sue fatiche, che lasciar doveano più onorato il suo nome. Nel 1813 veniva dalla suprema deputazione di sa- lute in Catania scelto qual’ uno de’ medici ordinar] della stessa. Fu in quel torno che quella deputazione intesa all’utile pubblico proibì la tumulazione entro le chiese site al centro del follo abitato; ma la falsa pietà e l’igno- ranza sorsero contro quel buono e saggio volere ; la do- — 328 — manda del sapiente magistrato era opera del Di-Giaco- mo, e pure altra di risposta malconcia e mal concepita fu tosto evulgata, talché fu obligato quel sommo a met- tere in chiaro quanto quel troppo amore per li morti fos- se danncvole ai vivi ; dopoché si fece a mostrare che le putredini e l’ esalazioni che ne conseguitano tendono ai più funesti effetti dalla vita. In questo lavoro é hello osservare come egli svilup- pa le teoriche più acconce sulla putrefazione de’ corpi , le chimiche reazioni de’ novelli composti con l’aria, la teo- ria de’ miasmi e de’ contagi, delle raggirazioni putride c mal condizionate alla vita giusta i concetti de’ Fourcroy, Lavoisier, Boisseau, Brugnetelli, Marei, Petit, Morveau , Dandolo, Hagnenot, Baumes, Smith; cosiché il nostro Di-Giacomo con scientifico ragionamento in lunga elabora- ta memoria dimostrava come i gas mefitici sviluppati dalle materie putride animali sono la sorgente di moltiplici ma- lattie e di morbi epidemici, c quali sono presso noi più comuni c quali più rare ; come le leggi civili e le eccle- siastiche nelle nazioni culle hanno proscritto le tumula- zioni fra i recinti abitati, e centri di frequente convegno, e come la voce autorevole della stessa religione ha sen- tito di trasferire il sepolcro del ricco e del povero fuo- ri le mura delle città ; e sulla scorta della storia Di- Giacomo prova che sin dai primi tempi del cristianesimo questo provvedimento di pubblica utilità non era affatto ignorato, anzi universalmente sancito. Ah! che venga fi- nalmente intesa la voce del vostro Socio, egli scrisse ncl- 1’ amor dell’umanità, e noi siamo stolli, se le verità da lui pronunziate a nostro bene non vogliamo ascoltare, ci sforziamo a tutta possa negligere. Lo studio delle funzioni organiche era a que’dì per li travagli de’Bischat, Ilaller, e Tornasóli al più lumino- so punto , ed Antonino aveva saputo unire le ricerche — 329 — chimiche con le profonde meditazioni sulla Fisiologia , quindi non volle tralasciare il frullo de’ suoi studj , anzi alacre e pronto concepì il disegno di animosamente ci- mentarsi al concorso di Fisiologia ed Igiene nella nostra Università ; nè tornò vano al cimento, egli scrisse e vin- se quant’ altri ebbe alla gloriosa tenzone , egli vinse e nel 1813 fu insegnante nella R. Università di Catania (1). (1) Il Di-Giacomo nelle lezioni di Fisiologia seguiva gli ele- menti di Richerand che erano allora le più commendevoli per molli riguardi all’ istruzione della gioventù. Ma egli nel dettarle riguarda- va cotale scienza sotto un aspetto più iìlosolìco , più esteso e più sperimentale essendo sempre alla conoscenza de’ progressi della scien- za che andava facendo. Egli trattava analiticamente le funzioni de- gli apparecchi e degli organi viventi sani; s’intratteneva dei rap- porti che esistono tra le funzioni dell’ uomo, di quelle degli anima- li, nonché di quelle fisiologiche e patologiche , dando ragioni del meccanismo delle operazioni in particolare. Nelle spiegazioni poi incominciava sempre dalle semplici alle più complicate; fissava le sue idee sulla struttura degli organi ; in seguito tornava allo studio delle loro funzioni, che divideva in organiche e naturali; indi si fissava sulle diverse cause che potevano turbarle ; cercava quanto era possibile di rintracciare le cause prime ; di analizzarne il cam- mino, calcolarne gli effetti, e di ricondurle al principio unico, che presiede all’esistenza di tutti i corpi organici viventi. Promosso dalla fisiologia a Prof, di Patologia generale, si ser- viva nel dettare le sue lezioni sviluppando delle idee e delle co- noscenze di cui la patologia su tal riguardo a quell’ epoca faceva tesoro; considerava le malattie in generale sotto lo stesso punto di veduta o nell’ ordine stesso d’ogni malattia in particolare, sen- za allontanarsi dalle osservazioni e dei fatti di cui era ricchissimo e di cui ne traeva dell’utile ed esatte conoscenze all’ insegnamento della gioventù die avidamente l’ascoltava. Le sue lezioni erano molto istruttive, dettate con chiarezza , precisione ed esattezza. Lo stile nel comunicarle era facile e pia- cevole. Produsse un grandissimo numero di allievi ; quasi tutti i me- dici di Sicilia attuali e dei più rinomali furono discepoli del Di- Giacomo. Nell’esercizio pratico abbominava lo spirito di sistema. Il suo — 330 — Ma T animo di Antonino non era ancor pago; egli voleva dare altra spinta allo sua scientifica carriera , e soddisfare altrimenti le sue inclinazioni allo studio della medicina, e la sublimità del suo ingegno lo inclinava al- l’impresa di un terzo concorso a la cattedra di Patologia generale e terapeutica. Il meritalo posto fu dal Di-Gia- como occupato; e così il dotto e valente medico fu il pri- mo promotore della facoltà medica di questa nostra Uni- versità.— A sì alto grado di reputazione scientifica ad un posto distinto nella repubblica letteraria, il Governo con decreto del 3 Aprile 1819 lo elesse Regio Protomedico di Catania, Aci Reale, Mascali, Giarre, e suoi territorj. Se vogliamo da questo istante studiare il Ri-Giaco- mo, lo vediamo indefesso allo studio de’ classici della me- dicina dalle epoche vetuste sino a noi come d’ Ippocrate, Galeno, Arcteo, Roerhavm, Hoffman, Cullcn, Gian Pietro Frank, Cruvcillhier e tant’ altri, ma possiamo francamente dire clic nello studio ed esercizio della sua clinica ebbe un sistema proprio ed originale ; e mentre la teoria del controstimolo creala in Italia dal grande Giovanni Raso- ri verso il 1821, e le opere del Rroussais si conosceva- no, 1’ eccitabilità e il contro stimolo biasimava; ei gio- vandosi di tutti i sistemi, modificandoli a secondo il pro- prio giudizio ne costruiva un suo sistema tutto proprio ; ed a conferma di ciò, chiamato il dotto Professore a pro- ludere per l’anno scolastico 1830-1831, così esordì: Liberam profiteor medicinam ; nec ab antiquis sum , metodo di fdosofare era quello di sorprendere la natura sul fatto, di esaminarla maturatamente e senza presunzione, di metterlo in corrispondenza colla pratica, adoprando il ragionamento moderato al par d’ Ippocrate. 11 suo metodo curativo era non molto compli- cato, ma bastantemente attivo c bene indicato ; tanto che nelle sue cure si acquistò meritamente la fama dei più celebri medici del- l’Isola. — 331 — nec a novis ; utrosque , ubi veritatem colimi , sequor ; multifacio saepius repetitam experientiam. (Klein In- terpr. Clinic.) (1). Le varie opere del Di-Giacomo universalmente co- nosciute e stimate provano abbastanza qual bene recò, e qual vantaggio alla scienza. Tra queste è degna primamente l’Idrologia genera- le dell’Etna — ossia, Discorso per servire d’introduzione allo studio delle acque minerali di quelle regioni (Alti Accad. Voi. IX.) te Si mostra il Di-Giacomo in questo te lavoro sempre savio e collo scrittore, risalisce alla ea- ee gione, per cui generalmente abbondano le acque nel- « l’isole, e quindi partilamente indaga le circostanze, per « cui abbondanti sieno le acque dell’ Etna.... Indi lancia « uno sguardo geologico su i terreni argillosi, che for- te mano la base del nostro monte, sulla natura delle la- te ve prodotte dal Vulcano e la decomposizione delle me- te desime per dedurne quanto influir possano quei ter- tt reni alla copia delle sorgive occupandosi a prefe- tt renza dei terreni trachitici esistenti alla base dell’Et- te na. E dopo queste osservazioni egli divide le acque, « che trovansi nel terreno idrografico circoscritto dal Si- te meto e dall’ Onobola, in pure e mineralizzate. Cornia- te eia dal livello del mare a risalire per le tre regioni et Etnee, e primamente i fiumi, che metton foce nel ma- te re Jonio, indi le sorgive, i piccoli laghi, che vi esi- ee stono e la linea di ghiaccio, pongonsi ad esame. Quin- te di delle acque minerali ragiona , e per facilitarne lo « studio e 1’ utilità le divide in acidule , acidule fervu- te ginose, saline, zolforose e bituminose. Alla fine ci dà (I) Discorso sullo slato attuale della medicina in Sicilia e sui mezzi di meliorarla — Catania dai torchi della R. Università degli Studj 1831. — 332 — « con accuratezza la storia di alcune più rimarchevoli « sorgenti, fiutile che se n’è ritratto e che ritrarsene « possa nella clinica, la maniera onde adoprarsi, e niente « lascia all’uopo intentato. Nè trascuransi le sorgive sal- ti se gassose zampillanti, nè i vulcani idro -argillosi che « nelle falde dell’Etna rinvengonsi ; finalmente compen- te dia tutto il lavoro in una tavola ben ordinata, che for- ti ma la statistica delle acque Etnee, onde tutto a col- ti po d’occhio abbracciarsi (1). » Altra interessantissima memoria e di sommo rilievo egli esponeva con assai erudizione, facendo conoscere le proprie osservazioni — Sopra una dermorragia sangui- gna letta nella tornata ordinaria del dì 13 Aprile 1826. Descriveva in questa bella memoria patologica un fenomeno morboso non senza esempio nella clinica me- dica , ma certamente raro a segno da non poter essere osservato da chicchessia , e degno pur troppo d’ interes- sare a tal riguardo la curiosità: e perchè tali fenomeni, diceva lo stesso Di-Giacomo , accadono di rado , che debbasi aver tutta cura ad assembrarli per accrescersi così il sacro deposito delle osservazioni, su di cui pog- gia l’edificio intiero della scienza salutare. E da tali mo- livi sospinto il dotto medico ; siccome ancora nel Di- zionario di scienze mediche non leggevasi espresso arti- colo sul sudore sanguigno , nè in alcun luogo di esso se ne faceva molto , se non se , dai Sig. Chaussier e Adelon , che notavano di passaggio la pelle esser ta- lora sede di emorragia o sudore di sangue. Ne pre- senta così il Di-Giacomo i nudi fatti di un sudore di sangue accaduto in un fanciullo , tulli i fenomeni mor- bosi , i rimedj interni ed esterni , portando esatti razio- (1) Alessi, Relazione Accademica dell’ anno IX. Alti dell’ Ac- cademia Gioenia, Voi. X. — 333 — cinj ed esatte spiegazioni. Dà fine a così lodevole descri- zione con osservare , che molti furono i nomi di cui è stato insignito il sudore sanguigno: Haematopedesis da Yogel ( Nosologia med. ) Ephidrosis cruenta da Sau- vages , Hyperidrosis cruenta dallo Swediaur, Ma veru- no di cpiesti nomi non ha proprietà di espressione , per- chè non indica abbastanza 1’ organo , che è la sede del flusso di sangue. Anzi il Sauva «es , e lo Swediaur avendo allogato nella loro nosologia questo fenomeno ai- fi articolo sudore, si sono mollo staccati dal segno. Im- perciocché non può chiamarsi sudore , come nello stato fisiologico, allorquando fi alterata funzione della cute se- para del sangue, come non è piò muco quando fi emor- ragia succede dalle membrane muccosc gastro-aeree, nè urine quando succede dei reni ec. Sotto tale riguardo amò meglio il Di-Giacomo adottare il sistema degli odier- ni patologisti , con dare a questo fenomeno morboso il nome piò apposito di Dermorragia sanguigna ( Dermor - rhagia sanguinea ) , indicando coll’ espressione radicale Dermos e rhuo {Dermor rhagia) fi organo d’onde in ge- nere il flusso nello stato anormale scaturisce, ed aggiun- gendo fi epiteto sanguigna la specifica caratteristica della qualità del flusso. Altro interessante lavoro leggea in questa Accade- mia nella tornata ordinaria del dì 23 1824; ossia Re- lazione geognostica dei contorni di Miìitello (Yal di No- to). Essa riguarda principalmente la descrizione geogno- stica della superficie del suolo di quel paese , essendo quel sito assai d’interesse, nel quale si rilevano delle antiche e varietà di lave , che rinvengonsi nei suoi con- torni , essendo i varj strati di calcareo di recente for- mazione alternativamente sulle lave ammonticchiati. Ne descrive le rocce tutte del terreno vulcanico e terreno calcare , le sostanze che contengono e i luoghi dove si atti acc. vol. xv. 44 — 334 — rinvengono , oltre la esatta descrizione delle conchiglie fossili , univalvi , bivalvi , multivalvi degli echinidi ec. Pubblicava nel 1833 pei tipi dei fratelli Sciuto un lavoro di molta importanza ossia De febre per varias Siciliae plagas populariter grassante — Acroasis ad lauream medicinae generalem quam , habuit in vetustis- simo Catinensi Arcliig ginnasio. Ci piace riportare qui per intiero su tal lavoro del Di-Giacomo un articolo del Prof. Carlo Gemmellaro in- serito nel giornale del gabinetto della nostra Accademia: così egli ne giudica; « Precisione, eleganza di stile, pu- rità di lingua , sano giudizio medico sono i caratteri di questo pregevole opuscolo , in cui l’ egregio autore col pennello dei Cullen e dei Frank ha descritto la febbre che regnò in Sicilia dal line del 1832 sino a metà, cir- ca del 1833. Ad evidenza egli dimostra esser questa malattia ( Synochus di Cullen ), per la quale levasi tanto rumore , ordinaria, conosciutissima dagli antichi si bene clic dai medici moderni , e frequente nell’ isola nostra , benché non sempre ugualmente diffusa. Sembra essa derivare piuttosto da influenza di meteorologiche costitu- zioni del nostro clima, c dalla geografica situazione del- l’ isola, così vicina alle affricane contrade, che da parti- colari miasmi; c quando è trattala con giudizioso meto- do curativo , riesce le rarissime volle fatale. Sarebbe quindi a desiderarsi ( come conchiude il Di-Giacomo ) che i medici si applicassero a studiare più accuratamente le endemiche malattie del nostro suolo e a dar opera, onde la statistica medica di Sicilia sia portala a buon line ». Un catarro febbrile epidemico ( Bronchites epidemi- ca) delti» col misterioso nome di Grippe , si sviluppò sul cadere del 1833, a cominciare dell’ ultimo del mese di ottobre sino a quasi lutto gennaro 1834, il quale fu pro- dotto dalla influenza della costituzione atmosferica diffon- — 335 — dendosi a due parti della popolazione. II Di-Giacomo ne scrisse un Breve ragguaglio (inserito nel giornale del Gabinetto Gioenio) nel quale ne descrive il carattere pa- tologico di quell’ affezione, il metodo curativo in generale tenuto, oltre a molte belle sue osservazioni sulla natura di tale malattia. Possiamo qui anche notare fra i lavori scientifici del Di-Giacomo il discorso inaugurale sulla vaccinazione letto nella prima seduta pubblica della commissione vaccinica, pubblicato nel 1827, ed il rapporto sullo stato generale della vaccinazione del valle di Catania per l’anno 1828; le proposizioni di medicina del Broussais da lui ben tra- dotte con belle aggiunte; (1) più voce di omaggio o di- scorso inaugurale letto nella seduta generale della Società economica il 30 maggio 1849; la Relazione Accademica per l’anno terzo della nostra Accademia; altra per l'an- no IV, e simile per l’anno XIII e XIV della stessa; la memoria sopra un greco frammento di Areheslrato tra- dotto dal grande Scinà, che con bello scrivere alcuni er- rori ne faceva conoscere. Ma Di-Giacomo, o signori, che fu dedito alla col- tura delle scienze mediche, fu ancora letterato nel tempo stesso non trascurando lo studio della bella letteratura e dell’ economia sociale. Le sue opere letterarie ne sono la prova convincentissima, e più la lettera al sig. Pom- peo Insenga sulla critica da costui fatta al Poema epico la Cartagine distrutta di Domenico Castorina (2). In fatto di critiche fu mirabile nel rispondere argutamente e nel pugnare urbanamente, come ben lo dimostra nella men- (1) Catania per Giuseppe Pappalardo 1831. (2) Su l’articolo critico di Pompeo Insenga alla Cartagine di- strutta, poema epico di Domenico Castorina. Lettera al Professore Anastasio Cocco in Messina Catania 1836. — 33G — . zionata lettera (1). Bisogna anche parlare e lodare a buon diritto il suo Discorso sulla introduzione delle Arti, del- le manifatture e delle macchine in Sicilia , c l’ altro Sul miglioramento delle specie delle piante indugine e sulla introduzione delle piante esotiche le più utili , oltre a tanti altri pregevolissimi discorsi letti nella nostra So- cietà economica. Il celebre naturalista Lionard, la Rivista Enciclopedica di Parigi, l’Antologia di Firenze, il Progresso di scienze lettere ed arti di Napoli, il Giornale di scienze letterario ed artistico per la Sicilia, il Filiatre Sebczio di Napoli, Alessio Narbone nelle annotazioni della storia d’ ogni let- teratura di Andres ne lodano abbastanza gli scritti pre- giali del Di-Giacomo. E per tante produzioni del suo in- gegno acquistale, ora ci rendono più grave il rammarico pella perdita dell’ Illustre uomo. E qui mi si permetta il manifestare, clic tal sorta di perdite non verranno tante facile rimpiazzate, c a malgrado che uomini il nostro paese presenta nella scienza medica, pure tutto dì abbiamo mo- tivo di francamente confessare; che tal sorta d’uomini dif- ficilmente si rimpiazzano, giacche la natura, che par clic crei al dir di un dotto scrittore, le cose scherzando, non produce poi un uomo grande se non che a riflessione lenta e profonda. Clic posso io dire delle qualità di cuore del Di-Gia- como nel giro di sua vita ? sin dalla puerizia cominciò a rendersi d’ indole benigna, virtuoso, riconoscente, cristia- no per sentimento, consolatore degli amici, diletto delle società, tenero padre per gli infermi, senza fasto, sempre uguale a sè stesso, dispensatoli del fruito dei suoi tra- vagli ai bisognosi, uomo veramente benedetto e filanlro- (1) Vedi la lettera presso Pappalardo 1831. critica al dottor Greco di Palermo Catania — 337 — po, lontano da vilissimo orgoglio , ma affabile , cortese, da tutti amato, sempre riverito e senza invidia, caro agli amici, ai parenti, e a tutti coloro che lo conobbero. In S. Giovanni la Punta grazioso e piccolo paese subito presso Catania trovavasi da più giorni per la de- siderata sua salute ; ma per un terzo colpo apoplettico nel dì 31 ottobre 1830 se ne moriva il sommo medico, An- tonino Di-Giacomo. La fama, clic siede sulla tomba de’ grandi non ces- serà, finche vivono le carte del sommo che piangiamo, lodarlo e celebrarlo; e noi, noi che fummo suoi uditori, amici e caldi estimatori , non cesseremo finché avremo giorni, di venerarlo come uno di quelle lucide stelle che brillarono sotto il cielo di Sicilia , ai nostri dì, al mi- glioramento del nobile Consesso Gioenio che lo ammirò vivendo e lo piange in morte (1). (1) Nella chiesa di S. Giovan Battista il nipote Paolo Di-Giaco- mo Castorina per memoria ed in riconoscenza dell’ illustre estinto alzò un monumento di marmo, lavorato dall’ artista Catanese Carlo Cali. Sul detto monumento che racchiude le ceneri del dotto me- dico, è scolpita la seguente iscrizione : ANTONINO DE-G1AC0M0 M.EDIC.E RATI QMS PRINCIPI CATINENSIS DITIONJS ARCIIIATRO IN IIOC SICULORUM GYMNASIO PATROLOGIE AC THERAPEUTIC/E ANTECESSORI ACADEMLE J GENTE AC CU VIBRIATE PARISIENSIS FUNDATORI DISCIPLINI S VIRTUJTIBUS WORIBUS CLARO IN EGENIS CURANDIS CLARIORI QUI DECESSI!’ ANNO MDCCCL PAULUS DE GIACOMO CASTORINA IN GRATI ANIMI MONUMENTUM MQERENTISSIMUS PONEBAT. - . Relazione dei travagli scientilìci eseguiti nell’ anno XXXIV del- T Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania scrit- ta dal Segretario Generale della medesima Francesco Tor- nabene Casinese pag. i La Vulcanologia dell’Etna che comprende la Topografia, la Geo- logia, la storia delle sue eruzioni, non clic la descrizio- ne e lo esame de’ fenomeni vulcanici del Socio Carlo Gem- mcllaro (continuazione e fine) » 27 Se la Cotenna sul coagulo del sangue estratto dalla vena è incompatibile colla esistenza della febre essenziale inter- mittente. Ricerche di Giuseppe Bonaccorsi. ...» 141 Abbozzo di una descrizione Geognoslica della Crimea di Chri- stiano Enrico Ilasshaghen Professore del Liceo Richelieu a Odessa » 181 Nola sul Lestris Pomarinus di Temminck rinvenuto in Sicilia del Socio ordinario Mariano Zuccarello Patti ...» 213 Sull’ uso della Calamita armata in talune nevralgie, osservazio- ni del Dottor Giuseppe Ardini » 217 Sopra taluni Organici Fossili del Turoniano e Nummulitico di Judica per Gaetano Giorgio Gemmellaro .... » 269 Osservazioni di Zoologia Siciliana distribuite in più memorie del Socio prof. Andrea Aradas, memoria la che contiene la descrizione di alcune Conchiglie fossili di Pachino » 285 Descrizione di alcune specie Malocologiche nuove che vivono nel nostro littorale, memoria 3a per Salvatore Biondi Giunti » 301 Elogio di Antonino di-Giacomo del socio attivo Dott. Mariano Zuccarello Patti » 323 l . * ■ \