DELL’ ACCADEMIA GIOENIA I • DI SCIENZE NATURALI SERIE SECONDA— TOMO XVI. CATANIA TIPOGRAFIA DELL’ACCADEMIA GIOENIA DI C. GALATOLA Strada Quattro Cantoni n. 37 1860 I ( tt % . » * CARICHE ACCADEMICHE PER L’ STO XXXV DA LUGLIO 1838 A GIUGIVO DEL 1839 1. Primo Direttore -D. Angelo Panebianco Intendente della Provincia 2. Secondo Di rettore -Prof. Carlo Gemmellaro 3. Segretario Generale -Prof. Francesco Tornabene Priore Casinesc 4. Segretario della Sezione di Scienze Naturali -Prof. Euplio Reina 5. Segretario della Sezione di Scienze Fisiche -Prof. Ignazio Lan- dolina 6. Cassiere -Prof. Michelangelo Bonaccorsi T. Direttore delle stampe -Giovanni Cafici Casinesc 8. Direttore del Gabinetto - Prof . Andrea Aradas MEMBRI DEL COMITATO 1. Prof. Carlo Gagliani 2. D.r Bartolomeo Rapisardi 3. Prof. Giuseppe Zurria 4. Prof. Andrea Aradas 5. Prof. Mario Di-Stefani Caruso 6. . . . . CATALOGO DEI SOCII ELETTI DA FEBBRARO 1858 A MARZO 1859 fi 5 ss jo "fi S fi NOMI E COGNOMI PATRIA GRADO ACCADEMICO NUMERO DEL REGISTRO DATA DELLA ELEZIONE 1 Prof. Francesco Filici . Catania » Attivo 55 Seduta Eslraor. del 24 Mar. 1859 2 Cav. Prof. Agatino Pon- go » )) 56 » 3 Carlo Morlillaro . . . Palermo Onorario 284 del 17 Giug. 1858 4 Cav. Tommaso Aloysio Juvara Messina » 285 » 5 Cav. Carlo De Ferrariis Napoli » 286 » 0 Filippo Capilano Belluz- zi Sammari- no » 287 » 7 Conte Ercolano Gaddi. Forlì n 288 » 8 Ippolito Topin . . . Parigi » 289 « 9 Dr. Giuseppe Giustini . Napoli » 290 » 10 Can. Giuseppe Coco Zan- ghì Catania » 291 » 11 D. Luigi della Marra . Napoli » 292 » 12 Prof. Luigi Pizzarelli . Catania » 293 » 13 Prof. Alfio Mavilla . . » » 294 « 14 Pad. Gesualdo da Pron- te Cappuccino. . . Bronte « 295 » 15 Ab. Vincenzo Basilio Diolalleri . . . . Roma » 296 ì) 16 Giuseppe Sergi . . . Messina » 297 )) 17 Monsig. Tommaso Sal- zano Vescovo di Tanes Nocera » 298 )) 18 Christiano Enrico Has- saghen Odessa Corrispond. 655 del 17 Giug. 1858 19 Cav. Mariano Semmola Napoli » 656 del26Agos.1858 20 Prof. Achille Sannia. . » )) 657 del 24 Mar. 1859 21 Prof. Giuseppe Batta- glili » » 658 a 22 Prof. Achille Bruni. . » » 659 a 23 Cav. Luigi Cangiali. . )) » 660 » K te a « o 'fi S te NOMI E COGNOMI PAATRIA GRADO ACCADEMICO NUMERO DEL REGISTRO DATA DELLA ELEZIONE 24 Prof. Francesco Scarpali Napoli Corrispond. 661 del 24 Mar. 1859 23 Cav. Domenico Minichi- ni » » 662 » 2G Benedetto Minichini. . » » 663 » 27 Alfonso Falcioni. . . » » 664 » 28 Gaetano Itapisardi Ma- lerba Catania » 665 » 29 Augusto le Jolis. . . Cherbourg » 666 » 30 Dr. Giuseppe Bonaccorsi Catania » 667 » 31 Dr. Leone Savoja . . Messina » 668 » 32 Giuseppe Sequenza . . i) » 669 » 33 Prof. Raffaele Napoli. . Napoli « 670 » 34 Comm. Bernardo Qua- ranta » » 671 » 33 Prof. Giulio Vittorio Ca- rus Lipsia u 672 » 3G Augusto Falconer . . Londra » 673 » 37 Antonino Salinas Gar- gotta Palermo Collaborator. 186 del 17 Giug. 1858 38 Dr. Rosario Panebianco. Terranova » 187 » 39 Dr. Nicola Panebianco. » » 188 » 40 Dr. Francesco Panebian- co n a 189 » 41 Dr. Luigi Panebianco . » » 190 n 42 Giacomo Lo Presti . . Palermo » 191 del 24 Mar. 1839 43 Salvatore Brancaleone. Catania » 192 » 44 Giovan Calogero Coslan- | ZO « » 193 » 43 Francesco Dichiara . . Nicosia » 194 » 46 Michele Patamia. . . Catania » 194 )) bis 47! Vincenzo Fusco . . . Venafro » 195 » 48 Vincenzo Nicotra. . . Catania » 196 » 49 Filippo Perticone . . Caltagiro- ne » 197 )> 50 ! Dr. Salvatore Ceraulo . Marsala » 198 » 51 Laica-Franccsco La Ciu- Tei. .••••• Rosolini Socio Allievo 5 » RELAZIONE DEI MB fL’AEJKrCD SSM DELL’ACCADEMIA GIOEJIA DI SCIENZE MATURALI IN CATANIA DI FRANCESCO TORNABENE CASOTESE Segretario Generale della medesima, Professore di Botanica alla R. Università, e Direttore del R. Orto-Botanico ec. ec. LETTA SELLA SEDLTA ORDINARIA DEL 7 SETTEMBRE 1859 ATTI ACC. VOI. XVI. 2 SIGNORI ! Sette lustri or sono, che questa nostra Accademia vive sempre crescendo nelle fatiche, nelle relazioni, nelle ono- ranze : sette lustri, e trentacinque volumi abbiamo pub- blicato di Atti , che se da capo a fondo rivolgonsi, sono tesori di dottrine e scienza apprezzati dai dotti de’due grandi emisferi. Ma questi volumi ci svelano, che sulle prime gli sguar- di dei Socii si volsero nel descrivere i prodotti natu- rali del perimetro siciliano, e specialmente dell’ Etna, il più imponente tra i vulcani di Europa; ed oggi sono in- tenti ora a descrivere le naturali condizioni delle coste di lontana regione, di cui con l’accurata esposizione si deli- neano i monti, le valli, le pianure , i fiumi, i lidi, ed i mari; ora a stabilire nuove teorie, e segnare nuovi fatti sopra parecchie scientifiche idee, le quali sono fruito di — X — lunghi e penosi studii de’Socii intesi all’esame di tali scien- ze cosi utili e necessarie all’umanità. E se dalle materie comprese negli Atti Gioenii vor- rei giudicare sull’ altitudine delle nostre menti, direi, che abbiamo gran facilità per le scienze miste di generalità e di falli ; laonde contiamo in ogni secolo uomini insi- gni nelle scienze lilosolìche , matematiche , c fisiche , e rinomatissimi nelle scienze mediche, naturali, storiche ed archeologiche. Ma questa felice attitudine, questa sveltez- za di mente può derivare tutta sola dalle buone scienti- fiche istituzioni che svegliano i germi occulti dell’umano talento? io non saprei ispirarmi a tanta fiducia sulle isti- tuzioni scientifiche, perchè queste sono figlie de’ tempi a noi troppo vicini, e gli uomini grandi che vanta Sicilia sono di epoche antiche e moderne; e pur vorrei dire, che lo strumento non vale quando la materia non si presta al lavoro; quindi ogni buona istituzione scientifica sociale richiede uno spirito atto a ricevere le impressioni oppor- tune, qual si dimostra la mente di noi siciliani. Ma tro- veremo una prova all’ assunto analizzando i lavori compresi nel volume che offro ai vostri sguardi , cioè il XXXV0 degli Atti. LA CRIMEA La vasta penisola Taurica, Crimea oggi delta , è una di quelle poche estensioni geografiche che ci richiamano le più nobili idee in fatto di mitici racconti , e storiche vicende , ci rammenta imperi vasti e potenti che giunti all’ apogeo di grandezza si rovesciano per dar luogo ad altri regni non meno estesi , e giganti; regni ed impe- ri che concentrano le forze intellettive e materiali de’ tem- pi , i quali si dividono , e crollano, acciò sepolti tra le ~ XI — materie delle proprie rovine diffondano i lumi della pro- pria istruzione scientifica. Questa vasta penisola se dal lato storico era così interessante, da quello naturale non era meno importante; cento geologi di nome chiarissimo fra’ quali il Du-Bois , Leplay , Hnot avevano visitato questi luoghi, e ne ave- vano presentato delle carte con i delineamenti principali e più utili ; ma gl’ interessi della scienza non richiede- vano quadri generali, domandavano opere di dettaglio, di esame parziale, e minuto intorno alla geognosia , ed orit- tognosia di quei luoghi. I Socii della Gioenia avevano da più anni volto il pensiere ad un tanto lavoro, e mentre 1’ Europa guarda- va i campi della guerra al 185G in quelle regioni, e con sorpresa vedeva cadere le bastie di Sebastopoli, il Prof. Carlo Gemmellaro esaminando la carta di Crimea dei si- gnori Benoist e Ciceri porgeva la spiegazione geologica della vasta penisola, e mostrava come 1’ abbassamento dei mari d’Azoff e Nero avesse dato origine allo stretto di Rertch, ed alla formazione della vasta penisola. Poco dopo T altro Socio Cristiano Enrico Ilassen- ghen Professore al Liceo Bichelieu in Odessa s’ impegnò ad un lavoro geognoslico coscienzioso e diligente sulla stessa penisola, lavoro clic certo occuperà molle pagine de’ nostri Alti ; ma egli lo ha fallo precedere in questo anno d’ una lunga Memoria nella quale in breve ha di- sposto ciò che sarà a dire nel grande, formandone quasi il proemio dell’Opera (1). Da questa rileviamo che l’ Autore non si limila alla descrizione della sola penisola della Crimea , ma guarda (1) Abbozzo d’una descrizione geognostica della Crimea. Me- moria letta nella seduta Ordinaria 15 Luglio 1858. — XII — tutti i paesi che l’ attorniano, ed hanno con essa un si- stema unico di sollevamento ; per cui la congiunge alla catena dei monti Carpati di Crimea , o Taurici e del Caucaso ; perche in tutti questi punti, ossia in tutte que- ste catene si possono bene osservare le stesse cause, e gli stessi effetti geologici che si vedono nelle pianure, e ne’ bacini. Si compone la penisola, dice l’Autore, del pla- tonismo il quale con le sue forze gigantesche solleva e rovescia l’ inerzia delle formazioni Nettuniche o Sedi- mentarie; quindi dapertulto i porfidi, le trachili, i ba- salti, le dioriti che occupano la parte fondamentale del sollevamento e del rovesciamento , e talvolta presentano delle relazioni coi vulcani estinti tanto del Caucaso, quan- to della Crimea, e più con le salse, o i vulcani idro-ar- gillosi del Bosforo Cimmeriano, oggi distretto di Iiertck. In tal guisa la topografia descritta dall’ Hassenghen è ridotta per la regione delle montagne ai monti Carpati, alla catena Taurica, ed a quella del Caucaso, per la re- gione delle pianure a quella nominata dal Du-Bois Yolhi- no-Podoliana ; e per quella dei bacini a quello della Ga- lizia orientale, della Podolia, della Volhinia occidentale, e quello della Ucrania o governo di Rieu : ed alle Step- pe della nuova Russia , della Crimea , e del nord del Caucaso, ed alle Steppe del sud del Caucaso. Passando dalla topografia alla geognosia di quel ter- reno, l’Autore espone con ordine, c massima esattezza le rocce di queste stazioni , trattando in prima delle Sedi- mentarie, poi delle Ignee e Metamorfiche. Nell’ esame delle prime successivamente descrive lo scisto argilloso, la grawacca, il calcareo fetido, il grup- po giurassico, il cretaceo, il terziario, ed il quaternario; per ogni terreno espone i caratteri delle rocce costi lucn- — XIII — ti , la loro costante o sincrona soprapposizione , i resti fossili organici che contengono , e le modificazioni recate alla stratigrafia dalle diverse intrusioni di rocce plutoni- che. Nè lascia di notare le lacune geologiche che esi- stono tra i diversi piani dei quali si compongono i ter- reni della Crimea; e de’grandi rialti; e si occupa dell’ o- rigine dell’ immenso materiale che forma le vaste steppe della penisola. In secondo luogo viene all’ esame delle rocce ignee e metamorfiche , le quali si compongono principalmente delle rocce dioritiche, basaltiche, e trapeane. La diorite a massa compatta, ed abito bianco con cristalli d’anfi- Lola verde-scuro si trova abbondante ; si trova ancora altra diorite serpenlinica o diabase composta di massa più omogenea, d’un bel verde turchiniccio con l’ antibo- la a cristalli poco riuniti. Il basalto amigdaloide è una pasta di verde scuro, ora d’un grigio rossiccio, sparso di piccole cavità rotonde , o bislunghe piene di diverse specie di cristalli , e di zeolite bianca rossa e nera. Destina un capitolo al porfido dioritico conosciuto dai tempi di Plinio , di massa compatta con cristalli dis- seminali d’ albite , e la cui pasta è formala d’ antibola fuso. E parlando delle rocce metamorfiche accenna alla va- rietà dei marmi colorati di fina grana, e soggiunge che manca solo il marmo bianco a grana saccaroide. La memoria del nostro socio è d’ un merito altissi- mo, ed io credo, che se l’opera di lui sarà condotta fil filo sul piano in questa promesso, la scienza avrà sulla Crimea un lavoro topografico con tanti dettagli e tante diligenti osservazioni quanto ne ha sul bacino di Parigi studialo dai sommi geologi della Francia ; avendo il so- cio depositalo nel Gabinetto Gioenio colla sua memoria i saggi orittognoslici , e le corrispondenti descrizioni ed — XIV — analisi, ho potuto con maggiore facilità e sicurezza giu- dicar del merito dovuto al lavoro descritto. LA, SICILIA Quest’isola , che presenta ad ogni passo monu- menti di reminiscenza gloriosa, sicché lo storico, e l’ar- cheologo i quali si fanno a rovistare le sue carte, o a descriverne i ruderi e gli avanzi scappati all’ ingiuria dei tempi trovano materia a novità di sapere relativamente alle leggi, alle battaglie, alle vicende della civiltà, alle arti ed al commercio; quest’isola studiata del pari sotto il rapporto dei naturali prodotti non si offre meno nuo- va ad ogni passo, e meno incantevole; poiché la dovizia n' é tale da crescere ad ogni istante in cui ci fissiamo a studiarne le sue parli or su di uno, or su d’ un al- tro punto del terreno. Abbiamo infallo veduti parecchi nostri Socii portare in quest'anno nel campo delle novità scientifiche obbietti di ornitologia, zoologia, conchiologia, paleontologia, e vul- canologia, appena han fissalo V attenzione su qualche an- golo della Sicilia, ed io ne farò rapido cenno, seguendo l’ordine dei tempi in cui vennero fuora le diverse me- morie dei medesimi. Il Dottor Mariano Zuccarello ci offriva una bella e nuova varietà del Leslris pomarinus Temminck (1), uc- cello collo nel lago di Lenlini, e da lui preparato e poi riposto nel Gabinetto ornitologico della nostra II. Univer- sità. I! genere Leslris appartiene alla famiglia delle ster- coraceae ed una volta formava parte del genere Larus (I) Nota sul Leslris pomarinus Temminck. Iella nella se- duta Ordinaria del 9 Settembre 1858. — XY — di Linneo, ma il nostro Socio si occupa nel dimostrare i caratteri diagnostici che oggi dividono i Lestris dai Larus , c descrive le abitudini delle specie dei due generi. Indi passa a mostrare quali forme sono relative al- l’età, al sesso del Lestris pomarinus , e cosi prova che P individuo da lui collo è un maschio , adulto , e con alquante diversità dal tipo specifico; laonde si fa a no- tare d’avere un colore giallastro al dorso, bianco al pet- to ed al ventre , un largo collare formato di macchie brune rotonde, e fa osservare che simili macchie trasver- sali non li ha nella coda e nei fianchi, come li ha nel ti- po specifico; nota però che l’iride dell’occhio è bruno- giallastra, i piedi con le membrane nere. Il Professore di Zoologia alla R. Università Dottor Aradas continuando le sue ricerche zoologiche per i campi della Sicilia offriva la seconda memoria della sua opera titolata Osservazioni di zoologia siciliana: (1) le quali osservazioni non sono fatti spigolati con istento c fatica, ma prodotti ricavati dalla dovizia degli oggetti che pos- siede, e dall’acuta mente che lo fregia: io sono ammi- ratore in questa seconda memoria d’ una completa mono- grafìa del genere Chemnitzia Orbigny ricca di nuove spe- cie ed interessanti, tutte trovate in Sicilia, malgrado che il diligente A. Philippi molte ne avesse enumerate spet- tanti alla nostra isola nell’opera sopra i Molluschi della Sicilia; quindi non saprei meglio esporre il lavoro del Dottor Aradas se non ripetendo le sue parole. « Or sic- come, egli scrive, le specie nuove da me rinvenute su- perano la metà di quelle che nell’opera del naturalista di Cassel descrivonsi, per tal ragione, e affin di meglio (1) Questa Memoria fu letta nella seduta Ordinaria del 28 Novembre 1858. ATTI ACC. VOI. XVI. 3 — XYI — fare rilevare i rapporti fra tutte le Chemnitzie siciliane conosciate, ed istituirne utile confronto, ho divisato in apposita monografia riunire le une alle altre riferendo la sola diagnosi latina, le dimensioni, e le località per rap- porto a quella enumerata dal Philippi, e dare intorno alle mie lutti quei dilucidamenti che possano tornare a maggior chiarezza delle loro descrizioni. » L’Autore divide il lavoro in due parli: enumera nella prima le specie da lui aggiunte alle viventi descritte dal Philippi, e queste sono: la Chemnitzia Zurriae e Ch. incerta: nella seconda parte offre l’elenco delle specie fossili da lui trovate, tanto le nuove, quanto le descritte dall’ accennato Philippi; cioè Ch. ruvida Arad. Ch. Bo- naccorsi Arad. Ch. Landolinae Arad. Ch. Mironiana Arad. Ch. pigmea Arad. Ch. therabellum Ph. Ch. pal- lida Ph. Ch. rufa Ph. Altri socii cultori della Malacologia siciliana hanno offerto in quest’anno dei pregiali lavori; cosi il Dottor Biundi che altra volta donava ai nostri Atti due memorie sulle specie nuove o rare, viventi e fossili di conchiglie siciliane, ora ci offriva una terza memoria, pregevole per le novità che reca alla Fauna dell’isola (1); in essa do- po una introduzione sull’ utilità dello studio dei foramini- feri, e delle grandi conchiglie, passa alla descrizione d’una novella varietà della sua specie Diplodonta inter- media, di una novella specie di Corbula detta da lui C. sub carinata; ove richiamando le proprie idee altra volta evulgate circa alla nuova specie Corbula mactrifor - mis , fa conoscere essere la stessa che la Comincia Par - thenopea del Tiberi; indi espone i caratteri d’un Pecten Tornabene , d’un Fusus elegantissimus , d’un Capulus , (1) Letta nella seduta Ordinaria del 31 Marzo 1859. — XYII — d’ una Fissurella crispata , d’una Mitra Acis, d’ una Le- da Ardiniana, e d’una Neaera mediterranea, e lutti que- sti individui egli ebbe frugando i lidi di Aci, dove pa- re che lo Jonio vi trasporti un cumulo di novità zoolo- giche, e fìtolassiche. E mentre il Dottor Biundi con diligenza e sagacia ricercava le conchiglie de’ nostri lidi , il socio Gaetano Giorgio Gemmellaro si fermava a descrivere taluni orga- nici fossili de’terreni Turoniano, eNummulitico di Judica (1), de’quali terreni l’anno precedente aveva presentalo all’Ac- cademia la descrizione gcognoslica. L’autore descrivendo i fossili ha voluto seguir le tracce degli odierni geolo- gi che li rapportano sempre ad un orizzonte geognosti- co, pensiere utilissimo, se vogliamo trarre profitto dagli studii paleontologici. Or dietro queste vedute egli narra nella sua memoria la storia delle osservazioni fatte sul tratto geognostico di Judica : osserva, che sebbene i Pro- fessori Hoffmann e Carlo Gemmellaro sulla scorta del solo elemento straligrafico abbiano collocato il terreno di Ju- dica nel rango del cretaceo, ed il Professore Calcara a vista di tre fossili di quello stesso terreno lo abbia ri- ferito in modo generale alla formazione secondaria, ed il Professore Carlo Gemmellaro dietro la scoverla d’una Hippurites siasi indotto a credere , che quel terreno doveva appartenere alla giacitura sopra cretacea , tutta- via egli nel 1858 essendosi portato in quei luoghi ed avendoli meglio studiali , giudicò utile presentare al- f Accademia un Cenno geognostico sul gruppo dei terreni di Judica , ed assicurare il Consesso che quel terreno appartiene al turoniano, e nummulilico; e siccome allora non avea pronta l’analisi dei fossili, così (1) Memoria Ietta nella seduta Ordinaria del 30 Gennaro 1839. — XVIII — in questa memoria ce ne offre la serie con la frase dia- gnostica ove il bisogno lo richiede, e con i caratteri dif- ferenziali sulle specie affini, con la sinonimia, l’indica- zione dei luoghi, e 1' età geologica. Le specie descritte dal socio sono al numero di ven- tuno ; cioè cinque appartenenti al piano turoniano, ed il resto al nummulitico ; sono del primo YAmmonites pii- catus Calce il Turbo Bucini Orbigny, la Trigonia sca~ hra LK. Y Hippurites cornu-vaccinum Bromi, ed il My- tilus Biondi novella specie scoverla dall’ Autore ; sono del secondo piano le seguenti: Trochus nummuliticus , Turbo Stcsicorus , Buccinimi Scinà, Nerinea Carondae , Pecten Savae, Nodosaria siculo, e Nodosaria Archiacia- na, le quali sono tulle novelle specie trovale dal medesimo Autore, e più quest’ altre descritte da altri esimii zoolo- gisti : Cerithium exagonum LK. Ostrea flabellata ? LK., Nummulites nummularia Orbigny, Nummulites scabra LK ; Nummulites planulata Orb. Alveolina ovoi- dea Orb. Alveolina melo Orb. Alveolina oblonga Czi- zek, Dentalina gracilis Orb. Orbitolites submedia Arch. Orbitolites stellata Arch. In quest’anno accademico il socio benemerito, il chiarissimo Prof. Carlo Bemmcllaro ha dato line alla let- tura della sua opera la Vulcanologia dell Etna, di cui nell’ anno scorso diedi il sunto di quanl’erasi pubblicato ed ammirato da voi. Allora ammiraste la parte topo- grafica e geografica dell’Etna, la Storia delle sue eru- zioni; ed oggi venendo al particolare dettaglio l’Autore ci offre lo spiegamento dei varii fenomeni del vulcano (I). E pria di lutto si ferma ai Tremuoli, ne’ quali dic- (1) La lettura di queste parli dell’opera occupò la seduta Or- dinaria del 20 Agosto 1858, e del 28 Maggio e 10 Giugno 1859. -XIX — tro un accuratissimo esame, FA. distingue quelli che al vul- cano sono dovuti, e quelli che da più profonda origine derivano; presentando una tavola nella quale si noverano tutti i treni uoti di certa notizia con la loro coincidenza, o senza questa con le eruzioni dell’ Elna ; dalla quale ri- sulta che i più spaventevoli sono stali indipendenti da ma- nifestazione vulcanica, e quelli accompagnati da altri vul- canici fenomeni non sono stali nè anco un quarto del numero totale di essi. Indi espone gli altri fenomeni, c parla del Fumo, delle Ceneri, delle Arene, delle Scorie, ed altro che ac- compagnano le eruzioni, tutti dovuti alla forza delle esplo- sioni vaporose e gassose. Viene in prosieguo lo spiega- mento, o la dilucidazione della teoria di Mario Gemmel- laro sulle eruzioni laterali ; e poi quella della formazio- ne delle Dighe, e de’ Filoni verticali , con la descrizione dell’ apertura d’ una eruzione laterale. Un lungo capitolo scrive 1’ Autore circa lo sgorgo della lava , rapidità del suo corso, intensità del suo calore, effetti di questo ca- lore sul suolo ove scorre, grado di fluidità cui può giun- gere la medesima lava. A questo succede un altro capi- tolo ove si discorre sulle varie forme della superfìcie delle lave: come in un altro si tratta della composizione e dei caratteri esterni dei materiali vulcanici considerali nei due sistemi felspalico e pirossenico, a cui si fa seguire il ca- talogo delle principali loro varietà. I ragionamenti sulla formazione dei cristalli nella massa delle lave e nei crateri occupa altro capitolo ; nè viene trascurata la disamina dell’ influenza degli agenti meteorologici, dei vegetabili, degli alluvioni ed altro sul terreno vulcanico. Ma pria di porre fine al lavoro il mentissimo Socio espone i parecchi sollevamenti avvenuti alle falde dell’ Et- — XX — na, i parziali profondamenli di suolo, ed i crateri emersi indipendenti dalla gola o asse dell’Etna; e conchiude facendo conoscere in quali casi lo studio del nostro vul- cano ha potuto prestare materia allo avanzamento dei fatti e delle teorie nella scienza vulcanologica. LE MALATTIE DELLE PALUDI 4 Da Ipprocate a noi , dall’ epoca in cui la medicina ebbe regole e principii sino all’ attuale progresso di ra- zionale empirismo, le febbri dette periodiche, intermitten- ti, o le malattie delle paludi ebbero scrittori d’ ogni me- rito, che ne descrissero parecchie forme ordinarie e ra- re, tentarono indagarne la patogenesia, descriverne i va- rii sintomi, il trattamento, la cura; ma tutti non furono esenti d’ oscurità, di dubbii, e d’ errori. L’Italia su di ciò dopo i lavori del Torti e Pucci- notti, vanta quelli di Bufalini, c Lanza, e la Francia dopo la conquista d’ Algeria conta fra i cento scrittori le belle osservazioni , e le teoriche del saggio Boudin , e del dotto Piorry. Ma la Sicilia per la sua stazione geografi- ca dal 36° al 38° latitudine Nord, con una temperatura media da 16° a 19° Béaumur, intersecala da triplice ca- tena di montagne, e colline, predominata da! terreno cal- careo , con valli, e fiumi, e torrenti , e laghi c paludi, e stagni, la Sicilia godendo d' un clima medio tra l’Afri- ca, l’Italia, e la Francia, appresta su di questa malat- tia fatti interessanti alla scienza, ora nella serie di quelli che appariscono sotto le influenze dell’intenso calore, ora di quelli che sorgono sotto le influenze dell’ umido e del freddo ; c con tali fatti le teorie e le osservazioni dei presenti scrittori sulla materia Favre, Fodere, Audouard, — XXI — Boudin, Nepple, Bufalini, Lanza, parte sono confermate, parte da nuova luce rischiarate. E per tale motivo vanta Sicilia dalla scoperta del cortice valenti clinici nella diagnosi e cura di questi ma- lori ; ed i nomi dei Spedalieri, Scuderi, Strano, Di-Gia- como, Recupero, Platania, Greco, Cutrona, Polara saran- no imperituri fra noi, e voglio tacere dei tanti scritti che in varie città di Sicilia per questo motivo si videro di tempo in tempo alla luce ; solamente rammenterò che il Socio nostro Professore Giuseppe Galvagni da più anni fissò il pensiere allo studio severo di queste malattie pa- ludati in Sicilia, e diverse forme ne descrisse in pregia- te Memorie che sono inserite ne’ nostri Atti , ed oggi raccolti questi fatti, ed accresciuti di cento altri, ottenuti dalla propria clinica ha formato un Trattato pratico delle febbri per intossicazione palustre in due volumi , che costituisce un lavoro completo e pregevole, di cui la scien- za si gioverà con positivi vantaggi, e progressi. 10 non voglio giudicare dell’opera, nè dire delle sue parli, perchè essa non appartiene al voi. XXXY de- gli Alti, ma ne tratterò di volo, perchè l’opera nasce, per così dire, dagli Alti Gioenii, ed è stala pubblicata in quest’anno accademici (1). 11 chiarissimo Socio stabilisce, che l’intossicazione prodotta dal miasma svolto dalla palude è causa di tan- te malattie variale, miasma che a ragione della quantità, e delle circostanze organiche o morbose individuali cre- sce o diminuisce nella forza, od acquista varie forme. Da questo principio altro ne fa sorgere l’Autore, col quale sostiene che la febbre, il periodo, la intermit- (1) Trattato pratico delle febbri per intossicazione palustre del Dottor Giuseppe Antonio Galvagni. — Catania 1851-58 voi. 2 in 8. — XXII — lenza sono fenomeni non essenziali alla malattia delle pa- ludi, e perciò l’ unità del principio morboso viene da lui considerato sotto tre grandi rapporti: l’intossicazione pa- ludosa Febbrile, Afebbrile, Diatesica; conseguente ai due sopra indicati principii suddivide queste classi nelle loro forme, appellate da lui modalità, e comprende nella pri- ma classe le febbri intermittenti benigne, le perniciose, le remittenti, le pseudo-continue, le indeterminate; nella seconda classe enumera le febbri larvate, che divide in febbri larvate intermittenti, remittenti, pseudo-continue, poi distinte in febbri larvate nevrosiche, iperemiche, emor- ragiche, ipercriniche; nella terza classe, dopo d’ averne fissato i caratteri, discorre della diatesi paludica con sple- nopatia, con febbre recidiva, con emorragia multipla, con idropisia, con cachessia, e della diatesi latente la quale non presenta caratteri chiari, e dispone ai ritorni febbri- li; i fatti clinici dipendenti d’ ogni classe sono molti, ed accuratamente descritti. E per dare una breve e rapida esposizione delle parti dell’ opera è conveniente osservare: che l’Autore si occupa nel descrivere le malattie generale dall’intossica- zione palustre, dei caratteri notomici di esse, e poi della durata, del termine, delle complicazioni, delle cause, della diagnosi, prognosi, terapea, e delle induzioni, non che de’principii teoretici che fanno la spiegazione dei fe- nomeni di ciascuna. Così incoili ransi le descrizioni di quallordeci nuove specie di febbri, dall’Autore dette comitale c perniciose, e vien resa chiara 1’ idea delle febbri perniciose polimor- fe, colla coordinazione in quallordeci divisioni o gruppi, ove si leggono trenta specie di febbri non descritte da- gli autori. Richiamano l’attenzione del medico la narra- zione generale data dai Socio sulla febbre perniciosa nelle — XXIII — sue parli elementari: la esposizione della febbre remitten- te , e della pseudo-continua : ed è lodevole la formula data da lui delle febbri indeterminate, che distingue in tre gruppi o divisioni , quella delle larvate pseudo-continue non conosciute dai clinici, e per cui ba voluto descrivere i veri sintomi della febbre larvala che divide in semplice e polimorfa. L’opera è bene ordinala, ha per base i sani prin- cipii della medicina razionale odierna, e segna un perio- do di progresso nella novità di fatti, e di concetti pato- logici, talché m’ ispira il coraggio di ripetere con Orazio: Iiic meret aera liber Sosiis, hic et mare transìl , Et longum noto scrittori prorogai aevum. L’opera del Galvagni doveva richiamare in Sicilia la maggiore attenzione dei seguaci d’ Ippocrate nell' esame eliologico, patologico, e terapeutico delle malattie di palu- de, ed in fatto il Socio Dottor Giuseppe Bonaccorsi ha of- ferto all’ Accademia una memoria nella quale si occupa : cc Se la cotenna del sangue estratto dalla vena è incom- patibile con 1’ esistenza della febbre intermittente essen- ziale (I). » Non è certamente un caso raro vedere la titubanza dal medico diagnosticando una malattia febbrile, che per motivo di etiologia e di sintomi si mostra simile ad una febbre intermittente essenziale, e per la esistenza del coa- gulo del sangue viene di ffinitiva mente pronunziata di na- tura flogistica , e frattanto curata sotto questo principio non guarisce l’ infermo ; ora in questo caso 1’ umanità vuo- le un riparo , la scienza deve additare una via al suo clinico il quale s’ imbatte in sì triste bivio, ed a tale sco- (\) Letta nella seduta Ordinaria del 10 Febbraro 1859. ATTI AftC. VOI. XVI. 4 — XXIV — pò pare che fosse scritta la memoria del Dottor Bonac- corsi. Egli traccia una completa e diligente storia di pa- recchi casi di febbre intermittente semplice e perniciosa da lui studiati nel proposito di chiarire il fatto patologico proposto , ed in cui avendo eseguilo salassi sperimentali trovava una vera cotenna anziché dubbia, la quale supe- rava il coagulo del sangue estratto, e curati questi col- la china guarivano. Analizzando poi le fasi di quei ma- lori le trova conformi alle febbri intermittenti essenziali, nè dipendenti, nè complicati a qualche stalo fisiologico, e dimostra altresì con argomenti fisiologici e patologici che le sue osservazioni confermano quelle degli emato- logisli Andrai, e Gavarret; per lo che fonda il principio patologico, che la cotenna sul coagulo del sangue estratto dalla vena può esistere nella febbre essenziale intermit- tente senza complicazione di flogosi locale. La memoria del Bonaccorsi termina con l’ interessante precetto clinico, che quante volle in una malattia febbri- le, fi etiologia, o l’andamento de’ sintomi depongono per la natura d’ una febbre essenziale intermittente, e l’ attento esame biologico e fisico non fa rilevare località flogisti- ca, e non pertanto la piu chiara cotenna si presenti sul coagulo del sangue, che per saggio o per altro si avrà potuto estrarre, doversi senza dubbio dal medico giudi- care la malattia intermittente essenziale, e curarsi in con- seguenza con la china. IL MAGNETE IN MEDICINA Il magnete, o meglio l’ imponderabile, che unito al- 1’ elettrico oggi rende interessanti servigii alle scienze ed allò arti, non lascia per se solo di recar positivi van- taggi alla languente umanità. — XXV — Gli antichi medici esagerati nel descrivere i buoni effetti del magnete, furono controbilanciali dai moder- ni che ne disprezzarono ed avvilirono i vantaggi. E qui dichiariamo che trattando del magnete in medicina, so- lamente intendiamo fermarci All' uso della calamita ar- mata in alcune nevralgie , su di cui il nostro Socio D.r Giuseppe Ardini ha offerto all’ Accademia alcune os-^ servazioni che gli hanno meritalo molto plauso (1). La Memoria di questo Socio forse non racchiude , come ei dice, idee nuove e peregrine, ma come tutt’al- tre sue opere ha il pregio della utilità pubblica, della chiarezza, e della semplicità. Il lavoro è diviso in tre pa- ragrafi ; nel primo rapporta la fedele storia di tredici os- servazioni di chiodo solare o tic sopraorbitale periodi- co, che refrattario ad ogni rimedio alla fine fu vinto con 1’ uso della calamita armala, impiegata col metodo parti- colare del D.r Ardini cioè, di leggiero strofinamento per circa sei ad otto minuti sulla parte dolente dal lato del polo negativo, c descrivendo dei cerchii da destra a si- nistra e viceversa. I risultamenti di questo rimedio in tale affezione ci offrono tre casi di perfetta guarigione in unica seduta , otto in due sedute , lo restante dopo parecchie sedute , ed in nissuna si è vista recidiva di sorta. Indi espone la guarigione di due odontalgie , poi lo alleviamento dei do- lori d’ una reumatalgia al dorso, d’ una nevralgia da lui appellata popliteo-tarso-dì gitale, e d’altra denominala cer- vico-scapolare- febbrile. Nel secondo paragrafo si fa con sagacia a mostrare come nelle sopradelte nevralgie si deve preferire il magnete al solfalo di chinina, poiché il primo le toglie , a così dire dal loro germe , e col se- condo ritornano: il primo è innocuo, e spesso il secon- (1) Leila nella seduta Ordinaria del 16 Aprile 1839. — XXVI — do ad alte dosi è nocivo , anzi talvolta è controindicalo per concomitanti malori. Nel terzo paragrafo 1’ Autore di- scorre, e ben diffusamente sull’ azione fisiologica e tera- peutica del magnete, rilevando le mutazioni alle quali va sottoposto il sistema nervoso, ed indica come i soli nervi sensorii vengano alterali nelle nevralgie , e perciò tra i mezzi terapeutici deve preferirsi il magnete, che poten- temente seda, e diminuisce la forza dinamica dei nervi; soggiungendo l’ Autore, che il magnete sulle prime reca un’ azione stupefaciente locale alla quale succede un ec- citamento prodotto da una certa reazione organico-vitale venula dietro quella prima impressione ipostenizzanle ; stu- pore ed eccitamento che durano e si manifestano secon- do la forza della calamita armata che s’ impiega. Sono poi degne di considerazione le riflessioni dell’ Autore quando tenta ravvicinare 1’ azione stupefaciente ed ecci- tante dell’ clellro-terapea, con quella della magneto-tera- pea : perchè, mi pare, che il socio Aldini col raziocinio e con la prova abbia tentalo di dare un lume nel bujo in cui siamo circa all’ azione del magnete sul corpo vivente affetto da diverse nevralgie. LE NECROLOGIE Con dolore e sentito rammarico annunzio all’ Acca- demia la perdita in quest’anno del Socio Ordinario D.r Em- manuele Fisichella Professore di Medicina Legale e Po- lizia medica in questa R. Università degli studii. Egli non fu secondo ad alcuno nelle cognizioni della scienza che insegnava , ed ebbe sempre un seggio tra i buoni dell’ esercizio medico e cerusico in Catania, e sua pro- vincia: tranquillo e pacifico, modesto e ritroso espose le sue idee dalla cattedra con brevità e chiarezza , c mo- rendo lasciò vivo desiderio di se. — XXVII — Il D.r Mariano Zuccarello assiso sull’ avello del So- cio fondatore di questo consesso Professore Antonino Di- Giacomo ne lesse lo Elogio , qual successore di lui al posto accademico (1). Ivi in poche linee, ed eleganti pen- sieri dipinse l’uomo grande nello studio delle scienze medi- che, l’uomo del genio nell’ esercizio clinico; egli ne analizzò le opere, ne descrisse i lavori letterari ora da Professore di Fisiologia ed ora di Patologia Generale nella R. Univer- sità di Catania ; disse dello zelo nelle diverse cariche ; cioè di Protomedico Generale nel paese natale, di Segre- tario Generale dell’ Accademia Gioenia , di Medico insi- gne adoprato ne’ pubblici bisogni delle epidemie , e dei miasmi che travagliarono varie città della nostra provin- cia ; nè dirò del modo toccante come 1’ elogiografo sep- pe mostrare il Di-Giacomo caro, affettuoso alla patria, agli amici, agli ammalati , ai congiunti per cui egli di- ceva in quella perdila lamentarsi un vuoto che si ricor- derà per molti giorni ed anni. Ombre onorate de’ nostri Colleglli! queste poche pa- role dall’ amicizia, e dalla venerazione dettate sono il se- gno di quel che sente il nostro cuore di grande e sublime per il merito, ed il dritto che avete alla riconoscenza scien- tifica. Gli scettri si rompono , e cadono i troni , i po- poli e le nazioni in nuovi modi or si dividono or si con- giungono, e di tutti il nome nel volger degli anni si can- cella dalle menti, e forse ancor dalla storia : solo le ope- re de’ dotti restano immobili all’ uragano dei tempi , e come scogli alti e potenti sfidano le onde e le tempeste, e si presentano intrepidi al succedere delle stagioni. La storia delle lettere è la più certa tra i racconti delle uma- ne vicende, perchè semplice e priva d’ ipotesi, onesta ed imparziale trascrive i monumenti conservali nello varie bi- (!) Letto nella seduta Ordinaria del 31 Marzo 1859. — XXVIII — blioteche, e nei diversi gabinetti , per cui i nostri lavo- ri, ed i nostri travagli non periranno, e la potenza mo- rale delle menti istruite vincerà la forza degli agenti ma- teriali della natura bruta ed inerte la quale col tempo si affievolisce e si estingue. Ove sono i regni e gli im- peri di Babilonia e di Assiria, dove quelli di Sesostre. di Alessandro , e di Dario queste forze materiali sono scomparse, ma vivono e saranno imperiture le opere di Tucidide, Senofonte, ed Erodoto nelle quali si racconta- no le gesta di questi popoli che furono tanto superbi e signori. Lieti dunque, o Socii , della nostra sorte , qualun- que fosse umilissima nella presente ragione sociale, sarà nobile nella futura stagione , ed imperitura nei secoli ; moriremo al corpo, ma il serpe dell’ intrigo, Y artiglio dell’ invidia, il ferro del prepotente non toccando più le pagini venerande delle nostre opere vivremo quanto que- sto globo abitato, e chiudendo gli occhi alla luce avre- mo in conforto la lagrima dell’ amico presente , la lode dei dotti futuri. ■ FLORA FOSSILE DELL’ETNA PER illusisi® venHiem GA8INE8E PROFESSORE DI BOTANICA ALEA REGIA UNIVERSITÀ DI CATANIA, ED IVI DIRETTORE DEL R. ORTO BOTANICO ATTI ACC. VOL. XVI. 1 INTRODUZIONE UTILITÀ E SCOPO DELL’OPERA Descrivere la Flora Fossile d’ una regione che appar- tiene al terreno Secondario o Terziario è un dono che si fa alla scienza , un cumulo di materiali sempre utili al progresso dei lumi, ma non si apporta una novità al sapere, nè si reca un nuovo sasso all’ edifìcio scientifico : non cosi è una Flora Fossile d* un terreno formato da un vulcano non estinto ma ardente; qui il pensiero d’ una tale Flora è una contraddizione di principi!, un fatto che pare incompatibile con le teorie, a motivo che ogni roccia nasce dalla forza decomponente del fuoco , e dalla chi- mica composizione de’ materiali passati al raffreddamen- to ; e pure ad un angolo dell' Etna famoso per la sua attività antica e presente posso offrire degli resti vegeta- bili in certi tufi clic sino dal 1845 attirarono la mia at- — 4 — tenzione (1), ed oggi amo rendere di ragion pubblica per non vedermi togliere se non altro la priorità delle scoper- te dallo straniero, a cui 1’ ho additalo e donato (2). Ouesti sono i tufi che verso la base meridionale del- 1’ Etna si trovano nei luoghi appellati Fasano e Leucatia ; i quali si offrono, come si dirà, a banchi più o meno po- tenti, alla parte superiore del terreno, disposto a curvo bacino, ed ivi rolli e franati acquistano una forma quasi paralellepipeda smussata agli angoli , costituiti di strati di varia doppiezza ; nella parte inferiore del terreno poi i banchi sono estesi, interi e sempre stratificali, e quan- do le acque superiori trasversano gli strali argillosi , la permeazione per questi si fa celere c pronta, come ben si osserva dai fontanieri nel cavamento delle acque. Ma il tufo sempre sopraslà alla formazione dell’ argilla tanto nelle acclività , quanto nelle eminenze , talché segue le ondulazioni che porta la naturale giacitura della roccia. Diremo le ragioni perchè mai fra questi banchi di tufo si trovino sparsi blocchi, c pezzi di lava basaltica di varia mole, a diverso colore nero, rosso, c grigio, quasi parallcllepipedi , smussati agii angoli , e rotolati , lave che tengono la base nella stessa formazione argillosa. Si dimostrerà il perchè questo tufo si vegga formalo or di minuta argilla, e piccoli lapilli di lava pirossenica pro- (1) Rendiconto delle Adunanze e dei Lavori della R. Accademia delle Scienze di Napoli anno quinto, 1840 pag. 304. (2) Philosophical Transactions Pari. II. for 1858 pag. 136. G. Lyell, On lavas of Mount Etna formed on steeps, and on era- ters of elevation. — 5 — dotti da varie eruzioni dell’ Etna presente; or di minuta polvere vulcanica, con tracce di arenaria, noduli di gres ed un cinquantesimo di argilla; e si dirà come si trovino fra questi strati le impressioni di foglie, i pezzi di tron- chi, e qualche frutto : ed esporremo la descrizione di que- sti , lo che tutto occuperà il volume di quest’opera ; no- tando bene che non ho potuto mai trovare in questo tufo resto d’ animale fluviale o marittimo. Or il semplice annunzio di questa naturale giacitura del tufo nell’Etna ai luoghi di Fasano e Leucalia richia- ma subito F attenzione del botanico, che imprende descri- vere le piante fossili che si trovano in esso ; dapoichè ve- de, come esaminate e discusse le varie circostanze di quel- la roccia può trovar ragione della esistenza delle specie fossili in quell’ alluviale deposito. Così egli vede sulle pri- me il bisogno d’ indagare l’ epoca geologica di tale for- mazione alluviale Etnea ; in seguito scorge che bisogna conoscere quale fu la stazione ove si trovarono le piante raccolte nel tufo, cioè se quella stazione era fluviatile, arida, umida, o simile; osserva altresì che bisogna esami- nare e descrivere le specie fossili, notando le differenze colle viventi dell’ Etna, e di Sicilia. Queste tre ricerche daranno al botanico i mezzi a formare la Flora Fossile dell’ Etna, nè il soddisfarle è opera facile e pronta: lo studio della geognosia , e della geologia del vulcano, e lo studio della sua Flora presente e passala daranno gli spiegamenti più acconci al buon esito del lavoro, il quale non sarà di grosso volume e di molte pagine, ma breve come tutte le opere di simil genere, nelle quali dopo aver — 6 — dato il quadro della geognosia e della geologia della sta- zione, gli tocca di descrivere le poche piante che la sta- zione offre all’ occhio dell’ osservatore, e questi, ove può, deve paragonarle colle specie viventi ; noi tutta volta sia- mo lieti d’ offrire nel piccolo volume delle nostre ricer- che una Flora non Spregevole ai naturalisti che amai*) i fatti bene esaminati, discussi, e descrìtti, e gli obbietti diligentemente figurati al vero. ORIGINE DEL TUFO DI FASANO E LEUCATIA , DESCRIZIONE DE’ LUOGHI G23° P ortando un esame diligente sulla geognosia dell’ Etna è ben facile rilevare che il vulcano una volta fu sotto- marino , ed ebbe più crateri in azione , i quali aperti lungo la formazione secondaria diedero origine ai basalti che ora attorniano la base del monte. Sopravvenuta la formazione pliocenica dell’ argilla , del gres , e dell’ arenaria , ed appoggiatasi alle roccie basaltiche, l’Etna emerse dal mare, aprì varii crateri lungo quel novello terreno, ed investendo coi suoi fuo- chi la roccia pirogenica del basalto diede origine alle antiche lave prismatiche con peperino d’ Aci-Caslello, S. Paolo , Yalcorrente, Paterno, Scila , Licodia, Biancavil- la, Aragona , Brontc; ma questa roccia si va rompendo in pezzi ed in blocchi come le sottoposte colline vanno in frana per gl’infiltramenti delle acque. — 8 — Dopo queste formazioni pirogeniche, l’Etna a vero dire comparve nei suoi caratteri d’ardente vulcano, mentre nelle epoche accennate le gole potrebbero meglio appel- larsi fenditure vulcaniche. In quest’epoca l’Etna diede origine ai prodotti trachi-doleritici per un focolare unico e solo, essendosi estinte luti’ altre aperture, e fu questo asse vulcanico nel centro della gran Valle del Bove, da cui uscirono tutte quelle lave felspaticbe che costituiscono tante colline, e tante valli visibili or ora nel lato orientale del monte, di cui sono le principali a Castellacelo, alla Timpa dell’ Albancllo, Serre di Calanna, Schiena dell’Àsino, Zoccolaro, Rocca di Musarra, Salto della Capra, alle Con- cazze, alla Valle del Leone. Nella serie de’ tempi, chiu- sa quella bocca, altra al ponente di questa se ne aprì da cui i materiali che vennero fuori, essendo abbondanti d' augite pirossenica, le sue rocce vennero appellate lave pirossenichc ; c 1’ Etna ebbe un altro asse , ed acquistò il nome di moderno, a differenza de’ tempi in cui emise lave felspaticbe, ed Etna antico si disse. Coevo all’ origine di questo novello asse del vulcano fu lo inabbissamento del cono dell’ Etna antico, che for- mò la vasta ed estesa voragine della valle del Bove, ai cui lembi si osservano i ruderi, o gli avanzi dello antico cratere ; da quel momento le acque, e le nevi cumulate nella regione superiore del monte si aprirono una via, e diedero luogo ad un alluvione, che scorrendo per i terre- ni inclinati e declivi dall’ inabissamento , e per i lembi delle nuove correnti di lave pirosscniche, che corsero dopo quella catastrofe, formarono per lungo tempo un vasto ed — 9 — esteso terreno d’alluvione vulcanico, prodotto dal detrito di quelle rocce e dal denudamento delle sottoposte col- line ; tale è l’ origine delle pianure orientali di Mascali, del Feudo, di Giarre, di Macchia, e Riposto; ed è questo il motivo per cui i materiali di questi siti restano sciol- ti , privi di gres, ed arenaria, e vengono costituiti alla parte inferiore di fertili arene felspaliche, ed alla parte superiore di questi medesimi materiali ammassati coi pi- rossenici cioè con le scorie, con il lapillo e con le are- ne: si veggono talvolta de’ banchi , ma non mai a strati tabulari densi, e molto compatti, dapoichè tutta la forma- zione di questo alluvione è tumultuariamente commista senza aderenza di sorta, senza avanzo d’ alcuno resto or- ganico. Arrestato il corso delle acque, che alimentava que- sto alluvione , per alcune correnti vulcaniche dell’ Etna moderno, ne restò a documento del passalo qualche rivolo che oggi forma il torrente Mangano, quello della Strada, e di Cavagrande presso Giarre , quello delle Carrubbe e delle Forche presso Piemonte , ed un tronco del fiume Freddo; allora quella massa d’ acqua deviò il suo corso nella regione superiore dell' Etna passando dall’ oriente al ponente del vulcano , e venne a scaricarsi su i letti delle rocce pirosseniche, sulla formazione pliocenica, cioè sulle colline e sulle vallate dell’ argilla, del gres, e del- 1’ arenaria ; quindi de’ novelli alluvioni e de’ novelli letti di fiumi comparvero al lato occidentale e meridionale del monte, cosi il fiume Simcto, quello del Fasano e Leu- calia, e gli alluvioni di Vaicorrente, e Nizzeli. Le roc- ATTI ACC. VOL. XVI. 2 — IO — ce pertanto trasportate dalle torbide di queste acque, o meglio i letti formati da essi non offrono che gli avanzi o il denudamento de’ terreni acclivi da cui si ebbero stra- da, e cammino, io dico tufi composti di polvere, lapillo, e scorie vulcaniche pirosscnichc, misti ad argilla, ed are- naria a noduli di gres della formazione pliocenica ; ma nei luoghi dove mancava l’ argilla i depositi si fecero sciolti e disgregali, o di banchi senza stratificazione di sorta; in quelli dove all’ elemento vulcanico si unì l’argilla e le acque avevano potuto a ragione del silo dimorare placide e tranquille , c quasi impaludare , in questi i banchi si formarono potenti, disposti a strati regolari, successivi, foglieitali, e piani. Le posteriori eruzioni dell’ Etna deviarono il corso di queste medesime acque, c così cessò l’ alluvione di Valcorrenlc c Nizzeli , ed il fiume , che scendendo per la collina di S. Paolo scorreva ed impaludava il bacino di Fasano, e Leucalia, come bene lo attcstano la giacitura delle arrotondile rocce basaltiche ai lati di quello, cioè alle sponde dell’alveo dell’ antico fiume: intanto le acque mancale da questi siti parte per incogniti inlerslizii pas- sarono alla base delle colline argillose di S. Paolo, Ci- fali , c d’ Aci-Catena ove sgorgano , c parte accrescono il volume di quelle del Simelo. Tale è a mio parere 1’ origine del terreno alluviale o meglio il letto dello estinto fiume di Fasano e Lcuca- tia: esso deriva dalle acque superiori dell’ Etna, clic cor- sero lungo tempo per 1’ occidente della collina di S. Paolo su d’un letto d’argilla, trasportando gran materiale — 11 — pirosscnico e di gres, e di arenaria, e dimorando placi- damente sul piano di quel vasto bacino, alla cui sponda le acque dello Jonio forse portavano le onde spumose, ma il graduale sollevamento di questo lato meridionale della Sicilia, cioè dal Simelo all’Onobola ha fatto scomparire le tracce del liltoralc antico , senza distruggere gli avanzi a poter stabilire clic i tuli di Fasano e Leucalia derivano da acque placide e tranquille, che corsero cariche di ma- teriali vulcanici e pliocenici della formazione argillosa. Conoscere frattanto la giacitura di questa formazio- ne tufacea è di naturale interesse alla buona intellmen- 0 za della stazione botanica per la descrizione delle piante fossili che dobbiamo eseguire ; quindi ci sforziamo ora darne i dettagli più acconci , ed offrirne tutti i delinea- menti che possano far dire ad ognuno evidente e chiara la nostra descrizione. Lunsfo la zona inferiore dell’ Etna al Sud della re- gione piedemontana Fasano e Lcucatia si presentano alti sul mare 638 p. p. in gran semicerchio, ad anfiteatro con un’alzata di 60 p. p. all’ incirca nei lati di Est ed Ovest, e con una inclinazione nel centro di questo se- micerchio, come si osserva al punto della Barriera : la collina di S. Paolo al ponente si eleva su 1’ altura di Fa- sano, ed all’ oriente la collinetta di S. Giuliano su la cresta di Lcucatia; la prima collina è d’argilla sparsa di blocchi d’ antiche lave, la seconda anche essa d’ argilla, ma tutta coperta di nere scorie, pomici, e lapilli emessi in varie eruzioni. Fasano e Leucatia presentano una larga base per — 12 — ciascuna, alquanto piana nel primo, molto acclive nel se- condo; le frane delle superiori colline argillose, e spe- cialmente quelle di S. Paolo hanno formato uno strato ar- gilloso in questi piani, come altresì le medesime frane hanno rotolalo insieme all’ argilla blocchi di lave basalti- che e scorie, e masse vulcaniche: gli scoscendimenti ai lati del bacino formali di tufi han dato luogo ai banchi tufacei voluminosi rotti inegualmente, smussali agli angoli, stratificati, quasi paralellepipedi, i quali d’unita alle lave prismatiche cogli angoli rotondili ingombrano quei piani, ma la industre mano del colono nel lato Fasano più. che in quello di Leucatia ha saputo raccogliere questi sterili sassi c porli in un sito lontano. I blocchi delle lave prismatiche sono di colore ros- so, nero , e grigio di grana fina e compatta , e sono utilmente impiegali nelle opere dello scarpellino ; essi nel lato Est di Leucatia sono più numerosi c più gran- di, ma ai due lembi del bacino si veggono ravvicinali, ammassati e più rosi agli spigoli, forse dall’azione dell’ar- rotolamento, o come pare più chiaro dall’azione erosiva delle acque. Dalla base delle colline di S. Paolo e S. Giuliano cioè dal rialto del bacino sino ai piani di Fa- sano c Leucatia il terreno vicn disposto a cerchio , co- me abbiam dello, ed è tutto tufaceo ossia composto dei banchi del sopradescritlo tufo; gli strati che lo costitui- scono sono numerosi c di differente spessezza. Pare in alcuni punti del Fasano gli strali del tufo esser divisi gli uni dagli altri da uno spazio occupalo , primo da scorie e frantumi di lave, in secondo d’ argilla c polvere vulca- nica, in terzo dal vano lasciato dallo stesso tufo di fina grana logoro e diseiollo per 1’ azione delle acque, e pa- re altresì che questa triplice stratificazione fosse alterna- tiva per parecchie fiate , ma poi si confonde e sparisce ; in generale tutte le stratificazioni di Fasano sono legger- mente inclinate da Ovest Nord Ovest, termine medio 9.° ed a Leucatia sono lutti gli strali del tufo orizzontali, tabu- lari, uniformi, piani, ma di differente doppiezza e dirette da Ovest ad Est, cioè dalla estremità Ovest di Fasano, al- l’Est di Leucatia mctamorfìzzali superiormente dalla dolerite che vi poggia; talché i due menzionali luoghi, come dissi, presentano al geologo un vasto anfiteatro, il quale riguar- dato come luogo una volta bagnato dallo Jonio sarebbe un seno, ma veduto nel rapporto geognostico è un baci- no. Questa disposizione stratigrafica deH’accennato tufo stu- diata nei discavi eseguiti a Fasano e S. Paolo, sotto Leu- catia, S. Giuliano, e Canalicchio continua dal piano del bacino sino alla profondità di duecentotrenlacinque pal- mi. E altresì da notare che a questa medesima profon- dità allorquando s’ incontra la formazione dell’ argilla le lave prismatiche a blocchi rotolati , e le correnti delle lave in scorie , lapilli , e masse si trovano come nel pia- no superiore. Questo fatto ci mostra che il piano del bacino di Fasano e Leucatia ai tempi della discesa delle acque ca- riche di materiale lavico non era all’ attuale livello, e si trova elevato con la soprapposizione degli strati del tufo. I banchi poi del tufo stratificalo nella loro rottura presentano spesso impronte di foglie , virgulti, legni, e — li — qualche frullo; raramente gli strati sono divisi dagli avan- zi di questi vegetabili , come pezzi di torba, ordinaria- mente sono confusi nella pasta stessa del tufo. Seguendo a descrivere i luoghi accennali non può omettersi che dall’ Ovest del Fasano all’Est di Leucatia il seno o il bacino fu diviso dalle correnti vulcaniche di varie epoche , come l’esame de’ diversi materiali ci mo- stra. Alcuni derivarono da’ crateri aperti all’ oriente della montagna c forse quelli che da Trcmeslieri corsero lungo S. Giovanni-la-punta , S. Agala-li-Batliali; questi copri- rono la collina di S. Giuliano, c lambirono il bacino al lato Est di Leucatia : altre derivate dalla linea Mascal- cia e Gravina circondarono la collina di S. Paolo, ed un rivo si diresse per il lembo Ovest di Fasano, ed un altro precipitandosi nella vallata dello stesso bacino lo divise e corse sino a Catania. Così diede un più facile accesso per salire dal piano alle alture di Fasano e Leucatia; in fatto su questa corrente cammina la strada che da Ca- tania si porta all’alta regione dell’Etna; essa alla Bar- riera divide come asse il gran cerchio del bacino, poi si partisce in due tronchi ; l’ uno all' Est passa sotto la col- lina S. Giuliano, e lascia al di sotto la spianata di Leu- calia, l’altro all' Ovest gira a piè della collina S. Paolo, per lasciarsi al di sotto la spianala di Fasano. Le terre che al presente formano il bacino essen- do un tufo vulcanico con un cinquantesimo circa di argilla, ed acque sorgive, ed essendo riparale dai venti australi, ed in gran parte da quelli di Est, cd Ovest, sono stale sempre destinate con massima utilità a diverse cullure. — 15 — Una volta furono piantate a vigna , e per cui dissodan- dole si rinvengono a certe profondità delle radici di Yi- tis vinifera alterate dall’ argilla, di cui ho fatto menzio- ne in qualche mio breve lavoro (1); raramente si trova qualche pezzo di tronco di questa epoca recente. Oggi il lato del Fasano è destinato ad una ben sentila cultura per piante d’ orto, e d’ alberi da frullo ; mentre quello di Leucalia è quasi abbandonalo ed incollo; solo è desti- nato qualche angolo ad orlo, ed alberi da frutto, ma il dippiìt a granaglie tenere, così F orzo Ordeum vidgare, majorca Triticum hibemum , roccclla Secala cereale , avena Avena fatua. In questi luoghi prosperano gli albanelli Populus alba 9 il mandorlo Amygdalus communis , l’olivo Dica europaea ed altro, piantale dalla mano dell’ uomo. Sono spontanee il carrubbo Ceraionia siliqua , lo stinco Pista - eia lentiscus , il fico Ficus carica, il millefioccolo Cel - tis australis ; sono benanco spontanei varii suffrutici dei quali ci sembrano principali il moro selvatico Rubus dal - maticus, Federa Edera Helix, la salsa Smilax aspera, la lonicera Lonicera flava, lo rovo Aspalathus horridus ; mol- te erbe si raccolgono di stazione paludosa come il Cypc- rus , lo Scirpus, Y Iris, ma questa vegetazione è propria dall’ impaludamento che fanno le acque sorgive su quel terreno argilloso e tufaceo. A noi basta aver fin qui di- mostrato F origine del tufo, e lo stato in cui si trova al presente nel bacino di Leucatia e Fasano. (1) Rendiconto delle Adunanze dei lavori della R. Accademia delle scienze di Napoli 1840 Tom. Y. pag. 394.. ' * ' gtarthmA .*«•* «*•'■» ** ':h!' •'* DELLE STAZIONI BOTANICHE SULL’ ETNA CIIE DIEDERO LUOGO ALLA FORMAZIONE DELLA FLORA FOSSILE DI LEUCATIA E FASANO Jje stazioni botaniche sono quei luoghi che per le con- dizioni fisiche si rendono più alte ad una anziché ad un’altra vegetazione sotto l’impero di tutti i climi, a dif- ferenza delle regioni o abitazioni botaniche, per le quali s’ intende il complesso di varie stazioni sotto una deter- minata linea geografica, c per cui vien favorita la vege- tazione d’una o più famiglie vegetabili; cosi in botani- ca si dice la stazione arida, umida, paludosa, fluviatile, marittima, e poi la regione o abitazione alpina, subalpi- na, tropicale, temperala, equatoriale e simili. Nello studio delle piante fossili questo esame è in- teressante perchè dalla certezza delle stazioni il botanico può meglio determinare la specie della sua Flora nell’ e- poche tramontate. Ma questa utile ricerca non sempre ATTI ACC. VOL. XVI. 3 — 18 — può farsi dai dolli : talvolta i caratteri che offrono le rocce non bastano a determinare la stazione botanica di un sito, allora è mestiere rivolgere altrove le ricerche , e dallo studio delle piante fossili stabilire quale fu la loro stazione gcografico-bolanica. Tal’è il fine della Flora fossile del terreno carbonifero e secondario, che a buon dritto si ritiene come una bella pagina nella storia antica de’ vegeta- bili; questa Flora è utile non solo a ragione della conoscen- za che ci appresta de’ generi e delle specie nuove fossili, ma per i lumi che sparge circa alle stazioni in cui vis- sero quei vegetabili; dapoichè, conoscendo dallo stato della Flora presente che le Felci arborescenti sono proprie delle stazioni aride e delle regioni equatoriali , e le Cupri- fere, e le Amentacee appartengono alla regione alpina ed alla stazione fredda, con legge d’ analogia si deduce che nella formazione carbonifera anco queste regioni, e que- ste stazioni dovevano trovarsi ; con simili analogie abbia- mo le linee delle regioni botaniche nel terreno seconda- rio, c terziario; e di questo nella formazione eocenica, miocenica , e pliocenica ; ma nello studio de’ fossili del terreno terziario spesso la stazione botanica si è rilevata dallo esame geologico del terreno , e così si è portata maggiore esattezza nella determinazione de’ generi, e delle specie fossili. Nella nostra Flora Fossile dell’ Etna il bisogno di questa conoscenza anteriore alla determinazione delle spe- cie è utilissima , perchè la sola conoscenza della specie non ci può sempre scortare a bene giudicare della pos- sibilità di queste piante in certi sili dell’Etna. — io- li bacino di Fasano e Leucatia essendo formato di strati di tufo vulcanico nel piano declive e nei lembi che lo circondano , e questo tufo avendo origine dalle acque placide d’un fiume, che a ragione del sito con massima lentezza metteva foce nel mare, non deve negarsi che dal vedere gli strali di questo tufo ai lembi del bacino più rilevali , e meno potenti nel centro del semicerchio , si debba conchiudere clic il fiume fu sempre incassato ed il suo letto era circoscritto al piano del bacino, e le sponde eran più elevate ad Est ed Ovest, anzi la linea della cor- rente doveva discendere verso Nord Ovest , e propriamente nella direzione della strada a ruota che , come dissi , è formala sulle lave che divisero il bacino. Paragonando intanto f andamento de’ fiumi torrenti di Sicilia, e su di tutti il Simelo coevo nella formazione per alcuni tronchi a quello che corse sul Fasano, e su Leucatia ; esso ha una larga sezione, dimora incassalo, e quanto è placido e tranquillo nell’ordinario corso, tanto diventa furioso e gagliardo nelle piene le più leggiere; esso allora trasporta voluminosi macigni, alberi annosi, masserizie di campa- gna e capanne, e li precipita nel mare, lasciando alle sponde miste al sabbione le leggiere foglie, qualche vir- gulto, e qualche pezzo di tronco; tali oggetti restano per qualche tempo a giacere sul suolo finche la mano dell’ uo- mo, o il vento, o altro non li dissipi o li raccolga. Si- mile mi pare che fosse stata l'azione del fiume, o dell’allu- vione per tanfi tempi in Fasano e Leucatia ; quelle acque passando per i terreni pliocenici e vulcanici ne trasporta- rono i materiali, e nelle grandi piene traripando dagli — 20 — alvei lungo il corso investirono e trasportarono herbe, i frutici, gli alberi, i loro rami, ma i grossi tronchi e gli oggetti di gran volume furono trasportati dalla forza della corrente alla foce, e le leggiere foglie, i pezzi dei fusti, qualche frutto , e qualche virgulto confusi col materiale vulcanico e pliocenico vennero a depositarsi alle sponde, ed ivi per la lenta corrente delle acque furono obbligali a ripo- sar lungamente, c formare quegli strali con impronte di foglie, con legni, rami, e frutta che tufo oggi appelliamo* In fallo , questo tufo pieno de’ resti vegetali non si trova che raramente nel centro del bacino, ove forte la corrente delle acque doveva trovarsi, ma frequentemente si rinviene ai lembi di questo, e particolarmente all’ estre- mità ove si offrono elevali ad Est di Leucalia, ed Ovest di Fasano. Dopo di ciò ne segue, che i detti tufi essendo de- posito di materiali diversi, e di vegetabili bisogna trova- re nei materiali di trasporto gii elementi delle stazioni botaniche, poiché la regione o l’abitazione botanica sap- piamo essere una sola , cioè la subappenina dell’ epoca presente. Ora i materiali clic incontriamo sono la lava pirosscnica , 1’ argilla , il gres , e 1’ arenaria ; 1’ origine della prima è 1’ Etna medesimo ; i secondi sono simili alle colline di Brente, delle Terre forti; dunque tulle si- mili a queste furono una volta tante altre, oggi coperte dalle lave etnee, e su di cui correvano le acque clic si por- tavano su Fasano, e Leucalia. Ed io esaminando le specie raccolte nel tufo di Fasano c Leucalia ho argomento a conchiuderc che la geologia — 21 — in questo punto, e la botanica si riunirono in amplesso, perchè 1’ una ha dato all’altra chiarimenti. Le piante rac- colte sono veramente proprie delle stazioni da cui il tufo è formato, e da cui deriva. In fatto il Vite x agnus-castus è una pianta spontanea alle sponde del fiume Giarretta, e del fiume Simeto su di un suolo ove 1’ argilla e Y are- naria formano le rocce di primaria composizione; lo stes- so voglio dire del Myrtus communis , il quale si trova sulle nostre pianure ove il gres l’ arenaria ed il calcareo ne costituiscono la roccia. La Pistacia terebinthus, e la varietà ovali folia la P. Sicilia, il Laurus nobilis , il Pyrus communis e il Rubus dalmaticus sono specie proprie de’ nostri terreni vulcanici aridi c secchi: la Pistacia lentiscus è spontanea in Si- cilia ne’ terreni poco distanti dal mare ; e la Pistacia Bocconi, specie rara, è propria, dietro le mie scoperte, di vari! terreni, come il vulcanico, il calcareo, tali sono le contrade di Pictraperzia, e colline di Pronte. Il Rubus tomentosus, il Myrtus communis, il Myr- tus latifolia il Pyrus communis ed il Prunus spinosa sono specie oggi perdute per l’Etna, e pare che fossero state proprie delle colline argilloso-arenarie ove al pre- sente si trovano. Dal che pare potersi conchiudcrc, clic lungo le sponde di Fasano e Lcucalia nella stazione umida e fluviale poteva- no trovarsi il Vite x agnus-castus , ed il Myrtus communis e Myrtus latifolia; che erano coperte di Pistacia terebin- thus , P. terebinthus var. ovalifolia , Pistacia Sicilia , Pistacia Bocconi , Laurus nobilis , e di Pyrus communis le selve del nostro vulcano, ove soleva irrompere il fiu- me: e le colline coperte di argilla ed arenaria ove le acque medesime straripavano erano sparse della Pistacia Bocconi , del Rubus tomentosus , e del Prunus spinosa oggi tutte dall’ Etna scomparse : finalmente la Pistacia lentiscus che abbonda nel tufo poteva avere una stazione marittima, cioè crescere ne’ dintorni del seno di Fasano e Leucatia che lo Jonio bagnava. Queste date sono verità all’occhio del botanico paleon- tologista, perchè il libro degli avvenimenti terrestri è un palinsesto che può leggersi da pochi e rari cultori delle scienze; quindi contentiamoci di questo poco per rilevare dalla nostra Flora Fossile dell’ Etna lo stato delle stazio- ni in cui furono quelle piante , e se mi si permette il pensarlo, tutte le stazioni botaniche le quali, tranne della boscosa, formavano la Flora Etnea. Quali sono frattanto le differenze clic la nostra Flo- ra Fossile presenta con tutte le altre d’ altri terreni fin’ og- gi descritte e pubblicate? Io credo clic la più interessante differenza consista nel non aver piante acotili e monoco- tili, e tutte appartenere alla classe de’ dicotili, carattere certo ed immanchevole delle Flore delle epoche geologi- che attuali; in secondo luogo, che le piante trovate non ripugnano alla formazione geologica della roccia a cui sono attaccate; ed in terzo luogo, abbiamo una bella con- ferma, che poche mutazioni ha sofferto l’ Etna nelle con- dizioni vegetative , talché si può dire con certezza , le eruzioni rovinano una parte, non distruggono il lutto nella regione del monte. DESCRIZIONE DELLE PIANTE FOSSILI, ED OSSERVAZIONI SULLE CORRISPONDENTI SPECIE VIVENTI I caratteri su dei quali si fonda la distinzione delle spe- cie fossili, sono ben differenti da quelli che separano tra di essi le specie viventi; nè solo le specie, ma le clas- si, i generi; e pure un botanico che vuole dedicarsi allo studio della paleontologia vegetabile deve rendersi abi- tuale la flora vivente, acciò dall’ attitudine, dalla forma, o come dicesi dall’abito d’una parte della pianta nello stato fossile possa richiamare alla mente la Classe, l’Or- dine o Famiglia, il Genere e la Specie a cui si avvicina nella flora vivente. Per tale motivo oggidì gli Orti Bo- tanici bene ordinati, ed i Gabinetti ben forniti presentano, oltre degli oggetti naturali speciali, una collezione di le- gni, di frutta, di semi, ed un erbario, o raccolta di piante secche. Nè solamente si è giovata oggidì di queste col- lezioni la scienza paleontologica; ha tentato spianare la — 21 — via al facile rinvenimento delle delle Classi, delle Famiglie, de’ Generi, delle Specie, e forse ancora delle Varietà a cui le pianti fossili appartengono , dando le regole chia- re a ben distinguerle, e separarle: le quali sono fondale sul- la direzione e disposizione delle libre legnose nei tronchi, se nel senso verticale dritto o tortuoso, sulle forme dei medesimi tronchi, c disposizione de’ loro rami; sulla for- ma delle foglie, del loro contorno, della loro nervatura, se è disposta ad angolo, o a curva, sulla direzione ed apertura di questi angoli, o di queste curve; sulla disposi- zione tra di loro di queste fibre ridotte tenui e sottili , e quasi delicate vene lungo la pagina di queste foglie ; e poi sulla infiorescenza, sul tipo componente i fiori , i pericarpii, gli sporangi, ed altri simili caratteri perma- nenti c sicuri. Stabilite le accennate basi scientifiche, a far com- pleto il presente lavoro, di piccolo volume, e scarse pa- gine, ho fissato di offrire in questo capo le frasi diagno- stiche delle Classi, degli Ordini, c de’ Generi , sotto lo rapporto di caratteri spellanti al Botanico Paleontologo , seguendo in ciò il piano del signor Unger nell’ opera sua pregevole : Genera et Specics Piantarmi fossilium. Vin - dolomie ISSO (1). Indi descrivere in modo di frase dia- (t) II signor Hunger nella citata opera offre la frase diagno- stica di molte famiglie, e di molli generi : per le famiglie dalle Confervaceae sino alle Gnetaceae, per i Generi dalle Conferwites sino alle Schleiilenites, ma parecchi nel corso dell’opera mancano della frase, fra le quali sono quelle che noi rapporteremo. — 25 — gnostica la Specie Fossile o la Varietà tale qual e stata da me trovata, e quale fedelmente è figurata nelle mie Tavole: far seguire alla descrizione la sinonimia delle flore viventi, perchè le piante fossili degli alluvioni dell’epoca pliocenica si avvicinano assai ai vegetabili presenti ; in questa sinonimia rapporterò ora le figure, ora le frasi dia- gnostiche di alcuni autori che possono giovare alla chiara intelligenza delle specie e varietà fossili ; a queste farà complemento la minuta descrizione del fossile; finalmente ogni descrizione avrà le particolari Osservazioni relative alla specie, per il migliore progresso dai lumi, ed il per- fezionamento della scienza. E siccome parecchie specie viventi sono state da me scoperte, e simili l’ho trovate nello stato fossile, ho giu- dicato necessario accompagnare alla specie fossile la de- scrizione e la figura delle nuove specie viventi, e anco della varietà; per lo che il presente Capo sarà diviso in diverse Sezioni quante sono le Famiglie, o gli Ordini dei vegetabili Dicotili, di cui si compone la Flora Fossile del- l’Etna. SEZIONE PRIMA Ad esporre il nostro lavoro con forma nota e rice- vuta dalla scienza , ho giudicato di non foggiare nuovi gruppi di famiglie naturali, nè adottar quelli di qualche esimio botanico paleontologo, ma rispettare gii Ordini sta- biliti da Piramo Augusto De-Candolle nel suo Proclro - mus Systematis Natiiralis Regni Vegetabilis, opera uni- iTTI acc. VOL. XVI. 4 versalmcntc plaudita dai dotti, e ricevuta dagli scrittori di varie fiore, accompagnando una modesta sinonimia alle rispettive famiglie , con il sinonimo delle flore fossili e più convenienti al nostro scopo; in tal guisa , mi pare , che si abbia un distinto paragone col vivente. Con questo ordinamento ogni Sezione sarà una Mo- nografìa de’ generi vegetabili viventi e fossili in Sicilia , la quale ridotta alla descrizione ed alle figure che si presentano delle nuove specie e varietà, formerà una par- ticolare monografìa della flora attuale di Sicilia; e così questa prima sezione racchiuderà nella Famiglia o nel- l’ Ordine delle Terebintaceos di Dc-Candolle la Monogra- fia del genere Pistacia , con le specie e le varietà che si trovano viventi e fossili in Sicilia. CLASSIS DICOTILEDONEdE De-Candolle Prodromus Systematis Universali Re- gni Vegetabilis T. 1. pag. 1. et idem System. T. 1. rag. 121. Car. Truncus sacpc cilindricus ligneo, et corticali corpore instructus; corpus ligneum cxhibens in centro mc- dullam, et strata ex fibris saepe verticalibus composita : cortcx conslans complcxu celluloso. Folia ncrvis ramosis angulosis composita. Flores et fructus symmctrici, saepius numero quinario ordinati. 27 — or, do TEREBINTIIACEAE Juss. Gcn. pi. 368. De-Candolle Prodi*. Voi. 2 pag. 64. Lamarck et De-Candolle Syn. 11. Gali. pag. 364. Anacardiaceae Unger Gcn. et Sp. PI. Foss. pag. 473. Massalongo Sopra le piante fossili dei terreni lerziarii del Vicentino — Prospetto della FI. Terziaria di Europa pag. 233. Lindlcy ex Walpcrs T. 1. pag. 549. Endlicher Gen. PI. pag. 1127. Juglandineae Scullz Nat. Syst. Cassu- vieae Rob. Brown pag. 12. Ilari! . Ord. Nat. Amentaceae Lin. Ord. Nat. n. 50. Car. Arbores fruticesve , ligno saepius coloralo , duro, tenui medulla instruclo : corlice saepius resinoso. Folia pinnata extipulata. Flores paniculati. Pericarpium drupaceum vel capsulare. GEIVUS PISTACIA Limi. Gen. PI. n. 1108 pag. 518. De-Candolle Prodr. T. 2. pag. 04. Lamarck et De-Candolle Syn. FI. Gali. pag. 364. Poiret in Encicl. Metti, ediz. Paris 1804 pag. 349. Kunt Gen. Terebin. pag. 7. Endlich. Gen. n. 5893. Gussone Syn. FI. Siculae 2. pag. 623. Bertoloni FI. Ita- lica T. 10 pag. 346 Unger Gen. et Sp. pi. foss. n. — 28 — 360. Tenore FI. Nap. T. 3. pag. 276. Lamarck Illustr. T. 9. Tab. 811. Terebintlius Tourn. Insl. 3 Tab. 343. Jussieu Gen. pag. 371. Yent. Tab. 3 pag. 447. Lentiscus Tournefort Insl. 1. pag. 580. Car. Arbor vel frulcx. Folia pinnata, foliola uniner- vosa, nervatura media pinnalo-venulosa. Nervi secunda- rii venulosi el paralleli. Panicula laxa. Flores dioici. Dru- pa ovata, unilocularis. l.° PISTACIA TEREBINTHUS Vide Tab. T. 1. A. P. Foliis impari-pinnatis, 2-3-4-5-jugatis; coriaceis? Foliolis opposilis raro alternis , glabris , planis , potius grandibus, ovalc-lanceolalis, apice acuminatis aut ovalo- oblongis utrinque acuminatis, aut ovale-lanccolatis, basi inaequalibus, apice mucronulatis, raro rotundatis et mu- cronulatis, aut erosis, aut subbilobis, semper extipulatis; margine integro, aut subu ndulato; uninervosis, nervatura media prominula, pinnata, nervis secundariis latcralibus venulosis, alternis, saepius opposilis, paralleli, et erectis, reliquis reticulatis, et anaslomesanlibus. Peliolo rolun- do, nudo. ICOMS DESOMPTIO Tabula 1. A. a Foliolum grande, ovale-oblongum , acuminatum, margine integrimi, uninervosum; nervatura media promi- nula, pianala; nervi secundarii venulosi, erccli, paralleli, basi alterni, apice opposi li. b Foliola opposila, ovalia, basi rolundata; pcliolum cornimi ne. c Pcliolum commune cilindricum , subsulcalum ? ex quo foliolum terminale? proxime accedit foliolum alter- nimi, basi inacquale, apice retusum, subbilobum? dd l.° Foliolum ovale-elongatum acuminatum mucro- nulalum? 2.° Foliolum ovale-elongalum basi subaequale, attenuatimi, apice rotundatum. ed Foliolum ovale-lanceolatum ulrinque attenualum. Foliola alterna, nervatura media instructa, nervis lalerali- bus inferne alternis, superne oppositis, ereclis, paralleli, venulosis, integro margine. ee l.° Foliolum ovale, basi inacquale, attenuatum, apice acuminatum, mucroni! latum? nervo medio prominulo et venulis lateralibus oppositis, paralleli, erectis. 2° Fo- liolum ovale basi attenualum inacquale, apice rotundatum, retusum? e1 Foliola opposita ovale-elongata. 30 Pistacia terebintlius Lin. Sp. pi. pag. 1433. De- Candolle Prodr. 2, pag. 64 n. 2. Aliioni FI. Pedoni. 2, pag. 191 n. 1890. Sebastiani et Mauri FI. Rom, Prodr. pag. 337. Tenore FI. Napolitano T. 3. pag. 276. Ab Ucria Ilort. Reg. Panormitanus pag. 414. Guss. Sy- nops. FI. Siculae T. 2 pars 2 pag. 626, ubi sic ail P. Foliis deciduis impari-pinnatis 4-3-jugis, foliolis ova- to-oblongis lanccolatisve basi obliquis apice mucronula- tis vcl oblusis Arbor 10-13-pedalis, trunco diametro 1 \ pedalis et ultra, vcl arbuscula liumilis, eliamque fru- tex prò locorum natura, ligno ponderoso durissimo, cor- ticc cinereo: rami juniores lerelcs rubentes: pelioli non alati l’olia vix explicata villoso-canescentia , inde gla- bcrrima; foliolis subcoriaccis, sessifibus, opposilis, alter- nisve, integerrimis, subtus nervosis, 1-2 72 pollices latis; impares reliquis paullo minores. Rerloloni FI. Italica T. 10 pag. 347, 348 ila scribit P. foliis impari pin- nalis, foliolis subcoriaccis, ovalibus, lanccolatisve, inte- gerrimis, rachide nuda Frutex vel Arbuscula non ingens. Caulis lercs, ereclus, codice cinereo. Rami laxi, rube- scenles. Folia impari-pinnata, conjugationibus tribus, quin- que, rarius duabus; foliolis polius grandibus, subcoria- ceis, ovalibus, oblongis, vcl lanceolatis, acutis, subinde obtusis, vcl emarginatis , sempcr mucronulalis , opposi- tis , aut alternis , integerrimis : uninerviis , fere ho- rizontalitcr venosis et inter nervos reticulato venulosis, glabris superne viridibus, subtus pallidioribus saepe basi obliquis, junioribus in apice ramorum lenerioribus et cano — 31 — villosis. Rachis foliorum nuda...Lamarck et DC. Syn. FI. Gali. pag. 364. Duby Dot. Gali. T. 1 pag. 113. ICONES AUCTORUM Terebinto Matth. ediz. Yalgr. 1585 1, pag. 123. fig. Durante Ilerb. ed. Rom. pag. 452 fig. Terebintlius Dodoneus Pempt. pag. 870 fig. sine galla, et cum galla. Clusius Hist. lib. 1 pag. 15 fig. Ioann. Rauhin. Ilist. PI. 1, lib. 3 pag. 279 fig. cum galla. 0SS2ERYAZHMÌ la La Pistacia terebintlius è una delle specie ad area estesa, indigena dell’Africa, dell’ Asia, e dell’Euro- pa meridionale; si trova diffusa sopra vaste regioni di va- riati terreni, sempre di stazione arida, e secca. È una specie comune a tutti i punti dell’ isola nostra, e parti- colarmente dell’Etna, e così forma parte degli alberi pro- prii della nostra stazione vulcanica, come ho notato nel mio Saggio di Geografia Botanica per la Sicilia. Na- poli 184>6. Il Terebinto si trova nella stazione vulcani- ca dal lido sulle lave del Capo delle Armi vicino Cata- nia sino all’altezza di 1425 p. p. , a Massanunziata, e dintorni di Nicolosi al lato meridionale circa a 2128 p. p., e nelle campagne di Pronte alto sopra il livello del — 32 — mare 2549 p. p. ed in quelle di Randazzo 2545 p. p. 2.a In tutti i paesi dell’ E Ina, ed in tulli i luoghi di Sicilia ove il Terebinto viene spontaneo si distingue dai volgari l’ individuo maschio clic appellano Scornab- beccn dall’ individuo femineo quale dicono Ascinu. La Pi - stacia vera L. Pistacchio F astucci dei Siciliani è detta Domestico da essi e con tal nome la distinguono dal Te- rebinto che appellano Sarvaggio , o Selvatico ; ma san tutti che il Pistacchio porla maschi e femminei individui. In Sicilia e sull’ Etna s’ innesta il Domestico o Pistac- chio sul Terebinto o Selvatico, e la buona pratica ha ai coltivatori insegnato che bisogna innestare il pistacchio ma- schio sul terebinto maschio, ed il pistacchio femmina sul terebinto femmina; poiché facendo altrimenti il prodotto deprezia, o scarseggia. In Rronte e Pictraperzia si tro- va altra specie selvatica che alcuni de’ volgari appellano bastardumi a causa che porta le foglie molto simili al pistacchio domestico, noi l’appelleremo Pistacia Bocconi; il frutto che si ottiene dall’ innesto delia Pistacia vera su di questa bella specie è bello, ed abbondevole: essa porta gli individui maschi, e feminei. In Pictraperzia al- tra specie selvatica si trova nuova alla scienza che noi ap- pelleremo Pistacia Sicilia: questa che henanco è fornita de’ due individui a sesso distinto, è a preferenza adoprata dagli indigeni per l’innesto della Pistacia vera , tale scelta è ben giudiciosa perchè l’albero essendo forte c robusto si affa meglio all’ente, e mette frutto abbondevo- le, pieno, c dolce. In molle parli dell’Etna ove la Pistacia terebinthus — 33 — è spontanea non si fa cultura del Pistacchio; al contrario in alcune è bene estesa come a Pronte, Randazzo ed altri luoghi; nell’ Etna meridionale si trovano pochi alberi in- nestati del domestico Pistacchio, come in Beipasso, S. Gio- vanni la Punta, ed altrove, ma il frutto non si forma bel- lo, e pieno, nò in abbondanza come in Pronte, Pietraperzia, Caltauturo, Castrogiovanni e cento altri siti di Sicilia; ed ò per questo motivo che la nostra industria etnea, la quale è massima ed accorta, abbandona questa facile e lucrosa coltivazione non potendo al mercato vincere la concorrenza; se ne pratica dai privati è ben vero in qualche luogo l’ innesto, ma più a diletto che a ragione di guadagno. Io credo che il clima freddo è indispensabile al Pistacchio, dapoichò la stazione vulcanica non è necessaria; in fatto i terreni di Castrogiovanni, Caltauturo, Pietraperzia, ed in parte dello stesso Pronte, non sono vulcanici, e pur so- no questi i luoghi che hanno grandi ed estesi campi a Pistacckiere. Tre varietà sull’ Etna si conoscono del frutto Pistac- chio, quali lutti si ottengono dall’ innesto del domestico o Pistacia vera L. sul Terebinto; cioè Fimminedcla os- sia Femminella, Napolitano, e Natalora: la prima porta frutto ellittico, acuminato, dolce, e l’albero ne dà molto; la seconda è la più ricercata nel mercato perchè il frutto è ovato-allungato, pesante , e la più ricca in prodotto ; la terza dà frutto ovato grosso leggiero, ma spesso vuoto, e quindi poco apprezzato nei mercati. In Pietraperzia, Ca- strogiovanni ed altri luoghi, ordinariamente si offrono al mercato due sole varietà nel frutto; cioè Nuciddara o a ATTI ACC. VOL. XVI. 5 — 34 — forma di Nocciola e Minnulara o a forma di Mandorla. Volendo ravvicinare le varietà dell’ Elna a quelle degli altri punti di Sicilia, la varietà Napolitano, è la miglio- re, e risponde alla Nuciddara; e la varietà Fimminedda che resta inferiore , risponde alla Minnulara. In Sicilia si fa molto uso del Pistacchio, poiché dal succo verde si preparano varii dolciumi, e gelali, e lo stesso frutto si usa condito con zuccheri e siroppi ; an- co l’esocarpo della drupa, altrimenti detto scorza del frutto, si prepara colto con lo zucchero per foggiarne dei saccaruri, che si mangiano ad uso domestico e come so- stanze capaci ad incitare gli apparecchi digestivi. Non si usa l’emulsione verde di cui fanno tanto conto gli antichi scrit- tori di farmaceutica. 3,a II Sig. Alfonso De-Candolle nella sua dotta ope- ra Géographie Botanique raisonnéc , parlando nel se- condo volume delle piante e degli alberi coltivati in Eu- ropa ad uso di utilità sociale, provenienti da regioni lon- tane alla stessa Europa non fa parola della Pistacia vera L. originaria della Siria, come scrive il celebre Pli- nio: Syria peculiares habet arbores , in nucum genere Pistacia nota. Plin. Hist. Nat. lib. 13 ediz. Pomba 1832 T. 5 pag. 178 § 10, ivi egli rapporta che Vitellio dalla Siria portò in Europa il detto albero, che poi si diffuse per le Gallie, e l’ Italia meridionale. La cultura di questa Pistacia in Sicilia rimonta ad antichi tempi, ed il modo come praticavasi la fecondazione è lungamente descritto dal liocconc nel Museo di Fisica pag. 282, c nel Mu- seo di piante rare pag. 139 ove accenna alle Pistac- — 35 — chiere di Sciacca, e Girgenti, ed alla pratica di quei col- tivatori ad ottenerne il frutto da quell’ albero. 4.a II Terebinto sull’Etna come in tutt’ altri luoghi di Sicilia abbonda di fruita, che si disarticolano facil- mente dal peduncolo , e siccome le piccole drupe sono vuote, cosi non hanno alcun uso. Le sue foglie vengono invase dal Cynips Pisla- ciae, il quale dà luogo ad una galla che ora acquista la forma di frutto cassulaceo, ellittico, o di lungo corno, più o meno dritto, o contorto, rigato, pria verde, poi ros- so,, deiscente ; ed ora prende le forme d’ una cassida ovale, o rotonda. Nello stato fossile una tale trasforma- zione sulle foglie non mi è toccato di vederla, a malgrado le ricerche ; è forse una varietà sopravvenuta nell’ epoca recente su di questa specie ? Il legno del Terebinto è duro, manda odore alquanto disgustoso, come tutto lo restante della pianta, ma non tramanda resina , arde con viva fiamma, ne si consuma prestamente, per cui s’impiega per fascina , ed usi di- versi di combustibile. Il tronco quando è grosso non si presta all’innesto, e su di ciò i coltivatori dell’Etna sono accorti, innestando essi i giovani rami. Il tempo dell’innesto è vario secondo la varietà dell’ ente prescelto ; così dal quindici maggio al quindici giugno s’innestano le due varietà Minnulara e Nucicldara ossia Femminella e Napolitana , e la varietà Maialoni s’innesta sul finire del giugno; parimente, di- versa è 1’ epoca della maturazione: le due prime compiono il frutto prontamente c se ne pratica la raccolta nel co- — 30 — «linciar dal settembre , e sul finire di quel mese quella della terza varietà. Le pistacchiere si piantano in luoghi acclivi c di pianura, con la distanza tra l’uno e l’altro individuo di palmi dodici: un pistacchio maschio situato nell’ eminenza feconda le femmine situate nello spazio di due tumoli , e nelle pianure ad ogni tumolo di terra bisogna almeno un solo maschio fecondatore ; sebbene ne’ luoghi ove il Terebinto è spontaneo queste leggi poco si osservano, dapoicliè ove s’incontrano gli individui maschi e feminei ivi si pratica f innesto dai coltivatori. 5.a E ben vero, che il genere Pistacia porta in ogni specie due sessi distinti ; per cui tra la Dioecia dal ce- lebre Linneo fu classato, e nell’ ordine Pentandria , ma questo genere ò un di quelli clic conferma la verità ana- tomico-fisiologica vegetabile ; che tutte le piante nel loro tipo sono ermafrodite, e che il diclinismo deriva dall’a- borto costante d’uno de’due organi sessuali, o degli sta- mi, o dei pistilli ; essendo cosa ben certa negli stessi in- dividui maschi trovarsi spesso fiori fecondi, c nelle fem- mine rinvenirsi ora fiori fecondatori , distinti, ora erma- froditi. Tuttavia innestata la Pistacia vera L. in Sicilia of- fre ne’ fiori maschi di raro fiori fecondi , ed in quelli femminei piu di raro i fiori maschi ; non cosi il Te- rebinto, ivi i maschi portano grappoli di fiori fecondi , e le femmine qualche volta fiori maschi distinti , talché a rigore di classe questa specie potrebbe appartenere alla Poligamia di Linneo ; ò comune opinione in fatto — 37 — Ira i volgari che tra i selvatici fruttifica più il maschio della femmina, e se il maschio Terebinto tratterrebbe l’ in- nesto femineo del Pistacchio, i prodotti sarebbero più ubertosi, ed utili. 6.a Non può negarsi, che le differenze del sesso nel Terebinto sono riconosciute dai volgari pei caratteri delle foglie, e per mezzo degli organi riproduttivi dai bo- tanici, ma nello stato fossile sarebbe farla da indovino se qualcuno volesse distinguere dalle foglie l’individuo a cui esse appartennero ; dapoichè a mio credere non è un ca- rattere certo e sicuro quello che ci appresta la foglia, essendo la specie Pistacia Tercbinthus prolea di forme e grandezza nella foglia. Nella Pistacia vera L. il maschio porta fiori con perigonio semplice, piccolo, a cinque divisioni, caduco; stami inserti al perigonio, ed opposti alle lacinie caliei- ne ; filamenti brevissimi; antere grandi, quasi tetragone ; le foglie sono orbiculate, grandi, o orbiculato-cordate, peziolo alato : l’ individuo femmineo porta un perigonio piccolo 3-4-5-fìdo , uno stilo brevissimo ; tre stimmi , alquanto crassi, ricurvi, dentro papillosi ; le foglie tutte simili a quelle del maschio per la forma, ma non per la grandezza, che si trova poco minore. Sull’Etna le varie- tà di questa Pistacia offrono dei caratteri differenziali nelle fronde, nella foglia, e nel frutto ; così la varietà Femminella porta fronda e foglia più piccola delle altre, cioè della Napoli tana , e Natalora, e frutto più piccolo ovale-ellittico, ed abbondante: la Napolitana ha fronda più lunga, e foglia più larga della precedente, e fruito mol- — 38 — to più grosso, e meno abbondante: la Natalora ha fron- da, e foglia più grandi dei precedenti, fruito uguale alla Napolitano, , ma più scarso prodotto. Nel Terebinto, ossia nel selvatico, il maschio, come dissi, si distingue volgarmente dalla femmina per la forma della foglia la quale nel primo è più piccola, più stretta ed acuminata, e nella seconda è più grande, larga, e talvolta rotondata; questi caratteri che i botanici delle flore vi- venti hanno tralascialo , credo giusto di riportarle per il perfezionamento della stessa scienza; non è perù da cre- dere che le dimensioni sono assolute; ognun di noi ben conosce, che tali distinzioni di sesso fatte per le foglie sono più dovute all’ abitudine del pratico agricoltore che alla pura scienza del botanico. l.° PISTACIA TEREBINTI! US MASC. P. Foliis impari-pinnalis, raro pari-pinnatis, 3-4-5- jugatis, cum impari foliola sunt opposila, cum pari alterna; Foliolis omnibus basi inaequalibus, ovali-lanceolalis, acu- minatis, mucronulalis ; pollic. ^ -1-1 *J-2 longis; unc. 1-lalis; uninervosis nervatura media pianata, et rubeola, ncrvis secundariis venulosis, creclis, paralleli; glabris, subcoriaceis, superne lucidis, inferne pallidioribus ; pe- liolis nudis , basi dilatatis et rubeolis ; petiulis brevissi- mi viridibus aut rubeolis ; Floribus in raccmis axillari- bus , rubris , bracteatis ; Calyce parvo 5-fìdo , deciduo ; Corolla nulla : staminibus calyci inserlis, cjusdcm laciniis oppositis ; filamenti brevissimi ; antheris magnis , sub- — 39 — tetragoni; Drupa parvula globulosa, mucronulata, rubra, vacua. Fiord Junio, Julio. 2.° PISTACIA TEREBINTHUS FOEM. P. Foliis impari-pinnalis, 5-6-7 -jugatis, foliolis gran- elibus, ovali-elongatis, acuminatis, mucronulatis, basi inae- qualibus, subcoriaceis , poli. 1-1 y2 -2-2 longis , et poli. ]J) -1-1 y2 lalis , margine subundulatis, superne lu- cidis, inferne pallidioribus ; nervatura inedia pinnata, sacpe rubra , et nervis secundariis etiamque rubeolis; Petiolis saepe nudis, basi dilalalis; Floribus pauiculatis , rubris, bracteatis ; Calyce parvo, 3-4-lido, vel 3-sepaio, libero; Corolla nulla: slylo brevissimo; stigmalibus tribus, cras- siusculis, recurvis, intus papilloso-puberulis; Drupa glo- bulosa, rubra, mucronulata, exucca ; noce subossea, uni- loculari monosperma, semen lenticulare superum. Floret Junio, Julio. La cultura della Pistacia non è difficile 0 dispen- diosa , essendo in Sicilia il terreno ed il cielo adatto al pronto sviluppo dell’ albero ; così l’ agricoltore dovrà sem- pre recidere al di sotto dell’ innesto i succhioni del Te- rebinto che spuntano, mondare del seccume gli alberetti, e delle galle principalmente gli individui feminei. 7.a Le conoscenze delle varietà che offrono le specie dapoichè, quando le varietà non cadono sopra piante culte ad uso sociale, in cui l’arte quasi altera e muta le forme, come tutto giorno siamo a vedere ne’ prodotti clic gli — 40 — agricoltori, ed i giardinieri ci offrono, allora fa mestieri clic si concliiuda la varietà esser nata dai tempi, o dal- l’abitazione, o dalla stazione in cui il vegetabile è vissuto, per cui si è alterala qualche parte de’ suoi organi. Ho trovalo nella Pistacia terebintlius una bella va- rietà allo stato fossile , ed allo stato vivente , la quale consiste nella forma e nello sviluppo delle foglie, ho giu- dicalo descriverla, e figurarla, come si vedrà in appresso per rendere esatto e completo il presente lavoro. Ma quali saranno le cause produttive di tali varietà? La scien- za ne addita assai poche, e tutte incerte, perchè igno- riamo l’ azione degli agenti cosmici sulle minime parti degli esseri organizzali. Ne ammetterò due, le quali forse saranno convenevoli con le leggi della Geografia Fisica dei- fi Isola, e principalmente dell’Etna. In primo luogo opino con Alfonso De Candolle , che la lenta mutazione del clima, ossia il cangiamento di temperatura in una stazione può influire potentemente a dare una variazione costante, ossia una varietà alle piante indigene della medesima sta- zione (1): fondato su questo principio mi è lecito conchiu- dere, clic il clima dell’ Etna presente non è diverso dal passalo, in cui ebbe luogo la formazione alluviale ; e la montagna sebbene era intersecata da torrenti, e da fiumi, e coperta da boschi, e lambita dallo Jonio alla sua base , ed era priva della attuale pianura , pur doveva offrire una vegetazione simile alla vivente, solo mancava della stazione (1) Géographie Bolanique Itaisonnée T. 2 pag. 1079—3° Ya- riélés. lluviale e mariltima ai siti di Lcucatia , e Fasano, e quindi priva delle piante di queste due stazioni, per cui l’ attuale mia varietà del Terebinto poteva bene trovarsi ai tempi della formazione del tufo ; anzi i boschi di quei tempi do- vevano essere come quelli di oggidì costituiti del Faggio, dell’ Agrifoglio, del Pino, della Quercia, dell’Ulivo, del Mandorlo, del Fico, del Pero, della Ginestra, del Pruno, del Cellis, del Terebinto, dello Giuggiolo, e di tanti altri elementi boschivi clic ora cuoprono la regione nemorosa dell’ Etna. Un’ altra causa produttiva delle varietà si trova nel- la successiva disseminazione , la quale può trasmettere le mutazioni apportale dall’individuo seme alla specie arbo- rea che ne risulta ; questa causa è stata sanzionala da tutti i geografi botanici, perchè la vediamo senza stento ogni giorno nelle pepiniere degli orli c dei giardini. Ora il Terebinto indigeno dell’ Etna acciò si diffonda non ha altro mezzo che la propria disseminazione, come avvie- ne a tutti gii alberi spontanei de' luoghi inculti , e sel- vaggi; dunque a questo genere di propagazione si deve ancora attribuire con bel fondamento la sorgente delle varietà di quest’albero sul vulcano tanto nello stalo fos- sile, quanto nel vivente. E qui torna acconcio mostrare, che quante volte mi studio ad osservare le vere piante spontanee della nostra montagna, come la Cellis Tonine fortii var. Aelnensis da me scoperta nel 1854 (1), mi vien facile sempre di (t) Sopra un nuovo albero indigeno dell’Etna del genere Cel- — 42 — vedere, che gli individui di certi sili nascono con alcu- ne varietà rimarchevoli, quali dobbiamo necessariamente giudicar nati dalla naturale disseminazione : tali sono , la uguaglianza del lembo alla base della foglia, la sua forma ovale-allungata, la pubescenza, il colore del fruito ora gial- lastro, ora croceo, ora fosco; lo stesso voglio dire del Fckjus Sylvatica e del Quercus appennina e Quercus ilex. Principalmente il Quercus appennina offre in pa- recchi sili delle foglie subcordale, obovate, allungate, sinuate a grandi lobi, e con lungo peduncolo, ed un frutto che porla una cupola sulla ghianda più grande della vera specie, talché potrebbe formare una specie di- stinta, se gli altri caratteri fossero più costanti. Lo stes- so potrei asserire del Quercus ilex , che nello studio del- le foglie offre tali varietà, quanto io, e tanti dotti bota- nici fra i quali i Brown , e Linck al Settimo Congres- so degli scienziati italiani in Napoli fummo tratti nell’er- rore volendo ravvicinare le foglie ovali-lanceolato-acumi- nate del nostro tufo di Leucalia con le foglie ovali-lan- ceolato-acuminate delle specie viventi , poiché le giu- dicammo una varietà del Quercus ilex (1), il quale presenta foglie ovali-lanceolate , intere , lisce, acumina- lis. Memoria di Francesco Tornabene Casinese, Atti dell’ Accade- mia Gioenia T. XI Scr. 2.a Catania 1856. (1) Rendiconto delle Adunanze e dei lavori dell’ Accademia del- le Scienze di Napoli. Anno Quinto. T. 5, 1846 pag. 304. Diario del Settimo Congresso degli Scienziati Italiani in Napoli dal 20 di Settembre ai 5 di Ottobre 1845 pag. 46 Sezione di Botanica. — 43 — te , con nervatura primaria distinta e nervature secon- darie deboli, che arrivano sino ai due terzi della pagi- na della foglia , e possono solo distinguersi dal Tere- binto, che in questo la disposizione della nervatura pri- maria è pinnata, ed i nervi laterali sono venulosi, pa- ralleli, eretti, e si anastomizzano verso il lembo di essa. 2.° FISTACIA TEREBINTHUS VAR. A. OVALIFOLIA Vide Tabula VII A. P. Foliis impari-pinnatis? P oliolis ovali-orbiculatis, vel ovato-oblongis, junioribus ovali-clongalis, basi rotun- datis, vel subattenuatis, aut inaequalibus, apice rotunda- tis, mucronulatis , vel erosis, uninervosis, nervo medio pinnato, nervis latcralibus oppositis, raro alternis, venu- losis, erectis, parallclis, denique reticulatis, et anasto- matesatis, margine integris, vel subundulatis, subcoriaceis? uncias 2-2 ^ long, unc. -1-latis , petiolatis; Petiolo nudo. ICOAIS DESCRIPTIO Tabula VII A. Foliolum ovalo-elong^atum utrinque rotundalum, inferna facie expositum: nervatura media exquisite pin- nata : nervi secondarti venulosi, paralleli: idem margine in- — 44 — legnini, basi el apice laceratimi, poli. 1- ]J$ long. poi. lJì la III m. a Nervatura primaria pinnata. b Foliolum a[>ice laceratuin. cc Nervi secundarii paralleli, el venutosi. PI STACI A TEREBINTHUS L. YAR. A. OYALIFOLIA NOB1S Arbor ramosa foliosa , foliis compositis ? Foliola grandiuscula, vel parvula, glabra, ovalia, aut ovali-rotun- ilata, aut ovali-orbiculata, margine integra; nervatura me- dia pinnata, dixlincta; nervi secundarii oppositi vel alterni venulosi , paralleli versus marginem riticulato-venosi ? inconspicui; Pctiolum nudum, breve. i OSSEEVAZBM l.a La Flora Italiana del Berloloni, e la Flora Si- cilia del Gussone sono le due opere clic al presente pos- siamo dire collettive di tutti i generi, e di tulle le specie fanerogamei trovale nella penisola italiana, ed isole adia- centi ; in queste due opere non si descrivono che due sole specie viventi di Pistacia ; cioè la P. terebinthus L. e la P. lentiscus L. con una varietà var . a. angusti folla Guss. Lo studio sulle specie di Pistacia allo stalo fos- sile, ed allo stato vivente mi ha condotlo a trovare una varietà nuova nella P. terebinthus clic ho voluto appellare var. a. Ovalifolia , varietà che ho figuralo tanto nello stalo fossile, quanlo in quello vivente, e descritto nei — 43 — due modi acciò potesse ciascuno dei botanici mettere un paragone tra la Flora Fossile e la vivente dell’Etna. Ecco dunque la descrizione dcU’obbielto vivente, avendo esau- rita la parte di ciò che riguarda alla specie fossile. PISTACIA TERERINTIIUS L. VAR. A. OVALIFOLIA NOBIS Vide Tabula Vili. P. Foliis impari-pinnatis, 3-4-5-jugatis ; foliolis ova- to-orbiculatis, aut ovato-oblongis, utrinque rotundalis, basi aliquando subattenuatis , apice mucronulatis , membrana- ceis ; paniculis fructiferis laxiusculis, rubris, drupis par- vulis, rubris, dein fuscis, apice mucronulatis. Floret Majo, Junio, Julio. Regi Aetnae, Pronte, Trappeto, et alibi Pietraperzia. ICONIS DESCRIPTIO Tabula Vili. A. Pianta habitu suo, ramis, foliis, et paniculis fru- ctiferis. aa Folium quatuor vel quinque jugatum, foliolis op- positis, ovato-orbiculalis, oblongis, utrinque rotundatis, basi subaequalibus. bb Foliola apice mucronulata. c Folium magnum ejusdem Pistaciae , foliolis ovato- oblongis utrinque rotundatis. — 4G — del Foliola apice rotundata et mucronulata , basi subattenuata. e Panicula fructifera. d Drupa ovato-compressa basi incrassata , parvula, apice rotundata et mucronulata, pedunculata. PISTACIA TEREBINTHUS L. VAR. A. OVALIFOLIA NOBIS Arbor 12-pedalis et ultra, ligno albo-flavo, duro, cortice griseo, ramis concoloribus , junioribus rubescen- tibus , erectis , dein laxis. Folia impari-pinnata 3-4-0- jugata decidua, subcoriacea, supra lucida , subtus palli- diora; foliola ovata, orbiculato-elongata poli. -3-longa, poli. % -1-lata ; in masculis minora quam in faemineis, margine integra , aut subundulata, apice rotundata, mu- cronulata, aut nuda, raro erosa ; basi rotundata, aut at- tenuata, foliola tcrminalia reliquis semper minora , glabra, omnia uninervosa, nervatura media prominula, pianata, ru- beola, nervi secundarii paralleli, opposili, aut alterni, ru- beoli, dein reliculato-venosi ; pagina aliquando inaequalis. Petiolum cilindricum nudum sursum viride, basi rubcolum, lineatum. Peiiulula brevia , terminalia elongata. Flores paniculati in masculis, panicula densiflora, rubra; bracteae albo mcmbranaceae dcciduae. Perio’onium deciduum viride. Flores faeminei in paniculis laxiusculis, bracteae uli in mare, segmenta perigonii rotundata, decidua. Stylus brevia» stigmata tria. Drupa ovata compressiuscula lin. 3-longa, lin. 2-lata , decidua , epicarpio exucco , immatura basi inci assato-cupulata , viridis, poslea rubra, fusca, -apice — 47 — ìnuc ro nu lata ; endocarpio et mesocarpio ( nux ) ligneo , flavo, vacuo, panciata albo: semen superum siccum. Odor plantac uti in specie. La varietà Ovalifolia differisce dalla specie P. tcre- 1 nnthus per il carattere delle foglie tutte ovate , regolari c raramente ineguali, mai si vede la fogliolina ovale-lan- ceolata acuminata, o recurvala verso l’apice; solamente il piccolo mucrone ora si trova, ora manca: è meno odo- rosa della stessa specie. Sopra 1’ Etna questa varietà si trova poco frequente , nei terreni calcarei di Pietraper- zia, Caslrogiovanni ed altrove abbonda ed è comune, ivi si distingue chiaramente che la varietà è su lutti e due i sessi, ed in tal caso 1* individuo femmina ha foglie più grandi, di quelle del maschio; e devo ancor soggiungere, che gli innestatoci dei pistacchi scelgono a preferenza questa varietà, perchè 1’ ente della Pìstacia vera L. sem- pre riesce meglio su di essa. A malgrado di tante cir- costanze non ho giudicato elevare la mia varietà a specie, poiché talvolta la specie stessa del Terebinto ho veduta sull’Etna, che recisi i rami inferiori, bitta innalzare un solo ramo, questo prendendo una certa consistenza, ed un convenevole sviluppo porta foglie molto simili alla mia varietà. Nè contento delle mie osservazioni ho chiesto quelle degli altri, i quali non hanno smentito il mio fatto. — 48 — 3.° PISTACIA LEATISCUS Vide Tabula II A. Af . P. Ramis . cilindricis , erectis , ramulisque alternis. Foliis abrupte pinnatis, 4-5-jugatis; rachide solcata, alata, basi elargata incrassata ? foliolis lanceolatis, lin. 10-14- long. lin. 3-5-latis, inaequalibus, raro aequalibus, apice rotundatis aut utrinque acuminatis , rectis vel incurvati, integerrimis, uninervosis , nervis venuloso-oblique pinna- tis, erectis , petiululatis et pcliululo subnullo. ICONIS DESCR1PTIO Tabula II. A. Folia abrupte pinnata tres-quatuor-quinque-jugata, foliola lanceolata, inaequalia, aliqua apice recta, alia in- curvata, rotondata, acuminata, coriacea? uninervosa, pin- nata, nervis secundariis venulosis et paralleli. eia 1. Foliolum basi atlenualum apice rolundalum. 2. Foliolum apice incurvatura, acuminatum. bb Rachis sulcata, alala, foliola pinnato-opposita, petiululum subnullum. dd Yenulae erectae, nervatura media prominula. e Racbis alala. A‘ Caulis ereclus, cilindricus, ramis alternis. Folium aò t f) — 49 — -jugatum, abrupte-pinnatum ; petiolura alatum, basi elar- atum, incrassatum. a Foliolum ulrinque acuminatimi, apice leve incurva- timi, uninervosum, pinnatum, venulosum. b Foliolum grandiusculum , pagina elargatum inac- quale, utrinque attenuatimi, apice rotundatum, et incur- vatum. c Rachis alata. d Foliolum uninervosum, nervo medio pinnato, ve- nulae erectae, et parallelae. e Ramus cilindricus, ramulisque alternis. Pistacia lentiscus Lin. Sp. pi. pag. 1435, De-Can- dolle Prodr. 2, pag. 65 4. 7. Allioni FI. Ped, pag. 191 n. 1891 Sebast. et Mauri Prodr. FI. Rom. pag. 337. Tcn. FI. Napolitana 5, pag. 277. Ab Ucria Hort. R. Pan. pag. 414. Gussone Enum. pi. Inarimensium pag. 70 et Syn. FI. Sic. Pars. 2, pag. 627 ubi sic ait P. Foliis semper virenlibus abrupte-pinnatis 2-5-ju- gatis ; Foliolis oblongo-lanccolatis ovalibusque mucronu- lalis , petiolo alato Arbuscula usque 10-pedalis, vel frutex ramosissimus : foliola gl aberri ma, coriacea, inte- gerrima, aut subundulala , opposita vel alterna et tum evi- denter impari-pinnala , 1-2-lin. lata, 6-18-lin. longa, ob- tusa vel acutiuscula, basi semper obliqua; pelioli plus mi- nusve in pinnas alali... Rertoloni FI. It. 5, pag. 330 sic ait Caulis lercs, erectus, valde ramosus, codice cine- reo. Rami alterni pallili, plerumque rubentes, juniores puberuli. Folia abrupte pinnata, conjugationibus duabus, ATTI ACC. VOL. XVI. 7 — :>o septem, sacpius lame» quinis, foliolis coriaceis, lanceo- ìatis, vel oblongis, oblusis, raro aculiusculis , in teterri- mi s, glabris, vel junioribus pubeseentibus, basi subinaequa- libus , uninerviis, oblique venosis, supra saturate viridi- bus, sublus pallenlibus; Rachis foliorum anguste alata... Pistacia lenliscodes? Unger Gen. et Sp. pi. Foss. 473 P. Foliis subcoriaceis, abrupte-pinnalis quadri jugis, foliolis lanceolalis integerrimis, nervo medio dixtincto. In formatione miocenica ad Parcbluy Sliriae. ICONES AUCTORUM Pistacia lentiscus Pliilosopliical Transactions Part. II for 1838 pag. 783. 3. Piale 31 fig. 1. and. 2. Lcntisco Malth. ediz. Yalgr. 1383 T. 1. pag. 122 lig. Durante ediz. Ilom. pag. 232 fig. Lentiscus Clusius Ilist. lib. 1. pag. 14 fig. QSSERYAZIGNi 1.‘ Il Professore licer da Zurigo avendo ricevuto dal Signor Carlo Lyell i pezzi del tufo del Fasano e Leu- calia , ed avendo trovato la specie del Pistacia lentiscus ne fece la pubblicazione con due annesse figure; nella pri- ma le foglioline sono piccole, nella seconda, mi pare, clic fossero poco più grandi del vero. Nella mia Tavola Il A Ij. fio dato la grandezza delle foglie del Lcntisco di Leucatia al maggior grado di dimensione che ho tro- valo; ma credo utile trascrivere le parole stesse del Si- — SI — gnor licer acciò possa ogni paleontologista giovarsi dei lumi di questo dotto botanico. Pistacia lentiscus , fig. 1 1, and. 2. Piate LI. Several beautiful pinnated leaves. The generai lcaf-stalk is in some distinclly winged , fili- le in others it is hardly lo be observed. That tliis win- ged has not always bcen preserved, is proved by thè cir- cumstance that it sometimes exisls on one side and is * wanting on thè other. The stalli lies below tbis and forms a furrow, wliilst thè winged borders stand out a little or are placcd slanting against thè stalli. The leaves alter- nate, though for thè most part ncarly approximating; on each side four; rarely Uve, thè end leaves wanting. The leaves are lalhery, sessile, elliptical or long elliptical, nar- rowed at thè base, somewhat inaequilateral, generally thè upper side narrower than thè lower, as in Pistacia len- tiscus. From thè midrib proceed very delicate curved se- condary nerves, which are frequently cffaced. The size of thè leaves varics from 7 lines in length and 3 lines in breadth to as much as 14 lines in length and S \j-2 lines in breadth. The edge of thè leaves generally curled and agreeing with thè leaves of Pistacia lentiscus. Ist, in thè leathery structure of thè snrfacc of thè leaf; 2ndly, in thè number and position of thè lcaflels; 3rdly in thè forni of thè sessile leaves; 4lhly, in thè winged leaf-stalk ( in thè living species thè breadth of thè wing-border is very variable); Sthly, in thè nervation, and Glhly, in thè rolled edge of thè leaf. I think therefore, I bave good ground for referring these leaves lo thè maslic tree, allhough I was a long lime in doubt about them. — Remarcks on thè fossil planls from ihe voleanie tuff of Fasano near Catania on mount Etna, Estracted from a leller addressed to thè autlior by Pro* fessorOswaldlIeer. On lavas of Mount Etna lormed on sleep slopes...by Sir Charly Lyell, from thè Pliilosophical Tran- saclions Pari. II for 1858 pag. 183. 2. :i L’abitazione del Lentisco è l’Africa e 1’ meridionale, i terreni su di cui nasce sono diversi, e noi abbiamo notato clic 1 e formazioni vulcanica , e calcarea portano questi vegetabili allo stalo fossile e vivente. In Sicilia le stazioni del Lentisco sono quella delle colline sel- vose, e dei luoghi poco discosti dal mare. Il Lentisco non s’ impiega per innestarvi la Pista- eia vera, dapoichè essendo un arbusto mal soffrirebbe il soggetto debole un ente robusto ed arboreo. 3. a II Lentisco vivente emana odore terebentinoso e vale mollo per legno da fascina, a causa della sua fiamma viva ardente c durevole, ed a questo solo uso viene impie- gato dai Siciliani. Il Cynips Pistaciae assale le foglie di questo ar- busto, come quelle del Terebinto, formando delle galle, che acquistano la forma di legumi schiacciati e circolari, pria di color verde, poi rosso carico. Nelle specie fos- sili mai vidi tali galle, talché sempre più mi confermo nel pensiero, che all’epoca geologica della formazione del tufo di Leucatia c Fasano questo insello non esercitava la sua influenza sul Lentisco, c sul Terebinto. Tra le variazioni che questa specie offre in Sicilia è da notare quella con foglie piccole e lineari che il Gussone descrive nella Synopsis Florae Siculae T. 2 p. 2 pag. — 53 — G27 : varielas foliis anguslioribus in marilimis prope Terranova occurrit , in qua habitus sui proprius , ac folia magis nitentia : non ho mai veduto questa specie allo sialo fossile. Quella descritta dal Gussone sarebbe la Pistacia lentiscus var. B. angustifolia del De C. Prodi*. 2 pag. G5. P. Massiliensis Mill. Dict. P. Angustifolia Tournefort Inst. 580 ? il tipo specifico vivente del Lentisco di Sicilia , e specialmente dell’ Etna è lutto simile agli esemplari che si osservano nello stato fossile, cioè foglioline ovali-lan- ceolate , acuminate , mucronulate , o rotondate , o acu- minale ai due estremi , foglie composte variabili nel numero de’ gioghi , ineguali nella pagina , con mar- gine intero , o ondulato. Occorre spesso trovare da quattro sino ad otto gioghi nelle foglie del medesi- mo ramo , la qual cosa viene osservata dal De-Can- dolle Prodi*. 2 pag. G5. P. foliis ab rup t e -p imi a tis , fo- liolis octonis lanceolata , petiolo alato. Nè bisogna omet- tere una osservazione circa alle foglie del Lentisco scritta dal Gussone, la quale occorre spesso di notare sulle spe- cie viventi, nè si fa molto rara sulle fossili, dico le fo- glie pinnatc e perenni vedersi con l’ impari ; ma in tal caso le foglioline pianate non sono opposte ma alterne sulla rachide, o sul peziolo comune. 4. a Dall’odore terebintaceo della pianta pensò taluno, che da questa scorresse il mastice, resina che dall’Africa viene in Europa ; un tale equivoco nacque dagli antichi botanici , che poco distinguevano per caratteri chiari le specie. Oggi si è mostralo, che la resina mastice deriva (la una varietà del Pistacia Lentiscus var. B. Limi, la quale ha tante distinzioni fisse ed importanti da potersene formare una specie tutta propria e separata. 11 De-Can- dolle nel suo Prodi \ voi. 2 pag. 65 V aveva significa- ta, lasciando scritto: P. Lentiscus var. y ? Chia. an species propria ? Lo Stcudcl l’à già riportata come spe- cie separala , e ben ricevuta nella scienza la Pistacia Chia Desfonlaines Cat. Hort. Paris come ben può rilevarsi nel Nomenclator Botanicus. i.a PISTACIA SICULA Vide Tab. IV A. P. Foliis impari-pinnatis ? Foliolis ovato-orbiculalis, junioribus ovato-elongatis, vel ovato-oblongis, basi rotun- datis, vel subattcnuatis, apice rotundatis; unincrvosis, ner- vo medio pinnato, dixtincto, prominulo : nervis lateralibus venulosis, erectis, parallclis, oppositis, raro alternis, de- nique reliculalis, et anastomatesatis; iisdem margine inte- gris , vel subundulalis , subcoriaceis ? laevigatis uncias 2-2 7» longis, unc. l-l lJ-2 latis, petiolalis, peliolo alalo. ICOAIS DESCRIPTIO Tabula IV A. a Foliolum ovato-orbiculalum pagina subacquali, ner- vo medio prominulo, pianalo, nervis lateralibus oppositis — 55 — et allernis paralleli, erectis, venulosis reticulato-venosis , petiolatum : et foliolum ovalo-elongatum utrinque rolun- datum, nervo medio pinnato, et venulis lateralibus paral- lelis, petiolatum, mucronulalum ? b Foliolum apice laceratomi, ovalo-orbiculatum, basi subattenuatum ; pagina acquale , nervo medio dixtin- clo , prominulo , pinnato ; nervi lalerales oppositi , al- terni, eredi , reticulati, anastomatesati, idem petiolatum, peliolo exquisite alato. c Foliolum apice laceratimi. dd Venulae erectae parallelae, reticulatae, et ana- stomesatac. Arbor alta foliis pianatisi foliolum gran din scili um ovato-orbiculatum, rotundatum, in junioribus ovato-elon- ga tum apice rotundatum basi attenuatimi; pagina aliquando inaequalis, glabra, coriacea? ncrvum medium prominulum, pinnatum, dixtinctum: nervi laterales paralleli, eredi, re- ticulati , dixtincti , et anastomatesati , venulosi ; Petiolo alato. OSSERVAZIONI l.a Questa novella specie di Pistacia che ho voluto appellare P. Sicula è spontanea in Pietraperzia; essa è distinta dalla Pistacia terebinthus var. a. ovalifolia non solo per il carattere delle foglie e del peziolo nello stato fossile, ma più nel vivente per quello del frutto ovato-com- presso , grande, cioè lungo da 5-8-linee, e largo 2-3-li- nee, e per la panicula assai diradata, e per Y abito della — oG — pianla ; io credo che la specie fossile appartenga a que- sta da me indicata; sebbene non si trovi spontanea sul- 1’ Etna , per cui sarebbe una delle specie scomparse dal nostro vulcano dopo il calaclismo che diede luogo alla formazione del tufo. A render chiaro il mio assunto ho voluto descrivere, e disegnare in apposita tavola la Pistacia Sicilia , acciò dall’ esame del vivente potesse meglio rilevare ognuno il concetto della determinata specie fossile. PISTACIA S1CCLA Vide Tabula IX A. P. Foliis impari pinnatis, 3-4-5-jugatis ; foliolis al- terni vel oppositis, ovalis, vel ovato-orbiculatis, aliquando utrinque subattenuatis, apice mucronulatis, pagina raro inae- qualibus; Petiolo rubro, subtus saepe bicoslato et subalato; Paniculis laxifloris; Drupa ovata grandiuscula lin. 6-7-Ion- ga , lin. 4-5-lala , depressa, exucca, fusca, nuce vacua, flava; Semen lenticulare superum. Fìorct Majo Junio. Legi Pietraperzia. ICOAIS DESCRIPTIO Tabula IX. A. Pianla habilu suo, foliis impari pinnatis, foliolis alternis et oppositis , petiolo subalalo. Panicula fructi- — 57 — fera, laxiuscula. Drupa ovata, grandiuscula , compressa, mucronulata. a Folium impari-pinnatum , 3-jugatum, foliola ovata utrinque attenuata, opposita, apice acuminata, nervatura media pinnata ; nervi laterales venutosi. b Petiolum supra compressum, basi bicostatum, et subalatum. c Foliolum terminale ovato-orbiculatum , mucronu- latum. d Panicula fructifera, laxa, pedunculis rotundis lon- giusculis, fuscis. e Drupa grandiuscula ovata, basi incrassala, pedun- culata, apice mucronulata, depressa. ff l.° Folium impari-pinnatum; foliolis grandiuscu- lis ovatis, subtus alternis, supra oppositis; 2° petiolo sub- rotundo. g Galla Cynipis. li Folium grandiusculum ovato-elongatum , margine integrimi, mucronulatum, basi rotundatum. h'h1 Foliola grandiuscula ovato-elongata, margine in- tegra, acuminata, basi subattenuata. PISTACIA SICULA nobis Arbor 12-pedalis et ultra , ramosa , ramis erectis, dein laxis, alternis, codice griseo, ligno flavo-albido du- rissimo, rami juniores rubri. Folia impari-pinnata 3-4-5- jugata, foliola opposita raro alterna ovata , utrinque pa- nini attenuata, raro apice rotundata, unc. 2-2 -3-lon- ATTI ACC. YOL. XVI. 8 — 58 — ga, unc. 1-2-lata, pagina saepe acquali, raro inacquali, margine integro, aut subundulato, subcoriacea, in ma- sculis minora , in faemineis grandiuscula ; uninervosa , nervo medio pinnato, dixlincto, nervi laterales dixtincti , venutosi , rubro-flavidi, reticulati, reliculalione conspicua; pagina viridis supra lucida, subtus pallidiuscula, et gla- bra ; apice saepe mucronulata, Flores paniculali laxillori in faemineis, densiflori in masculis, pedunculi rubro-colo- rati, fusci ; reliqua uti in praecedenti specie. Drupa ovata utrinque leviter acuminata lin. 6-8-longa, lin. 3-4-Iata, compressa , apice mucronulata, lineata, dense violacea aut fusca , primo flava , dein rubra ; pulpa exucca , albido punctata , reticulata , sapore terebinthaceo ; endocarpum (nux) ligneum, flavum, vaeuum, bicostatum. Semen su- perum, siccum, lenliculare. 2.a Paragonando le foglie viventi di questa specie con quelle fossili mi pare che vi fosse molta similitudine, non solo nella forma ovato-orbiculata, ma nella base, dove la continuazione della pagina forma una specie di ala al peziolo, che poi nel vivente si restringe, e mostrasi poco dopo bicostato ed alato leggermente. Le nervature secon- darie poi sono distintamente reticolate nei fossili c nei viventi, per la qual cosa la P. terebinthus e la varietà Ovalifolia si distinguono dalla presente mia specie, es- sendo in quella poco visibili, ed in questa rilevate. Nelle specie viventi spesso le foglioline che stanno alla base del peziolo veggonsi piccole, ovate, ovale-allungate, da far credere la intera foglia auriculata ; per cui ragionando sull’ esemplare fossile, pare che due foglie appartennero — 59 — alle foglioline medie del peziolo comune; ed una alle foglioline della base di esso. 3. a Le foglie di questa specie sono assalite dal Cy- nips Pistaciae , e quindi offrono le galle varie per la for- ma, la grossezza, ed il colore. I fiori maschi in questa specie sono più copiosi dei feminei, come nel Terebinto, ed a similitudine di questa nella panicola del maschio si ritrovano fiori fecondi; non così nella femmina, ove i fiori sterili sono rari. I volgari distinguono il sesso maschio di questa Pistacia dalla pic- colezza della foglia, la quale nella femmina è più svilup- pata e più grande. Innestano in Pietraperzia, ed altrove in cui si trova la detta specie, il maschio del Domestico ossia della Pì- stacia vera L. sul maschio della Pistacia Sicilia , c la femmina di quella sulla femmina di questa. E da nota- re, che i volgari sanno distinguere il Terebinto dalla no- stra specie, ma gli danno a tutti e due i medesimi nomi di Sarvayyia, Stincii, Scornabbeccu , Ascimi e su di que- sta specie specialmente innestano il Domestico in Pietra- perzia colle due varietà sopra indicate di Nucidclara , o a grandezza di Avellana , e Minnulara o a grandezza e forma di Mandorla. La bontà del frutto die ci offrono in commercio Pietraperzia, Callanissella, Caltauturo, Ca- strogiovanni , Sciacca, c Girgenli, credo ebe derivi del- f abbondanza della Pistacia Sicilia che serve di soggetto nell’ innesto della Pistacia vera. 4. a Sin dai tempi di Boccone una specie indigena di Pistacia era stala intraveduta in Sicilia oltre del Pentisco — 60 — e del Terebinto , la quale probabilmente fu trovata dal siciliano botanico in Sciacca e Girgenti , e colla sua di- ligenza la figurò e la descrisse. Questa specie da me è stala trovata in Pietraperzia , ed in Pronte sull’Etna, nella stazione vulcanica. Ivi gli indigeni siccome la in- contrano di raro, così la innestano confusamente con lo stesso metodo del Terebinto ; l’ appellano Bastardone ossia ibrido, a causa di vedervi le foglie simili a quelle della Pistacia vera, ed il frutto più vicino alla forma della Pistacia Terebinthas ; dapoichè opinano clic questa spe- cie nascesse dal seme dalla Pistacia vera ; la quale in- nestata porli frutto ovale, ellittico, arrotondilo, con pe- risperma polposo , verde ; e venendo dal seme dia un frullo ovato, compresso, piccolo, vuoto. Nè credo andare errato quando asserisco che la spe- cie descritta dal celebre Boccone è conforme a quella da me trovata in Pronte c Pietraperzia, poiché le poche pa- role , e la figura di lui possono darci de’chiarimenti; ma io a maggiore sviluppo delle idee la descriverò per mi- nuto, c presenterò la figura della delta specie. Io poi credo ciò necessario all’assunto, dapoichè la specie fossile da me figurata alla Tavola IV A. potrebbe da taluno giudicarsi per la Pistacia del Boccone, clic da Linneo fu delta Pi- stacia trifolia , ma io opino che gran distanza passi tra la specie fossile e la presente, clic io appello Pistacia Boc- coni, avvegnaché in questa le foglie sono cordaio-ovate, ovaio-rotondate, non mai ovale, ovato-oblunghe, come nel fossile. S.a La specie di cui è parola, dal Boccone fu de- — Gl — scritta nel suo Museo delle Piante Rare T. 2 pag. 139 fìg. 93, e pria nel Museo di Fisica pag. 282. Questo insigne botanico ci lasciò scritta in modo assai diligente la fecondazione artificiale che in Sciacca e Girgenti si praticava della Pistacia vera L. c fa notare che i ma- schi hanno foglie poco minori delle femmine; ma parlando del Pistacchio da lui trovato in Sicilia, soggiunge. « Nel Musco di Fisica c di Esperienze fu da me descritta questa specie di Pistacchio (Pistacium mas, Siculum folio neri- cante), alla pag. 282 è portata la sua istoria alla quale aggiungo, che egli non produce frutto esculento, e però è sterile per se stesso, ancorché sia fecondo per il Pi- stacchio femmina. Devo poi in questo luogo per ragione della figura qui espressa trasportare, c trascrivere tutte le osservazioni 44 per satisfare i Botanici , e per correg- gere qualche errore commesso, poiché alle volte questo Pistacchio maschio varia , producendo nelle sue foglie quattro lobi, ma non regolarmente)). La figura del Boc- cone presenta un ramoscello composto di cinque foglie quattro trifoliolate, ed una con quattro foglioline alterne mentre nelle trifoliolate le due inferiori sono opposte, e parecchie panicole di fruita ovate mucronulate si vedono uscire all’ ascella delle delle foglie; ciò posto, ragionan- do sulla figura della specie da lui trovata, panni che il grand’ uomo avesse conosciuto un Pistacchio maschio , e femmina in Sicilia non esculento, ossia con seme privo di albume, o perisperma, il cui fruito è ovato, mucro- nulato, disposto a panicola, e la foglia pinnata ora é tri- foliolata, ora quatrifoliolata; ma l’esatto litologo designan- — 62 — do la foglia quatrifoliolata, ne dispose le foglioline alter- ne , essendo questo un caso di eccezione nato dall’ ano- mala disposizione delle foglioline alterne, che occultano la foglia a tipo impari-pinnato ; ed esattamente questi ca- ratteri convengono con le specie viventi di Bronte e Pie- traperzia da me raccolte. 6.a Linneo rispettando le parole e la figura di Boccone nello Spccies plantarum pag. 1454 volle sta- bilire indigena della Sicilia la Pistacia da costui indicata, e 1’ appellò P. trifolia. De Candolle dopo di lui dietro averne veduti i saggi secchi, la riputò una varietà della P. vera L. e adottando la frase stessa di Linneo cosi la descrive : P. foliis saepius ternis , raro solitariis. Bocc. Mus. 2 Tab. 93 (V. S.) Io dopo avere osservato e rac- colto i saggi di questo Pistacchio ho dovuto conoscere che la foglia del maschio c della femmina di esso e sempre impari-pinnata, caduca, bi-tri-jugata, e che il trovarsi tri- foliolata ò una rarità piuttosto che un carattere costante nella specie; ho osservato del pari il frutto e la dispo- sizione dei fiori, talché non polendo ritenere per l’esat- tezza del linguaggio scientifico il nome specifico di tri- folìa ho voluto imporgli quello del suo primo scopritore Boccone, contentandomi di darne la nuova frase specifi- ca , la figura , c la intera descrizione. Dalle quali cose rileverà ognuno, che la P. Bocconi è una specie bella, distinta, propria dell’Etna, c di altri punti dell’isola, e che basterebbe il solo carattere del fruito, per non mai giudicarsi varietà o ibridismo della Pistacia vera. — 03 — PISTACIA BOCCONI Vide Tabula X A. P. Foliolis impari-pinnatis, orbiculato-ovatis , latis, quinis, ternis, raro solitariis, utraque facie laete viridi- bus, subtus lucidis, apice rotundatis aut subbilobis, aut mucronulatis , basi aut subcordatis , aut attenuatis , aut inaequalibus, margine integro aut subsinuato et subundu- lato, exquisite nervosa, nervo primario pinnato, et secun- dariis nervis dixtinctis; Petiolo bicostato; Paniculis laxi- floris; Drupa ovata grandiuscula, rubra, depressa, exucca, vacua, mucronulata. Floret Aprili, Majo, Junio. Legi Aetnae Pronte, et Siciliae Pietraperzia. ICOMS DESCRIPTIO Vide Tabula X. A. Pianta habitu suo, ramis, foliis , paniculisque fructiferis. a Folium impari-pinnatum bijugatum, foliolis oppo- sitis, petiolo bicostato. bbb 1. Foliolum apice mucronulatum ; 2. apice sub- bilobo ; 3. apice rotundato. ccc 1. Foliolum basi attenua tum: 2. basi inaequale: 3. basi rotundatum. — 64 — delti Foliolum uninerve, nervis lateralibus pinnatis, ramoso-pinnatis, prominulis, dein reliculato-ramosis. e Panicula laxa fruclifera. jf 1. Pedunciiliis longus cilindricus ; 2. Pedunculus partialis seu carpophorus , brevis. tj Drupa ovata, exucca, 6-8-lin. longa, 4-5-lin. lata, exocarpo punctato , basi incrassato ? apice mucronulato ; endocarpo ligneo, flavo, vacuo. PISTACIA DOCCOIVI nobis Pistacia trifolia Limi. sp. pi. pag. 1454; quam ipse ita describit. « Folia pianata, ternata, demum simplicia in eodem ramo, ubi simplicia, sunt majora ovato-subrotunda, ubi ternata, sunt foliola lateralia parva a Habitat Sicilia. Ricliter Codex Dotanicus Linneanus pag. 973. Pistacia vera var. y Trifolia De-Candolle Prodr. 2 pag. 644 1. Pistacia macrophylla Pers. ex Steudel l\om. Dot. pag. 345. Pistacia officinarum ? Ait. ex Steudel Nom. Dot. pag. 345. Terebinthus seu Pistacia trifolia Tournef. Inst. 580. ICONES AUCTORUM Paulus Rocconi Musco di Piante Rare, Venezia 1697 Tab. 93, sola liujus Plantae figura. Arbor 20 et ultra pedes alta; rami longi, dein laxi, — 65 — ligno duro, alb^, cortice glabro, et juniores rubeoli; Folia impari-pinnata, decidua, 1-2-3-jugata, raro solitaria ; fo- liola opposila, raro alterna, et tane pari-pinnata? brevis- sime-petiolata, terminalia exquisite-pctiolala, subdecurren- tia et grandiuscula ; foliola orbiculato-ovata , basi parum attenuata , et aliquando rotundata ; apice rotundo , aut subbilobo, aut mucronulato, margine integro, aut subun- dulalo, subsinuato, laete viridia, sublus lucida, uninervosa, nervis Iateralibus dixtinctis, prominulis, concoloribus, pa- rallele-reticulato-ramosis, uncias 3-4-longa ; unc. 2-2 Y2 lata ; foliola ad basini pelioli adnexa aliquando parvula, et magis orbiculato-ovata; dense coriacea; Feliolum bi- costalum, apice rotiindaluin ; Flores uti in praecedcnti specie. Panicula in masculis raccmoso-conlracta, et dense fiorifera; in faemineis laxiuscula; Pedunculi elongali, rubri, et carpophori breves, rubri; Drupa ovata , compressa fin. 5-6-8-longa, lin. 1-5-lala, apice mucronulala, primo vi- ridis, dein rubra, albo punctata, basi incrassata; endo- carpum et exocarpum ligneum, flavum, bicoslalum, va- cuum; Semen superimi, lenticulare, siccum. OSSERYAZIOHi 1 ,a Dalla descrizione della Pistacia Bocconi si può ben rilevare, die le foglie fossili della mia Pistacia Si- cilia non possono confondersi con questa; poiché quelle sono sul tipo delle ovale, e queste su quello delle orbi- culate; ivi la foglia uninerve ha nervi secondarii venulosi poco visibili, ed in questa la foglia uninerve ha le ner- ATTI ACC. VOL. XVI. 9 — Co- vature secondarie rilevate, e pronunziale sino all’ estre- mità del contorno o lembo; e in quella le foglie si veg- gono liscie subcoriacee, in questa si trovano coriacee car- nose: tali cose non potevano rilevarsi da un botanico ve- dendo la figura data dal Boccone, e studiando la descrizione superficiale, e direi vaga, dataci dal medesimo autore. 2.a La bella specie da noi riportata al suo sco- pritore Boccone ci chiama ad osservare, che il De-Can- dolle nel suo Prodromus dopo averla veduta e studiata la giudicò una. varietà della Pistacia vera ; ma io fis- sando il pensiere ai caratteri di questa specie mi avveggo, che le varietà di Pistacchio le quali si è detto trovarsi nel commercio di Sicilia, hanno rassomiglianza per le foglie colla nostra specie , ma esse poi essenzialmente ne dif- feriscono per la grandezza delle parli del fiore, e del frullo, e più di tutto del seme albuminoso verde, e dol- ce, a qual’ uopo vorrei, che si fìssi la mente alle carat- teristiche date da Linneo alla Pistacia vera: foliis impari pinnatis , foliolis subovatis recurvis.. . .relrorsum subfai - catis. Bichler op. cit. 1. c. Con questa diagnostica frase la nostra Pistacia Bocconi non ha carattere di somi- glianza nelle foglie con quelle della Pistacia vera. Io porlo avviso , che il concetto del Dc-Candolle derivi dall’ aver dato alla Pistacia vera un carattere nelle foglie, che lo ha comune con quello della nostra specie; così egli in fallo si esprime : Pistacia vera: foliis impari-jrìn- natis, foliolis ovatis , basi subatlenuaiis, apice mucronu - latis quinis, lernis , ani soliiariis ; mentre ciò che ben le — 67 — distingue è il trovarsi recurvate, ed inferiormente falcate: recurvis... retrorsum falcatis. 3. a La vigoria, e la fortezza dell’ albero della Pi- statici Bocconi mi fa pensare , che su di questa specie dovrebbe portarsi a preferenza l’ innesto della Pistacia ve - ra, e quindi volendo foggiare delle Pistacchiere in luoghi ove non sono spontanee la Pistacia Terebinthus e la P. Sicilia , fa uopo piantare per talea, o mettere per semi la Pistacia Bocconi ed indi innestarvi la Pistacia do- mestica. 4. a Nella famiglia delle Terebinthaceae due soli ge- neri possiede la flora vivente di Sicilia, cioè il Bhus ed il Pistacia , quella fossile dell’Etna conta quest’ ultimo solo genere. Le specie di Bhus sono al numero di tre, e più una sola varietà; cioè B. coriaria , B. pentaphyllum Desf. di cui il Cupani porla due varietà non trovate fin oggi in Sicilia, ed il Bhus dioicum Wildenow. Il ge- nere Pistacia coniava due sole specie secondo l’autore della Synopsis Florae Siculae cioè; P. Terebinthus e P. Lentiscus L. var b. Anyustifolia Gussone; ma oggi le specie e le varietà sono aumentale; cioè sono quattro le specie: P. Terebinthus P. Lentiscus P. Sicilia e P. Boc- coni : si contano poi due varietà la P. Terebinthus var. b. ovalifolia Torn. e P. Lentiscus var. b. anyustifolia Guss.; tutte si rinvengono allo stato vivente e fossile, tran- ne della varietà P. Lentiscus var. b. anyustifolia Guss. E qui non voglio enumerare la specie culta in larghi cam- pi , la Pistacia vera L. la quale porla tre varietà delle quali abbiamo sopra fatto lunga menzione. * — 68 — SEZIONE SECONDA Dacché A. Brogniart perfezionò lo studio delia pa- leontologia botanica tulli gli scrittori di vegetabili fossili diressero le loro cure nello determinare i generi , e le specie dei diversi strali terrestri , e lo studio della bota- nica fossile diventò, come quello di tutt’allri rami di paleon- tologia, riportato alla stratigrafia della crosta terrestre. Ma le ricerche di questa natura non sono comuni ai dotti na- turalisti; la varietà delle conoscenze che si richiedono da parte del botanico, ed i mezzi pecuniarii e le opportu- nità non offrendosi a tutti ugualmente, questo esame dei ve- getabili fossili considerali nella ragione propria della stra- tigrafia è rimasto incompleto. La flora fossile dell’ Etna sotto lo rapporto strati- grafico mi pare che offra belli argomenti di novità e di progresso, la quale sebbene fosse d’ un periodo recente, il pliocenico, non lascia di coniare c generi e specie non conosciuti fin’ oggi proprie di questa formazione. I lavori di Unger, di Massalongo , di Visiani, di Heer e di altri su i fossili vegetabili di alcuni terreni 0 terziarii di Europa ci sono ben conti , ed essi non ci danno alcune specie, e taluni generi che l’Etna ci pre- senta. Fra le specie non riportate alla formazione plio- cenica troviamo il Prunus Spinosa L. var. b. Macro- carpa Guss. di cui si tratta nella sezione presente. — 69 — i ORDO AMYGDALEAE Juss. Gen. pi. pag. 340. Dc-Candolle Prodr. Syst. Nat. 2. pag. 529. Unger Gen. et. Sp. PI. Foss. pag. 432. Massalongo Piante foss. dei Terreni Terziarii del Vicentino pag. 207 254. Massalongo e Yisiani sui terreni terziarii di Novale, Atti dell’ Acc. di Torino T. 17 sei*. 2.a pag. 237. Rosacene Tribus l.° Amygdaleae Duby Dot. Gali. T 1. pag. 162. Drupaceae Tri. Rosacene De-Cando!le et Lamarck Syn. FI. Gali. pag. 339. De- Candolle FI. Fr. 4, pag. 479. Car . Truncus et rami cilindrici nodulosi , Ugno du- ro, fibrae a contextu mcdulloso dixtinctae. Drupa ossea, mono-raro-bilocularis. GENUS PRUNUS Linn. Gen. et Sp. pi. ed. Sclireb. n. 849. Rich- ter Codex Linnean. n. 679. pag. 481. Tournefort Inst. T. 398. Juss. Gen. pi. pag. 341. De-Candolle et La- marck Syn. FI. Gali. pag. 329. D. C. FI. Fr, 4, pag. 483. idem Prodr. 2, pag. 532. Endlicher Gen. PI. n. 5406. Ten. FI. Nap. T. 1. pag. 276. FI. Romanae Pro- dr. Pclro Sanguinetti auctorc pag. 368. Rertoloni FI. — 70 — Ital. T. 5. pag. 136. Gussone Syn. FI. Siculae T. 1. pag. 552. Unger Gen. et sp. PI. Foss. pag. 484. Mas- salongo Piante Foss. del Vicentino pag. 254. Duby Dot. Gali. T. l.pag. 163. Ab UcriaHort. Regius Pan. pag. 173. Prunophora Neck. Eleni, n. 719. Car. Drupa spkaerica. Nux sphaerica, aut ovata. Folia ovata aut lanceolata, aut obovata, grandia, aut par- vula, margine denliculala, penninervia, nervis secundariis ramosis, in rete venosum laxum solulis. l.° PRUNUS SPINOSA Vide Tab. III. C. P. Ramulis laevibus, ligno duro fibroso; Folio brevi oblongo-lanccolato, apice acuminato, unicostato, margine denliculato, basi angustato, breviter petiolato; Nux sphae- rica, unilocularis? ICONIS DESCRIPTIO Tabula III. C. a. Ramulus ligno flavo, excavalo, fibroso. b. Nux ossea sphaerica compressiuscula. d. Folium oblongo-ìanceolatum apice acuminatum, basi attenuatum, unicostatum, pcliolo sulcato. Prunus spinosa Linn. Sp. pi. pag. 681. Aliioni — TI- FI. Ped. 2. pag. 125 n. 1183. Sebast. et Mauri FI. Rom. Prodr. pag. 168. Ten. FI. Napolit. 1 pag. 376, et Sylloge pag. 245 n. 9. Ab Ucria Hort. R. Pan. pag. 173. Florae Romanae Prodr. alter Sanguinetti pag. 373. Gussone Syn. FI. Siculae 1, pag. 553 ubi sic ait Prunus spinosa var. b. macrocarpa. P. Fruticosa , ra- mis divaricatis spinescenlibus , foliis elliptico-lanceolatis , vel obovato-lanceolalis sublus pubescenlibus, argute du- plicato-denlatis, pedunculis solitariis geminisque, fructibus ereclis globosis b. macrocarpa, fructibus quadruplo ma- joribus. Berloloni FI. Italica T. 5. pag. 136 n. 8. De Can- dolle et Lamarck Syn. FI. Gali. pag. 340. De Candolle FI. Fr. 4, pag. 484; Idem Prodr. 2, pag. 532. Prunus spinosa var. a. vulgaris Ser. ex Duby Dot. (Gali. T. 1. pag. 163. Prunus spinosa Lois. in Duham. ed. nov. 5, tab. ;54fig. 1. Prunus sylvestris quadruplo maiori fructu Cup. IHort. Cath. pag. 173. ICONES AUCTORUM Pruno salvatico Matth. ediz. Yalgrisio 1585 T. 1. pag. 286. Durante Herb. ediz. Rom. 1585 pag. 578 fìg. Prunus Sylvestris Lob. Icon. 2, pag. 176 fìg. ruclis. 404 le. 9. Bauli. Ilist. 1. pag. 193 fìg. — 72 — Prunus spinosa Duhamel ed. nov. 5, Tab. 54 f. 1. Frutex? Rami dense spinosi , ligno fibroso , flavo; cortice griseo glabriusculo. F olia obverse oblongo-danceo- lata unc. 1 lJ o lata; apice acuminala, basi attenuata, mar- gine denticulata, duplicato-dentata? glabra, unicoslala , nervis secundariis ereclis, vcnulosis, allernis, parum con- spicuis ; Petiolala , pcliolo solcalo. Drupa ovata ? Nux sphaerica, dura, monosperma? apice subdepressa; 1 in. la la. GSSEBYAZ10N1 l.a II genere Prunus nella Flora Fossile dell’Elna non presenta che la sola specie P. Spinosa Lin. vai*, b Macrocarpa Guss., ma questa specie non si trova sul- l’Etna allo stalo vivente, talché possiamo dire, essere una delle tante specie scomparse dopo lo stato della formazione del tufo. Esaminando poi i diversi saggi fossili si rileva bene il carattere delle foglie, ma circa al legno clic ho figurato e descritto non posso indicare caratteri tanto proprii da poterlo con precisione distinguere dagli altri legni. Circa al frutto sono lieto d’osservare che è vera- mente l’endocarpo osseo della varietà Macrocarpa Guss. Vulgaris Scringc in Duby, poiché questa noce ossea è liscia , poco depressa , sferica ; e paragonala col vivente non lascia dubbio allo spirilo. Il Duby descrive una varietà al T. 1 pag. 1G3: foliis obovato-ellipticis , fructibus « 73 — atropurpureis , caratteri proprii della varietà stabilita del Gussone. 2.a II Pruno spinoso si trova in Sicilia nelle siepi, ne’ boschi cedui, ed ama la stazione delle colline, talché nulla si oppone onde venisse sull’Etna: esso si presenta fruticoso con rami intralciati, sparso di spine , con fiori odorosi, che si aprono avanti di spiegarsi le foglie, delle quali alcune sono lanceolato-acuminate , altre rotondate all’apice ; tutte attenuate alla base e pcziolate. Fiorisce da Febbraro a Marzo. Una volta la polpa era usata dalle farmacie di unita al fiore, ed alla corteccia del legno quale astringente; e s’ impiegava ancora per sofisticare la pol- pa di Tamarindo. Oggi il legno inserve a far delle sie- pi, delle manifatture di strumenti agricoli, ed a foggiare obbietti di torno, e bastoni. 3a. Nella famiglia delle Amygdaleae due sono i ge- neri viventi conosciuti nella flora di Sicilia: Amygdalus e Prunus ; conta il primo una sola specie, Amygdalus communis c più varietà nel frutto; il secondo conta tre specie ed una varietà; cioè Prunus mahaleb Lin. P. Ce- rasus var. a e aproniana Lin. P. Spinosa L. e var. b macrocarpa Guss. La Flora Fossile dell’Etna in questa fa- miglia conta il solo genere Prunus , una sola specie già da noi descritta; in questo modo la Flora Sicula conta tra le Amygdaleae viventi: generi due, specie quattro, e varietà una: la Flora Fossile dell'Etna conta un solo genere, ed una sola specie. 4.a II Ciriccio Prunus Cerasus Lin, dietro la le- Stimonianza di Plinio lib. XV. c. 25 fu da Lucullo tra- ATTI ACC. VOL. XVI. 10 — n — sportato dal Ponto in Italia; sebbene, come osserva Alfonso De-Candolle, il Ciriegio ha molti nomi antichi volgari greci, e latini, per indurci a credere che nell’Asia occidentale e nell’Europa meridionale questo frutto era coltivato e conosciuto da’ tempi anteriori aLucullo; essendoché l’et- nografia delle piante ci addita spesso con evidenza della loro antica cultura (1). Ma se questo argomento del De- Candolle non soddisfa le menti, è però cosa certa, che dal trovarsi spontanee in Sicilia ed in Italia tante specie di Prunus facile si rendeva la diffusione del Ciriegio per l’ innesto. Il medesimo De-Candolle non sa determinare se le specie di Pruno selvatico siano veramente spontanee , o pur nate dai noccioli sparsi per le campagne, c cadutivi per causa ignota ; conciossiacchè egli trova ai tempi di Plinio indicarsi lunga serie di varietà di Prime mangia- reccie, derivate dal Prunus domestica Lv e poi ricorrendo agli argomenti lessici, ed etnografici raccoglie numerosi nomi antichi in varie lingue delle prugnole mangiarecce (2). Oggi il trovarsi nello stato fossile sull’ Etna il Prunus spinosa L. var. b Macrocarpa è un forte argomento a far giudicare spontanee tutte le specie del Prunus di Si- cilia, d’Italia, e di Europa. Vorrei confermare il pcnsiere con la scoverta fatta dall’ Unger nello scisto della Stiria e della Croazia dove ha trovato nove specie fossili di Prunus ignote alla scienza ; vero che non occupano al (1) Alph. De-Canilolle Geograph. Bot. T. 1 pag. 877-18. (2) AIpli. De-Candolle op. cit. T. I pag. 878. — 73 — presente verun angolo di Europa, ma è certo che all’e- poca geologica della formazione scistosa quest’albero vi- vea presso noi (1). SEZIONE TERZA Quanto più gli organi delle piante sono deboli, tanto più dovrebbe crescere la difficoltà ad aver saggi nello stato fossile, perchè se il tempo è un elemento distrut- tore degli esseri organizzali, i cataclismi geologici do- vrebbero offrire il più probabile ed il più certo argo- mento della distruzione di questi. E pure la natura è piena di risorse e di forze in quegli istanti in cui pare che meno dovrebbe averne : i teneri talassioOti , e nin- feacei sono sparsi pei terreni miocenici e pliocenici, e se il nostro terreno alluviale non ce ne offre, ciò dimostra che il sito il quale è sotto le nostre osservazioni, era la foce del fiume, dove niente allignava, e la sponda era nuda, sabbiosa, quale da noi nello stato geologico e geognostico fu descritta ; quindi il tufo non può pre- sentare che gli avanzi de’ materiali vegetabili trasportali nel lungo corso sulle vaste, ed aride pianure del vulca- no, e rimasti sedimentarie in quella medesima formazione ; così abbiamo veduto resti di boschi cedui , e tali ce li offre la sezione terza ove si dirà delle Dryadeae, fami- glia numerosa di generi e specie in Sicilia, e sull’ Etna (1) Unger Gen. et Sp. pi. foss. pag. 484. Massalongo Piante fossili del terreno terziario del Vicentino pag. 254. — 76 — nello stato presente, ma nello stato fossile appena un genere con due sole specie. ORBO DRYADEAE Darli. Ord. Nat. pag. 401. Yenln. Tabi. 3 pag. 349. Rosacene Juss. Gen. pi. pag. 334. De-Candolle Pro- di*. T. 2. pag. 525; idem et Lamarck Syn. FI. Gali, pag. 329. Duby Dot. Gali. T. 1. pag. 162. Gussone Enumeralo PI. Inarim. pag. 118. Fragariaceae Rich. in Nestel. pot. pag. 14. Car. Frutex saepe aculeatus. Folia composita raro simplicia, nervosa, ncrvis erectis, ovata, incisa, aculea- ta, aut inermia. GENl'S DUDUS Finn. Sp. pi. pag. 254. Juss. Gen. pi. pag. 358. Lamarck Illustr. 5, tab. 441 f. 1-2; idem et De-Can- dollc Syn. FI. Gali. pag. 338; idem Prodi*. 2, pag. 556. Endlich. Gen. pi. pag. 1241 n. 6360. Sanguinetli Pro- dr. FI. Rom. pag. 371. Rert. FI. Ital. 5, pag 217. Tcn. FI. Napol. pag. 284. Gussone Syn. FI. Sic. T. 1. pag. 566; idem Enumeralio PI. Inarim ensium pag. 118. Se- — 77 — bastiani et Mauri Prodi*. FI. Rom. pag. 171. Duby Bot. Gali. T. 1. pag. 167. l.° RUBUS DALMATICUS Vide Tabula III Fig. lì. Jì. Foliis ternis vel quinis; foliolis ovalibus, obova- tisque; nervatura inedia instruclis , et nervis lateralibus ereclis, prominulis; margine dcnticulatis, vel dentato-ser- ratis, utrinquc subattenuatis, subinaequalibus, apice acu- minatis, aut oblusis; foliolis lateralibus subsessilibus; fo- liolo medio longius peliolato. ICOMS DESCRIPTIO Tabula III. Figura lì. a Folioluin trifoliolalum , lateralibus subsessilibus , ovalibus, basi attcnualis, inaequalibus , folio medio lon- gius peliolato, basi attenualo, margine dextro serrato, altero serrato-dcnliculato ; nervatura media prominula , nervi lateralcs eredi, prominuli. bb Foliolum ovato-elongatum , apice oblusum, basi attenuatum, inacquale, margine denliculatum , nervatura media prominula, nervi laterales alterni, eredi, venu- losi. c Folium ovatum , apice acuminatum , margine ser- — 78 — rato-denticulatum, nervatura media prominula, nervi la- terales eredi, alterni, venutosi. dd Nervaturae laterales erectae prominentes ad mar- ginem folii divergentes , alternae , nervatura media sul- cata. ee Foliola apicibus acuminata. Rubus Dalmaticus Tralt. Ros. 3. pag. 35 Gusso- ne Syn. FI. Sic. pag. 367. sic ait Caule ungulato peliolisquc aculealo , aeuleis validis aduncis peliolisque pilis stellalis brevibus puberulis, foliis 5-raro 3-nalis , foliolis ovalibus obovatisque argute irregulariter dupli- cato-serratis abrupte acuminalis , supra glabris , subtus tomento brevissimo adpresso incanis , panicula simplici vel ramosa, calycinis laciniis albo-tomentosis brevissime acuminatis inermibus demum reflexis; et ad pag. 568.... Foliola subtus ad rachidem aculeala , 2-3-poll. longa, 8-lin. 2 poli, lata, et dum 5-nata duo exteriora sub- sessilia. Idem Enumeratio pi. Inariincnsium pag. 118 sic. ait — R. Caule angulato peliolisque aculeato , acu- leis validis aduncis pctiolisque pilis stellalis brevibus puberulis ; foliis 5-raro-3-natis , foliolis ovalibus obo- vatisque argute irregulariter duplicato-serralis abrupte acuminalis , supra glabris , subtus tomento brevissimo adpresso incanis , panicula elongata simplici vel ramosa, calycinis laciniis albo-tomentosis brevissime acuminalis inermibus, demum reflexis.... Rubus frulicosus var . y Dalmaticus De-Candolle Prodr. 2. pag. 561. Ten. FI. Nap. T. 4. pag. 289 n. 1970. — 79 — Rubus fruticosus Guss. Proci. FI. Sic. 1. pag. 579 non Linn. Bert. Flora I tal . 5. Sanguinetti FI. Rom. Proci, alter pag. 182; et aliorum auclorum minime vero Linnaei. Sebastiani et Mauri Prodr. FI. Rom. pag. 171 n. 573. pag. 217. Rubus vulgaris , sire Rubus fru.du nigro Cup. Hort. Cath. pag. 193. Rubus vulgaris Castelli Ilort. Mess. pag. 43. ICONES AIICTORUM NULLA E Frutex , caulibus longe-excurrentibus , angulalis spinosis ? Folia ternata aut quinata ; foliola varianlia ma- gnitudine et forma: ovata , .ovato-oblonga, aut obovata , apice acuminata, aut oblusa, basi attenuata, foliola late- ralia subsessilia, terininalia plus minusque petiolata , om- nia inaequaliler denliculato-serrata, aut serrata, limbo a- liquando inacquali in nervo et venis, pilosa? non spinosa, nervatura media sulcata; nervi laterales prominuli pinnati, alterni, divergentes a rachide ad marginem unc. 2-3-longa unc. 1-1 y2 lata* OSSERVAZIONI l.a La specie Rubus dalmaticus che nel Prodro- mus Florae Siculae del Cav. Gussone fu una volta con- fusa con il R. Fruticosus di Linneo, bene a ragione nella Synopsis Florae Siculae venne distinta e separata, poiché per usare le sue parole a R. fruticoso Gerirla - — So- nico loto coelo diversus est. Syn. T. 1. pag. 568. E però è da notare, che dal carattere delle foglie princi- palmente io distinguo la prima dalla seconda specie ; il R. dalmalicus porla sempre le foglie prive di spine, so- pra liscie , solto bianco-tomentose, e conoscenti; questi due ultimi caratteri mancano nello stato fossile perchè sva- niscono col tempo, come altresì mancano quelli del caule e della panicola inerme, del fiore, c del frullo; ma si veggono chiaramente e distintamente le foglie prive di spine, oltre al carattere delle loro forme, c della loro direzione nelle nervature; anzi amo soggiungere, che por- tali i miei saggi fossili in Napoli per isludiarli sull’ er- bario siculo del Cav. Gussonc, ho rilevato col detto esi- mio botanico che le foglie fossili, quali si trovano da me delineate, appartengono al R. dalmaticus var. pubescens dello stesso Erbario Siciliano. Per dare a questo articolo tutta quella estensione che la scienza al presente ci offre, è conveniente di riferire le osservazioni del Gussonc relative alla specie in discorso paragonando i saggi di Sicilia con quelli della Flora d’ Ischia, di Germania, d’ Inghilterra; il citalo autore nel- l’opera Enumeralio piantarmi Vascularum Inarimen - slum pag. 119 così scrive intorno al R. Dalmaticus Tratt. Specics adirne controversa , et non bene cogni- ta, idcoque denuo phrasim specifìcam dedi. R. f ridico - sus Germaniae ab hoc certe diversus , uti jam monili in Syn- l- c- et specimen anglicum ah Alexander mis- sum a nostra pianta vix differì; dum CI. Lindi : in c omp. Jl. irriti . pag. 92. R. frulicosum inler illos floribus fa* — 81 — stigialis enumerat et quoad ipsius descriptionem, et non- nulla alia speciinina exolica accepta, noster potius ad R. nitidum spedare videtur. Interim notandum puto, quod species ista apud nos undique vulgaris faciem non mulat. 2. a Esaminando i generi , e le specie fossili tro- vate fin oggi dalla scienza, e registrate nelle diverse ope- re di Botanica fossile, tra le quali la interessante ope- ra deH’Unger Genera et Species Plantarum fossi lium , si vede che il genere Rubus manchi al lutto, per la qual cosa crediamo d’ apportare un nuovo costituente alla Flo- ra Fossile offrendo questo genere che ci ha dato l’esame dei vegetabili fossili sull’ Etna. 3. a II Rubus Dalmaticus e attualmente la pianta più sparsa nelle siepi dell'Etna, e vorrei anco dire di Sici- lia, essa veste i muri delle siepi , ingombra con estesi cespugli le selve, prospera tanto nei luoghi umidi che negli aridi, e porta fruita nere e bianche in certi punti dell’isola, come ha notato il Gussone Syn. 1 pag. 568. Dall’Aprile sino al Settembre sull’Etna fiorisce, e porta foglie piccole, siccome quelle da noi trovate nello stato fossile, e delle grandi , a seconda la natura de’ luoghi , e delle stazioni. Il frutto è mangiato da’ contadini dell’Et- na e si dice Amurcddu, a differenze del frutto del Mo- ro , Movus nigra L. clic dicono Amarena ; e questo si può confondere per il nome volgare con la varietà Ma- rasco del Prunus Cerasuc aviti:: i L. Cerasus avium Moench. Meth. 672. DC. FI. Fr. A. p. 482, il quale viene ancora appellato dal volgo A:r.:rena. 4. a Dalle osservazioni precedenti crediamo dedurne ATTI ACC. VOL, XVI. 11 — 82 — che il principio stabilito del sig. Lecoq nella sua Geo» grafìa Botanica d’ Europa (1) non è d’ ammettersi ; quel- lo cioè, che i generi delle piante le di cui specie sono in uno stato tanto bizzarro da mostrare delle forme sem- pre variabili, questi generi sono d’una data meno antica di tanti altri in cui questa variabilità non si osserva ; così le forme de’ generi Rosa, Salix, Polygonum, Vio- la, Thalictnm, Rubus « tulle queste forme, ei dice, che « costituiscono le contese tra i Botanici , essendo spe- « eie per gli uni ciò clic per gli altri è varietà, o va- « riazione passaggiera, queste derivano dallo stato gio- « vane delle dette numerose specie ; nei generi antichi « però le forme sono distinte , perchè in queste le stcs- « se sono giunte ad un certo grado di maturità. » Al- fonso De-Candolle ha bene contraddetto questo inesatto principio nella sua Geografìa Botanica Ragionata (2), e lo ha oppugnato con fatti; ivi con molto senno egli dice: « questa teoria è ingegnosa, poggia sopra latti positivi in ciò che spetta alle razze; ma va d’accordo con l’in- sieme degli altri falli ? Ecco ciò che mi pare più dub- bioso ». La creduta variabilità delle specie in alcuni generi, fra’ quali il Rubus, a mio avviso dipende da varie cau- se, forse non bene studiate: l.° Dalla inesatta esplora- t (1) Etudes sur la Géographie botanique de l’Europe, et in particulier sur la végétalion du plateau centrai de la Franco in-8° voi. 1. 1854 — Yedi Alfon. De-Candolle Géographie Dolan. Raison- née T. 2. pag. 1102. (2) Alfonso De-Candolle op. cit. Tom. 2° pag. 1102. — Se- zione e descrizione fatta dai Botanici nelle diversa re- gioni ove han raccolto le specie, per cui non trovandosi esse ben determinate la prima volta, e poi in seguito do- vendosi da diligenti osservatori meglio distinguere, e se- parare, i nuovi caratteri ci sembrano dovuti al proteismo della specie, mentre sono nati dall’ignoranza del primo descrittore. 2.° E ben vero che alcuni generi fra’ quali il Rubus hanno le specie in alquante parti variabili come le foglie per la grandezza, il numero delle foglioline, la pelu- ria, le spine, lo sviluppo dei rami, ma ciò non deriva dal perchè eli orfani sono arrivati ad un «rado di maneiore o minore maturità, questo trae origine dalla natura stessa della struttura della pianta; quella in cui p. e. il sistema spirale delle foglie è complicato, ove si inseriscono spire di numero pari e dispari nel medesimo giro; o che hanno una inserzione di spire multiple in un medesimo giro, in tal caso rincontro de’detti numeri genera il tipo variabile delle foglie, e potrei dire lo stesso de’ rami, delle spine esi- mili; ma questa variabilità io soggiungo forma il tipo della specie, perchè fondata sulla costituzione anatomica delle fibre spirali. De-Candolle oppugna il principio del sig. Lecoq che le specie antiche, cioè de’ Crittogami , e dei Monocotili, sono meglio studiate delle specie più recenti cioè de’Dicotili, dapoichè un gran numero di generi Mono- cotili, osserva il Dc-Candolle, tra quali Allium, Tulipa, Narcissus , Lolvum , Panicmn etc. danno tanta confusione ai botanici quanta ne presentano i generi Salix , Rubus , Thalictrum , Viola etc. (1) Io porto il medesimo avviso (1) Géograpliie Bot. Rais. Tom. 2. pag. 1102. — u — del De-Candolle intorno alla inesatta determinazione di tante specie Acolili e Monocotili antiche e recenti ; ma credo che la variabilità organica pretesa dal Lecoq, nelle specie attuali Dicotili, si debba oppugnare mostrando la moltiplicità delie variazioni specifiche, nella stessa natura del tipo specifico. 2. RUBUS TOONTOSUS Vide Tab. IV. fig. C. C . et Tab. VII. fig. D. R. Foliis quinatis, ternatisve? Foliolis forma variis, sacpe ovato-oblongis, tomenlosis ? apice acuminatis, aut acutis, margine inaequaliter dentatis et dentato-serratis : nervatura media dixlinctis , nervis sccundariis , alternis , erectis, raro oppositis, margine terminalis. ICOIVIS DESCRIPTIO Tabula IV. C. Foliolum ovato-oblongum dimidiatum acutum? apice acuminatum, uninervosum, nervis lateralibus alter- nis , vel oppositis, erectis , margine terminatis obsolete lobatis, grosse dentatis, serrato-dentatis. d Nervi laterales eredi. 83 — Tabula IV. C'Foliolum ovato-oblongum, obsolete-lobatum, et inae- qualiter serratimi, apice acuminatimi. a Margo inaequaliter dentatus. d Margo obsolete-lobatus, et inaequaliter dentatus. Tabula VII , D Foliolum ovato-oblongum, obsolete-lobatum , ser- rato-dentatum, dimidiatum . a Nervatura primaria pinnata, prominula, nervi se- cundarii prominuli eredi alterni, laxe reliculati, reticula incospicua. b Foliolum apice Iaceratum. liubus tomentosus Wildenow Sp. pi. 2, pars 2 "• ««. m S n ' r aP| ,f ng', 28o’ el Sylloge Pa8- 247> "• A B. De-Cando le Prodr. 2 pag. 561 n. 43. Noce, et Balb. •29|T,CbV pa§; '3j‘ T' 8- Berlo,oni Fl- Ilal- S pag. Tomentosus. R. foliis supra plus minus denu - datts, et pag. 222 sic ait.... Folia alterna paiolata munc omnia, nunc suprema tantum ternata, reliqua ani- mata. Fol.ola magnitudinis , et formae varia, plerumque rerassiuscula , sed in umbrosis altenuatur, ovata, obova- Ua, oblonga , rbombea, rhombeo-oblongata , acuta, vel tcuminata , basi integra, reliquo margine inaequaliter sterrato-serrata , nunc Ieviter , nunc profundius, nunc ser- — 86 — raturis grossioribus , nunc parvis , et crebrioribus , ma- gis vel minus acutis utriumque molliter incano-tomento- sa, sed subtus saepe dcnsius, et albidius-, ideo quando- que supra ex incano virentia. Foliolum impar longe pe- tiolulatum, lateralia inulto brevius , et subinde leve ses- silia , indivisa, vel lobo extus insculpta, saepe quidquam basi obliquata. Nervus foliolorum in parte inferiore ple- rumque aculeolatus.... Rubus Tomentosus var. b. liypoleucus Vest. ex Guss. FI. Sic. Syn. 1. pag. 569 et FI. Sic. Prodr. 1. pag. 579 ; at notanda sunt vcrba Gussonii in Syn. pag. 569 et 570 Foliis turionum quinatis, caulium terna- tis , foliolis obovato-cunealis irregulariter dentato-serratis basi integris, supra glabriusculis virentibus , subtus dense adprcsscque albo-tomcntosis lateralibus obsolete 1-lobatis calicinis laciniis inermibus.... Caules Fioriferi virentes ob- tuse ac obsolete angulati , glabri , vel uti pedunculi et petioli pubcscentes : foliola praesertim superiora, basi setn- per cuneata ac integra , supra obscure virentia in um- brosis, in apricis vero sacpius stellalo-tomcntoso-cinerea, obtusa vel acutiuscula , ad rachidem plerumque aculeata, lateralia basi exteriore excisa : folia suprema simplicia , integra vel trilobata. Panicula laxiflora.... Rubus Thuillieri Poirct Dici. Supp. 4. pag. 694 ex DC. Prodr. 1 c. Rubus fruticosus var. hypoleucus Jan. Cl. pag. 8 n. 4. Rubus minor alpinus , Etnicus , rectus canescens candido flore. Cupani Hort. Calli, pag. 193. — 87 — Rubus Aetnaeus , trifolius rectus candicans , ac pi- losus. Cupani Panpli. Sic. ed. Bibl. Soc. Jesu. Panormi T. 2. tab. 61. ICONES AUCTORUM Cupani Panphyton Sic. ed. cit. 2. Tab. 61. Noce, et Balb. FI. Tic. pag. 235 Tab. 8. Frutex: Foliola suprema? simplicia, triloba, aut in- tegra, ovato-oblonga , acuta aut acuminala, obsolete-lo- bata et dentato-serrata, ovato oblonga, ovato-rkombea ? uninervosa, nervis lateralibus ereclis divergentibus, pinna- tis, alternis vel oppositis dixtinctis tomentosis? incanis, virentibus? unc. 3 y2 longa? unc. 1 ^ 1 ^2 lata. 0SSEHYAZ10NI l.a II R. tomentosus non è molto volgare sull’Etna, è vigoroso nei luoghi pingui della regione superiore bo- schiva , mette fiori da Maggio a Luglio. E una specie esaminata da’ più distinti botanici , come potrà rilevarsi dalla breve sinonimia che abbiamo collocato dopo la no- stra frase specifica, ed oggi pare bene distinta dalle sue varietà. I saggi diversi che allo stato fossile ho raccolto in Fasano e Lcucatia non mi hanno offerto una foglia intera nelle sue parli, nè anco una fogliolina intera, sono state sempre tagliate al modo come si veggono delineate , tal- ché ci è stato lecito di rilevarne il diametro minore da oncia una ed un quarto , ad oncia una e mezza ; ed il diametro o asse maggiore da oncie tre e mezza a poco più di questa lunghezza. Però lo studio attento latto sugli esemplari viventi , e diseccali tanto del mio Erba- rio , quanto di quello del Cav. Gussone mi hanno in- dotto , d’ unita al connato mio amico , a stabilire che le dimezzate foglie fossili appartengono al Bubus to- mentosus Wildenow , e con molta probabilità alla varie- tà hypoleucus di Jan. e Gussone, come si legge nella sinonimia da me rapportala. 2.a La famiglia delle Dnjadeae nella Flora Sicula offre quattro generi distinti : tali sono Rubus con dieci specie certe e tre varietà; Frac/ aria con una specie certa; Potentilla con sei specie certe ed una varietà ; Geum con una specie certa; come potrà meglio osservarsi nella mia Tavola comparativa delle piante Siciliane trovate dagli antichi e dai moderni botanici (1) ; cotalchè la della famiglia conta generi quattro, specie diciollo e va- rietà quattro. La Flora Fossile dell’Etna conta nella della famiglia un genere e due specie ; cioè il genere Rubus con le due sole specie R. Dalmaticus e R. Tomentosus. (t) Atti dell’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania Tom. XIII Serie Seconda pag. XLYI. ed Elogio Accademico del Cav. Vincenzo Tinco per Francesco Tornabene Casinese — Catania ISoO in-*0 pag. 4L 89 — SEZIONE QUARTA Mio divisamente al cominciare eli questo lavoro della Flora Fossile dell’ Etna 9 fu di seguire famiglie sta- bilite nel Prodromus di P. Augusto Dc-Candolle , e co- sì la famiglia delle Dryadeae Parli, e Yent. avrebbe formato parte delle Rosacene descritte nel dello Prodro- mus; ma osservando che i primi quattro volumi dell’o- pera accennata sono molto più ristretti dei seguenti per le frasi specifiche , per la sinonimia , per la mollipli- cità de’ Generi e delle Famiglie , ed osservando che se i detti primi quattro volumi vorrebbero mettersi al livello degli altri le famiglie ivi accennate, fra quali le Rosa- cene dovrebbero dividersi, e lo stesso vorrei dire de’ ge- neri, come si può ben rilevare dallo Endlicher Genera plantarum in cui si osserva quanto questo numero è mag- giore a quello riportato dal Dc-Candolle, tacendo delle specie, perchè già vi han supplito coi loro lavori il Wal- pers (1), il Kunt (2), il Dietrich (3); così pensai dividere le Rosacene del Prodromus De-Candolle nelle sue tribù Dryadeae e Pomaceae , formando in tal guisa delle dette tribù altrettante famiglie nella Flora fossile ; or se ivi la prima famiglia contò il solo genere Rubus , la seconda conterà il solo genere Pyrus . (1) Annalcs Botanices Systematicae Voi. 5. (2) Enumcratio Plantarum Stutgart Voi. 6. (3) Specics Plantarum Vindobonae Voi. 5. ITTI ACC. VOI. SVI. 12 -tv- C — 90 ORDO POMACEAE Juss. Gen. pi. pag. 334. Linn. orci. nat. n. 36. Unger Gen. et Sp. pi. foss. pag. 481. Lindley Trans. Linn.’ Soc. 13 pag. 93. Massalongo Piante fossili de’ ter- reni Tcrziarii del Accentino pag. 203. Visiani e Massa- longo Flora de’ Terr. Terz. di Novale, Alti dcll’Acc. R. di Torino T. 17 ser. 2a pag. 235. Iiosaceae Trib. Vili. DC. Prodromus 2. pag. 626. Bosaceae Vent. Tab. 1. 3. pag. 331. Ridi. Eleni. Rot. Meth» Nat. exp. ed. 5 pag. 216. Duby Rot. Gali. T. 1. pag. 162. Marsileae Schultz Nat. Syst. pag. 509. Car. Truncus ligno durissimo, medulla centrali, et radiis liorizontalibus inconspicuis inslruclus; Folia simpli- cia , raro pianata, stipulala, nervatura primaria dixtincta, nervis sccundariis angulatis et sursum saepe curvatis. GENUS PYRUS Linn. Gen. pi. pag. 251. Tourncf. Inst. 3 tab. 404. Juss. Gen. pi. pag. 335. Lande. 111. 5 tab. 435. Vent. Tabi. 3. Tab. 335. Endlicli. Gen. pag. 1237 n.° 6342. Dd. Prodr. 2 pag. 635. Lindi. Trans. Linn. Soc. ì r'-' — 91 — 13 pag. 97. Ten. FI. Nap. 276. Duby Cot. Gali. T. 1. pag. 181. Unger Gen. et Sp. pi. foss. pag. 48. Mas- salongo piante fossili del Vicentino pag. 203. Visiani e Massalongo FI. dei tcrr. terz. di Novale, Atti dell’ Acc. R. di Torino T. 17 ser. 2.a pag. 235. Car. Arbor spinosa aut arbusculum, corticc griseo; tigno colorato rubeolo; ramis sparsis, fibris lignosis fle- xuoso-ercclis. Folia simplicia, petiolata , ovata, integra vel sorridala. PYRUS COMMUNIS /■ 4 Vide Tabula IV. B. P. foliis simplicibus ovato-oblongis, apice acuminatis, basi rotundatis ac subanguslatis, subtus margine inte- gerrimis, supra obiter crenulatis, glaberrimis, planis, pe- tiolatis, nervatura media valida instruclis, et nervis late- ralibus secundariis pinnatis opposilis, aut alternis venu- losis, subtus angulosis, supra curvalis, rete venoso-an- gusto-conspicuo constitulis. ICONIS DESCRIPTIO Tabula IV. Figura B. a Folium perfeelum grande ovato-oblongum apice a- cuminatum, basi angustalum, nervatura media seu prima- ria dixtincta, nervi secundarii venulosi alterni vel oppositi * s’v * — 92 — subtus anguiosi, supra curvati rcliculato-venosi, margine suIjIus integerrimum, supra obsolete serralum. b F olia simplicia lacerata, et nervatura media valida, et venulis lateralibus curvalis creclis inslrucla. c Folium margine supra scrrulalum apice acumi- natimi. dd l.° Folium margine subtus integerrimum ; 2.° Folium margine obi ter denliculato-crcnulatum. ce F olia lacerata clvenulosa, venulae curvalac creelae. Pyrus Commnnis Limi. sp. pi. pag. G8G et aneto- rum sequentiuni? Àllioni FI. Pcd. 2 pag. 143 n. 1817. Scb. et Mauri FI. Rom. Prodr. pag. 170. Ten. FI. Nap. 4 pag. 27 G et Sylloge pag. 242 n. 1. Ab. Ucria Ilort. R. Panor. pag. 209. De-Cando!lc Prodr. 2. pag. G33 n. 1. Pyrus Commnnis var. B. Rcrlol. FI. Ital. 3. pag. 1G6 ubi sic ait. Foliis oblungo ovatis, ulrinquc anguslatis, sub-integris pomis turbinatis Àrbor insignis, vel in sa- xosis arbuscula. Caudcx conicus, codice cinereo senio fusco rimosoque, rami sparsi, patuli, tedi corticc gilvo, saepe armali spinis et ramulis abortivis. Folia parva, sparsa, longa peliolata, ovaia, subinde subcordala, acuta crebre et minute serratala, supra saturate viridia, glabra subtus pallidiora , pubescenlia, aut lanuginosa, scro glabrata. Stipulile lineares caducae Yarictas B differì foliis grandioribus , ovalo-oblongis utrinque angustalis , inle- gerrimis, aut obiler crenulalis. Gussone Prodr. FI. Sic. 1. pag. 337, ail var. b foliis integris elliptico- oblongis, u!rinquc subaltenualis. — 93 — Pyrus Tlieobroma? Unger Gen. et. Sp. pi. foss. pag. 48. Yindobonae 1850. P. foliis pctiolalis lato-ovalis suborbicularibus integerrimis, nervis secundariis alterna- tim pinnalis simplicissimis curvatis subremolis , rete ve- noso angusto conspicuo. Pyrus Sylvestris verticillato fructu majori, indio minusve aspero sapore. Cup. Ilort. Calli, pag. 184. Pyrus Sylvestris Dod. Pempt. 800. ICONES AUCTORUM Duhamel Arb. ed. nov. v. b Tab. 39 ? Dodoneo Pempt. 800? Smith Engl. Cot. voi. 25 Tab. 1784. Arbor alta? Folia grandiuscula subcoriacea ? ovata, oblonga unc. 3-4 longa unc. 1 -2 lata pubescentia? plana, margine integra, vel obsolete-crenulala, vel minu- te serrulata versus apicem denticulata acuminata , acu- mino rotundato, ad basini rotundata aut parum angusta- ta, pcliolata; Pcliolo rotundo ? nervatura media valida prominula rotunda , nervi laterales aut anguiosi eredi, pinnali, aut curvali, mesophyllum rete venuloso conspicuo instructum. 0SSEBYAZHM l.a La specie del Pyrus communis tanto nel suo tipo, quanto nella sua varietà b accennata, si trova in pa- recchi boschi di Sicilia, c specialmente in quelli dì Ca- — 94 — / conia, Mistrelta , Castelbuono , Ficuzza, e S. Maria del Bosco; sull’Etna non mi ostato dato fin’ oggi di trovare la specie , o la sua varietà, per cui dal veder nella Flo- ra Fossile il Pyrus communis var. b in belli esemplari di foglie, devo conchiudere clic questa è una delle spe- cie scomparse dai boschi del nostro monte. In Sicilia si eleva da dieci a venti piedi, il tronco quando invecchia si fa solcato, cimoso, i rami sono spesso coverti di va- lide spine ; il frullo è turbinato , e sebbene selvatico , pure negli ultimi d’autunno è dolce, e si mangia dagli indigeni ; da Api ‘ile a Maggio si copre di belli e grandi fiori con corolla bianca, e lembo roseo, calice turbinalo, bianco-tomentoso con le lacinie ovate, caduche, gli stami più brevi de’ petali, cinque stili più brevi degli stami, gli stimmi depressi ; il pomo è di colore ferruginoso e dal lato ove guarda il sole tingesi in rosso ; è piccolo di forma, turbinalo, con collo breve; il sarcocarpo e duro, acido che poi si muta in dolce, lo si mangia ordinariamente colto; i semi sono color fosco-castagno. 2.a II De-Candolle nella Geografìa Botanica ragio- nata volendo stabilire nel modo lessico l’ antichità delle specie vegetabili trova che il nome di Pijrus è in varie desinenze nelle antiche lingue, ma non trovandolo nella lingua sascritta conchiude: « probabilmente la patria pri- mitiva (del Pyrus communis Linn.) è vasta, e la cultura è antichissima con una infinita serie di varietà che por- tano a diversi nomi. Non ha nome nel sascrilto , c da ciò si comprende perchè sino al presente la cultura del Pero si estende sino al centro dell’ Asia, ed al Nord della -Oo- Cina senza trovarsi nelle Indie settentrionali (1). » È ben convenuto da’ Geografi Botanici che la delta specie è spon- tanea dell’ Europa meridionale , ed ai tempi di Plinio i romani conoscevano tante varietà di Peri da soddisfare le loro mense lussuriose (2). Da Palladio sappiamo i varii usi a cui destinavano gli antichi le frulla del Pero (3). Oltre dal mangiarle ne ottenevano f aceto ed il vino, sarebbe questo il nostro sidro ? In Sicilia mangiamo le pere colle, secche, e crude, in siroppo, ed in saccaruro: usiamo del legno per opere di scultura, di tarsia , di strumenti musicali e di medicina, e finalmente gli diamo de’ colori per imitare ora l’ebano, ora il mogano. I no- stri antichi storici nulla ci dicono dell’ uso del pero sul- f Etna , del suo legno, c del suo frullo, mentre tanti scrittori abbiamo di cose rustiche , e gastronomiche ; il silenzio d’ un frutto tanto utile mi conferma nel pensiere che il P. communis Lino, non era sul monte. 3.:i L’Etna è coperto d’ una vegetazione rigogliosa e variata, specialmente la Vite, il Pero, il Pomo vi lus- sureggiano al modo degli Orli Esperidi, ed a mio avviso il terreno vulcanico dell’Etna tra tulle le specie d’alberi a frutto pare più acconcio e più adatto alle famiglie delle Ampelideac , e delle Pomaceae e specialmente ai gcne- iri Viiis L. e Pyrus L. Tale vegetazione deriva dalla (1) Al pii . De-Candolle Geogr. cit. T. 2 pag. 889. (2) Plin. Ilist. 1 XV c. 15. (3) Palladius de Re Rustica lib. 3 Tit. 25 febr. n. 11. — 96 — fecondità del suolo , e dalla spontaneità de’ generi nella stessa stazione vulcanica. Però intorno alla Yite io non saprei dichiarare se fosse veramente spontanea dell’Etna, o pure se bisognasse ripeterne la cultura dagli antichi abitatori dell’Isola, e con- fondersi con 1’ epoca favolosa di Pacco-Etneo; certo, che io qualche volta ho veduto degl’ individui selvatici della Vitis vinifera L. ma con ciò non saprei determinare se questo è l’ effetto delle disseminazioni naturali fatte delle viti culle nelle vicine contrade , o pure della spontanea comparsa delle specie. Non cosi del genere Pyrus , questo si trova così diffuso, selvatico , ed imboschilo sull' Etna da non farci dubitare un istante sulla indigena e primitiva sua esisten- za nel vulcano ; a questo fatto della odierna vegetazione sull’Etna possiamo unire quello della Flora Fossile da cui si ricoglie, che il Pyrus era spontaneo ai tempi del- la formazione alluvialc. Sull’ Etna si hanno molle varietà di Pyrus communis L. e del Pyrus malus L. ed ho potuto stabilire dietro una statistica generale , che il Pero abbonda piò nella parte d’Nord-Ovest verso le regioni elevate di Licodia, Bian- ca villa, Adernò ; ed il Pomo nella parte Sud-Est di Pe- dara, Trecastagni, Giarre, Biposto, Lincea ; ho conosciu- to altresì che la varietà del Pero che mette piò fruito è il Pyrus communis Lin. var. Savino ; c che trai Pomi, i quali mettono piò frutto sono il Py ras malus Lin. var. miladeci , c var. cola ossia Limoncclla denti — 97 — Italiani; quest’ alberi si caricono di tanto frutto da fer- mare il passo a qualunque viandante per essere veduti ad ammirati, tanto è il numero delle frutta, tanta la bel- lezza c l’incanto degli alti alberi del Pero, e degli estesi rami del Pomo carichi di parecchie migliaja di frulla bianche , e rosee che contrastano col verde lucido delle i foglie , e col nero suolo llegreo , sicché fanno sorpresa anco ali’ occhio più consueto a vederli. La varietà del Pero più usata sull’ Etna in està è il Butirro , in inverno /’ Ucci anione ; il primo ha polpa bianca, delicata, acquea, e scorza verde, Informa rego- lare grande turbinata ; il secondo ha scorza gialla , pa- llina e polpa delicata, acquea, giallognola con forma tur- binata grande larga alla base, inclinata verso 1’ apice. La varietà de’ Pomi più usati sono V Appione ed il (Gelato in autunno, il Cola ed Appio in inverno, di che inon passiamo a dare descrizione essendo fuori del nostro ?scopo , solamente diciamo che in tutti i mesi dell’ anno Issull’ Etna si hanno le Pere e le Mele di belle e gustose (qualità. Or, tutte le varietà sull’ Etna tanto del Pero che del IPomo non derivano dall’ innesto sul Pyrus communis , nome in tutta Europa, ma dal Pyrus pyrainus Rafinesque, specie propria dei terreni aridi di Sicilia, e spontanea in tutta l’Etna. In questo caso abbiamo due interessanti novità ; primo che nella Flora Fossile dell’ Etna si ha una specie estinta ; secondo che nella Flora vivente le ante c tante varietà del Pyrus non si devono che ad una ATTI ACC. VOL. XVI. ^ 98 — sola specie indigena, diversa da quella delle altre parti d’Europa. 4 11 II Rafinesque pubblicando il suo Giornale di Scien- ze Naturali in Palermo al Volume 2.° n. XII descriveva un Pero proprio della Sicilia, che dal nome volgare amò appellare Pyrus pyrainus (I). Il Cav, Giovanni Gussone aveva anco scoperto in quel tempo la stessa specie nel continente napolitano, e con esimia diligenza I’ aveva de- scritto e figurato sotto il nome di P. cunei [olia (2), sco- perta clic fu adottala dai dotti finche al 1841 il mede- simo Gussone dichiarò che la priorità si doveva al no- me del Rafinesque. Questa specie ò dal Gussone ripor- tata per varii punti di Sicilia , e non per 1’ Etna ove abbonda in tutti i sili. E da notare, che quest’albero nei boschi si presenta cespuglioso con rami contorti, e spinosi, foglie piccole lanceolate, ottuse, o acuminate, con pcziolo breve, e frutto piccolo, e peduncolo lungo; ma appena questo alberello è spoglialo de’ rami inferiori e si fa sfilare per elevarsi ad unico tronco, in tal caso le foglie , il frutto , ed il tronco stesso acquistano di- mensioni maggiori ; potrei dire che il Pyrus cuneifolia acquista molla somiglianza col P. amyy (Iole formis Vili. Cat. des. pi. du jard. de Strasburg. pag. 323. Fiorisce (1) In Sicilia il Pero selvatico s’appella Piraino e Praino, anzi sull’ Etna vi sono delle contrade dette de’ Praini per 1’ abbondanza di questi alberetti. (2) Gussone Plantae rariores pag. 202 Tab. 39. Syn. Florae Sic. T. 1. pag. 581 T. 2 pars. 2 pag. 831, — 99 — quest’ albero da Aprile a Maggio , le frutta sono verdi ed acerbi sino al Dicembre: c siccome la descrizione e figura datane dal Gussone nelle sue opere sono molto diligenti ed esatte cosi amiamo riferire la prima : Syn. FI. Sic. Tomo 1. pag. 557. P. Ramis spincsccnlibus, foliis oblon- go-ovalibus, lanceolalisque crenulatis basi cunealis, junio- iribus subliis lloccoso-pubescenlibus, adullis glaucescenli- bus, glabralis, pedunculis corymbosis junioribus canescen- Itibus calycinisque dentibus lanato-tomentosis , petalis ob- icordalis, fructibus globosis. P. Sylvestris fruclu triplo minori acerbiori et tardiori Cup. Hort. Calli, pag. 184. Ic. Guss. pi. rar. pag. 402 tab. 39 idem Prodr. FI. :Sic. T. 1. pag. 507 et Syn. FI. Sic. T. 1. pag. 557 tubi ait In sepibus , collibus aridis , et campis ste- rrilibus, ubique in Sicilia floret Aprili Majo. Arbor. Ar- buscula et frutex; ramis rigidis, tortuosis, inlricalis; fo- lia 1 y2 poli, longa, brevitcr peliolala ^ obtusiuscula, basi nunquam cordala, in ramis adullis fascicolata, demum sub- coriacea, firma, flores et fructus diametro fere scmipol- licari, glabri variai foliis plus minus oblongo lanccolatis acutis vel obtusiusculis, inlegris, vel crenulatis; flores du- iplo majores quam in scquenli, cui valde proxima; fructus ^aepe acerbi, etiam sero aulimmo, ramis adhaerentes. 5.a Passando alla parte statistica della Flora Fos- sile dell’ Etna, con la vivente di Sicilia, possiamo osser- vare, che la famiglia delle Pomaceae in Sicilia conta iflue generi, cioè Mespilus con cinque specie senza alcu- ma varietà, e Pijrus con tredici specie, e tre varietà; laiche si hanno generi due , specie diciollo , e tre va- — 100 — rietà; nella Flora Fossile dell’ Etna la famiglia delle Po- maceae gode d’ un genere , cioè del Pyrus communis var. I) ma questa specie è scomparsa dalla Fiora pre- sente del vulcano. G.a II genere Pyrus è uno dei componenti la Flora Fossile de’tcrreni terziarii d’Europa come ha notalo il sig. Massalongo, spogliando le opere presenti degli scrittori di Paleontologia botanica (1). Egli osserva clic nei detti terreni si hanno tre generi nella famiglia delle Pomaceae cioè il Pyrus , il Cralaeyiis , ed il Coloneaster ; nessuna specie però di questi generi appartiene alle specie viventi, sono tutte allo stalo fossile descritto dall’ Unger (2). Due novelle specie dal medesimo Massalongo c Visiani furono trovate ne’ terreni terziarii di Novale nel 1854 appellale da essi Pyrus coriacea, c Pyrus ambigua (3), ma que- ste stesse non sono state fin’ oggi trovale simili a qual- che specie vivente. Mi pare degna d’ osservazione quella ricerca falla del citalo Massalongo sulle specie di Pyrus da lui tro- vate e descritte nella Flora Fossile de’ terreni terziarii del Vicentino ; quest’ insigne botanico ravvicina le due (1) Massalongo sopra le piante fossili de’ terreni terziarii del Vicentino pag. 254. (2) Gen. et Spec. pi. foss. pag. 481 le cinque specie sono P. Theobroma , Euphcmes , minor , troglodytar-um , aizoon. (3) Visiani e Massalongo Flora Fossile dei terreni terziarii di Novale presso il Vicentino, negli Alti della lt. Accademia di Tori- no T. 13 ser. 2. pag. 235 236. — 301 — specie fossili a specie viventi , sebbene con molto dub- bio, ed incertezza; egli dice cbe il Pyrus minor Unger può rispondere al Pyrus Cy donici? L. ed il Pyrus Tro- glody tarimi Unger al Pyrus Micheoxii? Dose. (1). L’Et- na non presenta, per quanto studio avessi portalo sulla fo- glia che ho figurato nella Tavola IV alla lettera B novi- tà alcuna sulla flora vivente; solo ho rilevato cbe è scom- parsa la specie dalle stazioni dell’ Etna per mostrarsi in altri siti dei terreni terziarii, o secondarii di Sicilia. SEZIONE QUINTA La famiglia delle Myrtaceae nella Flora Fossile d’Europa, giusta il Prospetto compilalo dal D.r Massa- longo, contiene tre generi: Myrtus, Eugenia, Eucalyptus , ed ogni genere conta parecchie specie che spettano al periodo mioeeno e plioceno (2) ; la flora fossile dei terreni terziarii del Vicentino offre esemplari di questa famiglia ma dei generi Eugenia ed Eucalyptus , manca il genere Myrtus ; da ciò pare cbe l’Etna dia nuovi ge- neri alla flora fossile d’Italia, come andremo a dimostrare portando l’esame su d’ alcune specie di Myrtus trovale in Fasano e Leucatia. * E però da considerare che la famiglia delle Myr- (1) itlassalongo sopra le piante fossili de’ terreni terziarii del Vicentino pag. 34-35. (2) Sopra le piante fossili de’ terreni terziarii del Vicentino A. D.r Massalongo — Padova 1851 in-8° pag. 235. — 102 — taceae abbenchè contasse 44 generi e 1300 specie, vi- vesse in area estesa sotto i gradi di 33° a 45° di lati- tudine Nord, e poi toccasse i gradi di 46° a 55°, tuttavia in certe stazioni si offre isolata e ristretta, per cui non deve recar sorpresa se in una vasta regione, o abita- zione si trovi il genere Myrtus e le specie 31. communi» e 31. latifolia , e poi venisse a mancare in questo e quello altro punto, o luogo ora questa, ora quell’ altra specie. ORDO MYRTÀCEAE i Rob. Brown Gcner. in Finlandia voy. 2. pag. 540. De-Candolle Prodr. 3. pag. 207. Darti. Ord. Nat. pag. 330. Duby Dot. Gali. T. 1. pag. 183. Unger. Gen. et Sp. pi. foss. ordo 100 pag. 480. Massalongo piante fossili del terreno terziario del Vicentino pag. 134, ordo 30. 3Iyrtineae Schultz Nat. Syst. pag. 420. 3Iyrtrideae Yent. Tabi. 3 pag. 310. 31yrU Juss. Gen. pi. pag. 322. Hesperideae Limi. ord. Nat. n. 19. Car. Arbusculi aut frulices : rami lereles , ramuli tetragoni. Folia simplicia, parva, peliolala, unicostata seu uninèrvia pinnato-venosa, venis ante marginem confluenti- bus. Bacca parvula, ossea, coronala. »• .... •vj r*r: — 103 GENUS MYRTUS Lin. Gen. pi. pag. 248. Tournefort Inst. 3 tab. 409. Juss. Gen. pag. 324. LK. Illustr. 5 tab. 419. Vent. Tabi. 3 pag. 325. Gaertn. De fruct. 1 pag. 184 tab. 38. Dc-Candolle Prode. 3 pag. 238. Endl. Gen. pag. 1231 n. 6316. Rerlol. FI. Ital. 5 pag. 116. Gnss. Syn. FI. Sic. 1 pag. 550. Unger Gen. et Sp. PI. foss. pag. 480. Massalongo piante fossili pag. 174. Duby Dot. Gali. T. 1 pag. 182. DC. Fi. fr. 4 pag. 426. Car. Rami virgati , foliosi. Folia simplicia , parva, rolundata aut acuminata , unicoslata , et venulis pinnatis margine in gyrum coalitis. Racca subrolunda. Semina re- niformia, dorso teda crusta ossea. l.° MYRTUS COMMUNIS Vide Tab. V. fig. A B Tab. VII. fig. E. M. Ramis ercctis, virgalis, foliosis; Foliis solitariis, brevissime pctiolalis, glabris, coriaceis? reliquis ovalis, ova- to-acuminatis, parvis, aut lanccolalis, aut ovalo-lanceola- tis integerrimis , apice aculis , basi angustatis, aut utrin- que acuminatis , aut orbiculalis ; nervatura media donatis, nervis secundariis pinnatis, venulosis, alternis, vel opposi- tis, parallelis, versus marginem conlluenlibus , veluti ner- V — 104 — vum periphericum ; foliis magnitudine mire variantibus ; petiolo brevissimo , rotundo . ICONIS DESCRIPTIO Tab. V. Fig. lì a Folium ovato-oblongum, lanceolatum, apice acu- minatum , nervo medio , nervis lateralibus venulosis , ac nervo periplierico instructum. b Folium lanccolalum utrinque acuminatum, unico- statum integerrimum, petiolatum ac alia folia ovata, acu- minala, aut acuta, parvula ac grandiuscula, semper uni- costata. c Folium ovatum acuminatum integerrimum, basi sub- attenuatum cxquisite unicostatum et nervo peripherico. d Folium ovato-lanceolalum , exquisite unicostatum nervis secundariis venulosis connivenlibus in nervo peri- plierico conspicuo. e Folia lanceolata, integra, glabra, nervo primario, nervis secundariis pinnatis, altcrnis , erectis , paralleli , et nervo peripherico instructa. Tabula V. Fig. A a Folium ovato-oblongum, acuminatum, utrinque at- tenualum, petiolatum, unicostatum, nervi secundarii ve- nutosi, conspicui et ncrvuni periphericum. b Folium ovatum, parvum, petiolatum, nervatura me- — 105 — dia et nervo peripherico , ac secundariis nervis incospi- cuis. c Folium lanceolatum acutissime ulrinque attenuatum, unicoslatum, nervo peripherico instructum; peliolatum. d Folium ovato-Ianceolatum , acuminatimi, ulrinque angustatum, nervo medio, et nervis secundariis, nec. non nervo peripherico signatum. ee 1° Folium" parvum apice acuminatum, nervo me- dio, et peripherico incospicuo. 2° Petiolum folii. Tabula VII Fig, E. aa Caulis lignosus virgatus inlus fibris longiludina- libus contextus. b Caulis lignosus apice truncatus. c Folium ovato-acuminatum, laceralum. d Folium ovato-acuminatum nervo peripherico , al- tero medio, et aliis secundariis alternis instructum. ee Nervi secundarii parallele venosi, et nervum pe- riphericum. f Àcumcn folii. Myrtus communis Linn. sp. pi. pag. 673. Lamarck Illustr. o lab. 419. Aliioni FI. Ped. 2 pag. 137 n. 1791. Sebast. et Mauri Prodr. FI. Rom. pag. 168 et Prodr. alter FI. Rom. Sanguinelti pag. 374. Ten. FI. Napo- li!. 4. pag. 271 , et Sylloge pag. 241 n.° 1. Ab Ucria Hort. Pan. pag. 203. I)C. Prodi*. 3 pag. 239 n. 5. Rcrtoloni FI. Ital. 5 pag. 117-18 ubi sic ait — M. Foliis ovatis , acuminalis distantibus Arbusculum ATTI ACC. VOL. XVI. 14 — 106 — orgyalis, sed passim in sylvis ceduis frutex liumilior cae- spitotus. Caulis teres, crcctus , opposite vel alterne ra- mosus Ramuli tetragoni glabri, vel subpilosi, glan- dulosi. Folia opposita, raro verticillato-terna, saepe lusa hic illic alterna, brevissime pcliolata, coriacea ovata, magnitudinis mire variantis vel in eodem individuo, et interdum grandia , alias ovato-lanceolata , integerrima , glabra, nitidula, pellucido-punctata , supra laete vel sa- turate viridia, subtus pallidiora, uninèrvia, parallele ve- nosa, venis paulo ante marginem folii confluentibus ve- luli in nervum periphericum, sive opposita , sive alterna inter se potius remota, basi angustata, ima acuta, supe- riora exquisite acuminata. Stipula utrinque una exigua, puberula in basi cujusvis pelioli. Petioli glandulosi Gussone Syn. FI. Sic. T. 1. pag. 550 sic ait DI. Glabcrrima foliis ovalis , vel ovato lanceolati acutis levi- bus, pedunculis axillaribus Frutex saepe 8-10-pedalis sed dum caeditur basi caespitosus ac ramosissimus ra- mis junioribus tetragono-alatis ; Folia nitide vicenda, co- riacea, subapproximata, subsessilia, apice saepius mu- cronulala, aliquando stipuli exiguis instructa: pedunculi folio subjecto parum breviores idem Prodi*. FI. Sic. 1 pag. 5GO; et Enum. PI. Inarim. pag. 129. Lamarck Sy. FI. Gali. pag. 329. Duby Dot. Gali. 1 pag. 184. Dtyrtus Caesalp. de plantis lib. 3. c. 39 pag. 127. ICONES AUCTORUM. Ileer Philosopbical Transactions Part. 2. 1858 pag. 783 pi. 51. f. 4. — 107 — Lamarck Illustr. T. 5. tab. 419. Plenck Icones PI. Medie. 4. pag. 70 Tab. 374. Matth. cd. Valgi*. 1583. T. 1. pag. 284 fig. 296. VARIETATES l.a MYRTUS COMMUNIS VAR. ITALICA. Vide Tab. V. fig. B. a c d. M. Foliis ovato-lanceolatis aculis. Myrtus Communi# L. var. a italica Lin. sp. pi. pag. 673. Richter Codex Lina. pag. 475. Gussone Syn. FI. Sic. 1 pag. 550: Prodi*. FI. Sic. 1 pag. 560, et Enum. pi. Inarim. pag. 129. Myrtus communi# Luetica Ten. FI. Nap. T. 4. pag. 7. LR. Illustr. gen. lab. 419. Myrtus communis , italica Cup. Cath. pag. 148. Myrtus mlyaris niyra et alba Bauhin. Hist. 1. pag. 510. Myrtus sylvestris Castelli Ilort. Mess. pag. 15. variat. a baccis nigris, e b. baccis albis. Myrtus communis var. b. leucocarpa Tea. Sylloge pag. 241. — 108 — 2.a MYRTUS COMMUNIS VAR. ROMANA. Vide Tabula V. Fig. A. a b e et Tab. VII E. ili. Foliis ovalis , aut orbiculato-acuniinatis. Myrlus communis var. b. romana Codex Limi. Richter. Gussone Syn. FI. Sic. 1. pag. 550 pag. 479. % rtus communis romana Cup. Ilort. Calli, pag. 148. Myrlus romana Matth. Comm. 1. pag. 207. 3.a MYRTUS COMMUNIS YAR. LUS1TANICA. Vide Tab. V. fig. A c d et Tab. V. fig. B. b e d. il/. Foliis anguste lanceolato-ovalis acutis. Myrlus communis var. d. lusilanica Lin. Sp. pi. pag. 674 et Codex Linn. Richter pag. 775. Guss. Syn. FI. Sic. T. 1. pag. 559 ; idem En. pi. Inarim. pag. 129. Myrlus minor vulyaris Castelli Ilort. Mess. pag. 15. Myrlus minor vulyaris Lob. Ic. 2. pag. 127. Myrlus sylveslris foliis acutissimis Clus. liist. 1 , pag- 1*. Frulex ramis virgalis eredis foliosis. Folia ramo- rum opposila aut alterna , raro verticillata , infima par- vula , ovata , ovaio-acuminata, reliqua varia saepe in lina eademque pianta lanceolata utrinque acuminala lin. 12 longa et lin. 3 lata , ovaio-acuminata poli, unum longa — 100 — f et lin. 6 lata ; aut ovaio-acuta lin. 12 longa et lin. 4 lata , aut lanceolato-linearia lin. G longa et lin. 2 lata, aut ovata parvula lin. 3 longa et lin. 2 lata omnia pe- tiolata, petiolo brevi, rolundalo, subalato? Nervo me- dio dixtincto instructa , et nervis secundariis pinnatis , alternis, vcl opposilis, venulosis, ad marginem conniven- tibus in uno eodem nervo peripberico ; glabra, subco- riacea. OSSERVATOTI l.a La Sicilia nella sua Flora vivente conta una sola specie di Myrtus e quattro varietà rapportate dalla Sy- nopsis Florae Siculae del Cav. Giovanni Gussone , dal Cupani nell’ Ilort. Calli, pag. 148, ed altrove. La spe- cie con le sue varietà staziona nei colli erbosi, e fruti- cosi vicini al mare, la varietà a porta frulla o fiacche or nere ora bianche, tutta la pianta manda odore aroma- tico; le foglie sono sparse di punti, portano un colore verde lucido, i rami giovani sono rossastri, i fiori ascellari uni- fiori, a corolla bianca quale s’ apre da Aprile a Maggio. Or da quanto abbiamo descritto circa ai fossili del Myv- tus communis e tre sue varietà sull’Etna, si rileva, che oggi sono scomparse la specie con tutte le varietà dal vulcano poiché non si trovano in nessun canto del monte: solo vivono lungo le sponde del fiume Simelo, cioè a dire sette miglia distante dal terreno vulcanico; cosi l’Etna manca d’una specie e diverse varietà, che ebbe un tempo a causa della stazione di Lcucalca, c Fasano, la quale era di — 110 — luoghi paludosi ed umidi per il fiume che vi scorreva , e per il mare vicino che forse ivi bagnava il terreno ar- gilloso e vulcanico. 2.a II Professore Oswald Ileer, descrivendo il Myrtus fossile dei citati luoghi, di cui ne ebbe i saggi dal si- gnor Lyell, ne eseguì la figura la quale mi pare esatta nel senso scientifico, e non mai nella verità naturale; da- poicliò dalle mie figure ritratte dal vero con esimia di- ligenza, e scrupolosità, ognuno rileverà quanto incom- plete, e leggiere si osservino le nervature secondarie nelle foglie del Myrtus e più la nervatura periferiale. E per mostrare tutta la possibile verità nella specie seguente del mio Myrtus latifolia ho voluto presentare i profili delle nervature nel modo che si vedono allo stato fossile , ri- traendo le figure dai migliori di tutti gli esemplari che stanno nella mia collezione fin oggi , dal che si rileva come le dette nervature non sono chiaramente e forte- mente segnate come nel vivente , c come pare che fos- sero le figure dell’ Ileer. Io però ad amore della scienza credo utile qui fedelmente trascrivere le parole dei- fi Ileer intorno al detto Mirto , essendo degne di quella diligenza che dà un nome al distinto botanico. Myrtus comunis L. fìgs 4. and. 5 piate LI. The most numerous of thè leaves from Fasano , Thcy bave complelely thè characteristic nervalion of myrlle leaves a (listine! border nerve, which runs parallel lo thè edge and reccivcs thè numerous delicate sccondary nerves. Ilere and there thè nervillae may also he detcctcd. The sccondary nerves ap« pear lo he ralher more numerous llian in thè living myrtle. — Ili — There are two principal divisions: a Figs. 4. Piate LI. Lea- ves agreeing in size and forni ivi ih thè large leaved myrtle of Italy and of our greenhouses. They are also pointed at thè end (1). 3/ I) Mirto fu sacro a Venere, ed a questo motivo i romani aromatizzavano l’olio ed il vino colla detta pianta; e mancando del pepe impiegavano il Mirto a condire le vivande come elemento tillicanle. Il Mirto contiene molto acido tannico, quindi i rami e le foglie sono usate dai concipelli ed altri allo scopo di tannare i tessuti orga- nici. La farmacia usa del Mirto quale astringente impie- gando le Lacche per il siroppo, e l’estratto, e preparava con le foglie l’acqua angelica ad uso cosmetico ; la do- mestica economia usa del legno per fascina; ed i pittori carbonizzano i rami per foggiare dei disegni sulla carta , come fosse matita. 2. MYRTU3 LÀTIFOLIA Vide Tab. VII. B C M. Foliis ovato-acuminalis grandiusculis basi rotun- datis, margine integris et subrevolutis peliolatis, petiolo brevi, unicostatis, nervo medio dixlincto, nervis secun- dariis alternis, vel oppositis, subparallelis, versus mar- ginem inter se nervo peripherico conjunctis a basi ad apicem. (1) Philosph. Trans, p. II, 1858, pag. 182. ICONIS DESCRIPTIO Tabula VII. C. Folium ovato-oblongum unc. 2 et lin. G circiter longumetlin. Il latum, margine integrum, basi rolundatum, apice acuminatum? unicoslalum nervis secundariis, et ner- vo pcripherico. a Nervum primarium , et nervi secundarii pianali , alterni vel oppositi. b Nervum periphericum dixlinctum, et nervi secun- darii vcnulosi conjuncli. c Peliolum breve? B. Folium ovatum. a Nervum medium , et laterales nervi alterni , aut oppositi. b Folium apice laceratimi. cc Nervum periphericum dixtinctum. d Nervi secundarii subparalleli. Myrtus communis vav. boetica Linn. sp. pi. G73 et Codex Linn. Piieliter pag. 479 , DeC. Prodromus T. 3, pag. 239. Gussonc Syn. FI. Sic. T, 1, pag. 350, Beri. FI. Ital. T. 5, pag. 121. Miller Dict. Blackw. Tab. 114. Myrtus communis var. latifolia licer Philosoph. Transact. P. II, 1838, pag. 782, figs. 5, Tab. LI. Myrtus boetica latifolia Cup, Iiort. Calli. Suppl. alt. pag. 04. Clusius llist. PI. lib. 1, pag. G5 , Bauliin. Pi- nax pag. 4G9. — 113 — ICONES AUCTORUM Lobel Icon. 2, pag. 127. Clusius llist. PI. lib. 1, pag. 63 fìg. bona — Blackw. Tab, 114. Hecr Transact. Philosopb. p. 2, 1838, T. LI figs, 3. MYRTUS LATIFOLIA AOBIS Arbusculum ramosum, ramis virgalis ereclis? Eolia conferta? grandia ovato-oblonga , et oblongo-lanccolata . acuminata, glabra, integra, breviter peliolata, nervo me- dio dixlincto , et nervis laleralibus venulosis , pinnatis , alternis vel opposilis , non paralleli , versus marginem directis, inter se nervo medio peripherico conjunclis , a margine dixlincto. OSSERVAZIONI l.a 11 Myrtus communis presenta delle varietà im- portanti come abbiamo notato precedentemente , ma ho potuto osservare , da quanto scrisse il signor Bcrloloni nella Flora Italica, che le varietà romana, lusitanica, ed italica le quali vanno distinte per le dimensioni delle fo- glie, c pel colore della bacca possono trovarsi sul medesimo individuo, o sopra due ; talché il botanico può accontarle tra le variazioni , c le varietà. Ma intorno alla varietà Iodica latifolia di Linneo , il chiarissimo Bertoloni os- ATTI AGC. VOL. XVI. 13 — 114 — serva quanto ci piace riferire , onde mostrare per qual motivo abbiamo noi trasportato la varietà linneana in ispe- cie propria e distinta : « Passim colitur in horlis noslris Myrtus Iodica latifolia domestica Clusii Ilist. pi. lib. 1 pag. 65 fìg. quae ob folia grandia, oblongo-lanceola- ta, conforta, minus nitenlia , mihi videlur distincta spe- cies, ncc pio varielate Mijrli communis cum Linneo ha- benda. » Bert. FI. It. T. 5 pag. 121. Il diligente signor Gussone nella citala Synopsis Florae Siculae al T. 2. Pars. 2 pag. 859 conferma il pensiere del Borloloni co- sì esprimendosi: « Myrtus communis hoctica non nume- rilo cl. Bertoloni in FI. Ital. 5 pag. 121 uli speciem propriam habet , siquidem in horlis per plures annos varietas ista culla immutata persislit ». 2.a Le due specie di Myrtus non sono viventi sul- 1' Etna, e la presente M. latifolia si trova rara in Sici- lia, come ha notalo il Gussone, clic solo alle Madonie presso Caslclbuono qualche raro individuo ne rinvenne. La florcsccnza poi , la fruttificazione, e V uso del legno di questa specie è simile in lutto alla precedente. La man- canza del il/, latifolia nei boschi dell’ Etna ci addita che la vegetazione primitiva aveva qualche cosa di proprio, e diverso, indipendentemente della stazione vulcanica. Da- poichè il il/, communis con le sue varietà può dirsi scom- parso dall’Etna, perche venne meno la stazione fluviatile e marittima, ma per la stazione del M. latifolia essendo quella delle colline erbose, le quali esistono sull’Etna pre- sente, come lo furono sull’ Etna passato, bisogna ripetere — M5 — % il motivo della scomparsa della specie a tuli’ altra causa che alla stazione indicata. Io credo che le specie d’area ristretta , ed erratica sono facili a scomparire da un luogo , perchè essen- do breve lo spazio ove vivono , un avvenimento che suc- cede in quei siti le distrugge, c le annienta. Io ho veduto la Notilo claena lanuginosa Desv. scomparire dopo del 1844 dal lato orientale dell’Etna, trovandosi ristretta sulle lave che dal Capo delle armi presso Catania vanno ad Ognina, a causa della coltivazione, e delle bonifiche portale su quelle poche rocce, su di cui quella rara felce cresceva; potrei dire lo stesso del Pinus pinea sull’Etna, il quale copriva il bosco del gran vulcano nel solo lato meridionale , da Nicolosi sino alla regione superiore, e pure per la cul- tura portata in quel silo, non ci resta che il Pinus lancio della regione boscosa supcriore, e qualche raro individuo di Pinus pinea . 3.a Nelle Transazioni filosofiche di Londra Parte se- conda anno I808 alla pag. 782 il signor Heer, siccome accennai, avendo descritto e figurato le specie fossili del- l’Etna che io aveva donalo al signor Carlo Lyell, così ebbe occasione di parlare della mia novella specie Myrtus la - tifolia , la quale non ho voluto appellare Poetica , come pare avrebbe dovuto dirsi dal sinonimo linncano, ma la- tifolia dal carattere segnato dal medesimo Linneo, da Clu- sio, Lobelio, e poi riconosciuto dai posteriori botanici, trai quali il distinto Professore Heer. Frattanto a non man- care di quella diligenza, che abbiamo creduto conveniente ad un’ opera speciale, cioè ad una Flora Fossile dell’Etna, — 1IG — rapporteremo le parole stesse che si leggono nella ci- tata opera delle Transazioni filosofiche pag. 782. Myr- tus communis L. b fig. 5. Piale LI. The olhers , on thè contrary, are mudi larger , and somelimes blunt at thè end, such as are found in myrllcs kepi in greenhouses on wet soils. But a distinct spccics cannot be made out of thesc large leaves, as tliey entirely agrec in nervation with thè olhers. These large leaves allain a lcngth of 2 inclies and a breadlh of I indi, while thè smallcr oncs are only 1 indi long hy [fa indi hroad : The secondary nerves run almost parafici , and willi a slight curve to Ihe border nerve , and run into il at almost righi angles. In thè middle of thè area tliey bave a shorlencd secondary nervo , which over two-thirds of Ibis area runs into a network. The border nerve is quite as slrong as thè secondary nerves ; but thè middle nerve, or midrib, is mudi slronger. It is striking , tliat thè secondary ner- ves are ralher more distinct than in thè living myr- tle leaves ; and this is in like manner thè case in thè leaves represented in nature-printing. Ilcrc and tlicre are seen fine dols dose togclher, whicli appear lo helong to Ihe leaf. 4. 1 La famiglia delle Myrtaceac nella Flora vivente di Sicilia conta un genere, una specie e sei varietà, noi possiamo dire clic la Flora Fossile dell' Fina enumera nella slessa famiglia un genere, due specie, e cinque va- rietà ; ma la seconda specie è stata formata su d’ una varietà ; riguardata adunque la famiglia nello rapporto sta- — in — tistico vivente e fossile non si raccoglie veruna differen- za. La differenza comincia dallo istante in cui si fìssa il pensiere alla stazione, poiché le due specie di Myr - tus e le varietà accennate non si trovano piu viventi sopra l’Etna , e quindi bisogna ricercare le cause per cui si mutò la vegetazione sull’ Etna. SEZIONE SESTA La famiglia delle Verbenaceae non ha rappresen- tanti nella Flora Fossile di tutti i terreni; anzi conside- rando questa nelle sue suddivisioni non s’ incontrano ge- neri, specie o varietà di sorta; perchè le Verbenaceae appartengono alla vegetazione del periodo attuale. Quan- do però l’Etna nel suo alluvione di Fasano e Leucalia ci offre con abbondanza esemplari d’ una specie di que- sta famiglia potremo dire esser ciò un acquisto per la Flora Fossile di Europa, e specialmente per quella dei terreni terziari! d’ Italia , su di cui parecchi dotti bota- nici , e paleontologisti hanno sudato con molto profitto della scienza descrivendo i vegetabili fossili dello Bolca , del Novale e Vicentino. ORDO VERBENACEAE Juss. in ann. du Mus. 7 pag. G3. DC. Prodrom. P. XI pag. 522. Duby Bot. Gali. T. 1 pag. 377. Mo- T — 118 — nogr. Joan-Conr. Schauer. Darli. Ord. Nat. pag. 178. Richard Nouv. eleni. de Dot. Fani. Nat. ed. 5. pag. 404. Eiidlich. gen. pag. 632. Vilices Juss. Gen. pi. pag. 106. Pyrenaicae Yent. Tabi. 2 pag. 315. LK. et DC. Syn. FI. Gali. pag. 217. DC. Fi. Fr. 3 pag. 501. Personatae Linn. Ord. Nat. 4 XL. Cor. Ilerbae aut Frutices, aliquando Arbores , ra- mulis tetragonis. Folia opposita vel verticillata, niinc sim- plicia incisa , et nervoso-pianata , nunc digitala et pel- tinervia. GENUS YITEX Linn. gen. n. 790 Endlich. pag. 635 gen. 3700. Juss» Gen. pag. 107. Lamarck Illuslr. 6 Tab. 541. Yent. Tabi. 2. pag. 319. LK. et DC. Syn. FI. Gali. pag. 217. Duby Dot. Gali. T. 1 pag. 375. Bertol. FI. Ilal. T. 6 pag. 455. Gussone Synop. FI. Sic. T. 2. p. 1. pag. T10. DC. Prodr. T. XI pag. 682. Limìa Yan- delli Flora Lusit. et Brasil. in Boemer pag. 126. Wall- rollila Roth nova pi. species pag. 317. Nephrandra Collicn dispos. 8. Casarettoa Walpers Reperì. 4 pag. 91. Chrijsomallmn Tbouars gen. madag. n. 25. Car. Frulex rainulosus, ramis virgalis, flexuosis. Folia digitata. Flores cymosi. Drupa putamine ligneo. — 119 — l.° YITEX AGAUS-CASTUS Vide Tab. III. fig. A. V, Foli is digilatis quinalis et septcnis petiolatis, fo- liolis longo lanceolatis basi attenualis , apice acuminatis, mediis longiusculis cxtimis minoribus et subpcliolatis, in- tegerrimis , vel inciso-denticulatis , laliusculis aut angu- statis, omnibus unicostatis, et nervo medio pinnalo, ner- vis secundariis venulosis. ICONIS DESCRIPTIO Tabula III. Fig. A a Folium petiolatum? Foliola novena petiolulata? ex- lima brevia, et subsessiiia? media longiora et majora lin. 5-lata; unicostata, venis lateralibus incospicuis. d Folium margine integrum et denticulato-erosum. e Folium longiusculum unc. 3 longum? apice lanceo- lalum. Vitex (Kjnus-castus Linn. Sp. pi. pag. 890. All. FI. Pedcm.l. pag. 124 n. 438. Lamarck Illustr. 6 lab. 541. fig. 1. De-Candolie Prodr. T. XI pag. 082. DC. et LK. Syn. FI. Gali. pag. 217. Duby Dot. Gali. T. 2 pag. 377 DC. FI. Fr. 3 pag. 502. Plcnck Icon. PI. Med. 6 pag. 13 tab.. 510, Sebast. et Mauri FI. Rom. Prodr. pag. 199. Tenore FU Nap. pag. 29 in Sylloge pag. 86 et pag. — 120 — 298 n. 1. Ab Ucria Hort. Pan. pag. 2GG. Gussone Prodi*. FI. Sic. 2 pag*. 147 et idem Enum. PI. Ina- rim. pag. 252 et Syn. FI. Sic. 2 pag. FIO a b. ubi sic ait V. foliis digilalis quinatis septcnatisque, folio- lis lanceolalis sub inlegerrimis, subtus incanis, racemulis verticillato-spicatis, floribus caeruleis-var. b Flore albo Frutex ob flores numerosos laete caeruleos sub anthesi speciosus , 4-8-pedalis , et in ferlilibus trinici diametro saepe pedalis ramosissimi^ ; ramis junioribus tetrago- ni, canescentibus, folia ut plurimum quinata , raro ter- nata vel septcnata; foliolis superne obscurc virenlibus , aculis, fere scmper integri, subtus tomento tenuissimo brevissimo adpresso uli calyces corollarum, limbus et pc- dunculi cancscentes, racemuli multiflori , bractea brevi suffulti Rertoloni FI. Ital. b. pag. 456 sic ait V. Arboresccns , foliis quinatis , septenalisque , folio- lis lanceolalis, subintegerrimis; racemo terminali , compo- sito, parlialibus corymboso-verliciIlatis....et pag. 457. Arbuscula circiter duodecim pedalis , scd fìt ctiam arbor triginta , quadraginta pedalis, quod rarius, passim vero in vepretis caeduis frutex caespitosus, quadri-quinque pc- dalis. Caulis teres. Rami opposili pallili obluse-lclra- goni, cinereo pubescentes, subinde rubcscentes. Folia op- posta longc petiolala , digitato-quinata , vel digitato-se- plcnata, foliolis lanceolalis, acuminalis , inlegerrimis vel uno, alterove denliculo insculptis, supra saturate viridi- bus, vix puberulis, subtus cinereo-tomentosis, suprema propc flores iulerdum ternata, vel simplicia trifida . Race- mus terminalis composilus pracserlim inferno interruptus, — 121 — saepe basi opposite ramosus, racemis partialibus oppo- sitis, brevissime pedunculatis, corymbulosis, verticillos re- ferentibus. Bracteae simplices lanceolatae , imae saepe verticillo longiores, et interdum tripartitae, reliquae ver- ticillo breviores Agnus Celsius Cup. Ilort. Cath. p. 4. et Sup. pi. alt. pag. 5. Vìtex flore purpureo Cast. Ilort. Mess. pog. 24. Agnus Caslus Flore albo Cup. Ilort. Cath. Sup. pi. alt. pag. 6. Vìtex flore eilbo Cast. Ilort. Mess. pag. 24. Vìtex Mutili. Comm. 1 pag. 177. fig. Vi Ics vulgo Agnus Celsius Caesalp. De pi. lib. 3. cap. 51. pag. 128. Vibice e ciò è eigno ceisto AnguilL Sempl. p. 64. Agno Ceisto Dur. Ilerb. ed. Boni. pag. 4. fig. Vìtex foliis eingustioribus Cannabis instar elispo- silis Zannicli. Opusc. posth. pag. 21 idem floribus ceie- rulcìs pag. 33. ICONES AUCTOBUM Lamarck Illustr. b. tab. 141 fig. 1. Plenck le. PI. Mcd. b. pag. 13 tab. 510. Matth. Comm. 1 pag. 177. Durante op. cit. pag. 11. Dod. op. cit. pag, 774. Fruiex ramis laxiiisculis crectis virgatis? Folia longe petiolata, foliola quinala et septena unc. 1-3 lon- ATTI ACC. VOL. XVI. 16 — 122 — ga , lin. 2-3 lata, media longiuscula, petiolata et latiu- scula 9 extima minora et subpetiolala , basi altcniiala , apice acuminata, margine saepc integro, aut inciso-denti- culato ; omnia unicoslata nervo medio pinnalo , et nervis lateralibus venulosis ercclis ad marginem terminatis, pa- rimi conspicuis. 2. VITEX AGNUS CASTUS VAR. A LATIFOLIA Vide Tabula III. fig. A! V. Foliis quinis septenis , novenisque , foliolis la- liusculis , mediis elongatis et peliolalis ? extimis minimis et sessilibus? ICONIS DESCRIPTIO Tabula III. A1 A' foliola lacerata. b Foliolum latiusculum basi attenuatimi et petiola- tum, margine integro, unicostatum nervo medio pinnato; nervis lateralibus ercctis, conspicuis. d Foliolum lin. 1 lalum apice et basi laceratum unicostatum , nervo medio pinnato et nervis lateralibus parum conspicuis, margine denliculato-erosum. — 123 — VITEX AGNUS-CASTUS YAR. A LATIFOLIA NOBIS. Vitex verticillata DC. et Lamarck FI. Fr. et Vite x latifolia Miller Dici. n. 2. ex DC. Prodr. T. XI pag. G8A. ubi J. C. Schauer describit genera et speeies Yerbenacearum , ac ita ibi ait . . . Vite x Agnus castus forma foliis latioribus Frutex suborgyalis dila- latus. Foliola inlerdum septena novena, cxlimis tum sem- pcr minimis sessilibus. Paniculae anlhurum nudum elon- gatum exhibentes, in apice ramorum paniculam composilam patenlem slnicntcs. Cymae bracteolis minutissimis vix con- spicuis interslinctae compaclae. Corolla pallide-lilacina , limbo oblique-bilabiato , glabro, laciniis ovalibus acutis ; superioribus subaequalibus, infima majore-producta. Geni- talia longe-exerta. OSSERYAZHM l.a Se vogliamo stabilire le regioni geografiche e botaniche da alcune famiglie di piante, allora non sareb- be al lutto erronea quella voluta da qualche illustre li- tologo nell’ assegnare alle Labiatac alle Verbenaceae e simili le rive del Mediterraneo, l’Asia minore, e l’Egit- to ; ma quel clic pare indubitato egli è, queste famiglie ricche di generi e specie godere un area estesa nelle re- gioni temperate , e meridionali, sebbene le loro stazioni fossero ristrette ai luoghi umidi, ai lidi, alle sponde, ai margini de’ torrenti , de’ rivoli, alle fosse, alle vie, e spes- — 124 — so ai fruticeti di cui formano parte migliore : e tali sono le stazioni in cui abbonda la specie del Vite x Agnus - Castus in Sicilia, c la Varietà latifolia che ho raccolto alla limicola presso Agosta. L’ Etna non tiene veruno esemplare di questo frutice, la sua stazione arida pare in opposizione alla sua vegetazione, talché se al presente si rinviene nello stato fossile, ciò sempre più ci conferma sulla passata stazione di Leucalia e Fasano; cioè di es- sere questi bacini il letto e la foce d’ un fiume torrente ad acque placide ove vegetavano le piante della stazione umida. Chiunque si fa a percorrere in fatto per poche miglia la formazione calcareo-arenaria la quale sta sotto la base dell’ Etna, nel lato meridionale, c s’incontra nei terreni paludosi di Villallcgra, Pantano, Giarrclla, Sime- to , vede rigoglioso 1’ Agno-Casto con il suo fiore ceru- leo , carneo , e rare volte bianco , nei mesi di Maggio Giugno Luglio Agosto : lo vede sempre a forma di fru- tice ramosissimo, a rami lunghi, flessibili, all’apice tetra- goni , c tomentosi , come sono le foglie alla pagina in- feriore, quale tomento si vede nei peduncoli, nel calice; osserva la pagina superiore delle foglie verde scura , e questa foglia ora si offre all’ apice solitaria indi al di sotto ternata, quinala ed a selle c nove foglioline, vede un lun- go pcziolo tomentoso che la sostiene, ed i pczioli parziali i quali portano le foglioline che si offrono quasi scssili ne’ lati, con lungo gambo in quelle di centro. 2.a Tutta la pianta dell’ Agno-Casto gode d’ un odore proprio , che si conserva per molto tempo anco disec- cata. Gli antichi i quali nelle proprietà fisiche delle — 125 — piante credevano occultarsi la virtù medicinale, supposero all’ Agno-Casto la proprietà antivenerea, da ciò deriva il nome d’ Agno-Casto , ed il motivo per cui lo si vede qualche volta nelle sacre pitture, e sculture de’ bassi tem- pi come simbolo di verginità , e di purezza ; e perciò la preconizzata virtù alla pianta d’ antifrodisiaca, ed an- tigonorroica. In Catania ed in lutti i paesi dell’ Etna si tiene in gran conto il ramo dell’ Agno-Casto che si appella Virga : con esso allo stato verde , e quindi allo stato di flessi- bilità, si formano le basi , gli assi , e le maniglie delle gran ceste, dette da noi Cofani grandi e piccoli, Panari , ossia panieri grandi e piccoli, rivestendoli di fdctli o stri- sce di canna intralciate, e si fanno ancora ceste tulle di Virga verga, clic si appellano Co fini eli spitrari , dapoi- chè per la loro fortezza inservono a trasportare le pie- tre, e gli oggetti di peso considerevole. 3.u La famiglia delle Verbenaceae nella Flora vi- vente di Sicilia offre tre generi, quattro specie , e due varietà ; come ho notato nella mia citata Tavola compa- rativa delle piante Siciliane trovate dagli antichi , e dai moderni botanici (!) : i generi sono : Verbena, Zapania, Vite X, il primo genere conta due specie V. Officinalis , V. Supina var. b ., il secondo genere conta la Z. re- pens, il terzo V. Agnus-Castus var. b, flore albo. La flora fossile dell’ Etna conta nelle Verbenaceae (1) Atti dell’Accademia Gioenia— Voi. XIII. Ser. 2a p. XLYII Elogio del Cav. Tineo. — 1 2 G — il solo genere Vitex con una specie, ed una varietà: V. Agnus-Castus e V. Agnus Castus var. A. latifolia. SEZIONE SETTIMA La famiglia delle Laurineae viene costituita di ge- neri e specie che abitano le regioni intratropicali , per- chè le piante nelle quali V olio empireumalico abbonda, come ben si conosce , prosperano nei climi calorosi : tuttavia il Laurus nobilis e qualche altra specie di que- sto genere si trovano spontanee ne’ climi temperali , ed abbondano nel mezzodì di Europa ; ma dicendo del Lau- rus nobilis questo è sempre sotto forma erratica ad area disgiunta , anziché ad area estesa , e sociale come le altre specie. In Sicilia l’ Alloro, dice il Sig. Gussonc nella sua Sgnopsis Florae Siculae . si vede rigoglioso in vicinan- za de’ paesi , e mai selvatico tra i luoghi deserti e bo- scosi, per cui egli opina essere piuttosto culto clic spon- taneo in Sicilia, sono queste le sue parole: « Ad sépes in fruticetis, ac in sylvaticis prope pagos urbesque , id- circo polius culta, quam re vera indigena in Sicilia. Guss. op. cit. pag. 459.« Questa osservazione del sig. Gussone è certa per le regioni dell’ Etna, non così per i boschi in vicinanza di Cerami, S. Fratello, e Caronia; ivi il no- stro Alloro è indigeno, occupa grandi estensioni di bo- schi, e porta alberi belli, alti, e fronzuti. L’Etna al pre- sente vede gl’ individui di questa specie ben rigogliosi e sempre verdi, culti con particolare cura per l’ industria — 127 — delle foglie e del fruito. Una volta doveva godere d’ una quantità d’alberi di Alloro, poiché tra tulli i fossili di cui 1’ alluvione di Fasano e Leucatia fanno comparsa le foglie dell’ alloro sono più frequenti ; anzi nella mia col- lezione posseggo delle grandi lastre di foglie addossate a foggia di strali, tutto simili a quelli che ci offrono le torbiere. Un occhio poco abituato allo studio de’ vegetabili fossili potrebbe credere di trovarsi parecchie specie di Laurus sull’ Etna , ma la diversità delle foglie è una semplice variazione che costituisce il carattere della spe- cie, talché io ho voluto dar le figure delle tre ordinarie foglie dell’ Alloro fossile dell’ Etna , le quali sono con- formi a quelle viventi dell’Alloro indigeno di Sicilia. 0RD0 LAURINEAE Bartl. Ord. Nat. pag. Ili. Alph. De-Candollc Re- vue des familles Nat. Intr. a letud. de la Bot. pag. 329. Rich. filmili. Nat. in Nouv. élém. de bot. ed. 3 pag. 113. Duby Bot. Gali. T. p. 107. LK. et DC. Syn. FI. Gali, pag. 191. Guss. En. PI. Inarim. pag. 288. Unger Gen. et Sp. pi. fossil. pag. 323. Massalongo piante fossili dei terreni terziarii del Vicentino ord. XV pag. 144. Visia- ni e Massalongo FI. dei ter. terz. di Novale atti cit. pag. 222. Laurineae Vent. Tabi. 2 pag. 243. Lauri Juss. Gen. pag. 80. Holoraceae Finn. Ord. nat. n. XII. — 128 — Car. Arbores vel arbusculi cylindracei; rami eredi. Lignum stratis concentricis e cellulis parenchymatosis mul- tis, et vasis fibrosis paucis formatum. Folia simplicia, pe- tiolata, coriacea. Nervum primarium validum, et nervi se- cundarii pinnati ramosi, exlimi inter se conniventes. Flores racemosi. Drupa putamine monospermo. GENUS LAURUS Linn. Gen. pag. 200. Jnss. Gen. pag. 80. Tournef. Inst. Rei Herb. 3 lab. 307. Endlicher Gen. n. 2061. Lamarck Illuslr. A tab. 321. Unger Gen. et Sp. pi. foss. pag. 423. et Fior. v. Solzka pag. 1G9. Massalongo FI. terz. del Vicentino pag. 144 Visiani e Massalongo FI. terz. di Novale alti cit. pag. 222. AVeb. Fior, der Nie- dcrn. pag. GG. Gaerln. De Fruct. et Sem. 2 pag. G8 tab. 92. Dc-Candollc et Lamarck Syn. FI. Gali. pag. 191. Duby Dot. Gali. T. 1 pag. 407. Rertoloni FI. Ital. T. 4 pag. 398. Guss. Synopsis FI. Sic. T. 1 pag. 459 idem Prodr. FI. Sic. T. 1 pag. 476 et suppl. 1 pag. 116 idem Enum. pi. Inarimens. pag. 288. Sanguinelti FI. Rom. Prodr. al. pag. 315. Car. Arbusculum, rami eredi cylindracei senio pa- tentes. Folia semper virenlia , coriacea, nervosa, nervo primario crassiusculo ; et sccundarii nervi pinnati , ra- mosi, denique venutosi, ultimi inler se apice conniventes. Peliolum crassum. — 129 — Drupa ovoidea, putamen sphaericum. LAURUS NORILIS Vide Tab. II. lì. C. C'. Tal. VI. A. B. L. Trunco cylindraceo erecto, corlice lenui laevi, ligno medulloso raro fìsluloso; stratis concentricis incospi- cuis , vasis fibrosis inter cellulas prosenchymatosas com- mistis. Foliis oblongo-lanceolalis , margine undulatis, al- ternis, coriaccis, utrinque angustatis, inlergerrimis, for- ma variis, nunc oblongo-ellipticis , nunc oblongo-lanceo- latis, utrinque acuminatis, nunc oblongo-ovalis, apice acu- tis, aut acuminalis, aut obtusis; breviter petiolatis, peliolo crasso sulcato; nervo crasso diremptis, nervis secundariis pinnatis et curvatis a basi ad apicem , et venulis secun- dariis creberrime reticulatis ; nervi inferiores superiori- bus connectuntur. Peliolo brevi extipulato , crassiusculo, supra sulcato. ICOMS DESCRIPTIO Tabula VI. A Truncus cylindraceus, vel conicus, cortex laevis, ramus ereclus. a Nodus ad basim rami. b Truncus corlice tenui et laevi. ATTI AtC. VOL. XVI. 17 — 130 — B Truncus naturaliter excavalus , ubi cortex et li- gnum dixtincte videntur. a Corlex tenuissimus adhaerens alburno? b Strata lignea ex vasis lìbrosis inter multas cellulas proscnchymatosas conlexla . Tabula IL B Folium oblongo-Ianceolalum , utrinque acumina- tum, nervo primario crasso , nervi secundarii pinnali et curvati et venulosi, alterno-reliculati, ex quibus inferiores superioribus nervis connectuntur, glandulac variae. b Petiolum breve supra sulcatum. c Apex acutus. del Folii margines unclulati subsinuati, denticulati. C Folium ovato-oblongum, apice altenuatum, apice obtusum, nervo primario crasso, et secundarii nervi reli- culati curvali eredi, quibus inferiores superioribus conne- ctuntur. a Petiolum crassum supra sulcatum, folium basi at- tenuatimi. dd Margines folii undulati integerrimi subsinuati. C' Folium oblongo-ovalum, basi altenuatum, apice rotundatum, nervo medio et nervi secundarii et tertiarii dixtincli reliculali , et inferiores superioribus successive connexi. a Nervum primarium, et nervum sccundarium angu- latum, debili curvalum, et rcliculalo-venosum. — 131 — dd Nervi secundarii reticulati ubi inferiores superio- ribus connecluntur; margines subsinuati et denticulati. LAURUS NOBILIS Linn. Sp%. pi. pag. 529. Plenck Icon. PI. Med. 4 pag. 23 tab. 315. Tournefort Inst. tab. 367. Allioni Fi. Ped. 2 pag. 227. Sebast. et Mauri Prodi*. FI. Rom. pag. 144. Ten. FI. Nap. 1 pag. 217, et Sylloge pag. 197 n. 1. Ab Ucria Ilort. Pan. pag. 175. Gussone FI. Sic. Prodi*. 1 pag. 476, et suppl. 1 pag. 116 , idem Enurn. pi. Inai*, pag. 191; idem Synops. FI. Sic. T. 1 pag. 459 ubi sic ait L. Foliis glaberrimis co- riaceis oblongo-lanceolatis subundulatis subtus nervosis , racemis axillaribus subumbellatis folio brevioribus, floribus dioicis Arbor erecla, 10-20 pedalis; ramis gla- bris , erectis , junioribus angulatis: Folia breviter petio- lata, laete virentia, aromatica: racemi 3-4 lineares bra- cteis concavis caducis involucrati. Flores raro 5-partiti; in masculis fìlamenta corollam subaequantia, antheris glan- dulisque pallide sulpbureis : Flores foeminei in racemis pauciores, 2-5, imo aliquando pedunculi uniflori , cujus laciniae corollinae breviores ac angustiores; Stylus flave- scens, stigma longitudinaliter hians; germen ovatum; dru- * pa matura nitide nigra multo oleo aromatico scalens. Saepe racemi per pollices 2-3-elongantur, et flores ma- sculos dense glomeratos in bracteas adpresse birsutas imbricatas mutatos sustinent. Rcrloloni FI. Ital. T. 4 pag. 399, 400 sic ait L. Foliis oblongo-lanceolatis, undulatis; Floribus umbellalis dioicis Arbor pro- cera , dum libere sibi commissa ; sed in sylvis caeduis et in sepibus arbuscula , aut caespes ; Caudex erectus , conicus, codice tenui, laevi, senescente fusco, in ramis junioribus viridi, superne ramosus. Rami sparsi, llexiles, stridi , senio patentes. Folia alterna coriacea oblongo- lanceolata, utrique angustata, ludunt obtusa, acuta et acu- minala, breviter peliolata, nervo crasso dirempla , venis primariis parallelis, cum gianduia villosa in axillis , ve- nulis secundariis crcbcrrimc rcliculalis, perennantia, ni- tenlia, supra saturate viridia , subtus pallidiora , et sub vitro granulis minimis glandularibus teda, grate aroma- tica, in igne crepitantia. Flores dioici, in umbellis axil- laribus, solitariis, breviter pedunculatis, folio multo bre- vioribus Drupa ellipsoidea matura nigra. Desf. FI. All. 1 pag. 334. Lamarck Illustr. 4 tab. 321 fig. 1. De-Candolle. FI. Fr. 3 pag. 362. Duby Bolan. Gali. T. 2 pag. 407. DC. et LK Syn. FI. Gali. pag. 191. FI. Rom. Prodi*, alter Sanguinetli pag. 316. Laurus Vili g (iris Cup. Ilort. Calli, pag. 108. Lauro Matth. ed. Valgi*. 1383 T. 1. pag. 146. fig. Durante Herb. Rom. 1383 pag. 247. fig. Anguill. Sempl. pag. 49. Laurus Caesalp. De Plant, 2. C. 21. pag. 32. ICONES AUCTORIJM Lamarck Illustr. 4. Tab. 321 fig. 1. Plenck le. pi. Med. 4. pag. 23 Tab. 28. — 133 — Ma Uh ed. 1383 T. l.pag. 146 fig Durante Herb. ed. Rom. pag. 241 fig. Philosoph. Transact. p. 2. 1838 pag. 782. Arbor erecta, aut caespes. Caudex conicus medul- losus, aliquando vacuus, corlice tenui et laevi ; Ugno fra- gili, et stratis annolinis incospicuis, ac fibris paucis in- ter multas cellulas. Rami flcxilcs ; Folia simplicia, alter- na, coriacea, odorosa, oblongo-lanceolota, aut ovato-oblon- ga, ili rinque acuminata aut apici obtusa, aut acuta, mar- gine integra, aut undulata, aut denticulata, aut subsinua- ta. Nervo primario crasso dircmpta , et nervis secunda- riis alternis, angulosis ad basini, dein curvatis, et rcti- culato-venosis, ubi inferiores venulae superioribus connec- tuntur, et curvas conjunctas graduatim versus marginerà conslituunt. Petiolum breve , crassum , supra sulcatum extipulalum. OSSERVAZIONI l.a R Sig. licer avendo descritto tre specie di piante dei fossili di Leucatia per i saggi donatigli dal Sig. Car- lo Lyell , fra questi presenta la figura , e la frase dia- gnostica dell’ Alloro , ove così si esprime : Laurus No - bilis L. fig. 3. Piate LI Philosoph. Transact. 1838 P. 2. pag. 782 — Several leaves, exactly egreeing with thè Iiving species. Leathery leaves, narrowing at thè base into thè leaf-stalk , border entire or sometimes wavy , thè secondary nerves arched , thè bodies of thè leaves fìlled with a dislinct network. — 134 — La fi gura che accompagna questa descrizione è co- me quell’ altra da noi rapportala del ìliirto , cioè esatta nella ragione scientifica , e non tanto nel fatto naturale. Noi abbiamo offerto i tronchi, che sembrano dalle poche note quelli del Laurus , e tre forme di foglia dove la nervatura primaria sostiene le secondarie , angolose alla base, e poi curvate verso f apice , e diramate in nervi terziarii, e delicati come vene, e queste nervature in cur- va si legano le inferiori alle superiori , e così costitui- scono verso il lembo una serie d’ archetti di nervi gli uni legati agli altri. 2.a L’Alloro è uno degli alberi d’antica cultura, per- chè i greci ed i romani lo tenevano in massima riputa- zione ; esso fu sacro ad Apollo ; la sua proprietà car- minativa da’ medici dell’ antichità fino a noi fu preco- nizzala. Cesare nei suoi trionfi lo portava come scettro , e tutti gl’imperatori romani se ne cinsero ne’ trionfi le lem- pia. Giudicalo repellente il fulmine del ciclo Tiberio se ne ornava la testa nelle tempeste , c le case de’ Cesari e de’ Pontefici ne vedevano sorgere qualcuno all’ ingres- so de’ loro palagi. A malgrado di tanta cultura antica , e di tanti usi domestici al presente l’Alloro non offre nè varietà, nè variazione di sorta in tutte le flore meridio- nali d’ Europa ; dico della Francia, dell’ Italia, e special- mente di Sicilia , ove la specie è coltivata , ed è spon- tanea. Le replicate culture d’ un albero sono le prime cau- se della varietà, c delle variazioni ; c le stazioni diver- — 135 — se su di cui si portano le culture ne sono il secondo motivo, e pure 1’ Alloro in Sicilia culto dai tempi vetu- sti, culto in tante stazioni, quanto ora si offre a foggia d’albero, ora d’arbusto, ora di cespuglio, nella strut- tura delle foglie , dei fiori , del frutto , nulla offre che possa richiamare 1’ attenzione del botanico. 3. u La Francia meridionale , come rapportano De Candolle, Lamarck, e Duby nelle flore di questa nazio- ne, l’Italia meridionale e le isole adiacenti, dalle quali non bisogna escludere la Sicilia, hanno l’Alloro spontaneo, ma nell’ Italia superiore o nordica è coltivato, come asse- risce il Bertoloni, tuttavia la florescenza è quasi in ogni luogo allo stesso tempo, cioè da Gennaro a Marzo; la qual cosa serve ad indicare che la specie appartiene alle regioni della zona temperata ; per lo che non so persuadermi co- me essa fosse scomparsa dall’Etna; nè fu individuo erra- tico che per l’ avvenimento dell’ alluvione si distrusse nel tufo di Fasano, e Leucatia, perchè le foglie di Alloro in- contrate dalla corrente furono molle da costituire desìi strati. Io trovo in Leucatia qualche cespuglio d’ Alloro, anzi gli esemplari vivi di questi cespugli ho paragonati con i fossili , ma il sito e la vegetazione dimostrano che 1’ Alloro vivente non è per nulla spontaneo. 4. a Le Laurineae fossile, secondo le opere dell’ Un- ger, vengono costituiti di tre generi: Lauriis, Daplmoge- ne , e Laurinum , e tulli di quattordici specie, ma queste opere non sono complessive delle scoperte recenti: in fatto la flora fossile de’ terreni terziarii d’Europa esposta dal Dr. Massalongo presenta nei tre generi indicati diciotto — 13G — specie fossili. La flora fossile dei terreni terziarii del Vi- centino e di Novale conta due generi nella citata famiglia, sono essi : Laurus et Daphnogene , e conta il Laurus quattro specie ed il Daphnogene tre specie ; la flora fos- sile dell’ Etna conta nelle Laurineae un solo genere Laa - rus, ed una sola specie L. Nobilis , questa specie è un nuovo acquisto per la flora fossile generale, secondo le opere d’ Unger ; un acquisto per la flora fossile terziaria d’ Europa, secondo il Massolongo, ed un acquisto per la flora fossile d’Italia giusta i lavori di Visiani, e Massolon- go eseguiti in opere separatamente scritte, ed in assieme. 5.a Le Laurineae viventi nella flora di Sicilia sono costituite d’ un genere , e d’ una specie , e nella flora fossile dell’ Etna sono formale dello stesso genere, e del- la medesima specie ; e si trova altrettanto nelle flore di Francia , d’Italia, e delle isole adiacenti , cioè in quella di Sardegna scritta dal distinto Prof. Moris, di Malta, di Lampedusa, e d’ Ischia, quest’ultima accuratamente com- pilata dal Cav. Gussone. Questo fatto ci mostra che quando le famiglie inlra- tropicali hanno qualche genere diffuso nelle regioni me- ridionali, questo allora costa di qualche sola specie, ed appena di qualche varietà. Nella mia Geografia Botanica per la Sicilia notava un tal fallo quando tra le Paliniferae trovava in Sicilia il Iiamaerops humilis L. ed il Kainae- rops macrocarpa Tineo; queste due sole specie in una famiglia tanto numerosa di generi e specie nelle regioni calde, ci fa vedere che sono esse erratiche, c se passano alle regioni temperate, ci avvisano con la scarsezza delle — 137 — i loro specie che la propria abitazione è dei siti tropicali, più convenienti al loro sviluppo alto e frondoso ; e che se in Sicilia esse rinvengonsi, ciò deriva dalla vicinanza che ha colla regione africana, cui la famiglia, il genere, e la specie stessa appartengono. 6.a Fino al presente le specie trovate fossili le ab- biamo esposte nella propria forma e nei proprii caratteri colle figure, ritraendo il legno, il frutto, le foglie quali si veggono ad occhio nudo, ed armato di una buona len- te; se col tempo altre specie troveremo saranno da noi parimenti rese di pubblico dritto. Ci duole che nel pro- fondarsi i discavi per tirar fuori le acque ora nella con- trada Fasano, ora in quella di Leucatia alla profondità di 200 piedi, resti di grossi tronchi, si dice, essere stati trovati, quali tosto furono rotti ed infranti; la certezza di questi fatti ci fa sperare che tornassero altra volta a sco- prirsi simili tronchi onde aver la sorte d’ acquistarli , ed esaminarli; chi sa se il Salix, il Populus, o il guer- ciis non si trovavano in questi luoghi? i primi a causa della stazione paludosa, e l’ ultimo a motivo della regione boscosa , su di cui scorrevano le acque formatrici dei tufi di Fasano e Leucatia! ATTI ACC. VOI. XVI. <8 1 PROSPETTO DELLE SPECIE E DELLE FIGURE N. Pagina Tav. Figura N.' Pagina Tav. Figura [Il B C C' 9 Pistacia Lentiscus.... 48-50 II A A' 1 uurns Nobilis 128-129 VI A B 10 Pistacia Sicula 54-55 IV A Iprtus Communis ( V 103-106 ( VII A B 56-58 IX A E 11 Pistacia Bocconi 64-65 X A \yrlus Communis var. Italica 107 V B ac d 12 Prunus Spinosa 69-71 III C \ yrtus Communis var. Il Romana 108 ' v A ab e 13 Pyrus Communis 90-93 IV B VII E 14 Rubus Dalmaticus... 76-78 III B yrtus Communis var. ! V Ac d [IV CC1 f Lusitanica 108 V B b e d 15 Rubus Tomentosus.. 84-86 •vii D 1 yrtus Lalifolia 111 VII B C 16 Vitex Agnus-Castus.. 118-120 III A ' istacia Terebinthus .. ' ' 28-3! 38-39 I A 17 Vitex Agnus-Castus var. A Latifolia.... 122-123 III A' ’istacia Tercbinlbus 43-44 VII A var. A Ovalifolia ... 45-46 Vili A . * :* INDICE Introdvz. — Utilità e scopo dell’Opera. . . . pag. Capo I. — Origine del Tufo di Fasano eLeucalia, descrizione dei luoghi » Capo IL — Delle stazioni Botaniche sull’ Etna che diedero luogo alla formazione della flora fossile di Leucatia e Fa- sano Capo III. — Descrizione delle piante fossili, ed osservazioni sulle corrispondenti specie viventi ...» Sezione Prima .... .... » Chassis — Dicoliledoneae » Ordo — Terebinthaceae » Genus — Pislacia » 1. Pislacia Terebinthus » Iconis Descriptio » Osservaz. — l.a « Stazione della specie sull’ Etna . . » 2.a « Il Terebinto maschio e femmina sull’Etna » « Sull’Etna s’innesta la Pistacia vera sul Te- rebinto ........ « Tre varietà della Pislacia vera culle sull’ Etna » 3. a « Alfonso De-Candolle non parla della Pistacia nella sua Géographie Botanique raisonnée. » 4. ® « Galla sul Terebinto ; durezza del legno ; epo- ca dell’ innesto per le Ire varietà del frullo : ATTI ACC. VOI. ATI. 19 3 7 17 23 23 2f> 27 27 28 29 31 32 33 33-34 34-35 2. OSSERVAZ. 3. OSSERVAZ.- 4. OSSERVAZ. 142 — cultura della Pislacia ; distanza del maschio dalla femmina » 35-36 5. a « Il Terebinto potrebbe appartenere alla classe Poligamia di Linneo .... » 36 6. a « Forme differenziali tra le varietà della Pista- eia vera; e forme differenziali negli organi ve- getativi dei due sessi .... » 37 1. ° Pistacia vera masc. .... » 38 2. ° Pistacia vera foem » 39 7. a « Variazioni che offre la Pistacia Terebinthus , e cause che possono produrre le variazioni nei vegetabili » 39-42 Pistacia Terebinthus var. A ovalifolia . . » 43 Iconis Descriptio » 43-44 — 1 .a « Descrizione della specie vivente della Pistacia Terebinthus var. a ovalifolia . . » 45 « Iconis Descriptio » 45 !( Differenze con il Tipo specifico ...» 47 Pislacia Lcnliscus » 48 Iconis Descriptio » 48-49 — l.a « Descrizione della specie data dal prof. Heer » 50 2. a « Abitazione del Lenlisco , e sua stazione in Sicilia » 52 3. a « Galla sopra il Lentisco vivente , e sua man- canza nello stato fossile ; varietà angustifolia nella specie vivente di Sicilia: le considerazio- ni del Gussone si trovano nella specie fossile» 52-53 4. a « Il mastice non si ottiene dal Lentisco . » 54 Pistacia Sicula » 54 Iconis Descriptio » 54-55 — l.a « Differenza tra questa specie, e la varietà P. Terebinthus var. a ovalifolia: descrizione della specie vivente .... » 56-57 Pistacia Sicula » 57 Iconis Descriptio ....... 57 2. a « Confronto tra la specie fossile e la specie vi- vente j 58 3. * « Uso di questa specie per innestarvi la Pista- eia vera .. . . . . » 59 — 143 — 4. a « Boccone scrive di una Pislacia, e dalle sue parole si mostra , che egli parlava della Pi- stacia Sicula » 5. a « Descrizione data da Boccone della sua specie di Pistacia, e similitudine con la Pistacia Si- cilia » 6. a « La Pistacia del Boccone è della da Linneo P. trifolia, si mula il nome specifico in Pistacia Bocconi e se ne additano le ragioni . » « Pistacia Bocconi » « Iconis Descriplio » OSSERYAZ. « La specie fossile non può rispondere alla Pi- stacia Bocconi o P. trifolia L. . . » 2. a « Si mostra che la Pistacia trifolia non è va- rietà della P. vera come scrive De-Candolle, ma una specie distinta ; si fissano i caratteri specifici della P. vera . » 3. a « Uso a cui potrebbero destinarsi gli individui della P. Bocconi » 4. a « Statistica dei generi e delle specie viventi e fos- sili delle Terebinthaceae in Sicilia, e sull’Etna, n Sezione Seconda » Ordo— Amygdaleae » Genus — Prunus » 1. Prunus Spinosa » Iconis Descriptio » Osservaz. — l.a « Il Prunus Spinosa fossile risponde alla va- rietà Macrocarpa di Gussone . . n 2. a « Il Prunus Spinosa è spontaneo in Sicilia, ma non si trova vivente sull’Etna . » 3. a « Statistica delle Amygdaleae viventi in Sicilia, e delle fossili sull’ Etna. » 4. a « Si discute la sentenza di De-Candolle circa al Ciricgio venuto in Italia ai tempi di Lucullo , e la di lui opinione circa alla spontaneità delle specie Prunus nell’Europa meridionale. » Sezione Terza. » Ordo — Dryadeae » 60 61-62 62 63 63-64 65-66 66-67 67 67 68 69 69- 70 70 70- 72 72 73 73 73-74 75 76 — 144 — Genus — Rubus » 76 1. Rubus Dalmalicus » 77 Iconis Descriplio » 77-79 Osserva/. — la. « Si discute circa ai caratteri specifici del R. Dalmaticus confusi da parecchi botanici con quelli del R. Fruticosus ...» 79-80 2. a « Il genere Rubus non si trova tra i fossili di altri luoghi descritti dai paleonlologisli bota- nici » 81 3. a « Il R. Dalmaticus è volgare nelle siepi dell’Et- na, ove si fa uso del frullo ...» 81 4. a « Si discute il principio del sig. Lecoq sulla va- riabilità delle forme in alcune specie; si am- mette quello del sig. De-Candolle. . » 81-84 2. Rubus Tomenlosus » 84 Iconis Descriptio » 84-87 Osserva/.. — l.a « Stazione del R. Tomentosus sull’Etna, esame della specie vivente e della fossile . » 87-88 2.a « Statistica delle specie viventi e fossili in Si- cilia e sull’ Etna della famiglia delle Dryadeae » 88 Sezione Quarta » 89 Ordo — Pomaceae » 90 Genus — Pyrus » 90-91 1. Pyrus Communis » 91 Iconis Descriptio » 91-93 Osservaz. — l.a « La specie fossile appartiene al Pyrus Com- munis var. b , e non si trova spontanea sull’Et- na, ma in molti boschi di Sicilia. . » 93-94 2. a « Antichità della specie Pyrus in Europa se- condo De-Candolle ; uso che gli antichi face- vano del fruito » 94-93 3. a « La Vile, il Pero , ed il Pomo prosperano sul- l’Etna; dubbii sulla spontaneità della Vitis vi- nifera L. sul vulcano; certezza della sponta- neità del genere Pyrus ; varietà più diffuse e comuni del Pyrus malus L. e Pyrus commu- nis L. sull’Etna. Si espone che sull’Etna a differenza di altre parli di Europa tulle le va- — 145 — rietà derivano dallo innesto sul Pyrus Pirainus Rafinesque » 4. a u Descrizione del Pyrus Pirainus Rafin. data dal Gussone sotto il nome di P. Cuneifolia » 5. a « Statistica dei generi , e delle specie nella fa- miglia delle Pomaceae della flora vivente di Sicilia, e fossile dell’Etna » 6. a « Statistica delle specie fossili delle Poma cene ne’ terreni terziarii d’ Italia descritte da Massa- longo, e Yisiani, e la specie dell’Etna Quinta Ordo — Myrlaceae Genus — Myrtus 1. Myrtus Communis Iconis Descriplio Varietates l.° Myrtus Communis var. Italica 2. ° Myrtus Communis var. Romana 3. ° Myrtus Communis var. Lusitanica Ossekvaz. — l.a « Statistica delle specie di Myrtus nella flora vi- vente di Sicilia, e nella fi. fossile dell’ Etna a 2. a « Heer descrivendo il Myrtus fossile dell’ Etna ne presenta la figura, parole di Heer e rilles- sioni sulla di lui figura. . . . » 3. a u Usi del Myrtus » 2. Myrtus Lalifolia » Iconis Descriptio » Osservaz. — l.a « Motivi per cui si è formata la specie Myrtus latifolia ..«««.)) 2. a a La specie di Myrtus Communis non è più vivente sopra l’ Etna, motivo di tale scompar- sa: manca altresì il Myrtus latifolia . » 3. a « Si trascrivono le parole di Heer circa al Myr- tus latifolia, e si fa notare il passaggio della varietà alla specie d 4. a u Statistica delle specie di Myrtus tra la flora vivente di Sicilia e la fossile dell’Etna. » Sezione Sesta . . . » Ordo — Verbenaceae » 95-98 98-99 99-100 100-101 101-102 102 103 103 104-107 107 108 108 109 110-111 111 111 112- 113 113- 114 114-115 115-116 116 117 117 — 146 — Genus — Vilex . l.° Vitex Agnus-Castus. Iconis Descriplio 2.° Vilex Agnus-Caslus var. a lalifolia Iconis Descriplio Osservaz. — l.a « Limite geografico delle Labiatae e Yerbena- ceae, stazione dell’Agno Casto nelle vicinanze dell’Etna, cause per cui è scomparsa la spe- cie dal vulcano » 2. a « Usi sull’ Etna dell’ Agno Casto . . . » 3. a « Statistica delle specie nella famiglia delle Yer- benaceae in Sicilia, e sull’Etna sia fossili e sia viventi » 118 119 119-122 122 122-123 Sezione Settima Ordo — Laurineae . Genus — Laurus . 1. Laurus Nobilis. Iconis Descriplio Osservaz.-— l.a « Il sig. Heer descrive la specie di Alloi sile dell’ Etna , ma vi si nota qualche s » » » n o fos- diffe- 123-124 124 125-126 126 127 128 129-132 129-132 renza coligli esemplari che si hanno dall’au- tore » 133-134 2. a « I greci ed i romani coltivarono l’Alloro, e pure nessuna varietà ci offre la specie di Alloro cul- la, e spontanea in Sicilia, in Italia ed altri siti dell’Europa meridionale . . . )> 134-135 3. a « Le diverse flore di Europa che rapportano la presenza di quest’albero spontaneo, ci avver- tono della quasi contemporaneità nella flore- scenza, la qual cosa ci avvisa che la specie non è veramente propria di questa abitazione . n 135 4. ‘ « Statistica delle Laurineae fossili , e special- mente dei terreni di Europa , e di Italia, ove si osserva che in tutte manca la specie Lau- rus Nobilis )) 135-136 5. a « Le Laurineae viventi e fossili di Sicilia con- tano una sola specie. Quc4o fallo ci dimo- stra che il genere c la specie sono erratici )) 136 — 147 — G.a « Dichiara l’ autore avere figurato e descritto le specie fossili fino ad oggi trovate da lui , c promette di seguire lo stesso metodo se al- tre ne troverà » 137 Prospetto delle specie e delle figure comprese nell’ opera » 139 Indice dell’opera » 141 « Tav. r Pidro Zappila dis A . di lo renao Lif. L it.Fral. Perrolta %( . », Pietro Zappali dis k é Lorenzo Lif lif.Fnt Pernotta • V Taviir: ■' j • Pieìro Zappala dis A. di Zorenzo Lil . Lit. hai. Pprf otti Ut. Fnt Ps no uà Pietro Zappali Jìs A- di Lorenzo Lit V 4 Tav. Vi: Ut. Fnl. f molli Piefro Zappai* dis A- di Lorenzo Lir . Tav.VII FavVIU à Jl/. Zvrria S Vi Tav IX - Zit Zttrna F Ferro Jù. ULTERIORI CONSIDERAZIONI % SUL BASALTO APPENDICE ALLA VULCANOLOGIA DELL’ ETNA § IO pag. 20. DEL SOCIO PRIMO DIRETTORE ONORARIO PROF. CARLO GEMMELLARO IETTA NELLA TORNATA ORDINARIA DEL 26 GENNAJO 1860 ATTI acc. voi. XVI. 20 — 152 — corso dell’opera su’ Vulcani, all’articolo del basalto, si mostri di parere intieramente contrario a quegl’ insigni geologi. Io mi trovava all’epoca della transizione del Nettu- nismo assoluto , al Plutonismo esagerato ; e credeva po- terli conciliare sull’essenza di questa roccia, ammettendo che il basalto del Professore Tondi e degli altri Werne- ciani, potendo essere attaccato dal fuoco vulcanico per la prima volta, avrebbe assunto la forma prismatica primi- tiva , con le alterazioni , che lo fanno distinguere dallo antico; e sin d’ allora, benché ammettessi appartenere il basalto a roccia pirogenica , non lasciai di sostenere che non era roccia vulcanica', ed ecco in breve quanto io ne diceva nella prima memoria, cominciando dalla definizione della roccia; seguendo quel precetto di Cicerone « omnis « enim, quae ralione suscipitur de aliqua re institutio, de- ce bet a definitione proficisci ; ut intelligatur quid sit id, « de quo disputatur » (I). « Si conviene oggi da’ naturalisti essere il basalto, una roccia dura, pesante, di struttura compatta, omoge- nea, a frattura terrosa , di cui la pasta consiste di pi- rossene e felspato compatti intimamente aggregati: che contiene olivina granuliforme , e di raro altre sostanze cristallizzante ». Quest’ultimo carattere, ammesso da’ mineralogisti pel basalto , non è poi indispensabile. Da questa definizione della natura del basalto si scorge che la figura esterna della roccia non entra come essenziale nel numero de’ suoi caratteri distintivi; e per conseguenza poco giova se la forma di alcune rocce si avvicina a quella prismatica, clic quasi sempre assume il basalto, quando poi disconvengono nella natura del (1) De oflìciis , prooem. — 153 — composto, e nella loro struttura. Cosi le lave prismatiche dell’orlo meridionale dell’Etna e di altri siti de’suoi con- torni, perchè di una pasta a frattura concoide, semifusa, e piena di cristalli di pirossene e di felspato, ancorché di figura pentagonale ed anche esagonale, non possono am- mettersi per basalti. Però e da tener presente che nei veri basalti l’articolazione è immancabile; come vi è co- mune il carattere di convessità e di concavità reciproca ne’ pezzi articolali. « Questi basalti, nella base meridionale dell’Etna, non sono in corrente, ma in separati gruppi: non pre- sentano orma alcuna di cratere, nè di scorie od altri ma- teriali frammentari, fuorché in quelli globulari ; i quali come andrò qui appresso sviluppando, debbono riguardarsi come alterati da nuovo fuoco. » « Questi gruppi sono isolati, di piccola estensione: il terreno che li abbraccia sembra che sia venuto dopo la loro formazione a circondarli, o che sia stalo separato ed aperto dal loro innalzamento da sotto in sopra. » « Finalmente, altra evidente prova della differente natura delle due rocce, si ricava dal disfacimento del ba- salto, che costituisce un suolo argilloso, bibulo, fangoso in inverno, denso e pieno di crepacci in està; laddove quello che proviene dalla decomposizione delle lave non offre che un tritume secco , acre, che si bagna in inverno, e divien polveroso in està ; Così gli stessi prismi del ba- salto in posto, sotto l’azione degli agenti meteorologici, si disfanno facilmente nelle superficie, a guisa delle rocce tenere; e le lave restano permanentemente solide ed inal- terate ». Benché trentaquattro anni addietro, poco s’intendes- se di Geologia in Sicilia , pure io conobbi sin d’ allora che altro erano i gruppi basaltici della Trezza , altro le lave prismatiche; nè trascurai di distinguerne i caratteri — 154 — di struttura, di giacitura, di rapporto col terreno adja- cente, non che della maggiore o minore attitudine a di- venir fatiscenti e decomporsi (1). Confesso che in allora non mi era formata una giu- sta idea delle lave prismatiche de’ contorni del Simeto, della collina a mezzogiorno di Adernò, Biancavilla e Li- codia: ma riconobbi la nuova azione del fuoco sul basalto in tutti i punti ov’ esso presentava la forma globulare; vale a dire nella rupe di Aci Castello c di Vaicorrente; e nell’ al- terazione prodotta nella rupe della Motta dalla comparsa di un cratere vulcanico, e dalla lava che ne venne fuori. In seguilo descrissi i basalti globulari de’vulcani estinti , e principalmente nelle colline di A izzini , di Mililcllo, e delI’Agnone, nella mia prima memoria sul vai di Noto (2). Un’altra ne scrissi sulle lave prismatiche di Scila e di Licodia; e quivi più estesamente della differenza mi oc- cupai, che passa fra questi ed il basalto della Trezza (3). Ma queste memorie o non furono lette, come è pro- babile, perchè lavoro siciliano, o non furono stimate de- gne di attenzione; nessuno pensò ribatterle direttamente; ma in fallo i Vulcanologisli, persuasi che basalto e lava fossero la cosa istcssa, si fermarono su questa idea, po- co curando la varia giacitura il vario rapporto, e quel che è più, la diversa struttura, delle due rocce. Sarebbe lungo il riferire quanto ognuno di essi ne pensi; ini limiterò soltanto a pochi de’ più accreditati, (1) Vi sono delle lave nell’Etna abbondanti di felspalo , che facilmente si disfanno col tempo; però la loro faliscenza si riduce ad un arido tritume simile alla pozzolana , e non già ad un ma» teriale quasi argilloso, clic ha una certa plasticità e si compatta, come quello del basalto. Di queste lave se ne trovano presso bian- ca villa, e nella rupe di Paterno. (2) Atti Oioeni — Sor. ]a voi. 3. (3) Atti Gioeni — Sei*. 1a voi. 20. — 155 — fra’ quali, uno de’ diligenti osservatori del terreno vulcani- co della Francia centrale, è certamente il Signor Amedeo Burat, (1), che ha descritto accuratamente lo sialo allea- le delle formazioni trachitiche e basaltiche; non che del suolo non vulcanico di quella interessantissima parte della Francia. Egli non vi ravvisa che vulcani, e fenomeni da essi dipendenti; e benché dal fatto sia costretto a rico- noscere diverse epoche nella trachite e nel basalto, pure nessuna attenzione particolare ha creduto dover portare a questa circostanza; ed ecco quel che ne dice a pag. 9. « Intorno ai gruppi trachitici, ed in posizioni spes- so avvicinatissime al centro, si trovano i basalti antichi che formano una zona, non ugualmente ripartila, intorno a’ monti Dorè , potentissima e sviluppatissima intorno al Cantal. Tale sviluppo non è minore nella catena del Vc- lay, ove le eruzioni basaltiche ebber luogo in due punti ; infine questi basalti costituiscono la catena di Coirmi, dal- F Eserinet sino a Rochemaure. Eruzioni posteriori diede- ro luogo ad un completo sviluppo della formazione ba- saltica del Velay e del Yivarese. Una di quelle catene che separa la valle della Loire da quella dell’Allies , è composta di più di ottanta coni di scorie , di cui un gran numero fecero inclinare la base in quelle valli ». Passando allo esame del parallellismo che conser- vano le rocce vulcaniche con le altre, osserva « un le- game di cocvilà della trachite e del basalto in alcuni luo- ghi » e segue a dire « questo legame è tale da non far dubitare esservi stali in certi punti, de’ basalti contem- poranei alle trachili : e che dietro la relativa loro posi- zione , siamo più d’ una volta condotti a confondere in una medesima serie di sforzi vulcanici, delle masse che (1) Dcscription des terrains volcaniques de la France centra- le— Paris ec. 1833. — 156 — mineralogicamente appartengono ad epoche differenti » Sotto il rapporto di rocce le trachili e le fonoliti sono intimamente unite nelle catene del Yelay; il gruppo del IVIezenc presenta un legame non meno intimo di fonoliti e di basalti ; infine i basalti tanto moderni del basso Vivarese stabiliscono, fra questa formazione e la forma- zione lavica , un passaggio rimarchevole ». Egli dunque ammette basalti antichi di problema- tica struttura mineralogica, e coevi alla tracbite : basalti di epoca piu recente , e particolar formazione lavica. Con tutto ciò non desiste dal rimetter queste distinte roc- ce ad azione vulcanica ; e quel che piò monta si è, che distinguendo egli stesso i basalti litoidi compatti (1) che (( non han sempre resistito alla decomposizione, » perchè la tessitura granulare la favorisce singolarmente » pure questo essenzial carattere non gli è parso degno di ac- curata considerazione ; e finalmente anche noverando le varietà del basalto (2) vi distingue il basalto compatto antico , omogeneo, duro, tenace, nero o grigiastro ; sic- come, parlando della età di questa roccia, rapporta che la sola catena del Yelay presenta delle oggezioni alla sovrapposizione generale dei basalti a’ conglomerati-, per- chè « non solamente le rocce basaltiche vi occupano po- sizioni costantemente inferiori alle fonoliti, ma nel grup- po di Mezenc vi sono delle linee di stratificazione evidenti e numerose di fonoliti, che riposano sopra rocce basalti- che scorificate ». Dopo di che conchiude « che queste anomalie non sostengono un esame profondo, per quanto concludenti potessero comparire a prima vista ». Egli però non accenna per quale opinione siano concludenti ? Ragionando in questo modo si fa evidentemente co- (1) Pag. 295. (2) Pag. 208. — 157 — noscere che non si mole ad alcun patto, abbandonare la concepita idea , e tutto si vuol ridurre ad azione vul- canica. Noi però ricaviamo dalle diligentissime osservazioni dell’Aiitore, che nella Francia centrale esiste il basalto col carattere di epoche differenti ; cioè basalto inferiore li- toide compatto, basalto di struttura mineralogica proble- matica , basalto facile a divenir fatiscente, basalto infe- riore alle fonoliti, basalto porfiroide, basalto variolitico, dolerite, basalto moderno e lave. Val tanto dire basal- to pirogenico , basalto vulcanico e lavico. Dall’ insieme poi dell’ opera si scorge clic in quella contrada , tanto tormentata da’ vulcani, non si può dar conto di evidenti località, dalle quali molle formazioni basaltiche avessero avuto origine; ed all’incontro, altre ve ne sono che ben lo dimostrano con li conglomerati di materiali sciolti, di scorie, di pozzolane ecc., non che colle correnti vulcani- che e co’ coni lult’ora discernibili nelle catene che divi- dono le valli di quel paese. Il teoretico pensatore inglese, sig. Scrope, indaga- toli sottilissimo di lutti i possibili fenomeni vulcanici, ve- nendo al basalto, con ammirabile perspicacia va spiegan- do la causa ed il procedimento della forma prismatica della roccia ; e benché egli stesso adduca probabilissime cause della differenza de’prismi basaltici e di quelli delle lave, pure sostiene non esservi differenza nella natura ed origine delle due rocce ; ed a particolari circostanze at- tribuisce la regolarità de’ prismi basaltici, e la ruvidezza di quelli delle lave (1). I signori Dufrenoy e Beaumont, trattando del paese vulcanico della Francia centrale, al cap. del Gruppo del (\) Considerations on Yolcanos ec. Lond. 1825 p. 131 nota. ATTI ACC. VOL. XVI. 21 — 158 — Cantal (1), si mostrano più intenti a trovar sollevamenti, prodotti dalla fonolite del Puy de Griou, che lutto il re- sto dello stalo delle rocce : rovesciamenti di pialleformi trachitiche e basaltiche da per lutto, che essi chiamano « descrircmentsdes nappes trachitiques et basaltiques » (2); piani diversi di rocce , il superiore di basalto, che for- ma il suolo delle piallcformc ( nappes ) circondanti, e dal lato opposto alternanti con conglomerati basaltici : sotto rpiesto piano tutto trovano tracbilico, sino al terreno in- feriore formato di granilo (3): piattaforme di basalti e filoni : inclinazioni delle prime (che s’impegnano a pro- vare essere stale impossibili a verificarsi senza un solle- vamento:) dighe basaltiche che tagliono le rocce trachi- tiche ; per conchiudere che il basalto sta sempre sulla trachite. « Dans aucun point du Cantal on ne voit le ba- salt alterner avec la trachite; loujours il est superieur a cetle dcrnière roche (4) » ; nel che non sono di accordo col sig. Burat, come abbiamo veduto di sopra. Gli stessi sollevamenti essi trovano nel gruppo di Monte Dorè; c cosi per ogni dove (3). Tutto ciò, intanto , fa evidentemente conoscere , in quale stato di rovesciamento si trova quel terreno della Francia, e come difficile ollrcmodo va a rendere il de- ciferare la prima giacitura delle rocce di cui si compo- ne, non che il poterne distinguere la natura e l’epoca, come si farebbe ove separate e fra loro lontane si tro- vano. I\on occorre rammentare come, dacché il Werneria- nismo ha cessalo di essere universalmente accettato , o (1) Descript, geologique de la Franco t. 2 pag. 2T1 ecc. (2) Pag. 283.' (3) Pag. 284. (4) Pag. 290. (5) Pag. 305, e seg. — 159 — ridotto , come dice il Sig. Scrope, al suo vero valore (1), la maggior parte de’ Geologi non distingue il basalto dalle altre rocce vulcaniche; dando poca importanza a certe particolari condizioni di struttura, di forme, di giacitu- ra, di età; per la qual cosa voler pretendere di soste- nersi in una opinione , contraria a quella generalmente seguita da illustri nomi, può comparire ostinatezza ripro- vevole. Talché sopra questo argomento, io d’altro non penso oramai intrattenermi che del considerare il basal- to, in origine, quale roccia 'pirogenica , distinta dalla vulcanica , (2) c se vi siano esempi che ciò dimostrar po- tessero. Chè se non avrò forza bastante per sostenere la mia idea, tenterò di giustificare almeno i motivi, che me 1’ han fallo fin ora tanto careggiare. Per roccia pirogenica io intendo « la scorza litoi- dea , che prima raffredda vasi nella infocata massa della Terra; ed a seconda de’varii suoi componenti diveniva o granito, o sienile, o porfido, o trapp ecc. Humboldt chia- ma rocce di eruzione, le antiche primitive , cioè gra- nito, sienite , porfido quarzoso, diorite, roccia iperste- no, eulotide, melafire e basalto ( loc. cit. p. 322.) Sia- mo, così, di accordo anche in questo ordinamento di roc- ce, delle quali fa parte il basalto, (v. pure a pag. 321 ) (1) Appendix n. 2 p. 2Ì0. (2) li Sig. Humboldt chiama vulcanica quella che io dico pi- rogenicae plutonica quella da me detta vulcanica; ma nella di- stinzione fra di esse siamo d’accordo; ecco le sue parole: « E però la maggiore o minore pressione sotto la quale succede la con- solidazione delle sostanze liquide o semplicemente ammollite, par che sia la causa principale della differenza fra le rocce vulcani- che c le plutoeniche , la roccia ammorbidita che vien fuori forman- do una particolare corrente da un' apertura vulcanica si dice » Lava « Cosmo T. 1. p. 311. Traduz. di Yinc. degli liberti Aap. 1830. — 160 — « le rocce che uscivano dallo interno ( granito porfido e basalto). Per roccia vulcanica , poi, una delle piro- geniche attaccata nuovamente dal fuoco, attivato però dallo svolgimento de’ gas e del vapore, e più vetrificata, o almeno alterata nella struttura ». Permeglio concepi- re questa distinzione, la d’ uopo rimontare alla serie dei fenomeni che accompagnarono la formazione della scorza terrestre. Sia che il nostro Pianeta fosse una porzione della massa del Sole (1) : sia che lo addensamento di una Ne- bulosa costituito lo avesse, si ammette oramai nella scien- za, che tutta la sua massa esser doveva infocala, incan- descente , ed in uno stato quasi di fusione , come la forma di sfera alquanto compressa ne’ poli lo dimostra Humboldt op. cit. Calore interno della Terra-ecc. Spinto a quel punto del sistema solare, ove dovea perennemente seguire un moto rotatorio intorno al suo asse ed un’orbi- ta attorno al Sole, la sua superficie grado grado raffred- dandosi ed addensandosi dava luogo alle molecole de’ suoi componenti, (che più leggiere eran restate al di sopra della superfìcie, come la coda luminosa delle comete) respinte, per dir cosi, dal calore del Globo stesso (2) , (1) Questa idea del Buffon è tenuta presente dal signor Scro- pe, nella sua Teoria della Terra, (op. cit. pag. 288.) « Suppo- sing thè Globe lo bave liad any irregular sliape when detached from thè Sun, ec. ec. Nel Cosmo, dell’ immortale Humboldt, è espressa nelle parole » (la Terra) come ogni altro de’ Pianeli, se apparten- ga originariamente al Sole, come se fossero stati formati da ne- bulosi anelli separali dall’atmosfera solare ecc. Cosmo voi. 1. Fenomeni terrestri ecc. — V. pure a pag. 371. op. cit. (2) Lo stesso Sig. Scrope (loc. cit.) rassomiglia la Terra, prima di prendere il suo posto nel sistema solare, ad un Cometa « Like that of a Cornei, which in bis tail scems to bc conlinual- « ly leaving behind pari of bis substance in an acrilorm state, ec. — 161 — dava luogo, io diceva, a cadere insieme a’ condensati va- pori sulla prima superfìcie, e costituiva i materiali delle rocce di sedimento e le acque (1). Cominciava sin d’ allora la crosta del Globo ad esser formata di due distinte sorti di rocce ; quelle, cioè, della prima scorza che andava raffreddandosi, e divenendo sem- pre più doppia in giù : c di quelle che aggregayansi nelle acque giacenti sulla prima superficie, e che cresce- vano aneli’ esse in doppiezza sempre in su. Questa su- perficie, cosi, formava la linea di separazione fra le rocce primitive, e le sedimentarie ; che ho creduto più proprio chiamare protogeniche le prime, ed ipostemiche le se- conde, in una mia Memoria (2) di cui mi servirò or ora in questo ragionamento. L’addensamento della scorza protogenica produceva in essa molte fissure di staccamento, per la contrazione della pasta che andava perdendo il calore, e dava adito alla sottoposta ancor liquida massa, spinta dalla espan- sione del calore , con una specie di reazione contro la superficie , ad introducisi non solo , ma a sollevare l e staccate porzioni, e con esse anche le rocce della scor- za ipostemica ; le quali andavan successivamente crescen- do in doppiezza ; e ridotta gradatamente a polenti strati esercitavano immenza pressione sulla sottoposta massa. Le rocce protogeniche , così, esposte di continuo a sempre più crescente azioni del calore , ed a causa in- sieme della superiore pressione, tendevano a farsi strada verso la superficie del Globo, attraverso anche della sua parte ipostemica. Non tulle però trovavano circostanze favorevoli a questa intromissione ; per cui quelle che re- (1) V. l’opuscolo La Creazione. Quadro filosofico — Catania 1856. (2) Illustrazione di due tavole ec. Atti Gioen. Ser. 2.* voi. IX. — 162 — stavano a contatto perenne del fuoco alleravansi negli elementi , e nuove forme di struttura assumevano (1) ; e così le rocce felspatiche e quarzose cangiavansi in tra- cliile ; e le pirosseniche in basalto ; di modo che cre- scendo sempre la doppiezza della pasta protogenica in giù, come in sii la ipostemica , non più graniti, sie- niti , serpentini , porfidi , trapp erano ancor liquidi e capaci d’ essere spinti in sii , ma prendevano il posto di rocce pirogeniche la trachite ed il basalto ; come quelle che erano a contatto immediato dell’ incandescente nucleo terrestre. Cessarono , in effetti , quelle prime dalla loro intrusione , attraverso delle due scorze del Globo ; e la forza espansiva del calore, assistita dallo sviluppo de’gass e dal vapore , spingeva in alto le sole due rocce rima- ste pirogeniche. Alterale poscia aneli’ esse dalla nuova azione del calore riducevansi a masse laviche ; e stabi- livano li , così delti , focolari vulcanici. Ecco, in ristrettissimi termini, qual’ è la teoria che mi guida sulla formazione della crosta del Globo ; ed ecco la distinzione che ho io fatto sempre fra rocce pi- rogeniche e vulcaniche ; quelle considerando nello sta- to di liquida primitiva fusione, queste portale in su dalla espansione del calore non solo , ma dall’attività de’ gas e del vapore alterate, sminuzzate e versale da una gola vulcanica in forma di lava. A meglio comprender questa distinzione io pubbli- cai la connata Memoria, accompagnala da due tavole de- lucidativi. (2) (1) Humboldt ammetteva forze da lui dette vulcaniche, come formatrici di nuove rocce , o tras formatrici di quelle già presi- stenti. Cosmo T. 1. p. 317. (2) La prima di queste tavole rappresenta un taglio ideale della crosta del Globo, ilei terreno moderno della parte ipostemica si- — 163 Fermandoci ora al basalto si può da quanto ho esposto, conoscere come esso risulta una roccia pwn ge- nica, e non già vulcanica : clic dove si è mostralo ne- gli strati superiori della Terra, ha conservato il carat- tere pirogenico; vale a dire che si è innalzato per la sola forza espansiva del calore, senza alcuno de’ fenomeni vul- canici , prodotti principalmente dalla influenza di gas e dal vapore, senza crateri, senza materiale sciolto, senza forma di corrente, ma solamente in quella di gruppi o di dighe ; e ciò io tengo per certo dietro gli esempi no al punto ove quella protogenica confina col nucleo infocato della Terra. Le rocce pirogeniche di questa sono disposte al medesimo livello; di esse talune s’innalzano sino a date altezze negli strali de’ terreni ipostemici, per indicare quali rocce si sono introdotte da sotto in sopra; altre di queste stesse sono restate al loro pri- mo livello, per mostrare clic mentre le campagne s’ iniettavano nelle rocce superiori esse potevano esistere sotto la scorza iposlemica , senza che si fossero in essa introdotte. Dopo il periodo secondario queste prime rocce pirogeniche non compariscono più, ed invece la tracliite ed il basalto giungono sino al terreno terziario. La prima ha rimpiazzato già nella scorza protogenica le rocce felspatiche e quarzose: il secondo le pirosseniche ed emàtiche; e si sono intro- dotte, in prima, come le rocce granitiche porfiriche ec. La trachite sin al principio del periodo terziario, il basalto sino a quello di luvialc. In seguilo la trachite ha ripigliato la sua azione nel periodo terziario, ed è salila sino al moderno co’ caratteri vulcanici di cra- teri, di correnti di lave ec.; mentre il basalto, alteralo e ridotto a roccia lavica vulcanica aneli’ esso, si è fermato al diluviale; c la lava per mezzo di gola vulcanica è venuta sino a sopra il terreno moderno. Si vede così, in questa tavola, a colpo d’occhio la suc- cessione delle rocce dalla crosta terrestre, tanto al di sopra della sua prima superficie, quanto al di sotto di essa: si vede quali rocce pirogeniche si fossero introdotte nelle superiori, e sino a qual pe- riodo geologico; e finalmente come sono stale esse rimpiazzate da altre, nate dalla loro stessa alterazione, ed han cessalo di compa- rire, sin dal periodo secondario, negli strati della scorza iposte - mica. — 164 — cadutimi sotto gli occhi, e sopra altri, che benché a tut- t’ altro scopo, si recano da valentissimi autori; ed ecco- ne alcuni. 1. Il basalto nella collina della Trezza si presenta sotto la forma di varii gruppi; fra’ quali nessun paralle- lismo è evidente. In quello, detto colle di Catanzaro , i prismi del basalto, lungi di offrire la forma di corren- te sono tumultuariamente riuniti: altri verticalmente dispo- sti in corta zona orizzontale, altri a ventaglio ed a zone concentriche: altri verticali, che s’incontrano ad angolo retto con altri orizzontali formando piccole grotte con pa- reti e tetto di prismi. Quasi sotto le stesse condizioni si presentano il gruppo di colle di rose e gli altri più piccoli de’ dintorni; ed essi son lutti isolali in mezzo alla collina terziaria di gres ed argilla, che serve di base, per mezzogiorno, alle lave dell’Etna. Nessuna traccia di cra- tere, nè di sciolto materiale, o di scorie, o di ghiaja o di tritume lavico qualunque, sono quivi visibili. I prismi sono pentagoni per lo più articolati, di una pasta a frat- tura terrosa, compatta, color brunaslro, con olivina gra- nulare, fatiscenti, e dalla loro decomposizione si produ- ce un detrito biancastro, facile a divenir compatto in di- versi luoghi, ma in generale pochissimo coerente, fuor- ché quando una roccia infocata non vi fosse stata a contatto; perchè allora esso diviene quasi una termanti- de, come si vede nell’isola della Trezza, ove /’ altaici- mite introdotta nella massa di questo basalto decompo- sto, da me detto Ciclopite (I), l’ha reso dura ed a frat- tura concoide. 2. Un altro gruppo serve di base alla rupe di Aci Castello ; e quivi, come ho ripetute volte osservalo e de- (1) Sul basalto decomposto v. Alti Giocn. sor. 1* voi. 2. — 165 — scrilto (1) una nuova azione di fuoco ha vivamente attac- cato la roccia, e ne ha convertito i prismi in basalto glo- bulare, spingendoli attraverso una gola di cratere , di cui non resta al dì d’oggi altro vestigio che un materiale di frantumi, analogo più presto ad un peperino, che altro materiale vulcanico. Alle base della rupe l’antica roccia basaltica si trova in posto , tutta costituita di prismi re- golari, di cui le articolazioni hanno il carattere di reci- proca convessità c concavità. Qual differenza fra questi gruppi di basalto , e le correnti di lave prismatiche di tutta la base meridionale dell’ Etna! Questi, soli, isolati in forma di mucchi di prismi in varie direzioni disposti: quelle, tutte in forma di lava, che si rappiglia in prismi poco regolari nella parte in- feriore, ed in solida massa al di sopra, coverte d’ una superficie sconfortile e ruvida: i prismi di quelle sono a spigoli leggermente ottusi, articolati, di pasta compat- ta con granelli di olivina, e talvolta con Scarsissimi cri- stalli di pirossene: quelle presentano prismi quasi sem- pre irregolari, grossolani, di grandezza varia, senza ar- ticolazioni, a spigoli taglienti , di pasta semivelrosa ab- bondante di cristalli di pirossene, di felspalo e granelli di olivina : quelli facili a divenir fatiscenti, queste duris- sime e resistenti all’ azione degli agenti meteorologici: la decomposizione di quelli, finalmente, produce una roccia quasi argillosa capace di compattarsi ; il disfacimento di queste è un tritume arido, sciolto, polveroso. (I) Atti Gioca. 1a scr. voi. \. condizioni geolog. del tratto terrestre dell’ Etna. « « la scr. voi. 2. sul basalto ec. « « « voi. 3. sù vide, estinti ec. « « 2a scr. voi. 3. saggio sulla coslituz. fisica del- l’Etna. atti acc. voi., xvi. 22 — ICO — Questo è quanto mi si presenta nelle vicine nostre contrade. Rechiamo altri esempi da scrittori che di ba- salto han trattato nelle opere loro su’ vulcani. 3. 11 sig. llurat descrive la così detta, Roche rou- gc (1) e ne presenta la figura alla tav. IX. Ricono- sciuta da lui per basaltica, non che da lutti i vulcanolo- gisti dell’ età nostra , è stata in poche parole ricordata dal sig. Daubeny (2) ne’ seguenti termini « la isolata massa di basalti della Roche rouge, essa è so- vraimposta ad un inclinato tratto di granito, da cui sor- ge sino all’ altezza di 700 piedi, ed ha 1’ aspetto di una enorme diga , tanto per il disordinamento della roccia granitica, quanto pel modo di sua giacitura da un lato, ove il granito vi sta in contatto; in più di un luogo essa vi s’ introduce orizzontalmente per qualche tratto, e va- ri pezzi dello stesso granito si trovano racchiusi entro la massa basaltica ». Non è forse nel modo stesso che il primitivo granito s’introduce nelle rocce nettuniche? Con la solila sua rapida maniera di trattar gli ar- gomenti, questo eruditissimo Professore di Oxford , non rapporta come il sig. Rurat sia del parere del sig. Rer- trand; il quale non trovando altro modo di spiegamento per quella singolare roccia basaltica la crede « un’anti- ca bocca di vulcano, un fondo di cratere, spogliato dalle acque del suo inviluppo granitico » e questa ipotesi, dice il sig. Rurat « si accorda in effetto benissimo , col fa- cile disgregamento del granilo, in confronto alla tenacità della roccia basaltica , e con la forma cilindroide della • massa che ben rappresenta quella che prenderebbe la lava che vi si modella , oscillando entro la gola di un vulcano ». Questa maniera di spiegamento mostra , adir (1) Pag. 254. (2; On Volcanos ec. edit. 1848 pag. 59. — 167 — vero, come può ognuno francamente esporre le proprie opinioni, poco curando come potrebbero essere accettate da’ coltivatori di queste scienze ! Altri esempi ci offrono le tavole che il sig. Scropc ha annesso alla citata sua opera. 4. Il primo ce lo presta la montagna di Bonnevis, che sovrasta alla piccola città di Murat ; formata di un vasto gruppo di basalto , a struttura prismatica da capo a fondo ; c benché 1’ Autore pretenda esser questa una porzione staccata delle correnti prismatiche delle prossi- me colline, pure a colpo d’ occhio si conosce la differen- za che passa fra la manifesta forma di correnti di quelle, e T aspetto d’ indipendente sollevamento di una massa co- lossale, spinta da sotto in sopra, ad un’ altezza superio- re di mollo alle pretese compagne correnti. 5. Il secondo parlantissimo esempio di massa di vero basalto venuto attraverso i terreni della scorza su- periore del Globo, nel modo stesso delle antiche rocce pirogeniche, vale a dire nello stalo d’ ignea fusione, ed introducendosi nelle lissurc, sollevandone gli strati ed al- terandone la composizione, si vede nella tavola che pre- cede il frontespizio della citala opera alla fig. 3.a Essa rappresenta una sezione dell’Alpe tirolcrc, fra la valle di S. Pellegrino e l’ Eysack. La base di quel terreno com- parisce esser di porfido , sul quale giace uno strato di gres-rosso , c sopra di questo un calcario-conchigliare. Il basalto è venuto con immensa forza a farsi strada at- traverso questo terreno alpino, ha sbalzalo di qua c di là il porfido ed il gres-rosso, c si è introdotto vertical- mente ed orizzontalmente nello strato calcare, cangiando- lo in dolomite ! E ciò senza orma di crateri, senza ma- teriali sciolti, e senza alcuno de’ fenomeni compagni delle eruzioni vulcaniche. Basterebbe questo solo esempio per determinare se f — 1G8 — vi sia , in effetto , distinzione fra le rocce pirogenicbe e le vulcaniche , e se havvi basalto pirogenico e non vul- canico, che giunge a cangiar in dolomite la roccia cal- carea (1). Ma pure questi esempii sono rapportali da vulcano- logisti di sommo merito ; e se non bau fatto loro nessun particolar senso : e se non bau meritato la loro atten- zione, dev’ esser segno che non sono esempli bastevoli a farli cangiar di opinione. Se pur non mi inganno , po- trebbe ciò divenire , come ho già di sopra osservato , dall’ essersi, questi illustri naturalisti, imbattuti in terreni troppo tormentati dà vulcani ; ove tutta è stala sconvol- ta la naturai giacitura delle rocce ; come nella Francia centrale ; terreno più che altro mai studialo da’ più ce- lebri vulcanologisli e geologi dell’età nostra. Ivi la teo- ria de' sollevamenti ha trovato solidi appoggi, nelle incli- nazioni delle correnti vulcaniche , trachiliche e basalti- che, nella tumultuaria mescolanza del detrito dell’ una e dell’altra roccia; e tale è la miscela di esse, e tale lo sconvolgimento di tutto il terreno, che facilmente ha dato luogo ad equivoci, a tutti quei che ne han trattalo su- perficialmente, ed a dubbj à diligenti osservatori, nello stabilire l’età c la vera giacitura delle rocce; come ab- biamo osservalo del sig. Durai ; e pare che a togliersi d’impaccio si fossero contentali di riguardar la tracbite, il basalto e le lave come prodotti di azione vulcanica , benché non lutti della medesima epoca. Per lo esempio che mi ha prestato il basalto nella (i) Non si manca (li simili esempj in Sicilia ; nel vallone di Melilli il conte fr. Beltà Negri ni è stato il primo a scoprire ed a farmi osservare una diga basaltica che ha cangiato in saccaroide il calcario della catena iblea. V. la Meni. la su’ vulcani estinti del Val di Nolo Alti Gioen. ser. la voi. 3.° — 169 — collina della Trezza : per quello riferito dal sig. Durai e dal sig. Danbeny , della Rocherouge : per l’ altro della tav. 3a del sig. Serope e di quello dello stesso autore alla fig. 3a della prima tavola ; non che dal primo pas- saggio del vero basalto prismatico alla forma globulare , per la nuova azione del fuoco ; e dal vederlo altra volta fuso nel focolare vulcanico, e rigettato in forma di are- ne , di scorie e di corrente lavica ; per queste ragioni io ho persistito a sostenere la tante volle replicala , di- stinzione del basalto pirogenico dal basalto lavico. IVè io trovo che si fosse mai trattato da altri que- sto argomento , con quelle considerazioni , eh’ io credo essenziali sulla struttura, sulla giacitura, e sulla decom- posizione del basalto, comparalo con le lave prismatiche. Che giova l’ aver conosciuto esservi de’ luoghi ove il ba- salto ha caratteri rimarchevoli di anteriorità ad altre roc- ce (le quali per la forma prismatica che assumono si son chiamale anche basalti) , se poi nessuna conseguenza si ritrae da tale osservazione ? Non osserva forse il sig. Danbeny (1) che il basalto di Montaudox ( che il sig. Bone ha riguardato come quasi identico nel carattere con la roccia di Calder, fra Glascowe ed Edimburg ) evidente- mente appartiene ad una età più remota, ed è stato for- mato sotto condizioni intieramente differenti da quelle delle lare scoriacee di Grarencire , alle quali è tanto contiguo ? Ma che se ne conchiude ? Che giova lo aver ammirato la Rocherouge, ed ad onta della sua manifesta indipendenza dal circostante terreno si giunge a creder- la una lava, che aveva riempilo una gola di vulcano, e che sbarazzata da tutto il materiale del supposto cratere, è restata come un enorme cilindro verticalmente mante- nuto? Che giova aver parlato della montagna di Bonne- (t) Op. cit. pag. 42. — no — vis, se il suo isolamento, se la sua altezza, se la strut- tura e disposizione de’ suoi prismi, se il lutto, insomma, che caratterizza una roccia spinta da sotto in sopra, è stata poi riguardala come una staccata porzione di cor- rente prismatica, clic si vede a distanza, e mollo più bas- sa, ed evidentemente di diversa struttura ? Che giova infine quella parlante sezione ideale del- l’Alpe tirolese dal Signor Scrope, ove il basalto si è in- trodotto fra altre rocce come il Granito ec. ed ha sin’ an- che cangiato in dolomite il calcario conchigliare (1) se poi questo basalto non si considera differente dalle lave? Perchè non si è dato peso a quc’ caratteri pe’ quali mi son sempre persuaso a sostenermi in prò della natu- ra pirogenica e non vulcanica del basalto; e che non pos- so trattenermi di qui riepilogare: vale a dire 1° la strut- tura litoide compatta, con olivina in granelli, senza o al più, con rarissimi cristalli di pirossene: 2° la regolari- tà de’ prismi e la loro articolazione : 3° la mancanza di superficie ruvida, scabra e scoriforme, come del pari la mancanza di crateri, c materiali sciolti: 4° la facilezza a divenir fatiscenti e formare un materiale quasi argilloso e tenace : 3° l’ isolamento de’ loro gruppi: 6° il passag- gio alla forma globulare divisibile aneli’ essa in piccoli pri- smi : 71 11 e finalmente la sua giacitura inferiore a' terre- ni vulcanici ? E questi caratteri confrontali con quelli della roccia vulcanica, come mai non han fallo distinguere 1° che i prismi di questa sono irregolari, non articolali, ed a spigoli taglienti: 2:1 che la parte superiore è in mas- sa e coverta di ruvida scorza scoriforme e rolta : 3" la pasta è lavica , cioè semivetrosa , di struttura porlirica (1) La dolamitc, il calcario saccaroide ecc. sono delle rocce 'metamorfiche, dal S. Humboldt io ho creduto più espressiva la pa- rola pìreterotiche cioè alterate dal fuoco v. Eleni, di Geolog. ad uso della 11. Università di Catania 1840. — ni — piena di cristalli di pirossene e di felspato : 4° che es- sa è dura, resistente, inalterabile dagli agenti meteorolo- gici, 5° che ha sempre un cratere di materiali sciolti, e sempre si mostra in forma di corrente, che si estende sopra il terreno terziario ed anche sul moderno ? Si fa distinzione fra il granilo e la Sienite, perchè in quello vi è il mica, ed in questa l' antibola: si distin- gue il porfido dalla semplice eurite perchè in questa mancano i cristalli di felspato, ecc. e poi si confonde il basalto di struttura litoide, compatto, facile a decomporsi, con la lava di struttura porfirica semivetrosa , dura e resistente! Perchè mai la trachile , che i vulcanoloeisti 7 0 inclinano a riguardarla proveniente dal granilo alterato (I) non si chiama aneli’ essa granito, come han voluto far del basalto, di cui le rocce che ne nascono, per l’azione del fuoco vulcanico, portano per essi lo stesso nome? Non mi resta altro a dire, per far l’ apologia a’ miei pensamenti, sulla qualità pirogenica si, ma nou vulca- nica del basalto. Voglio soltanto rispondere ad una do- manda, che facilmente far mi si potrebbe, vale a dire « di- stinguere il basalto pirogenico dalle lave prismatiche è cosa essenziale per la scienza? » Certamente; tanto come roccia in sè stessa, quanto come parte di terreno , che figura aneli’ esso nell’ epoche geologiche della crosta del Globo. Come roccia in fatti abbiamo di sopra osservato che vai tanto distinguerla dalla vulcanica, quanto il di- stinguere il granito dalla sienite, il porfido dal griinstein lo gucis dal micascisto. Come materiale che ha la sua (t) Duvernoy e Beaumont. op. cit. p. 284. Yon Buch, presso Daubeny. op. cit. p. 38 « egli imagi- « na che le montagne composte di domite, sono state spinte in sii « da sotto , elaborate dal materiale del primitivo granito , che è « stato alterato, parte per effetto del calore, parte dai vapori ela- « siici. — 172 — epoca geologica nella serie de’ terreni , è chiaro essere essenzialissimo il determinare sino a qual punto il ba- salto pirogenico si è introdotto fra le rocce sedimenta- rie, e se ha preceduto, o no la comparsa de’ vulcani; di modo che questa ricerca verrebbe a stabilire con certez- za 1’ epoca di sua comparsa, e gli effetti del fuoco vul- canico sulla sua massa, che costituiscono quello che può convenientemente chiamarsi terreno lavico basaltico, a di- stinzione di quello trachitico. SOPRA Il CHIODO DELIO SCARPA PER. LA PRONTA GUARIGIONE DELLA FISTELA DEL SACCO LACRIMALE PER Dottore in chirurgia nella facoltà medica di Catania, chirurgo aggiunto delle pri- gioni centrali di detta città , socio corrispondente dell’ accademia Gioenia , e della reale società economica della provincia di Catania, corrispondente del Ga- binetto scientifico e letterario di Siracusa, della reai Pelorilana di Messina , di quella dei Zelanti di Aci-Reale, dei Pellegrini afialigati di Castroreale, e delle Florimentana Yibonese di Montcleone ecc. ec. X.JBTTA NELLA TORNATA ORDINARIA DEL PRIMO DICEMBRE 1859 S egli è innegabile, o Signori, che dalla osservazione e dalla esperienza la medicina ebbe vita e nascimento, e se tutto 1’ edificio medico costituiscesi di fatti ridotti a principii; egli è indubitato del pari, che affin di esten- dere maggiormente e dar più solidità a sì vasto edificio, e di arricchire il patrimonio, di sì grande e sublime scien- za, fia d’uopo battere senza posa, e senza che lo spi- rito sia ottenebrato dalla densa nebbia della prevenzione, il sentiero dell’ osservazione e dello esperimento, e quindi registrare i fatti più importanti e coordinarli dopo averli accuratamente osservato e studialo. Ed avvegnaché di un grande numero di osservazioni e di fatti fà mestieri, per- chè dal complesso ne derivi reale vantaggio alla scienza, pure non può negarsi, che pochi alle volte baslevoli Rie- scono a condurre il criterio medico alla più esalta e com- pleta conoscenza della natura delle malattie ed a qualche perfezionamento nel metodo di curarle. — 176 — Si è perciò solo, e non per meschina ambizione di lode, che io mi spingo a sottomettere al vostro esame, dotti Gioenì, talune mie osservazioni, che hanno lo sco- po di migliorare il metodo piò generalmente eseguito nella cura di una delle piò importanti malattie chirurgiche. La diagnosi e la cura della fistula del sacco lagri- male sono state sempre un problema, la cui soluzione ha hilto nuotare in un oceano d’ incertezze, ed à diviso uno immenso numero di opinioni fra i chirurgi di ogni epoca. Se gettiamo difatti rapidamente uno sguardo sui mol- tiplici e svariati mezzi che nelle varie epoche dell’ anti- chità sonosi messi in opera contro questa forma morbo- sa, bene rileveremo che molta confusione ha esistilo sem- pre su ciò che riguarda la cura della fistula del sacco lagrimale. La mancanza delle anatomiche cognizioni aveva spinto fra’ primi Archigene d’ Apanica, Paolo Egineta Guglielmo di Saliceto ed altri alla trapanazione ed all’ustione dcl- l” osso unguis. E sino al secolo XVI , e assai piò tardi ancora ad onta delle riforme apportale nella anatomia dal Fallopio e dall’ illustre Morgagni, ad onta di quei posi- tivi miglioramenti clic dopo ciò Anelio, Stilai, Petit, La- furesl, Gensaul , Cabonis arrecarono al metodo curativo della fistola del sacco lagrimale, l’antico metodo opera- tivo fu sempre la pratica lungo tempo seguita dai chi- rurgi piò accreditati. Tuttora la cura della fistula del sac- co lagrimale era guidata dall’ cmpcrismo , non solo per la poca conoscenza degli stadii morbosi di essa; ma pure per la mancanza di una esatta diagnosi differenziale; at- tesoché con la fistula del sacco lagrimale confondevansi le carie dell’ osso unguis, la flogosi delle glandole dello stesso nome, e dei margini dei tarsi, quella cronica della coruncola lagrimale, la coartazione e la chiusura dei punti lagrimali, ed infine la flogosi del sacco. — ìli — Fa d’uopo scendere fino ai tempi a noi non molto lontani, per osservare un vero progresso, tanto nella parte patologica, quanto nel metodo operativo della listala del sacco lagrimale Dupuylrcn, Scarpa, Giovan-Battista Qua- dri furono infatti i primi che delinearono una diagnosi differenziale, e resero primieramente per le accurate loro ricerche di anatomia patologica un fatto l’ idea dell’ esi- stenza dell’ostacolo nella fislula del sacco lagrimale, pro- dotto da stringimento e da briglie non che dalle fungo- sità e da uno stalo ipertrofico dell’interno del sacco me- desimo. Per tali positivi conoscenze si ebbero di poi delle indicazioni assai precise, e quindi Dnpuytren immaginò la sua canula adoperata generalmente in Francia; Scarpa ot- tenne numerosi vantaggi sostituendo alla canula del Du- puylren il chiodo di piombo di sua invenzione. Oggi in fine i lavori del Sichel, Desmarrcs, Bow- mann, e Pollara e Quadri Alessandro, nostri connazionali, nulla lasciano a desiderare su tali morbose condizioni. Poggiandosi principalmente sopra le esatte osservazioni anatomiche del Bèraud essi anno reso chiarissima la dia- gnosi dei diversi sladii morbosi di questa malattia , ed hanno ben classificato e metodizzato tutte le pratiche cu- rative in essa adoperate, le quali dagli autori oggi ridu- consi a tre metodi principali : il primo che riguarda la cura della fislula del sacco lagrimale per una nuova stra- da, il secondo quello che la sua obliterazione produce, il terzo che riguardo infine la cura della fìstola del sacco lagrimale per la via naturale, eh’ è appunto il metodo da tulli preferito ai nostri giorni. Ora fra gl’ immensi processi che a questo metodo appartengono quello dallo Scarpa si è certamente il più adottalo non solo nell’ Italia nostra dai pratici più valenti; ma bensì dagli ollremonlani, per la sua semplicità ed ef- ficacia. Esso ha il vantaggio di esercitare la più valida — 178 — compressione e la graduata dilatazione del sacco lagri- male e del canale nasale, mentre il chiodo può agevol- mente allorquando la bisogna lo richiede, rimuoversi an- che dalla mano dell’ istesso ammalato. Tali vantaggi non si ricavano al certo dai processi inventati dal Mejen, Vi- signè, Lecat, Poteau, e da quello del Warè e Dupuytren. Non fa duopo il dire come il processo del primo venne dichiarato inutile in Inghilterra da Jameson, mentre il secondo adottato in Francia differisce poco da quello dello Scarpa per 1’ uso della canula di cui lo scopo si è quello di comprimere l’ interno del sacco lagrimale e del canale nasale, e nello stesso tempo permettere che le lagrime colassero nell’ interno della canula onde giungere ai punti consueti. Ma è da riflettere che ciò non succede se non nei primi periodi della sua introduzione allorquando le parti inflogosite ed inturgidite per la presenza della ca- nula non permettendo il passaggio delle lagrime tra l’in- terno del sacco e del canale nasale e l’esterno superfi- cie della canula; le lagrime dirci quasi, sono obligate a passare nell’interno di essa. Infatti dopoché lo stato flo- gistico si ò dileguato verificasi lo scolo delle lagrime tra l’esterno della canula e l’interno del sacco, ed allora lo scopo ne diviene analogo a quello del chiodo. Frattanto il chiodo dello Scarpa non ha quegli svantaggi che nella pratica si accusano alla canula del Dupuytren, come be- ne rilevasi nei casi rapportati dal Delpeche, Bleclard, Bau- cliet, Ouvrard ec. Ad onta di lutto ciò non puossi ne- gare quello che i pratici lutti asseriscono, ossia che il pro- cesso dello Scarpa preferibile a tulli gli altri processi, nella cura della fistola lagrimale non lascia, come questi v di richiedere mollo tempo per la guarigione c non im- pedisce facilmente la recidiva. Sin dai primi anni da che intrapresi gli sludii della carriera chirurgica ebbi occasione di osservare e curare — no — non pochi casi che la cura della fìstula lagrimale riguar- dano col chiodo di piombo dello Scarpa; ed avendo con tutta esattezza nel corso della cura assistilo gl’ infermi mi veniva fatto osservare sovente che oltre a rendersi lunga e penosa , spesso riusciva inutile e priva di effetto per lo chè l’individuo alquanti giorni dopo 1’ uscita del chio- do, a capo di qualche tempo era in preda della lagri- mazione e poscia del flusso palpebrale puriforme. Fin d’ allora io rivolgevami a fissare con precisione gli stali diversi anatomico patologici del sacco e del ca- nale nasale pria di venire al tentativo di qualche utile mo- dificazione del processo in parola. Fissava un fatto certo nella patologia chirurgica ossia che per quanto numerose si fossero le diverse cause pro- duttrici la fìstola del sacco lagrimale, due sono le con- dizioni morbose che la costituiscono. l.° La segrezione puralenta dell’ interna superficie con uno stato più o me- no ipertrofico delle sue cripte, o con la degenerazione delle sue fibre carnose in fibrose, come le ha dimostrato Yelpeau, ed allora una piccola causa occasionale dà luo- go all’ esasperamento della flogosi , la quale da cronica diviene acuta, e quindi istantaneamente formasi l’ascesso ed in conseguenza la fìstola. 2.° Il primitivo ostacolo al libero corso delle lagrime per stringimento per valvole e per briglie. Per questi due elementi patologici spiegasi bene l’insufficienza che in certi casi d’ inveterata fistola si ha col processo sopradelto; poiché la semplice compres- sione operata mercè il chiodo non è certamente bastevo- le a vincere ed immutare lo stato ipertrofico della mu- cosa, l’ indurimento del tessuto sotto mucoso formante gli stringimenti, come pure non può prevenire c correggere le novelle formazioni di tessuto elementare che costituisce le valvole e le briglie. Per tale motivo molli valenti pratici furono spinti a — 180 — mettere in uso delle sostanze caustiche, e quindi lo Scar- pa servivasi del precipitato rosso, Giovan-Battista Quadri dell’azotato di argento, il professore Pollara sperimenta- va utilissimo l’uso del sublimato corrossivo; ma il modo inesatto nello adoperare queste sostanze faceva sì che Y a- zione di esse rendevasi inutile e spesso infruttuosa. Con tali idee io mi provava alle modifiche del pro- cesso ordinario nella cura di tre casi di fistula del sac- co lacrimale , che mi si sono presentate in varie epo- che in quest’ ultimi anni, procurando così di rendere più pronta la guarigione , non che assai più difficile la re- cidiva. Mio principale scopo nel modificare ii processo delio Scarpa si è stato quello appunto di unire alla tempora- nea dilatazione e compressione operala dal chiodo di piom- bo per l’apertura accidentale , 1’ uso permanente e con- temporaneo dei topici modificatori. A questo sembrami di essere pervenuto modificando un pò il cennato chiodo semplicemente aggiungendovi del solcature al numero di cinque o sei in ragione della grossezza del chiodo le quali partendo dall’apice di esso finiscono alla base della capocchia ciascuna della lunghez- za e profondità di quasi una linea. Tali scannelalure rie- scono capaci a contenere una piccola quantità di sostan- za medicamentosa necessaria a modificare l’ interna su- perfìcie del sacco lagrimale e del canale nasale. Per tal modo adoperandola insieme con la compressione 1’ azio- ne di questa sostanza ci sembra dover riuscire più atti- va: \. Per l’immediato contatto che l’agente chimico ha coi tessuti affetti; quindi per la conlcmporaniclà di azio- ne dei due agenti modificatori l'uno chimico, e l’altro puramente meccanico. 2. Perchè l’ azione compressiva del chiodo dilatando i tessuti distendendone le fibre li rendi più atti e suscettibili a venir modificali sotto l’ azione del- — 181 - l’ agonie chimico. 3. Infine perchè l’azione del farmaco che si vuole portare in questi organi diviene uguale in tutte le superficie del sacco e del canale affetto; il che, non avviene introduccndolo in mezzo agli sfili , o a pez- zetti , come da taluni pratici si usa. Fra i topici modificatori di che fò uso la tintura di jodio è stata da me agli altri preferita, attesoché ho osservalo che la maggior parte degl’ individui affetti da questa malattia moslrono tulli caratteri proprii del vizio scrofolare. I più presentano degl’ ingorgili strumosi delle suppurazioni , delle cicatrici caratteristiche nel collo , o nelle ascelle, c negl’inguini, sicché può dirsi che il vizio scrofolare è un elemento mollo polente nella produzione della fistola del sacco lagrimale , nella sua lunga dura- la , c nei suoi lenii progressi. Io adopero la tintura sudella rendendola quasi so- lida con la solidissima polvere del solfalo di calce ossia gesso , in guisa da potersene riempire le solcature del chiodo da me a questo scopo modificato. Le proprietà medicatimi di qucsla tintura vaniate dal Dclieaux per la cura dei ilussi in genere delle mucose , dal Lossana per la pronta guarigione delle piaghe sordide, non che i vantaggi che se ne ebbero nella loro pratica Sorelli Ruox Yelpcau pei quali vien dimostralo clic gode il pri- mo poslo fra i coagulanti esterni ed eccitatori di flogose adesiva , me ne consigliarono 1’ uso nella cura della fì- slula del sacco lagrimale , c 1’ analogia non ingannava- mi , giacché essa mi è riuscita nel modo migliore a de- tergere le località secerncnle , rendendo alla superficie del sacco la livigalezza naturale, producendo in breve tempo la risoluzione degli indurimenti sollomucosi , e delle piccole fungose ulcerellc che spesso vi si stabili- scono, e così rendendo assai più pronta la guarigione ed assai più difficile la recidiva. ATfl ACC. YOL. IVI. 24 — m — Non potrei meglio far rilevare i vantaggi di tali mo- dificazioni apportate al chiodo dello Scarpa, che rap- portando i tre casi di guarigione sui quali ne ho fatto esperimento. Osservazioni /.a Teresa la Rosa di anni 36, di tem- peramento linfatico misto al nervoso, di complessione gra- cile, avente lutti i caratteri della diatese scrofulare, tra- vagliata sin dell’epoca del suo sviluppo da nevralgia emi- craniana, e da irregolarità negli sgorghi mensili, portava da circa cinque apni la blenorrea del sacco lagrimale si- nistro. Poscia a causa d’infreddatura, come ella diecvami le si era manifestato all’ angolo interno dell’occhio corrispon- dente un tumore dolentissimo accompagnato da non lieve flogosi , da dolore sopra orbitale, e da adema delle pal- pebre corrispondenti. Fu allora die avendola io visitato verso il 21 maggio 1859 dietro averne inteso l’istoria, la sottopose al metodo puramente antiflogistico, avvelendomi localmente del cataplasma oftalmico di Plenk. La dima- ne (22 dello) ben conoscendo trattarsi di uno ascesso lagrimale complicato a processo perforativo del sacco dello stesso nome, passai subito allo svotamento di esso, per- chè suppurato, praticando l’ incisione in direzione corri- spondente sollo il tendine del muscolo orbicolare. Uscita una certa quanlilà di pus misto ad umore lagrimale, mi affrettai ad esaminare l’ interno del sacco mercè un pic- colo specillo che a stento potei penetrarvi per una quasi totale Alresia del sacco, prodotta da piccolissime fungo- silà nell’ interna superficie di esso. Passai alla dilatazione graduata mercè 1’ uso delle piccole corde di budello co- me praticava Lecat, accompagnando sempre l’ introduzio- ne di quel carpo estraneo con 1’ uso permanente del cata- plasma oftalmico di Plonck, non che con l’injezioni emol- lienti, e l’interno uso delle polvere risolvente dello Scarpa. Praticato per lo corso di cinque giorni l’uso gra- — 183 — dualo delle corde di budello sino ad introdurne una che corrispondeva al tuono mi. Mi riusciva facile poter passare all’ introduzione del chiodo di piombo da me modificato, ma pria di passare all’ introduzione di esso ; io volli esplo- rare con maggiore diligenza ed accortezza la località. In- trodotto lo specillo osservai, che l’estremità di esso ve- niva arrestato a brevissimi tratti da una superficie sca- bra ed ineguale , notai pure che ogni ostacolo opposto all’ estremila dello specillo, tuttocchè colla massima de- licatezza introdotto, producea un gomitio di sangue della apertura accidentale. Allora praticala una injezione di camomilla passai all’introduzione del chiodo da me mo- dificalo avente le sue scannelature cariche di tintura jo- durata resa quasi solida mercè la sottile polvere di sol- falo di calce, e poscia rimasi ad aspettare i fenomeni che ne seguirono. Uopo il corso di circa ore 8 la sera del giorno 28, l’ inferma soffriva una sensazione di bruciore che mano mano aumentatosi, divenne molto molesta le palpebre co- minciarono a diventar tumide, sviluppossi abbondante la- grimazione, e lieve cefalalgia, il polso si fece un pò fre- quente, e la faccia un pò accesa. Per tali sintomi io prescrissi 1’ applicazione delle fo- mentazioni emollienti, poscia quello del cataplasma oftal- mico, una severa dieta, e l’uso di qualche cucchiajo di limonea imperiale. La dimani (29 detto) 1’ ammalata aveva passalo tranquilla la piò parte della notte , le palpebre si erano sgonfiale , un’ immensa quantità di siero sangui- nolento misto a del pus era uscito, ed usciva della aper- tura accidentale. La sera estrassi il chiodo e feci due injczioni emollienti , e l’ introdussi nuovamente come la prima volta. La notte del 29 era seguito lo sviluppo della rea- zione, come nel giorno antecedente; mai sintomi ne fu- — 184 — rono lievi , che la mattina del 30 tulio era finito nota- vasi solo una abbondante scolo di sierosità mista a del pus. Cosi proseguivasi nel 31 e nel 1 maggio. Il giorno 2 dopo di avere estrailo il chiodo credei op- portuno osservare per la terza volta l'interna superficie del sacco, clic la trovai poco o nulla irregolare e scabra, lo specillo dipendeva con molla facilità del sacco nel canale nasale e questo nella narice corrispondente. Dopo ciò so- stituiva al chiodo da me modificalo quello livigato dello Scarpa , lasciandolo in sito due giorni , c nel corso di essi potei osservare che le lagrime avevano in qualche modo preso la strada naturale, il giorno 3 ripigliai l’uso del chiodo scamicialo che fu seguito da abbondante esc- erezione di pus misto ad umore lai» ri male che sortiva si dalla apertura accidentale come dalla narice sottostante, e di poca reazione flogistica . Tale medicatura, fu conti- nuala per altre cinque giorni accompagnandovi delle injc- zioni non più emollienti ma leggermente Ioniche. Il gior- no IO tolto ii chiodo, esplorai 1’ interna superficie del sacco, e con mia sorpresa la trovai livigalissima e priva affatto d’ ineguaglianza, nè i punti lagrimali , nè l’aper- tura accidentale facevano rifluire la più piccola goccia di umore lagrimale. Allora posi nuovamente in silo il chiodo livigato lasciandolo dimorare per altre tre giorni, c pre- scrisse all’inferma l’uso interno della soluzione dello jo- duro potassico. Il 14° giorno rimisi quello da me mo- dificalo, e ve Io trattenni altri due giorni. Il corso delle lagrime era perfettamente ristabilito , e falla una lieve pressione al sacco nel punto dell’ apertura in guisa di otturarlo, uscivano pure le lagrime dei punti lagrimali. Dopo due giorni veduto 1’ andamcnlo sempre uni- forme polla completa guarigione dell’ interno del sacco , e per la libera discesa delle lagrime nella narice , cre- dei come semplice tentativo di dover sospendere l’ intro- — 185 — duzione del chiodo nello scopo di verificare la vera gua- rigione. Ed in vero il giorno dopo la piccola apertura crasi perfettamente cicatrizzata senza segno veruno di lacri- mazione ; e praticata un’ injczione pei punti lagrimali, il liquido facevasi strada liberamente per la narice , allora raccomandai all’ infermo di fare uso dei vapori di posca, e di soffiare sempre le narici , oltre 1’ uso quotidiano dello joduro di potassio. Avendola visitale dopo quattro giorni , ella assicu- ravano che nulla aveva solferlo , e che nessuna goccio- latura si era fatta vedere ; ciò non oslanlc onde vieppiù assicurarmi della riuscita praticai le solile injezioni pei punti lagrimali , c mi compiacqui nel constatare la com- pleta guarigione ottenuta. Seguitai per il corso di un mese e mezzo circa visitare di quando a quando 1' am- malata, e potei sempre assicurarmi del suo pronto e si- curo ristabilimento. Osservazione 2. a Rosario Fazio di anni 1 4, di tem- peramento linfatico nervoso , aveva portalo dall’ età di selle anni un’ ollorrca all’ orecchio sinistro. Guaritosi di questo flusso all’età di anni undici, veniva alleilo al do- dicesimo anno della blenorrea del sacco lacrimale de- stro , la quale dava luogo alla formazione di molti asces- si , ebe ad intervalli più o meno lunghi aprivansi spon- taneamente per indi formarsi di nuovo, coniava il quinto ascesso di già svuotalo , quando portavasi da ine a chie- dere i soccorsi dell’arte. Esploratola ossei vai completa la fislula del sacco lagrimale , la cui apertura morbosa non era in perfetta direzione con quella della pelle so- vrastante ; quindi mercè il coltellino di Petit praticai una incisione nel sacco, onde metterlo in corrispondenza della pelle , non solo , ma bensì all’ oggetto di permettermi un’ esatta osservazione dell’ interno di esso. Ciò che mi — 18G — feci osservare giusto nella parete posteriore la scovertura dell’ unguis sottostante. Esplorato con un piccolissimo specillo trovai un ostacolo prodotto da stringimento nella parte inferiore del sacco, il quale mi permisi a stento l’in- troduzione dell’ estremità del piccolo specillo. Praticai per lo corso di otto giorni la dilatazione con le corde di bu- dello , ovvero il metodo di Lecat , ed indi il giorno o agosto dell’ anno 1858 introdussi il chiodo da me mo- dificato al solido con la tintura di jodio. Visitatolo la di- mane trovai una reazione locale non assai lieve , che si era sviluppala un’ ora e mezza dopo 1’ applicazione del chiodo : le palpebre erano tumide , esisteva un’ abbon- dante sierosità, mista ad umore lagrimale e dolore sopra orbitale; estrassi il chiodo praticai delle injezioni emol- lienti , ed indi introdussi quello livigato , e lo trattenni per due giorni , adoperando il cataplasma oftalmico di Picnic. Il giorno 9 ripigliai 1’ uso del chiodo scannellato ancora con la pasta jodurata, e dopo il corso di un’ o- ra e mezzo circa sviluppossi la solita reazione , accom- pagnala di abbondante secrezione siero purulenta. Il giorno 10 la mattina trovai che i sintomi flogi- stici erano attenuati ; fece delle injezioni emollienti e po- scia passai ad osservare l’ interno del sacco e trovai qua- si livigata la superficie, e lo stringimento o poco o nulla resistente al passaggio di uno specillo più voluminoso del primo. Introdussi di nuovo il chiodo scannellato sino il giorno 11, durante il quale ebbi ad osservare che una parte delle lagrime avevano in qualche modo preso il corso delle vie naturali. Il giorno ( 12 detto ) rimisi quello livigato dello Scarpa , c prescrissi f uso interno dello joduro di po- tassio. Il corso delle lagrime seguiva ancora assai meglio per le vie naturali. Nel di l i introdussi di nuovo il chio- do scannellalo, il quale produsse poca regione ma abbon- — 187 — dante secrezione di lagrime miste a pus verdastro , pra- ticai la solita medicatura, indi l’ introdussi di nuovo per altri due giorni. Alla fine di questi il giorno 16 trovai tutto completamente sanato il sacco, la sua superfìcie li- vigata, e senza verun punto affetto la capacità naturale, l’ostacolo al punto ove esisteva svanito. Seguitai per lo corso di altri 10 giorni ad alterna- re l’introduzione del chiodo scannellato con la pasta jo- durata e quello livigato, ed allora la guarigione essendo completa raccomandai al solito Y uso dei vapori di posca, per la narice, e così vidi il piccolo infermo perfettamen- te ristabilito in così corto spazio di tempo. Osservazione 3.a Domenica Nicolosi villica di anni 21 di buona salute abituale , di temperamento linfatico sanguigno, portava da molto tempo la blenorrea del sac- co lagrimale del lato sinistro. Era il 21 maggio quanto si sottopose alla mia cura per un ascesso ivi formatosi, il quale mi faceva osservare l’ esistenza di una fislula del sacco , che diligentemente esplorato a stento permetteva l’ introduzione dello specillo, giacche ne era siffattamente alterato da costituire l’atresia generale di quest’organo. Praticai al solito per 10 giorni la dilatazione graduata con le corde di budello. In seguito il 2 giugno introdus- si il chiodo scannellato con la pasta jodurata, che cor- rispose in tutto come nei casi cennati, alternando al so- lito con quello livigato dello Scarpa, così dopo venticin- que giorni ebbi il piacere di aver ottenuto il completo ristabilimento. . ■ » SOPRA li CASO Olito DI CISTOTOMIA (ECDnrajRraasATP^ ALL’ACCADEMIA GIOEIIA a®s>sa(s> asasm iTTl AC«. TOL. HI. 25 • Svolgendo la storia di questa operazione chirurgica ri- levasi come in ogni tempo i chirurgi si sono trovati nel bisogno di modificare i processi di praticarla, a fine di adattarli specialmente alle particolarità fisiche delle pie- tre. Fra queste lo eccessivo volume spesso ha fissata l’at- tenzione degli operatori ; poiché le dilacerazioni e le al- tre conseguenze della estrazione forzata delle pietre di tale falla sono siate per lo più funestissime. E si è veduto più volle che taluni processi operaiorii escogitali ed ese- guili quasi per azzardo , e quindi reputali inammissibili nella medicina operatoria , hanno riuscito dappoi , nei casi in cui sono stali applicati, a felicissima fine , e sono entrali a far parte dei processi razionali della cistotomia. Tali sono siali, a modo di esempio, il taglio sopra- pubiano ed il taglio quadrilalerale ; il quale fu creduto dapprima un processo da anfiteatro, e l’ altro dallo stes- so autore fu giudicalo una temerità da non imitarsi. Ma — 192 — ciò non ostante la esperienza successiva dimostrò che il processo di Yidal e quello di Franco nei casi di pietre assai grosse sono stali una risorsa preziosissima ; e quin- di oggi hanno un posto distinto nella medicina operatoria. Essendomi imbattuto in una pietra di forma quasi sferica e di volume non ordinario, specialmente in rapporto alla tenera età del paziente non solo, ma pure della speciale conformazione del bacino, che apportato avea delle modifi- cazioni tali all’ arcata del pube , da essere alquanto più stretta e più alta del consueto, fui spinto, onde salvarlo da morte, a mettere in opera un processo sin ora non sta- to praticato, che fu coronato da esito felicissimo. E co- mecché mi lusingo che in simili accadimenti forse potrà essere di esempio giovevole, così ho reputato utile non lasciarlo nell’ oblio, e comunicarlo a questa Accademia, accompagnando alla descrizione del fatto i disegni che la forma e la direzione esterna del taglio dimostrano, ed il volume e forma del calcolo rappresentano; ed eccone la storia. Francesco di Paola Costanzo figlio di Agatino del- l’età di anni otto fu ammesso nella clinica chirurgica di questa Università il dì 27 Marzo 1847. Lo stato del- 1’ organismo era sano, tranne le sofferenze cagionate dal corpo estraneo contenuto nella vescica orinaria da molto tempo ; il quale per quanto i genitori del paziente rac- contavano si dedusse essere congenito. Poscia dalle osser- vazioni fatte pella via dell’ uretra e del retto si rilevarono le cennate dimensioni considerevoli ; ma non dimanco credei di poterlo estrarre pella via del perineo e per mezzo del taglio lateralizzato. Tuttavia non avvenne così; chè eseguito questo , benché regolarmente , non mi ven- ne fatto poterlo cavar fuori , malgrado le diverse mano- vre praticate all’uopo; e fu giocoforza rimetterne la estra- zione ad un secondo tempo. — 193 — In seguito alla cennata operazione non avvenne al- cun che di sinistro ; e quindi al nono giorno dalla mede- sima, già cessata la flogosi traumatica locale, potei in- traprendere altre operazioni; che furono le seguenti: primamente tentai di rompere il calcolo per mezzo della percussione ; ma altro non si ottenne che il distacca- mento di un picciolo frammento (vedi f. 2.a c.). Ep- però, a vista che il paziente soffriva molto sotto la per- cussione, credei abbandonarla ; ed immediatamente passai ad eseguire il taglio bilaterale (a). Ma neppure con questo processo fu possibile portare fuori il calcolo; poiché, attesa la sua forma quasi sferica, per qualunque direzione veniva preso fra le tenaglie, pre- sentava sempre le stesse dimensioni. A cagione delle quali non solo, ma pure per la particolare strettezza dell’ arca- ta del pube, veniva ad urtare contro la stessa. A vista del che reputai unica risorsa, onde salvare il misero ra- gazzo, scansare il taglio soprapubiano o il retto vesci- cale , che pelle nuove soluzioni di continuila della vescica orinaria avrebbero vieppiù compromessa la di lui vita, e fare uscire il calcolo per una via più ampia e per una (a) Per praticare la frazione dei calcoli grossi dopo fatto il taglio mi son valuto ora del compressore percussore di Iterteloup, ed ora dell’ apparecchio di Ammonio che ho fallo costruire sulla de- scrizione che ne dà Celso, aggiungendovi qualche modifica, e che reputo giovevole trascrivere qui : si quando autem is maior non videtur, nisì rupia cervice, extrahi posse, findendus est; cuius re- pertor Ammonius ob id 'kfèorofj.os- cognominatus est. Id hoc modo fìt. (Incus injcitur calmilo , sic, ut facile eum concussum quo- que leneat ne is retro revolvatur ; tum ferramentum adhibetur crassitudinis modicae , prima parte tenui , sed r elusa, quod ad- motum calmilo , et ex altera parte ictiim findit ; magna cura ha- bita, ne aut ad ipsam vesicam ferramentum perveniat, aut calculi fractura ne quid incidat. A. Cor. Celsi Medicinae libri oclo. ec. Edizione di Napoli 1 83 1 , cap. XXV. Pag. 242. i. — 194 — direzione obliqua a fine di scansare 1’ ostacolo dell’ ar- cala sotto pubiana. A far ciò vieppiù spingevano l’osser- vare che le branche della tenaglia scostavansi quasi quat- tro diti trasversi , lo che denotava a sufficienza la con- siderevole estensione de’ diametri della pietra, e che li sbrigli amenti multipli della prostrata non erano stati di alcun vantaggio. Ecco ciò che, onde giungere a tal fine, reputai op- portuno di praticare senza dilazione : per mezzo di un Ristorino bottonaio c a lama stretta, guidato a piatto sul- l’ indice sinistro, riunii la estremità sinistra del taglio bi- laterale all’angolo superiore del taglio lateralizzalo ; re- sultandone ampia e lunga soluzione di continuità della forma di mezza ellissi, giusta come è rappresentata nel disegno (vedi fìg. 1, a, b, c. ). Per questa ferita, entra- te in vescica le consuete tenaglie, fu facile a prima volta portar fuori il calcolo, tirandolo obliquamente. Consecutivamente a tali operazioni non avvenne che lieve cistite con febbre, ed il metodo curativo si limitò all’applicazione di qualche mignatta alla regione sopra- pubiana, e all’uso di cataplasme emmollienti. Il ragaz- zo usci dalla clinica perfettamente guarito il dì 29 Aprile di dello anno. Considerando il caso che vengo da descrivere sotto l’aspetto dell’anatomia topografica, applicata alla chirur- gia operatoria, presenta la divisione dei lobi destro c si- nistro della prostrata nei raggi orizzontali, e la divisione totale del lobo sinistro nel suo raggio obliquo inferiore ; e quindi il processo da me eseguito entra nei processi della cislotomia prostralica. Laonde se per lo innanzi ab- biamo avuto nella medicina operatoria i processi di Ma- reebai, Mery, Vacca e Sanson, che dividono nella linea mediana il raggio inferiore della prostrala ; di Cheseldcn Lecat, Garengeot, Ledran, Moreau, Hawkins, fra Giaco- — m — mo , fra Cosimo e di tulti i chirurgi attuali , che ne dividono lateralmente a sinistra uno dei raggi obliqui ; di Celso , di Dupuylren ec. , che comprendono nel ta- glio i due raggi obliqui inferiori, e finalmente di Vidal, che incide in parte i raggi obliqui superiori ed inferio- ri, oggi si ha un caso di un altro processo, pel di cui mezzo la prostrata è stata incisa o in parte o in lutto nei due raggi orizzontali, e totalmente nel solo raggio obli- quo inferiore sinistro. E quindi se i processi mediano e lateralizzato diconsi unilaterali , poiché un solo rag- gio della prostrata viene inciso, se Dupuytren denomi- na bilaterale il processo di Celso, da lui ripristinato, pel riguardo che la prostrata viene divisa in due raggi, e se Vidal quadrilaterale ha detto il suo processo, attesoché l’anzidetta glandola viene divisa in quattro raggi, sembra- mi non disconvenire la denominazione di trilaterale al pro- cesso da me praticato, mentre tre raggi prostratici sono stati interessati col medesimo. E qui soggiungo, non mai per dare qualche impor- tanza al descritto mio processo, che per tale riguardo mi basta aver potuto salvare mercè di esso il misero ra- gazzo, ma piuttosto per discorrere intorno a questo ta- glio coi lumi apprestati dall’ anatomia topografica, che se lo stesso riguardato sotto il numero dei tagli della pro- strata non presenta novità, essendo quasi in analogia col bilaterale e col quadrilaterale, considerato però sotto la linea di direzione della totalità della incisione , resultata dalla riunione dei due tagli, il primo obliquo lateraliz- zato, e l’altro semilunare bilaterale, presentando quasi una mezza ellissi obliqua a sinistra del perineo , offre un procedere non ordinario ; se non che di alquanto av- vicinasi al processo proposto, ma non eseguito, da Senn. Or tale direzione ellittica obliqua dello insieme della soluzione di continuità diede per resultato che i due punti — 196 — opposti del calcolo, avendo potalo questo venir fuori nella stessa direzione obliqua , non trovarono più ostacolo al- cuno nell’ arcata del pube, come incontrato lo aveano die- tro il taglio bilaterale, ancorché fosse stato reso più am- pio, giusta i consigli del signor Yidal, mercè le incisio- ni multiple della prostrata. Dallo esposto sembrami , se non m’ inganno, che il processo trilaterale obliquo-trasversale prostralico, da me posto in pratica, potrà fissare T attenzione dei pratici, o almeno varrà a dimostrare, che le risorse della medici- na operatoria applicata alla cislotomia, nonostante le molte varietà dei processi per eseguire con felice resultalo que- sta operazione, ed escogitati da remoti tempi, anteriori a Gelso, sino a noi, non sono ancora del tutto esaurite. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Figura l.a — Taglio esterno resultato dalla riunione del taglio lateralizzato ( a ), e del taglio bilaterale (6). Punto di riunione dei due tagli (c). Figura 2.a — Calcolo rappresentato nelle sue dimensioni e forme naturali ( a ); il medesimo veduto di faccia ( b ) ; Io stesso veduto di profilo (c) ; parte del calcolo scrostato dalla percussione. * N. B. Il suddetto calcolo è conservato nella mia colle- zione di calcoli umani vescicali , da me donata al gabinetto anatomico di questa Università degli Studi. ATTI ACC. TOL. ITI. •26 * APPENDICE ALLE SOPRA UNA NUOVA FORMA DI CHIUSURA PERMANENTE DELLA BOCCA ( Vedi voi. XIV degli Atti Accademici , serie seconda ) Essendomi venuto fatto di aver osservato i progres- si dell’ alterazione dei tessuti della guancia, che costitui- sce la descritta nuova forma di chiusura permanente della bocca, progressi che apportano la degenerazione degli anzidetti tessuti in piaga cancerrosa, così, a com- pletare la storia patologica di questa malattia, ho repu- tata gran fortuna rendere di ragion pubblica la osserva- zione seguente : Basile Landò da Longi dell’ età di anni 35, castai- do, si presentò alla clinica chirurgica di questa Univer- sità il dì 21 Dicembre 1858 manifestando che non po- tea aprire la bocca sin da un anno addietro. Ciò era avvenuto, egli dicea, sei mesi pria di tal periodo, ed in seguito allo aversi fatto cavare una mola cariosa, e pro- priamente la quarta superiore sinistra, congiunta a carie dello alveolo corrispondente ; operazione stata seguita da gonfiamento con dolore, e arrossimenlo per tutta la guan- cia dello stesso lato, di lunga durata e medicato seni- — 202 — pre con calaplasme emollienti soltanto. E sebbene do- po cinque o sei mesi di tale cura l’ anzidetto stalo era venuto assai meno, non dimanco la guancia era rimasta assai dura e con difficoltà sempre crescente ad aprirsi la bocca; la quale finalmente erasi serrata. Avendolo osservato, si rinvennero i denti incisivi su- periori accavalcali sugl’ inferiori e che non poteansi sco- stare d’ allo in basso più di tre linee, sebbene i mo- vimenti laterali delle mascelle si prestavano alquanto più. Inoltre lutt i tessuti dell’ anzidetta guancia erano siffatta- menle induriti ed ipertrofizzati, quanto la metà corrispon- dente dell’ istmo della bocca rimanea obliterata ; ed è da notarsi che la guancia stessa alle volle era dolente a do- lori lancinanti, ma passaggieri, specialmente nel centro; osservavasi lieve arrossimento della pelle, e poco di ram- mollimento. A dirla in breve, la guancia sinistra del Lan- dò presentava tult’i caratteri fisici e patologici stati os- servati nei tre precedenti casi della nuova forma di chiu- sura permanente della bocca; e quindi per tale fu giu- dicata la malattia del Landò. Però non si tralasciò di te- nersi in considerazione il particolare stato vitale di essa guancia, che nei cennati casi non si era veduto; cioè: lo arrossimento, il dolore ed il rammollimento, comun- que lievi. Oltre a ciò esistea dello ingorgo duro, ma non mol- to voluminoso, alla glandola soltomascellare e a qualche glandola linfatica del collo. Onde, tenute in considerazio- ni tali speciali complicanze della chiusura della bocca nel Landò, si giudicò essere la medesima non semplice nè com- plicata , come nei tre infermi , di cui ho rapportata la storia ; ma congiunta ad un vizio scrofoloso tale, da ten- dere alla degenerazione strumosa delle glandolo non so- lo, ma pure a quella degli stessi tessuti ammalati. Relativamente a vizii acquisiti, l’ infermo non manife- 203 — sto cosa alcuna; ed ignorava Y ultima malattia che avea privato di vita nella gioventù i suoi genitori. Qui cade in acconcio far conoscere che l’ infelice Landò cibavasi stentatamente di poche e sottilissime fette di pane o di carne bollita, che riducea a masticazione per mezzo dei pochi movimenti laterali delle mascelle. Per tale scarsezza di alimenti, e forse anco per l’indole del morbo, egli era divenuto gracile, pallido, denutrito. A vista di ciò credei non tardare a metter in ope- ra la cura locale, e poi la generale esterna ed interna. Fella prima praticai le operazioni chirurgiche, che ho de- scritte nelle Osservazioni pratiche; cioè: le lunghe e pro- fonde incisioni orizzontali e la permanente dilatazione della bocca mercè un corpo cuneiforme frapposto alle mole. E si ottennero gradatamente gii stessi felici resultali dei tre casi, che ho pubblicati. IVon lascio di far notare che nel caso in esame vi fu pure emorragia considerevole dalla coronaria labiale in seguito alla profonda seconda incisione, che cesse sotto la pressione locale ; che la llo- gosi traumatica consecutiva ai tagli questa volta fu più grave, e di durata più lunga dei tre casi anzidelti, e che la soluzione di continuità ampia e profonda si trasmu- tò in piaga sordida. Di più si osservò che il lieve ram- mollimento nel centro della guancia ammalala non era superficiale, come sembrava di esserlo pria dell’operazio- ne ; poiché approfondata ivi la incisione , il tessuto non stridea sotto il taglio, come nelle parti adiacenti. Otte- nuta in qualche modo V apertura della bocca si passò ad amministrare come ricostituente l’olio di fegato di mer- luzzo, non tralasciandosi le sostanze alimentari confacenti allo stato della bocca; la piaga fu medicata sempre con tintura di jodio, il quale pure fu amministrato per frizioni. Dopo tre mesi di siffatta cura il Landò apriva quasi interamente la bocca, e potea masticare mediocremente. — 204 — Ond’ egli contentissimo di tanto beneficio il dì 15 del mese dicembre di detto anno volle far ritorno a sua ca- sa ; sendo la piaga non del tutto guarita e le glandolo ingorgate. Però non trascorse molto tempo a ritornare alla cli- nica ; ed il dì 30 gennaro 1859 vi fu riammesso; e si osservò non senza sorpresa che la intera soluzione di con- tinuità era trasformata in una piaga orizzontale, che di- videa tutta la sostanza della guancia compreso il comu- ne integumento in due metà , con bordi ineguali e rove- sciati al di fuori, con trasudamento sanioso puzzolente , dolori lancinanti ed alle volte emorragie. Le glandole sottolinguale , sollomascellare e laterali superiori del collo erano divenute strumose; e queste di unita alla va- sta c rodente piaga cagionavano al miserando Landò or- ribile patire ; aggravato vieppiù dalla spaventevole de- nutrizione. La piaga intanto, o a meglio dirla il cancro, al lasso di poche settimane invase sin’ anco il comune integumen- to delle glandolo anzidette, ed il paziente il dì tre mar- zo di detto anno finì di vivere. Dallo esposto chiaro emerge , che io non mi avvi- sai male quando dissi (pag. 15. Osserv. pratiche, ec.) che nella malattia di cui trattasi « l’alterazione dei tes- suti è profonda ed avvicinasi alla trasformazione o ad un cangiamento ». Quasiché sin d’ allora previddi il passag- gio al cancro, che avesse potuto avvenire nei tessuti am- malali della guancia laddove da una causa più potente del vizio scrofolare fossero attaccati. E di vero, senza intrattenermi qui nella discussione se vi fosse in natura una varietà benigna della malattia in esame ed un’altra maligna o cancerrosa, delle quali cia- scuna starebbe per sò, o pure se questa non fosse che il prosieguo o sviluppo dell’ altra, sebbene la prima teo- - 203 — ria sarebbe più sodisfacente, il fatto sta che nella osser- vazione, che vengo da esporre, si è avverata trasforma- zione o cangiamento di tessuti , dapprima ipertrofizzati ed indurili, e poi passati al rammollimento ed alla solu- zione cancerrosa; e quindi i suddetti tessuti presi dal male hanno presentato nel caso in parola le fasi dello scirro, che ha passalo al cancro. Ecco adunque che la differenza essenziale da me fìssala tra le briglie sottocutanee e la malattia in discorso, oltreché è una realtà, dedotta dai tre casi precedente- mente descritti, è oggi confermata dalla osservazione in esame; poiché le briglie, per essere il prodotto della cicatrizzazione di una lesione traumatica dei tessuti delia guancia, non possono subire, mollo più primitivamente, la trasformazione scirrosa e poi cancerrosa , propria delle alterazioni patologiche spontanee, sostenute da vizii con- geniti speciali. Ho dello che il considerare due varietà della ma- lattia di cui trattasi, una benigna, cancerrosa l'altra, fosse più soddisfacente dello ammettere una sola forma e ritenere la cancerrosa come lo sviluppo completo di questa. Ora in comprova di tale considerazione si potreb- bero addurre le fasi maligne manifestale dalla malattia del Landò sin dal suo nascere; ed eccole: la carie della mola non fu sola, ma congiunta a quella dello alveolo; la flogosi traumatica consecutiva al cavamento di essa mola non fu al grado dei tre casi precedenti , ma più grave, di durata più lunga e seguita da fenomeni impo- nenti ; dolori lancinanti e rammollimento centrale alla guan- cia ammalata fecero seguilo a tale flogosi, e quando lo in- fermo la prima volta venne alla clinica, questi erano di già sensibili. Finalmente lo induramento delle glandole pros- sime ai tessuti ammalati rimontava pure ad epoca lonta- na dall’ammissione dello infermo alla cennata clinica. Tali ATTI AGO. VOI. XVI. 27 — 20G — fenomeni e fasi non si viddero in nessun periodo della malattia dei tre individui, di cui è parola nelle Osserva- zioni pratiche , nei quali questa nacque e progredì sem- pre benigna e semplice; e soltanto nel suo modo di al- terare i tessuti, che attaccò, s’ intravedea un avvicinamen- to alla trasformazione o ad un cangiamento, come sopra feci osservare. Ecco adunque nelle esposte fasi altrettanti fatti, che potrebbero chiarire, essere stata la malattia del Landò di sua natura maligna o cancerrosa , o a similitudine del vero cancro, che nasce cancro. E quindi sarebbe accettabile la differenza essenziale delle due sopra esposte varietà di chiusura permanente della bocca , cioè : una benigna, ed un’ altra cancerrosa; ' la prima non sarebbe clic il prodotto di un vizio scrofolare semplice, mentre la seconda sarebbe la conseguenza e di questo vizio e dell’ altro cancerroso. Intanto il caso di Landò, somministrando gli clementi a stabilirsi la differenza di diagnosi e di prognostico della descritta malattia in benigna ed in cancerrosa, in cura- bile ed in non curabile, determina a rettificarsi la forinola nosologica della etiologia di essa, forinola che esposi alla pag. 12 delle cennalc Osservazioni pratiche, e che oggi sembrami potersi esprimere come siegue : stomatite cro- nica parziale, con ingrossamento ed indurimento dei tes- suti della guancia, benigna (semplice o complicala) o cancerrosa ; i di cui fenomeni sono : nella benigna sem- plice, impossibilità a poter aprir la bocca, difficoltà ed anco impossibilità alla masticazione; nella benigna com- plicata , oltre alla perdita di queste due funzioni, afonia, somma difficoltà alla respirazione, ai movimenti della lin- gua, e quindi alla loquela; nella cancerrosa, tulli gli effetti del cancro rodente. Nelle due prime varietà la malattia è — 207 — gravissima e minaccia la vita, ma è curabile; nella terza è incurabile c mortale (*). (*) Producendo qui un articolo del Raccoglitore Medico di Fano sulle Osservazioni pratiche pubblicate al 1858 dal nostro cittadino prof. Reina intorno la nuova forma di chiusura perma- nente della bocca intendiamo far plauso al suo lavoro ed onore al- P Italia : c nello stesso tempo rettificare uno equivoco in cui in- corse il redattore di tale articolo; nel quale invece di dire che il prof. Reina avea osservato la prima volta la connata malattia nella Clinica Chirurgica dell’ Università di Catania della quale egli è il professore direttore , disse della Università di Roma. Ecco intanto l’articolo di cui è parola — Rcina, Sulla permanente chiusu- ra della bocca, malattia alle guance non descritta — Questa malat- tia osservata per la prima volta dal prof. Reina nella Clinica Cbi- rurgica dell’ Università di Roma (Catania) giusta le di lui osserva- zioni anatomico-patologiche , consiste nello indurimento ed accor- ciamento del tessuto moccioso di una o di tutte e due le guance congiunto sempre alla retrazione de’ muscoli buccinatovi e glosso- stalìiini , i quali per la retrazione e Io accorciamento hanno per- duto la elasticità, e questa estendendosi alla sovrapposta mocciosa ben anco accorciata ed indurita , dà luogo alla mascella inferiore di rimanere imbrigliata in maniera da non potersi disporre ad al- cun movimento , e così l’ infermo perde le funzioni della loquela, della masticazione , ed in gran parte della respirazione, e questa a cagione di un’ altra malattia che coesiste con lo stalo patologico de’ sopradetti tessuti della guancia : cioè a causa delle ulceri di sifilitica natura che attaccano e distruggono i tessuti della dietro- bocca i quali deformano le fosse nasali, e perciò 1’ aria non entra libera per le narici , circostanza che unita alle aderenze de’ bordi della lingua colla faccia interna delle gengive , aggrava maggior- mente il patire degli infermi e concorre a farli morire di penosa e stentala angoscia se non viene la mano salutare a liberarli — E tale è stata la mano del prof. Reina ne’ tre casi a lui avvenuti di individui della permanente chiusura della bocca. Il Reina è giunto a liberare questi tre infelici praticando lunghe , larghe e profonde incisioni nel lato interno della bocca più indurito ed accorciato, e così si sono svincolate le due mascelle da vedersi mirabilmente re- stituite le funzioni vitali della parola, della masticazione c respira- zione, e questa ultima a causa di essersi potuto conoscere e cu- . rare mercè tale apertura le ulceri della dietro-bocca che impediva- — 208 — E qui mi è piacevole dar fine a questa Appendice contento, se non di aver potuto salvare un altro indivi- duo affetto dalla nuova forma di chiusura permanente della bocca , almeno di aver potuto seguire questa ma- lattia in tutte le sue fasi patologiche, e di averne com- pletata la etiologia. no l’ingresso dell’aria per le narici, incisioni che hanno interes- sato tutta la sostanza ed il tessuto moccioso trasformato, non che gli accennati muscoli baccinatore e glossostofilino. Ecco adunque in questo orribile morbo come la scienza me- dica ha fatto acquisto ne’ quadri nosologiei d’uria malattia non si- gnificata dai patologisti antichi c moderni, come la chirurgia ha ve- duto un nuovo caso nel quale applicando la miotomia si guarisce 1’ umanità di un triste malore: e perciò V italiano prof. Reina ha la gloria di aver per il primo conosciuto e curato una malattia gra- vissima, e restituito a que’ miseri la loquela , il respiro, la masti- cazione, e tulle le funzioni normali della bocca. ( Racc. Medico di Fano. Vedi pure il Filiatre Sebezio, fase. 341 , maggio 1859 ) L’editore. VARIE CONCHIGLIE FOSSILI DEL CRETACEO SUPEIUOHE E MJMMLLITICO m PE!ì GAETANO GIORGIO GENI IR ELL ARO Sebbene sulle conchiglie fossili della Sicilia si siano falte numerose ricerche, quasi per intiero s’aggirano su quelle del piano suhappennino, sì per trovarvisi belle e conser- vate, come pure per essere appo noi sviluppatissima que- sta formazione; e infatti i lavori di Bivona, Gemmellaro Carlo, Calcara, Aradas, Maggiore, Philippi, Libassi e il mio Catalogo delle conchiglie ed echinodermi fossili di Catira (1) versano a rischiarare le conchiglie fossili di tal fauna. Però se è mollo esteso il suhappennino in que- sta bella parte del Regno d’Italia, i piani cretaceo supe- riore e nummulitico vi sono bastantemente sviluppati e (1) Y. Trans, filos. della Socielà Reale di Londra, Parte li, p. 786, Londra 1858. List offossil Shells and Echinoderms foimd al Catira near Catania. — Trovasi pure riprodotto negli atti del- la Socielà geologica di Berlino ( Abdruch a. d. Zeils. d. dents. geo- log. Gesell. Jahrg , 1SS9). — 212 — ricchi di fossili. E in vero, quantunque siano state poche le ricerche , che han praticato i naturalisti sulle nostre conchiglie di tali epoche geologiche, nondimanco la mercè delle cure del Signor Hoffmann (I) conosciamo V Hip- purites bioculata Lamk, la Terebratula plicatilis Sow, eia T. chrysalis Schl. a Pachino; Y Ammonites Selle- guinus Brong. a Monte S. Giuliano, e Y Hippurites sili- cata Defr. a 3Ionle Gallo vicino Palermo. Il Prof. Cal- cara (2) ha descritto Y Ammonites plicatus Cale. , VA. Scordiae Cale., la Trigonia Orsini Cale, eia Terebratula Sartorii Cale, provenienti da Judica. Il Prof. Gem- mellaro (3) , a cui si deve il progresso attuale della Geologia in Sicilia, ha specificato una varietà deìYHip- puriles Forimi Cat. c la Sphaerulites pallila Gemm. di Pachino; e in questa stessa località fossilifera il sig. Biondi (4) Y Ammonites laevis Lamk, e la Terebratula romboidea Biondi. Il gruppo de’ terreni di Judica mi ha fornito 1’ esame (5) del Y Ammonites plicatus Cale. , del Turbo Bucini d’Orb., della Trigonia scabra Lamk, del Dhjtilus Biondii Gemm. e delf Hippurites cornu-vacci- num Broun , che mi han fatto rapportare il calcario a silice e la marna alternante con un calcario anch’esso mar- noso al piano luroniano del d’Orhigny; mentre con no- ve specie di foraminifere e due polipai ho incontralo il Trochus nummuliticus Gemm. , il Turbo Stesicoreus (1) Uebersiclit dei* geognost. Verlialt. von Sicilicn etc. (Ardi, fiir Aliner. von Karsten urici Dechon , t. XIII) Berlin 1830. (2) Cenno su’ Moli. viv. e foss. della Sicilia — Palermo 1845. (3) Atti dell’Àcc. Gioenta di Scienze Nat., Ser. 2., t. 3. e 4. Catania 1847 e 1840. (4) Su alcune specie Malac. sicil. ( Alti deli Acc. Gioenia di Se. nal., Ser. 2., t. 11. e 12) Catania 1855 e 185G. (5) Sopra taluni organici foss. del turon. e nunun. di .Iodica ( Alti deli Acc. Gioenia eli Se. nat ., S. 2, t. 15) Catania 1800, Genim., il Cerilhium exagonum Lamk, il Buccinimi Sci- ila Gemili., la Nerinea Carondae Gemili., il Pccten Savae Gemili., e 1’ Oslraea flebellula? Lamk in quel gres num- mulitico. Finalmente il Prof. Aradas (1) ha descritto la Ilippurites elegans Araci. , la Radiolites multistriata Arad., il Pccten versicostatus Lamk e il Cerilhium Fuìr cianum Arad. fossili di Pachino. Queste sono in breve, senza far sicurtà dell’ esalta determinazione di tali specie, le ricerche paleontologiche, che fin’ ora conosconsi sulle conchiglie fossili de’ nostri equivalenti del cretaceo superiore c del nummulilico. Ma tali orizzonti geologici de’ dintorni di Pachino, or fa un anno, mi han dato larga messe di fossili , di cui alcune conchiglie quest’ oggi sottometto all’esame del- l’ Accademia. Esse non sono in perfetto stalo di conser- vazione come quelle subappennine, ma più o meno scon- servale e d’ alcune posseggo semplicemente i modelli , per cui difficile ne è stala la determinazione , cui sono arrivato a capo dopo avere più fiate svolto le opere di Brongniart, Parkinson, Mcnlell, Sowerby, Goldfuss , De- shayes, Dujardin, D’ Orbigny, D’ Archiac, Bcllardi, Ley- merie, c osservato molle collezioni di fossili nelle princi- pali città d’Italia e Francia. Questi testacei sono 29 specie, di cui alcune appar- tengono a generi fin’ ora non incontrati in Sicilia ; tali sono , cioè: i generi Nautilus Breynius, Acieonella d’Or- bigny, Avellana d’Orbigny, Crassatella Lamarck, Vene - ricardia Lamarck, RhynchonellaFischer , Caprina d’Orbi- gny. D’esse 14 specie provengono dal cretaceo superio- re, e 15 sono proprie del nummulitico ; delle quali , si le une come le altre , eccettuate l’ Ilippurites silicata Defr., 17/. bioculata Lamk, l’ II. cornu-vaccinum Bronn (1) Oss. di zool. sic. Meni. La (idem). — 214 — e la Terebratula romboidea Biondi, tutte le altre non si sono pria d’ ora trovate nc’ nostri terreni , e molte hanno forme specifiche ancor non conosciute. CONCHIGLIE DEL CRETACEO SUPERIORE ACTEONELLA, D’Orbigny, 1842. SP. la ACTEONELLA LAEVIS D’Orb. 184-2 D’Orb. Pai. frane., t. 2, p. 110, pi. 163, fig. 2-3 1830 D'Orb. Proci, de Pai., t. 2, p. 191, n. 44. Loc. Uchaux, Soulage, Angoulème, Corbieres, Kut- schlin, Gosau, Alpi venete. SP. 2a ACTEONELLA CRASSA D’Orb. 1842 D’Orb. Pai. frane., t. 2, p. Ili, pi. 166. 1830 D’Orb. Proci, de Pai., t. 2, p. 191, n. 45. 1837. Volvaria crassa? Dui. Meni, de la Soc. Geol. de France, t. 2, p. 232, pi. 21, fig. 10. Loc. Beausset, Candelon , Rrignolles , Martigues , Soulagc, Cognac, Saint-Georges, Rochecorbon , Villedieu. SP. 3a ACTEONELLA T0UCASI4NA? D’Orb. 1830 D’Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 191, n. 46. Loc. Beausset. NATICA, Adanson, 1751. SP. 4.a NATICA BULBIFORMIS Sow. 1831 Sow. Trans, geol. Soc. of. London, 2. Ser., t. 3, pi. 38, fig. 13. 1850 D’Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 221, n. 203. Loc. Corbieres, Gosau, Tirolo. AVELLANA, D’ Orbigny, 1842. SP. 5a AVELLANA Quattro nuclei più grandi dell’ Avellana Cassis D’Orb. di forma ovolare e bocca un pò ristretta alla base. — 215 — TROCHUS, Li.mvè, M 58. SP. Ga TROCHUS LANCEAE Mihi Tav. la, fìg. l.a T. nucleo magno , tur binato- conico, umbilicato ; spira canaliculaia; anfractibus laevibus , convexis, super- ne tuberculis compressi coronatis ; ultimo maximo , in- ferno convexiusculo ; apertura subreciangulari. Lungli ? Diam. magg. 115 mill. Questo grossissimo nucleo, abbenchè sia un pò la- teralmente contorto dalla pressione degli strali del terreno, in cui è stalo trova t^) , ha i suoi caratteri generici tal- mente precisi, da farlo facilmente rapportare al canuto genere Trocus L., che in mille forme specifiche dal pe- riodo devoniano di Murchison s’è portalo all’epoca pre- sente, lottando con tutte le grandi rivoluzioni , che ha subito la terra Pria di stabilire questa nuova specie da un solo nu- cleo ho praticalo le ricerche, che ho potuto maggiori, la quale non trovando illustrata, vengo come nuova a spe- cificarla, sebbene incompletamente per la sconservazione in cui trovasi, con i seguenti caratteri, cioè: troco gros- sissimo, cui si vedono quattro soli anfratti, essendo gli altri apicali completamente mancanti , ma da un calcolo approssimativo, mettendone in rapporto il diametro mag- giore della base con quello dell’altezza, credo averne finì. La spira è canaliculata , e gii anfratti levigali, convessi e superiormente coronali da grossi tubercoli de- pressi, che stanno gii uni dagli altri divisi. E ombelli- cato, convessa ha la base, che bissi piana man mano s’av- vicina all’ ombellico. L’apertura quasi rettangolare. — 216 — CHENOPUS, Pjiilippi, 1837 SP. 7a CIIENOPUS ? BIVONAE Mihi è Tav. la, fig. -2.a Ch. nucleo magno, laevi, omto-lurrito\ anfratti- bus 6-7 subconvexis, ultimo maximo , superne planula- to-spiralo; apertura ovato-elongata. Lungh. lOo mill. Diam. magg. 62 mill. Lo sialo di sconservazione dell’ apertura di questa specie per lungo tempo mi ha temilo indeciso a qual ge- nere dovessi rapportarla. E probabile dalla forma gene- rale della conchiglia e dalla configurazione della spira possa appartenere a’ generi Rostelldria o Chenopus ; ma la mancanza assoluta del canale respiratorio e del labro, non garentendone 1’ avvicinamento, rende ancora impossi- bile la diagnosi differenziale fra questi due generi. Che che ne sia provvisoriamente la rapporto al genere Che- nopus per il facies in qualche modo somigliante ad al- cune specie congeneri c più al Chenopus syriacus Conr.(l) fossile di Bilancimi; sperando però che il rinvenimento di altri esemplari ben conservati della slessa specie vada definitivamente a stabilirla a lai genere, o dunque a fis- sarla ad altro. Essa da’ due nuclei , che conosco , presentasi con questi caratteri : chenopo ? di forma ovato-torriccioiata composto da 6 o 7 anfratti , il cui ultimo grandissimo , da formar per inlicro la conchiglia, è protratto in basso, (1) Description of Ihe fossils of Syria collected in thè Palesti- ne exediclion T. A. Corrati, p. 220, pi. 12, fig. 71. (Off. report . of thè United States Exp. to expl: re thè dead sea ec. by Lieut, W. F. Lynch.) Baltimore 1852. — 217 — c mostra alla parte superiore una rampa depressa spi- rale, che non distinguasi negli altri avvolgimenti; d’al- quanti frammenti di guscio, che vi si notano ancor aderen- ti , e dallo spazio lascialo fra le circonvoluzioni, chiara- mente si vede essere levigalo e mollo spesso ; l’apertura è ovaio-allungata. BULLA. Linnè, 1158 SP. 8.a BULLA EXERTA Mihi Tav. 1.* Fig. 3. B. testa ovato-eylindrica , laevigata , tenuissima ; spira exerta ; anfractibus quatuor tabulatis ; c olumella marginata ; apertura ampia, basi dilatata. Lungh. 24. mill. Largii, magg. 13 mill. La forma generale di questa bulla è ovaio-cilindri- ca , e in un esemplare, cui dislinguesi il guscio, esso è levigalo alla superficie, fragile e quasi traslucido. Il co- lonnello si nota chiaramente essere marginato. La spira è per intero apparente , e , sebbene piana ed ottusa , vi si contano quattro anfratti , come nella Bulla inculla Gould (!), disposti a solajo; lo che la rende ben distin- ta dalle specie coeve. Ampia ha l’apertura , che molto si dilata particolarmente alla base. VEMJS, Linné, 1738 SP. 9.a VENUS BAVARICA Muns. 1955 Golclf. Pelr. gerrn., t. 2, p. 246, pi. 151. fig. 1. 1850 D’ Orb. Prod. de Pai., I. 2, p. 237, n. 530. Loc. Begensburg. (1) Cat. of thè ree. sliells, with descript, of thè nevv species, By Gould — PI. XI, fig. 27-28, Washington 183G. AITI ACC. VOL. XVI. 2 9 — 218 — RHYNCHONELLA, Fischer, 1809. SP. 10a RHYNCHONELLA DIFFORMIS D’Orb. 1847 D’ Orb. Pai. frane., terr. cret., pi. 98, fìg. G, 9. 1850 D’ Orb. Proti, de Pai., t. 2, p. 257, n. 950. 1819 Terebratula difformis Lamk, Ali. sans vert., t. G, p. ; 55. Loc. Royan, Martigues, Corbieres. HIPPURITES, Lamarcr, 1801. SP. lla HIPPURITES CORNU-VACCINUM Bromi, 1832 Bronn, Iahrb., p. 171. 1850 D’Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 198, n. 177. 1827 Ilippurites Forlisii ? Cat. Sagg. di zool. foss., p. 171, pi. 6, fig. B, b. 1837 Hippurites gigantea D’IIombres-Firmas, Mem. ec. Ilippurites Moulinsii D’ Hombres-Firmas, idem. Hippurites lata Malberon, Cat. ec. Ilippurites Gallo-provincialis Matheron idem. i Loc. Salzburgischen, Bains de Rennes, Marligues, Beausset, Alais, Santa Clara, Oviedo, Corbieres, Judica. SP. 12a HIPPURITES BIOCULATA Lamk, 1850 D’ Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 198, n. 179. 1821 Hippurites cornucopiae Defr. Dict. des Se. Nat. t. 21, p. 19G. Loc. Corbieres, Pachino. SP. 13a HIPPURITES SULCATA Defr. 1821 Defr. Dict. des Se. Nat., t. 21, p. 196. 1850 D’ Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 198, n. 180. Loc. Corbieres, Bcausset, Alais, Piolen, Marligues, Monte Gallo vicino Palermo. CAPRINA, D’Orbigny, 1822. SP. Ha CAPRINA BELLARDIANA Mihi. Tav. 2.afig. l.a C. testa magna, ovata atquc subaeguivalvi. Valva inferiore obconica, vix inflexa , longitudinali ter sulcata — 219 — sulcis carinati s, subundatis , irregularibus ; et transver- sim ornata striis lamellosis , c onfertis , imbricatis. Valva superiore pileiphrygiiformi ; vertice oblique et leviter ricurvato. Da un vertice all’altro 156 mill. Largii. 109 mill. Questo è il solo individuo, che posseggo di tal con- chiglia., cui non conoscendo la contestura interna e la disposizione della cerniera, perchè trovasi ermeticamente chiusa, sono rimasto a bella prima incerto a quel genere dovessi rapportarla. E però da’ suoi caratteri generali esterni non polendo appartenere che alla famiglia delle Rudiste , secondo il loro ordinamento generico stabilito dal Signor Bayle, (1) credo non andare errato rappor- tandola al genere Caprina d’Orbigny (padre). Essa è una conchiglia ovolare quasi equi valve , di cui la valva inferiore a forma di cono rovesciato trova- si un pò lateralmente depressa ; impronta che porta- no piò o meno molte conchiglie fisse, e la quale è distin- tissima nella specie in esame, dandole ancora un aspetto leggermente ricurvato (2). La sua superfìcie è longitudinal- mente e irregolarmente ornala da solchi , che notansi più sviluppati al margine, anziché al vertice della valva, ove si dileguano. I solchi sono carinati e subondolati, che danno alle strie trasversali , lamellari e imbricate , una disposizione a zig zag da rendere ben distinta questa Ca- dmia; come pure d’ alcuni di la’ solchi sorgono una spe- cie d’aculei, di forma perfettamente cilindrica e pieni nel- l’ interno che, sebbene non troppi , se ne vedono a suffi- cienza e rilevali. La valva superiore è tanta sviluppala da essere presso a poco quanto l’inferiore; ha la forma d’ un (1) Journal tic Conchyliologie des MRf. Ficlicr et Bernardi, N. 4.. Paris 1857. ' (2) * — 220 — berretto frigio con il vertice un pò obliquamente curvato. E liscia, forse perchè talmente alterala da rinvenirvisi solo le lamine interne; ma proprio sotto l’apice, cui trovasi un frammento ben conservato di guscio nemmanco notansi i caratteri della valva inferiore. La sutura delle due vulve, . o la linea, in cui esse s’uniscono, mostrasi flessuosa e den- tata come nella Radioliles angeiodes Lamk , lo clic fa credere la valva superiore essere parimente solcala, CONCHIGLIE DEL NUlflMULITICO NAUTIBUS, IkEYiuus, 1132. SP. 15a NAUTILUS LINGULATUS De Duci). 1834 De Bacii, Neu. Jalirb., p. 534. 1850 D’Arch. Hist. des progr. de la Geol., t. 3, p. 302 e 305 j. Loc. Matlsee, Trauenstein, Teinitz , Monte Bolca , Valdagno, Veronese, S. Michele, Torino, Nizza. NATICA, Adanson, 1132. SP. 16a NATICA ACUTELLA Leym. 1S46. Leym. Meni, de la Soc. Geol. de France, Ser. 2, p. 363, pi. 15, fig. 16. 1850. D’Orb. Prod. de Pai., t. 2, p. 311, n. 233. 1850 D’Arch. llist. des progr. de la Geol., I. 3, p. 280. Loc. Corbiercs, Albas, Fonjoncouse, Levit. CYPRAEA, lmm: 1140. SP. 1 173 Nota sopra un caso raro di Cistotomia comunicala all’Accade- mia Gioenia dal Prof. Euplio Reina . . . » 188 Appendice alle osservazioni pratiche sopra una nuova forma di chiusura permanente della bocca pel Prof. Euplio Reina » 199 Sopra varie Conchiglie fossili del Cretaceo superiore e nummu- lilico di Pachino per Gaetano Giorgio Gemmellaro. » 209 ol<