DELL' ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI B! BIMBI SERIE SECONDA — TOMO XVII. CATANIA TIPOGRAFIA DELL’ACCADEMIA GIOENIA DI C. GALATOLA Strada Quattro Cantoni n.° 37. 1861 ; PER L’ AHHO IWVI DA LUGLIO 1859 \ GIUG.YO DEL 1860 L Primo Direttore - Sig. Pietro Settimo Principe di Fitalia Jnten- (lente della Provincia. 2- Primo Direttore Onorario -Prof. Carlo Gemmellaro A- Secondo Direttore - Prof. Cav. Agatino Longo ' ®egrelT Generale -Prof. Francesco Tornatene Priore Casinese i». Segretario della Sezione di Scienze Naturali -D.r Gaetano Gior- gio Gemmellaro o. Segretario della Sezione di Scienze fisiche- Prof. Mario Dislefano T. Cassiere -Prof. Michelangelo Conaccorsi 8. Direttore del Gabinetto -Prof. Francesco Fulci 9. Direttore delle stampe- Pad. D. Giovanni Calici Casinese membri del comitato 1. D.r Bartolomeo Capisardi 2. Prof. Andrea Aradas 3. Protomedico Domenico Orsino 4. Prof. Giuseppe Zurria 5. Prof. Euplio Ccina G. Prof. Giuseppe Galvagni. . , NUM. D’ORDINE CATALOGO DEI SOCI1 ELETTI DA APRILE A DICEMBRE 1859 NOMI e cognomi 1 Pielro Settimo . . 2 Bonaventura Gravina. GUADO patria ACCADEMICO Palermo Ordinario Catania » o — Cm O CO G5 ~ W O jr « DATA dell’ elezione « a 57 23 Agosto 1859 58 » • LAVORI SCIENTIFICI IKBH& IL'AMVJCD MMU DELL’ ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI m CATANIA DEL SEGRETARIO GENERALE FRANCESCO TORNIRETE GA8INB8E Professore di Botanica alla R. Università di Catania, e Direttore dell'Orto Botanico. Letta nella tornata del dì il aprile i§ei. ATTI ACC. VOI. XVII. 2 Tra le scienze che l’incivilimento perfeziona e diffonde le naturali occupano il primo rango fra tutte, come se la civiltà sentisse il bisogno di conoscere e studiare gli ob- bietti che circondano i nostri sensi , e furono i primi a fissare la nostra debole attenzione. E per verità: l’umano incivilimento consiste nella per- fezione delle innate passioni spinte e dirette dal sentimento del cuore , il quale colla sua forza mette in movimento l’intelletto, con le sue tendenze rinforza la riflessione, col suo fuoco accende la fantasia, colle sue scosse risveglia la memoria, e direi colle sue fiamme rischiara la ragione; or questo sentimento del cuore entrando a formar parte delle operazioni della mente, si fa elemento al pensiero, al giudizio, al raziocinio, e l’esercizio, e lo sviluppo delle facoltà intellettive manifestate dal sentimento del cuore, quando sono bene dirette, ci danno l’intima e chiara cono- scenza del bello, che offrono le naturali scienze studiate in se stesse, e ne’ proprii rapporti; e da ciò nasce che — X — l’incivilimento perfezionando le umane passioni , sviluppa le facoltà intellettive, ed estende gii sludii delle scienze naturali , le quali additano il bello arcano e sensibile della natura. E poi da conoscere, che se tali studii non sempre offrono un bello obbiettivo, ma un bello estetico, il quale contenta e soddisfa la sola intelligenza dello indagatore sapiente, è però mestieri che a diffondere quest’estesi si dasse sviluppamelo, e perfezione all’umana intelligenza, la quale in questo caso vede tutta l’arcana bellezza della natura. Ma l’umana intelligenza non si sviluppa di salto, essa si perfeziona successivamente e per gradi, e con i- sforzi e vivi stenti de’ popoli, adunque una nazione pos- seditrice di molle e sublimi intelligenze , segna l’indice della sua civiltà , e del suo progresso sociale; ossia un popolo è tanto più elevalo nella scala dell’incivilimento, quanto è più avanti nell’intimo delle conoscenze scientifiche, e nel possedimento esteso delle diverse dottrine. Ed è così che diciamo lo studio delle scienze naturali gustato nel sublime senso estetico essere un segno di positivo incivilimento nel popolo, che di tal falla maniera le col- tiva con impegno e successo. In fatto : tenersi in pregio i giardini per la varietà delle piante d’ornamento, o vagheggiar queste tra le mura domestiche , e con gli odorosi profumarne la mensa , e co’ variopinti adornarne le sale, ingombrarne le mani gen- tili , sono questi dei veri caratteri , e certi segni d’ in- civilimento sociale; ma se in un paese i dotti fanno a gara nella ricerca degli oggetti che offrono una vegetazione trascorsa, di cui non rimane appena dell’organo vegetabile che lo scheletro impietrito , o un pezzo lacero e rotto , ed intanto si studiano a tutta Iena vedere in questi avanzi il bello d’una struttura ora simile, ora diversa dalla ve- getazione presente, tutto ciò significa che l’occhio di que- — XI — sii dolli è armato d’una lente ben diversa, e più acuta di quella dell uomo volgare, perchè questa guarda nel- 1 intimo con sapienza, e vede ordine e disposizione nella stessa apparente confusione. Così l’aslronomo nella mol- Hudme delle stelle, il chimico nel miscuglio de’conmonen i un corpo osservano la regolarità, e l'esattezza degli elc- ment. che ordinano il firmamento, o costituiscono* com- Or io, a questo punto domando: i popoli ne’onali f Cu"u.ra è cotanta non sono 'e 'si giuTad più inlS:i,eV'’entC SUblÌme> 8(1 U,’° ÌnCÌVÌIimeal“ « vili>, !r «eoamente passano i medesimi rapporti sulla ci- • , <|lue|. popò*1 , ove i dotti riuniscono i gabinetti incantevoli di litologia a quelli di geognosia, le raccolte zoologiche a quelle di anatomia comparata , le sale con cslacei c crostacei a quelle con gli avanzi paleontologici: o stesso rapporto vorrei stabilito tra quegli studii chp s. coltivano fra tutti i paesi, e quelli ,'iserhatf ad assai pochi, tali sono lo studio de’versi, dell’ameno racconto comuni ai paesi di ogni civiltà , mentre il severo delle matematiche, l’acuto della fisica, concentrano e dilettano le citta culle e di molto civilizzate; voglio ancora che lo stes- so principio fosse adottato per la cultura delle scienze le quali per eccellenza umanitarie si appellano; cioè la me- icina pratica ed operatoria, nelle quali se con l’abilità della mano , e le nuove risorse degli strumenti gli stu- diosi s impegnano a tentare nuovi mezzi onde sbrigliare dai mali e tirar dalla tomba la misera umanità, questo addita, che gli uomini cultori di sì belle scienze non van- no per !a comune, ma sono distinti, e singolari a causa della civiltà del popolo al quale appartengono. Per lo che ardisco ripetere, che pello studio delle scienze naturali, quanto più cresce nella nazione il numero — XII — de’sapienti ammiratori del bello estetico e razionale, tanto più si aumenta in essa lo sviluppo della scienza e della dottrina; e quanto più la sapienza così rischiara ed estende i suoi lumi sulla natura, tanto più l’incivilimento addita i suoi avanzamenti e progressi. Fondalo su questa base mi sara facile e con fran- chezza asserire , che i Gioenii stanno su i primi saggi del sociale incivilimento; poiché i lavori in quest anno ac- cademico sono gii stridii più severi intorno ai tossili ve- getabili e zoologici, le osservazioni geologiche più pro- fonde , le nuove risorse chirurgiche , e le modificazioni più acconce ad istrumcnti onde ottenere pronta e sicura guarigione d’alcuni mali tristi e ferali. Signori. A vista degli accennati lavori che formano il Volume XXXVII degli Alti Gioeni , e di cui passo a darvi succinto rapporto, il mio cuore si dilata, e si riem- pie di gioja , pensando al passato , guardando il pre- sente, ed aspettando con ansietà nell’avvenire il bene del- la scienza e dell’ umanità ne’frutti della vostra profonda sapienza. FLORA FOSSILE DELL’ETNA Il diffìcile studio de’ vegetabili fossili, dopo varii ten- tativi si perfezionò colle osservazioni sul terreno carboni- fero, che può dirsi il terreno per eccellenza lillilifero, per- chè offre tanti nuovi generi, e sì belle specie da far pre- ziose le opere de’ Brogniart, Hutlon , Lindley che ci dan- no il dettaglio de’ vegetabili trovati ne’ depositi di quel- l’epoca geologica. L’esame intanto de’ fossili del terreno o deposito car- bonifero e delle posteriori formazioni geologiche ci addita, come grado grado l’ antica vegetazione si accosti alla pre- sente. E siccome la paleontologia slraligrafica in questi — XIII — ullimi anni ha reso importanti servizii alla ceolocii o geognosia, così lo studio della Botanica fossile ha svilun- pa o un positivo interesse scientifico, perchè si è colice- li o ar costituire l’elemento stratigrafico de’ terreni se conciario e terziario non solo sull’ elemento zoolo.>ico fos- sile, ma altresì sopra quello botanico. • " A qual’ uopo il Professore Hoswald Heer da Zurigo intraprese il pii, interessante lavoro comparso a nostri giorni intorno alla Flora fossile del vasto 'terreno lerzia- dffuse'ne? isroCnTal° SUl finÌ,e dell’anno 1859 ^ esso snarL18C0’i -d 10 ,non. Polei Sfarmi de’ lumi che afla* mfldilf6’ .perc le , 811,1 m' pervenne, e mollo dopo alla pubblicazione dell opera di cui vi terrò ora discorso. 11 distinto e laborioso autore ha descritto e ficurato n re grand! vo'umi quanti fossili vegetabili gli «nòe a a d «vere da, terreni terziari! della Svizzera,8 che loe- la di , °,nUme1r° di 920 specic> di"ldo ;id ognuna a diagnostica frase latina, la dovuta sinonimia e le cor nspo- euU osservazioni filologiche. Nel fine del terzo vo- lume ha offerto come in un colpo d’occhio tulle le piante ossu scoperte fino ad oggi ne’terreni terziarii di Euro- pa, Asia, Africa, America, e Nuova-Olanda ponendole in rapporto alle classi vegetabili del metodo naturale, alle abitazioni o contrade ove si trovano i terreni terziarii al- inge0nzéSP(0l)demi 'lnCe 1SOlennÌclle’ cd allre «siche con- (f) di quest’opera è il seguente - Die lerihprp fu,. ilcr Scluvciz, von Dot. Osvvóld licer, Prof, in .*• 3 voi T tf Z «ma carta geografica Winterlhour 1854-59. L’ultima norie VJ™. set s ' giU"10’ 611 * ^ua,i 0P'n‘o," interessa. nV* per Quest'opera tradotta nella parte generale dal sig. Gaudin al — XIV — In tale importante lavoro ci torna grato vedete come l’Italia e le isole adiacenti diano lungo catalogo di nuove specie acolili, monocololi, e dicotili nel terreno tei ziai io delle formazioni eocenica , miocenica , e pliocenica , e come il nome di Massalongo si facci eminente , e quel o ancora di Sismonda, e Yisiami. L indice infine delle det- te specie fossili mostra quanto quest opera fosse avanti alla interessante Synopsis Genera et Species plantarum fossilium dell’ Unger , la quale fin’ oggi è stata giudi- cata il codice complessivo di tutta la vegetazione trascorsa depositata negli strali terrestri. Nel mentre la Svizzera si allietava dell opera del- l’Heer, l’Italia nostra ammirava un classico lavoro di ugual genere ad Imola che ivi pubblicavano i signori G. Scara- telli ed Abramo Massalongo col titolo Sludii sulla flora fossile e geologia stratigrafica del Senigalliese (1). Io f ò avuta sono oramai pochi giorni e l’ò studiata con in- 1861 prende il litoio di Recherches sur le climat et la vegetatimi du pays ieriiarie par Oswald Ileer, traduction per Charles Ih. Gaudio 1861 chez I. Cheburlicz, à Genere et à Paris. In questa traduzione si trovano delle note interessanti del me- desimo autore Heer, altre del Sig. Gaudio, ed un addita lavoro del conte Gaslon Saporta sulla Flora terziaria della Provenza; tutta 1 o- pcra costa di 200 pag. con 22 tavole e due carte geografiche, fi- nalmente nella Biblìolheque Universelle et Reme Suisse (arclmes des Sciences phys. et naiur .) nella dispensa del maggio lobi si legge un egregio ed interessante lavoro del Sig. Alfonso de bandone sotto il titolo : De la flore Europeenne et de la configuration des continentes à l’ epoque lerliare , d' apres l'ensemble des tra- vaux de M. le Professeur licer. . ,0 (1) Questa bella ed elegante edizione costa d un volume in-4 grande di pagine 504 con 44 tavole litografiche nere, ed una carta geologica colorata. Nel frontispizio si legge P epigrafe seguente: Non in exlremas adducimur terras , aut in Indas rapimur , Italia decreta est nobis, in Italia merebimus. Ponlano. Infine si vede il catalogo degli associali alla stampa dell’ opera. — XV — tcnso piacere solamente mi duole che tale pubblicazione c «illusione lu posteriore alla mia opera perchè avrei fatto tesoro di tante belle idee evulgate da questi due eminenti trillo Tll' r", ~ o P'"lla pai'le dcl1’ «PC™, 'n cui si natta della Geologia Straligrafica dcl Scnigalliesc, è lavo- ro diligente ed esalto corredalo di belle carte colorate j. Sl8- »carabelli Gommi-Flaminii; ivi l’autore si fa a dimostrare, che lo strato paleontologico dcl Scnmallicse appartiene al terreno terziario, e specialmente alla l’orma! zmne miocenica, per cui seguendo la scuola de’ geologi d Italia ammette, come noi ancora pensiamo, che laìorma- zione miocenica formasse una zona che dagli Appennini dell Italia settentrionale , alla centrale , e meridionale giungesse sino all’isola di Creta; anzi al postutto sancisce, che lo strato o deposito fillitifero del Scnigalliese si addice alla (orinazione gesso-argillosa la quale risponde concor- damenle alla formazione argillo-solforifera di Sicilia, per- che tutte e due queste formazioni soprastanno alla subappen- mna, ed alla eocena. La seconda parte dell’opera, che costi- trnsce a somma del grande lavoro, è divisa in tre capi nei quali il Prof. Massalongo in sulle prime si fa a distinguere i principi! e le leggi che governano lo studio delle piante lussili, indi si fa ad esporre la lunga ed esalta serie dei generi e delle specie fossili che riferisce agli attuali tempi della vita vegetabile, per cui ci offre 138 generi, e Ira e specie determinate ed indeterminate , comprese pure a variala, il numero considerevole di fììì, Ogni specie sul modo dell’ licer porla una breve frase diagnostica, con succinta sinonimia , una diligente figura , accompa- gnala da descrizione ed osservazione relativa alla specie. Il Massalongo tra le novità specifiche ne dedica tre a noi della Gioenia, così la Caslanea Tornabenii, Ficus Mara- vignae, Populus Gemmellarii : l’ultimo capo di quest’o- pera è destinato alle generalità che derivano dalla flora ATTI ACC. VOL. XVII. q — XVI — fossile Senigallicse, posta in relazione con le altre fillili- fere di parecchie lontane regioni. Verso il 184 5 pensava ad un lavoro su i fossili vegetabili dell’ Italia meridionale, ma le difficoltà econo- miche me ne stornarono la mano ed il pensiere; proposi intanto occuparmi delle descrizioni delle flore fossili par- ziali, e cosi accrescere il materiale delle flore Tossii del Vesuvio, le di cui specie fino al presente scoperte nei tufi di Fossagrande , Riva-di- Quaglia e S. Sebastiano sono le seguenti: nella famiglia Filicee la Pteris aquilina , tra le Sinilacinee il Ruscus aculeatus , la Smilax mauri- tanica, tra le Cupulifere il Quercus robur , tra le Lau - vince il Laurus nobilis , tra le Rubiacee un Galium , tra le Araliacee un //edera helix, tra le Leguminose la Glycirrhiza glabra, tra le Acerinee V Acer monspessula- num, tra le Pomacee il Sorbus domestica. Dopo del Ve- suvio intendeva esaminare i terreni dell’isola di Lipari, più volte studiali sotto lo rapporto botanico, geologico , geo- gnostico, e paleontologico da valenti naturalisti nazionali e stranieri , acciò potessi aggiungere qualche specie a quelle fin’ oggi conosciute, quali sono: tra le Palme il Kamerops humilis, tra le Smilacinee lo Ruscus aeulealus e la Smi- lax aspera , tra le Cupulifere il Quercus ilex, tra le Laurinee il Laurus nobilis , L. canariensis , L. princi - pes, tra le Araliacee la Hedera helix, //. helix var. hibernica; ma essendo un abitatore dell’Etna mi toccava l’obbligo cominciare dal descrivere la Flora fossile di questa montagna interessante sotto diversi naturali rapporti, le di cui specie fossili vegetabili clic si accennavano con titu- banza ed incertezza erano qualche alloro, qualche mirto, e le opere licer recentemente pubblicale riferiscono i fos- sili dell’Etna al Laurus nobilis, Mirtus communis, Pista- eia lentiscus. Al settimo Congresso degli Scienziati Italiani aveva - XYII — io annunzialo le prime osservazioni su i fossili dell’Etna e (1 in torni di Catania, e nell’ottobre del 1858 aveva nel Giornale del Gabinetto Letterario della nostra Accademia enumeralo le specie fossili da ine trovale, e le tavole cor- rispondenti sino a qucH’islantc eseguite , nello scopo di dar mano alla publicazione del promesso lavoro; quando sul finire del 1859 pensai render di ragion pubblica la Flora Fossile dell' Etna , ed offrirla a voi , Sodi illustris- simi, che aveste la benigità dargli un posto ne’voslri Atti e per cui ne espongo in succinto la orditura. Si dà cominciamento all’ opera colla semplice e chiara idea della sua utilità scientifica, e del motivo per cui vien pubblicata; a partila in tre Capi, l’ ultimo de’ quali formando il corpo del lavoro, è diviso in parecchie se- zioni. Il primo capo contiene la descrizione topografica de’ luoghi dell’ Etna ove si trovano i tufi fìlliliferi ossia che portano le impronte delle piante fossili, e quindi dopo aver descritto geognoslicamenle la stazione fu mio pare- re presentare lo stalo chimico della roccia, e ragionare sulla causa geologica che diede luogo a quella forma- zione de’ tufi ne’luoghi appellali Fasano e Leucalea. Il mio divisamente è questo; la contrada essere un bacino, e che una volta fu seno di mare bagnato dello Jonio, e l’Etna formala nel suo gran volume da due assi o gran centri di eruzione, de’ quali uno antico ad oriente verso la gran Valle del Dove estinto, e l’altro a ponente che costituisce l’attuale cono ardente dell’ Etna, quando avvallavasi l’antico cono, e facevasi a sorgere il secondo, allora i torrenti accu- mulati sull’ allo della montagna e che si dirigevano per i varii siti del vasto versante alcuni si estinsero, altri sce- marono di volume, e novelli se ne composero fra i quali uno sboccava nel bacino Fasano e Leucatea; torrente che a motivo di altre posteriori eruzioni mutò cammino, e cessò di correre nel volgere degli anni. Questo torrente — XVIII — nel suo corso, incontrava un letto argilloso della forma- zione terziaria, su di cui sorge l’Elna presente, ossia po- sano le lave eruttate dal cratere dell’asse attuale, e le acque nel loro corso spinsero l’argilla e mescolarsi con i lapilli , e le arene vulcaniche, donde ebbe origine la pasta del tufo di Fasano e Leucatea, costituita di poca argilla, e molto materiale vulcanico lutto simile a quello delle eruzioni odierne dell’Etna. Esposta la origine del terreno, era ben convenevole emettere il nostro concetto sulla causa delle stazioni bo- taniche relative alla Flora Fossile fin oggi scoperta sul- l’Etna; a qual motivo scrissi il secondo capo dell’opera ove ho notalo, come parecchie specie della Flora fossile fossero estinte sull’Etna presente, e si trovino a qualche distanza dal monte , cioè lungo le sponde del Simelo e del Dittamo, essendo proprie della stazione paludosa e fluviatile; ho dello che parecchie specie botaniche man- cano sull’ Etna, secondo mi pare per le alterazioni subite dai sili diversi, come avviene colla soprapposizione delle lave le ime sulle altre a mantello , che distruggono gli avanzi della vegetazione ne’ luoghi ove essa è propria e spontanea; finalmente ho accennalo come alcune specie e varietà di piante fossili dell’Etna si trovino vive in di- versi punti dell’Isola, ove le circostanze di cielo e di suolo favoriscono più convenientemente la loro vita, anziché so- pra 1’ ardente montagna. Il terzo capo dell’ opera è destinato alla descrizione delle specie fossili , ed amando serbare un ordine pari alla razionalità della scienza, lo divisi in parecchie se- zioni, contenendo ciascuna una famiglia di piante, la quale è distinta con la frase diagnostica Ialina , come pure la corrispondente descrizione si trova ne’ generi nelle specie, e le varietà, le quali tutte portano la sinonimia di alquante flore fossili, e viventi. — XIX — E siccome i depositi vegetabili ne’ terreni terzi-m! godono d una positiva relazione eolia vegetazione presente sjsunr* ? d"'"na ** ™“ » PA sservazioni, le quali contengono la statistica delle snecio nen i e essili della flora di Sicilia, i suoi rapporti colle eie risile ‘ e 1 f"’ Kde*crifone (k'8li organi della spe- ssile, e la loro similitudine colla vivente e di mip- sta la cultura, la stazione, le considerazioni géooT, -, fiche" d anco gli usi ai quali viene destinala in Sicilia^ A tutto ciò sta unita la figura del fossile , ed il dettaglio delle iPndividuo.er ni°Slrare ‘ Cara"eri <)recisi e distintivi in ogni vare fiei'u"''0 • eSame SU. ' fossili etnei mi fu grato tro- esr* r,~ Mnn„In ral mi l,are’ aver fornito alla scienza una Monografia del genere Pislacia di Sicilia ricco di nuove specie fossili e viventi, quali sono: Pislacia lerebinlhus ptlehulhUSL- r- TlÌf0Ha n°LiS- P- lcnii^mL. P slama Bocconi nob.s, Pislacia Sicilia nobis. Intorno h P?sL mmferTC'e è da °SServare’ clle avendo rilevato la Pi stana Infoila essere stala giudicala dal De-Can- dolle una semplice varietà della Pislacia vera L. ne posi ad esame i caratteri, e credo essermi bene avvisato se a togliere gli equivoci mutai il nome specifico di Pislacia infoila m quello di Pislacia Bocconi , dedicandola a“ primo scopritore di essa, al distinto botanico di Sicilia- poi deve riflettersi che non sono esenti di pregio la Pista- pei le utilità economiche che apprestano all’isola nostra. buone ragion, m indussero , dopo la cennata mo- nografia, passare all esame di altri generi; e sulle prime — XX — dire della famiglia delle Amiddalee ove descrissi il fossi- le ed il vivente0 Prunus spinosa L. var. macrocarpa ; nella famiglia delle Driadee descrissi il liubus dalma- tica Tra lì. e liubus tomenlosus Wildenow; nella fami- glia delle Pomaccc descrissi il Pyrus communis L. in quella delle Mirlacee il Myrlus communis L. colle tre varietà var. Italica , Romana , Lusitanica , ed ho sta- bilito una specie novella il Myrtus latifolia nobis, dopo parecchi esami sulla specie vivente, appena reperibile in qualche angolo dellisola, e clic si trova fossile sull Etna , nella famiglia delle Verbcnee ho presentato il Vitex a- ynus castus L. e la var. latifolia , ed in fine nella fa- miglia delle Laurinee ho descritto il Laurus nobilis L. che in belli esemplari si vede frequente nel tufo. Paragonando le famiglie de’ fossili vegetabili trovate al Yesuvio°cd a Lipari stazioni di vulcani ardenti con quelle trovate sull’ Etna , pare clic in tutte e tre queste stazioni si ve°’°’a in comune la famiglia delle Laurinee nel solo genere , e la sola specie Laurus nobilis L. , e nel tufo vesuviano ed etneo trovarsi oltre alle Laurinee anco co- muni le Pomacee. Insistendo sopra tali confronti veggo maggior vicinanza tra la flora fossile del Vesuvio con quella di Lipari , anziché tra queste due e quella dcl- 1’ Etna ; dapoichè la flora fossile del Vesuvio conta nove famiglie , e cinque quella di Lipari , c se da questa si esclude la famiglia delle Palme nello restante delle quattro famiglie le due flore sono conformi ; cioè appar- tengono a tutte e due flore le Cupidi fere Smilacinee Laurinee Araliacee . Volendo estendere i rapporti botanici tra la flora fossile dell’Etna che appartiene al terreno terziario, e la flora fossile della Svizzera aneli’ essa propria di questo grande deposito , osservasi che delle sette famiglie pro- prie dell’Etna le sole Mirlacee Pomacee c Laurinee i — XXI — son comuni a quest’ ultima flora , e particolarmente i ve- lieri Laurus Pyrus Prunus Myrtus, senza veruna specie comune ; e spingendo i rapporti della nostra flora Fossile dell Etna con quella Senigalliese, spellante aneli’ essa al terreno terziario, rinvengo tre soli generi comuni, cioè il Laurus Pyrus e Prunus, c nessuna specie comune: fi- nalmente, sulla scorta delle opere di Ilunger, Visioni, Si- smonda, licer, Massalongo se vogliamo tirar le linee di congiunzione tra la flora fossile dell’Etna, e quelle di tutta Europa, e particolarmente de’varii punti d’Italia, ed ancora colle flore fossili de’ terreni terziarii di Asia Africa America e Nuova-Olanda posso osservare franca- mente, che tutte finn di comune la sola famiglia delle Laurinee col solo genere Laurus; e le altre famiglie e gli altri generi costituenti la mia flora fossile delfiEtna ora mancano, ed ora una, ora più se ne trovino nelle di- verse flore esplorale dai botanici paleonlologisli. Se mi e lecito stabilire 1 utilità del cennalo lavoro per gii studi! geologici, posso riferire che il Sig. Alfonso De- Eandolle ragionando sulla configurazione de’ continenti ai- fi epoca terziaria dietro le flore fossili di licer, Gaudio, Sa- poda osserva, che le ultime condizioni geologiche e climalo- logiche dell’Europa derivano dalle graduali separazioni del - 1 Atlantide dall’ America, contemporanei allo abbassamento dell Atlantide che dal sud spiegava verso il nord, c posa i suoi argomenti sullo esame de’fossili descritti dai citati auto- ri ed altri, e per tal motivo egli dice: la fauna e la flora di Europa son diventate più asiatiche, specialmente nel centro dove il clima sì raffreddava per un effetto dell ele- vazione del suolo e della soppressione de mari vicini alle coi i enti calde . In seyuito al principio dell' epoca presente trovasi nelle leyniti di Kanusladt e ne ’ tufi di Massa c di Lìpai i una miscela completa di specie perdute del pliocene e di specie vive al presente. I tufi del- — XXII — V Etna dietro le ricerche del Sig. Professore Tornatene non contengono assolutamente che specie attuali. Tra i primi depositi moderni e r/ucsli mia grande esten- sione di giaccia je ha dovuto favorire la diffusione delle specie boreali sino alle vicinanze del mare mediterra- neo, e le antiche specie del terziario sono rimaste nei luoghi inferiori attorno di questo mare in Portogallo , attorno il golfo della Guascogna, nelle isole Canarie , Madera ed Azore, finalmente nel mezzodì d ’ Irlanda. Da queste parole possiamo confermare die 1’ esame dei fossili dell’ Etna ha ben servilo al Sig. Oe-Candolle di appoggio alle ipotesi geologiche circa alla causa clima- tologica dell’Europa nel terziario miocene e pliocene, ed a stabilire 1’ origine della sua configurazione (1). ZOOLOGIA FOSSILE DI PACHINO I terreni fìlliliferi danno, è ben vero, un carattere proprio alla stratigrafia geologica , ma lo danno sempre meno certo de’ fossili zoologici , i quali essendo in gran- de abbondanza, e più variati, e più facili ad ottenersi in- teri interessano in primo grado il geologo. In fallo : lo studio de’ vasti terreni terziarii di Si- cilia comincia a presentarsi oggi più interessante di pri- ma , dacché i nostri malacologisli si son falli a studiare la parte paleontologica di essi. Xe offre bella prova il territorio di Pachino, quest’ angolo della tricuspide isola descritto dagli Iloffmann, e dal Prof. Carlo Gemmellaro, sempre riguardato dai geologi degno di studio per lo in- (1) Bibliothéque Universelle et Reme Suisse Mai 1862 , De la Flore Européenne et de la configuration des conlincnts à l'é- poque tertiaire Alphonse De-Cundolle pag. 28, 30. Questo capitolo è stato aggiunto dall’ A. pria di pubblicarsi la presente Relazione. — XXIII — contro delle antiche roccie vulcaniche colle formazioni ciziane eoceniche mioceniche e plioceniche per la sco- perta delle jp puri li, sferuliti, e terebralule, oggi questo territorio e diventato prezioso, per essere il campo delle osservazioni e delle specie più utili alla scienza della geo- ogia si rati grafica , con lo rinvenimento di tanti testacei ossili propri i del terreno terziario , cioè del sopracre- lacco e nummulitico, terreni che fanno parte del suban- pennino dei geologi italiani (1); per la qual cosa fu me- d a,flen.te f,ut ,cala pregevole la memoria del nostro socio ,p\ Ara‘las. sulIe conchiglie fossili di Pachino esi- bita all Accademia e della quale vi tenni ragionamento nella re azione dell anno trascorso; non che quella del ' liiondi su di alcune specie malacologiche di quella con rada, della quale vi parlai con elogio nella relazione medesima ; ed ora mi gode Y animo intrattenervi su di una memoria del socio Prof. Giorgio - Gaetano Gemmel- laro su I cennato terreno che porta il titolo: Sopra varie conchiglie fossili del cretaceo superiore e nummulitico di Pachino , ove egli ha esibito venlinove specie di vero pregio per la rarità, novità, e bellezza. In essa i ge- neri Nautilus Brymus , Adeonella Orbignv , Avellana Orhigny , Crassatella Lamarck, Venericardia Lamarck Rhynchonella Fischer, Caprina Orbigny sono nuovi per vp . (1 i D?ind0 U,\ guardo a,,a geoSnosia gratigrafica di Europa si vo le, che il periodo terziario deve dividersi in varie formazioni daTmrm !u!ìg,l,ss,nV lemP' trascorsi per la sua costituzione , cioè d momento in cui avvenne il preteso sollevamento delle Alpi sino all epoca presente; quindi nasce la divisione del terziario in Leene (infeiiore ° antico) miocene (medio) e pliocene (superiore) Il ter- ziario d Europa così diviso trovasi soprapposto ai terpeni cretacei o boni fero SS,C| TT ° ° lo,?al,la’ ° qualc,le vo,ta sai trias , il car- ! oi eio, ed «1 siluriano. Il sopracrelaceo e nummulitico di Pachino a mio avviso, sembrano confondersi coltocene e col miocene , vuto riguardo alla natura di fossili. ’ m,0Cene’ d' ATTI ACC. VOL. XVII. 4 la fauna paleontologica di Sicilia, e delle ventinove spe- cie quallordeci spellano al terreno sopracretaceo, e quin- dici al nummulitico , e tulle , tranne l IlippuritBS sili- cata Defr. //. bioculata LE. II. comuvaccinum Bronn. e Terebr alala romboidea Biondi sono rimaste incognite fin’ oggi agli esploratori de’ terreni terzia rii di Sicilia. Co- me altresì son pregevoli le nuove specie Trochus Lan- cette, C fieno pus D ivo ime, Bulla exerta, Caprina Bellar- diana, Cyprea subiunbilicala , Venericardia umbonata , Cardium incerlissiinum , Mytiius archackinus. Per le quali cose a me pare, che la scienza debba saper grado e specialmente la fauna paleontologica siciliana , ai due ultimi lavori del nostro socio, Timo in cui si fece a de- scrivere taluni organici fossili del terreno luroniano e num- mulilico di Judica in Sicilia, e di cui vi parlai nell’anno scorso, ed oggi per quest’ altro in cui descrive venlinove specie fossili del terreno sopracrelaceo e nummulitico di Pachino. Queste ultime poi sono descritte ed esaminale con particolare diligenza, corredale d’ una breve, ma accu- rata sinonimia , talché faccio voli perchè 1’ esimio natu- ralista non privi l’ Accademia della continuazione di sì utili ed ammirevoli scritti. GEOLOGIA Il basalto è una roccia ben conosciuta e descritta dagli autori di geognosia ed orillognosia, ma non è bene determinala nell’ origine della sua formazione. La scuola del Prof. Carlo Gemmellaro sempre ritenne in Catania que- sto composto di origine pirogenica , ma non vulcanica , anzi egli nella sua vulcanologia dell’ Etna, di cui abbiamo nella relazione de’ lavori accademici dell’ anno trascorso esibito lungo sunto e dato giudizio, ne disse quanto era conveniente, per cui viene oggi sotto la forma di appen- — XXV — Dodi n ti Trne ,le '!leC ,COn !n"««ior ci,iarezza cd ini- P < sgomenti. A lai motivo egli ricorda come sin tir nn" lìq"aU,M anni .addie"'° avessc 11 l)rimo manifestalo LM cara cn oriltognoslici si debba separare il ba- nieL n 1 , lavai™lcan,c". e soggiunge come invariitem- chianv,l! I- .? ° SU (|lr.S,° a,'g°mcnl0 avesse sempre ri- de h ,’? • !I TIU"C du e60'0?1 mostrando la differenza della toccia tutta pirogenica come fosse il granilo, il nor- f do la sienite , il grunslein ed altra , che venne fuori Sdo r°. r S °b0 ne" e|,0fa di Slla fusione aUraver- eia 111 i ' ,SU|,e,'IOn deMa scorza ‘enestre, e la roc- nan, ,i a, ai!' m16 eg0rga dalla gola de’ vulcani, accom- pagnata da tutti i fenomeni dell’azione de’ gas e de’ va- pon che ban luogo nelle eruzioni vulcaniche. . °l10 1 esposizione delle accennate differenze, il So- cio dimostra che la forma del basalto in gruppi isolati a sua intrusione fra le rocce superiori, la cCnvSil!, ! e concavità de suoi prismi, la mancanza di masse estese correnti, il non aver mai vedute materie scoriformi , e tritumi basaltici , c la deficienza di crateri gli ban fatto assonare questa roccia alle pirogeniche primitive e sepa- rare dalle vulcaniche. * Molti esempi gli servono di appoggio, ricavati dalle proprie osservazioni e dai falli riferiti 1,’ sommi geoio" i specialmente da quelli che portano avviso contrario alta sua accennata teorica. Dal die ne consegue aver edi sa- puto fermar la mente de’ dotti nell’esame d’un argomento di non poco rilievo pollo studio della natura, additando una via breve e troppo facile per fissare I’ epoca o l’età d una roccia nella geogenia della scorza terrestre. MEDICINA OPERATORIA La nosologia topografica offre ordinariamente fatti interessanti, ora a motivo di novità nelle forme morbose, — XXVI — ora di varie coincidenze anatomico-patologiche che af- fettano gli individui d’ una determinata stazione, ora per le speciali cause produttrici dei mali, ed ora finalmente per i mezzi più particolari a! silo onde vincerli, o miti- garli, o prevenirli. 11 Prof. Euplio Reina colla sua clinica estesa nella città e provincia di Catania ci aveva confermali in questo medico principio presentando all’ Accademia lavori prege- voli di chirurgia, già pubblicati negli atti (ìiocnii, ed ora sempre meglio ci ha riconfermali leggendo in uno de’ no- stri consessi altro lavoro chirurgico, di cui vogliamo pre- sentare lo schema ed il nostro giudizio, Il socio Prof. Reina aveva sin dal 1845 esibito al settimo congresso degli scienziati italiani i risultamene delle sue numerose operazioni di cistotomia e l’Accademia nostra inserì negli atti suoi il dotto lavoro, corredato d’ una tavola statistica, in cui stanno riassunte le principali circostanze che accompagnarono gli individui operali, e felicemente guariti, ma quei fatti da quell’ anno sin oggi si trovano centuplicati nelle mani del- l’ abile nostro cistotomista, E siccome tal fiala tra la se- rie de’ fatti comuni avvengono dalle rarità che attirano 1’ attenzione e si fan degne di massimo pregio, così è utile in simili circostanze fermare il passo , e quasi stringere la mano afferrando il fatto stesso acciò ne venisse giova- mento all’ umanità ed alle scienze. Un di questi casi im- portanti occorse al socio Prof. Reina nelle sue operazioni chirurgiche sono oramai parecchi anni che col modesto titolo di « Nola su d’ un caso raro di cistotomia » descrisse 1’ anno già scorso alla nostra Accademia, esponendone le utili conseguenze che ne trasse a vantaggio dell’umanità. Un ragazzo di otto anni esplorato da lui per le vie dello retto e dell’ auretra mostrò una pietra di conside- revole grandezza, per cui tentò estrarla per il perineo usando del taglio laleralizzato, ma tosto a causa del vo- — XXVII — Uime non potendo ad ogni verso cavarla fuori deliberò differire l’operazione al nono giorno della prima, quando in questo secondo tentativo si diede a romperla per e- strarla in frantumi , e tornatogli vano ed inutile ancor questo mezzo ebbe ricorso al taglio bilaterale che nò anco gli riuscì, poiché per qualunque verso fosse stala presa la pietra dalle tenaglie a motivo del volume, della roton- dità, e naturale strettezza del pube non poteva venir fuori laonde a salvare il paziente, tentò aprire una via piò am- pia da scansare l’arcata del pube e ciò tanto meglio che le branche della tenaglia scostavansi quattro dita del cen- tro, il che mostrava la lunghezza de’ diametri della pie- tra; ed ecco il modo col quale fu eseguito quel taglio, e da cui la felice estrazione dello estraneo. « Per mezzo' son parole del nostro socio, d’un bistorino bottonaio ed una stretta lama , guidato a piatto sull’indice sinistro, numi la estremità sinistra del taglio bilaterale all’angolo superiore del taglio lateralizzato * resultandone così am- pia e lunga soluzione di continuità della forma di mezza ellisse . . . per questa ferita , entrate in vescica le con- suete tenaglie, fu facile a prima volta portar fuori il cal- colo, tirandolo obliquamente. ... il ragazzo uscì dalla clinica guarito un mese dopo della sua entrata. » Il perfezionamento data alla medicina operatoria dal seguito taglio del Prof. Reina potrà meglio apprezzarsi ripetendo le sue stesse parole. « Considerando, ei dice, il caso che vengo di descrivere sotto 1’ aspetto dell’ ana- tomia-topografica , applicala alla chirurgia operatoria , presenta la divisione de’ lobi destro e sinistro della pro- strata ne’ raggi orizzontali, e la divisione totale del lobo sinistro nel suo raggio obliquo inferiore; e quindi il pro- cesso da me eseguito entra nella serie di quelli che si appellano della cistotomia prostratica. Laonde se per lo innanzi abbiamo avuto nella medicina operatoria i prò- — XXVIII — cessi di Mareclial, Mcry, Vacca, e Sanson che dividevano nella linea mediana il raggio inferiore della prostrala, di Cheselden, Lecat, Garengeot, Ledran, Moreaer, Hawhius, Fra Giacomo, Fra Cosimo e di tanti altri chirurgi attuali che dividono a sinistra uno de’ raggi obliqui della pro- strala , di Celso, Dupuytren , ed altri, che comprendono nel taglio i due raggi obliqui inferiori ; e finalmente di Vidal , che incide in parte i raggi obliqui superiori ed inferiori, oggi possiamo aggiungere un altro processo per il cui mezzo la prostrala viene incisa in due raggi oriz- zontali, e totalmente divisa in un raggio obliquo inferio- re sinistro. E quindi, se i processi mediano e latcraliz- zalo diconsi unilaterali, perchè un solo raggio della pro- strala viene inciso; se Dupuytren denomina bilaterale il processo di Celso da lui ripristinato, per il riguardo che la prostrala viene divisa in due raggi ; e se Vidal qua- trilaterale ha dello il suo processo , attesoché 1’ anzidelta glandola viene incisa in quattro raggi, sembrami non di- sconvenire la denominazione di trilaterale al processo da me praticalo , mentre tre raggi prostratici vengono ad interessarsi col medesimo. » Il taglio Reina pare, com’ egli medesimo si fa a di- re, vicino a quello di Sena, taglio non mai dai chirur- gi eseguito, ma pure ne differisce per la maggiore sem- plicità , essendo una semiellisse obliqua a sinistra verso del perineo, eseguila per due tagli, il primo obliquo la- teralizzalo, e 1’ altro semilunare bilaterale. Non saprei allontanarmi dalla descrizione del taglio anlidello senza far cenno d’una circostanza di nosologia- topografica catanese, che ho potuto raccogliere dalla cli- nica del nostro socio, relativamente alle malattie de’ cal- coli vessicali. Considerando il numero de’ calcolosi in Catania, i quali sono stati operali dal Prof. Reina , sarà facile di- — XXIX — vidcre il paese in due grandi sezioni, l’ima che si può ^Zii',:e’e ,allra occi e tra remo JZ 3 r II CSS,,'al,.dUC "l'P^lengono alla prima, ed ìi resio lillà seconda sezione. stalisih'hf '!• S|SS0 ’ idio,sincrasia non offrono cifre statistiche particolari onde indagare perchè in una sezio- ne anziché in allea il ninnerò dei calcolosi aumentasse ma osservando le circostanze igieniche, pare che le noi ie acque polahili polrehhcro spinger la melile a nual- che positivo sospetto. Queste nella sezione orientale so- no cavale da pozzi più o meno profondi, e sorgono dai terreni Icrziarii argillosi ove i silicati d’allumina, i carho- na i ( i calce, ed i solfali vi abbondano, mentre nella sezio- ne occidentale le acque si attingono da pozzi ancora pro- n"dl’ ,cle. i111™"0 'onpide e fresche, e contengono poca quantità de sali anlidetti. Questo solo fallo concentra lo spirito del medico razionalista fra noi sul conto dei cal- coli vessiceli. Ma con lutto ciò possiamo stabilire il prin- cipio con certezza e fondamento ? io non ardisco di e- metterlo forse un giorno su queste tracce la chimica or- ganica offrirà lumi nuovi alla patologia teoretica e pratica Il medesimo socio Prof. Reina lesse ancora un’ap- pendice ad altro suo lavoro chirurgico, in cui trattava sui modo di sbrigliare i muscoli buccinatoci , e glosso- stalilini, i quali per causa patologica contralti aveano re- cato la chiusura permanente della bocca: questa appen- dice consiste nell’ offrire altri casi di tale malattia da lui vinta con metodo facile c pronto , del quale diedi altra volta rapporto all’Accademia lodando sempre il Reina che m si bel modo travaglia a sollievo deli’ umanità sofferente. l\e meno degno di stima è il nostro socio D.r Rer- telta, il quale studiando con ispecialità le malattie del sacco lagrnnale ha offerto una Nota relativamente ad una modifica del cosi detto Chiodo di Scarpa. Ei rammenta sulle prime in quel suo scrino i tanti metodi e tanti co- nosciuti nella medicina operatoria onde curare la fistola lacrimale ; ma fissandosi a quello di Scarpa lo giudica più utile , e generalmente adottato dalla buona pratica de’ chirurgi d’ Italia, ed è qui che fa osservare come a rendere più breve il tempo della cura , e più sicura e permanente la guarigione delta fistola lagrimale ha giu- dicato modificare quel chiodo di piombo portandogli da cinque a sei scannellature, che communicano dalla base all’apice della capocchia, con ciascuna scannellatura d’ u- na linea lunga, a motivo di potenzisi collocare una so- stanza topica modificatrice, che sarebbe lo jodo impasta- to con solfalo di calce. In secondo luogo si fa ad espor- re parecchie ragioni per le quali ei preferisce il chiodo di piombo, agli sfili di lino, ai diversi materiali inzup- pali de’ farmaci consueti ad usarsi nella pratica cerusica. Finalmente, venendo dalle chiare teoriche ai fatti, enar- ra diversi casi di felice risultamento impiegando il suo chiodo scannellato di piombo nella malattia del sacco la- grimale. Signori sono questi i lavori per l’anno XXXVI del- l’ Accademia Giocnia, e se a questo punto richiamando le idee stabilite nell’ esordire del presente discorso, chie- derei a ciascun di Voi, chi si fa a conoscere il bello e- stetico d’un taglio trilaterale nella ragione sotto pubiana, d’ un chiodo di Scarpa scannellato, del basalto determi- nalo nella sua formazione geologica , d’ una scoverla di fossili zoologici, di fossili vegetabili, di nuove specie di alberi viventi in Sicilia? al certo mi risponderete li cono- sceranno e li terranno in pregio il sapiente , ed il natu- ralista profondo, i quali veggono con 1’ acume dello spi- rilo, con l’esercizio nella contemplazione, con il conti- nuo ragionamento sulle cose sensibili, tulli gii anelli della catena degli esseri posti dalla mano del creatore in que- — XXXI — sio varialo universo : ed io ripigliando il dire sarò fran- camente a ripetere : felice quel consesso accademico, quel paese, quella nazione che abbonda di tali sapienti , e naturalisti distinti , ossia di questi uomini die sanno meditare nel libro arcano della natura , perchè è questo il vero segno che il consesso , il paese , la nazione stanno in cima del positivo incivilimento morale, e così vien confermalo il principio che le scienze naturali spinte sino alla conoscenza del bello estetico, e delle ricerche difficili, sono il carattere della perfezione intellettiva dei popoli, e quindi del loro massimo incivilimento. I NUOVE APPLICATA AI PIEDI TORTI PER IL PROF. EUPLIO REINA LETTE ALL'ACCADEMIA GIOENIA NELLE SEDUTE ORDINARIE DEL Dì 1 4 MARZO E 25 APRILE 1861 ATTI ACC. VOI. XTII. 1 :• ■ • . 13 « * NUOVE PER a s>aas>a s?©&3a INTRODUZIONE Datomi segnatamente agli studi ortopedici , fui pri- mo in Sicilia a mettere in pratica e ad introdurre la te- notomia (I). Era l’anno 1841 ; e non tralasciai di pub- blicare per le stampe alla stessa epoca i resultameli del- le operazioni tenotomiche da me state eseguite, nello sco- po di far viemmeglio conoscere presso noi i benefici di siffatti utilissimi mezzi di raddrizzare i piedi torli e le altre parli delle membra , e anche per contribuire, con le mie deboli forze, allo incremento di questa branca del- la chirurgia operatoria; da cui l’uomo, reso inabile alla fatica pe’ diversi deviamenti degli arti , e quindi spesso di peso a sè stesso ed alla società , può sperare la gua- rigione. E di vero oggi il razionalismo chirurgico o la chirur- gia conservatrice , che tanto ha prevalso sullo sperimenta- lismo della stessa chirurgia, cerca di rendere semplici sem- — 4 — pre più gli strumenti ed i processi operatorii , e vuole che, a raggiungere lo scopo cui tende la scienza appli- cata alle malattie esterne, si cerchi evitare di produrre coi mezzi taglienti nuove malattie affine di vincere le an- tiche. Or questo apprezzabilissimo principio che ha lat- to tentare di sostituire la litotripsia al taglio per la estra- zione della pietra dalla vescica orinaria, alla estirpazio- ne dei tumori mercè il coltello lo schiacciatoio di Chas- signac, la pressione sin’ anco digitale alla legatura delle arterie aneurismatiche e dei tumori erettili, ha fallo pre- valere, per lacere di lanl’ altre semplificazioni, la lenolo- mia ai complicati e violenti apparecchi ortopedici. Però non intendo dire clic questa operazione può non far sentire più il bisogno della ortopedia; ma che la prima per la semplicità delle sue azioni e per la bre- ve durata dei suoi effetti, ha fatto divenire la seconda solamente coadiuvatrice; mentre la prima attaccando di fronte , o a meglio dire direttamente e immediatamente, la causa delle deviazioni degli arti o del tronco, ha me- nomalo di molto la durata e la gravità delle cure orto- pediche; le quali valendosi per lo innanzi di sole mac- chine estensive, mettevano i pazienti nel bisogno di sog- giacere a penosi ed interminabili trattamenti ortopedici, e spesso a gravissime conseguenze. Vero si è che la lenolomia è un taglio; ma questo ridotto oggi ad una soluzione di continuità, non esposta ma sottocutanea, praticala mercè un processo eseguito in una sola manovra per mezzo di un picciolo strumento, è lungi dal cagionare le gravi conseguenze delle conna- te macchine o apparecchi ortopedici; causa spesso di feb- bre e di dolori spasmodici. Si è per tanto che {ter tale processo di lenolomia, se- renata la mente anco di chirurgi di merito distinto, non che del pubblico , è stala apprezzala siffatta operazione — 5 — dalle più culle nazioni, ed anco presso noi; ove dappri- ma dovei li stentare non poco a superare gli ostacoli che frapponevansi alla pratica della stessa. E qui non posso trasandare di lare osservare il sommo rammarico che mi cagionava il vedere ragazzi e adulti inutili allo esercizio di un arte o mestiere a causa di non volersi sottoporre al- la tenotomja, onde raddrizzare le deviazioni dei loro ar- ti; ed uno tra costoro, in età di anni dieci coi piedi va- ri ed equini congeniti , offriva il miserabile spettacolo di dover camminare carponi. Per tanto se la tcnolomia dopo i primi tentativi d Isacco Minio, di Solingcn, Iloonhuisen, Ileisler, Chcsel- den e di Sartorius, e se in seguito ai positivi travagli eli liunler, Delpech, Stromeyer, Stoess, Bouvier, Duval tcuerin e Fahhrizj ha ottenuto il suo posto nella medi- cina operatoria, oggi anco per la convinzione popolare lia tutto il credilo nella pratica chirurgica. Volendo io concorrere col poco che posso, ai pro- gressi dell anzidetto operazione chirurgica, ho giudicato giovevole di riunire alle precedenti osservazioni pratiche di tenotomia, già rese di ragion pubblica, le altre osser- vazioni di simili operazioni da me state eseguile nella clinica chirurgica di questa Università. Ma pria di pas- sare. ed esporle credo utile fare osservare che le devia- zioni degli arti per vizi congeniti non sono nelle nostre contrade sì frequenti, come in altre nazioni interviene. E qui è da notarsi che le condizioni fisiche dell’uo- mo abitatore della regione meridionale della Sicilia, e a preferenza della zona, che circoscrive Catania e la ? sua provincia, presentano il più regolare e costante sviluppo nei due sessi, considerali in qualunque età, sotto qual- siasi stalo sociale, e nelle diverse arti e mestieri. Ond’è che di raro si veggono degli esquilibrì nella conforma- zione e nella configurazione del corpo del cataaese. — G — Ciò sta in rapporto colla rarità degli esquilibrì tel- lurici barometrici e termometrici dell’ anzidelta zona; i quali se avvengono, sono di breve durata. E quindi se il fisiologismo dell’ uomo dell’animale ed anco del vege- tale, che vivono nel perimetro dell' anzidetto zona, è quel- lo che più avvicinasi allo stalo normale, convenir si dee che tale esser debbe anco Io stalo del plasma, sede pri- mitiva della causa delle deviazioni in discorso. Laonde 1 uomo calanese, per sè stesso e per i commestibili di cui usa per nutrirsi, vive di una vita e di un organismo equilibrati; questo nella sua struttura, l’altra nelle sue funzioni. Si è pertanto che presso noi i vizi del plasma atti a produrre il rachidismo , molto più quello che elevasi al grado di osteomalacia , sono pur troppo rari , spe- cialmente il secondo; e se avvengono, non giungono a quel grado, a cui pervengono in altre contrade dell’Iso- la ; e quindi se vediamo deviazioni della spina , queste non sono che rarissime volte congiunte alle deformità del bacino. Difalti tra le migliaia di donne che durante la mia carriera chirurgica sono partorite in Catania, con par- ti regolari o irregolari, in una soltanto ricordo di non essersi potuto verificare il parto a cagione di eccessiva picciolczza del bacino, corrispondente alla eccessiva bre- vità del corpo; e tra le migliaia di donne che a mia memoria sono vissute in questa Città, in una solamente si è avverata la osteomalacia ad un grado veramente sor- prendente per le deviazioni e contorcimenti della spina e a preferenza degli arti superiori (2). Dal detto fin qui intendo inferirne che presso noi la causa più prossima delle deviazioni delle membra so- no le retrazioni muscolari, e quasi mai la innormale di- rezione delle ossa; retrazioni prodotte o da affezioni al- — 7 — di Slrn vllSC°larii C0"Senite 0 acquisite, o da soluzioni di continuità accidentali o naturali. Si è pertanto che più ordinariamente la deviazione avviene nella contiguità delle membra, è più comune al- e infenori e consiste nei piedi torti. Dopo i quali, circa sequenza, e relativamente a deviazioni per vizi coim'e- mt!, nel nostro paese vengono i ginocchi. 1 or siffatte osservazioni è facile prevedere clic io ne presente lavoro posso descrivere soli casi di tenoto- mia applicata ai piedi torli, che vengo ad esporre divi- dendoli in due sezioni ; rapportando, cioè, nella prima le operazioni di tenotomia per deviazioni dei piedi cagionati da vizi congeniti, e nella seconda quelle deviazioni pure < ei piedi effetto di soluzioni di continuità spontanee. Ag- giungerò una terza sezione, nella quale, deducendo dui fatti anzidescn iti alcune riflessioni, manifesterò i miei pensamenti intorno alla classificazione alla etiologia ed al trattamento dei piedi torti. 5 SEZIONE PRIMA DEVIAZIONI DEI PIEDI PER VIZII CONGENITI Osservaz. 1.a Signora Giuseppa Condorelli da mi- sterbianco della età di anni 20_Piede destro varo-equino sin dalla nascila, dita pochissimo sviluppate in tulle le di- mensioni e tra loro ammonticchiate ; tarso ripiegato verso il lato interno del metatarso; callo simile al tallone sul- orlo esterno del dorso del piede; lusssazione dell’astra- galo Claudicazione poggiando sul connato callo diffici- le a tal grado da obbligare la paziente a privarsi spesso di camminare— Sezione sotto-cutanea del tendine di Addi- le, apparecchio ortopedico, stentata riduzione del tallone quasi al livello normale al decimonono giorno, reposizio- — 8 — ne dello astragalo la maggior parte ; stato varo e pie- gamento del tarso verso l’interno permanenti — Sezione sottocutanea dell’ aponevrosi plantare, apparecchi ortope- dici , raddrizzamento completo del piede al ventesimo giorno , guarigione perfetta al quarto mese (3). Osscrvaz. 2.u Antonio Cuccamo da Catania dell’ età di anni 10 — Piedi equini sin dalla nascita, atrofia del sistema muscolare locomotore; inerzia dei muscoli delle gambe, deambulazione sui ginocchi e sulle mani — Sezione sottocutanea dei lendini di Achille, raddrizzamento dei pie- di immediatamente all’operazione, apparecchi ortopedici, joduro di ferro per uso interno, frizioni ammoniacali sulle gambe; guarigione perfetta con facilissima deambulazione sui piedi, sistema muscolare locomotore notabilmente me- lioralo oggi rimesso allo stato normale (4). Osscrvaz. 3.a Salvatore Molla dell’età di anni 14 — Piede equino ed alquanto varo sin dalla nascita; deam- bulazione stentatissima sull’estremità delle dila; principio di lussazione dell’astragalo; cordone retratto alla pianta del piede; retrazione leggiera degli estensori comuni delle dita. Sezione sottocutanea della corda magna, apparecchio ortopedico— Completo raddrizzamento del piede al dcci- monono giorno, perfetta deambulazione al quarantesimo giorno (5). > Osservaz. 4.a Antonio Mascalino dell’età di anni 28 affetto da malattie sifilitiche— Notevole deformità sin dalla nascila dello intiero arto inferiore destro : piede valgo— equino, flessione permanente della gamba sulla coscia; flessione e abduzione permanenti della coscia; deambula- zione impossibile, se non per mezzo delle stampelle — Sezione sottocutanea del tendine di Achille, sezione pure sottocutanea del tendine degli estensori comuni — Riduzio- ne del tallone quasi al livello normale alle ventiquattro- re, piede rimasto valgo— Sezione sottocutanea di ciascuno — 9 — lendine estensore comune delle dila: raddrizzamento com- pleto del piede in pochi giorni - Sezione sottocutanea dei tendini del bicipite crurale del semi-membranoso e e semi-tendinoso, notabile abbassamento della gamba 11 Paziciìte non può più sottomettersi ad operazione ve- runa, ed esce dalla clinica imperfettamente guarito. ", * 1 \ . SEZIONE SECONDA DEVIAZIONE DEI PIEDI PER VIZI ACQUISITI Osservaz. a. Salvatore Vadala da Àci- Reale della eia di anni 24— Piedi equini da sei anni talloni alti dal suolo nove diia trasverse; deambulazione impossibile— 1 mghe della stessa data per destruzione del comune in- tegumento soprastante al tendine di Achille, interessanti pure la superfìcie degli stessi tendini , estese natural- mente sino ai malleoli , siate cagionate da scollature — ezionc dei cennali tendini : raddrizzamento imperfetto dei piedi al secondo giorno, guarigione completa della nisione dei lendini all classo di 40 giorni* guarigione incompleta delle piaghe esterne ; retrazione leggiera dei tendini di Achille, talloni rimasti alti dal suolo due dita trasverse, deambulazione stentata —Nuova sezione dei ten- dini sopra delti nella stessa parte già cicatrizzata : ridu- zione perfetta dei piedi allo stalo normale immediatamente ah operazione — apparecchio ortopedico diretto a man- tencre i talloni nella perfetta estensione , guarigione totale si della divisione dei tendini, come delle piaghe croniche a pi imo mese: perfetto raddrizzamento dei piedi; deam- bulazione normale al terzo mese (6). Ossei vaz. 6. Salvatore Azzara dell ctà di anni 20 piaga cancrenosa cronica alla polpa della gamba sinistra interessante lo integumento e P aponevrosi , cagionata da ATTJ ACC. VOL. XVII. ° o — 10 — scotlalura estesa nel suo nascere quasi per tutta la gamba, retrazione del tendine di achilie lieve ; tallone allo dal suolo poche linee — ammesso alla clinica il di G dicembre 1852, usci quasi guarito della piaga li 3 maggio 1834. Rientrò colla piaga riaperta e cancrenosa li 13 Luglio detto anno, fu licenziato presso a poco guarito li 23 Liugno 1855. Vi feee ritorno li 11 Dicembre stesso anno colla piaga nuovamente estesa per tutta la polpa della gamba cancrenosa a grado da minacciare la vita — Piede equino: tallone allo dal suolo 7 dila trasverse — Sezione sotto- cutanea della corda magna, lascia ad estensione permanen- te alla pianta del piede lissata al ginocchio — Abbassamento del piede immediatamente all’ operazione , rapida guari- gione della piaga e perfetta cicatrizzazione, deambulazio- ne normale , nessun’ altra recidiva della piaga stessa. Osservaz. 7. Sebastiano Parisi di Agosla, campa- gnuolo, dell’età di anni 20 — Piaga cancrenosa alla faccia laterale esterna della gamba sinistra estesa sino al muscolo gemello corrispondente, valida ostruzione alla milza Am- messo alla clinica li 2 aprile 1859, uscì guarito della piaga li 4 luglio anno stesso. Vi ritorna li 22 ollobie dell’anno anzidetto colla piaga riaperta e cancrenosa, col piede equino e col tallone alto dal suolo sei dila trasvcr- ge Taglio sottocutaneo dello anzidetto tendine al distacca- mento delle escare; fascia ed estensione permanente, come nella precedente osservazione: completa guarigione della piaga : deambulazione normale. — Riprislinazione della piaga: vasta e profonda degenerazione della stessa, morte li 29 aprile anno anzidetto. Osservaz. 8. Lorenzo Lacolla da Palermo dell età di anni 65, tabaccare— Ammesso alla clinica li 18 Novem- bre 1858: piaga di antica data alla polpa della gamba destra degenerata in cancrcnismo con grave pericolo di yjta — Piede equino, allo dal suolo 5 dita trasverso ■ — 11 — Trattamento antisellico esternamente ed inlemamenle, av- viamento della piaga alla guarigione — Ritorno al cancre- nismo : taglio sottocutaneo della corda -magna appena distaccate le escare, apparecchio ed estensione permanente, guarigione perfetta della piaga — Licenziato dalla clinica il di 24 novembre 1859. Osserv. 9. — Rosario Ragonesi fabbricante di forbici dell’età di anni 40 ammesso alla clinica li 28 settembre 1800 vasta piaga allo integumento della polpa della gam- ba, recidivala più volle nello spazio di un anno c giam- mai completamente guarita, tallone allo dal suolo (f dita trasverso — taglio sottocutaneo della corda magna, fascia- tura ed estensione permanente abbassamento, completo del tallone immediatamente, rapido andamento della piaga alla guarigione, completata fra poche settimane (7). SEZIONE TERZA RIFLESSIONI Dalle esposte osservazioni è facile rilevare clic la forma più comune delle deviazioni dei piedi negl’ individui , di cui ho parlalo nelle due precedenti sezioni, si è il piede equino; meno dei piedi torli ond’ è parola alle osservazio- ni 1. c 4, nei quali, oltre alla eennata forma di piede equino, vi è negli stessi piedi qualche complicanza note- vole di cui terrò parola più sotto. Ciò nonostante ho stimalo conveniente fissarmi al- quanto sulle medesime osservazioni con esaminarle in ri- spetto alla classificazione, alla causa ed alla cura; lo che farò nelle riflessioni seguenti. Rill essi oni sopra talune classificazioni dei piedi torti in generale e in particolare sopra quelli, che ven- go da descrivere. Circa alle diverse classificazioni dei piedi torti, m’in- trattengo soltanto intorno a quella del Sig. Bonnèt (8), come più comunemente adottata. l\on tengo la stessa pregevole in tutto; poiché egli nello stabilire due specie di piedi torli e cinque gradazioni per ciascuna specie (9), si partì da un fatto ; cioè : dai due principali nervi della gamba, che a di lui avviso sono la sede della eccessiva e permanente retrattilità dei muscoli che si distribuiscono agli stessi muscoli retralli ; ossia il nervo poplileo inter- no, ed il nervo poplileo esterno. E quindi ritenne che tutti i deviamenti del piede dipendenti dalla retrazione dei muscoli in cui si distribuisce il primo di essi nervi fos- sero sotto la sola influenza del medesimo, e ne fece la prima specie che denominò piede torto poplileo interno. Pensando poi, clic i deviamenti sottostanti alla retrazione dei muscoli , in cui si distribuisce il nervo poplileo ester- no , fossero sotto la esclusiva influenza del medesimo , ne fece una seconda specie che denominò piede torlo po- plilco esterno. E quindi attribuì alla prima specie , chia- mandole gradazioni della stessa , tutte le deviazioni che consistono nello innalzamento del tallone e nel trasporlo di questo verso l’ interno, ed alla seconda specie lo ab- bassamento del tallone ed il trasporlo dello stesso verso fuori. Ora ammettendo per poco che le retrazioni muscolari di cui ragionasi fossero dipendenti dall’ azione nervosa sui muscoli stessi , pure riflettendo a che i rami anosto- motici tra i due anzidetli nervi, e propriamente i cordoni nervosi , che ne risultano , potrebbero essere sede della malattia clic fa retrarre i muscoli , e che talune deviazioni o gradazioni, come le chiama Bonnèt, anzi le due specie primitive da lui fissale , in vece di essere cagionate dai due nervi principali della gamba , potrebbero provenire dai suddetti rami collaterali o anaslomolici, non fa risol- — 13 — g™1.,® Preferire la cenna‘a classificazione del Signor lnft,,E ,|"1 8'0V:' «cordare la più importante tra esse ramo ft ’ • C'°tì ?uella ,ra 11 ramo safeno - tibiale , amo proveniente dal nervo sciatico popliteo interno , ed tallio del safeno peroneo , proveniente dal nervo sciatico popliteo esterno; dalla riunione dei quali resulta il nervo saleno esterno. „„ , Questo nervo come Lene si conosce, invia un gran i. "J10 (l. a tendine di Achille , e accompagnando venn safena. esterna , e date dei rami alla pelle della i egione posteriore della gamba , al malleolo esterno , al -.cagno ed alla pelle del dorso del piede , termina for- mando il collaterale esterno dorsale del piccolo dito, e q a c le \o la i collaterali dorsali interni del piccolo dito e gli esterni del quarto dito. 1 Posto ciò un’ affezione dell’ anzidetto nervo , cioè del saleno esterno , non potrebbe forse dar luogo alla retra- diT? le |/C'K lne di Acl,ille e degli estensori delle ultime dita Nella osservazione 4.” della prima sezione ho fatto ' , cscguUa la sezione sottocutanea del tendine di Achille e dello estensore comune dei dili , il piede valgo- equino si ridusse in quanto allo stalo equino; ma rima- se valgo, ratta poi la sezione sottocutanea di ciascun ten- meeslcnsore comune si ridusse completamente. Ciò piova che e possibile tale retrazione. E di vero nella anzidetto osservazione si ha doppia deviazione in unico piede , l’una in senso opposto all’ al- iai; e propriamente la prima consiste nello innalzamento del tallone, o piede equino, e (altra nelPabduzione del pie- de o piede valgo. Caso rarissimo nella storia ortopedica. Ora, ritenuto quanto ho esposto intorno al nervo sciatico - popùleo interno ed al nervo sciatico popliteo e- sterno, e intorno alla influenza dell’uno e dell’altro sulle — li — retrazioni dei muscoli , giusta Bonnèt, è chiaro che sic- come la prima delle deviazioni nel caso in esame , ossia il piede equino sottostare dovea all’influenza del popliteo interno , così 1’ altra deviazione esterna o piede valgo dipender dovea dal popliteo esterno e precisamente da una delle branche di esso nervo , ossia dal tibiale ante- riore. Ma non fu così ; dapoichè in tal caso appena ta- gliato il tendine dell’ estensore comune dei diti che di- pende dal tibiale anteriore, la forzata abduzione avrebbe do\ulo cedere; come cede la retrazione equina subitochè fu sezionata la corda magna. Al contrario essa si ridusse tagliali i tendini dell’ ultimo e del penultimo dito, i quali, come ho fallo osservare, dipendono dal safeno esterno; e sebbene furono sezionati gli altri tendini dello estensore comune, che dipendono in gran parte dal tibiale anteriore, ciò non osta a quanto ho osservato sul safeno esterno ; mentre per le anostomosi tra i rami collaterali del me- desimo, ed i collaterali del primo secondo e terzo dito provenienti dal nervo muscolo cutaneo e dal tibiale an- teriore polca benissimo avvenire la retrazione degli esten- sori di queste tre dita. Ecco pertanto provata , a mio credere , la possibi- lità di una deviazione del piede indipendente dal popli- teo interno e dal popliteo esterno , e proveniente da un terzo nervo qual si è il safeno esterno, ramo dell’uno e dell’ altro, e quindi dimostrata inammessibile la clas- sificazione delSig. Bonnèt che consiste nell’ ammettere due soli nervi come sede della causa nella retrazione musco- lare. Qui cade in acconcio far notare che lo esposto porta il ragionamento ad un altro fatto , se non m’ingan- no; cioè: che due nervi destinali uno a muscoli estenso- ri e l’altro a muscoli flessori contemporaneamente, non sono presi dall’ affezione che cagiona la retrazione di essi muscoli ; come avrebbe potuto far credere a prima vista — 15 — I i . i * * osservazione in esame : nella quale 1 resultati delle operazioni tenotomiche addimostra- rono come ho riferito, che 1’ una e l’altra deviazione sottostavano ad unico nervo, il safeno esterno ; la dirama- zione del quale al tendine di Achille ed all’ultimo e pe- nultimo dito non fa d’uopo ripetere qui. Sin qui dei dubbi sull’ ammissibilità della classificazio- ne del Sig. Bonnèt poggiati sull’anatomia topografica. Ora altri falli sembra presentarsi a convalidare tale inam- niessibdita; cioè: l’esperienza del Sig. Bernard suoli ellelti delle sostanze tossiche e medicamentose; le (piali hanno provato che la contrattilità muscolare è indipendente hall azione nervosa sui muscoli, essendo l’una c l’altra due alti ben distinti (10). Questo fallo fisiologico, di grande importanza nelle malattie si dei nervi, come dei muscoli, chiarisce taluni resultali del trattamento dei piedi torti, e propriamente il perche la retrazione del muscolo cede tagliato questo e non il nervo che al medesimo si distribuisce. Mentre se la causa della retrazione muscolare fosse nei nervi non tagliati questi non gioverebbe lo allungamento del muscolo stalo reciso, attesoché nuovamente ritornerebbe lo accorciamento per essere rimasti i nervi nello stesso stalo. Ma il verificarsi il contrario prova che la retrazione dei muscoli nei piedi torti congeniti è piuttosto solamente muscolare, anziché dipendente da affezione nervosa. Ciò nondimanco sembrami che alla più sicura ap- plicazione della teoria del Sig. Bernard alle retrazioni patologiche dei muscoli, e specialmente a quelle relative «facenti ^ ^ b,?°8nano anc0ra de§!i esPe™«enti più sodi- Pei tanto mettendo da parte tale classificazione dei piedi torti o congeniti o acquisiti, sembrandomi compli- cala quella del Sig. Vidal , discendo a proporre un'altra — 16 — classificazione che reputo più precisa è dedotta dalia forma esterna della deviazione ed è la seguente: 1.u forma: piede torlo equino semplice , piede torto talo semplice , 2/ forma: piede equino complicalo: equino varo , equino valgo , equino con flessione forzata delle dita e del me- tatarso ; 3.a forma piede talo complicato, o talo — valgo o talo-varo: 4.a forma: piede varo complicalo, o piede a doppio o piede varo complicalo con flessione ialerale for- zala delle dila e del metatarso; S.a forma : piede valgo complicato , complicanze finora non bene conosciute. Da tale classificazione ne segue che i piedi torli de- scritti alla seconda osservazione della l.a sezione e alle prime quattro osservazioni della 2.a sezione spellano alla prima forma : piede equino semplice ; i casi esposti alla prima terza e quarta osservazione della l.a sezione ap- partengono alla 2.a forma dei piedi torti, cioè: piede equino complicalo varo (2.a e 3.a osscrvaz.) piede equino complicalo valgo (i.a osservaz.). E siccome vi sono dei piedi torli con doppia complicanza di deviazione ; come, per esempio , la prima osservazione della l.u sezione, in cui il piede equino , oltre alla complicanza di essere varo , presenta i diti ed il metatarso rivolli verso la pianta del piede , cosi bisogna specificare nel classificare siffatti piedi torli complicali la varietà che offrono — Onde alla definizione di piede equino-varo bisogna aggiungere con flessione laterale delle dita e del metatarso ; formolando tale definizione come segue : piede torto spettante alla seconda forma, ossia piede equino complicato o piede equino-varo con flessione laterale delle dila e del me- tal arso. Dallo esposto è facile rilevare che io non intendo riconoscere specie e gradazioni dei piedi torli nè varietà; poiché non ritengo esservi deviazioni primitive ed altre a queste secondarie; ma considero ciascuna deviazione — n — come primitiva. Laonde, in vece di specie, giudico più conveniente ammettere forme, e complicanze in vece di hfnrm0”1’ d 1 v‘d c n d,0 , lu>l linguaggio, come è in natura, la toima semplice dalla complicata. RIFLESSIONI SIXLA CAUSA DEI PIEDI TORTI COADERITI E ACQUISITI IN GENERALE E IR PARTICOLARE SU QUELLI PRECEDENTEMENTE DESCRITTI. Taluni dei piedi [orti, clic ho descritto, erano con- geniti, acquisiti altri. I primi presentano delle comnlican- hler',T!'T n V° • (c 11 meccanismo del parto stesso presenterebbe piu o meno ostacoli alle sue evoluzioni, a cagione di non presentarsi il corpo del feto, sia nel parto cefalico sia nel podalico, nei regolari rapporti cogli stretti del bacino. Air,iL.Vm°xm0n |IOlrcl’lje darsi calliva alludine dì 3 — 18 — qualunque parie del corpo del feto, senza irregolare po- sizione ostetrica dello stesso; e quindi per necessita do- vrebbe presentarsi allo stretto superiore in modo da non poterlo attraversare. Ora tra le centinaia di rivolgimenti, che ho dovuto praticare per cattive posizioni del corpo del feto e in conseguenza delle sue membra , non mi è venuto ballo giammai di cavarne uno avente i piedi torti. Se poi la cattiva altitudine si vorrebbe limitala alle membra sole inferiori e specialmente ai piedi, in questo caso siffatta attitudine si dovrebbe ritenere piuttosto come un prodotto di esquilibrio nello antagonismo dei muscoli della gamba e del piede del feto, cagionalo da un affe- zione ai nervi clic si distribuiscono agli stessi muscoli. Sono convinto dietro lunga esperienza che le cause morali forti ed improvvise nelle donne gravide agiscono talmente sull’ utero e sul feto da rivolger questo dalla posizione re- golare in cui trovavasi, in un’altra irregolare; fenomeno conosciutissimo sin’ anco dal volgo presso noi. Siffatte cause morali potrebbero agire parzialmenle sui nervi di talune parti del feto, e specialmenlé sui piedi, c sembra verisimile clic ne cangiassero la direzione, lo clic fanno pure osservare i Sig. Jalade Lafonde (LI) e Yidal ( I)c- Cassis) (12). . Per lutto lo esposto adunque non è fuori proposito lo escludere l’ attitudine del corpo del feto dalla eliolo- gia dei piedi torti congeniti. Forti dubbii si presentano pure ad ammettere l’altra causa meccanica degli stessi piedi torli, cioè: la comples- sione dell’utero sulle membra flessibili del feto ; dapoi- chò una delle circostanze alle a favorire siffatta azione compressiva dell’ utero sul feto sarebbe 1 esseic contenuti più feti in un utero specialmente gravido la prima volta. Allora non polendosi l’ utero distendere sullicieiilemenle — 19 — potrebbe esercitare tale compressione sulle membra del telo; ma Fatto slà che si veggono tuttodì in simili occa- sioni 1 teli venire alla luce senza difetto di sorta alcuna nelle loro membra, mentre al contrario si è veduto un picciolo feto contenuto in un utero stato gravido più volte, e quindi atto a distendersi, nascere coi piedi torli. Ciò nonostante se causa meccanica compressiva si voglia attribuire ai piedi torti congèniti, sembrami più probabile e più ragionevole riporla nella placenta; e pro- priamante o nella sua piccciolezza o nella sua innormale inserzione. Nell’uno o nell’altro caso niente diffidile, che esci citi sulle membra flessibili del feto e precisamente sui piedi compressioni tali da farli deviare dalla normale direzione. Ma siffatti vizi della placenta presentano dei dubbi! ad essere ammessi come causa generale dei piedi torli congeniti, dapoichè se nei feti mostri doppii o pure mosti uosi pei eccesso di parti , ossia con più teste o con piu m emina, si e contestala 1 unicità della placenta, e quindi questa, insufficiente a poter abbracciare i due embrioni , per necessità ha dovuto comprimerli in modo da far succedere nei medesimi una fusione più o meno estesa; c se nei feti mostruosi per difetto di parli, come sarebbero gli acefali, la picciolezza della placenta è stata trovala la causa dello arresto di sviluppo della parte man- cante, pei piedi torli però la scienza sin’ ora non ha fatti che potessero contestare la coesistenza dei medesimi colla placenta picciola più del consueto, o innormalmente in- serita in un punto insolito della faccia interna dell’utero. Onde, è ben naturale di non potersi ammettere sin’ ora quest’ altri causa come generale tra la eliologia dei piedi torli congeniti; però sembrami di non potersi escludere come causa eccezionale. Se l’anzidetta causa si volesse ammettere sarebbe essa al certo anco soddisfacente a spiegare la teoria dello * Scarpa in opposizione a quella di Douvernoy (13); cioè: che la viziosa torsione delle ossa , al dire del sommo italiano , è la prima a succedere nella formazione dei piedi in esame, mentre a parere del celebre chirurgo fran- cese precede a questa la disuguale tensione dei muscoli. Ma qui è da osservare che se Scarpa giustamente rim- proverava al Duvernoy, che avea confuso la causa coll’ ef- fetto , egli stesso , poi , non può sfuggire simile taccia; mentre sarebbe ben naturale il richiedere al professore di Pavia qual fosse la causa primigenia della torsione vi- ziosa delle ossa. E qui parmi conveniente non tacere di una dottrina riguardante la etiologia dei piedi torti in esame ; ed è del Sig. Isid. Geoffroy-Saint-Hilaire; il quale ha fatto osser- vare i rapporti dei centri del sistema nervoso nello stato anormale con le deviazioni dei piedi; imperocché vi sono « egli dice, delle mostruosità, l’ acefalia, per esempio, « con le quali i piedi torli si riproducono di una maniera « si costante , che ne sembrano una complicazione ne- « cessa ria (14). Ora non ostante che credo esagerala di troppo tale osservazione del celebre taratologista francese , sulla con- siderazione che tra i molti casi di acefalia da me esaminati, taluni dei quali sono stali già pubblicati, in nessuno mi è venuto fatto incontrare deviamento di sorta nei piedi (15),. non dimanco i falli che ho esposto nella prima sezione mi portano e credere , che una malattia allo encelalo , e forse l’ idrocefalo cronico esterno , abbia preesistito allo sviluppo dei piedi torti in taluni individui ; almeno il temperamento linfatico in alcuno di essi , la gent ilezza del corpo , e gl’ indizii di devaricazione un tempo esistente nelle ossa craniane in altri dei medesimi fanno sospetta- re la esistenza un tempo di una collezione linfatica alle membrane cerebrali in qualche periodo della vita in Iran- — 21 — £Lna;ta?ont,nln .Sarabbe da rige,larsi ,a idea che sif- difetlo d’ inncmzfone rh^?i * * * S * * m P°,Ul° dare or'8'ine a fiuel (agonismo deTìnusf oli de, p! d7 Sfr L' stato di poter deambulare. L ne 0 Tale preesistenza morbosa apparisce nrnh-.l>;i„ i ragazzo Antonio Caccamo ( Osservaz. 11. Sez j • ",'i '■soccbe l'atrofia del sistema muscolare o comolore , la inerzia delle articolazioni tnnef n sl)legnta del ioduro di ferro ad e ,uil "brine sìIT-h . *n n,uc,!*a sono altrettanti fatti in favore della medesimi A 1^""°’ servazione si potrebbe aggiungere l’altra eli', t ?'* (osservaz. IV)' relativa a* llasl'no, ^ cu, lo “di a*5f~'«=irsr i pu »trì;i,r*,;: i l • ‘ nessuna prova può recarsi in sostegno di lale opinione ; e quindi nello stato attuale della L d non può essere abbracciata. scienza . Da tali riflessioni risulta che tra tutte le n„„ ,i„- p.ed, torti congeniti la pii, sodisfacente si è la retrazione che s?‘d?s|,r-r?Ven,ente- f°rSe da "n’afI''zionc dei nervi dislribuiscono ai muscoli della miniba e rho u causa primigenia di tale affezione risiede in un vizio con genito localizzalo nei suddetti nervi. Una delle cause dei piedi tori, acquisiti descritti nella 2 sezione Xld d ora la nostra attenzione ; e si è la sentente Ho fini, servare che tali piedi deviati spettanti alla 1 forma dei piedi torli ( piede torli equini semplici) sono congiuri — 22 — ad una vasta piaga interessante il connine integumento della polpa della gamba ; piaga che precesse il deviamento del piede , o a meglio dire , questo avvenne durante il cronicismo di essa. Per tanto è da esaminarsi se la piaga medesima fù causa primigenia della retrazione muscolare. A risolvere tale quesito è giovevole esporre pria la patologia della stessa piaga; che desumo dai fatti anzi- dcscrilli. Questa piaga, che attacca lutti gli strali del co- mune integumento, soprastante ai muscoli gemelli, è spon- taneo o accidentale; ma sì nell’ uno come nell’ altro caso è congiunta a vizii congeniti o acquisiti, e a preferenza a fisconie addominali , spesso è sostenuta dallo eserci- zio di arti o mestieri che obbligano il paziente a dimo- rare lungamente all’ impiedi. Essa ha tendenza al can- creniselo. Questo rare volle oltrepassa il comune integumento ed attacca Taponevrosi; però lascia sempre immuni i mu- scoli. La piaga quindi è una soluzione di continuità del comune integumento degenerala , che a similitudine di tutte le piaghe semplici agli arti inferiori guarisce mercè il solo riposo; ma in apparenza e per breve tempo; men- tre a similitudine delle piaghe alle gambe nel campagnuo- lo della nostra piana facilmente si riapre a pena il pa- ziente riprende la deambulazione; ed è facile nelle reci- dive ad esser presa nuovamente da cancreniselo, e cagio- nare la morte. Ora si è alla prima o alla seconda recidiva clic la corda magna comincia a vedersi tesa ed il tallone gra- datamente a non poter essere più avvicinalo al suolo; e se presto non si occorrerà cogli opportuni mezzi il piede equino sarà formalo c la piaga non guarirà mai più, ed è questa in fatto la cagione vera della riapertura della piaga in esame. Se però il taglio del lendine di Àcliil- — 23 — -\ le, polente riparo a tanto disordine, sarà praticato la unga cicatrizzerà di stabile cicatrice, e non ritornerà per lowemre. Però siffatta stabilità si verificherà la le ¥0P e indir, no non si troverà affetto da lìsconie alblominl flualc c?so > malgrado la lenotomia a tempo otuior- 1111,0 l'°f "* «pera, la piaga al lasso di un tempo' p f dellnzi me8- "TT" V ^ “T™ Ca§'ÌOne >"orte et paziente , del che da prova la osservazione 3.“ della 2. Sezione. Sono queste in breve le forme e le fasi pa- tologiche piu importanti della piaga alla polpa della Jm Xns. — «■ ~*'«u x Scendendo ora alla soluzione degli antedetti quesiti m lo a premettere che il Sig. Vicini (16) ed altri pa- . cnlf I ‘ '"rlmell0n0 lra lc cause dcl|e retrazioni dei mu- - co11 ‘a infiammazione cronica degli slessi. i flemmasie possono apportare nei tessuti delle modificazioni, o dei cangiamenti tali da in- dui i e sin anco delle degenerazioni (17). In solitami JTVl'f nCnim;iSia cronica Possa immutare so a vitalità della libbra muscolare talmente, da relraersi !' di se stessa cd accorciarsi, senza indurre «ngTameuto alcuno nella fibra medesima, sembrami privo di prove- an- zi queste sono in contrariò ; mentre in consoni, enza dei aSCCf '"‘«''muscolari, delle larghe soluzioni di con- ni,i accidentali, o avvenute per opera chirurgica e in altre malattie nelle quali vaste superficie muscolari resta- li” i Tle0l'°- C fleiTasic !"ù 0 meno acute o croniche vede mai succedere simile retrazione, da ca . - (1) II fatto di essere stato io il primo in Sicilia ad eseguire nella clinica chirurgica di questa Università degli studi e a pro- muovere la lenotomia è contestato da quanto si ìegge nel Giornale del Gabinetto Letterario dell’ Accademia Gioenia, T. XII. Bim. Il, che mi piace di riprodurre qui: « Varietà — Nel nostro Giornale t. VII. bim. VI. pubblicammo un piccini lovoro del benemerito prof. Reina, portante la storia di una operazione di tenotomia eseguita li 11 Febb. 1841, ed in quello del toni. XI. bim. I. riportammo gli altri casi di tenotomia dello stesso operatore chirurgo, da lui medesimo descritti con quella chiarezza e precisione che Io distingue ». « Il sig. Sebastiano Console nel Giornale di scienze mediche titolato l Ingrassici anno 2. n. 8. agosto 1846 fece i dovuti elogii al prof, catancse per essere stato il primo felice operatore di teno- tonila in Sicilia, al quale rispose il Fogliani nel suo Giornale di scienze mediche per la Sicilia n. 8, credendo doversi attribuire al 10 Ho r Giovanni La Croce l’onore del primo taglio; ma con quanto poco accorgimento ciò abbia asserito, mostrollo in un secondo articolo 1 prelodalo sig. Console. Noi c per l’amore della verità, e per tuire a §^ona del nostro paese e dello illustre professore, chirurgo primario dello Spedale di S. Marta, ci facciamo un dovere di trascrivere in questo nostro periodico la replica del sig. Console alla lettera del Fogliani, che abbiamo veduto nel n. 9 del citato Ingrassici — I Compilatori » — « II dott. Algeri Fogliani nell’ultimo numero del suo giornale pag. 56 ha pubblicato una lettera diretta al dott. Gaetano Costanzo , nella quale censurando il giusto elogio da me retribuito ad Euplio Reina perchè primo a promuovere in Sicilia — 30 — lo pratiche osservazioni di tenotomia , rapporta la semplice resezione del tendine di Achille praticata dal dottor Giovanni Lacroce li 30 Ottobre 1842: In conseguenza , conchiude , non il /teina fa pri- mo a promuovere la tenotomia fra noi ma piuttosto il dollor Lacroce ». k Se il dottore Algeri avesse trascritto egli stesso parola a parola il mio periodo stampato nell ' Ingrassia, alla parola tenotomia non avrebbe omesso l’aggettivo complicala (1) : allora da vigi- lante cittadino ed onesto quale io lo reputo , non si avrebbe fatto lecito adombrarmi nella pubblica opinione; inoltre a rivendicare la gloria allo illustre professore calanese ed avvertire il dollor Algeri che fosse altra volta più cauto nel sentenziarmi contro, fo solenne manifestazione, che il dottor Lacroce quando li 30 ottobre 1842 resecava il più grossolano e superficiale tendine del corpo , Reina uvea eseguilo felicissime operazioni di tenotomia complicata li 11 febbraro 1841 in presenza di numerosi e cospicui' personaggi (2). Sebastiano Console ». Altri documenti autentici contestanti tale anteriorità si trovano inseriti nel sopradetto Giornale dell’Accademia Gioenia , Tomo e bini, citati, e Tom XI. Bini. 1. (2) Stimo giovevole non lasciare nell’obblio un caso non or- dinario di ostcomalacia avvenuto in Catania 30 anni circa or sono nella persona di una ragazza catanese ; intorno lo stalo sanitario della quale non posso dare altre notizie che le seguenti. Questa infelice, di temperamento linfatico, giunse all’ età della pubertà in buona salute. A quest’epoca , non avvenute le regole mensili, comin- ciò a manifcstarlesi un deviamento alle prime vertebre della spina dorsale clic da sinistra dirigeasi a destra. A capo a pochi mesi seguì altra deviazione viceversa della precedente alle vertebre ultime dorsali e prime lombari. Trascorsero alquanti anni e curvandosi sempre più la spina e rammollendosi, com’essa dicea, i ginocchi e le gambe sotto gravissimi dolori fu obbligata a restare in letto ; ove giacque dodici anni circa, ossia sino all’ età di 26 anni; epoca in cui cessò di vivere. Durante sì lungo periodo le ossa delle membra acquistarono i curvamenti ed i contorcimenti, che riuscirebbe oscuro descrivere, ed è meglio vederli nel disegno; clic rappresenta anco l’altitudine in cui rimase stazionario il corpo di quella giovanelta per lunghi (1) Vedi Gior. dello scienze mediche per la Sicilia n. (2) Vcd. Gior. del Gabinetto Letterario dell’Accad. Gioenia tom. VII bim. V. — 31 — "rcònsern ,'rnclJo l?\ 7 "°P° ,a m0rlC W c '« ebbi cura conservai e nello scheletro preparandolo. (Vedi Fin-. \ sinimrnC0rt0rCimentl ?il1 notevo,i sono nelle ossa dell’arto toracico poterli alinbuifé^dl’ l°lt / -SenSl ln modo taIe c,ie riesce difficile mettere ni S ò«/lr°"e mU8C0,Ì’ n,enoche non si voglia am- eie nette ossa medesime un rammollimento tale, da averle ridotte alla consistenza della cera. (V. Fig. 2.a) avene ridotte deformò VI)o«?I|tn° n™ !° h° Creduto diagnosticare la malattia clic Sebbene non riennr « ^ a-ir<)S° pCr osleonialacia’ e nnn rachidismo. mentre considero ^ ^ d'ffe.renZa essenzia,e lra l’ una e l’altra ; SUO maggiore sviluppo C°“'C '' raChÌdÌSm0 perveilut0 al ranoort?!? ial' ossmi,re «he gli stessi fenomeni tra l’uno e isiirJ •"» ’ " a l''tì cd a^1' potologisti conio differenti cui tende , Io . fon(l° "O" Presentano elio l’ andamento pogrcssivo, con cui si -inni l".lsnl° »C'"e'rni<; in taluni inditidui. I dolori vivissimi voluto ,, lo ?"luppo. «le»® osteomalacia, e dei quali si è •strano 'ili,,, ai allora differenziale della osteo malacia, non addimo- soòanÌ77vtAr " !"m crc! T.’ Clle lina p°l0nza maggiore del vizio di- ad un r ° S,° "l,tà "cl,c ossa- Lo arrestarsi del rachitismo altro rnmiior Ii minror r musco 1 c ^ci tendini e dtetro la tenotomia, la riduzione d ^ com^ì, Veggio poi far osservare che sic 1 , Stat0 normì(i- Andini rimase visibile in tutta a \in vasta divisione dei sovrapposto comune integumento stato d?s^T"ie,.,per ,10n esservi mi venne fatto osservare che ìa VS [ ' ° (,alIa scottatura, così nose avvenne mercè una sostai ^ dulare, sorta a guisa di cono dalle stesse =n ' U-fa da tessuto ino- a contatto gli apici dei due coni si w suPeriiC,e; e venuti quasi nosi provenienti dal fondo della di visdnn n°n .?llri bolloncini ear- novelle che all’esterno Tco^ ^ ^ PÌSul10 la istanza co a cicatrice delle piaghe cronielm f 5 e (pJesla SI continuò nel a riproduzione delle ossa lungi le noi ca?i p"dament0 veduto I» il caso in esame sembrami confo™-.™ d reserz,one- pev lan- mon 0) suda riproduzione dei tendini f- le.osservazioni di Am- (9) Bonnèt Traini des sectionés r Cavalli c Slli conigli. 1841 p. 467. sectiones tendmouses et musculaires. (IO) Prima Specie F]ede torto popliteo interno } a r. ?• gradazioni Elevazione del tallone. - flessione antero-posteriore del o o*31? ^ su d‘ se stesso, f . £dduz,.one ^llo avampiede. den JoSC,an,ent° del la',0ne in S- Aumento della curvatura tra- SVrm%da!lap]antadel Piede Seconda Specie Piede to/to popliteo esterno m o .ti 5* ^dazioni f*0 ^bbassamento del tallone. 4* Estensione forzata del piede osopra se stesso. P a . n'jdllzÌ0l,e dello avampiede. fuor|VCSCIament° del lall0l,e in diminuzione della curvatura 3Cerda'eP?!"l7i?ntadcl P-'ede. p(r (") Cours de aèdecin dn effets des substances toxiques et m ed.v! defFrance Eecons sur le Bernard ec. Paris 185 7. medicamenteuses. Par M. Claude (1) Ténot. etc. ou Expèr: T 1 n atti acc. voi. xvii. * P‘ 155‘ 5 (12) Scouleltcn — Meraoire sur la cure radicale des piedes torts Paris 1838. (13) Recherches sur les principales difformitès du corps Rumarne. Paris 1829. p. 300. (14) Trailè de palhologie externe ec. Paris 1835 p. 229. (15) Memoria chirurgica sui piedi torti dei fanciulli, e sulla maniera di correggere questa deformità. Opere del cav. A. Scarpa. Parte IV Firenze 1838. Traitè des maladies des os. T. 11. cliap. III. (10) Teratologie T. 1. p. 391. (17) Nei tre casi di mostri acefali che descrissi in una memoria inserita negli Atti delPAccadema Gioenia Voi. III. i piedi non presen- tavano deviazione alcuna dallo stato normale; ed è rimarchevole che in uno dei sudetti mostri la mancanza della testa era congiunta a quella del tronco e degli arti superiori. (18) Vedi le mie Osservazioni pratiche sopra una nuova forma di chiusura permanente della bocca cc. (19) Qui, cade in acconcio fare osservare, che la descrìtta piaga alla polpa della gamba non ha fissato l’attenzione dei patologisH come causa del piede equino. A quanto io ne sappia, il caso descritto da Sartorius al 1812 (1) di un piede equino seguito ad una antica suppurazione alla parte posteriore della gamba, e guarito colla sezione del tendine di Achille , non fu riguardato che come un caso di te- notomia', e non mai come una guarigione di una cronica piaga alla polpa della gamba , guarita mercè il taglio del tendine anzidetto. Se non m’inganno si deve all’ italiano sig. Fabbrizi lo aver richiamato l’attenzione dei pratici sul bisogno di ricorrere alla tenotomia, onde ottenersi la guarigione delle antiche piaghe soprastanti a’ tendini retratti. (20) Il sig. Velpeau della sola tenotomia del tendine di Achille ne conta da circa 400 casi. (1) Giornale di Sièbold t. 3. DI OSTE OMAL ACI A CASO ,..iv APPARE C CHIO ORT 0 PUD I C 0 INDIRIZZO DEL 1." DIRETTORE DELI' ACCADEMIA GIOENIA CARLO GEMMELLARO Al SOCII DELLA STESSA JLEXTO NELLA TORIATA ORDINARIA DEL 21 FERfiRARO 1861. ATTI ACC. VOL. XTII. ** 0 • : . ' , A Il grave stento ho potuto recarmi fra voi , ornatissimi Colleglli, malconcio dagli effetti di ostinata Arlritide che per piu di due anni mi ha confinato entro le mura di mia magione. Due doveri mi vi l.an tratto, quello, cioè d. ringraziarvi di persona, dell’onore, che degnati vi siete compartirmi, elevandomi al posto di primo Direttore e quello di mostrarvi col fatto, che tale scelta, da voi per troppa amicizia fatta, è caduta inopportuna sopra un vec- chio ed infermo socio, cui, pe’ frequenti capogiri che lo disturbano, malagevole riesce ogni studio, e che in nulla può oramai adoprarsi per il bene c lo avanzamento di questa illustre c scientifica Società. Essa ha bisogno di tintolo zelo e della più solerle attività de’ suoi compo- i „ à giammai; ma della seconda, assai piu essenziale, vedete bene che non posso piu usarne , e con vero mio rincrescimento devo dichia rarlo. Intanto quest attività è indispensabile alla vita della nostra Gioenia; imperciocché se essa si è distinta fin’ ora — 38 — fra mollissime altre, per indefesso lavoro, eseguito nello spazio di anni trentaselte: se non ha mai interrotto i suoi scientifici travagli anche ne’ tempi di avverse politiche vi- cende: se mancante di mezzi ed incoraggiamenti ha pur saputo distinguersi c farsi ammirare in Europa , non per- ciò ha compilo gl’ incominciali lavori, con tanto plauso ricevuti, tanto in Sicilia quanto nell’Estero. Permettetemi che a taf uopo io, per sommi capi, vi rammenti quanto vi resta a far tuttavia. Dell’ Etna, principal subjelto degli sludii della Gioe- nia, e per cui sin dalla prima sua istallazione si presentò esteso quadro di lavori, da eseguirsi per la illustrazione della Storia fisica di questa montagna: dalle tante me- morie che si sono puhlicale negli alti, sembra che molto fallo si fosse da noi, e principalmente nella parte mine- ralogica e geologica; ma si manca ancora di assicurarsi con la chimica de’ veri componenti delle sue rocce, delle quali in vario modo si è fin’ora parlalo dagli esteri mi- neralogisti c da’ nostri stessi socii. Altre ripetute osser- vazioni si richiedono a determinar finalmente il vero ca- rattere della Valle ilei bove , vasto teatro di vulcaniche meravìglie , clic ha fallo tanto dire , e fara dir sempre a’ naturalisti , sia sulla qualità delle sue rocce, sia sulla loro giacitura, o sopra i traversanti filoni , sia in fine sulla possibilità di piò antico cisse di questo lormidabile vul- cano, oggetto delle ripetute visite degli insigni viventi geologi , Scrope , Daubcny, Abick, Wallershauscn Beau- monticeli. E dal materiale della montagna volgendoci alla sua Idrologia , quante acque minerali non restano ad esaminarsi? Glie se di talune si e latto cenno, che si sà di positivo fin’ ora di quelle di Paterno di Acqua rossa di Valle S. Giacomo di Valle Calamai e poi de’Vulcanelti Idroargillosi di Fiumefreddo di Paterno e del torrente $. Biagio? — 39 — Le lave prismatiche della rupe di Paterno dalle nane occidentale, sono imbevute di Pc.roleo: la vieta aC della grascia ne lascia aneli’ essa ove scorre, si è ten- tato inai cercarne la origine ? si di'Tu10 a’ !C?el,ll,‘li dell’Elna> benché de’ boschi si d.eqmdche notizia ne primi anni dell’Accademia non derno ® ' b*U d?“° dl P01- Elianto la grande Pineta di A- de no e quasi distrutta , perchè non si è vietalo il pa- sna risrln8 ' w™*"1' fP1CSli alli sili> e le novelle piante spai iscono. Non cosi in quella di Linguaglossa ove non “ ! l-aSC{,l° ,a è in Pieno T'gore. Tre in- volili Sondaci ridussero a vuoto terreno, l’antico bosco di Cornimi 6 ' | C' ' • ,!ale,'nÒ ®d 08'S‘ concesso a’vicini Lomuni credete voi che venga ripiantato di alberi? No ninne* C?minc,a. 8'a a dissod;|ce e provarvi la pianta- li f; d,|' ° che ,ia ,llalura dcl suolo, la sua altezza vana P ^ ,*Iare ° la l,assa temperatura renderanno vana. L qui chiara si scorge la necessità dell’ Agrono- mia, come oggetto essenziale della nostra società; e bene- mcn" se ne renderanno i sodi, che diffonderanno i loro a rali?/ ' i ",C agriC°!,0ri 5 ed oggi sopratutto che U'si fiall l,aSrOIIOmia 6 Sla'a disg'unla in questa Uni- sita, dall altra, cui per tanti anni fu senza prò asso- Professtre"10 ' " n°SlrÌ Zel,"‘li S0cii vi è slat0 addetto a Delle piante tulle dell’Etna non si ha che una esile ed incompleta monografia del Sig. Rafinesque ; i nostri soci! non .ìan mancalo di presentare pregevoli memorie botaniche sopra gran parte di esse, ma la completa Flora etnea si desidera. 1 Dall’Etna portando lo sguardo a’ terreni della Pro- vincia, qual orizzonte non si dispiega alle indagini de-di scienziati? Una formazione terziaria di Gres e Argilla ab- braccia per quattro quinti la base del gran cono dell’ Etna — 40 — Se ne sono date molte memorie è vero ; ma il suo vero posto nella successione de’ terreni non è per anco ben determinato; e colà principalmente ove questa formazione è unita a quella basaltica degli scogli de’ Ciclopi. Un gran tratto del terreno numulilico è stato di recente caratterizzalo, per la prima volta, e descritto da uno dei nostri socii; esso riposa sopra più antico terreno: ma la sua estensione, al di là de’ limili della provincia, non si conosce ancora. Il gruppo delle montagne di Judica, da Torcisi sino a Scarpello, e poi da Centorbe a Rcgalbuto, del quale lo stato inferiore si appoggia alla formazione cretacea , resta tuttora presso che sconosciuto; mentre il poco che se ne è detto da uno de’ zelanti nostri socii, non è che il principio di un lavoro da farsi. Un altro de’ nostri Colleglli si occupa della descri- zione geognoslica e geologica de’ contorni di Àssaro ; e sarà questa una impresa da altri non tentata nè anche. Possa egli continuar con zelo i suoi accurati travagli , anche sopra altri terreni. Che dirò del centro basaltico di Palagonia , di cui non abbiamo che cenni di più d’ uno di noi ? Ed esso merita tutta Y attenzione del geologo; ed una sola visita non è sufficiente ad esaurirne ,la scientifica determinazio- ne. Nè di minore interesse sono i dintorni di Militello e di Vizzini, con le loro alternanze di correnti di lave sot- tomarine, e di depositi del calcario pliocene: con le va- rietà di que’ tufi, fra’ quali quelli ripieni di conchiglie fos- sili dello strato Pliocene, han fatto dubitare uno de’ più celebri geologi francesi, a determinare a qual sorta di materiale vulcanico dovessero riferirsi; nonostante che in una nostra Memoria su’ vulcani estinti del Val di Noto se ne fosse chiaramente dimostrata la qualità. Il lago de’ Palici , co’ suoi gorgoglianti Crateri, c % — 41 — r acqua che in inverno lo accresce, lasciando alla sponda la natta, e un fenomeno da non trascurarsi. Ci conlente- i cmo noi forse dell analisi, e della descrizione che ne ha alto in mezz’ora, in tutta fretta qualche troppo sollecito chimico francese? Quanto non resta dire della estesissima pianura di terreno diluviale la nostra piana di Catania? Sarà essa condannala sempre alla sola agricoltura, e per quella dei Cercali solamente ? Lo dicano per me i socii agronomi. Ma non a’ soli terreni ed a’ vegetabili si estendono e ricerche di una accademia di scienze naturali. I viventi lormano grande oggetto di sue investigazioni. Un egregio nostro socio diè principio alla lodevole impresa della Fauna Etnea; ma quel lavoro non fu più seguito. 1 . Degli uccelli, si è preteso fuori della nostra acea- c ernia, darne il catalogo e la classificazione. Ma noi do- vessimo occuparci degli Uccelli indigeni; e non già per conoscerne solo i nomi ed i generi sistematici, ma per isludiarnc i costumi, e le particolarità che potrebbero di- stinguerli da quelli di altre contrade, e separarli da quelli che d! passaggio si trattengono in Sicilia; come utile sa- rebbe il dire di altri, che provenienti da altri climi si sono già resi indigeni. Degli a n fi hi i e de’ rettili, non si è veduto fìn’ora al- cuna memoria ne’ nostri Atti ; eppure non sono meno in- teressanti questi animali, di qualunque altra classe, nella /oologia; e basta ricordare quanto abbia influito alle in- vestigazioni embriologiche la metamorfosi degli organi re- spi rato rii del Girino della Rana, e quella dell’intiero cor- po delle Lhelome, e de’ Sauriani. il solo Golfo di Catania forma tutta la costa marit- tima della provincia : nulla si è detto della estensione di questo mare, de venti che lo dominano, delle correnti sol- — 42 — tomarine, della forza de’ suoi marosi. Tre differenti lito- rali costituiscono il vasto semicerchio che lo abbraccia ; uno non offre che rupi vulcaniche; un altro prolungata spiaggia di arena , il terzo una costa di calcario terzia- rio, ora solo, ora alternante con sottomarine lave vulca- niche. Mille varietà di fuchi e di alghe vegetano in que- sti diversi litorali sotto il livello dell’acqua. Grande è la quantità e la diversa specie di pesci che vivono in questo Golfo; de’ loro resti fossili si è cominciato un la- voro, che abbraccia finora i soli squalidi; son certo che sarà continuato; ma de’ pesci viventi non si è di propo- sito occupato alcuno di tanti socii Gioenii; e questi pe- sci, intanto, darebbero materia di non poca importanza alla Zoologia non solo, ma alla fisica ed alla storia na- turale in generale. L’apparato elettrico della Torpedine, benché preveduto e quasi per ispirazione, conosciuto dal Volta, che non ebbe la fortuna di osservarlo egli stesso in questo Sclaciano, pure merita ulteriori osservazioni; ed io stesso, nell’anatomizzarlo , mi convinsi che era di bi- sogno della macerazione e di altri esperimenti per met- terlo alla vera sua luce. Nessun di voi ignora come si fosse preteso da alcuni, che il peso dell’ acqua e la man- canza di luce a certa profondità del mare, rendano im- possibile la vivenza animale, eppure il Gambero rosso , nel golfo di Catania si pesca alla profondità di trecento piedi e piu, dal pelo dell’acqua, ove si assume che la luce non giunga a penetrare. Sarebbe cosa utile il veri- ficare questo fatto. Imperocché, in quanto al peso del- l’acqua, é facile comprendere come questo crustaceo po- tesse evitarlo, attesa la forma, compresa dalla sua scorza, ne’ lati e pressocchè lineare nel dorso; ma in quanto al difetto della iulluenza della luce, ciò é ancora a provarsi. Delle conchiglie viventi e fossili si é detto molto da parecchi nostri socii e molle nuove specie ne offrono i — 43 — nostri Atti accademici; ma resta tuttavia a compirne lo intero catalogo; si come degli Annelidi de’Molluschi nu- i e de I olipi si aspellano le distinte monografie. Io non parlo de’ Fora mi ni fé ri, de’Politalamii, e Rizopodi, o dei microscopici Diatome, Gallionellc, Bacillarie agusci silicei, Accademia monca di 31icroscopio, che possa star a paro g, per mezzo del quale ha potuto scopine, che raschiando quella specie di smalto che pre- sentano taluni biglietti di visita, il quale non è che una esi l superficie di creta bagnata, a tal ridotta per la im- mensa pressione sofferta nel passaggio tra due levigatis- simi cilindri di acciajo , ha potuto scoprire, io diceva, raschiando quella superfìcie, una minutissima polvere nella quale vedovasi una incredibile quantità di questi micro- scopici animaletti ; e di tal picciolezza da ovviare la po- tentissima pressione de’ cilindri e restare illesi. La ricerca di questi esseri pressoché invisibili oh! quanto diviene illustrativa nella Zoologia trascendente non solo, ma nella Geologia; se si considera che grandissime estensioni di rocce della scorza terrestre, non son costituite che di soli ammassamenti di questi esseri minutissimi, ed impercettibili ad occhio nudo. A taf uopo abbiamo ne’ no- stri Alti una memoria sulla influenza del regno organico nella formazione della Crosta del Globo, ma questa non e che un cenno, di quanto resta a farsi. Là dove le scienze sono incoraggiate ed agevolate di mezzi, si spediscono istruite persone, ad assicurarsi se alla più grande profon- dila del mare esistano esseri viventi di questa classe; e gm all entrar del mare pacifico, al di là del capo Horn si son calali giù a tremila piedi, dc’piomhi investiti di ma- teria adiposa , che tratti dal fondo si son trovati pieni d impegolati microscopici viventi, de’ generi stessi che Heremberg ha osservalo nello stalo fossile. Degli insetti nessuna lucubrazione vanta 1 accademia ATTI ACC. VOL. XVII. » — 44 — dovuta a’ suoi Socii; se logli un Calalogo che ci ha re- galalo il corrispondente Sig. Giuliano da Milano , di quei pochi che nel breve suo viaggio in Sicilia polè in due mesi raecorre. Nè gl’insetti son da trascurarsi nella Zoo- logia; ed è sufficiente il ricordare quando dovrebbero in- teressarci i Bachi da scia c le Api , pc’ preziosi loro do- ni ; come que’ nocivi all’ agricoltura, per gl’ incredibili gua- sti che recano: quali sono le Cavallette, i Bruchi delle tante farfalle, i Cureulioni , le Cilonie e mille altre di questa estesissima Classe. L’accademia ha incluso avvedutamente fra gli oggetti di suoi lavori l'Antropologia ; ed in questo ramo molte monografie hanno arricchito i suoi alti, sopra argomenti Teratologici, sopra nuove forme di malattie sopra felici effetti di nuovi metodi curativi, sopra mediche topofigrafie, sopra particolari casi di Anatomia, di Chirurgia e simili; ma utile grandissimo arrecherebbero alla Fisiologia ed alla Medicina in generale le osservazioni sull’ anatomia comparata , le microscopiche nella Patologia , e la Chi- mica organica. Per alquanti anni si presentarono a questa Società da colleglli a ciò addetti, i resultamene delle osservazioni meteorologiche, dacché potei io stesso ottenere dalla De- putazione di questa B. Università la erezione di un os- servatorio meteorolico. Ma sono scorsi non pochi anni , che questo lavoro non si è più presentalo; mentre ripa- rati i danni sofferti dall’Osservatorio, nel 1849, le osser- vazioni si continuano già metodicamente. I socii che ne hanno la cura, dovrebbero non più trascurare di comu- nicare all’accademia i resultameli di queste importantis- sime osservazioni; aggiungendovene delle altre, che più utili alla medicina ed alla fisica riuscirebbero, come quelle dell’ Ozonomctro, facilissimo islrumento, e di così sem- plice struttura che merita appena il nome di strumento; / — 45 — ed oggi tanto più, nel disparere che si scorge fra’ me- dici del Continente con quelli d’Inghilterra; se mai, cioè quc principio , considerato o come ossigeno elettrizzato dagli uni, o come terossido d’idrogeno dagli altri, sia causa di produzione o di estinzione di talune malattie en- demiche ed epidemiche. Da quanto ho rapidissimamente esposto, voi vedete oocu prestantissimi, qual vasto campo si apra alla con- tinuatone delle vostre esercitazioni. Esso però non è sco- raggiante, quanto a prima giunta potrebbe apparire. Molti di voi han dato luminose prove di qual valore si fosse- o nella Stona naturale, e continueranno alacremente ad escici larvisi. Quelli, che per altre occupazioni non han la» orato per I Accademia, è da sperare che non vorranno addurre per iscusa mancar loro argomenti , onde appli- carvi un profittevole studio. 1 Voi farete, intanto ragione a quel che da principio io vi diceva; vale a dire, che molta attività si richiede in ognuno de soci! per mantenere la vita e l’onore della nostia scientifica società; alla quale, dobbiamo confessare essere debitori della reputazion nostra in Sicilia e nel- 1 Estero. Or questa attività non può più da me dispie- garsi come per lo addietro; e voi stessi ben lo compren- dete guardando al mio stato solamente. La elezione, quin- di, che avete fatto nella mia persona non giova per nulla allo scopo ; ed io , vi prego volermene disimpegnare. Chè se benché carico di anni, potessi godere di mediocre salute, non mancherei del consueto mio zelo, e mi ado- prerei tuli ora a meritarmi il vostro compatimento; ma sono costretto a conchiudere co’ versi di Virgilio, ........ non laudis amor , nec gloria cessit Pulsa indù ; fngidus sed cnim lardante seneda Sanguis hcbd ; frigcnlque efjedce in corporc vires. » ’ . « ■v STUDII CLINICI SULLE MALATTIE PALO) ALI DEL SOCIO D.r GIUSEPPE ANTONIO GALVAGNI nnEni(DiEni\ rpmncQA DESCRIZIONE DI VARIE FORME INTERESSANTI DELL’INTOSSICAZIONE PALUSTRE LETTA nella tornata del 23 Maggio l$6i ATTI ACC. VOL. XVII. 7 . Così io finiva la mia opera (1) sulle malattie pa- ludali , tale è il lavoro che io presento al giudizio dei dotti, e per il quale imploro il loro compatimento e la loro indulgenza; io sento, quanto i miei talenti, le mie dottrine , le mie forze , sono al di sotto dei miei desi- dero, e della mia volontà, e bisogna ancora raccogliere dei fatti, e meditarvi, poiché la scienza sempre ritrosa ai suoi scrutatori, non ha detto la sua ultima parola so- pra questa materia. Una seconda edizione, se i dotti faranno buon viso alla prima, se raccoglieranno con qualche favore, se gli accorderanno il loro compatimento, potrà io credo miglio- rare il lavoro, purgandolo dalle imperfezioni, portandovi maggiori sviluppi, altre addizioni, nuovi perfezionamenti, aggiungendo delle osservazioni nuove, facendo delle ri- flessioni ad ogni osservazione particolare , ampliando i (1) Trattato Pratico sulle Malattie d’intossicazione Palustre fon- dato sulle osservazioni cliniche raccolte in Sicilia, v. 2° in 8° di 1020 pagine, Catania tipografia dell’ Ospizio di Beneficenza 1856 1858. — 50 — principii induttivi dedotti dai falli , e studiando princi- palmente meglio, le febbri polimorfe, le febbri remittenti, le febbri pseudo-continue, le febbri indeterminate, la ma- lattia palustre diatesica , le complicazioni delle malattie paludali, onde colmare le grandi lacune che restano an- cora; dappoiché è mio proposto di continuare i miei tra- vagli nella stessa direzione , esprimendo per il mio la- voro un concetto simile a quello di Henke; per tutto il tempo che la Provvidenza mi conserverà la vita , 1’ atti- vità dello spirito , e la salute , io continuerò a racco- gliere delle osservazioni, a fare delle meditazioni, onde condurre alla perfezione di cui è suscettibile il trattalo pratico sulle malattie d’intossicazione palustre. Fermo nei mio divisamenlo , dopo essere stala la mia opera accolla benignamente , e onorata dei giudizii favorevoli di Leudct, Puccinotti, Cipriani, Lanza, Lauro, Semmola, Denasca, Minà Morici, Longo, Bonaccorsi, Tor- nabene, Mercurio, Sofia, Basile, Garofalo, Brunetti, espor- rò in successive memorie tulli quei falli, e quei principii induttivi , che potrebbero concorrere al perfezionamento della patologia paludale, ed esporrò la storia delle malattie amiasmaliche , come complemenlaria di quella delle ma- lattie paludali, e così nel seno di questa stessa Accade- mia, ove la mia opera ebbe il primo principio, avere il suo perfezionamento, per quanto la mia pochezza il con- sente. SEBIE PBIMA FORME DELLA MALATTIA PALUSTRE FEDERILE Febbre ulo-emorragica Fi ancesco Bruno di Catania , abitante il quartiere del borgo, giovane di temperamento nervoso, respirando — 51 — 1 infeltuoso palustre per sopravedere i suoi affari , sof- iri^a il morbo che vado a descrivere. Al ventisei giugno del mille ottocento cinquantotto sul vespro, in mezzo alla migliore salute, improvviso era colto da freddo lungo , con faccia pallida , tinta livida delle labbra, pelle aggrinzala in carne di pollo, dolore tensivo alla regione lombare, polsi piccoli stretti profondi, milza gonfia ma non dolente; manifestavasi poi lo stadio di espansione, il calore dìffondeasi in tutto l’organismo si accresceva di mollo, la faccia diveniva rossa, l’occhio brillante , il polso grande , frequente , la sete molesta la cefalalgia forte. L espiessione morbosa rdevante che caratterizzava la piressia, e ne costituiva la significazione palognomo- nica , era una transudazione sanguigna da tutte te gen- give, che iniziandosi nello stadio del freddo, cresceva in quello del calore , diminuiva dopo la comparsa del su- dore, e terminava come si dileguava la febbre. Visitato l’infermo la mattina Irovavasi in calma, la pelle era madida, il polso ondoso, la febbre intermessa, T emorragia finita , la milza allo stato normale ; perchè ii ventre taceva da parecchi giorni, e la lingua mostra- vasi sordida , s indicava 1 olio di ricino che produceva varie defecazioni biliose. Il domani anticipando due ore, ricompariva l’accesso marcato di freddo più lungo, e sudore, costituito di feb- bre acuta, emorragia profusa dalle gengive, splenopalia ipe remica; si prescrivea la limonea idroclorica e un col- lutorio col percloruro di ferro; ma l’emorragia pervicace mostravasi a tali compensi terapici, e seguendo il corso del parosismo terminava con esso , venendo fuori oltre due libbre di sangue. Osservale tre accessioni successive, che ivano sem- preppiù in peggio , collegate ad una più profusa emor- — 52 — ragia, e alla splenoemia, non era piu da dubitare sulla diagnosi d’ una febbre perniciosa ulo-emorragica di ge- nesi raarosa , e si apprestava il bisolfalo di chinina alla dose di quaranta grani in otto tempi ad intervalli ap- prossimali; il prezioso rimedio avea conferenza, il futuro parosismo fu lieve, 1’ ulo-emorragia di picciola significa- zione, f iperemia splenica mite ; si continuava il chinino alla quantità di venti grani, la sua potenza specifica cu- rava la febbre , il tristo sintonia che f associava , e la splenopatia. S’ indicavano per profilassi del morbo dodici grani di bisolfato di chinina ogni sette dì per cinque seminane, il ferro Ouevenne ogni giorno, una cibaria analettica, un igiena severa; il paziente pauroso della recidiva eseguiva la medicazione a rigore, la febbre più non comparve. Il fatto clinico descritto è d’ interesse alla scienza. Esso fissa nella patologia paludate una specie nuova la febbre emorragica gengivale, o ulo-emorragica , non ri- ferita dai classici nè descritta nella mia opera; la genesi miasmatica della malattia, il suo corso parosislico legit- timo, 1’ essere guarita col chinino, rendeano certa la dia- gnosi di essere una delle forme acute dell’ intossicazione marosa. La febbre perniciosa ulo-emorragica potrebbe situarsi fra la rino-emorragica , e la bronco-emorragica, e fa salire ad undici la cifra delle specie perniciose emor- ragiche. Febbre Poliurica Al venticinque settembre del mille ottocento cinquan- tanove , tornava dalla palude pantano in Catania, Dome- nico Nicosia abitante al Fortino, il quale sul vespro pro- vava i seguenti disturbi ; brividi irregolari nel dorso , sbadigli, nausee, febbre calorosa, sete eccessiva, cefa- lalgia^ bisogno incessante di andare al piscio, splenoemia. — 53 — \ issandolo il domani, lo trovava senza febbre, e senza sollerenze ; ma essendo costipato da più giorni e per intemperanza avendo gravalo il ventre, si ministrò 'un las- sativo che operò mollo. Sul vespro anticipando di qualche ora, ricompariva 1 accessione, caratterizzala di freddo lungo, febbre pe- racuta , splenoemia , sete vivissima , cefalalgia molesta spossatezza di forze; costituiva il sintonia specifico della piressia, l’azione secernente cresciuta dei reni i anali segregavano una quantità esuberante di urina , e in do- dici ore della durala febbrile, l’infermo era chiamato al piscio ad intervalli brevissimi, e si eliminavano dodici tibhre di fluido, limpido chiaro simile all’acqua filtrala che il calore e V acido nitrico non alteravano e che non conteneva principio zuccherino, nò eccesso di albumina - a mezza notte miglioramento, sull’alba sudore generale’ e fine del parosismo. Veduti quattro accessi insieme all’ esperto pratico Ur. Domenico Arcidiacono , ed analizzandoli etiolomca- mente e sintomatologicamente , si considerava il morbo per febbre poliurica, o con secrezione abbondante di ui ine, e si ordinava il bisolfalo di chinina alla dose di cinquanta grani; il domani il parosismo tornava lieve la poliuria moderala; si continuava il chinino alla dose di trenta grani , la malattia disparve , la convalescenza fu rapida, la salute tornava perfetta; corso un mese recidi- vava della febbre medesima poliurica fugata, dalla medi- cazione clanica, dietrocchè non si riprodusse. t Una qualche importanza nosologica, presenta il fatto clinico descritto, poiché la febbre perniciosa poliurica non era stata osservata finora ; esso costituisce nella scienza una specie nuova , che si comprende nel genere delle ipereriniche, e fìssa un’altra forma dell’intossicazione pa- lustre acuta. 1 Febbre Glicosurica Nel mio viaggio medico in Fioridia del venti set- tembre mille ottocento sessantuno, per dare i miei consigli nella mortale malattia del signor D. Santo Mazzarelli , r egregio Dr. D. Salvatore Pennone enarravano un’ os- servazione di febbre che io classificava per glicosurica che vado a descrivere secondo la sua relazione. Francesco Alderuccio di Fioridia di anni 58, di co- stituzione media, di mestiere colono , dopo essersi pro- fondamente impressionato dal miasma in una regione pa- lustre il sette agosto del mille ottocento cinquantaquattro, ammalava di febbre che invadeva con orripilazioni e con- trazioni muscolari da fare sbalzare il paziente dal letto, che mise in pensiere i congiunti. Chiamato il Dr. Pennone sollecitamente, i fenomeni di nervosismo si erano dileguali, ma esisteva febbre ca- lorosa , sete , cefalalgia , il fenomeno morboso rilevante che caratterizzava la febbre in tutto il suo corso , era la urina copiosa e il suo sapore dolce; la sera la febbre cadeva con sudore e da quel tempo in poi il diabete ce- deva e le urine si mostravano poche, laterizie, leggier- mente sedimentose. Il domani all’ ora medesima invadeva la febbre pre- corsa di freddo e caratterizzata dalla significazione dia- betica; la urina era piu copiosa, e più dolce che nel pri- mo parosismo, continuava per tutto lo stadio del calore, chiamando al piscio 1’ egroto a brevi intervalli c termi- nava come appariva il sudore , durante il quale diveniva poca laterizia leggiermente sedimentosa. Osservate sette accessioni costituite sempre dalla stes- sa fenomenia patologica, che presentava ad ogni accesso nuovo una significazione diabetica maggiore e per la quau- — 55 — e 'vedendo J;! <,0[C('zza. (Iel1? urìn(b e una seie più intensa, sifìeava h m- 1 ir l)° '° Far,°,di a,nni 6°’ a femPerarnen!o ner- i° ’ .r , pC'° dcl P0(lagrismo e della litiasi era * vagliato spesso di dilficile emissione di urine Dimo rendo nell’autunno del 1839 in una resone insalubre tèva'd1’ f !"lamcnl° ,le '‘"pressioni effluvfche, e si affet- tava d. febbre di cui eccone la storia. mezzodì era preso da freddo intenso noi si rTvam T fcbb,'C CalOT0Sa 51 cld fenomeno morboso elio ,T!taTa ,°,ra la isc"ria completa doloro? zle rfefie "■ , ™ d 1,1,0 slimol° continuo all’ escre- zione delle urine che per ore dodici non si avverava • nì, 'mi a"" SangUÌSP° puhiano-morroidale , si prati! rio . la Si ’• f dava un lassativo ma senza vanlag- profuso e l’I ,nlCrmel'CTa dopo dooir agosto del milleotloeeulosessanla. dopo essersi esposto venti giorni ai o impressioni limnemiche ei so- pra\ vedere i suoi affari rurali . interinava del mordo di cui eceone il racconto. Sui mezzodì precorso un freddo di breve durata soffriva una febbre social o a eetalalgia. calore, sete, sapore sgradevole, senso di debolezza ge- nerale. Ma la fenomeni» di alta importanza che primeggiava in tutta la significazione morbosa, era la mancanza della visione, e la mancanza della voce: a misura che il treddo esordiva, la funzione oculare e la lunazione s iniiev olivano un poco . e di tal grado duravano in quel periodo di concentrazione: veniva lo stadio dell espansione . divam- pava la febbre . e la visione e la fonazione più a più indebolendosi . mancavano completamente, e Y egroto nel fervore del parosismo era cieco ed afono ^stessamente. S indicava un vomitorio, e un vescicatorio al brac- cio. che non immegliarono lo stato morboso. La sera e la notte continuazione della stessa espressione morbosa, sul mattino succedeva il sudore generale, la febbre ces- sava e la visione e la fonazione tornavano allo stato nor- male. Sul mezzodì anticipando d un ora ricompariva l ac- cesso costituito da freddo lungo, da febbre peracuta. e della cecità e dell' afonia: si prescrive» la polvere di Ja- mes e il calomelano. La malattia correva la stessa pa- rabola e finiva con sudore profuso. Dall osservazione del latto veniva al palese trattarsi di una febbre perniciosa biforme amaurotica-afonica e *1 ordinava il chinino alla dose di sessanta grani: 1 accesso nuovo fu lieve, la visione e la voce S intievolirono sola- mente: si continuava il chinino, la malattia terminava. — 77 — m,,, Ael m'° vlaSS'° medico in Piazza dell’agosto del j- - »»»»«*..«■ dice . f i , Luc'° ,(jrcscimani10. il I»''. Giacinto lo Giu- ciose l if “ Un OS.Servaz,one siniile di febbre perni- c ose l, dorme amaurolica-afonica per impressione eli urica che guariva coi preparati di chinina. fra l/ ,5. eSpOSlÌ,-SOn° sommamente da pregiare, poiché stL L ino l, f |l| !n!e °n"e del1’ int0xia Palnslre co- scri h n I ' 'm° amaui'ol‘ca-afonica non de- feci iita nei limi della scienza. Febbre benigna semplice a primo perniciosa apoplettica a secondo l infermo. parosismo , febbre accesso morie del - abilantnlr° A!',liZZ0!'Pl 1a e aspettando un auro parosismo che potrebbe essere fatale. Seme di “ mmione'è Sdra!bbn pa'USlrÌ Per"iciosissin>e la tempo- Febbre larvata cefalalgica pseudo-continua "T? |M0U,a .,a tr1e"la.cinque anni, di salute guasta abitavi nel1 °(-lcl l8 *’> .^ulaata d’ una lattazione lunga , a Hata nel giardino di Fratei’ Angelo a S. Maria di Ge- navano6 inag°S!° ^ mill.eollocenloscssan!a , mentre domi- di cefel lodi6 rC‘ k-, 6 malallie effluviche- ^ molestava u cetalalgia sopraorbitale senza febbre, la quale fu me- amdgesid - S“doriferi » eoi revulsivi cogli SlVI; C°!'SÌ 'enticinque giorni fui richiesto dei miei con- . ® .’ da81' antecedenti rilevava che la cefalalgia fu in- «:*! per ,se!. f.iorni> cominciava alle ore quattordici ontinn V ,a. ’’ cresceva sino a,|e ore ventiquattro, continuava allo stesso grado sino alla mezza notte dii minuiva d, poi. e finiva pria di mettere l’alba, con liete o-incnn’ 6 d® qUfl° lemp° S,n° alle ore quattordici del H à fi« M n,re ! Sl!° or8an,sn,o riprendeva la funziona- ci,ll°8i'Ca; c,le d°P° sei di il corso parosistico della enic in' n ™T'iUenle Per (|ieci «ÌOrnii e da questa Z » ' |SegHUlirl C0,'S0 l’seudo-continuo; osservando o stato attuale dell egrola con attenzione, rilevava ebe . 0' e era continuo, ma alle ore quattordici significa- vasi un lieve e corto brividio , qualche sbadiglio , e il dolore sopraorbitale cresceva; al vespro s’ inacerbiva mol- to, die f carola ne menava smanie, ed era assalila ora dalla convulsione, ora dal deliquio , ora da sincope , di la! grado seguiva sino alla mezza notte , poi diminuiva quella acuzie rilevante , ma sempre continua di grado medio durava sino alle ore quattordici del di appresso, tempo d’invasione del nuovo parosismo. Dai segni semeologici caratteristici , era portalo al concetto di una febbre larvata pseudo-continua , cefalal- gica sopraorbilale colidiana , di causa miasmatica, forse per le putrefazioni vegetali di un giardino sempre irri- galo, e per le esalazioni di due slagnoni di acqua, che non si pulizzavano, oltre la costituzione medica dominante di malattie periodiche, e s’ indicavano trenta grani di bi- solfalo di chinina, da usarsi dopo la mezzanotte, tempo in che la monlanza del dolore cessava. Il farmaco ebbe tolleranza , il domani il parosismo ricomparve dello stesso grado c colla stessa forma , e si davano altri quaranta grani di chinino, che fu profit- tevole. Il nuovo accesso fu mite , il suo corso accorcialo , a mezza notte rimetteva con poco sudore; usavansi cin- quanta grani di chinino, che faceva un assai migliore ef- fetto; il parosismo ricompariva postergato sul vespro, e sulla mezza notte finiva ; si amministravano altri trenta grani dello specifico, f accesso mancava; ricompariva tre volte in due mesi , sotto forma di febbre larvata inter- mittente benigna , che guariva colf arseniato di chinina. Il ferro Quevenne, il vino di quinio , V alimentazione suc- culenta, ì’ aere campestre etneo , ricostituivano un orga- nismo cotanto infralito, e melteano termine alla recidività. Le febbri larvale pseudo-continue , o meglio conti- nue, sono state per la prima volta costituite nella scienza nel mio trattalo pratico , ed ivi io ne deserivea tre os- — 87 - sensazioni; ho creduto utile quindi a chiarire tali febbri insidiose, ed oscure, a fissare la specie nosologica sopra una solida base, di scrivere quest’ altra osservazione clinica. Il fatto di Rosaria Motta, dee tenersi in gran pre- gio, perchè dà un bellissimo esempio di una febbre lar- vata , clic nei suoi primi accessi segui il tipo intermit- tente, che vestiva poi il tipo remittente, e che non usan- do il chinino sotto l’influenza d’una medicazione non giu- sta, si trasformava in febbre larvata pseudo-continua, la quale ancorché trascurata per venticinque giorni si dile- guava prodigiosamente collo specifico. L’ arte curativa si vantaggia di questo fallo, e la patologia palustre diviene più positiva in tali forme oscure dell’ intossicazione mia- smatica. Febbre larvala cardialgìca quintana remittente , trascu- rata per sette mesi area ischeletrita l’inferma, hi - solfato di chinina guarigione. Maria Fichcra Grasso di Giarre, sul trentesimo an- no, a temperamento nervoso, di costituzione forte , fre- quentando regioni di atmosfera cattiva nei primi giorni di luglio , nel settembre del 1858 , si affettava di car- dialgia che ostinata ad ogni medicazione la tribolava da sette mesi , minando la sua costituzione , e riducendola al marasmo. Osservata da varii pratici, e medici e chirurgi, fuvvi chi la diagnosticò per nevrosi, chi per gastrite, chi per nosorgania dello stomaco , caratterizzata dell’ eterolopia trofica, chi per nosorgania dell’utero, costituita dell’ ete- romorfia trofica. Affidata alla mia cura in Catania, e a quella del Pro- fessore Rcina il quindici aprile del milleoltocentocinquan- ATTI ACC. VOL. XVII. — 88 - lanove, escluso il timore d’ una lesione di orditura, la os- servammo con diligente attenzione più giorni , ed ecco la espressione fenomenica della malattia . La gastralgia si mostrava di doppia guisa, esisteva un dolore allo stomaco lieve, ma continuo, ricorreva un dolore allo stomaco intensissimo ogni cinque giorni, senza precedenza di freddo, che si sociava a nausea, qualche volta a vomito, che faceva smaniare l’cgrola, che susci» fava sovente un breve deliquio, che durava trentasei ore, e rimetteva senza sudore lasciando un dolore lieve con- tinuo. La milza e il fegato erano nello stalo normale ; ma il pallore del dermc, il rilasciamento delle forme, la prostrazione delle forze, la floscezza (ielle carni, rimma- grimento , mostravano l’ attacco profondo delle funzioni plastiche c delle nervose. Osservali due parosismi quinlani di tale significazio- ne morbosa , persuasi dalla storia degli antecedenti che l’andamento della infermità era stalo sempre di tal modo, ed esclusa 1’ esistenza di una qualunque nosorgania, si classificava la malattia per febbre larvala gastralgica quin- tana remittente, c si prescriveano venti grani di bisolfato di chinina in quattro cartolo, scegliendo i tempi di remis- sione, che ebbe tolleranza completa ; il domani ne indi- cammo altri venti grani; il paro sismo ricorreva assai mo- derato e durava ventiquattrore ; si amministravano altri venti grani del potentissimo specifico, la malattia termi- nava ; otto giorni si usarono sei grani di chinino ogni mattina, poi se ne davano dieci grani ogni settimana per due mesi ; la gastralgia a periodo terzano intermittente ricomparve una sola volta, per una forte impressione mo- rale, e si fugava prontamente coll’ eroico farmaco; a pre- venire la recidività , a medicare l’ attacco dell impasto organato, c principalmente del sangue, e del sistema ner- voso, indicavasi 1’ arseniato di chinina ogni settimana, il — 89 — perdo ruro di ferro e il quinium ogni giorno, un’alimen- tazione tonica e stimolante , un vino aìcoolico, 1’ equita- zione, l’aere salubre del Comunello Milo, alto tre mila piedi sul mare. L’ egrota immcgliava ma lentamente, le funzioni pla- stiche e le nervose si esercitavano con una qualche atti- vità , e vivificavano gradatamente un organismo affralito cotanto; poco appresso concepiva felicemente, vedea svi- luppare regolarmente le fasi della sua gravidanza, e par- toriva un figlio maschio sano. La osservazione descritta presenta un esempio delle febbri larvate di lungo corso, che degradano profonda- mente 1’ organismo , e che prodigiosamente guariscono ; poiché fa conoscere che una gastralgia inveterata di sette mesi, che più pratici la giudicarono sintonia di una no- sorgania, guariva col chinino in tre giorni ; il disturbo adunque che costituiva il fondo del morbo restava sem- pre nei confini d’una sofferenza dinamica dipendente del- l’intossicazione effluvica, ma non vi era veruna nosorgania. La mancanza della splenopatia, della significazione emorragica, della idropica, della febbrile, e della caches- sia, ci fa inclinare al concetto che la diatesi che sostiene la recidività della malattia palustre afebbrile e diversa forse per qualche carattere di quella che sostiene la febbrile. Finalmente il fatto narrato ci fa. rilevare che un lun- go periodo di covazione di tre mesi separava il mo- mento dell’ introduzione del miasma nell’ organismo, da quello in cui apparivano i suoi effetti morbosi. Febbre larvata ìnetralgica Antonina Augusta giovane di ventisei anni , a tem- peramento nervoso, tribolata soventi da nevrosismo acuto e cronico, nell’agosto del milleotlocenlocinquantanove re- — 90 — spirava più giorni il miasma limnico, e si affettava di ma- lattia paludale afebbrile. Nelle ore meridiane infreddava lievemente per due quarti d’ora, poi s’incaloriva, e senza reazione febbrile si affliggeva di dolore acuto all’ utero, che s’inacutiva sul vespro, smisurava sull’ asserare , e dopo ore otto finiva con sudore. Il dì seguente all’ora medesima si manifestava il pa- rosismo caratterizzalo da freddo mite, dolore acutissimo all’ utero, che durava ore otto percorrendo le solile fasi, poi ricompariva il sudore seguito dalla tranquillità di salute. Vedute quattro accessioni ostinale a molti rimedii , i caratteri diagnostici sintomatici ed eliologici faceano con- siderare il morbo per febbre larvata metralgica intermit- tente cotidiana , e si prescriveano trenta grani di bisol- fato di chinina; il parosismo ricompariva mite, si conti- nuava lo specifico a dose decrescente, l’accesso mancava, f inferma entrava in convalescenza e guariva. Una istoria clinica simile di febbre larvata metral- gica intermittente cotidiana caratterizzata di freddo e su- dore, venula da impressione eflluvica soffriva la Baronessa Aloisia Vigo di Agosla, la quale durava quattordici giorni, diveniva perniciosa da minacciarle la vita, e guariva col solfalo di chinina. Una febbre larvata metralgica pure osservavano il Prof, licina e il Dr. Russo in Catania nell’aprile del mil- leollocentosessanluno, che guariva col solfalo di chinina. La febbre larvala metralgica è nuova nella scienza; essa non è stata finora descritta nei libri clinici , nè nel mio trattalo sulle malattie miasmatiche. Questi tre fatti sono interessanti perchè costituiscono nella patologia lim- nemica una specie di più la febbre larvala intermittente metralgica, e sono una guida pratica sicura uel calle spi- — 91 — doso della clinica delle malattie d’impaludazione, onde fare la vera diagnosi e la giusta medicazione. Febbre larvala vertiginosa Salvatore Fazio di Catania, lasciava il mestiere di giardiniere , e si portava con i suoi due figli a coltivar delle biade al Pantano, palude tipo in Sicilia, esalante un miasma palustre anche tipo ; tutti e tre al venire della stagione insalubre s’ impregnavano di miasma, soffrivano intossicazione effluvica, che pria si manifestò colle for me acute febbrili intermittenti, remittenti, pseudo-continue e poscm colla diatesi palustre, c con una lunga sequela di febbri recidive. 1 Salvatore di quarantanove anni, a temperamento ner- voso, di costituzione vigorosa, nella successione delle ri- cadie ne pativa una singolarissima di cui eccone la si- gnihcazione fenomenale. Corso un mese clic non soffriva febbre recidiva sul vespro del dieci giugno del milleollocenlocinquantanove senza precedenza di freddo era preso da confusione alla testa, pò, da capogiro, in prosieguo di vertigine, da cor- rere pericolo d, cadere a terra; collegavansi a tali disturbi lisonomia accesa, occhi leggiermente iperemizzati; correva questa fasi morbosa sino alle ore tre della notte e finiva. Dopo due giorni di salute ricompariva 1’ accesso al- 1 ora medesima colla stessa fenomenia cerebrale di cano giro, di vertigine, di accensione alla faccia, e agli occhi e terminava a quell’ora stessa notturna. Veduti quattro parosismi successivi traeva il giudizio la malattia essere una larvala vertiginosa quartana, dipen- dente dalla diatesi palustre , e prescrivea venti grani di solfalo di chinina. L accesso ricompariva lieve , la vertigine si ridu- cea ad un mite capogiro, si ministravano altri trenta grani dello specifico, non ebbe altro accesso. Febbre larvala adinamica Diego Meli di Bronte, guardiano nel feudo di Car- nuto, del Cavaliere signor Giovannino Carcaci, travagliato spesso di febbri limnemiche, e forse affetto di diatesi pa- lustre, come lo mostrava una splenopalia lieve, e il pal- lore del derme, nel luglio del 1839 reduce da quel cen- tro d’ impaludazioni numerose si travagliava del morbo che vado a descrivere. Corso un mese dopo la febbre recidiva sofferta, era- no dieci giorni che sul mezzodì veniva aggredito di fu- gace brividio, per venti minuti , poscia significavasi una impotenza a camminare, una debolezza somma di forze, che era obbligato di stare a letto in altitudine supina ; i polsi senza manifestare febbre erano lenti esilissimi fug- genti die ad una pressione mite svanivano, la pelle era senza calore, le azioni dei sensi prostrate, la mente ot- tusa; tale espressione morbosa cresceva verso sera, du- rava la intera notte, terminava sul mattino; e Y infermo dal mattino sino al mezzodì , mostrava le forze normali della salute. Osservata tre giorni tale espressione periodica , e 1’ avvicendamento fra la potenza vitale normale nel mat- tino, e il suo annientamento dal mezzodì sino al nuovo giorno, espressione morbosa ostinata alle medicazioni ec- citanti, si giudicava la malattia per febbre larvata adina- mica di fondo palustre, e si prescriveano trenta grani di bisolfato di chinina. La significazione adinamica del parosismo avvenire fu lieve , c di minore durata ; si ordinavano altri trenta grani di bisolfato di chinina, la malattia si dileguava. Si usavano per metodo preservativo dodici crani di isollato di chinina ogni selle giorni, dopo due mesi ri- compariva la recidiva della febbre benigna, in seguilo non ebbe più ricadie. 5 INel magnifico movimento scientifico dell’epoca no- sjia , trattare a tondo e d’ un modo completo lutto ciò eie concerne la intossia paludate, è un proposto di som- ma importanza. 11 campo clinico delle malattie effluvi- ciic non è stato percorso ancora a sufficienza, F osserva- zione la condizione fondamentale della nostra scienza dif- ilato ci fornisce sempre fatti nuovi , e la nosologia pa- usare diviene più estesa. La febbre larvata vertiginosa e la lebbre larvata adinamica non erano ancora descritte nei libri dell arte jalrica , e il positivismo clinico non avea ancora fìssalo che la malaria questa grande inco- gnita della patologia marosa melica pure genesi a tali forme sintomatiche . I nostri falli pratici quindi rappresentano o meglio costituiscono un altra pietra di base, sulla quale si le- verà un giorno la teorica completa delle malattie limni- chc. La febbre larvata adinamica viene compresa nella prima serie delle febbri larvate nevrosiche, seconda cate- goria, febbri larvate con alterazione della motilità, e la lebbre larvata vertiginosa nella terza categoria delle feb- bn larvate con alterazione dell’intelligenza del mio trat- talo pratico sulle malattie d' intossicazione palustre. Febbre larvala pseudo -continua adinamica è Francesco Puglisi di anni quarantacinque, di costi- tuzione debole, impressionabilissimo all’azione del miasma vegetale, clic al milleollocentocinquanlasetle in dicembre dormendo due notti al pantano di Lenlini si affettava di — 94 — intossia significata di una febbre perniciosa tifoidea (1) dimorava in Scordia dal primo sino al giorno venticinque giugno del milleoltocenlosessanta, colla moglie e cinque figli, dell’età di quattro a sedici anni, e due giorni pria di lasciare quel paese egli solo sentivasi male della per- sona, senza appetito, lasso, di morale assai tristo. Al vcntisei giugno tornava in Catania, stava meglio in salute, ma il giorno venlolto veniva assalito dal poda- grismo, che lo tribolava otto giorni, e in questo tempo si riprodussero i fenomeni di astenia vitale che lo afflig- gevano in Scordia. Finiva il mal di gotta il sei luglio, ma i fenomeni morbosi astenici continuavano sempre, anzi crcsceano sino al giorno tredici, quando richiedea i mici consigli. Pi •imo giorno di osservazione, tredici luglio a ven- tiquattrore ; colore giallo-paglia della pelle e principal- mente della faccia, locomotililà , difficile, senso di rut- tura degli arti pandicolazioni fisonomia languida, prostra- zione delle forze, apatia, indifferenza a tutto, polsi pic- coli, infimi, debolissimi, afebbrili, che significavano l’i- postenia del sistema vascolare, languore delle funzioni pla- stiche, enfiamento addominale durante i lavorii della chi- mo-chilosi , debolezza profonda nell’ esercizio di tutte le funzioni; tale stalo morboso per quanto ne riferiva l’e- grolo era continuo in tulle le ore del giorno e della notte senza alcuna lacuna fra i sintomi che Io costituivano. Secondo giorno di osservazione quattordici luglio , alle ore tredici; pallore caratteristico della faccia, linea- menti rilasciali , occhi pallidi , sonno non soddisfacente , milza lievemente ipcremizzata, fegato allo stato normale, (1) Vedi Trattato Pratico suite Malattie d'intossicazione palustre fondate sulle osservazioni cliniche raccolte in Sicilia del Dr. Giu- seppe Antonio Galvagni v. 1, pag. IGF — 93 — lorzc annientale come i! giorno antecedente ; polso pic- colo, frequente, ma meno frequente della sera, pelle fre- sca da potersi asserire chela malattia era senza febbre, anzi la vita circolatoria e la sua funzionalità, si trovava affralita, sete normale, lingua colle condizioni dello sfato iisiologico. lenendo conto che la malattia cominciava , dopo 1 azione impressiva dell’elemento nosogenico-paluslre, come a voler lare una medicazione eliologica , attaccando la malattia nella sua causa, e seguendo il metodo sintetico, che considera lutti gli accidenti d’ una malattia come for- manti una sola entità morbosa, a cui si dirige una me- dicazione specifica, si prescrivea il bisolfalo di chinina sul mattino alla dose di dodici grani in due carlole, che portò forti rumori alle orecchie ma ebbe tolleranza*. Dopo r uso dello specifico 1’ espansione addominale scemava, le forze s’invigorivano, gli alti della locomoti- lita erano franchi, I’ apatia menomava, le pandicolazioni ricomparivano lievi ; alle ore ventidue si significava un sudore copioso, e l’espressione delle forze vitali imme- gliava. II chinino avea maggiore conferenza , la reazione organica aumentava, il pallore diminuiva, il polso lasciava di essere infimo e si mostrava reazionario, la espansione gastrica riduceasi di picciolo grado. Si classificava l’ affezione per una febbre larvala pseudo-continua adinamica, o meglio per una inlossia pa- lustre senza febbre, senza localizzazioni rilevanti , eccetto una iperemia fienosa lieve , circoscritta alla parte supe- riore dell’organo, inlossia, costituita dall’alterazione pri- mitiva del sangue, manifestata dal pallore cutaneo carat- teristico, dall’ astenia del sistema nervoso cerebro-midollo ganglionare, della prostrazione delle forze e della cireo- lazione. ATTI àCC. VOL. XVII. 13 — 96 — Terzo giorno di osservazione quindici luglio sul umilino ; continuazione del miglioramento , s’ indicavano dodici grani di bisolfalo di chinina che induceva una di- minuzionc in tulli i sintomi superstiti. Quarto giorno di osservazione, sedici luglio di mat- tina , l’ infermo omette di usare i dodici grani di bisol- falo prescritto, e ne usa quattro; sul vespro ricomparsa dei fenomeni adinamici d’ un grado lieve che dura ore sci. Quinto giorno di osservazione , diciaselle luglio si prescrivono venti grani di bisolfalo di chinina l’ infermo si rimellca alla sua miglioria abituale. Sesto settimo ottavo giorno , diciolto , diciannove , venti luglio; si reiterano i venti grani di bisolfalo di chinina, rinfermo guarisce; ma restavano più significazioni della diatesi palustre per cui si ordinava il quinio e il ferro ridotto daH’idrogene. Corso un mese, tempo in che rinfermo era mollo ri- costituito nel suo organismo, soffriva una seconda recidiva c? 7 costituita dalla sola prostrazione delle forze, da signifi- care sempre una febbre larvata adiuamica-psetido-conlinua si davano venti grani di bisolfalo di chinina e il domani altri dieci , la recidiva avea fine. Passate due ore si riproducca la stessa malattia , colla medesima forma fenomenale di febbre larvala adi- namica pseudo-continua, senza segni di parosismo, c gua- riva colla stessa medicazione specifica ; conlinuavansi i tonici ricostituenti, la recidività terminava, i vestigli della diatesi palustre si dileguavano , f infermo riprendeva la sua vegetazione fisiologica , e f espressione funzionale e vitale della salute perfetta. Febbre larvata pseudo-contiiiua-adinamica Antonino Macrì di quarantacinque anni, a tempera- mento nervoso, di costituzione debole, dimorava dal giu- — 97 — g'no al scltcmbrc del milleottocentocinquantanove in una regione sotto l’impero dell’intossia palustre, e presentava la seguente espressione morbosa. Pallidezza della pelle , debolezza del sistema loco- motore, inerzia del sistema nervoso, apatia, mente ottusa, polsi vuoti, piccoli, lenti, afebbrili. Tale significazione osservala tre giorni successivi mostrava un uniforme continuità nel suo andamento, senza freddo, senza sudore, senza accessione legittima, senza caratteri di periodiselo. Si usava un lassativo ad eliminare l’imbarazzo inte- stinale e il tartaro stibiato come perturbatore, ma senza vantaggio. bissando il concetto clinico all’ elemento noso^enico paludismo, da cui la malattia originava , e volendo fare una medicazione eliologica, si prescriveano venti grani di bisolfalo di elimina nel mattino in quattro tempi, i quali ebbero tolleranza c una qualche conferenza ; poiché la pallidezza del dorme e l’ astenia nervosa generale che erano i fenomeni fondamentali costituenti la sintomatologia mostravano una diminuzione apprezzabile. Incoraggialo dall Girello favorevole, rinvigorivasi la terapia specifica indicando il domani altri venti grani di bisolfalo di chinina che mostrò uguale tolleranza e mag- giore conferenza nel diminuire più grandemente il pallore cutaneo e la prostrazione generale. L infermo vedendosi così migliorato si negava il terzo giorno ad usare il bisolfalo di chinina ; ma verso sera i fenomeni morbosi ripresero una manifestazione ri- levante. Il quarto di si usavano venti grani di chinina e i lenomcni astenici, e il pallore dermico diminuivano. Si continuava il chinino ogni mattina alla quantità di quindici grani per otto giorni successivi, 1’ egroto più a più migliorando guariva completamente. 11 quinio, il ferro, usali per due seminane, invigo- rivano un organismo prostralo nelle forze plastico-nervose, la recidivila manifestassi due volle assumendo la forma di febbre intermittente benigna legittima, i piccioli segni della dialesi palustre si dileguavano in Ire mesi. La meditazione di questi due interessanti falli clinici ci fa rilevare che una febbre larvala pseudo-continua-adi- namica, guarisce sotto 1’ uso del bisolfalo di chinina. Gli effetti felici del farmaco si rilevavano rapidamente; l’in- fermo prendeva dodici grani di bisolfalo di chinina nel primo caso e venti nel secondo, c provava gli effetti pro- digiosi del rimedio specifico ; le forze si sollevavano le pandicolazioni diminuivano, il pallore scemava. 11 chinino adunque guarisce la malattia paludale at- taccando il fondo morboso continuo inlossia , e non la forma o il tipo periodico, poiché nei due falli descritti, non vi era febbre , non vi era parosismo ; l’ inlossia si manifestava colla forma continua adinamica di lutti gli organi, col pallore profondo senza freddo, senza sudore, senza i caratteri di parosismo. Questi due falli sono importanti alla scienza , utilis- simi all’arte pratica, il cui scopo principale è di guarire la malattia. L’ intermittenza da lungo tempo considerata come il prototipo e come la grande manifestazione della intossicazione palustre, principalmente nelle latitudini noe- tiche, fu seguita da una seconda epoca ove si conobbe che la remittenza e la continuità febbrile poteano essere pure significazioni dell’ inlossia medesima e guarire col chinino; una terza epoca segnalatissima cominciano a se- gnare i falli clinici esposti nella quale l’ intossicazione palustre recente clic significavasi sotto le forme di febbre larvata pseudo-continua a seguire il linguaggio adottalo — 99' — nella scienza o meglio colla forma continua afebbrile del - 1 alterazione del sangue e del sistema nervoso guariva col solfalo di chinina. I dati semeologici che fornisce la eliologia nelle immagini morbose di cui si tratta sono di sommo valore alla conoscenza del morbo, fanno formulare la positiva diagnosi , e la terapia che prodigiosamente guarisce la malattia. Febbre larvata epilettica indeterminata atipica Pietro Monaco adulto di anni quaranta, di costitu- zione debole , gran ghiotto di vino , giammai affetto di nevrosismo ne di epilessia , soffriva i seguenti disturbi. Al venti gennaio del milleollocentocinquanlanove si portava a primo sole per acconciare un casameulo logorato dal tempo accerchialo di acque palustri. Corsa una settima- na in quella dimora insalubre, sulla mezzanotte veniva as- salito di accessi epilettici caratterizzati di convulsioni , spuma alla bocca , perdita completa dell’ intelligenza che continuarono sino a levala di sole. Passali quattro giorni soffriva un parosismo costituito di stupidità, senza convulsioni; dominato dall’idea di cre- dersi pazzo si graffiava la faccia e la testa, e il domani mostrava rigidità a lutto il sistema muscolare, poi con- vulsioni, in seguilo parosismo epilettico legittimo. Dopo un mese veniva tribolato di un accesso epi- lettico senza precedenza di stupidità, che significavasi al piede sinistro coll’ aura nervosa , che saliva sullo stesso lato al hi accio, e al collo, ove palesavansi dolori e con- vulsioni; in seguito ascendeva al capo, e induceva il com- pleto parosismo epilettico; passati nove giorni ricompariva il quarto accesso ad un’ ora di notte preceduta dall’ aura solila che ascendeva dal piede sinistro e durava tre ore. — 100 — Sino a questo tempo lo nssistivano altri medici i quali consideravano la malattia come una nevrosi epilet- tica continua e Io medicarono cogli antispasmodici. Poscia visitava io I’ euro lo e dalla osservazione ac- curata di quattro giorni giudicava trattarsi di una febbre larvata epilettica terzana, clic invadeva a mezzanotte, e terminava a mezzodì ; gli antecedenti della malattia , la sua genesi palustre, T ostinatezza a lauti compensi tera- pici, la mancanza dell’ eredità epilettica, mi confermavano nel mio criterio, e indicava il bisol fato di chinina alla dose di sessanta grani, il quale ebbe conferenza perchè fugò il parosismo , si continuava più giorni il rimedio, 1’ in- fermo guariva. Recidivava della stessa febbre la vaia epilettica dopo tredici giorni, c poi dopo un mese, guariva collo stesso specifico senza altre comparse morbose. Fra le numerose felibri larvale riportate dagli scrit- tori specialisti, fra quelle descritte nella mia opera, man- cava la storia della febbre larvata epilettica di fondo spe- cifico; il fatto descritto c così completo , che mi deter- mina a fissare nella nosologia palustre una nuova specie, la febbre larvala epilettica , che potrebbe allogarsi nella quarta categoria delle febbri larvale, nelle febbri larvate complesse o con alterazione di più funzioni nervose fra la febbre larvata catalettica c la febbre larvata isterica. Febbre larvala nevralgica sopr aorbitale, complicata coli oftalmite sifilitica N. R. Giovane di venticinque anni, di temperamento sanguigno, maravigliosamente involto nelle cose veneree, e magagnato più volte di ulcere silìlliche .senza usare la medicazione specifica , mostrava chiara la sifilide costili!- — 101 _ rionale , la quale presentava una localizzazione evidente 1 olLalmite cronica specifica. In ottobre del niHleottocentocinquanlollo dimorava piu giorni m una campagna con impanazioni e salura- vasi di miasma. Al ritorno in città sotto l’ influenza oc- casionale di un freddo serotino , si molestava di dolore acuto al sopraciglm sinistro , clic cominciava a mezzodì piecorso di Ireddo, cresceva la sera c la notte, si dile- guava sull alba; sotto la influenza di tale nevralgia l’ of- tabnile cronica s’inacutiva, l’occhio vedeasi piif conge- stionalo, lagrimoso, dolente, e la visione si mostrava ab- bastanza turbala, diguisacbè nei primi momenti del mor- bo, il concetto clinico era dubbio ancora se la nevralgia sopraorbiiale era sintomatica o indipendente della llot*osi specifica. 53 Tenendo conto di tulle le più minute circostanze, del andamento parosistico del dolore sopraorbitale, dcl- I essere precorso da freddo, dello sciogliersi con sudore, della sua genesi miasmatica, e che il dolore intermetteva completamente per dieci ore, e in quel tempo l’occhio mostrava diminuita , l’ iperemia sanguigna , e facendone con esalto rigore 1 analisi, si diagnosticava per una feb- bre larvata cefalalgica sopraorbiiale intermittente, di ori- gine palustre, complicata coll’ oflalmile cronica sifilitica e senza temporizzare, indicatasi il solfato di chinina alia ose (ii trenta grani ; il parosismo avvenire fu lieve il dolore moderato, la congestione sanguigna mitissima; con- tinuatasi il farmaco, la nevralgia intermittente si dilegua- va, la oliamole si rimise allo sialo di cronicità. Asse- dici aprile del milleollocenlocinquantaiiove il Professore lieina raccoglieva quattro osservazioni simili nello spedale di o. i'Jni lei clic per brevità qui tralascio. Il l'atto clinico descritto e quelli del Reina analoghi ci prestano un esempio istruttivo della fusione della dia- — 102 — lesi sifilitica, e dell’intossia palustre, che davano per Loro prodotto la oflalmite cronica, e la nevralgia sopraorbitale, che nella loro coesistenza si avvalorano nei loro prodotti morbosi. Essi sono falli preziosi per la clinica delle ma- lattie paludati, perchè Gnoggi non descritti dai monografi, e possono essere utili ad avviare il clinico alla giusta diagnosi nelle malattie miasmatiche complicate, e ad ap- prestare E indicalo rimedio che induce la guarigione ra- pidamente; dapoichè la condizione finale della scienza me- dica è la cura delle malattie, e rendere 1’ arte medica positiva c utilissima, è lo scopo a cui debbono mirare gli sludii d’ un medico pratico. Febbre larvata cefalalgica pseudo-continua La signora Fortunata de Luca Bertuccio, a tempe- ramento nervoso, di costituzione media, nell’ ottobre del milleoltocentocinquantotlo richiedeva i miei consigli sopra una sua malattia annosa, di cui cccone la fisonomia sin- tomatica. Tribolavasi di una cefalalgia molesta, la quale nelle ore vespertine dopo un fugace brividio lungo le reni , cresceva improvviso di un modo parosistico ; all’ imbru- nire del giorno diveniva veemente, nella notte acquistava delle proporzioni formidabili , e saliva al suo apogeo , sull’alba diminuiva dietro un leggiero sudore , ma non si dileguava interamente, poiché restava sempre un dolore lieve continuo che s’inacutiva d’una guisa eccezionale nelle ore del vespro, e correva la stessa parabola senza febbre veruna. Dalla storia del passato si rilevava che la egrola al milleotlocenloquaranladue e al milleollocenloquaranlatrc dimorava a Teramo in Calabria paese insalubre , c cola insieme ai suoi congiunti pativa la febbre intermittente — m — benigna legittima d’ intossia palustre, collegala a cefalal- gia lorle , che si fugava col chinino ; dal milleottocento quarantotto al milleollocenlocinquanlatro si molestava di cefalalgia intermittente la quale fu medicata inutilmente con numerosi farmaci senza usare il chinino ; dal mille- otlocenlocinquanlaquallro al milleoltocentocinquanlacinque dimorando in Trapani la cefalalgia afebbrile assumeva il tipo remittente e fu medicata di tutti i modi ma senza chinino. Dal milleoltocentocinquanlacinque al milleolto- cenlocinquanlaselle, stando in Messina, la cefalalgia dopo avere duralo un anno col tipo remittente indossava il tipo pseudo-continuo, c si mostrava pure ostinala ad ogni ar- gomento di medicina ma neppure s’ indicava il chinino , la celala lgia durava cosi nove anni, senza sociarsi a feb- bre giammai, refrattaria a lutti i compensi terapici usali. Intanto l’organismo della paziente era deteriorato abbastanza; la digestione incompleta, la circolazione lan- guida, I’ assimilazione impoverita, 1’ innervazione cerebro midollo ganglionare prostrate; pure in questo grande di- sordine dell’ aggregato vivente , non vi era splenopalia , nè significazione emorragica, idropica, piressica cachettica. L’ induzione logica facea formulare la diagnosi di una febbre larvata cefalalgica pseudo-continua di fondo efflu vico , perchè avea per caratteri palognomonici 1’ an- damento parosistico, ancorché a tipo pseudo-conlineu, il tipo intermittente e remittente che mostrò nei primi tempi della sua evoluzione , i’ impressione efflu vica ricevuto in Teramo che produsse la febbre intermittente legittima seguila probabilmente della diatesi palustre latente, e in- dicava da trenta grani di solfato di chinina alla fasi della mite diminuzione della cefalalgia, dopo la comparsa del sudore; il potente rimedio avea tolleranza e grande con- ferenza, il futuro parosismo diminuiva; prescriveansi altri venti grani di chinino, l’accesso ricompariva lievissimo, ATTI ACC. VOL. XVII. 14 — 104 — e inlermelteva completamente con traspirazione abbon- dante ; si continuava il celeste specifico dopo sei giorni la cefalalgia terminava. Cesi dopo nove anni di un’ egritudine, refrattaria a tante medicazioni possenti , il sangue si ricostituiva , la vegetazione plastica si ripristinava , le forze biologiche tornavano a vivificare un organismo quasi abbandonalo da esse , le condizioni universali dell aggregato vivente si ripristinavano , e quella gentile riacquistava la piena salute dopo varie recidive. L’ analisi di questo fallo cotanto istruttivo, che è un vero gioiello in fallo di malattie palustri afebbrili , fa crescere lo studio e l’amore verso la nostra arte utilis- sima, e la sorgere le seguenti induzioni : che una feb- bre larvala cefalalgica di nove anni, trasformala d’ inter- mittente in remittente in pseudo-continua, e naturata al- r organismo, guariva prodigiosamente col solfalo di chi- nina ; che in un’ intossicazione palustre cronica di nove anni, non vi era splenopatia, nè significazione emorragica, nè manifestazione idropica, nè piressia lenta; 1’ aggregalo vivente si mostrava, interessalo nell’universale per l’alte- razione dei processi assimilativi da cui veniva f emacia- zione soltanto , e per la profonda astenia nervosa ; re- stando nei limili dei falli ricondotti alla loro significa- zione clinica potrebbe dirsi che questi due disordini mor- bosi che possono esistere gii uni indipendenti degli altri venissero di cause distinte ? stare legali ad alterazio- ni div erse di grado ? Potrebbero ammettersi due gra- dazioni nella diatesi palustre quella che sostiene la re- cidività della malattia afebbrile, e quella che sostiene la recidività delle febbrile ? la prima più lieve , significala dall’ cmaciazione e dalla debolezza nervosa, e la seconda più grande caratterizzata dalla splenopatia, dall’ emorra- gia , dall’ idropisia , dalla febbre cronica , dall’ immagri- — 103 — mento, dall’astenia dalla cachessia? il fatto descritto lu- cidissimo , e altri simili raccolti nella mia clinica, fra i quali quello di Fichera , di Motta di Monaco fanno sol- levare questa gran quislione dottrinale , che il progresso della patologia palustre potrà giudicare. SERIE TERZA FORME DELLA MALATTIA PALUSTRE DIATESICA Malattia palustre diatesica primitiva , idroperitoneo sen- za febbre, il bisol/alo dì chinina provoca la diuresi, e guarisce V idropisia in tre giorni. Rosario Perniisi di anni quarantuno, di complessione donnesca, sotto l’impero della diatesi scrofolare , dimo- rando più anni in una campagna ripiena d’impaludazioni, si affettava grado grado dell’ irilossia palustre lenta , la quale senza suscitare la febbre signilìcavasi colla spleno- patia, colla dispepsia, col pallore giallo-paglia , coll’aste- nia nervosa , colla petecchia ; corso un anno si manife- stava l’edema agli arti pelviani, ai toracici, alla faccia, poi si palesava la discrinia del peritoneo che si facea rile- vante in un mese. S’ indicava la medicazione evacuante , la diuretica , la sudorifera, senza vantaggio, si usava la medicazione alterante, la revulsiva, ma l’ idroperitoneo cresceva oltre- modo; lenendo conto della patogenia del morbo , che avea origine dall’ elemento effluvico , e dalla diatesi palustre palesemente costituita, sebbene 1’ egrolo non avea sofferto febbre parosistica, ne la significazione idropica sociavasi a febbre , a curare il fondo morboso , la presenza del miasma nel sangue l’ intossicazione , s’ indicavano venti- quattro grani di bisolfalo di chinina in quattro dosi, da - JOG — somministrarsi in quattro tempi, corsa un’ora dell’ uso della seconda dose cominciava la diuresi copiosamente; si continuava il farmaco e la orinazione proseguiva ab- bondante; l’egrolo si sentiva miglioralo nelle forze, e in quel senso di molestia addominale prodotto dalla raccolta idropica. Il domani si prescriveano venti grani di bisolfalo di chinina in tre tempi collo stesso successo , le urine co- lavano in abbondanza, la congestione sierosa della cellu- lare sottocutanea si dileguava ; l’ idroperiloneo diminuiva, le forze vitali s’ invigorivano; in terza giornata si davano sedici grani dello specifico, le urine continuavano copiose, 1 anasarca c l’ ascile guarivano con nostra somma me- raviglia, ecco uno stupendo miracolo del chinino. Si proseguiva il celeste rimedio alla dose di grani sei per otto giorni; poi (lavasi il quinio e il ferro ogni dì, e otto grani di bisolfato di chinina ogni settimana; l’egrolo sanava dell’ idropsia, c la diatesi palustre ridu- ccasi a minimo grado , manifestala principalmente dalla splenopalia. Nei giorni di convalescenza l’infastidiva una penosa dispepsia flatulenta che dissipa vasi per le pillole di llogg alla pepsina col ferro ridotto dall’ idrogene. Malattia palustre diatesica idropleuria, il chinino provoca la diuresi , V idropisia guarisce Viaggiando il dodici febbraio del 1859 per Piazza, posava la sera in Callagirone nella locanda S. Francesco e colà visitandomi il Dr. Pasquale Clemente , mi riferiva il fallo che vado a narrare, simile a quello predescrilto, interessante alla scienza clinica delle malattie miasmatiche. Sebastiano Capizzello di Chiaramente, da molti anni domicilialo in Callagirone, di anni quarantotto, a tempe- ramento sanguigno, di costituzione robusta, per mestiere — 107 — legnnjnolo, nell’ agosto del milleotlocenlocinquanlaselle si portava a tagliar legni nel fendo Rossillo d’ atmosfera malsana, e dopo esservi dimorato due mesi , veniva as- salilo da febbre continua; recatosi in Caltagirone fu assi- stilo da un medico c curato coi vomilorii, coi purgativi, i quali produssero copiose evacuazioni slomaco-inlcslinali, e fugarono la febbre; ma il Capizzello non tornava a sa- lute, si molestava di dispnea, voce rauca, sibilosa, tosse, diminuzione delle urine, e a scemare la difficoltà del re- spirare pigliava 1’ altitudine sedente nel letto. I\el gennaio del milleollocenlocinquanlollo entrava nell ospedale dei Buonfralelli di Caltagirone, ed ivi usava varie medicazioni diuretiche e purgative che lo fecero migliorare, e ne usciva il quattordici febbraio dello stesso anno. Vi rientrava dopo pochi giorni, perchè la malattia si era inferocita; la dispnea era* grande , la tosse mole- sta, la voce rauca, le urine soppresse, l’ altitudine supina impossibile; tali fenomeni erano continui, non erano pa- esistici, non si collegavano a freddo, o a sudore , non si accompagnavano a febbre. Il Dr. Clemente provala f insufficienza delle medi- cazioni evacuanti, diuretiche, alteranti, tenendo in consi- derazione 1’ elemento eliologico impaludazione , che avea originalo la malattia, c sospettando l’esistenza dell intos- sicazione palustre, prescriveva ventiquattro grani di solfalo di chinina in quattro dosi ; usala la prima alle ore tre- dici, alle ore quattordici l’infermo cominciava ad urinare abbondevolmente ; alle ore ventidue il medico trovava lo infermo adagiato nel letto orizzontalmente , mentre per cinque mesi avea guardato l’ altitudine sedente; versosela s indicavano dodici grani del celeste rimedio, il paziente continuava ad urinare copiosamente, la notte dormiva tran- quillo , il domani senlivasi rinvigorito da voler lasciare il letto ; guariva prodigiosamente dopo cinque giorni , — 108 usando ogni mattina dodici grani di chinina che mante- nevano copiosa la secrezione delle urine; recidivava della malattia stessa dopo un mese, e guariva per la seconda volta in quattro giornate col solfalo di chinina. I due fatti descritti , sono importanti alla scienza , perchè ci portano a rassodare una terapia potente per guarire le forme della diatesi palustre primitiva con idro- pisia. Essi sono interessanti nell’ arte curativa delle ma- lattie paludali diatesiche primitive, e debhon fissare 1’ at- tenzione dei medici pratici. La patologia palustre indicava il chinino nelle idro- pisie di genesi eftluvica, quando dipendeano dalla febbre miasmatica recidiva, ma non prescrivea lo specifico nelle idropisie di origine marosa, se in precedenza non vi era stata la febbre periodica ; le due osservazioni descritte d’ idropisia per diatesi palustre primitiva , senza prece- denza di febbre in una , e colla precedenza d’una sola febbre non periodica di due giorni nella seconda guarita senza specifico , in cui la medicazione chinica dileguava l’ idropisia provocando rapidamente la copiosa urinazione, hi rilevare il chinino agire direttamente sul fondo mor- boso intossicazione e non sulla forma febbrile. Questi fatti hanno un valore scientifico di somma utilità, costituiscono uno dei punti massimi dell’ arte curativa nelle malattie palustri diatesiche primitive, sono sommamente , da pre- giare, arricchiscono di soverchio la clinica , e avviano al buon cammino e al perfezionamento, la scienza della dia- gnosi e della terapia dei morbi palustri. Ecco come siamo in quella vera via del progresso che mena drillo agli acquisti positivi della scienza, come la patologia palustre cammina nel suo perfezionamento , colmando grandi lacune e costituendosi meglio sulla base reale dei fatti. Intorno la malattia palustre febbrile marca un progresso la esposizione di cinque osservazioni nuove — 109 — di febbri perniciose semplici , la febbre uloemorragica , la poliurica, la glicosuria, la suicida, la iscurica; fa de- scrizione di tre febbri nuove perniciose polimorfe 1’ apo- pleltica-emalurica, la cdslalgica-diaforelica, la amaurotico- afonica; la esposizione di tre casi non descritti di febbri miasmatiche seguili dalla pioparotile che non mostrarono recidività; la osservazione di una febbre recidiva elmin- liaca singolarissima, che si riprodusse due anni colla e- spi essione medesima; la narrativa di tre febbri perniciose fulminanti guarite a primo parosismo col chinino, e la esposizione d una febbre palustre benigna a primo ac- cesso, mortale a secondo parosismo, che confermano ad evidenza i pericoli della lemporizzazione nell’ uso del chi- nino ; la descrizione di una febbre topica indeterminata perniciosa comatosa nuova ; la relazione di varie febbri effluvi eh e complicate, la febbre remittente complicata colla litiasi vescicale, la febbre larvata nevralgica sopraorbitale complicala colla sifilide , la febbre perniciosa delirante complicala colla fìmia polmonare non descritte dai classici. Intorno alla malattia palustre afebbrile fìssa un pro- gresso la descrizione di quattro febbri larvate nuove, la febbre larvata melralgica, la febbre larvata epilettica’ la febbre larvata adinamica, la febbre larvala vertiginosa, e quella di due febbri larvale pseudo-continue-adinamiche, e d una febbre larvala pseudo-continua cefalalgica , che costituiscono con maggiore positivismo la esistenza della febbre larvala pseudo-continua. Riguardo alla malattia palustre diatesica segna un progresso la esposizione di due osservazioni d’ idropisia pei malattia diatesica primitiva senza febbre, guariti pro- digiosamente coi preparati di chinina. lati sono i conquisti recenti dell’osservazione in Sicilia sulle malattie effluviche che il mio esercizio cli- nico, mi ha presentalo 1’ occasione di fare, dopo la pu- — ì\0 — binazione del inio Trattato Pratico sulle Malattie ol. xvii. ^ un posi! ivo progresso alla scienza ed io mi sono inge- gnalo a sislemalizzarli a servirmi dell’ espressione di 8>u~ bois, categorizzandoli secondo la classificazione della mia opera per non restare da materiali bruti e a darle una vita scientifica. L’ intossicazione palustre adunque forse a preferenza delle altre inlossie, dell’ inlossia tifica, della esantematica, della virulenta, della velenosa, delle discrasie, delie dia- tesi, può feuomenizzarsi sotto numerosissime forme mor- bose , da simulare alquante malattie essenziali continue ; le piressie, le nevrosie , le iperemie , le emorragie , le iperemie, le atermie, possono essere forme dell’ intossi- cazione palustre ; I’ intossicazione eflluvica che a tutta ragione Delioux scrittore celebratissimo del giorno gli dà il posto di primo genere nella classe intossicazione, è la malattia generale che si fenomenizza con mollissime e sempre nuove forme morbose. Le febbri paludati che costituivano la terza parte della trilogia classica delle febbri essenziali, sono passale dalla classe delle piressie alla classe delle intossicazioni. L’ intossicazione ne è il fondo morboso , e la febbre è divenuta la forma. La classe delle piressie va sempreppiìi ristringendosi per disparire dalla nosologia , e la classe nascere , valido a sostenere la guerra del tempo c l’ influenza do- lente degli anni, e nei lontani giorni valido ad istruire mai sempre. Il Galvagni concorrendo alla maggiore evoluzione della pato- logia paludate in tutte le sue parli, per tante novità originali e po- siti ve e per tanti perfezionamenti clic contiene, lui portalo un grande progresso alla scienza, e concorrendo ollremodo a salvare gl’ infermi dalle malattie palustri, recherà mollissimo bene all’ umanità. Esso sarà principalmente I’ opera necessaria, utile, prediletta, dei medici giovani al letto degl’ infermi, onde istruirsi positivamente nella conoscenza dei morbi a malaria cotanto comuni insidiosi e mortali. Esso fisserà un’era brillante nella storia delle malattie di intossicazione palustre. — 113 — delle intossicazioni dopo essersi ben cosliluila si è estesa oltremodo da racchiudere nei suoi fianchi una intera no- sologia. Le febbri amiasmatiche che dipendono esclusivamente d un fondo patologico dinamico, e principalmente d’ una sofferenza del sistema nervoso gangìionare senza intossi- cazione, nelle quali 1’ elemento palustre è straniero, re- stano comprese nella classe delle piressie. Esse saranno pure argomento dei nostri studii clinici, e come un trat- ta lei lo appendice, formeranno parte della seconda edizione del trattalo pratico sulle malattie d’ intossicazione palu- stre , ove colmeranno una lacuna grande , e renderanno più perfetto il lavoro ; poiché finora ninno monografo ha descritto separatamente e completamente, le febbri amia- smaliche differenziandole dalle miasmatiche. L’ intossicazione cflluvica è quella che esercita la più grande, e la più generale influenza nei climi calorosi e in Sicilia; 1’ universalità del suo dominio, il numero pro- digioso delle sue forme, la sua associazione con tulle le altre malattie, la sua pertinacia, gli fa meritare ollremodo T attenzione del clinico positivista , ed io fermo nel mio proponimento , non lascierò di esplorare questo campo vastissimo per raccogliere le osservazioni nuove, e dare estensione maggiore al mio Trattato Pratico , il quale nato al letto dell infermo , nel seno della clinica , ove fabbricasi la vera scienza , ivi ha attinto il suo avanza- mento , ed ivi avrà la sua perfezione. (saranno continuati) « > ' ’ ' . . ' DI MEDICINA PRATICA SU DI UN CASO DI OSTEOMALACIA DEL PROF- FRANCESCO FULCI 4 SAETTA NELLA SEDUTA ORDINARIA DEL 20 GIUGNO 1861. ATTI ÀCC. VOL. XVII. 16 % NOTA DI SOPRA UN GASO DI OSTEOMALACIA [ RAMMOLLIMENTO OSSEO DEGLI ADULTI ] COME MALATTIA CRONICA ANNOSA. PRIMITIVA, E SPECIFICA DEL GENERE ATROFIE Se l’Istruzione ha per oggetto la educazione scientifica ed artistica dell’ attualità , affidata ai professori dei Col- legj, come corpi Insegnanti ; tutt’ altro è 1’ obietto delle Accademie, che mirano solamente i progressi nelle Scien- ze e nelle Arti, varianno, mutando o accrescendo le cono- scenze correnti di ogni genere , e quindi modificando o cambiando le dottrine, e le teoriche: e la medicina, che considerata come scienza, abbraccia necessariamente tutte le fìsiche come le organiche fenomenie, presenta piu che tutt’ altra , spesso spesso dei fatti importanti sia per la novità, sia per la rarità , sia per la coordinazione delle forme , sia delle condizioni di accompagnamento , nella complicatissima e spesso oscurissima manifestazione della vita umana, di cui la storia della lunga catena dei sistemi in medicina ne è la piena dimostrazione. Ma se le novità ci colpiscono quando ci sono rivelate, non è ciò ad ad- debitarsi all’ avarizia della natura , ma bensì alla nostra — 118 — poca attenzione nel fissare tutte intiere, con circospezione le dimostrazioni degli esseri. E quindi ali’ occasione della lettura di un Caso di Osteomalaeia visto e presentalo dal socio laborioso Prof. Euplio Reina mentissimo a questa illustre accademia, ed a maggior chiarezza rappresentatone il disegno, simile a quello descritto dal signor Slanski nel 1 8 o ì nella donna Supiot, mi vien fallo aggiungere al Catalogo di siffatta rara infermità, un altro caso consimile nella mia pratica civile, di cui presento la relazione clinica non solo, ma principalmente accompagnata dalle considerazioni patolo- giche al caso, che non è ancora sufficientemente illustra- lo, e convenevolmente fissalo. — Observaliones non nu- merando sed perpendende . E come gli Astronomi fan le meraviglie per aver portato in questo secolo il numero degli Asteroidi che percorrono le loro orbile fra Giove e Marte sino a G9, così parimenti le scoperte mediche intorno all’ Osteoma- lacia è principalmente in questo secolo di fisico progresso dacché Y Arabo Gschusio ne diè l’annunzio, i casi co- nosciuti sono giunti a 52 compresi i nostri or ora de- scritti : e per seguire le analogie , se falla la scoperta telescopica , il compimento slasscnc nel fissare 1’ orbita dell astro per applicazione del calcolo, così del pari sco- perta una nuova torma di malattia fa di bisogno per uti- lizzarne il caso , applicarci le ricerche patologiche per fissarne la Diagnostica, e la Terepeulica speciale; ed ec- comi al Caso: II signor D. Rosario di Mauro di questa Città, sin dalla prima eia di salute perfetta, di temperamento san- guigno pronunciato, di costituzione robusta c succipiena, di costruzione regolare , non soggetto a male diatesico alcuno, di buonissimo aspetto, gaudente comoda vita co- me possidente, sollazzandosi alla caccia sui campi , e nella — 119 — giotenlu alla caccia delle donne in città ; solamente il 1 1lK ,e s* (ìi podagroso, ma senza che giammai siasi quel male manifestalo in lui sotlo qual siasi forma ; come pio e nel battagliar nei campi di Venere contrasse qualche blenorragia, senza indizj di lue, ma che ben presto con opportuni rimedj si lu vinta: ed ecco gli antecedenti che i signor Mauro presenta alla inopinata comparsa senza prodromia di sorta alcuna alla Osleomalaeia. Questo fatto e iiflessibilc in quanto che i pratici anno scritto essere siali i soggetti di quella colpiti da mali diatesici , ed in cattive condizioni igieniche.il detto di Mauro, celibatario al . mo anno dell’età sua, nel correr del 1852 venne assa- lilo da rigore febbrile con polsi alti, lati e frequenti, ca- lore intenso, sete, lingua accesa, costipazione, urine rubi- conde, e cefalgia, che riconosciuta come una febbre An- giotenica fu medicalo colla flebotomia, diluenti, nitrati, soluzione slibiala , e dieta severa : intanto la sinoca fa un corso continuo coi medesimi sintomi: si propinano dei ca- tartici, e via via scorrendo alquanti giorni si appalesano dei dolori vivi e profondi , vaghi alle spalle, al dorso, alle anche, che accompagnai) la febbre, e che sussistono anche senza quella; per la qual comparsa di dolori vaghi, si diagnostica la malattia , per Reumatismo ; ed allora si adoperò la medicazione di bagni , or di acqua dolce, or mineralizzata, vesicalorj in permanenza, dei diuretici, sci- roppi di legni indiani, gf idrosolfuri stibiali, senza ab- bandonare gli oppiali ; ed intanto benché i sintomi si mitigano , e la febbre cessa , i dolori non mai , che lo tormentano per più mesi. Veduta la poca efficacia delle medicazioni del dolorifico morbo, dopo molli mesi il si- gnor Mauro prese la risoluzione di portarsi in Napoli , ove gli lu assicurala la guarigione con la panacea napo- lilana dei bagni d’ Ischia, i quali eseguili diligentemente per più di mesi due non recarono sollievo alcuno , anzi — 120 — per il progresso dei male, incominciò ivi a manifestarsi il sno carattere palognomonico dell’ apparizione di alca ne nodosità verso le articolazioni, e del rammollimento os- seo , che addimoslravasi per delle incnrvazioni in alcuni punti del torace , e del dorso , dovuto alla forza delle contrazioni muscolari die non rinvenivano nelle ossa la solidità necessaria , per cui piega vansi in quel senso : laonde 1’ ammalato trovandosi in peggiore stato tornos- sene in patria, scontrafatlo nella conformazione delle ossa principalmente della colonna vertebrale divenuta gobbosa, e con appianamento laterale delle costale, e protuberanza del torace, e ciò non solo ma abbattuto di forze, sem- pre tormentato dai dolori profondi nelle ossa, con emis- sione di urine torbidissime contenenti dei fosfati e car- bonati di calce, poco appetito, poco sonno, e digestione penosa. Allora non vi fu dubbio che il preteso reuma- tismo, era un osteo -malaria ( terza diac/nosi ). Ciò non dee recar maraviglia , attesoceli^ piò infermità non pre- sentano i loro caratteri distintivi , che in progresso del male : ne giova supporre che il Reumatismo si era tra- sformato in Osteo-malacia , altesocchè nel suo principio una lieve disassimilazione dell' Osteina non è sufficiente a diminuirne la solidità ossea per resistere alle contra- zioni muscolari ; ma in seguilo avanzandosi la modifica- zione per la subentranza adiposa , la mollezza giunge a se°aio di piegarsi alle trazioni dei muscoli. Di allora in poi il male progredisce lentamente il suo corso, sordo , a variate indizioni di medicine, ora occorrendo alle ri- comparse febrili; ora ..gli imbarazzi delle prime vie, ora alla debolezza che siegue la deteriorazione della economia generale , mantenendo sempre delle rivulsioni e deriva- zioni cutanee con vesicalorj , sinapismi , bagni di varia natura, e tor penti di laltucario, Iosciamo, aconito, bel- ladonna c sali di morfina per sedare gli addolorameli — 121 — ostinali. Ciò non ostante lutti i compensi dell’arte ap- pi opinili alle loinie del male sempre quello progredisce ma lentamente nel correr degli anni , la molliiicazione ossea die incurva sempre più la colonna vertebrale al- I innanzi incominciando dal collo, c le coslule tutte die si appetiscono, c cacciano innanzi il torace clic si ag- gotta, e le spalle vanno scontratone, c le ossa del ba- cino clic si restringono: e lutto ciò senza ordine di suc- cessione nè di sopra in sotto, nè di giù in su: ma in modo sa. tante (fenomeno caratteristico). Nella prcres- sione modificativa del male le ossa si ebbero da mima la consistenza della libro-cartilagine, che aggravandosi le isassimilizione ossea dopo alquanti anni di corso addi- venner le ossa malaffette a consistenza di gomma elastica e per fine quella della cera, nel caso nostro non si per- venne alla carnificazione, essendo il paziente soccombuto prima di tal estremo termine. Il più malaffetto di osteo malacm si fu il torso, le spalle , e le ossa del bacino • un poco le parli superiori dei femori die si ripiegarono nel resistere al peso del corpo superiore, ma il'cranio allatto, tnanhensi nello stalo sano, altro carattere rilles- sigile di lale special morbo. c°r„so0 di, ‘lnl'i sette consecutivi cioè dal ? . Sln° al 18a8> l°l1' pochi intervalli di quiescenza i sintomi principali si furono P Osteulcjia e la Periostal- gia profondamente risentila di maggiore o minore inten- sità, vaga, c simultanea in più regioni ora cervicali, ora scapolari, ora dorsali, ora lorcddie, o costali, iliache e cossali, die non si fermavano nè col movimento, nè con la quiete , solamente davano i dolori degli assalti vivi intollerabili a cui succedeva una stupescènza consimile alle nevralgie: lo stalo febbrile ricompariva di quando in quando senza cagione apprezzabile, con tipi continui . o emittenti , alle volle intermittenti , con accessi serotini — 122 — anomali , terminanti con sudori spesso , ma sempre fre- quenti i polsi ma deboli; la nudrizionc generale via via deteriorava, il sangue divenia aglobulare per difetto as- similativo, il sistema muscolare ammagriva e moslravasi floscio, il sistema cellulare soffriva denutrizione, ed in- filtrazione, il coloramento cachelico , il sentimento della forza muscolare decaduto, le urine sempre torbide, sedi- mentose in proporzione della Osteomalacia; spesso spesso angustie ed oppressioni al petto, e congestioni transitorie, e lussi c u lazi o n i , e più vizj dei moti del cuore per la ragione delle perturbazioni del sangue, dell’ innervazione e delle sconformazioni toraciche : solamente in una tale sindrome f appetito e le digestioni si mantenevano me- diocremente regolari; tranne alcune volle esser l amma- lalo visitalo da spontanea diarrea sero-biliosa , che dopo due o tre giorni si fermava ; lasciava V ammalato spossato sempre più. Ma ciò che colpiva più gli astanti si eia per la mollezza, le incurvazioni dello scheletro, che pie- gando all’ innanzi scemarono negli ultimi stadj del male circa palmi due e mezzo la lunghezza del grand asse del corpo, da eccitare lo scherno dei suoi amici che Io visitavano: or in siffatto disordine generalizzato della de- nutrizione, della discrasia sanguigna, dell atonia ncivosa il cerebro come il cranio mantenne in tutte le sue facolta intellettuali , e del suo naturai carattere vivace , arguto, scherzevole. In tanto in si lungo ed annoso coi so ostco malacico non si cesso di sperimentare tutti i compensi dell’ arte, secondo f opportunità, bagni mineralizzali, suf- fumigi medicamentosi, fonlicoli, vesicalorj, c le panacee moderne dei joduri di potassio, c dell olio di fegato di merluzzo a bizzeffe e benché encomialo da Trousscau e Lassegue senza profitto alcuno. I tonici e chinarei per ovviare allo stalo atonico generale diedero del sollievo, ma sempre provvisorio; cosi pure davan calma ai dolori — 123 — i torpcnti, esimilo di aconilo napello, il cianuro di po- tassio , l’ idrodoralo di morfina , ma senza estinguerli. Sulla supposizione dell’esistenza di un vizio gottoso occulto, perchè, mai manifestalo, si fu propinalo il vino colchico a lungo corso, e dosi a cucchiajo, ma senza niun profitto sui fenomeni morbosi dell’ osteo-malacia : anche si fu supposta regnarvi una lue sifìllilica benché affatto addimostrala c senza sintomi caratteristici , e si diede piglio ai preparati mercuriali , ed ai legni indiani , ma senza resullanza di utilità, il male si aggravava sempre più sulla costituzione generale. E come avvenir suole nei mali incurabili il paziente lasciale le prescrizioni dotto- rali, che dovevan vincere i vizj reumatico, gottoso, ra- chitico, sifillilico , scrofoloso successivamente, e deluso della sua ipocratica guarigione pose orecchio ai ccrret- tani di vario valore che assicuravan certo lo ristabili- mento e pronto, e con piccoli mezzi (perchè non man- cano attorno agli ammalali principalmente cronici i pana- girisli dell’ empirismo , clic per disperazione l’ ammalato di buon senso accetta); e cosi avvenne che passali in ri- vista i proposti pronti rimedj, e la guarigione accertata, nulla avvenne di quelle pompose promesse assicurate alla barba della scienza ipocratica. Solamente è da ridire in difesa del criterio logico del signor Mauro, che negossi ostinatamente alle proposte dei milionesimi dell’ omiopa- tia , ed alle inspirazioni di una commare magnetizzata , come il non plus ultra delle scienze imposturali, a ver- gogna del vantalo progresso della ragione umana del se- colo 19°, che alimenta questo scrocco mascheralo. ( Bi - sogna distinguere in tre classi tanto i seguaci degli omiopatisli quanto dei magnetizzatori. /. I veri cre- denti per fede robusta di escenlricilà . 2. I novellisti per diversità, per curiosità , per moda , per leggerez- za, per tenerne discorsi nelle conversazioni, e 3. I spe- JlTTI acc. vol. xyii. 17 — 124 — alianti per scrocco come ne anno condannalo alcuno i magistrati in Francia per quei titolo topate. V. Lu- cas Journal). E Incendo ritorno al nostro Caso dell’ Osleomalacia del signor Mauro, per quanta varietà eli modi (li consi- derare la vera sorgente del male , e per quanti varietà di farmaci impiegati, e per quante diete variale idrogala brodi medicali, dieta animale, rigorosamente ed ostina- tamente, nulla si ottiene di vantaggio, il male peggiora minacciando la distruzione della vita. Seguitili * cursum sur da diana suuni. Così il nostro paziente deluso sul- la speranza di guarire per il lungo corso di anni sei compiuti si rassegna alla volontà del Creatore , che gli faccia grazia almeno di morire senza dolori , come gli attuali Maimonidi deli’ America settentrionale, che invece di un medico preferiscono un prete che ai piedi del letto replica delle preci giornalmente , per ottener grazia da Domcne Dio della sua guarigione: E così avvenne al si- gnor Mauro, che un giorno 1858 soprappreso da vomi- tar frequente, e secessare altrettanto , con sfinimento di polsi e di calore, sentissi per la prima volta intieramente esente dai solili dolori, che abitualmente lo tormentava- no , e ne concepì sinistro augurio : per cui chiamando a se un suo amico di casa, e falle i convenevoli atti re- ligiosi, dimmi disscgli le ultime orazioni, che vado a mo- rire, mi raccomando alla divina pietà, e poi sono conten- to almeno, perchè muojo senza dolori, e così avvenne, per 1’ esaurimento delle forze vitali. Or data la descrizione della Osleomalacia del signor Mauro per tirarne la diagnostica torna al vantaggio della scienza discutere i problemi che questa rarissima malattia presenta a risolvere. Obsercaliones perpendende. E co- mecché questa infermità avvenisse rara da tanto che nella mia pratica di 45 anni in città , in provincia , c fuori provincia consumalo non posso coniarne, che queslo so- lamente: e che il primo che ne abbia fallo parola si fosse un Medico Arabo Gscusius in persona che immobilitato, eccello il capo si faceva condurre in una sluoja, ed il di cui corpo dice 1’ autore si piegava in ogni senso come un vestimento: si fu poi il Morand che ne fissò la spe- cialità nel 1752 in persona della Donna Supiot , che ave- va gli arli inferióri sì molli e flessibili all’ innanzi ed al- l’ insù , che ripiegando il piede sinistro all’ altezza del capo, coricandosi vi si adagiava come sopra un cuscino; e di lai individuo lo scheletro si conserva a Parimi nel Museo Dupuylrcn. Indi Ludwing ne fa fallo parola; Gio- vali Pietro Frank nella sua longeva eia ne riferisce due casi; Lobslein ne fa menzione nella sua nolomia palolo- gica. Quindi nel 1839 ne fu scrina una lesi dal Dr. Dechampre: ed una seconda dal Dr. Slanski nel 1851, e finalmcnie il male fu segnalato dai Dottori Diane, Krause, Beila rd, Robin, Broca, Gaspari in modo che raccolti tulli i casi descritti di Osteomalacia fin oi»ì* i , secondo Duisson non giungono in là di 50, a cui si potrebbero aggiungere i due casi riferiti in questa Accademia. Entrando all’ esame patologico della infermità in di- scorso si presentano a risolvere i cinque seguenti impor- tanti quesiti. 1. L’ Osteomalacia per la comunanza del sintomo rammollitivo delle ossa, e della torsione di essi, si può considerare come specie di racbile ? 2. L’ Osteomalacia per presentarsi essenzialmente col rammollimento e deviazione ossea, è una malattia lo- cale nelle ossa come una periostite, ossiste? 3. L’ Osteomalacia perchè alcuna volta vista in in- dividui attaccali di diatesi scrofolosa, cancerosa, sifillilica, scorbutica, podagrosa, si può considerare come consecu- tiva e dipendente da quei vizj specifici? — 12G — 4. Qual è la natura patologica dell’ Osleomalacia ? è dessa costituita? 5. Qual nc è stalo , il trattamento fin o^m usato dai pratici? 5 Nella scienza diagnostica delle malattie, non è suf- ficiente confondere per alcuni sintomi in comune, la natura delle malattie; chi ignora che la febbre, l’emorragia, le convulsioni, il dolore, 1’ atonia, la cachessia, e simili ap- partengono a malattie differentissime benché vi si osser- vano in comune alquanti fenomeni morbosi? 1. L' Osteomalacia appartiene al Rachitismo ? Non puossi col Sig. Deilo rd e compagni ammettere la similitudine fra il Rachitismo e l’ Osleomalacia, mentre la concomitante sindrome ne differisce grandemente , e 1° la Rachitide è ereditaria, 2° la Rachitide attacca i bambini e ragazzi prima della seconda dentizione , 3° la Rachi- tide è indolorifica , 4° la Rechi lide è un arresto di svi- luppo osseo, che rimane nelle dimensioni puerili, e che colpisce anche il cranio nelle sue forme , 5° la Rachi- tide fallo il suo corso il rammollimento si ferma , e la consolidazione è data alle ossa, benché deviate, fi0 nel Rachitismo la morte è una eccezione poiché la statistica dà per resultamelo. (Rerard) che fra 100 ne soccombe uno solamente. Or mettendo in paragone i detti sci caratteri del Rachitismo nulla vi à nell’ Osleomalacia, che mentre vi si confonde per la sola modificazione, non è ereditaria, clic attacca gli adulti, che eccettua il cranio, che si ac- compagna di forti dolori , che tende a deslrudere ogni organismo osseo , c clic à assolutamente per termine la morte , senza fermarli. Siffatti carel Ieri di discrepanza — 127 — bastano a stabilire la scpazione dell’ Ostcomalacia del Ra- chitismo. 2 L Ostcomalacia è un male locale nelle ossa ? In questo secolo dietro i lavori anatomici di Richat la localizzazione delle malattie divenne un sistema , che Broussais trasmutò in domina, per cui i seguaci di quella scuola ammisero sulla fede del maestro esser r 0 steo- malacia una llogosi ossosa e periostite; ma nel confronto dei fenomeni ninna similitudine vi si osserva: cosi nella supposizione della periostite , il dolore speciale non vi si conforma : 1’ osso osleomalacico non si ingrossa : ca- ratiere anatomico essenziale (Jamain); niuna infiltrazio- ne cd esudato fibrinoso locale caratteristico; niuna dispo- sizione ai lavori del callo ove spesso avvengono delle fratture, niuna suppurazione nè interna, nè esteriore, nè nei tessuti circondanti avviene come nelle periostiti; nessuna analogia di corso, niun trattamento utile come antiflogistico, niuna salvezza nell’ osteomalacia, per cui i buoni pratici ne anno conclamalo 1’ errore; ma volendo addentrarsi alla ricerca di una località ossea, non essendo 1’ osteomalacia procacciala da lesioni locali , ma del tutto spontanee ed intrinseche, come nel nostro caso, nel corso di una sa- lute florida, non può addebitarsi, che a delle alterazioni interne inapprezzabili come sviluppatisi i vizj diatesici manifestandosi benché procedenti da disturbi generali per le apparenze di locai morbo per rapporto dei varj tessuti coi varii vizii del sangue: cosi il vizio podagrico che pre- sceglie i dolori degli alluci , il vizio cancroso che nelle donne riposa nelle mammelle, e la bocca dell’ utero; il vizio tubercolare che si fìssa da prima nel pulmone; lo — 128 — scrofulare clic proferisce le glaudule submascellare e cosi egualmente lo si è nei morbi acuti come la tifoide che benché addimostrasi nelle piastre ellittiche di Brunner e Peyer non è perciò meno una malattia generale , e così nelle febbri pestilenziali tulle. Per loccbè si può conchiu- dere a buon dritto , 1’ osteomalacia aver 1’ apparenza di una malattia locale , mentre si dovrebbe dir localizzala come dimoslranza. 3. L Osleomalacia è mi male consecutivo di vizj diatesici ? Passo ora alla diecussione importante per la tere- peulica se 1’ osleomalacia è una malattia a se, primitiva, o essenziale come dicesi, o pure come lo crede Gueriu secondaria dei vizii gottoso, canceroso, sitili ilico, scorbu- tico: questa eliologia non ò affatto ammissibile, dapoichè come si è detto il nostro osteomalacico fu affatto esente da qual siasi vizio umorale o diatesi: e poi è da opporre in buona logica che non si può capire come fra i milioni di scrofolosi, scorbutici, gottosi, silillitici, cancerosi, che pullulano in tulle le città di europa non si contano dopo molti secoli di osservazioni mediche osteomalacicbe che 30 casi: che io fra cenlinaja di gottosi, scrofolosi, sitll- lilici e simili non ne ho visto che un sol caso in 43 anni di clinica civile , e che nelle nosografie anche moderne neppure si riferisce questa malattia come nelle opere di Pinel, Ilufeland, Boisseau, Tardimi, ed appena viene con- nata da Grisolle e Walleix : per la qual cosa, senza ne- gare il fatto di esservi vista T Osleomalacia in soggetti diatesici, ne possa nascer la dipendenza , ma solamente una convivenza soltanto; come veggiamo spesso congiunta la diatesi scrofolosa or con la sili! litica, or con la tubcr- — 129 — colosa , cancerosa , e la podagrosa e reumatica starsene spessissimo insieme, senza clic si possa azzardare pren- der origine da unico principio morboso : e poi il fine fatale dell’ Osleomalaeia per sua incurabili là basterebbe per farla dichiarare morbo speciale, primitivo sui juris, o essenziale come pur si appella. 4. Qual è la natura imlolofjica dell Osteomalacia ? Volendo poscia penetrare nella natura di siffatto ram- mollimento del tessuto più solido die la macchina tutta sostiene , panni naturalmente riporsi , in un vizio della chimica organica nutritizia: da distinguersi in due capi, da una parte dalla diminuzione successiva della catalisi ossea assimilante, che non rimpiazza convenevolmente la osseina coi suoi sali terrosi, elemento essenziale dell’ os- sificazione : e dell’ altra parte ad un vizioso incremento della catalisi ossea dissolvente e disassimilanle l’osseina riunita ai suoi fosfati di calce e di magnesia , carbonati di calce, e fluoruri di calcio: per locchè questo processo morboso dovute a perturbazioni incognite delle forze vive del sangue in contatto delle ossa , incomincia il lavoro deslru Ili vo della trama di quel tessuto , facendo le sue mosse dall’ interno all’ esterno , indelicatendo prima , e quindi allargando le cellule diploidie , e resorbendo in seguilo il tessuto compatto dei filamenti canaliculuti e delle trabeccole , sino all’ ultima esterna superfìcie delle regioni affette, da divenir sottili come la pergamena; ma intanto a misura che siffatta destiamone nel corso degli anni si cffelluisce , la natura provvede ai tessuti ossei destinili, subentrandovi del grasso oleico, stearico, mar- galico , e riempiendo i vuoti con della sierosità sangui- — 130 — nolcnta, che semi coagulata vi si deposita in supplimento: loccliè rende ragione come alla ossea durezza succede il rammollimento : e siccome la fisiologia insegna esser 1’ urina 1’ emuntorio principale che depura il sangue dei principii, incompatibili al sano organismo, cosi veggiamo nelle urine torbide e limacciose del nostro osteomalacico, come in casi consimili , cacciarsi fuori I’ elemento della consistenza dei tessuti d’ osseina, ed i suoi sali terrosi per catalisi di sdoppiamento: ed è perciò che si è visto che il peso delle ossa sane formale di 32 centesimi di sali minerali ridursi via via per il processo incessante ma lento della dissimilazione, a 20 centesimi , altrove a 12 centesimi, ed alla perfine ad 8 centesimi , di quei sali minerali, per cui viene abolita qualsiasi ossea resisleoza. Attese le quali osservazioni puossi francamente (issare consister l’ Osteomalacia in una disassimilazione , c quindi un’ atrofia ossea ; c per conferma sappiamo per le ricer- che di anatomia patologica del celebre Prof. Gru veilìier che ove la natura demolisce 1’ organismo , con la denu- trizione speciale, vi supplisce col deposito della materia grassa, come avviene nei muscoli, ed altri parenchimi. Nè a questo punto consiste lutto il male , che non potrebbe la modificazione alle ossa limitalo esser mici- diale; ma il vizio di dissimilazione s’imposessa del san- gue, forma la cachessia, e la denutrizione generale, esten- dendosi ai parenchimi offende i nervi trofici , che per- dono via via la potenza vitale, finoachè la deteriorazione rende i fenomeni vitali incompatibili, e la morte vi suc- cede inevitabilmente. Stabilito il carattere fìsico dell’ Osteomalacia nella atrofia ossea la scienza ha voluto penetrar piò innanzi nel fallo della ricerca di questa stessa atrofia, processo morboso della chimica organica disassimilante. Siccome la chimica industriale ha rinvenuto clic le ossa immerse — 131 — in una soluzione o vaporazione di acido idroclorico allun- galo perdono i sali terrosi, e quinci 1’ osleina nella cot- tura si trasforma in gelatina , clic il processo d’ Arcel somministrava per brodi negli ospedali di Parigi, e che suscitò una lotta chimico-fisiologica nell’ Accademia di medicina : così i chimici moderni hanno supposto una acescenza nel sangue potere rendere ragione della mol- Iilicazione ossea, e di quella espulsione salina per i reni: ma oltre che niuna ricerca di ematologia ha dato con- ferma di simile ipotesi, non sarebbe ammissibile, dapoi- chè l’acidità di quella falla coagulerebbe l’albumina, for- ma proteica del siero del sangue , e con quel coagulo farebbe gli ebolidi, e la fermata della circolazione e della vita. Ultimamente il signor Ni velet in una memoria letta nell’Accademia Imperiale di Parigi in maggio 1861. (Compte Rendue de l’ Islitut. ) rapporta nei risullamenli delle sue ricerche sulla elettricità applicata ai fenomeni organici, che nel disquilibrio dei due nomi il fluido vi- treo ha poteri coagulanti, mentre quello resinoso diviene dissolvente dei tessuti e del sangue, e quindi disassimi- lante, ma resta sempre certo un’ incognita, come la forza vitale organizza e disorganizza, che non sono affatto spie- gati colla sola polarità dei tessuti. Trattamento dell Osteomalacia Alla fin fine dovendo tener discorso del trattamento dell’ Osteomalacia adoperato fin’ oggi dai pratici a cui è toccalo in sorie averne la cura, dai risullamenli infelici dei metodi, adoperali, benché in nnmero assai ristretto, si ricava non esservene uno ancora preferibile. La scienza medica a questo proposito è come si vede , bene assai ATTI ACC. VOL. XVII. 18 — 132 — vacillante, per cui non può prestarsi ad ajulare la parie artistica: e 1’ empirismo prima sorgente della medicina, torse stante k pochezza dei casi, non è nel caso di pro- clamare una regola di condotta pratica. Le ipotesi però non an mancalo di adottarne una dottrina sulla pretesa indole del morbo : chi si è consacralo alla dottrina di croussais e vede chiaro nelle irritazioni e flogosi speci- hclie localizzale nei tessuti ossei , propone gli anliilogi- stJci, derivativi, deprimenti, bagni lunghi, diluenti, ri- poso, nitrati e simili. Chi visto il male nel suo progresso e la depressione della circolazione, della nudrizione^ delle oi ze intende essersi il male di natura atonica , propo- ne ì corroboranti , gli amari , la china , e la dietetica analettica. Chi speculando su qualche elemento di vizio costituzionale sifilitico che quasi mai manca , o scrofo- °fo che nello stato attuale delle città popolose è comu- nissimo , o barlume di tumore , considerato canceroso , ° a vista di forfora cutanea, o piccola crosta sulla pelle che subito si ballizza per erpete , e per dolori visti sul soggetto e battezzati per reumatici o podagrici , si at- tacca subito il medico dottrinario ad una fasi, o almeno degenerazione di diatesi sjfillica , erpetica , scrofolosa , cancerosa, gottosa c simile, da considerarsi nella osleo- roalacia per proclamare i specifici di quel vizio rispetti- vo, i depuranti in comune, il latte che sana ogni morbo cronico che denulrisce, e per gli ultra moderni il sa- natolos dei cronicismi, cioè l’olio, di fegato di baccalà, le acque minerali solforose e jodurate, e finalmente per ultime speculazioni e le piò estreme l’ idro-sudolerapia , e le correnti elettriche. I dottrinai j per cui ogni casa è facile considerando il male, a voglia loro, non anno olle- nulo nulla, anno fallo fiasco per umiliare la loro presuli-* zione. Ma parlando schiettamente, quanto ò stalo propi- nalo in questo special morbo , sia guidato da supposte — 133 — dottrine o da avventuroso empirismo s’ ignora nella me- dicina che un solo osteomalacico sia stato guarito , per cui eccomi alla conclusione dopo quanto abbiamo detto sulla Osteomalacia. 1. Non devesi ammettere comunanza fra l’ Osteoma- lacia e Rachitide. 2. j\on esser costituito il male di una residenza lo- cale nelle ossa ma come una dimostrazione localizzata come nella podagra. 3. Doversi considerare come un vizio a se, primi- tivo, indipendente da tuli’ altra diatesi nota , e specifico come le scrofole, il cancro ec. 4. Appartenere la sua natura al genere delle atrofìe per la forma espressiva, per vizio di assimilazione e di- sassimilazione , e per perturbamento dei fenomeni della chimica vivente. o. Circa al trattamento convenevole all’ Osteomalacia considerando gl’ insuccessi dei varj melodi tenuti, ed oscu- rità sulla sua natura, bisogna starsene a quello analitico , scuola di Monpelier, di Barlez, abbracciata da Dumas, Berard, Quissac, Bcnouard, ed ultimamente, (scuola di Ausburg,) di b orge! (1861). Metodo sintomatico, ma con- sistente nella scelta dei sintomi primi e dominanti per adattarvi dettagliatamente le medicazioni rispettive , al dolore , all 'atonia, alla denutrizione, alla g astri cità, allo stalo fcbrile , al vizio linfatico, ed intanto aspettare che nuovi tentativi empirici o razionali ci scoprono i far- maci specifici, come da più secoli attendono la loro cu- tagione la rabbia, il cancro, la gotta, la tisi lubcrculare, 1 epilessia, 1 apoplessia grave, l’elefanziasi, la plica po- lonica, gli aneurismi interni, la follia, 1’ asma organico, la paralisi organica, l’erpete, Talliamosi, c le febbri pe- stilenziali tulle, compresa la colera per cui i 100,000 fran- chi del Briand sono restali infruttuosi sulla banca di Fran- — 134 — eia sin dai 1845. Il secolo 19° con tutta la sua lumi- nosa coorte di progresso positivo nelle scienze fisiche , lascia alla posterità queste gloriose scoperte , come una eredità, che ha bisogno i lavori e gli accidenti riserbati al tempo, come il vero maestro della ragione umana. SULLA POSSIBILITÀ DELLA ESISTENZA DI ELEFANTI INDIGENI IN SICILIA NEL PERIODO QUATERNARIO BREVE DISAMINA LETTA NELLA TORNATA ORDINARIA DEL 20 GIUGNO 1861 DAL SOCIO PRIMO DIRETTORE ®0 »ei Svisigli enen? ,lerzia,'i0 era «ià emerso> e soprap- ponevasi alla base del secondario. 1- / ,lb abbiamo , su quali può appoggiarsi la Ì eno'7 S°"0: J: Difee « denti 'di umLdon.e nel in ó mi n? • M'OC,ene di Sicilia : 2. Difese c denti ol.u, di elefanli nel Pliocene: 3. Difese, denti, ossa n ud ili ’ d 'Pr;P0lami e d' cervi , nelle grotte non ungi dalla riva del mare; non che denti di iene, copro- nli> e selci lavorale a modo di strumento tagliente, nello in o superiore della breccia deposta nelle stesse grotte, ì * ress° ^astrogiovanni, nel terreno nummulilico , e nel terreno Miocene di Nisccmi e Grammichele , come pure nel calcano inferiore dei contorni di Paterno , si sono scoperte difese e qualche pezzo di mascella di ma- stodonte. INel Pliocene, poi, non son poche le difese ed i denti molari di elefante; però di grandezza e lunghezza minori di assai a quelli di mastodonte. La difesa di mastodonte che abbiamo nel Gabinetto . c!ue1sla Università, è lunga sette piedi, con mezzo piede circa di grossezza alla base , che chiaramente fa cono- scere non essere intiera , mancandovi la parte concava della radice. Questa fu scavala nel calcario inferiore dei contorni di Paterno , nel rompere la roccia ad uso di pietra da taglio. Il pezzo che io conservo , del terreno Miocene di rVisccmi e di un piede e due pollici, che costituisce parte della radice di una difesa, che doveva essere di sei piedi e mezzo, almeno, di lunghezza. L altro, pure in mio potere , e quello della stessa lunghezza, a un di presso , che si conserva nel sudetto Gabinetto di questa Università, sono del Pliocene dei con- torni di Menili. In quelli del Miocene di Grammichele, che si tro- — U2 — varono ammassati in un punto solo del terreno , benché piccoli quasi lutti , si trovò pure , la parte ossea di un corno bovino, che è difficile potersi riferire al lìos urus , o ad altro di epoca posteriore. La mascella con otto resti di denti mamellonati, che la possiedo, fu trovata nel nummulilico di Caslrogiovanni. Di altri resti che esistono in Sicilia , trovali nello interno dell’ Isola, nei terreni e non già nelle grotte, io nulla posso dire non avendoli mai veduti ; ed ò deside- rabile , che i possessori di essi ne pubblichino i rendi- conti, per meglio assicurarci della loro giacitura. Fin qui possiamo con molla probabilità pronunciare, che prima del periodo quaternario , vivessero in Sicilia mastodonti ed elefanti, e qualche animale bovino. Nò ciò si oppone allo stato del terreno di quel tempo; il quale emerso di fresco, esser doveva umido, c capace di rigo- glioso erbaggio, e di altre piante* La mancanza però di resti di ippopotami e di rinoceronti , non che di tapiri e di paleolerii, per quanto ci è nolo fin’ ora, fa dubitare della esistenza di suolo paludoso in quei tempi. Ma la presenza degli Elefanti sembra incontrastabile ; e quindi per questa parte , i fautori della vivenza degli elefanti indigeni di Sicilia , sembra che abbiano motivi baslevoli 0 7 per sostenerla. Nel miocene di S. Calogero, golfo di Catania, non mollo distante dal silo ove io stesso potei tirar dalla roccia di quel calcario una piccola difesa elfanlina , rinvenni pure un dente dell’ Ursus Spcleus piclrafalta aneli’ essa; ma nessun’ altro restomi viene fatto scoprire. In quanto riguarda la struttura di tutte le dii esc elefantine fin’ ora citate, posso dire, essere in tutti della stessa natura. Sono esse conico-allungale ed alquanto curve, formatei di amine concentriche, che, nelle pietre- fatte, facilmente si distaccano una dall’ altra; c l’essere — 143 — la loro radice concava, formata soltanto dalle ultime la- mine di maggior circonferenza, richiama l’attenzione del tisiologo, su modo di accrescimento di queste difese, thè se esse derivassero da replicate deposizioni di so- stanza calcarea, segregata dalla membrana che ne copre la radice, allora la difesa dovrebbe crescere da fuori in dentro; vale a dire che la parte più solida, e più pic- cola nel tempo stesso della difesa, o, a meglio dire la piu piccola lamina interna circolare, avrebbe dovuto es- sere formala la prima, e le altre gradatamente dovevansi ad essa avvolgersi; ed in tal caso la parte concava che vediamo esser la maggiore in circonferenza, non poteva aver luogo, a meno clic non si supponga che lo accre- scimento della difesa si facesse come verso la punta così verso la radice; ma anche in questo slesso caso la parte concava non poteva aver luogo, perchè tutta solida esser doveva la radice. Pare dunque che in alleo modo spie- garsi non può lo accrescimento della difesa elefantina che riguardandolo come operato nella stessa «misa dei tronchi degli alberi, che van formando la struttura con- centrica del Uber da dentro in fuori exosmosicamente. Questa mia maniera, però, di concepire tale accrescimen- to, io non intendo sostenere, contro le ammirabili osser- vazioni fisiologiche e microscopiche del sommo Cuviev e dell’ insigne odontografico Owen; e la presento soltanto con quella nserba, con la quale un semplice coltivatore della scienza deve esporre le proprie idee, in argomenti ampiamente trattali da celeberrimi autori. lia gli alili pezzi di difese del terreno pliocenico fra le alternanze del calcario e del materiale vulcanico ’ un resto di difesa, di 14 pollici di lunghezza , rotta in tre porzioni, ci venne dai contorni di Mililello, investita in palle di un arena addensala , calcarea quasi tutta con detrito e piccoli frantumi di roccia vnlcanica. Rotta in ATTI ACC. VOL. XVII. o . — 144 — tre ineguali porzioni: la grossezza è di 3 pollici (inglesi) e tre linee di diametro , alla base attuale , e poli. 2 o 4 linee alla estremila che ancora non arriva alla sua vera punta. La struttura è particolare, e direi anche sin- golare; imperocché, lungi di essere tutta a lamine con- centriche come quella delle difese elefantine , essa è dì sostanza compatta , uniforme col solilo forame centrale che percorre tutta la difesa; e solo due tuniche concen- triche alla superficie esterna , petrefatte anch’esse , ma che si frantumano in iscaglie laminari e sottili. Ma quel, che più d’ ogni altro rende nuova questa struttura, si è un numero di forami, distribuiti in giro, due linee circa sotto le due tuniche esteriori , ed occu- pano una gran parte della sostanza solida di tutta la difesa ; e lutti questi forami si estendono longitudinal- mente per tutta la lunghezza di quella, seguendo costan- temente la direzione stessa; sono essi alquanto logori, nè tulli della stessa grandezza: ripieni di sostanza granellosa calcarea, che non corrisponde per nulla alla qualità del terreno clic la copriva , e che sta aderente a tutta la difesa. Questa sostanza si rassomiglia, più che ad altro, ad un minuto aggregalo di frantumi slalagmitici , a su- perficie semicrislalline. Tali forami sono , in ogni pezzo della difesa , al numero di undici: c visibilmente si corrispondono, avvi- cinando fra loro i pezzi. Si prenderebbero , a prima giunta , per una carie della sostanza ossea della difesa; ma guardando alla loro regolare e continuala direzione , ed al numero sempre corrispondente per tutta la lunghezza di essa , questa idea non può fissarsi ; e la loro irregolarità di contorni pare più tosto doversi attribuire al tempo struggilore , ed alla introduzione della sostanza stalagmilica ; la quale ha riempilo del pari il forame centrale, comune a Lulle — 143 — le difese, e dirò pure a tutti i denti di forma cilindrica, ed anche alle radici di quelli molari di altri animali. Cosa mai esser potevano dunque quei forami? Ecco quanto resta a scoprire. Nulla ho potuto ricavar, su di ciò , dalle opere dei Paleontologi ; nè anche da quella stupenda, del signor Owen. Ad ogni modo, mi adoprerò, per quanto posso , a cercar di venire a capo di questo rimarchevole oggetto; ed ho cominciato dallo inviare un pezzo di questa difesa al celebre signor Lycll in Londra onde consultarne lo stesso Owen, non che qualche altro valente geologo di quella illustre nazione ; e non man- cherò di comunicarne i resultamenli alla nostra Società. Dai resti fossili elefantini , passando alle grotte ad ossame, queste fin’ ora non si sono trovale nello interno dell’isola, o almeno non se il’ è fatta la dovuta ricerca, in quelle principalmente che abbondano di stalattiti e stalagmiti, non lontane da alvei di torrenti, ove le par- ziali alluvioni avessero potuto trasportarvi morti animali; o che fossero servile loro di ricovero. Quelle che noi conosciamo sono tutte vicine al lido del mare , o poco lontane, in luoghi che formavano un tempo il lido stesso. Questa circostanza è notevole, per tulli i resti di animali che in esse rinvengonsi ; e principalmente , per le tante Ossa, mascelle e denti d’ ippopotami , non che di altri resti, che andcremo notando. Abbiamo di sopra considerato, che se la Sicilia, al principio della emersa formazione terziaria , era capace di alimentare rigoglioso foraggio erbaceo, ed altre pian- te, non era, però, paludosa; e prova ne dà la mancanza delle torbiere , lestimonii della macerazione e passaggio a melma delle piante palustri. Gl’ ippopolami , per con- seguente, non potevano vivere e moltiplicarsi in un ter- reno, se non arido affatto, mancante al certo di abbon- danti acque stagnanti; nè a ciò potevano supplire i fiumi, — UG — che più tosto torrenti possiamo chiamare quelli di Sicilia; dei quali tranne i tre principali, cioè il Simulo, il Salso ed il Platani, lutti gli altri sono pressoché aridi alvei in està. Tanta quantità, quindi, di ossame e denti d’ ippo- potami delle nostre grolle , non pare che possa riferirsi ad animali indigeni , per quel che si è considerato ; e trovandosi in luoghi ove il mare batteva, e più naturale il crederli da quello rigettali sui nostri lidi. In questi stessi luoghi, oltre alla grande quantità di denti molari d’ ippopotami di ogni età dell’animale, delle loro difese ed ossa , si trovano pure difese elefantine e denti molari che li caratterizzano , in mai> cl>e contiene frani- calcano, conchiglie terrestri di gran taglia hen conservate non che frammenti delle stesse : d demi di d sfdf *C f6 CaVall°> " ,ull° «■ rèsti molo Sin e 1 "f ,e’ d‘ pezzi di caTho™> di masse ar- gillose die sembrano terra colla , di oggetti di silice voi ale di vani colori della tinta lattea o affumata della Calccdoma a quella del Diaspro. Questa breccia sta so fidamente aderente alla volta' delta caverna, eTè f™ purte rivestita da uno strato stalattitico. Nella regione ' frolò viciìioV C 'C Iè d'rella VerS° S‘ S’ E' r «'moro trovo vicino la piccola apertura, una grande quantità di cop olili di Jena , disseminati in una pasta calcarea, con- tenente frammenti di carbone, ma priva di conchiglie e i ossame; il tutto era parimenti fissato alla volta. 'Nella par e piu profonda, là dove la volta si abbassa verso il suolo, si trovarono aderenti ad essa, dei lembi conside- ™ I Hna Pasla calcare , ricoverta da uno strato di latin, ocracee. Queste masse contenevano numerosi frammenti d. oggetti Silice lavorala, mescolati ad altri rammenti di ossa e pezzi di carbone; ed in tutti i punti ove la incrostazione di stalattiti della volta si è trovata simili’ * tollor Falconer ha potuto osservare dei fatti In quanto a ciò che concerne gli oggetti di Silice il maggior numero di essi presentano forme definite. Sonò lunghi, stretti e sottili, aventi un lato formato da una superficie concoide ed unita, e l’altro lato da uno spigolo longitudinale , o dunque da una faccetta concava , che rimpiazza lo spigolo. In quest’ ultimo caso il secondo lato e formato da tre iaccette. L’ amore afferma che questi istrumenti somigliano perfettamente in tutte le particola- rità della loro forma, ai coltelli in Ossidiana del Messi- — 154 — co, ai collelli di Stonelongc, di Arabia e di alcune altre località. Egli pensa , che siano siati fabbricali tagliando in lamine gli angoli dei lunghi prismi di pietra. Questi frammenti sono con resti di ossa, conchiglie ec. cc. nella breccia della volta , ove trovansi in grande abbondanza. I frammenti di Silice amorfa sono assai rari, e non ve- donsi allo stato di blocchi, nè nella caverna, nè nei suoi contorni; al contrario si trova della Silice di ugual colore nella calcarla ad Ippuriti dei dintorni di Termini. Relativamente alla spiega dei falli , pensa , che la caverna di Maccagnone abbia subito molti cangiamenti di livello ; e che lo accumulo della breccia ossea , nel suo sotto-suolo c fuori della grotta deve essere rappor- tato ad una epoca, in cui la caverna era a malapena al di sopra del livello del mare. Chiama 1 attenzione su que- sto fallo , che sebbene le cop colili di Jena sono cosi abbondanti nella volta e fuori della caverna , non vi si trovano ossa di Jena dentro; e rilevando ancora 1 assenza assoluta di resti di piccoli mammiferi (rosicchiatovi), ne conchiude « la caverna, nel suo stato attuale e con il presente suolo, non essere stata abitata da questi ammali. L’abbondanza cosi considerevole di ossa d ippopotami mostra che le condizioni fìsiche , in cui allora trovayasi la contrada, erano ben diifcrenli di come sono oggi gior- no. Pensa, in seguito, che tutti i depositi formali dopo la breccia ossea sino alla volta, siano stali trascinati nella caverna dalle acque , a traverso le numerose crcpacce , che si aprono nel calcario. Lo strato superiore formalo dalla breccia di conchiglie, di frammenti di ossa, di og- getti di silice, di terra colta, di carbone e di c oproliti di Jena , siano stali cementali alla volta , dagli infìllia- menli slalagmilici; e le grandi e fragili Elici, trovandosi ben conservate, mostrano che questi fenomeni si son ve- rificali senza il concorso di azione violenta. — 135 — Nulla può far supporre che i differenti oggetti tro- vali nella breccia della volta siano stali , in quanto alla loro origine, contemporanei gli uni agli attri. Ad una epo- ca più recente la contrada è stata fortemente tormentata; talmentechè la direzione delle sorgenti sotterranee è stata modificata ; c la porzione del contenuto della caverna , che non era ancor solidificaia dal cemento slalaemilico , e stata trascinala fuori dalle acque. 1 resti di questi frammenti organici esistono ancora al di sotto della ca- verna in formagli masse di cenere «pastoia, contenenti degli ossami. E probabile clic un lungo periodo sia stato necessario alle estinzione delle jenc, del leone delle ca- verne e di altre specie estinte ; ma non è possibile va- lutarne la lunghezza. Finalmente 1’ autore chiama 1’ attenzione dei Geologi su due falli; 1. La caverna di Maccagnonc si è riempita sino alla volta , ad un’ epoca in cui 1’ uomo di già esi- steva, cosi uno strato spesso di frammenti di ossame, di conchiglie terrestri, di coproliti di Jena e di coltelli di Silice, sono stali agglutinali alla volta dagli infiltramenti di acqua, contenente in soluzione del carbonato di calce. 2. Più lardi , e per conseguente nel periodo dell’ uomo nella Terra, la contrada ha subito un cangiamento con- siderevolissimo di configurazione; una parte del contenuto della caverna è venuto fuori , ed il resto è rimasto ac- cumulato alla volta. Biblioteque universelle — Bemie Suisse et etrange - re — Arcliives des Sciences Physiques et Naturelles LXI année — Nouvelle periodo T. septieme n. 25 — 20 jan- vier Genere 1860 . ; . • , •» SULL’INGRANDIMENTO DEL PORTO DI CATANIA MEMORIA I.a COMUNICATA ALL’ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI NELLA TORNATA ORDINARIA DEL DÌ 5 DICEMBRE 1861 per CARMELO SCIUTO-PATTI Dottore in Architettura, Professore sostituto provvisorio alla Cattedra di Geologia e Mineralogia nella R. Università di Catania. Membro della Commessione Esa- minatrice per l’ammessione al corso nella facoltà delle scienze fisico-matemati- che , delle Commessioni per gli esami speciali d’ Architettura e di Geologia e della Commessione per gli esami generali in detta Facoltà. Socio attivo del- F Accademia Gioenia di Scienze Naturali , Corrispondente della Società Econo- mica della Provincia di Catania, della Senckebergiana di Francfort sul Meno, dei Fisiocritici di Siena, dell’ Agraria di Pesaro, del Petrarca di Arezzo. Ingegnere Dir. Esecutore dei lavori per l’irrigazione della Piana di Catania, ec. ec. Si desimi vires tamen est laudando, voluntas. ATTI ACC. V0L. XVII 22 . J • Tout dans un port de mer doit étre su- bordonnè à la facilitò de l’ entrée et de la sorde. De Cessart — Descrip. des trav. hydraul. tom. 2, pag. 30. I rapidi progressi del nascente commercio calanese , ci han a chiare note addimostrato la insufficienza del Porto eseguito; e questo , tuttoché ancor non completo , esige un ulteriore considerevole ingrandimento. Per convincerci di ciò basta solo por mente alla estensione della super- fìcie effettiva atta a contenere i legni ancorali nel porto; la quale essendo di met. quad. 31140 , compresa la Dar- sena , risulta trentasei volle inferiore a quella del porto di Genova (1), quasi il quinto di quella di Civitavecchia, ed il terzo di quella dell’antico porto di Livorno , che si avea fama di piccolo ! (2) ; ciò che dimostra una picco- (1) Malgrado la significante estensione di questo porto si va all’idea di altro ingrandimento. (2) La superficie dell’ antico porto di Livorno , non compreso l’ ingrandimento ultimo, era di met. quad. 91161; cioè tre volte maggiore di quella del porto di Catania nello stalo attuale , pure giudicata troppo angusta e non corrispondente all’ esigenze del livornese commercio, è stata ollremodo estesa mercè la costruzione di un antemurale curvo della lunghezza di met. 1000 oltre ad una diga retta di met. 550 in lunghezza , le quali opere neppure giu- dicansi nell’ attualità soddisfacenti. — 160 — lezza assoluta in confronto a lutt’ altri porti della nostra Penisola. Lo che ha di già cominciato a preoccupar la mente di coloro, cui incumbe tutelare e dar il conveniente incremento al nostro commercio (1). Si è per ciò, Soci ornatissimi, che, penetrato anch’io, nella mia pochezza, di tanto interesse , vengo quest’ oggi ad intreltenervi e ad interessarvi , richiamando tutta la vostra attenzione e solerzia su di un argomento, che cotanto interessa la no- stra lulura prosperità , e che forma oggi in ogni citta- dino , come lo fu per tanti secoli nei nostri maggiori , il sospiro , quello di veder murato un porto alle mura della loro città, il principal pensiero, quello cioè del con- veniente ingrandimento. La esistenza di un porlo in Catania è di un dupplice interesse diretto. — L’uno tende allo svolgimento mate- riale del commercio attivo, cotanto oggi mai rimarcabile ed interessante per questa parte dell’ Isola; perlochè sin dall antico ne fu sospirata la esistenza (2) , e tanti tra- vagli i nostri padri sudarono e stenti e dispendi per man- darlo ad effetto, e come le tante volte disfatto dall’elemento distruggitore, con egual pertinacia ne tentarono sempre la riedificazione , sino a tantoché ai nostri giorni ci fu dato una volta di gettarlo (3). L’altro è meramente uma- nitario e di universale interesse. (1) La Civica rappresentanza con deliberazione del dì 1 maggio ultimo presentava un voto al Reai Governo, perchè l’opera dichiarata venisse Nazionale. (2) Sin dall’anno 1438 i Catanesi implorarono dal Re Alfonso d Aragona la costruzione di un Molo , e che al '1840 già si ebbe Ricominciamento sotto la direzione di un Buontìglio Anzalonc da Messina.— V. Amico Cai. illusi, lom. 2, p. 300. (3) La costruzione del Molo di Catania oltre al 1440, i di cui resti duravano sino al 1580, è stata ripresa nel 1000 — 1030 — 1039 — UGO — 1782 — - 1792 — - 1841. — 1 Gl — L pur tioppo lunga la serie dei naufragi avvenuti nel nostro golfo a navigli sia attirati dal nostro commercio, ìi19 mi iS1 fosser trovali navigando per la costa orientale dell Isola, i quali da traversia colti e sospinti, precipua- mente al montare Capo S. Croce, provenendo dal Nort, od il monte lauro provenendo dal Sud, remanendo sotto- vento , non trovando un porto che li salvi , sono andati miseramente a rompersi in fondo al Golfo (1). « Imperciocché, scriveano Cappetta e D’Amico, nel oro rapporto sul progetto del Molo in Catania (2) , un bastimento che s ingolfa , non può mai reputarsi sicuro della sua sorte non avendo un porto da sottovento* sor- preso dalla traversia vorrebbe montare or 1’ un Capo or 1 altro, infuria il vento, il mare si commuove, e deside- i oso al loia di uscire da quel pericolo, stringe al più presso , e sforza 1 alberatura a contenere quelle vele, che in piopoizione del vento dovrebbe serrare ; diminuendo 1’ angolo d’ incidenza del vento e tenendo elevalo , oltre il dovei e, il centro di sforzo di tutte le vele, mentre il punto velico s abbassa per la soverchia inclinazione del naviglio, la impulsione assoluta del vento, scema di forza, spinge alla immersione; quindi il concitato mare la vince sulla velocità, ed il pilota smarrito in tanta perturbazione dei contrastanti elementi e mosso dallo istinto di cam- pale da quel pressantissimo pericolo, tien fiso l’attonito sguardo a quei capi che gli reslan da sopravenlo , e si avvicina man inano alla perdizione, per quegli sforzi me- (1) In gennaro del 1859 solamente, perirono nel nostro solfo 15 bastimenti , undeci dei quali all’entrare nel nostro porto, che fatalmente trovossi la parte tranquilla di esso interamente occupata da bastimenti e quindi incapace a ricovrarli, con una violenta traver- sia del l\. i\ L. ed in ottobre del corrente anno quattro colla traver- sia del vento sudetto. (2) Pag. 10. — 1G2 — desimi dai quali il salvamento sperava. In simili casi ben si desidera un porto da sottovento , onde evitare i disastri descritti , massime nel golfo calanese , ove la frequenza del commercio , più che la incuria dei piloti è la vera deplorabile cagione, per cui tristamente ricordatisi i mi- serandi casi avvenuti. » Che il commercio catanese poi sia a tale stato di floridezza pervenuto , tuttoché nascente , perchè si abbia un più grande e sicuro ricovero, che non è affatto l’at- tuale, è pienamente conosciuto ; essendo stato nel modo più evidente dimostrato dai documenti officiali indicanti i movimenti stessi del porlo (1). (1) Quadro statistico dei legni arrivali e partiti nel corso di un decennio dal 1849 al 1859. Anno Arrivali Parliti 1849 931 915 1850 1627 1585 1851 1780 1850 1852 1855 1802 1853 1758 174G 1854 1712 1798 1855 17G2 1767 1850 1930 1930 1857 19G9 1951 1858 2220 2246 1859 222G 2245 Dal superiore quadro rilevasi, oltre allo incremento progressivo del nostro commercio per la costruzione del molo attuale , e che aumentava il movimento dei legni col progredire delle opere, rile- vasi altresì nel più chiaro modo la insufficienza del porto eseguito, e come restando nell’attualità il nostro porto, resterà pure stazio- nario il nostro commercio , dapoichè essendo il numero dei legni arrivati nel solo anno 1859 222G ne risulta: essere la superiore cifra la massima conseguibile per la estensione del medesimo, non potendo stanziarvi nell’ attualità più di 48 legni in tempo di calma, come risulta in fatto la cifra media dei legni, ritenuta la loro di- mora in porto di soli otto giorni ; quindi perchè progredisca oltre il nostro commercio è giocoforza ingrandire il porto, altrimenti non — 163 — P altra parte, se per Io passato riconoscevasi la ne- cessita di murare un porlo , altra necessità sentesi oggi pel suo ingrandimento. Il progresso presente ed avvenire, umanità e la civiltà esigono che il nostro porto sia di approdo piu facile e comodo che nel presente. « La na- vigazione a vapore sempre crescente , e che terminerà , al dir del Coni. Alessandro Cialdi (!), per formare del mediterraneo il suo regno, richiede più spazio libero ed a ridosso delle onde , di quello che abbisogna pei soli legni a vela. La guerra di centesimi, che oggi si fa il commercio , vuole che al minimo possibile siano ridotte le spese di operazioni commerciali, onde far fronte alle altrui concorrenze. » È massima , notava il snllodalo scrittore, che il commercio f'ugge quegli stati , i elicili porti sono di cattivo accesso e d1 incomoda stanza. Lna citta opulenta, grande, bella, sempre crescente, ed una delle più commerciali dell’ Isola , ha bisogno di migliorare ed ingrandire Io scolo che dà vita e ricchezza alla sua industriosa popolazione, nello stesso rapporto che ha ingrandito e migliorato il materiale delle case e dei palazzi. Nè ciò basta: ancor più estese e potenti ragioni consigliano rilevante ingrandimento del porto. Le strade a guide di ferro di prossima esecuzione per Io interno dell’Isola, ed altri punti, che faran Capo in Catania, ne potrà aversi un maggiore movimento di legni. Ed in tempi di tra- versia, che i legni ormeggiati richiedono maggiore spazio per non ìompei si fi a loro urtando col movimento delle acque smosse, possa piu Tegual numero esservi contenuto? e quale la parte destinata a ncovrare quelli che sopraggiungeranno, qui diretti ad asilarsi per campare dal pericolo?! La è troppo chiara. Sono cifre che parlano! (1) Risultamenli di studi idrodinamici , nautici e commerciali sul porlo di Livorno. Gior. dell’ Ing. Arch. ed Agronomo. Anno MI pag. o9o. Milano 1858. — 164 — formeran sempre più in grande 1’ emporio commerciale della Provincia tutta e dell’ interno dell’ Isola. « Il prodotto dei porti è espansivo. — Il comodo ed il buon mercato di essi constituiscono la ma^iorc ab- bondanza dello Stato, perchè vi si pongono ad utilissimo fruito le ricchezze tutte del paese; quindi spendere giu- diziosamente per essi, è spendere per benefizio comune, anzi universale (1). » In forza adunque della meschinità del porto attuale, ed in virtù di questi titoli, non può non riconoscersi la necessità di renderlo utile e conveniente. L’ umanità , la civiltà, la vita di Catania, la ricchezza della Provincia ed il benessere della Sicilia tutta lo richiedono. E degna quindi di tutta la vostra attenzione , Soci preclarissimi , la discussione e lo esame del progetto di ingrandimento del Porlo Catanese, che ho l’onore di som- mettere alla vostra saggezza, onde degnarvi fornire tutti quei lumi che la vostra dottrina saprà all’ uopo suggerire. Però il progetto, che vi presento, non debba da voi ri- guardarsi come compiuto, e che oltre alla limitata sfera di mie conoscenze in questa parte di scienza , il tempo e le circostanze non mihan permesso d’ apportarvi il con- veniente svolgimento, debba quindi da voi soltanto riguar- darsi come un semplice avanprogetto, da servire, per quel che si possa, di norma alla redazione di altro forse più convenevole e giudizioso. Inoltre , il lavoro che quest’ oggi ho 1’ onore d’ e- sporvi, non ha per oh bietto solamente che le considera- zioni nautiche e commerciali; e quindi quella sola parte, eli’ è la più interessante, comprendente le novelle opere che fa d’ uopo, a mio avviso, eseguire e come disporle, onde conseguirsi il sospirato ingrandimento; riserbandomi (1) Cialdi — Opera citala pag. 305. — m — # sommeltervi ad altra non lontana seduta , le considerazioni idrauliche ed artistiche sulle disposizioni da darsi alle varie parti dell’ opera; quale fra i moltiplica metodi, che nello stato attuale la scienza delle idrauliche costruzioni fornisce e la esperienza ci ha confermati, quello da pra- ticarsi per la stabile riuscita dell’ opera (1). Fra i vari progetti d’ ingrandimento del porto di Catania un solo è degno di esame (2). La Commessione composta dai signori Salvatore di Amico Tenente di Vascello e Diodato Cappotta Capitano del Genio, autrice del progetto del molo attuale, nel suo rapporto dato in Napoli li 26 ottobre 1836, avendo posto mente al prospero avvenire del nostro commercio (3) pro- ti) Spero di dare pure nella seconda parte uno stato presun- tivo della spesa. (2) Un progetto d’ ingrandimento pel porto di Catania è stato presentato alla Giunta Municipale, ma non essendo alla mia cono- scenza, che in modo vago ed incerto, non posso darne rapporto , però per quel che io mi sappia sembra mirare solo ad una modi- ficazione e prolungamento del secondo braccio del molo attuale ; progetto questo di nessun fondato giudizio od utilità , anzi nocivo al porto attuale restringendone 1’ entrata. . (3) La sullodata Commessione esprimeasi nei seguenti termini: « allorché le favorevoli circostanze della Valle Catenese delle quali si è diffusamente ragionato, produrranno quel necessario incremento al commercio cui presto vedrassi salire la Città di Catania dopo il gran passo che sarà per fare alla sua grandezza avvenire, al certo 1’ opera del Molo così proposta non potrà bastare alle sue occor- renze e vedrassi gremita di bastimenti la parte tranquilla su men- zionata , quando quelli che sopragiungeranno non trovando luogo che gli salvi da quella fortuna incontreranno a gonfie vele la perdi- zione » pag. 26. — Il corso appena di cinque lustri è stato suffi- ciente a confermare una tal verità, e disgraziatamente ancora la tri- sta predizione avverata il 12 gennaro 1858 ! dapoichè trovandosi il porto interamente occupato da bastimenti , quanti legni in quella fatale giornata qui diressero la prora per campare , sorpresi in ' alto mare da tremenda bufera, tanti ne perirono, andando tulli a rompersi nella costa Biscari! Vedi la nota di sopra. ATTI ACC. VOL. XVII. 23 — 1GG — gettava in secondo grado d’ urgenza la costruzione d’un antemurale o Guardiano; del quale segnava anche nella carta del seno e molo catenese la disposizione ed il silo. Esso Guardiano dovea aver principio nella direzione di Sud-Est dalla così della Pania del Pescatore , di- stante dalla medesima canne 132, ed estendersi sino ad un punto che guardar dovea per Norl-Owest 1’ estremità del martello del molo alla distanza di canne 134, asse- gnando allo stesso una disposizione curva, all’ oggetto di conseguirsi un’ aja maggiore non solo, ma sihbene, affin- chè le torbide ed i marosi fosscr respinti per la dire- zione delle tangenti , e nello interno si evitassero gli interramenti per la libera circolazione delle correnti. Se- condo la della Commcssione un tal progetto d’ ingrandi- mento ridurrebbe tutta 1’ aja compresa tra il molo e la costa di rincontro ad un porto spazioso , tranquillo ed immune da risacca , ove potrebbero star sicuri meglio che 180 le gni (1) di varia grandezza tra di commercio e di guerra , oltre un gran numero di piccole barche , che potrebbero ricovrarc nel più interno seno che la spiaggia arenosa comprende. Or un tal progetto a mio avviso non è affatto di attendersi. Lungi da me qualsiasi idea di censura dcl- T opera altrui ; ma non posso dispensarmi dal sommet- tervi: clic un tal progetto, oltre al non esser corrispon- dente al bisogno , presenta un qualche dubbio sulla fa- cilità delle manovre ai navigli per Io ingresso ed uscita dal porlo in tempi fortunosi o contrari, da richiedere tutta la possibile perizia dell’ arte del navigare ed esattissima (1) Questo numero sembrami esagerato di troppo, c credo esservi errore di stampa; il porlo attuale compresa tu darsena in tempi di traversia non può contenere più di 40 legni tra grandi e piccoli ; costruito il guardiano dei signori Cappella e d’ Amico, non potrebbe contenerne al massimo clic 80 tra grandi e piccoli. — 467 - conoscenza del silo; a segno da indurre quella commes- sione a dare lina teoretico-pralica dimoslrazione delle ma- novre per scansare di rompersi e guadagnare il porto (1); oltie a ciò una tal disposizione del Guardiano in esame sembra non dover dare un risultato compiuto di tranquil- lità nella parte interna del porlo, non rimanendo intera- mente difesa la bocca alle irruzioni del E. S. E. nella estensione di una zona che non trova opposizione giun- gendo nel porlo; tuttoché a loro giudizio, questa "zona per la sua strettezza dovrebbe affievolirsi per lo scontro, che verrebbe a subire ai suoi estremi sulla punta forana del Guardiano e su quella del martello, andando a per- dersi sulla costa Biscari ridotta a dolce pendio (2); pcr- locliè avrebbesi dovuto protrarre più verso il IV. E. E. il guardiano in quislione, ma il vantaggio che ne ri- sulterebbe, a loro stesso avviso, non compenserebbe giam- mai la difficoltà dell’ ingresso più dell’ uscita ai basti- menti che n’ emergerebbe (3). Il cennato progetto quindi del Guardiano dei si- gnori Cappella e D’Amico non è d’attendersi, non solo per le succennale difficoltà di manovrare in tempi fortu- nosi o contrari per 1’ entrata ed uscita del porlo , o per la interna tranquillità , al che forse risponderanno gli studi degli esperti che lo progettavano, o per altri dubbi che potrebbero obbiellarsi (4); ma per la limita- ti) Pag. 21 del cennato rapporto. (2) La sutlodata Conunessione inculcava come indispensabile lo spianamento della Sciara Discari a dolce pendìo per spegnere 1’ urlo dei flutti , lo che sembra di diffìcile conseguimento , quan- tunque si fosse di ottimo risultato per la interna tranquillità del porlo. (3) Pag. 21 del citalo rapporto. (4) Principalmente quello che riguarda la materiale stru ura a pietre perdute, e che potrebbe produrre sì tristi effetti, un solo relativamente alla stabilità dello stesso da andar disfatto , ma al- — 168 — zione del progetto in se slesso , in nulla corrispondente all’ esigenze del commercio calanese , che abbiam visto in men d’ un ventennio meravigliosamente svilupparsi, ed accenna ad ulteriori non ordinari progressi, avendo lutti i dati a ben sperarlo, non essendo ancora per nulla uscito d’infanzia il migliore avviamento dell’industria agricola e manifatturiera della nostra ricca ed ubertosa provincia. A tal proposito non crediamo senza utilità ripetere le parole dell’ illustre ingegnere francese M. Reibell, il quale cosi esclamava: « Le vice général de la plus part des Ports et Rades exislanls , c’est d’ avoir été concus primilivement sur unc échelle trop pelile en vue seule- ment des besoins primitifs. Qn a oubliè qu’il est bien plus difficile et dispendieux de démolir aprés coup des ouvrages à la mer, que de les exécuter loul d’abord d’a- prés les plus larges prévisions de l’avenir. » Però vaglia il vero, non è d’attribuirsi a grettezza d’ animo in loro lo averci additalo un tal progetto. La quasi nulla esistenza commerciale nei tempi quando il progetto veniva redatto, e le ristrette finanze di un Co- mune, a di cui solo peso dovea gravitare la enorme spesa della fondazione di un porto, loro vincolarono e tortura- rono l’ ingegno a ridurre il tutto al men che si fosse possibile, e che certamente ai nostri giorni e nelle pre- senti condizioni loro non avrebbe mancato ingegno e sa- 1’ opera eseguila rendendola di difficile approdo. Nella VI Leltcra sui Lavori del Molo di Catania di un Calanese al signor N. N. a pag. 12 si legge: « ho tutta la ragione d1 essere agitato alla sola idea di un progetto per un Guardiano al Molo di Catania, super- fluo dispendiosissimo di mal sicura costruzione , che rende diffi- cile V entrala del Porlo , che ne agevola lo interramento , c ne minaccia la totale chiusura. » — m — pere e grandezza d’animo a ben altrimenti progettare (1). Una delle principali ed essenziali condizioni dell’ ot- tima disposizione d un porto, più che la interna tranquil- lila e sicurezza , dev’ essere la facilità dell’ ingresso in tempi fortunali o burrascosi, con venti traversieri o con- trari , molto più quando un porto si giace in fondo ad un golfo, ed in un golfo soggetto a straordinarie mareg- giale, provenienti da lontane regioni, quale si è il golfo di Catania esposto alle più significanti traversie in questa parte del mediterraneo, consistendo in ciò il primo scopo clic deve aversi nella soluzione di un tal problema, quello cioè di faciliter la navigation dans tous les istante* possibles (1), essendo il grand principe que tous dans uh pori de nier doit elre subor donuh à la faedite de rentrée et de la sartie , sentenza pronunziata dal più competente Consesso in siffatte materie cioè dal Consiglio Supremo di Ponti e Strade in Francia riportala dal si- gnor De Cessarl (2). Altra essenziale condizione dev’essere nel nostro ca- so quella di offrire tutta la possibile grandezza, perchè possa pienamente corrispondere all’ esigenze del com- mercio più prospero, cui aspiriam di pervenire non solo, ma ancora ad ollrire pure contemporaneamente una co- moda stazione pei legni da guerra, e servire quindi an- che ad un tempo di porlo militare. Sotto questo dup- plice aspetto e stalo da me studialo e disposto il prò-* . W 11 si"nor De Tommaso, nel suo progetto del molo per Ca- tania, per economia di spesa progettava il molo rientrante al braccio di Zolli a , lo clic diminuiva quasi di un quinto la superfìcie atta a contenere i legni ancorali nel porlo; ciò dimostra quali principi guidavano quei costruttori ! 1 (2) De Cessart — Opera citata tom. 2, pag. 8. (3) Op. cit. tom. 2, pag. 30. - no — getto che ho 1’ onore di sommeltere al vostro salcio eiu- dizio (1). SB La parte del seno da ine progettala a servire di convenevol porto per Catania è compresa tra l’ estrema punta Larmisi e 1’ estremo orientale di Villa Scabrosa; è dessa che , a mio avviso , presenta tulle le possibili condizioni per un proporzionalo ingrandimento del nostro porlo sotto il doppio aspetto da me considerato, facillà somma d’ entrala ed uscita in tempi di traversia o con venti contrari, e maggiore ampiezza possibile e sicurezza. Una diga , o molo isolato, disposta in arco di cer- chio del raggio di metri mille determinato da una sottesa o corda di metri 1060 dovrà consliluire la gettala o an- temurale per la formazione del nuovo porlo (2). Essa diga sarà discosta dalla punta Larmisi per met. 170, e che appresterà per questa parte una piccola entrala al porlo. L’estremità forana sarà stabilita a metri 700 dalla punta più sporgente della Sciara Biscari e che for- merà la grande entrala del porto ed a met. SSO dalla (1) Da disposizioni governative rilevasi , volersi stabilire un porto militare tra Messina e Siracusa, verun altro miglior sito po- trebbe esser a ciò adatto che la marina di Catania. (2) Ilo preferita la linea curva alla retta per essere la più stabile, vantaggiosa ed utile ad un tempo, come fu praticato dagli antichi nel porto di Trajano , e raccomandata da tulli i classici moderni pour resister plus elJicacement à l'aclion normale cles vagues. — -Scanzin e Rei bell. Op. cit. toni. 5, pag. 289. Più re- centi ed accurate esperienze falle dall’ Ingegnere Bellinger confer- mano pienamente 1’ utilità maggiore dei inoli curvi a confronto dei rettilinei. Egli ne ha compilala una interessante memoria col titolo: Osservations sur la forme qui il convieni de donner aux ouvrages a la mer. Annali di Ponti e Strade, 1° seni. 1849, pag. 334. — Pei la stabilità poi della scogliera ho disposto dei pennelli a raggi attaccali alla stessa, come mostra la figura, onde impedire il movi- mento degli scogli , ma di ciò sarà tenuto ragionamento nella se- conda memoria. — 17 1 c s re in il a fo r a n a del martello del molo attuale sulla linea , 18 E. dello stesso, e risulterà a gradi 32° 49' 4j , 6 di longitudine orientale dal ferro , ovvero dal meridiano di Parigi 12° 19' 43", 6 (I) ed alla latitu- dine boreale di 37° 29' 48". . ^na lflI disposizione della Diga darà la maggiore ampiezza possibile al porto ; lasciando un grande spa- zio perfettamente riparato alle traversie comprese tra il E. ed il S. E. DaI!a semplice ispezione della Carla del seno e golfo di Catania , con tutta precisione ed esattezza delineata dal chiar. Barone Sartorius di Wallershausen da Gottin- ga (2) rilevasi : che l’apertura del dello seno trovasi esposta ai venti fortini compresi tra il rombo di Norl-Est e quello di Sud-Est i0° Sud; e però la traversia v’ è compresa per nove quarte circa di vento, ed è conside- (1) Per la determinazione della indicata longitudine dal Me- ridiano di Parigi , mi sono servilo dalla longitudine in tempo del detto mendiano da quello dell’Isola del Ferro in ore 1^ 22' e quindi in arco 20° 30'. La delta longitudine e latitudine è stata da me determinata sulla carta di Wallershausen, riferendola al me- ridiano che passa per la Chiesa dei PP. Benedettini di Catania al quale trovasi pure la indicata carta riferita , essendo stata ivi de- terminala la longitudine dal Ferro 32° 48' 3G", 4 e la latitudine boreale 37°,30’ 10" 6; essendo la distanza longitudinale ad oriente dal detto meridiano met. 1700 dà un aumento inarco di+O0 1' 9" 9 ^ ^ latitudine al sud di met. 1000 e quindi una differenza in arco di 0 0' 32", 4 facendo uso nella valutazione della grandezza del grado del meridiano calcolato da Wallershausen e "Peters pella delta meridiana in met. 110972, 74. e quella del grado del na- ralello met. 88408, 7. (2) Carta Topografica dell’Etna eseguita in Sicilia dal 1836 al 1843 coll’ assistenza dell’egregio C. F. Peters e dei signori Save- rio Cavallari e C. Boos ed espletati i rami nel 1860 in Gottinga, su della quale furono eseguiti i presenti studi e delineata la carta su maggiore scala, che accompagna la presente memoria. — 172 — revole per la lontananza delle regioni dalle quali pro- viene , tutelato essendo per gli altri rombi dalla costa che i due estremi Capi del Golfo comprendono. Pertanto come 1’ esperienza ci ha dimostrato il S. E. e 1’ E. S. E. producono nel nostro seno le massime traversie come provenienti dalle lontane regioni della Morea , Candia , Siria ed Egitto ; i quali venti veemente soffiando incal- zano impetuosi cavalloni che vengono a 'rompersi con ter- ribile fracasso su V erte e dirupate coste vulcaniche , che formano tutto il liltorale compreso tra il Capo dei Mulini e la Città di Catania e sulla bassa spiaggia are- nosa della Praja. Ciò essendo ho procurato stabilire la disposizione della Diga in progetto in modo d’ offrire un argine diretto ai venti tra i delti rombi compresi , principalmente a quello di S. S. E. che qui produce le traversie più significanti. Non va a dubbio che a rendere perfettamente tran- quillo tutto lo interno spazio, che conslituisce l’esistente ed il progettato Porlo , avrebbesi dovuto alquanto più protrarre verso Sud f estremità meridionale della Diga in progetto per lo meno altri metri 350; se non che a render viemaggiormente agevole f entrata nel porlo coi venti fortunali del N. E. oltremodo violenti , ed i più difficoltosi a superarsi per guadagnare f entrata (I), ho preferito d’ accorciarla anzicchc prolungarla, affinchè i na- vigli da siffatto gagliardo vento incalzati non si sotto - ventassero di troppo alla bocca del porlo per la velocità acquisita, dovendo stringersi troppo da presso onde non (1) Dal sunto delle osservazioni meteorologiche fatte nell’ Os- servatorio dell’ Università dal 1833 al 1846 rilevasi essere stato E. IV. E. il vento dominante, ed esser spirato con una forza mas- sima di 0,431. Vedi li sunti inseriti negli atti Accademici. — La Descrizione di Catania di F. C. pag. 254. — Gcmmellaro, Storia Fisica di Catania ecc. ecc. — 173 — correr rischio di rompersi nella vicina Costa Discari, la quale presentandosi quasi a picco contro la rotta del bastimento , è giocoforza che questo non di mollo vi si approssimi , ed il men possibile risenta gli effetti dei marosi che a quelle rupi si rompono; a sufficienza esteso risultando lo spazio perfettamente tranquillo che resta al ridosso dell’ antemurale proposto (1). La superficie perfettamente tranquilla, determinata dai rombi di N. E. e S. E, risulta di met. quad. 300000 circa (2), e quindi capace di comprendere un grande nu- mero di legni al sicuro di qualunque traversia, risultando per la giacitura della Diga i legni ormeggiati al coperto di tutti i venti che dan flutti nel nostro seno, oltre dello spazio che l’attuale molo comprende, il quale verrebbe a risultare maggiore, rimanendo difeso dalle traversie com- prese tra E. ed il IV . E, andando i marosi a rompersi nella costa orientale della Sciava Discari invece d’ ur- tare sotto il macello, dove la costa non essendo spianata a dolce pendio, dandovi di petto sono riflessi e con pari (1) Un più economico ingrandimento del nostro porto potrebbe anche ottenersi stabilendo la diga sotto il punto più sporgente del forte della Statua, e discosta dal medesimo met. 70 per la libera circolazione delle correnti , e 1’ estremità forana a met. 550 dalla • punta più sporgente della Sciava Discari ed a metri 475 dalla estre- mità del martello del molo sulla linea S. E. 4° S. Essa dovrebbe parimente disporsi ad arco di cerchio come trovasi indicato nella carta IV N — col raggio di met. 650 e che verrebbe a risultare in lunghezza met. 850. Però una tal disposizione della Diga tutto che di gran lunga più economica tanto per la minor lunghezza della stessa , quanto per la minor profondità delle acque, ed in quandoché risulterebbe più vantaggiosa alla difesa del porto attuale , non compenserebbe giammai i vantaggi che appresterebbe la Diga in progetto alla punta Larmisi ; ed il nostro porto così ingrandito non sarebbe che un mediocre porto commerciale e nulla più. (2) Cioè dieci volte maggiore dell’ attuale. ATTI ACC. VOL. XVII. 24 — 174 — forza nello interno del porto respinti; e però venendo a sturbare la tranquillità delle acque producono quella pe- ricolosa risacca , che la poca ampiezza del porto e la mancanza di sfoghi rendono talvolta cotanto risentila , e che qualche danno ha prodotto nello interno stesso del porlo (1). Tra le diverse specie di risacca, due sono piò no- cive alla stazione dei legni nei porti. Minarci chiama 1’ una di riflessione e 1’ altra di trasmissione laterale delle onde (2). Or amendue talvolta sperimenlansi nello interno del nostro porto provenendo la traversia dal 1° quadrante , e si è anche ad evitare V effetto d’ entrambi nell’ apertura del novello porlo, che ho preferito di ac- corciare anzicchè di allungare 1’ estremità della Diga. Di quanta facilità si fosse guadagnar 1’ entrata del porto in progetto a qualsiasi nave di qualsivoglia grandezza o portala coi dodici rombi sfavorevoli, la semplice ispezione della carta dispensa qualsiasi dimostrazione, nonché 1’ u- scita coi venti contrari. La bocca essendo rivolta al Sud ne siegue che il vento direttamente contrario all’ entrata (1) Se difetti esistono nel nostro porto il principale e forse l’unico è la piccolezza, la quale fa sperimentare tutt* altri inconve- nienti come la mancanza di calma allo interno, e la difficoltà del- 1’ entrata in tempi di traversia e di venire prontamente all’ anco- raggio senza una grande perizia di manovre; limitato essendo inoltre dalla parte meridionale dall’ erta e dirupata costa della corrente vulcanica del 1G69 , e dalla parte settentrionale da banchine, le onde non trovan verun sfogo onde spegnersi, tranne il breve tratto di spiaggia sabbiosa della marina , lo che produce la tanto temuta risacca , circostanza questa clic fa altamente sentire il bisogno di sfoghi , al che dovrebbesi provvedere col rendere la costa Biscari a dolce pendio. (2) Cours de construdion des ouvrages hydrauliques de pori s de mer , professò à 1’ Ecole des ponts et chausseés — > Paris 1846, pag. 21. — 175 — si è il TVort; essendo il punto di mezzo dei dodeci rombi sfavorevoli e quindi il più difficoltoso a superarsi, come quello del Sud si è all’ uscita. Or la larghezza assegnala alla bocca in metri 700 renderà facili (ulte le possibili manovre per entrare e venire all’ ancoraggio a qualsivo- glia naviglio, guidalo anche da poco esperto nocchiero ; elargandosi lutto ad un tratto lo interno del porto per la curvatura assegnata alla Diga, e per la direzione dello estremo ramo della stessa sulla linea N. E. Egualmente agevole sarà l’ ingresso coi venti fortu- nali della traversia relativa al nostro seno. Essendo la della traversia compresa tra il N. E. ed il S. E. y* S, da tulli i punti di quest’ arco una nave può trovarsi ve- leggiando per ricovrare al porlo, c perciò provenire dal N. E. con vento S. E, e viceversa dal S. E. col vento IX . E. in entrambi i casi sfavorevoli; dapoichè, come no- tavasi dai signori Cappella e d’ Amico, un bastimento in- calzalo dai venti fortunali del 1° quadrante piglierà lai direzione da poter riconoscere la costa compresa Ira Capo Taormina e Capo dei Mulini, e poscia dirizzando la prora verso il Porto, entrerà spegnendo quando sarà possibile la sua velocità, con doversi tenere più presso alla Diga che alla Costa ; e toslochè avrà addoppiala 1! estremità della prima , si caccerà dentro il porto , ove avrà largo campo di orzare alla banda e gettare 1’ àncora a sal- vamento ; lo che abbiam veduto diverse volle praticare in simili congiunture dai nostri esperti nocchieri per guadagnare l’entrata del porlo attuale, e sempre di fe- lice risultato. Se la traversia poi proverrà dal 2° qua- drante, discostandosi alquanto dall’ estremità forana della Diga , affinchè si avesse acque da solcare e tempo da spegnere la velocità della nave, roterà sulla dritta e get- tar l’àncora in quella parte che dall’estremo ramo della curva vien garenlita e difesa; e siccome la maggior tra- — 17G — versia, che sperimentasi nel nostro seno, proviene, come di sopra ho cennalo, appunto dal 2° quadrante , dal S. S. — E. ho stabilita nello indicato sito l’ estremità forana, onde ne fosse più agevole 1’ entrata nei tempi della mas- sima traversia. L’ idea di mantenere privo da qualsiasi interrimento 1’esistente porto, e l’ingrandimento in parola, oltre alla considerazione di offrire altra agevole entrata al porlo , nonché a vedute d’ economia , mi ha indotto a stabilire il proposto antemurale isolalo. Perchè il nostro porto resti privo da qualsiasi futuro interrimento, e non corra la trista sorte di tanti porti del Mediterraneo e dell’Oceano, fa d’ uopo mantener libero il corso alle correnti litiorali , che in questa parte pro- vengono dal Faro di Messina. Sono desse che respingono le torbide del seno verso il largo , come fu osservalo e constatato da Santi De Ferdinandi nella sua memoria com- pilata nel 1781, dopo circa due anni d’osservazioni lo- cali, non che dal diligentissimo ed esperto Giuseppe Zahra, diuturno osservatore dello stesso fenomeno, ed infine da De Tommasi e dai Cappella e D’Amico, e come rilevasi osservando attentamente i depositi alla foce del Simelo. Saran quindi le cerniate correnti il più polente mezzo onde impedire gli interramenti che potrebbero essere nell’avvenire prodotti dalle torbide che il Simelo scarica nel nostro golfo ; e che nell’ classo di tanti secoli han cagionalo il successivo avanzamento della spiaggia arenosa della praja, tuttoché debolissimo ma reale, coni’ è stato osservalo dal nostro dotto Prof, di Geologia Cav. Carlo Gemmellaro (1). Le correnti Litorali , che dal Faro di Messina procedono, limpide e chiare passano pel nostro (1) V. Cenno Geognostico sulla Piana di Catania — Alti della Accad. Gioenia la Serie voi. XIII. — 177 — lido, poiché il mare nulla ha potulo staccare dalle cor- renti vulcaniche, che consliluiscono la costa al Nort di Ca- tania per lungo tratto sin presso la marina di Riposto • quindi lungi dall’essere esse stesse cagioni d* interrimento* producono presso noi i più efficaci effetti per l’ allon- tanamento del torbide del Simeto. Or se il proposto an- temurale fosse attaccalo alla punta Larmisi 9 le cerniate correnti verrebbero ad urlarlo, e correr per lo stesso e quindi perdersi al largo scappando per le tangenti ? ed agire a maggior distanza, su la corrente del fiume ; Jo che verrebbe a produrre, se non un interrimento nel porto , un più rapido e progressivo avanzamento della spiaggia della praja. Si è all’ energia delle indicate cor- renti ed alla sporgenza della sciarci Biscari che devesi la significante profondità nel nostro porto, c che pel con- tinuo agitamento delle acque da esse prodotto, han im- pedito qualsiasi formazione di depositi, producendo anche una qualche cscavaziane, attesa la ripidilà della costa (1) lo che non sarebbe al certo accaduto se la della costa fosse altrimenti disposta , come addimostrano i depositi, benché insignificanti che formansi sotto la banchina dei porlicello e nella darsena delle torbide che lo scolo delle piovane della città ha trascinato nel porto (2) , e come * (t) E conosciuta fazione energica sul fondo dei flutti che investono le coste erte e ; scoscese — Beudant Trattato di Geologia § 77. Azione delle onde e delle maree. (2) Nell ultimo appallo dei lavori occorrenti per completare l attuale molo è stata compresa la costruzione di due vasche di deposito. Vedi l’Estimativo redatto dall’egregio Ingegnere Prof. M. Distefano pag. 16. I signori Cappella e D’ Amico a prevenire gli interramenti avean progettato la continuazione del 1° braccio disgiunta da quello preesistente , onde ottenere un traforo per la libera circolazione delle correnti, però non essendo stato a ciò ben provveduto venne interamente ostruito dal mare trasportandovi la vicina scogliera — 178 — chiaramente rilevasi studiando attentamente tutta la costa meridionale del seno nell’ attualità , e riferendola pure all’epoca pria che l’eruzione del 1G69 l’ avrebbe nel presente stalo ridotta, e disgiunta e separala dalla spiag- gia arenosa della praja. Il chiar. Coni. Alessandro Cialdi nei suoi studi idro- dinamici, nautici e commerciali sul porto di Livorno (1) appoggiandosi all’autorità dell’ erudito De Fazio, notava: « Gli architetti dell’antica Roma conobbero il segreto della conservazione della profondila nei porti, quale consi- ste nello accrescere e non già nel diminuire l energia delle correnti (2). Questo assioma veniva da quei savi uomini dell’ antichità posto in pratica per quanto era in loro possibile costruendo i moli arcuali. Essi ben com- prendevano ridursi in line a due i principali requisiti che si debbono tener presenti nella formazione dei porti ar- tificiali. Consiste il primo nella conservazione di una con- venevole quantità d’ acqua, affinchè possano galleggiare i bastimenti, che vi si debbono ricovrire. Il secondo è quello di ripararli e renderli sicuri dai flutti; la qual sicurezza sta nel conseguimento di una conveniente calma delle ac- que nel porto, e non già di una calma assoluta , equi- valente alle acque stagnanti , dapoichè questa sarebbe manifestamente opposta all’ indispensabile requisito del facile approdo e della conservazione della profondità — Una calma perfetta si deve cercare nelle darsene e nei bacini e non pretenderla nei porli. » La indicala apertura lasciala tra la punta Larmisi e l’antemurale, stabilita nella larghezza di met. 175 che perlochè è sialo posleriormenle con opere in muratura interamente chiuso e messo lutto in comunicazione. (1) Opera citata pag. 5G4, § 116. (2) De Fazio — Intorno al miglior sistema di costruzione di porli Napoli 1828 pag. 69. — 179 - verni a conslituire altra entrata nel porlo guadagnatile ancie eoi venti contrari, non sara, a mio avviso, nociva aLa interna tranquillità del porlo ; essa potrà solamente esserlo per una stretta zona nelle massime traversie del ori Lst , cui trovasi direttamente esposta, ma trovan- dosi per altro quasi al ridosso della punta Larmisi il i °ne agitalo oltre alla sua esilezza verrà ad affievolirsi entrando nel chiuso per gli urti cui verrebbe esposto , ed a perdersi la rimanenza nella scogliera del 1° braccio del molo disposta a scarpa, non avendo forza di comu- nicare verun disturbo alla massa fluida che rimane al ridosso della Diga, stante l’ampiezza della stessa e della bocca , e però incapace di produrre in detto spazio ve- run effetto di risacca (1). (1) Polrebbesi in gran parte ovviare al temuto inconveniente, anche nello scopo di migliorare la stazione dei legni del porlo ed agevolale le operazioni di carico e scarico, con la costruzione di un pennello della lunghezza di met. 150 attaccato alla punta più sporgente sotto il forte della Statua segnalo nella carta K netta direzione di S. E. Siffatto pennello così disposto verrebbe ad opporsi direttamente e però ad estinguere il filone agitato di clic sopra è parola ed ovviare al temuto inconveniente. Esso pennello inoltre per la sua giacitura e disposizione appresterà un comodo scalo in questa nuova parte del porlo ; e permetterà trasformarsi in banchina la parte compresa tra il detto punto e la chiesetta del Salvatore, nel quale spazio potranno stanziarvi per lo meno altri 30 legni al sicuro di qualunque traversia o di movimenti perniciosi delle acque. Sotto questo profilo, della comoda stazione dei legni nello in- grandimento del porlo , il cennato pennello può considerarsi anzi come indispensabile , essendo la estensione delle banchine e non mai 1’ ampiezza del chiuso che conslituisce la grandiosità dei porti, e nel nostro verrebbero ad ottenersi altri 500 metri circa di ban- china, che equivalgono prossimamente a quella apprestata dal molo attuale, e forse in miglior condizione per la prossimità alla grande strada che fiancheggia per questa parte la sponda del mare, ed al vasto piano di S. Francesco di Paola , che dàn tutte le possibili agevolazioni ai movimenti commerciali. — 180 - Il porto attuale rimanendo quasi interamente al ri- dosso di sì vasto antemurale, verrà ad essere difeso dalle traversie del 1° quadrante , e resterà esposto in parte per quelle del secondo , ed i disturbi prodotti solo dal Sud Est continueranno in qualche modo , però con mi- nore energia, a mantenervisi; non trovando verun ostacolo che li svii o rompa : per altro esso offrirà sempre ai navigli maggiore spazio di sicuro ricovero. Un Faro di minor portata che il grande, da dover di questo rimanere stabilita la stazione al punto designato sulla costa Discari , indicherà di notte tempo ai nocchieri 1’ entrala del porto, come un semplice lume di città sarà sufficiente a segnare 1’ altra estremità della Diga per la piccola entrata. Il porlo di Catania con siffatto ingrandimento , che si è il maggior sperabile, risulterà constiluito da due porti distinti ; l’ uno comprenderà l’ attuale , che sarà a suffi- cienza garentito , come si è dimostralo , dall’ antemurale in progetto ; e sarà il vero porto commerciale , 1’ ordi- naria stazione dei legni di commercio; l’altro sarà il porto di ricovero e di salvamento in tempi di traversia ai legni, che trovcrannosi sorpresi navigando nel nostro mare , o che saran qui diretti, o colti al largo resteran sottovento per rimontare i Capi del Golfo ; trovando un esteso e sicuro ricovero che li salvi in fondo allo stesso dalla loro inevitabile perdita ; nonché verrà esso a constituire una eccellente stazione pei legni da guerra cotanto interes- sante in questa parte dell’ isola; al quale oggetto sarebbe saggio provvedimento quello di munire l’ estremità della Diga da batterie, che servissero ad impedire l’entrata ai legni nemici , e sarà anche stazione di quei legni che sorgessero in sulle àncore o per prossima partenza o per sanitarie vedute. Quale si fosse l’ eccellenza dell’ ancoraggio in siffatto — 181 — spazio, non occorre il dimostrarlo; essendo stalo sempre questo silo la stazione dei legni da guerra che sono ve- rnili ad ancorarsi nella nostra rada (1). Il fondo si trova assolutamente esente da depositi di fango , da banchi di sabbia o da scogli, ed è in ogni parte consliluito da te- nace arena , ove le marre delle àncore fanno eccellente presa, regolare, con eguabile dolce pendio verso il largo, senza verun risalto od indizi di sorrenamenlo. Sembrerà al certo o Signori a taluni dei contem- poranei troppo esteso, per non dire ardimentoso, il pro- getto che ho avuto 1 onore di brevemente tracciarvi, ma i posteri , ne son certo , non lo giudicheranno tale , c quando il commercio di Catania sarà giunto a quel grado di floridezza, cui deve per le proprie speciali condizioni non solo ma ancora per lo sviluppo della nazionale ric- chezza pervenire, un porto siffattamente disposto e di tale ampiezza non sarà certamente di troppo (2). (1) Nel rapporto dei signori Cappelta e D’Amico si fa cenno, lodando 1’ eccellenza all’ ancoraggio del fondo del seno catanese , che durante le loro locali operazioni ebbero 1’ agio d’ osservare co- me tre grosse navi sorte sulla rada a far caricamento di zolfo re- sislirono per tre giorni consecutivi ad una considerevole traversia dell’ E. S. E sino al ritorno della calma. (2) L’antemurale, parimenti disposto ad arco di cerchio, pro- gettato dall’Ingegnere Cav. Poirei per lo ingrandimento del porto di Livorno , come più economico preferito al primo progetto del medesimo ingegnere, misura in lunghezza mel. 1000, oltre alla diga retta della lunghezza di mel. 550. — Il Cav. Poirei nel suo primo progetto proponeva una diga retta la quale , compresi i prolunga- menti delle braccia del vecchio molo, misurava met. 2400; la diga o antemurale curvo da me proposto per Catania misura solo met. 1150 in lunghezza , quindi meno lungo di quello proposto ed eseguilo per lo ingrandimento del porto di Livorno. — Purlultavia con siffatto ingrandimento il porto di Catania risulta meno che il terzo in su- perficie di quello di Genova, ma maggiore di quello di Livorno ed in migliori condizioni. ATTI ACC. VOL. XVII. 25 — 182 — Le opere di tal natura debbono servire alla poste- rità, la quale risorta, come ci auguriam di esserlo, più prospera, potrebbe desiderare indarno ciò che ora siam in tempo di fare , tacciando di vergognosa parsimonia e di pochezza d’ animo e di mente coloro, che potean e non seppero disporle , come siam quasi al caso di dire del- l’opera eseguita, la quale non ancor del tutto compiuta, risulta pel progresso di tempo di solo un ventennio, non corrispondente per la grandiosità agli attuali bisogni del nascente commercio, tuttoché allora non fuvvi chi giudi- colla eccedente. I nostri maggiori non furono mai da tanto, da non lasciarci nelle loro opere la impronta della vasta idea di un grandioso avvenire. Un fatale tremuoto sullo scorcio del diciassettesimo secolo scrollava dalle fondamenta questa nostra città , scpellendo sotto le sue rovine meglio che un terzo della popolazione; pure in sì ria sventura da sco- rare i più ardimentosi, presaghi del più prosperoso av- venire di questa terra, cui largì natura tutti i suoi doni, osarono gettare le fondamenta della novella città sopra sì vaste e ben regolale dimensioni da rivaleggiare colle pri- me della bella Penisola , tracciandone le lunghe , larghe e magnifiche strade e le grandiose piazze, fra le orride macerie delle ancor crollanti case , e quasi quasi sugli ancor insepolti corpi dei loro concittadini. Qual sarebbe lo interno aspetto e lo stalo della nostra florida città , se da loro non fosse stala concepita ed effettuila in modo sì vasto c bello l’idea della riedificazione? Non va a dub- bio che opere siffatte , crescono e si dilatano col pro- gresso islesso del tempo , come attestano tante opere idrauliche successivamente eseguite pel miglioramento ed ingrandimento di vari porti d’ Europa , e che di rado un’ opera di tal falla fosse apparsa sin dal suo principio gigante , a menochè una veduta speciale non l’ avrebbe — 183 - • creatu come la famosa diga di Cherbourg. Però nel no- stro caso qualunque altra opera d’ingrandimento che po- trebbe disporsi non sarebbe che temporanea, e forse un giorno nociva, come lo sarebbe per un certo tempo utile, alla estensione cui dovrebbe 1’ opera esser condotta ; e si è stalo solo una tal considerazione che mi ha indotto a tracciare sopra una più grande scala il presente pro- getto , onde non esser i posteri altra fiata costretti ad ulteriore ingrandimento, e se non ci sarà dato d’ intera- mente portarla a compimento, Io che non auguro, avran loro agio di compiere ciò che 1’ età presente tracciava per il loro avvenire. Ma vi sono io riuscito? A Voi saggi e dotti Colle- glli d’ ogni ramo di scienze , che alle idrauliche costru- zioni si compete, altamente istruiti ed interamente consci dei risultati che V esperienza ci fornisce su tutte le con- dizioni nautiche, idrodinamiche e commerciali del nostro porlo il fondato giudizio. Ho detto. . » 1 • Z&Z <&rr . CITTA E 33 3 CATANIA GOBI O C AT A N I A rJ77rr£ rosz/fn^ A fférsozs# T3 C B C ”'-"* e^/>nt/i£ JO -?*i- f «W rZZZa. .yf'tnr r/ a- Z) nrjrZ t n cts t-frar A/ G -Z^crrje ,isr H- yfùer//T I ^/f.n/r> ZlyytrZZrz. e J&l^mere K S&rAt^ I* cZ'j’sst Zr^ ^far/rtt^ri- vt '^uarrAszsza r&yi r J&Zhmica G 0 Tj F 0 DI CATANIA fjsrf -SZf7i MAR E JO N 1 0 DI MARIO MUSUMECI PROFESSORE D’ARCHITETTURA CIVILE NELL’UNIVERSITÀ DI CATANIA X.JETTO Ideila tornata ordinarla del dì *5 settembre 1S«| dell’Accademia Cio cia di scienze naturali DA CAHMELO SCIATO PATTI Dottore in Architettura, Professore sost. prov. alla Cattedra di Geologia e Mine- ralogia nell Università di Catania. Membro della Commessione esaminatrice per 1 smmessione al corso nella facolla delle scienze fisico-matematiche delle Com- messiom per gli esami speciali d’ Architettura e di Geologia, e della Commessio- ne per gli esami generali in delta facolla. Socio ordinario e Segretario alla sezio- ne delle scienze tisiche dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, Corrispon- dente della Società Economica della Provincia di Catania, della Senckebergiana di Francfort sul Meno, dei Fisiocritici di Siena, dell’Agraria di Pesaro, del Pe- trarca di Arezzo. Ingegnere Diret. Esecutore dei lavori per l’irrigazione della Piana di Catania ec. ec. s ATTI ACC. VOI. XVII. 26 - t v . nil dulcius est quam bene munita tenere « Edita doctrina Sapientium tempia serena. Lvcjìet. caro de rerum nat. Uh. II. Nobile e lodevole divisamente dei saggi istitutori di que- sto rispettabile Corpo Accademico si fu quello di cele- brare la memoria dei Soci che furono, ed onorarla con pubblico lutto. Nobile, dicca, istituzione questa, dapoi- chè nel mentre che serve ad attestare pubblicamente un sentilo affetto verso coloro che ci precessero, onorandone la memoria , serva a tramandare alla posterità , in una col nome dell’ encomiato, i fasti gloriosi di quest’ Acca- demia , i quali van compendiali solo nei preclari nomi dei suoi componenti. Però troppa fiducia in me riponeste , Soci ornatis- simi, elevandomi all’ allo onore di sedere in mezzo a voi, e mollo più ancora conferendomi Y onorevole sì ma dif- ficile incarico d’ intesser f elogio di un vostro distinto Socio , di uno dei fondatori di questa cospicua Accade- mia, monumento perenne di gloria e d’onore per la dotta Catania, d’ un illustre Professore del Siciliano Ginnasio, 7 * — 188 — del mio dotto infine e veneralo maestro, lo esimio Mario Musumed professore d’ Architettura Civile in questa Uni- versità. Ed io qual ultimo allievo di tanto maestro , e che fortuna volle di far tesoro dei suoi lumi , e quindi di poter apprezzare da vicino il profondo sapere, le vaste e svariale conoscenze e 1’ eminenti virtù che informavan il cuore e la mente di tanl’ uomo , conoscendo la po- chezza di mie forze, non ardirci per nulla, Soci precla- rissimi, parlarvi di lui, delle sue opere, del suo merito, se non mi vedessi sorretto, da un canto, dal vostro com- patimento in rispetto al valentuomo cui tulli in isvariati modi foste legali, e dall’altro, di vedermi confortato nella sentita idea di poter tributare altro fiore di gratitudine e riconoscenza alla cara memoria dell’ estinto maestro (1). Il giorno 15 febbraro del 1778 nasceva Mario Mu- sumeci in Catania da Paolo e Rosaria Consoli, onesti cittadini ; ed ebbe a caro sin dai primi anni gii studi. Egli sotto la scorta del Can. Sardo, onore e decoro della nostra patria, studiò i classici d’onnigena letteratura e le svaiialc opcic di lui mostrano a quid meta egli giunse nelle letterarie discipline. Nel robusto idioma del Lazio divenne maestro , lo parlo e lo scrisse con la frase dei classici del secolo d’oro, nella italiana favella fu impareg- giabile scrittore , e nelle storiche conoscenze profondo. Sì a dovizia fornito dei letterari studi, s’addisse di buon ora all Architettura, avendo di questa primogenita delle arti belle pregustalo sin da fanciullo le sublimi bellezze nello esercizio dell arte del disegno, per la quale avea da natura sortilo particolare predilezione. Però non egualmente agevole fu al giovane 31usu- meci il sentiero che prefiggasi di percorrere e dovette non poco lottare per giungervi e divenirvi , qual si fu , eccelso. — 189 — Un luminoso periodo segna per questa classica terra, nella storia letteraria, la seconda metà del decimo oliavo secolo. A lutti è nolo come mercè le cure di due bene- meriti cittadini (2) rifulsero in modo eminente le scienze e le lettele. Si fu allora che si videro fra noi fiorire nelle letterarie discipline i Decosmi, li Zappala, i ban- diera, gli Sciacca , i Longo , i Privilera , i Pialania , i Saldo, nelle scienze naturali i Recupero ed i Gioeni per la minci elogia ed i De-Pasquali e gli Arcidiacono per la botanica; nelle scienze mediche i Giuffrida, i Fallica, gli Scudcri, i Di-Giacomo; i Zalira nelle scienze fisico- matematiche, e cent’ altri sommi in tulli altri rami dello scibile. Tulli la facean a gara perchè Y insegnamento si fosse a seconda l’ esigenze dei tempi. Non così però per Y Architettura: non già che nell’esercizio di sì Lel- 1 arte vi fosse in quella stagione penuria di distinti ar- chitetti, che anzi non pochi e di merito sommo in quei dì vi fiorirono, come lo dimostrano tanti pubblici e pri- vali edilizi eretti in quel periodo di progresso. Addetti solo alla edificatoria per nulla addicevansi al disciplinare insegnamento, ed il nostro Ateneo , colpa dei tempi , a quei giorni non acchiudeva un’aula da cui avrebbonsi po- tuto udire dettare i precetti di Vilruvio. Ondechè il uo- stro Musurneci dovett’ essere, nell’ apprendimento delle ar- chitettoniche discipline, maestro a sè stesso. Pure quali rapidi progressi segnava in sì bell’ arie ed a qual grado egli giunse , lo addimostrano i dotti suoi scientifici e letterarii lavori, le opere d’arte da lui disposte od ese- guite , e se vuoisi ancora , gli onori e le cariche delle quali venne successivamente investito e che meritamente sostenne. Percorrendo con rapido sguardo la civil carriera seguala dal nostro Socio , noi vi scorgeremo com’ egli — 190 — seppe sempre in ogni tempo mostrarsi eminentemente (legno di se. Quanto di onorevole , presso noi , offriva la distinta professione d’ Ingegnere-architetto , fu in esso lui compreso. Perlochè videsi sin dal 1810 nomi- nalo uno dei Deputati esaminatori delle tre Deputazioni metriche di Sicilia; nel 1820 Ingegnere di la classe Direttore dei Lavori Pubblici Provinciali, e replicale volte proposto ai gradi superiori del distinto Corpo degl’ In- gegneri d’ Acque e Strade, e che forte attaccamento alla famiglia ed a questa sua terra natale fe che le tante volte vi rinunziasse ; e fu premio dovuto al merito , e poche volle a quei dì ad altri concesso , quello di sedere sin dal 1829 Professore d’ Architettura Civile in questa co- spicua Università senza concorso. Sin dall’anno 1830 fu membro della Commessione di Antichità e Belle Arti della nostra Provincia; Socio Ordinario, sin dall’ istallazione , della Società Economica di Catania; uno dei preclari fon- datori di quest’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali ; c finalmente membro del 7° Congresso degli Scienziati Italiani in Napoli alla sezione di Archeologia e Geografia. E qui varrebbe, o Signori, l’enumerare le multiplici opere d’arte da Lui disposte e dirette, di pubblico o pri- vato destino , nel suo lungo architettonico esercizio di circa mezzo secolo, e che per non allontanarmi dal tema propostomi mi è gioco forza di trasandare (3). Con quant’ attività poi egli abbia sostenuto le su enunciate cariche, non è a dirsi; con quanto zelo abbia collaborato in questa nostra Accademia, e con quanto de- coro ne abbia sostenuto le più alle cariche (4) ò da voi Soci preclarissimi ben conosciuto, che da tanto mi pre- cedeste nell’ occupazione di questo onorato seggio, c che v’ aveste il bene di sentire diverse volte pronunziare dal suo labro islesso quelle sue dotte memorie che ingem- — 191 — mano gli alti del nostro Consesso, e ch’io non tralasce- rò, sebben di volo, a suo luogo cennarvi. 3Ia son le opere e non i titoli o le cariche che raccomandano 1 uomo alla posterità. « Il nome di questo siciliano , scrivea un distinto biografo (5), è raccoman- dalo alle multiplici opere, che nel periodo d’ oltre trcn- t’ anni ha, con plauso universale, fatte pubbliche per le stampe e pero, dovendo quest’ oggi ragionarvi del no- stro Socio, intendo di rappresentarcelo da quel solo aspetto che mostri nel modo il più ampio ed esteso 1’ eminente merito intellettuale di lui, e procurerò fissar solo la vo- stra benevola attenzione su le sue multiplici e svariate scientifiche e letterarie lucubrazioni , che àn ovunque riscosso 1’ approvazione di prestantissimi ingegni ed ele- vato , per tutta Italia e fuori , a meritata fama il nome del nostro estinto Socio Fondatore. A riuscire nel miglior modo possibile all’ assunto , quale si è quello di mostrarvi come il Musumcci, nelle sue applicazioni, sapesse ben guidare lo spirito e tenersi nella via del progresso , che chiari ingegni ed artisti sommi italiani avean tracciata, farebbe d’uopo, o Signori, richiamare ed esaminare i principii e lo stalo dell’ Ar- chitettura nell’ epoca quand’ Egli esordiva , ed osservare come, malgrado la deficienza dei mezzi, seppe giustamente mirare Io scopo e segnarne degnamente la meta. E noto, come nella seconda metà dello scorso se- colo, quello stesso spirito vivificatore, che per ogni dove agitavasi, quell’ elettricismo intellettuale che levava le menti verso il principio delle cose venisse direttamente ad in- fluire sopra 1’ Architettura, e perciò qual fase questa su- bisse, venendo a risorgere dal lezzo nel quale il corrotto gusto dei secentisti aveala precipitata. L’ analisi che co- minciava a chiamare a se tutte le scienze e le arti, scru- — 192 — landò anche questa, venne a chiarirla, a della del nostro encomiato, non qual arie puramente imitatrice, come si era preteso , ma come una facoltà in cui tutto è studio e studio strettamente legalo con ogni ramo di scienza c d’arte; principi che servirono a gettare in Italia le fondamenta di quella scuola detta Classica , che si ba- sava su lo studio severo della natura e delle migliori opere dell antichità , la quale venne ad estendersi , nel principio del presente secolo, sopra quasi tutta Europa; e che in seguilo un sentimento di rispetto quasi super- stizioso per l antico , ed una mal intesa venerazione ai precetti mtrumani e vignoleschi, combinali talvolta con un certo amor dell’ideale, àn in parte svisata. Or si fu in mezzo a questo generale movimento che il giovane Musumeci esordiva. Egli ben conobbe questo vero e lo stallili a punto di partenza del suo tirocinio. Con la sua mente elevala comprese, che a ben riuscirvi bisognava rimontare alla sorgente, onde poter saldamente approfondire i principi dell’ architettura; e eh’ Egli diste- samente rinvenne, studiando il gran volume dell’arte, gli antichi monumenti. — Lo studio quindi delle antichità di- venne pel nostro Socio il più prediletto d’ ogn’ altro. — Però, sotto siffatto importante profilo da esso lui consi- derala 1 archeologia, non (imbavasi nelle sue applicazioni, come la maggior parte degli archeologi, alla conoscenza esteriore dei monumenti, atta piu a nudrire una passiva curiosità che una ferma ed elevata attenzione , ma sib- bene allo esame dei mezzi edificatori praticali dagli an- tichi ed allo attento studio della decorativa; a fin di de- durne, tanto nell’ uno quanto nell’ altro ramo di sapere, importanti ed utili conoscenze. Versato, com’ Egli era a dovizia , nelle storiche conoscenze e possedendo al più allo grado le architettoniche discipline, divenne in questa branca dell umano sapere ollrcmodo profondo , a segno — 193 — di venir salutato dai dotti della bella penisola ed oltre alpi come uno dei primi Archeologi del tempo (6). Nato in questa classica terra ed ispirato alla vista delle multiplici imponenti ed estese rovine che ci circon- dano di tanti vetusti monumenti , che sorgon maestri ancor dell' arte antica , si diede a tutta possa ad inve- stigarne gli avanzi , esaminarne i diversi metodi edifica- tori , studiarne sino nei più minuti particolari le conve- nienze della distribuzione, scrutare nelle multiplici forme decorative le simboliche rappresentanze, e decifrare con profonda dottrina i sublimi concetti che racchiudeano ; onde chiarirne il destino, f epoca e lutto relativo al mo- numento. Archeologìa ed arte furono il vasto campo in cui spiegossi , con meraviglioso successo , il felice ingegno del Musumeci. Passiamo ad esaminarlo. Nel 1818 in uno scavo, praticalo per afforzare le fondamenta della cantonata di sud-est del Convento di S. Francesco , ad un metro circa sotto il lastricato di- scuoprironsi gii avanzi d* un antico monumento. Il Mu- sumeci, cui era stata affidata quell’ opera, fe sì che per disposizione dell’ autorità competente fosse scoperta la intera massa del rudere , ed allorché fu sgombrata si riconobbe un grande basamento modinato , sopra base rettangolare colle dimensioni in pai. sic. 46. 8 in lun- ghezza e pai. 36. 6 in larghezza. Non appena sco- perto, il nostro encomiato si diede con tutta diligenza a studiare quest’ avanzo di antica grandezza sino nelle più infime parli che lo costituivano, tanto nei loro rapporti, quanto nella forma, non che nella sua materiale struttura; e questo semplice basamento, che ad altri avrebbe offerta pur troppo sterile materia , gli offerse vasto campo di ATTI ACC. VOL. XVII. 27 — 194 — meditazioni e di studi. Da dolio architetto, coll’ autorità dei classici, e principalmente di Vitruvio , si fece a di- mostrare che il rudere in parola , tanto per lo insieme delle sagome , quanto pel rapporto delle dimensioni , il delineamento dei modini , ed il genere edificatorio , si apparlenea alla più luminosa epoca dell’ arte. Da pro- fondo storico ed archeologo , dopo d’ aver fatte note le opinioni dei patri scrittori su tale rudere, si fa a chia- rire esser infondala ed erronea la vulgare tradizione rap- portata dal Carrera (7), che lo additava come un arco di trionfo eretto dai Catancsi al Console Marcello dopo 1 espugnazione di Siracusa; essendo in quell’ epoca, che precesse poco men di due secoli i primi Cesari, un ge- nere d’ edilìzi pressoché ignoto. Indi da saggio , cono- scendo esser pur troppo pericolosa , coni’ egli scrivea , la particolar maniera di vedere indagando i resti degli antichi edilizi, e come per poco che si vogliali supplire i pezzi mancanti bentosto 1* immaginazione preoccupa la industre sagacilà dell’ osservatore , dotto quanl’ altri mai; e conoscendo perù ogni pensamento non poter uscire dalla sfera delle congetture , conchiudea questo primo lavoro di lui, dimostrando esser bensì un pubblico monumento isolalo, ma d’incerto destino; ed anziché un arco di trion- fo , altro onorifico monumento dedicato alla memoria di qualche benemerito cittadino, ovvero a conservare le ce- neri d’ illustre personaggio ; alla cui ultima idea facealo inclinare piuttosto la esistenza di una vòlta sovr esso , descritta dal Dolano ed esistente ancora un secolo dopo ai tempi del Grossi. Questo primo lavoro del Musumcci, edito in Catania nel 1819, riscosse ovunque I’ ammirazione dei dotti ; c l’ illustre Accademia dei Georgolili di Firenze per siffatto pregiato scritto reputava ad onore annoverarlo fra i suoi dotti componenti. Al (piale distinto onore volendo egli — 195 — corrispondere pubblicava nel 1823 altro pregevole lavoro archeologico , che con ingenua riconoscenza dedicava al sullodalo Fierentino Consesso. in questo si dà all’ illustrazione dell’ Odeo catanese; e che con pari dotta critica e profondo discernimento e sapere, dopo d’ avere rapportalo tutte le storiche notizie che ci sono state tramandale dagli antichi scrii tori in- torno a questo genere di pubblici monumenti, ci fa co- noscere come prima di Pericle eran ingnoli agli antichi edifizì di siffatta natura , il destino dei quali era quello dello esame dei componimenti di pertinenza del teatro , e se vuoisi ancora l’ ammaestramento dei cori sotto la direzione del Corago ; e che quindi al perfezionamento dell’ arte rappresentativa , della musica e dell’ oratoria dcvesi la origine degli Odei ; edifizì dall’ intuito distinti e separati dagli antichi teatri. E dopo d’ aver passati in rassegna gli avanzi di simili edificali, esistenti in Grecia, si fa non solo a notare l’ unicità dell’ Odeo catanese in Sicilia, ma sibbene il pregio di trovarsi quasi intatto c di p recisa configurazione , e quindi il solo valevole ad apprestare sufficienti dilucidazioni sopra la vera forma degli Odei, e sopra la positiva differenza tra la struttura di questi e quella degli antichi teatri; indi, dietro accu- rata descrizione del monumento, tanto riguardo alla for- ma ed alla disposizione delle parli che lo costituiscono quanto alla materiale struttura , passa ad esaminarne la età ; ed in ciò ben egli s’ avvisava a quali maggiori e spinose difficoltà andava incontro, tentando d’ investigare 1’ epoca della costruzione di questo venerando avanzo di antica civiltà, stante l’inopia dei documenti; pure ponendo con seunalezza ad esame il modo edificatorio , la topo- grafia, e le probabilità storiche procura dedurne qualche induzione lontana men che si fosse dal vero; e con esalto ragionare dimostra esser posteriore al teatro , e proba- bilmente eretto nella nonagesima seconda olimpiade, ai- fi epoca dell’ espugnazione di Siracusa , per la greca spedizione capitanata da Alcibiade , e colle spoglie dei Siracusani ; a similitudine al primo d’ Alene cretto da Pericle colle spoglie dei Persiani, ed all’altro di Palra parimente erello colle spoglie degli Elolì. Qual si fosse stato il merito di questa fatica l’ab- biamo da un dotto e lungo articolo di rivista inserto nel IV volume del Nuovo Giornale dei Letterati di Pisa, lo che mi dispensa qualsiasi ulteriore ragionamento (8). Siffatto pregevole lavoro venne in seguito ristampalo nel 1845 con 1’ aggiunta delle osservazioni del così dello (ideo d’ Acre, ch’egli con non minore senno c dottrina confuta c dimostra essere , anziché un Odeo , luti’ altro edilizio. L’ impegno di profondamente erudirsi nella storia dell arte spinse il nostro Socio ad uno studio severo dei classici. Non avvi forse maggiore avviluppamento ed oscu- rità di quanto ne presenta la storia dell’ architettura dal terzo al decimo secolo dell’ era ; e si fu siffatto incerto ed oscuro periodo eh’ egli intraprese più profondamente a meditare. Però gli scritti di Cassiodoro richiamarono l’attenzione di lui, come quello, che più d’ogn’ altro scrittore versalo nelle buone discipline, gran cura si diede ad illustrare gli antichi monumenti, ed a cui tanto deve l’archeologìa, e precisamente 1’ edificatoria, per aver sa- puto far versare con saggezza , in restauri di tante an- tiche opere , le largizioni di Teodorico. L’ oscurità di talune espressioni usale da quel dotto ministro del Goto Re , ha sempre richiamala 1’ attenzione di uomini chiari al sommo, i quali hanno in diverso modo proposte delle sagaci interpretazioni. Lo studio di esse pose in mente al Musumeci la necessità di doversene fare un’ effettiva — 197 — disamina ; perlocliè nel novembre del 1826 dirigeva al eliiar. Giuseppe Cav. Dei-Rosso una sua memoria intito- lala: — Schiarimenti ad un passo di Cassiodoro sopra alcune opere architettoniche esistenti nel medio evo. Questa fatica, com’ egli scrive, intrapresa a solo stu- dio d’ arte, fu inviata in Italia pria di pubblicarsi. I nomi di Tiraboschi, Fea, Napione da Cocconato impongono trop- ico a qualunque intelletto, per non avventurarsi cosa con- traria ai loro divisamenli , senza sottoporla a squitlinio. Ma il giudizio fu simultaneo alla pubblicazione, dappoiché venne inserta nel 30° numero del Giornale dei Letterati di Risa per cura del suliodato Dei-Rosso , ed in quello delle Scienze Lettere ed Arti della Sicilia nel marzo del 1828. La pubblicazione di questa memoria nel pisano gior- nale diede luogo a belle e dotte discussioni fra il Conte Galeoni Napione da Cocconato ed il Cav. Dei-Rosso; ed in una cortese lettera del primo, diretta al secondo, data in Torino li 9 maggio del 1827, in isebiarimento delle opinioni di lui, si nota, che il piemontese scrittore, lo- dandosi di esser lusingalo che le sue lettere intorno ai monumenti dell’ architettura antica sieno giunte insino a Catania nella Sicilia, ed abbiano somministralo ad un collo architetto materia di curiose ricerche riguardanti la storia dell'arte . esprimea le sue compiacenze nel ve- dere che i più esperti architetti si facenti un pregio eli congiungere gli studi dell' antiquaria e della filo- logia con quelli dell'arte loro; dando spesso al nostro Musumeci 1’ epiteto dell’ Erudito Siciliano Architetto. Con quanta sennatezza poi egli su di ciò abbia scritto rilevasi dalla risposta di Dei-Rosso , data in Firenze li o aprile 1827, ove sta scritto: si rende la dovuta giu- stizia al signor Musumeci , facendola da giudice delle due interpretazioni di Cassiodoro ; ed in quanta estima- — 198 — zione venne sifalto lavoro tenulo , per Y utilità artistica , lo abbiamo dal num. 32 del connato Giornale dei Let- teiati di Pisa, in cui si propone, in una nota unitamente ad altre produzioni « coinè tendente alla retta interpre- tazione d’ alcuni passi di Yilruvio, nell’edizione dei fra- telli Maltiucci intrapresa sulle fatiche degli illustri Mar- chese Poleni e Conte Stralico. » E si fu questa pregiala memoria del nostro Socio che diede luogo ad altre ben dotte ricerche di simile conio tra lo stesso ed il sullo- dato Dei-Rosso ; e sulle colonnelle degli antichi , tanto I uno che l altro dottamente ne scrissero. Chiamato il nostro encomiato a reggentare la cat- tedra d Architettura civile , allora ristabilita , in questo vetusto Ateneo, nel novembre del 1829, per prolusione di quell anno scolastico, si faceva a pronunziare un di- scorso d’inaugurazione pel ristabilimento della cattedra sudelta. In questo lavoro , che come saggio esponea di sue lunghe meditazioni e sapere sulla scienza eh’ era chiamato a professare, si faceva a dimostrare nella pri- ma parte la natura di questa scienza ed arte insieme , e con qual nesso si leghi a quasi tutti i rami delle scienze ; delle quali , come ape industre sugge il miele per impiegarlo lutto in vantaggio dell’uomo; e ad os- servare inoltre qual’ altro legame essa tiene colle arti figurative e come per loro mezzo parla alla nostra imma- ginazione. Questa generale veduta, che abbraccia tutte le nostre facoltà , presenta uno schizzo dell’ ampio corredo delle conoscenze che ornar deve un’architetto. Nella se- conda parte diede un colpo d’occhio alle diverse e più interessanti vicissitudini del gusto : mostrandoci , come 1 architettura e stala tratta sempre quale satellite ncl- 1’ orbila delle scienze e delle lettere. Con quanto sapere egli trattò e con quanta dottrina - 199 — sostenne siffatto interessante argomento il mio dire non vale ad esprimerlo. Ponendo a trulina i divisameli di perspicaci c nobilissimi ingegni si fece a dimostrare os- sei c I architettura non un arte d imitazione, come si era da essi loro voluto sostenere , ma una scienza ed arte insieme, e sempre creatrice e non mai imitatrice. Reso di ragion pubblica siffatto lavoro vi fecero tantosto plauso la Biblioteca Italiana ed altri periodici della bella Penisola ed il Nuovo Giornale dei Letterati di Pisa lo dichiarava il più saggio ed eccellente di quan- f altri mai fosser conosciuti (9). « La novità del tema, la filosofìa colla quale l’ha trattato, la calda e regolata fantasia del ben nolo autore, e l’opportunità del luogo in cui il discorso viene pronunzialo lutto contribuisce a rendere la prolusione d’ universale interesse, per gli scien- ziati, per gli uomini di stalo e per gli artisti » e con- chiudea. « Non esiliamo a credere che quest’ orazione prolusoria riempia bene 1’ oggetto e faccia onore al secol nostro; clic non sia la prima fra le conosciute fin qui , in Italia almeno , che ci presenti 1’ Architettura nel suo vero aspetto e che dia luogo a dei corollari e a delle osservazioni importantissime. » Lo spirilo di preoccupazione che sembra dominare presso gli oltremontani in materia d’architettura, ha fatto ben di sovente traviare sbianco i più forti ingegni , e sbalestrare in gravi e perniciosi errori ; mollo più quando senza vedere si dàn a descrivere i monumenti italiani , e giudicarli sull’ altrui descrizione. Lo studio parziale delle arti di qualche popolo, ov’ esse appena vagivano nel medio evo , trasse sempre in precipitata sentenza i moderni scrittori della storia dell’ arte da Winkclmann al Wiebeking ed all’ Hopc , e la non curanza delle ge- nerali vedute fece lor tenere in non cale i prodotti delle — 200 — arti italiane in quel periodo ; ciò che ha dato campo a non poche false dottrine sulla storia dell’ arte. Essendo imperinolo sul finire del 1824 (10) ap- parso un lavoro di simil fatta del Cav. De Wiebeking vertente Sullo Stato dell' Architettura nel medio evo il chiar. Cav. Dcl-Ilosso, uno dei più valorosi propugnatori dell onore artistico italiano , col suo profondo sapere si fece dottamente a chiarire quanto male s’ avvisava intorno allo stato delle arti in Italia , in quel periodo , 1’ ol tre- moli la no scrittore; e nel mentre che si faceva a comuni- care all’ Ateneo Italiano il saggio d una sua memoria su 1’ assunto rivolgessi al nostro Socio impegnandolo ad altro simile studio, ove venisse discusso lo Stalo delle Arti in Sicilia nella età di mezzo; di non minore importan- za, di quello d’ altra nazione , nella storia dell’ arte ; e che il Musumeci dottamente discusse, considerandolo dal- 1 ottavo al decimo terzo secolo dell’ era; spargendo im- mensa luce di sapere sopra sì oscuro ed incerto periodo di noslr’ antica cultura. Allorquando la ricca e popolosa Parlenope fu felice raccogliere in seno il fior degli Italiani intelletti, convo- cati in generale adunanza , il nostro Socio , d’ unita a molli altri nostri distinti professori, fu esso pure pronto ad accorrervi, e riusciva al paro degli altri a far bella mostra di sua profonda dottrina. Il sesto Congresso, tenuto in Milano, avea manife- stalo un sapiente volo statuendo che 1’ archeologia , la quale ha tanta parte nella geografia antica, venisse col- locata fra le scienze positive , formando con essa una particolare sezione. Il nostro Musumeci con la sua mente altamente informala di profondo sapere in sì bella disci- plina, leggeva a quel dotto consesso nella seduta del 30 settembre di quell’anno, coni’ attesta il verbale deH’adu- — 201 — lumza (11), un pregevole scrino, nel quale si faceva ad esporre : In che V Architettura, nel presente stato di cognizioni possa giovarsi delle scoperte monumentali; provando come i monumenti dell’ arie antica prestino norma all architettura sotto i tre differenti aspetti; 1° pel processo meccanico dell’ arte d’ edificare ; 2° per 1’ uso al quale 1’ edilizio è destinato; accennando quanto imporli l’ istruirsi prima nella scienza dei simboli degli antichi , senza della quale manca 1’ artista del principale elemento, a concepire le sue opere ; 3° per la storia dell’ archi- tettura, di’ Egli crede tuttavia mancante, alla cui forma- zione i monumenti porgono pregevoli materiali; conchiu- dendo il suo ragionare , coll’ eccitare gli archeologi ad istruire gl’ artisti sul vero significalo delle forme archi- tettoniche , onde non le tengano in conto di ornati voti di senso, ma bensì come sigle di alla cultura. I principi sì altamente considerali in questo lavoro, venivano in seguilo pienamente sviluppali in altri suoi scrini. In una memoria avente per obietto la Disamina di un Ipogeo , esistente nell’ orlo dei PP. Riformati in Ca- tania, resa pubblica diciollo anni dopo d’averla annunziata, tende ad illustrare 1’ origine e 1’ uso degli archi a sesto acuto, comunemente creduli gotici; e ch’egli reputa di mollo anteriori, e d’ assai ben diverso carattere di come sono stati annotali da gravissimi moderni scrittori; e su dei quali àn in mille guise ragionato valorosi storici dell’ arie. Con quanto senno e dottrina egli abbia ciò trattato, il giudizio pronunzialo dal sommo Archeologo Avellino, mi dispensa l’attuale argomento (12). Signori! credo che malgrado questa mia mal con- nessa e superficiale rivista su le opere archeologiche ed artistiche del nostro Socio, ciascuno è al caso di giudi- ATTI ACC. VOL. XVII. 28 susseguenti - 202 — caro qual posto eminente s’ abbia egli meritato fra i cul- tori di sì beile discipline; lo che pure, oltre a! mio dire, lo attestano, come di sopra ho cennalo, le pubbliche nm- nifcslazioni di plauso delle più cospicue accademie d’ I- talia, dei più rinomali periodici, e di tanti sommi artisti e letterali, che lungo sarebbe voler soltanto enunciare (13): pure le suddescrille opere non sono le sole di’ egli ci abbia lasciate; ben altre dotte produzioni, di pregio forse maggiore, noi ancora abbiarn di lui. Il Trattato Storico Critico Architettonico sugli Anfiteatri è lavoro tale per dottrina, se non da superare da equiparare per lo meno tuli aliti, che il prestantissimo ingegno di lui abbia pro- dotti e che sono stali passali succintamente in rassegna. Io non ignoro che le idee messe avanti, in questo scritto , dall Autore non sono a consona della generale credenza su 1’ origine di siffatti edilizi ; e si fu per lo appunto, che nella intenzione di chiarire queste idee ge- neralmente ricevute, ch’egli vi diè opera in esame al pa- rere del tanto celebre Marchese Scipione Malici , lume di onnigena letteratura ed onor d’Italia nello scorso se- colo. Il principio da lui professalo, com’egli scrivea, di dar più lede ai monumenti che ai libri , e specialmente trattandosi di ruderi siciliani, nei quali , come dicea un savio , ogni sasso ha una voce , lo indusse a studiare le reliquie dei due Anfiteatri di Catania e di Siracusa, e discutere con critica, sull’appoggio degli stessi, l’origine di questo genere di monumenti ; lo che à dato materia ad un dotto ed erudito archeologo dei nostri tempi a porre avanti, pel progresso dei lumi ed amor del vero, qualche elaborala discussione (14). Però non è mio di- visamento qui il discutere la validità delle opinioni di lui; dapoichè oltre al non esser al caso un simile esame , ardirei pur troppo pronunciar giudizio, superando di gran lunga le mie deboli forze: pure tradirei il mio sentire , — 203 — non esternarvi In somma ammirazione , che ispira a chi che si fosse, pel profondo sapere, critica e discernimento di che fa egli mostra, per sostegno delle sue opinioni (15). Sul principio stesso , sì altamente sentilo dal nostro Musumeci, di dar più fede ai sassi che ai libri, poggiano due altre sue memorie; una sopra il Simbolismo Archi- tettonico, ch’egli esamina in diversi avanzi sculti in epo- che lontanissime fra loro, per lo meno di quindici secoli; provandosi di mostrare l’ efficace influenza della più o meno elevatezza intellettuale, sopra i prodotti delle arti. Questa porla il titolo — Intorno a due antichi avanzi di decorazione simbolica dei migliori tempi, esistenti uno nel museo di Siracusa e /’ altro presso /' autore, con un appendice circa allo stesso uso nel medio evo. Nell’ altra memoria che a per titolo* — Del peso da darsi alla storia nello studiare le antiche produzioni del- i arte , tratta della pretesa derivata cultura deli’ antica Sicilia, nella più splendida eia greca , desumendola dai monumenti. L’ ultima artistica fatica, finalmente , clic in ordine di data abbinili del nostro encomiato, verte sopra un dif- fìcilissimo ed oscuro passo del libro IH dell’ Architettura di Vitruvio, che à cruccialo, e tuttora cruccia gl’interpreti di quest’antico classico scrittore; il quale studio dal nostro socio proponevasi al dotto Archeologo Cav. Francesco M.a Avellino, Direttore dei Musei di Napoli c degli scavi d’Er- colano c Pompeja. Con quant’ acume filologico ed arti- stico egli abbia trattalo un tanto esame, l’abbiamo dal sul- lodalo Avellino, il quale nel mentrechè faceasi a richia- mare l’attenzione dell’autore su d una difficolta che in- contrava nella interpretazione della voce materia, usata nel testo dal latino scrittore, non trasandava di giudicarlo ammirevole per la erudizione , giudizio e maestria ; — 204 — alla quale difficoltà procurò il nostro Musumeci di rispon- dere , apportandovi il voluto esame e chiarimento (16). Pali furono, o Signori, in succinto gli svariati lavori d archeologico ed artistico argomento trattali dal nostro Socio, ma non i soli prodotti dall’elevato intelletto di lui. Molti. alili ne abbiamo scientifici e letterari, c tra i primi quelli comunicali a questo consesso c che non posso pre- terire per lo meno di enunciare. La prima memoria che iì Musumeci comunicava a quest Accademia (17), tratta dell' antico uso di diverse specie di caria e del magistero di fabbricarla , la quale trovasi inserta nel III volume della serie I dei nostri alti. Itali autore stesso abbiamo, quali considerazioni lo indu- cevano a trattare .siffatto argomento. « L’avere osservato, & scrivca, ì libri di Yilruvio mancanti delle figure neces- sarie alla precisa intelligenza del testo, il disperdimento « oi esse, mentrechè il testo trovasi intatto, l’impossibi- « bla della grafica delineazione delle prime con moduli (( proporzionali senza alterazioni sopra membrane, m’ec- « citarono un incapamelo di scrivere una memoria so- « pra l’uso della carta presso gli antichi. » E però fecesi a provare che non solo gli antichi avean carta al par di noi e di diverse qualità , ma che il contesto di Plinio dell Af al XIII capitolo del XIII libro della Storia Na- turale, ove parla di questa merce, è stato dagli espositori contorto per falsi principi e conienti; e che gli sforzi del Landolina, falli nello scorso secolo per la fabbrica della coita papiracea all uso degli antichi , furono ammirevoli per zelo ma non pel risultato. Nella seduta del 23 dicembre del 1832 leceva un accurato rapporto sull’eruzione apparsa nella [Marni occidentale dell’Etna, nella notte del 31 ottobre delio stesso anno, e che di grave pericolo avea minacciato il - 203 — ?re,lidÌ BT — r’ m'llula ,;i-i accurata reia- fór n li qU* “n Sl8n,llcante eruzione e della singolare lorin.ì del novello cratere. . NeJ,a SC(Jllli> del 6 luglio 1838, leggeva altra me- motia Sopra l attitudine dette materie vulcaniche al- t arli sussidiane dell’ architettura 9); e nella tornala ordinaria del 2o gennaio 1840 comunicava altro dotto avoro vertente Sulle strade a ruota nelle Paludi che hanno sbocco in mare e precisamente nei Panlanelli di Siracusa. . ^Ia letterarie fatiche di lui, meritano singolare at- tenzione, l’illustrazione d’un’ antica tavola esistente in Ca- tania, ed una memoria che rimase inedita, la quale porta per titolo: Ragionamenti intorno alle sfavorevoli espres- sioni eli Dante per Federico III Re di Sicilia , cornea- late in due articoli dei Voi. XLV e XLVI dell’ Antolo- gia di Firenze. Le quali due sole produzioni valgono a di- mostrile la profonda erudizione di lui, e quanto sagace indagatole si fosse nello esame di simboliche rappresen- tanze, come ricavasi dalla prima ; lo che va pienamente giustificalo da quel detto d’ Orazio Ex fumo dare lucem, posto ad epigrafe della memoria stessa. Studiando un’o- scura ed importantissima tavola, vi riconobbe raffiguralo uno dei più singolari e forse il più memorando avveni- mento, che segna la moderna storia d’Italia: il tanto ce- lebre concordalo di Bologna tra Clemente YII e Carlo Y, che tanto a influito sulle successive vicissitudini della bella penisola (20). Il lavoro rimasto inedito, come di sopra ò cennato, riguarda l’ espressioni di Dante intorno a Federico III Re di Sicilia. E desso un opuscolo del chiarissimo uomo, che giorni pria di morire avea portalo a termine. L’au- tore lo scrisse come lo addio alle sue dotte lucubrazion* / — 206 — come a mela dei suoi tributi alla repubblica letteraria. E da una lettera diretta al signor Principe di Cassaro , cui intitolava la memoria , e che si è trovata in bozza fra i manuscrilli di lui, notiamo tali e sì modesti sentimenti che sempre più ci rendono amara la perdita del virtuoso autore, c che per non abusare di vantaggio di vostra be- nevola attenzione mi è giocoforza di trasandare (21). Finalmente abbiamo del Musumeci: Due lettere ar- tistiche sul teatro incominciato in Catania, pubblicate negli anni 1813, 1814. L’Elogio pronunziato in quest’ Acca- demia del nostro Primo Direttore Fra Cesare Dorma, in- serto nel XVIII volume dei nostri alti, e quello del Can. Francesco Strano, Professore d’umane lettere in questa Università, Bibliotecario delia Venti milinna ed autore del catalogo ragionalo della stessa. Un discorso pel ritorno dì Vincenzo Bellini alla sua patria; ed una lettera di ri- sposta a M. Ililtorff, Cavaliere della Legion d’Onore, in delucidazione a taluni monumenti di Catania (22) c non poche altre artistiche c letterarie produzioni, che incom- piute, si giacciono fra i manuscrilli di lui, fra le quali taluni cenni su Filippa la Catanesa. Signori! son già al termine di mia orazione. Tali furono gli eccellenti lavori del nostro Socio Fondatore , di cui oggi celebriamo la memoria, e che tutte rivelano le doli dell’ elevato intelletto di lui. Son quasi due lustri eh’ Egli non è più (23) ; e non ci restano che le sue opere , le quali sono un’ eredità di sapienza c di gloria per la Patria, per questo nostro Consesso che deve anche a lui la fondazione, l’esistenza; come la dolce memoria delle singolari virtù che fregiarono I’ animo di lui, è il prezioso retaggio raccolto dalla sua colta numerosa fami- glia, dai suoi discenti e di quanti s’cbbcr il bene di pos- sedere la sua sincera e leale amicizia!! (24). Ilo dello. (1) La famiglia del Musumcci volendo eternare la memoria di lui, rizzava nella Chiesa di S. Agata la Yclere un marmoreo mo- numento, del quale essendomi stala affidala la direzione, credetti sin d’ allora mio dovere vergare un cenno necrclogico che fu pre- messo alla descrizione da me data del connato monumento. — V. gior. del Gab. Leti. dell’Accademia Gioenia — Nuova serie voi. 1. pag. 346 , anno 1854. (2) Ignazio Paterno Castello V Principe di Discari ed il Ve- scovo Salvatore vcnlimiglia. (3) Le prime strade a ruota che furono costrutte nella nostra provincia furono opera del Musumeci ; e quant’ egli volse nell’ edi- ficatoria basta solo cennare il carcere centrale di Catania , edifizio sopra tutto ammirevole per la solidità e sicurezza ; ed il progetto del grande Ospedale medico-chirurgico di Catania. (4) Le cariche occupale dal Musumeci nell’ Accademia Gioe- nia furono. 2.° Direttore nel 1840, (seduta del 1. giugno) Detto nel 1848, (seduta dell’11 maggio) Segretario alla sezione delle scienze naturali ( maggio 1834) Membro del comitato negli anni 1836, 1838. Direttore delle stampe negli anni 1842, 1845. (5) Notizie Biografiche degli scienziati Italiani formanti parte del VII. congresso in Napoli 1845, raccolte da G. Giucci. — 208 — (6) Chi volesse esser vago di conoscere il pregio in che fu- rono e sono tenute le produzioni del Musumcci, svolga fra gli altri il giornale dei Letterali di Pisa, la Biblioteca Italiana, gli atti del- l’Accademia dei Georgolìli di Firenze, il catalogo ragionato della Ventimiliana , la storia di Napoli del Nugnez. Trovansi anche regi- strali giusti elogi pel Musumcci nella descrizione di Catania, nel viaggio per la Sicilia del Conte Orli , nella guida per la Sicilia del Cav. ah. Ferrara, nel trattalo Piltorico-Geomelrico di Pompeja , ed in moli’ altri giornali. Nel 1818 , imperiamo intraprendeva un viaggio per la bella penisola , e la estesa erudizione di lui, e le sue vaste artistiche ed archeologiche conoscenze gli cattivarono la stima dei primi ar- tisti Italiani. Fu nella sua breve dimora in Roma, che riscosse l’ ammira- zione di quanti artisti e letterali in quella stagione stanziavano nella città eterna. Canova, Torwaldsenn , Fea e moli’ altri l’ono- rarono di loro amicizia. In Firenze si rese intimo lo affetto del grande Architetto Italiano e scrittore Cav. Giuseppe del Bosso, Re- gio Architetto , Consultore del Gran Ducato di Toscana: ed uguale stima ebbero per lui il cibar. Giuseppe Bergolli da Modena Inge- gnere, ed il distinto Archeologo Cav. Francesco M.a Avellino da Napoli, Direttore dei R. Musei e degli scavi di Ercolano e Pompeja, e s’ aprì corrispondenza con quel gran lume di sapere artistico il Conte Leopoldo Cicognara. Gli esimi architetti Francesi Hittorff, architetto del Re dei Fran- cesi , Cav. della legione d’ onore e Zhant. più volte s’avvalsero dei lumi di lui nella illustrazione dei monumenti siciliani. (1) Carrera — meni. stor. di Cat. lib. 1, C. VI. (8) Nel connato articolo di rivista al quale venne aggiunta una tavola rappresentante l’ icnografia dell’ odeo di Catania c di quello d’ Atene, si legge: « L’erudito Architetto Signor Mario Musumcci, lo stesso che nel 1829, divulgò sul continente nostro una dotta memoria sopra Uno Rudere scoperto in Catania etc. s’ è ora oc- cupato d’altro interessante argomento, quale s’è l’illustrazione dell’ odeo esistente nella delta città; oggetto non perduto mai di vista dagli eruditi che anno personalmente visitalo , o astrattamente trattalo degli imponenti avanzi delle fabbriche siciliane. L’Autore guidalo da possedimento delle scienze architettoniche, congiunto a quello dei Classici , ha formato un lavoro qual polca sperarsi da un uomo che riunisce tulle le cognizioni a tal uopo necessarie ; ond’ è che il pubblico, al comparire d’opera di simil fatta, è in — 209 — dritto d averne sollecita contezza ; poiché esse tentano allo avanza- mento dei generali studi non mcnocliè alla istruzione degli artisti » usando l’A. dell’ articolo alla opportunità le più sentile parole di lode pel nostro Musumeci, dicendolo: « il nostro dotto quanto in- gegnoso autore » ed altre simili espressioni ; facendo però attenta- mente notare la profonda erudizione che lo adorna ed il saggio e giudizioso uso che ne fa, dicendola : Mollo scevra di petulanza e d’ inopportunità è V erudizione cti egli fa servire al doppio oggetto eie. e conchiude « E se sino ad ora l’A. si è ora palesato qual dotto conoscitore dei Classici greci e dei monumenti di quella nazione , quivi si fa distinguere qual pratico e sperimentato archi- tetto , analizzando i rapporti che tuttora presislono fra queste due fabbriche ch’egli dimostra ancora col sussidio della pianta clic avvi unita » . (9) Nuovo giornale dei Letterali di Pisa anno 1830 pag. 63 e seg. — Bibl. Hai. Voi. LX pag. 320 327. — Giornale di Scien. Lelt. ed Arti per la Sicilia N. 8G. — Lucifero 1845 N. 35. (10) Questa memoria fu dal Wieboking comunicata allo Isti- tuto di Francia nella seduta del di 22 giugno 1824, ove si portò egli medesimo per farne lettura, ponendo somma cura d’ esprime- re la data precisa della lettura e della pubblicazione. (FI) Alti della settima adunanza degli Scienziati Italiani in Na- poli voi. I. pag. G4C e seg. (12) 0 u està memoria trovasi inserta nel Voi. 11. delle Ope- re Ardi ed Art. del Musumeci pag. 29. — ed a pag. 181 dell’ Op. cit. voi. II trovasi inserta la lettera d’ Avellino sul connato Ipogeo data in Napoli 28 marzo 1847. (13) Che sì laboriose non men che dotte opere aprissero al Musumeci una strada alla gloria, si fa manifesto in modo speciale dall’epistolare erudito commercio clic seco lui tennero uomini di merito sommo, tra i quali possiamo annoverare oltre di Del Rosso Avellino, Airoldi , Amico Ricci, Bergolli , Bianchi, Bianchini, Cal- dura, Diedo, Deluches, D’ Apuzzo, Di Giovanni, Donato, De Welz, Errante, Falconieri, Ferrara, Giullari , Grosso Cacopardo , Gallo, Grano, Giucci, Caniccio, Hans, Hillorff, La Farina, Liberatore, Li Greci, M astria n i , Morlillaro, Malpica, Niccolini , Nugnez di Sanse- condo, Paci, Serradifalco, Scino. Saverio Terzo, Volpicella, Vassallo Ugo, ec. Nelle notizie biografiche del Cav. Gius. Del Rosso adunate dal Cav. Frane. Indurami e dall’ Arch. Leopoldo Pasqui inserte nel Voi. XXIV del Nuovo Giornale dei Letterali di Pisa pag, G4 si legge il atti ACC. VOL. XVII. -9 — 210 — nome del Musumeci fra i sommi che s’ ebbcr corrispondenza col Gen- naio Del Rosso, come « Agincourt, Borgia, Canova , Cicognora De Vegm, bea, HaulTemann, Musumeci, Napione, Orioli, San Quintino pillassi, Sublerass, Sterne, Vermiglioli, Uggeri, Volpato Zanoja,’ VViebeciving ec. » J 1 (14) Garruccio — Sulla origine e sulla costruzione delI’Anfitca- l'O Catania Napoli 1854. In questa memoria l’A. per quanto erudito e dotto si è mostrato , come in ogni altro suo pregevole scntto per mancanza d’accurato esame sul monumento venendo all applicazione è incorso in qualche equivoco, tanto sull’esame delle monete , quanto su quello della costruzione , confondendo pure la corrente vulcanica del 16G9 con altra antica ch’investe gli avanzi dell antiteatro. o ()5) questo trattato, che divide in cinque capitoli, tratta * dello esame del parere del Marchese Scipione Malici, intorno al nascimento, progresso ed uso degl’ anfiteatri; 2° dello Anfiteatro di Catania, sua torma, estensione c struttura, e sopra gl’indicamenli storici che lo riguardano ; 3° Corografia e Geognosia relativa alla primigenia sua pianta ; 4° dell’ anfiteatro di Siracusa e delle sue particolarità; 5° conclusione. (IO) Musumeci — Op. Arci., ed art. Voi. II. pag. 183. c se*. (17) Letta nelle tornate del 12 gonna jo e 9 febbraio 1827 (18) Inserta nel V. IX 1. serie degli alti dell’ Acc. Giocnia (19) Inserta nel V. XV. 1. serie alti delI’Acc. Gioenia enei I. voi. delle op. Ardi, ed Ar. pag. 219. (20) La tavola in parola esiste nella Chiesa di S. Domenico mori e mura in Catania, nella quale riconobbe d’ esservi rafimu- rato il celebre concordato di Bologna ; Varchi, Guicciardini , Semii e Giovio , spianarono i palesi , e più di più, i segreti molivf di cosi latta pacificazione , la quale si è il religioso su bbielto di que- sto dipinto , del quale amo darne un breve cenno , tanto pel me- rito dell’illustrazione quanto per l’ importanza della tavola. Il quadro di che c parola rappresenta la B. Vergine del Ro- sario col divin pargoletto , maestosamente assisa in marmoreo se- micircolare sgabello; a destra S. Domenico, ed altri santi dell’or- dine in alto di ricevere la divota corona, lo che forma per così dire la parte celestiale della pittura, mentre nella gradinata sta la storica ed allusiva. Su d’ un gradino genuflessi ad orare il nostro Musumeci vi riconobbe Clemente c Carlo , e nei due personaggi dietro a Cle- mente, colla scorta del Giovio, vi raffigurò nel primo il Cardinale — 211 — Famose, allora decano del sacro collegio , ed indi Papa Paolo III, ■ • quale unse Carlo prima dell’incoronazione, e nell’altro il car- dinale Sai viali, immediato in dignità c clic lo vesti degli abiti sa- cn , nel personaggio genuflesso, dietro dell’ imperatore, Francesco Sforza, ultimo Duca di Milano, allora spogliato da Carlo da quella Signoria, come aderente alla Francia , e che per mezzo della in- tercessione di Clemente fu compreso nella pace, e riacquistò il Mi- anese ; nel giovane all implode Alessandro dei Medici, ribaldo spu- rio, il quale era il segreto ed il principale oggetto del concordato e nel gruppo degli astanti, dietro lo sgabello, in uno il principe Fi- liberto di Orango, generale di Carlo dopo la morte del Contesta- bile di Borbone, e nell’altro togato il cancelliere imperiale Mercu- riano Gallinara, il quale coi suoi consigli influiva talmente sopra l1 animo di Carlo, che Papa Clemente, il creò cardinale dopo del concordato. Dopo d’avere il Musumeci, colla scorta dei più accreditati scrit- tori sull’assunto, avvalorata la simbolica rappresentanza, passa alla dovuta indagine intorno alla esistenza di questa storica tavola in Catania e precisamente nel convento sudctlo ; e dimostra essere stato duplice lo scopo, nell’uno una riparazione ai propri torli lel- P ordine , avverso alla fazione medicea, e nell’altro un’onorevole memoria lasciala da Giuseppe Plalamone Catenese, dell’ordine su- detlo , trascello a predicare in sifatta ricorrenza, con sommo ap- plauso, alla presenza del Pontefice e dell’imperatore; e conchiude questa elaborata illustrazione con un critico esame intorno all’ epoca ed alla mano clic condusse questo pregevole dipinto. (21) Questa lettera vergata nei primi giorni di luglio 1852 dal Musumeci è espressa così: « Eccellenza — Frutti d’inverno chia- mava Melastasio i suoi ultimi componimenti drammatici perchè ap- parsi e maturali al declinar di sua vita. Ma quei frutti eran sem- pre squisiti e sapidi, perchè di tronco suceolenlo e rigoglioso , che avea i filloni in idoneo e profondo terreno. Se a grandi cose è lecito anche in eseguo tipo far analogia di piccole, fruito pure d’inverno è questo che le presentò, al principio del mio seltua- gesimo quinto anno, prodotto da intristito e grinzo albero, e per- ciò spiacevole e disgustoso,, « Ma comunque esso sia, per me vale molto se giunge a pro- varle la intensità del mio attaccamento, dirigendole questo tenue sforzo di un vigore che di giorno in giorno va a cadere — Lo ac- colga sotto sifatto punto di vista e mi creda qual sono — Di V. « (( (( (t (( (( « (( « '( « « E. ec. » * — 212 — Chi avrebbe mai detto clic Musumeci giorni dopo dovea con- tarsi fra gii estinti! (22) Musumeci — Op. Arcb. ed Art. Voi. 1, pag. 249 e seg. (23) Musumeci cessava di vivere in Catania sua patria il gior- no 23 luglio 1852 d’apoplessia. (24) Il Prof. Musumeci non fu solo l’uomo dell’arte e della scienza, ebbe ben altri pregi clic lo distinsero. Padre di numerosa famiglia, solerte, riuscì educarla nel sentiero della virtù. Cittadino egregio, pio, religioso. Amico per sentimento; fu leale in tutti i tempi. Cortese e sommamente amabile con tutti , si conciliava un rispetto contegnoso e nobile. Amante al sommo delle patrie glorie, ammirò sempre i ciliari ingegni e protesse e beneficò coloro che abbisognavano. Sapiente senz’albagia od ostentazione; fu l’uomo caro in tutto a tutti, come attcsta la bellissima iscrizione apposta nella parte bassa del Cippo , dettata dal Can. M. Turrisi: MARIO MUSUMECI ARCHITECTONICES. ANTECESSORI IN. REBUS. ARCHEOLOGICIS. AC. HISTORICIS PRAE. ALIIS. VERSATO IOENIE. ACADEMIAE. INTER. CAETEROS FUNDATORI OPTUME. DE. PATRIA. AC. DE. DOMO MERITO , CORDIS. COMITATE. INSIGNI FILIAE. LUGENTES POSUERE A. D. MDCCCLIV. Lei memoria che segue dovea far parte dei volumi precedenti , ma per trovarsi V autore occupato della stampa della di lui opera si omrnise; adesso stimiamo conveniente inserirla in questo come appendice. ATTI AGC, VOL. XJII. » - SAGGIO D I GEOGRAFIA MEDICA DEL SOCIO B.r GIUSEPPE ANTONIO GALVAGNI mniEa®iBni^ s.a DELLA MALATTIA GASTRICA BILIOSA aOETTA nella tornata «lei *3 Maggio 1855 - V PROEMIO Fra le famiglie nosologiche endemiche, della pato- logia di Sicilia , tiene un posto , la malattia gastrica bi- liosa , che ha una genesi speciale, un sinlomatismo ca- ratteristico , un andamento proprio, un’individualità di- stinta, che richiede una terapìa speciale , e che domina nell’ isola nostra in tulli gli anni, nelle stagioni diverse e nella state a preferimento. Essa somiglia per alcuni caratteri alla malattia bi- liosa dei paesi caldi , delta febbre remittente biliosa , febbre grande endemica dei paesi intertropicali, ordina- ria nell’isola del Gange, nelle provincie meridionali del- l’America del nord, sulla costa d’Africa , meno frequen- te in Grecia, in Spagna, e sul littorale meridionale medi- terraneo della nostra Europa. La Sicilia situata al confine meridionale dei climi temperali e al principio dei calorosi, segnando il grado 36, 37, 38 di latitudine e dal grado 10 a 13 di lon- gitudine di temperatura elevata, dispone gli organismi che — 6 — stanno nel suo mezzo ambiente, sotto tale potenza clima- lologica, ad ammalarsi all’azione dei modificatori più lievi della malattia biliosa , che con generalismo nel campo dell’ osservazione si osserva, ora primitiva essenziale , ora collegata alla maggior parte delle altre malattie dell’ uo- mo di Sicilia. Essa presentasi con varie forme fra cui l’affezione e la febbre biliosa gastrica primeggiano ; la pri- ma più generale , più permanente nelle sue apparenze , si mostra senza apparato febbrile ; la seconda si costituisce di febbre, ed è lemporaria nelle sue significazioni morbose. E mio proponimento descrivere nella presente me- moria la febbre biliosa gastrica e l’affezione biliosa, stu- diandone le varie espressioni morbose , le gradazioni diverse , le malattie a cui si collegano, quella che esse mentiscono, i caratteri differenziali colle malattie paludati colla tifoide, le cause da cui originano, la patogenesìa, onde fissare la loro fìsonomia endemica nel regno pato- logico siciliano. SINTOMI E FORME DELLA MALATTIA BILIOSA GASTRICA E a dire della sintomatologia e delle forme della malattia biliosa gastrica, la manifestazione morbosa lieve si costituisce di mancanza di appetito, pania bianca gial- lastra della lingua, sapore amaro, nausee, vomiturizioni, vomiti di materie amare giallo-verdastre ; a tali disturbi vi si collegano o vi si sostituiscono coliche, o borborigmi, flatulenze, tensione del ventre, costipazione, diarrea, stali morbosi che si presentano riuniti o divisi , con o senza movimento febbrile. La febbre biliosa gastrica di grado maggiore si co- stituisce di amarizie alla bocca , intonicatura giallastra della lingua , sete intensa , desiderio di bevande acide , perdila dell’appetito , disgusto per le sostanze animali, do- — 7 — lore epigastrico epatico, costipazione o diarrea; la modalità reazionaria della circolazione si palesa con polsi forti fre- quenti, calore bruciante , traspirazione soppressa , urine colorate, cefalalgìa frontale, aberranze, senso di frattura nei membri. Un’espressione rilevante di questa febbre endemica si costituisce della seguente fenomenizzazione , prostra- zione di forze, mancanza di appetito, alternative di caldo e di freddo, dolori lombari, calore ardente generale, cefalalgia forte, polso sviluppalo frequente, dolore acuto, tensione all’ epigastro, ai due ipocondri, al destro prin- cipalmente, lingua con pania bianco giallastra, sete vivis- sima , vomiti copiosi di bile , costipazione o diarrea bi- liosa, colorazione gialla della congiuntiva , delle ali del naso , qualche volta di tutta la pelle , anzietà epigastri- che ; facoltà intellettuali ordinariamente normali , talvolta oppressione alla testa, aberranze, sonnolenza. Le significazioni morbose della febbre gastrica biliosa sono numerose e diverse ; ora predominano i fenomeni di gastricilà saburrale , ora quelli di gaslricilà umorale biliosa, biliosa mucosa, ora i fenomeni di gastricilà irri- tativa, o con produzione di vermi; ora la gastricilà irri- tativa si mostra allo stomaco con manifestazione di vomi- ti continui , ora agl’ intestini con manifestazione di co- stipazione, di diarrea, di tenesmo, di dissenteria, spesso con forme irritative epatiche , con effusione di bile alla pelle, con flusso di bile agl’ intestini; ora con emorragie intestinali, morroidali, nasali, cutanee. Una forma speciale della febbre biliosa gastrica è la forma toracica, che si manifesta pure all’ apparecchio respiratore. Essa si fa di due gruppi di fenomeni il ga- strico bilioso, spesso latente, o poco manifesto, il catar- rale, il pleuritico, il bronchilico, il pulmonico, che talvolta simula perfettamente una flemmasia ; febbre reazionaria, — 8 — polsi forti duri frequenti, calore acre alla pelle, dolori dif- fusi al torace, o dolori puntoni circoscritti, tosse secca, molesta, ispirazione difficile, colorazione del viso, ne co- stituiscono la fenomenia, la malattia si classifica per pleu- rite, per bronchite, per pulmonite, e tuttavia ostinata ai salassi cede ai purgativi , ai vomilorì , che fanno uscire bile copiosa. Lo altra forma della febbre biliosa endemica , è quella che si costituisce di fenomeni nervosi alasso-adi- namici , oltre i fenomeni gastrici; convulsioni, delirii, letargie, adinamie, da simulare una significazione tifoidea, e pure essa non è che una varietà fenomenica della feb- bre biliosa delle nostre regioni calorose. h una parte delle malattie eruttive cutanee della stagione estiva, 1 urlicaria, 1 erisipela, alcune oflalmopatie acute c tarie angine, spesso stanno in dipendenza, o stan- no complicale alla lebbre gastrica biliosa di cui si favella. L espressione sintomatica dell’ affezione biliosa si costituisce di calore acre alla pelle , secrezione biliosa abbondante, separazioni intestinali biliose, lingua gialla , sapoie amaro alla bocca, desideri d’ una bevanda fresca di acqua gelata , di cibi temperanti vegetali e di frutti acidi freschi; la sete è eccessiva, la digestione mostrasi spesso disordinala, la chimo-chilosi incompleta, con pneu- m a tosi gastro-intestinale, ed evoluzione di aria per la via dello stomaco e degl’ intestini, rulli, singhiozzi, disordini della fecilìcazione , c della defecazione, costipazione ec- ccssiwi, escrezioni di materie fecali secche, o diarrea bi- liosa, soventi cefalalgia sopraorbilale , sensazioni moleste alla regione epigastro-ipocondrica , urine biliose concen- ti ale , mancanti delia parte aquosa , colore della pelle gialliccio , bruno gialliccio , principalmente all’ albuginea e in alcuni regioni del volto, il polso è pieno frequente, ma nè duro nè teso, lebbre non mai , traspirazione cu- — 9 — tanca puzzolente. L’ aspetto sintomatico della malattia bi- ìosa tì qualche volta lieve e poco manifesto, che scam- bisi coll idiosincrasia biliosa ; in più casi sembra una gradazione crescente della idiosincrasia mentovata , altre volte na un espressione mollo specchiata e caratteristica. j hsonomia della febbre gastrica biliosa varia secondo le stagioni diverse; la massima espressione viene innanzi nella stagione eslivo-aulunnale; le febbri gastriche biliose violente, quelle con molto interesse del" fegato, con itterizie, con llussi di bile, con emorragie intestinali, morroidali con tenesmi , con dissenterie, con vomiti bi- liosi incoercibili, manifeslansi in questa stagione , e più quando è calorosa e secca; in essa ancora si osservano le forme pulmonicbe, le pleuritiche, le bronchiali, della febbre gastrica biliosa , e le forme nervose adinamico- alassiche , quando al calore esuberante vi si unisce la umidità autunnale, La stagione eslivo-aulunnale è quella in cui la feb- bre biliosa domina con generalismo costituzionale o epi- demico, e attacca molli individui presentando le numerose sue forme, dalle semplici alle complesse, dall’imbarazzo gastrico intestinale alla forma sua più temibile, e in que- sta stagione ad ogni morbo, collegasi alle flogosi varie, alle febbri palustri, alla tifoide , ai reumatismi , ai mali acuti cutanei. L’inverno presenta la forma mite della malattia bi- liosa gastrica, si osservano gfimbarazzi febbrili, e afeb- brili, i saburrali, verminosi, mucosi, raramente i biliosi; ma pure i fenomeni gastrici si uniscono spesso alle altre malattie vernali, e la pleurite, la pulmonite, la bronchite, i reumatismi, si sodano alla febbre gastrica o ai disturbi * gastrici di cui si ragiona, e quando gl’inverni sono ca- lorosi , le febbri gastriche soventi si osservano spesso , ATTI ACC. VOL. XVII. Q — 10 — e tulte le malattie della stagione collegansi alle febbri di cui si ragiona. Il carattere della febbre biliosa gastrica della stagione iemale è mite, e perchè Y organismo è ricostituito dall’in- fluenza del freddo la sua modalità, e reazionaria, e più disposta a finire in bene rapidamente. L’aspetto della febbre biliosa gastrica di primavera è acuta abbastanza, per l’ influenza animante che la stagione presenta, spesso assume la forma angiotenica, e sempre si unisce ai morbi infiammatori, caratteristici della stagio- ne, che dipendono dalle influenze cosmiche che la costi- tuiscono. L’ affezione biliosa malattia generale permanente si osserva in tutte le stagioni, ma infierisce nelle secche e più calde , e nella stale e nell’ autunno principalmente ; in queste manifestasi sotto una forma morbosa assai ri- levante, e a preferenza se l’ individuo si espone alle in- solazioni , o si abbandona alle straordinarie fatiche ; e spesso sotto l’ influenza di tali cagioni 1’ affezione biliosa si cambia in febbre biliosa. La febbre biliosa gastrica assume una fìsonomia varia secondo le regioni diverse di Sicilia. Nella regione alpina isolana è più lieve nel suo fondo morboso, ma nella sua manifestazione più reazionaria, le forme rilevanti bi- liose, le forme biliose-nervose , non si osservano molto, ma frequentano le forme reazionarie , le angioleniche, e spesso quelle che manifestano la forma toracica; e la feb- bre gastrica del Mongibcllo abitato, delle Madonie, dei monti di Castrogiovanni , di Troina , di Calascibctla , di S. Filippo, Cenlorbi, Aidone, Chiaramente , di Buccheri sui dossi di monte Lauro , questa fisonomia modificata presenta come nei miei viaggi medici i clinici di quelle località mi asserivano, e come io stesso osservava. — 11 — Nella regione bassa isolana di livello marino, la feb- bre gastrica assume un’intensità maggiore, presenta forme complesse, fra cui le biliose dominano molto. Le località paludati mostrano la febbre gastrica in concorrenza colla febbre eflluvica, da costituire un morbo complesso, a dop- pio elemento morboso, l’elemento climatico, l’elemento palustre. La febbre gastrica dei luoghi insalubri, spesso oscura le forme delle malattie miasmatiche proprie di quella regione, e bisogna molta sagacia clinica a classi- ficare bene il malore. Le valli ove 1’ umidità predomina tanto , presentano la febbre gastrica mucosa verminosa nelle stagioni iemali, la febbre gaslrico-adinamica putrida nelle stagioni cslivo-autunnali. Nella regione isolana dei rialti o delle colline la febbre gastrica endemica assume forme miste che parte- cipano di qnelle della prima e di quelle della seconda regione. L’ affezione biliosa si osserva in tutte e tre le regioni abitate della piramide siciliana; mostra la sua espressione minima nella regione alpina ove 1’ elevazione del suolo sul livello marino compensa abbastanza la calorosa lati- tudine; la sua espressione massima si nota nella regione piana bassa e nei sili principalmente di atmosfera secca; la regione delle colline isolane presenta la manifestazione media del morbo. CARATTERI ANATOMICI DELLA MALATTIA BILIOSA GASTRICA Le osservazioni necroscopiche fatte sugl’individui che muoiono di febbre gastrica biliosa , fanno rilevare delle congestioni sanguigne, delle alterazioni di tessitura , che manifestano 1’ esistenza d’ una gastrite, d’ una gastro-en- terite, d’ una duodenite, d’ una epatite , delle ipersecre- zioni biliose, e dei cumuli di bile nella cistifellea e nel — 12 — canale intestinale, delle congestioni nella vena delle porte; ma queste alterazioni organiche sono gli ultimi effetti della malattia, non costituiscono il fondo essenziale del mor- bo, ne la causa materiale e primitiva di esso. CORSO DURATA TERMINAZIONE DELLA MALATTIA BILIOSA GASTRICA La invasione della febbre gastrica biliosa ha luogo la mattina, e i suoi ritorni succedono nelle ore antime- ridiane o vesperiane ; sulla notte costantemente , o nei casi maggiori avviene un’ esacerbazione febbrile di grado diverso , la quale produce un aumento a tutti i sintomi descritti, ordinariamente si mostra continua remittente, se è peracula, continua continente, quando è lieve beni- gna assume 1’ andamento intermittente , c spesso questo andamento si veste dove inclina al suo termine. La sua durata varia da quattro, selle, a quattordici, a ventuno giorno se è continua, la remittente varia da sette a quaranta a cinquanta giorni, la terminazione spes- so è felice e per i vomiti giudicasi , per la diarrea bi- liosa stercoracea , per un sudor generale, per una urina con sedimento color di rosa, o laterizio; qualche volta passa alla gastro-enterite, all’ epatite, e presenta le forme nervose atasso-adinamiche che possono finir colla morte. L’affezione biliosa essendo una malattia cosliluzio* naie, ha una durata lunga; le sue manifestazioni di acuzie ancorché senza febbre hanno breve durata , e seguono 1’ andamento dei morbi acuti. I sintomi dell’ affezione biliosa costituzionale talvolta non disturbano l’organismo per nulla principalmente quan- do vi ò la lubricità del corpo e la urina copiosa che eliminano la bile abbondante. etiologia della malattia biliosa gastrica Le cause della malattia endemica gastrica biliosa sono moltiplici , e d’ influenza diversa ; la causa essen- ziale che costituisce F elemento efficiente del morbo , è la temperatura dei climi calorosi, per cui a ragione tale lebbre potrebbe denominarsi febbre climatica , le cause secondarie, accrescitive, coadjuvanti, occasionali , sono i modificatori bromalologici, di cattiva condizione, le affe- zioni morali tristi, talune predisposizioni individuali, che avvalorano molto l’ azione della causa essenziale , e ne rendono grandiosi gli effetti. CAUSA EFFICIENTE Calore climatico L abitante dei climi calorosi per Fazione della tem- peratura elevata mostra esaltali gli organi esterni e le loro funzioni, inerti gli organi interni e le azioni di loro spettanza ; il calore esagerato irrita i tessuti cutanei , i fluidi corrono grandemente alla pelle, e l’esalazione ter- mica mostrasi grande , il calore esageralo porla secon- dariamente 1 astenia delle forze nervose, F esaurimento dei materiali organici, degli umori, del sangue, la de- pressione vitale delle mucose, le forze digestive langui- scono, l’elaborazione chimo-chilifera è incompleta; il san- gue fornito di un’alimentazione poco sostanziale, e d’una bevanda aquosa debilitanti resta sieroso e poco stimo- lante, e portato nei polmoni la cui attività c minuila non s’ arterializza d’ un modo completo come nei paesi freddi, ove la respirazione è più energica ; nei climi calorosi scappa una minore proporzione d’ acido carbonico per le — 14 — vie respiratile, il carbonio domina nei fluidi che mancano di plasticità , l’ organismo sovrabonda di tale principio nocivo, che viene espresso dalla pelle e dal fegato, che s’animano d’ un’ attività supplementaria, a quella del pol- mone, e viene eliminato sotto forma di bile nel tubo di- gestivo. Così 1’ abitante dei paesi caldi presenta 1* accresci- mento dell’ esalazione polmonare e cutanea , 1’ aumento della secrezione biliare e spermatica , da cui viene l’a- stenìa vitale delle funzioni assimilatrici; le funzioni di di- gestione sono languide, inerti, le secrezioni pancreatiche, salivali, intestinali, minuite, le urine colano poco; la de- bolezza muscolare è esagerata, gli abusi frequenti sessuali crescono 1’ atonia generale. Ecco la espressione funzio- nale dell' uomo dei climi calorosi , le modificazioni im- presse del mezzo ambiente in cui vive , la costituzione che presenta fin dalla nascita in tutte le fasi della sua esistenza, che lo dispone ad ammalarsi spontaneamente, o sotto 1’ azione di lievi cagioni dell’affezione e della feb- bre biliosa endemica. Calore estivale Ma oltre l’ influenza del clima caloroso, che è per- manente, venghiamo a studiare l’influenza dell’estiva sta- gione. La state costituita d’ una temperatura maggior- mente elevata , produce l’ attività estrema dell’ esalazione polmonare e cutanea, l’inerzia maggiore dell’apparecchio di digestione , il rallentamento cresciuto dell’ attività re- spirativa, e la produzione d’ una minore quantità di ca- lore animale, c di proporzione minore d’acido carbonico; il carbonio fornito dagli alimenti respiratori eliminasi più per la via del fegato , che presenta la massima attività funzionale , e una secrezione copiosa di bile. Il calore — 15 — climatico quindi unito al calore estivale gettando 1’ orga- nismo nella massima astenìa, eccitando una secrezione bi- losa abbondante, e la causa efficiente della malattia bi- liosa. CAUSE SECONDARIE Umidità L’ umidità unita al calore elevalo diviene una cagio- ne potente della malattia di cui si ragiona; 1’ organismo esaurito dalla sopraeccitazione dei calori della stagione estiva, ricevendo l’impressione di un calore umido, che T autunno vi reca , presenta una prostrazione maggiore , e la malattia gastrica biliosa lungi di mostrarsi coi ca- ratteri reazionarii, si mostra coi caratteri di astenia. Modificatori bromatologici I modificatori bromatologici possono considerarsi co- me cause occasionali della malattia biliosa endemica, l’uso dei cibi stimolanti, dei cibi abbondanti, dei cibi difficili a dirigersi , 1’ uso dei cereali delle fave dei funghi co- mune nell’ isola , 1’ uso delle bevande stimolanti vinose , alcooliche , agendo sopra nn organismo prostrato nelle forze vitali , in un apparecchio digestivo senza energia funzionale , determinano delle indigestioni ripetute , che danno cagione allo sviluppo della malattia di cui si ra- giona. Modificatori individuali L’ idiosincrasia epatica, le costituzioni deboli, i tem- peramenti nervosi a sensibilità esaltata , la vita seden- — 16 — laria o attiva oltremodo, l’età adulta, eccitando troppo la secrezione biliare, e rendendo difficile la digestione predi- spongono alla malattia biliosa di cui si tratta. Località topografiche Delle regioni abitate isolane la regione bassa o delle pianure è quella che presenta comune la malattia gastrica biliosa , e di questa la regione delle valli e delle pa- ludi, perchè tengono riunite il calore e 1’ umidità ad un grado elevato , o il calore solo di grado maggiore ; ivi frequenta ancor negl’ inverni ; nelle stati si diffonde con generalismo, e l’imbarazzo gastrico-inleslinale con o senza febbre, e la indigestione è diffusa a modo cndemo-epi- demico a tutta questa regione abitata. La regione media o delle colline c dei rialti alpini, la presenta con meno frequenza, e rara si mostra nella regione dei monti di seconda e di primaria altezza , e sul Mongibello ad eccezione della stagione estiva , ove mostrasi sempre reazionaria; e quando si veste di feno- meni nervosi presenta più spesso i fenomeni atassici che i fenomini adinamici putridi. Diagnosi della malattia biliosa gastrica La febbre biliosa gastrica nelle sue forme regolari presenta una diagnosi facile , la sua fenomenia c così caratteristica che il clinico subito ne scorge la natura e il fondo morboso ; ma essa presenta delle analogie colla febbre remittente d’ intossicazione palustre , che presentasi senza freddo, senza sudore, e con una forma biliosa caratteristica; con alcune forme della pleuro-pul- monite , colla lebbre tifoidea. Si distingue dalla prima per la causa da cui prende origine, l’ intossicazione pa- lustre, mentre 1’ altra viene d’ un modificatore climatico, per il farmaco a cui cede , la prima cede al chinaceo , la seconda alla medicazione evacuante, per la costituzione medica dominante con cui coesiste; la prima va insieme alla costituzione palustre , la seconda colla costituzione gastrica. La pulmonile , la pleurite , la bronchite primitiva differisce dalle iperemie pulmoniche pleuritiche bronchi- tichc biliose per i caratteri chiari d’ima gaslricilà biliosa coesistente , per i vantaggi delle medicine evacuanti per la bile copiosa che vien fuori col vomito e colle sedute di ventre, e per la inutilità dei salassi della vena e per la mancanza di cotenna nel sangue. Gli sforzi della medicina attuale a Paridi tendono e; a far rientrare nella febbre tifoide le numerose febbri essenziali ammesse dai classici antichi, e a realizzare la centralizzazione della febbre tifoide. Essa negli scrittori di Parigi riassume tutta la pirelologìa ; la espressione infiammatoria, la gastrica, la mucosa, la biliosa , 1’ adi- namica, Talassica, la putrida, si considerano come di- pendenze di questo centro morboso, come forma di que- sto fondo, come apparenze fenomenali della sua essenza patologica, ed esiste per essi una tifoide a semplice for- ma gastrica, o a semplice forma mucosa, come la tifoide atasso-adinamica. La patologìa di Sicilia fa conoscere che la febbre biliosa gastrica sotto il nostro cielo ha un’ individualità propria , una causa distinta , un sintomalismo speciale , una medicazione caratteristica , ha a dir breve un’ esi- stenza propria indipendente; dunque essa dee ammettersi in nosologia , come s’ ammetteva da tutta la medicina antica, e dai clinici dei climi calorosi. Quando la febbre biliosa si veste di fenomeni ner- vosi , di fenomeni alassici adinamici putridi quando si atti ACC. VOL. XVII. 3 — 18 — accompagna a delirio, a convulsioni, a letargo, a pro- si1 azione , allora torna difficile distinguerla dalla febbre biliosa tifoide, e se manca lo stupore caratteristico, se il gorgogliamento della fossa iliaca non è mollo chiaro, se la fenomenia atasso-adinamica non è rilevante, è dif- fìcile differenziarla , se non viene V anatomia patologica a presentare i caratteri anatomici che sono i veri carat- teri palognomonici, a distinguere la tifoide a forma bilio- sa, dalla febbre biliosa a forma tifoidea. Ecco i vantaggi degli studii di Geografìa medica ; che concorrono ancora a statuire sopra solida base le classificazioni nosologiche, e le classificazioni della natura e della essenza dei morbi ; che se è sistematica quella classifìcazione che si da ad un morbo dominante in un luogo , fissata nei ritiri del gabinetto , senza osservare i falli clinici che appartengono a quella malattia , senza avvicinare un infermo, è ancora incompleta la determi- nazione d’ una malattia, senza conoscere le sue manife- stazioni morbose diverse in tutte le regioni del globo , le cause da cui proviene , la sua patogenesia, i suoi metodi di cura. II regno patologico si modifica sotto i cieli diversi, e sotto i varii climi , la fisonomia morbosa si muta , e spesso si osserva che le stesse malattie hanno espressioni diverse, e diverse malattie hanno le espressioni medesi- me, da illudere i clinici esperti, come succede spesso in Sicilia , ove la febbre biliosa a forma tifoidea si classi- fica per tifoide, e la tifoide a forma biliosa si confonde colla febbre endemica biliosa. La conoscenza topografica della regione ove il morbo si osserva , è la condizione fondamentale , d' un’ esatta diagnosi, essa fornisce dati certi d’una solida etiologia , d’ una positiva patogenesia, d’ una completa sintomatolo- gia ; ogni regione ha il suo regno morboso , e la sua — 19 — patologia speciale , la patologia delle regioni meridionali non è quella delle settentrionali, la paiolo già di Sicilia, non è quella di Francia , o di Russia , e quando vuole scriversi un’ opera di patologia generale bisogna pria aver conoscenza completa dei fatti topografici dei climi, e delle zone diverse, delle patologie regionarie del globo, dalla cui somma potrebbe risultare una patologica filosofica. Terapia della malattia biliosa gastrica La medicazione evacuante è la medicazione potente della malattia biliosa gastrica; i vomitoci usali sulle prime mosse del morbo per due o tre volle coH’inlervallo d’uno o più giorni , i purgativi che si ministrano ogni giorno nei primi tempi , e che poi si usano coll’ intramessa di varii giorni , le bevande acide , le limonee vegetali , i bagni, i sanguisugii epigastrici epatici morroidali, la se- vera dieta, qualche volta i sudoriferi, i revulsivi, i toni- ci, ecco i rimedii che costituiscono la medicazione com- pleta della malattia di che trattasi. E a formularne l’indicazione nelle varie espressioni morbose della malattia biliosa gastrica; i Tornitori i pur- gativi sempre indicati perchè sono quelli che si dirigono al fondo morboso, s’impiegano nel modo seguente; quan- do l’imbarazzo gastrico domina sull'intestinale senza molta irritazione o senza irritazione di sorta, la medicazione vo- mitiva e la più utile e la più interessante, si userà varie volte è a dose vomitiva c a dose risolutiva non lasciando l’uso di qualche purgativo. Quando l’imbarazzo intesti- nale predomina sull’ imbarazzo gastrico 1’ uso dei purga- tivi dee mettersi innanzi senza lasciare qualche volta di dare un emetico. Se la manifestazione del morbo è ir- ritativa bisogna scegliere i lassativi invece dei purganti. La cassia, l’olio di ricini, l’olio di amandorle, a cui hi- — 20 — sogna riunire I’ uso dei sanguisugi morroidali epigastrici mensogaslrici epatici , secondo la manifestazione mag- giore dell’irritazione allo stomaco al fegato agl’ intestini, e l’ uso dei bagni quando un calore bruciante alla pelle manifesta ancora lo stalo peraculo del morbo. Se la diarrea biliosa predomina o la dissenteria, bisogna mode- rare 1 uso dei lassativi, prescrivere poche quantità di olio d amandorle, insistere sulla decozione di gramigna; quando la forma emorragica domina , gli acidi saranno la base dell’ indicazione ; e se la malattia si veste di fenomeni atasso-adinamici i sudoriferi, le polveri di James, la re- vulsione, i diffusivi, i tonici, debbono ancora oltre i pur- gativi mettersi innanzi. Se la febbre biliosa prende le apparenze di una polmonite, di una pleurite, la medica- zione sarà costituita del tartaro slibialo a lutto uso, dei purgativi, della revulsione, di qualche sanguisugio topico se le disposizioni individuali non esigono un salasso della vena. Patogenia della malattia biliosa gastrica Volgendo i ragionari a conoscere il come le cause morbose agiscono sull’ organismo , di qual guisa la ma- lattia si forma, si sviluppa, si costituisce, onde delineare la patogenesi della malattia biliosa di Sicilia, l’organi- smo sottostato materiale della reazione dinamica , per 1’ influenza climatica permanente , mostra ipersviluppato il fegato, copiosa la secrezione biliare, aplastici) il san- gue, prostrale le forze, inerte 1’ apparecchio di digestio- ne. Ecco la funzionalità generale, e la forma della salute dei popoli dei climi calorosi , e dell’ abitatore di Sicilia che costituisce la causa efficiente del morbo bilioso e della affezione e della febbre biliosa isolana. Una causa occasionale producendo una iperemia hi- — 21 — liosa , determinando una indigestione , concorre spesso a indurre la evoluzione della malattia biliosa gastrica , che la stessa nel fondo morboso , può presentare tulle quelle manifestazioni morbose predescritte. La state che si costituisce d’ una temperatura ele- vata, che presenta il massimo calore annuale, crescendo piu la secrezione biliare, e prostrando 1’ economia mag- giormente e lo stomaco, dà facilmente sviluppo alla ma- lattia biliare. I modificatori bromatologici di cattiva qualità , le bevande vinose aleooliche usale con intemperanza, disor- dinando la funzione digestiva , e dando per prodotto un materiale indigesto, determinano la febbre biliosa ende- mica, la quale secondo il vario concorso delle cause oc- casionali colla efficiente necessaria sempre, danno ragione delle varie forme, delle fenomenie diverse, che presenta la sintomatologia. La malattia viene quindi o per una secrezione co- piosa di bile , che riempie gf intestini , e costituisce lo imbarazzo bilioso , che suscita la reazione febbrile , di- pendente dalla sola causa efficiente climatica , e stagio- nerà calore elevato, o per il concorso della causa effi- ciente, e d’ una causa occasionale bromatologica, morale, di traspirazione soppressa o d' altra sorta , che porta l’ indigestione, l’ imbarazzo gaslro intestinale, stercoraceo, e che suscita ancora la febbre. Però prostrazione gene- rale dell’ azione nervosa, e depauperazione del sangue , che rendono inerte la forza digestoria, secrezione biliosa abbondante , che irrita ed imbarazza gf intestini , effetti della causa efficiente climatica, calore esagerato , disor- dini nelle digestioni, chimo-chilosi-fecificazione laboriosa incompleta prova effetti delle cause occasionali , ecco la patogenesi della febbre biliosa gastrica endemica di Sicilia. — 22 — datura e classificazione della malattia biliosa gastrica Torna difficile determinare il posto nosologico della malattia biliosa gastrica dei paesi caldi ; gli scrittori dell' era broussaiana , la considerarono come l’ espres- sione dell’ irritazione e della flemmasia del duodeno e del fegato; Liltre crede che la febbre biliosa è una malattia generale ; la Scuoia di Montpellier seguace sempre della scuola ippocratica ammette uno stato morboso generale che si chiama affezione biliosa che può passare allo stato di febbre biliosa se diviene più pronunziata. Io non sono da tanto a maneggiare una discussione così difficile e ardua , ma a presentare un mio pensiere sulla natura della malattia biliosa gastrica cbe fosse la traduzione dei suoi fatti sin lomalologici , eliologici, palogenici, mi limilo adenunciare che l’ affezione e la febbre biliosa vendono d’una causa generale, i sintomi oltre l’apparecchio bilio- so, gastrico si manifestano in tutto l’organismo, e la causa che li produce agisce su lutto l’aggregato vivente modi- ficandolo profondamente. Che probabilmente la febbre bi- liosa è una febbre essenziale caratterizzata essenzialmente per lo stalo febbrile, e le lesioni anatomiche quando vi stanno non si debbono considerare come la chiusa mate- riale e primitiva della malattia. Caratteri speciali topografici della malattia biliosa di Sicilia A delineare la fisonomia siciliana della malattia bi- liosa che in un travaglio di geografia medica costituisce il precipuo scopo, essa è comune in Sicilia, in tutte le sue regioni abitale , c nelle varie stagioni dell’ anno ; e più comune nella regione piana di livello marino , e — 23 — nella stagione estiva e autunnale. Si complica presso che sempre a tutte le malattie acute , qualche volta alle malattie croniche, principalmente nella stale, e nel- 1 autunno; la febbre gastrica saburrale come dipendenza della malattia biliosa, è ordinaria in tutte le stagioni, e in tulli i paesi isolani. La febbre biliosa di Sicilia si scambia colla tifoide alassica , quando si veste di feno- meni nervosi. La causa topografica efficiente di essa è il clima, e la state calorosa isolana; i modificatori bro- matologici, i modificatori individuali , sono le cause oc- casionali di questa nostra malattia endemica. La medica- zione efficace della febbre biliosa isolana si costituisce del severo digiuno, dei lassativi, dei vomitori, delle be- vande acide, dei bagni, qualche volta i sanguisugii mor- roidali, i revulsivi, i sudoriferi, gli antisettici si soriano alla medicazione radicale. Conchiusione Il regno patologico adunque del nostro paese pre- senta delle famiglie nosologiche naturali e distinte la fa- miglia delle malattie climatiche, la famiglia delle malattie palustri, la famiglia delle febbri tifoidi; le famiglie noso- logiche che costituiscono parie del regno morboso es- senziale di Sicilia , sono la famiglia gastrica biliosa (I) climatica, e la famiglia palustre, le quali a vicenda si disputano il dominio morboso, o vanno insieme, e co- stituiscono un morbo complesso, e la malattia endemica etnea veramente novissima, che circoscritta alla regione vignicola del Mongibello , non è stata ancora osservata nelle altre regioni del Globo. (sarà continuato) (1) Nelle seguenti memorie tratterò dello stato gastrico bilioso afebrile e della Clinica della malattia gastrica biliosa. irti o * . a®K*)a(aa Relazione dei travagli scientifici eseguiti nell’anno XXXVI del- 1’ Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania, scritta dal Segretario Generale della medesima Francesco Torna- bcne Casinese ....... Pag. VII Nuove osservazioni e riflessioni sulla Tenotomia applicata ai piedi torli per il Prof. Euplio Rcina » 1 Indirizzo del l.° Direttore dell’Accademia Gioenia Carlo Gem- mcllaro ai Soci i della stessa . . . . )) 35 Studii Clinici sulle Malattie Paludati del Socio D.r Giuseppe Antonio Galvagni , Memoria prima, Descrizione di varie forme interessanti dell’ intossicazione palustre . )) 4T Nota di Medicina Pratica su di un caso di Osteomalacia del Prof. Francesco Fui ci. . . . . . )) 115 Sulla possibilità della esistenza di Elefanti indigeni in Sicilia, nel periodo quaternario, breve disamina del Socio primo Direttore Prof. Carlo Gemmellaro. . . . » 135 Sull’ingrandimento del Porto di Catania, Memoria l.a per Car- melo Sciuto-Patli . . ... • • » Elogio Accademico di Mario Musumeci Professore d’ Architettura ° civile nell’Università di Catania, di Carmelo Sciuto-Patti . » 1S5 Sa