DELL' AGGADEHIA 6I0ENU DI SCIENZE NATURALI N il OiTIilA SERIE SECONDA — TOMO XIX. CATANIA STABILIMENTO TIPOGRAFICO DELL’ ACCADEMIA GIOENIA DI G. GALATOLA Strada Quattro Cantoni n." 37. 1864 ■■■I 1 1 If / • 1» * AI«&US' itt » - '^1* r Ji f’* '* .-xa oaib*.^ùifjooi^im3« “■ ,., ^-.4 V*. - — .1 • # t u »i>i:a /iUl^^l ni.*. Il' I4l i Mi •♦- MH ^ *J! , ’ litri I -Ìj ’ m CARICHE ACCADEMICHE l'IR L’AMO >niX DA LI CLIO 18C2 A CllCAO 1863 ^ . Primo Direttore Cav. Carlo Gcmmellaro 2. Secondo Direttore Prof. Andrea Aradas 3. Segretario Generale Prof. Giuseppe Zurria i. Segretario di Scienze Naturali Cav. Agatino Pongo 5. Segretario dì Scienze Fisiche D.*' Carmelo Sciuto-Patti 6. Cassiere D.*' Giuseppe Bonaccorsi 7. Direttore delle Stampe Cav. A. Pongo 8. Direttore del Gabinetto D.*^ Paolo Berretta Giuffrida. « MEMBRI DEL COMITATO Protomedico Domenico Orsini 2. Prof. Michele Fallica 3. Prof. Michelangelo Bonaccorsi 4. D.*" Bartolomeo Bapisardi 5. D."^ Mariano Zuccarello-Patli 6. Antonino Somma t li V ir' 1 \ ■; ■#' > Vi'^ i i^iH »,. c» > u.t ' r*' *♦**• V t - ,;* # ^»- ( # « fC ^4 1 „Vi) ' fli""' v.ni» w.«il-rt!<1 ^Hniil •►■ , '^SL,-mk .V.tTM.lM»iJJl»lH«'l«»9 •*• . . . an.F>t3^ -•« . ;>' ■ ‘ «-*“ ^„„,„„„a Kti«'>io ’■'> -® ■ '* A ,,.i,'k,tow «a7i.-.i*nnia -’r .ofcritli^'' „il iiitit u> t'i'i -'toII-'H ■< • ; • 0TA.7IM<» J30 IflaWiaMr -,. ■ • V , t 4 ■ ' mij8iOd3»n >faofl oaib^rrtoioi*! .ÌOI^l -.8 , .-■ .lo^AÌotbift .loVr X % it «f'bm.I «* _ ■ fiiUìtioS ' r i '*' *•■ tti 4 1 (■^ ,i ■V». < I CATALOGO DEI SOCI! ELETTI DURANTE L’ ANNO 1863 Cd c e: & s j KOMI E C0G>0*II PATRIA GRADO ACCADEMICO NUMERO 1 DEI. REGISTRO 1 DATV dell’ elezione 1 Prevosto Alfio Pappalardo Nicolosi Onorario 327 t Seduta estraordi- 2 Col, Benigno Marcello » 7> 328 naria del 29 gen- naro 1863. » 3 Prof. Pietro Avoscani. . Ancona » 329 » 4 Giuseppe Camillo Mattioli » 330 » 5 Giuseppe Lombardo . . Catania » 331 > 6 Colonn. Domenico Marti- nez Messina » 332 » 7 Mattia Rossi Ferrara > 333 y> 8 Benedetto Trombeo . . Torino » 334 » 9 Cav. Sommaripa . . . Ancona » 335 > 10 Augusto Lino . . . . id. > 336 » il Magg. Palamede Malpeli . id. > 337 12 Comm. Alessandro Bossini Firenze » 338 » 13 Prof. Liais Cberbourg » 339 » 14 Vincenzo Tedeschi. . , Catania » 340 Seduta 21 novem- 15 Rosario Morabito . . . Piedimonte » 341 bre 1863. > 16 Antonio Speciale . . . Nicosia » 342 > 17 Liborio Nicoletti . . . Leonfortc > 350 > 18 Giuseppe Terrario , . . Milano Corrispondente ,700 Seduta 29 gennaro 19 Pietro Randler .... Trieste > 701 1863. 20 Francesco del Giudice. . Napoli » 702 » 21 Raffaele Pareto. . . . Genova 703 » 22 L. Lemaire Parigi » 704 23 Prof. Bellardi .... Torino » 705 » 24 Bernardi Parigi » 706 » 25 Mariano Scandurra . . Gì arre » 707 > 26 Sebastiano Cannizzaro . Vizzini 2> 708 y> 27 Orazio prof. Silvestri Firenza 709 » 28 Nicola Veyllard Heltangs. Parigi » 710 » 29 E. Giustrae Bordò » 711 30 Silvestro Bini .... Firenze » 712 » 31 Barthel Lapommerayll . .Marsiglia » 713 32 Cosimo Ridolfì .... Fi renze » 714 7> 33 D. Carret Chambery » 715 7> 34 Conte Corrado Politi., . Torino 716 » # > « 4 \ / / I 4 1 ri V il*.#; I . i I (K< ,t .ì ■; ! ' !*" Il , . J .-'Il \ 4 é 4- ( •*h* ' I.' % I ► ' % • i « ! ' . • > ' t i< 1 1 • '. '» ‘ i • ' ii.uiii ir ■ n ’ 1 ,r . 111» ♦ » M ./.il ’ ' tl .■■ :l ... jr m, m i>lli:'*'iT i.IJjIi-'.I iTiitifi r*. »•». Il f.J Ili Ir .■,11. U :uì<, ■ * • / :^>i , \ ' '{i:' / . .ir .■ ' ' i Vj * % Ili ■■■.il' ! . . /■' . •■:" ' . M, '1 . ‘ '1 ■ ■ i.>) ' # t . ' • ' \ ••L .,■ ■ . l'n.-i i . ■ * '» . ‘ I, 1 • . • i • / » 4 DEI LAVORI SCIENTIFICI DELL’ANNO IXIVIIl DELL’ ACCADEMIA GIOENIA SCIENZE NATURALI IN CATANIA ATTI ACC. VOL. III. 1 '^f V -■ <-4 * ’lf R V B . ' J laa -• ? K Hivuz OKMi'jjaa * ‘4. 4 ss muli) /JM30AMA JJJfl f K l« .ji» *r»'* ’TfA ^ Meraviglierà’ per avventura più d’ uno, nell’ osservare nei due uliimi volumi degli Atti dell’ Accademia Gioenia, quanto poco lavorato si fosse da’ di lei Socii nelle scienze naturali, e che più che altro di argomenti di Medicina si fosse da loro trattato; però se volessero questi tali riflettere sulle condizio- ni che si richiedono per lo incoraggiamento degli stridii della storia naturale, vedrebbero di leggieri che non debbe adde- bitarsi del tutto a trascuranza de’ Socii Gioenii l’ infievolita alacrità, con che progredì vasi negli andati anni da questa Società ne’ varii rami di quelle scienze, ma che la vera ca- gione provenisse dalla mancanza d’ incoraggiamento e dei mezzi, senza de’ quali qualunque cultore di esse, zelante per quanto si fosse, si vede abbandonato ad una forzata inope- rosità, ad un melanconico silenzio. Il Botanico che vorrebbe correre pei campi , per le valli, per le pianure, pe’ monti, alla ricerca delle piante on- de compilare la Flora Sicula : il Zoologo che desidera dar l’esatto catalogo dei mammiferi, degli uccelli, de’rettili, de- gl’ insetti , de’ molluschi , appartenenti a Sicilia : il Geologo — 4 — che brama studiar più a minuto le formazioni , le rocce, e la stratigrafia de’ terreni dell’ Isola, come appagar posson mai i loro buoni desiderii senza gl’ indispensabili mezzi ed ajuti che ne facilitassero la esecuzione? Io non addurrò all’ uopo che un solo esempio di tal deficienza d’ incoraggia- mento ; ed a ciò solo mi spingo per discolpar la nostra ac- cademia della inoperosità che le si vuole imputare. Sono oramai circa anni dodici , taluni zelanti naturali- sti siciliani esposero al Governo la necessità di formare una Carta geologica di questa Isola, prima che da stranieri geo- . logi venisse a nostro disdoro pubblicata. Il Governo parve volerne }ìrender conto , ed incaricò uno de’ Socii Gioenii a stenderne un circostanziato progetto, indicandone sopratutto la spesa. Questi non tardò a rispondere alla inchiesta, e fece ammontare la spesa di un lavoro da eseguirsi in tre anni, alla somma di sole onze cinquemila che fu stimata, da quei che san giudicare di tali travagli, men che metà di quanto avesse dovuto essere. Eppure il Governo, sia che. la stimas- se esagerata , o che la stimasse non necessaria , non cre- dette doversi degnare neppur di rispondere, anche negativa- mente ! Ma non è da dolersi soltanto dalla mancanza d’ incorag- giamento; altra non men fatai causa di ostacolo a’ progressi scientifici si è lo scoraggiamento che si sparge da’ semidotti e dagli oziosi ignoranti , che giudicano de’ scientifici trava- gli, sotto il superficial riguardo dell’ utile che recar posso- no alla Umanità. Che giova, dicon essi , alla umana società il distinguer nella volgare piantarella Silene la specie deciimbens dalla procumbens? ne’ rettili il Coluber stolatus dal villatus — ed il |)esce lìlennius yalerita dal cristatus ? il Cerarnbijs cursor dal ììoclis negli insetti ? L’ Arca modioulus dall’ antiquata nel- le conchiglie? Quel che giova all’ uomo nella conoscenza delle piante si è il distinguer quelle utili al pascolo degli ani- — 5 — mali ed al cibo del popolo: quelle fruttifere e quelle tali che dovrebbero acclimarsi ; e di queste 1’ agricoltore ne sa più del Botanico. In quanto a’ pesci è più vantaggioso il ricorrere al pe- scatore che al Zoologo ; e per quel che riguarda gli stridii geologici , un Minator Sassone vi troverà le vene metalli- che più facilmente e con più certezza, del Geologo che co- nosce la teoria delle formazioni e 1’ orizzonte stratigrafico delle rocce sedimentarie , la differenza del terreno Pliocene dal Pleistocene, nella geognosia ! Nella deplorabile condizione in cui, pe’ connati ostacoli è ridotta fra noi la coltura delle scienze naturali , può egli mai aspettarsi che la nostra Accademia si me1ta a livello con le tante altre che ne san valutare il vero pregio, e sono in- coraggiate con mezzi eflicaci e con plauso universale? Non è egli da stupire, all’incontro, che essa per lo spa- zio non mai interrotto di anni treni’ otto , sola, appena de- gnata di un lieve soccorso della Comune e della Provincia onde publMicare i suoi atti, e mantenere una corrisi)onden- za con altre scientifiche società , avesse potuto meritarsi la di costoro consodalità ed il plauso , e ciò per il solo genio ed impegno de’ zelanti di lei Sodi ? Sì certamente , la Gioe- nia ha pieno dritto, sù di ciò , di sumere superbiam meritis quces itemi Ma si è già abbastanza dilungato dallo scopo di accen- nare i lavori dell’ accademia , eseguiti nell’ anno scorso , ed è tempo di darne breve notizia. Il Socio Giuseppantonio Galvagni , fedele alla sua pro- messa di continuare, con altre memorie, nel suo lavoro del Saggio di geografia medica per la Sicilia, ha letto nella tor- nata del 15 maggio 186:2 una seconda memoria col titolo di Studii clinici delle malattie paludali. Premette egli a’ fatti clinici che si accinge a riferire, che « nell’ insieme delle mol- tiplici espressioni dell’ attossicamento maroso merita uno — 6 — studio speciale in Sicilia la Febbre pseiido continua, oh^mìe- tc in ogni anno in questa Isola non poche vittime, per erro- nee diagnosi che se ne fanno , confondendola con una pi- ressia essenziale continua multiforme ; e passa quindi a pre- sentare aH’accademia i resultamenti delle sue investigazioni sopra la natura ed andamento di questa malattia. Molti fatti clinici si fa egli a compilare della febbre pseu- do continua consecutiva ad una intermittente trascurata. Trai quali descrive una pseudo continua cronica, complicata con reumatismo articolare, originata da una intermittente trascu- rata; di altra complicata col catarro, originata dalla stessa trascuranza: di altra complicata con lo scrofulismo succedu- ta ad intermittente non curata. Altra larvata amauroticapQv trascurata intermittente pa- lustre. kììva perniciosa comatosa poi perniciosa diaforetica, con molte recidive di febbre intermittente benigna trascurata, dia- tesi palustre, febbre pseudo continua. kMca pseudo continua cronica che succede ad una inter- mittente contrasegnata da forte iperemia intestinale, con ten- denza alla diarrea ; ed altre non poche, provenienti dalla tra- scurata diagnosi della intermittente. Dopo di che passa 1’ attento e vigilante Socio a delle indu- zioni teoriche, che confermano sempre più il di lui valore nella pratica della medicina e lo ha giada molto tempo mo- strato con le dette sue opere. Due memorie di argomento riguardante 1’ arte salutare sono state lette nel corso dell’ anno 186^ dal socio Dottor Giu- seppe Bonaccorsi, giovane istruito, sobrio e diligente osserva- tore medico ; Versa la prima sopra una varietà enologica di Erisipela, non descritta nò cennata ancora da' patologi; &e\- la quale ha creduto trovar la vera causa nel vizio gottoso, e ne rapporta sei casi che accuratamente descrive ; e dopo di aver minutamente ragionato sopra i fenomeni che accompa- gnaiìo tali Erisipele, e dopo T esame degli effetti benefici pro- dotti da’ l'imedi diretti ad abbattere principalmente il vizio got- toso, conchiude, che quando si conosce esistere negli individui affetti di Erisipela il vizio morboso: quando i casi dimostrano la Erisipela vera con carattere gottoso, ne’ sintomi generali e locali, nell’andamento e nell’esito della malattia: quando i rimedii adibiti concorrono a dimostrare essere stata pro- dotta da quel vizio e coincide, precede o succede allo svi- luppo della podagra : e 1’ andamento de’ sintomi è analo- go a quello della gotta , come il dolore acuto e lancinante, che aumenta la notte e diminuisce il giorno, e clic svanisce la Erisipela quando la gotta si sviluppa, e riapparisce quando questa si tace ; e finalmente , quando il sangue e le urine presentano le stesse condizioni morbose di quelle della got- ta — allora bisogna trascurar li soliti palliativi rimedii , e dar di piglio, a quelli conosciuti energici per la cura della Podagra. La seconda memoria porta per titolo « Se la cotenna « sul coagulo del sangue estratto dalla vena è incompati- <{ bile con la esistenza della febbre essenziale intermitten- « te — Ricerche del Soc. Giuseppe Bonaccorsi ec. Egli descrive cinque casi di febbre intermittente, nei quali il sangue tratto dalla vena ha presentato la cotenna cioè. 1 . Intermittente perniciosa gastrialgica pruriginosa a ti- po terzano. 2. Intermittente a tipo terzano e poi quotidiano. 3. Altra simile. 4. Altra simile. 5. Altra perniciosa simile — Passa egli in seguito alle deduzioni, ove non manca di mostrare quanto abbia egli profittato dal suo indefesso studio nelle scienze mediche e nella pratica. In quanto alla originalità dell’ argomento , se sia coni- - 8 — patibile, cioè , la cotenna del sangue con la esistenza della febbre intermittente essenziale, toccherà forse ad altri il giu- dicarla. Una bella e ricca memoria Rizopodi delle argille plei- stoceniche de' dintorni di Catania è stata regalata all’ Ac- cademia dal Socio Corrispondente Giuseppe Seguenza da Mes- sina, già noto per varie altre sue pregevoli opere in questi rami delle scienze naturali. In questa memoria egli tratta con diligenti e minute osservazioni di questi microscopici viventi, che hanno abban- donato le piccolissime loro spoglie nelle argille. Dell’ ordine de’ Por amini feri, non potendo far parola de- gli Atalamici, perchè privi di spoglia, parla de’ Monotalamici e della Famiglia degli Orbulinidi, de’ quali il genere Orhw- lina non gli ha presentato in queste argille che la sola spe- cie Orbulina universa di Orbigny. Della Fam. Cornuspiridi ha trovato due specie del genere Cornuspira ; della Fam. Equilater alidi una specie del genere Nodosaria , ed un’ al- tra del genere Dentalina. De’ Nautiloidi una specie nuova del genere Cristellarie* Del genere Nonionina cinque specie. Tre specie del genere Poly stornella; quattro specie del gene- re Rotalina; Tre del genere Globigerina , una del genere Truncatulina, una del genere Pianalina; tre del genere Ro- talina; quattro del genere Rullmina; una del genere Cvige- rina . Dell’ ord. Entomostegii e della fam. Cassidulini una spe- cie del gen. Cassidulina. Dell’ ord. Enallostegii e fam. Virgulina una sola specie. Delle fam. Testularidi , una specie del gen. Rigenerina; del gen. Rolivina una specie. Una del gen. Textularia, ed una del gen. Vulvulina. Dell’ ord. Agatistegii e famiglia Milioidi , tre specie del gen. Riloculina; ed una del gen. Sp ir oculina deWsi iam. Mul- tiloculini una specie del gen. Triloculina; di quello Sphoe- 9 — roidine una sola specie ; cinque del gen. QuinquelocuUna , ed una sola del gen. Adelosina, Di ogni una di questa specie, T accurato Socio rapporta la località, la grandezza, e lo stato vivente o fossile — ed ag- giunge in fine il loro catalogo distribuito per località e con- trade de’ contorni di Catania, con un’ appendice di interes- santi osservazioni, e con f aggiunta di due tavole con 40 fi- gure di quelle specie nuove di foraminiferi da lui scoperte. Lavoro penosissimo e diligentissimo che gli merita un ragguardevole posto fra’ malacologisti e paleontologisti del- l’età nostra. Il Socio primo Direttore dell’ Accademia Carlo Gemmel- laro nella sua cadente età , ha intrattenuto 1’ Accademia , nella tornata del 31 gennaro 1863, con un suo lavoro che porta per titolo « Sommi capi di una storia della Geologia si- « no a tutto il secolo XVIII. ne’ quali si detegge che le vere « basi di questa scienza sono state fondate dagli Italiani ». Giovandosi in tale argomento, di quanto ne fu detto dal sommo Brocchi, principalmente, da SirCh. Lyell edal Pilla, egli imprende a noverare cronologicamente le tonti d’ onde attinger possonsi le notizie storiche della Geologia, e comin- cia da’ fievoli lumi che ricavar sen possono dagli Egizii e da- gli Orientali : passa poi al poco che ne prestano i Greci ed i Latini, e si trattiene con più maturo esame sopra gli Ita- liani che furono i primi a dar positive idee geologiche, che non tardarono ad essere ammesse e sviluppate in seguito dagli Inglesi, da’ Tedeschi, ed in ultimo da’ Francesi; e sen- za che parola possa dirvisi in contrario,, evidendemente di- mostra con irrefragabili testimonianze , essere stata l’ Italia la madre della scienza geologica , come lo è stata sempre del sapere. Non è facile riassumere in brevi note un lavoro bastan- temente per se stesso conciso, e sarà miglior partito f atte- nersi a riprodurre il quadro che il sullodato Socio ha posto ATTI ACC. VOL. XIX. 2 — 10 in fine della scritta , nel quale noverando ad uno ad uno i principii rondainentali della moderna geologia, vi si trova ap- posto il nome degli Italiani che ne furono i fondatori, come si trovano nella seconda edizione di questo lavoro accresciuto nel testo e corredato di note, che farà parte nel XXXIX vo- lume degli atti. 1 . La prima scorza della Terra è formata di rocce pi- rogeniche, prive affatto di reisi organici. Boccaccio 1300. D’ Alessandro 1500. Francastoro nel 1517. Stenone « 1669. Arduino « 1759. 2. Le altre che vi sono sovrapposte son tutte sedimen- tarie, cioè di materiali depositati dalle acque. I.eonardo da Vinci 1553. Cesalpino nel 1596. Stenone. Valisnieri 1721. 3. Questi depositi sono stati evidentemente formati in e- poche diverse , in strati orizzontali a seconda de’ reiterati innalzamenti ed abbastamenti del livello del mare. Stenone. Valisnieri. Arduino. Generelli nel 1794. 4. I resti organici di vario genere sono i caratteristici delle età diverse delle rocce sedimentarie , le quali sono state divise in primitive, secondarie e terziarie. Francastoro, Arduino. 5. Le rocce pirogeniche hanno di tempo in tempo, nello stato d’ ignea fusione, traversato le sedimentarie, e ne han prodotto il dislogamento ed il sollevamento. M — Majoli 1859. Stenone. Lazzaro Moro 1740. Generelli. 6. In questo traversamento hanno alterato talune delle sedimentarie, ciò che dicesi Dolomizzazione (1). Arduino. 7. I Vulcani, le acque temali, le salse ec. sono i testi- monii della non per anche estinta incandescenza del nucleo terrestre. Majoli. Arduino. Recupero 1751. 8. I Germi degli organici si sono sviluppati ad epoche diverse ne’ successivi terreni. Quirini 1676. 9. Lo studio delle ossa fossili nelle Caverne o negli strati de’ terreni han fatto progredir sempre più la Geologia. Cesalpino 1596. Ciampini 1688. Ramazzici 1696. Fortis 1761. Soldani 1780. Conchiude il nostro Socio facendo onore all’ Italia ma- dre seconda di sublimi ingegni. Chiude il volume XVIII della seconda serie degli atti accademici con un Cenno Riografico dell’ estinto Socio Prof. Carlo Gagliani , uno de’ pochi istallatori superstiti , dell’ Ac- cademia, il quale se nulla scrisse dalle scienze naturali non ne fu però inerte coltivatore, e molti rari oggetti naturali seppe raccorre ed apprezzare; oltre di esser egli versato nella (1 ) A questa parola il Gemmellaro vorrebbe sostituire quella di Pi- roeterizzazione, cioè alterazione per fuoco. — \% - classica letteratura, era dotto archeologo , ed uno de’ primi numismatici dell’ Isola nostra. Le tante sue replicate colle- zioni di monete greco-sicole hanno arricchito non pochi Me- daglieri esteri e nazionali, ed è a dolersi che il catalogo delle tante inedite monete pervenutegli a mani, non si fosse tro- vato fra i di lui manoscritti. È da sperare che il XIX volume della seconda serie de- gli Atti Gioenii, che va a pubblicarsi non si vegga privo di memorie di storia naturale, dopo che molte di questo genere sono state annunziate come pronte a leggersi nelle Acca- demiche Tornate. RICERCHE EIIIATOLOGICHE SULLA QlCOTOMiA IELLA COTEMA BEL SANGUE NEL SALASSO E SU I CONCREMERTI DEL SAKGCE E SUOI DERIVATI ESTRO I VASI KELLE MALATTIE ACUTE E CRONICHE , FEBBRILI E NON FEBBRILI del Prof, di Medicina Pratica mEMOBIA J.KTTA. ENRLLA SEDUTA ORDINARIA DEL 20 DICEMBRE 1862 DELL’ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI DI CATANIA A'«I ACC, VOI. m. 3 I I ri , * ’r 7^ - T - . ■*■ * r. • * » ’. ■ if-yf *A 4. ^ òZUàL'è jarf àfwafoò Ajjaa i? ■ < ju liAS’l i«]fà}5 m *f/W4)UfJ /8 HtM»' *H t <Ì»« , |Ì3 •s‘* I ) -rfl 1^- ■'? » r'*j f i .'L-- RiCMCnH EDIiTOlOGlGEE SULLA DICOTOMIA DELLA COTEANA DEL SAAGIJE NEL SALASSO E !§VI COmCBEIIIBIVTI BEI. SANGVE E «VOI DERIVATI EIKTRO I VASI KELLE MA3DATTXE ACUTE E GROITXGHE EEB3ÉU£I E SffOSff EEBBIXX Il positivo della fisiologia Patologica sta riposto in- tieramente nei progressi della Istologia e chimica organica sana e morbosa Duo Medicinae potis- sima fulcra. ( Prolegomeni delle Lezioni orali della Medicina Pratica sulla dottrina Medica attuale del Prof, della facolth 3Iedica della Uni- versità di Catania Francesco Dott. Pulci 1864.) CAPO I. SULLA DICOTOMIA DELLA COTENNA DEL SANGUE NEL SALASSO L EMATOLOGIA oramai ci ha fatto conoscere come viene a for- marsi il coagulo del sangue al sortire dai vasi della sua cir- colazione tanto nello stato sano, che morboso: questo fluido vivente, che giornalmente si riproduce per i bisogni dell’ as- similazione che s’ impiega alla riforma dei tessuti e fluidi secondar]; chh giornalmente si espelle per la disassimilazio- ne organica molecolare ; c che costituisce il segreto della vita in un processo di chimica organica , sottopone albi sua dipendenza tutta la meccanica animale. Il sangue que- sto essenziale vivificatore di tutti i tessuti nella sua appa- rente uniformità fisica di un fluido rubicondo glohuloso , risulta da più molecule in soluzione, in mescolanza, in so- spensione, nel fluido aquoso a reazione necessariamente al- calina ; e questo fluido aqueo presso ad 800 millesimi contie- ne quasi 200 millesimi cosliluite (la i)iù particelle organiche, semi organiche , e minerali, che formano la jiarte solida e più essenziale del sangue. 31a bisogna tener presente che siffatte 16 — parti immediate al di la di 40 componenti: globoli coloranti ros- si,bianchi 0 leuciti, gialli, neri: sostanze proteiche o Albumina, Serolina , Caseina , fibrina , plasmina ( Denis 1859 ) grassi di Oleina, stearina, cerebrina, colesterina, Saponi di Oleati, Margarati, Stearati, Valerati, "DnXh'dXi: Materie Organiche in- determinate Osmazoma : Glieosi , urea, creatina creatinina, sali carbonati; fosfati, lattati, solfati, pneumati, orati, ip- purati. Cloruri Jodiiri bromuri [Cìmiìn) metalli, iavvo man- ganese, rame, piombo, e finalmente i gas , Ossigeno, Azoto, Acido Carbonico: con siffatta composizione formante il Sangue eminentemente termo-elettrico [Scutetten] si costituisce il tur- bine incessante, che si agita in tutti i sensi per le metamorfosi vitali, che incominciano dalla ovulazione fecondata e finisco- no con la morte: con doppia corrente, a doppio scopo di as- similazione c di disassimilazione. ( Bichat). Ma per quanto sie- no multiplici le parti immediate, i tre principj specifici es- senziali , c caratteristici del fluido ematico sono ^ globuli Dossi, la Fibrina e V Albumina. Questa distinzione è di una importanza reale, per il carattere delle funzioni a cui so- no addetti. L’ Ematosine come conduttrice dell’aria vitale mantenitrice della Circulazionc di tutto il Nervosismo. (Dief- fernbac e Bourdac). La librina che prende parte dell’ Ossige- no respiratorio, spettante la plasticità del sangue, e ripro- duttrice dell’Assimilazione dei tessuti motori, e 1’ Albumina sui poteri proteici ( Denis j della nudrizione generale dei pa- renchimi e tessuti ; tutti e tre rilevanti nell’ interpetrazione dei fenomeni della chimica viva dello stato sano e morbo- so ( Vircow ) non senza f accompagnamento necessario dei Sali minerali (Robin e Ycrdeil)'. Ma questo fluido al sortire dal moto incessantemente circulatorio s’ immobilizza : muore secondo Denis e Bourdac, e le leggi della rispettiva gravita- zione, e le chimiche aflìnità lo analizzano spontaneamente: Così i Gas vanno via ; il suo principio odoroso Acido gras- so di Barruel si evapora : i suoi imponderabili termo-elet- — 17 — trici si disperdono :'i Globuli rossi ferruginosi per il peso si preci])itano , ed immediatamente le molecule fibi'inose si conglutinano in fibrille , ed invischiano d’ una rete cellula- re (Magendie) tutti! globuli rossi che incontrano, ed i Leu- citi, ed i globulini del sangue e del tutto ne formano una così detta Focaccia che via via restringendosi si separa dal Siero , e dicesi Crassamento : e nel costituirsi siffatto concremento è da notare che incontrandosi la fibrina coi globuli, questi diriggonsi per la prevalenza del peso in giù, mentre la fibrina per sua maggior leggerezza si porta in sù : frattanto è ammirevole nell’ordinamento di questi due im- portanti componenti del sangue che mentre la fibrina stas- si nel sangue per media a 3 millesimi ed i globuli per me- dia (uomo) 140 millesimi quella sparuta proporzione fibri- nosa è pienamente sufficiente alla plasticità organizzatrice per accalappiare quella massa in proporzione assai esube- rante di 140 millesimi di globuli rossi: in modo tale, che qualora la fibrina giungesse a 4 millesimi o oltrepassasse appena il suo summum fisiologico , questa piccola esube- ranza, abbenchè nei limiti estremi dello stato sano, saturati prima i 141 millesimi per invischiamento, il dippiù ripor- tandosi in sù, galleggia sul crassamento, rappresentandosi come una pellicola iridata, o ‘in isolctte sparse sopra il coagulo più denso dell’ordinario: ed è questa pellicola sot- tile da considerarsi come una cotenna fisiologica rudimen- tare. Da ciò ne siegue, che il meccanismo della formazione del crassamento, più o meno consistente, cono senza pelli- cola superiore, ordinato fisiologicamente sta riposto assolu- tamente nelle proporzioni rispettive di siffatti due princi- pali organici componenti del sangue 3 a 4 millesimi sum- mum, di particelle fibrinose contro 135 a 140 millesimi sum- mum di globuli rossi. (Bequerel Kodier). Ma ove avvenisse per condizioni morbose degli organici formatori del sangue (come tutto dì avviene ) che primitivamente, o consecuti- 18 — vamcnte ({uella proporzione morbosamente venisse rotta, e la tibrina traboccasse il suo limite fisiologico aldi là di 4a5 sino a 10 millesimi estremo tipo ])atologico , mentre i Glo- buli non son capaci di aumento numerico (Bequercl e Ro- dier j : In questo caso tatto 1’ invischiamento globulare dei 135 0 140 millesimi, il dippiù dei 4 millesimi fibrinosi in poi, i)ortandosi per la sua leggerezza specifica e sua ritar- data conglutinazione ( Bradilibrina di Polli j in sul coagu- lo , va a presentare non già una pellicola iridata, ma una [)SCudo-membrana, più o meno tenace e spessa, se- condo la sua esuberanza è larghezza dell’ aria del i*ecipien- te fino ad oltrep[)assarc un pollice di spessezza; e che i pratici ab antico, anno denominato cotenna. E siccome sif- tatta esuberanza di sopra produzione fibrinosa viene provata non dalla vista, ma dall’ analisi quantitativa, ed accompa- gnar suole le Flemmasie acute tebrili, si è specificata col nome caratteristico di cotenna infiammatoria: c maggior- mente essendosi vista nelle llemmasie pulmonali, e nei reu- matismi acuii delta cotenna pleuritica, reumatica. E quindi di tatto conclamato oltre a ciò, clic non siavi altro male ca- pace di aumentare la fibrina del sangue, che la sola infiam- mazione a detto Monneret. i Patol. -Generale Voi. 1. 1857.) Ma sul conto della comparsa cotennosa per un impor- lante iirogrcsso di Diagnostica i moderni cmatologisti, a capo di lui stanno Andrai e Gavarret, Becquerel e Rodier, ja'(*anu Forget , Mandi, Monneret ànno corretto la legge della coincidenza assoluta della fiogosi clinicamente rico- nosciuta, colla conpiarsa cotennosa del sangue [ler so|)ratì- bi'inazione ; attesocchè avvi delle fiemmasie acide tebrili che non producon Cotenna come le Dermiii del Yajnolo, Scar- Intina, lìusotia, Morbillo e la Dotinenterite che costituiscono delle fiogosi eccezionali per vijais conlaggioso, eruttivo, c (da' attaccano una sol volta nella vila. i Sarà torso sittatte. maimam'a dovuta, a (pianto ci ha riferito Vircow, per non 19 — coesìstere in silTatte flogosi l’ intervento della irriazione dei gangli linfatici ) ? Checché ne sia questa sezione d’ inlìanima- zioni è stata denominata Ipinotica, benché se vi manca la soprafibrinazione nel sangue, non manca la produzione di Leucitosi comune in tutte le flemmasie : Vircow) . E per dar di- mostranza non procedere questa improduzione fibrogene dalla condizione della costituzione individuale, e neppure da quella specifica infezione virulenta; basta sapere, che qua- lora nel corso delle summentovate flogosi eruttive si mani- festassero per cagioni communi sopravenienti, delle flogosi addizionali; in questa congiuntura, la cotenna appare nel salasso delle flogosi virulente eruttive giusta la legge del- la coincidenza ordinaria. E proseguendo a far ragionamento sulla comparsa del- la cotenna nelle flogosi é da tener presente, che nella mag- gioranza dei casi, lo sviluppo dei sintomi inflammatorj coin- cide colla comparsa della soprafìbrinazione : ma alle volte avviene non apparire la cotenna al primo salasso, ma alquanto dopo che il male si inoltri : mentre il caso contrario che ap- paja prima la soprafìbrinazione dei sintomi caratteristici lo- cali, non avviene giammai : è questo un fenomeno che ad- dimostra esser la soprafìbrinazione una produzione della se- de affetta per un processo catalitico e proteico dell’ albumina in fibrina. Mandi. Finalmente come ci avvisa il Prof. Yircow i varii or- gani che infiammano non hanno la stessa relazione con la comparsa della cotenna nel sangue, su dicché (indipenden- temente del grado), possono farsi tre divisioni fondate nel- la residenza dei tessuti affetti. i. Nella Encefalite senza intervento di Meningite (locché è raro) che non produce cotenna. 2. Nelle pulmoniti che ne presentano il massimum e 3. quelle degli altri paren- chimi e membrane, che stanno a varia soprafìbrinazione, ma sempre inferiori a quelle pulmoniche. Questo fatto ( che non so che sii stato avvisato da chicchesia) ha portato il Prof, di Berlino a rissarne la condizione anatomica nell’ in- tervento inllammatoi'io dei vasi eganglj linfatici spettanti al- r organo inlìammato, che ne sii più o meno doviziosamen- te fornito: e da cui anche tira la conclusione, la potenza fi- hrogene spettare direttamente nelle flogosi, all’ eccedente la- voro dei vasi , e ganglj linfatici , che versano nella cor- rente venosa della succlavia: ed al tempo istesso zeppare un eccedenza di Leuciti, produzione comune a tutte le flogosi acute febrili, ed a quelle eruttive e virulente, chenonfìbri- nizzano il sangue, dcUa \)eYCìò Ipinotiche . Le modifiche dunque della comparsa cotennosa nelle flo- gosi sono dipendenti della Causa — del grado — e dalla sede af- fetta più 0 meno linfalizzata. Della Pseudo cotenna aglobulare senza Iper fibrinosi. Ma un maggiore avanzamento scientifico e pratico sidee alla moderna ematologia per la distinzione di una seconda specie di cotenna nelle malattie 7ion infiammatorie, che quan- tunque apparisse coi medesimi caratteri fisici sul crassa- mento, pur differisce essenzialmente per la natura, carat- tere, e curagionc del male. E prima di tutto siffatta coten- na avviene in soggetti deboli, malversati di croniche malat- fie, abitanti regioni basse, umide, maremmose, alimentati di erbaggi, privi di bevande vinose, di professioni sedentarie mal difesi delle inclemenze del clima, tormentati da flussi, perdite, varie, emorragie croniche, e addivenuti squallidi c smunti, c torpidi di spirito, e di aspetto cachetico, e di- scrasico ; e principalmente alfetfi di anemia, scorbuto, clorosi cachessie serose, cronicismi di 7nal di Cuore, di mal di Brighi di lisi pulmonale, e malattie croìiiche iniasmatiche febbrili e non febbrili, c finalmente nello stato semisano degli ultimi della gravidanza. Or dalle osservozioni ripetute sul sangue di siffatta nu- — 2,\ ìnerosa classe di malattie croniche, e soggetti deteriorati in salute, apparir suole, alle volte, una cotenna sul crassamento nel salasso, perfettamente simile a quella delle infiamma- zioni, ma senza che siavi nè latente, nò apparente indizio di processo flogistico, per cui io la chiamo per distinguerla P scudo -cotenna. Ma le ricerche dei pratici ematologisti ad- dentrandosi nei modi segreti di siffatta formazione hanno di- scoperto presentare l’analisi quantitativa del sangue in tutti i i sopradetti casi, e soggetti, e malattie croniche, un difetto nu- merico di globuli rossi che può scendere da 135. 120. a 100. 80. 60 millesimi secondo il vario grado, c gravezza del male , e che hanno denominato anemia: e siccome quella parola par voglia esprimere diminuzione di sangue , mientre il difetto colpisce solamente i globuli rossi, il Sig. Beau la corregge con la parola cujlobulia. E questo stato patologico allorché giunge ad un certo segno ci vien diagnosticato dal color pal- lido c caratteristico di cera sporca nel viso, allo sbiadinien- to degli orilìcj delle mucose, alla sensibilità cutanea al raffred- damento, alle dispnea ; ed incalzando 1’ aglobulia appajon le palpitazioni e gli sti*epiti cardiaci al primo tempo , e quelli di sof]io e di diamolo sulle carotidi, c nelle iugulari. E (jualora insieme all’ aglobulia si accompagnasse diminuzione di jibì'i- na cioè al di sotto di 2 millesimi in questo caso , ai sopra- detti sintomi si riunirebbero la lassezza delle forze, la mol- lezza delle carni, e la comparsa emorragica per petecchie, cmacelinosi , emorragie dette passive: e se per line la dimi- nuzione colpisse la cifra dellUilbiimina\a cui media sta Ira 70. 80 millesimi e si portasse in meno come nell’alburninu- ria ed allora si costituirebbe istintivamente f idroemia , che darebbe per carattere gl’ inliltrainenti parenchi [natosi , gli spandimenti serosi , i llussi acquosi , il rablmiranìcnto d(‘l viso, gli edemi e V espressioni della languidezza del viso e della melancolia; e so per line ])er vizio dei Leuciti so ne junnentasse la cifra dà 1 a 50 e 100 rapporto ni 300 glu- AITI iCC. VOI.. \1.T(. 4 l)uli rossi, e crescere di volume, e prolificare da 1 a 3 noccio- li, si costituirebbe la /.ewcocto/ scoperta da Vircow diesi accompagna all’ ipertrolìa splenica , c spesso insieme epa- tica eganglionare inducendo atonia, dispnee , emorragie mu- cose, anemia ed avanzandosi incurabilità e morte. Or la coesistenza di siffatti sintomi collo rispettive per- turbazioni chimiche del sangue, è da tanto, che dalia sola com- parsa delle morbose forme il pratico distingue con certezza la condizione morbosa del sangue; e tutto ciò si dee agli a- vanzamenti recenti delle indagini della ematologia legata alla clinica medica. E per tornare al ragionamento sulla com- parsa della Pseudo-cotenna , cioè non inllammatoria, liiso- gna tener presento non starsene sotto la dipendenza di uno scemamento nel sangue nè dui soli globuli rossi, nò della albumina, nè dalla fibrina nè dei leuciti in aumento di cui abbiamo tracciato i sintomi: ma esser dipendente dalla coe- sistenza di una sulfìciente diminuzione di globuli rossi, che scendano sotto 80 millesimi inentie però il tipo della fibrina si mantenga fermo al suo fisiologico di 4 millesi- mi, condizioni ematologichc della pscudo cotenna, e poi* cui nelle ricerche di ematologia di 1 ecanù 185:2 si dichiara la co- tenna poter nascere in condizioni patologiche con ]>roporzio- jii normali della fibrina] ed esistendo questa doppia condizio- ne nel sangue, e discordando il rapporto tisiologieo fra il n.° dei globuli rossi e la dose delle molecole fibrinose, e trovandosi queste relativamente preponderanti si effettua la formazione della cotenna sul crassamento; attesoché tirato fuori in questa condizione il sangue di un anemico, stante il meccanismo del- la projtorzionc rispettiva fra i globuli e filmina; invischiata la massa globulare, già menomata, che abbisogna minor quan- tità fibrinosa, il sotirapiiiù di (piestc molecule per esuberan- za relativa si porta in su pei* leggerezza s[)Oci fica alla siqier- tìcie del crassamento, e vi costituisce ])cr la coi'renza una pseudo-membrana aglobulare; e poiché formata dal mede- simo elemento ematico, di quella inflammatoria per so- pra fibrinozione, ne porta gli stessissimi caratteri tisici e chimici, come hanno osservato Andrai, Gavarrct, Acquerei, Rodici’ e Monneret; c la sola differenza consiste aver origine nelle flogosi acute fehrili per eccesso di tihrina, e nelle ane- mie per mancamento di globuli rossi: ed essendosi così il fatto fuor di ogni dubbiezza conclamato dagli ematologisti, ne sca- turisce procedere la cotenna del sangue in ambi le due cir- costanze dissimili ( tlogosi ed agiobulia) della sproporzione fisiologica (Ielle quanlità numericlie di cnirambe le due par- ticelle immediate come condizione essenziale, ed unica; per locebè ne sieguc , che in ragione di una più inarcata spro- porzione dei due fattori, la cotenna si apprcscnta in ambi i casi di maggioì'C o minore spessezza, regolamento diagno- stico del grado della infermità. Onesta e non altra, è la condizione cmatologica della formazione diretta della cotenna nel salasso nei morbi cronici non inflammatorj, e non già dircttami'nte per ipotetiche cause atmosferiche, e specialità epidemiche, ed errori di regime, ed mdividualità, ma solamente allora quando per (juali si siano cagioni 3i è procacciata baglobulia capace di effettuare a petto della fibrina al ma-simum tisioiogico pseudo-membrana. Ma bisogna prCùtare attenzione che fra le moltissime malattie anemiche clorotiche scorbuliche, malattie marem- mane febrili e non fehrili, la massima ])arte benché eviden- temente aglobulai-i non })resentano cotenna, stantecclur 'nella massima parte dei casi, all’ agiobulia sta congiunto lo sfi- brinamento, o sceinamenlo di ])arti tilirinose, che toglie la condizione necessaria all’ cfleltuazione della cotenna; pochi dunque sono i casi in cui le malattie anemiche conservando il tipo massimo tisioiogico della librina, posson dar luogo al- la pseudo-cotenna. La comparsa adunijuc della cotenna nel sangue delle varie malattie è dicotomica spettante 1’ una al- la sopra (ibrinizzazione irnjìamnwloria, e 1’ altra alla ckjIo ^4 — buiia /ibrinosa, avvertendo che la dilTerenza di entrambe non sì distingue con la vista c caratteri fìsici che si confon- dono nei due casi, ma con 1’ analisi, del sangue quantitativa, come se ne è fatta la scoperta. Il pratico adunque neU’eser- cìzio della sua arte coll’ ajuto della scienza dee fermarsi alla vista di una colonna nel sangue in una infermità prima di imprenderne la terepeutica, e discifi*are dai sintomi concomi- tanti cavarsi V esistenza della flemmasia, o della inesistenza di questa, e della manifestazione anemica distinguersi la pseudo-cotenna : e questo precetto capitale vi conduce a due medicazioni o[)poste per 1’ un caso antiflogistico con sa- lassi, diluenti, derivativi ed inedia, e per lo stato anemico al- r opposto coi ricostituenti la crasi del sangue, dieta animale e tonici.- tolto l’ importante caso di pletora idroemica che non ostando all’ anemia e richiede il salasso provisoriamente. Finalmente a completare la storia patologica della tìbri- nizzazione cotennosa, bisogna aggiungere, come una terza condizione importante nella pratica della medicina il caso, ove in una malattia anemica cujlobulare sopravenisse per cause sopragiunte un’intìammazione, ciò che è assai frequente ( come gli antichi avevano avvertito nel senso, che la de- bolezza della vita 1’ attirava, fatto confermato dei moderni): in queste circostanze . i)er la doppia condizione morbifìca co- tennosa, l’anemia da una parte, e la sopra fibrinizzazione in- fiammatoria dall’ altra più facilmente, e fortemente la cotenna si pronuncia: c tali sono i casi che spesso avvengono nelle tisichezze tubercolose concomitate da croniche pulmoniti suppurative fcbrili di un certo grado : tali nell’ anemia di alquante malattie di Brigbt per il fatto dell’ accompagnamento della nefrite all)uminosa come le chiama Raycr, ed a questa catagoria appartiensi la gravidanza nei grossi mesi , in cui airaglobulia costante si associa lo stato del parenchima ute- rino, rassomigiiantissimo ad una flogosi, come Vircow lodi- chara, dar luogo alla cotenna del sangue per la riunione dei due clementi morbosi, e così in più casi di anemia sinto- matica di flogosi croniche che si acutizzano. In questa terza condizione morbosa fa d’ uopo di tutto il talento del pratico per condursi con quella prudenza nella somministrazione dei rirnedj che il caso richiede. Dapoic- chè in tali casi bisogna economizzare i salassi per non ag- gravar r anemia e depauperar le forze, ed evitare i tonici elTicaci per non alimentare una llogosi di cui il cammino è minaccevole. E coesistendovi in tali casi gl’ indicanti ed i controin- dicati la regola pratica si è starsene a medicare lo stato della maggiore urgenza, non avendo per le mani uno spe- cifico che possa semplificarne la complicanza. Della cotenna nel sangue delle febbri croniche, legittime miasmatiche, intermittenti Un ultimo esame ci resta a fare sulla cotenna che si è vista in alquante febbri intermittenti primitive, croniche per recidive ordinatamente miasmatiche , ed esenti di com- plicanze infiammatorie. Trovo prima di tutto la massima parte dei pratici silenziosi a questo riguardo, e che simili ricerche sono assai raramente avvisate dai migliori pratici, e ciò parmi aver scaturiggine da due sorgenti. Primo per- chè diagnosticata una tal febbre si corre subito alla sommi- nistrazione dello specifico chinato, senza altra discussione, che sulla sua essenzialità: e secondo perchè è precetto di arte il negare il salasso in simili malattie, eccetto che si trattasse di congestioni di organi primari, che minacciassero tlemma- sie come si osserva in alcuni felibri intermittenti dette comi- tate, perniciose, e tutto ciò provisoriamente, per darsi ben presto di piglio a forti dosi dei sali di chinina. Dapoicchò i salassi senza indicazione precise nelle febbri intermittenti legittime le impci'versono, le rendono ostinate, crichiamano - lo recidive ; e su di ciò tutte i pratici sono di accordo, e noi ai)itatori delle vicinanze di terreni argillosi e maremmani pos- siamo conlermarne la verità per Tasseveranza della nostra pratica in Città e paesi dei contorni. Sulla colemia visla nelle febri intermittenli legUtime A. [proposito’ di disamina sulla comparsa della cotenna del sangue nelle varie malattie, intesa in ({uesto locale la lettura in due riprese dell’ esperimento clinico di N."10 sa- lassi cs[>loratori in 10 casi di fe])bri Intermittenti primitive il più maremmane, e croniclie [>er recidive, ed in soggetti deteriorati iter igiene scondizionata, in cui un paio di oncic di sangue cavato dalla vena , addimostrò una c(nenna di due linee e più: concluude l’autore ]).’■ Giusppe Bonaccor- si per (iuella coincidenza, come ad un fatto avverso al pre- cetto [)ratico, che la comjjarsa della colemia nelle febri in- lermiltentl Ici/Utime esenti d’ in j laminazione non vi è incompa- tibile. E prima di tutto cj riandò si pronunzia una novità di fat- to, bisogna tener presente, die il progresso (dice il IV. Fon- sagrives) è un Giano di cui 1’ una delle facce dee guardare il passato, e Taltra iì presente e ravvenire: locliè non è niente facile, spccialiiK'nle in medicina, fra tutte le scienze la più ricca in travagli; nella Biblioteca di Oxford al dir di Sincler esistevano sino al 18;20 80,000 volumi di Opere mediche, sen- za contarvi i libercoli ; c fin’ oggi dopo un lasso di 40 anni, altre 520,000 volumi al certo, dati alla luce in Europa, che assommando a più di 100,000 chi può viver da tanto da tener dietro a quella immensa anche che fosse semplice lettura ! Vdi*ii pratici infatti ànno studiato lo stato del sangue sotto r inliusso delle febbri intermittenti. Giovanni Iliixam , (‘('lebre pratico membro della società Beale di Londra; un s(*(*()lo (' mi'zzo fa , ha ossi'i'vato, che nella l'el)hre iulermit- — n - tento quotidiana il sangue è più analogo a quella di una tlem- masia, che nella terzana e quartana. La cotenna dice Guer- sent oltre le flemmasie acute si è trovatamene frequente- mente nelle croniche, nelle febbri intermittenti, nello scor- l)uto e nevralgie Diction. de Sciences medicales anno 1810 art. couenne. Il sig. Forget Prof, di clinica nella Università di Strasburgo annovera le febbri intermittenti nella classe delle malattie ove osservasi la cotenna , senza commenti come un fatto noto, nel s>ViO}òQ\ìvdiYdi^\ìo. SiUr umotismo razionale v. Gior- nale ebdomadario T. 1834 pag. 281 . Il medesimo Forget unitamente al Prof. Andrai anno compreso le fe])bri intermit- tenti nelle malattie a sangue cotennoso Y. Dictionnaire de me- dicine et chirurgie pratique voi. 14 art. sang 1835 pag. 406 Facon ha veduto negli accessi ripetuti dello febri intermittenti la fibrina del sangue mostrarsi f)iù coagulabile V. d/ medicina 1842: Giannini ha trovato la cotenna quando si salas- sava nella durata del parosismo. V. Guerseut Dici. art. couene: finalmente il celebre Gintrac , Prof, di clinica medica a Bordeaux alf art. della sua classica opera. Sulle alterazio- ni del sangue nelle febbri intermittenti voi. 3 1853 pag. 611 conta n. 5. cotenne verdicce { che esso dichiara come quelle gelatinose e griggie proprie al periodo irritativo delle febliri adinamiche ed atassiche tendenti agli spandimenti ) ma poscia nel medesimo articolo altre 5 di vera cotenna della spessezza da una a due linee. A siffatte scoperto di cotenna [ielle febliri accessionali legittime si iiotrebbero aggiungere altre frullando opere mediclie pratiche ed io ne ho visto al- cuni casi ma scarsi in 50 anni di esercizio medico , c non à lissato la mia attenzione essendomene nota la possibilità senza conseguenza, come lo anno l'iferito i Medici sopra con- nati, senza darvi importanza; ed un mio allievo, ottimo medico in S. Giovanni la Punta ])ottor Zappala me ne consultò fa non molto })cr la com[)arsa di un salasso cotennoso fatto dal pazien- 28 te in una febbre tipica a cui data la china il male scomparve; le meraviglie nascevano dal creder la cotenna carattere asso- luto di llemmasia , e la chinachina quindi contro indicata a guarire. E se i buoni pratici non anno fatto un domma sulla in- compatibilità della cotenna nelle febbri accessionali legitti- me, onde però certissimo che nella gran maggioranza dei casi la cotenna non si scorge, e principalmente nelle Miasmati- che. E possiamo con sicuranza conchiudere che la coesisten- za della febbre intermittente legittima colla cotenna del san- gue, come abbiamo addimostrato non è un fatto novello, non è un acquisto alla pratica medica, non un progresso di osservazione, dapoichò tanti anni prima e di vecchia data era conosciuto, conclamato , e più circostanziato nella sua natura, e comparsa. Solamente ci dobbiamo di averne con altri fatti assai circostanziati la conferma per la memoria del D." Bonaccorsi. Ma a questo punto la scienza non può fermarsi, restan- do il dubbio sulla natura della formazione cotennosa, ed in ciò consiste il vero [)rogresso: cioè a dire^ se ove avviene trovarsi il sangue cotennoso in simili febbri, sii di spettanza alla soprafìhrinizzazione ossia aumento sul massimum fi- siologico cioè sopra 4 millesimi o pure per aglohulia del sangue e ferma la fibrina al suo massimum di sanità. L’ autore delle due memorie non può in conto alcuno decidere la quistione, non avendo fatte analisi quantitative dei due elementi del sangue da cui il fenomeno dipende. Ed a ({uesto proposito le analisi di Chimica organica pa- tologica sono di accordo spettarsi all’ in simili feb- bri, e più se paludose, come si osserva nell’opera di Beque- rell e Bodier, e nelle osservazioni ematologiche delle febbri accessionali dell’Algeria dai due medici militari Léonard (‘ Foley, in cui si riferisco i Globuli rossi starsi in docrescon- za; ossei' coidormala sirniùa dis(‘rasi;i d;il porsiìicaco Broton- 29 — neau, e Monneret nella sua celebre {Patologia Generale i857] la dichiara col titolo di cachessia anemica e paludana delle febbri croniche a periodo. Non vi è dubbio alcuno adunque ad ammettere nelle febbri intermittenti legittime per recidive, che la cotenna ove apparisse, non sii dipendente che dalla discrasia aglo- bulare e discordanza fibrinosa relativa e che noi abbiamo denominato Pseudo-Cotenna. E siccome le ricerche per sa- lassi in dette febbri con aglobulia non conchiudono costante- mente alla comparsa cotennosa, bisogna tener presente alle due fìsiche condizioni necessarie 1°che f Aglobulia sii di si- gnificazione poiché sino a 100 millesimi la cotenna non ap- pare , ma fa d’ uopo che scenda sino a 80 millesimi e 2° che la fibrina si sostenga al suo massimum fisiologico, circo- stanze sine qua non. Ed ecco il percliò gli Ematologisti ricerca- no condizioni deterioranti al massimum il tipo globulare co- me cronicismo, recidive, e decadenza dell’ economia generale: in questo caso al dir dei sommi prof. Raquin e Trousseau lo sta- to miasmatico si è imposessato diatesicamente, deteriorando sempre più la costituzione globulare nel principal elemento del sangue. Se tali condizioni non esistono, le febbri intermittenti non presenteranno cotenna; e le osservazioni sulla condizione dei soggetti del Bonaccorsi ne sono di ampia conferma. E dalle condizioni richieste per comparir la cotenna aglohulare nelle febbri intermittenti emerge il perchè , quelle circo- stanze anemiche speciali non essendo comuni e facili a rin- venirsi, la cotenna nei salassi dei febricitanti tipici sii così rara; infatti Aheil in tre salassi per febri intermittenti adoperan- do l’Analisi quantitativa, presentò la fibrina 2, 25 — 2, 18 — 3, 13 millesimi ed i globuli rossi 103, 85—129, 35—135 10 millesimi. Che ne è risultato di siffatta costituzione del sangue? che essen- dosi poco lontano dallo stato normale non fii vista cotenna. Ed il Salvagnoli ha rinvenuto nel sangue di quattro soggetti in si- mile condizioni febrili per analisi quantitativa-meno fibrina e AT TI ACC. VOI. XIX. .5 - 30 meno albumina, aumento di colesterina e mancanza di fosfati, e non fa motto alcuno di cotenna. E nella statistica dei D" Léonard e Foley sul sangue nelle febbri intermittenti Afri- cane ecco come concludono. « La fdDrina starsene fin il massimum e minimum fisio- « logico; e mai sopra produzione di essa. « I globuli rossi al minimum e decrescenti sempre se la « febbre è cronica, e recidiva. « Le parti solide del sangue, e principalmente f Albumina « decrescono. « L’ acqua cresce, e più se la febbre è cronica. Ma ove le congestioni di alcun organo, nelle febbri inter- mittenti di tutti i Tipi, nei casi rarissimi, si elevano a flogosi, allora solo elevasi la fibrina. I Sig.* Léonard e Foley che non si sono fermati alla vista del sangue, ma alla dimostrazione deir analisi quantitativa, non fanno menzione di cotenne; né può ricavarsi dai rapporti trasmessi; solamente ove qualche viscere infiamma, la cotenna si addimostra. Da ciò si conchiu- de la legge generale sulla costituzione degli elementi del sangue nelle febbri intermittenti legittime, è negativa alla for- mazione della vera cotenna cioè per soprafibrinazione. Ricaviamo alla fine nella statistica del Prof. Gintrac sul” V analisi del sangue 1853, che sopra 100 sagnie circa esegui- te in casi di febbri intermittenti. In N.°44. Coaguli molli, ed assolutamente sprovisti di co- tenna. N. “9. Casi coagulo di consistenza media, e due volte denso. N.*" 10. Casi a coagulo voluminoso, incollato alle pareti del vaso. N.“ 1 . Caso ove il coagulo e siero formavano unica massa. N.° 7. Casi ove alla superfìcie del coagulo si vedeva coten- na delicatissima. 4. Casi ove comparve una cotenna molle c mucosa. Casi ove apparve cotenna molle e gialliccia. — 31 — N.° 1 . Caso con cotenna, verdiccia: senza importanza detta da Andrai imperfetta. N.° 5 Casi con cotenna spessa da una a due linee. Concludono gli Autori da siffatta statistica circostanziata che in dette febìori o il sangue è sprovveduto di cotenna, o pure questa non ha nè la consistenza, nei caratteri di quelle che distinguono il sangue nelle flemmasie. E volendo il D." Sig. Gintrac accertarsi del fatto mercè l’analisi quantitativa in tre casi di febbre quotidiana semplice ha ottenuto 3 — 3 — 2! 70 millesimi di fibrina. Da siffatti osservazioni di Ematologia patologica sulle feb- bri intermittenti si può facilmente concludere, essersi la rego- la generale di quella infermità a forma cronica, costituita una discrasìa del sangue per menomanza di produzioni globula- ri rosse, e spesso spesso anche di fibrina, e ciò nella frequenza delle recidive ; e che in casi non frequenti come nella stati- stica del Prof. Bordolese Gintrac 5 centesimi hanno potuto dal luogo alla cotenna per ametria dei globuli sulla fibrina. La cotenna adunque nel salasso in febbri intermittenti è un fe- nomeno di vecchia data conosciuto, studiato, analizzato e posto al rigore della statistica e calcolo numerico, il più diligente me- todo di osservazione medica che si conosca. E prima di dar ^ter- mine alla quistione della cotenna nelle febbri tipiche mi vie- ne alla mente essere state le flebotomie del Dott. G. Bonaccorsi eseguiti com’ egli dice nelle ore del summum della reazione febbrile della circolazione e della temperatura, e mai negli in- tervalli apiretici: e se ciò si fosse intrapreso, si sarebbe acqui- stato alla scienza il fatto delle modifiche temporanee che i componenti del sangue avrebbero potuto concepire nei varii stadii: attesocchè nel Rendiconto degli atti Accademici di Pa- rigi, Nov.1 859 il D^ Bourdel riferisce avere osservato il diabete durante V accessione febbrile [febbre Glucoscia) e la quantità di glucosi starsi in ragione della intensità dell’ accesso frigorifero e successivo calore, e mancar del tutto nell’ apiressia, come 32 iriaiica nelle febbri intermittenti croniche e lente: e per feno- meno della stessa categoria il I)/ Giannini rinvenir la coten- na quando si salassava nella durata del parosismo febbrile soltanto: e come ogni pratico sà osservarsi spessissimo le urine laterizie nel declinare delle febbri Accessionali, estur- barsi il carattere dei segrezionamenti della bile e dei sudori nel corso accessorio di dette febbri, ciò che dimostra il disturbo febbrile parosistico dar luogo a pervertimenti nella chimica Or- ganica del sangue ; ed ad una tal fenomenia spettare le co- tenne viste dal D^ Bonaccorsi, che potrebbero dilucidarsi co- stituendo un salasso di prova paragonale con il periodo api- retico e differenziale pei vari tipi estadii. Alla fin fine per dar compiuta prova della differenza delle due cotenne 1’ una per sopra-jìbr inazione c 1’ altra \)QY Aglobuliacow argomento clinico, basta tener presente cu- rarsi quella flogistica coi salassi, e deprimenti e dieta scar- sissima, onde indebolire la sopraproduzione fibrinosa, a cui arrecano nocumento i tonici, amari ed eccitanti, e vitto gene- roso: mentre per lo contrario nella cotenna con de- cadenza di forze vitali. Scorbuto, Clorosi, Cachessie, febbri accessionali croniche, giovano i tonici, la china, gli eccitan- ti, la dieta animale ed il vino, onde accrescere la produzione deir Ematosine, e nuoce il metodo antiflogistico: edili terzo luogo ove r elemento specifico predomina nelle affezioni mor- bose con 0 senza infiammazione come nelle diatesi, morbi eruttivi, Virus pestilenziali, miasmi paliidani evenenazione in questo caso oltre i rispettivi metodi indicati dalle forme mor- bose si aggiungeranno gli antitodi della specificità dall’ espe- rienza oonclamati: e così verrà corretta l’empirica medicazione detta antifiogistica per qualsiasi flogosi, ma modificata secon- do le modificazioni intrinsiche ed individuali del paziente; la natura delle malattie ed il potere specifico dei farmaci, che sup- pongono la piena conoscenza dell’ intrinseco meccanismo del- la vita, e sue fasi: ciò che è al di sopra dello stato attuale delle 33 — conoscenze esatte sugli organismi; per cui dobbiamo mode- stamente limitare la pratica medica ad un empirismo razio- nale, ossia circonstanziato per quanto si potrà ai casi consimi- li: metodo preferibile alla petulante pratica dottrinaria e si- stematica (1). CAPITOLO II. SUI CONCREMENTI MORBOSI DEL SANGUE TROMBOSI , EMBOLIDl SO- LIDIFICAZIONI POLIPIFORMI, FERMI 0 MOBILI, ACUTI 0 CRONICI. ^ I Congrementi costituiscono una classe di lesioni pato- logiche della Ematologia dovuti alla solidificazione di alcu- ni componenti dei liquidi Organici sangue e suoi derivati^ divisibili per la provenienza a tre Capi: Luna per coagula- zione delle parti immediate plastiche fibrino-albuminoidi , colesteriniche: l’altra parte quasi per la precipitazione dei sali insolubili, fosfati, carbonati di calce, di magnesia acido Urico ed urati di soda, detti calcoli; per terzo risultanti dal concorso di ambi gli elementi solidi ficabili. Questi depositi umorali consolidati possono aver residenza. I. Intercellu- larmente nel parenchima degli organi, costituenti calcoli ton- sillari; intestinali detti bezoartici, pulmonali, muscolari, pro- stratici, mesenterici. Oculari, cerebrali, e più d’ogni altro nella gianduia pineale ove è comunissima, dapoicchè i fra- telli Wenzel l’anno trovato fra 100 cadaveri 94 volte, ed in ogni età vecchi, maturi, giovani, ragazzi e etc.; di aspet- (1) A questo proposito in 50 anni di esercizio medico distinguo quat- tro stadj nella condotta dei più intelligenti nella pratica medica. Ne’/?rm- cipianti si siegue la dotirina della scuola : dopo un decennio si esercita con /’ ecclettismo ; dopo altro decennio si piega verso f Empirismo ; e per fine, per quarto stadio tolti i metodi specifici, si addiviene .scetóco, e con- fidasi negli alti poteri della natura medicatrice d’ Ippocrate. ATTI ACC. voi. XIX. Q to semitrasparènti, bianco-sporco, giallognoli e griggi, che analizzati da Pfaff. risultavano da foslati , e carbonati di calce e materia animale : (e questa tempo la creduta resi- denza dell’anima). Anche nelle camere interne del globo del- l’occhio da me tur visti dei congrementi molecolari alquan- ti anni addietro qui in Catania, in una Signorina di anni \% circa, assai linfatica e cachettica, la quale mi riferiva che in certe mosse del corpo , guardando attorno scorgeva in ambi gli occhi una pioggia , ma che riposando per poco a capo alzato , quella visione svaniva. Questo sintonia fu da me creduto da prima una illusione per nevrosi oftalmica di- scrasica, ma poscia più attentamente da me interrogata mi accorsi che la pioggia era avveiiita solamente, quando la pa- ziente metteva pi'ima il capo assai giù per qualche sua fac- cenda, al subito alzarsi ritta il fenomeno si addimostrava, per cui guardata attentamente la cornea trasparente, in quel frat- tempo scorgevansi delle molecole moventesi , c scender al basso della camera, anteriore e quindi ritornar limpido ru- more aquoso ; e dopo qualche tempo mi venne fatto di leg- gere essersi fatte osservazioni oftalmiche, in cui nell’umore aquoso si fossero formati concrementi di Colesterina, sottili, mobili, e con cristalli un poco lucidi : e si fu quella malat- tia che dopo alquanti mesi di cure ferruginose , revulsive , e risolventi alcalini , fu intieramente debellata. Una seconda sezione di concrezioni che avvenir suole più di frequente è quella che osservasi sui dotti escretori degli organi secernenti, ed escretori, e sulle membrane mucose, costituente i calcoli Epatici, Biliari, Cistici, Renali e Vesi- caii, Lagrimali, Salivari, Auriculari, Gastrici, Intestinali, Panerai tei. Prostatici, Spermatici, per resorzioni delle se- rosità dissolventi le sostanze insolubili. Finalmente una ter- za divisione di congrezioni è quella che viene a costituirsi entro i vasi capillari della circolazione , formando più o me- no ostacolo al corso del sangue , e la di cui importanza — 35 — compromette le funzioni le più vitali, oltre i calcoli del san- gue Jleboliti detti da Beclard , e da me visti provenienti da un -flemmone. Gli antichi ammisero delle consolidazioni per arresto di umori troppo densi entro i grandi e piccoli vasi: ed il celebre Ermanno Boerhave ed il suo seguito dei latro meccanici ne fecero non solo uso, ma spesso abuso, per man- canza di costanti dimostrazioni di fatto ; a tale che la dot- trina delle ostruzioni come ipotetica fu disprezzata dal sue- • cessivo dinamismo, eritenuta al più negl’ infarcimenti visce- rali; attribuiti leggermente dall’ umorismo a spessori , e dal vitalismo conseguenza dell’ inerzia vascolare, o depositi se- condar] di vizj umorali: Studiando le cagioni fìsiche imme- diate del passaggio dello stato necessariamenté fluido degli umori entro i vasi alla precipitazione solidale delle parti co- stituenti, non è facile colpirne il segno. I Dinamisti credet- tero la quistione defìnita attribuendo i concrementi ad ato- nia. Gli organisti a preponderanza delle parti solide comi;)0- nenti; e la chimica organica a processi di morbosi aggregati concreti per affinità preponenti. Ma a giudicar con senno, entrala spiegazione nella occulta interpretazione della chirni- ca-vivente, che patologicamente consolida i fluidi per condi- zioni ancora sconosciute dalla vita del sangue. Intanto era- no ammessi nelle fìsconie gl’ infarcimenti del legato e più della milza, principalmente nelle malattie miasmatiche palu- dali, E per scoprire di fatto lo stato della circolazione ca- pillare, Soemering negli ultimi anni della sua vita addimostrò per injezioni ripetute, che le pretese fìsconie ed ostruzioni delie viscere addominali con aumenti di volume , anzicchè ' essersi consolidamenti nei fluidi e fare ostacolo alla circo- lazione nel parenchima rende vansi; vasi più agevoli all’ im- pulsione dei fluidi injeltati, e corresse la credenza dell’ottu- razione vascolare e la generale dottrina di siffatte ostruzioni. Ed intanto il celebre Barone Portai nella sua ricchissima mo- nografìa sulle malattie del fegato dimostra esser le fìsconie — 36 — addominali dovute ad infiltrazioni perenchimatisc di serosi- tà, mucosità, e nel fegato anche di bile, oltre che la maggio- ranza sono iperemie ora passive, ora attive. A cui è da ag- giungere spessissimo esser le fìsconie dovute ad ipertrofìe, e questo insieme di lesioni varie legate alla resiiirazione del- l’aria miasmatica e provenienze da febbri intermittenti discra- siche. Ma tutte siffatte ricerche di lesioni viscerali con permea- * ' bilità della circolazione dei fluidi non esclude l’esistenza delle vere ostruzioni, ed ostacoli per coaguli sanguigni, albuminosi, fibrinosi colesterici o dovute a lesioni inducenti iodurazioni e retrazioni, obliterazioni ed atrofìe del tessuto come nelle scir- rosità, tuberculi, fibrosità, cartilaginificazione ossificazioni e come spesso nel fegato la cirrosi; per lo che siffatta condizione atrofizza i tessuti, e da luogo jier ostacolo ad Iperemie mec- caniche, emorraggie passive, c spandimenti serosi. Per la qual cosa ha detto Andrai le ostruzioni impedienti la rego- larità della circolazione esser dovute non al volume accre- sciuto di un parenchima per flussioni o ipertrofìa, ma sì to- sto alf immagrimento e durezza, astrizione e coalito vasco- lare morbosamente acquistate per organiche lesioni compro- vate dalle ricerche dell’ Anatomia Patologica. E prima di ogni altra lesione ematica bisogna intrattener- ci sulla coagulazione del sangue entro i capillari spettante la malattia denominata ab antico infiammazione. Fenomeno è questo studiato microscopicamente in questo secolo , e di- venuto essenziale e caratteristico di questa specialità mor- bosa, che fa d’uopo alla fin fine distinguere dalla semplice llussione o Iperemia con cui è stata confusa dai pratici ; at- tesocchè se quest’ultima stassi indissolubilmente unita alla tlogosi , ciò non significa che la Iperemia non sia malattia a se , che puossenc starsi del tutto separata ciascheduna', sia che si tratti d’ Iperemia o di flogosi ; che abbia la sua dia- gnostica distinta del tutto, e così le cagioni, la natura, eia curagione. Ed è da notare esser la Iperemia malattia stu- — 37 diata da remoti tempi per sintomi esterni principalmente e di pertinenza della Clinica, a cui si è attaccata la denomina- zione di infiammazione coi suoi quattro caratteri ; mentre la flogosi per le ricerche dell’ Anatomia patologica, e tutf al- tro che semplice congestione, è di pertinenza della Chimica Organica, che induce conseguenze e lesioni specifiche di ben alta importanza, per la diagnostica e la tcrepeutica. E prima di tutto nei fenomeni della chimica organica ca- ratteristici della flogosi, che dobbiamo fermarci, che per quante ricerche vi siano state fatte, ed opere date alla luce, in medicina, e chirurgia, dagli antichi e dai moderni, tutta volta la materia non è spossata ancora. L’ inlìammazione malattia frequentissima come primitiva di corso acuto., o cronico; è concomitante quasi tutte le malattie come complicanza o come sintomatica, è una infermità esclu- sivamente localizzata, comune ad ogni organo vivo, perchè re- sidente nei vasellini capillari del tessuto intei'cellulare detto congiuntivo: e sin dall’epoca di Ippocrate è stata considerata e riferita alla flussione, congestione, concorso di sangue, e- spressione detta con più senno da Andrai Iperemia-, è que- sta flussione distinta in attiva allorché proveniente da uno stimolo esterno o interno provocatore e quindi l’assioma an- tico: ubi stimulus ibi affliixus spiritimm et hwnorum. Quin- di per similitudine materiale lo stimolo detto spina da Yan- Elmonsio, nel senso che sensibilmente vi sollecita e dirigge la corrente del sangue. Male osservazioni microscopiche nel- le vivi sezioni negli animali a vasi trasparenti da Sarlandier a questa parte, hanno corretto la credenza dell’ impulsione e velocità accresciuta del sangue in qualsiasi congestione an- che infiammatoria, ed hanno stabilito per osservazione unani- mamente confermata sino a Lebert il moto dell’ onda sangui- gna, tolti i primi momenti, costantemente rallentato nei va- sellini già dilatati del tessuto iperemizzato: ciò che è confor- me alle leggi dell’ idraulica in cui si rallenta la velocità dei fluidi entro i canali in ragione inversa dell’incremento delle capacità. Intanto i caratteri locali assegnati dai prattici alla flemmasia consistente allora nell’ iperemia, detti quindi pato- gnomonici sin dai tempi di Celso e di Galeno, sommavano sino a quattro Tumore Rossezza Calore e Tensione dolorosa; ma furono studiati da Leveilier, ultimamente corretti, dapoi- chè alla quadrupla patognomonia frequentissima nelle tlo- gosi acute delle membrane, manca spesso il dolore nelle fio- gosi parenchimatose come Pulmonile Cerebrite Epatite Splenite Nefrite; osserva di più il Leveillier nelle tlogosi croniche dei tessuti bianchi essere in difetto la rossezza ed il calore ec- cedente , e non esservi di costante che il solo TurnoTe ossia la congestione più o meno pronunziata nella ragione diret- ta della vascolarità del tessuto, ed inversa della espansibilità della parte affetta. I quattro caratteri così studiati in gene- rale sono riducibili ad un solo essenziale T iperemia o conge- stione attiva, e gli altri tre, suoi accidenti non necessarj. E })ure lo studio diagnostico della flogosi sino a questo punto ristretto all’ esame dei sintomi esteriori, privo delle conoscen- ze deir anatomia e chimica patologica non è sufficiente a somministrare conoscenze esatte della natura di ({uel male. Dapoichè internando gli studj entro tessuti compresi dallogo- si, altri fenomeni di maggiore assai importanza vi sono sta- ti ^aggiunti: e prima di tutto il coaguto del sangue per sua morbosa plasticità entro i capillari llogosati da essenziale ca- rattere, conditio sine qua non è principio delle metamorfosi morbifiche della flogosi da Stalli in poi riconosciuto, e quindi da Federico Holfman, ambidue professori in Halla, e' final- mente confermato dal celebre Ermanno Boerahave, tutti e tre rinomati contemporanei, che resero illustri gli ultimi an- ni del secolo 17." Boerahave prof, a Leiden era ecclettico al modo di Galeno e di Fernelio, ma inclinato per la lìloso- ha del tempo alle interpretazioni meccaniche, per cui da que- sto fatto basilare del concremento sanguigno vi costituì la dot- trina della ostruzione, enfraxis nei vasellini decrescenti. Mai Dinamisti organici sotto le ispirazioni di Iloffmann, col con- corso imponente di Cullen conclamato da Jonn Brown, e se- guito da Giov. Rasori fecero una guerra accanita alle os- servazioni di fìsica e chimica organica dei latro meccanici, ed istallarono la Dea Vitalità colla sua imprescindibile Dico- tomia, trasformazione del sistema Temisoniano stretto e lasso espressa con la debolezza q spasmo, Stenia ed Astenia', Sti- molo e Controstimolo , Irritazione ed Abirritazione come sino- nimia dei successivi sistemi per dottrina facile, ristretta ed esclusiva, die non distingue in più migliaia di malattie de- scritte nelle nosologie, che due generi di cause morbifìche, due nature ontologiche di malattie, e due classi di rimedj opposti, sotto r assioma contraria contrariis ciirantur iiun similia similibus , principio inconcusso della saggezza Gre- ca , che le viste escentriche del Dottor Hanemann inutil- mente han creduto correggere con rOmiopatismo. Ma col pro- gresso dell’ Anatomia e Chimica Patologica coadjuvate dai buoni studj Zoologici, ristabilite al primo posto le osservazio- ni di fatto nell’ organismo morboso si è oggi concordemen- te riconosciuto il costante carattere interno del coagulo del sangue entro i capillari dei tessuti infiammati dopo Philips, Wilson , Astings , Gentrin, Cruveillier, Lebert e confermato unanimamente in Lamagna, Inghilterra, Francia ed Italia no- stra: nata però detta coagulazione del sangue per una prece- dente essenziale irritazione, cioè modificazione reazionaria, di natura incognita vascido nervosa, e non già in una esal- tazione di semplice vitalità come osserva if prof. Muller; e que- sta irritazione morbosa coagulante è il primo fatto fenome- nale essenziale a computare fra i caratteri interni della flem- masia. Intanto le ricerche di chimica ematologica mettono in secondo posto una esudazione speciale dei capillari in pre- da alla flogosi, per un processo di soprafìbrinizzazione del sangue, secondo il grado sino a triplicarne la quantità nor- 40 — male. |A questo proposito il prof. Mandi per proprie osser- vazioni sulle viste che all’ aumento della fibrina, corrispon- de con costanza un egual mancamento nell’ albumina del san- gue, ne inferisce resistenza nel processo infiammatorio di una metamorfosi proteica dell’albumina in fibrina, che per esser di recente formazione non perfezionata |è detta Bradi fibrina del Dottor Polli, e che Virchow attribuisce a lavori dei ganglj linfatici. À questa soprafibrinizzazione infiamma- toria del sangue stanno aderenti altri sintomi consecutivi im- portantissimi nelle conoscenze del pratico : attesocchò nelle flogosi parenchimatose il tessuto infiltrato indura, e se siesi acuta, si fa fragile, scoperta del celebre Barone Dupuitren; ed oltre a ciò per una infiltrazione il parenchima sì edema- tizza; ma ove la flogosi è grave e membranosa, il segrezio- namento sero fibroso vi si spande ed organizza in membra- na, e dicesi Difterite da Bretonneau, sotto la protezione del- r epitelio nelle mucose o dell’ epidermide nella pelle. In ter- zo tuogo per scoperte di Virchow allora quando il tessuto tlogosato contiene dei linfatici vi è sopra produzione di Leu- citi in ragion della ricchezza di essi , che li versano per il dotto toracico del sangue venoso; fenomeno più costante del- la fibrillazione, che nelle flogosi eruttive manca, ma non man- ca la produzione eccedente dei Leuciti. In quarto tuogo av- vengono nella costruttura del tessuto cellulare alterazioni di non minore importanza, per nuovi studj della scuola di Ber- lino sotto il microscopio, per cui le cellule per aumento di endosimosi, ingrossano, il fluido interno s’ intorbida e fassi granuloso^ specie d’ ipertrofia, a cui succede una prolifera- zione nucleare, e consecutivamente la segmentazione delle cellule detta Iperinosi dal prof. Berlinese: in modo che stu- diando r intumescenza del tessuto che flogosiza essa dipen- de da più elementi e 1. Dall’iperemia con dilatazione va- scolare; 2. da infiltrazioni fibro-serose; 3. da coagulo capil- lare sanguigno; 4. da iperinosi per ipertrofia cellulare; 5. dalla — 41 — espansione per elevata temperatura concomitante; 6. Da osta- coli che richiedono compensi dai vasi circostanti ; e pro- seguendo i fenomeni molecolari inflammatorj interni in te- nacità la coesione del tessuto ne soffre, e di frequente av- viene V indurazioìie, e nelle flogosi acute con fragilità, ma alle volte poi si rammorbidisce sino sino alla liquefazione, per un processo non ben conosciuto, a detta del prof. Cru- veillier. E, qualora fino a questo punto per la legge conser- vativa deir organizzazione , coadjuvata o senza concorrenza medicamentosa, se’ la irritazione reazionaria dei capillari, ini- zio della serie morbosa si degrada, e con essa si resorbisco- no i fluidi eccedenti sanguigni, serosi, fdarinosi, ed il coa- gulo capillare stanziante aneli’ esso, come ha osservato il Ma- gendie con svincolarsi i globoli rossi discoidi dalla pasta con- fusa e mettersi in moto, e dirigersi entro i vasi collaterali, con la corrente ordinaria della circolazione, rimettesi via via la regolare funzione della parte , ciò che dicesi fine della llogosi per resoluzione. In seguito, ove nella flogosi il tes- suto dei vasi obliterati del cogolo sanguigno essendo signi- ficanti, la natura vi occorre sino a certo segno con la for- mazione di nuovi capillari sanguigni per la manutenzione della circolazione, indicata da Erasmo Darwin nella sua Zoo- nomia od ultimamente verificata col microscopio da Lebert, Gindrac e compagni. Intanto proseguendo l’andamento in- fiammatorio dei capillari cellulari , non avendo avuto luo- go la resoluzione, ed avanzandosi ancora sopravviene la sup- purazione con incremento sintomatico locale e generale, co- stituita da una metamorfosi dei componenti del sangue con produzione di un ffuido patologico piu o meno denso conte- nente vesicole a più noccioli sino a 4. con dell’ Albumina, Co- lesterina, Piina di Geuterbock e cellule pioidi senza noccio- li, spesso con mescolanza di globuli sanguigni; questo fluido è inorganizzabile, inassorbibile, senza comunicazioni anor- mali, addetto ad essere espulso come corpo estranierò; cir- ATTI ACC. VOL, XIX. “ ca la sua origine il fatto non è fissato, essendo la opinione connine per una segrezione speciale citoblesteinica da Vogel dei vasi infiammati, e da Yircow per una proliferazione di cel- lule speciali a nocciolo e morbose di pus. Per fine nella condi- zione la più deplorabile della flogosi per troppa estensione di coaguli sanguigni, per stravasi eccedenti di sangue intercellu- lari, per spossamento di nevrosità circolante o per discrasia sanguigna, cessando del tutto la circolazione capillare, ed in- compatibili gli atti molecolari della nudrizione locale, la vita ivi si estingue, e la scomposizione cancrenosa si appalesa. In questo stato di ammortizzazione locale, o la resorzione pu- dredinosa annienta la vita generale inducendo una venena- zione genita, e gli ultimi sforzi della forza conservatrice su- scitando nel tessuto circondante, una flogosi providenziale suppurante che mentre forma barriera all’ imbilizione vene- fica , procaccia la espulsione dei tessuti cancrenati , mer- cè il flusso del pus, e instaura i danni dell’ organismo oon la cicatrizione dovuta in fine a flogosi fibrinosa. Tale è in bre- ve la successione dei fenomeni moleculari che avvengono nell’ interno dei tessuti infiammati. Or benché lo infiammamcnto apparisce sempre localmen- te pur tuttavolta non è tale se non quando è originato di cause meccaniche, chimiche irritanti, o da stimolazioni este- riori assai vive. Ma allora quando si addimostra spontanea- mente per varie cagioni di poca importanza dette così occa- sionali, allora quando reca una ereditaria successione, che al dir di Beaumes si mostra sin dall’ infanzia con eruzioni varie allora quando si addimostra nel tempo stesso in più luoghi; e salta ed attacca successivamente più tessuti, e che dopo uno ristabilimento assoluto in salute si riaccende quasi spontaneamente, e ciò in individui bene o mal condizionati, e di tutte età, sessi e temperamenti, la flogosi, in questo caso è malattia dipendente da stato morboso generale , detta di Diatesi infiammatoria, conosciuta clinicamente, e non per 43 — caratteri di chimica organica patologica, e costituito appros- simativamente per un vizio incognito del sangue in condi- zioni morbose dei vasellini addetti ai lavori della chimica vivente. La pratica delle flogosi insegna giornalmente che essa é polimorfa, e ciò non solamente per la concomitanza varia nel rossore, nel tumore, nell’ escalescenze, nel dolore, e nella congiunzione febrile ora continua ora remittente, ora inter- mittente, spesso angiotenica, nei nostri climi gastrica biliosa, 0 linfatica, o nervosa; e nel correr suo ora fulminante, ora acu- ta ora cronica ed apiretica; e nelle varie contrade ora edemica, ora epidemica ora sporadica; ma quel che più importa nella quistione deiridentità si è la sua varia forma, costante, suc- cessivamente mantenuta come la flogosi Rislpolatosa-furimcur lare-Edematosa-Risoluliva come la ioimWdire-RaìmnollltlvauU cerosdi-m obile esaltante come il reomatismo-suppurante-y^sew- do-memhranosa-cancrenosa. Devesi dietro ciò riguardare la flogosi malattia individualmente unica ed essenziale, e variabi- le nell’ aspetto, per la sua intensità, e varietà di tessuto affetto, e condizioni individuali^ A me sembra non poter queste ultime condizioni sodisfare le varie comparse delle flemmasie costantemente riaccese in condizioni assai variabili, per cui parmi doversi adottare l’ idea di considerarsi la flogosi co- stituente una famiglia con un fondo unico nel vizio del san- gue ma che per comitanze soffre modificative ematologiche in- trinseche, che danno spiegazioni cliniche del termine costante per risoluzione in un caso, in un’ altra costanti suppurazioni, in un terzo sempre furunculi, in altri ulcerazioni, o pseudo mem- brane, 0 finalmente cancrene ad ogni costo, per cui conclu- do esser la flogosi da riguardarsi come una famiglia. Ed al- la fine oltre che lo studio della flogosi è così importante per la sua frequenza e gravezza dei fenomeni e procedimenti di chimica organica patologica, lo addiviene anche più, perchè essa accompagna la più parte delle malattie diatesiche come il — 44 — reumatismo la gotta, la scrofula la sifillide la tuberculositàj il cancro, V erpete, la cancrena ed i crttom; insomma sono -poche le malattie ove non si manilesta sin da ma, nel cor- so , e sul finire delle febbri continue. Questa concomitanza della flogosi con le Diatesi non mostra la consanguineità dei vizj del sangue nelle sue specialità diatesiche? Or mettendo in confronto la sindrome dei quattro ca- ratteri Galenici, ed il corso empirico della malattia detta flo- gosi con r istoria del processo interiore molecolare che la distingue in tutte le tre fasi di alterazione organica, di de- struzione , o di riproduzione riparativa detta cicatrizzan- te, ben si scorge qual differenza si passi in un semplice af- flusso detto Iperemia che può starsene a se limitata a di- sturbi meccanici della circulazione, con quella interna capil- lare e sanguigna alterazione che dà luogo ad offese gravi dei molecolari processi reconditi della vita a cui dee solamente attaccarsi la caratteristica di infiammazione , come di alta importanza. L’ Iperemia morbosa per quanto ne sappiamo è una ne- vrosi ganghonare dei vasi capillari, che forma la congestione a similitudine delle iperemie fisiologiche, provocata però da cause innormali spesso morali, il di cui carattere importan- te stando a se solamente è la sua mobilità, trasporto altro- ve, intermittenze, simultaneità in più luoghi, colla legge dei compensi, da cui la terapeutica ha tratto partito col metodo Revulsivo-Derivativo suscitando iperemie medicinali; ed ul- timamente Claudio Bernard sperimentando sul taglio dei fili nervosi provenienti da ganglio cervicale, dietro Virchow, co- stituirsi immediatamente nei tessuti ove quei fili diramansi un iperemia attiva, coi suoi quattro caratteri, tumore, calo- re, rossore e dolore. Si sarebbe creduto alla produzione di un infiammamento? niente affatto: quando in siffatto stato si fa passare la corrente elettrica che parta dalla estremità verso l’interno, quella neurosi-vascolare òdisciolta imman- 45 tìnenti.E dalle ricerche fatte sulla connivenza d’ ambi siffatti stati risulta nella pratica giornaliera starsene al i)iù spesso r iperemia scompagnata dai fenomciii morbosi interni mole- colari, eccetto in gradi avanzati (runa sopra-segrezionc, o un’ emorragia, o ipertrolìa; ed ivi si fermano i suoi fenome- ni di concomitanza caratteristica, nè mai avvi disturbi inter- ni incipienti dal coagulo del sangue capillare, e successivi segrezionamenti librinosi, e quindi purulenti, ed olfese alla struttura cellulare, tìnchè si ferma nel carattere di congestio- ne: e (juesta iperemia quand’ anche recasse i quatti'o carat- teri tumore, calore, dolore, rossezza ma sprovveduta di le- sioni tisiche dei capillari inducenti ostacolo reazionario, non è affatto una llogosi, nel senso di una malattia che può al- terare destrudere e rimontare il tessuto. La tlogosi non e- siste che ove esiste in concomitanza di detta iperemia indis- solubilmente una irritazione reazionaria capillare con coa- gulo sanguigno da cui procede tutta la catena delle oi'gani- che pertubazioni e metamorfosi chimiche di cui abbi am fat- to motto. E per la confusione della Iperemia idiopatica sem- plice, con la Iperemia che concomita i fenomeni molecolari della llemmasia, sono nati nella pratica molti errori di dia- gnostica; errori a cui diè luogo la dottrina di Brussais esten- dendo la flogosi alla maggioranza delie malattie ovescopri- vansi i quattro caratteri iperernici empiricamente che io de- nomino pseudo flogosi nelle mie lezioni di medicina pratica. La tlogosi adunque malattia che spetta essenzialmente alla chimica organica patologica che minaccia destruggere o ri- montare r organismo; spetta essenzialmente alle malattie del sangue, la cui manifestazione è una lesione, arrecata alla sua fluidità organica vitale; è un vizio della plasticità vivente; stas- si nel suo concremento, e secondo Virchow nella sua Trom- hosi, da cui col concorso del disturbo dei capillari, entro cui vive, scaturiscono i suoi fenomeni patognomonici che este- riormente non appajono che per l’iperemia concomitante. ATTI ACC. VOL. XIX. 8 — 46 - Non è già che noi intendiamo con ciò menomare il me- rito della scienza antica, da cui abbiamo succhiato le prin- cipali basi della pratica, anzi ammiriamo lo spirito di osser- vazione nel discifrare le complicanze del Micro-Cosmos per costituire la Diagnosi della flogosi per quei segni, che una esterna disamina permise, stante i pregiudizj per le dissezio- ni cadaveriche umane. L’Italia nostra aire[)oca del rinasci- mento delle lettere ha il vanto di avere istituito gli studj ana- tomici sulle autopsie , e Mondini l’anno 1315 professore a Bo- logna aveva diseccato due cadaveri di donna , ciò che gli storici attribuiscono ad un grande ardimento; dapoichè Bo- nifacio Vili aveva cacciato al 1300 una Bolla proibitiva di sventrare i cadaveri: e non avvenne che alla fine del 15.“ secolo e principio del 16.“ ove fussi il pregiudizio indeboli- to, che Acheilini , Benedetti , e Berengario disseccarono pub- blicamente a Bologna , a Padova, a Pavia , ed ove accorre- vano a prendere insegnamento le nazioni tutte di Europa. E frattanto l’Ànatomia Patologica e le analisi chimiche han- no fresca data, e non per anche giunte al perfezionamento: e prima che si fosse riconosciuto ultimamente il carattere differenziale fra la flogosi e l’ipiremia si ammetteva dalla maggioranza dei Patologisti non esservi che differenza di gra- do del medesimo male, come il prof. Barbier lo espresse pra- ticamente nella sua opera sulle llemmasie a cui fa precede- re per ciascuna, la sua irritazione ossia iperemia. Ma que- sta transizione porta a falso, giacché sappiamo potere un i- peremia tirare alla lunga, e giungere ad altissimo grado sino a portar 1’ emorraggia, senza trascinare affatto lallogosi,ne vale il dire doversi considerare la coagulazione del sangue entro i capillari come effetto della lesione dell’ organismo in- fiammato, giacché il sangue non ha un posto secondario nei fenomeni viventi, ma primario ed essenziale come il tessuto: é'chiaro che la vita non si rende apprezzabile che mediante il sangue che scorre nei tessuti compreso l’asse nervoso, che 47 — vi suttira r elemento imponderabile dell’ intiera innervazio- ne: sanguis nervorum ìnoderatur: e cosi il sangue è un flui- do organizzato e vivente, come lo stabiliscono Robin e Verd- cuil 1853; e basterebbe essere riposti nel sangue tutti i fe- nomeni molecolari della nudrizione, riparazione organica , formazioni di nuovi vasi, segrezioni, temperatura, contra- zione e generazione e da cui pende ogni fenomeno, di mo- do che delle due grandi classi dei fenomeni viventi , spet- tano immediatamente alle tessiture le parti meccaniche del- r organismo, ed al sangue e suoi derivati quanto spetta al- la chimica vivente: in modo tale che non possono disgiun- gersi senza scompaginare Tartificio mirabile della vita: se- condo i due celebri naturalisti Lorot e Lamarck, di cui Brous- sais ascoltava le lezioni, vien conclamato, nella nudrizione esser costituita la forza vitale e la sensibilità e contrattili- tà da riguardarsi come proprietà di funzioni secondarie. In- tanto resta spesso qualche dubbio nella pratica dei 4 sinto- mi della iperemia siino o no concomitanti dei processi in- terni molecolari della flogosi (per cui avvengono non di ra- do errori di diagnostica e di tcrepeutica) e principalmente all’ iperemia cerebrale colla Encefalite con tutte le otto for- me sintomatiche descritte da Andrai: nella iperemia pulmo- nale con la pidmonile di cui la massima parte dei sintomi, insonorità, rantoli, broncofonie, respirazione sibilante spet- tano alla congestione dietro i travagli auscultativi di Four- net, Raciboschi Woillez, e quindi le due malattie facilmente confondibili ai sintomi. Così pure l’ iperemia epatica allor- ché è dolorifica studiata superficialmente confondibile con V epatite; come parimenti le iperemie dolenti della milza e dei reni con albuminaria fino a certo segno confondibili con le flemmasie. Per la qual cosa è per un esame severo sul- la causalità, sull’ andamento vario, intermittente, o remitten- te, sullo stato febrile, e salasso di prova, e segni speciali che potranno togliere ogni dubbiezza unitamente alle me- dicazioni giovative odi nocumento. Intanto ò da tener conto nelle iperemie non richiedersi vizio alcuno nel sangue, men- tre nella flogosi non traumatica è assai presumibile esistere nel sangue un vizio umorale, benché ancora incognito nella sua natura attesocchè, le condizioni le più favorevoli al suo sviluppo non son già quelle di vigore e sanità preesistente come si è creduto dai patologisti, ma tosto malsaniae cro- nicismi ; a tal proposito Bernard ci fa avvertiti che procac- ciando un’iperemia nei conigli e porcelli d’india per il taglio dei fili del gran simpatico, non vi succede la fiogo- si ehe negli animali mal condotti in salute, travagliati di an- teriori esperienze e mal nudriti, e quello stato discrasico di natura ancora indetei-minato, è condizione importante di flemmasia; fatto noto agli antichi })ratici che attaccavano al- la debolezza degli organi la suscettibilità alla flogosi: se mai nelle lesioni traumatiche e chimiche vi succede immediata- mente la flogosi senza preamboli, lo si è perchè nell’ offesa dell’organismo vi è compresa l’irritazione vascolare ed il coagulo del sangue ad un tempo: il prof. Piorry persuaso sin dal 1841 che il vizio del sangue cotennoso costituiva la llem- masia, ne ha voluto cambiare la denominazione sostituendo- vi VEmite: ma questa parola a giudizio dei Dinamisti fòri- provata, come se avesse pronunziata una blasfemia medica contro r onnipotenza della ii'ritazione ontologica. Io pure in una mia memoria riguardante la flogosi, tradotta in france- se, ed inserita nel giornale universale delle scienze mediche di Parigi nel 1828, volendo correggere l’espressione inliam- mazione come erronea, vi sostituii la denominazione ritide per indicai'e la condizione reazionaria dei capillari, ini- zio dei fenomeni interni molecolari della flogosi: frattanto il prof. Gintracnel voi. .5. pag . 540 della sua patologia in- terna nbl riferire la mia nuova denominazione di capillari- tide dice « il prof. Fulci di Palermo ( doveva dir di Catania) non è stato felice di quella espressione, perchè confondibile t — 49 — con quella dei capelli. »A me sembra non avverarsi la con- fondibilità fra la capiUarUlde e caplUUide di cui si sa l’ im- possibilità, e la osservazione di Gintrac andare a vuoto: ma l)iù tosto è più ragionevole il dire che tanto la Emite di Piorry quanto la CapiUariUde del Fulci peccano nella esclusione di indicare Piorry il vizio del sangue, e Fulci V irritazione dei capillari, mentre nel fenomeno stansi egualmente interessati e solidali ambidue; tanto è difficile una buona terminologia medica per esprimere con un motto, nè barbaro nò prolisso, fenomeni complessi. Una isolata irritazione vascolare senza coagulo non costituisce flogosi , ed un coagulo senza irri- tazione capillare è un ostacolo, e non forma una flogosi. E per proseguire oltre nella disamina dei congrementi interni del sangue, tenendo ragione del meccanismo di quel- le formazioni fa d’ uopo significare che le manifestazioni po- lipiforrni che gli anatomisti hanno rinvenuto entro le cavità del cuore e grossi vasi, e principalmente nelle dilatazioni tan- to aneurismatiche che varicose [ove il rallentamento del mo- to progressivo del sangue ne favorisce le combinazioni mo- lecolari ) nei primi tempi della scoperta Bartholet e Fissino stante le apparenze consimili alle anormali vegetazioni po- lipose delle membrane mucose, e per contestura tenace e fi- brinosa ed aderentissimi ai varj punti dell’ interna superficie, le chiamarono polipi ugualmente e quindi organizzati : ma non fallarono di ammetterne, una seconda specie di polipi san- guigni di tessitura molle gelatiniforme, e di poca adesione peduncolare nei cadaveri entro la cavità cardiache e vasco- lari dopo lunga agonia, o immediatamente dopo la morte, e considerati a ragione non già per vegetanti, ma dovuti a con- grementi fibrinosi per eccedente plasticità del sangue, e da attribuirsi sia per soprafibrinazione inflammaloria, sia per pre- ponderanza relativa della fibrina dovuta all’ agiobulia come si è visto nella duplicità della cotenna da noi studiata. E per quanto riguarda i così detti polipi duri ed aderantissimi ben- — 50 chè nomi illustri come Laennec, Legroux, Bouillaud ammet- tono sviluppo organico nelle congrozioni sviluppate, pur tut- ta volta per maggiori ricerclie, e più accurate del Prof. Blam din, e quelle ultime microscopiche di Littre e Robin con- chiudono per la negativa, e riguardono tutti intieri i congre- menti sanguigni 'per polipiformi, inorganici , e più o meno consistenti per antichità e retrazione fibrinosa ed ov’essi con- tengono dei globuli rossi mentiscono le forme carnose, e con- tenendo dei leuciti hanno illuso per marciose formazioni in essi. Circa ai sintomi poscia che arrecano tali consolidazioni, essi riduconsi ad ostacoli più o meno gravi alla libera cir- colazione del sangue in vario grado secondo il volume, 1’ e- stensione, la residenza, e la rapidità di loro formazione, mo- dificando gli strepiti normali, eie pulsazioni morbose cardio- arteriali: quelli esistenti nelle cavità cardiache principalmen- te influenti sulla circolazione generale, e minacciante la sin- cope e la morte. Una probabile diagnostica potrà cavarsi da torte ansietà, forza varia, estensione ed irregolarità del bat- titi del cuore, lipotimie , e ra(freddamento delle estremità, e secondo Bouillaud strepito di soffio ora semplice ora sibilan- te. Weber li diagnostica alla piccolezza, irregolarità, intermit- tenza dei polsi in sproporzione con la violenza e tumulto dei battiti del cuore sin ncU’arteria pulmonale 1854. Di maggiore importanza però sono le moderne scoperte patologiche sulfm- bollsmo, denominazione di Virchow, consistente in una con- crezione sanguigna, formata nelle vie della circolzione e tra- scinata dalla corrente venosa o arteriosa, che si ferma or- dinariamente vicino le bifurcazioni vascolari, dando luogo ad accidenti più o meno subitanei, più o meno gravi, secon- do la otturazione dei luoghi, e sua varia compensazione per i collaterali. La scoperta non è originale del prof, di Berli- no. Gli antichi sin da Galeno riconobbero gl’ ispessimenti del sangue sino a costituir poliposità nel sistema venoso e vasi 51 — ampj : e Mery ammettere per migrazione di essi in minuz- zoli , detti oggi embolia , offendere organi distanti come il cerebro. E Wansvieten ne ammise la possibilità sin dal 1743: menzionato il fatto da Teofilo Bonet, e da Morgagni confer- mato per polipismo nella lettera 4 e 24: ed ultimamente Le- groux ne publicò un esempio nel 1827. Dechamps ammise il fatto nel 1835. Vircow poi lo dimostrò nel 1846 principal- mente venoso e successivamente dal Dottor Kirkcs in Inghil- terra nel 1 852 : ove il principal diagnostico diffìcile per la emigrazione dell’ Embolismo è riposto nella istanteneità dei fenomeni sia nelle arterie che nelle vene avvenga : locchè è stato confermato da Schutzenberger a Strasburgo , e da Charchot nel 1856. Ed a proposito Embolia dWovOi quando nelle ferite gra- vi , 0 nelle grandi operazioni cerusiche a cui succede ne- cessariamente la flemmmasia, o nel correr delle infiamma- zioni parenchimatose interne , e specialmente nelle metriti puerperali e sue adjacenze sopravengono rapidamente delle Iperemie pulmoniche , dagli antichi pratici denominati Depo- siti, decubiti per debolezze, e da altri per vizj del sangue, e dalla scuola fisiologica per mutazioni infaimnatorie sim- patiche delle flogosi di partenza , non sono mancati dei buo- ni osservatori però che non solo hanno rifiutato la caratte- ristica di simpatiche, ma hanno reputato dette Polmoniti co- me particolari e specifiche di sua natura sotto i chiari no- mi di Pott, Dupuitren , Bell , Guthrie, Forbs e Yilliams , e per conferma della specialità hanno raccomandato ai pratici in tali casi fidarsi più che. dei salassi, nell’ e Calome- lano. Ed in tali circostanze morbose per le osservazioni au- topsiche e microscopiche del Prof. Berlinese Yirchow quel- le congestioni dei vasi pulmonali sono dipendenti da 'osta- coli vascolari provenienti da EmboUdi , molecule spiccate dalle congrezioni fibrinose dette Trombosi delle sedi infiam- mate , e trasportate circolando per le arteriale e capillari pulmonali , ove fermati vi annunziano coi primi brividi lo sviluppo della metastasi fatale provocandovi prima la con- gestione per ostacolo, e quindi la pulrnonite reazionaria: e dippiù ci avverte Virchow che qualora la della ilo- gosi primitiva dell’ utero ha sofferto, come non è raro, un rainmollirnenlo putrido, la metastasi toracica prenderà egual- mente un carattere putrido e maligno, che minaccia la vita per sua gravezza. E fmttanto bisogna che il pratico resti av- vertito in simili congiunture, che senza negare la possibilità delle iperemie pulmonali-passive, senza negare il fatto di pul- moniti simpatiche, o per discrasie sanguigne, afferma pratica- mente il prof. Berlinese che nei casi puerpcrali la legge sta- bilita sulla frequenza, stassene per le pulmoniti eniboliche,'e che solo alle eccezioni stansi, tanto le flemmmasie atoniche, che simpatiche. Proseguendo intanto l’ istoria patologica del cammino del- le concrezioni sanguigno emboliche nel sangue arterioso; qua- lora in un aneurisma del cuore sinistro stanziando concre- mcnti sanguigni, sopravvenissero in una delle estremità su- periori 0 ird'eriori [or mica z ione pia o meno dolorosa, con o senza slanci, raj'freddaìnenlo, aspetto cadaoerico, ed appari- sco cancrena in esse parti: ed ugualmente sd in tali con- dizioni aneurismatiche sopravvenisse un emipleijia subita, in questi casi la migrazione avviene dal cuore nelle arterie ce- rebrali, ove determina per la obliterazione dei luoghi ove si spandono, un rammoltimento nella sostanza deW encefalo. Ma se negli aneurismi del ventricolo destro 1’ otturamento ve- noso avvenisse nelle vene di un membro, Charcot vi rico- nosce V embolismo come nella flemmasia albadolens: ma se i sintomi arrecassero .sindrome })ulmonali, in questo caso la embolia avrebbe passato per le cavità cardiache e fermatisi nei vasellini pulmonali secondo le osservazioni del detto 1)/ Charcot, e basterebbe un moto brusco per esser causa oc- casionale di tali distaccamenti embolici. Finalmente nelle con- - 53 - grezioTiì venose i segni più manifesti spettano alla oblitera- zione delle arterie pulmonali che subitamente dan luogo a dispnea, sulTocazionc, aslissia e sincope più o meno rapida- mente seguiti di morte. Nè soltanto avvengono interni coaguli sanguigni per so- prafibrinazioni, ma sì pure nelle cachessie, ove stassi con- giunta ad un grado di atonia e rallentam -nto del corso del sangue, una certa aglobulia, ed il sangue si rappiglia nelle cavità sia cardiache, sia aneurismatiche, sia varicose : ed è avvenuto più volte che gli emboli rotolati circolando a for- ma di pallottinc, e perchè visti nel sangue venoso denomi- nati dal prof. Beclard fìebolitl ; i quali fermandosi nei capil- lari li ostruiscono , a cui succedendo una congestione per ostacolo trasformasi inflogosi, che dà luogo ad ascessi: e per un caso di tal fatta avvenuto in Siracusa ne fui consultato dal chiarissimo D."" Cambisi con la rimessa di una ciiKjuan- tina di pallottine dì color bianco-giallastro uscite insieme al pus, air apertura di una suppurazione in una gamba di un soggetto cronicamente mal sano. Dette fleboliti sono costi- tuiti per le analisi di Robin di fibrinosità e sali calcar] fo- sfatici. Spettano pure alla categoria dei congrementi sangui- gni i così detti polipi duri bianco-giallastri e fibrosi aderenti alle cavità del cuore e grossi vasi, studiati ultimamente da Leogrux e Bouillaud, di cui gli antichi hanno fatto menzio- ne, ed abuso nella diagnostica delle infermità cardiache; poic- chè vi attribuivano la più gran parte delle palpitazioni con disuguaglianza ed intermittenza ai polsi , ed oppressione di petto, sintomi spettanti più spesso agli aneurismatici esenti poliposità; ma che potrebbono far sospettare i polipi le ten- denze frequenti nelle mosse, alfansietà con polsi oscuri tu- multuosi e confusi , refi'igerazioni sino alla sincope: polipi che son ^da distinguere da quelli molli e mortuarii dovute a lunghe agonie. B qui torna conto far parola degli Ematozoairi già am- ATTI ACC. VOt. XIX. 9 messi come venni esistenti nel cuore umano da Senac Wet- scii e Polisius: e poco fa la Filarla Zebra segnalata da.Mon- gran di Brest nel 1851 rinvenuta nella vena safena, ma [)iù aceuratamcntc studiata da Devain e Robin non sono che pseu- do vermi provenienti da coagulo fibrinoso allungato. Ma ciò non imiiorta negare resistenza degli essavi saiajaicoli come VEmalobla scopei’ta in Egitto nel 1851 da Bilarz, ed abitan- te, nella vena delle porte, nella mesentarica, epatica, renale e viscerale, la quale è cosi frequente che fra 30^ autopsie tliesinger ne lia rinvenuto 117 casi: e di essa Emalobla tur visti gli ovuli agglomerati formandovi dei calcoli cacciati dal- la vescica per via delle urine, e con ematuria. E senza dire degli infusorj pai*assitarj umani , come i vibrioni rinvenuti attorno i globuli rossi del sangue da Magendiee compagni. E senza entrai'C in disamina degli infusoi'j ritrovati nei llui- di dci'ivati dal sangue, come i Tricomonadi delle mucosità intestinali, ed in quelle vaginali nelle malattie, scoperte da Donno c Dujardin, e finalmente nel tartaro dei denti visti da Mandi: e senza riferire l’ opinione di alquanti naturalisti os- sei' da riguardare i spermatosoidi come infusorj parassitari s[)ermatici nello stato anche che sano (1). (1)11 parasitismo morbifico tanto vegetabile che animale, principal- mente microseopico , dopo Uaspail e Bobin ba risvegliato 1’ attenzione dei moderni naturalisti nella produzione delle malattie più occulte. Gli agenti morbifici miasmatici o virulenti erano assimilati ai cbimici fermen- ti da Leibig e comp;ignì: ma più severe indagini microscopiche di Pouebet Pastoret dimostrano esser le fermentazioni semi vegetanti, o ovuli vi- venti con sviluppo di mieodermi o d’ infusorii microscopici. Sta ferma la lite tra la eterogenia di Poudict con la trasmissione atmosferica di Pastoret: ma si conviene ne! fenomeno vivente, che da luogo alla fer- mentazione sia vagctabilc sia animale. Fra i vetercnarii Devain ba provato W sangue di Milza tifo di animali cornuti, trasmissibile a varj anima- li, e mortifero per mezzo del Bacteriam: ed 11 Prof. Tigri di Sicnaba trova- to nel sangue umano [della tifoide- 1854 il detto Bacterium più fiate, che non vive nel sangue cadaverico. 1 p* f* 55 E tornando i ragionari sui morbosi concremcnti del san- gue in simili ricerehe il Prof. Bocliout in una sua impor- tantissima monogratla sulla coagulazione interna del sangue venoso data in luce 1845, nelle cachessie e morbi cronici, ove predomina V aglobulia inducenti per ostacolo nelle re- gioni sottostanti edemi e spandirnenti serosi di difficile dia- gnosi e difficile guarigione , ha illustrato questo ramo im- portantissimo di teorica e pratica medico-ccrusica sulle ma- lattie del sangue , pei* cui come un vero progresso riscosse daHbVccademia Medica di Parigi una medaglia di oro Premio Monneret fa osservare come carattere delle alteran- ze del sangue nella clorosi oltre 1’ aglobulia , diminuzione ferruginosa, coagulo del sangue nel cuore a sinistra, e de- positi fibi'inosi sulle valvole , che spiega i sintomi cardiaci di quella malattia. Bouillaud ha segnalato sotto il nóme di elefanziasi dei membri inferiori un esempio dovuto all’o- bliterazione per ostacolo della vena Cava inferiore; e Woil- lez ha osservato per impedimenti o restringimenti auricu- uno Sclilerema anasarcatico agli arti inferiori della durez- za del legno. Ed in conclusione ove esistendo un coagulo in- fiammatorio, 0 senza, si staccassero gli embolidi, il fermarsi nei capillari, eh otturarne il passo (se non venga compen- sato dai vasi collaterali) induce sintomi varj secondo la va- rietà dei tessuti; e pericolo secondo T importanza delle fun- zioni offese — Così se negli arti intormentimenti e cancre- na simile alla senile — Se nella sostanza cerebrale , allora sintomi encefalici gravi come paralisi, c rammollimento apo- plcttiforme — Se nell’ arleria centrale del nervo ottico av- viata ffial prof. Duval nel 1862, Amaurosi — Se nella milza per degenerazione dell’ Ematosine in pimento nero, visto da Meckel, Frerichs, e Tigri come TEmbolia, oppillare i capil- lari del cerebro ed indurvi ai)oplessie capillari e sonnolen- ze—e nel parenchima epatico a detta del signor Beau atro- fia parenchimatosa di quell’organo. Dippiù quando succede — 66 — la risipola all’ edema, e quindi la cancrena, ed infine la mor- te, la letalità che è stata attribuita alla | asserzione putrida è dovuta alla llbrinazione che procacciando coaguli poliposi nelle cavità cardiache , e grossi vasi inducono palpitazioni dispnea, refrigerazione e morto ( Beaucompt rendue l859 ;. E questi laboriosi studj di anatomia patologica micro- scopica mentre arrecano tanta luce alla scienza positiva me- dico-chirurgica, bisogna confessarlo francamente, aggravano le difficoltà della diagnostica e rallentano le speranze della terepeutica. — Ma intanto gli scuopritori di siffatti emboli- smi Wircow, Legroux, Worms non han mancato di avvisar- ci che per quanto gravi sieno siffatte tìsiche lesioni umorali non sono al di sopra della forza medicatrice , attesocché possono disgregarsi e risolversi spontaneamente per la po- tenza dessolvente del siero del sangue : e che allorquando il pratico si sarà approssimato nella diagnosi potrà usare i sali medj , gli alcalini nitro e bicarbonati unitamente ai com- pensi che lo stato generale delle forze vitali del soggetto ri- chieggono. Con tutta la ricchezza delle scienze fisiche attuali, nel- la pratica della medicina T ignoto supera il noto Ars lorica vita Brevis. Chi avrebbe creduto che questo aforismo della scienza Greca dopo 23 secoli di studj e di ricerche interes- santi è fin oggi giorno assioma di una gran verità che umi- lia Torgoglio dei filosofi ! SOPRA UN PEZZO m CALCARIO A CONCHIGLIE I CENNO GEOLOGICO f.ett» h«1Ir (ornata ordinarla dciP Accademia Ciioenla addi S aprile ISfiS DAI SOCIO PRIMO DIRETTORE Ca.fo Am ACG. TOL. XIX. 0) i r wr I» • ■ -*s nr ^ s * r % - I j f »• •■ .. . ♦ é ! W Ut-. * f ; ‘ ’ ,-r - r « •.»*: Ti ST AHqO.Ji ,\ itv ’ (I I ! * *.' '>» «l»- k '■■'«k-.iii A oiffAiMAD ui OSOT s’ ■ CKH30JG33 OWH» - • K.T^ * ►V ‘*- A iA««c <>lU<|ia • ^ I r . ■ K * , - ’ k i V t pii woTmam offtiw oiw' i*** - ’f héi • » Hi olt**?) --3 -lól •>. I ^ » ■n n. 9 tir ,4«» .»»i Iti* I- « - ts E questa la 'seconda volta che ho l’onore d’intrattenere l’Accademia sopra un semplice pezzo di roccia, che a pri- ma vista non sembra poter essere oggetto di una memoria, breve per quanto ella si fosse. Eppure quando uno di tali frammenti è nella possibilità di porgere argomento ad inda- gini che posson condure a spiegamento di qualche fenome- no geologico, un pezzo solo può equivalere alla intiera for- mazione della madre roccia. Tale io considero V esemplare che vi presento, Socii or- natissimi, staccato da un masso di calcario delle cave di Si- racusa, trasportato in Catania al solito uso di decorazione e- sterna delle fabbriche. Esso era tutto della stessa struttura di grana fina, com- ' patta a frattura semiconcoide ; se non che linee rette pa- rallele , distanti una dall’ altra due pollici e qualche li- nea lo circondava per tutti i lati. Nel sottoporlo, infatti, al — 60 — lavoro, sotto ai colpi degli strumenti fabrili, il masso si di- videva facilmente in forma di lastre , fra le di cui opposte superficie si poteva discernere un lieve strato di tritume cal- careo, pressoché sciolto; ed in una comparivano le spoglie di conchiglie aderenti alla roccia , nell’altra le impressioni di esse; come potete, o Signori, osservare in questo esem- plare. A prima giunta non altro si scorge in questo masso , che una stratificazione della stessa roccia, nella quale la su- perficie dello strato inferiore era piena di spoglie di conchi- glie quando l’altro venne a posarvi sopra ; ma se ci facciamo a considerare più a minuto questo fenomeno troviamo alcun ché da esaminare e riflettervi sopra. E pria di tutto la stratificazione dimostra, senza che possa cadervi alcun dubbio , un’ intervallo di tempo fra il primo sedimento ed il susseguente; e sempre fra uno strato e l’al- tro vi ha un deposito più o meno abbondante di materiale sciolto, dovuto a quel tritume, che dilavato dall’acqua vi sta qualche tempo sospeso prima di posarsi, come una fanghi- glia, sopra lo strato inferiore: ovvero di materiale traspor- tatovi dalle correnti; per cui non è raro il trovarvi de’ ciot- toli e frantumi appartenenti ad altre rocce : pezzi di argil- la, che ammollita poscia, lascia delle cavità nello strato so- vrapposto che prende grado grado consistenza; e per lo più una grande quantità di resti organici, vi isi trovano mesco- lati ; e quando questo materiale sciolto è in bastante dop- piezza sullo strato inferiore , dà luogo alla formazione dei diaspri, delle agate e de’ rognoni di selce piromaca, tanto frequenti nel calcarlo della creta; della formazione de’ quali mi sono di proposito occupato altra volta in una memoria (1) , e de’ quali non è inopportuno mostrarvene un saggio che a\ volge un i)o!ipajo, giacentein allora sulla superfìcie di uno (tj Effemeridi per la Sicilia n." XI. 483'i, — 61 — degli strati di quel calcarìo,'e che comprova quanto stiamo accennando. Il secondo strato poi , è , per lo più , di alquanta più ruvida struttura nel basso, a causa delle pai*ticelle più pe- santi del sedimento, che sono le prime a cadere. Nel nostro masso nulla, o pochissimo si osserva di que- sti cai'atteri di stratificazione, ed il matei*iale sciolto fra le due superficie è così tenue, che ad una finissima polvere calca- rea si riduce , qual’esser doveva quella che fu Tultima a ca- dere , dopo aver intorbitato le acque dov’ era sospesa; e nul- r altro che le spoglie delle cennate conchiglie vi si rinven- ne; la struttura dello strato che vi sta sopra è in tutto uni- forme a quella dello inferiore; questa stratiiìcazione , per con- seguente è molto differente dalle ordinarie , e potrebbe da taluno riguardarsi a prima giunta, come una delle acciden- tali fissure della stessa roccia, tanto comuni quanto i geo- logi avvertono di non confondere con le vere stratificazioni. Ma la presenza di quelle spoglie di conchiglie 'ci porta ad altre considerazioni di non minore rilievo, e dalle quali si potrà forse qualche ajuto al nostro assunto aspettare. Nel tempo die il materiale sedimentario sospeso nelle acque comincia a cadere nel suolo del fondo, i molluschi vi- venti non aspettano 'che quel materiale li inviluppi seco e li incagli, ma si salvano per quanto possono verso le acque meno torbide; a meno che per le pesanti loro spoglie non • potessero tanto eseguire; per cui si trova maggior quantità di spoglie leggiere di molluschi fra uno strato e l’altro delle i'0(*ce, che nella loro massa; ed all’ incontro maggior nume- ro di spoglie doppie e pesanti in questa che so])ra la super- fìcie. Ciò almeno si osserva nelle rocce sedimentarie, che si desume essersi formate placidamente in acque tranquille; mentre tutt’altro è da aspettarsi quando i sedimenti sono av- venuti sotto la tumultuaria forza delh; correnti , o del tra- sporto di materiali di altre formazioni. I fossili in questo se- - 6^ condo caso si trovano disseminati tumultuariamente anch’es- si nella massa negli strati ; ed alla superfìcie se ne incontra- no giacenti, quasi che abbandonate da’loro viventi, dopo che lo strato orasi Connato. In questa ultima condizione sono per lo appunto le con- chiglie della nostra l'occia che giacciono distese sù quella superficie in vero stato di abbandono , e non pare esservi stata altra causa , che avesse potuto in tal modo lasciarvele fuorché la morte del loro mollusco. Un intervallo però do- vette necessariamente frapporsi alla venuta dell’ altro mate- riale che le coprì; esse sono dunque fra uno strato e l’al- tro, e sembra che nulla vi sarebbe di straordinario in questa roccia per meritar la particolar nostra attenzione. Ma come spiegar la uniformità di struttura degli strati se, come abbiamo notato, una notevole differenza esiste quasi sempre in ciò, fi*a di loro per le addotte ragioni ? La uni- formità di struttura indicami materiale della stessa natura: un materiale ragunato con le istesse condizioni, e prodotto da una stessa causa, e quando va a depositarsi lo fa con le stesse leggi; c lo strato deve formarsi di seguito, finché du- ra il materiale di sedimento ; ma ciò non é evidentemente sucesso nel nostro caso; e dippiù, se queste conchiglie fos- sero di quelle che vivono fra li scogli , fra le cavità delle rocce sott’acqua o nel fondo del suolo, allora si potrebbe supporre non esser diffìcile che si fossero rannicchiate en- tro le pretese fissure della nostra roccia, ed ivi avessero con la morte lasciato le spoglie; come avviene di molte specie di Elici terrestri, delle quali troviamo grandi quantità di spo- glie entro le cavità delle rupi , o di mucchi di pietre: ma oltrecché le pretese tìssure non sono tali in effetto, ma ve- ri spazii fra uno strato e l’altro, queste specie di conchiglie, (iregarie, per dir così, come le Donaci ed altre chiocciole , vivono sempre vicino alle spiagge ove l’arena mista a fan- go si ammassa a poca profondità di acqua; nè cercano altro f — 63 — ricovero che la semplice arena ove si stanziano, e della quale si cuoprono, lasciando un piccolo buco dal quale, colle loro ap[)endici tentacolari possono avvicinare alla bocca le mate- rie nutritive. Torna quindi la difficoltà di spiegare come gli strati del- la roccia , che abbiamo sotto gli occhi , si trovassero della stessa struttura , dopo un certo ed impreteribile intervallo che dovette separarli ? Signori , sono state tali le geologiche condizioni in cui si è trovata le mille volte la scorza della terra, che non tutti i fenomeni che presenta possono ad evidenza spiegarsi ; e bisogna spesso aver ricorso alle probabilità per acquietare in parte , se non per soddisfare intieramente la nostra cu- riosità. Io quindi ardisco sommcttervi una breve parola sul modo di scioglere il connato quesito. E senza andare alle lunghe, io assumo, che il sedimento di questo materiale calcare di finissima grana," e di uniforme struttura in ogni suo strato non dovette esser altrimenti de- posto che di& intermittenze di non lungo intervallo, se le con- chiglie che scanzavano il denso intorbitamento delle acque ebbero il tempo di fermarsi sulla superficie dello strato; e di questa loro fuga ne è pruova il non trovarsene alcuna spo- glia nella massa degli strati; sopravvenuto però il nuovo ma- teriale, non avendo forse la forza di superarne la densità ri- masero 0 caddero in gran parte sulla superficie del prece- dente strato, come lo vediamo nel nostro esemplare; men- tre molte altre di esse si salvavano, per posarsi sul nuovo strato, e così via via dovette avvenire per tutto il rimanente della roccia in discorso. Che se il sedimento non formavasi ad intermittenze il materiale non poteva essere uniforme nella struttura a quello depositato prima, come poco fa abbiamo osservato, e la stra- tificazione ayrebbe avuto ben altro carattere , e doppiezza 64 — diversa degli strati che succedcvansi senza quella regolari- tà che sì osservava nel masso della nostra roccia. Nè può credersi che quella forma direm tabulare degli strati avesse potuto dipendei'e dal rapprendi mento del ma- teriale deposto nel prender consistenza, come è facile che av- venisse nelle Marne , le quali come ognun sa , si dividono facilmente in lastre tabulari più o meno doppie ; imperoc- ché la presenza di quelle conchiglie distese sopra la intiera superfìcie dello strato dimostra se non lungo intervallo da uno air altro, una intermittenza al certo di soprapposizioni^ e quindi manifesta stratifìcazione. Per altro, per quanto io mi sappia , fra le lastre delle marne non si trovano con- chiglie, 0 altre specie di molluschi ; e quando esse alterna- no con arenarie, argille ec. i resti organici si trovano sparsi nel terreno della formazione, ma non nelle stesse marne. La forma tabulare, pertanto, della nostra roccia non può riguardarsi come rapprendimento di consolidazione di quel calcario , ma, come una vera stratifìcazione ; ed in questo caso non poteva non altrimenti aver luogo che ad intermit- tenze. Ciò che fin’ ora non è stato avvertito, e sarebbe una nuova maniera di stratifìcazione nelle rocce sedimentarie. Ma questa intermittenza a qual causa potrebbe attribuir- si? Altro quesito al quale si può rispondere soltanto con altra probabilità. Un regolar movimento del mare , come quello della marea poteva interpellatamente impedire il sedi- mento continuo del materiale calcareo; e ciò basta per non ricorrere al troppo noto felix qui potuit ec. Mi resta a dire qualche altra parola sulla unica specie di conchiglie che forma le alternanze di questo calcario. Queste conchiglie appartengono al genere Tellina, per quanto mi sembra, non avendone potuto osservare alcuna valva rovesciata che lasciasse vedere il carattere del cardine, essendo quasi tutte il nucleo calcareo di esse e non già le vere spoglie. 65 Non è sfuggita a’ sommi naturalisti, che de’ molluschi hm trattato, la prodigiosa quantità delle conchiglie, della stes- :sa specie in dati luoghi , e riianno attribuito alla non inen prodigiosa loro propagazione , ne’ luoghi stessi ove nulla manca alla loro vivenza, e noi ne abbiamo le pruove nella grande quantità delle Donaci , che sotto il volgar nome di Cocciuli si raccoglie tutto giorno nella spiaggia arenosa del nostro golfo: spiaggia che dal vocabolo portoghese, chiamia- mo praja. Non ci reca, per tanto, meraviglia seie conchi-' glie del calcarlo di cui ci siamo occupati, ne appalesa una buona quantità della stessa specie, se esso si è formato so- pra il luogo ove questa specie di conchifere avea stabilito la sua dimora ed ove si era tanto propagata; cioè nell’anti- ca spiaggia siracusana, ove tutt’ora è ovvia nella parte ai’e- nosa di quel vasto e celebratissimo Porto. Ed ecco , solertissimi Colleglli , come un sol pezzo di roccia ha potuto farci conoscere un’altra maniera di strati- ficazione : ci ha palesato come un gran numero di conchi- glie della stessa specie possa trovarsi fra uno strato e l’altro: come ciò avvenga più facilmente per quelle che abitano le spiagge e sono più leggiere, che per quelle pelagiche e di guscio pesante: come la quasi totale assenza delle prime nel- la massa della roccia debba riferirsi all’ essersi elleno sal- vate dal materiale di sedimento che cadeva per depositarsi in forma di strato, e finalmente, come essendo esse di quelle tutf ora viventi danno al calcario che le racchiude, nell’o- rizzonte stratigrafico, il posto nel periodo Pliocenico del som- mo Oeologo d’ Inghilterra, ATTI ACC. TOI„ m. If - ijr ik ‘ir t, . ■ ‘ iiaduMililà 'ìkJ^rs\Htat^' . ' -t, .• " . :ii "I • , 1 1 '■ ’ M ' r » - '(•lidi ni» r ' '■' I ' ■ ,'t ■ . I / \ V (* '■,!• i.'ìl « , • ( t . M Y] .' • . .' ' ' « ' . ■ * • - ‘ì .('» r . , - i ' ' 1 - ■ . ‘ M ' ^ I V ' ' f t % \ / r ^ STUDI CLINICI SULLA DIAGNOSTICA MEDICA fVIEMORIA I* SOPRA L’ESISTENZA DEL BATTITO EPIGASTRICO SELLE ADERENZE DEL ODORE COL PERICARDIO OSSERVAZIONI RACCOLTE NELL’OSPEDALE S. MARCO DI CATANIA DAL SOCIO ATTIVO nella «odala doli’ Accademia Glocnia del dì 9 Glorilo AiMKA I i '' J # t' I ' AJJ' ÌVI ì<9 4 : # ’ ;. .. n?.C':ì\ì i, . . T !«oj’ x-j zx. .i-u ---n • « ( .-.tvi «ISA» 4ta * « •. " * «kì »■*■■ • itù lo*' ‘ " é ‘ » . • • s\\ Mt. 14 t' V » Quasi tutti i vantaggi che la rivoluzione operata negli stuoli medici dallo spirito del nostro secolo ha riportato, vogliono senza alcun dubbio comprendersi nello sviluppo e nel per- fezionamento della scienza diagnostica. E per fermo si è que- sto il più grande progresso apportato alla medicina nei no- stri tempi; si è questo il più grande risultamento di tutti quei severissimi studi diretti alla ricerca della lesione nella cono- scenza della malattia in questo secolo posti con ogni ardore. Pertanto la scienza diagnostica forma oggi il più ameno cam- po delle verità coltivate in medicina ; pertanto ne costitui- sce anzi la parte veramente basilare nello stato attuale, os- sia* quella cui deve tutta la somma precisione e certezza a che è pervenuta , massime in ciò che spetta alla diagnosti- ca fìsica, 0 all’applicazione dei metodi esatti allo studio delle malattie degli organi della cavità toracica. Ma inoltre la scienza della diagnosi riguardata secondo i principii di coloro che ben si avvisano volersi la medesi- ATTI ACC. VOt. XW. 12 70 — ma studiare nei segni delle malattie considerati non solo . nel loro insieme nelle diverse foi*me morbose stabilite in Patologia , ma considerati pria in se stessi ciascuno isola- tamente al letto deir infermo ; la scienza della diagnosi se- gna oggi un’era, direi cpjasi novella, nello studio della me- dicina. Imperocché siffatta idea , la quale è stata già con grandissima utilità sì bene raffermata ultimamente ed adot- tata dal Racle nel suo trattato di diagnostica medica, con- duce assai dirittamente al vero studio analitico delle malat- tie, e forma per certo la più felice che siasi mai concepita in prò della scienza. Formulata sotto questo aspetto la diagnostica si compo- ne infatti presentemente di una serie di principii saldi ed in- concussi , dei quali chi non è esercitato nella pratica può negare tutto il valore ; per tal modo appresa essa costituisce il più ricco patrimonio di un medico, senza del quale la co- noscenza della più parte delle malattie al letto dell’infermo gli riuscirebbe mai sempre impossibile ad onta della più lun- ga esperienza. E si è per V appunto questa verità che ha fatto rivol- gere quasi esclusivamente tutti gli spiriti allo studio della scienza diagnostica , e che fa ritenere oggi siccome a prefe- renza stimabili tutti que’ lavori che più o meno intendono al progresso di quella scienza , sia arricchendola di nuovi principii, sia confermandone quelli non ancora bene stabili- ti. E si è perciò che io non credo inutile, onorevolissimi So- cii, d’ intrattenervi di seguito con diverse osservazioni, in di- verse memorie, le quali tutte quella importantissima scienza riguardano, e che risultano dai fatti clinici più importanti da me studiati e raccolti sopra diversi punti della medesima. 4 — 71 — Le* aderenze le quali spesso sì formano tra il cuore ed il pericardio dopo la flogosi dì questa membrana, costitui- scono uno stato morboso interessante che lia fissato in que- sti ultimi tempi l’attenzione di quasi tutti i pratici più esperti nella scienza diagnostica. Essi hanno distìnto col nome di pericardite adesiva sitTatta flogosi del pericardio, nella qua- le tale formazione ha luogo. L’esperienza evidentemente ha loro provato che in taluni casi la sierosità prodotta dalla tiemmasia manca, o è prontamente riassorbita, allora la ma- teria plastica fibrinosa la quale si deposita sulle opposte super- ficie della sierosa, unisce' più o meno strettamente il cuore alla foglia esterna di questa membrana, e, organizzandosi po- ' scia più 0 meno completamente, si trasforma in tessuto cellu- lare, fibroso od anche cartilaginoso. La frequenza soprattutto con la quale questo stato se- condario defla pericardite si è loro presentato, sia come sem- plice forma morbosa consecutiva, sia come complicazione di qualche altra forma morbosa organica del cuore, li ha som- mamente colpito, ed essi si sono tutti perciò adoperati a com- piere lo studio di questa malattia, e ad indicare particolar- nìente i segni probabili pe’ quali può venir conosciuta du- rante la vita. Ma non ostante tutti gli sforzi adoperati dai medesimi nello scopo d’ investigare profondamente questo punto della scienza, il diagnostico delle aderenze già stabilite tra il cuore ed il pericardio è rimasto tuttora troppo oscuro^ e dirci ancora meglio, impossibile. Non mi è necessario certamente richiamarvi alla diste- sa tutto quanto è stato detto dagli autori in assunto. Le opi- nioni più opposte che essi hanno sostenuto , mostrano ad evidenza che nulla sopra ciò vi ha ancora di certo. E primieramente molti pratici assai celebri, tra i quali Mailer, Corvisart e Morgagni, ammisero che le aderenze più 0 meno generali del cuore col pericardio sono incompati- bili con la vita , e molti altri , e principalmente Laennec 72 e Bouillaud, sostengono il contrario. La più parte di loro sem- bra fosse oggi quasi di accordo sopra un punto, ossia nello stabilire che le aderenze più o meno generali del pericar- dio al cuore sono la causa di gravi lesioni da parte di que- st’organo. Così secondo le Osservazioni del Beau, l’ ipertro- fia con dilatazione delle cavità, o Tipertrofia così detta eccen- trica del Bertin , sarebbe la lesione più frequente la quale ha coinciso appunto nei cinque sesti dei casi osservati. Ma propriamente in riguardo ai caratteri che i medesi- mi autori hanno indicato come segni diagnostici delle ade- renze del cuore al pericardio, esiste, come ben conoscete , la più grande confusione. Secondo Meckel la piccolezza dei polsi ne sarebbe il se- gno più certo; secondo Lancisi le palpitazioni; secondo Se- nac le sincopi. Nulla poi è più incerto ed oscuro di quello die ha indicato Corvisart su tale argomento. Egli dice che le aderenze succedono ad un grado mite di flogosi, o alla flogosi cronica del pericardio, e dopo di aver emesso talu- ne idee particolari sulla diversità di natura delle false mem- brane desunta dalla diversità dei loro caratteri, aggiunge che nelle aderenze generali del cuore col pericardio è facile che gli ammalati soffrano rossore al viso, che il loro mora- le sia alterato, che vi abbiano lipotimie, sensazione di stira- tura nel cuore, mancanza di forze, irregolarità del polso nei movimenti e palpitazioni. Egli osserva inoltre che il diagno- stico ne è per altro difficile per le complicazioni; che spes- so si sono rinvenute le aderenze in persone che non ne a- vevano presentato alcun segno; e che qualche volta hanno ’ coinciso con la malinconia. Laenncc non è più felice di Cor- visart nell’ indicare la sintomatologia delle aderenze del cuore al pericardio. Egli rettifica alquanto le idee di quel celebre autore sulla natura delle false membrane, ma non ne dà non- dimeno alcun segno diagnostico preciso. Secondo Ilope il cuore fa sentire un certo movimento di scossa brusca e un — 73 — certo soffio al 1“ tempo. Quest’ autore ammette inoltre che il cuore batte più in alto dello stato normale. Il D.^Beau so- stiene aneli’ esso l’idea che il cuore cambi! posizione, metten- dosi in sito perpendicolare , e lo stesso ancora pare voglia sostenere Skoda, il quale dice che l’ impulsione del cuore è modificata, e 1’ urto succede più in alto e a dritta. Il D/ Aran aggiunge che nelle aderenze suddette il strepito del cuore perde la sua chiarezza non solo, ma la durata e l’estensione. Ma di tutti questi segni nessuno ha certamente un valore as- soluto nella diagnosi delle aderenze del cuore col pericar- dio : r esperienza assai bene lo prova. Infine il celebre Bouillaud ha indicato come caratteri di questo stato morboso un certo irnbarazzamento dei battiti del cuore trovato dall’orecchio c dalla mano; lo strepito di sfre- gamento })ericarditico nei casi di aderenze parziali; e la de- pressione della regione precordiale. E questi segni sono in- vero positivi, ed hanno un preciso valore allorquando coe- sistono. Il primo dei medesimi preso a solo potrebbe infatti del pari significare invece o una grande ipertrofia del cuo- re, 0 resistenza di grumi nelle cavità cardiache, e simili; il secondo neppure basterebbe esso solo alla diagnosi delle a- derenze suddette; la depressione precordiale, la quale ^suc- cede secondo quel sapiente autore non ostante l’ ipertrofia del cuore concomitante, sarebbe per certo il segno più pre- zioso, ma esso non è forse un fenomeno troppo costante ìlei casi di aderenza del cuore col pericardio. Insomma nessun segno certo esiste sino al presente, per mezzo del quale questo stato morboso può venire facilmente conosciuto al letto dell’ infermo. Tale si è per lo meno la con- clusione che tutti gli autori quasi' concordemente emetto- no in riguardo al diagnostico di questa forma morbosa or- ganica del cuore. Pur nondimeno un distinto medico inglese, il D.^San- der, aveva molti anni addietro, come sapete, annunziato la — 74 — esistenza di un segno importante nelle aderenze del pericar- dio col cuore, ossia di ciò che diccsi oggi in diagnostica tito epigastrico. Anzi, secondo taluni, llein di Berlino pri- ma di lui ne aveva ancora parlato. Checché ne sia, ecco co- me si esprime il D." Sander su questo punto: « Si può ri- conoscere l’aderenza del pericardio al cuore per resistenza di un movimento continuo, d’ un’ ondulazione assai torte, la quale mostrasi più in basso di quella, che si sente natural- mente nella regione del cuore. Durante la contrazione dei ventricoli, egli prosicgue a dire, la punta del cuore si por- ta in avanti, c trac in alto la parte inferiore del pericardio insieme con il diafi'amma, e tutto ciò che è aderente; e nello stesso tempo si manifesta un infossamento sotto le costole sinistre nella regione superiore del ventre: nella diastole i ven- tricoli si dilatano , la punta del cuore si porta in basso, e traendo seco il diaframma ed il pericardio, produce una pic- cola elevazione là dove prima aveva formato un infossa- mento». Frattanto l’osservazione non ha sufficientemente ancora provato quello che il suddetto autore sostiene. Laennec emi- se anzi su di ciò il suo i>arerc contrario. Ma in sostanza i fatti mancano, e il valore diagnostico del battito epigastrico in generale non è ancora bene definito, e molto più su quan- to riguarda il nostro argomento. M. Bouillaud, siccome as- serisce Racle nel suo trattato di diagnostica medica, sembra fosse oggi più disposto a riconoscere il valore di questo se- gno nelle aderenze del cuore al pericardio. Ma nessun altro autore, dopo Sander, ha pubblicato Onora in assunto, alme- no per quanto io ne sappia, fatti abbastanza autentici e com- provati dalla nccroscopia. Epperò io mi sono spinto quest’ oggi ad annunziarvi tre casi che mi è venuto fatto osservare nell’ospedale S. Mar- co , i quali riguardano appunto 1’ esistenza del battito epi- gastrico quale segno delle aderenze del cuore col peri’ cardio. Eccone di ciascuno V istoria: OSSERVAZIONE P Dilatazione dell’ arco dell’ aorta con ipertrofia eccentì'ica del cuore sinistro — Lieve alterazione delle valvole aortiche— Aderenza generale del cuore col pericardio. STORIA Giuseppe Urzì da Catania, di anni 34, di temperamento linfatico e nervoso con idiosincrasia biliosa, entrò il 25 di- cembre 1801 nell’ospedale S. Marco. Egli faceva comincia- re sin da venti giorni tutto il corso della sua malattia, ma un esame diligente e rigoroso fecemi stabilire che il mede- simo da sette mesi circa, dopo di aver provato grandissimo spavento nella sua persecuzione, nelle fucilazioni e negli ar- resti fatti in Catania dalla Guardia Nazionale il 20 maggio del- lo stesso anno, aveva cominciato a soffrire palpitazione e di- spnea nel camminare. Al suo entrare nell’ ospedale egli si presentava nello stato seguente: Giaceva a sedere sul letto; da più giorni la posizione o- rizzontale gli era divenuta impossibile , ma la respirazione non era molto frequente; lagnavasi di dolore nella parte an- teriore e superiore del petto; soffriva la tosse con poca espet- torazione mucosa e diffìcile; vi era afonia da molti giorni ; il calore della pelle era normale ; il polso regolare, ampio , ma ineguale nelle due braccia, più sviluppato nel sinistro che nel destro. L’ ispezione mostrava una piccola elevazione della metà superiore dello sterno e delle cartilagini costo-sternali cor- - 70 - rispondenti; notavasi contemporaneamente una certa iniezio- ne sulla pelle della medesima regione , e un certo grado di mattità nella percussione; la mano e particolarmente 1’ orec- chio applicati sulla stessa trovavano un altro centro d’ im- pulsione, poco distinto, unico, che seguiva immediatamente quello della sistole del cuore; un suono di soffio non molto rude esisteva, il più forte, nella base di quest’organo all** tempo nel 3° spazio intercostale c si estendeva fino nelle ca- rotidi. Intanto la punta del cuore batteva nel 6“ spazio in- tercostale qualche centimetro al di fuori del capezzolo con maggiore impulsione ed in un' aia un po’ più estesa della normale quasi il doppio; non esisteva soffio alla punta; gli strepiti cardiaci vi si ascoltavano un po’ appena più sordi del- l’ordinario; finalmente esisteva nell’epigastrio il cosi detto battito epigastrico, ossia un doppio movimento di elevazione e di abbassamento isocrono ai moti del cuore, il quale esten- devasi dalla parte inferiore della regione precordiale a quel- la epigastrica, dove a preferenza formava un’ ondulazione, e in ogni sistole del cuore quasi un infossamento siffattamente notevole da fissare la comune attenzione. La mia diagnosi fu: dilatazione dell' arco dell' aorta co9i ipertrofia del cuore, ed alterazione delle valvole aortiche — aderenza del cuore col pericardio ? Tale diagnosi fu scrit- ta nel foglio del diagnostico. Io ebbi dopo tutto l’agio di con- fermarmi sempre nella stessa, osservando ciascun giorno at- tentamente f infermo, e nel farlo osservare ai miei allievi di Clinica. Trovai sempre il battito epigastrico nel modo sud- descritto assai notevole, e ciascun giorno continuo. Con tali sintomi l’infelice proseguì quasi un mese dopo la sua venuta nell’ospedale. Durante la sua dimora nello Sta- bilimento fece uso della digitale purpurea, del cianuro di po- tassio, del carbonato di piombo, del latte di capra , ma tor- mentato da dolori vaghi e forti in tutti i punti della parte an- teriore e posteriore del torace, smanioso e inquieto soprat- n — tutto all’idea di non poter riposare nel corso delle notti mo- ri il 20 gennaro 1802 con tutti i fenomeni deirasfissia. NECROSCOPIA L’autopsia cadaverica fu da me fatta alla presenza de- gli alunni, compresi quelli della clinica deirUniversità degli studii (1). Trovammo tutto il pericardio aderente al cuore ed applicato sul medesimo in tutta la sua estensione per fibre celtulo-librose Otte, sì da formare con lo stesso un tutto a- dattandosi alla forma di esso principalmente nella sua fac- cia anteriore , in guisa da far credere a qualcheduno al- l’assenza del pericardio. Fu ncccssai'io quasi scorticare il cuore dalla base all’apice per metterlo allo scoverto. Il pe- ricardio era alquanto ipertrofìzzato nel suo lato sinistro; le pareti delforecchietta sinistra, e principalmente quelle del ventricolo erano ispessite; le cavità corrispondenti alquanto ingrandite; gli’ orifici cardiaci tutti nello stato sano; le val- vole auricolo-ventricolari normali; tra le sigmoidee le aor- tiche mostravano un po’ d’ ingrossamento fibroso nei loro bordi. L’aorta era dilatata quasi il doppio in tutta quella por- zione che forma 1’ arco^; le sue membrane un po’ assotti- gliate non presentavano alterazioni speciali; l’esterna era ri- vestita al di fuori da una grande quantità di adipe in modo da formare insieme con 1’ aorta quasi un tumore , il quale (1) Fra costoro furono presenti: Gaetano D.r Paola da Catania, Fran- cesco Scuderi da Misterbianco, Luigi Privitclli da Barrafranca, Giusep- pe Matera da Riesi, Francesco Pantano da Siracusa, Ignazio Sigona da Pozzallo, Giuseppe Tornello da Gramniichele, Giovanni Interlandida Vizzini, Biagio Lo-Giudice da Comiso, Eugenio Zappala da Mascalucia, Isidoro Cavallaro da Giarre, Salvatore Scandurra da Aci-Reale, Santo Profeta da Aidone, Francesco Leotta da Aci-Reale, Paolo Papali di Grani- li, Mario Spoto daAci-Catena ec. ATTI ACC. VOL. XIX. 13 occupava tutto il luogo dell’ elevazione che presentava la parete toracica nella regione aortico-polrnonale e bracino- cefalica. Questo tumore veniva a comprimere la trachea nel- la sua parte inferiore un po’ sopra il luogo della biforcazio- ne della medesima, ed estendevasi principalmente verso il lato destro e sopra 1’ arteria innominata. 1 pulmoni erano assai congestionati; tutto il resto degli organi era nello stato normale. RIFLESSIONI « L’attento esame dei dati razionali e fìsici che il sogget- to della superiore osservazione presentava, potò a prima giun- ta farmi stabilire fermamente resistenza deU’aneurisma del- l’arco deH’aorta, dciripertrofia del cuore, e dell’alterazione delle valvole aortiche. Non così per le aderenze del cuore con il pcricai’dio, che io ammisi con probabilità. E certamente dall’ un canto l’elevazione della metà su- periore dello sterno e cartilagini costo-sternali corrispon- denti , resistenza di un secondo urto dopo la sistole di- stinto da quello della punta del cuore all’ orecchio ed alla mano nella medesima regione , un certo grado di mattità nella percussione della stessa, sono i caratteri fìsici più or- dinar] della dilatazione dell’arco dell’arteria aorta. Se aggiun- giamo a questi i sintomi consensuali relativi all’apparecchio respiratorio sviluppati per contiguità di tessuto e per legame circolatorio, e principalmente la dispnea, la necessità di ri- manere in sito verticale, e l’afonia prodotti dalla compres- sione del tumore sulla trachea, non dovea più certamente rimanere in me alcun dubbio nella diagnosi innanzi stabilita. L’ineguaglianza dei polsi ne confermava pur essa l’idea: questo carattere infatti è stato assai frequentemente rin- venuto dagli autori nell’ aneurisma deiraorta , e particolar- mente dell’ arco. Esso dipende dalla compressione , sia del- 79 - Tarterìa succlavia sinistra, sia al contrario dalla brachio-ce- fallca, come nel nostro caso, nel quale appunto il polso destro mostravasi meno sviluppato del sinistro. ÌNon dico dei dolori laceranti del petto e delle spalle, che sono un segno costan- te degli ultimi periodi deiraneurisma dell’ aorta pettorale, e che provengono sempre dalla compressione non che dalla le- sione prodotta dal tumore sulle parti circostanti. Tra i carat- teri fisici infine oltre a quelli che ho sopra accennato, è da notare l’injezione sanguigna che trovavasi sulla pelle nella metà superiore dello sterno nella regione aortico-polrnonale e bracino-cefalica più o meno costantemente. Non so se que- sto fenomeno fosse stato ancora spesso notato da nessuno degli autori; esso dipendeva probabilmente da un locale svi- luppo dei capillari sanguigni, ovvero quasi da un’iperemia meccanica locale. Dall’ altro canto T abbassamento della punta del cuore al 6*" spazio intercostale e lo spostamento al di fuori del ca- pezzolo, l’esagerazione dell’ urto di essa nella palpazione, non che r aumento nell’ estensione dell’ urto medesimo nel luo- go deir impulsione, quasi il doppio dell’ordinario, mi fece- ro facilmente rilevare la coesistenza dell’ ipertrofia del cuore. Infine la poca alterazione degli strepiti ascoltati alla pun- ta appena un po’ più ottusi dello stato pormale , il che or- dinariamente trovasi nell’ ipertrofia cardiaca semplice con i- spessimento delle pareti, e f assenza di strepiti anormali nel- la medesima regione , mi fecero escludere qualunque lesio- ne della valvola mitrale, la quale si trovò nello stato sano. Ed al contrario l’esistenza del soffio poco rude che mostrava il suo massimo nella base del cuore al 1° tempo e prolunga- vasi diminuendo sino nelle carotidi, c f assenza dei fenomeni generali di un restringimento aortieo, mi fecero ammettere una lieve alterazione delle valvole aortiche, che l’autopsia confermò del pari, mostrando un lieve ingrossamento fibroso nei bordi di esse. 80 — Il prolungamento del soffio nelle carotidi, non che la sede del suo massimo verso la base del cuore, dovevano infatti sen- za alcun dubbio farmi attenere all’idea di una semplice le- sione delle valvole aortiche, posciachè questo prolungamento non è mai prodotto dalla lesione della valvola mitrale. La poca asi)i*ezza del soffio, non che l’assenza dell’ edema, della cianosi e^ degli altri caratteri propi'ii, dovevano farmi esclu- dere del pari il restringimento aortico, che il soffio al 1“ tempo nella base del cuore avrebbe potuto indicare, secon- do la teoria del })rof. Bouillaud. Ci resterebbe qui ad esaminare un po’ adequatamente, quale si fosse stata la lesione primitiva , e quale la secon- daria tra quelle che abbiamo ora esaminato. Materno di al- lontanarmi assai troppo dal iiìio assunto ; e però senza an- cora dilungarmi dico che la dilatazione aortica, quando e- siste, trovasi quasi sempre congiunta con Tipcrtrofia eccen- trica del cuore sinistro , per modo che molti autori , se- guendo in questo il Sig. Cruveilkier, opinano che l’aneuri- sma aortico sia sempre consecutivo all’ ipertrofia del cuore sinistro tino al punto che in qualche caso, in cui quest’ ul- tima lesione vi manca, si è ammesso che essa sia allora scom- parsa. Quest’idea, a dire il vero, pare un po’ assoluta. Frat- tanto nulla noi possiamo chiaramente stabilire su ciò nel no- stro caso. Niente infatti significano i due sintomi razionali, la dispnea e la palpitazione, che furono primi a sorgere sot- to l’influenza dello spavento protratto; perciochè essi po- tevano appartenere, sì l’uno, che l’ altro, tanto allo svilup- po dell’ aneurisma dell’ aorta, quanto a quello dell’ ipertrofia del cuore. Infine cima all’ ingrossamento fibroso dei bordi delle val- vole aortiche, se non vuoisi ammettere come il prodotto di un’ endocadite valvolare, è forza supporre che esso del pari dovette nascere, o contemporaneamente, o dopo, sotto fin- — 81 flucnza della stessa causa per un’alterazione di nutrizione delle valvole suddette. E rientrando nel nostro argomento, quanto all’ aderen- za del cuore col pericardio, lo stesso ragionamento sem- bra quasi possa esservi applicato. L’ aderenza suddetta do- vette nascere da una qualche pericardite antecedente; ma le briglie cellule-fibrose che la costituivano , avevano già su- bito una metamorfosi organica. Sarebbe ora su tal proposito da ricercare, se lo sviluppo della pcricardile c la formazione delle aderenze, abbiano pre- ceduio lo sviluppo dell’ ipertrofia eccentrica, e quindi influi- to nella formazione della stessa, siccome giusta le osserva- zioni del Sig. Beau, dianzi notate, il più spesso avviene. Non riuscì possibile in questo caso poter fissare l’eiioca della pe- ricardite. L’ammalato dall’ istoria delle sue sofferenze, la quale più volte gli richiedemmo, mai non seppe fornirci in riguar- do a ciò dati sufficienti. • Forse adunque una pericardite più o meno latente c ri- petuta cominciò assai di buon’ ora contemporaneamente alla lesione del cuore e dell’ aorta, dando luogo alla formazione delle aderenze estese, e potendo forse anche influire alme- no in parte sullo sviluppo dell’ ipertrofia suddetta. Se non che trattasi qui d’ un’ ipertrofia con dilatazione del solo la- to sinistro, e non già d’ima ipertrofia generale eccentrica, la quale il Sig. Beau ha veduto coincidere nei cinque sesti dei casi osservati con le aderenze del cuore al pericardio , sicché egli la fa derivare dalle trazioni, che siffatte aderen- ze esercitano sull’intiera superficie del cuore; e però que- sto caso mal potrebbe servire a sostenere la teoria del sul- lodato autore, alla quale, come si sa, il Cruveilkier si è ener- gicamente opposto. Checchenesia nella diagnosi io ammisi inoltre l’aderenza del cuore col pericardio, probabile, fondandomi con qual- che dubbio sull’esistenza del battito epigastrico. Il vaiorese- - m - miologico di questo sintomo in generale , io dissi più in- nanzi, non è ancora bene stabilito , c molto più se riguar- dasi quale segno delle aderenze di che parliamo. Infatti secondo gli autori, come osserva bene il Racle nel suo trattato di diagnostica, esso può trovarsi nelle effu- sioni sierose del pericardio più o meno considerevoli, non che nelle grandi ii)ertrofie del fegato, per elfetto di mecca- canica comunicazione dei battiti del cuore fino aU’epigastrio. Esiste presso i soggetti nervosi "isterici , o ipocondriaci , e tuttodì la pratica il conferma. Notasi nella dilatazione delle cavità dritte del cuore. Manca fìnalmcnte il più spesso, o è poco notevole ed incostante, nei casi di sola ipertrofia del cuore sinistro, tut- toché questa si fosse considerevole, e suole ancora mancare nella dilatazione dcirarco dclfiarteria aorta. Per la diagnosi differenziale io potei escludere adun- que con certezza 1’ effusione del pericardio per la presenza e meglio per Tesagerazione dell’urto della punta del cuore nel 6° spazio intercostale , non che per la vicinanza degli strepiti cardiaci; potei escludere facilmente l’ ipertrofia del fegato e i battiti nervosi. Esclusi del pari, ma con qualche riserba, la dilatazione delle cavità dritte del cuore, fondan- domi suirassenza dei sintomi che significano ostacolo più 0 meno grande del circolo venoso , ossia della dilatazione venosa, della cianosi, deU’edema e simili. Inoltre l’urto lo- cale mancava quasi affatto verso lo sterno in basso, e co- mechè esagerato e più esteso quasi il doppio dello stato sano , era pur' tuttavia limitato da un canto e ben circo- scritto nella punta del cuore nel 6“ spazio intercostale, qual- che centimetro al di fuori del capezzolo, e dall’altro forma- va un altro centro d’impulsione poeo distinto, verso la metà superiore dello sterno in sopra a livello dell’ arco dell’ ar- teria aorta. E però poggiando sulla sola autorità del D." Sander io — 83 ])ensai allora che il battito epigastrico potesse appartenere ancora ad un’aderenza stabilita fra il cuore ed il pericardio; ma poco avvalorato dalla scienza, nella quale questa verità è rimasta tuttora in dubbio , ammisi V aderenza del cuore col pericardio con qualche probabilità. L’ autopsia cadaverica alla fine confermò la diagnosi, tro- vando r aderenza quasi generale del pericardio col cuore. Si trovò inoltre, comesi era ammesso, l’ipertrofia del cuore sinistro e la dilatazione deH’arco dell’arteria aorta, nelle quali malattie il battilo epigastrico ordinariamente non esiste, 0 è poco percettibile ed incostante. Per lo che sem- bra dimostrato che in questo caso il battito epigastrico, coi caratteri suddescritti, esisteva come segno delle aderenze e- stese rinvenute tra il cuore ed il pericardio. OSSERVAZIONE 11“ Aderenza generale del cuore col pericardio — Segni di peri- cardite acuta della base del cuore — Iperlrofia eccentrica del cuore sinistro. STORIA Un acquajuolo, per nome Alfonzo Ferriolo, da Aci Reale, di anni g6, fu ammesso nell’ospedale il dì 4 agosto 18621. Ci raccontava di aver sofferto da circa dieci giorni di- spnea e palpitazione nel camminare. Pur nondimeno non erano se non cinque soli giorni che egli trovandosi molto abbattuto dalla febbre, secondo le sue espressioni, era sta- to obbligato a rimanersene a casa sua in letto, aspettando che migliorasse, ed avendo veduto che il suo male continuava, si era risoluto a venire nell’ospedale. Allorché egli presentavasi alla mia osservazione, io tro- vai che la respirazione era molto affannosa; le inspirazioni 84 — forzategli suscitavano un po’ di tosse secca; eravi palpitazio- ne, ma non esisteva dolore in alcun punto del torace. L’i- spezione mostrava una leggiera elevazione nella regione pre- cordiale; mano applicata sulla medesima trovava l’ urto della punta del cuore verso il 5° spazio intercostale, ma as- sai più esteso, indeterminato e quasi oscillante. L’orecchio faceva percepire ben chiaramente l’ esistenza dello strepito di sfregamento al 1° ed al tempo, esteso, e non troppo rude su tutta la regione precordiale , e molto più verso la base del cuore; gli strepiti cardiaci erano sordi; infine quel- lo che fissò sin d’allora tutta la mia attenzione si fu un bat- tito epigastrico pronunciatissimo, ossia un forte movimento ondulatorio continuo, come nel 1° caso , il quale trovavasi nella regione epigastrica in rispondenza con i moti del cuo- re. Nel resto: il polso era piuttosto svilui)pato e duro, non era piccolo, era frequente, e presentava qualche intermitten- za; esisteva un po’ di calore alla pelle ; la lingua , lo stato del ventre e tutte le altre funzioni in generale non mostra- vano quasi nulla di morboso. La mia diagnosi fu in principio : Pericardite acuta — Aderenza del cuore col pericardio probabile. Fu prescritto immediatamente un salasso dal braccio di once otto, ed il sangue che uscì della vena, si vestì ben presto di cotenna alla superficie. Contemporaneamente Fammalato venne sot- toposto alle frizioni mercuriali sulla regione precordiale, e all’uso della digitale purpurea in infusione. Fino al giorno \t nessun sensibile mutamento era suc- ceduto nei sintomi , e per lo contrario questi continuarono ad onta di tutta l’energia deh metodo curativo adoperato in questo primo periodo. La mattina del giorno 5 erano state applicate 10 mignatte alla regione precordiale, e molto san- gue era corso dalla località. Nel giorno 7, la sera, un altro sa- lasso generale era stato fatto dal braccio di once sei circa, e die’ un sangue del pari cotennoso, come il primo. Nel gior- — 85 — no 8 altre sei mignatte erano state applicate sulla regione precordiale, per le quali si ebbe ancora una mediocre quan- tità di sangue. Il polso , che sino a questo momento era stato ampio e duro sotto la pressione, parve il giorno 9 as- sai più molle e più cedevole : 1’ ammalato sentiva anzi di trovarsi un po’ meglio; non avvertiva al solito alcun dolore sulla località, ma la dispnea continuava c cresceva sempre nei movimenti; egli giaceva quasi sempre sul decubito dor- sale; esisteva sempre la febbre, sebbene il calore fosse po- co sviluppato ; esisteva lo strepito di sfregamento , esteso , e più chiaro anzi che pria , non che tutti i caratteri locali fisici suddcscritti ; notavasi infine alla regione epigastrica il battito sempre forte c continuo. Nel giorno 12 si aggiunse la diarrea; le evacuazioni erano biliose e rare, e succedevano con dolore negrintestini , ma il ventre era molle, cedevole e la lingua umida. Fu forza sospendere l’uso della digitale, la quale venne sostituita daH’acqua coobata di lauro ceraso, * e nello stesso^ tempo due mosche di Milano furono applicate sulla regione precordiale , e le frizioni mercuriali vennero allontanate. In tale stato egli prosegui sino al giorno 14. Le evacua- zioni erano ancora più rare e più naturali ; ma la dispnea era cresciuta; il polso era alquanto più piccolo e intermit- tente; un certo edema notavasi sulla faccia nelle regioni so- pramascellari nei lati del naso e nei piedi attorno i malleo- li. L’ammalato era abbattuto; giaceva sempre sul decubito dorsale: frattanto egli’ niente sentiva del suo cattivo stato. Questo secondo periodo fu breve. Il domani i medesimi sin- tomi continuavano; f edema era più cresciuto sulla faccia , e trovavasi ancora sulle mani ; il ventre era silenzioso. Si ritornò alla digitalo e a qualche bevanda nitrata; un’altra mo- sca di Milano fu applicata sulla regione precordiale , e due vescicatorj nelle braccia. Nel giorno 18 lo stato era pessimo. La dispnea era in- ATTI ACC. VOL. XIX. 14 86 - tensa; il polso molto piccolo e assai irregolare; l’edema as- sai esteso sulla faccia, sulle mani, e sulle gambe; 1’ eleva- zione della regione precordiale non era cresciuta, ma l’ur- to della punta del cuore era sempre poco distinto; gli stre- piti normali sordi; lo strepito di sfregamento ben chiaro so- prattutto alla base e più rude; il battito epigastrico al solito sempre notevole. Fu continuato l’uso della digitale e delle bevande diuretiche con nitrato di potassa: il ventre era già regolare, e la lingua umida. Tutti questi sintomi durarono ancora il giorno 19. Finalmente nella notte, la quale seguì, l’ammalato fu assai smanioso per l’intensità della dispnea, e r indomani, nel giorno 20, morì, verso le ore 15, con tutti i caratteri dell’asfissia. NECROSCOPIA La sezione fu fatta da me il giorno 21 alla presenza del mio ottimo amico e co llegaD.'' Luigi Testai. Molti fra gli alun- ni osservarono del pari quello che fu da noi rinvenuto. Non si trovò fluido nella pleura. Il pericardio era aderente al cuore quasi in tutta la faccia anteriore di quest’organo. Se non che in sopra, verso la base di esso, quasi nella metà superiore, siffatte aderenze erano composte da tessuto cellulo- so sotto forma di briglie, e più o meno molle e floscio sotto la stiratura; in qualche punto nella medesima porzione del pe- ricardio , e verso la base del cuore, notavasi la membrana sierosa ancora rossa, c sparsa di un tessuto amorfo, fibrino- so, il quale non aveva ancora subito veruna trasformazione. Nella metà inferiore, e molto più verso la punta del cuore, il pericardio, alquanto ipcrtrofizzato, aderiva assai più stret- tamente con quest’ organo, e vi era attaccato per mezzo di un tessuto più organizzato cellulo-fibi'oso assai fitto. Esiste- va appena una mezz’oncia di fluido sieroso dentro della ca- vità nella metà posteriore. — 8T — Il cuore sbarazzato dal pericardio e messo allo scoverto mostravasi ipertrolìzzato verso il suo lato sinistro, e [>ar- ticolarmente verso il ventricolo. Le pareti di quest’ ultimo erano più ispessite, e la sua cavità presentavasi un po’ ingran- dita. Le valvole e gli oritìcj sinistri e destri erano tutti nel- lo stato sano. Tra gii organi adiacenti la pleura e il media- stino erano nello stato normale ; i polmoni ambedue assai congestionati. Nulla era di morboso in tutto il resto dell’or- ganismo. RIFLESSIONI Questa seconda osservazione semlirami assai più impor- tante della precedente per molti riguardi. 1 caratteri della pericardite acuta furono evidenti sin dal 1° periodo della ma- lattia. Tra i segni locali esisteva la palpitazione, e il dolore al- la regione precoi’diale mancava. La presenza del sintomo dolore nella pericardite è sta- ta ammessa dalla più parte degli autori. Quasi il solo Bouil- laud si è mostrato fermo nel sostenere che il dolore vi man- ca, e che, allorquando esiste, dipende danna malattia con- comitante. Nei diversi casi di pericardite che mi è venuto fatto di ti'attare nel nostro osjiedale , io ho trovato sempre che il dolore era dovuto ad una complicazione. Qualche volta esso è nato da un semplice reumatismo dei muscoli della regio- ne precordiale. Questo ho notato particolarmente , e nel mo- do più chiaro , nella pericardite reumatica, in una ragazza affetta neU’anno scorso da reumatismo articolare acuto, e da tutti i fenomeni della pericardite acuta, nella quale il dolo- re spariva e ricompariva sulla regione precordiale, come in tutte le principali articolazioni. In qualche altro caso esso è nato da una pleurite concomitante più o meno limitata: il che succede a mio credere non troppo di raro. L’ anno scorso ho avuto l’agio di confermarmi in ciò con la necro- scopia in un caso iinporiantc di pericardite reumatica, sul quale chiedo l’onore d’inirattenei'e rAccadeniia in altra se- duta, a pi'oposito di un nuovo carattere })atognoinonico della pericardite acuta in esso da me notato. 11 dolore juiò na- scere inlìne assai spesso dalla complicazione di una nevral- gia intercostale, molto più ne’ soggetti anemici o cloroticL Nessuna delle complicazioni suddette esisteva nel nostro ca- so, e il dolore in esso mancava. Tra’ fenomeni consensuali erano la dispnea e la tosse. 11 polso^ in principio non era piccolo , siccome pressoché tutti gii autori hanno preteso fosse sempre nella pericardi- te ; esso conservava il suo diametro normale , presentava qualche intermittenza, come ordinariamente succede in ta- le malattia. La febbre soprattutto, la quale compiva il qua- dro dei caratteri razionali, portavami dii-ettamente all’ idea di una località tlogistica verso il centro della circolazione. Ma quello che dava preciso termine alla diagnosi circa la sede e la natura del morbo , si era certamente il carat- tere fornito dall’ascoltazione, ossia lo strepito di sfregamen- to. Questo strepito era esteso, superficiale e chiaro, princi- palmente alla base del cuore; occupava il \° ed il 21° tempo. Per collii che ha insomma fabitudine dell’ ascoltare , que- sto strepito a prima giunta poteva facilmente distinguersi dallo strepito di soffio del cuore. Io lo presentai infatti al- lora siccome tipo a’ miei allievi, e questo caso ci servì ap- punto molti giorni come soggetto delle mie lezioni di clinica nell’ està scorsa. L’esistenza della pericardite essendo certa per la pre- senza dello strepito di sfregamento , interessava conoscere se nel cavo del pericardio esistesse tluido. La leggiera ele- vazione della regione precordiale, la quale notavasi sin dal principio nella medesima regione, gli strepiti cardiaci un po’ [)iù sordi dello stato normale, l’urto della punta del cuore verso il 5° spazio intercostale , più esteso, indeterminato e (lUTuso, dovevano senza dubbio indurmi a credere alla pre- senza di una certa elTusione nel pericardio. Ma resistenza del battito epigastrico , il quale tìssò sin dal primo giorno tutta la mia attenzione pel suo grado notevole e per la sua continuità, e, (jnel che è più, la presenza dello strepito di slregamento , mi fecero meglio inclinare all’idea dcH’ade- renza stabilita tra il cuore ed il jiericardio. Ed invero la pre- senza di quest’ ultimo segno, sembrava dover escludere quel- la dell’ elTusione suddetta. Esistono , egli è certo secondo (lualciie autore, casi nei quali lo strepito di sfregamento per- siste ad onta d’ un’effusione considerevole nel pericardio; pur nondimeno sembrava a me più esatto in quel momento di riportare lo strepito di sfregamento suddetto all’ aderenza del cuore col pericardio, atteso la somma rarità di simili ca- si, e la continuità e la forza del battito nella regione epiga- strica, dopo i risultati che io ne aveva ottenuto con tali carat- teri nel caso precedente. Io riferiva allora quello fornito dal- l’urto indistinto e diffuso verso il 5° spazio intercostale all’ a- derenza della punta del cuore con la foglia parietale del peri- cardio. Per lo che ammisi in principio, oltre alla pericardite acuta, r aderenza del cuore al pericardio probabile. Frattanto nel periodo, ad onta di un trattamento e- nergico, sebbene applicato un po’ tardi, tutti i sintomi del- la malattia si accrebbero: la dispnea soprattutto divenne in- tensa; il polso si fece piccolo; il calore poco sensibile, e si aggiunse l’ edema. Dal lato dei caratteri fisici gli strepiti nor- mali sembravano più sordi; 1’ urto più indistinto; ma lo stre- pito di sfregamento sempre esisteva, ed era anzi più chia- ro; ed il battito epigastrico era sempre forte e continuo da fissarvi su tutta 1’ attenzione. A dire il vero , in questo secondo periodo, per siffatti sintomi, io quasi più non rimasi contento della mia diagno- si circa gli esiti della pericardite , della quale i segni erano pCi- altro sempre ])iù evidenti. Stetti allora infra due: se, o 90 — l’clTusìone noi cavo pericarditico, o l’aderenza del cuore al pericardio fosse piuttosto da ammettere. E certamente il ca- so diveniva molto più dillicilc a diagnosticare; poiché i se- gni suddetti potevano a})partcnere, sì all’ uno, che all’altro di questi due stati consecutivi della pericardite. La sezione del cadavere tolse alla fine ogni dubbio: il fluido mancava quasi affatto entro il pericardio, c si trovò invece Tadercnza estesa del pericardio al cuore. Ma il cuo- re sinistro era contemporaneamente ipertrotìzzato, e le ca- vità corrispondenti dilatate; le valvole nello stato normale. L’ ipcrtrotia del cuore non era stata da me diagnosticata; essa non fu rivelata quasi da vermi segno durante la vita. Primieramente rammalato, entrando nell’ ospedale, faceva ri- montare tutto il principio della sua malattia a 10 giorni. Per minuziose che fossero le ricerche fatte sul conto dello stato anamnestico , l’ esame razionale non ci fornì nessun dato , il quale poteva suggei'irci l’idea di una lesione antecedente del cuore. Circa aH’esame tìsico, la leggiera elevazione della regione precordiale, che io notai sin dal principio, sarebbe bastata cortamente a farmi sospettare resistenza dcll’iper- trotia cardiaca, se 1’ ammalato ci avesse meglio rapportato il suo stato anamnestico. Infatti resistenza del battito epigastri- co c dello strepito di sfregamento, mi fecero ammettere nel \° periodo l’aderenza del cuore col pericardio; pur tuttavia l’elevazione della regione suddetta, non potendola riferire all’ipcrtrotìa del cuore, aveva lasciato in me qualche dubbio intorno all’esistenza del Ouido entro il cavo del pericardio; epperò io ammisi nel 1“ periodo l’aderenza suddetta con qual- che probabilità : e conseguentemente, per tale difetto nella relazione dell’infermo, nel periodo, allorché la dispnea crebbe, il polso si fece piccolo e 1’ edema apparve, crebbe in me il dubbio sulla possibilità di una considerevole effu- sione nel pericardio, ad onta della presenza dello strepito i — 91 — dì sfregamento, e del battito epigastrico continuo e notevo- lissimo. Cliccchencsia^ 1’ ipertrofia eccentrica del cuore sini- stro preesisieva, io credo, in questo caso allo svilup[)o del- la pericardite acuta , onde successe la morte. Sembra che questa flogosi non contasse se non pochi giorni , allorché 1’ ammalato entrava nell’ ospedale. Le aderenze rinvenute verso la punta del cuore intanto fanno supporre, per la loro natura cellulo-fibrosa, che una qualche pericardite adesh’a e latente abbia dovuto ancora pj'ecedere verso quella regio- ne ; sicché il battilo epigastrico da me osservalo sin dal princi[)io, manifcslavasi allora come segno delle aderenze an- terioi'mente già stabilite. E forse seguì a questo lo sviluppo della ipertrofìa del cuore sinistro, dalla quale dipendeva l’ e- levazione della regione precordiale , che sin dal principio notavasi. Ma a tutto ciò non puossi assegnare un’epoca certa; im- perciocché l’ammalato non seppe bene riferirci , se mai a- vesse per lo innanzi sofferto palpitazione, dispnea , o altri sintomi. Egli non rivolgevasi che a quelli sopravvenutigli sin da pochissimi giorni pria del suo entrare ncH’ospedale, ovvero a quelli che dipendevano da un novello attacco di pericardite acuta, della quale già trovammo i caratteri ano- tomici verso la base del cuore. Questo caso, come il precedente, non può servire adun- que a dimostrare chiaramente quello che Beau ha stabilito: cioè che l’aderenza del pericardio al cuore produce l’ iper- trofìa generale eccentrica nei cinque sesti degl’ individui che ne sono affetti. Ma esso serve ancora meglio certamente a provare l’esistenza del battito' epigastrico nelle aderenze del cuore al pericardio. Ed in vero l’autopsia cadaverica esclu- deva alla fine l’effusione nel pericardio; rinveniva solo un certo grado d’ipertrofìa eccentrica del cuore sinistro, dove il battito epigastrico ordinariamente non esiste, ovvero é as- — 92 - sai poco notevole e non continuo. In questo caso adunque, come nel precedente, ancora ben chiaramente il battito epi- gastrico , co’ caratteri suddescritti, dipendeva dall’aderenza estesa della faccia anteriore del cuore col pericardio. OSSERVAZIONE UT Aderenza generale del cuore col pericardio — Considerevole iperlrofia cardiaca generale eccentrica — Piccola lesione, della valvola mitrale. STORIA Il giorno 3 del mese Marzo del corrente anno 18G3) entrava neU’ospedale una ragazza di anni 13, die avea no- me Girolama Maugeri. Circa un mese innanzi, nel 31 Gen- naio, essa era siata ancora ammessa nello Stabilimento, e vi era rimasta per pochissimi giorni affetta dalla stessa ma- lattia. Ci rammentammo anzi che quasi un anno pria , nel 18 Dicembre 1861 , essa vi era stata ricevuta per lo stesso male. Lo stato in che presentavasi alla mia osservazione si era il seguente: Ella non era stata ancora mai mestruata. Da circa due anni soffriva la dispnea; nessun dolore esisteva nel petto nel- la regione precordiale , nè mai diceva di averne sofferto per lo passato; lagnavasi di palpitazione nei movimenti , e sopra tutto nel salire le scale. Da molti giorni era obbligata a ri- manere seduta nel .letto , e non poteva più giacere in sito orizzontale. Vi aveva poca tosse e rara; nessuna espettora- zione; i polsi erano piccoli, frequenti ed irregolari; il calore della pelle al di sotto del naturale; i piedi e le gambe iidìl- trate di siero; la nutrizione quasi nello stato normale; la fac- cia, le mani e molto più le labbra injettate di un rosso cia- notico. — 93 — All’ esame fìsico l’ispezione mostrava un’ elevazione con- siderevole della regione precoi'dialc. Un battito epigastrico assai forte e continuo, come nei due casi precedenti, fissa- va tutta la mia attenzione. La mano trovava l’urto della punta del cuore esagerato e assai esteso in tutta la regione car- diaca, a guisa di un movimento oscillatorio, ma potea sta- bilirne il massimo verso il 6“ spazio intercostale, quasi quat- tro centimetri al di fuori del capezzolo sinistro. L’orecchio notava, verso la punta, un suono di soffìo alquanto rude al 1" ed al 2° tempo, non molto esteso , sicché verso la base del cuore gli strepiti cardiaci potevano ascoltarsi distinta- mente quasi allo stato normale. Non esisteva soffìo nelle carotidi; la percussione faceva rilevare una diminuzione di sonorità alla regione precor- diale nell’estensione di circa tre pollici quadrati; una certa mattezza esisteva del pari al di dietro, verso la base del pet- to in ambedue i lati, dove ascoltavansi inoltre poche bolle di rantolo sottocrepitante. Nel resto tutto era nello stato fisio- logico; il ventre era in regola ; il fegato sbordava un po’ fuori le coste spurie. La mia diagnosi fu questa volta; Considerevole ipertrofìa yenerate del cuore — lìeslringimento delC orifìcio milrale ed insuffìcienza della valvola dello stesso nome — Aderenza del cuore col pericardio? In nessuno dei tre casi, a dire il vero, io fui tanto in- certo sulla significazione del battito epigastrico , quanto in quest’ultimo. Il battito epigastrico assai forte e continuo fe- cemi subito sospettare di un’aderenza estesa tra il cuore ed il pericai'dio , ma il grado considerevole dell’ ipertrofia cardiaca lasciava in me nondimeno una grande incertezza. L’ammalata fu sottoposta all’ uso dell’ infusione di digitale purpurea nei quattro giorni consecutivi, nei quali tutti i sin- tomi suddescritti, e molto più il battito epigastrico, persiste- rono. Un piccolo salasso fecesi contemporaneamente dalla ATTI ACC. VOL. XIX. 15 — 94 — mano nello scopo di rendere più liberi i movimenti del cuore. Ma nel 5° giorno la dispnea crebbe, rabbatti mento si fece estre- mo, l’agonia sopraggiunse, e rammalata mori versole ore 13. NECROSCOPIA L’ autopsia cadaverica fu da me al solito eseguita alla presenza di tutti i miei allievi, 18 ore dopo la morte. Si tro- vò una piccola quantità di siero nella pleura sinistra. 11 pe- ricardio, assai ipertro rizzato, era aderente al cuore, e assai strettamente applicato sopra di esso, a guisa che sembrava a prima giunta assente, come nel 1°caso. Durai gran fatica a disgiungerlo dal cuore, dovendomi a preferenza aiutare col dito. Le false membrane che stabilivano siffatta aderenza, erano fìtte e dure, biancastre e fibrose in generale; ma in taluni punti erano assai dure , giallastre e quasi cartilagi- nose. Il cuore messo allo scoverto era di un volume assai con- siderevole, quasi il triplo del suo volume normale. Tutte le cavità cardiache erano dilatate, ma assai più quelle del lato sinistro. Le pareti del cuore in generale erano ispessite; gli orifìcj auricolo-ventricolari, non che quelli arteriali, un po’ ingranditi; le valvole corrispondenti nello stato sano, dalla valvola mitrale in fuori. La quale mostravasi un po’ tumefat- ta , più densa e più scabra nella superfìcie della sua faccia auricolare o superiore , quasi nella metà inferiore dei due pezzi che la compongono. Molti grumi di sangue nericcio, formati durante l’ago- nia, esistevano nelle cavità. I grossi vasi erano nello stato normale; i polmoni molto congestionati verso la loro base ; il fegato un po’ ipertrofìzzato ; il resto nello stato sano. — 95 — RIFLESSIONI La diagnosi di una grande ipertrofla del cuore in que- sto caso non doveva riuscire mica difficile , tenendo conto dell’elevazione notevole della parete toracica nella regione precordiale, dello spostamento e dell’ estensione dell’urto car- diaco, non che della maggiore estensione del suono matto nella regione del cuore. Sicché per questi caratteri io non dubitai nell’ ammettere l’ipertrofia cardiaca, la quale fu già rinvenuta dopo la morte. Il suono di soffio, il quale ascoltavasi al 1 “ ed al 2° tem- po verso la punta del cuore, mi fece ammettere inoltre un restringimento dell’ orifìcio mitrale con insufficienza della valvola corrispondente. Ciascuno di voi, onorevolissimi Socj, conosce la confu- sione che regna tuttora in diagnostica circa la significazione del soffio cardiaco , studiato come segno delle lesioni delle valvole e degli ori ficj del cuore. Un suono di soffio al 1“ tempo, indicherebbe, secondo Beau,’ un restringimento del- l’ orificio auricolo-ventricolare sinistro , oppure un restrin- gimento dell’orificio aortico; al unhnsufficienza delle val- vole aortiche. Ed al contrario, secondo Bouillaud, ascoltato alla punta del cuore, al 1“ un’insufficienza della valvola mi- trale, al un restringimento dell’orificio mitrale; ascoltato alla base, come dice Beau , al 1“ un restringimento dell’ori- ficio aortico , al un’ insufficienza delle valvole semilu- nari. Checché si dicano taluni autori, la teoria del sig. Bouil- laud sembra la più consentanea ai fatti ; ed io la seguo a pre- ferenza da molti anni, dacché in Catania in moltissime occa- sioni nell’ospedale, ed in Parigi sotto la scorta di quel celebre maestro, ho avuto l’agio di studiarne la verità al letto delfin- fermo e sul cadavere. — 96 — Pur tuttavia, sia che si segnai’ una, o 1’ altra delle due teorie intorno al valore semiologico del soffio organico stu- diato come segno delle lesioni delle valvole e degli orifìcj del cuore , esso non indica per lo più , se non , o una in sufficienza valvolare, od un restringimento di orificio. Par- mi però doversi sempre e necessariamente aggiungere a que- sto , quella semplice lesione delle valvole , la quale in ge- nerale potrebbe dirsi asprezza valvolare, ed in cui esistono sulla suiierfìcie delle medesime molte ineguaglianze o sca- brosità provenienti da depositi o da trasformazioni organiche, che ancora non costituiscono , nè un’ insufficienza , nè un restringimento di orificio. E ciò mi pare di non lieve inte- resse in diagnostica: imperocché di simili lesioni forse rincon- transi non troppo di raro al letto dell’ infermo, e producono un soffio, che può avere un carattere più o meno aspro, e che può esistere, come nell’insufficienza e nel restringimene to, sia alla punta del cuore, al \° od al 2“ tempo, a secon- da che trovasi affetta la faccia ventricolare op[)ure quella auricolare della valvola mitrale, sia alla base di esso, aM® od al 2° tempo, a seconda che trovasi affettala faccia ventrico- lare delle valvole semilunari oppure quella interna dell’aorta. Questo soffio potrebbe infatti indurre in errore , e far credere all’ esistenza di un restringimento o d’un’ insufficien- za, se non si tenesse conto del resto dei sintomi. Ma nel- f asprezza valvolare mancano i caratteri di un grande osta- colo alla circolazione sanguigna , e particolarmente f ede- ma (il quale, allorché è permanente, indica per lo più il restringimento od una grande dilatazione delle cavità), la di- spnea continua, la piccolezza dei polsi e la tinta cianotica, tuttoché nel restringimento aortico questi fenomeni soprav- vengano assai più tardi che in quello mitrale; mancano per sino le semplici irregolarità del polso, o le intermittenze e il disturbo della respirazione, che cresce nei movimenti, e che dipende da un ostacolo di media intensità nel circolo 97 inlracardiaco. Sicché Toslacolo al corso del sangue è mini- mo nell’ asprezza valvolare, e gli ammalati, mentre porta- no un sodio organico più o meno forte, il quale del resto non sanno di avere, non soffrono quasi mai grandemente, nè dal lato della circolazione, nè da quello della respirazio- ne, 0 soffrono appena qualche intermittenza ai polsi dopo gli esercizj violenti. Di tali casi mi è venuto fatto trovarne molti in parecchi anni, ed ho avuto l’agio di comprovarne in più di uno la verità sul cadavere. Nel caso adunque che ci occupa, il suono di soffio un po’ rude, esistente al 1” ed al 2° tempo alla punta del cuo- re, giusta la teoria del Sig. Bouillaud, feccmi subito ammet^ mettere il restringimento dell’ orificio mitrale con insufficien- za di questa valvola. Dopo quello che abbiamo aggiunto, il soffio, per sè, avrebbe potuto indicare del pari una sempli- ce asprezza valvolare; ma r esistenza deir edema permanente ed esteso, dei polsi piccoli irregolari intermittenti, della di- spnea assai notevole e continua, fecemi rivolgere meglio ai- fi idea di una lesione molto più avanzata, ossia di un restrin- gimento dell’ orificio e di una insufficienza della valvola mi- trale, tuttoché per la grandissima ipertrofia del cuore, da me ammessa, una grande dilatazione delle cavità cardiache fosse già probabile. Frattanto l’autopsia cadaverica, indi eseguita, ci dimostrò che la valvola mitrale, libera nei suoi movimenti, era sola- mente un po’ tumefatta, ispessita e rugosa nella sua faccia superiore 0 auricolare, verso le due metà inferiori; fi orificio corrispondente, come gli altri in generale, era al contrario un po’ dilatato; ma le cavità cardiache del lato sinistro a pre- ferenza erano assai ingrandite. Per lo che dall’un canto esisteva evidentemente in questo caso una semplice asprezza valvolare dovuta ad un certo ispes- simento della membrana fibrosa , forse consecutivo a qualche endocardite valvolare precedente. £ da siffatta lesione nasceva — 98 — probabilmente il soffio rude, il quale ascoltavasi al 21" tempo alla punta del cuore, ed era dovuto al passaggio del sangue dairorecchietta sinistra nel ventricolo sottostante, ed allo stri- sciare di esso sopra le scabrosità della faccia auricolare o su- periore della valvola mitrale. Dall’ altro canto esisteva in esso un’insullicienza valvolare, che può dirsi relativa ^ e forse ancora in parte un resti'ingimento della stessa natura. Im- perciocché in esso per la dilatazione dell’ orifìcio mitrale avvenuta insieme conia dilatazione delle cavità sinistre del cuore , la valvola di questo nome , “ più non potendo chiu- dere esattamente rorilicio corrispondente, rendevasi relati- vamente insulliciente; e però ascoltavasi ancora il soffio alla punta del cuore, al 1" tempo, non solo, ma inoltre, l’orifi- cio mitrale, tuttoché dilatato, come gli altri, era da consi- derarsi siccome ristretto relativamente, quanto alle cavità si- nistre, le quali erano di troppo ingrandite; sicché forse an- cora in parte il soffio prodotto dall’asprezza valvolare al 21" tempo alla punta del cuore , era dovuto a questa lesione di rapporto. Questo genere di restringimenti è forse meno raro di quanto si crede. Rincontrasi precisamente, come dicono gli autori , nell’ ipertrofia del cuore con dilatazione delle cavità, senza contemporanea dilatazione degli orificj, e produce pure un soffio al 1“ 0 al 2" tempo, alla punta o alla base del cuo- re. Dicesi allora che la forza contrattile del cuore, ossia del ventricolo , essendo cresciuta , non che la quantità del san- gue in esso contenuta , questo fluido viene spinto con mag- giore violenza a traverso l’orificio , il quale perciò trovasi relativamente ristretto, e produce un soffio, che non é mai rude. Checché ne sia, in questi casi in generale non mostrasi quasi mai quel quadro caratteristico di fenomeni, i quali an- nunziano un grande ostacolo alla circolazione , e che sono sì propri dei veri restringimenti organici; salvo se coesista — 99 — una grandissima dilatazione nelle cavità cardiache : il che sembra appunto fosse applicabile al caso di cui presentemente ci occupiamo. Ma quanto è all’aderenza del cuore col pericardio, è da ripeterlo, in nessuno dei tre casi io fui tanto incerto quan- to in quest’ ultimo. Veramente la presenza del battito epi- gastrico, continuo ed assai forte , era già divenuto per me un segno positivo , dopo i due casi precedenti ; inoltre io poteva ancora escludere in questo caso l’effusione nel peri- cardio, poiché gli strepiti del cuore non erano assai oscuri e lontani, come in questo stato morboso. Se non che, dopo di aver rilevato che i limiti dell’organo erano assai estesi, e di aver trovato i caratteri di un grande ostacolo alla circola^ zione venosa, l’idea di una grandissima e generale ipertro- fia cardiaca , ed in conseguenza quella di una certa dilata- zione delle cavità dritte del cuore , mi mettevano questa volta ancora in forse sul valore del battito epigastrico come segno delle aderenze suddette. L’autopsia cadaverica ci rivelava alla fine, oltre all’iper- trofia eccentrica generale, il più bell’esempio di aderenza este- sa del cuore col pericardio. Forse in questo caso adunque , meglio che negli altri due , l’ipertrofia del cuore era venuta in seguito allo svi- luppo di qualche pericardite più o meno lenta, e delle ade- renze consecutive , le quali per la natura loro fibrosa , ed in diversi punti quasi cartilaginosa, mostravano già di non essere recenti. Ma in questo caso, come nei due precedenti , il battito epigastrico esisteva egli come segno delle aderenze del cuo- re col pericardio, ad onta dell’ ipertrofìa generale conside- revole del cuore , e di una certa dilatazione delle cavità dritte ? Come nei due casi precedenti esso era assai forte e con- tinuo , e non si mostrò mai variabile o meno forte , come — 100 — succede il più spesso nella dilatazione delle cavità destre del cuore, in l'agione dcll’ingorgainento delle medesime. Egli è probabile (piindi che il battito e[)igas(i'ico ancora in (piesto caso fosse stato, almeno in gran parte, prodotto dalle aderenze generali rinvenute tra il cuore ed il pericardio. CONCLUSIONE I casi di aderenza più o meno estesa del cuore col pe- ricardio non sono adunque troppo rari; i tre da me raccol- ti in sì breve spazio di tempo in parte lo provano. Questo stato anatomico sì importante è forse compatibile sino ad un certo segno con la vita, siccome Laennec e Bouil* laud hanno sostenuto in opposizione alle idee di Haller, Cor- visart e Morgagni. La natura chiaramente fibrosa delle ade- renze ritrovate negl’ individui del 1° e del 2° caso, fa sup- poi'ie infatti che la loro vita aveva potuto continuare qual- che tempo, non ostante sì fatta lesione. E molto più nel 3° caso questo mi pare potrebbe asserirsi, dovete aderenze era- no di natura quasi cartilaginosa in taluni punti. Questo stato anatomico inlluisce forse a sviluppare conse- cutivamente r ipertrofia generale eccentrica del cuore, la quale il Sig. Beau ha trovato appunto nei cinque sesti dei casi os- servati ; ma noi non trovammo tale stato d’ipertrofìa, fra i nostri tre casi, che nel 3° solamente; nei primi due l’i- pertrofìa eccentrica occupava il solo lato sinistro; in uno di essi coesisteva l’aneurisma aortico; e in tutti e tre notava- si r aderenza più estesa e più completa del cuore col peri- cardio. Quanto ai sintomi delle aderenze del cuore col pericar- dio quali sono i segni probabili per mezzo dei quali può so- spettarsene resistenza durante la vita? Non sono al certo le sincopi ripetute, indicate dal Senac e da qualche altro autore in questa malattia; nò il rossore — 101 — lì‘C(iuente del viso, la sensazione di stiratura nel cuore, la malinconia rapportati dal Corvisart. La piccolezza dei polsi e le palpitazioni, segnate daMe- ckel e da Lancisi, non formano neppure i fenomeni caratteri- stici della lesione, di cui si tratta. Questi sintomi api)artengono piuttosto, a mio credere, allo stato morboso organico del cuo- re, che ne è la conseguenza. Nel 1" caso infatti nonostan- te r ineguaglianza dei polsi, per effetto dell’ aneurisma aor- tico, il polso radiale non fu mai piccolo, se non se negli ultimi istanti della malattia, e lo stesso avvenne nel 21° jeaso. Nel 3° la piccolezza dei polsi dipendeva senza alcun dubbio dalla grandissima ii)ertrotia del cuore^ per la quale questo organo era più o meno inq)edito ne’ suoi movimenti. Nulla esisteva nei tre casi da me rapportati, che potes- se rassomigliarsi al movimento di scossa brusca trovato da Hope nel cuore affetto da aderenze col pericardio. E circa al solììo al 1° tempo dallo stesso autore indicato come un al- tro segno, è da credere, che ove si trovi, indica piuttosto, a seconda il massimo d’intensità verso la punta oppure ver- so la base del cuore, una lesione valvolare, ossia una sem- plice asprezza, od un’insufficienza della valvola mitrale, sia semplice , sia eccezionalmente con restringimento dell’ ori- fìcio mitrale, oppure un restringimento dell’ orifìcio aortico, 0 una lesione, una semplice asprezza delle valvole semilu- nari. Nel 2° dei casi, da me descritti, lo strepito di sfrega- mento pericarditico, assai forte, avrebbe forse potuto masche- rare il suono di soffio al 1° tempo, se fosse esistito; ma nel 1° caso trovavasi poco notevole nella base al l'^ tempo, e dipen- deva da un semplice ingrossamento fibroso dei bordi delle valvole aortiche, e nel 3° esisteva al1° ed al 2° tempo, e na- sceva dall’asprezza trovata sulla valvola mitrale nella sua fac- cia auricolare, dairinsufficienza relativa della medesima, non che in parte dal restringimento relativo dell’ orifìzio mitra- le: onde resistenza dei soflj nelle aderenze , di che parlia- 16 ATTI ACC. VOL, XIX. — 102 mo , si lega evidentemente allo stato organico degli orificj e delle valvole del cuore, e non già alle aderenze medesime. Lo stesso mi sembra potersi sostenere, circa a tutte le alte- razioni notate dal Sig. Aran nel 2“ strepito del cuore , nella sua chiarezza, nella sua estensione e nella sua durata. Il cangiamento di posizione del cuore, che batte più in alto e a destra, secondo Hope Beau e Skoda, non è un ca- rattere troppo evidente. L'urto cardiaco, tuttoché indistinto e dilTuso , esisteva il più forte al di sotto e al di fuori del capezzolo nel 2° c nel 3“ caso, c nel 1°, dove poteva meglio precisarsi , trovavasi al di fuori di esso nel 6° spazio inter- costale. Per queste ragioni rimbarazzamento dei battiti, notato dal prof. Bouillaud, è al contrario sino ad un certo punto un segno importante. Ma circa alla depressione della parete toracica nella regione precordiale , trovata da questo cele- bre clinico, e in un caso ad onta dell' ipertrofìa concomitante, non mi fu dato d’ incontrarla in nessuno dei tre da me os- servati; che anzi in tutti e tre notavasi più o meno una ceida elevazione nella regione suddetta. Egli sernl)ra in fatto che la depressione nella medesima regione debba sopravvenire costantemente, allorché, insieme con le aderenze del peri- cardio, si produca ratrofia del cuore, come succede comu- nemente in altri organi, e soprattutto nel polmone dopo Eef- fusione sierosa e le aderenze sviluppate dalla pleurite fra quest’ organo e la pleura costale; ma 1’ atrofìa del cuore, do- po l’effusione e le aderenze prodotte dalla pericardite, non é forse troppo frequente, essendo più comune l’ ipertrofìa con dilatazione delle cavità. Forse perché il cuore da un canto non si lascia comprimere dal fluido, come il polmone, e dal- l’altro, perché atteso l’energia e la frequenza con che op- pone’ i suoi movimenti alle trazioni esercitate dalle false mem- brane sulla sua superfìcie, viene a soffrire in tutte le sue fibre quasi una certa disiensione, come dice Beau; oltre ad 103 — una certa difficoltà, che il cuore trova più o meno nei suoi movimenti, ed alla soprattività di azione , che ne è la con- seguenza, come disse Haller: il che sembra necessario an- cora ammettere per ispiegare, oltre alla dilatazione, l’iper- trofia. Quanto poi allo strepito di sfregamento pericarditico , che il Sig. Bouillaud ammette nelle aderenze parziali del cuore col pericardio per analogia, come in quelle parziali della pleura, esso trovavasi appunto ben ciliare nel caso, tuttoché si trattasse di aderenze generali. Il suo massimo era alla base, dove aderenze cellulose recenti e molli per- mettevano ancora lo strofinio delle due foglie del pericardio; il minimo era alla punta, con la quale il pericardio si uni- va assai intimamente per antiche aderenze cellulo-fibrose. Mancava nel 1“ e nel 3° caso, dove del pari il pericardio era si strettamente applicato sul cuore per antiche aderenze fi- brose, non che cartilaginose, che facea quasi corpo con es- so, e però con esso movevasi uniformemente, ossia senza pro- durre nessuno strofinio. Ma il carattere più costante nei casi da me notati si fu il batlito epigastrico. Esso esisteva in tutti e tre; era conti- nuo, e sempre notevolissimo. Il battito epigastrico adunque può riguardarsi come il segno più probabile delle aderenze del cuore col pericardio.^ A torto, secondo me, la più parte degli autori ha ne- gato resistenza di questo fenomeno, il quale ò ancora poco studiato. Fa veramente impressione come Laennec, fra co- storo, r abbia cercato sopra tutti gli ammalati che presen- tavano qualche disturbo alla circolazione senza mai ritro- varlo. Quale ò stato descritto, il battito epigastrico forma un sintomo, che non ò al certo tanto raro, quanto si ò detto. Basta ricercare con diligenza sopra un qualche numero di ammalati per ritrovar facilmente all’epigastrio, sopra qual- cheduno di loro, una certa ondulazione, un certo movimento oscillatorio della parete addominale, isocrono ai moti del cuo- re, i)er lo più poco esteso e superiieiale, ma che può essere assai forte e notevole. In questo caso esso arriva a formare quasi un moto dhnfossamento e di elevazione, il quale è as- sai disliido verso l’angolo formalo dai bordi delle costole spu- rie, dallo sterno e dalla cartilagine ensiforme, e compren- de in pai'te in questo movimento la base del toraee, partico- larmente nel suo lato sinisli'o , e le pareti addominali fino ad un’estensione più o meno grande. Inoltre, se si fai-à attenzione su questi due movimenti, si vedrà che rabbassamento corrisponde alla sistole del cuo- re, ossia all’urto della punta del cuore nella parete toracica, al suono del tic cardiaco, c al polso, e che l’elevazione cor- risponde alla diastole del cuore, alla mancanza deH’urto della punta e del polso, e al suono del tac cardiaco. E questi ca- ratteri che r osservazione farà a ciascuno rilevare , corri- spondono appunto esattamente a quelli che sono stati indi- cati dal Sander intorno al battito epigastrico. Nò circa alla si)iegazione di questo fenomeno, allorché avviene nelle ade- renze del [)cricardio col cuore, noi sa[)rcmmo, a dire il vero, adottarne un’ altra, che sia diversa di quella emessa dall’il- lustre medico inglese. « Durante la contrazione dei ventrico- li, egli dice, la punta del cuore si porta in avanti e trae in alto la parte inferiore del pericardio insiciue con il dia- framma c tutto ciò che è aderente; e nello stesso tempo si manifesta un infossamento sotto le costole sinistre alla regione superiore del ventre ». Ed invero nello stato sano il i)ericardio attornia il cuo- re, e aderisce, in basso nella sua base , al diaframma nel centro frenico, c in sopra a’ grossi vasi , sicché il cuore in tutto il suo corpo rimane libero nei suoi movimenti , e la punta può elevarsi ed. abbassarsi nella sistole e nella dia- stole senza influire, né sul diaframma, nò per conseguenza sull’ epigastrio; ma allorché il pericardio aderisce più o me- — 105 — no strettamente al cuore, e particolarmente alla sua punta, questa , portandosi in avanti nella sistole , trascina con sé necessariamente la parte inferiore del pericardio , la quale vi aderisce , e il diaframma , cui il pericardio si lega ; e però produce all’ ei)igastrio una depressione o un infossa- mento più 0 meno notevole. Nella diastole })Oi succede, co- me dice Sander , il contrario , la punta del cuore si al)bas- sa e con essa il pericardio ed il diaframma, ed allora si for- ma aire[)igastrio un’ elevazione, la quale sarà in rispondenza dell’ infossamento avvenuto. Ma il badilo epigasti'ieo frattanto non trovasi solamente nelle aderenze del cuore col pericardio. Per lo die la sua presenza non indica cclusivamenic questo stato organico; es- so può trovarsi ancora facilmente in altri stati morbosi. E si è forse anebe per questo, a mio credere, che siasi nega- ta r esistenza del battito epigastrico nelle aderenze del cuo- re col ])ericardio, ossia perebò ninno finora si è fissato a di- stinguerlo da quello che trovasi in ciascuno di questi diver- si stati morbosi. Il che non riesce, a me pare, troppo diffi- cile, se si ritiene principalmente che il battito epigastrico nelle aderenze del cuore col pericardio, per la sua forza , per la sua continuità, e per la sua forma il sinto- mo più importante in questa malattia. Infatti il battito epigastrico si troverà forse facilmente nello stato normale in taluni soggetti, i quali non presenta- no del resto veruna lesione organica, nò al cuore, nò al pe- ricardio, nò altrove, nò i segni corrispondenti; ma in costo- ro questo fenomeno non ò mai troppo notevole, come nelle aderenze suddette; ò al contrario troppo superfìciale, e non è nemmeno continuo. Dipende allora probabilmente da qual- che speciale conformazione della cassa toracica, per la qua- le qualunque eccitamento accresciuto dei moti del cuore si comunica meccanicamente, e più o meno superficialmente, fino all’ epigastrio. - 106 Nello stesso modo succede qualche volta nelle considere- voli effusioni del pericardio, e ancora nelle considerevoli iper- trofie dell’cpale, in cui i moti del cuore, trasmettendosi mecca- nicamente fino aH’cpigastrio, vi producono un certo movimen- to ondulatorio, il (piale in questi casi non è mai troppo notevo- le, ed è al contrario superficiale ed incostante: i segni fisici del resto sono positivi nelfidropcricardio, dove gli strepiti cardiaci sono assai oscuri lontani e impercettibili , c la mattezza e l’ele- vazione della jiarete toracica sono significanti; e sono poi af- fatto negativi riguardo al cuore nella fìsconia dell’epate. Il battilo epigasti'ico si troverà forse un po’ più note- vole in taluni soggetti nervosi, ipocondriaci, o affetti da convulsioni, come nelle donne isteriche ; ma è ancora qui a preferenza variabile, incostante ed intermittente, come lo sono le convulsioni e le pulsazioni del cuore e dell’ aor- ta, alle quali si associa, e dalle quali dipende: l’esame tisi- co del cuore inoltre darà ancora qui segni affatto negativi. Finalmente nell’ipertrofia del cuore il battito epigastrico ancora può trovarsi; ma egli mi sembra qui necessaria una distinzione. Tutti i casi d’ipertrofia cardiaca non sono ne- cessariamente accompagnati da questo fenomeno. Nel più dei casi anzi il liattito non esiste , sicché riesce facile ad ognuno il rinvenire casi d’ ipertrofia del cuore, anche con- siderevole , nei quali questo sintomo non si trova. One- sto succede a preferenza, a mio credere, alloi*chò l’iper- trofia affetta il lato sinistro del cuore, ciò che il più spes- so avviene. In questo caso possono qualche volta i mo- ti cardiaci esagerati comunicare meccanicamente all’ epi- gastrio, sopra tutto negli accessi di palpitazione, un certo movimento assai superficiale ed incostante, che non ha i caratteri del battito epigastrico delle aderenze, scorgendosi alla sola ispezione eh’ esso è una semplice ondulazione, la quale dipende dall’urto esagerato della punta del cuore — 107 — nella parete toracica, ove si noterà appunto il massimo del movimento. Non è lo stesso allorquando l’ ipertrofia occupa il lato destro del cuore , e molto più allorquando vi si congiunge la dilatazione delle cavità dello stesso lalo, sia che la lesio- ne esista isolatamente nel lalo destro (ciò che è il caso più raro), sia che si trovi insieme con quella del lato sinistro, come nell’ ipertrofìa generale eccentrica. L’ urto esagerato dei moti del cuore destro in questo caso influisce assai più direttamente sull’epigastrio, non solo, ma per l’ingorgamen- to di sangue , che in questa lesione si produce quasi sem- pre nelle cavità corrispondenti , le pulsazioni del cuore de- stro, facendosi ancora più energiche , si estendono , come dice Racle, in un certo roggio, e principalmente verso l’e- pigastrio, col quale il lato desti'O del cuore sta in rapporto. Al- lora il battito epigastrico sarà adunque più notevole e forse più costante, in guisa che la distinzione in simili casi può non riuscire sempre facile sin dal principio. Pur tuttavia il battito epigastrico ancora in questi casi sembra non ab- bia sempre la medesima forza. Egli è comune di fatto trovarlo in taluni momenti di gran lunga scemato ; certo allorché , sgorgandosi le cavità cardiache più o meno completamente, i battiti del cuore si rallentano, e la trasmissione meccanica deH’urtodel lato destro neirepigastrio diminuisce, o più non succede. Insomma solo nelle aderenze più o meno estese del cuo- re col pericardio il battito epigastrico mostrasi costante fo7^~ te e continuo, e acquista per tali caratteri una significazione assai importante, trovandosi sempre all’ epigastrio sotto la forma di un moto ondulatorio esagerato, siffattamente distin- to che rivolge a sé, direi quasi necessariamente, Tattenzio- ne di tutti coloro che osservano, e mostrando il massimo del suo movimento, lungo i bordi dell’angolo formato dalle co- stole spurie e dalla cartilagine ensiforme , dove si manife- 108 - sta in ogni sistole cardiaca un abbassamento considerevole della parete addominale, che rornia un infossamento, per un certo moto istantaneo di tiranienlo all’ in su verso il torace. Forse per tale segno aduiuiue, meglio ancora studiato, la diagnosi delle aderenze i)iù o meno estese del cuore col pericardio non sarà del tutto impossibile , come si è soste- nuto. A ciò mi sembra almeno possano condurci per ora i fatti da me osservati. Dei quali particolarmente i primi due, che ho avuto quest’oggi l’onore di annunziarvi, mi pare siano appunto di molto intt'resse. Perchè trovandosi scom- pagnati dall’ ipertrofia eccentrica nel lato destro , la quale esisteva in essi solo nel lato sinistro (il che è raro secondo le osservazioni di Beau), stabiliscono che il battito epigastri- co, con quei caratteri che abbiamo sopra descritto, diiien- deva certamente ne’ medesimi dall’ aderenza del cuore col pericardio, non potendo appartenere all’ipertrofia del lato si- nistro dove , con tali caratteri , il battito epigastrico mai si trova. E mostrano quindi che ancora nel 3" caso (juesto segno, porgli stessi caratteri, era dovuto alla medesima lesione ad, onta dell’ ipertrofia eccentrica del lato destro , nella quale infatti, senza le aderenze suddette, il battito epigastrico non mi ha presentato mai i caratteri sopranotati. SAGGIO D ITTIOLOGIA DEL GOLFO DI CATANIA DAL SOCIO PRIMO DIRETTORE xKorro euitue cuvo MELICA TOKXATA OHDIIVAUIA DEE Di’ 6 APRILE ISO* L. AITI ACC. YOL* XIX. f7 I ""’y? HH fn ' . ♦> . É ■ 1 -i — ■^ ^ »'W* * » ' li- èt' i r' » iijpi {i • ulpiif r>.*k «• mll'p-- t *'n> V- , , 4)f V ' j 4 •-'.*• rn fcrvoi^u*. .».• u • <^r-U'i- •'*'4 r>iun. ».| l '* , «Ni«m ^ ^ ' I r\n A liOXILJ **A è ' * < pniiài " ,. ,r . . . I '(E ' f' «... I, . TMit jr K ì ^ pUpi.^^V' AIUATAO IQ OIJOO J3Q . “t"*- ITi^ CU-'l** t'ùf ^ ^ffOTTlHlO OlIU'i 0002 Jia ; ■• ,*» »iv* . okiX>2) .«>«>3 i**!* ^ ^ .. -i n Ti.aij ^ OTO.I . " ‘ «il' ' ' »»IK. «4b# im;iA «Mi ».IIM«fA 8 '!« .eia AIMAMajlO ATIMJIOT A.IJ3K 1 7f w # B! .S. < t ì . .m .i07 ..13X im 4 ,J IJoNsiDERANDo cli quanta importanza si fosse per un'Acca- demia di Scienze naturali, qual’ è la nostra Gioenia, roccu- parsi de’ viventi del nostro mare, o almeno del solo golfo di Catania, che bagna dalla parte di tramontana un terzo del- la base dell’Etna, io mi esercitava, sin dal 1835 sulla zoo- logia di questo Golfo ; più per animare i miei colleghi a ver- sarsi nelle diverse branche di questo ramo di storia natu- rale, che per assumermi solo tanto travaglio. In quella pri- ma memoria io mi limitai alla descrizione del littorale, che di tre diverse rocce è formato; vale a dire di rocce vulca- niche, di spiaggia di arena; di roccia calcarea alternante con materiali di estinti vulcani ; nè trascurai di notare quale influenza potessero distintamente esercitare sulla vivenza de- gli esseri acquatici. Una seconda memoria lessi all’ Accademia sullo stesso assunto, ed al medesimo scopo nel 1838, nella quale trattai delle spugne; sperando che altri continuasse ne’ seguenti or- f12 dini di viventi, e passare in seguito a’ molluschi e crusta- cei; essendomi da molto tempo prima occupato dello studio e della conoscenza de’ pesci del nostro Golfo. Non vedendo ancora che altri si fosse determinato a con- tinuar di seguito questa zoologica impresa, tranne di non po- che Monografìe sopra generi e specie di conchiglie, vengo a presentare all’ Accademia quanto ho potuto raccòrrò sopra i pesci più comuni nel golfo; benché un tale lavoro avesse dovuto venire in seguito a molti altri. Io lo presento quale si trova ne’ miei manoscritti; ed esso non offrirà, forse, al- cuna nuova specie delle tante, che vi si troveranno, come non dubito, da più attenti osservatori, che vorranno impren- dere la continuazione de’ travagli in questo importante ra- mo di Zoologia, in una epoca nella quale è tanto coltivato nell’estero da insigni naturalisti. Ed in vero, questa ricchissima classe di viventi Imme- ritato a ragione l’attenzione de’ cultori delle scienze naturali. Esseri destinati a vivere in un ambiente fluido e denso, ove per muoversi e progredire han di bisogno di particolar for- ma di corpo e di arti ; oltre di quello dell’ aria per equili- brarsi contro il peso del proprio corpo; e resistere alla gra- vità dell’ ambiente : di organi capaci di separar quest’ aria dall’acqua: di altri organi per la digestione , per la riprodu- zione ec. ec., questi esseri non potevano andar trascurati nella Zoologia; e di tutti i tempi sono stati oggetti di pro- fondo studio e di ricerche. Aristotele, Plinio, Oppiano, Be- lon, Artedi, Gesner, Rondelet, Aldrovandi, Bloch, Linneo, Lacepede, Dumeril, con altri non pochi, ed a’ giorni nostri fra tanti distintissimi, Cuvier, Valencienne, si sono occupati de’ pesci. Volendo noi, quindi, dir de’ pesci del nostro golfo trasan- deremo di rammentare i particolari della loro struttura ana- tomica, che tanto minutamente è stata descritta dagli auto- ri: non torneremo a parlare delle particolarità che in essi possono produrre le condizioni del triplice littorale; e ci fer- meremo alquanto sul metodo di classificazione che abbiamo adottato. Le classificazioni sono indispensabili nelle scienze na- turali. Senza una guida nell’ intrigato labirinto delle forme diverse degli Esseri la mente dell’ uomo andrebbe smarrita volendoli distinguere. Era necessario il ricercar ne’ loro ca- ratteri individuali una certa analogia , onde cominciare ad ordinarli; e la prima naturai divisione si trovò nella loro sta- zione, 0 nella terra, o nell’acqua, o nella terra e nell’aria insieme; per cui furono divisi in terrestri , aquatici e vo- latiti. Dallo esame de’ caratteri di queste tre divisioni si co- nobbe in seguito , che potevano gli Esseri dividersi meglio in vertebrati ed invertebrati; cioè in quelli la di cui midol- la spinale era protetta da una serie di anelli ossei o cartilagino- si, ed in quelli ne’ quali questi anelli mancavano. Non per- ciò si lascio di considerarli sotto la prima divisione; ma nei terrestri si distinsero i vertebrati dagli insetti e da’ mollu- schi: negli acquatici i pesci da altri molluschi, e ne’ volatili gli uccelli dagli insetti alati. Non era diffìcile, dopo ciò, il conoscere in queste prime divisioni altre qualità comuni a grande numero di esseri, co- me ne’ terrestri: i vivipari e gli' ovipari , d’onde i mammi- feri, gli uccelli e gli anfìbii; e negli aquatici i pesci, i cru- stacei, i molluschi ed altri minori viventi; e per procedere con ordine si diè il nome di classe ad ognuna di queste pri- me divisioni. Ordinati e stabiliti i caratteri delle classi , cominciava a divenir facile la ricerca di altri segni comuni a molti indi- vidui di ogni classe, e se ne fecero degli ordini; e così ma- no mano si passò a’ qeneri ed alle specie, e si giunse final- mente, con tali metodi a ciò , che pareva pressocchè impos- sibile da principio, cioè a distinguere un’essere da un’ altro. Lo stesso avvenne per gli altri due regni della natura. — f14 I metodi seguiti da’ naturalisti per la classe de’ pesci, di cui noi trattiamo, sono molti e diversi. Noi accenneremo i principali, per mostrare il progresso che ha fatto la scienza in questa branca della storia naturale. Tralasciando gli antichi, che poco curaronsi di metodi , e quei che Linneo chiama lUlologi pratici, quali furono Be- ton nel 1552, Bondelet nel 1554, Salviani nell’anno stesso, Gesner nel 1558, Aldrovando nel 1605, Willungby nel 1688, Ray nel 1710, e Seba nel 1760; Artedi valorosissimo natu- ralista di Upsal, morto nel 1735, dee riguardarsi come il pri- mo che avesse dato una regolar classificazione a’ pesci. Il suo amico Linneo pubblicò le di lui opere postume non po- che, riguardanti la storia naturale; delle quali, confessò es- sersi servito egli stesso nell’ordinare i pesci nel suo systema naturae. • Artedi divise i pesci in due classi ; a coda verticale cioè, ed a coda orizzontate. Divise i primi in quattro ordini. Ma- lacopteriyii, Acantopterigii, Branchiostegi e Condropterigii . Nella seconda classe riunì i Cetacei; scese in seguito a’ ge- neri ed alle specie a seconda di subordinati caratteri, con semplicità, chiarezza, e precisione. Il sommo Linneo, con quel suo mirabil talento di si- stemazione delle cose naturali, presentò un quadro così or- dinato di classi , ordini , generi , e specie ^ che rendeva agevole lo studio di questi esseri, come aveva fatto per tut- ti gli altri; perchè appoggiato sopra caratteri più manife- sti e facili a scoprirsi al primo colpo d’ occhio. Egli riguardò per veri pesci quelli provveduti di bran- chie; e situò nel terzo ordine degli anhbii , quelli che in- vece avevano de’ spiragli jrespiratorii laterali o sotto la te- sta, li distinse però dagli altri anfibii con nome di nuotato- ri. La classe de’ veri pesci divise in quattro ordini , secon- do la situazione delle pinne ventrali; e chiamò apodi quel- li che ne mancavano, giugulari, quelli che le avevano avan- H5 — ti le pettorali, toracici quelli che le portavano sottole pet- torali, e addominali que’ che le avevano dietro le pettorali. Non parve regolare a’ susseguenti naturalisti l’ aver vo- luto, Linneo, porre fra gli antìbii una serie di animali pe- rennemente viventi nell’ acqua e che avevano soltanto una diversa forma dell’ organo che separa 1’ aria dall’ accqua. Ma mi si permetta il dire esser questa la immancabile con- seguenza del voler assoggettar la natura a de’ sistemi che essa non riconosce. I sistemi, come abbiamo accennato , non servono che a render più facile a’ coltivatori delle scienze naturali la distinzione degli esseri, cercando de’ caratteri co- muni a molti di essi ed avvicinarli fra loro per quanto sia possibile, onde più agevolmente notarne le differenze, e tener- le a memoria. Ma la natura è tvtta in ogni essere; e le relazioni fra di loro sono spesso più affini fra due individui di gene- re diverso, che fra due specie. Linneo non è perfetto nelle sue classificazioni , ma nessuno dopo di lui può vantarsi di esserlo. Il Signor Lacepede ha fatto particolare studio sopra i pesci. Il discorso che fa precedere alla classificazione e de- scrizione di essi, non che degli altri che va interponendo nel corso dell’opera, sono degni di un’illustre naturalista, che sulle orme dell’ immortale Buffon, haii saputo produrre, con uguale accuratezza ed eloquenza. Questo illustre naturalista rettificando alquanto la clas- sificazione Linneana, non si è molto allontanato da quella, specialmente negli ordini. La classe de’ pesci ha diviso in due sottoclassi, cioè ìu cartilaginei, la di cui spina dorsale è composta di vertebre cartilaginose, ed in ossei, ne’ quali le vertebre sono ossee. Ogni sottoclasse ha quattro divisioni, ed ogni divisio- ne quattro ordini, di modo che la sua classificazione pre- senta una regolarità che può agevolar molto lo studio de’ pe- sci. La prima divisione ha per carattere. « ISon opercolo nè — 116 membrana branchiale: caratteri per cui Linneo non l’ave- va ammesso fra’ veri pesci. La seconda « iVo/i opercolo, una membrana branchiale. La seconda sotto classe ha pure due di- visioni cioè, « Un’ opercolo, non mvnb rana branchiale, ed un’ opercolo , ed una membrana branchiale. Negli ordini , non si è allontanato da’ caratteri assegnati da Linneo; ed ogni divisione ha per ordini i pesci apodi, giugulari, tora- cici, addominali. In quanto a’ generi, il Sig. Lacepede, è stato moderato accrescendo di sedici altri il numero 202 che Linneo aveva stabilito, inclusi anche i suoi anfibii nuotatori. Questi gene- ri dopo Lacepede sono stati ragunati in varii gruppi sotto i nomi di famiglie, generi, sotto generi, specie, sotto specie, stabiliti spesso sopra poco essenziali caratteri. Il celebratissimo Barone Cuvier nelle prime edizioni del suo regno animale, aveva ordinato la classe de’ pesci ^in (|uattro serie, cioè « condropterigii, ossei, malacopterigii, a- canteptorigii. I condropterigii erano divisi in due ordini a branchie fisse, ed a branchie libere; gli ossei in pleltognati e lofo- branchii; '\ malacopterigi in addominali, sottobranchii ed apo- di. Per gli acantopterigii non trovò caratteri da poter forma- re ordini, e vi sostituì nomi ihdividuali di pesci, come te- nioidi, gobioidi, labroidi, percoidi, scomberoidi , e soltanto rinvenne caratteri da costituir ordini negli squamipenni e \\c' tubiroslri.dìì ordini sono divisi in famiglie, ed il mesco- lamento di caratteri e di nomi individuali vi continua. Co- sì i condropterigii a branchie fìsse contengono le famiglie de' succhiatori e de' selaciani: quelli a branchie libere hanno gli sturionidi ed ^ poliodonti. Della seconda serie i plettognati sono divisi per carat- teri , cioè gimnodonti e sclerodermi ; i lofobranchi prendo- no nelle famiglie nomi di signati e di pegasi. L’ordine de' malacopterigii addominali, è diviso con cinque nomi in- 117 - divicluali; cioè in salmonidl,[cluvedi,.esQcidi, ciprinidi siluri-^ di. I sotlobranchi in gadidi e poi in pesci-piatti e discolobi. Gli apodi in anguilli formi. T soli acantopterigii , benché ne- gli ordini portino nomi individuali, nelle famiglie si poggia- no sopra caratteri. Così i tenioidi sono distinti dal muso ottu* so, e acuto; i gobi oidi e i labroidi non hanno divisione; mai percoidi contengono famiglie varie pe’ denti per \e pinne dor- sali, addominali subranchiane , per dorsali vicine, pet- torali brachiformi. Gli scomberoidi, a due dorsali, a pri- ma dorsale divisa in spine, a dorsale unica, e questa sud- dividesi in denti a velluto e denti taglienti. Li squamipenni si dividono a denti a velluto , ed a denti ad un sol rango. I tubistomi non hanno divisione. Questa classificazione, sia perchè la scoperta di molti nuovi pesci delle zone diverse del mare portasse a riordi- narla, sia perchè non piacesse più allo stesso autore, sia fi- nalmente perchè trattandosi di formare un sistema può ognu- no farlo a suo piacere, ecl anche a rifare quello già fatto il Barone Cuvier nella terza edizione del suo regno anima- le distribuito dietro la sua organizzazione (Parigi 1936) si determinò a semplificare la classificazione dei pesci, dividen- doli in due sotto classi. Cioè in ossei e cartilaginei, ovvero in pesci veri e cartilaginei, ossia condropterigii; i pesci ve- ri chiamò dopo acantopterigii; facendo così, senza volerlo, ragione a Linneo, che considerava non esser veri pesci i con- dropterigii! Assegnò per caratteri generali a cartilaginei. « I pala- ci. Imi rimpiazzano le ossa della mascella superiore » e li divise in ciclostomi, che hanno le mascelle saldate in anel- lo immobile, e le branchie aperte per buchi numerosi; in laciani che hanno le branchie come i ciclostomi, ma non le loro mascelle; ed in sturionidi, con branchie aperte come d’or- dinario, per una fissar a guarnita di opercolo. I veri pesci divise in pleltognati co’ mascellari e f arca- ATTI ACC. VOL. XI.V. — 118 — ta palatina incarnati al cranio, e divisi aneli’ essi in gimno- danti Q sclerodermi. I lofobranclii a mascelle complete ehrartr- chie 0 fiocchi. I maicopterigii, distinti dalle pmne dorsali a raggi molli; egli aca7ilopterigii,\)e\ carattere della jtir /Ma dor- sale a raggi spinosi; ed in quest’ ordine non vi sono fami- glie. Prima del Sig. Cuvier, non mancarono altri sistematici ittiologi, fra’ quali, Dumeril, Kafìnesque e Risso, de’ quali sa- rebbe lungo il riassumere le classificazioni, più omeno in- trigate; e dopo del Cuvier anche Bonaparte Principe di Mu- signano ha dato a luce una sistemazione de’ pesci di Euro- pa , che ha 1’ aspetto di meglio intesa e regolata. In un parzial lavoro , qual’ è il mio , non occorrereb- be, a dir vero, scegliere una classificazione, e basterebbe dar il novero de’ pochi pesci abitatori del golfo di Catania; ma una guida per procedere con ordine, sarà sempre utile se non altro, a dimostrare di ogni ordine di ogni famiglia e di ogni genere, quali specie possiamo fin’ ora riconoscere per nostri, Mi servirò pertanto delle classificazioni del Barone Cù- vier, come quelle più universalmente seguite. SERIE 1/ Condropterìgìi. Ord. 1.° a branchie fìsse. Fa!h. 1 Succhiatori — o Ciclostomi. Gen. 1.° Petromyzon L. Lampro.je Cuv. Lampreda ital. Alarapria sic. Si riconoscono gl’individui di questo genere per le set- te aperture branchiali in ambi i lati della gola; per le due mascelle riunite in un’anello rotondo; e per la pelle che da sotto sino a sopra della coda si solleva, a guisa di una cre- sta longitudinale , che fa 1’ ufficio di nuotatojo, ove i raggi sono appena discernibili. Di questi pesci poco comuni a dir vero nel nostro gol- fo, io non ho osservato che due soli individui; uno della lun- ghezza di due piedi, e l’altro di un piede ed un pollice ap- pena. I. Sp. Il primo era di color biancastro, sbiadato, e quasi bianco nel ventre; più carico nella coda. La testa piccola roton^ da ed alquanto allungata. Il muso rotondo; la bocca munita di piccoli denti. Le aperture branchiali distintamente sette in ogni lato; tutta la pelle senza squame, covei’ta di una so- stanza gelatinosa, che fa scappar facilmente dalle mani il pe- sce quando si vuol tenere e le lascia imbrattate di quella sostanza. Fu esso pescato nello scalo dell’ Ognina, ma non strappato dagli scogli, segno che è anche pelagico. La sua carne è gustosa, ma non isquisita quanto si decanta. Non potrei assicurare esser questo una varietà del Pe- tromyzon maximus L. imperocché comparato con quello che si conserva in tubo di cristallo, nello spirito di vino, nel Mu- seo Biscari, è assai più lungo, e di color più carico, e con qualche segno di macchia biancastra dietro la testa. Sp. Il secondo simile in tutto nella struttura, era di un color carneo, ed il nuotatojo compariva diviso in più parti, benché leggermente. Questo fu pescato nello stesso sito.' Fam. 1. Selaciani. — Plagiostomi Dumeril. Squalus L. Gen. 1. Squalus Lin. Squalo ital. Mastino sic. Comunis- simi sono gli squali nel nostro golfo; ne vengono tirati non pochi di diverse grandezze nelle reti de’ pescatori, che tal- volta lacerano in molti punti. Qualcheduno si ferisce a mor- te con la lancia (fiscina sicil. ). Essi sono voracissimi e quan- do entrano nel congegnamento delle reti per la pesca dei tonni, vi fanno stragi. Tutte le specie de’ squali Cuvier ha diviso in sotto- generi— cioè I. Scylimm o Rousscttcs — Carcharias , Requins — 3. Lamia — 4. Zygena , Marteaux — 5. Galeus , Milandres — 6. Miistelus, Emistoles — 7. Notldanus, Griset- te— S.Selacis, Pelcrins — 9. Cestracion— 10. Spina, Aguil- lats — LI . Ccntrina, II umantins — 1 21. Scymniis, Sciches. — Di questi io ho potuto osservare. I . Sp. Squalus carcharias, Mastino o Fiera sic. Esso é di varie dimensioni, il maggiore da me osservato aveva die- €Ì piedi di lunghezza. La pelle benché senza squame , ru- vida però ed aspra al tatto , il colore del dorso bluastro che va a sbiadire ne’ lati, e bianco nel ventre; più carico nelle pinne; di queste ne ha due dorsali, doppie e carnose. Due pettorali lunghe ed acute, una addominale ed una ana- le. Quelle della coda riunite e formanti una mezza luna. La testa è grossa quanto la parte più densa del corpo, e va at- tenuandosi verso la punta, che sporge circa un piede dal- r apertura della bocca. Questa è parabolicamente curva, ed aperta può capire, in quello da me osservato, il busto di un uomo. Essa è una voragine di denti attaccati alle ma- scelle, per via di ligamenti e di fd)re musculari , che pos- sono rialzarli ed abbassarli , a volontà dell’ animale. Sono essi solidissimi, triangolari, convessi in dentro, j)iani, ed al- quanto concavi alla base, in fuori; tutti a margine dentella- to, coverti di forte smalto; ed a sei per ogni rango; av- vicinandosi però all’ angolo delle mascelle vanno diminuen- do in numero. Nella superiore questi ranghi sono al nume- ro di tredici in ogni lato; nella inferiore di undici. Della carne di questo selaciano, non si fa uso. Questo squalo dev’essere stato antichissimo abitatore del mediterraneo, se fra i resti organici fossili del teri eno plio- cenico, sono comunissimi i suoi denti ; e dalla gigantesca grandezza di taluni si può comprendere che la mole del suo corpo, paragonata a quella della stessa specie ora vivente doveva essere quattro o cinque volte maggiore. %. Sp. Canicula L. la grande Roussette Cuv. Gattu par- do sic. Il corpo è punteggiato di macchie biancaccie sopra un fondo leggermente bluastro. La pinna dorsale un po più in- dietro dell’ addominale. La caudale trasversalmente tagliata. Le pettorali larghe alla base, terminate ad angolo acuto. La testa si prolunga in un muso alquanto lungo ma ot- tuso, La bocca è alla direzione dell’occhio fornita di molti ranghi di denti, acuti e lisci, con due altri più piccoli alla base di ognuno. La cai'ue si mangia dalla povera gente, quando 1’ anima- le non eccede la lunghezza di 10 piedi. Esso non è molto co- mune; come non son nè anche comuni i suoi denti nello sta- to tossile. 3. Sp. Nasus. — S. Lamia Cuv. — Mastini], Fiera, sic. 4. Sp . Anthias. — poco differente dal sopra detto e tut- ti due non sembrano che una varietà del Carcharias, a cau- sa del carattere alquanto diverso delle pinne dorsali e cau- dali; ma per la struttura della bocca e de’ denti: per la gran- dezza e colore del loro corpo, e pel modo di vivere e cibar- si poco 0 nulla fra di loro differiscono. 5. Sp. Zygena — Marteau. Questo squalo non ho mai veduto nel nostro golfo, nè alcuno di tanti pescatori a’ quali ho domandato ne hanno no- tizia, c tenevano per favola la descrizione ch’io loro faceva della forma singolare della loro testa. Il Sig. Rafmesque però lo rapporta come pesce de’ mari di Sicilia, ed assicu- ra chiamarsi da nosti'i pescatori pesci fiideu. 6. Sp. Galcus — Lin. Milandre Cuv. Piscicani. Pe’ caratteri esterni poco differisce dal carchanas pe’ den- ti però ne è assai distinto; perchè essi benché ahiuanto acu- ti, pure sono quasi formati nella mascella inferiore, princi- palmente ed a guisa di pezzi di pavimento. La grandezza di questo squalo giunge talvolta, a quanto no ho appreso dai pescatori, sino al Spiedi — la pelle è me- no ruvida di quella del calcarias; esso è voracissimo e’ porta il nome, perciò, di pesce cane. l.Sp. Notidanus, Grisette Cuv. — Pisci cani. Questo dilfìerisce dal Galcus, po’ denti, i quali sono nella mascella superiore triangolari , ed alquanto dentellati , a tre ranghi, e quelli della inferiore sono piatti ed a guisa de’ den- ti d' una sega, con uno alquanto più alto ed acuto ; questi ~ 123 — sono a due ranghi e mobili; cioè che possono sollevarsi e ripiegarsi. 8. Sp. Maximus. Questo grossissimo squalo, abitatore de’ mari del Nord, come credevasi, non è poi raro nel mediterraneo; ed uno, sbalzato alquanto al di là del nostro golfo nella rada di Ri- posto— fu trasportato in Catania, e comprato dairUniversità per conservarsi imbottito, nel 1813. Non riuscì la imbotti- tura; e de’ suoi caratteri non se ne poterono scorgere i di- stinti vi. Viaggiando verso Livorno, nel 1817, uno ne incontram- mo fra r Elba e Piombino di una mole immensa , il di cui dorso che spesso veniva fuori dalla superfìcie del mare ci parve non meno di dodici piedi di lunghezza. 9. Sp. Mustellus. L. Palombo. Palurnmu. Questo squalo è il più comune, fra quelli di grossa mole nel nostro golfo. Ha esso la testa piccola, risi)ctto alla grandezza e lunghezza del corpo, la bocca poco sotto del muso, e si apre fin sotto l’occhio. 1 denti sono a pavimento alquanto acuti nelli pri- mi ranghi. La pinna dorsale in due porzioni, una corrispon- dente alla base delle pettorali, l’altra sopra 1’ anale; l’addo- minale piccola; la caudale poco sviluppata e tutta nella par- te inferiore della coda. La carne si mangia dalla povera gente. 10. Sp. Anthias — Humantin Cuv. Ujatu— sic. Per quanto questo squalo sia comune nel mare tirreno, e pescato spesso in Palermo , altrettanto è raro nel nostro golfo, dove è chiamato, cmiisco, o palurnmu spinusu. Il solo che ho veduto era lungo non più di quattro pie- di, le pinne dorsali e la parte superiore del corpo erano spi- nose ruvide e di color brunastro, il ventre più chiaro; i denti erano a tre filari, acuti e leggermente dentellati , con uno più rilevato alla base. 11. Sp. Centrina — Humantin Cuv. Pisci gattu sic. La forma di questo squalo, non che la sua mediocre gran- dezza, pare che lo avvicinino alquanto alle raje. Esso è com- presso più tosto che tercte. Le pinne pettorali assai larghe, la dorsale corrisponde sopra 1’ addominale ed è sostenuta da una forte si)ina; un’ altra nc ha nell’ altra porzione della dor- sale non molto lontana dalla testa. Questa comparisce quasi divisa dal dorso, per un infossamento che comparisce come se fosse un collo assai stretto; il muso ottuso termina in un piccolo rostro, la bocca non molto grande. La pelle è dura, robusta e piena di piccole pretuberan- ze spinose; e quando è secca serve bene di raspa a’ falegna- mi che la chiamano pelle di squadro. Non è molto comune. 12. Sp. Squatina — Anges. Cuv. Squatri sic. Si confonde con la precedente specie, non ha però le spine nella pinna dorsale; è più piatta e la bocca è al ter- mine del muso. La pelle si ricerca per lo stesso uso da fa- legnami, e porta lo stesso nome di Squadì^o è più comune della precedente. 13. Sp. Glaucus — L. Virdiscu sic. Non l’ho veduto mai nel golfo; il sig. Rafinesque lo de- scrive come comune nel mare di Palermo, ove si chiama Yir~ discu . 14. Sp. Stellaris L. Roussette, e Palummeddu sic. Piccolo squalo, comunissimo nel golfo , alquanto com- presso. Il dorso sembra nudo perche la pinna dorsale è vi- cina alla coda. Questo pesce si mangia generalmente nelle bettole. 15. Sp. Vulpes. Faux Cuv. Squalo di mezzana grossezza, poco differente dal Glau- cus ; ma distintissimo fra tutti per la pinna caudale, la di cui lunghezza ò presso a due terzi della lunghezza di tutto l’animale, essa è alquanto falcata in sotto. — Non è raro nel nostro golfo. OSSERVAZIONI Sul numero grande e la forma de’ denti degli Squali più feroci, è da notare, che questi animali benché voracissimi, non possono inghiottir subito la preda, senza infrangerla pri- ma più e più volte nella bocca; e ciò è dimostrato dal nu- mero e forma de’ denti, acuti, triangolari e dentellati negli spigoli a margini, mentre altri acuti sono più atti a dilania- re. Ouelli co’ denti piani a pavimento , non potevano esser feroci, e dovevano pascersi di preda molle e capace di ri- dursi a bolo con la sola masticazione. Io avrei desiderato che gl’ittiologi si fossero studiati ad ordinare gli squali , sul carattere de’ denti, piuttosto che sulle pinne nuotatoje, o sopra certi solchi, o forami, o ap- pendici di minor interesse nel modo di vivere, e nelle abi- tudini di questi animali. Fam. 2.“ Selaciani. Gen. 2. Raja Linn. Raies Cuv. Pastinache ital. Bastu- nachi, o Picari sic. o Raj. 1. Sp. R. ClavataL. Raje bouclè Cuv. Picara pitrusa sic. Si distingue per la forma quasi circolare e pel rostro poco sporgente; per varii tubercoli ossei che sono spesso ar- mati di piccolo pungolo; tutta la superfìcie della parte dor- sale è aspra e di color giallastro. Ha una pinna sopra e sot- to la caudale — Non è molto comune — la carne si mangia. 2 . Sp. R . Rubus . L . Raje ronce Cuv. Picara spinusa sic. La forma si avvicina alla romboide; nel maschio i pun- goli sono più spessi nel davanti, e sopra gli angoli delle ale, nella femina su gli orli. I pescatori distinguono i due sessi: dall’organo generatore sporgente nel maschio, e dalla man- canza di questo nella femina. Nè anche questa specie è mol- to comune. 3. 5;?. R. batis L. Raje bianche Cnv. Vastunaca, sic. 19 ÀTTI ACC VOt. XIX. La forma è quasi romboide, il rostro prolungato ad an- golo acuto, — al di sopra è molto aspra, ma senza aculei; di questi ne ha un sol rango lungo il dorso della coda, il colore nelle ale è giallastro, macchiato di punte più oscure sul dorso; la testa è più sbiadata. Questa specie giunge a si- gnificante grandezza: e quando eccede le 60 libre, la carne è rifiutata. 4. Sp. R. Pastinaca L. Pastenagiie Cuv. — Picara, va- stunaca sic. Specie distinta per una spina ossea dentata che vien fuo- ri dalla base della coda, da ambi i lati a guisa di sega. La testa è come nelle altre razze, avviluppata nelle ali, alquan- to ottusa. Il colore del dorso, è giallastro, il ventre bianco. La carne è buona. Essa è comune nel golfo, giunge talvolta alla grandez- za della precedente. 5. Sp. ì\. Aquila L. Aigle de Mer. Cuv. pisci aquila sic. In questa specie la testa esce per metà dalle ale, delle quali le appendici si attaccano lateralmente alla base della coda, che è lunghissima e sfilata a guisa di serpe; a metà di essavi ha una piccola pinna, e dietro una spina serrata a punte acute rivolte indietro verso la base a guisa di alette di dardo. Essa non è comune; se ne pescano talvolta del peso di più di cento libre — delle piccole non ne ho mai vedute. 6. Sp. R. picara — Rafinesque— picara. Di questa che quasi in tutto rassomiglia alla Pastina- ca, il Sig. Rafinesque ne ha fatto una specie perchè manca della spina serrata alla coda. ' Essa è comunissima nel golfo, la carne è ottima, e la cartilagine delle ali è molle abbastanza per potersi anche mangiare. 1. Sp. R. Torpedo — Tremula sic. Pesce conosciutissimo, e comunissimo , di cui llafine- sijue ne fà un genere, con varie specie. SElllE 1 Gondropterigii . OiiD. 21. “ a branchie libere. Faji. 1 .“ Sturionidi. Gerì. 1 .° Àcipenser L. Eturgion Cuv. Sturiuni. Sp. I. À. Sfurio Lin. — Ravettu, Sturiuni. Questo pesce rinomato sin dalla più remota antichità , per la squisitezza della sua carne, è anche singolare per la torma del suo corpo. Esso però non si pesca nel nostro golfo nè anche nel fiume Simeto che vi mette foce; all’incontro non è raro nel fiume Salso ( Himera meridionalis ) alla sua foce presso Licata . Un’altro pesce ben diverso si pesco nel mare di Mes- sina, sotto il nome di ruvettu, del quale la carne è squisi- tissima; che il Sig. Anastasio Cocco ha giustamente deter- minato per nuovo genere sotto il fiome di ruvettus pre- tiosus. (Giorn. di Scien. Lett. ed Arti per la Sicilia N. 77. Paler. 1829). SERIE 2.* Pesci ossei. Ord. 1.° Plettognati — mascelle immobili. Fa?i. 1.® Gimnodonti — denti scoperti. Gen. 1 .° Diodon hystrix L. Orbes. Cuv. Pisci rizzu sic. Sp. 1 . I caratteri distintivi di questo pesce son tali da poterlo ragionevolmente porre a capo di un’ ordine partico- lare . Io non 1’ ho veduto mai preso da fresco nel nostro golfo; ma benché assai raro pure sono stato assicurato es- servi stato talvolta pescato. L’individuo che si conserva imbottito nel museo Biscari , e quasi un piede di lun- ghezza. Le mascelle terminate in denti, sono manifeste e ben caratterizzate. Le spine si mantengono tutf ora intiere, e 128 distribuite sopra tutta la estensione della pelle. In quanto all’apertura delle branchie, essa è cosi diseccata e rap^- presa che si distingue appena; non si può assicurarne quin- di la mancanza delle membrane branchiali. Gen. 2. Tetrodon. Sp. 1.” Telrodon mola L. mole Cuv. Orthagoriscus ilaf. Tamburiiìu sic. Pesce anclresso singolare per la forma del corpo, che comparisce come se gii fosse stata tagliata intieramente la coda e parte del dorso. Esso è poco compresso, c compa- risce quasi rotondo. La pinna caudale si estende per tutta la parte posteriore del corpo verticalmente, e si unisce al- la base della dorsale unica, alta e l'obusta su[)eriormente e dall’ anale 0 addominale, anch’essa robusta, inferiormente. Le pettorali sono [)iù tosto piccole, corrispondenti alla parte posteriore della testa. Ha un piccolo rostro che fa comparir la bocca alquanto sotto; e nasconde in paute i due denti su- periori . ' Arriva talvolta alla mole di sessanta e più libre. Uno di quelli che ho veduto era di 40 libre circa, la pelle di color argentino. La carne non molto stimata pure si mangia dalla povera gente. OSSERVAZIONI. Poco rapido esser debbe il nuoto di questo pesce, attesa la poca lunghezza de’ muscoli laterali che muovono la co- da, la forma di essa, e la picciolezza delle pinne pettorali. Fjlm. 2.“ deir ordine de’plettognati. Sclerodermi — pelle dura. Gen. 1“ Balistes. Sp . 1." Balistes caprfscus L. Pourc Cuv. Balestra , o pi- sci porcu. Piccolo pesce di non più di sei pollici di lunghezza, di un grigio brunastro , macchiato di bleù e di verdastro. La pinna dorsale comincia da sopra la testa con tre acute spi- ne, delle quali la prima più lunga della seconda e questa della terza; interrotta poscia si rialza posteriormente in un fascio di spine molli e riunite in modo, che vanno a stringersi in alto più di quanto lo sono alla base; lo che è più mani- festo nella pinna anale. Le pettorali piccolissime. La pelle, benché squamosa, pure presenta una superfìcie quasi coria- cea, e disseccata si avvicina a quella della squatina. bacar- ne è cattiva. Non è molto comune; e si pesca con la rete (tartarone) che strisciando nel fondo trae seco diverse sorti di piccoli [)esci, e specialmente le Passare, fra le quali si trova que- sto pesce. OiiD. 2.® Lofobranchj— (branchie a fiocchi) . \ Gen. Singnati (ganasce unite). %. Sp. Typhle L. piccolo pesce lineare. Le due mascelle riunite per tutta la loro lunghezza, che arriva al quinto o al sesto di quella di tutto il corpo, aperte soltanto all’apico per una fìssura rivolta in su. Una sola pinna dorsale piccolis- sima, di spine molli. Lacaudaleappena visibile. Taluni man- cano deH’anale, per cui Risso l’ha distinto col nome S. pe- lagicus ; altri mancano di anale e di pettorale S. vEquoreus L. altri non hanno che la sola dorsale, S. ophidion L. Di quaste varietà, o specie ne ho veduto questa ultima sola. Si pesca come il Balistes. Non è molto comune ed ’i nostri la chiamano ancidduzza, o aguggfiia. 2. Sp. Hippocampus. L. Cuv. Cheveaux marins. Ca- vadduzzu di mari. Questo piccolo pesce ha l’aspetto di un crostaceo. Ha il tronco compresso lateralmente, e notabilmente più eleva- to della coda, che è assai lunga, e si curva in spira alla morte. Anche la testa si dispone in modo da rassomiglia- re a quella di un cavallo, dal cbp h» prpcn il nome di ca- valletto marino. Le giuntare delle sue piastre si sollevano in forma di spine, come lo fanno anche i loro angoli sa- lienti. La coda non ha pinne, le pettorali sono piccole. Le due mascelle riunite e lunghe terminano in una esile aper- tura. Non molto raro e si pesca come i precedenti. SERIE 3. Pesci Malacopterigii (alette molli). Ord. 1.° Malacopterigii addominali. Fan. 1. Salmonidi. 1. Sp. Salmo Fario L. Fruite Cuv. Trotta, Trutta. Questo pesce d’acqua dolce ha due alette dorsali, la se- conda più molle della prima, i raggi non sono liberi, nel- le due pettorali poco le punte si sollevano dalla membrana che li trattiene. Le anali e le caudali molli aneli’ esse. Un filo di denti acuti in ambe le mascelle, e tutto l’interno del- la bocca e delle fauci nè ètapezzato. — La membrana bran- chiale con dieci raggi. — 11 colore del corpo è grigio pun- teggiato di blu e di verde. Si pesca ne’ fiumi. Questa è la sola specie di Salmoni d’acqua dolce che io ho veduto in Sicilia. Il Sig. Rafinesque ne rapporta tre; cioè ilS.tirus (tira imperiale) il S. Getti, che confonde con la nostra trotta, ed il S. saurus L. che chiama osmerus .sauro s. Il Sig. Anastasio Cocco da Messina ne rapporta altre specie alle quali ha dato il nome di Nictophus. 2. Sp. Argentina SphyrenaL. Cuv. Curinedda. Piccolo pesce litterale con la bocca inerme, ma con den- ti recurvi alla lingua ed al vomere. Colore del dorso ceru- leo, il ventre argentino. La vessica nuotatoja piena di un umore argentino del quale si vestono nell’ interno le false perle di vetro. Benché il Sig. Rafinesque assicuri che vive nel mare di Sicilia, io non l’ho mai veduta; e dal nome che gli dà di Curinedda, temo che sia confuso con altro piccolo pesce, die si chiama da’ nostri anche Curinedda come vedremo. 3. Sp. Salmo saurus L. Cuv. Tiru di solu, Trutta di mari Rat. Ha il muso corto, la gola fessa sino indietro assai degli occhi, le mascelle e la golaguerniti di acutissimi denti. Ot- to nove, e soventi dodici raggi alla membrana delle bran- chie. ha prima dorsale un poco indietro delle ventrali che sono assai grandi. Larghe sono le squame in tutto il corpo . Questo pesce si pesca di raro nel littorale vulcanico del- la Trezza, generalmente; ma viene anche nelle reti in alto mare. Si dice esser voracissimo. Fui. li.'* Clupea. 1. Sp. Clupea sprattus L. sardine Cuv. sarda fimmi- nedda sic. Ha la testa più piccola del dorso; la mascella inferiore alquanto più lunga della superiore ; la bocca piccola; le due pettorali basse, e lunghe; le ventrali piccole. La dorsale con sei raggi, di cui le punte sporgono alquanti dalla membra- na. La caudale robusta e forcuta. Questo pesce comunissimo e stazionario nel nostrogol- fo, si pesca tutto l’anno ne’ varii stati di sua età; nel line di agosto e settembre, ed anche in ottobre viene tratto nella prima sua età, non più grosso deìnonnato faphiai; è allora di color blu chiaro, e prende il nome di ed è cu- rioso che moltissimi individui mo.strano in quell’epoca le uo- va mature e rosse. Cresce poi alquanto, e prende il nome di sardella ammantata finché in primavera è già adulta , e si chiama sarda frisca. I pescatori, vanno a gettarvi in alto mare le reti allo spirar del giorno, che essi chiamano spirò . In està essa è più grossa,, e giunge alla lunghezza di cinque pollici ; è molto grassa e polputa, ma la sua carne lascia la squisitezza, ed ha un odore al(juanto nauseoso. Essa intanto è il cibo gradito del popolo. 2. Sp. C. Encrasiculus L. Cuvier 3.“ sottogenere En- graulis, Ancois vulgaire. Sarda inasculina. Questo pesce comunissimo nel nostro Golfo, è lungo da sei a 7 pollici, stretto e stilato. La testa piccola, la mascella superiore più lunga della inferiore ed acuta. Le alette pet- torali sotto la gola, lunghe e strette, le ventrali piccole, cor- rispondenti alla dorsale, composta di quattro raggi, ed assai piccola: la caudale più robusta e quasi a ventaglio. L’aper- tura delle branchie assai dilatata. Si pesca tutto l’anno: ma la vera stagione nella quale la sua carne è più squisita, si è il principio di primavera, ed in particolarità febbraro e marzo. Si sala tolta la testa egli intestini, ed è impiegato nelle cucine quasi da pertutto. Queb lo che si pesca nel golfo è stimato il migliore di qualunque altro in Italia nel mediterraneo, e nella stessa Sicilia, eccet- tuato quello del mare di Sciacca, che è ugualmente pregia- to. E anche bello nel colorito celeste del dorso e nell’ argen- tino de’ fianchi e dell’addome. I catancsi lo preferiscono a qualunque altro, sì per la squisitezza della carne, come pel moderato prezzo a che la grande abbondanza lo riduce. Quel- lo salato è un buon capo di commercio pe’ pescatori . 3 . Sp. C. Saraca sic . Questo pesce è formalmente confuso con la sardine ossia sarda jimmiìieàda . Esso però ne differisce moltissimo, per la grandezza e per la massa del corpo. È lungo sino ad ot- to pollici, grosso nell’addome, e schiacciato: il colore celeste del dorso è più carico, anzi pressocchè oscuro. La pinna dor- sale con cinqiK^ raggi più robusti di quelli della sarda, le squa- me del corpo più larghe. Non si pesca mai con la sarda, nè coir angiova; e non è molto comune nel golfo; è abbondan- tissima nella costa orientale di Spagna, e di Sardegna, ove si sala; ma non ha il gusto dell’ angiovo, e da noi si trascura. - 133 4. Sp. C. Àiosa L. sic. Questo pesce dal mare passa nel fiume Simeto, che ri- monta in primavera per depositarvi le uova. Esso è bastan- temente grosso, e se ne pescano anche di tre e quattro li- bre, Rassomiglia molto la sarda nella disposizione delle pin- ne nuotatoje. Il suo corpo è alquanto piatto; il colore è gri- giastro tendente al celeste; più chiaro nell’ addome. La car- ne è squisita. Le uova sono involte in due sacelli, ed in prodigioso numero; squisite al gusto, e delle quali si fa gran conto nelle cucine. Si pesca nel fiume, per mezzo di reti fissate a de’ pali piantati attraverso di tutta la corrente. Ra- re volte se ne pesca qiialch’ uno in mare. F.m. 3. Esocidi — Esoces Cuv. Gen. \ Epox (Brochet Cuv. 1. Sp. Esox Lucius L. Luzzo, Luzzusic. Ha la testa piccola, in proporzione del corpo . La ma- scella superiore più corta della inferiore, armate di denti pochi e robusti. L’apertura della bocca assai grande; le a- lette pettorali più indietro dell’ opercolo branchiale; la dor- sale piccola corrispondente allo spazio fra le addominali e l’anale; la caudale robusta e forcuta. Il colore del dorso e de’ fianchi bluastro, che va schiarendo ne’ fianchi, e che pas- sa al bianco nel ventre. Le squame piccole e quasi tutte macchiate di bluastro più oscuro di quello del dorso . La sua lunghezza arriva si- no ad un piede e mezzo talvolta; ma ordinariamente c quel- la di un piede. Si pesca in alto’ mare, di raro presso il littorale; è molto stimato per la sequisitezza della carne. OSSERVAZIONE Sulla voracità attribuita dagli autori a questo pesce, nul-r la ho potuto ricavare da’ pescatori. Ipochi denti piccoli vi- ATTI ACC. VOL. XIX - 20 — 134 cino l’angolo della bocca non mostrano grande forza inci- siva e tenacità: tutti gii altri del palato, della piccola lingua e delle fauci, dovrebbero anzi indicare che il cibo riman- ga qualche tempo in questo parti [)rima di potersi inghiotti- re, ciò che non è indizio di grande voracità. 2. Sj). E belone L. Orphie Cuv. Agugghia sic. Questo pesce slilato, lungo, di un color blu chiaro vivis- simo sul dorso sino alla linea laterale, ed argentino da quel- la linea sino a tutto 1’ addome può dirsi bello a vedersi. La sua testa più piccola del corpo si prolunga in due lunghe e sottili mascelle fornite di una serie di piccoli denti acuti, la inferiore si fa più ampia sotto la gola; l’occhio è poco distante dall’ angolo della bocca, in avanti, e dall' opercolo delle branchie indietro; le pinne pettorali sono piccole e qua- si all’orlo dell’ apertura bVancliiale; le addominali a metà di tutto il corpo; la dorsale remotissima e pressoché unita al- la caudale; l’anale sotto di questa. La carne è saporita; e non avendo che tenuissime costo- le, si stacca facilmente dalla colonna spinale, che presenta un color verde vivo tendente al blu. — Si pesca nel nostro golfo in primavera ed està; e talvolta anclie in altre stazio- ni, ma meno frequente. La sua lunghezza ordinaria e di un piede e qualche pollice. Ma ve ne sono delle più lunghe e più grosse, che sono assai stimate, die prendono il nome di Agiig ghia imperlali, di cui il sig. Rafmesque ne ha fatto una specie — Esox imperialis . OSSERVAZIONE ' Si dà anche il nome di Agugghia imperiali al Scombre- roce di Lacepede, o Esox saiirus Schn. che è più corto della Belone, ed il rostro suo è ritorto in su nella mascella supc- riore, e più corto della inferioie; che io non ho mai veduto. Gen. Exoceius L. Cuv. — 135 — 1. Excetus exiliens L. Àncileddu imperiali, Rininuni. Il sig. Rafincsqiie lo porta come comanissimo nel mare di Palermo. Io non ne ho veduto che uno solo pesca- to nel nostro golfo. Esso era lungo da cinque a sei pollici; la testa più tosto grossa e rotonda, le mascelle corte e po- co si)orgcnti; la bocca pìccola armata di denti acuti; la pin- na dorsale con dodici raggi, le di cui punte alquanto spor- genti della membrana; le addominali piccole, l’ anale non mol- to distante da queste ; la caudale cuneiforme e robusta; le pettorali lunghe, da giungere alla base della coda, con 121 raggi robusti, e spiegate si mostravano larghe assai; rette al di sopra, convesse al di sotto, punteggiate di macchie roton- de color giallastro, mentre quello del corpo era quasi blua- stro tendente al grigio. Le squame piccole ma robuste. Da sotto l’apertura branchiale i)endeva una barbola da ogni lato. In Catania si chiama rininuni ; ma questo nome si dà pure ad altro pesce, raro aneli’ esso, che descriveremo qui appresso, e che mi si assicura da qualche pescatore essersi veduto anche nel nostro golfo; ma che io non ho mai qui vediho , però in abbondanza nel mare mediterraneo fra la Sardegna e la costa di Spagna nel 1814. %. Sj). Exocetus Volitans L. Ha la testa della grossezza del corpo, sfilata verso le ma- scelle; la bocca piccola, nessuna barbola all’ apertura bran- chiale; ‘la pinna dorsale remota verso la coda, e corrispon- dente all’anale, la caudale forcuta; le addominali assai lun- ghe di cui i raggi cartilaginei le rendono molli. Le pettorali lunghe ed acuminate non molto larghe; i raggi superiori robusti. Ho veduto questi pesci, inseguiti da altri più grossi, alzarsi dall’ acqua c battere in aria più di una volta le pin- ne pettorali, percoi’rendo una distanza di due metri circa. Essi devono andare in grandi stuoli; perchè molti ne saltavano alla volta. Gli uomini che scesero nel battello per cercare — 136 di pescarli con una rete a sacco, attaccata ad un lungo ba- stone, non ne presero che due soli, che furono da noi esa- minati. Il pesce che li inseguiva, al dir di quella gente, parve loro uno squalo. 11 mare era in calma, ed una quan- tità di Gabbiani schiamazzanti sopra i punti ove avveniva quella lotta, ci avvertirono di essa; questi afferravano i poveri pesci che saltavano in aria, scanzando la bocca del nemico. Fav. IV. Ciprinidi. Questa famiglia benché di acqua dolce non dee da noi trascurarsi, perchè racchiude alcune specie che sono comu- ni ne’ nostri mercati. Gen. Ciprinus L. Carpes Cuv. — Hanno la testa e la boc- ca piccola, il dorso elevato, il corpo compresso. Una sola dorsale; le squame del corpo larghe; le addominali corte ; come le pettorali: 1’ anale più estesa, la coda forcuta. 1. Sp. C. Auratus L. Dorade de la Chine Cuv. Pisci in- dianu sic. Questo bellissimo pesce, benché straniero, si alleva da •pertutto nelle fontane, ed anche in vasi di cristallo nelle stan- ze degli appartamenti. Esso è precisamente indorato nelle squame. Ha la testa piccola, il dorso elevato, una pinna pic- cola dorsale, come le sono le pettorali e le addominali . L’ a- nale però è molto estesa, e giunge sino alla base della cau- dale, ma non oltrepassa la lunghezza di cinque pollici. 2. Sp. C. Tinca — Tanches Cuv. Tenchia sic. Corpo largo e compresso color verdastro — con picco- le squame e piccole barbole: la dorsale e V anale corte e sen- za spine. Comunissimo nel fiume Simeto, si pesca come Palesa, e più comunemente ove quel fiume passa vicino Paternò , d’onde i pescatori lo portano a vendere ne’ vicini comuni; non è molto pregiato attesocchè la sua carne é alquanto in- sipida. — 137 Gen. Cobitis L. Loches ou Dormillas Cuv. Curined- da sic. Testa piccola, corpo allungato coverto di minute squa- me spalmate di sostanza mucosa; con piccola dorsale, le altre dorsali molto indietro; la| bocca piccola con labbri succhianti e circondati di piccole barbole. Gen. Cobitis barbatula L. loche d’etanges Blainvil. Cu- rinedda di fiumi sic. Si raccoglie nelle reti e nelle nasse, che i pescatori pre- parano per le Tinche,, ed anche con delle reti a sacco at- taccate ad un bastone. Questo piccolo pesce non si porta a’ mercati che raris- sime volte, a causa della poca quantità che se ne può rac- corre, non ostante che sia assai gustoso; i pescatori e la gen- te di campagna lo mangiano dopo averne infilzato un buon numero passando un giungo attraverso gli occhi, estenden- dolo sopra un lento fuoco di semplice strame. Oro. %. Itlalacopterigii subbranchiani . F.4.71. 2." Pesci piatti. Gen. 1 Pleuronectes L. Genere rimarchevole per la conformazione del loro cor- po compresso c largo, e per la testa anche compressa, per cui le due orbite sono alla stessa linea orizzontale della lar- ga superficie superiore del corpo; aspra ed alquanto brunastra è questa superfìcie, mentre la inferiore è liscia e bianca; la dor- sale si estende lungo il dorso, l’anale occupa il di sotto del cor- po; le ventrali sono in avanti, e spesso unite insieme. 1 . Sp. P. Platessa o Passer L. Carrelet. Fr. Passira o Panta sic. Si distingue per la superfìcie aspra e tubercolosa nel- la testa, ed alla base della dorsale, di un colore brunastro. La superfìcie inferiore è liscia e bianca. È difficile in questo sottogenere distinguere da’ soli ca- ratteri assegnati alle specie, a quali di esse debba dai'si il no- — 138 me siciliano; imperocché questo cangia ne’ varii luoghi delle coste marittime dell’isola; il sig. llaflnesque, infatti, pone la Passera e la Pwnta sotto la stessa specie di Platessa; men- tre grande è la differenza fra (fueste due specie, da farla a colpo d’occhio riconoscere, dal solo osservare chela Passe- ra è ruvida ed aspra nella superficie supcriore, e la Pania è liscia in ambedue; inoltre la Passera giunge talvolta alla lunghezza di sei pollici, mentre la Pania non arriva che di raro a quattro. Questa è comunissima nel nostro Golfo— l’al- tra è più rara. 2. Sp. Tanto può dirsi della P. Limanda, che differi- sce dalla Passera per la mancanza di tubercoli, e per le squa- me piccolissime e taglienti all’apice. Questa intanto è cliia- mata Passera da’ nostii pescatori . 3. Sp. P. IJipoglossus — Tlctan, Blen. Linguatedda, sic. È liscia alle due superfìcie, come la Pania, ma di lun- ghezza doppia della larghezza; ha gli occhi a dritta e ve ne sono delle varietà che li hanno a sinistra. Nel sottogenere Khombus — Turbot Cuv. il Sig. Risso ha posto la PI. nudus, chiamandola Pania vera, essa però differisce dalla nostra Panta; ed in generale di questo sotto genere non ho veduto mai ne’ nostri mercati alcuna specie. Del sottogenere Solca si ha, nel nostro golfo. 4. Sp. PI. Solca L. Sole Cuv. linguata sic. Essa ha la boc- ca dal lato opposto degli occhi, e da essa comincia la dor- sale che va ad unirsi alla caudale, come pure f anale e le pettorali sono nerastre. Pesce comune nel golfo, e molto pregiato pel gusto. Fam. 3. — Discolobi. Gen. Lepadogaster — riconoscibile per le sue pettorali che si riuniscono sotto il busto, a modo di scodella, ed in tal modo possono facilmente attaccarsi agli scogli. 5. Sp. Lepadograste Gouan Lac. L. Rostratus Shoc. Zazzamita, o ’mpiccica sic. Comune piccolo pesce, che i pe- — 139 — scatori non portano mai al mercato , credendolo nocivo al sapore degli altri piccoli pesci che si pescano fra gli scogli . Ord. 3.” Malacopterigìi Apodi. Fam. unica — anguillilbrmi. Gcn. Murena, pesci di forma allungate e corpo molle anzi che no. Squame leggiere coverte da una pelle densa e muccosa, che avvolge tutto il corpo. Struttura particolare di branchie e vcssiclicttc nuotatoje. 1 . Sp. M. Anguilla L. anguille Fr. ancidda sic. Corpo lungo, bluastro al di sopra. Testa c bocca assai piccole —forami intorno alle alette pettorali conformciti a gui- sa di tubo opercolato, che chiusi permettono a questo pesce poter vivere per qualche tempo fuori deH’acqua. Abita le acque dolci ])iù che le marine; è molto stimato pel sapore, e specialmente quello del fiume Simeto. OSSERVAZIONE Nel diseccare le paludi presso Schisò, si trovarono in mezzo agli strati di quel fango torboso molti di questi pesci, ancor vivi e di una grossezza straordinaria. Quelli che si pescano ne’ Pantani, e nel lago di Lentini sono meno gustosi di quelli del fiume Simeto, che si pe- scano ne’ contorni di Paternò. Se ne allevano da taluni anche nelle cisterne, ove dopo molti anni si trovano sempre nello stesso numero. 2!. Sp. M. Conger L. Congre comun. Fr. Grungu sic. La dorsale comincia vicino alle pettorali, e la mascella superiore è sempre più lunga. Arriva alla lunghezza di cinque o sei piedi, e alla gros- sezza di un braccio; la dorsale c Fanale sono bordate di nero e la linea laterale punteggiata di biancastro. Il corpo di un color cilestre sbiadato. 3. Sp. M. myrus L. Grungu di solu — più piccolo del 140 - precedente; macchiato presso la bocca, ha una striscia sul- r occipite, e due ranghi di punti alla nuca, di color bian- castro . Questo pesce è raro nel nostro golfo. 4. Sp. M. Serpens L. Serpent de men. Fr. Ancidda ser- pi sic. È lungo da cinque a sei piedi, e talvolta anche più, del- la grossezza di un braccio; bruno al 'di sopra, argenteo sot- to. Il muso gracile ed acuto; le pettorali eccessivamente piccole . Si vende ne’ mercati a bassissimo prezzo, a causa della cattiva qualità della sua carne. 3. Sp. M. Helena L. Murene comune Fr. Murina sic. Corpo lungo da due a tre piedi, a macchie gialle e bru- ne. Pettorali invisibili; c alquanto compressa verso la coda; il suo morso è crudele a causa de’ denti lunghi ed acuti. Pesce stato in ogni tempo apprezzato per la squisitezza del sapore della sua carne; comune nel golfo nella stagione autunnale. Gm. 5. Ammodites — Lenuotatoje separate una dall’al- tra, corpo allungato, tercte, muso acuto, mascella superiore alquanto mobile, la inferiore fìssa. Sp. A Tobianus L. di color grigio argentino e di otto a die- ci pollici di lunghezza. Cicireddu sic. Il Sig. Ralinesque ne distingue una specie particolare de’ mari di Sicilia, che vuol chiamare a Cicirellus, dal nome volgare Cicireddu. Questo piccolo pesce sempre gregario, per quanto è co- mune nel littorale da Aci a Messina, ed in quello de’ con- torni di Palermo, è rarissimo nel golfo di Catania. È rimar- chevole che esso si è mostrato in prodigiosa abbondanza soltanto in tempi di tremuoti in questo golfo. -- 141 SECONDA DIVISIONE DEI PESCI. XACANTOPTERIGII. Formano la più numerosa divisione de’ pesci ordinarli ; si riconoscono alle spine che stanno in luogo de’ primi rag- gi dorsali, o che sostengono le prime notatoje del dorso , quando ne hanno due; e sono anche spinosi i primi raggi di tutte le altre notatoje, e talvolta in luogo di pinna dorsa- le hanno una o più spine libere. Fm. Tenioidi — si distinguono pel corpo allungato e com- presso come una fettuccia. Gen. Cepola L. Rubans Cuv. — oltre al corpo allunga- to e piatto hanno la caudale distinta, e l’anale lunghissi- ma , la mascella superiore assai corta , e la inferiore si ri- volta in su per trovarla e serrar così la bocca. 1. Sp. C. Rubescens L. Rannera russigna sic. Non molto comune nel golfo, nè molto apprezzata. 2. Sp. C. Tenia — Rannera imperiali sic. Alquanto più grande della precedente; non ne ho vedu- ta che una sola nel mercato , di color biancastro con le nuo- tatoje di un grigio tendente al cilestre. F\}i. 2. Gobioides. Gen. Rlennius L. Bavuese Fr. Bavusu sic. Le ventrali che sono avanti delle pettorali, non hanno che due soli raggi. Il corpo lungo e compresso; non hanno che una sola dorsale composte di raggi semplici e flessibi- li. Il corpo è coverto da una pelle muccosa, d’onde porta- no il loro nome. 1. Sp. Bl. ocellaris o gattorugine L. Bavusu sic. Ha la testa ottusa, il muso corto, la fronte verticale . Un tentacolo sopra ogni sopraciglio , spesso sfioccato in pennacchio. ATTI ACC. VOL. XIX. 21 t. Sp. Bl. Galeriia L. Bavusu ccu tu[)pè, o liippiitu sic. Non ha tentacoli sulle sopraciglia, o appena visibili, ma sopra il vertice porta una eminenza membranosa a guisa di elmo . ;; 3. Sp. Bl. Pliolis L. Bavusu imperiali sic. Ha la testa nuda, senza pennacchi o elmo. 4. Sp. Bl. fluviabilis. Baf. Minusa sic. Ha il carattere del Blennio; comune nel fiume Simeto. 5. Sp. Bl. Lumpanus L. Lupu di rocca sic. Biancastro, molle, e lungo sino a otto pollici. Si pesca comunemente nel littorale vulcanico del golfo. Sapore della carne squisito. Sarebbe mai il Bl. Lupus di Baf.? Queste specie sono comuni nel golfo, e iirincipalmente nel littorale di scogli , ove vivono quasi gregarii . — Non se ne tiene gran conto per uso di cibo , e vanno confusi con altri piccoli pesci. Fam. Murscnoides — Gonnelles. Cuv. Corpo allungato a guisa di lama di spada; il dorso guar- nito di una lunga nolatoja uguale, co’ raggi spinosi. Gen. Gobius L. Boulerau, o Goujon de mer. fr. Maz- zuni, 0 Gurgiuni sic. I pesci di questo genere si distinguono per le loro ven- Irali che riunite alle toraciche, sia nella lunghezze che nella base formano un sol disco a guisa d’imbuto. L’ apertura del- le branchie molto stretta per cui possono vivere qualche lempo fuori dell’ acqua. I. Sp. Gob. niger L. Boulerau noir fr. Gurgiuni, o M azzimi sic. Le ventrali riunite sopra tutta la loro lunghezza ed ali- ci le in avanti, formando un desco concavo col quale può in certo modo attaccarsi agli scogli. II corpo è lungo, la testa rotonda, le guance rigonfie gli occhi avvicinati. Due dorsali, di cui la posteriore più lunga; il colore è brunastro al di sopra del corpo, pallido sotto. Questo pesce abita sempre fra gli scogli; si pesca con la canna , ed è stimatissimo per la squisitezza della sua carne. %. Sp. Gob. minutus L. Boul. blanc. — Mazzuneddu sic. Struttura del corpo simile al precedente , però in più piccole dimensioni, non eccedendo nella lunghezza del suo corpo i tre pollici. È tutto bianco, meno lungo il dorso ove è alquanto più biancastro; abita negli scogli, e si pesca con la rete essendo gregario. Piccolo pesce esso pure stimatissimo per il sapore del- la sua carne; si vende ne’ mercati misto sempre a piccole Fante, ed altri minuti pesci. Comunissimo nei littorale di lave deir Etna . Gen. Callionimus L. — I pesci di questo genere sono di- stinti per molti caratteri; cioè adire peravere l’apertura delle branchie a guisa di forame a’ lati della nuca: le pinne ventrali sotto la gola, e assai più .lunghe delle pettorali, la loro testa è obligua, depressa e gli occhi avvicinati e rivol- ti in sopra ; la pelle è liscia ; la dorsale ha il primo raggio setaceo che si estende per tutta la lunghezza del corpo li- bero e solo. Le specie che abbiamo nel golfo differiscono fra di lo- ro, 0 pel colore più o meno carico, o per la diversa loro grandezza . 1. Sp. Cai. Dranunculus Blen. Villisu, o Cuccuma grossa; lungo sino a otto pollici, brunastro al di sopra. 2. *^p.Cal. Lyra Blen. Cuccuma sic. più piccolo, e di color pallido sopra, biancastro sotto. 3. Sp. Cai. maculatus — Bafln. con qualche maccliia oscura nelle dorsali. — Cuccuma stizziata sic. Fan. Labroides. — Corpo oblungo e squamoso; una sola dorsale sostenuta in avanti da spine forti, guarnito spesso — 144 di un lembo carnoso ; la bocca fornita di denti acuti e forti. Gen. Labrus L. numeroso di pesci distinti per le dop- pie labbra, di cui le prime attaccate alle mascelle, e le al- tre a’ sotto orbitali , ciò che ha dato loro il nome di labru- ti. Le branchie strette a cinque raggi. I denti mascellari conici di cui i medii ed anteriori più lunghi. Non hanno spine all’opercolo. — Essi sono dipinti di vaghi colori. La linea laterale quasi dritta. 1. Sp. Lab. Merula L. Turdusic. Può riguardarsi come il più grosso di questo genere, giungendo alla lunghezza, tal- volta di \t pollici. Benché compresso è assai corpulen- to. È di color brunastro ma variato di verde e giallastro ; le squame sono larghe e forti , e le nuotatoje sono prece- • dute da spine. La carne è saporitissima. Abita la parte del golfo fian- gheggiata dalle lave dell’ Etna. %. Sp. Lab. julis L. Girelle de la 3Iediterranea fr. Vi- diulu, Zuraddu, Il più bello forse fra tutti i piccoli pesci del golfo, a causa del color ceruleo del corpo e delle strisce longitudi- nali color arancio, che lo segnano lungo la linea laterale; la testa è punteggiata degli stessi colori. — Non eccede la lunghezza di sei pollici. Si pesca fra gli scogli vulcanici del golfo, saporitissimo e ricercato. N. B. bisogna qui avvertire che i sistematici di ogni specie del Gen. Labrus ne han fatto tanti sottogeneri, ora per caratteri anatomici, ora per altri poco rimarchevoli, da render diffìcile il riconoscimento delle loro specie. Noi rap- porteremo quelle del nostro golfo che il Sig. Rafìnesque ha creduto doversi distinguere una dall’ altra, perchè di- stinte sono da’ pescatori, e variabili in ogni angolo di Si- cilia. — 145 - 3. Sp. Lab. Cappa L. Lappàra o Lappànu sic. Dopo il Lab. tiirdus, questo pesce acquista una bastan- te grossezza e lunghezza. — Esso è di un color giallastro fosco, con strisce da alto in basso, per tutto il corpo — co- mune nella costa vulcanica del golfo; — pregiato come tut- te le altre specie di Labri. 4. Sp. Lab. pavo L. Lappara frinza — o Lappanubed- du sic. Di minor grandezza, e speciosissimo per la bellezza de’ colori e per la vaghezza della loro disposizione. 5. Sp. Lab. Melops L. Lappara niura sic. di color più scuro della Lappara, e verso la coda è quasi nero; le stri- sce non si estendono che sino alla linea laterale. 6. Sp. Lab. Merula L. Merra, o Turdu d’arca sic. Ha la testa di color ceruleo misto di giallastro, il resto del corpo dello stesso colore alquanto più sbiadato. 7. §p. Lab. Cynedus L. Pizzi di re. — Piccolo pesce, color rossastro variegato in macchie e strisce, dal rosso vi- vo al roseo. S. Sp. Lab. Hepatus L. Saracu — giunge alla lunghez- za di sei pollici ; il corpo color bruno azzurrognolo . 9. Sp Lab. mixus L. Pavunissa — della grandezza del precedente; è variegato di strisce longitudinali e trasversa- li color giallastro arancino. 10. Sp. Lab. zittus— Raf. guesto piccolo pesce sem- bra più tosto una varietà del Lab . pavo —Zita sic. 11. Sp. Lab. pittima Raf. Pittima; non arriva a quat- tro pollici; colore misto di ceruleo e di giallastro . Molte altre specie rapporta il Rafmesque, da lui defini- te, che io non ho veduto. 1^. Sp. Lab. ciavolus Raf. Ciavuli e Minuli — comune. Della specie novacula — il Sig. Cuvier ne ha fatto un ge- nere— che ha una sola specie. 14. Sp. Coriphoona Novacula,' L. Rason. Ir. Petti- ni sic. Corpo e testa compressi, la fronte cade perpendic'olare sopra il muso. I denti anteriori più lunghi degli altri, co- nici ed acuti; il corpo coverto di lunghe squame, di color ceruleo giallastro. Pesce alquanto raro nel golfo, abita nel littorale vulca- nico ; molto pregiato per la squisitezza della sua carne. Faìh. Sparoidi. Sparus L. — Questo genere è stato fuso dal Sig. Cuvier in quello delle Percoidi, e ne ha fatto la prima di- visione Sparoidi. Si distingue essa pe’ caratteri di una dorsale lunga per la maggior parte del dorso, e per la solidità ed acutezza de’ denti. — Formano essi una numerosa famiglia che abita il littorale vulcanico del golfo, e sono in essa i pesci che. più si stimano nelle men.se. Il Sig. Cuvier di molte specie ne ha fatto tanti generi e sotto generi, che non credo necessario per ora seguire. 1. S;;. Smaris L. Picarei . fr. Spicara sic. Piccolo pesce di non più di quattro pollici di lunghez- za; di un grigio rossastro argentino con strisce nerastre tra- sversali, comunissimo. Sp. M?ena L. Picarei comune. — Minula sic. Piccolo pesce di due a tre pollici di lunghezza di color grigio argentino, radiato in lungo di bluastro. Il maschio è assai più grande e macchiato di color blu e rossastro; di es- so il Sig. Rafinesque ne ha fatto una specie deità Ciavolus dal nome siciliano CiaviUa; la femina ha due sacelli di uo- vi che ]iesano quanto tutto il resto del suo corpo. 3. Sp. Boops — Rogne ordinaire — Fr. Vopa sic. di un grigio argentino, a’ lati radiato alquanto di bruno. Nel lit- torale vulcanico del golfo arriva spesso alla lunghezza di sei pollici, ma ordinariamente non ne ha più di tre. — U7 — 4. Sp. Salpa L. SaiipeFi*. Sarpa sic. giunge alla lunghez- za eli selle pollici; il corpo è grosso e meno compresso de- gli altri Spari, color argentino, con strisce longitudinali gialle. 5. Sp. Melanurus L. Oblade Ir. Uccliiata sic. grigio ar- gentino radiato in lungo di bruno, ha una macchia nera ai lati della coda. 11 corpo è molto compresso, e di forma pressocchè ro- tonda . 6. S;;. Sargus L. Sargue Fr. saracu sic. Argentino striato in lungo di giallo, e a traverso di ne- ro. Arriva alla lunghezza di otto pollici, spesso assai carno- so— delicato al gusto. 7. S^). Aurata L. Daurade fr. Arata sic. I denti molari di questo pesce si fanno più grossi e forti con la età. È di color argentino; dorso bluastro, con una macchia indorata sul sopraciglio; la carne è squisita — non molto comune. 8. Sp. Pagrus L. Pauru sic. II più grosso di tutti gli Spari nel nostro golfo e nel re- sto del littorale vulcanico dell’ Etna; è color rossastro uni- forme. Giunge spesso alla lunghezza di quattro piedi, ed uno di larghezza. É poco compresso, la testa è grossa; la carne squisita; non è molto comune ma si pesca in ogni anno nel- la ^stagione [esth^a. 9. S;;. Mormyrus L. Ajula — comune, e di buongusto. Argentina, con strisce trasversali su tutto il dorso epe’ lati. 40. Sp. Dentex L. Dentò fr. Dentici sic. A ragione porta questo nome per li otto denti anterio- ri forti e lunghi, più che altro sparo. Il colore del corpo è argentino, le nuotatole gialle e rosse. Arriva alla lunghezza di un piede, e talvolta anche più . La carne è stimatissima. W. Sp. Spar. cantharusL. Canther ordinaire fr . Ciucia- stra sic. — 148 - Ha il corpo color argentino radiato in lungo da strisce gialle — comune. Gen. Scorpena!. Bascasse fr. Scrofana sic. Questi pesci hanno la testa ricciuta di spine, sopra le gote principalmente; il preopercolo ne ha quattro, l’operco- lo due più lunghe. Il corpo è lungo, poco compresso e liscio. 1 . S/9. Scorp. porcus L . Cipudda sic . — di color rossastro . 2. Sy9. Scorp. Scropha L . Scrofana sic . di color bruna- stro macchiato di nero e di giallastro. Queste due specie sono comuni nel golfo; la seconda ha le spine del preopercolo assai acute, e la loro puntura si sti- ma velenosa da’ pescatori, che la prendono con molta dili- genza . 2.“ DIVISIONE [Percoidl] Persequés fr. Questi pesci si distinguono dagli Spari per la dorsale di- visa in due, o meglio per due dorsali. I denti sono piccoli, uncinati o a velluto; nel resto rassomigliano agli Spari. Gen. Atherina. Guance ed opercoli squamosi senza spi- ne marginali. Due piccole dorsali e più indietro delle pet- torali . Ath. hepsetus. Sanchette o Moiette — Curineddasic. pic- colo pesce marino ; distinto dalla Curinedda di fiume pel corpo più grossetto, e per la linea laterale rilevata; poco pregiato pel gusto. Gen. Sphyrena. — La mascella inferiore più sporgente della superiore. 1. Sp. Esox Sphyrena, 0 Lucius — L. luzzu. Lungo sino ad un piede, di color ceruleo oscuro sopra, più sbiadato sotto, con un bordo verdastro. Si vorrebbe as- somigliare al Brochet de’ francesi, cui spetta la Siihyrena di Linneo; ma io non l’ho veduto mai, nè alcun pescatore co- nosce altra varietà del Luzzo — Comune; la carne è squisita. t. S/). Esox belone L. Agugghia sic. Ha le mascelle prò- — U-9 — tratte in avanti ed acute; la inferiore alquanto più lunga. Il corpo lungo e sottile come 1' anguilla; ceruleo sopra, bian- co sotto. Tutta la spina dorsale è di color blu. Arriva talvolta alla lunghezza di due piedi; e si chiama allora Àgugghia im- periali — comune. Gen. Mullus L. Surmulet. — Fr. Trigghia sic. Corpo declive dalla testa alla coda; la testa grossa, co- verta di larghe squame, come nel resto del dorso. Gli oc- chi avvicinati; due barbole alla gola. \. Sp. Mullus barbatus L. Rougetfr. Trigghia sic. Pesce comunissimo di color rosso uniforme, comincia a pescarsi appena nato, con le reti, in grandissima quantità nel mese di luglio. Come va crescendo alla lunghezza di tre pollici, prende nel nostro golfo il nome di Sparacanaci. Si pesca dopo con la canna e con la lenza, ed arriva alla lun- ghezza di otto pollici, e si chiama allora Trigghia di grami- gììa, che è molto pregiata; questa potrebbe distinguersi in qualche modo, e riferirla al Sp. M. Surmuletus L. per le strie giallastre late- rali . Gen. Mugil — Mulets fr. Pinne ventrali sotto l’addome; due dorsali corte e divi- se; l’anteriore spinosa lontana dalla nuca, più indietro delle ventrali ; la seconda corrispondente all’ anale ; la testa de- pressa e larga, tutta squamosa: gli opercoli convessi. M. cephalus L. Mulet. fr. Mulettu sic. Comune nel golfo e pregiato ; giunge alla lunghezza di un piede e mezzo. Nessuna differenza dimostra con quello de’ laghi , che anzi si pesca appena nato nel mare, e si trasporta in broc- che di argilla cotta ne’ laghi, ove acquista una significante grossezza e lunghezza sino a due piedi; la carne dell’uno e dell’ altro è squisita. , Gen. Perca Perche fr. ATTI ACC. VOI, XIX, OO — 150 — Carattere principale si è quello di avere gli opercoli spi- nosi, 0 dentati: e talvolta anche spine alla testa. Le due pin- ne dorsali non sono molto disgiunte. 1. Sp. P. fluviatilis. Perche comune fr. Lercia di fiumi . Corpo color verde dorato a strisce trasverse le due pin- ne dorsali rossastre; la prima più lunga; una forte spina al- l’opercolo. Non molto comune. 2. Sp. P. Labrax L. Locop. fr. Perda sic. Corpo color argentino, le due pinne dorsali rossastre , quasi uguali in lunghezza; ha due spine all’opercolo — non molto comune. Gen. ScienaL. Il muso squamoso, ottuso e più o meno prominente avanti le mascelle lo fan differire dalle Perche. S. umbra L. Corbeau fr. Umbrina sic. Corpo di color nerastro argentino, nuotatoje nere.— Benché si creda comune nel Mediterraneo, pure è raro nel nostro golfo. Gen. Trachinus L. Vives fr. Corpo allungato; testa depressa; la prima dorsale più corta della seconda , il preopercolo dentato , l’ opercolo spinoso . Ir. drago L. Vive ordinaire fr. Tracchiu o Tracina sic. Corpo allungato, che giunge ad un piede p. la prima dorsale a cinque raggi il primo è acuto e si crede veleno- so come quello della Scrofana. Geìi. Uranoscopus L. La testa grossa loricata quasi cubica; gli occhi alla su- periore, e diretti in su; la mascella superiore rimontante innanzi all’ altra; la bocca fessa quasi verticalmente. Il preo- percolo crenolato in basso; una forte spina a ciascheduna spalla; la prima dorsale piccola a raggi striati; la seconda lunga e molle, come l’anale. Uranoscopus scaber. L. Cocciu sic. Corpo tutto rosso; giunge alla lunghezza di un piede e mezzo; comune. Gen. TriglaL. Grondius fr. Si distinguono questi pesci per la testa fortemente lori- cata, e la forma cubica che ne assume; le sotto orbitali si uniscono al preopercolo , e garentiscono tutta la guancia: si portano spesso in avanti per formare un muso sporgente. L’opercolo, il preopercolo, l’occipite e la spalla terminano indietro in una spina robusta. Altro distintivo carattere dà loro il raggio inferiore della pettorale distaccato dagli altri; le due dorsali sono distinte, ma le anteriori sono più lunghe. 1. Sp. Tr. cuculus L. Rousette fr. Cuccù sic. Corpo alquanto lungo, rossastro, una macchia nera al- la prima dorsale — non molto comune. 2. Tr. Hirundo L. Perlon. fr. Rininuni di mari. Bruno, a muso scavato, rotondo; pettorali nere e lun- ghe quanto il terzo del corpo. Raro. 3. Sp, Tr. LyraL. Gornau fr. Furcata sic. Rossa, a muso diviso in due lobi denticolati. 4. Sp. Tr. cataphracta L. Trafmu sic. Di un bel rosso di minio. Il muso diviso in due, poco denticolato , non ha che due raggi liberi sotto le pet- torali. Questi pesci sono rarissimi nel nostro golfo, siccome la Frigia volitans L. che non ho mai qui veduto , ma che il Sig. Rafmesque rapporta come non rara, e che in Palermo chiamasi pisci Falconi. Gen, Cottus L. Chabot Cuv. Hanno molto rapporto con le Scorpene, per la testa spi- nosa, per le grandi pettorali, per le ventrali e toraciche; la dorsale prima è spinosa ed intieramente distinta dalla po- steriore, che è molle; la testa è depressa orizzontalmente. C. Scorpius L. Scorpion de mer fr. Pisci diavolo. Nella pesca di piccoli pesci che si fa con la rete nella costa vulcanica del golfo, si trova fra essi questo piccolo pe- sce, che non arriva in lunghezza a più di due pollici — es- so è duro e di cattivissimo gusto, per cui non si mangia. Gen. Lophius L. Baudroyes Cuv. Questi pesci moslruosi per la eccessiva grossezza della testa, e l’ampia apertura della bocca, lianno lo scheletro cartilaginoso; le pettorali ossee sino a certo punto, hanno un’articolazione, come le ossa del braccio; le pettorali stes- se al di sopra cuoprono l’apertura delle branchie, che si riduce così ad un forame dietro la pettorale . Loph. piscatorius. L. Raye pecheresse fr. Piscatrici. Testa estremamente larga e depressa in molti punti ; la gola apertissima armata di acuti denti; la mascella infe- riore guarnita di molte barbole; al di sopra della superiore sorgono due barbole lunghe, terminate da una caruncola. II corpo è conico verso la coda ed è poco più di metà di tut- to il pesce ; il colore è rossastro , macchiato di verde scuro. Questo pesce dimora nel fango de’ luoghi poco esposti alle onde del mare. Si nasconde in esso; apre la immensa bocca, e movendo la caruncola delle barbole superiori, invi- ta i pesci piccoli ad afferrarla; allora esso la ritira nella bocca ed il piccolo pesce vi rimane preso . La carne è durissima. Ma la testa tutta cartilaginosa , bollendosi divien mangiabile, per cui si apparecchia nelle cucine . Fam. Scomberoidi. Gen. Scomber. L. Hanno una caresta sporgente a’ due lati della coda; pic- cole squame da pertutto il corpo rotondo e terete. L’ anale e la seconda dorsale hanno le parti posteriori semi)re divise in false nuotatoje. La prima dorsale è divisa dalla se- conda. 1. Scomber scombrus L. Maquerau fr. Scrumiu o Stummu sic. —Corpo rotondo, a dorso blu, marcato di stri- sce ondate nere ; giunge alla lunghezza di un piede cir- ca. — Si pesca in abbondanza, ma non sempre nel mare del golfo. 2. Sp. Se. Tynuus L. Thon fr. Tunnu. Si vede qualche volta di passaggio nel golfo, ma non vi si pesca. 3. Sp. Se. Pelamys. Bonite rayé fr. Palamitu. Dorso blu, con strisce longitudinali aTianchi; false notato- je vicino la coda, sopra e sotto; la sua lunghezza giunge spes- so ad un piede e mezzo— comune nel golfo. Molte altre specie di questi pesci si pescano in questo golfo, de’ quali il sig. Rafìnesque ne ha dato un lungo cata- logo. 4. Sp. Se. tracurusL. Sauret— fr. Saurusic. dorso blua- stro, ventre argentino , grandi squame a’ lati. Piccolo pesce, che si pesca generalmente nel mese di agosto. Gen. Zeus — Dorées fr. Hanno il corpo ovale compresso; pinna dorsale indivisa; le addominali lunghe e strette; l’opercolo con una promi- nenza spinosa indietro ; il labro superiore rivolto in su, co- me ne’ labroidi. Z. faber L. dorée — pisci gaddusic. La pinna dorsale unita; dieci raggi nella parte anterio- re, de’ quali i tre penultimi sortono dalla membrana in lun- ghi filamenti, che giungono sino alla coda, la quale è indi- visa. È di color rossastro, con una macchia oscura a’ due lati del corpo. — Raro nel golfo. Gen, Xiphias. Espadon. fr. Corpo rotondo appena squamoso ; una carena alquanto sporgente a’ due lati presso la coda ; il muso termina a for- ma di una lama di spada, formata da’ mascellari ed inter- mascellari, saldati insieme all’ etmoide, e prolungati molto al di là della mascella inferiore; le pettorali lunghe ed acute , f primi raggi della dorsale sono spinosi. -- 154 X Gladius L. Espadon. fr. pisci spatu. Questo pesce squisito pel gusto, si pesca più che altro- ve nello stretto del Faro, ove giunge alla lunghezza di otto piedi. Nel nostro golfo se ne pesca qualche volta, di quelli non molto grandi. Gen. Coriphaena L. Corpo lungo molto compresso. Dorsale unica indivisa, e di uguale altezza; coda biforcata; pettorali e addominali a- cute; testa compressa, fronte rotonda, opercoli senza spine , color bluastro sbiadato . Cor. Hippurus L. Dophin fr. Caponi sic. Dorso color bluastro sbiadato, con una serie longitudi- nale di macchie più scure; la lunghezza giunge ad un pie- de e mezzo. Questo pesce viene nel golfo costantemente ne’ primi di ottobre, e vi si pesca in abbondanza sino a tutto il mese no- vembre . Fam. Squamipenni. Gen. Chaetodon L. Così detti pe’ loro denti simili al crine per lunghezza e finezza, riuniti in molti ranghi come i peli della brusca. Corpo molto compresso verticalmente elevato, per cui pren- de la forma ellissoide; le notatoje dorsale ed anale, talmen- te coverte di squame simili a quelle del dorso, che si può appena conoscere da dove esse cominciano. Ch. Luna — nob. Pisci luna sic. Questo pesce, per molto tempo riferito come specie de- gli Spari, ho creduto dover appartenere al genere Chetodon per il carattere de’ denti e delle pinne coverte sino a metà di squame. Esso, benché comune ne’ mari di Sicilia, pure è più svi- luppato nel nostro golfo, ove giunge alla lunghezza di|un piede e mezzo, e la carne è migliore di tutti gli altri che si pescano ne’ mari di Sicilia e del Mediterraneo, ove è cono- — 155 - scinto sotto il nome di Pesce castagna, Castagnola, Fetula ec. Geìi. Piatola Cuv. La figura del corpo è quasi ovale a causa della poca spor- genza de’ raggi primi della dorsale e dell’anale. Queste sono coverte in parte dalle piccole squame che vestone il corpo; il colore è argentino matto. Stromateus Piatola L. fetula sic. Pesce molto raro nel nostro golfo, di colore cenerino ar- genteo, con una serie di macchie longitudinalmente disposte, di un giallo dorato. FISTOLARIE Gen. Centriscus L. Corpo quasi ovale, compresso, tagliente al di sotto; una piccola dorsale spinosa; piccole ventrali dietro le pettorali; la bocca estremamente piccola e tagliata obliguamente. Centr. scolopax. L. Trombina sic. Rarissimo nel nostro golfo — ha il muso alquanto allun- gato, ove si apre la piccola bocca. NOTA Dopoché, molti anni sono, io avea compilato questo sag- gio, non avendo potuto continuare i miei studii ittiologici, e quindi in nulla avendolo accresciuto, esorto i miei colle- ghi che vorranno occuparsi dei pesci del nostro golfo, di ve- rificare se in esso esistono le specie che il sig. Rafinesque rapporta nel suo Indice d' ittiologia siciliana ; e sopratutto delle seguenti: Blennius ocellaris L. — Baùsa ucchiuta sic. » barbatus. Raf. — Patuvànu imperiali y> mustea » — Mustìa » » labrus » — Bavusuni > — 156 — \ « Blennius Patuanus Raf. — Patuvanu de » ’gonocephalus » — Bavusu urgiuni? » » gibbosiis » — Baùsa immaruta >> » gobioides » — Bavuseddu,o Gurgiuneddu » » vividus » — Bavùsa » » variabi-lis » — Spirdottu 0 Spirdu » » julioides » — Viola bausa » » (ongus » — Bavusedda » » physophthalmus» — Mustia imperiali » Gadus minutus L. — Beccaficu » Onus Smiridus Raf. — Smiriddu » » Mustellus » — Mustiddu, 0 pisci lupu » Bothus rumolo » — Rumulu » Zeus aper. L. — Pisci tariolu » Perca pusilla L. —Pisci serra » Sciena cappa L. — Sirrania nigra. » Lopharis mediterraneus Raf.— Perda di gramigna » Perca punctate L. —Spinola, 0 Spinetta » Pleuronectes rhomboides Raf. — Rumbu imperiali » » Cithara » — Cantimi » » pegura » — Linguata ucchiuta » » Àrnoglossa » — Linguata liscia » » Maximus L. —Rumulu imperiali » Bothus rumulo Raf. — Lumera? y* » tappa » — Panta Holocentrus Sogo Lac. — Serraina, o Budagia » Labrus chanus L. — Budagia di solu » Perca cernua L. —Cernia » » gigas Raf. —Cernia » Labrus anthias L . — Munacedda di forti. » Lutjanus mediterraneus Lac . — Burragia » Labrus adriaticus J.. — Pirciudda. » » unimaculatus L — Percia di solu » )► olivaceus L. — Pisci saponi » 157 Perca cabrila L. — Burragia sic. Lutianus Capra Rat. — Pisci crapa w Jlypacanthiis Vacligo Rat. — Cirviola h Naucrates Fanfarus Rat. — Fanfàru ìi Centracampus cirrus » — Pisci d’ umbi*a » Notognidion Scirenga » — Cirenga » Gasterosteus Pungitius L. —Spinalora » Scomber Alalunga L. — Alalonga » bisiis Raf.— Tunnacchiu » » Allestratus » — Cuvarita » Traciiemes im perlai is » — Sauru imperiali >> Tracorus Alicciolas » — Alicciola » i.abrus corophtalmus » — Turdu » — e tutte le altre specie de’Labroicli — S[)icara flexuosa » — Spicara » Sparus smaris L. — Minula? » — e tutte le altre specie de’Sparoidi di Rafmesque- Mullus fuscatus' Raf. — Sparacanaci » Scorpena notata » — Scrofanedda » — varie specie di Frigia — Salmo tirus Raf. — Tini imperiali ►> Exos imperialis » — Agugghia reali » Atherina Latterina » — Curincdda latterina » nunnata » — nonnatu, muccu » Typhle exagonus » — Guju » Nerophis maculutus » — Spingula di mari » Gimnotus Acus L. — Ancidduzza » Oxyrus vermiformis Raf. — Virmuzzu di mari » Animodites cicirellus » — Cicireddu ? » Luvarus imperialis Raf. — Luvaru imperiali » Piscephalus adlierens » — ’Mpicalora? » — varie specie di Echelus — Devo avvertire i miei colleglli, che da’ nomi siciliani e difficile ritrarre alcun ajuto; mentre lo stesso pesce ha dif- ATTI ACC. VOL. XIX. 158 Ut enti nomi in Palermo, in Messina, in Catania, non solo, ma anche in ogni angolo della costa marittima del nostro golfo. Bisogna dunque aver la pazienza di recarsi ne’ mercati di pe- sce, scegliere quelli che dovrà caratterizzare e studiarli at- tentamente; e son sicuro che troverà molte specie o nuove 0 rare, principalmente nelle famiglie Percoidi , Labroidi e Sparoidi . t ANALISI CHIMICA PRODOTTO MINERALE UN VULCANO SPENTO DELLA TOSCANA NOTA DI S T X A JW E », r. A « E O r X A OEL OÌ O AdOlSTO f ses. » nXL-i‘1 oT/iji't^- iw ‘ - ' ATOr» IO . 1 1- w t f ”* r*. '• »* Jf • 4 ^ t« ja« § i 9^t '•» A.t tM. à^wr Al Sud-Est della Toscana e precisamente fra il monte À- miata e la montagna di Cetona ergesi un cono vulcanico a costituire la sommità del monte di Radicofani, cono ora spen- to , ma il quale con i caratteri del suo insieme fa conoscere che dovette ardere in un tempo comparativamente recente. Esso che sorge in mezzo al terreno subapennino rappresentato quivi unicamente dalla formazione delle argille turchine, le quali fanno seguito a quelle del bacino così detto delle crete senesi , mostra tuttora in parte distinto il suo cratere, come le colate di lava che lo costituiscono , formate da basalte e da numerose varietà di tefrine, rocce le quali oltre a ciò fino alla distanza di 2! o 3 miglia dallo spento vulcano, si trovano disseminate sul terreno circostante in forma di massi più o meno voluminosi che rinfusamente ammassati riempiono alcune vallate. Avendo avuto più volte occasione di visitare questa lo- ‘ calità vulcanica, di raccogliere ed esaminare le varietà di lava che presenta, mi è accaduto diverse volte, rompendo es- 162 — se lave col martello o approfittandomi di certi lavori di mi- na che si facevano mentre io vi era, per sbarazzare il terre- no circonvicino dai detti massi di basalto erraticamente ivi dispersi, di osservarvi nelfinterno delle concentrazioni di una sostanza vetrosa, la quale per non essere giammai cristallizza- ta e per trovarsi in quel particolare giacimento potendosi ri- tenere a prima giunta per un silicato, piuttosto che per silice, credetti opportuno di farne argomento di una speciale ricer- ca. Prima però di entrare in dettagli mi giova fare di volo una osservazione ed è, che le roccie vulcaniche di questa località che si possono per il loro aspetto generale distin- guere in grigie più o meno scure ed in rosse (abbondando in queste seconde il sesquiossido di ferro di cui scarseggiano invece le prime ) sono prevalentemente rappresentate da nu- merose varietà di basalte, tra le quali merita speciale men- zione una talmente ricca di granuli di ferro magnetico da avere una distintissima polarità magnetica, come la può ave- re una calamita. Ora tutte queste varietà di basalte con fin- sieme dei loro caratteri si avvicinano molto alle lave attuali; infatti è meno frequente fra di esse il vero tipo del basalte compatto di quello che delle tefrine, poiché il più spesso ci si presentano più o meno cellulari , fino a costituire le sco- rie e ben di sovente il feldispatoè in quantità maggiore o mi- nore, sostituito dal peridoto. Ciò premesso, venendo prima sui caratteri fisici della so- stanza in discorso , questa ha V aspetto vetroso e non 1’ ho trovata giammai cristallizzata, ma sempre in forme di con- centrazioni il più spesso nei basalti, più di raro nelle scorie. Tale sostanza si presenta ora perfettamente incolora e tra- sparente, ora trasparente si, ma di un colore affumicato leg- germente ametistino , ora bianca non trasparente e di più facilmente disgregabile, mentre negli altri due casi è compat- ta e tenace: talché se ne possono costituire 3 varietà, jali- na, affumicata, e friabile queste 3 varietà ricercato il / peso specifico ho trovato che questo alla temperatura di 16." è in media eguale. per la r a 2,0550 — — r a 2,0560 3‘^ a 2,0555 Si noti che tutte e tre queste cifre sono nei limiti della den- sità del quarzo compresi fra 2,0413 e 2,6541 secondo Beu- dant, designata eguale a 2, 0701 dairilaiiy: e anche la durez- za vi corrisponde poiché graffia il feldispato orthoclase, é graffiata dal topazo , sicché rappresenta come il quarzo il termine 7 della scala di Mohs. Malgrado pero che tutti questi caratteri fìsici della sostanza corrispondano a quelli del quar- zo, tuttavia poiché l’esperienza dimostra come sia fallacelo stabilire la diagnosi di un minerale su questi dati i quali per quanto preziosi sono però insufficienti specialmente quando manca quello della cristallizzazione, bisognava che io ne de- terminassi la natura chimica ed ecco le esperienze cui l’ho assoggettata . I. Dopo averne riscontrato la insolubilità a freddo e a caldo negli acidi (idroclorico, solforico, nitrico], ho preso separatamente le tre varietà di sostanza le ho polverizzate e ne ho successivamente introdotto una piccola quantità in un crogiolo di platino all’ apertura del quale ho fatto cor- rispondere festremità ricurva di una piccola storta parimen- te di platino contenente un miscuglio di fluorina e di acido solforico destinato a sviluppare l’acido idrofluorico. Riscaldata la stortina e venendo i vapori dell’acido idrofluorico in contat- to con la sostanza, dopo un’ ora circa di tempo ho osservato ' che la sostanza della varietà jalina e della fragile era perfet- tamente scomparsa e quella della varietà affumicata ha la- sciato un piccolissimo residuo rossiccio. li. Nella medesima stortina di platino ho introdotto una certa dose di una delle 3 varietà polverizzata indi dell’ aci- do solforico e del fluoruro di calcio perfettamente scevro di Silice. Ho riscaldato la storta e mentre ne facevo affiorart la estremità alla superfìcie deli’ acqua contenuta in un bic- chiere, ho ottenuto alla superficie di questa delle pellicole che cadendo al fondo hanno costituito una sostanza bianca gelatinosa. * III. Una quantità determinata in peso della sostanza incolora , trasparente, polverizzata e projettata sulla po- tassa caustica fusa in crogiolo di argento, si è compieta- mente sciolta. Tolta la massa dal calore e lasciata raffred- dare, ripresa indi con poca acqua e poi trattata in una cas- sula di porcellana con acido idroclorico per neutralizzare r alcali, mi si è manifestato un precii)itato gelatinoso. £- vaporato a secchezza il liquido col precipitato, calcinato il resìduo indi lavatolo più volte con acqua fino da portar via tutta la parte solubile, indi seccata la materia rimasta e pesata ho avuto, che mentre la sostanza primitiva pesava 0, *5^469 il residuo ottenuto mdle suddette condizioni ha pre- sentato sul detto peso l’aumento di 0,^^0005, aumento certa- mente proveniente da un pò di cloruro di potassio le cui ul- time porzioni è difficile asportare dal residuo insolubile. I resultati di queste 3 esperienze dimostrano chiaramen- te che la sostanza in questione altro realmente non è che silice. Infatti mentre è insolubile negli acidi, nitrico, idro- clorico etc. col trattamento delf acido idrotluorico è scompar- sa e ciò si spiega per la formazione del gas fluosilicico che appunto essendo gassoso si disperde : il precipitato gelati- noso ottenuto nella 2.® e 3.® esperienza è pure una proprie- tà chimica che caratterizza la silice. In conferma di ciò ven- gono poi i caratteri pirognostici poiché assoggettata la sostan- za alla fiamma del cannello nel vetro di borace si scioglie con difficoltà e dà una perla incolora, mentre nel vetro del sai eli fosforo non si scioglie e rimane nuotante nella per- la fusa. Kiconosciuta così non solo la natura della silice ma anche che si trattava di silice pura nel caso delle due varietà jalina e friabile dietro i resultati della T e ir es{)crienza dai quali si è veduto 1“ che i vapori di acido idrotliiorico lo facevano completamente sparire, che la sostanza si è. sciolta completamente nella potassa c si è poi precipitata quasi nel peso di prima; era necessario determinare la na- tura del residuo che con l’azione dell’acido idrofluorico ri- mane impiegando la silice della varietà affumicata. Il resi- duo della r esperienza trattato a caldo con 2, o 3 goccie di acido nitrico si è sciolto completamente e la soluzione evaporata a secco a moderata temperatura, ripresa con acqua e coi reattivi del ferro, mi ha presentato tutti i caratteri di questo. Un’altro residuo ottenuto nello stesso modo, sciol- to in acido nitrico, versato in un tubetto contenente acido nitrico e minio e trattato col calore mi ha dato col riposo alla superfìcie un liquido limpido il quale era sensibilmente colorato in rossiccio per la formazione dell’acido permanga- nico che caratterizza la presenza del manganese, la cui quan- tità sì piccola mista al ferro non mi ha permesso di verifi- carlo jn nessun’ altro modo. La sostanza estranea che si trova nella 2® varietà di silice e che le comunica quel colore affumicato leggermente ame- tistino è dunque costituita da ferro con traccie di manga- nese: determinata quantitativamente prendendo un dato pe- so di sostanza primitiva, eliminando la silice con acido idro- tluorico e pesando poi il residuo trattato prima con acido nitrico e calcinato , ho trovato che non è in proporzione costante, come era naturale non essendovi impegnata chi- micamente; ma varia secondo l’intensità del colore che pre- senta la silice primitiva. Ho trovato per esempio che uni- tamente al colore più scuro si ha 0,s’’080 di sesquiossido di ferro per mentre col colore più chiaro si ha appena 0,«"030 per ^ . — 166 La presenza della Silice tra i prodotii vulcanici si è ve- rificata in molte circostanze o in forma di incrostazioni nelle fenditure delle lave o in forma di concentrazioni dentro di queste. Humboldt ha fatto conoscere le produzioni quarzo- se di Teneriffa, Thomson quelle dell’ Isola d’ Ischia, Beffa e Gemmellaro quelle dei vulcani estinti di Val di Noto e dell’ i- sola di Pantelleria (1) nella quale ultima si depongono tutto giorno sotto gli occhi degli osservatori come più in grande vediamo nei Gayser dell’ Islanda. La silice così detta Fiori- te (dal luogo ove si trova) è frequente nel terreno trachi- tico di S. Fiora in Toscana cioè sul monte Àmiata testé no- minato : Silice si trova pure nell’ Etna e precisamente ai Monti Bossi presso Nicolosi (2) e nel basalte della rupe del- la Motta (3); il Vesuvio pure non ha mancato di presentarla in qualche caso (4) . Però la Silice che si riscontra nelle lave dei vulcani o spenti o in attività come nei terreni pirogenici non vulca- nici, è in generale Silice idrata, è quella che secondo le va- rietà porta il nome di Ialite, Fiorite, Opale etc. mentre rara- mente trovasi allo stato di quarzo propriamente detto. In- fatti non accade frequentemente di raccogliere del quarzo al Vesuvio e a quel che io so non è stato trovato fin ora altro che nelle lave più antiche, in quelle antistoriche: credo che debba trovarsi pure in qualche punto dell’Etna come ho potuto rilevare ultimamente da un saggio di lava che si con- (1) Sopra l’isola di Pantelleria, de soci corr. Conte Beffa e C. Gemmellaro. — Atti Gioeni Voi. 5. — I. serie. (2) Orittognosia Etnea di C. Maravigna. — Atti Gioeni I. serie Voi. 9. (3) Sulla Ialite del Basalto della Motta. — Cenno del Prof. C. Ma- ravigna— Alti Gioeni I. serie Voi. 12. (4) Annali del B. Osservatorio Meteorologico Vesuviano , compilati da Luigi Palmieri. — Napoli 1859. - 167 — serva nella collezione del Prof. Carlo Gemmellaro in Cata- nia, ove vedesi una specie di concentrazione di quarzo gra- nulare . Rimaneva a verificare se questa silice che ho trovato invece assai frequentemente a Radi cofani e la quale piutto- sto che somigliare alle varietà naturali di Ialite o Silice idrata ha tutta l’apparenza del quarzo, se presentava di fat- to il carattere di questo, di non contenere acqua e di essere perfettamente anidra. A tal fine ho preso le due varietà ja- lina e affumicata, le ho polverizzate in un mortajo di aga- ta al massimo grado di sottigliezza, direi quasi a impalpabi- lità, e poi ne ho messa una certa quantità separatamente in due crogioli di platino bene netti e precedentemente porta- ti alla temperatura nel calore rosso per disperdere ogni so- stanza volatile che potevano contenere. I crogioli con la so- stanza e difesi con il loro coperchio sono stati esposti per molte ore nella stufa Gay-Lussac alla temperatura dell’ ac- qua bollente fino a che pesati e ripesati non hanno pre- sentato la minima dilTerenza di peso. (Mi sono servito di una bilancia di Deleuil coi così detti cavalieri, sensibile al decimo di milligrammo). Ciò fatto ho situato immediatamen- te i crogioli sulla lampada Berzelius e quivi esposti per un’ora ciascuno alla temperatura del calore rosso-bianco e pesati dopo averli fatti raffreddare in un’ atmosfera perfetta- mente secca, ho trovato che il peso primitivo era diminui- to. Ecco precisamente i resultati. Silice jalina prima della calcinazione = 0,®''4649 Idem dopo la calcinazione = 0,^"4635 perdita == 0,^^0014 che ridotta per-^è = 0,®^3011 Qui faccio notare che per assicurarmi che la perdita proveniva solo da diminuzione di peso della silice e non da ATTI ACC. VOL. XIX. 24 - 168 nessuna causa di errore ho riscaldalo di nuovo il crogiolo con essa al medesimo grado di calore che sopra e dopo il raffreddamento non ha mostrato nessuna diminuzione di pe- so il che prova la esattezza della esperienza. Non contento di questo resultato ho ripetuto per altre due volte l’esperienza sempre con tutte le precauzioni possibili, come lo esigeva la sua delicatezza, ed ho avuto sempre una perdita, ma non in proporzione costante poiché infatti in un caso sopra 0,®’’9974 ho avuto una perdia = 0,^^0015 ossia 0,215 per in un’ altro sopra 0,^'^2646 la perdita è stata = 0,s"00 12 ossia 0,4335 per-^. Il fatto di questa perdita nuovo per quanto è a mia co- gnizione non poteva fare a meno di attirare la mia attenzio- ne e d’ invogliarfni ad applicare F utilissima pratica delle e- sperienze comparative. Allorché potei essere avvertito che al Vesuvio nelle lave antistoriche le quali presentano molta analogia con quelle del monte di Radicofani si trova pure una sostanza silicea, ne volli stabilire il confronto e la tro- vai presso a poco identica a quella in esame, con questo solo di diverso che al Vesuvio anziché in forma di concentrazio- ne il più delle volte si presenta cristallizzata in minuti cri- stalli nell’ interno di geodi che si riscontrano nella lava. Quan- do è amorfa é precisamente eguale alla varietà fragile di Ra- dicofani , come si può vedere dai saggi di Radicofani che possiedo e da quelli del Vesuvio che si conservano nella bella collezione dei minerali vesuviani del R. museo di Mineralogia a Napoli, un frammento staccato di uno dei quali é stato messo gentilmente a mia disposizione per questa mia ricerca dal prof. Scacchi direttore di quel museo. Or bene presa di mira que- sta silice vesuviana riconosciuta per quarzo di origine pari- mente vulcanica, e di più del quarzo jalino di un giacimento differente, quello precisamente che trovasi nel marmo statua- % — 169 — rio di Carrara in Toscana, cioè in seno di una roccia meta- moriica di origine antica, del lias inferiore, .nella quale ge- ncralinenle è cristallizzato e si presenta nelle forme più ni- tide e nel massimo grado di purezza; sono venuto su que- ste due qualità di quarzo a istituire la medesima esperien- za della calcinazione, e fatta questa in eguali condizioni ho trovato che 0,«^788 di quarzo del Vesuvio perdono 0,«^0013 ossia 0""1G48 per mentre la perdita di 0,®"3482 di quarzo di Carrara è = 0,«’’0017 cioè a 0,4882 per Sicché la diminuzione di peso con la calcilazione si ve- rifica anche in queste due varietà e questo fatto merita at- tenzione per decidere quale è la sostanza che si elimina col calore dal quarzo, mentre è stato detto che il quarzo è per- fettamente privo di acqua a differenza appunto della Ialite che contiene 2, 73 fino a 11,00 per-^ di acqua. In ogni mo- do bisogna ricorrere alla determinazione diretta della sostanza che sfugge con la calcinazione operando sopra una certa massa di silice e raccogliendo la detta sostanza separatamen- te se è possibile . Nella speranza di poter decidere su di ciò con altre ricer- che che ho incominciato a intraprendere su varie produzioni silicee, ho voluto darvi contezza del fatto riserbandomi a dar- ne in seguito la spiegazione. Malgrado ciò poiché la perdita con la calcinazione vie- ne subita dal quarzo cristallizzato di Carrara e del Vesuvio ritengo per vero quarzo anche la sostanza vetrosa amorfa di Radicofani in corrispondenza pure di tutti i suoi caratte- ri fisici. Circa al modo con cui s’ intende la origine del quarzo nelle rocce vulcaniche possiamo ricorrere verosimilmente ad ammettere f azione simultanea delle emanazioni gassose di fluruoro di silicio o dei vapori dì cloruro di silicio e del 1 — 170 — vapore d’acqua che incontrandosi abbiano dato luogo o len- tamente 0 precipitosamente alla produzione della silice libe- ra che sotto r influenza forse di un’ alta temperatura ha po- tuto acquistare i caratteri di quarzo cristallizzato o amorfo ; oppure anche di quarzo fragile e facilmente disgregabile se ha potuto sentire più volte l’ alternativa di alte e basse tem- perature . MONOGRAFIA PELLE BROCCHIE » vm Acn. vor.. xrx. 26 I MONOGRAFIA DBL GENERE BROCCHIA PER IL PROF. SALVATORE BIONDI con 8 tavole lilogtaMe aletta Dtella ceduta del di 9 Ucunaje IS03 « V n Aii/fiaountf r • .la« »» i» Min a ia*IOia 3ffOTAVJA3 .ÌOflq J( ' ' » • • * y'fliTJMi ‘itifO B M □ ^••1 #|a«ai«JI* « ift !•» Méuhnm atlvi^ '/ i à- AVVERTIMENTO Da più tempo maneggiando dei fossili mi avvedeva die fra le brocchie, di cui è scopo in questa scritta, vi erano delle differenze, che a più specie potevano far dipartire i miei esemplari : non sicuro però delle conosciute nel mondo scientifico desistevo dall’ idea di renderle di publica ragione, quindi lasciavo scorrere gli anni senza seriamente occupar- mene, ma sempre vagheggiando il pensiero di chiarire quan- te specie se ne conoscevano. In effetti con f acquisto di altre opere, e visitando varie raccolte della nostra penisola e della Francia, mi dovetti convincere che se ne conoscevano due sole specie, comune- mente anzi una sola, e con mia sorpresa non si sapevano ancora quelle pubblicate dal Professore Aradas. Allora sen- za più indugiare ammanii la presente monografìa che les- si nella nostra Accademia il dì 8 gennaro 1863. Quantunque la scritta ebbe l’unanime encomio, e la commissione scelta nella persona dei socii Prof. Aradas, e Cav. Professore Gemmellaro dissero di potersi pubblicare; quantunque era mio desiderio renderla di pubblica ragione al più presto, nel timore che qualche altro cultore di que- — 176 — stc scienze avrebbe potuto trovare le mie specie, pure la fa- talità contribuiva a ritardarne la pubblicazione. Passarono sulle mani del Governo alcuni fondi provin- ciali su qualch’ uno dei quali gravava un annuo assegno che la provincia volendo incoraggiare le scienze aveva fatto al- la nostra Accademia. Nasceva ([uistione chi doveva pagare r annuo sussidio — la Provincia o il Governo.^. La quistione dell’oggi al domani andava alle lunghe, e r Accademia soffriva, perchè dovette desistere dallo spende- re, c fra le altre dal fare le sue periodiche pubblicazioni, fn questo stato di coso, sia lode ai patriottici componenti la deputazione provinciale, levarono e messero da parte ogni (iuistione di dritto, e fecero nuovamente l’assegno sopra altro fondo. Allora l’accademia cominciò a pubblicare i suoi periodici volumi e la mia monografia venne alle stampe. ilo voluto fare questa narrazione per spiegare a molti i- gnari dei fatti il perchè si pubblica con tanto ritardo questa memoria. In questo genere di conchiglie il più diffìcile è trovare una forma determinabile, un carattere infine che avesse po- tuto servire di aggiunto al genere; e se qualche carattere esistente avrebbe potuto servire, non l’iio adoperato perchè comune a tutte le specie, per il qual difetto ò ricorso ai no- mi di distinti personaggi nelle scienze naturali e cosi ò da- to più lustro alle specie: ed i posteri quando scorreranno queste pagine con la conchiglia troveranno legato un nome d’uno scienziato contemporaneo alla scoperta della specie. Perciò la mia memoria trovasi adorna de’nomi di Stoppani, Menichini, Bellardi, Bernardi, Benoit, Seguenza, oltre i di- stinti catanesi Bongo e Maggiori da Aradas rammentati. INTRODUZIONE Les Sciences procòdent cornine les grands intó- 1 èts politiques de 1’ hiinianité; elles lentent in cessanient à raniener à l’unité les parties qui soni reslées longlemps isolées. Uoìwiboldut Q). Chiarire i dubbi, togliere le coutroversie, lìssaie una legge , è il migliore assunto che possa prendere uno scritto- re , molto più nelle scienze, perche allora le menti intente e preoccupate in simil guisa cessano dallo sprecare il tem- po in ciò e ad altro si rivolgono, tutte le volto che a qual- ch’uno è dato venirne a capo. Tale è lo scopo di questa mia scritta sulle conchiglie die a voi signori presento: giacché sulla determinazione del- le stesse i malacologisti mai sono stati d’ accordo, motivo per cui mi son determinato a mettere in disamina le note e le inedite dello stesso genere, per meglio riuscire nell’ in- tento . Il genere che costituisce 1’ oggetto di questa monogralìa assai povero di specie allorché tu stabilito, tale ormai più non può dirsi ; e quantunque non deve nemmeno chiamarsi ricco , pure lo é , se si considera relativamente al numero che noi offriamo comparativamente alle conosciute dai ma- (1) Cosnios tomo 1 pag. . 1 — 178 - lacologisti. In effetti, mentre i trattati di malacologia e pa- leontologia non ne rapportano che due sole specie (1), noi siam pervenuti a raccorne dodici specie, più qualche va- rietà . Quindi crediamo che gli amatori della scienza ci saran grati, non solo dell’ olTcrta della memoria in ciò che riguar- da il numero delle specie, ma ancora per i dubbi che chia- riremo, togliendo le controversie che per questo genere so- • no esistite. A rendere più intelligibile questo lavoro 1’ ò corredato di disegni, illustrando non solo le specie e varietà nuove che io rapporto, ma ancora quelle del Prof. Aradas, e quelle due comunemente conosciute; in guisa che si vedranno figu- rate tutte, ingrandendo di molto le piccole per meglio ap- prezzarne i caratteri. RIFLESSIONI SULL’ IMPORTANZA DI QUESTO FOSSILE Quantunque questo fossile sia apparso nell’ epoca mio- cenica (2) pure è di quelli la cui esistenza fu così breve, che non solo non trovasi al di quà del subappennino , ma ancora ncU’epoca che visse fu così raro, che i paleon- tologisti non ne conobbero comunemente che due sole spe- cie in pochissimi individui; fatto che in generale non si os- serva con la comparsa degli altri gasteropodi pettinibranchi, i (piali, non solo si sono mantenuti in abbondanza in tutti i terreni terziarj, ma poscia nell’epoca attuale si sono con- tinuamente mostrati nel massimo della loro comparsa. Ciò fo rimarcare, perchè ciascuno fissi la propria attenzione nel definire questo fossile, che fra i malacologisti più distinti à ('l)Clienu, manucl de malacologie eco. Paris t86i. D’ Orbigny, Alcide prodroniede paleontologie eco. (2) D’t)rl)igny opera citata totìio 3/^ pag. 91 — 26 élagc N.° i695. 179 — lasciato sempre il dubbio di assegnargli un posto perenne , quale stabilito aveva il Broun. Qualunque poi si fosse il posto in cui è stato messo il fossile in parola, quel che di certo si è , che fin oggi sem- bra annoverarsi fra i fossili caratteristici , la cui presenza deve dare certa idea dell’ epoca ìniocenica (1) e plioceni- ca, non essendosene fin’ ora trovati in altri terreni. Altro interesse destar deve ancora il fissare il numero delle specie note fin’ oggi: giacché dobbiamo alla Sicilia ed ai lavori del Professore Aradas 1’ aumento considerevole delle specie di questo genere, stabilito su i veri caratteri. E quan- tunque la scoperta di queste specie conti il periodo di se- dici anni, pure non sono questi importanti lavori conosciu- ti nè dai connazionali, nò dagli stranieri, e ciò dimostrano le più recenti opere di malacologia (2); e me ne sono dovu- to accertare nel mio viaggio, visitando i varii musei e rac- colte della nostra penisola, non che della Francia. Fu prima di intraprendere questo viaggio che mi nacque il pensiero di compilare una monografia del genere in disa- mina, come cennai neU’avvertimento; pensiero nato dal fare un parallelo delle specie conosciute e rapportate dallo Che- nu, paragonate a quelle descritte dal Prof. Aradas , non che a quelle che il mio gabinetto racchiude; e cosi rende- re di pubblica ragione i lavori e le scoverte dei nostri con- nazionali. STORIA La conchiglia che costituisce questo genere fu per la prima volta rinvenuta dal sommo Brocchi, il quale nel 1814 cre- (1) D’ Orbigny Prodrome de Paleontologie. (2) Chenu e D'Orbigny op. cit. ATTI ACC. VOL. XIX. :2t) — 180 dendo essere affine alle patelle, fra queste assegnolie un po- sto e la distinse col nome di sinuosa (1). Più tardi Bronn sul 1827 avendo rimarcato nella su- detta conchiglia caratteri del tutto differenti essenziali e costanti da non poterli assimilare nò al genere patella , nè ad alcuna famiglia dei scutibranchi, rivolse il suo pensiero ai caratteri che accompagnano i pettinibr anelli, ed in que- st’ ordine pose la conchiglia del Brocchi : sicché la mag- gior parte dei moderni malacologisti han riconosciuto Pag* giustatezza dei pensamenti di lui , e la divergenza solo è stata, se si doveva riconoscere la conchiglia in parola come un nuovo genere quale stabilito lo aveva questo distinto naturalista, cioè come il genere Brocchia, o piuttosto met- terla fra quelli di già stabiliti (2). Nel 1836 l’alemanno Amando Phylippi rispettò quanto aveva fatto il Bronn, dando il nome di Brocchia sinuosa alla conchiglia trovata nel Pliocene di Palermo (3). Nel 1846 Aradas metteva nell’istesso genere le conchi- glie trovate in Palermo, Militello e Nizzeti (4). Al 1847 Alcide D’Orbigny volle classarla fra il genere capulus di Montfort. E pare che anche il Bonelli ed il Si- smonda abbiano confuso il nostro genere , mettendolo fra le pileopsis : in effetti dissero Pileopsis dispar la Broc- chia levis (1). Wdward nel 1856 nel suo manuale di Malacologia, par- ti) Brocchi Conchiolcgia fossile subappennina Milano 1814 pag. S57 t. 1. fol. 1. (2) Phylippi, Enumeratio molluscorum Sicilise 1836 pag. 118. — D’ Orbigny op. cit. voi. 3. pian. 26 pag. 177. (3) Phylippi op. cit. (4) Aradas Atti dell’Accademia Gioenia , memoria 1 serie II. voi. 3. (5) D’Orbigny op. cit. etage 26 N. 1696, etage 27 N. 244. lancio del genere pileopsis, mette come sinonimo il genere brocchia, riunendo così questi due generi in uno(l). Io non so come distinti naturalisti, quali i sullodati au- tori, abbiano potuto tenere in non cale i caratteri tutti par> ticolari die la conchiglia presenta; e ciò fa sospettare che eglino non abbiano avuto per le mani il fossile in disamina, e si sieno appigliati piuttosto al pensiero di non avviluppa- re la scienza nella farragine di generi, che oggi i moderni ma- lacologisti han voluto creare; e mentre non posso che loda- re questa maniera di pensare, d’altra parte poi non so ammet- terla per la fusione di questi due generi distintissimi, i ca- ratteri dei quali a suo luogo faremo ben rilevare. Oggi nel 1860 e 62 lo Chenu, dando alle stampe il suo ricco manuale di conchiologia , ha tenuto presente il gene- re stabilito dal Bronn, dandogli posto nel finire dei pettini- branchi nella famiglia delle pileopsidee, dove si comprendo- no il genere capulus di Monfort, detto pileopsis di Lamark; il genere Brocchia Bron; il genere Spiricella Rongi, il gene- re Amathma Gray, formato a spese del genere patella, ed il genere Hipponix Defrance,^ detto ancora Cocholepas Klein (2) . Da queste poche nozioni storiche ognuno ben vede co- me varie opinioni sono esistite sul modo di definire questa conchiglia, causa che io attribuisco alla poca facilità di poter possedere questo fossile integro e spoglio d’ incrostazioni ter- rose, che difficilmente possono farne scorgere i caratteri e- sternied interni che lo distinguono. Noi, avendolo scrutinato profondamente per averne avuto dei vari esemplari, ci credia- mo nell’ obbligo di dare i caratteri differenziali e culminanti per distinguere una volta per sempre questa conchiglia. Trattandosi intanto di tessere una monografia è mio di- (1) Wclward, manuel of thè Mollusca — London 1856 — pag. 152. (2) Chenu, manuel de malacologie e paleontologie conchiologie — Voi. 2. pag. 329 Paris 1860. ■182 - visamcnlo far risultare dapprima i caratteri speciali del ge- nere, indi quelli della specie. E così ciascheduno vede nel modo più semplice la necessità che ci fa determinare qual- che volta a creare un nuovo genere, piuttosto che mettere l’individuo da descriversi fra uno di già conosciuto. DEI CARATTERI DELLA CONCHIGLIA Nel fissare i caratteri distintivi della conchiglia ho tenu- to presente e marcato i seguenti; 1. ” La forma generale varia ed irregolare. 2. ° Sempre uno o due seni nella mettà destra. 3. ° Spesso piegata la mettà sinistra. 4. ° La sommità sempre levigata. 5. ” Le strie d’ accrescimento quasi sempre visibili. 6. " Le strie raggianti dall’apice alla periferia. 7. ° Le impressioni muscolari disuguali. Superficie qualche volta levigata. Prima di stabilire quali sono i caratteri più costanti fra i succennati, cioè; quali si devono ritenere per la distinzio- ne del genere e quali per le specie, passeremo a dare un quadro fra quelli comuni agli altri generi della famiglia delle pileopsidee ed alle Brocchie, acciocché ognuno possa mar- care assai meglio le differenze ch’esistono con i generi che costituiscono questa famiglia dal nostro in disamina. I — 183 - «-ARATTERI CHE IL GENERE BROCCHIA HA CON GLI ALTRI GENERI della FAMIGLIA DELLE PILEOPSIDEE Gen. Br occhia 1.” Forma varia spesso irre- golare . Pieghe quasi trasversali sempre sul lato sinistro: 3. ° Strie d’accrescimento: 4. ° Strie raggianti: 5. ° Uno 0 due seni nella met- ta destra: 6. “ Sommità sempre levigate: 7. “ Impressione muscolare sempre non simmetrica: 8. ° Superficie della conchiglia qualche volta levigata. Gen. della famiglia Pileopsidee 1. ® Forma varia spesso irre- golare: 2. ” Pieghe sempre raggianti: 3. ° Strie d’accrescimento* 4. “ Strie raggianti: 5. ° Mancano questi seni: 6. ” Sommità sempre striate: 7. " Impressione muscolare sempre simmetrica: 8. ° Superficie qualche volta levigata. Da questo quadro comparativo ecco come risulta non solo la nostra essere del tutto differente dagli altri generi compresi nella stessa famiglia (1), ma ancora abbiamo avu- to 1 destro di fissare i caratteri 'esclusivi del nostro genere quali sono i seni nel lato destro; la sommità levigata- l’im- pressione muscolare non simmetrica; la direzione, sito’e for- ma delle pieghe; (2) caratteri sufficientemente costanti o ba- (t) L tVdwards pare che abbia trovato ancora molte somiglianze t:": T:: -lisptrtecdee, avenlo cZ- fuso le due famiglie in una - Vedi opera citata. (2) Piu d' ogni altro è sulla direzione che dobbiamo fissarci e .giammai sulle pieghe in se stesse, perchè in questo caso cessano dal- essere un carattere: e guardata sotio questo punto di vista avea ben ragione il Gray ( ) che non volea darle alcuna importanza, perchè pie- ZaZnZZ'' non nel sito, nella direzione, e forma «I quelle che anno le brocchie. (*) Gray. PiiHos. Trans, anno 1836 pag. Inselli Siciliae ec. 783. Vedi Phiiippi Enumeralio mol- stantemenie differenziali per dover creare un nuovo genere; molto più il penultimo, essendo quello dove maggiormente si sono fìssati i moderni malacologisti per determinare i di- versi generi di talune famiglie. Da quanto abbiamo esposto si può fissare, che Bronn sep- pe carpire il giusto posto, allorché mise la nostra conchiglia fra i molluschi perennibranchi, non solo, su di che quasi tutti convengono , ma ne fece altresì un nuovo genere , il quale noi vogliamo sostenere nel luogo in cui questo distin- to naturalista lo pose. DEI CARATTERI DELLE SPECIE « Nel distinguere una brocchia dall’ altra abbiamo tenuto in calcolo: 1. “ La forma più o meno simmetrica; 2. ® Il posto, numero e forma dei solchi: 3. ® Presenza ed assenza delle pieghe: 4. ® Direzione e numero delle stesse. Siccome vi sono delle specie che presentano una certa simmetria, ed altre no, come pure alcune che hanno delle pieghe dirette d’ avanti indietro, mentre altre le hanno di- rette di dietro in avanti; così abbiamo diviso questo genere in tre gruppi ed in ispecie simmetriche e non simmetriche. 185 DESClUZlOiNE PRIMA DEL GENERE, INDI DELLE SPECIE DEL GENERE BROCCIIIA SiifONimA Patella Brocchi Br occhia Broun Pileopsis Kon Br occhia Philipp i Brocchia Aradas Capulus D’ Orbicjny Pileopsis Boìielii e Sismonda Pileopsis Wdwards Brocchia Chenu Diagnosi — Brocchia testa calyptrceformi Icevigata, aiit dex- tero atque sinistro latere plicata, irregulariter tumida; aper- tura sub rotundata; apice levigato, sinistrorso, incurvo, sce- pe involuto; latere dextro sinuato , imprexione muscolari da- vaia, inequilatera , Conchiglia che prende la forma quasi d’una caliptrea o d’una patella; è ornata di pieghe nel lato sinistro in alcuni individui; ha uno o due solchi nel destro, che dall’ apice van- no a finire al margine dello stesso lato. Spesso è tumida con r apice piccolo^ levigato, e spiralmente ricurvo a sini- stra ed indietro. L’ apertura è più o meno circolare; i bordi presentano le ineguaglianze dei seni e delle pieghe. L’ impressione mu- scolare è arcuata e stretta al centro, avente la forma di una clava in una o tutte e due 1’ estremità (1); e nel lato destro è sempre più di un terzo lunga di quanto nel sinistro. (1 ) Sembra una clava o mazza senza nodi che à la parte ristretta ar- cata. — Vedi la tavola 1 . fig. 2. dove si vedono queste due forme ingrandite per meglio farsene un’ idea esatta. — m — Osservazione. — È interessante osservare, che queste con- chiglie, qualunque si fosse la loro varietà che ci astringe far- ne delle specie diverse, mai perdono quella che sogliam dire facies 0 aspetto proprio di questo genere che à della pUeop- sis e deWsL caliptraea; forma che sempre più ci conferma nel bisogno di dovere isolare in un genere particolare le conchi- glie che descriviamo. — 187 QUADRO DELLA CLASSIFICAZIONE DELLE BROCCHIE I. “ GRUPPO BROCCHIE PIEGATE INDIETRO I^IMMETRICnE (t) 1." Br occhia sinuosa » Maggiori 3.“ » similis ASIMMETRICHE 4/ Br occhia Bellardi II. GRUPPO BROCCHIE PIEGATE IN AVANTI SIMMETRICHE 5. ® Br occhia Longo 6. ® » Menichini ASIMMETRICHE 7. ® Br occhia Bernardi 8 . ® » Interlandi 9 . ® » Benoit 10. ® » Stoppani III. GRUPPO BROCCHIE LEVIGATE 11. ® Br occhia Seguenze 12. ® » laevis (\) Nel dire specie simmetriche in queste conchiglie, non inten- do parlare di quella simmetria geometrica, ma voglio significare una simmetria relativa. ATTI ACC. VOI. tue. ‘27 — 188 — DESCRIZIONE DELLE SPECIE 1.» GRUPPO SPECIE SIMMETRICHE PIEGATE INDIETRO «IXHUETKlCnU SPECIE 1/ BROCCHIA sinuosa ( Dronn 1827.) Tav. \ fìg. 1 / SiivopinniA Patella sinuosa Brocchi 1814 Br occhia Broun 1827 Pileopsis Hon (Pliil.) Br occhia Philippi 1836 Br occhia Aradas 1846 Pileopsis Dispar Bonelli e Sismonda (D’Orbigny) Capulus sinuosa D' Orbigny 1847 Br occhia sinuosa Chenu 1860 Dutiivosi B. testa crassa, ovata sub-regidari oblique co- nica transverse atque verticaliter striata; striis transversis, incrementi undularis, sub obsoletis; longitudinalibus elevatis confertissimis ; plicis duobus atque tribus latere posticurn ad anticum decurrentibus distincta. antero-posteriore mil. 43. trasversale Conchiglia spessa, levigata, di forma ovale conica non molto inclinata in avanti, circolarmente striata da strie’ ine** — 189 — guali ed ondeggianti, ed altre raggianti dall’ apice alla pe- riferia. Nel lato sinistro due o tre pieghe dirette di dietro in avanti e di basso in alto, altra rudimentaria vedesi sotto r apice* Una scanalatura leggera s’ osserva nel sinistro lato, che indica la presenza del solco , ed il margine in questo è sporgente in basso ed in fuori. L’apice è tutto rivolto a si- nistra, e sito infra il margine posteriore circa 7 millimetri. L’impressione muscolare elevata d’ambo ilati; la par- te ristretta assai allungata (ved. tav. 8 fig. 9. ) Osservazione. Questo è il solo individuo che possediamo fra queste conchiglie, che più si avvicina alla descritta e figurata dal Brocchi, ragione che ci à fatto determinare fra tutte con tal nome distinguerla ; e la figura di essa ripro- duciamo , non solo perché ciascuno facci il paragone con quelle del sullodato autore, ma ancora possa ben osserva- re quanta differenza vi è fra questa e le altre. 190 SPECIE 2/ BROriCIIIA Maggiori (Aradas 184G). tav. Diagnosi « B. testa solida, ovato-conica , aequilater tu- « mula, loìigitudmaliter striata] striis regularibus , latere « dextero minus confertis; postice et sinistro latere plicata, « piicis sub-obliquis , latere anticum ad posticum decur- ^ rentibus ». Conchiglia solida e di forma ovale, conica, inclinata, con il pendio in avanti e l’ apice a picco indietro; è tutta striata da strie raggianti regolari , che di sotto 1’ apice giungono alla periferia ; altre d’ accrescimento le decussano. Il seno è molto pronunciato. Le pieghe al numero di sette o otto circa sono sviluppatissime e dirette in senso più inclinato della precedente; cioè, d’ avanti indietro e d’alto in basso; occupano tutto il lato sinistro e due terzi del posteriore. 1 margini offrono il destro in avanti una senuosità, altra se ne vede indietro nell’ unirsi al margine posteriore, cagiona- la dalla sporgenza del seno proprio della conchiglia: l’an- teriore è semplice e convesso , il posteriore ed il sinistro pure convessi nell’ assieme , ma frastagliati dalle senuosità delle pieghe. L’ apice sta a picco e perpendicolare al margine poste- riore, discostandosi da questo in altezza circa 12 millimetri. Impressione muscolare poco elevata , la metta destra poco più larga della sinistra, (tav. 8. fig. 3.) maggiore dimenzione della base mil. 36. 1/2 minore dimenzione dett. » 28. altezza » 18. OssEiìYAzio.yE. La conchigiia trovata dal Prof. Aradas nel calcarlo di 3Jontc Pellegrino potrebbe a prima giunta sem- brare un giovine esemplare della Broccliia seiiuosa : ma, come à ben fatto rilevare questo distinto naturalista, la spe- cie Maggiori à tali caratteri, elm devono farla passare corrje nuova. Difatti, oltre che la senuosa presenta delle ammac- cature di poco rilievo, à ancora il seno meno rilevato della Maggiori, e le pieghe sono trasverse piuttosto che oblique come in questa si trovano, e manca di tutte quelle ammac- cature ed irregolarità della senuosa, come si vedono nel nostro tipo e nella lìgura rapportata dal Brocchi. Più, la sommità nella senuosa è sempre bassa e giammai s’ inalza come quella della Maggiori; ragioni sufficientissime di dir nuova la conchiglia in parola. Varietà giovane della sudella ftav. t. fig. %. e 6. Diagnosi B. testa fragile, oblique conica , aequilatera , latere dextro plicata, sinixtro sub-carenata, antice sub bis depressa et laevi. Apice prominente , infra marginem po- sticimi posilo. antero posteriore . mil. 24. trasverso » 18. 1/4 altezza del centro. . » 7. altezza dell’ apice. . » 9. Conchiglia conica inclinata dalP apice alla base in avan- ti, la quale è ovale con le pieghe quasi tutte nel sinistro la- to, il destro presenta il solito solco leggermente carenato, prolungandosi al di là del margine; di maniera che questa sporgenza, contornandosi su i lati, dà alla mettà destra po- steriore del margine una figura retta , mentre in avanti la fa concava; convessi in continuazione sono gli altri margi- Diameti — 192 ni, ma il sinistro al solito trovasi dentato dalle sporgenze delle pieghe. Nella metta anteriore della conchiglia e sul dorso si vedono una o due leggerissime ammaccature , do- ve vanno a convergere facendo angolo con le strie d’accre- scimento d’ambo i lati. É da osservare ancora, che la base in avanti è circola- re, mentre è angolosa posteriormente, formando un angolo di circa 80 gradi. Osservazione. Questa conchiglia, la quale non è altro che un giovine esemplare della precedente , presenta qualche varietà da poterla prendere per un’altra, se si andrebbe troppo al minuzioso. In effetti si vedono le leggiere ammac- cature nella parte anteriore, le pieghe nel lato destro sono più pronunziate, e pare dall’ assieme che i caratteri della con- chiglia, a misura che la stessa cresce, vanno divenendo me- no marcati. Del resto poi nella nostra varietà si vede pro- prio il giovine esemplare della Brocchia Maggiori; ed un oc- chio accorto al maneggio dei fossili marca talvolta anche le mi- nime differenze, che alfm dei conti si annotano solo per non farle sfuggire al malacologista’ che potrebbe rinvenire in al- tri esemplari, che spesso, perchè accompagnati da qualche de- formità, potrebbe fare incorrere nell’ equivoco di crederli nuo- ve specie. — m SPECIE 3/ B HOCCHI A similis (Nobis) tav. 2." fig“ 3/ Diagnosi B. testa crassa, ovata, aequilatera, oblique-coni- ca transverse striato plicata, siriis imdatis; sinistro et ante- riore latere longitudinaliter sulcatis; dextero poster ioque plica- to, piicis sex obliquis. antero-posteriore . .mil. 33. trasversale. ...» 25. \j% altezza » 13. altezza delTapice. . » 6. Conchiglia quasi mezzo ovale, se togli la sommità acu- ta, ricurva a sinistra e che sorpassa oli poco il margine po- steriore , nel quale si vedono le basi delle pieghe che si partono dal lato sinistro, e se ne possono contare quattro elevate e due compresse nella parte posteriore che vanno a limitare col lato destro, dando la figura poco convessa e sinuosa al margine posteriore. Quattro linee circa a partire dall’ ultima piega a destra trovasi il solco proprio di questo genere rilevato in forma di sparuta carena, lasciando nel margine dello stesso lato il seno, che gli dà la figura concava, descrivendo le stes- se linee fino all’ apice , circostanza che fa vedere questo carattere essere nato fin dal comparire della conchiglia. Un altro solco vedesi in questo esemplare poco pro- fondo e dilatato, prolungandosi dal lato sinistro della som- mità fino al margine anteriore destro, in modo che descri- ve una diagonale, dove si vanno ad incrocicchiare tutte le strie d’accrescimento del lato destro e sinistro. L' impressione muscolare è molto più prolungata nel destro lato di quanto nelle altre specie; nell’ estremità del- f D iametri ^ — idi — lo stesso lato è troncata, molto dilatata, e rientra un poco in guisa che forma un piccolo seno (tav. 8 fig. 6.) Osservazione . Questa Brocchia, prima di studiarla, l rite- neva come la senuosa: poscia , avendo veduto le specie che à il Prof. Aradas, mi accorsi che non potevo affatto pa- ragonarla a quella, e vidi che, dovendosi avvicinare alle no- te, doveva piuttosto porla a canto della Maggiori. In effetti a questa avcvala approssimata: ma nel descrivere i carat- teri e nel designare la figura m’accertai che, lungi di es- sere una varietà di quella descritta dal Professore sudetto, era con certezza una nuova specie. Difatti, come le signo- rie vostre si sono potuti accorgere, si vede bene che la no- stra specie in disamina differisce dalla senuosa per la sim- metria e direzione delle pieghe, perchè questa le à tutte ru- gose e piene d’ammaccature, mentre la simile le à più inclina- te, più simmetriche e pulite in senso meno inclinato: differisce ancora, perchè quest’ultimaà un solco, che dall’apice alla base invade tutta la parte anteriore della conchiglia nella sua lun- ghezza, mentre quella del Brocchi ne manca. Differisce dalla Maggiori, perchè questa non àseno an- teriore , e r apice è sito molto al di dentro del margine posteriore e assai più elevato dalla base. In effetti la simile non solo che lo à assai basso , ma ancora lo à sporgente al di là del margine sudetto ; questa si può dire ovale , quella conica e con le pieghe tutte quasi sul lato sinistro , mentre la nostra le à tutte sul lato posteriore, e le due ul- time compresse. Infine lebrocchie descritte a‘prima giunta si direbbero essere delle varietà della senuosa; ma, specchiandoci sul ti- po presentantoci dal sommo Brocchi, non possiamo fare am- meno che distinguere le altre , che, sebbene si somigliano sulla direzione delle pieghe , pure ne differiscono per altri caratteri . — 195 — ASlMMKTBICnC; SPECIE 4/ DlìOCCHIA Bellardi (A'obis) tav. 3/ DiAGiyosi B. testa parva, obliqua, nitidissima, fragili, inaequilalcra, sub-carenata postice eleganler plicata; plicis brevibus, flexuosis aequidistanlibus; margine rot andato , sini- stro simptici dextrorsum angulato. ^altezza mil. 6. Diametri ] larghezza trasversale. » 14 . f larghezza ant. post. » 15. Piccola e leggiera conchiglia a lati disuguali , di ligura quasi rotonda nella baso, obliqua nel tutto: il lato sinistro è più grande del destro, il quale è più elevato, e porta una leggerissima carena appena visibile , che scende fino al di là del margine dello stesso lato: le pieghe sono piccole ed increspate al numero di dodici a quindici , pochissimo visi- bili al finire del lato sinistro in avanti, e si continuano fin quasi tutto il lato posteriore. In effetti vedesi il margine, do- ve vanno a finire le dette pieghe, tutto dentato, molto più verso la parte posteriore; mentre il resto è semplice, tran- ne che nel centro della porzione del lato destro esce ad an- golo sporgente la continuazione della piccola carena suc- cennata. La sommità che vedesi tutta prodotta dal lato destro rigettasi posteriormente ed a sinistra, da sorpassare la ver- ticale che cadrebbe sul margine posteriore. ATTI ACC. VOL. XIX. •28 196 L’iinpressione muscolare è assai piu larga delle altre specie nell’ assieme, ma non s’ingrossa molto però sul lato si- nistro, dove si prolunga ancor più del consueto (tav.S.’ tig. 2.*). Osservazione. Per vedere quanta novità vi è in questa piccola specie basta osservare la figura. Quello poi che si rende singolare si è , non tanto la direzione quasi verticale e il numero delle pieghe, quanto il solco, che, lungi di presen- tarsi elevato con la corrispondente scanalatura, si mostra inve- ce piano, che appena si vede con l’aiuto del prolungamento del- le strie d’accrescimento, che sporgono ad angolo fuori del margine. Insomma, ci vuole l’occhio esperto del malacologista per trovare in quel sito l’ inizio del solco caratteristico del genere, quale circostanza osservasi ancora in qualch' altra specie . Sembra inoltre che le pieghe si vanno formando a [ni- sura che la conchiglia va crescendo in diametri; perchè in altro esemplare che ò più piccolo, circa millimetri 12! 1/2! nel suo maggior diametro, le stesse si vedono assai rudi- mentarie, solo nel lato posteriore e prossimi al margine. In segno dell’ amicizia e stima che nutro pel Signor Bei- lardi Prof. di Storia naturale nel R. Liceo di S. Francesco di Paola in Torino, ò fregiato del suo nome questa conchiglia. — 197 2.° GRUPPO imOCCHIE PIEGATE IN ATANTI l§>lM!IIE;TRICnE: SPECIE 11/ PIEGHE UIIIETTE IN AVANTI imOCCIILV Lomjo (Aradas 1846) tav. 4.“ fig. 2.“ Diagnosi « B. testa ovali, sub-rotundata, aequilatera tu- <( mida, striis sub-obsoletis, solidmscola per totani super fi- <( ciem plicata; plicis Intere dexlero niagis distantibus , levi- ci bus. Mere postico ad anticum decurrenlibus , apicem su- « perantibus ; interstitiis transverse, regalar iter sulcatis , « sulcis undulatis margine eleganter andato. (altezza mil. 11. Diametri ) maggior larghezza. . . » 25. (minor larghezza. ...» 22. Conchiglia simmetrica, di forma ovale, solida: superfi- cie con strie poco pronunciate, al contrario delle pieghe, le quali sono marcatissime al numero di undici a dodici ; e sebbene si partono tutte dal lato sinistro e posteriore, pure si vedono l’ ultime del lato sinistro che comprendono anche r apice , e corrono in avanti ad invadere tutta la superficie fino al seno del lato destro; le quali, aprendosi a ventaglio come i solchi d’un pettine, conservano quasi tutte una co- stante simmetria e la superficie levigata. Quello che è da 198 - . marcare in questa specie si è , che la parie rialzala delle pieghe è assai ristretta, mentre la parte concava è molto più larga, quasi piana e tutta increspata trasversalmente. L’impressione muscolare è davate conica d’ un sol lato (tav. 8. fig. 3/) 11. OssEfiviz/oiVE. Questa distintissima specie si rende parti- colare, non solo per la direzione delle pieghe, ma ancora per la maniera come sono queste disposte , e per trovarsi in quasi tutta la supertìcie e al numero di dodici; circostanze che non trovansi in nessuna altra specie, tranne la direzione, e la rendono interessantissima per essere il tipo di quelle che anno le pieghe dirette in avanti . 199 SPECIE ().‘ lìROl CIllA 3Ienic1iini ( AÌ(ibis ) (tav. 5.* fìg. 2/) Di.ioisosi lì. testa crassa, aeqidlatcra, plicato-rvgosa; pticis jìe- xuosis, parimi distantibus, iatere sinistro ad anticum decur- rrntibus apice incurvo. Cantero-posteriore, mil. 20. Diametri l trasverso . » 1 7. [ altezza maggiore » 11 . Fossile non molto grande, solido, quasi ovale ed egua- le ai lati relativamente al volume e contorno. La superficie nella porzione anteriore e nella sinistra è piegata: le pieghe sono supei-ficiali , non molto distanti e flessuose; lo che fa sì, che la conchiglia prende un aspetto rugoso. Dette pieghe, nel numero di circa dieci, oltre alcu- ne scomparse per l’età, camminano di dietro in sopra ed in avanti fino al terzo posteriore di essa ; di sopra in sotto, e di dietro in avanti verso la periferia nel resto. Nel lato destro vi è il solito seno marcato dalle strie di accrescimento che si curvano verso la senuosità: un poco più indietro verso la parte posteriore e sotto T apice si ve- de un’ammaccatura che rende la sommità lunga e ricurva. Si vedono ancora nella superficie due leggieri solchi: uno, fra il terzo posteriore ed il medio, piccolissimo; l’al- tro, fra il medio e l’anteriore, più largo forma un risalto. Questi pseudo solchi girano trasversalmente attorno la con- chiglia ,’ e sembrano segnare tre stadii o epoche diverse nel- la vita del mollusco, cioè; dell’ infanzia, dell’età adulta,. della vccchiaja: in clTctti, i segmenti della conchiglia, rcsul- lanti dalla divisione di queste solcaiure, sono il posteriore un poco più stretto del medio, e questo un pocomenodel- r anteriore. I mai'gini sono scnuati si dal seno che dalle pieghe, e vi si vedono marcatamente su gli orli gli ultimi accresci- menti della conchiglia da sembrare costrutta di più strati, ciò che s’osserva ne’ vecchi esemplari. L’impressione muscolare è clavata d’ambo i lati: il cen- tro però ò molto ristretto ed allungato (vcd. t. 8. f. Ai. Osservazione. Questa specie ò distintissima, e non si può paragonare ad alcun’ altra delle nostre in esame. La sua forma bombata e ovale l’ allontana molto dalla Intcrlandi , dalla quale potrebbe dirsi un piccolo esemplare [)er la di- rezione delle pieghe; sebbene le stesse nella nostra non si contornano attorno la conchiglia , ma camminano attraver- sandola, come abbiam veduto, più avvicinate, meno im- presse ed increspate, mentre in quella sono molto svilup- pate fin dal suo cominciare. Nè la nostra specie in parola si può dire un giovine esem- plare ; perchè, come lo dimostra la nostra diagnosi, si vede essere una piccola conchiglia nelle dimensioni, ma vecchia nell’età, quindi completa e senza alcun carattere rudimen- tario. Infine basta vederle per accertarsi che non anno af- finità fra loro. Persuasi dalla singolarità della specie , c volendo dare più lustro alla stessa di quanto con una semplice pubbli- cazione, r abbiamo voluto fregiare col nome del tanto di- stinto geologo italiano Prof. Menichini, che ci onora di sua amicizia. - 201 .%!41ì>ime:tbicue SPECIE 7.‘ liHOCCIllA Bernardi (ìVobis) tav.“ 4.“ fìg. 1 .* Diagnosi U. testa crassa, sub-ovata inaequilatera, obli- que conica, striis transversis incrementi exarata; later e si- nistro dilatato atqiie grosse plicato; pticis sex obliquis, po- stico tatere ad aìiticum decurrentibiis] sino impresso, dilatato. ' antero-posteriore inil. 44. ijiamuii^ sinistra. » 33. f altezza del centro » 23 \l^ Onesta conchiglia à una forma molto diffìcile a deter- minarsi : è assai inequilaterale; il lato sinistro, oltre che è molto più dilatato e prolungato in avanti di quanto il destro, si trova nel tempo stesso piegato con sei a sette pieghe o- rizzontali ed inclinate in basso all’ indietro, andando le più alte a convergere in una fessura o scanalatura che trovasi a dividere in due il lato posteriore; in avanti sono pure in- clinate verso la periferia , dove vanno a terminare come i solchi d’un pettine. Insomma, la direzione di dette pieghe è di dietro in avanti, di basso in alto e d’alto in basso dal centro di esse in avanti della conchiglia: la prima e la se- conda sono quasi 'rette. Il lato destro, di metà più piccolo del sinistro , porta nella porzione anteriore un’ ammaccatura così considere- vole da farlo quasi perpendicolare nato così fin dal suo co- minciare, come vedesi dalle strie d’accrescimento, scen- dciido a guisa d’ una doccia , in modo che sporge al di là della circonlcrenza circa sette millimetri. In elTetti, posan- do la conchiglia su d’un piano orizzontale, poggia il solo lato sinistro e la sporgenza suddescritta, che starebbe al se- no delle altre specie. La superficie della conchiglia è trasversalmente striata dalle strìe d’accrescimento ondeggiate e piegate a seconda la figura della stessa , essendo disposte quasi ad impicciata nella periferia. I margini sono: l’anteriore convesso, il posteriore menu convesso; il sinistro senuato dalle pieghe, il destro, che di- vidiamo in tre porzioni, à la parte anteriore fortemente se- nuata da un seno largo e profoiulo da fare molto concavo il margine in avanti; la paiCe del mezzo è sporgente in fuo- ri ed in basso, (luindi assai convessa; la posteriore, eh’ è la ])iù piccola, è pochissimo senuata. Sotto l’apice [)osteriormente trovasi, come più innanzi cennammo, una stretta scanalatura verticale, da cui si par- tono non solo Cutte le pieghe, ma ancora tutte le strie d’ac- (‘resci mento. Internamente niente si vede di particolare: solo si scor- gono delle iiiccole punte rilevate dentro lo spazio inlor-uin- scokiì'c . 1/ impressione muscolare sempre sinistrorsa è egual- mente clavata nelle due estremità, e la parte centrale mol- to làstrctta. itav. 8. tig. 7.) OssERVizio.yE Questa bella specie, singolare pei* la foiaiia, à comune con la B. Interlandi solo la direzione delle pieghe. Non potei descrivere la forma delT apice, perchè manca nel solo esemplare che ò nella mia collezione. Ilo voluto ornare questa conchiglia col nome del tanto noto naturalista Sig. Bernardi in segno d’amicizia e di sen- tita stima. - 203 - SPECIE 8/ IjIIOCCIIIA InlerUtìidi (Aradas IcS40 ). tav. 5.* fìg. 1.* DiAG.yosi « /?. testa sotidiascota , ovato conica, latere « dextero tumida, sinistro depressa; striis tongitudinatibas sub obsoletis, medio et in apice levi; pticis latere postico « mullis, lettere sinistro et anlice tisrjue ad sinum plicata , « pticis inverso modo dispositis, lettere postico ad etnticam dc- « ciirrentibus; striis transvcrsalibus confertis etd marginem « et sub undetlis » . f altezza mil. 12. 1/2 Diametri niag. largii, della base. » 32. (minor largii, det. . . » 26. Conchiglia spessa, d’iin ovato conica, molto com[)i‘cssa e dilatata nel lato sinistro, a superfìcie rugosa, T apice s’ av- vicina di molto al centro di quanto la precedente. Il seno è poco sviluppato; le pieghe cominciano a mcttà quasi del la- to posteriore, e, serpeggiando, girano attorno la sommità, invadendo tutta la porzione anteriore. Non si scorgono li- nee raggianti, ma esistono quelle dell’ accrescimento . I margini anteriore, sinistro e metta del posteriore sono tutti frastagliati dalle regolari scnuosità delle pieghe. L’ impressione muscolare clavata d’ ambo i lati , la si- nistra poco meno rigonfia della destra, eh’ è poco conica; la parte ristretta o centrale è un poco ingrossata quasi nel centro dal lato interno solamente, (tav. 8."* lig. 8.' OssERYAzioyE Questo esemplare dilTerisce dallo anteceden- le: primo, per la forma irregolarissima; secondo, perchè le ATTI ACC. VOL. XIX. -9 — 204 — pieghe non sono raggianti simmetricamente , ma tortuose , lasciando la sommità libera nella totalità, attorno alla qua- le girano per poi scendere alla periferia; mentre in quella scendono dritte, lasciando libero appena il solo apice che sta ai due terzi della conchiglia; lo che non può dirsi nell’ al- tra, giacché sta quasi sul margine posteriore. Basta osservare le figure, per accertarsi della differen- za esistente fra queste due specie. SPECIE 9. A BROCCIIIA lìenoil (INoiiis). tav. 6/ fig. 1 Diagnosi B. testa depressa, inaequilatera , irregnlari ; ììuirfjine sinistro latere va kle dilatato, bisulcata; sulcis rudi- mentariis aeqiialiler decnrrentihiis; plicis duobus sub-obso- letis; marqine sin'ualo sinistro excepto: apice incurvo intra marqincm posticim. Diametri [ antero-posteriore mil. 25. \ lato destro. » 10. i lato sinistro, [altezza. » » 16. 11. 1/2 1/2 Conchiglia molto informe, perchè non solo che il lato sinistro è circa il doppio del destro, ma poi si presenta com- presso e spalmato verso la parte posteriore, da formare qua- si un’appendice dilatata: un’ altra simile se ne vede al finire del lato destro posteriormente, ma accartocciata in basso; una altra non accartocciata, ma più inclinata di quella del lato sini- stro ne scorgiamo preponderante sul davanti del destro; un’ul- tima finalmente più angolosa che lobata si mostra nella parte sinistra del margine anteriore. Infine il margine di questa con- chiglia presentasi quadri-senuato: in guisa che, il lato poste- riore, destro e sinistro sono molto concavi, e l’ultimo, o an- teriore, è ad angolo acuto; mentre il lato sinistro non pre- senta senuosità, se non una leggerissima concaviteà. La superficie della conchiglia mostrasi con alquante rughe: due, una indietro ed a destra, l’altra diretta di dietro in sopra a sinistra ed in avanti, cii’coscrivono la sommità. — 206 - # dorso e lobo anteriore destro della coneliiglla , nel centro dei quali esiste una leggerissima carena ; alti*c due pieglie rugose poco elevate esistono parallele quasi all’ anteceden- te sul lato sinistro; alirc piccole rugosità si vedono formate dalle strie d’accrescimento e piccole ineguaglianze diverse. Le strie raggianti sono poco visibili; quelle d’accresci- mento si modellano tìn dal cominciare, giusta tutte le senuo- sità sopra descritte. La sommità è ricurva indietro, un poco a sinistra, e cir- ca cinque millimetri dentro il margine ])osteriore. L’impressione muscolare s’ingrossa .molto nel destro lato, niente nel sinistro (tav. 8. tìg. 1.) Osservazione Dalla forma molto senuosa di questa specie ben si vede la marcata differenza ch’esiste fra tutte le altre qui rapportate. Presenta di comune con la senuosa la di- rezione e quasi numero delle pieghe; ma questa le ha assai profonde solcate: perla dilatazione del margine sinistro s’ av- vicina alla Brocchia Interlandi. Del resto poi non à alcuna somiglianza con le altre specie. Questa distintissima specie ò voluto renderla più cara ornandola del nome del mio distinto amico Cav. Luigi Be- noit, tanto conosciuto per le sue non poche opere di storia naturale, che con successo à dato alla luce. — 207 SPECIE 10/ lUU)GCniA Sloppani (Nobis) tav. 7.* fig. 9/ ^lIAG^'osI B. testa in aequilatera, suh-ilepressa, leviter stria- ta ; slrtis radiantihus, et transversis smuosis decurrenti- ìms: latere sinistro sub-protenso, dextero sinuato ; mar (jinem anteriore etiani bis sinuato, sinistro plicato posteriore sim- plice] plicis, quinque brevibus: apice non satis incurvo intra mar (jinem positum. Cantero-posteriore mil. 33. Diametri ^trasversale » 22. ( maggiore altezza » 12. Conchiglia a lati disuguali , un poco depressa sul sini- stro, il quale è più dilatato del destro: la superfìcie è levi- gata, e scolpita da leggerissime strie raggianti^ e d’altre rare dentellate e senuatc d’accrescimento, che si contornano sul seno eh’ è fortemente scolpito, molto più verso la base dove sembra fesso da una incisione, talmente è approfon- dita una linea verticale che più lo distingue; mentre verso l’apice si prolunga in un leggero bordicino, che sembra una carena assai rudimentaria, che passa sul dorso della sommi- tà fino al lato sinistro. Le pieghe sono assai brevi al numero di cinque, e occu- pano il solo margine sinistro più verso la parte anteriore, per lo spazio di mill. 3, a 7; lo che mostra che cominciavano a formarsi nell’ età adulta, allorquando la conchiglia cessava di essere forbita di quella pulitura, che si distingue nell’età più giovane. — 208 — Il margine posteriore è semplice; tra questo ed il de-' stro vi è una leggera senuosità; altra più angolosa ve ne è sul terzo anteriore di quest’ ultimo altre due sul davanti lasciando sporgere nel mezzo una prominenza convessa; il sinistro è leggermente senuato a seconda le curve delle pieghe. L’apice è adunco, ma non ricurvo, e al di dentro del margine posteriore. L’ impressione muscolare è clavata d’ ambo i lati con r estremità ingrossate, la sinistra, ch’èia più lunga, è poco osservabile, perchè incrostata di tenace calcareo. Osservazione Questa unica distinta specie, che devo alla gentilezza del Prof. Carlo Gernmellaro , è interessante per mostrare alcuni caratteri singolari, come le pieghe nell’età adulta soltanto; talmente, che, se si sarebbe veduta allor- ché trovavasi un cinque millimetri più piccola , si sarebbe presa per una-brocchia appartenente al terzo gruppo. È curioso ancora osservare, che questa conchiglia por- tava senq)re il margine anteriore sinistro dentellato, e le dentellature aventi tutte quasi la stessa proporzione, sì nel- la porzione sporgente , che nella rientrante , come puossi osservare dalle strie d’accrescimento più visibili. Queste strie perdevano la simmetria, a misura che la conchiglia si faceva più adulta: in effetti, la conchiglia nella parte che si può riferire all’ultima epoca della medesima si vede rugosa, con qualche leggera gibbosità e con delle pieghe di cui so- pra abbiamo fatto cenno. Questo fatto ci conduce al ragionamento segucnie: o che l’animale si trovava in ben altre condizioni di vita per mor- bosità, 0 per vecchiaia; oppure soleva passarla sua esisten- za su altri corpi, siano di produzione organica o pur nò, che divenivano più irregolari; jìerciòi margini della brocchia che vi ))Oggiavano perdevano la simmetrica figura. Le due - ^00 — prime ipotesi mi sembrano più probabili: in effetti in molte brocchie è osservabile questo cangiamento, cioè; che nella porzione più adulta la conchiglia acquista più rugosità e deformità, che non portava punto nell’età piirgiovane. Fermo nel proponimento di rammentare in ogni nuova specie il nome d’ un illustre naturalista , ò voluto rendere più apprezzabile questa specie col nome del tanto pregiato geologo italiano Prof. Antonio Abate Stoppani oggi profes- sore all’Istituto di Milano. — 210 - 3.“ GRUPPO B HOC CHI E LEVIGATE SPECIE 11/ HUOr.uniA Sequenza (iVodis et Aradas) tav. 6.® fig. 2/ Diagnosi — li. lesta sub roliindala, depressa, laeinf/ala , Iransverse striis incrementi laeviter impressis exarata: a- pice infra inarfjinem poster iorem posilo . Diametri (larghezza rnil. 18. ( altezza » 0. Conchiglia circolare nel suo contorno basale, per ((uaii- tu vedesi dalla curva che descrivono i lati marginali , per- chè in avanti trovasi rotta; e sarebbe angolosa nel lato an- teriore, se si dovrebbe stare alla direzione che prendono le strie d’accrescimento. Ha il solito solco a destra non mol- to sviluppato, al cui margine òvvi la solita sporgenza , la (juale sembra essere più retta che convessa nella sua estre- mità. Pare ancora che vi sia il principio d’ un altro solco nel suo lato anteriore, che abbia avuto cominciamento dal lato sinistro, come osservasi dall’ assieme della direzione e piegatura delle strie trasversali, che finiscono ad angolo sul davanti, come sojira al)ì)iamo detto. È molto bassa, simmetrica, con f apice piccolo, ripie- gato tutto sul lato posteriore , senza uscire dalla periferia del margine. — 211 - L’impressione muscolare è assai larga e lunga compa- rativamente alle altre, tenendo presente la piccolezza della conchiglia (tav. 8. fig. 5.) OssERYAzioifE Qucsta specie per la sua levigatezza potreb- be dirsi ancora la levis, sì per la mancanza delle pieghe , che per trovarsi esente di ammaccature : ma il certo si è , che sono due specie distintissime Luna dall’altra; quindi necessariamente devono portare due nomi differenti. In ef- fetti così ò fatto; ed ò chiamato levis la seguente, perchè à non solo una forma più comune, e poi sembrami aver ve- duto nel mio viaggio, non rammento il paese, una brocchia levis ehe più alla nostra s’ avvicina, anziché a questa detta Brocchia Seguenza, la quale avendola rinvenuta nella bellis- sima collezione del Prof. Aradas, ed essendoci accorti del- la novità della conchiglia, unanime ci abbiamo fatto un pre- gio dedicarla al chiarissimo nostro comune amico Prof. Giu- seppe Seguenza da Messina. ATTI Ace. TOl. XK 30 - 212 - SPECIE 12/ BKOCCIIIA Levis tav: 7.* fig. 1.® Si.^oyinii Brocchia levis Bromi (i). Capulus levis cB Orbigny J8il. Pileopsis dispar Bonelli (2). Brocchia levis Chenù 1800. Diagnosi B. testa sul) aequilatera, ovata, levi, tatere si- nistro transverse sulcata : margine antice et dextro tatere sinuato, sinistro et postico simplici simi in latore dextro evanescente. Margh. ant. post mil. 19. ninmptrP^^^’Sh. trasversale » 16. ‘ ^ i altezza maggiore » 9. (.sporgenza in fuori dell’ apice. . » 1. 1/2 Conchiglia quasi simmetrica, di figura ovale, non co- nica come le altre specie, tanto che il dorso è quasi pa- rallelo alla base: è levigata senza strie raggianti ; leggiere ammaccature le si vedono ove sono le strie dell’ accresci- mento : invece di pieghe il lato sinistro porta una scanala- tura trasversale dal di dietro in avanti e dal basso in alto, come la direzione delle pieghe della Brocchia senuosa. Nel lato destro , nel luogo stesso dove le altre sono senuate , lungi di trovarsi un solco, si trova una superficie piana con il solo vestigio che vedesi dalla direzione senuosa delle strie d' accrescimento, che formano la sporgenza che dà la (1) (2) D’Orbigny op. cit. tìgura convessa anzi conica al margine dello stesso lato: un eguale prolungamento si vede nel lato anteriore, ma inve- ce di fare la convessità conica, la fa circolare. Mentre questi due lati scendono giù quasi in una inclina- zione che si avvicina alla perpendicolare, l’angolo che risul- terebbe dalla direzione di questi due lati s’ inalza in mo- do da farlo senuoso con una concavità profonda e larga. L’ apice corre nella direzione del dorso su descritta, u- scendo un millimetro e mezzo circa fuori del lato posteriore. Il margine semplice e levigato. L’impressione musco- lare è clavata in ambo i lati, conica e più prolungata sul destro (tav. 8.“ fig. 10. *j Osservazione. Non conoscendo alcuna diagnosi o figura della Brocchia levis, per potere scendere al paragone c con- fronto di questa da me descritta, mi son contentato del si- gnificato che dà la parola levis per applicarlo alla più le- vigata fra le conchiglie che sono scopo di questa monogra- fia. In effetti, questa specie, oltre all’essere differentissima di tutte le altre, è, come risulta dalla diagnosi, levigata, e nella sua forma esterna somiglia ad una pileopsis ungarica) talché se non sarebbe per l’impressione muscolare e l’im- mancabile sporgenza del margine destro, segno del solco carat- teristico di questo genere , la si potrebbe prendere , come ò detto, per pileopsis. ULTIME UONSiDERAZIONI SUL GENERE Da tutto ciò che abbiaiu potuto osservare, esaminando ciascuna specie, ben si è veduto come i caratteri, che da noi si son fatti rilevare per la distinzione del genere, accom- pagnano costantemente tutte le specie. E quelle stesse det- te levigate, die sembrano essere abbandonate dal solco ca- ratteristico e dalle pieghe, non lo sono assolutamente come si é fatto riinarcai-e, giacché, qualunque si fosse la leviga- tezza, sem[)resi vedono le vestigia sì dell’ uno che delle altre. k da tener presente ancora su l’ aggiustatezza della di- stinzione delle diverse specie, che si è osservato per ciascuno individuo una differenza anco nell’impressione muscolare, come chiaramente può ognuno osservare nelle diverse figu- re della tavola settima i l ) Nel delinearc le figure dell’ impressione muscolare ò tenuto pre- sente di dividere esattamente il centro per vedere la sproporzione dei lati, indi la forma e non i diametri; perciò ve ne sono designate for- se un poco più grandi o più piccole’, conservando sempre la figura ed il contorno che è quello che c’ interessa. — 215 in ultimo è da notare , che dalla forma senuosa delle specie da noi descritte, dalla figura e direzione dell’impres- sione muscolare, differente, come abbiam detto, dal resto delle pileopsidee, il mollusco della nostra conchiglia dove- va avere struttura e modo di vivere del tutto diversi. In effetti, dalle costanti ineguaglianze della conchiglia noi possiamo dedurre, che le stesse giammai erano cagio- nate dal contatto del suolo o del corpo su cui 1' animale ri- posavasi, ma erano effetto della struttura dello stesso. Pos- siamo supporre ancora, che la conchiglia , lungi di servire come nicchia a tutto T animale, serviva solo per garentire taluni interessanti organi, come vediamo con il mollusco delle carinarie, delle ombrelle ed altri; ragioni che ci spieghe- rebbero in qualche modo il motivo che questi molluschi non resistettero al cataclisma, e quindi il facile disperdimen- to, ed il difficile rinvenimento di questi fossili. Essere inol- tre d’ una tessitura elastica, e ciò per le meccaniche ed ac- cidentali depressioni che questi fossili mostrano, modellate a seconda i corpi che urtavanli anche nell’età adulta. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA Da quanto leggesi nel prodromo alla paleontologia di D’ Orbigny pare che le brocchie siano comparse solamen- te nelle formazioni terziarie superiori e lo sconvolgimento geologico sofferto da questi mari , per lo inalzamento delle Alpi occidentali , e *la catena principale delle stesse , portò con sé la vita de’ molluschi che abitavano in queste conchi- glie; sicché, nè nell’ eoeme, nè nel dilluviale antico, nè in alcun altro piano rinvengonsì simili fossili. In effetti noi in Sicilia non conosciamo altra località dove questo fossile si sia rinvenuto se non nei terziarii superiori , e così in tutte le contrade diverse dei vari paesi, per quanto io mi sappia. Per dare un’idea più esatta delle località dove si sono trovate le nostre broccliie le abbiamo qui riunite. BROCCHI A Sinuosa » » )> » » » « » » » Bernardi » Menichini » Interlandi » Benoit » Sequenza » SlMILIS » Levis » Maggiori » Longo » Bellardi Colline plioceniche di Nizzeti , Catania. Terreno pliocenico contrada da Scoppo Messina. Calcario di Monte Pellegrino, Palermo. Terreno pliocenico di Gravina nella Puglia n • Terreno pliocenico di Coste, Carquato Toscana. Calcario di Monte Pellegrino . Colline plioceniche di Nizzeti. Calcario di Monte Pellegrino, Palermo, idem Altavilla Palermo, idem idem Ficarazzi Palermo. Tufo basaltico di Militello Provincia di Catania. Calcarlo dì Monte Pellegrino in Pa- lermo EPILOGO Da tutto r esposto chiaro si vede, che riesce importan- te lo studio di questo fossile, ed è assai profìcuo accrescere (1) Philippi Op. cit. il numero delle specie, essendo una conchiglia caratteristica dei due piani superiori del periodo terziario (1). Più, si è veduto come e per qual mottivo non deve con- tondersi più questo genere con il genere Capulns di Mon- fort Pileopsis di Lamark, avendo fatto risultare dapprima tut- ti i caratteri sì del genere non che delle singole specie. Finalmente abbiamo veduto che il fossile, di cui si è tenuto discorso, esiste nei dintorni di Palermo, Catania, iMilitello e Messina, e non sarebbe fuori proposito trovarsi nei punti diversi dell’ isola dove i terreni su riferiti si vedono. (1) Nel dire che questa conchiglia è caratteristica del periodo ter- ziario, non intendo mettermi dal lato di quei che pretendono trovare un novello piano geologico ad ogni novello fossile che la fauna paleon- tologica presenta; nè dire che i terreni dove queste ccnthiglie si rin- vengono sono terziarii perchè ritrovi 1’ esistenza delle stesse. No, questo mai: perchè sono convinto che resistenza del fossile caratteristico al- tro non è che uno dei tanti requisiti concomitanti che si richiedono per hen determinare la natura del terreno , qualunque si sia. Se così non fosse lo studio si renderebbe senza dubbio più facile , quindi più alla portata di tutti, o meglio, come dice un sommo naturalista i- taliano « il trattato elementare che sviluppa quella teoria sarebbe un vero tesoro per tutti quelli che si occupano di paleontologia stratigra- fica » (^) se la scienza altro non dovrebbe conoscere che lo studio di fossili per sapere a qual piano appartiene un dato terreno. n Omboni, Sullo stato geologico dell’Italia, Milano 1856— pag. 131. 1 ■ irajp i ‘-Ì « 11^ 1»^ T|x " - ; - ' ' ' - *. V - t < .f t'^ oli*tli un'unii'fl. ,^** • „;j ,4, * ■ ' " • m' .' • < M . . 4 .f ■•'■•. I.' "• '"■’ . «'-•'• • :’ "rasili a.,'-. .,.i-.--i' •*..«««•••« è' i « ■ ‘ . ■ L. ’ i;i a. f'*.'ii'>»' -AUWP ’vl-j M. a J ( .; .''>'• '"•^'•■•'‘ ■ '. -. n.,HJ «" -tf* , a l.fcHk *,.. rJ.i.iMM nl% -f 'ì MffiWy /»''• f» ’ tì n: !♦' »Mv-IMV ' f n. ,., . *'M .rUi.ona - '.» -'I •"< »• i- - " - - V .M. ..ni U M» 5.W1 «ori J^i,l.rtv , l’.i .i ■* j* ;''' ■' ' J' .id illi i» ,.IIl tf- “VI iH M»y UJHJ pi'l. '' I -,i,...;^ii •••*Y'V,,’iLi.f.' wàrt-'-'-ii.M. •.»«* *<'■■■•* *1 •« 4' A t- r V #v\' ri, r ,#■ t t?*' ’ t Sr . ^ SPIEGA DELIE TAVOLE Tav. I, Kia. 4.“ Broccìiia Sinuosa jBron, a) veduta dalla parte superiore, b) ve • duta del lato sinistro, c) veduta del lato destro. Fio. 2.® Due forme diverse costanti dell’ impressione muscolare nelle brocchic, a) impressione clavata d’ ambo i lati, b) impres- sione clavata di un sol lato. Tav. II. Fui. 4.® Brocchia Maggiori Aradas, a) veduta di profilo, b) vedubi di sopra e sul lato destro. Fio. Varietà della medesima brocchia, a) veduta di sopra, b) ve- duta di profilo sul lato destro. Fig. 3.-’ Brocchia similis, Nohis, metta più grande del naturale, a) vi'- duta di sopra, b ) veduta del lato sinistro, c ) veduta del lato destro. Tav. III. Fio. 4.“ Brocchia Bcllardi Nohis, a) veduta di sopra, b) veduta di profilo e lato destro, c) veduta sul lato sinistro, d) grandez- za naturale. Tav. IV. Fio. 4 Brocchia Bernardi Nohis, o.) veduta del lato destro, by veduta di faccia e di dietro, c ) veduta di faccia c d’ innanzi. Fio. i.'’ Brocchia Bongo Aradas, aj veduta a destra, bj veduta di sopra. m - Tav. V. Fi(.. 1 lirocchia Intcriandi Aradas , aj veduta di profilo del lato si- nistro, 1)J veduta di sopra, c) veduta di destra. Fio. i." lìrorrhia Minichini Nobis , aj veduta sul lato destro , 1) j ve- duta di sopra, c) grandezza naturale. Tav. VI. Fig. 1 .“ lirocchia ìienoit JSohiSy molto ingrandita, a^ veduta di sopra, b; veduta sul lato destro, c) grandezza naturale. Fui. Brocchia Seyuenzae Nobis , avveduta di sopra molto ingran- dita, b) veduta sul lato destro, c) veduta di grandezza na- turale. Tav. VII. Fu;. Brocchia levis Bron, a) veduta di sopra di grandezza natu- rale , veduta di sopra, c) veduta di profilo a sinistra, ù) ve- duta sul lato destro. » Fui. 2* Brocchia Sloppani Nobis , a^ veduta sul lato sinistro, b) ve- duta sul lato destro. Tav. YHI. Le diverse figure dell’ impressioni muscolari delle varie specie di llroeehic da riguardarsi solamente nella conformazione perchè tutte so- no più 0 meno ingrandite. Fio. I.''' Impressione muscolare della B. licnoif. — Fio. 2." detta della B. BcUardi. — Fio. 3.'* detta della B. Maggiore. — Fio. 4." detta della B. Menichini, — Fio. 5.“ detta della B. Scguenzac. — Fio. G.“ detta della B. Similis. — Fio. 7.* detta della B. [Icniardi. — Fio. detta della B. Jntcrlandi. — Fio. 9.® detta della II. Sinuosa. — ViG. 10.® delta della B. Levis. — Fio. 11.® detta della />. I.nugo. — Fio. 12.® detta della B. Stoppani. INDICE DELIA MEMORIA Vvvcrlinicnto ..... I . Introduzione ..... il. Riflessione sull’ importanza delle Brocchie .3. Storia ...... t. Caratteri della conchiglia ,■>. Caratteri che il genere Brocchia ha di comune con neri della famiglia delle Pileopsidee . h. Caratteri delle specie . , 7. Descrizione del genere . S. Quadro della classificazione delle Brocchie 9. Descrizione delle specie 1 . Gruppo. Specie con le pieghe dirette in dietr Brocchia Sinuosa Bronn . Brocchia Maggiori Aradas Brocchia Maggiori Var. giocane Brocchia Similis Nohis . Brocchia Bcllardi ÌSobis. 2. Gruppo. Specie Brocchie Longo Aradas. Brocchia Menichini ÌSobis Brocchia Bernardi Nobis Brocchia Inter laudi Aradas . Brocchia Benoit Nobis . Brocchia Stoppani Nobis 3. Gruppo. Specie levigate. Brocchia Seguenzae Nobis Brocchia levis Bron 10. Ultime considerazioni sul genere. II. Distribuzione Geografica Sì. Epilogo ..... 13. Spiega delle tavole Pag. » » » 175 177 178 179 » 182 gli altri ge- » 183 » 184 » 185 » » » » » » 187 188 ivi ivi 190 191 193 » 193 » 197 » ivi » 199 » 201 203 203 207 210 ivi 212 21 4 213 21 0 219 » » » » » » » » )V » i’agiiia Rigo ElillORI COUUEZIO.M 12 24 levis (1) levis (5) 14 1 risultare risaltare 15 25 Calisptraedec caliptraedee 20 18 mulularie ^indulatis 21 10 elevata clavata 2:{ 1 conchigiia conchiglia :12 9 elevata clavata :10 H marginefìi margine 45 10 e levigato è levigato 40 14 settima ottava 0 1» l'Autore 'disegnò dal vero Lit.Riclitere G”Napoli. 1 I T. il. ‘ L'Autors di38^^.’’iò dalvern Lil'.Htc’hler e ('“Napoli T.lll » j’Antoie disegnò dalvero Lit.Eicliter eC°ldapoli L'AiLtoTe disegnò dal vero LitBicliter e C“¥apoli. 4 •V' T.V L’Autore disegnò dalvero LùBicliter e G “Napoli. 9 F.L^ TAl. LitEiclii et e L’Aut.ore disegnò dal vero T va. L’Autore disegnò dal vero Lit.Bickter eu°]dapoLi. E^IT. a 1 1 T.Vlli. L'Aiitore disegnò dalvero Lit Eichier b C’’ Napoli. I ì SULLA CIMA DELL’ETNA CONSIDERATA SOTTO IL L\PP0RT0 DELL’ UTILE CHE APPRESTA AL VIAGGIATORE ISTRUITO E ALLO SCIENZIATO BREVE NOTA ewuM-eliaAo LETTA Della lOToata ordioana del di 4 Loglio 1863 ATTI ACC. VOI,. XIX. 32 I « I / / « 7 I %■ « • 1 JO ' »jl *i I Il viaggiatore istruito , che sì è recato in Sicilia per os- servare gli antichi monumenti ed il sito di tante Città, che fiorirono un tempo in questa classica terra, non trascura al certo di volger lo sguardo sopra quanto vi produce ed alimenta la benignità del clima e la fertilità del suolo , e sopra non pochi naturali fenomeni che vi si manifestano. Prima di lasciar Palermo si sarà trasferito nella mitolo- gica Terme, ove per voler di Minerva le Ninfe apprestarono ad Ercole le tepide acque alla loro vigilanza affidate. S’innoltra, inseguito, pel feracissimo suolo sino a Se- gesta; e quivi uno dei più maestosi Tempii dell’ antica Tri- nacria ha resistito per tre mila anni alle ingiurie del tem^- po. Di là si avanza verso il famoso e non men mitologico monte Erice, ove Venere era particolarmente dagli isolani e dagli esteri venerata; ed appiè di esso sorge Drepano, nel di cui lido Acesle apprestava ospitai riposo alla flotta di Enea. ♦ Sorge sull’ estremo Occidental promontorio dell’ isola , col punico suo porto, Lilibeo, divenuta principal sede de’va- lorosi Romani dopo la prima guerra punica. Di là non lun- gi s’incontra ne’ venerandi ruderi de’tempii di Selinunte , de’ quali le Metope indicano una epoca che precede quella delle greche Colonie. Agrigento lo avrà trattenuto più giorni, non solo perii tanti suoi stupendi monumenti, ma per le vicine Macalube, e pel vasto territorio così abbondante di ricche miniere di Zolfo . Di Finzia e di Gela non può vedere che il solo loro si- to diviso dal fiume Imera , termine una volta delle pos- sessioni Sicane e Sicole; siccome il fiume di Gela la divideva da Camarina passando inseguito pel vasto tratto di terre- no , ove le sottomarine correnti degli estinti vulcani alter- nano co’ sedimenti della roccia calcarea, scende nella vai- le ove bulicano tutf ora le bituminose acque de’ Palici, sa- cro e formidabile testimonio di anlichissima superstizione. Dopo di aver curiosate le grotte slalattitiche di Fantalica, costeggiando l’ Anapo, arriva in Siracusa , e trova quella grande città, emula di Atene, ridotta alla sola Ortigia; ma i ruderi di tanti e tanti monumenti , il mitologico fonte di Aretusa, il vastissimo porto, i campi delle battaglie co’ Gre- ci sotto Nicia, e de’ Romani con Marcello, occupato avranno non poco l’ attenzione del viaggiatore istruito nell’ antica Storia . Giungendo in Catania, rammenterà l’antichissima sua origine: 1’ accoglienza fatta da’ Catanesi alla Colonia di Teo- cle 728 anni av. G. C. ed avrà da osservare gl’ imponenti ru- deri del Teatro, delle Terme, delf Anfiteatro, e le tante co- lonne, che l’opulenza romana trasportovvi dopo la invasio- ne di Sesto Pompeo. TI viaggiatore vedrà ancora i monu- menti non men classici di Taormina recandosi in Messina; ma il vicino mont’ Etna, col vasto suo cono appiè del qua- le sorge Catania, lo invita a farne la salita, alla quale tosto si accinge. Egli troverà tutto vulcanico il terreno che percorre, ma coperto di rigogliosa vegetazione finché non giunge appiè de’ Montirossi, cratere della eruzione del 1669 di cui la lava minacciò di sepellire Catania. Da quel punto sino al vertice della Montagna non ha d’intorno che arido terreno bruciato che a via di ostinato la- voro ed industria il colono etneo ha reso in molti punti fer- tile, e rigoglioso alquanto di vigne e di alberi a frutto. La bella zona de’ boschi di querce, di elei, di faggi e di pini che for- mavano, a dir di Buffon « un bel collare di verzura al ca- << po canuto di questo magno Vulcano» è pressoché intiera- mente distrutta, e si arriva alla Casa inglese attorniati sem- pre di sterile suolo vulcanico (1). Quivi il viaggiatore giunge al tramontar del Sole. All’alba la Guida gli la traversare un braccio di aspris- sima lava, che si frappone fra la casa e la base del cono; ardua alquanto ne è la salita, dovendo fissare i piedi sopra (1) Sin dal I804- Mario Gemmellaro aveva costruito a sue spese, non lungi dalla torre del filosofo, un piccolo rifugio pe’ viaggiatori alla base del cono del gran Cratere; venute le truppe inglesi nel 1806 a pre- sidiar la Sicilia egli , amico del Generale Lord Forbes, lo persuase ad aprire una contribuzione fra gli Lfliziali dell’armata, onde alzare un più comodo asilo pe’ curiosi dcH’Etna; c nel 1811 con quella contribu- zione e col proprio denaro, dimorò due mesi in qell’ altura a disporre ed eseguire la costruzione della casa attuale, poco distante dalla piccola sua. Da quel tempo questo asilo ha preso il nome di Casa inglese. Nello scorso anno il Principe Umberto Principe di Piemonte , volendo salir sull’ Etna, pernottò in quella casa; ed accortosi de’ guasti che le avean cagionato il tempo e la neve che per molti mesi la cuopre, volle gene- rosamente contribuire a ripararli in parte. un cono di sciolti materiali vulcanici , che cedono al peso ad ogni passo e lo traggono in dietro ; ma giunto al mar- gine del gran Cratere non può non ammirarne l’ampiez- za , la profondità, le tante elevazioni e voragini che con- tiene, dalla maggiore delle quali esala di continuo un nuvolo di vapori; mentre da ogni lato i fumajoli di zolfo rendono poco respirabile 1’ aria circoscritta dal Cratere. Rialzatosi da quella contemplazione, lo spettacolo che gli si para alla vista è imponente , magnifico , unico forse in Europa! Altezze maggiori offrono le Alpi e i Pirenei in molti punti è vero, queste però sono avvicinate di altre, o più alte 0 poco minori; ma qui il viaggiatore è solo, sopra una colonna che si eleva ad undicimila piedi sopra il livel- lo del mare: ove quanto si scuopre di montagne e di terre è al di sotto della metà del cono che lo sostiene; e si guarda la Sicilia tutta, parte della Calabria, le isole Eolie, ed i tre mari. Tirreno, .Ionio ed Africano, come in una carta geogra- ’ fica. Tutto è sotto lo sguardo del viaggiatore; egli non ha al di sopra o a’ fianchi che l’azzurra volta del Cielo: egli é soleva respirar l’aria della linea di gelo. Ma già spunta il sole. La zona di vapore che copre Lui- tima linea dell’orizzonte marittimo, sembra accrescerne il livello; e l’astro del giorno che s’innalza, comparisce come un globo di fuoco, che per pochi istanti par che passi attra- verso delle acque. Spunta esso infine nel suo vivido splen- dore, e l’occhio non può soffrirne la luce. Il viaggiatore si rivolge ad occidente, e dopo un minuto vede incominciare ad indorarsi le cime delle montagne, Enna, Artesino, Mado- nia, e grado grado le altre tutte, che gli rammentano il si- to delle antiche città che ha già osservato; dopo tre o quat- tro minuti la Sicilia intiera è irradiata dal Sole. Ogni viag- giatore ne resta incantato, e trova abbondo voi mente com- pensate le fatiche del suo viaggio. Se egli poi sarà versato nella Fisica e nella Metereolo- già, avrà di occuparsi nella salita del cono dell’Etna e nella sommità. Il graduale abbassamento del Barometro e del Ter- mometro; il manifesto infievolimento della forza vegetativa delle pianto, come si va salendo per la montagna (1); i fe- nomeni, spesso nuovi (:^), della elettricità; il vario adden- samento de’ vapori che s’ innalzano dal cratere , a seconda della minore o maggiore umidità dell’ atmosfera ; la svariata forma che assumono le nuvole al variabil soffio de’ venti , divenendo segni, pressoché infallibili (3), delle atmosferiche meteorologiche variazioni accresceranno sempre più la dovizia delle sue cognizioni. Se però egli è un geologo , oh 1 allora egli non godrà soltanto dello spettacolo che quella altezza ha prestato a tutti, ma si ferma ad osservare a minuto, a riflettere, ed a medi- tare sopra quanto ha sotto gli occhi nella sottoposta Sicilia. Egli che giunge sulla cima dell’Etna dopo aver percorso e studiato i terreni tutti dell’Isola, con la guida e le descrizio- ni che ne han dato tanti illustri geologi, trova ajuti grandis- simi nel prospetto che gli presenta quell’ eminente sito, per elevarsi alla trascendente compreensione del vero modo di formazione de’ terreni di Sicilia. Ei ne scorge la sottomarina prima scorza, che dalla mag- giore elevazione granitica di Aspromonte in Calabria ha di- steso un braccio ad occidente , sotto le successive rocce e mostra ricomparire alla base del Capo Calavà. Lo Gneiss vi succede regolarmente, e si ammonta nelle alture, che in oggi attorniano Messina; vi si addossa lo Scisto micaceo, ora (1) Gemmellaro —Sulla vegetazione nell’Etna. Atti Gioeni voi. 4. serie. (2) Galvagni — Sopra un fenomeno sonoro nell’Etna. Atti Gioeni voi. 12. 1 .“ serie. (3) Scuderì— Su’ segni meteorologici. Atti Gioeni voi. 3.1. “seria. — 230 - allo scoperto da Scaletta sino a Rometta e parte delle colli- ne di Gioiosa e Favarella ; segue la formazione ben’ estesa dello Scisto argilloso da Alì sino a Patti ; ed il Gres rosso antico e la Grawvacca ne occupano a riprese gli avvallamen- ti. Presso Favarella e poscia a Limina e Villafiorita compa- risce essersi depositato qualche tratto del Carbonifero terre- no, Che per mezzogiorno si appalesa sotto la base diS. Ales- sio, e nella costa fra questo e Taormina. Vede poi, con la immaginazione, trasportar da una tor- bida corrente sottomarina, proveniente dalla costa orientale della Spagna e della Sardegna, i materiali della vasta forma- zione giurese; la quale dalle montagne occidentali di Paler- mo si estende per tutto il lato settentrionale dell’ Isola , e costituisce l’alto terreno di Sicilia. Le sue maggiori eleva- zioni egli ravvisa adesso nelle montagne di Cofano, di Alca- mo, in quelle del Ci*atere di Palermo, in quella di Termini e Caccànio, e poscia nell’ ampio gruppo delle xMadonie ed Artesino, dove il Giurassico cuopre parte del Lias edelKeu- per, che apparisce sorgere alquanto fra Caltavuturo e S.® Ca- terina e forse nel Gres salifero di Alimena (1). Segue il giurassico a manifestarsi nc’colli Erei, ne’mon- ti e nella massa enorme di Taormina , e continua a corre- re e mischiarsi sopra e con le primitive formazioni del di- stretto di Messina. Altre braccia di taluno de’ suoi membri sorgono a Mezzojuso, a Cammarata sino a S. Calogero di Sciacca. Estesissima è la formazione del Gres secondario, che si addossa, o riempie le valli di tutti i sopradetti terreni, e che servì ad ingrandire di molto , per mezzogiorno , la massa , sin’allor quasi prolungata catena di colli , da ponente a le- vante, della sottomarina Sicilia. (i) Recenti e replicale osservazioni diminuiscono di molto la esten- sione del terreno Giurese, ed accrescono quello della Creta. 231 Non gli sembra improbabile che dalle correnti del mar africano sia proveniente la formazione del terreno cretaceo; esso si appoggia in molti luoghi al Giurassico, ed al Gres secon- dario dal monte Erice sino a’ contorni di Caltanissetta, e poi dai monti Judica e Scalpello. Quadro sublime de’ due potentissimi agenti della Natura, del fuoco, cioè, e dell’ acqua, offre a quel geologo la gran- de formazione terziaria del calcareo Ibleo; ove le alternan- ze delle correnti vulcaniche e di sedimenti calcarei addos- savansi una sull’altra, e tuttavia sottomarine, appoggiandosi dal lato settentrionale al tcri'cno cretaceo di Judica, e co- prendolo quasi intieramente presso Vizzini, non lasciandone che un picciol tratto nel, così detto, Boschitello ; nel tempo stesso che il terreno nummulitico depositavasi sopra la con- nata formazione del Gres secondario, ed alla base del cretaceo di Judica. Altro terreno terziario, non minore di estensione scorge in Sicilia, vale a dire quello dell’ argilla blu che forma tut- ta la parte meridionale del vai di Mazzara, e che aneli’ esso riposa in molti punti sul connato Gres e sul cretaceo. In esso, oltre a subordinati calcarei terziarii sono contenuti i gessi, il sale e lo zolfo. Posteriori limitate formazioni terziarie sino al periodo pliocenico, vede chiaro essersi depositate grado grado sopra la sottomarina terra siciliana, che doveva mostrarsi in allora emersa alquanto , formando un piccolo arcipelago di isolet- te e di scogli , da principio , che aggregandosi insieme pel lento sollevamento si riunivano a costituire una terra sola, e separata sempre dal Continente. 11 periodo quaternario è dimostrato, più che d’ahro, dalle caverne ad ossame, che quel Geologo ha di già osser- vato ne’ contorni di Palermo principalmente. Seguono iter- reni diluviali, e finalmente l’ attuai periodo alluviale si ve- de accrescere le nostre spiagge marittime e le pianure, coi ATTI ACC. VOL. MX. 33 materiali traiti in giù da’ torrenti. La più estesa di queste pianure è quella di Catania, alluviale da capo a fondo, so- pra la quale è giunto talvolta 1’ Etna a versar le sue lave. Dopo il generai prospetto, che la Sicilia tutta ha espo- sto allo sguai'do del Geologo da quell’ alta specola, ei si è formata la vera idea della geologia e geognosia dell’Isola; e disceso dalla montagna, potrà tracciarne la carta geologica la più esatta: unendovi tutto ciò che da quell’ altezza scor- ger non poteva e che dipende dallo studio che ne avrà fat- to in dettaglio nel suo viaggio; chè se questo è stato troppo rapido; se si è contentato di passaggieri sguardi su’ terreni; se ne ha trascurato la stratigrafia e la Paleontologia, se si contenterà delle osservazioni e delle carte di taluni Geolo- gi che lo han preceduto, i quali in poche settimane di di- mora ne han concepito la struttura geognostica , o ne han tracciato la carta geologica, ripetendo sempre e poco o nulla aggiungendo, Egli allora non avrà fatto alcun profitto , nè giovar potrà mai all’ideato lavoro della completa Carta geo- logica di Sicilia. Ed all’incontro, se nulla avrà trascurato nel percorrere da geognosta i nostri terreni, la salita dell’Et- na potrà dar compimento a’ suoi scientifici lavori, con lo insieme all’ intiero prospetto, che da quel sublime vertice la Sicilia, quant’ è, gli ha sottoposto allo sguardo, palesan- dogli quasi cronologicamente la successiva formazione dei suoi terreni. Vecchio e maestoso Vulcano, se lo esame de’ tuoi pro- dotti, se lo studio de’ tuoi fianchi scoperti da’ profondamen- ti (1), che i tuoi stessi fenomeni han cagionato, tanto ajuto han pressato alla Vulcanologia, (2) l’ altissima tua cima, ol- (1) Gcmincllaro — Sul profondamento ec. Atti Gioeni voi. 1 h . 2.“ serie. (2) Geramellaro Vulcanologia deir Etna cc. Atti Giocni. voi. 14. 2.' serie. tre agli incanti di una estesissima prospettiva e singolare, che ha esposto a tutti i viaggiatori, può contribuire non poco ai progressi della Fisica, della Meteorologia, e sopra tutto del- la Geologia trascendente; aggiungendo così nuovi fregi al- F antica e non mai peritura tua celebrità. ■f . j <> 1-1 iW fm uy||^.;j|y m »; V * « I""- ^ 1 #vs , é ■ « . •■ . ■-• -* ^.i' 4.' -<>i ^ ^vl' 'l « ' ? , ^ ' ', 1 ' • / i.* *’ Ì0 A. *.4 .il»* , 1. ' * , *, % >■ '♦ '■ 1 ' ..rf--! Ifi • 1 il ! .,'1 ^ ftoi 1 1 . • .. > .4 * Al>' *<'* ♦■'' •- M»'‘ * ".' ' ’ •!'■■** < ' • • '.41 ii*>V«< w^ fW' 4 ,1 ' 'ifc, _ ^ .1^ 1 I SULL’ INGRANDIMENTO DEL PORTO DI CATANIA MEMORIA II. SU IL SISTEMA DI COSTRUZIONE DA PREFERIRSI PER L’ANTEMURALE IN PROGETTO COMUNICATA ALL’ACCADEMIA GIOENIA DI SCIENZE NATURALI oella Moduta ordinarla del XI novembre X609 DAL SOCIO ATTIVO (5. Salito - ^Fatti I ATTI ACC. TOL. ttl u 3 l 0 I Irli V I Il ■ LUw'i ' ! ' , /. KH r I .t Q i-tWlIN 't't i.UJ! I ihf .-.M ■ -1 /. ^ * * I X^i .f««. ««• i;j . - • • f ' qnnsiA ■*'' >»{/. !?- ciUirj^ 3 '. I ^ ' I < MC «, • 4 < I r; « t» aot ITTI » I L’ expérience est inclispensable pour rectifier les conceptions de l’esprit, mème le plus pé- nétrant. PoiREL. — Mem. sur les travaux h la mer pag. 26. Nel mio precedente lavoro sull’ ingrandimento del Por- to di Catania, letto in altra seduta (1), riserbavami di dover altresì sottoporre al vostro saggio giudizio talune conside- razioni idrauliche ed artistiche sull’opera da me progettata e però discorrervi su il più convenevole sistema di costru- zione. È in adempimento di questa mia promessa che torno quest’ oggi a valermi di vostra cortesia intrattenendovi su il medesimo argomento che vogliate solo condonarmelo per la importanza dell’opera. La necessità dello ingrandimento del nostro Porto tan- to più si manifesta, quanto più si ponga attenzione allo sta- to presente del nostro commercio, ed a quello che dovreb- be essere, o potrebbe anche ridursi trascurando lo studio dei mezzi i più convenienti. Se potentissimi motivi ci spin- (1) Nella tornata ordinaria del 5 dicembre 1801 iinserta nel Voi. XVII Sor. IL degli Atti Accademici. — 238 ~ ono a richiedere un ingrandimento, altri non minori deb- bono pure interessarci alla conservazione dell’ opera con tanti sagrifizì di già eseguita, la cui utile esistenza potreb- be venir compromessa per poco che si ricorra alla esecu- zione di altre opere in apparenza di minor dispendio ma di nessuno o nocivo resultato. Non fermo volere pel mio progetto mi muove a ripete- re che lo ingrandimento del nostro Porto dev’essere esegui- to sopra una grande scala ed in vista dello avvenire, ma il timore di cadere come ho cennato nel precedente mio lavo- ro in queir errore che generalmente si lamenta per la co- struzione di tanti porti artificiali; cioè quello di essere stati sempre concepiti sopra piccola scala ed in vista solo dei bisogni primitivi (1), lo che, un distinto nostro Italiano, il chiar. Com. D. Cervati si è fatto pure a considerare [>er lo ingrandimento del porto di Genova (2); considerazioni queste che credo a preferenza applicabili al nosti'o , esprimendosi nei seguenti termini, che amo ripetere anche a conforto delle mie opinioni: « Non pochi esempi abbiamo di costruzioni marittime le quali sono di ostacolo allo sviluppo ed alloin- grandimcnfo di queìle opere che le presenti esigenze della navigazione e del commercio richiedono. Indaimo noi de- ploriamo le somme inutilmente gettate, indarno cerchiamo rimediarvi; vogliamo dunque ripetere quegli errori, ora che il nostro commercio viene chiamato a più splendidi destini. (1) « Le vice général de la plus pari des Ports et Rades exi- stants , c’ est d’avoir été con^us priinitivenient sur ime cclielle trop petite en vue seulement des besoins primilifs. On a oublió qu’ il est bien plus di Ilici le et dispcndieux de démolir aprós coup des ouvragesà la mer, que de les exécutcr tout d’ abord d’après Ics plus largcs pré- visions de l’avenir. » licibell. (i!) Considerazioni intorno all’ ingrandimento del Porto e Dock di Genova. Giorn. dell’ Ing. Ardi, ed Agronomo anno X pag. 61. - 239 — ed inalzare costruzioni che saranno un male irreparabile quanto forse sarà impossibile il distruggerle? » e soggiun- gea: A conseguir dunque lo ingrandimento del porto, mi- gliorandone le sue condizioni , non potrebbe trasandarsi la costruzione di un ben concepito antemurale che riparasse il mare esterno dalle onde le quali ora com movono le acque del porto. » A rincorare poi i timidi sulla possibilità della esecuzione che nè il sito nè la profondità sono argomento di dubbio, oso ripetere in appoggio altre parole del sullo- dato scrittore: « E qui volendo prevenire le opposizioni che ci potessero menare innanzi per la grande profondità, in cui dovrebbesi impiantare l’ antemurale facciam riflettere, che l’altezza di 17 o 18 metri d’acqua (1) non è gran fatto su- periore a quella, ove si progetta spingere il nuovo molo ; nè gli esempi di moltissime odierne costruzioni di questo genere la farebbero giudicare come intrapresa molto ardua e dispendiosa. Indipendentemente di ciò la profondità è per noi la principale garenzia, perchè un porto sia, per l’avve- nire, preservato dagli interramenti. Grave errore è quello di gettar moli sopra scarse profondità e comprenderli nella zona ove i marosi agiscono con molta violenza sul fondo. Il difetto di applicazione di queste importanti osservazioni in molti dei poiti esistenti, e le arbitrarie profondità prese a caso, 0 erroneamente consigliate da malintesi risparmi so- no state precipua cagione della minoranza della altezza del- l’acqua e dello ingombro di essi ». Premesse le superiori considerazioni sulla convenienza e la possibilità della esecuzione del progettato antemurale passiamo a ragionare sulle condizioni idrauliche ed artistiche dello stesso con quella brevità che conviensi ad un semplice progetto di massima. (1) La niassinìa profondità nel sito designato non supera quella in- dicata dell’ autore. Ouarò il sistema di costruzione il più conveniente al' V antemurale in progetto? Ecco il /juesito propostomi e sopra del quale ricliiamo r attenzione di questo intelligente Consesso. La discussione di tale argomento è della più alta impor- tanza, e ciò tanto per l’opera in se stessa, destinata a resi- stere alla furia delle più violenti tempeste del 3Iediterraneo quanto perchè l’ Architettura idraulica nello offrirci svariati sistemi per la costruzione delle opere al mare non presenta, (nè può presentare) una soluzione diflìnitiva intorno al più convenevole fra tutti. I differenti resultati ottenuti dai vari sistemi escogitati e messi in pratica, o dal medesimo sistema in differenti località, ci mostrano d’ altra parte come quello da preferirsi dev’essere subordinato allo esame delle con- dizioni locali; essendo principalmente dovuto il resultato alle condizioni speciali di località; sia all’azione delle onde e del- le correnti sulla spiaggia, ed alle opere istesse in ‘rappor- to al mare ed alle coste cc. sia alla natura dei materiali ed ai metodi ancora di esecuzione possibili. Per lo chè credo conveniente prendere argomento per un tale esame dai re- sultati che la esperienza ci offre tanto pel nostro porto, quan- to per altre opere di simile natura e costruzione; onde in- ferirne, col soccorso della scienza e dell’arte, qualche utile resultamento. Nella prima parte di questo lavoro accennai, sebbene di volo, talune condizioni di località, sì per la disposizione del seno, sì per la direzione dei venti dominanti e delle traver- sie; nò omisi cennare l’azione delle correnti e delle onde sulla spiaggia, e come quivi avvi maggiormente tendenza agli interramenti anziché alle corrosioni, quantunque poco sen- sibili, attesa la natura vulcanica delle rocce che costitui- scono , sopra corrente, il littorale del golfo; e finalmente, quale fosse la disposizione delle opere in progetto rispetto alla costa ed al mare. Sotto quest’ ultinìo ritlesso fa d’uopo solamente notare : che trovandosi V antemurale disposto ad arco di cerchio ed essendo la traversia nel nostro golfo estesa per nove quarte circa di vento sarà variamente in- vestito; così, col vento di N. E. lo sarà direttamente qua- si alla estremità di terra, obhliquamente nel mezzo e paral- lellamente alla estremità forana, laddove col vento di S. E. lo è normalmente in questa ed obhliquamente nel rimanente della lunghezza, e finalmente col vento E. S. E. lo è diret- tamente nel mezzo ed obhliquamente alle sue estremità. Tali essendo la direzione dei venti che quivi produco- no traversia, e la esposizione del proposto antemurale chia- ro rilevasi come il sistema di costiuzionc a tenersi dev’es- sere tale da resistere all’ indo ora diretto ed ora obhliquo dei flutti, cui trovansi le singole parti dello stesso variamen- te esposte. Il sistema di costruzione tenuto per la fondazione del nostro Porto è quello di una diga in muratura a pareti ver- ticali munita, dalla parte esterna, da larga scogliera. Tale era pure il sistema di costruzione progettato da Zahra, daZahra- Buda, da De-Tommaso, colla sola differenza cheil primo proget- tava, a similitudine del melodi Nizza, una diga in muratura a pareti leggermente inclinate, con due scogliere addossate, ru- na interna l’altra esterna (1); però nell’opera eseguita, è stata omessa T interna scogliera per facilitare l’approdo dei legni alla banchina, ed estesa, invece, la larghezza della diga da met. 6^ 19 a met. 10, 32.. Tutti concordemente han pro- gettato elevarsi la scogliera sul pelo ordinario delle acque; quale alzamento i Signori Cappotta e D’ Amico , autori del progetto attuale, stabilivano a metri 3 circa, formando una spianata con la larghezza costante di met. 8, 25 ed una scarpata colle seguenti tre inclinazioni, cioè: il 2, 50 di base per uno di altezza, dal vertice sino a met. 5 sotto il pelo (1) Piano del Molo di Catania di Giuseppe Zahra- Catania 1835. — ^42 — ordinario delle acque, il due dal superiore termine di met. 5 a met. 7, 50 ed 1, 50 da met. 7, 50 al fondo (ij. Un muro con la parete esteriore inclinata, dell’ altezza di met. 6, 19 dello spessore alla base di met. 2, 58 e di met. 1, 54 alla sommità, inalzato sulla parte esteriore dell? diga, è destinato a servire di appoggio alla parte emersa del- la scogliera e di riparo alla interna banchina. La diga è stata eseguita a getto di bitume com’ era sta- to eseguito e progettato da Zahra e dal di lui abile succes- sore Zabra-Buda. Un tale sistema di costruzione però per quanto riguar- da le nautiche ed idrodinamiche condizioni non è andato esente da taluni inconvenienti , principalmente quello pro- dotto dalla scarpata della scogliera, la quale nelle grosse ma- reggiate, invece di ammorzare del tutto la furia delle onde, ha loro dato mezzo di raggiungere altezze maggiori ; perlo- chè superando talvolta il muro di spalla 1’ onda espansa va a rovesciarsi sulla sottostante banchina. La qual cosa oltre al rendere questa im[)raticabile in tali tempi, sturba la tran- quillità dello interno producendo una complicanza di movi- menti principalmente alla bocca del porto, rendendone più difficoltoso l’accesso in tempi di traversia (2). (1 ) Rapporto sid Molo di Catania e Nuovo Progetto che si propone dalla Commessione Incaricata 42 e 43. (2) È ben conosciuto che le lunghe scarpate presentano l’ incon- veniente di inalzare ad una più grande altezza il punto culminante delle onde, e così far loro raggiungere punti che non avrebbero battuti. « Quando in luogo di una parete trarupata le onde battono una superficie a dolce pendenza alla profondità ove regna V agitazione la « trasmissione orizzontale delle pressioni sarà modificata. L’esperienza « d’ accordo col ragionamento prova che la velocità ascensionale della « acqua di sifone sarà aumentata, che la sommità delle onde giun- « gerà a punti più alti sopra il livello dell’ acqua in calma, di quello K che se la costa fosse stata scoscesa, che questa sovra elevazione ere- — 243 — Per quanto riguarda poi le condizioni statiche, i resul- tati che l’esperienza ci offre nei venti anni trascorsi, dal principio dei lavori sin oggi, sono : un resultato completo di stabililà assoluta nella diga, un resultato incerto di sta- bilità nella scogliera; essendo stata più volte distrutta ed in ogni anno sempre scomposta e sformata. Che il metodo di costruzione tenuto per la struttura del- la diga abbia dato un i-esultato certo di stabilità, fu compro- vato nella estiumità del molo Zahra, che rimase per ben 40 anni esposta alla fun’a del mare , [)i*iva di ripari ; e tale è stato pui'e nel novello molo. A tutti è noto come nel mar- zo del 1843 la prima cassa, eseguita nella precedente esta- te, in due distinte sezioni nella totale lunghezza di met. 37, 15 fosse stata violentemente combattuta da una ti'cmenda tempesta dell’ E . S . E . una delle più violenti forse che siansi mai verificate nel nostro golfo ; e cornechè isolata, al lar- go, e senza difesa resistette 'a meraviglia senza presentare al ritorno della calma nessuna avaria; essendo l’ abbassa- mento di met. 1, 25 circa verificatosi nella estremità fora- « scerà da un flutto all’ altro sino a che 1’ ultimo flusso presenti un « fianco quasi verticale verso la spiaggia, momento in cui si spanderà « in virtù della velocità orizzontale dovuta alla sua maggiore altezza. « L’incontro dell’ onda espansa, delta owf/a di ritorno che ridiscende la « spiaggia coir onda novella che la risale rende ancora più acuta la forma « del nuovo flutto che alla sua volta si rompe. » V. Nuovo Corso di pubbliche Costruzioni dietro il celebre Programma di M, G. Scanzin compilato da Keibcll. — 1® Trad. Ital : Venezia 1851 .Voi. 2, pag. Esperienze riportate da Bremontier ( pag. 40 e 44) tendevano ae far corrispondere un piano inclinato di 22° 30' di pendenza allo orizzonte colmassimo d’altezza delle espansioni delle onde. Or tale inclinazione equivale ad una scarpa prossimamente uguale 2 i di base (2, 48) con uno di altezza, quale è appunto quella assegnata nel progetto, dal ver- tice della scogliera a met. 5 sotto il pelo ordinario delle acque. ATTI ACC. V'OL. XIX. 35 — 244 % na, dovuto non altrimente che alla natura varia del fondo; trovandosi la prima sezione impiantata sopra letto di anti- chi scogli e la seconda sopra suolo arenoso (1). Lo che iia dimostrato evidentemente la eccellenza del metodo di co- struzione tenuto, e confermati i dati del calcolo nella deter- minazione delle dimensioni assegnate. Resultati, che abbiam visto, negli anni susseguenti, confermati, al ritorno di simili mareggiate, sull’ultima sezione eseguita; la quale si è la- sciata sempre sfornita di scogliera, e si è trovata più espo- sta agli urti perchè più al largo. Tali però non sono stati i risultati per la scogliera— La stessa è stata più volte disfatta ed in ogni anno sempre scorri- posta e sformata, avendo assorbito significanti risorse. Lo che ha in ogni tempo richiamata 1’ attenzione del Governo il quale non ha mai tralasciato di emanare disposizioni op- portune, per porre ad esame i metodi tenuti e ricorrere ad altri esperimenti, e che gli abili Ingegneri incaricati non han trascurato di tentare, quantunque credo che siam ancora lun- gi di avere ottenuto (2) . Pria che io scenda allo esame se la causa deve attri- buirsi a vizio di costruzione od al sistema in se stesso , mi si permetta ch’io scorra, succintamente, in rassegna ciò che l’esperienza ci ha dimostrato; nel fine anche di valutare con maggiore approssimazione gli effetti dell’ azione delle onde sopra le scogliere, e la forza del mare nei nostri pa- i-aggi . (1) Su i lavori del Molo di Catania — Lettera II di un Catanesc al Sig. N. N. pag. 43. (2) Dopo taluni esperimenti la scorsa stagione si è ricorso alla costruzione di scogli artificiali dì m. c. 10 disposti a scaglioni sulla scarpa della scogliera confezionati nel sito medesimo; però le ultime mareggiate 1’ hanno quasi tutti dispersi. - 245 - In un rapporto compilato dallo Ingegnere Dombrè (I; dopo la tempesta del 12 marzo 1843 si legge. ’« La scogliera costrutta a fianco della novella muratura in acqua è stata dal livello del mare e sino alla profondità di palmi 14, (m. 3, 61) dispersa e trasportata in gran parte sulla vecchia re- staurata scogliera e sulla estrema fabbrica del vecchio brac- cio del molo istesso. Né gli scogli di quesLultima sono stati esenti di simili sconvolgimenti; perciochè a partire dalla sua testa meridionale molti grossi macigni, che la'componevano, hanno sperimentato un forte movimento ascensionale e lon- gitudinale in pari tempo. Questa stessa restaurata e com- piuta scogliera, con superiore spianata con altezza e scarpa maggiori di quelle stabilite nel progetto di esso molo, ed in posizione più favorevole della novella costrutta , è stata di frequente superata e coperta dalle onde, che superando pu- re di molto il corrispondente muro di spalla si sono con copia ed impeto siffatto portate sulla costrutta banchina , che molti materiali pesanti, contigui al piede interno di un tal muro sono stati dalle onde stesse trasportati nel mare». « La novella costrutta scogliera con una spianata a fior di acqua larga non più di pai. 32 (met. 8, 25) contenea canne cubiche effettive 840 di scogli (m. c. 7394, 387) di cui canne 355 (m. c. 3125, 00) (m. c. 3124,00) risultavano da macigni del volume ciascuno non minore di pai. c. 60 (m. c. 1,031) essendovene fra questi per più di 600, il cui individuale volume superando ipal. 100 (m. c. 1,719) giungeva per taluni a pai. 280 (m. c. 4,814). Il rimanente degli scogli si componeva di massi con volume compreso tra 10 e 60 pai. c. (da m. c. 0,471 a m. c. 1,031 ). Una siffatta scogliera, nel prescritto modo costruita, covriva, colla sua base V intero lato orientale di detta muratura lun- (1) Sul molo di Catania dopo la tempesta del marzo IH4S. Considerazioni di Errico Dombrè pag. 3. e 4. - 246 — ga pai. 144 (m. 37, 16 ); ma a fior d’acqua colla sua testa- ta meridionale si ritirava per circa pai. 40 (m. ,10. 32), per- la scarpa che a tale testata erasi data; della quale scarpa la base costituiva una retta che a partire dallo estremo della muratura stessa si portava ])er un poco verso tramontana. Della scogliera medesima , una metà circa giaceva sopra letto di antichi scogli a pi'ofondità media di [>al. 29 (m. 7, 48) ed il rimanente sopra fondo ai-enoso a profondità di pai. 43 (m. 11, 09). E poiché questa novella scoglici-a era distac- cata dalla vecchia, a causa di un traforo del molo , perciò nel suo inconiinciamento a tramontana, con profondità di acqua non maggiore di pai. 12 (m. 3, 87) offriva una scar- pa di quasi tre di base per un o di altezza , e fu in questa testata che molti grossi macigni vennero collocati ». « Or le 840 can. cub. (m. c. 7394,387) effettive di sco- gli formando un volume di scogliera almeno di canne 1100 (m. c. 9683), distribuendo perciò questo volume in modo da dar luogo a quella lunghezza ed a quella spianata sovraespres- sa, risulta: che dal lato orientale esposto alle onde, la co- strutta novella scogliera offrir dovea una scarpa costante di circa 4, 30 di base per uno d’ altezza ». Dal surriferito rapporto rilevasi quale fu 1’ effetto del- le onde sulla scogliera , in tali condizioni costrutta , e co- me i rocchi maggiori, del volume di p. c. 280 (m. c. 4, 813), il cui peso fuori dell’ acqua ascende a 9023 chilogrammi , furono egualmente spostati ; essendoché, secondo il cenna- to rapporto « una gran parte non esclusi i maggiori han- no in tale rincontro sperinmitato un movimento longitudi- nale da mezzogiorno a tramontana percorrendo taluni più di 60 palmi (m. 13,48) , la qual cosa è avvenuta del pari ai grossi ìnacigni del vecchio restauralo braccio y> e che dei rocchi del volume di pai. c. 60 (m. c. 1,031) che pesano fuori deir acqua cidi. 2791, 20 furono dalla forza del mare trasportati al disopra del vecchio braccio e rigettati nel chiuso. — 247 - % Nelle forti mareggiate del 6 dicembre 1844 del 10 e 14 febbraro 1 845 la scogliera ebbe a soffrire gravi disordini . « Una quantità di scogli, scrive un nostro autore (1), fu abbassata dal mare verso la base di essa, e molti altri scogli di terza clas- se, che erano ai fianchi della nuova muratura, la quale non era ancora munita del muro di riparo , furono sbalzati al di qua del molo». Nella straordinaria tempesta del 2 al 5 novembre 1846 la scogliera fu quasi dall’intuito distrutta ed i scogli andarono, in gran parte, ad ostruire il traforo 0 spazio lasciato tra V antico ed il novello braccio, una par- te fu balzata al disopra del muro di spalla e rigettata nel- l’ interno ed il rimanente venne a disporsi con una scarpa quasi sei di base per uno di altezza. Negli anni susseguenti le forti mareggiate non lian mai lasciato di disordinarla e sformarla, tirando al fondo i rocchi maggiori , e sbalzando al disopra del muro di spalla quello di terza ed anche di seconda classe; talché nel corso d’ un ventennio si é osser- vato annualmente il bel gioco di riordinare nell’ estate per essere disordinato nell’inverno; e le immense riparazioni non hanno ad altro servito, che ad estendere la scarpa al largo e non ottenere mai il progettato ciglione con la spianata fuori dell’acqua; perlocchè un anonimo autore nella sua VII ed ultima Lettera su i lavori del molo di Catania (3) lamen- tando i tristi effetti ed addebitandoli a trascuranza di ese- cuzione non tralasciava di richiamare l’attenzione degli In- gegneri, perchè venissero rigorosamente osservate le pre- scrizioni del progetto ed i precetti dell’ arte. I rocchi che costituiscono la scogliera in esame sono di pietra vulcanica, ricavati dalle antiche e moderne cor- renti che circondano la Città e costituiscono il littorale del (1) Su i lavori del molo di Catania. Lettera III. pag. 26. (2) Pag. 5. t - 248 — seno. La loro forma è la più irregolare che immaginar si possa quale può ricavarsi da siffatta roccia. Il loro annegamento è stato, a vero dire , eseguito sen- za nissuna diligenza od arte, ammassandoli fra di loro, fa- cendo appena distinzione della classe ; procurando solo ot- tenere, per quanto riusciva possibile la scarpa esterna se- condo quel profdo che ne risultava. Pure malgrado le imperfezioni colle quali venne costrut- ta la scogliera del nostro molo, la sua instabilità è dovuta anziché a vizio particolare al sistema in se stesso. I fenomeni che abbiam passati succintamente in rasse- gna per la scogliera sudetta si sono egualmente manifestati ovunque un tale sistema è stato applicato; malgrado le mag- giori diligenze di esecuzione; talché in taluni luoghi le sco- gliere oltre di essere riuscite egualmente dispendiose , per le continue riparazioni di che han abbisognato , invece di difesa sono state causa di distruzione delle opere che dovean garentire. Alla gettata del porto Becquet nella rada di Cherbourg, dei sassi di 0,™'^ 61 pesanti fuori dell’acqua da 1260 a 1400 chil. sono stati rimossi e sbalzati dalle onde contro la pa- lizzata eh’ essi dovean difendere. Alla diga di Cherbourg dei rocchi di 15 a 20 p. c. (O,"*' 51 a 0,’"'= 68) che pesavano fuori dell’acqua da 1170 a 1560 chil. immersi nelle zone \& più vicine da sopra a sotto al livello delle basse maree avean subito degli spostamenti notabili e non si era ottenuta la stabilità in queste medesime zone e nel lavoro chiamato Diga di prova che per mezzo di rocchi di 20 a 25 p. c. 68 a 0,"“^ 81) che fuori dell’acqua pesavano da 1560 a 1680 chilogrammi (1), Più sassi grezzi pesanti da 6500 a 9000 chil. fuori del- r acqua, immersi al disopra del livello delle basse maree , (i) Scanzin c Reibell. op. cit. voi. 2 p. IÌ49 — e prossime al coronamenlo della Diga sono stali levati allo esterno di questo lavoro e rigettati verso T interno; da ulti- mo dei rocchi da 20 a 25 m. c. hanno solo potuto resiste- re al massimo della intensità delle onde. A. Saint-.lean-De-Luz dei rocchi di un metro cubo e <,“■^.50 pesanti da 2400 a 4000 chil. sono stati sollevati e projettati a più di 6 metri d’altezza. Al molo di Algeri rocchi di tre metri cubi pesanti 7000 chil. fuori deir acqua non aveano punto stabilità, ed i roc- chi fattizi impiegati dairingegnere Poirei aveano da 10 a 12 m. c. e pesavano da 22000 a 26000 chil. fuori dell’acqua (1) . Al Breakwater o taglia acqua di Plymouth in Inghilter- ra, dopo l’origine dei lavori, dal 1812 sino al 1816, il pe- so totale dei materiali ammassati era di 1011803 chilogram- mi . Quantunque questi materiali fossero disposti , verso il largo, in piano a tre di base per uno di altezza fra i livelli delle alte e basse maree, nondimanco rocchi del peso di 2 a 5 tonnellate, collocati nella vicinanza del coronamento era- no stati sollevati e gettati verso Tinterno e sopra la cima di questo Taglia-onda (2) . Al molo di Civitavecchia non si ottenne stabilità, se non quando si ricorse allo espediente di impiegare scogli dello (■1) V, Annales des ponts et chaussées 1838. Il detto ingegnere per le grandi riparazioni del molo di Algeri ha fatto confezionare dei rocchi fattizi da 10 28 met. cubi sulla spiaggia medesima ove dovean an- dare annegati II metro cubo di quesli rocchi per confezione ed an- negamento era importato 37 franchi dei quali 36 si riportavano al bi- tume propriamente detto. (2) Scanzin e Reibell op. cit. voi, 2, p. 268. La larghezza di que- sto Taglia-onda, che non era stata progetta che 9.*" 50 in sommità e 50 met. alla base è ora portata a 13,“ 75 nella sommità e 120 met. alla base. Una controscarpa di 20 met. è stata stabilita dalla parte del largo al livello delle basse maree. ‘ - 250 - enorme volume di'm. c. 30 e di legare insieme i massi, murandoli con malta di pozzolana, dopo avere lasciato tem- po alle agitazioni del mare di porli nel più stabile assetto (1). L’impiego d’ammassi di roccìd di un peso pino meno considerevole, per difendersi dalle irruzioni del mare e di riparai'si dalle tempeste, rimonta alla più alta antichità, ed ha dovuto precedere l’estensione dello stesso mezzo alle fon- dazioni artificiali di opere emergentesi al di sopra deH’acqua. « Tuttavia, al dire di un opinato scrittore (2), questo mezzo, il più semplice di tutti, obbliga ad accatastare un volume considerevole di materiali, in qualche sorta impro- duttivi sotto il rapporto della resistenza» e la esperienza, per tante opere, ha dimostrato come ovunque fosse riusci- to a vuoto; lo che ha posto, in ogni tempo, a trotina i più fervidi ed elevati ingegni alla ricerca di quelle norme, che, avrebbero dato un completo resultato di stabilità. Però fi- duciosi sempre nel sistema i più abili e diligenti costruttori si sono dati ad uno studio profondo per stabilire sotto qua- le rapporto d’ inclinazione della scarpa , o profilo di essa , avrebbesij ottenuta; ed escogitare altri ingegnosissimi ripie- ghi, ricorrendo sinanco alle catene di rame! (3;. Pure la sc/enza sin oggi malgrado tanti studi, e l’arte di tanti e- sperimenti, non sono riuscite ad ottenere, per questo gene- re di costruzione, verun felice resultato, tranne il caso del- lo impiego di scogli di enorme volume; e (jiiel che monta più che la distruzione di tanti sistemi e metodi differenti ha condotto seco quella di opere colossali che hanno assorbito risorse immense. Essendo le scogliere formate di un materiale sciolto, di (1) Cavalieri San-Bartolo. — Istituzioni di Arch. Stat. ed Jdraul. voi. 2 lil). III. C. V. § 582. (2) Scanzin e Reibcll. op. cil. voi. 2. p. 672. (3) Dumon-Molin autore. — 251 — forma per lo più irregolare, si comprende facilmente come la forza del mare deve vincerla sulla loro stabilità; e che avrebbesi resa vie più forte la spinta dell’ acqua, che in- trodotta coir onda ascendente nei vuoti avrebbe, nell’ uscire, coll’onda discendente dislocati i materiali, rendendoli gioco del movimento delle acque; e che poi il continuo. attrito fra di loro riduce a piccoli blocchi arrotonditi, capaci perciò di ac- quistare una maggiore mobilità e però essere sbalzati altrove e dispersi. Talché potrebbesi asserire che le scogliere con tale metodo costrutte , oltre di essere signi ticantemente di- spendiose per le riparazioni continue che richiedono , sono di ninna stabilità per se stesse e di verun giovamento, anzi talvolta di nocumento alle dighe che difendono». Che che ne sia di questa teoria, notava un distinto idraulico italiano (1), egli è certo che le fondazioni in pietra stabilite come dife- sa al piede delle dighe, al mare, furono spesse volte noci- ve, servendo come d’arieti per distruggerle». Di quanto abbiamo ragionato fin qui chiaro rilevasi co- me la non stabilità della scogliera nel nostro porto fosse dovuta anziché a vizio particolare di costruzione al sistema in se stesso, il quale ha presentato ovunque i resultati me- desimi (2) . (1) Raffaele VdiVQXo Irrigazione e bonificazione dei terreni. VavX.'ì. Cap. 2. pag. 494. (2) Perche tali scogliere risultino stabili l’ unico mezzo che possa sug- gerirsi, e che avrebbesi dovuto a preferenza praticare per le riparazioni della scogliera del nostro molo è quella della muratura degli ultimi strati superiori, come è stato praticato al molo di Civitavecchia; lo che riducen- do ad unico massiccio la parte supcriore ed impedendo la intromissio- > ne dell’ acqua nei vuoti guarentisce la scogliera da ogni sorta di scon- volgimenti non solo, ma sibbene, offre, nella parte emersa, un solido di dimensioni tali da non poter essere affatto smosso dalla violenza del ma- re; avendo però, altresì, cura di lasciare scabra la superficie inclinata, ATTI Acc. VOI. m. 36 Quindi, ritornando al noslro argomento, il sistema di costruzione tenuto non è affatto adottaì3Ìlc, in tutto, allo an- temurale in progetto. In tesi generale i)uò dirsi, che da qualche tempo, pel MediteiTaneo, i moderni costruttori, posti da parte tutt’ al- tri sistemi prescelgono , per la costruzione delle opere al mare, quello a semplici blocchi perduti di gi'andi dimensio- ni, sia naturali sia artificiali. Il Porto di Algeri, l’ingrandi- mento di quello di Livorno furono così costi-utti , ed in tal modo si esiegue il prolungamento del Molo nuovo di Geno- va e tale pure si è progettato per altri porti. Or quest’ altro sistema non è pure affatto preferibile. Pria di tutto è da ritenersi, che il principio il quale si è preso in mira per tali opere è stata la siqiposta economia iniziale , lo che non risulterebbe allatto per noi. In oltre nelle nostre condizioni locali, vai quanto dire, nel nostro golfo, e per la forma curva ììqW' antemurale un sistema qua- lunque a materiali sciolti non darebbe punto la stabilità desiderabile; a meno chè i blocchi non fossero di straordi- narie dimensioni , di forma regolare ed a preciso contatto disposti; non essendo gli indicati paraggi a condizioni uguali e noi abbiamo indicati gii effetti sperimentati. Dalla sommaria esposizione da noi fatta dell’azione delle onde sulla scogliera del nostro molo, e per altre opere nel Mediterraneo e nell’Oceano, rilevasi con quale forza e vio- lenza viene il mare ad investire la spiaggia del nostro gol- fo, talché potrcbbesi questo paragonare, come esposto a più violenti tem[)este che non sono i siti di Algeri , Genova , o Livorno, ma a tutt’ altri pai'aggi che quelli del mediterraneo; adattandovi ancdic con arto pietre sporgenti, come osservasi nei così detti Stura zzi di Venezia, aitine di rompere la furia delle onde non solo, ma sitibene ad impedire la loro maggiore ascensione. — 253 — per lo clié bisogna ricercare altrove, che in questo mare, i resultati dell’ esperienza. ])a un rapporto dato dalla Commessione incaricata dal Governo Britannico per istudiare c giudicarci vari progetti compilati per fondare nella baja di Dover un gran porto, ri- levasi quali tristi resultati si ottennero in diversi parti d’I- slanda, di recente con sifatto sistema costrutti , tuttoché a lunga scarpata. Il molo di Ardglass costrutto nel 1829 di grandi pietre ed a lunga scarpata ora si trova in istato, in- sieme al suo fanale, di una massa di rovina nel mare. Il molo di Donagliadce, costrutto nel 1820 a massi di pietra con lunga scarpata , ha avuto i suoi spalti scatenati dal mare dai venti di sirocco,' ed una parte dei suoi mate- riali gettati nel mezzo della bocca del porto. Il molo di Portrush, costrutto nel 1826, di grossi mas- si di pietra con lunga scarpata, fu‘rinvenuto tanto danneg- giato, che r ingegnere chiamato per esaminarlo riferì che 400 tonnellate di materiale erano state rimosse dalla e- stremità della scarpata allo intorno della testa del molo e che crasi formata una secca artificiale lunga 70 piedi ed alta tre piedi sulla bassa marea. A Dunmore il molo fu fatto nel 1815 di grossi scogli di pietra con scarpa ragguagliata di tre di base con uno di altez- za. Nel 1832 i lavori erano in così rovinoso stato che l’in- gegnere riferì che la base del lavoro nel mare crasi rotta ed il molo crepato, traverso quasi tutta la sua lunghezza, e le crepature si andarono allargando ed avanzando verso la testata del molo ad ogni nova tempesta. Quando esso fu esaminato: nel 1845, si trovò che molte grosse pietre erano state interiormente trasportate lungi dalla scarpata, e for- mavano uno spostamento della testata del molo lungo 112 piedi, sporgente in direzione obliqua a traverso della bocca del porto, che nella bassa marea restava scoperto. Inoltre testimoni sono Cherbourg , e Plymouth. In Cherbourg, dopo die il lavoro nello spazio di 40 anni era stato inalzalo tre volte al disopra dell’ alta marea, la parte superiore altre tante volte è stata rovesciata dal maro, do- po che era stato adoperato ogni sforzo assistito da quanto r intelligenza e la esperienza potevano suggerire per dare stabilità ad un simile lavoro. Nel secondo , cioè in Ply- mouth, i disastri alla diga sono così noti, che non è d’uo- po farne qui menzione (1). Finalmente quantunque non abbiamo ancora per le opere nel mediterraneo , di recente eseguite od in costruzione , quella lunga esperienza che si richiede, è da notarsi che il molo di Algeri non è andato esente di avere sofferto signi- ficanti avarie (2l) . (1) Il eli. Coiti. Cialdi intorno alla Diga di Plymouth riferisce: « In luglio 1853 io visitava la detta Diga di Plymouth, assistito e favorito dalla non comune gentilezza del signor Stuart sopraintenden- te generale di quella grande opera idraulica, nella quale quantunque non completamente terminata , si sono impiegati 3,830 881 tonnel- late di scogli, fra le altre cose relative agli clTctti dei flutti, vidi una gran massa di scogli lungo l’ interno della Diga , e venne assicurato che nella notte del 2i) al 26 dicembre 1852 circa ottomila tonnellate di scogli furono dai marosi presi dalla parte esterna dalla diga c scavalcati nella parte interna; fra. i quali erano di quelli di 1 0 a 1 6 tonnellate o- gnuno. Di più un vasto cd irregolare strappo , nella parte della Diga non compita, si era operato in tutta la sezione trasversale, profondo di qualche piede sotto la bassa inarca. » — Cialdi op. cit. — Gior. del- l’ Ing. Ar. cd Agr. anno VII pag. 621. (2) L’esperienza infalto ha ivi dimostrato (nella tempesta di gennajo 1841 ) che il molo avea sensibilmente soflcrto e solo per il rimovimenU/ verifica tosi nei masst, di mcdochc in una seconda tempesta, 25 metri di esso, già elevato a tre metri sopra il livello del mare erano quasi spari- ti, dovuto uniquernent a xin Icger déplacement des blocs, produit par le choc direct des vagues à l’ exfe'n.evr et par le stphonnement a f ivte- Minar', pag. 97. Però dovendo additare e proporre il sistema di costru- zione, il più confacente a tenersi , oso preferire quello di una sola Diga in muratura ed unico massiccio , come a preferenza stabile e di maggiore economia, sia pel costo ini- ziale delle costruzioni, attesi i materiali presso noi disponi- bili, sia per la facilità di sua esecuzione, e sopratutto come l’unico, quasi esente, di spese di manutenzione. La quale Diga poi dovrà essere munita al piede di larga scogliera som- mersa disposta in piano leggermente inclinato di dieci di base per uno di altezza, destinata solamente ad elidere l’a- zione delle onde riflesse sul piede della fondazione, attesa la natura sabbiosa del fondo. Indicato il sistema di costruzione, il primo esame però che qui si presenta è quello della forma esteriore o profilo al mare da darsi alla Diga in progetto. « Una lunga controversia, nota il sullodato Reibell (1),si agita ancora sulla forma delle pareti ascendenti delle inca- miciature al mare. La si è riguardata di una maìviera as- soluta e come la condizione essenziale della stabilità ». La forma data dal mare stesso alle coste che corrode, alle materie che accumula, alle scogliere che spiana è stata da taluni considerata come la sola appropriata alle costru- zioni d’arte. Il Colonello Emy attribuendo ai fiotti di fondo, la cui esistenza è ancora messa in dubbio oggidì dami gran- de numero d’ ingegneri, tutti gli effetti che erano stati atribui- ti alle onde ed alle correnti, ha proposto, inversamente delle scarpe convesse ellittiche di Noel, la forma concava circo- lare pel* tutte le opere al mare , qualunque si fosse la loro posizione, la loro destinazione e la natura dei materiali im- piegati (2). (1) Op. cit. voi. 2. pag. (2) Emy Du mouvement des ondes et des (ravattx hydrauhques ma- rttimes. - 256 — Malgrado qualche felice risultato ottenuto dall’ autore airisoladi he (I) e dall’ Ingegnere De-Baudre, il quale ha adot- tato un profilo analogo per la ricostruzione del molo della Saccoa nella baja di Saint-Jean-De-lAiz, e lo esempio di ta- luni moli costruiti nella Gran-Brettagna, e degli imbasa- menti dei Fari di Four in Francia e di Eddistone e Bell-Bock in Inghilterra è da osservarsi che le pareti concave di Erny non sono state ancora stabilite, che in località, dove le fon- dazioni sono poco al disopra del livello delle basse maree. Codesta forma sopprimendo gli angoli rientranti che esisto- no fra lo pareti verticali e le scarpe del fondo deve effetti- vamente ammorzare gli sforzi dello onde e ripartirli più u- niformemente sopra tutta la superfìcie dei rivestimenti (2). Però, d’altra parte, trattandosi di significanti profondità la forma curva esige oltre del maggiore spazio, spese enor- mi di primitiva costruzione, o le riparazioni, in caso di av- verata avaria, sarebbero oltremodo difficili e dispendiose. Non minori difficoltà e dispendio richiederebbe pure una parete significantemente inclinata, attesa la difficoltà di esecu- zione delle casse a palanche ; non potendosi la superfìcie esterna dei muramenti a (fello di bitume , nelle costruzioni immerse, allontanare molto dalla verticalità. Inoltre e noto come i piani inclinati agevolano la maggiore ascensione delle onde, e quantunque le esi)erienze riportate da Bremontier tendevano a far corrispondere il massimo d’ altezza della e- spansione delle onde ad un piano inclinato di 22°. 30' di pen- denza coll’orizzonte (3) e quantunque quest’esperienza avreb- (1) Questo distinto ufTicialc lia fatto eseguire 425 metri correnti alla piazza di Saint Martin all’Isola di Ile, ove aveano perfettamente resistito per 10 anni, mentre i riparainenti piani delle opere primitive erano stati ruinati. (2) Scanzin e Ileibcll. Op.eit. (13) Vedi la nota a pag. 243. - 257 — be bisogno di essere reputata ; pure il fatto che secondo Scanzin c Rcibell, possa considerarsi come avverato è quel- lo: che l’eccesso in altezza delle ascensioni delle onde so- pra un piano inclinato cresce a misura che questo piano s’abbassa dal limite di 90% dove l’eccesso è zero, sino ad un angolo indeterminato, che corrisponde al massimo, e che quest’ eccesso decresce in seguito a zero, dopo quest’angolo, sino al momento in cui il piano arriva alla posizione oriz- zontale (Ij. É perciò che eliminando tanto la forma curva, quanto quella scarpa, ho giudicato la più conveniente quel- la a pareti quasi verticali; potendosi con essa ottenere tutta la possibile solidità non solo, ma sibbene la maggiore eco- nomia di primitiva costruzione e riparazioni; essendo anche considerazioni che un costruttore deve tener presenti cioè quelle sul costo dei materiali disponibili ed a prezzo mode- rato nella località , e quello iniziale delle costruzioni e delle riparazioni probabili in chiascheduno dei casi possibili. Ciò che ha indotto gli ingegneri a stabilire variamente inclinata, piana o curva la superficie dei rivestimenti al mare, è stato, come ho connato, la valutazione degli effetti dei flutti sulle coste, e la disposizione da loro data ai ma- teriali smossi nonché il criterio che i dotti si son formati sul movimento delle onde. Per quest’ ultimo malgrado tanti studi ed investigazioni la scienza manca ancora d’altri dati perla soluzione del problema, e si è perciò che bisogna at- tenerci a quei resultati che l’esperienza ci offre, e nella spe- cie la diga del nostro molo ci offre un incontrastabile fatto. Secondo il dettato del sommo idraulico della Francia , Keibell, nella preferenza da darsi ad un sistema in ciasche- duno caso particolare bisogna tenersi conto. l.° Della direzione generale delle opere relativamente a quella delle onde e delle correnti nei tempi grossi ; al fi- (I) Scanzin e Reibell. Op. cit. voi. 2. - 258 - ne di conoscere ‘se la loro azione tende principalmente a battere in direzione normale la superficie dei rivestimenti , 0 far comunicare nel senso longitudinale i materiali che sa- rebbero stati distaccati. 2. " Deir azione delle onde sulla spiaggia ove l’opera dev’essere eseguita, all’oggetto di conoscere se avvi tenden- za alle corrosioni od agli interramenti. 3. ° Dei materiali disponibili a prezzo moderato nella lo- calità. 4. ° Della superficie di terreno di cui si può disporre per la postura delle opere. 5. “ Delle condizioni speciali diverse di cpielle di resi' stenza alle onde, ed alle correnti, come condizioni difensi- ve, nautiche e commerciali, condizioni di parmanenza o di durata temporanea delle opere a farsi. 0.“ Dei mezzi praticabili di eseguimento, e sopra tutto di manutenzione. 7.“ Del prezzo iniziale delle costruzioni e delle ripara- zioni probabili in ciascheduno dei modi possibili (1). Ora esaminando secondo i suesposti principi il profilo indicato, pel primo risulta che la parete verticale è runica preferibile. Essendo la disposizione della Diga ad arco di cerchio, ed essendo la trasversia nel nostro golfo estesa per nove quarte circa di vento, come cennai al mio esordire , ne siegue: che mentre una estremità viene direttamente in- vestita dalle onde, nel mezzo è obbliquemente, e quasi pa- rallellamente nell’ altra estremità , come avviene coi venti del 1”. quadrante laddove con quelli di S. E. è direttamente nella estremità forana ed obbliquamentenel rimanente della lunghezza, c finalmente coll’ E. S. E. è direttamente nel mezzo ed obbliquamente alle sue estremità. Per tutt’ altri numeri è un tale profilo che offre le con- 4)Op. Cit. Voi. pag. H9k. - m) - dizioni più vantaggiose; riuscendo il tutto a preferenza fa- cile ed economico . E non trattandosi finalmente di un porto militare non avvi adempimento a condizioni difensive (1) ma principalmente a quelle nautiche e commerciali {%) ; e non devesi sopratutto mirare che ad assegnare all’argine tali di- mensioni perché possa ottenersi una stabilità assoluta sopra ciascun punto di esso. Prescindendo delle superiori considerazioni speciali, le dighe a pareti ripide piane non sono nello stato attuale del- r architettura idraulica un semplice tentativo. Possiamo ad- durre in prova oltre della Diga in muratura del nostro mo- lo, che sola è stata capace di resitere all’ urto delle più vio- lenti tempeste, ben altre opere, talune delle quali confer- mate da più lunga esperienza. ‘ La diga di cinta della Florida all’ Havre lunghesso la Senna di muro in malta. La diga di cinta all' Est del nuovo bacino di flusso del Porto militare di Cherbourg di muro in malta. La diga di comunicazione del forte di Homet, di muro in malta. Le gettate del porto di commercio di Cherbourg, di muro in malta. Il molo di Gran ville di muro in malta. Il molo di Roscoff, di ìnuro a secco. Il molo Kilrush che fa fronte allo atlantico vicino alla bocca dello Shannon. I murazzi di Venezia. (1) Le scogliere sono la più forte guarentigia per la difesa delle di- ghe dalle scariche delle artiglierie. (2) Il Com. A. Cialdi rapporta 1’ utilità delle pareti verticali pelle condizioni Nautiche, Studi Nautici Idrodmamici e Commerciali aul Porto di Livorno. — Giorn. dell’ Ing. Ardi, ed Agr. Anno Vili p. 126 e 127. àATTI CC. VOL. XIX. 37 — 260 Le gettate con armadure di legname sì anticlie clic mo- derne dei porti deir Oceano. Il molo di Dover, la più vasta opera di tal natura nel nostro emislcro. I lavoi'i di riparazione alla diga di Cherbourg, dove un inuro verticale venne adottato come unico rimedio. Infine possiamo addurre anche il giudizio di tanti uo- mini chiari in idraulica e nautica fra i quali basta solo ci- tare l’esimio ingegnere Reibcll, direttore dei lavori a Cher- bourg, il quale pel porto di Dover sostenne il principio di un muro verticale; ed il Rapporto istcsso dato dalla Com- messione nominata dal Governo Rritannico per istudiare e giudicare i vari progetti redatti per dare alla baja di Dover il suo gran porto. Questa commcssionc composta dagli uo- mini i più competenti dell’Inghilterra, dopo avere rappor- tato il giudizio dei più distinti ingegncia, i quali tutti tran- ne un solo opinavano per un muro verticale, conchiudea; « Queste pratiche illustrazioni insieme col peso della << dimostrazione relativa al soggetto ci fanno senza esitare « abbracciare- il piano di costruire un muro quasi verticale « in guisa che formi il recinto del porto che si vuol dare « alla baja di Dover (1). II solo inconveniente che le pareli ripide piane presen- tano è quello dell’ azione delle onde sulla base delle fonda- zioni. « Le pareti ripide piane esigono il minimo di terreno oppongono il minimo di superficie alla azione delle onde; queste invece di andare a rompersi in ischiurna sulla riva, vengono respinte verso il largo ; ma queste pareti provano pure il massimo sforzo sopra ciascuna delle loro zone ai- fi altezza ad un dipresso del piano medio delle maree; dip- più le onde accorciate e riflesse devono agire con maggior forza al piede di queste pareti ed attaccare le fondazioni di /<) Vedi la Nola in fine. - 261 loco in loco se non sono cissai resistenti, il, » A prevenire lo esposto inconveniente , prendendo pure argomento dei resultati di esperienza pel nostro molo ho progettata la sco- gliera sommersa (21) ; la quale dovrebbe essere disposta in piano leggermente inclinato di dieci di base per uno ^di al- tezza ; al fine di non produrre complicanza di sorta sul mo- vimento delle onde ma tendente solo ad elidere gli etletti di tale nociva azione. La maggiore altezza, sul fondo della proposta scogliera sommersa potrà estendersi da rnet. 5 a 6, e però da met. 60 a 60, la base sufficienti tali dimenzioni a comprendere r estensione dell’ azione sopra connata (3) . La inclinazione della parete esteriore della diga, di so- pra indicata, credo doversi pure limitare fra un ottavo ed undccimo dell’ altezza, c ciò solo in beneficio della stabilità per la sua forma curva. Un muro di spalla dell’ altezza di met. 9 dello spessore allo base di met. 3. 50 dovrà stabilirsi nella parte esteriore della diga per difesa della parte interna e della banchina. Il profilo esteriore dello stesso seguirà quello della sottostante fondazione. Però avrà l’uguale inclinazione, meno del suo coronamento, il quale converrebbe eseguire in isporto con raccordamento concavo ad arco di cerchio, al fine di ritor- cere in fuori lo sprazzo delle onde, ed a superficie conves- sa nella parte superiore dello stesso. ('l)Scanzin e Reibcll. Op. Cit. voi. 2. p. 293. (2) Durante i lavori 1’ annua sezione della diga o cassa è rimasta sempre priva di scogliera, e di muro di riparo, i quali lavori venivano in seguito continuali nella successiva campagna; e solo il piede della stes- sa era munito di scogliera sommersa ; e mai si è sperimentato l’incon- veniente in parola, lo che ha suggerito la idea di munirne la base del- r antemurale. (3) Tale scarpa verrebbe a presentare un piano inclinalo di 5°, 12' col- r orizonte. 1 Che il metodo di esecuzione })i oposto sia poi il più eco- nomico quanto stabile è da tutti conosciuto. La natura sab- biosa del fondo, senza verun indizio di scogli permette la esecuzione al mare delle casse a palanghe impiantate sul suolo istesso, e la esperienza ci ha mostrato evidente gli ottimi resultati non solo di siffatto metodo ma sibbene la e- .conomia del tempo; c come nel corso di pochi giorni im- piantavasi e riempivasi di smalto 1’ annua sezione della di- ga, che allora costruivasi. Permettendoci le continue ma- reggiate pochi giorni dell’ anno alle costruzioni in mare , nel nostro golfo, il solo metodo anche di solidamente e pre- stamenta eseguire è quello testé indicato, e nella economia del tempo vi sta compresa sempre quella del denaro. NOTA RAPPORTO DELLA COMMESSIONE INCARICATA DELL’ ESAME DEI PROGETTI PEL PORTO DI DOVER Questa Commessione ecco come si esprime e risolve nell’ Arti- colo.— Struttura dei moli, e materiali da impiegarsi nella struttura di essi. « Gl’ ingegneri i cui piani abbiamo sott’ occhio , mostrano contrarie opinioni sopra questi importanti punti : e quando tali uomini differisco- no sul miglior modo di -costruire opera che resista alla forza delle onde , sarebbe quasi superfluo il dire quanto sia grave la responsabilità nostra nell’ adempiere gli ordini dei Lordi del tesoro, cioè riferire quale dei piani in quistione dovrebbe secondo noi esser preferito. « Ma semplicizzeremo molto questa parte del nostro rapporto, ove rias- sumessimo in brevi parole le diverse ‘proposte degli ingegneri, e nel tem- po stesso ponessimo nelle mani delle signorie loro i piani e le osservazio- ni con cui ciascuno di quelli sostiene la sua proposta. « Ci riferiremo primieramente alle opinioni di coloro da cui noi ab- biamo attinto delle informazioni sopra un subbietto di tanta importanza pubblica e sopra cui sono cosi necessari i consigli e le riflessioni di uo- mini cospicui per scienza e per osservazione pratica. Le opinioni degli in- gegneri, quali ci hanno sottomesso i loro piani, sono le seguenti. « Mr. Walker, C. E, propone la struttura di un muro quasi vertica- le dal fondo da costruirsi in cassoni a Portland, e trasportarsi galleggianti a Dover. - 264 — « Mr. Rendei, C, E., preferisce per principio un muro verticale: e per la mancanza di materiali convenienti sul luogo c per difficoltà di traspor- tarli da lontano, il che egli considera ineseguibile , vorrebbe fare uso di massi di duri mattoni uniti col cemento. « Il Gol. Harry Jones, II. E., è per massima favorevole ad un muro ver- ticale : ma nel suo piano propone, per motivi di economia, una diga incli- nata composta di scogli naturali sino al limite della bassa marea, dal qua- le punto vorrebbe inalzare un muro verticale di pietra. In una lettera posteriore egli propone l’uso dei Jiiassi di smalto { concrete in bloha), co- minciando dal fondo, ed alzandoli in forma di muro perpendicolare. « Il Capitano Denison, II. E., è per un muro verticale formato di gros- si massi di smalto, sino al limite di tre piedi sotto la bassa marea, cd il re- sto di granito. Egli preferisce i massi di smalto, perchè li considera d,i molto minor costo di quelli a mattoni. « Mr. llignoles. G. E., propone di gittare massi di smalto formando un piano inclinato di 45 fino a tre piedi sotto la marea, dalla quale base vorrebbe inalzare un muro verticale. « Mr. George llcnnle G. E., raccomanda una diga inclinata in pietre simili a quelle di Plymouth. « Siv John Rennie. E. E., propone ancora la stessa costruzione di quella di Plymouth col mezzo di pietre da essere cstr.itte da Portland e dalle isole del Ganale. * 1 Mr. Gubitt, G. E., propone nel suo piano una lunga diga di pietre ili Portland, o delle isole del Ganale: ma nella sua dimostrazione, avanti la commensionc del 1844, egli raccomanda un muro perpendicolare da farsi in cassoni. « Adesso ci facciamo a dimostrare le opinioni degli individui ai quali abbiamo fatto allusione. « Professore Airy, F. R. S., astronomo Reale. « Professore Barlow. F. R. S. » Maggior — Generale Sir I. Burgoyne, ispettore generale delle, for- tificazioni, e già presidente dell’ officio dei lavori in Irlanda. « Sir. Henry De-le-Beche, I. 11. S., direttore della ispezione geolo- gica. « Ms Hart ley, G. E , incaricato dei doccili a Liverpool. « Maggior — generale Pasley, R. E. F., R. S. ispettore generale delk- vic ferrate. — 265 - << Capitano Vctch, R. E. e C. E,, F. R. S. « Tutti questi 0 per teoria o per pratica sono favorevole alla strut- tura di un muro quasi verticale. « L’ esimio ingegnere Reibell, direttore dei lavori a Cherbourg so- stiene il principio di un muro verticale. « Mr. Brunel, C. E., ha dato la sua opinione per un muro verticale. « Mr. Bremner; C. E., che ha diretto moltissimi lavori marittimi nel Httorale della Scozia, è anche per un muro verticale. « Mr. Alan Stevenson, C. L. F. R. S. di Edimburgo, opina per una lunga scarpata. « Le signorie loro scorgeranno che queste opinioni, tranne una sol- tanto, sono tutte in (more di un muro verticale: ed è cosa di grande sod- disfazione per noi trovare che le nostre opinioni concordano con quelle di persone dalle quale non potremmo differire senza diffidar molto del nostro giudizio. « Queste pratiche illustrazioni insieme col peso della dimostrazione relativa al soggetto, ci fanno senza esitazione abbracciare il piano di costruire un muro quasi verticale; in guisachè formi il recinto del porto che si vuol dare alla haja di Dover. Firmati— I Byam Martin Ammiràglio— I. Henry Pelly, maestro de- putato della Casa della Trinità F. Beaufort idrografo dell’ Ammiraglia- to.— I Washington, capitano della marineria militare— I. N. Colquhoun tenente colonnello di artiglieria— R. C. Aldcrson, tenente colonnello dei regi ingegneri— H R. Brandreth, regio ingegnere e direttore dei lavori deir ammiragliato. (1)» (1) Report on thè harbour of refuge tabe coustructed in Dover bay. London 1846. pai. VI VII Vili e IX, — Gior. dello Ing. Ar. ed Ag. anno VII pag 619 620 e 622. V I •) , .:ì ■ ■ •. n vfTT: I • ' 1^1 , 'I- ( ' I Il '< léU- - Jl t VUÌ^'f. • • • i f , . • . . ^ • l-t' *' : ,.i . n . * i • . V i • ‘'V y. I '. ..I :ì .1 I l i.l,/ •*»“" I 1 A . ■ • ' I t *n I •10(1 if. ; i , Vi: *» i' ' < ».Vi l** \ ■»'( i, II'* •• i: . . • !.i - , » i: I .•v\>Ok f T.)l Il l . 1,1 ^ ' 1 * ' . ;f ’•*'■■( •! . . . . > U . i -, «•[.. i> •- . . ^i/rtor ' . „ ;rnfv» ^ r I 1 • IV. I •. . l>.) ■ • ”. Il : • f .V .ili- 1 ** 1< 3) et }.\<ì INDICE / Sunto dei lavori scientifici dell'anno XXXVIII dell'Acca- demia Gioenia di Scienze naturali in Catania pa ‘ ''U .'vG'.‘ . ' ' /: ■ ■ i'/i'oì ,i' ">jA i\. iVoil V0k»«t’iO'' ‘ '^' '" ,.. .•. JT ..vili ;iii.ii vO rt» JIKÀ iJV^timn'f 'i«>V''«V"'‘'- " T" ' ”* •• '.iiiw'uV ,rt=HV> M‘<<«v tf-’» ■* .l^ ìlAn s;' \ i ',SiA UtVftW "4 ,.) .«ÌSIA ét* * il * J • » • • • I