, B i due archi totali
dopo 9 e dopo io ripetizioni. Se qualche insorta
casualità abbia introdotto in B, B un eccesso
di 3' sarà ^ == 9^ -t- i8a"; ^== ìox -^ 180";
'7
^«sxH-ao; — =:=x-+i8: cioè dalle due
9 • '"^
letture risulteranno due archi semplici diffe-
renti di due soli secondi, e frattanto stando
all'ultima di esse si commetterebbe un'errore
di i8".
Io però son più che certo , che alme,
no per la più gran p'arte i miei angoli
neppur sono affetti di quest' errore . Primiera-
mente perchè mai ho abbandonata una stazio-
ne senza prima aver verificato 1' arco che com-
prendeva in giro tutti i punti Osservati , colle-
gando con un' osservazione imnediata l'ultimo
punto col primo . E' evidente in questo caso
che la somma di tutti quanti gli angoli , presi
positivamente quelli che si aprono da sinistra
a destra, e negativamente quelli che si aprono nel
senso opposto, deve esser nulla quando in ve-
runo di essi si trovi eccesso o difetto . Che se la
somma degli uni superi quella degli altri , ma
(come sempre è avvenuto a noi) piccolo ne sia il
divario , e in gran numero i punti osservati,
ciò darà ben fondato motivo di credere che gli
angoli non possano essere notabilmente difet-
tosi , almeno in generale : e ripartito sopra
ciascun di essi 1' errore del giro, potranno ado-
prarsi senza scrupolo alcuno. Secondariamente
tutte le volte che 1' osservazione di un aoirolo è
stata ripetuta , benché in ora e in temj era tura
diversa , e da diversa persona , ne è sempre
2
i8
provenuto un valore quasi del tutto conforme :
come pure se dopo aver concluso il terzo- an-
golo dalla somma degli altri due , ho in segui-
to potuto verificarlo direttamente , mai 1' ho
trovato discorde sensibilmente da quello che
avevo di già presupposto . In terzo luogo qua-
lora per la maggiore importanza di qualche an-*
golo ho volute leggere ad una ad una tutte le
ripetizioni, ho incontrata tal corrispondenza
fra loro, da concludere almeno pel caso nostro
l'assoluta superfluità di questa cautela . Ma ciò
che infine comprova in iin modo senza replica
la verità del mio assunto, è soprattutto la già
notata concordia dei resultati finali, benché
conclusi per disparatissinie vie; circostanza no-
tabile e che toglie qualunque dubbio sulla pre-
ziosa qualità degli elementi somministrati al
calcolo dalle osservazioni. Laonde quella diffe-
renza di due secondi che dicemmo sussistere al-
cuna volta fra le ripetizioni nona e decima o do-
vrà spiegarsi supponendo uno sbaglio di 20
nell'una o nell'altra lettura o diffuso per porzione
in ambedue, oppure potrà attribuirsi in parte
a queste cause, in parte ancora ad un' erroneità
dell' ar-co moltiplica, non mai però sì grande
da poler render l'angolo sospetto oltre i nove,
D dieci secondi .
A'i sarà però forse taluno a cui tanta e sì
rara esattezza sembrerà esagerata, e supponendo
improLabili i felici successi che io vo narrand»
(r
>9
del mio lavoro , sospetterà della fedeltà dei rap-
porti, specialmente dopo aver confessato iostes-
so di non essere stato in tutto esatto e diligen-
te. E per verità son troppo notorie le anoma-
lìe che ad onta delle infinite loro precauzio-
ni, incontrate furono dai Geometri Francesi
nella gran misura della base metrica : onde do-
verono essi stessi concludere che chiunque pre-
senti un lavoro di questo genere per ogni par-
te preciso o deve supporsi singolarmente servi-
to dalle circostanze o vi sarà sempre ragione di
crederlo infedele nelle sue relazioni. Ma son pe-
rò da considerarsi a questo proposito le tante
difficoltà e naturali e politiche che quasi stan-
carono quegli infaticabili osservatori, per le
quali non fu lor sempre possibile di dirigere le
operazioni secondo il più sicuro sistema. Dan-
nosa era sopra tutto per loro la non sempre op-
portuna costituzione dei segnali , la frequente
necessità di stabilir le stazioni in qualche distan.
za dai vertici osservati e l'impossibilità di collo-
care il centro della macchina a piombo dell'asse
del .segnale tutte le volte che avevano la facoltà
di potervisi a lor talento appressare. I segnali se
non abbiano la forma di poliedri van soggetti a
delle fasi di luce per cui 1' asse loro apparente
differisce dal vero e varia secondo la diversità
dell'ore e dei luoghi in cui viene osservato. Si
hanno per verità delle formule con cui si pre-
tende correggere quest' illusione : ma oltre la
20
difficoltà di maneggiarle, che spesso induce a
non fare alcun caso di queste incertezze, non
sono esse né cosi dimostrate, né appoggiate nei
loro usi a dati sì certi che non resti qualche leg-
gero dubbio sulla possibilità di ottenerne pieno
l'intento. Egualmente scabrose e non sempre
sicure son quelle che riducono a un ■vertice no-
to le osservazioni fatte fuori d^ esso ; essendoché
non se ne ottiene insomma che delle semplici
approssimazioni, e gli elementi che vi si ricer-
cano non sempre possono aversi con precisione.
Quanto poi al caso dell' inesatta ccnncidenza fra
il centro della macchina e lasse del segnale os-
servato, come allorché questo cada sul parapet-
to di una finestra a cui non sia possibile accostare
quanto bisogna il piede dell' istrumento , con-
vengono i Francesi stessi che in molte circostan-
ze può essere nocivo alla bontà assoluta dell'an-
golo, ma non trovo che abbiano mai procurato
di evitarlo.
Le mie operazioni non soggiacciono fin qui a
veruna di quesledifficoltà. I segnali o cadono sul
piano, o sugli angoli vivi e ben marcati di qual-
che muraglia, o non sono che stili d'assai pic-
colo diametro e ben verticali. Le stazioni s' in-
contrano assai precisamente sui vertici degli
angoli e tutte le volte che ho potuto stabilirle
ad una finestra ( sistema che per ogni rapporto
è assai comodo) mi son procurata la possibilità
di collocar la macchina sul parapetto, col qual
51
mezzo le ho di più assicurata una perfetta im-
mobilità, che malamente può ottenersi, qualo-
ra venga essa raccomandata al suolo,spesso assai
instabile,su cui deve muoversi in giro l'Osserva-
tore. Si aggiunga che, come sopra ho avvertito,
la macchina ci dispensa di sua natura dalla ri-
duzione degli angoli all'orizzonte, riduzione
che secondo il sentimento medesimo dei Geo-
metri Francesi non può a meno di non portar
bene spesso a degli abbagli di conseguenza : e
cesserà infine la meraviglia che io non ostante
l'aver trascurate molte piccole diligenze, son
potuto pervenire ad una non ordinaria esattez-
za. Del rimanente le osservazioni che ripor-
tiamo, son tutte genuinamente estratte dai no-
stri giornali, quali vi furono appunto gettale
nell'atto medesimo dell'operazione: tanto più
che nessun genere di riduzione ci ha obbligati
a svisarle. Anzi neppure holoro applicata quella
piccola correzione voluta dal divario che passa
fra l'angolo degli archi e quello delle loro cor-
de, e a cui vien dato il nome di eccesso sfericp:
dal che mi si scuserà facilmente considerata la
piccola estensione dei triangoli, che ho fin qui
calcolati, e la poca o ninna influenza che, come
ho più volte ripetuto, aver possono sul mio sco-
pò finale i piccoli errori.
La vera e positiva mancanza in cui attual-
mente mi trovo,si è quella di una base abba-
stanza estesa. Tutto è già disposto per misu-
rarla . L' I. e Reale nostro Governo ha già fatto
costruire un copioso assortimento di ordigni e
pezzi che si sono creduti necessarj a questa im-
portante osservazione . Ed è mio proposito di
effettuarla con tutto rigore , perchè oltre agli
usi geodesici , servir poi possa anche agli as-
tronomici. Ma prevedo ancora molto rtjnioto
il concorso delle circostanze opportune all' e-
secuzione di questo progetto . Neppur mi soa
determinato sulla scelta del luogo, non volendo
senza un maturissimo esame di ciò che me-
glio convenga impegnarmi in un' operazione
di tal natura, per la quale ogni successivo pen-
timento sarebbe troppo ributtante e dispen-
dioso . Frattanto mal resistejido all' impazienza
di dare almeno in piccola parte un qualche con-
to al Pubblico del mio lavoro , non ho creduto
inopportuno di prevalermi di una base deter-
minata nel Dicembre del 1808. dal Sig. Barone
de-Zach in Firenze , piccola sì , ma sicura sic-
come opera di sì diligente e sì accreditato sog-
getto. Si estendeva essa in principio lungo 1' ar-
gine meridionale dell'Arno dalla Torre della
Sardigna fino al ponte diS. Trinità , e fu misu-
rata due volte con due regoli di legno stagio-
natissimi , corredati di livella , armati di otto-
ne neir estremità e diligentemente valutati die-
tro un metro definitivo. La differenza fra le due
misure giunse a soli o , oSigi. di metro : ma
come era ben difficile e forse anche impratica-
iì3
hìh Io stabilir ^eì segnali ai teimini di questa
hase, fu preso il partito di riduigjli a due altri
punti assai prossimi, e suscettibili d'esser d'al-
tronde assai ben dominati : cioè per il termine
occidentale la banderuola della Toire della Sar-
digna , e per l'orientale la testa dell. Statua rap-
presentante r inverno al piede del sui^detto Pon-
te di S. Trinità : e fatti gli opportuni oalcoli fu
trovata la total distanza fra questi due \ermini
ài metri 83o, igGS: ossia tese 42^, 955i, Con
questa base il prelodato chiarissimo Astronomo
fissò la distanza fra le due specole di Firenze in
tese 654, 376. che poi verificò con ripetute e
delicatissime osservazioni astronomiche : e sii
questa distanza appunto,ridotta prima al livel-
lo del mare, ho appoggiati i miei primi triango-
li , e può essa per conseguenza riguardarsi co-
me la base attuale effettiva della mia triangola-
zione . Convengo ancor' io che non sarebbe pru-
dente cosa l'affidarvisi perla totale triangola-
zione del Granducato : ma indipendentemente
ancora dalla fiducia che possiamo avere sulla
sua precisione in vista della celebrità e grido
dell' Astronomo a cui appartiene , chiara cosa è
che volendovi anche supporre un dubbio di un
intero decimetro, ciò non porterebbe che ad una
«carsa tesa sopra 1 o 000 , e in distanza anche dop-
pia non si avrebbe che l'incertezza neppure di
due tese, e quindi un dubbio affatto insensi-
bile negli elementi della posizione geografica.
i4
Spinto da questo riflesso io non ho punto
esitato ad accingermi fin d' ora alla determina-
zione di questi elementi per le due città vicine
di Prato e di Pistoja . Mi era a cuore di solleci-
tare queste ricerche per farne omaggio alla dot-
ta Accademia Pistojese, che da qualche tempo
tiìi onora del titolo di Socio corrispondente , ed
ha ultimamente voluto compartire l'onore stes-
so al mio distinto allievo e attuai compagno di
fatiche e di studio Sig. Cosimo del-Nacca . L' Ac-
cademia non si è certamente punto ingannata
nel volgere con preferenza le sue vedute sopra
questo Nobile Giovane , eultissimo in ogni ge-
nere di erudizione , e che si è con tale zelo ed at-
tività dedicalo a questa intrapresa , da potersi
Len dire che se mio ne è stato il progetto e la
direzione, a lui nella maggior parte può attri-
buirsene r esito fortunato . Ma somma è pure 1'
obbligazione che egualmente mi corre verso i
due altri Giovani Sig. Giuseppe Pedralli , e Sig.
Dottore Ferdinando Tartini , i quali con impe-
gno ed assiduità non minore mi han prestati
a vicenda, sì nei calcoli che nelle osservazioni, i
loro soccorsi . Ed è troppo vero che più della co-
modità delle macchine, più dei pubblici inco-
raggimenti , più infine dello stimolo stesso del
mio dovere, mi anima nelle mie intraprese il ve-
dermi circondato da sì dotta e sì infaticabile gio-
yentù.
a5
ARTICOLO PRIMO
Ordine e carattere delle Stazioni .
-»-«-
er le osservazioni che riporto in questa
memoria , e con le quali vengono ad essere sta-
bilite le posizioni di Pistoja e di Prato, ho im-
piegato fino a dodici differenti stazioni. Assai
meno ne sarebbero state rigorosamente necessa-
rie in riguardo ad uno scopo sì limitato, ma ho
-voluto moltiplicarle per abbondare quanto più
potevo nelle verificazioni; ed inoltre non po-
che di esse,oltre al precitato oggetto , mi sono
più direttamente servite ad accumulare in gran
numero dei preziosissimi materiali per la com-
pleta esecuzione dell'intero mio piano. Per Io-
che dovrà anche perdonarmisi, se passando ades*
so a darne qualche ragguaglio , oltre allo spe-
cificarne la natura, la posizione, e i recipro-
chi loro rapporti, mi estendo alcun poco alla
descrizione del loro orizzonte, costume che man-
tenuto nel progresso dell' opera gioverà molto
a situare i Lettori in grado di meglio concepire
r insieme e la concatenazione di tutti i trian-
goli.
Ebbe adunque luogo la prima nell'I, e R.
Museo di Fisica di Firenze in vetta alla Torre
dell' Osservatorio , nel bel mezzo della stanza Me-
teorologica , e precisamente sotto il centro della
a6
piccola lanterna clie sporgendo al di sopra della
piccola tettoja di rame sostiene i due apparati
anemometrico ed anemoscopico^ingegnosamente
collegati fra loro dal chiarissimo Sig. Professo-
re Ab. Domenico de Vecchi. Come questa lan?*
terna termina in una cuspide, il preciso centro
di tale stazione è dunque facile a riconoscersi
ed osservarsi senza equivoco da qualunque pro-
porzionata distanza : particolarità di gran con-
seguenza e che dovrebbe riscontrarsi in ogni
ben condizionata stazione. Nel resto sarebbe
questo punto suflicienlemente elevato , ma il
giro del suo Orizzonte è quasi per metà reso
tronco dalla costa di Boboli e dai poggi d'Arcetri
e di Bellosguardo. Vi si godono però a Greca*
le i colli di Fiesole, la profonda foce del Mugno-
ne, e l'alpe di monte Senario, a Settentrione
tutte intere le pendici di monte Morello , monte
Acuto e monte Ferrato , verso il Maestro la ca-
tena delle montagne di Pistoja,più indietro alcu-
ne sommità di quelle di Modena, di Lucca e di
Pisa, e in basso tutto quel delizioso tratto di
pianura che resta compreso fra Firenze , Prato,
Pistoja ed il castello di Campi, unitamente alle
amene e popolate colline che dalla j)arte di Tra-
montana sì vagamente la chiudono. Nel campo
di queste prospettive cadono otto delle altre un-
dici stazioni, pregio non disprezzabile pei como-
di che ha apportati alle successive nostre ope-
razioni.
27
La Stazione seconrla ha avuto luogo nel
centro della Cupoletta mobile del nostro Osser-
vatorio delle Scuole Pie di Firenze. Questa Cu-
pola tutta di finissima lamiera può mediante un'
assai semplice meccanismo rivolgersi in giro
sulla base; e benché di forma affatto sferica ,
facilmente se ne determina anche al di fuori e
in lontananza la sommità col soccorso di alcu-
ne liste esteriori tinte in nero, che partendosi
in beli' ordine dalla base salgono quasi in forma
di armatura ad intersecarsi nel vertice. Che se
una di esse sia diligentemente rivolta verso un.
qualche punto d'onde si osservi, è manifesto
che basterà allora far cadere sopra di essa il
filo verticale del micrometro per esser più che
certi di aver l'asse ottico nella direzione dell" as-
se e del centro della Cupola. E poiché il dispor-
re qualsivoglia di esse liste nell'accennata situa-
zione è cosa del tutto semplice, può dunque dir-
si che ad onta della sua poco adattata forma, ha
questa Cupola tutti i vantaggi dei meglio condi-
zionati segnali. L'Orizzonte di questo punto è
ancor più ristretto del precedente , e per quanto
si estenda alcun poco più dalla parte di Levante
ove sormontando i poggi dell'Apparita, penetra
fino alle alpi di Vallombrosa , e quindi percor-
ra verso il Libeccio i colli di MarlianoediSigna,
e di lì radendo le pendici di Artimino e di Car-
mignano, si spinga fin verso le foci di Seraval-
le e tocchi ancora qualche sommità delle njon-
togne di Pisa , immenso danno vi arrecano le
circonvicine maestose Fabbriche del Duomo, di
S. M. ISovella e di S. Lorenzo, e specialmente
le due ultime,che cnoprendo affatto tutta la pia-
nura Pistojese non lascian libera al guardo , se
pon un'assai piccola porzione della Pratese, com-
presa fra le falde di Monte Morello e la visuale
che unisce l'Osservatorio con Prato. Le alture
però , e quanto abbiamo detto scoprirsi a Tra»
montana dalla L stazione, tutto si gode e coii
effetto forse più sorprendente anche da questa,
d'onde pure si ha la possibilità di osservare otto
stazioni.
La terza ebbe luogo nella bella Terrazza del
maguifìcenlissimo Palazzo Vescovile di Pistoja
presso l'angolo meridionale. Per verità noi po-
tevamo collocar la macchina precisamente sull'-
angolo, come abbiam fatto in ogni altra consi-
mile circostanza : ma ci sfuggì allora questo pen-
siero , e a tutto rigore dovrebbero alcun poco
correggersi le osservaziotii fatte in questa stazio-
ne , riducendole al vertice dell'angolo sul quale
dagli altri luoghi si son sempre dirette le visua-
li. Ma sì tenue era peraltro il nostro discosta-
mento, sì lontani nella più gran parte i punti
osservati, che la quantità di correzione sarebbe
affatto insensibile : onde , nel nostro sistema di
non curar per adesso le troppo minute diligen-
ze , deve riguardarsi come assolutamente super-
flua. Del rimanente il prospetto che si gode da
questo punto è al sommo vasto e delizioso : poi-
ché oltre tutta intera la cavità di queirainpio
cratere che dalle gole di Seravalle stendendosi
in lunghezza fino ai p<^ggi dell'Apparita e dell'
Incontro rinchiude nel suo profondo le pianure
Pistojese, Pratese e Fiorentina, non piccola por-
zione vi si scuopre del Valdaino superiore, e
dei monti che lo separano dal Casentino^ dei
quali quasi si dominano le radici. Non ostante
però sole quattro sono le nostre stazioni che
avrebbero potuto osservarvisi , e di queste il solo
Museo di Firenze vi si è osservato di latto: poi-
ché al momento che si operava in questo punto
non si era ancor fatto scelta degli altri.
X^a stazione IV. avvenne in una Villa del Sig.
Marchese Auditore Andrea della Stufa presso S.
M.a Castagnolo nel comune della Lastra aSigna,
e la V. al Casino di Pietra Marina sulla sommità
del Monte Albano . In quest' ultima si osservò
dalla precisa metà della Porta, e nell' altra dal-
la Torretta orientale sul parapetto della fine-
stra che guarda Prato . (^he se questo secondo
punto offre un orizzonte in paragon degli altri
non molto esteso , sia per la poca elevazione del
luogo , sia per l' ostacolo che frappongono le
colline diSigna e d'Artiminoda un lato, e quel-
le di Marliano e di Bellosguardo dall' altro, uti-
le però a maggior segno ci é stato non tanto per
le osservazioni in dettaglio delle opposte pendi-
oi, quauto perchè la fortunata combinazione del-
3o
la sua località ha dato agio a costruire, e verifi-
care non pochi dei nostri più interessanti trian-
goli . Del resto V angustia di tale orizzonte è ben
compensata dalla vastità dell' altro di Pietrama-
rina , punto veramente centrale della Toscana ,
d'onde dalla Gorgona e dal fanale di Livorno ,
passando per S. Miniato, Volterra , e Siena può
spingersi l'occhio fino agli ultimi monti di Ra-
dicofani e S. Fiora , e quindi a quelli di Cetona
e dell' Alvernia; e scorrendo di poi per le alpi
di Prato-Magno , della Vallombrosa e di monte
Senario , può di lì stendersi lungo la solita ca-
tena delle Montagne di Bologna , Modena , Luc-
ca , e Pistoja, senza perder nulln delle grandi sot-
toposte vallate , dominandosi oltre la più volte
rammentata pianura di Pistoja, Prato e Firenze
quasi tutta la provincia Pisana e Livornese ,
qualche porzione della vai di Cecina , la vai d'
Elsa , la vai d'Era e la vai di Pesa , la massima
parte della vai di Nievole, l'intero Yaldarno in-
feriore, non poco del superiore, i laghi di Bien-
tina e di Fucecchio, la Montagnuola di Siena,
e grande estensione del Chianti, Una sola di tut-
te le altre stazioni è assolutamente invisibile da
queir altura ; due altre però se ne perdono dal
punto dove noi ci jjostammo : tra le quali
quella di Pistoja .
La VI. e la VIE caddero in due Ville pres-
so Firenze, l' una dell' eruditissimo Sig. Dottor
Jacopo Ambrogio Tartini Salvatici presso S. Lu*
3i
eia a Trespiano, 1' altra assai rinomata del Sig.
Marchese Leopoldo Carlo Ginori a Doccia . Si
osservò nella prima dalla parte del Giardino alla
quarta finestra del piano superiore , contando
da sinistra a destra , e nell' altra dal grandioso
Terrazzo coperto, che si estende lungo la faccia-
ta principale, e precisamente dalla metà del se-
condo finestrone contando da destra a sinistra .
Al pari di S. M. a Castagnolo offrono questi due
punti un assai limitato Orizzonte , restringen-
dosi ad una qualche porzione della pianu-
ra Fiorentina e Pratese con le colline che
la chiudono a mezzogiorno . Ma la prima ci
ha somministrati dei dati molto opportuni
per le verificazioni finali , e all'altra si appog-
gia il secondo dei nostri principali triangoli.
Scorgonsi da quest' ultima sette delle altre
stazioni ; due sole dalla prima .
La VIIL corrisponde al punto più ele-
vato di monte Rinaldi , collina assai alpestre
al Maestrale di Fiesole , da cui non resta se-
parata che mediante uno scosceso dirupe ,
nel profondo del quale scorre con precipi-
tosa caduta il torrente Mugnone . Ivi si ten-
ne eretto per lungo tempo uno stile ; in se-
guito si sostituì un segnale di pietra ; e co-
me assai frequente era il caso di trovarlo ri-
mosso, non si trascurò la cautela di contras-
segnare stabilmente il luogo sul suolo . Dopo
Pielramarina è questo il punto più interes-
32
sante e che offre maggior campo alla viàta ,
specialmente dalla parte di Libeccio , ove si
penetra fino alla Città di Volterra, alla Val di
Cecina , e per un gran tratto delle colline Pisa-
ne : oltre al presentarvisi quello stesso cratere
che abbiamo già detto godersi all' estremità op-
posta dalla stazione di Pistoja , del quale però
qualche piccola parte si perde verso la Tramon-
tana. Otto sono le stazioni osservate da questo
punto.
Per la IX. fu prescelta la bella ringhiera
che orna la facciata della Villa dei Sig. Mancini
sopra il Poggio Imperiale; d'onde , a riserva di
alcune colline dalla parte dell' Ema e di S. Ca-
sciano , e dei poggi di Carmignauo e d'Artimi-
no, niente più si scorge che dalla I.
La X. e XL appartengono insieme ad una
stessa casa di campagna già di proprietà Fran-
ceschi , ora spettante al Sig. Marchese Giuseppe
Stiozzi Ridolfi , e dove ha da lungo tempo fissa-
ta l'ordinaria e tranquilla sua residenza l'ottimo
di lui genitore Sig. Marchese Filippo, soggetto
illustre per molte dòti, ed assai benemerito della
scienza del calcolo a motivo della copiosa tavola
dei logaritmi dei numeri primi con venti cifre
decimali da esso lui costruita , e che venne già
pubblicata nella terza edizione Italiana dei loga-
ritmi di Gardiner.Gode questa deliziosissima abi-
tazione di due prospettive quanto vaste, altret-
tanto pittoresche ed amene. L'una a levante, d'
onde da una spaziosa terrazza, oltre tutta intera
la Città di Firenze chequi realmente si presenta
nel suo più bel punro , ed oltre 1« alpi di
Montesenario e Vallombrosa che producono
r effetto di opportunissirne lontananze, veg»
gonsi disp )sti in forma del più ridente anfi-
teatro tutti i vaghissimi colli che corona-
no le due pianure di Ripoli e del Mugno-
ne , e quelle che tanto dolcemente s' inalza-
no al di qua dell' Ema , il che tutto insieme
forma uno spettacolo , di cui non saprei se
altro possa trovarsene che maggiormente in-
canti e rapisca . L' altra dalla parte di Ponen-
te d' onde dalle finestre superiori al loggiato
tutto si gode , e forse meglio che da qua-
lunque altro punto , il vasto Territorio che
da Firenze si estende fino al di là di Pisto-
ja, con tutte le pendici settentrionali e occi-
dentali, ed inoltre il bel piano di Signa e quan-
to già dicemmo vedersi dalla II. stazione . Per
punti d' osservazione noi scegliemmo a levante
r angolo preciso della Terrazza , ed a Ponente
quella delle due finestre , che sovrastando al
loggiato resta in linea dell'ingresso principale.
A riserva della stazione di Tr espiano, niun al-
tra ve n' « che non resti visibile o dall' uno
o dall' altro di questi due punti .
Il Convento di S. Francesco a Fiesole e pre-
cisamente il mezzo del gran finestrone meri-
dionale situato neir ala destradi d^tto Gonveu-
3
54
to è infine il XII. e ultimo luogo a cui appar-
tengono le osservazioni seguenti. L' orizzonte è
presso a poco lo stesso che quello di monte Ri-
naldi , e fin qui non ne abbiamo fatto altro
uso che per verificare alcuni Triangoli .
ARTICOLO SECONDO
Osservazioni degli Angoli
XM el discorso preliminare ho già accen-
nato quanto bisognava intorno la natura e qua-
lità di queste osservazioni : qui dunque non
mi resta che aggiungere qualche schiari-
mento per r intelligenza del sistema secondo
il quale si son disposte nel seguente quadro .
E questo diviso in cinque colonne . La
prima richiama l'epoca dell'osservazione, e
non esige ulteriore schiarimento . La seconda
contiene il ruolo degli angoli con la denomina-
zione dei punti osservati; e su'di questi è da os-
servarsi , 1.° che contro l'uso comunemente
in oggi accettato non sempre si sono aperti gli
angoli da sinistra verso la destra , e perciò X
ordine con cui vengono registrati non dà indi-
zio veruno del senso in cui esse giacevano per
rapporto all' Osservatore . Questa servitù avreb-
be pregiu4ieato alla libera semplicità del no-
55
stro sistema , e sì è perciò rigettata : accenne-
rò più a basso come debba supplirvisi . a.*
sovente due punti che qui app.iriscono col-
legati da un' osservazione immediata, non lo so-
no effettivamente nei nostri giornali , ove V
uno è per lo più affatto separato dall' altro per
una quantità assai spesso ben grande di osser-
vazioni intermedie . Su' di che è da avvertirsi
che qualora sia uniforme il numero qualunque
n delle ripetizioni praticate per ciascun ango-
lo , in tal caso , senza 1' obbligo di passare per
tutti i valori particolari degli angoli interposti
può aversi sempre quello dei punti estremi di-
videndo per n Y arco totale percorso spogliato
però di tutte quelle rivoluzioni che posson giudi-
carsi non convenire all'ampiezza dell'angolo ri-
cercato. Su questo principio quanto sicuro, al-
trettanto facile a dimostrarsi, abbiamo dunque
potuto omettere una quantità ben grande d'os-
servazioni inutili al nostro oggetto attuale senza
nuocere in guisa alcuna^alla bontà e verità di
quelle che riportiamo. Talvolta però o per neces'
sita o per/inavvertenza il numerodelle ripetizio-
ni non si è conservato uniforme ; e in tal caso
non è stato possibile 1' evitare il richiamo di
quei punti nei quali è accaduta simile irrego-
larità .
La III. Colonna presenta il numero delle
osservazioni ripetute sopra ciascun' angolo , o
per meglio dire quelle dopo le quali si è fatta
36
la lettura dell' arco che vien riportata di fianco
nella segnente colonna . Abbiamo infatti di già
, annunziato che né in tutti gli angoli si son
'praticate in egual nuraero le ripetizioni, né
ad ognuna di queste si è creduto essenziale di
leggere e notare ì' arco percorso non essendo-
si praticato questa diligenza se non negli ango-
li di maggior importanza per noi, oquandoab-
hiamo voluto verificare e tenere in conto la fe-
deltà dell' istrumento , Spesso ancora le letture
han dovuto precedere le operazioni , poiché non
v»empre si è voluto o potuto darpt incipio coli'
indice dell' alidada sullo zero del lembo . A
.quest' ultime nell'attuale terza colonna sta di
fianco uno zero che a sufficienza e senza intrc-
. durre equivoci indica, a parer nostro, la loro
particolarità di precedere le osservazioni. Non
-sembri poi strano che per gli angoli osservati
-alla prima stazione , e particolarmente per i
primi, si sia praticato un numero di ripetizioni
minore che in seguito : poiché primieramente
ivi si è sempre posto in uso il Teodolito di mag-
gior dimensione , da cui potevasi adunque con
fondamento presumere un sufficiente rigore ,
non ostante il minor numero di osservazioni ;
«d inoltre non pochi degli angoli più interes-
santi sono inclusi e ripetuti in diverse serie,
e quindi il loro angolo può desumersi in altret-
tante differenti maniere ; vantaggio che mani-
festamente equivale ad un maggiornumero di
ripetizioni .
3?
La IV. Colonna suddivisa in cinque spar-
titi dà le letture dei quattro Nonj e il loro re-
sultato medio ; ma in questo, corae nei tre ul-
timi Nonj, son soppressi per brevità i gradi e i
minuti e debbon supporvisi ripetuti quelli del
primo scompartimento. Quantunque però que-
sta colonna porti il titolo d'arco multiplo, una
tal denominazione non può rigorosamente con»
venirle se non nel caso che le osservazioni ab-
biano avuto principio coli' indice sullo zero , ©
che gli angoli sieno stati aperti nel senso della
graduazione del lembo , cioè dalla sinistra ver-
so la destra . Per decidere di quest' ultima par-
ticolarità supposto che si abbiano due letture
spettanti ad uno stesso angolo, basterà osser-
vare se la prima sia maggiore , o minore della
seconda , poiché in quest' ultimo caso l'aper- *
tura dell' angolo va infallibilmente dalla destra
alla sinistra , e allora se 1' osservazione sia in-
cominciata coir indice sullo zero, Y arco mul-
tiplo equivarrà a ciò che manca all' arco percor-
eorso per arrivare ai 36o° . Che se l'indice non
èra in principio allo zero , l'arco multiplo egua-
glierà costantemente la differenza fra gli archi
primitivo, e finale, qualunque sia d'altronde il
senso dell' apertura dell'angolo. E questa mede-
sima regola ha luogo allorché due angoli succes-
sivi son collegati in modo che l'ultimo punto o
vocabolo del precedente sia primo del seguente,
poiché ia tal caso l'osservazione del seconda
38
deve intendersi cominciata con l'arco nello stato
slesso in cui si è terminata quella delprimo.TuttO
ciò suppone per altro, che l'arco percorso non
ecceda l'intera circonferenza; diversamente do-
vranno prima aggiungersi tante volte 36o° quan-
te rivoluzioni posson giudicarsi compite duran-
te 1' osservazione dell'angolo: del che è assai
facil cosa il venire in chiaro , mediante il con-
fronto dei resultati ottenuti dalle diverse ripeti-
zioni, che non possono esser mai fra di loro con-
cordi , se ciascun' arco non abbia il valore esatto
che gli compete.
La colonna ultima racchiude il valor dell'
angolo semplice correspettivamente ad ogni
lettura , e che si ha dividendo l'arco multiplo
per il numero delle corrispondenti ripetizioni:,
onde dopo quanto abbiamo già detto relativa-
mente alla costruzione di quest'arco, niente
più vi è da aggiungere in ischiarimento di que-
sta colonna.
OSSERVAZIONI DEGLI ANGOLI.
Epoca
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25. Luifl'"
29.
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1. Agosto
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Stazione prima. Imp. e R. Museo di Fisica di Firenze.
Vertici o Punti osservati
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III
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Cupola dell'Osservatorio delle
iSo.Pieedel Duomo di Firenze
Scuole Pie e Cajiipanile di
Monte Senario
Soiii)Ib Pie e Collegio di Pra-
to banderuola dell' Orologio.
Scuole Pie e Segnale di Mon-
te Rinaldi
Scuole Pie e Stilo della Tor-
re maggiore di Campi. . .
Moni e Senario e la Potrajaal
Campanello dell' Orologio. .
Petraja e Angolo Australe
del recinto di Bellosguardo.
Precedente e Comignolo della
facoiatn ilei Poggio Imperiale.
Prer^edente e Terrazzo del-
la Villa Mancini
Pre!edento e R.inderuola del-
la Torre del Callo
Precedente e Monte Senario.
Precedente e Finestrone del
Convento di S. Francesco di
Fiesole
Aiigulo Australe del recinto
di ììcllosguardo e Cupola
dell' Umiltà di Pi,stuja. . . .
Angolo multiplo
Nonio I
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Vertici o Punti osservali
XIV
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XVI
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XIX
XX
XXI
XXII
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XXIV
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XXVTII.
Precedenlc e Orrilogio tlel Col-
lejjio di Prato • •
Precedente e Torre inaf.'f;io-
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Anjjolo della Terrazza •
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8 Dicembre
9 Dicembre
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Vertici o Punii osservati
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
XXXV
XXXVI
XXXVII
XXXVIII
Angolo multiplo
Nonio I
II
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IV
Medio
Anonimo e Museo.
Anonimo Precedente e Uan-
deruoia della Torre del Gitilo
Museo e Stazione di Doccia.
Doccia e Terrazzo Boreale
di Artimino
Precedente e Stazione di Pie-
tra Marina
Stazione di S. Maria a Gasta-
y;nolo e di Doccia
Museo e Monte Rinaldi.
Gistagnolo e Stazione di Fie-
sole
Stazione di Pietra Marina e
Fiesole
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Stazione III. a Pistoja.
1 Settembre
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XXXIX
XL
XLI
XLII.
Museo e Collegio di Prato.
Campanile di Giaccherino e
Porta di Felceti
Porta di Felceti e Collegio
di Prato
Precedente p Campanile di S.
Giusto presso Prato
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no e Campanile suddetto. .
DocciasC Terrazzo precedente.
Petraja al C'anipanpUo dell'
Orolocio e Doccia
Doccia e Petraja finestra delta
Torre dalia parie Orientale.
Petraja , fincflia tome sopra e
ytaz. della Villa di Trespiano
Stazione siukletla e Stazione
alla liitornia di Fiesole. . .
Stazione suddetta e Scuole Pie.
Scnole Pie e Stazione X. a
Eelloso nardo
Stazione suddetta e Campa-
nile di Fiesole all' Orolojiio.
Petraja al ('ampanello sud-
detto e Ciimpanile di Fie-
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LXXIII
LXXIV
LXXV
LXXVI
LXXVII
LXXVIII
Museo e Stazione di Pistoja. .
Museo e .Stazione alla Villa
Mancini
Museo e Torre di Campi.
Ca'!fao;nolo e Stazione XI. di
Uellosguardo
Precedenre e Museo.
Precedente e Scuole Pie.
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IWl.n,reTerra«" Borea.
le d' Arlinuno
Precedente e Pietra Marina.
Precefiente e Doccia
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Bfllosjjuardo.
Preeedenie e Museo
J'rpcoflcnte fTl.mderuola del-
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la Torre del Gallo
l'recedenle e Stazione di Pi-
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II
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Precedente e Torre di Campi
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Stazione XI. a Bellosguardo.
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16 Dicembre
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Museo e Villa Mancini . . •
Precedente e Banderuola del-
la Turro del Gallo
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Vertici o punti osservati
(i Dicami) re
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Infine per rapporto a quelli che si sou più voi*
le osservati , ne abbiamo qui riuniti tutti i va-
lori onde poter concluderne il medio , dì cui
poi si è fatto uso .
civ
M
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PROSPETTO
della Costmiione de di Angoli.
Osservatorio delle Sruole Pie e Monte SeoH rio (TT) ...••• .,;,,,,,.,•...,. 356 23. 3-2,5
Munte Senario e Petraja (VJ) 33. lo. 28,7
Osservatorio rielle Scuole Pie e Petraja • - . . . 323 i3. 3,S
Petraja e Terrazzo di Bellosguariio 64. 53 3S,o
Osservatorio delle Scuole Pie e Terrazzo di Bellosguardo 2.W. 19 25,8
Supplemento 101 4^;. 3|,2
MonteSenarioePetraja (VI) 33 10. 28,7
Dettoe Angolo .'australe di Bellosguardo (VII) . . .-r-. -.-.-. -.-. .-* . i , . . 66. 23. 17.7
Detto e Po!••**• —_ __^
70. 59. 3u
PoppIpoK^nto '-lik). 0. Qo
Pf^rjHrteeG.Ilr-io.li rrit..(\X) 2. 6 ,'m,<
n,^,t^».7
.Uiiminoc le Snn-ft (XI. 1\) 70 l4 •i'^"'
C»U«pidi l'mlof ArtiiriiK. 64. 45 ^^
IWcu e Ariiiiiiiio (XIA) i 17 ji >J»*
C«llifÌ.nl>l'ratoeD.^rift r. » 2^^
P^ 1 ^••^«'T.irmU Campi (LXXì <»r /i^ 3r o
P'--Un,crUi«,«n.lcd.S.G.u..I.(LXXI) :3;: ,. t-ìl
v
■*>cTcrratE0 8mldftto . o ^j /.- .1
... _. _ ^ iji ,_
CXII
1)
cxiii
Osservatorio delle Sc.Pie e Finestra di S.M.aCa8fajrnolo(LXIV) 68. ]. 3l,S
Precedente e Terrazzud"Artiiiiiiu)(,LXll) 21. 5. h.o
Osservatorio delle Scuole Pie e Terrazzo d' Artiniino
89. 6. 378
Artimino e Pietra Marina (LXXXI)*
Pr.'cedentec Docci.. (I.XXXll)* 6a. 20 ^6,&
PrecedenteeTerrazzodi Iìelli)!.jrnardn(I^XXXlll)*
Precedeute e Museo (LXXXI V)* aa. 8 1:8,9
O. i>ci. 0:1,0
12. l5. 47,5
Arti
mino e museo
Mt
84. ^9- t'i.j
i3 8 22,5
71. 20. 53jO
lò. 8. 22,ii
cxiv
r
Collegio di Prato e Terrazzo Boreale d' Arti mino (LXXX)*
Precedente e Pietra Marina (LXX Xlf
PrecedenleeDoccia(LXXXU)* 62 20. 46,6
35. .'Ì2. /,o,3
o. 52 3>;0
Collesio di Prato e Doccia
62 2o. 4^^^
36. 4,5. ]5,3
23. 3ó. Si ,3
36. 4^- i-^j^
CXV
li
Museo e Stazione alla Villa Mancini (XCV IT) 45 55. 20,0
PrecedenteeBandernoladellaTorredel (lallf>(\(i\'III) 21. 2() 21.7
Precedente e O«serviitorio delle Scuole i'ic(XClX) 66 .3i 38,6
Osservatorio <^el Museo e Osservatorio delle Scuole Pie
88 1. 0,3
45. 55. 20jO
42. 5. 40,3
UoBervatoriodelle .Se. PieeStazionediS.M a Ca8tajrn(tlii(LXIV) Gii. 1. 3i,8
Precedente e Campanile di Giacclierino (LXV) 65 3. 1^5
Precedente e Stazione X. a Bello8):onr - - - 54. 4,, ,„,
^^'=^''^^"''' p\ecadenteeSta.ionediPi.toja(LXXX\^U)* 9^ -25 27-4 ^^'
103. 5i. 40,7 54. 4r^
54. 42. 49,1
Museo e Stazione di Pistoja - - - 4^^ ^ •^is^
Osservatorio delle Scuole Pie e Collegio di Prato (C"\'I IT) 286 33 19,8 |
Precedente e Torre di Campi (XIV bis) 10. 12. 25,8
Os'ervatoriodelleScuolePieeTorre di Campi - - - 2^5. 40. 54,0
Supplemento - - - 83 19. 6,0
Angolo stesso (V) 83. 19. 54
Medio 83. 19. 5^7
Petraja e Stazi, me di Doccia (XLVI) j/ ^ /fJo
Petraja e Cam panile di Fiesole (LUI) 13. 45 3m
Owervatorio delle Scuole Pi?°r"'^*T''^""^'''^'^'°'^ 27. Ì7- '7,1
aeiie scuole Fie e Urpanile di Fiesole (LII- LI) i3 i5 23.7
Correzione per il giro -.._._ ^ o,j
Osservatorio cIpIuo„„ i 1,. ^ —
"'''"«^^"olePie e Stazione di Doccia 41.2.40,1
Stazione diPis^^, . r- "" ' " '
^'«J^*Fane.tradiDoccia(XC*^XCI*, 44.51 /8.0
Angolo stesso (XCVI-XCV) 44. 5i 47,2
Medio 44. 5i. 48,0
CXXII
Osservatorio delle Scuole Pie e Campanile di MSenario (TI)
Precedente e Finestrone della Riforma di Fiesole (Xll)
Osservatorio delle Scuole Pie e Finestrone della Riforma
356.
9
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46.
32.5
37,0
IO
9.5
CXXIII
c"
CXXIV
Staz.della Villadi Trespiano e Finestrone della Riformn(XLl X)
Precedente e Osservatorio dolle Scuole Pie (L)
Stazione dellaVilladiTrespiano e Osservatorio delle SrPie
Precedente e Stazione X. a Bellosguardo (LI)
6.
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4i
AR l'ICOLO QUARTO
Costruzione e calcolo dei Triangoli.
J_/ in principio alla seguente esposizion©
sette distinte serie , tutte respetti vainente ten-
denti a determinar la distanza della stazione
di Pistoja da alcuna di quelle dalle quali
éi è potuta osservare delta Città, e che sono
monte Rinaldi , villa Mancini , Museo di Fisi-
ca,e finestra di Bellosguardo . Esprimendo con
R, C, M, F queste stazioni e con RP, CP, MP,FP
la loro distanza da quella di Pistoja , i resultati
delle sette serie son tra loro combinati \n modo
che due volle vi si riscontrano i valori di RP,AIP,
CP e tre volte quello di FP: e la consonanza di
questi riscontri è appunto ciò che comprova in
sommo grado la verità e bontà di tutto il pro-
cesso , e ci dà un pieno diritto non solo a sup-
por legittimo il valore di MP che nell'articolo
seguente serve di base allo stabilimento della
longitudine di Pistoja , ma quello ancor di MP'
con che rappresentiamo la distanza del Museo
al Collegio di Prato , e che resta incluso nel gi-
ro della terza serie.
Ma oltre la consonanza predetta , che sola per
vero dire bastertbbead autenticare la bontà d'elle
Dostie determinazioni, si sono volute aggiungere
tre ulteriori riprove, cioè le posizioni di (biacche-
4-^
rino, Convento al di là diPistoja, di S.GlustoChiei*
sa presso Prato, e di l'ietramariua. Nelle due pri-
me entrano come elementi di calcolo le distan-
ze FP, MP, e vi si fa uso di non poche osserva-
zioni in avanti nonpiùadoprate fatte alla stazio-
ne di Pistoja . Nella terza sono interessate presso
che tutte le visuali che legano fra di loro le difr
ferenti nostre stazioni , e può riguardarsi come
la riprova la più completa di tutto il lavoro . S.
Giusto e Giaccherino son riferiti due volte pei;
differenti strade alMuseo e per altrettante è rap-
portata Pietramarina agli altri punti d' osser-
vazione . E come la più ammirabile armonìa
persiste a regnare nell' individuai confronto
di questi rapporti , cosi niente sembra a me più
dimostrato della verità e sicurezza sì dei primi
elementi che degli ultimi nostri resultati .
Riguardo al meccanismo dell' esposizione ,
in poche cose esso merita uno schiarimento . I
numeri espressi dalle cifre romane si riferisco-
no agli angoli dedotti dall'osservazione secondo
il ruolo che questi ultimi tengono nei due arti-
coli precedenti . Le cifre arabiche chiuse dentro
parentesi richiamano quelli tra gli angoli cal-
colati , che nei triangoli numerati corrispon-
dentemente hanno una denominazione comune
con r angolo che va ad esser costruito. Gli an-
goli dei triangoli primarj , nei quali cioè si è
osservato a ciascun vertice, sono raccolti a par-
te , e quindi, corretti dell'eccesso o difetto del-
PROSPETTO DEI TRIANGOLI.
Prima Srrù
Vertici
Angoli osservati o dedotti
Vngoli corretti
Lati opposti
Museo - - - - -
Scuole Pie - - _ -
Terrazzo di Bellos'i.uardo
Museo - - - -
Scuoio Pie - - -
Finestra di Doccia
M = CIV
G = XX1X - - . . -
B = CXV -
Eccesso
M = XXVI II - . . . -
G = XXXI1
D = CXVI
Eccesso
G = (2)-(l)
D = GXV1I
B = G-+C1 - - - - - .
Eccesso
loi. 40
36. i3.
42. 5.
34,3
18.-2
40,3
179 ^9'
32,8
27,2
101. 40 47,9
36. i3. 18,2
42. 5. 53,9
180. o. 0,0
GB = 955,86
MB = 576,78
MG = base
45 55.
127. 21.
6. 43.
39-7
29,4
180. o. i5,o
45. 55. 34-7
127. 21. 24,4
6 4^ •^'9
GD=:4oi9 44
M n = 4,447,02
M.G = base
180. o 0,0
Scuole Pie _ _ - -
Doccia . . . - -
Terrazzo di Bellosguardo
Museo - - - - -
Doccia . - - - -
Terrazzo di Bellosguardo
IVI osco _ - - - -
Scuole Pie - - - -
Torre del Gallo - -
Villa Mancini - - -
Terrazzo di Bt^llosguardo
Museo . _ - - -
91. 8.
13. 18.
75, 33.
6.2
5i,6
180. o.
1-9
1=9
91. 8. 6,2
ì5. 18. 5o,7
75. 33. 3,1
180. O. O5O
DB = 4i5o,4i
GB= 935,86
GD = 4019,47
M = (l)-(2)
D = (.3)-(2)
B = (i)-+(3)
55. 45.
6. 35.
117. 38.
]3,2
49,.8
57,0
co
55. 45. 13..2
6. 35. 49,8
117, 38. .57,0
180. o. 0,0
DB=4i5o,4i
MB- 576,84
MD =4447,55
M = CV — è(X-+-XVII)
G^XXX- XXXI - -
T=i8o°— M — G - -
119 16 54-1
34. 29 33 8
26. il 32,1
180.
O.C
V.T- 12ql,>8
MT^ 838, '7
MG = bx6e
c^Lxxxr,* - - -
B = XCVll . - - - -
M = 36o° — (CV-t-(i,) -
22 8 28,9
45. 55 20,0
111. 55. 52,7
179. 59. 41,6
^-18,4
6,1
22. 8 35.C
45. 55. 26,1
111 55. 58-9
180. o. o,c
HM . . A 1
01 = 1099,33
GB = 1419,48
7 hi-
Yerlici
Angoli osservati o dedotti
\ngoli colletti
Lati opposti
\'ill,i ]\I,iririni -
Magro - - -
Torre tiol Gallo
C = LXXXVI* LXXXV*
M = nX^XVlI) - - -
T = r8o"-M-C - - -
47 jf). Zi> 8
27 6 25 3
lo'j. 36 58-9
WT = ^,^
GT =
099.43
180. o 0,0
V«rtiri r4
Scuole Pie
Doccia
Castagnfllo
G = XXXV
D^LXIV
C''=GXX .
70.
5,3
4q,o
70
fifj
48,7
68
1.
3 '.,8
68.
1
31,5
41.
2.
40,1
41.
4,
398
lao.
0.
09
0,9
180.
0
0,0
DC"^J7S'i,'i8
G(:'= .5676^0
GD . . A - i 3
i5
Doccia . . .
Museo . . . .
Castannolo »
Bluseo . . . .
Cn stagnolo
Collegio di Prato
Museo . . . .
Pist.,ja . . .
Colleu;io di Prato
D = 04)-(.3)
M dal calcolo
C dal calcolo
61. i8 3o.6
71 47. 14,3
46 54 1.3,1
180
0,0
MC"=534-J,6o
DC" . . A 14
MD. .A. 2 4
16
M = (2) -t- ( i5) -I- CIX — 36o»
C"=(i3)h-CX ....
P = i8o«'— M — C" . .
44. 36. 10,3
100 a. 41.7
35. 21. 8,0
180. o. 0,0
C"l"= 6483,76
MP'= 9092,15
MG" . . À . i5
17
18
31 = XXVII . .
P=XXX1X .
P=i8c<' -M — P
11. 26 20 5
12. 48 32,1
i55. 44. 47,4
180. o. 0,0
PP'= 8i3o,oi
MF . .A- 16
MP= 16839,02
Quarta ferie
Finestra di Bollosuuardo
Doccia
Casta snolo . , . ,
F:=XGIV . . .
D = LXVl - LXV
C'=(i4)-.-Ll . .
80. 33. 39.3
54. 26 36.C
44. 37. 48,3
180. o. 3,8
- 3,8
80.
33.
38,2
34.
26.
34^7
44- 57 47 1 1
80.
0.
0,0
DC'. .A 14
FC" = 4770.69
FD = 4143,89
Yerlici
Arr'oli osservati o dedotti
\ limoli corretti
T^ati oj.p,^
posti
lh,rch .
l'intojn
M=36co-ClX+XXVlI-(2)
D Jal calcolo . . • • • •
P dal calcolo .•••••
38. 37. 24,3
329. 38. 33=4
li. 44. 2,1
180. O. O-O
20
rnit-stra di licliusjii.ardo
l'ibi "ja
Doccia
F=CXXI . . •
P dal calcolo . .
U = i8o''-F_P .
44. 5i. 48,0
12 21 56,3
122. 46. ].'3,7
180. o. 0,0
DP
DF
A- li
Fi' = iMò
Quinta Serie.
■Uiioni
.Scuoli; Pie
Munte Kiiiaidi
]>l = 36o°"CVI .
G = XXXVI .
K = LXXVlll . .
2. i3. 33,9
177- 9 52,9
o. 36. 23,6
179 5g. 5o,4
9,6
2. i3. 339
-^77- 9- 57.7
o 36. 28,4
180.
O5O
S( nuli; Pifi
Mniiio ]{inal(li
(Jualiitritulu
G =(.!)- (2)-^(,4) . . .
R - LXXVl -+ LXXAaiH-(2i)
C'^iSc-G — R ....
120. 44- -■■^■'^
42. 35, 53;4
16. 39. 4456
180. o. 0,0
KG"=7io8,'j:
GC".. \,i^'
GR = a4o4:p
I^lnlllc HiiKlKli
('USlilJJIluJo
Monte Kinnldi - - -
l'iiUolra di Bellosguardo
M = (2)-^(i.3)-(oi) -
R = LXXVl -1-LXX VII
G'=i8e<'— M-R - .
ij5. 29. l5:l
41 59. 25,o
22 3i. 19,9
180 e. 0;0
RG"=7-icS.:f
TVIC". .Al'
MR = 3cJ8:!)i
t'' = (.22)-^Ll* .
R diil calrolo .
F dal caicoio . ,
I iit-li-H di lll;lio^guard,
!'i toja - . . _ _
2a
-Giolito Rinuldi
' =0^4)-(i»)-+(2o)
' '1al calcolo .
R=i8oo— F p '_
ce. 34- 5i;8
3i 26. 52,3
127. 58. ]5;9
i8o. o 0,0
FR = 3:;ir'
FC" .-à':
RC"A'-'-'
92. 14 25;7
11. 5 0,2
76 40 34-1
180. O. 0;0
1
1
1
1
Sesra .V*-/,,..
— — --
A ertici
.^ii;^uli o.s.si-n.iii u |l;>sti
26
Finestra rli Bellosguardo
C.istagnolo - - - -
Prato
F=(i8)_XCI* - . .
C'=CX-^(i8) - - - .
P=l8co_F-C" - - .
4« ^S q,7
f)^ 6 10.7
33 2,0. 3(i,(i
C"l''=6>83,o7
ir =8375,77
180. 0 C:0
27
Finestra di Bellosj;,uardo
Pistoja . .....
Prato ......
F = (2c)--XCl* - - . -
P dal calcolo ...
P'=i8oo_F_P - - -
• . . . =
12. 44. l.,.>
i3 2(j 4^,4
i.>3 48 32,1
l'i- . . A 17
FI' . . ^ 2<.
FI' = i(Ì2G9,87
180. 0 0,0
Sfllil/ìd .\-li(\
28
Doccia - _ - - -
Cfistiignolo - . - -
Artiiiiino - - r -
D = LXXJI -----
C'=XLV ------
A = i8c»— D— C" - -
1 ' ' "
21 ,'i. (io
117. 3i. 3>,4
41. 3 i8,(i
\C =3i().S,.S8
AI)= 7,-87, >;
DU". . A.i,
180. 0. 0;0
-9
Doccia . - - - -
Villa Mancini - -
Artimiuo - - - -
D = CXI1— CXl-(2) -
C = CXllI-(8) - - -
A = t8oo — D — C - -
. -
7J- ^7- 49-7
(il. 28. .3,1
Zri. 34. 7,2
A 1 » . . A 28
1)11= jji(;,3,
180 0. 0.0
Zo
n,„.,.i,, .....
N'illa ]>] a ricini - - -
Ciislagnolo ....
l):.(iy)- CXI - - - -
C dal calcolo - - . - -
C dal calcolo . - - -
- - - - =
38 .02 434
62. .03 0,2
08 14 ifi,/,
di:'', .a 14
DC. . A • 2y,
1
i8r. 0. e, e
1
Zi
\'ill,i Mancini - - -
(i;l.«t.lilllo!o . - - -
Cullcjiio di Prato - -
C = (,3o)— CXIV - - -
C'=(3o)_CX - - - -
P' = i8o"— C — C - - -
. =
37. 17. 28.9
111. 22. 4'^>^
3i 19 4^-1
c"i''^a,v3/^i
{'jV - <^9G,|,86
ce. ".A 3o
180 0. C.C
02
Villa Man. un - - -
Pistoja . - - - -
CuUetiio di Prato - -
C=LXXiX - - - -
P dal calcolo . - - - -
P=l8o-— C — P - - -
• . =
12 4*^ -^^'T
i5. .36 16,2
i.oi. 43. 3.1
l'I'' . A . 17
CI''. . A . 3i
CP= 17352,16
i8c. <■ f f
Serie per la porzione di Giaccherino e di S. UnMn.
\ (-Ilici
^,,.r()li osi>eI^ati o dc-iiotU
Angoli COI retti
Lati o])
P^JSli
Docfia
Finiotra fli Bello8<:uarJo
Giacclicriiiu ....
U = LXVI . . .
G'=i8o»— D-F
119. 29. S/,.*?
4«. 27. i3.3
12. 3. 9.2
180. O. 0;0
l'inislrii ili lii;li>.s;£u.irdi-
i'ifctllj.i
Gittcolierinu
r=xcv . . . .
p = Xl.l-XL^(27)
G=iòoo— F-P .
3. 35. 26,1
i3i ào 4,8
44 34. 29.1
180. o. 0,0
DF. ^
^^- A- ai.ui
27'
.i>
MllHCK
Diirria
S. Giuctu
M-XXI-(2) . . . .
I) = LXX-hLXXI . .
G' = i8o"-JH-D . .
34 34 34.9
121. 44. 52.3
23 4o- 32 6
180. e. 0.0
3;i
l'i«l(>ia -
Dticcin
S. GlUelu
r=Xl.li]- (19;-^ XXXIX
D = (i9)-(3:.)
G ^iSc-P-D . . .
6 37. 59.9
7. 53 40,8
i65. 28. 19,3
180. O. O.C
PG"=747^,fl
DP . . ^ . ij,
S-Uiiie l'ic
l)i'(rl,i - .
l'u'lrii 3Iiiriiiji
Serie per la posizione di Piena Marina.
G=XXXIil- XXXIV -
D = LXlX-i-(.2) - - . .
0 = 180" — G-D - - -
òs
0(J
D'iccia -
l'iutra lUariDft
n.iccia
];'";>'r,;.ii„,,j,,.^^^;^^-^^
'»'tr;i 3Iariii,i
61. 38. 5i o
97 56. iS,9
20 24. 5c,i
180. o. 0,0
rn-ioi4i,ii
Gn=ii4i5,ii
GD . ■ A'ill
Jl=(i)-.XV_(3)
1)-LXIX . ^ '
n = i8o°_M-D
iJ = LxvTìì
J--XGI|*-+XCI11*
n= 1800 —D— F
65. 18. 1.4
91. l3. l8:0
23 28. 4c,6
180. o 0,0
MD . . ^'^
84 21 28,1 I rn=ic57i'|'^
72. 40 57,t nn^ici^i'^
^^ r— T/. « -cw A . l'
22. 57 34-8
i8o. o c.o
FD . • /i
I
Vertici
Angoli osservati o (ledoUi
Anguli cnriTlti
40
Doccia
Villa Mancini
Pietra Marina
D = LXIX^CXI
o^Lxxxir -
n = 180" — D — e
l^nti oj>j)()sii
«« 47. 5o 8
62. -20. 46 6
•28. Jl. 42,6
1 80. o 0,0
4"
Museo - - -
Monte Rinaldi
Pietra Marina
Dn=(oiZ|.i,oa i
DC . . a . 3o ■
M=(i)-+XV_(2i)
E dal rali-olo
n dal calcolo -
log. e 0. -2
bj. 36 33,0
i3 -20 ^.8
180.
co
iin= i2^t)j,t)o
mi- . A . 38
MK . A. M-i^
23
Villa Mancini
Monte Rinaldi
Pietra Marina
C = CXilI-+LXXXl%(c,)
R dal c.ilrolo - _ - - -
n dal calcolo - . - . .
9V 27 36.8
65. 46 41
18 46. 19 1
iSo o. 0,0
Scuole Pie - - -
R iforrna di Fiesole
Pietra Marina -
G = XXXVin - -
F'=Cirovvt^roCllI*
n = LV_LIV - -
132. 8. 56,5
48. 5i. 0.9
8 59 33,5
179. 59. 5o,9
H-9.1
122. 8. 59,6
48. 5i. 3,9
8. 59 56,5
180. o. 0,0
Fn-12832,28
Gn=i 141 2,79
OF . . A 44
46
iMusi'O - - . -
Riforma di Fii-gole
Pietra Marina -
M^CXX]I^(i)-hXV-
F'^CI ----..
n = (41)^(34)- (.33) -
117. 23. /^'ì,6
5o. 33. 5-,o
12 3. 47,0
180. o. 29,6
29,6
117. 23. 35,7
5o. 32. 47,1
12. 3. .37,2
180.
0,0
F'n^i 28.33. 19
IVI n • • A • 38
MF =3o 20,02
Vertici
.paoli osservati o dedotti
Angoli corretti
^'"' apposti
47
Catta ;!nol;noJo - - - -
Finestra di Bellosguardo
Trespiano - - - -
C"=CXX1V -
F dal calcolo -
T dal calcolo -
23. 53. i5.5
124. 18. 55.8
31- 47- 48=7
FT = 3666,io
C"T . . A , /JT
G''F..A.iS
180.
O5O
ji
Pii'lra Marina - - -
Trpspinno - . . _
Fini'gtra di Bellosguardo
r = LVl^LVJI
T dal calcolo -
F=i8oo-n-T
i5. 3. 29.9
48. 3o. 47,3
116. 25. 42,8
FT . . A ■ 5o
Fn . .A-39
Tn=i263743
180.
0,0
43
la loro somma sui i8o° , vengon riportati nel-
la colonna comune a tutti gli altri. Nei triango-
li secondari ove due angoli soli provengon dall'
osservazione , e in quelli di terz' ordine per i.
quali r osservazione non nedà che unosolo, gli
angoli che sono calcolati o conclusi vengono
come tali annunziati luogo per luogo . Final-
mente neir estrema colonna per quelli dei lati
che han servito di base a ciascun triangolo , e
che conveniva distinguer dagli altri immediata-
mente dedotti dal calcolo , invece di ripeterne
il valor numerico se n'è sostituito il richiamo
dai triangoli d' onde son prelevati: richiamo
che si è di più fatto preceder dal A , onde
differenziarlo dall'altro di cui si è fatto uso per
gli angoli . Talora il valore di queste basi vien
dato alcun poco differentemente da duco più
triangoli . Senza preferirne alcuno si è in tal
caso preso il medio di questi valori richiaman-
do un dopo r altro i triangoli da cui vengono
somministrati .
Son poi da aggiungersi le seguenti partico-
lari avvertenze . Nel triangolo primo 1' eccesso
della somma degli angoli è stato ripartito sol-
tanto sopra i due angoli M, B, perchè molte as-
sai favorevoli circostanze ci hanno fatto crede-
re superiore ad ogni eccezione il valore dell'an-
golo G. Egualmente si è lasciato, intatto 1' an-
golo G nel triangolo terzo, comecché provenien-
te da due angoli già introdotti nei due triango-
44
li picccdcnli . Per la slessa ragione nel triango-
lo i8 la correzione dell' angolo C" deve tut-
ta esser rifusa sulT angolo LI, 1' altra parte aven-
dola già subita nel triangolo j/j. Così l'angolo
LI si riduce a 3" . 55'. 7", 2 e come tale verrà usa-
to nel seguito . Infine al triangolo 21 si sono
soltanto variati gli angoli G, R, provenendo il
lerzo da due resultati concordi .
Quanto alla base primaria MG che vien ri-
chiamata nei triangoli 1° , a» e 5° èdessa quella
stessa di cui si è parlatonel discorso prelimina-
re, determinata dal Baron de-Zach,e che essendo
stata da noi ridotta al livello del mare si è tro-
vata di tese 654, SyoS. In questa riduzione noi
abbiamo supposta 1' altezza del suolo di Firenze
al di sopra del liveHo del mare di tese 29, 7j3 ,
come vien data da Schukburg nelle addizioni all'
opera di Magellan . Con questa base Zach trovò
la distanza del Museo alla Torre del Gallo di te-
se 838,64- Nel triangolo 5 questa medesima di-
stanza risulta a noi di tese 838,57- ^^^ triango-
lo 7 che si è calcolato doppiamente , ab-
ijiamo fatto uso dell'una e dell'altra: e nel se-
gtiito si sono considerati insieme i doppj valori
di CT, e di CM che ne provengono.
45
ARTICOLO QUINTO
Calcolo della Longitudine e Latitudine di
Pistoja , e Prato .
-♦-*-
A I Problema di dediir con pieno rigore
la longitudine e latitudine di un luogo , datane
la distanza da un altro di posizione nota, e l'
azimuth che la visuale couflolta da questo a
quello fa col Meridiano dell' uno o dell'altro di
questi due luoghi, avuto anche riguardo a tutte
le correzioni dovute alla sferoidità della terra è
stato risoluto con diversi eleganti metodi dai più
chiari Geometri dell'età nostra. Oltre a dieci ne
rammenta il Baron de Zach nella sua egregia
opera suU' attrazione delle montagne : ma cre-
de preferibile a tutti e perciò da seguirsi quello
che trovasi sviluppato nell'Opera intitolata Me-
todi analitici per la determinazione di un arco
del Meridiano. Questo metodo non esige figura
né attenzione alcuna per parte del Calcolatore,
86 non che quella che è dovuta ai segni alge-
brici dei seni e delle tangenti. Eccone le formu-
le nella loro più gransemplicizzazione alla quale
le ha ultimamente ridotte il prelodato chia-
rissimo Astronomo .
Sia R il raggio dell'Equatore terrestre, e V
eccentricità deirEllisse, supposto == i il semi-
asse trasverso, ii la corda di un'arco terrestre, o
46
il lato di un triangolo ;L , M , z la latitudine ,
longitudine , e azimuth conosciuti di un'estre-
mità di K ; W , M' , z' la latitudine , longitudi-
ne e azimuth cercati dell'altra estremità. Sia
!• — ^e^sen^L „ * «r
inoltre A«= — =5 -, — , B=- i -^e cos L,
K . sen 1
- 1 — e^sen^L „ _ .
C=^5sen^,'E- ^ „^ , a = Kcos^^cosz,
|3 == a tang f J" senz tangz tong L ,
V =— — aa sen* f §' sen^z tang^ L ,
(a^-(3-^ y)' ( 1— _£_sen^L)
^~" rB} '
supposta zero la longitudine M del punto di
partenza, avremo
(,) S ~ KJ .
(2) L' == L -+ B ì cos z -+ BCsen^'z tang L .
(3) M' == '—j^.
cos L»
(4) z' == iSo^-^-z —M' sen ^( L-¥L' ).
Lo stesso pregiatissimo autore ha ridotti
in quattro Tavole i valori di A,B,C,E, ed a que-
ste siccome assai comode per la facilitazione dei
calcoli noi pure ci riporteremo .
L' estremità nota della linea LR viene ad
esser per noi il centro della stazione prima
fatta air I. e R. Museo di Fisica : poiché delle
altre quattro rammentate nell'articolo prece-
dente, dalle quali si son potute instituire delie
osservazioni sopra Pistoja , questa è l'unica la
cui posizione sia d'altronde determinata. Deve-
. . ' . ^1
SI questa opportunissima circostanza al diligen-
te ed attivo zelo del tante volte rammentato Sicr
Barone de-Zach che nel 1807 con moltiplici os-
servazioni di altezze e del Sole e della /3 dell'
Orsa fissò la latitudine di quell'Osservatorio a
43.° 46'. 4 ',6 , ed avendolo collegato in segui-
to per via di triangoli con l'altro delle Scuole
Pie , la cui posizione , dopo le celebri osserva-
zioni del 1802. e altre molte posteriori a quell'
epoca , può dirsi in oggi notissima , si pose in
grado di concluderne ancora la longitudine che
contata dal Meridiano dell'Isola del Ferro trovò
essere di 28.° 55'. 2",4-
Sarà dunque per noi L == 43.° 46- 4"i6 .
Quanto a z avremmo potuto determinarlo con
l'ordinario metodo delle osservazioni instituite
sul Sole o nascente o cadente : ma poiché dal
Baron de Zach noi avevamo per il Museo l'azi-
muth della Torre del Gallo , e dalle nostre os-
servazioni l'angolo di quella Torre con Pistoia
e Prato , ho preferito di concludere il valor di
z da questi dati : non solo per economìa di ope»
razioni e di tempo : ma ancora perchè l'intro-
duzione e l'uso dovuti ad un nome sì grande
non può a meno di non aumentar sommamen-
te la fiducia del Pubblico verso il nostro lavoro.
Ecca pertanto i tipi dell'uno e dell'altro
calcolo.
48
Azimiith (l'olla Tnrrp «lei GnlìoiìallVIorcìnlI'Esf 148.17 ai,35
A nffol». rifila Torre del Gallo coir Osservatorio ;
delle Scuole Pie A 5 - 119.16.54,1
Azimuthdeir Osservatorio delle Scuole Pie - - 29 o.2t,;ì5
AzimuthstessodalSuiairEst - lòoJyi^.'ò-l^ò
Anirolo (leir Osservatorio delle Scuole Pie col
Collegio di Prato CIX. '286 53 21,4
Azimuth d<'I CoIIpjiìo di Prato dal Sud all'Ovest i35.53.48j65
An;5olo del Terrazzo Vescovile di Pietoja col
Collegio di Prato ^ \j - --. 11. 26. 20,5
Azimuth del Terrazzo Vescovile di Pistoja con-
tato come sopra — --._. 124.27.28515 ==«
Calcoln della Formolu I. perViatoJa.
Con L == 43" 46', oS la Tavola T.
di Zach da LA == 8=7989489
Biduzione per Iaconi pressione —-=:= -+-456
' ^ 3io
Log K == Lojr MP ( A i3, 17) ~ 4,2263260
Loo- KA == Lftir > , _ ==3,o2>32o5
Log; cosz -----,- ==937^26624 — '
Con L come sopra la Tavola II. dà
Log B-- - ==OjOoi5c48 —
Riduzione perla compressione ^ - == — 484
-2:7794393 ~~ Log- -h 60 J ,7^
Càlcolo della Formala IL
Con Log ^ ■=— Tì^OI'jTì'I si ha dalla
Tavola ni. Log G ==C,435l8 -K
Log B ridotto come sopra- - - -==0,00146 —
Log sen*z == 9^83243
Log tang L-------- — - == 9,98132
Os25o39== Log — 1,780
2 J' L == -t- 600", oca
== 10 • e .e
L== 43.46. 4, 6
Latitudine di Pisloja al PalazzoVescovile == L'== 43.56. 4> ^
! Calcolo della Formold Ilt^. 4^
Jpg ^ , == 3:02332o5
og geni - - - — -==9,9162 (33
2,94i533S
1^ C«3 V ==9,8574122
*9^M' - ' ' ^ - - -== 3,0841 2i6=Log—i2i3,73==:Lo|jj— 3o'i3"»7
oof^tudme dpi Museo di Fireoze --== 28'" 55 2 >4
|- '^ ' •
ongi(udiue di Pistoja al Palazxo A^escovile == 28- 34-4°» 7
Céileolo della Foratola IV-
P»M' - -==3,0841216
Dg sen I ( L -t- L' ) - =- 9,8406009
Dg corr. dell' azim. ==2^247225 == L -4- 840" ,858 '
Cangiando il aegno == — i4' o , 86
2 ==124.- 37' 28", l'i
-4-180 O O, O
groAzim,delMu?€08llaStaz.cliPisi-oia 3o4. l3 27, 29
Calcolo della Formala h per Prato.
ifr A , come sopra -== 8,7989945
>g K == LMP' (A 16 ) == 3:9586647
)g KA == Log ^ == 2,7576592
Jgcosa == 9,856i 776 —
ag B come sopra == 0,0014^64 —
2,61 J2932 == L->g -4^ ì\1Z,'òyS
Calcolo della Formala IL
: C (Tav. TU ) - r:^ 9 89986 -»-
gB- «= c,coi/j6 —
">g sen'z =r= 9.6>i5i6
lig tang L == 9.98i-i-2
9,56780 =^ Tj-ifr — 0.370
J L == -4- 4i-)Oo6
^= -h 6 . 52",o
L = 4->_^46'. 4",6
titubine di Prafo al Collfuio Cicognini - - » 43- 5<2- 56, 6
^
r " '-•■ '-"r
5o Calcolo della Forinola HI.
Log (J^--- == 2,7576592
Log sena == 9,8425794
2,6oo2386
Log cos L' - -, == 9,8577933
Log M' - == 2,7424454 =L— 552,644 =L— 9.1S
Longitudine del Museo di Firenze == 28.55. S
Longitudine del Collegio di Prato == 2^45.4i
Calcolo della Formala IV.
Log M' =i?= 2,7424454 . - - -
Log aen ^ ( L-t- L' ) - == 9,8403948
Log corr. di z 2,5828402 == Log h- 382,63
Cangiando il segno ■ — 6 22,68
z == 135.53. 48,65
-♦- 180. e. 0,0
Vero azimuth del Museo al Collegio di Prato - -== 3l5.47. 25,97
• v
\ 5i
SUPPLEMENTO
ALLA. PRECEDENTE MEMORIA
(presentato il dì 3o Agosto i8j6.)
ie sollecite e premurose cure che fino dal de-
corso inverno mi ero prese per metter sotto gli
occhi del Pubblico il piano ed i primi saggi del-
la mia Triangolazione, sono 6n qui rimaste inu.
tili per impensate cagioni che hanno fino a que-
sto momento impedita l'impressione della pre-
cedente memoria . Per altro questo ritardo non
è stato in tutto dannoso: poiché durante il me-
desimo ho potute intraprendere nuove osserva-
zioni relative alla posizione di Pistoja , le quali
proseguendo in un modo affatto maraviglioso a
somministrare i più felici e concordi riscontri
delle osservazioni precedenti, mi assicurano sem-
pre più della bontà e verità degli ultimi resul-
tati . Io vado ad esporle secondo l'ordine con
CUI sono state eseguite
Stazione al Cocollo
Ho già annunziato nel discorso preliminare
di essermi portato in Stazione al Cocollo . E que-
sto luogo l'avanzo di un' antica diroccata Ba-
dia , della quale non resta oggigiorno die un
piccolo e mal conservato Oratorio nella pendice
deimontidel Casentino in quella parte dove
le acque pendono nelValdarno superiore e preci-
5a
sa mente nel Circondario del Comune di Loro.
Io vi salii , non senza molta pena «el 17. d'(^t-
tobre del i8i5. ingtinnatpda false relazioni dal-
le quali ero assicurato che da quell' altura sco-
prir si potessero e legare insieme la Città di Fi-
renze , Volterra,Siena , e Cortona : ma effetti-
vamente non vi era visibile che sola quest' ul-
tima : e in luogo delle tre prime, m' imbattei
jsenza aspettarmelo nella Città di Pistoja , che
rimaneva circa /jo miglia lontana, e che potevo
felicemente osservare attesa la stupenda qualil*
del tempo di <>ui si godeva . 1
Ma in tanta distanza di questo luogo nop
solo da Pistoja , ma ancora dalle altre idonee
stazioni , dubitai non senza una qualche appa-
rente ragione , se avrei poscia potuto effettuare
da queste ultime le osservazioni di corrispon-
denza , e formare dei triangoli nei quali il Coi-
Gollo o con Pistoja o con alcun dei punti di po-
sizione già nota si trovasse simultaneamente in-
teressato : tanto più che piccolo e niente spio-
cato era il Campanile da cui avrei potuto osser-
vare, o al quale avrei potuto ridurre le mie os-
servazioni, e mi sembrava assai ceito che da ve-
run'altro luogo mi sarebbe venuto fatto di ricg-
noscerlo senza il concorso di circostanze ben
singolari e specialmente di un tempo egualmen-
te propizio, quale ognun sa quanto raramente
in oggi si faccia godere anche in Toscana.
Cyu questa prevenzione , bramoso come
53
ero, tli tioii tendere in veruna parte infrutluò-
sa quella laboriosissima gita , e di trarre tutto
il maggior profitto che potevo dal segnalato fa-
vor del tempo , sospettando del buon sueces^
so dei metodi ardijiarj e diretti , volli pormi
al sicuro con rivolgermi agi' indiretti , e mi di-
sposi ad applicare al mio caso quell'elegante e
noto processo trigonometrico , per rhezzo del
quale dati tre punti di posizione nòta si pervie-
«e a determinar quella di un quarto punto d'on-
de ciascuno dei tre possa osservarsi . Il Sig. Ga-
gnoli soddisfa a questa ricerca con una formola
unica e generale, la quale riduce il problema
finale alla soluzione ordinaria di due triàngoli .
Ma troppo fastidioso ed inelegante n' è il cal-
colo : ed assai più trattabile e comoda dovrà
comparir quella che noi medesimi abbiamo in
questa precisa circostanza immaginata. Supposti
A, B, C i tre punti noti e D il cercato ; sienò
d, b,c itre angoli egualmente noti e corrispon-
denti ai vertici A,B,C del triangolo ABC; n eàrti
ne sieno i lati AB, BC; p,q gli angoli ADB, BDG
osservati da D; w ^ gli angoli ignoti A, C del
triangolo ADC; x,y i lati opposti e parimente
ignoti CD, AD, e finalmente z il lato DB corau-
fjé ai due triangoli ADB, BDC. Fatto per como-
do di calcolo hip-^q-tb )=Q, ed ^'tangX
■* "" ' n senq
troveremo cos ( a-^b-*- w ) = co/|3 tang ( 45*' -4- /)
ttùot {iBo*' — e— j2— ^) ; di qui dedotti i valori
54
C
Air Osservatorio delle Se. Pie il 22. Agosto e IO. Dee.
cxxvii Museo eMon-
te Sena rio.
cxxviii jMuseo e In-
I contro.
(.0
(.0
281.35.20,5
225. 19.41/3
254.49.57,0
176. 4'46jO
ic5. 2.58,4
A Monte Rinaldi il d'i 27. Ottobre l8l5.
cxxix
cxxx
Mont. Senar.
ePiet. Mar.
Incontro
e
Mont.Senai'.
(
9
10
j ^
< 8
I9
358.21.14,2
23«.io. 8,7
18. 3. 3,0
25i.59..58,3
146.14.37*8
120.10.58,4
59,1
105.45.23,1
22,8
Al Terrazzo di Bellosguardo il dì iS.Gen. e 'l'ò.Feb. 1816.
CXXXl
CXXXll
Monte Pilli
e
Museo.
Monte Pilli
e
Incontro.
11. 0,0
23.40,0
i3.3o,o
15.40,0
4o.5o,o
.40.50,0
.4.9. 0,0
.25. 5.0
. 5.40,0
0.12.40,0
3o,o
28,0
27,5
8.5i.3o,o
29,0
29,0
59
"^
Vertici o Punti
a.
-5"
Angolo
Angolo
osservati.
Multiplo
semplice
cxxxiii
Museo
i^
289.40. 38:,7
8.23.54,7
70.19.21,5
l3,l
Mont. Rinal.
II
87. 7.20,0
16.48. 2,0
11,1
11,8
/Il Cocollo il 17. Ottobre l8l5.
cxxxiv
cxxxv
cxxxvi
Pietra Mar.
eSt. di Pist.
Precedente
e Mont. Sen.
Incontro
ePiet. Mar.
{
9
10
9
10
o
9
lo
98.45. 8,7
loq.43.28,7
3 1 3.20.50,2
335.58.24,0
i85. 9. ij2
i8.3i.32,5
o. o. 0,0
10.58.20,9
20,9
22.37.29,0
29,5
18.30.49,9
5o,i
6o
^LSGOLl COSrBUlTI.
cxxxvu
R
Monte Senario e Piet. Mar. cxxix. iso.io.Sg, i
Museo e Pietra Marina R . /ji. . 57. 36. 53, o
Museo e Monte Senario . 177/17.52,1
Museo e Scuole Pie R . 31 . . , o 36.28, /|
SetJtìle Pie e Monte Senario . i78.24.-.iO,5
Monte Senario e Incontro cxxx. . io5.45.22,8
Scuole Pie ed Incontro . 284. 9-43,3
Supplemento a 36o" . . . 75.5o.i(>,7
CXXXVlll
M
Se. Pie e Duomo di Firenze i . ^ 9.i3.33,5
Prec. e Collegio di Prato xxiii . 82.20.19,0
Se. Pie e Collegio di Prato . 286.53.2 1,5
Precedente e Careggi xxiv . . [\Q.l\o.l\'],^
Precedente e Monte Senario xxiv 22. 49. 21, 5
Scuole Pie e Monte Senario 356. 23. 3o, 8
CXXXIX
M ,
Scuole Pie e S. Silvestro xxv . 33 1.21.1 4, 8
Precedente e Monte Senario xxvi 25.r2.i5,o
Scuole Pie e Monte Senario 356.23.29,8
Detto xxxviii 3o,8
Detto il ...... . 32,5
Medio . 356.23.3 1,0
Sxipplemento a 36f • . . 3. 36. 20,0
6t
Museo e Pistoja s . 64 . . . 71.20.35,9
Museo e Pietra Marina s . 61 . 4^-2'4/f3,9
Pistoja e Pietra Marina . . 28.55.02,0
CXLl
M
Mónte Rinaldi e Pistoja s . 65 . 72.10. 0,2
Monte Rinaldi e Piet. Mar. s . 62 /t3.i3.56,7
Pistoja e Pietra Marina . . 28.56. 3,5
Detto cxl . .... . . 28.55.52,0
Medio ...... . . 28.55.57,8
CXLll
" X
Museo e Monte Senario T .61 . 29.58. 9,0
Museo e Pistoja TT . 60 . . . 117.12.22,1
Monte Senario e Pistoja . . 87.14-13,1
CXLIII
Monte Rin. e Monte Sen. tt . 62 i6.35. 4?^
Monte Rinaldi e Pistoja % . 59 io3.49-2r,4
Monte Senario e Pistoja . . 87.1417,2
Detto cxlii . . . , . . 87.14.13,1
Medio 87.14.15,1
CXLiV
p
Museo e Monte Senario p . 64
Museo e Pietra Marina p . 60
Monte Senario e Pietra Mar,
27.42.53,9
3'>. 7. 1,0
b'ò. 49.54,9
GXLY
p
Monte Rin. e Monte Sen. p . 65
Monte Rin. e Pietra Mar. p . 59
Monte Sen. e Pietra Marina
Detto cxliv
Me. Ho
17.15.27,7
00.49.^9,3
63,49. 54i9
63.49.47.'
CALCOLO DEI TRIANGOLI.
52, Museo vf, Bcdosguardo b, iVlonLe tiinuldi k
= M.T-.V.2 1=39.27. 14,0
!ì = cxxxiii= 70.19.1 1,8
a ss Ixxvii = io.r3.33.5
i 79. 09. 39,3
-+0,7
o • ;/
99.27.14,0
70.19.12,2
IO i3.33,8
BR =3204,74
MR=3o59,o9
MB. . A • '
1 80. o. 0,0
53. Se Pi'> G, Bollosguardo b. Monte Bìnaldi b.
. = G.21 — G.I , =
b = B.S-Ì — b.i , =
'. =R.52 -+- R.2I . =
; 40.50.39,5
28,13.18,3
ro.5o. 2,2
ibo. <». o.oj
Bli =J204,2L
GR =2404,8-
^ 6^
54- Scuole Pie g, Monte ìiinaidi k, Incontro i.
G=36o — CXXviii — G.2I =
R = CXXXVii . . =
I = I 80° — G — R . =
77.47. 3,9
75.50.16,7
26.22.3q,/!
180. o. 0,0
RI =0'iC»9,e)f)
G] =0248,04
GR . A . 22
55. Scuole Pie g, Bellosguardo s. Incontro i.
G = cxxx -h G.2r . =
B=B. I CXXxi CXXXÌÌ=
I = 180° — G — B . =
i4i-Jt).i6,6
33. 1.57,4
5.41.46,0
180. o. 0,0
Bi =Go25,3o
G] =5249,87
GB . . A . J
56. Bellosguardo b, Monte Binaldi r, Incontro 1
B=B.52 — cxxxi — cxxxii=] 6i. I 5.i5,7Jri =5290,98
R = R.54 -4- R.53 , =j 86.40.18,981=6024,49
BR A • 52.53
= 180° — B — R . = 32. 4 25,4
(180. o. 0,0
^'j. Monte Rinaldi r, Pietra Marina t ^Incontro
R=36o° -i-cxxx — cxxix=
T dal calcolo . . =
I dal calcolo . . =
134. 3.38,1
i3. 13.37,0
32.42.44iQ
180. o. o,(
1T=I 661 5,42
ri= A. 54-56
R7r=A-4^-42
43
58. Scuole Pie a. Pietra Marina x, Incontro r.
G=G.2 — G.37-+-cxxviii=
x dal calcolo . . =
I dal calcolo . . =
170.45.31,8
2. 54 -2 8,9-
6.19.59,3
180. o. 0,0
ix=i66i5,io
Gì A • 54-55
GT. A. 37.45
J4
09. Monte Binaldìn. Pietra MarinM x . Pistoja p.
R ^R. i3 — R. l\\,
X dal calcolo,
p 4^1 calcolo .
29.36.27,0
103.49.21,4
46. 34-11,6
1^0. o. 0,0
P5rMÌi5oo,94
RP. A. 19. I 3
Rx./i.4f -43.
43
60. Museo 31, Pietra Marina r, Pistoja v.
aj =5 M. 4i — M' i^ •
T dal calcolo
p dal calcolo
26.40.36,9
1 17.12.22,1
36. 7, 1,0
lòo. o. 0,0
i'7r=rf5oo,65
MP..1. 13.17
Mjr.zl.38.
61. Museo M, Pietra Marina T^Monte Senario. s.
M=lVr. 2-MM.38— CKxxix =
5r=Lv-4-T. 38— T.37. , e
SS180' — M — T • -
107.37. 7,1
29.58. 9,0
42.24.43,0
180. o. 0,0
Ts=i577i,o4
MS- 8 265,90
M7r-A-38>
62. Monte Rinal. r, Pietra Mar. tt. Monte Sen. s.
R =cxx,ix.. . . . =
TT =5 T- 62.— r. 44 • =^
S s= 1 80" — . R — T . -
I 20. 10.59, 4^5=15769,46
1.6.35. 4?2
43. i3. 56,7
t8o. o. o,c
8=5207,01
43
63. Museo m, Mo//fd; Senario s, Pistoja P.
M as M. 6t -^ aj. 60 . =
s dal calcolo . . =
p dift calcolo . . ~
8o.56.3q,2
71.20.35,9
27.42.53,9
180. o. 0,0
;p=i765(;,6';
>ip.A. i3.i7
jis. A-6i
65
64- Monte Rinaldi n^Monte Senarìo &,Pistoja r
H = cxxix — R. 69 . . =
s dal calcolo . . =
p dal calcolo ^ . =
90.34.32,1
72.10. 0,2
17.15.27,7
r8o. o. 0,0
i"F=i755o^6o
RP./i. IO.l3
US. A -Sa
(i5. Monte Senaho s, Pietra Marina T^Pistoja v
s = cxli
' = cxliii
p = cxlv
28.55.57,8
87.i4>5,i
63.49.47,1
80. o. 0,0
7r>^.A.59.6o
sp.^A .63.64
s7r-A.61.62
66. Pietra Marina tt, Pistoja p. Incontro i.
TT = T- 57 -e T- 59
p dal calcolo
I dal calcolo . .
1 17. 2.58,5
42.39.48,4
20. 17.13,1
180. o. 0,0
ir=2j835.69
ifl-. 4:^.57. 56,
PT.A-59.60
Questa numerosa serie di triaagoli tutta
unicamente diretta alla costruzione dei due che
abbiamo principalmente in vista e che s'iticon-
trano in ultimo sotto i numeri 65 e &%^ farà
sempre più conoscere con la sua lunghezza
quanto complicato e tortuoso si è il giro delle
operazioni da cui risultano i dati da porsi ia
calcolo per la nostra ricerca. Paò anche osser-
varsi di passaggio come nella maggior parte ,
questi triangoli Steno essi stessi di pessima con-
dizione , particolarmente il 58 ove wn' aiig»^*
non giunge a tre gradi, T altxo di -paco supJÉ|
66
i 6, ed ambedue sono conclusi dal calcolo , ed'
il primo pure proviene soltanto in parie dall'
osservazione,entrando nella sua costruzione due
elementi conclusi . Eppure il valore del lato
1 T distanza fra l' Incontro e Pietramarina ,
benché oltrepassi in lunghezza le sedicimila te-
se, risulta mirabilmente identico a quello che
si è ottenuto dal triangolo 5 7 che in pari mo-
do è soggetto ad inconvenienti presso che egua-
li . Consimili riflessioni possono estendersi so-
pra i triangoli 59 e 6o;63 e 64, ec. Ma ritornan-
do al principale scopo nostro cominceremo dall'
applicare alla formola trigonometrica riportata
disopra il triangolo 65, e prima di tutto notere-
mo che dai richiami situati in fianco alle deno-
minazioni dei dati si ottengono i seguenti valo-
ri medj , cioè tt p = 85oo,8o; s p =: i ySS i , t 3, st-
15770,25. Di qui e dagli angoli del prospetto si
avrà adunque
/i = sp = 17551,13
/w SBT p = 85oo,8o
« = s = 280 55' 57",8
b X T = 87. 14. i5,i
c=p= 63. 49-47,1
p s> CXXXV= 22.37.29,5
. ^«CXXXIV= 10.58.20,9
e perciò (3 = ^(c-t-zz-t^ ) = 48.4^.48,7^
msenp ,,00
tangX- i-=:to/2^ 44-23.23,2
n sen q
£Ot {;x^^-ra)=cotltang (45*'-f a) =cof i «o "4 f '4 1 '',7
ùindi 0) 3 io3.a.55,a
hi egual modo ripreso il triangolo 66, nel quale
ip= 21835,69 e dai soliti richiami si ha i t «
1661 5,26;P7r =s 85oo,8o,accentando per maggior
distinzione le sigle algebriche, concluderemo
n' = ip= 21835,69
m' = Pr = 85oo,8o
«'= 1 = 20" I7'i3 ',!
b'=T~ (17.2.58,5
e' =jp = 4 2,39.48.4
7?' =CXKXVl-GXXXIV=i 7. 32. 29,5
^' =CXXXIV= 100 58.20,9
d' onde |3'= 3oo 35' 19", 2 jA'= iS» i' 34», 5;
w'-+-^'-4-a' = i98<' 49' 3u", 2
ed w' = i47- 56. 59,9
Ottenuti cosi questi valori, niente più manca al
calcolo dei due triangoli Cocolle — Pistoja— Mon-
tesenario; Cocolle — Pistoja — Incontro, e si trova
67. Cocollo e. Monte Senario s, Pistoja p. 1
c=/? ..... =
s = a> -+ a . . . =
psiSo — e — s . =
0 / //
22.37.29,5
i3i.58.53,o
25.23.37,5
SP. A 63.6/,
cp=339i4,6f
cs=;9564,9c
180. 0. 0,0
68. Cocollo e. Incontro i, Pistoja v. 1
c-p' . . . . . =
I * &>'-+■ a' .... =
p = 180 — e — I . =
7.32.29,'.
i68.i4-i3,c
4.13.17,^
IP. A-66
cr='339i7,56
01.-12247,0;
j8o. 0. 0,0
Ora i due valori del comun lato cp si conjjiro-
jrano 1' uno coni' altro cou quel rigore die ab-
oliamo già rilevato .
Stazione all' Incontro
La concordia dei resultati precedenti , ed
il buon uso che avrei potuto far dei medesimi ,
quando fossero stati sanzionati da osservazioni
più regolari e dirette, mi fece lungo tempo bra-
mare la possibilità di salire all'Incontro, dal
qual luogo più probabilmente, che da alcun'
altro mi sembrava che potesse accadermi di ve-
dere e riconoscere la Stazione del Cocollo . In-
coraggito da questa fiducia , e dai mezzi che in
copia grande mi vennero somministrati dal Sig.
Marchese Piero Rinuccini onde più agevole e
meno ingrato mi fosse V accesso e la dimora in
queir alpestre solitudine , risolvei di trasferi r-
mici il dì 4- dello scorso Luglio . Il tempo fu in
tutto quel giorno estremamente vario e finì con
la pioggia . Per lungo tempo disperai affatto d'
ottener 1' intento mio principale per motivo
delle foltissime nebbie che tutte occupavan le
cime di quella cateria di Monti dove risiede il
Cocollo: ma un' improvviso vento marinoaven-
dole per breve tempo dissipate , non solo mi si
rese quel luogo chiaramente visibile, ma colta
r opportunità del momento , potei di più rico-
noscere ed osservar distintamente quello stesso
punto d' onde avevo colà istituite le mie osser»
vazioni , e che campeggiava assai vistosamente
neir aria . Per opposta sventura una nebbia foU
ta e costante m'involò affatto in tutta quelgioi>
no allo sguardo la Città di Pistoja : vidi per al-
tro ed osservai con precisione e Pietra Marina o
Monte Senarioe di più l'Osservatorio delle Scuo*
le Pie e qualche altra delle precedenti Stazioni,
d' onde oltre quanto mi abbisognava per meglio
stabilire la posizione dell' Incontro trassi tutto
l'occorrente per le verificazioni che ricercavo .
Non mi fu per altro possibile il situarmi
in maniera da vedere insieme ed in un sol giro
d'orizzonte tutti i punti che m' interessavano :
mi convenne anzi cangiar più volte di luogo ,
e mai potei collocarmi nel preciso centro del
Campanile . Fu questa la quarta volta nel corso
;intero delle mie osservazioni che mi vidi costret-
to a ricorrere ai metodi di riduzione : essendo-
mi occorso la stessa dura necessità al Fanale di
Porto Ferrajo,nel Mastio di Volterra e sulla Tor-
re di Monte Catini di Val di Cecina ; sempre
ct>n grave mia ripugnanza , poiché pur troppo
son penose ed imbarazzanti le difficoltà che por-
ta seco nei calcoli questa esigenza . Del resto^
pe* i\ calcolo di simili riduzioni mi sono con
tutti gli altri prevalso della nota formola
Lf sen 1 Lrsen i
Ove C è r angolo ridotto , O V osservato , r la
7«>
distanza del luogo di osservazione all'altro di ri-
duzione ; /) , e G le distanze approssimate dell'
uno o dell' altro dai due oggetti osservati, l'uno
a dèstra^l'altroa sinistra e fra i quali è compre-
so r angolo O, e finalmente j^ è l' angolo di di-
rezione cioè quello dell' oggetto sinistro con il
luogo di riduzione . Tutto questo premesso si
venga all' esposizione delle osservazioni e dei
calcoli .
Angoli osservati , e ridotti
CXLVI. Cocollo — Pietra Marina == cir
■ 0-
■ È?
rr
5'
Angolo
Multiplo
Angolo
semplice
■ ■i
3
0
6
3
i47-57-3o
83.5o.5o
19.45. 0
167.41.55
io3.36. 0
i47-07-3o,o
56.5G,7
57. 0,0
56.59,2
57. 0,0
r=o, '^»<^ 3^49
Angolo di Direzione
conr=23oo 45 '9"^
conT=! 8.49. . 19=0-+-/
G = ic ... A. 68
Z/= IP . . . Ó.69
Angplo osser.
Rid. al centro
147.57. 0,0
H- 5,5
Il „
Riduz. per tt- -t- 1 ,^6
Riduz. per e. -+4,24
Angolo ridotto
147.57. 5,5
Riduz. total. -e 5,53
V
cxLvii. Monte Senario — Cocollo = s i e.
I
2
3
4
5
6
7
8
9
JO
1 1
12
Angolo
multiplo
142. 33. 28,0
285. 7. 3
427. [\o.
370. i3.
712.
865.
47-
20.
54.
28.
997
II 40
1283. I
1425. 34
i568. 8.
1710. 42
23
38
i3
43
28
3
38
58
28
• 3
Angolo
semplice
i42. 33. 28,0
3i,5
37'7
a4,5
26,6
27,2
29'7
3oj4
3o,9
29,8
29,8
3o,3
cxLVJii. Monte Senario — Pietra Marina— ut
Vlont. .Senar. — Cocollo CXLVIi. 1 42 -33,30,3
iocollo—PietraMarinaCXLVl. 147.57, 0,0
Mont. .Senar— Pietra Marin. 29o.3o.3o,3
Supplemento a 36o*'
r=oteie^3249
Angoli di riduzione
ion7r=:i8. 42. 19=^
^on s=88. 1 1 . [\c)~0-\y
G =i7r s Ùi- 57
D t is = /i. 70
69.29.29,7 = Tis
lì
» »29
Riduz. per tt .
Riduz. per s . -+ 8 ,00
Riduz.totale . -t- 6, 7
Ang.osser. =89. 29.29, 7
Ang.ridot.s69. 29.36, 4
I
7»
r
BHBKEnannnaanaiBi^iBa
TRIANGOLI.
.1
69. Scuole PieG, Pietra Mar. t, Monte Se nario s. []
r 10.22.12,6 S7, =15769,49
26.54-18, 5^08=761 1,95
42.43.28,9'G?r-A'37.45
180. o. 0,0
'jo. Pietra Marina % ^Incontro 1, Monte Senario s,
w = . 57 -+ TT- 62
I = cxlviiì.
S = 1 80 I TT .
29.48.41,'^
69.29.36,4
80.4 ' 4'>'4
r8a.
o. 0,0
s. =3370,43
stA-6i.62
69.
Tf=i66i5,37
71. Cocolla e, Incontro i, Pietra Marina tt-
I
fC = CXXXVl
1 = cxlvi .
ìtt = j.8o° — e — I
i8.3o.5o,o
147.57. 5,5
=1 i3.32. 4»5
180. o. o,
o
G7r=27766,i8
01=12246,02
72. Cocollo e, Pistoja p, Pietra Marina ir.
e = cxxxiv
1» dal calcolo
TT dal calcolo
io.58.2o,9lpx.i^.59.6o
38.26.20,5
i3o. 35.18,6
180. o. 0,0
C5r.A-7i
cp=339 16,90
7^-
B qui può notarsi che il valor del lato ci al
triangolo 70 è con pochissima differenza simile
ai due già dati dai triangoli 57,e 58: di qui la mira-
bil consonanza fra il lato cp e 1' altro avuto dai
calcoli precedenti .
Stazione a Pistoja
Ti buon successo della verificazione prece-
dente mi fece nascer la brama di tentarne anche
un' altra da Pistoja , onde niente più vi fosse da
desiderare per parte della sicurezza e verità del-
le riportate determinazioni . Ma la buona ven-
tura che mi aveva fin qui favorito mi mancò
ostinatamente in questa ultima circostanza : il
tempo fu tanto contrario che nel corso di un'
intera settimana appena operai quanto in altra
occasione ho operato in meno di un giorno. Ma
non per questo mi venne meno la sofferenza,qua-
lità si necessaria in questo genere d'intraprese,
ed alla quale il lungo esercizio d'Osservatore e di
Astronomo mi ha da gran tempo abituato . Po-
tei dunque pazientando coglier fànahuente un
qualche mouientoda osservare aruhe di là l'In-
contro ed il Cocollo : ma quanto fu facile e pre-
cisa l'osservazione del primo punto, altrettanto
riesci difficoltosa, e sembrò'dovere essere men
certa quella dell' altro . Era ben naturale che ,
come avevo già preveduto , 1' enorme distanza
e la dominante caligine rendessero quasi impra-
ticahile un'osservazione rli questa natura. Pur«
( o sia ciò effetto del caso q sia più veramente
conseguenza dell' iniroitabii perfezione dell'
Istrumento ) noi trovammo 1' angolo Incontro
— Cocollo 4° i3'r5,"4 e quest' angolo quantun-
que sì piccolo e tale che la minima incertezza
sul suo valore portar potreÌ3be un enorme dis-
sesto sui lati adjacenti, introdotto nel triango-
lo Incontro — Pistoja — Cocollo dà per la distan-
za di Pistoja al Cocollo tese 33916,23 mentre
dall' osservazione air Incontro sono risultate te-
se 33916,90, e da quelle al Cocollo sebbene af-
fatto indirette tese 33916, 12.
Si avvertirà che qui pure ci convenne postarci
in qualche distanza dal segnale e quindi 1' an-
golo riferito non è osservato ma ridotto nella
maniera che qui sotto esponghiamo
75
'^
cxLix. Incontro — Cocollo.
a
Angolo
Mulfipio
Angolo
semplice
1
8o.26'io,"o
4
i6 .Sa. ao
6
aS. i8. 3o
Angolo osserv.
Rid. al centro
Angolo ridot.
4m3'.5",o
5,o
5,o
4.i3. 5,o
-t-ro,4
4.i3.i5.4
r = 3 «"% 2938
Angoli di Direzione
coni... 3oo.2.36=j^
con c.3o4.j5.4o=Oh^'
G =ip...A. 66
D - cp... z^. 72
Riduz. per 1. .-+26,95
per e 16,56
Riduz. totale -4-10,37
ì
TPd ANGOLO
Lxxiii. Cocollo e, Pistoja r, Incontro i
e = cxxxvi — cxxxiv
p = cxlix .
( = 1 80° — e — P
7" 32'29",2lip . A- 66
4. i3. i5 ,4
i68.i4.i5 ,4
ci= 19.245,70
cp=339i6,23
o, o, o
I Ma da questa nuova stnzioneffi Pistoja ab-
I hiumoaltre insinui e numerose riprove, chetrojx^
' pò sarebbe il liportare, atte ciascuna ad auten-
ticare la bontà delle determinazioni che leganoe
quel puntoalMuseodiFirenze,e quindi assicurano
sempre più la posizione Geografica che afebia*^
mo stabilita. Noi ne serberemo ad altro tempo
il ragguaglio , e quii ci limiteremo alla- s^gxrerrtB
j che verifica la distanza del Museo di Fisica ar S
' Giusto di Prato che dal Triangolo 35 per vie tut-.
te diverse risultò ditese 9417,88 . ')
i :
«t*uir!«K . •. -. ..■.,
(
li. Agosto iSi6.
77
3!^
Punti
osservati.
Angolo
Multiplo
Anorolo
semplice
ci
Bell OS op.
Staz. X.
e Museo
li
3^8.51!. 55
347.17. e
046. 1.2 e
Sjj. 1.35
0.37. 5->,5
53,S
53,5
16. y^gosro 1816.
eli
S. Giusto
e Bellos;^.
C Oj 11 1.45. -ir
\ 4! 134 58.-2r
' 6] 146. 4..5C
S. Giusto e Bellosgiiar. («sii)
Belloso-uai-do e Museo . .
640.26,0
i5,o
i5,o
5.43.1.5.0
e. 37. 53,5
5..'5.'21,7rG'PM
S. Giusto e Museo ....
r = 3 «e«c , 2938
Angolo di direzione con g" . rjSo 1. 29.35 = j^
con M '^"'^ "' ''" '^
G = g'^p... a- 56
D= MP... A- iS
Riduzione per o ...
per M . ^. .»
Riduzione totale . • .
Angolo osservato ...
Angolo ridotto .. (clii)
tJUU.tJi^.i/ ( z
Vy -T
J
-4-
11''
,6
3-^,
4
-h
45,
1
5.5.21,
•7
6.
6.6,
8
J
78
TBUjyCOLO.
Lxxiv. Museo w, Pistoja p, S. Giusto e/'
M = jf. 19 M. 35 =
p = olii . . . =
g" = 180° — M — P =
4.
5-
170.
2.
6.
5r.
4l),6
6,8
3,6
180
. 0.
0.0
PG "=74 74) 5 a
rvip...i\.i3'i7
Forse però troppo mi son diffuso in riscon-
tri : mentre il solo nome di Reicheinbach bastar
poteva a convincere , che un Teodolito di lui
destramente maneggiato non può portare che ai
più precisi resultati . Ma questo nome sì grande
non risuona ancora bastantemente fra noi , né
è ancora quivi diffuso con la corrispondente ce-
,; lebrità : e pur troppo può esservi chi pago dèi
proprj mezzi e vano di meschinissime cognizio-
ni , osi contrapporre le prr prie alle operazioni
fatte con tal nuovo genere d'Istrumenti. Possa
questo saggio illuminarne la cecità ! possa con-
fonderne la stolida presunzione! e spargendo nel-
la nazione dei nuovi lumi,e delle ideepiù precise
I intorno alla perfezione a cui oggi giorno 1' arte
è pervenuta , tolga all' ignoranza gli ammiralo-
' ri, spogli della mal carpita gloria chi ingiusta-
mente la possiede ed obblighi chi vuol meritar-
la a quegli studj, a quegli sforzi, all' acquisto
insomma di quelle doti , senza le quali difficil-
mente può guadagnarsi una ben giusta e ben
t fondata riputazione .
i
-i.-a»xjB.i imm .
._.. . , 79
• '*^v*.«Ms^j)^//g polarità magnetica
eccitata dall' azione dei raggi violetti
ESFERIFIfZE
DEL SIG. MARCHESE COSIMO RIDOLFI
Socio Corrispondente
Comunicate all' Accademia il 2 maggio 1 8 j 6
llorchè il Professore Morichini ebbe
annunziato ai Fisici i risultati di quel suo sin-
golare esperimento col quale un' ago mobile
orizzontalmente sopra un pernio veniva pren-
dendo la direzione del Meridiano magnetico, e ac-
quistando le altre proprietà dei corpi magnetiz-
zati , sol che si trovasse percosso per alcun tem-
po dall' estremo lembo dei raggi violetti dello
spettro prismatico , parve ad alcuni ( ai quali
men corrisposero i tentativi fatti per aggiungere
ai medesimi risultati ) che i fenomeni ottenuti
nelle sue esperienze dal quel celebratissimo fi-
sico dovessero attribuirsi piuttosto all' acciden-
tale elevazione di temperatura delle molecole
dell'ago , o alla sua collocazione nella direzione
del meridiano magnetico , che ad un' azio-
ne propria dei raggi violetti ; non ostan-
te che le belle esperienze di Ritter e di
Gerard avessero già insegnato a maravigliar-
8o
si meno di certi singolari effetti deli' azione dei
raggi più refrangibili della luce sulle proprietà
chimiche de' corpi , e sulle forze da cui dipen-
dono i moti invisibili delle loro molecole .
Ragion voleva pertanto , che dove queste
difficoltà erano insorte , e dove 1' incertezza dei
risultati ottenuti nel ripetere in varie guise V
, nessuno dei quali può dimi-
nuirsi,comeK2i, per la sottrazione dell'angolo A.
Come dopo 1' equazione /?A± C 4- a si è ot-
tenuta r altra(R/?-— i)A = RCh-^.', potrà daque-
sta dedursi , con andamento analogo al prece-
dente , lina terza equazione ove sia u." <^ «', ed
avere una serie decrescente d' archi a,a , a ...
fó(n), ed un'ultima equazione PA =KG-t-a^"^, nel-
la quale potremo trascurare -— • commettendo
un'errore piccolo a nostro arbitrio , poiché il
coefficiente P va sempre aumentando , e cosi
KG
prendere 1 angolo cercato A = ~— -.
jS'on conviene dunque riguardare la gra-
duazione dei circoli repetitori come necessaria,
ma soltanto come propria a risparmiare un nu-
mero troppo grande di repetizioni , facendo co-
noscere immediatamente l'arco a. della prima
equazione, o se si voglia quello «' della seconda
ec.ec. Ma è ancora dipiù da osservarsi che perii
caso particolare in cui l'angolo sia parte aliquo-
ta della circonferenza , abbiamo fino dalla pri-
C
ma equazione a = o,edA= — esattamente, e
senza approssimazione. Ora gli angoli delle vi-
suali necessarj per graduare un circolo , che
si divide sempre in parti aliquote , appartengo-
no precisamente a questo ultimo caso: potremo
lOO
duuque ottenere con somma esattezza , e faci-
lità la divisione d'un cerchio nel modo seguente
Descrizione , e Divisione della Piattaforma
Siano due Circoli concentrici, contigui, si-
tuati in un medesimo piano orizzontale , qua-
si costituenti un sol Cerchio, e mobili indipen-
dentemente l'uno dall'altro intorno al loro cen-
tro comune . Il Circolo interno porti un Canoc-
chiale situato sopra un asse orizzontale , chegi-
ra sopra due guancialetti come un Istrumento
dei passaggi , e che si può rovesciare , e verifi-
care come ques^i Istrumenti , mediante un li-
vello che si aggancia all' asse . Può ottenersi
con tali mezzi la perfetta orizzontalità del lembo
dei Circoli , e la perfetta verticalità nel moto del
Canocchiale (a)
(a) La costruzione della Colonna che serve a
sostenere 1* Istrumento , e dei pernj sui quali si vol-
gono i Cerchj, è notissima essendo nei Teodoliti
Repalitori di Reichembach .
Le parti essenziali di queste Macchine sono
fatte a Tornio, vantaggio incalcolabile per la perfezio-
ne e facilità dei lavori . E' sì grande questo vantaggio
che i Circoli interi di raggio mediocre sono piìi esatti
dei Quadranti i più ampi , e Ramsdenistesso dichiarò
che bisognava rinunziare agli! ultimi, e prescegliere i
primi 5 per pervenire all' ultimo grado di precisione di
cui r osservazione è suscettibi]e,adducendo fra leprin-
«ipali ragioni 5 l'esattezza degli archi, e dei piani
che può aversi unicamente sul tornio.
101
I Cerchi hanno un moto rapido , quando
girano liberamente sui perni, e quindi un mo-
to lento per mezzo di viti finissime , onde diri-
gere il Canocchiale con la più gran precisione
^gii oggetti . Queste viti ora rendono immobile
il Cerchio esterno , ora uniscono stabilmente i
Cerchj fra loro . Un Canocchiale inferiore fisso
è destinato a mostrare l'immobilità della colon-
na che sostiene l' fstrumento .
Supponghiamo che sia invariabilmente
connesso in un puntoqualunque della circonfe-
renza del Cerchio esterno , un ferro (a) proprio
ad incidere le divisioni nella direzione del rag-
gio e che mediante questo ferro si segni unadi-
visione z sul Cerchio esterno , ed una o sull'
interno , in maniera che esse coincidano . La
perfetta coincidenza delle divisioni ora , e in
appresso , si esamina esattamente con un mi-
croscopio portato da un'asta mobile intorno al
centro. Si fissino in questo stato i due circoli
insieme , e si diriga il canocchiale ad un pun-
to lontano /*. Ponghiamo, per dare un'esem-
pio , che voglia dividersi primieramente il cir-
colo interno in 4 archi di 90 gradi ciascuno.
Conviene allora sciogliere i cerchj , e l'esterno
restando immobile , volgere il canocchiale, con
l'interno su cui è fisso,ad un'altro punto P' co-
munque elevato sull'orizzonte , in modo che il
(a) Ne sarà data in seguito la descrizione.
ID2
cerchio interno abbia fatto un moto angolare
di circa 90P ; talché i punti z , e o parimente
di quasi 90° siano fra loro distanti. Se allora
essendo fermi i circoli insieme , si riporta nuo^
vamente col moto di ambedue il canocchiale
al primo punto P , potremo con operazione si-
mile alla precedente , sciogliere di nuovo i cer-
chi , e ricondurre il canocchiale con l'interno
cerchio al secondo punto P', in guisa tale che
i punti 5; e o si allontaneranno del doppio
qualora il circolo esterno in luogo d
4 segni , portasse 4 nonj adattati.
La posizione dei segni divisorj della piat-
taforma riesce tanto più esatta quanto più sen-
sibili sono all'artista i piccoli movimenti di es-
sa intorno al centro. Sembrerebbe quindi che
per ottenere la massima esattezza dovessero ri-
ferirsi questi moti , eoi mezzo del canocchia-
le , a oggetti eccessivamente lontani. Ma un'og-
getto eccessivamente lontano , e di grande esten-
sione , non apparisce nel canocchiale sotto an-
golo maggiore che un'oggetto vicino di esten-
sione proporzionalmente minore . Così può re-
stare insensibile un'istesso piccolissimo movi-
mento angolare del canocchiale medesimo per
quanto si osservino a distanze sempre più gran-
di , oggetti di estensione maggiore. D'altronde
nelle grandi distanze abbiamo condizioni peg-
giori per la chiarezza , e per altri rapporti . Dee
dunque determinarsi con l'esperienza la massi-
ma lontananza di tènui oggetti cui dirigere un
dato canocchiale in modo che ne resti sensibi-
le il minimo movimento angolare. « J'ai des
« angles ( et il ne sont pas en petit nombre )
« qui sont arrivés à la permanence après la troi-
« sième répetition lorsque les points de mire
« étoient bien prononcés, et bien eclairés. (Zacli
« let. cit. pag. 66. )
ìoS
Quanto al ferro da incidere le divisioiiì
( tracelet ) potrà scegliersi quello semplicissimo
del Sig. Ramsden descritto nel suo metodo di
sopra indicato.
Un telajó rettangolare èsitnato slabilmen*
te fra il centro, e la circonferenza della piatta-
forma. Fra due viti a punta conica poste nei
lati maggiori , gira senza alcuno scuotimento
intorno una linea oriz'zontale un'altro telajo
minore , ed all'estremità di questo gira simil-
mente il terzo telajo, ed ultimo , che porta un
ferro il quale incide per mezzo di due moti di
rotazione , che gli permettono di descrivere
una linea retta sull'Istrumento da dividersi.
Il ferro potrebbe gravarsi di un peso per
incidere uniformemente , come viene indicato
nell'opera del Duca di Chaulnes , ove si osser-
va che non può , senza essere affilato , esegui-
re più di 2880 segni , e ciò purché si carichi di
peso gradatamente per ripassare più volte sopra
ogni divisione. Se si ponesse il peso tutto in una
volta , il ferro insinuandosi troppo profonda-
mente nel metallo sarebbe soggetto a sgranarsi,
e saltare.
Per evitare la necessità di affilarlo, il che
potrebbe indurre un errore nella sua posizio-
ne , e per dividere con maggior prontezza un
circolo, potrebbero situarsi, per esempio 6 graf-
fietti in luogo di un solo per segnare 6 divisio-
iii ad ogni posizione della piattaforma. Per si»
107
tuàre à giuste (distanze ì medesimi , vi ponga 1'
artista una correzione con le viti, e li situi pros-
simamente a 6© gradi l'uno dall'altro. Allora con
uno di essi accenni leggermente 6 divisioni mi-
nutissime di 6o" in 6o° sul circolo da graduarsi,
movendo al solito la piattaforma. È chiaro che
i graffietti dovranno corrispondere ciascuno ad-
una divisione , per essere bene situati j e vi si
condurranno con le viti , e col microscopio.
L'artista prenderà altresì le precauzioni op-
portune per non alterare la temperatura d'alcu-
Tia parte del cerchio che divide, uè della piatta-
forma.
Compita , con quanto si è finora accenna-
to l'esposizione del proposto metodo , vediamo-
ne le proprietà principali.
I. Il cerchio primitivo che si divide può
considerarsi come un Istrumento graduato so-
pra una piattaforma grandissima di un miglio
di raggio , se ad un miglio si osservano gli og-
getti col canocchiale : da questi si partono le vi-
suali che vanno al centro dell'Istrumento, e
che intersecandone la circonferenza determina-
no i punti ove dee farsi la graduazione. Segue
da ciò che si avrà eguale esattezza per la posi-
zione di questi punti , tanto graduando un cir-
colo dei più grandi che possano eseguirsi, quan-
to un cerchio , comunque piccolo, purché ven-
ga ad ambedue adattato un canocchiale d'egua-
le lunghezza , e foiza per ingrandire. Negli altri
T08
melodi quanto è maggiore lì cerchio , o piatta-
forma , tanto lo è pure la precisione , poiché o
si divida per mezzo di compassi , o di viti , o di
microscopi, si opera sempre percorrendo la cir-
conferenza, dimodoché un'errore che possa com-
niettersi è tanto meno dannoso , quanto è più
piccolo^ in faccia alla circonferenza medesima;
ma nel presente metodo, il moto del canocchia-
le essendo angolare intorno al centro del circo-
lo, la lunghezza del raggio di questo , non in-
fluisce in modo alcuno sulla precisione dei pun-
ti indicati. Quindi nel metodo istesso niuna al*
tra sorgente rimane che apporti diversa esattez-
za fra la divisione dei cerchj di maggiore , e di
minor raggio , che l'esilissima larghezza delle
incisioni , la quale negli ultimi comprende ar-
chetti d'un maggior numero di minuti secondi ,
o di terzi.
2. Se non si abbia in pronto una piattafor-
ma , o non convenga di costruirla , potrà divi-
dersi un Cerchio Repetitore anclie più esalta-
mente senza di quella, applicandovi il processo
usato per graduare la medesima . E qualora si
prescelga questo metodo di dividere i Cerchj
Repetitori , sarà pure applicabile rapporto al-
la loro esattezza in diverse dimensioni , ciò che
abbiamo adesso veduto in proposito delle Piatta-
forme di raggi diversi . Ed oltre al vantaggio
notabile di risparmiare la costruzione di que-
ste ultime Macchine, mediante la sostituzione
di soli 6 segnali , situati permanentemente in
posti adattati , dee pure considerarsi che si evi-
teranno le difficoltà eccessive di centrare i Cir-
coli sopra piccole Piattaforme . Infatti quando
laPiattaforma sia rappresentata dalla circonferen-
za d' un miglio di raggio da cui si partono le
visuali , vi si centreranno i circoli per mezzo d'
un filo a piombo che corrisponda nel vertice
dell'angolo formato dalle visuali medesime , e
questa facile operazione darà un'esattezza più
che sufficiente , attesa la grandezza del raggio .
£ finalmente visibile che non avranno più luo-
go gli errori provenienti dal trasportare sopra
i circoli la divisione delle piattaforme. In ogni
modo sembrando all'artista che questo metodo
riesca più laborioso j resta in suo arbitrio l'at-
tenersi a quello che crederà più opportuno.
3. Ponendo che alla distanza d'un miglio,
con un buon Telescopio acromatico , si osservi-
no con distinzione degli stili verticali isolati,
di poco più di 3, 5 linee di diametro , vedre-
mo che tal dimensione equivalendo ad archi di
i", limiterà parimente a i" incirca il massimo
spostamento delle divisioni dal luogo vero ,
purché si esamini senza errore la coincidenza
dei segni z , e o della piattaforma : d'altronde
questo spostamento medesimo, che in una gran
piattaforma, anche di 4 , 5p'*^' di diametro,equi-
vale a o,ooi di linea, essendo insensibile ai
compassi , e alle viti , è chiaro che difficilmen-
no
te si potrebbe ottenere dairnso di queste una
divisione tanto precisa.
4. Il proposto metodo di dividere ha dei
rapporti con queUo incognito del Sig. Reichem-
bach , talché sembra che possano sperarsene dei
vantaggi consimili.
Nei resultati addotti di sopra (pag.93. )in
prova dell'esattezza dei circoli di detto Autore
è sopra tutto mirabile che dopo poche repeti-
'/ioni si giunga alla permanenza dell'angolo , di-
' modochè resti inutile l'accrescere il numero
di esse, tale essendo l'esattezza della divisione ,
che il processo matematico di Mayer da un cer-
to punto in poi , più non vale a scoprirvi, o cor-
reggervi errori. Questa permanenza istessa re-
sulta pure dal metodo proposto, dopo poche
repetizioni. Infatti essendo in questo la gradua-
zione prima che incisa , verificata dal Costrutto-
re, mediante la repetizione degli angoli, èchia-
ro che l'osservatore nell' adoprare in seguito
ristrumento , troverà che la divisione soddisfa
al metodo di repetizione , verificando egli con .
il processo di Mayer una divisione , che è slata
già eseguita dal Costruttore con il processo me-
desimo. Egli giungerà dunque ben presto alla
permanenza della lettura dell'angolo. In tanto
poi non vi giunge fino dalla prima repetizione,
in quanto che gli errori dei movimenti , e
delle parti dell' Istruraento , quelli di lettivi
ra, e quelli che saranno stati commessi quan-
Il I
ào si voglia attenersi al metodo di traspor-
tare le divisioni dalla Piattaforma sopra del Cer-
chio, non meno che la difficoltà di dirigere il
Canocchiale ai medesimi punti , fanno variare
alquanto le circostanze in ogni osservazione
dell'angolo, ed esigono un certo numero di re-
petizioni prima di renderlo permanente. Que-
sto stato di permanenza si ottiene appena sono
distrutti i suddetti errori, il che ordinariamen-
te nei cerchj repetitori di Reichembach accade
dopo le 8 repetizioni. Ed ecco perchè conviene
sempre adoprare il metodo di correzione di Mayer
anche per la divisione eseguita con esso; acca-
derà però allora che questo resti ben presto
inutile , e tanto più presto quanto più perfetta
sarà l'esecuzione di tutte le parti dellìstrumento.
Il Sig. Reichembach ha consigliato oltre al
fare poche repetizioni con i suoi circoli , di li-
mitarsi a una sola osservazione con cerchj fissi,
quasi che la loro esattezza supplisca al metodo
di repetizione di Mayer. Da questa avvertenza
pure , data dal suddetto celebre Autore potrebbe
dedursi che sussiste una certa analogia fra il suo
metodo, e quello sopra descritto. La precisione
che con questo otterrà nel suo cerchio l'artista,
facendo repetizioni accurate sopra segnali i più
idonei sì per la giusta distanza che per la chia-
rezza , ed in uno stato d'atmosfera scelto a suo
arbitrio, sarà maggiore di quella cui può giun-
gere ordinariamente l'osservatore nelle sue re-
liti
petizioni. Da ciò pertanto apparisce cbe in stru-
menti così eseguiti possono bastare poche repe-
tizioni , o anche una sola osservazione.
Adesso chiaramente si scorge che il mezzo
più. approppiato per rilevare il massimo profitto
dalla invenzione di Mayer, è che il costruttore
piuttosto che l'astronomo ne segua con somma
delicatezza i principj ; poiché le divisioni incise
dal primo, servono a fissare permanentemente
nel cerchio gli ai chi resultanti da repetizioni
eseguite nel miglior modo una volta per sempre
e ad esimere l' osservatore dalla necessità di rin-
nuovare questo metodo ogni volta che fa l'os-
servazione d' un angolo.
Dfota indicata alla pag. ioa.
È stato da taluno creduto che il metodo
esposto dipenda essenzialmente dal situare in
punti convenienti i sei segnali P* {pag. ro3 )
destinati a dividere la piattaforma , e che i ten-
tativi necessarj a tale operazione sieno per trop-
pa diftìcoltà impraticabili.
Esporremo pertanto in questa nota con del-
le particolarità che si credevano inutili , come
possano in primo luogo situarsi i segnali indi-
cati : e secondariamente , giacché i fondamene
ti del proposto metodo sono affatto indipenden-
ti dalla situazione dei segnali , indicheremo co-
me il medesimo sia applicabile alla graduazione
ii3
della piattaforma , senza bisogno di collocai^e
neppure un segnale. In questa guisa i principj
del metodo istesso potranno ridursi o neiru.no,
o nell'altro modo alla pratica , secondo che nel-
le diverse circostanze sembrerà più conveniente
all'artista.
I. Abbiamo già veduto che i tentativi con-
sistono nel situare 6 segnali in maniera che con*
ducendo da ognun di questi, e da un correspet;-
tivo punto fisso due visuali al centro d'un cir-
colo da dividersi , si abbiano 6 angoli determi-
nati , per ottenere la divisione del medesimo in
4320 parti.
Prima di mostrare che tali tentativi non so-
no tanto difficili quanto possono a prima vi-
sta apparire , sarà bene il vedere come siano di
fatto indispensabili i tentativi nelle macchine
da dividere , e come da essi ritragga essenzial
fondamento la massirna precisione , giacché i
metodi puramente geometrici esattissimi in teo-
rìa , non riescono in pratica , attese molte cir-
costanze che si oppongono alla loro esecuzione
precisa, e dalle quali in essi vien fatta astrazione.
Riconobbero i più abili artisti quali errori
si commettessero nel porre in pralicii i metodi
indicati, e specialmente in un gran numero df
dipendenti operazioni, e rinunziarono f^no dal-
le prime divisioni dei Quadranti ad uno dei più
semplici problemi di Geometrìa, quale è quello
della bisezione d'un arco , sostituendovi un rae-
va
lodo approssimativo, ma per l'esecuzione molto
più esatto. Né la massima perfezione si ottenne
che quando in luogo di determinare un arco di
cercata grandezza con costruzioni geometriche >
fu immaginato di prenderlo in principio pros-
simamente , e di usar quindi una riprova che
mostrasse se fosse maggiore , o minor del giu-
sto. Formandosi con essa dei limiti in più , ed
in meno fra i quali restava compreso l'arco cer-
cato , e potendo i medesimi accostarsi ad arbi.
trio fra loro fino a non essere più differenti ,
nascevano dei tentativi da farsi , ma si otteneva
nel modo più certo la massima precisione. Su
questo principio si vedono fondati tutti i me-
todi conosciuti di Passement, Chaulnes, Rams-
den , Schenk , non meno che quello di Trou-
ghton per quanto può rilevarsi dalla descrizio-
ne indicata a pag. 90. , e su questo debbono
fondarsi tutti gli altri che potessero immagi-
narsi. Lungi dunque dall'escludere dei tentati-
vi che sono il fondamento dell'esattezza , con-
viene soltanto rivolgersi a perfezionare il meto-
do di riprova , ancorché i tentativi vi riuscis-
sero più difficili , come praticarono i prelodati
Autori, facendo astrazione dal tempo che i sud-
detti esigevano , e ciò tanto più giustamente ,
in quanto che erano ojjerazioni eseguite una
volta per sempre.
Esaminiamo adesso come possano situarsi i
sei segnali indicati di sopra , e per fissarsi a un
ii5
esemplo , sia eia trovarsi il primo angolo di 90
gradi per dividere la piattaforma.
Si diriga prima il canocchiale ad un punto,
e quindi si volga in modo che il cerchio su cui
è fissato faccia un moto angolare di 90 gradi da
misurarsi con un compasso sulla circonferenza
del cerchio medesimo. Suppongo che il massi-
mo errore di tal misura in più , o in meno , sia
un mezzo grado ; questo alla distanza d'un mi-
glio dal circolo alla quale dee situarsi il segna,
le (a) equivale a 44 piedi circa. Esaminato ove
corrisponda il filo del canocchiale medesimo ,
si faccia ivi situare il primo segnale qui sotto
indicato (a) . Allora col metodo di repetizione si
esamini se l'angolo è maggiore, o minor di 90° ,
e in un modo convenuto si avvisi il regolatore
dei segnale se questo debba portarsi a destra ,
o a sinistra. Il regolatore , notato il punto di
projezione del segnale , lo trasporti dalla parte
Ì accennatagli immediatamente per lo spazio di
44 piedi, e noti la seconda projezione. Cadrà
(a) Questo segnale destinato pei primi tentati-
vi consiste in un'asta della larghezza di 3,5 linee,
che portata sopra tre piedi mobili può situarsi in
una posizione verticale per mezzo di un filu a piom-
bo, il quale dà pui-e la projezione dell'asta sopra
una linea orizzontale.
L'altro segnale destinato a fissarsi permanente-
mente, consislerà in 6 piccole aste verticali della
larghezza precedente connesse insieme in maniera
che ogni distanza d'un asta all'altra s'ia linee 7.
ii6
il punto vero nella clistc%nza di 44 piedi fra i due
punti projettati , di^ta,nza che ben presto ridur-
remo a circa J/iod.i pieide nella quale si troverà
il punto medesimo.
Infatti se sia iud^cata, ancor falsa dall'osser-
vatore ^he ripete , la seconda, posizione del se-
gnai^ , si trasporti il i^edcsimo pella metà dei
44 piedi , a 22 piedi di distanza da ciascun dei
due punti pi;ojettati, e si noti la terza projezione.
Caderà allora il punto vero , se non nella
terza projezione , in uuo dei, due spazj di aa
piedi. Indicato dalla terjza, r^petizionje se debba
portarsi il segnale nello, spazio destro, o sini-
stro , si collochi nella metà dello spazio mede-
simo a 1 1 piedi di distar^iza fra il medio punto
projettato, ed un degli estremi. Così proceden-
do in progressione geometxica qu.^sta lapida di-
minuzione della linea primitiva di 44 piedi.,
giungeremo dopo io repetizioni, cioè in poche
ore di tempo , ad assegnare due punti projettati
distanti fra loro circa 3/,e di piedi^ nella, qual
distanza caderà il punto cercato; ivi si fermerà
permanentemente ad occupar tutta la distanza
il secondo segnale (a) indicato. La larghezza
d'ogni asta di questo equivalendo incirca a i",
ed ogni distanza fra l'aste a a", è chiaro che ove
il punto vero non cada in un'asta, non potrà
essere più distante da quella di i'. Ora l'osser-
vatore toglierà inseguilo questa ultima differen-
za allontanando ,o avvicinando ai segnali il cen-
ivo del circoto, ed ottenendo così che osservata
Una dell'aste, ed il punto fisso, si abbia l'ango-
lo cercato in rrtódo che sia tolto ogni visibiTè
fefPoré nella coincidenza d€Ì segni z, e ò del cer-
chio.
L'istesso processo applicato agli altri 5 ari-
goli esigerà breve tempo per terminare tutti i
tentativi , i quali riescono più facili che in altri
metodi , ove niancandó la circonferenza di un
miglio di raggio da cui si partono le visuali, non
si ottiene la necessaria precisione da dimensioni
così estese come lo sono ì 5/,o di piede, o le 3
linee, ma sono bensì necessarj limiti eccessiva-
mente più ristretti per rappresentare i piccoli
archi.
2. Per mostrare come sia inoltre il metodo
proposto indipendente dalla collocazione dei
segnali (dai tentativi non mai che sono il fon-
damento della precisione) vediamo come possa
l'osservatore eseguire da se sólo ogni tentativo
sul cerchio da dividersi senza bisogno di situare
neppure un segnale, esponendo in qual modo
sia possibile mediante l'osservazione di un sol
punto, misurare degli angoli sul cerchio Sud-
detto.
Supponghiamo che il cerchio interno porti
non più un solo, ma due canocchiali: il nuovo
Canocchiale da aggiungersi sarà sostenuto da un
sistema , il quale possa fissarsi stabilmente per
mezzo di viti ai raggi , o alla circonferenza del
!l8
circolo interno, in quella posizióne ctie sàtk
necessaria onde faccia prossimamente coli' altro
canocchiale un angolo dato. Quindi potrà otte*
nersi precisamente questo angolo, dando con
viti finissime un lento movimento al nuovo Ca-
nocchiale sopra il sistema che lo sostiene , e che
è già fissato sul circolo interno. Se si divida ^
senza la piattaforma, un cerchio repetitore con
questo apparato , e nel modo da esporsi, sarà
possibile , appena compila la divisione, di to-
gliere il Canocchiale aggiunto, che resterebbe
inutile suir Istrumento.
Fissi pertanto 1' osservatore i due Canoc-
chiali in maniera , che dirigendo il primo, e
quindi il secondo ad un medesimo punto, il
cerchio interno faccia incirca il moto angolare
cercato, come per esempio 60 gradi. Rin nuovi
l'operazione con il metodo di ripetere, finché
il movimento angolare, o arco di circa 60.° sia
riportato 6 volte sulla circonferenza del cerchio
esterno , ed esamini allora se questa rimanga
maggiore, o minore della somma dei 4 archi.
Riuscirà a renderla eguale con ripetuti ten-
tativi, variando col moto lento l'angolo dei due
Canocchiali, ed allora dividerà al solito l'Istru-
mento.
"9
Sopra una maniera di morire
elettiva un tempo presso i Romani
CO^f SIDERAZIONI E RICERCHE FISIOLOGICHE
del Sig. Doti.
GIACOMO BARZELLOTTI
Pub. Prof. d'Istituzioni Chirurgiche,
« di Medicina Legale nell'Università di Siena,
e Socio corrispondente.
Presentata il dì i5 Luglio 1816
Segnius irritant animosdeTnissfi per aure»
Quam quse sunt oculis subjecta fidel ibus.
Horat. Ars Poetica.
Introduzione.
A
vendo divisato di sottoporre all'altrui
giudizio alcune considerazioni, e ricerche fisio-
logiche da me fatte anni addietro sopra una ma-
niera di morire elettiva un tempo presso i Ro*
mani , di cui molti esempj ne offre un periodo
memorabile della loro istoria , ho creduto di
mostrar prima al lettore l'ordine, e lo spirito col
quale verranno esse esposte, e trattate. E poiché
la maniera con cui quei coraggiosi Romani , co-
stretti dalla imperiosa circostanza dei tempi, af-
frontavan la morte,era quella di aprire al sangue
l'uscita, e con esso la vita esalare, così io riunirò
nel primo paragrafo di questa memoria i fatti
istorici di queste vittime , onJè risulti , che tal
maniera di morire era elettiva appo di essi, lun-
ga , e penosa. Diluciderò nel secondo .paragra-
fo qualsisia dubbiezza potesse nascere intorno
al genere di vasi , che essi aprivansi per dare al
sangue uscita , ed alla vita; e proverò per via di
esperienze , e di ragioni , che essi le vene si
aprivano , e non le arterie , giacché per l'aper-
tura di queste , la morte è più pronta , e meno
penosa. Nel terzo paragrafo imitando negli ani-
mali per via di esperimenti la morte dei Roma-
ni, cioè aprendo a quelli lo vene , e dando al
sangue nel bagno l'uscita , mostrerò più ampia-
mente , che le vene essi Romani si aprivano, e
non le arterie , e che questa via di morte era
negli animali , come quella descrittaci nei Ro-
mani , lunga e penosa. Inoltratomi nella ricer-
ca delie cause dei patimenti di quelli , che , co-
me i Romani , col sangue perdono la vita, seno-
prirò colla scorta dell'esperienza nel quarto pa-
ragrafo , quale possa esser la causa più probabi-
li? delle loro pene. Proverò nel quinto paragra-
ih Con delle valide ragioni , che fra le varie ma-
niere, con le quali costretti quei Romani a dar-
iì la morte , se non la più lunga , almeno la più
penosa scegliessero ; e nel paragrafo sesto , ed
ultimo , ricercherò per qual motivo a questa ,
anziché a qualunque altra maniera di morire
quei Romani si appigliassero.
§. I. Nel breve periodo di soli quarantadue
anni sotto Tlmpet'io di Tiberio , di CKuidio, e
di Nerone sono registrati dal sommo Tacito ven-
tidue casi di morte per apertura di vene , fra'
quali un solo in tal guisa ordinata , mentre gli
altri tutti dai condannati a morire volontaria-
mente sceglievasi. Cinque d^ queste morti av-
vennero sotto Tiberio (a), una sotto Claudio (b) ,
e quattordici sotto Nerone (e) . Il primo caso tli
tal maniera di morire accaduto sotto Tiberio ,
fu in Plau/io Silvano Pretore (d) ; il secondo in
Publio Vitellio Prefetto del Tesoro (e) ; il terzo
in Sesto Vestilio Ministro di Palazzo (f); il quar-
to , e quinto in Pomponio Labeone già Governa-
tòr della Mesia , ed in sua moglie Passèa (g) .
Fa notare l'istorico che Tiberio disapprovò la
coraggiosa risoluzione della moglie d'incontrar
la morte per non -separar la sua sorte da quella
del marito, e che potendo l'avrebbe impedita ,
come poi fece Nerone nella moglie di Seneca ,
siccome vedrassi più sotto.
Sotto Claudio Imperatore un solo fatto rac-
contasi dallo storico di tal maniera di morire ,
che accadde in Asiatico , prod'uomo in guerra,
(a) C. C. Taciti Ann. Lib.iv.v. vi.
(b) Annal. Lib. vi.
(e) Annal. Lib. xi. xiv. XV. xvi.
(d) Anna). Lib. iv.Aer. Chris. 24.
(e) Annal.Lib. v.A.Chr.5l.
(f) Anna!. Lib. vi. A. €h. 32.
(g) Annal. Lib. vi. A. Ch. 34.
\
ed in pace , il quale iiicontrolla in tal guisa ^
anziché per inedia da altri suggeritagli (a) .
Sotto il Governo di Nerone , fecondo di
stragi , e di morti , quattordici furono le vitti-
me , che ad una tal maniera di finir la vita si
appigliarono . La prima di queste vittime è
la stessa di lui consorte Ottavia , ripudiata , e
relegata in un'isola ; e quello che mostrò un trat-
to anco più inumano della di lui crudeltà , si è,
chea lei sola in tal guisa ordinavasi, mentre agli
altri tutti lasciossi libera la scelta del modo di
finir la vita. Si comanda che sieno ad essa lega,
te le vene degli articoli , e che aperte sia data
per esse uscita al sangue, ed alla vita. E perchè
per lo terrore , jl sangue accagliavasi , e frappo-
neva ostacolo all'uscita , si fa immergere in un
bagno caldo, e dal vapore di esso rimane estin-
ta (b) . Torquato Silano, e Pisone implicati nel-
la congiura ordita contro Nerone , scoperta che
essa fu , coll'effusione del loro sangue finivan la
vita (e) . Quindi più altri veri , o supposti con-
giurati condannati a scegliersi una morte, apren-
dosi le vene finivano. Seneca in odio a Nerone
per il contrasto dei costumi illibati del precet-
(a) Annal.Lib. xi. Aer. Chr. 47.
(b) Restringitur vinculis, venseqne ejus per om-
nes artus exsolvuntur : et quia pressus pavere san-
guis tardius labebatur, prsfervidi balnei vapore
«necatur. An.Lib. xiv. Aer. C. 62.
(e) Annal.Lib. XV. Aer. Chr. 64.
Ia3
toì^ , con quelli perversi del discepolo , suppo-
5s.':o anch'esso fra i complici della congiura, è con-
dannato a scegliersi la morte, ed a quella dell'
apertura delle vene anch'esso si appiglia. Paoli-
na di lui consorte , ed emula nel coraggio, co-
me nelle virtù del marito , fa credere ad esso,
che anch'essa sia condannata a morire , per es-
sergli compagna indivisibile fino agli estremi
momenti di vita. Si fa quindi aprire le vene nel
medesimo istante , e nella stanza istessa , ove al
marito eran tagliate . E perchè a Seneca estenua-
to dalle fatiche , e dal parco vitto , a stento il
sangue ne usciva, così si fa tagliare le vene dei
piedi , e dei garelli , onde accelerare il suo ter-
mine , e non sopravvivere alla consorte. Gravi
dolori egli soffriva per la lentezza della morte ;
e non volendo ang.ustiare l'animo della virtuosa
consorte l'esorta a passare in altra stanza. Quin-
di la cicuta beveva per abbreviare i suoi pati-
menti , ma indarnt» , giacché fu agli istupiditi
suoi sensi inutile, ed entrato in bagno di acqua
calda , dal vapore di esso , come Ottavia moglie
di Nerone, rimase troncato il corso alla vita (a) .
(a) Brachia ferro exsolvunt. Seneca qiioniam
senile corpus , ci parco vieto tenuatiiiu , Ze/zta effugia
sanguini praebebai , crurum quoque et poplituinve-
nas abriimpit ; sai>i.'>qu'^ cruciatibiis defessus , ne tZo-
lore suo animuoi iixoris infringeret , atque ipse vi-
sendo cjwt toim"ntii , ad impatientiam dilaberctur ,
Snadet in alium cubiciiliiiu abscedere .... interim
durante tractu et Icntitudicie uioitis, Stalium An*
I o.f\
Giova notare quanto penosa si fosse talniofte^
come molte altre riferite dallo storico , e tutte
esser doveano, conforme mi sono proposto più
sotto con esperimenti di provare.
Proseguendo questo ■ tristo racconto sulle
tracce di Tacito , il Console Vestilo, ed il Poe-
ta M. Anneo Lucano condannati da Nerone a la
morte , si aproii le vene , e colla perdila del
sangue la incontrano. Il primo però con gran
forza di animo ne sostiene i patimenti , senza
emetter dal petto un sospiro (a); l'altro le pene
del corpo esprimendo con dei versi, con i qua-
li dipinte avea magistralmente quelle di un sol-
dato , che perdendo il suo sangue per rottura
di vene , com'esso finiva (b) . Né meno degna di
Racconto è la morte del^illust^e Vetere , che eb-
be per compagne la suocera, e la figlia , i quali
certi di esser fatti morire dall'odio implacabile
di Nerone , si chiudono nella stessa stanza, col-
lo stesso ferro si apron le vene, entrano nel ba-
gno, et ivi aspettan la morte. Coiil'riioVentè è il
quadro , che ne fa lo storico di queste morti ,
neiim 5 din s'ibi amicitise fide et arte medicina; pro-
baturti, orat provisum pridetn venenum, quo dani-
nalì publico Atheniensium jndicio , promeret ; allà-
tuiTique hausit frustra, frigidos jam artus, et elù-
so corpore adversuui vim veneni . Postremo stagnnm
oalidsE aquse introiit .... et vapore ejus èxÌAniftià-
tus . Annal. Lib. xv. (}).lxiv. A. Ch. 65.
(a) Annal. Lib. xv. (j. Ixix. A. Gh.65.
(b) Annal.Lib.xv.^.lxx.A. Gh.65.
mentre l'uno vedendo nell'altro se stesso , il jja,-
dre nella figlia , la nonna nella nipote, ed essa
in entrambi , auguravansi l'un l'altro morienti
un transito sollecito , e pronto. Fa questo egre-
gio scrittore rimarcare altresì, che la natura non
alterò le sue leggi in queste morti , giacché il
più attempato si morì il primo , ed il più giovir
ne r ultimo (a) . Antejo , ed Ostorio trovandosi
fra i condannati a morire ; V uno tenta in pri^
ma col veleno , e poi si apre le vene ; l'altro si apre
le vene, e vedendo tardo, e penoso il suo fine, si fa
porre da un servo un ferro alla gola,e colla sua
stessa mano quella del servo spingendo contro il
ferro, così finiva la vita(b) .Anco MellaCav. Ror
mano si apre le vene , e così finisce . Ed è qui-
vi il luogo ove Tacilo fa notare , che questa mar
niera di morire era la più pronta (e) , quasi scor-
dandosi il lungo patire di Seneca , di Ottavia ,
e di altri che in tal modo finivan la vita . C. Pe^-
tronio maestro dei piaceri di Nerone , anch'es-
so tagliandosi le vene , per questa via volle a
gran stento finir la vita (d) . Una simil morte ,
(a) In eotlem cubiculo, eodem ferro abscindunt
Venas , balneis inferuntur: pater filiam, avia ne-
ptein , Illa utrosque intuens,et certatim precantes,
labenti aniniae celerein exituni . . . servavitque ordi-
neni fortuna." ac senior prius,tunc cui prima aetas
exlinguuntur. Annui. lib. xvi. ^". xi. aer.ch.65.
{bj Annal. lib. xvi. $*. xiv. xv.
(e) At Mella , qiiite tum proaiptissima niortis
▼ia, exsolvit ven^s.Annal, lib. xvi. §. xvii.Aer. Cbr.ò6.
(d) Annal. lib. xyi. §• xviii.
126
essendogli per grazia accordata la scelta f
incontrava Trassea Peto , la cui gran probi-
tà , e reputazione gli cagionarono la condanna.
In esso, come in Seneca , notò lo storico , che
gravi dolori , e patimenti svegliavansi per la len-
tenza del morire (a), e così coli' ultimo fatto da
esso narrato convalidando gli altri , riman pro-
vato dallo storico stesso , che la morte di que-
sti Romani per apertura di vene era elettiva,
lunga , e penosa , siccome io mi era proposto di
chiarire .
§. II. Quantunque il nostro Istorico nei
racconti di queste morti riferite non lasci nelle
sue espressioni alcuna dubbiezza , che le vene
essi individui si aprissero, e non le arterie ^
perchè se queste e non quelle , siccome allora
ben distinte , le avrebbe nominate; quantun-
que la legatura impiegata prima dell'apertura
di questi vasi , sia per me come per chiches'ia ,
una prova convincente, chele vene si aprisse-
ro , e non le arterie ; quantunque infine, la lun-
ghezza del morire , e la necessità del bagno per
favorire l'uscita al sangue, ed accelerare la mor-
te, sieno altre prove dinotanti apertura di vene
e non di arterie , nondimeno siccome Tacito
stesso nella morte di Mei la , come ho avverti-
to (§ I) , chiama l' apertura delle vene, viapron-
(a) Annal. lib. xvi. §. xxxv lenlitudine
exitus grav&scruciatus adterente ec.
1^7
tissima della morte , laddove lunghissima e tar-
da iti quelle morti da lui stesso descritte si os-
serva , così lascia sempre nell'animo una tal
qual dubbiezza , che l' arterie anziché le vene si
aprissero . Questa dubitazione si accresce anco-
ra maggiormente , quando si leggono questi fat-
ti in Svetonio , il quale dice , che Nerone non
concedeva una morte lunga, ma per eccesso cer-
tamente di crudeltà , in un' ora volea che acca-
desse (a) . Ne si può credere , come fa avvertire
il dotto Beroaldo coramentator di Svetonio , che
tal tempo lo concedesse per la scelta della mor-
te giacché dallo stesso Tacito si rileva ove de-
scrive la morte di Plauto Laterano Console desi-
gnato , che Nerone non concedeva alcun tempo
a morire (b) . E per quanto nuovi argomenti in
contrario trar si potessero dallo stesso istorico,
che ninno dei morti in un'ora dopo aperti i va-
si finisse la vita ; e che appunto la lunghezza ,
e lo stento del morire , un'indizio somministra-
no dell'apertura delle vene, e non delle arterie,
tuttavolta io ho voluto coi fatti meglio chiarir
(b) Mori jussis, non amplius quam horariuirt
spatium dabat . Ac ne quid morse interveniret ,Me-
dicos adinonebat, qui cunctantes continuo curarcnt
( ita enint vocabat venas mortis gratia incidere ).
In vita Neronis et commentar. Pbilippi Beroaldi
edit. Lugd. an. 1548. pag. 571.
(b) Adeo propere, ut non compleeli liberos,
non illnd breve mortis arbitriuui perinitteret . An»
nal. Lib. xv. §. Ix. An. C. 65.
12?
questo dubbio , esaminare cioè la morte d^i anir
mali , cui siansi tagliate le arterie, per poi con-
frontarla con quella operala per la recisìon djel-
le vene, e tale quale i Romani indicati, incon-
travanla,e per tal guisa giudicare della, celerità,
come dei patimenti nell'una, e nell'aLtra manie-
ra di morire risvegliati.
Esperienza I.
Situai un agnello di 79. libbre ben pasciu-
to e grasso, sopra una tavola , con le zanìpe in
alto , ed assicurate con la lega^tura . Tranquilliz-
zato l'animale n' esplorai le battute delle arte-*
rie delle zampe, Ip quali aggiugnev/ino ad 80 per
minuto primo . Tagliai poscia la carotide sini-
stra , e neir impeto della sortita del sangue tor-
nato ad esplorare il polso , le battute si accreb-
bero . Cinque in sei minuti dopo, si sforzava 1'
animale a fare dei htovimenti ; poi diveniva an-
sante ; i polsi si fecero anco più celeri , sebbe-
ne piccoli . Le inspirazioni divennero tarde , e
profonde . Si ricuoprl infine V animale di un
sudore mortale , e spirò . Non aveva perdute
più di tre libbre di sangue . L' apertura del ca-
davere mostrò mancanza di sangue nei grossi
vasi arteriosi , e venosi , come nei seni e ventri,
coli del' cuore', che era divenuto piccolo , flac-
cido .
' Esperienza Jl.
Altro agnello Idcu grosso , e grasso giacche
pesava 80 libbre , fu adagiato sopra una t^kyoia ,
ii9
come il primo , e ad essa assicurato. Esplorato il
polso alle zampe dava 1' arteria 80 battute al-
lorché l'animale avea riacquistata la naturale
tranquillità . Forai ad esso l'arteria crurale de-
stra . Colato il sangue da essa con veemenza
per due minuti , tornai ad esplorarne le battu-
te nella zampa opposta. Le pulsazioni giugne-
vanoa lao per minuto primo. Dopo altri tre mi-
nuti, montarono a i3o, e così crebbero progres-
sivamente fino al quinto minuto , in cui per L*
accaduta perdita di sangue divenne l'animale
agonizzante. La respirazione accelerossi nella
ragione dell'aumento delle pulsazioni delle arte-
rie , e negli ultimi momenti divenne tarda , e
profonda. L'animale pativa a misura , che perde-
va del sangue , e spirò dopo di averne versato
da circa quattro libbre. Aperto il petto , e dis-
secato il cuore , esso lo trovai vuoto di sangue
nei ventricoli , e nei tronchi arteriosi. 1 seni e
le vene cave eran turgide di sangue.
Il celebre Hales , sebbene con altro scopo ,
aveva fatte dell'esperienze sulla morte degli ani-
mali per emorragìa arteriosa. Ha fatto morire
cioè delle cavalle aprendo loro un'arteria nel col-
lo , o nella coscia. Ha osservato un'aumento co-
Stante nelle pulsazioni del cuore dopo Tapertu-
ra , ed un'elevazione progressiva della colonna
del sangue nel tubo di vetro applicato allarleria
aperta. Ha notato altresì , che dopo molta per-
dita di sangue , ne sono insorti sforzi, o contra-
9
i3o
zioui muscolari , ed aumento nei moti della re-,
spirazione. Ha notato infine , che l'animale si è
ricoperto di sudor ghiaccio; che un color cada-
verico si è affacciato sugli occhi e sulle labbra ,
precursori della sospensione di tutte le funzioni,
e della morte. Perchè questa accada per pura per-
dita di sangue ha calcolato , che l'animale deve
versarne circa tre quarti della totalità, da lui fis-
sata nei cavalli di giusta statura a circa 44 lit>-
bre , e perciò, che la pei^dita non deve esser mi-
nore di 33 libbre (a). Devesi osservare nondime-
no , che dalle sue stesse sperienze , non risulta
questa regola costante , perchè altri muojono
più presto , o più tardi , secondochè s'incontra-
no colla perdita del sangue altri accidenti , che
ne accelerano , o ritardano il fine. In tutti i ca-
si però di aperture di arterie la morte è più sol-
lecita , e non molto penosa , come le mie espe-
rienze , e queste dell Hales lo mostrano , e mol-
to meno certamente , che non per apertura di
vene , come più sotto apparirà chiaramente.
Osservazione.
Risulta dalle mie esperienze ( T. e II. ) ,non
nieno che da quelle dell'Hales fatte sull'apertura
delle arterie , che il sangue corre con più velo-
cità dopo che esse son ferite , che innanzi. La
stesisa osservazione era stata fatta anco dallo Spal-
lanzani (b). Non è maraviglia adunque se gli
(a) Einastatica Esper. i. ii. iii. iv. v.
(b) De' fenoiueni della circolazione languente.
Dissert. 3. Sez. 5. esper. 4'-- « seguenti.
i5i
animali feriti in questi vasi muojono sollecita-
mente , perchè il cuore riman presto privo di
stimolo , i polmoni di materia vivificabile dall'
aria, il cerebro di eccitamento. Né tampoco de-
ve sorprendere , se questa morte accada senza
grandi tumulti, e patimenti , perchè il sangue
si perde senza interruzione , ed in una quanti-
tà sempre crescente e proporzionale alla forza
del cuore e dei vasi che lo spingano alla ferita.
E confrontando questi fatti colla morte dei Ro-
mani, risulta ancora manifestamente; che le ve-
ne, e non le arterie si aprivano, siccome lo sto-
rico asserisce, ed io comproverò con altre espe-
rienze, eseguite sopra di animali nel modo stes-
so , che i Romani praticarono per darsi la mor-
te(§.I.).
§. III. Per imitare negli animali la morte
degli esangui Romani indicati (§.!.), mi era
d'uopo di legar loro le vene dell'estremità, inci-
derle , e poi metter gli animali nel bagno , ed
ivi lasciarli morire. Così . feci istituendo le se-
guenti esperienze.
Esperienza III.
Assoggettai all'esperimento un'agnello di
latte del peso di 8 libbre, adagiandolo so]>ra una
tavola come gli altri ( eàp. I. II. ) . Esplorai le
pulsazioni di un'arteria alla zampa , e poi legai
Je vene di tutte quattro. L'arteria dava per mi-
nuto primo no battute. Questo agnello era pal-
pitante , e compreso dal maggior timore. Gli
i5a
aprii le 4 vene ; e sgorgato un jjò di sangue, fu-
rono di nuovo esplorate le battute dell'arteria ,
che si trovarono da me alquanto aumentate. Lo
immersi allora nel preparato bagno caldo , per
facilitare , ed accelerare al sangue l'uscita. Le
pulsazioni delTarteria dopo un quarto d'ora di
bagno si elevarono a lao. A quest'epoca incomin-
ciò quest animale a dar segni di patimenti nella
respirazione. Dopo mezz'ora di bagno, e di per-
dita di sangue ., le pulsazioni dell'arteria si ac-
crebbero fino a j3o per minuto primo; e viepiù
si aumentarono dopo un'ora, sebbene i polsi si
fossero resi contratti, e piccoli. Allora soprav-
venne una convulsione all'animale , il quale di
già incominciava ad abbandonarsi sopra se stes-
so barcollando. Il sangue perduto potei valutar-
lo mezza libbra. E lasciato l'agnello che si mo-
risse in questo stato , vidi ricomparire di tratto
in tratto la convulsione , la quale mai più l'ab-
bandonò finché non fu estinto. La respirazione
divenne affannosa, e nonostante l'animale racco-
glieva le sue forze , ed impiegava le indarno per
uscirne dal bagno. Non sapeva sostenersi in pie-
di, ed ora da una parte cedeva al peso del corpo,
ora dall'altra. Il moto del cuore divenne di una
velocità incommensuràbile ; e ben presto fattesi
le battute più piccole , si ridussero vermicolari.
Dopo due ore di patimenti da me cagionatigli ,
volli troncarli con altri mezzi più forti , apren-
dogli il petto per osservare gli ultimi movimen-
i33
ti de\ cuore. Questo taglio lo feci sopra dei mu-
scoli palpitanti, quali eran quelli di tutto il cor-
pò. Vidi il cuore , che movevasi con qualche ce-
lerità. Punsi ambedue le giugulari , e vidi tosto
diminuire la contrazione dell'orecchietta, e ven-
tricolo destro del medesimo. Le contrazioni dell'
orecchiétta, e ventricolo sinistro continuarono
per poco, infievolendosi per gradi fino alla ces-
sazione. La dissezione mi mostrò il cuore flac-
cido , e vuoto di sangue nei ventricoli, poco ve
n'era nei seni ; le grandi vene n'erano ripiene.
La quantità di sangue perduta dall'agnello al mo-
mento dell'agonìa lo calcolai ad una libbra.
Esperienza IV.
Un'altro agnello di latte del peso di sette
libbre fu assoggettato ad un secondo esperimen-
to di apertura di vene. Invece di quelle delle
zampe , per variarne al sangue la via dell'usci-
ta , aprii la giugulare. I moti del cuore esplora-
ti innanzi , eran celeri , come nell'agnello dell'
antidetto esperimento ( esper. IIL ) Incomincia-
to a colare il sangue , misi l'animale nel bagno
caldo preparato. Questo fluido usciva a torren-
te. Nondimeno il moto del cuore accrescevasi ;
ma dopo cinque minuti incominciò l'agnello a
dar segni di patimento. Dopo sortite 5 o 6 on-
ce di sangue , fece esso dei tentativi per uscire
dal bagno ; e fu allora, che con i moti del cuo-
re acceleravasi viepiù la respirazione. Dopo io
minuti di agitazione, e patimenti , l'animale ab-
i34
bandonavasì sopra se stesso, e rimaneva iti qu^l
mentre preso da convulsioni. I di lui patimenti
mi mossero ad abbreviarli ; e gli aprii il petto
per vedere il cuore nelle ultime di lui oscilla-
zioni , quali continuarono per altri sei o sette
minuti. Cessati , aprii il cuore , vuoto di sangue
nei ventricoli , e quasi nei seni ; i grossi vasi
venosi n'eran pieni. L'animale non aveva perdu*
to, che circa io once di sangue quando moriva-
si. Osservai questa volta nei vasi coronali veno-
si, ed anco nella cava descendente dell'aria, che
interrompeva tratto tratto la continuità della co-
lonna del .sangue. Questa osservazione mi fu di
lume , e di sprone a nuove ricerche , come dirò
più sotto. Intanto dalle due esperienze risultava
abbastanza , che la morte occasionata per aper-
tura di vene , era più lunga , e più penosa, che
non per apertura di arterie.
A convalidare queste mie esperienze, e con-
clusioni venivano l'esperienze dell'Hales fatte
sull'apertura di vene delle cavalle, sebbene con
altro scopo, che di farle morire esangui per que-
sta sola via. Nondimeno spargono anch'esse, co-
me si siano , un qualche lume sul mio sogget-
ta. Aperta da esso la giugulare ad una cavalla (a),
dopo di esserper tale apertura sortita una quan.
tità di 70 pollici cubici inglesi di sangue , potè
nondimeno essere spinto il sangue dalla forza
(a) Ernastat. esper. iii.
i35
<ìel cuore nella carotide corrispondente ferita ,
<:ui aveva applicalo un cannello di 9 piedi, e sei
pollici inglesi di altezza , nella stessa maniera
che s'inalzava in altri due casi , cui non erano
vState aperte le vene (a) . Molta più perdita di
sangue vi volle per le arterie , affinchè ne ve-
nisse la morte , ciò che prova per mio avviso ,
che perdendosi il sangue per le vene , le forze
vitali vengono lentamente ad illanguidirsi, e la
vita finisce con stento , e pena. Ma lo Spallan-
zani anco più chiaramente dimostra colle sue
sperienze questa verità , perchè egli ha fatti
morire varj animali per apertura di vene , e di
arterie , ed ha costantemente veduto, che cele-
re è la morte , e meno penosa per esse , laddo-
ve per le vene è stentata e lunga (b) .
Osservazione.
La morte adunque degli animali per aper-
tura di vene , e quella di animali punti in es-
se immersi nel bagno caldo più specialmente ,
riescendo lunga e penosa , come penosa e lun-
ga ci vien descritta quella di alcuni Romani, io
posso francamente concludere, che le vene essi
si aprissero e non altri vasi , e che la loro mor-
te a quella degli animali da me rammentati
( esper. III. e IV. ) assomigliasi.
§. IV. La lunghezza del morire , i tanti e
(a) Emast. esp. i.eii.
(b) Dissertaz. cit. esper. 42. eseguenti.
i36
varj accidenti che accadono avanti la morte , e
V aria da noe osservata ( esper. 4- ) nelle vene
degli animali ; cui erano slate taglrale onde far»»
gli morire esangui , mi mossero a curiosità di
ricercare per via di esperienze , se quest' aria
per avventura influir potesse nella lunghezza
della morte , nelle convulsioni , nelle sincopi,
ed in più altri accidenti , che la precedono, ed
accompagnano, (^lon tal veduta istituii le se-
guenti esperienze .
Esperienza V.
Tagliai ad un'Agnello di latte dicinque lib-
bre la giugulare destra . Dopo sortita una dis-
creta dose di sangue allentato il laccio , con un
tjannello applicato all' apertura di questa vena
v'insufflai nella direzione della corrente del
sangue dell' aria . Nacquero tosto delle affezio-
ni convulsive , le quali si accrebbero vie più ,
nelle nuove insufflazioni che di tempo in tem-
po faceva. Così nel tempo istesso 1' animale per-
deva sangue , e si dibatteva , e dopo la perdita
di poco più di cinque once ne venne l'agonìa ,
e la morte . Aperto il petto vidi cessato tosto il
moto del ventricolo destro , e poi subito dopo
dell' orecchietta . Il seno , e il ventricolo sini-
stro contenevano qualche porzioncella di san-
gue , e conservano qualche moto .
Esperienza VI.
Ad altro Agnello di otto libbre di peso a-
prii la vena crurale destra. Incominciato il flus-
■r?7
'«© abbondante di sangue per la larga apertura
in essa fatta a bella posta , il polso si accelerò
molto . Misi r animale nel preparato bagno cal-
do . Dopo cinque minuti in cui l'animale stes-
so avrà perdute circa le cinque once di sangue.
Io approdai al vaso coli' anca , e insufflai col
connello dell' aria nella vena tagliata nella dire-
zione della corrente come sopra ( esp. V. ) . Ri-
tufato in bagno 1' articolo , 1' animale entrò tq,
»to in violente convulsioni , e cosi sostenute,
che gli articoli posteriori rimasero in una to-
nica contrazione . In questo slato l'animale si
abbandonò sopra se stesso , ripiegò il capo sul
petto , ed allora ogni moto della respirazione
rimase sospeso . Aprij il petto ; e scoperto il
cuore , si contraeva esso sempre con forza , ed
in questo stato alcun poco restavasi , per non
potersi sbrigare il ventricolo sinistro del molto
sangue che conteneva . Il ventricolo destro , e
r orecchietta, aveva n cessato di muoversi . L'
aria insufflata , aveva penetrato fiuo al cuore
colle colonne del sangue , che venivano inter-
rotte .
Nonostante, che apparisse chiaro , aver da-
to luogo l'aria introdotta ad una più sollecita,
e più penosa morte agli animali indicati (^esp.
V. VI. ), pure non poteva io dall' osservazione
fatta ( esp. IV. ) dedurre come un fatto-b^stan-
temenle sicuro , che in tutti i casi di morti
esangui per apertura di vene , s' introducesse
X
i38
deir aria nel sangue per la ferita , e causa fosse
degl' indicati patimenti . Volli perciò ricercar
quest' aria in altri Animali, che per ampie o
numerose aperture di vene morivano ; e ne tro-
vai in ogni caso , specialmente nei vasi corona-
li . Ne rinvenni anco negli animali scannati al
macello , il cui sangue veisavasi per arterie , e
per vene , e nei quali gli sconcerti , benché
brevi sono violentissimi. Uopo queste osservazio-
ni mi parve di essere bastantemente autoriz-
zato a sostenere , che 1' aria introdotta nel san-
gue , arreca sconcerti nella circolazione , eren-
de più penosa , se non più celere la morte .
Hales con i suoi sperimenti , aveva veduto an-
ch' egli, che introducendo dell' aria nelle vene,
ne veniva uua penosa , e sollecita morte (a) .
Blumemback per avere introdotta una piccola
porzione di aria nella giugulare di un cane ,
ne vide nascere una violenta contrazione nel
cuore , una penosa respirazione , un ristagno
di saligne al cervello , e quindi la morte fh) E
poiché convinto esso dalle ricerche dell'Hales e
di altri , che nel sangue si contenga natural-
mente dell'aria , non dubita asserire, che des-
sa in circostanze opportune si svolga, e produ-
ca i medesimi effetti. Le mie esperienze adunr»
que , ed osservazioni andavan d'accordo con
(a) Emastatica Esper. ii. $. '25.
(b^ Institut. PbysioJogic. SeoC. ii. §. 2U
i3^
tfOtì (Quelle ài (jnesti egregi autori , 'e Jaìle loro
^ome dalle mie sembra che si debba conclude*
re ; che all'aria introdotta sieno in gran parte
dovuti i molti patimenti che soffrono gli ani-
mali esangui per apertura di vene , e forse dal-
la stessa cagione nati saranno quelli che afflisse-
ro i coraggiosi Romani.
Ghe se per avventura nascer possa dubbiez-
za sul passaggio dell'aria esteriore nel torrente
della circolazione allor quando le vene sono al-
lacciate , facile nondimeno sarà il concepire Co-
me esso accada, subito che si rifletta , che ogni
allacciatura per forte che sia , dopo che è sorti-
ta dalla ferita una tal qual quantità di sangue,
essa rilasciasi , ed il sangue o più non versa , o
jn minor dose dalla ferita^ e seguita esso il suo
ritorno al cuore. Altronde avendoci l'esperien-
za odierna ammaestrati -, che i fluidi , e quindi
il sangue, hanno la proprietà di assorbirei flui-
di elastici, e perciò anco l'aria (a) , non si ha
bisogno di supporre con Blubemback nei casi dei
Romani, ed in quelli degli animali sperimenta-
ti , uno sviluppo d'aria unita al sangue , men-
tre più naturale , e consentaneo all'esperienza
ìi'è l'assorbimento di quella esteriore, cui devo-
no attribuirsi gli sconcerti penosi, che accom-
pagnano le morti di quelli , che si aprono per
(a) Ved. la IVremoria di Teodoro di Saussure
fluH'assurbiiuento dei gas da varj fluidi.
le vene il fine alla vita. Avendo avuto luogo in
questi casi rassorbimentoo il passaggio dell'aria
esteriore nel sangue , allorché i vasi venosi so-
no allacciati, e più o meno compressi, con quan-
ta maggior facilità non s'introdurrà essa, quan-
do tali allacciature non esistono, ossia quando
sono aperte , o si aprono spontaneamente le ve-
ne all'uscita precipitosa del sangue , siccome ac-
cade nell'emorragìe dal naso , dall'utero, dalle
emorroidi, dalle intestina ? E come si potrà cre-
dere, che tal passaggio, o assorbimento non ac-
cada , subito che tutti gli accidenti , che succe-
,dono negli animali fatti morire esangui, e che
avvennero nei molti Romani , che si aprirono
le vene , accadono ancora in quelli che muojo-
Do per spontanee , o morbose emorragìe, su i
quali il Padre dell'arte avea fondato i suoi fata-
li prognostici (a) .
Osservazione.
Farò riflettere frattanto , che , se l'interpo-
sizione,o assorbimento dell'aria dal sangue veno-
so, è un fatto bastantemente provato ; se l'intro-
duzione artificiale di essa aria, suscita gli acci-
denti preconizzanti, e seguaci della morte degli
esangui; se infine tutti quegl'individui che muo-
jono esangui , o per spontanee emorragie, o per
aprimento volontario di vene, a questi acciden.
ti più o meno sono soggetti , e in mezzo ad es-
(a) Goace Prsnotiones libe. aphor. lib.
i4t
si la vita loro finisce , non devono sembrare ad
alcuno esaggerate le pene di Ottavia, i tormenti
di Seneca , e di più altri , e se per abbreviarli
altri il vapore del bagno , altri il veleno , ed al-
tri il ferro impiegassero per troncare lo stame
della vita , siccome 1' egregio Istorico asseri-
sce (a) .
§. V. Ma non basta per giungere allo sco-
po del mio proponimento l'aver dimostrato
che la morte degli esangui , e perciò dei Roma-
ni , è lunga insieme e penosa . Mi è duopo ,
perchè ogni maniera di morire è più o meno
penosa , provare altresì , che fra quelle, eh' es-
si nella libertà di sceglierne una potevano eleg-
gere alla più lunga o almeno alla più penosa si
appigliassero . L' inedia , il veleno , rigettata la
prima da Asiatico (b) e solamente in soccorso
chiamata la cicuta da Seneca (e), il ferro in ajuto
impiegato da Ostorio(d), erano mezzi men pe-
noso il primo , più il secondo , più spedito e
pronto r ultimo , che si sariano potuti all'aper-
tura delle vene preferir dai Romani . Io dico
che dessi si decisero a scegliere il più lungo , e
penoso modo di morire , e le ragioni adduco
di e venis ,
3, Diseursusgueanims diversa in membra meaotis,
„ laCerceptus aquis . Nullias vita perempti
), Est tanta dimìssa via. Pars ultima trunci
„ Tradidit in letum vacuos vitalibus artus .
„ At tuinidus qua pulmo jacet , qua viscera ferventj
„ Haserunt ibi fala dia; luctataque multuni
,5 Hac cum parte viri vix omnia membra tulerunt.
Pharsalif Lib. HI.
(b) Tacit. Annal. Lib. xvi. ^. xviii.
(e) Annal. Lib. xvi. (J. XXXV.
(dj Lib. ii. cap.14.
i45
tralascio . Ma per quelli narrati da Tacito sem-
brami bastantemenle provato , che lo spirito
conservi tutta la sua forza, ed energia in questa
maniera di morire fino agli estremi , laddove le
forze del corpo cedono più presto alla mancan-
za di quel sangue, cbe le alimenta. Farmi anco-
ra di dover concludere da questa presenza , e
forza di animo fino agli estremi, che tal morte
debb'esser per i morienu più spaventosa, per-
chè cogli occhi della mente , la vedono, per co-
si dire, alla vita subentrare.
§. VI. Che se tal morte per le ragioni alle-
gate è veramente più penosa delle altre manie-
re di morire , che avrebber potuto i Romani a
questa anteporre, ond è , che dessi non lo face-
vano ? Ecco l'ultima questione che ognuno può
farsi , e che mi son fatta a me stesso , cercando
nello storico , e nel mio pensiero la soluzione.
Io rigetto quella ragione non allegata da Tacito,
ma sibbene da alcuno dei suoi commentatori ,
cioè che queste vittime credessero tal morte la
più placida, giacché non è possibile l'immagina-
re , che in 4^ anni di tempo , che vi corse dalla
prima all'ultima morte ricordata dallo storico,
avendo avuto le più di queste morti degli spet-
tatori , non si fossero essi accorti delle loro pe-
ne , e non se ne fosse divulgato il rumore. Più
verisimile sembrerebbe quella di una tal quale
speranza di poter conservar la vita allungando-
la nel morire in tal guisa, affidandosi nella sol-
lO
i46
lecitazione per la grazia , o nel pentimento del
Principe di averli a morte condannati, ricono-
scendoli innocenti , e di questa verisimiglianza
ne somministra una prova l'istorico nella moglie
di Labeone, la cui morte fu disapprovata da Ti-
berio (a) ; ed in quella della moglie di Seneca ,
che fu impedita da Nerone (b) . La scelta di una
morte lunga, e penosa era la più opportuna per
alimentare simile speranza , se il cuore del loro
giudice fosse stato capace di rimorsi , o di com-
passione. Ma la più fondata delle ragioni di tal
preferenza a me sembra quella, di aver essi giu-
dicato opportuno di finir la vita per apertura di
vene, appunto perchè la presenza e la forza dell'
animo in tal maniera di morire fino agli ultimi
estremi mantiensi , e perchè essi potevano per
tal motivo segnalare gli ultimi momenti di vita,
con tratti dieroica virtù, e di fortezza di animo.
Quasi tutte queste vittime dell'odio di Tiberio ,
di Claudio , e di Nerone erano della setta degli
Stoici , e credevano , come Seneca (e) e Trasèa(d)
nell'immortalità dell'anima ; e di questa avanti
e dopo l'apertura delle vene coi loro amici, e fi-
losofi ragionavano. Quasi tutti bei detti morali,
come Seneca , proferivano , o esprimevano dei
(a) Annal. lib. vi. 5. xxix.
(b) Annal.lib.xv.^'. Ixiv.
(e) Tacit. Ann.lib. XV. $. Ixiv.
(d) Tacit. An. lib. xvi, ^.xxxv.et supplem. Gabriel
Siotierj ad ipsum \ìh.
t47
sensi di anime forti , e coraggiose , e così pro-
curavano di sopravvivere alla loro disgrazia. Per
quei che credevano come Socrate , e Catone ,
ed i nominati neirimniortalità dell'anima , qual
consolazione di mantener tal credenza , e di es-
servi dagli amici confortati fino all'ultimo mo-
mento, onde incominciar tosto una vita più lie-
ta , e più beata di quella , che per altrui malva-
gità abbandonavano.'' E non è questa medesima
persuasione, e credenza, che nell'agonìa di mor-
te conforta e consola i cristiani ? Ma se quest'ul-
tima quistione non rimanesse per l'allegate ra-
gioni risoluta , sarò contento se j come mi era
proposto, avrò suftìcien temente provato, che la
maniera di morire che eleggevansi i Romani ,
era fra le più altre che potevano scegliere , se
non la più lunga , almanco la più penosa.
i4»
Supplementi alla Storia Naturale
del Sig. GIO. FEDERIGO BLU MENE JCH
prof, a Gottinga , Segretario perpetuo di quella
Ji. Società delle Scienze, Consiglier di Corte ec^
Versione dal Mss. originale tedesco
del Sig. Dott. FRANCESCO TANTI NI
Professore Onorario dell'Università di Pisa
Socio Corrispondente.
Presentata il ao Luglio 1 8 1 G
-»-t-
Diwsione del Genere umano
in cinque razze principali.
JL/a tutti i lumi , che intorno alle diffe-
renze corporee del Genere umano ho potuta
trarre primieramente dalla propria osservazione^
e qualora questa non ha potuto aver luogo ,
dalle notizie di testimonj ingenui ed intelligen-
ti , e dai confronti istituiti fra le suddette diffe-
renze degli uomini , e quelle di altre specie di
corpi organici , e massime degli animali dome-
stici , risulta , che non può trovarsi differenza
alcuna presso quelli che non si osservi , quale
indubitata conseguenza di degenerazione, anco-
ja presso una gran parte di questi.
Riguardando pertanto questa materia con
lo sguardo del naturalista , e del fisiologo nou
J49
ifovo alrnn ragionevole motivo per cui io deb-
ba stare perplesso ad ammetterle, cbe tutti i Po-
poli esistenti sul globo terraqueo appartengo-
no ad una stessa e comune specie.
Ma come sogliono classarsi le razze e le va-
rietà dei cavalli e dei gallinacei , dei garofani e
dei tulipani, devono potersi ugualmente classare
le differenti varietà insorte nel Genere umano.
Si rifletta però sempre , che tutte le varie-
tà che si osservano nel Genere umano , ancor-
ché assai decise a prima vista , si disperdono e
confondonsi interamente l'una nell'altra per una
serie insensibile di passaggi e di gradazioni ; e
che unicamente limiti molto arbitrar] possono
fissarsi fra queste varietà , tanto più se nell'esa-
me loro si considereranno separatamente or t'
una or l'altra di esse, e non contemporaneamen-
te tutti i contrassegni caratteristici dei diversi
corpi, come assai più conviene ai principi di'ua
sistema naturale.
Per quanto dunque mi permettano le co-
gnizioni, che ho procurato d'acquistare intorno
ai Popoli esistenti sul globo terrestre, mi sembra
che con la maggiore naturalezza questi possano
dividersi nelle seguenti cinque razze principali.
/. La raz,za Caucasa.
Questa comprende gli Europei ( a riserva
degli abitanti della Lapponia e della Finlandia )
gli Asiatici occidentali al di qua dell'Ob, del Ma-
re Caspio,e del Gange, oltre gli Affricani setten-
i5o
trionali , cioè a dire comprende all'ineirca gli
abitanti di quella parte dei mondo nota agli an-
tichi Greci e Romani. Il loro colorito è più o me-
no bianco , rosso quello delle guance , e sono
gli uomini più belli secondo l'idea, che si ha in
Europa intorno alla bellezza si dei tratti del vol-
to , che della forma del cranio.
II. V Mongolica.
Comprende gli abituiti del rimanente dell'
Asia ( a riserva dei Malai ) ed i Lapponi in Eu-
ropa, gli Eskimos nelle province più settentrio-
nali dell'America dallo stretto di Bering fino a
Labrador ed alia Groenlandia. Sono generalmen-
te di un colorito giallastro con capelli scarsi,
ruvidi e neri , il loro volto è piatto , sono late-
ralmente prominenti gli ossi zigomatici , e ri-
stretta è l'apertura delle loro palpebre.
///. L Etiopica.
Comprende gli abitanti del rimanente dell'
Affrica. Essi hanno colorito più o meno nero ,
capelli cresputi , mascelle sporgenti in avanti
tumide labbra , e naso compresso.
IF. L'americana.
Comprende gli abitanti del rimanente dell'
America. Il loro colore rassomiglia quello del-
la scorza di querce o del rame temprato , i loro
capelli sono ruvidi sì, ma lisci , largo ma non
compresso il volto con tratti estremamente de-
cisi.
IDI
y. La M alaica.
Comprende gli abitanti delle Isole del Ma-
re del Sud, ossia gli abitanti della quinta parte
del mondo fino verso le Indie orientali compre-
si i Malai propriamente detti. Hanno un colori-
to brunofdal mahogoni più chiaro fino al casta-
gno più cupo ) capelli folti neri ed anellati ,
largo naso , ed ampia bocca.
Ognuna di queste cinque razze principali
comprende inoltre or l'uno or l'altro Popolo, il
quale per la sua struttura più o meno decisa-
mente si distingue dagli altri di ciascheduna
dell'esposte classi. Così per esempio potrebbero
considerarsi come una varietà propria, e quasi
suddivisione della razza Caucasa gl'Indous, della
Mongolica i Chinesi e Giapponesi, dell'Etiopica
gli Ottentotti , della metà meridionale del nuo-
vo mondo gli Americani settentrionali, dei bru-
ni abitatori d'Otahiti e delle altre Isole del Ma-
re Pacifico i neri Papous della nuova Olanda (a) .
imi Neri in particolare .
Essi pure immagine di Dio per quanto scoi,
pita in legno d'ebano , come Fuller si esprime.
Si è cercato di tempo in tempo di porre in
(a) V. relativamente a questa divisione del Ge-
nere umano in cinque razze principali del Professo-
re Blumenbach la descrizione da me fatta del suo
Gabinetto antropologico inserita ne' miei opuscoli
scientifici, V. 1. pag. 43.
Nota del Traduttore.
i5a
dubbio questa verità , ed al contrario si è pf^*
teso di ammettere, cbe i Neri sieno nella strut-
tura del loro corpo specificamente diversi dal
rimanente degli uomini, e che sieno pure a que*
sti sommamente inferiori nella vivacità ed ener-
gia delle facoltà intellettuali.
Le proprie osservazioni peraltro paragona-
te con le informazioni ricevute da testimonj di
buona fede , e scevri di prcgiudizj , da lungo
tempo mi hanno convinto delferroneità delle
due accennate asserzioni.
Per confatare queste è soverchio che torni
a ripetere quello che già altrove estesamente
ho espomingo ,
ed i cui genitori erano nativi del Congo. Il di
lei volto non solo non aveva alcun tratto dispia-
cente , ma neppure alcuno soverchiamente de-
ciso ; lo stesso suo naso , e le labbra , al più al-
quanto tumide , erano regolari, di maniera che
i medesimi delineamenti uniti ad una cute
bianca , avrebbero generalmente inspirato pia-
cere , e di fatto le Maire dice nel suo viaggio al
Senegal e Cambia , che vi s'incontrano Nere ,
le quali , aireccezione del colorito , sono ben
formate nei loro tratti al pari delle donne euro-
pee ; lo stesso si conferma pure dal veridico e
giudizioso Naturalista Adanson nella sua rela-
zione delle Nere del Senegamb. «Esse hanno be-
« gli cechi , bocca e labbra piccole , e delinea-
« menti del viso perfettamente proporzionati: ve
« ne sono ak une d" un'assolnia bellezza [a.) : sono
(a) D'une beauté parfa^ite .
i56
« estremamente vivaci,ed hanno un portamento
«svelto, leggero, e piacevole», (^.osl precisamen-'
te era la Nera in Iverdun , e varie altre Nere , e
Neri, che successivamente ho avuto luogo dive*
dere, i quali mi hanno nello stesso tempo con-
vinto della verità di quello , che ci assicurano
testimonj di buona fede intorno alle felici di-
sposizioni intellettuali di questi nostri Neri con-
fratelli , per le quali come pure per la naturale
loro bontà di cuore (a) in generale non hanno
motivo d'invidiare alcun'altra razza della specie
umana (b) . Dico espressamente in generale , e
(a) Lucas , il noto viaggiatore in AfFrica nell^
«pera Vroceedings of the A-fjrican Association sì
esprime nei seguenti termini circa a questa bontà
di onore ,, the mildness of the Negro cliaracter. „
(b) Serva di conferma, a preferenza di ogni al-
tra , quello clie dice a questo proposito il nostro im»
pareggiabile Niebuhr. „ Il carattere principale del
„ Nero, massime allorché ei sia ben trattato, è la
„ fedeltà verso i suoi padroni e benefattori. I Nego-
„ zianti Maomettani di Kahira, Dsjìdda , Surattejtì
„ di altre Città comprano volentieri giovanetti Nerij
„ fanno loro apprendere a scrivere e leggere , ed eser»
„ citano l'esteso loro commercio mediante i soli Schia»
„ vi Neri 5 che spediscono inoltre in remote province
„ ad erigere case di commercio . Dimandai una volta
„ ad uno di questi Negozianti com'egli arrischiasse di
„ affidare ad uno Schiavo carichi interi di mercanzìa ?
„ II mio Nero, tosto mi replicò, mi è fedele* se al
„ contrario volessi far passare il mio commercio unì-
„ caniente per le mani dei Bianchi, dovrei temere^
„ che presto questi fuggissero portando con loro il
„ mio capitale. „
naturale bontà di cuore , giacché questa non dèi
ve ricercarsi nelle Navi di trasporto, e nelle ame-
ricane piantazioni di zucchero , ove oppressa
ed estinta dalla brutalità dei Bianchi carnefici
bisognerebbe bene che questi fossero imbecilli
al par cììfe crudeli , se dietro al barbaro loro
trattamento esigessero ancora da quest'infelici
e maltrattati schiavi fedele attaccamento edamo-
re ,
Aublet , osservatore egregio della natura ,
si riporta nell'accurata ed eccellente sua descri-
zione del carattere naturalmente buono dei
Neri alla confessione di Europei, i quali, essen-
do stati schiavi in Algeri , hanno ingenuamente
confessato di avere nutrito verso i loro padroni
lo stesso livore , quale contro il suo può nu-
trirsi da un Nero nelle Colonie. Al contrario io
ho avuto luogo di osservare giornalmente per
lungo tempo una brava Nera , cui sovente in
me stesso io diceva cièche il Democrito di Wie-
land dice alla sua sì buona e docile crespo-cri-
nita Nera, e che sì spesso viene contestato intor-
no ai non per anche viziali Neri da imparziali
Scrittori , e segnatamente in questi ultimi tem-
pi con sì vero ed energico sentimento di rico-
noscenza dall'insigne Mungo Park , onde si ren-
de superfluo l'accumulare su questo ulteriori
testimonianze (a) .
(a) Chi desidpra''se laminose riprove della fedel-
tà, riconoscenza, ed in generale del carattere uma-
^
i58
Superfluo già non sarà il riportare piutto-
sto alcuni esernpj rimarcabili , né comunemen-
te noti della finezza delle facoltà mentali, e dei
talenti dei Neri, che non riusciranno punto nuo-
vi a coloro che sono al fatto delle notizie da viag-
giatori savissimi e veridici riferite intorno alle na-
turali disposizioni dei ISeri medesimi : cosi, per
esempio , il classico ed esattissimo BarJjot nella
sua grand'Opera sulla Guinea dice « i Neri han*
« no per la massima parte penetrazione e sagaci-
« tà : concej)iscono le idee facilmente e con pre-
ce oisione, e sorprendente è la loro memoria, poi*
«.che a fronte che non sappiano né scrivere né
« leffcere, nonostante conservano il massimo or-
no '
«dine nel commercio, e nei loro affari per compli-
«cati e rapidamente eseguiti che dessi sieno , e
«raramente commettono uno sbaglio. Dopo che
«gli Europei gli hanno frequentemente inganna-
«liadoperano adesso la maggiore precauzione ne-
«gli affari che con essi contrattano , riguardano
«accuratamente tutte le nostre mercanzìe pezzo
« per pezzo per vedere se corrispondono in bontà
no, come pure delle felici disposizioni dei Neri,oon-
Siiltl le tre Opere seguenti, gli Autori delle quali,
imparziali ed accurati osservatori dei Neri, hanno
lungamente soggiornato nelle Indie occidentali, cioè
Oldendorp, Geichichte d r Mission der eva''gelischen
Bràdf'r auf S. Thomas etc. 1777. — Ram^ay, Essay
on the Treatement ami Cou7>e>sìon of African Slaves
1784. — e ISisbet, Capaciy ofNegiees Jor Religious
and Moial liiiprovement I789.
^
iSg
« e misura alle mostre ricevute, per esempio se
« i panni e l'altre merci sono durevoli , se sono
« stati coloriti in Harlera o in Leida, e e. v. d. : in
« una parola essi esaminano ogni cosa con tanto
«giudizio ed intelligenza quanta possa mai usar-
«ne qualunque Negoziante europeo. «
E conosciuta d' altionde la loro destrezza
neir apprendere ogni specie di lavori meccani-
ci : si calcola , che i Neri formino s»/,» dei Ma-
nifattori dell' Indie Occidentali (a) .
Circa alle felici loro disposizioni perla mu-
sica non è necessario , che io ricorra affli esem-
pj di Neri, i quali in America col mezzo di essa
hanno guadagnato tanto da riscattare a caro
prezzo la propria libertà , giacché 1' Europa
stessa offre esempj di Neri , che vi si sono de.
cisamente distinti . Il Nero Freidig in Vienna
era generalmente conosciuto per un esimio suo-
natore di concerti sul Violoncello e sul Violino,
e per un eccellente disegnatore , allievo di
Schmutzer presso quell'Accademia .
In riprova delle disposizioni dei Neri per
le scienze matematiche e fisiche mi limito a no-
(a) V. Tagebtich seìner Rehe von Cairo bis
Murzuk del nostro Honiemann intorno alla sor-
prendente capacità per le arti dei docili ed umani
Neri di Houssa o Sudan nell'interno dell'Affrica,
opera che somministra tante e sì interessanti noti-
zie intorno alle provinole ed intorno ai popoli di
questo ti'atto di terra j non visitato da alcun"" Eu-
ropeo preeedenteuiente ad esso .
ì6o
minare Hannibal Colonnello d' Artiglieria al ser-
vizio Russo , e Lislet dell' Isola di Francia, il
quale in grazia delle sue eccellenti osservazioni
meteorologiche , e delle sue Misure trigo*
nometriche ha meritato di essere ammesso
fra i Socj corrispondenti dell' Accademia delle
Scienze di Parigi ,
Il Dottore Rusch di Filadelfia si occupa
presentemente intorno alla Storia del NeroFul-
ler di Maryland , che ultimamente si è reso tan-
to noto per la sorprendente sua abilità nell'ari t-
metica. Per farne prova fu desso una volta ricer-
cato in una conversazione quanti minuti secon-
di avesse vissuto un uomo pervenuto all'età di
70 anni, e di tanti determinati mesi. In un mi-
nuto e mezzo Fuller ne assegnò il numero. Si
ripetè il calcolo , ma il resultato ottenuto non
corrispose a quello di Fuller : questi allora sog-
giunse « non avrebbero già dimenticato di an-
« noverarvi ancora i giorni di più degli anni bise-
« stili? « Questi di fattovi furono aggiunti, ed il
conteggio riesci precisissimo.
Io possiedo varie annate di un'Almanacco
di Filadelfia , ivi fatto da un Nero , il Sig. fìe-
niamino Bannaker, il quale con niun'altra istru-
zione che quella dello studio delle opere di Fer-
guson , e delle tavole del nostro Tob. Mayer ha
acquistato l'astronomiche cognizioni, che pos-
siede [a) .
-(a) Il Sig. Jac. Mac Henry a Baltimore ha d«-
i6i
Boerìiave , de Haen , Rush (a) ed altri ci
porgono lepiù favorevoli testimonianze diquan-
to i Neri riescono egregiamente nella medicina:
si contano pure fra essi alcuni abilissimi Chi-
rurghi , e la bella nera d'Yverdun , superior-
mente citata , gode in tutta la parte italiana
della Svizzera la reputazione di essere un eccel-
lente Raccoglitrice dotata di cognizioni solide ,
e di una mano assai destra , e delicata .
Tralascio di parlare di Madoko, ( Ministro
della setta dei Metodisti di Wesley, ) come pure
dei due Neri Ignazio Saricho, e Gustavo Vassa ,
ambedue noli alia Repubblica letteraria , que-
gli per le sue lettere (b) , questi per 1' interes-
ta alla luce una relazione della vita di esso. Ei
riguarda, ecco le sue proprie parole, questo Ne-
ro qual nuova riprova „ che le facoltà intellottuali
„ non si modellano dietro il colorito della cute.,,
(a) Giusto Medico filosofoj per escmpio,dice a
proposito del Nero, Dot. Derham nella nuova Or-
léans , tuttor vivente per quanto io sappia / havs
conversed rvith him tipon rnost of the acute and epì*
demic diseases vf the country vvhpre he lives , and
Tvas pleaied to find him perfectly acquainted vvlth t he
tnodcrn simple mode of practice in those diseases . l
t'Xpecfed to hav". suggi'sted some nevv medicinps to him ;
lut he xuggpsted many more to me . He is very modest
and angiiging in his manners , and does businett
to the amount of three thousand do'lers a year .
(b) Letters of the late Ignatlus Sancho, an Afri'
can, terza edizioue Londra 1784.. 8vo ; col suo ri-
tratto eccellcnteuiente inciso da Bartolozzi diotro
il quadro di Gainsborough .^ 11
j62
sante sua Biografia : (a) il primo stimato an-
cora da Garrick e da Sterne , il secondo da me
personalmente conosciuto : e ometto pure di fa-
re menzione di Neri e Nere, che si sono distinti
mediante i poetici loro talenti, di varj dei qua-
li io posseggo le poesie scritte nelle lingue in-
glese , olandese , e latina , e fra le quali merita-
no una particolare distinzione quelle di Phillis
Wheatley a Boston , resosi con esse sì merita-
mente celebre (b) .
Ma omettere non deggio due Neri, divenu-
ti famosi in grazia delle loro opere , che io pu-
re ho : cioè
Il nostro defonto HoUmann , allorché era
ancora Professore a Wittenberg nel 1 784 ha de-
corato del grado di Dottore di Filosofìa il Nero
Antonio Guglielmo Amo , il quale si è distinto
sì pei suoi scritti che come Istruttore , e di cui
ho due Dissertazioni , una delle quali attesta la
(a) The interesting narrative of the Life ofOIan-
dah Equiano , or Gii^tavus Vassa , vvritten by himself.
Terza edizione , Londra 1791 8vo , ed in tedescQj
Gottinga 1792 8vo .
(b) Poems on various sub'jects religioits and mO'
ral . by PhiRis Wheatley j Negro Servant to Mv.John
Wheatley of Boston l'il'ò ^vo . — raccolta, che
leggesi con vero piacere da chiunque ha gusto per
la poesìa. Alcuni squarci scelti delle sue composi-
zioni trovansi nello scritto premiato dell insigne
Clavkson intitolato on the slaveiy and commerce of
the human species .
f63
sua profonda ed estesissima erudizione nelle
migliori opere fisiologiche di quel tempo (a).
In una relazione della vita di Amo , che in tale
occasione fu stampata dal Consiglio Accademico
si fanno i maggiori elogj dell'esemplare sua pro-
bità , de'suoi talenti , del suo zelo , e della sua
erudizione , dicendovisi , per esempio, intorno
alle sue lezioni di Filosofia « excussis tam vete-
« rum quam novoruni placitis , optima quaeque
« selegit , selccta enucleate ao dilucide interpe-
« tratus est . «
Il Nero Giacomo Elisa Giovanni Capiteìn
trafugato nell'età di 8 anni, venduto ad un mer-
cante di Schiavi al fiume di S. Andrea, e per-
venuto finalmente per terza mano in Olanda, si
applicò nel suo quarantesimo anno agli studj
teologici. Conservo di suo alcune prediche (b) ,
e poesìe di un certo merito ; nia molto più ia-
(a) Il titolo dell'una è „ Dissertatio inauguralis
philosophica de hiinianae mentis Cf7rot,'jéiSi> s. sensionis
ac facultatis sentiendi in mente htimana absentia, et
earum in corpose nostro organico ac vìvo prasentia ,
aiictore Ant. Guil. AinOj Guinea-Afro. — Quello \
dell'alti'a è il seguente: „ Disp. philosophica conti-
nens ideam dìstinctam eorum qua competimi vel nien-
ti j vel corport nosto vivo vel organico. „
(b) Uitgerovvgte Predicatien in's Gravenhage en
l'Oiideikerk aan den Amstelgedaan door Juc. Elisa .
Jo. Capiteìn , Africuansche Mooi , bei oepen Predikant
cp D'Elmina aan he( Kasteel St. George . Aiust. 174'-^
4to.
104
teressante è la sua « Dissertatìo poUtico-'ThéolO'
« gica de sers'itiite lihertati christianae non con'
« trarla , « da esso pubblicamente difesa in Lei-
da il dì IO Marzo J742 , della quale ho la tra-
duzione olandese (a) , di cui comparvero in bre-
vissimo tempo quattro edizio'nl consecutive. Fu
in seguito eletto in Amsterdam Predicatore a
iVElmina , per ove poco dopo partì. — Il Sig.
Professore Brugmans a Leida , che mi procurò
gli scritti di questo Nero, soggiunse, che regna-
vano allora due opinioni relativamente al de-
àtino da lui incontrato in quel luogo , alcuni
cioè supponevano che fosse stato ucciso , altri
chVgli si fosse ritirato fra i selvaggi suoi com*
patriotti , ed ivi avesse fatto succedere all'euro-
pea puramente acquistata la nativa sua legge , è
maniera di vivere : nel qual caso egli offrireb-
be un similissimo confronto alla storia dell'Ot-^
tentotto educato e civilizzato in Europa , di cui
Rousseau ha immortalato il patriottismo (b) .
D'altronde estremamente più naturale sembrerà
ad ognuno questo irresistibile trasporta verso i
(a) Staatkìmdig Godgrleerd Ondeizoeìischnft over
de Slaverny , ah ni, t strydig tegen de Chrystelyke
Viyheid. Leida 1742. 410, con il ritratto deìV Au-
tore assai bene inciso da F. de Bleyovvyck . — Nel
primo fascicolo delle mie „ Abbildungen naturhistu-
ìischer Gpgenstande Tav. 5. lio inserito un^altrosuo
Jiliatto fatto dietro a quello di P. van-Dyk.
(b) V. il liame che è al frontispizio del suo
„ Z)i4Coii;\s sur Vinegaltté yarmi lei hommes . „
i65
patrìi Lari di quello che lo sia ciò che a mol-
ti Europei è avvenuto , vale a dire che fatti pri-
gionieri dagl'Indiani abitanti l'America setten-
trionale , ovvero dai Caraibi occidentali , allor-
ché questi formavano tuttora una Nazione con-
siderabile e guerriera, ed avendo lungamente
vissuto plesso i medesimi , trovarono una tale
soddisfozione a quel rozzo stato di natura , che
non desiderarono più di essere barattati , né dì
restituirsi alla patria ; e non mancano esempj
d'individui , e particolarmente di Francesi , che
volontariamente si sono trasportati fra i selvag-
gi del Canada , e che hanno interamente adot-
tata la loro maniera di vivere (a) .
Dopo tutte l'esposte riprove di perspicacia
e d'ingegno dei JVeri ardiVei quasi dire , che po-
trebbero in Europa nominarsi vaste province,
nelle quali, per adesso almeno , invano si ande-
Tebbe in traccia di sì sagaci Scrittori , Poeti, Fi-
losofi , e Corrispondenti dell'Accademia di Pari-
gi, come viceversa non esiste a mia notizia Na-
zione alcuna fra le così dette selvagge , che sia»
si , quanto i Neri , si luminosamente distinta
per tante riprove di suscettibilità di educazione ,
e di cultura scientifica , e che in tal guisa sia-
(a) Il Tenente Paterson fa menzione di un Te-
desco > il quale dal Capo di Buona Speranza si era
trasferito presso gli Ottentotti, con i quali viveva
da 3o anni circa , e che si era perfettamente natu-
ralizzato fra loro.
i66
si magfijiormente avvicinata alle più istruite
Kazioni della terra.
Sugli jélbinos , o Albini , o Morì-hianchi .
Questi disgraziati non sono stati trattati
dagli scrittori punto meglio dei Neri , giacché
ve ne sono stati alcuni , i quali hanho dubita-
to se gli Albini al pari dei Mori debbano consi-
derarsi per la stessa specie d' uomini , di cui
siamo noi , giacché i secondi erano per loro
troppo neri , ed i primi troppo bianchi .
Quantunque, per vero dire, 1' esame degli
Albini non tnlri né punto né poco nella sfera
della Storia naturale, ma bensì in qnelladella Pa-
tologia , non ostante fa duopo che ne dica due
parole tosto che una volta sono stati intrusi in
quella , e che hanno 'dato luogo a tanti strani
errori , tanto più poi , che ciò che n'esporrò ^
x^oncatena con 1' articolo precedente , giacché
in principio la storia loro fu intralciata con
■quella dei IN eri .
Si cominciò ad osservare , cioè , "prima che
altrove, presso questi ultimi unaspecied'uomi-
Hi , che si distinguono dagli altri per un' inso-
Jita bianchezza o anche colore rossastro della
cute, pei capelli giallo-biancastri; e pei loro
occhi di un rosso pallido ; ed è naturale poi,
che tali singolarità si rendessero prima sensibi-
li presso i Neri che presso i Bianchi , d' onde è
derivato , che gli Albini furono conosciuti in
principio sotto il nome di Mori bianchi ,
i6'j
Ma già verso la fine del penultimo Secolo
si trovarone simili Individui presso gli Ameri-
cani , e poco dopo fra i popoli dell' Indie orien-
tali : Cook successivamente ne incontrò a Uta-
heiti , e nelle Isole degli amici , e finalmente al
giorno presente è noto ,che si osservano ancora
nella stessa Europa , ed anzi più frequentemen-
te di quello , che sarebbe da desiderarsi .
Poiché dal tempo che io presentai alla So-
cietà Reale delle Scienze le mie osservazioni in-
torno ai due Albini Savoiardi , eh' ebbi occasio-
ne d' esaminare in una gita che nel 1783 feci
unitamente al giovane Sig. Deluc da Ginevra a
Faucigny , e che in seguito si trasferirono a
Londra ivi chiamati dai Direttori del Circo , ho
ricevuto notizia di una dozzina di altri Albini
trovati qua e là nella sola Germania, e mi sono
stati spediti per conferma porzione dei loro ca-
pelli , ad essi sì esclusivamente proprj , onde
sembra che degli Albini sia accaduto lo stesso
che è avvenuto di tante altre maraviglie natura-
li , che sonosi queste, cioè, per si lungo tempo
travedute perchè si consideravano per rarità
troppo grandi da doversi aspettare .
In una parola gli Albini si trovano in tutte
le cinque razze della specie umana .
Inoltre poi questa singolarità non è punto
esclusivamente propria del Genere umano , ma
s' incontra ancora presso altri animali a sangue
/caldo, tanto mammiferi quanto uccelli; fra
i6g
quelli , cioè per 1' ordinario , nei Conigli bian**
chi e nei Topi bianchi , e fra questi nei Canari-
ni bianchi ; ed al contrario non mi è riuscito
mai possibile , ad onta delle più ripetute inda-
gini , di scuoprire un solo esempio d' Albini fra
gli animali di sangue rosso freddo , fra gli An*
fibj , e fra i pesci ,
A veruno , che conosca il loro stato , re-
cherà sorpresa , che io riguardi come malati gli
Albini in generale, e conseguentemente anche
i Conigli bianchi. Il sintoma caratteristico con-
siste nel colore particolare degli occhi; l' iride
è di UH colore roseo pallido , e la pupilla di un
colore di corniola cupa, mentre dessa negli oc-
chi sani deve essere sempre perfettamente nera
siasi pur d' altronde la pupilla o celeste o scura .
La causa di questo colore rosso deriva dalla to-
tale mancanza di una parte assolutamente ne-
cessaria alla retta visione , di quello scuro ne-
rastro mucco , cioè , che ricuopre una gran
parte dell'interno del globo dell'occhio ad og-
getto di assorbire 1' eccesso dei raggi lucidi , e
nasce appunto da tale mancanza ch« gli Al-
bini soffrono più o meno alla luce viva .
Sembra peraltro, che questa mancanza del
Pigmentum nigrum sia costantemente un sem-
plice sintoma di una generale Cacchessia , che
negli Albini umani principalmente si manifesta
mediante l'aspetto della cute , ed il colore gial-
lo-biancastro dei capelli : per lo meno ,
«69
pev tjuanto io sappia , non si è osserva-
to mai quel difetto degli occhi senza la coe-
sistenza di questa struttura della cute o dei ca-
pelli .
Tale malattia è sempre congenita , e spesso
ereditaria . Sembra incurabile , o per lo meno
non conosco alcuno esempio , che sieno mai
svaniti gli esposti sintomi in alcun' Albino .
Non saprei attualmente presentare veruna
soddisfacente spiegazione intorno alle cause di
questo difetto singolare, giacché presso alcuni
popoli e presso i diversi animali, fra i quali si so-
no trovati Albini , non sarebbe già per se stesso
ammissibile quello che credè di avere osservalo
un viaggiatore, d'altronde assai perspicace, Fou-
cher d' Obsonville , cioè che potrebbero gene-
rarsi Mori bianchi allora quando i Genitori fa-
cessero uso in tal tempo di mercurio o di ci-
nabro , quando anche senza ciò la sua. idea non
fosse tanto inverosimile ; come è pure assolu-
tamente falsa r antica opinione , che presso i
Mori bianchi veruno dei due sessi è atto alla
propagazione , poiché già de Brue adduce un
esempio di Mora bianca resa gravida da un Ne-
ro , e che partorì un bambino perfettamente
nero: ed il rinomato Nero Sig. Vassa , nell'in^
teressante sua opera citata nel precedente arti-
colo ,c' indica il fatto di una Mora bianca , che
ultimamente in Inghilterra sposò un Europeo ,
170
e che ne ottenne tre veri Mulatti con capei'
li di colore chiaro . (a)
(a) V. ne' miei Opuscoli scientifici Tom. 1. p.
6.^. la descrizione di un giovane Albino, che vive
»
nei contorni di Fisa .
Nota del Traduttore,
'7» .
ì)elha estrazione del Glutine
dalle Ossa .
MFMORIA
del Sig. GIOVANNI FABBRONI
Corrispondente della R. Accademia delle Scienze
di Parigi , uno dei XL. della Società Italiana
delle Scienze , ec. Socio Corrispondente .
E'
Presentata il 5. uégosto 1816.
[li noto da gran teinpo che le ossa d'ogni
animale sono composte 1° di combinazioni per
là maggior parte terrose , le qnali sono solubili
agli acidi; 2° di un glutine organico, che l'acqua
bollente facilmente discioglie . Le combinazio-
ni solubili agli acidi , ed insolubili all' acqua so-
no : un fosfato di calce , e di magnesia ; un car-
bonato , e fluato di calce; e finalmente qualche
accenno di allumina, di ferro , di manganese .
Il Glutine forma , secondo alcuni , la metà
del peso delle ossa in generale ; secondo altjri
ne costituisce la quarta parte (a) . Questo Glu-
(a) La differenza nasce dal non avere stabilito
io che stato si contempli.
ti ne è la sostanza essenziale che forma la quan-
tità nutriente dei brodi , e delle gelatine risto-
rative (a) ; o , più rettamente parlando , i brodi
e le gelatine al Irò non sono che soluzioni acquo-
se di Glutine più , o meno dense . Molte perso-
ne si occuparono del modo più pronto , ed uti-
le per separare tal Glutine dalle ossa , in veduta
dell' uso importante che potrebbe farsene per
alimento .
I medici soventemente prescrissero agli ara-
malati il Glutii>e estratto in forma di gelatina
dal corno di cervo , supponendogli facoltà me-
dicamentose (b) . Quello che le ossa forniscono
è. identicamente lo stesso . JNfon senza difficoltà
peraltro cedono le ossa tutto il Glutine che con-
tengono ; perchè le loro parti terrose lo difen-
dono dall' azione dell'acqua bollente e non per-
mettono che essa ne disciolga , se non quello
che trovasi in superfice .
(a) La Gelatina, per l'analisi di Gay Lussac*
è composta di Carbonio 47j88i
Ossigene 27,207
Idro^rene 7»9i4
Azoto 16,998
(b) Seguin vide guarire negli Spedali di Pari-
pi molti ammalati di febbri basse, e terzane in con-
seguenza di aver loro somministrato a dosi consi-
dei'abili della colla che altro non è che la parto
gelatinosa degli animali. Molte di tali febbri da de-
bolezza, e mala nutrizione dipendono; la facoltà
eminentemente alimentare della Gelatina reatitui
il necesiiario vigore alla economia animale .
'7^
CoerenterheQte a ciò, per la prepAraziottc
della gelatina dal corno di Cervo , prescrivesi
nelle farmacopee di rasparlo sottilmente, prima
che pongasi a bollir nell'acqua. La farmacopea
Ferrarese indica che si bolla un oncia , é mez-
za di tal raspatura in tre libbre d'acqua, sin che
siano ridotte a sei once : parrebbe dunque che
si dovesse ottenere di gelatina un quadruj)lo pé-
so della raspatura adoprata. Baumè sembra in-
dicare che se ne cavi il sestuplo , contemplando
le dosi della sua ricetta, che peraltro non fanno
prova, giacché Reuss , dicendo che si bollano
sei parti di corno di Cervo raspato in settanta-
due d'acqua , sin che ne restino quarantotto ,
non vuol certamente dire che se ne ottenga l'
ottuplo peso di gelatina , ed anzi dice che dopo
averla chiarita , si faccia ulteriormente bollire ,
né si sa quanto. La diversità in questi resultati
troppo vagamente annunziati dai respeltivi Au-
tori , proviene , o da più sottil raspatura , o da
più lungo bollore , o finalmente dalla diversa
densità della gelatina , che essi non dichiararo-
no : ma è poi certo che sommamente più se ne
ricava dal corno raspato, che dall'intiero, e che
perciò può sperarsene maggior dose , quanto
più sottilmente raspato sia. Newman ottenne dal
corno di Cervo solido ventiuna centesime, o po-
co più di una quinta parte di densa gelatina :
noi facemmo bollir cinque once di corno di
Cervo sottilmente raspato e ne ottennamo ven-
ticinque , ossia il quintuplo di gelatinai
E chiaro che Io stesso deve verificarsi anco
perle ossa, quanto al render più gelatina, es-
sendo peste, o raspate, giacché per la loro den-
sità e natura , dal corno di Cervo non molto
differiscono .
Proust aveva osservato che da centosessan-
ta once di ossa esposte intiere all' azione dell'
acqua hoUente , non ricavò che sole nove once
di gelatina , o meno di sei per cento ; mentre
che una egual dose di ossa frante gliene dette-
ro dugentottautotto once , ossia trentadue vol-
te di più . L' osso alla gelatina , in questo caso,
sta in proporzione come i. a i,8. Da sei once
di raspatura di ossa , bollite in tre libbre di
acqua sin che calasse due terzi, ottenemmo noi
con piccola differenza , una libbra di gelatina :
le ossa furono dunque alla medesima come i
a 2, perchè presentarono al fluido una maggio-
re superfice . L'infaticabile e benemerito dot-
tor Carradori , che sempre si occupò di utili
sperimenti , volle ripeter quelli che il sopraco
citato Proust , e poi Darcet il padre , avevan
fatto per porre a profitto la gelatina delle ossa;
ed assicura , che da soli nove denari di ossa pe-
stale j e fatte bollire con tre libbre d" acqua sin-
ché calasse verso alla metà , oitenne circa una
libbra e mezza di brodo , eguale per la sua so-
stanza a quello che avrebbe potuto ricavare da
mezza libbra di buona carne . Valutando l' osso
17^
(che p©co o niente vale ) anco a prezzo pari
della carne medesima, qual si vende al macello,
quel brodo sarebbe costato sedici volte meno ,
e non perciò aveva minor sostanza , che se di
ottima carne si fosse fatto.
Resulta evidentemente , come era naturale
di credere , che , tanto per il corno di Cervo ,
quanto per le ossa , è utile di rasparle o tritu-
rarle minutissimamente, quando si ha in vedu-
ta di ricavarne quanto più si possa del glutine
che contengono. Ma è ben vero peraltro , che
l'opera di pestare, o macinare le ossa , special-
mente quelle che solide , e non spugnose sono ,
non manca di esser costosa per il tempo che
esige , soprattutto se a braccia d'uomo si effet-
tui ; potrebbesi usare a tal uopo un cavallo , o
l'acqua, e costerebbe assai meno : ma in qualun-
que modo sia, non riesce facile di ridurre le os-
sa dure in molecole abbastanza minute da fare
accessibile all'azione dell'acqua bollente ogni
atomo di glutine, che tra le parti insolubili tro-
visi imprigionato.
Papino immaginò di rendere più efficace
e penetrante l'acqua, facendo bollir le ossa, la-
li quali sono , in un vaso metallico , il cui co-
perchig a tenuta eravi assicurato , e connesso
con viti, in modo da non lasciare uscire atomo
di vapore : l'immenso calore, e la forza espansi-
va che in tal situazione concepisce Tacqua ,
sembra farle penetrar l'osso a tutta sostanza j
poiché ne rimane ammollito , e se né S^patand
alcune delle sue parti costituenti.
11 Dottore Schaw ( un secolo dopo la pub-
blicazione di Papino ) narra d'aver posto una
libbra e un terzo di osso , con cinque libbre
d' actjuà nel così detto Digestore , o Pentola Pa-
piniana , a fuoco moderato, sinché il coperchio
avesse concepito tanto calore da far svaporar
prontamente una goccia d' acqua , che vi si get-
tasse sopra ; ed avendo aperto il vaso , dopo
freddato, tfovò i<' l'osso ammorbidito da tagliar*
si col coltello; 2° l'acqua cambiata in gelatina
tremula, e 3° molto grasso soprannliotante Que-
st' ultima circostanza , estranea all' oggetto , di-
pende dalla natura delle ossa , che , quanto
più sono spugnose, tanta uiaggior quantità di
grasso contengono : fu provato che da sedici
libbre d' ossa de' fianchi , pestate , e cotte ,
escirono due libbre di grasso , ossia una ottava
parte di loro ; quantità non indifferente , e che
può per se sola meritai'e attenzione : quanto al"
la gelatina , ottenuta col digestore di Papino ,
non avendo avuto luogo evaporazione alcuna ,
sì può concludere che da una parte d' ossa , si
esrtrassero parti tre e tre quarti di gelatina , o
quasi una doppia quantità di quella che Proust
ricavò dalle ossa frante, come aviam veduto
pocanzi .
Su questo resultato forse, e sulle proprie
esperienze , Dubamel propose 1' uso delia pe«-
'77
tola p^pìiiiana per la manifattura della colla .
Si sa che la colla altro non è che gelatina ridot-
ta in stato secco . Grenet , Parmentier , Pellet-
tier riconobbero i risultati di Duhamel ,cioè ve^
rificarono che da novanta sei once d'ossa cotte
nel digestore con trecentottantaquattro d*
acqua , si può ottenerne quindici e mezza di
colla trasparente secca , e più mezza oncia di
colla inferiore , che vuol dire una sesta parte
del loro peso . Ma l' uso della pentola papinia-
na è njalameute adattabile alle operazioni do-
mestiche ed alle arti a cagione delle difficoltà
che lo accompagnano ; ed il raspare, o tritura-
re le ossa porta una spesa, che ne diminuisce il
profitto , e non permette d' estrarre , almeno
dalle ossa dure, tutto il glutine che racchiudo-
no . Non è adunque dubbio che molto meglio
sarebbe , se a pari, o minor costo riescisse di se-
parare primieramente dall'osso tutte le di lui
parti insolubili all' acqua , e mettere il totale
del suo glutine a nudo .
Sapevasi da gran tempo che gli acidi inte-
neriscono le ossa , sciogliendone la parte dura .
Boerhave aveva osservatoche gli alcali fan le ossa
più rigide , e che gli acidi le fan più flessibili .
Geoffroi vide diventato trasparente , e pieghe-
vole un cucchiajo d' avorio , dopo essere stato
lungamente immerso nellasenapa sciolta : Fou-
chy notò lo stesso fenomeno in altro simil cut>
chiajo tenuto lungo tempo nel latte, forse già
12.
178
inacidito. Hunauld avvertì che alcune ossa era-
no divenute tenere nell'aceto. Stahl mise a nu-
do la tessitura degli occhi di granchio, scioglien-
done, mediante gli acidi minerali, la loro par-
te terrosa . Hesissant indicò specialmente l'aci-
do nitrico per isolare il tessuto cellulare delle
ossa dalla loro sostanza rigida e opaca . Lewis
disse che 1' acido nitrico , e muriatico diluiti ,
e r acido acetico qual' è , rendono flessibili le
ossa ; che lozolforico le fa tenere, sebben fria-
bili . Ma quegli che sembra essere stato il pri-
mo a indicare il miglior solvente della parte du-
ra delle ossa fu il Rosselli, che sino dal iSSg
disse « Prendi vitriolo , sale comune , ana : pe-
« stali ; cavane acqua per lambicco , ed ogni
« osso in essa per dodici bore venirà come pa-
« sta . « E superfluo di osservare che 1' osso
non diviene morbido così , se non perchè gli
furon tolte le combinazioni terrose , che costi-
tuivano la sua durezza. Simile intenerimento.
di ossa si opera talvolta anco nell'animale vivo
per un disordine di secrezioni, cagionato da,
. quello della dieta , o degli organi , che separa-
no , e portano il solvente ad irrorare le ossa .
Tale fu l'effetto di un prolungato nutrimento
di sole cicerchie, al quale dal Dot. Visconti si
costrinse un majale , per verificare la trista ef-
ficacia di questo legume , accusato di produrre
quella infermità altre volte chiamata Sceletjrbe^
o Chorea S. Viti negli, uomini, che lungamente
*79
*e ne cibarono . Fu ucciso da Visconti questq
animale, qualche tempo dopo che aveva per-
duto r uso delle gambe posteriori ,e si trovaro-
no le sue ossa tenere a segno da facilmente in-
cidersi col coltello . Questo tristo fenomeno non
è senza esempio , anco nel genere umano istes-
so . Si conserva nel Museo Hunteriano lo sche-»
letro di una donna, che tutta rattrappita, e
contorta miseramente morì per l' intenerimen-
to generale delle sue ossa , non più capaci di
resistere alla forza contrattile dei muscoli . La
flessibilità del suo scheletro è tale , da stare in
mille modi piegato in un vaso , che all'altezza
di un braccio non arriva .
Le ossa ridotte nell'indicato stato morbide,
e pieghevoli , poco altro conservano che il lo-
ro glutine organico , il quale restando priva
della difesa che gli fan le parti terrose , tutto ,
o quasi tutto si deve sciogliere per sua natura,
dentro l'acqua a bollore. Nella medesima con-
dizione devono rimanere alla fine , anzi rimari,
gono le ossa sottoposte al liquido indicato dal
Rosselli : lo stato attuale della Chimica non da-
ya. luogo da dubitare del di lui asserto ; pur
non ostante si ebbe il pensiero di verificarlo col
fatto.
Il vetriolo verde , o zolfato di ferro con-
tiene ventotto centesime d'ossido di ferro, ven-
tisei di acido zolforico ; ogni restante è acqua :
il sale marino è composto da trentotto a qua-
f8«
tantadue centesime d'acido , cinquantadue a
cinquantatre di soda , secondo che si trova in
uno stato più o meno asciutto.
Occorrono, secondo i dati di Rirwan, tren-
tadue parti di acido zolforico , per saturare la
soda di cento parti di sale marino, o muria-r
lo di soda • dunque ne abbisogneranno cento»
Ventitre di vetrioloyO prossimamente once quat-
tordici e tre quarti per una libbra di sale ma-
rino , lo che , ben poco si discosta dalle dosi
che il Rosselli prescrive . Si presero nella quan-
tità ora indicata, quei due sali nello stato in cui
erano all'aria libera, in momento piovoso:
dopo averli triturati insieme , si stillarono a
picco! fuoco; ne scesero once cinque e mezza
di flemma , quasi insipida , con odore spiacene
ted'aeridrogenie zolforato, segnando zero al pe-
saliquori , o aerometro di Baumé i al crescer
del fuoco separammo le prime due,o tre once di
fluido che ne stilla^-ono ; ed avendovi infuso un
frammento d' osso , si trovò ammollito in modo
dopo il terzo giorno , da potersi tagliar col col-
tello, come l' autore promise. Il tempo della
completa azione , o totale intenerimento , di-
pende molto dalla grossezza delle pareti dell' os-
so ; in parte anco dalla maggiore , q minore at-
tività del solvente . Quest' osSo intenerito così
era appunto nella condizione che si voleva, cioè
quasi in stato di puro Glutine , essendosi pres-
so che tutto disciolto nell'acqua bollente ^ la
i8i
^tì&ìe sì rapprese, fretldando, in tremula gela-
tina . Lasciamrpo altro frammento d' osso per
lungo tempo nel solvente medesimo , sen-
za che ne soffrisse alterazione ulteriore . Il
capo morto , o gli zolfati ec. , che dopo la di-
stillazione restarono , pesavano once otto circa;
onde il fluido uscitone , compresavi la flemma^
che può lasciarsi unita per farne parte, dovette
essere circa le sedici once.Se ne contemplino so-
le dodici, per la difficoltà die alla condensazio-
ne oppongono gli ultimi vapori , e che in una
distillazione ad uso di fabbrica , probabilmen-
te converrebbe di trascurare. Un' ombra dizol-
fo tinse la sommità del vyso alla fine della ope-
razione , che fu lungamente protratta , sin do-
po che niente usciva .
Rimase inutile sino a questo tempo il ri-
trovato del Rosselli . Sembra che fosse riserva-
to al savissimo e benemerito Darcet , figlio del
famoso chimico di questo nome, il trarne util
partito ; Egli ne ha fatto la base di un' arte che
può dirsi nuova, e di vera importanza per l'eco-
nomìa del vitto umano , della quale si affretta-
rono di profittare cinque grandi Spedali di Pa-
rigi , non meno che l' istituto dei sordi e muti ,
r ospizio della clinica esterna , ed altri pubbli-
ci stabilimenti di quella Capitale.Non ne giun-
se sin ora in Italia che un semplice annunzio ,
dal quale sappiamo che quel dotto chimico fa
sciogliere la parte rigida delle ossa nell' acido
ùlroclorico diluito ; che espone il rimatiehte
tessuto glutinoso ad una corrente rapida di
acqua fredda ; indi lo asciuga con panni , e lo
fa seccare per serbarlo all'uso. Questa materia
Tiutrientissima, base della gelatina ristorante ,
e del brodo, si scioglie quasi per intiero nell'
acqua bollente , e forma luna , o l'altra cosa a
piacere : essa eguaglia , quando è fresca , circa
la metà , e quando è secca , presso che la quar-
ta parte delle ossa dalle quali fu separata.
Il Dottor Bostok, cercando quant'acqua oc-
corresse per ridurre in stato di gelatina , o di
brodo il glutine secco , trovò che una parte dj
questo disciolta con cento parli d'acqua , offri-
va altrettanta gelatina consistente : e che con
centocinquanta offriva un brodo evidentemente
gelatinoso, ma che raffreddandosi non rappi-
gliava.
L'aumentare le sussistenze, senza nuovi
prodotti , è lo stesso che promuovere la popola-
zione , ed accrescere la prosperità relativa , an-
co della classe più indigente della medesima.
Un calcolo che per semplice esemplificazione si
istituisca , darà una idea ben seducente della
cosa di che si tratta.
Dagli spogli dei pubblici registri, che sulle
consumazioni della nostra Città avemmo luogo
di fare nel 1797 , resultò che la sola carne gros-
sa , usata per vitto umano , vi ragguaglia once
2,87 per ogni bocca al giorno : l'annuo consu-
i83
KftD , in numero tondo , al dì sotto dì quel rag-
guaglio , sarebbe libbre 6,800,000. Le ossa bo-
vine , se tutte si conservassero , formerebbero
circa una quarta parte di quel peso , ossia lib-
bre 1,700,000, da considerarsi per metà solide,
metà spugnose. Queste ultime , essendo maci-
nate e bollite , darebbero una ottava parte di
grasso , conformemente all'esperimento già ri-
portato , cioè non meno di centomila libbre,
con più circa centomila libbre di glutine nu-
triente , che abbandonerebbero all'acqua bol-
lendovi , e che si troverebbe ridotta in altret-
tanto ottimo brodo. Di tutto ciò non parlando,
l'altra sola metà delle ossa solide, primieramen-
te spogliata dalla parte terrosa per mezzo dell'
indicato , o simili reagenti , darà di glutine in
stato secco la quarta parte almeno del proprio
peso , cioè più sicuramente di dugentomila lib-
bre. Assumendo tra questo glutine asciutto e la
carne , riguardo alla facoltà nutriente , o alla
sostanza del brodo , una proporzione di i a 20,
comesi riscontrò da Darcet , le summentovate
libbre dugentomila di glutine terrebber luogo
di cinque milioni di libbre di carne , che al
prezzo di soldi otto a libbra , rappresenterebbe-
ro almeno la somma di due milioni di lire. Cu-
mulando a questo resultato le sopraramentova-
te centomila libbre di glutine delle ossa molli
per la metà di quel valore , avremo non due ,
ma tre milioni di lire.
t84
Vedasi adunque , qual perdita si faccia (ti
cosa alimentare in una sola Città, abbandonan-
do le ossa delle carni, come generalmente si
suole, al dente dei cani, o all'uso d*arti di tropt
pò tenue importanza (a) . Ognuno converrà per-
ciò,che sarebbe d' uopo affrettarsi per adottar
prontamente dovunque si possa 1' applicazione
felice del sunnominato Darcet .
Per facilitare al possibile 1' introduzione di
quést' arte nuova , ci proponemmo di tentare
se poteva escludersi ogni chimica difficoltà»
scansando le distillazioni, che, oltre l' inevita^
(a") Si dice clic la Nazione Ctiinese sia cfnelfa
clic piìi di ogini altra metta a profitto una ina^ si nutriscono.
Nell'assedio di Parigi, e segnatamente nel l6.
agosto iBc^c. vi fu chi pensando alla parte ali^.ien-
tare delle ossa, propose in èollievo alla fame che
gì facesse pane con le ossa dei morti macinate in
farina. Dice la Storia.' on appplla ce funéstp ali-
ment 3 doni motirtirent tous cmixquìpn wiprent ^ le
paia de Mad: de Montatisier, pace qti' Elle en avoit
Ione V iiivention. Le ossa umane che avevan sog'*
giornate lungamente nel marciume dei Sepolcri ,
dovevano aver perduto, anzi alterato il loro glu-
tine, e indottovi forse facoltà velenose. Non «!osi
può esser giammai delle ossa fresche dei macelli.
i8-5
jbìtie spesa di fuòco , e vasi -, anco lina certa pra-
tica esigono , e se potevasi ridurre il tutto a
senaplici e materiali mescolanze ,, agevolmente
eseguibili da chiunque. Ci parve facile di sepa-
rare , senza fuoco , il solvente dal sale marino,
e ne diremo in poche parole il tentativo , e il
successo.
Sopra la once di sale marino, otto ne ver-
sammo di acido zolforico diluito con otto once
d'acqua : dovemmo aggiungerne altre nove di
questa , perchè la massa erasi quasi che tutta
solidificata. La formazione del zolfato di soda ,
o sale di glauber© , fu subita, e manifesta. Pas-
sammo questo mescolo attraverso ad un filtro
di frammenti di vetro , per separarne il sale , e
ne scesero circa a 20 once di liquido, la cui
gravità specifica segnava il 32° grado del pesali-
quori di Baumé per l'eccesso d'acido zolforico,
« zolfato di soda restatovi in soluzione. Vi pas-
sammo per entro alquanta calce , che ne ridus-
se la gravità a 29 gradi , per la sottrazione di
altrettanto acido zolforico. In sei a sette once di
tal fluido ponemmo un osso di once tre : l'azio-
ne fu immediata ed evidente , ma non così lo
ammollimento voluto , che anzi vedemmo tutta
la superficie esterna dell'osso ricoprirsi di una
scogliera di selenite , o gesso , la cui vegetazio-
ne crebbe quasi continuamente , durante un
mese. Dopo cinquanta giorni disfacemmo quell'
ammasso di selenite , sotto il quale trovammo
i86
l'osso ammollito a consistenza di cuojo , an2i di
trippa. L'acido residuo, esplorato col muriatò
di calce , si mostrò privo affatto d'acido zolfori-
co , essendosi esaurita tutta quanta la dose di
questo nel costituire la selenite, decomponen-
do il muriato calcario a proporzione che si for-
mava , ed il fosfato, a misura che si scioglieva.
Avendo noi fatto bollire con sestupla dose d'ac-
qua l'osso ammollito , o , per meglio dire , il
suo glutine , dopo averlo perfettamente purga-
to d'acido, ne ottenemmo altrettanta gelatina.
Altro sperimento facemmo, usando soltan-
to tre once d'acido zolforico sopra una libbra di
sale marino, cioè meno dell'occorrente, essen-
do che quasi quattro e raezzo ne richiederebbe-
ro le proporzioni indicate da Rirv^an per satu-
rarne esattamente la base. Vi unimmo once no-
ve d'acqua perchè 8,8 ne abbisognano alla cri-
stallizzazione del zolfaio di soda ; separatone il
fluido per decantazione , ed esplorato con mu-
riato di calce , pur mostrava di contenere del
zolfato di soda ossia sale di glaubero. Segnava
c[uesto fluido il diciassettesimo grado al consue-
to pesaliquori. In otto once di esso ne mettem-
mo due d'osso , che , durante un mese , poco
diversamente agì di quello che il precedente fe-
ce : tentammo di spogliarlo d'acido zolforico,
infondendovi calce in polvere stemperata con
acqua , e questo si fece finché il muriato di cal-
ce versatovi goccia a goccia , appena accennas-
»^7
%ie intorbidamento : ciò non ostante , un osso
che vi si mise in bagno, manifestò qua, e là dei
punti selenitici , e dovemmo concludere che l'
«sito non compensasse la cura. Vedemmo adun-
que inevitabile iu questo metodo , quantunque
agevole, semplicissimo , una perdita di acido ,
che forse non stava in confronto dell'opera e
spesa occorrente per la distillazione ; e questa
ci determinammo a provare.
L'acido stillatizio del sale marino era al-
trevolte sul catalogo di Baumé a franchi due la
libbra di sedici once : In quello posteriormente
datoa
in un oiio particolare , col quale egli stesso si
univa , costituendo questo il liquido scuro , dal
quale si separano i cristalli o fiocchi di canfora.
Rind pretende che il carbonio abbandoni l'olio
portandosi sulla sostanza canforata , opinione
adottata dai Chimici Francesi. Gehien suppone-
va al contrario che domini l'idrogeno nella can-
fora. Thenard assicura esservi l'acido muriatico
talmente unito , che non se ne possa separare
intieramente che col mezzo di un tubo rovente.
In tanta disparità di sentimenti non giun-
geranno sgradite le mie seguenti sperienze.
Dopo aver verificati i fatti annunziati da
Clouzel , Chomet , e Boullay ho portato la mia'
ricerca sulla causa che impedisce la dissoluzione
di questa canfora nell acido nitrico, a 1,261 di
peso specifico. Ed ho trovato che ciò è verty trat-
tandosi della canfora non ben purificata, ma se
ci serviamo di quella oHenuta dalla terza subli-
mazione sopra un miscuglio di calce, carbone, e
carbonato di potassa, la detta proprietà diminui-
sce : sembra dunque che ne risieda la causa in
qualche sostanza ignota che l'imbratta, e che se
ne separa col detto processo. Esaminato infatti
il residuo di tal sublimazione, ponendolo in una
storta a provare una temperatura molto elevata,
è passato un'olio denso di colore scuro , di un*
odor forte di terebentina misto di canfora , che
al contatto dell'aria si è rappreso in una massa
solida, che col mezzo della fusione si ricombina
9^3
colla canfbra , e induce anche in quella di com-
mercio l'istessa insolubilità nell'acido nitrico
che comunicava a quella artificiale ; quest'olio
trattato coll'acido nitrico non si discioglie e si
Converte in una resina che coll'acido nitroso
lumante, e coll'acido muriatico ossigenato pren-
de un bel colore giallo , e coll'acido solforico si
carbonizza.
I gas acido nitroso e solforoso non separa-
no la canfora dall'olio di terebentina , ma il gas
acido muriatico ossigenato, con buona pace dei
celebre Trommsdorff,la separa egregiamente,ma
con questa differenza notabilissima , che si ri-
chiede una molto maggior dose di gas acido mu-
riatico ossigenato, che di muriatico semplice per
ottenere la stessa quantità di canfora , essendo
l'ossigeno, di cui egli è sopraccaricato , pregiu-
dicevole alla formazione di questa sostanza come
dimostrerò. In quest'esperimento vi è un feno-
meno veramente notabile , cioè il liquido dopo
esser passato a gradi dal color giallo fino al nero
d'inchiostro , comincia a rendersi di nuovo tra-
sparente , e si riscalda fortemente. Allora si for-
mano delle gocce d'olio di color d'ambra che
vanno in giro per la massa, spinte dal gorgoglio
del gas , finché giungan per cinque o sei volte
al contatto della parte vuota della bottiglia di
Woulf , in cui il liquido è chiuso : ad un tratto
si solidificano e cadono al fondo del vaso. Ter-
minata la loro separazione se si continua la coi*-
524
rente del gas si ri(lisciolgono,e lìon si riottétigò-
no che in una massa gelatinosa col mèzzo di un
leggiero calore tale da scacciare una parte di gas
acido muriatico ossigenato , di cui il liquido è
sopraccaricato, e che ridiscioglie le dettie gocce»
Se si arresta l'operazione all'epoca indicata si
trovano queste gocce forate da una parte , e si-
mili ad un mezzo guscio di nocciuola : esse so-
no costituite di canfora e di una gran dose di
quell'olio descritto di sopra , il quale separan-
dosi dall'olio di terebentina in maggior quanti,
tà quando si tratti con acido muriatico ossige-
nato di quello che se ne separi quando si tratta
con acido muriatico semplice , prova esser do-
vuto alla combinazione dell'ossigene.
E qui debbo protestare il mio sentimento
costante sulla natura dell'acido muriatico ossige-
nato da me riguardalo in quell'aspetto appunto
nel quale è stato sempre considerato dai Chimi-
ci Francesi, e non mai in quello a che il Sig. Da-
vy pretende di averlo ridotto. Né questo mio mo-
do di pensare è ipotetico o appoggiato su i fat-
ti o ragionamenti da altri Chimici annunziati ^
ma bensì sopra prove dirette, e non equivoche
che aspetto di estendere ancora di più, per ren-
derle di pubblica ragione , come ho altrove pro-
messo. Dopo questo discorso io posso franca-
mente annunziare il seguente fatto, e la dedottane
teoria senza temere di esser creduto ignaro del-
le nuove teorìe del Glorino, teorìe che là smania
O
22^
della nuovità ha fatto proporre, e da alcuni adot-
tare. Se si raccolga sul bagno a mercurio quel-
la porzione di gas acido muriatico che non
è assorbita dall'olio di terebentina, da che è co-
minciato in lui un forte grado di riscaldamento,
esso si trova dotato delle seguenti proprietà e
caratteri. Trasparente come l'aria atmosferica,
soffocante, di odore penetrantissimo, aromatico,
provocante la tosse, inetto alla vita ed alla com-
bustione regolare, decolorante le tinture vegeta-
bili senza ritorno, e in questa parte avente i ca-
ratteri del gas acido muriatico ossigenato. Quest'
importante fatto è stato da me verificato con tut-
ta l'attenzione possibile : e per spiegare questo
fenomeno è d'uopo concludere che la base dell'
acido muriatico viene in parte assorbita dall'olio,
in grazia di che esso passa allo stato di canfora ;
che una porzione di ossigeno reso libero si uni-
sce ad una parte dell'olio di terebentina, e for-
ma quella sostanza sopradescritta insolubile
nell'acido nitrico : e che una porzione di ossige-
no resta libera e si associa all'acido muriatico
non assorbito , e non decomposto , e lo costi-
tuisce molto vicino allo stato d'acido muriatico
ossigenato. E siccome io considero l'idrogene co-
me base dell'acido muriatico ossigenato, confor-
me un giorno dimostrerò, così bisogna conchiu-
dere con Bouilioa la-Grange, che la canfora con-
sta d'acido , d'olio volatile , e di carbonio , ma
bisogna aggiungervi l'idrogeno fra i considerabi-
li di lei priucipj. i5
a*^6
Dietro questa teorìa mi sembrava impossi-
J^ile che il solo olio di terebentina dovesse som-
ministrare della canfora , e non gli altri olj vo-
latili generalmente : ed infatti mi son convinto
esser ciò un falso supposto cagionato da poca
esatta cognizione di questo fenomeno che aveva
Impedito di far concorrere tutte le circostanze
opportune in ciascun caso.
Siccome l'idrogeno , come ho detto , è uno
dei primi componenti la canfora , così invano si
è tentato ottenerla da quegli olj che ne conte-
nevano piccolissima porzione contro una consi-
derabile di carbonio,giacchè in essi l'azione dell'
acido muriatico si limita a separare delle gocce
di un'olio più pesante di quello in cui si genera-
no, ma di un color giallognolo , che di mano
a mano che vanno formandosi sono ridisciolte
se si continua la corrente del gas , ed a lasciare
in ultimo l'olio meno volatile e più denso, e con
odore diverso da quel di prima , giuoco dovuto
alla di lui parzial scomposizione di principj.
Difatto la canfora si ottiene benissimo trat-
tando col solito gas l'olio di salvia, di menta, di
rosmarino , di tim.o , di spigo ec. anche
dopo aver privati i detti olj della canfora
tutta che depositano spontaneamente , poiché
sebbene in questa separazione essi perdano par.
te del loro idrogeno , pure loro ne resta assai
per costituire della nuova canfora coU'interven-
to del solito gas acido : anzi le proi)orzioni dei
principj costitjienti i detti olj sono tali che da
once una di ciascuno si ottiene di canfora fra
quella che depositano spontaneamente, e quel-
la che in essi si forma coU'acido muriatico, cir-
ca ai sedici, e diciotto danari : il liquido che re-
sta è un'olio scioltissimo limpido di un'odore
molto differente da quello , che aveva prima di
esser trattato nel modo suddetto.
Perchè riesca quest'esperimento è necessario
porre l'olio in un vaso di gran superficie e na-
tante sul mercurio , tenendolo coperto con una
campana piena di gas acido muriatico, procu-
rando di scaldare l'olio ( e ciò riscaldando il
mercurio ) circa ai 3o gradi R"' .
Sembravami però impossibile che non si do-
vesse ottener la canfora da tutti gli olj volatili
tanto più che avevo osservato una non equivoca
reazione del gas acido muriatico su di essi in gè»
nerale, e mi diedi a supporre che se si fosse tro-
vato il mezzo di far assorbire ai detti olj quella
porzione d'idrogeno che supponevo necessaria
alla loro canforizzazione , forse avremmo avuto
dei soddisfacenti resultati. A quest'oggetto mi
servii dell'olio di finocchio , dal quale non vi è
esempio , per quanto sappia, che alcuno abbia
tratta canfora, ed impiegai tre processi per can-
forizzarla.
Il primo si fu di sciogliere nell'alcool ben
puro la maggior quantità possibile del detto olio,
e quindi vi ieci passare il gas apido muriatico :
dopo che vidi essersi saturato affajtto il liquido
del gas, smontai l'apparato, e infondendovi una
quantità di acqua si fece un forte intorbidamen-
to. Dopo il riposo di poche ore si depositò una
polvere , che separata col fdtro , fusa , e subli-
mata dopo essere stala mescolata con della cal-
ce viva presentò tutti i caratteri della canfora :
lo stesso è seguito trattando tutti gli olj volatili-
In questo caso l'idrogeno è fornito dall'alcool ,
che si eterizza in parte per l'azione dell'acido-
Ma questo processo è incomodo giacché l'alcool
scioglie una sì piccola quantità di olio , che bi-
sogna agire sopra una gran massa impiegando
inoltre una gran quantità di gas acido per satu-
rarlo , per ottener poi una piccola porzione di
canfora.
Un'altro processo è il seguente , ed è adat-
labile a tutti gli olj volatili , che soprannotano
all'acqua.
Pongo in una bottiglia di Woulf della lima-
tura di ferro , e quindi dell'acqua in tanta dose
da cuoprir la limatura comodamente , quindi l
olio; e sviluppo il gas acido muriatico, facendo-
lo passare per un sifone, che pesca quasi m fon-
do all'acqua. Le proporzioni delle tre sostanze,
che chiudo nella bottiglia di Woulf sono le se^
guenti
Ferro in limatura i.
Acqua distillata - 3.
Olio volatile - - 4-
I
229
Il tutto COSÌ disposto è chiaro che l'acqua sì
Satura di gas acido muriatico, ma che essendo
piccola la sua colonna non tutto il gas vi si di-
scioglie, e che un poco traversa la colonna dell'
olio, e v' induce le necessarie modificazioni per
canforizzarsi. E per compiere questa produzione
l'acqua acidula si decompone sul ferro, vi lascia
il suo ossigeno , e somministra l'idrogeno ne-
cessario. Così la canfora generalmente si ottiene
in un'ammasso gelatinoso , che serve di diafram-
ina fra l'acqua , e l'olio. Questa massa trattata
colla calce viva dopo essere stata esposta per
qualche ora al contatto dell'aria somministra
della canfora purissima. Non tutto l'idrogeno è
assorbito in quest'operazione, e se ne separa an-
zi una gran parte sotto la forma di gas.
Il terzo processo è il seguente. Si pone l'olio
in una bottiglia di Woulf a tre aperture. Per i
due colli laterali entrano due tubi, che pescano
in fondo al liquido, e dal collo di mezzo par-
te un tubo , che va ad immergersi in un vaso di
acqua. I due tubi sono destinali a portare uno
del gas idrogeno sviluppato coi noti processi , 1'
altro del gas acido muriatico ottenuto dal mu-
riato di soda decrepitato, e scomposto da acido
solforico ben concentrato. S' incomincia dal fa,
re agire il solo gas acido , e quando vedonsi se-
parar dall'olio quelle gocce dense , e gialle , che
sopra ho descritte , allora si fa passare del gas
idrogeno in una rapida corrente perchè queste
gocce incontrino più volte le bolle del detto gas,
nel quale incontro si canforizzano , e si solidifi-
cano , mentre si ridisciolgono , e spariscono, se
non vengono con esso in contatto.
Questo fatto più di tutti dimostra esser 1'
idrogeno necessario alla canforizzazione degli
o^lj , e con questo processo ho ottenuta la canfo-
ra da tutti quegli olj , nei quali se ne è negata
*a formazione col metodo comune da l'roust, da
Rouelle , e da molti altri celebri Chimici.
Qui si noterà facilmente , che se tutti i
Chimici avessero seguito il precetto di Bacone
di accumular cioè prima dei fatti , e poi far del-
le teorìe , non avremmo tante volte veduto la
Chimica dipartirsi in qualche suo ramo da
quel cammino filosofico, che sempre accompa-
gnar dovrebbe le scienze naturali , e la più bel-
la fra tutte loro sarebbe oggimai posata su di
una base sì solida , che né il tempo , né i raggi-
ri di metafisiche sottigliezze potrebbero scuo-
tere.
Ossen'azioni
sopra diverse piante
del Sig. Dott. GAETANO SAVI
P. P. di Botanica nell' I. Università di Pisa
Socio Corrispondente.
Presentata il dì 22 Agosto 18 16
Al Padre Barrelier fu il primo che facesse
conoscere Xarum proboscideum ( Linn. ) , e fra
quei , che ne han parlato è anche l'unico che 1'
abbia veduto. Nella di lui Opera intitolata Pian,
tae per Galliam , Hispaniam , et Italiam obseiva-
tae , redatta e pubblicata nel 1714 dopo la mor.
te dell'Autore , da Antonio Jussieu , alla tavola
1 1 5o ne è data una figura, passabilmente buona,
col nome di arisarum latifolium minus repens cae-
spitosum , e nell'osservazione 182 pag. 19 è no-
tato che trovolla nelle sommità dell'Apennino ,
ma senza indicare in qual parte d'Italia. È fatta
menzione dAVarum proboscideum anc\\e nel Mu-
seo di piante rare del Boccone , ove è chiamato
arisarum minus proboscideum , e quantunque il
Museo di piante rare sia stampato nel 1697 pu-
re il merito della scoperta è del Padre Barrelier,
di cui le osservazioni , e le figure inedite capi-
tarono nelle mani del Boccone,che ne profittò per
introdurne molte nel suo Museo, come egli mt*
flesimo confessa , anche rapporto alla pianta in
questione , dicendo alla pagina 6i : habhiamo
avuta questa pianta dalla memoria del Padre
Maestro Barreliejo . La figura che ne dà alla tavo-
la 5o è ancor essa copiata da quella del Barrelier.
Tonrnefort e Linneo giammai la videro, il
primo neirinst. R. Herb. p. i6i la riporta sulla
fede del Barrelier , e del Boccone, e la chiama
arisarum flore in tenuem caudam abeunte^ e Lin-
neo l'introdusse nello Species plantarum accora-
pagnata dalle citazioni di Barrelier , Boccóne ,
e Tournefort , e di più vi aggiunse come varietà
X arisarum rotundifolium , seu potamogeiti folio :
Boccone PI. sic. tab. 5o, tab. 26 et Moris. H. 3 ,
p. 544 , s. i3 , t. 6 , f. 19 , che non appartiene
punto ad un'z\ro , ma dXX ambrosinia Bassii. I
commentatori di Linneo copiarono questa erro-
nea citazione , la quale fu poi osservata e cor-
retta da Lamarck nell'Enciclopedìa , ma Willde-
now , che in proposito sinonimia , per rispar-
mio di tempo , e di fatica non ha mai riscontra-
ta una citazione , e si è contentato di copiare ,
repristinò l'errore di Linneo nel suo Species plan-
tarum tom. 4 •> P- 485 , mentre nell'istesso tomo
a pag. 178 aveva ben collocato \ ai isarum potam-
mo geiti folio di Boccone , cioè come sinonimo
òit)Xambrosinia Bassii.
Vien citata da Wildenow, e da Lamarck co-
me rappresentante Xarum proboscideum una fi.-
233
gura che è neWlìortus Romanus del Sabbali t. 2 ,
tab. 78 , cui infatti è applicato il nome Turne-
ioTZÌAuoarisaruTn flore in tenuem caudani abeun.
te , ma questa figura oltre Tesser male eseguita,
non somiglia punto punto all'originale, ed è si-
curamente una figura fatta a capriccio da un cat'
tivo disegnatore, e messa 11 per far numero. La-
niarck non vide né fresco ^ né secco Xarum prO"
boscideujH.
La figura di Barrelier quantunque né bella,
né esatta, pure mostra bastantemente i caratte-
ri che distinguono la nostra pianta , cioè la spa-
la , che termina in una punta filiforme, allun-
gata , e piegata a collo d'oca, e lo spadice clava-
to-depresso nella sommità , di cui nell'osserva-
zione é detto che é di sostanza fungosa. Fa vede-
re ancora la stessa figura , che le antere son pe-
dicellate, e la spata tubulata nella parte inferio-
re, e che però questa pianta deve separarsi dagli
ariy e collocarsi nel genere Turneforziano ansa-
rum , repristinato dal Professor Targioni , nelle
Decadi stampate nel 1809, del qual genere i ca-
ratteri sono i seguenti. Spatha basi tubulata : ari'
therae pedicellatae : germùia basilaria antica :
fructus capsula subtetraspernia.
Io mi procurai questa pianta dall'Apenni-
no Mugellano, e introdottala nell'Orto Botanico
di Pisa, nell'Aprile di quest'anno 1816 ha pro-
dotto un fiore , che mi è servito per rettificare
ciò che aveo potuto comprendere dalla figura ,
:i34
c osservazione del Rarrelier , e per darne una
frase , e ima descrizione dettagliata
Arisariì m proòoscideum
A. spatha in apicem filiformem curvoad»
scendentem terminata , spadice clavato depres-
so fungoso rimoso , foliis hastatis. Nob. Arum
proboscideum, Lin. La radice è carnosa , tere-
te , ramosa , della grossezza di una grossa
penna da scrivere , fibrosa , bianchiccia . I
piccioli , lunghi cinque o sei pollici , son tut-
ti radicali , e le foglie cordato-astate son di co-
'or verde-cupo nitido. Lo scapo è più corto del-
le foglie , cosicché il fiore resta latente sotto le
medesime , e non si vede comparire , che la so-
la punta della spata. Questa è lunga circa un
pollice e mezzo , cilindrico-gobba , biancastra
alla base , nel dorso scuro-nerastra , nel rima-
nente di color verde sudicio , curva in cima, e
colla punta filiforme ascendente , lunga circa
quattro pollici. Lo spadice è contenuto nella
spata , piegato in avanti , clavato solido , e di
color violetto alla base, superiormente dilatato,
fungoso screpolato bianco. I germi son q-3 , con
stimmi pennicillati , i quali diventan cassule ,
che non ho vedute mature.
Unisco a questa descrizione la figura , di
grandezza naturale.
Sulle Vallisnerie.
Linneo costruì il genere rallisnerìa con una
sola specie , cioè con quella che abbonda nelle
fosse della pianura Pisana , descritta e figurata
u35
eccellentemente dal nostro Micheli, e la chiamò
spiralis per Sivere il peduncoìo femmina attorci-
gliato a spira, che si distende per venire a com*
pire la fecondazione a fior d'acqua , ove portan-
si a galleggiare i fiori maschi staccati dallo spa-
dice brevissimo , e sempre sommerso ; dopo di
che il peduncolo di bel nuovo si attorciglia , e
porta il germe fecondato sott'acqua. Nella Syno^
psis di Persoon si trovano altre tre specie di ì^al-
lisneria , cioè Xamericanu , Xoctandra , e la phj-
shium. La Vallisneria americana fu trovata da JVIi-
chaux nelle acque del Missisipì, e la Vallisneria
octandru da Roxbnrg negli stagni delle Indie
orientali. Ambedue hanno i peduncoli feminei
non spirali , ma sempre distesi , e la seconda il
carattere particolare del numero delli stami, che
è binario nella prima ( Wild. , Enc. Method. ,
Pers. ) In quanto poi alla Vallisneria phjskiuìn ^
non può essa accrescere il numero delle specie
di questo genere , poiché o ella ha i caratteri
che gli attribuisce Loureiro , ed allora appartie-
ne a un genere diverso , o son vere le congettu-
re di A. L. Jussieu (i) , e in tal caso o deve es-
(l) Secondo Loureiro Fi. Cocb. p. 814 il ]?h.y-
sk^'um sarebbe una pianta poligama diecia , la quale
in ambedue gli individui ha foglie radicali , lineari,
con nervi semplici , e scapi solitarj uniflorì. In uno
individuo lo scapo è lunghissimo, e porla un fiore
ermafrodito, in cui il calice è tubulato, diviso su-
periormente in due lobi rotondati.* la corolla è com-
posta di tre petali ovati « persistenti» con sei sta-
336
8er riposta in un'altro genere , o è l'istessa spe-
mi di filamenti corti, e antere dritte, e ovoidi. L*
ovario situato fra il calice e i petali è terminato da
uno stilo corto e jjrosso , con tre stimmi la di cui
sommità è acuta e bifida, e diventa poi una cassa-
la lunga , cilindrica , sottile j 1-loculare , polisperma ,
coronata dai petali, e dagli stimmi persistenti, e
con i semi attaccati alle pareti. L'altro individuo
ha un fiore femmina senza calice ne corolla, porta-
to sopra uno scapo corto , e grosso ; l^ovario conico
senza stilo, con qualche poro nella sommità, e per
frutto un follicolo corto uniloculare, che ha molti
semi wlobosi sopra un ricettacolo subulato.
Ora il Sig. de Jussieu , esaminata questa descri-
zione , riflette, che essendo essa esatta si verrebbe-
ro ad avere due individui della medesima specie eoa
organizzazione affatto diversa nel fiore, e nel frut-
to, cosa affatto assurda, e di piìi un frutto situato
fra il calice, e la corolla, del che non ci è esempio
fra tutte le piante cognite. Però egli pensa ohe Lou-
reiro abbia male osservato, e ragionando su i dati
della di lui descrizione, ube pajuno piìi sicuri j rile-
va che il physkium è una monocotiledone a stami
epìgini, e che però deve appartenere o alla fami-
glia delle Orchidee, o a quella delle Idrocaidi , e
facilmente si vede, che spetta a quest'ultima, non
avendo nel perigonio nessun carattere che la possa
avvicinare alle Orchidee. Arrivato a questo punto
gli trova un posto adattato nel genere Vallisneria
congetturando che Loureiro abbia preso il capolino
dei fiori maschi per un fiore femineo, la spata per
un follicolo, e i fiori chiusi per i semi, e che nell*
a tro fiore la spata bifida l'abbia considerata per un
calice bilobo , le tre foglie del calice per tre peta-
li, e ( quei che è molto difficile a supporsi ) gli sie-
eie che la Vallisneria spiralis. Non mi pare nem-
meno , che si debba far caso della Fallisneria
bulbosa di Poiret Enc. Bot. t. vili. p. Sai Vallis-
neria foliis lato-linearibus obtusis radice bulbosa y
cui dice corrispondere egregiamente la figura da-
ta da Gaspero Bauhino alla pag. 4 del Prodiomo
col nome di gramen bulbosum aquaticum , per-
chè né Bauhino , né Poiret l'hanno mai trovata
col fiore , e però non si può assicurare che real-
mente appartenga a questo genere. Ma una spe-
cie dalle altre ben distinta è quella che il Sig.
Barone Giuseppe Francesco Jacquin , Professore
di Botanica, e di Chimica nell'Università divien-
ila ha descritta , e figurata nel primo fascicolo
delle sue Ecloghe col nome di Vallisneria spira-
lis. Il prelodato Professore avea già notate le dif-
ferenze fralla sua Vallisneria originaria della
Brenta , e di Montpellier, e quella del Micheli ,
e si degnò in seguito di consultarmi , invitan-
domi a confrontare la figura , e la descrizione ,
colla pianta Micheliana. Soddisfeci con piacere
ai suoi desiderj , ed espostegli dettagliatamente
tutte le mie osservazioni , conclusi , che siccome
nella sua Vallisneria i fiori maschi erano trian-
dri , e costantemente diandri nella nostra, ed i
no parsi sei stami 1 tre petali filiformi ( tre lacinie
•Iterne del Perigonio. Jiiss. ), più le tre appendici
situate sotto le lacinie dello stimma. Supposto tutto
questo per rerojsi ritroverebbe nel phyiVium \a, Vai-
lisneria spiralis , ohe se poi avesse realmente sei sta-
mi fertili, allora dovrebbe formare un genere nuovo'
238
fiori feminei di quella erano mancanti dei tre
petali filiformi , dovevano però considerarsi co-
me due specie distinte; e perchè tanto nell'tma,^
che nell'altra il peduncolo del fiore femmina era
attorcigliato a spira, rendevasi però necessario
l'abolire il nome triviale spiralis , e che io pen-
sava di chiamare la specie fra di noi indigena
Vallisneria Micheli , e Vallisnerìa Jacquini quel-
la descritta nelle Eologhe. Ora io credo che non
disconverrà il riportar qui per illustrazione , al-
cuni squarci della lettera responsiva del Sig. Ja-
cquin , che servono sempre più a mostrare la
differenza fra le due specie. . . . . Je nai jamais
pu observer des anthères raineuses comme iM. de
Lapeyrouse ( Journal de Phjsique 1 799 voi. 48 )
et vous melile ( Flora Pisana ) les ont decrites :
seulement les anthères , apres leur explosion , se
trouvent recouvertes de pollen en giains transpa-
rents et crystallins . Dans le grand nombre de
fteurs que fai examinés dans d'ifferents années^je
n ai jamais trouvé une seule fteur diandre , mais
constamment trois ètamines En comparant
notre piante avec Ics dessins de Micheli, j' ai tou-
jours douté que ce put étre la méme espèce , car
malgré des obseivations reiterées scrupuleusement
dans dijferents années je n ai jamais pù trouver
dans les fleurs femelles, quelque chose qui rassein^
blat à lies trois filaments entre les petales ( ou/ò.
lioles du perianlhum superum selon volre opi-
nion) que Micheli^ appelle c'd^dìi\nniuti\,que vous
«59
décrivez comme les petales , et que moifaurais
nommés Nectaria : de facon que inéme quon
prendroit le nombre des étamines binaires décrit
par Micheli^ comme une inadvertence de sa party
très excusable par la difjìculté de Vobservation ,
et le peu de prix quon rnettoit dans son temps à.
cette circonstance^cette diff'erence de fleursfemeh
les auroit presque sujjfipour distinguer lesplanles.
Mais encore au surplus notre piante a ses feudleSy
parfaitement glabres^ trinerves et exactement en-
tières au sommet, etpas du tout denticulato api.
ce, comme Micheli, Decandolle et Lamarck (Flo^
re Francoise ) et vous méme les décrivez ....
Lorsque plus tard fai vu vótre description dans la
Flora Pisana et Botanicon etruscum , qui porte
si clairement Vempreinte d'étreprise après nature^
jefus encore plus confirmé dans mon opinion que
la Vallisneria de la Brenta et de Montpellier est
une espèce differente de r ancienne piante décrite
par Micheli Je vous suis donc très obligé
de Vhonneur que vous voulez me f aire de nommer
fune de deux especes Vallisneria Jacquini , d'au-
tant plus quun tei nom trivial s'accorde parfaite-
ment avec les lois de la philosophie botanique.
Dunque ciò premesso , sia
Vallisneria Micheli
Vallisneria diandra^flore foemineo tripetalo , pe-
talis linearibus , scapo spirali. Nob. Vallisneria
spiralis. Lin.
Vallisneria palastris algae folio italica eie, Icon
2^0
plantae foem. Michel. N. P. Gen.p. 12 , tab. i^.
Vallisnerioides palustre algae Jolio italicum etc.
Icon plantae masc. Michel. JN. P. (ien. p. i3 ,
tab. 10.
Vallisneria Jacquini
ValUsneria triandra flore foeìnineo apetalo , sca"
po spirali. JNob.
Fallisneria spiralis Jacq. fil. Eclog. fase, i p. i
tab. 1.
^wX^Holcus Savii di Sprengel.
Nel primo pugillo Plantarum rninus cogni'
tarum , dei Sig. Curzio Sprengel , alla pagina
8 , trovasi i.
Holcus Savii panicula diffusa ramosissima
caljcibus bifloris ^fiascaio utroque aristato , her-
maphrodito pediceiiato , neutro sesstili , valvuhs
interioribus bipartitis , vaginis Jòliisque pilosis.
Avena neglecta. Savi Fi, Pis. i p. lòi tab. i.
Gramen spicatum maritimum serotinum etc. Mich.
Gcn. pi. p. ^2 ( deve dire Calai. Horti Pisani
p. 72. )
Pianta petalis et ultra. Culmi adscendentes^
vaginis foliorum tecti. Folla lanceolato-linearia
cum vaginis^ molliter pilosa , ciliata. Ligula ex^
serta lacera. Panicula laxe diffusa ramosissima ,
ramulis capilluribus . Calyx bivalvis^ vaivis inae-
qualibus altera majore , minore altera , utraque
acuta malica. Corolla hermaphrodita , breviter
pedicellata, bivalvis, valvula exteriore bifida ari-
Stata , arista flosculum excedente , valvula L/ite-
«4*
riore bipartita. Corolla neutra lincaris, caljci ap'
pressa , séssilis bivalvis , valvola exteriore arista-
ta , interiore bipartita.
Habitat ad litora maris Liburnici,et in Cala'
bria. Male Savius huic gramini spiculas tribuit
quadrifloras .
Quantunque io sappia di avere usata sem-
pre la massima attenzione nel descriver le pian-
te, e che non si richieda una gran perspicacia
per determinare se le spighette di una grami-
gna son biflore o quadriflore, pure nel vedere
che un Botanico illustre qual'è il Sig. Sprengel,
asseriva con tanta franchezza , che io avevo er-
rato nell'attribuire alla mia Avena neglecta le
spighette quadriflore, cominciai a dubitare del
fatto mio , mi affrettai a rinnuovare le osserva-
zioni sopra moltissimi individui , e trovai le spi-
ghette mai biflore, per lo più quadriflore, e tal-
volta anche sesflore, come avevo notato nel Bo-
tanicon. Ben lontano dal supporre , che il Sig.
Sprengel non abbia saputo osservare , io dirò ,
che egli abbia avuta fra mano una pianta diver-
sa dalla mia, che dalla descrizione che Ei ne dà,
si deduce essere stata un Trisetum , ma non sa-
prei indicarne la specie.
Sopra alcune specie di Scrophularia.
I. La Scrophularia nodosa è facile a distin-
guersi per la forma della radice , e per le foglie
triangolari cordato-acute , crenato-dentate nei
margini , con seni ottusi all'inserzione del pic-
16
eiòlo. Linneo la caratterizzò coll'appresso frase
Scrophularìa nodosa yò/wj' cordatis trinerva-
Hs , caule acutangulo Lin. Spec. la qual frase
non è niente felice , perchè non ci dà idea giu-
nta della figura delle foglie , e perchè il caule
acutangolo è proprio di diverse altre Scrofularie.
Egli ci riporta la Scropliularia nodosa foetida G.
B. P.p. 23Ò , al qual sinonimo vanno uniti i se-
guenti.
Sirophularia major. Lob. ic. 533. Obs. p.
aSg. Tabernem. Hist. p. 93o.
Oci>/2«^^/M/?z. Trag. Hist. p. i84-
Scrofolaria. Mattioli p. 1188.
Galeopsis. Fuchs Hist. p. 194.
Scrophularìa major ^'w/g<2m.Pa^k^ns.Theatr.
p. 610.
Scrophularìa. Canier. Epit. p. 866. Dalech.
Hist. Lugd. p. io85. Gerard. Hist. gen. Pi. p.
716. Dod. Penipt. p. 5o ; e tutte le figure date
dai citati Autori sono abbastanza buone per
fare acquistare una cognizione chiara della spe-
cie , e trovasene anche una figura più che me»
diocre nell'Erbario di Blackwel , alla tavola 86 ,
col nome di Scrophularìa major , la quale da
Willdenow^, e da Poiret ( Enc. Meth. ) è stata er-
roneamente appropriata alla Scrophularìa scoro-
donia.
Willdenow mutò in qualche parte la frase
Linneana, chiamando il caule obtusangolo , nel
che ebbe torto , perchè il fusto , che è tetrago-
243
no, ha gli angoli resi acuti ria una stretta roera-
hrana che decorre sopra i medesimi, provenien-
te dai piccòili , e mi fa specie che i dihgentissi-
mi Signori Decandolle e Loiseleur abbian qua-
lificato ancor essi per ottusangolo questo fusto,
polendosi peraltro dire , che l'abbiano descrit-
to in una pianta vecchia, quando le membrane
decurrenti son distrutte. Peraltro, prescinden-
do dall'epiteto dato al caule, essi hanno miglio-
rala assai la frase introducendovi una buona
descrizione delle foglie.
Io credei di poter trar partito dalla figura
della squaraetta che trovasi nel lembo della co-
rolla alla base dell'angolo dei due lobi superio'
ri , e su questo carattere, sulla proporzione, ^
direzione dello stilo , sulla figura delle foglie ,
e dei fusti , composi le frasi della Scrophularia
nodosa , e di altre indigene ( Botan. Etrusc. T.
a , p 169-i'yi ) trascurando la fiorcscenza , che
non ci porge caratteri marcati. Ho visto in se«
guito che ci possiamo servir con vantaggio an^
che delle lacinie dei calici, e siccome l'esperieu*
za mi ha convinto non vi essere inconveniente^
ma anzi essere utile , che le frasi sieno alquan»
to prolisse , però ci introduco anche questo ca-
rattere, e qui riporterò le nuove frasi delle ó'c/o-
fularie. Dunque
Scrophularia nodosa glabra,foliis triangido'
acutis, lobis busi ottuse sinuatis ^ crenato-denta'
éis , caule acutangulo ex petiolis arde decurrenti-
^44
bus , squamula coroìlina transverse dilatata , cté'
hidata , stjlo exserto deflexo , caljcis segmeiitis
obtusis immarginatis . Nobis. Perenn.
II. La Scrophularia aquatica si conosce fa-
cilmente alle foglie ottuse, e al fusto con gli an-
goli alati. Linneo la caratterizzò meglio che la
precedente, dicendo Scrophularia aquatica yb//w
cordatis petiolatis decurrentibus obtusis , caule
menibranis angulato. Lin. Sp. La sinonimia, che
ci riporta , merita qualche osservazione.
Egli cita la Scrophularia aquatica major
caule fimbriato, di Loesel Fi. Pruss. p. 240 t. i3
( deve dire p. 248 n. 'yft ) ma questa figura che
rappresenta bene la radice , e il fusto , ha le fo-
glie non ottuse , ma anzi assai acute. Cita poi
la Scrophularia foemina Camer. Epit. p. 867 ,
che ne dà una figura insignificante , e colle fo*
glie acute, e che secondo Gaspero Bauhino, ap-
parterrebbe a una varietà minore di questa spe-
cie ; e finalmente cita la Scrophularia aquatica
major Gasp. Bauh. Pin. p. 235 , sotto il qual si-
nonimo si trovan riportati i seguenti
1. Betonica aquatica Tabernem..Hist. p.934j
ove trovasene una figura fantastica con radice
tuberosa grossa , foglie acutissime, e i fiori con
galea grande e curva , cosicché non rappresen-
ta nemmeno una Scrophularia , e non vi è da
farne conto.
2. Betonica aquatica ( aquatilis ) Dalech.
Hist. gen. Lugd. p. j356 , Gerard. Hist, gen.
a45
pian. p. 774- Dod. Perapt. p. 5o.Parkins.Theatr.
p. 6i3,
3. Betonica aquatica septentrionaliuni Lob.
obs. p. 283 le. 533.
Le figure riportate dagli Autori riuniti ai
numeri 2 e 3 sono similissime fra di loro , e si
vede bene , che son copiate luna dall'altra; mo-
strano bene la nostra pianta , tanto per la figu-
ra del caule , che delle foglie , ma la maggior
parte delle foglie inferiori son rappresentate con
due orecchiette ovato-rotondate e ottuse, pros-
sime alla base della foglia, e taluna con una so-
la orecchietta. Lasciando per ora a parte queste
appendici fogliacee, ecco la frase per la
Scrophidaria aquatica glabra , foliis corda-
to-ohlongis obtusis crenatis^caide alato ex petiolis
late decurrentibus , squamala corollina obcorda-
ta , stylo exserto reflexo , caljcis segmentis ob-
tusis scurioso inarginatis. Nob. Peren.
in. S^rophularia auriculata. Lin. Questa
specie non è ancora ben conosciuta. Linneo la
caratterizzò Scropliularia foliis cordato -oblongis
basi appendiculatis , subtus tomentosis , racemis
terminalibus . Lin. Spec. , ed m una osservazion-
cella aggiuntavi dice , che i fusti son glabri ,
poco ramosi , e che le foglie hanno due orec-
chiette piccole , ovate e sessili. Ci mette per si-
nonimi la Betonica aquatica septentrionalium
Lobel ic. 533 , che come si è veduto appartiene
alla Scropliularia aquatica ., e la S^rophularia
9./, fi
aquatica montana mollìor. Barrfl. Obs. i8()tab.
i'-jl\ , la qual figura ha le foglie molto allunga-
te, duplicato-seghettate, con denti acuti , e le
orecchiette strette acuminate, e situate molto
distanti dalla base della foglia. Per la figura di
tali orecchiette , non pare che la figura di Bar-
re ber debba appartenere alla S. auricuìota , e
infatti nella Mantissa p. 87 si trova che Linneo
portò il sinonimo Barrclierano alla S^rophularia
hetonicaefolia , senza peraltro aver mai detto ,
che questa specie abbia le foglie auriculate , e
non trovisi detto né da Willdenow , né da Poi»
ret ueirEnciclopedìa , che conservano la «Scvo-
phularia aquatica niollior di Barrelier alla Se.
betonicaefolia L.
Scopoli nella Flora Carniolica Ediz. 2 , p.
446 n. ^'j'jhauna Scrophularia aurìculata per
la quale riporta , ma dubitativamente , la frase
Linneana di sopra citata, e questa Scrofularia,
secondo la sua descrizione , ha il fior giallo , i
fusti , e i peduncoli pelosi , e le foglie glabre ,
onde inclina a credere esser ella diversa da quel-
la di Linneo, che deve avere i fusti glabri , eie
foglie pelose nella pagina inferiore. Scopoli non
dice punto che le foglie sieno auriculate , e la
figura che egli ne dà ( tab. 3-2 ) nemmeno essa
lo indica , poiché su i piccioli delle foglie non
mostra nessuna appendice, e quelle due foglio-
line strette e acute, che si vedon partire diver-
genti dall'i nserzioae dei piccioli nel fusto, si
a47
posson benissimo prendere per piccole foglie di
rudimenti di rami : finalmente le foglie carat-
teristiche son rappresentate ovali cordate ottu-
se , e malgrado tutto questo Egli trova un'esat-
ta somiglianza fra la sua pianta , e la figura del-
la Scrophularia aquatica montana mol/iordìYi^r-
relier, la quale ha le foglie molto allungate, ed
acute, e le orecchiette decisamente sulla lun-
ghezza dei piccioli (i) .
l^na òcrophu/aria auricidata trovasi anche
fi) ScropTiii^aria aiiriculata. Soop. Fi. Cam. Ed,
2, T. X, p. 446 n. 777 Tab. 5'2.
Se foI'ì<; co d'ttìs stibtwi fomento 'is oblongi;centia ^vdlis bievissimis^
dentibwi inaequalibus , ovatis obmsiusculis , inferiora.
basi pinnata , pinnulis ^-^ , lobo terminali majore cor-
dato aut v7>ato. Desfoat. loc. cit.
(i) inolia cordata 5 duplicato-serrata jobtusa ubi-
que, nuda Willd. Spec. Plant. T. 5 , p. 271
E più busso — Speuimina niea qiiae a Glarissiino
Bellardi accepi , cuni figui'a Lobelii , et descripfio-
ne Lifinaci cunveniunt praeter tonientum in diaj^noai
sub foLiis notatum.
2/Ì9
la pianta sua è diversa da quella di Linneo , e
di 13esf;jntaines. E siccome egli dichiara di aver-
ne ricevuti gli esemplari dai Bellaiidi , elle que-
sta una ragione per credere che la pianta da
lui descritta sia quelTistessa di cui parlò Allioni
nella Fiora Pedemontana , colla denominazione
di Scr. auriculata , sicuramente diversa &>x quel-
la di Linneo. Or questa Scrophidaria deli'Allio-
ni attualmente porta il nome di Scrophidaria
Balbisii , e cosi trovasi annunziata in un Cata-
logo dell'Orto di Copenaghen del Prof. Horne-
tnan , nei Catalogo dell'Orto di Torino per l'an-
no i8i3 del Prof. Balbis , nel Supplemento all'
Enumerazione dell'Orto di Berlino di Willde-
now , e finalmente trovasi descritta, e illustrata
nel modo che segue , nel Pugillo secondo Pian-
tarum minus cognitarum del Sig. Sprengel pag.70.
Scrophularia Balbisii. JFilld. S ippl. [\i.
Sc.foliis subcordatis ohtusis crenatis utrinqiie
glahris , inferiordms appendiculatis , petioUs dda-
tatis , panicida terminali aphyila.
Scr Balbisii. Hornem. Cat.hort.hafn.Supjìl.
2 , p. la. Balbis catal. hort. taurin. i8i3, j>.6g.
Scr. auriculata. Allioni Fi. Pedem. n. 200
( fide Balbisii ) Habitat in fossis agri niceaensis.
Caulis tetragonus quadripedalis , glaberrimus
basi ramosus. Rami jjatentissimi. Folio opposita
subcordata obtusa , utrinque glabra , opaca , cre-
nata, injìvia appendiculata ; petioli canaliculati
dilatati. Panicula terminalis aphjlla : rami sub-
17
2^0
trifidi glabri. Caìjx ohtusus màrgine membrana»
ceus. Corolla atropurpurea.
Scrophularia auriculata Lin. differt foliii
subtus villoso-tomentosis., petiolis aequalibus^HuC
unica icon BarreL t. 2'74 ( Scrophularia aquati-
ca montana vnoWioT^trahenda. Bene describitur
a Desfont. Fi. Ali. a , p. 56. Sed Lob. ic. 533 ,
minime ad hanc , sed ad Scrophulariam aquati-
Cam pertinet.
Nella surriferita descrizione si ravvisa fa-
cilmente la Se. aquatica L. Fusto tetragono , fo-
glie sul)cordate ottuse crenate, i piccioli dilata-
ti , e glabrizie universale , insomma tutti i ca.
ratleri, che tutti i botanici accordano a delta
specie, colla sola differenza delle foglie inferio-
ri appendiculate , il qual carattere è benissimo
espresso nella figura della Betonica aquatica se-
ptentrionalium di Lobel , che Sprengei ha ragio-
ne di voler separare dalla S. awiculato- Lin., e
non ha il torto di dichiararla appartenente alla
S. aquatica L. Imperocché io credo di potere as-
sicurare , che la Scr. Balbisii non è che una sem-
plice, e accidentale varietà della Saquatica. Qui
nel Giardino di Pisa ci ho due piante di S. Bal-
bisii , che una nata di semi provenienti dall'Or-
to di Torino , e l'altra di semi mandatimi dall'
Orto di Vienna , e in ambedue ho potuto osser-
vare , che in alcuni fusti, su tutti i piccioli in-
feriori, in prossimità alla base delle foglie ci so-
no due orecchiette ottuse, e qualche volta un'
orecchietta da un lato solo , e talora accade che
le orecchiette non son bene staccate e distinte,
ma [>iù o meno attaccate al lembo , ovvero il
lembo (Iella foglia dilatato, e sporgente alla ba-
se , come se mostrar volesse una formazione in-
completa di orecchiette ; mentre poi in altri fu-
sti le foglie tutte sono intiere , semplicemente
cordate , e senza apparenza di appendici , e la
Se. aquatica comunissima lungo i fossi della
pianura Pisrina , d'altronde in tutto, e per tutto
simile alla Se. Bu/òisii , bene spesso si trova col-
le foglie inferiori nello stesso modo appendicu-
late. Bisogna dunque levare dal numero delle
specie la. S:.Balòisu, ed aggiungere a.[\a. Se. aqua-
tica una varietà , indicandola così
Serophularia aquatica var.foliis auriculatis.
Serophularia B dhisii. Hornem. Cat. Hafn.
Suppl. 2 , p. la. Sj)reng. pug. i , pag.yo.
e a questa riportare le figure di Dalechamp, Ge-
rard , Dodoneo , e Lobel, citate di sopra ai nu-
meri 2 , 3, e di più la Serophularia aquatica di
Blacchwel Herb. t. 86 , che benissimo la rappre-
senta (i) .
In quanto alla S. aurìculata di Linneo , io
non la conosco , ma come ho detto di sopra,
pare indubitato che ella sia la medesima specie
(l) Qnì pure appartiene la Scroph-uJarìa radice
fibrosa Moris. H. 2 , p. 482, Sect. 5, tab. 8, f. 4,
die è una figura cattiva è vero, ma che pure in-
dica questa varietà, con alcune foglie appendicula-
i*i » ed altre nò.
17 2
che la S. aurìculata di DesfontaineS, flalla quaté
bisogna però levare il sinonimo di Lobel. Spren-
gel asserisce che a questa deve riportarsi la S.
aquatica montana mollior ài Barrelier , ma oltre
che non ci conviene per la figur-a diversa del-
ie foglie , Linneo gli aveva di già levato questa
sinonimo, e nessuno meglio di lui era in grado
di giudicare se gli ci apparteneva o nò. È vero
peraltro che non è niente ben collocato alla S.
betonicaefolia , e penso che la pianta di Barre-
lier debba togliersi di mezzo , fino a che non si
trovi qualche nuova specie, che ben la somigli.
La S. aurìculata di Scopoli, è stata chiama-
ta Scr. Scopolii da Hoppe , che probabilmente
l'avrà anche illustrata , ma io non ho potuta
consultare le Centurie ov'esso ne parla , e dalla
semplice , e meschina frase (i) riportata da Per-
soon Synops. i ,p. i6o. nulla ne so comprende-
re, che ne faciliti la cognizione. D'altronde tro-
vo, che Loiseleur nelle aggiunte alla Flora Gal-
lica ( Notice sur les plantes à ajouter etc. />. 95. )
riporta questa specie con una frase poco diver-
sa da quella di Persoon (i), e ci unisce per si-
nonimo la Scrophularìa glanclulosa (\\ Waldsteirt
e Ritaibiel , il che pone il colmo alla confusio-
(1) Scr. Scopolii ^oZ. inferiorihus ter natis corda'
tis crenato-dentatia , super io ribii9 ìntegris , floribus
racemosopanìculatrs , bracteis ovato-lanceolatis apio»
integerrimis. Hoppe Cent. Flant. S. aurìculata Suo£.
Fi. Garn. 2, p. l\Gi fc. 3i.
255
ne , giacché ta S:r. glandulosa ha le foglie non
appenciicuìate , e pelose da ambe le pagine.
IV. Sc?ophular ili peregrina Lin.
Scrophularia peregrina glabra foliis subcor-
datis acutis dentatis , squamida corollina cordala,
stjlo incluso , calycis segmends acutis immargina'
is. Kob. Ann.
Alla sinonimia da me riportata per qnesta
specie nel Tomo secondo del Botanicon p. 171,
ci è da aggiungere la Scrophularia peregrina Ca-
mer. Hort. tab. 43 , e la Scrophularia peregrini^'.
altera. Parkins. Theatr. p. 6t i.
V. Scrophularia vernalis.lAn.
Scrophularia vernai is moUiter pubescens , fo-
liis cordatis duplicato-serratis, corollis globoso acu-
tis , squamala corollina nulla , genilalibus exser^
tis , caljcis seginentis lanceolato-obcusis immargi'
natis. Nobis. B:en.
Pianta viridi-lutescens. Pedunculilcngi nu-
di , floribus apice congestis. Coroìlae luteae.
Spontanea in marilimìs Etruriae.
Scrophularia^ flore luteo. C.B.P.p.sè36.Prodr.
p. 1 12 cum icone Moris. H. 2 , p. 43-4, s. 5 , tab,
8, fig. 2 mala.
Lamium pannonicum -lexalicuin Cìuc. liiat.
2, p. 38.
Scrophularia lutea. Tabernera. Ilist. p. gSo
cum icone bona.
Galeopsis altera luteopallida. ?ixrh.ins.TheAtv
p. 5o8 cum icone.
t>M
Scrophidarìa lutea magna amplis JbUis . J. B. ^
Hist. 3 , p. 4^2 cum icone bona.
Scrophidarìa montana maxima lati/olia. Bar*
rei* ic. 273 bona.
VI. Scrophularìa altaica. Murr.
Scrophularìa altaica viscoso-puhescens ,foliis
cordatis duplicato-acute dentatis , dentibus diver-
gentibus, corollis ovato acutis , squamala cornili'
na angusta emarginata , stjlo exserto recto., caly-
cis segmentis immarginatis , ovato-acuminatis ca-
naliculatis reflexis. Nobis. Peren.
Scrophularia d\ià\c?iJ'oliis cordatis ovatis du-
plicate dentato -serratis, dentibus basim respicien-
tibus, racemo composito aphjlloMwiT.CommQnt:
Goett. an. 1781 , p. 35, lab. 32.
Pianta pallide-viridis , glandiilis pedicella-
tìs tecta. Pedunculi 2-3 flori. Bracteae lanceola-
to-acuminalae pedunculis subaequales. Corollae
albidae , laciniis duabussuperioribusviridibus.
In horto eulta.
VII. Scrophularia glandulosa Wald&t. et Ri-
taib.
Scrophularia glandulosa viscoso pubescens .,
Jhliis subcordatis , obtuse dentatis ., squamala co-
rollina transverse-ddatata cochleariformicrena-
ta , stjlo exserto , calycis laciniis obtusis , scarìo'
so-marginatis . Nobis. Peren.
Scrophidarìa glandulosa foliis cordatis tri-
nervatis utrinque pubescentibus , petiolis ciliatis .,
pedunculis bracteisque piloso-glandulosis. ^'Adst.
ft55
et Kitaib. Pi. rar. Hung. T. 3 , p. a38, tab. 214.
Pliinta viridi-lutescens, glanduiis pedicel-
latis tecta, Corollae labium superius ( bscure ni-
bruni , lacinia inferior lutea, duae iateiales pal-
lidiusculae. In horto eulta.
"Vili. Scrophularia scorodonia Lin
Scrophularia scorodonia molliter puhescens
Joliis prof unde cordatisi argute dupUcato-serratis^
squamala coroUina transverse ovata ohtusa , stj"
lo exserto , calycis laciniis obtusis scarioso-rnargi-
natis. Nob. Peren.
Pianta obscure viridis. Corollae fusco-ru»
brae, lacinia inferiore lutesccnte.In liorto eulta.
Non conosco nessuna buona figura di que-
sta specie. Willdenow e rEneiclopedìa citano la
Scrophularia scorodoniaefoUo Moris. Hist. 3 , p.
4^2 , s. 5 , tab. 35 , fig. 6 , ma non esistono né
la tavola , né la figura , e solamente trovasene
una descrizione alla pag. 482 , n. 5. — NellEn-
ciclopedìa vien citata la Tavola 533deirillustra-
zione dei Generi , nella quale si vede rappre-
sentata la sommità di una pianta , colle foglie
punto cordate, e che pero non può appartenere
alla S. scorodonia.
IX. Scrophularia canina. L.
Scrophularia canina yb//w nitidis pinnatifi-
dis , laciniis incisis dentatis , squamala corollina
nulla , stjlo exserto inclinato , calycis laciniis ob-
tusis albo marginatis. INob. B en.
A ciò ehe n« ho detto nel Botauicou etru«
a56
scum T. 2 , p. 171 si possono aggiungere gli ap-
presso sinonimi.
Ruta canina Dalech.Hist.Lugd. p. 973. Lob.
Obs. p. 5o8. Parkins; Theatr. p. 610.
X. S.:,rophidaria lucida. Lin.
S'-rophidaria lucida foliis nitidis hipinnati-
Jidis ., laciuiis dentatis , squamala corallina trian-
gulari obtusa genitalibus exsertis , squamis cai/ci'
nis obtasis scarioso-marginatis . Nobis. 3ien.
Corolla albidO'Virescens , labio superiori., et
laciniis daabus lateralibus rubris. In horto eulta.
Ne è data una buona figura dal Boccone nel
Museo di piante rare , alla tavola rry col nome
di Sjrophularia saxatilis lucida., Laserpitii Mas-
siliensis folio , come pure è buona la figura che-
trovasi nei viaggi di Tournefort Tom. i , p. 85,
chiamata S 'rophularia ampio folio in amplas la-
einias diviso.
-dÉr
a57
Ml'egregio Amico Prof. Vetrini
FRANCESCO TANTINI.
\j ccupandomi attualmente , pregiabile
Amico , a ripetere gli sperimenti già fatti alla
presenza deiristituto di Parigi dal Sig. Dott.
Magendie sull'inattività, e ninna cooperazione
del ventricolo nell'atto del vomito , da me isti-
tuiti con altra veduta ancora di convalidare
cioè o di distruggere una savia obiezione fatta
ai medesimi dal nostro comune, ed illustre Ami-
co Andrea Vacca B ^rlinghieri, desiderawa di spe-
dirtene un ragguaglio, ma i miei sperimenti non
sono ancora né assai numerosi, né assai rigoro-
samente esatti per esporli al Pubblico , onde in
luogo di essi ti prego di accettare la seguente
descrizione.
D'un' Orangoutang:
Molli credono di avere veduto l'Orangou-
tang : pocbi sono quelli che abbiano avuto luo-
go di osservare un vero Orangoutang , essendo
estremamente scarso il numero di essi perve-
nuto in Europa.
Per favorevole combinazione da 4 ;> o 5 me-
si appunto un'animale simile , femmina , era da
Bjìiico stato trasportato a Parigi allorché io mi
18
a58
vi trovava nella primavera dell'anno 1808,
Mediante un biglietto d'ingresso, concedu-
tomi dall'esimio Naturalista Cuvier, potei a tut-
to mio agio esaminarlo.
Quest' Orangoulang femmina pertanto ,
aveva tredici mesi: era alta circa un braccio. La
sua testa , estremamente simile nel complesso
della struttura a quella di un bambino , era ro-
tonda , ricoperta da una specie di capelli , cioè
da peli più nerastri , e più fini di quelli , che
rivestivano il rimanente del suo corpo : alta e
spaziosa era la fronte, qualità caratteristica e^
scliisivamcnte propria di questa specie di qua*-
drumani , e presentava alla sua metà una linea
assai prominente diretta dall'avanti all'indietro:
gli occhi orano piccoli , accosti fra loro , vivaci
e neri : il naso per la metà superiore affatto
schiacciato , la metà inferiore un poco rilevata,
piccole ed anguste le aperture delle narici : la
bocca estremamente larga : le labbra mobilissi-
me , voluminose, assai prominenti , e di un co-
lore lividastro ; i denti , all'eccezione dei canini
che erano più acuti , ed un poco distanti dagl'
incisivi , rassomigliavano molto a quelli dell'
uomo (1) . Bigio-scuro era il colore della cute ,
(1) I denti incisivi inferiori, però, sporgono ia
fuori, ne sono già situati verticalmente , situazione
propria soltanto della specie umana , come ha avver-
tito il celebre mio Maestro » eà Amico Blumenbach \
« conforme pure all"'osservaaiono di questo Natura*
10^
«ccettuata quella parte della /accia , che com-
preade la bocca , il mento , e le parti laterali
del naso, 1? quale ^gualmeute che lepalme del-
lie mani, e le piante dei piedi erano -di colore
carnicino ; queste , come pure le labbra , gli
orecchi, e le parti genitali, erano prive dei peli
rossastri , che ricuoprivano tutto il resto del
corpo.
Le mani rassomigliavano a quelle dell'uo-
pìo : il pollice dei piedi era molto più lontano
dalle altre falangi di quello che si osservi nella
specie umana ; ed al pari di varie altre Scim-
mie , come il Pongo, il Chempaniee, cammina-
■ya essa pure appoggiandosi sul bordo esterno
dei piedi allorché si muoveva in situazione eret-
ta , ma ordinariamente cam-minava appoggian-
do nello stesso tempo le mani, ed i piedi in
terra.
La trovai assisa sopra piccola sedia , vesti-
ta con una camicia , e soprabito di seta.
Alla mia presenza bevve un poco di vino
sorbendolo a sorsi ; v'inzuppò una fetta di pa-
ne da cui , prima di mangiarlo, leccò e succhiò
il liquore; terminato di bere e di leccare gli or-
Jista ho trovato mancanti delle appendici carnose i
suoi orecchi, rassomijflianti pel rimanenfe la turma
di quelli dell'uomo: mancava pure di un mento pro-
niinente, altro carattere distintivo della specie uma-
na secondo il citato illustre Naturalista . ne era pri-
va dell'altra carafteristioa indicata da Buffon „ Iqj
fesses n'apparliennent qu'à i'espèce humamt!. ,j
2Go
li del vaso , non già lo gettò per terra , ma tran-
quillamente lo rese alla giovane che la serve.
Mangiò in seguito un pezzetto di zucchero con
pane , alternativamente cioè un pezzetto dell'
uno, e poi dell'altro. Leccò lungamente un cuc-
chiarino da caffè , con cui si divertì come un
bambino , tenendolo fra i denti , e giocolando
con esso , quindi lo posò con precauzione
sul terreno. Scherzò con la giovane mostrando
di compiacersi degli scherzi ch'essa le rendeva,e
di riderne. — ^ Prese un piccolo gatto , e se lo
pose sul capo : prese i miei guanti , cercò d'in-
trodurvi le mani , non riescendovi, tralasciò di
tentarlo , e finì c<. 1 porsele sul capo , ove sem-
bra che collochi tuttociò che può avere. Baciò
ripetutamente la sua custode.
Desinava a tavola coi padroni di casa , si ci-
bava di minestra , e l'introduceva in bocca col
cucchiaio: il suo nutrimento ordinario d'altron-
de era puramente vegetabile.
Spasseggiava per casa , e giunta nel cortile
di essa, andava or presso l'uno , or presso l'al-
tro pigionale, e si mostrava festosa e docile con
tutti ; amava però a preferenza la giovane che
la custodiva ; non amava i ragazzi , probabil-
mente memore degli strapazzi sofferti da quelli
che trovavansi sulla Nave, ov'era a bordo. — Non
dormiva mai nel corso del giorno. Se non tro-
vava il letto al solito posto, ovvero se la serven-?
te non voleva compiacerla , o di prenderla iu
26r
«olio, o di spasseggiarla, dava segni d'impazienza
precisamente uguali a quelli di un piccolo ra-
gazzo, gridava cioè, e batteva le mani, ed i piedi.
Arrivò assai ammalata a Parigi , sembrava
attaccata da una colica : era però migliorata : si
lasciava tranquillamente tastare il polso.
i6i
INDICE V
delle Memorie contenute nel presente yolunie.
VreFAZIONE. . . : . . Pag. ni
Della longitudine^ e latitudine delle Cit-
tà di Pistoja , e Prato. Del P. Giovanni In-
ghiriimi delle Scuole Pie « i
Supplemento alla precedente Memoria,
Del medesimo « 5r
Della polarità magnetica eccitata co'
raggi violetti. Esperienze del Sig. March.
Cosimo Ridolfi « 79
Nuovo metodo di dividere gVistrumen-
ti di Matematica, Del Sig. Tito Gonnella. « 85
Sopra una maniera di morire elettiva
un tempo presso i 'Romani. Del Sig. Prof.
Giacomo Barzellotti « 119
Supplementi alla Storia Naturale. Del
Sig. Gio. Federigo Blumenbach. . . « 148
Della estrazione del glutine dalle ossa.
Del Sig. (Giovanni Fabbroni. . . • . « \'j\
Sulla purificazione del Mercurio. Del
Sig. Prof. Giuseppe Branchi « ao^
/
a63
Sulla canforizzazione degli olj volatili.
Del Sig. March. Cosimo Ridolfi. . Pag. 217
Osservazioni sopra diverse piante. Del
Sig. Prof. Gaetano Savi « a3r
Descrizione di un Orangoutang. Del
Si^. Dott. Francesco T 1 » >>■■
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