Li nasali } » ” di i PI - li sin RAIL III È MUAZIETI CONTRA A ‘ È si) metti ) a i h dele Ù Uityi À i i : ' de Ù*, HA Muta i MELLA] «il; N 3 8 vid (ALI : ME ALALIT LIETCIRI pure vii i ù DAL} È Mista ; ni pa WILL suit, Nevi ‘ ‘ ba I] PIC 4 n { di diritto ecclesiastico nella R. Univ. di Torino, Grand Uff. * e — Torino, Via Principe Amedeo, 22. | Eletto alla carica ai 27 aprile 1919 per il triennio dal 20 aprile 1919 1 19 aprile 1922. TESORIERE Prato (Giuseppe), Dottore in Giurisprudenza, Professore ordinario di ] nomia politica e Scienza delle finanze nel R. Istituto supe di di ES di Torino, Socio corrispondente della R. Accad Economico-Agraria dei Georgofili in Firenze e della Société d’éconon politique di Parigi, &=. — Via Bertola, 37. Me Eletto alla carica il 7 dicembre 1919 per il triennio dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1922. uu VII CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATRMATICHE B NATURALI Direttore D’Ovidio (Enrico), Senatore del Regno, Dottore in Matematica, Professore emerito di Algebra e Geometria analitica nella R. Università di Torino, Direttore del R. Politecnico di Torino, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio ordi- nario non residente della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Cor- rispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e del- l’Ateneo di Brescia, onorario della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena e della Società matematica di Praga, Socio dell’Acca- demia Pontaniana di Napoli e della Società matematica di Parigi, Comm. *&, e Gr. Uff. ess. — Torino, Via Sebastiano Valfrè, 14. Rieletto alla carica l’11 marzo 1917 per il triennio dal 9 febbraio 1917 all'8 febbraio 1920. Segretario Paroua (Nob. Carlo Fabrizio), Dottore in Scienze naturali, Professore di Geologia e Direttore del Museo di Geologia e di Paleontologia della R. Università di Torino e Preside della Facoltà di Scienze, Socio na- zionale della R. Accademia dei Lincei, Socio residente della R. Acca- demia di Agricoltura di Torino, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della R. Accademia delle Scienze di Napoli, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, dell'Ateneo di Brescia, dell’Accademia degli Agiati in Rovereto e dell’Accademia di Verona, Membro del R. Comitato Geologico, ece., Comm. *, EB. — Torino, Palazzo Carignano. ; Rieletto alla carica il 14 dicembre 1919 per il triennio dal 16 no- vembre 1919 al 15 novembre 1922. Rasr 3a VII 0 ACCADEMICI RESIDENTI del Museo Zoologico della R. Università di Torino, Socio della R. Acca-o tal demia di Agricoltura di Torino, della Società Italiana di Scienze naturali, dell’Accademia Gioenia di Catania, Membro della Società Zoologica di Londra, dell’Accademia delle Scienze di Nuova York, della Società dei i Naturalisti in Modena, della Società Reale delle Scienze di Liegi, della Reale Società delle Scienze naturali delle Indie Neerlandesi e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Membro effettivo della. fis Società Imperiale dei Naturalisti di Mosca, Socio straniero della si British Ornithological Union, Socio straniero onorario del Nuttall Orni- thological Club, Socio straniero dell'American Ornithologists” Union, e — iS È Membro onorario della Società Ornitologica di Vienna, Membro ordi- Sa nario della Società Ornitologica tedesca, Comm. &s8, Cav. dell'O. di S. Gia- 55 como del merito scientifico, letterario ed artistico (Porn — Torino, a Via Principe Tommaso, 17. “g 29 gennaio 1871 - 9 febbraio 1871. — Pensionato 21 marzo 1878. A D'Ovidio (Enrico), predetto. i 29 dicembre 1878 - 16 gennaio 1879. — Pensionato 28 novembre 1889. "9 5 Naccari (Andrea), predetto. ie Ss 5 dicembre 1880 - 23 -dicembre 1880. — Pensionato 8 giugno 1893. hO) E Segre (Corrado), Dottore in Matematica, Professore di Geometria superiore _ -D nella R. Università di Torino, Socio nazionale della R. Accademia dei si, j Lincei e della Società Italiana delle Scienze (detta dei XL), Membro onorario della Società Filosofica di Cambridge e delle Società Mate- _ matiche di Londra e di Calcutta, Socio straniero dell’Accademia delle Scienze del Belgio e di quella di Danimarca, Socio corrispondente della Società Fisico-Medica di Erlangen, dell’Accademia delle Scienze tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Socio onorario dell’Accademia Bur: di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, # e Comm. ds. — i Corso ‘Vattorio pg 85. Torino, Via Barbaroux, 4. LN 25 gennaio 1891 - 5 febbraio 1891. — Pensionato 22 giugno 1999. i È IX È Jadanza (Nicodemo), Dottore in Matematica, Professore ordinario di Geodesia pa teoretica nella R. Università di Torino e di Geometria pratica nel R. Po- (A litecnico, Socio dell’Accademia Pontaniana di Napoli, dell’Accademia d Dafnica di Acireale e della Società degl’Ingegneri Civili di Lisbona, = Membro effettivo della R. Commissione Geodetica italiana, Comm. ee. È — Torino, Via Madama Cristina, 11. do: 3 febbraio 1895 - 17 febbraio 1895. — Pensionato 17 ottobre 1902. Foà (Pio), Senatore del Regno, Dottore in Medicina e Chirurgia, Professore ordinario di Anatomia Patologica nella R. Università di Torino, Socio na- zionale della IR. Accademia dei Lincei, uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere e del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Presidente della Giunta di Vigilanza dell'Istituto di Magistero per l'educazione fisica, Membro dell’Opera Nazionale per gl’invalidi della guerra in Roma, ecc., ecc., Comm. % €, — Torino, Corso Valentino, 40. 8 febbraio 1895 - 17 febbraio 1895. — Pensionato 9 novembre 1902 Guidi (Camillo), Ingegnere, Professore ordinario di Statica grafica e Scienza delle costruzioni e Direttore dell’annesso Laboratorio sperimentale dei materiali da costruzione nel R. Politecnico in Torino, Corrispondente della Reale Accademia dei Lincei, Uff. &, Comm. @&&. — Torino, Corso Valentino, 7. 81 maggio 1896 - 11 giugno 1896. — Pensionato 11 giugno 1903. Parona (Nob. Carlo Fabrizio), predetto. 15 gennaio 1899 - 22 gennaio 1899. — Pensionato 21 gennaio 1909. Mattirolo (Oreste), Dottore in Medicina, Chirurgia e Scienze naturali, Professore ordinario di Botanica e Direttore dell'Istituto botanico della R. Università di Torino, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Uno dei XL della Società italiana delle Scienze, Socio della R. Acca- demia di Medicina, Presidente della R. Accademia di Agricoltura di Torino e della Società botanica italiana, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell’Accademia delle Scienze del R. Istituto di Bologna, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed r Arti di Modena, della Società di Scienze naturali di Mosca, della Roya? Botanical Society di Edinburgh, della Società Veneto-Trentina, della Società Antonio Alzate di Mexico, ecc., Comm. #&#, Officier du mérit N 3 agricole. — Torino, Orto Botanico della R. Università (al Valentino). = Li 10 marzo 1901 - 16 marzo 1901. — Pensionato 15 dicembre 1910. > # Grassi (Guido), Professore ordinario di Elettrotecnica e Direttore della $ i: scuola Galileo Ferraris nel R. Politecnico di Torino, Socio ordinario i della R. Accademia di Scienze fisiche e matematiche di Napoli, del- e” l'Accademia Pontaniana e del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli, Corrispondente della R. Accademia dei Lincei, Membro della Commis- sione superiore metrica al Ministero di Agricoltura, Industr. e Comm., Membro del Consiglio Superiore dei servizi elettrici al Ministero delle Poste e Telegrafi, Uff. #, Comm. se. — Torino, Via Cernaia, 40. 9 febbraio 1902 - 23 febbraio 1902, — Pensionato 30 novembre 1911, pre X Somigliana (nob. Carlo), Dottore in Matematiche, Professore ordinario di Fisica matematica e incaricato di Meccanica razionale nella R. Uni- versità di Torino, rappresentante dell’Accademia nel Consiglio ammi- nistrativo del R. Politecnico di Torino, Socio nazionale della R. Acca- demia dei Lincei, Socio nazionale della Società italiana delle Scienze (detta dei XL) e corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, &, Comm. «4. — Corso Vinzaglio, 75. 2 5 marzo 1905 - 27 aprile 1905. — Pensionato 20 luglio 1913. Panetti (Modesto), Dottore in Matematica, Ingegnere, Professore di mec- canica applicata alle macchine e di Costruzioni Aeronautiche nel R. Politecnico di Torino, Comm. #8, cav. &. — Via S Francesco da Paola, 36. 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. — Pensionato 27 aprile 1919. Ponzio (Giacomo), Dottore in Chimica, Professore ordinario di chimica ge- nerale, Direttore dell'Istituto di chimica generale della R. Università di Torino. — Torino, Corso Massimo d’ Azeglio, 48. 10 marzo 1918 — 21 marzo 1918. Sacco (Federico) Dottore in Scienze, Professore ordinario di Geologia ap- plicata e Direttore del Museo geo-mineralogico nel R. Politecnico di. Torino, Professore incaricato di Paleontologia nella R. Università; Socio della R. Accademia d’Agricoltura di Torino; Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei, dell'Ateneo di Brescia e della Geological Society di Londra; Membro onorario della Société belge de Géologie, de Paléontologie et d' Hydrologie; Membro del R. Comitato geologico ita- liano. Comm. gem. — Torino, Corso Vittorio Emauuele Il, n° 18. 10 marzo 1918 - 21 marzo 1918. Majorana (Quirino), Dottore in fisica, Ingegnere, Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei, Professore ordinario di Fisica sperimentale nel R. Politecnico di Torino, Comm. # e esa. — Torino, Corso Duca di Genova, 1. 10 marzo 1918 - 21 marzo 1918. XI ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI Yolterra (Vito), Senatore del Regno, Dottore in Fisica, Dottore onorario in Matematiche della Università Fridericiana di Christiania, Dottore onorario in Scienze della Università di Cambridge, Dottore onorario in Filosofia della Università di Stockholm, Dottore onorario in Fisica della Clark University di Worcester (Mass.), Dottore honoris causa della Sor- bona (Università di Parigi), Professore di Fisica matematica, incaricato di Meccanica superiore, Direttore del Seminario Matematico della Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali nella R. Università di Roma, Professore d’analisi all’Università di Stockholm (1906), Pro- fesseur agréé à la Sorbonne (1912), Louis Clark Vanuxem lecturer (1912) all’Università di Princeton N. J., HitehKkok lecture (1919) all'Università di California, Berkeley, Cal., Presidente della Società Italiana delle Scienze (detta dei XL), Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Accademico corrispondente della R. Accademia delle Scienze dell’Isti- tuto di Bologna, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio corrispondente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, Socio onorario del l'Accademia Gioenia di Scienze naturali di Catania, Membro nazionale della Società degli Spet- troscopisti italiani, Membro straniero della Società Reale di Londra, Membro della Royal Institution of Great Britain (Londra), Associato straniero dell'Istituto di Francia (già Socio corrispondente nella Sezione di Geometria dell’Accademia delle Scienze di Parigi), Membro straniero nella Classe di Matematica pura della Reale Accademia Svedese delle scienze, Membro onorario straniero della Società Reale di Edimburgo, Membro straniero dell’Accademia nazionale delle Scienze (Stati Uniti d'America, Washington), Membro straniero della American Philosophical Society for Promoting Useful Knowledge di Philadelphia (Pa), Membro E ordinario della Società Reale delle Scienze di Upsala, Associato della Sezione di Scienze matematiche e fisiche dell’Accademia Reale delle Scienze, Lettere e Belle Arti del Belgio, Membro corrispondente della Accademia delle Scienze di Pietrogrado, Membro onorario dell’Acca- demia Rumena di Bucarest, Membre du Bureau della Società matema- tica di Francia, Membro onorario della Società Matematica di Londra, Membro onorario della Società matematica di Kharkow, Membro ono- rario della Società matematica di Calcutta, Membre du Bureau della Società fisica di Francia, Membro onorario della Società di Scienze fisiche e naturali di Bordeaux, Membro corrispondente della Società Scientifica di Buenos Aires, Membro onorario dell’ Harvard Mathematical Ciub in Cambridge (Mass.), Vice-Presidente del R. Comitato Talassografico ita- liano, Presidente della R. Commissione tecnica per gl’Istituti di Previ- denza, Presidente dell’Associazione Italiana per l’Intesa intellettuale fra i paesi alleati ed amici, ecc., ©, $&, e. — Roma, Via in Lucina, 17. 8 febbraio 1895 - 11 febbraio 1895. Golgi (Camillo), Senatore del Regno, Presidente del Consiglio Superiore di Righi (Augusto), Senatore del Regno, Dottore, Professore ordinario di Fisi Tana delle Scienze, detta de XL; Socio RE dell’ Scalea sa delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli, dell’Accademia d Scienze dell'Istituto di Bologna e del Reale Istituto Lombardo di Scienzo e Lettere in Milano, &, «3, ©. — Pisa, Via Manzoni, 3. 13 febbraio 1898 - 24 febbraio 1898. Sanità, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei di Roma, Dottore in Scienze ad honorem dell’Università di Cambridge, Membro onorario “Mi dell’Università Imperiale di Charkoff, uno dei XL della Società Italiana : delle Scienze, Membro della Società per la Medicina interna di Berlino, . Membro onorario della Imp. Accademia Medica di Pietrogrado, della te 4 Società di Psichiatria e Neurologia di Vienna, Socio corrispondente onorario della Neurological Society di Londra, Membro corrispondente > della Société de Biologie di Parigi, Membro dell’Academia Caesarea Leo- TA, poldino-Carolina, Socio della R. Società delle Scienze di Gottinga ca i delle Società Fisico-mediche di Wiirzburg, di Erlangen, di Gand, Membro della Società Anatomica, Socio nazionale della R. Accademia delle Scienze di Bologna, Socio corrispondente dell’Accademia di Medicina di Torino, Socio onorario della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Si Padova, Socio corrispondente dell’Accademia Medico-fisica Fiorentina, È della R. Accademia delle Scienze mediche di Palermo, della Società Medico-chirurgica di Bologna, Socio onorario della R. Accademia Me. dica di Roma, Socio onorario della R. Accademia Medico-chirurgica di rà Genova, Socio corrispondente dell’Accademia Fisiocritica di Siena, del-. l'Accademia Medico-chirurgica di Perugia, della Societas medicorum —— Svecana di Stoccolma, Membro onorario dell’ American Neurological Asso-. i da ciation di New-York, Socio onorario della Royal Microscopical Society di pi Londra, Membro corrispondente della R. Accademia di Medicina del Belgio, Membro onorario della Società Freniatrica italiana e dell’Asso- È ciazione Medico-Lombarda, Socio onorario del Comizio Agrario di Pavia, Professore ordinario di Patologia generale e di Istologia nella R. Uni- È versità di Pavia, Membro effettivo del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Membro onorario dell’Università di Dublino, Socio corrispon- È dente della Società Medica di Batavia, Membro straniero dell’Accademia di Medicina di Parigi, Membro onorario dell’Imperiale Società degli alienisti e neurologi di Kazan, Socio emerito della R. Accademia Me. dico-Chirurgica di Napoli, Socio corrispondente dell’Imp. Accademia delle Scienze di Vienna, Socio onorario della R. Società dei Medici Lt Vienna, Comm. $, Gr. Cr., Gr. Cord., &®, Cav. ii. — Pavia, Corso - Vitt. Eman. 77. ° 15 febbraio 1898 - 24 febbraio 1898. > pera Ù) “ GG caricato dell’insegnamento della Fisica per i Medici, Farmacis XIII Accademia delle Scienze del R. Istituto di Bologna, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, dell’Accademia di Padova, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, dell’Accademia di Scienze naturali ed eco- nomiche di Palermo, dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali di Catania, Membro della Società degli Spettroscopisti Italiani, Uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Dottore in Filosofia honoris causa dell'Università di Gottinga, di Erlangen, Membro corrispondente del- l'Accademia di Parigi, dell’Accademia delle Scienze di Pietrogrado, di Lund, dell’Accademia Olandese di Haarlem e della Società Reale delle Scienze di Upsala, Membro onorario della Philosophical Society di Cambridge, della Società Reale di Edinburgo, della Royal Institution della Gran Bretagna, della Società Antonio Alzate del Messico, della Società di Scienze naturali di Mosca, della Società di Fisica di Ginevra, Uno dei 12 Soci onorari della Società Fisica di Londra, Membro stra- niero della R. Società delle Scienze di Gottinga, Membro onorario __ dell’Istitution Electrical Enginers di Londra, Comm. &, Gr. Uff. aa, dii. — Bologna, Via Irnerio, 46. 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. _ Taramelli (Torquato), Dottore, Professore ordinario di Geologia e Incari- cato di Paleontologia nella R. Università di Pavia, Membro del R. Co- mitato Geologico e del R. Consiglio di Meteorologia e Geodinamica, Socio ordinario del Comizio Agrario di Pavia, Membro effettivo del «— _———’1—1RealeIstituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio degli Atenei di Brescia e Bergamo, delle Accademie di Udine, di Verona e di Spoleto, della 29 Società Agraria Istriana, della Società dei Naturalisti di Modena, della È R. Accademia dei Georgofili di Firenze, Uno dei XL della Società Italiana N delle Scienze, Socio Nazionale della R. Accademia dei Lincei, dell’Ac- cademia delle Scienze della Società Reale di Napoli, dell’Accademia delle Scienze del R. Istituto di Bologna, dell’I. R. Accademia delle Scienze di Rovereto, Socio onorario delle Società Alpine di Udine e di Trento, dell’I. R. Istituto geologico di Vienna, della Società Reale delle Scienze del Belgio, della Società Elvetica di Scienze naturali, 79 della Società di Scienze naturali di Filadelfia, Gr. Uff. €52, #, Cav. £. o | — Pavia, Via Volta, 24. 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. Bertini (Eugenio), Dottore, Professore ordinario di Geometria superiore È nella R. Università di Pisa, Professore onorario dell’ Università di Pavia, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Membro effet- tivo del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente della R. Accademia . delle Scienze di Lucca, &, €. — Pisa, Lungarno Mediceo, Palazzo Schiff. Eì 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. Pirotta (Romualdo), Dottore, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, uno dei XL della Società italiana delle Scienze, Socio corrispondente » EIA Ure di scienze, lettere ed arti, Professore ordinario di Potato at x del R. Istituto e Orto Botanico dell'Università di Roma, Comm. : Roma, Via Milano, 41, Istituto Botanico. Do "Si 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. a Va la | i. Ròiti (Antonio), Dottore, Professore emerito del R. Istituto di s ud <- ARI riori in Firenze, Vice Presidente della R. Accademia dei Li "PE Roma, Lungotevere Farnesina, 2. PA 24 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. 2 È È 5 ACCADEMICI STRANIERO n Klein (Felice), Professore nell'Università di Gottingen. — 10 egiaì 18° D- 24 gennaio 1897. 568 Noether (Massimiliano), Prof. nell'Università di Erlangen. — 15 en - i - 12 giugno 1910. i Thomson (John Joseph), Professore néll’Università di Cambridge. di I di 44. > bat A x ° CORRISPONDENTI Sezione di Matematiche pure. Cantor (Maurizio), Professore nell'Università di Heidelberg. — 25 giugno 1876. Schwarz (Ermanno A.), Professore nella Università di Berlino. — 19 di- cembre 1880. Jordan (Camillo), Professore nel Collegio di Francia, Membro dell'Istituto di Francia (Parigi). — 12 gennaio 1896. Mittag-Leffler (Gustavo), Professore all’Università di Stoccolma. — Id. id. Picard (Emilio), Professore alla Sorbonne, Membro dell’Istituto di Francia (Parigi). — 10 gennaio 1897. Castelnuovo (Guido), Prof. nella R. Università di Roma. — 17 aprile 1898. Zeuthen (Gerolamo Giorgio), Professore nella Università di Copenhagen. — 14 giugno 1908. Hilbert (Davide), Prof. nell'Università di Gottingen. — Id. id. Enriques (Federico), Prof. nell’ Università di Bologna. — 15 maggio 1910. Berzolari (Luigi), Professore nella R. Università di Pavia. — 24 febbr. 1918. Marcolongo (Roberto), Professore nella R. Università di Napoli. — Id. id. Pincherle (Salvatore), Professore nella R. Università di Bologna. — Id. id. Ricci-Curbastro (Gregorio), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id. Severi (Francesco), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id. Sezione di Matematiche applicate, Astronomia e Scienza dell’ingegnere civile e militare. Ewing (Giovanni Alfredo), Professore nell’ Università di Edinburg. — 27 maggio 1894. Celoria (Giovanni), Senatore del Regno, Direttore dell’Osservatorio di Mi- lano. — 12 gennaio 1896. Cerulli (Vincenzo), Direttore dell’ Osservatorio Collurania, Teramo. — 15 maggio 1910. Boussinesq (Valentino), Membro dell’Istituto di Francia, Professore nella Università di Parigi. — Id. id. Levi-Civita (Tullio), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id. Albenga (Giuseppe), Professore nella R. Università di Bologna. — 24 feb- braio 1918. Colonnetti (Gustavo), Professore nella R. Università di Pisa. — Id. id. Maggi (Gian Antonio), Professore nella R. Università di Pisa. — Id. id. Mesnager (Agostino), Professore e Direttore dei Laboratori della Scuola Nazionale dei Ponti e Strade. Parigi. — 29 dicembre 1918. XVI è i. Rontgen (Guglielmo Corrado), Professore nell'Università di Miinchen. - 14 giugno 1903. O Lorentz (Enrico), Professore dell’Università e Curatore del. «Laboratorio. Teyler di Haarlem. — 14 giugno 1903. Garbasso (Antonio), Professore nel R. Istituto di Studi superiori di Firenze. o#) — 15 maggio 1910. A Neumann (Carlo), Professore nell'Università di Lipsia. — Id. id. Zeeman (P.), Professore nell'Università di Amsterdam. — Id. id. Cantone (Michele), Professore nell'Università di Napoli. — Id. id. Corbino (Orso Mario), Professore nella R. Università di Roma. — 24 feb- braio 1918. i Lombardi (Luigi), Professore nel Politecnico di Napoli. — Id. id. Marconi (Guglielmo), Dottore in scienze, Londra. — Id, id. : Palazzo (Luigi), Direttore del R. Ufficio Centrale di Meteorologia e caos > dinamica. — Id. id. Sezione di Chimica generale ed applicata. Paternò (Emanuele), Senatore del Regno, Professore nella R. Università di Roma. — 2 gennaio 1881. È Kòrner (Guglielmo), Professore nella R. Scuola superiore d'Asde ino È; Milano. — Id. id. 3 Dewar (Giacomo), Professore nell'Università di Cambridge. — 14 giugno 1903. Ciamician(Giacomo), Senatore del Regno, Professore nell’ Università di Bo- logna. — Id. id. Ostwald (Dr. Guglielmo), Gross Bothen (Sachsen). — 5 marzo 1905. Arrhenius (Svante Augusto), Professore e Direttore dell’ Istituto Fisico del. | l’Università di Stoccolma. — Id. id. Nernst (Walter), Professore nell’ Università di Berlino. — Id. id. lE Haller (Albin), Membro dell'Istituto di Francia, Professore nell’ Università x di Parigi. — 15 maggio 1910. n Willstiitter (Richard), Professore, Institut, Berlin. — Id. id. Engler (Carlo), Professore nella Scuola superiore tecnica si mp alii i Angeli (Angelo), Professore nel R. Istituto di Studi superiori e di Perfe Ò I zionamento di Firenze. — 24 febbraio 1918. Di E Le Chatelier (Enrico Luigi), dell’Istituto di Francia, Puig — Id. id. Di Nasini (Raffaele), Prof:ssore nella R. Università di Pisa. — Id. id. i È DI Piutti (Arnaldo), Professore nella R. Università di Napoli. — Id. id, Mg» Bruni (Giuseppe), R. Politecnico di Milano. — 15 giugno 1919. È i XVII Sezione di Mineralogia, Geologia e Paleontologia. Capellini (Giovanni), Senatore del Regno, Professore nella R. Università di Bologna. — 12 marzo 1882. Tscherimak (Gustavo), Professore nell'Università di Vienna. — 8 febbraio 1885. Geikie (Sir Arcibaldo), Direttore del Museo di Geologia pratica. — Londra, 3 dicembre 1895. Liebisch (Teodoro), Professore nell'Università di Gottinga. — 28 gennaio 1898. Groth(Paolo Enrico), Professore nell'Università di Monaco. — 13 febbraio 1898. Issel (Arturo), Professore nella R. Università di Genova. — 14 giugno 1903. — Goldschmidt (Viktor), Professore nell’Univ. di Heidelberg. — 5 marzo 1905. Suess (Frane. Edoardo), Professore nella “ Deutsche Technische Hochschule, di Praga. — Id. id. Haug (Emilio), Professore nell'Università di Parigi. — Id. id. Lacroix (Alfredo), Membro dell’Istituto di Francia, Professore al Museo di Storia naturale di Parigi. — 15 maggio 1910. Kilian (Carlo), Professore nell’ Università di Grenoble. — Id. id. Artini (Ettore), Professore e Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano. — 24 febbraio 1918. Brugnatelli (Luigi), Professore nella R. Università di Pavia. — Id. id. Dal Piaz (Giorgio), Professore nella R. Università di Padova. — Id. id. De Stefani (Carlo), Professore nel R. Istituto di Studi superiori e di Per- fezionamento in Firenze. — Id. id. Sezione di Botanica e Fisiologia vegetale. Saccardo (Andrea), Professore nella R. Università di Padova. — 8 feb- braio 1885. Goebel (Carlo), Professore nell'Università di Monaco. — 13 febbraio 1898. Penzig (Ottone), Professore nell'Università di Genova. — Id. id. Wiesner (Giulio), Professore nell'Univ. di Vienna. — 14 giugno 1903, Klebs (Giorgio), Professore nell'Università di Halle. — Id. id. Mangin (Luigi), Membro dell’ Istituto di Francia, Professore al Museo di Storia naturale di Parigi. — 15 maggio 1910. De Vries (Ugo), Professore nella Università di Amsterdam. — 13 genn. 1918. Bower (Federico Orpen), Professore nella Università di Glasgow. — 24 feb- braio 1918. De Toni (Giovanni Battista),, Professore nella R. Università di Modena. — Id. id. Sezione di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparata. Waldeyer (Guglielmo), Professore nell’ Università di Berlino. — 1° di- cembre 1889. ; Roux (Guglielmo), Professore nell'Università di Halle. — 13 febbraio 1898. Atti della RP. Accademia — Vol. LV. B do: bhe z cm * ona di ie fs vin f I] s . Boulenger (Giorgio Alberto), Assistente al Museo di Storia na nta Londra. — 28 gennaio 1900. I e Marchand (Felice), Professore nell'Università di Leipzig. — 14 giu È Weismann (Augusto), Professore nell'Università di Freiburg i Br. \Bad uo 5 marzo 1905. "tal Lankester (Edwin Ray), Direttore del British Museum of Natural si — Id. id. a Ramòn y Cajal (Santiago), Professore nell’ Università di Madrid. - — © 15 maggio 1910. ip Kossel (Albrecht), Professore nell'Università di Heidelberg. — la. ia. “RE 1 Albertoni (Petro), Professore nella Università di Bologna. — 24 febbr. 1‘ 8. Bovero (Alfonso), Professore alla Facoltà di Medicina, S. Paolo del Brasil D — Id. id. Chiarugi (Giulio), Professore nel R. Istituto di Studi superiori e di P. zionamento. — Id. id. Grassi (Giovanni Battista), Professore nella R_ Università di ICT —Id.i Vialleton (L.), Professore di Anatomia Microscopica, Montpellier. — Id. Rosa (Daniele), Professore nella R. Università di Modena. — Id. id. 3 I XIX CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE B FILOLOGICHE Direttore. Boselli (S. E. Paolo), Primo Segretario di S. M. per l'Ordine Mauriziano e Cancelliere dell'Ordine della Corona d’Italia, Dottore aggregato alla Fa- coltà di Giurisprudenza della R. Università di Genova, già Professore nella R. Università di Roma, Professore onorario della R. Università di Bologna, Presidente dell'Istituto Storico Italiano, Presidente del Consiglio degli Archivi, Socio corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, della Classe di scienze morali della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, della R. Accademia delle Scienze di Mo- dena, Socio onorario della Società Minerva di Trieste, Membro ono- rario nazionale dell’ Istituto di Storia del Diritto Romano della R. Università di Catania, Socio corrispondente dell'Ateneo di Brescia, Socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, Presidente della R. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie e la Lom- bardia, Presidente della Società di Storia Patria di Savona, Socio onorario della Socîetà Ligure di Storia Patria, Socio onorario dell’Ac- cademia di Massa, Socio della R. Accademia di Agricoltura, Corrispon- dente dell’Accademia Dafnica di Acireale, Presidente onorario della Società di Storia Patria degli Abruzzi in Aquila, Presidente del Con- siglio Centrale della Società Dante Alighieri, Presidente del Consiglio di Amministrazione del R. Politecnico di Torino, Presidente del Co- nsiglio Superiore della Marina Mercantile, Deputato al Parlamento na- zionale, Presidente del Consiglio Provinciale di Torino, Presidente del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento, Cav. 0. S. SS. A., Gr. Cord. & e «&, Gr. Cr. della L. d’O. di Francia, Gr. Cord. dell’Or- dine di Danilo del Montenegro, dell'Ordine del Sole Levante del Giap- pone, Gr. Uffiz. 0. di Leopoldo del Belgio, Uffiz. della Cor. di Pr., e C. O. della Concezione del Portogallo. — Torino, Piazza Maria Teresa, 3. Rieletto alla carica il 4 maggio 1919 per il triennio dal 20 aprile 1919 al 19 aprile 1922. XX Segretario. Stampini (Ettore), Dottore in Lettere ed in Filosofia, Professore ordinario di Letteratura latina, Direttore della Biblioteca e già Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere nella R. Università di Torino, Socio cor- rispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, della R. Accademia Peloritana di Messina, dell'Ateneo di Brescia, della R. Accademia Virgiliana di Scienze, Lettere ed ‘Arti di Mantova, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Socio onorario dell’Accademia di Agricoltura, Scienze, Lettere di Verona, Direttore della Rivista di Filologia e d’Istruzione classica, già Membro del Con- siglio e della Giunta Superiore dell’Istruz. Pubblica, Decorato della Medaglia del Merito Civile di 1* Classe della Repubblica di S. Marino, Uff. *, Comm. «e. — Piazza Vittorio Veneto, 10. Rieletto alla carica il 4 maggio 1919 per il triennio dal 20 aprile 1919 al 19 aprile 1922. : ACCADEMICI RESIDENTI Boselli (Paolo), predetto. 15 gennaio 1888 - 2 febbraio 1888. — Pensionato 13 ottobre 1897. Pizzi (Nobile Italo), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Persiano e Sanscrito nella R. Università di Torino, Socio corrispondente della Società Colombaria di Firenze, Dottore onorario dell’Università di Lovanio, Socio corrispondente dell'Ateneo Veneto, dell’Accademia Petrarchesca d'Arezzo, dell’ Accademia Dafnica di Acireale, dell’ Accademia dell’ Arcadia di Roma, dell'Accademia Reale di Napoli, dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, della R. Accademia Peloritana di Messina, +, e». — Torino, Corso Vittorio Emanuele, 16. 8 gennaio 1899 - 22 gennaio 1899. — Pensionato 16 giugno 1907. De Sanetis (Gaetano), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Storia antica nella R. Università di Torino, Socio ordinario della Pontificia Accademia romana di Archeologia, * e «8. — Torino, Corso Vittorio Emanuele, 44. 21 giugno 1903 - 8 luglio 1903. - Pensionato 15 febbraio 1912. Ruffini (Francesco), predetto. 21 giugno 1903 - 8 luglio 1903. — Pensionato 19 giugno 1913. Stampini (Ettore), predetto. 20 maggio 1906 - 9 giugno 1906. — Pensionato 24 gennaio 1915. b i l XXI | Brondi (Vittorio), Dottore in Giurisprudenza, Professore ordinario di Diritto amministrativo e Scienza dell’Amministrazione nella R. Università di Torino, Membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e della Sezione della Giunta per l'Istruzione primaria e popolare, Socio corrispondente onorario del Circolo di Studi sociali di Firenze, Membro della Società internazionale per lo studio delle questioni di assistenza (Parigi), Membro della Commissione per il dopo guerra, Comm. * e ee. — Torino, Via Montebello, 26. 17 febbraio 1907 - 19 aprile 1907. — Pensionato 4 febbraio 1917. — Sforza (Conte Giovanni), Accademico della Crusca, Vice-Presidente della R. Deputazione di Storia patria di Modena per la Sotto-Sezione di Massa e Carrara, Socio effettivo di quelle delle antiche Provincie e della Lombardia, di Parma e Piacenza, e della Toscana, Socio ono- rario della R. Deputazione Veneta di Storia patria, Corrispondente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, del- l'Ateneo di Brescia, della Società Ligure di Storia patria, della R. Ac- cademia Lucchese, Socio onorario della R. Accademia di Belle Arti di Carrara e della Società Lunigianese Giovanni Capellini per la storia naturale della regione, Membro d’onore dell'Académie Chablaisienne di Thonon-les-Bains, Membro aggregato dell'Académie des Sciences, Belles Lettres et Arts de Savoie, Socio della R. Commissione per i testi di lingua, Membro della Commissione Araldica Piemontese, della Società di Storia patria di Vignola, della Commissione municipale di Storia patria e belle arti della Mirandola, della Commissione Senese di Storia patria e della Società storica di Carpi, Corrispondente della R. Accademia Valdarnese del Poggio in Montevarchi, della Società Georgica di Treia, della Colombaria di Firenze, e del Comitato nazionale per la Storia del Risorgimento italiano, Socio effettivo della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Presidente onorario della R. Accademia dei Rinnovati di Massa, Membro del Consiglio degli Archivi di Stato del Regno, Gr. Uff. «2, Comm. #, Gr. Uff. del Medjidiè. — Via S. Dal- mazzo, 24. 17 febbraio 1907 - 19 aprile 1907. — Pensionato 13 dicembre 1917. Einaudi (Luigi), Senatore del Regno, Dottore in Giurisprudenza, Profes- sore di Scienza delle finanze e Diritto finanziario nella R. Università di Torino ed Incaricato di Economia e Legislazione industriale nel R. Politecnico di Torino, Membro della Regia Deputazione sovra gli Studi di Storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei e di quella dei Georgofili, Socio onorario del Cobden Club di Londra, Membro del Comitato centrale e della Commissione esecutiva del Consorzio nazionale. — Torino, Piazza Statuto, 16. 10 aprile 1910 - 1° maggio 1910. — Pensionato 18 dicembre 1917. XXII Liguria, Direttore della R. Pinacoteca di Torino, Segretario della R. De- putazione sovra gli Studi di Storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia. — Via dei Mille, 54. 10 aprile 1910 - 1° maggio 1910. — Pensionato 4 luglio 1918. Schiaparelli (Ernesto), Dottore in Lettere, Professore incaricato di Egitto-. logia nella R. Università di Torino, Socio nazionale della R. Acca- demia dei Lincei, Corrispondente del R. Istituto Veneto di Scienze, Let- tere ed Arti, dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, Membro onorario dell’Istituto Khediviale egiziano e della Società Asia- tica di Francia, della Società di Archeologia biblica di Londra, Direttore del R. Museo di Antichità di Torino, Soprintendente dei Musei e Scavi di antichità per il Piemonte e la Liguria, Uff. &, Comm. des. 10 aprile 1910 - 1° maggio 1910. — Pensionato 11 luglio 1918. Patetta (Federico), Dottore in Giurisprudenza, Professore di Storia del Diritto italiano nella R. Università di Torino, Socio effettivo della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, Membro della R. Deputazione sovra gli Studi di Storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia, Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia patria per l’ Umbria e della R. Deputazione di Storia patria per le Provincie Modenesi, Socio fondatore della Commissione Senese di Storia patria, Socio effettivo della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, Comm. &i:. — Via S. Massimo, 44. 3 maggio 1914 — 11 giugno 1914. — Pensionato 27 ottobre 1918. Vidari (Giovanni), Dottore in Lettere e in Filosofia, Professore ordinario di Pedagogia e già Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere, Rettore della R. Università di Torino, Membro del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei e del- l'Ateneo di Brescia, Uff. &, Gr. Uff. «2, Comm. dell'Ordine di Danilo del Montenegro. — Via Valeggio, 15. 31 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. Prato (Giuseppe), predetto. 31 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. Cian (Vittorio), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Letteratura italiana nella R. Università di Torino, Socio corrispondente del R. Isti- tuto Veneto e del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Membro effettivo della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le Antiche Provincie e la Lombardia e di quella di Venezia, Cav. Uff. @9, = WiaG. -Berchet, 2: 20 maggio 1917 - 10 giugno 1917. Pacchioni (Giovanni), Dottore in Giurisprudenza, Professore ordinario di diritto romano nella R. Università di Torino, già Professore ordinario di diritto romano nella Università di Innsbruck, Socio corrispondente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena e dell’Acca- demia degli Agiati di Rovereto, 5. — Via Cibrario, 54. 20 maggio 1917 - 10 giugno 1917. XXIII Valmaggi (Luigi), Dottore in Lettere, Professore ordinario di Grammatica greca e latina e Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere nella R. Università di Torino, Socio corrispondente dell’Accademia Proper- ziana del Subasio in Assisi, della R. Accademia Virgiliana di Mantova, della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Comm. #88, — Via S. Secondo, 31. 20 maggio 1917 — 10 giugno 1917. ACCADEMICI NAZIONALI NON RESIDENTI Comparetti (Domenico), Senatore del Regno, Professore emerito dell’ Uni- versità di Pisa e del R. Istituto di Studi superiori, pratici e di perfe- zionamento in Firenze, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Socio corrispondente del- l'Accademia della Crusca, del Reale Istituto Lombardo e del R. Istituto Veneto, Membro della Società Reale pei testi di lingua, Socio straniero dell'Istituto di Francia (Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere) e corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Monaco, di Vienna, di Copenhagen e di Pietrogrado, Dottore ad honorem delle Università di Oxford, di Cracovia e di Atene, ©, Uff. #, Comm. @. — Firenze, Via Lamarmora, 20. 20 marzo 1892 - 26 marzo 1892. Seialoja (Vittorio), Senatore del Regno, Dottore in Giurisprudenza, Profes- sore ordinario di Diritto romano nella R. Università di Roma, Professore onorario della Università di Camerino, Socio nazionale della R. Acca- demia dei Lincei e corrispondente delle RR. Accademie di Napoli, di Bologna, di Modena e di Messina, Socio onorario della R. Accademia di Palermo, ecc., Gr. Cr. & e €. — Roma, Piazza Grazioli, 5. 29 marzo 1903 - 9 aprile 1903. Rajna (Pio), Dottore in Lettere, Dottore honoris causa dell’Università di Giessen, Professore ordinario’ di Lingue e Letterature neo-latine nel R. Istituto di Studi superiori di Firenze, Socio nazionale della R. Acca- demia dei Lincei, Accademico residente della Crusca, Socio ordinario non residente della Società Reale di Napoli, Socio ordinario e Vicepresidente della R. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per la Toscana, Socio Urbano della Società Colombaria, Socio onorario della R. Acca- demia di Padova, della Società Dantesca americana, della New Language Association of America, della Société néophilologique dell’Università di Pietrogrado, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto, dell'Ateneo Veneto, della R. Acca- demia di Palermo, della R. Accademia delle Scienze di Berlino, della XXIV R. Società delle Scienze di Gottingen, dell'Istituto di Francia (Académie des Inscriptions et Belles-Lettres), della Società Reale di Scienze e Let- tere di Goteborg, dell’Accademia R. Lucchese, &, Uff. &, Gr. Uff. em. — Firenze, Piazza d’Azeglio, 13. 29 marzo 1903 - 9 aprile 1903. Guidi (Ignazio), Senatore del Regno, Professore emerito di Ebraico e di Lingue semitiche comparate nella R. Università di Roma, Socio e Segretario della Classe di scienze morali, storiche e filologiche della R. Accademia dei Lincei, ©, Uff. &, «8, C. O. St. P. di Svezia. — Roma, Botteghe Oscure, 24. 12 aprile 1908 - 14 maggio 1908. Pigorini (Luigi), Senatore del Regno, Direttore dei Musei Preistorico e Etnografico, Professore emerito di Paleoetnologia nella R. Università di Roma, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei ©, Comm. $, Gr. Uff. «8. — Roma, Via del Collegio Romano, 26. 12 aprile 1908 - 14 maggio 1908. D’Ovidio (Francesco), Senatore del Regno, Professore ordinario di Storia comparata delle letterature neo-latine nella R. Università di Napoli, Socio ordinario della Società Reale di Napoli, Socio nazionale e Pre- sidente della R. Accademia dei Lincei, Accademico della Crusca, Socio corrispondente del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dell'Ateneo di Brescia, Socio straniero della Dante Society d'America, <=, Comm. & e es. — Napoli, Largo Latilla, 6. 31 gennaio 1915 — 14 febbraio 1915. Sabbadini (Remigio), Professore ordinario di Letteratura latina nella R. Accask' | | demia scientifico-letteraria di Milano, Professore onorario della R. Uni- versità di Catania, Membro della Commissione per l’edizione nazionale delle opere del Petrarca, Membro effettivo del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, Socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei, «2. — Milano, Foro Bonaparte, 52. 23 giugno 1918 — 11 luglio 1918. Salvioni (Carlo), Professore ordinario di Storia comparata delle lingue clas- siche e neo-latine nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Socio effettivo e Vice- presidente del Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, Socio" corri- spondente della R. Accademia della Crusca, della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, della Società storica Friulana. — Milano Via Ariosto, 4. 23 giugno 1918 — 11 luglio 1918. Pareto (Marchese Vilfredo), Professore di Sociologia nell'Università di Lausanne (Svizzera). 23 giugno 1918 - 11 luglio 1918. XXV | Salandra (Antonio), Deputato al Parlamento, Dottore in Giurisprudenza, Professore ordinario di Diritto amministrativo nella R. Università di : Roma, Socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, Cavaliere del- «—l’Ordine supremo della SS. Annunziata, &, Gr. Cord. & e ®, ecc. — Roma, Via Girolamo Fracastoro, 7. 22 dicembre 1918 — 12 gennaio 1919. ACCADEMICI STRANIERI Brugmann (Carlo), Professore nell'Università di Lipsia. — 31 gennaio 1897 o — 14 febbraio 1897. ia Wundt (Guglielmo), Professore nell'Università di Lipsia. — 29 marzo 1903 i - 9 aprile 1903. Duchesne (Luigi), Membro dell'Istituto di Francia, Direttore della Scuola Francese in Roma. — 12 aprile 1908 - 14 maggio 1908. Mercier (Sua Eminenza Desiderato), Arcivescovo di Malines. 283 giugno 1918 - 11 luglio 1918. Wilson (Woodrow Tommaso), già Professore e Rettore dell’Università di Princeton, Presidente della Repubblica degli Stati Uniti d'America. 23 giugno 1918 — 11 luglio 1918. Nolhae (Pietro de), Professore nell’ École pratique des hautes études di Parigi. 23 giugno 1918 - 11 luglio 1918. Marshall (Alfredo), già Professore nell'Università di Cambridge (Inghilterra). 23 giugno 1918 - 11 luglio 1918. XXVI i n CORRISPONDENTI Sezione di Scienze Filosofiche. Pinloche (Augusto), Prof. nella Scuola Politecnica di Parigi. — 15 marzo 1896. Chiappelli (Alessandro), Senatore del Regno, Professore emerito della R. Università di Napoli. — Id. id. Masci (Filippo), Senatore del Regno, Professore emerito della R. Università di Napoli. — 14 giugno 1903. Zuccante (Giuseppe), Professore nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano. — 31 maggio 1908. Gentile (Giovanni). Prof. nella R. Università di Roma. — 17 maggio 1914. Martinetti (Pietro). Prof. nella R. Accademia scientifico-letteraria di Mi- lano. — Td. id. Bergson (Enrico Luigi), Membro dell'Istituto di Francia. — Id. id. Varisco (Bernardino), Prof. nella R. Università di Roma. — 23 giugno 1918. Sezione di Scienze Giuridiche e Sociali. Schupfer (Francesco), Senatore del Regno, Professore nella R. Università di Roma. — 14 marzo 1886. Gabba (Carlo Francesco), Senatore del Regno, Prof. emerito della R. Uni- versità di Pisa. — 3 marzo 1889. Buonamici (Francesco), Senatore del Regno, Prof. emerito della R. Uni- versità di Pisa. — 16 marzo 1890. Bonfante (Pietro), Prof. nella R. Università di Roma. — 21 giugno 1903. Brandileone (Francesco), Professore nella R. Università di Bologna. — 10 giugno 1906. Brini (Giuseppe), Prof. nella R. Università di Bologna. — Id. id. Fadda (Carlo), Senatore del Regno, Prof. nella R. Università di Napoli. — Id. id. Filomusi-Guelfi (Francesco), Senatore del Regno, Prof. emerito della R. Uni- versità di Roma. — ld. id. i Polacco (Vittorio), Senatore del Regno, Prof. nella R. Università di Roma. — Id. id. Stoppato (Alessandro), Prof. nella R. Università di Bologna. — Id. id. Iannaccone (Pasquale), Prof. nella R. Univ. di Torino. — 17 maggio 1914. Montalcini (Camillo), Prof., Segretario generale degli uffizi amministrativi della Camera dei Deputati. — Id. id. Ranelletti (Oreste), Professore nella R. Unive. di Napoli. — 23 giugno 1918. XXVII Sezione di Scienze Storiche. Bireh (Walter de Gray), del Museo Britannico di Londra. — 14 marzo 1886, Chevalier (Canonico Ulisse), Romans. — 26 febbraio 1893. Bryce (Giacomo), Londra. — 15 marzo 1896. Venturi (Adolfo), Professore nella R. Università di Roma. — 31 maggio 1908. Luzio (Alessandro), Direttore del R. Archivio di Stato in Torino. — 31 maggio 1908. Meyer (Edoardo), Prof. nell'Università di Berlino. — 17 maggio 1914. Lippi (Silvio), Direttore dell'Archivio di Stato di Cagliari. — Id. id. Sezione di Archeologia ed Etnografia. Lattes (Elia), Membro del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Milano. — 14 marzo 1886. Barnabei (Felice), Roma. — 28 aprile 1895. Orsi (Paolo), Dirett. del Museo Archeologico di Siracusa. — 31 maggio 1908. Patroni (Giovanni), Professore nella R. Università di Pavia. — Id. id. Halbherr (Federico), Prof. nella R. Università di Roma. — 23 giugno 1918. Marucchi (Orazio), Professore nella R. Università di Roma. — Id. id. Paribeni (Roberto), Direttore del Museo Nazionale Romano (delle Terme). = di 1d. Sezione di Geografia. Bertacechi (Cosimo), Professore nella R. Univ. di Torino. — 31 maggio 1908. Sezione di Linguistica e Filologia orientale. Parodi (Ernesto Giacomo), Professore nel R. Istituto di Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze. — 31 maggio 1908. Nallino (Carlo Alfonso), Professore nella R. Università di Roma. — 23 giu- gno 1918. Sezione di Filologia, Storia letteraria e Bibliografia. Del Lungo (Isidoro), Senatore del Regno, Socio residente della R. Acca- demia della Crusca (Firenze). — 16 marzo 1890. Rossi (Vittorio), Professore nella R. Università di Roma. — 21 giugno 1903. Boffito (Giuseppe), Professore nel Collegio delle Querce in Firenze. — Id. id. " AARROTRI XXVIII Biadego (Giuseppe), Bibliotecario della Biblioteca Civica di Verona. — 21 giugno 1903. Vitelli (Gerolamo), Professore emerito nel R. Istituto di Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze. — 31 maggio 1908. Flamini (Francesco), Professore nella R. Università di Pisa. — Id. id. Zuretti (Carlo Oreste), Professore nella R. Accademia scientifico-letteraria di Milano — 26 febbraio 1911. Rostagno (Enrico), Professore nel. R. Istituto di Studi superiori, pratici e di perfezionamento in Firenze. — 23 giugno 1918. Barbi (Michele), Professore nella R. Università di Messina. — Id. id. Galletti (Alfredo), Prof. nella R. Università di Bologna. — Id. id. XXIX | MUTAZIONI avvenute nel Corpo Accademico dal 1° Gennaio al 81 Dicembre 1919 ELEZIONI SOCI Mattirolo (Oreste), nell'adunanza del 9 febbraio 1919 della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, riconfermato per un nuovo triennio quale rappresentante della Classe nella Commissione di vigilanza per la Biblioteca. De Sanctis (Gaetano) ) eletti nell'adunanza del 2 marzo 1919 della Classe Patetta (Federico) . . Î di scienze morali, storiche e filologiche per com- Cian (Vittorio) . ... porre, col Presidente, la Commissione per le ono- Stampini (Ettore) ../ ranze che si preparano in occasione del VI cen- tenario della morte di Dante Alighieri. Guidi (Camillo). ... Î eletti nell'adunanza del 9 marzo 1919 della Classe Grassi (Guido). . ... { di scienze fisiche, matematiche e naturali per Ponzio (Giacomo). . . \ comporre la Commissione per la Conferenza in- Majorana (Quirino). . teralleata della organizzazione scientifica. Jadanza (Nicodemo) . | rieletti nell'adunanza della Classe di scienze fisiche, Salvadori (Tommaso) | matematiche e naturali del 27 aprile 1919 quali rappresentanti della Classe nel Consiglio di Amministrazione dell’Ac- cademia. Naccari (Andrea), eletto Presidente dell’Accademia nell'adunanza delle Classi unite del 27 aprile 1919. Ne fu approvata l’elezione con D. L. A del 12 giugno 1919. Ruffini (Francesco), eletto Vice Presidente dell’Accademia nell'adunanza a Classi unite del 27 aprile 1919. Ne fu approvata l’elezione con D. L. del 12 giugno 1919. Patetta (Federico) . . | D) Ul — Boselli (S. E. Paolo) eletti nell'adunanza del 13 aprile 1919 della Classe De onnita (Caetaro) di scienze morali, storiche e filologiche per com- — Baudi di Vesme (Ales- porre, col Presidente, la Commissione per il Premio Gautieri di Storia (triennio 1916-1918). MUTO) 0... XXX Stampini (Ettore) .. | nominati nell’adunanza del 13 aprile 1919 per De Sanctis (Gaetano) | rappresentare l'Accademia alla riunione acca- demica preparatoria interalleata per le ricerche d’ archeologia, di filologia e di storia che si terrà a Parigi nel prossimo mese di maggio. In sostituzione del Socio SrAMmPINI, che rinunciò all’ufficio, fu nominato il Socio Bronpi (Vittorio), il quale a sua volta fu sostituito dal Socio ParertA (Federico). Boselli (S. E. Paolo), rieletto Direttore della Classe di scienze morali, sto- riche e filologiche nell'adunanza della stessa del 4 maggio 1919. Ne fu approvata l’elezione con D. L. del 12 giugno 1919. Stampini (Ettore), rieletto Segretario della Classe di scienze morali, sto- riche e filologiche nell'adunanza della stessa Classe del 4 maggio 1919. Ne fu approvata l'elezione con D. L. del 12 giugno 1919. Boselli (S. E. Paolo) . | nell'adunanza del 18 maggio 1919 della Classe di Ruffini (Francesco). . | scienze morali, storiche e filologiche nominati a far parte della Commissione per la celebrazione del sesto centenario della morte di Dante Alighieri. Bruni (Giuseppe), eletto nell’adunanza del 15 giugno 1919 Socio corrispon- dente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Chimica generale ed applicata). | Somigliana (Carlo). . |} della Classe di scienze fisiche, matematiche e Majorana (Quirino) . | naturali Pesanti tr to) | della Classe di scienze morali, storiche e filologiche eletti nell'adunanza delle Classi unite del 22 giugno 1919 per inte- grare la Commissione del Premio Bressa pel quadriennio 1915-1918. Jadanza (Nicodemo) . | eletti della Classe di scienze fisiche, matematiche Sacco (Federico) ...\ e naturali nella adunanza a Classi unite del 22 giugno 1919 per integrare la Commissione del Premio Vallauri del quadriennio 1915-1918 per le scienze fisiche. il \ si 5, ' 7 © 7 7. PO va i VS FEPL LI 9O XXXI My©rk:;b.JI 29 marzo 1919. Fusari (Romeo), socio nazionale residente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. 2 aprile. Rasi (Pietro), socio corrispondente della Classe di scienze morali, storiche e filologiche (Sezione di Filologia, Storia letteraria e Bibliografia). 8 aprile. Belli (Saverio), socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, mate- matiche e naturali (Sezione di Botanica e Fisiologia vegetale). 30 giugno. Rayleigh (Lord Giovanni Guglielmo), socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Fisica generale e sperimentale). 15 luglio. Fischer (Emilio) socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, ma- A tematiche e naturali (Sezione di Chimica generale applicata). Schwendener (Simone), socio corrispondente della Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali (Sezione di Botanica e Fisiologia vegctale). 10 agosto. - Haeckel (Ernesto), socio straniero della Classe di scienze fisiche, matema- tiche e naturali. 22 settembre 1919. Dalla Vedova (Giuseppe), socio corrispondente della Classe di sr ; morali, storiche e filologiche (Sezione di Geografia). x Mi be di Face Settembre. 3 "ERI E) Baccarini (Pasquale), socio corrispondente della Classe di scienze fi o matematiche e naturali (Sezione di Botanica e Fisiologia vegeta h; è 26 ottobre. AA = Schiaparelli (Celestino), socio corrispondente della Classe di Scienzi Fi rali, storiche e filologiche (Sezione di Linguistica e Filologia orient i TSO 9 novembre. A Reina (Vincenzo), socio corrispondente della Classe di scienze fisich s tematiche e naturali (Sezione di Matematiche applicate, Astron mi. A scienze dell'ingegnere civile e militare). x 1° dicembre. PUBBLICAZIONI PERIODICHE RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Dal 1° Gennaio al 81 Dicembre 1919 NB. Le pubblicazioni notate con * si hanno in cambio; quelle notate con ** si comprano; e le altre senza asterisco si ricevono in dono, * Acireale. R. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Zelanti. Memorie della Classe di lettere, ser. 3%, vol. X, 1917-1918. * Aîx-Marseille. Université. Annales de la Faculté de droit d’Aix, t. VI, 3-4 (1912); VII, 1,2 (1913). Nouvelle sér., N. 1-2. — Annales de la Faculté des lettres d’Aix, t. VI, 3, 4 (1912); VII, 1-4 (1918); VIII, 1-4 (1914); IX, 1-4 (1915); X, 1-2 (1916). * Angers. Société d’études scientifiques. Bulletin, Nouvelle sér., 1914-917., Asuneion. Sociedad Nacional de Farmacia. Estatutos, 1916. * Barcelona. Real Academia de Ciencias y Artes. Némina del Personal Aca- démico. 1918-1919. — Memorias, 3* época, vol. XIV, 8-12; XV, 1-10.— Boletin, 3* epoca, vol. IV, 3. — Observatorio Fabra. Boletin, I seccion astronomica, 1-2. — Junta de Ciencias Naturales. Musei Barcinonensis Scientiaruam Natu- ralium Opera. Anuari, II, 1917, part I, II. — Ser. zoologica, 1918, IV. — Traballs del Museu de Ciencies Natural, vol. II, Sez. zool., N. 8. * Basel. Naturforschenden Gesellschaft Verhandlungen, Bd. XXVIII. — Bibliothèque de l’Université. Catalogue des écrits académiques suisse, 1916-1917. * Basileae et Genevae. Helvetica Chimica. Acta, vol. II, 1-6. * Batavia. Royal Magnetical and Meteorological Observatory: Observa- tions, vol. XXXVII, 1914. — Observations made at secondary Stations in Netherland EFast-India, vol. V (1915); VI (1916). — Bataviaasch genootschap van kunsten en wetenschappen. Notulen, Deel. LIII, Afl. 4; LIV, LV, LVI, LVII, 1. — Tijdschrift, DI. LVII, 5, 6; LVII; LIX,1.. — Verhandelingen, DI. LXI, 5, 6. — Statuten en Regle- ment van orde opgericht den 24% April 1778. — Historische tentoon- stellung 1919. Catalogues. — Gids voor den bezocker van de schatkamer, 1917. — Populair-Wetenschappelijke Serie, N. 1. — OQudheidkundig | .Verslag, 1912-1919. — Rapporten van den Oudheidkundigen dienst in : Nederlandsch-Indié (1915). — Observatory Java. Sismological Bulletin, 1918, 1919, january-june. Atti della R. Accademia. — Vol. LV. c XXXIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA * Bergen. Bergens Museums Aarbok. Historisk-Antikvarisk raekke, 3 Heft., 1917-1918. — Naturvidenskabelig raekke, 1916-1917, 2 Heft; 1917-18, 1 Heft. — Account of the Crustacea of Norway, vol. VII, Copepoda Suppl., Parts I & II. * Bologna. R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali. Rendiconto, ser. II, vol. II, 1917-18. — Memorie. Se- zione di scienze giuridiche, ser. II, t. II, fasc. unico. — Memorie. Sezione di scienze storico-filologiche, ser. II, t. II, fasce. unico. — Classe di scienze fisiche. Memorie, ser. 7, t. IV (1916-1917). Rendiconto, nuova serie, vol. XXI (1916-17). * — Società Medico-Chirurgica. Bollettino, 1918, fasc. 11-12; 1919, ser. 9*, vol. VII, fase. J-11. * -— Mathesis. Società italiana di Matematica. Bollettino, IX, 1,2; X, 1; XI, 1-8. * — Biblioteca Comunale. L’Archiginnasio. Bullettino, anno XIII, n. 5-6; XIV, 1-3. * Bordeaux. Faculté des Lettres de Bordeaux et des Universités du Midi. Annales, XL année. — Bulletin hispanique, t. XXI, 1-3. Bulletin ita- lien, t. XVIII, 3-4. — Revue des études anciennes, t. XXI, 1, 2, 3. * Bruxelles, Société Royale de Botanique de Belgique. Bulletin, t. LIII. * Bucarest. Académie Roumaine. Bulletin de la Section scientifique. 5me année, N. 2-5. Buenos-Aires. Ministerio de Agricultura de la Nacion. Oficina Meteorolégica Nacional. Boletin mensual, aîio II, 7-12; III, 1. * — Sociedad Quimica Argentina. Anales, t. VI, 26-28; VII, 29-32. — Obras Sanitarias de la Nacion. Metodos de analisis de aguas adoptados en el Laboratorio, 1 fasc. 8°. — Fabrica de Alumino ferrico, 1 fasc. 8°. * Calcutta. Geological Survey of India. Records, vol. XLIX, P. 2-4; L, P. 1-3. — A Bibliography of Indian Geology and Physical Geography with an annotated index of Minerals of economic value; 2 vol. 8°. — Agricultural Adviser to the Government of India. Report on the progress of Agriculture in India for 1917-18. — Board of scientific Advice for India. Annual Report, 1917-18. * Cambridge. Cambridge Philosophical Society. Proceedings, vol. XIX, 4-5. * Cambridge, Mass. Museum of Ri Zoology at Harward College. Bulletin, vol. LXII, 14; LXIII, 2. 3, 5, 6. Cape-Town. Royal Society of South. Africa. Transactions, vol. VI, 2-4; VII, 1-3; VIII, 1. A Catania, neadenia Gioenia di scienze naturali. Bollettino delle soddi | fase. 45. — Atti, ser. 5*, vol. XI. cd — Società degli Spettroscopisti italiani. Memorie, ser. 2*, vol. VII, 10-12; VIII, 1-6, 9. * Chambéry. Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Savoie. Mé- moire, 5° sér., t. IV, 1917. Chicago. Psychopathic Laboratory of the Municipal Court. Report for the years May 1, 1914, to April 30, 1917; 1 vol, 8°. — John Crerar Library. 24'* Annual Report for the year 1918. PUBBLICAZIONI RICEVUTE DAL]. ACCADEMIA XXXV * Columbus. Ohio State University Scientific Society. The Ohio Journal of Science, 1918, vol. XIX, N. 1-8. * — The Ohio State University. Bulletin, vol. XXIII, 28. * Copenhague. Académie Royale des Sciences et des Lettres de Danemark. Mémoires. Section des Sciences, 8" Sér., t. III, 2,8; V, 1. — Mathe- matisk-fysiske Meddelelser, I, 9-12. — Historisk-filologiske Meddelelser, II, 3-6. — Biologiske Meddelelser, I, 5-7, 9-12, 14. — Ofversigt (Bul- letin), juin 1918-mai 1919. * Dublin. Royal Dublin Society. Scientific Proceedings, N. Ser., vol. XIV, 24-41; vol. XV, 1-34. — Economic Proceedings, vol. II, 10-13. * — Royal Irish Academy: Proceedings. Section B, vol. XXXV, 1-2. Section C, vol. XXXV, 1-8. Edinbargh. Royal Society. Proceedings, vol. XXXVHI, P. II (1917-18); XXXIX, P. I-II (1918-19). — Transactions, vol. LII, P. 2* (1918-19). * — Royal Physical Society. Proceedings, vol. XX, P. 1-4. * Firenze. R. Accademia economico-agraria dei Georgofili. Atti, ser. 5*, vol. XV, 1-4; XVI, 1-4. * Fiume. Deputazione Fiumana di Storia patria. Bullettino, vol. IV. Formosa. Government of Formosa. Icones Plantarum Formosanarum, vol. VII. * Freiburg I. BR. Naturforschenden Gesellschaft. Bericht ùber die Sitzung am 15 Juli 1914; 1 Marz-April 1915. — Berichte, XXI, 1, 2; XXII, 1. * Gap. Société d'Études des Hautes-Alpes. Bulletin, 4% Série, 19-23 (1917-1918). * Genève. Société de Physique et d’Histoire naturelle. Compte-rendu des Séances, vol. 35, 3; 36, 1-2. — Mémoires, vol. 39, fasc. 2. Graz. Sénat académique de l’Université. La frontière méridionale de la Styrie allemande; 8°. * Habana. Secretaria de Sanidad y Beneficencia.. Trabajos selectos del Dr. Carlos J. Finlay. Halifax. Nova Scotian Institute of Science. Proceedings and Transactions, vol. XIV, P. 83* (1916-1917). * Helsingfors. Société des Sciences de Finlande. Acta, vol. XLIII, XLIV, 1, 3,5, 7; XLV, 1-3; XLVI, 1-8; XLVII. — Ofversigt: A. Matematik, LVI-LX; B. Humanistik, LXV-LIX ; C. Redegòrelser och fòorhandlingar, LVII, LIX. — Bidray, vol. 74, 1; 75, 2; 77, 1-7; 78, 1:3. * Hobart. Royal Society of Tasmania. Papers & Proceedings for the year 1918. * Jowa City. University of Jowa. Monographs. University bibliography for the year 1917. * Kyoto. Scholae Medicinalis Universitatis Imperialis. Acta, vol. II, fasc. 4; vol. III, 1. — Mémoires, vol. II, 5-10. * _* La Plata. Universidad Nacional. Facultad de Ciencias fisicas, matematicas y astronémicas. Anuario, 1918, N. 9; 1919, 10. — Contribucién de las ciencias fisicas y matematicas. Ser. técnica, vol. I, entrg. 6; II, 1-2. — Contribucién al estudio de las ciencias fisicas y matematicas, Ser. ma- tematico-fisica, vol. II, 3-4. — Memoria correspondiente a 1917, N. 7. Atti della R. Accademia — Vol. LV. c* XXXVI PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA e ca Leyde. Bureau central de l’Association géodésique internationale. Rapport i sur les travaux... en 1918 et Programme des travaux pour l’exercice I de 1919. A * Liège. Société Royale des Sciences. Mémoires, 8° sér., t. X. * Lima. Cuerpo de Ingenieros de Minas del Pemî. Boletin, N. 98, 94, 95. * Lisboa. Comissào do Servigo geolégico de Portugal. Comunicacdes, t. XII, 1917. * — Instituto de Anatomia da Università. Archivo de Anatomia e Anthro- pologia, vol. IV. Livorno. R. Accademia Navale. Pubblicazioni dell'Istituto Elettrotecnico e - Radiotelegrafico della R. Marina, N. 5, 6. — Bollettino radiotelegra- fico, 1919, VI, 1-6. London. Royal Society. Year Book 1919. Proceedings: Mathematical and Physical sciences, Ser. A, vol. 95, N. 670-678; 96, 674-678. — Biological = sciences, Ser. B, vol. 90, N. 631; vol. 91, N. 635. — Transactions, Ser. A, | vol. 2717, Title, Contents, Index; vol. 278, N. 561-569; vol. 279, 270; È vol. 220, 271-272. - Ser. B, vol. 209, N. 360-365. — Catalogue of Scien- tific Papers. Fourth Ser., 1884-1900; vol. XVI, I-Marbut. * — Royal Institution of Great Britain. Proceedings, vol. XXII, P. 1*. * — British Association for the advancement of Science. Report, 1918. * — British Museum (Natural History). © Terra Nova, Report. Zoology, vol. II, N. 8, Brachiopoda; vol. III, N. 6, Arachnida, Pt, I, Aranceae; vol. IV, N. 2, Cephalodiscus; vol. V, N. 1, Coelenterata. Pt.I, Actiniaria. — Monograph of British Lichens, P. 1, Second edition. — Economic Series, N. 8. - Rats & Micc. — Royal Astronomical Society. Monthly Notices, vol. LKXIX, 2-6, 7-8, 9. * — Geological Society. Quarterly Journal, vol. LXXIII, P. 4; vol. LXXIV, P. 1-4. * — Linnean Society. List, 1919-1920. — Proceedings, 131st Session, No- vember 1918 to June 1919. — Transactions. Botany, 2*° Ser., vol. XVII, P.3; Zoology, 2" Ser., vol. IX, P. 1. — Journal. Botany, N. 295; Zoo- o * * logy, vol. XXXIII, 224; XXXIV, 225-226. * — London Mathematical Society. — List of Members, 1919. Proceedings, È Ser. 2*, vol. XVII, P. 4, 5; XVIII, 1-4. ; * — Royal Microscopical Society. Journal, 1918, P. 4; 1919, 1-3. Li * Luxembourg. Institut Grand-Ducal. Section des sciences naturelles, physiques et mathématiques: Archives trimestrielles, N. sér., an. 1909, Ali V, 1910: * Lyon, Bibliothèque de l’Université. Annales, Nouv. Sér. I. Sciences, Mé- decine, fasc. 41. * Madrid. Real Academia de la Historia. Boletin, t. LXXIV (1919), cuad. 1-6; LXXV, 1-6. — Memoria histérica de la Real Academia de la Historia por D. Juan Pérez de Guzman y Gallo. * — Junta para ampliacion de estudios y investigaciones cientificas. Labo- ratorio y Seminario matematico, t. II. Memoria 1-3. * — Real Academia de Ciencias exactas, fisicas y naturales. Anuario, 1919. — Revista, t. XV, 6-12; XVI, XVII, 1-12. — Memorias, t. XXVII-XXIX. A PR r dici zaniedichto silice PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA XXXVII * Madrid. Sociedad Matematica Espadola. Revista matematica hispano- americana, t. I, 1-3, 6, 7. * Mantova. R. Accademia Virgiliana. N. Ser., vol. XVIII, P. 2* (1915). * Messina. R. Accademia Peloritana. Atti, vol. XXVIII. México. Biblioteca Nacional Estados-Unidos Mexicanos. Boletin, t. XII, 5-6. — El Cantar de los Cantares del glorioso Salomon. Version espaîiola. * — Sociedad Cientifica “ Antonio Alzate ,. Memorias y Revista, t. XXXVII, N. 2; XXXVIII, 3-8. _ — Universidad Nacional. Boletin organo del Departamento Universitario y de Bellas Artes, t. I, 1, 1918, N. 2. — Archivo general de la Nacién. Autografos de Morelos : Los publica como homenaje al Heroe en el CIII aniversario de su Muerte. Mexico, 1918. * — Osservatorio astron6mico Nacional de Tacubaya. Anuario 1920. * Milano. Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Rendiconti, Ser. 28 | vol. LI, fasc. 14-20; LII, 1-12. —__*— Società Italiana di Scienze naturali e Museo Civico di Storia natu- rale. Atti, vol. LVII, fase. 3, 4; LVIII, 1-2. ti ai £ 7A al ALAM, cen Xi fi it Ln o pi | — R. Osservatorio Astronomico di Brera. Anno bisestile 1920. Articoli ge- È nerali del Calendario ed Effemeridi del sole e della luna per l’oriz- 3 zonte di Milano. Con Appendice. * — (Città di). Bollettino municipale di cronaca amministrativa e di stati- } stica, an. XXXIV, N.12; XXXV, 1.11. 3 [ * — Touring-Club italiano. Rivista mensile, vol. XXV (1919), 1-4. — Le i BE 111/1919), 1-12..— La Sorgente. Rivista mensile per : l'educazione della gioventù, an. IIl (1919), 1-12. _ — R. Commissione Geodetica italiana. Differenza di longitudine fra Roma (M. Mario) e Napoli (Osserv. di Capodimonte) determinata nei mesi di È, giugno e luglio del 1909, Parte 22. : * Modena. Società dei Naturalisti e Matematici. Atti, ser. 5*, vol. IV (1917- È 1918). ___* Monaco. Institut Océanographique. Bulletin, N. 348-360. «_* Montpellier. Académie des Sciences et Lettres. Bulletin, juillet 1918 - È avril 1919. * Nancy. Académie de Stanislas. Mémoires, sér. 6", t. XIV, XV (1916-18). * Napoli. Società Reale. Annuario 1919. — Accademia delle scienze fisiche ) e matematiche. Rendiconto, ser. 3*, vol. XXIV, fasc. 8-12; XXV, 1-6. A — Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti. Relazione... Pro 4 Ara. Pacis. Augustae. Presentata dal socio G. E. Rizzo. — Accademia di scienze morali e politiche. Rendiconto, an. LVI (1917), LVII (1918). E Atti, vol. XLV. __*— R. Istituto d'Incoraggiamento. Atti, ser. 6*, vol. LXX, fasc. 1-4. _* — Accademia Pontaniana. Atti, ser. II, vol. 47, 48. ì CAS __* New-York. New York Public Library. Bulletin, vol. XXII, 1918, N. 11-12; A XXIII, 1-10. —_* — American Mathematical Society. Bulletin, vol. XXV, n. 3-10; XXVI, . n. 1-2. — Transactions, vol. XIX, 4; XX, 1-3. LARA XXXVIII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA New-York. Inter-America a Monthly Magazine. English, 1918, 2; 1919, vol. II; 3, 5, 6; III, 1. — Espafol, vol. II, N. 5, 6; HLT * Niirnberg. Naturhistorische Gesellschaft Abhandlungen, XIX, Bd. 4, 5; XXI, Bd. 1, 2. — Mitteilungen, 1911, 1, 2; 1912-13, 1, 2. — Jahreshbe- richte tiber die Zeik., vom April 1912 bis 1918. Oberlin (Ohio). Wilson Ornithological Club. Wilson Bulletin, vol. XXX, 4; * XXXI, 1-3. Ottawa. Ministère des Mines. Commission Géologique. Mémoires 92, 98, 103. — Minéraux industriels du Canada. Rapport sommaire, 1917, Parte A. * — Royal Society of Canada. Transactions, vol. XII. — Ministère des Mines, Division des Mines. Rapport sommaire poùr l'année civile terminée le 31 décembre 1917. — Minéraux industriels du Ca- nada. — Annual Report on the mineral production of Canada during the Calendar year 1917. — Id. in lingua francese. — Department of Mines. Mines Branch. Preliminary Report of the mineral production of Canada, february 27, 1919. — Bulletin, N. 28, 29. * Palermo. Circolo Matematico. Rendiconti, t. XLII, 1917, fasc. 2-3. * Paris. Ministère des Travaux publics. Annales des Mines. Partie admi- nistrative, 11° sér., t. VII. Documents du 2°-4"° trimestre 1918; VHI, 2° trimestre 1919. * — Institut de France. Académie des Sciences. Annuaire pour 1919. *#* — Bureau des Longitudes. Annuaire pour l'an 1919. * — Bureau internat. des Poids et Mesures. Travaux et Mémoires, t. XVI. * — Société Nationale des Antiquaires de France. Bulletin, 1917, 2°-4®€ tri- mestre; 1918, 1°, 2° trim. — Mettensia, VII. — Mémoires, 8"© série, t. L, 1915-1918. * — Muséum National d'Histoire naturelle. Bulletin, 1917, N. 2-7; 1918, 1-6. * — Société de Géographie. La Géographie. Bulletin, 1916-17, N. 5-8; 1918, N. 1-3. — Société Géologique de France. Compte-rendu sommaire des Séances, an. 1915. — Bulletin, 4° sér., t. XII, 9; XIII, 6-9; XIV, 1-9; XV, 1-9. * — Société Mathématique de France. Bulletin, t. XLVI, 3, 4. — Comptes- rendus des Séances de l'année 1918. * — Société Zoologique de France. Bulletin, t. XLI, N. 1-10; XLII. — Meé- moires, t. XXVII. | — Institut international d'Anthropologie. École d'Anthropologie. Rapports préalables. — Union intellectuelle franco-italienne. Études italiennes, 1° année, N. 1, 1919; 8°. * Pavia. “ Mathesis,. Società italiana di Matematica. Bollettino, an. X (1918), N. 2. Perugia. Regia Deputazione di Storia Patria per l'Umbria. Bollettino, vol. XXIII, fasc. 1-3. * Philadelphia. Academy of Natural Sciences. Proceedings, vol. LXX, P. 2. * — American Philosophical Society. Proceedings, vol. LVII, N. 6. 2 * Pisa. Società Toscana di Scienze naturali. Atti. Processi verbali, XXVI, % 4-5; XXVII, 1-2. : * SA PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA XXXIX * Portici. R. Scuola Superiore di Agricoltura (Laboratorio di Zoologia ge- nerale e agraria). Bollettino, vol. XII. Porto. Academia Polytechnica. Annaes scientificos, vol. X-XII, 1915-918. * Pusa. Agricultural Research Institute. Scientific Reports (Including the Report of the Imperial Cotton Specialist) 1917-18. Calcutta, 1918. — Memoirs: Botanical ser., vol. IX, 5; X, 1-3. — Chemical ser., vol. V, 5. * Reims. Académie de Reims. Travaux, années 1917-1919. Rio de Janeiro. Observatorio Nacional. Anuario para el ano 1919. * — Bibliotheca Nacional. Annaes 1915, vol. XXXVII. — Relatorio que ao Sr. Dr. C. M. Pereira dos Santos ministro da Justiga e Negocios inte- riores apresentou em 7 abril 1916; 81 margo 1917. x * — Museo Nacional. Archivo, vol. XX, XXI. — Escola Superior de Agricultura e Medicina Veterinaria. Archivos, vol. II, feat 1-2. * Roma. Ministero delle Finanze. Direzione Generale delle dogane e im- poste indirette. Statistica del commercio speciale di importazione e di esportazione dal 1° gennaio-dicembre 1918; 1° gennaio-luglio 1919. — Bollettino di legislazione e statistica doganale e commerciale, a. XXXV, 1918, maggio-dicembre. — Ministero dell’Interno. Statistica delle Carceri, an. 1916. — Statistica dei Riformatori, an. 1916. * — Ministero di Grazia, Giustizia e dei Culti. Statistica notarile per gli anni 1911-1913. — Statistica giudiziaria penale per l’anno 1914. — Statistica giudiziaria civile e commerciale per l’anno 1913. — Stati- stica della Criminalità per l’anno 1912. * — Ministero dei Lavori Pubblici. Consiglio Superiore delle Acque pub- bliche. Annali, an. 1919, fasc. 1. * — — Ispettorato del servizio idrografico. Osservazioni pluviometriche raccolte a tutto il 1915 dal R. Ufficio centrale di Meteorologia e Geo- dinamica. Calabria e Basilicata; Campania; Puglie, Abruzzo e Molise ; Sardegna e Sicilia; 5 fascicoli in fol. * — Ministero per l'Industria, il Commercio e il Lavoro. Statistica della emigrazione italiana per l'estero negli anni 1914 e 1915. — Statistica delle cause di morte nell’anno 1915. — Movimento della popolazione ‘ secondo gli Atti dello Stato civile nell’anno 1915 e notizie sommarie per l’anno 1916. — R. Ufficio Centrale di Statistica. Annali di Statistica, ser. V, vol. 9. * — R. Accademia dei Lincei. Annuario 1919. Rendiconto dell’adunanza solenne del 15 giugno 1919 onorata dalla presenza di S. M. il Re. Rendiconto dell’adunanza delle due Classi del 18 gennaio 1919, vol. III. — Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali: Rendiconti, =“ vol. XXVII, XXVIII. Memorie, ser. 5*, vol. XII, fasc. 14-16; XIII, 1-2. — Classe di scienze morali, storiche e filologiche. Rendiconti, vol. XXVII. Memorie, ser. 5*, vol. XV, 9-10. — Notizie degli scavi, ser. 5%, vol. XV, fasc. 4-12. — Società Italiana per il progresso delle scienze. Bollettino del Comitato glaciologico italiano. N. 2, 3. Mar. a a a XL PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA * Roma. R. Comitato Geologico d’Italia. Bollettino, vol. XLVI (ser. Ba) fasc. 1. * — Istituto di Diritto Romano. Bollettino, an. XXXIX, fasc. 6. * — R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica. Bullettino meteo- — rico, 1916-1919. — Osservaz. pluviometriche raccolte a tutto l’anno 1915: Calabria e Basilicata; Campania; Puglie, Abruzzo e Molise; Sardegna, | — Sicilia; Lazio e Umbria. — Memorie ed osservazioni, ser. II, vol. VII, BL 3 — Società degli Agricoltori italiani. Bollettino mensile, vol. XXIII, 12. A * — Biblioteca Nazionale Centrale “ Vittorio Emanuele ,. Bollettino delle opere moderne e straniere acquistate dalle Biblioteche pubbliche go- vernative del Regno d’Italia, an. 1918, ser. 4*, N. 16576-17787. so * — Pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei. Atti, an. 1918, Ses- sione IV-VII, 17 marzo-16 giugno 1918; Sessione I, dicembre 1917 - ‘SI V del 13 aprile 1919. — Memorie, ser. 2*, vol. 4°. — (Catalogo delle _ collezioni di Diatomee e di Funghi appartenute ai soci Ab. Conte Fran- cesco Castracane degli Antelminelli e Dott. Matteo Lanzi. Roma. 1918; 3 1 vol. 4°. Si * — Biblioteca Vaticana. Studi e Testi. N. 32. ; # Saint-Leuis. Missouri Botanical Garden. Annals, vol. V, 3. =D Saint-Paul. University of Minnesota (University Farm. Agricultural expe- riment Station). Bulletin, 169, 170, 171. * Savona. — Società Savonese di Storia patria. Atti, vol. I, IL * Sendai (Japan). Tohoku Imperial University. Mathematics, Physics, Che- mistry. Science Reports, 15 ser., vol. VIl, 3; VIII, 1-2; 2° ser. (Geo- logy), vol. V, 2. — Anatomischen Institut der Kaiserlich-Japanischen Universitàt. Arbeiten, Heft I-III (1918-19). * Siena. Circolo Giuridico della R. Università. Studi Senesi, vol. XXXIV, fasc. 4, 5. * — R. Accademia dei Fisiocritici. Atti, ser. 8%, vol. X, 1-10. * Stockholm. Sveriges offentliga Bibliotek Stockholm, Uppsala, Lund, Géò- teborg. Accessions Katalog, 32, 1917. * — Académie Royale Suédoise des Sciences. Handlingar (Mémoires), Bd. 52, 1-17; 56, 1-6; 57, 1-9. — Arkiv fòr matematik, astronomi och fysic, Bd. 11, 4; 12, 1-4; 13, 1-4; 14, 1-2. — Arkiv for kemi; mineralogi. och geologi, Bd. 6, 4-6; 7, 1-3. — Arkiv fòér botanik, Bd. 14, 4; 15, 1, 2. — Arkiv fér zoologi, Bd. 10, 4; 11, 1-4. — Meddelanden fràn — k. Vetenskapsakad. Nobelinstitut, 3, 4; 5. — Berzelius, Bref 3, 1. — Samuel Klingenstiernas, I. — Register òfver Kgl. Svenska Vetenskaps- Ò akademiens Skrifter, 1826-1917. B; — Institut Central de Météorologie. Observations météorologiques suédoises, vol. 57, 1915; Appendix I. Fréquence des jours d’orage en Suède 1730-1915; II. Lancées de ballons-pilotes è Abisko en 1913-1915; vol. 58, 1916. sic Stonyhurst College Observatory. Results of Meteorological Magnetica]. and Scismological Observations, 1918. na PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL ACCADEMIA XLI _ Sunderland, West Hendon House Observatory. Publications, N. IV. Me- teorological observations. Chiefly at Sunderland by T.W. Backouse, 1915. * Svizzera. Commission géologique suisse. Matériaux pour la Carte géolo- gique de la Suisse, II sér., livr. XX, 4; XLVI, 3. * Sydney. Royal Society New South Wales. Journal and Proceedings, 1914, Bart KH,.IV ; 1915, P.I-IV. Teddington. National Physical Laboratory. Report, 1916-17, 1917-18. * Thonon. Académie Chablaisienne. Mémoires et Documents, t. XXX, 1917. * {okyo. College of Science, Imperial University. Journal, vol. XXXIX, aeb.ed XL. 7; XLII, 1. _* — Imperial University. Calendar, 2577-2578 (1917-1918). — Proceedings, vol. I, N. 5. * — Kaiserlichen Universitàt. Medizinischen Fakultàt. Mitteilungen, XVIII, Bd. 3 e 4; XIX, 1-4; XX, 1-2. — Imperial Earthquake Investigation Committee. Bulletin, vol. VII, 3. * Torino. R. Deputazione sovra gli Studi di Storia patria. Biblioteca di Storia italiana recente (1800-1870), vol. VII. «| * — Consiglio Provinciale. Atti, 1918. | *— R. Accademia di Agricoltura. Annali, vol. LXI, 1918. * — R. Accademia di Medicina. Giornale, an. LXXXII, N. 1-4. * — Società degli Ingegneri e degli Architetti. Atti, 1917, Suppl. fasc. 1. — R. Istituto Superiore di Studi commerciali. Annuario, 1918-1919. -- Club Alpino italiano. Rivista mensile, vol. XXXVII, N. 10-12, 1918 vol. XXXVIII, 1 11. — Società Meteorologica italiana. Bollettino bimensuale, serie 82, vo- lame XXXVI, N. 6-12; XXXVII, 1-6. — Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università. Bollet- s% tino, vol. XXXII, 1917; XXXIII, 1918. ___* — Municipio. Annuario, 1917-18. — Cassa di Risparmio. Resoconto dell’anno 1917, 1918. * Toronto. Royal Canadian Institute. Transactions, vol. XII, P. I. * — University Studies. History and Economics, vol. III, N, 2. — Review È of historical publications relating to Canada, vol. XXII, 1917-1918. * Tortosa. Observatorio del Ebro. Boletin mensual, 1918, vol. IX, 1-12. i — Resumen del aio 1917, vol. VIII. — Observaciones del eclisse anular x del 3 diciembre de 1918. . * Toulon. Académie du Var. Bulletin, an. 1915-1917. È; * Toulouse, Faculté des Sciences de l’Université. Annales, 8®© sér., t. VI È (1914). «_* — Université. Annales du Midi. Revue de la France méridionale, an. 28 È e 29 (1917-1918), N. 111-114. Trieste. R. Osservatorio marittimo. Effemeridi astronomiche nautiche per ì l’anno 1919, anno XXXIII. __* Upsala. Upsala Universitet. Arsskrift, 1914-1917. Bref och skrifvelser af och till Carl von Linné, med understòd af Svenska Stataten utgifna. Forsta Afdelningen, Del VII. CET * im23 L] XLII PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA * Upsala. Bibliothèque de l'Université Royale Eranos. Acta philologica Suecana, vol. XV, 1-4; XVI, 14. — Arbeten utgifna med understod af Vilhelm Ekmans Universitetsfond, N. 15, 18, 19, 21, 22 1, 2, DO toire météorologique de l’ Université. Bulletin mensuel, vol. L * — Observa (1918). * Urbana. State of Illinois. Department of Registration and Education. Division of the Natural History Survey. Bulletin, vol. XIII, art. 7,8. Valle di Pompei. Calendario del Santuario di Pompei, 1919. * Venezia. R. Magistrato delle Acque. Ufficio idrografico. Bollettino men- sile, 1918; 1919, 1-4. — Stazioni idrografiche. Opere idrauliche e ma- gazzini idraulici. Pubblicazione, N. 2, ser. 2. * — Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Atti, t. 76, 10; 77; 78, 1-3. — Concorsi a premi pubblicati il 18 maggio 1918. * Vercelli. Società Vercellese di storia e d’arte (Archivio). Memorie e studi, an. X, 1918, 2, 3, 4; XI, 1. * Verona. Madonna Verona. Bollettino del Museo Civico, 1918, fasc. 42-46. * Vicenza. Accademia Olimpica. Atti, N. ser., vol. 6°. * Washington. Smithsonian Institution. U. S. National Museum. Bulletin, 102, vol. I, II, P. 48, 72; 103, pp. 1-116, 123-188, 525-612; 100, vol. I, P. 4% 5: 99; 100, vol. ILuP. 113,02: 109-- Report on the Pro- gress and Condition... for the year ending june 30, 1918. — Contribu- tions from the U. S. National Herbarium, vol. 20, Part 6, 7. — U. S. Department of Labor. Bureau of Labor statistics. Monthly Labor Review, vol. VII, N. 4. ai IPO T O * — Department of Commerce. Bureau of Standards. Bulletin, vol. XII, 4; XVegliza. <3 *+ _ Smithsonian Institution. Smithsonian Miscellaneous Collection, vol. 68, È N.:9,11,-12; ‘vol. .69, N. 2-8 * — VU. S. Naval Observatory. Publications, ser. gn4, vol. IX, P. III-IV and Appendix. — Annual Report for the fiscal year 1918. * — National Academy of Sciences. Proceedings, vol. IV, N. 11-12; W1:9. — U. S. Coast and Geodetic Survey. Annual Report of the Superintendent... to the Secretary of Commerce for the fiscal year ended june 30, 1918. — Carnegie Endowment for international Peace. Division of international Laws. Tractatus De Bello, De Represaliis et De Duello by Giovanni da Legnano I. U. D. ete.; 1 vol. in-4°. — Les conventions et déclara- tions de la Haye de 1899 et 1907; 1 vol. 4°. — Carnegie Endowment for International Peace. Division of Intercourse and Education. Publication N. 16. — Carnegie Endowment for International Peace. Division of Economics and History. Publication N. 5. — The colonial tariff policy of France by Arthur Girault. Edited by C. Gide. — Economic protectionism by Josef Grunzel. Edited by E. von Philoppovich. — The industrial de- | velopment and commercial policies of the three Scandinavian countries by Paul Drachmann. Edited by H. Westergaard. — Epidemies resulting from Wars, by Dr. Friedrich Prinzing. Edited by H. Westergaard. À = PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA XLII Wellington. Hector Observatory. Bulletin N. 16-24. — Report of the Government Astronomer; July 1919. * Ziirich. Naturforschenden Gesellschaft. Vierteljahrsschrift, 62, Jahrg. 1917, 1-4; 63, 1918, 1-2. PERIODICI 1918 ** Almanacco italiano. Piccola enciclopedia popolare della vita pratica, Firenze; 16°, ** Amnales de Chimie et de Physique. Paris; 8°. ** Amnales scientifiques de l’École Normale supérieure. Paris; 4°. Annali di matematica pura ed applicata. Milano; 4° (dono del Socio Prof. D'Ovidio). Annals and Magazine of Natural History. London; 8°, * Annals of Mathematics. Charlottesville; 4°. ** Antologia (Nuova). Rivista di scienze, lettere ed arti. Roma; 8°. ** Archives des Sciences physiques et naturelles, etc. Genève; 8°. ** Archivio storico italiano. Firenze; 8°, Archivio storico lombardo. Milano; 8°, Archivum Franciscanum historicum. Claras Aquas. ** Athenaeum (The). Journal of English and Foreign Literature, Science, the Fine Arts, Music and the Drama. London; 4°, * Athenaeum: Studi periodici di letteratura e storia. Direttore Carlo Pascal. Pavia; 8°, * Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa. Firenze; 8°, ** Bibliothèque universelle et Revue suisse. Lausanne; 8°. ** Bollettino Ufficiale del Ministero dell'Istruzione Pubblica. Roma; 8°. * Brixia Sacra. Bollettino bimestrale di Studi e documenti per la Storia Ecclesiastica bresciana. Brescia; 8°, * Cimento (Il nuovo). Pisa; 8°. Comptes-rendus hebdomadaires des Séances de l’Académie des sciences. Paris; 4°. * Conferenze e Prolusioni. Periodico quindicinale. Roma; 4°. * Elettricista (L’). Rivista mensile di elettrotecnica. Roma; 4°, Felix Ravenna. Bollettino Storico Romagnolo edito da un gruppo di studiosi. Ravenna; 8°, * Gazzetta chimica italiana. Roma; 8°. * Gazzetta Ufficiale del Regno. Roma; 4°. * Giornale del Genio civile. Roma; 8°, ** Giornale della libreria, della tipografia e delle arti e industrie affini Milano; 8°. } Giornale di matematiche. Napoli; 4° (dono del Socio Prof, D' Ovidio). ** Giornale storico della Letteratura italiana. Torino; 8°. AT. XLIV PUBBLICAZIONI RICEVUTE DALL'ACCADEMIA Giornale storico della Lunigiana. Spezia; 8°. ** Guida commerciale ed amministrativa di Torino. 8°. * Journal (The American) of Science. Edit. Edward S. Dana. New-Haven; 8°. ** Journal asiatique. Paris; 8°. ** Journal des Savants. Paris; 8°. * Journal of Physical Chemistry. Ithaca; 8°. * Malpighia. Rassegna mensile di botanica. Catania, 8°. ** Nature, a weekly illustrated Journal of Science. London; 8°. * Nieuw Archieff voor Wirskunde. Uitgegeven door hel Wiskundig Genoot- schap te Amsterdam; 8°. * Physical Review (The); a journal of experimental and theoretical physics. Published for Cornell University Ithaca. New-York; 8°. ** Raccolta Ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia. Roma; 8°, ** Revue des Deux Mondes. Paris; 8°. #* Revue du mois. Paris. ** Revue générale des sciences pures et appliquées. Paris; 8°. ** Revue politique et littéraire, revue bleue. Paris; 4°. ** Revue scientifique. Paris; 4°. * Revue semestrielle des publications mathématiques. Amsterdam; 8°. Riforma (La) Sociale. Rassegna di questioni economiche, finanziarie e sociali (Dono del Socio Prof. Einaudi). ** Risorgimento (Il) italiano. Torino. * Rivista di Artiglieria e Genio. Roma; 8°. ** Rivista di Filologia e d'Istruzione classica. Torino; 8°. ** Rivista d’Italia. Roma; 8°. ** Rivista di filosofia. Continuazione della Rivista Filosofica, Pavia; 8°. ** Rivista di filosofia neo-scolastica. Milano. ** Rivista italiana di Sociologia. Roma. * Rivista storica italiana. Torino; 8°. Rosario (Il) e la Nuova Pompei. Valle di Pompei; 8°. ** Science. New-York; 8°. * Science Abstracts. Physics and Electrical Engineering. London; 8°. ** Scientia. Rivista di scienza. Organo internazionale di sintesi scientifica, Bologna, 8°. * Sperimentale (Lo). Archivio di Biologia. Firenze; 8°. ** Stampa (La). Gazzetta Piemontese. Torino; f°. Tohoku (The) Mathematical Journal. Edited by T. Hayashi. Sendai; 8°. Yale Review. New Series. Edited by Wilbur L. Cross. New Haven; 8° (dono del Socio Prof. Einaudi). . | | CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 23 Novembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO S. E. ON. PAOLO BOSELLI DIRETTORE DELLA CLASSE Sono presenti i Soci De Sanctis, Bronpi, ErnAupI, BAUDI DI VESME, ScHIAPARELLI, PATETTA, PRATO, CrAN, PACCHIONI, e StAMPINI, Segretario della Classe. È scusata l'assenza del Socio Vicepresidente RurriNI. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza del 22 giugno u. s. S. E. Paolo BoseLLI, prendendo a parlare, dice che l'onore di presiedere oggi alla prima adunanza dell’anno accademico gli è contristato dal pensiero del dolore, del lutto che ha recen- temente colpito il nostro stimato e venerato Presidente Andrea Naccari, orbato della diletta compagna di sua vita. Ricorda di aver conosciuto l’egregia donna, eletta d’animo, di pensiero, di modi, sì che pienamente comprende \l’ineffabile tristezza dell’il- lustre Collega, al quale invia le più sentite condoglianze, pro- ponendo che a lui sia mandata speciale comunicazione dei sen- timenti della Classe. E questa unanime approva che dal Segretario della Classe sia significata con lettera la sentita sua partecipazione al lutto. del Presidente. Dopo aver inviato un saluto al Vicepresidente assente, S. E. BoseLLI prosegue il suo dire notando come, aprendosi un Atti della RP. Accademia — Vol. LV. 1 2 nuovo anno accademico dopo il lungo periodo di guerra immane, che ogni altra superò per la sua vastità, un nuovo periodo di civiltà si apre, di quella civiltà progrediente che ben si può chiamare cristiana. Ricordando e sviluppando il concetto Gio- bertiano di civiltà, egli ha fiducia che le scienze fisiche, conti- nuando nel loro meraviglioso incremento, come durante la guerra diedero opera, coi loro trovati, a suppeditare mezzi ter- ribili di demolizione e di sterminio, così d’ora in poi si volge- ranno con novelli e sempre più efficaci mezzi al lavoro di rico- struzione e alla prosperità delle umane genti. Ha pur fede che nel campo delle scienze morali il nuovo periodo, che ora si inizia, instaurerà il principio del diritto e della equità al di sopra di quello della forza che ha finora informato il pensiero storico, filosofico ed economico dell’età moderna, e che vincitori e vinti si riuniranno finalmente in un pensiero e in un senti- mento, il pensiero e il sentimento della fede e della idealità. Ma ciò non ostante, noi dobbiamo essere vigilanti per impedire che nelle scuole d’ogni ordine abbia a soffrire detrimento il pensiero italiano, il quale nella sua vera storica espressione significa tutto quel complesso di coltura da cui esso è stato generato, coltura che mette capo alla civiltà latina, feconda- trice, informatrice, animatrice di quella civiltà che fece grande l’Italia anche nei secoli del suo politico servaggio. Vigiliamo nel presente contro tutti i pericoli che minacciano questa col- tura, la quale non solo deve essere salva, ma deve avere an- cora più alto incremento. La Classe applaude vivamente. L’Acecademico Segretario StAmPINI dà comunicazione d’una lettera del Segretario della Reale Società Geografica Italiana, il quale in nome di essa annunzia la morte del Prof. Senatore Giuseppe DaLLA Vepova, che fu nostro Socio corrispondente. La Classe esprime le sue condoglianze. Sono lette, inoltre, una lettera del Presidente della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena, la quale, pur plaudendo allo scopo che l'Unione delle Accademie si prefigge, deve rinunziare a farne L' i | Ì 3 parte per deficienza di mezzi finanziari; e un’altra del Vice- presidente della R. Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti di Palermo, che notifica come quell’Accademia, aderendo in massima alla nuova organizzazione dell’Unione Accademica, siasi unita al voto della nostra Accademia a proposito della modificazione da apportarsi all’articolo IV del disegno di Statuto approvato dalla Union Académique de recherches et de publications nella sua conferenza preliminare che ‘ebbe luogo a Parigi il 15 e il 17 maggio u. s. A proposito di questo Statuto, i Soci De SANCTIS e PATETTA, i quali, conforme alla deliberazione presa dalla nostra Acca- demia nella sua adunanza straordinaria del 6 luglio u. s., rap- presentarono di nuovo l'Accademia nel secondo convegno di Parigi che ebbe luogo nella seconda metà dell’ottobre u. s,, fanno alcune comunicazioni sul convegno stesso, sulle accoglienze cordialissime fatte ai delegati delle due Accademie italiane, quella dei Lincei e la. nostra, e sulla modificazione apportata all'art. IV dello Statuto, appunto nel senso da noi desiderato. Si riservano di riferire più ampiamente sull’opera loro, quando perverrà lo Statuto definitivo della Union Académique. Ma in- tanto, per proposta del Presidente, la Classe vota un caloroso plauso all’opera dei suoi due delegati De SancTIs e PATETTA. Dal Segretario Accademico è data comunicazione altresì del Decreto Luogotenenziale concernente la elezione del Presi- dente dell’Accademia Andrea Naccari e quella del Vicepresi- dente Francesco Rurrini, e la rielezione di S. E. Paolo BosELLI e del Socio Ettore SrAmPINI, rispettivamente a Direttore e a Segretario della nostra Classe. Il Socio BronpI presenta, con parole di calorosa lode per l’au- tore, due pubblicazioni del Prof. Michele Rosi, edite dalla Unione tipografica editrice di Torino, cioè la ristampa della Storia contemporanea d’Italia dalle origini del risorgimento alla confla- grazione Europea, e il primo volume dell’opera L'Italia odierna. Due secoli di lotta di studi e di lavoro ecc. La Classe ringrazia. In fine l’Accademico Segretario presenta le seguenti pub- blicazioni pervenute all'Accademia da parte degli editori: P. Vergili Maronis Aeneidos libri VII, VIII, IX per cura di Remigio SABBADINI, e L. Annaei Senecae De ira ad Novatum libri tres per cura di A. BARRIERA, entrambi i volumi apparte- nenti al Corpus Scriptorum Latinorum Paravianum; e La critica dei poeti Romani in Orazio di Carlo PascaL, volume che fa parte della Biblioteca di Filologia classica diretta dal PascaL e pubblicata dall'editore Catanese Francesco Battiato. La Classe ringrazia i donatori. i L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI PRETTOIA. TT RI CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI A Adunanza del 30 Novembre 1919 i 4 6 ì ] 1 1 È PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI , PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci SaLvapori, Seere, PrANO, GuIDI, MartIROLO, GRASSI, SoMIGLIANA, PANETTI, Sacco, MAJORANA e PaRronA Segretario. È scusata l'assenza del Direttore della Classe Senatore D'OvipIio e dei Soci Senatore Foà e Ponzio. Ad invito del Presidente, il Socio MarTIROLO legge la | commemorazione del Socio corrispondente prof. Saverio BELLI, | che sarà pubblicata negli Atti. Il Presidente ringrazia il Socio — MartiroLo dell’applaudito discorso, col quale ha, con efficacia | e dottrina, ricordato le virtù ed i meriti del compianto collega e valente scienziato. Il Socio Segretario, interpretando i sentimenti dei colleghi, rinnova all’amato Presidente le condoglianze per l’irreparabile | perdita da lui fatta colla morte della sua degna Consorte, ed esprime la speranza che la viva parte presa dagli accademici al suo lutto possa essergli di qualche conforto. Il Presidente | risponde commosso e grato, e dice che le dimostrazioni dei colleghi sempre più lo persuadono che la nostra è una Società di studiosi e insieme di amici affezionati. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente annuncia che durante le ferie l’ Accademia ha fatto perdite gravi e dolorose nelle persone “ del Socio straniero Ernesto HaeckEL e dei Soci corrispondenti Guglielmo RayLEI6H, Pasquale BaccaRINI, Simone ScHwENDENER, Emilio Fiscner, Vincenzo REINA ,, ed alla memoria loro ed alle loro opere rende omaggio. Comunica poi i ringraziamenti del pro- fessore G. Bruni per la nomina a Socio corrispondente dell’Ac- cademia. Il Segretario dà notizia di alcune comunicazioni scientifiche manoscritte mandate da non Soci alla Segreteria accademica durante le ferie: esse sono affidate per esame a Soci compe- tenti. Presenta la Nota Osservazioni sul fiore dell'Olivo inviata in omaggio dall’A. prof. R. PrrortA Socio nazionale. Ricorda poi che il 6 luglio u. s., per gradito incarico del Presidente, ebbe l’onore di rappresentare l'Accademia alle solenni onoranze, rese nell'Università di Pavia, all’illustre Geologo e nostro Socio nazionale Torquato TARAMELLI, in occasione del suo 44° anno d'insegnamento universitario; e presenta in omaggio, a nome del Comitato per le onoranze, una copia del volumetto pubbli- cato a ricordo della festa, e come omaggio proprio offre per il medagliere dell’Accademia una copia in bronzo della medaglia d’oro offerta al TARAMELLI nell'occasione stessa. Il Presidente ringrazia, compiacendosi delle degne onoranze al nostro Collega. Si presentano e sono accolte per la stampa negli Atti le Note seguenti: Dott. Mauro Picone, Sul cambiamento della variabile di integrazione nell’integrale di Lebesgue, presentata dal Socio SEGRE. Dott. Luigi ZoPPETTI, L'abito fogliare nelle siepi di La- gustro, presentata dal Socio MaTTIROLO (1). (#) Questa Nota sarà pubblicata nel prossimo fascicolo. 7 Dott. G. CoLosi, Ricerche anatomo-istologiche sugli Eufau- siacei. Il cuore di “ Nematoscelis megalops , G. 0. Sars, presen- tata dal Socio SALVADORI. Prof. Luigi BrusorTTI, Sulla scomposizione di una forma binaria biquadratica nella somma di due quadrati, presentata dal Socio PeANo a nome del Socio corrispondente BERZOLARI. Dott. Filippo SIBIRANI, Espressioni analitiche che defini- scono più funzioni analitiche dd area lacunare, presentata dal Socio PEANO. Il Socio MAJORANA presenta una sua Nota Sulla gravi- tazione e ne dà notizia riassumendola. A TR RIDI PI = ° - 8 ORESTE MATTIROLO LETTURE ——— Pa DE e n COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI del Socio naz. resid. ORESTE MATTIROLO Nel Luglio dell’anno 1881, discendendo dalla svelta pira- mide della Rognosa di Sestrières, conobbi SAVERIO BELLI. Il luogo del nostro incontro, le discussioni che intavolammo, sono presenti oggi come allora alla mia mente, sorpresa dalla coltura, dalla rettitudine dei giudizii, dalla gentilezza e signo- rilità dei modi del novello amico. Avevo trovato un’anima che vibrava sintonicamente, che rispondeva colla mia, agli stessi ideali. La passione comune, l’entusiasmo giovanile, la suggestività del luogo, valsero di colpo a suscitare fra noi quei vincoli di simpatia che dovevano legarci poi per tutta la vita. Erborizzammo insieme, lasciandoci come vecchi amici e tali siamo rimasti quando, sbolliti gli entusiasmi giovanili, altre cure ci presero e dovemmo volgerci a ricerche e a studi ben più gravi di quelli che formavano allora la delizia di noi bota- nici peripatetici principianti. L'amicizia nostra non mutò mai natura; ebbe origini, dirò così, botaniche, e tale carattere mantenne sempre, legando fra loro le nostre anime coi vincoli di una comunanza perfetta di aspirazioni e di ideali scientifici. Egli è perciò che il ricordo suo mi è rimasto associato ad un profumo di idealità, quale forse non avrebbe avuto, ove altri vincoli ci avessero uniti. Di lui non ho conosciuto che la parte più bella, il suo amore ardente per quanto è vero, giusto, bello; per quanto eleva lo spirito al disopra della materialità - della vita. | I | i COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 9 Dire quindi di Saverio BeLLI, delle sue doti morali, delle sue opere, non è per me un dovere, ma un bisogno, al quale soddisfo con animo grato verso la nostra Accademia, che me ne ha affidato l’incarico, perocchè questo è purtroppo l’unico omaggio che io mi onoro di poter offrire alla memoria del- l’amico, troppo precocemente rapito, quando ancora molto egli avrebbe potuto e saputo operare in pro della scienza. Nell'anno 1883 il Professore GiusePPE GIBELLI, l’indimenti- cabile Maestro, allora chiamato alla Direzione dell'Orto botanico di Torino, faceva ricerca di un assistente alla Cattedra sua, ed io ebbi la ventura di proporgli Vl amico, allora studente del V° anno di Medicina nella R. Università di Napoli. Fu così che Saverio BeLLi venne chiamato a far parte dell'Istituto nostro, dal quale più non si staccò. Egli ben presto divenne uno degli organi vitali del vecchio convento botanico del Valentino, che rallegrava colla sua inesauribile arguzia e colla facilità della vena poetica, e dove tutti ricorrevano a lui, come ad un consigliere prudente e sagace, famigliare ai più ardui problemi della scienza. Tale divenne e tale si mantenne sempre, riverito ed amato da quanti ebbero la ventura di avvicinarlo e di conoscerlo in- timamente. La vita di Saverio BeLLIi non fu segnata da momenti av- venturosi, degni di particolare menzione; si svolse quieta, serena e laboriosa nell'ambiente del laboratorio e della famiglia. Assistente prima, quindi aiuto, docente, incaricato della Direzione e dell’insegnamento alla morte del Professor GIBELLI, | passò poi come Professore di Botanica all'Ateneo di Cagliari (1), dove rimase pochi anni straordinario e ordinario poi. Per mo- (1) Ecco il curriculum vitae di S. Berti: Laureato in Scienze naturali, 11 giugno 1887, con pieni voti e lode. Assistente presso il R. Orto botanico di Torino, 1° nov. 1884-1888. Aiuto id., id., 1889-1900. Libero docente, 30 maggio 1894. Incaricato insegnamento della Botanica e della Direzione del R. Orto botanico di Torino, 1° gennaio 1900. Straordinario di Botanica alla R. Università di Cagliari, 1° dic. 1901. Ordinario, 1905. 10 ORESTE MATTIROLO tivi di salute, giovane ancora, volle ritrarsi dallo insegnamento ufficiale per ritornare alle abitudini antiche nella sua Torino, dove riprese a vivere come prima nel Laboratorio nostro, intento a quegli studi che formavano la sua passione. Eccessivamente modesto, non volle coprire cariche di nessun genere, alle quali pure la sua cultura, la sua scienza, il suo retto giudizio, il naturale buon senso avrebbero potuto giovare e dare ottimi frutti. Tanta fu in lui la ritrosia, il disdegno di ogni distinzione che morì senza nemmeno essere cavaliere! quantunque facesse parte, come membro corrispondente, della nostra Accademia, fosse socio anziano della Reale Accademia di Agricoltura, della So- cietà Alzate del Messico e di altre Società scientifiche. Se il nome di Saverio BeLLi non sarà legato a vani titoli onorifici, la sua memoria invece rimarrà affidata a ben più saldi titoli di benemerenza scientifica e figurerà onorevolmente nella Storia della Botanica, perchè ad essa appartengono opere sue, le quali hanno indubbiamente segnato un reale progresso del pensiero filosofico. Saverio BeLLI, figlio di CARLO e di GrupITTA SILVETTI, ebbe cinque fratelli ed una sorella, sposa in prime nozze al Chiaris- simo, compianto Professore GrovAaNnNI DELORENZI (1), ordinario di Anatomia normale nella nostra Università, e quindi in seconde nozze al Comandante PaoLo EwmiLio Spezia, della nostra marina da guerra. Dal padre, uomo di alto sentire, di vasta e profonda cul- tura filosofica (Capo divisione al Ministero delle Finanze in Torino), e dalla Madre, donna di preclare virtù, ebbe educazione fine e completa. Nato (2) da famiglia che per universale considerazione e per censo avito contava fra le più cospicue della regione osso- lana, studiò nel Collegio Rosmini di Domodossola, sotto la guida del filosofo Gruseppe Carza e del valente naturalista GirusePPE (1) Per quattro anni Saverio Berti fu assistente volontario di suo co- gnato nell'Istituto anatomico di Torino. (2) Nacque il 25 maggio 1852 a Domodossola e morì dopo lunghe soffe- renze, cristianamente e virilmente sopportate, il 7 aprile di quest'anno. COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI ii GacLiARDI (1). Dal Collegio Rosmini passò all’Università di Torino dapprima e quindi a quella di Napoli, per ritornare a compiere gli studi a Torino, dove conseguì brillantemente la Laurea in Scienze naturali nell’anno 1887 (11 Giugno). Forte, agile, cacciatore e tiratore valentissimo, godette di una gioventù quale non è concessa a molti di fruire. Ho detto di lui e della sua vita solo quel tanto che egli mi avrebbe concesso di dire, perocchè io rispetto la modestia dell'amico. So che egli era buono, leale e generoso; di una bontà non solo di parole ma di fatti. Lo seppi sempre onesto e retto nelle sue azioni. (1) Giuseppe Gagliardi (n. a Oleggio 20 luglio 1812, morto a Rovereto 1° novembre 1881), ordinato Sacerdote (13 giugno 1831), fu discepolo e amico di Anronro Rosmini e Vice Rettore del Collegio di Domodossola. Filosofo, educatore, fu sopratutto naturalista di elezione e appassionatis- simo raccoglitore. Egli possedeva, come ricorda un suo biografo, in grado eminente, l’arte di insinuare nella gioventù lo spirito di osservazione, co- municando e trasfondendo in essa l’amore che egli aveva per le scienze naturali. Le qualità di osservatore diligente, minuzioso e coscienzioso che abbiamo ricordato in Saverio BeLLi furono in lui svegliate da questo dotto insegnante, benemerito della Flora ossolana. De Noraris e Cesami, fra i sommi botanici contemporanei suoi, erano legati da affettuosa amicizia con Padre GaeLiarpI, il quale ebbe a comunicare loro enorme quantità di ma- teriali ossolani. Chi consulta le Opere di questi Autori trova ad ogni mo- mento ricordato il nome del GaeLiarpI, che si occupò di Fanerogame, ma sopratutto di Epatiche, di Muschi, di Alghe Desmidiacee e Diatomacee, delle quali ultime si interessò sotto la guida dell'Abate Francesco CASTRACANE, quando per importanti affari dell'Ordine Rosminiano risiedette per alcuni anni a Roma (1857). Padre GagLiarpìi pubblicò le Epatiche raccolte nei din- torni del Calvario di Domodossola durante l’inverno 1875-76 negli “ Atti dell’Accad. dei Nuovi Lincei ,, tomo XXXVI, gennaio 1883. Una nuova Pediastrea da lui scoperta, il Coelastrum Astroideum, ebbe l’onore di essere inserita negli Elementi per lo studio delle Desmidiacee italiane di GiusePPE Dr Norarrs, Genova, 1867. Estesi cenni biografici di questo naturalista sono riferiti da E. Carovenpa nella sua Flora delle Alpi Lepontine (Parte 1), Bibliografia, Roma, 1906, pag. 74 e seg. Cesari nei suoi Appunti per una futura Crittogamologia Insubrica (£ Commentari della Società Crittogamo- logica italiana ,, fascicolo II, Genova, 1861) ricorda un Orthotricum nuovo e il rarissimo Hylocomium Oackesti, il Trematodon ambiguus, la Dicranella cerviculata ed altre rare Crittogame scoperte dal Padre GaGLiaRDI. 12 ORESTE MATTIROLO Ho perduto in lui un amico vero, un consigliere prezioso, che piango e piangerò sempre amarissimamente. sa I lavori di Saverio BeLLI rappresentano un complesso di contribuzioni scientifiche in special modo dirette allo studio della sistematica, dell'anatomia e della fisiologia dei vegetali. Ad alcuni di essi accennerò solamente, mentre tenterò di riassumere in concettosa sintesi i principali gruppi di ricerche omogeneamente plasmati, perchè sono quelli che meglio conce- dono di poter lumeggiare il pensiero dal quale trassero origine e furono guidati; e dimostrano l’indole dell’ingegno del valoroso e modesto loro Autore, scomparso nel momento del più intenso e fattivo rinnovamento di quelle discipline alle quali aveva de- dicato la sua attività di lavoro. Mentre è in tutti il sentimento di un’epoca in cui la scienza va affermandosi sopra basi e criterii nuovi; mentre si vanno negando oggi quelle idee che, ancora pochi anni or sono, rap- presentavano i dogmi della sistematica; e una scienza nuova, quella dei fattori genetici, tuttora imprecisa e confusa, si impone alla considerazione dei tassonomisti, e ne confonde le antiche valutazioni, la scomparsa di una mente critica, qual era quella di Saverio BeLLI, rotta per lungo lavoro a questo genere di studi, equilibrata, giusta, serena nei giudizi, ponderata nelle astrazioni, rappresenta una perdita dolorosa per la scienza. I lavori sistematici del BeLLt vanno divisi in due serie: la prima dedicata allo studio del genere Trifolium; la seconda a quello del genere Hieracium. Al genere Trifoltum (V. Bibliogr., N. 1 a 11) attese col compianto suo Maestro GrusePPe GIBELLI per un certo periodo di anni, proseguendo poi da solo nelle ricerche. Del genere Hieracium (V. Bibliogr., N. 12 a 20) invece si occupò da solo, dedicandogli le cure più assidue e le simpatie più ardenti e costanti. In queste due serie di lavori, più che la competenza del monografo, ammiriamo la genialità colla quale ha saputo, par- tendo da osservazioni singole, assurgere a concetti filosofici di ordine generale. COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 13 i La sistematica del BeLLI procede, nei suoi lavori, sicura, | sciolta da quelle ricette scolastiche che avevano a poco a poco ridotto questo ramo, pur così importante della botanica, a niente altro che ad una specie di colossale collezione di lapidi di un immenso cimitero di mummie vegetali. Essa ci appare quale dovrà essere, cioè la risultante delle | conoscenze delle singole forme, desunta non solo da un unico | stadio, per quanto elevato, come è quello della riproduzione; ma da tutto il ciclo di sviluppo di ogni specie, dall'esame compa- «rativo dei vari organi loro, dal modo di funzionare, dalla loro «vita di relazione coll’ambiente esterno. 4 Lo scopo della sistematica, quale risulta dai lavori del BeLLI, è quello di riuscire a stabilire un organismo di insieme, nel quale le specie di un genere o di una famiglia appariscono quali discendenti di un comune albero genealogico, come rami- ficazioni filogenetiche nel tempo e nello spazio. I Fitografi del vecchio stampo, assillati dalla impellente necessità di sistemare le varie specie di un Genere, si sforza- vano di creare gruppi o Sezioni subordinandoli ad un solo ca- . rattere, ingenerando così raggruppamenti artificiali: serie empi- riche che le distanze morfologiche tra l'una specie e l'altra ‘rendono disuguali nella loro dignità. Fondare unità tassonomiche naturali, omogenee, di uguale valore, di uguale dignità gerarchica, aventi per conseguenza una facies comune, le quali, in ultima analisi, inducano a ritenere le | specie singole, che le compongono, quali discendenti da un solo capostipite, è lo scopo che il monografo deve proporsi per riu- scire alla vagheggiata seriazione naturale delle forme. Per questi gruppi, che il GrBeLLI e il BeLLi nella magistrale Prefazione all'Opera dei Trifogli hanno profondamente discussi e con finissimo intuito esattamente limitati nei loro confini, essi hanno adottato il nome di Stirpes (o Schiatte), usando con inten- dimenti ben definiti questo termine profondamente significativo. Le Stirpes esprimerebbero un fatto atavico; mentre le Species, delle quali risultano le Stirpes, rappresenterebbero invece le attuali discendenze di esse. Le Stirpes sono, secondo i nostri Autori, un complesso di entità reali, che hanno uno stampo comune; che probabilmente hanno avuto una origine comune, dimostrabile nella attualità: n È 14 ORESTE MATTIROLO che si rassomigliano fra loro, così da costituire un nucleo ben distinto e separato dalle altre Stirpes della Sezione, alle quali esse appartengono, ed i cui caratteri sono inegualmente distri- buiti nei vari membri. che le compongono, originando così i di- versi gradi di dignità, intesi coi nomi di species, subspecies, va- rietates, ecc. Seguendo questi concetti fondamentali anche nel riguardo dei gruppi di ordine secondario, nella definizione cioè delle specie, delle sottospecie e delle varietà; operando con cura paziente e meticolosa, durante sei anni di assiduo lavoro; studiando una enorme quantità di materiali provenienti dai principali musei di Europa, i due scienziati crearono quel complesso di classiche memorie sul genere 7rifolium che rimarrà come un modello di questo genere di studi. Senza tema di esagerare, affermiamo che la Monografia dei Trifogli italiani distribuita in dieci grandi lavori raccolti nelle Memorie e negli Atti della nostra Accademia, dei quali sette condotti dal 1887 al 1901 in collaborazione fra il GrgeLLI e il BeLLI e quattro spettanti al solo BeLLi e da lui dedicati al Maestro), costituisce il più importante lavoro di insieme che la Scienza oggi possieda sopra questo intricato e difficile gruppo di vegetali. Lo studio critico dei Trifogli non rivela soltanto la perizia e la competenza degli Autori, ma è prova della loro onestà scien- tifica, perocchè non contiene una sola osservazione, la quale non sia stata condotta sul vero, e vagliata anche nei minimi particolari. Il plauso col quale fu accolta questa serie poderosa di ri- cerche ne dimostra l'eccezionale valore scientifico. Potranno variare col tempo i criterii di ordinamento dell’insieme, quando con esattezza, direi matematica, si potrà giungere alla seria- zione dei vegetali, ma non muterà certo la importanza delle osservazioni che gli Autori hanno accumulate, così che nessuno ardirà toccare questo difficile argomento senza la guida della monografia fondamentale che onora la sistematica italiana. Per completare gli studi sui Trifogli volle il BeLtI rivol- gere la sua attenzione ad una quantità di questioni interessanti il significato anatomico dei loro tessuti, studiandole dal punto di vista delle interpretazioni sulle quali si vorrebbe imperniare la classificazione anatomica dei vegetali superiori. tm lt et ri cl COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 15 Egli si ingolfò così, per un periodo di alcuni anni, nelle - questioni più intricate e discusse della moderna anatomia, e quindi in un labirinto di lavori, di teorie, di nomi variamente interpretati, che la luce della verità scientifica è ben lungi ancora dall’illuminare. Nella discussione critica SAverio BeLLI trovava un gradito elemento di lavoro. Più le cose apparivano dubbie, oscure, complicate, e più egli si beava a dipanare tranquillamente le arruffate matasse altrui. Così egli si era lasciato indurre a interrogare la sfinge del genere Trifolium; così si era impelagato nel genere Hieracium, e così, studiatamente, si immerse nello studio critico dell’ana- tomia caulinare e nella interpretazione teorica di tali tessuti (Vi7/Bibl., N. 11). Riassumere anche per sommi capi l’imponente lavoro di critica bibliografica da lui esposta con la cura più meticolosa è cosa impossibile; epperò al lavoro originale rinvierò il lettore, tenendomi pago di esporre le conclusioni alle quali giunse il BeLLi dopo un faticoso e complesso lavoro di ricerche biblio- grafiche ed anatomiche. L’attenzione dell’Autore fu sopratutto rivolta al cosidetto Periciclo, nome col quale gli Autori francesi, specialmente della Scuola di Van TreGHEM, intendono di designare un tessuto che, come posizione, limiti e funzione, dovrebbe essere, secondo le loro idee, non solo omologo, ma continuo con quello indicato nella radice col nome di Pericambio. Il carattere precipuo del Pericambio radicale (come è uni- versalmente. noto), è quello di essere verso l'esterno avvolto da una zona che internamente limita la corteccia, indicata col nome di Endoderma, caratterizzata da anelli di inspessimento, pie- ghettati o no, da suberificazioni, ecc. Orbene, si volle da questi Autori, che anche il pericielo caulinare, analogamente a quello della radice, fosse pur esso accompagnato da un Endoderma caulinare, al quale poi lo STRAS- BURGER diede il nome di F/eoterma. Questo concetto, che può in molti casi avere un fondamento reale, dimostrabile in natura, fu a torto generalizzato, e dal campo puramente anatomico, lasciandosi essi trasportare in 16 ORESTE MATTIROLO quello teorico, proclamarono la normalità del fatto, ammettendo la costante presenza nel fusto di un Endoderma come topografi- camente esistente. Fu merito del BeLLi di avere, con difficili ricerche istoge- netiche, sullo sviluppo iniziale del Cambio, dimostrato che tale concezione era erronea e che l’esistenza dell’Endoderma (Fleo- terma) e del Periciclo non è dimostrabile sia nei Trifolii, sia in molte altre piante, e che per conseguenza i fatti singoli non si potevano generalizzare come aveva inteso di fare la Scuola di Van TiecHEm, la quale sulla esistenza supposta costante delle due sovraccennate regioni anatomiche aveva imperniato la Teoria stelica, teoria che, come è noto, sta nella più stretta di- pendenza dalla supposta esistenza costante dell’Endoderma cau- linare in prima linea e in seconda del Periciclo. Sulla presenza dell’Endoderma fu infatti basata la divisione regionale del fusto primario in: cilindro centrale e corteccia, per cui, ove questa regione, cosidetta endodermica, non esistesse, non vi sarebbe ragione di mantenere la divisione di cilindro centrale e corteccia nel senso voluto dagli Autori. Il paziente lavoro del BeLLI è in conclusione una critica sottile, stringente, acuta della Teoria stelica e dei lavori che cercano di illustrare una concezione che ha oggimai perduto gran parte della importanza che avrebbe avuto, ove i fatti avessero corrisposto alla immaginosa interpretazione teorica del Van TrecHem e della sua Scuola. | * * * Il secondo gruppo di lavori è dedicato al genere Hieracium, per unanime consenso dei sistematici il più indiavolato (1), il più terribile dei generi dei vegetali vascolari, tanto esso è variabile, ricco a dismisura di forme, di varietà, di ibridi derivanti da un numero relativamente ristretto di specie. (1) Sui cartellini degli esemplari che si scambiavano Bert e Arver- Touver, ad ogni momento si incontrano espressioni che rivelano le difficoltà che incontravano i due hieraciologi per sistemare le specie critiche. Così a proposito di una forma di H. cottianum Arv. (var. strigulosum Arv.): Ce diable de Genre vous désarcgonne à tout coup! et c'est quand on se croit le plus ferré, qu'il vous désarconne le mieux!! ITALIA PIO A - vr pa e È mesi. ade "sc titti siii, bite | a : COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 17 Tanto è che ELra Frirs, il padre della moderna hieraciologia (autorità indiscussa), dopo averlo per tanti anni assiduamente studiato, lo definiva scultoriamente così: Hieraciorum Genus in opprobrium Scientiae, Botanicis adhue praebet nodum quemdam Gordianum! Il nostro BeLLIi sino dalla giovinezza, quando a Napoli, sotto la guida di PAsquaLEe, andava erborizzando, sì innamorava di questa sfinge botanica, così, che di poi non lasciò passare, si può dire, giorno senza occuparsene. Le difficoltà di questo studio lo elettrizzavano, perchè la complessità dei problemi che si riferiscono alla sua sistema- zione, lo portava in un campo di ragionamenti particolarmente adatti all’indole della sua mente, dalla natura portata alle concezioni astratte e alla meditazione. A poco a poco perdurando egli in questa sua > passione di studio, diventando tetragono alle difficoltà e ai dubbi che lo assalivano, e che a volte gli facevano rimpiangere il tempo e le fatiche durate, riuscì a mettere insieme una delle più ricche colle- zioni di Hieracium, la quale volle poi donare al Museo di Torino, accompagnata da una biblioteca hieraciologica importantissima. Studiò quindi la maggior parte delle collezioni italiane; compulsò le raccolte europee più interessanti; intavolò corri- spondenza attivissima coi migliori specialisti, giungendo infine a redigere quella Chiave dicotomica delle specie del genere Hie- racium crescenti in Italia (V. N.18) che fa parte del compendio della Flora italiana di ApriaNo Fiori; opera classica, testimonio della sua rara competenza in questi studî. Fra i MHieraciologi più distinti: Arver-Touver, BURNAT, BicxnELL, ArmaNDo GauTIER, NAGELI, SUDRE, Coste... furono in intima relazione con lui, ed una fratellanza, mutatasi presto in tenera, fraterna amicizia legò per tutta la vita ArveTt-Touver, il competente fra i competenti hieraciologi francesi, al BELLI. Chi legge la biografia di questo botanico dettata dalla penna brillante di MarceLLo MiRANDE (1), può farsi un concetto (1) MarceL Miranpe, Arvet-Touvet botaniste dauphinois et son @uvre. Grenoble, 1915, “Annales de l’ Université de Grenoble ,, vol. XXVII, N. 1, 1915. — In, Casimir Arvet-Touvet botaniste hieraciologue (1841-1913), “ Bulletin de la Société de Statistique ,, tom. XXXIX, 1918. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 2 18 ORESTE MATTIROLO delle relazioni riboccanti di passione scientifica che legavano i due amici, i quali, pure non essendosi mai conosciuti di persona, vibravano per lo stesso ideale. Dalla loro corrispondenza emana il profumo del più schietto idealismo scientifico, talehè non si direbbero lettere di due scien- ziati che trattano di un Genere di piante, ma di due amanti che vagheggiano, palpitano per un ideale comune; sono sospiri di anime nate per intendersi! Il Mrranpe, al quale BeLLi affidava le lettere dell'amico, che potè quindi seguire passo passo le fasi di questa nobile co- munione di anime e analizzarla nella commovente biografia di Arver-Touver, ne fu così scosso che, scrivendomi testè parole di acerbo rimpianto per la morte del BELLI, così sì espresse: “ Si la famille n’avait pas trop de chagrin de se séparer “ de ces lettres, je serais bien heureux qu’elle veuille bien en “ faire hommage è l’Université de Grenoble. “Je les placerais dans la Salle Arver-Touver. Là la mé- “ moire des deux savants, des deux amis intimes, qui de leur “vivant ne se sont jamais vus, serait pieusement conservée. “ Dans cette salle qui contient les Hieraciums d’Arver; “ Touver, et les lettres à lui écrites par Bei, leur ombres er- “ reront et seront heureuses de se rencontrer! “ Voudriez-vous présenter ce vou à la famille du cher “ défunt? ,. Il desiderio del botanico francese, che la vedova di SAVERIO BELLI pietosamente e generosamente accolse, rivela con quale ardore, con quale nobile slancio i due amici amarono la scienza; come essi intesero e servirono l'ideale che legava le loro anime assetate del vero! Ma volle fatalità, che la corrispondenza dei due amici ini- ziatasi fra i più ardenti entusiasmi dovesse chiudersi fra i dubbi e gli scoraggiamenti, per effetto del movimento di idee nuove che grava oggi sui criterì che dovranno regolare la intricatis- sima questione della valutazione del concetto delle specie. Nella sistemazione dei Generi critici (Rosa, Rudus, Mentha, Euphrasia, ecc.), e più specialmente in quella del genere YHie- racium, siamo oggi piombati in un periodo di dubbi. Nessuno infatti ha potuto definire quali sieno i limiti nei quali si debbano circoscrivere le specie e in quali gradi sieno Mt ia IPER. PST TA E POSATE a Li | ì COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 19 esse mutevoli, e quali caratteri valgano a segnare la dignità delle mutazioni. Se le specie sieno o no capaci di dare ibridi fecondi o ste- rili; a quali serie di generazioni convengano queste attitudini, sono ancora questioni insolute. Aggiungasi ancora che i problemi risultanti dalla consta- tazione dei fenomeni così detti di apogamia, si affacciano ad in- tralciare queste già intricatissime questioni, a complicarle ancora! Pochissimo è noto intorno al valore, al modo di compor- tarsi del polline e degli ovuli delle varie forme, esse stesse refrattarie per la omogeneità dei loro caratteri agli sforzi di sistemazione. Nel campo della Hieraciologia, dove le forme si presentano variabilissime; dove (come nel Hieracium boreale, nel H. mu- rorum, ad es.) si può dire che ad ogni stazione corrispondano forme particolari, il botanico rimane perplesso, confuso, non sa- pendo come trarsi d’impaccio per valutare forme davvero incoer- cibili. Sopra tali argomenti si scrissero innumerevoli volumi. Le teorie si sovrapposero alle teorie, e le parole reboanti, più che 1 fatti, servirono ad arruffare siffattamente la questione, tanto che i due amici, dopo tanta somma di lavoro, condotto con im- peccabile maestria di osservazioni diligenti e sagaci, di fronte alle nuove gratuite valutazioni delle unità sistematiche e delle loro relative dignità, sentirono l’offesa che veniva fatta alle idee per le quali avevano strenuamente combattuto, e si ritrassero sfiduciati dall’agone, lasciando al tempo il còmpito di sceverare il vero dal falso e ricondurre la scienza sulla retta via. “ Nous laisserons certainement ,, scriveva Arver-Touver al nostro Belli, “ plus è faire après nous que nous n’aurons fait! “ Mais si les Z.... et C'° s'en mélent et parviennent à s’y ac- “ eréditer auprès des botanistes, dont la très grande majorité “n'y entendent absolument rien, tout est perdu peut-étre à “ jamais, et c'est le retour certain au chaos! ,. Queste parole rispecchiano le condizioni d’animo del vecchio, appassionato naturalista, che poco tempo prima di morire vede scossi, minati gli ideali che rappresentavano la sua fede, la sin- tesi dell'attività scientifica di tutta la sua vita! Di fronte al nefasto, travolgente sconvolgimento, egli altro non vede, di altro 20 ORESTE MATTIROLO non si preoccupa che del pericolo che esso abbia a nuocere al progresso reale della scienza. Il BeLLI invece non si ritrasse subito dalla lotta; ai nuovi indirizzi di idee sul concetto di valutazione delle specie si op- pose energicamente; esponendo con ragionamento serrato, con sagacia di critica, in un’opera serenamente pensata e limpida- mente scritta, i concetti ai quali egli aveva informata tutta l’opera sua di sistematico. Egli intese che tale lavoro rimanesse come testimonio tan- gibile delle concezioni alle quali era stato condotto, sia dal ra- gionamento, sia sopratutto dalla osservazione delle forme spe- cialmente di Hieracium e di Trifolium, quali egli studiò in natura. Le vedute sul concetto filosofico della specie furono affidate alla nota opera Sur la réalité des Espèces en nature (V. N. 41), che egli, perchè avesse maggiore diffusione, scrisse in lingua francese, essendo destinata al Congresso internazionale di Vienna, nel quale si dovevano discutere le leggi della Nomenclatura botanica. Il lavoro del BeLLI, che io cercherò di prospettare nei suoi concetti fondamentali, esamina e discute essenzialmente le ten- denze delle opposte Scuole che oggi si agitano e si combattono, e che si combatteranno ancora a lungo, sino a quando cioè agli argomenti di indole prettamente filosofica si giungerà a sosti- tuire basi veramente scientifiche e quindi indiscutibili, su cui poggiare l’edificio. Ma tali basi, tanto desiderate, sono ancora al di là da ve- nire e ci vorrà tempo, studi e ricerche di indole varia, prima che la verità illumini finalmente la questione intricatissima e conceda ai sistematici la luce tanto sospirata. Il valore della specie è inteso oggi secondo due concetti diametralmente opposti. Una Scuola considera la specie come una realtà realmente esistente in natura; l’altra nega questa concezione in modo assoluto. La prima Scuola, alla quale appartiene il Betti (1) (quella che Briquer definisce col nome di neojordanista), ammette che (1) In fondo risulta che al nostro Betti, come all'amico suo Arver-Touver, sorridevano gli ideali della tradizione monogenista linneana, quelli che a VESTI E, 9 rr ERA — COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 21 esistano in natura, nel momento attuale, dei gruppi di vegetali aventi limiti differenti (crandi k piccoli), rappresentanti di unità attuali e reali; gruppi cioè di vegetali che presentano ai nostri occhi un certo numero di caratteri in equilibrio stabile, la cui variabilità oscilla entro limiti definiti e ai quali si dà il nome di specie. La seconda Scuola invece (alla quale conviene il nome di neo-darwinista), nega l’esistenza in natura di questi gruppi; non ammette di realmente esistente in natura altro che l’individuo, tutte le altre categorie o gruppi considera come astrazioni. Le specie non sarebbero che una imagine, una concezione spirituale di molte esistenze reali, cioè di individui; esse quindi non potrebbero considerarsi come aventi una esistenza reale. La prima Scuola, tende in conclusione a dare una base pratica alla sistematica; a salvare la specie linneana per non distruggere il vasto complesso sul quale si inquadra tutto l’odierno ordinamento tassonomico; la seconda invece induce ad un lavoro di astrazione, sostituendo alla nozione di specie assoluta, real- mente esistente, il concetto di specie relativa. Con profondità di critica, con dovizia di argomentazioni, con vastità di cultura, entra il BeLLI nel contrastato arringo per dimostrare che la specie non è nè una illusione, nè una astrazione, ma una realtà collettiva di individui nati l’uno dal- l’altro nel tempo e nello spazio, la sintesi di una serie reale di individui aventi caratteri comuni. Se la specie fosse una illusione la sistematica non avrebbe più ragione di esistere! La Storia ammonisce che più profondamente si studia un genere di piante più aumentano le difficoltà di sistemarlo. Se finora vaghiamo nel dubbio, ciò dipende dal fatto che è impos- Jussieu, De CanpoLLe, Cuvier avevano appoggiato colla loro autorità e che il Borssier ha concettosamente esposti nella Prefazione della Flora orien- talis (p. xxx1). Bossier infatti riteneva le specie, “non comme des con- “ ceptions arbitraires de l’esprit humain, mais comme des créations sorties ‘ è des époques diverses de la puissante main de Dieu, ne pouvant se “ transmuer l’une en l’autre, mais souvent variables dans des limites plus -“ ou moins étendues, quelquefois difficiles à tracer, mais qui toujours existent “et qu’elles ne dépassent jamais ,. Questa frase, come riferisce il MrranpE (loc. cit., pag. 15), era sovente ripetuta da Arver-Touver. 292 ORESTE MATTIROLO sibile avere sotto gli occhi, in una data unità di tempo, tutti gli individui esistenti nel globo, provenienti da altri individui della stessa specie. Chè se ciò fosse possibile noi avremmo sotto gli occhi, non già una astrazione, ma l’insieme reale degli individui, costituenti la materialità reale, dovuta alla successione ininterrotta di tutte le forme derivanti dai loro parenti in un dato momento della attualità. La impotenza nella quale ci troviamo di comprendere la specie assoluta nel suo insieme, non è però, secondo BELLI, una ragione per negare l’esistenza reale della specie. Quanto più sarà possibile disporre di materiali abbondanti e di mezzi più perfezionati di investigazione, tanto più si potranno riconoscere i limiti reali delle specie ed i valori intermediarì potranno essere più esattamente compresi. Il reale potrà così essere separato dal transitorio, e la luce e la semplicità ritorneranno a rifulgere là dove erano confu- sione e dubbi. L'incertezza inevitabile oggi nei lavori di sistematica, dice il BeLLI, non deve essere attribuita alla non esistenza della specie, ma alla impossibilità di abbracciarne tutta la corporea materialità. Chi avrebbe detto trenta anni or sono, quando imperavano le dottrine evoluzioniste darwiniane, che esse sarebbero state così presto discusse? Il BeLLI si preoccupava dei danni che le teorie a base di eccessiva astrazione filosofica avrebbero prodotto alla sistematica, demolendo il vasto, complesso edificio nel quale si inquadra tutto il materiale floristico, senza ricostruirne un altro; negando senza produrre fatti, portando il caos ove già regnava un ordine relativo basato sulle osservazioni oggettive, rendendo quasi im- possibile l’opera dei monografi. Però, secondo noi, sino a quando non saranno esattamente noti i caratteri e le potenzialità degli ibridi, la cui importanza genetica è venuta sempre più affermandosi colle teorie mende- liane e con le moderne ricerche sul comportamento delle linee pure; sino a quando non saranno note le importanze dei fattori genetici, delle attività polliniche ed ovulari, ece., non sarà con- cesso ragionare con esattezza e stabilire i limiti di possibili O E I, RT To LR e A COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 23 variazioni; nè avere un concetto sicuro di ciò che dovrà inten- dersi coi nomi di specie, sottospecie, varietà, ecc. La sistematica non giungerà a dignità di scienza se non quando saranno noti questi elementi di giudizio; ma siamo pur troppo da ciò ancora ben distanti e finora la verità assoluta continua a rimanere oltre i limiti delle nostre conoscenze. L’unità sistematica linneana, la specie cosidetta elementare, deve essere l’insieme di tutti gli individui i quali mantengono i loro caratteri anche nelle generazioni successive, a meno che non intervengano fatti di vera e propria mutazione. La sistematica linneana giudica in base al principio di creazione. La genetica in base a quella di isogenesi. Il concetto di specie linneana potrà rimanere fisso per il sistematico che giudica gli individui quali sì presentano; ma non potrà essere tale per chi si occupa di genetica e giudica l’individuo analizzandone le discendenze, e sulle basi di tali considerazioni cerca di fissarne il valore, il significato, la posizione, la natura. I lavori hieraciologici ai quali già abbiamo accennato, non costituiscono tutto il corredo che il BeLLI ci lasciò come testi- monio della sua singolare perizia nella conoscenza di questo Ge- nere: perocchè, oltre alla Chiave, ci rimangono di lui otto Memorie nelle quali egli studiò alcune specie di Hieracium considerandole dai punti di vista storici, critici e sinonimici, e fra le quali sono notevolissime quelle che si riferiscono ad alcune specie di ALnioni, di Morris, di Borssier, Pàncrc, ecc. (V. N. 12. 15. 17.19). Ai Hieracium rimase BeLLi fedelissimo sino alla morte di Arver-Touver, avvenuta il 4 marzo 1913; la scomparsa di lui fu dal BeLLi così dolorosamente sentita, influì così profonda- mente sullo spirito suo, che segnò una orientazione nuova nelle sue speculazioni scientifiche. I Hieracium, ai quali per tanti anni e con tanto ardore di passione aveva dedicato le sue cure, a poco a poco furono da lui abbandonati; essi gli ricordavano troppo la scomparsa dell'amico del cuore e le acerbe lotte so- stenute contro i nemici dei suoi ideali scientifici! Così egli, a partire dal 1913, volse con più ardore la mente a ricerche di indole filosofica sulla origine delle specie, ammas- sando note e considerazioni, nell'intento di riordinarle in una opera di polso, di cui lasciò scritti solo frammenti, avvegnachè la morte lo cogliesse rapidamente. 24 ORESTE MATTIROLO Del resto non soltanto ai Trifogli e ai Hieracium aveva rivolto il BeLLi la sua attenzione durante la sua carriera scien- tifica. Egli che nella conoscenza dei vegetali superiori era Maestro, sistemò secondo i concetti di Hacker (N. 24. 27) l’ingente ma- teriale delle Festuche conservate nelle collezioni del Museo di Torino, scrivendo due magistrali lavori comparsi nel giornale botanico “ Malpighia ,, dove pure pubblicava alcune sue interes- santi Note sopra specie rare della Flora italiana (V. N. 22-23). Alla conoscenza della vegetazione sarda contribuì egli pure, quando facemmo assieme conoscere ai botanici italiani i mano- scritti ignorati di MicneLe PLazza da Villafranca Piemonte, di quasi cento anni anteriori alla Flora Sardoa del Moris (V. N. 30). Di parecchie rare specie italiane, di elenchi di piante si oceupò egli in epoche differenti (N. 21. 25. 26. 28), mentre nel- l’anno 1904 descriveva e dedicava al compianto e rimpianto comune amico, il Dottor FiLirpo VALLINO, la curiosa e interes- sante Euphorbia Valliniana, apprezzato endemismo della Flora pedemontana (N. 29). L'ultimo suo lavoro, venuto alla luce dopo la sua morte, è ancora uno studio sistematico e critico sulla controversa Althaea Taurinensis di De CanpoLce (N. 31). Nè il BeLLI si interessò soltanto alle piante vascolari, chè in alcune notevoli contribuzioni trattò pure delle piante Tallofite e particolarmente si interessò alle forme fungine superiori, che gli erano profondamente note. Due suoi contributi alla Flora micologica della Sardegna illustrano forme nuove interessantissime, quali sono il Boletus Sardous Belli et Saccardo e il Montagnites radiosus Hollos var. isosporus Belli (N. 33. 34. 35). Gli studi sui frumenti cardonati rappresentano un prezioso documento sulla TiZletia laevis Kiihn, anche per ciò che essi si riferiscono alla sua importanza sanitaria (N. 32). Delle benemerenze di Saverio BeLLI e della fervente opera sua come Socio della Reale Accademia di Agricoltura, già disse con affettuoso fervore e con elevatezza rara di sentimento il suo allievo diletto Giovanni NeerI. Egli parlò di lui così bene e così giustamente nella solenne Commemorazione testè svoltasi in seno a quella Società, che io non trovo parole da aggiungere edi COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 25 alle sue, che non siano di schietto e doloroso rimpianto per chi ha saputo, come il Belli, portare, anche nella pratica applica- zione dei concetti scientifici, la più larga, apprezzata, illuminata contribuzione di mente e di azione in elevate discussioni, in geniali e provvide iniziative. In questi ultimi anni, specialmente dopo la morte di ARvET- TouveT e l’inizio della guerra europea, SAveRIO BELLI cominciò a mostrarsi fisicamente e moralmente assai mutato. Le ali balde della Musa del nostro buon poeta maccheronico si andavano ripiegando sotto il peso di una continuata malinconîa; le odi latine e le satire del nostro caro “ Orazio fluccido , non comparvero più spigliate, audaci e svelte a rallegrare le solen- nità maggiori del convento del Valentino, intese a ricordare l'amato maestro nostro GrusePPE GIBELLI. L'ultimo carme scherzoso, pieno di humour, egli lo compose (e fu pubblicato da un giornale cittadino) due anni or sono, quando aveva potuto lasciare il letto, ove per due mesi lo aveva piombato un disgraziato investimento automobilistico, che forse fu la causa remota della sua morte immatura. Poi il disgusto profondo provato per l’increscioso procedere di certi elementi locali, nemici anche del nome della patria; le vicissitudini della guerra immane, le dubbiosità del momento politico attuale piombarono a poco a poco l'animo onesto e pro- fondamente patriottico del BeLLI in uno stato di inquietudine. Tristi presentimenti lo assalivano, così che perdette la fede nel- l'avvenire e l’entusiasmo al lavoro, che era stato ragione della sua Vita. Egli tristamente si accasciò e persino giunse a staccarsi definitivamente dai suoi Hieracium, che volle con gentile pensiero lasciare come ricordo al Museo di Torino unitamente alla pre- ziosa biblioteca hieraciologica, dalla quale non si era staccato quando generosamente donava all’Istituto di Cagliari tutti i suoi libri e il suo microscopio. La salda sua fibra per alcun tempo lottò con tenacia incre- dibile contro al male inesorabile; e senza che egli negli ultimi 26 ORESTE MATTIROLO giorni potesse avere coscienza del suo stato, abbandonò incon- solabile la consorte diletta e gli amici. SAVERIO BeLLi, tempra salda di uomo, meravigliosamente adatta alla complessa vita del pensatore, del critico, del filosofo, dello scienziato, del poeta, del musico e dell’uomo di lettere, non fu ugualmente uomo di azione nel senso moderno della parola. Egli fu piuttosto un sognatore; coraggioso di fronte al pericolo, ma dubbioso e timido nelle avversità della vita, che visse solitaria coi pochi e fidati amici botanici, ai quali consacrò l’ultimo suo lavoro (1). In intimo quotidiano commercio con SAveRrIO BeLLI ho tra- scorso la più gran parte della mia vita di Laboratorio. Con lui ho sognato nella giovinezza, con lui più tardi ho conosciuto le battaglie e la realtà delle cose. Ora che l’età grava e che gli entusiasmi sono svaniti, sento tutto il valore e il dolore della perdita di quegli che fu per me amico sincero e leale. La sua memoria rimane impressa nel mio cuore e legata a ricordanze che nè il tempo, nè gli eventi cancelleranno. (1) Il lavoro (N. 31) della Bibliografia fu infatti dal BeLLi dedicato ai D" Gola, Negri, Santi e Vignolo-Lutati e all’instancabile e diletto suo amico il Conservatore del R. Orto botanico di Torino Cav. Enrico Ferrari. Devo all’abilità e alla cortesia dell'amico D"° FeLIce MAsINO il ritratto di Saverio BeLLI, tratto da una istantanea eseguita circa il 1900 dal compianto Avv. F. Ferrero. d < È k COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 27 BIBLIOGRAFIA Studi e ricerche sul gen. “ Trifolium , Linn. (1). . Beni S. e GigeLui G., Intorno alla morfologia differenziale esterna ed alla nomenclatura delle specie di “ Trifolium , della sezione “Amoria , Presl. crescenti spontanee în Italia. Nota critica. “Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XXII, Torino, 1887. . — — “ Trifolium Barbeyi, novam speciem, ece., “ Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. XXII, Torino, 1887 (con 1 tavola). . — — Rivista critica e descrittiva delle specie di “ Trifolium , ita- liane e affini, comprese nella sez. “ Lagopus , Koch. Saggio di una Monografia dei Trifolii italiani. “ Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, serie II, tom. XXXIX, Torino, 1888 (con nove tavole). . — — Rivista critica delle specie di “ Trifolium , italiane, sezione “ Chronosemium , Ser. in DC. Prod. II, p. 204. — Caratteri generali dei “ Chronosemium , e della Stirps “Agraria , Nob., “ Malpighia ,, vol. III, Genova, 1889. . — — uvista critica delle specie di “ Trifolium , italiane comparate con quelle del resto d’ Europa e delle regioni circummediterranee delle sezioni : “ Galearia , Presl., “ Paramesus ,s Presl., “ Mi- crantheum , Presl., “ Memorie della R. Acc. delle Scienze di To- rino ,, serie II, tom. XLI, Torino, 1890 (con tre tavole). . — — Rwvista critica delle specie di “ Trifolium , italiane comparate con quelle del resto d'Europa e delle regioni circummediterranee della sezione “ Trigantheum , Nobis (“ MirtyUus , Presl. pp.), “ Mem. R. Acc. Scienze di Torino ,, serie II, tom. XLII, Torino, 1891 (con tre tavole). . BeLLi S., Sui rapporti sistematico-biologici del “ Trifolium subter- raneum , L. cogli affini del gruppo “ Calycomorphum , Presl., “ Malpighia ,, anno VI, vol. VI, Genova, 1892. . Bei S. e Giseni G., Rivista critica delle specie di “ Trifolium , italiane comparate con quelle del resto d’ Europa e delle regioni (1) I lavori sono elencati in ordine cronologico. 28 ORESTE MATTIROLO circummediterranee delle sezioni: “ Calycomorphum , Presl., “ Cryptosciadium , Celak, “ Mem. R. Ace. Scienze di Torino ,, serie II, tom. XLIII, Torino, 1892 (con tre tavole). 9. BeLri S., Rivista critica delle specie di “ Trifolium , italiane com- parate con quelle straniere della sezione “ Lupinaster , (Buxbaum), “Mem. R. Ace. Scienze di Torino ,, serie II, tom. XLIV To- rino, 1893 (con due tavole). 10. — Endoderma e Periciclo nel gen. “ Trifolium , in rapporto colla teoria della Stelia di V. Tieghem e Douliot. Osservazioni anato- mico-critiche. “ Memorie R. Acc. Scienze di Torino ,, serie II, tom. XLVI. Torino, 1896. 11. — Neue Beitriige zur Flora der Balkaninsel insbesondere Serbiens, Bosniens und Herzegovina von K. Fritsch. Gen. “ Trifolium , bearbeitet von Dr. S. Belli, “ Naturwiss. Verein fiir Steiermark ,, 1910, vol. 47. Studi e ricerche sul genere “ Hieracium , Linn. 12. Beni S. Che cosa sieno “ Hieracium sabaudum , L. e “ Hieracium sabaudum , AU. Studi critici. “ Malpighia,, anno III, 1889, p. 433 (con tre tavole). 13. — Notizie sopra alcuni “ Hieracium ,, “ Malpighia ,, anno II, vol. II, 1888-89, p. 342. 14. — Osservazioni su alcune specie del genere “ Hieracium , nuove per la Flora Pedemontana, “ Malpighia ,, III, 1889, p. 134. 15. — 1 “ Hieracium, di Sardegna. Rivista critica delle specie note dalla Flora Sardoa di Moris e del Catalogo di W. Barbey. — Specie nuove per la Sardegna e notizie sul “ H. crinitum , Sibth. Sm., “ Mem. R. Ace. Scienze di Torino ‘,. serie II, tom. XLVII, To- rino, 1897. 16. — Un cospicuo dono scientifico al R. Istituto botanico dell’ Univer- sità di Torino, Firenze, “ Giornale botanico ital. ,, 1898. 17. — Il genere “ Hieracium , nelle Opere e nell’ Erbario di Allioni, “ Malpighia ,, vol. XVIII (Volume pubblicato per le Onoranze centenarie di C. Allioni), Genova, 1904. 18. — Chiave dicotomica per la determinazione delle principali specie crescenti in Italia del gen. “ Hieracium ,, Padova, 1904 (Dalla “ Flora analitica d’Italia, di A. Fiori e G. Paoletti, ecc.). 19. — Sul “ Hieracium undulatum , Boiss. (£H. Naegelianum , Pancic), “ Bull. della Soc. bot. ital. ,, p. 71, Firenze, 1907. 20. — Intorno ad alcuni “ Hieracium , dell’ Abruzzo, raccolti dal pro- fessore Lino Vaccari, “ Bull. Soc. bot. ital. ,, 1907, p. 93. COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 29 Sistematica delle Fanerogame. 21. Benni S., Elenco di alcune piante che si incontrano nei dintorti di Cesana Torinese (in ProLtI, Nei dintorni di Cesana), “ Bol- letfino»0. A..I.,; vol. XX, n. bl, p. 259, 1887. 22. — “ Viola Lancifolia , Thor. Località nuove della “ Saxifraga flo- rulenta , Moretti, * Malpighia ,, anno II, vol. II, p. 342 (1888-89). 23. — £ Carduus nutans ,, var. “ latisquamus , Belli, “ Malpighia ,, anno II, vol. II, pag. 265 (1888-89). 24. — Le Festuche italiane del R. Museo botanico torinese, enumerate secondo la Monografia di Hackel, “ Malpighia ,, III, 1889, p. 139. 25. — Sull “ Helianthemum Viviani , Poll., “ Atti del Congresso Bota- nico Internazionale ,, 1892. Genova, 1893. 26. — “ Rosa Jundzilli , Besser (nuova per la Flora italiana), “ Bull. Soc. bot. italiana ,, Iirenze, 1896. 27. — Le Festuche italiane negli Erbarii del R. Istituto botanico di Torino, “ Malpighia ,, vol. XIV, p. 275, 1900. 28. BeLLi S. e MartiroLo 0., Note botaniche sul materiale raccolto dalla spedizione polare di S. A. R. Luigi Amedeo di Savoia (1899-900). Milano, 1903 (Dall’opera: “ Osservazioni scientifiche eseguite du- rante la Spedizione polare di S. A. R. Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi, 1899-1900 ,). 29. BeLLi S., “ Euphorbia Valliniana , nov. sp., “ Annali di Botanica ,, vol. I, pag. 9, Roma, 1904. 80. BeLLI S., MartIRoLo 0., TarameLLI A., Michele Antonio Plazza da Villafranca (Piemonte) e la sua opera in Sardegna, 1748-1791, “ Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, serie II, tom. LVI, Torino, 1906. s1. BeLLi S., L’“Althaea Taurinensis , DC. edi suoi rapporti colle specie affini crescenti in Italia, “ Atti della R. Accademia delle ; Scienze di Torino.,, vol. 54, 1918-19. i Sistematica delle Crittogame. 32. Bei S., La questione dei grani carbonati. Stadi e relazioni. To- rino, Fratelli Pozzo, 1896. — — Trad.: La question des blés mouchetés. Examen microscopique et rapport. Turin, 1906. 33. — Addenda ad Floram Sardoam. Cryptogamae (Fungi). “ Bull. Soc. bot. ital. ,, p. 225, Firenze, 1903. 30 ORESTE MATTIROLO — COMMEMORAZIONE DI SAVERIO BELLI 34. Berni S., “ Boletus sardous , Belli et Saccardo (n. sp.), “ Atti della R. Ace. delle Scienze di Torino ,, vol. XLII, Torino, 1907. 35. — Addenda ad Floram Sardoam (Cryptogamae), “ Annali di Bo- tanica ,, vol. VI, Roma, 1908. 36. — Ancora una parola sull’ “Agaricus (Psalliota) campestris , L. e sulla sua coltivazione in Italia, “ Annali della R. Accademia di Agricoltura di Torino ,, vol. LXI, 1918. Opere varie. 37. Benri S., Giuseppe Gibelli. Commemorazione. “Annuario R. Uni- versità di Torino ,, Torino, 1898. 388. — Botanica sistematica, “ Nuova Enciclopedia Agraria ,, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1898. 39. — Giuseppe Gibelli. Commemorazione. “ Annali della R. Accademia d’Agricoltura di Torino ,, vol. XLII, Torino, 1899. 40. BeLLi S., Lezioni di Botanica (Ediz. litografata ad uso degli stu- denti), 1899-900. 41. — Observations critiques sur la réalité des espèces en nature au point de vue de la systématique des végétaua, Turin, 1901, C. Clausen. =>. MAURO PICONE — SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE, ECC. 81 Sul cambiamento della variabile di integrazione nell’integrale di Lebesgue Nota di MAURO PICONE (a Catania) Nella bella memoria Sur l’intégrale de Lebesqgue (*) il de la Vallée Poussin tratta anche del cambiamento della variabile di integrazione nell’integrale di Lebesgue, enunciando in pro- posito teoremi di grande utilità nelle applicazioni e più gene- rali di quelli a cui era già pervenuto l’Hobson (?). L'argomento è importante, ed io mi permetto, in conside- razione di ciò, di far conoscere con questa Nota, insieme a qualche risultato nuovo, semplici e nuove dimostrazioni dei Teoremi enunciati dal de la Vallée Poussin, le quali mi sem- brano immuni da ogni obiezione. Alla dimostrazione fondamen- tale del de la Vallée Poussin, condotta col metodo, talvolta assai proficuo, delle funzioni maggioranti e minoranti (3), parmi si deva obiettare che, non essendo stabilito che le funzioni F, (©) e Fs(x), rispettivamente maggioranti e minoranti, che Egli in- troduce, abbiano numeri derivati limitati, non è lecito conclu- dere, dalla sola ipotesi dell’assoluta continuità di /, (x), F% (2), @(?) l'assoluta continuità delle funzioni F,[®@(t)], F:[P(0)]. (4) De La Vancée Poussin, Sur l’intégrale de Lebesgue (“ Transaction ot the american mathematical Society ,. 1915). (£) Hossox, On change of the variable in a Lebesgue integral (“ Proceedings of the London mathematical Society ,, 1909). (*) Cfr. anche il n° 70 del recente libro del pe La VaLLée Poussin, Inté- grales de Lebesque, fonctions d’ensemble, classes de Baire, Collezione Borel (Paris, Gauthier-Villars, 1916). be ye”, «Ai ) , er de: 5 x 2 MAURO PICONE 1. Posizione della questione. — Nell'intervallo finito (fo, 7) dell'asse #, sia definita la funzione «= @(?) che supporremo sempre limitata da due numeri dell’intervallo finito (xo, X) dell'asse x. Si sa che: Se f(x) è una funzione definita nell'intervallo (xo, X) e ivì continua, e @(t) possiede in (to, T) una derivata unica ®' (t), continua, sussiste l’equaglianza : ; (1) [o f@de=| fp Mat, ove t è un qualunque valore in (to, T). La formola (1) traduce la regola del cambiamento della variabile di integrazione. Ponendoci nel campo delle funzioni finite e misurabili, ci domandiamo, sotto quali condizioni per le funzioni f(x) e @(?) risulta ancora valida la formola? Ponendo, nella (1), f(x) = 1, essa dà: () oM—-9M)=| 9 Mar. Si ha dunque, in virtù del teorema Lebesgue-Vitali (1): Condizione necessaria affinchè, qualunque sia la funzione finita e misurabile f(x), valga la formola (1). del cambiamento della va- riabile di integrazione, è che la funzione @(t) sia in (to, T) asso- lutamente continua. Supposta pertanto @(?) assolutamente continua in (to, 7), essa possiede quasi ovunque in (to, 7) una derivata unica e finita ©'(#). Sia H quell'insieme di misura nulla contenuto in (to, T), nei punti del quale la @(?) non possiede una derivata unica e finita. Le funzioni flo (6)]o A), 0 che compaiono nelle formole (1) e (2) sono definite per essere f[9(t)] finita nell'insieme CH, complementare di H rispetto al- l'intervallo (to, T). Sottintenderemo sempre di escludere, dall’in- tervallo (to, T), î punti che appartengono ad H. Indicando con (4) Cfr., per esempio, pe La VaLLée Poussin, libro citato a pag. 1, n° 74. e. SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 33 A(t) uno determinato dei quattro numeri derivati della fun- zione @(t), le formole (1) e (2) si scrivono anche: (3) [o f@d=[. fo MAMA, (4) PM)—-9(=| AMdr, e la nostra questione può così essere formulata: Supposta la funzione © (t) assolutamente continua in (to, T), stabilire delle condizioni per la funzione misurabile e finita £(x), sotto le quali sia assicurata la validità della formola (3), ove A (t) designa uno determinato dei quattro numeri derivati di ©® (t). 2. Funzioni di funzioni. — Premettiamo un breve studio della questione seguente: Se f{x) è misurabile in (xo, X) e @(t) în (to, T), che cosa si può dire sulla misurabilità della funzione £[@(t)] in (to, T)? Per questo studio ricorreremo dapprima alla identità, sta- bilita dal Lebesgue (!), delle funzioni misurabili (B) (misurabili al modo di Borel) con le funzioni di Baire. Si sa intanto che se f(x) in (x0, X) e @(t) in (fo, 7) sono continue, la funzione f[®(t)] è continua in (fo, 7). Se, cioè, f(2) in (20, X) e ®(t) in (t,, 7) sono misurabili (B) e di classe zero, f[@(#)] è misurabile (B) e di classe zero in (ft, 7). Dico che se f(x) è continua e @(t) misurabile (8) e di classe uno, f[@(t)] è misurabile (B) e al più di classe uno. Es- sendo infatti @(t) di classe uno, essa è la funzione limite di una certa successione ®;(#), ®»(t),... di funzioni continue (di classe zero), limitate ai limiti inferiore e superiore di @ (t) (?), f[@(#)] è dunque la funzione limite della successione di funzioni continue f[®} (t)], 7[®:()],..., e pertanto essa è al più di classe uno. (4) Leseseue, Sur les fonetions représentables analytiquement (“ Journal de Mathématique ,, 1905). (*) Seguendo una locuzione introdotta dal de la Vallée Poussin, diremo che una funzione v(#) è ottenuta dalla funzione «(#) limitandola ai nu- meri a e d (aDb. Atti della R. Accademia — Vol. LV. I 34 MAURO PICONE Col metodo di dimostrazione per induzione completa (!) si stabilirà dunque che: Se f(x) è continua e @(t) misurabile (5) di classe (finita o transfinita) a. f[®(t)] è misurabile (8) e al più di classe a. Con ragionamento del tutto analogo a quello precedente, si vede che se f(x) è misurabile (B) e di classe uno e @ (t) mi- surabile (B) di classe a, f[g(1) ] è misurabile (5) e al più di classe a + 1, e si riesce infine, per induzione, al teorema: Se f(x) in (xo, X) e ®(t) în (to, T) sono misurabili (B), f[@(t)] è misurabile (B) in (to, T). Se f(x) è di classe Be @(t) di classe a, la funzione f[p(t)] è al più di classe a + B (2). Sia, di nuovo, f(x) continua in (20, X). Dividiamo l'inter- vallo (xo, X) in n parti eguali mediante i punti di divisione %os Li; Cas - + + 3 Cni, Ca = X. Definiamo cla! funzione, (2 Xipor nendo: f.,.(x)=f(x) per x =71<%; f©0=f@)eaee <<, l,.fa(o) = f(c.-.) pera Sten lim f. (x) =f (2). Sia ora @(t) una funzione misurabile in (fo, 7). Dico che f.[®(£)] è pur essa misurabile in (f,, 7). Ed invero l’insieme dei punti di (f, 7) per cui f, [@(t)] >A, supposto che f(x.), f(x.),... siano quelli fra- gli n numeri fo) eee f(©,-:) che superano A, è formato dalla somma dei seguenti insiemi misurabili, in numero finito: l’insieme dei punti di (to, T) per cui x,<@(1) <%,,;, l'insieme dei punti di (fo, 7) per cui x; <@(9)} < x..1, -... La funzione f[®@(t)] è il limite per n = 00 della successione di funzioni misurabili f,[®@(%)], f:[®(t)], ..., ne segue che f[@(t)] è misurabile. Se dunque f(x) è continua e @(#) è misurabile, f[@(t)] è misurabile. Se ne deduce, per induzione, il teorema: Se f(x) è in (xo, X) misurabile (B) e Q(t) è in (to, T) mi- surabile, f[@(t)] è misurabile in (to, T). Alle conclusioni a cui siamo ora pervenuti, conferisce un certo interesse anche il seguente esempio, che esse permettono di (4) Cfr. il n° 33, classes de Baire, del libro del de la Vallée Poussin, citato a pag. l. () È facile vedere come va qui intesa la somma a + 8 dei due numeri transfiniti a e Bf. Ò SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 30 costruire, di un'infinità non numerabile di insiemi misurabili, a due a due senza punti comuni, costituenti un insieme misurabile. La variabile x percorra un insieme £, contenuto in (xo, X). Sia x = 9(t) la solita funzione, supposta misurabile in (to, 7). Si designi con E, quell'insieme misurabile formato dai punti del tratto (to, 7) per cui: x essendo un punto determinato di £,. Al variare di « nell’in- sieme E,, l'insieme £;© descrive un insieme E, che è costituito da un'infinità (numerabile o no secondochè lo è o non lo è l’in- sieme È.) di insiemi misurabili £;©), a due a due senza punti comuni. Sia e(x) la funzione caratteristica dell'insieme £, ('), defi- nita nel tratto (xo, X) in cui è contenuto £,. La teoria prece- dente, applicata alla funzione e[@(?)], definita in (to, 7), che ri- sulta la funzione caratteristica per l'insieme £,, ci permette di asserire che: Se l’insieme £, e la funzione @(?) sono misurabili (5), tale è anche l’insieme £,. Se a è la classe di @(t) e B la classe di E,, l'insieme £, risulta al più della classe a + 8. Se l’in- sieme /, è misurabile (B) e la funzione @ (t) è misurabile, l’in- sieme £, risulta misurabile. Sussiste dunque il teorema: Si abbia una famiglia F di insiemi misurabili, a due a due senza punti comuni, tutti contenuti nell'intervallo (to, 7) dell’asse £. Esista un insiense E, di punti dell’asse , nell'intervallo (xo, X), i cui punti siano in corrispondenza biunivoca con i singoli in- siemi E,© componenti la famiglia /, allora, se si può definire in (to, T) una funzione misurabile @(t), soddisfacente alla limi- tazione rr <®(#) = X, che per ogni punto dell’insieme £,®) abbia il valore costante x, ascissa del punto (xy, A) corrispon- dente a questo insieme, e se #, è misurabile (B), si può con- cludere che i punti della famiglia Y formano un insieme misu- rabile, che riesce inoltre misurabile (B) se la funzione @(t) è in (to, 7) pur essa misurabile (5). (') De La Vatrée Poussin, libro citato a pag. 1, n° 9. 36 MAURO PICONE Si offre spontaneamente l'esame della questione inversa di quella testè trattata, e cioè l'esame della misurabilità dell’in- sieme E, di (xo, X) descritta dalla x, legata alla # dalla rela- zione «= ®(t), quando # descrive un insieme misurabile E, di (to, T). Tale esame è stato già fatto dall’Hobson, nella nota citata. Noi lo riprendiamo qui, ottenendo qualche risultato nuovo. La funzione limitata € = @(#) sia monotona, e, per fissare le idee, supponiamola non decrescente. I punti di discontinuità della ©(#) formano un insieme numerabile di punti. Siano / e L i limiti inferiore e superiore di @(#) in (to, T), si ha x0<=/< X. SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 39 Ma, per ipotesi, è RS al Pn (to f@de= [FA 0; mentre pa e fl lim | ME, i A [ f(a) da, n=x P (te) e, di nuovo per il teorema di Lebesgue ora citato, î t t lim | ffo. MA Mdr=[ flo MAMdr. Sussiste dunque l’eguaglianza (3) nelle ipotesi f(x) continua e (?) limitata. Sia sempre f(x) continua e A(t) (sommabile) sia comunque. Denotiamo con Ay(t) la funzione A(t) limitata ai numeri — N e N (N positivo). Poniamo: os 0=9(@%)+[, Ax dr. Si ha limos()=9()+|AMd=90, = e quindi, nei punti in cui A (t) è finita, e cioè quasi ovunque, limf[pyO]Ax0=f[9 0A 0. Se indichiamo con L il limite superiore di |f(x)|], si ha If[py (Ax MI 0. Si ha: f@=f@=f(2), (')Y De ra Varcée Poussin, libro citato a pag. 1, n° 32. ii iti n a n SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 41 e, nei punti in cui A (t) è finita, (5) fl OAO=fAPMAMAIOIA 0. Si ha anche NACE i MICI TOTI P (to) P (to) e siccome, per il teorema I del n° precedente, è 16 fia) de=| filo (JA (mM di, (i=1,2), P (to) segue E [® (1)] Ndr (ife [p(T))A(1) dt. Se ne deduce, in virtù della (5), che f[9()] A(6) e fs[P()]A() differiscono al più sopra un insieme, in (fo, 7°), di misura nulla. Ne seguono infine la misurabilità (') e la sommabilità di f[@(A)| A(t) e l'eguaglianza (3). 5. Dimostrazione della formola (3) nelle ipotesi di De la Vallée Poussin. — Passiamo ora a dimostrare la for- mola (3) nelle ipotesi più generali considerate dal de la Vallée Poussin nella memoria citata. Premettiamo il Lemma. — Se x descrive un insieme E, di misura nulla quando t descrive un insieme E, di misura esterna non nulla, la funzione @(t) ha, quasi ovunque in E,, una derivata unica di va- lore zero. Supponiamo, anzitutto, che l'insieme £, di misura pulla sia misurabile (B). La funzione caratteristica e(x) di E, sarà (limi. tata) e misurabile (B) in (xo, X). Siamo in grado di applicare il Teorema I e di scrivere, per ogni numero derivato A(?) di 9 (t), 1000 e (x) Fr == fe |® (7)] A (1) di. (4) Se la funzione assolutamente continua e monotona @(#) fosse di funzione inversa assolutamente continua, la misurabilità e la sommabilità di f[®P(4)] A (#) seguirebbero già dall'ultimo teorema del n° 2. 42 MAURO PICONE Ma il primo membro, esprimente la misura dell’insieme comune all’intervallo [@(t), ® (t)] e all'insieme £,, è per ipotesi sempre nullo qualunque sia #, ne segue, in (to, 7), identica- mente, JE eo) NE) a 0 L'integrale ora scritto ha dunque sempre la derivata nulla in (fo, T). D'altra parte questa derivata coincide quasi ovunque con e[@(#)] A(t), e quindi si ha, quasi ovunque in £,, A(t) = 0. Supponiamo che l'insieme £,, di misura nulla, sia qua- lunque. Esiste un insieme £, di misura nulla e misurabile (B) contenente E,. Sia E’, l'insieme corrispondente a E, , sarà E< Ei, me (E) =me(E:) (1), e quindi, avendo supposto me(E.)>0, sarà anche m.(£;) > 0. La funzione @(7) ha, per quanto precede, quasi ovunque in £;, e quindi quasi ovunque in È,, una derivata unica di valore zero. Il lemma è perciò di- mostrato. Dopo questo lemma si ha subito una semplice, rigorosa ed elementare dimostrazione del seguente teorema enunciato (nella Memoria citata) dal de la Vallée Poussin: Trorema II. — La formola (3) del cambiamento della va- riabile di integrazione sussiste se f(x) è misurabile e limitata. Poniamo Tac ii E) de, DEA la funzione f(x) è assolutamente continua e a numeri derivati limitati. Posto P(0) oM=FoM=|M fd, P (to) secondo un risultato contenuto nella Memoria citata del de la Vallée Poussin, la funzione ®(t), funzione assolutamente con- tinua a numeri derivati limitati di funzione assolutamente con- tinua, è pur essa, in (fo, 7), assolutamente continua. Sarà per- tanto dimostrata l’eguaglianza (3) se faremo vedere che, quasi (') Con me(E) indicheremo la misura esterna dell'insieme 4. ME A REA R TCA EER IRPI SLA E ESTINTA at e SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 43 ovunque in (to, 7), la funzione ®(t) possiede una derivata unica data da f|p(1)] p'(1). Sia t un punto di (t,, 7) appartenente all'insieme CH, sul quale @(?) possiede una derivata unica e finita 9'(t) e suppo- niamo che nel punto x =@(t), corrispondente in (xo, X), 2 questo punto #, la F(x) possieda la derivata unica f(x). Dato un incremento At a f, si ha: Ad= F(9 + A9)— F(9)=f(9)A9+0(f, 46) Ap, ove 0 (#, At) è una funzione di # e di At che tende a zero con At. Per cui: if (0) 7 +04) Lr Al tendere di At a zero, il rapporto A@ : At tende al li- mite finito @'(?) e pertanto: 9) lim Pf) 0 0). ANT=0 Sia ora XK, l’insieme dei punti di (xo, X), di misura nulla, sopra il quale (x) non ha una derivata unica. Se l'insieme £, di (to, 7), corrispondente a X,, è pur esso di misura nulla, ri- sulta già stabilita la (6) quasi ovunque in (fo, 7). Se l'insieme K, è di misura esterna non nulla, risulterà, in virtù del lemma premesso, quasi ovunque in X,, g'(#)=0 ela validità della (6) sarà di nuovo assicurata quasi ovunque in (fo, 7) se faremo ve- dere che ove è @'(f) = 0, la ®(t) possiede una derivata unica di valore zero. Si ha invero: Lar |SE| Ar]; (') Cfr. PincnerLe, Lezioni di calcolo infinitesimale (Bologna, Zanichelli), Cap. III, n° 151. 44 MAURO PICONE L designando il limite superiore di |f(x)|in (xo, X). Il Teorema risulta pertanto dimostrato. 6. Estensioni del teorema III. — Nella Memoria citata il de ia Vallée Poussin afferma che, supposta la f(x) non più limitata, ma solamente finita e sommabile in (xo, X), con- dizione sufficiente per la validità della formola (3) del cambia- mento della variabile di integrazione è che la funzione Dj Fat; f.(2Vde JP (to) risulti assolutamente continua. Ora tale asserto non trova una facile giustificazione. Mentre è evidente la necessità di detta condizione non così parmi si possa dire della sua sufficienza. La dimostrazione data qui del Teorema III permette solo d'’af- fermare che: La formola (3) del cambiamento della variabile di integra- zione sussiste se, essendo f(x) finita e sommabile, la funzione © (#) risulta assolutamente continua, ed inoltre si verifica una delle due seguenti circostanze: a) all’insieme X, di (xo, X) in cui Fx) non ha la derivata unica f(x), corrisponde in (fo, 7°) un insieme di misura nulla; è) ®(#) ha quasi ovunque, nell'insieme di (to, 7) su cui @ (1) =0, nulla la derivata. Il che avviene, per esempio, se © (t) si annulla soltanto sopra un insieme di misura nulla. Poichè (cfr. de la Vallée Poussin, Memoria citata) una funzione assolutamente continua di una funzione assolutamente continua e monotona è assolutamente continua, si ha, in parti- colare, che: La formola (83) sussiste se, essendo f(x) finita e sommabile, ® (t) monotona, si verifica una delle due seguenti circostanze : a) la funzione @(t) è di funzione inversa assolutamente con- tinua (cfr. n° 2); 5) ®(t) ha, quasi ovunque, nell’insieme di (to, T) su cui @'(t)=0, nulla la derivata. Il che avviene, per esempio, se @'(t) si annulla soltanto sopra un insieme di mi- sura nulla. Condizione necessaria per la validità della formola (3) è che la funzione f[®(t)] A(#) risulti sommabile in (to, 7); ora è facile dimostrare, cfr. la Memoria citata del de la Vallée SUL CAMBIAMENTO DELLA VARIABILE DI INTEGRAZIONE, ECC. 45 . Poussin, basandosi sul Teorema III, che, supposta sempre f(x) finita e misurabile, la condizione indicata è anche sufficiente. Si ha dunque infine il bel teorema: Supposta f(x) definita in (xo, X), ivi finita e misurabile, con- dizione necessaria e sufficiente affinchè valga in (to, T) la formola Fo fOde=[.fe 0 0. P (to) del cambiamento della variabile di integrazione, è che @(t) sia assolutamente continua in (to, T), soddisfi alla limitazione xo < =®(t)=X, ed inoltre la funzione f[9(t)] p'(t) risulti somma- bile in (to, T). In particolare dunque (cfr. n° 2) se f(x) è misurabile (B) e il prodotto f[@(t)] g (t) risulta limitato, la formola sussiste. Catania, luglio 1919. 46 FILIPPO SIBIRANI Espressioni analitiche che definiscono più funzioni analitiche ad area lacunare Nota di FILIPPO SIBIRANI (a Pavia) 1. — Poincaré (!) e Goursar (?) hanno dimostrato che: se (1) Eps Gi, Coi teen Gago è una successione di punti nel piano complesso, ed ita Apa A x una successione di numeri per cui è convergente Y|a,|, la serie 0 (0 e) @) Cars n=0 è sviluppabile in serie di potenze di x — xo, supposto Xo non ap- partenere nè ad (1) nè al suo insieme derivato, il cui cerchio di convergenza ha centro in xo e raggio uguale al limite inferiore delle distanze di xo dai punti (1). Date nel piano una o più curve €, se presi comunque due punti non appartenenti a C è possibile congiungerli con una curva continua di lunghezza finita la quale non abbia alcun (1) Porncaré, Sur les fonctions à espaces lacunaires. “ Acta Societatis Scientiarum Fennicae ,, 1881. (2) Goursar, Sur les fonctions uniformes présentant de lacunes. “ C. R. de l’Acad. des Sciences ,, 1882; Sur les fonctions à espaces lacunaires. “ Bulletin des Sciences Mathématiques ,, 1887. ESPRESSIONI ANALITICHE CHE DEFINISCONO, ECC. 47 punto in comune con C, diremo che il piano non è diviso dalle C in regioni distinte. Se due punti, non appartenenti a C, non si possono con- giungere con una linea continua priva di punti comuni a €, diremo che i due punti appartengono a due regioni distinte limitate dalle C; mentre diremo che due punti appartengono alla stessa regione se è possibile congiungerli con una linea continua priva di punti comuni a C. Se è possibile segnare nel piano m punti non appartenenti a C, tali che nessuna coppia appartenga alla stessa regione, ma non è possibile prendere m+ 1 punti che abbiano Ja stessa proprietà, diremo che Je C dividono il piano in m regioni distinte. Diremo che la successione (1) è condensata su C se l’in- sieme derivato della (1) è costituito da tutti i punti di C. Supponiamo dunque l'insieme (1) condensato su una o più linee C le quali dividano il piano in w regioni distinte S,, 82, ... Sn. Se x; è un punto non appartenente a C, ma appartenente ad S,, la (2) è sviluppabile in una serie di potenze di x — x; continua- bile analiticamente entro tutta la S; e uno oltre; di guisa che la (2) è un'espressione poligena atta a definire m funzioni ana- litiche valide ciascuna in una sola delle wm regioni S. Assegnate le linee C nel piano, si tratta di costruire la successione di punti condensata sulle C. La costruzione d'un insieme numerabile di siffatti punti ho ottenuta parecchi anni fa (!) facendola dipendere dalla possibilità di dare una legge di ripartizione dell'insieme dei numeri razionali di un dato inter- vallo a" in m insiemi ciascuno dei quali condensato in ad. Enunciai una legge di ordinamento dell'insieme dei numeri ra- zionali di a’ in guisa che tutti quelli il cui posto è dato da un numero congruo ad un dato numero rispetto al modulo m appartengono ad un insieme condensato in a”. Ma non è dato di sapere quale numero razionale si trovi ad un dato posto q se non quando, con l’indicato processo, non sì siano costruiti tutti gli elementi dell'insieme che precedono quello di posto 9. (4) F. Srsirani, Iusiemi numerabili di punti uniformemente densi sopra linee od in aree assegnate. “ Giornale di Battaglini ,, vol. XLIII (1905). In questo lavoro usar della locuzione “ uniformemente denso , nel senso qui dato a “ condensato , (ted. wberalldicht). 48 FILIPPO SIBIRANI Scopo della presente comunicazione è di determinare effet- tivamente una successione di punti (1) condensata su assegnate linee, nel senso che, dato un numero g, si può con determinate operazioni aritmetiche calcolare l'elemento di posto 9g, senza aver bisogno di aver determinati i precedenti. 2. — Indichiamo con Po=1, pi=" 2, pa=3, P3=5; «Pay la successione dei numeri primi, e consideriamo l’insieme dei numeri x il quale è manifestamente condensato in 071. Ognuna delle frazioni è irriducibile, epperò nessuna di esse può essere potenza di un razionale di esponente inferiore a px41. Di ogni numero am; consideriamo le radici aritmetiche degli indici primi 2,3, 5, 7, ... px; l'insieme di irrazionali che così si forma è numerabile e condensato in 071, come lo sono gli m insiemi parziali contenenti le radici di uno stesso indice. Ordiniamo quest’insieme in una successione nel senso dianzi indicato. Fatto i= 1, m= 1, ordiniamo i £ radicali per indice crescente, avremo così i primi % numeri della successione a 1 Sa d9): 1 Ja sli 1 tp, . do = | ro ig | 9Pr41 ) 3 Dia E | 9Prt1 ; dato poi ad m il valor 2 ordiniamo nello stesso modo i % ra- dicali, i quali forniranno i successivi % termini della successione, e lo stesso facciamo poi per m=3,... 224+1-*1. Seguitando con questo procedimento per i= 2, 3, ..., si crea la successione desi- derata, della quale vogliamo esprimere l'elemento by. Posto k+r 0 P, = 39085 + (r =42799 i=k+1 ESPRESSIONI ANALITICHE CHE DEFINISCONO, ECC. 49 si determini il numero r per cui P,< E (glk)< P.+ rappresentando £ (g/k) il massimo intero contenuto in g/#. Allora è e SARE SA E TI N DE h4rt1 Ciò si giustifica se si tien conto che degli elementi dell’in- sieme che hanno al denominatore 2?» ce ne sono X2?:-1 e che fra questi quello che ha per numeratore 2n +1 e per indice del radicale p; ha il posto (kn + i)-esimo (secondo l’ordina- mento che abbiamo sopra definito). 8. — Sia ©(t) la funzione che prende il valore 0 per t irrazionale ed il valore 1 per # razionale (!), allora è chiaro che se facciamo percorrere a # la successione bdo; di, da, ... testè determinata, la funzione FO=Z 4,9 (2) prende i valori A; per t=d,, g=?# —1(mod&), î=1,2,...%. Sul piano complesso, posto a = + in, siano date le £ curve Ci, Ca, ... Cx di equazioni =, n=) (=1khd ke} con t variabile nell’intervallo 071. La successione dei punti C,=t tin, (4) La funzione 1— @(t) è nota sotto il nome di funzione di DrricuLeT. Il Prano ne diede per primo la espressione analitica nelle sue Annota- zioni al Calcolo differenziale ecc. di A. Genoccar (Torino, 1884). Si vegga l'interessante Nota di A. TanturRrI, Sulla funzione di Dirichlet e sulla fun- | zione signum x di Kronecker (“Atti della R. Accad. delle Scienze di To- rino ,, vol. LIV, 1918-19). Atti della R. Accademia — Vol. LV. 4 50 FILIPPO SIBIRANI — ESPRESSIONI ANALITICHE, ECC. ove è k = Ly. (0) 907) n= x (0) 00) è condensata sulle & curve Cj, Cs, ... Ck. 4. — Mediante la successione dei numeri dy, d;; dg, ... del $ 2, possiamo anche costruire una espressione analitica monogena definiente una funzione analitica ad area lacunare. Sia A un’area del piano complesso, semplicemente connessa e contenente il punto # =0; il suo contorno abbia l’equazione x=p(9) e, con 8 variabile in 072. L’insieme dei punti ci, = P@rd) (4; = è condensato nell’area A; l’insieme dei punti Tu = preti è condensato in tutto il piano complesso da cui sia tolta A. Ne segue che se YY A, Lp h 9g A aa Se Aha ì, Da — Ch9° > pi Lc Tha A sono espressioni monogene definiente ciascuna una funzione ana- litica ad area lacunare. Arte. ———_ di iena aid citi GIUSEPPE COLOSI — RICERCBE ANATOMO-ISTOLOGICHE, ECC. ol Ricerche anatomo-istologiche sugli Eufausiacei. Il cuore di “ Nematoscelis megalops ,, G. 0. Sars. Nota di GIUSEPPE COLOSI Il cuore di Nematoscelis megalops è stato studiato sopra abbondante materiale proveniente dalle acque di Valparaiso (Staz. XII stabilita dalla R. Nave Liguria nel viaggio di cir- cumnavigazione del 1903-05). Il materiale era stato fissato in formalina e conservato in alcoola 75°; non ostante la lunga dimora in liquido conservativo sì è prestato ancora bene non solo all’esame in toto del cuore mediante dissezione degli animali, ma anche alle osservazioni istologiche. Per colorare le sezioni mi sono servito del gliche- mallume di Mayer, del bleu di toluidina, della zaffranina di Babès. Cuore. — Il cuore di Nematoscelis megalops è di aspetto sacciforme, poco più lungo che largo, alquanto appiattito, spe- (27 APj a Da ag Fig. 1. — Cuore visto di fianco: 0', ostii superiori; 0°, ostii inferiori; a.c., aorta cefalica; a. a., arterie laterali anteriori; @. e., arterie epatiche; a. d., arteria discendente; «. /. p,, arterie laterali poste- riori; a. p., aorte posteriori. cialmente in prossimità dell’apice anteriore. A un terzo circa dall’apice anteriore l’altezza diventa massima, e si mantiene quasi 52 GIUSEPPE COLOSI invariata fino all’estremità posteriore. Le tre maggiori dimen- sioni sono all'incirca: mm. 1-1,5 per la lunghezza, mm. 0,90-0,95 per la larghezza, mm. 0,30-0,38 per l’altezza. Il cuore è provvisto di quattro aperture, o ostiî, disposte — | in due paia laterali, che servono a far comunicare la cavità car- diaca col seno pericardico. Ciascun ostio è provvisto di due labbra che possono chiudere tale comunicazione. Dal cuore partono dieci tronchi arteriosi, cioè: un’aorta ce- falica, due arterie laterali anteriori, due arterie epatiche, un’arteria sternale, due arterie laterali posteriori, due aorte posteriori. Cia- scuna arteria è munita di un paio di valvole, che possono chiu- dere la comunicazione fra il loro lume e la cavità cardiaca. Le mie osservazioni sull’istologia del cuore concordano in ge- nerale con quelle di HArcKEL, EBERTH, BercH, su altri crostacei, ed in parte con quelle di GADpzIKTEWICZ. Le pareti cardiache risultano costituite da due strati, uno esterno, connettivale (adventitia), ed uno interno, muscolare. Lo strato esterno connettivale è formato da grosse cellule di Leydig, vacuolose, con membrana sottilissima e nucleo sferico; da questo strato si distaccano delle briglie e delle membrane che, legan- dosi agli organi vicini, servono a tenere il cuore nella sua po- sizione normale, sospeso nella cavità pericardica. Ostii. — CHun attribuisce a Nematoscelis mantis Chun (= N. microps G. O. Sars) e a Stylocheiron chelifer Chun (= St. abbreviatum G. O. Sars), tre paia di ostia; tre paia pure ne as- segna CLaus a Euphausia pellucida Dana; però sotto questa de- nominazione, ormai cancellata da HANSEN, come irriconoscibile, venivano comprese varie specie. ZIMMER (14) in Euphausia superba e RAAB (13) in Euphausia Kronhii e in Meganyctiphanes norvegica, trovano due sole paia di ostii cardiaci. Anch'io trovo in Nematoscelis megalops due paia di ostia, un paio superiore e anteriore, l’altro inferiore e posteriore. Tale. numero del resto, secondo LANG, è comune alla maggior parte degli Euphausiacea e allo stadio zoea dei Decapodi. La forma degli ostii è in Nematoscelis megalops, come in tutte le altre specie, quella di un’ellisse con l’asse maggiore lungo più del doppio che l’asse minore. Gli ostii superiori sono posti un poco più innanzi rispetto agli inferiori. Essi però hanno dimensioni x RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE SUGLI EUFAUSIACEI 53 pressochè uguali e misurano circa mm. 0,120-0,160 di lunghezza per mm. 0,050-0,060 di larghezza. È notevole il fatto che essi non sono disposti trasversalmente rispetto al cuore come varì autori hanno precedentemente osservato per gli altri Euphaw- siacea, ma longitudinalmente: il loro asse maggiore fa soltanto una piccola inclinazione rispetto all’asse cardiaco, ciò che con- duce l’angolo anteriore dell’ostio a portarsi a un livello inferiore a quello in cui si trova l'angolo posteriore. Ciò risulta benissimo dalla fig. 1. Gli ostii, come tutti sanno, mettono in comunicazione il seno venoso pericardico con la cavità cardiaca. Onde facilitare l’in- gresso del sangue, i due margini che vanno da un angolo all’altro dell’ostio, o labbra ostiali, sono rivolti verso l’interno del cuore, e funzionano come due valvole che, sia per la pressione sanguigna aumentata al mo- mento della sistole, sia per azioni di quegli speciali muscoli che son legati agli angoli ostiali, impediscono il rifluire del sangue dal cuore al seno pericardiaco. La struttura delle labbra ostiali non differisce da quella delle pareti cardiache per quanto riguarda la parte muscolare; esse sono sprovviste dello strato esterno connettivale. Le fibre sono disposte secondo 6 Fig. 2. — Cuore visto la lunghezza dell’ostio. dall'alto (spiegaz. delle Dagli angoli ostiali si staccano 1 mu- lettere v. fig. 1). scoli ostiali, che si dirigono verso il lato opposto del cuore per andarsi a legare ad altri muscoli ostiali o alle pareti cardiache; molte fibre si saldano ad altri fasci che incontrano lungo il loro decorso. Dall’angolo anteriore degli ostii superiori partono dei fasci muscolari, parte dei quali vanno al corrispondente angolo ante- riore dell’ostio del lato opposto, costituendo il muscolo ostio- ostiale, parte alla parete dorsale cardiaca del lato opposto. Dall’angolo anteriore degli ostii inferiori partono varî fasci muscolari, la massima parte dei quali s'inserisce nella parete dorsale cardiaca del lato opposto, insieme con quelli degli ostii 54 GIUSEPPE COLOSI superiori; una minima parte si unisce al muscolo ostio-ostiale o va verso la parete dorsale dello stesso lato. I fasci muscolari che partono dall’angolo posteriore degli ostii superiori, si sparpagliano a ventaglio, alcuni dirigendosi alla parete superiore, altri alla parete inferiore del cuore, ed altri saldandosi ad altri muscoli. I fasci muscolari che partono dall’angolo posteriore degli ostii inferiori invece seguono una via ben determinata, dirigen- dosi più o meno divisi verso la parete cardiaca dorsale e sal- dandosi alla porzione centrale di essa, senza però incrociarsi. Fig. 3. — Sezione del cuore al livello dell’inserzione dei muscoli dell’an- golo posteriore degli ostii inferiori (figura semischematica). Le fibre della tonaca muscolare sono prevalentemente lon- gitudinali, ma ve ne sono dei fasci diretti in tutti i sensi. Il decorso dei fasci è simmetrico rispetto al piano di simmetria dell'animale. Benchè vi siano anche molte fibre anulari, pure non si trovano delle vere fibre semianulari che si incrociano lungo le linee dorsale e ventrale. A questo proposito aggiungerò che, mentre la disposizione a fibre semianulari, per quanto finora è noto, può ritenersi ca- ratteristica dei Peracaridi, negli Eucaridi (Eufausiacei e Deca- podi) si ha una più complicata impalcatura muscolare del cuore, la quale è certamente in rapporto con l’accorciamento e l’ac- centramento dell'apparato propulsore del sangue, ed è costituita non solo da una tonaca muscolare ma ancora da numerosi fa- scetti muscolari che attraversano la cavità cardiaca. Tale strut- tura è stata già segnalata da Zimmer (4) per Euphausia superba. Oltre alla tonaca muscolare, infatti, nel crostaceo di cui mi occupo, le fibre muscolari costituiscono nell'interno del cuore RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE SUGLI EUFAUSIACEI ED) » dei fasci, dei nastri, che staccandosi da determinati punti della parete vanno ad attaccarsi ad altri punti della parete stessa a maggiore o minore distanza, oppure ad anastomizzarsi con altri fasci muscolari. La disposizione di queste fibre muscolari interne al cuore è simmetrica, ma complicatissima, specialmente a cagione delle numerose anastomosi parziali o totali. Numerosi sono i fasci di fibre che, tenendosi sempre dalla stessa banda o incrociandosi, vanno dalla parete cardiaca dorsale alla ventrale. Essi sono particolarmente robusti, mentre piuttosto esigua è la tonaca muscolare, ed a loro sono in special modo dovuti i movimenti propulsori del cuore. Dalla imboccatura delle arterie partono sempre due fasci muscolari che si dirigono alla parete dorsale: all’imboccatura dell’arteria cefalica vi è un fascio destro ed uno sinistro, all'imboccatura delle altre arterie uno anteriure e uno posteriore. Notevolissimi sono i fasci ostiali: gli ostio-parietali si stac- cano da un angolo dell’ostio per attaccarsi alla parete cardiaca; gli ostio-ostiali connettono fra di loro gli angoli di due ostili. I muscoli ostiali che si staccano dagli angoli anteriori degli ostii sono incrociati, quelli che si staccano dagli angoli poste- riori sono diritti. Per quanto riguarda la fine struttura della parte muscolare del cuore, esatte sono le osservazioni di GAapziKIEWIcz. Si tratta di una parte protoplasmatica che racchiude numerose fibrille contrattili striate trasversalmente. Nel caso di Nematoscelis, come in Nebalia, Squilla, Idothea, Gammarus, il protoplasma è diviso in bende, ciascuna delle quali racchiude un gruppo di fibrille. Tali bende sono in parte separate l’una dall’altra, costituendo delle fibre, in parte saldate, similmente a quanto avviene in Idothea e Gammarus. I nuclei sono immersi nella porzione proto- plasmatica e sono relativamente grossi, schiacciati. Esiste un sottilissimo sarcolemna. Quando una fibra si anastomizza con un'altra, le fibrille, già strettamente unite durante il decorso della fibra, sì staccano contemporaneamente l’una dall’altra di- vergendo bruscamente a largo ventaglio e proseguono rettilinea- mente per breve tratto entro il dominio di un’altra fibra, com- miste al fascio di fibrille proprie di quest’ultima. Come già era stato rilevato dai precedenti osservatori 56 GIUSEPPE COLOSI ® (HarckeL, EsertA, BercH, GADZIKIEWICZ, ecc.) per altri crostacei, manca un endotelio cardiaco atto a separare il tessuto musco- lare dal liquido sanguigno: tale funzione è adempiuta dal sar- colemma. Entro la cavità cardiaca si notano abbondanti corpuscoli sanguigni. Essi però in Nematoscelis non costituiscono nessuna di quelle importanti formazioni che furono constatate in altri crostacei; e si trovano liberi ed isolati. Qual sia l’ufficio dei muscoli ostiali appare evidente. Ogni volta che il cuore entra in sistole, i muscoli ostiali si contrag- gono anch'essi, portando verso l'interno del cuore gli angoli degli ostii, onde ne consegue un avvicinamento delle labbra, che vengono a contatto. Contemporaneamente l’accresciuta pressione sanguigna serve a tenerli meglio l’uno contro l’altro, e così la chiusura dell’ostio è assicurata finchè dura il periodo della si- stole. Quando il cuore entrain diastole i muscoli ostiali si rilas- seranno, la pressione sanguigna cesserà di agire dall'interno verso l’esterno e gli ostii si apriranno. Oltre ai muscoli che attraversano la cavità cardiaca, dagli angoli degli ostii si vedono irradiare tutto intorno numerose fibrille muscolari, che fanno parte della parete del cuore. Esse hanno una funzione molto importante, giacchè contraendosi fanno aumentare la lunghezza e diminuire la larghezza dell’ostio, favo- rendo l'avvicinamento delle labbra. CLaus ha ben rappresentata tale struttura. Valvole. — Le valvole cardio-arteriali degli Schizopodi furono per la prima volta e con esattezza segnalate da DELAGE, che le descrive come “ deux lames qui se détachent de la paroi latérale interne du coeur et qui s'avangant è la rencontre l’une de l’autre, s'adossent sur la ligne médiane et remontent ensemble dans la cavité du vaisseau où leur bord libre est flottant. Elles s’écartent sans l’effort de la poussée sanguine, et se rapprochent automatiquement dès que la pression dans le coeur est devenue moindre que dans le vaisseau ,. Le osservazioni di DELAGE si estendono solo ai Misidacei. Però, nonostante la notevole di- stanza fra i due gruppi, esse valgono pure per gli Eufausiacei. Nella specie da me studiata si trovano due valvole per ciascun orifizio arteriale. Ciascuna valvola ha una forma a semi- disco o a semiovale, che con la porzione curva aderisce a metà È eee 4 le ; n RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE SUGLI EUFAUSIACETI 57 del margine dell’orifizio arteriale, mentre col margine rettilineo diametrale rispetto a tale apertura nuota liberamente nel lume dell'arteria. Riguardo all’inserzione è però da notare che essa non avviene normalmente, ma obliquamente, in modo che il mar- gine libero vien portato entro l'arteria. Riguardo all’orientazione, soltanto le valvole dell’arteria cefalica sono disposte simmetricamente l’una a destra e l’altra a sinistra rispetto al piano di simmetria; quelle delle altre ar- terie sono disposte una superiormente e l’altra ventralmente, oppure una anteriormente e l’altra posteriormente. Fig. 4. — Sezione dorso-ventrale dell’apice posteriore del cuore: «. p., aorta posteriore; a. d., arteria discendente; v., valvole; s. pc., seno peri- cardico. Le mie osservazioni intorno alla struttura istologica con- trastano con quelle di GapziKIEWwIcz. Questo dice: “ Die Arte- rienklappen bestehen aus 2 Schichten, eine zur Herzward, die andere zu Arterienwand gehòrig, sie bilden also eine Falte ,. Io trovo che le valvole sono costituite da un solo strato e pre- cisamente dalla continuazione dello strato muscolare della parete cardiaca. Le fibrille muscolari delle valvole sono disposte in un solo senso, e vanno da una estremità all’altra del semicerchio di inserzione, incurvandosi più o meno a seconda della maggiore o minore distanza dal margine libero rettilineo. In corrispon- denza di tale margine lo spessore delle valvole è maggiore. È inutile dire che sia nella faccia volta verso il cuore, sia nella 58 GIUSEPPE COLOSI opposta, non vi è alcun endotelio: le valvole sono quindi limi- tate dal sarcolemma. La struttura istologica da me riscontrata in Nematoscelis serve a convalidare l'opinione di PopPovici-Bazwnosanu, il quale considera le valvole come ostii che sboccano entro i vasi aortici, riguardando da un unico punto di vista generale tutte le aper- ture cardiache. Sia le valvole che le labbra ostiali, infatti, sono organi che separano la porzione contrattile dell'apparato circolatorio da quella non contrattile; entrambe sono costituite da un solo strato i si muscolare, che è la continuazione Va (| lA della tunica interna muscolare del 222. “cuore, ed entrambe fanno comuni- Fig. 5. — Porzione vicinale care la cavità cardiaca con altre dell'aorta posteriore destra. cavità (tronchi aortici e seni ve- nosi), la cui parete è costituita dalla continuazione della tunica esterna connettivale del cuore. Questo concetto dei rapporti reciproci fra cuore, valvole, labbra ostiali, arterie e seni venosi, il quale comprende in sè il concetto sopra esposto di PoPovici-BaznosanU, ho rappresen- tato nei due schemi della figura 6. de abi TO TO Fig. 6. — Schema della struttura istologica delle valvole e degli ostii: È a., orifizio di un’arteria e sue valvole; d., ostio e sue labbra. Il modo con cui le valvole lasciano passare il sangue dal cuore alle arterie e ne impediscono successivamente il riflusso è evidente; i varî autori lo hanno del resto indicato per i varî crostacei. Dalla linea d’inserzione delle valvole nella imboccatura delle arterie si partono dei muscoli, che vanno ad attaccarsi alle pa- "REN RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE SUGLI EUFAUSIACEI 59 reti cardiache e specialmente alla parete dorsale, sia diretta- mente, sia mediatamente legandosi ad altri fasci muscolari. Credo però che ad essi non sia connessa alcuna speciale fun- zione oltre a quella di provocare le sistoli. Non corrispondereb- bero però ai muscoli ostiali; del resto anche la loro posizione è diversa. Arterie. — Dal cuore di Nematoscelis megalops partono, come ho già detto, dieci tronchi arteriosi, cioè, un’aorta cefa- lica, due arterie laterali anteriori, due arterie epatiche, un’arteria o aorta discendente, due arterie laterali posteriori, due aorte posteriori. L’aorta cefalica parte dall’apice anteriore del cuore, in con- tinuazione della linea mediana della sua parete dorsale; subito al disotto di essa, con cui anzi hanno comune l’origine, si tro- vano le due arterie laterali anteriori. Le arterie epatiche si stac- cano al disotto e all'indietro delle tre prime, a poca distanza da esse. L’aorta discendente è impari e si trova in prossimità dell’apice posteriore del cuore, ventralmente; è notevole la sua asimmetria, giacchè si stacca un po’ a sinistra della linea me- diana del cuore, mantenendosi dalla stessa banda lungo il suo decorso. Le due arterie laterali posteriori sono di piccolo calibro e sorgono poco in avanti delle due uorte posteriori. Queste sono molto ingrossate nella loro porzione iniziale e presentano poi, per gran parte del loro decorso, delle ripiegature longitudinali più o meno irregolari. Zimmer (14) in Euphausia superba descrive due arterie di- scendenti, di cui solo una, l’aorta discendente, è di grosso calibro e raggiungerà l'arteria sternale, mentre l’altra è poco sviluppata, di varia larghezza e di decorso incostante. RaAB (13) in Meganyeti- phanes norvegica trova una sola arteria discendente. In Nematoscelis megalops vi è, è vero, una sola aorta discendente, ma questa alla sua origine è grandemente svasata e sembra in qualche caso, nella regione della svasatura, che presenti una sorta di moncone tendente verso destra. È da pensare che lo schema morfologico tipico porti due arterie pari, simmetriche, e che, nel gruppo degli Eufausiacei, mentre solo una di esse si è affermata come aorta discendente, l’altra sia priva d'importanza e manifesti grande variabilità e giunga persino a mancare. 60 GIUSEPPE COLOSI Le arterie sono costituite da una tunica di cellule connet- tivali, che sono la continuazione della tunica connettivale esterna del cuore. Esse sono molto larghe ed estremamente schiacciate; i margini di commissura fra cellule e cellule sono alquanto si- nuosi. I nuclei sono mediocri, lenticolari, e producono nelle cel- lule una sporgenza abbastanza notevole verso l'esterno. Questo strato connettivale è generatore di una cuticola chitinosa anista, che riveste internamente le arterie. Tale cuticola è più o meno spessa a seconda delle varie arterie, raggiungendo il massimo di spessore nella porzione vicinale delle grosse arterie posteriori. Le pareti delle arterie dunque sono costituite da due strati, uno interno anisto (cuticola o intima), ed uno esterno connet- tivale (adventitia). È però da notare che l’intima si assottiglia col diminuire del calibro delle arterie; tanto che le piccole ar- terie se ne trovano sprovvedute. Dalla struttura istologica risulta che le arterie sono prive di contrattilità. Seni venosi. — Non è mio divisamento descrivere i vari seni venosi di Nematoscelis, essendo il mio lavoro limitato al cuore e agli organi vicini. Accenno perciò soltanto al seno pe- ricardico, in cui affluisce il sangue venoso degli altri seni, che per mezzo degli ostii passerà nel cuore. Il cuore, come già avevo detto, è sospeso nel seno pericardico per mezzo di numerose bende e membrane simmetriche di tessuto connettivo, le quali si distaccano dalla tunica esterna connettivale del cuore. Ora nel suo lavoro sull’organizzazione dei Phronimidae, CLAUS fin dal 1879 scriveva: “ Die bindegewebigen Faserziige und Membranen, welche als mesenterien die Befestigung von Herz, Darmcanal und Nervensystem an der Leibeswand vermitteln, haben neben dem Werthe von Suspensorien noch eine zweite, nicht minder wichtige Function, der man bislang unsoweniger eine nihere Wiirdingung zu Theil werden lassen konnte, als die ausserordentlich reiche Entfaltung und regelmissige Ausbreitung dieser im Leibesraume aussespannten Bindegewebigen Hàute wird aber der Leibesraum in weite miteinander communicirende Pe- rivisceralcanile zerlegt, in denen das an zelligen Elementen reiche Blut nach seinem Austritt aus den Gef:issoffnungen weiter stromt. Nicht in wandungslosen Lacunen der Leibesh6hle, son- dern in wohlbegrenzten Canilen, in welche die Leibesh6hle durch RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE SUGLI EUFAUSIACEl 61 Bindegewebshinte geschieden wird, vollzieht sich der regel- miîssige Kreislauf des Blutes, welches durch Lòcher der binde- gewebigen Scheidewinde aus dem einen Canalbezirk in den anderen an bestimmten Stellen ibergefuhrt wird ,. Le pareti dei seni venosi sono in generale costituite da uno strato di cellule connettivali assai schiacciate, le quali pro- ducono verso l'interno del seno una cuticola chitinosa (intima) più o meno spessa. Non ho potuto però ben accertare un’intima nè nel connettivo che costituisce lo strato esterno della parete cardiaca e contemporaneamente la parete superiore del seno pericardico, nè sui grossi muscoli del corpo che limitano i seni. In quest'ultimo caso il perimisio sostituirebbe l’intima. Assai spesso è l’intima che separa il seno pericardico dagli organi sottostanti; così anche l’intima dei seni branchio-cardiaci. CONCLUSIONI 1. Le pareti cardiache sono costituite da due strati, uno esterno, connettivale, continuo, ed uno interno, muscolare, dis- continuo. Manca un endotelio. 2. Organi attivi dei movimenti cardiaci sono i muscoli pa- rietali, e specialmente le trabecole muscolari che attraversano nei varî sensi Ja cavità cardiaca. Le contrazioni hanno preva- lentemente direzione dorso-ventrale. 3. Le labbra ostiali hanno struttura esclusivamente muscolare. 4. Gli ostii si aprono e si chiudono per azione di muscoli speciali che attraversano la cavità cardiaca. 5. Le valvole cardio-arteriali hanno struttura esclusiva- mente muscolare. 6. Le valvole cardio-arteriali si aprono e si chiudono per azionè esclusiva, o quasi esclusiva, della pressione sanguigna. 7. Le pareti delle arterie sono costituite da un’intima omo- genea interna e da un’avventizia connettivale esterna. Mancano di fibre muscolari. Col diminuire del calibro delle arterie Vin- tima si assottiglia fino a rendersi invisibile. 8. Le arterie sono prive di contrattilità. 9. Le pareti dei seni venosi sono costituite da un’intima omogenea interna e da un’avventizia connettivale esterna. Man- 62 GIUSEPPE COLOSI — RICERCHE ANATOMO-ISTOLOGICHE, ECC. cano di fibre muscolari. L’intima può assottigliarsi fino a spa- rire. Può essere sostituita dal perimisio. 10. I seni venosi sono privi di contrattilità. 11. Le valvole arteriali e le labbra ostiali rappresentano la continuazione della tunica muscolare interna del cuore. En- trambe hanno lo stesso significato morfologico. 12. Le pareti delle arterie e delle vene sono la continua- zione della tunica connettivale esterna del cuore. Le arterie e le vene hanno il medesimo valore morfologico. OPERE CITATE 1. Bercn R. S., Beitrige cur vergleichenden Histologie. III. Ueber die Geféss- vandung bei Arthropoden, in “ Anatomischen Heften ,, Bd. XIX, Heft 62, 1902. 2. Cnun C., Ueber pelagische Tiefsee-Schizopoden, in * Bibliotheca zoologica, Bd. VII, Heft 4, 1896. 3. Craus C., Der Organismus der Phronimiden, in È Arbeit. Zool. Instit. Univers. Wien ,, Tom. II, Heft 1, 1879. i 4. Ip. Die Kreislauforgane und Blutbewegung der Stomatopoden, in “ Arbeit. Zool. Instit. Univers. Wien ,, Tom. V, Heft 1, 1884. 5. In., Zur Kenntniss der Kreislauforgane der Schizopoden und Decapoden, in “Arbeit. Zool. Instit. Univers. Wien ,, Tom. V, Heft 3, 1884. 6. DeLage Y., Contribution à l’étude de l’appareil circulatoire des Crustacés édriophthalmes marins, in “ Archives de Zoologie expér. et gén. ,, Tom. 1X, 1881. 7. In.,, Circulation et respiration chez les Crustacés Schizopodes (Mysis Latr.), in “Arch. de Zool. expérim. et gén. ,, Il*"° Série, Tom. I, 1883. 8. Gapzikiewicz. W., Ueber den feineren Bau des Herzens bei Malakostraken, | in “Jenaische Zeitschr. f. Naturwiss. ,, Bd. XXXIX, N. F. Bd. XXXIII, | Heft 2, 1904. 9. Gersraecger A. e Orrmann A. E., Die Klassen und Ordnungen der Ar- thropoden, Bd. V, Abth. II, Crustacea, Hilfte II, Malacostraca, in “ Bronn’s Klassen des Thier-Reichs ,, 1901. 10. Lane A., Lehrbuch der vergleichenden Anatomie, Jena, 1888. 11. Poporici-Bazwosanu A., Sur la morphologie du ceur des arthropodes, in “Bul. Soc. Sc. Bucuresci ,, XIV, 1906. 12. Scaneier C. C., Histologisches Prakticum der Tiere, Jena, 1908. 13. Raas F., Zur Anatomie und Histologie der Euphausiiden, in “ Zool. Anz; ,, XLI, 1913. 14. Zimmer C., Untersuchungen iiber den inneren Bau von “ Euphausia su- perba Dana ,, in “ Zoologica ,, XXVI, 63, 1913. PE, = 0 E PEA PPT ASIA i de a Abe d LUIGI BRUSOTTI — SULLA SCOMPOSIZIONE, E9C. 63 Sulla scomposizione di una forma binaria biquadratica nella somma di due quadrati Nota del Prof. LUIGI BRUSOTTI In uno de’ suoi interessanti lavori sulle frazioni continue di HaLPHEN, il Prof. F. GerBaLDI tratta incidentalmente della scomposizione di una biquadratica binaria nella somma di due quadrati (') e trova quanto segue: “ Una biquadratica X (x) si può in infiniti modi decomporre nella somma dei quadrati di due polinomi di 2° grado in x, dei quali uno ha per radici due punti (E, y), che appartengono l’uno alla terza polare dell'altro rispetto al covariante sestico di X. “ Fissato ad arbitrio &, restano possibili per y tre valori; questi si calcolano razionalmente, qualunque sia E, appena sia ri- soluta l’equazione invariante che è indipendente da E ,. Con i e j sono indicati i noti inva- rianti della biquadratica. Ora, partendo da un'osservazione del tutto elementare, il risultato si può ritrovare, ed anche, in un certo senso completare: a) notando come la proprietà affermata per uno dei due quadrati in relazione al covariante sestico della biquadratica valga anche per l’altro quadrato e in relazione ad uno stesso (*) F. GersaLpi, Simmetria e periodicità nelle frazioni continue di Halphen [‘ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, vol. LIII (1918): Nota I, pp. 767-784; Nota II, pp. 869-887]. Vedasi Nota I, n. 4 (pag. 776). 64 LUIGI BRUSOTTI fattore quadratico del covariante sestico, ossia ad una stessa radice della citata risolvente cubica; 5) dimostrando che ogni decomposizione della biquadra- tica nella somma di due quadrati è del tipo indicato. Per comodità di linguaggio parlerò di combinazione lineare anzichè di somma di quadrati; ma il divario è puramente for- male, essendo sempre possibile includere nei quadrati i coeffi- cienti (costanti) della combinazione lineare. 1. — Si ha facilmente che: - Condizione necessaria e sufficiente perchè una forma binaria biquadratica £ sia esprimibile come combinazione lineare dei qua- drati di due forme binarie quadratiche p e q(*) è che f possa spezzarsi nel prodotto di due fattori quadratici r, s, în tal maniera che è gruppi r=0, s=0, p=0, q= Ostiano in una stessa in- voluzione ed in questa formino nell'ordine scritto quaterna armonica. Ed invero dall’identità f= h? p? o k? q° segue l’altra f= (hp + kq) (hp — kq) e reciprocamente. 2. — Poichè lo spezzamento di una f generica (?) nel prodotto di due fattori quadratici si può effettuare in tre modi essenzialmente distinti, così per la decomposizione di f nella combinazione lineare di due quadrati si hanno tre distinte serie 01 di soluzioni essenziali. Basti osservare che, fissato uno spezzamento di f in fattori quadratici », s, e preso genericamente uno dei fattori lineari ad esempio di p, è determinata p (a meno di un fattor costante) dall’appartenenza di p="0 all’involuzione individuata dai gruppi r=0, s=0, ed è determinata 9g (sempre a meno di un fattore (4) Si intende escluso il caso in cui p coincida con 9g, a meno di un fattor costante; e ciò anche nel seguito, salvo contraria menzione. (*) Cioè a discriminante non nullo. La restrizione va tenuta presente se si vogliono accogliere senza riserve tutti gli enunciati. NOE | i i rale al SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 65 costante) dalla condizione che r=0, s=0, p=0, g=°0, for. mino quaterna armonica. Per confronto di coefficienti, scelti comunque i fattori costanti si determinano i parametri della combinazione lineare (oppure scelti comunque i parametri si determinano i fattori stessi) (1). 8. — Introducasi ora il covariante sestico 7° di f e siano @, w, X i noti fattori quadratici di questo. Gli elementi doppî dell’involuzione individuata da x= 0, s=0 sono forniti, com’è ben noto, dall’annullarsi di uno dei fattori quadratici di 7; sia questo ®. Posto: r E x) (12), p=ps° = (ye) (20 ge ga =(: % si avrà allora (® p)? == Py Pa = 0, (p=%©,2, y=wy,?, X=X) (99)? = 05 Ossia: Condizione necessaria perchè una forma binaria bi- quadratica sia esprimibile come combinazione lineare dei quadrati di due date forme quadratiche, è che queste siano conjugate ad uno stesso dei tre noti fattori quadratici în cui si spezza il cova- riante sestico della biquadratica. 4. — Dalla (?) = Il Do 8 = x si deduce 4 1 È | Wp dia va Py Pa WyWz Xy Xe + DI Py Pa } Wy} X2° + wz° Xyî { = 1 A 35 vi Wy Wa } Va Pa? + Xe? Py K + 1 : Da 5 Xy Xe } Py y.? + Pz? Wy? : - (4) È eccezionale il caso in cui il fattore lineare assunto per p, sia fattore lineare di f. Se lo è, ad es., di », coincidono, a meno di fattori costanti, p, 9, ». La richiesta decomposizione di f non è possibile, se anche s non coincide, a meno di un fattor costante con ». (*) CLessca, Theorie der biniren algebraischen Formen (Leipzig, 1872), $ 44, form. (5). | i | | È Atti della R. Accademia — Vol. LV. 5 A GE z eat 3 RRGGRAMET RAI de CI Ri a Ro SRG Age, ATA cea 23 66 7 LUIGI BRUSOTTI Ma dalla Wy Xe — WeXy = (42) (wx) e dalle analoghe, quadrando, si ricavano la È E | 9 Do, SS i) ; yy} Xz} + w.? XyÈ == 2 Wy Wi Xy Xe | È ; e le analoghe, quando si tengan presenti le 1 (yy)? = (xp) = (Py)? = 0; onde infine è Tè T.8 = 2@y®z Wy We Xy Xe; e similmente | Ti T, = 2PuPv Wu Wo XuXo- Dall’enunciato del num. 3 si ricava dunque: Condizione necessaria perchè una forma binaria biquadratica f sia esprimibile come combinazione lineare dei quadrati di due date forme quadratiche, è che per ciascuna di queste i due punti-ra- dice appartengano uno al terzo gruppo polare dell'altro rispetto al gruppo T= 0, essendo T il covariante sestico di £. 5. Se si fa riferimento ad una sola delle due forme qua- dratiche, dai num.! 1. e 2. risulta che le condizioni esposte nei num.! 3. e 4. si presentano anche come sufficienti. Ossia: Con- dizione necessaria e sufficiente perchè f = a*, sia decomponibile nella combinazione lineare dei quadrati di due forme quadratiche di cui 4 una sia p=(yx) (zx) è: 2T,°T.2= 0,02. yyy..X,X=0 (1). Così dato il punto (y), ad (y) si può associare come punto (2) uno qualunque dei tre punti (z) forniti dalla T,8T,5=0 (risp. dalle py9.=0, yyy:.=0, XyX,.=0). Dico che essi sono razionalmente determinati quando si co- noscano le radici m, m', m'", della risolvente cubica dice citi i E: Assia 3 (4) Qui, e più sotto, si tenga presente come eccezionale il caso ay'= 0, — secondo la nota posta già al n. 2. SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 67 «Ed invero dalle (1) — 29? = H+ mf, — 2y=H+ m'f, — 2xXe=H+wm"f, nelle quali H = H,4 è l’Hessiano di f = a,4, si ricavano le 6 I , — 29, .Py 9. = HH. maja., ' , I , — 24,7. Yy y: = HH. m'aja,, LU (ET se: " =iaa 2Xy° . Xy Xe 3 y° H. + mn ay} Ax ’ ove ®', w', y sono simboli equivalenti a ®, w, Xx. Segue che, noto (y), 1 tre punti (2) sono razionalmente forniti rispettivamente dalle HjH.{tmaya, =0, bo canaga, = 0, 2) Ho Hakbwl'apa=0. 6. — Chiudo con un cenno relativo ad una rappresen- tazione iperspaziale già da me usata altrove (?). Si interpretino i coefficienti di f come coordinate omogenee projettive di un punto [f] corrente in un S, (punto immagine). Fra le biquadratiche si considerino quelle che son quadrati di forme quadratiche; il luogo dei loro punti-immagine è una su- perficie 2 (del 4° ordine) projezione della nota superficie di VERONESE. (4) CLeBscH, op. cit., $ 44, form. (4). (£) E cioè in due mie pubblicazioni: Sulla curva razionale normale dello spazio a quattro dimensioni [£ Annali di Matematica ,, serie 8%, tomo IX, (1904), pp. 311-352]; Interpretazione iperspaziale di un teorema di Gorpan [“ Rend. del R. Ist. Lomb. ,, serie 2°, vol. XLII (1909), pp. 144-148]; e in un’aggiunta alla Nota del Prof. Berzorari, Sul significato geometrico di alcune identità lineari tra quadrati di forme algebriche [“ Ibid. ,, vol. LI (1918), pp. 431-454] gentilmente da lui pubblicata in fine del suo lavoro (pp. 452-454). 68 LUIGI BRUSOTTI — SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. Il problema algebrico della rappresentazione di una biqua- dratica f generica come combinazione lineare dei quadrati di due forme quadratiche si traduce così in quello di trovare le corde di X passanti per un punto [f] genericamente assegnato in Si. Ora tali corde si distribuiscono in tre S; passanti per l’unica trisecante di X che esca da [7], come subito si trova ponendo mente alle tre rette doppie ed al punto triplo della superficie di STEINER che si può ottenere proiettando® da [f] sopra un generico S3 di Sy. Così l’esistenza di tre serie 0! di soluzioni del posto problema algebrico si collega a quella delle tre rette doppie della superficie di STEINER. Castel felice di Montebello, Agosto 1919. = siesso RE O E e a lic setti nt QUIRINO MAJORANA — SULLA GRAVITAZIONE 69 Sulla gravitazione Nota del Socio nazionale residente QUIRINO MAJORANA Origini della ricerca. — In un precedente lavoro (') sulla teoria delle relatività, e sull’influenza del movimento della sor- gente o di uno specchio sulla propagazione della luce, esprimevo il dubbio che, fra le cause incognite che possono influire sul fenomeno, potesse esservi il campo gravitazionale terrestre. Senza aver la pretesa di connettere ora due ordini di fenomeni tanto diversi, riferirò in questo lavoro di alcune ricerche sulla gravi- tazione, che furono così originate dalle altre già descritte. In una Nota preliminare pubblicata in questi Atti (?), diedi già notizia delle nuove ipotesi da me formulate, in connessione con la presente ricerca, e che ora svolgerò più completamente. Faccio notare peraltro, che il controllo sperimentale al quale in detta Nota accennavo, mi aveva fornito in principio un risul- tato contrario alle mie previsioni; ed in tal senso ne davo, allora, notizia. In seguito, avendo eliminata una causa di errore non prevista, le mie esperienze mi hanno condotto ad osser- vare un fenomeno, in perfetto accordo con le mie previsioni, come ora farò vedere. Caratteri della legge di Newton. — Questa legge appa- risce la più perfetta fra le leggi fisiche, nella sua semplicità. Nessuna influenza della natura del mezzo si è sinora constatata nella propagazione della forza attrattiva, fra due masse mate- (4) “Atti R. Accad. delle Scienze di Torino ,, 12 maggio 1918. (2) Idem., 6 aprile 1919. 70 QUIRINO MAJORANA riali. Le ricerche di Austin e Thwing (!), Kleiner (?), Laager (8), Cremieu (4), Erisman (?) ed altri, tendenti a scoprire un’azione del genere, nulla hanno svelato. Per opera di Laager che stu- diava il peso di una sfera di argento circondata da piombo, si può ritenere che la mancanza di effetto sia stata sinora con- statata sino ad una precisione di circa 5.107°. Queste esperienze hanno confermato al fisico e all’astronomo la esattezza della legge di Newton. Dubbi sulla esattezza della legge di Newton. — Non mi sembra però lecito inferire, da una esperienza simile, p. e., a quella di Laager, che ciò che si constata in laboratorio, possa ripetersi, con le stesse apparenze, anche nei casi astronomici. Così, non è lecito concludere che la massa della sfera di argento apparirebbe ancora la stessa, se collocata al centro della terra, o al centro del sole (333000 volte la massa terrestre). Ammet- tiamo dunque, per ipotesi, che la massa possa apparire più piccola, se circondata da altre masse, che cioè vi sia diminuzione della forza gravitazionale, per il propagarsi di questa a traverso un mezzo materiale. Quella diminuzione potrebbe esser dovuta ad un carattere di tale mezzo, paragonabile alla permeabilità elettrica o magnetica, oppure ad assorbimento progressivo della forza. Nel primo caso, se l’analogia con i fenomeni elet- trici e magnetici potesse stabilirsi, basterebbero piccoli spessori del mezzo, per lasciare constatare la presunta permeabilità gra- vitazionale; e questo non avviene nelle esperienze note. Nel secondo caso, l'assorbimento potrebbe verificarsi solo per spes- sori di mezzo molto forti. e quindi sfuggire alle indagini di laboratorio, pur manifestandosi nei corpi celesti. Questo secondo modello dell’assorbimento si presenta dunque come più proba- bile, e sarebbe più facilmente concepibile, se la forza gravita- (4) Phys. Rev.;,,.V. 5, 1897. () “ Arch. Sc. phys.,, 1905, p. 420. (3) Dissert., Zirich, 1904. (4) “C. R.,, V. 140, p. 80, 1905; V. 141, pp. 658, 713, 1905; V. 143; p. 887, 1906. (*) ‘“ Vierteljahrschr. ,, V. 53, p. 157, 1908. - 3 1 4 3 SULLA GRAVITAZIONE 1 zionale potesse venir causata da una specie di flusso di energia, sprigionantesi continuamente dalla materia. Questo flusso, come avviene, p. e., per la luce che traversa un mezzo torbido, rimarrebbe progressivamente assorbito: la legge di Newton non varrebbe che in prima approssimazione. Conseguenze della ipotesi dell’assorbimento. — Come conseguenza, si avrebbe anzitutto la cognizione di massa vera e di massa apparente. La prima sarebbe il carattere della materia da cui dipende la forza attrattiva, quando essa è estremamente suddivisa. La seconda è, per contro, il valore apparente che as- sume la massa, vera in conseguenza del progressivo assorbimento. Per rispettare il principio della conservazione dell’energia, occorrerebbe, inoltre, ammettere che la materia di qualunque natura, sì vada progressivamente trasformando. Ciò sarebbe, in certo modo, analogo a. quanto avviene per il radio, colla diffe- renza che per questo corpo la trasformazione dura qualche migliaio di anni, mentre, per tutte le altre sostanze conosciute, si avrebbe da fare con un tempo enormemente più lungo. Un'altra conseguenza potrebbe trarsi: poichè la forza gra- vitazionale risulta da un flusso di energia assorbito, non potendo l'energia distruggersi, questa si dovrebbe trasformare, p. e., in calore. Per cui materia soggetta a gravitazione si riscalda; in ciò si avrebbe una nuova spiegazione di almeno una parte del calore solare. L'ipotesi potrebbe inoltre essere messa a raffronto col fatto, quasi sicuro, che il cielo è mancante di stelle oscure di grandi dimensioni: infatti la materia agglomerata in piccolo spazio dovrebbe riscaldarsi notevolmente. L'ipotesi del carattere energetico della forza gravitazionale è però da me avanzata con ogni riserva, e la ritirerei ove considerazioni che ora mi sfuggono, dovessero farla ritenere inammissibile. i Piuttosto, ritengo come probabile, ed anzi, in seguito a talune esperienze che descriverò, come esatta, la ipotesi del- l'assorbimento gravitazionale. Ricerche analitiche. — Per poter stabilire un piano di esperienze tendenti a verificare l’ipotesi dell’assorbimento, oc- corre concretare questa ipotesi, analiticamente. Una grandezza 72 QUIRINO MAJORANA fisica sui generis può ora essere definita, e chiamata /lusso di azione gravitazionale; non è però necessario legare la nozione di questa grandezza al concetto di energia. Sia una particella materiale dm, tanto piccola da poter ritenere il suo assorbimento gravitazionale interno nullo. Pos- siamo supporre, secondo le fatte ipotesi, che essa emetta conti- nuamente un certo flusso proporzionale a dm, cioè 4 dm, unifor- memente irradiato in tutte le direzioni. Se la particella materiale trovasi nel vuoto, a traverso un angolo solido che sottenda la superficie dw alla distanza 1, si avrebbe solo il flusso: dmdw Par dor gie Se la particella, invece di trovarsi nel vuoto, si trova in un mezzo di densità vera &,, il flusso che sarà arrivato alla distanza x dalla particella sarà espresso da: dmdw _ur (1) ek. | Ciò equivale ad ammettere un assorbimento progressivo del flusso, proporzionale al valore di esso in ciascun punto, allo spessore del mezzo tra- versato e alla densità | del mezzo &,. Si suppone | infatti che: H:= Ù I ' ' ' ; i ' ' | nnt 4-2 == -p Ha MCR i ' 4 l ' ” ' ' Ù u ' Ì i Ollio ll --4------------4------t ------ --_-_== x e cacee) ' i ' ’ i I ) ' i I Ù ' Ù i ‘ I Ù ' 1 2 3 4 bi 6 7 8 9 pi Fig. 2. spondente valore di p; e finalmente, essendo p= RH= R dh, si puo ricavare il valore di %, giacchè si conosce il raggio solare E, ==6,95.. 101° cm. Si può così costruire la seguente tabella : 8 = 141 2 5 10 15 20 ya e 1 0,705. /-0,281 0,141 0,094 0,070 p = 0 0,58 2,46 5,20 7,95 10,40 h= Lone 0 3,81.10-!* 7,08.10-!® 7,49.10-!2 7,63.10-2 7,64.10-2. a TUE Pai si ite ver sal K_* _ x mac pi N di SULLA GRAVITAZIONE 77 Da cui si vede come, al crescere della densità vera, il va- lore di % cresce rapidamente, sino alla densità di circa 2, e poi assai più lentamente, tendendo verso un valore limite che, come SI può vedere, rimane fissato a 7,65. 107?, Si vede ancora che, anche solo ammettendo una densità vera solare di poco superiore alla apparente (p. e., 2), l ordine di grandezza del fattore di smorzamento % rimane fissato fra e 10711 Ricerca del fattore 7. — Secondo le ipotesi fatte, il fat- tore è rappresenta una costante universale, da cui dipenderebbe la misura dell’assorbimento gravitazionale. La sua misura probabile può rimanere fissata nel valore anzidetto, ma la sua vera determinazione non può farsi colla sola considerazione del fenomeno solare. Non si hanno elementi infatti per dire quale possa essere la densità vera del sole; forse si può sospettare che essa sia certamente superiore a 1,41 (densità apparente od astronomica), quando si pensi alla grande densità di taluni corpi più pesanti. La elevata temperatura del sole, che avrebbe per effetto di tenere in uno stato di estrema espansione tali corpi, potrebbe, nell'interno della massa solare, venir compensata dalla enorme pressione. In ogni modo non è possibile stabilire a priori il valore della detta densità vera solare. Si può dunque pensare ad un metodo sperimentale per la ricerca della costante %. Esso può realizzarsi cercando la even- tuale variazione di peso di una massa m, relativamente piccola, circondata da altra massa M, assai più grande. Infatti, come è a ritenersi secondo le ipotesi fatte, che il flusso di m debba essere in parte assorbito da M, così anche il flusso gravitazio- nale, proveniente dalla nostra terra, deve affievolirsi prima di raggiungere m a traverso M. Suppongo questa massa M conformata a sfera di raggio e la massa m, piccola e situata al centro di M. Se 9 è la densità della sostanza che costituisce M, si avrà per la (1): fa = bm che rappresenta il flusso di m che riesce ad uscir fuori da M. 78 QUIRINO MAJORANA Corrispondentemente, dicendo ma ed m, le masse vera ed apparente di m, si ha: Na ‘ "_ ; oss1a ma = Mye Rd, mv Essendo r assai piccolo (al più qualche decimetro), si ha: Ma = My (1 hdr). Cioè la massa m subirebbe una variazione in meno di: (8) e-myhdr. Da questa si dedurrebbe il valore di € (9) ha modr Si può stabilire quale sia l'ordine di grandezza di e, in una possibile-esperienza di questo genere. Supponiamo m=m,=1kg.; 3 = 13,60; "= 10 cm. Ciò corrisponde, all’incirca, alle condi- zioni da me realizzate in una esperienza che presto descriverò: in essa m è una palla di piombo; la massa M è costituita da mercurio distribuito simmetricamente intorno ad m. Poichè deve probabilmente risultare dell’ordine di 107!?, sarà: E 10002107271439500-10 144109 Cioè, occorrerebbe poter valutare circa 1/10000 di mg. su 1 kg. L'apparecchio necessario per l’esecuzione della progettata esperienza dovrebbe soddisfare a tale condizione. ‘ Descrizione della disposizione sperimentale. — Una bi- lancia Rueprecht della portata di circa 1 kg. è stata rimossa dalla sua custodia originale, e rinchiusa in una scatola metal- lica a forma di 7 (fig. 3), capace di resistere alla pressione atmosferica, quando si pratichi in essa il vuoto. Speciali artifici sono stati escogitati per comandare dall’esterno il giogo, ed il movimento del cavalierino di 1 cg., su questo. I piattelli origi- nali della bilancia sono pure soppressi. Sotto il coltello di destra, É 2 9 i 3 È UT i ' nu n | B |] LA Q i AN ] | i Vul I = / ‘ | di piva ea I ////V 77 Pi DI ,, \ ferme VIZIO MEZ A | ] dai eZ) (0) e Uh, p: —W. AN DIVI) 2, n 2) ‘gi Sep i s ie ' ci % (a, du 5 | 736 IS i 02 no; ì t == Î A/Z; GIA iii DD LUSSO AAA 80 QUIRINO MAJORANA è fissato alla scatola un tubo D di vetro, che congiunge questa con l’ambiente nel quale si trova la massa m, come sarà detto. Sotto il coltello di sinistra, si trova una protezione di metallo, che racchiude una palla di piombo wm', che serve di contrappeso alla massa m. Sul giogo, nel suo punto mediano, sì trova uno specchio concavo S, per l'osservazione delle oscillazioni, con raggio luminoso e scala verticale. La bilancia trovasi con la sua scatola, su di una mensola L, fissata al muro. AI disotto di L e sul pavimento della stanza, si trova il recipiente U, destinato a ricevere il mercurio, che circonderà la massa m. Esso è costituito con assai robusti pezzi di legno fissati insieme; è cilindrico, di circa 22 cm. di diametro e di altezza interna. Nell’asse del cilindro U sono collocati due tubi di ottone PR, T, in prolungamento l’uno dell’altro e raccordati mediante una sfera cava V, di ottone di 79 mm. di diametro. Questa sfera è smontabile, mediante una giuntura a viti, nel suo piano diametrale, orizzontale. Nell’interno di V e concentricamente, trovasi una seconda sfera V' cava, di ottone, di 70 mm. di diametro. Essa è connessa mediante una canna di ottone N, al tubo D di vetro, che scende dalla bilancia. La sfera V' e la canna N non toccano in alcun punto la sfera V ed il tubo T. La sfera V' è scomponibile come V, in due calotte semi- sferiche, in modo che è possibile racchiudere nel suo interno la sfera m di piombo. Questa, mediante un filo sottile di ottone, è sospesa al coltello di destra della bilancia, a traverso i tubi D ed N. L’ingrossamento Z di quel filo permette, col catetometro, di controllare la posizione della sfera m, rispetto al recipiente U. In questo può affluire il mercurio dal basso; a volontà questo liquido può essere rimosso, mediante aspirazione pneu- matica. I livelli che il mercurio raggiunge, quando U è stato riempito, o quasi del tutto vuotato, sono controllati rigorosa- mente da contatti elettrici P e P', opportunamente regolabili. Oltre a ciò, un delicato sistema costituito da un galleggiante e dal suo contrappeso £' indica, mediante uno specchio S', la posizione che in ogni istante ha il mercurio nel vaso U. Tutti gli aggiustaggi sono fatti con precisione superiore a 2/10 di mm.; dentro questo limite, si può ritenere che il mercurio abbia il suo centro di gravità coincidente con quello della sfera SULLA GRAVITAZIONE 81 di piombo m. Questa ha una massa di 1274 gr.; il mercurio di 104 kg. La bilancia con i suoi accessori mantiene il vuoto in maniera praticamente perfetta. Anche dopo 24 ore, la pres- sione interna non risale al di sopra di 7/10 di mm. di mercurio, il quale valore rappresenta forse la tensione di vapore dei ma- stici impiegati per chiudere la bilancia. Durante le esperienze, occorre sempre tenere in funzione la pompa rotativa a mercurio, per ridurre a meno di 1/10 di mm. di mercurio la pressione. In tali condizioni, sono completamente evitate perturba- zioni di temperatura dovute al mercurio che circonda i due invo- lucri V' e V. Le osservazioni vengono fatte da una stanza diversa da quella della bilancia, mediante raggio luminoso riflesso da S su scala a 12 m. di distanza ; è così possibile apprezzare 1/10 di mm. su questa scala. La sensibilità della bilancia può, in conseguenza, essere portata a circa 170 mm. di deviazione del raggio lumi- noso per mg. Si può quindi apprezzare circa 1/1700 di mg. a lettura diretta e raggiungere precisione maggiore, con molte osservazioni. Vi ha però il dubbio che una precisione simile sia illusoria, e che minime cause perturbatrici possano mascherare comple- tamente la deviazione di qualche millimetro. Sono però riuscito a rimuovere tutte le più notevoli cause di errore. La più grave . fra queste era costituita dalle scosse meccaniche esteriori pro- venienti dalla vita cittadina. Le ho evitate, sia facendo osser- vazioni nelle ore notturne, sia profittando dei giorni di sciopero generale, sotto tal riguardo utili. Osservazione della variazione di peso. — L'effetto della presenza del mercurio intorno alla sfera m, è stato così con- statabile. Lasciando permanentemente abbassato il giogo della bi- lancia, venivano fatte alternativamente e rapidamente determi- nazioni della porzione di riposo della bilancia, con oppure senza il mercurio, nel recipiente V. La figura 4 indica i diagrammi di quattro serie di osservazioni eseguite il 20 ed il 21 luglio 1919 (giornate di sciopero generale). Come ascisse sono riportati i successivi intervalli di tempo, Ci S3, 9203, C359,,9,C5,... tutti Atti della R. Accademia. — Vol. LV. 6 82 QUIRINO MAJORANA eguali, intercedenti fra le singole osservazioni senza mercurio e con mercurio. Come ordinate sono riportate le posizioni di riposo della bilancia; determinate ciascuna con tre letture di oscillazioni. Sono poi stati congiunti con due linee i punti così risultanti. Le due spezzate, per ciascuna serie, hanno andamento ascendente, discendente o comunque variabile a cagione di pro- gressivo spostamento dello zero della bilancia, causato da lievi, je Ù ' ' JI ' d ‘ x È . |__Serie: SITI ORI fs REECERIERETEEEE CECEPERE PECE CRCR SERE RECCICETEnO io pr ’ .’ AM il dii gpe 10-19 10 Re ' ' - ' a [ Si S | 1 iaia dl e \ 29 n = rate ai i i \ LU celo ' v -9 2 ! î t lo : A 2 * 7 ' aa SR ' ' i la rai RE SERRA rr 21---1cb-panì@ SLA e Pa Idea SPES É J + 2100 RE VASIZA id 1 Ò erib Ti o" ds î Ì Mer) SPE ORSIIONATA fNCIL YSE = el - i 3 DI) 4 Se N Ro È ; ' ' x ! «0 EA, 1 rd ' È ; ' ’ il O ' UT Ù I 15/5 Ba > RL 4 o N Y -r---4---1 È 3 ' Ù ' ' Ù ‘ ' ' ' o i in + --3h---2--0% ' 4 ese — ' ; ' = Si 20) Ù X ‘ ' G SAI È ' ; I = Roy I % ! ' elelgzr ili giulia liie. culle Ai ; Ù I | ' ' ì Y “370 1 ' ' ' | ! ! : ! ; | e ANTE h ‘ m--4----4---+ + ---4----b------3---]---4-9>C==p=-_g-- -4 é 7 i ' Y ' ' ' A I ' ' Ù . ' I 3 \ ' i ! ' Ù Ù ' . Li ' ‘ ' 3 ' } ‘ ’ fi ' ’ ' x € L) S, €, S, C, S, Cc S, €, S, o C, S, 2 G, S, + C 5 S Fig. 4. accidentali e non brusche variazioni di temperatura. Ma sempre, quella senza mercurio, trovasi, con i suoi punti, al disotto di quella con mercurio. Ciò vuol dire che sempre la presenza del mercurio fa sem- brare più leggera la sfera di piombo m. Nella stessa fig. 4 i tratti verticali rappresentano le varie medie successive ricavabili da ciascuna serie di osservazioni rappresentata; essi sono 51. Per semplicità di figura, non riporto qualche altro breve diagramma, corrispondente ad altre serie di osservazioni fatte, insieme con quelle della fig. 4, nei giorni 20 e 21 Luglio. è Dirò solo, che prendendo la media generale di 57 medie SULLA GRAVITAZIONE 83 parziali, trovo, come valore dello spostamento della posizione di riposo della bilancia, per la presenza del mercurio: mm. 0,558 + 0,012; l'errore probabile 0,012 è stato calcolato con i minimi quadrati. Il senso dello spostamento indica diminuzione di peso, cioè assorbimento della forza gravitazionale terrestre sulla sfera di piombo a traverso il mercurio. La sensibilità della bilancia, nel corso delle citate esperienze, si è mantenuta di 171 mm. per mg. Per cui quello spostamento corrisponde ad una variazione di: mg. 0395 = 0012 _ mg. 0,00209 + 0,00007. Correzione dell’effetto osservato. — Nella esperienza così eseguita intervengono però parecchie cause, che, sovrap- ponendosi con i loro effetti a quelli del fenomeno ricercato, ne modificano notevolmente il risultato. Non posso in questa rapida esposizione discutere minutamente tali cause; ma di esse, quelle che dànno effetto sensibile, sono riportate nella seguente tabella, ciascuna col proprio segno: Effetto constatato . . . . . + mg. 0,00209 + 0,00007 »s newtoniano dell’Hg. sata tara — ss 0,00085 È dei serbatoi di Hg... . .+ , 0,00007 » del galleggiante Ke X' . .— , 0,00034 »s dell’Hg. sul giogo . . s 0,00000 Correzione per lo spostamento dello MBnBP Sin . . +, 0,00001 Errore massimo CERESIO per dis: i VICE AA ER SO A + 0,00009 Effetto netto e = mg. 0,00098 +0,00016 Le tre correzioni qui sopra riportate per gli effetti newto- niani del mercurio e del galleggiante con il suo contrappeso, sono state calcolate rigorosamente. Il loro errore probabile è di molto inferiore all’errore probabile delle mie osservazioni. 84 QUIRINO MAJORANA L’errore massimo ammissibile per dissimmetrie nella posi- zione del mercurio, rispetto alla sfera di piombo, computato a mg. 0,00009, è certamente superiore al vero; ho voluto esage- rare nell’ammetterlo, per far vedere che esso non può coprire il fenomeno trovato. Si ha dunque una netta diminuzione di peso della sfera di piombo la cui massa è gr. 1274, di mg. 0,00098, cioè del 7,7-1071° del suo valore, per il fatto di essere stata la sfera circondata da mercurio. Possibilità di altre cause di errore. — Nella descrizione dettagliata di queste esperienze, che sarà pubblicata da me in altra sede, discuto minutamente la possibilità di altre cause di errore; qui mi limito ad accennarle: I. Perturbazioni di carattere meccanico, come: effetto del peso del mercurio sulla posizione della bilancia, delle lam- pade di projezione, delle scale, ecc.; oppure, deformazione del vaso contenente il mercurio, aumento per compressione della densità di questo verso il basso, ecc. II. Perturbazioni di carattere calorifico. III. Azioni radiometriche. IV. Azioni elettrostatiche. V. Azioni magnetiche. VI. Azioni elettromagnetiche. E dirò solo, che tali cause di errore, se intervengono, non possono modificare il risultato avuto, sensibilmente. Determinazione della costante %. — La constatata va- riazione di peso permette di calcolare il valore della costante universale di smorzamento 4%, almeno dentro certi limiti di approssimazione. Mi servo delle relazioni (8), (9). Occorre però introdurre una ipotetica semplificazione, nella eseguita esperienza, se non si vuole incorrere in grandissime difficoltà di calcolo. D'altronde, per una prima indagine del genere, ciò può essere permesso. Suppongo la massa m di piombo pesante gr. 1274, concentrata in un punto; suppongo inoltre la massa di kg. 104 di mercurio, trasformata da cilindrica a sferica, pur contenendo sempre nel suo interno l’involucro sferico V (fig. 3). Il raggio della sfera di STI TR TI ET TR TRE EA TT Ten SULLA GRAVITAZIONE 85 mercurio così risultante, sarà di cm. 12,35. Infine lo spessore di mercurio traversato dalle singole azioni gravitazionali emananti dal piombo (od arrivanti ad esso) si può supporre, sempre con grossolana approssimazione, uguale alla differenza dei raggi della sfera di mercurio e dell’involucro V. Ciò corrisponde a: cm. 12,35 — 3,95 = ecm. 8,40. Nella formula (9) è dunque: ME0r03:3.1077"; mo=gr. 1274; ®=43,60;.r. =—.8,40. Si ha quindi: ti pae 9,8.10 1274.13,6098,4 = 6,73.10718; e l'ordine di grandezza di questa determinazione coincide con quello previsto precedentemente. Applicazione del risultato sperimentale al caso del sole. — Il risultato ottenuto proviene principalmente dalla ipotesi che la densità astronomica del sole, qui chiamata apparente, possa essere inferiore ad una certa altra densità, che abbiamo chiamata vera. Sempre facendo la semplificazione derivante dall'ipotesi della costanza della densità vera solare, si può pen- sare che questa resti determinata per l’esperienza eseguita. Di- ciamo infatti £s il raggio solare, ds, das le due densità (ap- parente e vera). Poichè si è detto p=—=RH = Rhd, si ha per il sole: Ps = ho Ri 5 Al valore ps corrisponde un determinato valore Vs, della funzione Y, desumibile dalla fig. 2, se fosse conosciuta 3ys. Ora dalle (6) si ha: e quindi: ‘ DU, — hhsdds. Hssendo R,= 6,95.10!° cm., da =1,41, ed 4 = 6,73,10712, si ha ancora: ls =6;73, 10712 G0ez101 141 =0;000. 3 86 QUIRINO MAJORANA Questa condizione deve risultare soddisfatta. Esaminando la curva Y della fig. 2, si rileva che per il punto p= 2,0, si ha Y = 0,33, ed avviene quindi tale verifica. Dirò dunque ps=2,0, Y.,— 0,33; e se ne deduce: cioè: la densità vera del sole risulta il triplo di quella cono- sciuta dagli astronomi (1,41). Ma quantunque ritenga attendibile il risultato generico di una densità vera superiore all’apparente, non dò soverchio peso al preciso valore della fatta determinazione. Il problema della ricerca della densità vera, così posto, si presenta alquanto in- certo. Infatti, basta ammettere anche un errore relativamente lieve, nella determinazione di e, perchè il valore di d»s venga notevolmente mutato. Ciò risulta dalla seguente tabella : € h dy 0,0007 430,102 2,42 0,0009 613450718 3,27 0,00098 6,73. 1072 4,27 (determinaz.*° sperim."*) 0,0011 IO 10,04 0,0012 Sag LO = Se, p. es., si ammette e = 0,0011, la densità vera sale da 4,27 a 10,04; per e=0,0012, essa sarebbe immaginaria. Ma l'esame della funzione Y, porta ad una interessante conseguenza: non è possibile che la costante % sia superiore a 7,65.107!?; infatti, se ciò fosse, dovrebbe essere nel caso del sole: bt > 7.65.10, | cioò p.W.>0,95, e tale condizione non può mai essere verificata dalla (4), che al più, per grandi valori di %, dà pr=i. In altre parole, si può anche dire: poichè il sole ha una densità apparente di 1,41, il coefficiente di smorzamento % non può essere superiore a 7,65.107!?. IT SE I TE © TO PETE TTT TE SULLA GRAVITAZIONE 87 l’esperienza dà 6,73.107!2, per cui vi è, sinora, accordo tra i fatti e la teoria da me proposta. Termino queste considerazioni facendo rilevare che, am- messe le ipotesi dell’assorbimento gravitazionale, la trattazione fatta per il sole con la semplificazione della costanza di densità non può condurre a risultati troppo erronei. Infatti, se si sosti- tuisce all’ipotesi della densità costante un’altra legge di varia- zione della densità, questa ultima sarà necessariamente più grande al centro che sulla superficie. Per cui, da un canto, l’accumularsi della materia verso il centro farebbe sì che lo smorzamento di più gran parte di questa si verifichi a traverso spessori maggiori, dovendo l’azione gravitazionale passare principalmente dagli strati profondi alla superficie e dopo all’esterno; ma dall’altro canto, la massa este- riore è di densità ridotta e quindi lo smorzamento stesso dimi- nuisce. Sono dunque due cause opposte, che certamente non potranno in generale compensarsi esattamente, ma che si sot- traggono nei loro effetti, lasciando la densità media vera, non troppo differente da quella da me trovata. Sommario e conclusione. — Partendo dall'esame della legge di Newton, sono venuto nell’idea che la forza gravitazio- nale possa affievolirsi, per assorbimento da parte della materia. Questa potrebbe quindi appalesarsi con una massa vera e con una massa apparente. Con altri ragionamenti, sono arrivato a sospettare che la materia che scherma la forza gravitazionale possa riscaldarsi. Benchè tale concezione risolverebbe in modo nuovo la vecchia controversia dell’origine del calore solare, io la formulo con tutte le riserve. Ho poi intrapreso la trattazione teorica del caso di una massa sferica a densità costante, soggetta all’assorbimento della propria forza gravitazionale, e da essa ho tratto elementi per l'esecuzione di un controllo sperimentale della mia ipotesi. Questa esperienza è stata da me realizzata, pesando nel vuoto una sfera di piombo di 1274 gr., simmetricamente cir- condata da 104 kg. di mercurio. Avendo evitato tutte le possi- bili cause di errore, sono venuto nella conclusione che la sfera di piombo perde il 7,7.10!1° del suo peso, per la presenza del mer- curio. Tale risultato porta alla determinazione della costante di 88 QUIRINO MAJORANA — SULLA GRAVITAZIONE smorzamento della forza gravitazionale per unità di densità ed unità di lunghezza, nella misura di 6,73.107?. Applicando infine questo risultato al caso del sole, calcolo la densità vera di questo astro nella misura di 4,27. L'importanza di questa ricerca è evidente, e non credo si possano trovare facili ragioni di critica. Ad ogni modo, siccome io per il primo desidero controllare con ogni mezzo possibile gli annunziati risultati, dichiaro che è mia intenzione rinnovare le mie esperienze con congegni più grandiosi. All’uopo, nel laboratorio di Fisica del Politecnico di Torino da me diretto, è in corso di allestimento una disposizione che permetterà di spe- rimentare con 10000 kg. di piombo, al posto dei 104 kg. di mercurio, già adoperati. Sui risultati che con essa otterrò, riferirò a suo tempo. L’Accademico Segretario CarLo FaBRIZIO PARONA CLASSI UNITE Adunanza del 7 Dicembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti, della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, i Soci SALVADORI, SEGRE, JADANZA, PARONA, MATTIROLO, GRASSI, Sacco e MAJORANA; della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, i Soci De Sanctis, ErnAaupi, BAUDI DI VESME, SCHIAPARELLI, ParETTA, VipaRrI, PRATO, CIAN, PACcHIONI e STAMPINI, Segre- tario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite. È scusata l’assenza dei Soci Bronpi e VALMAGGI. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza stra- ordinaria del 6 luglio u. s. Il Presidente dà facoltà di parlare al Socio PaTETTA, il quale, anche a nome del Socio DE SancrTIs, informa l'Accademia dell'esito dell'adunanza, tenutasi nella seconda metà dell’ ot- tobre u. s., della Union Académique in Parigi, confermando quanto già era stato esposto dal Socio DE SAncTIS nell’adunanza precedente della Classe di Scienze morali, cioè che l’art. IV dello Statuto fu modificato nel senso desiderato dalla nostra Accademia. Si riserva di dare altri ragguagli, quando sarà giunto il testo definitivo dello Statuto predetto. Intanto l’ Accademia vota un plauso unanime all’opera dei Soci DE SANCTIS e PATETTA 90 che tanto degnamente la rappresentarono, come suoi delegati, al convegno della Union Académique. L’Accademico Tesoriere ErnAuDI dà alcune informazioni circa le nuove restrizioni deliberate dal Consiglio d’ Amministra- zione relativamente alla stampa degli Atti, così per riguardo alle Note dei Soci come per quelle delle persone estranee alla Accademia, a causa dell'enorme nuovo rincaro della carta e della mano d’opera tipografica. E poichè non si vede ancora la fine di tale disastroso rincaro, e i mezzi finanziari dell’Accademia si vanno sempre più assottigliando, restringendosi così sempre più la sua funzione di promuovere gli studi scientifici per mezzo delle sue pubblicazioni, il Socio STAMPINI propone che sia rin- novato al Governo — il quale pur troppo non ha finora dato alcun segno di averlo ascoltato — il voto espresso dalle Classi Unite nella loro adunanza del 4 maggio u. s., inviando di nuovo al Ministero il testo dell’ordine del giorno del Tesoriere EINAUDI, allora votato all'unanimità, insieme con quelle aggiunte che sono rese necessarie dal nuovo gravissimo rincaro della stampa degli Atti accademici. La proposta del Socio STAMPINI è approvata all'unanimità; e il testo del nuovo ordine del giorno con le aggiunte accennate risulta il seguente: “ La Reale Accademia delle Scienze di Torino, nella sua adunanza a Classi unite del 7 dicembre 1919, udita la esposizione dell’Accademico Tesoriere in aggiunta a quelle già fatte nella adunanza del 4 maggio u. s.; “ — considerata la somma e crescente importanza della pub- blicazione dei volumi delle Memorie e degli Atti, divenuti, in tanto moltiplicarsi di pubblicazioni d'occasione od aventi relazione con problemi applicati, mezzo per talune discipline quasi esclusivo e desideratissimo di portare a conoscenza del mondo scientifico i risultati degli studi di carattere più severamente teorico com- piuti non soltanto nella regione piemontese ; “ — considerato che, nonostante siasi tenuta ferma, con sa- crifici su tutti gli altri capitoli di spese, la somma destinata i 3 sità 91 alla stampa, l'incremento straordinario del costo della carta e delle tariffe di lavorazione, che non è destinato a cessare, ha già da non pochi mesi costretto il Consiglio di Amministrazione a decretare la sospensione della stampa delle Memorie e ad «imporre vincoli sempre più rigidi all'accettazione di Note per gli Atti; “ — considerata l’urgenza di riprendere, sia pure in misura ridotta, l’attività scientifica sua, riaffermantesi essenzialmente nella possibilità fornita agli studiosi, soci ed estranei, di por- tare a notizia degli scienziati singoli e delle altre Accademie ed Istituti, con cui essa tiene commercio intellettuale, i risultati delle proprie indagini e scoperte; “ — considerata la necessità di non rimanere, il che sarebbe persino contrario al decoro della Patria, estranea ai convegni internazionali destinati a riorganizzare il lavoro scientifico nel dopo guerra; “ — constatato, in fine, che recentemente si verificò un nuovo e grave aumento delle spese di stampa degli Atti, così che da lire 67,70 per ogni foglio di pagine 16 in 8° sono giunte oggi a lire 276, senza calcolare la non lieve spesa ulteriore oc- corrente per gli estratti da darsi, pur in misura limitata, agli autori delle Note, e senza tener conto di altro probabile inaspri- mento di tariffe da parte della tipografia a partire dall’immi- nente anno; sì che, se non si viene in soccorso all'Accademia da parte del Governo, essa dovrà, in breve volger di tempo, ridurre a pochissimi fogli il volume degli Atti, con incalcolabile detrimento della scienza; “ — presa nota che l’attuale assegno netto residuasi a cifra monetaria inferiore a quella stessa che la munificenza del Sovrano fondatore aveale assegnato nel 1783 ed è in sostanza incapace di fronteggiare anche solo un quarto di quelle spese di stampa a cui largamente si provvedeva con la dotazione originaria; “fa caldissimi voti affinchè il Governo voglia non sol- tanto ripristinare la cifra della dotazione in quella normale di SR 92 bilancio di lire 18.700, ma aumentarla in guisa da renderla meno disuguale, in valore intrinseco, da quella originaria e più consona agli scopi scientifici, sempre vivi ed importantissimi, a cui è ufficio dell’Accademia di attendere costantemente ,,. Si procede alla votazione per la elezione dell’Accademico Tesoriere per il triennio dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1922. I votanti sono 19. Risulta ad unanimità proposto per la elezione il Socio Prato. Il Presidente pertanto proclama eletto, salva l'approvazione sovrana, a Tesoriere dell’Accademia il Socio Prato, il quale ringrazia. L'Accademia unanime vota in fine un caloroso ringraziamento al Socio ErnAupI, che per due trienni, quanti lo Statuto accademico comportava, tenne quel difficile e delicato ufficio. Gli Accademici Segretari CarLo FaBRIZIO PARONA ETTORE STAMPINI 93 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 7 Dicembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci De Sanctis, ErnAuDI, BAUDI DI VESME, ScHIAPARELLI, PatertA, Vipari, Prato, CIAN, PACCHIONI, e StAamPINI Segretario della Classe. Si scusa l'assenza dei Soci Bronpi e VALMAGGI. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza del 23 novembre u. s. L’Accademico Segretario dà notizia dell’improvvisa morte, avvenuta la sera del 1° corr., del Socio corrispondente Pier Enea GuARNERIO, professore ordinario di Storia comparata delle lingue classiche e neo-latine nella R. Università di Pavia. La Classe invia le sue condoglianze alla famiglia dell’illustre defunto. L’Accademico Segretario presenta, a nome dell’autore Socio corrispondente Giuseppe Zuccante, le seguenti pubblicazioni: Vigilio Inama. Commemorazione (dai “ Rendiconti del Reale Istit. Lomb.,, ann. 1919); Correnti di letteratura pessimistica di Arturo Schopenhauer (Estr. dalla “ Rivista di Filosofia ,, 1919); L'ultimo canto del Paradiso (dalla “ Rivista d’Italia ,, 1919). La Classe ringrazia. 94 Saranno pubblicate negli Att? accademici la Nota esegetica del Prof. Emilio Berti La “ condictio , dei “ fructus , contro il possessore di mala fede, presentata dal Socio PaAccHIONI, e la Nota del Socio corrispondente Giuseppe Borrito Due passi del Cardano concernenti Leonardo da Vinci e l'aviazione, presentata dall’Accademico Segretario. EMILIO BETTI — LA «CONDICTIO » DEI «FRUCTUS», ECC. 95 LETTURE La “condietio,, dei “ fruetus,, contro il possessore di mala fede Nota esegetica del Prof. EMILIO BETTI dell’Università di Camerino. Si suol ripetere che in diritto romano, mentre il possessore di buona fede fa suoi i frutti della cosa posseduta scaduti o separati prima che sia esperita in suo confronto l’azione di re- vindica, il possessore di mala fede non li fa suoi mai. Posta in questi termini, l’antitesi è, a mio avviso, inesatta. Se fosse esatta, essa porterebbe, invero, ad escludere « priori che contro il pos- sessore di mala fede potesse mai spettare al proprietario, per la restituzione dei frutti, un'azione personale di ripetizione (con- dictio) de’ frutti stessi, eccetto che nel caso particolare in cui la proprietà di lui si fosse estinta per un fatto dello stesso pos- sessore, susseguente alla percezione, e quindi indipendentemente da questa: p. es. per specificazione o per consunzione. Infatti la “ condictio ,, essendo diretta al “ dare oportere ,, presuppone iglrfinzfion DI 12; 1, 14; D. 12, 6, 58; D. 14, 6; 9, 15 D. 23, 8,67; D. 46,1, 19) che chi vi è passivamente legittimato abbia acquisito la proprietà di ciò che ne forma oggetto: Gai. I. 4, 4 (dalla figura affatto anormale della “ condictio ex causa furtiva , qui si deve prescindere, poichè il fatto costitutivo della “ malae f. possessio , non è mai riassumibile nel concetto del furto). Ora invece si trova ammesso per esplicito o per implicito (p. es. D. 6,.1, 78; D. 12, 6, 55; D. 13, 7, 22, 2) che in determinate | circostanze il possessore di mala fede acquisti la proprietà dei frutti e precisamente una proprietà risolubile mediante “ con- dictio ,, ein particolare poi in due passi (D. 6, 1, 78; D. 22, 1, 15) si trova ammessa la “ condictio , contro di lui proprio sulla base della percezione. È pertanto opportuno esaminare in quali casi — all'infuori di quello di una specificazione o consunzione 96 EMILIO BETTI da parte dello stesso possessore ‘di mala fede (Gai. I. 2, 79 “ extinctae res condici furibus et quibusdam aliis possessoribus possunt ,) — sia ammessa la “ condictio , dei frutti contro costui. $ 1. — Fondamentale in questa materia è il fr. seguente: Labeo [211] 1. 4 pithanon a Paulo epitomat. D. 6, 1, 78: “ Si eius fundi, quem alienum possideres, fructum non coegisti, nihil eius fundi fructuum nomine te dare oportet. Paulus. Immo quae- ritur: huius fructus idcirco factus est, quod is eum suo nomine perceperit? ‘ perceptionem fructus’ accipere debemus non si per- fecti collecti, sed etiam coepti ita percipi, ut terra continere se fructus desierint: veluti si olivae uvae lectae, nondum autem vinum oleum ab aliquo factum sit: statim enim ipse accepisse fructum existimandus est ,. Si tratta di un possessore di mala fede, poichè l’obbligo alla restituzione dei frutti, senza che preceda una “ litis con- testatio , di cui nel passo non si fa cenno, non può in ogni caso venire in considerazione che nei riguardi di un possessore siffatto. E d’altra parte, se si sottintende una precedente “ litis contestatio ,, la posizione giuridica del possessore di buona fede non differisce più, agli effetti della responsabilità pei frutti, da quella del possessore di mala fede neppure quanto alla misura (cfr. D. 6, 1, 33 con D. 6, 1, 62, 1, concernenti, quello, il pos- sessore di buona, questo, di mala fede). La credenza de’ Bizan- tini (Basil. XI, 1, 77), del Cuiacio (Observ. XI, 39) e del Fabro (Conj. IV, 17), che nel n. fr. si tratti di un possessore di buona fede obbligato a restituire i frutti percetti e non consumati, si fonda sul falso presupposto che il possessore di buona f. fosse in dir. romano (classico) tenuto a restituire quelli, dei frutti percetti, che fossero tuttora esistenti presso di sè al momento della domanda giudiziale. Oggi però è da tutti riconosciuto che la statuizione di codesto obbligo è stata introdotta ne’ testi clas- sici mediante interpolazioni (I. 2, 1, 35; I 4, 17, 2; D. 41,1, 40; D41, 3,04, 19; D. 25, 5, 1,135 C. (8; 82; 220, 43 2;°D. 20; 1,1, 2; D. 20,-1) ‘16; 4; cfr. D'URSeoni quanto a D. 42, 1, 41, 1, concernente un caso particolare di revindica contro un donante, ritengo si riferisca ai frutti scaduti dopo la domanda giudiziale). Cfr. Paul. sent. 5, 9, 2; vat. fr. 17. ii ei lite LA <«CONDICTIO > DEI « FRUCTUS », ECC. 97 Si tratta poi della responsabilità pei frutti di fronte a una “ condictio , per sè stante di essi frutti, non — come si è cre- duto sinora da quasi tutti gl’interpreti — della responsabilità pei frutti nelia revindica della cosa principale (fondo). Di questa seconda responsabilità qui non si fa nè poteva farsi neppure questione, poichè nella fattispecie considerata si suppone che il possessore non abbia più il possesso del fondo: si dice infatti “ possideres ,, che, messo nella costruzione diretta, vale “ pos- sidebas , — fatto passato rispetto al momento di cui si discute. Ora, com'è noto, in diritto classico, venuto meno il possesso della cosa da rivendicare, veniva meno per ciò stesso anche la legittimazione passiva alla “ rei vindicatio , — salva sempre l’“ actio ad exhibendum , quando vi fosse stato dolo (o colpa lata) nell’aver cessato di possedere. La circostanza che nel n. fr. si suppone cessato il possesso del fondo è stata finora lasciata fuori di considerazione anche da -coloro che (come lo Heimbach, Lehre von der Frucht 94. 95 e il Savigny, System VI p.119 A) retta- mente intesero che tra il n. fr. e quelli che affermano la re- sponsabilità pei “ fructus percipiendi , nella “ rei vindicatio , non vi fosse contradizione alcuna. A prescindere da ciò, poi, le stesse parole “ dare oportere ,, che Labeone adopera nel risol- vere la questione propostasi, sono per l’appunto tecniche per esprimere il contenuto di quella obbligazione astratta con og- getto determinato che si fa valere con la “ condictio ,, così come viene enunciato nella “ intentio , della formola di questa (Gai. I. 4,4). Particolare, questo, di cui già si avvide il Savigny (System VI, 119), senza però trarne per la interpretazione del n. fr. quelle conseguenze che avrebbe dovuto trarne. È d’uopo avvertire, poi, che nel n. fr., nel processo di ap- propriazione e di trasformazione economica dei frutti, si distin- guono nettamente due fasi: a) quella della raccolta iniziata (perceptio coepta) e 2) quella della elaborazione o trasforma- zione dei frutti (coactio), con cui la raccolta viene condotta a termine (collectio perfecta). Nella raccolta si ricomprendono, in- somma, due diversi momenti: non solo quello finale, della ela- borazione, ma anche quello iniziale, della volontaria separazione dal suolo. E nel determinare così il concetto di “ perceptio fructus , Paolo si trovava perfettamente d'accordo — si noti — con Labeone, come risulta dal seguente raffronto tra un altro Atti della R. Accademia — Vol. LV. 7 98 EMILIO BETTI passo di Labeone [251: D. 7, 4, 13], ove si tratta dell’acquisto dei frutti da parte dell’usufruttuario e che è riferito da Paolo stesso [1. 3 ad Sabinum: 1650], e la parte corrispondente del Dido: spicam quae terra teneatur domini “ perceptionem fructus , accipere fundi esse fructumque percipi spica debemus non si (solum?) perfecti aut faeno caeso aut uva adempta collecti, sed etiam coepti ita per- aut excussa olea, quamvis nondum cipi, ut terra continere se fructus de- tritum frumentum aut oleum factum sierint, veluti si olivae uvae lectae, vel vindemia coacta sit. nondum autem vinum oleumab aliquo factum sit. Premesso tutto ciò, procediamo ora alla ricostruzione della fattispecie contemplata nel n. fr. e delle opposte soluzioni di Labeone e di Paolo, tenendo presente quanto si è avvertito, Il possessore di mala fede di un fondo ha percetto i frutti di esso (come si desume dalla successiva osservazione di Paolo), ma, prima -di averli elaborati (non coegisti), ha cessato senza suo dolo o colpa di possedere il fondo stesso (possideres). Si deve supporre che di essi frutti il proprietario del fondo abbia poi perduto la proprietà, probabilmente perchè essi sono stati in prosieguo elaborati da un terzo acquirente di buona fede (arg. da: “ab aliquo ,), il quale così li ha fatti suoi in modo irrevo- cabile (cfr. D. 47, 2, 62 [61], 8 “ cum emptor eos suo nomine cogat ,; Gai. I. 2, 43. 50 in f.), in combinazione col principio che regola l’acquisto della proprietà per specificazione (Gai. I. 2, 79; D. 41, 1, 7, 7) nell'opinione della scuola proculiana, a cui Labeone appartiene. Poichè non ha più il possesso del fondo, il già possessore non è più tenuto con la “ rei vindicatio , per la restituzione della cosa principale e quindi neppure per il ri- sarcimento del valore dei frutti che avrebbero dovuto essere, e non furono, elaborati: risarcimento che può essere soltanto 0g- getto di pretesa accessoria nell'àmbito della revindica della cosa principale (Savigny, System VI, 120. 119). Poichè non si dice che vi sia stato dolo (o colpa lata) nel venir meno del possesso, è ovvio che il già possessore non è neppure tenuto, per lo scopo detto or ora, con un’ “ actio ad exhibendum ,. Poichè d'altra parte non si dice che il già possessore del fondo abbia attual- mente il possesso dei frutti stessi, pur avendone preso possesso una volta, resta escluso che egli possa essere tenuto con una LA «CONDICTIO >» DEI « FRUCTUS », ECC. 99 “ vindicatio , per sè stante di essi frutti, che più nom esistono presso di lui. Che egli possa esser tenuto con un’ “ actio ad exhi- bendum , autonoma dei frutti è parimenti escluso dalla mancanza di dolo (o colpa lata) nell’aver cessato di possederli. Escluse la “ vindicatio , el’ “ actio ad exhibendum , tanto pel fondo quanto pei frutti, sorge questione se sia almeno ammissibile contro il già possessore una “ condictio , per sè stante dei frutti da lui non elaborati (fructuum nomine dare oportere). Da Labeone la questione così posta viene risolta in senso negativo: e ciò forse per la ragione implicita che, alla stregua del principio che regola l’acquisto della proprietà per specifica- zione secondo la scuola proculiana, i frutti elaborati da un terzo non possono considerarsi passati in proprietà del già possessore di mala fede, pur avendoli questi, quand’era al possesso del fondo, separati dal suolo con l’intenzione di appropriarseli. Che tale fosse la ragione decisiva per Labeone può argomentarsi a contrario dalle successive osservazioni di Paolo e dal suo ricon- nettersi col rigoroso criterio che i Proculiani seguono (D. 12, 6, 53; D. 23, 3, 67) nel delimitare il campo di applicazione della “ condictio , da quello della “ rei vindicatio ,, richiedendo sempre, per la legittimazione passiva all’azione di ripetizione, l'acquisto della proprietà di ciò che ne forma l’oggetto. Da Paolo, per contro, la questione se sia ammissibile contro il già possessore una “ condictio , autonoma dei frutti non ela- borati da lui, viene risolta in senso affermativo. Il n. fr. è a questo punto oscurissimo: determinare esattamente quale va- lore abbia la domanda che P. si rivolge, è quanto mai difficile. Si potrebbe pensare a primo aspetto che P., prima di risolvere la questione posta da Labeone, cominciasse col porsi una que- stione diversa, nella cui risoluzione — di carattere pregiudi- ziale e di portata più generale — restasse in certo modo as- sorbita la risoluzione della questione labeoniana. Paolo si sarebbe anzitutto prospettato l’ipotesi di fatto (opposta a quella consi- derata da Labeone) che i frutti fossero stati elaborati dallo stesso possessore: ipotesi, nella quale anche Labeone doveva ammettere contro il possessore la “ condictio , dei frutti, che si consideravano passati formalmente in proprietà di lui. E avrebbe assegnato come fondamento giuridico della “ condictio , in tale ipotesi, non il fatto della elaborazione, bensì il fatto della “ per- 100 EMILIO BETTI ceptio suo nomine ,: fondamento giuridico che, però, per sè stesso, trascenderebbe l’ipotesi specifica in vista della quale viene enunciato e troverebbe riscontro anche nell’altra ipotesi prevista da Labeone. Se non che, ponderata a fondo, tale spié- gazione si rivela troppo sforzata (bisognerebbe soggiungere “ si coegerit , dopo “ huius ,, eun “ autem ,, dopo “ perceptionem ,) e anche poco verosimile, poichè in genere i giuristi romani, nelle loro critiche di opinioni altrui, non sogliono ‘mutare di punto in bianco il “ propositum ,. Conviene pertanto cercare una spiegazione migliore. E questa mi sembra possa essere la seguente. Mantenendo sempre la stessa ipotesi di fatto contemplata da Labeone, Paolo comincia senz'altro col proporre, ex abrupto, la soluzione affermativa opposta a quella di Labeone, nella forma di domanda, assegnando quale fondamento giuridico della “ condictio , da lui ammessa la “ perceptio suo nomine , dei frutti non elaborati, in quanto in forza di questa essi frutti diventano del possessore. “ Fructum suo nomine percipere , significa raccogliere i frutti per ragione propria, sulla base di una posizione autonoma e di un rapporto diretto, ossia reale, con la cosa stessa, non per il tramite di un rapporto contrattuale col proprietario della cosa, e indipendentemente dalla volontà di questo (cfr. D. 12, 1, 4, 1 “non ex voluntate domini ,; si ricordi il contrapposto in D. 47, 2, 62 [61], 8: “ideo colonum, quia voluntate domini eos percipere videatur, suos fructus facere — cum emptor eos suo nomine cogat ,; cfr. D. 39, 5, 6; D. 5, 4, 10). Ora la percezione dei frutti è, secondo Paolo, idonea (idcirco quod) a far acquistare i frutti stessi (huius fructus factus est). L'affermazione di Paolo sarebbe, in ogni caso, da intendere naturalmente nel senso che il possessore, essendo di mala fede, acquistava non una proprietà irrevocabile, cum effectu, bensì soltanto una proprietà risolubile mediante “ condictio ,. Tuttavia, anche intesa con questa restrizione l'affermazione, in termini così generici, non sarebbe esatta. Perchè, agli effetti della “ condictio ,, possa dirsi che il già posses- sore del fondo abbia acquistato la proprietà dei frutti percetti, è indispensabile che, per un fatto successivo alla percezione dei frutti, sia stata estinta la proprietà che, ad onta dell’avve- nuta percezione, aveva pur sempre su di essi il proprietario del fondo. Escluso, secondo .il “ propositum ,, che tale fatto suc- \ 2 te ida rr ÉEnt et. è bidet a LA « CONDICTIO > DEI « FRUCTUS », ECC. 101 cessivo alla percezione sia la specificazione o la consunzione dei frutti da parte dello stesso possessore che li ha percetti, l'ipotesi che appare più plausibile è la seguente. I frutti percetti sono stati dal possessore alienati a un terzo di buona fede, il quale, sempre in buona fede, li ha in prosieguo elaborati o consumati; per tal modo, egli ha estinto definitiva- mente, per quanto si riferisce ad essi frutti, la “ vindicatio , del proprietario (di fronte alla quale la sua “ exceptio rei venditae et traditae , sarebbe stata per l’innanzi paralizzata dalla “ replicatio iusti dominii ,) e ne ha acquisito la proprietà irrevocabile. Cfr. per una situazione analoga Afr. 110 D. 47, 2, 62 [61], 8: “si tu (colonus) alii fructus pendentes vendideris et emptor eos de- portaverit — qua ratione coloni fieri possint, cum emptor eos suo nomine cogat? , Dove Africano nega che i frutti siano mai diventati proprî del conduttore e, accentuando in modo esclusivo il momento della elaborazione (eos suo nomine cogat), afferma ch’essi sono trapassati in proprietà del compratore im- mediatamente, senza passare prima in proprietà del conduttore. Per converso, nel n. fr. Paolo, contradicendo a Labeone, sposta tutto il peso della “ ratio decidendi , dal momento della elabora- zione — nel quale Labeone aveva concentrato tutta la sua attenzione — al precedente momento della iniziata “ perceptio ,. E afferma che, quantunque la elaborazione dei frutti sia stata fatta in prosieguo da ur terzo (vinum oleum ad aliquo factum sit), resta però sempre il fatto che la percezione di essi è avvenuta non da parte del terzo che li ha poi elaborati, bensì da parte dello stesso possessore del fondo (is suo nomine perceperit: dove è da accentuare non tanto il “ suo nomine , quanto lo “is ,; e più oltre: statim ipse). E vero che Paolo non dice per esplicito che i frutti già percetti dal possessore siano stati poi effet- tivamente elaborati da un terzo, nè dice che il possessore li abbia alienati a un terzo di buona fede. Ma tale supposizione è, a mio avviso, indispensabile per spiegare come il proprietario del fondo non abbia più la “ vindicatio , dei frutti nè verso il già possessore nè verso altri, e come in conseguenza sorga que- stione se egli abbia almeno una “ condictio , verso il primo. L'opinione di Paolo, in antitesi con quella di Labeone, può formularsi in breve, così: agli effetti della legittimazione passiva alla “ condictio , dei frutti, il momento giuridicamente rilevante 102 EMILIO BETTI non è quello della elaborazione — che secondo il “ propositum , non è stata fatta dallo stesso possessore, — bensì quello della percezione. L'espressione che Paolo dà a questa sua opinione può essere resa ne’ termini seguenti: “ Ma non è il caso di domandarsi piuttosto se codesto possessore di mala fede che Labeone considera (ossia il “ possessor qui fructum non coegit ,) non abbia fatto suoi i frutti del fondo (poi elaborati da altri), per ciò stesso che è stato proprio lui che li ha percetti in base alla posizione autonoma in cui si trovava rispetto al fondo? ,. Veramente, per esprimere in modo meglio adeguato tale pen- siero, Paolo avrebbe dovuto scrivere non precisamente com'è scritto ora nel testo delle Pandette, bensì nel modo seguente: “Immo quaeritur: huius (scilicet possessoris) (nonne) ideirco fructus factus est, quod îs eum suo nomine perceperit? ,. L’in- tegrazione della domanda con un “ nonne , mi sembra indispen- sabile in ogni caso, poichè è evidente che essa attende una risposta affermativa. Non si deve poi dimenticare che Paolo, quando parla di acquisto dei frutti da parte del possessore di mala fede (huius fructus factus est; ipse accepisse fructum), ha costantemente da- vanti agli occhi la questione se esso possessore sia passivamente le- gittimato alla “ condictio , dei frutti stessi: poichè la “ condictio , presuppone avvenuto, in capo a colui che vi è passivamente legittimato, l’acquisto della proprietà di ciò che ne forma oggetto. È chiaro però che la percezione di per sè sola, senza riguardo a un fatto ulteriore — quale per l’appunto l'elaborazione dei frutti da parte di un terzo di buona fede —, non può consi- derarsi sufficiente a produrre il trapasso della proprietà dei frutti in capo al possessore di mala fede, poichè non può estinguere il diritto di proprietà che ha su di essi il proprietario del fondo. Se pertanto Paolo costruisce un acquisto fondato sulla percezione, ciò è soltanto per un anticipato riguardo alla soprav- veniente circostanza che i frutti percetti siano elaborati da un terzo di buona fede. Con riguardo per l’appunto alla susse- guente elaborazione, la proprietà dei frutti, venendo a estin- guersi in capo al proprietario del fondo, può considerarsi, ex postfacto, come trapassata immediatamente in capo al possessore gia con la percezione, prima ancora di trapassare in capo al terzo. La elaborazione dei frutti da parte di questo non fa che ue eine uit ii ao LA «CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. 103 integrare il fatto della percezione da parte del possessore, quanto agli effetti di sottrarre al proprietario del fondo la proprietà dei frutti (quod ad subtrahendum domino fructum). In tanto la percezione può, ex postfacto, essere considerata dal giurista come causa d’acquisto dei frutti (sia pure di acquisto revoca- bile), in quanto questi vengano poi elaborati da un terzo: questo fatto è condizione di efficacia di quella causa. Che tale fosse la costruzione sostenuta da Paolo può desu- mersi dal modo com’egli si esprime alla fine del n. fr. Se prima egli aveva detto addirittura “ huius fructus factus est , (per: “ factus esse intellegitur ,), alla fine dice, più correttamente, “ statim ipse accepisse fructum eristimandus est ,. Ora lo “ exi- stimandus est , e il passato “ accepisse , stanno a indicare chia- ramente che si tratta di una costruzione operata dal giurista, ex postfacto. In particolare, poi, l’espressione “ fructum accipere , designa un concetto d’intonazione alquanto diversa dalla espres- sione “ fructus suos facere , (cum effectu). È da notare infatti che il termine “ accipere , ha, nel linguaggio de’ giuristi romani, il significato tecnico di acquisto revocabile — quale è per l’ap- punto quello di cui si tratta qui, in tema di “ condictio ,. Basterà richiamare la nota spiegazione di Ulp. 1713 D. 50, 16, 71 pr.: aliud est “ capere ,, aliud “ accipere,; “ capere , cum effectu ac- cipitur: “ accipere ,, et sî quis non sic accepit ut habeat, ideoque non videtur quis capere quod erit restituturus. Il che confermaquanto ho avvertito in precedenza (Cfr. PeRNICE, Labdeo, II?, 1, 365 sg.). $ 2. — Altro passo di fondamentale importanza pel nostro tema è il seguente: Papinianus l. 6 quaestionum |124: de rei vindicatione] D. 12, 6, 55: “ Si urbana praedia locaverit praedo, quod mercedis nomine ceperit, ab eo qui solvit non repetetur, sed domino erit obligatus. idemque iuris erit in vecturis navium, quas ipse lo- caverit aut exercuerit, item mercedibus servorum quorum operae per ipsum fuerint locatae. — nam si servus non locatus mer- cedem, ut domino, praedoni rettulit, non fiet accipientis pecunia. — quod si vecturas navium, quas dominus locaverat, item pen- siones insularum acceperit, ob indebitum ei tenebitur, qui non est liberatus solvendo. quod ergo dici solet, ‘ praedoni fructus posse condici’, tune locum habet, cum domini fructus fuerunt ,. >; PP Te E NEO AIR SALONI Sr SII Te 104 EMILIO BETTI Il giurista tratta della questione se, ed in quali ipotesi, spetti ai terzi debitori contro il possessore di mala fede la “ condictio indebiti ,, per la ripetizione di frutti civili della cosa altrui, che essi gli abbiano pagati. La decisione è inspirata al criterio generale di ammissibilità della “ condictio indebiti so- luti , nella ipotesi di una effettiva obbligazione preesistente e che può formularsi così (cfr. D. 12, 6, 23, 3). La possibilità di ripetere, come indebito, ciò che si è pagato in adempimento d’una effettiva obbligazione in tanto è ammessa, in quanto l’ese- guito pagamento non abbia sortito l’effetto di liberare chi l’ha eseguito dalla sua obbligazione: onde, allorchè invece il paga- mento ha effetto liberatorio, poichè così il suo scopo è rag- giunto, la “ condictio indebiti , resta esclusa. Nel n. fr. sono contemplate tre situazioni diverse nelle quali può trovarsi il possessore di mala fede che riceve in pagamento frutti civili della cosa altrui (il fr. si ricollega a Pap. 123 D. 6, 1, 62): situazioni distinte sopra con linee di separazione. Esaminiamole ciascuna alla stregua del criterio ora enunciato. Nella prima situazione, il possessore di mala fede riscuote come creditore dai terzi conduttori i frutti civili di cose che sono state loro locate da lui stesso (“ ipse ,, “ per ipsum ,). Si prospettano varî casi pei quali vale l’identica soluzione: loca- zione di fondi urbani, di navi, di servi, esercizio di aziende ma- rittime (nel qual caso il terzo che paga è il “ magister navis ,, tenuto con l’ “ actio mandati , verso il “ praedo exercitor ,). La soluzione è che i fitti delle case o delle navi o i salarî dei servi pagati dai conduttori al possessore locatore, sono ben pa- gati — pagati, cioè, con effetto liberatorio —, e non possono quindi essere dai conduttori medesimi ripetuti con la “ condictio indebiti , (ab eo qui solvit non repetetur). I fitti o i salarî ri- scossi passano in proprietà del possessore di mala fede legitti- mato a riscuoterli, nè possono essere rivendicati dal proprietario delle cose locate: qui, in antitesi con la soluzione che si dà per la situazione esaminata in secondo luogo, è proprio il caso di dire “ fit accipientis pecunia ,. Naturalmente, si tratta non di un acquisto irrevocabile, quantunque si usi qui l’espressione “ capere ,, bensì di un acquisto revocabile (propriamente “ accipere , : D. 50, 16, 71 pr.; “capere ,, qui, significa semplicemente riscuotere quanto ci è dovuto): revocabile mediante “ condictio , da parte CET E ETA à a e LA «CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. 105 del proprietario delle cose locate. Il che vuol dire Papiniano quando afferma “sed domino erit obligatus ,, riferendosi non al conduttore che ha pagato, bensì allo stesso possessore di mala fede che ha riscosso il fitto, e intendendo per “ obligatio , non quella derivante per il primo dal rapporto di locazione, bensì il “dare oportere ,, creato per il secondo dalla percezione dei frutti delle cose altrui — precisamente quel “ dare oportere , di cui tratta Labeone 211 D. 6, 1, 78. Per renderci esatto conto della soluzione sostenuta da Pa- piniano, occorre distinguere nettamente i due diversi rapporti, ne’ quali il possessore di mala f. viene a trovarsi: @) il rap- porto contrattuale di locazione o di mandato (praepositio) col terzo di buona fede (conduttore, capitano della nave); e è) il rapporto di carattere illecito, dato dal possesso di mala fede, col proprietario delle cose di cui si è concesso al terzo l’uso. Nell’àmbito del rapporto contrattuale di locazione o di mandato («) è chiaro che il terzo di buona fede non può essere obbligato a pagare il fitto convenuto se non allo stesso posses- sore di mala fede, che concluse con lui il contratto in nome proprio e non in nome del proprietario della cosa. Niun dubbio, quindi, che il terzo, pagando al possessore che gli ha locato la cosa, si liberi dall’obbligazione contratta verso di lui: Niun dubbio, parimenti, che il possessore, riscuotendo dal terzo il fitto convenuto, consegua ciò che gli spetta a tenore del rap- porto contrattuale. È egli infatti, e non il proprietario della cosa, colui che in questo rapporto ha la posizione giuridica di credi- tore (locator, exercitor). Non di rado nelle fonti si trova pro- spettata l'ipotesi che un possessore di mala fede, o addirittura un ladro, abbia stretto con un terzo di buona fede un negozio giuridico avente per oggetto la cosa (o rispettivamente il da- naro) altrui. Così p. es. un deposito (D. 16, 3, 1, 39; D. 5, 1, 64 pr.), un comodato (D. 13, 6, 15. 16), un pegno o una fiducia (D. 13, 7, 22, 2), una “donatio mortis causa, (D.39, 6,13 pr.), un mutuo (D. 12, 1, 12 in f. 13 pr.), o un pagamento di debito (D. 12, 1, 19, 1; D. 46, 3, 17) con successiva “consumptio, del danaro da parte del ricevente. In tutti questi casi l’effetto giu- ridico del negozio (acquisto di un credito, estinzione del debito) sì produce non già in capo al proprietario della cosa che formò oggetto del negozio, bensì in capo al possessore di mala fede, 106 EMILIO BETTI o al ladro, che concluse il negozio medesimo. Al possessore di mala fede, e non al proprietario, spetta l’azione a cui nei sin- goli casi il negozio dà vita. Particolare attenzione merita, tra i citati fr., Ulp. 902 D. 13, 7,22, 2:“si praedo rem pignori (fiduciae?) dederit, competit ei (scilicet: non domino) et de fructibus pigneraticia (fiduciae ?) actio, quamvis ipse fructus suos non faciet (...): proderit igitur ei, quod creditor bona fide possessor fuit ,. L’avvertenza che si trova inserita tra parentesi nel testo delle Pandette è da ritenere o tutta quanta insitizia già per ciò stesso ch'è priva di ogni nesso logico col pensiero seguìto dal giurista, o almeno interpolata in parte; più oltre si indicherà la tendenza della itpz. o della inserzione. Dal contrapposto espresso con “quamvis, si desume che nel caso specifico qui considerato il possessore di mala f. “fructus suos facit,. Il valore dell’osservazione “quamvis etc. , è, a mio avviso, questo: che, se a raccogliere i frutti della cosa altrui fosse egli stesso (ipse), il possessore di mala f. non ne acquisterebbe la proprietà neppure in modo re- vocabile. È vero che, per esprimere tale pensiero, si sarebbe più esattamente dovuto dire “quamvis (alioquin) ipse fructus suos non fauceret ,; laddove, espressa nella forma in cui si legge nelle Pandette, l’osservazione pare voglia dire: “quantunque egli stesso non acquisterà la proprietà irrevocabile (cum effectu) de’ frutti che gli saranno per avventura restituiti in seguito all'esperimento dell’azione di pegno ,. Ma (anche a prescindere dalla questione se in questo punto il passo non sia stato alte- rato) che il significato dell’osservazione di Ulpiano sia quello detto prima si desume, a mio avviso, dalla soggiunta esplica- zione, che nel passo genuino le teneva forse dietro immediata- mente: “proderit igitur ei quod creditor bona fide possessor fuit,. E evidente che “creditor, si contrappone ad “ipse, (praedo): la buona fede dell’uno giova indirettamente all’altro, sebbene questi sia di mala fede. Poichè il terzo creditore pigno- ratizio era possessore di buona fede della cosa pignorata, in quanto ignorava ch’essa era di proprietà altrui, egli aveva di- ritto di acquistare in proprietà i frutti della cosa maturati e percetti per tutta la durata del suo possesso. Pertanto, ora che, in seguito al pagamento del debito, egli è tenuto con l’azione di pegno a restituire al debitore, insieme con la cosa ricevutane dle 0 cà £ de ae cain Arco i Me” tn LA «CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. 107 in pegno, anche i frutti percèttine, è logico che con la restitu- zione la proprietà dei frutti ch'egli aveva ormai già acquisita trapassi a colui al quale la restituzione deve farsi. Costui, ossia il possessore di mala fede, — non già il proprietario della cosa — può ora, ex postfacto, considerarsi come divenutone proprietario per suo magzo, quantunque egli stesso, ove percepisse direttamente i frutti, non potrebbe rendersene proprietario. Il terzo di buona fede funge in certo modo, in quanto sorga per lui il dovere di restituire la cosa, da intermediario del posses- sore di mala fede nell’acquisto dei frutti. La situazione è ana- loga a quella considerata da Papiniano nel n. fr.: anche qui il possessore di mala fede, che, in massima, non acquista la pro- prietà dei frutti con la percezione ch’egli per sè stesso ne faccia, acquista invece la proprietà dei frutti civili per mezzo del con- duttore al quale egli ha locato la cosa altrui. Anche qui — come parimenti, in D. 6, 1, 78 ove si accetti la supposizione da me affacciata — il possessore di mala fede si avvantaggia, occasio- nalmente, della buona fede del terzo avente causa da lui. Che le cose stéssero in questi termini fu già intraveduto dal Cuiacio nel suo comento al fr. papinianeo (Opera, ed. Neap., IV, 128 B) con la seguente osservazione: “ praedo .. per seipsum non facit fructus suos etiamsi ipse eos percipiat, sed per alium potest fa- cere fructus suos, ut per conductorem qui bonae fidei possessor (sic) fuit, vel etiam per creditorem suum qui bona fide pignus accepit,. Al quale proposito il C. richiama D. 20, 3, 3 in f. (saepe enim quod quis ex sua persona non habet, hoc per extra- neum habere potest). Se poi dal rapporto contrattuale col terzo di buona fede (designato sopra come rapporto a) si passa a considerare il rapporto, fondato sul possesso illecito, col proprietario della cosa posseduta (designato sopra come rapporto 5), si avverte subito che la posizione giuridica del possessore di mala fede muta ra- dicalmente. Nell’àmbito di questo rapporto, è chiaro che la pro- prietà dei frutti civili, acquisita dal possessore di mala f. col valido pagamento fattogliene dal terzo di buona fede, se è irrevoca- bile di fronte a quest’ultimo, non può essere irrevocabile di fronte al proprietario della cosa. La buona fede del terzo, legato al possessore di m. f. da un rapporto contrattuale, in tanto giova, occasionalmente, al possessore di mala f. in quanto, conferendo 108 EMILIO BETTI efficacia liberatoria al pagamento da lui eseguito, esime il terzo dal ripetere quanto ha pagato. Ma, oltre questo limite, la buona fede del terzo non gli giova più: egli non può derivarne, in confronto col proprietario della cosa, il diritto di conservare durevolmente quanto ha ricevuto. Quando ci si metta dal punto di vista del proprietario della cosa, l’agguisto della proprietà dei frutti da parte del possessore di mala fede, appare semplice conseguenza occasionale — o, per usare la nota espressione dello Ihering, effetto riflesso — del rapporto contrattuale col terzo di buona fede. All’infuori di questo rapporto, ha pieno vigore il diritto, inerente alla posizione di proprietario della cosa, di ac- quistare i frutti della cosa medesima. E poichè nell’ipotesi consi- derata essi frutti sono già passati in proprietà del possessore di mala fede, quel diritto non può ormai più manifestarsi sotto altra forma che quella di un'azione diretta a revocare l’acqui- stata proprietà. Tale è per l'appunto la “ condictio ,, a cui Papi- niano allude qualificando il possessore di mala f. come “domino obligatus , . Passiamo ora ad esaminare la seconda situazione conside- rata da Papiniano nel n. fr. In essa, il possessore di mala f. riceve da uno schiavo altrui, nella pretesa qualità di padrone (ut domino), il salario che lo schiavo medesimo ha guadagnato per le “operae , prestate ad un terzo, senza che a questo terzo le dette “ operae , fossero state locate nè dal possessore di mala f. nè dal vero padrone. Il caso è da raffigurare nel modo seguente: uno schiavo stringe di sua iniziativa con un terzo un contratto di “locatio operarum , e acquista così al proprio padrone il diritto di credito al corrispondente salario (Gai. I. 2, 87); prestate le “operae ,, egli riceve dal terzo la somma di danaro convenuta a titolo di salario e la rimette al possessore di mala f. scambian- dolo pel proprio padrone. La soluzione, sicura e concisa, è che il danaro non diventa di proprietà del ricevente. Non si può dire, infatti, che noi qui siamo dinanzi a un pagamento valido nè sotto l'aspetto sostanziale, nè sotto l'aspetto formale. Non sotto l’aspetto sostanziale, perchè, non essendo stato fatto a colui che ha veste di creditore nel rapporto contrattuale di “ lo- catio operarum , — ossia al padrone dello schiavo —, non può avere l’effetto di liberare il debitore dalla sua obbligazione verso di quello. Presuppone, invero, il giurista che il padrone LA «CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. 109 non abbia dato alcun assenso al ricevimento del danaro per mezzo del proprio schiavo; poichè, se tale assenso fosse stato dato, lo schiavo avrebbe operato quale voluto strumento del proprio padrone, nè si potrebbe negare che tra il padrone con- sapevole e il terzo sia stato concluso un vero negozio di paga- mento (cfr. D. 46, 3, 35). Nel qual caso la proprietà del danaro spetterebbe al padrone dello schiavo: il padrone, non già il terzo, sarebbe quindi legittimato alla revindica dei “ nummi ,. Nel caso che Papiniano prospetta, invece, il padrone dello schiavo è rimasto interamente estraneo all'operazione del pagamento. D'altra parte non v'è stato da parte sua, prima della “ locatio operarum , conclusa dallo schiavo, un atto di derelizione in con- seguenza del quale diverrebbe soggetto del credito il possessore che dello schiavo s'è impadronito (D. 45, 3, 36). Niun dubbio dunque che il pagamento eseguito non abbia effetto liberatorio. Ma v'è di più: manca un pagamento valido anche sotto l'aspetto formale, come negozio giuridico concluso tra chi dette il danaro e il possessore di mala f. che lo ricevè dallo schiavo. Manca, in breve, non solo l’effetto liberatorio, ma la fattispecie stessa del pagamento. È facile dimostrarlo. Il pagamento è un negozio giuridico consistente in una dazione di danaro, che, es- sendo fatta nello scopo di adempiere un debito, è diretta precîsa- mente a colui che il dante ritiene (non importa se a torto o a ragione) suo creditore. Esso ha una duplice funzione — trasla- tiva e liberatoria —: di cui quella è mezzo a questa. Perchè il pagamento sia valido almeno come negozio traslativo idoneo a produrre il trasferimento della proprietà del danaro, è indispen- sabile che vi sia corrispondenza, cioè identità, tra la persona alla quale la dazione fu diretta e la persona che effettivamente ricevè ciò che era stato dato (cfr. D. 12, 1, 32 nullum negotium mecum contraxisti — hoc enim nisi inter consentientes fieri non potest). Ora è evidente che nel caso contemplato nel n. fr. tale corrispondenza mancò interamente. Il conduttore delle “operae , consegnò allo schiavo la somma di danaro pattuita come sa- lario nello scopo (non importa se espresso o tacito) di trasferire la proprietà di tale somma al vero padrone — suo creditore. Lo schiavo poi rimise la somma che gli era stata consegnata nelle mani di persona diversa dal suo vero padrone, da lui scam- biata per tale: nelle mani cioè del possessore di mala fede. i net an di a 110 EMILIO BETTI Costui non aveva nessuna veste che lo legittimasse a ricevere il danaro, non aveva nessun titolo per far suo il danaro rice- vuto: non il titolo di proprietario; non il titolo di creditore. Egli non può accampare neppure la qualità di creditore appa- rente, scambiato cioè per padrone e creditore dal conduttore delle “ operae ,, poichè non si dice punto, anzi si esclude, che questo ultimo destinasse la dazione precisamente all’indirizzo di lui, come Tizio individualmente considerato (cfr. per siffatta ipotesi D. 16, 3, 1,32: Titio quem dominum eius putasti). Si desume anzi dal passo che il conduttore delle “operae , aveva destinato (sia pure per implicito) la dazione all’indirizzo del padrone in generale (arg. da: “ut domino ,). Lo scambio è avvenuto da parte dello schiavo, non da parte del conduttore. Non si deve dunque credere che, per riavere il danaro dato via, il condut- tore delle “ operae , abbia a sua disposizione una semplice azione personale di ripetizione, e cioè una “ condictio indebiti soluti , (così, erroneamente, Cuiacio, Opera [| Neap.] IV, 129 B: “ condicet et repetet tamquam solutum per errorem, ). Perchè potesse parlarsi di “condictio indebiti soluti ,, bisognerebbe che vi fosse stata una solutio valida, idonea cioè a far conseguire al rice- vente la proprietà del danaro dato. Nel nostro caso invece — a prescindere naturalmente dalla ipotesi che la proprietà in capo al dante si estingua per un fatto posteriore alla dazione p. es. per “consumptio , (nel qual caso però la “ condictio , spettante [D.12, 1,11, 2] avrebbe il carattere non tanto di “ cond. indebiti, quanto piuttosto di “ cond. ex causa furtiva ,, data la mala fede dall’acci- i piente) — per effetto della sola dazione la proprietà del danaro | non trapassa all’accipiente. Ciò per l'appunto afferma Papiniano, nel modo più reciso: “non fiet accipientis pecunia , (cfr. D. 12, 1, 11,2: servus contra voluntatem domini credendo non facit accipientis). E nulla autorizza l'interprete ad attenuare la por- tata dell’affermazione intendendola nel senso di un “ fieri cum ef- fectu,, di un “capere,. Niun dubbio, dunque, che la dazione non abbia avuto effetto traslativo, cioè nessun effetto, e che il dante abbia a sua disposizione, per riavere il danaro, la “rei vindicatio , (cfr. D. 12, 1,11,2). (Cfr.in generale FERRINI, Pandette?, ni 306-309). Passiamo ora ad esaminare la terza situazione considerata da Papiniano nel n. fr. In essa, il possessore di mala fede riceve in pagamento dai terzi conduttori i frutti civili (fitti) di cose LA <« CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. ELI (navi o case) che sono state loro locate dal proprietario. L'ipotesi è esattamente l’opposta di quella considerata in primo luogo. In coerenza con ciò, la soluzione è parimenti antitetica a quella colà adottata. Colà la “ condictio indebiti , era esclusa per avere il pagamento avuto effetto liberatorio: qui la “ condietio inde- biti, è detta spettare al conduttore per la ragione contraria, che cioè il pagamento da lui fatto al possessore di mala fede non ha avuto l'effetto di liberarlo dalla obbligazione contratta verso il proprietario (ob indebitum ei tenebitur |scil. praedo], qui non est liberatus solvendo). Comentando la soluzione qui adottata, il giurista soggiunge che la regola comunemente ri- detta “ potersi ripetere (con la “ condictio indebiti ,) i frutti dal possessore di mala fede (come indebitamente pagati) trova applicazione soltanto nel caso in cui i frutti in questione spet- tassero al proprietario , (domini fuerunt: cfr. D. 50, 16, 213, 1 aes suum est quod alii nobis debent; Gai. I. 2, 55 suum): non invece nel caso in cui detti frutti fossero dovuti proprio allo stesso possessore di mala fede. Il giurista presuppone anche, naturalmente, che i frutti di cui si tratta siano stati valida- mente pagati, cioè, trasferiti in proprietà al possessore di m. f.; ma non bada a rilevare questa ulteriore circostanza (che è sot- tintesa), perchè la sua attenzione, a questo punto, è richiamata dal contrapposto con la situazione esaminata in primo luogo, non dal contrapposto con quella esaminata in secondo luogo. Per apprezzare con esattezza la soluzione qui accolta da Papiniano, occorre distinguere nettamente i due diversi rapporti che fanno capo alla persona del conduttore: a) il rapporto con- trattuale di locazione, in cui questi si trovava già col proprie- tario della cosa, e 6) il nuovo rapporto d’obbligazione creato dal negozio di pagamento (d’indebito) tra lui e il possessore di mala fede della cosa medesima. Qui si può prescindere intera- mente dal rapporto diretto tra il possessore di mala f. e il pro- prietario della cosa, poichè costoro non vengono in considera- zione in tale loro qualità, bensì, rispettivamente, nella qualità di ricevente e in quella di locatore. Nella ipotesi qui contemplata il rapporto diretto tra di loro non ha modo di spiegare efficienza e neppure indiretta influenza. A tenore del rapporto contrattuale di locazione, colui che ha veste giuridica di creditore è il proprietario della cosa, non PS EMILIO BETTI già il possessore di mala fede: questi è del tutto estraneo al rapporto medesimo, non altrimenti che un qualsiasi terzo. Verso il proprietario, non verso il possessore, il conduttore è obbligato; al proprietario, non al possessore, deve egli quindi fare il pa- gamento per liberarsi dalla contratta obbligazione. Fatto per errore al possessore di mala f., 11 pagamento ha bensì effetto traslativo rispetto alla proprietà del danaro che ne forma og- getto, ma non ha effetto liberatorio rispetto alla obbligazione ch’esso è diretto ad adempiere (lo ha in D. 16, 3, 1, 32 perchè nel rapporto di deposito il debitore risponde soltanto per dolo). L’un effetto non è da confondere con l’altro; e non si deve, nel nostro caso, negare anche l’effetto traslativo per ciò stesso che manca l’effetto liberatorio (così, erroneamente, Cuiacio, Opera [Neap.] IV, 129 D). L'effetto traslativo mancherebbe soltanto quando fosse nullo il negozio stesso di pagamento, come nella ipotesi contemplata in secondo luogo, o quando il dante non avesse la proprietà di ciò che ne forma oggetto (cfr. p. es. D. 46, 3, 38, 3). Ma qui non si parla di ciò: il giurista non dice, come nell’altro caso, “ non fiet accipientis pecunia ,, non dice che l’accipiente è soggetto alla “ vindicatio , dei “ nummi ,, bensì dice ch'egli “ ob indebitum tenebitur ,. Segno evidente che la proprietà del danaro è passata all’accipiente, perchè altrimenti non potrebbe spettare contro di lui la “ condictio indebiti , — azione di revoca della proprietà acquistata mediante pagamento d’indebito. Il negozio di pagamento con effetto traslativo ma senza effetto liberatorio crea tra le due parti un rapporto d’ob- bligazione. E poichè nell’àmbito di questo nuovo rapporto la posizione giuridica di creditore spetta non già al proprietario della cosa locata, bensì al conduttore, è a questo e non a quello che il possessore di mala fede — debitore in questo rapporto — è obbligato a restituire il danaro ricevuto a titolo di fitto della cosa locata. Il proprietario non può pretendere tale danaro dal possessore di mala f., ma deve rivolgersi al conduttore perchè adempia l’obbligazione, tuttora inadempiuta, contratta verso di lui. i Non bisogna, tuttavia, cadere in un eccesso di formalismo. Se il possessore di m. f., pur non essendovi obbligato, restituisse il danaro ricevuto al proprietario della cosa locata, deve dirsi che il conduttore resterebbe liberato dalla sua obbligazione verso T_T - LA <«CONDICTIO» DEI DEI « FRUCTUS », ECC. 117 attribuire senz’altro un vero e proprio errore giuridico di for- mulazione al legislatore giustinianeo, sulla base di una interpre- tazione — che non ha certo il valore di autentica — fatta delle sue parole da uno scoliasta bizantino. Il “ consumere , non coincide affatto — e i compilatori giustinianei lo sapevano be- nissimo — con la mancanza di un arricchimento (v. p. es., oltre D. 24, 1, 32, 9. 39 in f.: D. 4, 4, 34 pr.; D. 4, 2, 18): tanto più che l’arriechimento può consistere anche nell’aver risparmiato una spesa necessaria (c. d. arricchimento negativo) e che d’al- tronde anche una trasformazione economica è “ consumptio , (D. 25, 2, 8, 3 vendiderit donaverit qualibet ratione consump- serit; pel “ donare , cfr. D. 5, 3, 25, 11). Nelle Istituzioni (4, 17, 2) poi, i compilatori giustinianei dicono bensì che pel “bona fide possessor, “ non habetur ratio consumptorum neque non perceptorum ,, ma non dicono punto che a lui si faccia l’identico trattamento tanto nella “ rei vindicatio , quanto nella “ hereditatis petitio , (cosìinvece Albertario, op. cit.,36): sembra invece ch’essi pensino alla “ rei vindicatio , e abbian dimenti- cato l’ “ hereditatis petitio ,. “ In utraque actione , è detto sol- tanto nel periodo precedente, dove del resto (secondo la giusta interpretazione dello Schrader, accettata dal Vangerow, Pand. I, $ 333, p. 656) l'identità di trattamento in discorso (eadem ratio) sì riferisce — come si desume dalla contrapposizione che segue, del possessore di buona a quello di mala fede — a un confronto tra “ fructus non percepti ante litis contestationem , e “ post litis contestationem ,, non già a un confronto tra “ rei vindicatio , ed “ hereditatis petitio , (così invece Albertario, op. cit., 26-27). D'altra parte, di fronte a D. 5, 3, 40, 1; e C. 3, 31, 1, 1 (genuini) e a D. 5, 3, 51 pr. (che l’Albertario non considera), io non posso credere che nella “ hereditatis petitio , la responsabilità del possessore di buona fede ne’ limiti dell’arricchimento venisse soltanto da Giustiniano “ estesa ai frutti dell’eredità , (così Albertario, op. cit., 23-35). Una volta statuita dal c. d. Sen. Cons. Giuvenziano (D. 5, 3, 20, $$ 6 a, 68, 6c) quella respon- sabilità, parmi naturale ch’essa comprendesse tanto l’arricchi- mento ritratto dalle stesse cose ereditarie, quanto l’arricchimento ritratto dai frutti delle medesime. Ciò non è punto smentito ma anzi confermato dal fatto che con una esplicita disposizione del Sen. Cons. (D. 5, 3, 20, 6a) si esimesse il possessore di b. f. 118 EMILIO BETTI dall’obbligo di pagare gl’interessi del prezzo ricavato dalla ven- dita delle cose ereditarie, scaduti prima della “ litis contestatio ,. Ma su questo punto debbo limitarmi a fare un semplice cenno incidentale della mia opinione, riservandomi di darne altrove un'esposizione adeguata. Qui importa notare soltanto questo: che la mira dei compilatori giustinianei — nello statuire pel pos- sessore di buona fede di cosa singola l'obbligo di restituire al pro- prietario rivendicante i frutti percetti esistenti presso di lui al momento della domanda giudiziale — non può essere stata quella di colpire nel possessore l’arricchimento da lui ricavato dalla percezione dei frutti della cosa altrui, bensì quella di far subentrare il proprietario della cosa nel medesimo rapporto di fatto (vacua possessio, nel senso dilucidato dal Cuiacio, Opera [Neap.], IV, 669 C) in cui, al momento della domanda giudiziale, il pos- sessore di b. f. si trova con la cosa stessa e coi frutti conside- rati come accessioni (omnis causa rei) della cosa fruttifera (cfr., p. es., C. civ. it., 444, I). Ora è chiaro che tale tendenza ha po- tuto sorgere soltanto in regime di esecuzione forzata in forma specifica e che è stata resa ovvia dal procedimento per consegna o rilascio vigente in diritto giustinianeo per l’esecuzione di di- ritti reali. E a circostanze siffatte sono parimenti da ricollegare le interpolazioni relative alla “ condictio , dei frutti spettante al proprietario della cosa contro il possessore di mala fede. In diritto classico, data l’applicazione generale della condanna pe- cuniaria, tra l’azione reale di revindica e l’azione personale di ripetizione dei frutti non sussisteva una differenza pratica rilevante come in diritto giustinianeo. La differenza tra loro era soprattutto nei rispettivi presupposti giuridici, in quanto l’azione di ripetizione, in antitesi con quella di revindica, pre- suppone — a rigore — perduta da parte del proprietario e acqui- sita da parte del possessore di m. f. la proprietà dei frutti. Se non che non si deve credere che questo rigoroso criterio di legittimazione alla “ condictio ,, sostenuto dai corifei della scuola proculiana, fosse riconosciuto e applicato con eguale rigore da tutti gli altri giuristi romani. Il modo generale con cui parlano di “ condicere , Africano (D. 44, 1, 18); Paolo (D.10,1, 4,2; D.22, 1, 15); Ulpiano (D. 12, 1, 4, 1) induce a supporre che essi ri- tenessero sufficiente la “ perceptio , per ammettere la “ con- LA <«CONDICTIO » DEI « FRUCTUS », ECC. 119 dictio , dei frutti contro il possessore di mala fede. La quale opinione potrebbe essere anche stata provocata da un motivo pratico: dal desiderio cioè di risparmiare al proprietario — astrazione fatta dall'ipotesi di revindica della cosa fruttifera (con la quale egli poteva ricevere anche i frutti) — le lungag- gini di una previa “ actio ad exhibendum , indispensabile per stabilire l’individualità specifica dei frutti percetti che avrebbero dovuto formare oggetto di un’azione di revindica autonoma. È chiaro che per tal modo la “ condictio , dei frutti veniva ad assumere praticamente la funzione di azione sostitutiva della revindica (azione in funzione di revindica) e a rassomigliare, sotto questo rispetto, alla “ condictio ex causa furtiva ,. A questa, del resto — se si ha riguardo al suo fondamento giuridico — essa era assai più vicina che alle altre forme di “ condictio , (azione astratta diretta al “ dare oportere , di “ res certa ,) fondate su un negozio giuridico (datio, solutio, stipulatio, legatum). Come la “ condictio ex c. furtiva , è fondata sul “ furtum ,, così essa è fondata sulla “ perceptio mala fide ,: atti entrambi inidonei, come tali, a produrre un trapasso della proprietà in chi è pas- sivamente legittimato alla “ condictio ,. Una particolarità, infine, della “ condictio , dei frutti, dipen- dente dalla sua struttura processuale di azione di stretto giu- dizio con oggetto determinato (res certa), è che — come attesta Paul. 1582 D. 22, 1, 15, dianzi riferito — con essa il posses- sore di mala fede non può essere tenuto a pagare gl’interessi dei frutti che egli abbia venduto e trasformato in capitale frut- tifero (cfr. D. 23, 4,4 usurae quae ex fructibus collectis et in sortem redactis percipi possunt). Che nella “ hereditatis petitio , il possessore di mala f. risponda per gl’interessi dei frutti del- l'eredità da lui venduti, con decorrenza dal giorno della vendita iieado 51,1; a contr. C.3, 31, 1,1; cfr.D. 34, 9,17. 18 pr.; C. 6, 35, 1, 1), discende come corollario dalla costruzione, che i giuristi romani fanno dei frutti percetti, quale accrescimento dell’eredità domandata in giudizio (D. 5, 3, 20,3. 40,1.51,1; D.36,1,46 [44], 1 inf.; C. 3, 31, 2, 1). Costruzione, codesta, che è resa possibile principalmente dall’essere la “ hereditatis petitio , un'azione con oggetto indeterminato, poichè l’ “ hereditas , oggetto della “ petitio , è un “nomen iuris ,, un tutto suscettibile di aumento (cfr. Cuiacio, Opera [Neap.], IV, 889 A-B; Savigny, System, VI, 149 sg.). 120 EMILIO BETTI — LA «CONDICTIO» DEI « FRUCTUS», ECC. La “ condictio , dei frutti, per contro, ha un oggetto ch'è ab initio determinato: cioè precisamente quei frutti che sono stati prodotti da una determinata cosa e percetti dal possessore di mala fede durante quel periodo di tempo per cui egli ne ha avuto il possesso. Questi stessi frutti in natura ed essi soltanto — non i pretia in cui essi possono essere stati trasformati dal possessore mediante vendita e non, quindi (dato anche che nella “ condictio certae pecuniae , fosse possibile tenerne conto), gl’inte- ressi che potrebbero ritrarsi dai “ pretia , capitalizzati — sono in obligatione e si indicano quale “ petitum , nella “ intentio , della formola. Che è proprio il contrario di quanto avviene nella “ hereditatis petitio ,, in cui i frutti sono compresi nella “ pe- titio, non come tali e a sè stanti, bensì quali aumenti della cosa giudizialmente domandata — aumenti che possono venire in considerazione anche sotto forma di “ pretia , produttivi d’in- teressi. Anche sotto questo aspetto la “ condictio , dei frutti spettante al proprietario della cosa contro il possessore di m. f. appare, in generale, come un’azione sostitutiva della revindica de’ frutti stessi. Peraltro, nelle fattispecie esaminate dianzi ($$ 1 e 2) la “ condictio , assume una fisonomia particolare, che non ha nelle altre. In quelle fattispecie, invero, essa nasce da un vero e proprio acquisto della proprietà dei frutti da parte del posses- sore di mala fede sulla base della percezione da lui fatta dei frutti medesimi. ————_———_—_te>. G. BOFFITO — DUE PASSI DEL CARDANO, ECC. 121 Due passi del Cardano concernenti Leonardo da Vinci e l'aviazione Nota del Socio corrispondente G. BOFFITO Nel moderno fiorire di studi vinciani e aviatorii non riu- scirà inutile, crediamo, richiamare l’attenzione degli studiosi su due passi del celebre medico e matematico milanese Girolamo Cardano, riferentisi a Leonardo da Vinci e all’aviazione. L’uno e l’altro mi sembrano per diverso rispetto ugualmente rile- vanti, quello sovratutto intorno a Leonardo da Vinci, quale al- meno si legge, genuino, nel testo cardaniano, non quale passò, alterato, da una penna all’altra, dall’uno all’altro scrittore. Dell’arte del volare il Cardano tratta in due luoghi diversi; nè poteva, aggiungiamo, tralasciare interamente di parlarne, tanti sono e pressochè innumerevoli gli argomenti di cui più o meno ampiamente si occupa in alcune delle sue opere che sono vere e proprie enciclopedie. Nel De rerum varietate, opera prima- mente uscita a Basilea nel 1557 (per Henricum Petri, in foglio), discute egli un problema aviatorio, che, per quanto sinora tras- curato, occupa, come mi lusingo di poter prossimamente dimo- strare (1), un posto eminente nella storia dell’aeronautica italiana: il problema della colomba volante di Archita. Si può costruire, si domanda il Cardano, una lignea colomba sul genere di quella che, come narra Aulo Gellio, fabbricò Ar- chita, la quale voli di per sè? Degli automi che, mossi da interno meccanismo, si muovevano e passeggiavano sopra la tavola, ne (1) Nella ristampa della mia Aeronautica in Italia, studio storico-biblio- grafico, che è presentemente in preparazione. 122 G. BOFFITO aveva egli veduti bensì, e anche degli uccelli meccanici che volavano, legati però ad una fune (specie forse di aquiloni); ma uccelli che volassero da sè, per virtù propria, non era mai riu- scito a vederne. Giudica egli tuttavia che, sebbene con difficoltà, causata sovratutto dal peso dell'apparato motore, si possa riu- scire allo scopo mediante una spinta iniziale e col favore del vento (che giunge a far volare perfino le oche), quando si co- struisca la colomba di materia leggiera, la si fornisca di grandi ali e s’inserisca nel suo interno un meccanismo d’orologeria che ne faccia sbattere le ali. “ Quaeri solet (trascrivo dalla edizione Henricpetrana di Basilea, 1581, in-8 picc., caratt. cors., con ta- vole, lib. XII, p. 752) an columbam ligneam qualem Architam Ta- rentinum ex Gellio alibi narravimus fabricasse, facere liceat ? Sci- licet quae sponte volet, ubi tamen quieverit, immota maneat? Nam imagines statuasque ambulantes super mensam rotarum abditarum vi aliquoties vidimus; volantem etiam avem, sed funi insitam, per se nondum. Ergo quae se sponte elevet, vix fieri potest, quoniam firma oportet esse vincula quae moveant atque ideo graviora quam ut agi propriis possint viribus. Mota vero ab initio et impulsa et maxime vento flante secundo, ob alarum magnitudinem et vim rotarum quae illas agat nihil pro- hibet. Conveniat igitur levitas corporis, alarum magnitudo et robur rotarum atque venti auxilium, quod et anseres et gra- viores aves non negligunt, ut columba evolet certo ordine ,. Il Cardano sembra anche aver intuito la forza elevante del fuoco, ma non gli pare che sarebbe questa la miglior via da tenersi in pratica, perchè poco duraturo è il fuoco, nè si può aggiun- gere troppo combustibile per via del peso che verrebbe natural- mente a crescere. Segue egli infatti a dire: “ Incerto (ordine) autem ignis vi, quemadmodum et lampades (evolabit). Sic enim et sponte se elevabit et alas movebit, sed statim desinet, ‘quoniam ignis non manet; et materiam citra pondus suppeditare non licet ,. Ma qui, come pure altrove nel De rerum varietate, non è parola, per quanto a me consta, di Leonardo da Vinci; il cui nome ricorre invece almeno due volte, e una in argomento aviatorio, nell'altra più famosa opera cardaniana che s'intitola De subti- litate, uscita per le stampe una diecina d’anni prima, nel 1550, a Norimberga (apud Io. Petreium, pur essa in foglio). DUE PASSI DEL CARDANO CONCERNENTI LEONARDO DA VINCI, Ecc. 123 Gli studi di Leonardo sugli apparecchi di volo, a cui misero capo le sue diuturne esatte e acute osservazioni sul volo degli uccelli, sono generalmente noti oggi, dopo le perspicue e dotte pubblicazioni del senatore Luca Beltrami. Ma già prima d’ora non eran mancati degli scienziati che vi accennassero e varia- mente li illustrassero. Tra questi a me piace qui rammentare Gilberto Govi, onore e lume della nostra Accademia, il quale per primo s’accorse, nel 1881, che nel manoscritto vinciano B, conser- vato nella Biblioteca dell’Istituto parigino, e che Carlo Ravaisson si accingeva proprio allora a pubblicare, si conteneva uno schema di elicottero accompagnato dalle seguenti preziose note dichia- rative di mano di Leonardo: (accanto) “ L’estremità di fuori della vite sia di ferro grosso una corda e dal centro al cerchio sia braccia 8 ,. (sotto) “ Trovo se questo strumento fatto a vite sarà ben fatto, cioè fatto di tela lina, stoppata i suoi pori con amido, e voltato con prestezza, che detta vite si fa la femmina dell’aria e monterà in alto. Piglia lo esempio da una riga larga e sottile e menala con furia in fra l’aria: vedrai esser guidato il tuo braccio per la linea del taglio della detta asse. Sia l’ar- madura della sopradetta tela di canne lunghe e grosse. Puossene fare uno piccolo modello di carta che lo stile suo sia di sottile piastra di ferro e torta per forza e nel tornare in libertà farà volgere la vite (c. 83) ,. Il Govi diede subito notizia della sua scoperta nei “ Comptes rendus , dell’Accademia delle Scienze di Parigi (t. LXXXIII, juillet-décembre 1881, p. 400-402, con 2 fig., Sur une très ancienne application de l’hélice comme organe de propulsion: note de M. Govi), riproducendo il disegno leonar- diano e aggiungendovi quello del paracadute (che il professore, ed oggi senatore, Giuseppe Colombo aveva illustrato nella di- chiarazione della tavola XVI, fo. 372, del Saggio delle opere di L. da V. Milano, Tip. di Giovanni Ricordi, 1872, in foglio) desunto dal Codice Atlantico dell’ Ambrosiana, dove si trova accompagnato dalla dichiarazione: “ Se un uomo ha un padi- glione di panno lino intasato che sia 12 braccia per faccia e alto 12 potrà gettarsi da ogni grande altezza senza danno di sè ,. Spettava peraltro al Beltrami, dopo il Colombo, il trarre alla luce definitivamente e l’illustrare i veri e propri ap- parecchi di volo escogitati da Leonardo, quali risultano dai disegni e dalle note del codice Atlantico, cioè: due tipi di appa- 124 G. BOFFITO recchio, che potremmo denominare icariano, consistente nell’ag- giunta all'organismo umano del sussidio di due grandi ali diret- tamente manovrate dalla forza muscolare dell’uomo, e un terzo apparecchio che più si avvicina agli aeroplani o velivoli moderni ma a differenza di questi aveva le ali mobili, ed è chiamato dai francesi avion. Ma volò davvero Leonardo? Lasciamo stare le tradizioni, che nel caso presente, trattandosi di appurare un fatto concreto, poco giovano e possono esser nate dalla notizia propalatasi dei diuturni molteplici studi vinciani sul volo. E diciamo così, perchè una tradizione accennata dal Solmi (Leonardo, p. 157, Firenze, Barbèra, 1907) lo farebbe incominciare i suoi esperimenti a Milano nel giardino del duca Galeazzo, e un’altra tradizione glieli farebbe riprendere a Firenze, sulla collina di Fiesole e precisamente sul brullo monte Ceceri, donde “ doveva partire narrerebbe anche oggi la tradizione popolare, un grande cigno che poi scomparve e niuno potè mai rivedere , (id., p. 158). Vediamo piuttosto i dati che ci forniscono i manoscritti di Leo- nardo, che non mancano, com'è noto, di preziose indicazioni bio- grafiche, e le attestazioni, se ve n’ha, dei suoi contemporanei. Certo il grande pittore fu nel 1506 a Fiesole: ci fosse an- dato, come il Solmi suppone, a rinfrancarsi lo spirito turbato dall’immane disastro toccato alla sua Battaglia di Anghiari che appena finita di dipingere nella gran sala del Consiglio in Pa- lazzo Vecchio con un nuovo processo di mestica imparato da Plinio, s'era cominciata a staccare e a cadere dalla parete, o vi si fosse recato per altra ragione, a noi ignota (per trovare, ad esempio, Alessandro Amadori canonico di Fiesole, fratello della sua buona prima matrigna), è ben certo che nel 1506 fu a Fiesole, leggendosi in un luogo dei suoi manoscritti riferito dal- l’Amoretti (Memorie storiche su la vita, gli studi e le opere di L. da V., p. 91; Milano, Gaetano Motta, 1804, in-8, con tavole) sotto la data del ’5 (1505, cioè 1506 in istile comune) addì 14 di marzo, questa osservazione: “ Quando l’uccello ha gran lun- ghezza d’alie e poca coda e che esso si voglia inalzare, allora esso alzerà forte le alie, il qual vento facendosegli intorno lo spingerà molto con prestezza, come il cortone uccello di rapina ch'io vidi andando a Fiesole dopo il locho di Barbiga ,-È pure probabile che di quel medesimo tempo siano le note che si leg- DUE PASSI DEL CARDANO CONCERNENTI LEONARDO DA VINCI, ECC. 125 gono nella seconda carta del codice vinciano del volo, già ap- partenente a Giacomo Manzoni di Lugo, ampiamente descritto da Gustavo Uzielli nella seconda serie delle sue Ricerche intorno a L.da V.a pag. 401 sgg. (Roma, Salviucci, 1884): “ Dal monte [Cecere] che tiene il nome del grande uccello [cecero = cigno] piglierà il volo il famoso uccello che empirà il mondo di sua gran fama ,. “ Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero, empiendo l’universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al nido dove nacque ,. Sono note che dànno a divedere una ferma in- erollabile fiducia in Leonardo, che la sua macchina aviatoria, così amorosamente studiata in tutti i più minuti particolari, come ne fanno fede i disegni del codice Atlantico di ce. 302 », 308 è, 314r più volte riprodotti dal Beltrami (1), avrebbe ri- sposto a tutte le esigenze pratiche e si sarebbe davvero librata in aria, come un grande mirabile uccello umano, dall’alto della collina di Fiesole. Ma ogni tentativo riuscì vano e Leonardo dovette a malin- cuore rinunciare al sogno lungamente accarezzato. Giacchè ten- tativi certo ce ne furono, e più probabilmente a Firenze che altrove: si può asserirlo con piena sicurezza. Uno sperimentatore come il Vinci, tanto innamorato della scienza da trascurare per essa sino l’arte sua, non era uomo da lasciar le cose a mezzo o da indietreggiare davanti a qualsiasi ostacolo; e d'altronde abbiamo l’attestazione di Girolamo Cardano, che, scrivendo alla distanza di meno di mezzo secolo, merita piena fede. Il passo del Cardano, sperso com'è nel mare magnum del suo De subdti- litate, è stato sinora malamente citato, più che altro a orecchio, e quindi alterato, mentre sia per Leonardo, sia in genere per la storia dell'aviazione ha singolar valore. Ecco pertanto quanto si legge nel libro XVII del De subtilitate, che tratta de artibus artificiosisque rebus (della bussola, della polvere da sparo, del- l’arte tipografica, delle tre arti figurative, ecc.): “ Et quamquam haec per se magnae subtilitatis exempla sint, pleraeque tamen nobiliorum artium ferme latent, tum ob rerum proprietates ignotas (1) Si veda di lui, ad esempio, L’aeroplano di Leonardo in Leonardo Pa Vinci: conferenze fiorentine, Milano, Treves, 1910, pp. 318-323. 126 G. BOFFITO adhuc, tum quia subtiliori inventione indigent. Sunt autem quae latent, ut: vitri tenacis faciendi ratio; thesaurorum inventio; stridorem dandi aéri; ab albo plumbum auferendi; effodiendi un- dequaque utiles res; transmutandi colores; perfecta ratio per- mutandi corruptum vinum in acetum, quae inventa mea aetate mea etiam aetate periit, tametsi multa non inutilia supra tra- diderimus; dignoscendi rerum proprias vires; ars proferendae in longum vitae, de qua supra diximus; materiam facere quae machinarum ignearum vi resistat; volandì inventum, quod nuper tentatum a duobus, illis pessime cessit: Vincius, de quo supra di- xcimus, tentavit et frustra, hic pictor fuit egregius; super omnia Tirydatis magia ob quam a Nerone ingenti pecunia et Armeniae regno donatus est, dum ea docet facere quae fieri nequeunt , (De subtilitate, Lugduni, apud Bartholomaeum Honoratum, 1580, pag. 579). Com'è chiaro anche alla prima lettura, il Cardano parla anzitutto di due sfortunati aviatori del suo tempo (“ nuper ,) dei quali soli dice che male loro intervenne (“ illis pessime cessit ,), poi di Leonardo, del quale dice soltanto che invano (“ frustra ,) tentò di volare. D'altronde l’inciso “ illis pessime cessit , che è stato dal Solmi (1) e da altri applicato a Leo- nardo, non si può, oltrechè per il contesto, applicare al Vinci anche per la ragione del tempo diverso a cui si riferisce; poichè mentre il Cardano accenna qui a uno sfortunato recente (“ nuper ,) tentativo aviatorio, parlando poco prima, nel medesimo libro, del Vinci, scrive: “ praeclara illa totius humani corporis imitatio iam pluribus ante annis inchoata a Leonardo Vincio florentino et pene absoluta , (pp. 5783-74). Il passo è anche importante perchè da esso si raccoglie qual era l’opinione del Cardano in- torno all’aviazione: arte non impossibile, non inutile (chè allora l'avrebbe collocata nel libro 15° che tratta “ de incerti generis aut inutilibus subtilitatibus ,), ma immatura per quel tempo: ed era il miglior giudizio che se ne potesse dare, chi tenga presente come allora fosse nella sua prima infanzia la mec- canica. (1) “Solo Girolamo Cardano nel suo De subtilitate serive con oscura frase: ‘ anche L. da V. tentò di volare, ma mal gli intervenne: era grande pittore ’,. Op. cit., p. 157. DUE PASSI DEL CARDANO CONCERNENTI LEONARDO DA VINCI, ECC. 127 Resterebbe a vedere chi fossero i due sfortunati aviatori che all’epoca della composizione dell’opera cardaniana (1) fecero così cattiva prova; ma su di questi, invece di poter fornire io notizie e schiarimenti agli altri, io aspetto dagli altri di rice- verne (2). (1) A scrivere il De subtilitate il Cardano avrebbe impiegato soli otto mesi, ma impiegò poi vari anni a correggere e migliorare la sua opera. Niceron, Mémoires, XIV, 267. (2) Nessun lume si può ricavare dall'edizione delle Opera omnia del Cardano, Lione, 1663, la quale non è accompagnata da note di sorta alcuna. L’Accademico Segretario ETTORE STAMPINI ì { TRA ILE | ila Mai sondaggi io efter A prata ti teli dol! "1 AI, E ili Î | durata 1 ce Or ASA det Licata ict neo \ vasita - î bi i il id - el Ala e ff Aa ch “nidi do ton pago hi etici far 4 Mot Te ATO "> Teor cui bj t PAZZIA \ dy z > ‘ pe” di) Usi mi rato ‘ é tal < cit #1 se ” Pa: 7 or. gian AC SR] f 4 È be li rbt 40 . “» ij % A #99 A; } ‘ pr (17 = Ù me. veti eg È ALA, ie ili be ear 13 n, > Le dei ELIA bla 39. "Mm att pini oa "pol rit; GINA onde, abi 6 RAD SAVERIO BELLI nato il 25 maggio 1852, morto il 7 aprile 1919. CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 14 Dicembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci D'Ovipio, Direttore della Classe, SALvapori, SecrE, Prano, JADANZA, FoA, GuipIi, MATTIROLO, Grassi, SomieLIANA, Ponzio, Sacco, MaAJoRANA e PARONA Segretario. Si legge e si approva l'atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente comunica una lettera del Commissario pre- fettizio sig. Conte OLGiaTI che annunzia di avere assunte le funzioni di Amministratore del Comune di Torino. Il Socio Grassi presenta in omaggio la quarta edizione (vol. I) del suo Corso di Elettrotecnica; ed il Socio Prano pre- senta pure come omaggio, per incarico dell'A. prof. L. BERZOLARI, nostro Socio corrispondente, il Manuale di Geometria analitica (I. I Metodo delle Coordinate) e ne fa gli elogi. Il Presidente ringrazia. Presentazione di Note, che sono accolte per la stampa negli Atti: dal Socio Sacco, Le oscillazioni glaciali ; Atti della R. Accademia — Vol. LV. 9 SL a” iano i SPEZIE = i > 4 : a dal Socio Japanza, I concetti moderni sulla figura mate- matica della Terra. Appunti per la storia della geodesia, Nota nona, Il divario fra l’ellissoide e la terra fluida, dell’Ing. Ottavio ZANOTTI-BrANCO ; dal Socio Parona, Osservazioni cristallografiche sull’ az- zurrite di Gonnesa (Cagliari), della dott. Fausta BaLzac. raccoltasi poscia la Classe in seduta privata procede alla votazione per l’elezione del Segretario della Classe ed è ricon- fermato per un nuovo triennio il Socio Carlo Fabrizio PARONA, salvo l'approvazione Sovrana. vinile dna citta it i. LUIGI ZOPPETTI — L'ABITO FOGLIARE, ECC. 151 LETTURE L'abito fogliare nelle siepi di Ligustro Nota del Dott. LUIGI ZOPPETTI Argomento di questo studio, suggeritomi dall’ill.mo profes- sore 0. Mattirolo, che amorosamente mi guidò nel lavoro, è la profonda variazione di abito fogliare che presentano i Ligustri delle numerose siepi ornamentali dei giardini torinesi in con- fronto di quelli che crescono all’Orto Botanico o dovunque il loro libero sviluppo non è soverchiamente contenuto da nume- rose potature (1). Le numerose osservazioni che riferisco bre- vemente, rivelarono diversi ordini di fenomeni indipendenti, che però convergono nel loro complesso a dar la ragione del fatto che mi son proposto di spiegare. 1. — La caduta delle foglie. La differenza fra le siepi potate e i Ligustri cresciuti libe- ramente prende speciale rilievo all’inoltrarsi dell’inverno, perchè mentre il processo della caduta fogliare sembra iniziarsi ugual- mente, più tardi si fa evidente il contrasto fra gli arboscelli dai lunghi rami scheletriti e le siepi densamente fogliose. Se- guiamo le modalità della caduta fogliare: cadono prima, sempre, quelle alla base del ramo, poi man mano le altre. È la regola generale: le foglie più vecchie, le prime sbocciate dalla gemma, (1) La sistematica dei Ligustri non è ancora ben stabilita dagli Au- tori: ciò spiega come le denominazioni dei Giardinieri siano tra loro in allegra discordanza. La specie ornamentale più diffusa da noi e a cui spe- ‘cialmente si riferisce questa Nota è il L. ovalifolium Hasskarl (* Catal. hort. Bogor.,, 1844). 132 LUIGI ZOPPETTI precedono nella caduta le superiori, più giovani; e anche nei Ligustri più spogli è rara la scomparsa totale di questi ultimi rappresentanti degli organi assimilatori. Grande influenza su questo fenomeno esercitano l'esposizione e la località in cui si trova la pianta. Ligustri cresciuti liberamente, ma ben protetti da alti muri di cinta, si conservano densamente fogliosi tutto l’inverno. Anche gli Autori sono abbastanza concordi nel rico- noscere alle foglie del Ligustro la capacità di svernare (1). Facciamo ora un primo rilievo: i soggetti non potati hanno rami lunghetti e foglie piuttosto discoste: poche che ne cadano, la pianta appare sfrondata. Invece nelle siepi potate, ricche di rami brevi dalle foglie accostate, la caduta delle inferiori, quasi nascoste dalle superiori, non è resa manifesta da un cambiamento nell'aspetto della chioma. Non saremmo però nel vero se con- cludessimo affermando che il simpatico carattere ornamentale delle siepi potate non dipenda minimamente dalla minor cadu- cità delle foglie, perchè le osservazioni continuate attraverso l’irrigidirsi dell'inverno dimostrano che nei soggetti molto potati la caduta fogliare si svolge con intensità molto minore. Prima però di dare a questa maggior persistenza il valore d’un pro- blema anatomico o fisiologico, cerchiamo di trovar una spiega- zione in fatti d’ordine generale e ben noti. Essendo la caduta delle foglie in relazione con l’età loro, bisogna anzitutto stabi- lire se le foglioline delle siepi in esame non siano da ascrivere a periodi diversi di fasi vegetative in confronto delle foglie dei Ligustri liberi. I giardinieri m’assicurarono che le siepi più belle vengono potate ripetutamente, anche in agosto e settembre; e la pianta reagisce sempre, sviluppando anche tardi le sue gemme nelle foglioline tipiche, il cui ulteriore sviluppo viene poi l’in- verno ad arrestare. i Il Ligustro non è, rigorosamente, una pianta sempreverde (immer-griine); solo, le sue foglie sono più o meno svernanti (winter-griine). Quando, infatti, col risveglio della vegetazione si aprono le prime gemme, le foglie che mantennero verde la siepe (1) Per i Francesi e gli Inglesi questa proprietà sarebbe caratteristica di una varietà del L. vulgare (L. sempervirens), influenzati forse da Miller (© The Gardner's Diction. , London, 1768) che vide una specie distinta (L. Italicum) nel comportamento che ha da noi questa pianta. L'ABITO FOGLIARE NELLE SIEPI DI LIGUSTRO 138 durante l'inverno scompaiono rapidamente, e non per il solito meccanismo, ma per un processo di marcescenza che le investe dai margini, tanto più là dove il gelo le aveva maggiormente colpite conferendo loro una tinta bruno-cupa. 2. — Grandezza e forma delle foglie. Le dimensioni fogliari del Ligustro variano grandemente; anche Schneider ©. (“ Ill. H. d. Laubholzkunde ,, Il, pag. 794) osserva che con foglie di mm. 90.X 25 se ne trovano di mm. 15 X 10; io ne misurai anche di più grandi e di più piccole. Quello però che desta particolare interesse non è la varia- bilità di dimensioni, ma piuttosto un fatto di vera eterofillia, di cui nessun accenno ho trovato nella letteratura (eccetto forse ScHLECHENTAL, Flora Berolin., 1828, I, pag. 3), e che consiste in un passaggio dalla forma tipica ovato-acuta ad una forma ovato- ottusa fino a quella obcordata (1). Il rapporto numerico della lunghezza alla larghezza del lembo fogliare esprime nel modo più semplice questa discordanza di forme. Le numerose misu- razioni fatte mi diedero tutti i valori intermedì tra quelli mas- simi e quelli minimi, e di nessuno di questi valori notai una frequenza rimarchevole. Conclusi pertanto che il passaggio alle due forme estreme è graduale, ed esclude l’esistenza di due tipi distinti pur legati da forme di passaggio, perchè l’esistenza di più forme fondamentali sarebbe certo rilevata dalla maggior frequenza di determinati rapporti. Il valore massimo è raggiunto dalle foglie più acute e più grandi (2,5), e sì scende, con le foglie smussate, fino ad 1,;. Il vero fatto notevole che fu messo in evidenza dalle os- servazioni predette è che la variazione di grandezza e di forma è legata alla posizione della foglia sul ramo, indipendentemente dal maggiore o minor sviluppo del ramo stesso. Alla base stanno sempre le foglie più smussate e anche, rispetto alle superiori, (1) Fatti spiecati di dimorfismo fogliare si riscontrano in parecchie altre Oleacee, con profonda alterazione nel contorno del lembo; di essi non mi sono occupato, perchè penso appartengano a tutt’altro ordine di fe- nomeni. 134 LUIGI ZOPPETTI più piccole; salendo lungo il ramo le foglie diventano gradual- mente più acute e anche più grandi. Questa constatazione indi- scutibile che si può fare in qualsiasi nostro Ligustro, potato o no, ci porta a istituire un problema a parte indipendente dai fenomeni peculiari alle siepi assai potate. Molte circostanze in- ducono a porre in relazione le foglie piccoline smussate con le perule della gemma, e fanno nascere il dubbio che, esaurito il loro ufficio protettivo, alcune perule nel caso nostro, invece di cadere, persistano più o meno assumendo le funzioni d'una foglia (perule-foglie). Le perule più interne (3°-4° paio) hanno lo stesso contorno lanceolato delle foglie superiori; ma nella parte ante- riore, in punta, gli elementi verdi sono alterati per un certo tratto, che delimita, internamente, il contorno caratteristico delle foglie obcordate. Una netta distinzione fra perule e foglie manca nel Ligustro ; dopo le prime due o tre paia, che sono scaglie brunastre ca- duche, appare una coppia che nella porzione basale, rimasta protetta dalle squame esterne, rinverdisce e cresce alquanto. mentre la porzione esterna apicale, esplicante la funzione pro- tettiva e pigmentata, muore e si distrugge; ecco così comparse, alla base del ramo, due foglioline obcordate. Le perule (o foglie) più interne acquistano sempre meglio l’attitudine a svilupparsi in nomofilli; la parte anteriore di esse, che nella gemma restava scoperta e pigmentata, va sempre più riducendosi, e di conse- guenza il processo di mortificazione che prima intaccava la foglia fino a renderla obcordata, s'approfondisce poi sempre meno, fino a lasciare intatto il contorno primitivo della foglia ovale-lan- ceolato. In appoggio a questo modo di vedere sta pure la consta- tazione che, come tetrastiche sono le perule, tali sono pure le foglie d'un ramo appena sbocciato, e, quasi sempre, quelle dei brevissimi rami dei soggetti molto potati; più tardi il ramo, sviluppandosi notevolmente in lunghezza, porta le foglie in po- sizione distica, ma un paio alla base ricorda quasi sempre la disposizione primitiva. L'ABITO FOGLIARE NELLE SIEPI DI LIGUSTRO 159 5. — Anatomia delle foglie. Se le ripetute potature hanno per effetto non soltanto di metter in maggior evidenza o di modificare dei fenomeni che avvengono normalmente nel Ligustro, ma producono un fatto nuovo, questo non deve certo sfuggire alla ricerca anatomica. Lo studio dei tessuti fogliari non mi presentò alcunchè di par- ticolarmente interessante; si tratta sempre del comune tessuto a palizzata, generalmente a due strati e che occupa circa due terzi della sezione. Un po’ più interessanti sono i dati riguar- danti lo spessore della foglia: è un fatto costante che, sullo stesso ramo, lo spessore fogliare cresce andando dal basso al- l’alto a quel modo che crescono pure le dimensioni del lembo. Le osservazioni fatte su individui o rami diversi e foglie di vario tipo dànno risultati così varî che non permettono di risalire a nessuna legge costante. 4. — La formazione della siepe. Solo dopo molti anni le siepi di Ligustro acquistano quel carattere ornamentale che diede fondamento a questo studio; le forbici del giardiniere s’esercitano su di esse parecchie diecine di volte prima che i virgulti diritti e largamente fogliosi si la- scino sostituire dal cespuglio che ricorda il mirto. E qui è il caso di mettere in rilievo la vigoria di questo arbusto che a quattro o cinque potature annuali risponde con produzione esu- berante di rami e foglie, e trova facilmente condizioni favore- voli a germogliare: pochi giorni di serra bastano a rinverdirne un ramo anche in gennaio. Questa facile successione di quie- scenze e di risvegli delle gemme, sì normali che avventizie, è resa manifesta dal ripetersi, su di uno stesso ramo, della seria- zione fogliare tipica che abbiamo studiato più sopra; cosicchè alcuni rami dell’annata, lunghi anche 40 cm., possono presen- tare ogni tre o quattro coppie di foglie normali acuminate un ritorno brusco alla perula-foglia, più piccola e smussata. La figura annessa mostra assai bene quanto siam venuti ora espo- nendo e illustra nello stesso tempo il caso di eterofillia di cui 136 LUIGI ZOPPETTI s'è parlato a lungo. Il piccolo ramo in basso mostra assai bene la seriazione dalle perule-foglie a quelle normali. Nell’altro ramo più lungo è facile osservare la successione di tre fasi vegeta- tive della gemma terminale: nella prima, corrispondente al ri- sveglio dopo il riposo invernale, è anche molto evidente la dispo- sizione tetrastica; questa appare meno nelle altre due fasi, dove però la presenza di nodi sotto le foglioline del tipo cordato significa che le prime perule- foglie sono presto cadute. La storia d’una siepe sugge- risce alcuni naturali rilievi. Glî apici vegetativi dei virgulti pri- mitivi furono asportati dalla po- tatura; le gemme sottostanti al taglio avrebbero dovuto teorica- mente sviluppare rami vigorosi a foglie grandi, ed è questo in realtà l’effetto che la potatura produce nelle siepi giovani, “ in formazione ,, che appaiono perciò sempre coronate da lunghi getti dalle foglie grandi, e anche nel- l'interno della siepe parecchi rami indisturbati si slanciano discretamente e portan foglie di notevoli dimensioni. Ma le po- tature ripetute nell'annata stessa e nelle successive obbligano a svilupparsi le gemme sotto- stanti; queste, essendo in istato di sviluppo meno avanzato, non possono formare che rami meno vigorosi e foglie più ridotte. Si direbbe anzi che la potatura insistente, invece di far convergere i materiali nutritizî nelle prime gemme sotto il taglio, provochi, dirò così, un'esplosione di tutte le gemme del caule per modo che la capacità vegetativa della pianta si fraziona in numerosi rami: il Joro sviluppo non può essere quale lo rag- giungerebbero se fossero molto più pochi. Nè credo sia da tras- curare la tendenza di questa pianta a produrre abbondanti ins L'ABITO FOGLIARE NELLE SIEPI DI LIGUSTRO 137 fiorescenze: qualcuna ne presenta anche a dispetto delle forbici. Ne conseguirebbe quanto lo stesso prof. Mattirolo (1) (studiando un argomento di ben più alto interesse per l’agricoltura) ebbe occasione di constatare, che cioè “ l'asportazione continuata dei fiori provoca uno sviluppo straordinario del sistema vegetativo ,. Tutto ci porta a pensare ad un fenomeno di correlazione, analogo a quello per cui un giovane faggio devastato dalle capre assume la nota forma cespugliosa caratteristica. È principio ammesso in fisiologia che una riduzione numerica di rami e di foglie porta per riflesso allo sviluppo di rami e foglie più grandi; a me pare che ne consegua anche il principio inverso, che cioè un aumento numerico debba apportare una riduzione nelle di- mensioni, Riassumendo, la siepe acquista lentamente il suo valore ornamentale in quanto che i rami, contenuti sempre nei loro tentativi d'espansione, si lasciano raggiungere dai germogli delle gemme più arretrate; la moltitudine di questi nuovi ramoscelli, arrestata a sua volta, s’infoltisce con lo sviluppo di altri ancor più brevi, e ne risulta un groviglio di getti cortissimi, vera rete vivente su cui si stende la zolla sempreverde delle foglie piccoline. CONCLUSIONE 1° Comune a tutti i Ligustri e non peculiarità di quelli coltivati a siepe è un caso di eterofillia, che, dopo quanto s'è osservato, trova una spiegazione molto semplice nel passaggio graduale dalla perula alla perula-foglia e alla foglia normale. 2° L’abito fogliare dei Ligustri nelle siepi ben formate non importa nè profonde alterazioni fisiologiche, nè comparsa di nuove forme anatomiche. Neppure si deve dire che le foglie della siepe siano più atte a svernare. Là dove la siepe sente più forte il rigore dell'inverno spesso si sfronda completamente, mentre non di rado una buona esposizione mantiene fogliosi i (1) O. MartiroLo, Sulla influenza che l’estirpaz. dei fiori esercita sui tu- bercoli delle leguminose. Genova, 1900. 198 LUIGI ZOPPETTI — L'ABITO FOGLIARE, ECC. Ligustri espansi liberamente. Pure circostanze esterne favori- scono nella siepe la persistenza delle foglie, e la protezione che altrove dànno i muri o le piante vicine, qui sta nel groviglio stesso dei rami: specie di auto-protezione, che la densità della siepe, maggiore perifericamente, esercita su tutta la pianta, re- sistendo efficacemente ad una rapida penetrazione del gelo. Altro motivo, anche più importante, è che gran parte delle foglie della siepe son sbocciate più tardi, sono più giovani e in con- seguenza più persistenti. 3° La riduzione delle dimensioni dei rami e sopratutto delle foglie è l’unico fatto che caratterizza i Ligustri coltivati a siepe. L’associazione costante di questi due dati dimostra che le stesse cause che frenano lo sviluppo del ramo arrestano pure l’espan- sione delle foglie. Questi brevi rami (1-2 cm.), con poche paia di foglie, han tutta l’aria di gemme appena sbocciate; e infatti le foglioline che tengon verde la siepe nell’inverno provengono da gemme risvegliatesi tardi, in agosto o settembre, nè è raro trovare rami minuscoli all’ascella di foglie più grandi e certa- mente più vecchie, che a loro volta son nelle stesse condizioni rispetto ad altre sottostanti. Ecco così una prima spiegazione: ‘ami e foglie dalle proporzioni ridotte perchè sviluppatisi tardi, e arrestati dal freddo nel loro svi- luppo. Una seconda spiegazione (che trova essa pure fondamento nelle osservazioni fatte) l'abbiamo richiamandoci a quelle formazioni non infrequenti che sono il prodotto di gemme dette dagli Autori “ avventizie ,, non originate da meristemi primarî e quindi assai meno vigorose. Le ripetute potature, sopportate dal La- gustrum fino al limite estremo, provocano tutta una ramificazione che direi pure avventizia, e che deve necessariamente presen- tarsi în proporzioni ridotte. Questo è il segreto delle siepi deliziose, che se non arreca un contributo di novità alla scienza, è però una riprova della arrendevolezza con cui le piante si trasformano per l’uomo in pure sorgenti di gioia. Torino, luglio 1919. Laboratorio del R. Orto botanico. -___ -—. e — _ È FEDERICO SACCO — LE OSCILLAZIONI GLACIALI 139 Le Oscillazioni glaciali Nota del Socio nazionale residente Prof. FEDERICO SACCO (con una tavola) Non è lontano il tempo in cui si credeva che i ghiacciai delle nostre montagne fossero masse fisse, costituenti ammanti immobili, più o meno ampi; come pure si credeva che nella Storia della Terra si fosse verificata una sola Epoca glaciale, quella famosa che precedette il grande sviluppo dell’ Umanità sulla Terra. In questi ultimi anni le minute osservazioni degli studiosi dei fenomeni alpini, nonchè le pazienti ricerche dei geologi in tutte le regioni del mondo, hanno poco a poco svelato una tale quantità di importanti fatti glaciologici, recenti ed antichi, che il concetto sul glacialismo terrestre si è profondamente modi- ficato, anzi quasi totalmente mutato. Giacchè oggi possiamo con sicurezza considerare il glacia- lismo come partecipante anch'esso, e nel modo più chiaro, a quella legge generale delle oscillazioni ritmiche, più o meno regolari, la quale dirige i fenomeni dell’Universo. Inoltre devesi ricordare che, mentre gli studiosi di fenomeni geologici constatavano i movimenti dei ghiacciai terrestri, gli Astrofisici scoprivano pure oscillazioni di sviluppo nelle calotte glaciali polari di alcuni globi celesti, specialmente di Marte, meglio così confermando l’universalità del fenomeno. Sembra quindi ora opportuno di considerare con occhio sin- tetico questo complesso di fenomeni glaciologici, da quelli spe- ciali, minuti, di ordine inferiore e di breve durata, su su attra- verso a quelli sempre più importanti, più estesi e di più lungo sviluppo, sino a quello veramente generale che, riferendosi a 140 FEDERICO SACCO tutta la superficie terrestre ed a milioni d'anni, abbraccia tutta la serie cronologica della fase sedimentaria della Terra. Esaminiamo in breve, successivamente, ciascuno dei vari casi, cominciando da quelli minori recenti, più facilmente stu- diabili ed interpretabili, risalendo poi nel tempo a quelli sempre più antichi ed importanti, sino a giungere a quello più esteso, grandioso e generale. Anzitutto possiamo ricordare i movimenti di oscillazioni annue corrispondenti semplicemente alle differenze stagionali e quindi in stretto rapporto con un noto fenomeno astronomico. Naturalmente tali oscillazioni presentano una certa regola- rità generale, salvo il caso di fatti straordinari, come stacco di masse del ghiacciaio, valanghe, nevicate invernali o abla- zioni estive straordinarie, ecc. i Come esempio presento (fig. I) il diagramma riferentesi alle oscillazioni della fronte del ghiacciaio del Rodano, come fu ricavato da misure precise fatte dal 1887 al 1910 mediante rilevamenti mensili (1) mentre detto ghiacciaio era in fase di complessivo regresso. In tale grafico osservasi nettamente che la fronte glaciale presenta nella stagione estiva un regresso forte e rapido a cui succede un progresso lento e limitato nella stagione invernale, con una transizione brusca tra i due re- gimi, donde il curioso aspetto di denti di sega che viene ad assumere il grafico in questione. Mentre riesce difficile ed incerto il riconoscere i mutamenti glaciologici nei lontani secoli trascorsi, giacchè allora l’uomo generalmente non solo non si occupava dei ghiacciai ma persino se ne teneva possibilmente discosto pel timore ch’essi gli incu- tevano, invece da circa un secolo la penetrazione degli studiosi nella regione alpina permise di conoscere alcune delle principali oscillazioni glaciali, specialmente là dove le lunghe lingue di ghiaccio scendono in fondo valle sin presso a centri d’abitazione, come sarebbero per es. Chamonix e Courmayeur pel gruppo del Monte Bianco, Gressoney e Macugnaga pel gruppo del Monte Rosa, ecc. (1) Vermessungen am Rhongletscher, 1874-1915 (* Neue Denkschriften d. Schw. Naturforsch. Gesellsch. ,, Band LII, 1916). sr ug vero” la Citti LE OSCILLAZIONI GLACIALI 141 Naturalmente, siccome gli studii glaciologici precisi si ini- ziarono solo in questi ultimi anni, così, volendo costruire grafici relativi a tali oscillazioni anche solo attraverso agli ultimi cento anni, essì non possono riescire dettagliati ma solo un po’ com- prensivi, non comparendovi le oscillazioni minute che certamente sì verificarono. Ne presento due esempi, riguardanti, uno il «gruppo del M. Bianco (secondo le ricerche del Mougin), l'altro quello del M. Rosa, secondo le osservazioni di Forbes, Stoppani, Dainelli, ecc. (fig. Il). Senza discendere qui a dettagli, che sarebbero fuori luogo, ricordo soltanto che, comparando fra loro le oscillazioni dei ghiacciai alpini anche di uno stesso gruppo montuoso, si osserva che esse, mentre mostrano generalmente una specie di isocro- nismo complessivo (come indicano appunto i due diagrammi presentati), differenziano però spesso nei dettagli;. ciò che è na- turalmente in rapporto colle svariate differenze di esposizione, altimetria, ampiezza di bacino, forma della valle, importanza della massa glaciale, coi venti e quindi colla quantità e qualità delle precipitazioni atmosferiche, ecc., ecc. Ad ogni modo riesce evidente il fatto che da un secolo i ghiacciai alpini, pur oscillando nel loro sviluppo (con un massimo verso il 1818-20, forti oscillazioni positive verso il 1850-65, una minore verso il 1890-94, e viceversa con forti oscillazioni negative verso il 1840-45, il 1880-85 e verso il 1905-12), mostra- rono di essere in una fase di complessivo regresso; tale feno- meno glaciologico sembra in rapporto abbastanza notevole con un lieve miglioramento climatologico e con diminuzione nelle precipitazioni atmosferiche (essenzialmente in quelle nevose) verificatisi in complesso durante il secolo XIX, almeno nelle Alpi Occidentali. Volendo compilare grafici abbraccianti periodi di parecchi secoli addietro, naturalmente le incertezze riescono sempre mag- giori, diventando sempre più scarsi e spesso dubbiosi i dati storici di appoggio. Tuttavia per diversi ghiacciai alpini, come per es. quelli di Grindelwald (Aar), del Rodano, di parecchi del Monte Bianco, ecc., si possono ricavare grafici approssi- mativi risalenti sino alla metà del secolo XVI, come risulta dagli studi di Forel, Rabot, Mougin, ecc. 142 FEDERICO SACCO Per esempio riassumendo i dati riferentisi alle oscillazioni dei principali ghiacciai del gruppo del Monte Bianco, special- mente di quelli del lato francese studiati dal Mougin, potei rica- vare il grafico sintetico. (fig. III) che già pubblicai nella mono- grafia sopra / Ghiacciai italiani del gruppo del Monte Bianco, 1918. Tale grafico ci mostra abbastanza chiaramente una specie di periodicità nella curva delle ondulazioni o pulsazioni positive, sia maggiori, quasi secolari (come quelle del 1605-10, del 1716-20 e del 1818-20), sia in quelle minori, verificantisi ogni 30-40 anni all'incirca. Tali fatti glaciologici, che, essendo connessi con quelli meteorologici, potrebbero collegarsi coi così detti cicli oscillatorì (di circa 35 anni) di piovosità e nevosità secondo Bruckner, sono tuttora di interpretazione alquanto incerta. Ad ogni modo constatiamo intanto il fatto di queste lunghe ed alte onde glaciali, suddivisibili ciascuna in onde minori e che sembran seguire una specie di legge di periodicità relativa. Se vogliamo spingere le ricerche glaciologiche oltre 4 o 5 secoli addietro, i dati storici un po’ sicuri vengono sempre più a mancare. Sappiamo bensì che durante gran parte del Medioevo il glacialismo alpino non fu molto espanso (generalmente meno che negli ultimi tre secoli), tanto che parecchi valichi transal- pini (divenuti poi assai difficili) riescivano allora relativamente comodi, permettendo così frequenti passaggi anche di varii gruppi etnici, colonizzatori, come quelli tedeschi che dal Vallese discesero in parecchie valli italiane del M. Rosa; quelli, che da Val Soana passarono in Val di Cogne, ecc.; ciò che spiegaci quindi i frequenti commerci transalpini, le relative relazioni politiche, religiose, tradizionali, ecc., nonchè la coltura agricola e l’abitabilità allora assai più estese nelle valli alpine di quanto siasi verificato generalmente in seguito. Sappiamo inoltre che anche nel periodo storico precedente, romano, largamente inteso. le condizioni climatologiche delle regioni alpine erano in complesso migliori (e quindi il glacia- lismo probabilmente meno espanso) che non in questi ultimi se- coli; come sarebbe dimostrato dalla penetrazione (e dal notevole sviluppo) di varie popolazioni nell’interno delle Alpi, dove ven- nero fondate persino notevoli città (come per es. Aosta sino dal 1° millennio av. Cr.), nonchè dall’incremento dei lavori mine- LE OSCILLAZIONI GLACIALI 143 rari persino in alte regioni delle Alpi, del resto anche dalle antiche, estese, ripetute e quindi relativamente facili invasioni celtiche e simili attraverso la catena alpina. È inoltre interessante osservare a questo riguardo che già dal periodo del Bronzo, risalente a circa quattromila anni fa, nelle Alpi marittime i ghiacciai si erano già tanto ritirati (od anche scomparsi) che sulle superfici rocciose di alta montagna da essi mirabilmente levigate e poi lasciate libere, l’uomo pre- istorico o protostorico potè incidere quelle migliaia di svariati di- segni che troviamo attorno al M. Bego, tra i 2000 ed i 2500 metri circa di altitudine; fatto assai notevole e che ci indica fin d’allora condizioni climatologiche assai buone, analoghe probabilmente a quelle odierne e già ben diverse da quelle precedenti del Plistocene. Nè tale diminuzione pluvio-glaciale negli ultimi Millennii deve essersi verificata solo in Europa, giacchè residui di antiche grandiose Civiltà (come per es. alcune asiatiche) in regioni ora piuttosto aride, assai poco favorevoli allo sviluppo umano, nonchè segni oroidrografici e biologici varii indicanti condizioni climatologiche antiche già ben diverse dalle attuali, ci dimo- strano che le precipitazioni atmosferiche andarono in complesso più o meno diminuendo, da alcuni Millennii fa ad oggi, su vaste regioni della superficie terrestre. Ma se tuttociò ci permette di ammettere pel glacialismo. generale negli ultimi 4 o 5 Millennii una grande fase di depres- sione o di regresso, certamente straordinario rispetto ai periodi glaciali precedenti (che ricorderemo fra breve), tuttavia non ab- biamo più elementi per delinearne le ondulazioni che debbono esservisi verificate un po’ analogamente a quelle positivamente constatate nel glacialismo degli ultimi 3 o 4 secoli. Però, se ci mancano dati precisi e diretti sul glacialismo - antico, storico, possiamo per ben altra via giungere a conoscere le oscillazioni climatologiche, e quindi indirettamente anche gla- ciologiche (quantunque di sviluppo più o meno attenuato e ri- stretto), attraverso gli ultimi tre Millennii. Ciò si può ottenere, ad es., per l'Asia centro-occidentale basandosi sulle variazioni dei livelli critici del Mar Caspio, ri- cavandosene, con tale correttivo caspiano, la curva, per quanto sintetica e solo approssimativa ed alquanto incerta, segnata. 144 FEDERICO SACCO punteggiata nella fig. IV. Del resto è anche da considerarsi che le grandi ondate di emigrazioni, di invasioni, ecc., verificatesi spe- cialmente durante il Neolitico e nel periodo dei metalli, dal- l'Asia subcentrale verso le regioni circostanti d'Europa, debbono in parte attribuirsi a cause climatologiche, prevalentemente allo accentuarsi dell’aridità con tutte le sue naturali conseguenze fisiche e biologiche. Ma ben più sicuramente e minutamente possiamo conoscere tali antiche ondulazioni climatologiche seguendo il metodo ini- ziato nel 1901 dal Dott. A. E. Douglass (A method of estimating Rainfall by the growth of Trees) per certi Pini e sviluppato spe- cialmente nel 1914 dal Prof. E. Hungtington (The climatie Factor as illustrated in Arid America, 1914) per le Sequoie della Cali- fornia, ove esse raggiungono anche età plurimillenaria (s'è con- statato un esemplare di 3210 anni): cioè tenendo conto del modo e dell'entità di sviluppo degli anelli del fusto di tali piante, sviluppo che fu naturalmente vario ogni anno secondo le con- temporanee condizioni climatiche (temperatura, precipitazioni atmosferiche, ecc). Con tale ingegnosa guida fitologica, le ricerche paleometeo- rologiche si possono spingere sino ad un po’ più di tre Millennii addietro, e ricavarne la curva climatologica abbastanza detta- gliata indicata nella fig. IV. Orbene esaminando e confrontando tali due curve anzitutto possiamo constatare alcuni fatti interessanti, cioè : 1° una certa corrispondenza fra di esse, ciò che ci indica una analogia e quindi una contemporaneità nelle variazioni cli- matologiche fra l’Asia centro-occidentale e l'America nord-oc- cidentale, almeno per regioni di analoghe condizioni geografiche, di altitudine, latitudine, ecc. Analoghi sincronismi climatologici si osservano pure talora fra l'Europa ed il Nord America, del resto anche recentemente, come per es. nell’arida estate del 1911. 2° un progressivo decrescimento climatologico (essenzial- mente di pluviosità) dal I° Millennio av. Cr. ai due Millennii seguenti. 8° una serie di ondulazioni climatiche minori, direi de- cennali o pluridecennali, e di ondulazioni maggiori (pluriseco- lari) cioè verificantisi con intervalli di uno o più secoli, come p. es. quelle positive del 1300-1200, del 950, del 700 circa e LE OSCILLAZIONI GLACIALI 145 del 400 av. Cr., del principio dell'Era volgare, del 200, del 600, del 900, del 1000, del 1350, ecc., oltre ad ondulazioni di tipo intermedio. Le ondulazioni climatiche non presentano cicli regolari fissi, ma assai vari, cioè (come indicano i suaccennati autori) di anni 2, 5,11, 19, 21, sino a 150; sappiamo che il ciclo di Briickner è di 35 anni, altri però lo riduce a 33; il Dott. W. I. S. Lokyer nella sua Discussion of Australian Meteorology - 1909, trovò nelle variazioni delle pressioni barometriche un ciclo di circa 19 anni. È poi importante notare che il ciclo di anni 11 o 11,4 delle macchie solari (però con oscillazioni anche da 7 a 16 anni) corrisponde abbastanza bene con quello di una serie di fenomeni terrestri, sia magnetici, sia termici, sia ciclonici, sia in generale meteorologici (come p. es. le precipitazioni atmosfe- riche), che alla loro volta naturalmente influiscono più o meno nettamente su quelli biologici, p. es. sull’accrescimento degli alberi, come indicano gli interessanti grafici presentati dal Douglass e dall’Hungtington. Anche le recenti ricerche dell’Arctowsky, dell’Humphrey, dell’Hungtington, ecc. (1), mostrano le analogie esistenti fra le variazioni della costante solare e la temperatura terrestre, nonchè le corrispondenze meteorologiche esistenti fra regioni (specialmente a clima equatoriale) anche molto lontane fra loro, ciò che pure indicherebbe una vera influenza solare. Anche il Newcomb nel suo accuratissimo lavoro A Search for fluct. in the Sun's termal Radiation thr. their influence on ter- restr. Temper. - 1908, pur considerando come piccola l’influenza delle macchie solari, indica che esiste una corrispondenza fra le fluttuazioni della temperatura media e quelle di dette macchie. Ora è a considerarsi come l’atmosfera sia un elemento così mobile e sensibile ed in tale instabilità di equilibrio, che ba- stano variazioni, anche piccole, di temperatura, di pressione o simili, per produrre fenomeni anche relativamente estesi ed importanti. Quindi volenao investigare la causa delle oscillazioni me- (1) Per tali questioni è bene ricordare gli antichi studi di Riccioli e Kircher e quelli posteriori di Herschel, Hahn, Sténe, Kòppen, Nordmann, Clough, ecc. Atti della R. Accademia. — Vol. LV. 10 146 FEDERICO SACCO teorologiche e conseguentemente anche glaciologiche sovraccen- nate, sembra abbastanza logico attribuirle, parzialmente almeno, alle variazioni delle macchie solari (1), che presentano appunto cicli di periodicità, bensì alquanto irregolari, ma un po’ ana- loghi ai cicli climatici. Quanto alla diminuzione nella piovosità (e quindi certa- mente anche nella glaciazione), che si verificò largamente dal primo Millennio av. Cr. in poi, essa è piuttosto interpretabile come in rapporto colla fase decrescente di quelle grandiose pul- sazioni di origine tellurica che esamineremo nelle pagine se- guenti. Del resto è anche ammissibile che alcune delle oscillazioni meteorologiche sovraccennate, specialmente le maggiori e meno regolari, possano attribuirsi a pulsazioni telluriche, orogenetiche. Se ora, lasciando i periodi storici e protostorici, gettiamo uno sguardo più addietro nella storia geologica riguardo al gla- cialismo, subito ci appare grandiosa, imponente, la famosa Epoca o fase glaciale o diluvio-glaciale che giganteggia nell’Era qua- ternaria caratterizzandola, plasmandola quasi, colla imponenza dei suoi svariati fenomeni, e costituendo sulla superficie ter- restre quasi una grandiosa espansione delle zone climatiche po- lari verso le regioni equatoriali. Ma se questa Epoca glaciale quaternaria (essenzialmente del Plistocene) ci appare a primo tratto, come è realmente nel suo complesso, quale fase grandiosamente unica, studiata in dettaglio risulta invece come scindibile in numerose fasi più o meno importanti, le quali evidentemente corrispondono ad oscil- lazioni più o meno accentuate del glacialismo quaternario. Così, per es., se noi discendiamo le nostre più grandi Valli (1) Se le macchie solari rappresentano violente perturbazioni di carat- tere ciclonico, per cui il materiale solare più o meno profondo può giun- gere nella fotosfera, accrescendone la densità e diminuendo localmente la radiazione luminosa, termica, ecc, del globo solare, si comprende che tali macchie possano influire, peggiorandole, sulle condizioni climatiche della superficie terrestre. Data l'enorme, capitale influenza del Sole sulla Terra, si comprende perfettamente come variazioni, anche piccole, nella superficie solare possano influire molto su quella terrestre, la quale risente quindi l’effetto delle crisi o pulsazioni verificantisi più o meno periodica- mente nell'attività solare. LE OSCILLAZIONI GLACIALI 147 alpine, dall'alto delle loro vallette secondarie a quella assiale seguendo poi questa sino al suo termine, vediamo che alle mo- rene storiche (del secolo XIX o degli ultimi secoli), ora più o meno vicine alle attuali fronti glaciali, succedono verso il basso in diversi punti successivi più o meno distanti fra di loro, e quindi sempre più a valle, speciali formazioni moreniche foggiate ad irregolari archi semplici o complessi, finchè allo sbocco della Valle alpina sulla prospiciente pianura vediamo spesso impor- tanti, grandiosi Anfiteatri morenici costituiti da numerosi (anche oltre una ventina) cordoni morenici più o meno alti e potenti, gli interni (di aspetto ancora piuttosto fresco) più bassi, gli intermedi (ancora ben conservati) assai potenti ed elevati, gli esterni (che sono i più vecchi, come dimostra la loro profonda alterazione e la loro posizione) notevolmente espansi, ma rela- tivamente depressi. Tutto ciò ci prova nel modo più evidente che l’epoca gla- ciale presentò una serie di periodi glaciali più o meno impor- tanti, divisi da periodi più o meno lunghi di relativo regresso glaciale, detti perciò interglaciali (1). Ma se nelle regioni alpine tali successive formazioni moreniche restarono più o meno dis- turbate dallo stretto ambiente vallivo e da varie altre cause locali, invece nelle libere, amplissime aree dell’Europa e del- l'America Settentrionale dove il glacialismo si è sviluppato nel modo più vasto e grandioso, i geologi riescirono a meglio di- stinguere i diversi periodi glaciali ed interglaciali. Senza voler scendere a particolari qui inopportuni e tenen- doci ad una linea sintetica ed approssimativamente riassuntiva di svariate ricerche ed opinioni tuttora dibattute, ricordiamo che, arretrando dal periodo protostorico a quelli sempre più lontani da noi, incontriamo, riguardo al glacialismo che ci interessa: 1°) il periodo Dauniano, che risale a circa 5-7 Millenni fa, quando, in un ambiente biologico e fisico già un po’ analogo :1) In realtà i periodi interglaciali credo rappresentino le condizioni normali (quindi di relativamente lungo periodo cronologico) della clima- tologia terrestre, mentre i periodi glaciali costituiscono quasi solo momenti speciali, critici, anormali (relativamente più o meno brevi) in corrispon- denza a rapidi, spesso subitanei, più o meno intensi, movimenti pulsatorii orogenetici. 148 FEDERICO SACCO all'attuale, sviluppavasi in Europa l’uomo neolitico, mentre svol- gevansi altrove le prime Civiltà, come per es. quelle egiziane e mesopotamiche, che precedettero di 2-3 Millenni quella europea in generale; 2°) i successivi periodi glaciali, detti rispettivamente Gschnitziano e Buhliano, risalenti ad oltre una diecina e forse anche una quindicina di Millenni fa, quando l’uomo ancora pa- leolitico (specialmente maddaleano) si estendeva su gran parte dell'Europa, frammezzo ad una Flora piuttosto forestale e ad una Fauna di tipo eurasiatico, ancora con Renne, Mammouth, Rinoceronti villosi, ecc., ma già con tendenza verso i tipi moderni di Cervidi, Equidi, piccoli Roditori, ecc., mentre intanto il clima andava gradatamente migliorando. Detti tre periodi glaciologici corrispondono a fasi di qualche avanzamento e di arresto durante la lunga fase di complessiva re- gressione glaciale detta postwurmiana o postglaciale, in riguardo alla grande fase glaciale precedente, che accenneremo fra breve. Naturalmente tali periodi glaciali (Dauniano, Gschnitziano, Buhliano) furono tra loro separati da periodi di regresso od interglaciali di varia importanza. Ma tra il periodo Buhliano e la precedente grande Epoca glaciale si verificò una lunga fase interglaciale (detta aacheniana), che, per la relativa dolcezza del clima e pei connessi fenomeni fisici e biologici, permise ad una razza umana superiore (aurignaciana, ecc.), cioè a quella del- l’Homo sapiens (1. s., fossile o prisco), di giungere e gradatamente estendersi in Europa, assieme a nuove forme biologiche, special- mente di Mammiferi a tipo prevalentemente asiatico. Giungiamo così, arretrando di oltre una ventina di Mil- | lennii, alla grande fase che caratterizzò veramente la cosidetta Epoca glaciale plistocenica, la quale nelle regioni subalpine è rappresentata in gran parte dai giganteschi Anfiteatri morenici (1), ‘ma che in realtà è assai complessa, risultando da varie ed (1) Gli studi che ho fatto in questi ultimi anni sui grandi Anfiteatri morenici italiani mi portano ad ammettere che essi risultano generalmente dalla somma dei depositi wurmiani, rissiani e mindeliani; questi ultimi (e non già i rissiani, come per lo più ora si crede) sarebbero rappresentati dalle morene esterne più o meno ferrettizzate passanti al Diluvium. Le morene rissiane costituirebbero la parte generalmente più elevata, mentre le morene wurmiane formerebbero solo la parte più interna e depressa degli Anfiteatri. LE OSCILLAZIONI GLACIALI 149 importanti fasi glaciali ed interglaciali, cioè: dapprima l’impor- tantissimo periodo Wurmiano (Mecklemburgiano o Visconsiano secondo gli autori e le regioni) a grande sviluppo glaciale, per cui nell'Europa, ridotta in gran parte allo stato di tundre, steppe e foreste, in un clima umido e freddo, viveva miseramente una razza umana inferiore, l’Homo primigenius (neanderthalensis 0 mousteriensis) paleolitico, assieme ad una Fauna di tipo artico- alpino (Renne, Camosci, Marmotte, ecc.) e con numerosi animali cavernicoli (Orsi, Jene, Leoni, ecc.), nonchè Uri, Bisonti, grandi Cervidi, Mammouth, Rinoceronti villosi, ecc., comprovanti la grandissima umidità e la temperatura un po’ bassa del clima d'allora. L’intenso glacialismo wurmiano fu preceduto da una lunga fase interglaciale, /iss-wurmiana (Chelleana, Neudeckiana, San- gamoniana, ecc.), a clima relativamente dolce, che favorì lo svi- luppo, in Europa, dell’uomo primigenio (Acheuleano - Chelleano), in un ambiente biologico di tipo un po’ misto, temperato-dolce. Il precedente periodo Rissiano (Polandiano, Jowiano, IMli- noiano, ecc.) costituì un altro importante periodo di grandissima estensione glaciale, che corrispose naturalmente, in Europa, ad una notevole depressione nella flora e nella fauna in parte a tipo di tundra e di steppa, coll’apparsa del Mammouth, di nu- merosi e grandi Cervidi, del Bisonte, dell’Uro, ecc. Invece, prima del Rissiano, si verificò generalmente una lunghissima fase interglaciale Mindel- Rissiana (Elveziana, Jar- mouthiana, ecc.), il cui clima abbastanza dolce o temperato con- tribu probabilmente alla comparsa, in Europa, di una primitiva razza umana prechelleana, quella deli’ Homo heidelbergensis, mentre si sviluppava intanto una Flora di tipo temperato-caldo assieme ad una Fauna asiatico-africana ad Elefanti (H. antiquus), Rino- ceronti (Rf. Merckii), Ippopotami (H. major), Felini diversi, ecc. Un precedente periodo glaciale, il Mindeliano (Saxoniano, Kansaniano, ecc.), durante il quale forse l’uomo, causa il clima poco favorevole, ancora non erasi avanzato in Europa (oppure vi era apparso solo col basso tipo eolitico), inizierebbe, secondo me, l'Era quaternaria, pur non essendo il primo periodo glaciale della serie in esame. 1 Infatti nella fase interglaciale che precedette il Mindeliano e che fu denominata Gune-Mindeliana (Norfolkiana, Cromeriana, 150 FEDERICO SACCO Aftoniana, ecc.) viveva in Europa una fauna ad ZZephas meri- dionalis, Rhinoceros etruscus, Equus Stenonis, ecc., di tipo caldo, afro-asiatico, schiettamente pliocenico, quantunque vi sia ora tendenza a considerarla come quaternaria. Quindi, secondo il mio modo di vedere, il periodo glaciale verificatosi prima della fase interglaciale Gunz-Mindeliana e che fu detto Gunziano (Scaniano, Nebraskano, Subaftoniano, ecc.), pur rappresentando una prima fase di glacialismo, sarebbe da col- locarsi nel Pliocene superiore alla fine dell'Era terziaria, costi- tuendo esso quasi il preludio o primo forte impulso di quel fenomeno glaciologico che si ripetè poi tanto intenso e fre- quente nell’Era quaternaria da caratterizzarla e da farla quindi denominare Epoca glaciale per antonomasia. Considerato in complesso, il glacialismo quaternario, per la sua intensità e la sua estensione, determinò nella Flora e nella Fauna una specie di depressione o Crisî plistocenica o diluvio- glaciale, che produsse la distruzione di molte forme organiche continentali, però promovendo l'evoluzione superiore, umanoide. Secondo i sovraccennati cenni sintetici, si potrebbero deli- neare graficamente le ondulazioni della complessa fase glaciale in questione come segnai schematicamente nella fig. V, dove, oltre alle quattro oscillazioni principali, segnai anche, teoricamente, in generale le oscillazioni minori che dovettero certamente pure verificarsi, come indicano i tanti cordoni morenici degli Anfiteatri, nonchè gli archi morenici postglaciali. Come si è sopraccennato, la grande fase glaciale o diluvio- glaciale o plistocenica dell'Era quaternaria ebbe già il suo inizio alla fine del Terziario, nel Pliocene; ma se esaminiamo la serie terziaria o cenozoica vediamo che essa presenta sovente pure cenni più o meno notevoli di fenomeni diluviali e quindi pro- babilmente glaciali nelle regioni elevate, come indicano i depo- siti grossolani più o meno ciottolosi dell’Oligocene e del Miocene in molte regioni specialmente circum-alpine, le formazioni an- tilleane o mesomioceniche d'America, ecc., e come meglio preci- sarono per es. le ricerche dell’Atwood nell’Eocene del Colorado con tipici ciottoli striati, ecc. Tale diluvio-glacialismo ceno- zoico, che dovette avere una notevole influenza sull’ evoluzione organica, specialmente superiore, sia vegetale sia animale, ebbe TIRATE LE OSCILLAZIONI GLACIALI 151 maggiore intensità in certi speciali momenti, derivandone parte di quei caratteri (litologici e biologici) che servirono alla clas- sica distinzione della serie cenozoica nei grandi periodi detti: Eocene, Oligocene, Miocene e Pliocene (1). Se l’Era mesozoica, per la sua fisionomia essenzialmente marina e quindi a continenti prevalentemente ristretti e poco elevati, a clima piuttosto oceanico, ecc., non si prestò, in gene- rale, allo sviluppo glaciale, ne presentò tuttavia qualche cenno al suo principio (nel Trias), ma specialmente al suo termine {nel Cretaceo passante all’ Focene), iniziando qua e là l’im- portante Crisi oroidrografica detta alpina (0 laramica od orego- niana od anche postcomancheana pel Nord America) che, mentre accelerò la decadenza dei Rettili, favorì invece intensamente la rapida, mirabile evoluzione, quasi si potrebbe dire esplosione, della Flora superiore a fiori o angiospermica, e della Fauna continentale, specialmente avioidea e mammaloidea. Invece la lunga Era primaria o paleozoica presentò tre grandi fasi di glacialismo, cioè: 1°) Una terminale, grandiosa, che, iniziandosi nel Carbo- nifero, culminò nel Permiano fino a chiudersi nel Trias inferiore e che si sviluppò in quasi tutte le regioni della Terra, segna- landosi coi tipici caratteri di massi erratici, ciottoli striati, ter- reno morenico (drift), ecc., accompagnati da una speciale Flora a Glossopteris; fase glaciale che partecipò alla grande, lunghissima Crisi permo-carbonifera, antracolitica 0 erciniana 0 armoricano-vari- sciana od anche arkansiano-armoricana, la quale (pei suoi feno- meni climatologici, oro-idrografici, ecc.) tanta importanza ebbe, sia negativa, depressiva, distruggitrice nei riguardi della Fauna marina littoranea, sia positiva, direi quasi creatrice, nella im- mensa meravigliosa Flora terrestre (che originò gran parte del- l'odierno Carbon fossile), nonchè nella Fauna continentale che vide sorgere i Rettili ed iniziarsi l'evoluzione promammaloidea. 2°) Una fase glaciale di mezzo, meno importante, che lasciò traccie nei depositi, sia dall’ Ordoviciano al Siluriano (donde il nome di fase ordoviciana o taconica), sia specialmente dal Siluriano al Devoniano nel Canadà, nell'Europa settentrio- (1) Specialmento al principio di tali periodi, nonchè due o tre volte nel Miocene. 152 FEDERICO SACCO nale e nell'Africa meridionale; fase corrispondente alla Crisi che si può denominare eodevonica 0 predevonica o caledoniana o bruns- wickiana, la quale favorì l'evoluzione anfibioidea dei Vertebrati. 3°) Una prima fase glaciale sviluppatasi (bensì degra- dando) nel Cambriano, ma iniziatasi e svoltasi in modo ampio ed intenso specialmente verso la fine dell'Era proterozoica; fase che lasciò notevoli residui in varie regioni, più o meno circum- arctiche d'Europa, d'Asia e d'America, nonchè nell'India e nella parte meridionale dell’Africa e dell’Australia. Questo antichis- simo glacialismo fece parte della Crisi detta ecocambrica o pre- cambrica (0 huroniana od anche penokeana o postkeeweniana o algonkiana pel Nord America), che dovette influenzare notevol- mente l’evoluzione organica, sia delle Crittogame, sia degli In- vertebrati, allora essenzialmente marini. Passando infine alla potentissima serie arcaica della Stra- tosfera terrestre, dobbiamo purtroppo constatare che, per l'im- mensa antichità della sua deposizione, che rimonta a tante de- cine di milioni d’anni fa, e quindi pel profondo metamorfismo che vi ha quasi completamente obliterato od alterato i depositi originari, riesce molto difficile ed incerto riconoscervi ancora le eventuali traccie del glacialismo; tanto più che le condizioni d'allora (clima oceanico, mari ampî, ecc.) non dovevano essere molto propizie al suo sviluppo più caratteristico; alle quali dif- ficoltà si aggiurnige spesso quella della incerta interpretazione cronologica di questa grandiosa serie cristallina, dove mancano ì fossili per orientarsi nella complicata e sconvolta sua stratigrafia. Tuttavia cenni di glacialismo furono già riscontrati nello Huroniano medio (fase mesohuronica o mesabianica) e special- mente nell’ Huroniano inferiore e nella zona di passaggio dal- l’Archeozoico al Proterozoico, in alcune regioni dell’Enropa, nell'America settentrionale e nell'Africa meridionale; ciò in corrispondenza con una specie di Orisi cohuronica o prehuronica o laurenziana 0 archeana che sembra siasi allora verificata con varia e ripetuta intensità, forse provocando l'evoluzione delle Tallofiti e degli Invertebrati marini inferiori dallo stato proti- stico in cui doveva ancora trovarsi prima la materia organica primordiale. La fig. VI schematizza le grandiose oscillazioni glaciali concomitanti alle sovraccennate maggiori crisi fisico-biologiche della Terra. VERTE SE E LE OSCILLAZIONI GLACIALI 156 Dai dati riassuntivi sommariamente esposti nelle pagine precedenti e che cercai di sintetizzare coi grafici annessi, pos- siamo ben comprendere l’importanza del glacialismo geologico e la parte che esso ebbe nelle numerose, successive crisi, grandi o piccole, lunghe o corte, che tanto fortemente interessarono l'evoluzione terrestre; ma rimane ancora da indicarne la causa. Riguardo alle ondulazioni minori, decennali o pluridecennali, secolari o plurisecolari, già si accennò alla probabile influenza delle macchie solari, ma per spiegare il fenomeno dei grandi sviluppi glaciali sulla superficie terrestre detta causa appare insufficiente; perciò si volle da molti ricorrere a grandiosi fe- nomeni astronomici varii, mentre credo che la causa sia insita nella Terra stessa, come già esposi in una speciale Memoria sopra “Le condizioni meteoro-idrologiche dell'Era quaternaria e la causa dei periodi glaciali, (R. Accad. dei Lincei - 1919), alla quale quindi rimando per ogni dettaglio. La spiegazione da me sostenuta come la più semplice e naturale e che può denominarsi teoria ipsometrica o dell’elevazione od orografica o della deformazione crostale o semplicemente cro- stale o, meglio ancora, orogenica, è in brevi parole la seguente. Le energie termo-dinamiche insite nel globo terrestre pos- sono rimanere più o meno a lungo sopite od apparentemente inattive, per cui, corrispondentemente, sulla superficie della Terra si verificano fasi di calma, di tranquillità orogenetica e quindi anche sismico-vulcanica. Anzi generalmente verificasi allora (per naturale tendenza gravitazionale) una più o meno ampia e profonda depressione (quasi un accasciamento o abbas- ‘samento) crostale, che fa estendere le aree oceaniche colle re- lative conseguenze: nella sedimentazione, prevalentemente ma- rina, fine, piuttosto argilloso-calcarea, spesso trasgressiva sulle formazioni più antiche; nel clima piuttosto dolce e subuniforme; nelle precipitazioni atmosferiche a tipo prevalentemente ocea- nico. Perciò anche l’Evoluzione biologica in tali fasi anorogeniche (pliotermiche del Ramsay), relativamente lunghe, con notevole assorbimento dell’anidride carbonica, può svolgersi in modo più o meno lento, graduale, regolare ed uniforme, a tipo, direi, -darwiniano; l’attività organica presentasi allora specialmente notevole nelle aree marine tanto ampie, donde il grande svi- luppo delle formazioni calcaree, ecc. 154 FEDERICO SACCO Ma intanto, durante detta fase di relativa tranquillità, a tipo che si potrebbe denominare attualistico, si vanno natural- mente accumulando in profondità le energie potenziali endogene, finchè la somma delle loro varie tensioni riesce a vincere la resistenza crostale della Litosfera. Allora si verifica una nuova e ben diversa fase, deforma- tiva, diastrofica, orogenica l. s. (miotermica sec. Ramsay), con prevalente sollevamento crostale; ciò per fenomeni, sia oroge- nici (corrugamenti e quindi sollevamenti di catene montuose, ecc.), sia epeirogenici (elevazioni e quindi emersioni continentali); fenomeni naturalmente accompagnati da fratturazioni e nuovi assettamenti crostali, quindi dall’intensificazione del seismo, del plutonismo e del vulcanismo, colle connesse grandi emissioni di vapori acquei, di anidride carbonica e di polveri vulcaniche che si spargono nell'atmosfera diminuendo notevolmente (1) l’effetto della radiazione solare sulla Terra, cioè la media in- tensità di insolazione, ed aumentando la quantità e la conden- sazione dei vapori acquei e quindi le precipitazioni atmosferiche. Cosicchè detta fase può anche talora apparire nel suo assieme come cataclistica. Inoltre detto complesso fenomeno di sollevamento (dal quale naturalmente derivano pure importanti cangiamenti nelle cor- renti marine ed atmosferiche, grandiosi mutamenti oro-idrogra- fici, climatici, ecc.) deve produrre anche, per diretta conse- guenza, il fatto che su certe regioni continentali, ben più vaste e più elevate di prima, si accentuano notevolissimamente le con- densazioni e quindi le precipitazioni atmosferiche a regime piut- tosto continentale che non oceanico, sia pluviose (donde gran- diosità delle correnti acquee continentali, spesso diluviali, potenza delle erosioni, spessore e grossolanità nelle sedimenta- zioni, accumuli carboniosi, ecc.), sia, a qualche altitudine, nevose (con grande abbassamento della linea delle nevi persistenti e (1) Vedi le recenti ricerche di Abbot e Fowle (Volcanoes a. Climate, 1913) e di Humphreys (Vulcanie Dust a. other Factors in the production of C.imatic Changes a. their possible relation to Ice Ages, 1918) sopra gli effetti climatici di alcune esplosioni vulcaniche dal 1750 ad oggi, per le quali (pur essendo minori di quelle ben più numerose e grandiose, del passato) fu diminuito persino del 10 al 20 per cento l’effetto della radiazione solare sulla superficie terrestre. nia 1. E LE OSCILLAZIONI GLACIALI 155 quindi con un enorme ampliamento dell’area di sviluppo di questi manti od accumuli nevosi permanenti), derivandone natu- ralmente la costituzione e lo sviluppo dei ghiacciai. Da tutto questo complesso di grandiosi fenomeni oro - idrogra- fici, endogeni, sedimentari, meteorologici, climatologici, ecc. (di cui si hanno le prove sicure litologiche, tettoniche, ipsometriche [spe- cialmente pel Neogene], ecc.) naturalmente anche l’Evoluzione biologica rimane fortemente influenzata (oltre che notevolmente accelerata), sia in senso negativo, per es. colla distruzione di forme non adattantisi ai nuovi ambienti, sia in senso positivo, provocando per es. la trasformazione più o meno rapida (direi devriesiana) delle forme più plastiche e quindi l’apparsa di nuove specie ed anche di nuovi gruppi organici; dal che deri- vano in massima parte quei maggiori cangiamenti paleontologici (talora persino coll’aspetto di crisi o rivoluzioni biologiche, già credute nuove creazioni) su cui si basano essenzialmente e giusta- mente i geologi nella suddivisione della serie sedimentaria della Crosta terrestre. Dopo una tale fase più o meno intensa ed estesa, oroge- nica, di diastrofismo (generalmente suddivisa in varii periodi) con tutte le sue sovraccennate conseguenze fisico-biologiche, dato sfogo, direi, temporaneamente alle energie termo-dinamiche subcrostali, si ritorna ad una nuova, più o meno lunga fase anorogenica, di relativa calma e quindi di graduale e regolare evoluzione fisico - biologica ; finchè l'accumulo lento ma continuo di dette energie (tensioni, ecc.) endogeiche permette un nuovo sforzo orogenico, occasionando una nuova fase diastrofica e così di seguito. Tali fasi verificansi (riguardo all’intensità, alla durata, ecc.) tanto in grande quanto in piccola scala, derivandone quindi le distinzioni maggiori (Ere) e minori (Epoche o Periodi) della cronologia terrestre. Da quanto si è sommariamente esposto nelle pagine prece- denti sul Glacialismo terrestre parmi si possa concludere che le minori oscillazioni climatiche, e quindi glaciali, uni o pluri- decennali, e forse parecchie di quelle uni o plurisecolari, sono probabilmente dipendenti, almeno in parte, dalle variazioni delle macchie solari che sappiamo influire più o meno nettamente 156 FEDERICO SACCO — LE OSCILLAZIONI GLACIALI sopra diversi fenomeni terrestri, come il magnetismo, la tem- peratura, i cicloni, nonchè in generale sulla meteorologia terrestre. Invece le ben più grandiose, intense ed estese oscillazioni climatico-glaciali positive verificatesi sulla superficie della Terra in periodi diversi, tra loro più o meno lontani (millennii ed anche centomillennii), oscillazioni generalmente concomitanti coi feno- meni orogenetici, costituendo un episodio od una fisionomia parziale, ma importante, delle grandi e complesse crisi geiche, sono piuttosto da ritenersi di origine tellurica, cioè attribuibili essenzialmente all’intensificarsi del diastrofismo crostale. Quindi i periodi gla- ciali, cioè le maggiori intensificazioni del Glacialismo geologico, corrisponderebbero alle fasi, direi, positive o di sollevamento, delle ondulazioni o pulsazioni più o meno ritmiche che tante volte si verificarono successivamente nell’esplicazione delle forze termodinamiche della Terra e che ancora si verificheranno in avvenire, finchè non si affievoliranno sino al loro spegnimento tali gigantesche Energie interne del Globo terrestre. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA GRAFICA Fig. II — Oscillazione stagionale della fronte del ghiacciaio del Rodano nel suo complessivo regresso dal 1887 al 1899. » II. — Oscillazione dei ghiacciai dell’Argentière (M. Bianco) (—) e di Macugnaga (M. Rosa) (.....) specialmente durante il sec. XIX. s II. — Oscillazione media dei ghiacciai del M. Bianco durante gli ul- timi secoli. n IV.— Oscillazioni climatiche, durante gli ultimi tre Millennii, nel Nord-America occidentale (—) e nell'Asia centroccidentale (....). » V. — Oscillazioni glaciologiche in generale sulla Terra dalla fine dell'Era Terziaria ad oggi. » VI.— Oscillazioni glaciologiche in generale sulla Terra attraverso tutta la serie delle Ere geologiche. È À d © Ù RIVARA ì di N d È p 7 % °D 7/78 a >, A > Lun ungheza viel 2A vilivo) dal 1887 al 7,899); Ph 160 GO nt NE mo so 90 4600 10 20 300 40 so co 70 80 80 1700 10 20 30 40 0 69 70 80 90 180010 20 30 19 so 60 70 80 90 4900 6°) i I A Sex Secolo xv1 Secolo XVMI Sch WX = Rel seo 4000 1200 4400 (600 1800 | y 3 OLII) MM a. È / « Miillannio P. E 2° Voillennio P G -No. No.- To, FW 04. I, \Iliocene sp. Ilislocene Micene e 1 _/tme‘cf i TTiemeeeeeeeeeeemeetImllmo—mwotr: Givi preburonica G. presambica € tue, O pudev, Gisi anta! Cluam. plat (asehe cuna ) (aporia) català) (erciniana) (alpina) CA UeBeozvico Sroterowico Galeozoteo Moesoz. C20 - oc, 158 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO I concetti moderni sulla figura matematica della Terra. Appunti per la storia della geodesia. NOTA IX Il divario fra l’ellissoide e la terra fluida dell’Img. OTTAVIO ZANOTTI BIANCO (4) Ipotesi fondamentale del problema del quale stiamo per occuparci è che la Terra fosse originariamente fluida; è noto d'altronde, specialmente per la teoria della precessione e nu- tazione dell'asse terrestre, che la densità della materia costi- tuente il globo terrestre, va crescendo dalla superficie al centro: è intieramente ignota per contro la legge secondo la quale quella densità cresce colla profondità. Di queste leggi ne furono pro- poste non poche, naturalmente non basate sull’osservazione; ma bensì sopra considerazioni teoriche essenzialmente matematiche. In tale stato di cose si sa che la Terra fluida non può avere rigorosamente la forma di una ellissoide schiacciata alle estre- mità dell’asse di rotazione, ma si ammette che essa prenda la forma di uno sferoide di poco differente dall’ellissoide, e simme- trico, ove non si avverta il contrario rispetto all'equatore. Il problema enunciato ha per iscopo di determinare di quanto, lungo il raggio vettore di un dato punto, lo sferoide sovrasti o sia depresso rispetto all’ellissoide concentrico e di eguali assi. Per quanto io mi so, il primo che abbia trattato il nostro problema è Giorgio Biddel Airy, nel suo lavoro intitolato On (‘) Spero in una prossima Nota di poter completare la storia dell’ar- gomento che forma oggetto della presente. tg To sea IL DIVARIO FRA L’ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 159 the Figure of the Earth, stampato nella parte Ill del volume pel 1826 delle Philosophical Transactions di Londra (vol. CXVI, p. 548). E fu il primo, perchè fu anche il primo, se non erro, a considerare nei calcoli la figura della terra spingendo l’ap- prossimazione fino alla seconda potenza dello schiacciamento, necessaria alla natura del problema. Darwin (G. H.), figlio al celebre naturalista, scrive le linee seguenti circa i risultati ottenuti da Airy pel problema che ci occupa. “ Airy poi conchiuse che la superficie della terra (#he Earth"s “ surface) deve essere depressa sotto il livello del vero ellis- “ soide nelle latitudini medie. Egli non diede alcun apprezza- “ mento numerico di questa depressione, ma espresse l'opinione “che deve essere molto piccola , (1). Thomson nel vol. II della Natural Philosophy sua e di Tait, p. 371, scrive quanto segue: “ Nel caso poi di piccola devia- “ zione dalla figura sferica. che solo interessa in riguardo alla “ teoria della figura della terra e della sua costituzione interna, “ la superficie limite, e la superficie di egual densità e pres- “ sione, sono molto prossimamente ellissoidi di rivoluzione schiac- “ ciate. Airy ha stimato 24 piedi la massima deviazione della “ superficie esterna da un vero ellissoide ,. Questa affermazione di Thomson e Tait è ricordata da Helmert a pag. 141 del vo- lume secondo della sua grande opera 7heorieen der Hoheven Geodiisie. È difficile conciliare le due asserzioni di Darwin e di Thomson e Tait (?). Darwin scrive genericamente l'equazione di un’ellissoide di semiassi a,a(1—e) e di schiacciamento e così sg (_cost8_ aglicoza ) (es sen 6) = e, (4) Monthly notices of the Royal Astronomical Society, LX, 1900, pp. 82-124 e Scientific Papers, vol. III, p. 78. (®) Vedi al riguardo una lettera dell'autore del presente scritto al giornale inglese Nature, e la risposta del D" C. G. Knott in Nature, vol. 102, pag. 384, 16, I, 1919. Avverto ancora che è strano che Toahunter nella sua magistrale opera Mistory of the theory of attraction and the figure of the Earth, non menziona l’importantissima memoria di Airy della quale sì discorre nel testo. 160 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO ove r è il raggio vettore e 9 la colatitudine contata dall'asse di rotazione; svolgendo in serie e trascurando le potenze di e >2, si ha 3 s r=al(i — e cos? 8 = e? cos? 9 sen? 8). N Poi considera uno sferoide rappresentato dall’equazione generica / f 3 \ r=a|l—ecos?0 + (Fe +e) sen? 6 cos? 6). Questa superficie avrà pure uno schiacciamento e, e l’eccesso del suo raggio vettore su quello dell’ellissoide è af sen?9 cos?8. Il massimo eccesso si verifica alla latitudine geocentrica di 45° Cada ; l ed è 4 of. Darwin osserva che quella grandezza che egli ha designato con —f è designato da Airy con A. Darwin designa con a, e, F stampatella i valori di @, e, f, corrispondenti alla superficie limite esterna della terra. Airy pure trova per deviazione massima tra ellissoide sfe- È - . È spit ads . roide alla latitudine geometrica di 45° dA; e siccome AedF sono dello stesso ordine di grandezza, così tradotti in numeri dovrebbero mantenersi tali; invece Airy dà A= 0,000064 che darebbe, come osserva Knott (Nature, p. 384), per deviazione ‘ massima 334 piedi. Darwin ha F=0.00000205 che lo conduce ad una deviazione massima di — 3,26 metri, cioè circa 11 piedi. Evidentemente lA di Airy e l'F di Darwin non sono dello. stesso ordine di grandezza. Non ho rifatto i calcoli di Airy, ma quelli di Darwin sono esatti. Dopo Airy si occuparono del nostro problema Hargraeve, in uno scritto intitolato On the calculation of attractions unu the figure of the earth, e pubblicato nel volume CXXXI, 1841, delle Philosophical Transactions, pp. 75-98, senza però giungere a risultati numerici. Questo lavoro è menzionato da Helmert (Theorieen, II, p. 141), ma non da Darwin. Helmert menziona anche alcuni sviluppi di Schmidt nei quali si tien pur conto della seconda potenza dello schiacciamento: ma neppure in essi si giunge a numeri (Lehrbuch der mathematischen und physischen Geographie, G6ttingen, 1829, vol. I, p. 339). IL DIVARIO FRA L'ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 161 Bruns nella sua classica Figur der Erde (pp. 16-18) ha ri- solto il problema di trovare quale è il massimo distacco fra il geoide ed un’ellissoide di eguale schiacciamento. Il geoide, come si sa, non è che uno sferoide di livello passante per un punto della superficie fisica terrestre, e costituisce la superficie mate- matica della terra. Bruns pone a rappresentare il geoide l’equa- zione Bri MK 2,2 (1) U,=t+ cs (1—3 sen? @) +- —" cos? © dove r e ® sono la distanza dal centro e la latitudine geocen- trica del punto generico, M è la massa terrestre e X è tale che se MA, MB, MC sono i tre momenti principali d’inerzia della terra si ha K=C— È (A+ 5). Si può dimostrare, come segue, l’asserzione di Bruns, che la superficie rappresentata dalla (1) è del 14° ordine. U, è una costante e si ha r=Vo ++, e=TcC08P così, y=rcospsenì, 2=rsen®. L'equazione (1) si può scrivere così (U— PG +y9)) = Met PE (4g 222), che elevata al quadrato diviene razionale ed è del 14° ordine; w è la velocità angolare della terra. La superficie del 14° or- dine qui considerata diversifica di pochissimo da un’ellissoide ; e la si può riguardare, lo dicemmo, per quanto concerne la figura della terra, come il rappresentante tipico del geoide. Siano r,, 9g, il raggio e la gravità equatoriali; 73, gs quelli polari, sia r; — rx ="7}0, 0 rappresentando lo schiacciamento. Bruns ritiene senza esitazione sufficiente al suo scopo il porre SERIA 1 e= -- ra di 289 — (17° Atti della R. Accademia — Vol. LV. 11 162 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO nd Colle notazioni precedenti si ha rispettivamente per l’equatore ed il polo M MK (Mi E rei Uo r, 2,3 9 1g: 0 1) ri} , QU M Sì MK et + -- — W?r}, Y1 dr ri TRON 1 QU MISMA QG,= — —=T-; 92 dra 1 13° Da queste, con semplici operazioni e trascurando termini di or- dine più elevato, egli ottiene il teorema di Clairaut sotto la forma E l2a: Ma - g)=att4 94870. Poi Bruns scrive questa osservazione importante, perchè generalmente seguìta tranne in alcuni lavori speciali. “Quando si utilizza il teorema di Clairaut per la deter- “ minazione dello schiacciamento a mezzo delle osservazioni “ pendolari, si possono sopprimere i termini di secondo ordine, “ poichè la loro influenza è molto più debole di quella delle “ perturbazioni della gravità ,. Già dicemmo che Airy e Darwin tennero conto anche dei termini di secondo ordine: vedremo che ciò fu fatto anche dal matematico tedesco Wiechert. Colle precedenti condizioni sì ottengono le relazioni Go Gi SAL ) 7) pae a = rire (1—a), M=r?g9(1+3). MK=rig, (1-0), kr nu +3). Uo= rig (1 + Te) ia (1 > 5) Tr rage(1 rin 2a) . Per avere la distanza massima tra lo sferoide U= UV, e l’ellissoide concentrico di semiassi r} ed rs, riprendo l’equa- zione (1) sotto la forma ira ui M @ r= (14 (1-3 sen9) + $£ costo), RD r nti Dabire tft ict ld i IL DIVARIO FRA L’ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 163 che è come prima approssimazione, l’equazione polare della curva che colla sua rotazione attorno all’asse polare genera il geoide. Supponiamo ora che r sia svolto in una serie ordinata secondo le potenze di sen? @, così r=r,}(1— as sen? p + + a, sent © ...) (3). All’equatore @= 0 ed r=7r,, al polo p= 90° ed r=r,(1_ a, + 0,...)=s, così che lo schiacciamento an lago, +... 1 Sostituisco ad r la sua espressione data dal secondo membro della (3), avrò, svolgendo nel secondo membro trascurando le potenze di r superiori alla seconda, nonche quelle di sen? @ su- periori alla seconda r;(1-— a, sen?p + a, sentp...) = MI14f, (1 8 song) (14 2a, sent 9) + ‘0 i w° 7,3 3 + grill Ren ©) (1 da, sen? P) + ... | £ ed eguagliando i coefficienti che nei due membri affettano ri- spettivamente sen*?@ e sen'®, e sostituendo nell’ espressione r=tr,(14+asen?@ + a, sen'@...), avendo sostituito a ad 9, il che è consentito dall’approssimazione adottata, avrò 2 r= mn |1—a(1 +4)sen2o +5 sento +...{. Per un’ellisse di semiassi r, ed r, si ha pu I-a(1 + So) sen? @ + 3 sent 9 - dA; per cui r—-r'=r;0? sen?p — ra? sentp + ... = r10° sen? p cost p +... =_= = 19% 1; quindi lungo il parallelo di 45° il geoide abbraccia l’ellissoide di egual schiacciamento e ne dista di 19%,1. Helmert nelle pp. 79-80 del volume 2° ha riprodotto quello svolgimento di Bruns alquanto modificato e a p. 90 ne riferisce il risultato numerico. che è massima per @= 45°, e si ha 164 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO L'espressione cui giunge Helmert per la sopraelevazione dello sferoide normale o geoide sull’ellissoide di eguale schiac- ciamento è 3 0)0(a+28)1, pp. 80 e 83, ove è ar schiacciamento, a— db a B= Le differenza fra la gravità 9g, al polo e quella ge all'equatore divisa per quest’ultima, e si pne que “e rapporto fra la forza centrifuga all'equatore e la gravità equatoriale. Egli adotta come espressione della gravità alla latitudine geografica B l’espressione g = 9,7806 (14- 0,0052 sen? B), per cui al livello del mare si ha: ge = 9,7806 e B = 0,0052, e pren- dendo con Bessel a = 6377397 m. ha g= si 4l reiteratamente il teorema di Clairaut trova a = 0,0034512. Si rammenti che il teorema di Clairaut fornisce la forma non la grandezza dell’ellissoide normale o del geoide, e che questo è appunto tale da soddisfare alla legge di gravità trovata dalla quale è dedotto. Coi soprascritti dati numerici Helmert trova per la massima elevazione del geoide sull’ellissoide 12,7 m. A risultati numerici ancora giunse Helmert nelle pa- gine 136-140 del detto volume. Egli propone il problema nel titolo del paragrafo: Estimo del divario della superficie di una terra fluida dalla forma di un’ellissoide di rivoluzione. Nella so- luzione egli si giova del teorema noto seguente: una massa fluida, pressochè sferica, rotante, deve avere la forma di una su- perficie di rivoluzione... che gli permette di limitare la sua solu- zione alla ricerca del divario fra le due curve meridiane gene- ratrici della superficie di una terra fluida e dell’ellissoide di rivoluzione, s'intende, di eguale schiacciamento. Dopo l’enun- ciato del problema Helmert scrive quanto segue: “ Poichè la densità della terra è variabile, e precisamente cresce verso l’interno, così una terra fluida, non può, come si “ può mostrare, assumere, avere una superficie foggiata ad el- “ lissoide di rivoluzione ,. “ Noi non vogliamo qui procedere ad un computo accurato “ del divario fra le due superficie; ma staremo contenti ad esporre . Indi applicando “e IL DIVARIO FRA L'ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 165 “ alcune considerazioni, che ci permettono di ricavare una grosso- “lana misura di quel divario, con tenue applicazione di sviluppi. Egli esprime il raggio r vettore di un punto generico del corpo di latitudine geocentrica @ colla formola = RR.) ove R è una costante, e cioè il raggio equatoriale dello sferoide e K,, K, funzioni sferiche di @, tralasciando XK; e K,, perchè si limita a considerare superficie di rotazione simmetriche ri- spetto all'equatore, e tali che è Il 3 K,= sent@ — 2 sen? @ SS ita K, = sen? @ —- n 35 7 4 4 Kg =K,+k i ae Applicando poi noti teoremi delle funzioni sferiche all'espressione "aa 430 73 r* P, r° P, 75 P, lp: Vv 7 JE + 4 mai 5 2 = 6 393 7 ON Rio r (ove P,, P.... sono funzioni sferiche di ©) del potenziale del- l'attrazione di uno sferoide di densità 9, egli procede a trovare l'equazione della superficie della terra fluida. Egli la suppone costituita, come appare dal seguente suo periodo: “ Ammettiamo “ora che la terra sia formata da uno sferoide omogeneo inte- “ riormente compenetrato da strati omogenei sferici concentrici «“ allo sferoide, col centro comune nel centro di gravità ,. Questi strati siano di densità maggiore di quella generale dello sfe- roide. Chiama M la massa totale della terra, M, quella dello sferoide omogeneo, applica allo sferoide l’espressione del poten- ziale che egli ha trovato, e pel complesso degli strati sferici quella semplice di Massa: distanza dal punto attratto, e trova per equazione di quella superficie di livello (\X°-M 4 4 k® M, 1 4 w=|(1+ pa) zati 4 (a) — E?| 4 3 da: i d0 — i REM(a,— 3 i?) HM (Car—z0; )}+w®Rs(, riti ar) =" K È 1 nie k3 M (ag — a?) — &? M, È Rari a 01°) dada darlo k2 essendo la costante dell'attrazione. 166 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO Scrive la condizione che annulla i coefficienti di X, e X,, e da esse eliminando w, trascurando i termini in a;3, trova la espressione approssimata (a) ao = 304°; e poichè a ed a, coincidono fino a quantità dell’ordine di a?, così Helmert. scrive a* al posto di a,? nella (a), col che, tralasciando i termini in a3, trova l’espressione (5) eng ne E quindi per uno sferoide di schiacciamento a e di raggio equa- toriale a: r=a(1—[a + 0;] sen?@ + a, sentp+....). Per un’ellisse di eguale schiacciamento a si ha per la di- stanza dal centro r di un punto di latitudine geocentrica ®, come già si vide più indietro, 2 8 a N 8a? A r=a|l_-|a+ 3 sen® @ + — sen PH+...}. Per cui la distanza fra lo sferoide e l’ellissoide lungo il paral- lelo di latitudine geocentrica @, misurata lungo il raggio, è 9 9 1 5) To ta costes) A lap a? — 49) sen? 29, e tenendo conto della (2) si avrà che il massimo di questa dif- j è PE ferenza, che si verifica per sen? @ = SIR M; (1 ida Y ) 79 9 aa? M 8 Ee}mas. 8 g Mi M La densità media della terra è 5,6, quella alla superficie è 2,8. Quindi il minimo valore che può avere la massa dello sferoide omogeneo è M, = ta M e prendendo per a ed a i valori di Bessel a= 6377397 ed a2—=0,00001117 si ha (r:—r)xas.= —16. ps niet \ IL DIVARIO FRA L’ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 167 Dopo ciò Helmert scrive: “ Ma questo valore potrebbe essere “ troppo grande. Noi vedremo che la densità da principio cresce “rapidamente e che già alla profondità di circa a :4 è uguale “a 5,6. Poniamo quindi per base uno sferoide omogeneo di den- “ sità 5 (2,8 + 5,6), allora sarà M, = è M ed (r,—r.)me. = — 92. “ Noi vedremo che lo schiacciamento degli strati di egual densità “ diminuisce probabilmente andando verso l’interno. Quindi la “ massima distanza primamente trovata potrebbe essere troppo “ grande, giacchè essa in certo qual modo implica la supposizione “ di una rapidissima variazione dello schiacciamento fino a zero. “Il secondo valore mostra che un moderato ingrandimento “ della densità superficiale diminuisce notevolmente la differenza “(rs r.)ms.. In ogni caso le distanze fra l’ellissoide e lo sfe- “ roide sono minime ,,. Helmert poi osserva che se si confrontano gli ultimi risul- tati con quello di Bruns, si avverte che, per uguali grandezze degli assi, lo sferoide normale e lo sferoide dianzi considerato si distaccano dall’ellissoide di quantità del medesimo ordine, ma in senso opposto. E cioè, lo sferoide normale o geoide abbraccia o avvolge alle latitudini medie l’ellissoide: lo sferoide consi- derato da Helmert, cioè la Terra fluida, è a quelle medesime latitudini depresso sotto l’ellissoide. “ Ciò non deve meravi- “ gliare ,, scrive Helmert, “ poichè deviazioni anche molto tenui “ della distribuzione della massa nell’interno della terra da « quella dello strato fluido sono sufficienti a produrre una tale “ differenza. Ma indubbiamente la terra è solida fino ad una “ certa profondità, e se poi anche qui, a cagione di deviazioni “ della distribuzione della massa, dalla condizione fluida si ge- “ nerano tensioni, le quali da ultimo producano una distribuzione “ prossima a quella, ciò non si può tuttavia estendere a’ frazioni “ del raggio, della grandezza dell'ordine di a? ,. In appoggio di questa sua affermazione Helmert adduce due esempiì irrefutabili. Egli si valse delle formole per la variazione della gravità al livello del mare date da Borenius e da Paucker (!), (') “ Bulletin de la Classe physico-mathématique de l’Académie des Sciences de St-Pétersburg ,, tome I, 1843; ibidem, tome 12, pp. 120-123; tome 13, pp. 49-89 e 225 237, particolarmente la p. 227. 168 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO e applicando il teorema di Clairaut per avere lu schiacciamento e gli altri coefficienti della sua formola, ottenne per la massima distanza fra lo sferoide normale del geoide e l’ellissoide di eguale schiacciamento, e facendo a = 6377397, le espressioni seguenti, dedotte da due differenti espressioni trovate da Borenius, con osservazioni della gravità al suo tempo, rispettivamente Sferoide sopra l’ellissoide al massimo + 92,3 ” , » , — 5 dalla formola di Paucker ebbe Sferoide sopra l’ellissoide al massimo — 1142, Nel 1900 Giorgio Darwin pubblicò nelle “ Monthly Notices of the Royal Astronomical Society ,, la Memoria già menzionata intitolata: The Theory of the figure of the Earth carried to the second order of small quantities: questa fu stampata poi anche nel volume dei Scientific Papers del medesimo autore (Cambridge, University Press, 1910), pp. 78-118. Nell’irtroduzione a questa Memoria il sig. Darwin scrive quanto segue: “ Nel secondo volume della sua “ Hohere Geodtisie, il dott. Helmert ha anche investigato la formola «“ per la gravità fino al secondo ordine di piccole quantità. L'espres- sione della gravità che egli paragonò coi risultati degli espe- rimenti del pendolo, fu presa come non avente alcun termine dipendente dalla quarta potenza del seno della latitudine. I ri- sultati degli esperimenti sono alquanfo irregolari, e non vi era alcun vantaggio nell’inclusione di un tal termine; conse- guentemente il dott. Helmert ammise, che un tal termine è di fatto evanescente, e accennò che ciò implica che la super- ficie della Terra è elevata sul vero ellissoide, invece di essere depressa sotto di esso, nelle latitudini medie. Non vi può, io penso, esservi alcun dubbio che debba esservi una depressione, e perciò sembra che sarebbe più sicuro di adottare una for- mola tale quale io l’ho data al $ 6 (41) per le future ridu- zioni delle osservazioni pendolari ,. La formola per la gravità alla quale allude Darwin, che sì riferisce al livello del mare, è la seguente: g= ge(1+ d cos?) — 0,0000295 sen? A cos? )) ove 9 e ge sono la gravità alla colatitudine XY e all’ equatore b — Ip — Ye Ge PSI | 9, essendo la gravità al polo. ione IL DIVARIO FRA L'ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 169 Per le formole della gravità proposte dopo quella di Darwin (1900), vedasi il nostro lavoro: / concetti moderni sulla figura matematica della Terra, note otto, negli “ Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino ,, per gli anni 1904-6-7-8. L'affermazione che Darwin attribuisce ad Helmert, nel passo che qui trascrivo a scanso di equivoci: “ and pointed out that “ this implies that the Earth's surface is elevated about the “ true ellipsoid, instead of being depressed below it in middle “ latitudes ,, e che chiude il cenno sull'opera di Helmert su questo argomento, è senza dubbio contenuta nelle parole che qui traduciamo (Theorieen, II, p. 90), e che seguono l'esposizione del risultato di Bruns, da noi pur riferito più sopra: “ Eviden- “ temente a tutto rigore g al livello del mare non è più fornito “ solo dall'espressione g= g.(1 ++ f sen? B), ma Sì presentano ancora termini in sen4 B e seguenti, i quali però possono pren- dere solo valori molto piccoli, come d’altronde già segue dalla tenue differenza fra le massime elevazioni 13 e 19 metri ,. In nessun altro passo di Helmert trovo espressioni che giustifi- chino l’affermazione che Darwin gli attribuisce. A risultati perfettamente concordanti con quello di Helmert da noi riferito a p. 167, giunse Callandreau in un suo notevole studio. Intorno ad esso, ecco quanto scrive Darwin a p. 79 del suo volume: “ Nel volume XIX (1889, pp. E, 1-84) degli ‘ Annales de “ l’Observatoire de Paris’, il sig. Callandreau ha svolto un’ela- borata investigazione dei problemi considerati in questo scritto. La pubblicazione del mio lavoro avrebbe potuto, per fermo, non essere necessaria, se non fosse che il mio procedimento è a mio avviso più semplice del suo, e che le mie formole sono presentate in una forma più trattabile. Tuttavia, per qualche rispetto, ad esempio nella soluzione numerica delle equazioni differenziali, ho portato il lavoro alquanto più lontano “di quanto egli abbia fatto; ma d’altra parte egli considerò “ alcuni punti interessanti, che io non tocco. I nostri due me- “ todi differiscono nei particolari dal principio al fine, e sarebbe “ piuttosto fastidioso il confrontarli punto per punto. Io fui con- “tento nel riconoscere che noi navighiamo lungo rotte paral- “ lele. Il sig. Callandreau scrisse anche una breve ma impor- “ tante Nota sullo stesso argomento nel ‘ Bulletin Astronomique ” “ pel 1897 |. “ “ “ 4 170 OTTAVIO ZANOTTI BIANCO A p. 102 Darwin scrive: “Il sig. Callandreau non risolse la sua equazione differen- “ ziale che corrisponde colla mia, ma egli conchiude che la de- “ pressione alla latitudine 45° deve essere minore di 5 metri ,. A p. 117 poi scrive ancora: “ Si è asserito nell’introduzione che il sig. Callandreau ha “ trattato questi problemi con metodi alquanto diversi dal mio. “ Egli concluse, ma senza risolvere definitivamente l’equazione “ differenziale, che la depressione alla latitudine di 45° deve “ essere minore di 5 metri ,. Quest’asserzione di Darwin si riferisce ad una nota a p. E. 51 dello scritto di Callandreau, che così è: “ La dépression ne dé- “ passerait guère 5" vers la latitude de 45° ,. Ma nel testo alla pagina medesima si legge: “ Une conséquence dans le cas de “la Terre est que la dépression de l’ellipsoîde, maximum è “45 degrés de latitude ne saurait atteindre 7" ,. Ma di ciò Darwin non ha tenuto conto. Il sig. Hamy, una delle più sicure e riconosciute autorità su questo argomento, da me interpellato al riguardo, ebbe la cortesia di scrivermi quanto segue, e molto ne lo ringrazio, a proposito dell’affermazione contenuta nella nota di Callandreau: “ Mais ce résultat fondé sur un calcul très critiquable ne saurait “ infirmer en rien la première conclusion. La limite de 7® obtenue “ suppose admise une formule proposée par Radeau ,. Darwin ha ignorato l’esistenza di una nota di Callandreau pubblicata nei “ Comptes-Rendus de l’Académie des Sciences ,, tomo CX, 1890, intitolata: cart entre la surface de la Terre supposte fluide et celle d'un ellipsoide de révolution ayant mémes axes. Il “ Bulletin astronomique ,, tomo VII, 1890, p. 239, così scrive di quella Nota di Callandreau: “ L’écart en question est “ de l’ordre du carré de l’aplatissement; la théorie de Clairaut, “ étendue aux termes de l’ordre du carré de l’aplatissement, “« montre que la surface fluide est déprimée relativement è l’el- “ lipsoîde; et M. Callandreau trouve que le maximum de cette dépression pour la latitude de 45°, atteint au plus 9,1: ce “ chiffre est précisément conforme aux évaluations de M. Helmert, “ dans sa Géodésie Supérieure, tom. II, chap. II, $ 36, p. 136 ,.. Il numero — 9%, già da noi riferito, sta a p. 140. Il sig. Hamy, al riguardo mi serisse: “ C'est en laissant a I a Ln» » o eo Lai De IL DIVARIO FRA L’ELLISSOIDE E LA TERRA FLUIDA 171 “ toute supposition de còté que Callandreau a obtenu la limite “ inférieure de 9%, pour la dépression de l’ellipsoîde ,. Nel volume XXII pel 1890 (1893) del “ Jahrbuch iiber die Fortschritte der Mathematik ,, p. 1196, leggesi quanto segue: “ In “ seguito a lavori pubblicati da Tisserand e Radau nei ‘ Comptes- “ Rendus’ pel 1884 e 1885, l’autore (Callandreau) viene a com- “ pletare la sua Memoria contenuta nel volume XIX degli ‘ An- “ nali dell’Osservatorio di Parigi’. La massima depressione della “terra fluida rispetto all’ellissoide di rivoluzione sotto la lati- “tudine di 45 gradi raggiunge al massimo 9®,1, coincidente col “ risultato che Helmert ottenne nel volume II della sua Geo- “ desia Superiore ,. Helmert si valse varie volte sempre con citazioni dei ri- sultati di Darwin, ma, per quanto mi consta, non ebbe mai nep- pure una parola circa l’asserzione di lui a suo riguardo, che dimostrammo infondata. Darwin, a sua volta, scrive di Helmert con molta deferenza e riguardo, e si dichiara a lui debitore di informazioni notevoli mentre egli stava scrivendo il suo lavoro. Rimane quindi provato che Helmert ha ampiamente rico- nosciuto ed esattamente calcolato la depressione della Terra fluida rispetto all’ellissoide di eguali assi alle latitudini medie. Helmert, il più grande geodeta, dopo Bessel, fu rapito alla scienza durante la guerra: ma sia detto a sua maggior gloria, egli non firmò il manifesto dei dotti tedeschi a giustificazione della guerra scatenata, flagello immane, sull’umanità dalla Ger- mania. Nessuna nube offusca la gloria di quel grande, ed il nome di F. Roberto Helmert (') suonerà alto e puro finchè la vera ed onesta scienza avrà culto fra gli uomini. (4) F. Roberto Helmert nacque a Freiberg in Sassonia il 31 luglio 1843, morì a Potsdam il 15 giugno 1917. 172 FAUSTA BALZAC Osservazioni cristallografiche sull’azzurrite di Gonnesa (Cagliari) Nota di FAUSTA BALZAC Pochissimi giacimenti italiani di azzurrite sono stati finora descritti cristallograficamente. Infatti, dopo il prof. Riva che nel 1899 trattò dell’azzurrite di Rosas nel Sulcis (2), descrivendo cristalli piccolissimi, costan- temente allungati secondo l’asse y, ed il prof. Zambonini che nel 1907 ne descrisse alcuni provenienti dal Timpone Rosso, presso Lagonegro (3), non si ebbero che le notizie del Millo- sevich relative al giacimento del Castello di Bonvei, presso Mara (4), in cui l’azzurrite si presenta in struttura concentrico- lamellare, e nel 1913, infine, lo studio del prof. Manasse sul- l’azzurrite di Calabona, presso Alghero (5), i cui cristalli però, pur essendo, almeno in parte, abbastanza ricchi di faccie, pre- sentano sempre l’abito più comune per la specie e tutte forme già note. Ora, avendo il prof. Zambonini avuto dal dott. Crida un campioncino proveniente dal giacimento di Gonnesa, in provincia di Cagliari, con cristalli di habitus non comune, credette non privo d’interesse il farne fare la determinazione cristallografica, (1) Lavoro eseguito nell'Istituto di mineralogia della R. Università di Torino, diretto dal prof. Ferruccio Zamborini. (2) C. Riva, Sopra la formazione diabasica e sopra alcuni minerali di Rosas nel Sulcis. “ Rendiconti R. Istituto Lombardo ,, 1899, XXXII, 344. (3$ F. Zamonini, Notizia cristallografica sull’azzurrite del Timpone Rosso presso Lagonegro. © Rend. Ace. Lincei ,, 1907, XVI, 2° sem., 737. (4) F. Mrrrosevica, Appunti di mineralogia Sarda. Il giacimento di azzur- rite del Castello di Bonvei. “ Rend. Acc. Lincei,, XV (1906), II, 732. (5) E. Manasse, Azzurrite di Calabona presso Alghero. © Memorie Società Toscana di Scienze Naturali ,. OSSERVAZIONI CRISTALLOGRAFICHE, ECC. 173 e, cortesemente, me ne affidò l’incarico, del che mi è grato ringraziarlo. I cristalli ch’ebbi in esame si prestano assai bene a misure goniometriche, avendo faccie lucentissime. Essi tappezzano le pareti delle fenditure di una roccia argilloso-quarzifera, molto ricca in venule e cristallini di quarzo. Alcuni, tabulari secondo } 001}, sono abbastanza ricchi di forme, in altri, tabulari secondo }100{, è notevole l’allunga- mento secondo l’asse 2. I primi, secondo l’asse y, raggiungono al massimo la lunghezza di mm. 3, i secondi di mm. 5, lungo 2. Le forme complessivamente osservate sono le seguenti: MEIU0:i c }00L}. 5} 010% {101}. 6}101{ v} 2014 u}302} m}110} p}021} X}032} 4}221} #£}225) fra le quali, la }010{ è rara, e la }032 è nuova per l’azzur- rite, almeno secondo la bibliografia che ho potuto consultare. Quanto a } 225}, essa è nuova per i giacimenti di Sardegna. Fig. 1. Nella fig. 1 ho rappresentaio, ridotto a modello, il più ca- ratteristico fra i cristalli allungati nella direzione dell’asse 7, il quale raggiunge le dimensioni di mm. 3.x2X2. In esso tutte le faccie, abbastanza lucenti, hanno permesso misure discretamente buone. Estese quelle dei pinacoidi } 001! e }100} e dei prismi }110} e } 221{, sono meno sviluppate quelle delle forme }021{ }101{ }201} } 302} } 225}, e picco- lissimo, poi, è il pinacoide } 010}. La forma }225 | presenta un interesse tutt’affatto partico- lare, perchè è una delle più rare nella azzurrite. Fu osservata da Zippe e descritta nel 1831 nella sua memoria fondamentale 174 FAUSTA BALZAC per la morfologia dell’azzurrite (1). Miller le assegnò erronea- mente il simbolo } 125, ma Schrauf, nella sua ben nota mono- grafia (2), notò che, in base al disegno ed ai legami di zona indicati nettamente dallo Zippe, alla forma osservata dal mi- neralista boemo spetta effettivamente il simbolo } 225 | (}1154 nella orientazione di Schrauf). Il prisma \ 225 | deve essere, certamente, assai raro, e non sembra sia stato più trovato. È una, infatti, delle pochissime forme non osservate personalmente dallo Schrauf; non è ricor- data da Lacroix per i cristalli di Chessy (8), e non si trova riportata nemmeno nei lavori più importanti dell’ultimo trentennio, quali quelli di Farrington, di Zimanyi, di Hobbs, di Anderson, di Steiner, di To- borffy, ecc., sui cristalli dell’Ari- zona. del Laurion, del Wisconsin, dell'Australia e dell’Africa meri- i dionale. a pre Nel mio cristallo io l’ho os- servata con una nitida faccetta, che ha permesso una misura abba- stanza buona. Nella fig. 2 ho cercato, invece, di riprodurre al naturale uno dei cristalli allungati secondo l’asse Litri ogate e: verticale. Tale haditus raramente si CRETE osserva in cristalli di azzurrite pro- Fig. 2. venienti da altri giacimenti. Infatti il Lévy (4) figura dei cristalli pro- venienti da Chessy. presso Lione, che hanno questo aspetto, ma presentano però combinate le sole forme } 001}, }110{ e }111{. (1) “ Pogg. Ann. ,, 1831, XXII, 398. (2) “ Sitzungsberichte Wiener Akad. der Wissensch.,, 1871, LXIV (1), 123. (3) Minéralogie de la France et de ses Colonies, IT, 751. (4) Description d’une collection de minéraux, ete., Fig. 2, PI. LXIII del- l’atlante. Vea ai a dd SCR TOTO deci OSSERVAZIONI CRISTALLOGRAFICHE, ECC. 175 I cristalli “ prismatici, di Chessy, figurati da Schrauf e da La- croix, sono generalmente più o meno schiacciati secondo la base ; quelli, pure detti “ prismatici ,, dell'Arizona, descritti dal Far- rington (1), presentano molto estese le forme }110}, } 221}, }101}. Il cristallo da me osservato, invece, è molto allungato se- condo 2 e, pur essendo tabulare secondo la }100}, ha ab- bastanza sviluppate le faccie del prisma }110!, un po’ più ridotte ancora quelle di }) 101}, } 001}, }101{ e } 302}, ed esili, ma nitide, quelle del prisma } 032 |, nuovo per il minerale. Sebbene queste ultime io le abbia misurate ad una sola estremità, essendo il cristallo impiantato per l’opposta di e, le misure sono assai buone, ed il nuovo simbolo rimane stabilito con certezza, come lo prova l’accordo discreto tra i valori ot- tenuti e quelli calcolati in base alle costanti proposte dal Manasse per l’azzurrite di Calabona, e che sono certamente migliori di quelle calcolate dallo Schrauf e generalmente adot- tate, l’inesattezza delle quali risultava già chiara dagli studi di Farrington e specialmente di Toborffy (2). Angoli Valori misurati Valori calcolati (032) : (110) 57° 28' 57° 241), (032) : (100) 88° 36° 88° 36'1/,, Nella tabella che segue ho raccolte le misure che hanno servito all’identificazione delle forme precedentemente menzionate. (1) Crystallised Azurite from Arizona. “ Amer. Journ. Sc. ,, 1891 (3), XLI, 300. (2) Ueber Kupferlasur und Weisbleierz von Tsumeb, “ Zeit. fir Kryst.,, 1913, LII, 225. 176 FAUSTA BALZAC — OSSERVAZIONI CRISTALLOGRAFICHE, ECC. Angoli Misure medie ‘| Valori calcolati (001) : (101) | 44037 | 44048 (001) (cr(10 1), ;.| | 47% 86 Ola, di (001): (CON): |... 60018 eli (0019-1802) | sepgonizizio (Li ibn (001): (110) "| * “sgorga (001) : (021) | = 60027 | 60° 36 (001) (221) 310068010! 68° 19' (001) : (225) | 29° 0° | 290 1/5 (001) : (100) 870 40° [Sig gs (100) : (101) 420 58' 490 53 (100) : (101) 45° 11' 450 4% (100) : (201) 26° 12° | 26° 12° (100) : (302) 33° 15° 33° 26' 1/g (100) : (110) 40° 26' 40° 35° 1/3 (100) : (032) 880 36 88° 36'1/, (110) : (032) 570.28 (| Taeg L’ Accademico Segretario CarLo FABRIZIO PARONA 177 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 21 Dicembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, De Sanctis, BronpI, BAUDI pi Vesme, ScHIAPARELLI, PareTtTA, VipaRrI, PRATO, CIAN, PaccHIONI, e SrAmPinI Segretario della Classe. Scusa l'assenza il Socio VALMAGGI. Si legge e si approva l’atto verbale dell’adunanza del giorno 7 corr. Dal Socio BronpI sono presentati in omaggio all'Accademia, da parte dell'autore Avv. Prof. Emilio Bonaupr, le seguenti pubblicazioni, delle quali espone brevemente i pregi: Della so- spensione degli atti amministrativi (1908); La tutela degli inte- ressi collettivi (1911); Dei provvedimenti d'urgenza del sindaco (2% ed. riveduta ed ampliata, 1920). La Classe ringrazia. Il Socio Cran presenta la sua pubblicazione Il primo cen- tenario del romanzo storico italiano (1815-1824) (Estr. dalla “ Nuova Antologia ,, 1° ott. 1919). La Classe ringrazia. Saranno pubblicate negli Att:: Minucio (Octavius) - Cicerone (De natura deorum) - Cle- mente Alessandrino (Opere). Nota del Prof. Arnaldo BELTRAMI, presentata dal Socio Pizzi; L'anatema di Giovanni d’ Alessandria contro Giovanni Filopono. Nota del Prof. Giuseppe FurLANI, presentata pure dal Socio Pizzi; Atti della R. Accademia — Vol. LV. 12 178 Settecento canoro. Nota II del Socio Cran; Jules Camus filologo. Nota del Prof. Ferdinando NERI, presentata dal Socio CIAN. Il Socio DE Sanctis, anche a nome del Socio PATETTA, comunica una lettera inviata dai Professori H. PIRENNE e J. Binez, delegati dell’Accademia Reale del Belgio, in nome del Segretariato amministrativo dell'Union Académique interna- tionale. I mittenti, richiamandosi all’art. 12 degli statuti del- l'Union, fanno invito perchè siano trasmessi al detto Segreta- riato amministrativo a Bruxelles gli eventuali progetti di ricerche e pubblicazioni da presentarsi al Comitato dell’ Union nella sua prossima adunanza che avrà luogo nel mese di maggio del 1920. Dopo matura discussione, la Classe delibera di prendere atto dell'invito e di ringraziare il Segretariato amministrativo dell'Union, assicurandolo che la nostra Accademia prenderà in attenta considerazione tutti i progetti che le saranno trasmessi per il tramite del Segretariato stesso. Frattanto la Classe invita tutti quei nostri Soci, i quali abbiano proposte di lavori da ese- guirsi sotto gli auspici della Union Académique, a volerle pre- sentare alla Classe stessa, affinchè possano essere conveniente- mente esaminate e discusse. Che se, dovendo le proposte essere trasmesse al Segretariato amministrativo almeno quattro mesi prima della riunione del Comitato, non sarà possibile, nel breve lasso di tempo che questa volta ci resta, assicurarci le colla- borazioni scientifiche ed economiche che sono richieste dagli statuti dell'Union perchè una proposta possa essere presa in considerazione, si potranno tuttavia le eventuali proposte dei nostri Soci sottoporre ad esame e discussione certamente in tempo per la seconda riunione ordinaria del Comitato, che sarà nel 1921. n ARNALDO BELTRAMI — MINUCIO (OCTAVIUS), ECC. 179 LETTURE MINUCIO (0ctavius) - CICERONE (De natura deorum) CLEMENTE ALESSANDRINO (Opere) © Nota di ARNALDO BELTRAMI Minucio XIX, 1 Audio poetas quoque — Cicerone, I 18 sgg. non fa nessuna menzione dei poeti. — Clemente Alessandrino, Protreptico, 73,1 "Itm dè fquiv... xaì ati) ()) nomu. Minucio premette il cenno dei poeti, Clemente lo pospone. Id., 2. Si ricorda il solo Virgilio. — Clem., Protr., 73,2- 76,6, nomina Arato, Esiodo, Euripide, Sofocle, iiso LAS Omero e, una seconda volta, Euripide. Id., 3. Recenseamus, si placet, disciplinam IRR deprehendes eos, etsi sermonibus variis, ipsis tamen rebus in hane unam coire et conspirare sententiam (cioè che Dio è mente, ragione, spirito). — Cic., ib., I 13 Sed iam... ponam in medio sententias philosophorum de natura Deorum. — Clem,, ib., 64,1 Endodumuev dé, si BovAer, ai tOVv pirRocdpwov tàs d65as, doas aùdgodor neoi tOV dev, eù ns ai qpiAocogpiav aòti)v ... xatà maoadooulv rmagaotifjoar duvndòuev dveLo®I- tovoav tv dindewav. Id., 4-6... Sit Thales Milesius omnium primus, qui primus omnium de caelestibus disputavit. Is autem Milesius Thales rerum initium aquam dixit, deum autem eam mentem quae ex aqua cuncta formaverit... Anaximenes deinceps et post A pol- (1) Le edizioni da me adoperate sono quella del Valmaggi (in “ Corpus Scriptorum Latinorum Paravianum ,, moderante Carolo Pascal) per Minucio, quella del Mueller per Cicerone, quella dello Stàhlin per Clemente Ales- sandrino. 180 ARNALDO BELTRAMI lionates Diogenes aéra deum statuunt infinitum et immensum:... Anaxagorae vero discriptio et motus infinitae mentis deus di- citur, et Pythagorae deus est animus per universam rerum na- turam commeans et intentus ex quo etiam animalium omnium vita carpatur. — Cic., ib., 25-27... Thales enim Milesius, qui primus de talibus rebus quaesivit, aquam dixit esse initium rerum, deum autem eam mentem, quae ex aqua cuncta fingeret... Post Anaximenes aéra deum statuit, eumque gigni esseque im- mensum et infinitum... Inde Anaxagoras... primus omnium rerum discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissi- gnari et confici voluit... Nam Pythagoras, qui censuit animum esse per naturam rerum omnem intentum et commeantem, ex quo nostri animi carperentur... [6., 29 Quid? aér, quo Diogenes Apolloniates utitur deo... — Clem., Protr., 64,2 otorgeîa uèv oùv dogàs dnélimov EEvuvioavies Vadis ò MiAijoros tò Gdwe nai Avafiuevns è adròs MiAiorog tòv déoa, doregov ò “Arro4- Amvidtns xatpzohovInoev ; Ib., 66, 1 t@v dè dXA0v piriocbpov boo. tà otorgeîa èneoPavtes EnoARvagayubvnodv tr èpnAdteoov zaì meouridtegov, où uèv aòrov tò drneroov xadiurQpoav, © Avafiuavdgos (1) (MiAioros fv) rai Avafayboas ò KAagontg- vios, xaì è Adnvaîos ‘Aogéhaos, tovrw uév ye daupo tÒòv voòv éneotnodmtnv ti arnergia (Cf. Stromate, I 52, 4); 72,4 oùx àro- uouateov ovdè toùc dugpi tòv Ivdayboar, ci paciv È è uèv deòs eis, oùtog dè oòx, Gg tIVEG drovoodore, éntòg TAG dia- zoounoros, GR év ada, 6d0s év dim tb nixiw Érioxoros nUoas yevECLOS. Id., 7-8. Xenophanem notum est omne infinitum cum mente deum tradere et Antisthenem populares deos multos, sed natu- ralem unum praecipuum, Speusippum vim [naturalem] animalem, qua omnia regantur, deum nosse. Quid? Democritus, quamvis atomorum primus inventor, nonne plerumque naturam, quae imagines fundat et intellegentiam deum loquitur? — Cic., id., 28 Tum Xenophanes, qui, mente adiuncta, omne praeterea quod esset infinitum, deum voluit esse... Ib. 29 Quid? Democritus, qui tum imagines earumque circumitus in deorum numero refert, tum illam naturam quae imagines fundat ac mittat, tum » (1) Anche Cic. (ib. 25) cita Anassimandro, ma per altra ragione. MINUCIO (OCTAVIUS) - CICERONE (DE NATURA DEORUM), Ecc. 181 scientiam intellegentiamque nostram...?... /ò., 32 Atqgue etiam Antisthenes, in eo libro qui physicus inscribitur, popularis deos multos, naturalem unum esse dicens tollit vim et naturam deorum. Nec multo secus Speusippus Platonem avunculum sub- sequens et vim quamdam dicens, qua omnia regantur eamque animalem — Strom., VII 5, 5 (ò deds, s'intende) dvn dè @v mavtore xa undau?) meouegòuevos 6406 voùs (Xenophanes, fr. 24 Diels). Protr., 71,2 ‘Avuodévns uèv yào où Kvvixòv dî) toùto (cioè l’unicità di Dio) #vevé7oev (Antisthenes, fr. 24 Mullach). Ib., Il 19, 3 Srevornzog ... tà buora tò IHMiatmvi Forre ... y0a- pewv... Ib., 133, 4 Srnevorrnndòs ve, è Marovos ddedpidods. Ib.,152,4 zaì oi tàS drduovs dogàs èrmordéuevoL, prdocopias Ovoua drrodvonevor, Gdeoi tivEeS Avdowriozor sai piindovot (significativa illustrazione dell’inciso di Minucio “ quamvis ato- morum primus inventor ,. Of. Cic., De nat. d., I 66 Ista enim flagitia Democriti sive etiam ante Leucippi esse corpuscula quaedam). Protr., 66,1 ò dè MiAfovos Aebuiros xaè è Xîog Mayto6dwoos dirtds, © Eormev, rai aùrò dogàs anedirémtnv mooogdnzxe dè haB®v tovtorv toîv dveîv tà sidmda ò ‘ABònoitns Anudxyitos. [d., 8. Strato quoque et ipse naturam (sottint.: deum lo- quitur). Etiam Epicurus ille qui deos aut otiosos fingit aut nullos. — Cic., :b., 35 Strato... qui omnem vim divinam in na- tura esse censet. Ib. 45... exposita illa sententia est ab Epicuro, quod beatum aeternumque sit, id nec habere ipsum negotii nec exhibere alteri (Cfr. :9., 102 Haec oratio non modo deos spoliat motu et actione divina, sed etiam homines inertes efficit, si quidem agens aliquid ne deus esse beatus potest). Ib. II 76 aut negandum est esse deos, quod et Democritus simulacra et Epi- curus imagines inducens quodam pacto negat, aut qui deos esse concedant, iis fatendum est eos aliquid agere, idque praeclarum. — Clemente non riporta nulla di Stratone sull’argomento e, quanto ad Epicuro, dice in Protr., 66, 5: ’Ezmizovgov uèv yào uovov zai Exodv éxAioouai, ds oddèv uélerv otetar tO ded... Id., 9. Aristoteles variat et adsignat tamen unam pote- statem; nam interim mentem, mundum interim deum dicit, interim mundo deum praeficit. Theophrastus etiam variat, alias mundo alias menti divinae tribuens principatum. Heraclides Pon- ticus quoque mundo divinam mentem quamvis varie adscribit. 182 ARNALDO BELTRAMI — Cic., ‘5., 33 Aristotelesque in tertio de philosophia libro multa turbat a magistro suo Platone mon dissentiens; modo enim menti tribuit omnem divinitatem, modo mundum ipsum deum dicit esse, modo alium quendam praeficit mundo. Ib. 34 seg. Fx eadem Platonis schola Ponticus Heraclides... modo mundum, tum mentem divinam esse putat, errantibus etiam stellis divi- nitatem tribuit... eodemque in libro rursus terram et caelum refert in deos. Nec vero Theophrasti inconstantia ferenda est; modo enim menti divinum tribuit principatum, modo caelo, tum autem signis sideribusque caelestibus. — Clem., Protr., 66, 4 Kaì 6 ye ts aigéos®s (cioè di quella tOv éx toù Ieorndtov) mato ... tòv xadovuevov “ brratov , wwyv eivar toù rmavtòS oîetar *... Ererta tòv xbouov deòv iyovuevos (Cf. [Aristotele], de mundo, p. 397°, 25). Ib. 66,5 ò dè ’Eoéoros éxeîvos ò ‘Aoi- oTOTE,0vS yvwoitos sti) uèv odgavév, ij dè mvedua tòv deòv orovoeì... Ti yào “HoaxAsidns è Hovwxds ; Id., 10-12. Zeno et Chrysippus et Cleanthes sunt et ipsi multiformes, sed ad unitatem Providentiae omnes revolvuntur. Cleanthes enim mentem (modo), modo animum, modo aethera, plerumque rationem deum disserit. Zeno eiusdem magister, na- turalem legem atque divinam et aethera interim interdumque rationem vult omnium esse principium; idem interpretando Junonem aéra, Jovem caelum, Neptunum mare, ignem esse Vulcanum et ceteros similiter vulgi deos elementa esse mon- strando, publicum arguit graviter et revincit errorem. Eadem fere Chrysippus: vim divinam rationalem, naturam et mundum, interim fatalem necessitatem deum credit Zenonemque inter- pretatione physiologiae in Hesiodi, Homeri Orpheique carmi- nibus imitatur. Babylonio etiam Diogeni disciplina est expo- nendi et disserendi Jovis partum et ortum Minervae et hoc genus cetera rerum vocabula esse non deorum. -— Cic., ib., I 36 Zeno... naturalem legem divinam esse censet... atque hic idem alio loco aethera deum dicit, ...aliis autem libris rationem quandam per omnem naturam rerum pertinentem vi divina esse adfectam putet. Cum vero Hesiodi theogoniam [id est originem deorum]|interpretatur, tollit omnino usitatas perceptiones deorum; neque enim Jovem neque Junonem neque Vestam neque quem- quam, qui ita appelletur, in deorum habet numero, sed rebus inanimis atque mutis per quandam significationem haec docet VI O I CE, ET MINUCIO (OCTAVIUS) - CICERONE (DE NATURA DEORUX), ECC. 183 tributa nomina. Ib. 37 Cleanthes autem, qui Zenonem audivit una cum eo, quem proxime nominavi (Aristone lc stoico), tum ipsum mundum deum dicit esse, tum totius naturae menti atque animo tribuit hoc nomen, tum ultimum et altissimum atque undique circumfusum et extremum omnia cingentem atque com- plexum ardorem, qui aether nominetur, certissimum deum iudicat... tum nihil ratione censet esse divinius. Ib. 39-41 Chry- sippus... ait... vim divinam in ratione esse positam et in uni- versae naturae animo atque mente, ipsumque mundum deum dicit esse et eius animi fusionem universam, tum eius ipsius | principatum qui in mente et ratione versetur communemque rerum naturam universitatemque omnia continentem, tum fa- talem vim et necessitatem rerum futurarum... Idemque disputat aethera esse eum quem homines Jovem appellarent... volt Orphei, Musaei, Hesiodi, Homerique fabellas accommodare ad ea quae ipse... de deis immortalibus dixerat... Quem Diogenes Baby- lonius consequens in libro, qui inscribitur de Minerva, partum Jovis ortumque virginis ad physiologiam traducens diiungit a fabula. Id. II 58 (Zenone): Talis igitur mens mundi cum sit ob eamque causam vel prudentia recte appellari possit (Graece enim 7rg0vota dicitur) haec potissimum providet. Cf. id. II 13; 16; 40; 63; 65; 66. — Clem., Protr., 66,3 oùdè uM)v toùs drrò tijos Ztwas magedevoouai, dia ndons bin, xai dia tig duuo- taTtnS, tò deîov dimpuerv Àéyovtas, où xatarogivovorv dteYvOS tiv pidocogpiav (parole che spiegano, come Clemente, il quale tanto attinge agli Stoici nella parte morale, a Crisippo special- mente, tocchi solo di sfuggita la loro dottrina teologica; cf. Strom., I 51,1; V 89, 5). Strom., V 92,4 yevntòv dè xaì oi Zmtwixoì tidevtar tòv xbouov. Ib., 134, 1 modò dè anAéov oî mag “EA- Ano moRvagayuoves [oi giAdoogpoi] (e fra questi sono, senza dubbio, nel pensiero di Clemente, gli Stoici) ... (7©) doodr@ xai uovo ai dvvarwidioà ai tegvizotat@® ai tOV xalkiotov aitmtdt® tv mo6vorav EÉdocav. Id., 13. Nam Socraticus Xenophon formam dei veri negat videri posse et ideo quaeri non oportere, Aristo Stoicus com- prehendi omnino non posse: uterque maiestatem dei intellegendi desperatione senserunt. — Cic., id., I, 31 Xenophon... facit... So- cratem disputantem formam dei quaeri non oportere. Ib. 36 Aristonis non minus magno in errore sententia est, qui neque 184 ARNALDO BELTRAMI formam dei intellegi posse censeat, neque in deis sensum esse dicat dubitetque omnino deus animans necne sit. — Clem,, Protr., 71,3 Eevopòv dè è Adnvaîos...“ è , ...“ tà nava ,, pnoi, “ asimv rai atgeuitov ©s uèv uéyas Ss zai dvvartds, paveods * brroîogs dè tv uoggnr, dpavis , (Memor., IV 3, 13). Di Aristone, su questo argomento, nessun cenno. Id., 14. Platoni apertior de deo et rebus ipsis et nomi- nibus oratio est et quae tota esset caelestis, nisi persuasionis civilis nonnumquam admixtione sordesceret. Platoni itaque in Timaeo deus est ipso suo nomine mundi parens, artifex animae, caelestium terrenorumque fabricator, quem et invenire difficile prae nimia et incredibili potestate, et cum inveneris, in publicum dicere inpossibile praefatur. — Cic., ib., 30 Jam de Platonis inconstantia longum est dicere, qui in Timaeo patrem huius mundi nominari neget posse, in legum autem libris, quid sit omnino deus, anquiri oportere non censeat. Ib. II, 32 Au- diamus enim Platonem quasi quendam deum philosophorum. — Clem., Protr., 68, 1 tiva di) AdBw magù coòù (cioè dallo dy40g dei filosofi) cvveoyòv tijs Enrjoews; où yào raviditaoto Areyvorna- uév 08. ei BovAer, tòv Iidiova. si) dî) oòv éEryvevrgov tòv deòr, © Idrov; “ tòv yàùo maréoa rai somtiv toùde tOù mavtòg eboeîv te Éoyov naì eboovia eis dimavtas éferreiv ddbvartor ,... « gynròv yào odvdandòs éotiv , (Platone, Timeo, p. 28 C); in Strom. V 78,1 si riporta il medesimo testo Platonico, più le parole “ ©g tdÀla uadiuara ,, è girhadIns Aéyer IRatov (l'elogio di Platone è insistente nelle opere dell’Alessandrino e concorda con l’espressione enfatica di Minucio). Ib., V 65,2 ò y@o tO» biov deòs ò drèo ndoav poviv rai nav véonua ai naocav &vvorav oò% dv mote yoagij magadodzin doontos @v dvvapet tij aùtoò (Cf. Minucio, c. 18, 8-9 Nobis vero ad intellectum pectus angustum est, et ideo sic eum digne aestimamus, dum inaestimabilem dicimus. Eloquar quemadmodum sentio: magni- tudinem dei qui se putat nosse, minuit; qui non vult minuere non novit). Ib., V 81,4 va u)v ò dvouetagetoiotétatog stegì deod A6y0g oùtdg Éotuv. Id., 15. Eadem fere et ista, quae nostra sunt: nam et Deum novimus et parentem omnium dicimus (Cf. le prime parole del Simbolo Romano, già formulato al tempo di Clemente, mentre non esisteva ancora un formulario alessan- J x ; i 4 MINUCIO (OCTAVIUS) - CICERONE (DE NATURA DEORUM), Ecc. 185 drino della Chiesa apostolica; v. Tertulliano, De praeser. hae- retie., 13), et nunquam publice nisi interrogati praedicamus. — Clem., Strom., I 55, 2-4 xaì oùdè ti)v yÀbttav udvov, dlià nai tas duods ayvibecdar moo0onzer Muiv, el ye tie dAndeias uedéntar sivar mergmueda. tadta Tv éumodòv toùò yodpewv guoi, zaì vòv Et edlaBos Èyx@, Î gpnowv, “ Eungoodev TV goiowv toùs uagyagitas BdAAew, wi) store xataramjowor Toîs mooì xaì otgagpevtes éNswov duas (Matteo, 7, 6, Souter: undè BdAnte toùs uagyagitas buòv Eumoocdev tOV Yoiowwv, uitote natanamowon aùtoùg Év toîs mnooìv aùrov, ai otgagpév- TES TÀ.) ,. godemòv yao toùs seoì dAndivoÙò potòs uadagods ovrtws xai diavyeîs énideizar Adyovs dugoatòv toîs dMmdeci te nai amavdevtors: ogedòv yào oòx Éotr tobt*wv n90S tOùs 104- hoùs xatvayelaotbteoa duovouata, od aù noòds toùs edpveis davuacr®teod te ai évdovoractizotega. Cf. ib., V 19, 2; VI, 129, 4. Il ragguaglio, specie dei $$ 3 (uguaglianza di transizione), 5 (dopo Anassimene si ricorda, e con espressione analoga, Diogene d’Apollonia: sotegov ò Ar. xatmuo4hovInoev = et post A pol- loniates D.), 9 (menzione di Eraclide Pontico subito dopo l’ac- cenno a Teofrasto), 13 e 14 (corrispondenza testuale più stretta che fra Minucio e Cicerone), fa apparire temerario il diniego di qualsiasi rapporto fra Minucio e Clemente Alessandrino. Che Cicerone avesse, forse direttamente, fornito materiale teologico a Minucio, è ormai comunemente ammesso, mentre pochi sono propensi a riconoscere che da Clemente e dagli apologisti greci, Giustino, Taziano, Atenagora, Teofilo, provenga qualche contri- buto alla composizione dell’Octavius. Avendo poi fatto oggetto. del mio esame non solo il testo di Minucio, ma anche le opere di Clemente, e ben sapendo come talvolta la relazione fra due scrittori si scopra meglio da lievissime analogie di composizione, che da solenni e palesi affinità di materia, le quali possono de- rivare da un fondo d’idee comune, ho creduto opportuno, pur dopo gli studi pregevoli del Behr, del Kotek e del Bottero, ri- controllare il cap. XIX dell’Octarius col testo del De nat. d. E ne è risultato che nel catalogo dei filosofi la congruenza, quanto alla serie dei nomi, è talvolta più perfetta fra Minucio e Clemente che fra Minucio e Cicerone; il che non appare privo d'importanza, essendo, in siffatta materia, difficile pensare 186 ARNALDO BELTRAMI al puro caso. La supposizione, fondata senza dubbio, che fonte comune ai due scrittori sia il De nat. d., non infirma il sospetto che Minucio abbia avuto sotto gli occhi, oltre Cicerone, le opere del dotto alessandrino volte, come l’Octavius, alla conver- sione dei pagani colti; e il sospetto a me sembra sia per acqui- stare qualche grado di probabilità, se, fuori del ce. XIX, il cui studio offro alla Miscellanea giubilare in onore del mio insigne Maestro, Ettore Stampini, l'equivalenza dei concetti, portata in qualche luogo sino all’uguaglianza verbale, si riscontri evidente. Ma di questo in un prossimo mio scritto. Valgano ora, come saggio, i passi seguenti: Minucio 12,5... praecerptos cibos et delibatos altaribus potus abhorretis. Sic reformidatis deos quos negatis. Ib. 38, 1 Quod vero sacrificiorum reliquias et pocula delibata conte- mnimus, non confessio timoris est, sed verae libertatis adsertio. Nam, etsi omne quod nascitur, ut inviolabile Dei munus, nullo opere conrumpitur, abstinemus tamen, ne quis (nos) existimet aut daemoniis, quibus libatum est cedere aut nostrae religionis pudere — Clemente, Pedagogo, 11 8, 3 dpeztéov toivvv tobtwv (cioè dagli e7d0709vra), od dediotes (0ù ydo éori ts Ev adtoîg dbvanis cf. Min., 27, 5-7), dà dè tV cvveidnotv t)v iuetégav ayiav oùcav rai tòv daruoviov dà tv Pdedvgiav oîg Eria- Ttovouaoctar, uvoatimwuevovs. Strom., VI 40,2 zaì tà Tora Poa- uata Booroîs Iiuarta Ivovor rai vexoà vexQoÌs 1r900pégovTtES ds Feoîs dyagiotodor tO ded, did tovItwv dovovuevor adtòv sîvar (parole che Clemente e poi Origene riferiscono a Pietro). Minucio 32,1-2. Et cum homo latius maneam, intra unam aediculam vim tantae maiestatis includam? Nonne melius, in nostra dedicandus est mente? In nostro immo consecrandus est. pectore? — Clem., Protr., 117, 4 (A6yos dAndeias) è év dvde@- mos cixodounoas vemv. iva Ev dvIomrnois idovon tòv dedv. dyvicor Tèv vemv, xa tàs ibovas xai tàSs 6qdvpias @oreg dvdos Epiuegov zataziurave dvéum zaìi mvoi, c0pgooWrns dè Toùs zaosrods yeooynoov Eupgobvas, zaì oceavtòv dugodiviov ardotnoor tò ded, Snws oòx Eoyov udvor, dilaà vai gags î)s toù Ie0d. Strom., VII 28,1 "H yùo où xalòs xaì dAndos odz èv t6rm tIVÌ meouyodpouev tòv drregiAnittov, oùò’ év iegoîs uadeioyvvuev “ YELQOOLNTOLES , TÒ MAVTWY ITEQLEXTINOY ; Minucio 37. 11 ...merito malis voluptatibus et pompis MINUCIO (OCTAVIUS) - CICERONE (DE NATURA DEORUM), ECC. 187 vestris et spectaculis abstinemus quorum... noxia blandimenta damnamus. Nam in ludis currulibus quis non horreat populi in se rixantis insaniam? in gladiatoriis homicidii disciplinam? In scenicis etiam non minor furor et turpitudo prolixior: nunc enim mimus vel exponit adulteria vel monstrat, nunc enervis histrio amorem dum fingit, infligit: idem deos vestros induendo stupra, suspiria, odia dedecorat, idem simulatis doloribus lacri- mas vestras vanis gestibus et nutibus provocat: sic homicidium in vero flagitatis, in mendacio fletis. — Clemente, Pedag., IMI 76, 4 nerAindaor yoùv molli drafias xaì magavouias ai cvvaymyai oùta, xaì ai moogpdoers tijg cvvNnAVvcews duocuias Ééotiv aitia avauif dvdo@ov ai yuvarnòv cvvibviwv Eri tv dAijiov déav. Tb., 77,2 ti uèv yào oùx Enideinvvtai aicgoòv Eoyov èv ded- T9oLS ; Ti d où mgopéoovtar é7ua dvaioguviov oi yeZmrorotoi; Ib., 77,4 oùxéti yào mordiai ai prdodofiar avnAseis eis togod»> tov Javarboar, dii oddè ai xevoorovdiar xai ai dAbyiotor gpi- Aotiuiai ... oddè uiv ai Emi tovtOLS otdoELS étL moròroi. Minucio 21,11. Nisi fortiter iam Juppiter senuit. Clem., Protr., 37,3 mod dè aùvròoc|ò Zevs; yeynoaze uetà toù amrEQ0d Questo raffronto è dato, in nota, dallo Stàhlin, insieme con Oct? 31, 4 — Pedag., III 21,5; Oct., 35, 8 = Pedag., III 44, 2; Wes d2,2'— Strom., IV 78,1. In fine, anche a giustificazione della mia modestissima fatica, mi piace riportare le parole molto sensate del Wel- tringer (Musée Belge, X p. 279): “ D’autres ont essayé de prouver que Minucius Félix a réellement puisé dans les ceuvres des apologistes grecs, mais ce travail de comparaison n'est encore qu’ :bauché et il est à souhaiter qu'il soit con- tinué,. 188 GIUSEPPE FURLANI L’anatema di Giovanni d’Alessandria contro Giovanni Filopono Nota del Prof. GIUSEPPE FURLANI Ai codici più preziosi per la storia dell’eresia triteistica nel sesto secolo appartiene certamente anche il codice siriaco Add. 14,602 del British Museum (!), avendoci esso conservato alcune opere importanti di Teodosio d'Alessandria (?) sulla con- (4) W. Wricur, Catalogue of syriac manuscripts in the British Museum acquired since the year 1838, p. II, [London], 1871, pp. 701-715: “ vellum, about 9 4/, in. by 6, consisting of 127 leaves, a few of which are much stained and torn, especially the first and last. The quires, signed with letters, are 13 in number. Each page is divided into two columns, of from 32 to 49 lines. This volume is written in a small, elegant hand of the VIth or VIItA century (2. c., p. 701). Questo codice è uno dei 250 manoscritti i quali nell’anno 932 (1243 A. Gr.) furono portati dall’abbate Mosè di Nisibin nel convento di Santa Maria Deipara in Egitto. Nel colofono sul f. 127 è stato cancellato il nome del convento, in cui fu scritto il codice ; è rimasto sol- tanto il nome dell’abbate, ’Eliyo Gliloyo, Elia il Galileo (2. c., p. 715). Il Wright enumera 44 scritti. di cui la maggior parte sono lettere, contenuti nel codice. (*) Su Teodosio I d'Alessandria (patriarca dall’8 febbraio 535 [così se- condo il Kriiger nell’articolo che cito più giù] al 10 od 11 del medesimo mese, e poi per la seconda volta, dopo Gaiano, dal luglio 535 fino al 537/38 [secondo il Gutschmid invece fino al 540]) vedi Severo DI AL-A SMUNAYN, History of the Patriarchs of the Coptic church of Alexandria (ed. B. Evetts), Patrologia Orientalis, t. I, Paris, 1907, pp. 455-469; E. Grsson, History of the decline and fall of the Roman Empire (ed. J. B. Bury), v. V, London, 1898, pp. 159-160; A. von Gurscamin, Kleine Schriften (ed. F. Rihl), 2. Band, Leipzig, 1890, pp. 459-467; G. Kriicer, nell’art. Monophysiten, nel vol. XIII della Herzog-Hauck Realencyklopidie fiir protestantische Theologie und Kirche (Leipzig, 1903), pp. 394-395; A. Forrescue, The lesser eastern chur- ches, London, 1913, pp. 219-220. Le lettere di Teodosio ed a Teodosio con- tenute nel codice suddetto potranno gettare nuova luce su questo periodo oscuro e complicatissimo della storia ecclesiastica dell'Oriente. CF PRO n L'ANATEMA DI GIOVANNI D'ALESSANDRIA, ECC. 189 troversia del triteismo, e specialmente una versione letterale in siriaco di un suo lungo discorso antitriteistico, tenuto a Costan- tinopoli (!), ed alcune lettere del medesimo autore sullo stesso argomento. Il medesimo manoscritto contiene pure una copia dell’ana- tema lanciato da Giovanni, patriarca d'Alessandria, contro Gio- vanni il Grammatico o Filopono, il più celebre dei triteisti del sesto secolo (?). Siccome mi sono proposto di pubblicare tutti gli scritti triteistici ed antitriteistici che possano gettare maggior luce sulla storia e sulle dottrine del triteismo del sesto secolo (?), voglio render qui di pubblica ragione questo anatema, il quale quantunque sia stato stampato per poco più della metà circa dal Wright nel suo Catalogue alla p. 703, nella versione siriaca, non è riuscito ad attrarre finora l’attenzione di nessuno studioso. Eppure esso ci fornisce nuovo materiale per meglio ricostruire di quanto si sia fatto finora la storia dei patriarchi d'Alessandria e la biografia di Giovanni Filopono. (4) F. 19a- f. 35 a. Esso porta il titolo seguente: “ Trattato teologico detto in Costantinopoli dal santo e beato arcivescovo d’Alessandria Teo- dosio, su ciò che non dobbiamo confessare nella Santa Trinità un numero di sostanze o nature e che mentre si è incarnata una (persona) della Tri- nità, il Verbo Dio, nè il Padre nè lo Spirito Santo si sono incarnati , (vedi il testo siriaco presso il Wriaur, 7. c., p. 702). È stato forse tenuto questo discorso da Teodosio durante il suo esilio a Costantinopoli? Per le altre opere di Teodosio I, contenute in versione siriaca in manoscritti del British Museum, confronta il WriIGHT, Z. c., pp. 1529-1330 s. v. Theodosius of Alexandria. Tutto questo materiale siriaco è ancora inedito. Quanto grande sia stata l’azione esercitata da Teodosio ed il prestigio che godette tra i monofisiti, specialmente nella lotta contro il triteismo, si vede dalla frequenza con cui è citato e dal rispetto che gli si porta nei Sei scritti antitriteistici da me editi nella Patrologia Orientalis, t. XIV, f. 4 (Paris, 1919); vedi l’Indice degli scrittori monofisiti a p. 93, s. v. Teodosio I d'Alessandria. (*) Su Giovanni Filopono vedi l’Introduzione ai miei Sei scritti antitri- teistici in lingua siriaca, PO XIV 4, (Paris, 1919) pp. 3-4 e specialmente la nota 4 alle pp. 3 e 4. La bibliografia ivi citata non è naturalmente com- pleta, ma può dare una prima orientazione. Si vedano pure la praefatio del Reichardt alla sua edizione del de opificio mundi, Lipsiae, 1897, pp. vit-x1; I. P. N. Lanp, Ioannes Bischof von Ephesos, der erste syrische Kirchenhisto- riker, Leyden, 1856, specialmente pp. 107 e 108, e I. M. ScuònreLDER, Die Kirchengeschichte des Iohannes von Ephesus, Minchen, 1862, pp. 267-311. (3) G. FurLani, Sei scritti antitriteistici, PO XIV 4, p. 4. 190 GIUSEPPE FURLANI Riproduco anzitutto il titolo dell'anatema in siriaco tra- scritto con lettere latine e lo faccio poi seguire da una tradu- zione latina letterale di tutto lo scritto. L’anatema si trova sui ff. 64 e 64 d del manoscritto suddetto. [64 a| Pehmo da.kthobho d.hermo d.’eth'ebhedh b.hartho b.hoy d.’aleksandroye ‘al ’ambon: men bothar ‘’aspha- liyas (1) qadhmoyotho d.’eth'ebhedh menhon: men Yo- hannan hasyo ’episqopo: dleh ’oph siem kuleh qliros rohem l’alloho diloh kadh diloh da.mdi(n)to rabtho °Aleksandriyo.:. Exemplar libri interdictionis, in fine in (ecclesia maxima) Alexandrinorum super ambone factae, post @opaZzias anteriores ab eis factas, a Yohannan sancto episcopo, cui etiam accessit totus clerus, Deum amans, eiusdem urbis magnae Alexandriae. Cum pater noster ille cum Sanctis et caput episcoporum (?), Theodosius (3), recte et secundum doctrinam Patrum Sanctorum docuisset et nuntiavisset, qualiter de Sancta et Consubstantiali Trinitate cogitare et credere debeamus, repperimus illa quae a Yohannan Grammatico (4) qui dicitur Phkiloponus (5), sed (est) haereticus (5) verus, scripta sunt, omni atheismo plena esse et contraria esse tractatui, qui de Sancta Trinitate a Sancto Patre nostro (supra) dicto compositus est, et doctrinae Patrum, qui verbum veritatis rectum fecerunt. Interdicimus autem illa quae de hoc (argumento) ipso a grammatico (4) Yohannan [64 6], qui ut dictum est, Philoponus (?) vocatur, vero autem atheus, scripta sunt et illos qui ea accipiunt. Etiam illum autem, Yohannan Gram- maticum (*) interdicimus et omnem clericum (°) quemcumque, qui ei eucharistiam praebeat ante poenitentiam propter hoc, et Sabellium et illos qui accipiunt has (doctrinas) eius, et decer- (1) dopadeius. (®) cioè arcivescovo. (3) T'eodosyos. (4) gramatigo. (?) philoponos. (9) heretigo. (*) qlirigo. Foti l i A tinta LITTORIO TEA ne PP rOrera 1 1 i i 1 i e ev er L'ANATEMA DI GIOVANNI D'ALESSANDRIA, ECC. 191 nimus, Yohannan illum alienum esse a Sancta et Consubstan- tiali Trinitate et a communione nobiscum. Absolutum est. Nel titolo leggiamo che l’anatema è stato fatto b.hartho, finalmente, perchè sembra che la chiesa d'Alessandria abbia di- retto a Giovanni Filopono parecchie dopaleias, prima di sco- municarlo. Quale è qui il significato di dogaAera ? Cosa sono queste dopdAerar fatte dagli Alessandrini? Nel Thesaurus di Payne-Smith leggiamo s. v.’asphaliya (c. 315), sigillum firmum, securitas, ed una glossa di Bar Bahlul ivi citata dice appunto hothm6 sariro. Ma è chiaro che qui non si tratta di sigilli. È pure poco probabile che dopadera rivesta qui il significato di securitas nel senso di salva-condotto, quantunque questa acce- zione sia anche di uso classico (!). Mi pare che nessuno dei si- gnificati menzionati dallo Stephanus nel Thesaurus sia adatto al nostro passo. Vorrei quindi proporre una nuova accezione della parola dogpaleta. Tra i significati del verho dopadifetv (2) vi è anche quello di cavere (ne faciat). Lo Stephanus cita il seguente passo di Gre- gorio Nazianzeno: dopdlicar ui) mdhiv raxòbs égavdnons cave ne rursus male pullules (*). E E. A. Sophocles precisa ancor meglio questo senso, vertendo il verbo in questione con fo beware e to warn, p. es., Doroteo 1676 A_ dopaditetar Quag iva ui) otoLyò- uev warns us (4) ecc. Non credo quindi di andar molto errato se assumo che anche dopadera possa rivestire l’accezione di warning, ammonimento. Questo senso quadra perfettamente col nostro passo: gli Alessandrini hanno diretto parecchi ammoni- menti, dopadeias, a Giovanni, poi infine, quando videro che non intendeva di recedere dalle sue eresie, lo scomunicarono. Hoy d.’Aleksandroye è la (chiesa maggiore) degli Alessan- drini, la chiesa patriarcale. Il patriarca Giovanni che ha sco- (4) Srepmanus, Thesaurus, v. I, p. 2, c. 2308. (*) Berger, Anecdota Graeca, p. 45627: AopdAera uèv naù dopadès “EA- Anvina, tò dè doqpaliteodar BdoBagov. (°) STEPHANUS, Z. c., c. 2313. (4) E. A. Sopmocces, Greek Lexicon of the Roman and Byzantine periods, New York-Leipzig, 1893, p. 270, s. v. &rpadito. 192 GIUSEPPE FURLANI municato Giovanni il Filopono era certamente, come vedremo, un monofisita; non può quindi trattarsi della Cattedrale, o ue- yadn éxxAnoia o xvorazòv — che era l'antico Kaodoetov 0 ZeBdotetov — di Alessandria, essendo che questa chiesa rimase in mano degli ortodossi (melchiti) fino all'anno 1641, in cui passò ai giacobiti (monofisiti, copti). Si tratterà probabilmente della Chiesa di S. Michele, éxxAnoia ‘Alefavdgov (1). ‘Ambon è l'éuB@», il pulpito, dal quale si leggevano ai fe- deli nelle chiese cristiane dei primi secoli i Vangeli e le Epi- stole e si facevano loro comunicazioni di vario genere (?). Questo era quindi il luogo più adatto per pubblicare l’anatema. Ma il problema più importante, che il testo siriaco da noi tradotto ci dà a risolvere, è quello dell’identità del “ santo ve- scovo Giovanni ,. Chi è costui? Nel titolo è detto vescovo, cioè vescovo d'Alessandria: egli era quindi un patriarca. Siccome egli chiama Teodosio I “il nostro Padre ed il capo dei vescovi ,, Giovanni deve essere stato un monofisita teodosiano, dunque nè melchita nè monofisita gaianita, ma uno dei successori di Teo- dosio I sul trono patriarcale d'Alessandria. Siccome Teodosio I è morto ai 22 di giugno 567 secondo il Gutschmid (3), l’anno 567 è il terminus.a quo della data dell’anatema lanciato contro il Filopono. Ora il primo patriarca monofisita dopo Teodosio dal nome di Giovanni è Giovanni III di Semenut, 680-689 4.È af- fatto impossibile però che Giovanni Filopono sia stato scomuni- cato soltanto verso la fine del VII secolo. Siccome l’anatema vieta ai chierici d’impartire al Filopono il sacramento della co- munione ed accenna ad un possibile atto di penitenza da parte dell’eresiarca, egli deve esser stato ancora vivo, quando fu col- pito dalla scomunica. La conclusione è ovvia: il vescovo Gio- vanni dell’anatema non può essere il patriarca monofisita Gio- vanni III. I. P. N. Land credette di poter dedurre dal passo a p. 227 45 (vol. I) del Chronicon Ecclesiasticum di Bar °“Ebroyo (edd. Ab- (') Vedi H. LecLerco, in Dictionnaire d’Archéologie chrétienne et de Li- turgie (Paris, 1904), I, 1107-1109. (2) H. LecLerca, /. c., I, 1330-1347. (3) L.c., p. 460. (4) GurscamID, 7. e., pp. 500-501. ì i i: n L'ANATEMA DI GIOVANNI D'ALESSANDRIA, ECC. 193 beloos-Lamy), che dice re cognita, Alerandrini auctorem |cioè Giovanni Filopono] eiusque libruom anathematizarunt (!), che la scomunica sia avvenuta durante la sedisvacanza dopo la morte di Teodosio I (?). Così si spiegherebbe il fatto che Bar “Ebroyo dice Alessandrini e non fa il nome del patriarca. Ma il nostro anatema, che è una versione siriaca, apparentemente esatta, della scomunica in lingua greca, conservata in un manoscritto del VI o VII secolo (3) — la scomunica è stata lanciata nel VI se- colo — è una fonte storica di primo ordine, mentre il Chronicon Ecclesiasticum è una compilazione, fatta da altre storie e cronache, del XIII secolo. Io preferisco quindi a quest’ultima il documento originale, l’anatema. Per ora non vedo una soluzione soddisfacente di questo problema. Sarà bene attendere, finche avrò pubblicato altri testi e documenti, che possano gettar luce sulla storia del triteismo. Vorrei accennare ancora ad una possibile soluzione del pro- blema. Giovanni potrebbe forse essere uno dei due (Giovanni, che al-Magrizi (ed. Wiistenfeld, p. 18 del testo arabo e pp. 45 e 46 della traduzione tedesca) chiama Manichei (wa.kana mananiyyan, p. 18) e dei quali il secondo portava il sopranome al-qa’im bi. l.haqg, 6086do$os secondo il Gutschmid (4). Secondo quest'ul- timo autore il primo fu patriarca dal 573-576, il secondo dal 583-584. È possibile che uno di questi due o tutti e due siano stati paoliti o patriarchi di conciliazione tra i gaianiti ed i pao- liti, e quindi teodosiani. Di un Giovanni, patriarca di concilia- zione tra gaianiti e teodosiani, parla Teofane (9). A (*) Il testo siriaco dice ’Aleksandfoye ’ahbrmaw(h)i w.la.kthobheh: gli Alessandrini anatematizzarono lui ed il suo libro. Il nostro anatema ana- temautizza invece prima i libri scritti dal Filopono circa la Trinità e poi il Filopono stesso. È strano che Giovanni d’Efeso non parli nella sua Storia ecclesiastica della scomunica del Filopono, quantunque quasi tutta la seconda metà del V libro tratti del triteismo (v. J. M. ScHònreLDER, Die Kirchen- geschichte des Iohannes von Ephesus, Minchen, 1862, p. 269). (2) Vedi anche il Gurscamin, 2. c., p. 495: “...er von den Alexandrinern wahrend der Vacanz nach Theodosios’ Tode aus der Kirche gestossen ward (Land S. 108),. (*) Wricat, Z. c., p. 701. (*) L. c., p. 494. Tra il Manicheo e 1’ 603d6dof0s non c'è contraddizione alcuna. Sul significato di Manicheo vedi il GurscamID, 2. c., p. 495. (5) Ed. Classen, CSHB, p. 372 18-2c. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 13 194 GIUSEPPE FURLANI — L'ANATEMA, ECC. Per quanto riguarda il secondo Giovanni presso al-Maqrizi, che secondo me potrebbe forse essere identico col nostro Gio- vanni che ha lanciato l’anatema contro il Filopono, è interes- sante constatare, che il Gutschmid lo ritiene identico con Gio- vanni Filopono (1). La morale della favola è questa: la storia dei patriarchi x d'Alessandria è ancora da scrivere, (Ze. pi 496. VITTORIO CIAN — SETTECENTO CANORO 195 Settecento canoro Nota II del Socio naz. resid. VITTORIO CIAN Un esame aualitico della raccolta di melica settecentesca, di cui ho dato la tavola, con brevi premesse, in una Nota pre- cedente (1), e insieme una larga illustrazione storico-letteraria di essa, confermerebbero agevolmente quanto già ebbi ad osser- vare in generale circa l’importanza ed il carattere di quella sil- loge, venutami, come dissi, quasi come un invito augurale, da Vittorio Veneto, tre anni sono. Dico “ confermerebbero ,, perchè ragioni di spazio ed altre mi tolgono di fare ora questa disamina e questo lavoro illu- strativo con la larghezza e con la minuzia che sarebbero neces- sarie. Dell’una e dell’altro debbo limitarmi quindi ad offrire ora un breve saggio, un contributo modesto, anche perchè l’opera mia d'’illustratore fu condotta nelle condizioni meno favorevoli, e cioè con una scarsezza pericolosa del materiale bibliografico più indispensabile, non solo, lontano da Venezia, ma nell’impos- sibilità di fare o di far eseguire da altri le opportune ricerche nella Biblioteca del Museo Correr e nella Marciana, i cui opu- scoli e le cui miscellanee a stampa sono ancora imprigionati nelle casse nelle quali erano stati racchiusi per metterli al si- (1) Negli Atti, vol. LIII, pp. 1320 sgg. Alla P. I dell’Indice dei capoversi si aggiungano: sotto il n° 227°: “ Prendi; Augusto compiangi e non l’amico,, che è a c. 5a, fra il n° 5 e il 183, aria di melodramma; fra due consorelle (Cfr. sotto il n° 61, P. II del. nostro Indice: “ Recami quell’acciaro , e la nota relativa); sotto il n° 280%: “ Vieni, o real donzella ,, che è a c. 16 d, e sotto il n° 280°": ViZ/otte, che sono inserite sparsamente e i cui capo- versi sono dati qui, sotto questo nome, nelle Note illustrative alla parola Villotte. Alla P. II, il capoverso del n° 50 si completi: * O patria, o Roma, o sorte! , e si aggiunga, sotto il n° 69°": “ Superbo di me stesso ,. 196 VITTORIO CIAN curo dalle minacce del nemico, prodigo allora di bombe incen- diarie. Per fortuna, nulla m’impedirà di riprendere in séguito e di compiere questo lavoro d’illustrazione, appena il materiale rac- colto sia tale da giustificare una nuova Nota aggiuntiva. Il saggio ristretto di illustrazioni e di riscontri che mi ac- cingo ad offrire, m’è stato possibile soltanto in grazia dei sus- sidi fornitimi dal ricco Catalogue of Manuscript Music in the British Museum by Aug. Hughes-Hughes, in tre volumi, pubbli- cati a Londra, nel 1906-9, che sì citeranno con HucHEs. A pro- posito del quale giova avvertire che fra i molti mss. spogliati dal benemerito studioso inglese non ve n’ha alcuno che s’avvi- cini al tipo del nostro, il quale ha tutti i caratteri d’una compi- lazione ex novo, originale, dovuta ad uno, anzi, a due Veneti (1). Fra quei manoscritti predominano le raccolte sul tipo del- l’Additional 31759, compilato nei primissimi anni del sec. XIX, col titolo Collezione di 126 canzonette veneziane ed italiane dette Barcarole, presso Giuseppe Benzon, Venezia, col basso per accom- pagnamento con chitarra, e la musica, quasi tutta del Widmann. Per la parte operettistica, che è prevalente nella seconda Sezione del nostro ms., m’è stato d'’indiscutibile utilità il Cata- logue of Opera Librettos printed before 1800 prepared by Oscar George Theodor Sonneck, due bei volumi questi, stampati a Washington nel 1914. Essi fanno parte della Library of Congress e saranno citati con SONNECK. (1) Che non ci troviamo dinanzi ad una copia di altra raccolta appare evidente dall’assetto della medesima, da un certo disordine che vi regna, dalle carte lasciate in bianco per eventuali aggiunte, da certe ripetizioni, dai richiami, a distanza, di poesie già trascritte che andavano raggruppate insieme, ecc. Che i compilatori sieno veneti, se non propriamente vene- ziani, si comprende subito, a una prima occhiata, dalla grafia, dove si tratti di testi non dialettali, grafia caratteristica che tende a raddoppiare le consonanti dove l’italiano ha la scempia e viceversa (spesse fiatte, svel- larle, invitto, aciarro, ecc.). Inoltre erano persone esperte probabilmente più di musica che non di poesia, tanti sono i versi storpiati, spesso, nella Parte II specialmente, scritti di seguito come prosa, talvolta anche per economia di spazio. Nel riprodurre i testi in Appendice mi attengo il più che sia possibile al ms., senza tentare quell’opera, facile ma pericolosa, di racconciatura, che, data l'indole di questa raccolta, non mi sembra consigliabile. SETTECENTO CANORO 197 Sussidî preziosi, cotesti, ma ben lontani dal. costituire per la melica, e letteraria e popolare, del Settecento cadente, quello che per la poesia musicale del Rinascimento è l’opera fonda- mentale di E. Vogel, la nota Bibliothek der gedruckten weltlichen Vokalmusik Italiens aus den Jahren 1500-1700 (Berlino, 1892, voll. 2), che pure in questa occasione ci è stata di non poco aiuto, e che citeremo con Vogt. Infatti non bisogna dimenticare che coteste ricerche fra noi sono, pel Settecento sovrattutto, appena ai loro inizî; ed è gran danno, anche per questo, che sia scomparso tanto precoce- mente uno studioso come Francesco Novati, che era in grado di dar loro un impulso addirittura decisivo (1). L'importante per me è ora di dare un saggio quanto più accurato mi sia possibile di questa silloge nella parte sua più notevole e curiosa, e di identificare e illustrare alcuni almeno dei componimenti che la formano. Nel coro di voci varie e, a primo tratto, confuse, che sembra levarsi da questa doppia raccolta di rime venete, d’indole essen- zialmente musicale, non è difficile distinguerne varî gruppi, che rappresentano le correnti poetiche più caratteristiche di quel- l’età, le più squisitamente settecentesche. Fra queste, anzitutto, più numerose e più garrule, le ca n - zonette raffinate, graziose, mollemente e, quasi direi, venezia- namente sensuali, idilliche e galanti, peculiari prodotti di quella Arcadia veneranda che, lasciati il Frugoni e i frugoniani, pa- reva ringiovanire preferendo effondersi con le strofette del Meta- stasio e dei metastasiani, del Bertola, di Antonio Lamberti e del Vittorelli, attingendo non di rado spiriti e forme alla Musa popolaresca. (1) A provare la verità di quanto qui asserisco, ben nota, del resto, agli studiosi, basti citare due pubblicazioni, veramente fondamentali, che il compianto amico ci ha lasciato e proprio negli ultimi anni: il prezioso Contributo alla storia della lirica musicale italiana popolare e popolareggiante dei secoli XV, XVI e XVII, inserito negli Scritti varii di erudizione e di critica in onore di R. Renier, Torino, Bocca, 1912, pp. 899-980, e l’interes- santissimo volumetto La raccolta di stampe popolari italiane della biblioteca di Fr. Reina, Roma, Loescher (Regenberg), [1913], estr. da Lares, pub- blicaz. della Società di etnografia italiana. 198 VITTORIO CIAN Ne erano piene, come le carte di questo florilegio, così le sale dei palazzi e delle ville patrizie sul Canal Grande e lungo la Brenta e sui colli ameni dell’alto Trevigiano, dai quali ap- punto ci viene, come ho detto, il nostro manoscritto. Il quale è assai probabile servisse come repertorio, messo insieme da uno o due dilettanti di musica più che di poesia, ad uso dei tratte- nimenti musicali di alcuna delle ville sparse in quella ridente plaga collinosa che da Conegliano irraggia le sue vallette e i suoi poggi su verso Serravalle e Ceneda, i due antichi borghi che dal 1866 formano appunto l'odierno Vittorio Veneto di glo- riosa memoria. Che in molte di queste canzonette — oltre quelle diretta- mente provenienti dai melodrammi del Metastasio — trionfi ancora, fra il sec. XVIII e il XIX, lo spirito dell’arte metasta- siana, non deve stupire, chi sappia come sia durato tenace il fascino di quella che fu la voce più canora del Settecento arca- dico, ma che fu anche del poeta prediletto, per esempio, al Rousseau, nel quale tutti riconoscono pure il padre spirituale della Rivoluzione francese (1). Da queste canzonette — che sono prodotti d’arte e non di raro artificiose nei loro frequenti lenocinî, e sono talvolta di paternità facilmente riconoscibile (Metastasio, Rolli, Lamberti, Bertola, Vittorelli), anche se il manoscritto sopprima sempre il nome dell'autore e dell’opera e questa mutili arbitrariamente — passiamo, via via, per una serie di gradazioni interessanti, at- traverso a forme di poesia sempre più popolaresca e dialettale, sino a certe canzonette e a certe villotte, che sono quanto di più schiettamente e audacemente realistico, e petulante, anzi tal- volta grossolanamente sboccato abbia nel suo repertorio la Musa popolana sulle Lagune e sulla terraferma di Venezia. Un esemplare caratteristico di canzonetta dal tono inter- medio fra le più raffinate e quelle più popolari, è la canzonetta Nella stagion dei bòcoli, che qui, al solito, appare adespota, ma che è di Antonio Lamberti, sia pure assoggettata ad una teme- (1) Rimando all’acuta osservazione del GaLterTI, La poesia e l’arte di G. Pascoli, Bologna, 1918, pp. 147-8. "O TOT _——_— n LO SETTECENTO CANORO 199 raria riduzione del testo originale, come sarà detto nella nota illustrativa a quel capoverso (1). Più intensamente veneziane sono le altre due canzonette gemelle Da brava, Catina, e Basta così, ma basta (Append., ni 2 e 3), nelle quali Zanetto fa di tutto per indurre la sua Catina a “ mostrarsi bonina ,, e la ragazza, innamorata, dopo aver cre- duto di accontentarlo con un “ basetto ,, nei suoi sforzi per li- berarsene, vedendoselo in ginocchio, ricorre, fra altro, suppli- chevole e ammonitrice, ad un’espressione ancor viva nella par- lata veneziana e che è un saporito tratto di psicologia e di lingua popolare: “ Crèdimi, no par bon ,, cioè non fa bel vedere. Altri componimenti hanno un’andatura popolaresca, vivace- mente maliziosa, come la canzonetta Pipo, Pipo, vien di qua (Append., n. 13). Altrove la vivacità popolareggiante giunge sino alla sgua- iataggine, come nel caso delle strofe in “ Allegretto ,: Tu già sai che la mattina, dove la crudezza della sostanza è troppo scarsamente velata dalla morbidezza della forina. Vere monel- lerie verseggiate, di sapor popolano, sono quel Frick Frach, vieni în qua, che si pubblica in Appendice, n. 14, l'altra Padre santo Cappuccino (Append., n. 24) e quella che potrebbe intitolarsi “ Il frate confessore e tentatore ,: Fra Formica, fra Formica {Append., n. 9), piena di vita e di originalità nelle movenze e negli spunti e che può fare il paio con un’altra canzonetta, il cui titolo sarebbe “ La confessione amorosa ,: Una povera citella {(Append., n. 27). Il contrasto fra la madre e la figlia. al n. 80 dell’ Appendice, è particolarmente notevole per ciò, che ci offre un documento vivo di quel costume, eminentemente settecentesco e italiano, del cavalier servente, immortalato dal Parini e che qui appare penetrato anche nella borghesia veneziana e in un tono fra di cinismo allegro e d’incoscienza che colpisce, con quel patto stretto fra la madre di manica più che larga e la figlia, fremente (1) Per la conoscenza della ricca produzione poetica dialettale, fiorita in Venezia nel periodo cui appartiene la presente raccolta, giova, oltre l’opera del Malamani che sarà citata più oltre, il recente volumetto della sign. Lucia Pagawo, Poeti dialettali veneti del Settecento, Venezia, Fuga, 1915. Il cap. VIII è consacrato ad Antonio Lamberti (1757-1832). 200 VITTORIO CIAN di desiderî nuziali, in questo piccolo dramma sociale che sì abbozza agli occhi nostri, fra le due donne e i due uomini, l’Ec- cellenza, ..predestinata e Tonin, futuro cavalier servente. In questa serie di carattere popolaresco non è a stupire, se ci si affacciano, linguacciute, anzi sboccate e impertinenti o sornione e furbescamente maliziose, le ragazze, “ impazienti di marito ,, secondo la felice espressione d’Alessandro d’Ancona, o audacemente indisciplinate. Meritano perciò d'essere segna- late le canzonette: “ Non dansar ,, la mama dixe ( Append., n. 20), tutta malizia e doppì sensi, 0 cara siora mare (Append., n. 30), Mama mia, non mi gridate, alla quale s'accompagna quella, più vivacemente originale, che com. Mama mia, qual'è quell’aria (Append., n. 32, cfr. nota illustrativa al n. 50), M? ha promesso la mama e il papà, promessa che è fatta, veramente, al figlio innamorato, come al figlio sono rivolti i consigli in tèma di donne e di matrimonio in La mia madre, poverella; e, in forma narra- tiva spigliata: La Nanetta villanella (Append., n. 23) e Sentà, mie care donne (Append., n. 19). Com'è evidente, in questo gruppo si riprendono, con certa nuova freschezza di atteggiamenti, vecchi motivi tradizionali, come è tradizionale il tèma delle bellezze che si richiedono ad una donna per essere veramente bella (1), quale occorre in una villotta (Append., n. 31, III): “ Sette bellezze ha d’aver una donna , e nella canzone “ Trenta cose a dirsi bella , (Append., n. 34), che forse era cantata da un servo in un melodramma giocoso. (1) Su questo antico motivo tradizionale rimando a quanto ne scrisse R. Renier, /l tipo estetico della donna nel Medio Evo, Ancona, Morelli, 1885, pp. 119 sg. e n. 3, il quale a pp. 172-4 riprodusse dal Dottrinale di Jacopo Alighieri il passo dove sono enumerate le Nove (dieci) bellezze umane. Tomwm. Casini, parlando Di un repertorio giullaresco in un saggio riprodotto poi nel vol. Studi di poesia antica, Città di Castello, Lapi, 1914, pp. 240 sg., pubblicò una ballata (la LXXVI) Per amor de delle brune, nella quale son passate in rassegna le qualità fisiche e morali delle donne, classificate se- condo il colore delle chiome e della pelle e secondo la statura e la com- plessione. Questi motivi tradizionali passarono numerosi dall’un capo all’altro della Penisola, sì che s’ebbe (cfr. il n° XXIV) anche una simile rassegna per città. Nei Canti popol. venez. raccolti dal BernonI, Venezia, 1872, pun- tata 1%, n° 1, ne abbiamo uno che s’inizia così: “ Sete belezze ghe vorìa a una dona ,. C. Sowsorn, Das venezian. Volkslied _ Die Villotta, Heidelberga, 1901, p. 128, lo cita e traduce senza citar la fonte. A e PEA e n ge SETTECENTO CANORO 201 Parimenti, un’eco di antiche voci, persistente attraverso i se- coli, sorprendiamo nella curiosa e graziosa canzonetta Bella e gentil fornara (Append., n. 26) e nel gruppo di villotte contro le vecchie (Append., n. 29, I, XXI). Canzonette tratte direttamente da melodrammi serî e gio- così incontriamo, sovrattutto da giocosi, nella seconda sezione del nostro ms. (1), mentre un saggio interessante di galanteria baldanzosamente romorosa ci offre la canzonetta Donne care, nel vostro giardino (Append., n. 10). Non mancano note che potreb- bero dirsi, in una raccolta come questa, di eccezione, quale il canto di guerra Zcco che tutti allarmi (2), e certe venature di preromanticismo younghiano e wertheriano, come i n! 227 e 242 della P. I, nonchè il n. 286, e, sovrattutto, il n. 194 della stessa Parte I, che s'intitola Carlota alla tomba di Verter (3). Fra questi canti, che ho detto di eccezione, nella silloge nostra, ve n’ha uno conviviale, brindisi addirittura: Amici, amici, în tavola, anch'esso anonimo, ma che sappiamo essere nientemeno che di Scipione Maffei (4). Infine, non dobbiamo meravigliarei di trovare in una sil- loge veneta, che spesso, specie nelle villotte, ci richiama per le forme idiomatiche a zone estreme della Regione veneta, l’occi- dentale-veronese e l’orientale, anche un saggio di quelle canzo- nette napoletane che anche nella Venezia settecentesca erano accolte con tanta festa, come ci documenta, fra gli altri, l’in- comparabile Goldoni (5). Alludo alla briosa canzonetta Stanno abbascio alla marina (Append., n. 35), che anche ad un esperto (1) Ne additerò due soltanto per agevolare le ricerche delle fonti re- lative. Da un melodramma giocoso dev'essere tratto il Terzeto che si trova nella P. I, c. 10 a, quello che com. “ La gelosia è bestiola | che salta qua e là | Pizzica, punge e becca... | Va via, va via di qua ,. Similmente il Recitativo del Sordo, che è nella P. II, c. 17 a, e com. “Vo star in atten- zione | se cantano gli uccelli ,. (2) Rimando alla nota illustrativa sotto il n. 30; vedi Append., n. 6. (3) Cfr. Berrana, In Arcadia, Napoli, 1909, pp. 420 sgg. (4) Cfr. la nota qui innanzi, al n° 2. (5) Nel dramma giocoso La Mascherata (nel t. VIII dei Drammi giocosi del G., ed. Venezia, Zatta, 1795, vol. XLII delle Opere teatrali), a. II, sc. VI, Beltrame canta sulla chitarra “la canzonetta in lingua napolitana , che com. “ Voria che ‘fosse uciello e che volasse ,. 202 VITTORIO CIAN conoscitore di quella produzione, qual’è il Croce, è riuscita nuova (1). Dobbiamo invece trovare assai naturale l’imbatterci, come s'è detto, in un buon numero di wvi/lotte, che si pubblicano quasi tutte — intendo quelle pubblicabili — pel loro carattere più o meno popolaresco, alcune, cioè, schiettamente di popolo, onde hanno riscontro in canti tuttora viventi nelle Venezie, altre di evidente imitazione letteraria (Append., n. 12, I-XIX, 16, 29, I-XXV). Di buona parte di questi freschi prodotti dovuti alla Musa popolaresca non solo offro il testo compiuto, ma aggiungo anche l’indice alfabetico compiuto dei capoversi, che avevo omesso nella Nota precedente per ragioni di spazio. Per chiudere — dulcis in fundo — con un rilievo che ci trasporta più vivamente in pieno Settecento canoro, noto la can- zonetta Il mondo non è bello che in forza dell’amofe, dove è esaltata con irruente sincerità la virtù dell'amore, come la forza giocondatrice per eccellenza della vita. A confermare poi il fascino irresistibile che questa poesia esercitava ancora nel terzo decennio del secolo scorso, ricordo qui le due canzo- nette che Santorre di Santarosa trascrisse in un suo Quaderno ‘« incominciato in Londra ai 10 di gennaio 1823 ,. recitategli o udite cantare da qualche esule veneziano o in qualche convegno poco prima ch’egli partisse alla volta di Grecia. L’una è for- mata di due strofette voluttuose, la prima delle quali ha tutto l'incanto d’una serenata sul Canal Grande inondato di luce lunare: Sta notte, de Nina Tra i brazzi de neve Do volte la freve Scordado ho d'amor: (1) Questa canzonetta, maltrattata spesso dal trascrittore veneto, ripro- duco dapprima in forma diplomatica, poscia secondo una ricostruzione nella quale ebbi cortese ed esperto collaboratore l’amico dott. Fausto Nicolini. Essa ha un carattere narrativo, chè ci racconta un'avventura che fa pen- sare a quella boccaccesca di Andreuccio da Perugia, così bene illustrata da B. Croce, La novella di A. da P., Bari, Laterza, 1511; cfr. L. Di FrancIa nel Giornale stor. d. lett. ital., 59, 393-7. CETO TA SETTECENTO CANORO' 203 l’altra, intitolata dall’ Esule savignanese Canzonetta veneziana, consta di cinque strofette, l’ultima frammentaria. Essa com.: Visin (vicino) de Nina Xè tuto incanto E par che l’arte Sia nata là. Ma quel che bixega (1), Che m’urta tanto Xè quel tempieto, Xè quel sofà. Ed è, con varianti notevoli, la canzone n. 280 della P.I nella nostra raccolta (Vicino a Nina), opera del Lamberti. C'è tanta parte, qui, di quel Settecento musicale e lirico che faceva udire i suoi echi sempre vivaci anche nell'Ottocento inoltrato, anche sulle rive del Tamigi, anche nel cuore d’uno dei più eroici precursori del nostro Risorgimento! Da questa rapida scorsa attraverso la raccolta nostra, anche un lettore non propriamente “ specialista , di questa materia, potrà apprezzarne meglio, io spero, e il carattere e il valore: e questo apprezzamento uscirà pure corroborato dalle poche illustrazioni che qui aggiungo seguendo l’ordine dell’/Indice dei capoversi. 1. Ah non son io che parlo (Ind., 1,5). È del Metastasio (Opere, ed. Londra [Livorno, P. Masi], 1785, t. II, 307), nell’Ezio, Men sc. 12. 2. Amici, amici, è in tavola (Ind., I, 17), è un brindisi di Scip. Maffei, compreso nelle sue Poesie volg. e lut., Verona, 1752, I, 138. citato dal Carpucci, Il Parini minore, in Opere, XIII, 190-2. 3. Amorosi miei sospiri (Ind., I, 20). Forse da identificare con la “ villanella , che è fra le Villanelle alla napolitana a tre voci di Sicismonnpo D’Inpia nobile Palermitano, Libro primo nuovamente stampato in Venetia, appresso Gardano e fratelli, MDCX (Vocet, I, 23). (1) Bixega, eccita. Nella Collez. d. migliori opere in dialetto veneziano, Venezia, 1817, vol. III, un altro bdisegar lambertiano è spiegato “ andar al cuore 0 al sangue ,. 204 VITTORIO CIAN 4. Ascolta, infida, un sogno (Ind., I, 24). È nel ms. Addition. 81769 del Museo Britann., registrato dall’HueHEs, II, 613, adesp.; ma è fra le Anacreontiche del Vittorelli, 4? ediz., Venezia, 1797, la 5 nell’ediz. Simoni, Scritt. d’It., p. 87. . Augelletti, ch'al mio pianto (Ind., I, 25). Nel ms. Addition. 14228 del Museo Britann., in HucHEss, II, 490, del 1698, un ms. bislungo in fol., col titolo: Cantate italiane, v'è al fol. 60: Augeletti al vostro canto, di Luigi Manza; nel- l’Addition. 14229, scritto c. 1723-32, l’altra: Augelletti, che cantate (Hucnrs, II, 514). . Aurette, che placide (Ind., I, 26). Nell’Addition. 31769, regi- strato dall'HueHes, II, 613: “ Aurette che placide | d’in- torno movete , come nel nostro ms. . Basta, cosi, ma basta (Ind., I, 28). In HucHrs, II, 610, è ad- ditato nell’Addition. 31756, c. 45: Basta, cussi, come se- conda parte di Da brava, carina, a c. 40. Il SONNEGK, II, p. 1644, registra Basta così, t'intendo, come tratta da Li tre Cicisbei ridicoli del Resta. Si direbbe una mossa iniziale metastasiana (cfr. Opere del Metastasio, ed. cit., VI, 218: V,117: IX,'137; ecc.). Cfr. qui sotto ea . Bel piaser andar a letto (Ind., I, 30). Anche questa è una mossa iniziale metastasiana. Infatti in una scena del Partenope, P. I, sc. 8*, si legge: Bel piacer d’un core amante. Forse da questi prese lo spunto il Goldoni nel La ritornata da Londra, rappresentata nel 1756, a. I, sc. 1%: Bel piacer quando s'arriva (Drammi giocosi per musica, t. X, ediz. Zatta). Anche nel dramma dello stesso Goldoni La donna di governo, a. I, sc. 78: “ Bel piacer, ch'è l’allegria! | Bel piacer in compagnia | Star a bere ed a mangiar! ,. 9. Bella e gentil fornara (Ind., I, 32). È fra le Canzonette ve- neziane ecc. con accompagnamento di chitarra dell’ Ad- dition. 31759, registrate dall’HucHes, II, 612. 10. Bella rosa purpurina (Ind., 1, 34). Sono due strofette sol- tanto che hanno solo il primo verso quasi in comune con la canzonetta del Chiabrera (Le opere, divise in 5 tomi, Ve- nezia, 1782, II, 65). Severino FERRARI riprodusse quest’ul- tima nella sua Biblioteca di Letteratura popol. ital., a. I, vol. I, Fir., 1882, p. 157 seg., dal cod. Riccard. 2868 del sec. XVII, avvertendo essere del Chiabrera e trovarsi musicata dal Caccini fra le Canzonette musicali. RS 12. 13. 14. 15. 16. L9. 18. 19 SETTECENTO CANORO 205 Belle donne, che vantate (Ind., I, 35). In Voeet, I, 120, trovo il principio d’una “ corrente , Belle donne, come esistente in Scherzi, arie, canzonette e madrigali di Antonio Bru- NELLI Maestro di Cappella del Sereniss. Granduca di To- scana ecc., in Venetia, Vincenti, 1616. Buona notte, mia carina. In Huenss, II, 613, dall’Addition. 31759, fol. 135, è registrata Buona notte, nella cit. Collez. di 126 canzonette venez. dette Barcarole. Cara Elisa, amato bene (Ind., I, 38, 39, dov'è in due stro- fette e diverse). Dall’Addition. 31759, fol. 95, il HuGHES, II, 612, registra Cara Elisa. Cara Nina, ti xe in letto (Ind., I, 41). Dall’Addition. 34052, del sec. XIX in., fol. 326, il HueHss, II, 12, registra Cara Nina, sto affannata (2). Caro il mio ben (Ind., I, 46). Delle molte arie registrate con questo capoverso in HucHEs, una sola, quella in Il, 613, esistente nell’Addition. 31759, più volte citato, corrisponde alla nostra. Cento basetti (Ind., 1, 47). In HueHEs, II, 569, dall’Addition, 31758, circa del 1763, contenente Ariette veneziane col basso per arpicordo, probabilmente di Mattia Vento; seb- bene non comprese fra le canzonette pubblicate da lui in Londra in quell’anno 1768. Che grazioso puteletto (Ind., I, 51). Dal solito Addition. 31769, lo registra il HucHss, Il, 613, con grafia più schietta- mente veneziana: Che grazioso puteleto. Che mai risponderti (Ind., I, 52). In Huenrs, II, 301, dal- l’Addition. 31667, posteriore al 1766, fra le Arie da opere italiane, al fol. 78, come tratto dal Demofoonte di Pietro Guglielmi, Treviso, 1766. È anche nel Demofoonte del Metastasio, musicato dal Jannelli, a. III, sc. 72 (Opere, ed. cit., IV, 239). Che non mi disse un di (Ind., I, 53). In HueHrs, II, 296, dall’Addition. 31633, posteriore al 1761 (?), raccolta di componimenti operettistici con accompagnamento stru- mentale. E data come tratta dall’Olimpiade del Metastasio (a. II, sc. 42, in Opere, ed. cit., II, 48), musicata dal Jan- nelli. Nell’Addition. 31619 del 1744 c., è data dall’HuemEs, II, 270, fra le arie dell’Olimpiade musicata da Lorando Leo; e nell’Addition. 31654 fra le arie dell’Olimpiade mu- 206 VITTORIO CIAN sicata da David Perez (HucHrs, II, 290); infine nell’ Ad- dition. 5057, anter. al 1760, fra le arie dell’Olimpiade musicata dal Pergolese (1735), come nota lo stesso HueHESs, II, 294 © 344. 20. Chi nasce pazzo (Ind., I, 58). Questa strofetta “ Chi nasce pazzo | non guarisce mai | Tu che sei pazzo | non gua- rirai | Mai, mai, mai, mai , è registrata in HueHEs, II, 12, dall’Addition. 34052, raccolta di Cantici e canoni di varii autori del principio del sec. XIX, con la variante Chi nasci matto. 21. Consèrvati fedele (Ind.. I, 61). Nell’HueHes, II, 614, dall’Ad- dition. 33310 (del principio del sec. XIX, canti con accom- pagnamento di piano), son registrate due trascrizioni di questo recitativo ed aria, tratto dall’Artaserse del Meta- stasio, a. I, sc. ‘1%, in Opere, ed. cit., 1,9. 22. Corpo di Bacco (Ind., II, 14). Nella Favola de’ tre gobbi, In- termezzo del Goldoni (Venezia, Zatta, vol. 35, 1789-95), registrato dal SonnEcK, II, 483, ma è diverso il principio: “ Corpo di Bacco | San Parpagnacco ,. Cfr. in SONNECK, II, 1090, I tre gobbi rivali, Intermezzo a 4 voci da can- tarsi dalla Compagnia dei Comici Lombardi nel teatro dei Fiorentini nel Carnevale del 1783, Napoli, 1783. È una riduzione in due atti dei Tre gobbi goldoniani, musica del Fabrizi romano. Nel 2° Intermezzo c’è l’aria Corpo di Bacco. 23. Crude stelle (Ind., I, 65). Strofetta di quattro quadrisillabi, registrata dall’HucHss, II, 611, di sull’Addition. 31759 e più addietro (II, 235) di sull’Addition. 1269, quello del prince. del sec. XIX, questo della fine del XVIII. 24. Da brava, Cattina (Ind.,1, 66). In HueHss, II, 610, dall’Ad- dition. 31756, del princ. del XIX sec., con la var. Da brava Carina, insieme con la seconda parte Basta cussi. Con questa medesima variante riappare nell’ Addition. 31757 (Huegrs, II, 611). 25. Dal dì ch'io ti mirai (Ind., I, 67). In HuerEs, II, 586, dal- l’ Addition. 31226 del sec. XVIII, cantata italiana di Bened. Marcello con la var. Dal dì ch'io rimirai, mio caro. Lo stesso HueHEs, II, 527, registra dall’Addition. 31504, poster. al 1740, fra le Cantate ed arie di Niccola Porpora: Dal di che ti mirai. Ma la nostra, formata di due stro- a i se i ei I della SETTECENTO CANORO 207 fette, suona così: “ Dal di ch'io vi mirai, | Pupille lusin- ghiere, | Non sa che sia piacere | Il povero mio cor ,. 26. Dolce mio ben, perdona (Ind., I, 86). Il SonnecK, I, 958, registra un Dolce mio ben ne La Rosilla, Tragicommedia di Filostrato Lucano Cinneo, Napoli, 1733, musica del sig. Antonio Orefici. Dolce mio ben è anche l’inizio d’un madrigale Canto di Baldessar Donato in Il secondo libro de Madrigali a quattro voci, in Venetia, appresso Antonio Gardano, 1568, in Voert, I, 207. Dolce ben mio è il prin- cipio d'una delle Villanelle a tre et a quattro voci et arie di Franco Lombardi, Libro primo, in Napoli, Bonino, 1607 (Voce, I, 340). Infine, con Dolce mio bene comincia un’aria degli Affetti canori, cantate ed ariette di G. Batt. Bassani, maestro di cappella dell’illustrissima Accademia della Morte di Ferrara, ecc.. Venetia, Sala, 1692, p. 73 (VoeEL, BitA). 27. Dolci aurette, ombre notturne (Ind., 1, 87). Affatto diversa dev'essere la Dolce auretta, compresa nei Musicali concenti a una e due voci di Nicolò Borboni, Libro primo, in Roma, l’anno 1618, registrata dal Voet, I, 109. 28. Dovea svenarti allora (Ind., I, 90). In HueHes, II, 357, dal- l’Addition. 14207, che contiene arie d'opera con accompa- gnamento, questa, tratta dal Catone in Utica del Metastasio, a. II, sc. 13° (Opere, IV, 82), musica del Duni, c. 1738. Lo stesso HucHEs, II, 340, dall’Addition. 31593, conte- nente arie di opere con accompagnamento, registra que- st’aria dal Cutone, 1727, di Leonardo Vinci. 29. Ecco alle mie catene (Ind., I, 92). È del Metastasio (Opere, ed. cit., II, 275), nell’Ezzo, a. II, sec. 134, 30. Ecco, che tutti all’armi (Ind., I, 94). È, come s'è detto, uno dei pochi canti di guerra del Settecento italiano. Non è la canzone violenta d’una Amazzone del Weisse, quella che il nostro Bertola, in Appendice all’Idea della bella Letteratura alemanna, t. I, 1784, pp. 207 sgg., fece co- noscere agl’'Italiani, tradotta in una prosa abbastanza vigorosa, ma attenuandone le asprezze che parevano so- verchie a’ suoi orecchi delicati di arcade. Si veda anche ciò che il riminese dice, a pp. 214-15 x, delle “ Canzoni di guerra di un granatiere prussiano , del Gleim, poste in musica e pubblicate a Berlino nel 1758. Su questo 208 VITTORIO CIAN argomento può giovare il saggio di G. NarALI in Idee, costumi, uomini del Settecento, Torino (1916), pp. 99 sgg., intitolato La guerra e la pace nel pensiero italiano del sec. XVIII. 31. Ecco di Gnido al tempio (Ind., I, 95). È la 16? delle Ana- creontiche del Vittorelli, nella ediz. Venezia, 1797; nel- l’ediz. Simioni, p. 88. Nell’Addition. 31759, fol. 15, è data anonima (Huexzss, II, 611), e parimente nell’ Addition. 31769, fol. 375, con la var. Questo è di Gnido il tempio. 32. Erma valle, amico rio (Ind.,I, 96). In Hucxss, II, 613, dal- l’Addition. 31769, fol. 346, musicata dal Widmann. 33. ille, se mai pretendi (Ind., I, 97-98). Con questo nome pa- storale di Fille e- di Fillide incominciano molti madri- gali e canzonette dei secoli XVI e XVII (cfr. Voet, I, 22, 27, 62, 63, ecc.). Di Filli invocate in rima sono pieni particolarmente i Madrigali di Bartolomeo Barberino (Ve- netia, 1617), e le Camzonette dello stesso (Venetia, 1613), come si può vedere dai capoversi che ne riferisce il VoGEL, I, 65. Numerosi i capoversi che cominciano con Falle e Filli anche nell’Indice dell’HucHes. 34. Fra cento affanni e cento (Ind., I, 101). E del Metastasio (Opere, ed. cit., I, 12), nell’Artaserse, a. II, sc. 2A. 35. Fra Formica, fra Formica (Ind., 1,102). Deformato in Fan- formica, Fanformica, si trova trascritto dal BeRNONI nei cit. Canti popol. veneziani, punt. XI, n. 8. Le trasforma- zioni e varianti sono qui non poche, nè lievi; questa, so- vrattutto, che invece d’una “ citella , come nel nostro ms., la compiacente devota è una “ vedovella ,. 36. Forza è ch'io ceda (Ind. I, 22). In Huex®ss, II, 365, dal- l’Addition. 31817, della fine del sec. 18°, come aria di Angelo Tarchi. +37. Già la notte s'avvicina (Ind., 1, 112). HucHEs, II, 592 e 84, dall’Addition. 31742, del sec. 18°, registra fra le “ Can- zoncine , con accompagnamento di piano, di Domenico Cimarosa, Già la notte s'avvicina, e dall’Addition. 31732, della seconda metà del sec. 18°, fra i Duettini notturni di Gottlieb Naumann, autogr., al fol. 6, Già la notte s'av- vicina, le cui due prime strofe sono prese dalla Cantata La Pesca del Metastasio, musicata dal Porpora (confr. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. SETTECENTO CANORO 209 S. MarterI, Prefaz. al t. XIII delle Opere del Metastasio, Napoli, 1784). Opere, ed. cit., VII, 375. Giunse il fatal momento (Ind., I, 114). In HueHss, II, 309, dall’Addition. 14396, c. del 1786, registra Giunse al fin il momento, che è il rondeau de Le Nozze di Figaro, con accompagnamento di pianoforte del Mozart. Grazie agl’inganni tuoi (Ind., 7, 115). In Hucurs, II, 585, dall’Addition. 24307, canto con accompagnamento; e a p. 7 dall’Addition. 31462; in entrambi i casi anonima. Ma è la famosa canzonetta metastasiana La libertà, dalla quale qui sono riprodotte con una storpiatura (lagni in- vece di /accî) due strofette soltanto. Guarda che bianca luna (Ind., I, 117). È la 72 nella Rac- colta delle Anacreontiche del Vittorelli, ed. cit. di Venezia; nell’ediz. cit. del Simioni, a p. 84. i Il cagnolin vezzoso (Ind., I, 121). È del Vittorelli, fra le Anacreontiche, ed. Simioni, p. 82. Il mio ben quando verrà (Ind., II, 28). IL mio ben è il prin- cipio d'uno dei Madrigaletti a due et a tre voci, compresi nel Canto primo di Stefano Bernardi, Venetia, Vincenti, 1627 (Vocet, I, 90). Ma questa è l’aria famosa della Nina pazza per amore, del Lorenzi, come, del resto, av- verte la didascalia del nostro ms. Si trova registrata anche in HueHEs, II, 315, dal ms. Addition. 31724, fol. 16 5, come musicata dal Paisiello, nel 1787. La gelosia è bestiola (Ind., I, 133). HueHeEs, II, 642, nell’Ad- dition. 32314, segnala 3 Cantate italiane del Graun, una delle quali La Gelosia com. “ Ahi, qual cruccio ,. La Nanetta villanella (Ind., I, 136). HucHEs, II, 610, dal- l’Addition. 31755, del principio del sec. XIX, contenente Canti specialmente veneziani, canzonette, ecc., con accompa- gnamento: “ La Nanetta ,, probabilmente la stessa della nostra raccolta. La neve alla montagna (Ind., I, 157). Hucnes, II, 370, nel- l’Addition. 17830, del sec. XVIII-XIX, contenente fram- menti di Opere di mano di Domenico Dragonetti, fol. 47, addita La neve in la montagna. Ma è del Rolli, L’Inverno ; solo le prime due strofette. La sorte mia tiranna (Ind., I, 142). È del Metastasio, nel Stroe, a. I, sc. 18% (Opere, ed. cit., III, 245). Nell'Addition. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 14 210 47. 48. 49. 50. ol. » VITTORIO CIAN 31654 (c. 1751-7), contenente Arie con sinfonie e accom- pagnamento di musica, in questa parte di Baldass. Ga- luppi; al fol. 177 il Hunss, II, 290, segnala quest’aria. Lilla, se non m'intendi (1nd., I, 144). Nel Voet, I, 70, 156, 229, 246, troviamo non poche canzonette musicali che nel capoverso recano il nome di Lilla, ma nessuna che possa identificarsi con la nostra. Luci adorate del mio tesoro (Ind., I, 146-7). HucHss, II, 275, segnala nell’Addition. 31655 (c. 1747-48), al fol. 22: Luci amate, di Matteo Capranica. Mamma mia, non mi gridate (Ind., 1,149). È anche nell’Ad- dition. 31724, poster. al 1794 (Huexss, II, 576), e nel- l'Addition. 25075, della fine del sec. 18° (HueHEs, II, 596). Racconto d'una licenziosa avventura con un frate; non ne ho trovato riscontri nella letteratura antifratesca. Mama mia, qual’è quell'aria (Ind., 1, 150). Interessante e gu- stosa varietà del vecchio motivo tradizionale della ra- gazza desiderosa di nozze; sovrattutto perchè ci troviamo dinanzi ad una di quelle “ incatenature ,, che furono così bene illustrate dal D'Ancona, da Severino Ferrari e, recen- temente, dal Novati. Il quale ultimo nel bel Contributo cit., pp. 904 sgg., illustrò come nessun altro avrebbe potuto, l' “ incatenatura , o “ fricassea , di Lodovico Fogliani, compresa nel IX libro delle Frottole, edite dal Petrucci fra il 1504 e il 1508. Riservandomi di illustrare altrove la nostra canzonetta-incatenatura, mi limito qui ad ad- ditare due altri esemplari settecenteschi veneziani dì contrasto fra madre e figlia; quello Le convulsion “ Siora mare, consolème ,, e l’altro, Contrasto fra la mare e la fia che vol maridarse (che com. “ L'è curiosa che no possa ,), entrambe fatte conoscere dal MALAMANI, Il Settecento a Venezia. II. La Musa popolare, Torino, 1892, pp. 93-5, 259 sg. Il Malamani pubblicò anche (pp. 241 sg.) un Con- trasto ‘tra mare e fia per un gobo, del 1740 (che com. “ Cossa fastu, dì, Zaneta ,), interessante, perchè la madre confessa che Tonino, alla cui mano aspira la figlia, è og- getto del suo amore, onde essa vorrebbe darle invece un caro “ gobeto ,. Maritati, 0 poverelli (Ind., I, 153). In HucHES, II, 306 e 381, è registrato dall’Addition. 31747 (sec. XVII-XIX), il re- 52. D5. D4. 00. 56. 07. 58. 59. 60. 61. SETTECENTO CANORO 211 citativo “ Misero Bernardone , con aria “ Maritati pove- relli ,, con sinfonie e accompagnamento di varî strumenti, di Domenico Cimarosa (?). M'ha ditto la mia mama (Ind., I, 157). In HueHss, II, 593, è registrato dall’Addition. 31742 (sec. XVIII): “ Mi ha detto la mia mamma ,. Mio ben, ricòrdati (Ind., I, 162). È del Metastasio (Opere, ed. cit., IV, 331), nell’ Alessandro, a. III, sc. 78, e occorre anche nell’Addition. 31759, fol. 106 d). Mio cor, tu prendi a scherno (Ind., I, 163). È anche questa del Metastasio (Opere, ed. cit., II, 403), nel Cielope. Nella stagion dei bòcoli (Ind., I, 169). Come s’è avvertito, è una riduzione dal Lamberti. Cfr. MALAMANI, op. citata, pp. 58-60, che la dice ridotta dal francese. Il Mal. avverte in nota 2, p. 60. che la musica di questa canzonetta si può trovare al Museo Civico, Raccolta Cicogna, n. 157, busta 13. È anche nell’Addition. 31759, registrata dall’Hu- curs, II, 611. Si trova nella Nuova Collezione di poesie scritte in dialetto veneziano da AntoNnIO LAMBERTI, vol. I, Treviso, tip. Andreola, 1835, pp. 180-3, col titolo El tropo e ’l tropo poco. Nice dorme, io bagno intanto (Ind., I, 170). E nel solito Ad- dition. 31759, fol. 121 d, registrata dall’HucHes, II, 612. Nina, non dir di no (Ind., 1, 172-173). È trascritta in tre Ad- dition. 31760, 31755, 31757, in HueHEs, II, 607, 610 e 611. Non è vero, ingrata Nice (Ind., I, 176). HucHrs, II, 609, la segnala nell’Addition. 34202, fol. 73 (sec. 18°-19°). Non far la smorfiosa (Ind., 1, 177). Dall’Addition. 31759, fol. 4, la registra HucHss, II, 611. Non so frenare il pianto (Ind., I, 180). È del Metastasio, Demetrio, a. II, sc. 12%, ed è trascritta nei quattro Ad- dition. 31632, 31634, 14230 e 31593 (Huexnss, II, 287, 298, 329, 340). Nel primo di questi mss. l’aria figura come del Farnace di Gius. Adami su parole del Meta- stasio, nel quarto, come musicata da Leonardo Vinci. Non ti appressare all’urna (Ind., I, 181). È la 21? delle cit. Anacreontiche del Vittorelli, ma col capoverso Non ac- costare all’urna appare anche negli Addition. 31759 e 31769 (Hucx8es, II, 611, 613), nonchè nella stampa in foglio volante, creduta del MALAMANI, op. cit., p. 236, nota, dove: è adespota. 212 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. di: 72. 75. VITTORIO CIAN Non vè più barbaro (Ind., I, 182). È del Metastasio (De- metrio, a. II, scena 11) ed è trascritta anche negli Ad- dition. 14230 (sec. 18°), 31598 e 31651, nel secondo dei quali figura come musicata da Ad. Hasse, nel terzo da G. Fr. de Maio (HucHnrs, II, 329, 289, 298). 1 Numi, se giusti siete (Ind., I, 183). È del Metastasio, nel- l’Adriano, a. I, sc. 11° (Opere, ed. cit., I, 137); appare anche trascritta nell’Addition. 31724 (HucH®ss, II, 315). O cara immagine del mio tesoro (Ind., I, 185). È anche nel- l’Addition. 14208 (sec. 18°, seconda metà), quale cavatina con accompagnamento di piano, di Camillo Aureli (Hu6HES, II, 328). Oh che caso, che strano accidente (Ind., II, 46). Nell’Addition. 31756 il HucHes, II, 611, registra un 0% che caso. Oh che felici pianti (Ind., I, 189). È del Metastasio (Opere, ed. cit., VI, 47), nella Zenobia, a. II, sc. 52. Oh Dio! mancar mi sento (Ind.,I, 190). È anche questa del Metastasio, nell’Adriano, a. III, sc. 2? (Opere, ed. cit., I, 192). Cfr. l’Addition. 31649, in HucHrs, II, 260. Omai tutto oscura notte (Ind., I, 194). La didascalia del nostro ms. “ Carlotta alla tomba di Verter ,, dovrebbe agevolare l’identificazione. Ombra cara ed amorosa (Ind., I, 195). HueHss, II, 348, la segnala esistente nell’Addition. 14175, della 2? metà del sec. 18°, come musicata da Tommaso Traetta. Ombre amene, amiche piante (Ind., I, 196). È del Metastasio nell’ Angelica, P. I (Opere, ed. cit., X, 196). Trovasi pure nell’ Addition. 31742 (sec. 18°), registrata dall’HucHEs, 1,593; Ombre dilette, insane (Ind., I, 198). Nonostante la grande somiglianza del capoverso, non è identificabile con l'Ombra diletta del Metastasio (Opere, ed. cit., II, 146). Cfr. l'Ad- dition. 30973, in HucHEs, II, 293. Or che la notte placida (Ind., I, 199). Il Voce, I, 144, se- gnala nel Primo mazzetto di fiori musicalmente colti dal Giardino Bellerefonteo, ecc., di B. Castaldi (Venetia, Vin- centi, 1623), una canzonetta Or che la notte. Nell’Ad- dition. 31759, abbiamo Or che la notte ombrosa (HucHEs, II, 611; cfr. anche II, 613, dall’Addition. 31769). Orgoglioso fiumicello (Ind., I, 200). È recata anche nell’Ad- PE TETTE PT > TTT 74. 75. 76. (2708 48. CÀ, 80. 81. 82. 85. 84. 85. SETTECENTO CANORO 2A: dition. 31591, in un gruppo di Canzoncine probabilmente di Domen. Cimarosa (HucHes, II, 606); nell’ Addition. 14229 (c. 1723-32), come musicata da Giov. Ad. Hasse (Hue®ss, II, 514), e nell’Addition. 31604, musicata dallo Hasse (HucHss, II, 527). Parona, compatime (Ind.,I, 206). È anche nell’Addition. 31724 e nel 31755 (HueHrs, II, 315, 610), ma forse tanto va- riata dal nostro quanto è il testo offerto dal MALAWMANI, op. cit., pp. 120-2, col titolo Cossa che pagaria e anonima. Parapatun ch'è morta la vecia (Ind., I, 205). Fa pensare alla canz. Pata pata patapon dell’Egerton 1519-1521, in HueHEs, II, 518. Partirò dal caro bene (Ind., I, 207). È anche nell’Addition. 31812 (HucHrs, II, 320). Passò quel tempo, Enea (Ind., II, 54). È del Metastasio, nella nota sc. 4% dell'a. II della Didone abbandonata (Opere, ed. cit., III, 49). Per carità, Betina (Ind., I, 213). L’HucHss, II, 610, la re- gistra nell’Addition. 31755. Per te, Nina, pien d'affetto (Ind., I, 219). Anche nell’Addition. 81755 e nel 31756 troviamo una Per ti, Nina (Hucnss, II, 610-11). Per vivere contenti (Ind., I, 221). Pare la contenga anche l’Addition. 31724, posteriore al 1794; dico “ pare ,, perchè in Hue®Es, II, 576, il capoverso è dato con una variante nella parola finale in rima: “ Per vivere contento ,. Prendi, Augusto compiangi e non l’amico. Cfr. più nanzi, il n. 86. Pupillette, che destate (Ind., I, 228). In Hu6HESs, II, 169 e 524, sono registrate da due mss., l’Addition. 24312 (sec. 18°), ‘un madrigale di Alessandro Strudella che com. Pupilette amorose, e l’Addition. 14211, del 1736 c., una canzonetta Pupillette idolatrate, di Frane. Mancini. Puti, mi gho qua un fior (Ind., I, 229). E anche nell’Ad- dition. 31757, come rilevo dall’HucHEs, II, 611. Quanto mai felici siete (Ind., I, 235). È del Metastasio (Opere, ed. cit., II, 226). È pure nell’Addition. 31655 e nell’Ad- dition. 31676 (HucHss, II, 276, 344). Quella fiamma che m’accende (Ind., I, 238). Nel SonNECK, II, 337, è segnalata un’aria Quella fiamma che v'accende, 214 86. 87. 88. 09. 90. IIS 92: 93. 94. VITTORIO CIAN come tratta dal Curioso accidente, dramma giocoso per mu- sica di Grov. BERTATI, da rappresentarsi nel nobile Teatro Giustiniani in S. Moisè per la prima opera dell’autunno 1789, Venezia, Zenzo, 1789. Rècami quell’acciaro (Ind., II, 61). È, ridotta, del Metastasio, nell’Ezio, a. II, sc. 72 (Opere, ed. cit., II, 254). È anche nell’Addition. 14208, del sec. 18°, come musicata da Ant. Sacchini, c. 1770. Col verso che precede “ Prendi, Au- gusto compiangi e non l’amico ,, essa compare nella P. I, c. 5a, n. 227 bis del nostro Ind. Ricòrdati, mio bene (Ind., I, 241). Nell’Addition. 14223, della metà del sec. 18°, v'è un ficordati, ben mio, musicato da Niccolò Piccinni (HueHnes, II, 285). Sacre piante, amico rio (Ind., I, 9242). È del Metastasio (Opere, ed. cit., VIII, 346), nella Festa teatrale - Cantata- il Par- naso confuso. Sacri orrori, amiche selve (Ind., I, 243). È anche del Meta- stasio (Opere, ed. cit., XII, 109). Cfr. t. VII, 102, Primo stato (redazione) dell'Azione sacra intitolata S. Elena al Calvario, dove le due strofe cominciano, alquanto variate : “ Sacri orrori, ombre felici ,. È anche, con evidente va- rietà, un “ Coro , nell’Addition. 31717 (HueHEs, II, 346), che com.: Sacro orrore. Saper bramate (Ind., I, 244). È del Metastasio (Opere, ed. cit., VII, 56), nella Semiramide, a. II, sc. 48. Se cerca, se dice, ecc. (Ind., I, 245). Anche questa è del Meta- stasio (Opere, ed. cit., II, 65), nell’Olimpiade, a. II, sc. 108). Lo reca anche l’Addition. 32674, con musica del Jom- melli (1769), come nota l’HuaHnes, II, 385. Se mi ve fosse arente (Ind., I, 249). È tratta, adespota, come sempre, dalla commedia di C. Goldoni, I due gemelli ve- neziani, a. III, sc. 22. La riprodusse il MALAMANI, op. cit., pp. 67-8. Sti, chi son io lo sai (Ind., II, 65). L’Addition. 31440 (anter. al 16852), contenente Madrigali a 5 voci di P. Reggio, al fol. 1856, reca Si c/'io... (HucHss, II, 155). Sarà lo stesso canto? Sì, tacerò, se così vuoi (Ind., I, 254). È del Metastasio (Opere, ed. cit., IX, 10), nel dramma Il trionfo di Clelia, dove il capoverso è nella forma corretta: “ Si, tacerò se vuoi ,. rinite citi so 95. 96. 97. 98. IO 100. OL: 102. 103. SETTECENTO CANORO 215 Si, veramente io deggio (Ind., II, 67). È nella Didone abban- donata del Metastasio, a. II, sc. 4% (Opere, ed. cit., a. III, sc. 42). Solitario bosco ombroso (Ind., I, 255). Si trova anche nel- l’Addition. 31724 (poster. al 1794), nell’Addition. 31817, della fine del sec. 18°, e nell’Addition. 17830 (sec. 189-190), come appare dall’HucH£s, II, 576, 365, 370. Ma è del Rolli De’ Poetici componimenti del sig. P. Rolli, lib. II, Nizza, 1782, pp. 165 sg.) Son ferito in mezzo al core (Ind., I, 258). Nell’Addition. 14218 (del 16832), l'HuaHrs, II, 485, registra una cantata, al fol. 71, che com. Son ferita. Sorge la bella Aurora (Ind., I, 259). Nella raccolta di Can- zonette a una e due voci, ecc., di BAarTtoLOoM. BARBARINO da Fabriano detto il Pesarino, Venetia, 1616 (Voet, I, 63), è una canzonetta Sorge l Aurora di Franc. Corniani. Spine, voi che germogliate (Ind., I, 262). È anche nell’Ad- dition. 31759, del principio del sec. 18° (HucHrs, II, 611). Sul mattin quando l’Aurora (Ind., I, 266). Nella raccolta di Canzonette, ecc., cit., sotto il n. 98, è indicata dal VoGEL, I, 63, la canzonetta del Rinuccini Sul mattin quando. Superbo di me stesso (Ind., II, 69 dis). Negli Addition. 31648 (1730-1813), 31602 (Huenss, II, 259, 266), contenente Arie, ecc., da Opere, e 29274, nel primo con musica del Cimarosa, negli altri due, del Pergolese, è registrata quest’aria dell’Olimpiade, a. I, sc. 2* (Opere, ed. cit., II, 18). Tu mi sprezzi e tu non m’'ami (Ind., I, 270). Ricorda il Tu mi disprezzi, ingrato del Metastasio (Opere, ed. cit., VII, 50). Tutto, mie care donne (Ind., 1, 272). Nell’Addition. 31712, della fine del sec. 18°, è registrata quest’Aria, probabil- mente dall'opera La forza delle donne (1780) di Pasquale Anfossi (HueHEs, II, 362). . Vago pensando, o nonola (Ind., I, 276). Premesso che “ vago , anche oggi, nella parlata veneziana, equivale a “ vado ,, e che “ nonola , è un vezzeggiativo amoroso corrispon- dente, press’a poco, a “ cuor mio ,, noto che questa canzon. è del Lamberti (Nuova collezione cit., vol. I, pp. 137-9, dove s'intitola E? pensier), e fu riprodotta dal MALAMANI, op. cit., pp. 137-9. Ma nel nostro ms. questa deliziosa - 216 VITTORIO CIAN canzonetta è ridotta da 14 a 9 strofette. È anche negli Addition. 31756 e 31757, con musica di G. S. Mayer (HucHnes, II, 610). 105. Vedrete che allegria (Ind., I, 278). Nell’Addition. 31705, contenente numeri d’opera, con sinfonie e accompagna- menti, ecc., questa canzon. è data come tratta da un'opera di Vine. Martini, nella quale appaiono Ciprigna, Finta e Bonarco (HucHEs, II, 362). 106. Vicino a Nina (Ind., I, 280). Neil’Addition. 31756, questa canzon., al fol. 21, è data con musica di G. B. Peruchini (Hucnes, II, 610). È del Lamberti e si legge, col titolo El sofà, nella cit. Nuova Collezione delle sue Poeste, vol. I, ppi[ 1749: 167. Vieni, o real donzella (Ind., I, 280 dis). È anche nell’Ad- dition. 31650, contenente Arie di Opere, del 1730, al fol. 16, come tratta dall’opera I giochi d’ Agrigenti (1792) di Giovanni Paisiello (HucHes, II, 260). 108. VILLOTTE. Se ne dànno qui i capoversi in ordine alfabetico, indicandone la collocazione nel ms., e avvertendo che si trovano tutte nella 1* Parte e sono pubbl. in parte nell’Append. 1. Alta da terra senza la pianella . .. . . (te. 1768 Segue, concatenata, alla n. 37 Sette bellezze. 2. Andando a Medro colla me messora . . ., » 3..A. notte,.a (mezza. notte sona. .i vespri i. eee 4. Arsera, l’altra sera ho visto l'Orco.. . .... 3° 5. Cara, per ben mostrar le tue fattezze . c. bb 6. Diavolo lo porta via lo paroloto . c. 17 7, Dicono i: vati che sia il Dio Cupido... . «ie ie 8. È andado a messa prima el me Curato c. 18 d 9. Era nell’orto che basava el gatto GA 170 10. E venze fora el paron de quelle zucche . . ,-, 11. Ghe vogio tanto ben all’anzoleta . . . . c. 5 db Si trova anche nel BERNONI, op. cit., Punt. II, n. sii 12. Idolo mio, deh vieni il suono sia . > «i 13..Ilsrossignuolo: dal. mato boschetto, .‘;..;- tesa 14. Il mio garzone il pifero suonava . . ca È ia 1à di un ciclo di 6 villotte, che si sisi blicano in APPENDICE, n. 16. i ì 3 4 i 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. SETTECENTO CANORO La chitarrina no la vol più sonare . La me morosa è cara cara . La me morosa l’è dura de corpo. La me morosa la s’è ca... adosso La me morosa l’è una bella putta La me morosa la xe da Pelanda. La me morosa l’è una bella putta (Continua diversamente dall’antecedente n. 19). La me morosa quando che ghe scappa La me morosa stava alla finestra (Continua con un’altra così sconcia, che il ca- poverso non ne è riferibile). La prima volta ch'ho dormìo con donne 25-8. Me son inamorado in quattro vecie 29. 30. Sl. 32. 39. di. 35. 36. 37. 58. 39. 40. 4l. 42. 43. 44, 45. 46. 47. (Seguono altre tre villotte incatenate con questa, tutte contro le vecchie). Me son inamorà in una marzetta Me sonti innamorà o m’innamoro Morosa bella, votu che te diga Non mi far languire, o vita mia. Omini della val fè tuti festa . Oh tote via de quà, mostasso intento . Parapatun, ch'è morta la vecchia Put... busarona, ho visto l’orco Quando frisin frison frisea lo pesse . (La stessa, con lievi varianti, a c. 5 d). Quando sarà quel dì e quella notte . Quant’esser pagheria in un ziabattino . Era stata già registrata nell’/ndice, sotto il Da234,, P. IL Quanti ghe n'è che brama la fortuna Questo più bel seren fu nuvolao . È anche nel BerNoNI, op. cit., Punt. II, n. 42. Se mai ti spiran l’aure al viso intorno Sette bellezze ha d’aver la donna (Si continua con Alta da terra, ecc., al n. 1). Su tu vedessi il c... de la me Togna So andà su chigò dalla Cattarina Son nato appena al mondo ch’ho sentito . Son stato per il mondo a me palese 218 VITTORIO CIAN 48. Sospira pur sovente, idolo mio . . . . . ce. 6a 49. Sta notte ho visto la Togna su lara . . . e. 175 50. Sta notte m’ho insognà la Lisabetta 51. Sta notte son sognà «c'ho ca.. in letto . p 52. Talor m’augùro diventar un cane .° . |.‘ 6° 6% 53. Tanti ghe n'è che sona al canaggione . È 54. Tiritofolo vegnì fora col brenton e cola lora ce. 5 d Di villotte abbiamo raccolte antiche e moderne, spesso interessanti. Fra le più antiche a stampa, con questo nome, sono quelle comprese nel Libro primo della For- tuna, silloge musicale, stampata a Venezia, forse da Ottav. Scoto, nel 1535 (Vocet, II, 379), seguìto dalle rare rac- colte, segnalate e descritte dal Voet, I, 46-7, di Filippo Azzaiolo, Il primo libro di Villote alla padoana con alcune napolitane a quattro voci intitolate Villote del fiore, Ve- netia, per Antonio Gardano, 1557, e / secondo libro di Villote del fiore alla padoana con alcune napolitane, ecc., Venetia, Gardano, 1559. Fra le più caratteristiche sono le friulane, delle quali abbiamo le note raccolte del Leicht (1867), dell’Arboit (1876), ecc. Del CaLrarI abbiamo An- tiche villotte e altri canti del folk-lore veronese, Verona- Padova, Drucker, 1900. Mediocre lavoro e, nella parte consacrata al dialetto, pretensionoso e superficiale, è il vo- lumetto cit. di C. SomBorn, Das venezianische Volkslied: Die Villotta. Delle villotte parla più volte il RuBIERI, Storia d. poesia popol. ital., Firenze, Barbèra, 1877, e sul significato di questa parola, equivalente all’altro di “ vil. lanella ,, vedasi F. NovatI, Contributo, cit., p. 960. 109. Za s'abbozava el zorno (Ind., I, 284). E anonima, come tutte le poesie della nostra raccolta, ma è certamente del Lam- berti, ed è la seconda parte della famosa canz. La bion- dina in gondoleta (La Gondoleta). Si trova staccata anche nell’Addition. 34295 (HucHEs, II, 609-11); mentre nell’A d- dition. 31756 sono comprese tutt’e due le parti (HuHES, II, 610). E riferita anche dal MALAMANI, op. cit., pp. 188-9. Questa seconda canzonetta s'intitola nelle stampe La Ma- rina (Nuova Collezione cit., vol. I, pp. 91-38). SETTECENTO CANORO 219 APPENDICE Per ti, mia cara Nina, Non so trovar mai pase, Quel muso che me piase M’affanna notte e di. 2 E par ch’ella mi dica: “Caro, xe qua el momento Che ti farò contento, Che te dirò de si ,. [Zanetto a Cattina]. Da brava, Cattina, Mostreve bonina, Mostreve pietosa, Cortese con mi. Un baso domando, No xe un contrabando, No xe una gran cosa, Diseme de si. Fin l’uso el consente, L'è un baso innocente, Né soffre alcun danno La vostra virtu. Che scrupolo è questo? Che genio molesto? Che sorte d’inganno? Mo via, disé su. Basé pur sior pare, Basé pur siora mare, E al vostro Zanetto Un baso neghé? Savé che v’'adoro, Che sè el mio tesoro, E in premio al mio affetto Cusi me tratté? Sè amabile e cara, No sié tanto avara, No sié, cara zoia, Scortese con mi. Da brava, Cattina, Mostreve bonina, Caveme sta voia. Diseme de si. 9. [Cattina a Zanetto]. 1 Basta così, ma basta, D’amarti te prometto. Nessun te lo contrasta, Tutto el mio cor ti gha. 5 Son certa, caro fio, Son certa, ti xé mio, Ma va via, va via Zanetto, Mo va via, per carità. v. 10. T'abbk, hai avuto (#'a’bu). T’ho contentà de cor. T'abbi da mi un basetto, Ti m'ha domandà amor, E l'amor mio t'ho dà. Credimi, no par bon Quel star in zenochion. Va via, va via, Zanetto, Mo va via, per carità. 10 15 220 VITTORIO CIAN Quel che ti vol da mi, Disponi e del mio affetto: Ma, oh Dio, basta cusi! 20 Doman te tornerà. Quei occhi e quel parlar Quel forte sospirar. Va via, va via, ecc. Mama mia, non mi gridate, Vi dirò la verità. Sotto al letto v'era un frate Che chiedea la carità. Col lalalalala col lalarà La laralà. Questo frate zitto zitto È venuto poco fa E si pose a capo ritto Che mi ha tutta spaventà. Col la la, ecc. Lui mi prese per la mano E la volle anco baciar E mi disse piano piano: “ Io ti voglio consolar ,. In gabbia un uscignuolo Avea per mio diletto E un giorno per dispetto Da quella mi scampò. Adesso il furbettino Vorrebbe ritornare, Mi prega col cantare, Ma io gli dico: no. Frin frin frin frin Chio chioro chio chiò. Ecco che tutti all’armi Già sono i reggimenti, Al suono di strumenti Cominciano a marciar. Si si, za t'ho capìo, No dubitar, sta quieto, Anima mia, ma, oh Dio! Abbi de mi pietà. Che smania, che calor, Come mi trema il cor. Va via, va via, ecc. Io mi feci rossa rossa E mi posi anche a tremar, E mì prese a tutta possa Che mi fece spiritar. Cosa disse e cosa fece Non lo so ben ricordar, Ma di sdegno amor invece Ei nel sen mi fe’ provar. Col la la, ecc. Se provaste, madre amata, Del mio frate la bontà, Questo misero mio fallo Vi farebbe, oh Dio, pietà. Col la la, ecc. Se canta quell’augello, Non canta per amore, Ma spiega l’aspro cuore Di chi lo ingabbiò. Rimira la gabbietta, Svolazza intorno a quella, Poi dice in sua favella: “ Zà più non tornerò ,. Frin frin, ecc. Chio chioro, ecc. Sen van tutti alla guerra Le truppe valorose, Benché le sue morose Conviene allor lasciar. ionici rm TOTP E TETTE P ® Per rl LA SETTECENTO CANORO 221 Insomma è tutto pronto. Spiegate le bandiere, Schierate le trinciere, Si sente a bombeggiar. Non pi piangete, o care, Se alfin dobbiam partire. O vincere o morire, Cotesto è il guerreggiar. Ahi che già ben io sento Della gran banda il suono: Con armonioso tuono Invitaci a marciar. 1 Cara udienza benedetta, Parenti miei, addio, Amici, già vi lascio. Vi prego d’un abbraccio Volermi alfin donar. Dove manca, tacconèghe; Se mai fiasco avesse fatto, 10 No m'importa gnente affatto, Ché mi mai son stà castrà. La rason perché ho sbraiado L’è una sola, eccola quà: L’allegria sta sempre bene 15 In campagna ed in città. Ve dimando perdonanza, Se per mi ve dol la panza, Perché adesso abbia cantà. 5 Se ho cantà, ho cantà mi solo, E mi solo ho sfadigà, Se qualcun vol dar de naso, No l’è el sito questo quà. v. 9. Dove sia qualche difetto, supplite (rattoppate) voi. — v. 12. Ché non sono un cantante di professione. Non occorre spiegare l’espressione in attinenza a un mostruoso costume caratteristico del Settecento, né ri- "chiamare una famosa ode pariniana, né dimostrare che Venezia e la Regione veneta erano allora, non meno di Milano e della Lombardia, “ d’evirati cantori allettatrici,. — v. 18. Sbraiado, sbraitato. Desolata e senza speme Vo passando i giorni miei, Già perdei il mio caro bene, Né v'è più per me pietà. Giorno e notte i’ vo passando (sic) Il mio barbaro destino E fra me già non comprendo Come possi respirar. Già ritrovo in me sbandita Quella pace così cara, Né alcun’alma mi dà aita Nel mio barbaro dolor. Morte sol io vo invocando, Ma fin questa non mi ascolta, Il Ciel solo ne sa quando Finirò di tormentar. Se potessi le mie pene Terminar senz’altri affanni, Direi solo che un sol bene Già mi resta un di a provar. Piagnerò fra monti e selve Del mio bene il caro nome E negl’antri fin le belve Chiamerò per me a pietà. Dirò ancor fin ch’avrò vita Che fu questa un’alma cara E che un’opra si compita Non mandò mai il Ciel quaggiù. Farò ch'Eco mi risponda Di Lindoro il caro nome Fin dall’una all’altra sponda Col mio lungo lagrimar. 222 VITTORIO CIAN A allacciarmi questo cuore Si, la tomba solo aspetto Morte sol farà che torni, Che mi dia riposo e pace Ma che.scorda un tant'amore E alli amanti nel mio affetto Cadrà il mondo, e dico il ver. Sia d’esempio il mio morir. Di 1 Fra Formica, fra Formica! — Padre, poi se ho a dire il vero, — Chi domanda fra Formica? M’invaghii d’un cavalliero. Che vuoi tu da fra Formicat. — Figlia, poi segui l’effetto? 35 — Padre, io sono una citella — Padre, no, sol col pensiero. 5 Che mi voglio confessar, — Del pensier l’effetto e l’opra } Ma più presto che si possa Fa che a me tutto si scopra. Io mi vorrei anche sbrigar. — Ei mì dié solo de’ baci; | — Se vuoi, figlia, confessarti, Io gli resi la pariglia. 40 In ginocchio ti pon qui. Vi fu guerra, vi fu paci, i 10 — Padre sî, Padre si. Ma or non son più quella figlia, i — Quanto tempo tu sei stata Da poiché son risoluta Che non sei tu confessata? Di voler cambiar mia vita. —- Otto soli, o dieci di! — Mai poiché sei risoluta 45 — Otto soli, o dieci di? Di voler cangiar tua vita, 15 — Padre si, Padre si. Bacia intanto il mio cordone, — Da quel tempo fino adesso — Il cordone ho già baciato. Dimmi i falli ch'hai commesso. — In isconto del peccato, — Padre, pria ho battuto il gatto Figlia, se vorrai confessarti, 50 Per la ciccia che mi ha presa, Verrò io stesso a ritrovarti: 20 Indi più di rabbia accesa Piaccia a te di far così? I Io poì ruppi l’orinale. — Padre si, Padre si. — Figlia, questo è poco male, — Per venir da te più spesso Ché con l’acqua benedetta Fingerò le vesti e ’] sesso. 55 Tu diventi un’angioletta. Piaccia a te di far così? 25 Se hai altro a me da dire, — Padre si, padre si. ; Di pur su che sto a sentire. — Dimmi il nome e il tuo paese. — Padre, poi nel giorno appresso — Teresina modenese. Î Io sgridai con la gallina, — Dimmi il nome e la contrada. 60 } Perché entrandomi in cucina —— Sulla via sto della Spada. 30 Tutto il riso mi becco. — Va, che il Ciel ti benedica, — Se hai altro a me da dire, Abbi in mente fra Formica. Di pur su, che sto a sentire. v. 61. Basterebbe questo accenno topografico ad una nota cale vene- j ziana, per indicarci l’origine di questa colorita e maliziosa “ Confessione ,. E SETTECENTO CANORO 223 ho. Donne care, nel vostro giardino E in allora tan tan la ran lera, Una rosa bellissima v'era, Si potrebbe tan tan la ran la. Ma l'odore tan tan la ran lera So che siete cortesi e galanti Mi faceva tan tan la ran la. E ch’avete una buona maniera, Se v’uniste un bel gelsomino, Ma perché dunque tan ecc. Quanto vaga saria primavera, Noi non possiamo tan ecec.? dee Ve’, come bello è il mar, Sgombro di nubi è il cielo, Bellissima Nerina: L’onda tranquilla e chiara; L’auretta mattutina Sciogliam dal lido, o cara, Appena in sull’arena Sciogliam a trastullar. Fa l’onda gorgogliar. 12. Villotte. I Ghe voggio tanto ben all’anzoletta E so sior pare no me la vol dar: Mi prego el Ciel che venga una saetta, Brusi la casa fuor che l’anzoletta. II La vedovella quan la fa su el letto, La tra’ sospiri ch’el par che la mora E con una man la se toccava el petto Disendo: “anima mia, vostu che mora? ,. III. Questo pi bel seren fu nuvoloso El par che voja piover e po el passa: Cossi fa l’omo quan l'è innamorao, L’ama la bella donna e poi la lassa. IV. Quanti ghe n'è che brama la fortuna! O mi meschino, no la bramo mai; bramo Una giovenina de ventun anno: Questa l’è la fortuna che mi bramo. 224 VITTORIO CIAN V. Me sonti innamorà 0 m’innamoro Piuttosto nel boàr che nel versoro, Perché el versoro l’è fatto de stelle, El boarol de carne bianche e belle. vv. 2-4. Versoro è l’aratro; boàr e boaròl, il bovaro o bifolco, il giovine villano (il diminutivo doarol fa pensare appunto ad una giovinezza fiorente, a “carne bianche e belle ,). Il canto d’amore è posto in bocca a una donna. VI: Quando Frisin Frison frizeva el pesce (sic), Colle chiappe del c.. lù lo voltava E l’oglio ghe saltava in le braghesse: Quando Frisin Frison frizeva el pesce. La redazione che di questa villotta si legge a c. 17 d, reca queste va- rianti: frirea lo pesse; lo rivoltava, E l’oglio le colea zo per le. VII. Tiritofolo, vegni fora col brenton e colla lora E lui liliriliu liliriu liu liriulia li riu lui Tutto me tira, e la cotola mai. v. 1. lora, pèvera o imbottatoio pel vino. — v. 3. còtola, sottana. MINT. Non mi far più languire, o vita mia, Lasciami vagheggiar quel viso bello; E se tu brami di saper ch'io sia, Guàrdati in mezzo al cor, ch'io vivo in quello. i IX. Son stato per il mondo a me palese Una fedele amante rintracciando; Adesso che son giunto in sto paese, Quella trovai che andava ricercando. 3.@ Dicono i Vati che sia il Dio Cupido La causa all’uom d’ogni fatal tormento, Ma poiché nel tuo volto ha egli suo nido, Non già m'arreca duolo, anzi contento. SETTECENTO CANORO XI. Idolo mio, deh vieni il suono umile Ad ascoltar del tuo diletto amante: Vieni a mostrarmi il volto si gentile, Le poma alabastrine e d’adamante. XII. Il rossignuolo del natfo boschetto Piange la prole che il villan rapio: Cos’io ne piango te, vezzoso oggetto, Come colei che mi rapi il cor mio. XIII. Son nato appena al mondo, ch'ho sentito Mancarmi, oh Dio, la costa delicata, Però di la cercar presi partito, Finché in te, vita mia, l'ho ritrovata. XIV. Cara, per ben mostrar le tue fattezze Bisognaria che al sol tu fossi appresso: Cosi schiarando il sol le tue bellezze, Veder potrei se schiari anco me stesso. XV. Se mai ti spiran l’aure al viso intorno, Dalle ricetto in seno, o anima mia, Perché son baci quei ch’entro quel giorno Il tuo diletto amante a te ne invia. XVI. Sospira pur sovente, idolo mio; Perché quei tuoi sospir mi vanno al core È accrescon nuove fiamme all’amor mio E al tuo bel ciglio ancor nuovo splendore. XVII. Quant’esser pagheria in un ziabattino Per poder farte, o bella, le scarpette, E per toccarte quel tuo bel penino Onde veder se le t’è larghe o strette! v. 3. Penino, vivo ancora nel Veneto, per piedino. Atti della R. Accademia — Vol. LV. i ed 15 225 226 VITTORIO XVIII. Talor m’augùro diventar un cane Sol per poder nasarte il peverone; O per poder sapere alla lontana CIAN Se te me le può dar cattive o buone. XIX. Tanti ghe n'è che sona el canaggione E tanti ’1 mandolin sonar impara; Solo mì gramo sono el chitarrone Per accordarmi con la tua chitarra. 13. — Pipo, Pipo, vieni in qua, — Ferma, ’scolta una parola, Io ti vo’ colla mandola Or cantarti una canzon. — Pipo mio, se la ti piace, Dimmi pur, non ti fermare, Ma finisci di cantare, Che mi dai consolazion. — V’era un tempo un giovinotto Che in amar passava l’ore, Ma infelice era in amore Per fatale suo destin. Per sfortuna dunque avea Bello il core e brutto il viso, Ch'’eccitava i labri al riso A chiunque eragli vicin. Or con tal prerogativa Di bellezza in cor nascosta, Di bruttezza in volto esposta Pretendeva esser amato. 14. Frich Frach, vieni in qua, 'Scolta ’scolta una parola, Io ti vo’ colla mandola Raccontarti un fattarel. La gallina fece l’uovo, La gattina fece il gnao, Ah ch’io temo il barabao. Non mi lasci terminar! A ciò far egli adoprava Tutti i termin di galante E faceva il spasimante Al suo ben idolatrato. Per esprimer il suo affetto Spesso “t'amo ,, egli dicea, “T’'amo anch'io ,, rispondea; E s’'amavan, signor si. Ecco quale era l’affetto Uno amava il suo sembiante, 1 L’altro amava il suo contante, E s'amavan, signor si. Tu che tieni, o Pipo caro, Di difetti un arsenale, Non averti ora a male, Se ti voglio consigliar. Fuggi, fuggi dalle donne, Da’ suoi vezzi, dal lor brio, Che son tutti, amico mio, Tesi lacci ad ingannar. E così, com’io dicea, Ù Andò il gal dalla gallina E trovò la poverina Ch’era d’esso in attenzion. Pria di giugnerli dappresso La furbetta lo vedé E gli disse “ codcodé ,, Saltellandogli vicin. SETTECENTO CANORO 227 Fatti i loro complimenti Egli sgrida, io non rispondo, S'accingeano a qualche affare Fiero sbuffa, io quieto taccio, Mentr'io fui a disturbare Sopragiunge il gallinaccio Gl’ideati suoi piacer. E lo attizza sempre più. Giunsi là per puro caso Questo fece il compimento Molto allegro in volto e lieto, Dell’affare intrigativo: Che venia a tor l’ovetto L'uno fuggo, l’altro schivo, Che credea di ritrovar. Ma li fuggo sempre invan. Ma trovai dell'ovo invece Il timor si mi sorprese, La gallina e poi il gallo Che credea divenir mato, Tutti e due, per non far fallo, Pur, per caso disperato, Che voleanmi assassinar. Mi risolsi far cosi. Con eroico coraggio Lesto aprii il mio verone, Fuggo allora d’ogni lato, Mi lanciai giù dal balcone, Per disgrazia trovo il gato Dove alfine ho ritrovato E gli pesto s’un zampin. Un minchion che m’ascoltò. TO. Sostenuto. Su la sua spina Simile a quella Semplice posa La verginella La vaga rosa Che tutta spira D’april onor. Soave ardor, Ma sul mattino Se mano amica Se non si coglie, Non l’abbellisce, Chiude le foglie, Manca, languisce, Perde il color. Non desta amor. 16. Rachelina, Notaro. Villote. Il mio garzone il pifero suonava E accanto il mio molino faticava. Notar Pistacchio mi dettava ed io Per me facea scritture a modo mio. Cantava un Calandrin la Romanella Ed io stavo a sentir ridente e bella. Contrati cum lectione capitava (sic), Negotia non plus ultra ed io imbrogliava, Intorno al mio molin sempre girava Un ganimede che m’amoreggiava. Alla mia cucia mai non ci mancava Qualche donnetta che m’accarezzava. 228 VITTORIO CIAN M’ha dito la mia mamma Che amore è un bel bambino. Se viene, poverino, Lo voglio accarezzar. Ma se mi farà male, Se mi vorrà toccar, Dirò, dirò, dirò: “Va, via, briccone, Che non ti voglio amar ,. Ogn’uomo, ogni donzella, Mia dolce Mirami, Mi dice che sei bella E penso anch'io cosî. Mi dice che sei bella, E penso anch'io cosi. Non dico bella bella Mach" math ematli La batte li. La faccia rubiconda, Mia dolce Mirami, La treccia bionda bionda, Che l’alma mi rapi, La treccia ecc. Non dico bionda bionda Ma li... ma li... la batte ll. Al labbro tuo dorato, Mia dolce Mirami, Al naso profilato Penso la notte e il di Al naso ece. Non dico profilato Ma li... ma li... ecc. 1 Senti, mie care donne, Sta bella novelletta: Un vecchio che Ninetta Ha fatto innamorar. 17. 18. ro: Ma già mi ve l’ho detto, Fuggiam da questo loco, In seno a me quel foco Comincia a serpeggiar. Già cresce quella fiamma E sentomi abbruciar, Non so, non so, Non so, cara mia mamma, Chi mi potrà sanar. Se sposa mi sarai, Mia dolce Mirami, Le gemme e l’oro avrai Del Gange e del Chili. Le gemme, ecc. Non dico che le avrai Ma li... ma li... ecc. Vestirti io non presumo, Mia dolce Miramiî, Con gran bottoni attorno Lucenti come il di. Con gran ecc. Non dico come il giorno Ma li... ecc. Contempla le mie pene, Mia dolce Mirami, Ti voglio tanto bene, Ma tu non sei cosi. Ti voglio tanto ecc. Non dico bene bene, Ma li... ma li... la batte li. Per ella inutilmente El spàsema, el delira. Co el vento no tira No se se buta in mar. v. 5. Co, nel ritornello, ripetuto ad ogni due strofe, quando. SETTECENTO CANORO Nineta per moroso Nineta col moroso 229 10 Ha un bravo giovinotto Intanto se ritira: 35 Fra i sedesi e i disdotto Co el vento ecc. Che ella pol ben trattar. El matto supia e bulle, E quel cojon de vecchio La porta sta serada, . Per gelosia el sospira: Ninetta el lassa in strada 15 Co el vento ece. Un'ora a bestemmiar. 40 El pianse, el se despera, E po’ la ghe risponde: El buta fin le bave, Un corno che v’impira: L’e’ al buso de la chiave Co el vento ecc. El corre a spionar. No me voli far lume, 20 Ninetta ride e chiassa Son qua col mio moroso, 45 Più che smanioso el s’ira: Un duetin grazioso Co el vento ecc. Mi ve farò guardar. E co la gha bisogno De rabbia la perucca D'un qualche regaletto El vecchio se destira: 25 Un rendez segreto Co el vento ecc. 50 La ghe promette dar. Nineta no ghe bada, Allora il vecchio spende El pèrgolo la sera, E subito el respira: El vecchio se despera, Co el vento ecc. Ma gnente nol pol far. 30 Del rende= sull’ora Vecchi, pensé a sta massima 55 Corre impaziente el vecchio, Che la novella ispira: Se el se vardasse in specchio Co el vento ecc. Nol se faria burlar. v. 19. Spionar, spiare insistentemente. — v. 21. E? s’'ira, si adira. — v. 25. Nel ms. render, e cosi pure al v. 30. Evidentemente si tratta di un rendez-vous. — v. 37. Supia, soffia, sbuffa. — v.42. Un corno che v’infilzi. — v. 52. Chiude il poggiuolo, cioé la finestra del poggiuolo o verone. “ Non dansar,, la mama dis[s]e: Figlia mia; né tu non sai Che dansando perderai D’innocenza il bel candor. Venre un biondo cacciatore Che alla danza l’invitò; Per non perdere il candore Quella bella ricusò. Disse il biondo: “ Se paventi L’innocenza che tì scappi, Per cucirtela tra’ drappi Un bel ago adoprerò ,. Indi, tràttala in disparte, La cuci tra gonna e busto E la bella senti gusto Del ricamo che formò. Ritornarono alla dansa, Quando Nina disse in fretta: “ Per cucirla un po’ pit stretta Altro punto dar si può ,. “ Nina mia, non ho più refe, Disse il biondo a denti stretti. “ Ma due bei gomitoletti — Disse Nina — ho visto qua ,. 230 VITTORIO CIAN 21. Aurette, che placide D’intorno movete, Tacete, tacete, Vuol Clori dormir. Sull’erbe più tenere Del prato riposa, Più bella di rosa Sul fresco mattin. Un velo purpureo Le copre le membra, Che tutta rassembra La madre d’Amor. 22. — Padre santo Cappuccino, Tu che dici il mattutino, Alza gli occhi e guarda qua. Guarda me che, sventurata, b) Ne’ tuoi lacci abbandonata Ti dimando carità. — Io, ragazza, non ho niente, Sono un povero pezzente Che dimanda carità. 10 Se tu vuoi insalatella, Due olivaccie e ravanella, Te ne dono in quantità. — Io sol bramo il tuo bel core, Per cui l’alma langue e more 15 Ed il core in pene sta. Questo si, questo sol voglio, Non olive, aceto ed oglio, Ma qualch’altra carità. Le scende sugl’omeri Aurata la chioma, Le ondeggian le poma Ai moti del cor. Aurette, toglietevi D'intorno a quel ciglio, Bel labbro vermiglio, Bel nome d’amor. ; Se Clori risvegliasi, Voi Clori stendete, Tacete, tacete, Vuol Clori dormir. — Va via pure, sfacciatella, Che per me sei troppo bella, 20 E per me questo non fa. Son ristretto in penitenza Ed a Dio, somma clemenza, Dedicato ho castità. - — Deh non esser si crudele 25 ‘on un cor che ti è fedele, Con un cor che in pene sta! Fa che almen sia consolata, Ma non già da disperata Io men vada via di qua! 30 — Marcia, marcia, sfacciatella, Che al mio cor tu sei rubella, Marcia, marcia via di qua! Se più resti, o figlia mia, Tu mi porti a mala via, 35 E allor Dio ci perderà: Marcia, marcia via di qua! v. 31. Marcia, vàttene, ancor vive in parlate venete. 23. La Nanetta villanella, Decantata in un villaggio, La più scaltra, la più bella, Va da un padre Capuccino Che non lungi da quel loco, Ritirato in una cella, Tutto pien di santo foco, Recitava il mattutin. SETTECENTO CANORO Avea seco la Nanetta Del butiro e un po' di pane, Delle frutta colte in fretta, Tutto dentro un canestrin. Picchia all’uscio e fra Fantino Pone il libro nel capuccio, Lei s’accosta al finestrino: — Son Nanetta, fra Fantin. — Che mi porti tu, di belo? — Del butiro e un po’ di pane. — Benedetta sii del Cielo, Entra figlia, e poggia qui. — Del fornaio son sorella, Della Menica son figlia. — Dio ti salvi, Villanella, El buon Dio ti manda qui. 24. Bel piaser che xe la sera Andar sotto alla sua cara E sonando la chitara Dirli: “ gioia, te voi ben ,. V'assicuro che in mia vita Non ho provà maggior diletto E che questo pi perfetto No di questo non si dà. Se volé che una ragazza Vi sia un poco compiacente, No ghe xe meglio espedierte Che cantarghe una canson. Ma cantar senza istromento L’è una cosa poco cara, Tiolé dunque una chitara E canteghe una canzon. 25 1 Cento baseti Su quei ochieti Nineta cara, Mi te voi dar. d Ma perché mai Tante smorfiete v. 12. Tacà, accanto (attaccato). 231 Dimmi il vero, o villanella, Cangeresti volentieri La tua casa in questa cella Per goder l’eternità ? — Ma la stanza è troppo stretta, Che per me non resta loco. — O figliuola benedetta, Siamo stati fino a tre. — Permettete, o caro padre, Ch’io ritorni alla famiglia, Che dia un bacio alla mia madre, E un saluto al mio fratel. Addio, padre fra Fantino. — Figlia mia, ti lascio, addio, Prendi il vuoto canestrino E riportilo con te. Procurar però bisogna La canzon che sia amorosa E la musica graziosa Per poterla intenerir. Vedaré che con tal arte Riuscirà il vostro disegno E per primo contrassegno Verrà subito al balcon. Co vedé che la ragazza Sorte fuor dalla fenestra Con maniera pronta e destra Dové dirghe po’ cosi: “Caro ben, anima mia, Sol per vu son qua, mia, cara, Per vu sono la chitara Per vu canto, amato ben ,. Con (chi) ti ama De vero cor? Non ghe’ piu bella Vita di quella Che fa un moroso Tacà al so ben. 10 232 Ogni vezzeto El xé un tesoreto, 15 Non ghé pi bella Felicità. Ma pur vualtre, Ragazze scaltre, Bella e gentil fornara, La di cui bianca man Ci cuoce e ci prepara Tenero e fresco il pan, Perchè ci vien rapita Con tanta erudeltà Con gli occhi suoi la vita, Che la sua man ci dà? Bella e gentil ecc. Della tua pelle fina È chiaro si il color, Che il fior della farina Non ha si bel candor. Tu fai si bello e buono E saporito il pan, Che sol natura un dono Ci fece alla tua man. Bella e gentil ecc. — Una povera citella Vorria, Padre, confessarsi Onde l’anima salvarsi E peccar mai più, mai più. — Cominciamo, dite su. — M'invaghii d’un giovinotto Giardinero assai graziato, Che or facea lo spasimato E mi stava tu per tu. — Via, capisco, dite su. — Mi veniva sempre dietro, Quando andava a lavorare E voleva ognor toccare La mia mano e niente più. — Non v'è male, dite su. — E sull’ora del meriggio Rinfiniti, stanchi e lassi E’ volea che m’adattassi 26. 27. VITTORIO CIAN Andé negando Sto bel piaser, E prolungando E indrio tirando Come se un danno Fosse il voler. De’ tuoi bei pan d'amore Sempre vorrei gustar, Dammeli di buon cuore O lasciali rubar. Ma già tu non m'intendi Quanto ti parlo più, Tenero è il pan che vendi Pit che non lo sei tu. Bella e gentil ecc. Se di si buona pasta Compagno è il tuo bel cor, Perché se ne contrasta L'acquisto a un fido amor? Deh, per pietade, un giorno Làsciati intenerir, A cuocer nel tuo forno, Deh lasciami venir! Bella e gentil ecc. A giocare al polachiti. — Cara figlia, dite su. Mi faceva allor ballare Ad un ballo si giocondo, Ora in quadro ed ora in tondo, Ora in su ed ora in giù. — Si, capisco, dite su. Dopo aver ben faticato Quattro, cinque e ancor sei ore, M’assiugava dal sudore Viso, collo ed il fiscil. — Si, capisco, dite su. Mi ricordo ogni momento Bi quel balo del sudore, Caro Padre confessore, Pace, ahimé, non trovo pil. — Via, citella, andate in pace, Cosa tal non fate pi. 20 Sure SETTECENTO CANORO 28. 1 Che grazioso puteletto Xe quel bizaro d’Amor, Quando el vol portar diletto El delizia i nostri cor. 5 Mi medesimo el cognosso | Se el xe un bravo biseghin | E lo lodo quando posso, Lo ringrazio senza fin. Cento cose, cento inxegni 10 Quel pizzotto el m’à insegnà, Lagrimete, smorfie, sdegni, r Tutto quanto m’ha giovà. Seguitando la so scola M’ho provà l’altra mattina 15 A beccar da solo a sola La ritrosa Meneghina. Con quell’aria innocentina, Le ganasse pallidette, Quel parlar da fantolina, Quelle luci amorosette Che a Cupido son prodotte E prodotte in sagrifizio — E mi gera el sacerdote Destinà per tale uffizio — La ho chiappada stretta stretta, L'ho butada sul soffà, La m’à fatto una smorfietta, La m’à ditto: “ disgrazià!, E d’amor tutta infiammada Tutti do l’avemo orbà, Come dopo la sia stada, Mi nol digo; Amor lo sa. 233 20 25 30 v. 2. bizaro, forma poco pulita, equivalente qui a “diavolo ,, oggi più comune duzaron. — v. 6. biseghin (altrove bixeghin), frugolino. II Villotte. È Parapatan ch'è morta la vecchia, No la farà più fogo alla pignata, E rotto la pignata e spanto il brodo, Gnanca la vecchia di Il Che te me pari el no farà più fogo. O tote via de qua, mostazzo intento, Muso da pignada brustolada, diavolo depento: O tote via de qua, mostazzo intento. Avanti [che] la se II. v. 1. tote, tògliti; mostazzo, muso; intento, sudicio, tinto Il Sette bellezze ha d'aver una donna fassa chiamar bella. Primieramente una bella andatura, Larga de spalle, stretta de centura, 234 VITTORIO CIAN 5) Alta da terra senza la pianella, Bianca e rossina senza farsi bella, El viso biondo e quelle belle trezze, E queste se chiaman le sette bellezze. v. 8. Nel ms. quelle. IV. Era nell’orto che basava el gatto, L’ortolanella me tegneva a mente, La salté fora, la dixe: ‘ che fastu, matto? Bàseme mi, ma non basar el gatto ,. v. 2. L’ort. mi teneva d’occhio, pensando a me. Vi. La chitarrina no vuol più suonare, Perché ghe manca solo una cordiella; Gnanca il molin no vuol più masenare, Perché ghe manca la molinarella. VI, Arsera l’altra sera ho visto l’Orco, Ho visto Andola bella andar per broco, Ho visto Pero bello andarghe drio Con dir: “ Mincota bella, me volto? ,. v. 2. per broco, per acqua con la brocca? — v. 3. andarghe drio, se- guitarla. VII. La me morosa l’è una bella puta, Con sette pani la se fa la zuppa, Con un bocal de vin la se moja, La me morosa l’è una porca boja. v. 3. la se moja, se li bagna, cioé li inzuppa. VII. A notte, a mezzanotte, sona i vespri, Ho visto un persegar pieno de nespole, Ho magnà tanti di qui dolci fighi Che m'ho impeni la panza de marasche. Questa e la seguente appartengono alla categoria dei canti voluta- mente spropositati, o “ spropositi ,. SETTECENTO CANORO 235 IX. E venze fora el patron de quelle zucche, El m'à dito: “lassème star le me spinaze!, El m’à tirà un sasso in t-un calcagno Ch'ho portà mal a un rechio più d’un anno. v. l. venze, venne. — v. 2. Nel ms. lasceme. XI Sta notte m’ho insognà la Lisabetta Che la fasea ballar i burattini E la fasea ballar Pulicinella È Vestio da festa coi so cantarini. v. 3. Nel ms. pulicinella. DXUJE Andando a medro colla messora Mi son incontrà in la Mincola sterlera, Gho rasonà da tendro più d’un’ora, E con un baso gho dà la bona sera. v. 1. medro, nel ms. Medro; ma sicuramente medro per medre = mie- tere, come perdro per perdere, forme vive ancora, p. es., nella Valpolicella. (Arch. glott., vol. I, 424). — v. 1. messora, falcetto per mietere. XII. Omini della Val, fe’ tutti festa. Ché s'è maridà il figiol de Rugoloso, Esattor della Val, quella gran testa Che lassò anch’Endreo sulla santa croso. v. 4. anch’endreo, cosi nel ms.; ma sarà forse da leggere Andreo, Andrea. XIII. Ve’ là la Cattarina se l’è lesta! Pi dei altri ghe par sto di glorioso E la no ved l’ora quella pesta De narse a collegar rento a lo sposo. v. 1. Nel ms. V’è la la cattarina. — v. 3. pesta per peste, nel ms. pasta. — v. 4. narse a collegar rento, andarsene a coricare accanto. XIV. Sta notte ho visto la Togna sull’ara Che la se sfazendava a scartozare, Ghe so anà rento colla me chitarra E una gran mattinà gho volsi fare. v. 1. ara, aja. — v. scartozare, scartocciare i torsi del granturco. 236 VITTORIO CIAN XV. Diavolo, porta via lo Paroloto, Perché el m’à fatto un buso in lu pignatto, El me ghà fatto un buso con un occo: Diavolo, porta via lo Paroloto. v. 3. occo, il maschio dell'oca? Vive ancora nel contado venez. XVI. Se te vedessi el c.. della sua Togna, Ti te diressi che l’è un contrabando, El ghà 600 brufoli de rogna, I par spoloni fatti a buso grando. v. 3. brufoli, bitorzoli. XVII. La me morosa l’è una bella putta, L’è bianca e rossa come el mòl de zucca, I denti carolà, la bocca storta. I occi da simia e la siera da morta. v. 2. mél, midollo. XVIII. La me morosa la zé da Pelanda, La s'è pelada tutta da una banda, * Dall'altra parte no la ga cavei, La va cantando “ miserere mei! ,. XIX. Vate a far busarar, vate a far i rizzi, Che te se’ una gran razza busarona, E se te vo’ cavarte i to caprizzi, To' la chitarra in man e vala sona. v. 4. vala sona, va a suonarla, del tipo “ vattelapesca ,. Cfr. Arch. glottol., XIV, 453 sgg.; Mever-LiBcxe, REW, 54. XX. Quando sarà quel di o quella notte Che la lettiera farà trich trach, Ti te saré dai pie’ e mi dal cao, Ti te farà brugneo e mi brugnao. iedizicnitrotatiità - SETTECENTO CANORO 237 XX 1 Me son innamorado in quattro vecie E tutte quattro le voi contentare; Della prima ’de voi far un patto, Dormirghe insieme e mai non la toccare. 6) Della seconda de voi far baratto, Tor tanto porco per sto carnevale; Della terza ’de voi far un gioco, Impegolarghe el c.. e darghe foco. Della quarta darghe tante bastonae 10 E che le mora tutte ste vecie rapae, Tutte le vecie le voi scortegare. Diavolo, che farò de tante pelle? Faremo delle corde da chitara, Per far ballar ste giovinette belle. v. 5, 7. "de voi, ne voglio — v. 6. Comprare tanta carne suina, ecc. — v.10. rapae, pelate. È del ciclo, ricco anche nella poesia veneziana, di canti contro le vecchie. XXII. Vate far busarar che te ghe mando, A Castel Vecchio gh’è la beccaria, Dove che i vende dei corni de manzo: Vate far busarar che te ghe mando. v. 1. Castelvecchio, di Verona? — v.3. È ancor viva nel Veneto l’escla- . . ("4 mazione, fra negativa e augurale, “ un corno! ,. XXIII. Me son innamorà in una marzetta E la so mama no me la vol dare. Che prego el Ciel che vegna una saetta Che porta via la mama e la marzetta. v. l. marzetta, fa pensar a spuzzetta, una pretensiosetta. XXIV. La prima volta ch’ho dormio con donna Credeva de morir dalla paura E dormendo mentre me voltava, Credeva de morir, me consolava. XXV. Vate a far buzarar, malinconia, Che la to gatta ha rovinà la mia, E l’ha rovinà in t'una maniera Che no l’è più la gatta che la giera. 238 VITTORIO CIAN 30. 1 —O cara siora mare, Mi ghò una certa spizza, Voria farne novizza — A vu, siora frascona, Tiolé sta bona slepa, Che vostra mare crepa Col caro mio Tonin. Da poi che vu volé! 40 5 — Disi, sora frascona, — Per cosa mo me dalla? Cosi sta impertinenza? Mi no gho fatto gnente, Promessa a Sua Eccellenza Mi ghe sarò ubbidiente, Mancar non ghe dove. Ma voi sposar Tonin. — L'è vecchio, nol me piase. — Di, tocco de frascona, 45 10 La se lo sposa Ella, So’ stuffa e l’è vergogna, Ché mi non son già quella Tiò, tocco de carogna, Che l’abbia da sposar. Sto pié nel to martin. — Voli, siora frascona, — 0 Dio! la me sconquassa, Stancar la me pazienza? O Dio! el me tafanario; 50 15 Promessa a Sua Eccellenza, Fenimo sto divario, Mancar non ghe dove. El vecchio sposarò. — No se me pol sforzar, — 0 brava, brava, adesso La xe una tirannia, Te tegno per mia fia, Mi ghe scaparò via Vien qua, coccola mia, 50 20 Col caro mio Tonin. Che un baso te voi dar. — Ancora de sto tanto, — Son qua, via, la me basa, De andar ti gha coraggio! Son qua, la me perdona, Ancora sto linguaggio Son qua, via, sarò bona, T'adoperi con mi! Ma con una condizion. 60 25 — La scusi, la perdoni, — Di, la mia baronzella, Ma parla la natura; Che condizion xe questa No la sia tanto dura Che ti gha nella testa? Col fruto del suo cor! Qual condizion sarà ? — Gnancora no ti è stuffa, — Per contentarla ella 65 30 No ti la metti via, Mi sposo Sua Eccellenza, Deboto si, de dia, Quando el me dà licenza Te pesto come va! De praticar Tonin. — E ben, la se sodisfa, — Che sciocca! cossa serve La copa pur so fia, Stornirghe a lu la testa, 70 35 Ma fin che viva sia L’è una licenza questa Mai lasciarò Tonin. Che tiòrtila ti pol. v. 2. spizza, prurito. — v. 3. novizza, sposa. — v. 6. Cost nel ms.; da correggere cos'é = cos'é. — v. 10. Il ms. La xe. — v. 21. Anche questa! — v. 30. Non la smetti. — v. 31. Quasi quasi, si, per dio; de dia, forma eufe- mistica, che vive anche nella forma corpo de dia, e de diana. — v. 38. Pren- detevi questa buona guanciata, schiaffo. — v. 40. Il ms. da poi le; volé, volete. — v. 41. Perché dunque la mi batte? — vv. 48, 50. Martin e tafa- nario, due sinonimi facilmente spiegabili, ambedue vivissimi tuttora in parlate venete. — v. 51. Definiamo questa contesa. — v. 61. baronzella, bric- concella. — vv. 69-70. Sciocca! che occorre confondergli (veramente “ fargli girare ,) la testa. — v. 72. Te la puoi prendere. ge î ST à sò str ir = it i SETTECENTO — Me birlela davero ? Tonin me starà arente? 75 Il cavalier servente Il mio Tonin sarà? — Ma si, care raixe, Ma co n po' di giudizieto, Il mario sarà il vecchieto, 80 Il moroso il tuo Tonin. — Co l’è così, stasera Sposarò so Eccellenza, CANORO 239 Co quella intelligenza D'’averghe el me Tonin. Duetto. Cosi siamo contente, 85 Contente si de cuor, 7 SONETTI Tonin sarà il !!° El vecchio in t'un canton. v. 77. care raixe, radici del suo cuore, espressione ancor viva nel Ve- neto. Vedi Cesare Musarti, Amor materno nel dialetto veneziano, Venezia, 2* ediz., 1887. — v. 87. caro, così il ms., ovvia, tuttavia, la correzione amor. d1. Il mondo non è bello Che in forza dell'amore, Viviamo sol per quello, Per quello abbiamo il core. Ognuno ha da provare D'amore il tippettà, Ognuno ecc. Tipette tippette tipette Tipette tipette tipette tipettetà Ognuno ecc. Non son di que’ filosofi Che amor voglion bandire, Che dicon che patire Fa amor l’umanità. Lo fan perché non sentono Pit il dolce tippettà Pix il dolce tippettà. Amate pur di core, Anch'io ve lo consiglio, Sperate caro figlio, Che bene vi farà. Un giorno mi direte Che dolce tippettà Tippette tippette tippettetà Un giorno ecc. È riprodotta nella Parte II, a c. 24, senza varianti notevoli. 32. F. Mama mia, qual'è quell'aria Ch’insegnarmi vuoi la prima, Onde meglio mi s’imprima Entro il tenero cervel? M. Sarà l’aria di Licoride Che si canta in primavera Quando l'alba lusinghiera Fa fiorir il praticel. F. Carà mama, è troppo insipida Troppo fredda canzonetta: Solo fiori, solo erbetta, Sol ghirlande al biondo crin. 240 VITTORIO CIAN M. Canterem quella di Clonico, Quando il gregge ai paschi mena, Quando sfida il suon d’avena, Or Damone ed or Elpin. F. Che sia pur bella ed armonica Tutta quanta la canzone, Ma quel brutto di Damone Mi fa troppo insolentir. M. Vuoi veder col brando e l’egida Scender bella in fiero lampo, Vuoi veder di Marte il campo Che ti facia impalidir? F. No, che sento in petto i palpiti A nomar sol ballo e Marte, Maledetta sia quell’arte Che fa gl’'uomini ammazzar. M. 0 fanciulla incontentabile, Trova tu quell’aria vvoi, Io mi presto a’ voler tuoi Che le so tutte cantar. F. E' mi par ch'una ve n’abbia Che incomincia Dolce sposa: Oh che questa è graziosa E finisce Imene e Amor! M. Furfantella, questa musica È per te difficil troppo: Troverai più d'un intoppo Fra i bemòli ad ora ad or. F. Su proviam che tutto io modulo I bemòli in ogni tuono E vedrai che brava io sono E che supero l’età. M. Ma i begued (sic) ancor ti mancano A formar il pit bel canto E gl’altri uniamo intanto È cantiam do re mi fa. Do re mi fa, e cantiam E cantiam do re mi fa Do re mi fa do re mi fa. 39. 1 Cari i me Sgnuori, Ch’im stàgan ascultar Un cas curious Chi farà maraviar. 5 L’insegna all’uomen ch's fami spus Con la mujer di n’esser gelus. L'è tante blena, l’è tante cara Cantaren sovra la mulinara. Oh cara, oh bella la sru La bella murara chi la godri. 10 Tira la barca in sentinella, > L’era pur bella l’era in quel di. een ——_ SETTECENTO CANORO La munarena stà in tel mulen, L'ha per mari un galantumen, Degli amizezi semper l'in vlevu E del giudezi poc l’an avevu. Tira la barca in sentinella, L'à poc giudezi la mulinara Oh cara, oh bella ecc. La mulinars l’à tri mrus, Lo mari l’è un d'’sti gelus, Che semper li ten dri, El ni po' mai cavar i pi, L'è tanta blena e tanta cara Tich e titoch la mulinara. Oh cara. ecc. La munarena s’trovò in t’l occasion J era Luvig e Piren e Mingon, J andon tutt’ quatter uné All’usteri di tre Re. Tira la barca in sintinella Com la s'ha sguazzà la molinara. Oh cara ecc. Al munuren j tgniva dri, L’arrivò denter in ti ustari, Là si zuga una matazza, Alloura ai des: “brutta luvazza ,. L’è tante blena e tante cara, Com la s’inzugava la mulinara. Oh cara ecc. 241 Li tutta peina d’impertinenzi La ja rspond cun degl’insulenzi, Al munaren ciapò un baston Come un matarel gli era grusson. Tira la barca in santinella, Tich e titoch la mulinara. Oh cara ecc. La munarena la s’la ciappò, Tutta la no l’ai pinsò E a buon’ora la n’andò vi Con i su mrus ch'i tgniven dri. Le tante blena, e tante cara, Ambolu e tombola la maulinara. Oh cara ecc. Al munaren s’livà la matteina An trovò più la munarena Av pur, av’ degh d’bon, Al divintò matt de la passion. Tira la barca in santinella, Com la s’la buffa la mulinara. Oh cara ecc. I mi Omen an voi far imparar Ch’an fessi com ha fat il munar, Brisa gelus, e semper sinzer, Se no arstari senza mujer. L’è tante blena, l’è tante cara, Tuli esempi dalla mulinara. Oh cara ecc. Il testo di questa canzone bolognese, scorrettissimo, è qui dato diplo- maticamente. — v. 7. blena, bellina. S4. Trenta cose a dirsi bella Una donna deve avere, Trenta cose deve avere, Tre bianche, tre rosse e tre nere. Tre grosse, tre lunghe e tre corte. Tre magre e tre grasse. Tre sono le lunghe Tre sono le corte Deve insomma d’ogni sorte Una bella averne tre. Sono tre le cose nere: Occhio, ciglio e nera chioma. State attenti ad ascoltar. Sono tre le cose corte: Mano, piedi e corta lingua; Ma la lingua è difficile a trovar. Sono tre le cose strette: Vita, bocea, bada bene, L’altra.. poi non mi sovviene, Ma tra poco la dirò. Ma che serve dirne tante? Tu le vedi quante quante Te ne mancano di già. Te ne mancan delle gialle, Te ne mancan delle verde, Delle bianche, delle scure, Atti della R. Accademia — Vol. LV. 16 242 VITTORIO CIAN Delle secche, delle scarne, E tre e tre tre e trenta. Delle magre, delle grasse, Te ne mancan delle nere, Delle grosse, delle tonde, Te ne mancan delle rosse, Delle larghe, delle strette, Delle lunghe, delle corte. Delle alte, delle basse. Ma corriam, che il patron n’aspetterà. La chiusa fa sospettare che questo sia il monologo burlesco d’un per- sonaggio—-maschera di commedia dell’arte, o servo in un melodramma giocoso. 35. Trascrizione diplomatica del testo scorretto del ms.: Stanno a bascio alla marina me trovai n’anamorata, che de jorno e de matina ronnejava pe de cha; Una contr’ora esse me diede, e né zizi, né zizi, salimmo su. Mo’ che dorme tata e mamma, ci bolimmo un po’ spassà. Nel bedermi a muso, a muso — e i con quel morso cannaruto, jo che affatto non ce sputo, m’accomenzo ad accostà. Nel sentire apri la porta lo Papà, ch’era chi dritto, se sussete zito zito, e la spia se pose a fà. Stà legjenno lo processo issa pizica, e io lo stesso; e chiîi m'allumo, e chiù m'’anfoco, e i calori a poco a poco m’acomenzano a sali; Mentre stavamo alla meglio, ci bidimmo Papà innanti, co’ una mazza fatiganti per poticce adicrea; La figiola mezza morta disse fuo pe’ la cucina. Pe’ scappe sta voltolina me jettai da un nastricetto, Dove jeti poveretto, me ve boglio fa’ senti! Cado n’ coppa a uno montone di terreno e puzzolana, e una cosa molla molla s'accomenza ad accostà. E li panni, come colla, s’assicaono in collo a me. Isso da coppa menava torsi, io da bascio menava scorze; E io stonnato infanfaruto non sapeva chiù ad aj. Che bidissi! uno Ruscello di Guajoni, de Gaz —, e Gajoncelli, Chi con mazze, chi con frate, chi diceano chisso è pazzo. Ed io stonnato infanfaruto non sapeva chiù ad 0). Ricostruzione in forma lievemente rammodernata. 1 Stanno a bbascio a lla marina, Nel vedermi a musso a musso 3 me truvaie ’na ’nnammurata, con quel muorzo cannaruto, che de iuorno e de matina io, che affatto no’ ’nce sputo, runziava (?) pe de ccà. [llà?] m’accumenzo ad accustà’. 2 Na cuntrora essa me dice: Nel sentire aprì’ la porta, 4 — Né’, zizi’, sagli mò’ su! lu papà, ch’era cchii dritto, Mò’ che ddorme tata e mamma, se susette zitto zitto, ’nce vulimmo un po’ spassà’. — e la spia se pose a ffa’. 1 v. 4. Il ronnejava del ms. fa forse pensare a romna, ronda, quindi a un “ faceva la ronda. batt ie i, ca e e tit sit pin ET cet it SETTECENTO CANORO 243 Sta’ leggenno lu prucesso: Cado ’nceopp’ a nu muntone 8 essa pizzeca, e l’ lu stesso; de terreno ’e puzzolana, cechi m'allummo e cchivi me e ’na cosa molla molla ['nfoco, s'accummenza ad accustà’; e i calori a ppoco a ppoco e li panne comm’ a colla m’accummenzano a sagli’. s’azziccaiene ’"ncuollo a mme. Mentre stévemo a lu mmeglio, Isso a coppa mena torze, 9 ’nee vedimmo papà ’nnante i' a vascio mengo scorze: cu ’na mazza fatigante e i’, stunato, ’infanfaruto, pe’ puterce (?) addicreà’. nun sapeva cchiù addò’ i’. La figliola, meza morta, Che bbedivi! "nu ruscello 10 disse: — Fuie pe’ lla cucina! — de guagliune e guagliuncelle, Pe’ scappà’ sta voltolina (?), chi cu’ mazze, chi cu’ prete, me iettaie da n’astrichetto. che diceano: — Chist’è pazzo! — Dove ietti, poveretto, E i’, stunato, ’nfanfaruto mmò' v'’u voglio fa’ senti’. nun sapeva cchiù addòd' i°. 6 v. 4. Forse arricrià? — 10 v. 1. ruscello, per un’ondata, una frotta. Traduzione e interpretazione. . Stando gii alla marina, trovai un’innamorata, che giorno e notte ron- zava (?) per qui (o per li?). [Un giorno] nelle ore canicolari ella mi dice: — Ohe, zio, sali ora su! Ora che dorme babbo e mamma, ci vogliamo un po’ divertire. — Nel vedermi a faccia a faccia con quel boccone prelibato, io che [a co- deste cose] non ci sputo punto [sopra] (non le disprezzo), incomincio ad accostarmi. . Nel sentire aprir la porta, il babbo che era pit furbo [di lei? o di quel che pensassimo], si levò pian pianino e si pose a origliare. 5. Leggi ora quel che avvenne: ella dà pizzicotti, io egualmente; pi mi 10 accendo e pix prendo fuoco, e i calori a poco a poco cominciano a salirmi [alla testa]. Mentre eravamo nel meglio, ci vediamo davanti il padre con un pe- sante (?) bastone per poterci [o volerci?] consolare. . La ragazza, mezzo morta, disse: — Fuggi per la cucina. — Per isfug- gire a questa gragnuola di colpi (?) mi gettai giù da un terrazzino. Dove, povero me, cascai, ora ve lo voglio far sentire. Cado sopra un mucchio di terreno di pozzolana [ma la frase è a doppio senso: un terreno di roba puzzolente], e una cosa molle molle inco- mincia ad accostarsi, ei vestiti mi si attaccarono addosso come colla. . Lui da su getta torsoli, io da gi scaglio bucce; e io, fuor di me, in- tontito, non sapevo piu dove andare. Avessi visto! Un branco di ragazzi e ragazzine, chi con bastoni, chi con pietre, che dicevano: — Quest'uomo è matto! — È io fuor di me, intontito, non sapevo più dove andare. ‘dere Atti della R. Accademia — Vol. LV. 16* 244 FERDINANDO NERI JULES CAMUS, filologo Nota di FERDINANDO NERI” Era venuto in Italia a ventisei anni, e visse a Padova fra il 1873 e I’81; indi a Modena, fino al 1889, insegnante di fran- cese nella R. Scuola Militare; da ultimo, passato alla Scuola di guerra, a Torino. Nel 1893 conseguì presso questa Univer- sità la libera docenza di Lingua e letteratura francese, e coprì per incarico la cattedra di Letteratura francese dal 1913 al 1915. Nato a Magny-en-Vexin il 1° giugno 1847, è morto a Torino prima dell’alba del 26 gennaio 1917. Era uno spirito chiuso, rassegnato alla sorte; ed il suo volto buono ed arguto, fatto più rigido negli ultimi tempi dalla paralisi che l’avvinghiava, pareva emergere sereno da una lunga solitudine, nella quale aveva serbato, insieme col suo puro francese di Milly e di Pa- rigi, 1 primi caratteri della patria. La sua attività di filologo si delineò per gradi attraverso gli studi botanici, che gli furono sempre cari, e possiamo regi- strare così un primo gruppo delle sue pubblicazioni : Studio di lessicografia botanica sopra alcune note manoscritte del secolo XVI in vernacolo veneto (estr. dagli “ Atti del R. Isti- tuto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, t. II, S. VI, 1884): po- stille marginali ad un anonimo libro d’erbe tedesco del 1543, dovute a qualche speziale o “ herborista , della Venezia occi- dentale; (*) Dell’Opera botanica del Camus trattò il prof. Mattirolo nel vol. LII degli “ Atti ,; queste pagine avrebbero dovuto uscir poco dopo nell’An- nuario dell’Università, di cui fu a lungo sospesa la pubblicazione. JULES CAMUS, FILOLOGO 245 Etude de lexicologie botanique (additions au Dictionnaire de Littré), estr. dalla “ Revue de Botanique ,, t. III, 1884: è uno spoglio, per la nomenclatura francese, dei Commentariî a Dio- scoride del Mattioli (sull’edizione di Basilea, 1598, raffrontata con l’ediz. principe, 1558), dell’Herdario nuovo di Castore Durante, Roma, 1585, della Florum et ... herbarum historia di Dodoens, Anversa, 1568, e della Pharmacopoea Helvetica diretta da Haller, Basilea, 1771; Botanique et philologie (estr. dalla “ Feuille des Jeunes Na- turalistes ,, XV, 1884-85): addita il valore, e la necessità, di tali glossari per il periodo del Rinascimento — che vuol dire qui il secolo XVI, che rimane come trascurato (e non per la botanica soltanto) fra i due lessici del Godefroy, che vi giunge appena, e del Littré che muove dalla fine di esso; rammenta le opere di Du Pinet, Belon, Thevet, ecc., e aggiunge alcuni esempi del Du Pinet (Historia plantarum, Lione, 1561). Un “ Indice dei nomi volgari , di piante, della’ fine del sec. XVI, chiude l’Ilustrazione del ducale erbario estense conser- vato nel R. Archivio di Stato in Modena, in collaborazione col Penzig (estr. dagli “ Atti della Società dei Naturalisti , di Mo- dena, S. III, vol. IV, 1885). In seguito, il Camus si accinse all'esplorazione dei mano- scritti francesi della Biblioteca Estense: L'opera salernitana “ Circa Instans , ed il testo primitivo del “ Grant Herbier en frangoys , secondo due codici del secolo XV conservati nella Regia Biblioteca Estense (estr. dalle “ Memorie della RK. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena ,, vol. VI, S. II, 1886); Precetti di rettorica scritti per Enrico ILI re di Francia, pub- blicati secondo un manoscritto inedito conservato nella R. Biblio- teca Estense (nelle stesse “ Memorie ,, vol. V, S. II, 1887); Alcuni frammenti in antico dialetto piccardo dell’ Etica di Aristotele compendiata da Brunetto Latini (nelle stesse “ Memorie ,, vol. VII, S. II, 1889); e coronò le sue indagini con le due successive redazioni del catalogo : I codici francesi della R. Biblioteca Estense, Modena, 1890; Notices et extraits des Manuscrits francais de Modène anté- 246 FERDINANDO NERI rieurs au XVI° siècle (nella “ Revue des langues romanes ,, t. XXX Wp 1895): (1). Lo studio “ Circa Instans , comprende un ricco glossario botanico del secolo XV e si collega alle ricerche disposte nel gruppo precedente; i Precetti di rettorica per Enrico III, che il Camus riaccosta con ragione al Projet de l’éloquence royale di Amyot, sebbene ciò non basti ad attribuirglieli (come avvertiva lo SturEL, Jacques Amyot traducteur de Plutarque, p. 425), co- stituiscono un utile documento, di cui avrebbero dovuto tener conto i molti studiosi di Robert Garnier: i testi, infatti, che vi si adducono — tralasciando una citazione piuttosto vaga dal Desportes —, derivano tutti dalle prime sei tragedie del Garnier, ed io non lo crederei estraneo alla compilazione (2); i Fram- menti dell’Etica, oltre alla determinazione linguistica del testo pubblicato, concorrono alla storia della composizione del 7résor. Quanto al catalogo dei mss. francesi, il secondo è più compiuto: aggiunge il ms. IV, D, 5, fondo lat. 568, pel canzoniere di cui diè notizia il Cappelli, e di altri reca estratti più larghi, p. es. i Pronosties fondés sur la coincidence de Noel, di cui il Meyer aveva indicato un testo diverso, e la Correspondance poétique entre Pharamond et Meliadus, integrando la pubblicazione del Heyse(3). Prima di lasciare questo periodo “ estense ,, dobbiamo ancora ricordarei Morceaux choisis des prosateurs frangais du XIX?" siècle (In Modena, 1890), pubblicati in servigio del suo insegnamento (4): la serie dei passi, a cominciare da alcune pagine di Désiré Nisard su La langue frangaise, che ne rap- \1) Agli estratti il C. appose un altro frontispizio, con la data di Mo- dena, 1891, e al verso la dedica “A mon maître Frédéric (odefroy...,. (2) La nota a pp. 39-40 di questi Precetti fu poi svolta dal C. in una comunicazione al “ Giornale storico d. Lett. italiana ,, XLIII, pp. 166-68, L’expression de Dante “ ei si batte l’anca ,: e direi che nello studio di un gesto umano egli è ancora il “ naturalista ,. (3) Cfr. Bertoni, Le lettere franco-italiane di Faramon e Meliadus, in “ Giornale storico d. Lett. ital. ,, LXIII, p. 79 segg. — Un'’edizione del ms. estense del Perceval, continuazione di Gaucher de Dourdan, era stata an- nunziata dal Camus, con la promessa collabcrazione di Gaston Paris (v. Rayna, Le fonti dell’Orlando furioso, 2* ed., p. 322, n. 2). (4) E due brevi poesie: La Péquerette, favola, per il numero unico Charitas, 15 febbr. 1887, e la versione Chant de Mai, dal Muailied di Goethe. Mt e | JULES CAMUS, FILOLOGO 247 presentano come il proposito letterario, si svolge su di una scelta di prevalenza militare, che direi intonata allo spirito di Alfred de Vigny, scrittore a lui carissimo, onde tolse “ Le prisonnier de la mer ,, cioè il severo episodio dell'ammiraglio Collingwood. Nel 1894 pubblicò nel vol. VII del “ Journal de Bota- nique , la monografia su Les noms des plantes du “ Livre d’heures , d’Anne de Bretagne, conservato nella Bibliothèque Nationale di Parigi (ms. lat. 9474); il botanico e il filologo si piegano in- sieme sui margini miniati della pergamena, a cogliere fra quella decorazione sontuosa la prova di uno studio sincero delle fragili forme arboree; e fin d'allora s’era proposto di seguire questo metodo per altri due manoscritti, già posseduti da Claude Seyssel e serbati nella Biblioteca Nazionale di Torino, in cui aveva ri- conosciuto la stessa mano d'artista; peccato che ad attuare il suo disegno abbia aspettato quasi dieci anni: gli accadde così di riprendere quei due codici preziosi poco prima dell’incendio, e non potè darne che un cenno “ postumo , nel vol. VII (1905) dell’ “ Arte ,: Miniature di Jean Bourdichon distrutte nell'incendio della Biblioteca Nazionale di Torino: è un cenno ch'egli dovette consegnare in francese alla redazione, e che fu mal tradotto. Dal modo come sono disposti gli steli dello zafferano deduce che vi fossero già erbari alla une del secolo XV, una quarantina d'anni prima del più antico pervenuto fino a noi, ch'è quello di Gherardo Cibo, incominciato nel 1532 (1). Dei mss. della Nazionale di Torino illustrò la miscellanea medica M. IV. 11, riconoscendovi, sulla scorta degli studi lin- guistici del Wilmotte, l'impronta dell’antico vallone, sotto le due azioni laterali del piccardo e del borgognone: Un manuscrit namurois du XV° sitele, estr. dalla “ Revue des langues romanes ,, t. XXXVIII, 1895 (con un esteso ed importante glossario), e Les songes au moyen dge d'après un manuscrit namurois du XV° siècle (estr. dal vol. II del “ Bulletin de Folklore ,, di Liège, 1895), su di una sezione dello stesso ms., ce. 182-96, “ Le livre de l’ex- pocicion des soinges ,, pubblicato integralmente; dal ms. L. (1) Quest’'argomento, che torna di frequente ne’ suoi lavori, trattò di proposito nell’ Historique des premiers herbiers, estr. da “ Malpighia ,, IX, 1895; cfr. a pp. 4-5 gli accenni al Rabelais. 248 FERDINANDO NERI è» V. 17, cc. 43-48, trasse il Réceptaire francais du XIV° siècle d’après un manuscrit de Turin, Dijon, 1892 (estr. dal VII “ Bul- letin de la Société Syndicale des Pharmaciens de la Cote d’or ,). Inoltre, Notice d’une traduction francaise de “ Végèce , faite en 1380 (sul ms. 188 della Biblioteca del Duca di Genova), nella Éo- mania, XXV, 1896, pp. 393-400 (cui Paul Meyer fece seguire il suo studio su Les anciennes traductions de Végèce et en parti- culier Jean de Vignai: v. pp. 402-05, sulla traduzione anonima del 1380), e La seconde traduction de la Chirurgie de Mondeville (Turin, Bibl. Nat., L. IV. 17), in “ Bulletin de la Société des Anciens Textes Frangais ,, XXVIII, 1902, pp.100-119, a comple- mento dell’ediz. Bos: egli assegna questo nuovo ms. al sec. XIV, poichè sul testo di esso è condotta la traduzione provenzale della Laurenziana. Ma lo studio del ms. L. III. 17 è senza dubbio il lavoro più importante del Camus nel campo letterario: La première version francaise de l’Enfer de Dante. Notes et observations, nel «“ Giornale storico della Letteratura italiana ,, XXXVII, 1901, pp. 70-93; con l'esame dei più riposti elementi, egli collocò questo notevole documento della cultura italiana in Francia entro termini più sicuri di quelli fra cui vagavano gli studiosi prece- denti: non si può risalire oltre il nov. 1491, data dell’edizione di Venezia del commento di Cristoforo Landino, ond’è copiato il testo italiano: su questo punto non vi può essere dubbio; quanto ai ritocchi e varianti della traduzione, essi possono di- scendere fin dopo il 1528. Il traduttore primitivo, a giudicare dagl’indizi linguistici, appartiene al Berry, e la metrica — per l’uso della terzina di alessandrini e per l’osservanza quasi co- stante della norma sulla coupe féminine, ch’elide l’e muta alla cesura, escludendo la finale femminile quando non possa eli- dersi, — ce lo rappresenta come un discepolo di Jean Lemaire, il quale pubblicò le prime terzine francesi nel 1503 e applicò definitivamente la legge della cesura nel 1510, mentre con Jean Marot riappariva intorno a quegli anni, prima di trionfare col Ronsard, l’alessandrino, di cui diede saggio anche il Lemaire. Queste conclusioni, in sè coerenti e persuasive, sono ancora te- nute in iscacco per una nota indicata dal Vossler nell’inventario 20 nov. 1496 dei beni mobili del Conte d’Angoulèéme: “ le libvre de Dante, escript en parchemin et à la main, et en italien et are JULES CAMUS, FILOLOGO 249 en frangoys , (v. FarInELLI, Dante e la Francia, I, pp. 237-838); ci si chiede per quale vincolo debba collegarsi a quel perduto libro la versione rimasta nel manoscritto di Torino; tanto più che il Camus, osservata l’impronta “ berrichonne , della tradu- zione primitiva, aveva già pensato ad attribuirla alla corte stu- diosa di Margherita d'Angouléme, la futura regina di Navarra, ch’'ebbe dal fratello nel 1517 il titolo di Duchessa di Berry. Perciò egli assegnava la traduzione ai primi anni del regno di Francesco I, mentre, a rigore, la sua argomentazione può con- tenersi nei limiti del regno di Luigi XII (— 1515); ma ad avan- zarli fino al 1496 non si riesce: le indagini più recenti sulla metrica francese confermano pienamente la posizione di Jean Lemaire (v. MartInon, Etudes sur le vers francais, in “* Revue d’Histoire littéraire de la France ,, XVI, pp. 62 sgg.). Più ch’es- sere la “ première version frangaise ,, il manoscritto di Torino appartiene alla storia della “ première version ,; un buon tratto ne rappresenta pur esso, poichè nelle numerose correzioni si scorge l'intervento di scribi del Mezzogiorno. Il Camus, ormai, aveva ampliato e nello stesso tempo acuito la sua visione degli studi; in questo periodo figura una serie di ricerche storiche, iniziata con la Memoria su La venue en France de Valentine Visconti Duchesse d'Orléans et l’inventaire de ses joyaux apportés de Lombardie (estr. dalla “ Miscellanea di Storia Italiana ,, S. III, t. V, 1898): questo “ Inventoire de joyaulx et vaisselle de Madame de Touraine ,, serbato nelle Archives nationales di Parigi, è il germe del lavoro (1), per il quale rac- colse nuovi documenti dagli archivi di Milano, di Dijon, dai Conti dei tesorieri di Savoia e dagli Ordinati dei comuni piemon- tesi, sì da ricostituire fedelmente il viaggio nuziale (1389) di Valentina, la figlia del conte di Virtù e d’Isabelle de France, e che sarà poi la madre di Charles d’Orléans. — Alcune sue as- serzioni difese l’anno seguente, in polemica col Romano, nello (1) Il C. vi alludeva già nel ’94, nella Nota Les “Voyages, de Man- deville copiés pour Valentine de Milan (° Revue des bibliothèques ,, IV, pp. 12-19), dove riprende le conclusioni del Carta per dimostrare che il ms. estense è quello stesso “liber unus Domini Johannis de Mandavilla ,, registrato nell'inventario. V. ancora Bertoni, in “ Giornale storico ,, XLIX, p. 358 segg. 250 FERDINANDO NERI scritto su La maison de Savoie et le mariage de Valentine Vi- sconti (estr. dal “ Bollettino storico-bibliografico subalpino ,, IV; 1899). Con lo stesso proposito, anche più evidente, di storico della vita privata, descrisse La cour du Duc Amédée VIII à Rumailly en Albanais (1418-1419), estr. dalla “ Revue Savoisienne ,, 1901: le fogge, gli appartamenti, i giochi, il costume nel senso più esteso ed intimo. E come per un esercizio elegante d’erudizione, che riesce al commento preciso di un passo del Journal de voyage del Montaigne, aveva trattato, nella “ Revue Savoisienne , del 1898, de Les épées de Bordeaux en Guyenne et en Savoie: spade che non si conoscono nelle armerie (“ Tout porte è penser que c’étaient de courtes épées ou dagues de luxe ,), ed i cui forgeurs, di Bordeaux, passando a Bourdeaux presso il lago di Bourget, furono causa di uno scompiglio fra i cavalieri e cu- riosi. — Nella “ Miscellanea di Storia Italiana ,, S. II, t. XI, 1906, studiò Les Premiers autographes de la Maison de Savoie, che risalgono al secolo XIV: sono, infatti, di Amedeo VII, il Conte Rosso, di sua moglie Bonne de Berry, di sua madre, Bonne de Bourbon, vedova del Conte Verde. L'ultimo suo lavoro, pubblicato nel vol. LIII, 1909, del “ Giornale storico della Letteratura italiana ,, è la bella Me- moria su La “ lonza , de Dante et les * létopards , de Pétrarque, de l’Arioste, ete.; si può dividere, a p. 28,in due parti distinte : la prima sulla lonza, la seconda sui leopardi, di cui egli s'era già occupato, movendo da due lettere di Louis XI ad Ercole I d'Este, in una breve indagine su Les guépards chasseurs en France au XV° et au XVI siècle (vol. XVIII, 1888, della “ Feuille des Jeunes Naturalistes ,). V'è tutta una fauna letteraria che di- pende dalla fantasia dei poeti; ma qui gli “ attori , sono vera- mente la pantera ed il leopardo: essi, e non le fiere poetiche, veduti nella loro agile progenie e poi cercati con un diletto pieno di benevolenza nei più rari documenti; e taluno, già noto, acquista un valore, od un rilievo, diverso: così la scena gaia e colorita che apparve a fra Salimbene mentre questuava da giovine a Pisa, scena evocata già dal Gebhart e dal Cian (“ Ibi erant leopardi et alie bestie ultramarine quam plures, quas li- benter aspeximus longo intuitu, quia libenter inusitata et pulcra videntur... ,; e le donne sotto il pergolato cantavano una strana i RTRT 7 RE TERRE E TT JULES CAMUS, FILOLOGO 251 e bella canzone “ et quantum ad verba et quantum ad vocum varietatem ,),il Camus la riporta con la maggiore verisimiglianza alla corte di Federico II, che fu in Pisa mentre vi abitava il frate minore (luglio-agosto 1244 e maggio 1245: v. la Cronica, ed. Holder-Egger, p. 44 e 349 n. 2), Tale sopravvive ne’ suoi studi quel pregio di esattezza, e di grazia, ch'egli ricercò sopra ogni altro. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI . eg CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 28 Dicembre 1919 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL ACCADEMIA Sono presenti i Soci SALVADORI, SEGRE, PrANO, JADANZA, Guipi, MarTIROLo, Grassi, PANETTI, Ponzio, SAcco e PARONA Segretario. Scusa l’assenza il Senatore D’OvIpro, Direttore della Classe. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Socio JADANZA commemora il Socio corrispondente Vin- cenzo ReINA, ed il Presidente lo ringrazia, rinnovando l’espres- sione di cordoglio per la morte immatura del compianto collega, e dice che la commemorazione sarà stampata negli Atti. Il Socio Sacco presenta in omaggio tre sue pubblicazioni: Ritorniamo alla Sorgente... alla Natura; La formazione geologica dell’Italia; I serbatoi montani. E tre pubblicazioni pure in omaggio offre il Socio Peano: Sulla forma dei segni di algebra; Le defini- zioni per astrazione; Tavole numeriche. Il Presidente ringrazia. Il Segretario, a nome del Senatore D’Ovipro, presenta una Nota del Prof. F. GerBALDI, Sulla scomposizione di una forma binaria biquadratica nella somma di due quadrati. Il Socio PanETTI presenta una Nota, Ricerche sperimentali sui valori del titolo in benzina della miscela di alimentazione dei motori a scoppio, dell’Ing. Guido Gui. Le due Note sono accolte per la stampa negli Atti. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 17 254 NICODEMO JADANZA LETTURE COMMEMORAZIONE del Socio corrispondente Prof. VINCENZO REINA fatta dal Socio naz. resid. N. JADANZA Il giorno 9 novembre 1919 moriva nella città di Como il nostro socio corrispondente Conte Vincenzo REINA, professore di Geodesia e Geometria pratica nella R. Scuola degli Inge- gneri di Roma, a soli 57 anni! La sua morte ha addolorato quanti sono i cultori della Geodesia in Italia ed è stata appresa con rammarico da quanti ebbero la ventura di conoscerlo. Il prof. Reina era nato a Como il 22 novembre 1862 da Francesco ed Antonietta de Orchi. Allievo del Collegio Ghislieri di Pavia, ebbe in quella Università la Laurea di Dottore in Mate- matiche il 14 novembre 1885 con pieni voti e lode. Nel 1° ot- tobre 1887 fu nominato Assistente di Geodesia del prof. Pucci nella Scuola degl’Ingegneri di Roma, e negli anni scolastici’ 1890 e 1891 fu incaricato dell’ insegnamento di esercitazioni matematiche in quella Scuola. In seguito alla morte del pro- fessore Pucci, avvenuta nel marzo 1891, ebbe l’incarico della Geodesia e della Geometria differenziale. Libero docente di Geo- desia nel maggio 1892. Nell’aprile 1894, dopo la morte del pro- fessore Pitocchi, ebbe anche l’incarico della Geometria pratica. Nominato straordinario di Geodesia e Geometria pratica nel 1895, fu promosso ordinario il 6 novembre 1900 (*). Eletto socio corri- (*) E degno di nota il seguente fatto. Il Rerma fu nominato Straordi- nario senza concorso dal Ministro Gurpo BacceLLi. Un anno dopo fece aprire il concorso, che Egli vinse. COMMEMORAZIONE DI VINCENZO REINA 205 spondente dell’Accademia dei Lincei il 12 luglio 1905, divenne socio nazionale il 17 febbraio 1916, e Segretario aggiunto il 2 febbraio 1919. Fu Segretario della Società Italiana per il Progresso delle Scienze dal 23 ottobre 1918 in poi, e membro della R. Commissione Geodetica Italiana, di cui attualmente era uno dei Segretari. L'attività scientifica del Reina si manifestò ben presto dap- prima con note di matematica pura, quali sono quelle indicate coi numeri 1, 2, 3, 4 dell’annesso elenco, e poi con lavori atti- nenti specialmente alla Geodesia ed all’Astronomia geodetica. Sono relative alla Geodesia elementare o Geometria pratica le pubblicazioni notate coi numeri 5, 7, 8. È di somma importanza la Memoria sulla Lunghezza del pendolo semplice a secondi in Eoma. In essa rende conto delle esperienze fatte in Roma dai pro- fessori Pisati e Pucci, che, per la loro morte immatura, non po- terono pubblicarle. Tali esperienze, fatte con molta cura ed abnegazione dai due benemeriti Professori, ebbero una piena conferma da quelle fatte a Potsdam parecchi anni dopo, come rilevasi dalla nota che ha per titolo: Confronto fra il valore asso- luto della gravità determinato a Roma e quello determinato a Potsdam. Nel 1902 ebbe il premio Reale dell’Accademia dei Lincei per le determinazioni Astronomico-Geodetiche eseguite lungo il me- ridiano di Roma e conseguente determinazione del profilo del Geoide. Con l’apparato pendolare Sternek a mensola, da Lui modificato per rendere minima e misurabile la oscillazione del supporto, Egli ha fatto due campagne gravimetriche negli anni 1912 e 1913, i cui risultati si trovano esposti nelle due impor- tanti Memorie pubblicate a cura della Commissione Geodetica Italiana, averti per titoto: Determinazioni di gravità relativa, compiute nel 1912 a Roma, Arcetri, Livorno, Genova, Vienna e Potsdam in collaborazione dell’ing. G. CassInis. Determinazioni di Latitudine astronomica e di gravità rela- tiva eseguite in Umbria ed in Toscana nel 1913 da V. REINA e G. CASSINIS. Prese anche parte ai lavori geodetici per la Società Gla- ciologica Italiana. Cultore di Matematica applicata, ebbe sempre in mente di rimuovere l’abuso che molti matematici puri facevano e fanno 256 NICODEMO JADANZA a danno delle scienze applicate, e questa idea, che ora è invalsa nella maggior parte delle Scuole d’Ingegneri, secondo la quale le discipline matematiche che ivi s'insegnano, debbono limitarsi a quanto può essere utile nelle applicazioni, non tarderà ad estendere la sua influenza anche nelle scuole secondarie. Potrà così avverarsi ciò che il prof. REINA dice in un suo scritto (Ma- tematica di precisione e Matematica di approssimazione) : “ Ora io vorrei formulare il voto che anche nelle scuole medie la Matematica non si irrigidisca in forme puramente scolastiche, non dimentichi le sue prime origini che sono spe- “ rimentali, e, dal contatto colla natura e col regno dei fatti, “ tragga vita e vigore ed alimento ad ulteriori progressi ,. Alla sua memoria mando un reverente saluto a nome di quanti hanno deplorato la sua immatura perdita e specialmente a nome della Commissione Geodetica Italiana, di cui era il mag- giore decoro. “ “ Dicembre 1919. ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI del Prof. Vincenzo REINA. 1. Sugli oricicli delle superficie pseudo-sferiche (“ Rend. Acc. Lincei ,, vol. V, 1889). n, Di alcune proprietà delle linee caratteristiche (“ Rend. Ace. Lincei,, vol. V, 1889). 3. Sulle linee coniugate di una superficie. Note I e II (“ Rend. Accad. Lincei ,, vol. VI, 1° semestre 1890). 4. Di alcune formule relative alla teoria delle superficie (“ Rend. Ace. Lincei ,, vol. VI, 2° semestre 1890). 5. Della Compensazione nel Problema di Hansen (“Atti della R. Acc. Scienze di Torino ,, 1891). 6. Sulla determinazione dei raggi di curvatura di una superficie per mezzo di misure locali sopra di essa (“ Rend. Acc. Lincei ,, vol. II, 2° semestre 1893). 7. Collegamento della Specola geodetica di S. Pietro in Vincoli cogli Osservatorî astronomici del Collegio Romano e del Campidoglio (“ Rend. Acc. Lincei ,, vol. II, 1° semestre 1898). DI 10. Li, 12. 13. 14. 15. 16; 17. 18. 19, 20. 21. 22. 23. COMMEMORAZIONE DI VINCENZO REINA Cat . Il calcolo di compensazione nel Problema generale di Hansen (“ Ri- vista di Topografia e Catasto ,, 1894). . Azimut assoluto di M.te Cavo sull’orizzonte della Specola geodetica di S. Pietro in Vincoli in Roma (a cura della Commissione Geo- detica Italiana, Padova, Tipografia del Seminario, 1894). Sulla lunghezza del pendolo semplice a secondi in Roma (Esperienze eseguite dai professori G. PisatI ed E. Pucci pubblicate per cura di V. Reina) (“ Memorie Ace. Lincei ,, serie 5*, vol. I, 1894). Sulla determinazione della distanza tra due punti per mezzo di mi- sure angolari nei punti stessi (“Riv. di Topogr. e Catasto,, 1894). L’attrazione locale nella Specola geodetica di S. Pietro in Vincoli (“ Rend. Ace. Lincei ,, vol. IV, 1° semestre 1895). Ricerche sul coefficiente di rifrazione terrestre eseguite in Roma nel 1895 in collaborazione col prof. G. Cicconetti (“ Memorie della Soc. delle Scienze, detta dei XL ,, Serie 3°, Tomo X, 1896). Una nuova forma di Tacheometro riduttore (“ Riv. di Topografia e Catasto ,, 1896). Determinazione astronomica della latitudine di M.te Soratte nel 1900 (“ Rend. Ace. Lincei ,, vol. X, 1° semestre 1901). Determinazioni astronomiche di latitudine e di azimut eseguite lungo il meridiano di Roma (Pubblic. della R. Commissione Geod. Ital., Firenze, 1903). Determinazioni astronomiche di latitudine eseguite a Venezia, Do- nada e Comacchio nel 1903 (“ Rend. Accad. Lincei ,, vol. XIII, 1° semestre 1904). Determinazioni astronomiche di latitudine e di azimut eseguite a Oderzo, Col Brombolo e Calolzo nel 1904 (“ Rend. Acc. Lincei ,, vol. XVI, 1° semestre 1906). Determinazioni astronomiche di latitudine e di azimut eseguite al- lisola di Ponza ed a Monte Circeo nel 1905 (“ Rend. Accad. Lincei ,, 1907). Rilievo planimetrico e altimetrico di Villa Adriana, eseguito dagli Allievi della Scuola degl’ Ingegneri di Roma nel 1905 (“ Notizie degli Scavi ,, anno 1906, fascicolo 8°). Confronto fra il valore assoluto della gravità determinato a Roma e quello determinato a Potsdam (“ Rend. Acc. Lincei ,, vol. XV, 2° semestre). Sulla teoria delle proiezioni quantitative (“ Rend. Accad. Lincei ,, vol. VI, 2° semestre 1897). Differenza di longitudine fra Milano (Osservatorio di Brera) e Roma (Monte Mario), în collaborazione con E. Brancni, L. GABBA e G. A. Favaro (Pubblicazioni della R. Commissione Geod. Ital., Bologna, 1912). 258 NICODEMO JADANZA — COMMEMORAZIONE, ECC. 24. Matematica di precisione e Matematica di approssimazione (“ Atti del III Congresso della Mazthesis ,, 1913). 25. Determinazioni di gravità relativa compiute nel 1912 a Roma, Ar- cetri, Livorno, Genova, Vienna e Potsdam, in colluborazione del- ingegnere G. Cassinis (Pubblicazioni della R. Comm. Geodetica Italiana, Roma, 1913). 26. Commemorazione del Corrispondente prof. AnoLro VentURI (“ Rend. Ace. Lincei ,, vol. XXIV, 1° semestre 1915). 27. Determinazioni di latitudine astronomica e di gravità relativa ese- quite in Umbria ed in Toscana da V. Reina e G. Cassinis (Pub- blicazioni della R. Commissione Geodetica Ital., Roma, 1915). 28. Strumenti Diottrici (Manuale Hoepli, volume di pagine XIV-202 e 103 figure nel testo, 1908). Lg TI“ Y F. GERBALDI — SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. 259 Sulla scomposizione di una forma binaria biquadratica nella somma di due quadrati Nota del Prof. F. GERBALDI La Nota del Prof. L. BrusortI, dallo stesso titolo di questa [£ Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. LV (1919-20), p. 63], parmi interessante non solo per il modo semplice, col quale egli dimostra un teorema sulla scomposizione di una forma binaria biquadratica nella somma di due quadrati, che io ho trovato incidentalmente nelle mie ricerche sulle frazioni con- tinue di HALPHEN (*), ma più ancora per il complemento, che egli vi apporta, mercè il quale il teorema ora si può enunciare nella forma seguente: “ Una forma binaria biquadratica si può in infiniti modi “ decomporre nella somma dei quadrati di due forme quadra- “ tiche; in una qualunque di queste decomposizioni ciascuna “ delle quadratiche ha per radici due punti, che appartengono “ l’uno alla terza polare dell’altro rispetto al covariante sestico “ della biquadratica ,. Quella Nota mi offre l'occasione di ritornare sull’argomento, per studiare altre proprietà delle forme quadratiche considerate nel teorema. 1. — Queste forme quadratiche si trovano già costruite nella citata mia Nota, ed in virtù dell’estensione data dal BrusortI al teorema, si possono tutte comprendere nell’espres- sione da me designata con A (1. c., pag. 777). Si ha: A=Vpo[1+95+18]; (*) Simmetria e periodicità nelle frazioni continue di Harrmen [Atti della R. Acc. delle Scienze di Torino ,, vol. LIII (1918)]. 260 F. GERBALDI e, siccome: 2p pa! = = ; i Po sì può scrivere: (1) = + 2p,s + pas — 18°). Qui Z denota una qualunque delle radici ln, la, 23 della risol- vente cubica: (2) ep_-Li—-3j=0; inoltre : 1 ' 1 rr s=x— E, Po STAMI: pi=<+X (8), Pa= 7 È (E). Sostituendo, si trova per A l’espressione esplicita: (3) A= “= [(a08? + 2a, + as) €? + 2 (a,&2 + 2agE 4 ag) a + (a38 + 2ag& |a) — (e E)? ] ) ossia in notazione simbolica: bis VE A O LEE (8%) 4= eg led 1621, essendo: X (x,, co) = at =, + 40,x,3 xs +... + Gost. 2. — I polinomi A formano tre serie, caratterizzate dai tre valori sopradetti di /, quando si attribuiscono al parametro e(= 2) tutti gli infiniti valori, esclusi quelli che sono radici 2 della biquadratica data. Denoterò con A: il polinomio che ap- partiene alla serie caratterizzata da 7; (f= 1,2,3) ed ha il pa- rametro £. Intanto, per una qualunque decomposizione di X nella somma di due quadrati, si ha: (4) X= A+ A", SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 261 I due polinomi A, A’, che entrano in una stessa decompo- sizione e che dirò complementari, appartengono ad una stessa serie. Infatti, se sussiste la (4) e se &, #' sono i parametri di A, A', per quanto ho stabilito al N. 4 della mia Nota sopra citata (pag. 776), A' ha per radice & e similmente A ha per radice #'; quindi, se si pone: A4= Az, 2 Ay®, segue: az ag? ar L; (E I = 0 ’ ae ae? aa Li (E z'}? pn 0 $ tengasi presente che (£Z')==0; perchè, se fosse (£#)=0, ne verrebbe X (£,, #5) =0, ciò che è escluso; e si conclude /;, = la. Da quanto precede si deduce inoltre: Se due polinomi Ax, Ax sono complementari, i loro parametri €, #' (E#=#) soddi- sfano l’equazione: (5) az ag? — Li (EE) =0, ossia: (5%) apE'E? + 2a EE (E+E) + (a — 4) (E + #9) 4 (4a + 27) EE + 2ag (E +) + a =0. Quest’equazione rappresenta, per è = 1, 2,3, tre notevoli corri- spondenze [2, 2] involutorie, che denoterò con corrispondenze } i}. Il polinomio Ag’ ha per radici i due valori di #', che corrispon- dono al parametro € nella corrispondenza }i{. 8. — Considero il fascio di corrispondenze [2,2] tutte in- volutorie: azar? — 1(E2)?=0, determinato dal secondo sistema polare rispetto alla biquadratica data e dal quadrato della corrispondenza identica. In questo fascio vi sono tre corrispondenze cicliche, con cicli di 4° ordine; esse sono precisamente le corrispondenze }?}. Infatti, si formi l’invariante î3 d'una corrispondenza generica del fascio; esso è (*): (*) V. la mia Nota: Le frazioni continue di HaLpHEN in relazione colle corrispondenze [2, 2) involutorie, ecc. (£ Rendic. Circ. Matem. di Palermo ,, t. XLII). 262 F. GERBALDI do 2a, ag — l | (6) D (0) ni 2a, 4a, + 21 203 s ag — È 2az ay eguagliandolo a zero, si ha un'equazione di 3° grado in /, che, come si vede sviluppando il determinante, coincide colla risol- vente cubica (2); d’altra parte si sa che quando si annulla l’in- variante ?î3 la corrispondenza è ciclica, con cicli di 4° ordine. È notevole che ogni polinomio A si ottiene, a meno di un fattor costante, dal primo membro dell’equazione (5) delle dette corrispondenze cicliche, fissando in esso il valore d’una delle due variabili, ad es. #,:,, e allora il fattore è ____, ed assu- 3 % VA (E,, Ea) mendo l’altra &;' :z come variabile x. 4. — In una corrispondenza }i{ siano &, n i punti corri- spondenti ad un dato punto '; al punto n corrispondono il punto &' ed un altro punto n'; al punto n' corrispondono il punto n ed un altro punto, che coincide con &; perchè, essendo la corrispondenza ciclica, con cicli di 4° ordine, si ha la suc- cessione periodica: i ER Lg dove i due termini contigui ad un termine qualunque sono i corrispondenti di questo. Segue che i due polinomi Az, An, di 2° grado in x, hanno entrambi le radici #', n°; quindi essi sono tra loro eguali a meno d’un fattore &: A = FAO. Ponendo qui una volta x = e l’altra volta «= n, si deduce: det An} — L; (En)? = VX ESE (np Ne) == + VX (£,,5).X(,, No) ’ donde K = + 1; e però si ha l’identità: lata? LE] = zo lt MAI. (7) et ib: caro VX (E, 8) vi ils st SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 263 Si conchiude che per ciascun polinomio A si hanno due valori del parametro; a ciascuna delle radici #°, n' d’un poli- nomio A° corrispondono nella corrispondenza }i{ gli stessi due valori z, n, che sono i valori del parametro di quel polinomio. Se due polinomi A, A' sono complementari, le due radici del- l’uno sono eguali ai due valori del parametro dell’altro. 5. — Siano ancora E, n i due punti che corrispondono ad un dato &' in una corrispondenza }é}; le coppie &, n al variare di #' costituiscono un’involuzione; si ottengono così tre involu- zioni (£=1,2,3) ed i primi membri delle loro equazioni si espri- mono razionalmente nei coefficienti della biquadratica e nelle radici /; della risolvente cubica. Infatti, si denotino con Dag i minori di 2° ordine del determinante D (2) e con Dag® il valore di Dag quando si sostituisce per / il valore 7;. Allora si ha: ). Î) + E î (è). Iye= ) + ) + (è). (8) Di: Dig: D,3° a Do, Ds9 Ha Dyg0 = Dzi: Dgy°: Ds3 4 e posto: ae a0E? _ Dare + dg Do. Q == 2a; E? - (409 + 21) z' -- 203, R=(a,—l)E?+ 2a; + a, qualunque sia #’, si hanno le tre identità: (9) Dai P+ Da2°Q + Das” ER=0, (i="12:8) dove è indifferente che per indice a si prenda uno qualunque dei numeri 1, 2, 3. D'altra parte £, n sono le radici dell'equazione: Pa? +Qx+E=0, che si deduce dalla (5°), donde: P(@E+n=_—_-0, Pin=8&; e ora da queste e dalle (9) si ricavano le equazioni: (10) Dia” La Das (E + n) + Dag!En == 264 F. GERBALDI queste sono precisamente le equazioni delle tre involuzioni so- pradette. 6. — Tenendo presente che, per quanto si è visto sopra (n° 4), i due punti £, n, che in una corrispondenza }?{ corri- spondono ad un dato punto #', sono le radici del polinomio Ag, e che per il teorema fondamentale le radici di un polinomio A appartengono l’una alla terza polare dell’altra rispetto-al cova- riante sestico 7 della biquadratica data, si conchiude che i tre punti, che formano il terzo sistema polare d’un dato punto & rispetto a 7, sono i coniugati di Z nelle tre involuzioni (10) e perciò essi si calcolano razionalmente per mezzo delle (10), quando si conoscono le radici /; della risolvente cubica (*). Osservando ancora che i punti doppi delle tre involuzioni in discorso sono radici di 7, si conchiude che (1 1) Dal? OT, 2 Dad” x - Das x? (i = Pa 2, 3) sono, a meno di fattori costanti, i tre noti fattori quadratici @, uex di I° Ciò si conferma anche col seguente calcolo. Sia H=2(a5a, — a;?) xt + 4 (0003 — 449) 83 + 2 (a0a4 + 2a;,ag — Bas?) a? +... l’Hessiana della data biquadratica, si ha: 2(H+1X)=D33x4 — 4D33x3 +2(D;3+2D39) x? —4D,3£x +D1; donde, tenendo presenti le (2), si deduce: 2 Daa (1 +4 X) = (Da — 2 Dasx + Das}; (*) Le equazioni (10) sono da ritenersi più semplici delle altre Hg? Hn + l; ag3 an =0, proposte dal Prof. BrusortI, perchè queste ultime contengono un fattore estraneo, che è P£*, o we?, 0 Xe°. * Tini ti \ SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 265 ed ancora, avendo presenti le formole: H+1,}5X=—2@?, ecc. sì ricava: (12) Dai — 2 Daax + Dag 1? = 2V— Dao! ©, ecc.; 7. — Chiamo associati due parametri &, #°, che si corri- spondono in una qualunque delle tre corrispondenze }?{; per guisa che ogni parametro £ ne ha 6 associati. L'equazione, che . dà tutti e 6 gli associati di , si ottiene eliminando / dalle due equazioni : 1 eee. lee: ata? — I(£E8)?=0, ie do ri = } ed è: (13) (ag ap?) — 3 i (£E°)t ag ag? — 3) (EE), Giova mettere questo risultato sotto altra forma. Si faccia la sostituzione: (a) a= ty +. E %, xa = E2Y1 + E0Y3; e si ponga per brevità: at=0,, aa r=0;, agar=0a,, aggag9=0g, art=0y. Si ha: X=azgt=09Y1i + 40191849 +... + 04Y34. Siccome poi (2°) è il modulo della sostituzione (a) e î, j sono invarianti di pesi 4, 6, si ha inoltre: ti (Ps) = 09030, + 20, 4303 — 19° — 903° — 11° AL; sostituendo nella (13) si deduce: (14) 3 Ag 09 04 — 209 03° — 20,2, = 0. 266 F. GERBALDI Questa è una notevole relazione tra i valori 9, 0; .. delle successive forme polari della biquadratica data, calcolate per due parametri associati &, #. n 8. — Col mezzo di questa relazione possiamo facilmente dimostrare con calcolo diretto la formola (4), che dà la scom- posizione della biquadratica nella somma di due quadrati. Supposto che e ' siano associati (£=='), supposto cioè: (15) azar? — l;(£2)}=0; ossia: as=l;(EE)?, si tratta di verificare che si ha: X=|Ax®P + [Ag® P. Facciasi ancora la sostituzione (a); tenendo presente la (5), sì ha: ; 1 Ag) = ne (00 Y1° + 2a, Yi Y2) ’ %o i 1 Ag = Va, (203712 + 04 Y2°). Quadrando e sommando e tenendo conto che in virtù della (14) si ha: pigra 029; 3 + LIFT 10,08, si deduce: i i 1 1 [Al da == [Ag da = do (co Y +20, Ya Y2)? + CA (203412 + 04 Y2°)? = 09Y1f + 40141842 + 602412424 4034142804 Y24 == X(%1, x9). P 9. — In ciascuna corrispondenza }i{ i punti doppi sono le radici della data biquadratica, e queste (come sopra si è detto) non si possono assumere come valori di parametri per i poli- nomi A. Ad un punto di diramazione della corrispondenza }1{ cor- rispondono due punti coincidenti in uno, che è radice di @. Se x', x" sono le radici di @, nella corrispondenza }1{ al punto 2' corrispondono due punti di diramazione &', n° ed al punto x" SULLA SCOMPOSIZIONE DI UNA FORMA BINARIA, ECC. 267 gli altri due punti di diramazione. Il polinomio A, ha le radici #', n°; ed il polinomio complementare è un quadrato colla radice doppia x’, ecc. Segue che una biquadratica si può in 6 modi scomporre nella somma di un quadrato e di una quarta potenza; quest’ultima si annulla per una radice del covariante sestico (*). Siano ora y° e y” le radici di ‘y; 2’ e 2" le radici di x; le coppie y', y e 2, 2” sono (come è noto) coppie di punti coniu- gati nell’involuzione, che ha per punti doppi le radici x’, 2 di g. Da quest’osservazione, per quanto si è stabilito sopra (n! 5, 6), segue che w e x sono (a meno di fattori costanti) due polinomi A nella serie caratterizzata da /,; dico di più che in questa serie tali due polinomi A sono complementari. Infatti, osservo anzi- tutto le relazioni: (ap)? a? =, ®e?, (ay)? ae? = la we”, (ax) ala: la prima delle quali discende dal fatto che, dato comunque E, le radici delle due equazioni di 2° grado in x: aa, — l, (Ea)? =0, Rei si separano armonicamente, ecc. Ciò posto, considero la forma quadratica : u=u,=aza, — l (22), per la quale si ha: (up) = (19)? a? — ,9:2=0, qualunque sia #2; si ha inoltre: (x)? = (ax)? az? — ly Xe = (23 AR; donde: (ux)?=0, se 2 è radice di x. Dunque, se 2 è una radice di x, u è la jacobiana di @ e x, e però coincide con w (a meno di un fattore); cioè nella serie (*) Cfr. la mia Nota citata, a pag. 777, del vol. LIII degli “Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,. 268 F. GERBALDI — SULLA SCOMPOSIZIONE, ECC. caratterizzata da /, e per i parametri 2‘, 2" si ha un polinomio A, che (a meno di un fattore) coincide con yw; similmente si vede che nella stessa serie e per i parametri y', y' si ha un poli- nomio A, che (a meno di un fattore) coincide con y; inoltre tali due polinomi sono complementari, perchè (n° 4) le radici dell’uno sono parametri dell'altro. Ciò è d’accordo colle note formole: i == 2 2 2 2 maia Sai sulle quali è basato un classico metodo per la risoluzione del- l'equazione biquadratica; queste, come si vede, rientrano come caso particolare nelle formole di scomposizione della biqua- dratica nella somma di due quadrati; è chiaro che le formole più generali, di cui ci siamo qui occupati, si possono far ser- vire allo stesso scopo. Alagna—Sesia, settembre 1919. GUIDO GUIDI — RICERCHE SPERIMENTALI, ECC. 269 Ricerche sperimentali sui valori del titolo in benzina della miscela di alimentazione dei motori a scoppio Nota dell’mg. GUIDO GUIDI (Con 5 Tavole). Oggetto della presente relazione è uno studio sperimentale avente per scopo la determinazione del titolo della miscela esplo- siva fornita da un carburatore ai diversi regimi di marcia del motore. | È noto che per ottenere il massimo rendimento da un mo- tore ad esplosione, a parità di altre condizioni, occorre alimen- tarlo con una miscela di combustibile e di comburente nella quale il rapporto fra i due elementi sia quanto più possibile co- stante, e prossimo a quello teoricamente richiesto per la com- binazione chimica che si forma nella combustione: l’eccesso di uno qualunque di questi due elementi costituisce una massa inerte, che, oltre a non partecipare al fenomeno chimico, dimi- nuisce la rapidità della combustione, perchè allontana fra di loro le molecole che debbono combinarsi. Conseguenza immediata, il rendimento del motore diminuisce, il suo consumo per cavallo ora aumenta. Per altro lato si comprende che, pur avendo ottenuto il titolo esatto per certi regimi di marcia, sia assai difficile il man- tenerlo invariato per tutta la gamma estesissima di velocità e di volumi di aria, che il motore, durante il suo funzionamento, richiama attraverso le tubazioni di introduzione. La soluzione di questo problema, essenziale per l'economia di marcia del motore, ha dato luogo ad una grande varietà di tipi di carburatori, nei quali, con mezzi adatti, si tende a Atti della R. Accademia — Vol. LV. 18 270 EUIDO GUIDI compensare l’incostanza del titolo della miscela, variando la portata di uno dei due elementi componenti. Prescindiamo dai carburatori nei quali questa compensa- zione è affidata alla perizia del motorista, che può manovrare delle prese d’aria addizionali o dei riduttori di benzina: una soluzione non può ritenersi scientifica quando è affidata all’abi- lità individuale. Ci occupiamo invece dei carburatori a compen- sazione automatica; in essi la correzione del titolo avviene, come è noto, o per l’azione di dispositivi meccanici comandati dalla stessa depressione, o per la diversa portata di differenti getti ad azione simultanea od indipendente, oppure ancora per l'aspirazione assai variabile che l’aria esercita sul getto, pas-. sando in circuiti speciali, che entrano particolarmente in azione ai regimi minimi. Nella presente relazione intendiamo particolarmente illu- strare come furono condotte le esperienze per determinare il titolo della miscela, fornita da questi carburatori a compensa- zione automatica, nelle varie condizioni di marcia. Tale deter- minazione sarebbe difficilissima ad eseguirsi su di un motore in marcia, per le forti variazioni di temperatura, ma specialmente per il fatto che, variando anche di poco il titolo della miscela, il motore funziona irregolarmente, od anche si arresta. Per ciò si ritenne che non si sarebbe mai potuto, su di un motore in: marcia, determinare, con sufficiente esattezza, il titolo della miscela, dotata di una velocità assai prossima ai 100 metri a secondo. Si pensò quindi di porre il carburatore nelle stesse condizioni di funzionamento, indipendentemente dal motore. A questo scopo si cominciò col determinare con la massima esat- tezza, in funzione delle velocità angolari del motore, la legge di variazione delle depressioni (Tavola I) create dal motore stesso, a monte, a valle, ed in prossimità dell’organo di chiu- sura del carburatore, costituito per lo più da una valvola a farfalla, o da un rubinetto cilindrico: i valori trovati sono, per i motori di automobile, sensibilmente uguali per i vari tipi; si intendono rilevati per motore marciante sotto carico normale, con regime variabile tra un minimo di 200 giri, oltre il quale il motore si arresta, ed un massimo di 1500 giri. Queste stesse depressioni riscontrate durante il funziona- mento del motore, si sono riprodotte con una pompa centrifuga Atti della Reale Aecad. dello Scienze lor i sui va dei titoli in benzina ecc. G. GUIDI - Ricerche sperimenta! di Torino. - Vol. LV. fonica tonino nti sg Sa È di sad heidi Cisa ì sc sasa ara Er. RE », nc dna QrEE sfrermisivinigesipenlcmnion i li 4 % noapririf. cm e si Gen & * $ TETRA CESSA SSROO DI AE RAI 4 $ vi Ì $ cirie Dix # f sE Sfere partita pEr di fee dn Shaco songi BEBea age 230 SICA SERRE SAN ros t° A î —__ pene RATA lare del motore. ità ango della veloci ioni in funzione Tav. I. — Diagramma delle depress Cenicginc Mar lenire nd 1enze della Reale Accad- delle Sci 1 Au i sui valor G. GUIDI - Ricerche sperimental dei titoli in benzina ecc. *1naj9i6 orddop è aJoeInqueo un ip OQuawueuoIzuny ip ewweabeig — ‘TIT AVI Li a Sai pei risi 1 ESSE 3 ; Meri ma Sp PESI L- bite: tasto aan E $* aruset ni mi 6 a K SLI inez FERHH EHE VISRBTO EP Apa ui FR oh Luk (a an ..... ine +. i anculì fi RICERCHE SPERIMENTALI SUI VALORI DEI, TITOLO, ECC. 271 multipla, nei carburatori sottoposti alle prove, operando nelle condizioni più favorevoli per eseguire misure esattissime, sia eliminando le cause di errore derivanti dalla marcia del motore, sia mantenendo assolutamente costante la velocità della colonna d'aria, anche ad efflusso di benzina interrotto, o parzializzato, come nel caso di un carburatore a doppio gicleur, uno dei quali fosse stato otturato, per misurare la portata dell’altro. In cor- rispondenza della sezione a valle della valvola a farfalla, se- zione indicata nella Tavola I col simbolo EF, si sono misurate le velocità dell’aria (e di conseguenza le portate, conoscendo le pressioni): partendo da questi valori, e riducendoli alla pres- sione atmosferica, si sono costruite le prime due colonne delle tabelle che seguono. Si sono pure misurate le portate di benzina colla lettura del tempo occorrente per farne effluire delle quantità determi- nate: si determinarono assai comodamente le portate dei sin- goli passaggi di benzina nei carburatori muniti di dispositivi per la marcia al minimo, o di compensatori o di gicleurs mul- tipli; i valori trovati sono riprodotti nelle tabelle, l’ultima co- lonna delle quali ci dà senz'altro il rapporto fra i volumi di benzina e di aria, rapporto che deve rimanere, per quanto è possibile, costante. Nella Tavola Il riportiamo, in forma assolutamente dimo- strativa, l'andamento degli efflussi dell’aria e della benzina in un carburatore semplice non compensato. La curva 04 rappre- senta la portata dell’aria in funzione della depressione, la 0’'B la portata della benzina, scegliendo le scale delle ordinate in modo che il loro rapporto a quelle dell’aria sia uguale al rap- porto che i due elementi debbono avere nella miscela. Con questo sistema di rappresentazione da noi usato, le linee di efflusso della benzina, che in esatte proporzioni risulterebbero quasi coin- cidenti con l’asse delle ascisse, vengono ad essere assai facil- mente paragonabili alle linee di efflusso dell’aria: a colpo d'occhio si può apprezzare se la carburazione è buona in ogni punto del diagramma, poichè è assai più facile stimare la so- vrapponibilità di due curve, che non la proporzionalità delle loro ordinate, specialmente quando i loro valori sono molto dif- ferenti. 272 GUIDO GUIDI Così, ad esempio, la tavola II, benchè schematica, indica in maniera evidente che la miscela è troppo ricca di carburante in corrispondenza dei valori massimi delle depressioni, e delle portate, ed è troppo povera in corrispondenza dei minimi. Questo fatto, ben noto in pratica, ci dice che qualsiasi sistema di com- Tavole Portale Depress ioni pensazione deve permettere di impoverire il titolo al massimo, e di arricchirlo al minimo. Applicando i metodi sopra esposti, si sono rilevati i dia- grammi di funzionamento di parecchi tipi di carburatori: ci limitiamo, per ragioni di spazio e di opportunità, a riportarne tre, scelti fra i più interessanti, ed uniamo le tabelle mediante le quali essi furono costruiti. è “ode csi RICERCHE SPERIMENTALI SUI VALORI DEL TITOLO, ECC. 273 Spa tipo 6000 verticale, Anno 1912, Tavola III. Portata di benzina Rapporti Velocità | Portata fra volunà dell’aria di aria del getto | del getto la di benzina piccolo grande e di aria m/s 1/s cm3/s cm®/s em3/s 5) 9,0 JAR -- td 1:8110 10 13,4 1,42 _ 1,42 1:9430 15 16,1 1,45 = 1,45 1:11100 20 18,8 1,30 0,30 1,60 1:11700 30 23,0 0,75 1,50 2,25 1:10200 40 25,3 0,25 2,30 2,55 1:9920 50 28,0 _ 2,80 2,80 1:10000 60 30,5 = 3,15 3,15 1:9680 70 33,0 tea, 3,50 3,50 1:9430 80 35,0 = 3,75 Sigbi |) 19330 90 36,5 ni 4,00 4,00 1:9130 La precedente tabella raccoglie alcuni dei dati sperimentali mediante i quali si è costruito il diagramma della Tavola III Esso è il diagramma-tipo dei carburatori a doppio gicleur e per tutti si ripete quasi invariato, specialmente nella zona corrispon- dente ai medîì regimi, ove appunto si verifica la maggior inco- stanza del titolo: la curva OA rappresenta la portata dell’aria, la OB la portata del getto piccolo, la 0'B' quella del getto grande; la linea OPGB' la portata totale della benzina. Il dia- gramma dimostra chiaramente che in tutta la zona dei regimi medî, quando all’azione di un getto si va sostituendo quella dell’altro, il titolo varia fortemente da punto a punto, ciò che nella marcia del motore provoca degli sbalzi di potenza e delle vibrazioni. Risulta anche in modo evidente che la miscela è inevitabilmente ricca, tanto al massimo che al minimo; e pure 274 GUIDO GUIDI questo fatto è largamente confermato dalla pratica. Le condizioni sono leggermente migliorate applicando una presa d’aria supple- mentare automatica: allora la portata dell’aria è rappresentata da OA', mentre 0'B" dà la portata del getto grande, tenuta leggermente eccedente coll’aumentare le dimensioni del foro del gicleur. Anche in questo caso però siamo lontani da una buona compensazione e dalla costanza del titolo. Zenith tipo verticale 1916, Tavola IV. | Portata di benzina Rapporti Velocità | Portata | _____— —m_m_s—9]—_ fra i volumi deb'afitl viaria | Oda DO} di benzina renti | POMPE | gog, | (OOC A me | (1 | cm'/s dias/& | em$/s em$/s | 500): 16,5% |00,85 | 08e || — | to ss Jose|:t9,5 fusi dis | — | [100600000 15:00 :12,0) Magio | 028 | — | [1,80 20 | 140 |-0,90 | 0,30 | 0,15 | 1,35% 1:10400 25. 160. 0,70 | 0,40 0,60 | 1,70 | 1:9410 85-|\18,8-|-0;40-|--0;50.-|--1,05-|--1,96-|-N96a0 50 | 225 | 0,20 | 0,60 | 1,60 | 2,40 | 1:9370 90 | 30,0 | 0,06 | 0,65 | 2,65 | 3,36 | 1:8930 | | | La tabella riassume i risultati sperimentali sui quali è co- struita la Tavola IV: in essa la portata dell’aria è rappresen- tata in 0A; la curva OT ci dà la portata totale della benzina, somma delle tre curve OR, 0'B ed 0'B', che rappresentano le portate di benzina rispettivamente dal dispositivo del ralenti, dal getto principale e dal compensatore. Quest'ultima, secondo il sistema Baverey, sul quale si fonda il carburatore Zenith, dovrebbe essere costante, e quindi rappresentata dalla 0" B" parallela all’asse delle ascisse. Per un complesso di cause che CS non ci dilunghiamo ad esporre, la portata del compensatore è fi tì» lana ve ti È A GUIDI - Ricerche sperimentali sui valori Atti della Reale Accad. delle Scienze . dei titoli in benzina ecc. di Torino. = Vol. LV. PERSE SE i + oa wverengs er een Tav. IV. — Diagramma di funzionamento di un carburatore Zenith. sette Atti della Reale Accad. delle Scrl G. GUIDI - Ricerche sperimentali sui valori di Terne SN LV. dei titoli in benzina ecc. ‘ipjo494 a407@Inqieo un ip ozuaweuocizuny ip ewwesbeig — ‘A ‘AVI Lo DI ‘agi hoer. id cri ii PISA os sa DSi a = si Sui pi DR Sa pot pas + pa H } + 3 i 3 | RICERCHE SPERIMENTALI SUI VALORI DEL TITOLO, ECC. 275 invece assai simile a quella di un getto ordinario, sensibilmente strozzato, e con una riserva per la ripresa: per conseguenza esso perde la funzione di compensare le variazioni di portata del getto principale, e non serve che a facilitare la ripresa, mentre la compensazione è affidata al solo dispositivo del ralenti. Feroldi tipo 3, Anno 1919, Tavola V. È il carburatore che, fra quelli sperimentati, ha dimostrato di meglio rispondere ai requisiti di costanza del titolo. Nella seguente tabella sono raccolti i risultati delle espe- rienze. | Portata di benzina Rapporti enne Portae > CLI __ 22 __ [fra i volumi dell’aria | diaria | circuito | circuito | ,,,,. di benzina na e di aria m/s 1/s em3/s em3's cmi/s 5) Db 1» 0,3 1,50 1:9000 10 18,0 2,0 1,9 2,00 1:9000 20 27,0 2,95 2,9 2,95 1:9150 30 32,8 3,9 3,7 3,60 1:9150 40 39,0 3,9 4,4 4,30 1:9070 60 46,9 4,2 5,4 5,15 1:9100 80 54,0 4,3 6,9 Ed 1:9080 100 59,5 4,3 È 6,55 1:9090 In questo carburatore il getto di benzina è unico, però la sua portata è assai differente secondo che l’aria circola per le condutture del minimo, o per la conduttura principale. Imma- ginando di scindere queste due portate teoriche si avrebbero le due linee di efflusso indicate nel diagramma. Effettivamente in- vece la portata è unica, e si avvicinerà all’una od all’altra delle due curve a seconda di come si fanno variare le sezioni dei due circuiti seguiti dall’aria. È evidente che si possono sce- 276 GUIDO GUIDI — RICERCHE SPERIMENTALI, ECC. gliere le sezioni di passaggio in modo da ottenere che la legge dell’efflusso della benzina, risultante dal concorso dei due circuiti, sia praticamente identica a quella dell’aria, per modo che risulti costante il titolo, e quindi la stessa linea rappresenti l’efflusso dell’aria e della benzina. Questa esatta coincidenza di linee non sì potrà ottenere che per una determinata condizione sia della densità della benzina, sia di quella dell’aria; però le perturba- zioni sono di un ordine di grandezza tale da non compromettere la bontà dei risultati. Torino, 27 dicembre 1919. L' Accademico Segretario CarLO FABRIZIO PARONA 277 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 4 Gennaio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, De SancrIs, BronDpI, EINAUDI, BaupI DI VESME, SCHIAPARELLI, PATETTA, VIDARI, PRATO, CIAN, PAccHIONI, VALMAGGI, e STAMPINI Segretario della Classe. Sì legge e si approva l’atto verbale dell’adunanza prece- dente del giorno 21 dicembre u. s. L’Accademico Segretario presenta, a nome del Socio cor- rispondente C. MontALcINI, il recente volume Legge elettorale politica. Testo unico 2 Settembre 1919. Commento teorico e pratico (Bologna, Zanichelli), composto da esso C. MontALCINI in colla- borazione con A. ALBERTI, Capo della Segreteria della Camera dei Deputati. La Classe vivamente ringrazia il Socio MonTALCINI per il pregevole dono. Lo stesso Socio SrAmPINI presenta per la pubblicazione negli Atti una breve silloge di sue iscrizioni latine inedite e di suoi distici elegiaci latini col titolo Nonnullae inscriptiones et disticha. Si ammette alla stampa negli Atti stessi la Nota del Prof. Dott. Giovanni MarRo intitolata Sulla psicologia dell’an- tico Egitto, che il Socio Vipari presenta alla Classe e giudica 278 degna di considerazione in virtù dei rapporti che corrono fra gli studì filosofici e le indagini antropologiche da cui il MARRO ha preso le mosse nel suo interessante studio. Il Socio ScHIAPARELLI, associandosi al collega Vipari nella presentazione della Nota del Prof. Giovanni MARRO, aggiunge « 114 PS z x & * che la Nota stessa è il risultato di un lungo e diligente studio fatto dal Marro sulla raccolta antropologica del Museo di Torino, comprendente varie centinaia di antichi cranii e di scheletri egiziani completi, raccolti dalla nostra Missione archeologica in Egitto nelle necropoli di Assiut e di Ghebelein fra gli ‘anni 1910 e 1914. “ La scelta del detto materiale è stata fatta informandosi ai criterii scientifici più rigorosi, preoccupandosi unicamente della qualità del medesimo e non della quantità; e attenen- dosi ai criterii medesimi la nostra Missione costituì, sia per la necropoli di Assiut, come per quella di Ghebelein, una doppia serie di scheletri completi e di cranii. Per Assiut, oltre 250 scheletri completi, di adulti dei due sessi e di fan- ciulli, e numerosi cranii sono sicuramente da attribuirsi al periodo fra la sesta e la dodicesima Dinastia, ed un centinaio circa fra scheletri completi e cranii si riferiscono non meno sicuramente al periodo greco-romano; per Ghebelein, circa 100 scheletri completi e numerosi cranii debbono riferirsi al periodo fra le prime e la decima Dinastia, ed un numero quasi corrispondente appartiene al periodo greco-romano. Altra serie, che già comprende alcune decine di scheletri completi della sesta Dinastia, fu inoltre iniziata nell’anno 1914 nella necropoli di Elefantina. “ Il detto materiale, che è in stato di conservazione vera- mente perfetta, parrebbe dover costituire il principale e più sicuro contributo che finora sia stato portato agli studi della antropologia dell’antico Egitto, sia per le indagini che vo gliano intraprendersi sulla affinità etnografica degli antichi è ai 279 “ Egiziani con altri popoli, sia sulle modificazioni etnografiche “ che, nel corso della stessa storia egiziana, si sieno per av- “ ventura prodotte nelle regioni alle quali le serie accennate “ si riferiscono, sia per determinare i peculiari caratteri della “ razza egiziana, in relazione anche collo svolgimento della * 12000 —% SUI civiltà. “ Le indagini del Prof. MARRO, che prese parte personal- “ mente a due campagne di scavi della nostra Missione, si sono “ per ora rivolte principalmente a quest’ultima parte, e nella “ Nota presentata egli ne riassume alcuni risultati, che sem- “ brano meritevoli della maggiore attenzione ,. 280 ETTORE STAMPINI LETTURE NONNVLLAE INSCRIPTIONES ET DISTICHA HECTORIS STAMPINI Sodalis ordinarii ab actis I, Loculus inanis, in regia Supergae basilica nomini Humberti Sabaudi, Comitis urbis Sulemi, consecratus, eius bellicam crucem duoque argentea nomismata militari virtuti deco- randae in fronte marmoreo exhibet huic superposita inscrip- tioni meae. (Scripsi mense decembri an. MCMXIX) HVMBERTVS - SABAVDVS -. DOMO - AVGVSTA - PRAET- COMES - VRBIS - SALEMI | NATVS*‘AVGVSTAE*TAVRIN*D*XXII*MES* IVN*AN*MDCCCLXXXIX*OBIIT*D*XIX*MES*OCT*AN*MCMXVIII | CRESPANI* IN*GRAPPA*MONTE * VBI * MATRIS * VOLVNTATE * ET * REGIS * ADSENSV * EIVS* OSSA*QVIESCVNT PRO*PATRIA*PVGNANS*IVVENILIA*LVMINA*CLAVSIT ET*CORPVS*GRAPPAE-*SAXA*CRVENTA*TEGVNT MONSTRAT*AT*HIC*LOCVLVS*MAGNI*IVXTA*OSSA*PARENTIS BELLICA*QVAE*MERITI* PRAEMIA*TERNA*TVLIT rn e INSCRIPTIONES ET DISTICHA 281 II. Inscriptio tabulae marmoreae insculpenda atque ad parietem figenda in aedibus iudicum Taurinensium iudiciis tribunalium reco- gnoscendis, in honorem iudicum atque advocatorum qui pro patria ceciderunt. IVDICIBVS-ATOVE-ADVOCATIS FORI*TAVRINENSIS QVI*AB*AN°MCMXV*VSQVE*AD*EXITVM*BELLI IN*ACIE*PROCVBVERVNT è COLLEGAE COLLEGIS*IN*GLORIAE*PERPETVITATE*VIVENTIBVS PP AVSOS*PRO*PATRIA*PRO*IVRE*OCCVMBERE*MORTEM EXIMIT*E*LETO*NON*PERITVRVS*HONOR AN*'MCMXIX LIL Ad Arorsrom MartINI, Sacerdotem ac Praesidem Lycei Gymna- siique Desentianensis, atque Arorsium VaLmaGGI, Praesidem ordinis professorum philosophiae et litteris tradendis in Regia studiorum Universitate Taurinensi. ANNVS QVI*CVRRV*REDEVNTE*DIEM*FESTVM*ADVEXIT NOMINI*SANCTI*ALOISII*SVMMA*CAERIMONIA*COLENDO ME*MONET VT*ALOISIO*-MARTINI*ET*ALOISIO*VALMAGGI AMICIS*MEIS*LONGE*SVAVISSIMIS ETSI*IAM*PRIDEM*MEAM*ERGA*SE*VOLVNTATEM PENITVS*PERSPECTAM*'HABEANT NVNC*SOLLEMNI*QVASI*RITV*PERFVNCTVS QVAE-IIS*-SEMPER*EX*ANIMO-*OPTAVERIM BONA*FAVSTA*FELICIA*FORTVNATA VERBIS*CONFIRMATA*AC*TRADITA*LITTERIS*MITTAM 282 ETTORE STAMPINI ATQVE*HAEC*IISDEM*-PRAETER*OMNIA* ADPRECER SINT*LAETI*SINT*SANI ET*TENVIA*CAPIANT*PRAESENTIS*HORAE*DONA MOX*VERO*ET*VIDERE*ET*MVLTA*IN*LVSTRA*PROROGARE POSSINT*MELIORES*PATRIAE*DIES A*D*XI*KAL'IVL'AN*MCMXIX IV. Ap GurerInuMm BeNnEDICTUM FRACCALVIERI GVERINO - BENEDICTO - FRACCALVIERI PHILOSOPHIAE 0, tendente a + co con a e che ammetta derivata g' (a). Allora, se per a= + 0 il secondo dei rapporti esi fel (a, 2) FE 9g(0) g' (a) tende uniformemente in Z ad una funzione limite 1(z) limitata, anche il primo tende uniformemente in Z alla stessa funzione (4). Infatti, giusta l'ipotesi, dato e >0, esiste un numero a > 0 (indipendente da 2) tale che per a > & e per ogni 2 di Z risulti (3) a i e un 2 in Z, si ha, per il teorema del valor medio, f(a, 2) —f(00,2) __ fa (8,2) (a) — g (00) 9 (8)? ove on e ogni 2 di Z. Ora, per ipotesi, lim g(0) = + ©, quindi i membri estremi eat=-|0% di (4) tendono rispettivamente a ! (2) — 3 e al(2) ++ per a=+ 0; ed uniformemente rispetto a 2 in Z, poichè, per ipo- tesi, f(00, 2) e (2) sono funzioni limitate in Z (9). Segue da ciò che esiste un numero a, > 0 (e indipendente da 2) tale che per ogni a >a, e ogni 2 di Z il primo membro di (4) risulti maggiore di È (2) -—{ — L= 1) e; ed esiste del pari un numero a, > (e indipendente da 2) tale che per ogni a > a, e ogni 2 di Z il terzo membro di (4) risulti mi- nore di |! A+5|+5=!0 + e. Dunque, per ogni a > 04 e di a, e per ogni 2 di Z, risulterà De) e0 e della variabile complessa z in un’area Z, e che sia di modulo limitato in Z per ogni fissato a > 0. Poichè, posto 2 = x + iy, si può scrivere f (0,2) = (a, 4,7) + iv(a, x,y) (9) Infatti ciascun termine del 1° membro per es. è del tipo f(2)g(a) con f(2) limitata in Z, sia |f(2)|<%, e de NA )= A (indipendente da 2). Ne segue che, dato e > 0, esiste una salato a) tale che per a> @ risulti 1g (a) — Al<È, quindi |f (e) g (a) —f(2) A| 0, sono funzioni limitate di (x,y) nell’area Z. Ora poichè, per la nota (4), il lemma può applicarsi a ciascuna di esse, potrà applicarsi anche a f (a, 2). 2. — Dirò che una serie di funzioni (di una o più varia- bili reali o complesse) (5) Uo + u + unt... è convergente assoluto-uniformemente in un campo Cl quando è ivi convergente uniformemente la serie formata dai moduli dei suoi termini. Evidentemente la convergenza assoluto-uniforme non è la sovrapposizione della convergenza assoluta e di quella uniforme, ma implica condizioni più restrittive: da essa seguono le altre due, ma non viceversa. E però meno restrittiva della conver- genza normale (°), dalla quale infatti segue quella assoluto- uniforme (7). 3. — Lemma II. I coefficienti di una serie di potenze di una variabile a (6) do (2) + a, (2)a + ag (2) a? +... siano funzioni di una (per es.) variabile z in un campo Z. Se per ogni fissato a = 0 la serie è convergente uniformemente in Z, sarà convergente normalmente (quindi anche assoluto-uniformemente) quando la si consideri come serie di funzioni delle due varia- bili z e a, per z in Z ed a nell'intervallo (0, m), qualunque sia m>0. É viceversa (evidentemente). (5) La (5) è convergente normalmente in un campo quando i moduli dei suoi termini sono minori dei termini corrispondenti di una serie con- vergente a termini positivi costanti. (*) Insomma ciascuna delle convergenze, normale, assoluto-uniforme, assoluta e uniforme, uniforme, trae seco la seguente. 314 GUSTAVO SANNIA Inoltre di ambedue le proprietà godranno pure le serie che si deducono dalla data (6) derivandola o integrandola în (0,0) rispetto ad a, termine a termine. Infatti, dato m >0 e scelto un 4>, la (6) è per ip. convergente uniformemente in Z quando vi si pone a=À, quindi è lima, (2)k4"= 0 uniformemente in Z, ossia, dato e>0, esiste un intero n, (indipendente da 2) tale che risulti lan (2) h'| e a in (0, m). Ora, poichè XYg" è convergente, ciò prova la prima parte dell’enunciato. Inoltre si vede del pari facilmente che +1 [man (2) ga ae gt a, (e) het rai i n+1 che le serie che si ottengono da (6) derivandola o integrandola in (0, a) rispetto ad a sono convergenti normalmente per 2 in Z e a in (0, m). e poichè le serie va ng, sono convergenti, ciò prova 4. — Lemwa III. Se una serie di funzioni (di una 0 più variabili reali o complesse) di modulo limitato in un campo C (7) Uo + +ust.. è ivi convergente uniformemente, anche la somma u della serie ha modulo limitato in C ed i moduli delle somme parziali (8) Uo, Ut, tut, sono limitati nel loro insieme în €. (8) Di qui segue che |a, (2) \<+ per n> #, e perciò che i coeffi- cienti a, (2) della (6) sono funzioni D° seat limitato in Z a partire da un certo n. E SERIE DI FUNZIONI SOMMABILI UNIFORMEMENTE, ECC. 315 Infatti, per ipotesi si può scrivere (9) u=uo dt +... + + ra e, dato e>0, si può rendere |r,|<€ in C per ogni » mag- giore di un intero costante m; quindi lul<|wol+|u +... +[u]+6, il che prova che |w| è limitato in C, tali essendo |wo|,..., ||. Sia |u]m |utur bt... + u,l0, tale che per ogni » e in tutto C risulti lo +... +0,| 0, esiste un intero m > 0, tale che per ogni intero n=m e per ogni intero p>0 risulti in C E € onto + one < 37: luni + + nto < 37 - Ne segue che, per ogni n =m e in tutto C ld. |<|wola7 + + tall + + | gn |2 =[|uwo]+.- + %n1]] 37 + [{ta+a 1 + 0 +] 20] 2 0 la (16) è convergente uniforme- mente in Z ed il limite (17) è uniforme in Z (!°); e dirò che è uniformemente sommabile (B,r) in Z quando la serie (18) per ogni fissato a >0 e l’integrale (19) sono convergenti uniforme- mente in Z (1), (9) Però ad a saranno attribuiti sempre soltanto valori reali non ne- gativi. (19) Questa definizione concorda con quella data dal Borer per il caso r=0 da lui considerato (° Comptes Rendus,, t. CXXI, 1895, p. 1125). (44) Detti questa definizione per la prima volta in una Nota dei “ Rend. . della R. Accad. dei Lincei , (vol. XXVI, serie 52, 1° sem., fasc. 3°, p. 162). Nella Nota citata in (') mostrai la opportunità di modificarla imponendo alla (18) una condizione più restrittiva (a prima vista): che, considerata come serie di funzioni delle due variabili 2 e a, dovesse essere conver- SERIE DI FUNZIONI SOMMABILI UNIFORMEMENTE, ECC. 319 Passando allo studio delle proprietà delle serie di funzioni dal punto di vista della uniforme sommabilità in un campo Z, supporrò che queste funzioni siano di modulo limitato nel campo Z. E così resta inteso d’ora innanzi (!?). 9. — I concetti di serie uniformemente sommabili (B',»r—1) o (B,r) sono estensioni dell'ordinario concetto di serie unifor- memente convergente, perchè: Se la serie (14) è uniformemente convergente in Z con somma u(z), è pure uniformemente sommabile (B',r —1) e (B,r) în Z e con ugual somma (!3). 10. — Se la serie (14) è uniformemente sommabile (B', r — 1) in Z con somma u (z), è pure uniformemente sommabile (B', r — 2) in Z e con ugual somma. Poichè, giusta l'ipotesi, la serie (16) è convergente unifor- memente in Z per ogni fissato a => 0, lo stesso avverrà (per il lemma II) della serie 1) 49 (0,2) = Y Unsra (A) 7 n=0 che se ne deduce integrandola rispetto ad a, e sarà (ERETTA pa li (are = UU" (e): gente uniformemente per 2 in Z e @ in (0,3) qualunque sia m=20. Ma ora il lemma II del n° 2 assicura che questa maggior restrizione è solo apparente; sicchè le due definizioni sono del tutto equivalenti. (42) Questa limitazione, che per le applicazioni non è di gran peso, è d'altronde già in parte implicitamente contenuta nella definizione stessa di serie uniformemente sommabile (8, »). Segue infatti dalla condizione ivi imposta alla (18) e dalla nota (°) che i coefficienti della (18), e quindi le un+r(2);) sono di modulo limitato a partire da uno di essi. (3) Per la sommabilità (8, ») ciò è stato dimostrato nella Nota citata in (5). Per la sommabilità (B/’, 7 — 1) vale la stessa dimostrazione, ma ar- restata alla formola (12) di p. 79. (E tale dimostrazione, data nel campo reale, vale anche nel campo complesso, come subito si riconosce). 320 1 GUSTAVO SANNIA Inoltre, essendo le «, (2) funzioni di modulo limitato in Z, tali saranno le U, (2) (15), e quindi anche i termini della serie (16), e quindi anche (per il lemma III) la somma U”7? (aq, 2) per ogni fissato a > 0. Infine, esiste per ip. il limite (17) ed è uniforme in Z. Si può dunque applicare il lemma I, assumendovi Flosa= UTP (asa g (a) = e$, e che dà lime #0” (a, 2) ='lmte VO (e dè ao uniformemente in 4. 11. — Se la serie (14) è uniformemente sommabile (B',r—1) in Z con somma u(z), è pure uniformemente sommabile (B, r) in Z con ugual somma; e viceversa. Giusta le definizioni del n° 8, si tratta di dimostrare in primo luogo che, fissato a =>0, se la (16) è uniformemente convergente in Z, tale è anche la (18), e viceversa. Perciò immaginiamo fissato un 2 in Z, sicchè la (14) di- venti una serie numerica e le (16) e (18) serie di potenze di a a coefficienti numerici. Allora sappiamo (M, n° 6) che le (16) e (18) son tali che quando l’una è convergente per ogni a (e necessariamente per ogni 7) tale è anche l’altra, e che fra le loro somme passano le relazioni (22) UA (a,.2) — UL @,2) = (2); Dai as ia = era da cui (239) e*U"(1,2)=U (+ file u” (a, 2) da, ossia 4) U"D(0,2)=eU._()4 e | “eu (a, 2) da, Ciò vale per ogni 2 fissato di Z, quindi le (22), (23) e (24) valgono per ogni a=>0 e ogni 2 di Z. SERIE DI FUNZIONI SOMMABILI UNIFORMEMENTE, ECC. 321 Ora si supponga che, per ogni fissato a = 0, la (16) sia convergente uniformemente in Z; allora lo stesso avverrà (n° 3) della (25) U® (a, 2) = E n! n=0 e quindi della (18), loro differenza, per la (22). Viceversa, si supponga che, per ogni a=0, la (18) sia convergente uniformemente in Z. Allora essa, anche considerata come serie di funzioni delle due variabili 2 e a, sarà (n° 3) con- vergente assoluto-uniformemente per 2 in Z e a in (0, m) qua- lunque sia m > 0; e tale essendo anche lo sviluppo di Mac- LAURIN di e * (che non dipende da 2), tale sarà anche (n° 5) la serie che si ottiene moltiplicandole con la regola di CAUcHY e che avrà per somma e7*«® (a, 2); e tale sarà pure quella che se ne deduce integrandola rispetto ad a (n° 3); e tale in- fine, per la (24), sarà la serie (16). Perciò quest’ultima serie sarà convergente uniformemente in Z per ogni fissato a > 0. Bisogna dimostrare in secondo luogo che, se esiste il li- mite (17) ed è uniforme in Z, l'integrale (19) è convergente uniformemente in Z; e viceversa. E ciò segue subito dalla (23), perchè (19) non è che il limite dell’integrale che vi figura per a =. Infine la stessa (23), al limite per a = + 0, esprime (n° 7) che la somma della (14) è la medesima (2) quando si adope- rano i metodi (B'’, r — 1) e (B, r). 12. — Il teorema precedente assicura che /a (20) sussiste anche per rispetto alla uniforme sommabilità; quindi d’ora in- nanzi possiamo ritornare a parlare del solo metodo di somma- zione (B, r). In particolare, il teorema del n° 10 diventa: se la serie (14) è uniformemente sommabile (B,r) in Z con somma u(z), è pure uniformemente sommabile (B, r —1) în Z e con ugual somma. Dunque anche per rispetto alla sommabilità uniforme (!4) (4) Come accadeva rispetto alla semplice (M, n° 18), 322 GUSTAVO SANNIA — SERIE DI FUNZIONI, ECC. i metodi (1) non sono discordi tra loro e la loro potenza va crescendo da destra a sinistra. Ciò legittima la seguente defi- niziohe: La serie (14) è uniformemente sommabile Bg (ossia col me- todo di Borel generalizzato) quando è uniformemente sommabile con qualche metodo (1). 1 Che se poi la (14) è uniformemente sommabile con tutti i metodi (1) (!5), dirò che è uniformemente sommabile (senz’altro 0) Bt (cioè totalmente. Cfr. M, $ 4). 13. — Sussistono quei teoremi I,,..., IV, e quei corollarii I,, «... 1V, è cui enunciati si ottengono da quelli dei teoremi I, ..., IV e dei corollari I,..., IV dei ni 19, 20 e 21 di M, premettendovi la parola “ uniformemente ,, alla parola “ sommabile ,. Ometto per brevità di trascriverli. Ometto anche le dimostrazioni. Poichè i corollarii sì dedu- cono dai teoremi come in M, e i teoremi si dimostrano come i corrispondenti di M, tenendo conto in più che la convergenza delle serie e degli integrali associati delle serie che vi si con- siderano è uniforme (come è detto nella seconda definizione del n° 7). I teoremi /,, ..., IV, e i corollarii /,, ... IV, provano che, operando su serie uniformemente sommabili Bg con tutte quelle operazioni che sono lecite sulle serie convergenti (!), si hanno sempre nuove serie pure uniformemente sommabili Bg. Cagliari, 1° dicembre 1919. (!5) Come accade delle serie uniformemente convergenti (n° 9). (45) Combinazione lineare di due serie, soppressione o inserzione di un numero finito di termini, scambii tra un numero finito di termini, asso- ciazione di un numero finito di termini ed operazione contraria. L’Accademico Segretario . CarLO FABRIZIO PARONA — ttt +e —_ 323 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 18 Gennaio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, De SAncrIs, BronpI, EINAUDI, BAUDI DI VESME, SCHIAPARELLI, PATETTA, VIDARI, CIAN, PACCHIONI, VaLmaGGI, e StAaMmPINI Segretario della Classe. Scusa l’assenza il Socio Prato. È letto ed approvato l’atto verbale dell’adunanza del 4 corrente. Il Socio CraN presenta, con parole di vivo elogio per l’au- tore, la monografia di Eugenio PassamonTI /l ministero Capponi ed il tramonto del liberalismo Toscano nel 1848 (Estr. dalla “ Rassegna Storica del Risorgimento ,, 1919). La Classe rin- grazia. Il Socio De SAncrTIS, anche a nome del Socio PATETTA, comunica alla Classe essere giunti gli Statuts de l’ Union acadé- mique internationale, ed avere col collega preparato una rela- zione sull’opera svolta da lui e dal collega. Si riserva di darne lettura in una prossima adunanza delle Classi unite. Intanto egli presenta alla Classe due proposte a stampa, provenienti dalla “ Académie Royale des Sciences d’Amsterdam ,, sulle 324 quali crede essere bene che si esprima il parere della Classe. I Soci PATETTA e PaccHIoNI sono designati dalla Classe ad esaminare le due proposte, che sono: 1* una edizione completa delle Opere di Ugo Grotius; 2* la pubblicazione dei materiali aventi relazione col diritto consuetudinario dell’Indonesia. I Soci PaTETTA e PaccHIoNI riferiranno su queste proposte in una prossima adunanza. Raccoltasi poscia la Classe in adunanza privata, procedette alla votazione per l’elezione di tre Soci nazionali residenti. Risultarono eletti, salvo l'approvazione sovrana, il Comm. Adolfo Facci, il Comm. Alessandro Luzio, e il Comm. Senatore Gaetano Mosca. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI si" © FRANELIARI Ll 4 - CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 25 Gennaio 1920. PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti il Direttore della Classe D’Ovipio ed i Soci ‘SSecre, Peano, Foà, MaTTIROLO, GRASSI, SOMIGLIANA, PANETTI, Ponzio, Sacco e Parona Segretario. È scusata l’assenza dei Soci Japanza, SAaLvaporI, GUIDI, MAJORANA. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente ‘adunanza. Il Socio Seere annuncia con rammarico la perdita fatta dalla Classe nella persona del Socio corrispondente H. G. ZEUTHEN e ne ricorda i lavori ed i meriti scientifici. Il Presidente ringrazia il Socio SEGRE per l'elogio fatto del compianto collega, e ringrazia anche il Socio Grassi del dono dei suoi Principi scientifici della Elettrotecnica. Introduzione al Corso di Elettrotecnica. Il Presidente dà poi lettura di un invito del Direttore ge- nerale del Touring Club Italiano a partecipare ad una escursione nell'interno della Cirenaica, promossa dal Governatore Senatore .De Martino, ed avverte che le eventuali proposte per parte dei Soci dovranno essere trasmesse dalla Presidenza non più tardi del 15 febbraio p. v. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 22 326 Sono accolte per la stampa negli Atti le seguenti Note: Ing. Giovanni GrIBono, I “ Rincoti , ed i “ Lepidotteri , delle Oasi xerotropiche di Val di Susa, presentata dal Socio MATTIROLO. Dott. Luigi Coenerti De MARTHIS, Osservazioni sul nucleo delle cellule basali dell’ “ Helix pomatia ,, presentata dal Socio PARONA. Prof. Gustavo CoLonNnETTI, Socio corrispondente, Risolu- zione grafica di alcuni problemi relativi all'equilibrio delle funi pesanti. Il Presidente presenta infine un bellissimo ritratto foto- grafico dell’illustre geologo piemontese, Socio e Tesoriere del- l'Accademia, Prof. Angelo Sismonpa, Senatore del Regno (n. 1807, m. 1878), grazioso dono della N. D. Emilia Forneris-Rebaudengo, nipote del compianto collega. Egli esprime alla donatrice i più vivi ringraziamenti a nome dell’Accademia. Raccoltasi poscia la Classe in adunanza privata, procedette alla votazione per l'elezione di Soci nazionali residenti. Risul- tarono eletti, salva l'approvazione Sovrana, i professori della R. Università di Torino Daniele Rosa, Amedeo HERLITZKA e Alfredo PocHETrTINO. 327 LETTURE H. G. ZEUTHEN Cenno commemorativo del Socio naz. resid. CORRADO SEGRE Nel 6° giorno di questo mese a Copenhagen s'è spento dol- cemente, senza malattia, più che ottantenne, uno dei nostri più illustri Soci: il matematico danese ZeutHEN. Per l'affetto che da molti anni mi legava a lui, per la gratitudine che gli por- tavo in causa di tutto ciò che da lui ho imparato, sento il dovere di richiamare la vostra attenzione, sia pur brevemente, sulla grande perdita che abbiamo fatto. È stato lo Zrurmen uno dei più valorosi geometri della 2% metà del secolo scorso. Intorno al 1865, attratto dalle ce- lebri ricerche di M. Cnasces (di cui fu discepolo) sulle questioni numerative relative alle coniche, era penetrato in questo argo- mento, e poi anche in quello delle caratteristiche delle qua- driche, e delle curve piane di 3° e 4° ordine, ottenendo una lunga serie di nuovi risultati. Forse accadde a lui come ad HALPHEN, di sentire la neces- sità, per una trattazione rigorosa e profonda dei problemi nu- merativi, di studiare con cura i punti singolari delle varietà algebriche ed i loro intorni analitici. Il fatto è che egli passò presto ad occuparsi anche di questo campo; compiendo varie ricerche, generali e speciali, sulle singolarità delle curve e su- perficie algebriche; in particolare sulla natura dei punti e delle linee singolari delle superficie. Sono lavori fondamentali per chiunque si occupi di geometria algebrica. In essi si dà, fra altro, un assetto definitivo al sistema delle formole che legano i diversi caratteri di una superficie. Anche fra i caratteri di due curve, o di due superficie, in corrispondenza algebrica tra loro, lo ZeuTHEN ottenne delle re- 328 lazioni, che accade sempre di adoperare. E qui, per quanto ri- guarda le corrispondenze biunivoche fra superficie, e i caratteri invariantivi di queste, il suo nome viene a legarsi strettamente a quello di un altro grande scienziato, che mi piace ricordare, e che è pure un nostro venerato Socio: M. NoETHER. Concetti e metodi nuovi e fecondi egli diede altresì nello studio della forma reale delle curve e superficie; ad esempio nei bei lavori sulle quartiche piane, non che sulle superficie cubiche e sulle superficie del 4° ordine a conica doppia. La fecondità di quei metodi apparve dai lavori che seguirono presto di altri, e in tempi recenti di qualche suo valoroso discepolo. Nel 1914 pubblicò un trattato di Geometria numerativa, di grande interesse per l’accuratezza e l’eleganza con cui la materia è trattata, e per la ricchezza di metodi e di risultati, relativi ai campi più svariati: ottenuti coi procedimenti nume- rativi, ma costituenti nel loro insieme, quasi si direbbe, un’opera enciclopedica di Geometria algebrica. Come CHasLEes, così ZEUTHEN s'interessò molto alla storia della Matematica; e intorno ad essa pubblicò, fino, si può dire, alla sua morte, una serie di memorie e di libri originali. Cono- scitore diretto dei vari autori, anche dei più antichi, potè pre- sentare in quelle sue pubblicazioni delle vedute proprie, che fu- rono molto apprezzate. Citerò, fra gli altri, il libro, che fece epoca, sulle coniche presso i geometri greci; nel quale fu per la prima volta messa in luce, in tutti i suoi particolari, l’opera, fino allora presso che incompresa, compiuta da ApPoLLonto (e prima da altri, fra cui EucLinpE e ARrcHIMEDE) nella teoria delle coniche. Era lo ZeuTHEN un uomo di squisita gentilezza, benevolo, equanime nei giudizîi. Molto legato ai geometri italiani, soleva esprimere verso la nostra geometria, anche pubblicamente, dei giudizì molto lusinghieri. Ed amava l’Italia: in cui (in partico- lare a Torino) era venuto ripetutamente. Non è un mese che egli mi scriveva con tali sensi; e si univa a me nel deplorare la recente perdita di altri due illustri geometri suoi coetanei: Tax. Reyer e R. Srurm. Ahimè, quanto presto egli è andato a raggiungerli ! GIOVANNI GRIBOBO — I «RINCOTI », ECC. 329 I “Rincoti, ed i “ Lepidotteri,, delle Oasi xerotropiche di Val di Susa Nota dell'Ing. GIOVANNI GRIBODO (1) Nel presentarle questa seconda parte dei miei studi sugli insetti xerofili dei dintorni di Susa devo premettere alcune 0s- servazioni. Ed anzitutto siccome soltanto per gli Imenotteri io mi sono preoccupato di formare una collezione quanto più pos- sibile completa di ogni parte del globo terrestre col sistema così detto a serie, riunendo cioè il maggior numero possibile di esemplari d'ogni possibile paese o località, mentre per gli altri Ordini d’'insetti mi limitavo a raccogliere e conservare solo quanto mi capitava direttamente tra le mani nelle mie caccie senza cercare di aggiungere altri materiali o con compere o con scambi; così per questi Ordini non posso più dare quelle speciali e sicure indicazioni di patria dedotte da materiali miei proprii (2) di provenienza ben accertata che avevo segnato per gli Imenotteri; devo per questi Ordini limitarmi a segnare le provenienze che trovo indicate nei diversi autori. I principali di questi autori, quelli cioè dei quali mi sono più largamente (1) Lettera al Chiar®° Professore O. Mattirolo. — V. la lettera prece- dente negli “Atti d. R. Accad. delle Scienze ,, vol. LIV, pag. 846. (2) Devo aggiungere che, per ridurre il lavoro di conservazione, da varii anni ho ceduto le mie collezioni entomologiche al R. Museo della Università di Torino (ove sono pur sempre a mia disposizione), eccettuate poche cose lasciate a qualche collega; ritenendo presso di me i soli Ime- notteri e Coleotteri. 330 GIOVANNI GRIBODO servito, sono per i Rincoti il Garbiglietti (1) e l’Oshanin (2), e per i Lepidotteri Ghiliani (3), Curò (4), Staudinger u. Wocke (5) e Gianelli (6). A questo punto devo dichiarare che per la classificazione e la nomenclatura generica dei Lepidotteri ho creduto bene at- tenermi al pregevolissimo lavoro del Curò anzichè a quelli più recenti, perchè a mio parere studi quali il presente interessano più i naturalisti in genere che gli specialisti sistematici; ora, qualunque zoologo conosce, ad esempio, il genere Botys, mentre molti ignorano cosa sia il suo surrogato Pyrausta; gli specialisti d’altronde conoscono perfettamente tanto i nomi antichi quanto quelli più recenti. Vorrei anche aggiungere che qualche volta alcune variazioni di nomenclatura sono del tutto arbitrarie ed ingiustificate; come ad esempio negli Imenotteri la sostituzione del nome generico Podalirius a quello di Anthophora, oppure Anthrena ad Andrena, e simili. Riguardo ai Rincoti credo opportuno richiamare l’attenzione sulla singolare dispersione che presentano tante specie di questo ordine d’Insetti; sono numerosissimi i casi nei quali l’habitat di una specie si estende a due, tre ed anche quattro regioni zoo- logiche, e per alcune si arriva a tutte le sei regioni; già nelle poche specie xerofile di Susa noi troviamo diversi esempi di tale fenomeno (Brachypelta aterrima Forst., Lyorissus hyalinus F., Lygus apicalis Fieb., e sopra tutte Nezara viridula L.), ed infi- (1) GarsreLIeTTI, Catal. method. et synon. Hemipt. Heteropt. Italiae indig. “ Bull. Soc. Ent. Ital. ,, vol..I, 1869. (2) OsnanIn, Verzeich. d. Palearkt. Hemipt. “ Kaiserl. Akad. d. Wissensch.,, S.-Petersb., 1906-10. (3) GurrianI, Elenco delle specie di Lepid. riconosciute esistenti negli Stati Sardi. “ Mem. d. R. Accad. delle Scienze di l'orino ,, Ser. II, vol. XIV, 1852. (4) Curò, Saggio di un Catal. dei Lepid. d’Italia. “ Bull. Soc. Entom. Ital. ,, vol. VI, 1874 e segg. (con la collaborazione di G. Turati per le Tincine, Micropterigine, Pteroforine, Alucitine, al vol. XV, 1883). (5) SraupIincER u. Wocke, Katal. d. Lepid. d. europ. Faunengeb. Dresd., 1871 (Contr. occorrendo con l’ediz. 1901). (6) GraneLLI, Osserv. ed aggiunte al Catal. d. Lepid. d. Piem. di Ghiliani. “Ann. d. R. Accad. d’Agr. di Torino ,, vol. XXXIII, 1890. — I Microlepid. d. Piem., “ Ibidem ,, vol. LIII, 1910 — Agg. al Catal. d. Microlepid. d. Piem., “Ibidem ,, vol. LIX, 1917. I « RINCOTI» ED I <« LEPIDOTTERI », ECC. 831 niti altri si potrebbero trovare nelle altre specie di quest’Ordine. Questo fatto non si verifica più in nessuno degli altri Ordini. In questi se alcune poche specie risultano più o meno cosmo- polite ciò deve attribuirsi sempre all’azione diretta dell’uomo che o volontariamente (Apis mellifica) od inconsapevolmente (Pe- riplaneta orientalis, Pulex, Pediculus, ecc.) (1) ne favorì la diffu- sione; ma questa ragione non può certamente valere per le troppo numerose specie di Rincoti a larga diffusione. Siamo dunque in presenza di un fenomeno ben singolare, e che sarebbe degno di uno speciale esame. Torino, gennaio 1920. RHYNCHOTA 1. Macroscytus brunneus F. Susa, Gribodo. L'Italia risulta la regione più settentrionale in cui questa specie venne trovata, e vi è sparsa quasi ovunque, - ma assai più al sud che al nord; altrove fu segnalata nella Francia mer., Spagna, Grecia, Tunisia, Algeria, Marocco, Canarie, Siria, Russia mer., Caucaso, Turkestan, Cina, Ceylon, India, Burma, Caffreria. 2. Geotomus punctulatus Costa. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia mer., Francia, Germania, Ungheria, Grecia, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Asia min., Caucaso, Turkestan, Giappone. 3. Brachypelta aterrima Forst. Susa, Gribodo. Specie diffusissima, ma più specialmente nelle regioni meridionali. Essa trovasi bensì (però nelle parti più me- ridionali) in Germania, Ungheria, Serbia, Bulgaria, Russia, Caucaso, Turkestan, e perfino in qualche parte della St» beria, ma trovasi pure ed assai più abbondante in Francia, Spagna, Grecia, Asia min., Tunisia, Algeria; Marocco, Canarie, Madera, spingendosi fino al Capo di B. Sper., Indie, e perfino in Australia (Queensland). (1) Anche fra i Rincoti abbiamo specie rese cosmopolite, involontaria- mente, dall'uomo (Cimex lectularius, Phylloxera, Diaspis). 10. ll. 12. GIOVANNI ‘GRIBODO Sehirus macutipes Muls. Susa, Gribodo. Autori varii, Sicilia, Francia mer., Spagna, Grecia. . Ochetostethus nanus H.S. Susa, Gribodo. Anche questa specie si estende ad alcune zone tempe- rate (come la Germania, Bulgaria, Serbia, Ungheria), ma è assai più diffusa al sud, cioè in Italia, Grecia, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Canarie; trovasi pure nella Russia, Caucaso, Turkestan. . Odontotarsus grammicus L. Susa (molto abbondante), Gribodo. Autori varii, come per la specie precedente. . Psacasta conspersa Germ. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia, Spagna, Tunisia, Russia mer., Caucaso. . Eurygaster hottentotus F. Susa, Ghiliani, Gribodo. Questa è specie schiettamente meridionale; in Piemonte non la trovai altrove che a Susa (1), ove non è rara. Fuori d’Italia essa trovossi nella Francia mer., Spagna, Grecia, Asia min., Russia mer., Tunisia, Algeria, Marocco. A questa specie si dovrebbe riunire l’affine £. maurus L., che è pur comunissimo a Susa, e quasi introvabile in altre parti del Piemonte; esso sì estende bensì da una parte all'Europa ed Asia temperate, ma dall’altra va fino alle Indie or. (Hongkong). Trigonosoma rusticum F. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia, Algeria, Tunisia. Selenodera falcatum Cyr. Susa, Gribodo. Autori varii, Ifalia mer., Francia mer., Spagna, Grecia, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Caucaso, Turkestan. Sternodonius obtusus Muls. et Rey. Susa, Ghiliani. Specie rara trovata finora nella Francia mer., Iiria, Ungheria, Egitto. Ancyrosoma albolineatum F. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Ungheria mer., Dalmazia, Bulgaria, Ro- mania, Serbia, Grecia, Francia mer., Italia mer. ed isole, (1) Come del resto per tutte le precedenti (eccettuata la Brachypelta aterrima) e molte delle susseguenti. TAI PI 13. 14. 15. 16. ta. 18. 19; 20. 21. I « RINCOTI» ED I « LEPIDOTTERI », ECC. 995 Asia min., Russia mer., Caucaso, Turkestan, Siberia occ. mer., Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Canarie. Graphosoma seimipunctatum F. Susa, Gribodo. Stesso habitat della specie precedente; in Piemonte non la trovai che a Susa, ove è abbastanza comune, come anche la susseguente. Graphosoma lineatum L. Susa, Gribodo. Autori varii, Corsica, Algeria, Tunisia, Egitto. La var. italicum Mill. (che non trovai a Susa) è assai più diffusa; abita anche cioè diverse regioni dell'Europa ed Asia tem- perate. Sciocoris homalonotus Fieb. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Ungheria (Dalmazia?), Tunisia. Dyroderes umbraculatus F. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia, Serbia, Asia min., Siria, Russia mer., Caucaso, Marocco, Algeria. Aelia cognata, Fieb. Susa, Gribodo. Oltre che in Italia venne pur trovata nella Spagna e nella Francia mer. Neottiglossa bifida Costa. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (Fiume, Napoletano), Francia mer., Spagna, Marocco, Algeria, Siria, Asia min. Eusarcoris inconspicuus H.S. Susa, Gribodo. Specie diffusissima nelle regioni paleartiche meridionali, etiopiche ed orientali. Trovossi, procedendo dal nord, in Ungheria, Serbia, Romania, Bulgaria, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia, Siria, Persia, Russia mer., Caucaso, Tur- kestan, Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Canarie, Senegal, Nubia, Caffreria, Capo di B. Sp., Indie, Filippine. Holcostethus analis Costa. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (Sicilia, Corsica), Francia mer., Spagna, Marocco, Algeria. Carpocoris fuscispinus Boh. Susa, Gribodo. Diffusa in gran parte dell'Europa media e mer., si estende a tutta l'Africa bor. (comprese le Canarie e Ma- dera), all’Asia mer. paleartica, e si spinge fino alle Isole Sandwich. Lo stesso può dirsi dell’affine C. purpurei- 334 GIOVANNI GRIBODO pennis De Geer, il quale però non trovasi alle I. Sandwich, ma invece abita il Caschemir; questa specie è a Susa assal comune. 22. Codophila varia F. Susa, Gribodo, Ghiliani (Carpocoris lunula F.). Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Ungheria, Romania, Grecia, Asia min., Siria, Persia, Russia mer., Caucaso, Turkestan, Tunisia, Algeria, Maroceo, Canarie. 23. Holcogaster fibulatus Germ. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (rara), Svizzera mer., Francia mer., Spagna, Teneriffa, Algeria, Tunisia, Siria, Grecia, Russia merid. 24. Eurydema festiva L. e sua var. decorata H. S. Susa (molto comune), Ghiliani, Gribodo. Questa specie trovasi, ma poco abbondante, nelle re- gioni più basse dell'Europa ed Asia temperate (Germania, Svizzera, Francia, Ungheria, Russia mer., Caucaso, Tur- kestan); ed invece è molto comune in quelle meridionali di Europa (Italia, Spagna, Grecia), settentrionali d'Africa (Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Canarie), e meridionali d'Asia (Asia min., Stria, Persia, Cina mer., India). Lo stesso può dirsi della sua congenere /. ornata L., non rara a Susa. 25. Nezara viridula L., var. torquata F. Susa (comunis- sima), Gribodo. Specie comunissima a Susa, nella forma torquata spe- cialmente; non la trovai che rarissimamente altrove in Piemonte (Cambiano); essa è d’altronde diffusissima in quasi tutti i paesi caldi del globo. Le regioni più elevate in cui venne trovata sono la Francia mer., Italia, Un- gheria mer. (0 meglio Dalmazia), Russia mer., Caucaso, Persia, Cina, Giappone. Al disotto abita la Spagna, Ma- dera, Canarie, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Siria; tutta la Regione Etiopica (in sostanza tutta l'Africa), tutta la Regione Orientale e sue Isole, spingendosi fino a Lombok ed alla Nuova Zelanda; ad occidente poi tro- vossi alle Antille ed al Texas. Questa bellissima specie è fra quelle che più spicca- tamente presentano facies ed habitat tropicali. I « RINCOTI » ED I « LEPIDOTTERI », ECC. 395 26. Verlusia quadrata F., var. rhombea L. Susa, Gribodo. La forma tipica di questa specie si spande per quasi tutta la regione paleartica (eccettuate le regioni boreali); ma invece la var. rhombea che trovasi a Susa è pretta- mente meridionale; finora venne trovata in varii paesi dell'Europa meridionale (Italia, Spagna, Grecia); in tutta l’Africa settentrionale dalle Canarie all'Egitto; in Stria, Caucaso e Turcomannia. 27. Haploprocta sulcicornis F. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Grecia, tutta l'Africa sett. dalle Canarie fino all'Egitto, Siria, Asia min., Russia mer. 28. Centrocoris spiniger F. Susa, Gribodo. Autori varii, /talia, Serbia, Romania, Grecia, Asia min., Siria, Russia mer., Caucaso, Turcomannia, Francia mer., Spagna, Marocco, Algeria. 29. Spathocera lobata H.S. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (Napolitano, Corsica, Dalmazia), Francia mer., Spagna, Grecia, Serbia, Romania, Asia min., Russia mer., Caucaso, Turkestan, Algeria. 30. Ceraleptes obtusus Brullé. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Turchia, Stiria, Caucaso, Turcomannia, Teneriffa, Egitto. 81. Camiptopus lateralis Germ. Susa, Gribodo. Specie non rara a Susa; si estende bensì a qualche parte più meridionale delle regioni centrali d’Europa e d'Asia (Germania mer., Ungheria (Dalmazia), Serbia, Romania, Turchia, Russia mer., Caucaso, Turkestan), ma è assai più abbondante in Spagna, Grecia, Madera, Ca- narie, Marocco, Algeria, Tunisia, India (Sindh). 32. Lyorissus hyalinus F. Susa, Gribodo. Specie stranamente diffusa in svariatissime regioni temperate o tropicali. In Europa trovasi, poco comune, anzi rara, in Inghilterra, Francia, Svizzera, Moldavia, Serbia, Ungheria; più comune in Italia, Spagna, Grecia. In Africa al nord nel Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Nubia, Canarie; al sud al Capo di B. Sp. In Asia tro- vossi in Stria, Russia mer., Caucaso, Turkestan, Giappone. In Australia. E finalmente nel Sud-America al Cile ed 336 GIOVANNI GRIBODO Antille; e nel Nord-America al Messico, Texas, California, Nebraska, Dacota. 33. Maccevethus lineola F. Susa, Gribodo. In Italia trovasi anche in Liguria, Toscana, Napoletano, Sicilia, Sardegna, Corsica; io la raccolsi a Torino, e fu trovata anche una volta al Moncenisio. Altrove in Un- gheria (Dalmazia), Bulgaria, Serbia, Russia mer., Caucaso, Turkestan, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia. 34. Oxycarenus lavaterae F. Susa, Gribodo. Segno questa specie essenzialmente meridionale (Italia, Francia mer., Spagna, Ungheria mer., Tunisia, Algeria, Marocco, Teneriffa) per rilevare un fatto stranissimo; di essa oltre che a Susa (dove trovai un solo esemplare) non mi fu possibile incontrarla che un’altra volta a To- rino in inverno sui tigli del viale Massimo d’Azeglio; erano decine forse di migliaia di esemplari alquanto intirizziti ma perfettamente vivi; il fenomeno, a mia conoscenza, non si è più ripetuto. 35. Aphanus pineti H.S. Susa, Gribodo. Secondo il Garbiglietti questa specie sarebbe sparsa in quasi tutta l’Italia; io dubito invece che essa ora soltanto vi sia stata trovata, a Susa; finora non mi risulterebbe raccolta altrove che in Spagna e nell’Algeria. 36. Beosus quadripunctatus Mill. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Corfù, Grecia, Ungheria, Serbia, Romania, Siria, Asia min., Russia mer., Caucaso, Turkestan, Siberia or.! 37. Oncocephalus squalidus Rossi. Susa, Gribodo. In Italia venne trovato in Liguria, Sardegna, Sicilia; altrove nella Francia mer., Spagna, Marocco, Tunisia, Algeria, Nubia, Asia min., Russia mer., Caucaso; sarebbesi pur raccolto in Bulgaria e nel Giappone. 38. Pirates hybridus Scop. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (Liguria, Toscana, Sardegna, Sicilia), Germania mer., Svizzera, Francia, Ungheria, Serbia, Ro- mania, Russia mer., Tauride, Caucaso, Turkestan, Asia min., Stiria, Turchia, Grecia, Tunisia, Algeria, Marocco. 39. Acanthia amplicollis Reut. Susa, Gribodo. Specie abbastanza rara, non ancora finora trovata in ’ indici Lie SITI: a 3 I « RINCOTI » ED I « LEPIDOITERI », ECC. 337 Italia; mi risulterebbe soltanto della Spagna, Croazia, Grecia, Asia min., Siria, Turkestan. 40. Lygus apicalis Fieb. Susa, Gribodo. 4l. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Creta, Grecia, Erzegovina, Un- gheria mer., Persia, China mer., Abissinia, Kilimandjaro, Sierra Leona, S. Elena, Messico, Maine, Cuba, Giamaica. Cicadetta argentata Oliv. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Portogallo. Nella famiglia delle Cicadidae si potrebbero anche citare come trovate a Susa la Tettigia orni L., la Cicada plebeja Scop., e financo lo stesso Tidicen haematodes Scop., specie essenzialmente meridionali. La maggior parte delle specie di questa famiglia abitano le regioni tropicali o subtropicali. Triecphora sanguinolenta L. Susa, Gribodo. Autori varii, [talia (Liguria, Napoletano), Francia mer., Spagna, Turchia, Siria, Caucaso. Aglena ornata H. Scheff. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (Sicilia), Turchia, Asia min., Marocco. Fieberiella Flori Stil. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Austria, Ungheria, Romania, Grecia, Persia, Caucaso, Francia mer. Selenocephalus griseus F. Susa, Gribodo. Come la precedente, però si è inoltre trovata in Spagna ed in Tunisia. Selenocephalus pallidus Krbm. Susa, Gribodo. Autori varii, Carinzia, Dalmazia, Grecia, Anatolia, Tunisia? | Phlepsius intricatus H. Scheff. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Francia mer., Spagna, Ungheria, Romania, Algeria, Tunisia, Siria, Caucaso, Turkestan. Thampnotettix Fieberi Ferr. Susa, Gribodo. Autori varii, Liguria, Sicilia, Francia mer., Romania. Chlorita tessellata Leth. Susa, Gribodo. Autori varii, Ungheria, Romania, Russia mer.; ed in America California, Utah. Finora non venne trovata in Italia che a Susa. Caliscelis Bonellii Latr. Susa, Gribodo. 338 GIOVANNI GRIBODO Autori varii, Italia (Napoletano, Sicilia, Dalmazia), Austria mer., Francia mer., Erzegovina. 51. Hysteropterum grylloides Fab. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Italia (Liguria, Dalmazia), Svizzera, Austria mer., Romania, Turchia, Grecia, Asia min., Siria, Russia iner., Tunisia, Algeria, Canarie. 52. Hysteropterum reticulatum H. Scheff. Susa, Gribodo. Autori varii, Sicilia, Dalmazia, Svizzera mer., Francia merid. 53. Homotoma ficus L. Susa, Gribodo. Autori varii, Dalmazia, Francia mer., Spagna, Caucaso. LEPIDOPTERA 1. Papilio Podalirius L., ab. Zancleus Z. Susa, Gianelli. Autori varii, Europa mer., Toscana, Sicilia. Secondo il Curò sarebbe in Sicilia assai abbondante, ed anzi ivi so- stituirebbe il tipo. 2. Anthocaris Euphenoides Stgr. Susa, Gribodo. Autori varii, Francia mer., Italia, Spagna, Portogallo. Il Curò la dice rara in Toscana e frequente in Liguria; secondo il Gianelli sarebbe stata catturata a Plan- Pinet (Monginevro), forse immigrata perchè è questa una specie decisamente meridionale. 3. Polyommatus Alciphron Rott., var. intermedia Stef. Susa, Gianelli, Gribodo. Autori varii, Toscana, Abruzzi, Sicilia, Grecia. La forma tipica è pur essa essenzialmente meridionale. 4. Lycaena Admetus Esp., var. IRippertii Frr. Susa, Ghiliani, Gianelli, Gribodo. Autori varii, Tirolo, Liguria, Bulgaria, Grecia, Asia min.; anche per questa specie la forma tipica appartiene all'Europa mer. ed Asia min. Secondo il Ghiliani (Note inedite) la Eippertii sarebbe comune a Susa; io invece, ed il Gianelli, la trovammo raramente. 5. Lycaena Iolas O. Susa, Gianelli, Gribodo. Autori varii, Liguria, Nizza, Toscana, Bolzano, Un- À, tica si I « RINCOTI » ED I <« LEPIDOTTERI », ECC. 339 gheria (forse Dalmazia, che falsamente si riteneva come parte dell'Ungheria), Balcani, Francia mer., Catalogna, Asia min. 6. Vanessa L-album Esp. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Bolzano, Padova, Liguria, Italia mer., Germania mer., Ungheria? Russia?. Ghiliani ne avrebbe trovato un esemplare ad Exilles. 7. Vanessa Egea Gr. Susa, Gianelli, Gribodo. Autori varii, Italia e sue Isole, Europa mer. (eccettuato Spagna, Ungheria, Russia mer.), Asia occ., Persia. 8. Melitea Aurelia Nick. Susa, Gribodo. Autori varii, Germania mer., Svizzera, Armenia, Russia mer. Segno questa specie, che forse non può definirsi precisamente meridionale, solo perchè sarebbe la prima volta che fu trovata in Italia; il Curò però dice essergli stato riferito che venne trovata allo Stelvio. 9. Melanargia Galathea L., ab. Leucomelas Esp. Susa, Ghiliani, Gianelli, Gribodo. Autori varii, Liguria, Italia mer. (dove è assai comune), Asia min. 10. Erebia Manto Esp., var. Alberganus D. Pr. Susa, Ghi- liani, Gianelli. La specie Manto trovasi nei Pirenei, Carpazi, Alpi?, ma la var. Alberganus pare propria del Piemonte, ove con le due seguenti fu dapprima trovata dal De Prunner. Essa è assai vicina alla var. Cecilia Hb. dei Pirenei e del Piemonte. 11. Erebia Stigne O., var. Triarus D. Pr. Susa, Ghiliani, Gribodo. Per la forma tipica Germania, Francia mer., Pirenei, Siberia?; per la var. Triarus Piemonte?; Gianelli l'avrebbe trovata anche ad Exilles. 12. Erebia Pronae Esp. var. Medon D.Pr. Susa, Ghiliani. Autori varii; la forma tipica Europa centr. e mer., Pirenei, Asia min., Armenia; la var. Medon Alpi marit- time e Cozie. 13. Satyrus Aretusa Esp. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Carso, Germania mer., Europa mer., Ar- menia. 340 GIOVANNI GRIBODO 14. Syrictus Orbifer Hb. Susa, Gribodo. Autori varii, Sicilia, Europa mer. or., Asia oce., Amur. 15. Deilephila Celerio L. Susa, Gribodo. Ho trovato a Susa questa bellissima specie, che Ghi- liani e Curò dicono rarissima in Piemonte, ed in genere nell'Europa temperata, mentre sarebbe comune in alcuni paesi meridionali (specialmente del bacino mediterraneo), e che si estende alle Indie or., e perfino in Australia. Il Ghiliani dice averne raccolto cinque esemplari in Ta- rantasia — provincia della Savoia particolare per le sue produzioni in insetti dell'Europa meridionale (1) —. Secondo lo Stefanelli questa specie sarebbe frequente in certe annate nei dintorni di Lucca; il Ghiliani la trovò abbon- dante a Malaga. 16. Deilephila Livornica Esp. Susa, Ghiliani (lineata F.). Autori varii, Europa mer. e parte della centr. (advena?), Africa sett. e mer., Asia occ., Siberia mer.?. Ghiliani, che la trovò in Sardegna ed in Liguria abbondante, dice di averla pur trovata in Tarantasia (rara). 17. Heterogynis Penmnella Hb. Susa, Gribodo, Curò (comune a Susa). Autori varii, Liguria, Toscana, Alpi orient. ed occid.?, Francia mer., Spagna, Carniola (2). 18. Zygaena Sarpedon Hb. Susa, Ghiliani (abbondante (3)), Gribodo. Autori varii, Francia mer., Spagna sett. or., Liguria, Savoia (Tarantasia?). 19. Zygaena Erythrus Hb. Susa, Gribodo. Autori varii, Piemonte, Liguria, Toscana (copiosissima), Francia mer. (1) Garciani, Elenco d. specie di Lepid. riconosciute esistenti negli Stati Sardi. È Mem. d. R. Accad. d. Scienze di Torino ,, vol. XIV, pag. 97. (2) I dintorni di Susa sono eccezionalmente ricchi sia di specie che di esemplari di Sesîie; mentre altrove è raro il caso di trovare più di uno 0 due esemplari di Sesie in uno stesso giorno, sulla Brunetta invece mi è non raramente successo (in altri tempi) di catturarne anche 8 o 10. Nes- suna specie vi ho trovato che potesse considerarsi come xerofila; di note- voli vi ho incontrato (una sol volta) la rarissima S. Tiphiaeformis Bork. (3) Gainiani, Notizie di escurs. e caccie entom. “-Bull. Soc. Ent. Ital. ,, 1874, pag. 93. I « RINCOTI » ED I « LEPIDOTTERI », ECC. 541 20. Zygaena Hilaris O. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Piemonte, Liguria (comune), Francia mer., Andalusia. 21. Zygaena Stoechadis Bork. Susa, Ghiliani (Medicaginis), Gribodo. Autori varii, Piemonte, Liguria (comune), Toscana, Na- poletano, Francia mer., Catalogna, Armenia? (1). 22. Naclia Punctata F. Susa, Gribodo. Autori varii, Piemonte, Italia e sue isole, Europa mer. in genere, Asia min. 23. Deiopeia Pulchellu L. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia sett. (rara), mer. ed isole (comune), Europa centr. (advena?) e mer., Africa sett., Asia min., Imalaia, America sett., Australia. Specie largamente sparsa, però nelle regioni calde; Ghiliani afferma che trovasi anche nei dintorni di Torino in praterie aride; comune in Liguria (ove io pure la incontrai non rara- mente); la trovò anche in Tarantasia, regione analoga a Susa. Io non la incontrai in Piemonte altrimenti che a Susa, ove però non sembra troppo abbondante, benchè in ogni anno se ne possa sempre raccogliere qualche esemplare. È questa una bellissima specie avente un facies veramente esotico. 24. Dianthoecia Irregularis Hufn. Susa, Ghiliani (Echi Bork.). Autori varii, Italia, Dalmazia, Francia mer., Europa centr., Russia mer., Asia min. 25. Episema Scoriacea Esp. Susa, Ghiliani (Cleoceris Sco- riacea), Gribodo. Autori varii, Carnia, Germania mer. or., Francia mer., Ungheria (Dalmazia ?), Asia min. 26. Polia Rufocincta H. G. Susa, Ghiliani, Gribodo. Autori varii, Italia (Tirolo mer., Piemonte, Lombardia, (1) Si potrebbero ancora citare come abitanti i dintorni di Susa (ove in generale le Zigaenae sono assai abbondanti) diverse altre specie (Fausta, Tripholii, Angelicae, ecc.) che sono pur meridionali, se dette specie non si estendessero più o meno anche nell’Europa centrale. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 23 342 GIOVANNI GRIBODO Nizzardo, Sicilia), Francia, Ungheria or., Grecia, Asia minore. 27. Hadena Solieri B. Susa, Gribodo. Specie, a quanto pare, assai rara, ma schiettamente me- ridionale. Ghiliani afferma di averla trovata solo sui monti sardi e liguri. I cataloghi la segnano della Francia mer., Spagna, Dalmazia, Grecia, Asia min. 28. Eriopus Latreillei Dup. Susa, Ghiliani, Curò. Trovata pure sui monti nizzardi dal Ghiliani. Secondo gli autori essa abita l’Italia centr. mer. e le sue isole; in genere l'Europa mer., come pure la Mauritania, l'Asia min. e la Stiria? 29. Caradrina Exigua Hb. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (rara al nord, assai più comune al centro e nelle isole), Europa mer., Asia min., Armenia, Siria. 30. Calpe Capucina Esp. Susa, Gribodo. Un solo esemplare di Susa; rarissima in Italia; fuori trovossi nel Vallese, Dalmazia, Pirenei, Turchia, Russia mer., Armenia, Amur, Giappone. 31. Plusia Chalcytes Esp. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia, Europa mer., Asia min., Imalaia, Africa sett., Canarie. 32. Grammodes Bifasciata Pet. Susa, Gribodo. Autori varii, Italia (rarissima al nord, più comune al sud). Ghiliani, che non la trovò in Piemonte, la raccolse abbondante in Liguria, e sopratutto in Sardegna (Ophiusa Geometrica F.); Francia mer., Spagna, Asia min., Stiria, Africa sett. i 33. Acidalia Camparia H.S. Susa, Gribodo Autori varii, Sicilia, Corsica, Dalmazia, Grecia, Francia mer., Asia min., Stiria. 34. Acidalia Incarnaria H.S. Susa, Gribodo. Autori varii, tutta l’Italia e le sue isole (rara), Francia mer., Grecia, Asia min. 35. Gnophos Respersaria Hb. Susa, Ghiliani. Il Ghiliani avrebbe trovata questa specie anche nelle Alpi marittime, il Costa a S. Severino. Il Curò ritiene che la specie del Ghiliani sia la Sartata Fr. Se essa è vera- I ro | rolla A i I «RINCOTI » ED I « LEPIDOTTERI », ECC. 343 mente la Fespersaria, sarebbesi allora già trovata nella Dalmazia, Spagna, Eussia mer. occ.; se invece è la Sar- tata, questa fu raccolta in Sicilia, Corsica, Carnia, Dal- mazia, Grecia, Russia mer. occ., Asia min., Siria; tanto l’una quanto l’altra delle due specie sono specie meri- dionali. 36. Stherra Sacraria L., ab. Sanguinaria Esp. Susa, Gribodo. Autori varii, tutta l’Italia (rara al nord, è assai comune invece al sud, sopratutto nelle isole), Europa centr. e mer., Asia min., Mauritania, Canarie. 37. Botys Purpuratis L., var. Moestalis Dup. Susa, Ghi- liani. La forma tipica trovasi in tutta l’Italia, Europa, Ar- menia; la var. Moestalis invece è meridionale, e forse in Italia non venne trovata che a Susa. 38. Botys Repandalis S.V. Susa, Gianelli. Autori varii, Alpi marittime, Istria, Romagna, Europa centr. e mer. 39. Eurycreon Clathratis Hb. (?). Susa, Gianelli. Il Curò nel suo pregiato Saggio di un Catal. di Lepid. d'’Ital. parla (in una Aggiunta) di un Botys Clathralis Hb. come trovato (ed anzi assai comune) a Susa dal Gianelli. Ora io non conoscerei alcun Botys Clathralis, ma solo un Eurycreon Clathralis (segnalato come abitante la Russia mer., Armenia, Asia min., e per una sua varietà (Tesse- lalis) anche la Corsica, Francia mer., Andalusia, e quindi meridionale; senonchè il Curò stesso segna questo £u- rycreon come alpino, anzi — delle praterie elevatissime — 2! È questa una specie a me del tutto ignota. 40. Myelois Transversella Dup. Susa, Gribodo. Autori varii, Sicilia, Corsica, Francia mer., Spagna, Dalmazia, Grecia, Asia min., Armenia. Ghiliani (Phycis) la trovò in Sardegna e Liguria; Gianelli a Torino; Curò l’annunzia come di tutta l’Italia, esclusa la settentrionale. 41. Ephestia Gnidiella Mill. Susa, Gribodo. Autori varii, Sicilia, Francia mer., Spagna. 42. Teras Variegana Schiff., ab. Asperana F. Susa, Gribodo. La specie tipica trovasi bensì in tutta l'Europa, ma 344 GIOVANNI GRIBODO — I «RINCOTI»; ECC. l’ab. Asperana è invece essenzialmente meridionale; oltre che a Susa trovossi nelle Alpî mariîtt., Nizzardo, Toscana, Corsica, Sardegna. 43. Atychia Pumila O. Susa, Ghiliani, Gianelli. Specie assai rara, trovata in Toscana, Ungheria, Russia merid. i 44. Acrolepia Vesperella Z. Susa, Gribodo. Autori varii, Livorno, Liguria?, Sicilia, Francia mer., Dalmazia. 45. Depressaria Irrorata Stgr. Susa, Gribodo. Ho trovato a Susa un esemplare di questa rara specie, che finora, a quanto mi risulta, non sarebbe stata trovata che in Grecia. Dall’amico Gianelli, appassionato lepidotterologo e zelan- tissimo ricercatore della regione piemontese, mi viene comuni- cato il seguente elenco di specie da lui raccolte a Susa, e che egli ritiene come essenzialmente meridionali. Syntomis Mariana Quercì Verity. — Polia Ve- nusta B. — Brotolomia Meticulosa L. — Caradrina Ambigua F. — Plusia Gutta Gn. — Acontia Lucida Hufn. — Catocala Puerpera Giorna. — Acidalia Imitaria Hb. — Pellonia Calabraria Z. — Simaethis Nemorana Hb. — Depressaria Alstroemeriana C). -—- Pleurota Pun- gitiella H.S. — Glyphipterix Argyroguttella Rag. — Lithocolletis Millierella Stgr. PA VE ai rid di GUSTAVO COLONNETTI — RISOLUZIONE GRAFICA, ECC. 345 —T——1n1——@——@@" — _——___—______ Risoluzione grafica di alcuni problemi relativi all'equilibrio delle funi pesanti Nota del Socio corrispondente GUSTAVO COLONNETTI In occasione di uno studio — recentemente affidatomi dal R. Ministero della Marina — sulle condizioni di posa degli stralli di ancoraggio di un altissimo palo destinato a sostenere l'aereo di una stazione radiotelegrafica ultrapotente, ho dovuto ripetutamente risolvere i più svariati problemi di equilibrio di funi pesanti; ed ho constatato con quanto vantaggio i proce- dimenti analitici, anche più semplici, possono in pratica venir sostituiti da procedimenti grafici, i quali presentano sui primi una incontestabile superiorità in quanto rispecchiano con im- mediata evidenza il modo con cui i singoli elementi variabili influiscono sull'andamento generale del fenomeno che si studia. Uno di questi procedimenti mi sembra particolarmente me- ritevole di essere conosciuto per la sua singolare semplicità e per la grande varietà e generalità delle applicazioni a cui si presta. Ecco, in breve, di che si tratta. * * * Sia MON (fig. 1) l’arco di catenaria secondo cui si dispone, in equilibrio, una fune pesante — omogenea e perfettamente flessibile — sospesa pei suoi estremi a due punti dati M, N. Sia la distanza MN ed s la lunghezza dell'arco MON; riterrò sempre, in ciò che segue, che la catenaria sia sufficien- temente tesa perchè si possa trascurare la differenza s—! a fronte di /. 346 GUSTAVO COLONNETTI Con queste convenzioni, e colle notazioni della figura, si ha notoriamente: (1) s=1/1+4(1)]. D'altra parte, detto @ il peso complessivo della fune, da considerarsi come uniformemente ripartito sulla sua lunghezza — o, più semplicemente, sulla corda MN — si deve avere, per l'equilibrio: (2) Hf=+ QI. Sostituendo si trova la relazione: (3) H? si 2 Q, la quale mette bene in evidenza il modo con cui, pel tramite del parametro ani che si potrebbe chiamare la caratteristica dell’arco di catenaria considerato, vengono ad influire sullo stato di tensione che è generalmente l’incognita fondamentale del problema, le condizioni di montaggio (in quanto implicano, a parità di distanza dei punti di attacco, una più o meno grande lunghezza di fune), le variazioni di temperatura (che fanno ulteriormente aumentare o diminuire questa lunghezza) e finalmente gli eventuali cedimenti dei punti di attacco (in quanto inducono una variazione nella loro distanza). RISOLUZIONE GRAFICA DI ALCUNI PROBLEMI, ECC. 347 Tuttavia l'utilizzazione della (3) pel calcolo della tensione non riesce così immediato come a tutta prima potrebbe cre- dersi, perchè la lunghezza della fune non è costante, ma varia, sia pur di poco, col variare del suo stato di tensione; in una parola, perchè s è funzione di H. Nelle ipotesi fatte si usa ritenere, con approssimazione più che sufficiente per tutte le esigenze della pratica, so essendo la lunghezza iniziale della fune scarica, E il suo modulo apparente di elasticità a trazione (*), F la sua sezione resistente (somma delle sezioni dei fili che la compongono). Sottraendo ! da entrambi i membri e dividendo poi tutto per /, si può scrivere: i SITE: fa LORI RO (4) GET ee pp” : e, ira poni dove — è il valore che la caratteristica > ; avrebbe se la fune fosse inestensibile (E = 00), valore a cui darò il nome di caratteristica di montaggio. Ciò posto, si può evitare la risoluzione diretta dell’equa- zione (3) la quale, a sostituzioni fatte, riesce evidentemente del terzo grado in H, procedendo nel modo seguente. s_ l l come ordinate in un ordinario sistema di coordinate cartesiane ortogonali, si tracci la curva rappresentata dalla (3) pel do- Assunte le e le H rispettivamente come ascisse e (*) Cfr. M. PanertI, Sul modulo di elasticità a trazione delle funi metal- i liche, “ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, vol. XLIV (1908-09). di pren e Bag SE 348 GUSTAVO COLONNETTI vuto valore di Q; in fig. 2 ciò è stato fatto nell'ipotesi che sia, O.==d Si supponga — tanto per fare il caso più ovvio — che si conoscano le condizioni di montaggio di una fune di tale peso: che cioè sia dato il valore della caratteristica di montaggio: osbre494 ; d 1ò S-f fi 10) — ‘0000 7 Fig. 2. Per A si conduca una retta inclinata sull’asse delle ascisse dell'angolo a tale che tga= EF (*) fino ad incontrare la curva in discorso in un-punto C. (*) Cfr. la costruzione grafica eseguita in figura a sinistra con riferi- mento ad un valore affatto arbitrario di H. dei bi RISOLUZIONE GRAFICA DI ALCUNI PROBLEMI, ECC. 849 È facile constatare che questo punto caratterizza la confi- gurazione di equilibrio della fune: invero ponendo: BCO== a sen |w (—5) + yi] +bsen[w((+Z)+v1|; questa espressione, indicando con a un angolo qualunque, purchè diverso da 0 o da un multiplo di t, si può sempre trasformare nell’altra: (2) 3— @, sen (Ut + g,) sen Da a a) sE @, sen (Wt + ©») sen = 3 dove G,, &,, 9; e ®, sono determinati dai valori di a, d, Wi, W? e a. I due termini dalla cui somma risulta +, rappresentano moti oscillatorî nei quali le varie sezioni si muovono colla ce È War fase 9, 0 ©, e con ampiezze &, sen ii a) o &, sen —— _ , le quali, essendo @, e @, due costanti, variano sinusoidalmente con l’ascissa x; esse costituiscono perciò due onde stazionarie 368 OTTORINO SESINI armoniche, di ampiezze massime @, ed &,, aventi un nodo l’una av nel punto di ascissa « = — — , l’altra nel punto x=0. Dato LS che l'origine = 0 è arbitraria, e che tale è pure a, purchè diverso da 0 o da un multiplo di t, se ne deduce che qualsiasi soluzione armonica di pulsazione w, si può considerare come somma di due oscillazioni stazionarie, aventi la stessa pulsa- zione, nodi in punti arbitrari, purchè non coincidenti, ampiezze e fasi da determinarsi. Di ciascuna oscillazione stazionaria si può dare una facile rappresentazione grafica (fig. 1) portando come ordinata su ciascun punto dell'albero BA, ed in scala arbitraria, l’am- piezza 0 dell’oscillazione della corrispondente sezione, e trac- ciando la curva BA' (arco di sinusoide) che ne risulta. Il momento torcente da essa provocato in una sezione di ascissa x è dato da Dr nell’onda stazionaria è += @ sen (wt + ©), dove 0 è funzione della sola x; si avrà perciò: Leno —K-i° sen (Wi + ©); ciò significa che il momento torcente è funzione sinusoidale de] tempo, in fase con 3, ed ha ampiezza KS . Osservato poi che DL non è altro che la tangente trigo- nometrica dell'angolo formato dalla tangente C‘B, alla curva rappresentante l’onda, con l’asse delle x, possiamo scrivere: L’albero cioè si comporta, per ciò che riguarda la sezione con- siderata, come se fosse privo di massa e la sezione immobile fosse in B, anzichè in B. La lunghezza CB, (sottotangente) è evidentemente funzione dell’ascissa x, e non dipende da 0. Siamo così in grado di conoscere i momenti torcenti che un'onda stazionaria dà alle estremità, e di porre quindi le con- dizioni di equilibrio dinamico per le estremità stesse, ove si hanno due masse rotanti di momenti d’inerzia rispettiva- mente /, (motore) J, (elica) e le coppie esterne applicate. LE OSCILLAZIONI TORSIONALI DEGLI ALBERI DI TRASM., ECC. 369 Si possono con ciò determinare ampiezze e fasi delle due onde stazionarie in cui si immagina di scindere l’oscillazione complessiva, e trovare così la soluzione sinoidale cercata. La scelta dei nodi delle due onde componenti è affatto ar- bitraria; perciò possiamo porre per una il nodo in A (estremo- motore), per l’altra in B (estremo-elica). Siano BA' ed AB' (fig.1) gli archi di sinusoide (uguali) che rappresentano, in scale diverse e da determinarsi, le due onde. Le incognite sono appunto queste scale (cioè le ampiezze delle oscillazioni estreme) e le fasi delle oscillazioni stesse (cioè le @, e ©, della (2)). Se 0, è l'ampiezza della oscillazione %, di A, noi avremo per effetto dell'onda A4'B i seguenti momenti armonici (variabili sinusoidalmente col tempo) in fase con 3;: = AB, essendo A4'B, tangente in A' alla BA'; la coppia d’inerzia do- vuta alla massa rotante, di ampiezza w?/, 01; in totale, ampiezza All’estremo A: il momento torcente, di ampiezza — 0, della coppia agente in A: (Ju? i 0,. All’estremo B: il momento torcente di ampiezza oi Kg (A4'B; parallela alla tangente A” B) MAI AB! 2 È Analogamente, se 0, è l'ampiezza dell’oscillazione 3%, del- l'elica, l'onda AB' dà ai due estremi momenti armonici, in fase con %, di ampiezze: . E \o.. per l'estremo B: (%, u—-7)®: se »” » Hi: AB; 0: Per brevità indicheremo con m la quantità (Ji guazte ): AB; con n la (ue 1); con p la a Le lunghezze AB, ed AB;, necessarie per calcolare m, » e p, si possono determinare colle relazioni, facili a dimostrarsi : A:Bs= Ù sen E. V wL e w VA ao? dove L è la lunghezza dell’albero. 370 OTTORINO SESINI Ciò posto, vediamo come si può stabilire l’equilibrio fra le coppie ora trovate e quelle esterne. Ricorriamo perciò alla rap- presentazione vettoriale delle grandezze armoniche. Sia (fig. 2) OM= 9); il vettore rappresentante l’oscillazione dell'elica. Avremo all’elica la coppia ON= n. 63, ed inoltre la coppia dovuta alla resistenza dell’acqua. Quest'ultima, essendo proporzionale ed opposta alla velocità angolare, sarà data da OW, in ritardo di 90° rispetto a 0,, ed uguale in grandezza a Bw0,, dove e? è il coefficiente di resistenza. La coppia totale agente sull’elica, per effetto dell'onda che ha il nodo al motore, sarà OH=0W+ ON. A tale coppia dovrà far equilibrio la p9, che si ha all’estremo-elica per effetto dell’oscillazione 6, del motore; sarà perciò 0, = OV=— = Otteniamo così la 0, corrispondente alla 0, presupposta. Sull’estremo-motore agi- scono le coppie: 0OS=wm0; dovuta all’oscillazione 0,; OU=p80; dovuta all’oscillazione 0; sia 07T=0S+0U. La coppia esterna, applicata all’estremo-motore, deve essere — OT. Sic- come tale coppia è generalmente un dato del problema, noi dobbiamo supporre noto 07, e da esso ricaveremo, con una semplice proporzione, le grandezze e le direzioni effettive di tutti gli altri vettori. In particolaròè conosceremo 60; e 0, ed avremo quindi pienamente determinate le due onde stazionarie. Si può così, per ciascuno dei momenti armonici in cui si può scindere il momento periodico dovuto al motore, dedurre il moto oscillatorio che ne risulta. Per fare una applicazione di questo procedimento, suppo- niamo di avere i seguenti dati, espressi in mm., sec. e kg. (unità di forza): J,=2,61X108, J,=419X10, K=146X10%, L=5,21X 104, V—=3,28 X 105. Dalla (1), dato che sia M,=19,1 X 106 ed en= 14, sì può ricavare: B=4_545X10°, E ste. LE OSCILLAZIONI TORSIONALI DEGLI ALBERI DI TRASM., ECC. 371 Eseguendo con questi dati i calcoli sopra detti, per valori di w crescenti da 20 a 240, si sono ottenuti, per ciascuno dei valori considerati di w, tutti i vettori della fig. 2, e si è così potuto tracciare il diagramma a), che dà 06, in funzione di w, supposto che il momento armonico, applicato al motore, abbia un'ampiezza di 106 kg. mm. = 1 tonn. X metro. In tale diagramma si vedono nettamente due pulsazioni di risonanza, w = 40,2 ed w= 203,3, per le quali è massima l’ampiezza dell’oscilla- zione 0,, ed altre se ne troverebbero proseguendo nella ricerca per valori di w che differiscono da quelli sopra detti di poco TV ie Questi risultati, come pure l'andamento del fenomeno, si potrebbero senza difficoltà discutere in modo esauriente, giun- gendo a tutte le conclusioni a cui portano gli altri procedimenti. Senza addentrarci in tale discussione, ci limiteremo alle osser- vazioni seguenti: meno di un multiplo di TV ; È Per w= 7 le due onde stazionarie hanno entrambe due nodi sulle due estremità A e B (fig. 1), e perciò il metodo cade in difetto. Considerando invece due onde stazionarie coi nodi rispettivamente in A e nel punto di mezzo dell’albero, si evita l'eccezione, e si vede facilmente che in questo caso nelle sezioni estreme si hanno rotazioni e momenti uguali e di segno contrario. V Per w > n. dipendono dalle lunghezze 4B, ed AB, della fig. 1, non cam- biano (eccezione fatta pei segni) se si sopprime il tronco d’al- bero compreso fra i due nodi che ciascuna onda ha sull’albero stesso; tutto avviene cioè, per quanto riguarda le sezioni estreme, ; 4 7 come se l’albero avesse una lunghezza L — = (0 L—- par se le reazioni dell'albero sugli estremi, che sull’albero cadono % + 1 nodi) Questa osservazione, mentre spiega il ripetersi della risonanza pei valori di w sempre più alti, dà pure ragione del fatto che per queste pulsazioni più elevate di risonanza, ad oscillazioni estreme assai minori, per effetto dell'’aumentato smorzamento dell’ elica), corrispondono invece torsioni massime assai maggiori che non per la prima 372 OTTORINO SESINI ” risonanza, come se l’albero si riducesse ad una lunghezza LI-T (o L—-k nl) 3 W Invero, se noi determiniamo il momento torcente massimo corrispondente a ciascuna delle oscillazioni calcolate, ciò che si può fare con costruzioni vettoriali deducibili da quelle già viste, troviamo che tale momento (che si verifica in una determinata sezione, la cui posizione varia con w) assume per w= 40,2 un valore uguale a circa 5,5 volte l’ampiezza del momento im- presso, per w= 203,3 un valore circa 27 volte l'ampiezza sud- detta. Il risultato relativo alla pulsazione maggiore sarebbe evidentemente molto modificato quando si tenesse conto anche dell’isteresi elastica dell’albero. Oltre che a sistemi semplici come quello ora esaminato, il metodo suesposto può prestarsi a risolvere problemi più com- plessi, come sarebbe il: Caso di sezioni variabili con discontinuità, e di concentrazioni intermedie di masse. Anche in queste condizioni infatti è facile dimostrare che sì possono avere onde stazionarie armoniche di periodo arbi- trario, vale a dire moti torsionali nei quali le varie sezioni dell'albero compiono oscillazioni armoniche, di pulsazioni e fasi uguali, e di ampiezza 08 variabile da sezione a sezione. Per un movimento di tal genere noi sappiamo che lungo ciascun tronco cilindrico omogeneo si ha equilibrio dinamico quando le am- piezze 8 variano colla legge 0 = @ sen (È + a) dove @ ed a sono costanti indeterminate. In una sezione in cui X passa repentinamente dal valore X, al valore X,, ed in cui è calettata una massa rotante di mo- mento d'inerzia /y,, si avrà equilibrio dinamico, quando Ki(t8) hi (2) = re ove si distinguono coll’indice 1 i valori che si riferiscono al tronco che sta dalla parte delle x crescenti, coll’indice 2 quelli dà dii LE OSCILLAZIONI TORSIONALI DEGLI ALBERI DI TRASM., ECC. 373 che si riferiscono all’altro tronco. Questa equazione, conoscendo la curva dell’onda fino alla sezione di discontinuità, permette di trovare a (o la tangente) all’origine del tratto di curva seguente e perciò dà modo di determinare la @ e la a per questo nuovo tratto. Cominciando da un nodo si possono quindi determinare i successivi archi di sinusoide che rappresentano un’onda stazionaria. Il moto così definito mantiene l’equilibrio dinamico su tutta la lunghezza dell’albero; basterà, nel modo già visto, per mezzo di due di queste onde stabilire le condi- zioni di equilibrio anche per gli estremi, per poter ottenere una soluzione sinusoidale del problema. Prendiamo in esame il caso in cui l’albero dell’elica sia formato di due tronchi omogenei cilindrici di lunghezze L, ed Ls e di costanti elastiche K, e X, rispettivamente, e supponiamo che nel punto di congiunzione dei due tronchi sia calettata una massa rotante di momento d’inerzia Jo. Partendo dal punto B (fig. 3) preso come nodo e come origine delle coordinate, il primo paga di onda BC' sarà una sinusoide di equazione 0 = @&, sen 52 (@, è arbitrario; influisce solo sull’ampiezza dell’onda # si considera); per x & a wL x= Ls si avrà una ordinata CC =0=@sen o ed una 2 wLs tangente C'B; alla curva; sappiamo che è CB} = ne; ale La tangente in Cl’ alla curva C'A' sarà invece la C° Bi, dr si determina colla relazione: K, K, mn o 2 : * 2 Kg CB; K, CB, = 3, ossia ©Eii i em Jow?, che ci dà la sottotangente CB,. Il tratto seguente di curva è pure un arco di sinusoide di equazione 0 = @, sen (Le +a). 1 (V, può essere diverso da Vs). @ ed a sono definiti dalle L 6,=@, sen(42 + a) e CB=7tg (sp +a); ricavato a dalla seconda equazione, si ottiene @, dalla prima. Determinato così anche il secondo arco d’onda, si ha la tan- 374 OTTORINO SESINI gente A4'B, in A' e la sottotangente AB,; la parallela A'B; condotta per A' alla tangente in B dà il segmento AB}. Queste operazioni, espresse per comodità in forma geometrica, si pos- sono, colle formule già viste, eseguire analiticamente. Le lun- ghezze AB, ed AB, trovate corrispondono alle omonime della fig. 1, caratterizzano nello stesso modo le azioni dell’albero sugli estremi, e servono ugualmente (dati J, e J3, momenti d’inerzia Lao AB}. AB3° In questo caso però bisogna ripetere il calcolo per l’onda con nodo in A, diversa in generale dalla precedente, per ricavarne x; per la p è facile dimostrare che si ottiene lo stesso valore coll’una o coll’altra delle due onde. Dopo ciò vale senza modi- - ficazione alcuna quanto già si è detto sulla composizione dei vettori rappresentanti le grandezze armoniche in giuoco. Applichiamo tale calcolo ai seguenti dati ipotetici, espressi in mm., sec. e kg. (unità di forza): delle masse estreme) a calcolare m = (Ii wî — JIr=1,250105; Jg=1,0 X 109; To =2;0X-108; kKic-KS=IAZXA% Vi=Vyi=:3;23 0000065 Di = IX. La= Bb Dato che sia en = 26, M,="2,54 X 106, si può porre: eg=4-Un 39YX 108. Eseguiti i calcoli per pulsazioni crescenti da w= 20 ad w = 60, si è trovato il diagramma 5), analogo al a), che dà per un momento impresso di ampiezza 106 kg. mm. = 1 tonn. Xx metro, le ampiezze delle oscillazioni 8, del motore, in funzione di w. Risulta da tale diagramma che si ha un massimo nell’oscil- lazione, sia per w= 26,4, sia per w= 51,6, valori assai pros- simi a quelli che si ottengono calcolando, con formule note, le pulsazioni delle oscillazioni proprie del sistema, supposto l'albero privo di massa. Il fatto più significativo che emerge da questo diagramma, è che l'ampiezza dell’oscillazione, che per la prima risonanza è abbastanza piccola, acquista nella seconda risonanza un valore ra “ LE OSCILLAZIONI TORSIONALI DEGLI ALBERI DI TRASM., ECC. 375 rilevantissimo (circa 20 volte maggiore del massimo che si ot- terrebbe sopprimendo la massa intermedia), malgrado il consi- derevole smorzamento dell'elica. Tutto avviene cioè come se per w= 51,6 l’azione smorzante dell’elica fosse molto attenuata, o, per lo meno, fosse poco sentita all’estremo motore. Si potrebbe dimostrare che tale comportamento non è ecce- zionale, ma si verifica generalmente quando il valore di ci } Ja | x - Un e . 3 è molto superiore a quello di n (supposto che J, sia dell’or- 2172 dine di grandezza di J, e J3). Se poi calcoliamo i momenti torcenti dovuti alle oscillazioni suddette, troviamo che la prima risonanza affatica di più il secondo tronco d’albero che non il primo, mentre la seconda affatica enormemente il primo tronco potendo dare un momento torcente uguale a circa 440 volte il momento impresso. Naturalmente in pratica non si raggiungerà una risonanza così rilevante, perchè, di fronte al diminuito smorzamento del- l'elica, acquisteranno importanza tutte le altre cause, trascurate nel calcolo, di disperdimento di energia; tuttavia, da quanto si è detto, si comprende come la presenza di una massa rotante intermedia, possa in determinate condizioni agevolare la produ- zione di oscillazioni torsionali, e dar luogo, in una parte del- l'albero, a torsioni assai rilevanti; e si possono così spiegare le forti sollecitazioni riscontrate in pratica in alberi che si tro- vano in condizioni paragonabili a quelle ora supposte (alberi d’elica di sommergibili nei quali si ebbero a lamentare riscal- damenti e rotture nei giunti vicini alla massa intermedia) (*). (*) V. Memoria dell'Ing. P. FerrETTI, Un caso notevole di risonanza torsionale. “ Atti della R. Accademia dei Lincei,, 1919. 8000 Tiofo pur = 9 uno _aeeomi LI had un NY [a » î ( VERE EE RESSE, CINO POLI — SULLA TEORIA DEI FENOMENI OTTICI, ECC. 877 Sulla teoria dei fenomeni ottici nell'ipotesi che il moto della sorgente modifichi la velocità della luce emessa Nota di CINO POLI Le ipotesi fatte da Fresnel (') sulla velocità della luce nei sistemi in moto, spogliate dalle interpretazioni meccaniche sug- gerite dall’analogia delle onde luminose con le onde trasversali nei mezzi elastici, sono essenzialmente le seguenti: 1° Esiste un sistema di riferimento rispetto al quale la velocità della luce nel vuoto è una costante assoluta c, indipen- dente dalle condizioni di moto della sorgente e dei mezzi tra- versati o delle superficie su cui ha subìto riflessioni. 2° La velocità della luce monocromatica di data frequenza in un mezzo rifrangente in quiete (rispetto al sistema fondamen- tale ora definito) ha un rapporto costante 1/n con la velocità nel vuoto; se poi il mezzo è in moto traslatorio uniforme, la velocità assoluta della luce divieno c/n + (1 — 1/n?) v cosa; dove v è la velocità del mezzo e a l’angolo che la direzione del moto fa con la direzione di propagazione della luce. Da queste ipotesi si deduce, come è noto, che in un sistema rigido in traslazione uniforme i fenomeni ottici sono diversi da quelli che hanno luogo nel medesimo sistema in quiete; però le esperienze dirette a riconoscere l’influenza del moto annuale della terra sui sistemi terrestri, non possono dare risultati po- (4) A. FresneL, Sur l'influence du mouvement terrestre dans quelques phé- nomènes d’optique (Lettre à Arago). “ Ann. de chim. et de phys.,, 9 (1818), p. 57; Euvres, t. 2, p. 627. 378 CINO POLI sitivi finchè l’ordine degli errori di osservazione permette di 2 . plus CINTO] Vv . x . . trascurare i termini contenenti il fattore 2 poichè i metodi finora usati non consentono misure dirette di velocità della luce o di lunghezze d’onda, ma si riducono sempre al confronto dei tempi impiegati dalla luce a percorrere vari cammini congiun- genti i medesimi estremi (*). L'esperienza di Michelson è l’unica che raggiunga la precisione richiesta, ma dà anch'essa risultato negativo (8). Se dunque si ritiene che questa sia rettamente interpre- tata (4), e cioè che veramente sia in contradizione con le ipotesi di Fresnel, pare ovvio dedurne che queste non sono accettabili e vanno pertanto modificate (°). In sostanza l’esistenza di quel sistema privilegiato di riferimento postulato da Fresnel è negata dall'esperienza di Michelson, e pertanto sembra naturale ammet- tere invece che la costante c rappresenta la velocità della luce relativa alla sorgente che l’ha emessa (5). Ma alcuni fisici auto- (2) G. Srokes, Mathematical and Physical Papers, t. I, p. 141. —- Mascarr, Traité d’optique. -- Lorentz, l'heory of Electrons. (3) A. A. MricneLson, The relative motion of the earth and the luminiferous ether. È American Journal of Science , (3), 22 (1881), p. 20. — A. A. MrcHELSON and E. W. MorLey, “ ibidem , (3), 34 (1887), p. 333. — E. W. MorLey and D. C. Miccer, “ Phylosophical Magazine , (6), 9 (1905), p. 680. (4) Cfr. A. Ricni, L'esperienza di Michelson e la sua ‘interpretazione. “ Memorie dell’Accademia d. Scienze di Bologna ,, 12 genn. 1919. (9) Non è fuor di luogo notare a questo punto la illogicità dello svi- luppo storico che ha condotto alla teoria di Einstein; in quanto che dalla prima teoria di Lorentz, la quale inquadrando l’ottica nella elettrodinamica generale otteneva il secondo postulato di Fresnel come conseguenza del primo, si passa alla seconda teoria di Lorentz che per mantenere il primo postulato di Fresnel nega l’esistenza fisica dei corpi rigidi, ed infine alle teorie di Einstein che pur costretto ad abbandonare l’ipotesi di Fresnel vuol mantenere le equazioni di Lorentz che erano essenzialmente basate su di essa, e per far ciò non esita ad abbandonare anche il postulato di Euclide. La via scelta è pericolosa, perchè, se oggi per interpretare l’espe- rienza di Michelson si ricorre alla critica gnoseologica del concetto di tempo e di spazio, domani per un’altra esperienza si giungerà addirittura alla critica delle forme del ragionamento e delle regole logiche! (9) W. Rirz, Recherches critiques sur l'électrodynamique générale. “ An- nales de chimie et de physique, (8), 18 (1908), p. 145; @uvres, p. 317. — J. J. TrÒomson, “ Philosophical Magazine ,, 19 (1910), p. 301. pai dit tei SULLA TEORIA DEI FENOMENI OTTICI, ECC. 379 revoli hanno asserito recentemente che questa ipotesi, che chia- meremo emissiva, conduce a risultati contrari all’ esperienza, quando intervengano moti relativi delle parti costituenti il sistema (7). Queste asserzioni sono dovute ad errore di interpretazione delle esperienze (8). Infatti Tolman e Majorana osservano che nell’ipotesi di un moto della sorgente rispetto all’osservatore supposto in quiete, la teoria di Fresnel prevede un cambiamento della lunghezza d’onda, mentre nell'ipotesi emissiva questa resta in- variata; e poichè nella ordinaria teoria della diffrazione le am- piezze delle frangie prodotte da un interferometro o la posi- zione delle righe nello spettro normale (cioè prodotto da un “reticolo) è espressa in funzione della sola lunghezza d’onda, gli Autori «citati ne deducono che nell’ipotesi di Fresnel si pre- vederà uno spostamento delle frangie o delle righe, mentre nell'ipotesi emissiva non si avrà nessuna modificazione. Tale spostamento è effettivamente osservato (esso non è che il fe- nomeno Doppler-Fizeau), e quindi si crede condannata l’ipotesi emissiva. L’errore di questo ragionamento sta nell’ammettere a priori che le ampiezze delle frangie si esprimano in funzione della sola lunghezza d’onda non solo nei sistemi in quiete che è il caso supposto dell’ordinaria teoria, ma anche quando vi sia moto relativo delle parti del sistema. Di ciò ci si persuade facilmente tentando di ripetere, per es., la trattazione elemen- tare dei fenomeni di diffrazione di Fraunhofer; e del resto basta ricordare che, se si suppone la sorgente in quiete e l’osserva- (*) Torman, “ Physical Review ,, 31 (1910), p. 26. — W. pe Srrrer, “ Proceedings Akad. Amsterdam ,, 15 (1913), p. 1297; 16 (1913), p. 395; “ Physikalische Zeitschrift ,, 14 (1913), pp. 429, 1267. — E. FrEUNDLICH, “ Physikalische Zeitschrift ,, 14 (1913), p. 835. — P. Guramicg, “ Astron. Nachrichten ,, 195 (1913), Nr. 4670. — Q. Mayorana, “ Rendiconti Accad. dei Lincei ,, 26 (1918), pp. 118, 155; 27 (1918), p. 402; “Atti R. Accad. di Torino ,, 58 (1918), p. 793. (8) Si confronti, p. es., le critiche di Stewart alle esperienze di Tolman, per quanto le spiegazioni date da Stewart non mi sembrino soddisfacenti nè complete (“ Physical Review ,, 31 (1911), p. 26). Atti della R. Accademia — Vol. LV. 26 380 CINO POLI Ò tore in moto, anche nella ipotesi di Fresnel la lunghezza d’onda in un sistema d’assi connessi all’osservatore non è af- fatto alterata, e quindi col ragionamento di Tolman e di Ma- jorana dovremmo attenderci che i fenomeni di diffrazione non siano modificati, mentre è noto che l’effetto Doppler si mani- festa nello spettro normale anche ‘in questo caso. Le obiezioni fatte alla ipotesi emissiva crollano dunque senz'altro, poichè evidentemente errate, tanto che sarebbero in contrasto colle stesse ipotesi di Fresnel. Occorre notare ancora che l’ipotesi emissiva come è stata enunciata finora non è sufficientemente completa per costruire una teoria ottica. Infatti non dice cosa avvenga della velocità della luce nella riflessione su uno specchio in moto (°) e tanto meno indica le modificazioni prodotte dai mezzi ri- frangenti. In altri termini, occorre sostituire prima le ipotesi di Fresnel con delle nuove ipotesi altrettanto complete e farne poi il con- trollo sperimentale. Enunciare queste ipotesi e dimostrarle con- formi alle esperienze fatte è lo scopo di questa Nota. Il sistema delle sorgenti luminose, delle superficie riflet- tenti e dei mezzi rifrangenti sia costituito da parti rigide, cia- scuna delle quali abbia un qualunque moto di traslazione uni- forme (19); gli assi di riferimento siano quelli della meccanica classica. Ciò posto supporremo quanto segue: 1° La velocità della luce emessa da una sorgente, la cui velocità è u, è, nel vuoto, c + u cosa, dove a è l’angolo della di- rezione del moto della sorgente con quella di propagazione della luce, qualunque siano le riflessioni 0 rifrazioni precedentemente subìte. (9) Di questo si è ben accorto il Michaud (che si riferisce probabil- mente alle bellissime esperienze di Q. Majorana), il quale fa, per la rifles- sione, precisamente l’ipotesi contenuta nei postulati che enuncio più avanti (‘ Comptes-Rendus Acad. des Sc. ,, 158 (1919), p. 507). (‘9) Per le esperienze di cui si tratta queste condizioni non sono restrit- tive, perchè tutte soddisfatte entro i limiti degli errori di osservazione. SULLA TEORIA DEI FENOMENI OTTICI, ECC. 881 9° La velocità della luce monocromatica emessa da detta sorgente, in un mezzo rifrangente di indice n che si muove con la velocità v, è c 1 £ +ucosa+(1 _ TL) (0 cos —u cos a), 5) n° dove B è l'angolo della direzione di propagazione della luce con la direzione del moto del mezzo. È chiaro che pei sistemi in quiete si ritrova l’ottica clas- sica. Inoltre è indifferente sostituire al primitivo sistema di ri- ferimento un altro che sia in traslazione uniforme rispetto al primo, poichè, con le formule date, seguita a valere la regola di composizione delle velocità della cinematica. Quindi nell’as- senza di moto relativo delle parti i fenomeni sono indipendenti dalla traslazione d’insieme dell’intero sistema. Quando vi sia una sola sorgente luminosa, ci si potrà rife- rire ad assi connessi con la sorgente: in tal modo le espressioni date dalle nostre ipotesi vengono a coincidere con quelle di Fresnel nel caso di una sorgente fissa. Si osservi allora che tutte le esperienze fatte finora sull’influenza del moto relativo di sorgente ed osservatore vertono solo sui termini del primo ordine, e sono tutte soggette a quelle restrizioni surricordate che fanno sì che una traslazione d’insieme non modificherebbe i risultati osservati neanche ammettendo le ipotesi di Fresnel. Se dunque si tratta di esperienze in cui (nell’applicare le teorie di Fresnel) si ritenga fissa la sorgente, avremo gli stessi risul- tati anche colle nuove ipotesi, poichè si ha perfetta coincidenza delle formole; se invece si ritiene che la sorgente sia in moto, i risultati della teoria di Fresnel non restano modificati (nel 1° ordine) dando una traslazione a tutto il sistema che riduca in quiete la sorgente, e quindi vengono ancora a coincidere con quelli forniti dalle nuove ipotesi. Tutte le esperienze eseguite finora (tranne quella di Mi- chelson, che è contraria alla teoria di Fresnel) si possono dunque indifferentemente interpretare colle ipotesi di Fresnel o con quelle proposte nella presente Nota: per decidere in favore dell’una o dell’altra, tenendo conto dei soli termini del 1° ordine, occorrono misure dirette della velocità della luce 0, ciò che è sostanzialmente lo stesso, delle lunghezze di onda. 382 CINO POLI — SULLA TEORIA DEI FENOMENI OTTICI, ECC. Le ipotesi proposte son lungi dal costituire una teoria completa dell’ottica dei sistemi in moto: si limitano ai moti uniformi e trattano l’ottica indipendentemente dai suoi legami con l’elettrodinamica; ma ho solo voluto mostrare che l’ipotesi di Ritz sulla velocità della luce non è contraddetta da alcuna esperienza, sì che merita per la sua semplicità di venir adot- tata almeno come working hypothesis più frequentemente che non si sia fatto sinora. Torino, 13 gennaio 1919. L’ Accademico Segretario CarLo FABRIZIO PARONA 383 CLASSI UNITE Adunanza del 15 Febbraio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti, della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, i Soci Segre, PARONA, MATTIROLO, GRASSI, SOMIGLIANA, SACCO, e della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, i Soci RurrinI, Vicepresidente dell’Accademia, Pizzi, De SANCTIS, BronpI, ErnAuDI, BAUDI DI VESME, VIDARI, PRATO, CIAN, VALMAGGI, e SrampiniI Segretario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite. È scusata l'assenza del Socio D’Ovipro, Direttore della Classe di Scienze fisiche. Si legge e si approva l’atto verbale dell’adunanza delle Classi unite del giorno 7 dicembre u. s. Il Presidente dà comunicazione della lettera del Ministro della Pubblica Istruzione, il quale, rispondendo con data del 10 gennaio u. s. all'ordine del giorno votato dall’Accademia nella sua adunanza testè ricordata del 7 dicembre 1919, ripete di non potere elevare l’annua dotazione, pur riconoscendola in- sufficiente, per la recisa opposizione del Ministro del Tesoro. Il Socio Grassi legge la relazione della Commissione per il 21° Premio Bressa relativo al quadriennio 1915-1918. Ter- minata la lettura, attesochè la Commissione deliberò di chiedere all'Accademia “se non sarebbe conveniente sospendere pel mo- mento il giudizio definitivo sul conferimento del premio ,, pre- 384 sentando nell’ultimo capoverso della relazione due proposte alla scelta dell’Accademia, il Socio SEGRE propone che “ la conchiu- sione ultima della Commissione sia modificata nel senso che un premio sia conferito ad opere del quadrienno 1915-1918 solo se in questo quadriennio si troverà un’opera degna del premio; in caso contrario i due premi si assegnino ad opere pubblicate negli anni dal 1915 al 1922 ,. La proposta del Socio SEGRE è combattuta dal Vicepresidente Rurrini, e al dibattito prendono parte i Soci De SanoTIs, SomieLIANA, BronpI e STAMPINI. Dopo animata discussione l'Accademia approva unanime la relazione e delibera di rimandare alla prossima adunanza delle Classi unite la votazione sull'ultima proposta, che è quella di affidare il compito di nuove ricerche e di una nuova relazione a quella Commissione che dovrà giudicare dell’assegnazione del premio Bressa internazionale per il quadriennio che scadrà nel 1922. Il Socio SomieLiana legge la relazione della Commissione per il Premio Vallauri riservato alle Scienze fisiche per il qua- driennio 1915-1918. La relazione è approvata senza discussione, e si rimanda alla prossima adunanza la votazione sulla proposta della Commissione, che, non essendovi persona a cui possa essere conferito il premio, “ il premio stesso vada ad aumento del capitale e serva così ad accrescere coi propri interessi i premi SUCCESSIVI ,. Infine il Socio De Sanctis legge, anche a nome del Socio ParETTA, la Relazione intorno alla seconda conferenza accade- mica internazionale. La relazione è approvata con plauso dalla Accademia che di buon grado conviene di esprimere la sua gra- titudine ed il suo plauso ai Colleghi francesi e segnatamente ai signori SENART presidente e HomoLLE segretario della confe- renza, e riconosce l'opportunità d'un convegno in Roma di rap- presentanti delle Classi morali delle singole Accademie Reali italiane nelle prossime ferie pasquali. A E I PORT I (0.0) (did RELAZIONE SUL Wi .PEERMTO'BRESSA (quadriennio 1915=18) Nessuna proposta di opere meritevoli di concorrere al premio fu fatta da soci dell’Accademia. Furono invece presen- tate dai loro autori le opere seguenti: 1. Brupenne Vicror. — La prévention de la tuberculose. 2. GreenHILL G. — N° 5 Memorie relative a questioni di meccanica, : tre delle quali sono anteriori al 1915, cioè: Report on the Theory of a Stream Line past a plane barrier, and of the discontinuity arising at the edge, with an appli- cation of the Theory to an Aeroplane. London, 1910. The Attraction of a Homogeneous Spherical Segment. Baltimore, 1913. Report on Gyroscopice Theory. London, 1914. Quelli compresi nel quadriennio 1915-18 sono: Theory of a Stream Line past a Curved Wing. London, 1916. The Potential of a Lens, and Allied Physical Problems. Balti- more, 1917. 3. Henry CnarLes. — Rayonnement, gravitation, vie. “ Bulletin de l’Institut général psychologique ,, Paris, 1918. 4. Hicks W. M. — On the enhanced series of lines in spectra of alka- line earths. London, 1915. A critical study of spectral series. Parts Ia. IV. Le prime tre parti sono anteriori al 1915. La parte IV è del 1916. Londra. 5. Howpa (Koraro) e collaboratori Murakami, Okuso e Isurwara. — N. 18 lavori sulle proprietà magnetiche dei corpi. Tutti com- presi nel quadriennio : Honpa (K.). — On magnetic analysis as a means of studying the structure of iron alloys, s. l., 1918. — On the temperature of the reversible A, transformation in carbon steels. Sendai, Japan, 1916. 386 6. Honpa (K.). — A criterion for allotropie transformations of iron at high temperatures. Sendai, Japan, 1917. — On the magnetic investigation of the states of cementite in an- nealed and quenched carbon steels. Sendai, Japan, 1917. — and Muragami (T.).. — On the thermomagnetic properties of the carbides found in steels. Sendai, Japan, 1918. — — On the structure of the magnet steels and its change with the heat treatments. Sendai, Jupan, 1917. — — On the structure of tungsten steels. Sendai, Japan, 1918. — and Okuso (J.). — Ferromagnetic substances and crystals in the light of Ewing's Theory of Molecular Magnetism. Sendai, Japan, 1916. — — On the effect of temperature on magnetisation considered from the standpoint of Ewing?s Theory of Magnetism. Sendai, Japan, 1916. — — On a theory of hysteresis-loss by magnetisation. Sendai, Japan, 1917. — — Ona kinetic theory of magnetism in general. Sendai, Japan, 1918. Istirwara (T.).. — On the magnetic investigation of Az and A, trans» formations in pure iron and steel. MuragAMI (T.).. — On the structure of iron-carbon-chromium alloys. Sendai, Japan, 1918. JerrReys H. — N. 15 lavori di fisica e meccanica terrestre ed astronomica ; tutti compresi nel quadriennio; cioè : Certain Hypotheses as to the Internal Structure of the Earth and Moon. London, 1915. The Effect of a Resisting Medium on Lagrange’s Three Particles. London, 1915. Two applications of Jacobis integral. London, 1917. The Viscosity of the Earth. London, 1915. The Viscosity of the Earth (Third Paper). London, 1917. The Compression of the Earth's Crust in Cooling. London, 1916. On Certain Possible Distributions of Meteoric Bodies in the Solar System. London, 1916. The Secular Perturbations of the Four Inner Planets. London, 1916. The Secular Perturbations of the Inner Planets. London, 1918. On the Early History of the Solar System. London, 1918. The Resonance Theory of the Origin of the Moon. London, 1917. Causes contributory to the Annual Vuriation of Latitude. London, 1916. On Periodie Convection Currents in the Atmosphere. I-II. London, 1917: ti N 7 = l'ad mera si 387 Some Problems of Evaporation. London, 1918. Problems of Denudation. London, 1918. 7. Mrek ALEexanpeER. — The migration of fish. London, 1916. 8. Mrcgaup FéLix. — N. 5 lavori di fisico-chimica e termodinamica ; tutti compresi nel quadriennio; cioè : Les solutions des gaz dans les liquides. Extrait des “Annales de Physique ,, 9° Serie. Contribution à Vétude des mélanges. “ Idem ,. Le principe de Carnot et le principe de la dégradation et de V'é- nergie. Nei n' 16-17 della “ Revue scientifique , dell’11, 18, 25 agosto 1917. Parois semi-perméables et Potentiels thermodynamiques. Nel n. 21 della “ Revue générale des Sciences , del 15 settembre 1917. Association moléculaire et Combinaison chimique. Nel n. 23 “ IQ., del 15 dicembre 1917. 9. Ripeeway WiuLiam. — The Dramas and dramatic Dances of non- European races in special reference to the origin of Greek tragedy. Cambridge, 1915. 10. SuapLey H. and Prase. — N. 7 lavori di astronomia, tutti com- presi nel quadriennio, cioè : SuaPLEY (H.). — Outline and summary of a Study of magnitudes in the globular cluster Messier 13, 1916 (Publications of the Astronomical Society of the Pacific, 1916-1918). — The dimensions of a globular cluster, 1917. — Globular clusters and the structure of the Galactic system, 1918. — Studies of magnitudes in star clusters (Proceedings National Academy of Sciences. Washington, 1916-1917): I. On the absorption of light in space. - II. On the se- quence of spectral types in Stellar revolution. - III. The colors of the brighter stars in four globular systems. - IV. On the color of stars in the Galactic clouds surrounding Messier 11. - V. Further evidence of the absence of scat- tering of light in space. - VI. The relation of blue stars and variables to Galactic planes. - VII. A method for the determination of the relative distances of globular clusters. Washington, 1917; 6 fasc. — Studies based on the colors and magnitudes in stellar clusters (Contribution from the Mount Wilson Solar Observatory; Nos 115-117, 126, 133, 151-157): I. The general problem of clusters. - II. Thirteen hundred stars in the Hercules cluster (Messier 13). - III. A cata- logue of 311 stars in Messier 67. - IV. The Galactic cluster Messier 11. - V. Color-indices of stars in the Galactic clouds. - 388 ua; 12. VI. On the determination of the distances of globular clus- ters. - VII. The distances, distribution in space, and di- mension of 69 globular clusters. - VIII. The luminosities and distances of 139 Cepheid variables. - IX. Three notes on Cepheid variation. - X. A critical magnitude in the se- quence of stellar luminosities. - XI. A comparison of the distance of various celestial objects. - XII. Remarks on the arrangement of the sideral universe. Prase (Fr. G.) and SÒapLey (H.). — Axes of symmetry în globular clusters. Washington, 1917 (Proceedings National Academy of Washington, 1917). — On the distribution of stars in twelve globular clusters. Washing- ton, 1917 (Contributions from the Mount Wilson Solar Obser- vatory, 129; “ Astrophysical Journal ,, vol. XLV, 1917). * Soper H. E. — Improvements in the method of and means for compiling tabular and statistical data. Brevetto N. 117834. London, 1918. Woopwarp Arraur Swita. — Lavori diversi di Paleontologia, tutti compresi nel quadriennio, cioè : Woopwarp (A. S.).. — The use of fossil Fishes in stratigraphical Geology. London, 1915. — The use of the Higher Vertebrates in stratigraphical Geology. London, 1917. — The fossil Fishes of the English Wealden and Purbeck forma- tions. Part I-II. London, 1916-1918. — A new specimen of Saurostomus esocinus. London, 1916. — On a Mammalian mandible (“ Cimolestes Cutleri ,) from an Upper Cretaceous formation in Alberta, Canada. London, 1916. — Early Man. London, 1917. — On a new species of Edestus from the Upper Carboniferous of Workshire. London, 1917. — Notes on the Pycnodont Fishes. London, 1917. — On the Skull of an extinct Mammal related to Aeluropus from a Cave in the Ruby Mines at Mogok, Burma. London, 1917. — The so-called Coprolites of Ichthyosaurians and Labyrinthodonts. London, 1917. — A Guide to the Fossil Remains of Man. 2"° edition. London, 1918. — and SwmirH (G. ELLior)) — On a Second Skull from the Pilt- down Gravel. London, 1917. — and Dawson (Ca.).. — On a Bone implement from Piltdown (Sussex). London, 1916. — and Perronievics (B.). — On the Pectoral and Pelvie Arches of the British Museum Specimen of “ Archaeopteryx ,. London,1917. dii 389 Oltre a questi concorrenti si era presentato anche il signor Thoral J. M. (pseudonimo Tony Lathor), con due opuscoli dal titolo: La faillite du monde savant. Ma lo stesso autore dichiara nella sua lettera del 30 aprile 1917 che quegli opuscoli furono pubblicati prima del 1914; cosicchè non è il caso di prenderli in considerazione. Anche il concorrente sig. Brudenne non può essere preso in considerazione, perchè, dopo aver annunciato di voler con- correre al premio colla sua opera sulla prevenzione della tu- bercolosi, si limitò a far conoscere un indice del contenuto del- l’opera, che, pare, non sia stata ancora pubblicata. Conviene poi avvertire che due degli altri undici concor- renti, cioè il sig. Honda e il sig. Shapley, presentarono i loro lavori colla dichiarazione di voler concorrere ai premî che ven- gono conferiti dalla nostra Accademia, senza indicare precisa- mente se aspirassero al premio Bressa o al premio Vallauri; perciò si è creduto di considerarli come concorrenti ad entrambi codesti premi. Ed ecco ora un giudizio riassuntivo sui lavori dei singoli concorrenti. GREENHILL G. Nel lavoro sulle correnti fluide che incontrano un ostacolo, l’autore, ben noto già per altri pregevoli lavori, nel campo della meccanica, intende preparare elementi per la teoria dell’aero- plano e la tecnica della sua direzione. Sono però ricerche sol- tanto teoriche, dove vengono riassunte in gran parte teorie note, dovute, per quanto riguarda le correnti fluide, a geometri ita- liani, e se ne fanno applicazioni che non implicano novità di concetti; sebbene siano condotte con scrupoloso metodo scien- tifico. Nel lavoro relativo alla teoria del potenziale il Greenbill studia con molta abilità analitica il campo di attrazione di una lente piatta. La riducibilità del problema agli integrali ellittici era stata dimostrata da Hill; perciò e per quanto interessanti siano i risultati a cui l’autore arriva, convien riconoscere che il contenuto concettuale, essenziale della ricerca non gli ap- partiene. | 390 La Commissione quindi ritiene che questi lavori del Greenbill, nonostante i loro pregi indiscutibili, non presentano tale ca- rattere di originalità, o tale importanza di risultati da essere giudicati meritevoli del premio. HENRY CHARLES. La Monografia Rayonnement, Gravitation, Vie, presentata da questo concorrente, comincia colla esposizione di molte no- zioni di Fisica moderna, quali il flusso luminoso, la legge di Lambert, quella di Kirchhoff, quella di Stephan, quella di Dulong e Petit, la formola di Planck, la teoria dei Quanta. Cerca poi di connettere tali nozioni o teorie con delle questioni di fisica fisiologica, ritornando spesso a questioni di fisica pura, come quella della relatività, di Einstein e Minkowski. Ma pur troppo non si riesce a comprendere il nesso logico, se veramente esso esiste, che ha guidato l’autore nel riunire nozioni tanto di- sparate. Pare quindi che tale lavoro non possa in alcuna guisa esser preso in considerazione per il conferimento del premio. HICKS W. M. Il lavoro presentato costituisce un paziente e minuto studio critico sopra gli spettri in serie. Le prime tre parti però sono di pubblicazione anteriore al 1915, e perciò dovrebbe essere presa in considerazione sol- tanto la parte Quarta, dove l’autore esamina la struttura degli spettri emessi sotto l’azione della scintilla elettrica, e la Nota ultima sugli spettri delle terre alcaline. L'argomento studiato dall’autore è assai complesso e su di esso si hanno già tanti lavori sperimentali e dati d'osservazione da giustificare forse l'assenza di uno studio sperimentale ori- ginale nel lavoro del sig. Hicks. Ma d'altra parte, se le con- clusioni a cui conducono le varie formole o teorie precedente- mente note, a cominciare da quella di Balmer, sono lungi dall’essere d’accordo, anche il sig. Hicks, quantunque si sia sfor- e 391 zato a perfezionare con molta cura e pazienza le idee degli autori precedenti, non pare sia riuscito a formulare teorie che rappresentino un progresso notevole nello studio in parola, e tale da poter essere preso in considerazione per il conferimento del premio. HONDA KOTARO. Le 13 Note presentate dal Prof. Honda e suoi collaboratori Murakami, Ishiwara e Okubo, vanno distinte in due gruppi. Un primo gruppo di nove Note è dedicato allo studio delle trasformazioni allotropiche che subiscono il ferro e le sue leghe ferromagnetiche a diverse temperature, studio eseguito col me- todo dell’analisi magnetica. Questo metodo si basa sulla proprietà seguente delle so- stanze ferromagnetiche, che cioè tali sostanze, poste in un campo magnetizzante non troppo debole, assumono una intensità di magnetizzazione che col crescere della temperatura va dimi- nuendo, da prima lentamente e poi più rapidamente per annullarsi infine ad una temperatura critica, che è una costante caratteristica della sostanza; inoltre, se questa subisce una trasformazione allotropica, a una determinata temperatura, la suscettività ma- gnetica varia bruscamente. L'autore con numerose esperienze ha voluto dimostrare che questo metodo d’analisi magnetica permette di determinare facilmente e con molta esattezza le temperature a cui avven- gono le trasformazioni ed anche la natura di esse. Le ricerche furono estese poi a molte sostanze ferroma- gnetiche, ferro, acciaio al carbonio, acciaio al tungsteno, leghe di ferro e cromo, carburi di ferro. Ne risulta veramente ben dimostrata l’utilità del metodo per riconoscere la struttura delle diverse leghe nelle varie fasi del riscaldamento e del raffred- damento. Il gran numero di misure accurate eseguite su mate- riali di varia composizione, l'accordo dei risultati così ottenuti con quelli forniti dall’analisi termica e microscopica non lasciano alcun dubbio sulla esattezza delle conclusioni a cui giunge l’autore; però, salvo in qualche particolare, coteste conclusioni corrispon- dono in generale a quanto già si conosceva intorno alla strut» tura degli acciai ed alle trasformazioni che vi si producono per 392 effetto del riscaldamento. Non si può dire adunque che si tratti della scoperta di nuovi fenomeni importanti, ma certamente i numerosi risultati ottenuti potranno rendere preziosi servigi agli studiosi. L'altro gruppo di quattro Note Sulla teoria molecolare della magnetizzazione tratta del modo di spiegare i fenomeni magne- tici nelle sostanze ferromagnetiche, secondo l'ipotesi del magne- tismo molecolare di Ewing. L'autore ammette perciò, secondo tale ipotesi, che i corpi ferromagnetici siano costituiti da complessi elementari formati di magneti, che si orientano poi sotto l’azione di un campo esterno, e che la forza direttrice, antagonista, si riduca a quella che nasce dalla stessa polarità magnetica permanente degli elementi. In seguito, per spiegare certe particolarità del fenomeno, specialmente della isteresi, fa intervenire anche l’influenza del moto termico e della viscosità. Ma di tale intervento è fatto cenno soltanto in termini generici. Il calcolo conduce a formole complicate, che l’autore poi semplifica con qualche ipotesi accessoria. Riesce così a trovare una rappresentazione del fenomeno che si approssima abbastanza ai risultati sperimentali. Anche il ciclo d’isteresi teorico risulta molto simile a quello reale nel suo andamento generale, ma ha il difetto che dà un valore eccessivo del magnetismo residuo, cioè 0,89 del massimo corri- spondente alla saturazione, cioè almeno una volta e mezza del vero, e anche più in molti casi; come del resto aveva già tro- vato lo Ewing; inoltre questo valore sarebbe costante, mentre si sa che varia notevolmente da una sostanza all’altra. Qualche altro punto della dimostrazione teorica del feno- meno d’isteresi lascia alquanto a desiderare. In conclusione è questo uno studio paziente e laborioso, dove l’autore ha mostrato molta ingegnosità per superare le difficoltà che gli si presentavano strada. facendo; ma, pur su- perandone parecchie, non ha fatto che perfezionare alquanto lo studio del modello di Ewing, senza raggiungere lo scopo, che a quanto pare egli si proponeva, di mostrare che la semplice ipotesi di Ewing può spiegare completamente i fenomeni ma- gnetici. A "e collera nu A 393 La teoria dell'autore resta sempre un modello, di cui non si deve esagerare l’importanza, sia in riguardo al suo grado di verosimiglianza, sia in considerazione della sua utilità come guida a nuove ricerche. Tanto più se si pensa che il far astrazione da qualunque specie di forze interne molecolari, all'infuori di quelle che nasce- rebbero dalla polarità magnetica degli ultimi elementi, sembra una ipotesi, se non azzardata, almeno tale che avrebbe bisogno di essere discussa e giustificata, anche per metterla d’accordo colle odierne vedute dei fisici intorno alla struttura molecolare dei corpi; e che effettivamente occorra tener conto di altre forze, oltre alla polarità magnetica, lo riconosce lo stesso autore laddove trova necessario di far intervenire la così detta viscosità e i moti termici. I lavori dello Honda sono adunque assai pregevoli, senza dubbio, ma i risultati ottenuti non hanno quel carattere di novità o quel grado d'importanza scientifica o tecnica che si deve richiedere affinchè l’opera possa essere segnalata come meritevole del premio. JEFFREYS HAROLD. Il gruppo dei lavori presentati dal Sig. Harold Jeffreys si impone alla nostra attenzione per la varietà grande delle questioni trattate, che sono tra le più vitali del momento pre- sente nel campo della geofisica e della geomeccanica, della cosmogonia del sistema solare e della meccanica celeste. S'impone anche per la mole veramente notevole, prodotto di un lavoro straordinario compiuto nel periodo esattamente quadriennale prescritto dal concorso. È finalmente ammirabile l’ardire col quale l’autore attacca problemi nuovi, che sembrano i meno accessibili ai metodi matematici e i più impenetrabili al potere dell’analisi. Dare un'analisi completa della produzione scientifica in esame non è cosa facile senza uscire dai limiti di una Relazione accademica, ed entrare in troppi particolari di indole essen- zialmente matematica. Tuttavia un esame sintetico degli argo- gomenti che sono oggetto delle investigazioni dell’autore ed un 394 riassunto dei risultati raggiunti può essere sufficiente per dare un'idea del valore dell’opera. Nel gruppo delle Memorie riguardanti la geofisica (N° 1, 4, 5, 6, 12, 13, 14, 15) troviamo dapprima un lavoro di critica intorno alle ipotesi sulla struttura interna della terra. L'autore parte dalle equazioni stabilite da Herglotz per l'equilibrio ela- stico di un solido costituito in modo conforme all’ipotesi di Wiechert, cioè da un nucleo centrale e da una crosta super- ficiale di densità diversa, ed arriva ad una conferma dei numeri dati dallo stesso Wiechert per le densità ed il rapporto dei raggi. Discute anche alcune ipotesi sulla struttura della luna e tenta una spiegazione del fatto che essa ruota mostrando sempre alla terra la stessa faccia. Altri lavori sono dedicati alle relazioni tra le costanti di elasticità e di viscosità della terra ed i fenomeni della marea e della nutazione euleriana, e ad una valutazione delle pressioni superficiali, che devono svilupparsi per effetto della contrazione dovuta al raffreddamento. Di assai notevole importanza è la ricerca dedicata alle cause che possono produrre i movimenti del polo terrestre, ossia le variazioni di latitudine. In linea generale è noto che esse, in quanto si sovrappongono alla nutazione euleriana, dipendono da variazioni di densità o di distribuzione di massa nel globo ter- restre. L'autore con acuta analisi ricerca gli effetti che sugli spostamenti del polo possono produrre i movimenti periodici dell'atmosfera e le conseguenti variazioni di pressione e di li- vello oceanico, le correnti prodotte da differenze di temperatura nei mari e le precipitazioni atmosferiche. Un'altra causa, pure di carattere periodico, e che l’autore con ipotesi speciali sotto- pone al calcolo, è la variazione di massa superficiale dovuta allo sviluppo della vegetazione nella stagione estiva. Natural- mente, estremamente incerti devono essere i dati di partenza ipotetici in una questione di tal genere, ma è notevole il fatto che l’autore abbia potuto attaccarla. Si occupa infine degli ef- fetti dovuti alle glaciazioni polari. A problemi speciali, che si connettono colla ricerca prece- dente, sono dedicati varii altri lavori sulle correnti di conve- zione nell'atmosfera, ed a quelli che l’autore chiama Problems SERA fi 395 of evaporation e Problems of denudation, e cioè alla diffusione del vapor acqueo nell’aria ed agli effetti che la precipitazione esercita sul suolo come agente di abrasione e di sedimentazione. Con metodi analoghi l’autore prende a trattare quistioni fondamentali di meccanica del sistema solare (N! 2, 3, 7, 8,9, 10, 11). Le modificazioni che l’ipotesi di un mezzo resistente porta al movimento nel problema dei tre corpi sono discusse in due Note. Un'ampia Memoria è dedicata alla legge di distri- buzione dei corpi meteorici nel sistema solare, considerati come sciami di meteore moventisi intorno ad un grosso nucleo. Am- messo il moto stazionario e simmetrico rispetto ad un asse, l’autore trova che gli urti reciproci devono portare le orbite meteoriche ad avvicinarsi a cerchi giacenti in uno stesso piano. È questo un risultato applicabile all’anello di Saturno. Un'altra Memoria è dedicata alla discussione della possi- bilità di formazione del sistema solare per condensazione da una massa gassosa, e l’autore esclude la possibilità che i pia- neti esistenti abbiano avuto una origine di questa specie, tolta la luna. Non è facile seguire l’autore nella molteplicità delle con- clusioni a cui arriva in questioni così complesse. Tuttavia la facilità con cui egli enumera una folla di risultati e la recisione delle affermazioni, confrontata coll’abbondanza dell’elemento ipotetico, non possono a meno di lasciare il lettore perplesso intorno al valore definitivo di queste ricerche scientifiche. In conclusione, volendo riassumere in un giudizio sintetico l'impressione nostra. sull'opera dello Jeffreys, dobbiamo dire che, pur accettando senza troppo discutere le conclusioni a cui egli arriva, queste non assurgono alla importanza di risultati nuovi, che segnino progressi sostanziali nella scienza della terra e del cosmo. Mancando quindi, sia l'originalità vera del metodo ma- tematico, sia l’importanza decisiva dei risultati raggiunti dal punto di vista fenomenologico, la Commissione, pur riconoscendo nell’autore attitudini brillanti di ricercatore, che potranno in seguito condurlo ad una elevata posizione nella scienza, non crede, nelle condizioni attuali, di poterlo proporre per il premio Bressa. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 27 396 MEEK ALEXANDER. L'autore ha raccolto in un volume i dati relativi alle mi- grazioni dei pesci, che formano oggetto dell’industria della pesca, e nel volume è seguito l’ordine sistematico, come più razionale, anche per agevolare la consultazione. Ogni capitolo tratta di una sottoclasse, o di un ordine, di un sott’ordine o di un gruppo sistematico più ristretto, a se- conda della sua importanza o della ricchezza in specie pesche- recce. Una breve introduzione pone il profano al corrente delle cause biologiche e geologiche di migrazione, e della letteratura generale su questo soggetto. Nei capitoli relativi ai varii gruppi sistematici sono pure indicati i lavori dai quali l’autore ha ri- cavato le nozioni diligentemente coordinate nei capitoli stessi e corredate da buon numero di figure, di diagrammi, di cartine in parte originali. Ogni capitolo ha quindi valore di un’accu- rata compilazione nella quale il lettore può trovare quanto si riferisce alla biologia dei varii pesci, sia marini che d’acqua dolce. Particolarmente sviluppati sono i capitoli che riguardano le aringhe, i salmoni, i merluzzi. È fatto un largo posto alla embriologia, al comportamento delle larve e degli avanotti, tenendo però presente la pratica utilità di questi soggetti. Chiude il volume un breve riassunto con considerazioni generali sulle migrazioni e la distribuzione geografica in senso orizzontale e verticale. L’opera del Meek può essere vantaggiosamente consultata nei riguardi delle norme da seguire e da impartire per disci- plinare la pesca, e sopratutto le grandi pesche, senza turbare le condizioni biologiche delle varie specie che sono oggetto di commercio e senza ostacolare la loro riproduzione. Non è tuttavia, per originalità di trattazione e per impor- tanza scientifica dei risultati, così notevole da poter essere se- gnalato come degno del premio Bressa. o Sta ti ate A fa legi eta ti 397 MICHAUD FELIX. Il lavoro principale del Michaud è una estesa Memoria dal titolo Contribution à l’étude des mélanges, pubblicata negli “ An- nales de Physique , del 1916. In questo lavoro l’autore intro- duce alcuni nuovi concetti relativi alle pareti semipermeabili, di cui si fa tanto uso nello studio delle trasformazioni dei mi- scugli, applicando i principî della termodinamica; e in parti- colare l’autore vuol dimostrare la opportunità di considerare delle pareti permeabili soltanto all’entropia e impermeabili alla materia. Stabilisce quindi alcuni teoremi fondamentali e ne fa l'applicazione a diversi casi di miscugli. Le questioni trattate nelle altre pubblicazioni, cioè una Memoria dal titolo Les solutions des gaz dans les liquides negli “ Annales de Physique ,, un articolo nella “ Revue Scienti- fique , sul principio della degradazione dell’energia, e due brevi Note nella “ Revue Générale des Sciences pures et appliquées , sì riferiscono al medesimo argomento e si svolgono intorno ai medesimi concetti stabiliti in quella prima Memoria. Degna di nota è specialmente la trattazione di alcune questioni relative alla soluzione dei gas nei liquidi, dove giunge a spiegare in modo plausibile alcune particolarità interessanti intorno al com- portamento di tali soluzioni. In complesso però i procedimenti ideati dall'autore non conducono alla scoperta di fatti o leggi nuove di notevole im- portanza; una gran parte dei risultati si limita ad una con- ferma di leggi e proprietà note. Rimane infine l’impressione che i metodi suggeriti dall'autore per studiare o dimostrare le proprietà dei miscugli non offrano neppure in generale il van- taggio di una maggiore semplicità e chiarezza nel procedimento dimostrativo. L'opera del Michaud è certamente pregevole e meritevole di molta considerazione dal punto di vista del metodo di ricerca scientifica; ma non raggiunge tal grado d'importanza da indurre la Commissione a proporla come degna del premio. 398 RIDGEWAY WILLIAM. Noto pel suo libro The origin of metallic. currency and weight standards, l’Autore presenta per il premio Bressa il vo- lume: The Dramas and dramatie Dances of non-European races in special reference to the origin of Greek tragedy, Cambridge 1915, che si collega con un suo precedente lavoro dal titolo The origin of tragedy with special reference to the Greek ‘tragedians. In quest'opera egli sosteneva che la tragedia greca ha ori- gine esclusiva dalle primitive celebrazioni degli eroi, cioè dei defunti eroizzati. Che in tale teoria siano parecchi elementi di verità non pare discutibile. Ma essa sembra per un lato con- nettersi troppo strettamente con la dottrina della origine esclu- siva della religione dal culto dei morti, che ora è generalmente sostituita da dottrine più larghe e comprensive, e per l’altro non tener conto sufficiente della parte fondamentale, ben rile- vata ad esempio dal Dieterich, che ebbero nella formazione del dramma i sacri dromena dei misteri. Alla difesa della propria teoria contro le obiezioni altrui, difesa sempre acuta, se non sempre convincente, dedica il Ridgeway l'ampia introduzione del nuovo libro. Nel quale poi, a rincalzo della teoria sulla tragedia Greca, egli studia antiche e moderne notizie sui sacri drammi e le sacre danze dell’Asia Occidentale, dell'Egitto, dell'India, di Giava, dell’Indocina, della Cina, del Giappone e d’altre regioni e giunge alla conclusione che Drammi e Danze son collegati col culto dei morti e che in generale totemismo e venerazione di spiriti delle piante sono formazioni secondarie, germogliate dalla fede nella esistenza dell'anima dopo la morte. Questa trattazione, per quanto ricca di materiali preziosi, lascia perplessi non meno della precedente sulla tragedia Greca. Che ci siano danze e rappresentazioni sacre connesse col culto dei morti, su ciò non cade dubbio; ma che tutte le danze e rappresentazioni sacre siano, almeno in origine, connesse con quel culto, questo non appare appieno dimostrato. E, convien dire, la dimostrazione riesce tanto meno efficace e persuasiva, in quanto nel campo della letteratura Indiana, della Egittologia, 399 dell'Islam, della letteratura dell'estremo oriente, e in quello stesso della storia comparata delle religioni, il Ridgeway si muove con assai minore sicurezza d’informazioni (se non di giu- dizio) che non in quello a lui più famigliare della letteratura Greca. Ciò non toglie che il libro costituisca nel tutto insieme un importante contributo alla storia della Drammatica; ma i suoi pregi non sembrano tali da renderlo meritevole di esser preso in considerazione per il conferimento del premio. SOPER H. E. Il Sig. Soper H. E. presenta un suo brevetto dal titolo: “ Improvements in the method of and means for compiling ta- bular and statistical data (1918) ,. Sono già in uso presso parecchi uffici statistici apparecchi o meccanismi intesi a rendere più rapida, meno faticosa e più sicura tanto l'operazione di classificare i singoli casi osservati, a seconda di certi caratteri o combinazioni di caratteri, quanto quella di contare il numero di individui aventi un dato carattere o combinazione di caratteri. Il dispositivo ideato dal Soper vorrebbe essere una modifica- zione e un perfezionamento di quelli in uso: ma si tratta di una invenzione che manca di carattere scientifico, e per quanto possa presentare una certa utilità pratica nella compilazione di tavole statistiche, non è certamente di tale importanza da poter essere presa in considerazione per il concorso al premio Bressa. SHAPLEY H. Td L’opera che lo Shapley espone nelle sue 12 Memorie con- siste di due parti. La prima, di carattere osservativo, consiste nell’indagare nei diversi ammassi stellari (cluster) globulari il comportamento delle grandezze stellari apparenti in rapporto coll’index coloris; vedere cioè per ogni index coloris, ossia per ogni tipo spettrale, il numero delle stelle rispondenti a ciascuna grandezza apparente. 400 L'autore, pur limitando le osservazioni a quattro o cinque grandezze, in alcuni ammassi, giunge ad un risultato degno della massima attenzione; cioè che, crescendo l’ordine di grandezza, ossia diminuendo lo splendore apparente da una stella a un’altra, diminuisce, nelle stelle dei detti ammassi, anche l’index coloris; le stelle più lucide hanno sempre più gradi di rosso che le più deboli. Una prima conclusione che l’autore trae da queste osser- vazioni è che si possa ritenere nulla, o trascurabile, l’estinzione della luce negli spazi interstellarii. Ma a questo risultato si possono muovere serie obiezioni, cosicchè esso va considerato come assai dubbio, essendo forse probabile che l’assorbimento, tanto generale, quanto selettivo, non sia trascurabile fuori del piano Galattico, allo stesso modo come non lo è (ed anche lo Shapley lo sa) nel detto piano. La seconda parte del lavoro concerne la determinazione delle parallassi degli ammassi globulari. Tre sono i metodi impiegati dall’autore per la stima delle distanze. Il primo, che fu già ideato dallo Hertzsprung, si basa sulla ipotesi che la grandezza assoluta delle stelle variabili del tipo di d Cephei, dette appunto Cefeidi, sia funzione del solo periodo. Il secondo è un metodo che si fonda in massima su di un principio, pure già ammesso da altri, che cioè un ammasso il quale mostri stelle più lucide di un altro è probabilmente più vicino. Più spedito è il terzo metodo, che consiste nel desumere la distanza degli ammassi dai loro diametri angolari, ammettendo che su per giù abbiano tutti la stessa estensione assoluta nello spazio. Una trentina di ammassi, trattati coi due primi metodi, gli dànno un diagramma che mette a riscontro la distanza col diametro apparente, e da questo diagramma egli attinge per gli altri ammassi, di cui è solo noto il diametro, la distanza. In base ai precedenti metodi è possibile allo Shapley pro- cedere ad una grande ricostruzione dell'universo siderale, dove ad ogni oggetto celeste è assegnato il suo posto, sia rispetto all’osservatore terrestre, sia rispetto al piano centrale della Galassia. Ma tutto questo edifizio, attese le enormi incertezze onde sono affette le parallassi determinate dall’autore, è dubbio OTT TATO 401 che possa reggere alla prova dei fatti che verranno in luce nel- l'avvenire. Basta ad avvalorare questo dubbio osservare le enormi differenze fra le parallassi determinate dallo Shapley e quelle calcolate dallo Schouten per gli stessi ammassi, in base alle curve di luminosità di Kapteyn. La lettura delle 12 Memorie presentate dallo Shapley rivela nell’autore una rara abilità nel trarre partito dalle osservazioni in modo da ricavarne quanti più risultati è possibile; ma rivela anche una certa fretta. E conseguenza di ciò è anche qualche contradizione; così, ad esempio, mentre nella seconda Memoria la distribuzione peculiare dei cluster globulari e la loro grande distanza mostrano che essi non fanno parte del sistema galat- tico, e che questo sia distintamente fuori del centro di gravità di quell’ordine di sistemi, nella dodicesima Memoria l'universo galattico comprende anche i cluster globulari, e non c’è più luogo a pluralità di sistemi. Questo cambiamento di concezione fra il principio e il termine del lavoro fa capire quanto ancora siano scarsi e incerti i dati d’osservazione, perchè se ne possa ‘ trarre quella solida costruzione dell’universo che lo Shapley vagheggia. i L’opera dello Shapley è indubbiamente meritevole di grande encomio, e fornisce allo studioso una quantità di dati e di con- siderazioni preziosissime, ma non raggiunge tale grado di per- fezione da indurre la Commissione a proporre che il premio gli sia conferito. ARTHUR SMITH WOODWARD. Conservatore di Geologia nel British Museum, presenta numerose pubblicazioni, delle quali una in collaborazione con Ch. Dawson e un’altra con B. Petronievics. Di vario argomento paleontologico, sono in generale descrizioni di fossili di notevole importanza, ed una sola è di carattere monografico. Due sono discorsi presidenziali tenuti alla Società Geografica di Londra nel 1915 e 1916, nei quali lA. delinea e illustra l’importanza che hanno i resti fossili dei vertebrati nella Geologia storica. Quattro Note sono di argomento antropologico, ed in par- ticolare degna di menzione l’istruttiva guida alla collezione degli avanzi fossili dell’uomo nel Museo Britannico, e l’interessante 402 studio sopra una distinta forma di un uomo primitivo (“On a second skull, etc. ,). Altre due riguardano pure dei resti di mammiferi; in una considera un genere che ritiene nuovo (Aelureidopus), e nell’altra degli avanzi di Cimolestes del Cretacico del Canadà. Sono inoltre da ricordare la breve Nota nella quale discute sull’attribuzione di certe Coproliti ai Selacidi piuttosto che ai Rettili, e l’inte- ressante breve scritto: “ On the pectoral and pelvic arches of Archaeopteryx ,, in cui l’autore ravvisa caratteri essenzialmente sauroidi con qualche analogia con archi dei viventi Ratiti. Ma i lavori più importanti del Woodward sono quelli che prendono in esame i resti fossili dei Pesci, come lo scritto sopra “ A new species of Saurostomus esocinus , (1916), le “ Notes on the Pycnodont fishes , (1917), la descrizione dell’Edestus New- toni (1917), e sopratutto la Monografia sopra “ The fossil Fishes of the english Wealden and Porbeck formations (part I, II) ,, della quale furono pubblicati finora due fascicoli nelle Me- morie della Paleontographical Society di Londra (1916-1918). Si tratta di una accurata descrizione sistematica, corredata d® numerose figure nel testo e da molte tavole, nella quale è esa- minata la ricca fauna fossile dei pesci del Wealdiano e del Porbeckiano inglese, a cominciare dagli Elasmobranchi, coi generi Hybodus, Acrodus, Asterocanthus, ed il nuovo genere Mylaeo- bates. In seguito si passa allo studio particolareggiato dei Te- leostomi, numerosissimi, appartenenti a parecchi generi, due nuovi (Eomesodon, Enchelyolepis). Ma la estesa monografia è per ora incompleta e non può essere considerata nei suoi risultati e nelle conclusioni geostoriche e biologiche; sicchè la Commis- sione, che ha fissato particolarmente la sua attenzione sopra questo lavoro dell’insigne paleoittiologo, non è in grado di ap- prezzarne tutta l’importanza e non crede di poterlo proporre per il conferimento del premio. In conclusione nessuno dei concorrenti vien giudicato me- ritevole del premio. Considerato l'esito negativo del concorso, la Commissione crede opportuno avvertire che tale risultato può attribuirsi a diverse cause, dipendenti dalle condizioni eccezionali in cui si è svolto il quadriennio 1915-18, coincidente si può dire esatta- 403 mente col periodo della guerra mondiale, condizioni che, se da un lato hanno potuto distrarre le menti e l’attività degli stu- diosi e impedir loro di compiere un lavoro regolare e proficuo nel campo scientifico, d'altra parte hanno reso anche difficile il compito della Commissione e dei soci tutti dell’Accademia nella ricerca e nell'esame di lavori scientifici compiuti e di opere pubblicate nel detto quadriennio, tali da meritare di essere prese in considerazione nel concorso al premio. La Commissione perciò sente il dovere di far presente al- l'Accademia questo stato di cose e di chiedere nello stesso tempo se non sarebbe conveniente sospendere pel momento il giudizio definitivo sul conferimento del premio, per provvedere ad integrare il lavoro di ricerca e di esame di quelle opere che, pur essendo state pubblicate nel quadriennio scaduto, potessero per avventura essere sfuggite all'attenzione della Commissione o dei Soci, ed essere così rimaste sconosciute. La proposta della Commissione sarébbe dunque di rinnovare la procedura regolare per il concorso internazionale al premio Bressa, relativo sempre ai soli lavori pubblicati nel quadriennio scaduto 1915-18; nominando perciò di nuovo una prima Commis- sione, che dovrà poi essere integrata a norma del Regolamento, e assegnando un termine alla detta Commissione per presentare la sua Relazione; o meglio affidando il compito medesimo alla Commissione che dovrà giudicare dell’assegnazione del premio Bressa internazionale per il quadriennio che scadrà nel 1922; la quale Commissione avrebbe quindi da conferire due premi, uno per le opere compiute e pubblicate nel quadriennio 1915-18 e l’altro per quelle del quadriennio seguente 1919-22. La Commissione Presidente AnpREA NACCARI CarLo FaBRIZIO PARONA GarTANO DE SANCTIS CorrADO SEGRE FEDERICO PATETTA Guino Grassi Segretario Relatore ErroRE STAMPINI CARLO SOMIGLIANA Francesco RUFFINI QuirINO MAJORANA ERNESTO SCHIAPARELLI 404 RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PER IL PREMTOTNA TE Usa (quadriennio 1915-18) I concorrenti al premio Vallauri dei quali la Commissione ha esaminate le opere sono i sigg. D" PrsanI Michele, Musciacco Augusto, LronaRpI-CATTOLICA amm. Pasquale col Maggiore LuRIA Aristide, VeceLLio Alessandro, VeRrson prof. Enrico, BARNES George Edward, SHapLEY H., Koraro-Honpa, e CirineI Egisto. Nessuna proposta pel premio fu fatta dai Soci dell’Acca- demia. Le memorie presentate dai concorrenti sono le seguenti: 1. Prof. Crrinei. — Quattro esemplari del N. 5 dell’anno VII del periodico “ Fides e Labor, del Collegio Santa Maria, Organo dell’Associazione degli antichi allievi. 2. Pisani MrcHeLE fu ALFonso: a) Cura del Tracoma e della Cheratite vasculosa superficiale (panno grasso della cornea) con l’auto-siero-terapia. Co- senza, Tip. Municipale R. De Rose, 1914. b) La Cataforesi nella terapia delle lesioni sifilitiche dell’occhio. Cosenza, Tip. Municipale R. De Rose, 1915. 3. Muscracco Aueusto da Lecce. — Per un piccolo mistero nel vor- tice dei liquidi. Lecce, Tip. Editrice Leccese, 1917. — Il Restometro. Lecce, Tip. Editrice Leccese, 1917. — Il Restometro. Riassunto. — Postilla sulla differenza di altezza tra due battenti, ecc. — Delle illusioni ottiche spaziali in relazione con la retina umana. Lecce, 1918. — Un tratto d’unione tra spirito e materia (Considerazioni di fisica organica). Lecce, 1918. 4. LronarpI CattoLIca S. E. PasquaLe e Luria Maggiore ARISTIDE. — Fari e segnali marittimi. Torino, Stab. Doyen di L. Simondetti. — Documenti a schiarimento A a I (N. 9). É 405 5. VrceLLio ALessanpro. — Equilibrio cosmico. P. 1%, 3 esemplari. Feltre, Stabil. Tip. P. Castaldi di O. Boschiero, 1916. 6. Verson Enrico. — Il Filugello e l’arte di governarlo. Roma-Napoli, . Società Editrice Libraria, 1917. 7. Barnes Grorce Ewarp. — The Etiology of disturbances of the heart beat. Boston, 1917. — The rationale of Neurasthenia and of disturbances of arterial tension. Boston, 1917. 8. SkapLey (H.). — Outline and summary of a Study of magnitudes in the globular cluster Messier 13, 1916 (Publications of the Astronomical Society of the Pacific, 1916-1918). — The dimensions of a globular cluster, 1917. — Globular clusters and the structure of the Galactic system, 1918. — Studies of magnitudes in star clusters (Proceedings National Academy of Sciences. Washington, 1916-1917): I. On the absorption of light in space. - II. On the se- quence of spectral types in Stellar revolution. - III The colors of the brighter stars in four globular systems. - IV. On the color of stars in the Galactic clouds surrounding Messier 11. - V. Further evidence of the absence of scat- tering of light in space. - VI. The relation of blue stars and variables to Galactic planes. - VII. A method for the determination of the relative distances of globular clusters. Washington, 1917; 6 fase. — Studies based on the colors and magnitudes in stellar clusters (Contribution from the Mount Wilson Solar Observatory ; Nos 115-117, 126, 183, 151-157): I. The general problem of clusters. - II. Thirteen hundred stars in the Hercules cluster (Messier 13). - III A cata- logue of 311 stars in Messier 67. - IV. The Galactic cluster Messier 11. - V. Color-indices of stars in the Galactic clouds. - VI. On the determination of the distances of globular clus- ters. - VII. The distances, distribution in space, and di- mension of 69 globular clusters. - VIII. The luminosities and distances of 139 Cepheid variables. - IX. Three notes on Cepheid variation. - X. A critical magnitude in the se- quence of stellar luminosities. - XI. A comparison of the distance of various celestial objects. - XII. Remarks on the arrangement of the sideral universe. 9. Prase (Fr. G.) and SuapLey (H.). — Axes of symmetry in globular clusters. Washington, 1917 (Proceedings National Academy of Washington, 1917). — On the distribution of stars in twelve globular clusters. Washing- DL 406 ton, 1917 (Contributions from the Mount Wilson Solar Obser- vatory, 129; “Astrophysical Journal ,, vol. XLV, 1917). 10. Hoxpa (K.).. — On magnetic analysis as a means of studying the structure of iron alloys, s. l., 1918. — On the temperature of the reversible A, transformation in carbon steels. Sendai, Japan, 1916. — A criterion for allotropic transformations of iron at high tem- peratures. Sendai, Japan, 1917. — On the magnetic investigation of the states of cementite in An- nealed and Quenched carbon steels. Sendai, Japan, 1917. — and Muragami (T.). — On the thermomagnetie properties of the carbides found in steels. Sendai, Japan, 1918. — — On the structure of the magnet steels and its change with the heat treatments. Sendai, Japan, 1917. — — On the structure of tungsten steels. Sendai, Japan, 1918. — and Oxugo (J.), — Ferromagnetic substances and crystals in the light of Ewing”s Theory of Molecular Magnetism. Sendai, Japan, 1916. — — On the effect of temperature on magnetisation considered from the standpoint of Ewing's Theory of Magnetism. Sendai, Japan, 1916. — — On a theory of hysteresis-loss by magnetisation. Sendai, Japan, 1917. — — On a kinetic theory of magnetism in general. Sendai, Japan, 1918. 11. MurAKAMI (T.). — On the structure of iron-carbon-chromium alloys. Sendai, Japan, 1918. La Commissione dopo un primo esame ha concluso che non potessero essere prese in considerazione agli effetti del concorso le due memorie del D" Pisani coi titoli: Cura del Tracoma e della Cheratite vasculosa; La Cataforesi nella Terapia, in quanto non contengono che osservazioni d’indole clinica, senza alcuna ricerca originale. Le osservazioni sono anche in numero limi- tato e troppo compendiosamente descritte per poter portare ad alcun convincimento sulla bontà dei metodi curativi proposti dall’autore. : Parimenti fu esclusa l’opera presentata dal sig. Alessandro VeceLLIo col titolo: Equilibrio cosmico, Parte I: L'equilibrio nel mondo fisico, perchè mancante di serietà scientifica. Altrettanto dicasi di un breve scritto riguardante una pretesa scoperta del < Pia : 407 sig. CrrinEI, inserito nel periodico “ Fides et Labor , col titolo: Una sorpresa dell'indagine sperimentale. Ispirate ad un puro dilettantismo scientifico, e non basate che sulla più ingenua intuizione sono le memorie presentate dal sig. cav. Augusto Muscracco coi titoli: Per un piccolo mistero nel vortice dei liquidi; Delle illusioni ottiche spaziali in relazione con la retina umana; Un tratto d’unione tra spirito e materia. A questi lavori d’indole quasi filosofica il sig. Musciacco aggiunge la descrizione di un suo apparecchio costruito allo scopo di ottenere la costanza nell’afflusso dei liquidi, e che non presenta che modificazioni di poco significato rispetto ad appa- recchi notissimi. Ragioni intrinseche consigliarono perciò di non prendere in considerazione i lavori del sig. Musciacco. Passando ad opere di ben maggiore importanza e serietà, la Commissione ha preso in attento esame l’opera in due vo- lumi: Fari e segnali marittimi presentata dai sigg. Ammiraglio Pasquale LeonarpI-CATTOLICA e Cap. del genio Aristide LuRIA. In essa è esposto tutto quanto riguarda il segnalamento ma- rittimo, servizio di primaria importanza e di grande interesse internazionale. Quest'opera è di importanza fondamentale per la Marina italiana, la quale prosegue l’opera patriottica iniziata dall'ammiraglio Magnaghi per emancipare i nostri servizi ma- rittimi dagli stranieri. Non si può che compiacersi coi due egregi autori che hanno saputo esporre con chiarezza tutti i principali progressi della scienza moderna relativi all’illuminazione delle coste per la si- curezza della navigazione. Tuttavia la Commissione deve con- cludere per la non presa in considerazione dell’opera stessa, in quanto non si possono in essa riconoscersi quei caratteri di ri- cerca originale scientifica, che costituiscono la condizione fonda- mentale pel conferimento del premio. Il prof. Kotaro Honda, insieme ai suoi collaboratori Mu- rakami ed Okubo ha inviato due gruppi di memorie che la Com- missione ha ritenuto come presentati, oltre che per il premio Bressa, anche pel premio Vallauri. Le 13 Note presentate dal Prof. Honda e suoi collaboratori vanno distinte in due gruppi. Un primo gruppo di nove Note è dedicato allo studio delle 408 trasformazioni allotropiche che subiscono il ferro e le sue leghe ferromagnetiche a diverse temperature, studio eseguito col me- todo dell'analisi magnetica. Questo metodo si basa sulla proprietà seguente delle so- stanze ferromagnetiche, che cioè tali sostanze, poste in un campo magnetizzante non troppo debole, assumono una intensità di magnetizzazione che col crescere della temperatura va dimi- nuendo, da prima lentamente e poi più rapidamente per annullarsi infine ad una temperatura critica, che è una costante caratteristica della sostanza; inoltre, se questa subisce una trasformazione allotropica, a una determinata temperatura, la suscettività ma- gnetica varia bruscamente. L’autore con numerose esperienze ha voluto dimostrare che questo metodo d’analisi magnetica permette di determinare facilmente e con molta esattezza le temperature a cui avven- gono le trasformazioni ed anche la natura di esse. Le ricerche furono estese poi a molte sostanze ferroma- gnetiche, ferro, acciaio al carbonio, acciaio al tungsteno, leghe di ferro e cromo, carburi di ferro. Ne risulta veramente ben dimostrata l’utilità del metodo per riconoscere la struttura delle diverse leghe nelle varie fasi del riscaldamento e del raffred- damento. Il gran numero di misure accurate eseguite su mate- riali di varia composizione, l’accordo dei risultati così ottenuti con quelli forniti dall'analisi termica e microscopica non lasciano alcun dubbio sulla esattezza delle conclusioni a cui giunge l’autore; però, salvo in qualche particolare, coteste conclusioni corrispon- dono in generale a quanto gia si conosceva intorno alla strut- tura degli acciai ed alle trasformazioni che vi si producono per effetto del riscaldamento. Non si può dire adunque che si tratti della scoperta di nuovi fenomeni importanti, ma certamente i numerosi risultati ottenuti potranno rendere preziosi servigi agli studiosi. L'altro gruppo di quattro Note Sulla teoria molecolare della magmetizzazione tratta del modo di spiegare i fenomeni magne- tici nelle sostanze ferromagnetiche, secondo l’ipotesi del magne- tismo molecolare di Ewing. L’autore ammette perciò, secondo tale ipotesi, che i corpi ferromagnetici siano costituiti da complessi elementari formati di magneti, che si orientano poi sotto l’azione di un campo 409 esterno, e che la forza direttrice, antagonista, si riduca a quella. che nasce dalla stessa polarità magnetica permanente degli elementi. In seguito, per spiegare certe particolarità del fenomeno, specialmente della isteresi, fa intervenire anche l’influenza del moto termico e della viscosità. Ma di tale intervento è fatto cenno soltanto in termini generici. Il calcolo conduce a formole complicate, che l’autore poi semplifica con qualche ipotesi accessoria. Riesce così a trovare una rappresentazione del fenomeno che si approssima abbastanza ai risultati sperimentali. Anche il ciclo d’isteresi teorico risulta molto simile a quello reale nel suo andamento generale, ma ha il difetto che dà un valore eccessivo del magnetismo residuo, cioè 0,89 del massimo corri- spondente alla saturazione, cioè almeno una volta e mezza del vero, e anche più in molti casi; come del resto aveva già tro- vato lo Ewing; inoltre questo valore sarebbe costante, mentre sì sa che varia notevolmente da una sostanza all’altra. Qualche altro punto della dimostrazione teorica del feno- meno d’isteresi lascia alquanto a desiderare. In conclusione è questo uno studio paziente e laborioso, dove l’autore ha mostrato molta ingegnosità per superare le difficoltà che gli si presentavano strada facendo; ma, pur su- perandone parecchie, non ha fatto che perfezionare alquanto lo studio del modello di Ewing, senza raggiungere lo scopo, che a quanto pare egli si proponeva, di mostrare che la semplice ipotesi di Ewing può spiegare completamente i fenomeni ma- gnetici. La teoria dell'autore resta sempre un modello, di cui non si deve esagerare l’importanza, sia in riguardo al suo grado di verosimiglianza, sia in considerazione della sua utilità come guida a nuove ricerche. Tanto più se si pensa che il far astrazione da qualunque specie di forze interne molecolari, all'infuori di quelle che nasce- rebbero dalla polarità magnetica degli ultimi elementi, sembra una ipotesi, se non azzardata, almeno tale che avrebbe bisogno di essere discussa e giustificata, anche per metterla d’accordo colle odierne vedute dei fisici intorno alla struttura molecolare dei corpi; e che effettivamente occorra tener conto di altre forze, 410 oltre alla polarità magnetica, lo riconosce lo stesso autore laddove trova necessario di far intervenire la così detta viscosità e i moti termici. I lavori dello Honda sono adunque assai pregevoli, senza dubbio, ma i risultati ottenuti non hanno quel carattere di novità o quel grado d'importanza scientifica o tecnica che si deve richiedere affinchè l’opera possa essere segnalata come meritevole del premio. L’astronomo H. Shapley del Mount Wilson solar Observatory ci presenta un gruppo grandioso di lavori, in cui le più accurate indagini di osservazioni sono poste a base di alcune nuove ed originali vedute sulla costituzione di sistemi astrali (globulars systems, come l’autore li chiama), nei quali si vorrebbero ri- scontrare caratteri generali d’analogia col nostro sistema solare. Due lavori sono fatti in collaborazione col sig. F. G. Pease. L’opera che lo Shapley espone nelle sue 12 Memorie con- siste di due parti. La prima, di carattere osservativo, consiste nell'indagare nei diversi ammassi stellari (cluster) globulari il comportamento delle grandezze stellari apparenti in rapporto coll’index coloris; vedere cioè per ogni index coloris, ossia per ogni tipo spettrale, il numero delle stelle rispondenti a ciascuna grandezza apparente. L’autore, pur limitando le osservazioni a quattro o cinque grandezze, in alcuni ammassi, giunge ad un risultato degno della massima attenzione; cioè che, crescendo l’ordine di grandezza, ossia diminuendo lo splendore apparente da una stella a un'altra, diminuisce, nelle stelle dei detti ammassi, anche l’index coloris; le stelle più lucide hanno sempre più gradi di rosso che le più deboli. Una prima conclusione che l’autore trae da queste osser- vazioni è che si possa ritenere nulla, o trascurabile, l'estinzione della luce negli spazi interstellari. Ma a questo risultato sì possono muovere serie obiezioni, cosicchè esso va considerato come assai dubbio, essendo forse probabile che l’assorbimento, _ tanto generale, quanto selettivo, non sia trascurabile fuori del piano Galattico, allo stesso modo come non lo è (ed anche lo Shapley lo sa) nel detto piano. La seconda parte del lavoro concerne la determinazione delle parallassi degli ammassi globulari. 411 Tre sono i metodi impiegati dall’autore per la stima delle distanze. Il primo, che fu già ideato dallo Hertzsprung, si basa sulla ipotesi che la grandezza assoluta delle stelle variabili del tipo di dò Cephei, dette appunto Cefeidi, sia funzione del solo periodo. Il secondo è un metodo che si fonda in massima su di un principio, pure già ammesso da altri, che cioè un ammasso il quale mostri stelle più lucide di un altro è probabilmente più vicino. Più spedito è il terzo metodo, che consiste nel desumere la distanza degli ammassi dai loro diametri angolari, ammettendo che su per giù abbiano tutti la stessa estensione assoluta nello spazio. Una trentina di ammassi, trattati coi due primi metodi, gli dànno un diagramma che mette a riscontro la distanza col diametro apparente, e da questo diagramma egli attinge per gli altri ammassi, di cui è solo noto il diametro, la distanza. In base ai precedenti metodi è possibile allo Shapley pro- cedere ad una grande ricostruzione dell’universo siderale, dove ad ogni oggetto celeste è assegnato il suo posto, sia rispetto all’osservatore terrestre, sia rispetto al piano centrale della . Galassia. Ma tutto questo edifizio, attese le enormi incertezze onde sono affette le parallassi determinate dall’autore, è dubbio che possa reggere alla prova dei fatti che verranno in luce nel- l’avvenire. Basta ad avvalorare questo dubbio osservare le enormi differenze fra le parallassi determinate dallo Shapley e quelle calcolate dallo Schouten per gli stessi ammassi, in base alle curve di luminosità di Kapteyn. La lettura delle 12 Memorie presentate dallo Shapley rivela nell’autore una rara abilità nel trarre partito dalle osservazioni in modo da ricavarne quanti più risultati è possibile; ma rivela anche una certa fretta. E conseguenza di ciò è anche qualche contradizione; così, ad esempio, mentre nella seconda Memoria la distribuzione peculiare dei cluster globulari e la loro grande distanza mostrano che essi non fanno parte del sistema galat- tico, e che questo sia distintamente fuori del centro di gravità di quell’ordine di sistemi, nella dodicesima Memoria l’universo galattico comprende anche i cluster globulari, e non c’è più luogo a pluralità di sistemi. Questo cambiamento di concezione fra il principio e il termine del lavoro fa capire quanto ancora Atti della R. Accademia — Vol. LV. 28 412 siano scarsi e incerti i dati d'osservazione, perchè se ne possa trarre quella solida costruzione dell'universo che lo Shapley vagheggia. L’opera dello Shapley è indubbiamente meritevole di grande encomio, e fornisce allo studioso una quantità di dati e di con- siderazioni preziosissime, ma non raggiunge tale grado di per- fezione da indurre la Commissione a proporre che il premio gli sia conferito. Il prof. Enrico VeRson, direttore della R. Stazione baco- logica sperimentale di Padova presenta un volume dal titolo: Il filugello e l'arte di governarlo. La Commissione pur ricono- scendo in esso meriti eminenti, tali da renderlo praticamente utilissimo ai bachicultori, non crede possa rappresentare l’opera più ragguardevole, nè quella più celebre del quadriennio, come vuole lo Statuto. Conclude quindi proponendo che non sia presa in considerazione agli effetti del premio Vallauri. Il sig. D" Barnes George Edward ha presentato al concorso due memorie: l’una concernente l’Eziologia dei disturbi del cuore, l’altra sulla neurastenia e sulle alterazioni della tensione ar- teriosa. Circa la prima quistione l’autore adotta la teoria neurogena, , piuttosto che quella miogenica, due eterni campi di dispute tra gli studiosi con argomentazioni anatomo-fisiopatologiche impor- tanti da ambo le parti. Le considerazioni dell'autore sono di vario ordine, tratte dalla fisiologia e dalla clinica, ma senza ne- gare l’importanza della tesi e delle argomentazioni sostenute dall'autore, si può affermare che vi manca la nota originale e decisiva e sopratutto che l’autore non presenta risultati speri- mentali suoi proprii, onde anche accettando le conclusioni spe- culative del medesimo il suo lavoro non sarebbe di tale natura da poter essere preso in considerazione per il premio Vallauri. E altrettanto è necessario concludere per il lavoro sulla Neurastenia che è fatto di una serie di considerazioni interes- santi tratte dalla fisiologia e dalla clinica, ma senza aggiunta di ricerche sperimentali proprie dell’autore. L'argomento è dei più largamente discussi nella medicina moderna e si possono trovare già vagliati tutti gli argomenti e tutte le ipotesi. La Commissione non si meraviglia dei risultati negativi dei 418 suoi lavori sul materiale presentato pel concorso al premio Vallauri. Il quadriennio che corre dal 1915 al 1918 è un periodo così eccezionale nella storia del mondo, che non poteva non avere ripercussione anche sulla produzione scientifica. Essa è stata generalmente scarsa, frammentaria, quali le preoccupazioni generali imponevano. Inoltre i più giovani e validi cultori della ricerca scientifica furono assorbiti in opere attinenti alla guerra, sia per aumentarne i mezzi di offesa, o rinforzare quelli di di- fesa, o per attenuarne gli effetti disastrosi. Anche in tale opera si potrebbero forse riscontrare caratteri di genialità che uniti alla sua alta importanza sociale, avreb- bero potuto offrire all’Accademia campo pel conferimento del premio Vallauri. Ma essa è ancora mal nota e di non facile ac- cesso. Un tentativo fatto in seno alla Commissione per presen- tare all'Accademia proposte estranee al gruppo dei concorrenti, non ha avuto successo. Alla Commissione non resta quindi altro còmpito che pro- porre all'Accademia che per quanto concerne il III premio Vallauri per le Scienze fisiche sia applicato l’art. 6 dello Statuto e cioè che il premio stesso vada ad aumento del capitale e serva così ad accrescere coì proprì interessi i premi successivi. La Commissione: Il Presidente dell’ Accademia A. NACCARI. Commissari C. SomeLiaNnA, Segretario relatore G. GrassI E. D’OvipIo C. F. PARONA N. JADANZA F. Sacco. 414 Relazione intorno alla seconda conferenza accademica inter- nazionale. EcrEGI COLLEGHI, Con i poteri da voi conferitici, dopo approvata la nostra relazione, nella adunanza a classi unite del 6 luglio scorso, noi partecipammo come vostri delegati alla seconda conferenza ac- cademica internazionale per le scienze filologiche, archeologiche, storiche, morali, politiche e sociali, che si tenne in Parigi dal 15 al 18 ottobre 1919. Mentre al precedente convegno di maggio non erano rap- presentate che le accademie di sette Stati (Stati Uniti d'America, Belgio, Francia, Grecia, Italia, Giappone, Romania), al secondo erano rappresentate quelle di ben undici (Stati Uniti, Inghilterra, Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Olanda, Italia, Giappone, Polonia, Russia); tre altri Stati avevano aderito (Spagna, Ro- mania, Norvegia); le accademie di tre altri, pur non potendo prendere pel momento deliberazioni definitive a causa delle ferie, facevano però prevedere la loro adesione (Finlandia, Portogallo, Ceco-Slovacchia). Come si vede, la iniziativa assunta dalla Ac- cademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Parigi per la unione accademica internazionale è stata dunque coronata dal meritato successo, e lo schema di statuto da noi elaborato nel maggio 1919 ha ottenuto, in massima, larga approvazione dalle altre acca- demie scientifiche. Delle accademie invitate mancavano soltanto, oltre quelle di Serbia, Brasile e Cina di cui non eran giunte in tempo le risposte, che possono prevedersi favorevoli, quelle di Svezia e Svizzera. Per la Svezia l'Accademia di Stoccolma ha dichiarato “ che sarà lieta di partecipare alla Unione quando sarà possibile invitarvi tutte le nazioni ,. Quanto alla Svizzera, pur non avendo essa aderito ancora, assisteva però alle nostre adunanze un rappresentante ufficioso per render conto dell’opera nostra alle società scientifiche svizzere e prepararne la eventuale adesione. 415 Giusta la relazione che vi facemmo e le vostre delibera- zioni, noi ci proponevamo: 1° di chiarire l’art. XI intorno al contributo da darsi al bilancio ordinario dell’Unione da ciascuno de’ suoi membri; 2° di dare maggiore elasticità all’art. XII circa le proposte di ricerche e pubblicazioni; 3° e soprattutto, d’insistere perchè l’art. IV, conforme ad un emendamento già da noi presentato ed approvato nella sessione di maggio, non contenesse nessuna esclusione; ma lasciasse aperte le porte, con le debite cautele, a tutti quelli da cui può attendersi una onesta e cordiale collaborazione. Il testo dell’art. XI nello statuto definitivo, che è allegato alla presente relazione, precisa nel modo più chiaro che la con- tribuzione annua deve pesare sulle nazioni e non sulle singole accademie. Esso infatti dice che il bilancio ordinario è alimen- tato da contribuzioni eguali per tutti i membri della U. A. I.; dove il senso in cui è adoperato il termine membro è chiarito dall'art. IV: “ chacune des deélégations nationales est dite en son ensemble membre de l’Union ,. Noteremo qui inoltre che il nostro Ministro degli Esteri ha preso, per bocca del sen. Lan- ciani rappresentante dell’Accademia dei Lincei, impegno formale di mettere a disposizione della delegazione italiana una somma ben superiore ai 2000 franchi, che sono stabiliti come contributo provvisorio per ciascuno Stato, e che tale dichiarazione rendeva inutile per parte nostra ogni riserva di carattere finanziario. L'art. XII poi circa le proposte di ricerche e pubblicazioni, pur rimanendo inalterato per ciò che riguarda le condizioni finanziarie e tecniche per l'accoglimento delle proposte, venne però, a richiesta nostra e di un delegato belga, precisato nel senso che la iniziativa di tali proposte può partire: 1° dai membri della Unione, cioè dalle delegazioni nazionali; 2° dalle singole accademie partecipanti, le quali potranno anche delegare com- missari speciali per discuterne nelle adunanze dei delegati; 3° da} consiglio direttivo della Unione. Crediamo d’avere così nel modo migliore assicurato l'autonomia e la libertà d’iniziativa alle accademie singole, mentre al tempo stesso è resa possibile la federazione di due o più accademie d’uno stesso Stato o di più Stati per un comune lavoro scientifico. Venendo all’art. IV, che per una trasposizione d’articoli è divenuto il V, esso ora stabilendo che sull’ammissione di nuovi 416 membri si vota a scrutinio segreto e si richiede la maggioranza dei tre quarti sulla totalità delle voci, risponde in tutto, ci sembra, ai desiderati da voi espressi. Cioè esso afferma virtual- mente la universalità della Unione accademica, mentre, come ap- punto suggerivamo nella relazione da voi approvata, circonda il voto delle cautele necessarie “ a piena guarentigia contro am- missioni che potessero riuscire inopportune ovvero odiose, o che fossero tali da ‘turbare anzichè promuovere la serenità della collaborazione scientifica ,. Per tutto il resto, senza che noi entriamo in una minuta e particolare disamina, il confronto tra lo schema di statuto ap- provato nel maggio e lo statuto definitivo mostra come non c'è articolo che non sia stato sottoposto a rigorosa revisione e ad attenta elaborazione per precisarlo e migliorarlo: alla quale ela- borazione abbiamo cooperato noi stessi come meglio abbiamo saputo. Nè solo abbiamo rivolto la nostra attenzione allo statuto. Ma anche rispetto al voto presentato da un delegato americano al nostro convegno per porre la conservazione dei monumenti e la direzione delle ricerche archeologiche nei territori dell’im- pero ottomano, quale era nel 1914, sotto la sorveglianza di una commissione internazionale, che sarebbe nominata alla sua volta da una delle commissioni la cui nomina è preveduta dal patto della Società delle Nazioni, noi intervenimmo sostenendo due riserve. Queste riserve, che ci parvero assai opportune a sal- vaguardare tanto gli interessi della scienza quanto quelli del- l’Italia e che vedemmo con piacere approvate da tutti i colleghi, sono: 1° che i commissarî archeologici vengano nominati dai corpi competenti delle nazioni interessate; 2° che la sorveglianza della commissione internazionale non sì estenda ai territori del- l'impero ottomano assegnati ad una Potenza in piena sovranità, ai quali si applicheranno anche per le antichità e gli scavi le leggi e i regolamenti nazionali. i Voi vedete del resto anche dalle numerose proposte di ri- cerche e pubblicazioni registrate nell'atto verbale della Confe- renza, come sia vivo e fattivo in tutti i partecipanti all'Unione il desiderio di lavoro intenso e fecondo. Essendo peraltro tas- sativamente prescritto dall’art. XII dello statuto che proposte di tal fatta per essere prese in considerazione debbano presen- 417 tarsi con modalità determinate al comitato dei delegati del- l'Unione eletto con le norme stabilite all'art. IV, esse non po- tevano essere presentate alla nostra conferenza se non a titolo provvisorio ed ufficioso, e fu perciò stabilito esplicitamente che non dovessero creare rispetto ai loro argomenti alcun di- ritto di priorità in favore di chi le presentava. Ciò a salva- guardia delle accademie, che per allora non potevano fare alcuna proposta. Tra le quali è la nostra. Perchè, non avendo alcun mandato specifico da voi in tal materia, e non avendo nessun affidamento intorno al contributo finanziario che l'Accademia o chi per essa avrebbe potuto dare per l'attuazione di studi o ricerche, noi ci astenemmo dal fare proposte in vostro nome, non volendo oltrepassare il mandato da voi conferitoci e non potendo di nostro capo prendere per conto vostro quegli impegni che sono richiesti al comma 3° dell'art. XII. È sempre del resto pienamente libera la nostra Classe di preparare e presentare quelle proposte che creda, quando ritenga di avere i mezzi per finanziarle. Al presente, poichè le proposte provvisorie pervenute all'Unione, nei termini generici in cui sono registrate nell’atto verbale, non possono fornire argomento di utile discussione, noi dobbiamo attendere che il segretariato provvisorio, già impiantato a Bruxelles, ce le trasmetta man mano nella redazione definitiva e nelle condizioni prescritte dall’ar- ticolo XII, come già ha cominciato a fare. E toccherà alla Classe di presentare in merito le sue osservazioni, che dovranno essere discusse con quelle delle altre accademie nella prima tornata ordinaria dei delegati dell’Unione. È bene poi osservare fin da ora che non mancano proposte le quali hanno grande interesse per l’Italia e non possono effettuarsi senza valida collaborazione italiana, quelle p. e. presentate dall'Accademia dei Lincei pel Corpus inscriptionum e per la Forma orbis Romani; e che dovrà essere intento della nostra Classe assicurare a questa R. Ac- cademia nella attuazione di imprese di tanta importanza quella parte che per la sua autorità e le sue tradizioni le compete. Urge frattanto che la presidenza della nostra Accademia si ponga in relazione con l'Accademia dei Lincei e con le altre Accademie Reali italiane, quelle specialmente che hanno risposto al nostro invito facendoci prevedere condizionata o incondizio- nata la loro adesione, per costituire in Italia quell’aggruppa- 418 mento dei corpi scientifici nazionali, preveduto dall’art. IV, che dovrà provvedere alle modalità della nomina dei due delegati italiani ed eventualmente all'esame di proposte collettive di lavori e ricerche da presentarsi all'Unione. A tal uopo sarà da ‘ esaminare, d'accordo con le altre Accademie Reali, la opportunità d’un convegno di rappresentanti delle Classi morali delle singole Accademie, che potrebbe per esempio tenersi in Roma nelle prossime ferie pasquali. Ed ora a noi non resta che deporre nelle vostre mani il mandato affidatoci, che crediamo di avere debitamente adem- piuto, e chiedervi la ratifica della firma da noi apposta in vostro nome e in virtù dei poteri da voi conferitici, allo statuto defi- nitivo della U. A. I. Ma prima di chiudere è nostro gradito dovere ricordare il tono amichevole e veramente fraterno, che regnò in tutte le discussioni del congresso, la cordialità che fu sempre e da tutti dimostrata a noi delegati italiani, l'assenza di qualsiasi velleità d’imperialismo scientifico per parte di qualsiasi nazione, il tatto e la volontà sincera di accordo, con cui le discussioni furono dirette dai colleghi francesi che avevano preso l’iniziativa della Unione. Ai quali, e segnatamente ai Sig" Senart presidente e Homolle segretario della conferenza, noi crederemmo perciò do- veroso che si esprimesse la gratitudine e il plauso della nostra Accademia. Signori: è certamente prematuro il dire quali potranno essere i risultati positivi che si otterranno nel campo delle scienze morali per mezzo della nuova Unione. Noi li auguriamo amplissimi, e auguriamo che la nostra Accademia vi contribuisca efficacemente così come ha efficacemente contribuito al costi- tuirsi della Unione stessa. Ma questo possiamo dire, che già lo stesso raccogliersi tra tanti popoli un fascio così ragguardevole di forze miranti al progresso delle scienze da noi professate è un fatto d'alto valore umano e civile. Dall’attuazione di esso non doveva rimanere assente, e non è rimasta assente, l’Italia. E noi ci sentiamo onorati di avervi attivamente partecipato come rappresentanti di questa insigne Accademia Reale. FEDERICO PATETTA. Gaetano De Sanctis Relatore. 419 STATUTS DE Union Académique Internationale. ;È Les corps savants ou groupes de corps savants appartenant aux nations dont les noms suivent et représentés par des dé- légués munis de pleins pouvoirs ou dùment qualifiés: Amérique (Am. philosophical Society, Am. Academy of Arts and Sciences, Am. philosophical Association, Am. philolo- gical Association, Am. oriental Society, Modern Language As- sociation of America, Archaeological Institute of America, Am. historical Association, Am. Antiquarian Society, Am. Economie Association), Belgique (Académie royale des Sciences, des Lettres et des Beaux-Arts de Belgique), Danemark (Académie royale des Sciences et Lettres de Danemark), France (Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, Aca- démie des Sciences morales et politiques), Grande Bretagne (British Academy), Grèce (Délégation du Gouvernement hellénique, suppléant l’Académie d’Athènes dont la création est prochaine), Hollande (Académie royale des Sciences), Italie (Académie nationale des Lincei de Rome, Académie royale des Sciences de Turin), Japon (Académie Impériale), Pologne (Académie polonaise des Sciences de Cracovie), Russie (Académie des Sciences de Russie), estiment qu'il y a lieu de régler par un accord nouveau les relations corporatives des académies et corps savants, en vue de la collaboration scientifique internationale. 420 E. Le but de cet accord est la coopération au progrès des études par des recherches et des publications collectives, dans l’ordre des sciences cultivées par les académies et institutions scientifiques participantes: sciences philologiques, archéologiques et historiques, sciences morales, politiques et sociales. III. A cette fin, les corps savants et groupes de corps savants énumérés à l’article IT décident de se grouper en une fédé- ration scientifique qui port le nom d’Union Académique interna- tionale (UAI). Par le mot Union ils affirment les sentiments de confra- ternité amicale, confiante, égale et libre dont ils sont animés et dont s’inspire la fédération. Le mot Académique s'entend d’abord et avant tout des corps savants proprement appelés académies et ayant un caractère national; il embrasse aussi, soit è défaut d’académies, soit à coté de celles-ci et d’entente avec elles, les institutions scien- tifiques, assimilables en raison de leur caractère national, de leur consécration scientifique, de la nature et de la méthode de leurs travaux, qui, dans chacun des pays affiliés à l'Union, ont deécidé ou décideront de se grouper et de se donner une repré- sentation collective. IV. Chacune des nations, quel que soit le nombre des académies ou institutions scientifiques participant, pour leur compte, è PUAI, est représentée par deux délégués. Ces délégués sont désignés dans chaque pays par les corps savants ou le groupe des corps savants affiliés è l’Union. La composition de ces groupes est réglée librement par chacune des nations appartenant à VUAI, sous la réserve qu'elle sera notifiée à celle-ci. Chacune des délégations nationales est dite, en son ensemble, membre de l’Union. VA Les corps savants ou groupes de corps savants des nations qui ne sont pas comprises dans la liste de l’art. I°", s'ils dé- 421 sirent faire partie de l’Union Académique Internationale, font connaître leur intention, soit directement, soit par l’entremise de trois des membres de l’UAI. Il est statué sur l’admission au serutin secret, à la majorité des trois quarts de la totalité des voix de l’UAI, exprimées directement ou par correspondance. VAR Les délégués réunis composent le Comité de l’Union; ils élisent le Bureau directeur de l’UAI, ils délibèrent et statuent sur toutes les questions d’intérét général, en particulier sur les admissions de membres nouveaux, sur les projets de recherches ou de publications collectives, sur la gestion des finances de lPUAI. Les décisions du Comité sont prises à la majorité absolue des voix, sauf en ce qui concerne les admissions des membres nouveaux et les modifications aux statuts, pour lesquelles la majorité des trois quarts est requise (art. V et XIII). Chaque membre dispose de deux voix: en cas d’absence motivée d’un des délégués, le délégué présent jouit du double vote. Le Comité ne peut délibérer valablement que si plus de la moitié des membres participe à la délibération. VELE, Le Bureau du Comité se compose de un président, deux vice- présidents, un secrétaire et deux secrétaires-adjoints. Il est élu pour une durée de trois ans, il se renouvelle par roulement, au tirage au sort, à raison de un président et un secrétalre par année. Les membres du Bureau sont rééligibles, mais pas immé- diatement après la fin de leur mandat. Une méme nation ne peut étre représentée à la fois dans le Bureau par plus d’un de ses délégués. Le Bureau préside aux délibérations du Comité, contròle l’administration générale de ’UAI et l’avancement de ses travaux. Il a qualité pour prendre, dans l’intervalle des sessions, les mesures urgentes et convoquer au besoin le Comité. 422 VIIL L’Union Académique internationale élit pour son siège per- manent la ville de Bruxelles. Il y est établi un secrétariat ad- ministratif, par les soins de la délégation belge, chargée, sous le contròle du Bureau, de l’expédition des affaires courantes, de la correspondance, de la garde des archives, de la gestion du budget ordinaire administratif (art. XI), et éventuellement des fonds qui pourraient advenir au secrétariat de Bruxelles par dons, legs ou fondations destinés aux ceuvres de l’UAI. La langue frangaise est adoptée comme langue officielle de 1’ UAI pour la correspondance et toutes les pièces administratives. IX. Les délégués se réunissent au moins une fois l’an à Bruxelles en session ordinaire. Ils fixent è chaque réunion la date de la suivante. Ils peuvent étre convoqués hors session par le Bureau si celui-ci le juge nécessaire. X. Des réunions extraordinaires, ayant le caractère de solen- nités scientifiqgues ou de fétes confraternelles, et auxquelles se- raient conviées en corps les académies ou institutions assimilées faisant partie de l’UAI, peuvent avoir lieu, sans périodicité ré- gulière, sur l’initiative spontanée et par invitation spéciale d’un des membres de l’Union, dans l’un ou l’autre des pays qui y ont adhéré. XI. L’Union académique internationale est pourvue d’un budget qui comporte deux chapitres: Budget ordinaire ou administratif, destiné aux dépenses du secrétariat de Bruxelles; Budget extra- ordinaire ou scientifique, destiné aux recherches et publications. Le premier est alimenté par une contribution égale pour tous les membres de 1UAI. 423 Le second est constitué, au fur et è mesure des besoins, par les soins des membres de l’Union qui auront pris l’initia- tive et assumé la charge de recherches ou de publications ap- prouvées par l’Union, soit aux frais des gouvernements ou des bureaux directeurs dont ils relèvent, soit au moyen des res- sources dont l’UAI disposera ou des fondations dont elle pourra bénéficier. La diversité des législations en matière de donations pouvant s'opposer è ce que l’UAI en regoive directement, il paraîtrait expédient qu’en chaque pays les donations fussent faites aux corps savants intéressés, avec affectation spéciale à l’UAI, ou qu'elles fussent attribuées pour la méme fin au secré- tariat permanent de Bruxelles. XII. Les membres de I’UAI devront étre saisis, au moins quatre mois avant la réunion du Comité, des projets de recherches ou de publications que l’on se proposerait de soumettre à celui-ci, afin que les délégués puissent recevoir du corps savant ou du groupe de corps savants qu’ils représentent des instructions et un mandat définis. L’initiative des recherches ou publications peut étre prise soit par chacun des membres de l’Union ou des corps savants représentés, soit par le Bureau de l’Union. Dans tous les cas, les auteurs de la proposition doivent, outre la mention très précise du sujet, l’exposé des motifs, le plan du travail], l’estimation des dépenses, indiquer la mesure dans laquelle ils comptent eux-mémes contribuer scientifiquement et financièorement è l’exécution, les collaborations ou concours qu’ils demandent ou dont ils se sont assurés. Ils peuvent dé- signer des commissaires spéciaux pour la discussion en comité. Le corps savant ou les corps savants qui auront assumé la charge d’une recherche ou publication avec l’assentiment du Comité, en auront la direction sous son contròle; ils organiseront le travail, en désigneront le siège, en choisiront les collabo- rateurs, et les réuniront quand ils le jugeront nécessaire. Si la proposition émane du Bureau, le Comité, après l’avoir examinée et approuvée, délibère sur les moyens d’exécution; il constitue les commissions spéciales qui sont chargées, sous son contròle, de diriger les recherches ou publications. 424 XIII. Les propositions de modifications aux statuts doivent éètre présentées par trois membres de l’Union, quatre mois au moins avant la réunion du Comité. Le vote sur ces propositions a lieu dans les mémes con- ditions que le vote sur les admissions de membres nouveaux (art. V, VI), à la majorité des trois quarts. Ont signé: W.H.BucgLer...... Etats-Unis d’ Amérique Louis Gra SO a HOPIRENEESSO., do sa Belgique Jie ia. Pasta, si JT cHErBERGIO dle Danemark Orto JESPERSEN. . .... S, Éire SENART. . ..... France TufgopHiLe HomoLLe . . . Lo Ém. Bourrovx ...... s ArtHUR CHUQUET. .... x Frépéric G. KENYON. . . Grande- Bretagne D:Reris li e aaa Grèce MKEBEDEII I a C. van VOLLENHOVEN . . . Hollande J.J.SALvERDA DE GRAVE. 5 MIANCIANIA Lotte e Italie Gr. "o. Baer. 1. A Bi. Pareitiur oh 5. 4 Ki. Onozuia uit he Japon I TARAEGSI, allen 5 Casimir MoRAWSKI . .., Pologne JEAN RozwADOWSKI ... 5 M. RosrostzEFF. ..... Russie Gli Accademici Segretari CarLo FaBRrIZIO PARONA ETTORE STAMPINI 425 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 15 Febbraio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, De SancrIs, BronpI, EINAUDI, Baupi pi Vesme, VipARI, PrATO, CIAN, VALMAGGI, @ STAMPINI Segretario della Classe. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza del 1° febbraio corr. Il Vicepresidente Rurrini dichiara che non potè essere pre- sente a parecchie delle precedenti adunanze per ragioni di pub- blico ufficio in Roma e fu anche impedito di darne avviso alla Classe per lo sciopero postale, prima, e poi per lo sciopero ferroviario. i L’Accademico Segretario presenta alla Classe l'opuscolo del Socio corrispondente Cosimo BeRTACCHI, inviato da questo in omaggio, Giuseppe Dalla Vedova e il moderno indirizzo degli studi geografici in Italia (estratto dalla “ Nuova Antologia ,). La Classe ringrazia. Il Socio Prato presenta per la pubblicazione negli Atti una sua Nota dal titolo Un tentativo di banco pubblico a Mantova nel 1626. 426 GIUSEPPE PRATO LETTURE Un tentativo di banco pubblico a Mantova nel 1626 Nota del Socio nazionale residente GIUSEPPE PRATO Ebbi, tempo addietro, occasione di segnalare un caratteri- stico tentativo di istituto bancario avvenuto in Mantova, nel 1756, con intenti e funzioni assai complessi di assicurazione, di depo- sito, di sussidio al commercio (1), ricordandone l’insuccesso, a cui seguì una breve risurrezione nel 1785 (2). Ma per altri e maggiori titoli le vicende fortunose della insigne città lombarda si connettono a quella evoluzione delle forme bancarie che è vera gloria della storia economica italiana. I documenti contabili dei regolari rapporti fra l’avveduta ed ordinata gestione della casa Gonzaga ed i banchieri veneti (autentici libretti di conto corrente, di cui parecchi si conser- vano nell'Archivio mantovano) porgerebbero un interessante ma- teriale di studio a chi si facesse ad indagare i peculiari aspetti (1) Cfr. Problemi monetari e bancari nei secoli XVII e XVIII, in “ Do- cumenti finanziari degli stati della monarchia piemontese ,, serie 1, vol. III, Torino, 1916, p. 120 e sg. x. (2) Cfr. C. D'Arco, Studi intorno al municipio di Mantova, dall’origine di questo all'anno 1863, vol. V, Mantova, 1872, p. 18. Questo secondo tentativo era stato preceduto da provvedimenti diversi intesi ad affidare ad altri istituti qualcuno dei compiti che si eran voluti concentrare nella Casa di commercio del 1756. Così il 25 maggio 1781 si ordinava venisse fondato in Mantova un monte aggregato a quello di $.'* Teresa di Milano, presso il quale ciascuno potesse depositare in pegno qualunque quantità di sete na- zionali, ricavandone 2/3 del valore, con facoltà di riscattarle entro l'anno col pagamento del 4%. Fin dal 1770 poi il monte nuovo di pietà veniva incaricato di prestar fondi al 2 °/ ai possessori di terre incolte che si ob- bligassero a migliorarle. Ibiîd., p. 21, e vol. VI, p. 142. UN TENTATIVO DI BANCO PUBBLICO A MANTOVA NEL 1626 427 della vita commerciale nei secoli XIV e XV (1). Ma fra le carte di quella preziosa raccolta pure esiste la prova che la famiglia principesca, la cui amministrazione privata e pubblica offrì tanti esempi di acuto senso economico e di accorto spirito mercantile, vagheggiò altresì il disegno di dotare lo stato d’un organo di credito proprio, e tentò di tradurlo in atto, alla vigilla della estinzione del suo ramo principale, in forma caratteristica. Il Banco di S.'8 Barbara, creato con l'ordinanza che trascrivo da una rara (probabilmente unica) stampa di quell’archivio (2), non potè certo segnalarsi per attività molto proficua, perchè, quattro anni soltanto dopo la sua fondazione, nel sacco della città andò travolto e distrutto. Negli anni stessi d’altronde della breve sua vita non sembra crescesse a importanza considerevole, se gli storici di quel memorando periodo non ne parlano mini- mamente. Non vi accenna il Maffei, scrivendo pochi anni dopo (8). Nè alcuna traccia se ne incontra nelle cronache di Scipione Capilupi e di Giovanni Mambrino (1628-1631) pubblicate da C. D'Arco, neppure là dove essi ricordano le depredazioni del monte di pietà e del ghetto e banchi degli ebrei compiute dai nemici nel 1630 (4). Anche gli annalisti che con maggior pro- lissità analitica riferirono gli avvenimenti della città in quel secolo non avvertirono come episodio degno di memoria la fondazione di cui ci occupiamo. Così Francesco Tonelli, che, per l’anno 1626, racconta perfino quanti furono in città a raggiun- (1) Un libretto del 1370-76, che elenca i depositi del terzo capitano Ludovico a Venezia, è così intestato: “In Christi nomine Amen M®* D. D. Lu- dovicus de Gonzaga habet infrascriptos denarios ad cameram imprestitorum in civitate Veneciarum ut inferius continetur scriptos in contrata S. Boldi de Veneciis ,. Ogni cifra porta distinta l’intestazione: “ Hoc est capitale — hec est utilitas ,. I conti si liquidavano ogni semestre; p. e., nel 1376, così: “ Facta ratione XX marcii MCCCLXXVI videtur quod omnia impre- stita sunt in summa duc. LXXX m XVI auri, s. VII p. Tangit omni medio anno duc. MM auri, s. XXV p. ,. Il banco corrispondeva un tasso del 5 °/o, che fu ridotto pochi anni dopo. Cfr. A. Luzio, La galleria dei Gonzaga ven- duta all’Inghilterra nel 1627-28, Milano, 1913, p. 3. (2) Devo l'indicazione dell’interessante documento alla cortesia di Ales- sandro Luzio. (3) Cfr. Gli annali di Mantova, Tortona, 1675. (4) Cfr. Raccolta di cronisti e documenti storicì lombardi inediti, Milano, 1857, v. II, p. 465 e sgg. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 29 428 GIUSEPPE PRATO gere l’età nonagenaria, e ci ragiona attorno con rimpianto (1). Spiegasi quindi come il D'Arco non menzioni anch'egli il banco, mentre ricorda le vicende fortunose del monte di pietà eretto nel 1484 da Francesco Gonzaga coi consigli e l’opera del padre Bernardino da Feltre, e depauperato dal duca pei bisogni della guerra prima che la soldatesca vittoriosa lo ponesse a sacco (2). Onde sembra, in complesso, plausibile l’ipotesi che, nei quattro anni di sua esistenza, il nuovo istituto, forse per l’oscurarsi dell'orizzonte politico, neppure abbia potuto affermare efficace- mente la propria personalità. Non dunque nella sua entità in- trinseca e nella utilità pratica della funzione svolta deve rav- visarsi l’importanza del banco; la quale appare invece non spregevole nella sua struttura formale, fatta ragione dei tempi in cui avvenne lo sfortunato esperimento. Cronologicamente il Banco di S.*# Barbara non può preten- dere titoli di priorità. È anzi piuttosto una delle ultime mani- festazioni della tendenza di reazione contro i pericoli della libertà bancaria, che si espresse nella fondazione dei banchi di deposito, sorti o riformati nei principali centri commerciali di Europa fra la fine del secolo XV e gli inizi del XVII (sec. XV: Barcellona, Valenza, Saragozza; XVI: Palermo, Messina, Tra- pani, Genova, Napoli, Venezia, Milano; XVII: Amsterdam, Rotterdam, Amburgo, Norimberga). E giunge quando il bisogno economico di cui tali istituti eran stati frutto ed espressione già accenna a declinare sotto la spinta delle esigenze nuove e degli orientamenti politico-sociali diversi, onde scaturiranno fra breve le prime banche di emissione in senso proprio; non senza che il prossimo avvento di queste creazioni dell'economia mo- derna fin d’allora si preannunci nel graduale alterarsi della rigidità di ordinamenti inizialmente prescritti a quegli organi di difesa dei mercati contro le intemperanze della speculazione libera (3). A Venezia, fra l’altro, che è la piazza con cui Man- (1) Cfr. Ricerche storiche di Mantova, Mantova, 1800, t. IV, p. 100. (2) Cfr. Studi intorno al municipio di Mantova, dall'origine di questo all'anno 1863, v. VII, p. 139 e sgg. (3) Ho analiticamente esposti gli aspetti caratteristici di quell’interes- sante momento storico in Problemi monetari e bancari nei secoli XVII e XVIII, Torino, 1915, p. 3 e sgg. e passim. UN TENTATIVO DI BANCO PUBBLICO A MANTOVA NEL 1626 429 tova tiene più frequenti negozî, il decadimento del banco-giro si accentua, proprio in quegli anni (1630-1650), attraverso una serie di abusive o tollerate deroghe alle norme statutarie, che ne modificano singolarmente la primitiva fisionomia (1), ren- dendo fra breve necessaria quella riforma di regolamenti (1663) in cui si ravvisa la miglior prova delle gravi malversazioni sofferte (2). Forse alla suggestione di tale esempio devono specialmente riferirsi le misure di estremo rigore che negli ordini qui ripro- dotti troviamo emanate ad assicurare la regolarità di gestione e le garanzie di sicurezza del banco. Il concetto d’una giuris- dizione privilegiata, commessa ai suoi dirigenti, per ogni causa, controversia, trasgressione dal medesimo dipendente, non è nuovo. D'un foro speciale beneficiarono quasi sempre i banchieri medioevali, sebbene talvolta in comune con altre classi di mer- canti (3). Genova, fin dal 1417, conferì a S. Giorgio la piena giurisdizione civile e criminale, col diritto di far pubbliche leggi, civili e penali, col jus gladii fino alla pena di morte per tutte le materie ad esso relative (4), subordinando in seguito perfino la sovranità dello stato a quelle decisioni (5). Ma il legislatore mantovano, pure riconoscendo l'opportunità di sot- trarre questa singolare materia alle lungaggini formalistiche della procedura ordinaria e di assicurare l’ordine e la disciplina dell'istituto, attribuendo al sopraintendente facoltà larghissime di pronta ed esemplare repressione e giustizia, non trascura di considerare i non minori pericoli che dalla negligenza, tolleranza e connivenza degli amministratori possono altresì derivare ai clienti ed al credito del banco; riservandosi il compito di pu- nirne con la massima severità i funzionari ove, per loro omis- (1) Cfr. A. ErrerA, Storia dell'economia politica nei secoli XVII e XVIII negli stati della Repubblica veneta, Venezia, 1877, p. 55 e sgg. (2) Cfr. C. F. Dunsar, Economic essays, New York, 1904, p. 159 e sg. (3) Cfr. A. LartESs, Il diritto commerciale nella legislazione statutaria delle città italiane, Milano, 1884, pp. 201 e sgg., 218. (4) Cfr. H. Srevegina, Studio sulle finanze genovesi del medio evo e in par- ticolare sulla Casa di S. Giorgio (tr. it.), in “Atti della Società ligure di storia patria ,, v. XXXV, p.° 2*, p. 99 e sgg. (5) Cfr. H. Harisse, Cristoforo Colombo e il Banco di S. Giorgio, Genova, 1890, p. 104 e sgg. Atti della R. Accademia — Vol. LV. 29% 430 GIUSEPPE PRATO . sione o colpa, errori o frodi risultino nelle controllate conta- tabilità. La prudenza che si riflette in simili precauzioni, come la enumerazione delle forme e dei modi con cui la buona fede dell'istituto può essere sorpresa, costituiscono un interessante attestato dell’apprezzamento che circa la condotta ed i risultati dei banchi-giro italiani incominciava a prevalere agli inizi del secolo XVII. Gli Ordini e regole del 1663 del Banco del giro di Venezia (emanati dopo la scoperta di un grosso “ intacco , di un com- messo registratore), pieni di cautele contro la negligenza e l’in- fedeltà e di continue allusioni ad abusi criminosi confermeranno definitivamente il giudizio, lasciando l’impressione di una lotta costante con impiegati disonesti o malfidi (1). All’esempio veneto, consacrato dai regolamenti del 1593 e 1594 per il Banco di Rialto (2), si ispirano altresì manifesta- mente le disposizioni che riguardano l’obbligo di saldare esclu- sivamente in banco le cambiali negoziate sulla piazza. Privilegio comune alle vecchie banche di deposito, per le quali, nota il Pareto, ciò equivaleva all'attribuzione di corso forzoso alla loro valuta (3); ma di rado accolto con altrettanta ampiezza, dacchè ad Amsterdam (4) e ad Amburgo (5) soltanto gli effetti di va- lore considerevole (600 e poi 300 fiorini, e 400 marchi rispet- tivamente) eran soggetti a tale limitazione (6), e S. Giorgio non lo adotterà integralmente se non a partire dal 1675 (7). A Venezia stessa il rigore del precetto era temperato dalla esistenza della “ cassa del contante ,, aperta a chi volesse con- vertire i titoli in moneta effettiva per minute transazioni o pa- (1) Cfr. Dunsar, Economic essays, p. 159 e sgg. (2) Cfr. E. Lattes, La libertà delle banche a Venezia dal secolo XIII al XVII, Milano, 1869, p. 170. (3) Cfr. Cours d’économie politique, Losanna, 1896, t. I, p. 360. (4) Cfr. C. F. DunBAR, Chapters on the theory and history of banking, 2° ed., New York, 1900, p. 99. (5) Cfr. P. Rota, Storia delle banche, Milano, 1874, p. 168. (6) Proponendo di imitare a Napoli l'esempio veneto, limitava alle cambiali superiori ai 200 ducati il saldo obbligatorio in banca V. LuxerTI, Politica mercantile, Napoli, 1630, p. 38. (7) Cfr. V. Pareto, Cours d’économie politique, t. I, p. 360 n. iti I UN TENTATIVO DI BANCO PUBBLICO A MANTOVA NEL 1626 431 gamenti all’estero (1). È perfino Giovanni Law non esiterà, quasi un secolo più tardi, a segnalare a Vittorio Amedeo II di Savoia i pericoli di un metodo, che egli medesimo però dovrà spingere poco dopo, in Francia, al colmo dei più catastrofici eccessi (2). Il Dunbar narra da quali pratiche abusive, dannosamente in- valse sul mercato veneziano, fosse sorto un provvedimento inteso a restaurare la correttezza degli effettivi pagamenti (3). Uguali motivi non è probabile sussistessero a Mantova, dove troviamo riprodotta la norma, senza limiti o temperamenti. Il che forse trova spiegazione nel desiderio di quel governo di accreditare prontamente, con generosi privilegi, un istituto che intendeva veder sorgere senza indugio, mentre certo non era in grado di affrettare con sovvenzioni dirette (siccome altrove quasi dovunque s'era praticato (4)) la sua costituzione. Che agli intenti dei fondatori fosse del tutto estraneo il se- greto pensiero di apprestare nel banco un comodo serbatoio di capitale, a cui poter tacitamente attingere in urgenze improvvise dello stato o della dinastia, non oserei certo affermare. Il torbido momento politico, il bisogno di danaro che proprio in quegli anni induceva i Gonzaga a trattar la vendita delle loro magni- fiche collezioni artistiche (5), il ricordo del trattamento subìto dal monte di pietà (6) rendono tutt’altro che fantastica simile ipotesi. Fu probabilmente soltanto la mancata esecuzione inte- grale del decretato suo disegno che impedì al Banco di S.* Bar- bara di compiere, durante le traversie fortunose degli anni che precedettero il tragico assedio, la funzione di clandestino sov- (1) Cfr. Dictionnaire du citoyen, ou abrégé historique, théorique et pratique du commerce, Parigi, 1761, t. I, p. 109, e J. Savary, Le parfait commergant, ou instruction générale pour ce qui regarde le commerce des marchandises de France et des Pays étrangers, nouv. éd., Ginevra, 1752, t. I, p. 109. (2) Cfr. G. Prato, Un capitolo della vita di Giovanni Law, in “ Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, 1914, p. 31 dell’estr. (3) Cfr. Economie essays, p. 156. (4) Cfr. Prato, Problemi monetari e bancari nei secoli XVII e XVIII, p. 146 e sgg. (5) Cfr. Luzio, La galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28, p. 10 e sgg. (6) Cfr. D'Arco, Studi intorno al municipio di Mantova, dall'origine di questo all'anno 1863, v. VII, p. 139 e sgg. 432 GIUSEPPE PRATO ventore dell’erario ducale, anticipando la sorte ben presto toc- cata al suo maggior confratello veneto, manomesso senza sceru- poli dal governo della Serenissima negli impellenti bisogni della guerra di Candia. ORAIDINI per la nuova erettione del Banco di Santa Barbara in Mantova Appresso Aurelio e Ludovico Osanna fratelli, Stampatori Ducali M.DC. XXVI. Virtute et Labore FERDINANDO PER LA GRATIA DI DIO DUCA DI MANTOVA ET DI MONFERRATO. Havendo Noi dopo maturo consiglio determinato d’aprire un Banco in Mantova, ad imitatione d’altre ben regolate Città, per maggior faci- lità dei comercii, commodità dei negotianti, e sicurezza dei contratti; Con il presente Editto notifichiamo a qualsi voglia persona, come il sodetto Banco s’aprirà alli 12. del corrente mese di Genaro 1626, di- chiarando Sopraintendente, e Superiore di esso il Marchese Alessandro Gonzaga, con la sicurtà del Mag.°° Giulio Cesare Zavarelli, si come ogni altro Ufficiale la darà competente secondo il carico, ch’eserciterà, per la retta amministratione, affine che ogn’uno, che s’interesserà in detto Banco, possa restar sicuro non haverne a sentire alcun danno o pre- giuditio. Et le regole, con cui s’haverà da governare, si pubblicheranno prima, che s’apra il Banco, e si stamperanno ad universale notitia, a’ quali ci riportiamo. Sarà dunque lecito à chi si sia metter in Banco quella quantità di danari, che vorrà, con facoltà di riscuoterli da esso Banco senza alcuna diminutione, e spesa, e senza veruna perdita di tempo a voglia sua, o di disponerne in altra maniera, secondo che più gli piacerà; ordinando, che mentre i danari staranno in Banco, non possano essere per qual sì voglia causa sequestrati, nè confiscati per delitti, non com- prendendo però i delitti di lesa Maestà, divina, e humana, di assassinii, d’incendij, e di false monete; poichè tal privilegio concediamo di moto proprio, certa scienza, e con la pienezza della nostra autorità, non ostando qual si voglia ordine, legge, o statuto in contrario; volendo UN TENTATIVO DI BANCO PUBBLICO A MANTOVA NEL 1626 433 che di tal concessione godano tanto quelli dello Stato, come quelli della Città, e i forastieri. Potrà di più ciascun debitore, etiandio senza consenso, o partici- patione del creditore, quando vorrà pagar il debito, sia di qual sorte, o di qual cagion si voglia, scrivergli in Banco il denaro, dal quale poi il creditore haverà facoltà a suo piacere di recuperarlo in contanti, v disponerlo come meglio gli parerà. Ordiniamo però, che per Banco necessariamente debbano passare tutti i pagamenti, che si faranno per l’avvenire in questa Città, così tra sudditi, come tra forastieri, comandandolo espressamente a tutti i contrahenti per i negotij seguenti, cioè lettere di cambio, e cambi per ogni luogo; sotto pena a contrafacienti di perdere quanto valerà la let- tera, è il cambio istesso, da applicarsi la terza parte all’accusatore, la terza al Banco, e il rimanente al Fisco nostro. Comandiamo pertanto a tutti i Tribunali, e Giusdicenti, così Civili, come Criminali, che osservino, e facciano inviolabilmente osservare questa nostra ben determinata volontà. Di Mantova il di 8 di Genaro 1626. FERDINANDO. Luogo del suggello V.: STRIGGIUS VincenTIus Fortus Cancell. man. Seren. Dno. rel. D. HrercuLIs MARLIANI eius Cels. a Secretis Status, subscripsit MARLIANUS. Ordini e Regole del Banco Il Banco dunque che erigiamo in questa nostra Città sotto il titolo di Santa Barbara havrà per Superiore, e Sopraintendente il Marchese Alessandro Gonzaga, come di sopra habbiamo detto. Vi saranno tre Soprabanchi, un Dottore, e due Mercanti. Per quello deputiamo il Commissario Bruschi, e per gli altri nominiamo il Fran- ceschino, e il Zanatti. è Staranno i sopradetti nelle predette cariche a nostro beneplacito. Sarà cura de’ Soprabanchi il sopraintendere, e giudicare tutti gli errori, che possano occorrere nel Banco per intacco, e per qualsivoglia 434 GIUSEPPE PRATO altra maniera, e tutte le differenze, che nascessero le doveranno de- terminare sommariamente in una sola udienza, ò assolvendo, ò con- dannando. Il Superiore del Banco vi si dovrà trovare ogni mattina per sot- toscrivere i Giornali, nè si potrà aggiungere di più alcuna partita quel giorno dopo la sua sottoscrittione. I Soprabanchi dovranno trovarsi al Banco ogni volta, che dal Su- periore saranno dimandati. Il Superiore del Banco avrà auttorità di poter far carcerare, e pu- nire di corda chi portasse poca riverenza al luogo, senza che n’abbia a render conto neanche a Noi; Volendo Noi, che quel luogo sia rispettato come qual si voglia altro nostro Tribunale. Et perchè è di necessità che nel Banco vi sia un Cassiere, depu- tiamo Diego Crestini è tal Ufficio. Egli dovrà dare idonea sicurtà per tutto il danaro, che gli capitasse nelle mani, e venisse in sua Cassa, nè potrà sopra quel danaro profittarsi dell’agio, sotto pena di pagar venti per cento, della privatione dell'Ufficio, e d’ogn’altra pena così reale, come personale a Noi arbitraria. Nè potendosi fare questo negotio, senza un Giornalista, deputiamo al detto Ufficio Gio: Battista Alari, che dovrà dare valida sicurtà di bene amministrarlo, e per gl’intacchi etiandio, che si lasciasse fare da persone, che non havessero credito in Banco, nè il modo di pagare. Gl’intacchi s'intendono in due maniere. Primo, intacca chi non ha credito nel Banco, e se ne serve, e questo incorrerà nella pena di dieci per cento, da essere irremisibilmente contra di lui subito eseguita; e essendo persona cognita, non sarà sottoposto il Giornalista. La seconda maniera d’intacco si fa è per via di procura falsa, ò per persona inco- gnita, che non abbia credito in Banco, e per questo è tenuto il Gior- nalista, e soggiacerà alla pena. Egli però per cautarsi bene, non cono- scendo chi dispone in Banco, dovrà dimandare due testimonij, che fac- ciano fede di quella persona. Le pene pecuniarie che si esseguissero saranno divise in tre parti, . una ai Soprabanchi, una a chi trova l’intacco, e la terza a Scritturali. Il Giornalista nello scrivere tutte le partite, che venissero in Banco, tanto del dare quanto dell’havere, dovrà notarle di dentro con numeri all’antica, che si chiamano all’Imperiale, e di fuori per numero di abaco; e nello scrivere dette partite, dovrà pronuntiare forte la partita, che scriverà, e ne dirà la causa. Et affinchè più regolatamente, e con maggiore sicurezza camini la scrittura del Banco, deputiamo per Cogitore, o sia Regolatore [il nome resta in bianco] il quale dovrà dar sicurtà di buona amministratione, e questi avrà cura di notare tutto quello, che scriverà il Giornalista puntualmente come lo sentirà a dire, e pronuntiare. UN TENTATIVO DI BANCO PUBBLICO A MANTOVA NEL 1626 435 Il medesimo Regolatore dovrà riportare la scrittura in libro maestro e questo starà sotto chiave dei Soprabanchi. L’istesso Regolatore dovrà rivelare al Superiore del Banco, e ai Soprabanchi tutti gl’intacchi, e ogn’altro mancamento, che trovasse nella scrittura, sotto pena a Noi arbitraria, etiandio di vita. Quando a’ libri del Banco venisse scritto per resto, o per imprestito dal debitore, come anche in ciascuna lettera di cambio sopra pretesto, non vogliamo che vaglia senza la presenza del creditore, e però do- vranno gli scritturali guardarsi molto bene da simili errori, sotto pena a Noi arbitraria. Ciaschuno che havesse gusto, per sua maggior cautione, pagar debiti di qualsivoglia piccola o grossa somma, e assicurarsi che senza altra publica, o privata scrittura non gli venissero di nuovo, come suole alle volte, -dimandati; potrà etiandio in absenza del suo creditore scriverglieli incontro, passando la partita per Banco, e il creditore potrà disporne à chi gli piacerà, ò levarli contanti a suo piacere. Et perchè molte volte occorre, che chi passa per Banco non com- pare personalmente, ma si vale di procuratore, perciò deputiamo l’Agnelli Notaro del detto Banco, e egli dovrà aver cura di registrare tutte le procure, tanto de’ terrieri quanto de’ forastieri. Nè alle procure d'altri Notari si darà fede in Banco, quando le medesime procure non saranno fermate dal Notaro del suddetto Banco, e queste dovranno essere registrate dal Giornalista per potersene trovar conto è tutte l’hore. L’hora che si negotierà in Banco sarà per la mattina, dove si do- vranno i negotianti, e altri ridurre per i loro interessi. Chi vorrà negotiare per Banco, dovrà tenere il suo scontro, e ogni tre mesì si rivederanno i conti di cassa. Dovendo pertanto essere il Banco un depositario, e tesoriere del publico, nel quale non havrà più autorità il ricco del povero, ma il benefitio sarà dei soli interessati; perciò habbiamo voluto privilegiarlo delle sodette gratie, e regolarlo con gli ordini sodetti a comune utilità. FERDINANDO. V. StRIGGIUS. MARLIANUS. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI _———————6—rrFTyT9Cm(%yv(|(|(%1‘1nR’’' ' "ala La Pride STI DE "ot È, De: MMIILA 4 An ha; = Py -Ùg A pe ®, é e, î a, La x nia vii ite CLASSI UNITE Adunanza del 22 Febbraio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti, della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, i Soci D’Ovipio, Direttore della Classe, SEGRE, Foà, PARONA, Grassi, MAJORANA, e della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, i Soci Rurrini, Vicepresidente dell’Accademia, ErnAuDI, BAUDI pi Vesme, PATETTA, Prato, e Srampini Segretario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite. È scusata l'assenza del Soci Guipi, MaTTIROLO, SACCO e CIAN. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adu- nanza delle Classi unite del giorno 15 corr. L'’Accademico Segretario dà lettura della lettera ministe- riale con la quale si annunzia che con R. Decreto del 15 gen- naio u. s. il Socio Prato fu eletto Tesoriere dell’Accademia per un triennio a decorrere dal 1° luglio 1919, e il Presidente, salutando il nuovo Tesoriere, porge, a nome dell’Accademia, nuovi e vivi ringraziamenti al Socio ErnAUDI per l’opera da lui prestata nel suo ufficio sessennale di Tesoriere. Si procede alla votazione concernente il 21° Premio Bressa (quadriennio 1915-1918) secondo la proposta della Commissione, che è quella di affidare il compito di nuove ricerche e di una nuova relazione alla Commissione che dovrà giudicare dell’as- Atti della R. Accademia — Vol. LV. 30 438 segnazione del Premio Bressa internazionale per il quadriennio che scadrà nel 1922. La proposta è approvata alla unanimità. Si passa poi alla votazione riguardante il Premio Vallauri riservato alle Scienze fisiche per il quadriennio 1915-1918, se- condo la proposta della Commissione, che è di non conferire il premio, sì che il premio vada ad aumento del capitale e serva ad accrescere in tal guisa coi propri interessi i premi succes- sivi. La proposta è approvata alla unanimità. Finalmente si effettua separatamente da parte delle due Classi la votazione per la nomina della Commissione per il Premio Bressa (nazionale, quadriennio 1917-1920). La Commis- sione risulta composta dei Soci Maysorana, SEGRE e Grassi per la Classe di Scienze fisiche, e dei Soci DE SancTIS, RUFFINI e ParerTA per la Classe di Scienze morali. Gli Accademici Segretari CarLo FaBRIZIO PARONA ETTORE STAMPINI bg dA ero" chi (a) £° + i a I) 4 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 22 Febbraio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Senatore D'Ovipio, Direttore della Classe, Secre, Foà, GRASSI, PANETTI, MAJORANA, e PARONA Se- gretario. È scusata l'assenza dei Soci SaLvapori, JADANZA, GUIDI, MaTTIROLO, SAcco. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente + adunanza. Il Presidente con parole di vivo rimpianto dà notizia della morte dell’illustre botanico Pierandrea SAccARDO, nostro Socio corrispondente dal 1885; ne ricorda le virtù e le benemerenze scientifiche, in attesa che Egli sia degnamente commemorato, e soggiunge che, a suo invito, l'Accademia fu rappresentata ai funerali dal Rettore dell’Università di Padova. Il Presidente presenta per la stampa negli Atti una Nota del Prof. E. PeRuccaA col titolo Elettrizzazione del Mercurio per strofinio. 440 ELIGIO PERUCCA LETTURE Sulla elettrizzazione del mercurio per strofinio Nota I di ELIGIO PERUCCA $ 1. Introduzione. — Scopo di questo lavoro è di ren- dere noto un fenomeno presentato dal mercurio nelle condi- zioni ordinarie di esperienze del genere, cioè nell’aria, a pres- sione normale e a temperature ordinarie (10°-40°). Questo fenomeno, sfuggito alla osservazione dei precedenti sperimen- tatori, è il seguente: una superficie di mercurio appena formata si elettrizza energicamente di segno positivo se posta a contatto con quarzo, vetro, paraffina, ceralacca, ebanite, cera vergine, colo- fonia, lana, ecc. (!), ma, in un tempo variabile da pochissimi se- condi fino a qualche ora, la superficie di mercurio va perdendo la sua eccitabilità positiva, passa per un istante di eccitabilità nulla, per poi acquistare eccitabilità negativa, la quale cresce asintoti- camente fino a un valore limite. Vien subito in mente di connettere questo fenomeno con le variazioni col tempo della costante capillare del mercurio, osservate già da molti anni (?), e con le variazioni col tempo del comportamento ottico nella riflessione su superfici di mer- curiò (3). (4) Coordinando i miei risultati con quelli di P. E. Shaw (* Proc. Roy. Soc. ,, A. 94, p. 16, 1917; dal titolo si prevede la pubblicazione di ulteriori risultati sull'argomento, ma non mi risulta che ciò sia stato fatto fino ad ora), il fenomeno presumibilmente avviene al contatto del mercurio con tutti i corpi elencati da tale autore, esclusi celluloide e caucciù da un lato e amianto dall’altro. V. però la nota (°) a p. 4. (2) P. es. A. Kancàne, “An. d. Phys. ,, 7, p. 471, 1902. (5) J. J. Haag e K. Srssinca, “K. Ak. Amst. Pr. ,, 27, p. 678, 1919. Sa- rebbe stato per me interessantissimo porre in relazione i risultati di questo Sdi SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 441 Il fenomeno in questione permette di interpretare i risul- tati numerosi ottenuti dai vari sperimentatori sulla elettrizza- zione del mercurio per strofinio. Mi limiterò in questa nota a: 1° descrivere le condizioni nelle quali ho eseguito le espe- rienze ed esporne i risultati, 2° coordinare i risultati ottenuti dagli altri sperimentatori. Rinvio ad un’altra comunicazione la discussione sulla causa del fenomeno. La superficie di mercurio di fresco preparata evidentemente si va modificando. In base alle esperienze già eseguite, risulta necessario il contatto della superficie di mercurio con l’aria; è quindi probabile che l'ossigeno e l’umidità dell'ambiente parte- cipino al fenomeno in modo notevole. $ 2. Condizioni sperimentali. — Veniva preparata in un piattello di circa 8 cm. di lato una superficie fresca di mercurio, filtrando questo metallo attraverso carta bibula forellata, oppure facendolo effluire da un imbuto a collo affilato. Il mercurio era stato preventivamente purificato con acido cloridrico e acido nitrico, lavato in acqua distillata, poi asciugato, Ho usato piattelli di ferro, di alluminio, di vetro. Il piat- tello di ferro è preferibile, perchè non viene attaccato dal mer- curio, come succede per l’alluminio, e non dà segno di elettriz- zazione per strofinio col mercurio, come succede pel vetro. Ma l’esperienza riesce ugualmente in tutti e tre i casi. Ho anche usato due recipienti di ferro cilindrici, l’uno di circa 3 cm. di diametro, l’altro, invece, molto più ampio. In molte esperienze (4) il mercurio era in comunicazione per- recente lavoro con le mie osservazioni; ma ciò non mi è stato possibile, perchè finora non ho potuto procurarmi il lavoro originale, del quale mi sono note solo le recensioni dei Sc. Abstracts e dei Beiblàtter. Ad esempio, anche L. P. Wheeler (“ Phil. Mag. ,. 22, p. 229, 1911) osserva che una superficie tersa di mercurio perde rapidamente la sua freschezza. (4) Le esperienze eseguite sono state parecchie centinaia, distribuite in circa 70 giorni. Quasi sempre una esperienza consisteva in numerose prove successivamente eseguite. Ogni risultato è stato verificato con nu- merose esperienze. 442 ELIGIO PERUCCA manente, mediante un filo di rame, con un elettrometro a foglia d'alluminio. Trattandosi per ora di esperienze puramente qua- litative, dirò solo che ogni divisione della scala corrispondeva, in media, a circa 10 volts. Poggiavo delicatamente sul mercurio il disco isolante per circa due secondi, poi lo allontanavo. Ma la maggior parte delle esperienze sono state fatte tenendo il mercurio a terra, poggiandovi su delicatamente il disco del- l’isolante per circa due secondi, e introducendo quest'ultimo in un pozzo di Faraday connesso all’elettrometro a foglia d’alluminio. Determinavo il segno del potenziale e quindi della carica indicata dall’elettrometro avvicinando al mercurio — nella prima disposizione — o al pozzo di Faraday — nella seconda — una bacchetta di ebanite strofinata con lana. Numerose prove ese- guite con una pila Zamboni mi hanno assicurato che in ogni caso la mia ebanite si caricava negativamente. Per il mio scopo, risultò indifferente, come del resto è natu- rale, l’usare l’una o l’altra disposizione. Gli isolanti con i quali toccavo il mercurio sono stati: Quarzo (lamina perpendicolare all'asse con facce piane e levigate). Mi sono più volte assicurato che non si producessero fenomeni piezo- o piroelettrici, ma che l’elettrizzazione si mani- festasse nel quarzo per solo effetto del contatto con il mercurio. Vetro (due dischi a facce piane e levigate di cristallo di qualità diversa; e parecchi tubi di vetro di circa 2 cm. di dia- metro di qualità diverse, tubi destinati, in particolare, a essere introdotti nel mercurio nei recipienti di ferro cilindrici di cui ho parlato precedentemente. Alcune prove mi hanno assicurato che il fenomeno si svolge in modo analogo anche quando l’isolante sia: paraffina ceralacca ebanite cera vergine colofonia lana ° in dischi fatti con materiale preso dal commercio. Preferisco però limitarmi a considerare le sole esperienze col vetro e con il quarzo, e specialmente quelle col quarzo, il dip 4g? “ ere SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 443 solo, tra gli isolanti solidi che avevo a disposizione, chimica- mente definito (°). I dischi di isolante erano incollati a un disco di paraffina o ebanite, sul quale era innestato un manico metallico, con cui sostenevo il disco. Così il disco era isolato, ma era evitata la produzione di elettricità che si manifesta sfregando con le dita un isolante. Una prova ordinaria consisteva nel sovraporre delicatamente al mercurio il disco di materiale isolante, lasciarvelo a contatto circa due secondi, poi asportarlo e misurare la carica del mer- curio (1? disposizione) o dell’isolante (2% disposizione). L’elettrizzazione che così acquistano mercurio e isolante è fortissima; l’elettrometro indica sia nell’una che nell’altra delle disposizioni su indicate, aventi infatti capacità elettrostatiche dello stesso ordine, un potenziale che raggiunge anche parecchie centinaia di volts. Dopo ogni prova, scaricavo il mercurio ponendo al suolo il piattello mediante la mano; scaricavo in pochi secondi l’isolante, ponendolo lateralmente ad alcuni cm. da una fiammella a gas tenuta in una stanza attigua a quella delle esperienze. Le esperienze sono state eseguite con superfici terse di mercurio e di isolante. Ho già detto che finora ho eseguito le esperienze nell’aria ia pressione e temperatura ordinarie. Noterò soltanto che anche n queste esperienze preliminari potevo far variare entro lim iti abbastanza estesi e conosciuti l’umidità relativa, ma anche la temperatura dell’aria sovrastante al mercurio: facevo quasi con- temporaneamente le esperienze nelle parti più fredde del labo- ratorio (10° circa) e sul termosifone (40° circa). $ 3. Esperienze ordinarie e loro risultati. — Mercurio in un piattello, toccato con la superficie del disco di quarzo. Clas- (9) Lo zolfo, sia poggiato che immerso bruscamente nel mercurio, si è sempre elettrizzato positivamente; più fortemente, però, quando sia poggiato. È probabile che, con una sufficiente velocità di immersione, anche lo zolfo si elettrizzi negativamente. Non credo sia opportuno l’uso dello zolfo, chè, anche a temperatura ordinaria, reagisce col mercurio. ‘É #1: ki AT 444 ELIGIO PERUCCA sifico i risultati secondo il modo col quale sono stati ottenuti, ma, come si vedrà dal seguito del lavoro, non credo si debba attribuire all'umidità l’importanza che da questa classificazione scaturisce: a) in ambiente freddo e umido (nelle parti fredde del labo- ratorio, con tempo nebbioso o pioggia). Soltanto dopo parecchie filtrazioni attraverso carta bibula ben secca riescivo ad otte- nere il fenomeno da me indicato. E, quando l’ottenevo, la varia- zione di segno della eccitabilità del mercurio avveniva in pochis- simi secondi. Viene quindi il dubbio che le numerose esperienze con risultato negativo che si hanno in queste condizioni siano dovute alla rapidità con la quale il fenomeno avviene, o addi- rittura al non formarsi, durante la filtrazione, della superficie fresca di mercurio, sulla quale il fenomeno si presenta. b) in ambiente piuttosto secco (con bel tempo anche nelle parti fredde del laboratorio, ma ordinariamente ad un paio di metri dal termosifone, a una temperatura di circa 18°). Il feno- meno si produce quasi sempre dopo una sola filtrazione, pur di usare carta da filtro ben pulita e asciutta; esso richiede qualche minuto per svolgersi. Esempio: Eccitabilità del quarzo posto a contatto con su- perficie di mercurio vecchia di due giorni e misurata dalla devia- zione all’elettrometro connesso col pozzo di Faraday (seconda delle disposizioni su accennate): +18. Eccitabilità del quarzo a contatto con lo stesso mercurio, la cui superficie è stata appena formata mediante filtrazione: Tempi | 0 | 20” 40” ! lv’ | 12058 | 1/40” Si Eccitabilità —35|-s0|-21 mu|-sa 0 9' 99” | 2 40” | 3 | 4’ | 6° | 10’ | 20” | +3 +5 | + Gil +97 +8 | +14] +17 del metri: 2 Avverto che a questi numeri non si deve attribuire alcun valore quantitativo; basti notare, infatti, che l’eccitabilità del Per Casei à SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 445 quarzo così misurata mediante il potenziale indicato dall’elet- trometro cresce col tempo durante il quale quarzo e mercurio sono a contatto. Ciò è probabilmente dovuto a una lieve con- ducibilità del quarzo. I pochi casi nei quali il fenomeno non si è prodotto si possono attribuire con grande verosimiglianza a qualche varia- zione accidentale e non facilmente verificabile nelle condizioni dell'ambiente o della filtrazione del mercurio. c) ambiente caldo e secco. Il fenomeno si produce senza bisogno di speciali precauzioni nel filtrare il mercurio, ma questa volta esso richiede molti minuti per svolgersi. Con il mercurio già caldo, filtrato e tenuto sul termosifone, a circa 40°, l’ecci- tabilità iniziale positiva del mercurio cambiava segno sol dopo una, due, tre ore. $ 4. Interpretazione del fenomeno. — L'esistenza di questi fatti, verificati in varie centinaia di superfici di mercurio al loro contatto con una stessa superficie di quarzo, induce a pensare che la superficie fresca di mercurio abbia proprietà fisiche nettamente distinte da quelle di una superficie vecchia. Ho già detto che, per altre vie, vari sperimentatori erano già stati condotti a questo risultato. Il mercurio entra dunque nel numeroso gruppo dei metalli che sì elettrizzano di segno diverso secondo lo stato della loro superficie o il modo con cui vengono strofinati. Si tratta, vera- mente, di risultati tra loro slegati e non sempre concordi: così De La Rive (°) attribuisce all'umidità una grande importanza; J. A. Me Clelland e C. J. Power (") non confermano il fatto. Il caso del mercurio è più semplice, perchè si può preparare in pochi secondi una superficie nuova di mercurio in condizioni sensibilmente eguali. Inoltre l’elettrizzazione del mercurio si ottiene col semplice contatto col dielettrico; quindi sono evitate tutte le complicazioni dello strofinio, in particolare l’asporta- zione reciproca di particelle e il riscaldamento. [lbieogg: Ann. ,; 37, p. 506, 1836. (°) “ Roy. Irish Ac. Proc. ,, A. 34, p. 40, 1918; mi sono note solo le recensioni della “ Rev. Scientifique , e dell’ “ Elettricista ,. Altro lavoro recente è dovuto a W. M. Jones (“ Phil. Mag. ,, 29, p. 261, 1915). 446 ELIGIO PERUCCA È certo che la superficie fresca di mercurio va alterandosi col tempo, quando sia in presenza dell’aria (v. $ 5). Vien subito il dubbio che ossigeno e umidità possano essere i principali ar- tefici. Pur rinviando ad altra Nota la discussione sulla causa del fatto, noterò fin d’ora che il fenomeno avviene molto lentamente nell'ambiente a temperatura elevata sovrastante al termosifone; quindi è probabile che non si tratti di una reazione chimica alla superficie del mercurio (8). Per questo io credo che la causa della variazione superficiale del mercurio connessa col segno della sua eccitabilità elettrica al contatto col quarzo e col vetro vada cercata piuttosto in un fenomeno fisico alla superficie di contatto mercurio-aria. Un adsorbimento di ossigeno da parte del mercurio è già stato segnalato in esperienze di capilla- rità (*). Dai risultati esposti nel paragrafo precedente sembre- rebbe naturale attribuire il fenomeno ad adsorbimento di vapor d’acqua da parte della superficie di mercurio; ma non forma- zione di un semplice strato superficiale aeriforme rieco di vapor d'acqua, perchè, nelle condizioni d) e c), il cambiamento di segno nella eccitabilità del mercurio non viene accelerato dal- l’alitare sul mercurio fino a formarvi sù una pellicola di rugiada che rapidamente sparisce. Nè il cambiamento di segno viene ottenuto rapidamente preparando la superficie fresca di mercurio in ambiente artificialmente saturato di vapor d’acqua e tenen- dovela alcuni minuti. Noterò, inoltre, che nelle esperienze c) non era esclusa la possibilità di correnti convettive del mercurio, quindi di un con- tinuo rimescolamento (1°). Esperienze ulteriori, fatte in un ambiente ove siano note e variabili a piacere la natura e le condizioni fisiche del gas sovrastante al mercurio, mi permetteranno, io spero, di trovare la causa del fenomeno. (8) V. però $ 5, d. (9) W. C. Mc C. Lewis, “ ZS. fir Phys. Chem.,, 73, p. 138, 1910. Chri- stiansen (° Wied. Ann. ,, 53, 401, 1894) attribuisce all’ossigeno un’impor- tanza capitale. (59) Ma col solo riscaldamento del mercurio si riesce ugualmente ad ottenere il rinnovamento della superficie del mercurio necessario per favne tornare positiva l’eccitabilità (v. $ 5, d). idee : È Ma SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 447 $ 5. Esperienze speciali e i loro risultati. — Ho ese- guito varie esperienze per assicurarmi che il fenomeno descritto sia dovuto all'esistenza sul mercurio di due specie di superfici, l'una fresca, che al contatto con vetro, quarzo, ecc., si carica positivamente; l’altra vecchia, ottenuta per un’alterazione non ancor ben definita della precedente, la quale si carica negati- vamente al contatto con questi isolanti. Esporrò solo le seguenti esperienze, per l’applicazione che ne farò nel paragrafo seguente: a) Ho fatto numerose volte esperienze contemporanee con la stessa superficie di mercurio e diverse superfici di iso- lante, nel mio caso il disco di quarzo e un disco di vetro da specchi. Il fenomeno del cambiamento di segno avviene sensibil- mento allo stesso istante sia pel quarzo che pel vetro, forse un po’ prima pel quarzo (!!). Ho fatto esperienze contemporaneamente con una superficie vecchia di mercurio e una superficie fresca di mercurio, toccate con la stessa lamina di quarzo. Così mi sono assicurato che, mentre il fenomeno avviene nella superficie fresca di mercurio, la lamina di quarzo dimostra ai suoi contatti con la superficie vecchia di conservare sempre le stesse proprietà. In tutte le prove occorrenti per queste esperienze non ho mai toccato la superficie del dielettrico altro che col mercurio. Nelle ultime esperienze ho sempre verificato, mediante una superficie di mercurio vecchia di molti giorni, quale fosse la condizione di eccitabilità dell’isolante. Pur dovendosi ammettere l'influenza dello stato superficiale del quarzo o del vetro (!?), è logico concludere che il fenomeno avviene alla superficie del mercurio e non alla superficie del dielettrico. Ho fatto anche prove per cercare un'influenza dello stato o della storia precedente della superficie del dielettrico, ma i (44) Posso accennare che esperienze analoghe con la paraffina, l’ebanite e la ceralacca hanno mostrato che il cambiamento di segno dell’eccitabilità del mercurio si ha prima nel quarzo e vetro, poi nella ceralacca e nella paraffina quasi contemporaneamente; infine nell’ebanite. (42) V. in particolare i lavori di Christiansen e di Shaw già citati. | 448 ELIGIO PERUCCA fatti osservati sono irregolari e non mi è riuscito di riprodurli a mia volonts. Essi si notano nel vetro, nel quarzo e si ridu- cono ordinariamente a una variazione del valore dell’eccitabi- lità, non del segno di questa. Vetro e quarzo, lasciati all'aria libera qualche tempo, di- ventano poco eccitabili al contatto col mercurio, ma ritornano alle condizioni ordinarie mediante una semplice pulitura con un qualunque corpo asciutto. Rarissime volte mi è riuscito come di ritardare il momento in cui una superficie fresca di mercurio cambia il segno della sua eccitabilità, pulendo rapidamente il dielettrico con cotone ben secco, oppure scaldando la superficie del dielettrico a tem- peratura molto elevata (200°-300°), ma aspettandone il raffred- damento prima di fare la prova. 5) Un recipiente di ferro cilindrico, profondo circa 12 cm., diametro 3 cm. circa, viene riempito di mercurio per circa 4 em. In questo mercurio posso immergere un tubo di vetro chiuso a un’estremità (p. es. un tubo da saggio). Le cose sono disposte in modo che, introducendo il tubo, il mercurio sale fino al bordo del recipiente di ferro. Si ha così modo di porre a contatto del tubo di vetro una superficie di mercurio costretta a distendersi gran- demente e, quindi, paragonabile, con ogni probabilità, a una superficie di mercurio preparata di fresco. Versato nel recipiente di ferro un po’ di mercurio a super- ficie vecchia, lo tocco con l'estremità del tubo di vetro, senza produrre grande estensione della superficie di mercurio. Verifico che l'estremità del tubo è carica positivamente. Immergo, sia pur dolcemente (cioè in 3-4 secondi), il tubo di vetro fino in fondo al cilindro, in modo che la superficie di mercurio si distenda e venga a lambire per quasi 12 cm. il tubo di vetro. Ora il tubo di vetro risulta fortemente carico di elettricità negativa. Parecchie volte, con un tubo di vetro bene asciutto e, quindi, pochissimo conduttore, ho potuto addirittura constatare che l'estremità del tubo era carica positivamente, le zone suc- cessive erano cariche negativamente. c) Ritento le esperienze nelle stesse condizioni di 5), solo sostituendo allo stretto cilindro di ferro un recipiente di ferro di parecchi cm. di diametro — nel mio caso una vaschetta di 20 cm. di diametro e 6-7 em. di profondità. i et di Ve " FG È 2; SULLA ELETTRIZZAZIONE DEI, MERCURIO PER STROFINIO 449 Le esperienze precedenti riescono soltanto se il tubo di vetro viene introdotto nel mercurio molto vivacemente, quasi vi venga battuto; anche così alcune volte non si riesce a otte- nere il vetro carico negativamente, ma soltanto una elettriz- zazione positiva del vetro più debole di quella che si ottiene con una immersione delicata. Non è escluso che con velocità di immersione sufficentemente alte il fenomeno si produca anche in questo caso. Queste esperienze si accordano immediatamente con l’inter- pretazione esposta al $ 4. d) Una superficie vecchia di mercurio acquista la carat- teristica di superficie fresca, cioè si elettrizza positivamente, se il mercurio a cui essa appartiene viene sbattuto o rimescolato vivacemente. Probabilmente la filtrazione agisce in questo senso. Si può attribuire a rimescolamento l’effetto del riscalda- mento notato a pag. 446, 3° periodo, e cioè la lentezza con cui avviene il fenomeno nel caso del $ 3, c). e) Una superficie fresca di mercurio veniva coperta er- meticamente con una lastra di vetro, così da toglierla dal con- tatto dell’aria. Una tal superficie rimaneva fresca per moltis- sime ore (fino a 24, nelle mie prove), mentre una superficie preparata in modo eguale, dello stesso mercurio, ma all’aria, dava luogo al fenomeno in circa mezz'ora. Questa prova, ripetuta numerosissime volte, obbliga a con- siderare l’aria come causa essenziale del fenomeno. f) Infine, facendo gocciolare il mercurio (!8) sulle super- fici isolanti di quarzo, vetro, colofonia, cera vergine, lana, eba- nite, ceralacca, paraffina, queste risultarono sempre cariche negativamente; il mercurio risultò carico positivamente. Tutti questi isolanti, posti a contatto con la superficie vecchia dello stesso mercurio, si elettrizzavano positivamente. Anche questo fatto si accorda facilmente con l’ipotesi del $ 4, ma noterò che questo non è un modo semplice di eseguire le esperienze, perchè (1) Esperienze preliminari mi assicuravano che le goccioline di mer- curio non erano elettrizzate prima di battere sull’isolante. Non mi consta che il Christiansen abbia esteso al mercurio le sue esperienze di ballo- elettricità. i 450 ELIGIO PERUCCA si sostituisce al semplice contatto l’urto mal definito e accom- pagnato dallo sminuzzamento delle goccie di mercurio. $ 6. I risultati dei precedenti sperimentatori. — Sono numerosi, ma disparati. Disgraziatamente, gli autori raramente indicano con sufficiente dettaglio le condizioni delle esperienze. Invero, non risulta, p. es., che alcuno abbia pensato finora che occorresse indicare la larghezza del recipiente contenente il mer- curio rispetto alla grossezza della bacchetta isolante che vi si immerge. Per questo, è difficile verificare e trovare una spie- gazione per i risultati ottenuti. Ma, limitandomi all’elenco de; fatti più importanti, sarà facile accorgersi che tutti — tranne uno — si possono far dipendere dal fenomeno da me descritto. Canton e Le Roy trovano risultati discordanti per l’elet- trizzazione del mercurio a contatto col vetro e con qualche altro isolante; l’uno trova il mercurio negativo, l’altro positivo. Ingenhousz (1784) tenta accordare questi risultati, attri- buendoli a diversa velocità di tocco dell’isolante col mercurio. Le sue ricerche lo conducono al risultato che il mercurio sì elettrizza positivamente per un tocco lento con vetro, canfora, lacca, caucciù, negativamente per un tocco rapido. È questo il solo dei risultati finora ottenuti sull’elettrizzazione del mercurio, che è in disaccordo netto con le esperienze da me eseguite. Ma tutti gli sperimentatori che dopo Ingenhousz hanno ri- fatto le esperienze sull'argomento (Dessaignes, Riess, Shaw) hanno trovato risultati opposti a quelli dati da Ingenhousz. Dessaignes (!4) è autore del lavoro più dettagliato sull’elet- trizzazione del mercurio per contatto con isolanti» Per quanto si tratti di un lavoro condotto in un modo strano, i suoi risul- tati fondamentali sono benissimo interpretabili dal mio punto di vista. Eccoli: col barometro alto (quindi, probabilmente, con tempo secco) il mercurio tende ad elettrizzarsi positivamente; col barometro basso (quindi, probabilmente, con tempo umido) il mercurio tende ad elettrizzarsi negativamente; sembra quindi (44) “An. de Chim. et de Phys. ,. 2, p. 59, 1816. Luthi SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 451 che il Dessaignes si sia trovato in condizioni analoghe a quelle del $ 3, a) e c); che sia proprio l’umidità relativa a produrre tale diversità di risultati, è cosa dubbia, specialmente dopo le prove di pag. 446, 1° capov.; il mercurio che è toccato da ceralacca, vetro, zolfo (!°) si elettrizza negativamente, si elettrizza positivamente quando sia da essi battuto; con una certa velocità di tocco, il mercurio sembra ineccitabile. Ma uno dei risultati del Dessaignes è inesatto certamente: . vetro freddo in mercurio caldo non si elettrizza; vetro caldo in mercurio freddo si elettrizza fortemente. Di un altro risultato, quello riguardante l’influenza di una stretta fasciatura nella parte del corpo isolante non introdotta nel mercurio, non sono riuscito ad avere conferma. Riess (6) asserisce che mercurio pulito a contatto con vetro pulito si elettrizza negativamente. Questo risultato può benis- simo coesistere con i miei. Dice anche che la velocità del tocco tra isolante e mercurio non ha influenza: io credo di poterne desumere che egli si sia trovato nel caso del $ 5, c) (secondo capoverso). Infine, in un recente lavoro sull’elettrizzazione per strofinio, P. E. Shaw ('°) ha preso in considerazione il comportamento del mercurio; disgraziatamente sorvola su varie delle condizioni sperimentali. Forse per questo non mi è stato possibile ripro- durre tutti i fenomeni descritti da questo autore. Pur prescin- dendo dalla connessione tra l’interpretazione da me proposta e i fenomeni di capillarità e ottici già accennati, io noterò che il fenomeno permette di spiegare nel modo più semplice i risul- tati del Shaw da me verificati, senza introdurre il concetto di una “ anormalità , alla superficie del dielettrico, prodotta dal- l'urto di questo col mercurio. Non sono, naturalmente, in grado di discutere i risultati indicati dal Shaw e da me non saputi ritrovare. Nelle esperienze a temperatura ordinaria, il Shaw trova: (19) VW. nota (*) a p. 4. (!°) Reibungselektrizitàt, vol. II, p. 362 e segg. ('7) Lav. cit., p. 25. 452 ELIGIO PERUCCA 1° Bacchette di tutti i dielettrici — eccetto celluloide e caucciù da un lato, amianto dall’altro lato — introdotte gen- tilmente nel mercurio, lo elettrizzano negativamente; introdotte vivacemente, lo elettrizzano positivamente. È il fenomeno già scoperto dal Dessaignes, corrispondente a quello del $ 5 d) e e). Potrei notare nuovamente che con lo zolfo nè l’esperienza $ 5 b) nè l’esperienza $ 5 f) mi sono mai riuscite; lo zolfo si è elet- trizzato sempre positivamente, sia pur più debolmente quando veniva immerso bruscamente nel mercurio. 2° Vetro, mica e altri dielettrici “ anormali, (perchè riscaldati alla “ temperatura critica ,) elettrizzano positivamente il mercurio per contatto sia gentile che violento. Se il mercurio si elettrizza positivamente al contatto delicato, è evidente dal mio punto di vista che al tocco brusco il mercurio resta positivo. Limitandomi dunque al caso del contatto delicato, le esperienze (!5) che hanno condotto il Shaw all’enunciato 2° sonostate forse eseguite con una superficie fresca di mercurio. Se così non fosse, io dovrei pensare che questo risultato del Shaw è dovuto a circostanze fortuite; e infatti nè la lamina di quarzo nè alcuno dei vetri da me utilizzati hanno dimostrato di diventare “anormali ,, cioè di elettrizzare positivamente il mercurio a superficie vecchia, a temperature anche notevolmente superiori a quelle indicate dal Shaw. Per i vetri, potrà dipendere dalla qualità, perchè non è ben chiaro su quali specie di vetri il Shaw abbia sperimentato; . pel quarzo, la cosa si spiega meno facilmente (19). Mi è riuscito di riprodurre il fenomeno della “ anormalità, di Shaw le alcune volte che mi è riuscito di pormi in queste condizioni: la superficie di mercurio ha appena oltrepassato l'istante di eccitabilità nulla al tocco col vetro o col quarzo, già usati da molto tempo e in molte prove senza alcuna puli- tura; riscaldo rapidissimamente la superficie dell’isolante; ecco che il mercurio torna positivo per riprendere la sua marcia verso la condizione limite di eccitabilità negativa. Ma lo stesso effetto (48) Non è detto quante prove abbia fatto l'Autore e in quali condizioni per giungere a questo risultato. (4) Il Shaw non dice come sia tagliato il quarzo rispetto all’asse ot- tico; non è questo un elemento trascurabile, specialmente se si tien conto della piezo- e termo-elettricità del quarzo. SULLA ELETTRIZZAZIONE DEL MERCURIO PER STROFINIO 453 ho avuto se, invece di scaldare a 300° circa, pulisco vetro quarzo con cotone ben secco. Questa prova, da me ripetuta varie volte in giorni e condizioni diverse, dimostra che l’“ anormalità , dovuta al riscaldamento potrebbe consistere anche in una sem- plice modificazione dell'atmosfera superficiale del dielettrico, mo- dificazione che avviene in grado sufficiente solo a una certa tem- peratura (temperatura critica). L'azione del cotone secco sarebbe di asportare l’atmosfera a contatto con il vetro o con il quarzo per sostituirla con’ un'atmosfera nuova. 3° Una bacchetta di vetro, immersa nel mercurio, si carica fortemente con carica +; ripetendo la prova molte volte, la carica + finisce col diventare molto piccola; ma la eccita- bilità iniziale è ristabilita se si frega il vetro con la mano o con un batuffolo di cotone. Non mi è stato facile verificare neanche questo risultato del Shaw. Parecchie volte ho provato ad immergere gentilmente fino a più di 100 volte di seguito il quarzo e il vetro nel mer- eurio; non ho trovato notevole differenza di eccitabilità. Se le successive immersioni si fanno un po’ rapidamente, si ha l’effetto indicato dal Shaw, ma si ricade nel fatto 1° o del $ 5 d); ciò si accorda col fatto che il quarzo e il vetro, i quali dopo qualche decina di rapide immersioni si mostravano debolmente carichi, riassumevano immediatamente o, al massimo, dopo pochi secondi, l’eccitabilità ordinaria se posti a dolce contatto col .mercurio per il solito tempo di due secondi. Ancora in vari altri casi ho trovato l’effetto indicato dal Shaw, e precisamente quando, per la poca pulizia del mercurio, dopo alcune immersioni, sia pur delicate, quarzo e vetro si mo- strano come lievemente appannati e qualche gocciolina di mer- «eurio cominciava ad aderirvi. E allora questa “anormalità , del quarzo o del vetro sparisce per strofinio con la mano, col cotone, con la lana, insomma pulendo la superficie del dielettrico. Ho già avuto occasione di accennare che le superfici di mercurio e di quarzo dalle quali ho dedotto le mie conclusioni, ‘erano sempre terse. Christiansen, nel lavoro citato, ha fatto numerose espe- rienze sulla elettrizzazione a contatto tra mercurio e isolanti, in particolare tra mercurio e vetro. Egli ha attribuito all’ossi- :geno i fenomeni osservati; ha considerato in particolare l’in- Atti della R. Accademia — Vol. LV. sl 454 ELIGIO PERUCCA — SULLA ELETTRIZZAZIONE, ECC. fluenza dell'ossigeno adsorbito dagli isolanti; nel caso particolare del vetro trova delle variazioni di eccitabilità col tempo, che ricordano il fenomeno da me descritto; ma, come anche il Shaw, ha dato forse troppa importanza alle variazioni che avvengono nell’isolante, mentre che le esperienze da me descritte pongono fuori dubbio l’esistenza di una modificazione superficiale del mer- curio, di importanza eccezionale per l’elettrizzazione a contatto. $ 7. — Il fenomeno che ho preso in esame è certamente particolare; ma io credo che possa contribuire dal suo canto a far luce nella questione ancor così complessa della elettrizzazione per strofinio. Tutti sono d’accordo nel ritenere che la causa di questa elettrizzazione sia nelle differenze fisiche tra le due superfici a contatto e sia della stessa natura della causa producente l’elet- trizzazione per contatto; ma finora si conoscono solo alcune re- lazioni particolari e non prive di eccezioni tra le proprietà fisiche e l’elettrizzazione per strofinio (legge di Cohen, leggi di Héséhous). Ciò è dovuto alla inesatta conoscenza delle condizioni superficiali dei dielettrici utilizzati, molti dei quali — e i più comuni — sono corpi chimicamente non definiti e difficilmente riproducibili in condizioni fisiche sensibilmente uguali. Per questa difficoltà, avevo iniziato le mie esperienze, dirette ad uno scopo molto gene- rale (verifica della identità del fenomeno Volta e del fenomeno di elettrizzazione per strofinio in modo più completo di quanto facciano le esperienze di Thompson, di Hoorweg, di Christiansen), sulla coppia mercurio-quarzo. Come si è visto, anche in questo caso le esperienze avevano condotto a risultati disparati; le mie ricerche hanno indicato un fatto nuovo, mediante il quale diventa possibile il coordi- namento di tali risultati. Torino, 20 febbraio 1920. Gabinetto di Fisica del R. Liceo Alfieri. L’ Accademico Segretario CARLO FABRIZIO PARONA 455 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE » Adunanza del 29 Febbraio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci VipARrI, CIAN, VALMAGGI, e STAMPINI, Segretario della Classe. È scusata l’assenza del Socio PATETTA. Si legge e si approva l’atto verbale dell’adunanza pre- cedente del giorno 15 corr. Il Socio Vipari fa dono all'Accademia, come già fece dei due precedenti, del terzo volume de’ suoi Elementi di Pedagogia che ha per titolo La Didattica (Milano, Hoepli, 1920). Il Vice- presidente lo ringrazia a nome della Classe rallegrandosi per la novella manifestazione della grande e alta attività scientifica del Socio VIDARI. L’Accademico Segretario presenta alla Classe, quale omaggio del Socio Srorza assente, il recentissimo libro La regione di Adalia. Città, foreste, risorse agricole e minerarie, commercio (Edito a cura della “ Società commerciale d’Oriente ,, Milano). Aggiunge che questa pubblicazione, la quale è di grandissimo interesse per gl’Italiani nell’ora presente ed è adorna di belle illustrazioni, è stata diretta e in buona parte scritta dall’illustre 456 Conte Ing. Michele Srorza, figlio del nostro Socio, il quale fu prigioniero in Africa ed è profondo conoscitore del mondo mu- sulmano. La Classe porge vivi ringraziamenti per il graditis- simo dono. In fine il Socio VaLmaGGI presenta per la pubblicazione negli Atti, che è accordata, una Nota del Prof. Nicola TERZAGHI Per la storia del Ditirambo (Pap. Oxyrh. 1604 col. ID. NICOLA TERZAGHI — PER LA STORIA DEL DITIRAMBO 457 LETTURE Per la storia del ditirambo (Pap. Oxyrh. 1604 col. II) Nota del Prof. NICOLA TERZAGHI La recentissima scoperta e pubblicazione del Pap. Oxyrh. 1604 giunge in buon punto per buttar giù, almeno in parte, le idee dominanti a proposito della evoluzione letteraria del ditirambo. Il più importante fra i frammenti ditirambici di Pindaro con- tenuti nel papiro è il secondo, nella seconda colonna, iniziato da tre versi già conosciuti e costituenti il fr. 79%, accomodato dall’Hermann di sulle varie lezioni dei cinque luoghi antichi da cui ci è tramandato (1). Ora sappiamo che quel fr. costituiva l’inizio di un ditirambo dedicato ai Tebani ed ornato, quasi certamente dagli Alessandrini (2), di un doppio titolo, a guisa di alcuni degli analoghi componimenti bacchilidei: dgaodsg ‘“HoaxAîs 7) KéoBegos. Il principio suona così, nella ricostru- zione accolta dai benemeriti editori inglesi: II|oìv uèv Éome ogorvotévera T dordà Î dd [voduBeov Fr. 79 ai tò cà|v xiBdalov davdoebrmociv darò otoudtwv. \ diarén[t]a|vrar dè vòv igoiîc| mbAali x0- 5 dovr véar* |vv-e]idores (3) oiav Boopiov |veZe|tàv uaì magà oxa|at]ov Ads Odpavidai év ueydoors i[o(t)d]|vur . xtè. (1) Strab. X 469, Athen. X 455°, 448°, XI 467°, Dionys. de comp. verb. 14; cfr. l'apparato in Pap. Ox. XIII 41. (2) Cfr. quel che ne ho detto,in Fabula I 121. (8) L’interpunzione dopo véee non è nel pap., nel quale anzi si vede appena la parte inferiore dell’< finale. Naturalmente essa potrà esserci o 458 NICOLA TERZAGHI DS La lezione dei vv. 1-2 è controllata dai vv. 19-20; disgra- ziatamente il v. 3 non si può controllare che fino ad @vdo®x- perchè il v. 21 è mutilo delle ultime sillabe. Cosicchè gli editori inglesi ricostruiscono metricamente il v. 21 in base alla con- gettura hermanniana pel v. 3, con una petitio principi, la quale non può non lasciarci perplessi. Ma il male è meno grave di quel che sembra: il senso è sicuro, e sicure sono anche press’a poco le parole, giacchè tanto dvdo®7015 quanto dò otouatov si trovano la prima in Ath. X 455° ed in Dionys. de comp. verb. 14, le seconde in Ath. XI 467°. Il papiro, dunque, sotto il punto di vista della esatta let- tura del fr. 79°, non serve che poco; serve invece, e molto, ad uno scopo importante, per quanto negativo: a farci vedere errata l'interpretazione corrente che se ne dava. Infatti, soprattutto pel ricordo di Hor. carm. IV 2. 10 ss., seu per audaces nova dithyrambos verba devolvit, numerisque fertur lege solutis, si intendevano le parole oyovotévera t’dorda come un’allusione al predecessori di Pindaro (e non c’è dubbio che quelli appunto egli prendesse di mira scrivendo zgìv uév), i quali componevano i ditirambi in gruppi regolari di strofe, antistrofe ed epodo, mentre egli si serviva dei versi sciolti. Tale interpretazione si fondava sul luogo oraziano sopra citato, e su alcune parole dello Pseudo-Censorino (1): (Pindaro) liberos etiam numeris modos edidit. Ossia, poichè oyovotéveta significa “lungo e teso come fune’, la lunghezza e la tensione avrebbero avuto come tertium comparationis la disposizione sistematica or ora accennata. Ma la realtà attuale, come ci è offerta dal papiro, ci co- stringe ad intendere in tutt'altro modo, poichè il secondo diti- rambo, quello di cui parliamo, aveva certamente divisione stro- fica, corrispondendo i vv. 1-18 ai vv. 19 ss. Se mai, si può non esserci, a seconda della ricostruzione che si immagina per le parole seguenti. Gli editori sono in dubbio per la ricostruzione del v. 4, troppo lunga, sembra, per la rottura del papiro. (1) 9=GL VI 608 K. PER LA STORIA DEL DITIRAMBO 459 essere in dubbio se il carme constasse di sole strofe — e si avrebbe qualcosa di analogo a Bacchyl. XVII (XVIII) —, o di gruppi di strofe, antistrofe ed epodo, come gli epinici pin- darici e gli altri ditirambi bacchilidei. Non è facile decidersi; ma la risposta sarebbe invece certa, ove sì potesse provare che a questo carme apparteneva il fr. 81, il quale può, metrica- mente, dividersi in due parti, di cui la seconda corrisponde ai vv. 1-3 del fr. 79° fino a x:8-, e la prima potrebbe far parte di un epodo (1). Disgraziatamente, quantunque il fr. 81 derivi dai ditirambi e celebrasse Eracle, come appunto il II carme del papiro, è molto possibile che facesse parte di un componimento diverso, poichè tratta dei buoi di Gerione, mentre il ditirambo che c’in- teressa parlava dell'impresa di Cerbero. È vero che la parte con- servata si svolge tutta in una specie di introduzione, e che non sappiamo nè quanto fosse lungo il ditirambo, nè se in esso non ci potesse capitare anche la menzione di altre imprese dell’eroe. Ma argomenti sicuri non ne abbiamo, e quindi non dobbiamo toccare un tasto che, domani, un’altra scoperta potrebbe dimo- strare pericoloso. Invece, siccome il ditirambo che precede nel papiro era certamente diviso in strofe, antistrofe ed epodo, si potrebbe far valere il principio dell’analogia. Ad ogni modo, non ci troviamo davanti a versi sciolti, e oyorvotévera t° dordéd non può quindi alludere ad essi. Se mai, dovrebbe essere proprio il contrario, giacchè, dato e non con- cesso che quelle parole si riferissero alla forma dei ditirambi più antichi contrapposta a quella usata da Pindaro, se questi si servì di sistemi strofici, dovrebbe prender di mira gli @z0- AeAvuéva dei suoi predecessori, data la punta ironica dei primi tre versi ed il contrasto con quelli che seguono. Infatti, è sicuro che nei vv. 4 s. si parla di 700: véar che diarmérntavtai nixdos -—— giacchè mi sembra certa la integrazione diaréntavtot, sug- gerita dal Sandys ed accolta dagli editori (2). Kvx4or sono (1) Cfr. l'apparato in Pap. Ox. XIII 40. (2) Cfr. l’apparato in Pap. Ox. XIII 42, e specialmente il luogo paral- lelo di Pind. O VI 27 (204as Suvav davaritvauer) ivi citato insieme con altri meno simili a questo del ditirambo. 460 NICOLA TERZAGHI senza dubbio i cori ciclici dei ditirambi (1), e ie ° porte nuove che si aprono’ ad essi non possono non intendersi come una innovazione pindarica. Tale conclusione sarebbe inoppugnabile, se non ci fosse di mezzo Orazio, il quale conosceva i ditirambi di Pindaro meglio di noi, lo Pseudo-Censorino, a cui non c’è ragione di negar fede (2), ed il fatto che nella tragedia, che deve molto della sua forma al ditirambo (3), non sono rari gli arokeZvuéva, e non solo presso i suoi poeti più recenti, ma anche presso quelli più antichi, come prova, ad es., la monodia. di Prometeo, da cui è dimostrato che, diciamo, Euripide non subisce soltanto l’influsso delle teorie e forme musicali alla moda. Bisogna quindi cercare per altra via una soluzione del problema e della difficoltà ad esso inerente. La ricostruzione hermanniana dei primi tre versi è, come abbiamo già detto, esatta almeno per la sostanza, e certo è esatta anche per la stretta unione dei due soggetti che reggono il verbo é#orre, giacchè il te ed il xai sono dati da Strabone e da Ateneo, ed il testo di Dionigi d’Alicarnasso, pure essendo: corrotto (4), è tale o da ammettere quelle due particelle o da mostrare, per lo meno, che oyovotévera dordd e tÒò càv ziBdaAov sono termini coordinati fra loro. Ateneo riferisce il od» xiB6eZ0v alle fia doryuor di Laso di Ermione, i Kértavoor e l’inno a Demetra, di cui anzi riporta un verso, sulla fede di Eraclide Pon- tico. Ora, per i Kértavooi, Ateneo stesso fa pensare che le parole di Pindaro sieno dirette contro i falsificatori del ditirambo @oryuog di Laso: tedta onuermoart’ dv TS n9dgS toÙs vodevbovitas Ad- cov toò “Equiovéws tiv dovyuov ®dnv, iris érniyodpetar Kév- tavgor (X 455°). Quindi, secondo lui, il o@v xiBdeZov sarebbe (1) È forse impossibile pensare che qualche voce della parola yogoé o Suvor 0 qualcosa di simile si nasconda nella lacuna del v. 5? Se così fosse, si capisce che non potrebbe aversì l’interpunzione dopo véae. (2) Cfr. Crusrus, PW V s. v. Dithyrambos 1214. (3) Cfr. quanto ho scritto sull'argomento in “Atti della R. Acc. delle Se. di Torino ,, LII 301. (4) Cfr. l'apparato dell’ediz. del RoserTs, da cui si rileva che F (= cod. "Laur. LIX 15) ha oyovoreve[ara] oîda, in ras. È una male intesa copia, forse non immediata, di un ms. senza la divisione delle parole, da cui sarebbe stato possibile di trarre anche la lez. giusta. PER LA STORIA DEL DITIRAMBO 461 il “falso sigma’, ossia il sigma e le parole con sigma usati da chi falsificò i Kévravoor (1), composti, invece, da Laso, senza quella lettera dell'alfabeto. Tutto ciò può costituire una nuova difficoltà, come se non bastasse già quella data dal cà» zi86aZov, che, di per se stesso, non è facile ad intendere. Ma vediamo un po’. Laso compose sicuramente delle @dai doryuot: era uno scherzo, un gioco di abilità in cui l’arte non entrava per nulla, ma soltanto l’artifizio. Però è innegabile ch’egli aveva dei meriti, e non piccoli, rispetto al perfezionamento del diti- rambo, e che, come maestro di cori ciclici, ossia ditirambici, fu veramente e meritamente apprezzato (2). È ovvio supporre che, scrivendo ©il falso sigma’ (perchè ziBdòn40s, in sostanza, non significa altro, ma può anche equi- valere a v63os, © spurio, falsificato °), Pindaro non potesse allu- dere se non a qualche componimento in cui il o non doveva esserci, ma invece c’era, perchè introdotto da un falsario. Sarà difficile, forse, di pensare che già al tempo di Pindaro girassero delle falsificazioni dei ditirambi di Laso, per quanto la cosa non apparisca assurda a priori: forse egli aveva usato parole e forme troppo sviate dalla comune, e non era riuscito a piacere al pub- blico, invitando così in certo modo qualche rimaneggiatore in buona od in mala fede a modificare i suoi testi per renderli più accetti agli uditori cui dovevano essere destinati. In tutti i casi, il valore di xi80740v, combinato con il luogo di Ateneo, non dà luogo ad altra interpretazione che non sia sforzata. Sicchè i primi versi del II ditirambo pindarico, in parafrasi, vengono a dire: © prima di me v'era il canto dei ditirambi disteso qual fune e la falsificazione del 0; ora, invece, nuovi orizzonti si aprono ai cori ciclici’. Del resto, anche accettando la verosi- mile traduzione ed interpretazione del Sandys (3), il senso fon- damentale del passo non si allontana gran fatto da questo. (1) Per questo senso non è necessario pensare che Ateneo avrebbe dovuto scrivere zods vodedrartas. Oi vodesovtes in quel luogo ha valore di un vero e proprio sostantivo, anche facendo astrazione dal valore, che pur può avere, di un part. impf., ed equivale al più tardo vodevral. (2) Cfr. Crustvs, l. c., 1212 s. (3) Cfr. l'apparato in Pap. Oxyrh. XIII 41. Ma bisogna ragionar così: il 0 x(8daAov, spurio, falso o falsificato, corrisponde ad un vdueoua xi8d7Z0v 462 NICOLA TERZAGHI Per giudicar bene in che cosa consistessero questi nuovi orizzonti bisognerebbe aver molto più di quel che non possediamo dei ditirambi pindarici. Però qualche cosa possiamo dire anche con quel poco di cui disponiamo, traendone qualche sicuro ele- mento di giudizio. Il fr. 75, riferito da Dionys. de comp. verb. 22, e che iniziava un ditirambo per gli Ateniesi, parla di Semele. Non sappiamo come continuasse nè qual mito trattasse, come non potremmo dire se tutto il componimento fosse o no in amo4eAvuéva (1). Però Semele è la madre di Dioniso. E di Dioniso si parla con una certa ampiezza in tutti e tre i nuovi frammenti di Oxyrhynchos, i quali tuttavia si occupano fonda- mentalmente e principalmente di altri soggetti. Ora, noi possiamo affermar con sicurezza che in origine i ditirambi erano soltanto dionisiaci, mentre non sono tali quelli di Bacchilide, i meglio conosciuti da noi. Quelli di Pindaro, come ora vediamo, sono dionisiaci solo in parte. Qui c’è la possibilità di vedere una specie di passaggio e di gradazione, e di notare uno sforzo per arrivare, dal primitivo ditirambo esclusivamente dionisiaco, a quello semplicemente eroico, senza alcun nesso col dio, in cui il poeta entra ex abrupto a parlare del soggetto da lui prescelto, con molta somiglianza sostanziale e formale con la tragedia (2). Tuttavia non si giunge subito a questo: ci sì arriva per mezzo di un passaggio, in cui Dioniso ha ancora qualche parte, pur non costituendo l'argomento vero e proprio del carme. Questo stadio intermedio è quello rappresentato da Pindaro, e nessuno può dire che egli non abbia fatto anche il passo definitivo per liberarsi totalmente dagli schemi tradizionali, passo che costi- tuisce un terzo stadio, per cui dobbiamo oggi richiamarci a ad una moneta falsa, e quindi messa fuor di corso, respinta dall'uso e per conseguenza non usata. Pindaro aveva adoperato il verbo #oze di senso positivo, e non poteva più dire: ‘prima usciva dalla bocca degli uomini il ditirambo ed il © mancante’, giacchè questa sarebbe stata una con- traddizione în terminis. Per evitarla e per mantener lo zeugma con éoze, scrive ‘il 0 x(86aZ0v, messo fuor d’uso ’, che col suo valore sostanzialmente negativo, ma formalmente positivo, si può adattare a quel verbo, quasi avesse detto: ‘usciva il ditirambo ed il non-0’, cioè non usciva il 0. (1) Che fossero versi sciolti era l'opinione corrente, oggi revocata giu- stamente in dubbio dagli editori inglesi dei Pap. Ox. XII 28. (2) Cfr. ComparertI, Mél. Weil 27 s. PER LA STORIA DEL DITIRAMBO 463 Bacchilide. In ciò, dunque, mi par certo debba consistere la grande novità di cui si gloria a buon diritto con le parole diantntavitar Via rbndoror véai, e che con esse, mettendo a confronto le novità da lui introdotte con ciò che facevano i suoi predecessori, pensi alla sostanza e non alla forma esterna dei ditirambi, a cui, perciò, deve alludere anche nei primi tre versi. Ma allora, che cosa significherà la oyovotévera dorda? Anche senza voler vedere in queste parole (e pur sarebbe per- messo, data la chiara ironia che contengono) un’allusione quasi dispregiativa ed un richiamo agli ogorvofeta:, “canto teso @ guisa di fune’, può voler dire, mi sembra, due cose: o canto lungo, senza capo nè coda, fosse pure in istrofe od in isciolti, quasi improvvisato, in cui si parlava di Dioniso e delle sue avventure, senza ordine nè unità nè conclusione, come veniva veniva, quasi improvvisato, secondo il tipo più antico e la sua origine autoschediastica (1); oppure può voler dire canto che tende o fa tender l’attenzione e la pazienza degli ascoltatori, i quali non hanno da sentire e da gustare nulla di artistico: ciò a cui allude in ogni modo anche il cà» xiBde40v nominato subito di poi. L'opinione altissima che Pindaro aveva dell’arte sua, a cui indulge spesso e pure, con parole solenni e non certo modeste, in questo secondo ditirambo oxyrhynchita (° me, eletto araldo di poesia (2), la Musa fece sorgere a pregar fortuna per la Grecia e per Tebe dai potenti carri’, v. 23 ss.), può confor- tarci all’una od all’altra di queste due interpretazioni; la prima mi sembra preferibile, corrispondendo meglio alla storia del ditirambo ed agli ogouvorevîj douata di cui parla Philostr. Her. I 14. (1) Arist. Poet. 1449° 9. È chiaro che, dovendosi mettere in istretta relazione le due parti del periodo aristotelico (yevouévn oòv &r° doyîs adtoogediaotinijs naì adti [cioè ) toaypdia] nai è noupdia, naù 7 pèv darò toòv tfagygorvi@v tòv didigaupov f dè darò tOv tà qpadAind, ntè.), l’adrocygediacua non possa riferirsi soltanto alla tragedia, ma anche al ditirambo, precisamente come adrocyedidouata erano, per forza di cose, tà paZAind, e tutti i canti destinati al popolo, anche se, come certo il ditirambo, avevano cultori appositi i quali davan loro forma letteraria. Per un’analogia, si pensi ai moderni couplets. (2) Tale è certo il senso di copòv éré0v del testo, cfr. Bacchyl. 1X (X) 39, Sol. eis éavr. 52. ‘Araldo di savie parole’ sarebbe un inutile fronzolo. 464 NICOLA TERZAGHI — PER LA STORIA DEL DITIRAMBO Se ricordiamo ciò che si è detto innanzi per intendere il càv ziBdaZov, e lo uniamo con ciò che abbiam detto or ora, non ci sarà difficile di capire anche tutto il luogo pindarico in discussione, il tono quasi dispregiativo con cui Pindaro parla, e gli orizzonti nuovi che per lui si aprono ai cori ciclici. Egli dice: © prima di me c'erano dei ditirambi senza capo nè coda; c'erano anche delle sciocchezze, prive di qualsiasi valore arti- stico, ma ora, con me, comincia il nuovo ed il buono’. Non dobbiamo troppo preoccuparci, se ciò non sia del tutto vero, e se Pindaro stesso si giovò, e come, anche dell’opera dei suoi spregiati predecessori. I poeti in genere, e Pindaro in ispecie, amavano ed amano metter nell’ombra chi li precedette, ed Orazio poteva scriver di sè princeps aeolium carmen ad italos deduxisse modos, quasi Catullo non fosse mai esistito. Sarebbe piuttosto interessante conoscere come continuava, esattamente, il suo pensiero, e come si legasse questo proemio con la descrizione della sacra festa di Bromio sull’Olimpo. Il papiro è, dopo la parola véa:, disgraziatamente e disperatamente lacunoso, nè io voglio provarmi al gioco di restituirlo, gioco che, se pure può esser dilettevole, è però altrettanto, e forse più, pericoloso. Mi par certo che il soggetto di eidéres debba essere ancora il zvzAor che precede, o qualche concetto analogo (1). Ed il senso sarebbe ottimo: È Prima dalla bocca degli uomini usciva il lungo noioso canto dei ditirambi e la sofistificazione del sigma; ora ai cori ciclici si aprono nuove porte di carmi: [cantano essi] cono- scendo qual sacra festa di Bromio, proprio presso lo scettro di Zeus, gli Uranidi celebrano nelle celesti magioni ”. (1) Cfr. sopra p. 460*. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI 465 CLASSE SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del " Marzo 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci D’Ovipro Direttore della Classe, SEGRE, Foà, Guipi, MaTTIROLO, GRASSI, SoMIGLIANA, PANETTI, PoNnZIO, Sacco, MasoRANA e PARONA Segretario. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente annunzia che il 22 dello scorso febbraio, nell'ora stessa della nostra precedente adunanza, mentre si esprimevano fervidi voti per la sua guarigione, si spegneva il Socio Prof. Nicodemo JADANZA, il caro collega ed amico, che fu Tesoriere dell’Accademia. Soggiunge che altri dirà degna- mente dei suoi meriti scientifici: si limita a ricordare che il compianto JADANZA, nato nel 1847 in Campo Lattaro (Molise) da poveri contadini, animato da ferrea volontà e da innato amore del sapere, potè cogli scarsi aiuti di un congiunto salire alla dignità di professore universitario, dopo di aver conseguita, attraverso grandi privazioni, la laurea di ingegnere in Napoli. A Torino, dove venne nel 1881 e insegnò Geodesia all’ Univer- sità e al Politecnico, svolse la sua attività scientifica, della 466 quale i risultati sono quasi tutti consegnati nelle nostre pub- blicazioni accademiche. Noi lo ricorderemo come scienziato e docente, ma anche per la sua assiduità esemplare e diligenza nel compimento del dovere, per la schietta modestia, per la franchezza del carattere, e per la grande bontà dell'animo suo. Il Socio D’Ovipio manda pure un affettuoso saluto alla memoria del suo conterraneo, confermando gli eroici sforzi da Lui compiuti per la conquista della elevata posizione sociale e additandolo come esempio mirabile ai giovani, segnatamente ai giovani meridionali. Il Presidente dice che comunicherà alla famiglia del rim- pianto Socio l’espressione del nostro cordoglio, e prega il Socio PanETTI di accettare l’incarico della commemorazione, per la quale potrà profittare dei cenni autobiografici dallo stesso JADANZA destinati all'Accademia. Il Socio PANETTI accoglie di buon grado l’invito di scrivere l’elogio dell'amato suo professore. Il Socio Sacco fa omaggio della sua Memoria Le condizioni meteoro-idrologiche dell'Era quaternaria e la causa dei periodi glaciali. Il Presidente ringrazia e invita il Socio MATTIROLO a commemorare il compianto nostro Socio corrispondente P. A. SaAc- carpo. Il collega MarTIROLO accetta volontieri l’incarico. Quindi la Classe si raduna in seduta privata e procede alla nomina di un rappresentante della Classe nel Consiglio di Amministrazione. 467 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 21 Marzo 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE ENRICO D'OVIDIO DIRETTORE DELLA CLASSE Sono presenti i Soci Seere, Guipi, MATTIROLO, GRASSI, Ponzio, SAcco, MAJORANA e PARONA Segretario. È scusata l'assenza del Presidente NAccARI. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Ad invito del Presidente, il Socio MaTTIROLO legge la com- memorazione del Socio corrispondente P. A. Saccarpo. Il Pre- sidente ringrazia il collega per l’eloquente e degno elogio del compianto ed eminente botanico. Comunica poi le circolari re- lative al “ Congrès international des Mathématiciens , che si terrà a Strasburgo durante l’estate prossimo, ed al “ Congresso internazionale di Meteorologia , promosso dalla Società Meteo- rologica Italiana, che si raccoglierà a Venezia nel prossimo ottobre. 468 ORESTE MATTIROLO LETTURE PIETRO ANDREA SACCARDO Treviso, 28 A prile 1845 — Padova, 12 Febbraio 1920 Commemorazione letta dal Socio naz. resid. ORESTE MATTIROLO Per l’amicizia affettuosa e cordiale che, da una lunga serie di anni, mi legava con perfetta comunanza di ideali a PieTRo AnpREA Saccarpo, ho accettato con entusiasmo l’onore di rie- vocare davanti a voi la figura e l’opera del sommo micologo testè scomparso, perchè, purtroppo! sarà questo l’unico conforto al dolore che mi affligge: l’unico omaggio che io potrò offrire alla memoria dell'amico troppo duramente rapito alla scienza. Dire degnamente di P. A. Saccarpo e della gigantesca opera sua, non è certo impresa da potersi assolvere nei limiti concessi dai Regolamenti della nostra Accademia, onde le mie povere parole, più che una commemorazione, saranno l’espres- sione dei sentimenti e del desiderio intensissimo che ha lasciato nei nostri cuori la scomparsa di così eletto ingegno, di così nobile carattere. Nell’ora dolorosa del distacco, quando l’animo piange l’a- mico, il collega, il consigliere, non sorregge la calma neces- saria per analizzarne l’opera: ciò sarà fatto più tardi; oggi io cercherò solo di prospettare la grandezza della perdita che ha fatto la scienza, e lumeggiare, in una rapida sintesi, l’idea animatrice dell’opera di P. A. SAccaRDO, che ha stupito il mondo per la mole e l’importanza. Quando si pensi che Saccarpo (nato a Treviso il 23 aprile 1845) iniziò la serie delle sue pubblicazioni appena sedicenne; rode COMMEMORAZIONE DI PIETRO ANDREA SACCARDO 469 che da allora non rubò, si può dire, un’ora al lavoro; quando si consideri la mole della sua opera maggiore, la Syloge fun- gorum omnium hucusque cognitorum, durata già lo spazio di trent'un anno, comprendente 22 volumi di complessive 23451 pa- gine (e due volumi ancora inediti); quando, infine, si faccia anche un censimento, sia pure sommario, delle sue pubblica- zioni, che raggiungono, in numero, parecchie centinaia, di cui una sola è ricca di 1500 figure colorate, disegnate dallo stesso Autore, si rimane sbalorditi di fronte a tanta somma di la- voro, e la mente ricorre alla favolosa produttività aldrovandiana; alla leggendaria energia enciclopedica dell’Ermere TRISMEGISTO! e nello stesso tempo alla ininterrotta produttività degli allu- minatori medioevali, coi lavori dei quali anche il lavoro sac- cardiano ha molti punti di contatto. Egli non ebbe altro scopo nella vita che la famiglia ed il lavoro; altra soddisfazione, si può dire, che la scoperta di nuove forme. La natura lo aveva dotato di un intuito morfologico mera- viglioso e, potrei dire meglio, miracoloso; di una memoria delle più tenaci; e l’ordine col quale egli attendeva alle sue ricerche, seguiva norme fisse. La sua vita, appena dopo il periodo della gioventù, fu sempre uguale; e, come quella dei certosini, obbe- diente ad una “ Regola , dalla quale mai, tranne in casi ecce- zionalissimi, si dipartiva, tanto che io mi ero indotto a chia- marlo il Padre generale dei Miceti Osservanti, appellativo che era rimasto gradito al mio diletto amico, cosicchè lo usò poi sempre nella corrispondenza nostra. Sensibilissimo alle vicissitudini atmosferiche, quando i primi freddi autunnali preludiavano ai rigori dell’inverno, egli più non abbandonava l’ambiente del Laboratorio e in esso, dirò così, si incistidava per tutta quanta la durata dell'inverno; e però egli stesso soleva paragonarsi ad una Orchidea di serra calda: In questo genere di vita laboriosissima e metodicamente ordinata, stava il segreto della stupefacente produttività del SACCARDO. Ordine e metodo erano parte integrante del suo essere, erano le direttive dei suoi lavori, che rispecchiano queste par- ticolari attitudini. La Sylloge stessa, riassunto di una enorme congerie di Atti della R. Accademia — Vol. LV. 32 470 ORESTE MATTIROLO forme, non sarebbe ciò che è, se il materiale di cui si compone non fosse stato disciplinato da fili conduttori, che il SAccaRDO ha saputo opportunamente e mirabilmente ordire. Per ciò che si riferisce alla conoscenza delle forme fungine non ebbe egli chi lo superasse, nè credo che alcuno mai potrà superarlo. Questo che io non dubito di affermare, è d’altronde lumi- nosamente dimostrato dai suoi lavori, sussidiati da classiche raccolte di Exsiccata; i quali pongono l’Italia all'avanguardia delle Nazioni per ciò che si riferisce a tali generi di lavori, così che il nome di lui rifulgerà nel campo della sistematica, illuminato dall’aureola che corona le opere dei Grandi. Così innata era in lui la conoscenza delle forme dei funghi, tale l’intuito delle affinità e delle analogie che regolano la loro correlazione nel tempo e nello spazio, che egli, non solo giunse a descrivere un numero colossale di miceti, ma riuscì a “ di- vinare , molti di quelli che ancora non si erano rivelati agli osservatori! Quante volte non ebbe poi il conforto di vedere avverate le predizioni raccolte nel suo curioso lavoro sui Prevedibili funghi futuri secondo la legge di analogia! (1896). L'opera del SAccaRrDo, in certo qual modo, io penso paràa- gonarla a quella dei compositori di musica, dei poeti, dei pit- tori, che compongono, scrivono, dipingono, animati da un senti- mento che essi stessi non possono definire, ma che li sospinge a creare melodie nuove, a raggiungere effetti di luce e di colore non prima sognati, ad evocare, col ritmo delle parole, sensazioni che agitano il cuore. L’analogia, l'armonia delle forme è d’al- tronde legge che regola tutti i regni della natura; e SAccARDO sentì la potenza di questa legge che immortalò l’opera sua, sgorgata da ‘un concetto originale intuitivo, unilaterale, non suffragato però da uno spirito critico tale da assicurarle basi solidamente scientifiche. La Sylloge conserverà, così, immutato nel tempo il carattere di indiscutibile utilità pratica, ma non potrà essere in avvenire ugualmente fattrice di progresso reale, se la consideriamo dal punto di vista al quale tendono le speculazioni della scienza moderna, fondate, più che sulla forma di un solo stadio per quanto elevato, come è quello della riproduzione, sulla intima COMMEMORAZIONE DI PIETRO ANDREA SACCARDO ATI conoscenza dell'intero «ciclo di sviluppo di ogni singola specie, e sulle relazioni che ogni specie contrae colle sue vicine durante i periodi di sviluppo e di accrescimento. L'opera maggiore di SAccarpo è quindi essenzialmente opera di statistica o, dirò meglio, di “ statica , delle forme, censimento che è base indispensabile a qualunque ulteriore studio di micologia, ed è in questo senso ammirabile e prodi- giosa, così che nessuno raggiungerà l’altezza alla quale egli è assurto. Ma non a questo solo campo di studi applicò il SAccARDO le doti speciali del suo ingegno organizzatore, la straordinaria sua cultura bibliografica, sussidiate dalle innate facoltà di ordine; chè egli ci lasciò pure un numero grande di lavori che si riferiscono alla storia della Botanica in Italia, riuscendo a riassumere, ordinare, elencare, in mirabile modo, la immensa varietà dei lavori dei botanici che lo precedettero. Così la sua Botanica in Italia e la sua Cronologia della Flora italiana e tanti altri lavori suoi sono repertorii, miniere di nozioni, di dati, di date che formano e formeranno, chi sa per quanti anni ancora, il substratum degli studi che si riferiscono alla Storia della nostra scienza. Con uguale competenza trattò egli pure la sistematica delle piante superiori; degna della sua fama è, fra le altre, l’opera che si riferisce allo studio della flora della provincia di Treviso, compilata negli anni della prima giovinezza, alloraquando, inde- fessamente erborizzando, andava raccogliendo ogni sorta di ma- teriali vegetali, essendo egli un botanico completo. Datano da quegli anni le celebri sue raccolte di Exsiccata, fra le quali la notissima Mycotheca veneta, che testimoniano della sua splendida attività di botanico peripatetico, durata purtroppo breve periodo di tempo, prima cioè di chiudersi nel laboratorio, per dedicarsi allo studio dei materiali da lui rac- colti e di quelli che d'ogni parte del mondo affluivano a lui perchè da lui fossero classificati e studiati. In questa occasione io non tento neppure di ricordare le innumere contribuzioni micologiche che illustrano raccolte fatte da specialisti di ogni parte del mondo e da lui studiate! La enumerazione delle opere di SAccARDO potrà essere com- piuta soltanto dal suo diletto figlio Domenico, micologo cresciuto 472 i ORESTE MATTIROLO alla scuola paterna. Sarà questo il più glorioso monumento che la pietà figliale potrà dedicare alla sua memoria! Ma, prima di porre termine alla affrettata rievocazione del- l’opera del compianto amico, io mi voglio ancora compiacere di segnalare la sua Flora Tarvisina Renovata pubblicata sul finire della guerra, ossia Enumerazione critica delle piante vascolari finora note nella provincia di Treviso, “ come quella che gli ri- cordava tante miserie ma anche tanti eroismi! ,, illustrando essa le gloriose regioni del Grappa, del Montello, di Vittorio Veneto. In questo suo lavoro l’illustre Autore si compiace di rie- vocare i tempi della sua feconda attività giovanile, quando, in- coraggiato da tre insigni naturalisti veneti, NARDO, ZANARDINI, De Visrani (che fu suo maestro), indefessamente andava erbo- rizzando nelle località che oggi sintetizzano le più fulgide glorie d’Italia. L'antica prima edizione, ossia il Prospetto della Flora tre- vigiana, fu la causa decisiva, perchè, sono sue parole, “ la Bo- tanica divenisse il suo studio prediletto e professionale ,. Tredicenne appena iniziava il Prospetto, e lo conduceva a termine nell’anno 1863, ottenendo di pubblicarlo negli “ Atti dell'Istituto Veneto ,, quando egli era entrato nel diciottesimo anno dell’età sua! I risultati delle successive conquiste botaniche in quella regione che gli fu culla e che egli con orgoglio di italiano seguì palpitante nelle tristi e nelle liete vicende, culminate poi nella vittoria di Vittorio Veneto, si possono qui riassumere con due soli numeri: mentre 1387 erano le piante elencate nel pro- spetto del 1863; 1717 sono invece quelle raccolte nella Flora T'arvisina Renovata del 1917. D'altra parte e per dare un’idea dell’attività saccardiana anche nel campo della Micologia, notiamo che: se erano 245 i funghi noti per la regione veneta, secondo il censimento del barone De HonrenBueHL HeurLEUR, elencati nella Enumeratio Crypt. Italiae Venetae, edita nel 1871 (prima cioè dei lavori di Saccarpo), 4600 divennero quelli da lui enumerati e studiati nella stessa regione; mentre di essi 3000 furono raccolti nella sola provincia di Treviso. Cifre eloquenti che lumeggiano l’im- portanza dell’opera sistematica da lui compiuta, che pone il Ve- neto fra le regioni meglio note della Penisola dal punto di vista botanico. COMMEMORAZIONE DI PIETRO ANDREA SACCARDO 473 Pier ANDREA SACCARDO, ardente patriota, che dopo Capo- retto vide la sua diletta Vittorio calpestata, rovinata dalle orde barbariche; che pianse amaramente, non di sgomento per la perdita di ogni avere, ma per la rovina temuta dei suoi ideali, ebbe pure il supremo, ineffabile conforto di assistere al trionfo e alla liberazione dei fratelli da tanto tempo schiavi dello straniero. Nel suo ritiro di Avellino presso il genero Prof. Trotter, gli giunse la notizia degli eventi gloriosi; esultante d’entusiasmo potè quindi far ritorno con animo sereno alla sua Padova (così duramente provata durante la guerra), dove lo aveva colpito una irreparabile sciagura, la perdita della sua adorata e fedele com- pagna. Egli allora si raccolse in sè stesso e, con rinnovato ardore, tutto si consacrò al lavoro, nel quale cercò conforto e oblio. Intensificò ancora la sua già eccezionale attività scientifica, sere- namente spegnendosi il 12 febbraio ora scorso, fra le collezioni, fra i libri, che erano stati lo scopo della sua esistenza, il sospiro della sua anima innamorata di ogni cosa bella e buona. Scienziato di Laboratorio non fu egli solamente, ma come insegnante valoroso ed efficace fu lustro e decoro dell’antichis- sima Cattedra di Botanica dell'Ateneo Padovano. Dalla sua Scuola uscì tutta una schiera di valorosissimi sistematici, che oggi degnamente onorano il Maestro e la scienza e ne seguono l'esempio e le tradizioni. Per tutta la vita il SAccaRDo seguì l’ideale che si era pre- fisso da giovinetto; gli allori che egli raccolse per consenso universale, i suffragi, i premi che le più insigni Accademie di tutto il mondo gli decretarono, additano la sua nobile figura alla riconoscenza nostra, perchè la sua fama è gloria d’Italia. La nostra Accademia, che annoverò il SAaccarpo fra i suoi Soci corrispondenti fino dall’8 febbraio del 1885, invia oggi alla famiglia desolata e per essa al suo diletto figlio Domenico, coi sentimenti di condoglianza profondamente e dolorosamente sen- titi, l’espressione della sua ammirazione per l’opera da Lui com- piuta a vantaggio della scienza e per l'onore della Patria. Torino, 12 marzo 1920. L’ Accademico Segretario CarLo FABRIZIO PARONA 474 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 28 Marzo 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Prizzi, De SancrIs, BaupI DI VESME, PareTTA, Prato, Cran, Fagci, Luzio, e SramPini Segretario della Classe. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza del 29 febbraio u. s. Il Presidente presenta alla Classe con un caloroso saluto i nuovi Soci nazionali residenti Adolfo FaGGr e Alessandro Luzio, che ringraziano così per la loro nomina la Classe come per il cortese saluto il Presidente. L'Accademico Segretario dà lettura della deliberazione presa dal Consiglio di amministrazione dell’ Accademia, che, essendo oramai superato il numero di 30 fogli di stampa del volume in corso degli Atti e crescendo quasi ogni giorno in modo sconfortante le spese di stampa, mentre invano s’è invo- cato un aumento della dotazione dell’Accademia, sia chiusa l'accettazione di nuove Note, ed al Socio nazionale sia consentita solo più la presentazione di «na propria Nota, ove egli non abbia già esaurito il numero totale (di tre) assegnatogli con la deliberazione del 29 novembre dello scorso anno. 475 L’Accademico Segretario notifica poscia che la Reale Ac- cademia della Crusca ha aderito alla proposta fatta dalla nostra Classe in nome della Accademia, e si farà rappresentare ad un eventuale convegno in Roma dei rappresentanti delle singole Accademie Reali italiane nelle prossime ferie pasquali per mezzo del suo Socio corrispondente Vittorio Rossi. Invece il presidente dell’Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli ha dichiarato che, non avendo quell’Accademia ancora aderito all’invitò direttamente avuto dall’Académie des Inscrip- tions et Belles Lettres, non può dare alcuna risposta relativa a tal convegno. Altre Accademie non hanno finora dato risposta alla lettera loro inviata per quello scopo. Dopo breve discussione la Classe a voti unanimi delibera di conferire pieni poteri al Socio De SancrIs per trattare in Roma, nelle prossime ferie pasquali, coi rappresentanti delle Accademie dei Lincei e della Crusca, ed eventualmente con quelli di altre Accademie Reali italiane, intorno alla costi- tuzione dell’aggruppamento delle Accademie nazionali pre- scritto dall'art. 4 dello Statuto della Unione accademica inter- nazionale, e intorno alle modalità da seguire per riguardo allo invio dei due Delegati italiani alla prima riunione interacca- demica che avrà luogo in Bruxelles nel maggio prossimo. De- libera inoltre che sia anche rivolta calda preghiera a S. E. il Ministro degli Affari Esteri, affinchè voglia concedere il suo alto appoggio alla costituzione di quell’ aggruppamento dei Corpi accademici italiani, riconoscendo ufficialmente i due De- legati dell’Italia quali effettivi rappresentanti di tutte le Acca- demie italiane aventi carattere nazionale, cioè delle Accademie Reali contemplate nell’art. 21 dello Statuto del Regno e nelle Leggi che lo integrano, o almeno di quelle Accademie che hanno partecipato alle conferenze preliminari di Parigi, cioè l'Accademia dei Lincei e quella delle Scienze di Torino. Il Socio Prizzi presenta alla Classe, che ringrazia, due pub- 476 blicazioni del prof. Michelangelo BiuLia: 1% Se le leggi econo- miche patiscano eccezione (Firenze, 1919); 22 Sulla Causa (Fi- renze, 1918). L’Accademico Segretario presenta, a nome del Socio SrorzA assente, la sua monografia Nuovi documenti sull’eccidio dei Fra- telli Bandiera e dei loro compagni (Estratto dalla “ Rassegna storica del Risorgimento ,, 1919). La Classe ringrazia il Socio SFORZA. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza dell’11 Aprile 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE ENRICO D'OVIDIO DIRETTORE DELLA CLASSE Sono presenti i Soci SALVADORI, SEGRE, Prano, Foà, GuIDI, MartIRoLo, PaNnETTI, SAcco, MAJORANA, RosA, HERLITSKA e PARONA Segretario. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente presenta i nuovi Soci Rosa e HERLITSKA, dà loro il benvenuto a nome della Classe, rallegrandosi della loro nomina, per la quale nuove forze si aggiungono a rinvigorire l’attività dell’Accademia. I Soci Rosa ed HeERLITSKA rispondono, rinnovando i ringraziamenti per la loro nomina già espressi per lettera. Il Socio Foà presenta in omaggio la prima dispensa del Trattato di Anatomia patologica, da lui pubblicato in collabora- zione di parecchi colleghi, e ne parla, richiamando l’attenzione dei colleghi sulla edizione e sulle figure che fanno onore alle Arti grafiche torinesi. Il Socio Guipi fa omaggio della sua Nota Sul calcolo statico delle dighe a gravità, ed il Socio PANETTI del suo scritto su /I{ Laboratorio di aerodinamica del E. Poli- tecnico di Torino. Come omaggio dell’autore prof. M. CaHINI, il Atti della R. Accademia — Vol. LV. 39 478 Socio PrANO offre con parole di lode i due volumi Corso spe- ciale di Matematiche ad uso dei chimici e dei naturalisti (4? ediz.). Esercizi di Calcolo infinitesimale (3* ediz.). Il Presidente ringrazia a nome della Classe. Ricorda poi le deliberazioni restrittive del Consiglio di Amministrazione, riguardanti le pubblicazioni accademiche, im- poste dalle difficili condizioni finanziarie del momento (23 no- vembre 1919, 26 febbraio 1920), e fa osservare che, pur troppo, si deve ora applicare il provvedimento pel quale, allorchè il numero dei fogli stampati (Atti) giunga a 30 ed il Tesoriere ne avverta i Segretari, si deve chiudere l’accettazione di nuove Note, consentendosi al Socio, a partire da quel momento, solo più la presentazione di una Nota propria, ove egli non abbia già esaurito il numero totale (tre) assegnatogli. Il Segretario aggiunge che il Consiglio di Amministrazione dovrà provvedere al nuovo aggravio nelle spese di stampa per l’aumento del 20 °/, annunciato in questi giorni dalla tipografia. Su queste comunicazioni si ha uno scambio di idee fra i Soci Sacco, MaJorANA, Foà, Peano ed il Presidente nell’intento di studiare i modi onde evitare i danni di ulteriori riduzioni nelle pubblicazioni, scopo principale dell’azione accademica. Il Presidente, a nome del Consiglio di Amministrazione, prende atto delle idee e proposte dei colleghi, ed assicura che la Presidenza agisce attivamente nel senso di rimediare per quanto è possibile alle attuali strettezze finanziarie che para- lizzano le nostre attività. Il Socio SEGRE presenta per la stampa negli Atti, ma con riserva subordinatamente alle disposizioni ora entrate in vigore, una Nota (III) del Dott. A. TeRRAcINI intorno ad Alcune que- stioni sugli spazi tangenti e osculatori a una varietà. Il Socio corrispondente Prof. G. CoLonneTTI ha mandato alla Presidenza, pure per la stampa, una sua Nota sui Eapporti per azioni statiche e dinamiche nei pali di una conduttura elettrica. "N lea si 479 La Classe si raccoglie in seguito in seduta privata e in con- formità all’art. 14 dello Statuto accademico procede, mediante vo- tazione a schede segrete, alla elezione del Direttore della Classe. Riesce eletto il Socio Prof. Corrado SEGRE, salvo l'approvazione Sovrana. 480 ALESSANDRO TERRACINI LETTURE Alcune questioni sugli spazi tangenti e osculatori ad una varietà Nota III di ALESSANDRO TERRACINI (*) Determinazione delle V,(%X = 4) le cui sezioni iper- piane hanno spazi osculatori di dimensione minore dell’ ordinario. 1. — Nella Introduzione alla Nota I, e poi anche al n° 8 della medesima Nota, già ho accennato a un problema connesso cogli altri di cui mi sono occupato in questo lavoro, cioè al problema della determinazione delle V, le cui sezioni iperpiane hanno spazi osculatori di dimensione minore dell'ordinario. Pre- cisamente, se P è un punto generico di una V,, So lo spazio in esso osculatore, V°,_, la sezione della V, con un iperpiano generico 0 passante per P, Sy lo spazio osculatore in Pa V_j, appartenente perciò alla intersezione 0 So, risulta da quel n° 8 che, in generale, Say esaurirà l’intersezione 05%, ossia sarà (& — 1)( w =w—l, non appena sia w< ECM TA +1, mentre per REA sarà, in generale, w' = eni (4) Per le Note I e II cfr. questi Atti, vol. XLIX, pp. 214-247, adunanza del 14 dicembre 1913, e vol. LI, pp. 695-716, adunanza del 5 marzo 1916. (?) Colgo quest'occasione per avvertire che nell’ultima linea del n° 8 della Nota I invece di d si deve leggere % (come è scritto, esattamente, nell’enunciato di quel n°); e che nella settima linea dell’enunciato che chiude la Nota II, anzichè “ retta direttrice , si deve leggere “ curva di- rettrice , (come è scritto, esattamente, al n° 4). cal ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 481 Vi sono tuttavia delle V, eccezionali, tali che, per le loro sezioni iperpiane generiche, w ha un valore più piccolo di quelli ora indicati: ci vogliamo appunto occupare della ricerca di tali V, eccezionali, per X = 4. Il modo di avviare la ricerca è indicato dal risultato gia acquisito (v. ancora il n° 8 della Nota I), che quelle V, sono, tutte e sole, quelle che soddisfanno a un sistema da — El av eq. di Laplace lin. ind., tale che la ma- trice jacobiana delle loro forme associate (3) sia identicamente nulla, di caratteristica X — (w— w' — 1). Per k=2, si riconosce immediatamente che non esiste nes- suna superficie di tal fatta; per k= 3, il sistema delle coniche associate sarà costituito dalle coppie di rette (del loro piano) ‘ per un punto fisso, cosicchè il teorema del n° 10 della Nota I ci assicura che le sole Vs del tipo richiesto sono i luoghi gene- rici (4) di piani di S, con r > 6. Per k= 4, il sistema delle quadriche associate dovrà essere uno di quelli elencati sotto «,), 43). @3), 5) e c) nel n° 1 della Nota II, oppure il sistema co? delle coppie di piani per una retta. In quest'ultimo caso si trovano, fondandosi ancora sul n° 10 della Nota I, le V, luoghi generici (cfr. la nota (4)) di piani di S, con r=11; e, nello stesso modo, il caso a) conduce alle V, luoghi generici di Sz immerse in S. con r>8. Il caso 5) rientra fra quelli studiati al n° 12 della Nota I. Restano quindi a trattare i casi ag), 43) e c). 2. — Gioverà sgombrare anzitutto il terreno dal caso c), in cui le quadriche, associate al sistema di equazioni di Laplace rappresentato dalle V,, costituiscono un sistema 3 contenente un sistema co? formato dalle coppie di piani per una retta r. Ora però, a differenza di quanto si è fatto nella Nota Il, ci converrà non escludere quei particolari sistemi di quadriche che soddisfanno contemporaneamente anche alla definizione del caso 4) (sistemi lineari di coni col medesimo vertice). Le no- (VE Nota: I, n° 2. (4) Generici nel senso che quelle Yz non debbono rappresentare altre equazioni di Laplace, se non le 00? che esprimono che quelle V3 sono luoghi di piani. 482 ALESSANDRO TERRACINI tazioni sono le medesime che abbiamo definito nel n° 5 della Nota II. Si tratta di determinare le V, che rappresentano tutte e sole le equazioni di un sistema: A, Ax a DÌ) Gio o 4g,e=0 As Ax + X 91 ®0 + gone =0 A, Ana + L Ger 20 + gaia =0 | Lu AA,0€ 4 Mp0 Pope MW rs 7 (dove i quattro operatori differenziali A,, A4., 43, -A4 siano linearmente indipendenti), nell’ultima delle quali possiamo sup- porre v,; = %;3= %293= 0. Col procedimento del n° 10 della Nota I le tre prime equazioni conducono a due nuove equa- zioni di Laplace le cui quadriche associate hanno per equazioni: 03 (921 + Yia) — doYax 0, (2) Ì — 0 Yaa + 9 (912 + Ya) = 0. Ora, se non è identicamente 33 = 34= yu =" 0 (cioè nei sot- tocasi c;) e cs) in cui non tutte le quadriche associate alle (1) passano per la retta r), queste quadriche, in quanto passano per la retta r (a, = ag =0), dovranno appartenere al sistema lineare delle quadriche associate alle tre prime equazioni (1); e perciò segue che Yi1, Yi; Yao; Pig SI annullano nei punti di quella retta. Il sistema differenziale Aj F= A, F=0 è dunque completo, e si può effettuare un opportuno cambiamento di va- riabili in modo da dare al sistema (1) la forma (5): a) eee, e vo: AS, Ger d° + Gea =0 f | alt + Ngor 00 + gna =0 x Urs 2 = }> Pr CA sm Poz 0 UNI r (1') (5) Indichiamo, per semplicità, i coefficienti delle (1’) cogli stessi sim- boli usati nelle (1): non occorre avvertire che si tratterà generalmente di funzioni diverse. mere di le ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 483 E non potrà neppur ora essere identicamente u33 = 34 =%u=0, poichè, variando la scelta dei parametri, il sistema lineare delle quadriche associate alle equazioni di Laplace rappresentate dalla V, resta proiettivo a sè stesso (Nota I, n° 2); cosicchè lo stesso ragionamento di sopra prova che 9113 = 9114 = 9123 = = Y134 = 9293 = 9224 = 0: le superficie t;3 = cost., t, = cost. rap- presentano tre eq. di Lap. lin. ind. e sono perciò piani. Nei sottocasi c,) cs) si ottengono dunque le V, luoghi di piani, rappresentanti quattro equazioni di Lap. lin. ind. 8. — Nel sottocaso c3), in cui tutte le quadriche associate alle (1) del n° precedente passano per la retta r (cioè 33 = = Ugz4 = a = 0), la conclusione precedente non è più valida. Tuttavia si può dimostrare che il sistema A, FY= A,gF=0 è ancora completo, e dedurre che, se la V, non è ancora un luogo di piani, rappresentante quattro eq. di Lap. lin. ind., essa è co- stituita da co! V,, rappresentanti quattro eq. di Lap. lin. ind. Infatti, operiamo per semplicità, nello Sz delle quadriche asso- ciate, un cambiamento di coordinate, ponendo i nuovi piani *fondamentali in a, = 0, ag = 0, a3=0, aj ="0, e precisamente poniamo le nuove coordinate 0’ di un punto [0] proporzionali a x 8 xa, oa X 45,8, Ya, 0,. Allora se, colle formole di r zione Yi = X 91, 9, diviene identicamente Y'» = =Y g9',3,9",, ecc. (cosicchè la relazione P1 = — Pa = Yan — Ie de diviene pi, = — P'u= 9 — 9123), dal fatto che le quadriche (2) debbono stare con a,°, a,0,, a in un sistema 008, segue: LI (3) P'213 + DA 123 p 214 + g' 9 124 — Y'113 — Yu Vee AA g 223 chi g 224 P'133 + Y'313 Pod SA Gora D'altra parte, operiamo sulle tre prime (1) con Az, A in''modo da ricavarne le 4, 4 A, (},m=1,2; n=3,4), quindi anche le A, A, Anrxt VA, A An® + XY Amr Pass £”, espresse linearmente per x e le sue derivate prime e seconde; e sosti- tuiamo poi queste espressioni nelle relazioni che si ricavano operando con A,, 4, sull’ultima fra le (1): si giunge così a 484 ALESSANDRO TERRACINI due nuove equazioni di Laplace, che hanno per quadriche as- sociate: (4) Us (— 0gYn + % P3,) + va (— dvn + 0 P4) + + sg (— ag Ya + 9 Psi) + usa (— 04 Ya + do Pa) + + A (413) 0,03 + Ar (014) 4104 + A, (093) 09 43 + Lt A; (02) 90, +-a,m=0 (= 1,2), dove, come al solito, t1= Y p,08,. E poichè attualmente tutte le quadriche associate alle (1) contengono la retta a, = a, = 0, così su questa retta dovrà essere: U13 3 Ya | 1404 Ya + Ugg Ag Yor + 94 4 Ya = 0 (= 1,2), ossia sarà: U13 9 113 + Uag 9 213 — Ud ' ' U13 9 123 + Usz 9 223 =0 , ' (5) U149 114 se U94 Jana = 0 se Ùa , ' E ee 0 Una GY 124 + Usd 9224 = ' , ' , U13 9 114 + U14 9 113 + az UBERTI + Us Gioia 0 , , ,' , U13 9 124 ++ Una 9 123 + U93 9 224 ca Ug4 Y 323 = 0. Ora le v non sono certo tutte nulle, cosicchè in una almeno delle coppie 13; 33; 14, %s4 Vè una w diversa da zero; se, per fissare le idee, 13, Mas sono entrambe nulle, segue dalle due prime (5) | | g i) I Adi i = 0. Allora, se anche 4, 9, non g 123 g 223 sono entrambe identicamente nulle, segue dalla terza e dalla quarta (5) g sa g df = = 0, mentre, se %,4, %y sono entrambe | Goa Food identicamente nulle, lo stesso risultato segue dalle due ultime eguaglianze dello stesso gruppo. In ogni caso. si ha dunque: , ’ 4 ' | J113 9 213 Gua G214 , , | 9123 9293 (6) sa 20 , ,' Qioa 9224 tè Al ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 485 Le quali eguaglianze, paragonate colle (3) e tenuto conto che Pun = — Pan = Yen TÀ Gran (2=3, 4), porgono Pia =Pia=0. Perciò, anche nel caso attuale, @,, si annulla sulla retta a,=0,=0; il sistema A\F= A,F=0 è completo. Pertanto nel caso cs) il sistema rappresentato dalla V,, con un opportuno cambiamento x . di parametri, è riducibile alla forma: ST Boga xO+gnue=0 9 LX Yin 20 + geo =0 CACITAÌ G2er Li ga e =0 Urg 109 Lun, r00 dor e + un dA + Xp, a) + pe=0 - (7) (cosicchè si può supporre che gli operatori A,, As, 43, 4, siano ò ò d Of ‘dra “dr” dt, ci permettono inoltre di affermare che sussistono le (3) e le (6) in cui le g' si pongano uguali a zero e al posto delle g' si sostituiscano le attuali 9g (giacchè ora i due sistemi [6] e [07] sì possono supporre coincidenti). Ora fra le uguaglianze com- pendiate nella (3) vi sono le rispettivamente ) anzi le considerazioni svolte | 9g Qua | | 9198 Ya24 | | —_ | 9123 Gi24 | | 9223 9224 i 0 che permettono (5) di porre: Gus =, Qua =, (8) | Gg Uh, Gia =UWE, Gaga VA, Gra =Vk. Dalle (6) segue allora (Av — u?) A?= (Av — n?) & = 0: perciò sarà 4=X%=0 oppure \v—u?=0. Nel primo caso, (8) La conclusione non cade anche se 9123 = 91, = 0, giacchè le (3) mo- strano che in tale ipotesi dovrà sussistere almeno una fra le coppie di re- lazioni gig = gu4=0, 922392 = 0. 486 ALESSANDRO TERRACINI nelle tre prime fra le (7) non compaiono se non derivazioni fatte rispetto a T,, ts: si conchiude ancora, come nei casì 3), c2), che la V, è una co? di piani. Se invece non è identicamente h=k=0, nel qual caso potremo supporre non tutte identica- mente nulle X, u, v, e perciò anche, in virtù della \v— p?=0, non entrambe identicamente nulle \ e v — per fissare le idee supporremo nel seguito non identicamente nulla la \ — si trae dalle (7), tenuto conto delle (8), che ua — Xx9®, va! — pg si esprimono come combinazioni lineari di x, e, «©; le su- perficie t;= cost., t. = cost. rappresentano due distinte equa- zioni di Laplace le cui forme associate contengono, poichè Àv — u?= 0, uno stesso fattore lineare, e sono perciò svilup- pabili (?). Orbene, queste 00? sviluppabili si ripartiscono in co! sistemi semplicemente infiniti, dando luogo a oo! V3, ciascuna delle quali rappresenta quattro eq. di Lap. lin. ind. Infatti, si osservi anzitutto che l'equazione di Laplace, conseguenza delle (7), la cui quadrica associata è la prima fra le (2), è attualmente: (9) pre + per AR Aa A (...) 04 (..) et (..) 0A Ùir fa hg + Vhgune + uh [Qu — Geo] a (UAN) x 4 + (Mega + vEgue + DÈ IAT — Ye] + (47) — AK) 200, equazione che non può, nelle ipotesi attuali, essere identica- mente soddisfatta, e che pertanto non può differire, se non per un fattore, dall’ultima fra le (7), alla quale si può dunque sup- porre senz'altro sostituita. Si formi allora quella ulteriore equa- zione di Laplace, conseguenza delle (7), che ha per quadrica associata la prima delle (4) (£=1), cioè la (10) (0 [V9na _ MY sn Qu — Xt2)] de 2uh! — \h®} 013) hh + (% [vgno — bigra + 20% — 19] + 21) — 149) 019 + + [cs ugne + Yi — \0%| — K40) al 4 + (ke ngno + Agi — AN] — M0) 209 0 (7) Il risultato vale anche nel caso in cui sia u=v=0, perchè allora la seconda e la terza fra le equazioni (7) mostrano già che quelle super- ficie sono sviluppabili. N Lar hi “en” ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 487 La proporzionalità fra i coefficienti di x°9, x in questa equa- zione e nella (9) porge intanto (giacchè \= 0): mentre quella fra i coefficienti di x!3, x!14 permette ulterior- mente di concludere, almeno se u==0: kh h9 k k® Che se fosse poi identicamente u= 0, e perciò anche v= 0, la medesima conclusione emerge dal fatto che, mancando allora ‘ nella (9) i termini in x°%, x‘, essi dovranno mancare anche nella (40), e quindi sarà (A) = (AMO =0. Il rapporto di % e % è dunque funzione delle sole 13, 4, e perciò l'equazione in F: hF®+kF®=0 ammette soluzioni — non costanti — funzioni delle sole Le Cioe Se o è una generica fra esse, eseguendo il cambiamento di variabili bo = 1, =, 0,=0 (13, 4) (certo invertibile: salvo; forse, uno scambio fra i due ultimi parametri), nel sistema (7) trasformato le prime tre equazioni vengono a non contenere più derivazioni fatte rispetto a 0,, e perciò anche la quarta (come risulta dalla ispezione della (9), ove si ponga 4=0); vale a dire le V;} 0, == cost. rappresentano quattro eq. di Lap. lin. ind. Concludendo, si può affermare che nel caso c), le V4. cercate, appartenenti a. S. con r 10, sono le Vi luoghi di piani, rap- presentanti quattro eq. di Lap. lin. ind., e inoltre altre V, appar- tenenti alla classe delle Vi, luoghi generici (8) di co! Vs rappre- sentanti ciascuna quattro eq. di Lap. lin. ind. Per le V, del (8) Generici nel senso che le Y, non rappresentino altre eq. di Lap. se non quelle esprimenti appunto che esse sono luoghi di 00'V3 rappresen- tanti quattro eq. di Lap. lin. ind. 488 ALESSANDRO TERRACINI primo tipo è ben chiaro che esse risolvono il nostro problema nel caso c); per quelle del secondo tipo si può ancora affermare che esse risolvono tutte il problema, per quanto esse corrispon- dano ovviamente al caso 43), e perciò, in generale, non al caso c). Le V; di cui risultano luogo queste V,, e pertanto anche le stesse V,, si sanno costruire tutte (?); esse si troveranno enu- merate nell’enunciato finale di questo lavoro. 4. — Nel sottocaso 43), in cui le quadriche associate alle equazioni di Laplace rappresentate dalla V, costituiscono un si- stema 004 di coni col medesimo vertice, il sistema di equazioni di Laplace rappresentato dalla V, si può supporre della forma: A, Ax + x Gir CM + goa = 0 A Ax+ » da deg, 0 (11) Az A,x + x Gear CM gg a =0 A, Ax+p A Ax + Zgur® + gue=0 As A,xr + Po Ag Ap0 1 N Go ® + goa =0 dove i tre operatori A,, A, 43 si suppongono (come in tutto seguito di questo lavoro) linearmente indipendenti. Il calcolo delle espressioni A, A, Ax — An An À4y& (2, m, n= 1,2,3; == m== n) desunte dalle prime tre equazioni, porge intanto tre nuove equazioni di Laplace, conseguenze delle (11), le cui quadriche associate hanno per equazione: \ O, Pa3 + 03 Yir — do Ya = 0 (12) CERO + 03 Yag — 03 Ya = 0 | 03 Pie + a Ya — Un Yao = 0. KE poichè esse devono avere un punto doppio in a, == 0=0, segue che i, Piz, Pag) Yigg Yu, Ya sono combinazioni lineari ei 2 zioni di Laplace linearmente indipendenti. * Rend. del Circ. mat. di Palermo ,, t. XXXIII (1912), pp. 176-186. (*) Cfr. la mia Nota: Sulle Vi, che rappresentano più di equa- =, - ana - ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TAVNGENTI, ECC. 489 di a,, 0, 03. Di più, operando con A; e con A, rispettiva- mente sulla quarta e sulla quinta equazione (11), e ricavando As dA 4AgxdO AA 4xX+- Ya, 91€” dalla prima equazione, si Ta ottengono ancora due equazioni di Laplace, aventi per quadriche associate: (13) \ — Yi +12 + A3(P.) 0 + pi (03124 043 Po) + 1a =0, | — 3 Ya + % Pa FA: (Pa) aj + Ps (—03Y31-4- 03 Pg1) "a Ya =0. Anche per queste quadriche il punto a =@,=0a,=0 è doppio, e perciò in quel punto è anche Y.1= Ya = 0. Tutto questo prova che il sistema A/F= A,F= A;F=0 è completo, e che, assu- mendo come nuovo parametro t, una soluzione di tale sistema, nel sistema (11) trasformato non compaiono più derivate fatte rispetto a t,; cioè le V;} t,= cost. rappresentano cinque equa- zioni di Lap. lin. ind. Ora una V; rappresentante cinque equa- zioni di Lap. lin. ind. (v. la nota (?)) o sta in S;, o è una co! di piani sviluppabile ordinaria, eventualmente degenere. La V, in questione sara dunque costituita da co! V; di S,, o da co' piani di una sviluppabile ordinaria (insieme coi casi degeneri). Vice- versa, le V, generiche (dove la parola generiche ha un significato analogo a quello definito nella nota (*)) fra quelle di questi due tipi rappresentano cinque sole eq. di Lap. lin. ind. e corrispon- dono proprio al caso as). Quindi le V, corrispondenti al caso ar) (situate in S, con r => 9) sono V, generiche fra quelle costituite da o! Vi di S,, 0 da co! sviluppabili ordinarie di piani (insieme coù casi degeneri). Non è forse senza interesse osservare che in modo perfet- tamente analogo si dimostra che, se una V, rappresenta tutte e sole le equazioni di un sistema: | ArAn ti 00 (mn=1,2,...pi m= n) (11') (An Ano + prdAg Ae 0 (m=1,2,..p—1) dove i p operatori differenziali A sono linearmente indipendenti, essa, se p>2, è luogo di co? 7,, ciascuna delle quali rap- pPp+1) 2 presenta — 1 eq. di Lap. lin. ind., cioè luogo di co? Y, appartenenti ciascuna a uno S,;,, oppure di 00%? luoghi di S,_1 490 ALESSANDRO TERRACINI sviluppabili ordinarie eventualmente degeneri. E di qui segue facilmente il risultato, che estende, in un certo senso, il teorema finale del n° 10 della Nota I: Se una Vx, ammette in ogni punto generico un cono Vi, di tangertti tripunte, con p>2, e se essa non rappresenta altre equa- zioni di Laplace se non quelle che esprimono questa proprietà, essa una co? di V, appartenenti ciascuna a uno Sp4, oppure una do? di luoghi di S,-, sviluppabili ordinarie, eventualmente dege- neri (nella seconda alternativa quel cono V} , essendo costituito da uno S,_, doppio). 5. — Resta finalmente a studiare il sottocaso 4;), in cui le quadriche associate alle equazioni di Laplace rappresentate dalla V, costituiscono un sistema 008 di coni col medesimo ver- tice. Come già si è osservato alla fine del n° 3, le V, luoghi generici di co! V; rappresentanti ciascuna quattro eq. di Lap. lin. ind., forniscono appunto delle V, di questo tipo; risulterà però che esse non sono le sole. La trattazione di questo caso riuscirà un po’ minuziosa in quanto, per conseguire una certa semplicità nei calcoli, saremo condotti a distinguerlo ancora, a sua volta, in vari sottocasi. Precisamente, segando il sistema 003 dei coni quadrici associati con un piano generico, si otterrà un sistema 008 di coniche luogo, avente come polare una schiera di coniche inviluppo G, che apparterrà necessariamente a uno dei seguenti tipi, proiet- tivamente distinti : I. le coniche di G ammettono uno stesso trilatero autopolare; II. sono tangenti in un punto, e ammettono ulteriormente due tangenti in comune; III sono osculatrici di un punto; IV. hanno in comune un contatto quadripunto; V. sono bitangenti; VI. costituiscono un’involuzione di coppie di punti su una punteggiata; VII e VIII. sono costituite da un punto fisso, e da un punto variabile su una retta che rispettivamente non gli appartiene o gli appartiene. Nei casi VII e VIII le relative V, corrispondono, oltre che al caso ag), anche al caso c), e quindi sono da ritenersi già note; ci limiteremo pertanto a trattare gli altri casi. =“ ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 491 6. — Nella ipotesi I, il sistema rappresentato dalla V, si può supporre ridotto alla forma: As Axr+Lg9 004 ge =0 i Ag 4x4 Ya 4 giga = 0 (14) 3 | A3 Ax+ Y VESTE MEO ggag = 0 pi di Ax+ p: A, A,x 4 p3 43 Ages Miga ga= 0, dove nessuna delle tre funzioni p;, ps, p; sia identicamente nulla. Dalle prime tre equazioni segue intanto, come al n° 4, che il sistema A\F= A.F= A;F=0 è completo, e che inoltre per ennio — 0 è = Ya = Ys= 0. Approfittando nel solito modo di questa circostanza possiamo intanto supporre a, = 4% = = Gg = Yi = Yi = 9231 = 0. Applichiamo di nuovo in questa ipotesi lo stesso procedimento, deducendone p. es. l'equazione di Laplace la cui quadrica associata è la prima delle (12); essa è: vs » a (rs, i E D ds Pag, gr + 3a A3s Yer L° )_ Da; gie % al) Paz, pu) sa rs rs TN ‘8 + E (0a. già — 05, gior) &' + Ao (9100) — Ao (990) =0. In questa equazione non compare la derivata 2; pertanto è gig= 0, oppure essa è combinazione lineare delle sole prime tre equazioni (14). Nella prima ipotesi, in nessuna delle equa- zioni (14) compaiono derivate fatte rispetto a Tt,, e perciò le V;, t,= cost. rappresentano quattro eq. di Lap. lin. ind., e la V4 è una co! di V, rappresentanti ciascuna quattro eq. di Lap. lin. ind. Occupiamoci dunque della seconda ipotesi, in cui le forme che stanno al primo membro delle (12) sono combinazioni lineari di 0; 0,, 0103, 0,03; allora 33, Ya; Ys: risultano combinazioni lineari delle sole a,, az, ecc. Ciascuno dei tre sistemi A,F = 0 AF=A;F=0; AF= :A;F=0, nella: funzione incognita /, è dunque completo, e si possono sostituire a T,, Ts, T3 tre nuovi parametri che siano rispettivamente soluzioni di questi tre sistemi (si può sempre fare in modo che il cambia- mento di parametri sia invertibile). Il sistema (14) è pertanto riducibile alla forma: 492 ALESSANDRO TERRACINI 23 2 3 Ti L Gase dC 4 923300 + gaia =0 13 l a + gia e! + gia € + giga = 0 15 (12 l 2 (15) LL Gre DO 4 Gros 29 + gs e =0 Pi 20 + po e + pa e + gi 00 + 90:00 + ga e + + gi +-ga=0 (dove si è tenuto conto delle condizioni trovate per 3}, ecc.), coll’ipotesi che anche ora 9g, non sia identicamente nullo (per non ricadere nel caso già trattato), e che nessuna delle p sia identicamente nulla. Ci si può poi anche ridurre, dividendo le « per una stessa soluzione del sistema (15), al caso in cui 9e=9i3= 93=9= 0; indicheremo in seguito con (15') il si- stema (15) così trasformato. Tra i coefficienti che compaiono nelle (15’) devono intercedere parecchie relazioni di cui diremo al n° 7; in particolare, il fatto che la V, non può rappre- sentare equazioni del primo ordine porta a stabilire, tra 1 coefficienti delle prime tre equazioni, delle relazioni che già furono considerate dal Darboux (!°). Ciascuna delle V} t,= cost. rappresenta dunque un sistema di tre equazioni di Laplace [le tre prime del sistema (15)], la forma delle quali mette in evidenza, su di essa, l’esistenza di tre sistemi oo! di superficie che si tagliano secondo linee coniugate, nel senso che le linee secondo le quali ogni superficie di un sistema è segata dalle super- ficie degli altri due sistemi costituiscono (su quella superficie) due sistemi coniugati. Una tale V3, in quanto non verifichi delle ul- teriori equazioni di Laplace, sarà chiamata brevemente nel se- guito V; di Darboux; essa si può anche definire come una V3 rappresentante tre sole eq. di Lap. lin. ind., e contenente tre si- stemi n' di superficie, tali che î piani tangenti alle superficie di un sistema nei punti della linea intersezione di due superficie dei rimanenti due sistemi costituiscono una sviluppabile ordinaria (eventualmente degenere). Le V, che andiamo ricercando, rappresentanti il sistema (15) con g,4#=0 appaiono dunque intanto come V, di S. (r = 10) (49) Lecons sur la théorie générale des surfaces. Paris, 1887-1896, Qua- trième Partie, n° 1039 e segg. i 3 ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 493 luoghi di x0' Vs di Darboux che abbiano per la V, comportamento asintotico, nel senso che gli S, osculatori a una di quelle V; contengano lo $S, tangente a V, nel punto di osculazione; e pre- cisamente come varietà generiche tra le V, ora descritte, dove alla parola generiche attribuiamo, come al solito, il significato che quelle V, non debbono rappresentare altre eq. di Lap., se non quelle che esprimono la proprietà mediante la quale esse sono state definite. L’effettiva esistenza di tali V, risulta dagli sviluppi del seguente n° 7. 7. — Le relazioni fra i coefficienti delle tre prime (15') osservate dal Darboux, di cui è cenno al n° precedente, per- mettono intanto di scrivere quel sistema sotto la forma: gl) — RO 2 OL ND 20 gl) — hO g® dle hO ax DE NO 20 LD 20 1 22 33 l 2 È 3 Ap \ Pr®00 4 po 22 + pa 29 + gie 4 gar + gg et g e =0 (16) dove le funzioni A,, ls, 3 soddisfanno alle: \ he = DONO 4 19 NO — NO hO hS9 = NO ND + 19 N — 19 h9 ho Ds 10 h® 2 he hO Fasi hO h®. (17) (0 Le tre prime equazioni (16) permettono, con opportune de- rivazioni, di ricavare le derivate terze del tipo x‘, espresse linearmente mediante le derivate prime e seconde della x; così: (18) 20 ROLL MIRO Ra + (AOP 20) 20; e, successivamente, dall’ultima delle (16), derivata rispetto a T,, T,, T3 separatamente, si possono ricavare, in quanto le p sono diverse da zero, le derivate terze x0!, x, x, espresse ancora linearmente per le derivate prime e seconde della x; così p. es.: Atti della R. Accademia — Vol. LV. sd 34 494 ALESSANDRO TERRACINI (19) NpPal + E ga + pra! + + Po (10 209 + (AÒ) hO - h3>) a® + (20 29 + hed) x) da + ps (MPA (MPN + MOL MPI 4-20) 20) + - Yi gl!) + ge (40) x) - ho cl + Y3 (CA gel) °° h® x) <- + Yi e — (0. La (18) poi, derivata rispetto a Tt,, permetterà, tenuto conto di quanto precede, di ricavare x", espressa ancora linearmente per le derivate prime e seconde di x. Allora, se sì deriva la (19) rispetto a t., e si sostituiscono le derivate terze e quarte di z, che così prendono origine, mediante le espres- sioni di cui si è detto, si trova una equazione di Laplace, con- seguenza delle (16), di cui scriviamo per ora i soli termini con- benenti. 20 6 209. (20) go — BI, 00 + PRATI da gl) | «22 4 Pi Ga g È Ga TT... =U. Ora, poichè termini in x“, «°° non compaiono nelle (16), essi dovranno mancare altresì nella (20); perciò, con opportune per- mutazioni di indici sulle relazioni che ne seguono, sì deduce intanto: (log p.)l!" =(log p3)!" = (log.9)!", ecc. e perciò p,, P:, P3 sono proporzionali a tre funzioni rispettiva- mente delle sole T,, 14; Ta, Ti T3, Ty. Quindi, moltiplicando l’ul- tima fra le (16) per un opportuno fattore, si può supporre senz'altro: (21) Pi = Pi (t., T,) (E 2, 3). (22) Ga Ya (74). Ciò posto, se si scrive in questa ipotesi per disteso la (20), sì trova che in essa manca il termine in 28%, e perciò, se si tien conto delle tre prime (16), essa si deve ridurre a un’identità. Scrivendo che in essa sono nulli i coefficienti di x e x, si hanno le relazioni: gP +29, H9=0, 95 + 2p2 459 = 0, _ PR, e a pi Lo . à i ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 495 che, insieme colle loro analoghe, permettono di porre: git+ 2p;h9 = 2p;f9 (t,, 1) (i=1,2,3). Perciò, introducendo delle nuove /%, che chiamiamo pel mo- mento %', e in seguito indichiamo ancora con ’, definite in fun- zione delle primitive mediante le (23) h'/=h—fi(t,t) (= 1,2,3), [cosicchè AP, 4, ecc. restano invariate, e inoltre le nuove % verificano ancora le (17)], si avrà: (24) gi + 29:19 = 0 (i=1,2,3). Finalmente, nella (20) il termine in x manca; scrivendo che quelli in x” e x° hanno coefficienti nulli, e permutando poi convenientemente gli indici, sì ha un sistema di sei ulte- riori relazioni: (25) PI (AO RO NEO — ZAP RO) 4 PE PAD — ME) 4 + pi (2410 400 — 27M AU + pile 270 2) +- + pa (240 4ED — ALL 270 45% — 240 N09) + + ps (49 ALP — RO ALI + AO ASD — ALA + + 40 49 NO + RO NIRO + RO RHO — he RINO — 219 KO) + gh =0, eco. Viceversa, quando i coefficienti che compaiono nel sistema (16) soddisfanno alle varie relazioni trovate |cioè le (17), (21), (22), (24), (25)], 2 sistema (16) ammette (1!) un integrale x tale che =, =, 2,00, 20 0 a 20 si riducano rispettivamente a sei funzioni, arbitrariamente date, della sola t,. Ne segue poi subito che, quando queste funzioni siano assegnate in modo generico corrispondentemente a ciascuna di quelle so- luzioni di (16) che si assume come coordinata di una V, di S, (44) Cfr. p. es. C. Rrqurer, Les systèmes‘d’équations aux dérivées partielles. Paris, 1910, v. il n° 170. 496 ALESSANDRO TERRACINI_ (con r = 10) integrale del sistema stesso,..questa V, non rap- presenta altre equazioni di Laplace, se non le combinazioni lineari delle (16) stesse. Alle condizioni iniziali si potrà dare talora una forma più simmetrica. Precisamente, se sì indica con È (x) il primo membro. dell’ultima equazione (16), ogniqualvolta sussistano le due se- guenti proprietà: 1) l'equazione £(x)=0 possiede una e una sola solu- zione, che ammette derivate quarte rispetto a t,, Ta, T3, la quale per t,=t, si riduce a una data funzione di T;, Ts, Tg; 2) Il sistema nelle tre funzioni incognite 33, %13; %is: / È (43) + PI a pi? us + Agg un» 4-21 (442 a hi) 13 429, Gene HD) nn = 0 (26) È (013) == pi” uz + ps 9 u8 A fa; U13 + 2 po (AP — hi) Un + + 2p, (482 — h12) un =0 È (412) + pil ul) + pi sg 2 Un + 23 (AÈ a hE3) U13 -- + 2ps (482 — 15%) ug = 0 dove si è posto: Ag = 2 pa (4? — hE9) + 2ps (429) — 169) — 2p9 49 — 2p9 hO L + pò hO + pa) no ecc. non ammette altri sistemi di soluzioni nulle per t,.= 7, se non quelle identicamente nulle: allora il sistema (16) ammette un integrale x tale che (15 Tonio. BT (to Gea Ty) si riducano a tre funzioni arbitrarie rispettivamente delle sole t,, T3, Tg, siano 9a (T1), dig (Ta), dio (T3), colla restrizione 0g3 (t1) = = 913 (12) = 0a (13). Invero, sia ® (t;, ts, t3) quella soluzione del sistema formato dalle tre prime equazioni (16), per t,1=t,, che corrisponde (!?) (42) Cfr. DarBOUX, op. cit., v. il n° 1040. ca ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 497 alle condizioni iniziali ora indicate, e sia x la soluzione di wWiii-=0 che per ,=7, si riduce a R(t,, t3, Tg). Posto: \ Si= 000 — 49 gl L'HD) x sa = 009 19 25) _ 40,9), | Si = 109 — h9 gl) — hO 50, il calcolo di (513), ecc., tenuto conto della R(x) =0 e delle varie relazioni che intercedono fra i coefficienti delle (16), porta precisamente a scrivere che sono soddisfatte le (26) dove alle w si sostituiscano le s; e poichè per t,=t, le s si annullano (giacchè allora + = ©), segue dalle ipotesi fatte che le s si annulleranno ovunque, e perciò la x soddisfa, per ogni valore di t,, anche alle tre prime equazioni (16) (18). 8. — Per il sistema definito dalle tre prime equazioni (16) il Darboux (!) ha mostrato l’esistenza di trasformazioni di La- place che dàn luogo a nuovi sistemi di tre equazioni costituite in modo analogo. Orbene, tali trasformazioni di Laplace mutano anche la quarta equazione (16) in una equazione del medesimo tipo, e perciò tutto il sistema (16) in un sistema del mede- simo tipo. Poniamo infatti, col Darboux, p. es. (27) y=a? — hi a, dove x è una soluzione del sistema (16); il calcolo di y®%, y®, y®, y* porge intanto che il punto y descrive una YV,' (e non una varietà di dimensione minore) fintantochè (28) [LO — 19) [1 — 10 40]=0. Si calcolino poi le derivate seconde di y. Per semplificare i calcoli, si può supporre di avere effettuato un cambiamento (53) Non occorre naturalmente richiamare l’attenzione sul fatto che la presenza dell'equazione parabolica R(x)=0 nel sistema (16) fa sì che gli integrali del sistema dipendono da un numero diverso di funzioni arbitrarie di una variabile, secondo che questa è p. es. T3 oppure T,. ('*). Op. cit., v. il n° 1042. 498 ALESSANDRO TERRACINI di variabili, in modo che p;, ps, ps siano costanti, ciò che è certamente possibile in virtù delle (21). In base ai valori delle derivate seconde così ottenuti, risulta che il punto p; yl" + + po y® + pa y0% + gi yi è una combinazione lineare dei punti x, e, x, «2, ossia, come scriveremo più brevemente: Pi ff! + Po y29 + ps 83) + Yi y = (x, gl, gr, ran) e perciò anche, esprimendo linearmente, ciò che è possibile nella ipotesi (28), @, e", e, «2 per y, y”, y3, y°, risulta: Po + pay + pa yi + guy = (4, 4, 4, 99). La varietà descritta da y rappresenta dunque, in quanto non degeneri, ancora un sistema del tipo (16), cioè contiene ©! Vz di Darboux che hanno per essa comportamento asintotico. Di più, in generale, essa è affatto analoga alla V, di partenza, anche in quanto non rappresenta ulteriori equazioni di Laplace. L'ultima parte dell’enunciato, la quale in sostanza afferma che i punti 13) (14) (24) ,/(34) ,,(44) è) , ’ FROST 2) 4 11) (22 (29) yi, yy, y9, yi, gl, gl, yo, gg, y sono in generale linearmente indipendenti, si giustifica esami- nando le espressioni esplicite di tali punti come combinazioni lineari di 4 Lo EVA I I LI gg gl) gl gpl). i quali punti intanto sono tra loro, in generale, linearmente indipendenti [cfr. nel n° 7 il primo sistema di condizioni ini- ziali atto a individuare una soluzione di (16)]. Da questo esame risulta invero che in quelle combinazioni lineari, 2° e x‘ com- paiono rispettivamente (con coefficienti non nulli) nelle sole espressioni di y° e y49; 2" con coefficiente 42 — 4), nella espressione della sola y*; 4, con coefficiente = [459 — 19 45), 2 nella espressione della sola y°. Poi, fra i residui punti (29), y" è il solo nella cui espressione entri 2 (con coefficiente hP 19), e 49, y°9 sono i soli nelle cui espressioni entrano POR 9 RE ALCUNE QUESTIONI SUGLI SPAZI TANGENTI, ECC. 499 x e x, con coefficienti il cui determinante è 49 — 19 49 =0 nella ipotesi (28). Inoltre, in questa stessa ipotesi, anche tutti gli altri coefficienti di cui or ora si è detto sono == 0. Non re- stano più allora, fra .i punti (29), se non y, y%, y®, 49, che già sappiamo essere, per la (28), linearmente indipendenti. Quindi i punti (29) in generale risultano, come si è affermato, linearmente indipendenti. Concludiamo dunque: Le Vi in questione ammettono in generale sei trasformate di Laplace, affatto analoghe ad esse, ciascuna delle quali ha con la V, originaria 03 tangenti in comune (1°). Le trasformate di Laplace della V, possono poi degene- rare in varietà di minor dimensione incontrate, senza contatto, da 003 tangenti della V,. Senza indagare i vari casi di degene- razione che si possono presentare, osserveremo solo che per hi= h;(t;, ta), (0 =1,2,8) (!5), quelle trasformate si riducono a tre sole, e precisamente a tre superficie ®,, Da, ®;, descritte rispettivamente dai punti y= x, y= 29, y= a. Ciascuna di queste superficie (che risulta luogo dei vertici di 00? coni-a tre dimensioni-circoscritti alla V,) viene ad essere descritta da un punto funzione rispettivamente delle sole t,, t4; Tg, Ty; T3, Ty; € rappresenta un'equazione di Laplace di tipo parabolico [p. es., per la ®,, e Rage ay 9g =05, equazione a cui si riduce ora la (19) del n° 7], la quale esprime che su di essa le tangenti alle linee t; (i = 1, 2,3) sono a con- tatto tripunto. 9. — Nei casi V e VI il sistema rappresentato dalla V, sì può immaginare ancora ridotto alla forma (14), dove si faccia rispettivamente: (45) I punti di contatto di quelle tangenti descrivono per intero le due V,. (45).In tal caso le varie relazioni che, secondo il n° 7, devono inter- cedere fra i coefficienti delle (16), risultano senz’altro soddisfatte, purchè si definiscano le p e le g colle (21), (22), (24). 500 ALESSANDRO TERRACINI — ALCUNE QUESTIONI, ECC. (30) piF0, po#0, pa=0, e (31) pi#0,. pa =0, pg =0. Si potrà allora ragionare come nel n° 6 fino a dedurne che o è gg =" 0, oppure il sistema rappresentato dalla V, è riduci- bile alla forma (15), dove si facciano ora rispettivamente le ipo- tesi (30) e (31). Ma questa seconda alternativa conduce ancora alla conclusione g4 = 0; bastando, per ciò, derivare l’ultima (15) rispetto a 13, con che si ottiene, tenuto conto delle altre (15) opportunamente derivate, una nuova equazione di Laplace, in cui compare 2° col coefficiente g,; e poichè x°% non compare nelle (15), ecc. Quindi nei casi V e VI Za V, è luogo di col Vi, ciascuna delle quali rappresenta quattro eq. di Lap. lin. ind. Per esaurire la ricerca non restano più dunque a esaminare se non le ipotesi II, III, IV del sottocaso 43). Questo esame sarà fatto in una ulteriore Nota, che conterrà altresì un enun- ciato riassuntivo dei risultati conseguiti. “I 3 î l GUSTAVO COLONNETTI — RAPPORTI FRA AZIONI, ECC. 501 Rapporti fra azioni statiche e dinamiche nei pali di una conduttura elettrica Nota del Socio corrispondente GUSTAVO COLONNETTI Il problema accennato nel titolo di questa Nota è di quelli a cui più difficilmente l’analisi matematica, non confortata da ricerche sperimentali, può portare un contributo decisivo. I fenomeni dinamici che si verificano in una serie di pali elasticamente flessibili, tra i quali sia teso un filo pesante, od un sistema di fili pesanti, in occasione di un improvviso muta- mento delle condizioni di carico, ovvero dello strappamento di una tesata, sono invero enormemente complessi anche quando le condizioni statiche iniziali e finali si possono definire in modo relativamente semplice. Per fermarci al caso tipico dello strappamento di una te- sata, è ben noto che — supposto che la sollecitazione che esso determina agisca sui pali attigui istantaneamente in tutta la sua intensità, sia pure senza urto — elementarissime considerazioni teoriche conducono a ritenere l’azione dinamica pressochè doppia dell’azione statica (1). Orbene alcune esperienze eseguite sopra modelli apposita- mente preparati mi hanno convinto che questa ed altre affer- mazioni su cui io stesso mi ero appoggiato in occasione di precedenti ricerche (1), possono perdere ogni valore in dipen- denza di certe circostanze di fatto cui a prima vista si sarebbe portati ad attribuire un'importanza affatto secondaria. Sarebbe pertanto desiderabile che sistematiche esperienze venissero istituite — possibilmente su vere condutture — nell’in- (1) Cfr. questi medesimi Atti, vol. LII, pag. 574. 502 GUSTAVO COLONNETTI tento di accertare l'andamento reale delle cose nei casi che più direttamente interessano la pratica. Intanto — non foss’altro che per dare un'idea dell’inte- resse che siffatte esperienze potrebbero presentare — mi per- metto di riferire qui molto concisamente ciò che ho potuto osservare in un caso concreto, in cui i fenomeni in discorso si sono presentati singolarmente netti e facilmente interpretabili. L'esperienza era stata disposta per modo che si poteva in un dato momento recidere una tesata con un taglio così netto ed istantaneo da evitare assolutamente qualsiasi sensibile va- riazione preliminare della tensione; e ciò tanto nel senso di un momentaneo aumento, quale potrebbe derivare, in mancanza di apposite cautele, dal primo contatto dell’utensile col filo, quanto nel senso di una incipiente diminuzione quale si verificherebbe se la rottura fosse preceduta da un apprezzabile allungamento della tesata. Sono dunque da considerarsi qui come escluse tanto quelle possibilità di attenuazione dei fenomeni dinamici a cui si riferiva il prof. C. Guipi nella sua Nota intitolata Sollecitazione prodotta nei pali di una conduttura elettrica per strappamento completo di una tesata (1), come quelle eventualità di accentuamento dei fenomeni stessi che io ebbi occasione di segnalare nella mia già citata Nota Sul comportamento dei pali di una conduttura elettricà per strappamento completo di una tesata (2). E tuttavia il coefficiente dinamico presentò valori diversis- simi da due. I diagrammi che riproduco, scelti fra i tanti che ho potuto registrare nel corso delle mie esperienze mediante apparati scriventi del noto tipo RaABUT, si riferiscono l'uno al palo immediatamente adiacente alla tesata recisa, l’altro al palo successivo; nel primo il coefficiente dinamico raggiunge ap- pena 1,25; nell'altro supera 4. Ecco in poche parole quel che succede. Nell’atto in cui la tesata viene recisa — e, conseguente- mente, la sua tensione si annulla — il palo immediatamente adiacente viene a trovarsi soggetto alla intiera tensione della tesata successiva. Ma sarebbe un errore credere che tale ten- (1) Cfr. questi medesimi Atti, vol. LII, pag. 226. (2) Cfr. questi medesimi Atti, vol. LII, pag. 574. | | RAPPORTI FRA AZIONI STATICHE E DINAMICHE, £CC. 503 sione agisca su di esso, da quell’istante in poi, sempre colla sua intensità statica. Sotto la sua azione il palo prende infatti immediatamente ad inflettersi; orbene, se la velocità con cui esso st deforma è abbastanza grande, la tensione della tesata, per l'improvviso cedimento del suo punto di attacco, decresce su- bito di molto, e può anche temporaneamente annullarsi. EKeco perchè il palo, prontamente scaricato dalla forza de- formatrice che ha agito su di esso in tutta la sua intensità sol- tanto per un piccolissimo intervallo di tempo, non raggiunge più una freccia doppia di quella che, sotto l’azione della stessa forza, dovrà presentare in condizioni d’equilibrio, ma si limita ad una escursione di ampiezza assal minore; poi senz'altro retrocede, richiamato dalle tensioni elastiche in esso generate colla defor- mazione. Nè l'improvvisa riduzione di tensione nella tesata intatta manca di far sentire la sua ripercussione sul secondo palo; esso pure infatti viene a trovarsi sollecitato pressochè dalla sola ten- sione della tesata susseguente, e si mette in moto inflettendosi verso quest’ultima. Ma qui l’azione, pur essendo ancora soltanto momentanea, è però per intensità molto più grande della risul- tante delle tensioni che sul palo stesso agiranno ad equilibrio ri- stabilito; si spiega così come la freccia dinamica del secondo palo possa superare la corrispondente freccia statica anche di molto. Naturalmente nel frattempo la tesata, sotto l’azione della gravità, si sarà mossa alla sua volta rimettendosi ben presto in tensione; e il suo intervento verrà necessariamente a per- turbare gli iniziali moti oscillatorii dei pali. Particolarmente caratteristico sotto questo punto di vista è il primo diagramma, dove un brusco regresso indica netta- mente l’istante in cui ciò è avvenuto; da quell’istante in poi la massa della tesata domina palesemente il fenomeno determinando una serie di oscillazioni di periodo assai maggiore di quello proprio del palo, nel cui andamento, abbastanza regolarmente smorzato, le ripercussioni di ciò che avviene in tutto il resto della linea si avvertono appena. La legge del moto è invece assai più complessa nel caso del secondo palo e dei successivi, su cui due diverse tesate agi- scono direttamente e, in generale, non sincronicamente. Pisa, marzo 1920. Pre: SL b NETTIO cdi Palo immediatamente adiacente alla tesata recisa. OA pr Eatotri ci 2Eo6A { F- À (I Ra 59 O Da a a) CI RR E TEO IS RI I N N ma 1 CEPPEELO Lia das i d-H I. Loft *% Le ascisse rappresentano i tempi, le ordinate gli scostamenti del palo dalla verticale. Palo situato tra due tesate rimaste intatte. T\ . n gi He Fi IrATE eis iaanegsenea ones CICLI ascisse rappresentano i tempi, le ordinate gli scostamenti del vertice S, del palo dalla verticale. L’ Accademico Segretario CarLO FABRIZIO PARONA CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 18 Aprile 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci S. E. BoseLLi, Direttore della Classe, Pizzi, De SAncTIS, Bronpi, ErnAuDI, BAuDI DI VESME, PATETTA, Prato, PaccHIONI, FaGgGi, Luzio, e SrampPINI Segretario della Classe. È scusata l’assenza dei Soci Cran e VALMAGGI. Si legge e si approva l'atto verbale dell'adunanza prece- cedente del 28 marzo u. s. Il Socio Broxnpi, a nome dell’autore, presenta due pubbli- cazioni del prof. avv. Michele DeLLE DonNE, esponendo i motivi che le rendono degne di attenzione, cioè Saggio critico sul diritto pubblico italiano in rapporto alle attuali tendenze economiche (Torino, 1917); I consorzi amministrativi. Parte generale (To- rino, 1919). La Classe ringrazia. Il Socio ErnAuDI presenta un suo volume, che è il n° 1 di una “ Biblioteca di scienze economiche , ed ha per titolo Il pro- blema della finanza post-bellica. Lezioni tenute all’ Università com- merciale Bocconi (Milano, 1919). La Classe porge vive grazie al Socio EINAUDI. Il Socio BaupI DI VESME espone il contenuto di un opuscolo del prof. A. DE CEULENEER, destinato in omaggio alla Classe, e 507 intitolato La charité romaine dans la littérature et dans lart. La Classe ringrazia. Il Socio Prato fa omaggio alla Classe di una sua recente pubblicazione Fatti e dottrine economiche alla vigilia del 1848. L’ Associazione agraria subalpina e Cumillo Cavour (Torino, 1920), volume estratto dalla “ Biblioteca di storia italiana recente , della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria per le antiche provincie e la Lombardia (vol. IX). La Classe s’inte- ressa vivamente al breve riassunto che il Socio PrATo fa del suo poderoso lavoro, ed il Vicepresidente RurriNI presenta, a nome di essa, i più calorosi rallegramenti all'autore che in modo così egregio prosegue le tradizioni della nostra Accademia, la quale ha sempre considerato quale uno de’ suoi principali doveri il mettere nella debita luce i fatti riguardanti la vita del nostro Piemonte studiata sotto tutti gli aspetti che possano essere oggetto di trattazione scientifica. Il Socio Luzio presenta, quale omaggio dell’autore Pietro ToreLLI, direttore dell'Archivio di Stato di Mantova, e della R. Accademia Virgiliana, il volume primo di una pubblicazione dal titolo L'Archivio Gonzaga di Mantova, recentemente e splen- didamente stampato in Ostiglia coi tipi delle officine grafiche - A. Mondadori, a spese della Banca italiana di sconto, sede di Mantova. La presentazione del volume è fatta dal Socio Luzio con un breve discorso dal tenore seguente: “ Ho l’onore di presentare in omaggio all'Accademia questo “ splendido volume sull’Archivio Gonzaga. “ È dovuto al Dr. P. ToreLLI, attuale direttore, e già mio “ collaboratore per molti anni a Mantova. “ Nella lunga consuetudine d’allora ci ripartimmo appunto “ il compito d’illustrare il prezioso materiale affidatoci: ed io mi riserbai i carteggi diplomatici per un volume, anche più “ esteso di questo, che uscirà, spero, quanto prima; il TORELLI “ s'incaricò delle altre serie, e in genere di ritessere la storia “ dell'Archivio, la sua formazione, il suo ordinamento, i suoi graduali incrementi, le sue molte e lacrimevoli dispersioni. 508 n pai n x ta r n R PS SI “ Nell’assolvere questa parte, il ToreLLI ha spiegato la dottrina, l’acume, l’originalità di vedute che fanno di lui non soltanto uno dei nostri più valorosi giovani archivisti, ma anche un poderoso trattatista di paleografia e diplomatica, apprezzato dal Bresslau nella 2* edizione dell’ Urkundenlehre. “Il suo volume renderà grandi servigi agli studiosi, che vi troveranno additata tanta parte del materiale d’un Archivio più famoso che non in realtà conosciuto: e avranno agevolate le ricerche da copiosi indici, da ricca bibliografia, da interes- santi fac-simile. “ P. e. l'Archivio di Torino avrà ora elementi sicuri, irre- fragabili per rintracciare tutti gli atti del Monferrato, che l’Austria consegnò a Casa Savoia, dopo la deposizione dei Gonzaga. “ Quegli atti erano stati ordinati a Mantova da un archi- vista modello del sec. XVI, il Daino, che assieme a parecchi cooperatori aveva apposto a ciascun documento un indice del contenuto, o addirittura un regesto o segnature, ecc. Orbene ho potuto io stesso, compulsando parecchie filze, constatare subito, col riscontro dei fac-simile dati dal ToreLLI, la pro- venienza monferrina di moltissimi atti de’ più antichi dell’Ar- chivio di Torino, recanti quelle annotazioni di pugno del Daino e C. “ Ma io desidero più che altro richiamare la vostra atten- zione su due fatti degni di nota. “ Anzitutto: la magnificenza della veste tipografica di un volume che esce da un paese secondario del Mantovano, dove sta sorgendo un'officina di Arti grafiche, di prim'ordine, che in tempo relativamente breve ha saputo allestire un'edizione da rivaleggiare con qualsiasi casa primaria italiana. Dovendo anche il mio futuro volume essere a quella affidato, non posso che allietarmene, mandando alla officina Ostigliese l'augurio di non esser aduggiata dalla imperversante scioperomania, e di conquistare sempre più rigogliosa floridezza, per decoro di questa industria eminentemente italiana. “ Dati i tempi proibitivi per le produzioni delle Accademie, si domanderà come mai la Virgiliana di Mantova possa af- frontare delle spese di tale entità. Ecco il secondo fatto che vuol esser segnalato. acri = ? 509 “ L'Accademia Virgiliana non ha dotazione del Ministero dell'Istruzione Pubblica: non rendite proprie, tranne un assegno che il Municipio le corrisponde per cessione fattagli di gran parte del palazzo e relativo teatrino scientifico — assegno appena sufficiente ai bisogni normali più modesti. “ Ma l'Accademia amministra un Legato Franchetti, istituito per concorsi a premio, su temi a sua scelta. “ Questi concorsi andarono per molti anni deserti: e l’Ac- cademia pensò giustamente di dedicare i risparmi accantonati del Legato Franchetti a pubblicazioni da lei promosse. E quale si poteva presentare più utile, più meritevole di ap- poggio che una rassegna completa de’ tesori dell'Archivio Gonzaga? “ La decisione fu presa sin dal 1915, ante bellum, col fa- vore concorde della stampa cittadina e l'assenso degli eredi del testatore Franchetti. “ Ma essendo a dismisura nel frattempo cresciute le esi- genze tipografiche, non avrebbero bastato per due volumi di simil mole le economie del Legato Franchetti: e l'impresa si sarebbe arenata, se con un gesto munifico ammirevolissimo la Sede mantovana della Banca italiana di sconto non avesse offerto spontanea il contributo di 15 mila lire. «“ È ùn esempio confortante che giova sperare non resti isolato: dacchè nella crisi attuale che mortifica, tarpa e abo- lisce tante manifestazioni del lavoro scientifico occorrono bene de’ provvedimenti eccezionali per impedire la paralisi e l’ab- bassamento della vita intellettuale italiana. “A buon conto gli Archivi conservano titoli insigni di gloria pel nostro paese, son anche una delle fonti più cospicue per la storia delle altre nazioni. Sarebbe colpevole abbandono il negligerli, il lasciarli scadere a infeconda palestra d’eser- citazioni burocratiche e retoriche. Va quindi accolto con sod- disfazione speciale tutto ciò che tenda a risollevare nell’opi- nione pubblica il loro reale valore; li aiuti a produrre non già quisquiglie erudite o fatui detriti professionali, ma solidi e organici studi moderni; li restituisca insomma alla vera e maggior funzione e dignità di laboratori scientifici. «“ Questo indirizzo, nel volume del TorELLI, è propugnato e attuato con giovanile energia, con caldo sentimento di sano Atti della R. Accademia — Vol. LV. 35 510 “ nazionalismo, dacchè nella prefazione è detto argutamente “ che ‘per i bisogni dello spirito abbiamo in casa nostra le “ materie prime, e ne abbiamo anche non poche per casa di “ altri’: onde l’Italia può aver innanzi a sè il più luminoso “ avvenire se tutti comprendano le esigenze de’ nuovi tempi, e “ la solidarietà necessaria nel comune lavoro. “ Fra tanti sintomi di depressione morale, questa vigorosa “ affermazione esige, più che una platonica lode, un virile con- “ senso di fede operosa ,. Il Presidente ringrazia il Socio Luzio per il suo interessante discorso e insieme, a nome della Classe, manda vive azioni di grazie e cordiali congratulazioni al Dott. TorELLI e all’Acca- demia Virgiliana, augurando, nel tempo stesso, che il nobile atto della Sede mantovana della Banca italiana di sconto trovi molti imitatori a conforto e sostegno degli Istituti scientifici nell'attuale momento così privi di mezzi per esplicare tutta la loro attività. Il Socio ParETTA legge, anche a nome del Socio PACCHIONI, la relazione circa le due proposte provenienti dalla Accademia delle Scienze di Amsterdam, relativa l’una ad un'edizione delle opere di Ugo Grotius, e l’altra concernente la pubblicazione dei materiali che si riferiscono al diritto consuetudinario del- l'Indonesia. La Classe approva la relazione. Il Socio DE SancrtIs, dopo di aver comunicato alla Classe una circolare stampata dal Segretariato amministrativo della Unione Accademica internazionale con sede a Bruxelles, in cui si annunzia che la seconda conferenza dell’Unione medesima sarà aperta in Bruxelles mercoledì 26 maggio alle ore 10, ri- ferisce intorno alle pratiche ufficiose da lui fatte in Roma d’in- carico della nostra Accademia con il Ministero degli Esteri, la Segreteria dell’Accademia dei Lincei e il prof. Vittorio Rossi, rappresentante la R. Accademia della Crusca, circa la compo- sizione della delegazione che deve rappresentare l’Italia nel prossimo congresso dell’Unione Accademica internazionale. Da ME SE i | n 511 ‘tali pratiche risulta che, tenuto conto della impossibilità di costituire per ora in Italia quell’aggruppamento delle Accademie nazionali che è preveduto dall’art. 4 dello Statuto dell’Unione, è indispensabile che in via provvisoria la rappresentanza del- l’Italia sia affidata a un delegato dell’Accademia dei Lincei e a un delegato della Reale Accademia delle Scienze di Torino, le due sole Accademie italiane che parteciparono ai convegni internazionali preparatori tenuti nel maggio e nell’ottobre del- l’avno scorso in Parigi. Inoltre il Socio De SAncTIS propone che si metta all'ordine del giorno della prossima adunanza della Classe la nomina di un delegato per rappresentare l’Italia nel prossimo convegno accademico internazionale di Bruxelles. La proposta è approvata alla unanimità. Raccoltasi la Classe in adunanza privata, procedette alla nomina delle Commissioni per il Premio Vallauri riservato alla Letteratura latina (internazionale, quadriennio 1919-1922) e per il Premio Gautieri riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919). Risultano eletti per la Commissione del Premio Vallauri i Soci De Sanoris, StAMPINI, PaccHIONI e VALMAGGI, e per quella del Premio Gautieri i Soci Pizzi, Cran, VALMAGGI e FaGGI. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 25 Aprile 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci D’Ovipro, Direttore della Classe, SEGRE, Foà, Gurpi, MaTmTIRoLo, Grassi, Sacco, MAJORANA, Rosa, HerLITZKA, PocHeTTINO e PARONA Segretario. È scusata l'assenza dei Soci SomreLiana, Ponzio e PANETTI. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente rinnova ai Soci RosA, HERLITZKA e PocHETTINO i rallegramenti per la loro nomina a Soci. Il Socio Segre dà il doloroso annunzio della morte, avve- nuta in Heidelberg il 10 aprile corr., del Socio corrispondente Maurizio CANTOR; e ricorda i grandi meriti di questo illustre Storico della Matematica. Sono presentate in omaggio: dal Socio Sacco la sua Nota. Una tromba marina, e dal Socio MartTIRoLo due Note del Socio corrispondente G. B. De Toni, Commemorazione dei Soci G. Briosi e P. Baccarini; Spigolature Aldrovandiane XVI. Il Presidente ringrazia. - Il Segretario mette a disposizione dei colleghi un certo zionale d'istruzione professionale in Roma; Scuola di Magistero. _ Il Socio Sacco presenta, per la stampa negli Atti, la sua Nota Il Finalese, Schema geologico. pf 514 FEDERICO SACCO LETTURE IL FINALESE Schema geologico del Socio residente Prof. FEDERICO SACCO La regione del Finalese, oltre ad essere una delle più belle della Liguria, nella varietà accidentata della sua pittoresca zona littoranea, anche ottima stazione balnearia, e nelle diverse spe- cialità della. sua zona interna che si presta mirabilmente ad ogni sorta di attraentissime escursioni, è pure certamente una delle più interessanti, sia per i suoi svariati fenomeni geologici, stra- tigrafici, speleologici e paleontologici; sia per la sua grande importanza paleoetnologica, essendo la regione che, per le sue numerosissime caverne state lungamente abitate dall’uomo litico, costituì uno dei più grandiosi centri di sviluppo della Umanità preistorica in Italia; sia per le sue vicende storiche a comin- ciare dall’epoca romana (di cui restano ancora residui in ponti, ecc.) ed attraverso il Medioevo, come ci mostrano tuttora alcuni avanzi di fortilizi, torri e castelli, come per es. quelli di Noli, Varigotti, Finale, ecc. È inoltre il Finalese una regione delle più importanti in Liguria dal punto di vista economico per le sue Quarziti, per i suoi Calcari da calce e per la sua famosa Pietra da costruzione, nota appunto in tutta la Liguria come Pietra di Finale. Senza occuparmi qui della parte turistica, storica e preisto- rica, già trattate da parecchi, accenno solo essenzialmente a quella geologica meno nota, mentre presentasi invece interes- santissima (come mi risultò da un minuto rilevamento generale al 25.000, per ora non pubblicabile per causa economica) ed è quella che ha plasmato il paesaggio con tutte le sue conse- guenze, sia oroidrografiche generali, sia speleologiche speciali, veli IL FINALESE 5Ib sia quindi anche paleoetnologiche, ecc., per quel concatenamento di fatti che ben appaiono a chi considera una regione con occhio sintetico risalendo sino alle sue origini geologiche. gt Riguardo. alla geologia del Finalese è bene premettere come sin dal 1781 essa abbia già attratto l’attenzione dello Spallan- zani quando egli fece, nell'autunno di detto anno, un viaggio lungo la Riviera del Genovesato sino a Monaco; giacchè egli ricorda (84) precisamente la pietra lumachella che si estrae, per costruzione, dalle montagne presso Finale e di cui egli vi- sitò le cave, notando che essa è costituita essenzialmente di Testacei del genere Pettine. Anche il Brocchi (10) indicò detta Pietra di Finale senza farvi osservazioni speciali. Più accuratamente invece se ne oc- cupò A. Sasso (80), attribuendola giustamente alla seconda parte - dei terreni terziarii. Intanto il Barelli nel suo prezioso Catalogo ragionato delle roccie e dei minerali del Piemonte e della Liguria (6) indica: gli Schisti talcosi e la Miniera di ferro ossidato di Noli; i Calcari da calce di Noli, Varigotti, Finalmarina, ecc.; le Arenarie cal- caree, conchiglifere o Pietra di Finale o Pietra di Caprazoppa di Finalmarina, Verezzi, ecc., usate come materiale da costru- zione, specialmente come pietra da scalpello; le puddinghe cal- careo-quarzose soggiacenti a detti calcari arenacei ed escavate talora per macine da olive; certe argille giallastre di Varigotti e Finalmarina, usate per modelli e ceramica: alcune sabbie ne- ricce, ferrifere, della spiaggia di Varigotti; oltre a marmi, sta- lattiti, ecc. Il Sismonda accenna solo di sfuggita (82) alla Pietra di Finale. Poco dopo il Pareto nella sua descrizione geologica della Liguria (70), con annessa carta geologica, indicò con pochi cenni il Finalese, notando però giustamente le roccie quarzoso-talcose soggiacenti ai calcari dolomitici secondarii, talora verticali e coronati dai terreni terziarii in banchi orizzontali, cioè dalla calcarea grossolana terziaria piena di gusci di Ostriche e Pettini. Il Sismonda nella sua “ Carta geologica di Savoia, Piemonte e Liguria , (83) segna nel Finalese come substratum generale arr 516 FEDERICO SACCO il suo “ Giurassico metamorfo , con placche sparse di Terziario superiore marino, confondendo così ancora la Pietra di Finale coi ben diversi depositi pliocenici tanto estesi nella Liguria. Lo Jervis, nella parte seconda della sua opera “I Tesori sotterranei dell’Italia , (55) sui dati del Barelli, accenna alle stalattiti di aleune caverne finalesi, alla Magnetite della spiaggia, al ferro oligisto di Noli, ecc., mentre che nella parte 4 (Geo- logia economica) ricorda pure i calcari triasici da calce, l’are- naria calcarea miocenica (o Pietra di Finale) da costruzione, ecc. Finalmente l'Issel, tanto benemerito della Geologia e Paleo- etnologia ligure, con lavori speciali (34, 35, 36) precisava l’età miocenica media e lo sviluppo della Pietra di Finale, e nello stesso tempo dava uno schizzo geologico dove distingueva, nella serie fortemente raddrizzata, i Calcarei dolomitici colle Quarziti, attribuiti al Trias medio, ed i Talco-schisti e Cloriteschisti e Gneiss, che attribuiva al Trias inferiore. La “ Carta Geologica delle Riviere liguri ,, al 200.000 (39), pubblicata nel seguente anno 1887 da Issel, Mazzuoli e Zaccagna, come pure la “ Carta geologica della Liguria ,, ecc., pubblicata, anche al 200.000, da Issel e Squinabol nel 1890 (42) con note esplicative, nonchè la carta geologica pubblicata nel 1914 da F. Sacco, al 500.000, ed intitolata “L’Appennino settentrio- nale e centrale , (79) sono essenzialmente, pel Finalese, deriva- zioni del sovraccennato lavoro dell’Issel. Quanto all'opera dell’Issel “ Liguria geologica e preistorica , (Genova, 1892), essa non presenta nuovi dati speciali sulla geo- logia finalese, ma è interessantissima pel riassunto speleologico e paleoetnologico ricavato da tante ricerche di Amerano, Bensa, Morelli, Piccinini, Perrando, ecc., nonchè dello stesso Issel di cui sono numerosissime le pubblicazioni fatte su tale riguardo attraverso mezzo secolo, dal 1864 al 1915 (Vedi 18-54). Il Rovereto nel suo lavoro “ Arcaico e Paleozoico nel Sa- vonese , presentò una cartina ed alcune sezioni geologiche che riguardono anche il Finalese, di cui mostra l'andamento tettonico tormentato. Ricordo infine che più recentemente lo Zaccagna in un suo lavoro (86) spinse le sue osservazioni sin presso il Finalese occidentale illustrandolo con una cartina ed interessanti sezioni geologiche. IL FINALESE Ul (er Cani Premessi questi cenni preliminari, esaminiamo brevemente come si presenta la serie dei terreni costituenti il Finalese. Carbonifero. — Nella profonda incisione di Val Porra a monte di Calice Ligure, nei dintorni di Rialto, appaiono certi schisti lucidi, micacei, talora un po’ brunastri passanti qua e là al verdognolo, che lo Zaccagna riferisce già al Carbonifero. Questi schisti presentano un’inclinazione (generalmente poco accentuata e talvolta un po’ ondulata) verso il Sud od il S. 0. all'incirca, e passano superiormente, in modo quasi insensibile, a schisti gneissico-appenninitici, grigio-verdicci. Permiano. — La serie permiana è molto potente e com- plessa; essa è costituita essenzialmente di schisti più o meno micacei, grigiastri, che verso il basso diventano spesso verdastri, passando a svariati schisti appenninitici, gneissiformi o gneiss talcoso-cloritici; invece verso l'alto passano talora a schisti sericitici, talcoso-cloritosi, grigio-biancastri o grigio-verdicci, oppure a schisti micacei plumbei con vene spatiche, talora a veri schisti verdi, talvolta invece a schisti quarziferi che fanno qua e là transizione graduale alle Quarziti del Trias inferiore. Si tratta evidentemente di Schisti metamorfici svariati perchè derivanti da diverse qualità di sedimenti marini, più o meno argillosi o sabbiosi, ecc. La stratificazione è sempre bene evidente, ma la tettonica è spesso conturbata, sia in piccola scala da arricciature locali molto frequenti, sia in grande scala da ondulazioni e da cor- rugamenti più o meno accentuati, tanto che non di rado gli strati sono sollevati anche alla verticale e persino rovesciati (V. Sezioni). Nel seguente capitolo, del Trias, accennerò ai fenomeni geoidrologici causati dalla quasi impermeabilità degli schisti metamorfici del Permiano; qui ricordo solo come l’affioramento di questi schisti, spesso un po’ teneri frammezzo alle formazioni calcaree più resistenti, dia talora origine a vere gradinate oro- grafiche. i 518 FEDERICO SACCO Una delle più caratteristiche è quella che dà al profilo del Capo Noli l’assetto di una poppa di nave capovolta; esaminando con cura tale regione si nota infatti che tra il basso Capo Noli e la punta del Semaforo, verso i 100 m. s. l. m., frammezzo ai mascheranti detriti calcarei affiorano i tipici schisti verdastri della stretta anticlinale (rovesciata a S.E.) del Paleozoico su- periore; è la zona quarzitico-schistosa che scende verso mare (allargandovisi), sia a S.0. dove sono aperte le cave di quarzo di Malpasso, sia a Nord verso Noli. Un'altra gradinata prospettante il mare finalese e di ana- loga origine osservasi tra 1 casolari di Monte sopra Finalpia ed i casolari superiori di Selva; quivi predominano gli schisti quar- zosìi e verdicci di passaggio tra il Trias inferiore ed il Permiano superiore, col solito corteo di sorgentelle, frane, scoscendimenti. Quando le formazioni schistose del Paleozoico superiore si sviluppano ampiamente, ne derivano rilievi dorsali piuttosto dolci, ampie vallate d’erosione, frequenti colli depressi, ecc., eccetto là dove la serie passa alia costituzione gneissico-appen- ninitica, quindi compatta, che dà origine invece a rilievi anche aspri, come per esempio quelli di Roccia Cucca-Bric Gettina, ecc. a N.0. di Finalborgo. Trias. — La serie triasica, quando completa, si inizia in- feriormente con schisti micaceo-quarzosi passanti spesso a vere Quarziti biancastre o bianco-verdognole, derivanti probabilmente dal metamorfismo di sabbie quarzose littoranee; raramente vi sl incontrarono impronte di Estheria. Segue in alto una potente formazione di calcari più o meno dolomitici, in strati o banchi generalmente assai distinti; nella parte inferiore della serie calcarea appaiono talora speciali breccie; i fossili che si incontrano qua e là in detti calcari Sono per lo più mal conservati, come per es. i dischi di Enerini, i resti di Diplopore, ecc. (1). (4) Permettomi qui ricordare che ebbi la fortuna di trovare per la prima volta le Diplopore nei calcari triasici del Finalese e precisamente salendo il monte di Caprazoppa oltre trent'anni fa, durante un'escursione della Società Geologica Italiana, il 16 settembre 1887 (“ Boll. Soc. Geol. Ital. ,, VI, 1887, pag. 479). ice a IL FINALESE 519 Uno dei punti più comodi per osservare il passaggio del Permiano superiore al Trias è la strada nazionale della Cornice, là dove essa supera in leggera salita la sella del promontorio di Varigotti. Quivi vediamo che sopra la serie dei banchi calcarei (dis- posti in sinclinale rovesciata) su cui sta, in splendida posizione, il Castello diruto di Varigotti, si appoggiano per rovesciamento le Quarziti del Trias inferiore (come osservasi, per es., presso la Cappelletta di Crocevia), quindi la caratteristica serie degli ‘schisti verdognoli, qua e là violacescenti, che formano tettoni- camente l’anticlinale di una piega coricata a S.E. ed orogra- ficamente (per facile erosione) la depressione per cui passa appunto la strada della Cornice. Su questi schisti sviluppasi in serie e posizione regolare la potente formazione quarzitica, inclinata di 20°-30° a N.0., costituita dapprima da quarziti biancastre un po’ friabili che nella parte superiore diventano meglio stratificate, ancora bian- ‘chiece ma con leggera tendenza al verdastro, finchè passano gradatamente in alto a schisti quarzosi grigio-verdiccio-violace- scenti o leggermente rosati, dello spessore complessivo di solo 1a83 metri. ì Su questa caratteristica formazione quarzitica del Trias inferiore, largamente escavata per la sua comodità di accesso, poggiasi in concordanza la potentissima serie calcareo- dolomitica qua e là marmorea, nettamente stratificata, del Trias medio (pure inclinata anche di oltre 20°-30° a N.0O.), che con spes- sore di circa 200 metri (ma in sinclinale rovesciata a S.E.) sollevasi talvolta quasi verticalmente e sviluppasi trasversal- mente a costituire l'alta gradinata del Monte Capo Noli. Alla base di questa potente pila calcareo-dolomitica gri- giastra gli strati sono un po’ schistosi, ma poi diventano presto più compatti verso l’alto. Nella linea di contatto tra i Calcari e le sottostanti Quarziti si nota che i primi sono un po’ giallastri e corrosi; tinta e fe- nomeno che sono in relazione colla falda acquifera formatasi naturalmente per arresto delle acque scendenti attraverso i per- meabili terreni calcarei sulla impermeabile zona quarzosa, cor- rodendo ed alterando alquanto fisicamente e chimicamente la soprastante zona calcarea, nella sua parte basale specialmente. » 520 FEDERICO SACCO Tale fenomeno geoidrologico, che qui osserviamo diretta- mente in sezione naturale nei suoi effetti corrosivi, è quasi ge- nerale nel Finalese e dà origine ad una quantità di sorgenti grandi e piccole là dove, per sinclinali svasate, tagli naturali od artificiali, ecc., viene a giorno parte dell’acqua sotterranea che è obbligata ad arrestarsi nella sua discesa e scorrere tra la formazione calcarea tanto permeabile e quella sottostante quarzosa oppure scistoso-cristallina quasi impermeabile. Purtroppo tale falda acquifera per l’azione sua diretta fa- cilitante il trasporto e lo scorrimento; nonchè per imbibire, quindi rammollire ed alterare le formazioni fra cui passa, dà pure spesso origine a scoscendimenti, frane svariate, ecc., di cui debbonsi appunto deplorare esempi continui danneggianti la strada della Cornice, così poco a N.E. del promontorio di S. Donato, dove esiste pure una nota sorgente, collegata al fenomeno in questione. Anche in rapporto a detta falda acquea ed alla sua azione erodente e corrodente sui Calcari, sono da ricordarsi alcune. cavernosità esistenti alla base della serie calcarea, oltre alle grotte esistenti nella massa stessa dei calcari, come quella famosa delle Arene candide nel promontorio di Caprazoppa. Così, sempre lungo la mirabile strada nazionale della Cornice, in parecchi punti tra Finalpia ed il Capo Noli, per esempio, in due luoghi tra il cimitero di Finalpia ed il Capo S. Donato, poco ad Ovest del Promontorio di S. Donato, al Km. 64, ece., vediamo che, per piccole ondulazioni ad anticlinale le quali fanno emergere gli schisti cristallini (spesso grigio-verdastri) sotto ai calcari pure sollevati a leggera cupula, questi si fog- giano a caverna iniziale, la cui parte inferiore è costituita da detti schisti quarzosi o talcoso-cloritici. Nella sovraccennata dolcissima anticlinale del Km. 64 si può vedere anche assai bene la potente serie calcarea passare inferiormente a pochi metri di quarziti bianco-verdicce, sotto cui appaiono i caratteristici schisti verdastri metamorfici. Però spesso in questa zona di passaggio tra Trias e Permiano vi è trasgressione, per cui la formazione quarzitica è ridottissima od anche manca; come appunto può osservarsi comodamente sopra la strada nazionale tra il Castelletto di Finalpia ed il Capo S. Donato. de dette i È: vanti è ai da te «e oo — IL FINALESE 521 Non sempre però la mancanza della zona quarzitica è at- tribuibile a sola trasgressione, ma anche a notevole disegua- glianza originaria di sviluppo; tant'è che detta formazione talvolta è potentissima, talora invece, anche in regioni pros- sime, si vede che riducesi a pochi metri sino a scomparire, senza che esistano sempre cause tettoniche che possano spie- gare tale differenza di sviluppo. Dal punto di vista orografico le formazioni triasiche spic- cano generalmente per un aspetto rupestre, cioè a balze rovi- nose, dirupate, qua e là anche a torrioni, ecc., come si può osservare in cento punti, sia lungo la Cornice tra Vado e Pietra Ligure, sia nell’interno. Ciò verificasi specialmente nella serie calcarea; ma anche la formazione quarzitica inferiore, là dove è un po’ potente, origina tali forme orografiche aspre, come appunto al giusta- mente detto Bric Aguzzo (Ovest di Bardino). Però più frequen- temente la serie quarzitica presentasi in uno stato di profonda alterazione che la rende quasi sabbiosa, come vedesi nei din- torni di Noli, presso il Malpasso, ecc., ciò che ne rende facile l’escavazione, che vi è infatti molto estesa ed intensa. Sovente verificasi una specie di grandiosa gradinata fra i banchi calcarei erti ed i sottostanti schisti più o meno teneri. La frammentarietà del Calcare dà spesso origine a gran- diosi detriti di falda od anche a veri franamenti con blocchi giganteschi, come può osservarsi assai bene lungo la Cornice tra Finalpia e Capo Noli. Così si può esaminare comodamente lo sfacelo del calcare alla punta di Castelletto presso il cimitero di Finalpia; punta attraversata da una breve galleria stata op- portunamente sottomurata giacchè mostra il calcare tutto scre- polato, fratturato, pericolante, cariato dagli agenti atmosferici e dal mare, nonchè minato da acque sotterranee essendovi a poca profondità gli schisti verdastri impermeabili. . Oltre alle tante svariatissime cavernosità escavate dalle onde marine e dalle acque sotterranee nei calcari triasici, questi mostrano anche qua e là tipiche marmitte di erosione fluviale e torrenziale, come per es. nel letto della Fiumara di Finalpia, poco a valle della confluenza del Rio scendente dal Bric Spa- ventaggi. Nelle sezioni geologiche allegate appare chiaramente quanto 522 FEDERICO SACCO siano piegate e ripiegate le formazioni calcaree malgrado la loro compattezza, almeno attuale; nè trattasi solo di ipotesi, giacchè in alcuni punti si può osservare direttamente tale fe- nomeno; così, per es., a mezza via circa tra il Capo Noli e Noli vedesi, sul fianco interno della strada nazionale, una splendida incurvatura dei calcari triasici colla convessità rivolta a Nord circa, in modo da andare ad immergersi sotto la formazione quarzitico-schistosa del Permotrias (Vedi Tavola). I terreni triasici hanno varie applicazioni: quelli inferiori, quarzitici, sono qua e là escavati per materiale refrattario; quelli calcarei per materiale da costruzione, da pietrisco e da calce, oltre che da ornamentazione per alcune varietà cristalline o variamente colorate, come per es. presso Pietra Ligure, al Capo Noli, ecc. Infralias. — Sul fianco settentrionale dei monti di Bor- ghetto appaiono, sopra alla serie triasica, alcuni strati di calcari grigiastri o grigio-brunastri, qua e là schistosi, con qualche resto di bivalvi, specialmente dell’ Avicula contorta, per cui già lo Zaccagna li riferì al Retico. Giuralias. — La catena montuosa che sviluppasi da Bor- ghetto-Ceriale a Zuccarello, separando la regione di Albenga da quella del Finalese (l. s.), è in gran parte costituita da calcari grigiastri, qua e là con lenticelle selciose, con rari resti di Belemniti che li fanno riferire alla serie giurassica largamente intesa. Gli strati sono più o meno fortemente sollevati, talora anche alla verticale; anzi l'esame della serie verso Zuccarello, come già fece vedere lo Zaccagna, mostra che essi fanno parte di una doppia piega parzialmente rovesciata. Eocene. — Contro la catena mesozoica di Ceriale-Zucca- rello-Nasino, ecc., si adagia più o meno trasgressivamente (1) (4) Un punto comodo per osservare tale trasgressione è la sezione esi- stente presso la stazione di Ceriale, dove gli schisti argilloso-calcarei con- torti dell’Eocene (che alla base mostrano qua e là lenti di conglomerato- breccioide più o meno metamorfosati) si appoggiano sui banchi calcarei IL FINALESE DI il margine settentrionale della potente ed amplissima formazione eocenica che si estende così caratteristicamente a gigantesco ventaglio nei monti di Porto Maurizio, insinuandosi però anche curiosamente qua e là in forti trasgressioni tra le pieghe del Mesozoico di Balestrino-Zuccarello, ecc. Si tratta della solita formazione argilloschistosa più o meno calcarea, grigio-brunastra o grigio-giallastra, talora prevalente- mente calcarea, talora invece specialmente arenacea. Miocene. — Mentre che nella Liguria mancano general- mente i terreni miocenici, eccezionalmente essi compaiono ap- punto nel Finalese in forma di grandiose placche calcareo-are- nacee sovrapposte suborizzontalmente e quindi più o meno trasgressivamente sul terreni permiani e triasici che formano l’impalcatura di tale regione appenninica (Vedi Tavola). In linea generale si può dire che la formazione miocenica giace in una leggiera conca allungata da E. N.E. a 0.5.0. che corrisponde parzialmente ad un’antica conca tettonica, come appare specialmente alla sua estremità orientale, dove vediamo la semiellittica sinclinale triasica di Verzi-S. Giacomo - Bric dei Monti - Bric Caré (Portio) abbracciare ed accogliere in dolcissima sinclinale i terreni miocenici. Quando è completa, la serie miocenica si inizia con una formazione marnosa o marnoso-arenacea grigiastra, come per esempio a S. O. di Orco. Seguono tosto, verso l'alto, banchi sabbioso-arenacei gros- solani ed una potente serie di banchi calcareo-arenacei abba- stanza compatti, di tinta grigiastra o grigio-giallastra od anche leggermente rosata o rossigna, ricordanti la Panchina; si tratta di un calcare grossolano, più o meno vacuolare, spesso traver- tinoso o panchinoide, cristallino, a piccole concrezioni cristalline calcitiche, e.con sparsi granuli di quarzite, di felspati, di mi- caschisti, di talcoschisti, di cloritoschisti, di appenniniti, ecc. provenienti dall’abrasione delle formazioni permotriasiche ; grigi, ondulati, della serie giuraliasica; ciò ci fa comprendere come possano originarsi sorgenti (come la nota Fontana di Ceriale sotto il Poggio Ca- stellaro) là dove i poco permeabili schisti eocenici tamponano, in zone basse, i permeabilissimi calcari mesozoici. 524 FEDERICO SACCO tant'è che talora, specialmente verso la base, compaiono tra il calcare miocenico veri frammenti di calcari triasici e di schisti cristallini del Permiano. Talora questa formazione calcareo-arenacea è poco cemen- tata (particolarmente nella parte inferiore) e ridotta quasi ad un sabbione grigio-giallastro (per alterazione), spesso così sciolto da potersi utilizzare come sabbia per le malte; talvolta, pure specialmente verso la base, vi compaiono zone breccioidi più o meno grossolane ad elementi rocciosi angolosi derivanti dalle prossime formazioni permiane; più raramente e per breve tratto tali elementi (specialmente quarzosi o calcarei) appaiono ciot- tolosi, indicandoci un’origine littoranea, come per es. presso Verezzi, verso la base della serie miocenica in esame. Nè è raro trovare l’ocra rossastra commista ai depositi in questione oppure accantonata in speciali zone. Tali variazioni litologiche sono parzialmente in rapporto col lavorio. cementante oppure dissolvente delle acque sotter- ranee, ma in gran parte si debbono a cause originarie collegate colla natura di depositi di mare basso o di littorale (e quindi assai variabile da luogo a luogo) della formazione in esame. Lo spessore della serie miocenica finalese può calcolarsi complessivamente in oltre 100 metri, ma probabilmente giunge in alcuni punti a circa 200 metri. I Fossili inclusi nella Pietra di Finale sono straordinaria- mente abbondanti, anzi allo stato di minuti frammenti costi- tuiscono talora una vera brecciolina organica commista a sabbie quarzose, ecc.; però qua e là, spesso in speciali orizzonti o lenti, i fossili appaiono anche completi o quasi, quantunque talora solo allo stato di impronte interne od esterne. Essi sono spe- cialmente Corallari (Conotrochi), Echinidi (Cidariti, Clipeastridi abbondantissimi), Brachiopodi (alcune Terebratule e Megerlie), Pelecipodi (Ostriche, Pettunculi, un’enorme quantità di Pettini, specialmente affini al P. scabrellus Lk. ed al P. rotundatus Lk.), Gasteropodi (Coni, ecc.), Balanidi e numerosissimi denti di Pesci (Oxyrhine, Lamne, Odontaspidi, Chrysophridi, Carcarodonti, Sargidi, Sparidi, ecc.). Riguardo all’età, la Pietra di Finale, per la sua natura littoranea, la sua posizione, ma specialmente per i suoi fossili, deve attribuirsi al Miocene medio e più precisamente al piano Elveziano, come già giustamente stabilì l’Issel. IL FINALESE 525 La caratteristica formazione miocenica del Finalese, per la suborizzontalità dei suoi banchi, costituisce in complesso gigan- teschi irregolari altipiani ricordanti le ambe abissine elevantisi a circa 300-400 m. s. 1. m., ma molto ondulati in causa dell’ero- sione acquea varia secondo i luoghi, la differente compattezza dei diversi banchi, dei diversi punti di ogni banco, ecc. Tali placche sono un po’ labirinticamente solcate da valle- cole quasi sempre asciutte, causa la permeabilità della roccia, e profondamente incise da torrenti che ne mettono a nudo la intera serie stratigrafica sino a raggiungere generalmente la soggiacente formazione antica. Detta incisione valliva, iniziatasi già nell'epoca pliocenica, dovette però esser compiuta specialmente nella prima metà dell’epoca quaternaria, quando le precipitazioni erano straordi- nariamente abbondanti. I fianchi di queste placche mioceniche terminano general- mente con pareti più o meno abrupte che presentano salti anche di oltre 100 metri, cioè vere gradinate gigantesche, al cui piede sonvi talora accumuli più o meno vasti di grandiosi detriti di dette fermazioni, in modo da mascherare per ampio tratto i terreni sottostanti, come per esempio nei dintorni di Verezzi, nel Vallone dell'Aquila verso Orco Feglino, ecc. Per la notevole permeabilità e la facile erosione di queste formazioni calcareo-arenacee, di costituzione già originalmente un po’ irregolare, si verificò in esse una frequente cavernosità di vario grado; dai piccoli vacui che le fanno apparire quasi spugnose sino alle grotte abbastanza grandiose che si osservano sulle loro pareti e nel loro interno a varie altezze, ma special- mente verso la base, cioè nella zona di più facile ed abbondante accumulo dell’acqua sotterranea che si raduna specialmente tra la permeabilissima formazione miocenica e quelle antiche sotto- stanti meno permeabili. Di tale tipo sono: la caratteristica grotta ad arco (così regolare che sembra quasi una volta artificiale) di Arma (appunto denominazione ligure delle grotte) a N.E. di Finalpia; la famosa caverna delle Fate a N.N.E. di Verzi, alcune grotte presso Calvisio, alcune di Pianmarino (come la famosa di Pollera) presso i casolari di Montesordo, ecc. Alcune di tali caverne corrispondono ad antichi corsi acquei sotterranei, ora scomparsi (per diminuite precipitazioni atmosfe- Atti della R. Accademia — Vol. LV. 36 « F 526 FEDERICO SACCO riche o per abbassamento della rete acquea), tant'è che spesso vi si trovano depositi alluvionali, anche ciottolosi, come nella caverna delle Fate, in quella del Rian, ecc. La grande permeabilità delle formazioni mioceniche in esame fa sì che esse si presentano piuttosto aride, a superficie di tipo carsico, mentre che le dette zonule acquee inferiori originano qua e là sorgenti; quindi spesso le zone mioceniche spiccano per il loro assetto grigiastro, complessivamente brullo, staccantesi così assai bene dalla loro base, più o meno verdeggiante per erbe ed arbusti. La Pietra di Finale nella sua forma più compatta venne utilizzata. sul sito sin dall'epoca romana, come lo provano i resti di antichi ponti costruiti di piccoli parallelepipedi di tale roccia abbastanza ben scalpellinata. In seguito, trattandosi di pietra costruttiva e decorativa resistente, e viceversa assai facilmente escavabile e lavorabile, di tinta aggradevole, sita a poca distanza dal littorale, ecc., il suo uso si estese poco a poco dal Finalese a varie regioni della Liguria, tantochè nei secoli XVI, XVII e XVII molte costru- zioni di Genova ne furono parzialmente costruite, così la Porta d'Arco e la Porta del Molo Vecchio, la Basilica di Carignano, il Palazzo Municipale ed una quantità di Palazzi sorti in quel periodo di tempo. Erano specialmente ricercate le varietà granose e rosate, come per es. quella di Verezzi, ricordanti certi graniti rosei. Data la facilità di lavorazione se ne traevano spesso (come del resto se ne traggono tuttora), non solo grossi e piccoli pa- rallelepipedi, ma anche colonne, balaustrini, stipiti, cornici, ar- chitravi ed altri varii pezzi decorativi. Tale uso andò alquando diminuendo, forse in parte per la natura un po’ alterabile della roccia, pur continuandosi, special- mente per i blocchi quadrangoli che si estraggono dalle regioni più comode nei fondi vallivi del T. Aquila e della Fiumara (R. Cornei) di Finalpia; pure escavandosi e lavorandosi a mar- tellina variamente certi banchi a grana un po’ compatta, spe- cialmente presso Verezzi (Caprazoppa). Pliocene. — La tipica formazione. pliocenica, che non affiora nel Finalese, occupa però l’ampia insenatura di Albenga s IL FINALESE 27 estendendosi sin contro le falde meridionali della catena mon- tuosa di Ceriale-Zuccarello; ma vi è in massima parte mascherata dai depositi quaternari antichi e recenti. La si vede quindi quasi solo affiorare nelle più profonde incisioni fatte dai torrenti, specialmente da quella del T. Torsero, che fu reso famoso, da quasi un secolo, per le accurate ricerche di A. Sasso; dopo d'allora il Rio Torsero fu meta di escursioni paleontologiche di quasi tutti gli studiosi del Pliocene ligure, perchè le sue marne più o meno sabbiose sono straordinaria- mente ricche di fossili, specialmente Molluschi (8, 78, 80). Vi predomina l’orizzonte marnoso grigio del Pliocene infe- riore (Piacenziano) che qua e là passa verso l'alto a zone marnoso-sabbiose, grigio-giallastre o gialle dell’ Astiano, che però venne in gran parte abraso dalle acque torrenziali del Plistocene. Quaternario. — Scarse in generale nell'interno della re- gione in esame, le formazioni quaternarie sono invece assai estese nella zona littoranea. Specialmente interessanti sono i terreni plistocenici rappre- sentati da depositi continentali ciottoloso-sabbioso-argillosi, giallo-rossicci, che si estendono specialmente nelle maggiori in- senature costiere, come per es. di Borgio, Loano ed Albenga. Tali depositi, di spessore svariatissimo, da meno di un metro ad oltre una ventina di metri, vanno ad appoggiarsi ad unghia sulle falde dei monti vicini di cui costituiscono quasi la scarpa avvolgente; sono limitati lateralmente in modo abbastanza spic- cato dalle terrazze di erosione fiuvio-torrenziale, mentre che terminano più dolcemente verso il littorale. I depositi olocenici sono rappresentati da detriti di falda (talora passanti a quelli plistocenici), da alluvioni sabbioso- ghiaioso-ciottolose, fluvio-torrenziali, da sabbie e ghiaie litto- ranee, da dune d’ostacolo (come le Arene candide state addos- sate dal vento alle falde del rilievo di Caprazoppa), nonchè da locali depositi travertinosi con impronte di vegetali, di Ciclo- stome, ecc. Di un certo interesse sono speciali depositi quaternari lit- toranei che per la loro particolare posizione possono servire da indice circa i movimenti della costa e l’intensità delle erosioni in epoca recente. 528 FEDERICO SACCO Ricordo per es. la formazione di irregolari cogoli (special- mente quarzosi, cementati con calcare) che costituisce una piat- taforma su cui fu costruito l’antico borgo (ora diruto) del Castello di Varigotti. Tale deposito, in relazione colla facile erodibilità degli schisti permotriasici di una anticlinale già de- scritta a suo luogo, è tuttora ben conservato per trovarsi ripa- rato dal promontorio calcareo del Castello di Varigotti; il suo interesse sta nel fatto di trovarsi ora ad una quarantina di metri s. 1. m. ed isolato in modo, per successivi fenomeni di erosione, da indicarci che questa regione doveva avere ancora nella prima metà del Quaternario una forma orografica ed una altimetria abbastanza diverse dell’attuale. Chiudo infine questi cenni sul Finalese ricordando un argo- mento importantissimo che riguarda il Quaternario di questa regione, cioè le Caverne, le quali vi sono abbondantissime, sia nel calcare triasico, sia nella Pietra di Finale. Il loro interesse grandissimo è dovuto essenzialmente al fatto che esse diventarono il naturale ricovero di una quantità di svariati animali e dell’uomo stesso primitivo (che talvolta vi inumò anche i proprii morti) già nel Paleolitico, ma special- mente durante il periodo Neolitico ed anche temporaneamente in seguito sino all’invasione romana. Tanti furono gli studiosi di Speleologia finalese che debbo limitarmi a citarne i nomi principali, di cui unisco l’elenco bi- bliografico, cioè: Amerano, Barberi, Barrili, Bensa, Broocke, Brown, Brian, Celesia, Clerici, D'Albertis, De-Negri, Dodero, Fea, Gestro, Gervasio, Gandolfi, Issel, Molon, Morelli, Pacini, Perrando, Perez, Pigorini, Podestà, Raffo, Raimondi, Ranieri, Ramorino, Rovereto, Rossi, Sergi, Solari, Squinabol, Vacca, Woll, ecc. Le caverne (grotte od arme in dialetto ligure) sono assai numerose nel Finalese; ricordo fra le più note, per dati paletno- logici ed altri, quella di Ponte Vara nel calcare triasico di Val Maremola, di Pietra Ligure nel Trias presso il casello fer- roviario di Pietra, di Galusso nel calcare tra la strada ferro- viaria di Borgio e le Arene candide presso la strada nazionale, di Verezzi nel Trias a livello della ferrovia, delle Arene candide o Armassa nel Trias sopra tali dune, della Rocca di Perti (quasi precedendo il Castrum Perticarum), di Pollera o Pian Marino tra IL FINALESE 529 questi casolari e qu.!li di Montesordo nel calcare arenaceo del Miocene, grotta che funzionò anche da necropoli neolitica, del Principale (Principà o Martin) pure nel Miocene presso Monte- sordo, del fio (Rian) prossima a quella del Principale, del Bujo e del Sambrugo (Sambuco) a S. E. di Montesordo, dell'Acqua e dell'Uomo morto nei calcari miocenici del fianco destro della Valle d’Aquila, del Sanguineto o della Matta pure nel calcare arenaceo miocenico del fianco destro di Valle d’Aquila, dei Zerbi nella Pietra di Finale sulla sinistra di Valle d’Aquila sotto il Bricco Pianarella, delle Fute (Faje o Zembu) nel calcare arenaceo miocenico della sinistra di Val Ponei sopra il ponte romano di Verzi, di Arma, cavità ad amplissima apertura ad arco, nel calcare miocenico, sulla quale stanno i casolari detti appunto di Arma sul tormentato altipiano prolungantesi a N. E. di Finalpia. Senza parlare della speciale Flora e particolarmente della Fauna attuale cavernicole, mi limiterò ad accennare come nei depositi (breccie, terriccio, stalagmiti e sedimenti varii) delle caverne finalesi siasi raccolta una gran quantità di resti di animali, sia gusci di Gasteropodi (Helici, Zoniti, Hyalinie, Ci- clostome, Pupe, Bulimi, ecc.), sia ossami di Pesci e Rettili, ma specialmente di Uccelli (Picchi, Tordi, Merli, Lodole, Rondini, Usignuoli, Fringuelli, Stornelli, Corvi, Cornacchie, Gazze, Per- nici, Fagiani, Starne, Quaglie, Pivieri, Beccacce, Colombelle, Civette, Gheppi, Aquile, Gufi, Falchi), e svariati Mammiferi, come Pipistrelli, Talpe, Ricci, Arvicole, Ratti, Toporagni, Ghiri, Lepri, Donnole, Ermellini, Faine, Puzzole, Marmotte, Bovidi (Bue primigenio, Bisonte), Cervidi, Caprioli, Antilopi, Camosci (1), Tassi, Lupi, Volpi, Cani, Orsi numerosi e diversi (Orso speleo colla sua varietà ligustica, ecc.), Felidi (Leoni delle caverne, Pantere, Gatti, Linci, ecc.), Iene, Cinghiali, Cavalli, Rinoce- ronti, ecc.; animali che in parte vissero o vennero a rifugiarsi e quindi spesso a morire nelle caverne, ma in parte vi vennero portati sia da animali da preda, sia dall'uomo preistorico, essen- zialmente appunto cacciatore. (4) La presenza di Camosci e di Marmotte è interessante per indicarci le condizioni climatologiche d’allora dell'Appennino finalese, dove detti ani- mali dovettero vivere ed essere preda del cacciatore neolitico. 530 FEDERICO SACCO Quanto ai residui dell’uomo preistorico, specialmente neoli- tico, essi sono rappresentati: sia da scheletri completi indicantici antiche sepolture, sia da resti di armi e strumenti varii in pietre scheggiate (punte di freccia o di lancia, pugnali, raschiatoi, pun- teruoli, seghe, coltelli, ecc.) o levigate (ascie, accette, scalpelli, mazze, martelli, macinatoi, ecc.); nonchè da alcuni strumenti anche di rame o di bronzo (ascie, pugnali, coltelli, ecc.) e più raramente di ferro, oppure, più spesso, di osso, di corno, od anche fatti con denti di Selacidi; così pure da stoviglie piut- tosto grossolane, ma spesso con graffiti (ciotole, olle, ecc.), da oggetti svariati (come lampadine, figurine di terracotta, fusarole, cucchiai, arponi ed aghi di osso o di corno), anche ornamentali (come conchiglie marine, denti, coralli ed oggetti lavorati per collane, pintadere da tatuaggio e relativa ocra rossa, anelli, verghette nasali, ecc.), ossami spaccati o no, conchiglie ed altri resti di pasto, ecc. Ricordiamo anche alcuni, purtroppo scarsi, resti di stazioni all'aperto, nonchè le curiose incisioni rupestri che osservansi sull’altipiano di calcare miocenico a circa un km. e mezzo da Orco Feglino nella regione di Chiappo delle conche. Da tutto ciò si può dedurre che l’uomo preistorico, a tipo dolicocefalo, prognato, selvaggio, essenzialmente nomade-caccia- tore, comparso nel Finalese sin dal periodo paleolitico (essendo allora contemporaneo colla grande fauna spelea di Orsi, Leoni, Iene, ecc.), trovò in tale regione (per la forma orografica, le dense foreste, la ricca fauna, il clima propizio, e specialmente per la grande quantità di caverne e simili ripari) un ambiente così favorevole da svilupparvisi notevolmente, in modo speciale nel susseguente Neolitico, utilizzando tali caverne come ricoveri più o meno temporanei, talvolta anche come siti di sepoltura. Si affermarono quindi (più o meno direttamente) questi preistorici finalesi, semiselvaggi, ‘come aborigeni Ibero-Liguri mediterranei (commistisi poi con altre razze arianoidi, brachicefale, immigrate, di pastori-agricoltori, in parte di origine celtica) nei susseguenti periodi protostorici del Bronzo e del Ferro, sino a raggiungere quello storico, Romano, in cui si civilizzarono. IL FINALESE 591 BIb5LTOGRAFITA (1) Amprano G. B., Scoperta di una stazione paleolitica contemporanea al grande Orso delle Caverne in Liguria (6 Bull. Paletn. Ital. ,, XV, 1889). (2) — Vasi colorati e dipinti a disegni geometrici nelle Caverne del Finale (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XVII, 1891). (3) — La Caverna delle Fate (Ligurie) (Congrès internat. d’Anthrop. et d’Archéol. préhist. - C. R. X Sess., Paris, 1889-1891). (4) — Caverne nel Finalese (Lettera allo Strobel) (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XVIII, 1892). (5) — Stazione preistorica all’aperto nel Finalese (Liguria) (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XIX, 1898). (6) BareLLi V., Cenni di Statistica mineraria degli Stati Sardi (To- rino, 18309). (7) BarrILI A. G., Gli antichissimi Liguri (“ Soc. Lett. e Convers. scientif. ,, XII, Genova, 1889). (8) BeLLarpI L. (Vedi Sacco), I Molluschi dei Terreni terziarii del Piemonte e della Liguria (“ Mem. R. Accad. Se. Torino ,, vol. I-VI, 1872-1888). (9) Bensa P., Le grotte dell'Appennino Ligure e delle Alpi Marittime (Pfboll: GA. I, vol. XXXII, n° 61; 1900). (10) Broccni G. B., Conchiologia fossile subappennina, vol. I, p. 168 (Milano, 1814). (11) Ceuesia E., Paleoetnologia; Caverne ossifere nella Liguria (* Il Di- ritto ,, n° 353, Roma, dicembre 1876). (12) CLerici E. e SquinaBor S., Escursione alla Caverna delle Arene Candide (“ Boll. Soc. Geol. Ital. ,, VI, 1887). (13) DeLLe Piana, Guida per escursioni negli Appennini e nelle Alpi Liguri (Genova, 1896). (14) De Nreri A., Nuove ricerche di A. Issel nelle Caverne ossifere della Liguria (“ Boll. Soc. Geogr. Ital. ,, serie 2*, vol. III, Roma, 1878). (15) Forsyra Mayor C., Materiali per servire ad una Storia degli Stam- becchi (“ Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. ,, Pisa, 1879). (16) GueLieLmino G., La Caverna delle Fate (“ La Luce ,, 1878). 17) Incoroxnaro A., Scheletri umani della Caverna delle Arene Candide presso Finalmarina (“ Mem. R. Acc. Lincei ,, III, vol. II, 1878). 532 FEDERICO SACCO (18) IsseL A., Di una Caverna ossifera di Finale (“ Atti Soc. Ital. Sc. Nat.,, VII, 1864). (19) — Delle Conchiglie raccolte nelle breccie e nelle Caverne ossifere della Liguria Occidentale (“ Mem. R. Acc. Sc. Torino ,, serie 2*, tomo XXIV, Torino, 1867). (20) — Reésumé des recherches concernant l’ancienneté de l’homme en Ligurie (“ C. R. Congrès d’Anthropologie et d’Archéologie préhistorique ,, Paris, 1867). (21) — Rapport sur les réc. découv. et public. en Ligurie (Matér. pour l’Hist. posit. et phil. de l'homme, VI, Paris, 1870). | (22) — Cenni intorno al modo di esplorare utilmente le Caverne ossi- | fere della Liguria (“ Effem. Soc. Lett. e Convers. scient. ,, Genova, 1874). (23) — Sul ritrovamento di uno scheletro umano nella Caverna di } Finale (“ Il Movimento ,, n° 101, 1874). (24) — L'uomo preistorico in Italia (In Lubbock, Torino, 1875). (25) — Una Caverna sepolcrale in Liguria (La Beneficenza, Genova, 1876). (26) — Di alcune fiere fossili nel Finalese (“ Giorn. della Soc. di Lett. e Convers. scientif.,, II, Genova, 1878). (27) — Nuove ricerche sulle Caverne ossifere della Liguria (“ Mem. R. Ace. Lincei ,, serie 8*, vol. 2°, 1878). (28) — Osservazioni relative ad alcune Caverne ossifere della Liguria Occidentale (“ Boll. di Paletn. Ital. ,, VIII, 1882). (29) — Cenni sui materiali estrattivi dei monti Liguri (Ric. Sez. Lig. C. A. I., Genova, 1883). (30) — Pintaderas (“ La Natura ,, n° 24, Milano, 1884). (31) — Caverne del Loanese e del Finalese (con appendice di C. Rai- mondi) (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XI, 1885). (32) — La Liguria ed i suoi abitanti nei tempi primordiali (Genova, 1885). (83) — Dei Fossili recentemente raccolti nella Caverna delle Fate (“ Ann. Mus. Civ. di Genova ,, serie 2, vol. 9°, 1886). (34) — Note intorno al rilevamento geologico del territorio compreso nei fogli di Cairo Montenotte e Varazze della Carta topogr. milit. (“ Boll. Com. geol. ital. ,, XVI, 1885). (35) — La Pietra di Finale nella Riviera Ligure (“ Boll. Com. geol. ital. ,, XVI, 1885). (36) — Catalogo dei fossili della Pietra di Finale (“ Boll. Com. geol. al XVIL*41886) N.B. Questi ultimi tre lavori sul Finalese furono riuniti dall’Autore in un fascicolo speciale intitolato “ Contributi alla Geologia Ligustica,, Roma, 1886. (37) — Scavi recenti nella Caverna delle Arene Candide (“ Bull. Paletn. Fat, XII; 1680). ATI ZIE IRE : N: = (88) IsseL A., Resti di un antropoide rinvenuti nel pliocene di Pietra Ligure (“ Boll. Soc. geol. ital. ,, V, 1886). (39) — Mazzuoni L. e Zaccaena D., Carta geologica delle Riviere Liguri e delle Alpi Marittime (Sez. lig. del C. A. I., Genova, 1887), scala di 1 a 200.000. (40) — La nuova Carta geologica delle Riviere Liguri e delle Alpi Ma- rittime (“ Boll. Soc. geol. ital. ,, VI, 1887). IL FINALESE 593 (41) — Del ritrovamento di una conchiglia esotica nella Caverna delle Arene Candide (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XIII, 1887). (42) — e Squimarot S., Carta geologica della Liguria (Genova, 1891), scala di 1 a 200.000. (43) — Note paletnologiche sulla Collezione del sig. G. B. Rossi (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XIX, 1893). (44) — e Traverso S., Note sul litorale fra Vado e Spotorno (“Atti Soc. lig. Sc. Nat. ,, V, 1894). (45) — Cenni di nuove raccolte nelle Caverne ossifere della Liguria (“Atti Soc. lig. Sc. Nat. ,, V, Genova, 1894). (46) — Liguria geologica e preistorica (Genova, 1892). (47) — Excursion géologique dans les env. de Génes (Genova, 1905). (48) — Incisioni rupestri nel Finalese (“ Bull. Paletn. Ital.,, XXIV,1900). (49) — Un exemple de survivance préhistorique (“ C. R. XIII Congrès d’Anthrop. et d’Archéol. préhist. ,, Monaco, 1907). (50) — Cavità rupestri simili alle Caldaie dei Giganti (Genova, 1907). (51) — Liguria preistorica (“Atti Soc. lig. Storia patria ,, vol. XL, Genova, 1908). (52) — Memoriale degli Alpinisti (“ Ann. Sez. Lig. C. A. I.,, Ge- nova, 1914). (53) — Le Caverne e la loro esplorazione scientifica (“ Ann. Sez. lig. del C. A. I.,, Genova, 1915). (54) Jervis G., I Tesori sotterranei dell’Italia. Parte II* (Regione del- l'Appennino), Torino, 1874, e Parte IV* (Economica), 1889. (55) MamnerI, Della Caverna di Verzi-Pietra (Genova, 1873). (56) Mazzuoti (V. Isser, 1887). (57) Moon F., Preistorici e contemporanei. Studi paleoetnologici in re- lazione al popolo Ligure (Milano, U. Hoepli, 1880). (58) — Paletnologia italiana. I nostri antenati (Parma, 1887). (59) MoreLLI N., Nota sopra la Tana del Colombo nel territorio di Toirano (“Atti Soc. lig. Sc. Nat. ,, I, Genova, 1889). (60) — Note sulla Caverna della Basua (“Atti Soe. lig. Sc. Nat. ,, 1, Genova, 1889). (61) — Relazione sugli scavi eseguiti nella Caverna della Pollera situata nel Finalese (“ Mem. R. Acc. Lincei ,, IV, 1888). 534 FEDERICO SACCO (62) MoreLLi N., Nota sopra due Caverne recentemente esplorate nel territorio di Toirano (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XVI, 1890). (63) — La Caverna del Pastore e Livrea, situata nel territorio di Toi- rano (“Atti Soc. lig. Se. Nat. ,, I e II, Genova, 1889-1890). (64) — Di una Stazione litica a Pietra Ligure (“Atti Soc. lig. Se. Nat. ,, II, Genova, 1890). (65) — Antichi manufatti metallici della Liguria (“ Bull. Paletn. Ital. ,, XIV, 1888). (66) — Resti organici rinvenuti nelle Caverne delle Arene Candide (“Atti Soc. lig. Sc. Nat. ,, I e II, 1889-1890). (67) — La Caverna di S. Eusebio nel Finalese (“Atti Soc. lig. Sc. Nat.,, V, Genova, 1894). (68) — Iconografia della Preistoria ligustica (Genova, 1901). (69) Pacini CanpeLo M., L'Arma del Sanguineto o Caverna della Matta (“Atti Soc. Storia savonese ,, II, Savona, 1890). (70) Pakero L., Descrizione di Genova e del Genovesato (Vol. I, Ge- nova, 1846). (71) Perranpo D. G., Sur deux Cavernes de la Ligurie (Congr. Internat. d’Anthrop. et d’Archéol. préhist., V, Bologne, 1873). (72) Pricorini L., Avanzi umani e manufatti litici colorati dell’età della Pietra (“ Boll. Paletn. Ital. ,, VI, 1880). (73) Rarro L., Le Caverne delle Arene Candide e della Pollera (“ Ric. Sez. lig. C. A. IL.,, Genova, 1883). (74) Rarmonpr C., Di una anomalia dell’osso sacro nell'uomo, più fre- quente nelle Scimmie antropoidi (“ Ann. Mus. civ. St. Nat. ,, II, vol. 2°, Genova, 1885, e “ Rend. R. Acc. Sc. med. ,, Genova, 1885). (75) Ramorino G., Sopra le Caverne di Liguria e specialmente sopra una recentemente scoperta a Verezzi sopra Finale (“ Mem. R. Ace. Sc. Torino ,, serie II, vol. XXIV, Torino, 1866). (76) Ranieri L., Cenni intorno alle antiche Caverne della Liguria (£ L'Unione ,, n° 17 a 28, Porto Maurizio, 1886). (77) Rovereto G., Arcaico e Paleozoico nel Savonese (“ Boll. Soc. geol. ital: XIV; (1899) (78) Sacco F. (V. BeLuarpi), I Molluschi dei Terreni terziari del Pie- monte e della Liguria (Vol. VI-XXX, Torino, 1889-1904). (79) — L’Appennino settentrionale e centrale (Torino, 1904), con Carta geologica alla scala di 1 a 500.000. (80) Sasso A., Saggio geologico sopra il Bacino terziario di Albenga (£ Giorn. lig. di Sc., Lett. ed Arti,, V, Genova, 1827). (81) Serer G., Liguri e Celti nella valle del Po (“ Arch. per l’Antrop. e l’Etnol. ,, XIII, Firenze, 1883). IL FINALESE 595 (82) Siswonpa A., Osservazioni geologiche sulle Alpi Marittime e sugli Appennini liguri (“Mem.R. Ace. Se. Torino ,, serie II, tomo IV, Torino, 1841). (83) — Carta geologica di Savoia, Piemonte e Liguria (Torino, 1862, 1866). (84) SpaLranzani L., Lettera relativa a diversi oggetti fossili e montani (“ Mem. di Matem. e Fisica ,, II, Verona, 1784). (85) Zaccagna D. (V. IsseL, 1887). (86) — Conformazione stratigrafica fra il torrente Neva ed il Penna- vaira in territorio di Albenga (“ Boll. Com. geol.it. ,, XL, 1909). INDICE Generalità . 5 3 ì ; $ 3 ; È ì . Pag. 514 Carbonifero e Permiano ; . ; : Î 5 : é MU 1 | Trias . E : » 518 Infralias, Giuralias, Focene n D22 Miocene . n 528 Pliocene . di Quaternario i Oi Bibliografia n. del IL FINALESE FEDERICO SACCO 996 9996 deg crofo ENG rdcleriado5 v croeguauroge DS = ua, $ ‘'000'O9 ® I IP eorun ersog a Zemf Minto i Merna(, meg mediewg UP Mi Mal TR fogli! er Ido Di 2epu 0 THIC0C MTA. MG Pr i LA) ROS Coh paro ÙU ' ' Tipi. DI ' i ' SCAD INI Ab : CL, mich mo mo mp ' bp P RIONE CREMA UO) IMIAETUA RG) x guosoeM Ele TI PuApnoce CALO) vp lg) Db @SOIeuId II OSIGARBIZIV 0UI130[098 TUOIZOS LAbLO 9) All: 999 ode) L’Accademico Segretario CarLO FABRIZIO PARONA 997 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 2 Maggio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL ACCADEMIA Sono presenti i Soci S. E. BoseLLi Direttore della Classe, De Sanctis, Bronpi, BaupDI DI VEsMmEe, PATETTA, VIDARI, PRATO, Cran, VaLmaGGI, FaGGI, Luzio, Mosca, e SrAMPINI Segretario della Classe. È scusata l’assenza dei Soci EinAupI e PAccHIONI. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza del 18 aprile u. s. Il Presidente saluta e presenta alla Classe il nuovo Socio nazionale residente Senatore Gaetano Mosca, il quale porge vivi ringraziamenti così al Presidente come alla Classe. Il Socio Prato presenta in omaggio all'Accademia, anche a nome del Socio EinaupI, il volume XXX (anno 1919) della rivista La Riforma Sociale insieme col volume L'Italia economica nel 1918 (anno X) di Riccardo Bacni. La Classe ringrazia. L’Accademico Segretario presenta il volume, pervenuto alla Accademia, di Paolo Monceaux su Saint Optat et les premiers écrivains Donatistes (Paris, 1920), che è il quinto della Histoire littéraire de V Afrique chrétienne, e ricorda che i primi tre volumi di quest'opera furono premiati dalla nostra Accademia nel 1908. La Classe gradisce, ringraziando, il dono. Il Vicepresidente Rurrini fa omaggio all'Accademia della sua monografia Guerra e riforme costituzionali che è, nelle sue parti essenziali, il discorso da lui letto per l'inaugurazione degli studî il 24 novembre 1919 nell’Università Torinese. E il Socio S. E. BoseLLI rileva con una breve disamina l’importanza di tale monografia in cui l’autore, movendo da un argomento essenzialmente politico, lo ha saputo rendere rigorosamente scientifico. La Classe ringrazia per il dono graditissimo. Il Socio Luzio presenta per la pubblicazione negli Atti una Nota del Socio SrorzA assente intitolata La patria di papa Eutichiano. Raccoltasi la Classe in adunanza privata, procede alla no- mina di un membro della Commissione per il Premio Gautieri riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919), in sostituzione del Socio Cran dimissionario. Risulta eletto il Socio Luzio. La Classe nominò poscia a Delegato della Reale Accademia delle Scienze di Torino per il prossimo convegno accademico inter- nazionale a Bruxelles il Socio De Sanctis. E il Socio ErnAuUDI fu eletto a delegato della Classe nel Consiglio d’Amministra- zione dell’Accademia. GIOVANNI SFCRZA -— LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO 539 LETTURE La patria di papa Eutichiano Nota del Socio nazionale residente GIOVANNI SFORZA Il P. Cesare Franciotti della Congregazione della Madre di Dio, nato a Lucca il 3 luglio del 1557, predicatore applaudito dal Bellarmino e dal Baronio, e caro a S. Filippo Neri, nel 1613 stampò le Historie delle miracolose imagini e delle vite de’ Santi, i corpi de’ quali sono nella città di Lucca. Ap. 49, parlando di S. Eutichiano, sostiene non esser di Luni, ma lucchese, come “si ha, (son sue parole) “dagli istromenti antichi, conservati nell'Archivio del Vescovato di Lucca, ne’ quali si afferma che questo pontefice era nativo del castello di Montemagno, vicino a Schiava; il qual castello in tttto lo stato di Luni non si trova nominato in alcuna maniera, ma si trova bene nello stato di Lucca, circa dieci miglia lontano dalla città ,. Il prof. Domenico Bertini, nel ricordarlo, soggiunge: “Il non aver esso , [Fran- ciotti], “ secondo il costume del suo tempo, indicato il registro di questi strumenti, è stato certo un danno per me, non es- sendo sì agevole il rinvenirli fra tante migliaia di altre carte diverse, registrate non secondo l’ordine cronologico; ed ognun vede quanto sarebbe per noi opportuna una siffatta testimonianza nella presente quistione. Può peraltro stabilirsi fin d’ora, che da una parte non è lecito di apporre senza ragione a questo serit- tore, per tanti titoli venerabile, la taccia di mentitore. A ffer- mandolo in un modo positivo, bisogna che ei leggesse di fatto ne’ nostri archivi qualche cosa di relativo a questo punto , (1). (1) Domenico BertINI, Osservazioni intorno alla patria e alla famiglia del sommo pontefice Eugenio III; negli “Atti della R. Accademia Lucchese di scienze, lettere ed arti,, II, 153. 540 GIOVANNI SFORZA Dell’affermazione del P. Franciotti non è da tenere nessu- nissimo conto, leggendosi in un’opera, che, a giudizio perfino di Cesare Lucchesini, “ spira molta pietà, ma vi si desidera maggior critica , (1). Del resto, il sarzanese Bonaventura De’ Rossi [1666-1741] ebbe a dichiarare: “ Fatto da me rico- noscere se negli Archivi di Lucca v'era istromento alcuno che canonizzasse questo santo pontefice per lucchese, come pretende il P. Franciotti, la risposta fu non esservi se non una memoria antica, in caratteri antichi e di folta e difficilissima intelligenza, dove non si scorge appieno se sì dica lucchese o lunese; e dove dice il P. Franciotti che fosse di Montemagno, vicino a Schiava, ha preso un equivoco evidentissimo, perchè in detta scrittura, che, in sostanza, è un piccolo compendio della vita di questo santo papa, non si nomina nè Montemagno, nè Schiava, ma bensì Magnes, schiavo persiano, che, come eretico iniquissimo che ingannava con false dottrine i popoli d'Asia, fu dal nostro santo pontefice Eutichiano riprovato e dannato. Oltre di che, si sa benissimo che gli atti de’ santi della primitiva Chiesa, e massime di quelli che furono più vicini a’ tempi di Gesù Cristo, sono periti in gran parte, essendone appena rimasta la semplice tradizione, onde sarebbe staga gran fortuna della Chiesa di Lucca l’aver potuto conservare istrumenti così antichi , (2). È forza ripetere con l’ab. Giuseppe Paganetti: “ di Luni sempre stimollo tutta costantemente l’antichità, e quanti poi buoni critici di lui hanno scritto ne’ secoli più moderni... Que’ pochi autori che fanno lucchese Eutichiano sono moderni, e contrap- posti a’ loro contrari non reggono al confronto , (3). Uno di questi “ pochi autori ,, ma affatto ignoto, è ricordato dal Fran- ciotti. “ Ultimamente , (così scrive) “ anche Girolamo Francino (1) Cesare Luccnesini, Della Storia letteraria del Ducato di Lucca, libri sette; nelle “ Memorie e Documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca ,, X, 93. (2) Bonaventura De’ Rossi, Collettanea copiosissima di memorie e notizie istoriche appartenenti alla città e provincia di Luni, dessonte con gran tempo e fatica da moltissime scritture et istorie autentiche e da varii Archivii, ms. presso il dott. Raimondo Lari di Sarzana, vol. II, part. I, pp. 75-79. (3) Gruseppe PacaNETTI, Istoria ecclesiastica della Liguria, Genova, Tarigo, 1765, tom. I, pp. 313-314. LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO 541 afferma essere stato lucchese questo santo pontefice ,. Lucchese l'aveva fatto assai prima Onofrio Panvinio [1529-1568] di Ve- rona (1). Ecco le sue parole: “ Eutichianus, natione Italus, pro- vincia Thuscia, patria Lucensis, ex patre Maximo , (2). (1) Epitome Pontifieum Romanorum a S. Petro usque ad Paulum ILLI, HonuraRrIo PanvINIO, veronensis f. augustiniano authore, Venetiis, impensis Iacobi Stradae mantuani, 1557, p. 10. (2) Il padre del pontefice fu invece Marino. Nell’errore di farlo figliuolo di Massimo, era già caduto il Platina, che scrisse: “ Eutichianus, natione Thuscus, patre Maximo ,. Già si leggeva nell'Italia illustrata di Flavio Biondo: “ Secus Macram amnem vetusta interiit Luna inter capita Etruriae numerata, quae Eutichianum, pontificem Romanum, patre Maximo genuit ,. Già Iacopo Filippo da Bergamo, nel suo Sopplimento delle Croniche univer- sali del mondo (mi valgo della traduzione che ne fece Francesco Sansovino, stampata a Venezia, presso Altobello Salicato, il 1581), disse: “ Eutichiano, papa, nato in Toscana, nella città di Luni, et di padre chiamato Massimo ,. Tommaso Porcacchi di Castiglione aretino vuole che papa Eutichiano sia della “famiglia Martia di Roma ,; sogna che Marzio Agrippa, dopo la morte di Caracalla, si ritirasse a Luni, “dove si haveva fabricato luoghi deliciosi per quella marina , e dove finì la vita, “ d’età vecchissimo, l’anno del Signore 220 ,, lasciando molti figliuoli; uno “ de’ quali, G. Massimo, fu christiano et sopportando le persecutioni che in quei tempi da tutti i chri- stiani furono l'ottava volta patite, ancor esso ci fu ammazzato l’anno 258 ,. Afferma che “di Massimo restò, fra gli altri, un figliuolo, che fu P. Euti- chiano, il quale nacque appresso Luna in Thoscana ,; e “datosi alla rel- ligion christiana e vivendo santamente fu creato papa ,. Cfr. Tommaso PorcaccHI, Historia dell'origine et successione dell’Illustrissima Famiglia Ma- laspina, Verona, Discepolo, 1585, pp. 17-18. Il canonico sarzanese Ippolito Landinelli [1556-1629], alla sua volta, scrive: “ Nacque questo santo pon- tefice, [Eutichiano] “ nella nostra città di Luni di nobilissima stirpe, comecchè li suoi antenati fossero romani, ritiratisi in Luni dopo l’avveni- mento di Cristo nei tempi d’Adriano, imperatore. Da Lucio Marzio, che morì dopo Caracalla e della salute 220 anni, dicono che discese Caio Mas- simo, e che del 258 patì persecuzione e martirio per Gesù Cristo; e da Caio Massimo, Eutichiano, il quale, seguendo le vestigie del padre, se ne andò a Roma, e quivi, per la santità della vita fu creato papa ,. Cfr. Ip- PoLito LAanpINELLI, Origine dell’antichissima città di Luni, della sua distru- zione, della città di Sarzana e di tutte le cose più notabili appartenenti a detta città e a tutta la Provincia di Luni, della Chiesa Lunese e de’ suoi vescovi antichi, ms. presso di me, cap. 13, p. 134. Raffaello Soprani di Ge- nova afferma Eutichiano esser nato nell'antica città di Luni “ da Gn. Mas- simo, di famiglia Martia, anch'egli Lunese e martire di Christo ,. Cfr Rar- raELLO Soprani, Li Scrittori della Liguria, Genova, Calenzani, 1665, p. 87. Atti dela R. Accademia — Vol. LV. 511 542 GIOVANNI SFORZA Anche un altro lucchese, Nicolao Tucci, che visse dal 1541 al 1615, ne’ suoi IMustrium Lucensium elogia, opera rimasta ma- noscritta, tratta De Sancto Eutychiano pontifice et martire, e lo fa nato a Lucca. Che però sia di Luni lo attesta il Lider pon- tificalis: “ natione Tuscus, ex patre Marino, de civitate Lunae , (1). Il P. Gabriele Grammatica, lucchese anch’esso ed egli pure della Congregazione della Madre di Dio, nella seconda edizione della sua Guida sacra alle chiese di Lucca, che vide la luce nel 1741, sotto il giorno 19 decembre scrive: “ S. Eutichiano papa e martire. La sua deposizione celebrasi agli 8 di questo mese, secondo il Martirologio Romano e quello del Fiorentini; da altri è portata a questo giorno. È tradizione antica che questo santo fosse lucchese, benchè per una leggiera mutazione di lettere si trovi scritto lunese. Anche vien creduto nato nel castello di Montemagno della nostra diocesi e stato; e nella chiesa di questo luogo si dice essersi scorto fino a’ dì nostri un’antica pittura, mezza cancellata, esprimente l’immagine di Agostino Oldoini della Spezia lo dice “e familia Martia, Joannis Maximi filius,. Cfr. Athenaeum Ligusticum, seu Syllabus scriptorum Ligurum, nec non Sarzanensium ac Cyrnensius Reipublicae Genuensis subditorum ab Aueu- srino OLpornio, Societatis Iesu, collectus, Perusiae, ex typ. episcopali, 1680, pp. 168-169. Giuliano Lamorati di Portovenere stampa: “S. Eutichiano, nato in Luni, fu reso atto ad imprese grandi, non solo dalla nascita, che diede sempre generosi impulsi ad eroicamente operare, poscia che fu di casa Martia, oriunda da Anco Martio, re de’ Romani, ma ancora da dome- stici essempii, essendo figlio di Gn. Massimo, che sotto l’imperatore Vale- riano co’ l suo sangue inaffid le palme del suo trionfo ,. Cfr. Giuriano Lamorati, Historie di Lunigiana che contengono successi memorabili, ruine di Luni, eroi in santità, pietà e dignità ecclesiastiche riguardevoli che in detta Provincia fiorirono, In Massa, nella stampa di Girolamo Marini, 1685, pp. 57-58. Tra i pochi che non caddero nel grossolano errore è da segnalarsi il Ciacconio — Alfonso Chacon +; le cui Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S. R. E. Cardinalium usciron fuori postume il 1601, per cura di Francesco Morales Cabrera; le ristampò Luca Wadding nel 1630; Agostino Oldoini il 1677. Vi sta scritto: “ Sanctus Eutichianus etruscus, patria Lunensis, Marino genitus patre ,. (1) Liber pontificalis pars prior. Edidit Taronorus Mommsen, Berolini, apud Wiedmannos, MDCCCXCVIII, p. 38. Fa parte del vol. I Gestorum Pontificum Romanorum, ne’ Monumenta Germaniae historica. “ L 4 LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO 549 questo santo Pontefice ,. L'affermazione del Grammatica andò poco a sangue a monsig. Gio. Domemeo Mansi, che osserva: “ Bisogna però confessare che tutti i codici a penna del Libro chiamato Pontificale di S. Damaso, o sia di Anastasio, leggono costantemente de civitate Lunae, e non mai Lucae, onde resta solo a dichiararlo lucchese una tradizione per dir vero incerta, perchè non fondata se non su d'una mediocre antichità , (1). A favore del Grammatica spezzò invece una lancia l’ab. Dome- nico Barsocchini. “ Il celebre bollandista Papembrochio , (così scrisse) “ nel Probil. ad Acta SS. Mati, pag. 120, parlando della nostra tradizione, osserva che S. Eutichiano dicesi negli atti to- scano; e riflettendo quindi che tanto Strabone, lib. IV, quanto Pomponio Mela, lib. II, pongono amendue Luni non in Toscana, ma in Liguria, protestasi di non voler pregiudicare col suo giu- dizio nè all'una, nè all'altra città, sebbene però ben si veda dalle sue parole propendere più per Lucca che per Luni. Ego neutri urbi praejudicatum volo: marimi tamen apud me momenti est, ut esse debet, divisio Provinciarum ‘a Strabone et Pomponio indicata, qui licet vixerint unus sub Tiberio, alter sub Claudio ... Lunam non attribuunt Tusciae, sed Liguriae. Dunque Eutichiano , (conchiude il Barsocchini) “ non poteva esser lunese, perchè Luni, almen di quel tempo, non fu mai compresa nella Toscana. Dee quindi dedursene che forse per uno sbaglio, facile a com- mettersi nei codici a penna, sia incorsa la parola lunense invece di lucense , (2). Son baie: i codici tutti si accordano a dirlo di Luni; nè a Luni lo toglie Francesco Maria Fiorentini, il più dotto degli eruditi lucchesi, che serive: “ Lucensem patriae meae civem aliqui ex nostris S. Eutichianum malunt, quam Lunensem. Sine vetusto monumento, aut auctore, non affir- marem , (3). (1) Giro. Domenico Mansi, Diario sagro antico e moderno delle chiese di Lucca, composto già da un religioso della Congregazione della Madre di Dio, riveduto ed accresciuto, Lucca, per Giuseppe Salani e Vincenzo Giuntini, 1753, p. 343. (2) Diario sacro delle chiese di Lucca di monsignore Grovan Domenico MansI, accomodato all'uso dei tempi moderni ed accresciuto di molte notizie storiche del nostro paese dall'ab. Domenico BarsoccHIniI, Lucca, tipografia Giusti, 1836, pp. 304-305. (3) Vetustius occidentalis Ecclesiae Martyrologium D. Hieronymo a Cas- siodoro, Beda, Walfrido, Notkero aliisque scriptoribus tributum, quod noncu- 544 GIOVANNI SFORZA Oltre la nostra, vi fu però in Italia anche un’altra città che portò il nome di Luni; al giorno d'oggi, del pari scomparsa. Questa città, “ anch’essa etrusca , e che poi “ divenne castello ,; come afferma il Silvestrelli, “ fece parte nel secolo XII della contea di Vetralla, e fu donata per metà a Viterbo, nel 1170, da Guitto, conte di Vetralla; e si distrusse nel 1262 , (1). Guitto, per testimonianza del Pinzi, comprò l’alleanza dei Vi- terbesi “ col rinunciare loro la metà della rocca di Vetralla e dei tenimenti di essa, nonchè i castelli di Rispampani, di Luni e la metà di Bisenzo, di Marano, di Piansano, di Castel Luiprando e degli altri dominj che erano già suoi, o lo fossero in appresso, a patto che gli mantenessero in suggezione i suoi vassalli di Vetralla , (2). Nel documento è chiamato castrum Luni (3). Il Liber Pontificalis racconta che nel 730 un certo Tiberio, detto Petasio, ribellò contro Leone Isauro, imperatore, Luni, Barbe- rano e Blera o Bleda, facendosi giurar fedeltà da que’ popoli come a Signore. Il Muratori crede “ scorretta la parola Lunenses, perchè Luni, città marittima, situata al fiume Magra, era sotto i Longobardi, e troppo lontana, nè potè ribellarsi contro chi non ne era padrone , (4). Il Liber Pontificalis, però, cosa che non sfugge al grande storico, “ parla di popoli posti in quella Provincia Romana, che oggidì si chiama il Patrimonio ,; e appunto lì sorgeva l’altra città di Luni, che era “ un castello della Toscana Suburbicaria , (9). pandum esse Romanum, a Magno Gregorio descriptum, ab Adone laudatum, proximioribus saeculis praeteritum et expetitum non leviora argumenta suadent. Franciscus Maria FLorENTINIUS, nub. lucensis, ex suo praesertim ac patriae maioris Ecclesiae pluribusque aliis probatae fidei codicibus, qua notis, qua erercitationibus explicatum, integre vulgavit, Lucae, ex typographia Jacynthi Pacii, MDCLXVIII, p. 1023. (1) Grurio SiLvestrELLI, Città, castelli e terre della regione romana, ri- cerche di storia medioevale e moderna fino all'anno 1800, Città di Castello, Unione arti grafiche, 1914, p. 538. (2) Cesare Pinzi, Storia della città di Viterbo, illustrata con note e nuovi documenti in gran parte inediti, Roma, tipogr. della Camera dei Deputati, 1887, p. 175. (3) Carro Canisse, Prefetti di Vico; nell’ © Archivio della Società Romana di Storia patria ,, vol. X [1887], pp. 13 e 428. (4) Lopovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Monaco, 1762, IV, 261. (5) CarLo Promrs, Dell’antica città di Luni e del suo stato presente, me- morie, Massa, Frediani, 1857, p. 61. dè dela LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO 545 Nel maggio del 1860 “ un cortese ed erudito lettore , della Civiltà Cattolica inviava a quel periodico la seguente notizia, “ attinta a fonti sicure e da persone ben conoscenti dei luoghi , dove sorgeva la Luni della Tuscia Romanorum. “ Luni (così trovasi scritto ne’ documenti più autentici), Lune, o Luna, fu città, ovvero castello etrusco, situato sulla destra del Mignone un poco sopra il confluente di questo colla riviera Vesca, e di- stante, credo, un dieci miglia da Barbarano e da Bieda, rimpetto alle montagne della Tolfa, che dominano la sinistra del detto Mignone. Ne restano i ruderi a capo di una rupe non molto elevata, vicina al Vignolo, al piano che tuttora chiamasi comu- nemente Pian di Luni, ed a Montefortino, nome che pur si dà ad una rupe prossima, la quale sembra con arte ben acconciata ad uso di rocca. Gode quel piano di ottima acqua sorgente, la migliore di tutto il territorio. La necropoli, che si estendeva fino alla strada delle Quadrelle, venne frugata ne’ bassi tempi e spogliata: nondimeno vi si vedono tuttavia de’ sepolcri adorni di bassirilievi. Alcuni frantumi di vasi, rinvenuti nelle vicinanze, ricordano la più bell’epoca dell’arte etrusca. Ancor più ampie notizie si sarebbero avute da una grande lapide etrusca di cinque o seicento lettere, ivi disseppellita nel 1859, se i pastori non l'avessero fatta in pezzi e così murata in un abbeveratoio. Non può dunque mettersi in dubbio l’esistenza di quest’altra Luni. Ciò non ostante, di essa non si ha menzione negli antichi scrittori che ci rimangono, sia perchè non abbia avuta giammai grande importanza, sia perchè, essendo già decaduta allorchè i Romani soggiogarono l’Etruria, e vigorendo, per contrario, la prima, di questa sola siasi conservato il nome e la fama pre- valente; sia perchè, non posta, come Bieda, sulla via Claudia, fosse sempre poco nota agli scrittori latini, dai quali teniamo ogni antica memoria. Prima di Anastasio (1) non so che altri l'abbia nominata: ma è certissimo che nel 1169 fu donata in- sieme a San Giovenale (luogo vicino, che quindi innanzi si vede costantemente accoppiato alla nostra Luni) al Comune di Vi- terbo dall’imperator Federico (V. Langellotto e Bussi, Storia di Viterbo). Nel 1242 fu data in feudo alla famiglia Farulfa, e non (1) Leviores quoque decipiens (Tiberius Petasius), ita ut Manturianenses, Lunenses atque Bledani ei sacramenta praestitissent. In Gregorio II. 546 GIOVANNI SFORZA guari dopo tornata al medesimo Comune, per non essersi man- tenuti i patti (Documenti nell'Archivio di Viterbo). Nel 1262 la ebbe nello stesso modo la famiglia De Vico (Item): e, circa quel tempo, gli Orsini, che signoreggiavano le confinanti terre della Tolfa, come nemici mortali de’ De Vico, assaltarono im- provvisamente Luni, e ne fecero sì mal governo che Pietro De Vico reputò bene trapiantarne a Bieda la popolazione sfug- gita al crudele macello. Omesse altre notizie, noto, per ultimo, un breve di papa Paolo II, esistente nell'Archivio Comunale di Bieda, nel quale, fatte varie concessioni, si dice: Volumus quoque ... quod liberi et erempti sitis glandium, spicarum et herbarum tenimenti vestrae terre et herbarum dumtarat Sancti Juvenalis et Luni. Del resto, il nome di Luni è vivo tuttora in bocca a tutti 1 popoli circonvicini; ed è inoltre segnato nelle carte geografiche, anche non molto antiche, quantunque dovrebbe collocarsi più presso al confluente: trovasi così nella carta grande dello Stato Pontificio, in quella dedicata al Duca Blacas, ed in quella del Patrimonio, pubblicata l’anno 1791 , (1). Trattandosi di due città, tutte e due nella Tuscia, seb- bene una in quella annonaria e una in quella suburbicaria, le parole natione Tuscus, con le quali il Liber Pontificalis chiama papa Eutichiano, tanto possono riferirsi all'una, quanto all’altra. Resta dunque indeciso quale delle due Luni gli abbia dato i natali. Il fatto di essergli stata eretta una statua sulla facciata della cattedrale di Sarzana niente prova; giacchè su quella stessa facciata ne fu innalzata una anche a papa Sergio IV, spacciandolo egli pure lunigianese, mentre tutti gli scrittori ecclesiastici si accordano nel ritenerlo romano, a cominciare dal Liber Pontificalis, che afferma: Sergius, qui vocatur Os porci, natione romanus (2). Soltanto il Ciacconio lo vuole originario del castello di Luni, ma però nato a Roma: Sergius IV (sono sue parole) Petri Martini filius, romanus, Buccaporci antea dictus, ex castro Lunae, monachus antea benedectinus (3). Fu vescovo di (1) “ La Civiltà Cattolica ,, ann. XI [1860], serie IV, vol. VI, pp. 469-470. (2) Le Liber Pontificalis, texte, introduction et commentaire par l’abbé L. Duc®esne, Paris, Thorin, 1886, tom. I, p. 267. (3) Cracconius A., Vitae et res gestae pontificum Romanorum et S. R. E. car- dinalium, ab initio nascentis Ecclesiae ad Clementem IX, ab Aucustino OL- porno recognitae, Romae, 1677, vol. I, pp. 763. È | i deli AO" e LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO 547 Albano, e come suppone il Gregorovius, “ forse tusculano egli medesimo ,. Del resto, “il Bucca si trova assai spesso nel composto di nomi romani del secolo XI e del secolo XII: Bucca di pecora, Buccalupo, Buccafusco, Buccacane, Buccamazza, Buc- capiscis, Buccazoncea, Buccamola, Buccabella , (1). E nome schiet- tamente romano, non lunense, è quello di Marino, il padre di Eutichiano. Questo pontefice, asceso sulla cattedra di S. Pietro nel gennaio del 275 (2), vi sedè otto anni, dieci mesi e tre giorni. “ Sedit ann. VIII, m. X, d. III ,,; sta scritto nel Liber Pontifi- calis (3). Morì il 7 decembre del 283, e fu sepolto “in cyme- terio Calisti via Appia ,. Disgraziatamente, dell’epitaffio, — “una lastra marmorea sottile ed oblunga , — restano ben pochi frammenti, che Giambattista De’ Rossi illustrò da pari suo (4). Vi si legge soltanto: EMTIAIAOC,.ETLIG. Il suo corpo fu da papa Innocenzo X regalato a monsignor Filippo Casoni di Sarzana, procuratore del Sacro Collegio, il quale “ con grato animo tolse dalla cripta Callistiana e tenne preziosissimo il dono; e creato, nel 1659, vescovo di Borgo S. Donnino, in quel di Piacenza, trasportò l’urna, con le sacre reliquie, in patria, e l’affidò al fratello suo Niccolò conte di Villanova ,. Morto Filippo, toccò in eredità a Niccolò, che “ ne fece liberale dono al Capitolo del Duomo perchè venisse conservato ed esposto alla pubblica venerazione , (5). Ciò se- guiva nell’anno 1669 (6). Con decreto della S. Congregazione (1) Ferpinanpo GreGorovius, Storia della città di Roma nel medio evo, Roma, G. Romagna, 1912, vol. Il, pp. 197 e 217. (2) Sembra il giorno 5, ma la data non è sicura. Lo Jaffé, il Potthast, il Gams e il compianto amico mio Fedele Savio la accompagnano pruden- temente con un interrogativo. 3 (3) Liber Pontificalis (edizione del Mommsen), p. 38. (4) GrampartIista De' Rossi, La Roma sotterranea cristiana descritta e illustrata, tom. II, pp. 70-72. (5) Ferpinanno Popestà, S. Eutichiano papa, Firenze, Stabilimento tipo- grafico S. Giuseppe, 1916, pp. 50-51. (6) Il conte Niccolò Casoni morì d’ottantacinque anni nel 1688 e fu seppellito nella chiesa de’ PP. Domenicani di Sarzana. Dell’iscrizione se- 548 GIOVANNI SFORZA — LA PATRIA DI PAPA EUTICHIANO de’ Riti, del 24 gennaio 1688, fu concesso alla Diocesi di Luni- Sarzana l’officium sancti Eutychiani, fissandone la festa il 9 de- cembre d’ogni anno (1). Venne dipinto a fresco, nel salone del palazzo vescovile, in mezzo a Santo Abundanzio ed a Paolo Sergio, scrivendoci: S. Eutichianus | Papa Lun. | E Max. viro nob. Lun. ortus | PP. et Mart. fuit passus Ro|mae sub Numeriano imp.| ano 275. Vi son due errori: come s'è visto, morì nel 283, non nel 275; era figlio di Marino, non di Massimo. È poi contro- verso se fu martirizzato. polcrale notevole questo brano: SACRUM CONCIVIS SUI SANCTI EUTHICHIANI PONT. MAX. ET MARTIRIS CORPUS DOMI PRIVATIM PER PLURES ANNOS CULTUM HUIC CATHE- DRALI CAPITOLO ET CIVITATI DONANDO PUBLICAE VENERATIONI EXPOSUIT PATRIAMQUE NOVO AUXIT DECORE ET PRAESIDIO. (1) Officia in festo S. Eutichiani papae et mart. Cfr. Officia propria Sanctorum pro Sancta Lunensi-Sarzanensi Ecclesia in unum collecta, ete. Clavari, MDCCCXLI. Ex Provinciali Typographia Argiroffo, pp. 15-17. — Officia propria Sanctorum recitanda in cathedrali et dioecesi Apuana, etc., Fivizzani, ex typ. Bartoli et soc., 1844, pp. 310-311. — Officia propria in Sancta Ecclesia Lunen-Sarzanensi ex concessione Apostolica recitanda, ete., Augustae Taurinorum, ex typ. pontificia Petri H. F. Marietti, 1870, pa- gine 251-252. — Officia propria in Massensi dioecesi ex Apostolica conces-- sione recitanda, etc., Massae, ex typ. S. Petri, 1875, pp. 316-317. L’Accademico Segretario ETTORE STAMPINI dini ttt da idea 5949 CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 9 Maggio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Segre, Peano, Guipi, MaATTIROLO, GRASSI, SOMIGLIANA, PANETTI, Sacco, MAJORANA, HERLITZKA, Rosa, PocHEerTINO e PaRoNA Segretario. Si legge e si approva l'atto verbale della precedente adunanza. ‘ Il Socio Gurpi fa omaggio della 2? edizione del volume Esercizi - Lezioni sulla scienza delle costruzioni, ed il Socio MartIROLO delle sue tre Note: Pasquale Baccarini; Due “Av- ventizie , nuove per la Flora italiana; Tartuficultura e rimbo- schimento. Il Presidente ringrazia a nome della Classe. Il Socio SomieLIANA riferisce quanto segue sul viaggio in Cirenaica, organizzato dal Touring Club: “ Nel gennaio di quest'anno la Direzione del Touring Club italiano inviava alla nostra Accademia l’invito a partecipare ad un’escursione in Cirenaica, organizzata da quel benemerito So- dalizio, per desiderio del Governatore della Colonia S. E. il Se- natore De-Martino. Scopo dell'escursione quello che persone competenti nell’agricoltura, nell’industria, nei commerci, nelle quistioni coloniali o provette negli studi geografici ed archeo- 550 logici, traessero dalla visione diretta dei luoghi un giusto ap- prezzamento delle sue risorse attuali, delle sue promesse, del suo sicuro avvenire. “ Avendo partecipato all’escursione, che si svolse con per- fetta organizzazione dal 12 al 28 aprile scorso e colla partecipa- zione di ben 250 persone, credo conveniente riferirne brevemente. “ L'itinerario percorso in Cirenaica fu da Bengasi alla ver- deggiante conca di Merg, da Merg alla classica Cirene, da Cirene a Derna, con auto-carri militari forniti dal governo della Colonia. Da Merg e da Cirene si discese rispettivamente a Tolmetta ed a Marsa Susa, le antiche Tolemaide ed Apollonia, per visitare le rovine di quelle famose colonie. “ Persone specialmente competenti del Governatorato ten- nero numerose conferenze sulle condizioni agricole attuali ed i tentativi, ora appena iniziati, di colonizzazione, sulle condizioni politiche in riguardo ai rapporti colla popolazione araba, sugli scavi archeologici avviati con una certa larghezza, particolar- mente a Cirene ed a Marsa Susa. “ Il risultato più importante raggiunto dal Governatorato, da quando è retto dall’illuminato criterio del Sen. De-Martino, è la pacificazione della colonia. La popolazione araba, enorme- mente ridotta di numero durante la guerra per la carestia e la peste, vede ora negli italiani dei fratelli che l'hanno aiutata e protetta in quel terribile periodo, che rispettano il movimento culturale e religioso del paese imperniato nella Senussia, che si apprestano a dar loro diritto di cittadinanza ed autonomia. E sentimenti di fratellanza, di simpatia e desiderio di collabo- razione nel lavoro di incivilimento furono ripetutamente espressi anche a noi dall’elemento arabo più colto. Un fatto caratteri- stico è che un fratello del Gran Senusso, Sidi Redha, venne appositamente a Bengasi incontro a noi dalla sua lontana resi- denza di Sedabia. “ Il paesaggio da noi attraversato è dei più interessanti. Scarsa è dappertutto la coltivazione e fatta con metodi primi- tivi, come in qualunque paese arabo. Ma estesissimi pascoli na- turali si presentano appena da Bengasi si sale sull’altipiano e raggiungono uno sviluppo veramente meraviglioso nell’ampia conca verdeggiante di Merg, ove anche la coltivazione dell’orzo è notevolmente intensa. Fra Merg e Cirene si ammirano larghe 551 zone di terreno accidentato, che si elevano fino a quasi 900 metri sul mare, con boschi fitti di piante di alto fusto, in gran parte ginepri. Fra Cirene e Derna si attraversano regioni in cui invece la vegetazione scarseggia, e domina un carattere predesertico, ma avvicinandosi a Derna ritornano pascoli e boschi, e compare numeroso l’ulivo selvatico, che, al dire dei competenti, può essere facilmente trasformato in ulivo gentile, e ridotto altamente red- ditizio. “ Derna è costrutta su una magnifica oasi tutta a palme, banane, viti e alberi fruttiferi di ogni genere, alimentata da un vadi che sgorga dalla scogliera a circa sette chilometri dalla città, con una notevole portata di alcune centinaia di litri al secondo. Più che Bengasi Derna ha aspetto pulito e civile e può diventare una magnifica residenza invernale. “In complesso è da tutti i competenti ammesso che una intensificazione ed estensione dell’agricoltura, ora allo stato quasi embrionale, sia certamente possibile. Naturalmente occorreranno non brevi tentativi e studi, trattandosi di regione il cui regime idrico e meteorologico è così diverso dai nostri. A questo scopo la escursione del Touring ha già dato un risultato colla costi- tuzione di un Sindacato che si propone di fornire i mezzi per lo studio di un piano generale di sfruttamento agricolo, allar- gando i lavori già lodevolmente iniziati dal Governo in qualche punto del territorio coll’impianto di campi sperimentali. “ Dobbiamo augurarci che altre spedizioni simile a questa, organizzata dal Touring Club con tanto sentimento d’italianità e di patriottismo, facciano conoscere agli italiani colti le nostre colonie ,. Il Presidente ringrazia il Socio SOMIGLIANA dell’interessante comunicazione e si compiace dei risultati del viaggio. L’ Accademico Segretario CaRrLO FABRIZIO PARONA 902 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 16 Maggio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, DE SancTIS, ErnAuDI, BAUDI DI VEsMmE, PATETTA, PaccHIoNI, FAGGI, Luzro, Mosca, e STAMPINI Segretario della Classe. È scusata l’assenza dei Soci Bronpi, Prato, CIAN e VALMAGGI. Si legge e si approva l’atto verbale dell’ adunanza ‘ del giorno 2 maggio corrente. L’Accademico Segretario dà lettura di una lettera del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, il quale notifica che ha sottoposto al Ministero della Pubblica Istruzione, “ poichè la cosa rientra nella speciale competenza , di esso, la pratica relativa alla partecipazione della nostra Accademia alla Unione Accademica internazionale, il cui convegno in Bruxelles è fis- sato pel giorno 26 corr. La Classe, dopo breve discussione, delibera che sia inviato d’urgenza un telegramma al Ministero della Istruzione, perchè voglia far conoscere: 1° se abbia prov- veduto allo invio della adesione ufficiale del Regno d’Italia alla Unione Accademica internazionale predetta, e fatto il versa- 993 mento prescritto della sua quota di lire duemila; 2° se abbia accolte favorevolmente le proposte fatte dalla Accademia dei Lincei e dalla nostra circa la rappresentanza italiana a quel convegno; 3° se sia disposto a fare al nostro delegato prof. Gaetano De SanctIs lo stesso trattamento che sia eventualmente usato al Senatore LANCIANI rappresentante dell’Accademia dei Lincei. L’Accademico Segretario i ETTORE STAMPINI d04 . CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 23 Maggio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci D’'Ovipro, Segre, Foà, Guipi, Grassi, SomIeLIANA, PANETTI, Ponzio, SAcco, MAJORANA, Rosa, HERLITZKA e Parona Segretario. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Socio Sacco fa omaggio della sua Nota La glaciation dans les vallons de Saint-Barthélemy et de Torgnon riassumen- dola. Il Presidente ringrazia. Ii Segretario presenta il II Tomo delle uvres complètes de Thomas Jan Stieltjes pubblicate dalla Società matematica di Amsterdam, spedito in gradito dono all’Accademia. Il Socio PaNnETTI presenta per la pubblicazione negli Atti una sua Nota Per una precisa definizione del metacentro longitu- dinale di un aeroplano. SEI SETT TO MODESTO PANETTI — PER UNA PRECISA DEFINIZIONE, ECC. 555 LETTURE Per una precisa definizione del metacentro longitudinale di un aeroplano Nota del Socio nazionale residente MODESTO PANETTI 1. — È noto che le caratteristiche del volo rettilineo di un aeroplano dipendono dal suo centraggio, ossia dalla posizione del baricentro G a cui è applicato il peso @, rispetto all’asse dell’elica propellente secondo il quale opera la propulsione P ed al centro aerodinamico C dell'apparecchio, intorno al quale rota la risultante È delle reazioni dell’aria mentre l’aereo compie rotazioni infinitesime intorno all’asse baricentrico trasversale (moti di beccheggio). Per un dato angolo di barra del timone di altezza, al quale corrisponde un dato regime di volo orizzontale e quindi un valore costante di P, la reazione È si modifica con l’assetto longitu- dinale dell’aereo, ossia con l'angolo di elevazione a formato dal- l’asse di costruzione dell’aeroplano con la velocità del suo bari- centro, positivo se questa è al di sotto di detto asse. 2. — Le variazioni di È si rappresentano immaginando di tener fermo l’aeroplano e di modificare la orientazione della corrente d’aria che lo investe, in modo da riprodurre tutti i valori dell'angolo a che possono interessare, tracciando nel piano di simmetria dell'apparecchio la schiera delle rette di azione della E, ovvero il suo inviluppo i, nonchè per un punto O il fascio dei segmenti equipollenti ai singoli valori di È, ovvero il luogo p degli estremi di tali segmenti, a cui si dà il nome di polare relativa all’apparecchio. 556 MODESTO PANETTI Naturalmente si dovrebbero conoscere tanti inviluppi e tante polari quanti sono gli angoli di barra del timone di altezza che si considerano, ossia quanti sono i regimi di volo orizzontale che si prendono in esame. 8. — Durante un qualsiasi regime le forze P Q ed RE de- vono farsi equilibrio, quindi le loro rette d’azione devono con- correre in un unico punto H che è l'intersezione della pro- pulsione P col peso Q. In conseguenza la È deve essere la tangente per H all’inviluppo corrispondente al regime consi- derato. Il punto di tangenza è precisamente il centro aerodina- mico C di cui abbiamo parlato: in vero, variando di pochissimo l'angolo di elevazione a, la È si dispone secondo una tangente vicinissima, la cui intersezione con la posizione iniziale tende a C quando a tende a zero. Inoltre, sempre per il fatto dell’equilibrio, le forze P Q ed KE devono essere equipollenti ai lati di un triangolo, che si vede costruito in 0BA, essendo 5 il punto della polare corri- spondente al regime considerato. È importante che, nel caso in cui la propulsione manchi o sì riduca sensibilmente, l'apparecchio si disponga spontanea- PER UNA PRECISA DEFINIZIONE DEL METACENTRO, ECC. 557 mente al volo librato in discesa. Bisogna per questo che la R abbia rispetto al baricentro momento di senso tale da abbassare la prora e quindi la P abbia momento raddrizzante, ossia l’asse del propulsore stia al di sotto del baricentro; quantunque, per con- siderazioni estranee alla trattazione presente, convenga che la distanza fra G e P sia molto piccola. 4. — D'altra parte, se consideriamo la stabilità longitudi- nale di forma, ossia quella che interessa il semplice fenomeno statico, quando cioè si astrae dai momenti resistenti che smor- zano le oscillazioni di beccheggio, le variazioni è È della reazione aerodinamica dovrebbero avere rispetto al baricentro G momenti di segno opposto alle rotazioni che le hanno provocate. Ora le dE per piccolissime rotazioni dell’aereo intorno alla posizione di equilibrio sono parallele alla tangente t alla polare nel punto B. Inoltre sono rivolte verso l’alto se le rotazioni che le provocano aumentano l’angolo di elevazione. Condotta quindi per C parallelamente a t la # che è retta di azione della è R, si riconosce subito che il baricentro G dovrebbe rimanere al di sotto della #. Viene così a limitarsi nel piano di simmetria dell'apparecchio una regione, definita per ciascun regime, com- presa fra le rette P E e #, alla quale è circoscritta la scelta del baricentro G, dato che si esiga dall’aeroplano la stabilità di forma. D'altra parte per un dato regime è pure determinata ri- spetto all’aereo l’orientazione della verticale, e quindi la scelta del baricentro è limitata al segmento verticale HM compreso fra la propulsione P in basso e la retta secondo la quale av- vengono le variazioni della in alto. Accostandosi alla prima si ha una maggiore stabilità al beccheggio; accostandosi alla seconda si accentuerà nell’aereo la capacità ad iniziare spon- taneamente il volo librato in discesa. Se il centro aerodinamico cadesse sull’asse della propul- sione, il segmento HM si ridurrebbe ad un punto col quale quindi, volendo evitare la instabilità di forma, dovrebbe coin- cidere il baricentro. Si ha in tal caso l'apparecchio a centri riuniti. 5. — Portato l'apparecchio in posizione diversa da quella di regime con una rotazione piccolissima da, consideriamo le Atti della R. Accademia — Vol. LV. 38 558 MODESTO PANETTI sole azioni che opererebbero su di esso se, fermo in tale orien- tazione, procedesse con la medesima velocità in volo orizzontale. Risulta subito che la reazione aerodinamica R' da sostituirsi alla È, la propulsione P' necessaria a mantenere la stessa ve- locità col nuovo orientamento e la @ ruotata dell'angolo da rispetto all’aereo non possono più farsi equilibrio. In particolare, ammesso che la variazione di P sia trascu- rabile rispetto a quella di , bisognerebbe sostituire a Q la forza B'A sensibilmente diversa per chiudere il triangolo delle forze. Così pure il peso passante tuttora per G, inclinato di da rispetto a Q, non passerà per la nuova intersezione H' della P con la P'. Il momento totale MT delle forze considerate rispetto al baricentro, che sappiamo essere raddrizzante se G è al di sotto di M, misura la stabilità di forma dell'aereo. Uniformandoci quindi al concetto tradizionale della mec- canica, possiamo definire altezza metacentrica longitudinale il valore limite del rapporto h=9:(Q. da), quando da tende a zero. 6. — Per calcolarlo ci occorre stabilire la nuova orienta- zione del peso Q in accordo con quella data arbitrariamente alla R. Avvertiamo perciò che quando l’aereo passa nel moto di beccheggio per l'assetto considerato, il suo baricentro non per- corre più una orizzontale ma una curva serpeggiante intorno ad essa con accelerazione a, quindi due nuove forze vengono a sommarsi a quelle già considerate. Esse sono: le forze d’inerzia degli elementi di massa del- l'aereo e le resistenze aerodinamiche derivate dovute al moto perturbato. Le somme geometriche delle une e delle altre sono due azioni baricentriche: se e Di le quali composte con @ nell’orientamento momentaneo del- l'aereo ci dànno una risultante Q', che deve permettere di chiudere il triangolo di equilibrio 04B'. Dunque Q' è rappre- sentata dal lato B'A. PER UNA PRECISA DEFINIZIONE DEL METACENTRO, ECC. 559 D'altra parte, potendosi ritenere che la proiezione orizzontale del moto sia uniforme durante un beccheggio di piccolissima ampiezza, l’accelerazione a e la somma geometrica delle reazioni aerodinamiche derivate tendono ad assumere direzione verticale, quindi B'A nelle condizioni limiti è anche la direzione di Q ri- spetto all’aereo girato dell'angolo da. 7. — Se finalmente confrontiamo i due quadrangoli com- pleti O0ABB', HH'CM nei quali i 5 lati già tracciati del secondo sono rispettivamente paralleli ai 5 corrispondenti del primo, ne deduciamo che @' è parallelo ad M4H', mentre la sua retta d'azione deve passare per G. Ma @' trasportato in H' sarebbe con R' e con P in equi- librio; dunque la risultante di queste due forze passa per M ed ha rispetto al baricentro G momento uguale a Q'.MG.sen (da). Dal confronto di questa con l’espressione dell'altezza metacen- trica A data nel n° 5 siamo autorizzati a concludere che effet- tivamente .M si deve considerare come il metacentro longitudinale dell'aereo corrispondente alla posizione del timone predisposta al regime considerato di volo, essendo il peso @ a cui nel fe- nomeno statico si ascrive il momento raddrizzante, sostituito dalla forza 0’, che in sè include le somme geometriche delle azioni dinamiche di massa e delle reazioni derivate dell’aria da aggiungersi nello studio del moto relativo al baricentro. Le piccolissime oscillazioni di beccheggio avvengono dunque come se l’aereo fosse fissato ad un asse trasversale la cui traccia è nella intersezione della verticale baricentrica con la parallela # pel centro aerodinamico alla direzione della polare p nel punto B che corrisponde al regime considerato. Il metacentro ed il centro aerodinamico sono due punti di regola ben distinti che importa non confondere. L’ Accademico Segretario CarLo FABRIZIO PARONA 560 CLASSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 30 Maggio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Bronpi, BaupI DI VESME, CIAN, FAGGI, Luzio, e StAmpInI Segretario della Classe. Scusano la loro assenza i Soci De SANCTIS, PATETTA, VIDARI, PaccHIonI e Mosca. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza pre- cedente del giorno 16 corr. L’Accademico Segretario dà lettura di un telegramma di S. E. il Ministro Torre, nel quale, rispondendo al telegramma urgente deliberato dalla Classe nella precedente adunanza, co- munica che, mentre il Ministero degli Esteri provvederà all'invio dell'adesione ufficiale dell’Italia al convegno dell’Unione Acca- demica internazionale in Bruxelles, alla quale già fu versata la quota prescritta, accetta la proposta che l’Italia sia rappresen- tata dal Socio De Sanctis della nostra Accademia e dal Senatore LAncrIANI dell’Accademia dei Lincei, provvedendo per il rimborso delle spese di viaggio. Per effetto di questo telegramma il Socio De Sanctis partì subito per Bruxelles a compiervi il mandato ricevuto. 561 L'Accademico Segretario presenta alla Classe il Manuale di diritto costituzionale in due volumi, pubblicato dall’On. Pietro CHIMmIENTI (Roma, Athenaeum, 1918 e 1920), e dall'autore in- viato in omaggio all'Accademia. Il Vicepresidente RurFINI espone un breve giudizio su quest'opera, che egli considera come un lodevole sforzo per sistemare la materia del diritto costituzio- nale con nuovi criteri, tenendo conto di quegli elementi storici e politici che erano stati troppo trascurati per tener dietro sola- mente agli elementi dogmatici. La Classe ringrazia l'On. CHIMIENTI. Il Socio Bronpr presenta alla Classe, in nome dell’autore nostro Socio corrispondente, il volume secondo dei Principîi di diritto amministrativo di Oreste RanELLETTI (Napoli, 1915), po- nendone in rilievo i grandissimi pregi così della sostanza come della forma. La Classe ringrazia. Dall’Accademico Segretario sono anche presentate le se- guenti pubblicazioni mandate in dono all'Accademia dai relativi Editori: P. Vergili Maronis Aeneidos libri X, XI, XII di Remigio SABBADINI, A. Persiù Flacci Satirarum liber di Felice RAMORINO, e M. Tulli Ciceronis Laelius De Amicitia liber di Ignazio Bassi, che fanno parte, coi num. 25, 26 e 27, del Corpus scriptorum latinorum Paravianum; e Le satire di A. Persio Flacco illustrate con note italiane da Felice RamorINO (Seconda edizione rifatta. Torino, Giovanni Chiantore, 1920). La Classe ringrazia gli Editori. In fine il Socio Cran offre in omaggio -alla Classe la sua pubblicazione Un problema urgente (Estratto dalla Nuova Anto- logia, 16 Aprile 1920). La Classe ringrazia. L’ Accademico Segretario ETTORE STAMPINI LU pr io NO Vo iui ue Al Ti CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Adunanza del 13 Giugno 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti il Direttore della Classe Segre, ed i Soci Prano, Guipi, MarTIROLo, Grassi, PANETTI, SAcco, MAJORANA, Rosa e Parona Segretario. È scusata l'assenza dei Soci SaLvapori e D’OvIpro. Si legge e si approva l’atto verbale della precedente adunanza. Il Presidente annuncia la morte del Socio nazionale A. Rien, e con commosse parole esprime il dolore suo e dei colleghi per l'improvvisa scomparsa dell’uomo eminente e di così alto valore scientifico. Rammenta che l'Accademia gli conferì il premio Val- lauri, che fu nominato Socio corrispondente nel 1884 e Socio nazionale non residente nel 1915. Dà notizia dei telegrammi di condoglianza inviati alla famiglia ed all’Università di Bologna, e soggiunge che l'Accademia fu rappresentata ai funerali dal Rettore dell’Università stessa, in assenza del nostro Socio Prof. PincHERLE che ne era stato incaricato. Invita poi il Socio MasorANA ad assumersi l’incarico di commemorare l’illustre Estinto, ed il collega di buon grado acconsente. Atti della RP. Accademia — Vol. LV. ©» | 39 564 Comunica che è giunto il decreto reale di conferma alla nomina a Direttore della Classe del Socio Seere. Il nuovo Di- rettore rinnova i ringraziamenti per l’onore conferitogli. Il Socio Grassi offre in omaggio il secondo volume del suo Corso di Elettrotecnica (48 ediz.); il Socio Sacco la sua Nota Le pulsazioni della crosta terrestre; ed il Segretario il secondo fascicolo del Trattato di Anatomia Patologica a nome del Socio Foà, che ne cura la pubblicazione. Il Presidente ringrazia a nome della Classe. Il Direttore Seere rileva, fra i libri giunti in dono, l’opera del sig. SurENpRAaMoHAN GancuLI di Calcutta, Lectures on the theory of plane curves. Il Socio Grassi presenta, per la stampa negli Attî, una Nota del Socio corrispondente L. LomBARDI, Sopra un metodo semplice per rilevare le curve di variazione delle grandezze alter- native e le loro armoniche successive. LUIGI LOMBARDI — SOPRA UN METODO SEMPLICE, ECC. 565 LETTURE Sopra un metodo Semplice — per rilevare le curve di variazione delle grandezze alternative e le loro armoniche successive Nota del Socio corrispondente LUIGI LOMBARDI La conoscenza esatta delle leggi di variazione delle gran- dezze alternative assume una notevole importanza nella tratta- zione di molti problemi ‘di elettrotecnica, onde si giustifica la ricerca dei mezzi più semplici per rilevarne sperimentalmente le curve di rappresentazione, e per decomporle nell’onda fonda- mentale e nelle armoniche successive. I metodi all'uopo impie- gati sono numerosi, e per la maggior parte ben noti (1), sì che non occorre in questa sede farne particolareggiata enumerazione. Quello più antico, che ha servito di base per molti altri, fu suggerito da Joubert, il quale si valse di un organo di con- tatto rotante per stabilire una comunicazione metallica di brevissima durata fra due parti del circuito a un determinato istante del periodo, variandone la fase mediante lo spostamento angolare della molla o della spazzola, destinata a ricevere il contatto. Nella forma più comune si utilizza questo contatto per caricare un condensatore alla differenza istantanea di po- tenziale, che intercede al momento voluto fra due punti del circuito, e si scarica poi il condensatore medesimo attraverso un galvanometro balistico, mediante la trasposizione di un reoforo esterno. È possibile però di ottenere dallo stesso organo di con- tatto rotante la carica del condensatore in una prima posi- zione, e successivamente la scarica di esso attraverso al galva- (1) OrLica, Aufnahme und Analyse von Wechselstromkurven. 566 LUIGI LOMBARDI nometro mediante l’aggiunta di una seconda spazzola fissa, ed in questa forma l'apparecchio, trasformato in un vero commu- tatore rotante, è anche di uso frequente per la misura di pic- cole capacità col metodo di Fleming. Il prof. Revessi (1) ne propose l’impiego per rilevare le curve di variazione della f. e. m. degli alternatori, utilizzando a muovere l'organo di contatto un motore asincrono di piccolo scorrimento, il quale, variando per gradi la fase del contatto, permette di seguire al galvanometro la deviazione di scarica, proporzionale alle singole ordinate della curva di tensione, in un intervallo di tempo corrispon- dente al periodo differenziale di battimento, sì da poter appli- care al rilievo un metodo comune di registrazione. Una prima semplificazione di questo metodo si può otte- nere, sostituendo al commutatore a due contatti successivi un semplice interruttore rotante, che stabilisce la comunicazione istantanea della 2° armatura del condensatore con uno dei punti, tra cui si desidera di rilevare la curva di tensione, mentre l’altro punto è in comunicazione permanente con la 1% armatura. Fra le due armature si può mantenere in permanenza derivato il galvanometro con una adeguata resistenza zavorra, atta a limi- tare la corrente istantanea direttamente assorbita dallo stru- mento, laddove quella media di scarica si sviluppa in tutto l'intervallo fra i contatti successivi, e può fornire all’equipaggio, convenientemente smorzato, una deviazione stabile. Ridotta a questa semplicità la funzione dell’apparecchio, non è più necessario di renderne le parti permanentemente solidali con la macchina generatrice, ovvero con apposito mo- tore sincrono o asincrono, come era solito per i primitivi appa- recchi di Joubert, potendosi dare al sistema la forma di un disco girevole attorno ad un asse, munito di impugnatura, come un ordinario contagiri, da adattarsi all'albero della macchina me- diante un innesto metallico a punta triedrica, ovvero mediante un bottone elastico di frizione. Se l'applicazione è fatta a un motore asincrono, col metodo Revessi, basta prolungare l'innesto per tutto l'intervallo di un periodo di battimento; se a un mo- tore sincrono, ovvero al generatore, in ogni posizione dell’im- (1) Atti dell’'Associaz. Elettrot. Ital, 1909, p. 211. PIRO STRI _ ‘ SOPRA UN METODO SEMPLICE PER RILEVARE LE CURVE, ECC. 567 pugnatura, cui è solidale la spazzola, e che si può leggere me- diante un indice fisso alla ossatura della macchina, di fronte a cui si sposta una scala circolare solidale alla impugnatura, o viceversa, si rileva mediante una deviazione stabile del galva- nometro una delle ordinate della curva. Nel 1° caso, per rile- vare curve molto accidentate, occorre un galvanometro di equi- paggio così leggero, da poter seguire proporzionalmente tutte le oscillazioni armoniche, impresse durante il periodo di batti- mento; nel 2° caso l'inerzia dell'equipaggio non presenta alcun inconveniente, anzi serve a render più stabili le deviazioni; in entrambi i casi però è necessario limitare la durata dei contatti di carica a segno, da renderla trascurabile di fronte all’inter- vallo che corrisponde, in base alla velocità periferica del disco, allo sviluppo dell'onda fondamentale e di una qualunque delle armoniche da rilevare. Se un interruttore sincrono così fatto si applica, per il ri- lievo della curva della f. e. m. o di altra grandezza correlativa, ad un alternatore multipolare, si può accrescere la sensibilità del metodo, ossia il numero delle cariche istantanee del con- densatore, e quindi la deviazione del galvanometro, aumentando il numero dei contatti per ogni giro in proporzione del numero delle coppie polari, con che essi risultino fra loro a eguale di- stanza, in modo da ripetersi per fasi coincidenti, uno in ogni periodo. Ove il numero dei contatti si aumentasse ulteriormente, in modo che questi si ripetessero a eguali intervalli due o più volte entro ogni periodo, la somma delle cariche conferite al condensatore in un numero intero di periodi risulterebbe alge- bricamente nulla, e nulla del pari la deviazione del galvano- metro, semprechè si trattasse di una differenza di potenziale variabile con legge sinusoidale. E di qui è scaturita l’idea di applicare il metodo stesso per il rilievo separato della curva risultante e delle sue armoniche di ordine superiore. Basta, infatti, per questo impiegare un interruttore, il quale riproduca i contatti istantanei tante volte in ogni giro, quanto è il numero dei periodi dell’armonica che si vuol rile- vare, purchè il numero d'ordine di questa non abbia alcun fattore comune col numero di coppie polari, ossia di periodi dell'onda fondamentale in ogni giro. Così per rilevare separa- tamente l’armonica 38 58 78 11% 132... della f. e. m. o della 568 LUIGI LOMBARDI tensione, prodotta da un alternatore, che abbia 1, 2, 4, 8,16 coppie polari, basterà che l’interruttore ripeta i contatti a ogni giro 3, 5, 7, 11, 13 volte, laddove per una macchina a 3 o 5 coppie polari il rilievo separato della 3% e 5* armonica richiederebbe un numero di contatti 3 X 3, 5 X 5, ecc. Per adattare a questi differenti rilievi uno stesso interrut- tore sincrono, non è indispensabile di ricambiare ogni volta il disco destinato a stabilire i contatti, ma bensì è possibile di munire il medesimo disco di un numero di segmenti, che abbia per divisori i numeri di contatti desiderati, rendendo solidali fra loro quelli equidistanti, il cui numero corrisponde al numero dei contatti medesimi. Così con un disco di ebanite, portante alla periferia 3 X 5 XX 7 = 105 segmenti metallici della larghezza periferica di 1a 2 mm., i quali coi rispettivi segmenti isolanti di analogo spessore possono occupare in complesso uno spazio di circa 20 a 40 cm. e pertanto richiedono un diametro di 7 a 14 cm. non eccessivamente ingombrante, si possono ese- guire i rilievi delle prime armoniche indicate, che per molti casi della pratica sono sufficienti. Con un numero di segmenti maggiore d'altronde, anche se esso non contiene come divisore il numero esatto che si vorrebbe attuare, l'errore che si com- mette collegando fra loro i segmenti, che meno si allontanano dalle posizioni equidistanti prestabilite, può essere abbastanza tenue, da potersi in molti casi tollerare in una ricerca appros- simativa. Per rendere solidali fra di loro i segmenti, posti alle di- stanze indicate, bastano altrettante raggere o stelle di metallo, mantenute su la faccia libera del disco che si volge alla mac- china mediante una vite di pressione. La Casa Hartmann & Braun costruiva piccoli interruttori di questo genere a 24 segmenti metallici isolati, dei quali si possono, mediante apposite stelle d’ottone stampato, rendere solidali con l’asse metallico 12, 8, 6, 4,3, 2 per realizzare in ogni giro altrettante interruzioni di una debole corrente, fornita da una pila o sorgente qualsiasi ad uno dei soliti frequenziometri a linguetta, i quali in tal modo si possono utilizzare come misuratori di velocità per macchine qualunque. Nella impugnatura è perciò allogato un contatto strisciante, al quale fa capo mediante un cordone flessibile uno dei reofori della pila, mentre l’altro fa capo alla SOPRA UN METODO SEMPLICE PER RILEVARE LE CURVE, ECC. 569 spazzola appoggiata su la periferia del disco, e destinata a ri- cevere il contatto dei segmenti. Mediante questo apparecchio semplicissimo, di cui la pre- detta Società dichiara di avere abbandonato la costruzione, per la richiesta eccessivamente limitata, ho potuto eseguire con molta fedeltà, e in pochi minuti, il rilievo di curve molto capricciose di tensione sopra un gruppo di due alternatori, accodati sul medesimo asse, uno dei quali a 4 poli fornisce l'onda fondamentale, di forma prossima alla sinusoide, e l’altro a 12 poli, eccitato separatamente, fornisce la 3* armonica di ampiezza e fase variabile, essendo lo statore sostenuto da un collare girevole mediante un comando a dentiera e vite senza fine. La curva della tensione risultante veniva rilevata munendo l'apparecchio della stella a 2 punte diametralmente opposte, e la 3* armonica separata mediante la stella a 3 o quella a 6 punte, con che le ordinate rispettive risultavano in relazione alle prime moltiplicate per il rapporto 3/2 e 6/2. La capacità impiegata era di alcuni microfarad; la resistenza in serie col galvanometro, derivata fra le armature, di alcune decine di migliaia di ohm. Con l'apparecchio in esame non era possibile rilevare altre ar- moniche, ma è allo studio la costruzione di un modello più grande, con l’aiuto del quale anche la 5? e 7* armonica potranno rilevarsi con la stessa facilità (1). Con tale modalità è da presumere che l’apparecchio possa trovare praticamente una larga applicazione nelle ricerche di carattere industriale, per le quali non è sempre a disposizione un oscillografo, od altro complesso di apparecchi da laboratorio. Napoli, Istituto Elettrotecnico del R. Politecnico, 10 giugno 1920. (1) L’Officina Galileo di Firenze ha cortesemente assunto la costruzione di questo apparecchio. L’ Accademico Segretario CarLO FABRIZIO PARONA de. 070 CLASSI UNITE Adunanza del 20 Giugno 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali i Soci D’Ovipro, Foà, Guipi, PARONA, MaTTIROLO, GRASSI, SOMIGLIANA, PANETTI, SAcco, RosA, HERLITZKA; e della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche i Soci RurrIni, Vicepresidente dell’Accademia, Pizzi, DE SANCTIS, BauDI DI VESME, SCHIAPARELLI, PATETTA, VIDARI, CIAN, VALMAGGI, Fasci, Luzio, e Srampini Segretario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite. È scusata l’assenza dei Soci Seere, Direttore della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, SALVADORI, EINAUDI e PRATO. Si legge e si approva l’atto verbale dell'adunanza delle Classi unite del giorno 22 febbraio u. s. Il Socio Foà legge il suo discorso commemorativo del de- funto Socio nazionale residente Romeo Fusari. Segue il Socio Cran che legge la commemorazione del Socio nazionale residente Rodolfo RenieR e del Socio corrispondente Francesco NovatI. Il Presidente ringrazia gli oratori, applauditi dall'Accademia e dal pubblico. PIO FOÀ — IN MEMORIA DI ROMEO FUSARI BI IN MEMORIA DI ROMEO FUSARI Discorso commemorativo letto dal Socio naz. resid. PIO FOÀ Il 29 di marzo 1919 si spegneva a 62 anni Romero Fusari, Professore ordinario di Anatomia umana nella R. Università di Torino. Alla propria fine, stoicamente attesa, si era venuto pre- parando da varii mesi, durante i quali invadeva inesorabilmente il suo corpo un male irreparabile. Egli era nato nel 1857 a Castiglione d'Adda, dove appena terminati gli studi ginnasiali si trovò di fronte alla necessità di guadagnarsi il pane, atten- dendo ad umili impieghi, ma il modesto oscuro eroe non perdeva di vista l'intento di guadagnarsi con lo studio l'avviamento verso una carriera liberale. Riuscì ad ottenere il passaggio dalla 2* alla 3 classe del Liceo, ed ebbe l’iscrizione alla Scuola di Far- macia di-Pavia, da cui passò in seguito a quella Facoltà di Medicina, nella quale conseguì la laurea l’anno 1885. Però, fin dall'anno 1884 egli ottenne la carica di aiuto alla Cattedra di Istologia dell’Università Pavese, ove rimase sino al 1886. Vinse poi un posto di perfezionamento che lo condusse a Messina come allievo nel Laboratorio di Embriologia del Prof. Kleinenberg e di là passò al posto di 1° Settore nell'Istituto di Anatomia normale a Messina. Fu libero docente per titoli ed incaricato dell’insegnamento ufficiale dell’Istologia dal 1888 al 1890. Indi fu, fino al 1895, Straordinario di Anatomia umana a Ferrara e poi Straordinario di Anatomia microscopica a Bologna nel 1895-96. Fu, in seguito a concorso, Straordinario e poi Ordinario di Ana- tomia umana a Modena nel 1897 e 1898, nel quale anno ebbe D12 PIO FOÀ l'onore di succedere alla Cattedra di Anatomia umana lasciata vacante a Torino dal compianto Prof. Giacomini. Superate le prime difficoltà, accresciute da innovazioni nei metodi sino allora prevalsi, non tardò a conquistarsi la stima dei Colleghi e l'affetto deferente degli allievi, quando questi giunsero a comprenderne la solidità della dottrina e la rettitudine esemplare della persona. Le qualità personali elevate, e l'esempio costante di lavoro adem- piuto con la più scrupolosa coscienza, indussero i Colleghi della sua Facoltà a proporlo quale Rettore dell’Università, nella quale carica rimase dal 1913 sino all’ottobre del 1917, mentre l’Italia e l'Ateneo Torinese attraversavano il grandioso periodo della guerra mondiale. FusarI, Rettore, fu l'esponente di quel grande movimento che condusse il nostro Ateneo a divenire un focolaio di Italianità, e quando questo volle solennemente celebrare la visita fattagli dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Antonio Salandra, dopo che questi aveva proclamata la guerra e aveva chiuso tutto un periodo precedente assai critico per la politica nazionale, il FusARI pronunciò in presenza di un grande pubblico e di molte autorità un discorso ispirato ad alti sensi patriottici e civili, che per l'eleganza della forma e per la nobiltà del contenuto, concesse anche a chi non lo conosceva intimamente di rilevare, direi quasi di scoprire, quanto tesoro di sentimento fosse racchiuso nell’anima di quell'uomo, dalle apparenze poco espressive, e piuttosto ruvide. Era uomo interamente dedito al lavoro del suo laboratorio e agli affetti della famiglia, che vedeva non senza legittimo or- goglio avviarsi verso una relativa agiatezza; egli, che aveva conosciuto il più profondo disagio, e che rammentava con sod- disfazione la prima modestissima moneta consacrata finalmente al risparmio, quale espressione della sua vita sobria, castigata e previdente. Il Fusari, superata la naturale resistenza in chi è assue- fatto al lavoro scientifico sistematico e alla più scrupolosa ese- cuzione del còmpito didattico, comprese che, urgendo le necessità complesse determinate dalla guerra, era necessario dare la propria attività anche al di fuori della vita strettamente acca- demica, e lo vediamo, infatti, assumere la Presidenza della Unione degli Insegnanti sorta a quel tempo nell'intento di ali- mentare la fiamma del più puro patriottismo nell'animo dei IN MEMORIA DI ROMEO FUSARI Da maestri, e adoperarsi eziandio nel Comitato di preparazione per opere destinate alla guerra. Ne seguì con animo fermo le vi- cende e sopportò con eroica e tranquilla rassegnazione la pena di avere il figlio che giovanissimo si fece volontario e durò le gravi fatiche della guerra sotto Tolmino, sul Carso e in Carnia, caduto poi prigioniero. Ebbe, dopo gravi trepidazioni, la gioia di rivederlo quando fu liberato dalla vittoria delle nostre armi, e sentì la grandezza ed il prestigio che l’Italia per essa si era meritata nel mondo. La morte incolse il nostro compianto prima che egli potesse vedere compensata la Patria, che tanto ha amato, dei grandi sacrifici che ha sofferto, e quando ancora stava lavorando alla compilazione delle sue lezioni di Anatomia topografica. Infaticabile lavoratore, aveva da giovane guadagnato un posto al Collegio Ghisleri di Pavia nel 1882. Ebbe, come si disse, il posto di perfezionamento all’interno nel 1887, vinse il Premio Carpi della R. Accademia dei Lincei ed il Premio Fossati del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere nel 1891. Fu Socio Ordinario della nostra Accademia, Corrispondente ai Lincei, Socio Ordinario della R. Accademia di Medicina, Socio Onorario dell’Accademia di Scienze Mediche e Naturali di Ferrara e Membro delle Società Medico-Chirurgiche di Bologna e di Modena. FusarI si trovò come aiuto nel gabinetto di Golgi, quando questi dopo aver scoperta la cosidetta reazione nera per lo studio della fine struttura del sistema nervoso, apriva un nuovo e largo campo di studi: onde egli produsse in quegli anni il gruppo più considerevole dei suoi lavori. Studiò comparativa- mente l’uomo, i vertebrati superiori e vi aggiunse lo studio dei vertebrati inferiori, tanto opportuni per la conoscenza dei pro- blemi della morfologia, e adoperò, oltre alla suddetta reazione nera, altri metodi conosciuti onde eliminare eventuali cause di errore. Studiò il cervelletto dell’uomo e l’encefalo dei teleostei, confermando sia nei vertebrati superiori, sia negli inferiori i due tipi di cellule e di fibre, l’una di natura probabilmente motoria, e l’altra probabilmente di natura sensitiva, come il Golgi aveva descritto. Nel cervelletto, dimostrò i rapporti fra le piccole cellule dello strato molecolare e la partecipazione, coi loro prolungamenti nervosi, alla formazione del fascio delle fibre arcuate. FusARI ebbe occasione di studiare i fasci di con- 574 PIO FOÀ nessione cerebellare in un uomo, nel quale il cervelletto man- cava quasi completamente senza avere dato sintomi attribuibili alla lesione, all'infuori del mancato sviluppo dell’intelligenza. Tutti i fasci di connessione del cervelletto con gli altri segmenti dell'asse cerebro-spinale furono riscontrati molto ridotti. Con lo studio dei vertebrati inferiori, il FusARI, contro la opinione di precedenti autori, dimostrò che la struttura dei centri nervosi di quelli, non è essenzialmente diversa da quella dei vertebrati superiori. Confermò il concetto di Golgi sull’origine ectodermale delle cellule della neuroglia e delle cellule epiteliali. Ritenne il cervelletto dei vertebrati inferiori analogo al verme cerebellare dei vertebrati superiori, e ritenne che il tetto ottico sia analogo, per la struttura, alle eminenze bigemine anteriori dei mammiferi e dell'uomo. Dimostrò con la reazione nera la esistenza di un fascio di fibre di connessione fra le due retine passanti dal nervo ottico di un lato a quello dell’altro lato. Altri preziosi contributi ha dato il Fusari alla struttura dei centri nervosi, di cui anche descrisse accuratamente alcune anomalie di sviluppo. In una ricca collezione di encefali di bambini, di cui FusarI ha dotato l’Istituto di Anatomia normale di Torino, studiò il solco orbito-frontale di Giacomini dimo- strandone la persistenza in tutto il periodo fetale. Nell'’amphioxus lanceolatus, mediante la impregnazione nera il FusaARI riuscì a mettere in evidenza molte particolarità nuove del modo di terminare dei nervi nelle branchie e nei cirri boc- cali, e dimostrò che i corpuscoli terminali di Krause connessi colle ultime diramazioni delle prime due paia di nervi non sono altro che gangli periferici. Descrisse eziandio le terminazioni nervose nei muscoli striati, nella cute, nella mucosa orale e + nell’apparecchio branchiale. Il Fusari fu il primo a studiare esattamente il modo di comportarsi delle fibre nervose nelle capsule surrenali, e dimostrò con sicurezza i fili terminali nervosi anche nel parenchima della milza. Colla applicazione nera anche ad altri tessuti, il FUSARI contribuì alla più fine conoscenza di elementi cellulari, come le fibre muscolari, le cellule connettive della lingua, le cellule car- tilaginee ed ossee, e le cellule della dentina. Numerose pubblicazioni del FusaRrI riguardarono l’embrio- logia, l’organogenesi, e la teratologia. Egli studiò i più complessi | ite ne it IN MEMORIA DI ROMEO FUSARI 575 problemi della segmentazione, della gastrulazione e della bla- stogenesi. Altro lavoro di embriologia fu quello con cui il FuUsARI, mettendo in relazione il grado di sviluppo degli embrioni dei piccoli sacchi provenienti da aborti, con la data dell'ultima me- struazione avvenuta e della prima mancata, stabilì che l’uovo fecondato può essere tanto quello eliminato nel periodo della prima mestruazione mancata, quanto quello eliminato dall’ovaia durante l’ultima mestruazione comparsa. In altra importante ricerca, il FusARI dimostrò l’origine diversa, oggi universalmente riconosciuta, della sostanza corti- cale delle capsule surrenali dall’epitelio peritoneale, e quella della sostanza midollare di natura simpatica. È pure oggi universalmente accolta l'origine della sostanza midollare delle capsule surrenali e delle cellule simpatiche da un elemento comune, sebbene si distinguano gli elementi feocromi dagli elementi nervosi. Fusari rilevò che le prime note dello sviluppo del simpatico appaiono nel pollo indipendentemente dai gangli intervertebrali e dai nervi spinali, coi quali si col- legano solo più tardi, e ne dedusse l'origine mesodermica del simpatico. Quali contributi alla teratologia segnaliamo l’accurata descrizione delle forme esterne dello scheletro, dei muscoli, dei nervi e delle arterie di un arto assai breve, provveduto di una mano con due sole dita chiuse da un rivestimento cutaneo co- mune, e le osservazioni sulle divisioni dell’occipite basilare e sulla fusione delle neuroapofisi cervicali in mostro anencefalo, osservazioni che servono di sostegno alla teoria vertebrale del cranio. Dei lavori di morfologia va sopra agli altri segnalato quello sulla forma, la disposizione e lo sviluppo dei villi inte- stinali. Il Fusari in molte pubblicazioni ne dimostrò la varietà di forma e di distribuzione a seconda dei varii segmenti del tenue e anche, sopratutto per il duodeno, a seconda degli individui. Adoperò il metodo della microstereofotografia per lo studio, e la dimostrazione mediante il microscopio binoculare. Formatisi i primi villi e le creste del canale digerente, resta proliferante solo la parte di epitelio che tappezza i fondi ciechi tra villo e villo, e questa parte proliferante forma gettoni cavi che fanno allungare i villi preesistenti alla base, e creano nuovi villi. 576 PIO FOÀ Anche per questi nuovi villi la capacità proliferativa cessa presto nelle parti libere, e continua nei fondi ciechi, e così il fenomeno si ripete parecchie volte, finchè le ultime gemme cave formate dai fondi ciechi, diventano le ghiandole intestinali. Il Fusari trovò nel setto della lingua di un soggetto adulto giovane, tre noduli cartilaginei, e studiando i feti umani trovò che il setto tra il 4° e il 5° mese ha struttura precartilaginea con piccoli nodi differenziati di cartilagine. Questi esistono anche nei conigli, in cui sono più grossi. Il FusarI ricercò il numero delle piastrine nel sangue nor- male e patologico, e fece altre ricerche sulla topografia dei bulbi gustativi nella lingua del ghiro, dei quali constatò l'assenza nel delfino, e altre sulle appendici rappresentate dalla guaina radi- colare dei peli. Altre osservazioni riguardano le connessioni delle cellule muscolari liscie, in cui l’autore ha provato che la lamina d’aspetto connettivo che avvolge e separa le cellule mu- scolari stesse, è un prodotto di trasformazione dell’ectoplasma. delle stesse cellule. Il Fusari arricchì il Museo di Anatomia normale di alcune riuscitissime preparazioni del labirinto auditivo membranoso, e ideò metodi semplici e pratici dal punto di vista didattico. Così pure il FusaRI propose un metodo per la colorazione elet- tiva dei granuli delle cellule di Paneth delle ghiandole inte- stinali, il che, adoperando i vecchi metodi, non sempre si riu- sciva ad ottenere. In fine, fra le maggiori attività del FusarI negli ultimi anni, va annoverata quella della produzione di opere didattiche, fra le quali va segnalato il Compendio di. Anatomia umana, diffusissimo fra gli studenti, e il volume sul Sistema nervoso nel Trattato collettivo italiano del Vallardi, mentre: purtroppo rimase inedito un Trattato di Anatomia topografica. Il FusarI attese eziandio all’arriechimento del Museo di Ana- tomia normale e all’istituzione del Laboratorio di Istologia nor- male. Negli ultimi anni diresse per la Ditta Paravia la costru- zione dei primi modelli di preparati anatomici in gesso fatti in Italia, giungendo a superare quelli fatti all’estero. FusaRrI fu uomo austero nel senso pieno della parola, e chi si fosse limitato a considerare certi lati della sua esterio- rità, avrebbe corso pericolo di formulare di lui giudizi inesatti. Abitualmente molto sobrio di parola, era, invece, premurosa- IN MEMORIA DI ROMEO FUSARI 577 mente espressivo quando doveva comunicare per apprendere ad altri cognizioni tecniche o scientifiche, di cui era ricco al di sopra dell’aspettativa. Ligio al proprio dovere, che compiva con la più scrupolosa costanza ed esattezza, nascondeva sotto una sottile ruvida scorza un cuore eccellente. Furono, come si disse, centri abituali della sua esistenza la famiglia ed il labo- ratorio, ed ebbe la gioia di vedere sempre più apprezzata la sua posizione scientifica e sempre più allargata dalle circo- stanze la schiera dei suoi amici. La nostra Accademia rende onore al suo socio assiduo e coscienzioso, che le ha dato molti contributi dell’attività propria e dei suoi allievi. 578 VITTORIO CIAN 5 COMMEMORAZIONE DI RODOLFO RENIER e di FRANEESCO NOVATI fatta dal Socio naz. resid. VITTORIO CIAN EGRrEGI COLLEGHI, Mesi sono la Classe di scienze morali, storiche e filologiche volle conferirmi l’ufficio, a me particolarmente doloroso, ma altamente onorevole, anche se arduo, di commemorare due in- signi consoci, troppo presto scomparsi, RopoLro RENIER e FRAN- cesco NovatI. è Dovendo rendere così un tardo, ma non perciò intempestivo tributo d'onore alla memoria dei diletti maestri ed amici, ho pensato di adempiere questo dovere in una forma inconsueta e, forse, non del tutto consentanea alla nostra tradizione acca- demica; ho deliberato, cioè, di appaiare e quasi di stringere insieme in queste mie parole commemorative le figure e le opere dei due compianti studiosi, perchè, in tal modo, mi pareva quasi di simboleggiare e d’illustrar meglio quella comunanza perfetta, quella solidarietà fraterna di pensieri e di azione spirituale e scientifica che li avvinse l’uno all’altro in vita. Questo abbinamento, del resto, credo che, com'è sorto spon- taneo nella mia mente, così sorgerà nell'animo di chiunque abbia, come voi, qualche conoscenza dei due illustri colleghi defunti; per questa ragione, se non altro, che esso era tale nella realtà effettiva ch'io mi accingo a lumeggiare : Degno è che, dov'è l’un, l’altro s’induca ; Sì che, com’elli ad una militaro, Così la gloria loro insieme luca. (Parad., XII, 34-6). - COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 579 Perciò, meritamente, Pio Rajna, il grande maestro di questi loro studì, che, come la quercia delle sue Alpi, sta saldo e di- ritto sulla vetta raggiunta, quasi a sfidare gli anni e gli eventi, l'indomani della morte di Francesco Novati, che gli era stato successore sulla cattedra dell’Accademia letteraria di Milano, accennando anche al Renier, scriveva con accorata mestizia : “ La morte, a meno d’un anno di distanza, dei due atleti, così dissimili per tanti rispetti fra di loro, e nondimeno così inti- mamente legati, ha qualche cosa di fatale: l’uno (il Renier) aveva compiuto da pochi mesi il 57° anno, l’altro stava per compierlo , (1). Questa mia rievocazione dei due commilitoni, che, natural- mente, non vuole, nè può essere una compiuta monografia e men che meno un’esauriente illustrazione biografica e critico- bibliografica, si propone appunto di far vedere con rapidi tratti queste dissimiglianze individuali e, in quanto hanno di più ca- ratteristico, di rilevare pure le fondamentali somiglianze e le affinità intellettuali onde i due poterono con profonda efficacia associare tanta parte dell’attività loro, i frutti più sapidi e re- sistenti, còlti durante la loro esistenza, breve, ma quant’altra mai feconda, di maestri e di studiosi. Il loro valore fu tale e così universalmente riconosciuto e così viva l'impressione dolorosa della loro precoce scomparsa, che si capisce come l’uno e l’altro sieno stati largamente e degnamente commemorati e varie forme di onoranze sieno state ad essi tributate, in particolar modo con la pubblicazione di scritti loro e di altri (2). (1) Nel Marzocco del 2 gennaio 1916. (2) Per la conoscenza dell’opera di R. Renier è fondamentale la Biblio- grafia compresa nella poderosa miscellanea di Scritti varii di erudizione e di critica, Torino, Bocca, 1912, e che sarà integrata in un altro volume di scritti suoi che è in preparazione. Di questa miscellanea si compiacque di dare ragguaglio il R. stesso nel suo Giornale stor., vol. LXII, pp. 182 sgg. Delle numerose commemorazioni e degli scritti commemorativi ricorderò anzitutto quella dello scrivente e di Arturo Farinelli, inserita nell’Annuario della R. Università di Torino per l’anno 1915-16; l’articolo di Fr. Picco, su L’operosità scientifica di R. R., nella N. Antologia del 16 febbraio 1915, la commemorazione di A. FarineLLI, R. R., tenuta all'Ateneo torinese e pubblicata nella N. Antologia del 16 marzo 1915; le pagine di affettuosi Atti della R. Accademia — Vol. LV. 40 - 580 VITTORIO CIAN Figli di due regioni finitime, veneto l’uno, lombardo l’altro, furono portati dai casi della vita e dalle naturali tendenze sopra una stessa via, verso un’identica mèta. Il Renier, nato a Treviso l’11 agosto del 1857, da Luigi, ap- partenente ad un ramo dell’antica famiglia dogale veneziana, e da Fanny Venturi, trentina, seguì le vicende del padre ma- gistrato. Perciò non è a stupire se gli studî, iniziati nel Veneto, egli li abbia proseguiti poi nel Ginnasio di Camerino e ad Ur- bino, nel cui Liceo fu per qualche tempo compagno caro a Gio- vanni Pascoli ed ebbe a maestro quel degno Scolopio che fu il padre Francesco Donati — il “ Cecco frate , carducciano — che, com’egli stesso scrisse, gl’'insegnò per la prima volta a conoscere Dante. Il Liceo compì ad Ancona e gli studî univer- sitari intraprese a Bologna alla scuola di Giosuè Carducci, la cui vigorosa virilità si espandeva allora così nei versi, sempre più luminosi di bellezza e d’italianità battagliera, come nelle prose critiche e, dalla cattedra, in corsi memorabili. Nel ’76, attratto dalla fama crescente d’un giovine precoce, precoce maestro e critico e poeta, che fu dei nostri e dei mi- gliori, Arturo Graf, venne qui sulle rive del Po; e qui non solo si consacrò con lena raddoppiata agli studì letterarî sotto la nuova guida, che gli dischiuse ignoti orizzonti di coltura e di critica, ma si diede anche agli studî filosofici, tanto che, nel ricordi che Fr. Novari inserì nel Giornale storico, vol. LXV, pp. 194 sgg.; infine l’affettuoso articolo d’un valoroso discepolo, anch’esso scomparso nel fiore della vita, BenepErTto SoLpatI, nel Fanfulla d. Domenica, del 24 gen- naio 1915 (con ritratto). — Pel Novati rimandiamo alla Bibliografia degli scritti di F. N., MDCCCLXXVIII-MCMVIII, Milano, 1909, il supplemento alla quale è nel volume Francesco Novati, pubblicato dalla Società storica lombarda, Milano, 27 dic. 1917, pel secondo anniversario della morte, vo- lume fondamentale, su cui cfr. E. Levi nel Giornale storico, vol. LXXIII, pp. 261 sgg. Oltre l'articolo citato di P. Rajna, si vedano le pagine Ripren- dendo il cammino di E. Gorra, nel Giorn. stor., vol. LXVII, 1916, pp. 1 sgg. e V. Cran, Fr. N., nella N. Antologia del 1° febbr. 1916 ed Ezro Levi, Fr. N., nella Rivista d’Italia del febbraio 1916. Mi permetto anche di ricordare il Medaglione con ritratto che del N. pubblicai nella IMustrazione italiana del 24 giugno 1906, in occasione della sua nomina alla presidenza della Società bibliografica italiana. COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 581 giugno del ’79, vi conseguì la laurea in filosofia. Quella in let- tere gli fu conferita l’anno seguente in Firenze, dove era pas- sato presso quell’Istituto a perfezionarvisi, come si dice, e dove si perfezionò davvero nel miglior senso della parola sotto quel- l’altro insigne maestro dei rinnovati studî storico-letterarî, che fu Adolfo Bartoli. Altra volta ebbi ad affermare che l’autore dei Primi secoli e della Storia letteraria, l’operoso e vivace araldo del nuovo avviamento critico, ch'io ricorderò sempre con calda simpatia e con gratitudine profonda, ebbe sul giovine Renier un'efficacia “ decisiva ,; e questo giudizio mi sembra oggi più che mai rispondente al vero (1). Fra 1’ 80 e 1’ 82 egli trascorse ancora in Firenze tre anni felici, durante i quali si tuffò volut- tuosamente nel mare magnum di quelle biblioteche, tesoreggiò con un'industria sapiente e tenace le ricchezze dei loro mano- scritti, in gran parte allora inesplorati, compiendo nel modo migliore, come nel più adatto dei laboratorì sperimentali, quel tirocinio scientifico che aveva iniziato sotto così valenti e così diversi maestri, quali il Carducci, il Graf ed il Bartoli. In Firenze appunto s’incontrarono la prima volta i due gio- vani studiosi, il Renier ed il Novati; e sino da questo primo contatto sorse in loro quell’amicizia e quella concorde frater- nità d’armi, d'intenti e di opere, che doveva suggellarsi ben presto in una grande impresa comune, alla quale dovevano ri- manere legati indissolubilmente i loro nomi. Narra infatti il Novati, in certe sue pagine commemora- tive, consacrate appunto all'amico da poco perduto (2), che in quel tempo “ e per lunghi mesi, un manipolo di giovani, uscito da scuole diverse, ma mossi da un affetto medesimo ,, si ritro- varono nella Rotonda, la luminosa Rotonda michelangiolesca della Biblioteca Laurenziana e, in seguito, nella semibuia saletta dove, in quei giorni, si potevano esplorare i tesori manoscritti della Vaticana. In cotesti ritrovi amichevoli sorse l’idea che (1) Quale fosse il carattere della scuola del Bartoli rilevò assai bene l'amico Ferdinando Neri in un acuto saggio (La scuola del Bartoli, in Riv. d’Italia, nov. 1913), che il Renier approvò con tutto il suo autorevole consenso, come notò opportunamente il compianto Soldati nel cit. articolo commemorativo del suo maestro torinese. (2) Nel Giorn. stor. cit., vol. XLIV, p. 194. 582 VITTORIO CIAN allora poteva parere addirittura temeraria, ma che invece, perchè buona e validamente propugrata, era destinata a tradursi fra non molto in realtà bella e duratura. Di ciò non è a stupire, se pensiamo che i primi e princi- pali propugnatori di essa furono appunto il Renier e il Novati. Questi, nato il 10 gennaio 1859, in Cremona, da un’antica famiglia nella quale era viva la tradizione d'ogni buona coltura e di arte, aveva compiuto con ardore gli studi medî nella città natale, e gli universitarì nell’80, in Pisa, presso quella Scuola Normale Superiore universitaria, dove di Alessandro D'Ancona, il grande maestro, era stato, meritamente, uno dei discepoli prediletti. L'impresa vagheggiata, alla quale alludevo, era quel Gior- nale storico della Letteratura italiana, il cui primo fascicolo vide la luce qui in Torino nella primavera del 1883, con un pro- gramma limpido e preciso che recava le firme di Arturo Graf, di Francesco Novati e di Rodolfo Renier. Ma prima che si ma- turasse questo che fu un vero avvenimento per gli studîì ita- liani, il Renier aveva ottenuto in Torino, il 2 dicembre dell’ 82, l'abilitazione, come allora usava dire, alla libera docenza nelle letterature neo-latine e il 28 del febbraio 1883, in seguito ad una nobile e tanto più lodevole quanto più rara risoluzione e su proposta del Graf, che ne teneva l’incarico, fu dalla Facoltà incaricato d’insegnare la storia comparata delle stesse lettera- ture, e questo insegnamento egli professò subito dopo, e dal 1° novembre del 1885 in qualità di professore straordinario durante dieci lunghi anni, e dal 1° dicembre 1895 in qualità di ordinario. Contemporaneamente, il Novati, nominato libero docente di storia comparata delle letterature neo-latine a Firenze (1883), fu chiamato a Milano con l’incarico della stessa materia presso quell’Accademia scientifico-letteraria. Così, per opera d’una triade di giovani che ormai si pote- vano dire provetti, anzi maestri valenti, s'iniziava nella nostra Torino quella che è la più antica rivista della letteratura ita- liana e diventò e rimane lo strumento più valido di quel pro- fondo rinnovamento della indagine e della critica storica, che, felicemente divinato e preannunciato da Francesco De Sanctis e in parte attuato da Giosuè Carducci e da Adolfo Bartoli, COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 583 vantava come suo campione più autorevole Alessandro D'Ancona, e aveva ormai insigni rappresentanti in ogni regione d’Italia. Allorquando il Renier e il Novati si accingevano, dunque, all’ardua fatica, sotto lo stimolo e con l’efficace patrocinio del più anziano condirettore del Giornale, Arturo Graf, non avevano soltanto ricevuto la cresima accademica, ma avevano già dato prove non poche del loro valore negli studì neo-latini e più specialmente in quel territorio che è l'italiano. Infatti, com’ebbi già a rilevare in altra occasione, s'è dato il caso caratteristico che i tre fondatori della nuova rivista storica della letteratura italiana, furono in origine e ufficialmente tre romanisti, quan- tunque tutt'e tre finissero col diventare, di fatto, sempre più schietti italianisti, e più del Novati, il Renier. Nei primissimi lavori di quest’ultimo, in certi saggi, so- vrattutto, sul realismo nell’arte, sull’Ariosto e il Cervantes, e nell’importante volume su La Vita Nuova e la Fiammetta, che è del 1879, — ragguardevoli tentativi d’un esordiente valoroso il quale non ha trovato ancora la sua via, — è facile rilevare l’influsso di quegli studî filosofici ai quali l’autore s’era dedicato dapprincipio con molto ardore e con solida dottrina. Ma la sua strada, dicevo, non era quella. E infatti la prima vera affermazione delle qualità caratteristiche del suo ingegno e del metodo ch'egli doveva seguire per tutta la vita con un moto continuamente progressivo è il poderoso volume consa- crato a Fazio degli Uberti, che comprende l’edizione critica delle liriche preceduta da un’ampia magistrale introduzione es- senzialmente e forse troppo esclusivamente storica ed esterna, che attesta non solo la vasta erudizione, e lo spirito alacre di ricerca feconda che aveva animato il giovine autore, ma anche la sua penetrazione e la sua dirittura critica. A partire da questo volume, che è del 1883, sino agli Svaghi critici, ultima sua pubblicazione di mole, uscita nel 1910, il Renier battè sempre la stessa via ascendente, fedele allo stesso metodo vigoroso, ma affinandolo e ampliando il campo delle sue applicazioni, e sia pure con una preferenza sempre più palese pel territorio italiano, facendosi più agile nella forma e sempre più largo nella concezione e nei giudizi. E poichè ho toccato del “ metodo ,, m'è pur doveroso dirne qualche parola. 584 VITTORIO CIAN Ricordo che un critico insigne e tutt'altro che sospetto, Ernesto Giacomo Parodi, discorrendo con lode meritata nel Marzocco (23 marzo 1913), intorno al magnifico monumentale volume miscellaneo, offerto nel 1912, da amici e colleghi, al Renier, “ per pubblica testimonianza — così suonava la dedica dettata da Arturo Graf — di ammirazione, di affetto, di grati- tudine, volto l’anno trentesimo del suo insegnamento all’ Uni- versità di Torino e dell’opera fruttuosa, indefessa, da lui con- sacrata al Giornale storico della letteratura italiana ,, intitolò il suo simpatico fervido articolo così: In onore del metodo storico. Il titolo non poteva essere più appropriato, perchè come quella preziosa miscellanea fu un degno omaggio tributato al maestro che dalla cattedra e con gli scritti aveva onorato gli studî severi della storia letteraria italiana, fu anche un tributo d'onore reso al metodo ch’egli così nobilmente impersonava e con tanta efficacia propugnava, più che a parole, con l’esempio austero. Questo metodo — tanto maltrattato e vilipeso sovrat- tutto da coloro che lo ignorano o che lo vogliono fraintendere, chiudendo gli occhi sullo svolgimento progressivo da esso com- piuto nell'ultimo ventennio — è quello della disciplina più se- vera e precisa, ma non pedantesca o miope, ma non più, come nei primi anni dei giovani neofiti, intransigente od esclusiva od esterna, nell'indagine storica ed erudita, nell’illustrazione critica e nella comparazione dei fatti anche minimi nel campo così propriamente letterario, come in quello psicologico o biografico e filologico o culturale, base necessaria e premessa e sussidio indispensabile di qualsiasi indagine estetica. Questa disciplina appunto il Renier nella sua laboriosissima giornata venne pro- fessando ed esercitando fruttuosamente su materie diversissime. Il Tipo estetico della donna nel Medio Evo (1885) è un bel- l'esempio di ricerca comparativa attraverso a più secoli e a più letterature, mentre i lavori sulla coltura e sulle relazioni lette- rarie di Isabella d’Este Gonzaga e quello su Urbino — il primo, scritto, con più altri, in collaborazione col nostro egregio consocio e suo amico degnissimo Alessandro Luzio — sono, per tacere degli altri consimili, fra i più ricchi, originali contributi che abbiamo sul nostro Rinascimento maturo. Le benemerenze del Renier s’accrebbero con le edizioni critiche, sia pure non sempre impeccabili, causa le condizioni in cui furono eseguite, di alcuni COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 585 testi notevolissimi, come le novelle del Sercambi e le rime del Pistoia, precedute anch'esse da larghe introduzioni; si accreb- bero ancora con quei. tesori di erudizione e di vera dottrina che prodigò nei quasi dugento fascicoli del suo Giornale da lui curati, in una fatica oscura, ma febbrile, tenace, logorante, di tutti i giorni, fatica che solo gli studiosi di professione possono apprezzare adeguatamente. Appunto il dovere che gl’imponeva l'ufficio di principale direttore e redattore — anzi di Cireneo in- faticabile — della vecchia Rivista, il dovere, intendo, di seguire via via tutta la produzione sempre più copiosa e in campi sempre più varî della storia letteraria nostra e di quelle fini- time, gli offriva continue occasioni di estendere l’àmbito e la materia della propria coltura, nonchè di perfezionare e rendere, direi, più ragionevolmente ed efficacemente elastici o meno rigidi ed esclusivi i criterì dell’opera sua. Di questa crescente larghezza. critica e culturale sono nu- merosi ed evidenti i segni non soltanto nel Giornale storico, ma anche nella collaborazione che il Renier, con lena inesausta, diede, sino agli ultimi suoi giorni, anche ad alcuni periodici fatti pel grande pubblico, come la Nuova Antologia, 1 Emporium e il Fanfulla della domenica, e perfino ad alcuni grandi quoti- diani politici. Questi suoi articoli critici, d’indole divulgativa, ma sopra un solido fondo storico-bibliografico, nei quali discorse con penna più agile, con rettitudine e temperanza dignitosa pari alla chiarezza e alla competenza, dei più diversi scrittori italiani e stranieri, antichi e moderni, erano, nel loro genere, magistrali. Perciò fu ottima idea la sua di raccoglierne una parte nel vo- lume che non a caso volle intitolare Svaghi critici; perciò sarà accetto con favore dagli studiosi l’altro volume consimile che si vien preparando, a cura di Vittorio Rossi e mia, per lo stesso editore Laterza (1). Ma poichè il Renier aveva dei proprî doveri una coscienza x (1) La pubblicazione è affidata principalmente all'opera di Vittorio Rossi, dell’Università di Roma, che al Renier fu cugino affezionato e di- scepolo degnissimo. Essa sarà preceduta da un'introduzione biografica, scritta dallo stesso Rossi. Purtroppo nel volume non potranno entrare che una parte degli articoli ancora dispersi del compianto Renier. Mi auguro 586 VITTORIO CIAN severa sino al sacrificio non è a meravigliarsi se in lui lo stu- dioso instancabile, che aveva fatta piena dedizione di sè alla scienza, trovasse degno alleato nel maestro, che dalla cattedra e nei contatti cordiali coi giovani diede a questi l’esempio più austero e incitamenti che fruttificarono largamente. Per questo meraviglioso sentimento del proprio dovere anche in quest’aule, dalle quali troppo presto è scomparsa la sua figura alta, quadrata, la sua faccia venezianamente affabile e bonaria, diede saggi d'’operosità, di rigoroso adempimento dell'ufficio suo d’accademico e di segretario (1). Non occorre ch'io ricordi le lucide relazioni sui concorsi ai premî Gautieri, nelle quali il suo nome si trova più volte associato degnamente a quello d’un altro indimenticabile maestro, Arturo Graf. Più vario e, direi, più irrequieto e quasi inquieto nell’atti- vità sua, si mostrò Francesco Novati, che all'Accademia nostra appartenne in qualità di socio corrispondente a partire dal giugno 1903. Spirito insonne d’erudito di nuovo stampo, affer- matosi sin dagli inizî sovrattutto come un comparatista formi- dabile, un medievalista riccamente fornito di veri tesori di filologia classica e di dottrina sterminata, gareggiò in attività, in costanza indomita nel lavoro col suo degno commilitone Renier. Diverso in ciò dall’amico, che in lui la severità degli studî e dell’opera diuturna faceva un singolare contrasto con l'elegante mondanità della persona e dei gusti e delle abitudini anche esteriori; e che l’ardore per la scienza espandeva in un’inesauribile varietà e molteplicità di iniziative e di tentativi pratici, così di lavori suoi proprî, come di pubblicazioni e d’im- prese letterarie per le quali chiamava a raccolta i suoi com- pagni d’armi e di fede. Quanto egli sia riuscito a produrre in un'esistenza relativamente così breve, ma così intensamente spesa per la scienza e per la scuola, attesta con un’eloquenza sbalorditiva la bibliografia dei suoi scritti, nella quale sarebbe che possa esservi compreso il lucido e forte scritto su La funzione scientifica dell’ Istituto universitario che vide la luce nei Nuovi doveri, a. II, xm-x1v, 80 luglio-15 agosto 1908. (1) Il R. fu eletto Socio di quest’Accademia 1l’8 genn. 1899; fu segre- tario per due triennî, il primo, parziale, a compiere quello del suo predeces- sore, dal 26 nov. 1899, il secondo dal 24 giugno 1900 fino al 21 febbr. 1904. COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 587 utile e gradito — se qui fosse concesso — venire spigolando e raggruppando con opportuni commenti. Ma io debbo acconten- tarmi di rilevare che il Novati, nonostante la sempre più irresistibile tendenza alle forme divulgative e le tentazioni molteplici alle quali non sapeva resistere, nonostante certi atteggiamenti, alquanto forzatamente artistici, di alcuni suoi «scritti e sovrattutto di alcune sue conferenze, rimase, come il Renier, essenzialmente uno storico ed un erudito insuperabile per dottrina ed acume e probità severa di ricercatore e di critico (1). La sua mente si compiaceva di suscitare e discutere con una sagacia straordinaria, ma talvolta con mosse audacemente, anche se felicemente, paradossali, i problemi più ardui e più complessi; e più ne suscitava e tentava di quanto non riuscisse, | com'è naturale, a risolverne. Per questo e per l’ininterrotta aspirazione ad approfondire e ad allargare la materia che aveva fra mano, e per la sua stessa incontentabilità, fatta di scienza e di coscienza nella ricerca, si spiega com’egli abbia tardato troppo a condurre a compimento quella che fu l’opera sua più poderosa, non solo di storia, ma e di critica e di pensiero, le Origini. i Su quest'opera insisto con particolare intenzione in quest'ora fuggevole, perchè, senza colpa di alcuno, s'è dato il caso curioso e spiacevole che proprio nel bel volume consacrato ad onorarne la memoria, pubblicato dalla Società Storica lombarda, che l’ebbe benemeritissimo presidente, sia rimasto nell'ombra questo che è il suo lavoro più cospicuo, e che come tale andava messo in prima linea e lumeggiato in piena luce. L'annuncio e quasi il nucleo embrionale dell’opera può considerarsi quel memorabile discorso su L’influsso del pensiero latino sopra la civiltà italiana del Medio Evo, che il Novati tenne nel 1896 per l'inaugurazione dell’anno scolastico all'Accademia scientifico-letteraria di Milano. (1) Provò precocemente la passione per la storia e per la ricerca eru- dita. Basterebbero a provarlo le due pubblicazioni, che sono fra le sue più giovanili, La biblioteca degli Agostiniani di Cremona, nel Bibliofilo, a. 1V, 1883, n' 2-4 e Scrittori e miniatori cremonesi del sec. XV, nello stesso pe- riodico, a. VI, 1885, n° 49. 588 VITTORIO CIAN Edito primamente nel ’97 e poi ristampato nel ’99 con nuovo corredo d’ingenti note illustrative finali, esso rivelava il medie- valista già agguerrito al grande cimento (1). E questo cimento, che era tale da “far tremar le vene e i polsi ,, egli superò vittoriosamente come nessun altro nè in Italia, nè, io penso, altrove avrebbe saputo fare. Infatti queste sue Origini, opera veramente vasta e poderosa, anche se non sono riuscite quella rappresentazione “in forma sintetica , delle vicende della let- teratura nazionale nel periodo più mattiniero della sua vita, come l’autore ebbe ad annunziare, rimarranno il primo tenta- tivo coraggioso di tratteggiare in un grande quadro, e con par- ticolare riguardo all’Italia, la storia della coltura e delle lettere latine, durante i secoli che vanno dall’età langobardica fino allo schiudersi del sec. XIII. Illustrano, cioè, gli antecedenti imme- diati e necessarî, gli antecedenti latini della letteratura pro- priamente italiana. Origini, dunque, delle origini; origini anche remotissime, ma legittime, scaturigini profonde, ma, grazie a lui, non più latenti ormai agli occhi nostri, di quella meravigliosa creazione che è la letteratura nazionale d’Italia. Opera non veramente di sintesi, dicevo, anzi tutta intessuta di esposizioni analitiche e di discussioni talvolta minute, ma esempio, appunto per questo, magistrale di quel lavoro d’epurazione, di sgombero, direi, e di revisione critica, nonchè di parziale ricostruzione, che era indispensabile e che non poteva essere tentato da uno (1) A questo discorso consacrò un’accurata disamina critica il Pesra- Lozza, La tradizione latina nella letteratura e nella civiltà dell’Evo Medio nel vol. miscell. cit. Yr. Novati, pp. 7-38. Il quale ebbe in esso a rilevare un aspetto negativo, per quella parte, nella quale non gli pareva di trovare tutta quella preparazione filosofica, che egli giustamente giudicava indispensa- bile. Nella “ vastissima e solidissima erudizione di medievalista insigne , del Novati egli notava (p. 31-2) una “ lacuna ,, cioè, “ la scarsa conoscenza del movimento filosofico medievale, derivata da uno scarso interesse — sino a diventar talora diffidenza — per la filosofia in genere ,. Gli effetti di questa manchevolezza, che il P. esagera, si possono scorgere qua e là anche nelle Origini. Mi sia concesso di rinviare a quanto de L’influsso ebbi a scrivere nel- l'Archivio storico ital., S. V, t. XXI. Le risposte cortesi che l'illustre amico fece ad alcune mie obiezioni nelle note della 2* ediz., non mi parvero e non mi paiono soddisfacenti. COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 589 studioso più esperto, eccezion fatta per quelle parti che hanno maggiore attinenza alla storia del pensiero filosofico e religioso del Medio Evo. Opera tale che gli stranieri, anche quelli che delle vicende dell’età di mezzo sono i più assidui esploratori, i Tedeschi, possono invidiarci senza sentirsi menomati nelle loro benemerenze o feriti nel loro amor proprio. Perciò sarà argomento di viva soddisfazione per tutti l’ap- prendere che fra le carte lasciate dal compianto amico si sono rinvenuti materiali così copiosi e già così elaborati per la con- tinuazione di essa — oltre le dispense edite’ dal Vallardi — che permetteranno ad un suo degno discepolo, il prof. Angelo Monteverdi, di condurla sino al termine da lui designato. È Un tratto caratteristico del Novati era la sua versatilità prodigiosa, che in un certo senso appariva anche non scevra di i pericoli e di danni, perchè, essendo la vita umana, purtroppo, limitata — ars longa, vita brevis —,lo distraeva spesso tentan- : È dolo a provarsi in argomenti disparatissimi e fin troppo dispa- rati fra loro, interrompendo i lavori già iniziati. Ciononostante egli non venne mai meno ai metodi più severi di ricerca e di i trattazione, onde non vi ha pure una pagina da lui stampata, non un discorso da lui pronunziato o un articolo da lui pubbli- cato, fra cento, o nella Nuova Antologia, o nell'Emporium, o nella Lettura, o nella Perseveranza, che non rechi qualche note- vole contributo di fatti o d’idee, qualche sprazzo di luce nuova in questioni sempre interessanti, spesso assai controverse. Gli è che questa versatilità in lui era la franca agilità d’una mente vigorosa e sicura di sè, nutrita di erudizione vastissima, di coltura profonda, non solo di lingue e letterature moderne, come il Renier, ma anche di filologia classica, così greca come la- tina (1), dotata di rara sagacia e di penetrazione, e d’una forza di lavoro eccezionale. Era la negazione di quel dilettantismo superficiale che è soprattutto inconcludente, mentre il Novati aveva il segreto di riuscire, in ogni sua pagina, a conclusioni o nuove o suggestive. Questa sua virtù gli permetteva di pas- (1) Si veda quanto del Novati ellenista e illustratore dell’umanesimo scrissero rispettivamente Aristinr CaLperINI e Virrorio Rossi nel cit. vol. miscellaneo Fr. Novati, pp. 1-6 e 89-98. 590 VITTORIO CIAN sare da quel modello di testo critico che è l’Epistolario di Co- luccio Salutati, illustrato con una felice ricchezza di annotazioni erudite, saggio monumentale, singolarmente prezioso per la conoscenza del primo umanesimo, fino a quel Carteggio di Ales- sandro e di Pietro Verri, che nella storia del sec. XVIII non ha importanza minore che in quella del XIV la raccolta episto- lare dello Stignanese; gli permetteva ancora di giungere fino a quel vivace volumetto sullo Stendhal e l’Italia, che vide la luce postumo nel 1915 (1). (1) Di quest'ultima sua fatica il povero amico parla in una lettera, l’ultima ch'egli mi scrisse, e che anche pel suo valore di documento auto- biografico, non so tenermi dal riferire qui per intero. “ S. Remo, 24 novembre 1915. “ Mio caro Cian, “ Ti sono veramente grato della tua amichevole premura, e sento mag- giormente dinanzi a queste reiterate prove della tua affettuosa gentilezza, il mio torto. Io dovevo risponderti da tempo e ringraziarti della tua cara cartolina; ma che vuoi? Speravo sempre di poterti scrivere, come quel tal giullare: Bene sum liberatus; e la liberazione non veniva mai. I me- dici me l’avevan promessa per la fine di ottobre; invece è venuta la fine di novembre prima che io tornassi padrone di me e delle mie azioni. E difatti soltanto da sabato ho potuto abbandonare le stanze divenute la mia prigione per due mesi, quasi, e Milano, dove s’addensava la nebbia e si acuiva un freddo più che decembrino, per recarmi qui. Come sia conciato non ti so dire; tre atti chirurgici mi hanno così orribilmente fatto scempio della nuca e del collo, che la povera mia testa, spogliata anche de’ capelli, pare un terreno vulcanico, tutta escrescenze, fessure, ondulazioni... Certo occorrerà del tempo e molto, perchè le cose si raccomodino alla ,meglio; ed io sono rassegnato a portar le tracce incancellabili di questa triste av- ventura, ben contento di essermela cavata, giacchè v'è stato un momento in cui ho potuto dire col Parini E già per me si piega Sul remo il nocchier brun... e son molto soddisfatto di avergli, almeno per ora, risparmiata la fatica del passaggio. Credo che una mia cartolina al caro Cochin sia andata perduta; di qui quel silenzio apparente, di cui egli colla solita sua bontà si è do- luto. D'altronde, quest'anno tutto è così sconvolto, che, in mezzo alla ge- nerale agitazione, come tu giustamente osservi, non si trova la volontà ed il coraggio di far nulla; il pensiero è sempre rivolto verso l’avvenire, che COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 591 Questa sua tendenza a spaziare con occhio sicuro nei campi più diversi, questa sua feconda irrequietezza lo spinsero ad occuparsi di quel folk-lore, che, come appare anche da certe confidenze pubblicate di recente dal fratello suo Uberto (1), era stata in lui una vera passione sino dalla primissima giovinezza; lo spinsero a occuparsi ancora con cura entusiastica di biblio- grafia, di stampe popolari, di storia dell’arte e del costume, di curiosità medievali e moderne. Aveva inoltre l’amore dell’antico e dell’inedito, ma dall'antico — così nelle questioni, come nei fatti — sapeva trarre il nuovo, e dai vecchi documenti, come nell’attrito dalle foglie aromatiche, secche e ingiallite, sapeva sprigionare il sentore, lo spirito del passato. Ancora, in queste indagini, in queste discussioni e ricostruzioni — notevolissime quelle di soggetto dantesco — recava sempre un gusto vigile, un senso vivo della misura e della bellezza. Sì, anche della bellezza. Non era soltanto uno studioso infaticato al tavolino o dalla cattedra. Era un erudito e un dotto, ma anche un uomo d'azione nel campo suo, una mente aperta e, come si suol dire, organiz- zatrice e sempre a vantaggio dei suoi studîì prediletti. sì presenta carico di tanti paurosi problemi, mentre il presente atterrisce insieme e rallegra, almeno per quanto ci riguarda! “ Io conto restare qui un mese all'incirca per trarre profitto della non lieve corvée, che ho assunto, abbandonando in questa stagione Milano, la mia casa e le mie occupazioni... Certo questo è un paradiso terrestre; ma io sono come il francese della canzone: J’aime mieux ma mie! Pazienza. “ Avrai presto dal Cogliati il mio Stendhal e l’anima italiana, libretto che doveva uscire quasi un anno fa e che per le vicende note ha finito a rimaner nelle mani degli stampatori un periodo molto lungo di tempo. Ciò non gli fa nessun danno; uscirà sempre troppo presto, dati gli umori del tempo, che di studi poco, ed a ragione, s’interessa ! “ Addio, carissimo. Sta sano, e grazie di nuovo della tua amorevole sollecitudine. “ Il tuo aff.mo “ NovatI ,. (1) Cfr. Giornale storico, vol. LKXIV, 1919, p. 201. Che il Novati con- servasse viva sino agli ultimi giorni questa passione della sua adolescenza appare da quel prezioso Contributo alla storia della lirica musicale italiana popolare e popolareggiante dei sec. XVI, XVII e XVIII ch'egli offerse con parole affettuose all'amico Renier e fu pubblicato negli Scritti vari di eru- dizione e di critica in onore di R. Renier, Torino, 1912, pp. 898 sgg. 592 VITTORIO CIAN Non contento di dirigere, un po’ a distanza e, negli ultimi anni, un po’ platonicamente, col Renier, il Giornale storico e direttamente gli Studi medievali, con la cooperazione dell’amico suo, fondò, come presidente della Società bibliografica italiana, il periodico Il libro e la stampa. Succeduto al compianto Lamberto Loria nella presidenza della Società etnografica italiana, assunse anche la direzione del Lares. Benemerito presidente della Società storica lombarda, assicurò una vita, una dignità, un'importanza nuove all’ Archivio storico lombardo. E quasi ciò non bastasse, valendosi felicemente della larga fiducia che gli accordava il benemerito Istituto d’Arti Grafiche di Bergamo, iniziò nell’82 e proseguì per ben otto vo- lumi la pregevole Biblioteca storica della letteratura, alla quale diede egli stesso un eccellente contributo; e più tardi, presso la medesima Casa editrice, intraprese la splendida Collezione Novati, della quale è peccato abbiano veduta la luce due volumi soltanto, uno dei quali dovuto alle sue cure. Infine pro- mosse con altri la pubblicazione d'un utile Bollettino: La Lom- bardia nel Risorgimento italiano. Passò, dunque, non come un affrettato escursionista, ma come un forte, sagace esploratore nei territorî più varî della storia, della critica, della coltura, dovunque prodigando tesori d'attività e di sapere. Si direbbe che egli si fosse proposto di rinnovare e, quasi aggiungerei, di riabilitare il tipo tradizionale dell’erudito esclusivo, pedantesco, ringhioso, misantropo, tutto chiuso nei suoi libri e fra le sue schede. Il topo di biblioteca e d'archivio, pur amando frugare senza posa nelle biblioteche e negli archivi, amava anche l’aria libera e soleggiata e sapeva diventare pure un uomo “ di società , ricercato e irreprensibile; un buongustaio pieno di curiosità geniali, che i mesi delle va- canze dedicava, al pari del suo amico Renier, a viaggi di pia- cere e d'istruzione e di ricerca attraverso l'Europa, dai quali ritornava sempre nel suo elegante e ricco quartierino di Via Borgonuovo — un nido ideale per uno scapolo, mezzo biblioteca e mezzo pinacoteca — riportandovi qualche felice acquisto di coltura nuova e di ghiotte prede erudite a vantaggio degli studî italiani. Così, o colleghi, i due amici defunti, in tante cose fra loro diversi, per la figura e l’opera loro individuale, si completavano COMMEMOR. DI RODOLFO RENIER E DI FRANCESCO NOVATI 593 l’uno con l’altro, tanta era in essi l’identità dei principî e dei metodi, tanto in entrambi l’ardore purissimo per la scienza pura. I due fratelli d'arme, quelli che Pio Rajna ebbe a dire i due “ atleti, nel campo di questi nostri studî, caddero colpiti dal destino, crudele ed ingiusto. Caddero, quando ancora così larga messe di opere si poteva, si doveva attendere da loro. Caddero colpiti, mentre anch'essi, come ogni buono e degno italiano (1), provavano l’ansia, la passione struggente della tra- gedia immane — sanguinosa, ma giustiziera e, a dispetto delle dolorose ma transitorie apparenze, purificatrice — che allora s'iniziava appena, quella che trascinò anche il popolo nostro verso la mèta fatale, da esso afferrata per l'eternità, proprio allorquando appariva più lontana e inafferrabile. Dinanzi alle figure dei due consocî, i cui nomi splendono” tra i più insigni negli annali di questo antico sodalizio, noi dobbiamo inchinarci con un sentimento di gratitudine e d’affet- tuosa reverente ammirazione, ma anche con un augurio; l’au- (1) A dimostrare quale fosse l'atteggiamento fortemente, apertamente italiano del Renier sin dagli imizî della guerra, basterebbe ricordare ch’egli mi fu caldo incitatore e spirituale collaboratore nel redigere quella circo- lare a stampa, che — in data del 20 ottobre 1914 — fu diffusa fra i pro- fessori universitarî e firmata da un gruppo non troppo numeroso di essi. La circolare era una fiera risposta “ Ai colleghi di Germania , che ave- vano osato rivolgersi, proprio essi, “ Alle nazioni civili, e “ quali rappre- sentanti della scienza e dell’arte tedesca , in tono di fiera protesta e in difesa del loro popolo, del loro governo e del loro imperatore, natural. mente, innocenti delle colpe, ond’erano accusati da tutto il mondo civile. Della buona italianità dei due estinti colleghi sarebbe superfluo par- lare. Dell’atteggiamento del Renier sino dal principio della guerra toccai anche nella Commemorazione inserita nell'Annuarzio della R. Università (p. 12 dell’estr.); del Novati ricorderò, oltre la lettera pubblicata più addietro, un particolare poco noto, anteriore alla guerra. Nel 1913 in occasione d’un referendun sul Nazionalismo, pubblicato nel volumetto Il Nazionalismo giu- dicato da letterati, artisti e scienziati, uomini politici e giornalisti italiani, Genova, Libreria editr. moderna, 1913, p. 13, Egli così rispondeva al terzo quesito sulle conseguenze che si avrebbero dal prevalere della corrente nazionalistica in Italia: “ Certo, una sola via non conduce a nulla. La fra- tellanza universale, che non ha mai esistito, che non esisterà mai, perchè è fuori dell'ordine naturale, è aspirazione di sognatori. Un paese che ha coscienza di sè, sarà sempre un paese forte. Tale possa divenire l’Italia! ,. 594 VITTORIO CIAN — COMMEMORIAZIONE, ECC. gurio — certo, non vano — che i giovani della generazione la quale ha avuto la fortuna ed il merito, la gioia e, mostruoso a dirsi, anche il dolore di salutare l’alba purpurea e tempestosa, ma, grazie all’italiana Vittoria, gloriosa, ma augusta, ma santa e, a dispetto dei tradimenti internazionali e dei tradimenti no- strani, feconda, della nuova giornata d’Italia, che i giovani sappiano proseguire degnamente gli esempi nobilissimi dei due Maestri scomparsi. Gli Accademici Segretari CarLo FABRIZIO PARONA ETTORE STAMPINI ubi A entita seront Pe 595 CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Adunanza del 20 Giugno 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO SENATORE FRANCESCO RUFFINI VICEPRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti i Soci Pizzi, De SancrIs, BAuDI DI VESME, ScHIAPARELLI, PATETTA, ViDARI, Cran, VALMAGGI, FAGGI, Luzio, e StAMPINI Segretario della Classe. È scusata l'assenza dei Soci EinaupI e Prato. Si legge e si approva l'atto verbale della precedente adunanza del giorno 30 maggio. L’Accademico Segretario dà lettura del telegramma col quale S. E. BoseLti, Direttore della Classe, ringrazia per il te- legramma augurale inviatogli a nome della Classe e annunzia che la sua guarigione procede felicemente. Il Socio SrampINI presenta, per la pubblicazione negli Atti, una sua Nota dal titolo Nuovi saggi umanistici. Presenta inoltre, per lo stesso scopo, una Nota del Socio corrispondente Elia LarTES, intitolata Obiezioni generali del Meillet e d'altri contro le parentele italiche dell’etrusco. Il Socio SrAamPINI fa omaggio alla Classe, anche a nome dell'Editore Giovanni Chiantore, del suo recente volume in cui L’‘Orator° di M. Tullio Cicerone commentato da Attilio De Marchi è presentato in una novella edizione da lui notevolmente modi- Atti della R. Accademia — Vol. LV. 41 596 ficata, specialmente in rapporto a tutto ciò che concerne il ritmo oratorio, ed anche in parte totalmente rifusa. La Classe ringrazia. Finalmente il Socio STtAMPINI presenta un recente opuscolo del Socio corrispondente Giuseppe BrAapEGo, da questo inviato in omaggio all'Accademia, Per il centenario della morte di Dante Alighieri. Il Socio corrispondente BrapEGO in questo opuscolo propose all'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Ve- rona che essa prendesse “ l’iniziativa di un volume che raccolga gli scritti che intorno a Dante dettò un nostro illustre collega da pochi anni scomparso, Carlo CrpoLLa ,. L’Accademico Segre- tario STAMPINI, anche nella sua qualità di Socio onorario dell’Ac- cademia di Verona, la quale approvò alla unanimità, nella sua adunanza del 30 maggio u. s., la proposta del BrapEGo, plaude a tale deliberazione, e propone a sua volta che la nostra Classe, la quale ebbe l’onore di avere per tanti anni a suo Socio Carlo CrpoLLa e di pubblicare anche alcuni suoi importantissimi lavori danteschi, esprima altresì il suo fervido plauso alla proposta del BrapeGo e al voto dell’Accademia Veronese. Parlano in favore della proposta StAMPINI i Soci De SaAncTIS e Cran, e la Classe la approva alla unanimità, ringraziando il Socio corrispondente BIADEGO. ETTORE STAMPINI — NUOVI SAGGI UMANISTICI - DO? LETTURE NUOVI SAGGI UMANISTIOI © Da Catullo. Saggio di versione in distici elegiaci italiani. — Alcuni epi- grammi attribuiti a Seneca recati in elegiaci italiani. — Inscriptiones. — Elegi. Nota del Socio nazionale residente ETTORE STAMPINI DA CATULLO Saggio di versione in distici elegiaci italiani (1920) Premetto poche righe d’avvertenza per dire che, se sono persuaso, come mi sono studiato di dimostrare (1), che l’ende- casillabo italiano, per la sua capacità di varie movenze, per differenti posizioni e combinazioni d’accento, di cui è suscetti- bile, può benissimo, nel tradurre, tenere il posto del falecio, del trimetro giambico e anche del coliambo latino, non sono, per contro, dello stesso avviso, allorchè si tratti di recare nella lingua nostra il distico elegiaco. Si ha un bel dire, ma il nostro endecasillabo, per quanto foggiato da mano maestra, potrà bensì conservare tantissime qualità, la forza, la leggiadria, l’asprezza, la tenerezza, la fluidità, la maestà, la lentezza, la rapidità, tutto quel che si vuole, dell’originale classico, ma solo fino ad un certo (*) Per altri saggi, pubblicati in varii tempi, cfr. di questi Atti i vo- lumi LI, pag. 1358 sgg.; LII, pag. 1053 sgg.; LIV, pag. 260 sg., 505 sgg., 632 sgg., 926 sgg.; LV, pag. 280 sgg., e, in genere, le Appendici ai miei due volumi di Studi di Letteratura e Filologia latina (Torino, Bocca, 1917 e 1921). (1) Nel vol. LIV di questi Atti (a. 1919), pag. 924 sg. 598 ETTORE STAMPINI punto: chè non riuscirà mai a riflettere, nella traduzione italiana, quell’elemento imponderabile, immensurabile, ma pur reale, pur sensibile, che è compenetrato col metro dell'esemplare e che inesorabilmente sfugge anche alla più minuziosa attenzione, all'arte squisita del più abile de’ traduttori, qualora questi non s'adoperi per salvare, in armonia con l’indole della propria lingua, quanto più può di quel ritmo in cui è configurato il pensiero e il sentimento del suo autore. E dico il ritmo, che è la parte spirituale, per così esprimermi, del verso, e che sus- siste indipendentemente dalla quantità, la quale costituisce la parte materiale del metro (1). Penso perciò che non sia possibile tradur bene i distici elegiaci latini, se loro non si faccian rispondere altrettanti di- stici italiani con lo stesso ritmo. E parmi che, in riguardo all’esametro, gran difficoltà non vi sia, purchè l'accento nostro prenda il posto che ha nel metro latino l'ictus o tempo forte, ciò che mi sono argomentato di fare ne’ miei esametri. Meno facile, molto meno facile, è ricondurre il pentametro ad un ritmo che non sia monotono e, dirò anche, parecchio ingrato, come s’avrebbe seguendo in entrambe le parti di esso metro il criterio fisso della perpetua rispondenza. dell’accento italiano all’ictus latino. Ho cercato pertanto un temperamento per il primo membro, talora attenendomi a quella rispondenza, p. e., c. 72 si come ai géneri vuél (Lu, Luu, 4) 5 forza ‘ad'amar ‘di più (Leu, 2-00) ci To né d'amàrti cessiri(£<, Lu, 2) c. 1091 *dreracfra indi (2,027) ma altre volte mi sono scostato da siffatto procedimento, seguendo quelle altre forme che sono da me state altrove minutamente analizzate (2). Così ho ottenuto una certa varietà di movenze nel primo membro, per compensare l’inevitabile uniformità del se- condo, giusta lo schema che risulta dal chiudere questo secondo membro normalmente con parola bisillaba (come il più delle (1) Vedi l'ampia trattazione di questo punto nel mio studio Le Odi barbare di Giosuè Carducci e la metrica latina, Torino, 1881, pag. rx sgg. = Nel mondo latino. Studi di Letteratura e Filologia. Seconda serie, Torino, 1920, pag. 6 sgg. (2) Op. cit. pag. 53 sgg. = Studi di Lett. cit., pag. 89 sgg. NUOVI SAGGI UMANISTICI 099 : volte si riscontra nel verso latino), ma conservando sempre i scrupolosamente l'ictus classico nei due primi piedi mediante | l’accentuazione italiana, p. e., c. 96 gidia l’amdre tuo (gavdet ambre tuo). Ed ora giudichi il lettore. : {AVRO Dice la donna mia che a nessuno vorrebbe sposarsi, | salvo che a me, nè pur se la chiedesse Giove. Dice: ma quel che dice la donna al cupido amante | d’uopo è nel vento scrivere e in rapida onda. 72. Ì 1 Tempo fu che dicevi che sol conoscevi Catullo, i Lesbia, ed in vece mia neanche volevi Giove. | Bene ti volli allor, ma non come il volgo all’amica, sì come ai generi vuol e come ai figli il padre. Ma or ti conosco: perciò se più intenso il mio fuoco divampa, 5 pure tu sei per me molto più abbietta e vile. 4 Come lo puoi? tu dici. Perchè tale ingiuria l'amante forza ad amar di più, ma a ben voler di meno. (1) Testo latino: 70. i Nulli se dicit mulier mea nubere malle quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat. Dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti, in vento et rapida scribere oportet aqua. 72. Dicebas quondam solum te nosse Catullum, Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem. Dilexi tum te non tantum ut volgus amicam, sed pater ut gnatos diligit et generos. Nunc te cognovi: quare etsi impensius uror, ò multo mi tamen es vilior et levior. Qui potis est? inquis. Quod amantem iniuria talis cogit amare magis, sed bene velle minus. ETTORE STAMPINI TOI. L’anima per tua colpa a tal punto, o mia Lesbia, è ridotta e s'è smarrita così, per conservar sua fede, che volerti più bene non può, se pur fossi pudica, nè d’amarti cessar, qual che tu faccia cosa. TO. Lesbio è bel. Come no, s'è quegli che Lesbia prepone a te con l’intera gente, Catullo, tua? Ma cotesto bel venda pur con sua gente Catullo, se troverà tre baci di conoscenti suoi. 82. Quinzio, se vuoi che degli occhi ti sia debitore Catullo o d'altro, se cosa v'è più degli occhi cara, deh! non rapire a lui quel che a lui di molto è più caro degli occhi, o s’altro v'è più degli occhi caro. (1) Testo latino: DL Huc est mens deducta tua, mea Lesbia, culpa, atque ita se officio perdidit ipsa suo, ut iam nec bene velle queat tibi, si optima fias, nec desistere amare, omnia si facias. 79. Lesbius est pulcher. Quid ni? quem Lesbia malit quam te cum tota gente, Catulle, tua. Sed tamen hic pulcher vendat cum gente Catullum, sì tria notorum savia reppererit. 82. Quinti, si tibi vis oculos debere Catullum aut aliud si quid carius est oculis, eripere ei noli, multo quod carius illi est oculis seu quid carius est oculis. NUOVI SAGGI UMANISTICI 601 83 (1). Lesbia, presente il marito, di me dice il massimo male, e quel baggiano somma letizia prova. Mulo, non t’accorgi: se di noi tacesse obliosa, sana saria: perchè gagnola e dice corna, non ricorda sol, ma, quello che ha più del piccante, a) è sdegnata; cioè, brucia e nel cuor si cuoce. 85. Odio ed amo. Perchè ciò faccia tu forse domandi. Non so; ma pure sento che è vero e soffro. 87. Niuna donna può dir che in vero fu amata cotanto, quanto amata da me fosti tu, Lesbia mia. In niun patto giammai mostrossi cotanta la fede, quanta nell’amarti fu dalla parte mia. (1) Testo latino: 83. Lesbia mi praesente viro mala plurima dicit: haec illi fatuo maxima laetitia est. Mule, nihil sentis: si nostri oblita taceret, sana esset: nunc, quod gannit et obloquitur, non solum meminit, sed, quae multo acrior est res, li) irata est; hoc est, uritur et coquitur. 85. Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior. 87. Nulla potest mulier tantum se dicere amatam vere, quantum a me Lesbia amata mea es. Nulla fides ullo fuit umquam in foedere tanta, quanta in amore tuo ex parte reperta mea est. UT ETTORE STAMPINI 93 (1). Cesare, troppo a cuor non mi sta di volerti piacere, nè di saper mi curo s'uom tu sia bianco o nero. 96. Cosa gradita e cara se mai dai muti sepoleri accadere, o Calvo, possa dal nostro lutto — con tal cordoglio gli amori riviver facciamo lontani e rinnoviamo il pianto per l’amicizie perse —, certo non tanto reca la morte immatura dolore a Quintilia quanto gioia l’amore tuo. 101. Per molte genti, per molti mari portato, a queste esequie tristi, giunto, o fratello, io sono, per offrire a te l'estremo tributo di morte e al cener muto vane parole dire, (1) Testo latino: 93. Nil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere, nec scire utrum sis albus an ater homo. 96. Sì quicquam mutis gratum acceptumve sepulcris accidere a nostro, Calve, dolore potest, quo desiderio veteres renovamus amores atque olim missas flemus amicitias, certe non tanto mors immatura dolori est Quintiliae, quantum gaudet amore tuo. 101. Multas per gentes et multa per aequora vectus advenio has miseras, frater, ad inferias, ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam alloquerer cinerem, NUOVI SAGGI UMANISTICI poi che la sorte rapimmi la tua persona, o fratello sventurato, a me sì indegnamente tolto! Queste offerte intanto, che, giusta il prisco degli avi uso, all’esequie tue, mesto presente, io reco, tu ricevi stillanti di molto pianto fraterno, ed in perpetuo salve, fratello, e vale. 104 (1). Credi tu ch'io potei maledire colei ch'è mia vita, che a me d’entrambi gli occhi più cara torna? 603 10 «No! Se il potessi, il mio amor non così disperato saria: ma con Tappon le cose mostruosamente svisi. 108. Se per voler di popol la tua canuta vecchiaia d’impure azioni sporca, o Cominio, pera, dubbio non ho che pria la lingua nemica de’ buoni, tagliata, a ingordo nibbio assegnata sia, gli occhi cavati un corvo con atra gola divori, gl’intestini i cani, l'altre tue membra i lupi. (1) Testo latino: quandoquidem fortuna mihi tete abstulit ipsum, heu miser indigne frater adempte mihi! Nunc tamen interea haec prisco quae more parentum tradita sunt tristi munere ad inferias, accipe fraterno multum manantia fletu, atque in perpetuom, frater, ave atque vale. 104. Credis me potuisse meae maledicere vitae, ambobus mihi quae carior est oculis? Non potui, nec, si possem, tam perdite amarem: sed tu cum Tappone omnia monstra facis. 108. Si, Comini, populi arbitrio tua cana senectus spurcata impuris moribus intereat, non equidem dubito quin primum inimica bonorum lingua exsecta avido sit data volturio, effossos oculos voret atro gutture corvos, intestina canes, cetera membra lupi. 10 604 ETTORE STAMPINI Ut 109 (1). Mi fai parer, mia vita, che il nostro amore presente durerà fra noi perpetuamente lieto. Grandi dei, fate voi che il vero promettere possa, che ciò sincera dica e dall’imo cuore, sì che sia lecito a noi protrarre per tutta la vita sempiterno questo patto di sacra fede. (1) Testo latino: 109. Iocundum, mea vita, mihi proponis amorem hunec nostruî inter nos perpetuomque fore. Di magni, facite ut vere promittere possit, atque id sincere dicat et ex animo, ut liceat nobis tota producere vita aeternum hoc sanctae foedus amicitiae. NUOVI SAGGI UMANISTICI 605 ALCUNI EPIGRAMMI ATTRIBUITI A SENECA recati in elegiaci italiani (*) (1920) I (232) (1). Tutto divora il tempo edace, tutto divelle, tutto smuove di sede, niente esser lascia a lungo. Cessano i fiumi, il profugo mare rasciugano 1 lidi, scendono in basso i monti, crollan gli eccelsi gioghi. Picciole cose io dico: del ciel la bellissima mole 5) arderà ad un tratto tutta di fiamme sue. Morte tutto pretende. È legge, non pena, perire: tempo sarà che questo mondo nel nulla fia. (1) Testo latino: 10232)! Omnia tempus edax depascitur, omnia carpit, omnia sede movet, nil sinit esse diu. Flumina deficiunt, profugum mare litora siccant, subsidunt montes et iuga celsa ruunt. Quid tam parva loquor? moles pulcherrima caeli 5) ardebit flammis tota repente suis. Omnia mors poscit. Lex est, non poena, perire: hic aliquo mundus tempore nullus erit. (*) I numeri fra parentesi son quelli dell’Anthologia latina di Alessandro Riese (I, 1894-906). È appena il caso di avvertire che solo dei tre primi epigrammi si può considerare sicura l'autenticità; ma è probabile anche quella di altri. Certo non può essere di Seneca, bensì di scrittore cristiano, il così detto Epitaphium Senecae (num. XII = 667 Riese), nonostante l’inge- gnoso tentativo fatto da Carlo Pascal per dimostrare che è possibile sia stato scritto da Seneca stesso (cfr. Atene e Roma, X, 1907, N. 97-98, col. 22-25). 606 ETTORE STAMPINI 4 II (236) (1. Corsica, o terra un dì dal colono Focaico abitata, Corsica che Cyrnos eri con Greco nome, Corsica di Sardegna più corta, più lunga dell’Elba, Corsica, regione pervia a pescosi fiumi, 5 Corsica orrenda, appena diviene infocata l’estate, cruda più ancor, se il muso mostra feroce il Cane, i relegati risparmia; cioè, risparmia i passati! Al cener de’ vivi sia la tua terra lieve! III (237). Barbara è chiusa la Corsica in mezzo a balze scoscese, aspra e deserta tutta per desolate plaghe. Non l'autunno frutti, non educa biade l’estate, e alla canuta bruma manca il Palladio dono. 5 Primavera piovosa non di prodotti s’allieta, neanche l’erba vien in quest’infausto suolo. Qui non pane, non sorso d’acqua, non l’ultimo fuoco ; sol due cose son qui: l’esule con l'esilio! (1) Testo latino: II (236). Corsica Phocaico tellus habitata colono, Corsica quae Graio nomine Cyrnos eras, Corsica Sardinia brevior, porrectior Ilva, Corsica piscosis pervia fluminibus, 5 Corsica terribilis, cum primum incanduit aestas, saevior, ostendit cum ferus ora Canis, parce relegatis; hoc est, iam parce solutis! Vivorum cinerì sit tua terra levis! II (237). Barbara praeruptis inclusa est Corsica saxis, horrida, desertis undique vasta locis. Non poma autumnus, segetes non educat aestas, canaque Palladio munere bruma caret. 5 Imbriferum nullo ver est laetabile fetu, nullaque in infausto nascitur herba solo. Non panis, non haustus aquae, non ultimus ignis; hic sola haec duo sunt: exsul et exsilium. NUOVI SAGGI UMANISTICI 607 IV (418) (1). Opra nessuna sorge, cui non annosa vecchiaia vinca, od avverso giorno non a soqquadro metta, anche se alle stelle grandiose montagne tu estolli, e le piramidi arse cerchi uguagliar co’ marmi. Niuna morte all’ingegno nuoce; è tranquillo e sicuro, 5 e sempre illesa serbano fama i carmi. V (429). Piacemi omai ai giochi e ai furti lascivi tornare. Musa giocar mi giova: Musa severa, vale! Voglio omai Aretusa cantar dalle turgide mamme, stretta talor le chiome, sciolta talor le chiome, come alla soglia mia percota col segno notturno 5) e intrepido al buio metta scaltrita il piede, e ora le molli attorno al collo avvolgendo sue braccia, il niveo fianco semisupina pieghi, (1) Testo latino: IV (418). Nullum opus exsurgit, quod non annosa vetustas expugnet, quod non vertat iniqua dies, tu licet extollas magnos ad sidera montes, et calidas aeques marmore pyramidas. Ingenio mors nulla nocet; vacat undique tutum; 5) inlaesum semper carmina nomen habent. V (429). Iam libet ad lusus lascivaque furta reverti. Ludere, Musa, iuvat: Musa severa, vale! Jam mihi narretur tumidis Arethusa papillis, nunc astricta comas, nunc resoluta comas, ut modo nocturno pulset mea limina signo 5) intrepidos tenebris ponere docta pedes, nunc collo molles circum diffusa lacertos inflectat niveum semisupina latus, 608 ETTORE STAMPINI 10 10 e ora di posa in posa, i dolci imitando dipinti, sappia passare ed essa penda dal letto mio, nè si vergogni mai, ma di me più ancora procace, irrequieta sempre salti per tutto il letto. Non mancherà chi Priamo compianga od Ettore canti: Musa, giocar mi giova: Musa severa, vale! VI (430) (1). O benedetto viso, di Bacco e d’Apolline degno, che uomo giammai nè donna senza periglio vede! Dita, quai di fanciullo o di verginella diresti, o esser piuttosto del verginale iddio! Oh felice la donna che il collo ti morde, e felice quella che a te col labbro livido il labbro rende, e la fanciulla che teco petto con petto giungendo, nella tua molle bocca stanca la lingua sua! VII (432). Non del sacro Catone stupiscati il rozzo sepolcro: anche del grande Giove piccole tombe trovi. (1) Testo latino: inque modos omnes, dulces imitata tabellas, transeat et lecto pendeat illa meo, nec pudeat quicquam, sed me quoque nequior ipso exsultet toto non requieta toro. Non derit, Priamum qui defleat, Hectora narret: ludere, Musa iuvat: Musa severa, vale! VI (430). O sacros vultus Baccho vel Apolline dignos, quos vir, quos tuto femina nulla videt! O digitos, quales pueri vel virginis esse vel potius credas virginis esse dei! Felix, si qua tuum conrodit femina collum, felix, quae labris livida labra facit, quaeque puella tuo cum pectore pectora ponit et linguam tenero lassat in ore suam! VII (432). Ne mirere sacri deformia busta Catonis: visuntur magni parva sepulera Iovis, NUOVI SAGGI UMANISTICI 609 È VII (436) (1). Quando il belletto si mette, la faccia Sertoria si mette: quando il belletto perde, perde del par la faccia. IX (441). È Deh sopravvivano a me il fratello maggiore e il minore, e abbiano duol da me sol per la morte mia! Deh ch'io li vinca e a mia volta da lor nell’amare sia vinto; deh fra noi bella mutua d’amor sia gara! Deh possa Marco un dì, che or con dolce loquela cinguetta, 5 ambi gli zii sfidar con l’eloquente labbro! X (442). Serse il grande appar! Ne accompagna la marcia l’intero orbe. Sei, Grecia, in forse di sopportarne il giogo? Gli ordini esegue il mondo: copriro il sol le saette, si calpesta il mare, fluttua gigante l’Athos. (1) Testo latino: VII (436). Cum cretam sumit, faciem Sertoria sumit: perdidit ut cretam, perdidit et faciem. IX (441). Sic mihi sit frater maiorque minorque superstes et de me doleant nil nisi morte mea! Sic illos vincam, sie vincar rursus amando; mutuus inter nos sie bene certet amor! Sic dulei Marcus qui nunc sermone fritinnit, facundo patruos provocet ore duos! X (442). Xerxes magnus adest. Totus comitatur euntem orbis. Quid dubitas, Graecia, ferre iugum? Mundus iussa facit: solem texere sagittae, calcatur pontus, fluctuat altus Athos. 610 ETTORE STAMPINI XI (448) (1). Possa esser tua colei, qual sia, che vuoi fare tua donna, e colei che vorrai, struggala mutuo foco! Oh non manchi giammai al tuo petto fiamma soave, e sempre sgombro sia da passion che noccia! XII (667). Cura, fatica, merto, uffici ed onori con essi, ite! per l’avvenir altri tentate cuori! Dio me chiama da voi lontano: è finita! compiute le terrene cose, tu, ospite terra, vale. 5 Pure il mio corpo, o avara, fra pietre solenni ricevi: chè l’alma al cielo, ma a te rendiamo l’ossa. (1) Testo latino: XI (448). Sic tua sit, quameumque tuam vis esse puellam, sic quameumque voles mutuus ignis edat; sic numquam dulci careant tua pectora flamma, et sic laesuro semper amore vacent. XII (667). Cura, labor, meritum, sumpti pro munere honores, ite, alias posthac sollicitate animas! Me procul a vobis deus evocat. Ilicet, actis rebus terrenis, hospita terra, vale. 5 Corpus, avara, tamen sollemnibus accipe saxis: namque animam caelo, reddimus ossa tibi. È ] à NUOVI SAGGI UMANISTICI INSCRIPTIONES È: Ap Amrcos DESENTIANENSES QvoD RECTORES-ET*PROFESSORES LYCEI-GYMNASIIQVE*REGIIS-IVRE* AEQVATI ET*SCHOLAE-TECHNICAE-ET-EPHEBEI*MVNICIPALIS DESENTIANI*AD*BENACVM 611 AVCTORIBVS* ALOISIO: MARTINI*-GABRIEL*BERLESE*AVGVSTINO*VEDOVI AMICIS*MEIS MIHI'GRATVLATIONIS*-CAVSA A*MARIO*GALLI*-EXCVLTAM QVI*ITEM'IN°-MEMBRANA*LATINAM*INSCRIPTIONEM A*SILVIO‘GIACOMELLI*AMICO*MEO*EXCOGITATAM MEMBRANAM*MVNERI*MISERVNT*ELEGANTER*MARGINATAM ATQVE*EXQVISITISSIMIS*ARTIS*LINEAMENTIS*FIGVRIS*COLORIBVS AC*LECTISSIMIS*SENTENTIARVM*ET*-VERBORVM*ORNAMENTIS*EXPOLITAM GOTHICIS*LITTERARVM*FORMIS*DESCRIPSIT PRO*TANTA-ERGA*ME-BENEVOLENTIA PRO*BONIS*VOTIS*DE-ME-SVSCEPTIS MIRIFICAS*GRATIAS*AGO-*ATQOVE*HABEO QVAMQVAM-*REOR HVIC*HONORI-» AMPLISSIMO MERITA* MEA NEQVAQVAM-*RESPONDERE ET: PRO*CERTO*AFFIRMARE*AVDEO NON*-MIHI* CONTINGERE*POSSE QVOD'AMICI-*MEI-DESENTIANENSES OMINIBVS*SVIS*PORTENDERE'VIDENTVR VT*HERODOTI*ILLAM*NEMESIS*IRAM FASCINATIONIBVS:QVIBVSDAM*AVERRVNCARE*COGAR AN*MCMXX'DIE'NATALI*VRBIS'ROMAE Atti della R. Accademia — Vol. LV. 42 612 ETTORE STAMPINI Uh Ap Arorsium MARTINI ALOISIO- MARTINI SACERDOTI- REVERENDO NVPER-» * Il 22 febbraio 1920 Nicodemo Jadanza totiva in Torino. * L’opera scientifica del Jadanza si può apprezzare al giusto suo valore solo conoscendo lo stato degli studi geodetici e sopra tutto della Scuola di Geodesia in Italia nel tempo in cui egli vi dedicò il suo forte ingegno. La scienza della misura della terra, formatasi per un felice coordinamento di notizie desunte dalla Astronomia, dalla Geo- metria e dall’Ottica, assunse fisionomia propria e perfetta nel breve periodo che corre dagli studi del Legendre a quelli del Bessel. In un magnifico fervore di progressi tecnici e scientifici, verso la fine del 18° secolo, aveva lavorato in Francia il De- lambre, quando i dubbi manifestati sulla posizione relativa degli Osservatori di Londra e di Parigi provocarono ad una feconda gara di perfezionamento di mezzi e di rigore di calcoli i Geodeti Francesi ed Inglesi, e sulle opposte rive della Manica operarono il teodolite di Ramsden ed il circolo ripetitore di Borda. Più tardi le opere magistrali di Carlo Federico Gauss assi- curavano ulteriori elementi di progresso nei due capisaldi delle Scienze geodetiche con le Disquisitiones generales circa Super- ficies curvas del 1827 e le Dioptrische Untersuchungen del 1841. E finalmente nuovi contributi al grado di precisione dei calcoli venivano dati dal Bessel e dal Bayer, introducendo le operazioni di compensazione col metodo dei minimi quadrati. Nell’Italia, appena costituita ad unità, col riordinamento della Istruzione superiore si introdusse in alcune Università l’ in- segnamento della Geodesia teoretica. Però, come scrive il Jadanza, l'indirizzo di tale insegnamento fu diverso a seconda degli uo- NOTE AUTOBIOGRAFICHE DI NICODEMO JADANZA 641 mini che furono chiamati a svolgerlo. Così, mentre a Napoli il prof. Federigo Schiavoni insegnava la (Geodesia quale era da tempo coltivata nell'Istituto topografico dell'ex Regno di Napoli, e che non era se non quella classica del Delambre e del Puissant con l'aggiunta dei metodi del Bessel e del Bayer, nelle altre Università e specialmente a Pisa ed a Bologna l'insegnamento della Geodesia erasi trasformato in una palestra per la tratta- zione di teorie attinenti bensì ad essa, ma lontane dalla pratica delle osservazioni. Anzi, in un indirizzo tutto speciale, l’opera del Gauss veniva raccolta da un insigne nostro maestro, Ulisse Dini, che su quelle traccie, con classiche memorie, gettava le basi della Geometria differenziale. i ) ‘ Affatto distinto dalla Geodesia per fondamento e per me- todo si svolgeva lo studio della Geometria pratica o Topografia, così essenziale e caratteristico della cultura tecnica, ma trattato allora in molte Scuole con metodi non rigorosi, come imperfetti erano gli strumenti di cui si serviva nella pratica. Spettava al Jadanza, che per una fortunata coincidenza riuniva in sè gli uffici di docente nei due insegnamenti, spet- tava a lui, dico, superare le deficienze che facevano di essi due discipline estranee l’una all’ altra, orientando la Geodesia verso gli scopi suoi diretti e concreti, ed elevando la Geometria pra- tica fino a valersi degli stessi principî e di mezzi affini a quelli della sua maggiore sorella. Tale fu di fatto la sua opera fondamentale nella scienza, nella pratica e nella scuola, e mi sembra che non si possa meglio riassumerla che colle parole da lui scritte nella prefa- zione alla ultima recente edizione del suo trattato di Geometria pratica. “ Ci siamo studiati, egli dice, di mettere in evidenza quella armonia fra la pratica e la teoria, la quale consiste nel fatto che nessuna operazione pratica deve essere fatta senza una ragione e nessuna teoria deve essere data che non abbia una immediata applicazione ,. Non dimentichiamo, meditando queste parole, che esse fu- rono scritte come introduzione ad un corso di studi eminente- mente applicativi, e non possono smentire nella intellettualità elevata del prof. Jadanza tutta l'attitudine a sentire la bellezza 642 MODESTO PANETTI e l’importanza della ricerca scientifica per sè stessa, indipen- dentemente dagli scopi che si propone. Ma nello svolgimento di una tale. missione non potevano mancare contrasti. Un illustre innovatore degli studi topografici in Italia, Ignazio Porro, Maggiore del Genio nell'esercito Piemontese, aveva compreso, come scrive il Jadanza, che la Geometria pra- tica doveva servirsi degli stessi strumenti che adoperava la Geodesia, sebbene in proporzioni ridotte; e, abilissimo mecca- nico quale egli era, costruì il tacheometro, che non è altro se non il teodolite con la divisione centesimale dei suoi circoli e col cannocchiale capace della misura indiretta delle distanze secondo il metodo del Green perfezionato dal Reichenbach. Il rilevamento numerico e la Celerimensura, che il Porro aggiunse agli altri metodi già noti fin dalla antichità, erano degni di tutta l’attenzione dei cultori della Geometria pratica, ma non dovevano far dimenticare, come alcuno dei suoi seguaci volle, quanto di buono erasi ottenuto con successivi perfeziona- menti in questo campo. Nel periodo culminante della sua attività il Jadanza so- stenne vive polemiche per il giusto apprezzamento di questo nuovo mezzo ausiliario della Topografia, e fu persino accusato di avere voluto menomare i meriti del Porro con la sua mono- grafia: Per la Storia della Celerimensura. Ma critico sereno e storico coscienzioso, egli non fece che esporre quanto risultava dai documenti, e nelle stesse pagine autobiografiche, coi giudizi qui letteralmente riprodotti, ha dimostrato di avere per l’illustre inventore del tacheometro quella ben intesa ammirazione che sì differenzia da un feticismo inconcludente e procede dalla pro- fonda competenza della materia. * E La parte più caratteristica degli studi originali del Jadanza riguarda la teoria e la ideazione degli strumenti diottrici. Due gruppi di ricerche si coordinano l’una al* cannocchiale terrestre accorciato, l’altra al cannocchiale ridotto. Del primo argomento il Jadanza cominciò ad occuparsi con una -sua Nota inserita negli atti di questa Accademia il NOTE AUTOBIOGRAFICHE DI NICODEMO JADANZA 643 dicembre del 1885. Con successive elaborazioni il nuovo appa- recchio da lui denominato plesiotelescopio si dimostrò atto ad osservare oggetti collocati a qualsiasi distanza da zero ad infi- nito, riunendo i caratteri del microscopio e del telescopio, e presentando vantaggi sul cannocchiale panfocale del Porro. In seguito, ritornando sull’argomento a più riprese fino al 1895, ne approfondì le applicazioni alla determinazione del punto anal- lattico di un cannocchiale, alla misura della distanza focale delle lenti convergenti e divergenti, e finalmente alla misura delle basi topografiche, applicando ad essa il metodo del Porro per la misura delle basi geodetiche. Del cannocchiale ridotto, che l'illustre Galileo Ferraris fra i primi saggi della sua feconda intellettualità aveva nel 1880 considerato in una sua nota sui cannocchiali con obbiettivo com- posto di più lenti separate, si occupò poi sistematicamente il Jadanza, cominciando a trattarhe nel 1884, senza conoscere lo studio precedente del Collega. Il problema di ottenere un can- nocchiale astronomico con obbiettivo capace di dare immagini reali piuttosto grandi degli oggetti lontani senza richiedere eccessiva lunghezza si è presentato, dice il Jadanza, in tutti i tempi ai cultori dell'ottica. Egli ne fece costruire un esemplare che fu assai notato all’ Esposizione di Torino del 1884, e con- statandone la diffusione per opera di valentissimi costruttori, ne ricercò assai più tardi le origini in una sua Memoria inti- tolata: /! teleobbiettivo e la sua storia, scritta per rettificare una relazione sulla Telefotografia comparsa negli Atti del primo Congresso fotografico nazionale tenuto in Torino nel 1898. Parecchie altre innovazioni ha introdotto il Jadanza nel- l'ottica degli strumenti, come il microscopio ad ingrandimento costante e il microscopio a distanza. Esse sono trattate in quella bella sintesi dell'argomento, che è la sua: Teorica dei can- nocchiali esposta secondo il metodo di Gauss, edita prima nel 1885, poi, in seconda edizione con notevoli aggiunte, nel 1906. In questo stesso trattato si trova una minuta ed elaborata Storia del can- nocchiale, che fu anche pubblicata nella Rivista di Astronomia, ricorrendo il terzo centenario della invenzione del Galilei. Particolarissima competenza fu quella del Jadanza sulla influenza degli errori strumentali, e la sua nota riguardante per l'appunto tale influenza nel teodolite per la misura degli angoli 644 MODESTO PANETTI orizzontali, pubblicata nel 1887, è riguardata anche oggi come l’ultima parola sull'argomento. Nel campo delia Geodesia il Jadanza ha saputo approfon- dire parecchi problemi fondamentali: La misura di un arco di parallelo; il calcolo della distanza di due punti di posizioni geografiche note; la forma del triangolo geodetico e la esattezza di una rete trigonometrica sono studi che gli crearono la fama di esperto Geodeta fin dai primi anni della sua carriera didat- tica. Più recentemente, affrontando il problema del calcolo delle coordinate geografiche dei vertici di una rete trigonometrica, ottenne dalle serie di Legendre sviluppate fino ai termini del 5° ordine formule poco differenti da quelle che il danese Andrae aveva raggiunto per tutt'altra via, consistente nel cal- colare prima le coordinate geodetiche rettangolari e poi le coor- dinate geografiche. La sua monografia pubblicata nel 1891 col titolo: Guida al calcolo delle coordinate geodetiche contiene tali formole con le tabelle numeriche occorrenti alla semplificazione dei calcoli. sk Nel campo della Geometria pratica la sua opera di docente è riassunta nel trattato dato per la prima volta alle stampe nel 1909, e di cui oggi si attende la terza edizione. In esso sono coordinati gli studi che andava svolgendo con note e me- morie quasi tutte pubblicate nella nostra Accademia. La teoria dei prismi a riflessione introdotta da Max Bauernfeind nei suoi Elemente der Vermessungskunde editi a Stoccarda nel 1879 è dal Jadanza ridotta ad una magnifica semplicità per mezzo di una nuova proposizione da lui dimostrata sull'angolo di devia- zione di un raggio luminoso attraversante un prisma di cristallo. La teoria del cannocchiale anallattico, geniale invenzione del Porro, vi assume in una esposizione facile e completa la massima precisione, permettendo al costruttore di strumenti topografici di evitare errori di fabbricazione, ed istruendo il lettore sui vantaggi dell’anallattismo e sulla convenienza di rendere spostabile la lente anallattica. La storia del cannocchiale distanziometro vi è svolta met- tendo in evidenza tutte le sue particolarità. NOTE AUTOBIOGRAFICHE DI NICODEMO JADANZA 645 Un esame accurato del metodo della Celerimensura ne rileva i pregi ed i difetti, ed ha per utile corredo le tavole tacheome- triche sessagesimali e centesimali. Non vi mancano notizie inedite, come la possibilità di sem- plificare i reticoli dei microscopi a stima per la lettura dei circoli graduati dei teodoliti, senza nuocere all’esattezza dei risultati, e l’uso del cannocchiale ridotto, nella misura indiretta delle distanze. Il volume si chiude con un capitolo intitolato Problemi astronomici, in cui sono esposti i metodi per la ricerca della posizione geografica di un luogo e per la determinazione di un azimut, accessibili ad un ingegnere allenato al maneggio del teodolite. Da E Con questo trattato ha termine il ciclo di studi percorso dalla forte intelligenza del Jadanza movendo dalla matematica e dall’astronomia verso un campo di applicazioni tecniche fra le più feconde di risultati utili al progresso civile ed economico. Nè forse in questa evoluzione devesi vedere soltanto l’ ef- fetto della mentalità speciale dell’ Uomo che onoriamo. La Geo- desia infatti, esaurita la parte fondamentale del suo compito, sembra oggi cedere il posto alla Geofisica, dalla quale tanti importanti problemi attendono la loro soluzione. Ma nel pro- gramma vastissimo della utilizzazione tecnica delle energie na- turali, al cui compimento è legata la possibilità di elevare indefinitamente il benessere sociale, la Geometria pratica, assorta al grado di Scienza per sicurezza di premesse e rigore di me- todo, ha un grande compito da svolgere, e i granelli di sabbia che il Jadanza, per servirmi di una sua frase, ha raccolto per il nuovo edificio, non saranno travolti dal tempo, ma concorre- ranno a costituirne la solida base. 646 SD dt da 0 N MODESTO PANETTI Pubblicazioni del Prof, NICODEMO JADANZA Negli “ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino y. . Sopra un determinante gobbo che si presenta nello studio dei can- nocchiali. Vol. XVII, pag. 714. . Sopra alcuni sistemi diottrici composti di due lenti. XVIII, 601. . Sui sistemi diottrici composti. XIX, 99. . Cannocchiali ridotti. XIX, 769. . Sulla misura di un arco di parallelo terrestre. XIX, 990; XX, 326. . Sulla forma del triangolo geodetico e sulla esattezza di una rete trigonometrica. XX, 765. . Sui punti cardinali di un sistema diottrico centrato e sul cannoc- chiale anallattico. XX, 917. . Nuovo metodo per accorciare i cannocchiali terrestri. XXI, 118. . Sul calcolo della distanza di due punti le cui posizioni geografiche sono note. XXI, 469. . Influenza degli errori strumentali del teodolite sulla misura degli angoli orizzontali. XXII, 12. . Una questione di ottica ed un nuovo apparecchio per raddrizzare le imagini nei cannocchiali terrestri. XXII, 447. . Su] calcolo degli azimut mediante le coordinate rettilinee. XXIII, 89. . Sullo spostamento della lente anallattica e sulla verticalità della stadia. XXIII, 294. . Una nuova forma di cannocchiale. XXIII, 570. . Sulla misura diretta ed indiretta dei lati di una poligonale topo- grafica. XXIV, 177. . Sul modo di adoperare gli elementi geodetici dell'Istituto geografico militare. XXV, 90, 414. . Influenza degli errori strumentali del Teodolite sulla misura delle distanze zenitali. XXV, 148. . Influenza delia eccentricità dell’alidada sui vernieri, ed un micro- scopio ad ingrandimento costante. XXVI, 536. 9. Un prisma universale a riflessione. XXVI, 649. . Teorica di alcuni strumenti topografici a riflessione. XXVII, 911. 21. NOTE AUTOBIOGRAFICHE DI NICODEMO JADANZA 647 Sopra alcune differenze trovate nel calcolo delle coordinate geogra- fiche dei vertici del quadrilatero che congiunge l'Algeria colla Spagna. XXVII, 923. . La misura delle distanze col cannocchiale ridotto. XXX, 713. . Influenza dell’errore di verticalità della stadia sulla misura delle distanze e sulle altezze. XXXI, 376. . Un nuovo focometro. XXXIII, 535. . Il cannocchiale terrestre accorciato. XXXIII, 803. . Alcune osservazioni sul calcolo dell’errore medio di un angolo nel metodo delle combinazioni binarie. XXXIII, 883. . Errata-corrige alla Nota “Alcune osservazioni sul calcolo dell’er- rore medio di un angolo nel metodo delle combinazioni binarie ,. XXXIV, 966. . Martro Fiorini. Brevi parole di commemorazione. XXXVI, 416. . Sul calcolo della convergenza dei meridiani. XXXVI, 887. . Nuovo metodo per determinare il rapporto diastimometrico in un cannocchiale distanziometro. XL, 691. . Il cannocchiale di Galilei adoperato come microscopio. XLIII, 685. . Un precursore di Heyde nel costruire teodoliti a circoli dentati. XLIV, 339. . Determinazioni delle costanti in un cannocchiale distanziometro. XLV, 53. . Sopra alcuni sistemi composti di due lenti e sul livello di H. Wild costruito dalla Casa Zeiss in Jena. XLVI, 350. . Jadanza Nicodemo e Baggi Vittorio. Un livello che dà sicuramente la visuale orizzontale. XLIII, 3. . Giuseppe LoreNnzoNnI. Commemorazione letta nell'adunanza del 21 feb- braio 1915. L. . EmanurLe FergoLa. Commemorazione letta nell’adunanza del 23 maggio 1915. L. . Sul calcolo numerico dei logaritmi neperiani di 2 e 5. L. . Il cannocchiale panfocale di Porro e due problemi sull’anallattismo. LI, 1915-16. . Ienazio Porro. Notizie biografiche (Idem). . Sul calcolo della distanza tra due punti di note posizioni geogra- fiche. LII, 1916-17. . Per una edizione nazionale di tavole di logaritmi (Idem). . Teoria elementare del cannocchiale terrestre accorciato (Idem). . Cenni necrologici su PaoLo Przzerti. LIII, 1917-18. . Determinazione geodetica del Castello e del Campanile del comune di TrANA (Idem). Atti della R. Accademia — Vol. LV. 45 648 MODESTO PANETTI a Hp DD Pi © O 00 SI Sì Ot da GO DOH pla H> 0 15. 16. IT, 18. Nelle “ Memorie della È. Accademia delle Scienze di Torino ,,, Serie II . Alcuni problemi di Geodesia. Vol. XXXV, pag. 157. . Per la storia del cannocchiale. Contributo alla storia del metodo sperimentale. XLVI, 253. . Il teleobbiettivo e la sua storia. XLIX, 153. . Alcuni sistemi diottrici speciali ed nna nuova forma di teleobbiet- tivo. LIII, 72. . Giovanni V. SoniaPARELLI. Commemorazione. LXII, 361. . Determinazione geodetica di alcuni punti nella Valle del Sangone. LXIII, 219. Nella “ Rivista di Topografia e Catasto ,. . Per la Storia della Celerimensura. Vol. VI (maggio 1894), pag. 157. . FepeRrIco ScHIavonI. Cenni biografici. Vol. VII (1894-95), pag. 141. . Il livello a visuale reciproca. Idem, pag. 190. . Per la Storia della Celerimensura. Idem, pag. 195. . Teoria del cannocchiale anallattico. Idem, pag. 196. . Ai cultori della Geometria Pratica. Vol. VIII (1895-96), pag. 1. . La misura delle distanze col cannocchiale ridotto. Idem, pag. 2. . Storia del cannocchiale ridotto. Idem, pag. 6. . A proposito di Porro e delle sua celerimensura. Idem, pag. 10. . Il cannocchiale panfocale di Porro. Idem, pag. 33. . Il Plesiotelescopio Jadanza ed usi del medesimo in Topografia. Idem, pag. 36. . Influenza dell’errore di verticalità della stadia sulle distanze e sulle altezze. Idem, pag. 118. . Per la storia del Teodolite. Idem, pag. 170. . Esposizione del metodo di Huygens per la rettificazione di un arco di circolo qualunque e della circonferenza. Idem, pag. 172. Metodo per conoscere la latitudine di un luogo e l’azimut di un oggetto terrestre senza conoscere il tempo. Vol. IX (1896-97), pag. 26. Sulla misura delle distanze colla stadia. Vol. X (1897-98), pag. 143. Un nuovo focometro. Idem, pag. 170. Il cannocchiale terrestre accorciato. Idem, pag. 188. 49 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. NOTE AUTOBIOGRAFICHE DI NICODEMO JADANZA 649 Sul calcolo dell’error medio di un angolo nel metodo delle combi- nazioni binarie. Vol. XI (1898-99), pagg. 44-50. Metodo semplice per la ricerca dei punti cardinali di un sistema composto di due lenti. Idem, pag. 61. Il teleobbiettivo e la sua storia. Vol. XII (1899-900), pag. 17. La Celerimensura. Idem, pag. 129. Necrologio di MartEo Fiorini. Vol. XIII (1900-901), pag. 111. Necrologio del Generale AnnIiBALE FerrERO. Vol. XV (1902-9083), pag. 17. Una nuova forma di teleobbiettivo. Idem, pag. 170. Un nuovo modello di Tacheometro. Vol. XVI (1903-904), pag. 172. LÀ Monografie e Trattati. . Guida al calcolo delle coordinate geodetiche. Torino, Loescher, 1882. . I metodi usati per la misura di un arco di meridiano. Firenze, Barbèra, 1881. . Sulla latitudine, longitudine ed azimut dei punti di una rete trigo- nometrica. Firenze, Barbèra, 1883. . Un nuovo tacheometro (“ L’arte di misurare ,, parte I). Camilla e Bertolero, 1890. . Tavole tacheometriche centesimali. Torino, Rosemberg e Sellier, 1893 — 2* edizione, Torino, Bona, 1904 — 8? edizione, 1912, tradotte in tedesco da G. Hammer. . Teorica dei cannocchiali esposta secondo il metodo di Gauss. Torino, Loescher, 1885 — 2° edizione, 1896. . Tavole tacheometriche sessagesimali. Torino, Bona, 1909. . Trattato di Geometria pratica, Torino, Bona, 1909 — 2* ediz., 1918. >>> _ 650 GIACOMO PONZIO ICILIO GUARESCHI Commemorazione letta dal Socio naz. resid. GIACOMO PONZIO Da una famiglia in cui, da secoli, era ereditaria la professione farmaceutica, nacque, il 24 dicembre 1847 in San Secondo Par- mense, il compianto nostro Socio IciLro GuaRrEscHI. Dopo aver fatto come volontario la campagna del ’66, conseguì a Bologna il diploma in Farmacia ed a Pisa la laurea in Scienze Naturali. Dedicatosi all'insegnamento e trascorsi alcuni anni nelle Scuole medie, fu nominato nel 1879 professore all’Università di Torino, ove tenne la cattedra di Chimica farmaceutica e tossicologica fino al giorno della sua morte, avvenuta il 20 giugno 1918. Ecco come Egli parlò di sè nel 1904 (1): “ Fui un bimbo nè molto precoce nè molto ottuso, un bimbo insomma come tanti altri. Così pure, la mia prima giovinezza passò senza vicende degne di essere ricordate, sebbene io possa dire, con la sicura coscienza che non può, spero, esser scam- biata con orgoglio, che fin da giovane nutrii gli stessi senti- menti che furono poi la guida ed il conforto della mia vita: Patria, Famiglia e Studio, collegati insieme dal Dovere, sono stati sempre i tre cardini della mia esistenza. “ Ricorderò che fino dall’inizio dei miei studi universitari, benchè avviato alle scienze, provai una grande predilezione per le letture storiche. Che questa passione abbia fatto sì che pren- dessi grande amore anche alla storia delle scienze ed abbia in- fluito a far sì che io dedichi gli ultimi anni della vita alla storia (1) Discorso pronunziato in occasione del 25° anniversario di insegna- mento nella R. Università di Torino. COMMEMORAZIONE DI ICILIO GUARESCHI 651 della chimica? Eppure, strana cosa! La sincerità mi obbliga a confessare che nel Liceo io fui lo scolaro che più degli altri del mio corso fece tanto inquietare il nostro povero professore di storia ! “ Terminati gli studi liceali nel 1866, io dovevo, dopo il ritorno dalla guerra, a cui presi parte come volontario, avviarmi per la professione di ingegnere; poi le circostanze mie di fa- miglia cambiarono nello stesso anno e nel mese di ottobre studiai computisteria e lingua francese perchè avrei dovuto invece se- guire la via del commercio; ma nel novembre altra fatale con- dizione di cose mi avviò a quella professione che da più di | quattro secoli era ereditaria nella mia famiglia, la farmacia, che però io non ero destinato ad esercitare. “ Nella piccola, ma scelta, biblioteca del povero mio fra- tello mi colpirono subito alcuni libri che divorai, e primo fra tutti il famoso Trattato di Chimica del Regnault, tradotto con aggiunte da quel Francesco Selmi, che allora non conoscevo, e che doveva essere pochi anni dopo uno dei miei più cari maestri ed amici. “ Sino all’età di 18 anni nulla faceva presagire in me la vocazione, direi l'istinto, dell’insegnamento. Questo mi si risvegliò fin dal primo anno in cui frequentai l’Università. Provavo qualche cosa di gioioso quando potevo dare alcuni schiarimenti ai miei compagni, o a qualcuno di loro ripetere una parte delle lezioni. Mi si manifestò come un impulso a far penetrare qualche cosa dal mio cervello entro il cervello di un altro. Quando per la prima volta nel 1871, dopo ottenuta anche la laurea in Scienze Naturali, insegnai come assistente di Selmi la chimica analitica a Bologna, là fra quei 20 o 30 scolari, fra i quali era attivissimo l’attuale mio collega, il professore Leone Pesci, io sentivo una gioia immensa. “ Conservo ancora i minuti appunti di quelle mie prime prove didattiche, che io, naturalmente, attingevo, riassumendole, dal classico Fresenius. Era la prima volta che in quella Uni- versità si faceva un corso regolare di analisi chimica. Io allora venivo da Firenze, dal laboratorio di Ugo Schiff. Fu là nel vicino laboratorio di Fisiologia che strinsi tenace amicizia con un giovane studiosissimo, che divenne poi mio collega, il pro- fessore Angelo Mosso. 652 GIACOMO PONZIO “ Curiosa ricordanza: come io con qualche difficoltà mi ero adattato alla disciplina del soldato, entrato all’Università sentii profondamente la disciplina della Scuola; sentimento che mi si accrebbe quando incominciai ad insegnare già quale assistente. Il rispetto per la Scuola divenne per me sacro, e questo senti- mento ho sempre cercato di far penetrare nei miei allievi, colla persuasione e coll’esempio, mai coll’imposizione. “ Nella Scuola il giovine si imbeve di quei sentimenti e di quel sapere che dovranno poi, poco o tanto, servirgli per tutta la vita, anche quando non se ne accorge, o crede di averli di- menticati; il professore si sforza di comunicare, di trasfondere parte del suo pensiero nei giovani cervelli che lo ascoltano. Tutto ciò rappresenta una delle più alte, delle più nobili funzioni che l’uomo possa compiere; ora perchè non si dovrebbe com- pierla, almeno almeno, colla stessa rigorosa disciplina con cui il soldato compie il suo dovere? Che la forza del pensiero, che vince e trasforma i secoli e le grandi epoche, sia inferiore alla forza del braccio? Io non lo credo, nè lo crederò mai! “ Nasce da ciò la contentezza che ho sempre provato per il contegno serio e dignitoso dei miei studenti, a Bologna ed a Firenze come assistente, a Livorno, a Siena e qui in Torino, come professore. L’affezione e la stima dei proprii sco- lari è la massima soddisfazione dell'insegnante anche nei mo- menti di maggior sconforto. Ma, si dirà, voi avete anche il conforto dei vostri lavori scientifici. È vero, ma non basta. Io non avrei fatto certamente nulla se non avessi avuto la molla dell’insegnamento. Io sono sempre stato d’avviso che nelle Scuole Superiori l’insegnante e lo scienziato non debbono andare disgiunti. “ Non posso dimenticare che se ho insegnato 25 anni a Torino è però da 33 anni che data il mio insegnamento uffi- ciale; non posso dimenticare le due città ove ho incominciato la mia carriera di insegnante: Livorno e Siena, alle quali debbo gratitudine perchè mi fornirono i mezzi di impiantare due pic- coli laboratori di chimica, i quali oltre all'insegnamento servi- rono benissimo per i miei studi scientifici, che mi aprirono la grande via di Torino. “ Gli allievi dell'Istituto Tecnico di Livorno furono i primi a darmi le grandi soddisfazioni dell’insegnamento. Siena poi mi COMMEMORAZIONE DI ICILIO GUARESCHI 653 è cara per altri ricordi; allora vi erano in quella Università pochi studenti; nel mio corso erano pochissimi. Li rammento però, sempre con affetto. Ma, ricordo carissimo al mio cuore, è quell’allora giovane professore che assiduamente frequen- tava le mie lezioni: egli era il professore di Fisiologia alla Università, era quindi un mio collega, che divenne subito uno dei miei più cari amici, il professor Albertoni. Ricordo questo caso, perchè a me servì di grande incoraggiamento. Ho pochis- simi studenti, è vero, dicevo tra me, alquanto sconfortato, ma bisogna dire che qualche cosa di buono vi sia in queste mie lezioni, se con tanta assiduità viene uno che è già professore di una materia affine, che prima io non conosceva, e che proviene da una grande Università come Padova. “ Nel dicembre 1879 venni a Torino come professore ordi- nario: e qui si aprì fiella mia vita un nuovo e vasto orizzonte; nei quindici anni passati nel vecchio e piccolo laboratorio di San Francesco da Paola, vissi continuamente in mezzo ai giovani. Anche là quella Scuola non tanto piccola e sempre riboccante di studenti, era il mio orgoglio; là nel laboratorio lo spazio era così ristretto che il professore e gli assistenti facevano i loro lavori scientifici in mezzo agli studenti; era una vera società comunista; si lavorava nello stesso locale, molti lavoravano anche nella mia camera privata, perchè là solamente erano le bilance, il barometro, gli altri strumenti, la biblioteca, il mio studio; tutto insieme. Non posso pensare a quei giorni senza commozione! Quanti cari ricordi! Ma la città di Torino con onesta imparzialità volle pensare anche a quel meschino labo- ratorio ed in pochi anni fu costruito l’attuale grande Istituto. “ Amore, Dovere e Lavoro: ecco le tre parole, i tre sen- timenti che dovrebbero riassumere l’opera dell'umanità. Il lavoro è sempre stata la guida suprema della mia vita, ed io non so comprendere, non so capire, quei giovani i quali perdono il loro tempo, più o meno nell’ozio; essi non capiscono (e sono da com- piangere) il valore della vita. La scienza, nel largo senso della parola, ha nei tempi moderni un ufficio molto maggiore di quello che aveva in altri tempi; essa reclama la direzione materiale, la direzione intellettuale e la direzione morale della Società. L'amore della Verità e la coscienza del Dovere saranno le fon- damenta più salde e sicure di quell’ideale edificio di futura e 654 GIACOMO PONZIO più felice Umanità a cui ogni uomo ha il dovere di portare, foss'anco in minima parte, il suo contributo di Sapere, di Lavoro ,. Dire esaurientemente di Lui non sarebbe possibile in una breve commemorazione, tanti sono i campi in cui il Guareschi manifestò la sua straordinaria attività, tante sono le pubblica- zioni che nel volgere di quasi dieci lustri Egli prodigò in numerosi periodici nazionali ed esteri e negli Atti delle Accademie delle quali faceva parte. D'altronde lo stesso Guareschi, nel suo lavoro su Francesco Selmi, aveva scritto, e lo ripetè nella commemora- zione di Ugo Schiff tenuta nella nostra Accademia (1): “ Gli elogi storici dovrebbero sempre essere dettati non prima di cinquanta o di trenta anni dopo la morte dello scienziato che vuolsi onorare. Per l’uomo di scienza che veramente lascia una traccia pro- fonda è bene che l'esposizione dei suoi meriti venga fatta dopo qualche tempo cessata la vita materiale; ‘il tempo, giusto esti- matore di tutto e di tutti, accresce la fama od almeno fa scor- gere l’importanza delle scoperte del commemorato ,. Ma pur uniformandomi a questi giusti concetti, e pur aven- dolo conosciuto intimamente soltanto negli ultimi anni della sua vita, mi sia concesso di esprimere la più grande ammirazione per la sua rara tempra di lavoratore e di accennare alle sue indiscutibili qualità. Alle cinque del mattino, con qualunque tempo ed in qualunque stagione, egli iniziava la sua giornata, alternandone le ore fra il tavolino ed il laboratorio. E se qualche romanzo storico attirava la sua attenzione, leggeva anche una buona parte della notte, interessandosi a tutto, prendendo appunti su tutto. Appassionatissimo per la politica ed ardente patriota, si compiaceva di scrivere ogni giorno, unicamente per sè stesso e custodendole con gelosa cura, le sue impressioni sugli avveni- menti più importanti, allietandosi per le fortune d’Italia, com- movendosi per le sue sventure. Rigidissimo nell'adempimento di quello che riteneva fosse il suo dovere, esigente verso di sè e verso gli altri, seppe tuttavia conquistarsi l'amicizia di molti fra coloro che lo conobbero e che pur non dividevano intera- mente le sue opinioni ed i suoi entusiasmi. Gli è che Icilio Guareschi fu sempre uomo di buona fede (1) Atti, vol. L, pag. 333 (1917). COMMEMORAZIONE DI ICILIO GUARESCHI 655 ed ebbe sempre come scopo delle sue azioni la ricerca del Vero. E se la Verità di ieri non è più quella di oggi, e se la Verità di oggi non sarà, forse, quella di domani, nessuno potrà discono- scere che l’opera scientifica del nostro compianto Socio ha molto contribuito al progresso della Chimica nell'ultimo trentennio ed ha onorato l’Italia che egli così fortemente amava. Di lui non saranno dimenticate alcune ricerche di Chimica organica, ana- litica e farmaceutica, il contributo portato alla storia della Chi- mica Italiana del 1750-1800, e sovratutto l’ardore e l’energia coi quali, già avanzato negli anni, cercò di sostenere, colla parola e coll’esempio, il morale dei suoi concittadini durante il lungo periodo della nostra guerra, convinto che l’auspicata Vit- toria avrebbe finalmente coronato gli sforzi ed i sacrifizi della Nazione. ae. 656 Relazione preliminare intorno alla Conferenza accademica in- ternazionale di Bruxelles. EcREGI COLLEGHI, Nella adunanza a Classi Unite del 15 febbraio, conforme alla relazione che il collega Patetta ed io vi presentammo, voi ratificaste la firma da noi apposta in vostro nome allo statuto definitivo della Unione Accademica Internazionale per le scienze filologiche, archeologiche, storiche, morali, politiche e sociali. e approvaste le proposte da noi fatte per costituire in Italia l’ag- gruppamento dei corpi scientifici nazionali preveduto dall’arti- colo IV dello Statuto della Unione. Tale aggruppamento è per ora incompleto, oltre l'Accademia dei Lincei e la nostra non avendo aderito alla Unione stessa se non la R. Accademia della Crusca. Con queste Accademie ad ogni modo si presero ac- cordi circa la composizione della delegazione italiana, che, giusta lo Statuto, deve constare di due membri; e nell’attesa che abbia migliore assetto l’aggruppamento nazionale, si convenne che per ora le due Accademie che hanno avuto parte effettiva nel costituirsi della U. A. I., l'Accademia dei Lincei e la nostra, avessero a designare ciascuna uno dei due delegati italiani. Dopo lunghe pratiche condotte presso i Ministeri degli Esteri e della P. I. questo accordo ebbe la sanzione governativa. I due dele- gati, cioè il Senatore Lanciani per l’Acc. dei Lincei e il sotto- scritto per l’Acc. di Torino, ebbero dal Governo il loro ricono- scimento ufficiale. Nello stesso tempo il Ministero della P. I. trasmise alla segreteria della U. A. I. la adesione ufficiale dell’Italia e s' impegnò a pagare la quota annua, stabilita per ora nella somma modestissima di franchi belgi 2000 per cia- scuna delle nazioni aderenti. Non è necessario che insista sulla importanza del risultato così ottenuto, sia per se stesso, sia in quanto costituisce un solenne riconoscimento dell'operato di 657 questa R. Accademia e le assicura in modo definitivo, di pieno diritto, il posto che le spetta fra le Accademie partecipanti alla Unione. Di ciò si deve sapere grado sopratutto all’energia con cui la presidenza dell’Accademia ha preso a cuore le nostre richieste e tutelati i vostri diritti. Purtroppo l'approvazione governativa delle nostre proposte non ci giunse che la mattina del 24 maggio, onde il vostro delegato non potè essere in Bruxelles che la sera del 26, man- cando così alla solenne seduta d’inaugurazione e ai primi lavori del congresso. Avendo scusato l’assenza l’altro delegato sena- tore Lanciani, io ebbi per la vostra delegazione l’onorifico ma grave ufficio di rappresentare da solo la scienza italiana. Ma nonostante il non lieve peso delle responsabilità che dovetti così assumere, fui lieto di essere intervenuto al congresso, sia perchè credo di avervi speso non inutilmente la mia opera per la scienza e per la patria, sia perchè l’assenza dell’Italia avrebbe dato luogo a commenti che ci sarebbero riusciti senza dubbio penosi. All’Italia del resto non si mancò di usare il dovuto riguardo nella formazione dell’ ufficio di presidenza, che riuscì costituito dai Sigg. Pirenne (Belgio), presidente, Homolle (Francia) e Kenyon (Inghilterra), vicepresidenti, Lanciani (Italia), segretario, Gray (Stati Uniti) ed Heiberg (Danimarca), vice-segretari. Sarà bene notare che oltre questi Stati erano rappresentati ufficial- mente al convegno il Giappone, l'Olanda, la Grecia, e vi assi- stevano senza delegazione ufficiale uno scienziato russo e un rappresentante della Serbia. Si discusse minutamente e si deliberò nel convegno intorno alle molte proposte di lavori presentate al Segretariato della Unione. Senza entrare in particolari tecnici, che saranno meglio riservati alla Classe di scienze morali e che ad ogni modo oggi non possono essere dati, mancandomi ancora i testi ufficiali delle deliberazioni, dirò in generale che la Unione dimostrò la ferma e recisa volontà di iniziare immediatamente un lavoro fecondo, e che per alcune delle pubblicazioni deliberate si sono anche trovate già almeno in parte le collaborazioni e i mezzi, e può quindi attendersene con fiducia l’inizio in un avvenire che abbiamo ragione di ritenere prossimo. Le due proposte di maggiore importanza che fossero sul tappeto erano quella dell’Accademia dei Lincei per la continua- 658 zione del Corpus Inscriptionum di Berlino e quella fatta dal Sig. E. Pottier, conservatore del Museo del Louvre, per un Corpus dei vasi greci dipinti; due proposte, di cui, parlando in un con- sesso di dotti, non è necessario che io rilevi la importanza ve- ramente capitale per la scienza. La proposta dell’Accademia dei Lincei pel Corpus Inscriptionum, insieme con altra della stessa Accademia per la forma orbis Romani, fu rinviata per nuovi studi all'Accademia stessa. Trovai giungendo in Bruxelles già presa questa deliberazione: che del resto era inevitabile, perchè la proposta dei Lincei non era stata presentata quattro mesi prima del convegno, .come richiede l'art. XII dello Statuto della U. A. I., e perchè non conteneva quell’esatto programma scien- tifico e quel preciso preventivo finanziario che prescrive detto articolo. Non potei che limitarmi ad insistere perchè alla Acca- demia dei Lincei venisse riservata la iniziativa di entrambe le proposte. L'altra proposta d'importanza capitale, quella del Sig. Pottier pel Corpus dei vasi dipinti, presentata nelle condizioni prescritte dallo Statuto, dopo matura discussione seguìta nella commis- sione designata all'uopo, di cui ebbi Vonore di far parte, fu in massima approvata. Trovai però il consenso di tutti, compresi gli stessi proponenti, in una serie di riserve dirette a far sì che il lavoro non procedesse sulla base d’un sistema di accen- tramento, quale era quello seguìto nella compilazione del Corpus inscriptionum Latinarum e Graecarum dalla Accademia di Berlino. Fissate cioè le direttive generali, il lavoro procederà in modo autonomo in ciascuno Stato sotto un direttore nazionale respon- sabile, il quale vi provvederà d’intesa con le Accademie locali nella misura dei mezzi che lo Stato vorrà fornirgli. Lingua dell’opera sarà la francese. Ma su proposta del Sig. Kenyon e mia si stabilì che ogni Stato ha diritto di pubblicare in lingua nazionale una edizione di quella parte del Corpus che lo riguarda. S'intende che riservando, come feci, i diritti dell’Italia, non potei prendere nessun impegno preciso circa la sua collabora- zione. Io voglio sperare che, quando la delegazione italiana esporrà il piano particolareggiato del lavoro che è riservato all'Italia, troverà nel Governo, nelle Accademie, nelle direzioni dei Musei e negli archeologi nostri largo concorso materiale ed intellettuale. Ciò potrà permetterle di portare nella sessione del 659 maggio prossimo affidamento preciso intorno a una collabora- zione che sia degna del posto che l’Italia occupa tra le nazioni presso cui fioriscono gli studi archeologici. Se il Corpus dei vasi dipinti potrà, come speriamo, essere eseguito, la Unione Accademica avrà messo accanto al Corpus Inscriptionum Lat. e Graec. di Berlino un’opera non meno monu- mentale e non meno preziosa per gli studi dell’antichità. Un'altra opera che la Unione vorrebbe assumere sotto il suo patronato, anch'essa di somma importanza, è la compilazione di un nuovo Ducange. Ma per questa si sono iniziati solo i primi scambi d'idee; e la segreteria si riserva di diramare uno schema di progetto che possa essere discusso dalle varie accademie prima di venir sottoposto alla prossima sessione dei delegati. EGRrEGI COLLEGHI, Questo breve cenno vi dà una idea della alacrità gio- vanile e della serietà di propositi con cui la U. A. I. si è accinta al lavoro. Perchè tali propositi, quanto è in noi, abbiano effetto, io mi auguro che il Governo continui e intensifichi il suo appoggio, al quale intento ho già presentato alcune mode- stissime proposte concrete al Ministero della P. I.; e inoltre che le Accademie Reali le quali non hanno ancora aderito ci diano la loro adesione e più ancora la loro volenterosa colla- borazione. Io credo che esse non avrebbero esitato ad aderire se avessero visto con quali sentimenti amichevoli e deferenti è accolta l’Italia in questi consessi scientifici internazionali, e in particolare se avessero assistito alla sincera manifestazione di plauso con cui fu ricevuta la adesione, da me recata, della R. Accademia della Crusca, il cui nome antico e glorioso è noto ovunque si pregia la coltura. Io spero che voi vorrete onorare della vostra approvazione l’opera da me spesa nell’eseguire il mandato che mi affidaste. Ma prima di chiudere io debbo esprimere la mia gratitudine a tutti quelli che diedero il loro appoggio a questo primo con- vegno della U. A. I. e cooperarono alla sua riuscita, prima di tutto a S. M. il Re dei Belgi, poi a S. E. il Ministro delle Scienze ed Arti Destrée, che colse l’occasione per testimoniarmi 660 i suoi sentimenti cordiali, del resto notissimi, verso il nostro paese; inoltre a tutti in generale i colleghi belgi, così cortesi ed affettuosi verso i delegati, e tra essi in particolare all’in- signe storico che fu eletto a presiederci, il Sig. H. Pirenne il quale diresse con tatto pari allo zelo i nostri primi lavori. Gaetano De SAncTIS, Relatore. Relazione della Commissione per il conferimento dei premi Gautieri (Opere storiche, triennio 1916-1918). CHIARISSIMI COLLEGHI, Nel concorso al premio di fondazione Gautieri per pubbli- cazioni storiche fatte in lingua italiana e da autori italiani durante il triennio 1916-1918, furono presentate alla nostra Accademia opere di tre soli scrittori, cioè una memoria del prof. Raffaele Cognetti De Martiis, Il Governatore Vincenzo Mistrali e la legislazione civile parmense (1814-1821), Parma 1917 (Estratto dall’ “ Arch. stor. per le prov. parm.,); tre volumi del prof. Niccolò Rodolico, inviati dalla Casa Editrice Nicola Zani- chelli e formanti un manuale storico completo ad uso delle Scuole Normali (Le Società antiche. Oriente, Egitto, Grecia, Roma; Il Medioevo barbarico e il Rinascimento italiano; Itempi moderni, Bologna, s. a. e 1917); e finalmente due monografie del prof. Pietro Silva, Il Sessantasei. Studi storici, Milano, Treves, 1917, e La Monarchia di Luglio e l'Italia. Studio di storia diplomatica, To- rino, Bocca, 1917. 4 D'altra parte, nessuna indicazione d’opere reputate degne di premio fu fatta alla vostra Commissione, nonostante l’invito rivolto a ciascun Socio nazionale, a norma dell’art. 3 del Rego- lamento, fin dall'agosto del 1919. Essa procedette quindi in primo luogo all'esame delle opere inviate all'Accademia e rivolse poscia la sua attenzione, come era suo dovere, anche alle altre pubblicazioni storiche del triennio indicato; nel quale, a dir vero, l’anima e la scienza italiana, più che a vagliare criticamente gli avvenimenti del passato, miravano a cercarvi ispirazioni e conforto per l’immane lotta, che i futuri storici dovranno forse. considerare come il punto culminante di un’epoca e come l’inizio d'un’età nuova nella storia dell'umanità. I Commissarii furono sempre pienamente concordi nell’apprezzamento delle singole opere esaminate, e unanimi sottopongono ora al vostro giudizio 662 così i loro apprezzamenti come le conclusioni, che naturalmente ne scaturiscono. La memoria del prof. Cognetti De Martiis su Vincenzo Mistrali reca certo utili contributi alla conoscenza del governo e della legislazione parmense nei primi anni del dominio di Maria Luigia; ma condotta su materiali in parte già usati da altri studiosi, forse un po’ troppo diffusa, non sempre del tutto felice tanto nei raffronti storici e storico-giuridici quanto nell’in- terpretazione dei documenti, improntata, per ciò che riguarda la personalità del Mistrali, ad un ottimismo senza dubbio ecces- sivo, non merita, a parer nostro, d'esser messa in prima linea. Nei tre volumi del Rodolico la Commissione, pur avvertendo qualche inesattezza, riconobbe pregi non comuni d’ampia cono- scenza della materia, d'ordine, di proporzione; ma si tratta d'opera di divulgazione e piuttosto elementare, ed è nostro convincimento, espresso già nella Relazione per il concorso del triennio 1913-1915 ed avvalorato in tale occasione dal vostro consenso, che nel conferimento dei premi Gautieri si debba possibilmente dar la preferenza a contributi originali, escludendo così i manuali scolastici, che abbiano, in sostanza, carattere di divulgazione. Opera di divulgazione può dirsi in massima anche la mo- nografia del Silva sul Sessantasei, che è certo notevole per la larga conoscenza della letteratura italiana e straniera sull’ar- gomento, per la chiarezza, per l’imparzialifà e per quei pregi di forma e di misura, che appaiono già in altri scritti dell’au- tore (uno dei quali fu ritenuto meritevole del premio Gautieri per il triennio 1910-1912), ma che non ha vera originalità d’indagini o novità di conclusioni, e poco aggiunge a ciò che è detto nelle opere notissime del Chiala, del Pollio, del Friedjung, del Govone, del Luzio, del Guerrini. Nello scritto sulla Monarchia di Luglio e l’Italia, il Silva non si restrinse invece al semplice, diligentissimo uso delle fonti edite e della letteratura, ma portò un notevole contributo di ricerche personali fatte a Parigi nell’archivio del Ministero degli Affari Esteri. Disgraziatamente il confronto coll’opera veramente capitale, La révolution de juillet 1830 et l'Europe, pubblicata quasi contemporaneamente dal visconte De Guichen (Parigi, Emile-Paul, 1916) e frutto d’accurate ricerche negli archivi, non 663 della Francia soltanto, ma della Russia, dell’Inghilterra, del- l’Austria, della Germania, del Belgio, dimostra chiaramente l'insufficienza dei materiali, di cui il Silva disponeva, e può forse talvolta far nascere qualche dubbio anche sull’ampiezza e sulla diligenza delle ricerche fatte da lui nell'archivio parigino. Certo, considerando che gli atti diplomatici rispecchiano spesso situazioni politiche facilmente soggette ad imprevisti e rapidi mutamenti, può, per esempio, sembrar grave che a pag. 22 n. 2, sia attribuita al 23 giugno 1832 una memoria dell’ambasciatore francese a Torino De Barante, detta giustamente importantis- sima, la quale è in realtà anteriore di cinque mesi, cioè del 23 gennaio, come risulta anche dal testo pu*blicato in seguito integralmente dal Weil, nella Revwe de Paris del 15 dicembre 1919. A queste deficienze o inesattezze s’aggiunge la mancanza di ricerche negli archivi italiani, mancanza che, se non erriamo, può essere considerata come il principale difetto dell’opera in questione. Dichiara bensì il Silva, a pag. rx, che non gli fu possibile “ ricorrere ai fondi degli Archivi di Stato Italiani, per il fatto che, fino al dicembre 1916, in tali Archivi i documenti del periodo posteriore al 1830 rimasero inaccessibili agli stu- diosi ,; ma l’impossibilità non era forse assoluta, poichè la visione dei documenti, di cui il Silva avrebbe potuto grande- mente giovarsi, era già stata concessa a parecchi studiosi, ita- liani e stranieri; e, ad ogni modo, se anche il difetto deplorato non fosse menomamente imputabile al Silva, non cesserebbe per questo di gravare sull’opera oggettivamente considerata. In conclusione la monografia del Silva, alla quale si dovrebbe senza dubbio assegnare il premio se c’incombesse l'obbligo di scegliere fra le opere presentate, non parvé tale da reggere al confronto d’un’altra opera di cui ora diremo. Fra le pubblicazioni del triennio 1916-1918 non inviate per il concorso, la vostra Commissione reputò degna di speciale attenzione la Storia amplissima del periodo napoleonico, dal 1799 al 1814, scritta da Vittorio Fiorini e Francesco Lemmi e facente parte della Storia Politica d’Italia edita a Milano dal Vallardi. L’opera dei due egregi autori è nettamente distinta e può quindi esser considerata separatamente. Al Fiorini si deve tutto il primo libro, dedicato alla campagna del 1799 (pag. 1-288), ma la pubblicazione di questo primo libro è anteriore al triennio, Atti della R. Accademia — Vol. LV. 46 664 di cui ci occupiamo. Cadono invece, almeno in parte, nel triennio e possono quindi esser presi in considerazione i libri successivi, dal secondo al quinto (quest’ultimo appena cominciato), che sono opera esclusiva del Lemmi e rappresentano il frutto, veramente degno di lode, di studi e ricerche, che egli da molti anni si propone, a quanto pare, come precipuo còmpito della sua vita scientifica. Esaminando l’opera del Lemmi (pag. 289-880), non si può non ammirare la padronanza, con cui egli domina un così vasto materiale; lo dispone armonicamente con giusto equilibrio delle parti e con netta visione storica dell'insieme; lo elabora per- sonalmente, orientandosi nelle più complesse ed intricate que- stioni; enuncia franco e reciso giudizi proprii; ci dà infine una narrazione organica notevole per limpidezza ed efficace sem- plicità di dettato. Se anche si trattasse di pura divulgazione, non sarebbe piccolo merito aver composto un libro, che riassume chiaramente e con sufficiente ampiezza e precisione un’epoca così fortunosa e ricca di eventi giganteschi, e da il miglior succo della ster- minata letteratura napoleonica. Ma il Lemmi non è un semplice divulgatore; e bastano a provarlo, anche indipendentemente dalla originalità nella trattazione e nei giudizi, le copiose note poste in fine d’ogni libro, nelle quali sono citati documenti degli archivi italiani, francesi, austriaci. La commissione unanime crede quindi d’assolvere degna- mente l’incarico affidatole proponendo che il premio di fon- dazione Gautieri per il triennio 1916-1918 sia conferito al prof. Francesco Lemmi. La Commissione : Francesco Rurrini, Vice- Presidente PaoLo BosELLI Gaetano De SAncTIS Aressanpro BaupI DI VESME FepERICO PATETTA, Relatore. 665 CLASSI UNITE Adunanza del 4 Luglio 1920 PRESIDENZA DEL SOCIO PROF. COMM. ANDREA NACCARI PRESIDENTE DELL'ACCADEMIA Sono presenti, della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali, i Soci SeereE, Direttore della Classe, SaLvapori, D’OvipIo, Guipi, MaATTIRoLo, Grassi, PANETTI, SAcco, MAJORANA, Rosa, PARONA, Segretario della Classe, che funge da Segretario delle Classi unite; della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche, i Soci De Sanctis, Bronpi, ErnAupi, BAUDI DI VESME, SCHIAPA- RELLI, PATETTA, Prato, FaGGI, Luzio. È scusata l’assenza dei Soci RurrinI, Vicepresidente dell'A c- cademia, ViparI, PrANO, STAMPINI. Come richiede l’ordine del giorno, si procede, colle norme regolamentari, alla votazione per il conferimento del premio Gautieri (Opere Storiche, triennio 1916-1918). L'Accademia a voti unanimi, e come propone la Commis- sione giudicatrice, lo conferisce al sig. prof. Francesco LEMMI, autore della Storia d’Italia nel Periodo napoleonico dal 1799 al 1814. Gli Accademici Segretari CarLo FABRIZIO PARONA ETTORE STAMPINI 667 ENDIC.E DEL VOLUME LV. Presipenti della Reale Accademia delle Scienze di Torino dalla sua fondazione . . 2 eEagi III ELenco degli PRSRERIBENE iano asi Nomicnali non residenti, Stranieri e Corrispondenti al 31 Dicembre 1919 { ; i v ADUNANZE: Sunti degli Atti verbali delle Classi Unite. b È x sO 383, 437, 570, 631, 665. Sunti degli Atti verbali della Classe di scienze fisiche, matema- tiche e naturali . È . z : ta 5, 129, 253, 309, 325, 368, ‘439, 465, 477, 512, 549, 554, 563. Sunti degli Atti verbali della Classe di scienze ‘morali, storiche e filologiche È , s MT :997 177, 277, 323, 362, 495, 455, 474, ‘506, ‘537, ‘552, 560, 595. ELEZIONI: Elezione del Socio Tesoriere E } $ . : s 92, 437 Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali: Elezione del Direttore della Classe . 3 7 iL : sn 479 a del Segretario della Classe . è : 3 i sf 180 Elezioni di Soci nazionali residenti . È - È dia 326 Nomina di un Socio rappresentante la Classe nel 'ipetorfha di Amministrazione dell’Accademia . o x , È sr 406 Classe di Scienze morali, storiche e filologiche : Elezioni di Soci nazionali residenti 324 Ordine del giorno dell'adunanza del 4 Maggio! e de 7 Divi: bre 1919 riguardante la dotazione accademica 3 } È 90 Invito del Touring Club a partecipare ad una escursione nel- l'interno della Cirenaica . t } è : , A n 325 668 INDICE DEL VOLUME LV. PreMIo BrEssA: Relazione sul XXI Premio (internaz., quadr. 1915-1918) Pag. 383, 385 L’Accademia, secondo la proposta della Commissione, delibera di affidare il còmpito di nuove ricerche e di una nuova rela- zione alla Commissione che dovrà giudicare sull’assegnazione del premio internazionale del quadriennio 1919-1922 » Nomina della Commissione per il premio (nazionale, qua- driennio 1917-1920) ”» Premio GAUTIERI: Nomina della Commissione per il premio riservato alla Lette- ratura (triennio 1917-1919) ; È Relazione della Commissione per il contenta ei premi per le Opere storiche (triennio 1916-1918) Conferimento del premio per la Storia (triennio 1916- -1918) ”» Premio VALLAURI: Relazione della Commissione per il od delle Scienze fisiche (quadrienno 1915-1918) x L'Accademia, riferendosi alla eniiteizo dl Cori delibera che il premio del quadriennio 1915-1918 vada ad aumento del capitale e dei premi successivi . 3 Nomina della Commissione per il premio internazionale riser- vato alla Letteratura latina (quadriennio 1919-1922) ”» Barzac (Fausta). — Osservazioni cristallografiche sull’azzurrite di Gonnesa (Cagliari) e Pi Baupr pi Vesme (Alessandro). — a il Fissa da un opuscolo del prof. A. Ceuleneer, destinato in omaggio alla Classe: La charité romaine dans la littérature et dans l’art. BeLrrami (Arnaldo). — Minucio (Ocetavius) — Cicerone (De "ebra deorum) - Clemente Alessandrino (Opere) . > Berti (Emilio). — La condictio dei fructus contro il ponti di mala fede Borriro (G.). — Due passi do Baldi dani Leona da Vinei e l'aviazione . ; ì ” BoseLLi (Paolo). — Dichiara che Pali di Lrticaere la pit adu- nanza dell’Accademia gli è contristato dal dolore per il lutto che ha colpito il Presidente Naccari, orbato dell’egregia donna che fu sua compagna — Dopo un saluto al Vicepresidente PIESRION sota il cost ide, dopo un lungo periodo di guerra immane, si aprirà un nuovo periodo di civiltà . Bronpi (Vittorio). — Presenta con dsiola di PETRA lodi di publ blicazioni del prof. Michele Rosi ” — A nome del prof. Emilio Bonaudi presenta in consi dive pubblicazioni dello stesso, delle quali espone brevemente i pregi , 437 438 511 661 665 404 438 511 172 177 INDICE DEL VOLUME LV. Bronpi (Vittorio). — Presenta due pubblicazioni del prof. avv. Mi- chele Delle Donne ie î motivi che le rendono degne di attenzione - 2 . Rag: — Presenta alla da in nome dell’ sod Sara corrispondente dell’Accademia, prof. O. Ranelletti, il 2° volume dei Principi di diritto amministrativo, ponendone in rilievo i pregi . Pi Bruni (G.). — Ringrazia per la sua nomina a Socio corrispondente , BrusorrI (Luigi). — Sulla scomposizione di una forma binaria biqua- dratica nella somma di due quadrati . Cran (Vittorio). — Settecento canoro (Nota II) . — Commemorazione dei Soci Renier e Novati . P — Presenta la sua pubblicazione Il primo centenario del romanzo storico italiano (1815-1824) N — Presenta con parole di vivo elogio per paptori li Lbiogiata di Eugenio Passamonti Il ministro Capponi ed il tramonto del libe- ralismo Toscano nel 1848 A — Nominato a far parte della Co iiniasione per ili premio Cau tieni per la Letteratura (triennio 1917-1919) ; , n — Si dimette da membro della Commissione per il premio Gautieri per la Letteratura (triennio 1917-1919) " — Fa omaggio alla Classe della sua pubblicazione Ur problema vr nigri Coenerti pe Martis (Luigi). — Osservazioni sul nucleo delle cellule basali della “ Helix pomatia , CoLonnettI (Gustavo). — Risoluzione grafica di alga problemi ssi tivi all'equilibrio delle funi pesanti — Rapporti fra azioni statiche e dinamiche nei pui di una cai tura elettrica si CoLosi (Giuseppe). — nale sagltanio istalfiiche soeli Enfaiisimenii Il cuore di Nematoscelis megalops G. O. Sars. De Sanctis (Gaetano) e ParertA (Federico). — Relazione iva illa seconda conferenza accademica internazionale — — Conforme alla deliberazione presa dall'Accademia ili sua adunanza straordinaria del 6 luglio 1919, rappresentarono l’Ac- cademia al 2° Convegno di Parigi e fanno diverse comunica- zioni in merito al medesimo ” — Delegato dalla Classe con pieni svi per ita in na coi rappresentanti delle altre Accademie Reali intorno all’aggrup- pamento delle Accademie Nazionali prescritto dall’art. 4 dello Statuto dell’Unione accademica internazionale . è — Comunica la Circolare stampata del Segretariato ada dell’Unione accademica di Bruxelles in cui annunzia che la se- conda conferenza dell’Unione è aperta in Bruxelles il 26 maggio 1920 e riferisce intorno alle pratiche da lui fatte in Roma d’in- carico dell’Accademia col Ministero degli Esteri, con l'Accademia dei Lincei e col rappresentante della R. Accademia della Crusca , — Nominato dalla Classe Delegato della Reale Accademia delle Scienze di Torino al prossimo Convegno accademico internazio- nale a Bruxelles n n ”» 669 578 51 414 475 510 938 670 INDICE DEL VOLUME LV. De Sawcris (Gaetano). — È delegato dalla Classe per trattare in Roma coi rappresentanti dell’Accademia dei Lincei e della Crusca e eventualmente con quelli di altre Accademie Reali intorno alla modalità di seguire per la nomina dei due Delegati italiani alla prima riunione interaccademica di Bruxeiles x 3 . Pag. — Nominato rappresentante, con il Senatore Lanciani della R. Ac- cademia dei Lincei, dell’Italia al dali dell’Unione accade- mica internazione in Bruxelles . : = — A nome anche del Socio Patetta comunica una Iestore asi dele- gati dell’Accademia del Belgio in nome del Segretariato ammi- nistrativo dell’ “ Union académique international ,. Ne segue una discussione in merito . d i. n — A nome anche del Socio Patetta comunica alla Cladiati essere giunti gli Statuts de l’Union académique internationale e avere col collega preparato una relazione sull'opera da loro svolta, la quale leggerà in una prossima adunanza delle Classi unite , — Anche a nome del Socio Patetta presenta alla Classe due pro- poste provenienti dalla “ R. Académie des Sciences de Amsterdam , sulla quale crede bene che la Classe esprima il suo parere: 1° per una edizione completa delle opere di Ugo Grotius; 2° la pubblicazione dei materiali aventi relazione col diritto consue- tudinario dell’Indonesia — Anche a nome del Socio Patetta lenga Ma Relasigtb 4 . 7 5 : - ; A — Presenta gli ‘ Statuts de l’Union Académique Internationale , , — Presenta l'opuscolo del Socio corrispondente C. Bertacchi intito- lato: Giuseppe Dalla Vedova e il moderno indirizzo degli studi geografici in Italia E . È — Comunica la lettera saiaidiintaio con da Guall si annunzia che con R. Decreto del 15 gennaio u. s. il Socio Prato fu eletto Tesoriere dell’Accademia — Presenta alla Classe, quale omaggio del Sue Sforza, ali Leb 549 597 277 362 419 425 437 INDICE DEL VOLUME LV. La regione di Adalia. Città, foreste, risorse agricole e minerarie, commercio; pubblicazione adorna di belle illustrazioni che fu diretta e in buona parte scritta dal conte ing. M. Sforza Pag. Srampini (Ettore). — Dà lettura della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Accademia riguardante l'accettazione di Note da inserirsi negli Atti . — Notifica che la Reale Accademia della Grasea Ta aflecito alli in- vito della nostra Accademia e si farà rappresentare al Convegno di Roma delle Accademie Reali italiane a — Comunica che l'Accademia di Archeologia, Lettere e ‘Belle Arti di Napoli, non avendo ancora aderito all’U. A. I., non può dare alcuna risposta : È 3 4 i — Presenta a nome del Socio S fora Rusta E Monografia di lui: Nuovi documenti sull’eccidio dei Fratelli Bandiera e dei loro com- pagni . . L ; : — Nominato a far pinto della Ciidialotione per il premio interna- zionale Vallauri riservato alla Letteratura latina (quadriennio 1919-1922) i — Presenta il volume, laeiuto all’ ident, di Paolo Montsana su Saint Optat et les premières divisions Donatistes, V dell’opera Histoire littéraire de l Afrique Chrétienne È — Dà lettura di una lettera del Sottosegretario di Stato per gli affari esteri che notifica di aver sottoposto al Ministero della Pubblica Istruzione, perchè di sua speciale competenza, la pratica relativa alla partecipazione dell’Accademia al Convegno di Bru- xelles 4 ? 1 — Fa omaggio alla dt, duo a nome dell’ dita E. Chiantore, del suo recente volume in cui l’Orator di M. Tullio Cicerone commentato da E. De Marchi è pubblicato in una nuova edizione notevolmente modificata " — Presentando il recente opuscolo del Sd REA G. Bia- dego, Per il centenario della morte di Dante, nel quale questi propone all'Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona l’iniziativa di un volume che raccolga gli scritti su Dante del nostro compianto Socio C. Cipolla, dei quali alcuni sono inseriti nelle pubblicazioni della nostra Accademia, presenta alla Classe — e questa l’accoglie all'unanimità — la proposta di un plauso all'Accademia di Verona, che unanime accettò il voto del Biadego, — Dìà lettura di un telegramma di S. E. il Ministro Torre col quale partecipa che, mentre il Ministero degli Esteri provvederà allo invio dell’adesione ufficiale dell’Italia al Convegno dell’Unione Accademica internazionale in Bruxelles, accetta la proposta che l’Italia sia rappresentata dal Socio De Sanctis della nostra Acca- demia e da) Senatore Lanciani dell’Accademia dei Lincei = — Presenta alla Classe il Manuale di diritto costituzionale in due vo- lumi, pubblicato dall’On. Pietro Chimienti e da questo inviato in dono all'Accademia. Il Vicepresidente Ruffini esprime un breve e favorevol egiudizio sull’opera . ; ì : È , n 677 455 474 475 475 476 511 537 552 995 596 560 561 È ta , © da dae | 678 INDICE DEL VOLUME LV. Srampini (Ettore). — Presenta alla Classe le seguenti pubblicazioni mandate in dono dai relativi editori: P. Vergili Maronis Aeneidos libri X, XI, XII di Remigio Sabbadini; A. Persi Flacci Satirarum liber di Felice Ramorino e M. Tulli Ciceronis Laelius De Amicitia liber di Ignazio Bassi, che fanno parte del Corpus Scriptorum Latinorum Paravianum; e Le satire di A. Persio Flacco, illustrate con note italiane da F. Ramorino (2* ediz., Torino, G. Chian- tore, 1920) . i; . Pag. — Legge il telegramma usi Sarà S. E Boselli col ps ringrazia la Classe del telegramma augurale inviatogli e annunzia che la sua guarigione procede favorevolmente £ i : » Terracini (Alessandro). — Alcune questioni sugli spazi ten e osculatori ad una varietà (Nota III) Terzagni (Nicola). — Per la storia del ditirambo (Pap. Cani 1604 colsIDne 5 6 5 Varmacei (Luigi). — NaGionto a e” nnt della Comiglinl per il premio internazionale Vallauri riservato alla Letteratura latina. (quadriennio 1919-1922) 5 3 3 — Nominato a far parte della Goncsinne per a premio Gard riservato alla Letteratura (triennio 1917-1919) . : F a Vipari (Giovanni). — Fa dono all'Accademia, come già fece dei pre- cedenti, del III volume de’ suoi Elementi di Pedagogia, che ha per titolo La Didattica : : s Zanotti Branco (Ottavio). — I man nada dio Pufice mate- matica della Terra. Appunti per la storia della geodesia. — Nota IX: Il divario fra l’ellissoide e la terra fluida . 3 a Zopperti (Luigi). — L'abito fogliare nelle siepi di Ligustro . A Indice del volume LV . è s , 3 È ; : 2 3 561 595 480 457 511 5I1 455 158 131 667 ATTI DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DPESE O RENO PUBBLICATI DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. LV, Disp. fl? e 23, 1919-1920 TORINO Libreria FRATELLI BOCCA Via Carlo Alberto, 8. 1920 DISTRIBUZIONE DELLE SEDUTE Li PELLA R. AGGADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO nell’anno 1919-90 divise per Classi Classe di Scienze Classe di Scienze fisiche, matematiche morali, storiche e naturali. e filologiche - 16 novembre | 1919 - 283 novembre - 80 » .» = 7 dicembre 14 dicembre » - 21 » 28 » 1920 - 4 gennaio 11 gennaio Penne K-; u 25 è » - 1 febbraio 8 febbraio - 15 » 23 a pali (AI - 7 marzo | - 14 marzo — - 21 » - 28 » 11 aprile - 18 aprile - 25 » - 2 maggio #9 maggio 16. >» » 80)» 20 giugno vedovo eo “ ag vd » - 18 giugno Codice della Biblioteca nazionale di Torino RT in fac-simile per cura di C. ad A. DARdE di SIE ec. Vione: SOMMARIO Presipenti della Reale Accademia delle Scienze di Torino dalla sua. fondazione —. i i i È . Pag. Ito ELenco degli Accademici E Niodi non fovidenti, Stranieri i e Corrispondenti al 31 Dicembre 1919 ; P P i gi PussLicazioni periodiche ricevute dall'Accademia dal 1° Convert al 81 Dicembre 1919 i i 3 d a ° 7 da » XXXII Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 23 Novembre 1919. Pag. (1° Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 30 Novembre 1919 . Pag. fi MartiroLo (Oreste). — Commemorazione di Saverio Belli } Mai 8 Picone (Mauro). — Sul cambiamento della variabile di REA i nell’integrale di Lebesgue . È a 31. Srsirani (Filippo). — Espressioni iano che defiiantgi più fun- zioni analitiche ad area lacunare i è Ki 46 Corosi (Giuseppe). — Ricerche E A Hdi Fufandibobii x Il cuore di Nematoscelis megalops G. O. Sars. ) ) È; Pa bl di Brusorri (Luigi). — Sulla scomposizione di una forma binaria biqua- °° dratica nella somma di due quadrati . . ì AI giada Mayorana (Quirino). — Sulla gravitazione . ; ( ; ì nc Classi Unite. Sunto dell'Atto Verbale dell'’Adunanza del 7 Dicembre 1919 . Pag. 89 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 7 Dicembre 1919 . Pag. pk Berri (Emilio). — La condictio dei fruetus contro il possessore. di È mala fede | ; . 5 7 ì | Borriro (G.). — Due passi di Gardena (Hanogionk ud da Vinei NA e l'aviazione . £ ; 3 Ù Ì i “ ì TOUR Tip. Vincenze Bona — Torino DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI Vor. LV, Disp. &*, 1919-1920 TORIN (0) | Libreria FRATELLI s Via Carlo Alberto, 8 1920 DISTRIBUZIONE DELLE SEDUTE DELLA R. AGGADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO nell’anno 1919-9820 divise per Classi Classe di Scienze fisiche, matematiche e I) e naturali 16 novembre 30 » 14 dicembre 28 » 11 gennaio 25 » 8 febbraio 22 Rent 7 marzo 21 » 11 aprile 25 » 9 maggio » 13 giugno Classe di Scienze morali, storiche e filologiche 1919 RR » È VV Vw 23 novembre 7 dicembre 21 » 4 gennaio 18 PIA 1 febbraio 15 » P-LERIOA 14 marzo "28 » di aprile maggio stri 30 >» 20 giugno ta vw Codice della Biblioteca nazionale di Torino riprodotto in fac-simile va per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e C. Cipolla, — Torino, Fratelli Bocca editori, 1906, 1 vol. in-f° di 32 pp. e 134 ta- vole in fotocollografia. fieno ‘in fac-simile per cura di C. Cipolla, G. De Sanctis e P. Fedele, godo: Casa editrice G. Molfese, 1913, 1 vol. in-4* di 70 pagg. So) TAO RAT i) Ù SMR Mira port, vi È DURI Ci À MRI î sy dh toll Ù 13 Vu e pro si s % aîh d H i Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 14 Dicembre 1919. Pag. Zopperti (Luigi). — L’abito fogliare nelle siepi di Ligustro . È Sacco (Federico). — Le Oscillazioni glaciali (con una tavola). di Zanorti Branco (Ottavio). — I concetti moderni sulla figura mate-. matica della Terra. Appunti per la storia della geodesia. — Nota IX: Il divario fra l’ellissoide e la terra fluida . i x Barzac (Fausta). — Osservazioni cristallografiche sull’azzurrite di Gonnesa (Cagliari) ) 5 3 i ; ì y i dA i Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 21 Dicembre 1919. Pag. BeLrrami (Arnaldo). — Minucio (Octavius) — Cicerone (De natura deorum) - Clemente Alessandrino (Opere) . ) ; ì È Furrani (Giuseppe). — L’anatema di Giovanni d'Alessandria contro : Giovanni Filopono . è E ° LOS 3 Cran (Vittorio). — Settecento canoro (Nota DEDE 5 3 } hi Nerr (Ferdinando). — Jules Camus, filologo . ; 4 È x Tip Vincanso Buena - Torino ì UR 3 la io JE :-SPO RENO PUBBLICATI Voc. LV, Disp. 4*, 1919-1920 i IRINA | | Libreria FRATELLI BQOCA |’ Via Carlo Alberto, 8. ZIONI FATTE SOTTO GLI AUSPICI DELLACCADEMIA | atowilo miniato del card. Nicolò Roselli detto il cardinale d'Aragona. | Codice della Biblioteca nazionale di Torino riprodotto in fac-simile per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e C. Cipolla. kia in fac-simile per cura di C. Cipolla, G. De Sanctis Loti igdele, pena | SOMMARIO Classe di Nniclize Fisiche, Matematiche e e tags Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 28 Dicembre 1919 . Japanza (Nicodemo). — Commemorazione . del Socio corrispondente | Prof. Vincenzo Reina. . È = : î iù 3 1 VOI GersarpI (F.). — Sulla scomposizione di una forma binaria biqua- | dratica nella somma di due quadrati . » . s : n DEE Gui (Guido). — Ricerche sperimentali sui valori del titolo di ben- pal zina della miscela di alimentazione dei motori : a TSE on DA 5 Tavole) ; S i; É 6 é 1 ù 3 Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 4 Gennaio 1920 ‘ Srampini (Ettore). — Nonnullae inscriptiones et disticha . Marro (Giovanni). — Sulla psicologia dell’antico Egitto . IRA) . Tip. Vincenza Bona -' Torino. DO DELLA PUBBLICATI NI Ù DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 3: Vor. LV, Disp. 5* r 6*, 1919-1920 "200, TORINO Libreria FRATELLI BOCCA Mb | Via Carlo Alberto, 8. n Messale miniato del card. Nicolò Roselli detto il cardinale d'Aragona. | Codice della Biblioteca nazionale di Torino riprodotto in fac-simile per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e €. Cipolla. po ‘Torino, Fratelli Bocca editori, 1906, 1 vol. in-f° di 32 pp. e 184 ta 1 AGE in fotocollografia. dice evangelico % della Biblioteca Universitaria nazionale di Torino, | riprodotto in fac-simile per cura di C. Cipolla, G. De Sanctis ; € P. Fedele. | Torino, Casa editrice G. Molfese, 1913, 1 vol. in-4e di 70 pagg. wi 4; p RI bi 16,4 Sunto dell'Atto Verbale dell'’Adunanza del 25 Gennaio 1920 . Pag. SOMMARIO {| Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza dell’11 Gennaio 1920 . Pa Sannia (Gustavo). — Serie di funzioni sommabili uniformemente col metodo di Borel generalizzato (Nota Il) . a Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 18 Gennaio 1920 . Pag. Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Secre (Corrado). — Commemorazione di H. G. Zeuthen . a Grisopo (Giovanni). — I “ Rincoti, ed i “ Lepidotteri, delle Oasì xerotropiche di Val di Susa . REI CoLonwnetTI (Gustavo). — Risoluzione intona di diri LEcbiGnA rela- tivi all'equilibrio delle funi pesanti .®* . @. : Coanerti pe Martus (Luigi). — Osservazioni sul nucleo delle cellule basali della “ Helix pomatia , ù Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell'’Adunanza del 1° Febbraio 1920 . Dai 862. PUBBLICATI Ù pi | ‘TORINO ‘LR Libreria FRATELLI BOOCA dI i Via Carlo Alberto, 8. | Codice della Biblioteca nibioiale di Torino riprodotto in fac-simile per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e C. Cipolla. Sgt Torino, Fratelli Bocca editori, 1906, 1 vol. in-f° di 32 pp. e 134 ta- | vole in fotocollografia. )dice evangelico 7 della Biblioteca Universitaria nazionale di Torino, riprodotto in fac-simile per cura di C. Cipolla, G. De Sanctis I P. Fedele. | Torino, Casa editrice G. Motore, 1913, 1 vol. in-4* di 70 pagg. Di SOMMARIO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. U È ì Sunto dell'Atto Verbale dell'’Adunanza dell'8 Febbraio 1920. Pag. Sesini (Ottorino). — Le oscillazioni torsionali degli alberi di trasmis- sione con massa propria e con masse concentrate in punti in- termedì . ; ; ; Vs: $ s ; i ; ero Porri (Cino). — Sulla teoria dei fenomeni ottici nell’ipotesi che il 3 moto della sorgente modifichi la velocità della luce emessa , Classi Unite. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 15 Febbraio 1920 . Pag. Grassi (Guido). — Relazione sul XXI Premio Bressa (quadriennio 1915-1918), È ; ARI ; È 3 È RI dh SomraLiana (Carlo). — Relazione della Commissione per il Premio Del Vallauri (quadrienno 1915-1918) . : i 3 È ) LI De Sanctis (Gaetano). — Relazione intorno alla seconda' conferenza pù accademica:intetnazionale (el ut e Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 15 Febbraio 1920 . Pag. Prato (Giuseppe). — Un tentativo di banco pubblico a Mantova | Ml ARBEIT Dei ok Mt e mt, v p Tae È pa ti + VTARIOÌ LAT A ROY “ Ven ei \ È na di a. VA n Ma i LV LEA: n TASSA DAS Lie i Ara ADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO PUBBLICATI "DAGLI ACCADEMICI SEGRETARI DELLE DUE CLASSI 1 Messale miniato del card. Nicolò Roselli detto il cardinale d'Aragona. Codice della Biblioteca nazionale di Torino riprodotto in fac-simile | per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e C. Cipolla. Torino, Fratelli Bocca editori, 1906, 1 vol. in-f° di 32 pp. e 134 ta- ole in fotocollografia. evangelico k della Biblioteca Universitaria nazionale di Torino, riprodotto in fac-simile per cura di C. Cipolla, G. De Sanctis e P. Fedele. RALE Torino, Casa editrice G. Molfese, 1918, 1 vol. in-4° di 70 pagg. VE SOMMARIO. Classi Unite. \ Sunto dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 22 Febbraio 1920 . Pag. 4 Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. i i Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 22 Febbraio 1920 . Pag. Perucca (Eligio). — Sulla elettrizzazione del mercurio per strofinio (Nota I) . } i Y 3 : x i ì ; ) Sunto dell'Atto Verbale dell'Adunanza del 29 Febbraio 1920 . Pag: xa Terzagni (Nicola). — Per la storia del ditirambo (Pap. OxyrA. 1604 GOL ID N RA OI Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 7 Marzo 1920. Pag. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 21 Marzo 19200. 8° MarrIroLo (Oreste). — Commemorazione di Pietro Andrea Saccardo d (Treviso, 23 aprile 1845 - Padova, 12 febbraio 1920) Lo Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 28 Marzo 1920 OLTI DELLA ì RR REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO pi PUBBLICATI TORINO FRATELLI BOOCA Via Carlo Alberto, 8. D0 1920 vol. in-4° di 70 pagg. i | SOMMARIO Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza dell’11 Aprile 1920. —. Pag. Terracini (Alessandro). — Alcune questioni sugli spazi tangenti e osculatori ad una varietà (Nota III) . } ; d CoLonxnertI (Gustavo). — Rapporti fra azioni statiche ei dimaltaelie d sE nei pali di una conduttura elettrica . : 3 i ‘ s Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 18 Aprile 1920 —. Pag. , Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 25 Aprile 1920. Pag. Sacco (Federico). — Il Finalese . È ; È È x Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 2 Maggio 1920 Srorza (Giovanni). — La patria di papa Eutichiano Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 9 Maggio 1920. Pag. È Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche.. Sunto dell’Atto Verbale dell'’Adunanza del 23 Maggio 1920 .. Pag. fi Pawnerti (Modesto). — Per una precisa definizione del molare un acroplano . fio vinvenze Bona - Torino DA IYENTO RINO PUBBLICATI a Vor. LV, Disp. 15°, 1919-1920 a Dai CAZIONI FATTE SOTTO GLI AUSPICI DELL'ACCADEMIA — SOMMARIO 50 Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Natural » si dv Nr 3 dI Ù 7 Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 13 Giugno 1920. Pag. Lowsarpi (Luigi). — Sopra un metodo semplice per rilevare le curve di variazione delle grandezze alternative e le loro armoniche - i successive. . SOVGENA ; A 5 Classi Unite. Sunto dell'Atto Verbale dell’Adunanza del 20 Giugno 1920 Foà (Pio). — In memoria di Romeo Fusari. Discorso commemorativo Cian (Vittorio). — Commemorazione di Rodolfo Renier e di Frances Novati . s 7 È Da ioo 3 x s a 2 Sa, Sunto dell’Atto Verbale dell’Adunanza del 20 Giactadi 1920 Srampini (Ettore). — Nuovi saggi umanistici . î c DE, Larres (Elia). — Obiezioni generali del Meillet e d'altri comi le parentele italiche dell’etrusco . Pa Li & Tip. Vinoenze Bona - Torino È Um a ; A dI pod BALB ACCADEMIA. DELLE SCIENZE DbI'VORINO | TORINO | FRATELLI BOOCA | Via Carlo Alberto, 8. GLI AUSPICI DELL'ACCADEMIA Codice della Di ioida nazionale di Torino riprodotto in fac-simile per cura di C. Frati, A. Baudi di Vesme e C, Cipolla. Torino, Fratelli Bocca editori, 1906, 1 vol. in-f° di 32 pp. e 134 ta- i Torino, Casa editrice G. al 1913, 1 vol. in-4° di 70 pagg. SOMMARIO Classi Unite. o Sunto dell'Atto Verbale dell'’Adunanza del 27 Giugno 1920. Pag. Ke PanertI (Modesto). — Note autobiografiche di Nicodemo Jadanza. JA € Ponzio (Giacomo). — Commemorazione di Icilio Guareschi |. De Sancris (Gaetano). — Relazione preliminare alla Conferenza a cademica internazionale di Bruxelles... . 0, BI cnato:doll'Atko Verbale dell'Adonsnan dela Lugho: 1920 Indice del volume LV . o; 7 À Me Ù Li Ù DIA ALE Er PALA ii i ta Ri / ALA k DO MI