I Ann T* ì jt ji j. DELLA REALE ACCADEMIA f^. ^//d. >P/ w><.NuidiiiM«anibM ■ .^*^*i*»«is*»,:w s' "X cAr^.k..,^^^^^^ — U a-r>ce.'CeiL TÌÙ. ^^U^*^ JiirT^'^'^^^c., ATTI DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE E BELLE - LETTERE DI NAPOLI DALLA FONDAZIONE SINO ALL' ANN© MDGGLXXXVIL ■■*./»«■/* W*/'./'/ in. 1»N NAPOLI. )( MDCCLXXXVIIL g»"'" .1 . ji.il'^f gSft^ga I I I I . PRESSO DONATO CAMPO STAMPATORE DELLA- REALE ACCADEMIA , MuUum (tdhuc rejìal ojperls , muìtumque refìabit , nec ulti nato pojì mille /accula praecluJctur occaso alìquid adàuC adjicieadi , Seneca Epijl, LXIV« ALLA MAESTÀ DI FERDINANDO IV RE DELLE SICILIE, DI GERUSALEMME kc. ANTONIO PIGNATELLI PRESIDENTE DELLA R. A. DELLE SCIENZE £ BELLE LETTERE, SIGNORE. E le fcienzc dalle amene lettere abbellite purificano i coftumì, ingcntilifcono le maniere e rendono le nazioni illuftri e fiorenti i fé propagafi per effe r amor del giufto e deironefto e fi fcema là fomma degli errori e dei delitti , fia perchè ne Ibmminiftrano avvifi e precetti falutari, fia perchè per loro mezzo 1' energia delle paffioni dirìgefi alla tranquilla inveftigazione del vero , dell'ordine amica e della giuftizia fida compagna; fé ciò, dico, è l'opera grande e'I primo oggetto del Tapere, tutto, S. R. M., tutto all'augufio vofiro Genio fi alcriva il vanto di quefta a gran paflì già forgente virtù, coltura e felicità delle Sicilie. Tra tante utili e gloriofe novità, volefte, o SIRE, nella ftellà nobii fede, onde con aureo freno i voftri dominj moderate, con una Reale Accademia di fcienze e belle lettere ergere un tempio dedicato al miglioramento e alla felicità dei popoli. La bell'opera è incominciata, e la vofira Accademia finora cheta e modefta , fralle ombre quafi a fomiglianza delle provvide formiche lavorando, ha cercato fecondar le alte mire di tanto eccelfo FONDATORE. Ma perchè aver potrebbe ormai fembianza d' indolenza un più lungo circofpetto filenzio, colti al fine dal tenue fuo campo comunque lavorato alcuni pochi dei mcn volgari fiori, viene a fpargerli a pie del TRONO, fperando che le primizie in quefto volume raccolte e per mia mano rifpettofamentc umiliate alla M. V. in omaggio , abbiano a meritare benigni fguardi e paterno compatimento dal fuo SOVRANO. Accoglietele, GRAN RE, coli' innata voftra clemenza, come novello frutto di un albero piantato e vivificato dallo fteflò voftro Genio Reale, e degnate infonderli nuovo vigore , perchè polla indi, a vantaggio de' popoli ed a gloria voftra, più lieti piiì ridenti piiì fecondi fpandere intorno fempre verdi e robufti i fuoi rami . DISCORSO ISTORIGO PRELIMINARE D I PIETRO N APOLI-SIGNORELLI. Lancefqxe, &" liba fertmus . Virg. Georg. ON fono i fecoli fecondi delle più funefle vicillitudini e della fucceffiva diftruzione de' regni e degl'imperi quelli che contengono la più durevole , la più degna e la più. vantaggiofa ftoria dell'uomo e delle nazioni. Un treni LOto che adegui i monti , che apra ampie vorsgini, che faccia fparire un gran fiume , che di vaftj laghi ricopra improvvilamente le eulte campagne : un' ifola ovvero un vulcano che lorga e fumi di repente, o di repente fparifca e fi efiingua: una pefte defolatrice the fcorra imperiofa per le intere Provincie e le converta in fepolcri ; una flraordinaria alluvione II DISCORSO che allaghi e dillblva le città , non producono meno lerribili effetti di una Iterminatiice irruzione di barbari JòlJati che le incenerilca e le ipopoli , per ergcie di tante ruine un folio ad un ambiziolb fopra più milioni di fchiavi , o ad un popolo intraprendente lopra cento altri popoli più cauti e meno ingiulìi e de' patrii confini e della propria mediocrità foddisfatti . E gl'inlbliti fenomeni e le marziali incurfioni cangianfi al fine ugualmente in un romor vano che palfando s'infievolifce e li dilegua; perchè l'orrore che apportano quelle ruine e quelle liragi, ne rendono increfcevole e dolorola la rimembranza, e lo storio continuato che li fa per dimenticarle , ne va cancellando la tetra immagine . De' mali cagionati da tanti popoli conquirtatori alla lor volta conquiltati che mai più rimane? Un'amara memoria di orridi fovvertimenti, i quali tutti ii ralfomigliano e tutti vanno a piombare nel vuoto immenfo dell' otiblivione . Svolganli le più faniofe llorie de' regni fcompigliati e dillruUi, olfervinfi gli annali Cinefi , Indiani, Atiricani , Europei, non meno che le memorie degli abbattuti imperi di Motezuma e di Atabualpa , di grazia da rivoluzioni sì grandi qual melTe li raccoglie onde a ragione la ftoria poifa chiamarli fpecchio e maellra della vita da chi , in vece di caricar la memoria di fterili tatti, li ftudia d' inveftigar negli eventi la grandezza della mente umana i^ Malgrado della diverlìtà de' collumi e delle contrade , da Spitzberg al Capo d' Horn e da Pekin a Lima, ne rilulra un racconto fommamente uniforme di battaglie, di alfedii, di ralfegne, di marce , di lorprefe , di aguati , di ritirate , di rotte , di vittorie, le cui circoftanze vanno l'una dopo l'altr.a fpegnendofi inlenfibilmenie , finché quali tutte rimangano avvolte nel denfilfimo velo che fu vi diltende il tempo vorace, rendendone iodiffcrenii fin anco le atrocità. Si accumulano in tal guifa epoche fopra epoche , regni fopra regni ; un evcnimento divora la memoria dell'altro, di ninno rimanendo dillinta traccia, e i polleri appena ae ritengono quelle grandi PRELIMINARE. IH confegtien« : Aflìri, Medi, Ferii, Parti, Macedoni, Egiz j^ Romani, furono, regnarono, e in fine ftrafcinarono le catene del più forte . Anzi a tal fegno ( forza de' fecoli , e necelfario fato delle finite cofe ! ) a tal fegno, dico, fé ne illanguidì cogli anni ogni memoria, che di qualche antichilTima monarchia da alcuno fièpofta in dubbio pur anche l'efiftenza. Molti nomi non pertanto per lungo fpazio forvolano intorno all' abilfo del nulla , febbene non ugualmente circoftanziate arrivano al tardo mondo le gefta di chi portoli». Nino, Semirami, Tomiri , Cambife , Attila, Bajazzette , Gengifcàn, Maometto II, Tamas Koulicàn , ed altri barbari conquiftatori , i quali preceduti dalla fame, dal fuoco, dalla morte, diftefero il loro fcettro fu tanta elìenfione della terra attonita, lafciarono alla perfine di fé la ftefla atroce idea di pubblica calamità dei popoli e dove nacquero e dove portarono la guerra. Se con minor ribrezzo ci rammentiamo dei Ciri e degli AlelTandri, ciò addiviene, perchè, fé debbefi fede agi' iftorici , al vanto di femplici conquiftatori elfi congiunfero una più giufta gloria derivata da qualche benefica virtù che pofifederono , per cui diedero nome ed onore alle loro età , e felicitarono i loro foggetti . Ciro non fu un Ezzelino, AlefTandro non fu un Tamerlano . Come invafori ingiufti degli altrui fiati eill ugualmente raffomigliaronfi ai pubblici difaftri più fpaventevoli , alle fiere più ingorde di fangue : come beneficenti eroi, che feppero tabra di alcuno dei rapiti regni fpogliarfi per tributarlo alla virtù fconofciuta o fventurata, e che folleciti del bene pubblico riftabilirono nei paefi la cultura e la tranquillità, ne difvilupparono gì' ingegni , ne migliorarono i coltumi , ne ingentilirono le maniere, efll per quefto folo acquifìarono l'alto diritto di paflare alla pofterità con note caratteriftiche affai diverfe dagli altri ufurpatori diftinti col titolo di flagelli dell'umanità. Ogni età quafi del pari abbonda di grandi uomini, di gran fatti e di novità grandi avvenute nella fuperficie fteffa del noflro globo j e non pertanto la maggior parte dei fecoli IV DISCORSO e fi confonde con gli altri, o fi dimentica a fegno, che nei più ben combinati fiftenii di cronologia il divario di qualche fecolo fi difprezza come di niun momento . L' uomo non s' interelfa da buon fenno negli andati eventi, fé non quando ne vede i rapporti con quelli che lo riguardano ; il rimanente è ferbato ad una quafi inutile curioficà . Quindi è che rifalendo intorno a quaranta fecoli indietro, gli uomini fi fono avvezzati a non rammentar col più gran rifpetto e trafporto di piacere e di gratitudine fé non pochillìmi bei fecoli , i quali fegnano più luminofamente i gran pafTì dell' ingegno umano , e alla pofterità fervono di fida fcorta e di efempio . La Grecia madre delle arti e del fapere e maeftra del redo della terra involta nella barbarie , la Grecia produttrice in molte età di politici, di capitani, e di preclari penlàtori non splendette di tutto il iuo gran lum-e, fé non in quel periodo in cui vilfero Pericle , Filippo ed Aleffandro . Intorno a quel tempo appunto il Liceo ed il Peripato popolaronla de' maggiori inveftigatori della natura , mentre nel Pritaneo di Atene tuonava Demoftene , nel Teatro la conimoveano Sofocle ed Euripide , e i di lei Tempii ornavanfi co' prodigi del pennello degli Zeufi , dei Parrafii, de' Timanti e degli A pelli, e co' marmi e bronzi animati dallo fcalpello de'Mironi e de' Fidii e de' PrsfTiteli e de' Policleti . 1 gran conquiflatori Macedoni più che per li Triballi , i Telfali e i MolofTì foggiogati , e per Dario e Poro disfatti , forfè oggi nomanfi più fovente , perchè fervono a filTar l' epoca felice del miglior tempo della Grecia, in cui fiorirono tra gli antichi i più gran maeftri dell' umanità Socrate , Platone , Senofonte , e i pjù curiofi indagatori di buona parte della ftoria naturale Ariftotile e Teofrafto , e gli aftronomi, dopo Talete , Anaflìmandro ed Analfagora , i più infigni Pitea di Marfiglia ed EudofTo difcepolo di Platone e degli Egizi», PRELIMINARE. V L'onor del fecondo fecolo luminofo, dopo molti ravvolti nelle tenebre, appartiene all'antica Italia. La pofterità d:i un'occhiata palFeggiera ai trionfi de' Romani fui rimanente della guerriera Italia, e non fi arrefìa gran fatto fulle guerre Puniche , finché , pafTando a traveriò degli orrori della Dittatura di Siila , e de' Confolati di Mario , e del più tremendo Triumvirato , non giunga all' età di Augufto . Ad onta delle atroci prefcrizioni e del tollerato fcempio dell'Arpinate Cicerone che fu il luminare de'Roftri Romani, r età di Augullo forti 1' invidiabil titolo di aurea e il di lui nome ferve anco a noftri giorni di fregio a' migliori Principi . E perchè mai ? Forfè perchè la battaglia di Azio e la fuga di Cleopatra a lui concefTe V impero del mondo r" No ; che l' onor dell' alloro ebbe egli comune con tanti indegni fuoi fuccelTori . Egli dovette alla fortuna un favore di gran lunga più fingolarej nacque circondato da uno ftuolo immortale d' ingegni rari . Yarrone , Lucrezio , Cicerone, Vitruvio, Cefare, Orazio, Virgilio (quai nomi!) Varo, Ovidio, Tito-Livio, i Greci Strabene e Diodoro Siculo, e non moltiflìmo lontano da sì chiaro periodo Plinio Secondo il primo tra' Latini a iiweftigare gli arcani della floria naturale , e a moltiplicarne la fcienza col penfare e vedere in grande, e che in fine fu la vittima della propria fìlofoiica curiofità , iftruivano , dilettavano , incantavano il mondo ammiratore . Sulfeguì una folla di fecoli , che potremmo contentarci di chiamar foltanto ignobili , fé più funefta idea non ne rendere dcteftabile la rimembranza . Mentre eiTi rapidamente volavano verfo l' obblio , cadde il Romano impero, e la fìelfa cultiflima Italia , preda de' barbari , tutta di barbarie e di fquallore fi ricoperfe . CafìTiodoro Senatore sì nel Miniftero de' Goti Re che tra' fuoi Monaci Vivarienfi , Almamon Califo di Babilonia ed altri Principi Arabi in Oriente , Carlo Magno nell' impero di Occidente , Alfredo in Inghilterra , Alfonfo X nelle Spagne , gli Ottoni nella VI DISCORSO Germania , lo Aeflb grande Imperadore Federigo II dalla Sicilia, non fecero altro che gettar, come i fosfori nelle tenebre, qualche fcintilla pafleggiera più atta a palefar tutto r orrore che a diflìparlo . Il primo crepufcolo più permanente per gran ventura apparve in Napoli fotto il Napoletano Re Roberto della Real Cafa Angioina . La teologia , 1' aftronomia , la lìfica , la medicina , benché di Arabe fpoglie ricoperta ( dopo i lumi fparfi per l' Europa da Alberto iVlagno, da Pietro Lombardo, da Tommafo di Aquino , da Ruggiero Bacone e da qualche altro) coltivavanfi a di lui efenipio nella Reggia Napoletana. Egli vi richiamava la razionale e la mora) fi'ofofia, mentre fotto la di lui ombra i Greci di Calabria Bafiliani confervavano in varie noftre provincie le reliquie della Greca letteratura. Al di lui tempo il famofo Greco Calabro Barlaamo combatteva col dottiflìmo Niceforo Gregora e co' Monaci del Monte Ato, ed infegnava le belle lettere e la teologia in Coflantinopoli, componeva fei libri di aritmetica, dimortrava numericamente alcune propofizioni di Euclide , faceva conofcere la Greca erudizione a Paolo da Perugia Bibliotecario del Re Roberto, al Principe de' Lirici Tofcani Francefco Petrarca , e al Calabrefe Leonzio Pilato traduttore di Omero , maeftro di Giovanni Boccaccio e cattedratico in Firenze, la qual città gii pregiavafi di Dante Alighieri teologo e fìlofofo poeta, che pure elfa avea perfeguitato e difcacciato vivendo . Allora cominciarono a prender forma le arti ; furfe in Mafuccio II il Buonarroti Napoletano e il rlilauratore della Greca architettura, e mentre da Giotto ofcura vali Gimabue nella Tofcana ,' degno contemporaneo di Giotto mi Itravafi in Napoli il pittore Simone . Allora la fama dell'alto fapere di Roberto indulfe il Petrarca a prefceglierlo come il più dotto de' tempi fuoi , alfoggetrandoii al di lui efame , per vedere fé e^^li meiitalfe di cingerfi come poeta il lauro iir.perialc colà dove altra volta trionfarono delle fchiave nazioni Scipione, Pompeo, Giulio Celare. PRELIMINARE. VII Dopo un sì bel crepulcolo loprav venne a gran pa(u quella niente aurora che vie più nell' Italico cielo'.^ e fingolannente in quelle dilettofe fpiagge del Cratere, diradò le tenebre , correndo quel notabile periodo incominciato da che il I Alfonlòdi Aragona alle native corone delle Spagne e della Sicilia- congiunte, il rcal retaggio della II Giovanna Durazzefca , e terminato poiché la tiara pafiò dal capo di Leone X al fucceifore , Parve allora che l'Europa fi deftafle da un lungo fonno. Volfe attonita lo Iguardo all' antica Grecia ed al Lazio , mirò poi le IteiTa e vergognoffì . Vedere il bello, invaghirfene, e agognare a polTederlo , fono confeguenze necelfarie della curiolità inerente alla natura umana. Baita eccitarla, e balìa dirigerla ; e ciò fécelì acconciamente nell' epoca che additiamo. Francefco Filelfo da Tolentino, il Siciliano Auriipa , il Veronele Guarino, il Pontefice Niccolò V, Ambrogio Camaldoleie , il Panormita Antonio Beccadelli , e tanti altri, qual con ludori immenlì, qual con diipendiofi viaggi e pcricolofe navigazioni, olarono dilbtterrare tanti preziofi codici Greci , e tralportarli a guifa di penati in patria meno fconvolta, involandogli alla barbarie de" Mululmani teroci poifeditori della Grecia già fchiavn e degenere . Da allora in poi l'Italia coltivò un Arillotelifmo più puro, e fuUe di lei tracce prefe pofcia dapertutto a ftudiarlì Ariftotile Greco e non Arabo, e la dottrina dell'Accademia. I Greci trafpi.intati nelle contrade Latine divifi tra i due gran corifei della filofofia combatterono acremente , fegnalandolì tra ellì Teodoro Gaza e Giorgio da Trabifonda a favor dello Stagirita, e Giorgio Gemiflo col Cardinal Bellarione di lui gran difcepolo per Platone . Fiorì perciò ( oltre all'Accademia del lodato Cardinale in Roma ) la Platonica Fiorentina lìngolarmente per opera di Marfilio Ficino , e dd più prodigiofo indegno Giovanni Pico Conte della Mirandola , 1 quali ne furono l'anima, il foftegno e l'ornamento. VIIT DISCORSO Erano allora gl'Italiani col rello degli Europei ben lungi da quella occhiuta iìlol'.itìa che nell'invelligazione delle opere della natura lafcia fokanto guidarfi dalla maeftra eiperienza e dalla fa^ace oirervazione ; la machinaria non le forniva prefidii fufficienti ; il calcolo legnava appena orme infantili. A (lento da Leonardo da Fifa e da Paolo dall'Abaco in poi fino a Luca Pacioli fi fcio^^Iievano l' equazioni di primo e fecondo grado, né ancora Nijcolò Tartaglia avea nioftrato a Girolamo Cardano il metodo di rifolveré quelle del terzo grado. Tutto guidava l'amor di tiftsma, tutto decideva la tiranna autorità. VuoUi additare comr miracolo che a quella età non folo Giambatifta da C pui profelfore d'aflronomia in Padova comenraife le opere di Giovanni AUifax detto di Sacrobolco , e del Peurbach , e Pontino olfervaìTe diligentemente il cielo , e Mariano Bitontino illurtraire con conienti i libri di Euclide, e Paolo Tofcaneili innalzalTe in Firenze la prima meridiani; ma the il celebre Galaieo fi occupalfe a defcrivere elcgant -mente la Fata Morgana de' lidi Calabrefi , delinealfe alcune cofmograiiche tavole, e folìeneife tra'primi la poffibilità della navigazione alle Iniie Orientali; come altresì che il Calabrefe Girolamo Tagliavia e il Ferrarefe Domenico Maiia Novara avelfero con tali progrelTi olfervati gli alhi ; che del primo corfe fama di avere co' fuoi fcritti prevenuto Niccolò Copernico nel rinnovellare il filiema di Filolao circa l'immobilità del fole e la periodica rivoluzione della terra intorno ad elfo, e del fecondo fi sa che ebbe a difcepolo e tertimonio e focio delle offervazioni aftronomiche lo fìeifo lodato agronomo PrulTiano. E miracolo fu ancor maggiore, e tale da noa rinvenirfene in tutta la ferie delle andate età l'uguale, che il rirlettere con iicorgimento e pro/ondità i'uUa figura della terra colla fcorta della f>,ienza allronomica che polfedeva , baftalfe ad eccitare nel Ligure Colombo quella ragionata penetrante curiofità e quella favia prodigiofa fiducia di trovar nuove terre oltre l'Oceano, e di dirigervifi con fermezza PRELIMINARE, IX frrmezza dalle Canarie per ponente fotto il medefimo parallelo fenza tidarfi della buifola , ed oflervando, per non ifmarrir la direzione, di giorno il fole e di notte le fìelle filfe , e pafsò alle Lucaje, all' Ifpaniola , a Cuba, a San Domenico, ed arricchì la monarchia Spagnuola di un nuovo mondo, ed infegnb a correre fuUe di lui vefìigia per mari interminabili non mai più toccati agi' Italiani Vefpucci , Verazzani e Cabotti, oltre a Cortes, a Fizzarro, ad Ovieda, ad Almagro, a Magellano , e a tanti venturieri delle Spagne , e ad altri dell' Inghilterra e dell' Olanda e della Francia . Paflì fur quelli ben atti a rendere quefl' epoca al pari di ogni altra cofpicua e gloriofa ; ma lo fìudio principale fi ripofe generalmente nel bene intendere e illufìrare i dettati degli antichi . Altri sforzi aliai più gagliardi ed erculei rimafero a farfi dalla pofìerità prima di olfervare, combinare e generalizzare i fatti , e legarli per l' analogia , e dedurne i grandi etfetti generali , coi quali fi perviene a paragonar la natura colla natura nelle fue grandi operazioni . Altro fudore verfar doveafi prima di rinvenire la geometria dell'infinito, la teoria delle forze centrali e le vere leggi del moto j prima di fondarli una fifica tutta fperimentale j di fceverar dalla vera chimica i delirii della graniT opera j di fpogliar l'afìronomia delle vanità giudiziarie o divinatorie, già delizie e fperanze de' fecoli precedenti , dalle quali né anche feppe guardarfi il noftro aftronomo e matematico Luca Gaurico; prima in fine di vendicar le comete del torto loro fatto in crederle meteore pafTeggiere e fatali, o al più tante macchie fcappnte dal globo folare , come parvero anche nel XVII fecolo al famofo matematico Andrea Tacquet. Per comprenderne la folidità non dilfomigliante da quella dei pianeti , e per leguirlene le immenfe eccentriche ellifTì , doveano alle precedenti fcoperte delle comete fatte dal Regioniontano, da Pietro Appiano e dall' infigne riftauratore dell' aftronomia Ticone Brahe , accoppiarfi le oflervazioni C i calcoli de' Keplcri, de' Caffini, de' Flamftèed , degli X t>lSCÒR>90 Halley, e de' Newton, per aflìcurarfi or che la cometa veduta nel 1668 in Bologna folfe la ftefTa che olfervata avea Arifìotile quafi due anni prima della battaglia di Leuttri .ci funefta agli Spartani , ritornata cofìantemente per ben feflanta rivoluzioni di circa trentaquattro anni, il cui ritorno il attende ve rio il 1804, or che in quella veduta nel 1759 dovefle riconofcerlì la fìelfa che apparve nel 15 31, 1607, e 1682, ed attenderfene nel 1835 il ritorno, compiendo efattamente il fuo giro periodico intorno al sole in fettanta fei anni in circa . Nel gran periodo enunciato fi attefc unicamente a rendere la fcienza amabile . L' infipida felvaggia ruvidezza, delle Arabe fcuole fece allora di fé compaffionevole fpettacolo là dove leggevafi originalmente il leggiadro, l'ameno , r eloquentiflìmo Platone. Nell'ammirarfi con una fpecie di religione le orme divine de' Tullii , de' Virgilii , degli Orazii , venne a flringerfi di bel nuovo quel naturai legame delle arti e delle fcienze folo idoneo a diffipar la denfa caligine dell'ignoranza e a riflabilire il culto della fapienza. Abbellita di erudizione e di eleganza videfi quefìa tutta leggiadra e maeftofa collocata fu di un augufto fplendido feggio . Dall' Accademia Romana del Leto Calabrefe e dalla Napoletana del Beccadelli Palermitano, viepiù promolfa e nobilitata dal dottiflìmo Pontino , nelle quali novelli Virgilii, Tullii e CatuUi rifplendevano nel Sannazzaro , nel Bembo e nel lodato Pontano , emanava come da vivido centro di fuoco un torrente di vaga e pura luce raccolta da' Greci e Latini efemplari , che tutta quanta illufìrando l'Italia diffondevafi oltramonti , e quivi, benché rifleffa in mille guife , rapiva coli' infolita vaghezza, e di vivifico tepore ril'caldava e fecondava i cuori degli efteri, e fpingevali giù dalle Alpi ad appreffarfi alla forgente. Fra tali albori dell'amena letteratura ognora memorabili e cari per l' eleganza riforta coli' erudizione , apparve nel corfo del XVI lecolo pieno e adulto il giorno del lapere, PRELIMINARE. XT i'o dico il tempo , in cui gì' ingegni confcii delle proprie forze doveano Hvvederfi della vera maniera di fìudiar la natura indipendentemente dall'autorità. Niuno ignora che Pitagora , 1' antico maeftro della Magna Grecia , comandava a' fuoi difcepoli un rigorofo filenzio di due o di cinque anni giufta la maggiore o minor difpofizione che in efli fcorgeva a ben ragionare . In tal tempo effi afcoltavano foltanto ed arricchivanfi dei di lui infegnamenti , e quando cominciavano a parlare, altro per lungo fpazio n-on profferivano che il femplice motto , Egli /' ha detto . Quefto corfo dell' Italica Scuola è quello appunto che fanno generalmente le nazioni e quando emergono dalla prima barbarie , e quando riforgono dalle altre pofìeriori. La forgente della fcienza è porta nella maravigliofa fìruttura del noftro corpo , tutti i nofiri fenfi venendo inevitabilmente fcofTì dagli oggetti efìeriori che ne circondano. Colla continua pofTente azione di quefìi oggetti innumerabili forge nell' uomo fanciullo una moliiplicità incredibile di fenfazioni , ond" è pofto in gran fermento il naturai pendio che lo porta ad iftruirfi . Nel difvilupparfi gli organi della voce impara appena a mandarla fuori articolata, che incominciano le fanciullefche fue richiefìe, e per confeguenza la fua fcienza . La mente fi arricchifcc d' idee a mifura delle lenfazioni che di fuori riceve ; la prima è feguita da un'altra, né quefìa né le feguenti fono le ultime, finché non ceffiamo di efifìere: nella guifa che un pefo lafciato cadere perpendicolarmente in un lago tutto in cerchi concentrici fucceffivamente lo converte . Vedere , notare , e implorare l' opera altrui per intendere , fono le prime confeguenza del commercio dello fpirito umano che fpazia per le forme el^erne . Chi prima oifervò , diviene la noflra fcorta e l'oracolo della natura: chi meglio intende allora i refponfi di quello primo oracolo , fembra il più dotto ; e queflo è il regno dell' autorità, che pafTa di mano in mano , finché non giunga il meriggio del fapere , cioè finché non fi apprenda 1' arte d' interrogare la fola natura , 6 2 XII DISCORSO Comprefa però una volta la mente di quel primo oracolo; fopravviene il penfiero di ripetere le oirervazioni, fcorgonfi le dilcordanze traile cofe e i dettati magillrali, comincia un faggio dubitare , e fi ollerva in feguito con indipendenza . Qiiindi forge lamore e il bifogno di fìlorofar con libertà . Or quefto fu lo ftato degl'Italiani nel fecolo decimofelìo . Terminò allora il Pitagorico filenzio e nelle contefe non più come prima o ben di rado equivalfe aduna ragione quel rifpettofo ma infingardo, egli il di[[e , e l'adito della rupe ove avvinta giaceva la filofofica libertà , finalmente lì dii(.hiare . Oiferviamo con qualche compiacenza ciò che affermafi concordemente in Italia ed oltramonti , che il primo onore di frangerne le catene toccò in forte agli abitatori delle provincie di queflo Regno . Niuno prima del Colentino Bernardino Telefio osò dipartirfi o da Arilìotile o da Platone . Strinfe egli ed incalzò vitioriofaniente il primo fenza arrollarfi fotto le bandiere dell' altro . Nella dottrina del noftro antico compatriolto Parmenide trovando analogia maggiore colle proprie idee , ne formò con eroico ardire un mifto ingegnofo ne' dotti ed eleganti fuoi nove libri della Naturil gin/fa i fuoi principii , ne' quali trafparc qualche immagine della forza d' inerzia e della motrice e dell'attrazione e della ripulfione. E febbene non avelfe con piena felicità edificato, ficcome avea diiirutto il fìftema fìfico Ariftotelico, pure il gloriofo sforzo meritò alti encomii da Bacone da Verulamio, e potè egli contar tra' fuoi famofì lodatori e feguaci il dotto Francefco Patrizio , il di lui concittadino Sertorio Quattromani , e Tommafo Campanella di Stilo, il quale die in tal fecolo ancora precoci frutti di fommo ingegno, di vaftiffima dottrina, di gufìo e di erudizione e dell'amore che portava agli efperinienti e alle oifervazioni e alla libertà filolofica. Debbefi ancora al Telefio il primo efempio di un' Accademia fcientifica fenza elfere Platonica né Peripatetica . Cofenza mercè di lui coll'Accademia detta Cojentina e Tdcjiana^ era allora quello che un fecolo dopo PRELIMINARE. XTTI fu dentro e fuori delle Alpi Firenze con quella delCiaiento. Libero, grande, e vivace ingegno, fervida immaginazione, alto difpregio del Pcripato, ardir foverchio e rea indifferenza per la Religione , forti il Nolano Giordano Bruno , ed ahufando della libertà pafsò dalla filolofia all'empietà e ai deliri. Con tutto ciò non può negarfi di aver egli in diverfi placiti preceduto non pochi fublimi ingegni , come nell'allerire la pluralità dei mondi (ari^omento pofcia trattato coir ufata vaghezza e leggiadria da Bernardo le Bovier de FontcncHe ) , i vortici Gartelìajii , la figura quafi sferica della terr.i, l'immobilità del fole, le comete fimili a' pianeti, le monadi Leibniziane. Giambatifla della Porta illuftre autore della Magia Naturale e fondatore in Napoli della utiliflì ma Accademia fcientifica àt'i Scgreti^^w fenza contrafto il maggiore e forfè il primo vero tìfica fperimcntale di quetio fecolo. Filofofò colle idee Peripatetiche, ma fenza giurar iempre nelle parole di Ariftotile. I fuoi fperimenti fpianarono agi' ingegni il fentiero per forprendere la natura, la quale nel celarli graziofaniente fi compiace di effer veduta . Fece egli i primi felici pafli per la combinazione de' vetri concavi e conveflì del telel'copio che dovea pofcia da una parte per mezzo del nofìro Fontana , dall'altra per opsra del gran Galilei incamminarli alla poiTibile perfezione , che attendeva al fine dal Newton e dal Gregory e dagli ultimi Inglefi . InnoltrofTì parimente con rara gloria nei piìi curioli fenomeni dell' ottica , e dichiaro le leggi della refrazione della luce che per la denfità o rarità del mezzo fi avvicina al perpendicolo o fé ne fcofta, e, quello della rifìeflione negli fpecchi concavi, ed efaminò prima di ogni altro l' iride e i colori olfervando co' primi le varie refrazioni de' raggi . E nell'ottica e nelle matematiche da lui pur coltivate ebbe emuli o feguaci il Maurolico ed il Fracaftoro. Il Cardano, il Tartaglia, il Bombelli, il "Viita avanzarono i progrefll dell'algebra. Luigi Lilio riformò con prodigiofa felicità il calendario. Claudio gli tenne dietro e perfezionò XIV DISCORSO il Tuo piano, e coltivo degnamente col Coniandini raftronomìa. Il Colonna e T Aldrovandi illuftrarono la botanica e tante parti del valtiiTimo ftudio della ftoria naturale . L'Ingraffia, r Eiiftachio , il Vefalio , il Fallopio furono nell' anatomia ciocché il Colombo ed il Vefpucci nel Nuovo Mondo fino ad effi fconofciuto . L' Acquapendente aprì il fentiero per iftabilire la circolazione del fangue , che indi nel feguenrc fecolo pretefe il P. Onorato Faori di aver dimoHraia nel trattato D^ Homine, indipendentemente dall'Inglefe Guglielmo Harvey , il quale per averla con particolare evidenza difviluppata , dopo che ebbe afcoltate le lezioni del lodato Acquapendente , tutte a fé traffe le palme anticipatamente raccolte in Italia . Tardò però la pura luce a rifchiarare pienamente l'Europa, perchè la vana filofofia pugnava ancora ed impediva che fi diffondefife in tutti i fenfi l' amor dell' offervazione e dell' efperJenza. Ed ora nelle Spagne refifteva al giorno r AriRotelifmo fcolafìico protetto dalle dotte fatiche del Vafquio, del Govarruvia , del Mendoza, del Rublo ed anche dei Caramuele : ora nelle fcuole Germaniche forgeva il Pitagorifmo Caballidico dello Svevo Reuclino, che prefe il nome di Capnione : ora in Italia il Frate Veneziano Francefco Giorgio confumavafi nelle fole di Zoroaliro e di Ermete : ora il fincretifmo o fi perdeva a conciliare Ariflotile e Platone (come fece v\t\\ì {\iz Sinfonia il Francefe Camperio) ed anche le novità di Pietro Ramo coli' Ariftotelifmo di Filippo Melantone , o vaneggiava nella Panteonofia ed altri libri del Normanno Guglielmo Poflello . Sventuratamente fiffatti fogni e trafcorfi non furono rari . In fimil guifa nei più bei dì di primavera levanfi ofcuri nembi a intorbidarne il fereno. Mirabil cofa parrà non per tanto in quefto fecolo XVI, che mentre la vera filofofia incontrava in più di un luogo ombre ed oftacoli da formontare , le belle arti felicemente elevavanfi al colmo della perfezione . Cantavano con PRELIMINARE. XV indìcibil leggiadria ed eleganza il Vida e il FracaLioro nell'antico grandiofo linguaggio del Lazio: afpiravano ia quello della moderna Italia Ariolìo ad apprefFarlì allo fìelfo Omero per ingegno, per fantalia e per poetica felicità nel defcrivere tutta la natura, e'I gan Torquato a degnamente dar fiato all'eroica maeftofa tromba Virgiliana. Parlava con inimitabile efpreffione agli occhi ed al cuore Raffaello, rapprefentava tutte le grazie il Correggio , e tutta la vivacità incantatrice della natura Tiziano , fcolpiva all' eternità Michelangelo. Ma non è da fìupirne . Per eccitare r idea del Bello e per fecondar la fantalia delle vaghe forme che rendono immortali le cetre, i pennelli, gli fcarpelli e le fquadre , baftò allora la lettura e l' emulazione degli antichi eiemplari Greci e Latini. Ma per impadronirfi del vero che fi occulta ne' penetrali più arcani della natura, e per tenerlo (aldamente , non ballarono que' pochi benché magnanimi sforzi fatti contro 1' autorità che da elfo allontana le menti pigre o ritrofe . Quanto vi volle per preparare la venuta del Galilei ] Ma venne al fine con quefìo moderno Archimede r epoca felice , in cui cedettero le parole alle cofe , le opinioni all'evidenze, l'autorità alla vo^e della natura. L'uomo da' fatti indotto a dubitare, per mezzo di una piena induzione procura di falire agli univerfali , ma commette aU'efperienza guardinga il verificare ad ogni paffo la verità fondamentale che ne ritulta . A quefto punto lo chiama la fapienza, a quello punto folo l'attende un puro e fplendente meriggio. Né combattè vanamente gli antichi, né pugnò per effi, né immaginò novelli fiUemi il gran Galilei. Tentò, olTervò, calcolò a parte a parte, e più amico de' progreffi. delle Icienze che della propria gloria particolare , non ambì di dlftruggere per edificar di nuovo a fuo modo, ma li conieniò di preparare laidi materiali e fidi fìromenti ai coltruitori più arditi che Jo feguirono . Laboriofo inveftigatore de' l'egreii naturali oiò fpaziarfi con libero XVI DISCORSO piede per un fentiero fconofciuto e non prima da umane velìigia calcato , che dal famofo Cancelliere Bacone appena veniva, benché lodevolmente, additato alla Gran Brettagna, l-gli tu l'inventoie della fcienza tutta nuova della Relifìenza de' corpi Iblidi, di quella delle Vibrazioni e della dottrina dell' Accelerazione del moto nella caduta de' gravi . Egli fi armò fé non dell'unico a' fuoi dì, almeno del più fortunato e ben maneggiato telefcopio diottrico. Difcoprì prima di ogni altro le mac>.hie folari (i), i fatelliti di Giove, le fall di Venere, le ftelle della via lattea. Fu egli anche il maeftro gloriofo del Cafielli che fu il primo legislatore dell' idrofiarica e dell'idraulica, e di altri infigni diicepoli, e del Viviani maravigliofo indovinatore del libro de' Majjìmij e de' Minimi di Ap Uonio , e finalmente del Torricelli che fece la famofa (coperta della cagione della fofpcniione de' liquidi ne' tubi, fpiegandola per la preflìone dell'aria, copiofa forgente quali di una novella Fifica . In quello gran periodo , in cui a trionfar compiutamente del gergo colpirò l' analifi e la finteli , rifulle ancora il Cavalieri che trovò la geometria degV InJìviJìèili . Egli lomminiftrò i fondamenti del calcolo infinitefimale all'ardito Walìis I AsIifoiJ y il quale, al dir del Fontcnelle (2), produlle infinite ferie di numeri e determinò fenza verun timore né precauzione i rapporti delle loro fomme , dalle quali dipendono non folo i rapporti de' piani e de' folidi dati dal Cav:;lieri, ma ancora le quadrature e le rettificazioni delle curve che non entravano nella teoria del geometra Italiano, incominciando dove quelli avea finito . Fiorì allora parimente il Keplero, cui debbonfi le due tanto famofe leggi allronomiche : il Borrclli uno dei più fermi folìegni del Cimento, il quale vivendo in mezzo ai più gran fifici, aftronomi , (l) Nella Rofa Urfina pubblicata nel 16^0 lo Schelner non ha the fc fltfTo per teftimonio di averle prima, cioè nel idi I, offervate. (a) Nella fua Geometria deli' Infinito. PRELIMINARE. XVII aftronomi e matematici gli parejjgiò talora, talora gli vinfe, e trafportò con felice conato la certezza geometrica fino nei movimenti fponranei o necelfarii degli animali, manifeftando la forza mulculare nel nuoto, nel corfo , nel palfeggio , nel volo : il Malpighi fagace invettigatore di tante {coperte anatomiche , il quale feppe prima di ogni altro difendere r anatomia alle piante : il Locke il quale fenza elfere fifico ne matematico pur fi fece onorato luogo tra' grandi uomini della fua età ( potendofi giugnere all' immortalità per vie diverfe ) e difviluppò e narrò con infolita eleganza e vaghezza la fìoria naturale dell' anima umana, rigettando le favole foventi fparfe ne' libri e confultando l' intimo fenfo di fé ftelfo e l' analifi dell' uomo , col fuo decantato faggio dell'intendimento umano : il Gaffendi che rettificò in Francia la filofofia di Epicuro , ed ofTervò il primo il pianeta mercurio nel difco folare : il Cartefio che fpezzò al fine le dure catene dell'autorità rivendicando la libertà degl'ingegni, ed aprì a' geometri nuovi e fublimi fentieri non prima frequentati, applicando l'algebra alla geometria: ed \\ Neper che in Inghilterra formò il bel difegno di femplificare i calcoli Trigonometrici , foftituendo l' addizione alla moltiplicazione e la fottrazione alla divifione, e ne venne a capo colla fua ammirabile invenzione de' logaritmi . Venne pure il celebre Gian Domenico Caffini padre dell' agronomia in Francia , il quale oltre all'avere fcoperti quattro dei cinque fatelliti di faturno , e con maggiore accuratezza del Galilei e del Reineri, dell'Odierna e del Borrelli, feguitl gli aftri Medicei, e riformate le loro ipotefi e le tavole con nuove e più fquifite oflervazioni , con tanto vantaggio della geografia e della nautica, oltre, dico, a ciò, egli infegnò agli aftronomi dal 1683 a notare il fenomeno del lume zodiacale , fpianando la via al P. Noel che l' ofTcrvò nel 1684, a Fazio di Ditti ììer nel 1685, a M. De la Loubere Inviato del Re di Francia al Siam nel 1687, al P. Le Compie che dal 1685 al 16^^ r ofTervò nel Siam e nella China, ed in XVIII DISCORSO feguito alla maggior parte degli alìronomi di quefto fecolo, e fingolarmcnte a M. Mairan che ne ha dato un trattato eccellente. Egli avvenne poi a quefta fcoperta ciocché in ogni novità accade , Niuno 1' avea olFervata , e poiché il Caffini l'ebbe nianifeftata , tutti vollero trovarla negli antichi, e contarono intorno a tre olTervazioni fatte prima di lui (i) . Ma pofe 11 colmo alla gloria di quefto fecolo il calcolo infinitefimale compiutamente trovato e fviluppato dal gran Newton, fcienza che porta le nofìre conofcenze nell'infinito e quafi al di là de' confini prefc ritti alla mente umana . Nato fecondo la riforma Gregoriana del calendario nei primi giorni del 1643 > ^' venticinque anni della fua età ( dice il Hjrrow ) trovò queflo calcolo maravigliofo che fa la bafe del fuo gran libro dei Piincipii ufciti al pubblico nel 1587. Tre anni prima Gotofredo Leibnitz avea negli Atti di Lipfia pubblicato le regole del calcolo differenziale, nelle quali egli chiama integrale ciò che Newton nomina Jluente, e dijfc-renza ciò che Newton cKurm fiujpone . Si (l) La prima fi vuole fatta nel principio del quinto fecolo. Niceforo nel libro XIII della fua ftoria dopo di avere rapportata la prefa di Roma per Alarico parla di un chiarore fingoiare che avea la figura di un cono e fembrava una fpecie di fiamma porta da prima Tfcrlo la parte del cielo dove il fole forge nell'equinozio di primavera, indi fpjrfa per la parte del zodiaco che corriiponde all'ultima ftella della coda dell'orla • di che veggafi il trattato del lodato M. Mairan. La feconda offervazionc fi riferifce ali" anno 1^61 facendo Fontano ofTervare ad un pefcarore del Nilo le piramidi del lume zodiacale . Di lui dice: Obftupuit , doluitque fimul fuper ajlra referri Pyramiclas , veterumque rapi monumenta virorunty Xgyptumque fuis fuperos [pollare trophaeis E l'ultima appartiene anche al decimofettimo fecolo, mentre Childrey in fine della fua ftoria naturale dell'Inghilterra Icritta verfo il i6sf parla ancora di un cammino luminofo che fembrava toccar le Piejadi. PRELIMINARE. XIX voWt però che nel 1673 egli avelie letta una lettera del Newton dove fpiegavaiì nettamente il metodo delle flujjìoni. Nondimeno egli era tale quell'inlìgne Prefidente dell'Accademia delle Scienze di Berlino da non rofpettarli di lui che avefTe voluto involare la gloria del gran ritrovato al Prefidente della Società Reale di Londra. Due sì gran luminari del loro fecolo potevano ciafcuno da fé ftelfo pervenire a difcoprirlo. Ad ogni modo effi vendicarono dalle ipotefl le fcienze ed apportarono il fofpirato meriggio . Il grande Inglefe co' fuoi Principii dove dominano le due famofe teorie delle forze centrali , e della refijìenza de mezzi al moto , e colla fua Ottica ripiena di tante cofe tutte nuove, tutte avverate, tutte mirabili fu i colori^ ed il famofo Alemanno colle teorie del moto ajìratto e del concreto.^ e colle ricerche fuUa mifura delle forze che egli divide in vìve e in morte^ sfanno sì, che gli amatori delle tìfiche e delle matematiche con feducente trafporto mifto di diletto e di maraviglia adorino le immortali tracce della luce che accompagna i loro voli fublimi. Per effi le Accademie Europee trionfano dell'ignoranza o dell'orgogliofo pedantilmo de' vocaboli vuoti di fenfo che all' ignoianza equivale . Il lodato Cimento di Firenze avea fpianata la via alla tìfica fperimentale fuUe tracce del Galilei e del Borelli . Gli Oltramontani emulandone le cure videro di mano in mano nafcer fra loro le focietà fcientifiche di Parigi , di Londra , di Lipfia , di Berlino e di Pietroburgo . Bologna intanto fpiccava col rinomato Iftituto e coir Accademia delle fcienze . Né mancarono allo fplendore di sì gran fecolo gli emuli dei Raffaelli e dei Correggi che ricondulfero alla vaga e graziofa natura le belle arti . I Caracci moftrarono colle loro divine tele che fi poteva dopo Raffaello fare innarcar le ciglia alla pofterità ; e furono egregiamente in diverfe forme fecondati or da Guido Reni, dall'Albani e dal Quercino, or dal Veronefe , dal Tintoretto e dal Rubens , or dai noftri Giufeppe Ribera, Maflìmo Stanzoni e Mattia Preti. e 2 XX DISCORSO Sforzi memorabili facevano intanto fra noi gVInvefiganti della Società Roiranefe . Ma non ancora un provvido beneficente Iguardo Reale erafi rivolto ad ifpirar coraggio, lena ed emulazione in quelli regni. Madrid e Vienna vedevano di riverbero quefte contrade e con gli occhi dei Viceré . Convenne al Borelli, prima d'infegnare in Mellìna, di cercar l' aura di un protettore della vera Icienza fuori del recinto delle noftre regioni. Roma e Firenze ammirarono in lui quanto avrebbe potuto il genio di una nazione attiva acuta e peripicace fotto di un Principe protettore delle fcienze e della gloria nazionale . Non pertanto un fecolo e mezzo di pubbliche fventure non impedì che molti dei noftri prendeiTero a calcare le veftigia del Galilei e del Cartello. Tommafo Cornelio, Lionardo da Capua, Luca Porzio approfittaronfi dei lumi ttranieri e domeflici, additarono molti fcgreti naturali anche agli oltramontani, e diedero la caccia all' Aril'totelifmo rifugiatofi all' ombra del governo viceregnale . La buona filofofia giva rinafcendo fra noi come altrove; la geometria fi coUego colla tìfica, e quefta nell'alleanza acquiftò (olidità e quella fi rendette utile ed interelfante; Newton divenne la noftra fcortaj la barbarie paffata perdeva terreno ad ogni palfo . Non mancava alla moderna fapienza che un tempio eretto unicamente per raccorre i più fidi fuoi miniftri e adoratori per facrificarvi ad onor del Sovrano ed alla pubblica felicità le primizie de' proprii fudori . Mancava un' Accademia fcientifica che potelle attendere a' Tuoi lavori all'ombra del trono . Mancavaci un Monarca vicino che promovete il pubblico bene cominciando dal rifchiarare le menti per renderle fagge regolatrici dei cuori, ficchè potefTero fecondare ftnza intoppi le mire fovrane dirette al pubblico bene . Tornò finalmente nei noftri paefi l'onor della regia fede, e l'augufto CARLO III forrife benignamente alle lettere porgendo loro la mano. L'adunanza fcientifica infpirata dal dotto Monfignor Ccleilino Galiani, cui prefedè qualche PRELIMINARE. XXI anno Niccolò Cirillo e (ervì di Segretario il celebre Francefco Serao , giva elevandoli a giande altezza e prometteva di pareggiar l' Inglefe , la Parigina , la Bolognefe , e quelle dell'ultimo Settentrione. Ma di repente emerfe dal ieno della terra l'antica fepolta Ereolano, e le reliquie che ad onta dei fecoli ferbaronli in ella all'ammirazione della noftra età, traflero alle vicinanze del Vefuvio gli fguardi del Sovrano e dell'Europa, e nacque l'Accademia Ercolanefe addetta ad illuftrarle . La luce filofofica dietro la fcorta del gufto diiripò i deliri degli antiquarii non filolofi e pretti etimologifli . Ma il fentiero della vera fìlofofia calcato dal Vico , dal GapalTo , dai Martini , dal Lama , dall'Orlandi e dal Genovefi, uomini pieni la mente, il petto e la lingua del lapere del Leibnitz e del Newton , condito della Socratica e Platonica incantatrice eloquenza che fola rende la fcienza amabile, prometteva l'epoca fortunata della fondazione di un' Accademia Reale defìinata ai progrelL delle fcienze. Ma Carlo III vola a felicitare 1' ultima Efperia, e rimane all'augullo FERDINANDO IV e all'inclita MARIA CAROLINA la nobil cura d'illuftrare il loro regnato con sì notabil pegno di, paterno amore verfo i loro fortunati vafTalli , e di far noverare il noftro fecolo tra quelli che abbiamo di fopra riferiti, i quali formano la vera lìoria utile, innocua e intereifante dell'umanità, cioè quella che ci conferva i glorioli avanzamenti della mente umana . FONDAZIONE DELLA REALE ACCADEMIA. Tutto fotte di si gran COPPIA rifiorifce. Un difcendente di Antonio Beccadelli animato dallo fpirito del fuo grande antenato feconda col proprio zelo le alte mire dei benefici SOVRANI intenti a far nafcere la vera coltura dello ftato con proteggere le fcienze. L'anno 1779 compionfi al fine i voti dei buoni, e, a differenza di tante XXll FONDAZIONE altre letterarie adunanze Italiane e ftraniere , forge con inlolita fplendidfz'/a la Reale Accademia Napoletana delle Scienze e Belle Lettere . Ecco l'epoca più felice dei noflri faui , che prende il nome da FERDINANDO e CAROLINA, e che promette la gloria fcientifica e la felicità di queftì regni , Il Sovrano provvede al mantenimento della nafcente focietà proporzionato ai principiij ne affida la cura a un degno Prefidente nella perfona del Principe di Francavilla Don Michele Imperiali Maggiordomo Maggiore, che mancato indi a non molto ebbe un non meno illuftre e chiaro fuccelfore nel Principe di Belmonte Don Antonio Pignatelli; deftina due Segretarii perpetui Don Michele Sarconi per le Scienze e pel Regiftro economico , e Don Andrea Serao per le Belle Lettere , e nomina ventiquattro Accademici Penfionarii , ai quali affbcia un numero grande d'individui erteri e nazionali non fuperfluo, avendofi ragione dei molti rami deftinati a coltivar le fcienze e l'amena letteratura (i). Che più:' In compagnia dell' augnila CAROLINA onora della Real fua prelenza la prima pubblica adunanza della fua Accademia , infpirando nei rapiti fpettatori un vivo ardore di corrifpondere colle proprie vigilie alla real munificenza, e di rendere la patria e fé ftem felici ed illuftri. Giunfe per tutto la fama della pompa di quel bel giorno, che tutti colmò di fpeme, di giubilo e di tenerezza gli amatori del fapere; or qual entufiafmo infpirar non dovea nei compatriotti adunati nella Sala delle alfemblee 1' augufta benefica prefenza di sì amabili e sì amati SOVRANI ? Chi ciò vide e ne avea il carico , avrebbe potuto agevolmente tramandarlo alla polìerità ccn evidenza maggiore di quello che pOiTa oggi fard da chi refpirava allora le aure del Manzanare raccogliendo dalle ammalfare carte la fparfa luce e le accademiche fatiche dei primi anni. (l) Se ne legga il catalogo negli StatHt'i della R. A. approvati da S. M. e pubblicati l'anno l'jj^. XXIII STORIA DELL'ACCADEMIA. Con faggio avvifo fi prefiiFe la nafcenre Accademia per oggetto principale di tutte far concorrere le Icienze a vantaggio dello flato . (Quindi le quattro clafTì che la conipolèro, a' patrii blfogni volgendo le mire, quella parte delle rifpettive fcienze intraprefe a coltivare con maggiore ardore, onde il bene filico, politico e morale di quelìi regni ne rifulralle . Noi andremo additando l'ubertofa nieire che lì prefentò all'amor patriotico all' aprirfi così gloriofo campo. Frima adunque di comunicare al pubblico le Dilfertazioni fcelte dal Corpo Accademico per quefto primo volume dei fuoi Atti, accenneremo in un articolo gli oggetti principali propolli per tutti i rami delle claffi ftabilite, ed in un altro daremo una competente idea dei varii tentativi fatti prima e dopo dell'anno 1783 per promuovere le fcienze e l'amena letteratura . LAVORI PROPOSTI ALLA PRIMA CLASSE. L'Abate Don Felice Sabatelli Napoletano R. Profelfore di aftronomia nell' Univerlità degli ftudii e Accademico Penlìonario che morte ne rapì nel 1786, uomo ornato della dottrina più foda e del difcernimento più fine , propofe agl'individui della prima claffe il determinare coli' ultima precifione la longitudine e h latitudine della noftra capitale . Le mifure che prima fé ne aveano non fenza errori erano frate la prima volta corrette nel moniftero di San Severino dal celebre Pietro Martino fuo predeceifore nella cattedra dell'aflronomia, di poi dal medeiìmo Ab. Sabatelli nella real Paggeria, e ripigliate in apprelfo dal P. Carcani nel real collegio di S. Carlo alle mortelle ; ma l'avveduto Accademico vi defiderava ancora 1' ultima efattezza . Proponeva altresì che fi mifuraffe in tutto l'anno l'alzamento- ed abbaflamento XXIV STORIA del mare tanto nel noftro Cratere quanto ne' lidi del regno, reputando che tal mifura, comechè picciola e quafi infenfibile creduta , dovefTe pure interelTare l' Accademia . Il cielo foprattutto fornirà, egli diceva, ai noftri laboriofi olfervatori per tutto l'anno copia dilettevole e nuova di fenomeni in mille guife variati . Il P. Giammaria della Torre Genovefe morto nel 17S1 lafciando di fé defiderio fommo nella naicente Accademia ìnlinuava che i matematici comprefi in quella claffe dovelTero occuparli intorno all'origine dell'equazioni e alla loro natura, per trarne formole generali chiare e fpedite da rintracciarne le radici , fenza aver bifogno di ricorrere al metodo di approlTimazione per mezzo delle ferie infinite . Prefiggendoli 1' altro valorofo Penfionario l' Abate Don Giufeppe Marzueco Napoletano d'infpirare all'Accademia lo fpirito di novità e di grandezza che orna e rende ccfpicue le adunanze fciemifiche, animava la noftra forgentc focietà a tentare di foflenere la gloria degl' Italiani, che fi fono fegnalati prima di ogni altra nazione Europea neir analifi , e per ciò a procurare un' elegante foluzione dell' equazioni del terzo grado così necelTaria per palTare indi più oltre , onde potellero efficacemente illulìrare la mejicanica, l'ottica e le altre parti delle matematiche nude. Il laboriofo Socio Don Niccolò Pergola Napoletano, nel quale combinali un vero amor delle feienze e un vero patriot ifmo, lodando i metodi lìntetici degli antichi geometri, che confi ftono nell'ufo giudiziofo del principio di riduzione, oflervava però che fiffatto artificio euriftico , benché ficuro e gloriofamente penfato, Ila foggetto a certa lentezza nello fcoprire il vero, la quale fovente delude le nolire fperanze. Quindi defiderava che una focietà intenta all' incremento delle fcienzc cercalfe di aifegnar mezzi per guidarvi i geometri e prefcrivere delle regole per agevolarne l'ufo» Ed oltre poi al propofto miglioramento della foluzioa* delle V E L L A R. A, XXV de' problemi geometrici ei fuggeriva doverfi eftendere e migliorar que' metodi dell' algebra de' finiti e degli infiniti , donde maggior perfezione arrechifi alla geometria de' curvilinei, ed a' moti naturalo - variabili . Ed avendo fin dal principio di fìinto in due rr:mi tutte le inveftigazioni fulla quantità, cioè nella ricerca de' metodi generali, ed in quella delle importanti verità particolari rilevate per mezzo di tali metodi, diicendeva ad indicar certe mire particolari da tenerfi dall' Accademia fui primo e lui fecondo ramo . Efigeva in effetto in quefto che fi formalTero le carte parziali corografiche delle noftre regioni , e che con uti allerifco vi fi fegnaffero que' luoghi , le cui latitudini e longitudini fofifero Hate prele alhonomicamente : che fi inifuralfe nelle pianure della Puglia il grado del meridiano terreflre : che fi laggialTero le attrazioni de' pendoli prodotte dalla catena degli appennini : che fi livellalfero i principali laghi e fiumi del noUro regno, ec. Finalmente dopo aver commendato a' fuoi compagni lo fìudio di rilevare incelfautemente dalla natura i veri Dati per IÌ problemi filìco-matematici , proponeva a tal uopo lo llabilimento di un Elaboratorio Chimico , e di un altro Ottico diretti da pcrfone dotate di fufficienti lumi di fpeculazione e di pratica . E fi doleva non tanto del'a mancanza di quefli Elaboratorj , quanto di quelln nazionale indolenza , onde tra(curafi l' elàme di que' corpi , che la natura preparando ne' luoi fegreri Elaboratorj a dovizia ci porge . Il Vefuvio, €i diceva, in una fola eruzione otfre per obietto al fifico que' corpi che gitta «elle valli , e quegli altri, che di per fé intrudonfi nell'atmosfera, ed invita il gè metra a calcolare la denfità , che a quetìo fluido in tal congiuntura cagionali da' corpi galle^-gianti , « dal gran calore che lo inveile. L'Abate Don Niccolò Pacifico accademico penfionnrio della fec nda clalfe, le cui moltiplici cognizioni lo rendono illufìre nelle matematiche, e fegnatamente nell' aflronomia, ■nella lloria naturale e nell'antiquaria , e la cui erudizione 4 XXVI STORIA fpargefi per rutti i rami delle fcienze da lui felicemente coltivate, in un piano di occupazioni propolìe per l'anno 1780 e pel feguente, attendendo all'attuale fcariezza delle macchine aftronomiche e fìfiche dell'Accademia, fuggeriva fingolarmente le feguenti teli matematiche . Migliorare i metodi per 1' invenzione delle ferie convergenti per r integrazione delle formole differenziali , ed ampliarne l'uToj e fpecialmente proporre una ferie più convergente per la rettificazione delle curve conii.he e più adattata alla pratica* la qual cofa l'illuflre autore pafsò ad eleguire egli lieffo per farne parte all'Accademia. Promuovere l'elegante teoria della riduzione dell' integrazione di alcune formole ditferenziali alla rettificazione delle curve coniche; e vedere in particolare, in quair cali qui fi riducano l' efpreflìont difierenziali complefTe di due radici del fecondo ordine di funzioni razionali tanto che le multiplicano quanto che le dividono . Efaminare la forgente delle difficoltà che s'incontrano nel voler cofìruire alcune equazioni differenziali. E finalmente badando anche all'analifi de' finiti incoraggiva i fuoi colleghi a dilucidare un po' meglio la teoria dell' equazioni , ed a tentar di togliere con facilità ( fa mai è poffibile ) i due termini intermedii di una equazione di terzo grado, per ottenerne anche con quello mezzo la foluzione . LAVORI PROPOSTI Su i diverjì rami della fecondj, Clajje . Senza togliere agi' individui della feconda claffe che la medicina in tutta la fua eftenfione e la lioria naturale riguarda, la libertà di efercitarfì in quelle inveftigazioni che loro preientaffero oggetti nuovi ed impoitanti , il chiariiTimo Don Domenico Cotugno accademico penfionario a quella aicritto raccomandava per l'anno lybt le feguenti D E L L A R. A. XXVII ricerche , col folo animo di fuggerire agriodeclfi una leri^ di oggetti degni di efaminarfi, e quelli principalmente cht poteli'ero illulìrare le cofe patrie. Dietetica. I La natura delle arie nei diverfi fiti delk capitale. II La natura delle noftre acque potabili, le dilferenze fpecitiche , e la diverfa falubrità delle acque correnti, e di quelle che diconfi per diltillo: 1' e fame della noftra particolar pietra tufacea detta di monte , la fua origine, i fuoi compofìi, l'intluenza che pofla avere fecondo la varia pofizione e profondità dei niaiTi fulla maggiore o minore falubrità delle acque, le fue varietà . Ili La ftoria dei noftri vini , l' invefligazione dei varii concimi , onde perla malizia dei venditori re liano alterati j come conofierli, quali mali vagliano a produrre, come rimediarci. IV La natura delle farine convertibili in pane; .come conofcere le contengano parti non frumentacee ; quali foftanze polfano accrefcerle con falubrità, quali con danno . Patologia . Un regilho delle fuccellìve coftituzioni dominanti nella capitale 5 un parallelo dei varii avvenimenti dei noftri vulcani j fé abbian quefti qualche iniluenza , e per quali malattie ; fé vi fia artfi da fchivarle . II La lìoria efatta dei mali particolari; ricerche full' origine delle affezioni uterine, fuUe malattie del cervello, della milza ^ del pancrca ; fulla rachitide , e donde fia divenuta tanto comune ; fu i mezzi da prefervarfene j fé vi fia una cura eradicativa, e quale effer poffa . Ili Se oltre la corteccia del Perù fienvi altri rimedii efficaci a combattere , e diftruggere i periodi di certe malattie. IV Un efanie dei mali che poffano fenza ajuto di medicina diftruggere colle proprie forze fé ftefTì , la loro ftoria, e la ragione della loro efficacia. Don Francefco Merli da Ferrara Socio eftero aggregato a quefla clalfe noto per le fue dotte produzioni proponeva le ftguenti quelHoni per avanzare i progredì della medicina. 1 Se polfa la medicina teorica pratica avere varii e fermi d z XXVIIl STORIA principii, che come arte nobile ed utile molto più di ogni altra l'avvicinairero alla fcienza. II Perchè quefti principii additati da Ippocrate non fieni! di poi coltivati ed accrefciuti. IH Se ciò lia derivato per necelfaria confeguenza del limitato umano talento, o le l'ignoranza, la malizia, i pregiudizii 1' abbiano determinatamente prodotto . IV Efaminare fé la natura abbia fegni efterni per regolare le indicazioni , e farne indi una più ragionata teorica onde rifultalfe una efemplare e ferma pratica . V" Se gli antichi medici con una ben riftretta farmacia e con poca cognizione di rimedii folfero flati nelle loro cure più o meno fortunati dei medici moderni forniti di maggior numero di rimedii . VI Se poffa l'Europa ed ogni parte di ella combattere i mali fenza bifogno delle droghe flraniere . VII Riflettere fui bifogno di riftringere quella parte chimica che ferve alla medicina , feparandola interamente da quella che non le appartiene . La chimica, diceva poi il valorofo Socio Don Niccolò Andria , fembra eftenderli al pari della natura, potendo tutti i corpi naturali formar 1' oggetto delle contemplazioni di un chimico . La cognizione delle proprietà e della compofizione dei corpi ci mette in ifìato di comprendere i fenomeni della natura, e l'ufo cui a noftro vantaggio polfonfi i medefimi desinare. L'analilì adoperata dai chimici forma un argomento a pojìeriori ^ il quale può conchiuder bene foltanto in cafi particolari . Ma coli' analilì oflìa col difcioglimento di un corpo fuole avvenire che fi diftrugga il mecanifmo della natura prima che da noi fi conofca , ed allora il noflro fine rimane delufo . Il metodo adunque delle combinazioni fembra da preferirfi. Combinando infienie le foflanze corporee poffiamo meglio inoltrarci a fcoprire il fecreto delle operazioni della natura. Quefto gran progetto fi è in parte cominciato a mettere in pratica ; ma lungi dall'ellere efauriio egli non fi è tentata che una piccioliflìma parte del piano immenfo che elio fomminiftra agli occhi BELLA R. A. XXIX del fifico . L' eRenHone di sì vafto campo non permette che lì efegua né da pochi né in poco tempo. Dovrebbelì adunque lalciare alle altre fcientifiche fociet;i V efecuzione del rimanente, giacché effe dimoftrano cri fatto di elfere animate dal medeiimo nollro impegno di promuovere lo fìudio della chimica che forma oggi con tanta ragione la bafe più foda delle fcienze fifiche. E li dovrebbe da noi per certo innato dovere volgerli ogni cura a quelle cole che privativamente ci appartengono. I contorni di Napoli abbondano delle più variate , più curiofe e più utili produzioni onde la natura può arricchire un paefe . Scopo una volta infelice dei vulcani, oggi foraminittrano ubertofamente agli oifervatori i rari effetti prodottivi da tali potenti cagioni moderate dall' azione del tempo . Formano adunque tutti quefti contorni una fpezie di fcuola , dove la fìelfa natura coi fuoi prodrgiofi fenomeni fembra dettare interelfantilfime irruzioni di fitica e di teoria naturale. Il non approfitrarfene ora fp^zialmente che fi è trovata la maniera d" interpretar felicemente i fenfi arcani della natura, farebbe una colpevole negligenza . Soprattutto dovrebbero con efattezza indagarli quei grandi rapporti che i prodotti naturali del paefè polfono avere col tcforo ineftimabile della falute dell' uomo . Contemporaneamente fi dovrebbe imprendere l'efame chimico dei materiali del noflro terreno atto a fomminiftrare colli fua varietà ampia occafione all'avanzamento delle arti non folo di prima necefiìtà, ma anche di luffo , Tutto ciò prefenterebbe un nuovo Spettacolo all'Europa tutta. Inerendo a fimili vedute il noto illnflre regio Profelfore di chimica e Accademico Peniìonario Don Giufeppe Vairo fcendeva profittevolmente ai particolari. La geografia fifica dei contorni di Napoli , ove la natura più che altrove fi è moflrata maravigliofa ed inftruttiva , prender fi debbe principalmente di mira . Mancaci una compiuta fìoria dei fenomeni maravigliofi della Solfatara di Pozzuoli. Dovrebbe procurarfi di accrefcere la quantità dell' alumc che fi produce STORIA ;'!i quel vulcano , e di migliorarne la qualità . PolTouo fienderli le ricerche fuUa taniofa grotta del cane e fuUe acque minerali che trovatili nel territorio di Pozzuoli e fui vapore delle flufe dell" ilòla d' Ifchia , di Agnano e di Poziuoli. Anche l' induftre oflervatore l'Ab. Don Domenico Tata Socio afcriito a quella dalle inculcava 1' efanre della fiatura dei noftri vulcani e delle materie da effi eruttate in (.>:ni tempo , e dell' influenza che polfono effe .avere luU'ubertofità delle terre. Per la fcienza delle piante il regio ProfelTore di botanica ed Accademico Penlionario Don Vincenzo Peragna proponeva che s' invelligafle il carattere naturale di elle per formarne il delìato lìftema naturale; che fi efaminalfero le piante criptogamiche , e coli' ajuto del microfcopio e con altre opportune diligenze fi diftingueflero quelle che appartengono al regno vegetabile da quelle da trasferirli al regno animale : che ii defcrivelTero le piante nuove dei nollro regno , rettificandone il carattere effenziale , e notandone le varietà per relìrignerne le fpecie al minor numero pofTibile. Ed a tal propofito diceva .eziandio il Socio Don Giufeppe Gerulli che il più importante oggetto della botani.ca era la floria naturai? delle piante, altro non eflendo la nomenclatura, i caratteri e le defcrizioni di elle che il limitare e l'atrio della botanica, ed appena il mezzo da facilitare la conofcenza delle piante . Ma la iloria ragionata ( aggiiingeva ) di ciafcun vegetabile non può ottenerfi che colla Iloria tìfica, chimica ed economica di elfo, comprendendo in quell'ultima l'ufo medicinale ove ne abbia . Quanto alla prima li deiidera finora nella Iloria della natura un fillema perfetto per intendere la vegetazione delle piante ; né fé ne verrà a capo , fé non fi lludia in ogni vegetabile la lìfica delle piante , eflendofi fempre col metodo fintetico fatti i primi pa^i della ragione. Per la parte chimica di un vegetabile, penfava doverfi rintracciare conliderandolo tanto dal lato della chimica analitica, quanto DELLA R. A. XXXI da quello della chimica di combinazione che potrebbe chiamarfi fintetica } e per la prima prendeva a vendica. e la fcienza chimica da i rimproveri di coloro che poco fperano nill' analilì ; per la leconda conveniva della fomma utilità che rifulta dalle materie evidentemente inalterate e realmente eftratte da i prodotti dei vegetabili e di tutti i corpi , e dal ricomporre il corpo analizzato col riunire firfatte fodanze o prin.ipil coftitutivl di efu corpi. Per la pianta poi che avelfe qualche ufo nella medicina, prevenuto a favore dslLi materia medica degli antichi che ufivano alcuni potenti rimedii tratti dai vegetabili , dei quali non p )tevano tramandare notizia efatta per mancanza del fiftema botanico, fuggeriva che non fi trafcuralfero le loro conofcenzc e che li congiungeifero ai moderni lumi . Il prelodato Penfionario Abate Pacifico e 1' alerò Penfionario Don Angelo Fafano fempre indefeffi , fempre amatori della patria, e lempre pronti alle fatiche accademiche, propofero diverli punti di lloria naturale da averli prelenti dall'Accademia. L'idrologia, la mineralogia, la zoologia e la botanica loro fuggerl diverfe mire,, colle quali,, diceva il Sig. Fafano, potrebbero formarli tre ilorie intereirantiflìme la zoologica, la botanica e la mineralogica. Una fìoria particolarmente vulcanica richiederebbero, aggiugneva, quei tre famigerati elaboratorii della natura che abbiamo sì dapprelTo alla captale, il Vcfuvio , la Solfatara, ed Ifchia. Anche in fine di una di lui Memoria botanica che fi rcgiftrerà nel prelente volume, additava ai naturalifti , che alla pirte meridionale del promontorio di Palinuro che è rutto di pietra da calcina, evvi una picciola cala, chiamata dai paefani Calafetinu- . In ella iccndendo dentro mare il promontorio forma una picciola fcarpa oiTia piano inclinato, fu del quale intorno a 12 piedi dalla fuperficie delle acque abbalfo , fi ravvifa un buco largo circa due piedi e poco meno lun^^o, onde nelle balfe maree Igorga un grolfo getto di acqua puzzoleniiiriraa (nulla gettando nelle alte maree) e XXXII STORIA il cui puzzo fi diiToiide per cento palTi in circa . Qiietto tonte marino richiederebbe molte olfsrvazioni ed efperienze per illuftrare la ftoria naturale . Oltre poi a ciò che proponeva il Sig. Ab. Pacirico per rapporto alle piante e lingolarmente intorno alle gramigne, alle alghe di Linneo, e alle criptogamiche del Micheli, per riapporto alla zoologia lulla gran varietà degl' infetti che tr. vanfi nel regno di Napoli ed ai bruJii dei pini degli antichi , di cui parla Diofcoride , ed ai vermi , e per rapporto all' oriélologia e all' idrologia j oltre , dico , a tutto ciò utiliffimamente circoflanziato, egli diftefe gli fguardi filofofici full' agricoltura e M commercio . Ma intorno a quefìi ultimi interelfanti oggetti a prova fi fegnalarono il foprallodato P. della Torre, il Socio Don Michele Torcia, il Conigliere Don Michele de Jorio ed il Penfionario M. Giorgio Hart, e l' Olivetano F. Vere mondo Pepi . Comunicoffi ancora all' Accademia un' iride lunare oirervata in Otranto ai 2 1 di Agoflo del 1780 ad ore 3 m. 15 della notte dalla cafa dell' Arcivefcovo Monfignor Pignatelli tefìimonio oculare accompagnato da alcuni Canonici e Profelfori di quel Seminario . Era l' arco bianco più fmorto nel mezzo , i cui efìremi poggiavano allo fcirocco e tramontana elevandoli intorno a 40 gradi a ponente . La luna vedevafi elevata a 30 gradi in circa fuU'orizonte orientale, trovandoli al dì 23 del fuo periodo proffima all'ultimo quarto. Piovea a ponente, e gli olfcrvaiori trovavanfi traila pioggia e la luna , e tra quella e 1' arco Splendeva qualche ftella . Si raddoppiò l'arco preiTo alle ore 3 m. 30 , ed il fecondo arco fi vide più balTo verfo ponente . Dopo qualche altro minuto fi ofcurò la luna e fparvero gli archi . LAVORI DELLA R. A. XXXIII LAVORI PROPOSTI alla III e alla IV Clajfe . Proponeva l'erudito Socio Don Salvadore Grimaldi il lifchiarimento dello ftato e governo politico delle noftre regioni, incominciando dalla loro fondazione fecondo le relazioni che ebbero colla Repubblica e coli' Impero Romano: una raccolta particolare di tutte le ifcrizioni e de' pubblici monumenti appartenenti a quello regno colla neceffaria interpretazione e col comento, aggiugnendovifi la ferie delle monete e medaglie: un trattato iftorico*del commercio interno ed efternodei nolìri antichi, della loro navigazione, de' porti del noftro regno, dell'agricoltura e degl' iftromenti da lavorar le terre : un trattato della religione , de' riti e facrificii di quelle regioni , e della prima loro mitologia , e dei rapporti che i noftri ebbero colla nazione Greca . Traile altre cofe additate dal Penfionario Don Salvadore d' Aula parve interellante queft' oggetto : perchè mai appo gli antichi Romani pervenuta foife l' agricoltura a tanto alto grado di fìima a quanto fi fa che giunfe? Infinuava tra molti argomenti il prelodato P. Veremondo Pepi che fi determinaffe lo (lato prefente delle fcienze , comparandolo con quello degli antichi e diniofìrando quali idee fienfi rifchiarate dalla pofterità , e quali ofcurate e confufe; profittevole argomento, purché fi cercalfe d'inveftigare lo fpirito degli antichi , e non già la fola connefEone delle parole . Né men curiofo e forfè anche vantaggiofo potrebbe riufcire ciò che proponeva intorno ai laghi per renderli utili . Dovrebbero , diceva , cercarfi i mezzi più efficaci ed efeguibili di afciugare e porre a coltura negli Abbruzzi il lago di Celano detto dai Latini Fucino , indagando il vantaggio che ne potrebbe ritrarre quella popolazione , L' opera era fiata incominciata dall' Imperador Claudio, che XXXIV ^ STORIA a tal fine fpaccò una montagna, e fece il canale, e gli Abbruzzefi avrebbero dalla di lui beneficenza ritratta l'utilità fperata, fé gli argini foifero flati più forti e refiftenti . Ogni popolo ( diceva il Socio Don Domenico Forges Davanzati oggi Arciprete di Canofa ) può riguardarli per r afpctto della fua fituazione topografica , per la religione e pel governo politico , dalle quali cofe provengono il di lui genio, le arti, le fcienze e gli ufi. Il terreno ch'egli occupa più o meno fertile, piano o montuofo, mediterraneo o marittimo , più o meno efpofto alle incurfioni efternc , forma gli abitatori più o meno oziofi o induftri , più o meno guerrieri , più o meno rozzi o colti , più o meno occupati dell' agricoltura , della palìorizia, della caccia , dei commercio. La religione è (lata prefTo gli antichi popoli uniforme allo flato fiiìco, al genio e al governo, di maniera che fapendoli il culto particolare delle divinità e le cerimonie e gli fpettacoli delle nazioni, fi può venire in chiaro della loro indole predominante, dello ftato politico e del grado di coltura. Se altro non fi fapelfe de' Romani e degli Sciti che la loro venerazione per lo dio Marte, avremmo potuto affermar con certezza che doveano elfer popoli guerrieri . La Grecia dedita alle fcienze e alle arti popolò il fuo ciclo di Minerve, di Apolli, di Mercurii , di Vulcani, e nate fi finfero in quella contrada le Grazie. L' Italia provveduta di fertilifiìmo terreno e pofta fotto un ciel temperato, potè a eifere abitata per lo più da altri che da popoli agricoltori ? In latti i primi fuoi abitatori fi fecero un gran numero di dei che prefedevano ad ogni ramo della coltivazione . L' uomo, prima della luce del vero, ha fempre deificato fé fteffo e le fue paflioni . Il governo politico non può eflere rifchiaraio fenza la conofcenza delle cofe riferire . I Sanniti pofti tra monti e bofchi , e perciò più addetti alla caccia e alla paftorizia, elfendo popoli quafi vaghi e liberi doveano avere il genio guerriero , e la coftituzione del governo repubblicano. Gli Appuli agricoltori polii in ampie pianure y i DELLA R. A. XXXV quafi addetti ad un terreno particolare, e perciò meno erranti e liberi, erano a' re fottopofti . E la religione ed il governo influivano negli fpettacoli . Quelli de' Romani erano gladiatorii e manifeflano il genio bellicofo, e l'oggetto del governo che voleva avvezzarli al fangue ed a mirar con indifferenza la morte . Gli fpettacoli de' Greci dati con ifpezialità alle arti, confirtevano in contefe d'ingegno, gareggiando in elfi i mufici , i poeti , gli oratori . Da limili cofe indotto il lodato Socio infinuava che delle varie popolazioni delle terre di quefto regno ove diverfe nazioni vennero ad abitare , fi efaminaffe in prima 1' origine , la fituazione ed il clima , il quale benché fempre temperato , pure per qaalche circofìanza di monti e di laghi vicini potea effere alterato j indi la religione prefa nella più ampia eftenfione , in fine il governo colle arti, le fcienze, l'agricoltura, il commercio, l'arte militare, li coftumi e le ufanze che ne dipendono . Ma effendo le mire principali dell' Accademia in tutti I fiioi rami rivolte all' efecuzione di una fìoria patria compiuta e per ogni parte fpoglia degli errori e delle inefattezze dei paflTati fcrittori, tutti gl'individui, fingolarmente della terza e quarta clalFe dediti a rifchiarare i più remoti tempi e quelli che diconfi mezzani, fi diedero a rintracciare . e fiiggerire i più agevoli e i più opportuni mezzi per r efecuzione di sì bel difegno . E l' Abate Don Filippo Giunti Socio afcritto alla terza claffe accefo di un patriotico ardore che trafpira in ogni linea di due fuoi piani propofti nel 1780, approvando l'elezione di varii focii nazionali per lavorarvi ne' luoghi rifpettivi , proponeva anche una peregrinazione Accademica per offervare ocularmente le carte di tutti gli archivii ecclefiaftici e fecolari ed eftrarne quelle copie autentiche che fi fìimaffero neceflarie al rirchiarimento di certi punti di fìoria che lo richieggono. Suggeriva altresì che l' Accademia procuralfe di prevalerfi 4eUe fatiche inedite di alcuni valentuomini ben noti , * a XXXVI STORIA ottenendole con allettamenti ed onori da' poffedori . Monfrg. Antinori nobile Aquilano ( egli diceva ) incaricato anni fono a dire il fuo avvifo luUa Badia di San Clemente di Pefcara , nel riferire al Sovrano le qualità di eifa pafsò a fupplicarlo di due o tre amanuenfi per dar con>pimento al fuo lavoro fattovi per tanti anni, e la di lui rapprelèntanza fu nel 1774 rimefla al Regio Gonfigliere Garufo , il quale diceva nella fua relazione che 1' opera dell' Antinori luUa Badia di San Clemente riducevafi " a un LefTico offia a una floria ragionata comprovata dalle notizie intereffanti di ciafcun luogo delle due provincie di Abbruzzo , tratta per lo più da monumenti originali antichi, del mezzo tempo e de' tempi baffi ; e che vi li regiftravano le ftorie de' Conti e Baroni e quelle de' fupremi Ecclelìaftici e Prelati inferiori, le materie delle controverfie fpettanti a' contini de' territorii e delle giurisdizioni, i diritti acquirtati o perduti, e le variazioni fatte in ogni luogo riguardo a' privilegii , alle incorporazioni , eflenlìoni 0 fopprcifiont , e quanto altro aveffe avuto di notabile intorno allo fiato civile ed ccclefiaftico, al fito, al commercio e a qualunque altra dipendenza " . Ma elTendo morto quel Prelato anzi che fi rifolvelTe fu di ciò alcuna cofa , rimafero i di lui fcritti confufi e non compiuti in potere de' nipoti fuoi eredi, e 1' Abate Giunti infinuava che l'Accademia fé ne procuralfe l' acquifto o almeno qualche copia autentica. Anche il Cantore Morifano Canonico della Cattedrale di Reggio fua patria lafciò inediti varii dotti nianofcritti fuUa Calabria ulteriore colla raccolta di quanti monumenti ad efTa appartengono dell'antichità più remota; e della di lui fatica che oggi trovafi in potere di Don Domenico Barilla della medefima città , meriterebbe parimenti di procnrarfene almeno una copia. Evvi (diceva lo fteffo Abate Giunti) nella città di Girace della medefima provincia il Canonico Parla, il quale ha raccolte notizie e monumenti per illuftrare la fua Locri; or perchè non incorporarlo all'Accademia e farlo contribuire al rifchiaramento D E L L A R. J. XXXVIl della lìoria di quelle regioni? Trovafi poi nella inedefima .città di Reggio, e propriamente nella libreria de' Padri Cappuccini un manofcritto del rinomato aUronoma del XV fccolo Tallavia o Tagliavia , donde tralTi; lumi il celebre Copernico pel fuo lìfiema planetario; or perchè non cercarli di efaminarlo per vedere fino a qual fegno avelFe potuto approlittarfene il valorofo aftronomadel fettentrionep QueTto manofcritto onorerebbe la città di Reggio, e rifchiarerebbe quella parte della fìoria deU'aftronomia fu di cui fi aggira. Dividanfi ( diceva Don Marcello Eufebio Scotti Socio addetto alla quarta clalfe ) in tante picciole clafTì i no (tri accademici, quante fono le dinaftie fu-rte ne' tempi mezzani e balfi nelle provincie di Napoli, e ciafcuna di elle prenda ad rlluftrarle fui modello che da lui fi proponeva della ducea di Napoli che a fé riferbava , Su quefta egli difegnava Icoprir l'epoca dell' inftituzione , i confini che ebbi in diverfi tempi, e quindi indagare, fé fotto elfa foifero ftate Sorrento ed Amalfi ; la cronologia de' duchi ;. le diverfc condizioni che ebbe; vedere fé i titoli di Magijìer Militum e di Confai che ebbero i duchi di Napoli y dinotino la loro dipendenza dagli Augufti di Oriente; fé in Napoli fia mai fìata una zecca propria , giacché quelli popoli lì valevano delle monete Bizantine , e fé le poche medaglie che il fono trovate finora coniate, foffero fìate di fola divozione, e non fatte ad ufo del commercio; fé il nome degli Augufti di Oriente e gli anni del loro impero prefiil^ in tutti i pubblici atti fatti in Napoli, dimoftralfero una totale fuggezione de' duchi , o fé vi fia via da conciliar quefte due cofe , indipendenza ed appofizione degli anni e del nome degl' Imperadori ; rintracciare la polizia di tal ducato , e perchè il duca di Napoli s' intitolalfe Bux Campaniae, e che cofa dinotaflero quefti altri titoli Loci Servator , e Index Scc. Formifi ( era avvifo del Socio Don Aleffio Pelliccia ) un efame circoftanziato di tutti i luoghi marittimi di quello XXXVIII STORIA regno rimafti in ogni tempo fottopofìi al domìnio greco, e dj quelli che di tempo in tempo ne furono tolti, additandone diligentemente l' epoca , da Gaeta fino ad Acropoli , da quefta a Cottone, e da Cotrone a' confini del regno; fi faccia la comparazione della letteratura de' noftri popoli con quella de' Greci trafmarini; e fi vegga perchè il paefe de' Bruzii ebbe la denominazione di Calabria , e quali luoghi del noftro regno fi dilTero Lombardia minore . Gljva ancora tanto alla fìoria, quanto a minorar la fomma dei litigi del noftro foro ( diceva il Mar..hefe Don Andrea Tontoli Regio Configliere ) inve Rigare le origini delle noftrc Conjuetudini nelle quali fonovi tanti articoli contra flati, ed illuftrare le CoJlita%ioni del noftro regno, delle quali non ci fono ftate finora indicate le vere cagioni che le fece dettare , onde ci manca la notizia più necelfaria per bene intenderle . In fimil guifa animavanfi a vicenda alla magnanima imprefa d' illuftrare le cofe patrie , di leggere nel cielo, di penetrare ne' fegreti magifteri naturali , e di portar oltre 1 progrelTi delle fcienze . Ed in fatti vi furono fpinti e incoraggiti efprelTamente, verfo la fine di novembre del 1781, con una elegante orazione parenetica dall'Accademico Penfionario Don Luigi Serio R. Profefs. di Eloquenza Italiana che r Accademia a fuo tempo avrà cura di produrre . Mancavano non per tanto alla nafcente Accademia macchine e ftrumenti tìfici ed aftronomici per faggiare , ofTervare , analizzare , ed opportunità per leggere fu i luoghi i lavori della natura o le reliquie del tempo. Quindi rimafero in gran parte così utili vedute fofpefe e riferbate a miglior tempo. Non arreftaronfi però le nominate claffi ai piani ed ai progetti propofti ; ma a fomiglianza delle api induftriofe e delle operofe formiche alcuni generofi individui pieni di patrio ardore, ora valendofi della concelfa libertà di produrre a propria elezione , ora efeguendo una parte di ciò che fi era propofto, diverfi argomenti dotti ed interelfaati BELLA R. A. XXXIX prefero a maneggiare . E fé opportunamente mandava fi ad effetto r in(inuata diflribuzione de' premii in ciaicun anno , oh qual più doviziofa melle fi farebbe raccolta dal movimento e dall'azione generale della nazione 1 I I. Tentativi efiguiti prima de tremuoti di Calabria ielV anno 1783. I. Degna (ìngolarmente di rammemorarli fu la fatiga intraprefa dal prelodato Abate Marzucco per tenta re di ritrovar le foluzioni che fi converrebbero all' equa zioni fuperiori al quarto grado . Niuno ignora che gli Arabi rifolfero quelle del primo e del fecondo, e che gl'Italiani inoltraronfi al terzo e al quarto, dove fi è arredato l'ingegno umano. Lodevole fu per ciò lo sforzo magnanimo del lodato Accademico di contribuire alla perfezione delle teorie dell'equazioni . Egli fi prefilfe di dividere l'analifi generale, cioè il metodo di decidere quanto v' e d' incognito nelle equazioni determinate di qualfivoglia grado, in quattro parti. La prima abbraccia que' problemi che decidono lo ftato dei coefficenti per annientare nello ftelfo tempo due , tre , quattro termini intermedii nell' equazioni . La feconda contiene quei problemi che danno ai coefficenti le condizioni neceiTarie, affinchè fi poffa efeguire l' annientamento dei fuddetti termini intermedii . La terza infegna la maniera di conofcere il numero de' termini intermedii che debbono annientarfi per ottenere l' efatta foluzione dell'equazione. La quarta efaminando i problemi che appartengono alle foluzioni efatte, determina quella foluzione che è più elegante e perfetta . Nella prima parte del fuo lavoro imprefe ad efaminare diftintamente quali condizioni o piuttolto quali rapporti abbiano a contenere i coefficenti de termini intermedii di XL STORIA una cc]uazione biquadratica, o di qualunque altra Superiore al quarto grado, perchè togliendoiì da effe il fecondo termine jnfiemc ne fvanifcano alcuni altri de' raedefirai termini intermedii. Siffatti rapporti coatengonfi in tre propofizioni cair autore chiamati criteril enunciate in tal guifa . i. Se i termini di una equazione di quarto grado fupponganfi politivi, e il coefficente del fecondo termine fia uguale al quadruplo della radice quadrata della fefta parte del coefficiente del fecondo termine, e che le radici della fuddetta equazione fi aumentino del quoziente che nafce dividendoli il coefficiente del fecondo termine per l'efponente 4 del primo, io dico che fvaniranno inlieme il fecondo e terzo termine di effa. II. Se i termini di un' equazione di quarto grado fieno politivi , e il quadrato del coefficiente del fecondo termine fia uguale alla differenza del quadruplo coefficiente del terzo termine e dell'ottuplo del quarto divifo per lo coefficiente del fecondo, togliendoli da elfa equazione il fecondo termine, ne fvanirà infieme il quarto, iii. Se i termini di una equazione del quinto grado fieno politivi , e il coefficiente del fecondo termine adegui la radice quadrata della metà del quintuplo coefficiente del terzo, io dico che togliendoli da elfa £quazion? il fecondo termine , ne fvanifca inlieme il terzo. Volle il valorofo Analifìa illulìirar con efempi le precedenti propofizioni ftimando foverchio il manifefìarne la dimoftrazione, 0 l'artificio euriftico onde pervenne a rinvenirle. Per la qual cofa intanto che il degno autore procedeva alla continuazione del fuo intereffante lavoro, l'Accademia ebbe cura di efaminare la prima parte del di lui piano, e quindi fìimò conveniente addurrete tracce delle di lui invenzioni . Sia x*+4-/'.v'+j.v'+/A-+rrro una qualunque equazione del quarto grado , da cui fé ne tolga il fecondo termine per gli metodi ovvii , ficchè degeneri in y- cioè D E L l A R. A. XLI -^ ty - tp facciafi primo ^6p'-^q^o, farà 4^=4 v|> vale a dire perchè togliendofi dall'equazione di quarto grado di termini politivi il fecondo termine, inlieme ne fvanifca il terzo, è nieftieri che fia il coefficiente 4/j di effo fecondo termine rr4V|, come fi è enunciato nella prima propofizione . E facehdolì 8p'— aj/j-f-frrro, rifulterà 16;;'— 49— — , come fi è recato nella, feconda . II. Verfo II 1781 occupoffi il prelodato P.Giammaria; della Torre a inveftigare il modo di correggere il difetto che nafce dalle lenti oculari , e produce confufione nella- immagine dell'oggetto, il quale era flato abbandonato in mano degli ottici pratici come non difficile a fcanfarfi . Il difetto che nafce dalla lente oggettiva, per l'abilità di Eulero , Clairaut , Dollon, Ramsden ed altri matematici, lì tolfe con far l' oggettivo acromatico . Adoperando due mezzi di refrangibilità diverfa fi è giunto a far sì che tutti i raggi della luce, che per la loro diverfa refrangibilità fi univano in varii punti dell'aiTe dell'oggettivo, fi uniffero in un fol punto, per formare l' immagine dell' oggetto ben dii\inta e lenza colori. Il P. della Torre óffervò che le / XLII STORIA correzioni fatte nelle combinazioni di diverfì cannocchiali del DoUon, del Naerne , di Beniamino Martins e di altri, non erano luffìcienti a torre ogni difetto che nafce dalla combinazione delle lenti , e per confeguenza che non folfe da reputarfi di si poco momento la correzione del fecondo difetto de' cannocchiali. Quindi fi prefili'e di tentarla, dopo avere efaminate le varie ftrade tenute da' mentovati celebri profefTori, e fatte molte efperienze utili all' ufo dei menifchi invece delle lenti o femilenti adoperate dagli artefici Inglefi . „ Per una lunga ferie di oirervazioni mi fono ( egli diceva ) accurato della proprietà dei menifchi , per le quali fi rendono fup.^riori alle lenti comuni , foprattutto allorché due di elfi pofli in un buffolino fi guardino colle loro conveffità da dentro, e le concavità fieno di fuori, e tra di loro poco lontani . Quelli menifchi così fituati piacemi di chiamare lenti a t amour o . Per avere un buon telefcopio di fenfibile ingrandimento, debbe l'oculare elfere di picciol foco , o acuto . Se per lar ciò fi adopera una lente convelfo - convella , farà una notabile aberrazione di sfericità e di luce. Ad un oggettivo di palmi fei (i) fé io voglio adattare una lente comune di un'oncia, il telefcopio farà ofcuro , ed il campo pieno d' iride . Ma ufando due menifchi a tamburo, delle quali il foco fia di un'oncia o di cinque minuti, il cannocchiale farà lo fteffo ingrandimento, farà chiaro e fenza iride , tanto perche la conveihtà di ciafcun menifco è unha alla concavità , quanto per la difpofizione delle lenti a tamburo che vedremo indi a poco . Anzi con quefìe avrafli maggiore ingrandimento (i) Il palmo napoletano è di 11^4 di quelle particelle, delle quali il piede di Parigi ne contiene 1440 • cioè fa nove pollici , lei linee, e quattro decime. Dividcll il palmo napoletano in dodici once, | e r oncia in cinque minuti. j DELLA R. A. XLIII facendo il fuoco di cialcun menifco di quattro minuti . Ecco intanto i vantaggi che ricavanfi da' menifchi, e le loro proprietà dedotte da una lunga ferie di efperienze e da' raziocinii fondati fuUe leggi dell' ottica già dimoftrate . 1. Ogni menifco raccoglie più lume della lente convejfo convejfa dello Jhjfo fuoco e della Jìejfa apertura . E' noto in ottica che cadendo fulla fuperficie di qualunque lente raggi paralleli all'alfe non tutti entrano nella lente, ma folo quelli che fanno un dato angolo colla fuperficie della lente, e gli altri foggiacciono alla rifleffione . Quefto dato angolo , le la fuperficie iu cui cadono i raggi è conveffa , formali da elfi più prefìo che fé fìa concava ; perchè la natura della conveflìtà porta che fi difcofti dall'alfe, e la concavità che ad elfo continuamente fi accorti . Ciò è confermato dall' efperienza . Feci coftruire un canocchiale con tre oculari a tamburo, cioè con fei menifchi acuti, e due oggettivi a tamburo. I rag^^i di luce paffavano per otto lenti , e ciò non oftante gli oggetti apparivano di un chiaro brillante. Ciafcun oggettivo era palmi fette di foco, e la prima oculare vicino all'occhio compofta di due lenti a tamburo avea di foco un' oncia e mezza. 2. Con due meni/chi a tamburo fi fa una lente acuta ^ e nel tempo fteffo fi ha molto ingrandimento , e fi evita r aberrazione, perchè ciafcun menifco non ha molta conveflìtà, e ciò viene confermato dall' efperienza. 3. Le lenti menifche polle a tamburo ingrandifcono molto il campo del cannocchiale ; perchè i raggi di luce nell'entrare la cavità divengono divergenti, come confermano varie efperienze . 4. 1 fili incrociati ad angoli retti che fi pongono nel foco dell' oculare , comparifcono curvi con una lente conveffo - conveffa , ma con due menifchi a tamburo fi vedono diritti^ come porta l'oilervazionc . Qiiefta fcoperta de' fili diritti la debbo all' Ab. Hell aftronomo di Vienna , al quale nel 1765 io comunicai i vantaggi delle lenti a XLIV STORIA tamburo, ed egli ne fece menzione nell' operetta del Satellite di Venere, e lo confermò nel 1766 in una lettera che mi fcrilTe . 5. I menifchi a xzmhmo tolgono la doppia aberrazione. L'efperienza è facile a farfi. Si pigli una lente convciro convefla e lì guardi con effa un oggetto , fi vedrà diftinto folamente verfo il mezzo dell'oggetto, e nel contorno farà confufo , e quefìa confufione farà tanto maggiore , quanto più acuta farà la lente . Si prendano due menifchi a tamburo dello fleifo foco della lente , fi vedrà tutto il campo diftinto dell' oggetto . Se i due menifchi ponganfi in modo che colle loro cavità fi tocchino , e formino per ciò una fola lente , tornerà a comparire la confufione . Sembra che tal fenomeno polfa così fpiegarfi. Due menifchi a tamburo formano una lente cavo-cava , 0 un prifma sferico con due facce cavo-cave , colle quali non folo fi fciolgono i raggi ne' loro colori, ma nel tempo fìeffo fciolgonfi le immagini laterali alla primaria immagine che per la loro obliquità non fi fono unite all'affe, ed equivalendo ad una lente convelfo - convefTa riduce tutti i colori e le immagini ad un foco comune nell'alfe, e così toglie ogni confufione ed iride dell' immagine principale . Meritano però quefte riflelTìoni di effere ben ponderate, e fé occorre di elfere anche al calcolo fottopofte (1), Additati i vantaggi dei menifchi a tamburo nei tubi ottici , non è difficile il coftruire un telefcopio . ElTendo quefto comporto di due lenti oggettiva e oculare, che hanno un foco comune, ad una eftremità del tubo pongafi un oggettivo femplice , o acromatico, e all'altra eftremità '"""™ ■■ ., , ^■_ ■ ---1,-- ■ ■ - — — ^ (i) L'intera teoria delle lenti a tamburo che debbono formare un prifma sferico, fi deduce dalle offcrvazioni fatte dal Newton nella P, I del Lib. II òM Ottica, ove egli efamina i colori diverfi, nei quali fi (ciolgono i ragoj di luce che cadono fopra due oggettivi convelli loprappofti che fi tocchino o no, e che quelli raggi abbiano varie obliijuità. DELLA R. A. XLV verfo l'ocdiio fi pongano due menifchi z tamburo. Nel foco comune deli' oggettivo e dell' oculare pongali uno fpezzaraggi, o diaframma proporzionato, e fi avrà un ottimo telefcopio . Il foco dell'oculare, l'apertura dell'oggettivo e del diaframma, faranno dall' efperienza diilìaiti , fecondo che faranno più o meno ben lavorati I' oggettivo e i due menifchi. La feconda fpecie de' tubi ottici è di quelli che di confi comunemente cannocchiali . Il telefcopio ha una fola oculare per cui h. l' oggettivo a rovefeio , e fé vi fi aggiungano due altre oculari che fieno foli menifchi o a tamburo , farà gli oggetti diritti , e fervirà perciò per gli oggetti terrefti. Le altre oculari polle a certe date diftanze formano quella che dicefi combinazione. Quefta pub farli con tre, con quattro, e con cinque lenti, contandovi quella che è all'occhio vicina . Anche per formare la combinazione fa meftieri efaminare la ftrada che fa in eifa il lume (i)» Nel fare la combinazione folamente , la lente all'occhio li faccia con due" menilchi a tamburo, le altre oculari fieno menifchi fempliei che rivolgono all'occhio la concavità. Se la combinazione è a tre lenti, ponganfi combinate a due a due nel punto di raaffinia diltinzione dell'oggetto che fi guarda, o che è lo Itelfo , diftanti tra di eflì la fomma dei loro fuochi , Il fuoco della prima oculare , che è a tamburo, dee diffinirfi dall' efperienza , fecondo la loro bontà e quella dell'oggettivo . Per efempio il foco dei due menifchi a tamburq è fiato da me fatto alle volte di tre minuti per un oggettivo di tre palmi, sì che il foco di ciafcun menifco era di minuti fei . Quefto ancora era il (i) Le regole per fare la combinazione con profitto fono ffate tratte dalie con-.binazioni di cannocchiali di varie lunghezze fatti da Dollon e da Ramsden. Molti lumi ne ha lomminiftrati la propri» tfperienza e la diflertszione del Sig. Ludlam, \LVI STORIA foco della feconda e della terza lente . Nel foco della prima oculare iì ponga un diaframma eoa un'apertura che lìa - di quella delle lente. Nel foco eilreriore della terza 3 lente fi ponga un altro diaframma , la di cui apertura fia minuto I - . Effendo così fìretto non vi è pericolo che levi il campo ed il lume, perchè ponendolo nel foco comune della terza lente e dell'oggettivo, qui il cono radiofo è ftretto e minore di un minuto e mezzo, onde liberamente vi pafla . Se la combinazione è a quattro o a più lenti , bifogna attentamente confiderare la fìrada che fa in elle il lume quando i raggi fono paralleli , o convergono a un fuoco, quando fono divergenti ec. La fituazione della lente prima , feconda e quarta , è arbitrarla , quella della terza è limitata, e 1' efperienza la diflinifce . Tutte per lo più fi pongono dentro foco, come nella combinazione a tre lenti fi pongono nel loro foco o punto di maffima di finzione dell' oggetto . Debbell in oltre nel fituare le tre lenti già dette olfervare che ficcome i raggi entrano nell' oggettivo paralleli tra loro e all'alfe, così efcano ancora dalla prima 'oculare. (Quella ibla dee elTere di due menifchi a tamburo, e le altre tre lenti fieno menifchi femplici da fituarfi nei bullolini in modo che rivolgano la loro cavità verfo l'occhio . Gli artefici Inglefi fanno le lenti piano-convelTe col piano all'occhio; lo pongo menifchi per li molti vantaggi furriferiti . Quando dico artefici Inglefi, non intendo puri ottici pratici, ma quelli che tra i pratici fono bene intefi della teoria dell'ottica, come fono i foprallodati . Quefio è quanto ho faputo raccorre e fperimentare per correggere i fenfibili difetti dei cannocchiali che nafcono dalla loro combinazione" Così il nominato Accademico . Approvavanfi dall'Accademia le utili mire del lodato Fifico in cercare di togliere da' cannocchiali il difetto di sfericità che in elfi perturba la nitidezza e la terminazione ,i D E L L A R. A. XLVTI degli oggetti. Ma il Socio Don Vincenzo Mazzola deftinato a verificare l' efperienze metteva in dubbio l'utilità di rendere i tubi collrutti nella guifa indicata più luminofi e liberi da iride. Il Peniìonario Marzi eco limava parimente ron del tutto foddisfacenti le di lui elperienze, e inlinuava che l'Accademia fi aflìcuralTe del valore de' menifchi in comparazione delle lenti acromatiche . Il Socio Sig, Fergola efigeva che li reiteralfero l' efperienze per verificare , fé applicandofi ai tubi ottici le oculari a tamburo, fi migliorallero effettivamente nel campo, nell'ingrandimento, nella chiarezza e nella terminazione. Soprattutto inculcava che la propofta invenzione fi rendelfe univerl'ale colla fcienza del calcolo fulle tracce di Eulero, Glairaut, d'Alembert, DoUon , Eamsden, ed Hennert, il quale molte verità ha fuggerite fulle combinazioni dei cannocchiali acromatici illuftrandole coir analili . III. Un altro interefTante oggetto fi propofe il Socio Don Giù Teppe Grippa Regio Prorellore di fifica in Salerno noto per altre produzioni fcientifiche , Egli imprefe a calcolare geometricamente le Folti obblique, e fingolarmente quelle a /pira. L'Accademia comendj' principalmente nella lua Memoria la guifa di determinare la folidità di qualunque voha a fpira . Eccone la foluzione . Se la figura qualunque cJef con moto equabile fi aggiri T. IH intorno cf e nel tempo fteffo falga elfo lato equabilmente ^-''i per la verticale AB , il folido generato dalla fuperficie di quefìa figura diralTi volta a fpira ^ la fuperficie generata dalla linea /e fuperficie a fpira, e la linea a doppia curvatura delcritta da un punto qualunque di efifa figura , p. e. dal punto e, fi chiamerà linea fpiralocilindrica . In oltre la verticale AB fi dirà ajje della mentovata volta: la figura '^^'f generatrice della medefima : il cerchio che fi può confiderare defcritto in un piano orizzontale della rivoluzione della perpendicolare che dal punto e fi può tirare full' affé, fi dirà baie della fpira. E finalmente numeratrice della T.IIl XLVIIl .9 T 0 n l A fpiralc farà quella verticale , che s'innalza dall'infimo punto di clfa per tutta la fua altezza . Quindi fi rileva che fé la generatrice della volta è un rettangolo cdef^ le fupcrficie Fi^'i a fpira defcritte dai lati /if, ed elTer debbono parallele, uguali , fìmili e fimilmente pofte . Dicafi lo fìeflTo delle linee fpiralocilindriclie defcritte dai punti e,^d. Ciò pofto, prima di venire alla mifura generale della folidità delle volte a fpira, fi determini la folidità del folido fpirale generato da un rettangolo. T. Ili Sia GKIHBACD una porzione qualunque di folido a ^'°' * fpira generato dal rettangolo CBAD, dico, che fé quefto rettangolo fi fa aggirare intorno a CD , defcrivendo la porzione del cilindro retto GDABFE comprefa fra i medefimi piani verticali che la fudetta porzione di cilindro fpirale , dovrà fempre elfere la porzione della volta a fpira uguale alla porzione del cilindro retto . Dimojì. Effendo uguali e fimili i due rettangoli CFED, HEKD, uguali e fimili faranno altresì gli altri due DEIH, CFHG. Inoltre elfendo EE uguale ad FK, l'arco circolare EA parallelo , uguale e fimile all' arco BF , e la curva fpirale AI parallela , uguale e fimile alla curva BK ; ed tlfendo altresì i due fettori circolari DEA , IGB paralleli, uguali e fimili, come pure parallele, uguali e fimili elfendo le due fuperficte a fpira HIAD , GKBG ; faranno i folidi HIADE, GKBGF uguali fra loro perchè terminati da ugual numero di lati, ciafcuno uguale, fimile e fimilniente poflo a ciafcuno . Ora fc da fiffatti folidi fi tolga il folido HlLGF, ne rifulteranno uguali i refidui CLADEF , GHIKBCL , e fé a quelli fi aggiunga il folido CLBAD terminato dal rettangolo generatore AD, dal fettore circolare CLB , dalla porzione di fuperficie a Ipira GLAD , e dalla porzione di fuperficie cilindrica LBH, fi otterrà la porzione del folido a fpira GHIKBADC uguale alla corrifpondentc porzione di cilindro retto CBADEF. C.B.D. Q_uindi D E L L À R. A. XLIX Quindi è che potendoli qualunque figura miftilinea cdef concepire rifoluta in infiniti rettangoletti evanefcenti , faranno tutte le porzioni de' folidi a fpira generati da filTatti rettangoletti uguali rifpettivamentc alle corriipondenti porzioni de' cilindretti da' medefimi defcritti. Ma i primi iblidetti a fpira compongono. 1' intero foljdo a fpira generato dalla figura miftilinea e d e f ^ ed i fecondi cilindretti compongono il folido generato dalla rivoluzione della nominata figura intorno ad AB • Dunque farà ancora una porzione qualunque di folido a fpira generato dalla figura cdef uguale al corrifpondente folido delcritto dalla rivoluzione della medefin^a figura intorno a cf. E percib la cubatura de' folidi a fpira fi rimetta alla cubatura dei folidi generati dalla rivoluzione di una figura intorno al proprio affé, cofa di sì ovvia determinazione. Dalle additate cofe deduce immediatamente il Signor Grippa il metodo da tenerfi nel >nifi>rare la folidità delle . volte a fpira , I. Dal punto dove comincia la fpira fi tiri una verticale per tutta l'altezza della volta, cioè s'innalzi la nupieratrice della fpirale, 4. Si olTervi quante volte la fpira col fuo ra^iramento ritorni nella nunieratrice , e diraffi elfere la volta di una , di due , di tre , o di più fpire , fecondochè una , due , tre, o più volte ritorni in eifa numeratrice, 3. Se mai la fpira non finifca efattaniente nella numeratrice , ma quella oltrepaffi , fi tiri pel punto ove fìnifce un'altra perpendicolare all'orizzonte, e fi olfervi fra la numeratrice e la perpendicolare tirata , quale arco del cerchio eh' è la bafe della volta , fi frapponga . 4-. Si determini la folidità del folido generato dall'intera rivoluzione della figura generatrice intorno al fuo lato verticale , e poi fi prenda una , due , tre , o più volte 1 fecondochè di una, di due, di tre, 0 di più fpire fia U L STORIA volta formata , e fc il cafo lo richieda , aggiungafì di più per rifpetto all' intero cerchio, una parte aliquota fimile a quell'arco comprefo fralle due fudetrc verticali . La fomma farà la folidità richieila della volta. Meritava quefl;' interelfance lavoro ulteriori cure della Accademia per determinare compiutamente la mifura di limili volte in quanto concerne la fuperficie- ed infatti nel 1785 ad infinuazione dell'attuai Segretario Napoli-Signorelli animaronfi alcuni valorofi Socii ad inveftigare la vera mifura delle volte a fpira, lìccome li vedrà nelle Memorie inferite nel prcfente volume . IV. D'intereifanti notizie non meno che di erudizione e di vantaggiofe mire patriotiche ricolma fu la dotta lezione dell'Accademico Penflonario e R. profeifore di botanica Don Vincenzo Petagna comunicata all' Accademia nel 1781 intorno alla falicomia, pianta che occupa il fuo luogo nella prima clalfe del ftltema de' vegetabili di Carlo Linneo . OHerva alla prima il noftro Accademico che il nome di falicornia i;on fi. rinviene appo gli antichi , e che fi vede ufatodopo che gli Arabi paifati in Europa infegnarono la maniera di cavare il f,le alcali da alcune piante quivi trovate ^ chiamandole col nome generico di kjli (i) . Speciiìcandofi poi quella voce^ la più ufuale di quelle piante ritenne il vero nome di kaìiy la quale corrifponde all'odierna falfola de*^ botanici, ed altre al kali aggiunfero. altri nomi, onde fra loro fi difiinl'ero; ed infatti la falicornia fi dilfe kalc geniculaturriy che pafsò poi a formare un genere diftinto dalla falfok fotto il vocabolo di lalicornia» (1) Li voce kali trovafi in Avicenna e in Serapione il giovane autori del fecole XI. Dalecampio rapporta che da' Mauritani fi diffefo kali alcune piante, dalle cui ceneri cavavafi il fale alcali, o laicali; foggiugnendo che i Greci dei baffi tempi , gli Arabi ed i chimici furono 1 primi a far conofccre tal proprietà di quelle piante. D E L L A R. A. LI Le piante dagli Arabi notate col nome generico di kalì, e conofciute proprie per dare il fale alcali, fono: i. li fai/ola^ della quale fi riconofcono più fpecie, e fegnatamente la /oda diffinita dal Bahulno kali majm cochleato /emine ^ e la fativa detta kali minus ; 2. la falicornia ora conofciuta fotto due fpezie, cioè erbacea tfruticofa'^ 3. W mefembrlantemo pianta propria dell' Egitto (i) diftinta dal Linneo coU'aggiunto di ììodiflorum^ che è quella che nafce nella fpiaggia di Polilipo e in abbondanza nella parte j-neridionalc dell' ifola d'Ifchia defcritta dal nofìro Fabio Colonna (i) , Atte fono le due nominate fpezie di falicornia a dare il fale alcali . Ma fono elfe infatti due fpezie differenti, come fofpe Ita il Linneo, ovvero due varietà di una medefima pianta , come dal Bahuino , dal Tournefort e da altrk lì giudica? Il noftro Accauemico crede che fieno due varietà derivate dalla natura del fuolo, e che la iUiTa pianta nei terreni inondati nell'iaverno, forga da' femi nella primavera, e diventi perenne nei terreni afciutti. Datane indi, dopo del Batter, un'acconcia delcrizione in Italiano, rileva che tal pianta s' incontra in abbondanza nei terreni vicini al lido del mare che inondati fono dalle acque delle piogg» che vi riftagnano, e dal mare nelle fue efcrefcenze che del fuo fale ricolma quelle terre e le rende atte alla vegetazione della falicornia. Tali fono i contorni del Mar Morto di Baja , del lago del Fufaro e di Licola a pie dell' antica Cuma, il qual luogo copre un pezzo della via Domiziana , e del lago di Patria , e così andando oltre per tutto il littoiale lino al Garigliano, luoghi ripieni di quella pianta . Dall' altro lato fuori Salerno per Eboli inlino a Pefto coperte della medefima trovanfi tutte quelle paludi accanto al mare . Ben può dunque dirfi la falicornia noftrale , nafcendo nei noftri paefi fenza veruna cura . (l) V. Ha(fequi(\io Iter Palae/iinum , e Profpero Alpino de plant. JEgfpt. [i] "Ecphr. IL Kali aiì^oìdes Neapolitanum repens. s * LII STORIA Ma un poco di fìudio la farebbe fàcillflìmamente moltiplicare. Gli Spagnuoli la feminano di primavera , e quando è giunta alla naturale altezza vcrfo il terzo mefe , la mietono, la feccano alla foggia del fieno, e la bruciano (i). Perchè la fleiia diligenza non ufafi dai noftri, per come una quantità fufHciente ad un vantaggiofo commercio? Non è la cenere della falicornia una foda non inferiore a quella della falfola ? Non adoprafi tal cenere alla fabbrica del fapone ed a fondere le materie atte a vctrifìcarfi ? In medicina non ferve alla preparazione di alcuni fall? Forfè che in altre regioni non fi ha cura di apparecchiar la foda anche da altre piante e di approfìttarfene ? In Normandia la foda fi apparecchia da alcune piante marine del genere del fuco , e li dice foda di Varech (2) . GÌ' Inglefi hanno cominciato a far ufo della quercia marina, pur anche fpezie di fuco (3), riducendola in cenere ed impiegandola pel vetro e pel fapone (4.). In Ifpagna preparati dalla lalfola , per fentimento di Jullieu (5) , e dalla lali^ornia erbacea, fecondo Baller, e la più fina chiamafi foda di é,:riìla e la comune di bourdinCy ed Alicante ne produce dell'ottima con gran profitto. In Sicilia fafiì dalla falfola detta futiva , e porta il nome comune di foda . In Egitto, a' tempi di Profpero Alpino (6), fé ne faceva un gran commercio co'Veneziani. Da queftc ed altre non ignote verità, fulle quali piacque di propofito al Sig. Petagna fìenderii alquanto per renderle fempre più comuni fra noi, palfa ad aggiugnere alcuna cofa (l) Bafter Opufc. Subfec. X. II, 1. IH. [z] Du Hamel di Monceau trat. degli alberi art. O/e*», e Diz. Chim. del Macquer v. Varech. (3) G mei in. Hijì. Fucor . (4) Guqliel. Bori. {Objerv. on the anc. and pref. fìat- cf tbt hUn. •f ScjfUi ) rìferifce il modo di cavare dalla ftelTa il fale , aggiugnendo che nel 1751 l'introito paffava di 5000 fiorini. (5), A£l. Paris, an. 1777. {6) De Phn. jEgj'pt. DELLA R. A. LUI fulla natura del vetro e del fapone. Con vafta erudizione trova egli notizia dell' arte di fare il vetro ( oltre delle gemme falle e de'vafi murrini) tra gli Egizii e tra' Greci. I primi de' Latini a parlar del vetro furono Lucrezio Caro e Cicerone in prò di Rabirio Poftumo . Plinio ci ha confervata la tradizione della prima invenzione del vetro , e ci dà motivo di conchiudere che fino all' età fua altro fondente della terra vetrificabile non conofccvafi fuori del nitro . Tacito ci fa fapere che l' arena da far vetro fi prendeva dalle foci del fiume Belo(i). Simile arena forniva ancora la noftra fpiaggia che è tra Cunia e Linterno (2) corri fpondente al tratto di lido- poflo dal lago di Patria a Cuma , olfervandofi oggi ancora queir arena di color bianco mobililTima fornita di tutte le condizioni della terra vetrificabile. Porta tale arena all' el'ame il Sig. Petagna verifica quanto Plinio di eflfa racconta. A primo afpctto fembra tutta bianca , come dice il latino naturaliiìa , ma efaminata attentamente fi vede comporta di particelle di bafalte di vario colore , ma per lo più bianco , di terra calcarla , e di picciole feerie vulcaniche quafi liionde . Collo fpirito di nitro fermenta la parte calcaria : porta ad un fuoco violento fi rarefa , e fi vetrifica la parte bafaltica eh' è la più abbondante, ed unita alla foda comune palfa in eccellente vetro . Q_.iindi può dillìnirfi : arena mobile bajaltlci calcarla dt indeterminata figura con i/cor ic vulcaniche. Simile arena comporta di puri bafalti olTervafi nell'oppofto lido dell' ifola d' Ifchia . Da quanto il dotto Accademico divifa fulla falicornia, e fui vetro e fui fapone che formanfi dalla foda delle di lei ceneri, come ancora fuU'arena di Cuma e Linterno mentovata da Plinio e da lui analizzata, deduce che di fommo vantaggio (i) HiflorUr. lib. ì. (a) Plinio lib. XXXVt LIV ■ STORIA fareb-b.e la coltivazione della falicornia e della Talfola, perchè occupando terreni inetti ad annientare altre più utili piante, fornirebbero un capo di commercio non più fra jioi avvertito, e che appreflandoci la ipiaggia di Cuma e Liaterno l'arena defcritta , potrebbe , fenz/ altro fìr^niero foccorro , formarli il vetro , V. L'anno 1783 il Socio addetto alla feconda clafTe Don Antonio Sementini R. Cattedratico nell'Univerlìtà di-'gli ftudii inftruì la Reale Accademia delle fue oifervazioni fatte intorno allo sfintere della vefcica orinarla, le quali confermano fempre più le defcrizioni datene due fecoli la dal Fallopio, e nel nofìro fecolo dal Santorini e dal Morgagni . Né Galeno, né Vefalio (egli diceva) aveano data ragionevole idea della fabbrica della vefcica orinarja . Fu l' Italiano Fallopio il primo a conofcere che la vefcica doveife avere uno sfijitere dietro la profìata e nel principio dell' uretra . Ei confefsò frattanto di non avervelo veduto intero, ma folo alcune fibbre carnofe di elfo traverfSj naicofle nella parte davanti traile fibbre diritte . Quefta defcrizione cui manca certa precifione e chiarezza, fu pure adottata da valoroli notoniiili , e fpecialmente dal Fantono, Bahuino e Covyp,er, fenza che veniife migliorata, né defcritta in modo che vi fi potelTe fondare una filofofia chiara della funzione di quefta parte . Il Morgagni ( aggiungeva il Sig. Sementini ) uomo in cui l'amor di quefta fcienza , la tolleranza del travaglio, la confumata defìrezza, ed il più ingenuo candore concorrevano a coftituirlo un notomifta eccellente, diede ben fondata fperanza di ridurre a perfezione quefta dottrina anatomica. Nel terzo de' fuoi Awerfarii Anatomici riprendendo l'audacia del Mangeti che avea negata l'efiftenza dello sfintere della vefcica orinarla defcritto dal Fallopio, dice di averlo egli flelTo veduto e fatto ad altri vedere. Non ne diede però in tal luogo una defcrizione precifa , fecondochè fi farebbe deliderata. Ed in una delle due lettere pofteriori jgli Avverfarii fcritte a propofito della ftoria del fegato del V BELLA R. A. LV Bianchi , facendo menzione della fabbrica del collo della vefcica orinarla a propofito dello s-fintere^ afFermb di aver veduto alcune dette fibbre diritte nelle vicinanze della prajìata incurvarfi per li lati fenza potcrfene dijiinguere il camino più innanzi^ e che altre volte gli è parato di vedere altre Jìbbre al di fatto della cervice della vefcica piegate in forma di arco colie corna volte in fi ] e conchiufe in guifa di uomo che dubiti prudentemente , che egli avrebbe forfè efpojle quejlc cofe Con chiarezza maggiore dopo averle conferite con maggior numero di libri anatomici e di cadaveri . Or non avendo egli ftelfo rendute più chiare le idee del Fallopio intorno allo sfintere , non è maraviglia che fuccedìvamente lìafene negata l'efiilenza, o che Ila ftato defcritto e confìierato co:ne uni parte incerta e di, lieve momento d.ìl Winslon , dal Fallucci , dal Lieutaud e da altri , Afpirando intanto il Si^. Sementini al pregio , fé non di fìabilire una ignota verità, almeno di vendicarla dalla incertezza che l'adombra, fecondo i dettati d' Ippocrate (i) e J-1 meJelini.i Morgagni che affermava elTer degno di ugaal lode chi trovalfe cofe nuove e chi rcttifìcalfe le già. note nell.i fabbrica del corpO' umano, dopo l' efame di quanto- n'è llato detto da valenti anatoaiici,. e di quanto ne moftra il libro infallibile della ftelfa natu.a , cioè dei cadaveri , inrraprefe una defcrizione più precifa. dello' sfintere della velcica orinarla. Dice dunque che „ nella vefte puramente carnofa che copre interamente la vefcica, debbono riconofcerlì due piani , o ftratl , giacché 1' efterno non lì può fenza oltraggio del vero confondere coli' interno . Il primo ha una origine tutta fingolare, nafctrndo le fue libbre che fono per breve tratto tendi'iofe, dalla faccia elìerna della fincondroft del pube e da'lati di querti difpolìe in una ferie femicircolare . Divengono quelle fibbri camole nel buttani fuUa parte (i) De virte in princ. LVl STORIA fuperiore e fopra i lati della prosata per quindi continuarfi fùlla vefcica, e quelle da tutrt li dicono fibbre longitudinali o diritte della vefcica. L'altro fìrato è fatto di filamenti che non ferbano alcuna determinabile direzione, ma difpofti per tutti i verfi ed unendoli in varie gnife formano una ipecie di flretta rete , come da' notomiiìi è l^ato detto . Continuazione di quelii fono que'fili che in varie direzioni ripicgandofi nel contorno del collo della vefcica e del principio dell'uretra, rendono querta fede più carnofa delle altre, e formano lo sfintere che oggi è comusemente ricevuto , e che di quefto nome non è punto degno . Alcuni di quefti fili accompagnano il canale membranofo , che continuaiidofi alla tunica intima delia vefcica , va a formar l' uretra , ed eiTi fono nunierofi quanto bafta per coprirne tutto l'ambito. Non fi può dir pertanto che tutti que' fili che formano lo fìrato interno reticolato fi prolunghino in quefta guifa , guardandofi al copiofo mezzo di quefti , e allo fcarfo di quelli. Or li parte defili che fi allunga infieme coU'urctra, non appartiene a queft' oggetto } ma gli altri del medefimo fìrato interno terminano nella vefcica , e fcambievolmente intrigtndofi feivono di punti di attacco, e tutto il di loro teffuto fi foftienc da una tela cellulofa ballante mente fìretta, che fu di tutti fi diftende , e tutti lega tra loro . „ „ Dalle additate condizioni rifulta doverfi quefti due fìrati di fili carnofi dillinguere fra di loro. E maggiormente a ciò fembra determinare un terzo piano di fibbre che fono efprellamente circolari, e circondano il principio dell'uretra, e fono frappofìe agli accennati due ftrati. E' quefto piano un vero sfintere di queft' apertura . E' largo un terzo di pollice a un di preffo , ed ha forma di un cono troncato nella punta , e la parte più larga è in dietro e guarda il cavo della vefcica , *: da quefta parte il fuo lembo eftremo è contiguo a quelle fibbre traverfe che s'inarcano variamente in quefta fede e fi ripiegano. I notomifti vedranno, fé quefto mufcolo fia lo sfintere defcritto da Fallopio, intanto che B E L L A R. A. LVII che fi afTerma foltaiito che da quello vengono divill i due lìrati già detti in guifa che oramai il confonderli farebbe lo ftelfo che opporfi di propolìto alle cofe più chiare . Ma fé è ingiuriofo al vero negare l'elìftenza dello sfintere della vefcica ne'malchi , afl'ai più lo è il negarlo nelle femmine^ poiché in quefle la natura ha provvidamente prolungato lo sfintere per tutta l'efìenfione dell'uretra in effe alfai corta, la quale, malgrado del filenzio di tutti gli anatomifìi, è chiaramente corredata per tutta la fua lunghezza di fibbre circolari oltre delle lonsirudinalì . ?» Paifa indi il Signor Sementini ad additare la guifa da rendere manifefto fitlatto mufcolo acremente negato da molti . „ Avendo fvelta ( foggiugne) dal cadavere la vefcica orinarla e l'uretra, apro la fommità di quella e la rovefcio , ficchè venga al di fuori la di lei faccia interna , e fituando immobilmente la profeta in maniera che mi Aia fotto l'occhio il principio dell'uretra e il fuo contorno, taglio con mano fofpefa intorno alla medefima imboccatura la membrana intima della vefcica , indi feguito a fpezzare a piccola profondità le fibbre carnofe dello Arato interno che in quefto luogo occorrono, e fiaccando indi pazientemente attorno le parti incife, mi fi fa prefente un piano di fibbre carnofe circolari concentriche , delle quali le interne fono cosi larghe che abbracciano immediatamente la membrana che ha già acquiftato la forma di canale, e va ad immergerli nella prollata , e 1' efterne fono fuccefTivamente più larghe . S' intende facilmente che quefia forma piana di fibbre circolari fi dee al fito sforzato che fi è dato alla vefcica , ma che nella di lei pofizione naturale debba quefto piano dier difpoflo nella forma di un cono già defcritto „ . Conchiude combattendo vittoriofn mente contro del recente notomifta Francefe M. Lieutaud che con una fpecie di fafìo ha negato 1' efifienza di un mufcolo sfintere nella vefcica , provando contro il di lui avvifo che la potenza dello sfintere non ripugna alla facoltà della vefcica . h LVIII STORIA VI. Il Penfionario della III clafTe Don Salvadore Aula, mancato l'anno 1784, avendo riguardo alla folida utilità che. apporta agli flati l'agricoltura, per utile efcrci zio prefe a ragionare dello flato di quefta forgente di ricchezze nelle antiche età di Roma, e ad inveftigare, per quali vie quivi folle pervenuta a tanta dignità e perfezione . Il fondatore ( egli diceva ) e primo re di Roma ingiunfe alla minuta gente la cultura de' campi per tenerla utilmente occupata e per trovarla poi nerboruta e valida per ufo della milizia, riunendo in elfa ambedue i meflieri , il contadinefco ed il militare (i), e così ebbe, fecondochè di que' tempi dille Catone (2), robufti e duri coltivatori e fortiflìmi foldati . Numa Pompilio alla vigilanza di Romolo nuove provvidenze aggiunfe , ed avendo divifo il territorio Romano in varii contadi , allegnò a ciafcuno di effi un fopraintendente del numero di coloro che detti furono Ialinamente magijìri pagorum y ingiungendo loro di oifervare lo flato della cultura delle terre e di riferire quali foirero malamente e quali ben lavorate , aftinché in fe^uito potelTe egli animare i campagnuoli diligenti, e riprendere e flimolare gli infingardi. Per la qual cofa, al riferir del medefima Dionigi, quanti cittadini rrovavanfl fgombri di affari civili e militari , davanfi comunemente a lavorar colle proprie mani i terreni, per ifcanfar la taccia di poltroni, il che riufciva di gran vantaggio ai campi, di onore alla coli ivazione e di efempio ed emulazione a' convicini . Anco Marzio avendo ofTervato che molti per foverchia affezione all' arte militare ed al guadagno che loro ne ridondava , aveano abbandonata l' agricoltura , convocò il popolo a parlamenta e cercò rimenarlo al primiero tenor di vita . •*- (l) Vedi Dionigi d'Alicarnsffo lib. li, cap. 73. (z) De Re Rtiflìca fui principio." Ex agrìcolis viri fortijjimi^ & 1 viilìtes /ImiuiJJìmi gignuntiir. J •i BELLA R. A. LIX Non fi rallentò lo ftudio della coltivazione in tempo della Repubblica. I Cenfori invigilavano affinchè le campagne non rimanelfcro inculte e abbandonate (i) fotto pena della perdita de' privilegii di cittadino , che traile pene cenforie era la più enorme e la più fenlibile ad un Romano . Oirervlfi pariinen'.e il .conto che iacevafi in Roma dell' agricoltura in ciò che Plinio racconta , cioè che il Senato Romano , dopo la prefa di Cartagine, avendo donare diverfe librerie, che facevano parte del bottino, ad alcuni regoli dell'Affrica, ritenne foltanto ventotto volumi compolti da Magone generale Cartaginefe di cofe attinenti alla coltivazione ed ordinò che li traslataffero dalla lingua Punica alla Latina (2) ; e pure eravi già in Roma la celebre opera de Re Rujìicx di Catone . Grande per ciò fu 1' ardore dei nobili e dei plebei con cui applicaronii a lavorar le terre. La plebe che per U maggior parte viveva nei contadi , era in tal guifa alla coltivazione intenta , che non vedeva la Città , fé non fé o^ni nove giorni per far provvifione del bifognevole al mercato . Né anche sdegnavano i nobili di attendere effi. fielfi a lavorar la terra. Quindi è che Ovidio cantava (3): lura dabat populis pojìto modo i'itetor aratro , ed altrove (4) : Et caper et fa/cea a curvo Confai aratro . Si fa che Lucio (Quinzio Cincinnato fatto confole quando tal dignità a' foli patrizi! conferivafi, cioè nel 292 di Roma , alfunto alla Dittatura fu da' Deputati del Senato trovato intelo a ruflico lavoro in quel fuo poderetto di ijuaitro jugeri che poffedeva di là dal Tevere detto Praia (i) Aulo Gellio lib. IV, e. la. {2j Hijì. Nat. lib, XVIII, e. 3. (3) f-:/?. lib. I. (4) F^/ì. lib. IH. VedaS anche Cicerone nella difef» di Rofcio Amecino . h 2 LX STORIA Qjtinfia^ nome che pur oggi ritienfi in Roma nel luogo volgarmente chiamato i Frati . Attilio Regolo mentre feminava ebbe l'avvifo di elTere flato promoiTo al confolata,- onde ne acquìftò il cognome Sci-ano (i). Né Cincinnato, né Attilio occupando le prime cariche della repubblica obbliarono- gli efercizii campeftri; l'uno deporta la Dittatura ripigliò gli flromenti rufticali, l'altro lafciato l'eburneo balìone confolare tornò all' aratro . Cajo Fabrizio poiché ebbe difcacciato Pirro dall' Italia e Curio Dentato ibggiogati i Sanniti, deponendo il baftone di generale, li diedero a coltivare que' lette jugeri di terra che nella comune diviùone erano a ciafcuno di effi toccati. Non fi tennero lontani dalla coltivazione i Senatori che il fupremo conlìglio di Roma e di tutto il monda componevano, i quali per lo più viveano in campagna donde veniv^ano richiamati dalle pubbliche urgenze nella città per mezzo di alcuni particolari miniftri detti dal loro uffizio- viatorcs (2). E qui non è fuor di propofito o-lfcrvare che i Senatori che aggiunfero un' idea tanto onorevole all' efercizio campereccio, riputarono disdicevole alla loro dignità F efercitare un trailieo mercantile (3). Felice agricoltura, 0 per meglio dire felici i popoli dove era l'agricoltura a tal fegno accreditata, che non disdiceva a* generali , a' magiltrati , a' fenatori ! (l) Plin. HIJÌ. Nat. lib. XVIir, e. 4. (z) Vedafi ciò che de' Senatori dediti al lavoro Jelle terre cantò Silio Italico Punic. lib. I : .... Hii-Ueque eomae, negUElaque menfa, Dexteraqiie a curvis copulo non fegius aratri i . (3) Tito Livio riferifce nel lib. XXI, e. 6^ che per la legge del Tribuno della Plebe Quinto Claudio fatta nel 535 non era ai Senatori permelTo di avere alcuna nave che portalTe più di trecento anfore. Id fatis habitum (aggiugne) ad fruBus t» agris veiiandos.' quaejlus vmnis Patribm indecorus vifus ejl. B E L L A R. A. LXI Che maraviglia è poi che le Romane campagne fiorilfero allora oltre ogni credere? A quefto credito che vi godeva r agricoltura , attribuifce Plinio la fertilità di quelle campagne la quale infatti era tale , che rare volte Romi .patì fearfezza di viveri (i) . Ciò confermafì con quella llella careftia e fame che talvolta affilile la città, fcorgendoft dagli fiorici Livio e Dionigi, che eccetto qualche fìraordinaria intemperie di cielo, non da altra cagione provenuta folfe la- penuria, che daU'aver i campagnuoli per qualche accidente o guerra , intermelTa alcun poco la cura dei campi . Così- avvenne nell'anno di Roma 261 per la ritirata della plebe- ful monte l'acro : nel 276 per le turbolenze della guerra Etrufca: nel z^y pel defolamento cagionato dalla pelle nel villaggi: nel 437 per la feconda guerra Cartaginelè. Dai quali cai! deducefi che non lì l'arebbe in Roma quali mal provata penuria , fé il nobile genere di coltivatori nore avelfe mai lafciato il governo delle campagne. QiieClo li ravvisò con maggiore evidenza allorché cambiaiofi l'ordine delle cofe paf^ò l'agricoltura in mano- degli fchiavi , e fi videro per le terre Romane fabbricati gli ergaftoli infelici ricetti di quei miferi condannati al penofo lavoro. Da allora Roma che fi era mantenuta fempre coi proventi delle proprie campagne , trovandofi in incelfanti ftrettezze, fu aftretta a cercare dai paeli frranierl la propria fuilìllenza . Da allora, giufta l' efprefTione di Varrone (■:), " avendo i nobili fdegnata la falce e l'aratro, in vece di muovere le mani nella melfe e nelle vendemmie cominciarono a muoverle* nel teatro e nel circo, e per eonfeguenza funefta di ciò or conviene noleggiare chi dall' Affrica e dalla Sardegna ci apporti del frumento per fatollarci, e da Goa e da Gaio del vino per dilfetarci (3)'. (1) E' degno di offervarfi il palio del libro XVIII, e 4. (x) Lib, II. (3) Simile doglianza faceva pure Columella nella prefazione del lib. I; In htf l^tio &■ Saturnia terra, ubi Dii culttts agrorum progenien* LXll STORIA Da allora foffnronfi più frequenti e più gravi le carefìle , quale fu quella dell'anno 693 allorché ritornò dall' efiglio Cicerone, per cui fi conferi a Pompeo una poteflà alfoluti per cinque anni coH'alTiflenza di quindici Legati per rimettere nella città l'abbondanza (i); e fotto Augufìo bifognò ancora che il popolo gì; otfeiiire la carica di Prefetto dell'annona (2), la qual carica in ieguito divenne ordinaria e perpetua, non cefTando i bifogni • e lo flelfo Augutìo per rendere 1' Egitto più ferace e più atto a fornire alla Città l'annona necelfaria, fece purgare dal molto limo invecchiato le foiTe preparate a ricevere l'acque del Nilo (3). Da allora in fomma convenne ai Romani andare in giro mendictndo vino e frumento,, là dov'e nei tempi antichi, al dir di Plinio, Jii-fficiebant frugcs ^ nulla provinc'iarum pafccnte Italiam (:j.), anzi fecondo Tacilo (5), dai paefi Italiani provvedevanfi le provine e più lontane . VII. L'eruditilllmo Accademico Fenfionario della III clafTe Don Gennaro Vico de,;no iigliuolo dell'immortale autore dei Principii di una Scienza Nuova e fuo fuccelfore nella cattedra di eloquenza nel Liceo Napoletano , prefe in una ditfertazione con piena erudizione e fina critica ad illuftrar Pompei celebre città della Campania fepolta da diciafiTette fecoli dalle ceneri del Vefuvio . Non ebbe per oggetto di adornar alcune delle dilcoperte parti di eiTa , ma di conlìderarla col lolo lume degli antichi fcrittori e di rilevarne le vicende. Saggio e modello quanto fagace fuam docuerunt , ibi nunc ad hajìam locamus , ut nobis ex trafmarinis preuinc'tis advebatur frumenitim , n:: fame laboremus , & -jindemias condimus ex infuHs Cycladibus , ac regionibiis Baepicis , GaiUciJ^uc , (l) eie. ad ^ttic. lib. IV epift, i. (z) D'ione lib. LIV. (3) Svet. in Vit. ^iig. 18. (4) Lib. Vili, e. 3. (S ) ^nnal. XII , 43. BELLA R. A. LXTII ofTervatore , lontano da ogni ambizione di produrre cofa nuova in un argomento venerabile folper la fua antichità, egli conl'eguì la rara lode di faper raccogliere con giudizio e difporre e combinare iniieme con difceruimento e dottrina quei languidi e difperli barlumi lafciatici dai Greci e dai Latini intorno a sì famofa città , e di apportar fomma luce e dar fembianza di novità alle fue erudite ricerche . Accenna in prima che quanto furono note varie particolari produzioni di Pompei , tanto fconofciuta ne fu i' origine anche agli antichi fcrittori, Vitruvio, Golumella, Plinio ed Ateneo parlano dell' eccellenza della pomice Pompeiana, della terra chiamata puzzolana^ della vite e del garo Pompejano . Catone flabilifce anche il prezzo a'famoll macinatori di Pompei (i) che a' noftri giorni li fono rimeJTL in uib in diverfe regioni per opera di un mecanico indurre artefice Napoletano addetto alla noflia Accademia . Niuno però e' illruifce della di lei fondazione . Giulio Solino ioltanto che volle rintracciarla ^ fi perde nelle favole , affermando che Ercole di ritorno dalle Spagne menando in trionfo gii acquillati buoi, per memoria di tal pompa fondi) Pompei dandole il nome dalla Greca voce Trou.Trv\ , Quindi non badando egli a queflo fcrittore reputato anche da Scaligero di poco merito , e nulla potendo trarre né da Dionigi d'Alicarnairo ne da Diodoro di Sicilia, pada a ciò che delle città marittime del noftro Cratere dal capo di Mifeno a quello di Minerva accennò Strahone graviiTimo geografo e delle antichità diligentiilìmo inveftlgatore. Di tali città , alle quali quafi congiunte vedevanfi le frequenti magnifiche ville che di pafTo in pafTo eranvi feminate , dice quello geografo che aveano fembianza di una fola continuata città prima che , come riferifce Tacito (2) , (l) Ve Re Rujìica cap. xxil. (x) ^nnat. lib. IV. LXIV STORIA Vefuviu!; mons ai-defccn^ faciemloci verterci \ C numerandone gli uni dopo gli altri gli abitatori, rimonta fino agli Ofci Indigeni della Campania , dopo dei quali vi abitarono gli Etrufchi ed i Pelafgi , indi i Sanniti che ne furono difcacciati anch' effi da' Romani . Era Pompei , fecondo il di lui racconto, alla foce del Sarno come un picciolo emporio, ove sbarcando per tal lìume le merci diftribuivanfi colle fcafe alle vicine città di Nola, Nocera, Acerra de' Campani, fi da quefte pel medefirao fiume s'imbarcavano, onde oggi j al luogo n' è rimalì:;i la denominazione di Scafati . Q_uanto al di lei fito olferva il noftro Penfionario che febbene Ovidio (i) la preterifca nell'additar le noftre città marittime, allorché defcrive la venuta di Elculapio da Epidauro in Roma, ed oggi fiafi infatti difcoperta mediterranea , pure gli antichi la contarono traile marittime (j) . Ma la ftelfa. eruzione del Vefuvio che fotto Tito la feppellì, effer dovè la prima cagione del fuo allontanamento dal mare, rapendoli da' contemporanei fcrittori , e con ifpezialità da Tacito , quanto allora avelTero que' lidi cangiato fito e fembianza . ; Plinio il giovane che era refìato nell'oppofto Mifeno, parla del riforbimento del mare, e dell'avanzamento del lido (3). In feguito congiunte alla potente azione di tanti fecoli dovettero contribuire la lor parte a far rimaner Pompei mediterranea , quale oggi fi ritrova , e ad allontanarne il Sarno, le fegucnti eruzioni, e fingolarmente quella accaduta fotto Teodorico defcritta enfaticamente da Caifiodoro . Della (l) Metaxn. lib. XV. (z) Tito Livio afferma nel lib. IX , e. i^S, che Tarmata Romsna forrdotta da P. Cornelio approdò in Pompei: Plinio nel lib. I , e. 9 la defcrive traile città littorali del Cratere : Seneca nelle Qitejlioai Naturali la conta traile marittime con Ercolano : Pomponio Mela nel lib. II, e. 4, e L. Floro nel I, e. 17 la. chiamano marittima. (3) Epijì. XX lib. IV : Ptaetcna muye In fé rejorberi , & tremore tenne qtiaft repelli vìdcbamus . Certe precejferat litus , multaqiie animali* maris ficcis arenis detineiat. D E L L A R. A. LXV Della forma del governo che ebbe nel primi tempi nulla rilevafi dagli fcrittori fintanto che nell' anno di Roma, 659 nel confolato di L. Licinio Cralfo e di Q^. Muzio Scevola per la legge Licinia e Mucia non furono ridotti a reggerli colle leggi delle proprie città i focii latini che pretendevano elfer confiderati come cittadini Romani . Confeguenza perniciofa di quefla legge, al dir di Cicerone (i), fu che alieno talmente gli animi dei popoli tutti dell'Italia dalla Repubblica , che collegaiifi fra loro nel 665 , nel confolato di L. Marcio Filippo e di Serto Giulio Gefare , molfero a Roma la guerra detta Sociale o Italica^ la quale obbligò i Romani a concedergli quel dritto che pretendevano . Per un fenatoconlulto fu comandata la legge Giulia , colla quale fi concelfe la cittadinanza Romana a coloro che fi, erano mantenuti fedeli a Roma, cioè ai Latini, agli Etrufchi, agli Umbri; fotto il confolato di Gn. Pompeo Strabene, padre di Pompeo il Magno, e di Porcio Catone fi diftefe a quelle città che prefero le armi , fralle quali furono Pompei ed Ercolano ; e finalmente col beneficio della medefima legge vennero defcritte nelle otto tribù nuovamente iftituite tutte le altre città Italiane . Videfi non pertanto Pompei privata di parte del fuo territorio e divenuta colonia . Cicerone nell' orazione in prò di P. Siila ci attefta che da quefìo congiunto di L. Siila fulfe fiata in Pompei dedotta la colonia , e rimafero i Pompeiani fpogliati di una parte del loro territorio (2). (1) In un frammento dell'orazione a prò di C.Cornelio egli dice: Legem Lidnlam & Muciam eie ctvibus ngund'ts vieleo con/iare inter omnes, quam duo Coiifules omnium, quos vuiìmus , fap'ientijfimi tuliffent , no» modo tnutllem , /ed perniciofam Re!pu!>li;ae futffe . (2) ^c ne hatc quìdent P. SilUe mìhi vldetur praetereunda effe v'irtus, quod chi» ab hoc illa Colonia Jìt deducìa , & cum ctmmoda ctlonorum a fortiinis Pompe) attorum Rxipublicae fortuna disjunxerit , iSf carus utrifque ejl & Jucundus , ut non alteros dimovijfe, fed utrofque tQnJìiiuij/e videaiur . « LXVI STORIA Dopo dunque del 665 fiamo nella certezza delh coflituzione di Pompei , quantunque ciafcuna colonia fi governale con leggi particolari diftinte alle volte dalle Romane , Tempre però derivanti dall' inefaurto fonte del Dritro Civile llomano, ne quefte da elfe colonie fìabilite, ma loro impofte da coloro che le deducevano (i). Quindi ad efempio delle altre colonie , ficcome Tompei ebbe in P. Siila che vi dedufle la colonia, il fuo protettore, così dovette avere i triumviri, i cenfori , gli edili, i quel'lori , i facerdoti , gli auguri , i pontefici , il pubblico conlìglio del fenato e del popolo, e i proprii decurioni . Delle quali particolarità attendonfi con tutta verifimiglianza manifefti documenti che lo compruovino, dalla continuazione dello fcjvamento, che al pari del tempio d' Ifide già fcoperto, e delle adjacenze del teatro e di una porta della città con tna contrada, e di alcuni bagni particolari, e della cafa di campagna e delle ftatue difnterrate all'augufta prefenza del grande Imperadore GIUSEPPE II , tolga il rimanente di fotto le ceneri e i lapilli che l'occultano all'erudita curiolltà . Né contro la graviffima autorità di Cicerone che ci aificura della condizione di colonia della città di Pompei, debbono farci pefo né Vitruvio che fembra averla riputata municipio (2), né Plinio che rammentando un prodigio {limato foriere della congiura di Catilina , chiama anche municipio Pompei (3). Imperciocché effcndofi dalla legge Giulia comunicato alla Italia tutta il dritto della cittadinanza Romana , ed avendo anche le colonie confeguite col dritto del fuffragio la prerogativa che diftingueva i municipii dalle altre città , cioè di potere afpirare alle pubbliche cariche in Roma ,. (1) Gelilo petciò dice nel lib. XII, e. i% : Jurs , tnjlituta^ua •mnia populi Romani, n»n fui arbitrii habent, (2) Lib. II, e. <5. (3) Lib. II, e. 5». DELLA R. A. LXVII andò in certo modo a dileguarli la dirtinzione di colonia * di municipio , o per dir meglio a confonderfi riguardo al dritto del fuffragio e alla petizione degli onori in Roma(i), avendo perb ciafcuna città confervata la lua caratterirtica relativa al proprio governo civile, per cui 1' una dall'altra fi dillingueva . Continuando in quefto flato Pompei da un evenimento accaduto l'anno di Roma 8ii, nel confolato di C. Vipfanio e L, Fontejo , fi ricava che quefla città ebbe anche un proprio anfiteatro ed i fuoi collegii. Livinejo Regolo, al riferire di Tacito (3) , diede in Pompei uno fpeitacolo gladiatorio, al quale intervennero i coloni Nocerini, ed inlòrta tra edi e i Pompeiani una fiera contefa , vennero dalle parole alle ingiurie, indi ai fallì , ed alle armi , e nella rilfa rlmafe la plebe Pompejana fuperiore , e molti dei Nocerini vi furono trucidati. Allora il Senato efigliò Livinejo e gU autori del tumulto, vietò per dieci anni a Pompei fimili pubbliche adunanze, e fi difciolfero i collegii Pompejani inftituiti contra le leggi (3) . (1) GelHo nel lib. XV[, e. ij ci attefta efpreframcnfc cffcrfi fovente cangiato il nome di colonia in municipio ed a vicenda . Pozzuoli da Frontino vien chiamata Colonia ^ugujìa , Cccome colonia era fiata pur detta fin dall'anno ^60 di Roma da Livio, da Vellejo , ed anche ne' marmi, nei quali fi legge, Mdilis Colonìae Puteolanorum e demo Colonìae Puteolanorum^ e pure Cicerone nell'orazione a prò dì M. Celio la chiama municipio, e Tacito nel lib. Ili delle ftoric municipio Tembra chiamarlo. Quindi Uipiano nel lib, I dei Dìgefti , tit. I dice : nunc abufive municìpes dhìmus fuite ctiiufque cìvhatit cives, nipote Campaiios & Puteotanss . (1) ^mJ. XIV, e. 17. (3) Un collegio era una fpecie di fratellanza detta dai Greci iTatipij; e dai Latini fotialìtium, nella quale convenivano molti compagni alToggettandofi a certe leggi particolari , purché non tendeffero al corrompìmento della pubblica legge/ di che veggafi Cajo al lib. IV alle leggi delle XII Tavole . Se tali collegii non venivano giaftificati i 2 LXVIII STORIA Cenfeffantafette anni fuflìftè Pompei in tale condizione di colonia fino alla fua rovina . Nel decimo anno di Nerone ed 8i6 di Roma ricevè il primo crollo. Ai cinque di febbrajo nel confolato di Memniio Regolo e di Virginio Rufo accadde ■ il gran tremuoto che rovinò quella città, abbattè una parte di Ercolano , lafciandone il rimanente vacilLinte , IcolTe Nocera , e crollò diverfi privati edifìzii di Napoli (i). Ma full' epoca di quello avvenimento havvi qualche difcordia nei FaLii e negli Scrittori . Secondo Errico Glareano il conlolato di Memmio e di Virginio cade nel 6 5 dell' era Crilliana j e fecondo il Muratori nel 63, nel quale il Glareano fiabilifce confoli Petronio Turpiliano e Cefonio Peto . Cornelio Tacito rapporta il tremuoto che rovinò Pompei nel confolato di P. Mario Cello e di C. Alìnio Gallo , ed in coaieguenza un anno prima di quello che Seneca lo riferifce . Giudo Lipiìo fi attiene a. Seneca , e lìima che Tacito non abbia riferito quelV avvenimento nel proprio anno. Che che però fia di quefta picciola difcordanza, la Iventurata Pompei dopo le fcolfe (offerte atrefe per lo fpazio di fedicl anni corfo dal fiero crollo all'ultima fua fcingura , a riparare i fuoi pubblici e privati edificii «Jai decreti del Senato e dai refcritti dei Principi, erano illeciti e proibiti. Quelli che andavano forgendo di nuovo facilmente divenivano abufivi e perniciofi , e quindi fi trovano tratto tratto aboliti, come al dir di Afconio avvenne nel confolato di L. Cecilio, e Q. Marcio per un fenatoconfulto . P. Clodio Tribuno della Plebe rertituì dopo nove anni i collegii ; e Giulio Cefare gli abolì di nuovo, eccetto alcuni pochi di antica iftituzione , di che parla Svetonio nella di lui Vita e. 14. Ma nelle turbolenze avvenute dopo della di lui morte, ad onta di tanti divieti, fi rimifero i collegii con tutti i foliti difordini ; per la qual cofa Augufto, fecondo lo fteìfo Svetonio, per diftruggere di un colpo naolte fazioni facinorofe collegate fotto il titolo di collegii, gli abolì di nuovo, a riferva degli antichi e legittimi e permeift dal governo . (l) V. Seneca nelle Queftìonì Istituitali. DELLA R. A. LXIX 0 Jiflrutti affatto o che minacciavano rovina. Mentre quel popi'lo infelice vedeva riforgere la dolce patria , fopraggiunfe l' ultimo colpo fitile che fpenfe e leppellì iiifieme con elfo l'oggetto delle fue compiacenze e dei fuoi fudori . Imperciocché nel confolato di Vefpaliano per la IX volta e di Tito Cefare per la VII , che corrii'ponde all'anno 79 della noftra era ( icorfi due meli che Tito era afcefo al trono per la morte del padre (eguita ai 23, o 24. di giugno (i) ) accadde la memorabile eruzione del Vefuvio narrataci fra gli altri da Sifilino. Un immenfo cumalo di materie accrcfciute nello fpazio di molti fecoli ( giacché ai tempi di Auguflo non eravi memoria . di altra eruzione ) accefo finalmente dovette produrre quella sì orribile conflagrazione, la cjjale , ficcome , al dir di Tacito , cangiò la Tembianza di quei luoghi , così del monte fìeflb alterò la figura , e distaccatone un gran malTo allora forfè la divife in due vertici (2) , e portò 1' ultimo fato a quefle due nobiliiTinie città della Campania, delle quali una fu da dirotta denfilFima pioggia di lapilli e di cenere opprelTa e profondamente fepolia, l'altra da alto fpaziofo torrente di liquefatti bitumi ricoperta ed interamente afforbita. L' erudito e dotto Accademico termina in quefla guifa le fue ricerche dopo aver recato alcuni verfi di Stazio che compianfe con gialli fenfi di dolore l' infelice condizione di si famofe città, di dover rimanere fconofciute e ricoperte dall' obblio . " In ritletiendo ( egli dice ) al loro dedino fcorgo che gli antichi fcrittori ci hanno fatto formar congettura, che Pompei in rapporto all' ampiezza, alla popolazione e alla magnificenza fulTe iiata in quiilcae maggior (i) Plinio il giovane ncU'epiftola a Tacito dice effire T eruzione «caduta JX Kat. Sept. (2) Oiofio nel lib. VII, e. p ci dice: ^ùruptum tane etiam Vefuvìi montis vcrticem magna prefudiffe incendia ferunt. LXX STORIA riputazione che Eioolano , ed in fatti Tacito l'appella celebre Campanuc oppìdiim , e Seneca celebrcm Campania^: iirhem. Ed ancorché entrambe in ciò che ciafcuna racchiudeva di grande, di magnifico, di ammiribile, fulfero ihte di cual condizione tra loro, pure io Itimo che alfai più di tanti pregi dovette in Ércohmo diftruggere ed incenerire il fuoco, di quel che in Pompei avclfe potuto rovefciare ed abbattere il tremuoto, al quale anche fo^^giacque Ercolano (i). Ed in quella funeftiiVmia conflagrazione il Vefuvio che dimoflrò tutto il fuo furore ai danni di Ercolano , fenibrò meno feroce in verfo Pompei , avendola nel Seppellirla coverta di un' alta tunica di lapilli e di ceneri, materie aridiflìme , le quali , fé la privarono dell'aria che come tutto anima così anche tutto finalmente confuma , la Erefervarono intatta da ciò che poteva marcirla e corromperla. )alle quali cofe pub dedurli che fé da Ercolano , ad onta dello fccmpio fofferlo, lì fono eftratti gl'immenfi tefori che ammiriamo, e da Pompei sì poco, tutto il più raro, il più pregevole , il più grande ed il più degno di ammirazione , giace ancor fepolfo ed intero „ . Vili. Per rifchiarimento poi delle tenebrofe antichità dei tempi mezzani appartenenti alla ftoria patria, tolfe con provvido avvifo nel 1783 il chiar. P. Don Salvadore Elafi Monaco Cafineie Siciliano, Archivifta del Moniftero della Santiifima Trinità della Cava , e Socio afcritto alla IV claffe della no Ara Accademia , ad illuftrare con nuove Tnembrane di quell' Archivio preziofo la Scric dei Principi Longobardi di Salerno , da Siconolfo figlio di Sicone e fratello di Sicardo , ultimi della loro lìirpe Principi di Benevento , che primo fi alTife fui trono Salernitano , fino a Gifolfo che ne venne dal Normanno Roberto Guifcardo (i) L'atteftò Plinio.- Pompei! & Eìerciilamim fenfcre. BELLA R. A. LXXI difciccl.uo. Era quefta ferie di Principi Salernitani con non pochi errori fiata altre volte pubblicata; ma il celebre Ab. Venerlo Archlvario della Cava verfo la metà del pafFato fecolo colle fue immenfe fatiche tollerate in più di trenta anni , avendo coordinate tante carte di donazioni , diplomi e frumenti di vendite ammaliate in quel famofo archivio , porfe al noftro fagace ed erudito Socio P. Elafi ubertofa e ben digerita materia per compilarne, come fece, la propofìa ferie di principi Salernitani che durò intorno ad anni dugento quaranta . A dimoflrarla colle antiche fcritture di quei tempi ftimò necelfario procedere coli' ordine retrogrado folito ad ufarfi nelle genealogie onde fi viene a capo del primo ceppo. Ufo cort.nte dei tempi dei Longobardi Salernitani fi fu di fegnar foltanto nei diplomi ed in tutti gli altri ftromenti r anno del principe col mefe e T indizione ; ficchè per far vedere l'anno del principe fegnato corrifpondente all'era volgare , non rimarrebbe altro lume che 1' indizione , la quale rinnovandofi ogni quindici anni lafcerebbcci nella medelima ofcurità . Ma per buona ventura dall'anno 1070 in Tutte le carte cominciò ad aggiugnerfi all'anno del principe ancor quello di Grido , onde di Gifolfo ultimo di quei principi Salernitani fi trova notato l'anno del governo, donde fi ricava anche il principio del fuo regnare colla corrilpondenza all'anno dell'era volgare. 'Qiiindi fi rileva quando da fuo padre fu egli aifociato al trono , e quanti anai di principato contava allora fuo padre, e in confeguenza il cominciamento del di lui regno , e di mano in mano da Gifolfo agevolmente per gradi palfando da un principe all' altro fi rifale fino a Siconolfo . Per bafe e ficu rezza di cotal metodo egli fi lìudia per mezzo di molte pergamene di iìifare il vero tempo , in cui Gifolfo fu balzato dal principato da' Normanni , giacché gli fcrittori fono aflTai varii intorno all' anno di tal LXXIl STORIA memorabile evenimento fi). I cronifti variano ancora fui numero degli anni del regno di Gifolfo , altri contandone tventatre , altri trentaquattro. Il P. Elafi afficnra Culla fede delle allegate pergamene della Cava che Gifoiro regnò anni trentafei , e che 1' anno della conquifia fatta di Salerno da Guifcardo fia flato 1' anno di Crifìo, fecondo 1' era comune , 1077(1). Filfata tal epoca col mentovalo ordine retrogrado ilabililce il principio del di lui regno, e palfa poi di mano in mano ai di lui predecefTori , dopo di che con ordine oppofto dal primo all'ultimo riferifce la feguentc ferie corrifpondente agli anni di Crifìo, che giova alla fiorii patria di aver prefente . 840 . Siconoìfo fcappato da Taranto luogo del fuo efiglio è fatto Principe di Salerno fui principio dell' 840 , € dura nel dominio fino alla morte accaduta intorno agli ultimi mcii dell' 848 . (1) Il catalogo dei principi di Salerno ( Hi/ì. Pr. Long. t. V paf,. 14 ) lo ftabilìfce al 107?.; l'ignoto Barefe (t. IV pag. 335) ed li Cronico Normannico ( Rer. Ita!. Scr. t. V ) al 1074; il Cronico di S. Sofia ( ^iitìq. Med. JEv, Mur. t. 1 ) e la Cronica Cavefe del Pratilli ( Hifl. Pr..^Laiig. t. IV ) all'anno 1075; l' Anonimo Cafinefe ( Hi/i. Pi. Lang. t. IV pag. 78 ) cui fi uniforma l'altra Cronica Cavefe Campata dal Muratori ( Rer. Ita!. Scr. t. VII ) all'anno 107^; e finalmente Lupo Protofpata { Hijì. Pr. Lang. t. IV) la Cronica di Cola A niello Pacca che è quella del Protorpata volgare, quella di Tommafo di Catania, l'Amalfitana { ^ntiqu. Med. jEv. t. I ) ed altri feguiti dal Muratori ( yAnnali d Ùalia t. VI ) all' anno 1077.- (2) Avendo il lodato noftro Socio pubblicata per le ftampe la fua Serie dei Pr. Long, in latino colla Tavola Cronologica e colle carte allegate , prima che l'Accademia l' inferifle nei fuoi Atti, fi accennano foltanto i rifultati delle di lui oflervazioni . E quindi in propofito dell'anno comune 1077 ^^^^ f^''^ "" cenno efferc fiato nei contratti notato l'anno 1078 giuda il metodo proprio dei Pifani ( y. il Cittal. Jei Pr. di Salerno), cioè di cominciar l'anno nuovo dal mefe di marzo antecedente al gennaro dell'era volgare; di manierachè l'anno 1077 dal marzo in poi fu d^i Salernitani chiamato 1078. 849. DELLA R.' A. LXXITI 84.5. Slcone fup figlio gli fuccede nell'anno 849. All' 852 contava il fuo anno terzo , e il aflbciò nel principato Pietro fuo Ajo . 854. Fu il quinto anno di Sicone, in cui ebbe parte al principato AJemario figlio di Pietro , di cui è quefto il primo anno. Morto Sicone di veleno nel fcflo di lui anno, rimangono Pietro ed Ademario padre e figliuolo fino all'anno fettimo, e morto il padre refta Ademario fino al novembre dell' 860, in cui ad iftigazione di Dauferio è difcacciato dai Salernitani . 861. Baufcr'io acclamato da pochi è cacciato tofto dal trono , e gli fuccede Guaiferio di lui zio , che regna anni diciannove dopo aver avuto per collega Guaimario fuo figlio I di tal nome per quattro anni, cioè dall' 877 fino all' 880, nel quale Guaiferio andò a farfi religtofo . 877. Guaimario I compagno al padre ritiene il trono lino air 899 prima folo , partito il padre, indi negli ultimi fette del fuo governo in compagnia di Guaimario II fuo- figlio dichiarato fuo collega neir8^3, e gode pure con lui il titolo di Patrizio Imperiale . 893. Cinquantuno almeno furono gli anni del regno di Guaimario li, che nel 41 del fuo impero cioè nel 933 fi aifocib il figliuolo Gifolfo , infieme col quale ritenne lo fcettro almeno altri dieci anni . 933. Gifolfo da queft'anno fino al 41 del fuo dominio non ebbe figliuoli, e per compenfare la generofa azione di Paldolfo Gapodiferro principe di Benevento, adottò infieme con Gemma fua moglie per figliuolo Paldolfo figlio dei- nominato Gapodiferro , con cui e colla moglie Gemma regnò fino alla morte accaduta dopo il novembre del 977 che era il 45 del fuo governo . Fra quefto tempo per pochi roefi degli r>nni 973 e 974 occupò il foglio il traditore Landolfo . 9j/^. Valdolfo che cominciò con Gifolfo a fignoreggiare nel dicembre del 974, morto Gilolfo ebbe compagna per k LXXIV STORIA qualche mefe la principelfa Gemma ; indi Ci afTocib il proprio padre Capodiferro , dopo la cui morte accaduta dopo il febbrajo del 981 lì folìenne per pochi meli folo nel trono j perchè ribellatifi i Salernitani lì diedero a Manfone di Amalfi, che vedefi dominare fu i primi meli del feguente anno. 982. Manfone dichiarato principe malgrado degli sforzi di Ottone Imperadore a favore di Paldolfo, ottiene e da quefto Imperadore e da Paldolfo fteffo di goderli in pace il principato in compagnia di Giovanni fuo figliuolo negli anni 982 e 983. 983. Circa il fine di quell'anno vengono efpullì dai Salernitani cotefti principi Amalfitani, ed è elaltato Giovanni di Lamberto che con fuo figlio Guidone regna intorno a cinque anni, e lui morto regna egli folo per qualche anno, indi nel ^89 lì affocia l' altro figliuolo Guaimario 111 di tal noìTK, con cui regna fino ad agofìo *)^9 decimofeflo anno del fuo principato . 989. Guaimario 111 fatto compagno al padre nel 989, lui morto governa folo da ottobre del 999 , in cui contava r undecinio del fuo regno . Pervenuto all'anno 17 lì alfocia un fuo figliuolo Giovanni , il quale morto dopo tre anni di regno nel fettembre del 1018, il dì 21 del mefe medefimo fi affocia con magnifica folennità l'altro figlio Guaimario con cui regnb anni nove fino al febbrajo del 1027, quando il padre ne contava 38 di governo. 1018. Guaimario IV ed ultimo di tal nome fanciullo nella morte del padre rimane per pochi meli fotto la tutela della principeffa Gaitdgrima fua madre , la quale conta il primo anno del fuo governo correndo il nono del figlio . Ma o perchè ella morilfe indi a non molto, o per qualunque altra ragione vedefi egli regnare dal novembre dell' anno fìelfo 1027 fino al fuo 29 anno che era il 1037, nel quale dichiara fuo collega Giovanni o Giovanniccio fuo figliuolo di cui non fi vede nelle pergamene memoria alcuna dopo _LL DELLA R. A. LXXV il novembre del feguente anno 1038. In tal niefe comincia il padre a intitolarli anche principe di Capua . Nel Icuente anno 1039 in aprile s' intitola eziandio duca di Amalfi, ed in luglio aggiugne ai fuoi dominii il ducato di Sorrento . Nel 104.1 Guaimario piglia per fuo compagno GifoUb II altro fuo figliuolo, che s'intitola come il padre anche principe di Capua e duca di. Amalfi e Sorrento ; e nel Tegnente anno 104.5 prendono entrambi i titoli dei ducali di Calabria e di Puglia. All'anno 1052 Guaimario IV è ucciib dai congiurati dopo 34- anni di principato . 104,2. Gifoltb -Il che all' uccifione del padre contava già dieci anni di regno , col valore del duca Guidone fuo lÀo è foftenuto nel trono, e vi continua fino all'anno 1077, contando già 36 anni di dominio . Allora Ruberto Guifcardo Normanno marito della di lui forclla , alfediando Salerno llrinfelo di modo che fu coftretto ad arrenderfi , lafciando a lui il principato che i Longobardi aveano per dugento trentotto anni occupato ad onta degli affalti dei Beneventani, dei Greci, degl'Imperadori e dei Re d'Italia, e finalmente deiSaracini. Gli autori riferifcono che Gifolfo II fpogliata dei Tuoi fiati fi porib a Roma e dal Pontefice Gregorio VII fu creato duca della Campagna (i) . Il noltro Accademico da uno fìrumento di Amalfi dell' anno 1088 confc^rvaro nell'Archivio della Cava (2) rileva che egli undici anni dopo della perdita del fuo principato,' regnando Ruggiero,' fi trovava ricoverato in Amalfi e corteggiato dai fuoi fedeli e onorato col titolo di principe (3) . Di più nel medefimo (l) Cbron. Cav. in Hijì. Peregrini Guil. ^^pul. tom. V Rer. hai. Scrip. , Mor. e negli ^AtnaL d'Italia 1077. {2) Membrana III Arm. II P. (3) Cum intra Civitaiem ^malfie ( dicefi nel citato flromento ) coram prefcntia Domini Gifulfi principis ^demarius judex & plures more [olito circa eum ujìarei caterva fidclium , fune in eadem prefentia, C così appreffo . k a LXXVI STORIA anno 1088 ai 15 di luglio, X indizione, fotto II medefimo duca Ruggiero , trovali in un' altra membrana di carattere Amalfitano fcritta da Giovanni figlio di Giovanni curiale (i) notato il nome del principe Gifoltb in quella guifa : Temporibus domini Gifulfi ^loriofi & eximii principis anno primo ducatus illus Amalfi , cofa notabiliffinu attefo il genuino carattere della membrana , ficcome offerva il chiariffimo Archivila . TENTATIVI E LAVORI cjegxùù dopo i ti-emuoti delle Calabrie e di MeJJina . Produceva in iiffatta guifa l'amor patriotico utili frutti nella nafcente Accademia, quando fofpefa e fcoffa dalle amare novelle del flagello fopravvenuto alle Calabrie e a MeiFma ai 5 di febbraio del 17S3 che sì ferace e ricca contrada aftlilfe e per poco non diftrulTe interamente , rivolfe i filofofici fguardi verfo quella parte , tanto per ìnveftigare coli' oculare olTervazione fu i paeiì fovvertitl gli effetti diverfi dei terribili replicati fcotimenti , onde dedurne la più foddisfacente tìfica fpiegazione , quanto per raccorrà interelTanti notizie 0 notabili materiali che illuftraffero degnamente la floria naturale e la tìfica geografia di quelle regioni : per offerir di poi al benefico SOVRANO quegli utili fcientifici lumi raccolti che poffono attenderfi da un Corpo Accademico da lui eretto ad iftruzione e vantaggio dello f^ato . Ad efeguire tali difegni fi dettino una peregrinazione accademica del Segretario delle Scienze Sarconi accompagnato dai Penfionarii Pacifico e Fafano e da qualche Socio e da (i) TrovaC tal membrana Are. II, num. t6 dell'Archivio della Cava. B E L L A R. A. LXXVIt abili difegnatori . Il lifultato di quefìo viaggio (oltre a diverfe defcrizioni particolari e fpeculazioni ftientitìche dei Penfionarii mentovati, che l'Accademia di tempo in tempo renderà pubbliche) fu \in2. Storia di quei tremuoti che con accuratezza ed energia prefe a compilare il lodato Segretario Sarconi pubblicata nel 178^^, in loglio ed in quarto, arricchita di molti rami. Intanto che 1' Accademia attendeva ai defcritti lavori e ad altri ancora più interefTanti , de' quali li darà indi contezza , avea in pochi anni perduti diverfi valorolìfUmi individui . Sofpirò lìngolarmentc la patria per l' irreparabil perdita del celebre Francefco Serao alta fperanza dell'Accad. ed onore de' lìlofofi e medici della nolìira età, a giudizio ancor degli efteri più fchivi , Erano altresì mancati r utililTimo lìllco il P. Giammaria della Torre, l'eruditiiTimo Penfìonavio Salvadore Aula , il noto medico Luigi Vifoni, il Socio e Real Bibliotecario Domenico Malarbi, e qualche nitro . Non pochi Accademici aveano mutato cielo ; altri . irovavand ognora più occupati ne' propri! degni lavori j altri dillratti dalle magiflrature e da nobili profelTioni da loro illultrate. Il Segretario delle Belle Lettere Don Andrea Sarao avea depoflo l' onorevole incarico promolTo ad uà Vefcovado . Il Segretario delle Scienze e del Regiftro Economico Sarconi , dopo la riferita Storia de tremuoti ultimo fuo lavoro accademico, amò una filofofica libertà ed impetrò dal generofo SOVRANO il fuo congedo , Di tanto mondo accademico che parve talora foverchio al bìfogno, non rimanevano che pochi amici del paefe e delle fcienze . S' intermifero le cure accademiche j divennero lare le aflemblee ; un apparente increfcevole languore rattriftava i veri compatriotti . Di bel nuovo vi rivolfe il SOVRANO gli fguardi propizi!, ed impofe al degnilTimo Prefidcnte il Sig. Principe di Belmonte la nomina di tre abili foggetti per eleggere fra efli uno che fupplilfe ad un tempo ai doveri che richieggono LXXVIIT STORIA le ScK^nze e le Belle Lettere . L' Accademia adunatafi privatamente ai 30 di novembre del 1784- approvò la nomina di tre Socii come ugualmente degni ed idonei all'importante carica. Cadde la fcelta di S. M. nella perfona di Pietro Napoli - Signorelli uno de' tre nominati che allora trovavafi dalle Spagne rimpatriato, ed a' 6 di dicembre del medefimo anno fu eletto Segretario perpetuo delle Scienze iniieme e delle Belle Lettere , e in apprelfo con altro real relbritto dichiarato eziandio Segretario del Regiflro Economico . Quefla nuova benefica cura del Re per un Corpo che fembrava intorpidito, ridelìò l'ufato ardore ne' peiti patriotici e fi ripopolarono le alTemblee. Una delle prime cure del, nuovo Segretario fu l' ifìruirfi delle macchine aftronomiche e fifiche che 1' Accademia poifedeva . Non potè averne contezza dall' Abate Don Vincenzo Mazzola aggregato alla prima clalTe nel ramo dell' ottica pratica , il quale ne era il cu (lode , perchè avea egli già dal Sovrano ottenuto di potere per alcun tempo allontanarfi da Napoli lua patria per vedere i più culti paefi efteri (i). Donianàò iìngolarmentc (i) Quedo induQriofo Socio fi è a' noflii tempi diflinto nella formazione dei cannocchiali acromatici che nella terminazione e chiarezza gareggiano con quei del Sig. Dollon e nell'ingrandimento cogli altri dell' ingegnofiflìmo Ramfden . Ne' n)icrofcnpii a lentine ha vinti lenza contrago quanti mai fi fono fegnnlati in tali lavori . Secondo l'avvifo del fu P. della Torre nelle più picciole di quelle lentins l' ingradimento lineare afcende preffo a icoo , il campo è più chiaro de' microfcopii a palline dello ftefTo ingrandimento, e gli oggetti veggonfì più terminati e da più copiola luce iliuflrati. Per mezzo ditali lentine fi è confermata l'invenzione del mentovato fifico della Torre fulla figura anulare del fangue ed evitate alcune objczioni fatte contro di tffa . Credcvafi da alcuni illuftri fifici che tal tìj>ura delle parti del fangue oflervato colle palline del Padre della Torre fuffe una illufione ottica nal'ccnte dalla sfericità de' microfcopii; e fi aggiugneva che fé fi potefTcro lavorare alcune tentine convcifo'ConveJe di un iograndimcnto uguale a quello V E L L A R. A. LXXIX di una macchina aftrononiica oirervara ancora in Napoli dal eh. M. de la Lande verfo il 1765 che ne fece menzione nel fuo Viaggio d'Italia, oggi poffeduta dalla R. Accad., con finiflìmo magiftero lavorata dal celebre macchinila Inglefe Simp/on, per cui mezzo può rilevarli il vero luogo del cielo occupato da un pianeta o da una cometa in un dato tempo , e pollono agevolmente efeguirfi diverfe operazioni aftronomiche che oggi fi praticano colla macchina equatoriale.- Ulh ne'principali uli conviene colla Pam/lattica e col Settore jijhonomico di Graham'^ ma eirendo la di lei congegnazione diverfamente da quelle efeguita, e contenendo altre dimenfioni e divilìoni affai più fine neTuoi circoli che promettono una efattezza prelfo.hè geometrica nelle olFervazioni, né trovandoli, per quanto fi fappia, né difegnata né defcritta finora, (limò il Napoli- Signorelli col confenfo del Signor Prefidente util cola il commetterne il diiegno che ne indicalfe la particolare ordiiuia e gli ufi a cui è defiinata, al che colla folita delle u'time palline, forfè per mezzo di effe fi vedrebbero le parti del fangue sferiche e non cilindriche. Riufù all'Abate Mazzola di larorar lentine sì pjcciole e di sì prodigiofo ingrandimento, ed avendo con effe offervate le parti del fangue li afTicuiò di non tffere globole ma di figura anulare giuda l'efperienza del lodato P. della Torre. L'ultima produzione del mentovato noffro valorofo ottico prima della fu a partenza per Vienna, è fiato {inorinolo notturno intraprefo di ordine di S. M. la noftra Regina CAROLINA. Cercava quella augura protettrice delle arti e degl'ingegni una macchina, per cui giacendo a Ietto, fenza ricevere inccmodo né da foverchio lume né da romore di pendolo che o(cilli, poteffero di notte offcrvarfi le ore, non efftndo S. M. rimafia foddisfatta di alcune altre macchine per tale oggetto efeguite nelhi Germania e nell'Inghilterra. L'Abate Mazzola ne immaginò una che compiè l'oggetto della SOVRANA. La di lui macchina fenza ferir gli occhi col chiarore né le orecchie collo flrepito, projetta e dipinge nel muro bianco di una camera ofcura un luminofo anello circolare che legna con ben diftinti colori le ore e i minuti di un orologio che in effa fi contiene. LXXX STORIA gcntilczz:i ed alacrità fi predò l' inftancabile Socio Don Isiiccolò Pergola . Dejcrizione della Parallattica dell' Accademia . I Piedefìallo della macchina è II triangolo rettangolo Fig- 1 ABC di legno , di cui il cateto AB è verticalmente pofto, e l'altro BC giace in Tito orizzontale . Effi fono di legno del Brafile larghi e fpeffi rifpettivaniente 02, 36 di AB che difegna la decima parte del raggio del fettore T . II II cateto verticale AB è lateralmente fortificato dalle due traverfe DF, DF pur di legno, le quali in larghezza e fpeffezza a un diprello lo pareggiano e fono arrecate nella barra orizzontai? EE unita ad angoli retti al cateto orizzontale GB . Ili Agli eftremi A e C dell' Ipotenufa AC forgono perpendicolarmente le piaftre di ottone CF , KG fatte a fquadra ; le cui parti C e KH fono rifpettivamente fermate nella nominata ipotenufa con quattro viti, e le parti elevate F e KG nella feguente maniera coflrutte, cioè la parte fuperiare KG è concava e 1' altra T ha in mezzo un buco conico , affinchè 1' affé della macchina IG/ attraverfando la parte concava G polla girare entro il foro conico / . IV L' alle di ferro 1/ è perfettamente cilindrico in G e pofa fulle circonferenze di due rotelline di ottone alquanto fpeffe , che girano anch' elle intorno ai loro perni ficcati nella piartra GK qualora giri l' affé 1/ ; e quindi elfendo ^puntuale il loro fcambievole contatto coli' alfe 1/ è libera ed uniforme la rivoluzione dell' alfe intorno ad /. V Vicino all'eflremo fuperlore della mentovata ipotenufa evvi un cerchio d' ottone LMG divifo effettivamente in foli gladi, e divifiblle in minuti mercè la piaftra adiacente L del Noniiis . Elfo è attraverfaro nel centro dall'alfe I/, cui pcrpendigolarmente infille , e vi è fortemente arredato per mezzo del timpano m . V Vicino Fan. J.XXX . BELLA R. A. LXXXI Tal timpano è compoflo di un prifma efif^onale che. cinge la parte m dell' alle quivi con viti fermato e di un'armilla circolare di ottone che combacia col cerchio LMG cui è pur anche fermata con viti . VI Vcrfo r eiìremo I del mcdefinio affé fi ravvifa il cerchio 00 quafi uguale nel diametro e nella fpelfezza all'altro LMG, ed è anch'elfo divilò in gradi. Il piano di quePo cerchio coincide colf alfe I/; ed affinchè vi lìa fortemente arrelìato, trovanli dietro di elfo due lamine di ottone , ognuna delle quali viene con due viti fermata fui n.edelimo alfe di lerro. VII Dal -centro di queflo cerchio fi eleva ad effo perpendicolare un cilindretto di ottone, intorno a cui come perno gira con Ibmma frizione ed uniformità l'altro cerchio NN un poco minore dell'altro OO . Effo ha come 00 due lamine di ottone che fi fccano nel centro perpendicolarmente. Di elfe la NN fporge alquanto fuori della fua periferia , ed ha negli ^eiìremi N , N due viti onde poterfi a piacere dell'olfervatore fermare immobilmente il cerchio NN fopra r altro 00 . Vili II fettore RPQ^ il di cui raggio è decuplo effettivamente di AB , è pur di ottone . Le tre lar.iinc RP, R(^, QP fono di dietro fortifì.ate di tre altre, il cui piano è ad elfe perpendicolare . Ma le fpranghe di ottone che fortificano i raggi (^R , Q^P fono arredate nel cerchio NN per mezzo di piaftre di ottc^e fatte al quadra , che con vili fono fermate tanto nel cerchio NN che nelle fuddette lamine . IX Evvi fìnnlmente il cannocchiale comune QS cilindrico e di ottone , che gira per mezzo del cerchietto Q^f inforno ad un perno eretto dal centi o di effo lettore perpendicolarmente al di lui piano, e va rafente il lembo PK . Nel di lui fuoco fecanfi ad angoli retti due fonilifllmi fili per filfare 1' aflro quando venga coperto dalla loro interiezione. L'alfe di tal cannocchiale debbe elfere parallelo / LXXXIl STORIA a quel raggio del fettore che paffi psl punto T principio della diviiione del Nonius . X II lembo del lettore PR è di 21°, e ciafcun grado fuddivifo in quindici parti uguali , cioè in 4,' . Attaccata al detto telefcopio fi vede altresì la piatirà PT del Nonius, la quale eirendo di lunghezza uguale a 23 delle 15 parti uguali , è poi divila in 24. parti uguali . Di più accanto ad efTo è il quadrantino d divifo in 120 parti uguali, ond'è che fi pOiTono affegnare anche 2" . XI Sonovi analmente verfo la bafe della machina tre viti V , V , V , da poterla livellare , e da drizzare l' afle 1/ parallelo all' alFe del mondo. Nell'equatore MGL vi è anche la vite ftringente L, mercè di cui può fermarfi elfo circolo e toglierfi dall'intiera machina ogni moto di rotazione, rimanendo al circolo 00 , ed al fettore il folo moto nel circolo di declinazione. Che fé fi ftrini'a l'altra vite O, fi toglierà eziandio quell'altro moto della machina, e rimarrà al folo telefcopio bQ^ il moto d' intorno al centro t del fettore . Rettificazione dilla machina . I Conviene firuare la mentovata machina in guifa che il cateto orizzontale CB combaci colla meridiana sfattamente fegnata fuH'orizzonte ed accuratamente rettificata, e farà il triangolo Bi^ nel meridiano cslelle . II Vuolfi di più che l'alfe 1/ fia parallelo a quello del mondo. E quello fi otterrà facendo inclinare l'alfe 1/ all'orizzonte fotto un angolo uguale alla latitudine dell' olfervatorio ove tal machina fi filferà, ed offervando fé l'interfezione de' fili copra femprc una fifìà nel cammino per lo luo parallelo. Cioè fi olferverà una fìella Uffa ( come la fulgida della Lira, /3 di Boote, y di Andromeda ec. , le quali palfano prelfo a poco per lo noftro zenit ) quando fia coperta dall' interfczione de' fili . Quindi fi fermeranno le viti O , D E L L A R A. LXXXIII ed O, e fi vedrà fé l'interiezione de'medefimì fili accompagni r altro nel luo parallelo. Sarà in tal cafo rettificata la machina . Ma per quello fperimento gioverà prendere le fudette filTe quando ikno negli archi de' loro paralleli più elevati di 50=, conciolìachè in tali cali faranno effe quafi fgombre di leniitile rifrazione, e fi moveranno in un perfetto parallelo . P R O C. I Rcttificjta efattamentc la nojlra parallattica trovare con accuratezza la vera elevazioni del polo vìjihile Jenzachè e inviluppino le rifrazioni. Rapprefenti CDTR la noftra parallattica efattamente rettificala, onde il di lei affé CO fia diretto al polo vifibile P, e l'equ itore rl>o della medelìma combaci coU'equinoziale celefle EMQ^. Sia di più PZ il meridiano celelìe , S il luogo vero della chiara della Lira , in qualunque punto del fuo parallelo ella li ritrovi, s il luogo apparente . Per quefli punti S ed 5 s' intenda condotto 1' azimuto ZSG , e i due circoli di declinazone PSM , Vsm che tagliino r equatore celefte in M ti m . Ciò premeffo s' iftituifci la feguente operazione . I Si prenda con un quadrante mobile lìtuato fulla meridiana l'altezza rifratta .?G della medefìma fiffa, e quindi il di lei complemento sZ j e fi offervi eziandio 1' azimuto sZP. II Nel momento di una tale offervazlone fi guardi da un altro oiTervatore la medelìma filfa .« per lo cannocchiale della parallattica ; e fi notino i .gradi e minuti dell' arco bo full' equatore di detta machina fegnati dall' indice bD , quando la niedefima ftella è coperta dall' interfezione de'fili di elfo cannocchiale , Onde fapraffi l'arco mJE dell'equatore celefte , e l' angolo Z?s mifurato dal medefimo . / a LXXXIV STORIA III Si rlfolva il triangolo Z?s di cui è dato il Lato Z.t , .e i due nngoli .«Z? , ZP.';. Sarà noto l'arco ZP , il di cui complemento è l'aidimandata elevazione del polo . P R O B. II Pojie le mcdcfime cofe del problema precedente rinvenire le rifrazioni degli ajìri . Rctiificate le due machine , cioè la parallattica ed il quadrante mobile, fi tempri un oriuolo a pendolo al moto delle ftelle tìlFe , e '1 luo indice fegni il principio della numerazione quando culmini una data filla , p. e. la chiara della Lira . Se di ella fia S qualunque luogo vero , s il rifratto , col feguente metodo fi ritroverà 1' archetto S.« rifrazione d' altezza . I Si guardi nel medefimo tempo da due olTervatort la fìlfa s per lo cannocchiale della parallattica, e per quello del quadrante mobile- onde fi fapranno i due archi bo^ sZ, come lì è detto fopra , e quindi l' arco mJE, . ì Sapendoli il tempo deirolfervazione indicato dall'oriuolo, faprafl: quello che dee decorrere fino alla culminazione di tal fìlfa • e per ciò convertendofi quello tempo in arco cquatorio fi avrà l' arco M^E . 3 Si rifolva il triangolo ZPS , di cui è dato l'arco ■ ZP altezza dell'equatore, l'angolo PZS azimutale, e l'angolo ZPS mil'urato dall'arco MvE. Si faprà dunque ZS, da cui tolta Zr , fi avrà Ss . Adunaronfi periodicamente due volte al mefe in tutto l'anno 1785 gl'individui di ogni clafTe, moftrando coll'aOìduità riacce fo in elfi lo fpirito intepidito di patriotifmo e di focialiià per promuovere l' avanzamento delle fcienze . Dilìribuironfi diverte cure accademiche, e fi vide con fingolar piacere il chiar. Penfionario Don Vito Caravelli fotte ntrare al Padre della Torre nel carico d' informar D E L L A R. A. LXXXV l' Accademia del contenuto delle Ricerche jì fiche f-d fuoco pubblicate da M. Marat Medico in Paiigi in picciol volume in ottavo nel 1780, che indi a poco l' Accademia ricevè in dono dall' autore . Colla nitidezza e chiarezza che caratterizzano il fapere , efpofc il noftro Accademico alla allemblea la foftanza dell'opera enunciata. Dichiarata falfa la comune opinione de' tìfici , che fia il fuoco \xn\ materia elementare difperfa in tutti i corpi in diverfa mifura, ch2 difviluppandoii col moto manifelìa luce e calore , paffa M. Marat ad el'porre la propria opinione . Pretende che vi fia una quantità immenfa di un fluido particolare fparfo neir aria , luUa fuperlicie della terra e per la fua malia , ed in ogni altro corpo terrcflre e fluido , del quale fieno abbondantemente impregnate le materie calcinate, in maggior copia le materie fulfuree, e abbondantiffimamente le tlogiftichc. Vuole in oltre che tale fluido non iiiai giunga a filfariì nei corpi, e che fia fempre in perpetuo movimento, pafTando inceflantemente da un corpo in un altro a feconda delle alterazioni che i corpi foffrono ; anzi col continuo fuo movimento, fecondo lui, fiffatto fluido impedisce 1' alToluta coefione delle parti della materia , e fa sì che l' univerfa non fi riduca a una malfa inerte e priva affatto di ogni movimento. Fluido igneo viene dall'autore denominato; non perchè il credelle un fuoco elementare, ma perchè egli ilima che acqui (landò per cagione di fìropicciamento, o di fermentazione, o di altra azione, un moto intelf ino vorticofo e vibratorio, fi renda atto a deftare il fcnfo di calore più 0 meno vivo, fecondo la maggiore o minore fua qu-ntltà, e fecondo la maggiore o minore velocità colla ou.>le fi .agita . Crede egli dunque efiere il calore rifpetto al fluido •ìgneo quali fono rifpetto alla luce i colori . Perfuafo il Signor Marat di avere fìabilita 1' efiltenza del fluido igneo per una moltitudine di minute efperienze, ne va efaminando •le proprietà, e flabilifce che fia di una grande trafparenza, che i vapori più delicati giungono ad alterarla : che fia poi LXXXVT STORIA di peto fenfiblle ; di lomnia mobilità ed el.ifliclt'i : comprellibile qualora è in azione. Ma è il fluido igneo la fiefla cola che il flogiftico , o il fluido elettrico, o la materia della luce? M. Marat paragonando le qualità di un fluido con quelle degli altri rileva edere il fluido igneo diverlb dal flogillico, dal fluido elettrico e dalla materia della luce . Quefta fecondo lui confifte in un altro delicatiirimo fluido che occupa tutti gli fp^zii frappofìi tra i gran corpi dell' univerfo ; e vuole che certa azione vibratoria della materia del fole e di ogni altro corpo che diciamo luminofo, e ancl.e dello flelfo fluido igneo quando viene agitato , comunichi al fluido della luce un moto rettilineo, col quale fa ImprclTione fuU'organo della viftì, e rifveglia la fenfa^io^e di luce. Quindi fpiega come fi alTociino nel fuoco il calore' e la luce , Vuole altresì che all' oppofto i raggi della luce folare mettano in moto ne' corpi il fluido igneo, e rideftino il calore e anche il fuoco, cioè calore foinmo e luce, fc V azione di elfi è potentilfuna, come accade quando vengono raccolti da una lente ufioria o da uno fpecchio uftorio . Adunque fecondo l'autore il principio del calore noii è nei raggi fola ri , ma fi difviluppa ne' corpi coli' azione di elfi fui fluido igneo. An?À pretende, che fé i raggi folari condenfati nel fuoco di una lente , ovvero dì uno ipecchio ullorio , fi facelfero cadere fu di un corpo fpogliato affatto di fluido igneo, non delìerebbero calore alcuno. „ Quefla è la ioftanzk (conchiufe il nolfro Penlìonario ) dell'opinione del Signor Marat fulla natura del fuoco j opinione a mio credere, che fente alfai dell'ipotetico, vale, a dire della qualità che da lungo tempo non li confà al gufto de' moderni filici „ . L' efame poi delle Lettere fur rAntimcphlt'iqite trafmefTc all'Accademia dall'autore M. Janin ha Comhe Bianche^ come altresì quello del metodo di curare l'idrofobia del profeffore di Friburgo M. Mederer , fecefi dall'Accademico Onorario Don Domenico Cirillo . Si deftinò al Sig. Do« -DELLA li. A. LXXXVIl Giufcppe Vairo la cura di verificare l' importanza della dilfcrtazione del Si.j. Alexandris intorno alle acque termali di Viterbo. L'opufcolo del chiar. P. M. Giufeppe Maria Fagnini, Th;oria rcéìarum par alici arum^ fi oirervò dal Penfionario Pacifico e dal Socio Bifulco . Tenne in tutte le adunanze della (late occupata l'attenzione dell'Accademia Don Angelo Fafano con diverfe curiofe lezioni di fifica e di floria naturale fulle Calabrie. Nelle feguenti aiFemblee il lodato Sig. Faciiico efpole la fua fifica fpiegazione de' tremuoti di quelle contrade. Il Socio Forges Davanzati prefentò alcune iuc ftoriche olFervazioni filila feconda moglie del re Manfredi e fu i figliuoli che n'ebbe. Il Si». Pergola cor fé lo fìadio a. lui aiTegnato per rintracciare la vera mifura delle volte a fpira . Il prenominato Socio Don Tommafo Bifulco mancato con fommo rincrefcimento dell'Accademia nel mefe di novembre del 1787, il quale avea nel 1783 letta una fua memoria fulla teoria de limiti ^ efercitoffi con altre due memorie fui culcolo degli fpazii contenni dalle linee a doppia curvatura e Julia loro rettificazione , valendoli del metodo dipendente dalla prima fua memoria , ed indi , ad iniinuazione dell' Accademia , fi lludiò adopei'arvi il calcolo comunemente ufato da' moderni analil^i . Due vantaggio!! effetti produifè quello general fermento, che con tralporto di gioia videro i buoni nazionali rinato nel nofiro Corpo . Scevero in prima fertza violenza ed agevolmente le utili piante dall'erbe infeconde; perchè non pochi individui die aveano dalla fondazione dell'Accademia deliderata la Patente per altro che per lavorar per la gloria e per la patria , cominciarono ad allontanarfi da un luogo di travaglio non premiato filìcamente. Di poi incoraggiò dive.fi diiinterelfari amatori del fa pere , non afcritti nel catalogo accademico , a coiiiacrare i dotti loro lavori al femplice nobil piacere che partorifce la fcienza . Tra cofìoro merita di mentovarli difìintamente Don Antonio Adamuccio laboriolb ed abile difcepoio del Penfionario Marzucco . Egli LXXXVIII STORIA die lui piano del maeftro di fopra enunciato ne' Tentativi della prima chijfc avea di già, pubblicati alcuni Lemmi , intraprefe un palio affai più arduo, cioè quello di dare alle equazioni i caratteri generali per annientarvi geometricamente più termini . 11 rifultato delle fue meditazioni fu l'invenzione della (orvcidìz y-i-vfz — ^p+y") che foftituita in luogo della incognita nell' equazione generale del grado n priva del fecondo temiine, tolti di mezzo i radicali e ordinata l'equazione lecondo la lettera z, dà un'equazione del medefimo grado n priva ancora del lecondo termine . In elTa le fi vuole che limultaneamente Ivanifca il terzo , fi potrà determinare l'incognita y fopia un'equazione del fecondo grado: fé fi vuole che fvanifca fecondo e quarto , fé ne dovrà rifolvere una di terzo j fé fecondo e quinto, una di quarto ec. Con tal mezzo adunque può renderfi pura un' equazione del terzo grado , e quindi fciogliere . 'Neil' equazione di quarto fi può togliere fecondo e terzo termine , riducendoli poi fenza llento la medefima ad una di terzo j fi può tare fvanire fecondo e quarto, e quindi , come ognun fa, pure il terzo, 'é ridurfi a pura. Quelle riduzioni veramente non vanno efenti da calcolo fommamente prolilTo , che vieta di poterne agevolmente far ulo nelle occafioni . Con tutto ciò l' efito delle fatiche durate dal valorolo Sig. Adamuccio merita ogni lode , e dà fperanza che con ulteriori ricerche pollano elfe fempliiìcarfi, e fugperire altre formole più generali che ne conducano alla fimultanea annichilazione dei termini 3 , ^ , ec. di una data equazione . Anche il nofìro dotto profeffbre di medicina Don Natale Leitieri avea nel itìì^ prefentato all' Accademia una fua pregevole differtazione latina intitolata IDs Remedio jcl/rip^p r.o [irate Conici P ertivi 0 no pari , vel f or fan eo praefìantiori . Golia efperienza di molti anni erafi egli alTicurato di quefla prcziol'a prerogativa antifebbrile della noftra •DELLA R. A. LXXXIX nofira acqua termale detia volgarmente de' pijciareUi ^ che iecondochè afferma il noiiro Scballiano Bartoli rre' B.igni Puzzolani , più remotamente da Aldino e da Giovanni Villani chiamolTi jcq-.ia della bolla , Spiccia quefia dalla baifa parie de' colli Leucogei che riguarda il fettentrione , nell'alto de' quali è il Fero di Vulcano, detto anche aiiticamente Campo Flegreo , ed oggi Solfatara , inefauiìa fòrgcnte di folfo ed alume , che fuoco e fumo dagl' interni meati inceffantemente elàla . Con quella alacrità e fermezza che inipira una coftante offeivazione non mai dagli eventi lìr.entiia, e con quella ottima fede che il di lui fapere ugua;.;lia, folìenne l'accorto filìco Sig. Lettieri, che in tutti i cali , ne' quali con fucceffo fi preferiva la chinchina , poteva con ben modica fpeia fofiituirfi quefta noftra acqua termale di non equivoca riufciia • e qualora o la diftanza di alcune regioni o la povertà de' febbricitanti impedilfe di poterli adoperare a tempo quella che fgorga da' nominati colli , poteva lavor.ufene una equivalente artificiale parimente di provata efficacia (i) , Si accolfc con gradimento ed applau o un' opera dottamente fcritta diretta al foUievo degl' infermi ed al vantaggio economico dello fiato , e fé ne commile 1" efame ad alcuni individui dell'Accademia, i quali tuiro reputando pregevole nel libro del Sig. Lettieri, lolo invocarono, come pur fece il Sig. (Quaglia , il provvido prefidio di ulteriori elperienze nc_,li oipedali . Il Tenfionario Cotugno pal.ò anchead efpcrimentare egli d elfo e trovò che in generale la nominata acqua termale era fcmpre riufcita giovevole ove la bile era Jìata per ecccjjo di vohtìlitì di principi e per putrida fermentazione viziata . Solo lembroi^li ciC né a domare il periodo di molte febbri , nà (l) Vedafi neir cpiifcolo del Sig. Lettieri indi impreflTo in Napoli r articolo Vili dt «^itnt noftrae feànfugae fuccedanca ubi illius copiti nttt Ju{.fet!t . m XC STORIA ad alforblre, né a fomminiftrare principil di coefìone alle lolìanze degeneranti, potelTe adequare, non che v ncere , la facoltà medicinale della chinchina . Per lo che configliò a continuariene 1' efperienze . Verlb la fine del 1784 riferì un altro accademico di avere anch' egli talvolta trovata nelle febbri profittevole ed attiva 1' acqua dei pijciarelli e tal altra infufFiciente a fuperarle j la qual cofa comunicata dal Segretario Signorelli al Sig. Lettieri , egli moft;ò con una moderata non breve fcrittura p.elentata nell'anno 1785, che l'ultimo a lui ignoto olfervatore , p^r ouel che appariva dalla di lui relazione , non avea feroato il metodo inculcato nella dilfertazione latina intorno all' ufo del noflrale antitebbiile . E con diverte altre efperienze fatte da lui lielfo fucceflìvaniente dcirethcicia di elfo tanto nelle febbri croniche quanto nelle eifenzali acute, fìabilì vie più che tale acqui naturale o tatii,:ia equivale alla chinchina . E nel medcfimo anno , in alcune fue lettere Italiane dirette al Sig. Don Pietro Orlandi proFelfore di medicina in Roma, ed al Signor Don Niccolo Beatrice prolelfore di medicina in Fontanarofa, efpofe per le flampe altre fue nuove oirerv:!zioni fatte in alcune cure telici ottenute colla medefima lodata acqua termale de' noiìri colli Leucogei . Ma ciò che in quali tutta l'Accademia rideftò l'attività e r amor del travaglio , fu la propofìa fatta dal Segretario di un nuovo generale efame delle Memorie recitate o prefentate negli anni precedenti , per ifcerne una parte da comunicare al pubblico per le flampe. Si fìai ili che ogni clalfe in un particolare congreiTo deliberafle lulla maniera da tenerli in tale elame , effendo tutti perfuafi che non tutto ciò che altrove fi praticava, potelTe appuntino convenire ad ogni paefe . Adunatali perciò la prima clalfe a' 7 d'aprile del medefinio anno, dopo varli pareri li conchiufe che ciafcuna memoria fi rivedeife dagl' individui che erano intervenuti, i quali dovellero al Segretario fotto la Icg^e del fileo^io D E L L A R. A. XGI cpmunicare i giudizii ragionati e ioltofcritti dettati dallo fpirito di moderazione e di ftima e di amicizia reciproca e regolati dal riguardo dell' onor del corpo e della nazione che dovea animarli a far la guerra al folo errore . Le Memorie concordemente approvate doveano ferbarli alla pubblicazione; quelle che richiedevano le feconde cure, rimetterfi a' loro autori per correggerli o per dileguare i dubbj fu di elle inforti: le riprovate cuftodirfi in archivio. Un gi-meral movimenio di chi foggiava, o con'lsriva , o calcolava, o rettificava, o approvava ragionatamente, rifulrò da quella cura intraprefa con ncbile ardore che recava ai buoni concittadini un tenero compiacimento , e faceva prefagir per l'Accademia i più lieti giorni. Ma intanto che aitendevafi a tal lavoro, fuvvi chi prerefe far cangiare Tintraprefo metodo .di efaminare in un altro che riufcilFe men lungo • e propofe che in ogni clalfe fi rileggeffero le Menitrie, e fé ne proponeifero le oppolìzioni in faccia agli autori tìclfi . A i più veramente non lembrò quelìa la vera maniera di afìlcurarfi della bontà e dell'importanza delle diflertazioni, temenòoi'j e! ; i privati affetti potelfero impedire la comparla della nuda verità . Pur fi raccolfe la p; ima clalTe il dì 2 I di luglio di quell'anno per tentar queflo' nuovo cammino . Si approvarono concordemente alcune lezioni, ed altre fé ne rimilero a più maturo efame. Ma non (ì lafciò di olfervare quanto era facile agli autori oflentar docilità in lontananza, e quanto difficile il praticarla nel cafo y non elfendofi per anche rinvenuta l'arte di rimpaflar l'uomo. La debolezza di un (overchio amor di fé riufciva mala;^evole a conciliarfi colf afcoltar fincere oppofizioni che doveano ferirlo ; e la tranquillità di qualche individuo noa permetteva che fi aUercalle per foltenere il proprio avvifo. Taluno diiapprovò col filenzio e col contegno il nuovo metodo; molti fi afìennero d'intervenire, come fece fra gli altri il dotto e candido e fenipre fofpirato penfionario l'Ab. Sabatelli , Mai'CÒ a veduta l'ardore di mettere al vaglio m 1 XCII STORIA le Memorie in faccia ai loro autori; e tutta l'Accadcmù (ad eccezione di ben pochifTimi , a' qusli folranto pjteva tornar conio la propofìa novità ) defiderò la continuazione del metodo primiero a pieni voti in più alFeniblee propofto" ed adottato . Al line in una fenìone Accademica tenuta rella R. Segreteria alla prefenza del primo vSegretario di Stato fi conchiufe di pubbllcarfi frattanto le Memorie concordemente approvate . A norma de' giudizi i portatine in ifcritto e de' congreffi tenuti , fi procede alla fcelia • delle dilTertazioni non controvertite , le quali dovelfero formare il I Volume degli Atti pieceduto dalla Storia dell'Accademia, riferbandofi le altre ad un fecondo dopo i richiedi cangiamenti . L' anno 1786 fi attefero le fagge deliberazioni da prenderfi dal nuovo Miniftro di Stato intorno all'Accademia, le quali fperaronfi fommamente propizie al bene nazionale, per la fama dei di lui lumi fcientihci che grande e verace con tanto fondamento lo precedeva . Non s' interni ifero le lezioni accademiche , benché comincialfero a divenire più rare . Il chiar. Canonico Saladini di Bologna , laboriolb rofìro penfionario , il quale collantemente ci ha in ciafcun anno comunicata una differtazione, partecipo ancor da lungi delle cure accademiche , ora efaminando varie Memorie rimefifegli anonime, fulle quali portava giudizii ragionati e imparziali , ora dando contezza di qualche recente analitica ricerca fatta in Italia , Egli nel mefe di marzo dello fcorfo anno 1787 trafmife al Segretario un foglio di un matematico che occultando il fuo nome pretendeva trafmutare in reali le radici immaginarie dell'equazioni di fecondo grado , e quindi , aflfegnando quefle medcfime radici all' equazione di fefto grado derivativa di fecondo, che è la ridotta di quella di terzo , credeva aver rifoluto il cafo irreducibile . Il di lui problema col corollario dedottone fi riconobbe per un 's paradolfo dettato per altro da un abile analifta . Nella equazione x*+3/-v+^=;:9 egli afiegnava per radici DELLA R. A. xeni ed T/+ C- (+/'± lA̱i ng -^ ) ) r ^(+/.±l|/±,^fe_^')) donde poi determinava quelle del terzo . Il giovanetto D. Annibale Giordano ed il Socio Signor Bifulco riconobbero fcparatamente ellere le radici fudette uguali, e ciafcuna di effe uguale a zero . In fatti il radicale ne menrifce foltanto la forma, ma è poi effettivamente uguale ad -fj -^V{g—ìJl). Le rifoluzioni che fi rimifero al prelodato Penfionario ne' primi di d'aprile, fi riconobbero •dal medefin:o per giufie ed eleganti e concordi ancora a ^lello che lo fìeffo an:ninio autore ne penfava (i). (i) Ciò rilevali dalla lettera fcritta dal Sig. Saladini al Sipnorellì a \6 d'aprile, colla quale tralmife ancora alcune copie à<:\\iOffti . 11 prelodaro Sig. Sal.'.dini ha trafmefTa all' Accademia una fua novella dillertaiione fu gli fpazii analoghi ai cìduid.ili ^ e poi un' altra circa la quadratura , e la cubatura di alcuni JfJzii curvilinei che parimente rilerbanlì al nuovo valume. M. da Vajloret Configliere della Corte des'Aides à Pàques^ il quale nel 1785 avea comunicato all' Accademia una . no- ella traduzione francefe dell'elegie di Tibullo e una dilfertazione intorno air influenza delle leggi mariti me Rodiane iuUc forze navali de' Greci e de* Romani , le trafmile non ha guari un dotto libro intitolato Zoroajìre , Confnciux et Mahomct comparati come fettarii, legi>latori e moralifti, con un quadro de' loro dogmi , delle leggi e della morale . 1 Sperali che il noftro Sovrano de^ni prefcrivere , giufia i 1 ■voti dell'Accademia, che queflo laboriofo ed erudito llranieio venga alcritlo tra' locii efieri che coltivano con fuccelfo gli Itudii dell' antichità remou ; liccome ha già fatto eoa DELLA A. R. XCV M. Marcard Medico di S. M. Britannica in Hannover, il quale oltre all'aver prefentato egli ftello all'Accademia nel 1785 il primo volume della Defcrizione delle acque minerali di Pyrniont tradotta dall' idioma Tedefco al Francefe , ne ha nel pairato anno irafmefro il fecondo , e n' è liato per Real relcritto dichiarato focio elìero aggregato alla feconda claffe . DA QUANTO fi è di fopra accennato delle antiche e delle moderne fcoperte fatte nelle fcienze, e degli storzi . quali elfi fienfi (i) della nolìra nafcente Accademia che in i quello volume al pubblico fi prefentano , rifulta queft' utile ; verità , che ancor rimane in campo sì valto non poco a ! fpigolare , non poco a trovare , non poco a perfezionare . ; Quanto non debbefi ai Galilei, ai Gaffini , ai Carte fii , ai 1 Lcibnirz, ai Newton p Fure nel noftro fecolo le loro fcoperte hanno ricevuto noiabil luftro ed incremento. Mercè del calcolo integrale quanta nuova luce non fi è recata all' aftronomia e alla fifica P Drpo le varie ofTervazioni del Picard e dell'Hook, credettero il Flamftèed e il Gaihni poter per le proprie ftabilire la parallatTi delle fìlTe . Il Molineux nel 1715 notò che la y del dragone palTava verfo il fud . Il Bradley ciò vide ancor meglio , e con molte altre olfervazioni combinando felicemente i moti della luce e della terra, nel 1728 colla fcoperta àtW aberrazione diifipò ogni idea di annua parallaifi fenfibile delle filfe . Colle accademieche ben penfate e ben dirette peregrinazioni fi è determinata la figura della terra , e fi è lavorato per rifolvere il gran problema delle longitudini in oiare . La nutazione dell'alfe della terra, la librazione della luna, la preceifione degli equinozii, il moto de' fatelliti e de' pianeti primari! che fi attirano e delle comete che ad elfi fi (i) Qui Italorutn ingeni» f diceva ne' fuoi Commentarli il celebre Segretario dell'Accademia delle Scienze di Bologna Francefco Zanetti ) nihil tribitunt , voluntati cote, fi quid voluntas apud ipfos mereri pote/l^ dent ali quid . XCVI 'STORIA avviciriano , l'effetto della refirTenza dell'etere fa tali corpi, il fluiTo e riflulfo del mare, le vibrazioni delle corde e le ofciUazioni dell' aria lonora e le cagioni dei venti, tutte qu^fte cofe , dico, lìccome non ignorano gì' intelligenti , fono ftate trattate con nuovi principii e con taetodi diletti d'integrare per approifimazione meno foggetti ad errori . Avea il gran Newton abbozzato il calcolo delle perturbaz oni e dei cangiamenii che potevano rifultare dal non trovarli sferici i corpi celefìi . L'acutiifimo Giovanni BernoulU , sdegnando di occuparli a calcolare fui di lui principii, fi perde a fare infruttuofe oppofizioni alla teoria della gravitazione. D'Alembert, Clairaut ed il grande Eulero con più vantaggio delle fcienze aumentarono eolle loro foluzioni analitiche la conofcenza del fiftema del mondo , Graam , DoUond , Le - Roy ed ultimamente Hechell hanno trovati o ridotti a perfezione varii fìromenti aftronomici . Sinipfon , Bouguer , La - Caille , Bolcovick , La-Lande, hanno propofìi divedi metodi di olfervare , e calcolare. Si fono più diftintamente raingurati gli aiìri e qualche . pianeta colle fue lune che ancor li occultava . Tutto ciò non fa noverare con ragion veduta il noftro Iccolo tra quei pochiiTimi di fopra defcritti, che fi diflinguono traila folla delle andate età tenehrofe , per lo fplendore e per li prcgreffi della mente umana ? Non pertanto dopo tanti vantaggi apportati allo fcibile da' corpi accademici da che nacquero in Italia e fi diffufero pel relìo dell'Europa, e dopo i rifultati del calcolo integrale e dei nuovi ftronienti, l' immenfità del uelo offre pure novelle fperanze ed altri fenomeni al calcolo ed alla dotta curiofità ; e nelle tìfiche molte importanti cofe fono ancor problematiche. La durezza, l' elaliicità, la fluidità dei corpi lomminifirano ancor curiofa materia agli Iperimenti . L' elettricità , il magnetifmo , 1' aria fila , colla ben nota felicità maneggiate da varii grand' ingegni , e fpecialmente dal Nollet, dal Franklin, dal Trieflley, prefeiitano tuttavia un DELLA R. A. XCVIT un lontano vago orizzonte che invita col fuo fulgore gli avidi oil'ervatori , aumenta il coraggio degl' indefelfi , e {paventa colla diftanza gl'infingardi. La chimica fiiìca dopo i Bergman, gli Staal, i Lavoilier, i Lemerì, i Macquer, e la fìoria naturale dopo i Redi, i Valifnieri, i Rèauiiiour, i Buffon, i Daubenton ec. , quale non ferbano pieziofa mei re agli amatori del vero lapere ? Il moto di traslazione olfervato dal Sig. De la Lande nel fole ed in tutto il fuo fidema , non dovrebbe lìimolar gli aftiononii a verificare, per quanto lor fia permeilo, fé polTa, giufta il penfiero del Sig. Bailly, quefto gran luminare rivolgerli con tutti i fuoi pianeti intorno a qualche altro aftfo alfai più grande e più potente , nella guiia che intorno alla terra , a faturno , a giove, a venere ed al novellamente fcoperto pianeta, Giorgio da prima appellato , rivolgonii le loro lune ? Le Accademie che fecero altra volta felicemente la guerra alla fpoglia del fapere , cioè alla vera ignoranza dei fecoli fottopofti alla cieca autorità, la faranno collantemente alla fuperficialità , a' freddi verfego;iatori , alla rancida pedanteria , agli etimologici capricciolì ed agli antiquarii lìravaganti, tutti giurati nemici della vera eloquenza, della faggia fi lolòiìa, della fceltaben digerita erudizione e del buon gufto . Effe avranno fempre la mira a richiamar la gioventù alle fcienze efatte , purché fieno quefte maneggiate fenza affettazione e fenza una cieca preoccupazione contro le altre umane utiliifime anzi necelTarie cognizioni . Effe moflreranno ognora con nuova diligenza , fecondo l' antica infinuazione di Bacone da Verulamio , quello che manca tuttavia alla niaffa comune del fapere, col fottoporre ad efame le nuove fcoperte o fatte da buon fenno o che fi pretende di elferfì fatte. Con tutto ciò effe non hanno finora per l'Europi compiutamente recata tutta l'utilità che fé ne fpera, né tulio a' proprii individui fatto affaporare quel dolce frutto di amiiìà, di focialità, di diletio che dovrebbero j-rodurrc. h' ciò effetto d'una mal accozzata unione, o iì bene della n XCVIII STORIA natura dell' uomo foggetto al perenne ondeggiamento delle paflìoni che ne fugano la calma filofortca e l'armonia troppo neceffaria per raccogliere in un ibi centro le fparfe forze ^i ciafcuno P Scorgefi per avventura queito fpiacevole effetto foltanto in qualche fpeciale naicente Società, ovvero dalla fìoria ci fi addita come univerfale e proveniente dall' organizzazione tìfica e morale del cuore umano ? Quando tali corpi ( diceva un valentuomo del noftro fecolo ) godono della confiderazione che lor fi debbe ; quando il governo gli pregia e gli foftiene e 1 ro appretta mezzi per lavorare con prolitto • quando a ninno invido ambiziofo è permeilo impunemente inlidiarli con mine fecrete per fovvertirli , o ridurli all' inazione ; quando in fomma iìeno protetti e. incoraggiati, allora quefti corpi rifpettabili diventano il foftegno della gloria e dell' utilità nazionale . La Chiefa (aggiungeva) veglia alla confervazione del iacro depofito della Religione j i Magiftrati a quella del decoro inviolabile e dell' olfervanza delle Leggi ; ed alle Accademie delle Scienze e delle Belle Lettere ( cioè di quelle lettere che fono belle quando non fono imbrattate dall' impoftura , dall' ambizione fmoderata e dalla pedanteria orgogliofa ) fi appartiene l' onorato gloriofo pefo di far regnare nella nazione , a vantaggio del SOVRANO che le aliifenta , un laper puro , folido e fecondo di preziofi frutti deftinati all' immortalità . DISSERTAZIONI . / I ^'VfcJ ^x^kr\'r\ìr\'r\HMQiìl^ii^^^\tfr\r^^!\^ $i DISSERTAZIONI E MEMORIE MATEMATICHE * I. RISOLUZIONE DI ALCUNI PROBLEMI OTTICI DEL SOCIO D. NICCOLÒ PERGOLA NAPOLETANO Letta nella prima Ajfemblea tenuta nel 1780, De fin. I. ^,^ g^ N corpicciuolo lumlnofb fi dirà che ìrrad'ù ^1 iv uniformemente ^ fé allogatofi nel centro di una . à3?3S3SSft sfera vuota verfi ugual quantità di luce fulle 3K Kny- ì^ fuperficie di uguali fegmenti sferici. Defin. 2. La fuperficie di un corpo luminofo farà Ugualmente radiante ^ fé ciafcun de' fuoi punti, intendendoli allogato nel centro di una sfera vuota, fparga ugual quantità di luce fuUa fuperficie di un dato fegmento sferico . Cor. Allorché la fuperficie di un corpo luminofo è ugualmente radiante, non folo ciafcun punto della medefim» A dovrà diffonder luce con uniforme irradiazione: ma rutti con una fteira luce ne dovranno sfolgorar d'intorno. Scoi. Le fperienze che polliamo iftituire fu di uà coi-po luminofo non valgono a decidere , fé i raggi della fua luce fieno ugualmente sfavillnnti , e forto un medefimo angolo inclinati tra loro, quei, che fono viciniflTimi . Non lì è adunque fìimato convenevol cofa definire a priori codefta uniforme irradiazione , con avvifarne eh' ella confifta neir identico sfavillamento de' fuoi raggi , e nella uguale inclinazione di que' che fono immediatamente tra fé vicini j ma fi è voluto piuttofìo definirla a pojìcrioriy come fi è praticato qui fopra, fenza punto avvilupparci in una difamina si malagevole . De fin. 3. Un corpicciuolo luminofo illuminerà direttamente un dato circolo, fé al piano di quefto fia perpendicolare la retta che dai di lui centro tirafi al corpicciuolo. PROF. I. TEOR. Se il circolo NQY fia direttamente illuminato dal corpicciuolo S uniformemente radiante J la luce fparfa fu di ejfo farà. direttamente come la differenza- delle rette SN , SC , che Ti». I. ^'^^ me de fimo corpicciuolo fi tirano alla circonferenza^ e 0.1 Fig. 1. centro del circolo , ei inverfainentc come SN . Cafo I. Sia primieramente un altro circolo ABX concentrico ad NQY, e feco giacente fu di uno flelfo piano; farà ABX non meno che NQY direttamente illuminato dal corpicciuolo S . Si unifca il punto N col comun centro G per mezzo della retta GN, che fi protragga, finché incontri la periferia ABX in A . Ed unita la retta SA defcrivafi col centro S intervallo SG l' arco circolare CTP , che giaccia nel piano delle due rette SG , SA . Finalmente fifiatto arco CTP con una perfetta rivoluzione fi concepifca volgerfi d'intorno ad SG. Ciò porto egli è di per fé chiaro , che la luce dlfTufa dal corpicciuolo S fui fottopofto circolo ABX , fia tanta , quanta fi arreflerebbe nella fuperflcie del fegniento sferico generato da PGO : e che parimente l' altra luce fparfa fu r inlimo circolo NQ^Y dal medefimo corpicciuolo S debba pareggiar quell'altra, che da elfo fi verferebbe fuUa fuperficie generata da TC . Sarà dunque quella luce a quefta, come la fuperficie del fegmento sferico generato daPCOa quella di TG , cioè ( per ciò che ha dimoftrato Archimede fuUa sfera e fui cilindro ) come CO a CG . Or elfendo CO : CS : : AP : AS , e CS : CG : : SN : NT , farà per egualità ordinata CO ; CG : : APXSN : NTXAS. E quindi la luce fparfa dal corpicciuolo uniformemente radiante S fui circolo ABX, ch'ei direttamente illumina, farà a quella luce, che in fimil guifa ne verfa full' altro NQY, come AP ad NT, e come SN ad SA . Cafo 2. Da un punto qualunque F della retta SC le fi alzi la perpendicolare FD giacente nel piano del triangolo SCA , e '1 triangolo SFD fi volga in giro con perfetta rivoluzione intorno ad SF. Sarà , a cagion della divergenza dei raggi vibrati dal corpicciuolo S , tanta luce diffufa fui circolo DUH , quanta ne perverrebbe ad illuminare 1' altro ABX. E quindi ficcome quella, così quella fìarà alla luce verfata dallo ftelTo corpicciuolo S fui circolo NQ.Y in ragion compofta di A P ad AS , e di NS ad NT . Or defcritto col centro S intervallo SF 1' arco circolare FR nel piano SFD , la prima ragione di AP ad AS adegua queft' altra di DR a DS: imperocché fìa AS : SC : :SD:SF, e perciò convertendo, ed invertendo AP : AS : : DR : DS . E dunque la quantità della luce fparfa dal corpicciuolo S fui fott pollo circolo DVH a quella che il medefimo ne verfa full' altro .NQ_Y in ragion comporta di DR a DS , e di NS ad NT, cioè come il rettangolo di DR in NS all' altro di NT in DS, vai quanto dire in ragion compofta di DR ad NT, e di NS a DS . G. D. D. A 2 4 '"^M PROF. IL TE OR. La quantità della luce ^ che fpargefi fulla sfera DBF dal corpicciuolo A uniformemente radiante^ è direttamente come Fig? 2^* '«^ differenza delle rette AC , AD , dì cui la prima va dal corpicciuolo al centro della sfera , e f altra tocca la dì lei Juperficiej ed inverfamente come la msdefima AC. Si concepifca ovunque un' altra sfera RQM ben anche illuminata dal niedefimo corpicciuolo A , e in elfe fegnatt i due circoli maflìmi DBF, RQ^M, eh' entrambi giacciano nel piano delle rette AG , AN. Dal punto A conducanfi agli fìeflì circoli le tangenti AD , AM , e congiunti i femidiametri DG , MN , li calino fu di AG, ed AN le perpendicolari DP , ML . Ciò premelfo, egli è di per fé chiaro, che i foli fegmenti sferici DBF, RQ^M fieno dal corpicciuolo A illuminati: e che la luce verfata fu di elfi fìa la fìeffa di quella , che caderebbe refpettivamente fu i circoli di DP , e di ML . Laonde farà quella luce a quefta in ragion comporta di AD — AP ad AD, e di AM ad AM— -AL {prop. prec). Ma pe' triangoli ADG , ADP tra fé fimili , la prima ^ ragione è uguale a quella di AG— AD ad AG : e per gli altri triangoli AML, AMN anco fimili fra loro la feconda ragione di AM ad AM— AL è la flella che quella di AN ad AN — AM . Sarà dunque la luce (parfa dal corpicciuolo A fulla sfera DBF a quella ch'ei verfa full' altra RQ.M in ragion comporta di AG— AD ad AN — AM, e di AN ad AC. C. D. D. Cor. Sieno le due sfere MQR , FDB tra fé uguali , e 1 corpicciuolo radiante A trovifi più vicino alla prima , che all'altra. Gol centro A, e cogl' intervalli AM , AD fieno defcritti i circoli ME, DS; farà AN minore di AC, EN < per lo contrario NE maggiore di CS , e farà quindi — cs molto maggiore di -- . Adunque la luce che un covpicciuolo uniformemente radiante verfa fu di una data sfera , farà tanto più copiofa , quanto effo le ftarà più da vicino. PROF. III. T E O R. Se i diametri delle xfere DUH , NQY fieno Infinite/imi Ta». I. rifpetto alle loro dijìanzc dal punto radiante S J la luce '^'S- '• verfata fu di ejfe farà in duplicata ragione dei medefimi diametri , e in duplicata inverfa delle loro difìanze dal punto radiante S . Si difpongano le due sfere DUH , NQY , ficchè i loro centri F , e C giacciano a diritto col punto radiante S: e fieno DUH, NQY i due circoli maffimi di elfe, cui la se infifta perpendicolarmente , e fi compia la figura , come nella prop. i. Ciò polio egli è chiaro che tali sfere fieno illuminate a di mezzo, e che la luce verfata fu di etfe debba effer tanta, quanta ne illuminerebbe i circoli DUH, NQY. Ma quefte illuminazioni fono fra loro {prop. i. ) come la fuperficie del fegmento sferico PTC a quella di TC, cioè come PC* a TG" , o rC* , ovvero pe' triangoli limili ACP,NCT, come AC* a CN*: cioè in ragion comporta di AC* a DF% o fia di SC* ad SF% e dell'altra di DF* ad NC* . C. D. D. Scoi. Premeflì quefìi principi agevolmente fi potran rifolvere parecchi Problemi full' illuminazione delle sfere. E i loro rifultati non faran pure di una geometrica fpeculazione ; ma ferveranno ad intender bene quanta luce dal noftro Sole lu de' Pianeti fi verfi, e quanta da' Priraar) ai loro Secondar] , o da quefti a (quelli fi ritletta . PROF. IV. PROBL. Determinare la quantità della luce , che fparge la sfert Fig.",/ lumino/a CPQ_ fulP altra opaca ACjT . Si unifcano i centri di quefte sfere per mezzo della rena RO , e fieno CPQ^, AGT due circoli maffimi delle medefime cofìituiti in uno fìeflb piano. Nel femi diametro: PO della sfera luminofa prendali ovunque una particella Na infinitefima, e ordinate le rette NC, ne, fi tiri la retta CR, e finalmente dal medefimo punto Gal circolo AGT conducali la tangente GA . Ciò premeffo fia PO— À CR = V(RN^+GN')— V(^'+2/4 • fo~l+6-f GAz=^/(CR^-RAO=n.'+-.^-c•) e farà di vantaggio l'armilla sferica generata da Qc proporzionale ad Nn , cioè a dx. E perchè la luce, che dal punto laminofo C fi diffonde] fuUa sfera AGT, è come — ^ — ( prop. prec. ) ; farà la i quantità della luce fparfavi dalla fafcet.a sferica generata ,da Qc , come N/?, cui effa è proporzionale , e come "~- — : (AC ^ r — — ) X N/z , 0 fia come dx-.dxxv (^^:±2Ù::~^y e quindi la quantità della luce fparfa dall' intera fuperficie del fegniento sferico CPB fuUa sfera opaca AGT farà come y^— S^^^C^-^-^zfi) ^' Per integrare refprefiìone — ''— e')3=V(a'+a/ji— e') E perciò la formola anzidetta fdx—fJx V^ IllI^iJ/* ) fi trafmuterà nella feguente J" yJy-dyV'(/-c^) ì P R O P. V. P R O B L. Sia il diametro della sfera opaca AGT plcciolljpmo rìfpettò alla fua dlftanza dall' altra lumino/a CFQ., ritrovare quanta luce GPQ. diffonda fu di AGT . PremefTa la medefima coftruzione del Probi, prec. fìa RP=:a, ?N=x, P0=^, RAr=c; farà RN=^+x, RC'= a'+zax+zbx^za^+ìfx ( facendo /:;=j+/5), e l'armilla sferica di Ce proporzionale ad Nn, cioè a 6dx. Or la quantità della luce, che fiffatta armilia luminofa verfa fulla sfera opaca AGT è direttamente, come la fua fuperficie e come il quadrato di RA , ed inverfamente come il quadrato di Re ( prop. 3. ) . Sarà dunque' tal luce proporzionale a ^i~-l : e quindi quella , che dall' intera fuperficie del fegmento sferico di CP fi fpargerà fulla medefima sfera B opaca, farà come f— -^ - , cioè come ~L (a'+zfx)+C:=z ^ L/'" — ^ ). E furrogandofi in queft' ultima cfprefTione in luogo della variabile x la grandezza ^ ^ (cor. i.pr. 4. ); farà la luce verfata dalla sfera luminofaCPQ^ fuU'opaca AGT proporzionale a JSL L /£Ìifɱ± ^ = JfL L f ^+3^^ Cor. I. Che fé il diametro b della sfera luminofa fia eziandio piccioliffimo rifpetto alla fua didanza dalla sfera opaca, liccome addiviene ne' Pianeti illuminati dal Sole ; l' ultima esprefllone rapportata in quefto Problema fi convertirà nella guente — L f ]— — Lfi+— )— — za \ a' J za \ a y a'^ Cor. 2. E quindi tali illuminazioni faranno direttamente come le fuperficie illuminate, e quelle delle sfere illuminatrici, ed inverfamente come i quadrati delle loro diftanze . PROF. VI. P R O B L. Rifplendani ugualmente gT infiniti punti del circolo TNO , determinare quanta luce da e[jo diffondafi Julia sfera opaca Tar. I. ABE : fuppojìo che la retta BC , che attraverfa i loro centri , Jia perpendicolare al circolo lumino/o TNO , Si tagli la data sfera EBA con un piano che palli pel fuo centro , e per quello del circolo TNO : onde ne fia il circolo BEA la fezione nata nella sfera , e la retta OT quella che ne nafce nel circolo luminofo . Sia di vantaggio BC=:(7, BE=c, ed una qualunque afciffa CD=:x; farà una di lei parte infìnitefima 'Dd=zdx : e condotta dal punto D la retta DE tangente al circolo EAB , e l'altra DB che pafli pel centro di eifoj farà BD:;=V(a'+x-), e DE;^ i V('i*— "c^+x"") . Ciò porto , perchè la quantità della luce fparfa dall'anello circolare generato daD^ fulla sfera opaca ABE è direttamente come la fupevficie di eflb, direttamente come la differenza di DB e DE, ed inverfamente come DB (pi'op. 2.): ed è poi tal anello proporzionale a 2xdx, come di per fé coniprendefi ; farà la luce verfata fulla sfera opaca ABE dall' anello luminofo di Dd , come ìxdx—zxd.\V'( — : — % — )• E quindi la luce, che l'intero circolo di CD diffonde fulla medefima sfera , farà s ,._/.«..^(i!z^') + e. Per integrare la parte —zxdxV(^t — '^-~- \ facciafì x^izzpy farà — 2y^yV/a'— c*-f;?v\ E fàràt quefta parte così trasformata integrabile come la formola M nella prop, 4. P R O P. VII. P R O B L. R'ifplendano ugualmente gP infiniti punti della sfera lumìnofaT*^- !• MLT , invcjìigare /' intenfità della luce prodotta nel dato '^' ^* luogo A fuori della fua fuperfìcie . Si congiunga il dato luogo A col centro G della sfera luminofa per mezzo della retta AG, e fi concepifca effer effa perpendicolare al piano r¥q . Paifi inoltre un altro piano per GA, che fegni nella sfera il circolo maffimo B 2 ' MBT , e nel piano rFq la retta rq : Ciò pofto Ila AB=:a, BG—b, e BC=:.v; farà AG~a+é, GÌAC=a+x. Si prenda in BC la parte Ce infinitefima , e dai di lei efìremi C , e e fi ordinino CD, c Za-\-zb Quali valori foftituendofi nella formola U, elfa trasformeraffi nella feguente, cioè e reftituendo il valore della variabile « , farà . , /àx{a-\-x^ I /zax-\-^bx—^ab \ ^ l_ / ax-\-hx--ab \. 6_ « determlnandofi C col fupporre che fvanifca codefto integrale , quando fia «=0. »-5fl^ 13 ^"^^ Cor. Si meni dal punto A la retta AM tangente al circolo MBT; farà l'afciffaBN, che corrifponde all'ordinata per lo contatto uguale ad — . E quindi furrogandofi neir efpreflìone Z in luogo della variabile x il mentovato valore determinato — ^, — , efla cangeraffi nella feguente — . Laonde l'intenfità della luce prodotta nel luogo A dai raggi della sfera luminofa MBT farà direttamente come il di lei femidiametro , ed inverfamente come il quadrato de. la diflanza del luogo A dal centro della medefima sfera . PROF. Vili. FROBL. Dal centro B del circolo lumino/o LFQ_ J^ajì elevata /^fav. I. perpendicolare BA al di lui piano J determinare P intenfità f 'B- r> della luce nel luogo A prefo nella medefima perpendicolare. Sia BL un qualunque femidiametro del propofìo circolo, e di eflb la parte BG fia una qualunque afcilfa dal centro, e Ce una di lei parte infìnitcfima. Si unifca AC, e fia AB=:a, BC=x-; farà AC=V(a'i-x'), Cc—dx, e l'anello circolare generato da Ce proporzionale ad xdx . Ma fìccome fi è fopra avvifato, l'intenfità della luce, che nel luogo A coftituifcono i raggi emanati dal riferito anello, è direttamente come la fua fuperficie , e come il feno dell' angolo ACB , ed inverfamente come il quadrato di CA . Sarà dunque tale intenfità come ^^ '' . ,. E quella che quivi ne coftituifcono i raggi del circolo del femidiametro BC, farà proporzionale / axdx Ma r integrale determinato di fiffatta èfpreflrione è usùa'e a V(a'-+x'')—t Dunque r intenfità della luce prodotta in A dai raf;gi del circolo di CB farà dirctiamante come la differenza di CA ed AB, ed inverfamente come AG. Cor. I. E perchè in quella medefima ragione (prop. i.) è la quantità della luce, che un corpicciuolo unitbrmemente radiante da A fpargerebbe fui fottopofto circolo di CB da eflb direttamente illuminato ; farà V intenfità della luce prodotta in A dai raggi del circolo luminofo di CB, come r illuminazione ch'ei riceverebbe da un corpicciuolo radiante fituato in A. Cor. 2. Finalmente quella legge d' intenfità è identica a quella, onde un corpicciuolo allogato in A farebbe attratto al circolo di CB, i di cui punti lo tiraffero con forze uguali decrefcenti come il quadrato della loro diftanza da effo corpicciuolo (i). (i) Ncwtoa Printìp. Mat. Sect. XIII. prop. 40. II. SOPRA LE CAUSTICHE DI GIROLAMO SALADINI CANONICO BOLOGNESE ACCADEMICO PENSIONARIO Comunicata alia Reale Accademia Fanno 1781, I. A Vvegnachè abbia io confultato Matematici illufori jr\. li quali trattano dei raggi , che fi dicono RiJleJJi e Rifratti y e delle curve, nelle quali fi difpongono li punti eftremi di loro, e che fi conofcono fotto il nome di Cauflichey come farebbero li BernuUi, l'Hopitale, ed altri non pochi; pure mai non mi è occorfo di vedere quefta dottrina utililTima, e fublimiffima derivata da un folo ed unico principio , né ampliata ed illuftrata conforme la fua dignità richiede . Anzi i problemi , che gli Algebrifti chiamano inverfi , fpettanti quefla materia , e che certamente fono di gran difficoltà, 0 fi pallano fotto filenzio, o appena fi accennano. Neffuno fimilmente mai non fi è avveduto , che la cotanto celebre teoria , per quanto io fappia,dei Circoli Ofculatori, e dell'Evolute altro non fia, che un rampollo di quella delle CauHiche , e che quefti due efìefi rami della Geometria fublime , come in uno fìeflb tronco fi potelfero riunire . Pertanto non credo di dovere incorrere nella riprenfione , come fé mi folTi occupato intorno a cole, 0 già perfezionate, ovvero riputale fterili, fc io abbia tentato di fupplire quei difetti , dal quali fenibravami non peranclie immune una parte di Matematica , che nella Filìca ha moltifiìma influenza. Leffi , è già qualche tempo, nell'Accademia delle Scienze di Bologna una DilTertazione, nella quale ditfufamente efpolì di quanto aveiTi io promolfo la dottrina dei raggi riflefll , e rifratti , e da cui furono prefe le cole , che fi contengono nelle grandi Iftituzioni Analitiche compofìe unitamente al fommo Analifta Conte Vincenzo Riccati , e nel Compendio d'Analifi da me fatto ad ufo della R. Accademia de' Cadetti di Napoli . Soltanto mancava al defiato compimento di fciorre il problema fra gì' inverfi il più arduo, nel quale lì fuppone cognita la fituazione del punto radiante , la legge di riflelììone , 0 di rifrazione, e la Cauftica j fi cerca poi da ciò la Linea riflettente , o refrangente . IL Scelto quello argomento per la prefente Memoria," prima d'ogni altra cofa fa d'uopo convenire, che a riguardare la quiftione geometricamente, il raggio rifleflb, generalmente Tav. II. Parlando , non diflPerifca dal refratto, che nel puro nome. Fie- 1- Cada il raggio AB nella Curva BC, e fia riflelfo per BP; conducafi QBY normale alla Curva : l'angolo QBP, il quale vien formato dal raggio riflelfo BP , e dalla retta QB porzione della normale che efifle da una ftelfa parte della Curva col raggio incidente , fi dice , come è noto , angolo di rijlejfione. Se poi il raggio AB di là dalla Curva devii dalla propria direzione BH , nella BL, 1' angolo YBL contenuto dal raggio BL , e dalla retta BY porzione della normale alla Curva , che giace per riguardo alla Curva fìelfa, dove non è il raggio incidente, vien detto angolo di refi-azione : e perciò la differenza foftanziale tra quelli due angoli è, che uno vien formato dal raggio, che devia con una porzione della perpendicolare alla curva, e l'altro è fatto dallo fìeffo raggio coll'altra porzione della ftefla perpendicolare. Dunque l'angolo di rifleffione farà complemento a due retti dell' angolo di refrazioue , e al contrarlo . Pertanto chiaramente fi comprende, che la rifleffione, e la refrazione fi polVono ottimamente confiderare fotto l'afpetto generale d' un deviamento del raggio incidente AB dalla fua direzione, e che allora dicafi riReflo fé giunto alla curva torni a dietro, rifratto fé trapaiTi : per lo che i problemi concernenti la rifleffione fi pofTono mutare in altri di rifrazione , e al rovefcio a piacimento: poiché si gli uni che gli altri dagli lìeffi printipii derivanfi , e rifolvonli colle fìefle formole . Così ie data fia la curva BC, e fi voglia il raggio rifratto, Supponendo , che il feno dell' angolo d' incidenza ABQ. fìia al feno dell'angolo di rifrazione YBL in ragion cofìante , verremo alle Ikffe confeguenze , che fé fuppofta la curva ftefla, e h ftelfa legge tra il feno dell'angolo d'incidenza ABQ_, ed il feno del complemento de*.' angolo di rifleiTione QBL , fi cercalfe il raggio ritlello . Per la qual cofa fé chiameremo generalmente angolo d' inflejjione qualunque angolo venga fatto dal raggio, che travia, e dalla porzione della perpendicolare alla ' curva polla dalla ftefTa banda , dove trovafi il punto radiante per riguardo alla curva medefima , potremo generalmente comprendere col vocabolo 4' inflejfione tutti li problemi della rjfleUìone , e della rifrazione. I feni poi, e li coifeni , ovvero le altre linee trigonometriche dell'angolo d' infleffione , faranno ciò, che patentemente molirerà, fé di qua, o di là dalla curva giaccia il raggio infleflb, vale a dire, fé fìiafi nel cafo particolare di riflefTione , o di rifrazione . IH. Sia ora PK un arco ìnfinitefimo della cauftlca riferita al punto A , dal quale efcano li raggi incidenti nella curva inflettente che cercafi BC . Dal punto A lì conducano li raggi AP , AK alla caufìica ; e per li punti P, K palTino i raggi inflefl: della curva BG; nei punti B, C, dove cadono li raggi AB, AG, fi alzino le normalL alla curva QBY, QCZ , che concorrano in d- Effendo gli angoli ABO, OAB eguali agli angoli OCP , OPC, farà r angolo BPC=CAB+ABQ:-ACQ.+Q.BP— (iCP . Ma • gli angoli ABQ,, ,,ACQ_ fono gli angoli d'incidenza, C e gli angoli Q.BP , QCP fono gli angoli d' inflelTione ,' perlochè ACQ^ — ABQ_ farà il differenziale dell' angolo d'incidenza, e Q.CP— Q.BP quello dell'angolo d* inflelfione ; dunque fé faremo l'angolo BAG=', la quale ipotefi è appunto quella dei raggi d'ofculo, e delle evolute, avremo per li raggi eh' cleono da un punto , F7yz= y '-.^^ : e per li raggi paralleli F:xs>'==^^'^. Ma -^ ±dxC^A-i-ydS^ ^ ^=' ^ ^^ ■t'iS^Ji. fé fia Ct^xo, cioèSir— +r, allora per li raggi non paralleli ch« fi fpandono dà un punto abbiamo ziro; il che indica confonderfi la curva inflettente colla cauftica; lo ftefTo ancora addiviene per li raggi paralleli . Finalmente fé luppongalì CTrrrCju,, e St— — SfA ovvero Ctiz:— C/x, e SxrzrV» ^^^ °,^^^ ^^^° ^i raggi non foffrono dalla curva intieifione alcuna , fi trova 2=:-hy , onde la caufìica fi confonde col punto radiante , e perciò «:=zo ; V equazione poi della curva inflettente F : y, J—LI=.-^j^ diventa )'r=y, il che indica, che qualunque curva foddisfaccia al Quefito . V. Ma è ormai tempo di fchiarire con efempj quella generaliiTima teoria . Venendo i raggi paralleli infleffi da una curva in maniera, che l'angolo d' incidenza fia eguale all' an-olo d' infleffionc , dopo elfi fi raccolgano tutti in un punto , fi cerca la curva inflettente . Sarà nel prefente cafo Tjv.1T. St=:S|U, C/x=:Cir; ma defcritto col centro A, e col raggio AB ''■ *■ r archetto infìnitefimo BM , nafce l' angolo CBM eguale all'angolo d'incidenza ABQ=jm; perchè tanto rangole CBM, quanto l'angolo AB^^ coil'angolo Q,BM fa un retto; dunque chiamata BM=(/x, MC— c/y , farà Sju.=: _ X,Cu=-— : onde tis ' ' ds ri ( ^ fatta la foftituzione nell' equazione Y: itìyyJ^-^—^t=: — r^-jc — ì- ,c~-> otterremo ""y~ ~ìddi Cioè — 2y«/ P ir I . , V'b dx .3, \ = , =f - , , oflia t-^l>ppz:zyppy e -— - .-^ =P=--j-> ^^^^ - — '- zz.Jx\ e di nuovo fommando avremo A+x^iV^/— ^^ V y-b) olTia A^x''=4cby-bb: equazione, che dimoftra la parabola elfere la curva , che fi voleva . Si pub rendere palefe brevemente la fìefla verità adoperando l'equaziorve »2— «-f-A— 3/ -^ z=zp-\-y^-\-q—x » fopr* riportata al § 4. trattando delle forniole dei raggi paralleli . Imperocché elfendo nella prelente ipotefi la cauftica un punto, larà uzz-o , e le rette p, q faranno colanti, ed cfTendo in oltre r^:;* , farà J*IÈ^—y; nafcerà pertanto l'equa-.; lon.- jr^'-j:rF/-\-q-^x\ olTia A A— />/>— 2y. A -j-pzzq^* eqiuv/ione alla parabola, in cui le y lono in una linea paVallcU airaiFe; dal che fi raccoglie, che i raggi incidenti nella curva debbano efTere paralleli all' affé . Si difponga l'equazione nella maniera feguente 1 —y. sA-f ìjp— yi;::]^' farà zA-^-zpìl parametro della parabola per riguardo allalTe. Dovendo nel vertice eirere — y:r:o , farà y— —Hi'; Z Z * dunque 3=A— y, farà ::::-JX. Laonde il punto d'unione dei raggi infleflì , che necelfariamente dee trovarfi nell' affé , è dittante dal vertice della parabola per la quantità ~ì^ eguale alla quarta parte del parametro . Perchè poi l'angolo d' incidenza ABQ. dee effere minore del retto, il farà l'angolo ancora d inReffione Q_BP ; e perciò il raggio inflcffo BP farà rilleffo . Se fi voglia l' angolo d' incidenza maggior , del retto , 1' angolo d' infleffione il farà altresì ; dunque il raggio incidente , e l' inficilo cadono dalla fìeffa parte della curva , e perciò fiamo nel cafo della rifleffione . VI. Sieno i raggi paralleli intkflì da una curva sì , che tra il feno dell'angolo d'incidenza, e d' infleflìone fiavi una coflante ragione, e fieno coffretti ad unirli in un punto: fl domanda la curva inflettente. Perchè abbiamo zz^u-^-A-^ / -1-^ , annuUandofi 1' u , ed effendo St— ?2S/x , come vuole la fuppofizione (né una quantità collante, che efprime la coflante ragione dei due feni) farà z:r:A— «y, e perciò facendo ufo dell' equazione zzz:zq—'x'f{-p±y' , nella quale le g, p fono collanti, poiché la caullica « fi raccoglie in un fol punto; fi otterrà A— «/—'/^^ '+/»+/ : e porta ^ — xzrg, e attualmente facendo li quadrati, fi troverà f— »«. yv+Vv' — '^"y+gi-\-PP — AA— o: equazione generale di tutte le fezioni coniche, cioè della parabola, fé fia n— i, deirelliffe , fé fia « i . i3 "^1^ Chiamato l' angolo retto zrw , effendo l' angolo di rifrazione eguale a aw — t , come abbiamo notato al $ a. , e fapendofi dalla trigonometria effere Si(J"^r:^ST ; quinai lì fcorge agevolmente , che mediante l' equazione , con cui fi è rifokio il problema propofto, fi polla rilolvere altrcii il problema volgare , nel quale fi vuole una curva , che rinfrangendo li raggi che in elfa incorrono paralleli, con legge che il feno dell' angolo d' incidenza fìia al feno dell'angolo di refrazione in una coftante ragione, li determini ad unirfi tutti in un punto . VII. L'equazione della caufìica fìzpp^qfj e fupponganlì eguali gli angoli d'incidenza, e d'inflefiione . Differenziando verrà ipJpz^iqqdq^ e Jp-=iiqqdq: 'iP—-,q~''^, q coordinate di cauftica algebrica, fi polFa coftruire la curva inflettente , ed ottenere la fua equazione fenza calcolo integrale col folo ajuto dell'equazioni zzz.^'q^x , x^—f^ , z—u-i^h-- y _- _ . Imperocché data la cauftica avremo col mezzo di quefte tr^ equazioni altre due tra A-, y, 0/), 0 qy ovvero u, fecondo che il calcolo riufcirà più breve • dunque eliminata la variabile , che appartieae alla cauftica, nafcerà un' equazione fra x, y coordinate dalla curva inflettente . Se trattifi d' evolute eifendo 2=z/4-A ^ fé l' evolut? fìa rettificabile , fi farà palfaggio fenza calcolo integrale alla equazione della curva generata dallo fviluppo; fé u data fia trafcendentemente per /? , o per q^ fi dovranno maneggiare i foli differenziali del primo ordine . X. Non reputo fimilmente fuor di propofito indicare come fi delinei meccanicamente la curva inflettente AG, fé i raggi incidenti fieno paralleli, fé gli angoli d'infleffione e d' incidenza fieno eguali , e fé data fia la cauftica AFO . Tav.ll. All' eftrem ita B della riga BCN ftante fopra AR in A F'É- 5- perpendicolarmente fi leghi V eftremità A del filo AFO avvolto intorno la cauflica AFO; fcorra la riga BCN con moto parallelo fopi-a AR, e fi procuri che la porzione BG del filo BCF eguale all'arco AF fia diftefa fopra BN , e l'altra porzione GF fia perpetuamente tangente la cauftica in in F : io dico , che con quefto fvolgimento il punto C deferiva la curva inflettente . Si conduca ME infinitamente vicina a BG, e fia EO il raggio infiefTo, CY fia normale ad ME, ed EX a CF, e CR alla curva CE. EfTendo per le cofe dette CX=cfH— e/::— AO_AF+CF-EO— ME +EO_AF-^CF_EO=ME_BC=EY, farà l'annoio CEX eguale all'angolo YCE per la lìmilitudine dei triangoli CEX, YCE ; ma l'angolo CEX è e,"^uale all'angolo d' inflefiìone RCF, e l'angolo EGY a quello d' incidenza BGR , Adunque la curva ACE è la curva inflettente ricercata . XI. Dopo d'avere baftantemente illufìrata con efempj la teoria dei raggi paralleli, conviene fare il limile per riguardo all'altra dei raggi, che provengono da un punto . Si fpandano da un punto i raggi , e s' inflettano da una curva per modo, che facendo l'angolo d' infleflìone eguale a quello d'incidenza di nuovo convengano in un punto : fi defidera la curva inflettente . Sarà dunque Stz^Sw , e z. /j o -^-^zizia — y, facendo A:=Z2'i . Divenendo, come richiede il problema, u—o, ey^=r/'^=yi l'equazione F :v /j^:^ ydsC^'CfA fi cangerà in quell'altra ttf—v— , ,^ ' ^' — J ^^ è rdx ^dsCy.; dunque ■^;;;^/yz=: -f^^-— "q?" =— qT ' ^^ integrando -Jl^ =Ca-= ,1^. , onde ^..J± . _ rfx, ed ^lil = di . Volendo integrare quefta tquazione, fi rifolva la formola ^ay—yy—rr nei fuoi fattori (V<,^7,4.a _^)(v^rf'^r^— fl+y ) , e per maggior chiarezza fi ponga V«— rr+zc^/r, Vàa—rr—a—q j fi faccia pofcia D P~"/ • ?+/•— ^^'. "") ("èuna nuova variàbile introdotta): farà y= l^^ fi:.uz=J±l-.u, e Jy=:, W.^^>£^ fatte adunque le debite fofìituzioni fi troverà ^, -?^^ tih . — =^ tie . putì — q Dal che fi vede che la integrazione 'della formola, e la cortruzione della cuna dipende dai logaritmi. Si eviteranno le quantità immaginarie, fé prendafi a>r, il che fi può fare fenza pregiudizio dell' univerfalità . Dimofìro elfere quefta curva l'ellifTe Apolloniana. Eifendo ds'::=dx--f-dy- , i^^^-Ji'zz- — ?IzzL — dy' . Ouefla formola, fenza cangiarne le quantitjì^osì fi difponga ds'= '^^-'•'•jvv+^.vv+i.v . -.V.-.V ^y', e fatta v^l^TTr = c fi metta/— f5±^ j^ cui viene Jy=^; poiché a ' •'a ^ t^v^**»— i-r , fatta la foftituzione di ce in vece di aa'—rr farà j,.-^^yyi-^^yy+--^y^^ . , ,i ,f- i,e 1' altre , farà Tà^yyàf'-^y > H^ ,„. . _ ^^ 2^Zg^P_; Si ponga 4=C£±£yi =i«, farà « ^^f»-— (^i-^'j °^^^ — ?m:::=■ ; Cip collante ; ed elTendo r : Ccp : : du : dq ^ farà dq^z.—^ dii , e integrando yri — 7 «-F* 5 per cib nel problema prefente l'equazione X fopra ritrovata al § 3. yy^i "4-A— / '-1-^ -f-^-^— "^/^ ^. (ji -f-A— /*_LI\ (polle le due collanti A, a eguali al zero per non inoltrarci in calcoli troppo fcabrofi), fi troverà elfere uu—2uyzz:o'f dal che avremo «—0, u-=.^y'-, ma è z-r^ tt-}-A— y; dunque mi — y, -rr:y . Pertanto F:y,/"— 1-1= .-j>-_ — -^ i^ Te ^' r- jc ' i^^l cafo prefente diventa +y== 3-/-.— ,r- * dal che fi ricava +: ^5; e perciò li triangoli rettangoli BMC, PlK fono fimili , e gli angoli BGM , TKT fono eguali j laonde la nolìra curva inflettente è fimile alla caufìica . Efaminiamo ora l'altra equazione -zi — u, e vediamo che cofa indichi . EfTendo dsz=. If^ , fi tramuta in — =: SjxdSjx dj^ ^^ integrando '^-C^-~\ da quefta equazione fi ricava . I^^zz=: "-^-zzàii ed integrando, l'arco del quale fia yyr[yv~rr) gg^rr > b » n ^ raggio r, tangente a, farà eguale ad £-f-A ; dunque y è la fecante dell' angolo s+A , e perciò la linea inflettente ricercata è una linea retta . Abbiamo fopra veduto che nella ipotefi di quella equazione fia u r: 0 , e a^i— y; dunque la cauiVica farà un punto; e ii raggi fi uniranno di là dalla retta inflettente per riguardo al punto radiante . Vale a dire che nel prefente cafo V inflelTione fi riduce a riflefTione, e li ra-gi riflelli fono divergenti , li quali fi unilcono virtualmente in un punto di là dalla retta in maniera, che congiunti li due punti radiante e cauflico per mezzo di una retta, qusfta farà perpendicolare alla retta riflettente ì e verrà divifa da quella per metà . XIV. Giova eiporre un altro metodo, nel quale facendo i ufo dei primi differenziali lolamerite , con maggior facilità a ritrovano V equazioni delle curvre inllettenti , data la cauftica , la le^;gè d' inlleJlìone , e il punto radiante. Nel ] triangolo BAF fatto al folito AB— y, AF— ^, l'angolo ABP ' z=:o , ed ABP— a-|-T, avendofi dalli trigonometria li dati di ciafcun triangolo in ragion dei feni degli angoli oppolìi, ', farà y : q : ; S(p : S i^l-j-it', dunque yS p^zzz(}S(p . In quella ; equazione t è dato per fx, poiché fi fuppone nota la iegge tra l'incidenza, e T infleifione . Dunque S ^T+r farà una funzione di y, Jx, ày . S^ poi è una funzione di lii:!l'), cioè dx=dyX-^:=.^r=:^. ^^ ='-^' Quelle equazioni fono alla logaritmica fpirale , la feconda delle quali è totalmente fimile alla cauftica propofta dpz=: *'-!. La curva Jxz='^ ferve alla foluzione del propofto m m problema , in cui fi fuppone la cauftica dp=:~- . ^' ^Itra bell'equazione Jx=: "^lÙ vale per la cauftlca ^ori ^; nell'uno e nell'altro problema fi giunge alla fìefla equazione ~-~^:r:mn , che rifulta da due equazioni foddiifacenti ai fopraddetti due problemi . Ma dimofìriamo , che la curva intlettente e la cauftica debbano eirere totalmente fimili . Dovendo eflere la curva RBC la logaritmica fpjrale , e ■fegnatamente una delle due .dx::=: ^!l-l , dxz=: "^. come già fi è veduto, l'angolo AB R farà coftante; farà ancora coflante r angolo d' incidenza , e quello d' infleflìone eguale a quello : dunque tutto V intero angolo ABP farà coflante ; e perciò gli angoli ABP, ACP fono eguali . Per la qnal cofa effendo nei triangoli BAO , POG gli angoli ad O eguali, ed eguali ancora gli angoli ABO, PCO, faranno parimente eguali gli angoli BAM , NPC ; ma BM , CN fono eguali , come fi è dimoftrato, poiché P angolo d'incidenza è eguale a quello d' infleffione ; faranno dunque eguali ancora AB, BP , e il triangolo ABP farà ifofceie , e (opra la fua bafe AP cade normalmente BQ^, che divide l'angolo ABP in due parti eguali j la quale effendo normale ancora alla curva BG , faranno AF, BG parallele; adunque l'angolo APB farà eguale a PBC alterno, offia all' angolo ACB per adequazione, e perchè 1' angolo ABP eguaglia ì' angolo K ; pertanto nei triangoli rettangoli BMG , PTfC , gli angoli BGM , TKP fono eguali j dunque dx.dy: : dp : dq\ ma è dp : dq: : n: m^ ficchè dx : dy :: n : m. Laonde fé l'equazione della cauflica fia dp ;::z ^-^ , V equazione della curva inflettente farà dxz^ ^-?; fé quella fia dpzz'Ll.^ quella farà dx^z."^^^y e perciò la cauftica e la curva inflettente fono la fteffa curva. XVI. Arvcora nel prefente cafo dei raggi , che li «iiffondono in giro da un punto , fé 1' angolo d' incidenza fi» eguale I eguale all'angelo d' infieiTione , <:oUo fvolgimento dei fili; che avvolti fieno intorno alle cauftiche, fi poffono delineare le curve intìettenti . S'avvolga un filo che ha una eftremitàj^v. ir iìlfa in A intorno alla caufìica PR, e fi diltenda in maniera, ^*ji- > mentre fi fvolgc, che la porzione BP continuamente tocchi la caulHca : io dico , che lo fìilo pollo in B e che fcorre lyngo il filo lìefo , come fi è detto , deferiva la curva TÙcercata. Sieno due pofizioni dello fìilo infinitamente vicine ABP, ACR , e fi produca BP fino che concorra con CR in K , farà AC+CR=rABi-BP+PR-=AB-i-BK+RK ; e coi centri A , K defcritti gli archi BM , CN , e tolti gli eguali AB, AM ; KG, KN, e la comune KR, rimane CM =BN. Dunque li triangoli r£ttang;oli BCN , BMC fono j eguali e fimili ; e perciò gli angoli MBC , BCN fono fra loro eguali ; ma condotta QB normale alla curva BC è l'angolo MBG eguale all'angolo d'incidenza ABQ_, e l'angolo NCB è eguale all'angolo d' inflelTione QBP, Dunque dalla curva BC , li iraggi che fi unifcono nella caufìica PR fono talmente inflefiì , che l'angolo d'incidenza eguaglia l'angolo d'infleffione, come fi voleva. XVII. Prima di lafciare quella materia, piacemi di dire qualche cofa dell' ufo , che pub avere la noflra dottrina Rcir Ottica . I. Venendo il vertice della parabola ad avere per Circolo ofculatore quello , il cui raggio è la metà del parametro; ed unendofi tutti i raggi di luce paralleli all'affe, che urtano nella cavità della parabola in un punto dello fìelfo alle, dopo che fono fìati dalla parabola rifleflì, il qual punto è diftante dal vertice per la quarta parte del parametro, quindi i raggi di luce paralleli all'alfe di uno fpecchio concavo circolare, che in quefto urtando fieno rifleflì, purché lo fpecchio fia una porzione picciola di un circolo , fi raccoglieranno in un punto dell'alfe, che farà diflante dallo Specchio la quarta parte del diametro, imperocché le due E 34 "^^ fuperficie del circolo e della parabola nel prefcnte cafo. fi confondono . 2. Se da un punto porto nell'afTe di uno fpecchio concavo circolare ditfondendofi i raggi della luce fieno dallo fpecchio riflefE, facilmente fi trova il punto del concorfo dopo la rirteffione . Imperocché lo fpecchio circolare, fé fia picciola porzione di sfera , fi pub coniiderare come ellittico , fecondo.hè infegna la teoria dei circoli olculatori. Si chiami r il raggio di eifo circolo, il diametro primario dell'ellilfe fia =2y, il fecondar io zrix, farà per la natura dell' elliffe il diametro del circolo ofculatore nel vertice , cioè arzr— — , Inoltre neirellifTe la difianza del fuoco dal vertice è y Zt "^yy—xx ; e chiamata a la diftanza del punto radiante dal medefimo vertice, avremo tiz:zy-^\/~^-^Kxz=.yJ2 "^yy—y^ » dunque a ■ y'z:z.yy--'yr } e perciò aa-m-2ayz^'—yr , ed y :;5 — — , e ìy—az:z~^^ , che è appunto la diftanza ricercata. Se fia (Trrr, farà la dilìanza del concorfo dei raggi rifleffi dallo fpecchio =^r , cioè i raggi ritornano a unirfi nello ftelTo punto, da cui ^\ fono fparfi. Se fia a-zz -, la diftanzx del concorfo farà infinita , cioè li raggi dopo la riflelBone cammineranno paralleli . Se finalmente fia a < T, la difianza è negativa , cioè i raggi rifleffi fono divergenti in maniera, che fé fi producano di là dallo fpecchio , concorrono nella difianza dallo fpecchio — ^'^. .. . ■^ Za— r 3. Li raggi della luce paralleli all'afide di una lente circolare , eie fia per altro picciola porzione di sfera, fieno , rifratti dalla lente ; fi vuole il punto del concorfo dei raggi I rifratti . Per la dottrina dei circoli ofculatori , quefia piccioliflìma porzion di fuperficie sferica fi può confondere con un vertice di ellJiTe, 0 d'iperbole, anzi le il raggio del circolo dicafi r, il parametro dell' ellifrc , o dell' iperV ole ofculata nel vertice da quefto circolo farà 2r ; ma nel § 6. abbiamo dimofìrato elfere 1' ellilfe e l' iperbole quella curva che rifrange li raggi, pofìo che gl'incidenti fieno paralleli che il feno dell'angolo d' incidenza fìa a quello di rifrazione in ragion coftanre , e che il concorfo dei rifratti lìa in un punto ; dunque fé fi trovi quefìo punto per riguardo al vertice di lenti ellittiche e iperboliche , fi faprà ritrovare ancora per rifpetto alle lenti circolari . Chiamata la relazione del feno dell'angolo d' incidenza al feno dell'angolo di refrazione I : /] fi faccia nn—~\ : i : : r alla quarta che chiamo e . Se nn—i fia quantità negativa, fi faccia i—nn:i::r alla quarta che pur dicafi cj col parametro ir e col diametro jc fi fupponga defcritta l'iperbole nel primo cafo, e l'ellitTc nel fecondo . La difìanza del fuoco dal vertice di quefle curve ( come con non lungo calcolo fi potrebbe dedurre dal 5 6. , fc la cofa non foffe affai nota ) è appunto la difìanza del concorfo dei raggi rifratti dal vertice d' effe curve ; e perciò dalla lente circolare . Ora fi fa dalle fezioni coniche che quella diftanza è c-\-Vcc-\-cr^ ovvero c-f V«-^r , offia r , ^^ rr -\- rr \ r , ,f rr rr \ f-v^f T ), ovvero f- y/-f , >,— ) . »»— I ' > («n—i )•««—! /' i—nn ' \[l—nn) X—nnJ Dalle quali formole per l' iperbole fi ricavano le diftanze dei due fuochi-^, — ^, e per l'elliffe Jl_, -f-. Pofio « eguale a [• , il che proflìmamente fi verifica, quando li raggi di luce pailano dal vetro nell'aria, allora la difìanza del punto di concorfo dalla fuperlìcie circolare farà eguale a ir, cioè eguale al diametro, come fi ricava dalla prima formoli per l'iperbole. Quefla diftanza poi è eguale a y^ come indica la prima formola per 1' ellilfe , fé fia n~\ -, il che fi ha profTimamente, quando la luce dall'aria palfa nel vetro. Le altre formole non fanno al cafo . Non mi fermo a trattare minutamente di quefte cofe, né a dlciferaile conforme la loro dignità vorrebbe , perchè non è mio E a T intendimento di dare un trattato pratico d' Ottica ; ma di far vedere foltanta V influire delle noftrc teorie nella pratica adducendone un qualche efempio. 4. Se i' raggi incidenti non fieno paralleli , ma da une punto fpandendolì urtino in una fuperfìcie , che fia una picciola porzione di circola, il cui raggio lia =:r, quella poizione di circolo fi può confondere col vertice di una cuxva, della quale parlammo al § ri, , e la cui equazione è na—nc^c=nV^Z^p+g(^ + v^c^'+g^ J a è la diftania ' iv 11-^^^ punto radiante A dal punto B, dove concorrono Ì raggi Fig.4.'ri fratti , cioè abbiamo a— AB j e è la diflanza dello fìeffo punto B dal vertice delk curva- G; i- n- è la ragione del feno dell'angolo d'incidenza al feno dell'angolo di rifrazione. Suppofta p infinitamente picciola, farà n{a — c)-|-c- — *^ e — y~{rqq X ^ • a—c-i-c +c*— 2cp+qq—nn.a — e + in>p. a— e ^nnqq f cìoè ( me . a^-^zcc^icjr—znnp . a~c—nnqq + g^ ) : f -, — ^^~^ — c;»-n>(<:— c)4— _ — qq ^2.n(4— c;ì-c^-2^_|_ i___ —\rcc-icp-\-qq, ed alzando a quadrato, & tralafciati i termini che fvanifcono, farà icX—cp—nnp. «— e + -— — qq=^na-^nc-^rnnc.qq — 2cp, cioè oc . n— I . e— tf p — no. La diftanza del punto radiante A dal vertice della curva C fi dica z=6f farà c=za — 3, ed efegulta la foftituzione farà \f~TJ^^P—^Vy P**" ^ l'^*^ *^°^* ^* parabola del parametra ^-l^Zll^HÌ , oppure il circolo , j il cui diametro fi» quefta fteffa quantità, farà 1' ofculatoìse della nolba curva nel vertice G, e perciò le curvature loro-' del tutto fi confondono. Sr chiami dunque r il raggio di quello circolo ^ che farà lo fìeflb del raggio della noftr* lente circolare propofta: avremo r=—^-^\ ' "" - ^ dal che «rb—bb . I— » • 1 1-A ricava j=ì ; ; avremo pertanto cognita^ la diltanza del punto radiante dal punto di concorfa der raggi rifratti ► Acciocché fi fcuopra la diflanza di quello punto dalla lente^ dal valore di a ft dee togliere la b-; ciò efeguito farà w rb — i^=: — =^= *. Gli efempi propofìi baftino per dare a- divedere: quale ufo po{Ia ferfi Gomodamenfe della dottrina, in cuefta memoria dichiarata, intorno alle curve inflettenti ,. e alle cauftiche ^ per rilblvere. i quefiti più interellaatk dell* ottica pratica .. ^^ Ì9 '^''^ II K COMPASSO SFERICO SSEGUITO DAL SACERDOTE GIAMPAOLO ANDERLINI DI BOLOGNA COLLA DIREZIONE DEL CANONICO SALADINI, Memoria trafmejfa alla Reale Accademia nel lySz. •HB DESCRIZIONE. § I. L noflro compaflb sferico ha la figura della lettera J rovefciata , come vedeli nella Tavola III. Le afte verticali, e orizzontali rapprefeqtano parallelepipedi lunghi, alquanto larghi, e poco alti; e fono cavi, e terminati da lafire d'ottone. L, L fono due laminette-d'acciajo, a cui corrispondono le fimili dalla parte oppofta, terminano alla tinca m n , e fono fermate ad un pezzo d' ottone , che vedremo, colle viti ^, ^, le quali abbracciano l'afta AA, né polTono concepire altro moto , che lungo 1* afta . Tolte le ^"' S 1 g y ^ liberata l' afta dalle laminette L , L , leva'.e , fimilmente le fei viti j, e la vite e del fregio G dell'afta i verticale , la lamina AAA fi fcioglie dal reftante dello firumento , e permette che fi veda l' interno , come nella Tavola IV. T è uà peizo d'ottone parallelepipedo fermato alla laflra orizzontale pofleriore con le viti che fermano j la lafì.ra AAA al rimanente .dello {Irunvenio ; fi , B fono ' altri due pezzi fimilmente cT ottone ialilzati , e foftenuti dalle vili H,A, ne' quali fono le madri viti; l'cfìremità h delle viti fono un tantino inferite nelle fponde z , z dell' afla verticale , per cui viene impedito il moto verfo T, venendo anche impedito il moto verfo H, per effere le viti in R alquanto più grofle dei fori, e quefta groffezza fi fuol dire /filila j per tanto altro moto non polfono avere le viti , che il rotatorio . Volgendo adunque , mediante LI pomo H, le viti in un fenfo, portafi il pezzo B verfo T , volgendolo in fenfo contrario, il pezzo B da T fi dilcofta. Le vici I, I fervono per flringere, e fermare li pezzi B, B alle cofte dell'afta orizzontale. Nell'eftremirà inferiore idei pezzi B , B , fono inferite le punte d' acciajo O , O , mediante le punte r, r, che vengono firette dalle viti M, M . Le punte O , O fi poffono levare ^ e mettere a piacinieiato ; e fi veggono feparate nella figura terza della quinta Tavola . Rifpetto air arta verticale è da notare in primo luogo il telajo d' ottone N,N,N,N, armato di punta d' acciaio Q^ , il quale feparato vedefi di profpetto nella figura terza della Tavola V.; per lo regolo luperiore del medefimo telajo, in cui havvi la nudre vite, pafla una vite fina d' acciajo come di profpetto vedefi nella Tavola IV. ; il telajo è incaftrato tra il pezzo T, e le iponde z z dell'afta verticale, ne può in altra maniera moverfi che in fu , ed in giù ; l'eftremità y della viie poggia fopra il pez'/o T . In x la- vite ingrolfa alquanto , o , come vogliam dire , fa fpalla , acciocché maggiore del foro dell' in feri mento non poffa moverfi in fu; fopra y in P la vite fi cangia in quadro, donde ritorna vite in ò j volrandofi la vite in un fenfo" i abbaila il telajo , e voltandofi in altro fenfo lo rialza . j Ritornando alla Tav. IIL fi noti il fregio G, the tiene unito il pezzo verticale della lallra AAA alle alrr© tre dell'afta dell'afta coU'ajuto della vite e; J,d fono altre viti, che fermano il fregio colle fponde dell'alia; al fregio dalla pane fuperiore evvi attaccato un piaftrino d'ottone rotondo //; il fregio unitamente al piaftrino fi vede fegregato dallo ftruniento nella Figara quarta della Tav. V ; venendo alla Figura I della ftefta Tavola , che moftra il profilo delio ftrumento, fopra il piaftrino// pofa il piaftrino più grande FF che di profpetto fi vede nella Figura 2 della fteffa Tavola; quefto piaftiino fi vede divifo in parti 360, ed ha quattro viti per fermarlo all'altro piaftrino //; fopra il piaftrino grande s' in il la in P la fottile laminetta d'ottone circolare E, dipoi l'indice d' acciajo D di foro quadro, come vedefi nella Fig. 5, il che obbliga l' indice a feguire efattamente il moto rotatorio della vite ; fopra l' indice giace altra laminetta circolare C, indi il pomo P è infetto nell'afta quadra P, e finalmente k tefta ^, mediante la vite ^, ftringe tutti li defcritti pezzi infieme . Nella lljperficie dell'afta orizzontale dalla parte fuperiore nella Tav. Ili lì vede notato il mezzo piede Bolognefe 33, divifo in fei once efiftenti tre da una parte, e tre dall'altra dal pjnto medio ; quefte once fono fuddivifs in mezze once; inferiormente fi è notato ancora il mezzo piede Parigiiìo 3.3 fimilmente fituato , e divifo; e rivolgendo lo ftrumento, li vedono dalla parte oppoiìa legnate le fei once e del piede di Londra, e del palmo Romano . Si è detto che, voltando il pomo P della vite del telajo N , quefto ii abbaffa ; ora dopo replicati elperimenti , olTervazioni , e cautele, fi è fcoperto che un'oncia Bolognele d' abbafla mento richiede rivoluzioni complete dell' in.iice quarantanove , e pani trecentoventi delle 360 ntate nella periferìa del piaftrino F, F, che nominiamo parti minime; onde un'oncia Bolognc'e richiede parti minime 17960. Nella prima colonna della Tavola A, fono notate le enee, e mezze once Bolognefi fino alle once ire; nella feconda colonna vi fono le rispettive rivoluzioni , e parti minime ; nella terzi tutto è ridotto a F parti minime; nella quarta vi fono li quadrati delle parti Jiiinime ncceffarii per l'ufo dello fìrumento . Lo fìelTo vedefi nelle Tavole B,C,D, per le once del piede Parigino, del piede di Londra , e del palmo Romano . IL Ufo dello Strumento. t. Serve il compafTo sferico a ritrovare li raggi delle sfericità dei piatti da tornire le lenti ottiche, e delle sfericità delle lenti fteflfe, delle quali non fé ne fappia il valore . Q^uefto punto è molto interelfante appreffo gli ottici , e le vie fin qui battute per giungere a determinare con tollerabile precifione li raggi fopraccennati , fono mal lìcure , e intralciate , né fempre praticabili . Non ci diffonderemo qui a giuftificare le noftre alferzioni, poiché ne^ abbiamo le pruove manifefte nella Dilfertazione del chiariffimo Abate Bofcovik inferita nel Tomo V Parte II degli Atti dell' Accademia delle Scienze di Bologna . 4. Quando fi voglia adoperare lo fìrumento prima d' ogni altra cofa girando le viti H , H fi debbono fpingere li pezzi interni B, B (T. IV) e in confeguenza (T. Ili) le punte O, O, e le laftre L, L, ai pezzi B conneiTe nel fegno del piede, per efempio, Bolognefe , che già fi vede, ^ cagion d' efempio nel fegno delle due once marcato colla cifra 2. ; in quefìo luogo fìringendo le viti I , I li pezzi B, B verranno fermati contro le cofte dell' afta orizzontale sì fattamente, che non fia poflìbile alle punte O, O moto ben minimo in niun fenfo . 3. Fa d' uopo in oltre aver preparata una riga, c'-e fìa ben retta , ed in cui delineato fia il mezzo piede, Bolognefe divifo in once, e mezze once, come nella fuperficie dell'afta orizzontale (1). Tirato in fu tutto il telajo N fi) Quefta ripa vedefi anpiè delle Tavole A, B, C, D dell«| p»rti minime cella Tavola IV. finché il battente che è in N combaci perfettamente colla colU inferiore delia lamina AA orizzontale , le tre punte 0, Q., O debbono effere in una perfettiflìma linea retta; ma per alTicurarfi meglio di ciò, converrà ricorrere alla riga fopra cui facendo cadere le punte oflerveremo, fé veramente fono in perfetta linea retta ; efamineremo altresì colla ftefTa riga, fé le punte O, Q_, O fieno efattamente diiìanti once Bolognefi due, e cafo che non lo follerò, fi dia la debita correzione. Ciò fatto guarderemo, fé l'indice D iìa fopri il fegno ^60 del pialìrino F, F , e facilmente vedremo che no , ma che un poco più avanzato , girando il pomo P fi porti l'indice D fui fegno 360, il qual moto noti «e produrrà alcuno nel telajo N , perchè le viti mafchia , e femmina , comecché fieno a contatto , tuttavia fra loro permettono qualche piccioliffimo intervallo, perlochè fuccede, che la vite mafchia giri un poco , fenza che il telajo N fi rifenta di queflo moto . 5. Rettificato con tal metodo lo ftruraento s' applichi ad un piatto concavo, di cui fi defidera la sfericità per modo, che le punte O, O poggino fuUa fuperficie concava, e mentre fi gira il pomo B fecondo l'ordine dei numeri 1, 2, 3, ec. , e fi abbaffa il telajo, acciocché la punta Q. giunga alla fuperficie concava del piatto , fi noti il numero delle rivoluzioni dell' indice , e le parti minime fopra cui r indice fi ferma ; quelle rivoluzioni, e quefte parti minime daranno tutte le parti minime appartenenti allo fpazio fcorfo dalla punta Q^. Ognuno comprende, che l'intervallo fra le punte O , O fia la corda dell' arco corrifpondente , e che lo fpazio per cui fi è abbaflato il telajo , ovvero la punta Q, fia quella retta, che dicefi faetta dell'arco; fappianio in oltre qual proporzione abbia la metà di elfa corda alla faetta , che è appunto quella proporzione, che palfa fra 35920 (numero che efprime le parti minime corrifpondenti ad once due Bolognefi fecondo la Tavola), e il numero, che efprime le parti minime appartenenti alla faetu ritrovato di fopca . Con quefti due dati la Trigonomstila infe^nz a trovare il raggio della concavità del piatto ; impeiocchà fappiamo elfe.c la faetta di un arco alla metà d-ella corda , come qucfta al rimanente djl dianì;;tro; fé dunque fi prenda il quadrato di 35910 parli mininve della metà iella corda, che dalla Tavola A li la eifcre 129024.6400, fé dividali pel nuinero delle parti minime corrilponJenti alla faetta, (x avranno le parti minime corrifpondenti al rimanertte del diametro; a quefte fi aggiungano le parti minime della faetta, e fi avranno le parti minime di tutto il diametro, che divife per due rifulteranno le parti minime del raggio' ricercato , Per avere il raggio di once Bolognefi fi faccia» come 17960 al numero delle parti minime del raggio^ ritrovate, coì;ì l'unità al quarto ; cioè dividafi il numero delie- parti minime del raggio per 17960, numero corrifpondente- ad un* oncia Bolognefe, ed ili quoziente darà l'enee Bolognefi. contenute dal raggio . 6. Se poi vogtiafi chiamare in' ajuto il compaffo sferico per ritrovare il raggio della convefTità di qualche lente, o di qualche piatto, allora è neceflario togliere dallo ilrumento le due punte O, O coli' allenrare le viti M, M, e refìituirne due altre affai più lunghe . Di poi fi debbono applicare alla conveffità dei piatti , o deìle lenti le fieffe punte, e dopo calato il telajo N, fino che giunga la punta Q. alla conveffità , fi tolga lo fìrumento dal piatto, o dalla lente , avvertendo di notare quante rivoluzioni , e parti minime abbia fcorfo l'indice; in feguito fi pongano le punte O, O fopra la cofta di una riga rettiflìma di metallo, e fi continui a ealare ri telajo, fino che la punta Q^ tocchi h. riga, feguitando- a contare le rivoluzioni e parti minime, fi Sottragga il numero delle rivoluzioni e parti minime qui fopra notato j V avanzo farà il numero delle parti minime appartenenti allo fpazio, per cui fcende il telajo, o la punta Q., dalla conveffità alla riga, il quale fpazio è appunto, la i»eit3 dell' arco comprefa fra le punte O, O, di cui è corda •'«'^ 4,5 ' ^1"^' la dlftanza di effe punte . (^uefta corda, o per meglio dire la fua metà , lari data in parti minime coli' ajuto della Tavola: rapendoiì penai. lo le parti minime della corda, e della faetta , troveremo il raggio, come abbiamo latto di fopra per riguardo ai piatti concavi . 7. Lo fvrumento dee eifere lavorato con fomma finezza , e rettificato nella maniera da noi indicata al § IV. Ter atlicurarli meglio del valore del raggio lì pub replicare l'operazione, applicando lo flrumento in varie parti del piatto, e variando ancora la diltanza delle punte O, O. 8. Noi aNhiamo fatto 1' esperimento in piatti , di cui fapevafi il valore, e ne abbiamo avuti li rilult.ai, che fi rilevano dalla Tavola fegueute , i quali differii ono dai veri raggi per quantità, piccoliirime , e difprezzabi'i nella pratica , oltreché fi pub ragionevolmente lofpettare , che li piatci cangiato avellerò alquanto di valore, per eirervi fiate lavorate le lenti . Tavola degli efperìment'i fatti con un apertura al once 2 del piede Bologne/e y a cui corri/pendono parti minime 3591° i che danno parti quadrate 129024.6400. Uno di piedi 50 ha dato rivoluzioni o, e parti minime II. Conviene efporre la cofa più dlfTufamenre, ncciocchè lì poiTa comprendere con chiarezza la natura della Stadera Universale, i'uiò a cui d^ltinaii, e la diilìcoltà di fiiperarfi. Si ^ y,j fii la rtadera volgare, detta romana, .ol prendere una verga Fig. I. di ferro CBH dividendola in parti difuguuli, e fofpendendo'a in B a un iblìegno 6A , perchè altro moto aver non pofTa che il rotatorio circa B : le parti difnguali BH, BC difìanti nella verga lì dicono braccia^ il follegno fratina, e il punto centro Ji moto . Il braccio BH lungo e tenue fuol farli in forma di piramide quadrangolare , cioè co' piani un tantino convergenti verfo l'efìreinità H. Dall'altro BG aifai più corto e molto largo pende un uncino da attaccarvi li pefi , ovvero uira fcodella , offia lance di metallo per mezzo di cordoncini o catenelle, fopra cui li pefi fi collocano : e non è raro vedervi sì l'uno che l'altra. Il braccio CB cogli anneiTi fi fa preponderare , fi attacca poi al braccio lungo BH un pefo M arbitrario (di tal grandezza per altro, che foftenti in equilibrio il braccio CB ) melTo in un punto D non molto difcolìo dal centro del moto B ; il pefo M nominali cquipondio , romano , marco , marchio . Volendo lo flrumento per la libbra Napoletana, fi mette effa fulla lance X e fi porta il marchio M. in quel punto del braccio BH, onde nafca equilibrio tra la libbra , e il marchio , come iàrebbe in F • la dittanza DF, che par libbra li nomina, fi divide in dodici porzioni eguali a DF egualmente divife per quanto permette la hmghezza del braccio , cue fi proporziona al numero delle libbre che fi vogliono far levar dalla iladera. Non percorro minutamente le regole tutte e le avvertenze , che fi debbono avere nel lavorare la ftadera romana , che fono molte e necelTarie , perchè è -mio impegno fòltanto diffondermi fulla Staiera Univerfale . Fabbricata la ftaiera per la libbra Napoletana, perchè tante libbre, ed once Napoletane fa un pefo, che fia fulla lance X , quante fono le libbre ed once lineari comprefe tra il punto D, ed il marchio M, mentre avvi equilibrio tradii marchio 49 '*'**^ marchio e 11 pefo. Si voglia ora con quefìo ilìeffo ftrumcnto ordinato per libbre napoletane rapprefentare li peli in libbre ed once bolognefi , o con altre a piacimento diverfe dalle napoletane ? Cib appunto è quello , che li cerca , e che non può apportare alla focietà ie non fé comodi non difpregevoli, e intorno a ciò non fo che altri prima del Sig. Micheli abbia penfato o efeguito cofa alcuna . III. Potrebbe cadere in niente , che fia facile cofa da confeguirli ciocché fi cerca colla fola mu azione del marchio; ma a render palefe quanto vada errato chi così la p^nfalfe , lì metta lopra la lance X la libbra bolognefe in vece della napoletana, e dal punto F fofpelò un nuovo marchio M diverfo fìcuramente dal napoletano , fi faccia equilibrio colla libbra bolognefe;. (gravata la lance della libbra, e fofpendendo il nuovo marchio in D, fé la ftadera co^ì fcarica fia equilibrata dal marchio bolognefe in D, ella fcrvirà fenza fallo ancora per le libbre bolognefi ; ma ciò è impoifibile , perchè due pcfi difT.-renti appiccati fucceiTivamente allo ftelfo punto D , non polfono ridurre la flefiiifima fìadera ad equilibrio, nella quale niente abbiamo cambiato, fuorché il marchio; così ìnfegnano le regole della ftatica . Se non fi fulfe adunque avuto ricorfo ad altro artificio, prefenteniente ancora non faprebbefi con una fìadera fìabilmente divifa riferire li pefi dei corpi a quella fpecie di libbra che più piace , né faprebbonfi paragonare le libbre di fpecie differente fra loro; ma 0 fi dovrebbero aver pronte tante fìadere diverfe quante fono le libbre , o introdurre calcoli e fupputazioni lunghe e faOidiofe con in.oniodo del commercio. Sarà pertanto il prelodato Sig. Micheli benemerito della focietà, il quale, comecché nudo di teorie , pure al barlume dell' efperienza e della pratica , feguendo il metodo di tentare, è giunto finalmente a fabbricare uno fìrumento che piacquegli di chiamare Stadera l'nivei-Jale , con cui per mezzo di lievi e facili cangiamenti ci dà i peli dei corpi in quella fpecie di libbra che vogliamo fra le principali e più ufate in Europa . G 5© '^^^ tv. Sembrandomi queft'imprefa degna di cTere trattata fcientitìcamente con iliabilire regfole generali e lìcure corrooorare da dimortrazioni, oaJe alUviars la psna all'artefice nella manifatrura eiatia di q.iefta delicata macchina, noa far\ da maravigliare, che io abbia fcelto uà tale argomento per la dilfirtaiione , cbe nel prefente anno fotto^ongo al graviamo giudizio della noftra Reale Accademia. Oh di quanto la meccanica vien promolFa , quando la fcienza e l'elperienza fcambievolmente fi giovano! Prima di ogni altra cola notar dobbiamo , che quantunque non fia poflibile col folo cangiar del marchio, come vedemmo, ottenere la ftadera univerfale , ciò non ottante fé fi cangi il marchio M , e f e fi faccia preponderare diverfamente il punto C del braccio BG fopra il braccio BA, il quefiro pub ricevere la rifoluzione che in vano fenza quefto fecondo cangiamento fi tenterebbe. E vaglia il vero, allora la ftadera GBH già divifa in libbre ed once pub fervire a libbre di vario pefo, quando s'abbia un marchio di tale condizione per la libbra che fi vuole, il quale appefo in D nella ftadera fcarica la riduca all'equilibrio efiliendo nella lance X la libbra che abbiamo prefa per le mani : ciò fi fa dalle regole di fare la ftadera comune , e farà da noi dimoftrato in apprelTo. Supponghiamo che preponderi il punto G di un determinato pelo, fi troverà certamente un marchio, che foddisfarà alli due equillbrii in D, ed in F, pofla per altro la libbra anch' elTa di una determinata mifura ; ma fé la libbra non fia tale, non evvi altro ripiego che far preponderare diverfamente il punto C, perchè in tal calo varierà ancora il pefo del marchio j da coUocarfi in D per l'equilibrio della ftadera fcarica; l ed elfendo infinite le variazioni da indurfi nella gravità [ del punto C, d* altrettanto numero faranno quelle del j marchio, perchè porto in D riduca all'equilibrio la ftadera | fcarica ; onde fra quefte efter vi debbe quella che conviene j alla libbra che ci fiamo propofti, e che vogliamo follentata | dal marchio in F . I V. L' Algebra , quella fcienza prodiglofa , ne Infegna a determinare con tutta precifione quanto debba preponderare il punto G per quella libbra che meglio piace, e di quanto pelò debba clfere il rnarchio che foddisfaccia ad ambidue gli equilibrii , cioè in D per la fìadera fcarica , ed in F per la ikdera lòpraccaricata in X dalla libbra . A quello fine propongo il teorema meccanico che fegue . "TEOREMA. Sia il vette GH di braccia difuguali CB , BH ; B fìa T. vrr il centro del moto, oiTia di rotazione; nel braccio lungo *^'^' *' BH venga notata a piacimento la porzione BD ; da C penda un pefo X arbitrario fofìentato dal marchio in D : fi fopraccarichi di poi il punto C d'altro pefo qualunque, ed il marchio trafportato nel punto conveniente G tenga equilibrati ambidue li pefi , cioè X , e 1' altro che chiamo P : tolto P da G , e foiiituito un' altro P' fieno X e F' foftenuti dallo ftelfo marchio M in F , io dico che come P fta a P' , cosi farà DG: DF . Bimojìrazionc . Si nomini CB=r.r, BDr:^, DG=:/, DF =/. Poiché X-fP per fuppofizione fa equilibrio col marchio M porto in G, farà per la legge fondamentale del vette Xa +Pi7z=VI./+Ma''; ma fi fuppone ancora che il folo X pendente da G faccia equilibrio con M in D; dunque per la ftelTa legge farà Xa-=z^J . Sottraggafi quefta equazione dall'equazione precedente , e nafcerà la terza equazione Pjzi^M./ ; collo fìelfo metodo dimoftrafi ?'a=^M.d". Adunque potremo formare la feguente proporzionalità appunto , che accinti ci fiamo a dimortrare . Corollario . Pofto pertanto X irì C equilibrato dal marchio in D, fé fuccelBvamente fi cangi il pefo P, il quale fi faccia equilibrare dal marchio fìeffo ficuato a varie diftanze dal punto D , quefte diitanze feguiranno fempre la proporzione dei pefi . G 2 PROBLEMA. VI. Nel vette CH di braccia difuguali GB , BH , e precifamente nel braccio più lungo Bri nor.iti fieno a piacimento due punti D, F: fi voglion ) dae pefi X, M, il primo dei quali attaccato in C, l'altro in D facciano equilibrio tra loro j e che in oltre fopraggavaaio il pun'o C di un pefo P determinato , e trafportando da D in F il pefo M, s'abbia fimilmente equilicrio tra X-fP ed M. Rifoluzione. Mettafi come ibpra CB=:a,bL)z=^, D^zzzd'. Avremo lubito per condizione del primo eiquiiiorio tra X ed M, a tenore delle leggi di llatica, \a:zz'^d . A cagion poi del fecondo equilibrio tra X+P ed M, per la ftelfa ragione farà. Pj-f \j=rMJ4-M/ . Dunque fot traendo da quella ev]ua/.i")ne la prima, ne verrà Va^ìAd' . Elfeido in confeguenza ù^ì^z -^olfia (ì-.a-.-.V-.H, ed elfendo determinate le tre quantità £?', a , P , farà determinato altresì il pefo olTia il marchio M . Qiiefto valore foflituilcalì nella prima equazione Xj:= MJ . ed avremo X:=;:-Ì- cioè ^' : ^ : : P : X : , e perchè fono determinate le quantità /, o cioè pofitiva, ovvero y <;o cioè negativa, lo dico che nel primo caio niente debbo aggiungere alla lìiidera ; che nel fecondo cafo debbo aggiungere q air eftremità II ; e che nel terzo li debba aggiungere G al pefo =-i. Dimoftro quefte verità ad una ad una. X. Fatto 9^=0 , come richiede il primo cafo , avremo g — r:=zo , è perciò ^:=r' ma lì (appone g elfere quel pefo, il quale attaccalo in li renda la Itadera equilibrata; dunque ancora r farà lo lleifo ; cioè la noftra lladera è di tal condizione che appefa f in H rendonfi le braccia equilibrate . Ma per le leggi di Statica r in H follenta in G un pefo eguale ad.! — • dunque nella fìadera prepondera il punto C a di un- pefo eguale ad _; ma abbiaruo r eguale a--i~t come a od corta dal paragrafo precedente j onde il punto C prepondera di un pefo eguale a —7-. Ellendo per tanto nel punto G quello sbilanciamento, che è necelfario, acciocché la fìadera non grave , ovvero equilibrata polla elfer d' ufo . Dunque nel cafo, che q fia eguale a zero abbiamo nella lladera quelle condizioni, per cui elfa può adattarli alla libbra P; e perciò niuna giunta vi fi dovrà fare . XI. Suppongafi ora q maggior del zero, offia quantità pofitiva . Perchè abbiamo q=:.g — r , ovvero vz::zq+r la nollra fladera in quclìa icotefi fi è di tal condizione, che appiccato in H un pefo eguale al pefo q^r niello in H foftenta un pefo in C eguale al pefo j—-{- ~ ; dunque la. fìadera ha il punto C preponderarne del pefo i~ , cioè del r ^J pelo _ come fopra . XTl. Finalmente fia q minor del zero, ovvero quantità negativa . Collo llciro raziocinio del paragiafo antecedente fi prova doverfi fituare in lì il pelo q , e perchè quello è negativo, fi dovrà fituare in fenfo contrario del pofitivó , cioè fi dovrà alleggerire il punto H di un tal pefo 5 il che per le leggi di fìatica fi riduce ad aggravare il punto G del pefo Xcome fi è allerito. Ma piace di foggiungere ancora la feguente diniofìrazione . EfTendo q quantità negativa avremo ^z^r—q. Dunque r — q in H renderà la noftra fìadera equilibrata j e perciò prepondererà il punto G del pefo -^ - — ? , e fopraccaricato queflo ifteflb punto G del pefo ~- sbilancerà eflb punto del pefo =:— ■ come (I °s.[.+^'+'-^^o-ì-ì::?')]^ Cor. 2. L' integrale efibito nella forniola B efpone , come di per fé comprendefi, l'indeterniinata quadratura della volta a fpira , cioè di quella che vien generata dalla pai te AB della retta AN , allorché la generatrice liane falita al punto Q^. Che fé vogliafi la quadratura della fpira defcritta dal,' intera generatrice AN , converrà nella forniola B furrogare a in luogo di x : ond' ella cangeraflì in quelV altra Cor. 3. E volendofi determinare la fuperficie di quella fpira, la di cui altezza pareggi l'intervallo di due profl^mi giri della linea fpiralocilindrica defcritta dal punto N ; converrà nella formola C fcrivere q in luogo dì b. E quindi fi trafmuierà la precedente formola, in quelV altra fempliciffima Cor. 4. Rapprefenti finalmente il cilindro di AQ^ ilT.yiii fufo di una volta a chiocciola, e l'altro di AP quello in '^' ** cui effa contengali : {[^ AT raggio del fufa z=« , e la fui periferia z=t ; farà quella parte della riferita volta , che dentro del fulo di AQ^ fi comprenderebbe ( form, C ) uguale ad ^ ^ v^(^H.') + ; «-^ log. J-X+ JT -t- f>^(r+r)] . E percib la volta eh' è rirnhiufa tra la fuperficie concava del cilindro di AP , e tra la conveifa del fulo di AQ., farà. -• V v^(?'+^') +-: 'f i°- b+7 (/'+ >^ir+p'))] Cor. 5. Sieno NLy NP i due fpazietti, che nel pnmo'^p7g"J; momento li percorrerebbero dal punto ellremo N col moto verticale, e coli' orizzontale , e fia NF la direzione media del medefuno punto N, che, come ii è moftrato, è il primo elemento della linea fpiralocilindrica defcritta dal punto N. Si unifca AL e da un punto qualunque B fi menino BS , BC rifpettivamente parallele ed uguali adNL, NP, efi compiano i parallelogrammi BO,BT; farà BT parallela ad NF . Ed eifendo BR fpazietto orizzontale defcritto nello ftelfo tempo di NL, farà ( per la prop. pref ) BO il primo elemento della fpira defcritta dal punto B . Ma fi è dimoilrata BT ad NF paralleli ^ dunque BO a quella inclinata non farà parallela ad NF ,• né quindi fon tra fé paralleli quegli elementi delle ipire che fi corrifpondono in una ftelf* orizzontale , come comunemente fi fuppone . Coi-. 6. Finalmente niuna retta può adattarfi fulU fupertìcie fpiralocUiadrica, che non combaci colla generatrice. Auv. 1. Ma prima di fogjiungere la quadratura della fpira fcalena, vuoili avvertire che la Coli, da aggiungerli all'integrale B nel noftro cafo è o : dovendo elfere Colt, r^ — .* -L Log. 1=0. E quindi l'Integrale B farà determinato. Avv. a. A fin di ragguagliare i rifultatì di quefìe f-.g. j.formcle con que' della pratica comune ho voluto miiurare una volta, di cui la generatrice fulfe di palmi io, e r intervallo di due proffime fpire di palmi 12 ( quali dimenfioni convengono prelfo a poco a quella volta a chiocciola che dal Palazzo Reale di Napoli mette giù alla Darlena ) ed ho trovato cotefia fuperficie elTer di 346 palmi quad. rell'altezza di palmi i;: laddove fecondo la pratica comune fi valuterebbe di palmi qu. 336. E' dunque io palmi qu. tal differenza, ed eifa volta dì 120 palmi di altezza miiurata nella comune maniera mancherebbe dalla vera di menfione per palmi 100; ciocché a' Fabri arrecherebbe non lieve difcapito. 4- Avv. 3. La quadratura cella nollra volta ii avrebbe - potuto col feguente metodo anche agevolmente ottenere. Si prenda un anello f|:iralocilindrico defcritto dall' elemento B6 , la cui altezza adegui quella parte dell' intero lato della volta, eh' è tra due prollimi giri : farà la di lui fuperficie a quella dell'anello circolare generato da Bé nella ragione degli archi , onde fon tali anelli terminati , cioè di /'^'-j-^^\ a tf : elfendo la generatrice B*^ la iìelfa , e ai .mentovati archi perpendicolare, come fi èqui fumoftrato. Laonde effendo ?Jldx la fuperficie dell'anello circolare, farà dx Vf q--^ ^ \ quella dell'armilla fpiralocilindrica . E quindi farà £^iV/'9'-{-£!f!^ la fuperficie di qaell' armilla la cui altezza è b, come fopra fi è avvifato. PROF. P R O P. II. p R O B L. II. Determinare la fv perfide il una Volta Spirale Scalena. Rapprcfenti la retta AQ. 1' affé della volta, ed AN ad'r;Vlii crfTo inclinata la retta generatrice . Si prenda in AN una '^' *" qualunque parte AB, e da quella fé ne tronchi la porzione iniinitefima B^ , pe* di cui eftremi paiTino le linee fpiralocilindriclie BRQ,, i>rf^ E quindi 1' indeterminata quadratura della fuperficle fpiralocilindrica defcritta dalla parte AB della generatrice farà r^ii^ 75 >Jléf^ / i^^(t? + ,.)=|^^(^+9) E nella formola F furrogando a in luogo dell'indeterniinata jr, fi avrà la fuperficie della fpira defcritta dall'intera retta pneratrice AN=:^^^(^:^ + 9•) Cor. I. Fatto l'angolo retto NCQ_, prendali GN quarta j^ju proporzionale in ordine a />, 9, ed n, e col centro C, ed il Fig. j. lemiafTe primario CN lì delcriva l'iperbole equilatera NMP: di poi collo fteflb parametro di lei, col vertice N, e coli' affé la retta NC prodotta in giù fi deferiva la parabola conica NRB: Tarala fuperficie fpiralocilindrica defcritta dalla retta CO a quella , che ne deferiva il di lei fegmento CT, come l'aja iperbolica COPN all'altra <:TMN , o come l'arco parabolico NB all' altro NR . Cor, 2. E quindi fé data la fuperficie fpiralocilindrica defcritta da CO, fé ne voglia ritrovare un'altra ugualmente alta, che le iHa in una data ragione, ridurraflì il problema a ritrovare un arco parabolico, che ftia al dato NB in quella data ragione. Qual problema è fìato egregiamente rifoluto dall'illuftre Geometra Giovanni Bernulli negli Atti diLipfia pag. 461 giugno 1698, e da altri fonimi Analifti . Cor. 3. Per averfi l'anello fpiralocilindrico generato dalla ^^111 retticciuola B^, fi dovrà moltiplicare la linea fpiralocilindrica Fig. ». del punto B per effa retticciuola B^j.e- per AG, e divider poi per AB un tal prodotto . Aw. Il rimettere alla rettificazione delle curve algebraiche l'inrcgrp.le di qualche formola , cui ne manca l' aifoluta integrazione, è nella pratica utilifìfimo ripiego: poiché al convelfo di tali curve implicandofi un filo fleifibile , la fui K 2 lunghezza n' efpone quell'integrale. Ed un tal artifizio farà molto più conducente, qualora la mentovata curva con moto organico polFa agevolmente defcriverfi . Dunque potendoli con moto organico defcrivere la parabola conica , dalla cui rettificazione dipende la quadratura non meno della volta ipiralocilindrica retta, che dell'obliqua, fi potrà eziandio con vantaggio adoperale in pratica coterto aietodo , PROF. III. P R O B L. III. Determinare la folliltà di una Volta retta Spiralociliniricd l Prendafi ovunque nel lato orizzontale del rettangolo pI^'J^ generatore la parte Bb infìnitefima, e Ila BRQ^gr/J l'armilla Ipiralocilindrica chiufa dalle fpire defcritte da' punti B , ^ . Sia di più GB un' altra parte infìnitefima del lato verticale del medefimo rettangolo, e Ce una retta uguale, e parallela a B^, di cui l'armilla fpiralocilindrica fia Gc^;«MK . Si erga dal punto B la retta BD perpendicolare a BR, che giaccia nel piano CBO ; ed elfendo eiTa eziandio perpendicolare a B^ ( conciofiachè fi è dimoftrato , princ, prop, I, effere Bb perpendicolare al piano CBO ) farà la medefima retta BD perpendicolare al piano flefo per BR, B^, cioè a quello dell' armilla fpiralocilindrica BRQ.9>'^ : e perciò una tale retta indicherà la dillanza, che fiffatta armilla ferba dall'altra Cc^tMK. Or condotta dal punto P e llremo del lato verticale dello fìeflb rettangolo una retta perpendicolare air armilla BRQ^/-^, elTa ftarà al lato verticale PB , come DB a B C , cioè come fìa al raggio il fcno dell' angolo BCD, o CBR, che la fpira forma col lato verticale del rettangolo generatore. E chiamandofi /il lato verticale, farà V^(9'+^'j: ^^ : : /: Perp. E quindi farà una tal perp. =: t\r(^^'+ElJ) . Ciò po(!o, perchè l'anello follio, che fi genera dal rettangoletto ^P rivolto coi due moti quafsà divifati , può fenza tema di errore conlìderarfi come comporto d* infiniti parallelepipedi che hanno per bafe gl'infiniti rett.ingoletti BRrA e per altezza quella perpendicolare di magnitudine coftante, che dal punto P fi mena fui piano BRQ^yr^: fi avrà la di lui Iblidità dal prodotto dell' armilla BRQjr^ nell' anzidetta perpendicolare . E quindi larà tal anello = ^ V(r+E£) X fP' - ÈfP^± , e '1 foliJb fpiralocillndrico defcritto dal rettan'^olo AP farà zz^Mll M . Cor. Se neir efprelTione M fi ponga in luogo della variabile x la grandezza determinata a, che dinota l'intero lato orizzontale del rettangolo generatore , li avrà il folido fpiralocilindrico , che da quello vien generato, uguale a - X f£i. Ma i^ dinota la Iblidità del cilindro , che dal ? a a medefimo rettangolo fi genererebbe rivolgendofi intorno al fuo lato verticale . Sarà dunque 1. ,, La folidità della volta fpiralocilindrica retta a quella „ del cilindro retto che feco abbia la ftelfa bafe , e per „ altezza il lato verticale del rettangolo generatore , come „ A a ^, cioè come l'intera altezza della volta a quella di „ lei parte, che n' è comprefi tra due profllme fpire . 2. „ Sarà quindi uguale al mentovato cilindro una parte „ di ella volta , che abbiane cote ila altezza . 3. „ E nella medefima ragione farà la folidità di una „ voka retta fpiralocilindrica comprefa traila fuperficie del „ fufo, e quella del cilindro vuoto, ov' ella fi contiene, all'anello cilindrico defcritto da quella parte del rettangolo '» '> o generatore eh' è chiufa traile medefime fuperficie „ PRO r. IV. F R O B L. IV. Determinare la Juliditi di una Volta Spiralociiindrica Scalena . _„.„. Sia AB una porzione del lato orizzontale del Fig. ij parallelogrammo generatore, e BP il verticale . Si prenda , come nel probi, fup. , di AB la parte infinitefima hb , di cui r armilla fpiralocilindrica Ila BRQjr^. Si meni AS perpendicolare fu di BS, ed SG fu di GBR, farà (congiunta la retta AG ) l' angolo BGA retto , come li è dimoftrato prop. II, E quindi abbaffata SX perpendicolare fu di AG, farà cfla perpendicolare al piano ABR (9 Elem. XI), e la fua ragione alla retta BS Ji troverà col feguente artifizio . EfTendo l' angolo ASG rett» farà ( 8 elem. VI ) AG : AS : : SG : SX Cioè ritenendo i medefimi fimboli del probi. II I mnpx E' poi SB ad SX come l' intero lato verticale del parallelogrammo generatore a quella perpendicolare, che dal punto P li cala fui piano dell'armilla BRQ^^r/i . Sarà dunque detto / quefto lato verticale, ^j ^«^x;_ ..f. Pero. E farà tal perpend. . — ^"^'"*^ %V^^5'«'-t-/>'**)- E finalmente l'anello folido generato dal parallelogrammo VBk f che coi due riferiti moti lì aggira, farà E l'indeterminata cubatura del folido fpiralocilindrico farà cfprefra dalla formola P^^ N . Cor. La folidità della volta fplralocilindrica fcalena , la di cui altezza fia quella parte del lato del cilindro , che è tra due proiTime fpire , fla alla folidità di quel cilindro, che feco abbia la fìeffa bafe, cioè (fig. i) il circolo di LB, e per altezza, il lato verticale del parallelogrammo generatore , come ne fìa al raggio il feno dell' angolo che due di efTì lati comprendono fra loro . Il Signor Grippa dotto Profeffore di matematica in Salerno e degno noftro collega avendo fullo fìeifo argomento più cofe meditate e prodotte , ha fìnteticamente dimoftrato un belliiTimo teorema riguardo alla cubatura della volta retta , che fi è fìimato riferire nella ftoria de' tentativi matematici del 1783 ; non folo perchè agi" inventori diali quella lode, che lor fi conviene, ma per mofìrare il confenfo del rifulrato di quefti calcoli, e di ciò ch'egli ne dimoftr* con finteli nitida ed elegante. <^5àik^ 80 ^-J^^^ P R 0 P. V. T E O R. Muciafi la figura mijìiUnea NCB co moti efpojìl nella def. TVIII ^'^ ^ •^'' *^^ uri ordinata aW ajfe NQ_; ///-à tal f alido Kig. 7 Jpiralocilindrico al folida generato dalla figura NCB col fola moto rotatorio intorno ad NQ^, come V intera dì lai altezza a quella parte di quejìa che framezza due projjtini giri della fpirale del punto B . S' intenda la tangente verticale NG divifa In parti infinitefime uguali fra loio, come PR , RT, GTec. : e pei punti delle divifioni condotte P/> , Rr, Tr, ec. parallele all' affé . Ciò pofto l'anello fpiralocilindrico generato dal rettangoletto P/irR fìa all'anello cilindrico, che il medefimo defcriverebbe aggirandofi intorno ad NQ^ col folo moto di rotazione, com'è r intera altezza di quel Ibi do a quella parte della mede (ima che refta tra due prolTimi giri della fpirale di B . Ma in quefta medefima ragione è qualunque altro anello folido fpiralocilindrico generato da qualunque altro rettangoletto al fuo corrifpondente anello cilindrico : farà dunque nella medefima ragione l'intero folido fpiralocilindrico al folido generato dalla figura NCB rivolta intorno ad NQ_. Cor. Sia la curva N^B una parabola ApoUoniana , di cui NQ. fia l'alfe, farà il folido generato dallo fpazio efterno NGB rivoluto circolarmente intorno all' affé fudduplo del cilindro generato da NQ^BG aggiratofi intorno ad NQ_. E quindi farà il folido fpiralocilindrico che coi due anzidetti moti fi defcrive dalla figura NQ^B a detto cilindro come la metà dell' altezza di elfo folido a quella parte di lei eh' è- vra due proilimi giri. PROP. PROF. VI. PRO B. Vojie le meàefime cofe della prop. prec. ritrovare la fuperjicle fpiralocilindrica defcriftu dalla curva NBF. Si prenda neU'afTe di tal curva una qualunque afciflaT.yiii NQ,, la cui corri fpondente ordinata lìa Q^B , e BA la *^'^' ' tangente menata per elTo punto B, che incontri l'affe in A . Sia di vantaggio B^ un archetto intìnitelimo, e BR il primo elemento della linea fpiralocilindrica decritta dal punto B, che li protragga indetìnitamente verfo G . Si tiri per lo punto B la retta BS parallela all' aifs , e fu di lei fi meni dal punto A la perpendicolare AS: ed in fine calata da S la retta SG perpendicolare a BG, fi unifca AG : farà AG perpendicolare a BG , lo che mofìrerafli come fopra probi. 2. Ciò pofìo fia p la velocità con cui volgefi in giro il punto F intorno a D , e 9 quell'altra, onde la figura DNF lungo il di lei afle verticalmente ne fale . Sia di più DF =s E quindi r armilla di B/5 ~ :^ v^(^f^ + p') Ed integrando farà la fuperficie fpiralocilindrica defcritta da BN Efemp. J. Sìa la curva NBF una parabola conica , e '1 parametro del fuo alle ND fia e, farà yz=cjr, X =4*', yds—dxV(cx-\-'-c^)t e la formola R fi trafmuterà in queft' altra h / K/-(~p^'f-^^'''\-'^-'^^'' «ii cui l'integrazione dipende / dalla retùficazlone delle curve coniche . Efcmp. Il, T.viTT Sia la generatrice NF un circolo, e 1' affé NQ_ della Fig 8. volta fi 'ti fu) diametro. Sia di più il rag io NDr:/-., una qualunque afciir^ dil centro Dv^^x-, farà BQ_:=V(»-'— ;<•'), <-J9r- 83 ^Wi^ e r archetto Bh=cis=~^-- . Ed. cfTendo, per la natura del circolo DQiDN:; Q.B : BA, ovvero DQ;:DN'::(^B'; AB', farà A' : r : ; /' — «' : AB* = (^^^) »■' . Ciò pofto nella formola ^-^' v(-£|l^ + /) fi furroshino in luogo dì y, e di Jx i valori di già ritrovati, ed in luogo del quadrato di AB, cioè di X'+/, qucft' altro (f^) >•': farà yds:=:-^rd>c , ed _f:£ = JX£ . E quindi la formola funeriore /"^X^C ''V. +/,') cangerafli nella feguen.e _/ ^^^-^ ^(^^ +,.) = _/ J± in quefto cafo rr=.z. E perchè, come d'ordinario addiviene, è p>q^ e quindi ^' — p' una grandezza negativa =— ^m'; perciò foftituendofi tal valore nell' ultima formola , effa muteraffi nella feguente L' integrazione di quefta formola dipende dalla rettificazione dell' ellilTe conica , come chiaramente lì conofce , E/cmp, III. Sia la curva generatrice NL di tal indole , che ogni JJ'^; tangente NT ehiufa fra il contatto N, e 1' alle CT della volta fia fenipre di una collante grandezza e. Si prenda nell' alfe CT un punto C ad arbitrio, e fia CO::=:jir, ON=:v, farà TO:^\/"(c' — y') : e dovendo eirere, per la natura della fottangente TO, v(cw y)i=>:^., farà (f«:=^v^ (e'— /) , C l'archetto N/»=«/.':=— ^. Or foftituendo tali valori nella y formola generale della quadratura di quefie volte , elTa trafrauteiaffi in S«efì'altraJC^v^(?]^V)=^^^C^'+^*) ' VI. DEL SALIRE DEI CORPI IN ARIA PER LA LORO SPECIFICA LEGGEREZZA LEZIONE DEL CANONICO SALADINL comunicata alla R. A fanno 1784». NEir indagare le leggi meccaniche, con cui la natura movendo ed agitando il grande ammalio de' corpi ,- dà vita e vaghezza all' univerlb che l' uomo mifsro e paffeggiere abitatore di quello globo terraqueo a fua. confolazione e vantaggio pur conofcer vorrebbe , lìamo coftretti ad ogni palfo di arredare il piede. Quegli fpiriti generofi e fublimi , che hanno- avuto il coraggio di tentare sì dilhcili vie, fanno ampliffima teftimonianza di quefta infelice condizione umana . Ma qual è egli 1' inciampo il più frequente e che maggiormente fcoraggifce? Coloro folranto , che mai podi non lì fono al cimento, il polfono ignorare. L'algebra, lo flato fanciullo in cui ritrovali ciafcuna delle fue parti più nobili , e fpecialmente il non faperli , fé non fé pochiiììmo circa il modo di palTare dalle differenze alle fomme , è una delle principali c.gìoni, per cui non lice a noi il penetrare negli arcani più reconditi delli mtura. Telamone ne l"a la faniofa teoria lunare del grande Eulero , dove fé quafi nulla per parte della '"^S'S»- 86 ìiieccaiilc.t , qtiafi tutto per parie dell' algebra nncor ft delidera . Ottimo conlìglio farà pertanto quello di coloro , che non lì arrendono alle prime dillìcoltà , e che entra ndo iu alcuno fpinofo campo algebraico non abbandonano l'imprefa fenza progredire per quanio poirono . Fra molte invertigazioni, alle quali hanno dito occafione i Signori di Montgolfier, nome a dì noftri celebratilTimo , liavvi ancora il ricercare le proprietà del moto di un corpo fpinto a lalire per l'sria dalla di lei gravità. Matematici di grido hanno creduta quefla ricerca non indegna ci loro. Vi meditava , e ne difcorreva con Lexell il Ibprallodato Eulero poco prima del fatai momento, in cui venne colpito da mortale accidente . Il Sig. Meulnier ia una dottiiTima lettera al Signor Foujas di San-Fond vi lì è diftinio ; ma tutti hanno incontrato nell' algebra il frequente fpiacevole intoppo. NuUadimeno ho vduto ancor io efperimentare in ciò la mia qualunque induftria . E quello fi è il motivo per cui ricorro al vofìro eftefo fapere e al vofìro acuto difcernimento, Accademici fapientilfimi, acciocché vi degniate d' illuminarmi circa l'efito di mie fatichej lìcuro che fé non potrete commendare le cofe che fono per efporvi, la voftra difcretezza avrà almeno alcun riguardo al delìderio che ho avuto di elfere utile. E per entrare fubito in materia intraprendo a rifolvere i problemi che feguono. r=«Mt^ 87 ^J^f> PROBLEMA I. Va corpo fpec'ifìcjmente pia leggiere dell' aria vicino la fuperficie della terra abbandonato a fé fiejjo falga per queflo liquido : fi cerca Li legge tra la forza acc<:leratrice , e r altezza . Kifoluzione , I. La forza acceleratrice della gravità , in vigore di cui fi sa , che un corpo vicino la fupertìcie della terra percorre in un fecondo quindici piedi parigini e un pollice (1), fi prenda per unità . La malia del corpo , che li fuppone rotondo, fi dica m, e per m fi difegni ancora il fuo pefo, giacché li pefi fono proporzionali alle maffe ; il pefo d' un volume dì aria eguale al volume del corpo in quella altezza in cui elfo riirovafi fia r^ 2 • di quello pelo fi fuppone minore il pefo m , farà pertanto V eccelTo del pefo di elfo volume di aria fopra il pefo del corpo =2 — m . Se il corpo nel falire non incontralTe alcuna confiderabile refiftenza, 2 — m farebbe la forza che lo eleverebbe . Ma è noto, che r aria , oltre le refiflenze cagionate dalla tenacità e dalla frei^agione, le quali fenza pericolo di grave erroie fi pollone trafcurare , oppone altra gagliardilTìma refi (lenza , che ha fila origine dall' elafticità e dall' inerzia . Se una fuperficie piina fi mova per l'aria con direzione perpendicolare a le lìelTa , e con velocità, che non fia eftremameate grande, né eftremamente picciola , la refillenza che effa incontra, fi fa eguale al pefo d' un cilindro , oCia colonna aerea , la (l) Tale fi ritrova la gravi'à a Parioi . In diverfe latitudini rS^K varia , onde gli fpaiii percoiTi in un fecondo fi rinv^n^ono dffrenti ; ma qu-fìi vaiiaiioni lono troppo picciolc, e da non tenerne conto io fimili ricerche. cui denfitii fia quella, che ha lo fìrato aereo, dove fi ritrova la fuperficie fteira , la baJe lia efla luperficie, e l'altezza Ila il doppio di quella, da cui fcender dee uu grave viciao Terra per acquifWe la velocità , con cui la fuperficie anzidetta cammina (i). Chiamata pertanto A la denlità variabile (i) L'altezza del noiho cilindro da alcuni Autori riputati fi fa eguale alla femplicc altezza della difcefa ; altri la vogliono doppia e l'opinione di qutfti ci fembra meglio fondata. Eccone fecondo me una dimoftrazione. JLa ricerca dell'urto di un folido contro un fluido, e .di un fluido contro un folido comunemente fi tengono per la fleffa cofa, e in realtà non avvi gran diverfità. Si mova un fluido contro una fuperficie piana «ormale alla direzione del moto ; lo Rato del fluido fia permanente, cioè né gonfi, né diminuifca: la velocità del fluido, offia io fpazio percorfo equabilmente dal fluido in un fecondo fi difegni per u; la fuperficie percofl^a fi dica m ; farà mu la quantità del fluido, che in un fecondo percuote la fuperficie, ed >»«' farà la quantità di moto eflinta in tal tempo fucceflivamente ; la maffa, che viene a contatto col piano nell'urto, e che perde il moto contemporaneamente, fi dica mdttf la fua quantità di moto farà mudu, che fi eflmguerà nel tempo dt , il quale deve Hare ad un fecondo, che nomino t, come mudu ad mu' , cioè come du ad u : ciò efige la fuppofizione , che lo flato dei fluido fia permanente. Urti il fluido in vece della fuperficie m una colonna folida mu della flefla denfità del fluido , farà per le leggi della coUifione la velocità di quefla mafla dopo l'urto = mu-\-mdu mu du. Se Ja mri{Ta foiida foffe animata da una forza acceleratrice contraria alla dir«zione dell' urto, tale che nel tempo dt vi pofl"a produrre la velocità du , la xnaffa folida fpinta dal fluido non faprebbe moverfi . Si chiami (ji tal forza , e fia U la velocità acquidata da un grave nel jempo », cioè in un fecondo,- per le leggi del Galileo avremo g.', fi ottiene ^* ; ma ^" è la doppia altezza da cui fcender deve un grave per acquiftare la velocità h, dunijue è Vero jkc. M quantità coflante , farà il pefò , offia la refiftenza r::z^ù.uu e perciò chiamata la forza elevatrice jc, avremo l'equazione (A) Ar=2— OT — gi\uu ; fi ponga n il pefo d' un volum.e di acqua eguale al volume del corpo m , farà nùxz^z ; onde (B) xz:znCl^~m—g£^uu . La forza motrice .v divifa per la mafla m dà la forza acceleratrice ; ed efprella la forza acceleratrice della gravità per la celerità , che produce in un corpo nel tempo di un fecondo , offia per U , cioè per trenta piedi parigini e due pollici , farà — la forza acceleratrice , che innalza il m ' globo, efpreffa per la celerità, che produrrebbe in un corpo nel tempo di un fecondo, offia efpreffa per lo fpazio percorfo per quefta celerità in un fecondo . Ora abbiamo per le leggi del Galilei , che la forza acceleratrice fi debba cfprimere per la malfa moltipllcata nella metà dell'elemento del quadrato della celeàtà divifo per lo fpazio elementare; dunque chiamando quefto fpazierro ds ^ e non curando la maiTa , giacché fi tratta dello fìeflb globo , cioè del moto di un fol corpo , avremo //-.v \Jxds j SI differenzii 1' equazione (B) , fi otterrà f D) 2) :^n"^l^ z=:,uàu\ e combinando infieme le due equazioni (C) , (D) , nafcerà l' equazione iTs -nn^—x^^m \Jxds (E) D T = , m.mx-—m _^\Jxds IT. Rimane foltanto di eliminare la vaiiabile A . A quefìo fine fuppongo la denfità degli ftrati aerei in ragione de' peli comprimenti, che fono proporzionali all'altezze barometriche. Tal fuppolizione , per comune confentimento de' fifici , in altezze che non fieno cftremamente grandi , non fi fcofta gran fatto dalla verità ; che anzi il Signor Bouguer, uno de' compagni della famofa fpedizione degli Accademici Francefi inviati al Perù pej decidere la gran 3ueftione della figura della terra , avendo fatte offervazioni iligentìfTime fuUe alture della Cordigliera del Perù forto l'equatore, porta ferma opinione, come vedefi nella fua Differtazione /opra le dilatazioni dell' aria nclV atmosfera , "che l' anzidetta legge fi olfervi con tutta efattezza nelle alte regioni aeree. Comunque la cofa fìa , egli è ficuro, che ì più diligenti e i più famoll fcrutatori della natura, i quali nelle offervazioni atmosferiche hanno faputo dare il vero valore alle cagioni accidentali perturbatrici, hanno altresì rawirata coftantemente la legge già fìabilita dal Boyle e dal Mariotte . II valentiflimo matematico Padre Gregorio Fontana ufando la fìeffa legge nel fuo faggio analitico delle altezze barometriche ha incontrati rifultati mirabilmente concordi celi' olfervazlone e proiTimi oltre ogni credere alla verità . Ma neffuno ha contribuito tanto al dilucidamento di un punto di fifica sì interelfante , quanto Mr. De - Lue . All' autorità adunque di tìfici cotanto illufìri m' acqueto , e fìabilifco fenza altro la legge fempliciffima della denfità degli firati aerei, che la fa proporzionale a' pefi comprimenti. Si chiami pertanto 1' altezza del mercurio nel barometro =r/? ; elTendo il péfo della colonna di mercurio in equilibrio colla predone della colonna aerea , a cui fi vuole proporzionale la denfità , farà A = i» , perchè la denfità e l' altezza barometrica variano nella flelfa proporzione . Sii ds l'altezza dello fìrato aereo, a cui competa la denfità A', e ù! la denfità A variata per lo fpazietto ds . Dovendo effere la preiTione della colonnetu infinitefinu aerea della deniità A, M X e dell'altezza Js eguale al cilindretto infinltefimo dì mercurio dell' altezza dp^ li quali folidetti iniìnitefimi hanno la fleffa bafe; ed elTendo la preffione eguale, o almeno proporzionale al pelo aiToluto della colonnetta infinitelìma aerea (i), farà il pefo alToluto della colonnetta aerea , fé non eguale , almeno proporzionale al pelo del cilindretto di mercurio. Ma il pefo aiToluto della colonnetta aerea, non computando la bafe, è proporzionale alla denlità ù' moltiplicata per l'altezza d.i'^ dunque Afferemo quefta equazione AVi^r Mdp'j denoto per M il mercurio . Perchè quefta equazione non ci conduca ad affurdi , conviene farle efprimere una condizione, che propriamente dipende dal noflro arbitrio, e per cui ingiufìamente fi accuferebbe l'algebra, fé da fé fteffa non l'efprima . Noi facciamo fluire 1' altezze atmosferiche e barometriche per modo , che al crefcere delle une calino le altre ; dunque le ds e dp , fé vogliamo , che 1' algebra cfprima quefla noftra determinazione , debbono effere con fegno contrario ; onde fi dovrà fcrivere — Z^V.^r^Mo'/ ; ria abbiamo ^'— Af.a'A , e Jp=zJù , dunque -^ùdszzM-dhj onde — c/5z= ^^— ,ed integrando prendendo i logaritmi nel fiflema iperbolico, farà C— j=M/A. Per determinare la cofìantc G fi chiami ^^ la denfìtà dell'aria vicino la fuperfìcie della terra, dove fi vuole eguale a zero l'altezza atmosferica, farà C = M/j; dunque M . /a— /A=:5 . L'altezza atmosferica pertanto è proporzionale alla differenza dei logaritmi delle due denfità a, A, ovvero delle due altezze barometriche a tali denfità corrifpondenti . Onde fé da ficuri e replicati efperimenti venga determinata l'altezza atmosferica s conveniente ad una data altezza barometrica, avremo (i) Vcggifi la Se*. X dell' Urtdinamica del Sig. Daniele BcrnouUi, M . /j— /A' : s\ come M.la~~lù : .« , e percib Lz — lA:^ s i- — e polla la quantità coltante , — .rz: e, lara finalmente ù^z::z.ae ; e difegna la bafe logaritmica del liflema iperbolico. Ili Per ottenere 1' integrazione delle noftre formole faremo in appreffo cortretti di ricorrere alle circoftanze particolari del prefente quefiro , poiché li metodi finora cogniti d'integrare fi rendono in quella ricerca inutili; onde conviene fapere all' in circa il valore delle quantità coftanti, olTu delle quantità cognite , per vedere fé fi polfa fenza pericolo di grave errore tentare qualche approlTunazione ; il che ci fa determinare ad un efempio. Sia il raggio del globo da innalzarli piedi 12 parigini, larà C offia la fuperficie del fuo cerchio maflìmo 4.52 piedi quadrati in circa j dunque — = i8i. La lettera t che difegna il'pefo di un piede cubico parigino d' acqua piovana , unità la più coftante che {\ polla avere in quello genere , cioè trattandofi della relazione della denfità dei corpi , e delle gravità loro fpecifiche , denota libbre 70 parigine , che è la più verificata opinione j onde farà — ^=^11=12670 libbre parigine . La folidità del'a sfera è 7140 pieit cubici in circa j e pofta la denfità dell' acqua piovana alla denfità dell' aria proifima alla terra come 800 : i ; cioè pofta « = —1- , che è la maggiore leggerezza , che dar fi poifa all'aria vicina al fuolo, un piede cubico pavig-no di queft'arla peferà un' oncia e due quinti. Nei per co nioiità dvl calcolo e per metterci al iìcuro, come fa d'uopo in fimlli ricerche, riduciamo un tal pefo a una fola oncia ; ficchè il volume di 714.0 piedi cubici parigini, fé folfe di tal aria, peferebbc ad un di prefTo libbre parigine 453. Acciocché poi una di quefte macchine aereoftatiche s' innalzi con ifpeditezza, dee eiferc più leggiera di un egual volume di aria almen di un quarto , come fpeffe volte ho Iperimentato in globi , che ho fatto afcendere con l'aria dilatata* adunque il pefo della macchina che fi è chiamato m, farà eguale a 339 libbre j farà per tanto ip tali fuppofizioni -^ = -ip~- = 0 . 0 i6. ^y 12Ó70 Volendo determinare il valore di e tra le molte efperienze fatte dal Gaifini , Condamine , Bouguer, Feuille, e da altri che hanno fomminiftrato i fondamenti alla tavola Bougueriana della relazione tra le altezze delle montagne del Perù, e l' abbaffamento del mercurio nel barometro, che ritrovafi nelle rifleifioni concernenti la filìca generale del Sig. Daniele BcrnouUi , e all' altra tavola ancora del celeberrimo Sig. Enrico Lambert dataci nel fuo belliffimo ■ppufcolo intorno alla via della luce per l' aria , fcelgo la famofa efperienza di M. De Lue fatta al monte Saleva , la quale dà un rifultato medio , che moltiffimo fi accoda a quelli, che deduconfi dalle offervazioni fatte nelle Alpi , ed in particolare da M. Saulfure nel 1781 . Alle radici ,del monte Saleva ofTervo M. De Lue , che il mercurio nel barometro, che feco aveva, era all'altezza di pollici 29, offia a linee 348, ed effendo afeefo, finche il mercurio nel barometro calalTe una linea precifaniente, mifurò con tutta l' efattezza poffibile la verticale traile due fituazioni dd barometro, e la ritrovò di tefe i^, 497, eguali a piedi paragini 74,982 (i); dunque e— -fUL^— — ^^^^^^^. >!■ !■ ■■ I I ■ . , ,.m . . ^■■a II ■ I ^, (i) Per far ufo di quello cfperimcnto fa d'uopo afficurarfi, che le Fa d'uopo ricordarfi , che in quefto valore di e le altezze barometriche fono efprelTe in linee, e le altezze atmosferiche in piedi parigini. I nollri logaricmi fono del filìenia iperbolico , Ora abbiamo , che la differenza di queftt logaritmi prefi nelle tavole dei logaritmi volgari è o , ODI 250 j dunque nel filiema iperbolico farà 0, 002878, poiché in tale proporzione fono le fottangenti de' due fifleral, cioè o, 4.34294., ed I, a cui fono proporzionali i rifpettivi logaritmi: onde farà cz^°'*°°'^, ^ ■ =:o. 0000 j8 ; ed effendo » 74,982 » ^ » I / > C •^ me a ::^ - — , farà _r=o, 0,0304, e perciò -77- rro, 000790 800 ' a > / .* 1» 4 ^y^ 7 quantità piccioliflìma . Avremo ancora cs , quando s non fia molto grande, per efempio fino a piedi parigini duemila, quantità alfai picciola , cioè non maggiore di 0, 076. Di quelle determinazioni a fuo tempo faremo ufo ; torniamo inftanto in cammino . IV Softituifcait il valore di A trovato per $ ( 5 * ) • 111 - • /T^x TV— ;< — m \JxJs ^nell e<^uazione (E) D ^=: , r X _ — xm^m cs XJsJs lara 1) e :^- , offia dx ■:^ — li^ \5cxise — cxJs^^mcds . clrcoflanze dell'aria, che appartiene al problema da rifolverfi , non fieno molto differenti da quelle dell' efperienza di M. De Lue, e ipecialmente la temperatura dell' aria / altrimenti dovrebbonfi fare le opportune correiioni fecondo i metodi, che i' incontrano nello ftcffo autore, ei in altri celebri fifici. Per abbreviare fi ponga ^-Jlf.z:zk : nafcerà ►-cy (F) che è appunto 1' equazione propofìa . Per determinare k prima pofìzione di SZ li ollervi , che fuppofto 5 := o , cioè fui momento della partenza del corpo , deve elfere xz^na — m y cioè quando Ha AG=— A:— i , e AY:z;— ^ deve divenire O^z^nd ~m . La prefente curva è del genere delle trattorie , di cui difcorco nel Compendio di Analifi tom. 2 lib. 2 cap. 8 . Il Sig. Marchefe Poleni ha immaginato uno ftrumento per defcrivere fimili curve , Increfce per altro che la riferita corruzione non fia- libera da ogni difficoltà , perchè la curva da noi defcritta , Comecché foJisfaccia all' equazione , non ne feguita per quefìo, che fia l'unica; infinite altre potrebbero darli , a cui competa la fìelfa equazione differenziale ; né è cofa difficile il provare , che realmente così avvenga ; onde fé la defcritta faccia al cafo noftro , non avverrebbe che per mero accidente : credo per. altro d' aver motivi da fofpettare il contrario . IX. A qual partito potremo appigliarci mal in circoflanze così fpinofe? Ecco quel che lì è di vi fato . In primo luogo li rifletta, che quefli corpi più leggeri dell'aria falgono fino ad una certa altezza , ove li fermano ; il che manifeftamente indica, che il moto da accelerato paffa a ■'"A^ I02 v-«»^^ ritardato; ofl'ia la forza acce-levatrice palFa dall'eflere pofitivo al negativo ; dunque dovremo in qualche altezza avere un punto , dove la forza fìa eguale a zero . Dico in fecondo luogo , che un tal palfaggio fi fa dopo che il corpo ha peicorib picciol tratto di fpazio . Il che così dimoftro. Supponghiamo la denfità dell'aria cofìante z::^, cioè eguale a quella , che fi ha vicino la fuperficie della terra , e cerchiamo la legge della celerità riferita alle altezze atmosferiche , Gii abbiamo ($ i) l'equazione (G) -}hÉf~adu, ' m e foftituendo in luogo di x il fuo valore , otterremo U udui=Z — Xna^^m — gauu . ds , e '^^= — X "^^ , ei integrando U ria — /» — gaiiu aggiungendo la coftante per modo , che fia uz^o , quando 5 = 0, rifulterà i=_'" L _2±r^l_ . Se fuppongafi ,t infinita , nafcerà uu :^ — ""^ , e perciò la velocità far» I finita. Adunque il moto farà continuamente accelerato peri tutto lo fpazio infinito ; e ciò non ottante il corpo noni potrà mai acquiftare fé non limitato grado di celerità,' ,. nit—'m' che mai non farà maggiore di — __^r j ^uefta cekrità è g0-^ I '-^S'I^ 103 ^!t-' come un afintoto, a cui fi accorta fenza limite la celerità del corpo . Ora chi è pratico di quefle variazioni alìntotiche , facilmente comprende , che effe fui principio procedono a gran pafli , in feguito lentiffimamente e quali infenlibilmente . L' efperienza conferma quefta ritleffione , poiché i gravi, che cadono per l'aria vicino la fuperficie della terra preflo dal moto accelerato paffano al moto equabile. Ciò ranro maggiormente fi verifica, fé la forza acceleratrice non fi conlervi collante, ma vada continuamente e fenfibilmente calando; che anzi in tal cafo non folamente il moto accelerato fi fa equabile , ma predo fi converte in ricardato. Nella falita dei corpi per l'aria la forza acceleratrice , odia elevatrice riceve alterazione , sì perchè a cangia 'a denfità dell'aria, si perchè fi muta il grado di celerità ; per un tratto alquanto confiderabile la variazione della denfità è quafi infenfibile , quando al contrario quella che foffre la celerità per tratto ancor picciolitfimo è grandilTima; dunque la forza elevatrice prefto andrà al niente, cioè vi andrà prima che la variazione della denfità degli fìrati na confiderabile ; e perchè il tratto per cui fi accelera il moto è piccioliilimo in paragone di quello per cui fi ritarda ; dunque la forza ritardatrice è fpregevole per riguardo all' elevatrice ; difcorro delle forze medie, elfendo sì l'una, che l'altra variabile; ma la forza elevatvice comecché media, ha un qualche ragguaglio non difpregevole al pelò , che fi vuol dare al globo aereofìati.o , il quale pefo fi è detto m • dunque la forza ritardatrice larà fpregevole in confronto ancora di m . Laonde neirequazìone »f = /2 A — m — ^Afw fi pub fenza timore di molto errare fupporre x ^:z 0 pel tratto in cui il mo.o fi ritarda . Quantunque non fiaci riufcito di determinare la legge delle forze acceleratrici rifpettivamente all' altezze atmosferiche, tuttavia potendo noi fupporre x=a nell' equazione jf==/;A. — .ITI— ^Amu quando il moto è ritardato, cioè per la maiìi ma parte dell'altezza, a cui s'innalza il globo, non larà '■=*1^ 104, ^^àéf^ difUcile fciorre, per quanto bafta alla pratica, altri problemi interefianti coiicernenri il fuo moto. Si voglia lapere la relazione traila denfità degli ftrati e le velocità, avrenio fubjto o;crn4i — m —gù^uu^ e A— m n — guu Similmente con facilità fi avrà la relazione traila velocità, e le altezze ove giunge il corpo , poiché nel ( § i ) trovammo A^tf-?*"^'^; onde fofìiuiendo farà ae'~" ^ n —guu Se fi defideri la relazione tra gli fpazti e i tempi, fi avverta, che nel moto variabile fia « ir: -J-i fatta la foftituzione nell' equazione precedente fi ottiene l' intento ; Se finalmente abbiafi da determinare la relazione traila velocità e i tempi, fi differenzii l'equazione ar'' = '^ ti — guu e fi ritrovi il valore Js dato per u; fofìituito quefto nella equazione u——^— fi avrà ciocché fi defidera. X. Ma non rlncrefca di trattare quefla materia con maggiore precifione , adoperando un calcolo più rigoroib . Si Si prenda la formola /Isl, che fa tutta la dilTicoltà della ty Iq noftra ricerca , elTa è eguale alla formola JLj- fJl- ' dunque fi avrà Si efamini la frazione — -1- '9 cs efla è eguale ^ ($4),:=-^Xe fimilmente ( § 4 ). Nel & 3 fi è ritrovato ^^=0,0004,, e c::ro, oooo?8; j I o, 0000? 8.? „ ^ dunque — . — — =0, 0004 e ' ■' . Se pongau 5 = 0, farà — ^ =0,0004; fé pongafi 5s:i°°°°°°, cioè a piedi parigini 26315, altezza di gran lunga maggior di quella, a cui pofTono giungere i noftri globi aereoftatici i più leggieri , farà — — ^ :^o , 0004 e , denota e la bafe del fiftema iperbolico, che è, 1,7183; fatta la moltiplicazione fi ritrova — — — =0, coi . Da ciò fi raccoglie, che— -- fia una quantità , la quale fi mantien fempre plccioliiTima per tutta l' altezza a cui poflano mai follevarfi i noftri O globi aereoftatlci j onde non porteremo gran divario nel calcolo, qualora fuppongafi i— — ^ — quantità coftante ; chiamifì eflaQ, farà •"■T^ — ^ ^ — ^r ^* ed integrando — —-"=: / ——- • Ognun vede qual fia il valore che convengali dare alla quantità Q^ per non andare molto lungi dal vero, cioè eller debbe Qpzi———^ prendendo di — ^ quel valore che conviene all' altezza , dove li vuole fermare l'integrazione: per efenipio fé ii voglia fermare T integrazione all' altezza fòpra indicata di piedi parigini 26315, dee prenderli Qj=:i+o, ^z= I, 0005 . Zi Torniamo ora all'equazione efprimente la forza acceleratrice, che fi ha nel $ 4 , cioè ,=-.+ i^x/4, q ^ Iq diverrà effa per le cofe qui fopraddette ofTla Per determinare la cofìante C fi avverta , che quando fia s=^Oy cioh qzzz e , Iqz^ — ^, allora diventajf=s/j 434*94 T r ^ 1000 /■ L ^ — L ;r::o, 001169. k m nel fiftema volgare , e nelF iperbolico o, 001 169 ^ =:— 5 —-zzo, 002691» 0,4342,44 quindi finalmente avremo -L L l 0,002^1 -e^i parigini,. e I ,na—m 0,000038 "•' '^SA-^ jio --kS^ Ecco all' incirca a quale altezza pafla il moto dall' efTere accelerato all' elfere ritardato . Dunque da querto punto in fu la forza x nel!' equazione (G) farà negativa , e farà minore di jim , e perciò difpregevole in paragone di m per elfere w una frazione picJoliifima (§ io). Anzi dopo picciol tratto il primo termine dell'equazione ke — a: — k .. — — — cs , na — m ( G ) ^ " ^ — ^— Xna-m z^e X- '. ^ cs e franlfce al confronto del fecondo termine — mw. Vediamolo nel nofìro cfempio . L' altezza del mercurio nel barometro vicino terra fia pollici 27 eguale a linee 324; cali il mercurio per linee 4, il che corrifponde nelle tavole del Sig. Lambert a tefe 48 di altezza; farà a Ci _ 3 24 _8£ j I I A 3iO 80' cs Si' ^ e A:.i — — 3c (i) -cs k (i— e )=:e^ ; ma abbiamo <• rr 2, 718281 ; dunque e^ —(2,718281)^ ; cjuelìo numero è di una grandezza immenfa , e perciò (1) Trattandofi di efcmpio fi dee pctraettcre qualche difprczzo per comodità di calcolo. «-SA-' III »J*»^ —CI - e . . 8i X na-m =: ^ - X .30 e (i-^ ) diviene onninamente fpregevole in confronto di me 8 1 12 81 k yo 10000 Òo '^ ' * avremo pertanto tiuafi per tutto il nioto ritardato l'equazione c% Jfzr ; — ed elfendo Volendo determinare la maffima celerità convenienre a quella altezza, dove il moto dall' elFere accelerato palfa al ritardato, dall'equazione fuperiore fi ricavi Ci na — aaia ed cs . /na—me \ u = >^{ ) fi ponga in luogo di .-: il valore di fopra ritrovato per la mairinia accelerazione , cioè :=— L . T na——m , 1 — -;- L k k e avremo u z=z m I T na — m >t 1 T TiLi — ni 1 na—'me i — — . L K k »> Elfendo il numero L ^ i_ i^ na-^m j, una piccioliiTtma k w frazione , quindi la bafe logaritmica e alzata a potefli di tal numero non differirà dall' unità . Nel noftro eiempio abbiamo ritrovato L 1 ^ o , 002691 = Jr- I — . -^ L a: in circa, ora la radice treccntefima ottantacinquefima di (! — >■ ) t [ 1 — r ) ed integrando r + G=:. .,L-^—. La coftante fi determina fupponendo ;f = o , quando lia s zz, o ; effendo in tal fuppolizione ancora r =z o , fi trova G =:= o j indi non avvi bifogno di aggiungere collante alcuna . Volendo determinare il tempo dal principio del moto fino alla celerità malTima fi foftituifca in luogo di 5 il fuo valore conveniente a quefto punto , che già è fiato determinato di Ibpra . Pel tratto del moto ritardato abbiamo 1' equazione tra gli fpazii e le celerità cs. na—m x , ^ 12 ^ / na—m » , ^ ma «dunque ^L^^-'" : Volendo determinare la collante G, fi ponga «rr©, quando fia .zz- — L(;i_-4-L^Ìz:^n, che è r altezza dove il moto dall' elTere accelerato pafTa al cs ritardato. Fofta «r:;o, avremo VT^^^^ ) := o , e perciò .9 r^ -^ L , e quefla farà la maffìma altezza a cui giiin^erà il globo . Se quefto valore fi ponga in luogo di .■: neir equazione dei tempi e degli fpazii , li avrà il tempo impiegato per tutto il moto ritardato j e fé a quello fi aggiunga il tempo fpefo nel moto accelerato , il quale li ritrova di pocbiifimi fecondi, avremo il tempo totale della elevazione del corpo . XIV Si potrebbe dcmandire fé quando il corpo fia giunto alla mallima altezza, dove fi annulla la celerità fi annulli ancora la forza ritardatrice, e perciò fé flare debba elfo in perfetto equilibrio, ovvero le debba ofcillare dall'alto in baffo? Per rifpondere alla prefente domanda prendo l'equazione xzznÀ — /w — u'A";/, e fuppongo « ^z o , avremo x-f-mrr A « ; ma abbiamo veduto che :c fi mantiene fempre difpregiabile relativamente ad m, dunque m^znùi.\ onde il volume d' aria n A pefa quanto il corpo m , o per meglio d;re il pefo d'aria «A, il cui volume è ugur\le a quel globo flelTo, e per conl'eguenza quello Harà in equilibrio e giungerà alla quiete lenza fare olcillazioni , almeno molto fenfibili . '**t-' ii8 XV Prima di por fine alla propofta ricerca, darb uà metodo facilillìmo per determinare l'altezza, a cui giunger deve un palio, le, polio che lìa cognito il di lui diametro, e il pcfo totale . ElFcndo cognito il dlam.tro , fi faprà ancora- il pelò d'i un eguale volume d'arii proiTìma alla luperHcie della terra. Si prenda nelle tavole dei lo'^aritmi appartenenti a due numeri, uno che efprima il pefo anzidetto del volume d'aria e l'altro il pefo totale del globo; da qucfta differenza ciati in parti mil'onefime dell'unità, fi taglino le due ultime ligure; le figure refidue ven'o iiniiìra efprinieranno il n imero di refe parigine per 1' altezza ricercata . Co.vì effendo Rato nel ( ^ 3 ) trovato il volume d'aria vicino la fuperficie della terra, che uguaglia il volume del noRro globo, pefare libbre parigine 4.53, ed il globo fleffo pelare libbre 337, ed elTcndo la differenza dei logaritmi volgari di quelli numeri in parti milionefime dell' unità o , 128468 , farà il numero delle tefe per l'altezza ricercata 1284 in circa. Eccone la dimoftrazione. Nel (S 13 abbiamo ritrovato s :zz - -L-^^ nel fiiìema iperbolico ; ma il logaritmo iperbolico è eguale al logaritmo volgare divifo per k propria lua tangente — o, 43429:1.; dunque 5 z:; L divifo per 6, cioè riducendo cXo, 434294 w ^ ' i piedi a tefe, pochiiTimo differifce da tefe loooo. Duncj^uc loooo L- — - — .', e percib pigliando L in parti m.ilionelìme nel fiftema volgare, fi dovrà moltiplicare elfo per locco; il che- fi fa Itaccando le due ultime ligure. In tal maniera pertanto fi avrà il numero di tele rr^» come fi doveva dimoftrare . r«A^ Ilf) ^Jé^ VIL NUOVO METODO DA RISOLVERE ALCUNI PROBLEMI DI SITO E POSIZIONE DEL SIGNOR PERGOLA Propojìo alla R. AcciJ. nel 178$. Nlun metodo ha tanto conferito ai progrelTi della geometria, quanto l'averle inneftato il calcolo analitico, che le quantità continue e i loro rapporti efpriraendo convenevolmente e pareggiando, le grandezze ignote non pur difviluppa , ma lor ne allegna un geometrico valore determinato . Renato delle Carte , cui deelì invenzione sì gloriola, appena efpofela nei fuoi libri di geometria , che i più profondi Matematici di Europa feguendo le di lui orme recarono a queft'arte eurijìica quella perfezione, di cui ormai fcorgefi colmata. Onde a ragione polliamo pregiarci che agevole or ne riefca rifolver con tal metodo inriniti problemi geometrici, e quei ben anche clic un tempo travagliarono i più fublimi ingegni dell'antichità, o eie a {tento or fi fnoderebbero da chi volelfe giuiìa la loro analili imprenderne la foluzione . $ 2 Ma egli è da dolerfi impertanto, che malgrado di sì copiola luce verlata fuUa lòlu/ione dei problemi geometrici, pur reftino al bujo quegli altri che concernon lito e polìzione. E quel che ne appare più fìrano, mentre i Matematici del del fccol nofìro di ciò concordemente fi dolgono , le loro fpeculazioni non fon dirette, che ai foli metodi analitici, e traf^urano arfatto ogni ricerca, eh' elfi potrebber fare full' analifi degli antichi , e fuUa rifoUuione dei mentovati problemi. Non è quindi ftrano , o vituperevole, ch'io ne abbia intraprefa qualciC dilamina, e che ora ne comunichi a quefla iUullre Società un metodo lìcuro e facile , in cui mi fono imbattuto per rifolverli : fpevando non che altri ne abbia di ciò buon grado, ma che qualche illuflre geometra con Tal efempio inducafi a migliorare il metodo d' invenzione adoperato dapll antichi con tanta venufià , e cae ora incolto fi fiace e derelitto . Che Te il doppio della feconda locale fottragg.ifi dalla prima , ne addiverrà la feguente equazione al cerchio III. y'-—zfyz:za' + c' — ^gx — x* , di cui il raggio n' è V'(j' + L-' + /'' + ^') , g -^ X l'afcilfa dal centro, y— / la fua e rrilpondente lemiordinata. Lriondc il nodro prob'ema li porrà nitidamente collruire colla combinazione della paracela c del circolo , civ^è della equazione feconda e terza . Altra foluzions dello Jleffo cafo 1 . § 8 Anal. V angolo ABC è dato dall' ipotefi ; L' altro DBA n' è dato eziandio a cagione dei punti dati A, e D. Sarà dunque dato l'angolo DBG di loro fomma : e quindi CBL (.onfeguente di quello ( intendendoli la retta DB prodotta verfo L). Di più eliendo daio 1' angolo DBG come fi è veduto, ed elFendo pur ancl'.e dato l'altro DB E, ( imperciocché è dato dall' ipotefi il legmento DBE) farà dato langolo EBG di lor differenza . Per la qual cofa effendo dati i due angoli CBL, CBE, e dovendo elTere h retta GB uguale alla data M, farà dato di polizione il punto C rifpetto ai lati DB, BE dell'angolo DBE dato . Onde il medefimo problema ridurrailì a quell'altro di cui avvene egregie foluzioni : Dato il punto C fiori f angolo dato DBE, tirare per ejfo la. retta CED , ficchè la parte di quejìa DE, che rejìa fra le gambe del dato angolo , Jia di una data lunghezza . Terza foluzione dello JìeJJo cafo I Ami. Si meni AT perpendicolare fu di DE , ed AiM, che faccia colla medeiima DE l' angolo A2MO uguale al dato X. Ciò fatto farà AAiMO-^AOBC. e perciò A^MrBC: :OzM:OB: : A O XO2M : AO XOB (DOXOE). Sia intanto 0.1 '"•*t>v 114 sJ^!^ AT:=i farà Onde dovendo efler dalle condizioni DE=6 D0:=3— , X del problema EO=x TO=c-.x AOX02M:DOXOE::A2M:BC, TEi^c 02M=g^x ^^"^^ AzM:^^ DOxOE~bx—x' Or facendoli -, -y* ::^a'+ (e — ;e)', ne verrà ^y — jcy = ^jc — *' . Di fiffatte equazioni locali la prima fi appartiene alla iperbole fcalena , e l' altra alla iperbole rapportata agli a fintoti . Soluzione del 11 Cafo . Pi'g. 1 5 5> La retta DE non incontri il circolo dato NBA. Si nuca. 3 calino dal centro Q, e dal punto dato N le perpendicolari QR, NP fuUa medelìma DE: e congiunta la retta GQ, fi tiri per G la tangente CS . Ciò pollo fia NP=:a farà Q.C'=ó'+jf* E dovendo eflere per la np_A r Q'—A'j- • ^' natura del cerchio Q.R_é C S _/^ +.V —g NCxCB=CS' , farà C R=;c GP =c +;: M^'+(^+^;}='^'+^'-/ Q.S=^ CN=V(a'+(c+x)') R P=c NCXCB=Ma'+(c+x)') B €=/• $ IO Avv. i Quefla equazione fi potrà coflruire collo ilello artifizio del I cafo n. i : e di qucfto cafo fi potrà ''^ftk^ Ite '-Jà^ ben anche recare altra foluzione fcgucndo le tracce della terza del cafo I . § 1 1 Avv. ì Non fi è ftimato convene voi cofa qui rapportar minutamente le diverfe polizioni , che può avere la retta BC rifpetto al circolo , e quindi proporzionare a ciafcun cafo altra foluzione : poiché gli fi polfon facilmente adattare quelle quafsù efpofte con picciol divario, che ben torto fi olfrc a chi ne imprende lo fcioglimento . . 1^ 0 R I S M A in 5 14 Dati i due circoli ZLN, BLA, e'I punto A nella y^\x periferia di quejlo, adattare tra le dette periferie la retta Fig. j BC , che Jìa uguale ad M ^ e congiunta AB fia f angolo ABC uguale al dato angolo rettilineo X. Siafi ottenuto l' intento . Si prolunghi C B finche incontri la periferia LA in E : fi unifca il centro D del circolo BLA col punto E per mezzo della retta DE , la quale farà data di grandezza come raggio del circolo BLA e di pofizione , perchè 1' angolo ABE dalle condizioni del problema dee pareggiare il dato X : e quindi clfendo dato uà termine A di quell' arco , fu di cui dee poggiare , farà dato eziandio l'altro E. Si meni dal punto D la retta DU perpendicolare fu di EB , da C la retta CF perpendicolare fu di ED , e fulla fìelfa ED prolungata verfo K fi cali TS perpendicolare dal centro T del circolo NLZ . Ciò pollo , fia TK=^ laranno CF=/(a'— (^+*)')— r=y— r pel circolo T S=r EC=zyriX'-i-(y-ry) ZLN . S E=6 EDzrc e quindi pei triang-^li fimili ECF , EDV , C B=m effendo EG : EF : : ED : EV SD=i/, EF=:I- tiri EV= ex Ma r intera EB è uguale ad EC + CB j farà dunque yr(s'-i-iy^Y) -^ K(A-'+(y— r)') +;n , cioè adoperando le dovute contrazioni , e ponendo a'—b^ — zòx—x^ per y* , avraffi ^(^=+,-_3'— 2^x-2ry)~" Facciafi impertanto a'-\-r'—i>'=f' , e fi liberi tal cquaz ione dalle frazioni , farà 2Cx—f-*iSx — ary+/nv(/'— 2Ìx— iry ) cioè 2Cx-\-2bx+2ry-~f=mV(f'^2éx-^zry ) , cioè (px-^iry — fyzzmXf—ihx—zry) . Similmente adoperando le convenevoli riduzioni farà (x-vl2L+^±:M.'\' = m (fy+b'ne^2èpp-\-zpyy(2è'^p) ) ' Quefl'ultinia equazione indeterminata fi appartiene alla parabola, e l'altra y'r;^'— (^-t-.-)' n' è al cerchio dato. Laonde colla loio combinazione refterà nitidamente cofìrutto un tal problema . Avv. Il metodo di ricavar le locali prima di ordinare l'equazione finale, farà diluntamente efpufto , i|uando avrò l'onore di comunicarvi una manici a facile da congegnar le dimòUrazioni rigoroHimente finieticlie a problemi lòlidi , che analiiicamenie rifolvonll. 5 1 3 Ini/care le leggi del metodo dì converfione , onde rifolvonft i problemi -dì Jìto del 1 genere. Si è detto da principio, che per ifciorre tali problemi non abbiafi -à. far altro che procurar di circofcrivere alla grandezza data quelle linee (entro cui fi propone di adattarla) in modo che le confervino il fito addimandato, e fien quivi difpofte come fon date nel problema . Or quefta circofcrizione otterraffi col fcguente metodo . I Si olftrvino diligentemente i luoghi , che nafcono dalle pofizioni di quelle linee, che alla grandezza data voglionli circofcriverc . Ed elfi faranno ordinariamente rette , o archi di circoli . II Si vegga di più , fé per menare a fine queflo problema converfo balli determinare le fole fezioni dei mentovati luoghi: qual cofa non di rado addiviene nei problemi facililfimi di tal genere . Ili E fé ciò non bafti, riflettali attentamente fulle pofizioni delle linee propof^e nel problema , perchè fi riduca la foluzione del problema converfo a fituare in mezzo a due circoli , o ad una retta ed un circolo un' altra retta data con un dato fito . Avv. Quanto qui fi è detto aflrattamente ed in breve efpofizione, farà copiofamente chiarito da molti problemi, che in quefìa Dilfertazione , e nella fua aggiunta fi lono recati a tal uopo . Solo è nieftiere diflinguere tai problemi in due clafTì; cioè in quei che relìano legittimamente fciolti colla fola interfezione dei mentovati luoghi ( i quali perchè faciliffimi fono qui apprelTo lievemente trattati) e in quegli alili che desiderano il defignato adattamento. Efcmp. ^ jjj 5 ^^4 Tirare al dato circolo NL una tangente, Fig. 4 fioche quella parte di effa , eh' è fra i lati del dato angolo KOG rettilineo fatto al fuo centro, adegui la data retta M. Soluiùone I Su di ro uguale ad M facciafi il fegmento reo capiente l' angolo dato RGO : e farà 1' arco reo luogo dei vertici di tali angoli. II Si tiri ce parallela ad r/z, che da effa ne dirti per CN raggio del dato circolo : e farà tal parallela luogo dei centri dei circoli uguali al dato , cui è tangente la. ftelfa ron . E poiché il centro del dato circolo è lo fìeffo che il vertice dell'angolo dato, ei farà lenza dubbio uno dei punti e, ove la retta le incontra l'arco oer: e quindi farà fciolto tal problema col metodo di converfione fcnza far altro. PROBLEMA I T. IX § 15 Date di pofizlone le tre rette ae,ad, cf che ne fieno tra n. ,', j fc parallele^ né Convergano ad un mcdeftmo punto , ifcrìvervi il triangolo EFD dato di fpezìe , e di grandezza • Jiechè gli angoli E,F,D giacciano falle rette ce, et, ad rcfpettiv amente . I Si deferiva fu del lato ED del triangolo EFD il fegmento circolare E AD , che contenga V angolo .? . II Si formi parimente fopra l'altro lato P.F il fegmento EQ.CF, che in fé comprenda gli angoli uguali ad ecf . Ili Si tiri per lo punto E la feganteECA, talché la parte CA che refta fra gli archi dei fegmenti colUtuiti adegui la data ca ( porifm. I ) . IV" In fine lì conduca per C ed F la retta CF, e per A e D l'altra AD: conferveranno le tre rette AE, AD, CF una pofizione identica alle tre date ae^ ad, cf, e in effe cfTe giacerà adattato il triangolo dato E F D giufia le condizioni del problema . § 16 Corali. 1 Collo fìelTo artificio fi fcioglierà. il fcguenrc problema „ adattare entro le niedelime tre j, rette date ae ^ ad, cf un' altra retta, che fia data di ,, grandezza, e di fola ragione i fuoi fegmenti tagliati dalle „ medefinie . „ 5 17 Cor. II Al divifato problema riducefi ancora T. ix: queft'altro, che fembra difficiliirimo: „ date le due rette AD, ^'^' ' „ BN terminate ne'punti D ed N, applicarvi il dato triangolo „ AGB , llcchè gli angoli A , e É tocchino le date rette „ AD , BN , e condotta per lo terzo angolo C la retta „ FGM in maniera che i fegmenti FG , CM fieno nella „ data ragione di P ad R , in altra data ragione llia „ FD ad MN„. Imperocché dovendo effere allogato il punto C in una retta CQ^ data di pofizione (i) converrà adattare il triangolo ABC, ficchè gli angoli A, B, e G giacciano refpettivamente fu delle rette date di polizione AD , BM , CQ.: e quindi Affatto problema ridurrafli al di già efpoflo . § 18 Avv. Riufcendo diffìcil cofa conofi.er le tracce d' invenzione , onde fi era condotto 1' immortale Ila eco Newton a rifolvere un tal problema (2)- né venendo quelle in verun modo indicate da' di lui commentatori ; mi fon perciò prcfa la cura di nioftrarne il metodo da tenerfi non meno per la foluzione di elfo , che di altri affini, ancorché gli fieno di grado fuperiore . (i) Lemm. 23. Ncwt. Princ. Mjt. Pbil. Njt. (2) Ltmm. 26, Piinc. Mat. Phii. Nkr. R f^iH^ 130 P R O B L. II 5 19 Dato ovunque r anodo rettilineo CNO, e'I cìrcolo Fi». 6 F i\Q_y. Confliiigli la tangente ACO , Jicchè CO p.ute di ejfa che vien tJghata du lati del duto angolo , fioreggi la data retta M . I S' intenda convertirfi un tal problema : e quindi Tu di co uguale ad M fi cofìiiuiffa il legmento opnc , che comprenda gli angoli uguali al dato ONC . Sarà l'arco opnc uogo de' vertici degli angoli uguali ad N . II Si tiri fp parallela ad ac , dittante dalla medefìma per una retta uguale al raggio FA: faranno in elHi alloga'! i centri degl' infiniti circoli uguali ad FAQ^, dei quali ciafcuno tocchi la retta ac . Ili Si applichi tra la retta /p , e l'arco pnc la retta rf , che fia uguale ad NF, e c'-.e taccia colla congiunta cn l'angolo cnf uguale a CNF dato ( porif. 2.) IV Finalmente fi unifca no, e col centro / intervallo fa uguale ad FA fi deferiva il circolo faij : f iranno le due rette /20 , ne fimllmente tra fé inclinate, che le due date NO, NC : farà di più la pofizione che le due prime (erbano al circolo aq la ftelfa di quella, che NO, ed NC confervano ad FAQ,. Fd in fine ell'endo aco tangente del circolo faq uguale ad FAQ , ed elfendo altresì co pane di effa comprefa fra i lati cn, cn uguale ad M, ii làrà interam^^nte fodisfatto alle condizioni del propoflo problema . 5 zo Avv. Se il divilato principio di converfione fi fuffe otferto al Cavaliere Ifacco Newton nel rilolvere un tal problema ( Aritm, Cniverf. Prcbl. ■25); ei non farebbe certamente imbattuto in quella lunga equazione , che quivi foggiunge , e che riefce molto malagevole non meno a coiìruirfi-^aonietricamente , che a maneggiarfi in qualunque altro modo. Che anzi (elfendo il punto N entro il circolo '-Afc^ 131 -atf^ FAQ_ ) ne avrebbe rapportata la di lui foluzione a quelli di un problema cardinale ,, cioè di adattare entro un angolo ,, dato una vetta data , che palli per un punto daio ,, cui fi fìudia ridurre non pochi problemi folidi nell' appendice della lìelfa Aritm. Univcrf. Di Mquau conjìruéì, lii.ear. PROBI. Ili ^ 21 Ddito il circolo FAQ^, e comunque fuori dc;l fuo centro t. X l'angolo rettilin:o CNO, aJ.ttr-ire dentro le gambe di ejjo Fig. « la retta CO uguale alla data M , Jìcche tirata per G la tan^z'ìite CA al dato circolo , fu l' angolo AGO uguale al dato X . I S' intenda fatto V angolo AGO uguale al dato X , e '1 lato CO uguale alla dia M , e li proceri di adattarvi il circolo AQG, e l'angolo reriilineo CNO, ficchè ferbando fra loro quel fico onde ibn propolli, ottengano coli' angelo AGO la richielìa j-oiizione . Per ciò tare K Sulla retta co uguale alla d^aa M fi formi il fegmento circolare c/zo, che gli angoli ivi comprefi adeguino il dato CNO: farà l'arco cno il luogo de' vertici di tali angoli . Ili Di poi fi conduca la retta // parallela al lato ac dell'angolo aco uguale ad X, che dilli da elfo per una retta uguale al raggio FA del dato circolo . E larà tal parallela il luogo de' centri de' ceichi uguali ad FAQ., che tocchino tutti la retta oc. Ciò pu,;o, perchè il centro F del dato circolo ha una darà dillanza dal vertice N dell'angolo dato ONC , ed è data eziandi) l'inclinazione della congiunta FI^J al lato NC; fi rijurr;i il pvopollo pvo.lema ad applicare tra la retta//, e l'arco cno un'altra retta //;, che l;a uguale alla data FN", e che l'angolo fnc pareggi il dato FNC . Cioè il pre lente problema n.n men che l'antecedente fi ridurrà al porli. II. K 2 5 21 Cor. La ftelTa foluzione converrà praticare, fé il triangolo dato GOD vogliali fituare entro i lati dello ftclfo angolo CNO in maniera, che gli angoli G ed O lliano fu de' lati GN, ed NO, e'I lato CD prolungato tocchi il ■ circolo dato FAQ,. P R O B L. IV T. IX $ 13 Dato r angolo AGO, e il punto B fuori di ejo ^ ^'6- 7 applicarvi la retta OA uguale alla data M , jicchè Congiunta BA , P anorolo BAO parerci il dato X. I Si formi r angolo oab uguale ad X , e fi tagli il lato oa uguale ad M . II Di poi fi coftituifca fu di ao II fegmento circolare oca. che comprenda degli angoli uguali al dato AGO: cade r arco oca farà luogo de' vertici di tali ang.ili . Ili E perchè il dato punto ha una data dirtanza dal vertice C dell'angolo dato AGO, e la medefima GB s' inclina a GO fotto un dato angolo ; perciò applicata tra la retta ba e r arco oca V altra retta he uguale alla data BC , e che r angolo ocb adegui OCB : farà rifoluto tal problema col ridurli al porifma II. $14. Cor. La medefima foluzione converrà impiegare , fé mai il punto B giaccia dentro dell'angolo dato AGO: e più agevole ne riufcirà la foluzione del problema , fé per avventura il dato punto B in ambi i cafi giaccia a diritto del lato GO- qual' è il problema i 3 propello dal Cavalier Newton . P R O B L. V. § 15 Dato l'angolo rettilineo ADC, e denteo di ejfo il punto "^i ^ K, adattarvi il c^uairilineo nacq dato di grandezza, e di '®' ' fpczie in modo che fottendcndù ac t angolo dato ADC , roppojìo lato nq pajfi per R . I Si ufi , come fovente abblam fatto , la prefcritta ^'^' * converfione , e perciò fi delcriva fu di ac il fegmento ade capiente l'angolo ADC: farà l'arco ade luogo di quegli angoli infiniti che poggiando fulla medefima ac fon tutti uguali al dato ADC. II Si unifca DR , e fi applichi in mezzo alla retta nq , e all'arco fdp un'altra retta che fia uguale a DR, e colla congiunta ad formi l'angolo adr uguale al dato ADR » Sarà quello problema ridotto al porifma II. P R O B L. VI 5 25 Dati di pojìzìone e grandezza i due circoli AS, BZ , T; X e di fito la retta ¥L giacente fuori di ejji circoli, trovare ^[\ in ejja retta un punto, come T, donde le tangenti TA , TB menate ai mcdefimi cerchi e dalla JìeJJa parte formino infieme l' angolo ATB uguale al dato X, Flg. ». I ST untfcano i eentri O e d per la retta OQ., Ch. ic» dai medefimi fi calino le perpendicolari ON, QL fulla retta FL : farà dato di fpczie e grandezza il quadrilineo ONLQ. II Ciò porto fi formi l' angolo atb ugnale ad X , e fi conduca oy parallela ad at diftant* per lo raggio OA dalla fìelfa ta; t pq parallela a tb , che dalla medefima ne diiti per lo raggio BQ^ dell' altro circolo : farà dato l' angolo y , e 'l punto t dentro di 5IT0 . III Si adatti finalmente il quadiilineo dato ONLQ_ neiran;^olo oy5 in maniera che il lato di elfo 09 Ibttcntendo l'angolo dato y, il Tuo oppoUo ni palTi per lo punto t dato ( probi, prec. ) IV Si deferiva col centro 0 intervallo OA il circolo oJSy C col centro (j intervallo (^B l'altro (jhz: quefti toccheranno refpettivamente i lati r^r, tò del dato angolo t : e ferbando lìfFatti circoli tra loro e con la retta ni quella llelfa pofizione eh' è tra i dati circoli OAS , BQZ, e la data ycttaNL, fi farà adeguatamente riioluto il propofto problema-, P R O B L. VII y-"^ § 7.6 Dati dì pofizione il circolo OP , la retta LT , e'I nùm. I punto N, applicarvi fangolo ciato X in gi'ifa che il vertice di cjj'o giaccia nella retta LT , un lato tocchi il circolo dato , e l' altro pajfi per lo punto N . p. I Si faccia l'angolo orn uguale ad X, e fi tiri cq n. I e 2 parallela al lato or, dittandogli per lo raggio O " del circ-ilo dato. Sarà quelìa parallela il luogo degl'infiniti centri di quei cerchi, che di grandezza fono uguali al dato, e toccan tutti e(fo lato or . Il Si dillenda rn finché incontri cf in 9 : farà dato r angolo ^r , e di pofizione il punto r . HI Si unifca CN, e fi calino CL, NT perpendicolari fu di LT : onde farà dato di grandezza e di fpezie il quadrilineo CLTN . IV Finalmenre fi applichi tal quadrilineo all'angolo cqn in modo ci, e CN fottenia elfo ang lo , e che il lato ad -elfo oppollo LT pafiì per lo dato punto r , vale a dire pome cltn ( probi. 6 ) . iiarà tal piòblema rifoluio come il precedente . "^^ 135 P R O B L. Vili § 17 Dato r annoio rettilineo ACB , e 7 pavto D fuori dì T. X ejfo^ applicarvi in mezzo ai Juoi lati una retta, come AB, nùm.* che fia uguali: alla data M , e che unite le rette AD , ED fi£n qucjie in una data ragion'^ . I Si dirtenda ab uguale ad M, e fii l'arco ndq luogo F'g- 4 di quei punti, donde le rette condotte agli eftremi a e ó"'** della data retta ab fieno infra loro nella data ragione : qual luogo, come ogni Geometra ne avvifa , è un arco di cerchio. II Si formi fu di ab il fegmento circolare a:h che comprenda degli angoli uguali al dato ACB , farà il fuo are.) luogo d^'i vertici di tali angoli . Ili Finalmente fi adatti tra i due archi circolari ahc^ ndq la retta ed ^ che pareggi CD, e formi con ca l'angolo acd uguale al dato ACD, farà riloluto il propofto problema. $ 28 Cor. Allo fìefTo porifma III fi rapporterebbe il feguente problema: ,, Dato l'angolo ACB, e '1 punto D fuori di elfo, adattarvi dentro i fuoi lati la retta AB u;:;ualc ad M data , ficchè congiunte le rette DA , DB , 1' angolo ADB fia dato „ $ 29 Avv. A quefto fteffo porìs. Ili fi riducono infiniti altri dillìcilimmi problemi lolidi , i quali faranno regitlrati nella continuazione di auefla dilfertazione congegnata dal Sigior Djn Annibale Giordano , giovanetto di fommo acume nell' inventare , tuttoché non abbia di fua età che foli tre luiiri . Ahbozzare il me^do per rifolvere i probUmi Geometrici di fito e pofi%ione che al fecondo genere fi appartengono . 5 30 Allorché una grandezza data di fola fpezie vogliafi con un certo fito adattare tra più lince date di polìzione , lì praticherà il feguente nietddo . I Si procurerà di circoicrivere alla grandezza data di fpecie le linee che le ferbino il fito addimandato nel problema, e che quivi fra loro ottengano una polìzione limile a quella , onde in eiTo fon propofte . II Conofciuiali la ragione che ferbano le parti di quefìe linee tagliate dalla grandezza che dentro di effe ne giace applicata , li faprà la ragione che dovranno avere gli analoghi fegmenti delle linee date di polìzione . Onde di leggieri conofceraffi il modo di adattare entro le linee date la grandezza data di fpecie . P R O B L. _ . ^ 31 Diife di pofizione le quattro rette AB, AD, (/B , jFig. I Ci applicarvi un qwadrilineo fìmile a FGHI , ficchè gli angoli F , G , H , I giacciano fu di effe refpettivamcnte . I Facciafì fu di FG il fegmento FaKG capiente l'angolo dato BAD: fu di FH il fegmento F^KH comprendente gli angoli uguali a DBC : e finalmente fu di FI l'altro fegmento Fc«I che comprenda gli angoli uguali al dato C . II Ciò pofto s' intenda tirata dal punto F la retta Fc, i di cui fegmenti ab ^ he tagliati dagli archi dei tre defcriiti circoli fieno fra loro come A B a B C . E .ijuedo otterraffi col feguente metodo. ElTendo dati i punti F e K ove fi tagliano i due primi fegmenti ,. farà data la gretta FK , e quindi tanto il fegmento FjK , che l' altro ^'^1^ ' 137 '-^^^ "PbK. . Dunque il triangolo aKò è dato di fpccie ; e perclb di ragione ab,(ibK' ma eziandio e data la ragione di cj^ a ha : dunque farà data la ragione di cb a AK , e quindi il triangolo cKb è ancor dato di fpecie: e perciò faià dato l'angolo bcK. Per la qual cofa fé Topra FK fi formi un v fegmcnto capiente un angolo uguale a IcK, che tagli l'arco FfK in un punto e: quello punto farà il richieiio . Ili Si tiri dunque per e la retta Fc : ed indi fi unifcano le rette GaJ^ tì.èJ, le, farà la pofizione di quelte quattro rette F«/c, GaJ ^ libd, le fimile a quella delle date /AC , g\D, /zBU, zG. IV Finalmente fi faccia èazdaY così BA ad A/: di più Ja ad iiG cosi DA ad Ag ec. e fi unifcano i punti- /> "> ^> ' P^"" mezzo delle rette ^ , gh, bi ^ if: farà il quadrilineo fghì fini ile ad FGHI, ed applicato in mezzo alle linee date nella maniera richiefta . $ 32 Avv. Quefto proSl. è propofto dall'ili. Cav. Newton nel Lemm. 28. Princip. Mathem. Fhil. Nat. P R O B L. II $ 3 3 Lare di pofizione le due rette LN , LM , tf V punto P J* '^ fuori di effe , menare alle fottopojìe rette due altre FM , PN, che fjccian fece un angolo uguale ad un datoy e fieno tra loro in una data ragione . I Facciafi l'angolo F AG uguale al dato e che i fuoi lati fieno nella data ragione . II Si unifca la retta PL , e fi deferiva fu di AF il fegmento AKF che comprenda angoli uguali a PLM e fu di FG (retta che uni ce i punti F, G) l'altro fegmento FHG i di cui angoli ivi comprefi adeguino MLN . Ili Si tiri la retta EA, e troncata AB uguale a PL fi menino BD, BC parallele ad EF, EG, e fi tiri DG. S 17 Si raglino finalmente LM , LN rerpettivamente uguali a BD, BG , e fi unifcano PM , PN : faranno quetie nella darà ragione e comprenderanno l'angolo dato. q. X $ 3+ ^of"' C^^ ^^ poile le medefime cole di queRo Fig. 6 problema , fi voglian tirare dal dato punto P fuori l'angolo NLM le due rette PM, PN, che faccian tra loro un dato angolo, e congiunta NM il triangolo MPN flia alla fomma dei quadrati di PM , e di PN come R a T , ne riufcirà agevole la foluzione di quefìo altro problema colla feguente analilì geometrica . S'intenda prolungata NP in m, fioche fia P/w = PM. E perchè il rettangolo mPN fta al triangolo MPN a cagion dell' angolo dato MPN in una coftante ragione , cioè di una qualunque retta S alla retta R, e come R a T coiì dee fìare il triangolo MPN alla fomma dei quadrati di mP, e di PN ; farà per uguaglianza ordinata mPN : mP'+PN* :: S:T , e quindi 2/?iPN : Pm + PN' : : iS : T , ed invertendo e componendo mN* : iwPN : : T+iSziS : farà dunque data la ragione di wiNaPQ^: e quindi la ragione di;«P, ovvero di MP a PN: e perciò quefto problema lì ridurrà al precedente , 139 VIIL CONTINUAZIONE DEL MEDESIMO ARGOMENTO DI DON ANNIBALE NICCOLÒ GIORDANO DI OTTAJANO Recitata nella R. Accad. nel 1786. NOn v' ha Geometra che ignori efler cofa malagevole rifolvere i problemi di Tuo e pofizione , e che i metodi de' moderni analilli, o dell'antica analrli niun profitto lor lovente arrechino: imperciocché! primi, elFendo manchevoli del calcolo de' liti , fono allo fcioglimento di tai problemi interamente difadatti : e gli altri che confiftono nella fola fpecolazione di quelle confeguenze che difcendono dal fatto, il più delle volte ci avviluppano in un laberinto di maggiori diflicoUà . Un tal difetto volendo l'acutiffimo Leibnitz torre dalla noftra algebra, pensò d'ifìituire il calcolo delle poiìzioni ch'ei diife <7n.7//// ^ '^^ grandezza ì due cìrcoli FAH , BKT , e Fig- 5 // punto F allogato nelld circonferenza, di uno di ejji ^ applicare tra i medcjmù la data retta AB, /teche unita FA , dJto Jìa /' angolo FAB . Si congiungano i centri G e D de' circoli dati per la retta CD , che li prolunghi in E . Si unifcano le rette AE, AH , che indefinitamente fi protra.-^gano verfo X ed Y: e col centro B intervallo BD s'intenda defcritto il cerchio DKR . Per elfer dato l'angolo FAB, come altresì per la natura del circolo l'altro FA E, farà dato l'angolo EAB di loro differenza j ma è fra di loro data la retta AB, e l'angolo EAH , ch'è retto: iaranno dunque dati di polìzione l'angolo EAH , e '1 cerchio DKR: fono di più date le rette EH, HD. Dunque il propoiìo problema ridurraffi ad applicare tra l'angolo retto XAY la data retta EH, ficchè prolungata, fé bifogni, incontrando il cerchio DKR, HD pareggi una data. "S^ 14 3 A tal uopo fi cali da D lu di AY il perpendìcolo DN: e pe' triangoli fiaiili AEH , HND farà Eli ad PID, così AH ad HM , ed ED ad AN , ficcome ilD ad HN , ed il quadrato di ED a quello di AN , coiì il quadrato di HD a quello di HlM , e convertendo e permutando farà il quadrato di ED a quello di HD, ficcome la differenza dei quadrati di ED , e di AN iìk al quadrato di DN ; e quindi da AY tagliandofi AP uguale ad ED, e prolungandoli XA in Z, ficchè AZ uguagli HD, farà il quadrato di AV a quello di AZ, come la differenza de' quadrati di AP e di AN al quadrato DN : appartiene adunque il punto D| all'elliffe defcritta co' femiaffi AP, AZ, la quale effettivamente coftruendofi , le di lei interfezioni col circolo DKR^ determineranno le pofizioni della retta ED, ficchè lòdisfaccia, alle CDndizioni del problema. G. B. R. Corol. Prolunghifi AB in L, farà datq il punto L, giacché è dato l'angolo FAB , e quindi il luo confeguente FAL . Riduccfi dunque a quefto porifma il problema di adattare fra le circonferenze de' circoli FAH , BKT la data retta AB , ficchè prolungata paffi pel punto L fituato in una di effe circonferenze . P R O B L. I. Date di pofizione due lince rette ed una circolale , fituare T. X un triangolo dato di fpezìe ^ e di grandezza in guifa cke '^" gli angoli del mede/imo giacciano refpcttivitncnte fu di ejfe linee . Le rette XY, UZ, e il cerchio DR abbiano un dato fito, e fia da adattarfi il dato triangolo FHD, ficch'è l'angolo F fia nella retta XY , l'altro H nella UZ, e l'angolo D nella circonferenza del cerchio DR . Soluz. I Siafi il triangolo FAH adattato nel modo propolìo ; e le rette XY,UZ prolungate lì unifcano in A. '-84-' 144 '-^'^ 1 Su di FH s'intenda cortituira la porzione di cerchio FAH , che in ie comprenda angoli uguali ad YAZ . 3 Congiungali il punto A coli' altro B centro del cerchio DR , e li concepifca defcriverfi col centro D intervallo DB il circolo BKT. E perchè la data porzione di circolo FAH poggia fu di FH lato del dato triangolo FHD , e del cerchio BKT n' è D il centro, faranno dati di fito i due circoli FAH, BKT; ma fra le circonferenze de' medefimi trovali adattai:! la data retta AB, ficchè l'angolo FAB è dato: e l'arco FAH è il luogo de' punti A vertici degli angoli YAZ, i di cui lati AY, AZ continuamente palfano per F ed H : e '1 cerchio BKT è fimilmente il luogo dei punti B, centri dei circoli DK , che continuamente padano per D; ridurraffi il noflro problema, convertendofi le fue condizioni , a fituare fra i circoli FAH , BKT , dati di (ito , la data retta AB , ficchè unita FA , 1' angolo FAB pareggi un dato j e quindi rifolveralfi pel terzo porifma . C. B. F. Cor. I La medefima foluzione del problema ha luogo allorché fra due rette , e la circonferenza di un cerchio , che fra. di loro ferbano un dato fito , vuoili adattare una retta , le di cui porzioni , intetcette fra quelle linee , ileno date . Cor. 2 E quindi potraflì rifolvere il feguente problema, eh' è affine al mar. 2 1 dei Princ. della Filolof. Nat, del Cav. Newton , cioè : Dc/crivere una trajettoria data, di Jpecìe e di grandezza , di cui le date parti rejìino intercctte fra un cìrcolo e due rette date di /ita . PROB. f^ii^ 145 t^a*^ P R O B. II. Dan di /ito i due circoli GY, UK, e'I punto H, Jìtuare T. XW il dato angolo rettilineo TUZ in guifj- , che il vertice U ^'8- ' Jja nella circonferenza UK , il lato UT tocchi il cerchio GY, e l'altro UZ />^/ per H. ifo/wz. I Si congiungano le rette HF , FD , HD : farà il triangolo HFD dato di fpezie e di grandezza. 2 Per F s'intenda condotta YFX parallela a TU lato del dato angolo TUZ. 3 Finalmente col centro U ed intervallo UD fi concepifca defcritto il cerchio DKR . Eflendo U il centro del circolo DKR luogo de' centri de' cerchi UK, che continuamente palfano per UY ; ed XY , eh' è il luogo de' centri de' circoli GQ. che Tempre toccano TU , diftando dalla medefima TU pel raggio del dato circolo GQ^: laranno date di pofizione le rette XY,VZ e '1 cerchio DKR. Ma il dato triangolo FHD trovafi allogata in modo, che gli angoli F, H, D giac>.iono refpettivamente falle mentovate linee: dunque dovralTi fìtuare il dato triangolo FHD, ficchè gli angoli del medefimo F, H, D refpettivamente tocchino le rette XY, VZ, e'I cerchio DKR, che fra di loro ferbano un dato filo j il che efeguiraffi pel problema antecedente . C. B. F. Cord. Con un fimile difcorfo potrnffi rapportare al precedente problema il feguente : dati di Jito e di grandezza tre circoli, fìtuare fra i mede fimi un dato angolo rettilineo ^ fiCchè il vertice fia in uno di cjji circoli, ed i lati tocchino refpettivamente gli altri due . '•«^ 146 P R O B. III. T. XI ])atì di pojlxione rangola rettilineo TAK, e 7 circolo PQ, '^' ^ allogare in modo la data porzione di circolo GED , che i punti F e-d H. dati nella Jua bafe CD refpettivum^nte giacciano fuUe rette AT , AK , e l'arco GED tocchi il circolo PQ.. Soluz. r Si conceplfca elTerfi la porzione di circolo CED fituata fecondo 1' efpofte condizioni; e della medelima il centro fia N. 2 Col centro N ed intervallo uguale alla fomma dei raggi de' circoli CED, PEQ^ s' intenda delcritto l'altro cerchio KBT: farà quefti il luogo di tutti i punti B centri dei circoli PQ. che continuamente toccano l' altro CED . 3 Su di HF fi coftruiica la porzione di cerchio FAH, che in fé comprenda angoli uguali a TAK : farà l' arco FAH il luo;»o de' punti A vertici degli angoli TAK, i di cui lati AT , AK continuamente palfano per F ed H . 4 Unifcafi finalmente BA, e farà dato Tangolo BAF . Quindi perchè è dato il lìto dei circoli FAH, KBT, e del punto F , e fra le circonferenze de' fuddetti circoli trovafi adattata la data retta BA , fioche è dato V angolo FAB : il prefente problema rifolveraifi pel porifma HI . C. B. F. Cor. i Similmente fi potranno rapportare al medefimo porifma i due feguenii problemi. 1 Situa'^e la data porzione di cerchio CED, ficchè i punti F , ed H, dati nella fud bafe CD , fidno nelle rette AT , AK , f /' arco CED pj/Ji per un punto dato di pojìzìonc . II Fra le gambe del T 'ìli dato angolo rettilineo XAZ applicare una data retta AB, '^' Jìcchè uniti i punti G , D , dati nella m. dejima colT altro Q dato di fito ^ le rette (jQ, DQ comprendano un dato angolo CQP , 0 pure fieno in una data ragione . f-is^ 147 Cord. 1 Se poi la data porzione di circolo CED lì debba collocare^ in modo , che giacendo i punti F ed H fulle rette t\T , AK , l'arco DEC tocchi una retta data di fito , il problema riduceli al porifma I . P R O B. IV. Dati di Jìto i tre circoli KM , YZ , NQ^, adattare tra i T.xil medejìmi il dato quadrilineo rettilineo ABCE in modo, che 'S- * il vertice A dell' angolo BAE /ìa nella circonferenza del cc-rchio KM , ed i lati BC, CE tocchino rejpettiv amente i circoli YZ , QN . Soluz. I Siafi il trapezio ABCF applicato fecondo le condizioni del problema; e de' mentovati circoli i centri fiano D, f , H , che fi unifcano per le rette DF , FH, HD. 1 Per F ed H s' intendano condotte le rette XY,VZ refpettivamente parallele a BG , e CE: faranno queue paip.lkle i rifpeitivi luoghi de' punti F ed H centri dei circoli XY , QN , che fempre refpettivamente toccano le rette BC , CE , 3 Si C( ncepifca finalmente defcriverfi col centro D ed intervallo AD il cerchio DK, che farà il luogo de* centri D de' ci coli KAM, ciie fempre pallino per A. Or ellendo dare di fito le rette XY, VZ, e'I circolo DKK; e ritrovandoli il dato triangolo DFH fituato in modo che gli angoli del medcfinio F, H, D toccano refpettivamente le fudette linee: il prefente problema ridurralfi ad adattare il dato triangolo FHD fra le rette XY, VZ , e'I circolo DK dati di filo, lìcchè gli angoli del medefimo F, H, D giacciano rcrpetrivamente fu di eife linee j il che fi efeguifce pel problema I . T 1 '-^àt-' 148 Ctrol. I Se d' uopo fia adattare il dato quadrillneo ABCE in modo che l'angolo A Ha. nella circonferenza del circolo KM, ed i lati BC , CE paifino, prolungati ( le bilògna ) per due dati punti, o pure uno pailì per un dato punto, e l'altro tocchi un dato circolo, la foluzione del problema (i rapporterà ancora al porifma III . Coro!. 2 Che fé poi porte le medeiìme cofe del prefente prob. IV" 0 del fuo Coroll. i, in luogo del circolo KM, nella di cui circonferenza deefi ritrovare il punto A, fi proponga una linea retta , rapporteraflì il problema al porifma II . PROB. V. fÌ&V ^'^'^ di ftto un circolo f ed una parabola conica y tirar loro una tangente comune . Solu%. I Sia PQ^ la richieda tangente del cerchi» ZP , e della parabola AQ. , che dati fono di pofizione . a Nel vertice principale A della mentovata parabola, tirifi alla medefima la tangente AR, che incontri la QjP prolungata, fé bifogna, in R. 3 Si coftruifca il femicircolo NKF fulh retta NF j che unifce il centro N del cerchio PZ col fuoco F della parabola . 4 Per N finalmente conducafi NS parallela a QPR , che incontri RE prolungata in S . E perchè dalla natura della parabola conica l'angolo FRP è retto, lo farà ancora il fuo uguale FSN ; e quindi il punto S ritrovafi nella femicirconferenza NSF . Ma la SR dee pareggiare il raggio del circolo ZP , e la retta AR è data di pofizione al pari del punto F : dunque fi dovrà adattare fra la circonferenza del circolo NSF, e la retta AR data di pofizione , una retta SR uguale al raggio del circolo ZP , che prolungata paiTi per F ; il che fi efegue pel porifma II. C. B. F. 149 Avveri. Quefto problema, ancorché non fìa dì fìto, vi fi traiforma per la nota proprierk del fuoco della parabola. I due feguenti ancorché alquanto particolari tono qui foggiunti per dimoftrare l'ufo molto eltefo del porifma II. P R O B. VI. Date di pojìzione la retta DE, e la parabola conica T.'X.M AQ_, la di cui tangente nel vertice principale Jìa AR : '^'S" * fitiiare in guìfa il dato triangolo RBC , che gli angoli del mede/imo R , B giacendo Julle rette AR , DE , il lato GR prolungato , fé hifognì , tocchi la data parabola . Soluz. I Si concepifca ormai fitugto il triangolo BRC fecondo le condizioni del problema . 2 Su di BR cofìirulfcafi la porzione di cerchio BDR, che in fé comprenda angoli uguali ad EDA; e iì unifcano le rette FR , FD . EiTendo adunque dato l'angolo EDA al pari della retta BR, farà data la porzione di circolo BDR; ma è retto l'angolo FRQ., ed è dato l'altro CRB, dunque farà dato tutto r angolo FRB , e la retta FR di fito relativamente alla porzione di circolo BDR; quindi perchè è data la DF,^ e r angolo BDF , il problema farà rifoluto , fé pel porifma II fra la circonferenza: del cerchio BDR e la retta RF fi applichi la data retta DF, fioche unita hD , fia dato l' angolo BDF . G. B. F. <-*4^ 150 P R O B. VII. T. XII J^ati di pojìzìone il circolo ZP , e la parabola conica AQ^, la di cui tangente nel vertice principale J/a AR, rinvenire in qtiejla un punto R, dal quale condotte all'una e aWaltra curva le tangenti RP , RQ. contendano quejte un dato angolo PRO.. Soluz. Slafi fatto, e per N centro del dato cerchio ZP tirifi alla tangente RPla parallela NS, la quale incontri FR prolungata in S . E perchè l'angolo FRQ^ è retto, ed è dato l'altro Q.RP , farà dato eziandio l'nngolo FRP di loro fomma , come pure il fuo uguale NSF , e la retta SR intercetta fralle parallele NS , RP : coftruifcafi adunque fu di NF la porzione di circolo NSF che in le con prenda * angoli uguali al dato N^F , e faranno dati di polizione il circolo NSF, la retta AR , e 1 punto N; ma SR è data, come altre.'! l'angolo NSR , dunque il problema fi può rifolvere pel terzo porilma. C. B. F. P R O B. Vili. T.XII J^^ll" cigolo D del dato quadrato AQ., condurre al lato AB Fig. 6 prodotto ver/o G , la retta DFG , Jìcché l intercetta FG adegui una data . Soluz. I Siafi condotta la DG, ficchè fodisfaccia alle \ condizioni del problema . ^ Al triangolo rettangolo FBG s' intenda circofcritto il circolo BGR. 3 Si unifca la-niiagonale BD , che prodotta incontri di nuovo il circolo in E . 4 Si congiunga il punto E coli' altro C , centro del circolo FBG , per la retta EGR , e unifca BR . E perchè 1' angolo DBA è femiretto, il farà eziandio il fuo uguale EBG , e con ciò l' angolo EGG retto j onde convertendoli le condizioni del problema , il mcdefimo ridurrafTì ad adattare fra il dato femicircolo FliG, e il fuo diametro FG prolungato verfo D , la data retta DB, licchè prolungata palli per E apice del mentovato femicerchio : cioè, perchè pe' triangoli fimili DEC, KEB fìa DE:ER:: EC:EB, a rinvenire le due rette DE, BE reciproche alle due date ER, ed EG, e che abbiano una data differenza DB, al qual prin(.ipio ordinariamente riduconfi i problemi piani . C. B. F. Corol Che fé fra i lati AB, AD prolungati fi voglia fituare una data retta , ficchè paffi per D , con un fimile difcorfo fi può pervenire alla foluzione . P R O B. IX. Dato il romèo AQ, il- di cui lato AB Jìa prodotto verfo T.XU G, tirare dall' angolo D la retta DFG , ficckè FG Jìa^'^- "> data , Soltiz. I Siafi fatto , ed al triangolo BFG s' intenda circofcritto il cerchio BFBG. ■2 Congiunta la diagonale DB prolunghifi la medefinia finché di nuovo incontri il circolo in E . 3 Bifegaro finalmente l'arco FRG in R, fi unifcandl le rette FR, RE, RG. Or elfendo gli angoli FBG, FRG u-uali a due fétli, come ahresì gli aicri due FBA, FBG, farà l'angolo FRG uguale all'ahro ABF; ma è quello doppio dell'angolo AB D, 0 (ìa EBG, 0 pure ERG; dunque farà l'angolo FRG doppio dell'altro ERG, onde la RE taglierà ad angoli «ctii ed in parti uguali la FG , e quindi attraverferà il centro: larà perciò l'angolo EBR retto, ed il triangolo EDG fimile all'altro EBR, onde DE; ER : : EG : )iQ , ed il noflro problema ridurrafTì a rinvenire le due rette DE, BE reciproche alle date ER , EG , e che abbiano la data differenza DB. C. B. F. Cord. I Coll'irtelTo merodo potraffi adattare fra ì lati AB , AD prolungali una data retta in modo che pafll per Q.. T.Xll Corol. z Si potrebbe fimilmente rifolvere il fe^uente *' problema : fra le tangenti DM , DN del dato circolo MN" adattare una data retta AB , Jicchè fia ancora tangente del medefinio circolo. Coiìruiicafi intatti fu di AB la porzione di circolo ADB , che in fé comprenda angoli uguali ai dato MDN. Ter C tirifi HT parallela ad AB . Unifcafi CD, che incontri il cerchio di nuovo in F, e per F fi cali fu di HT il perpendicolo FG , che fi prolunghi in E , ed unifcafi ED . E perchè 1' angolo CDM adegua l'altro CDN, la CD bifegherà l'arco AFB in F, e la retta EFG , eh' è perpendicolare ad HT parallela ad AB, attravcrferà il cemro del circolo DEE, end.- farà l'angolo FDE retto, ed il triangolo FDE effendo fimile all'altro FGG, farà FD : FÉ : : FG : FC , e quindi il problema ridurraflì a rinvenire le due rette CF , FD reciproche alle date FG , FÉ, e che coftituifi.ano una data fomma CD. Aw. Non abbiamo llimato cofa (convenevole rapportare le foluzioni degli antecedenti problemi "Vili e iX , che fervono a viepiù confermare l'utilità del metodo di converfione ne' problemi di fito , che alla prima clalfe fi appartengono, giacché con qualunque altro metodo, o fi perviene ad una equazione di quarto grado, 0 bifogna ricorrere alla foluzione degli antichi rapportata da Pappo, come hanno iatto Ugenio, r Hopital , Newton, e molti altii moderni Geometri. Ma è pei- altro da avvertirfi , che ancorché a fiffatte foluzioni io ne fia fiato condotto dal principio di converfione, pure di queflo non è necelTario fare ufo nella compofizione: T. XII imperocché immediatamente fi ravvifa doverfi bifegare la F.6C7 diagonale BD in S e prolungare SB in F , fi. che il quadrato 11 '**t^ 153 .aniente fìabilire. Alle due dopo il mezzogiorno, in uno de' più 'placidi, e più fereni di dell' elìate, fi mifero unitamente alla vela due legni corrieri per valicare il picciol tratto dell'Oceano, che divide la Francia dall'Inghilterra . Il mare perfettamente tranquillo , ed increfpato foltanto dal folli* di un lieve 'SO»-/ 171 s.4kf^ zefiìretto, prometteva ai naviganti un breve, e profpero palfaggio . Erano eflì già difcorti dal lido intorno a due leghe , quando forta una quantità prodigiofa di nubi da varj punti dell'orizzonte, incominciò a dilfunderfì irregolarmente nell'aria; né tardò guari a fcorgerll quella del tutto ingombrata, e coperta. Quindi qualìchè un denfo e tofco velo fi fofTe fparlo in brevi illanti luUa faccia del cielo, imbrunilTi egli immantinente , e cagionò un generale orribilifiTimo bujo . Incalzatoli pofcia di mano in mano l' impeto del vento , e melFa in un terribile fcompiglio la malfa dell'atmosfera, incominciò a venir giù una dirottiilima pioggia, la quale accompagnata dalla furia, e dallo llrepito dell'onde, non che da frequenti fpaventofi baleni, dava motivo di timore a-li animi più arditi, ed intrepidi. Volendo io refpirar liberamente l'aria dell' atmo.vfera , affin di ichivare il fenfibililHmo inllantaneo noaimento, che mi fi cagiona dallo iUre in un picciol luo: 0 ben chiufo , ove relpirano ^molte perfone , prefi il paru;o di abbandonar la camera deftinaia pei palfeggieri , e di preferire a quella un fito allo fcoperto , ov' ebbi la bella opportunità di poter efiere fpettatore degl'importanti lenomeni, che cofiituiranno il foggetto di quefio mio ragionamento . Trattavafj allora in Inghilterra con fommo impegno la coniroveriìa fuiciiata dal Dottor Wilfoa relativamente all' elettriche fpranghe ; cioè a dire fé dovefTero quelle terminale in palla, ficcome egli pretendeva, ovvero farli aguzze, fecondo il metodo inventato dal celebre Franklin. Or elfcndo i Capitani degli accennati due legni partigiani forfè della cppinioneFrankliniana, gli aveano guernili di conduttori aguzzi , i quali fiil'ati lulla cima dell' albero di maeftra , e conlonrati nel rimanente della loro lunghezza alla guifa di catene compofìe di varj anelli, andavano colle loro eftrfliiità inleriori ad immergerfi entro al mare. Per la qual cofa il primo interelfante fenomeno, che mi riufci di ofi'ervare, fu quello di vedere forfè ncn altrimenti che fu oifervato Y 2 altra volta preffo Batavia, che la materia fulminea tratta giù in gran copia dalla poderofa forza della punta aguzza del conduttore, collocato in cima all' albero del vaicello, il quale, lìccome ho detto dal bel principio , andava di conferva coir altro, ov' era io imbarcato, propagavaii a foggia di un rapido torrente di vivillìmo fuoco, lungo la continuazione di quello; e quindi, giugnendo al mare, andavafi a difperder confeguentemente nella mafla univerfale, nella guifa niedeiima die il fuoco elettrico fviluppato col mezzo di una poderofa macchina, vedefi rapidamente fcorrere tra gli anelli diana catena metallica , la quale pendendo dal primo conduttore , e dittefa fopra del pavimento, vada a comunicare col dorfo del cufcino , ond' è tìropicciato il globo, il cilindro, o il difco che fia. L' evidente poderofa efficacia delle riferite fpranghe , la gran copia della materia fulminea, che diradandofi in ifpaventofi baleni , minacciava di fcoppiar con fonima furia in ogn'ilìante, e l' elferfi in una delle manavre fpezzata in buona parte la catena , che formava il noliro conduttore , o per dir meglio il noftro filo di falute , deflb in me un viviffimo timore, eflendomi pur troppo noto, che l'elettrico torrente, fcaricato da un'elettrica batteria, non riefce giammai così rovinofo, fé non qualora incontra delle interruzioni in quelle materie , che gli fervono di conduttori . La cofa in fatti non accadde altrimenti. Imperciocché fcorfo appena l'intervallo di pochi minuti fcagliolfi una orrenda folgore, la quale tratta giù dalla fpranga aguzza, collocata in cima allo fpigone dell'albero di gabbii, dielfi a feguire efattamente la direzione di quella. Ma poiché la catena, che gli era anneifa, non giugneva fino al mare, per elTere ftata infranta in una delle manovre , ficcome ho già fatto olfervare ; ne avvenne, che accumulaioli il torrente della materia fulminea tiel termine dell'interrotto conduttore, e propriamenre nel filo, ove il mentovato albero di gabbia andavafi a connettere col corrifpondente albero di ruaellra* e trovando quivi l'otlacolo <^S4-' 17' D del catrame , ond' erano coperti gli alberi , e le l'arte ( la qual materia per e (Te re , li, come ognun fa, elettrica per natura, refifte poderofaniente al Aio pafTaggio); quafichè raddoppiaife il fuo vigore , fece in quel luogo un guafto , indicibile , Ivellendo con inudito impeto la tefia di moro , offia quel cerchio di ferro, mercè di cui fi forma la flabil connellìone de' mentovati due alberi j facendo crollar giù per confeguenza l'albero di gabbia; e riducendo la cima del fottopolìo albero di maeftra in mille piccioliUimi minuzzoli. Dopo di che procedendo a dilcendere lungo l'albero lìeifo, ne diftaccò di tratto in tratto alcune fchegge conliderabili , fece in varj (iti delle grandi fenditure, e vi lafciò quafi da per tutto tali imprelTioni , che diramandoli irregolarmente da varj punti , e profondandoli dove più , dove meno, entro la foftanza dell'albero , andavano, a cingerne interrottamente la fuperficie . La cafiagnola poi, olTia quel braccio di legname, che fuole iachioiarli verfo il fondo dell'albero per dar voUa a quel che dicetì dai ii'.arinaj manovra corrente^ o v.igliam dire a' capi di cordame movibili , fu del tutto fvelta dal fuo fuo; e i chiodi, end' era effa conficcata nel divifato albero, ugualmente che quelli del cerchio di ferro, che abbiam detto denominarli tcjìa di moro , effendo tìaii da me pofti al cimento , non folo trovaronii tutti calamitati, ed atti ad attrarre colie loro punte alquanto abbronzite i minuti briccioli di ferro limato , ma contrafTero generalmente la polarità boreale ; dimodoché approffimati ad un ago magnetico fenfibiliffimo , traevano a fé il polo auiìrale di quello , e ne rlfpingevano r oppofto . Or le cofe fin qui dichiarate ci appalefano in primo luogo, e confermano ad evidenza l'oppinione già ricevuta; cioè a dire che le fpranghe aguzze collocate in liti elevati fono ellicacilFime per trar giù dal cielo la materia fulminea; in leconJo luo^o , eie quelìa materia incontrando la continuazione ne' conduttpri, e quelli andando au ia.a.eigerlì nell'acqua, 0 a profondarfi col loro capo inferiore entro matcìie non elettriche per natura, pafla liberamente nella malia univtnale, offia nel feno della Terra, fenza produrre alcuna laauofa catallrofe nelle parti adjacenti a quelli* per efier cola indubitata , che il batlimento di conferva , quantunque avelfe attratta la materia fulminea in gran dovizia mercè la punta aguzza della fpranga fifTata fuUo fpigone del fuo albero di gabbia, liccome appariva dall' infocato torrente, il quale vedeafi rapidamente fcorrere lungo la catena , pure non foffrì da quella il menomo danno . Si ricava -in teizo luogo, che qualora i condlitiori fieno interrotti, e fpecialraente qualora le interruzioni avvengano in fiti, ove troviniì materie elettriche per natura, la folgore fuole fcoppiare con furia inudita, ed apportare fpaventevoli guafti, e luttuofe rovine. E finalmente, che la folgore ha la proprietà di comunicare la virtù magnetica a que' pezzi di ferro , i quali fon dotati della forma conveniente . Che le punte aguzze lieno atte a trarre a fé il fuoco elettricQ , ficcome fon valevoli ad attrarre dalle nubi la materia fulminea, è cofa ormai troppo triviale, e nota a chicchefia. Balta tener in mano una punta metallica ia diftanza di alcuni piedi da un conduttore elettrizzato, per trarre a fé tutta la quantità di materia elettrica, ch'egli pofTiede : e fé una tale operazione fi pratica al bujo , fi renderà fenfibiliffimo il fuoco alla guiia di una fìelletta luminofa, la quale vedraffi circondar vagamente la cima della verga metallica , che a fé 1' attrae , Che r elettrico torrente fia valevole a produrre , dal grande in picciolo, tutti quei gualli , che abbiam veduto elTerfi prodotti dalla folgore , qualora fieno interroui i conduttori, fu di cui vien egli fcagliato; fpecialmente nel cafo, che quel tal fito venga circondato da materie elettriche | per natura , o vogliam dire da corpi non conduttori ; e che nel calò contrario , cioè a dire quando il conduttore ila formato di una fo danza conveniente, e che fcevro da qualunque forra d' inrerrompimento cofutuifca una libera comunicazione colla malia univerfale della Terra, l'indicaro elettrico fuoco venga ad attraverlàrlo fenza produrre alcun rovinofo effetto; fenza rammentarne tanti altri fi renderà manifelìiffimo dal feguente fperimenio. Elfendomi provveduto di due bafloni di legno, conformati a guifa di due piccioli alberi di nave, ne guernii uno con un pezzo di fil di ferro, il quale fporgendo alquanto in fuori dalla fua cima fuperiore, kendeva continuatamente fino al piede di quello. Prelì quindi de' piccioli pezzetti di legno di pino , e gli andai difponendo in modo, col mezzo d' una fpezie di mafiice , tutt' all' intorno del mentovato baftone, che lo rivenivano da capo a fondo. Al di fopra di tutto poi feci palfare ripetute mani di denfa vernice . Feci lo licffo parimente all'altro bafione; con quefta differenza però, che il lil di ferro, olììa il conduttore adattato fuUa fua cima, in vece di eifere perfettamente continuato, com'era nell'altro, foffe del tutto interrotto in diflanza di mezzo piede da coteOa cima ; di manierachè dal termine di elfo 1 fino al capo d'un altro pezzo di lil di ferro, che fcorreva * poi. lungo la rimanente parte del battone, fi frapponeva l'intervallo di alcuni pollici. Difpofle le cofe in quefìa guifa, caricai a ribocco una grandilTima batteria di 5^ bottiglie, col mezzo della più poderofa macchina elettrica, che vi folTe in Londra ( oggi elìflente nel Gabinetto del Cavalier Vivenzio ) ; la quale fuol dar d' ordinario una fcintilla della lunghezza di 12 pollici. Adattato pofcia il capo inferiore del conduttore interrotto alla piaftra metallica della batteria fuddetta , mercè di cui iftituivafì la comunicazione tra i fondi di tutte le bottiglie , oifia colla miffa, ch'era nello flato negativo, trasfufi la terrihil carica dell' intiera batteria fulla cima fuperiore dello fteffo interrotto conduttore. UdiiTi nell'iftante un fenfibile fcrofcioj avvegnaché quantunque 1' elettrico torrente fcagliatofì fulla cima dell' indicato conduttore , nel dilcendere glufta la direzione di quello, aveire lafciata illefa la porzione fuperlore del balìone lino al punto, che coi-ri:pondeva al termine del primo 111 di ferro ; tuttavoka p^rò giunto che fu al (ito dei divifato interrompimento, Iquarciò con fomma violenza i riferiti pezzetti di legno di pino, ond' era ci condato il bafìone; ed infranto collo fielfo vigore il malf) del n'.aflice, on.i' erano quelli infieme congegnati, e connefTì, gli slanciò tutt' air intorno fino a diftanze confiderabili : indi diramatoli fuUo ftrato di vernice , ond' era coperta h fottopofla parte del baflone, vi formo delle impreffiont molto limili a quelle, che abbiani veduto elferlì prodotte dalla folgore falla fuperficie del mentovato albero di maeftra . In quanto ali' eCtremiià del fil di ferro, ove T interrompimento prendeva il fuo principio, non fi dovè durar fatica a ravvifare di elfer elfa alquanto abbronzita tutt' all' intorno, e quali fufa in qualche parte . D' altronde p.aticando io varj altri fperimenti di tal natura parecchi anni lono, mi riufcì più volte di lìruggere in modo il ferro, il rame, il piombo, ed altri (imiglianti metalli, mercè d'una poderofa fcarica elettrica, che aveano eflì tutta l'apparenza d' elfere (lati convertiti in ifcoria , talvolta in calce ; ed altra fiata fin.ilmente aveano tutti i contralfe^ni manifefti di elfere flati vetritìcati. Avendo finalmente caricata di nuovo fino al grado indicato dianzi , l' elettrica batteria ; ed avendo adattato nella maniera conveniente, e limile alla prima, il fecondo ballone , il cui filo conduttore era del tutto (cevro da qualunque interrompimento; comechè l'intiera fcarica fcagliata lulla cima di elfo foife pallata giìi lungo la direzione di quello, pure non vi produfle il menomo guafto; ma lafciandolo affitto illefo in tutta la fua lunghezza , andò a difTonJerlI liberamente entro la malfa negativa . Q^.ielìo fleffo rilultato ottienli benanche, come è già noto, dall'elettrico apparecchio, a cui li dà la denominazione di Cjfa dd fulmine , qualora il filo conduttore venga difpolìo in maniera, che prelenti all' eleitiica corrente un feniiero continuato , Che Che la materia elettrica lìa capace di comunicare ai ferri aguzzi la virtù magnetica al par della folgore, niuno ignora renderfi ben manifefio dall' elperimento , che fiegue. Prendafi un ago alquanto aguzzo in ambidue gli eflremi, fìmigliante in qualche modo a quelli, che fcgliono adattarli fuUe bulfole j e melTolo lullo l'caricatore univerfale nella direzione della linea meridiana, fi faccia attraverfare più volte da una fcarica della fopraccitata elettrica batteria . Se dopo di aver ciò fatto, andraflTi egli ad efaminare , fi troverà di aver contralta la virtù magnetica, quafichè fi foife flropicciato più volte con una calamita . Or cade qui molto in acconcio di rammentar brevemente alcune particolari proprietà del fluido elettrico, riguardanti' la virtù da elfo pofleduta di comunicare a ferri il potere magnetico: le quali oltre all' elTere intereffant! per fé medefime , aggiugneranno nel tempo llefTo una gran forza all' intraprelb mio argomento, e ferviranno di luminofa conferma dell' aggiufiatezza , e rettitudine di quello mio ragionare , Trattandofi di calamirar degli agni mercè di una poderofa fcarica di fluido elettrico, egli è cofa quanto ficura , ed evidente , altrettanto degna di fingolare olTervazione , che pofli elfi al di fopra dello fcaricatore nella direzione , come già fi è detto , della linea meridiana , qualunque fia la via, che altri voglia far prendere alla fcarica, che vai quanto dire fia efTa fcagliata in modo, che venga obbligata ad attraverfare l' ago dal nord andando al fud , oppure in pnrte contraria, cofiantiflìmamente fuccede , che la punta di elfo , la quale nell' atto della fcarica trovafi rivolta al fettentrione , contrae la polarità boreale in preferenza della punta oppolìa . E fé in vece di collocare cotello ago orizzontalmente, fi faccia rimanere in pofizion verticale, o che la fcarica fia diretta da su in giù, ovvero al contrario, immancabilmente accade, che la punta di tale ago, la quale mira la parte inferiore , olii a l'orizzonte, nell' atto dell» Z 178 s-a*^ fcavìca , accjuifìa in preferenza della punta fiiperlore la , polarità boreale . Le quali proprietà fono certamente , liccome ognun vede, perfettamente analoghe a quelle, che veggiamo ferbarfi dal naturai magnctifmo in quelìo nolìro general fiikma mondano; elfendo cofa indubitata in primo luogo, che fé una lamina metallica ben levigata fi collochi al di fopra del meridiano; e nell'atto ch'elfa giace in fiffatta pofizione, li fìropicci più volte di feguiro con una fimile lamina di metallo armata, acquifterà la forza magnetici in brevi ifianti ; e quella parte di effa, che farà rivolta al nord , troveraffi di aver contratta la polarità boreale . Il quale effetto fi otterrà fimilmente col far raffreddare in una pofizione corrifpondente al meridiano magnetico una birra di ferro, che vi fia fiata meffa fu nell'atto, ch'ella era del tutto arroventata . In fecondo luogo egli è cofa cofìante, che una barra di ferro tenuta per qualche tempo in pofizion verticale , viene a contrarre parimente la magnetica forza , colla condizione inalterabile di veder fempre partecipata la polarità boreale a quella parte di effa , che trovafi rivolta verfo il nadir. Effendo alcuni amici prelfo al cammino un giorno della fcorfa fettimana, feci loro ofTervare quello vago fenomeno; concioffiachè prefe in mano le mollette ( di cui fogliam far ufo d'ordinario per rimuovere le legna, o i carboni), le quali tengenfi lofpefe, ficcome ognun fa, in fituazion verticale; ed approflìmando i loro capi inferiori all'ago di una bulfola, fi vide fenfibilmente , che il polo boreale dell' ago veniva notabilmente ributtato da quelli : ciocche non ci dà luogo da poter dubitare di aver efli contratta la polarità boreale , e di averla contratta in una maniera del tutto analoga a quella , che abbiam veduto comunicarfi agli aghi col mezzo dell' elettricifmo . Vuolfi olfervare in ultimo relativamente a queflo foggetto, che qualora il ferro fia flato con un mezzo qualunque privato del flogifto , di cui naturalmente abbonda , rendefì affatto incapace di contrarre la magnetica forza per virtù «79 dell' elettricifmò ; nella guifa (ìefla , che V ocra di ferro fcorgefi del tutto Icevia della proprietà di poter clTerc attratta dalla calamita. Giunta la tolgore , dopo di aver prodotto i fin qui defcritti rovinofi fenomeni, a pie dell'albero di maeftra , slanciolTi direttamente fulla chic/ola della bullola, cui fcardinò dalle fue fondamenta, e Iciolle affatto nelle fue commelfure , Lo fcatolino della buffola (lelfa lotfrl eziandio un grandiifimo danno; conciofliachè oltre all' ellerfi rotto il vetro, che lo copriva, e rovefcia^o lo fcatolino lielfo, la rofetta dei rombi rimafe fquarciata in più pezzi, come fé (ì foffe fatto per via di colpi di un coltello ; e 1' ago magnetico fottopofto , fvelto anch'elfo dal fuo cardine , e rovefc ato fuori del ' buffolino, fcorgevafi di patte in parte leggermente abbronzito. V'ha qui però una cofa, la quale merita tutta l'attenzione, ed è , che avendo io prelò meco cotefìo ago tocco dalla folgore , ed a cui era ancora aderente una buona porzione della fquarciata rofetta dei romoi, quantunque non avelli avuto l'agio di efaminarlo minutamente, fé non dopo di clfere fvorfo l' intervallo quali di un mefe , pure potei manifeflamente fcorgere , che per virtìi della folgore , da cui era ftato egli colpito , fi era intieramente rovefciata la - fua polarità ; dimodoché melfo in ImIìco fu di un perno conveniente , la lua punta fottopolla al giglio rivolgeali al fud, e l'elìremità oppofta confeguentemente riguardava il hord. Cofa, per altro, chela folgore ha avuto per cortume di fare in ah ri avvenimenti di tal natura . Neppur quefto fenomeno è incapace di elfer prodotto mercè dell' elettrico torrente . Come in fatti fé fi prenda un a;^o di buifola, a cui fiefi comunicata la virtù magnetica col mezzo indicato di fopra ( intendo dire coli' averlo fatto attraverfare da una poderofa fcarica elettrica nell' atto che giaceva nella pollzione della linea meridana); e dopo di averlo dilpoflo fuUo fcaricatore in modo tale , che quella, fua eftremità, che in cotcrta operazione trovavafi rivolta al Z a nord , fia in quefìa feconda diretta verfo il fud ; fé dopo di ciò, io diceva, facciafi egli trapafTare dall' elettrica corrente in qualunque delle già indicate direzioni, fi vedrà fenz' alcun dubbio , che dopo di averlo fatto ibggiacere alcune volte di feguito a quella forta di cimento , la polarità fi troverà rovefclata j coficchè fé cotefto ago farà jnefTo in bilico fu di un perno, qucU'eftremità, che prima rivolgevafi al nord , ora dirigeralTi al fud, e l' altra al polo contrario . Lo ftelTo effetto il otterrà ugualmente col rovefciar la pofizione di un ago, la cui eftremità inferiore avelie contratta la polarità boreale in virtù di una fcarica elettrica nel modo indicato di fopra j e col farlo quindi trapalfar di bel nuovo da una fimile poderofa corrente, E poiché fiffatto cambiamento di polarità può produrfi in fimil guifa col mezzo di una calamita, naturale, o artificiale che fia, ftropicciandola cioè coli' ago in direzione contraria a quella, onde le fi era prima partecipata la virtù magnetica; fi fcorge colla maifima evidenza , che la virtù elettrica , l'ellìcacia della materia fulminea, e quella della calamita, fono tra elTe del tutto analoghe fu di quello particolare. Prima di palfar più oltre merita di efler rammentato in tal propolìto, che le punte metalliche, onde foglionfi guernir d' ordinario le più elevate cime di parecchi edifizj , e che ficcome ognun fa , ritrovanfi il più delle volte fornite del potere rr.agnetico, han potuto contrarre fiffatta forza , o per effetto della loro pofizione, a tenor di ciò che fi è fatto olfervare poc'anzi, oppure per l' efficacia di qualche fulmine , che le abbia percoife . Il qual fulmine poi ed ha potuto efìer tratto giù dalla punta iflelfa, e quindi obbligato a slanciarfi dalle nubi verfo la Terra; ed è flato ben anche poffibile , che foffe fiato fcagliato in fu da cotefta punta, e quindi forzato a slanciarfi dalla Terra verfo le nubi , concordemente alla prodigiofa inalterabile proprietà, che hanno fiffatte punte di trarre a fé l'elettrico fuoco, qualora vengano prefentate ai corpi elettrizzati, e di ^*àfc-^ i8i ^J^^^ farlo fc'appar fuori, e difperderlo alla guifa di pennoncdli di variegata luce , ognorachè fieno elleno annefle a corpi elettrizzati. Verità alfai nota a parecchi degli antichi Filofofi, i quali davano la denominazione di fulmina inferna a quelli dell'ultima fpecie ; e che viene in primo luogo fortemente foftenuta dalla ragione, la quale ci perfuade, che ficcome dalle nubi, che fono nello ftato pofitivo, fogliono fcagliarfi le folgori fu i luoghi della Terra, che fono nello flato di difetto , così per neceifità feguir dee, che qualora alcuni fiti della Terra medelìma fieno in ilìato pofitivo , forz' è che la materia fulminea fovrabbondante fi slanci da quelli, e circoli fino a quelle nubi, le quali fi trovano per avventura in ifìato contrario. Nel qual cafo la folgore fcagliar fi dee necelfariamente dalla Terra verfo il Cielo . Che poi il riferito fiato di eccelfo, oppur di difetto, venga ad alternare tra le nubi, e la Terra, a norma delle circoftanze, è cola che chiaramente rifulta da un infinito numero di oirervazioni, le quali apertamente dimolìrano, che le fpranghe ifolate , ma guernite nel tempo ftelTo di fili conduttori , talvolta ricevono il fuoco dalle nubi , e talvolta ad effe ne iomminiftrano ; fino ad indicare fenza verun fallo quali fieno quelle nubi, che pafTando al di l'opra delle fpranghe, fi ritrovano in iftato pofitivo, e quali quelle altre , che fono nello flato di difetto . Nella lunga ferie di fperimenti intorno al naturale clettricifmo da me praticati in Padova, egli è già parecchi anni, col mezzo di cervi volanti, che nel vernacolo nofiro idioma dir fogliamo comete, ebbi foventi fiate il piacere di vedere alternato cotefto cangiamento per più di dieci volte nello fpazio di un quarto d' ora ; conciolliachè approffimando una verga metallica ad una punta della ftelfa natura , che leneafi da me pendente a bella porta dal capo inferiore del cordelline dell'indicata cometa, ora vedeafi fpiccar da quella . jmo fplendentiffimo vivace fiocco di luce, ed ora cambiarfi coteflo in una picciola ftelletta : chiarillìroi indizj, ficcome i8i ognun fa, del pofitivo , e negativo flato dell' elettriche atmosfere . In fecondo luogo la verità medefima appiilcfata ci viene tuttogiomo dall' ifpezione oculare , la quale ci ta. fcorgere delle folgori, che ufcendo dalla Terra, ovvero dal •mare , fcaglianfi poi rapidamente verfo il cielo . Quefta oflervazione appunto , che mi era riulcito di tare in altri cali , mi fi prefentò parimente in mezzo al furore della riferita tempe ila , durante il cui fcompiglio vidi due o tre volte foUevarfi in qualche diftanza delle rapide folgori dal burrafcofo feno dell' onde , e quindi prendere il corib a traverfo dell' atmosfera . Dopo che la folgore produffe gì' indicati rovinofi effetti al di fopra della buffbla, e della chiefola di quella, penetrb immediatamente al di fotro della coperta del haftimento j ed i fenomeni quivi prodotti non furono né in minor numero, né di minore importanza. Il primo di quelli fi fu, che ellendofi la folgore imbattuta per cammino in un grolfo involto di polvere da cannone della quantità di circa dieci libbre , il quale flava ripofto fullo fcatfdle di un picciolo flipo ; dopo di averne fpalancara impetuofamente la porta , fvolfe la carta, ov'era riporta la polvere, e fparfela non folamente al di fopra di tutto lo fcaffale , ma eziandio tute' all' intorno al di fuori dello ilipo, lenza che ne aveffe accefo un fol granello . Quelio fenomeno , il quale non pub a meno di non fembrare fìranilTimo per ogni riguardo, è comune eziandio all'elettrico torrente . Imperciocché fé melTa al di fopra di una carta, o altra cofa fimigliante, una quanrirà di polvere da cannone , fi faccia pofcia attraverfare dalla fcarica di un' elettrica batteria ; per quanto fia quefta efficace , e poderofa, non farà altro, fé non fé fparpagliare i granelli di quella tutt' all' intorno , come fé foifero flati foffiati da un lieve colpo di vento . lo m' immagino , che fiffatta flravaganza unicamentt derivi dalla rapidità immenfa , onde vien la polvere attraverfaia sì dalla folgore , che dall' elettrico torrente j la qual rapidità fa sì, che né l'uno, né l'altra abbiano tempo fufficiente per poter eccitare la fiammaj eiTendo cofa indubitata , che la polvere non fi accende in un iftante . Che fia toiì ne abbiamo delle pruove alla giornata, tutte le volte che h carica un' arma da fuoco con una quantità di polvere maggiore di quella, che fi rii.hiede; avvegnaché in tal cafo fcorgeli una carta quantità di elfa fparfa per terra , alquanto al di là della bocca dell' arma divifata , ed affatto illefa dall'azione del fuoco. Non per quello però mancano molti efempj d' aver la folgore eccitata la fiamma nella polvere da fparo, ficcome vi fono parimente de'cafi, in ali la polvere fìelfa vien prontamente accefa da un torrente di materia elettrica. Per ciò che riguarda l'accenfion della polvere cagionata dal fulmine, qualora mancallero altri efempj , de' quali per altro ve n' ha un gran numero , baderebbe per tutti il cafo lagrimevole avvenuto in Brefcia pochi anni fono , ove eifendofi accefe dalla folgore alcune centinaja di barili di polvere , produlfe quella uno fcoppio così violento , che non folo fece crollar giù la maggior parte degli edifizj ivi efiftenti , ma cagionò un moto si impetuofo neir aria , che fu capace di rompere tutte le invetriate della corrifpondenre parte di un villaL;gio , che giaceva in dillanza di alcune miglia dall' indicata città . Cofì parimente per appiccar fuoco alla polvere col mezzo del fluido elettrico, bafìe/à difforla fullo .ciri>.»iore, e far {.ì che venga attraverfata da un iil di ferro, il cui diametro adegui prelfo a poco la quindicefima parte di una linea. Dilpolte coiì le cofe , facendo palfare la sca:ica della mentovata numerofa batteria lun. o il divilato lil di ferro, ne avverrà, che quello farà arroventato, e fciolto in tante picciole infocate palline, dal cui calore verrà la polvere accefa ncirilìanie . Si può ella accendere fimilmente qualora meifa al di dentro di un cartoccio, dopo di elf^rfi ^**t-> 184 alquanto pefia in finiffimo polverino, le fi facciano paHare a traverfo due fili metallici aguzzi , i quali vadanfi ad incontrare nel mezzo di fiffatto cartoccio per via delle loro punte, rimanendo quelle però in qualche picciola dlftanza luna dall' altra ; concioilìachè una poderofa fcarica elettrica , che facciafi fcagliare tra cotefte due punte, farà ugualmente valevole ad eccitarvi la fiamma : e ciò forfè non folamente per cagione che il fuoco elettrico fi accumula , e fi concentra nell'incontro di quelle, ma eziandio perchè ftrugge probabilmente, ed arroventa qualche minimo bricciolo di metallo. E' tale l'indole natia di codefio poderofiilìmo agente, che tanto regna, ed influifce nella produzione degli effetti naturali , che non eccita la fiamma fé non fé nelle follanze , le quali abbondano di flogilìo , ovvero in quelle , il cui principio infiammabile non fi ritrova molto avviluppato in particelle acquofe , faline , oppur di terreftre natura . Quindi ne addiviene, ch'egli abbrucia l'etere con una indicibile prontezza, laddove lo fpirito di vino"~rettificato non vien da elfo accefo , fé non quando il principio infiammabile ne fia flato fprigionato in qualche modo con averlo fatto alquanto intiepidire prelTo al fuoco; od anche qualora lo fpirito indicato lìa notabilmente concentrato , e poderofo . Quindi accade parimente , che la polvere da fchioppo rinchiuia nel modo già detto nel divifato apparecchio, fi accende più ficuramente , e con ifcariche meno poderofe ( date pero le altre cofe uguali ) , ognorachè fia fiata elfa preventivamente fchiacciata , e confeguentemente fieno flati ridotti i fuoi granelli in un finifiìmo polverino . Finalmente le materie refinofe , dalle quali non fi può ottenere , , falvochè qualche lieve alterazione nella loro fuperficie collo slanciare contro di effe fcaricbe impetuofe , concepifcono ; immediatamente una vivacifTima fiamma tutte le volte, che I ridotte in finifTima polvere, e quindi applicate, e fparfe nel . modo conveniente fu di bioccoli di cottone , vengono prefentate all' azione dell' elettrico torrente . Attefe Aiiefe le quali cor.iiderazioni fono io molto inclinato a credere, cb.e Li polvere da iparo non viene accefa dalla folgore, le non quando quelVultima s'imbatte per cammino in qualche fott il punta metallica, la quale nell'attimo iftelTo, che vien da quella invefìita , fi abbrucia, e fi fonde; ovvero in qualche minuta Icheggia di altre foftanze , le quali 0 per la copiofa quantità del flrgifto, di cui trovanlì naturalmente irripregnate, 0 per elfere quello (attefa l'indole particolare delle folìanze medefime ) alquanto libero , e iprigionato, fieno atte a concepir la fi;imma in un iftante impercettibile. Tanto vie più perchè corta da replicate, e dilij-enti olTervazioni , che la fol;;ore non alrrimenti che il fluido elettrico , tende naturalmente , per etifetro della fua prodigiofa violenza, a forzare il fiogifto contenuto ne' corpi, a renderlo fommnmente attivo, ed a bruciare con quello i corpi circonvicini, i quali fieno atti ad avvamparfi. Sullo {ielTo fcaff:;le, ove abbiam detto elfer riporta la polvere , eravi un gran vaiò di niajolica con entro una lieve quantità di foglie di nicoziana. Invertito tal vafo dalla materia fuhr.inea nel medefimo iftante , in cui fu fparpagliata la polvere, foggiacque ad uno de' più rtrani, e più meravigliofi effetti , ci;e per virtù della folgore fienfì giammai prodotti. Immaginatevi di vederlo trafverfalmente legato in direzione perfettamente orizzontale in due uguali porzioni da una mano maelìra , la quale avelfe fatto ufo di una finilfma lega. E quel eh' è più mirabile, fi è, che la metà fuperiore di cotefìo vaio, intieramente dirtaccata, ficcome ho detto , dall' altra metà di fotto , non fi rimortie dal fuo firo r.eppur di un capello," ma refìb collocata fu di quella in modo tale , che l' uomo il più veggente non avrebbe potuto accorgerfi giammai di eiferne ella del tutto difgiunta , così bene combaciavano tra di loro : né alcuno de' n.arinaj 1' avrebbe certamente avvertito, fé uno di effi volendo raccorre la polvere da fp:ro, la quale a tenor di ciò, che fi è fallo notare poc'anzi, era fìata lanciata, e A a '^^ài^ iS6 difpeiTa , parte entro allo flipo , e parte per terra , non fi folic avvitato di torre dal fuo luogo il detto vafo , allìn di poter più comodamente efeguire le fue intenzioni . Or per quanto llraordinario, ed irregolare iemb.ar pofTa a taluno cotefto tenomeno, puoili eglia mio credere comodamente ridurre alle leggi generali, onde fcorgiamo elfer mirabilmente governato tutto il fiUenia dell' Univerlò . E' cofa ben conofciuta ai faggi interpreti della Natura, che la quantità di moto generata ne' corpi , quantunque in ugual grado in parecchie circoftanze,,, non è pero atta Tempre a produrre i medefimi effetti, variando la fua efficacia a norma de' ca(ì . il momento, che rifulta, per efempio, da una malfa enorme di materia fornita di una picciola velocità , non farà certamente valevole a produrre quegli elfetti , che farà capace di cat^ionare una picciola quantità di materia dotata di una velocità forprendente , comecché lìngafì per ipotcfi che le quantità di n.oro fieno uguali in ambedue. I cotanto formidabili arieti degli antichi , i quìli molli a forza di mano, non poteano elfcr fofpinti fé non fé con qualche lòrta di lentezza, poifedeano l'efficacia limitata di fcuoter foltanto , e quindi di abbatter le nemiche mura: laddove per lo contrario le picciole palle lanciate con indicibile velocità da' noflri pezzi di artiglieria , t.ilchè fcorrono talvolta lo fpazio di mille , e più piedi nell' intervallo di un fecondo , hanno la poderofa efficacia d' infrangere , e di trafcorrer talora per lo traverfo di un muro • la qual cofa non potrebbefi giammai efeguire in virtù di un colpo di ariete, quantunque il fuo momento uguaglialTe perfettamente quello di una palla di cannone . Sicché dunque a voler lanamente ragionare vuolfi conchiudere in generale , che date uguali quantità di moto, le gran malfe di materia fono molto atte a fcuotere col mezzo del loro urto, a differenza delle malfe picciole , e leggiere , le quali eflendo dotate di una grandiffima velocità, fono piuttofto proprie a frangere, ed a forare . La ragione intrinfeca di cofiffatio divario '*»t> 187 rintracciar fl dee unicamente in ciò , che urtando le mafTe grandi con una picciola celerità , trasfondono il loro moto alle particelle de' corpi , eh' eOTi urtano , in piccioli tratti (uccelTivi ; dal che ne dee neceffariamente avvenire , che cotefto moto andraflì a ("pendere tutt' all' intorno, e fi andrà a comunicare eziandio in 'fuccelTivi tempi alle adjacenti particelle , cagionando in effe per confeguenza una fpezie eli tremore , più o meno confiderabile . Per lo contrario i piccioli corpi dotati di una eftrema velocità, urtando in un oflacolo , che lor fi prefenta , comunicano alle parti di quello, con cui fono in contatto, tutra la quantità del moto, onde fono animati, in un folo ifìante impercettibile j e vincendo quindi in tal guifa la naturale aderenza di cotefle particelle, le difgiungono, e portan via nell'atto medefimo da quel tal corpo, a cui appartengono, fenza poter cagionare la menoma impi-ellione, e'I menomo moto alle parti a quelle adjacenti, alle quali la rapidità immenfa dell'urto vieta aflblutnmente , che i\ polfa quello comunicare in menoma porzione . Or cuefìa appunto a me fembra elfer la vera cagione del rammentato meravigliòfo fenomeno , prodotto dalla folgore nell' indicato vafo di majolica . Giunta eiTa in contatto col vafo , trattavi per avventura , e determinata ad invertirlo, e fegarlo trafverfal mente , da una ferie di particelle metalliche difpfle in quella tal direzione ( entrando effe, ficcome è già noto, nella compolizione di quella fòrta di vernice, di cui foglionfi coprire fiffatti vafi ) , fi die ad operar fu di elfo con una tale rapidità , e violenza, che eier^-itandovi la lùa azione in un irtante impercettibile, ne difgiunfe , e portò via vigorofamente le parti , prima che il moto da elfa indotto in quelle, fi foffe potuto comunicare alle altre circonvicine : ond' è, che non avendo le medefime (offerta la menoma fcolfa , né alcuna forta d' impreffione di tal natura , rimafero nel ilio ftelfo , ov' erano naturalmente collocare , e per confeguenza la parte fuperiore del vafo fovrappolìa all' inferiore , come fé non folfe fìata da quella A a 2 r-AL-/ i83 in conto alcuno difgiunta . E poiché non vienmi giammai talento di appigliarmi a mere conghietture nella fpiegazione de' naturali fenomeni; per confermar pienamente il vero, e per render nel tempo Iteffo più che manifefìa la fermezza della rapportata mia oppinione, ne trarrò una Luminofinfima pruova dagli efperimenii , che fieguono . Sofpendafi uà quinterno di carta liberamente ad un filo, talché il fuo piano riefca verticale : fi adattino quindi contro i fuoi lati due punte metalliche in polìzione orizzontale , ed in modo, che quantunque giacciano ambedue nel medefim.o piano, e ciafcuna di elfe riguardi la corrifpondente faccia del dettO' quinterno, pure non le tocchino, ma rimangano in picciola difìanza sì dall'una, che dall' ahra . S' iftituifca polcia la comunicazione tra fiffatte punte, e le facce contrarie d' una batteria alfai poJerofa . Or tutte le volte, che la medefima vienfi a fcaricare , licchè il fluido elettrico ivi contenuto , per lanciarfi dall'una fuU'akra punta venga obbligato a farfì ilrada pel quinterno di carta , ne avviene coftantemente , che trapalfandolo egli con inudito impeto , e producendovi nel fito corrifpondente alle due punte uno fquarciamento notabile , non gli comunica il menomo grado di moto , ad onta della gran refifìenza , che gli prefenia la detta carta affaldellata in quel modo, e non oftante, che un foflìo alfai leggiero foffe capace di cagionarvi una fenfibile agitazione . Scelgafi inoltre una banderuola liberamente girevole intorno al fuo perno , fimigliante a quelle , che foglionlì collocar di ordinario luUa cima di akuni edifizj per indicar la direzione de' venti ; ed abbiafi 1' avvertenza di iceglierla tale, che la fua fofìanza non fia oltremodo confiiìente; iìa, per efempio, formata di latta di una mediocre fpelfezza. Se nell'atto ch'eiTa rimane del tutto ferma nella fua vertical pofizione , le li fcagli contro orizzontalmente una palla , la quale venga slanciata da una violenta carica di mofchetto , fi fcorgerà fenza fallo, che cotefla palla formerà nel corpo della banderuola un notabil foro, e la trapalferà da parte a parre fenza Tpofìatli neppur di un capello dalla fituazionc,' in cui era, comecché lìa ella, lìccome abbiam fuppolìo , liberamenre giievole intorno al fuo perno. Or chi mai Oferà di negare, che quelli efempj fieno del tutto confermi al rapportato forprendt;nte avvenimento del vafo di majolica cagionato dal fulmine ! Per ritornar di bel nuovo agi' importanti fenomeni cagionati dalla folgore, uopo è ch'io rammenti, che in un ang' lo di quel picciolo recinto , ove trovoiTi riporta la polvere da fparo, eravi ancora un vafo con entro un picciolo arbufcello di tre in quattro piedi, denominato da Linneo GlcJit/ìa triacantho<: , per cagione di efft-r guernito di un triplice ordine di fpine aifillari . Era cotefìa una pianta , cui uno de' paifaggieri avea feco per indi trafpiantarla nel fuo giardino. Fu cofa mirabile TolTervare , che fu effa penetrata in guifa tale dalla forza del fulmine da cima a fondo, che non lolamen e caddero giù tutte le fue foglie, ma r intera folìanza dell' albero fu inaridita a fegno , che la corteccia, e '1 tronco, non altrimenti che il n-.idollo , parevano come fé follerò flati dilfeccati dentro di un forno. Un fenomeno fimiglianre erami riufcito di olfervare , fono già alcuni anni, in Refina, e propriamente nel giardino del Signor Marchefe di Corleto , ove un bell'albero di leccio , veduto il dì precedente dal giardiniere nello flato il più florido , e verdeggiante , fu rinvenuto nel di feguente del tutto appaiTito , ed arido , per cagione d' un tenipeflofo nembo gravido di folgori, il quale avea dominato neir aere furiofamente durante l' intero tratto della notte antecedente . La gente di campa<.^na , fa.endo ufo della lingua vernacola, ha per coftunie di dire, che fitlatti alberi fono flati allampati; imperciocché realmente crede, che il divifato effetto venga unicamente originato dalla forza dei baleni. Ognun concepifce però elTer quefta una oppinione del tutto irragionevole , ed erronea , altro non elfendo il baleno fé non fé una raanifeilazione dello fplendore, cagionato dall' accenderfi, che fa la materia fulminea; cofìchè fembra cofa da non doverfi porre in dubbio, che quefti , ed altri effetti di fimigliante natura, debbonfi unicamente attribuire all'indicibile efficacia della folgore, la quale invefìendo da cima a fondo tutti gli otricelli, le fibre, e le altre minime parti, di cui l'albero è compollo, ne fuccia, per così dire, ed alforbifce tutto il fugo nutritivo in quelle efillenti, e quindi le abbandona in uno llato di fomma ficcità, ed aridezza. Di fatti olfervatoli da me nella fua parte interna il mentovato albero di leccio, fi ritrovò inaridito a fegno, che non poteva efferlo di vantaggio, fé folle flato recifo , e quindi efpofto al fole pel tratto di più anni, giacché a tenore dell'informazione datami dal detto giardiniere , cotella forta di alberi è così tenace del proprio fugo , che fi richiede un intervallo di tempo confiderabile per farlo dilFeccar perfettamente. L'offervazione di cotelH fatti mi fecero entrare in mente (di fperimentare io fteffo quali foffero fuUe piante gli effetti di un poderofo elettrico torrente, cui la mia macchina ordinaria non aveami potuto giammai fomminiftrare; e la prima , eh' io po(ì al cimento , fu la Mirahllis J alappa del Cavalier Linneo , offia quella , che dicefi dai giardinieri Spofa di notte. Era ella ben vegeta, e frefca dentro di un vaio, e prolTinii erano a sbucciire i fiori. Caricai dunque ben bene la mentovata batteria di 54, bottiglie ; indi adattai alla pianta già detta due capi di catena in modo tale , che la carica dell' intera batteria facendofi flrada per uno de' fuoi rami principali , folfe obbligata a trapalTare prima per quello , e poi a fcorrere lungo il tronco della medefima . Scaricata in fatti ripetutamente la batteria dopo di avere difpolìe le cofe in quefta guifa , fu tale, e così l'enfibile la fua efficacia, che alcune foglie fi ditìaccarono dalla piaiita nel medefirr.o illante, altre fi videro si iolciare, e '1 ramo percodb infiem col tronco principale piegaronli immantinente , e pofcia crollarono fu '1 terreno , avendo l'apparenza IteiTa, che foglion le piante prefentare talvolta, qualora dopo di averle ivclte dal proprio terreno, vengono adoperate a percuotere qualche corpo alla guila di uno ftallile. Ripetei pofcia lo fielTo erperimento di mano in mano fui R/cinis comunis, ^uWE'iphorèij Ljthyris^ e {\i\\'Jfcìcpias Syriaca y e ne ottenni da ci.ilcheduna prelFo a poco i medefimi ri/ultati. Non contento di aver praticato i riferiti tentativi, volli un giorno porre al cimento una pianta fruiicoia; e mi parve opportuno a tal uopo un tenero arbufcello di Siringa volgare . La preparazione fu fatta nella maniera medelnna, onde ho detto eilerlì efeguita nel praticare gli efperimenti fuUe piante rammentate dianzi. La carica fu così poderofa, che un ittante prima di farle attraverfar l'arbolccllo , incominciava già a far fcntire i foliti piccioli continuati crepili, o fcoppletti , i quali indicar fogliono , che la carica è sì fìrabocchevole , eh' è molto prodi ma a voleilì lanciar fuori, ed a fcaricarft da fé . Per la qual cofa non tardai un attimo a farla trafcorrere da cima a fondo dell'accennata Siringa: e febbene i rovinofi elfetti non fi appalefarono nell' illelTo iftante , com'era avvenuto nelle altre piante, né furono così fenfibili; tuttavolta però e la pianta, e le fue foglie, che foggiacquero più fiate al divifato cimento, dopo qualche ora incominciarono a comparire alquanto maltrattate , e dopo pochi giorni r intiero albero andoffi a sbiofciare, e quafi peri . L' ultimo fìadio trafcorfo dalla folgore fu per gran ventura il meno tragico, e rovinofo, quantunque avuto riguardo alle fue circoftanze , avrebbono dovuto afpettarfcne effetti micidiali, e luttuofi • conciolfiachè die elfa tìne al fuo rapido corlò col palfare a traverlò del camerino, ov' erano radunati tutt'i paffaggieri. Goftoro perà sì per cagion della burrafca, la quale non permetteva, che fi paffeggialle dentro del bafìimento, sì per motivo del forte difturbo, che il continuo moto di quello cagionava nello llomaco, e nel capo, trovaronfi tutti a giacere al di fopra de' loro rifpettivj letti, i quaU ?AIa puifa di tante picciole alcove er.ino ordinrttair.enre dirpoAi A dliiiia, e a lìniflra. Il pali'aggio del fulmine, che nell'entrare fpalancò impeiuoiamenie la porta , fece sì che ognuno di elTl s'immagiaò in quel punto, che fi folfe dato alle fiam ne r intiero corpo del bafiimento : lutti pero ne rimafero elfenzialmente illefi. Intendo dire con ciò, che coloro i quali giacevano fu i letti della diritta, non ne rifenliiono la menoma fenfazione, e la maggior parte di quegli altri, che erano collocati fu i letti oppofti, rifentirono folianto delle forti fcolle nelle varie parti del corpo ; avendole alcuni fentite nelle braccia, ed altri nelle membra inferiori; ed ognun fa elfer quello uno de' più triviali etletti, che fi fuol produrre anche per gioco col mezzo della macchina elettrica . Vuoili però qui avvertire, che fimi_'lianti fcoffe erano fiate antecedentemente eccitate non folamenie in me , ma in due , o tre marina) , che ritrovavanfi fu '1 bordo , allorché la folgore difceia lungo 1' albero di mae[ìra , lancioifi rapidamente falla chiefola della bulTola. Che anzi reputo del tutto nCcelfarip il dichiarare , che la violenta icolfa da me fentita non folo mi produlTe 1* ifteifilTima fenlazione d' una Ico fa elettrica 5 ma originò in me parimente .quei medelìmi identici effetti, che l'azione del lluido elettrico fuole nella mia macchina immancabilmente produrre; cioè a dire un grave ofrufcamento di capo , un general dlilurbo in rutto il corpo, ed una notabile debolezza, la quale attacca principalmente le ginocchia, e lo ftomaco . Quefli fenomeni produconfi in me ugualmenie tutte le volte che mi ritrovo, anche come fpettatore, in una ftanza, che ila picciola , ed in cui fi faccia attualmente travagliare una macch na poderofa . Ed è cola veramente olfervabile, che i divifati eiletti fono di gran lunga più fenlibili qualora facendomi a girar li macchina io lìelfo , mi ritrovo per confeguenza in uno flato negativo. Il non aver badato a tutto ciò per un lungo tratto di anni, ne' quali ho fatto tanti c tanti elperimenti lull' elettricifmo, mi ha fatto foffiire- continue conriiiuc nojofe indifpofizionl, la cui origine mi è fciubrata ignota per lungo tempo . Dopo varie ricerche , e dopo di • aver efpofto altre perfone del mio temperamento alle medefime circotìanze fenza prevenirle, ho rilevato, che i rammentati effetti, che in me ji producono in virtù del iluido elettrico, Ibno ancora comuni a parecchi altri individui . E' quella una circofìanza , la quale uopo è che fi abbia prefente alla memoria da tutti coloro , i quali debbono amminiftrare l'elettricità per tentar h guarigione di parecchie malattie : cofa per altro , che per difetto di proprio , e conveniente metodo, era andata affatto in difufo, perchè realmente priva di buoni effetti, ma che ora, per efferfi rintracciata , particclarmente in Inghilterra, la giufta, e vera maniera di doverla amminiftrare , ha una riufcita così ficura , e felice in parecchi cafi , che ha coftituita la fortuna di coloro, i quii hanno faputo , e tuttavia (anno debitamenie prevalertene . Per terminare il racconto degli effetti cagionati dalla folgore , e confeguentemente per dir fine alle prefenti riflelTioni , rimane a dire foltanto , che il grave odor di folfo , lafciato entro al detto camerino , fu così forte , e Ipiacevole , che durò in tutta la notte : e per quanto mi fu riferito dappoi, continuolfi a far fentire per alcuni giorni di feguito. Non altrimenti accade, fé vogliam paragonare colle grandi le picciole cofe, tutte le volte che in giornate umide, e poco favorevoli all'elettricifmo, facciafi travagliare a lungo la macchina elettrica in un fito alquanto rilfretto , oppur che fi trafori col mezzo d' una batteria il cartone di un libro, che fia coperto di marrocchino, o di altre fofianze di fimigliante natura . E fé la folgore fcorrendo per lo traverfo del Camerino, dove l'aria era molto rarefatta per cagion del gran numero di perfone, che vi fìavan dentro a porte chiufe, non proùuffe alcuna rovina, fogliam ben anche vedere, che in un torrente di fluido elettrico fi icema di molto la fua efficacia , e fi va egli , diciam cosi , a B b dii'adare , qualora fi obbliga a diffonderfi dentro di un recipiente , ove li trovi 1' aria notabilmente rarefatta . Or da fatti fin qui efporti, dagli eiperimenti , e dai raziocinj, onde fono liati da me avvalorati, a me fembra , che fi fcorga colla maifima evidenza poiììbile la notabiliifima analogia, che v'ha tra la virtù elettrica, quella della folgore, ed il potere magnetico; e quindi fi ha gran motivo da credere , che il gran numero de' variati , e meravigliofi fenomeni, che da eflc (ì producono, comcchè iembri derivare in apparenza da tre diverfe cagioni , nuUadimeno debbefi attribuire ad una fola , ed unica caufa . Dopo di avere ripetutamente conlìderato queRo punto fecondo tutti gli afpetti pofTibili, veggomi forte inclinato a conchiudere, che la materia elettrica, e la folgore fieno per ogni forra di riguardo la medefima cofa- e che ambedue non differifcano altrimenti dalla forza magnetica , fé non fé come il fuoco vedefi differir dalla luce : intendo dire con cib , che fìccome il fuoco, e la luce, comechè fecondo tutte le più plauiibili apparenze fieno dotati della fteiTa natura , pure appaiono tra fé diverfi , per ragione che la luce ha per naturale proprietà di muoverfi coftantemente in linee diritte , e '1 fuoco per lo contrario , fornito di movimento perturbato, fi fuol propagare in ogni forra di direzioni; così la forza magnetica quantunque abbia un' effenza comune con quella dell'elettrico fluido, e della folgore, pure nondimeno fembra elfer diverfa dall'una e dall'altra, in quanto ch'effa fi diffonde coftantemente giufla la- determinata direzione, che fi fporge dall' uno all' altro polo , o ad altra , che a cotefla fi approifimaj laddove il tluido elettrico, e la folgore trafcorrer fogliono indifferentemente in qaalfivoglia forta di direzioni. Tutte le altre diverfità apparenti, che tra effe fi fcorgono, qualora voglianfi attentamente paragonare infieme, venir pollbno originate dalla diverfa modificazione di una nedefima foflanza . E poiché il ramo di fcienza appartenente all'elettrico fluido, è per fua natura più fufcettiblle di ciferc inveillgato dall'umano ingegno, per eiTer egli più a portata di Toggiacere a nuovi, e Tempre variati cimenti* perciò lo flabilimento della già dlchiaiata analogia tende moltiilimo a facilitare i progrclR delle nolire ricerche in una materia cxì intralciala ed ofcura , qual è quella del magtietifmo . Or io tengo ferma oppinione , che a voler fanamente r.gionare, l'infinito numero di naturali effetti, e fenomeni, ond'è mai fempre adorno il gran teatro dell'Univerfo, riguardar lì dee alla guila di altrettanti rivoli, i tjuali partendoli da un centro comune , vanno di mano in mano diLolìandolì r un dall'altro; dal che ne avvien poi, che milìi e confuli i fimili co' dilfimili in gran diiìanza da quello, viene a fmarrirfi totalmente l'immediata loro dipendenza da quel fonte immenfo, e principale , da cui per altro traggono eilì indilVintamente l'origine; calighe alla noflra mente, a cui non è conceduto d' inda^-arne agevolmente i rapporti , e le vie, fembrano p.odotti da altrettante diverfe cagioni, quante fono le particolari qualità, ed apparenze, di cui fono eglino forniti. Per la qual eoa ben fortunato è colui, i cui sforzi fono sì felici, che hanno la bramata efficacia di appioiTimarli in modo , che difj-o.ti regolarmente nella dovuta lor ferie , lo conducano a colpo licuro all' inefaufto fonte univerfale . E ficcome un 0-I fortunato progreiTo , oltre al condurci eoa ficurezza al bramato fine , agevola fommamenie nel tempo frtifo la neceifiria fatica per poterci pervenire; cosi farà per noi tutti lodevoliiEma cofa , fé rivolgeremo i nollrt sforzi ad un fine così ottimo, e falutare ; elfendo quelìo il più ficuro me^-zo da poterci rendere protittevoli a noi ftelTì, ed utili al pubblico, eh' è fenza dubbio lo fcopo il più pregevole, e nobile, a cui li potranno dirigere le uolUc invenigazioni . B b 4 r^-^itJ 1^7 ^-«P^ DEL MOTO RECIPROCO DEL SANGUE PER L'INTERNE VENE DEL CAPO PARTE L MECCANISMO DEL PENSIONARIO D. DOMENICO GOTUGNO. Letta nella R. A. V anno 1782. D 1 A che r Inglefe Harvey , raccohe avendo in Italia chiare notizie della già conofciuta circolazione del fangue negli animali che han cuore, ritornato in fua patria, con molte fperienze dimoftrò perfettamente e refe fuo queflo immortai ritrovato; fu invariabilmente creduto vero che il cuore '^t^^ nel petto a ricever mano mano dalle vene il fangue di ritorno da tutto il corpo , ed a rifpignerlo così nelle arterie, affinchè da elle pe 'l capo tutto rimenato a portar vita e foftentamento, rientralfe nelle vene per feguitar fuo cammino . Si conobbe da allora che queflo contiauato girar del fangue fofteneffe la vita , e che il cuore folfe l'attivo inftrumento di quella grand' opra . Le arterie furon confiderate come canali che guidalfero il iangue dal cuor ricevuto fino agli eftremi conhni d'ogni parte del corpo, .foftenendo in elfo tanto di quell'impeto, e di quella attività eh' ebbe dal cuore, che baftaffe a fargli compiuta- mente foddisfare i bifogni della natura nel difpergerlaj e '■^«^ 198 le vene fi trovaron necefiarit; folo a ricondurre il fangue al cuore. Co^ì il cuore e le arterie li coalìdevaroiio come organi arrivi, ed efecutori nella circolazione ; e le véne furon lafciate com* in abjetto flato per vie di ritorno al fìingne dopo aver foddisfàtto" ai grandi uffic] di quella tiobiliirima tunzione: ed inlkumenti da trafpGrto iDcra mente pafTivi . Rifcaldati gl'ingegni da quella iìlullre Icoperta , palTarono fubito ad un più efatfo efanie della ftrattura del cuore e dei canali arteriofi: fi niilurò la loro ibrza , li calcolarono le velocità relative che dovelfe portare il l'angue nel nnioverfi entro canali di diiknza dal cuore, di redlìcnza, di lume, d'attività diverlì : e finalmente il- fangue lìelfo fi analizzo, ora fcomponendolo con la forza del fuoco, ed ora ollervandone col microfcopio fiiio i minimi componènti'. Ma in tante ricerche che in cencinquant' anni , ed anche più , con molto iiudio fi fon fatte per mettere nel più chiaro e nel più utile afpetto le forze attive della circola/Jone, poco è mancato cl-.e le vie venofe non follerò lafciate in una perfetta dimenticanza, quelle ftelfe vie che fino al MDCXXVIII eran pure llate nel co'.tante polfelfo d' elfer coniiderate le fole nelle quali il fangue fìell'e raccolto , e donde il ricevelfero tutte le parti della macchina animale . Al vedere che il cuore a bene ed utilità de' foli ufficj delle arterie (i movefle ; foli canali che immedi itamente, e fenza interpolizione d'altra parte il cuor produce, e che con le (ole arterie comunicaiTe tutta la fua forza; fu fubito creduto che il cuore e le arterie folfero una fola cofa, e che le vene al mantenimento, ed al comodo, e non agli'ufi della circolazione appartentlfero. Il calore animale conliderato come puro effetto del moto, la nutrizione, le feparazioni di tanti e sì diverfi umori dalla flelia malfa del fangue , s' ebbero interamente per effetti dell'opera del cuore e delle arterie: e tranne il fegato , ove per accordare alla gran vena delie- porte la facoltà di dar opra alla feparazion della bile ^ bifognò , lafciandogli appena il proprio nome di vena , '99 frcghrla di tutti gli attributi delle arterie ; o^^n'altr'organo, in cui di particolar umore icparazion il facclfe, iu creduto farla per opera dele arterie . Coiì le arterie nieritaron d' effere appellate cuore allungato , quafi foirero una lìelFa cofa col cuore, o come fé il cuore folFe f:itto per efle fole e pei Ioli loro bifogni ; rellando le vene come canali che col cuore lommercialfero fol guanto baftalTe a fomniiniltrargli il langue da dare ,aUe operofe arterie. Su quelle idee è fìata iin oggi diretta tutta la collruttura della fìfiol'igia degli animali ; né per quanto alcuni genj amici del vero, e capaci di ravvi farlo, e di dirlo a cuor faldo e fermo, qualche barlume fcorto talora avelf^ro ed indicato che della maggior dignità delle vene almen forte fofpetto muover potelfe , fi è mai giunto a voler ben intendere qnefta importante parte dell' animale economia . La condizion delle vene in fatto di circolazione attiva è tanto nobile e degna di elfer conofciuta e ben intefa , eh' io credo molta parte di q iella ofcuricà che nella intelligenza di diverfò importanti funzioni della macchini animale, e malTime del capo, ancora abbiamo, nafcere dalla mancanza di piena cognizione del vario cammino che per le vene il fangue abbia . Il qual cammino quando lìa per avventura compiutamente cono'ciuto e per tutte le lue parti efattamente c.ipito, può far vedere I che l'azione impellente del cuore non tutta fia diretta alle arterie , ma in parte anche alle vene : elTendoci nella fua fìruttura parti addette ad agire fui movimento del fangue arteriofo , e parti altresì operanti pel movimento del fangue venofo. II Che la direzione del moto progreTivo del fangue venofo abbia una collante e generale alternativa con i movimenti della refpirazionc . Ili Che molte ftparazioni di umori che nella macchina animale li efeguono, fé non anche la più parte di eife , o certo molte , fisno feparazioni piuttolìo venoie che arteriofe. Quello cammino io mi fon propoiìo d' iliullrare, lungi pero dal credere che quanto io polla dirne fia per ballare a rifchiarar pienamente quefta nuova importantilììma pi.rie di fifiologia degli animali. Ma mi lufingo che per poco ch'io fia per dirne, e comuncpe imperfettamente , pure dicendo cofe di fatto, e dimoftrative e ibpra tali fondamenti, come uom dee, argomentando, fia per dare un predante motivo a più nobili ingegni che '1 mio non è , ai quili vadano ancora a verib quelli fludi , eh' io non fo per quale infortunio abbiano oltramonti oggidì come per difprezzo meritato il titolo di ftudj vecchi , a pia profondamente inveftigarla, ed a metterla in piena luce. II Ed eirendo mio iiiLcndimento le direzioni del moto che abbia il langue nelle vene generalmente dimollrare ; mi fon propofto ragionar principalmente del cammino, che il fangue ficcia per le interne vene cel capoj e ciò per due ragioni : prima delle quali è che per niun altro genere di vene quefto cammino è né più chiaro, ni pia dimotlraiivo, né più efprelfo , né con mirabili ordigni più lolì:eimto, e ad importantifTinii fini diretto, di ciò che fi trovi elfere per le vene del capo : e poi , quandoché fia il gran difegno della natura nel dirigere il movimento del fangue venofo per le fuperiori vene fcoperto e conofciuto , facile cofa diviene il conofcere T economia de' movimenti del fangue per tutte le altre vene del corpo. Or la natura per foftenere il cammino del fangue venofo nell' interno del capo (cammino non d'una, ma di due alternative direzioni tra le oppofte e contrarie ) impiega grandi ordigni , e più fingolari che altrove non faccia ; e dà con ciò chiaro fegno che di quei diverfi movimenti il capo affai più che altra parte del corpo abbifogni : giacché ivi indufiria s' accrefce ove necellità fovrabbondi . E prefcindendo per ora da' fini altilfimi, che dee la natura avere avuto in attribuire una tanto grande- fingolarità di cammino al fangue che va per le interne vene del capo j i quali lini io non fo fé mai uom tutti polla raggiugnere col fuo intendimento; è molto evidente che la fola mecanlca colìituzion del capo efige qualche cofa di. fingolare , più certo che qualunque altra parte del corpo , del del cammino del fangue per le proprie vene . Il folo oli'ervare ciie in tutti gli animali, che han cuore, il capo tiene il di fopra del relìo del corpo , e ciò fuperiormente n-ll'uomo, fa fubito comprendere che l' eminente pofizion del capo portar debba non tanto una difcela placida e . trancpilla , quanto una rapida caduta e precipitofa di tutto il Ilio fangue venofo , sì declive è il fito delle vene che dal capo fcendono al cuore , >^ì fpaziofo' è il loro lume , sì fpedito per elle e lubrico e fenza oflacoli o freni d'alcuna lorta e il cammino. Anzi fé le vene, che ripigliano il fangue dal capo menatovi per le arterie , con la fola legge della difcefa de' gravi lo lafciail'sro fcendere al cuore , a quanti oltraggi non rimarrebbe clpofta la libertà, l'equilibrio, il placido corfo della circolazione ? 11 capo fieffo , che è nobilillìma parte, e come tra breve larà dimolìrato , è la più ricca di fangue di quante ne fiano nella macchina animale , in quanta povertà di quello fluido fpefTo fpeffo non fi troverei be i II dertro feno del cuore foffrirebbe tutt' ora tal urto del langue in elfo piombante dal capo con ■ impeto e velocità, che certo verrebbe a ritardare cofìantemente I la falita dell'altro fangue che v^ene per la cava inferiore, ' affrontandolo impetuofamente, e fin palfando pe '1 fondo di elfo deftro feno nella AelTa inferior cava. I quali difordini, ed altri molti eh' io polfo tacer per ora , nel naturai corfo della circolazione non accadendo , come ragionevolmente appare , giufio è credere che il f:ingue fcenda per le vene del capo , o lìa per la vena cava luperiore , non diretto dalla loia tendenza» della propria gravità, ma regolato e fi foflenuto da tali forze combinate che vagliano a ralfrenare I la fua celere, e precipitofa difcefa. £ quefto impegno di I reggere la difcefa dal capo del fangue venofo, lo ha in vero la natura tale e tanto, che moftra a quefto effetto avere ipiegato ordigni lingolari , e mirabilmente congegnati. xvifuUato de' quali ordigni è una illuflre verità ch'io fvelar . i dcggio, che parrà a prima vifta un paradoffo , comechè lìa C e verità grande ed incontrafiabile . E quefta è , che ptr le vene che nell'interno del capo fono^ e quindi al cuor Jcendono non con una , ma con due tra fé contrarie , ed alternative direzioni y reoolarmente il fangue fi mova^ l'uno, dal capo al cuore y l altra dal cuore al capo. Col quale alternaiivo fluirò e ritìuiro che danno al fangue, una volta quefte vene fanno l'uffizio che in generale alle vene tutte è comune, ed un'altra volta emulano le arterie e nella direzione che danno al fangue dal cuore al cervello ed in certa pulfazione ancora, o fia ondeggiamento che evidentemente dimoftrano. Ili La qual cofa come da prima io abbia conofciuto, giova narrare. Intefo ad alcuni efperimenti fulla voce, tolfi, è già gran tempo, ad un cane di due mefi con diligenti colpi di fcarpello molta oliatura fuperiore della calvaria , e fcoprii la duramadre ove (ovrafta alla fuperior parte del cervello . Con quella {copertura quafi l' intero fito del feno longitudinale rimafe nudo ed efpollo al mio fguardo . Ed attentamente guardandovi mi parve che quel feno palpitalFe: •né altrimenti giudicai applicandovi fopra il mio indice , col quale io diftinfi una ofcura , fcontinuata pull'azione , -ch'io fuUe prime non ben feppi difcernere, fé arrogar la 'fi dovcffe il movimento del fottopofto cervello , o pure un •proprio moto e particolarmente del feno . Mi venne in penfiero d' incidere a' lati del feno per il più lungo tratto polTibile la duramadre e rovefciarla sì verfo le tempia, che •lafci.Mido intatto il feno nel proprio fuo fito, rimanelfe nei lati fcoperto e libero il cervello , acciocché con l' occhio attendendo a' movimenti di quefto , mentre con l' indice applicato fentiffi il feno, mercè tal paragone conofcefTì , fé r un moto dall'altro dipendelfe , o veramente folfero moti difiinti e feparati fra loro . Ma con queiìa diligenza tutto che chiaro a me parelfe , che i palpiti del feno nafcelfero nel feno flclTo, e per niuna parte dipendeffero da' movimenti del cervello, pure d' iUufion dubitando, e vago di maggior luce , prelì il partito di recidere verio il lincipite il l ngitudinal fcno a traverfo per vedere fcoperramcnte il languc dtUa gran vena, che in quel feno va rinchiufa, quali movimenti mollrafTe. La qual prova come fu fatta, jneifi in sì chiaro afpetto la diverta origine de' moti del cervello e del feno , che da allora in poi per quante volte replicata 1' aveiTi mi fi moftrò Tempre uniforme . Dal feno longitudinale cosi recifo vidi con mia forprefa, che qualora il cane ifpirava, fcorreva il fangue lentamente quale fcorrer fuole da ogni vena aperta; e qualora efpirava, ulciva il fangue a falli come da arteria. E numerando i falti del fangue , che dall' aperto feno ufciva dal principio della efpirazione lino al cominciare della nuova infpi.azione, coftantemente vidi che i falti ernn tre : ma allorché il cane fu a morte vicino i falti fpelfeggiarono tanto , e sì frequenti divennero eh' io più non potei feguirli con l'occhio per numerarli. E '1 vero è che morì l'animale cacciando fino all'ultimo tempo che die fegni di vita ( anzi per qualche tempo dopo che ogni movimento della refpirazione era mancato ) langue dal feno aperto a piccioli falti e confecutivi . E quefìi falti , trovandofi il feno tagliato e divifo in due porzioni, una verlo la fronte, un'altra verfo l'occipite, il folo fangue facea che efciva dalla parte occipitale , non 1' altro che fcolava dalla porzion frontale molto parco e pigro . Il che dava chiaro argomento che il fangue che a falti veniva fuora dalla occipital parte del feno longitudinale, era dalle interne vene giogolari e dalla fuperior cava fino a. quel feno rifpinto. l-V. E portando innanzi le incominciate ricerche , volli in quello fpazio di tempo che palfiva dal cominciare V efpirazione , fino al ricominciare l' inipirazione , offervar .quante volte il cuor fi movelfe , e trovai vero che il numero de' fuoi movimenti non eccedeva di tre , quanti "spunto ed in pei fetta corrifpondenza erano i rifalti del fangue che fi vcdeano in quel frattempo dalla parte occipitale ■del icno aperto . Anzi eifendo gli animali a morte vicini, C a e ed fn quel tempo molto rare diventando le infpirazioni , e perciò il tempo totale delle efpirazioni re dando lunghi (lìmo j movendofi allora il cuore con iniolita frequenza e ccleritii, fi vedeano , in argomento di perfetta corrifpondenza , i rifalti del fangue dal feno aperto nel detto tempo parimente più numerofi . Dopo le quali offervazioni a me parve elfer vero , che 7ie[ tempo totale d' ogni efpirazivne con quante fìftoli il cuor Jpin^a il fan}>ue nelle arterie tutte del corpo , con altrettante fpintc ìielT atto fleJJ'o per le interne . vene giooolari , 0 fia pel tronco della fuperior cava , retrogradar Io faccia, e rifahre al cervello. E parve di più che come neir ordine della naturale e regolata refpirazione tre tempi (ìa da e nfìderare e didinguere d' una quafi eguale ettenfione tra loro, il primo che s'impiega nella durata della infpiiazione, il fecondo nella efpirazione, e '1 terzo nrl ripofo che prende il petto dalla fine della compiuta efpirazione fino al ricominciare della nuova infpirazione , d' onde ogni atto di : refpirare incomincia: in due di quelli tre tempi il rilalimento del fangue per le vene fino al cervello fi efegua , ed in un tempo folo fucceda la fua difcefa , qual è quello della totale infpirazione, Corrifpondendo intanto la durata di quelli tre tempi d' un naturai atto di refpirazione con cinque battute d'arteria, cioè con cinque fiftoli del cuore, e r infpirazione occupando la durata di appena due battute, è manifeiìo che le -f parti del tempo totale d' ogni refpirazione fono cofì antemente nello fiato di finità il tempo in cui il fangue per le vene al capo rifale . E con ciò fi fa chiaro che // cervello fi carica e più abbonda di fangue in tutto il tempo da che /' animale a cacciar /' aria dal petto comincia , e fino a che non torni a ripigliarla ; e che di tanto fangue s^ allevia da che P animale ripiglia F aria nel petto fino a che non torni a rimandarla . V Or quelle cofe oiTervate avendo , e fentendomi da effe l'animo agitato dalla forprefa , che tanta e tanto inafpettata novità fece al mio fpirito, prima d'imprendere a fare argomenti fulle molle confeguenze , che da ufi olFervate cofe venir doveirero , mi venne in penfiero di ricercare con qual mecanifnio queflo moto retrogrado del fangue per le interne giogolari vene la natura efeguifle tanto regolarmente , e con tanta coftanza nel tempo totale d'ogni erpirazione . Perchè mi parve maniera di ragionare affai naturale , dalla oifcrvazion del fenomeno paiFar prima all' inchielia delle mecaniche fue ed evidenti cagioni , e dopo quefta conofcenza invelHgare quali utilità ne derivalTero . Ma prima d' entrare in sì fatte ricerche, le quali elìgeranno molto efame, e molta analifi degli org-ni , e delle forze attive della circolazione , è bifogno th' io dica eifere perfettamente ve-ro eie non abbiano i foli bruti di tanta e sì fpeciola facoltà dorate le interne vene giogolari che per effe abbia il fangue reciproco camminoj ma che con quefìa fteffiffima proprietà , fé non anche maggiore , fìante la regolarità della fìruttura in cui gli organi umani han maggioranza rilevantiffima fu gli organi de' bruti , fiea quelle vene nell'uomo: tale èia lìmiglianza e l'uniformità della fabbrica de' luoghi , e tali ancora fono gli umani fenomeni che queAa analogia ficuramente conte flano . Né ciò dico fopra verilìmi;],lianze argomentando , ma da prove guidato e chiare e decifive. Un uomo inchinato a veechiaja cui per vizio venereo erafi molt'olfo nel fmcipite infradiciato , cercò ajuto dall'arte, e 1' olfo , per quanto era gualìo, le fu flerpato . Qiiel luogo deftramente condotto pàfsb a gran •paffi a cicatrice, la quale non riprodulTe già l'opro, ma iupplì quel difetto prima , come è folito accadere , con una fufncienre riproduzione della pelle foprapolìa; pelle fottile, e, per il callo olfofo non ancor natovi ibrto, applicata alla duramadre: perchè come fempre è vero, maflùme nel capo* onde l'olfo fu tolto, mai la natura no'l produce o rimpiazza, fé non abbia prima riprodotto la carne folto di cui la foftanza olTofa fia ricevuta, ditela, ed in certo modo aifodata . Quefta cicatrice fiavafi ultimando nel bregma . Era per 706 cib ivi nncora fcopcrta la duiamadie , com' è fempre ne' vivi rubicondiiruna ; ci feno longitudinale battea con puKazioni moven ifi fecondo la direzion del fcno molto chiare e diilinre : ma quanto con l'occhio li rawilavano apertamente , tanto riufcivan prive d' urto al dito che vi li applicava . Io obblij.',ai l' uomo ad infpirare , e folto r infpirazione il battimento del feno lì tacque; obbligatolo ad efpirare, 11 battimento del feno ritornò nobilmente. Gli feci efprelTamente , dopo una piena infpirazione, fofpendeie il refpiro fenza cacciar l'aria dal petto , ed in tutto il tempo che palsò in queflo violento flato , fu una perfetta quiete nel feno. L'obbligai all' oppofto , e cacciata con r efpirazione l' aria dal petto , volli che per qualche tempo li afteneffe di ripigliarla ; ed in quello proluni^ato flato d' efpirazione il feno battè fempre in corrifpondenza dei polpi che dav'^a alle mie dita l'arteria del fuo corpo. Ecco una pruova di perfetta analogia tra' bruti e l' uomo , ed una irrefragabile dimofirazione , che le vene giogolari nel far rifalire al cervello il /angue cht; nera dtfcefo, ciò faccian Jìncrcns con le arterie . Ripetei fuUo fìeli'o oggetto in prefenza ^i molte curiofe ed intelligenti perfone le medeùme oifervazioni , e fempre con la medefima riufcita . E come di limili cafi non fon molto rari gli elempj nel grande fpedale cui ho l'onore d'aiTiftere, non ho mai tali prove replicate fenza trovarle corrifpondenti con la prima . Di una però tra molte uopo è ch'io dica, perchè è raro cafo, che il feno longitudinale refti così fcopprto nel fuo principio, che è nella fronte dietro la glabella, che quivi manifelìi ciò che gli accada nella lalita che 1 fangue ha, ^ e nella difcela : ed io ho avuto cafo da poter vedere Scoperto quefto principio del feno , ed olfervare fopra elfo i fenomeni del reciproco movimento. Era flato un giovane d'anni ventiquattro, mentre era bambino, prefo di piaga venerea nella gola per avpr fupciato le poppe di fua madre, dalle quali un altro bambino, che poi lì vide aver la bocca da quel vizio ulcerofa , ave» poc'anzi tratto latte* S'adoperarono molti argomenti per la fua guariggione , e riniafe apparentemente fano , Se non che in età d' anni dodici avendo inciutamenre con la fronte della deftra tibia urtato contro di un falFo , la li ruppe nella pelle , e fi contufe . La ferita' marcì, e non potendo mai a cicatrice condurli per certo perenne gemitìo, e certa bave fa carne che vi (orgea, fu fofpettaro che l'angolo (ottopofto anteriore dell' olfo della tibia dovelfe elTer guafto . E tale in fatti dopo che fu fcoperto fi rinvenne . Bilòpnò raderne tutta il fradicio , e ciò volle sì gran tempo che a forniarvifi la cicatrice palarono fei meli . E quella cicatrice vi fi iecs folida come cuojo^ né vi nacque fopra mai pelo e fu fempre gibbofa , perchè l' oifo ove fu ralchiato fi riproJulfe pia del dovere, ed abbondando di concorfavi foverchia materia olfea , rimafe più mafficcia e noderofo . Dopo quella guariggione fu fempre fano di gamba , ma cagionevole dì iàlute fino a' ventitré anni or da una or da un'altra febbre prefo , che bifognava ed a biftenta, vincere con adattate medicine . Si venne così avanti fino alla fine di quefi'ultimo maggio, quando il nafo, le palpebre, la fronte gonfiaronfi ed arrotfirono, con un lenfo molefto di bruciore . il medica la prefe per una leggiera rilìpola , e conlìgliò che tenelTela tutta notte bagna;a col fucco del grifpignolo : con che la mattina lì trovò tutto dilciolto e difliparo. Negligentando così ogni altro f c:orfo , che pur le farebbe convenuto,, ville in buona fede fino alla fine di giugno in ift.ito di falute comportabile. Ma da q-ueflo tempo tenti dietro la glabella un dolore acutilVnio che mai no '1 lalUb, anzi fopra del dolore vi crebbe un tumoretto che mano mano avanzando né ammettendo ripari, fi trovò giunto alla fine di ottobre alla grolfez/a d'un ovo mediocre. Un dì dopo- pranzo melfofi alla fatica fu prefa deitofatto da una otiiLiìe acceiTione di cpileiTia , che gli durò per quattr'ore; dopo le quali parve rinvenuto , e di bottega , ov' era a pulir lane , tornolTenc co' fuoi piedi a cafa . Fu melfo fubiro a letto e dormi profondamente, e i\\ ben da iìupire, che fvegliatofi la iTiattina , fi t'ccffe le me.avigli- per trovarti a giacere, fcnza avere la minima ricordanza di quanto avei fofferro il giorno -precedente . Ma il tumore il lenti dolere più che mai , ed avere un calore ecceiFiVo , cui non valle a frenare né virtù di bagni ni altro . E trovandoli in povertà di flato , e molto trafitto dal patir della fronte , lui finir di novembre fé ne venne a Napoli e fi mefle a cura nel nofiro Ipedale . Ivi il tumore fi vide giunto ad una conlìderabile grandezza, perchè la bafe prendea quanto ci è di fpazio dalla metà della fronte fin fotto i capelli alla metà delle olfa del nalo . Era tutto accefo di colore, e forgea in punta ampia e tondeggiante , ove 1' epidermide s'era fcrepolata, e la pelle parca più sbiadita, come fi fuol vedere ove è chiula ne' tumori infiammati la marcia. I polfi eran molli, gr-.ndi, ondofi , appena un pò troppo frequenti: la fluttuazione entro al tumore evidentiflìma : r uomo con occhi molto vivaci , ma come ottenebrato di fua ragione . Subito di fotto in fopra per lo lungo il rumore fu tagliato, e ne venne fuori gr.n copia di marce fottili , e cenerognole , e '1 fondo fcopcrto rimale tutto velato di certa aderente cotenna , la quale per altro non impedì che fi ientilfe l' oiTo loitopofto fcabro e cariolo per buon tratto d' intorno al centro del tumore . Il terzo dì da quello in cui fu fatto il taglio, nel traerfi fuora quel mallo di sfilacci che dopo del taglio ci fi erano mefù afciutti , fé ne venne con elfi quella come 'fevofa e cenerognola cotenna del fondo ; con che l' olfo gualfo fi fcoprì tutto , che fi elìendea per 1' olfo frontale dalla glabella intorno per un buon tratto. Ed apparve sì fcabrofo che die chiaro a vedere che farebbe lo fiaccarlo a pezzi potuto riufcire. Come di fatti riufcì adoperandovi adattato inftrumento; ilaccato l' olfo , rimale tutta a giorno quella ibtiopofta parte della duramadre, che rinchiude la porzione più più anteriore del feno longitudinale; a tal che cFiIaramentc il movimento del feno potea vcderfì . Era manifefto che in tutto il tempo che paifavu tra 'l principio d' una ei'pirazione e 'l principio della feguente infpirazione , il feno non folo pulfava fincrono alle arterie del carpo, ma fi prefentava in ogni pulfazione turgido, e rilevato: e per l'oppofto nel cammino d'una intera infpirazione fi quietava, e moftravafi piano . Ed infinuando i« all' inlermo che fi fernialfe dal ripigliar l'aria nel petto per maggior tempo, che non fi folca, continuavano per tutto quel tempo le pulfazioni , ed in elle l' elevatezza del feno . E fu fpettacolo degno veramente e curiofo ciò che feguiva ogni volta eh' io fuggeriva all'infermo che traefTe l'aria nel petto non così placidamente come naturalmente fuol farfi , ma con la. maggiore preRezza poffìhile ; perchè fotto una infpirazione celere non fi fpianava folo il feno, ma s'abbaffava fino a moftrare in tutta quella parte del fuo cammino una notabile fovea , non fenza un' idea di colpo che il pariete anteriore del feno communicalfe al pofleriore, a giudicio più deiroccl)io, che dell'orecchio. Quefìo fperimento però volle a mie preghiere l' infermo ripeter più di raro , perchè dicea di fentirfi ogni volta vacillare il capo , e come venir meno . Dal che conclufi io, e tutti coloro che curiofi di vedere queflo fenomeno eran fovente meco a quefto fine, che folo una violenta infpirazione metta a vuoto il feno, che nelle . tnfplrazioui ordinarie mai non divien tale . VI Pure fenza afpettare , che gli effetti d' una abominevole malattia mettan l'uomo in iflato di mofìrare Icoperto il feno longitudinale , poflbno gì' infanti per la naturale condizione del loro bregma otfrire un triviale eiempio del feno pulfante . Ma la loro oifervazione manca fempre di quella nitidezza, che negli efprelfati cafi d'uomini adulti fi fuol ritrovare; parte perchè la refpirazione ne'primi tempi della vita è piena d' irregolarità , ed ha i fuoi tre tempi jDolto iproporzionati , eccedendo fempre lo flato di Dà '•*^ aio erpirazlone e di quiete del petto ; e parte nncora, per non dir d'altro, perchè il bregma, acciocché non lotfra oltragi^io dalle cofe che gli fi apprelfano , per lo più reità dalla natura p.eflamenie munito, e coperto di una ampia crolla, foniiglievole r.d arido cuojo , che un certo tenace e melmofo umore ivi dalla cute fcaturito , ed addentato le -fa per feudo. La cjual crolla né ivi fuol trovarfi prima del terzo ni^fe della nalcita, n? di là fi fepara , e cade ■prima che gli ofli frontali non fi fieno perfettamente eftefi ad occupare tutto il cedevole e pullante luogo del bregma: e fin che quefta non cada reftano molto ofcure le pulfaziorii del feno. Né fé quella crolla ivi talor manca, lafciando fcoperta la cute del bregma , giovar molto fuole a chi quel luogo offerva j perchè mai non manca che nel folo cafo di natura molto debole , che non valfe a produrla , e fempre è fegno d' infermiccia coftituzion di quel corpo , E perciò non folo allora quella crofta tutrice manca al bregma , ma elfo bregma s' incava , e fa folfo , e cooiì fa •tonofcere che il fottopofto cervello è magro e depreflo , ed incorfo in atrofia, e non dando a' nervi di che nudrirfi e valere , mena tutta la macchina a fmagrimento nervofo . Nel quale lìato sì fon caduti i vafi venofi e poco pieni , e sì fncrvate e mifere le forze del cuore, che Ifc puliazioni del feno quafi fi obliterano . Ne' fanciulli nati di pochi •giorni toccando il bregma , che é ancor fenza crofta , lo trovo fempre qualfi in livello col refto della gibbofità della calvaria e pulfante con una frequenza di battute confecutive ed uniforme , fcnza difcerner divario tra '1 tempo delia efpirazione , e '1 tempo della infpirazione . Ma trovo vero che i neonati hanno le ifpirazioni rare e corte j e lo flato d' efpirazione lunghiffimo : e fembrano fovente o non refpirare affatto , o molto di raro . VII Effendo dunque vero, che non meno ne' bruti, che nell'uomo co flante mente il fangue rifalga per le vene al cervello nel tempo della efpirazionej merita quefto importante '"'ìMk^ III, S-to^- ■ fenomeno le più minute ed efatte ricerche, perchè lì conofca come pec le interne vene giogolari fi faccia dal 9uore fare al fangue un tal movimento. Terchè non potendoli dubitare che quella regolare retrogradazione dal cuor non cominci , principio ed origine d' ogni ordinato mpvimentp che nella circolazion lua il fangue fa. eia ^ farà primamente da efaminare da qual parte del cuore queflo nuovo movimento del langue ver.ofo abbia principio ; e poi con qual mecanifnio la natura faccia che per il tronco della fuperior cava e per le iole interne giogolari vene il fangue poifa regolarmente rifalire al cervello. La prinia delle quali- ricerche è men che non l'altra dillìcile a determinare. Perchè nafcendo il grao tronco della vena cava fuperiore (Tav. XVI, f?) dalla fommità dell' anterior feno (Tav. XVI,//) del cuore, feno carnofo e dorato di chiara forza motrice, è evidente che la forza eh? polfa dar urto , e comunicare azione a], fingue , di cui quel 'tronco è fempre pieno, debba da quefìo feno venire . Nel qual feno, che ha feco aggiunto l'anterior orecchio del cuore, è tale e tanta la bruttura mufcolofa, che indica ad evidenza quanta virtù motrice debba avere . E ne' viventi animali aperti è fempre fiata in fatti una fucceiTiva azion contrattile ài tutti gli oifervatori nel deftro feno, ed orecchio del cuore uniformemente riconofciuta. Da tutti però è fiata fempre creduta diretta ad ajutare il fangue là dalle vene portato perchè fpedito e con qualche impeto entrafle nell' anterior ventricolo del cuore ; e non già fatta per rifpingerlo , e rinienarlo in dietro, per le flelfe vene onde era venuto, verfo il capo. Cola per altro, che mai in penfier d'uomo venir non potea , fé le fperienze , già fopra narrate , non avelfe prima conofciute, e, non folfe ftato fuori della volgare •credenza, che elfendo generalmente le vene vafì addetti a Riportar fangue da tutte le parti del corpo al cuore , non poc^fTero elfer capaci che di dargli una fola direzion di «animino . Tanto è dillìcile e perigliofo nelle cofe della ■matura lilfar leggi certe e generali, e di quelle prove, che D d a 'Ht-^ aia il abbiano per poter concludere del più , valerfi a man franca per concluder del tutto. Certamente io irov'^o vero, che aKune particolari vene nella macchina dell' uomo allontanano fovente il fangue , e '1 diflolgono dall' imprcfo cammino verfo il cuore , o per evitare che troppo non ci fi affolli, o per procurare una maggior pletora , ed un urto maggiore fopra certi luoghi, che ne abbifognano. Della qual cofa fi troveranno, io fpero, non nelle fole interne giogolari , ma in altre vene ancora della macchina animale chiari argomenti , e d' incontrafìabile evidenza . Vili Ma prima d' imprendere un precifo efame del vero luogo del deftro feno del cuore, da cui il fangue della fuperior cava venga rifpinto fino al cervello, uopo è moftrare che tal rifalita non pofTa efTeie effetto né di ripercuffione né di ribalzo che il langue abbia dal cuor che gli rcfifla; né di percolTa, che lo flerno, dietro a cui il deflro (eno, ed- orecchio proffimamente fi trovano, nel tempo delh efpirazione abbalTandofi gli porti fopra; ma fia tutta una azion pcfitiva, e difegnata , che dallo antcrior feno , ed orecchio del cuore fi produca appoftatamente , con preparato e fiabile fottìi mecanifmo in ogni efpirazione . Perchè cfaminando attentamente la podzion dello fìerno , che come feudo protegge, e dietro fé tiene coma in cuftodia il feno e l'orecchio anteriore del cuore, fi trova queft'oflb, non dico dal feno, eh' è più pofteriore, ma dall'orecchio che è piìi avanti, sì difiante nel tempo che il petto nella efpirazione s' abbalfa , che a nelfun patto non può nello flato naturale urtarci ibpra . E refia sì bene lo llerno dalle cortole che tiene lateralmente inferte, o articolate, in tal dilìanza mantenuto, che per potere all'anteriore orecchio almen per poco- avvicinarfi , converrebbe prima diflaccarlo dalle coflole, e lafciarlo ifolato . Il che quando fi faccia fi vede sì che lo fterno s'abbaffa lafciando le difgiunte cortole più in alto, ma non fi abbalfa mai tanto che anche in minima parte toccar poffa , non che urtar nell* orecchio , Perchè 113 dunque nella natuni pofizione delle parti poffe Io- ft.rno in tempo d' elplrazione piegar tanto in dietro , che urti full' orccchro , e dia con ciò tal colpo- al l'angue in elfo accolto, che l'obblighi ad ondeggiar verfo il capo, dovrebbe non folo trovarli diigiunto e diltaccato dalb co 1 Iole , ma ben anche aiutato da qualche altra violenta efterior forza a penetrar molto in deatro. Inlino a che dunque refti con le collole congiunto e foflenuto , non pu~i affatto la fterno nella efpirazione né ali' orecchir» né al congiunto- feno anteriore avvieinarfi , ed hi confeguenza non può Brtargli. Oltre a che fé gli urtaffe, non potrebbe comunicare , che un fol urto- in ogni efpirazione , né produrre che una fola azion dr rifpinta fui iangue di quel cavo : e pure finita refpirazione nello lìato di ripofo, e di quiete del petta fcguita il fangue re^golarmente, e con l'ordine fìelfo per la firperior cava a rifalire. Ed in quanti uomini ho iodi propofito voluto efaaiinare ladiftanza che redi tra: la faccia interna dello flerno, e '1 fito oppolfe dell'anteriore orecchio e feno del cuore , avendo fatto aprire il petto- deftro ed- avenda olfervato da quefto lato il mediaftino, ho fcnipre veduto, che quella parte del pericardio, che cuopre l'orecchio e *1 feno defl,o^ e le due cave,- e l'antcìior ventricolo del cuore, e'I principio dell' arteria polmonale, el gran tronco dell' arteria aorta , tutta protubera dentro al cavo del petta deliro, e tutta è dietro lo Remo-, e forto la fua protezione, e dal defìro polmone è ricevuta , che ivi efprelfamcnte fa feno, che quella grande protuberanza del pericardio, e si ben piena , riceve , ed accoglie . E quella protuberanza fa che il mediattino fu fempre a delira rn quel lìto per tal cagione notabilmente gibhofo. Ma dal termine più. anteriore di quella gibbofità fino allo fterno che gli è rimpetto, tal dillanza fi trova, che il mediaftino anteriormente difteiq pur occL;pa, che talvolta giunge fino a diciotto linee parigine . La qual diftanza per lo contrario è fcmpro incavata , e fa feno verfo il finiftxo lato del petto , tale e tanto, che 1' anterior lembo del deftro polmone ci penetra, ed o di fé , o d' una fua fingolare appendice , il riempie . La quale appendice quando d' aria il polmone è pieno , come nella infpirazione fuole accadere, tra lo fterno e r anteriore orecchio infinuandofi G dilata arrecando notabile preihone alla inferior parte del deftro-orecchio. E ciò più accade perchè il pericardio, ove 1' anterior feno ed orecchio copre, non è mai da elfo diftante , ma Tempre vicino, ed in perfetto contatto . Da ciò nalce che la faccia delira del mediaftino mai nell' uomo non lia così fpiegata , che refti piana; e che a ragione l'umano mediaftino dietro al liniftro margine dello fterno debba finire, giacché la natura, ha voluto , che il deftro polmone coprifTe tutte quelle parti del cuore , che dal finiftro margine dello fterno a deftra, corrifpondono . Dietro al qual margine finiftro sì bene il mediaftino fpelfo finift:e, che avendo talvolta uno fìiletto rafeiite quefto margine introdotto nel petto, efattamente l'ho trovato difcefo tra le due lamine dell'anterior mediaftino e dall'uno e dall'altro lato da elfe lamine coperto. Or fé generalmente gli animali muojono reftando col feno , e coU'oiecchio anteriore del cuore pieni anzi turgidi di (àngue più dell'ordinario, e di fangue grumofo o polipofo , che fempre maggior dilatazione e più ftabile dee apportargli; la ragion di credere che nello ftato di vita e di fanità lo lìerno mai non raggiunga l'orecchio e'I feno deftro, siche urtando in eflì nel tempo della efpirazione obblighi il fangue per la fuperior cava a rifaltar fino al cervello , crefce dall' oifervare che neppur li raggiunge quando fonq più turgidi e più gonfj, come foglion irovarfi dopo 1^ morte . IX Non dee però tacer fi una cofa , eh' io credo ii\ quefto genere degna d'attenzione : e quefta è l'infigne differenza , che palfa nello flato , e nella direzione di molte parti del cuore, tra giovani, e vecchi. La quale differenza molta luce può fpargere per agevolaxe l'intelligenza deU<* diverfirà, clie nel fuo movimento dee il fangue fubire nelle diverfe età dell'uomo : ed in parte fervirà ora per confermare, *che la difcsfa qualun4ue dello iìerno , e delle coltole in àtntro al peito nella efpirazione , in ninna età pofTa fui feno e full' orecchio anteriore operar tanto che cagioni la rifalita di quel (àngue venofo fino al capo . E cominciando dal corpo del cuore egli è in vecchiaja più pallido, più flofcio , più di callolìtà per tutte le fue parti efteriori variamente colperfo , men appoggiato , e men fedente fui diaframma che in giovinezza non fi moftri . Ed 0 fia che l'aorta incallita nel tronco gli ceda meno, e refa più corta fel ritiri in fopra ; o che il pefo del cuore fia divenuto in vecchiaja minore; o che finalmente, per ciò eh' io creda, afflofciati in vecchiezza i mufcoH dell' addomine, e refifi gì' inteftini meno elaftici, men turgidi, meno Slevati, è 'L fegato men fugofo, e più cafcante, non più foftengano molto in alto il diaframma, e quefto in giù cadendo per propria imbecillirà, e per difetto di foliegni , non più mantenga fopra di fé traverfo il cuore, ma in certo modo l'abbandoni, e l'obblighi a reftarfene appefo; egli è certo che il cuor fi trova e più tirato in fopra, e per la più parte fatto perpendicolare di quafi traverlo che prima fi trovava. Nel quale flato accade talvolta di trovarlo in giovinezza quando anticiparono i mali quegli effetti fvantaggiofi dell'ultima età . La grandezza del corpo del cuore anche in vecchiaja fi rende minore; ma quella del deliro feno, e dell'orecchio deflro più che in altra età molto maggiore . L' orecchio finiflro quafi è chiufo, e'I finiftro feno di capacità affai manca . Il che porta a far conofcere che nelle vene cave fovrabbondi , e fi ritiri più di fangue in vecchiaja , e che in proporzione ne pafli, e ne appartenga affai meno del folito alle arterie. E giugne ne' vecchi a tal fegno la turgescenza del feno e dell'orecchio deliro, per l' abbondanza del fangue che in elfo è ritirato, ed accolto, che tirato giù dal pefo del fangue che rinchiude, la fuperior parte, e la più Ubera del deliro oveccliio refta molto ditlratta , e di .laccata dal tronco dell'arteria aorta fui q lale s'appoggia, ed ha come nicchia propria, e limitata. Della qual nicchia da pochi conofciuta è d'aver molta ragione, sì perchè la natura con eleganza d'artifizio l'ha diilinta, e sì ancora perchè alcune fue parti fon degne di molta ritleflione . Prima adunque è da dire , che ulcendo 1' aorta dal liniftro ventricolo del cuore vergente a deftra obliquamente , intorno ad otto linee di diflanza dal cuore , è anteriormente a traverfo comprefa per tutta la (uà larghezza da una fpezie di barriera ligamentofa rilevata più o meno, fecondo che di pinguedino .che aver fiiole più o meno abbonda. E quefto ligamento alla eRerior membrana di quell' arteria aifiifo, è attraverfo, fecondo la conveffità dell'aorta (Tav. XVI, rr): e con la iìniftra eftremità non di rado, lafciata l' aorta, li gitta per qualche tratto fu l'annelFo tronco dcUa polmonale arteria, e fopra quefìo tronco fi difperde, e fvaoifce . Q^uefta traverfa limita come farebbe un argine i confini ove l'eftrema fupcrior parte del deftro orecchio polfa edenderfì , non già. quando vuota di fangue s'afilofcia, e cade, .e fi ripofa fui cuore ^ ma ben quando il fangue entra più in effa a riempirla . E pare verifimile che polla concorrere ad incitare l'orecchio a follecitamente contrarfi all'arrivo del fangue che l'abbia ripiena, con certa reazione ron cui dee corrifpondergli. In alcuni foggptti quello tal ligamento io non l'ho rinvenuto: ed è ftata cofa degna d' attenzione che quando quella traverfa è mancata., il tronpo dell'aorta non l'ho mai veduto rilevato, e gibbofo, come eflTer fuole fimile ad arteria piena , ma in V(?rit;i vuota di fangue , e folìenuta da un fijo proprio intrinfeco , ed ignoto vapore ; ma fempre per lo lungo incavato e depreffo . Il che mi , .fa credere che quello Ijg^imento non folo filfi il confine: alla diftefa del luperior cono (Tav, XVI, iii) del defìro X)recchio , ma a guifa d'un arco freni l'anterior pariete dell' aprta, e '1 .contenga 3. modo, che mantener fi debba ' inarcato. inarcato , e gibbofo , né cader pofTa facilmente fopra al pariete polìeiiore . X Ma che che fia degli ofcuri fini, che la natura pofTa aver avuti nel mettere codefìa barra traverfa incontro al ruperior margine del defiro orecchio , giova avvertire , che in vecchiaja tanto quefìo orecchio con l'annelTo feno di fangue abbonda, e si dal fuo pelo è giù dilìratto, che molto da quella barra s' allontana , e molto ancora dalla convella faccia del cuore , a delira , e verfo il dorfo inchinando. Dal che opino che tragga origine una infigne inutazion di fito che il feno deftro, e la fuperior cava mofìrano in vecchiezza. Perchè quando s' apre dalla parte d'avanti il pericardio, del defiro feno nulla non fi vede: e pure in uomini di giovane età accanto all'orecchio rilevata e turgida una qualcr.e fua parte (Tav. XVI, //) Tempre fi manifclia. Né il tronco della fuperior cava ne' vecchi molto fcoperto appire a deftra delh gibbofità , o fia del maggior feno dell' aorta . Che anzi il deftro lèno dietro il fuo orecchio occultato è tutto pofteriore, e dorfale ; e '1 tronco della fuperior cava dalla molta gibbofità del maggior feno del tronco dell'aorta foprafFatto dietro quefta grande arteria quafi tutto s' afconde . Nella quale niutazion di lito dal primo nafcer dell' uomo fino all' ultima fua età trovo una progreffione continuata . L' infante ha il tronco della fuperior cava dal tronco dell'aorta fempre diftante d' una linea o due ; ed in quella prima età 11 tronco dell'aorta è quafi eguale, e manca di quella foverchievole gibbofità che forma il fuo feno maggiore, e che gli fopravviene mano mano cogli anni ; e come quefìa gli va venendo guadagna fempre luogo verfo la cava fuperiore : e prima gli fi avvicina, poi gli fi foprappone. tanto di più quanto di più va con gli anni quella fua gibbofità crefcendo . Ed in tal modo occupa negli adulti molta parte di quel tronco venolb , ed in vecchiaja finalmente l'occupa, ed occulta tutto. Dal che fé la cava fuperiore comodità ritragga, E e si8 ovvero refli incomodata in alcuna parte de'fuoi ufnzj, altri per ora Ce '1 vegga . Io ho voluto dir di ciò a lolo fine di far più conofcere, che con gli anni l'orecchio, e '1 leno deliro del cuore femprepiù s' allontanano dal davanti del petto , o lìa dallo lìerno, e che onninamente non può quelVolIo, né .pofTono le vicine cortole nella elpirazione abbairandofi elTer la mecanica cagione, onde dal leno, e dall'orecchio deftro del cuore il fangue venga fpinto a rilalire fino al cervello. XI Che le quefìa non è certamente la vera cagione onde il fangue della fuperior cava regolarmente riialga al cervello , uopo è cercarla nel fuo vero principio , e riconofcerla da una azion ftabile, e pofitiva , che il feno , e più r orecchio anteriore del cuore , a quefto precifo fine regolarmente coftrutto faccia nel tempo d'ogni efpirazione . Perchè un etfetto coftante , e regolare dee riconofcere una origine flabile ed ordinata: e trovandofi le riialite del fangue venofo contemporanee a' battimenti del polfo, convien dire che la loro forza motrice agilca nello lielfo tempo in cui agilcono le arterie. Or quefta azione fé fia di tutto il facco anteriore del cuore che comprende l'orecchio, e '1 feno deliro, o di una fola di quefle parti, merita efame . Io dopo molte ricerche fatte fu quefti luoghi, e dopo molte e reiterate olfervazioni, ed efperienze, ho trovato vero, che quefla azion di rifpinta venga in ogni efpirazione efeguita dalla fola anterior parte del deflro facco del cuore j o fia dal folo orecchio , e non già dalla parte pofleriore , o fia dal feno. Il qual feno nel tempo della efpirazione fi trova in tutt' altro flato che non è quello d' agire per la rifalita del fangue venofo fino al cervello . E perchè fi vegga come l'orecchio, e '1 feno deliro, congiunti elfendo , e formando infienie una fola, e comune cavità, fieno non una fola, ed indivifa potenza, ma due potenze diverle e diftinte tra loro , concorrenti ad uno flelfo effetto , e ad uno fleifo fine, ma ciafcuna feparatamente diretta in modo par ticolare , giova dichiarar prima la loro naturale pofizionc', ^lU di cui conofcenza quelle verità chiaramente derivano. E primamente è da olfervare, che la cava iuperiore fcende fella cavità del pericardio quali perfettamente perpendicolare (T.XVI, ee, T. XVlI,yy)j e la cava interiore entrando in .Oppofizione nella ftelfa cavità , v' entra molto obliquamente ^T. XVH, k) venendo da dietro in avanti; a tal modo, che l'alfe della fuperior cava con l'alfe della cava inferiore «love s' incontrano fanno infieme un angolo ottufo di circa •125 gradi. Il qual angolo ha la ma divergenza verfo la fpina, e la convergenza riguardante lo fterno. Da ciò deriva, frhe nel deliro feno del cuore due lave di fangije entrano in oppolìa direzione tra loro, una che piomba a perpendicolo dalla cava fuperiore, ed un'altra che entrando per difetto Y attraverfa , dalla cava inferiore . lo non credo andar errato, fé quelìe due lave conlideri come due correnti, che con direzione tra loro in molta parte contraria entrino impetuofe nel deliro feno del cuore: e fé dica che moftrando jquefte due lave d'elfer dirette a palfarfene nel deltro ventricolo 4el cuore per quindi far tragittare il loro langue nell'arteria polmonale, la corrente interiore fia meglio della fuperiore a portata di ciò confeguire . Perchè l'alfe della vena cava Il inferiore , e '1 fuo intero orifizio con cui s' apre nell' ima parte del feno , fono sì ben melli rimpetto, e sì ben corrifpondenti con la porta venofa del deftro ventricolo del ■cuore, e sì vicini l'uno all'altro, che evidentemente fi conofce l'impeto della fua corrente dover menare il fangue dirittamente a quella porta, e per elTaal defìro ventricolo del cuore . Ma la corrente che fcende a perpendicolo dalla fuperior cava dee alla corrente inferiore ,* quandoché fi incontrino, attraverlandola, tagliare in gran parte il cammino, ò infrangerlo almeno e debilitarlo . E da ciò appare che de due oppolìe correnti , eh' entrano nel deftro feno , fi teàmbattan tra loro , a lolenne fvantaggio della regolata , e .^cida entrata del di loro fangue nel deftro ventricolo . Anzi chi ben ritktte, edefamina lo ftato naturale di quefti £ e 2 f*»^ 140 luoghi, dee confeflare, che la corrente fuperlore fé fcende libera nel dcflro feno del cuore, dee nuocere al progreffo della corrente inferiore non folo perchè gli attraverlì il corlo , ma anche perchè fé gli offra di fronte , ed a modo da dover molto impedire la fua libera falita, e da invaderla, almeno in parte, fin dentro la cavità della (le Ila vena cava inferiore . XII Le quali cofe fé nello (lato naturale de'luoghi, e nell'ordinario corfo della circolazione, accadeflero, dovrebbono fenza dubbio moka traverfia , e Iconcerto molto arrecare al libero cammino del fangue delle due vene cave verfo il cuore. Ma per ammirabile provvidenza della natura ficuraniente non accadono . E le due grandi correnti del /angue venoJ\\ con quel mecanifmo che fard ora dimojirato , nel dejìro JenO del cuore non fi collidono j e fenza urtarfi vicendevolmente pajfano per la più parte, in tempi diverfi al dejìro ventricolo del cuore ^ e fé paratamente vi portano ciafciina il fuo fanone , Parrà quefta alferzione, io fon ficuro, prima che con chiare, ed evidenti prove non reiii dimoflrata, un altro paradoffo : ma fi troverà certamente folida e vera, doj-o che fi farà conolciuto il forpienoente artifizio che la natura ha melfo in quel luogo del deliro feno, ove l' incontro, e la coUilìone delle due correnti del fangue potrebbe accadere. Artifizio, che in mezzo all' efame, che da tanii, e tanti valorofi uomini del cuor fi è fatto, non dovea refìare occulto j o fé fu forfi una volta fubodorato, non dovea fubito limaner negletto, e per mancanza di nuove, efatte e continuate ofTervazionidimeniicato. Il che ha dato gran remora alla intelligenza di quello nobilifiìmo articolo della dottrina della circolazione. Prima però eh' io dica di queflo grande artifizio ciò eh' è degno d' effer laputo , topo è avvertire , che uomo non creda mai poterlo ravvilare, e riconofcere, fé non efamini quelle cofe nel cuore lafciato intatto, e nel fuo naturai fito dentro del petto. Chi volelfe in un cuore fvelto di mezzo a' polmoni codefto artifizio compiutamerite ofTervare , e conofcere i "•'^ 111 precifi rapporti de' fnoi ordigni ^ ed i Tuoi maravlglioft effetti finalmente comprèndere, incorrerebbe nel cafo in cui per fini ile ragione deggiono efTer incorfi molti grandi uomini, di non conofcerlo giammai, e di reftarne efattamenic all'oicuro. Per lare adunque che nel deiìro feno del cuore, in cui le due grandi vorrenti del fangue venofo s'immergono, eirendoci una fola, e continuata cavità, effettivamente s' impediica rincontro delle oppofte correnti, e fien qucfìe obbligate fenza urtarli a paifar divifamente nel deftro \'entricolo, ed in tempi diverli, tien la natura, durante la vi a ^ in quella parte del feno , che è tra la- porta venofa del deliro ventricolo , e la bafe della fuperior cava , pofteriormente elevata un' i/ola , che dalla polìeriore , e finiftra parte del feno innalzandoli s' erge, e viene avanti tanto che occupa il palTaggio,, che tra l'una, e l'altra cava potrebbe ivi rimanere. E l'occupa a^ tal modo, che s'avvicina, o tocca l'interior faccia del deftro orecchio quali nel fuo di mezzo . Così applicandoli a queft' ilola l'interior faccia dell'orecchio deftro per la fua parte di mezzo, refìa diiiinta in due parti, una fuperiore al contatto- deli' ifola , ed un' ^Itra inferiore . La fuperiore comprende coll'ifola uno fp.izio, che è tra la fuperiore metà dell'orecchio^ la luperior parte dell' ifola, e l'oririzio della fuperior cava. L'inferiore un' altio fpazio copre, che tra l'orifizio della inferior cava , e la porta venofa del defiro ventricolo del cuore fi ritrova al di fotto dell'ifola, e nella inferiore metà del feno . In tal modo la corrente luperiore del fangu« nello fpazio fuperiore del feno entrando , e nell' ilola imbattendofi, che da ampia bafe s'erge conveffa verfo il di mezzo del defiro orecchio, terminando ivi la vetta gibbofa, ed ottufa, in vece di fcenderfene verfo il fondo del feno , e portarfi con impeto contro la corrente inferiore, dechina Idrucciolando come per un piano inclinato contro la fuperior parte dell' orecchio difpofta dalla natura in fingoUr maniera a riceverla. XIII Ma pi Ima di dire ciò che avvenga alla deviata corrente fuperiore capitando nella fuperiore parte del deftro orecchio, che la natura a quefto hne ha fatta notabilmente ■ concava , ed attiva ; e come ciafcuna delle due correnti palli ' al deftro ventricolo in diverfi tempi, ed alternativi tra loro; e fé talora il fangue delle due correnti incontrar fi polfa , e fubire mefcol.mza ; prima , dico , di tutto cib , bifogna "dichiarare donde code ft'ifola abbia principio, ed in qual modo iìa prodotta, e fé fia fìabile, e ferma cofa, ovvero foggetta ora ad elferci, ed ora a fcomparire . Senza la notizia delle quali cofe, malagevole ed ofcura rimarrebbe la fpiegazione sì del palfaggio, che in diltinti tempi, ed alternativi, hanno .le due correnti al deftro ventricolo del cuore , come della maniera onde nel tempo della efpirazione la corrente del fangue fuperiore vien rifpinta per la fuperior cava al cervello . Nafce adunque nella fuperiore e finiftra parte del defìro feno r ifola già detta , prodotta da una eftuberanza che lo fìelfo pariete pofteriore , e finillro di quel feno forma, .cedendo all' urto, .ed alla fpinta che gli viene dal fangue onde fi fa turgido il feno finiftro del cuore diet^ro quello pofterior pariete del deliro feno fituato . A talché quando il liniftro feno di fangue è turgido, come è fcmpre nel tempo della efpirazione, per lo fcarLci che in elfo feno allora più fanno le polmonali vene; nel fito traverfo che ha il cuore, il pelo, e l'impeto di tutto quel fangae, che in tal feno è raccolto, gravita, e fa tal urto fopra quel pariete pofteriore del feno deliro, che 1' obliga ad efturbare contro l'interior faccia del deftro orecchio, e formar l'ifola già defcritta. Dal che rifulta molto chiaramente, che trovatidofi il finiftro feno o fcnrfo di fangue , come nella ifpirazione .avviene, o vuoto, come in un cuor recito, e feparato dallfe vicine parti fenipre fi trova, l' ilòla fcomparilce, né di efOi nel deftro feno neppur fegno rimane. E tanto meno l'ifola rileva quanto è minore la quantità del fangue in quel feno adunata , come è ne' v.ec,chi ; o quanto più iil balio ed ià dietro il feno è difìratto, come in ogni infpirazlone accade, in cui i polmoni con diftenderfi verfo balfo , e fcendere verlò il daframma, j-ì le polmonali vene dirtraggono , che refta con effe il lini tiro feno ancora difìratto, tirando a fé ed abbalfando il poilerior pariete del deftro col quale è unito. QuelFifola non è dunque nella flruttura delle parti del cuore una parte iVibile anch' elfa , ed organizzata, ma è un accidente del deliro feno dalla natura però, mentre abbiam vita, nel tempo della efpirazione ftabilmente procurato con altiiììmo difegno , e foftenuto fecondo il bifoi^no eoa adattati mezzi a quelVufo. E per ciò è un imponìbile iìfico poter la minima traccia di queft' ifola trovare ove la ricerca fi faccia o ii> un cuore fvelto dal petto, o in urt petto da cui fieno flati fvelti i polmoni, o finalmente in foggetti ne' quali le invincibili refiflenze , che i polmoni ■ hanno oppofìoal fan.^ue del deliro vervtricolo, faccian trovar dopx) la morte vuoto il fmiftro feno. E portando io ferma opinione, che l'ifola ch'io deferivo fia quella ftelfa fteffiflìma cofa che l' Inglefe anatomilìa Lower fino dal 1660 chiamar volle tubercolo (1) del deftro feno del cuore, olfervo con rincrefcimento , che quefto valentuomo non abbia a tempo ed opportunamente avvertito sì l' inftabile condizione di quefta pirte, che le cagioni, che efifter la facciano, é vicendevolmente la facciano fcomparire. La qual cofa fé fatto aveffe, non avrebbe per avventura l'efillenza di quefto tubercolo fofferto tanto contrafto da' pofleriori cffervatori . Certamente non v' è oggi anatomifta che quel Loweriano tubercolo riconofca efiftente, e non poco dee aver contribuito * quetìo comune inganno l'avere il Lower falfamente afferiro che quefto tubercolo nalca da gralTo ammaffato a queft'uopo Actro al deftro feno ,' quandoché gralfo ivi la natura mai ion ha melTo, o fé tra la bafe della fuperior cava, e l'aorta (l) Dr Corde caf. 1. alcun poco v' è di gratfo, è troppo lontano dall' Ifola: e fé Lower aveffe voluto impiegarci un poco di diligenza , e d'attenzione, l'avrebbe evidentemente cono'.ciuto. 11 modo adunque da poter vedere l' ilola eprelfamente è recidere col taglio intorno intorno tutto il de Uro orecchio, edeflrarre di dentro al feno, che c.sì fi Icopre, con diligenza, e fenza molto premere le vicine pani, tutti i grumi, ed ogni altro fapgue ivi rinchiufo . Nettato il ieno , i' ifola iì vede chiaramente , e fé con una lancetta queft' ifola fi penetri , fi vedrà fubito il fangue del fini Aro feno in cui la ferita li trova penetrata, efcir fuori, ed in ragione della fua ufcita r ifola abbalfarfi. Lo fpazio intanto, .che l'iloh comprende è tanto eCteib, che quafi occupa tuttala fuperiore pofterior parte del feno deftro ; perchè tutta la folla ovale , il fuo di fopra , tutta la folfa coronaria, fono in elTa comprefij i quali liti dalla turgidezza del fottopoflo finiflro feno rellano elevati. Ed io ho fempre, e coftantemente olfervato , che ferita 1' ifola , maflìme nel fuo centro , e per la ferita introdotto traverfalmente uno fliletto nel feno finiftro, quefto fìiletto è dirittamente penetrato fin nel finiflro orecchio, e per lo più è pallàto fino alla lua punta , Il che fa conofcere che r orecchio finiflro è in perfetta oppofizione col centro dell' ifola . Anzi il finiflro orecchio sì diametralmente oppoflo all' ifola corri fponde , che fé l'orecchio finiltro o in tutto o in parte fi recida per 1* apertura che fé gli fa introducendo uno fliletto, quello dirittamente palfa fino alla vexta dell' ifola . XIV E' dunque manifeflo che la corrente fuperiore del fangue venofo entrando nel tempo della efpirazione , in cui r ilola è elevata , nel deftro feno del cuore , -non pofTa fccnder libera fino alla parte inferiore del feno ad incontrarli con la corrente inferiore , jria dall' ifola , che in mezzo al feno fé gli oppone, refli impedita, ed obbligata a declinare come sdrucciolando in avanti nella conca ( Tav. XVII, eece) I del deftro orecchio . Ma il deftro orCiCchio è si lacertolo, I ed t^ irritabile, e tanto d'ogni nuovo, ed impetuofo contatto inlolfeienie , che non può quell'urto ricevere, ne quel pefo di fangue , lenza commoverli all'ifianie, e lenza piocuraie con una violenta contrazione, e Aringimento di difcacciarnelo. Si contrae dunque, e la rifpinge dandogli quclh direzione di rilpinta , che eraitamente corrilponde alla direzione dell'uno comunicatogli da ferii, e potenti lacerti carnofi che in quella tal fua conca luperiore interiormente fi trovano . E per ciò quefti fuoi lacerti dalla natura sì fono fiati congeg.iati nella conca, e difpolli , che movendofi , e contraendofi , Ipinger deggiono da fotto in fopra la fuperior corrente, e cacciandola da fé, rimenarla, con quanta forza, s'abbiano, per la luperior cava verfo il capo. E quella rifpinta fa montar in alto , e retrogradar la corrente fin che la forza di gravità del fangue non la vinca, obbligandola, a ripiombar di nuovo full' orecchio. Così alternativamente fale e dilcende dalle fìeffe forze combattuta, fin che ritorni I r in'.pirazione , che abballando e fpianando 1' ifola , il bipartito feno riunifca , e comunichi . La qual cofa, s'intenderà manifellamente dopo aver efpofta l'elegante, e ben difegnata bruttura interna del deftro orecchio; bruttura che comunque da valorofi olTervatori con diverfe defcrizioni iìa fìata in parte illufìrata, in parte ofcurata , potrebbe Ilare che polla fotto quello nuovo punto di vifla, qual è di conofcere come vaglia in tempo d' efpirazione a rifpingere nella fuperior cava il fangue, che in elfa fi trova, da l'otto in fopra , dia e lafci di le più facile idea , e più chiara , E per ciò fare bifogna cominciar dal dire , che il tronco della cava fuperiore entra a delira per la fommità del pericardio entro il di lui cavo, e vi fcende per circa quattro pollici quafi cilindrica . E sì poco nella fine della fua difcefa crefce il fuo lume, che il diametro della cava nella fua prima entrata nel pericardio , fi trova elfere al diametro, che ha ove finilce coU'aprirfi nel deliro feno ^1 cuore, come 18 a 15). Ove inferiormente la cava F f lìiperlore lia fine comincia il defìro feno, che è come un ventre ovale melfo di fotto in fopra perpendicolarmente a deflra del cuore, e termina fopra la baie del pericardio. In quefla fine inferiore ( Tav. XVI , ^ ) fi trova meno flretto , e vi riceve la inferior cava ( Tav. XVII , ^ ) , che con l'eftremità del fuo gran tronco, trapalfato avendo il diaframma appena, con l'interiore eftremita del feno adequatamente s' inneità . E paragonando il diametro delle due cave, che nelle due oppolk eftremiià del feno lì aprono, trovo il diametro della fuperiore ( Tav. XVII, AA ) elfere al diametro della inferiore (Tav. XVII, k), come 9 a 12, o lìa come 3 a 4. A mirarla da fuori la luperficie di queflo feno fi trova molto unita, e lifcia ; ma tutta la fua faccia anteriore, che fi prefenta la prima aprendoli il pericadi , efcrcice da f^pra in fotto a guifa di boria dì divcrfa capacità, fecondo che lon varj i foggetti, e fecondo che il cuore in quefte fedi alla piena del fangue più di diftrazione o menn lì trovi d' avei- lofFerto. Quella anterior borfa del deliro feno è quella parte, che fi chiama orecchio dejìro : del quale orecchio ninna parte del cuore ha nel petto fito più anteiiore. L' eflerna apparenza è la prima cola che fa difcernerlo dal feno , che lo produce ; una fuperficie che fembra interrotta, e difuguale, ed un colorito per la maggior traiparenza di molti lùoi luoghi, e per la bruttura lacertofa che ha , più carico , e quali violaceo, lo difegnano apertamente . E la fua figura fomiglierebbe peifetiamente un mezz'ovo divifo per la fua lunghezza , fé nelle due efìremità non avelie delle confulerabili efcrefcenze . Perchè dalla eflremità fuperiore produce a guifa d' un capuccio fciolto, e libero d'intorno per la lunghezza d'un buon pollice , che per gli arricciati fuoi margini pare molto ornato, e termina inchinando a finitura con una o due punte più acute . Io lo chiamo il cono faperioie ( Tav. XVI, Hi ) dell' oreccliio deliro . La bafe del qual cono forge ampia dal di mezzo dell'orecchio, ed inlenfibilmente cfìenuandofi s' erge fino all'apice . E con la inferiore cliremità molto più larga lorma 1' orecchio deliro un fondo di facce ftacc.'.to, e pendolonè, che poggiando fopra la lafe del pericardio afcondc dietro a fé t talmente l'entrata della cava inferiore . Chiamo quello fondo del deliro orecchio il lobo inferiore ( Tav, XVf, k g ) per certa analo^;ia d'attribuiti con l'orccchietto deli' org;no dell'udito. 1 Qiieiìo lol'O è comodamente ada2:gi ito in un incavò, che J fopra al fegato, ivi immedi .tamente al diaframma fottopofìo, (' lì trova aqiieti'ulo, reitando quivi il fegato tanto da quella { parte del cuore diilante, quant' è a|-pena Li doppiezza del ; frammeifo tendine del diatran.ma, e del congiunto pericardio. I II cono fuperiore tutto cade, e ripofa libero nella nicchia, r] che è tra il liganento celluloio , ed adipolb che attraverfa i; anteriormente il tronco dell'aorta, e la baie a delira del 1; cuore . Nella qual nicchia ho fpelfe voice trovato una o )' due pendenti e libere borfette di graffo atte a dare molto I, foiTìce appoggio al cono fuperiore, che ivi entro bene fpelfo \ gÌLOca . XV Ma la faccia interna di tutto il deAro orecchio io credo che debba elfer diftinta in due parti dalla natura fielfa di forma, di fito, di bruttura divife. Percnè la metà fuperiore che comprende tutta l'ampia baie che va nel cono a finire è tanto fingolarmente , e coiiantemenie incavata, e circofcritta , che dall'altra metà che refta inferiore, e difcende lino al lobo, è chiaramente diverla . La prima delle quali prolegge la metà luperiore del feno che è tra rifola, e l'orifizio della fuperior cava, e la feconda refla incontro l' altra inferiore metà , che è tra 1' i(ola , la porta venofa del deliro ventricolo del cuore , e l' oriiizio della vena cava inferiore. E quando l' orecchio fi diiìacca dal cuore tagliando la lor congiunzione a finilb a . e portando il tnglio ( Tav. XVII, ) dalla bafe del e no infino al lobo, rovefciandolo a delira s'apre tutto il feno, nella concava faccia dell' orecchio , chiaramente fi difìinguono i confini F f i dalla natura rTabiliti tra quefie due parti . Perchè la metà fuperiore è tutta come una conca ( Tav. XVII, f^fe) formata di figura ovale, che dalla metà dell'orecchio s'erge per la fua lunghezza verlo il cono : e la metà inferiore relk più elevata, e più piana. E di tutte quelle due parti elfendo \ interna bruttura di lacerti mulcololi erettamente fornita , ha anche la natura per marca iireiragabile d' una ftcìbile diftinzione fra queftc due metà, data molto divcrfa direzione a' lacerti dell'una da c|ue' dell'altra. Perchè la conca ha i fuoi lacerti nati e finiti dentro di fé llelfa , e difpofti in maniera che formano un bel niulcolo entro al fuo feno. E '1 centro di quefio mufcolo da cui come raggi tutti i la- certi p'.rtono, che per 1' interna concava iuperficie della conca lì diiìendono, efce dal mezzo in fopra del margine anteriore dell' olìio venofo del deliro ventricolo ben carnuto leinpre e pieno , e d' un lol pezzo unito , e non di rado più che non il fuo reilo biancheggiante, mafTìme fé fia fiato tenuto alcun tempo a ma.terarli nell' acqua . E nella infinita varietà eh' io trovo nella grandezza, nclh direzione, e nelle forme di tutte le pai-ti del cuore ne' diverfi foggetti della fpezie umana, a modo che una perfetta fimiglianza, e corrifpondenza, né ne' feti, né negli adulti tra due foli foggetti, dopo tante olfervazioni, non ho mai potuto fin oggi riconolcere, anche qucfìo centro del mufcolo della conca del deftro orecchio ne' diverfi foggetti diveriamente fi mofira. Tra le quali diverfità fpelfo una ne occorre d' elegante profpetto , ed è che talvolta quel centro carnol'o dall' indicato fuo principio a guila di piramide fi ftende in mezzo alla conca , da' lati della quale piramide a guifa d'una paln)a a dritta, ed a manca e cono i lacerti, che verlo il deflro margine della conca ordinatamente fi portano . Tutti quelli lac.rti corrono da finitìra a deftra o! liquamente in fopra , verfo il deflro pariete del feno, non gii a giiiia de' denti d'un penine, come altri ha creduto, paralleli, ma prima divergenti, poi vcrfo la fine alquanto convergenti. Io chiamo mufcolo della conca ( Tav. XVII, ceee ) cel deftro orecchio del cuore quelV ordine di lacerti tanto lìngolare • E chiamo bicipite I dei dejìro orecchio l'altro niufcolo che rimane, de' di cui due ventri uno è fuperiore ( Tav. XV! I, ce ) ed al cono , appartiene , regolando i fuoi moti ; e l' altro è inferiore 1 ( Tav. XVII, ddJd ) ti alh inferior metà dell'orecchio è 'I addetto . Qitefto ventre inferiore ha maggior grandezza , ti più nerbo, e lacerti in tu' i' altra direzione l'ormati . Quefto 'I mulcolo ha il fuo principio cainofo a delira, ed efce molto dall'alto di forto al cono ( Tav. XVII, ccdJdd ). Scende I con un forte e ben carnuto lacerto tra '1 dertro margine ': della conca, e del feno, e dopo aver cinta tutta la linea , I che a delira, ed inferiormente termini la conca, fi dilata il in molti, e grotfi, e Ipeill lacerti, che dalla comune origine »j partendo pdfano divergenti a (lenderfi e ad occupire tutta \\ la inferiore metà dell'orecchio infino al cuore. \Là anche II etieriormente eonfiderato l'orecchio, e con dili'cnza efaminato >l nel confine delle due parti che nella fua interior faccia sì '. chiaramente fi ditlinguono ,. ha fovente da finiflra a delira una bian;a fafcia oi-liquamenie fcgnata larga di due in tre linee, che moftra come i limiti tra le due metà. Falcia che talvolta inchina al giallo per certa fottile porzioa di p nguedine che lott > 1' erterior membrana dell'orecchio in quel lìto li trova. Chiamo qnefta Tafcia obliqua, quando fia manifelh, linea bianca del deftro orecchio . In tutti gli fpazj che fono tra lacerti sì del mufcolo della conca ,. che del bicipite , da' quali due mulcoli tutta Tinierior ftruttura del dcttro orecchio è comprefa, fa la natura ufeire da' lacerti maggiori de' piccioli lacerti, ì quali fotto la membrana che quegli fpazj elteviormente copre, difteli, rendono que' fondi elleriori più refUlenci , ed a;:'giungnno fuiìidj alla forza motrice de' lacerti maggiori perchè refilìano alla piena impetuo'a del f ingue con più conliftenza ed energia . XVI Da tante ricerche fin qui fatte, e defcritte per mettere nel più chiaro aipetto, e per iftabilire fopra certo i.i fondamento la ragion pofuiva onde l'orecchio deliro, e 1 feno dalla narura forma i fi trovino per poter dare alle due oppofte correnti del l'angue venofo entrata Icparata nel deftro ventricolo :eì cuore in tempi diverii , e TucceiTivi , fcnza colliderli f:a loro, e dando l'una all'altra tempo, e comodità di paiTare , molto i.pert.imente fi rileva quanta economia la natura inpit-ghi nel dirigere al cuore il l'angue venofo, e come a quella t nto ben intefa direzione prelegga , e dia regola la rei; irazione . Allorché l'uomo infpira, e trae l'aria nel petto, il diaframma scendendo verfo l'addomine da dietro in avanti fchiaccia e comprime il fottopoflo eliremo tronco della cava inferiore, e 1 iuo estremo orifizio che s'apre nel fondo del feno deliro opprimendo fotchiude. La valvola Euftachiana che dentro qiiell' orilizio anteriormente fi fpande , ottura qualunque refiduo di quefìo orifizio non fia rimafo jdal diaframma perie.ttamente e iufo. L' ifola fi appiana, e toglie ogni ar-ine che la corrente luperiore del iàngue incontrar polla nel palfaie al deliro ventricolo . Così la corrente luperiore piomba libera , e quali fola in tutto il cavo del feno , palfanao , quanta ne può il vcntricola- ricevere, per la porta venoia. Alia inlpinzione lòlleclta mente l'efpirazron luccedendo l'ii'ola s'eleva, che il cavo del feno in due civide ; 1' inferior cava di ritorno in fopra del diaframma fi rimette in libertà dando rapidamente al fuo fangue libero pa'To al cavo inferiore del deliro feno, e direttamente per l'oppofta porta venoia al deflio ventricolo, e fi mena feco , e fi mefcola qualunque refiduo di fangue della corrente luperiore nel tempo della inlpirizione in fondo al feno fi trovi ri ma fa . E ne' due tempi che l'efpirazione compongono Icgue la maggior cava a (caricarli del fuo fangue, mentre il fangue della cava luperiore è detenuto col va e vieni dal cuore al capo, e dal e.' pò al cuore. Ed è forprendente come i due mulcoli dell'orecchio deflro in un tempo llcffo fìiano in azione; quello della conca fpingendo la fuperior corrente da fotto in lòpra , e '1 23' bicipite menando la corrente inferiore da dritta a manca nel ventricolo d.-ftro . Ciò fa comprendere che la corrente fuperiore fenza aver bifogno d'ajato del deftro orecchio, e forfi in tempo del iuo lipofo , guidata dalla propria gravità, nel deftro ven' ricolo fi ipinge e pafTa : e che la corrente inferiore, come più pigra, e contro la propria gravità falendo dell'azion dell'orecchio abbia bifogno per ben entrare nel deftro vn-ntricolo . Sono adunque gli orecchi del cuore due cuori impellenii per le vene , come i due ventricoli fon due cuori per le arterie . Ma il finiftro orecchio pic- ciolo , e mefchino, a qu li vene appartiene^ Sicuramente al finiftio ieno, ed all' i fola che di quefto feno s' eleva nel feno deftro, e che dall'azione del finiftro orecchio fincrona col deftro, e con le due giandi arterie, acrona col cuore, vien prodotta , e foftenuta . Spiegazione delle Tavoli. ' Tavola XVl. Rapprefenta fcoperto nella naturai fua fltuazione clie ha nel petto il cuor d'un giovane, morto di ferita, che gli troncò r iliaca fìniftra, e '1 rapprelenta di grandezza nat .r.ile. 11 pericardio è aperto avanti da cima a fondo con un lungo taglio perpendicolare vicino al mediaftino , eà un altro taglio obliquo in fuora che dalla bafe fcende al nuicrone a lin di mettere in prolpetio il cuore umano, ed in efTo mofìrare la pofi/Jon perpendicolare del fuo deliro orecchio con le Tue aderenze . Il corpo del cuore è un pb difcefo a fmiftra per lafciar più dillinti i grandi tronchi fanguiferi fbpra , ed a deftra ; ed un pb voltato in dietro . aaa. Farti del pericardio, che cuoprivan il davanti del cuore , ^pcr lafciar in villa il cuore nel proprio fuo filo, rovelciate . b b. Bafe del pericardio aderente al diaframma lafclata fcoperta djalla faccia piana del cuore menata un pò indietro . e. Apice del pericardio corrifpondente all' apice del cuore . dddd. Corpo del cuore. e e. Vena cava iupcriore , //. Parte del deftro feno del cuore vifibile dal lato del medialiino. g, EBremità inferiore del feno deflro fotto al lobo dell'orecchio, che riceve il tronco della grande cava inferiore . hhhh. Il grande, o fìa il deftro orecchio del cuore. i i i. Il cono fuperiore libero del deftro orecchio. k. Il lobo, 0 fia la libera inferiore eftremità del deftro orecchio . ///. La ///. La faccia e Seriore dell'orecchio convefTa, e levigata, benché a primo alpeito fembri ineguale per la trafparenza dei lottopotìi lacerti carni li . mmmm. Parte anteriore della faccia conveffa e fuperiore del cuore, che tien folto di le il ventricolo deliro, o lìa anteriore . nn n. Arteria polmonale, che cfce dalla foramità pofìeriore del ventricolo deliro ialendo da deftra a finifìra avviticchiato al tronco dell' aorta che gli palfa fotto . 0. Luogo ove r arteria polmonale , efce dal pericardio per paifarfene a' polmoni . p. Ramo dell' arteria polmonale , che per dietro al tronco dell'aorta, e della cava fuperiore, palfa al polmone deitro . (^qqq- Tronco dell' aorta che efce dalla fommità del ventricolo finiiìro del cuoi e, e fale per ufcire dalla fommità del pericardio, col tronco dell'arteria polmonale un poco attorcigliato . rr. Ligamento trafverfale cellulolo adipofo del tronco dell' aorta . ss. Diflanza fatta nafcere tra l'aorta, e la cava fuperiore che naturalmente fono in contatto , col trarre un poco il corpo del cuore a finiiìra , a fin di difcernere i loro limiti, e di far vedere i luoghi fottopofli , GS «34 Tavola XVU. Preferita il cuor d' un uomo di circa felTant' anni morto di ernia incarcerata, e cancrenata. L'orecchio deftro è perfettamente diliaccato dalla parte anteriore , e fuperiore del cuore per vedere aperto il feno deftro , e la fìruttura lacertofa della faccia interna del deftro orecchio. eaaa, Eftenfione intera della interior faccia del deftro orecchio . ibbb. Luo-o del taglio che l'ha diftaccato dalla unione col cuore . e e. Ventre fuperiore del bicipite dell' orecchio « ^ddd. Ventre del bicipite, inferiore. eeee. Mufcolo della conca. //. Seno deftro . g. Luogo ove più r ifola s'eleva, dietro al quale è il feno liniftro del cuore . hh. Sboccatura nel feno deftro della cava fuperiore ii. k. Sboccatura della cava inferiore . /. Valvola d' Euftachio intiera , e non forata come fovente s' incontra . Mi Orifìzio della gran vena coronaria . Aru Principio della valvola tricufpidale pofìeriore . à «v Sue cordelline rendinofe . pp. Principio del ventricolo deftro del cuore aperto . ^ q. Tronco dell' aorta . issK. Parti di pericardio rovefciatc « vv V. Corpo del cuore . i XII. OSSERVAZIONI SUL CTTINUS, SULLA STELLERÀ PMSERWA E SULLA CER^TONI^ DEL PENSIONARIO DON ANGIOLO FASANO Comunicate alla R. A. f anno 1781, Edi è gran tempo che io cercava opportuna occafione da efporre al mondo letterario alcune poche mie olTervazioni fu quel ramo di fìoria naturale che Botanica è appellato. Or quale più opportuna e più bene avventurofa offerir mi fi poteva di quella, che quella R. Accadem a , mercè la fana provvidenza del noftro Sovrano iftituita, oggi mi prefenta ? Certo che altra niuna . Efporrò dunque ora ben volentieri a quefta riipettabile adunanza , e confeguentemente al pubblico tutto , le Olfervazioni da me fatte di alcuni nuovi caratteri fcoverti lui Cytinjs , fulla Stellerà paJJ'erina e fulla Ceratonia ^ il fiUenia felfuale di Linneo feguendo . Mentre io nell'anno 1774- dimorava in Pifciotta terra pofìa fulla cima di una collina lungo il mare, tra T Alento e Capo-Palinuro , ebbi la forte di fcovrire nelle predette piante i nuovi caratteri , che a fuo luo2;o fi efporranno . Ne feci allora partecipe il noftro Collega il Sig. D. Ni, colò Pacifico; e nell'anno feguente gli mandai di là le piante frefche del Cytinus ^ alnnchè folfe (lato egli parimente G g 2 tcftimonio di vifla di quan;o di quefla bella pianta Ìo gli aveva per lettere fignificato . Si ritrovava in quel tempo in qualità di viaggiatore naturalifta in quella capitale Adolfo Murray, il quale ellendo andato a fare una vilita al Paciuco, ne fu egli opportunamente anche ocular telìimonio , mercè la gentilezza del dotto noliro collega, ficconie quefti poi per lettere me n' avvisò . Quella gr.iziofiffima pianticella, per gli caratteri di cui la natura l'ha particolarizzara , allogar lì dee nella clalfe Monoccia Gynandria ove anzi ivi forma il nuovo ordine J)od(:candria, ed in confeguenza un genere tutto nuovo . I caratteri di Alonoecia Gynandria fono ia elfa di condizione tale che non fanno equivoco a cuno . E quando mai fi ftimalTe, giufla il fentimento oggi di alcuni valentuomini, mandarla nella ril'pettiva chiTe Dodecandria , pare ella per gli caratteri che polTiede meriterà tempre il luogo di nuovo genere. Refterà in tanto a ciafcuno 1' arbitrio di allogarla ove egli iti ma più a propofito : io 1' allogherò nella Monoecia Gynandria , non ancora avendo badanti ragioni , a mifura del mio talento , da rimaner perfuafo che le quattro claiTì Gynandiìj, Monoicìa, Diaccia^ Poli.aamia nel fiftema feffuale fieno fupcrtlue , importune e inutili . Quante volte la natura ha voluto quel'e quattro famiglia particolarizzare per caratteri proprii , e con ciò diverfitìcarle e fepararle dalle altre, io non intendo per quai motivi fi abbiano da fupprimere, rimefcolando generi e fpecie, colle rifpettive clilTi e generi. Picciole accidentali aberrazioni, che ben fi polfono così dire, di cagioni eftraordinarie, che nelle altre clafTì li olfervano fulla fruttificazione, non ci devono far lafciare di veduta, ed abbandonare l' ordinario collante ordine della natura , e con ciò rimefcolar le claffi che fon opera di ordine di natura. Non è qui luogo di diicorrere a lungo di si dilicato punto; e forfè altrove avremo occafione di efarainarlo. Cosi dunque la Stellerà pctjferina farà fituata nella Poligamia, e la Ceratonia rimarrà nella fua clalTc j ma non peiciò fi" toglierà a chi altrimenti ftimaire, l'arbitrio di farne quell'ufa cHe egli vuole. Veniamo ora a darne le delcrizioni sì generiche che fpeciali ; avvifando che non avendo oggi la Botanica i termini fuoi per le fatiche de' dotti Lotani^i in altra lingua più proprii che nella latina ( quando in greco- non fi volelfc fcrivere ) e che volendo eicguirio ia italiano, bifognerebbe durar fatica per fornìare e definire i vocaboli, il che nel noflro linguaggio- richiederebbe luni.he fatiche, ed il confenfo di molti; perciò le detcrizioni fi feranno da me latine per renderle più tacili a comunicarli a, chi ignoralfe il linguaggio italiano . Adunque Cytinia Jlinnia . Pifì. Perianthio brevius: Germen oninino nillum : Stylus cylindricus , rudis ; apex majajculus , fubovatus , oéìo^dusy fegmenta bijiriata : Coronala ododentata^ acuta , Stigma reprxjentans . FcEminci grandiorex . Tajciculum mafculorum ambientes Cai. Involucri! m diphyllnm pt-rianthio breviuf ^ foliis oppo/itis ^ adprejjìs y fibcynibiformibuSj cannatis ^ ima parte angujìatis et Germini adnatis . Perianthium coloratami monophyllum infundibiliforme : tubus cylindrico-tctragonus , rudis , anguns inferne injìatla. JLimbus ereÙo-patuluSj quadri partius^ laciniis obtufis . Corol. Nulla nifi Perianthlum Ne£laria et GlanduU ut in mani bus . Pifìil. Perianthio brevius '. Germen inferum. Stigma mcjitfculum y capitdtum y Vertice dcpiajj'oy oéìojìdum j Jìrlis comprejjìs , conoexis . Peric. Bacca magna calyce .coronata , infera , glubofa , oéìoc ijiata, coftis quatuor alterni s ojcaris^ oilolocularn, Semin. Numero/a , minuta , fubiOfinda , veJicuUs gummi- efina plen'ts niduLintia : Plauti Jinic omnia fero una cuni ipfa juncìiiii maicefcentia j falvis feminlbus . 139 . Ohjervatio Numerus Antherarum , fegmentorum apìcis jìv^'t y partium fiigmatis fimul quarta parte major quandoque in majculis, Tabul. XVIIl Fig. I Explicatio a. Flos Fccmineux b. Involucium diphyllnm parte infermi aJnatum Germini, C. Perianthium d. Germen inferum e. Folium involucri Jeparatum f. Folium interdijìinguensjlores g. Stylus cim Jìigmate h. Flos mafculinus i. Jnvolucrum k. Stylus 1. Anthera àrea apìcem Jlyìi Jepe, ni. CoronuU oéìodsntatajìigma reprtcfcntans . n. Fundus tuoi perianthii cum I glandulis òafì Jlylì aJnltis o. Folium feparatum Jlorex interdijìinguens p. Stylus au&us q. Flos Fxmineus maturus r. idem f. idem limbo perianthii fpoliatus t. Jnvolucrum diphyllum bacc* parte inferni adnatum . u. Bacca medio tranfverfim ~ dijfecìa oSìolocularìs V. Semen X. Tubus perianthii in cellula! quatuor in longum divìfuS Jive Neiiaria , Dejcriptio Radix longa plus minus lineas duas^ lata fere tantundem^ livnofa , verruca fimilis , radicibus Cijii in/erta , Caulis clavatus , palmaris , fefqttipalmaris , plerumque fubterraneus , uno fiorum fjfciculo extante ab imo follo/us , Jlavefcens , fragilis , f.icculentus , ut pianta tota . T'olia embricata f:juami limiliay fere lln^uiformia^ adfcendendo longiora t^^nuiora^ erofo-denticulatay glabra fubterranea forJiJe pallefsentta ; extantia medio deorfum lutea , furfttm Ute cherme/ma , eris fjpremis plerumque ttjìulatis , "Flores in fafcìculum tcrn'inahm coììcEll^ lutei ^ h'ìfpidulì, Mat^uli ìì.caIiÌ vix ■ eir^inentioies j duiio cinit^r numerojio're'i^ minorcs^ vix j>cdunculati. "FcemiTìti J(//j'es fafcicuìiim mafculorum ein.hientes . Omnes interdijti/ìéìi follis iji/is Floìiius hi eviptihus ^ fiipremis caulmis finiiìibits^ bufi FcEinineorum, et pedunculoruin vurfculorum fejftldms . Ncilaria vix .haréat-i : Glandulie primo vircfcentcs^ porro fnlvtc , dur^e . In Mafculìs apex fyli cóìcfdus , Jcd finvnìa fcomenta , lijìriata'^ Jinguhs firiis Àntheitt f, rigida in ìongum feffiìes , candid^c . Coronilla -ocìodentata , dentibus (i.ciiti!:^ ereétiSy vel connivcntibuSy fiignia rcprcjaentans^ alia omnia ut in Generis dejcriptitnc , Sapor amaro -Jìipticus 1 odor nullus, Floret Maja: anno longius radicibus Cijìi infidet'^ porro areja^a^ ccntraéìaque radice, ibi r elida fovea, excidit^ fiii^ihs, /icca., colore ujhilato. Q^uel^a pianta nel principio di febbrajo comincia a comparire a livello della fuperficie della terra fciepolata dalle Tue fpintej e lentillimamente fino alla fine di aprile e ji. aggio fi vede avanzare ; in queflo mele poi tutta velocemente fi compifce . Or lebbene per queiìo male tutta tutta ii fviluppi , intanto le femenze , come quelle che fon principio di futu-ri nuovi foggetti , non hanno acquiftato ancora il loro compimento . Etìa fi annidano per quefìo tempo in una polpa vefi:icolora piena di una bianca mucilagine , la quale a mano a mano palla in vlù fucco fimigliante ad una terebentina colante e delicata , e propriamente in una gommarefina, ma fenza avere odore alcuno . Queft'opera fa la natura dalla fine di maggio per tuttj giugno , nel qual tempo le femenze fi perfezzionano, l^e bacche reiìano perpeiuamente fui gambo j e quando tempo è di buttar le femenze , comincia la corteccia ad iniarlarfi," e così poi fcrepolandofi ad aprire l'ufcita alle femenze j femenze; ma quefte per altro non ifcappano , fé quel lo-o riceitacolo polpoib non è tutto bene inaridito. Se poi quelle fi diffeminino nella fiate dell' anno della fruttificazione itelfa, o nella fiate dell'anno fejuente, io non ne ho decifive oflervazioni : polfo però dire che l'apparecchio anzidetto richiede molto tempo, e che diflìcilniente può ottenerfi nel reflo della llaie dell'anno della fruttificazione , e che le bacche pofTono durare ben lungo tempo fenza corromperfi. cuftodite da quel fucco refinolo di cui fono imbevute . Per qual via poi penetrino fino alle radici de' cifli , non è facil cola deciderlo . Io fono nell' opinione del Tumcfort che, quanto dire, fi infinuino le femenze per le icrepoUture del Aiolo intorno j venendo quefla pianta fij i cilìi , che nafcono ne' luoj;hi caldi e fàbbionofi, e lapillofi, onde facili a crepolare ; come appunto viene ne' cifìi del noflro Regno, i quali naicono in luoghi caldi , il cui terreno è miflo di fabbione e lapilli ; ed in que' cifti che nafcono in terreno di diverfa natura , cioè denfo e legato , non H vede che rariifimo , o non mai . Ed è bene aggiungere che intorno al pedale de' cifti ove confina col fuolo, fi vede qua fi fé mpre " difìaccato il terrreno circolarmente , e quivi formarfi una folla a guifa di un imbuto in tempo di fiate , nel profciugarfi il terreno j o pure per lo dimenamento di ellì cilH a cagion de' venti; il che {i olferva intorno al pedale di altre piante ancora, dove col fuolo quello confina ; onde è che per quefla via poifono affai bene e più facilmente penetrare le femenze; ed in fatti il citino trovafi più che altrove numerofo nella ceppaja, o poco più all'ingiù. In oltre conliderando che ciafcuna pianta di citino porta da quattro in fei bacche, e che ciafcuna di quefìe ha feicento in ottocento femenze; per un numero sì grande di femenze rimefcolate con terreno mobile, può benifiìmo avvenire di avere alcune di effe 1' occafione opportuna , che col terreno medefimo pervengano alle radici de' cifli, elalve, anche a capo di lunghiflimo tempo, per lo favore di quel fucco H h 24* refinofo di cui fono fpalmate, che le garantifce. E per altro di sì gran numero di femenze non ne vengono che dieci in trenta piante , ficcome fi olferva fotto le piante de' cirti, ordinariamente non folitarie, ma per gruppi a radici contigue. Pervenute le femenze alle radici de' cifli, il glutine che le fpnlma , febbene prima fecco , dair umida poi e calore infierae del fuolo ravvivato , le attacca alla corteccia delie radici ; or quelle femenze fotcentrano nella corteccia , e nella parte legnofa s' infinuana» ove Iviluppano le radici: in qual maniera tal meccanifmo fi eferciti dalla natura , io non r intendo ; onde ne laido a più fagaci la cura di dichiararlo. Sono le lemenze del diametro di una quinta o quarta di linea, e di figura quafi rotonda. Or quefte non prolificano nel medefimo anno che (1 attaccano alle rauici de' loro cifti j e neanche nel feguente anno, e forfè neppure nel terzo. Se voi eradicate un cillo nel mefe di aprile o maggio , tempo in cui il citino è nel pieno fuo vigore e compimento , e nel mefe di giugno , voi ravviferete la fuperficie delle radici del cifto guemita di molti tubercoli coverti totalmente della corteccia delle radici del cifto; e quelli di diverfe grandezze : alcuni poco più , 0 poco meno di un feme di canapa , alcuni alquanto più grolletti, alcuni della grolfezza di un cece, ed alcuni anche più : la corteccia che li cuopre tutta fimile a quella del refto delle radici, egualmente colorita, fitta e lifcia; né qui vi fi raffigura veftigio di forame . Scoprendo i primi della corteccia che li cuopre, vedrete di fotto un tubercoletto elevato nella parte legnolà delle radici lifcio e duretto, e di color biancopallido ; come anche i fecondi : li terzi di color gialleito: i quarti di color gialletto intorno, in cima 'color rolTìgno; r.ipprefentando quelli ultimi una gemma bea ferrata, e lenza che effi tutti dalfero fegno alcuno di proflìma inolla . Olfervati poi a tempo fuo quelli che pr: mettono produrre le loro piante , che fono ordinariamente gli ultimi H84^ 243 ^J*»^ notati , fi vedono nella foprappofta corteccia fcrepolati ; e fpiando l'interno fi olFervano in forma di una gemma fquamofa, e fucculenra j e gli altri che tale mollra non danno, pianta niuna producono, e fi ravvilano in quelle forme, le quali nel niefe di aprile e di maggio dicemmo vederfi . Da tutto quefto fi può benifìTimo rilevare qual debba elfcre il corfo degli altri , ed in qual tempo e quanto lentamente fi fviluppino . Or dunque non viene quella pianta che fulla radice di diverfe fpecie di cifìo, come i Botanici ofTervano. Io non l'ho incontrata che nel cijtus fjlvifoUus intorno di quella Capitale, e propriamente nelle falde delle colline che coronano il Lago di Agnano ; e lulle radici del cijìus monfpelienfis nel territorio di Velia, oggi detta Cajìellamare della. Bruca^ e nelle colline di Fifciotta, dove nafcono il cìjìus incanus ^ il c'iftus falvifolius ^ il ciJlus mon/pelienfia ^ e quelli due alle volte per vicinanza confondono infieme le loro radici ; e pure io crlfervava che di cfli il cytinus con particolarità amava il c//?u? monfpelienfis . Il Turncfort parlando deir Ipociflo o fia Cytìnus che nafce in Greta , dice che fia pianta odoroi'a ; il noftro al contrario , che è la fìelTa pianta , non ha odore alcuno ♦ Il fapure è amaroftittico, e con particolarità quello delle Temenze . Le bacche fon piene di gommarefina , ma fenza odore anche quella ; quelle degli individui nafcenti fui cijìus monfpelienfis ne fono abbondane iifi me , e la facciano da quello che ha un fucco glutinofo molto grato per odore, come lo mofìra a fuo tempo fuUe foglie che imbrattano le mani toccandole, intanto neppure ha odore alcuno. Sicché le piante parafitiche , febbene abbifognino di un fucco preparato da altre piante per nutrirli , non è pero che quello non riceva più o meno in quelle p.ilfando ulteriore mutazione per renderli opportuno loro alimento Laonde le piante parafitiche non fempre portano le nicdefime qualità delle loro nutrici. Foflìarao pe.b dire d'altra banda «he H h a alle volte il fucco delle nutrici in paflando nelle paratifiche, conferva, anzi fpiega, le qualità di quelle in una maniera più netta, fpogliandofi di ciò che quelle qualità ofcurava , e attutava . In fatti , effendo , pochi mefi fono , capitato in una Drogheria , mi occorfe vedere fu alcune groffiflìme corteccie della chinachina un lichene foliaceo di figura circolare^ del dia/netro di una mezza /panna^ grojfolanamente lacero per f intorno : doppio una linea , anzi molto meno, dì Jojìanza coriacea^ morbido y /opra, co^or lion.ito chiaro^ lijcioy Jotto venofo e color nero^ radicato col centro. Il Drog nere me lo favorì volentieri : mafticatane picciola porzione , e replicatamente , fentiva uno fquifito e netto fapore di chinachina , fgombro di quel dilgallofo che fuole quella Droga avere : lo feci affaggiare al no Uro degniffimo collega il Sig. D. Giufeppe Vairo come troppo competente giudice di tali cofe. Egli è qui da avvertirli che quefta pianta pub recare molti vantagg' . Da elfa fi efprime gran copia di fucco, che ifpefhto è di molto ufo per la compofizione dei medicamenti, e nialTime per la teriaca. Or quefta droga po.Tiamo lavorarcela noi : e con ciò oltre all' evitare r inconveniente politico di efìrarre fuori del regno del danaro per provvedercene , fi otterrà il vantaggio d' averla lincerà ed efente da ogni adulterazione eh' è troppo facile ad accadere nella forefìiera. Di più nafcendone nel nofiro regno, particolarmente per il littorale meridionale, in tale abbondanza che fé ne può avere la quantità che fé ne vuole, fi ha l'opportunità di eftrarne quella copia di fucco che ilpeiTito pub communicarfi per molte parti di Europa , dove manca quefta pianta , e debbono perciò , come noi oggi , provvederfi da fuori del di lei fu:co . Veniamo alla Stellerà pafferina. E' quefta pianta una delle due fpecie del genere Stellerà del Linneo della clalfe ottava : ma i caratteri oggi da me ravvifati fanno che alla ì^oligamia fi debba j ne per cib rimarrà il genere foppreffo telandone l'altra fpecie Chamaejafme, la quale, per quanto indicano la defcrizione e la figura recataci da Ammano , fono nel fofpetto che diverfo genere fia dalla Paff'erina Stellerà : voglio dir con quefto che l' abito dell' una è totalmente diverfo dall'abito dell'altra, che fa fofpettare che al medefimo genere non appartengano: lìa puie quefla congettura qualunque, il certo fi è che \a. Stellerà FaJ/erina è di Poli^aima^ ed in quefìa clalfe la fitueremo in qualità di nuovo genere, e la chiameremo Lìgia. ■n rr ■ -r ■ • ( Polisamia Monoecia Va erma. Lipid , -,., \ , ,-, JJ ' O ( pianta habitu junccarum, Cara^ter eireniialis. Flores herm.iphroditi Coroll. monopetala tabulata.: Stamina quatuor fub faucty qitatuor tubi medio affixa . PilHUum fundo indufuin. Flores Fccminei Coroll. campanulato-ventricofa . Pijì. Germen evatù acutum corolla vejiitum. 0/nnes in eodem involucro axìUari fejfiles . Garacìer naturalis . Flores hermaphroditi et fcemineì^ In eodcm involucro gcmmacco fejfilcs , hafi contìgui . Hermaphroditi Cai. InVoluCrum tetraphyllum vel polyphyllum axHlare ^ gemmaceumy fejjfìle:, foliolis imbricatis, latolanceolatis . Perianthium nullum . f Coroll. monopetala tenuis , tubulata , bafi vcntricofa , involucro longiorj limbus brevi Jìmus, quadri pari ìtus j acutus ; fauM angujìata , lacini-iC laterales proximiores , mlnores . Stam. o(3o \ FiUmenta brevijjìma , quatuor fub fauce , quatuor tubi medio affitta alternìs brevioribus . Anthers rotando . Pift dimidinm tubi longum : Germen ovato - acutum fundo Corolla^t inclufum: Stylus brcvijimus: jUgrnd capitatum . Perle. fiuUiitn'.eius loco Corolla arefaSìafemtnl adharenSj nec ilehifcens ., Sem. unicum , Jìccutn , rojiramm , nitìium.^ dimidlo tu6ì coroUiC vejììtum^ reliquo CorolU claifo fuperextantc . Flores F cerni nei lai era! cs Coroll. monopetala , campanulato-ventricofa , involucro longior 5 Hirn\aphroditis dìmidio brevior , lateralis J limbus quadri partitus , acutus , òr evi s. . Pift. tuéi longitudine . Germen ovato acutum , Stylus brevijfimus antrorfum incurvatus . Stigma capitato truncatum , Perle, nullum: Corolla femini adh£rens ^ nec dchifcens, Sem. Siccum , rojlratum , nitidum , :tota corolla claufa vejiitum . Obfervdtìo Flores a decima diei hora ad mane .infequentis diei patentes \ dia vero claujì . In aridis locis multa pais Hermaphroditurum abortat ; pijiillum in fundo corolla perpujillum , tabidum . Tab. XVIII , Fig. II ExpUcatio. a. Perianthium . b. Corolla . C. Stamina cum Antherìs . d. Anthera aucta . e. JPiJìillum pediccllatum CorolU centro ìmplantaium L> 150 Or quefto carattere fi deve ben confiderare per efTer lìcuri che fia realmente calice il da me notato, ficcome dal Linneo, e dal Dillenio, perchè fi veda che Luduigio nel dire folla calycinaj art potlus petala? a torto dubitava. I fiori ermafroditi furono da me olFervati nel liitorale di Palinuro, e di Velia. I fiori mafchi mi furono favoriti dal Signor Don Filippo Caulino, il cui valore per U Storia Naturale è troppo ben noto, ed in particolare per r Entomologia : erano quefli fecchi , ma i caratteri ben fi potevano difcernere j ed erano fìat» da lui colti nella cofta d' Amalfi . Tab. XIX Explicati». Si» Lìgia ( pajferina ) . k. Folium cum Jlofculls in axilla . e. Stipularum rudimentay qnibus folla infident, B. Flores hermaphrodlti abortientcs , *. Flos hermaphroditus . I- Flos fxmineus . g. Corolla hcrmaphrodita patefa£{a , "♦ Stamina . j. Pifiillum . *. Folium involucri centro lanato, in quo fioreg infideM • Hji^ a5i are lo bagna , e fi fìendfi lungo quel.'a marina per circa un miglio e mezzo, e colla lua baie fi profonda nello fìeffo mare . La fua altezza fui lido , per quanto fembra alla vifla , può fìiniarfi poco meno di palmi . quattroc-ento : la fua fofìanza è del calcareo commune tutta bianca, e la durezza la fìefTa , e la faccia tutta eguale. E' per tutto formato di ftrati laminofi di picciola e variata craffezza , gli uni agli altri foprappofìi , ed aderenti , ma non già incorporati ; paralleli tra loro , e tutti infieme quafi paralleli all' orizzonte . Da cima a fondo fui lido è tutto ruinato per tagli a picco : onde a giuda diftanza fi prefenta agli occhi in forma di un antico fuperbo edifizio fabbricato a groffi e lunghi taffelloni . Ed è ben avvertire che le me mine non fon- recenti , ma di moko lunga età; imperocché per quel lido non efifte pezzo alcuno del fuo corpo caduto, e la faccia de' taffelloni è tutta liCcia e levigata . Da coteflo capo, e propriamente dal fiume Montebello, fino alle vicinanze di Capo-Spartivento per tre e quattro miglia entro terra dalla marina falendo, tutta quella efìenfione è un orrido profondo ammaffo di rottami di diverfa qualità e grandezza , ed in parte anche rotondati . Le rive de' fiumi fon di quelli materiali compofte e frani ifchiate di arena e marghe , e fono molto alte e tagliate a linea. Si molìra quefìa faccia particolarmente intorno Pentadattilo, collina che fembra avere un tempx) dovuto molto foffrire , ed il territorio fentire delle rivoluzioni . Nella marina di Bova a picciola dilìanza dal fiume i efifìe come ifolato un malfo quafi una collina, tutto comporto I di pezzi di picciola e diverfa grandezza, tutti grofiTolanamentc j faccettati , \ faccettati , e per maggiore intelligenza dico di figura poliedra : figura che troppo ten s'intende, che dovevano que' pezzi ricevere nell' aggregarli infieme , allorché erano nello Uato di pafta molle e jìgiii abile . La materia n' è tutta calcarea bianca, ed i pezzi all'ai duri, e rra loro ben commeilì . Intanto fi vede molto minorato per li pezzi che fé ne fiaccano dall'azione potente del tempo* onde dovè per gli fecoli innanzi eflere di alfai maggior mole che oggi non è . Or confiderando la figura di que' pezzi , e che la dovettero ricevere nell' aggregarli e commetterfi infieme, dobbiamo neceiTiriamente credere non folo che doveano elTere nello rtato di una palla molle e cedevole , ma che fotto le acque medelinie dovettero incontrar l' occafione di prima formarfi , e di una figura avvicinantefi al rotondo , per poi quella nella loro aggregazione potere acquillare . Onde non dee recar maraviglia fé nella luperficie della terra per tanti luoghi ravvifiamo ciottoli rotondati in numerofi e gran cumoli, quando efiì ebbero l'origine fotto le acque, i quali poi per leggiera fluitazione e ftrofinio fi fuflero anche levigati. Il capo Leucopetra e la roccia aggregata anzidefcritta fon due monumenti di molta fignificazione . Gli fìrati laminolì del Leucopetra , il cui livello fuperiore quafi fi eguaglia col livello fuperiore del monte , dimoflrano che (i dovè formare tutto per fucceffive precipitazioni e fedimenti della materia calcarea fciolta ed allungata nell' acque : che le acque andando a mano a mano ritirandofi , e con ciò rifìringendofi , erano giunte ad uno flato melmofo , molle , e colante : che tal era eziandio la fuperficie della terra almeno per pani: e che ne' luoghi meno agitati e ripofti le acque facevano tali depoliti . Per lo che dobbiamo parimente dire, che per quel tempo fi erano perla fuperficie della terra già formati de' luoghi vallicofi e de' folfati che fervirono nelle occafioni per dare una formale difpofizione a fitfatti depofiti. E cosi che tale dovè elfer quel tratto del capo dell' Arme, e che '1 Pittaro, a cui come appendice L 1 fenibra appoRo , avelFe fatto parte del recinto di uno di tali luoghi : monte che per tutte le ragioni dovè efler formato e conlolidato molto innanzi di quel capo , alla cui formazione favorì ( non lafciando divagare quella materia colante) ad ivi depolitarli . Egli è comporto di rtrati quarzofi, e di rtrati del lalfo micaceo quarzofo da mezzogiorno a feitentrione dirigendoli . (Quella roccia aggregata poi indica che la materia calcarea fi era già ritìretta, e giaceva in uno rtato molle e partofo, e che una violenta agitazione di marea o" corrente avelfe quel malfo paftolo fconvolto e lacerato in pezzi, i quali rotolando nelle acque acqui rtarono figure avvicinantefi alla rotondata, e che ceifata poi l'agitazione fi fulfero uniti iniìcme , favoriti, come è di ragione, anche dalla dilpofiiione riftretta del luogo, a poterfi aggregare, e a non divagarli; nella cui occafione poi dalla fcambievole prelfione riceverono quella figura faccettata poliedra . Da lutto ciò lembra poterli avanzare non fenza ragione, che dal Pittare fino a Capo Cenide, e dalle montagne di Nifi fini al Peloro e a lungo verfo ponente, quella gran valle che ivi tra que' due continenti oggi vediamo, il cui fondo occupano reciprocamente l'onde di due mari, e Faro è appellato, era già fotto le onde, per le prime modificazioni e difpofizioni , che la fuperficie della terra ricevè già formata . Il Pittaro e i monti di Nifi fon formati di rtrati quarzofi eretti full' orizzonte, e del fafi"o micaceo quarzofo che li fiancheggia e verte, e fon tutti in direzione dall'angolo di mezzogiorno all'angolo di fettentrione , onde non polfiam fupporre niuno necelfario neifo tra '1 Pittaro e Nifi, anzi più torto, ravvifando le difpofizioni delle picciole catene che le grandi compongono , come per là anche fi può ravvifare, dobbiamo conoilere che valle vi era frappofta come oggi già offeiviamo, formata fin dai primi tempi fotto l'onde raedefime , valle che verfo Melfuia doveva prolungarfi , e con ciò far porzione del Faro . Eravi in fomnia uno di quegl' intervalli , che naturalmente fogliono elfervi tra tllo e filo di montagne che le gran catene fulli medefima diipolizione compongono. Gì' immenfi ammalu di ciottoli , che profondano oltre il piano del mare per ambedue cjue' littorali di Reggio e di Mcirma , per le fpingge del Peloro , certo cl;e non fi potevano a quel grado di quantità accumulare e divagare, fé non vi avelfero incontrato fpazj ampj e profondi, e nel medefimo, tempo formare, fé le acque non avelfero occupati que' luoghi . Gli flrati orizzontali di breccia indetermiruta, che efirtono Tulle colline di Pentimele, fulla riva del canale all' elevazione più o meno di cinquanta in feifinta piedi fui piano del mare, come efiftono eziandio per le biffilTime fpiagge del Peloro ed a piccioliflima elevazione , indicano che un tempo le acque (Razionarono iulla faccia di quei luoghi . Così gli flrati fopraddefcritti della cofta del fiume Valanidi, lignificandolo fìelfo; anzi come quelli profondano molto più in giù del piano del letto di quel fiume, molirano che le acque parimente fino a tal termine di profondità occuparono quella valle; termine che forfè è molto più in giù del piano del mare ; imperocché il letto del fiume pochi palmi fi eleva lù di quello. Per le quali cofe par bcniihmo che la predetta valle fu per fuccelTivi gradi fempre dalle acque occupata, onde che non vi fulTe llato mai tempo in cui i fuoli di que' due continenti fi fuffero continuati in elevazione fuperiore al piano dell' acque di quel Faro . Efiodo antichiiTimo fcrittore, come quegli che vilfe intorno a fettecento ottanta anni prima di Gesù Crijìo^ vuole che il mare fi efìendetfe fui Peloro, e che Orione vi avcHTe fatti degli argini per impedirnelo ; fatto che parmi confermato dalla defcritta faccia e qualità del luogo (i). (i) Euftjchio Antiocheno ne' Commentarli fii Dionigi Periegeta nel verlo 475 fa vedere che realmente la Sicilia fi fufle difgiunta dall-a L 1 2 '^M*^ 268 Il llttorale di quella Calabria dal capo Suvero fino a Scilla moftra per fé d'aver fofferto violenti tagli e troacamenti di ben lunghe porzioni del continente, e dopo formatoli il Tirreno , e tutto il Mediterraneo . Che il golfo di S. Eufemia di Nicaftro fulTe un cratere, e che fuife ftato un fondo-di volcano, lo fanno fofpettare la fua troppo determinata circofcrizione , quel tufo che alla fmillra del Pizzo efifte quafi fimile a quefto della nollri Campagna , e la qualità della terra fu quello efilknte , le terme Iklfe dette di S. Bidfe , e la gran copia di pomici fparfa in lungo ed in fa per que' contorni . E che per quel tratto fienvi materiali accenlibili, e che in elfeito vi fieno accadute accenfioni, lo dimollrano la faniofa e grande miniera di carbon follile in Briatico, e la voragine apertafi in Bivona accompagnata da fiamme nel terremoto dell'anno 16 3S, giulU la telìimonianza di Celare Recupito . La città di S. Eufemia eh' era fulla riva di quel golfo , in quello fcotimento s' innabifsò alla prefenza del Kirker in un lago puzzolentiffimo , onde è che quel littorale fu affai (oggetto ad accidenti di tal genere. Dal capo Zambrone poi fino a Scilla fono sì evidenti i caratteri di laceramenti e lunghi troncamenti a quella cofta accaduti , e le confiderabili eftenfioni di elfa occupate poi dal mare , ed efferfi tutto per cagioni violenti operato , ficcome la qualità de' caratteri lo indicano , non vi può elfere uomo che volgendovi lo fguardo poffa negarlo , particolarmente guardandone il ta^^lio del monte S. Elia fui mare . Che i terremoti abbiano da quel littorale troncate varie porzioni , ci fi narra dalla lloria , ed oggi 1' abbiamo cogli Calabria, a cui reruditiffimo Fabro Tanaquillo acconfente (v. l'epifl. 14 del libro I ), e che tal dirtaccamento fuffe accaduto in tempo che gli Ifraeliti IcofTero il giogo di Faraone, e che Acafto figliuolo del Re Eolo allora fignoreggiava la Sicilia. Qual fede meritino tali autorità, a. noi non appartiene l'efaiuinare. I occhi propri! veduto per l' accaduto alle rupi che cadonr» fu quel lido , ed infieme a quanto fi poifano eftendere le forze de' terremoti, ci vien comprovato per gli slanci delle falde delle colline a lunghe diltanze sbalzate , e per le profonde fovverfioni del fuolo per ben lunghi tratti . E fon qui per dire che fé mai il terremoto quanto produfTe e operò per le baife falde dell' Afpromonte e fottopofte contrade , l' avelie operato e prodoito fuUa gola descritta di quella penifola, l'avrebbe forl'e o gi difi^^iunta dalla parte fuperiore della fua r'O^'incia , e riunite l'acque degli oppoiii golfi di que* due mari : foprnttutto fé le direzioni degl'impeti delle icoife fuifero lìate da oriente in occidente, e non già da mezzogiorno a fettentrione. Potrebbe forfè un giorno un tale diliaccamento ed altro ancora accadere, confiderando la ferie delle catallrofi a cui è foggetta quella regione . Il monte S. Elia di Palmi cala a Ponente a picco nel tnare per un taglio da cima fin giù a fondo tutto a linea, e a mezza luna j è ci una faccia si aizzata, che troppo man i fé fti mente diinoftra una cagione tutta e'ììcace e infieme violenta , che dal fuo corpo n' aveife rabbiolamente dillaccata e sbalzata molto più della metà, per quanto la lua bafe ed il t.iglio par che dimoftrino . Calcolando la lunghezza del balfo piano della ina. falda che verfo Bagnara a libeccio mezzogiorno fi diftende, n' è il raggio di quello di (òpra miglia dieci , per lo che par che andava ad incontrare il continente di Sicilia colle antiche fue falde. Il taglio del lido dì Rafocolmo al Peloro è in una curva c'^.e continuata verfo Scili i e Bagnara e S. Elia profiegue in quella fua curva dil'pofizione, fempre col concavo fui mare lino a Nicotera e capo Vaticano verfo letten rione, talmente che forma un femicerchio, che tirata una linea ■ a capo Ra;òcolmo a capo Vaticano o Nicoiera, ne forma il diametro, dal cui mezzo tiratele 1 nee nel concavo dt quella curva, o vogllam dire la faccia concava del littorale, fi poifono avere quafi eguali, o di differenza non molto noiabile ; licchì quel golfo forma un vero femicerchio , un vero mezzo cratere femicircolare , il cui taglio n' è per ogni dove a picco fui mare, e molto in fondo j le linee o raggi li polfono ftimare di circa dieci miglia. La faccia del lido nel mare delcendente da Rafocolmo al Peloro mo'ilra benanche violenti troncamenti e rquarciature lìmilifiinie a quelle del lido da Scilla a Palmi . Per lo che dobbiam dire che anche da quello ne fu troncata porzione, che in quel mare fi eltendeva, e con ciò, cb.e andava ad incontrare le radici di quel monte , Sicché tutto quel golfo , molto dopo formato il Tirreno , era occupato dal continente, che poi da cataTtrofe , o terremotica o vulcanica, ne fu troncata quella porzione e innabbilfata, concorrendo il mare ad occuparne la fede . Or in tal cafo io porto opinione , che fi fulTe da Cenide al Peloro formato quel canale, e che fi aperfe la bocca di quel Faro oggi fui Tirreno . L' apertura di quella bocca fa porzione uniforme della curva che dalla faccia del Peloro fui mare fi cftende a Scilla . Il Faro prima forfè fi elìendeva non oltre il capo Cenide : l' impeto della corrente da mezzogiorno venendo par che fé l'avelfe voluto continuare fino fui Tirreno , 1' avrebbe dovuto dirigere ed aprire a fettentrione ( e per altro la qualità del fuolo era la iteifa ) ma la direzione del canale torce a greco , e la bocca s' apre a grecolevante nella pirte più refidente per la malfa della cofta della Calabria, molto maggiore della colia del Peloro . Ma febbene quella bocca W fulfe allora aperta per dove poi l'acque del Tirreno entrarono, è certo però che le acque dovevano occupare le fpiagge del Peloro fino a quel canale, pofte le fopraddefcritte qualità del fuolo. Si può lòltanto dire che erano balfifiime e di pochi piedi di profondità, onde benifFimo fi poteva dire la Sicilia continuata colla Calabria per quell' anguiliilimo fìreuo : e che Orione vi avelie però potuto agevolmente far degli argini, affinchè non venendo il fuolo intermedio occupato dall'acque, libero e fenza incomodo vi fufTe flato il pafTaggio tra ì due continenti j ma che di poi per l' accidente fopraddetto (1 fuire i'pezzato e profondato il fuolo , formato con ciò quel canale , ed apertafi quella bocca per dove le acque fi communicarono. Occupate le fpiagge del Peloro dai rottami cadutivi lopra da que' monti per forza di rivoluzione ivi allora accaduta , non poterono le acque più montarle : ed il mare eziandio vi fi farà forfè abballato da quel tempo in qua nel corfo di circa tremila anni . Io ripeto che chiunque vifita le fpiag2;e del Peloro, non pub affatto negare che non fulfero ftate a permanenza occupate dall' acque , ed in un pi ,no molto più baffo di quello che '1 fuolo oggi poffiede ; onde che non mni la Sicilia fi fuffe continuata colla Calabria, ma che que' luoghi ricevettero tali difpofizioni fotto le acque medefime , qualunque ne fuffe llata la cagione . Nel medefimo fopraddetto cafo fi dovè fpezzare ed interrompere il recinto di quella valle tra Nicotera e Palmi perchè porzione della eftenfione delle falde del monte S. Elia. Rcfta qui da aggiungere che Milito un giorno fuUe proflime colline fopra Reggio in dif\anza di un miglio e' mezzo, incontrai tr;i quegl' immenfi rottami pieirofi un grolfo pezzo di belliffima lava tutta pelante , color blò ofcuro per 1' eflcriore, fifìulofa alquanto, femicrifìallizata, e della natura fcerlacea : pezzo di lava che dovè certamente da qualche ignivomo prodìmo effer venuto . Imperocché non vi è ragione, che fulTe fiato là trafportato per qualche bifo;:no ; perchè fono ivi infinite pietre per ufo di macerie 0 di fabbriche , o per altro . Né vi potè efTere slailciato né dall' Etna, né da Stromboli per la lunga lontananza . K fé vi avelli potuto praticare le dovute diligenze, ferie vi avrei incontrati dugli altri pezzi, che potettero refilì.M-e alla voracità del tempo : attefo che molte fpezie di lave fon' foggetie e fra non lungo tempo, alla decomposizione e riioluzijne, onde non più fé ne polfono dilìinguere le velVigia. l'afTando alla corta orientale fui Jonio , fa a propofiro per l' anzidetto avvifare , avere od'ervato nelle pareti di alcuni cafini di campagna fuUa Ipiaggia di Capo Spartivento e propriamente nella marina di Brancaleone, ove agli ir di giugno giunti all'ore ventidue fummo obbligati pernoitare, come eziandio nelle pareti della Torre di ruardi.i , avere oJlervato , replico, molti pezzi di diveri'e fpecie di lava, alcuni de' quali erano della fieffa fpecie incontrata nelle colline di Reggio alcuni il Pumex vinens , ed alcuni di altre fpecie che troppo farebbe qui r.iccontare . Mancò" il tempo a poter que' luoghi vifitave : del refto noi crediamo che que' pezzi di lava furono raccolti inlìeme colle altre pietre di cui fon fabbricati quegli ediiìzj dai luoghi vicini, e foprattutto pe' letti de' fiumi ; imperocché quella fpinggia lungo il mare è tutta arenofa, e fprovveduta di que' materiali che avellerò potuto fervire a quelle fabbriche: l'immediata profondità del lido in quel mare non prmette alle onde di lanciar fuori i materiali del fondo : dobbiam perciò fofpettare che per quelle vicinanze flati vi fulfero un tempo alcuni volcani. Or quella cofta littorale da Capo Spartivento lino alle •vicinanze di Stilo e forfè piiì oltre, per lo tratto di circa cinquanta miglia di cammino in lungo, e circa quattro ìn largo , è un aiTembramento di variate colline , e quafi fu d' un medefimo livello , che fcendoi.o dolcemente fino fui lido arenofo , per lo più tutte bianche , che da capo Bruzzano fi riguarda una fuga tutta maravigliofa per la iua bianchezza per ben trenta miglia . Il lido è tutto arenofo, e baffo sì che il fuo piano quafi fi afiVonta col piano del mare ; ma intanto il fuo taglio immediatamente fi profonda come a linea nel mare di tal modo che quafi per ogni dove pofTono i legni afferrar quel lido . Merita poi tutta l'attenzione la diverfità e conformazione della faccia di quella cofta fui Jonio, in paragone della fua oppofta fui Tirreno ad occidente. (Quella moftra ad evidenza aver fofferto eftraordinarie violenze che lunghe porzioni ne troncarono troncarono e difìaccarono , molìrandone i caratteri non ancora obliterati dal tempo , anzi tali che quafi parrebbe aver di recente tutto fofferto : quella al contrario veruno di fifFatti caratteri non manifelìa, ma tutto iembra lu di ella avvenuto per una cagione, fefebene grande ed efficace , operante però con lentezza e fenza violenza: il taglio del lido che confina coU'acque, quantunque immediatamente fi precipiti ed a lungo nel mare, intanto non ha que' caratteri di violenza che manifelia il lido della cofta oppofta : in fomma non ha folTerto le rivoluzioni efìraordinarie , e particolari dell' altra . Son quelle ci Ulne quafi per ogni dove compofte della terra figlia della riloluzione e decompofizione de' tertacei , e di minuzzoli non ancora rifoluti di quelli . Ma tale terra ordinariamente non forma tutto il corpo di cialcuna collina; imperocché il loro fondo è di argille depofitate per là in tempo della prima fìazione che le acque vi fecero . Evvi eziaijdio mclta raarga , parte della quale è dovuta alla calce teftacea : e vi è della lodevole argilla margacea in alcuni luoghi niente impropria a formar de' vafi, ficcome in Gerace olTervammo. Vi fono frequenti e ben grandi miniere di gelfo, che in tutto mi parve ÌÌGypfum /equabile del Vallerio fpec. 68 , e que' paefani fé ne valgono a fabbricarne anche le cafe . La terra detta Buono/lare è tutta fabbricata di cotefìo geflo , che venne dalle fcoffe del terremoto rifpettivamente pochiffimo maltrattata . Le deconipofizioni perenni e grandi delle piriti , che a lungo formano gli tirati delle falde delle montagne contigue , poterono benilllmo dare occafione , per mezzo delle acque colanti , alla formazioue di tali miniere di gelfo in quei tratti di terreno ammalfati di terra calcarea figlia già dei tcfkcei . Senza divertire altrove , parmi qui opportuno luogo difcorrere delle numerofe nitriere che fono in quella cofta. ^i veramente meraviglia non folo la frequenza , ma M m l'ubertofità di tali nitriere, e l'eccellente qualità del nitro, come la gagliardìa e prontezza della polvere da cannone che ie ne fabbrica, lo dimoflra . Sono quelle terre, in maffima parte figlie della rifoluzione e decompofizione de' teftacei , fono fpongiole , fragiliilime ; ed ove s' incontrano ben compatte, la conlìfìenza non oltrepalfa quella del tufo fragile e tenero j e da per tutto promette del nitro . Le nitriere ordinariamente fono icavate nelle vifcere di quelle colline a lunghe gallerie : di quelle le molto grandi hanno dei colonnati lafciativi di paifo in paiTo dagli fcavatori, per far che il tetto , o le volte non crollalfero . Quei falinitrai praticano il feguente metodo per avere di mano in mano della terra falniirata fruttuofa . ElTi da tempo in tempo , fecondo le qualità delle fìagioni , e l'opportunità de' luoghi, e propriamente ogni mefc , o due in circa , tagliano con iftrumenti proprii dalle pareti di quelle gallerie , o grotte una crofìa della denlità non più di un dito 0 due, già falnitrata : la polverano grolfolani mente e la diftend no nelle medefime grotte all' aria aperta per alcuni giorni, ed indi la lifciviano : ripetono quell'operazione fecondo i tempi predetti ed opportuni, quanto dire, allorché veggono che la faccia lalciata fcoverta delle pareti di quelle gallerie, fi è nuovamente falnitrata: e così in appielfo. Le gallerie non praticate che a lungo danno di ben denfe crofte di nitro , e di belli gruppi di criflalli di nitro . Avendo dimandato alcuni Geracioti , perchè effi praticavano quelle terre più tofìo che il letame per fabbricar del nitro? mi rifpofero che molto più conto rendevano loro quelle terre che '1 letame, e la fìercorazione . L'ordinaria ed afllcurara dofe di nitro che danno quelle terre, è di rotola quattro per cantaro, alle volte più, alle volte meno; ma bifogna attendere anche il tempo che fi dà a quelle terre per falnitrarfi, e 1' opp ^rtun ita della ftagione. Vi fono per altro alcuni luog'iii alquanto più ubertofi degli altri, come le nitriere di Ardore . In Giojola le terre lono ancora così ubertofe, .1 che nel mezzo de' mefi eftivi trovali il nitro alla fuperficle del fuolo formato perle aperte campagne. Vi fono nitriere in Ardore, Condojanne, Geracc, Siderno, Giojofa, Caftelvetere: ma fono oggi praticate qjelle di Ardore , Caftelvetere , e Gerace . Havvene eziandio molto più in là nello ftato di Arena a ponente del monte Jejo . Egli è cofa ben degna di avvlfo che da più fecoli hanno que' padani praticate le nitriere di quella provincia, ma fempre, anche fuori del tempo del bando , con ogni rilerbatczza e cautela tra loro medefimi per privati loro intereffi. Imperocché colui che ne avea in pratica alcuna, la teneva come patrimonio e foftegno della propria famiglia, onde tra loro ftefli n' erano gelofi : per lo che a molti pochi furono a notizia, e fopraitutto fuori della provincia. Nella fine poi del lecolo palfato, fé mal non mi ricordo, e principio del corrente, effendoli banditi tutci i luoghi da cui fi tirallero delle terre da nitro, molte e molte nitriere furono abbandonate, anzi coverte e nafcofìe, pochiflìme reftandone in riierbatiifima pratica . Imperocché da Capo Spartivento fino a Catanzaro era quella cofta aperta in molti e molti luoghi in nitriere, ed anche per altre parti di quella provincia , e fi vedeva per allora abbondare in piazza il nitro , tirandofi eziandio per altre contrade del noftro Regno . Or fon' io per dire che fé le nitriere naturali del Regno fi mettellero in pratica, ed in parte (non veglio dir tutta) l'immenfa fìercorazione della Puglia s' impiegaffe a queft' ufo, giacché quafi tutta fatalmente fi lafcia a perJerfi dal tempo, il Re Noftro Signore goderebbe di un fondaco di nitro da farne vantaggiofo commercio . E queflo aliai più crefcerebbe, fé fi volelTe tener conto delle ubertofilTime e numerofe nitriere naturali della Sidlia, delle quali le più rirpeitabili fono in Naro, Francoforte, Marfala, Girgcnti, Caltagirona , Sciacca , Sortino , Terranuova , Sirncufa . Efce da elle annualmente una prodigiofa qumtità di nitro che lì vende agli liranieri^ e la natura, fpecialmeute in M m i f^^Si^ 176 Siracufa, lo produce tale , che non vi ha bifogno di molta manifattura per raffinarlo . Conofciamo benijrimo che bifognava fare delle diligenti olTervazioni in quelle gallerie per incontrar fortumtamente forfè cofa onde poter rilevare le maniere che la natura tiene per gli fuoi lavori, e quali lieno gli effetti dell'acido nitrofo fu quelle terre , e più quali tralmutazioni elfe ricevano dopo lilciviate . Si olfervano in quelle grotte delle picciole ftalattiti quarzofe , che vale la calce forfè teftacea trafmutarfi in materiali di natura felciofa ; lo che non può avvenire fenza meflruo . Nel luogo detto le Zimpi y ove Ibno due o tre di cotefte gallerie che tra loro fi comunicano, ina che oggi fono abbandonate per gli fìillicidi dell'acqua^ onde non più producono falnitro, ma vi d vede folranto una mifera ettlorefcenza di alinitro piuttollo, avemmo il piacere d'incontrare in una delle pareti in fondo in picciolilTima fuperficial dofe, che invcrnicava una porzione di quell'umida parte, nn Salone acido naturale^ del colore e della conlìftenza del noftro fapone comune , ma acido, ficcome col favor del Signor Don Antonio Pitaro efperto Chimico della noftra Accademia, al noftro ritorno riconofcemmo. Alla distanza di un miglio e mezzo da Gerace , a mezzogiorno della fua collina , in diftanza dal mare per circa miglia quattro, nel fondo verfo il principio del fiume Mericio, ma meglio credo Nericio, o Naricio , dal nome dell' agro Locrefe per cui fcorre , che Naricia li diceva , vi è il famofo fonte termale , delle cui acque portate per condotto, ficcome fi vede, di circa miglia cinque , facevano ufo i Locrelì nelle loro magnifiche terme , di cui oggi non efiflono che pochi avanzi , ficcome in compagnia del noftro prelodato collega il Sig. Pacifico a' i 3 di giugno offervammo . 11 fuolo in cui oggi forge quel fonte è tutto pantanofo e coverto di giunchi , e '1 terreno del fonte medefimo è tutto argillofo e molle. L'argilla è di color fofco, ove pavonazzo, ove rolfognolo , ove blò . La pedina della collina di Gerace molto in grande , e quafi per un terzo e più delh fua eftcnfione fino al fondo della valle , è tutta della medefimx argilla compolio : argilla tutta omogenea della natura delle bolari , la quale prolciugata fi sbricciola in picciole difformi particelle . Potrebbe fofpett irfi quella di origine volcanica, ma confelTiamo non averne fuffiaenti argomenti. Le terme ivi efilìenti lo potrebbero far fofpettare , come parimente la parte di quella collina che cala verfo fciroccolevance alla porta S. Lucia, che è un tufo, le cui apparenze fembrano volcaniche . Ma parmi più verifimile , che gran parte di queir argilla (ìa antica figlia della decompofizione de' grandi ammaflì di piriti , come è indicato, dalle terme fleffe che circonda . Il corpo fiaperiore della collina è un maifo di beA lunga e profonda elienfione di un calcareo teftaceo in confidenza di tufo, parte del quale moftra ancorai teftacei non interamente rilòluti . Le vifcere di quella collina fon quafi tutte Humus animalìs figlia de' cadaveri de' teltacel, che fa, voglio credere, la matrice del nitro, iiccome in tutte r altre nitriere di quella regione, ed eziandio di tutto il littorale fuperiore del Regno. f quel tonte in forma di una vafcj rotonda, di circa piedi dieci di diametro, di profondità quattro: il fondo, come la fua fponda, fono tutti limacciofi: in una parte del fuo contorno comparifce picciola porzione di muro e fabbrica di confufa corruzione . Il getto dell' acqua che nel fuo corfo offervai , era circa un' oncia quadrata di mifura . Il colore era acquamarino : il calore io non potei definirlo ron avendo avuto iftrumento per mifurarlo : ma prudentemente lì può fìimare pochi gradi fuperiore al calore del corpo timano , per quanto potemmo rilevare dall' immerfione della mano : il fapore alquanto falfo , accompagnato da picciola ftitticità . Intorno al margine della fonte, e lungo i lati dell'argrllofo canale per cui quel!' acqua fcorre, lafcia un materiale falino, tutto lordo, rpongiofo, e terreo: quello purificato e criflallizzato ne dà il più bello e gentil fale mirabile di Glauber, che abbiamo mai potuto vedere . I Geraciotj ne fanno ufo con molto profitto, purgando lenza incomodo alcuno ; la dofe da elfi praticata è ordinariamente di mezz'oacia, al più una: fi fervono anche dell' acqua con vantaggio per lavanda di piaghe fordide. Dobbiamo credere che cotefto fale nafca dalla decompofizione delle piriti , che nel noflro calò communicano perci^;) il calore alle acque , e dalla decompofizione del fai comune cagionata dall'acido dello zolfo fcompofto nella decompofiz.ione di eife piriti j il quale acido combinato colla bafe del fai commune forma quel fai mirabile . Quelle argille polTono anche contribuire ad un tal lavoro . Or quefto fale non folo in quelle terme s' incontra , ma ben anche ne danno in abbondanza più forgenti fuUa colla di quella provincia. Le montagne che al di fopra circondano la valle ad occidente in diilanza di un miglio a linea, fono quella parte orientale dell' Alpromonte , che forma la grande ed alca rupe detta Monte Efope . Giova qui avvifare che per quefìa parte orientale le falde dell'Alpromonte hanno lunghi e frequenti fìrati di piriti , e particolarmente il territorio di Canolo cafale di Gerace. Ed è cofa notabiliifiraa ciò che il Dott. Severino Profelfor di Medicina ci diceva ; cioè che nel cader le acque autunnali ^i olTervavano per quei luoghi di Canolo molti e diverfi punti del fuolo fumare fenfibilmente . Avendo in compagnia del prelodato Signor Pitaro fatte della predetta argilla che circonda quelle terme , e fi efìende per la falda della collina di Gerace, due foluzioni, l'una nell'acido nitrofo, l'altra nell'acido vetriolico: e dopo giorni avendole ambedue trattate coli' alcali lìlfo di tartaro, precipitarono in fiocchi una gran porzione di argilla color nollaUro : e coli' alcali tlogifticato precipitarono una foprabbondante copia di blò pruffiano di eccellente qualità. A fettentrlone in diftanza di miglia due da quella collina efdlono miniere di belliilìmi marmi hrecciati di diverfi colori. Il dì 16 di giugno palFammo di Gerace nella città di Stilo polla a miglia quattro e mezzo entro terra dilìante dal Jonio . Nel paliaggio incontrammo per le fottoporte valli nell'afpetto di levante in diverfi luoghi argille divariati colori, d'indole belare, ma di qua e là per cumoli ifolati, cosi eziandio di pezzi di granilo di qua e là difperfi. Neil' avvicinarfi alia città cominciano gli ftrati arenarii in piani inclinati, molto numeroli , gli uni agli altri appofti , i quali formano le radici del monte . Sono quelli compofti •dell'arena quarzofa , del calcareo, della mica, di alquanto fpato fcintillante , il quale è molto tenero, e friabile, e pare eflemporaneameute e come di recente quivi generato. Nel terminare in fu quelli fìrati , che fanno a fciroccolevante di quel monte detto di Stilo, la pedina, la quale in forma di ala fi fpande verfo grecolevante fuori del monte per là slargandofi, è polta la città, ed in gran parte lu l'ala predetta a guifa di mezza luna fi eilende , fciroccomezzogiorno guardando , reftando in molta parte fgomb.ra del predetto monte nell' afpetto di tramontana . Dal contine della predetta pedina s'innalza a linea quel monte, che non è che l'eftrema parte in forma di picciolo promontorio, o rupe del lungo giogo di un bra.cio laterale del Caulone, che da libeccioponente verfo grecolevante (i fpinge . Egli è tutto di calcareo commune, ficcome il braccio predetto, ma per quanto fa da tetto al Ibttopofto materiale, che cuopre nelle loro vifcere, di cui parleremo a fuo luogo . Per lungo il fuo giogo è circa un miglio e quarto, per lo reflo molto ftretto, e nella cima angultiiTimo, ili cui efillono gli avanzi dell'antica città, ma de' mezzi tempi. A grecolevante da cima a tondo cala tutto a picco, ed è bagnato dal fiume Siilaro : per tramontana in lungo lino alla metà della fua lunghezza vicino Bivon^i è r.ìpidiErao : in appreflb lino a Pazzano 1' altra metà è tutta per plani inclinati molto trattàbili: profeguendo egli è il luo gio^^o a ponentelibeccio per un' apertura , 0 varco di cinquanta in feiianta palTi largo, ed alto altiettantc , ieparato dal giogo di tutto quel braccio. Le falde da Bivongi a Pazzano lino al fiume Machera fon coverte di poca terra vegetabile, ed in gran parte ingiù calando fon formate di argille lìrarificate in qualità di fcifti , avendo per alcuni luoghi anche la pietrn cornea. Il Machera ramo dello Stiiaro I1 bagna a tramontana. Un altro picciolo rulcello, che per quel varco fcorre , lo bagna a fcirocco, le cui acque vaniao poi ad uniriì allo Stiiaro . Nel mezzo dell'ardita falda a grecolevnnte in diflanza dalla città per paffi cento a linea , fui condotto fulla falla idea di alcuni di que' paefani , che vi fulfe miniera di ero . Efille ivi una grotta , che penetrando nelle vjfcere del monte fi divide in due rami anguftiffimi, di cui il flniftro fcorre molto dentro : le pareti fono incamiciate di una bianchidìma e trafparente fiallattite, la grotta è ripiena di un'argilla che fa da filone, carica di una lucentifTima mica vapprelèntante dell' oro in paglietta : onde molti lufingati dall' in;;ordigia, hanno da quella tirata un' immenfa quantità di quell' argilla , ma infruttuofamente . Per altri caratteri pero è certo , che le vifcere di quel monte contengano qualche miniera di ferro , o di rame , e ben lo indica la forma della grotte che fcavandoli può a. quella. condLirre. Or da quefto monte , e propriamente dal fiutne Stiiaro in apprelfo verfo greco di fotto le falde orientali del Jejo per tratti di molte miglia , è quel paefe tutto di frequenti e contigue colline, e fpelfo per gruppi, e fenza elagerazione alcuna lon quelle la conferva di ogni forte di metalli , e femimetalli , di vetriuoli , di zolli , e di altri materiali preziofi j e non mancano di belle ed utili fpecie di terre , Ci.e dicono bolari, delle quali cofe difcorrercmo in appreilo. A' 21 A' 2 1 di quel mefe partimmo di Stilo per S. Stefano del Bofco. Or giova non poco qui dire, eh' è troppo rara cofa incontrare fìiuazione più felice e più opportuna di quefìa di S.Stefano per una rifpettabile Capitale. E' quella nel mezzo a lungo nel giogo del Jejo , ed ivi in dilcreta elevazione: ha lunga e valla eflenfione , per molte miglia tutta per pianure: traverlata dai rami del fiume Ancinale ricchi d'acqua lalubre, e di molti ru. celli di altra origine, aliai opportuni per ogni ufo economico : tutta per ogni dove eroofa in forma ai villolilfime truttuofe praterie : a tramontana ha le alture le più grandi del Jejo, ma a giufla diflanza , così anche verfo mezzogiorno, ma molto più balle, vellire di bofchi di faggi, di abeti, di quercie , di lecci , ed altre piante . Tutta aperta da oriente ad occidente ha l'aria lontana da qualunque fo'.petro d' inlalubrità. A brevi diftanze ha due mari per ogni traficoj e nelle fue vicinanze ha miniere d' ogni forte . Ripigliando qui la catena di quegli Appennini, di cai avvertimmo elfer 1' interna olfatura formara a ftrati per lo più eretti fuU'orizzonte, e quelli tutti quarzofi, fiancheggiati quali per ogni dove dal lalfo che ci piacque cognominare Roroefienfe Linn. , falfo compolìo di quali egual dofe di groiTolani grani quarzofi, e di minuta mica color nerognolo, 0 color d'oro; diciamo che quefto faffo alle volte ha la pnrte quarzofa a fottiliiTuni fìrati ; alle volte così la parte quarzou come la micacea fono ambedue in difpofizione lìratofa, e come per tante fafce che \\ abb;acciano , e la mica fuole avere varii coloriti ; ed alle volte cotella milìura ha parimente dell' argillolo . S' incontrano talora gli flrati quarzofi fiancheggiati dal Saxum fcireum fopraddetto , e dal Cormiis Trapszius . Ma quefli due fallì , per quanto ci fu permefiTo di olfervare , quafi fempre trovanfi in elevazione fuperiore al Roroefienfe'y infatti per le cime del Jeio fi vede in più luoghi il Comcus Trajjczius traverlare il granito , Or qui proiegueado a N n difcorrere della fìruttura di quella catena, fi vuole avvifare, che lo fcifìo argillofo fpeiro fa da camicia a quelle colline ( noi intendiamo delle colline primitive rifpettivamente alle formate di materiali pollicci, o depolitati polleriormenie ), lìccome fi vede con particolarità per quali tutte le colline a levante del Jejo , e fiancheggia alle volte anche le alture maggiori, ficcome nel Pittaro, nel Sagittario, ed altri luoghi olfervai. Suole a quello leguire come ultima velie l'argilla di variati colori che profciugata diviene tutta fragile , ed in minuzzoli del tutto difformi ; ed in alcuni luoghi ha molto della natura delle argille bolarij che hanno naturalmente fcmpre del marziale. Or quante volte s'incontra cotella argilla , ed in feguito , o pur fottopofto , o alla (coverta lo fcilìo , maflìmamente le quelto abbia de' particolari e forti coloriti, e folfe di folìanza rigida, al tatto alpero e fecto, è quali femprc ficuro indizio, che nelle vifcere delle colline che incamicia , o de' monti , le cui falde ftratifica, efillano delle miniere metalliche. Gotefìe argille, e confeguentemente cotelìi Icifti, debbonfi al depofito delle acque, che coprirono nella prima età que' luoghi : e ficcome cotelìi s' incontrano fulla corta orientale con particolarità efi fiere , ne liegue anche per quelto carattere, che quella non foffrl le violenze e i dillurbi patiti dalla colla fui Tirreno. Siccome le nominate arf?llle fuddette ed i fcifli '»' , terminano le alture , così eziandio dobbiam dire che 'l calcareo comune fia anche ultimo termine del materiale della corteccia del noftro globo : volendo con ciò intendere che così le argille come il calcareo fieno l'ultimo depofito delle acque : e con particolarità il calcareo come figlio de' teflacei , che furono polleriormente creati , e che li firatitìcarono folto le acque fopra di ogni altro materiale : i quali per la loro eflraordinaria moltiplicazione ed abbondanza fommin librarono a proporzione un materiale che ne vediamo oggi la maiTima eflenfione fuperficiale del globo coprirne, e fcmpre fupcriore alle argille. I graniti, febbene s'incontrino non di raro terminare l'ultimc' alture , non però debbono avcrfi per ulrin-,o materiale terminante la corteccia del globo. E' il calcareo predeno m Ito raro in quella Calabria , ed ove s' incontra ordinariamente la da tetto agli altri materiali , Sicché dunipe nel confolidarli la corteccia dei globo, i primi prodotti furono i quarzi, e le miche; indi la mifiura de' quarzi , miche e fcldffati , tramiichiai dovili tra quelii, ma come accelforio, la pietra cornea; per ultimo il calcareo. In cotefta formazione non baftò la fempli.e unione , per quanto forte fi polfa credere il contatto delle loro particelle coliitutive, ma vi dovè intervenire qualche particolar melìruo coagulante , come indica la di loro crinallizz.azione , anche ne' calcarei lieffi . Quale poi fulfc lìata l'oiigine de'met.Ui, che nel feno di sì fatti materiali fi nafcondono, confeinamo non faperla indovinare. Per ul imo poi quello che merita tutta l' attenzione riguardo all'interna olfatura , della catena de' monti, per quanto ci fi prefentò nell'olfervar la Calabria , fi è la. direzione degli ftrati dall'angolo di mezzogiorno all'angolo di fettentrione , o da libeccio a greco. Or elponendo noi la nortra opinione , litfatta fituazione e direzione la crediamo tutta per forza della fiftematica circolazione di quel lìuido (i) che dai poli verfo l'equatore fi fpinge : difpofizioni indotte nell'età, che '1 ranteriale della corteccia del globo era ancora molle , e facilmenre cedevole alle fpinte della corrente di quel fluido: onde per allora tutto fi dilpole e fi dirizzò in tanti rialti prolungati dai poli all' equatore , fuUc cui difpoiizioni li accomodarono poi tutti i nuovi materiali , che fotto le .Tcque fi produ(fern . Quanto da alcune irregolarità che fi ravrilano, che debbonfi piuttofio dire nuovi eUeriori niateriali, bifogna crcdeile nate dagli (t) 11 Signor Fafano ne favella alla diflefa in un Difcorfo fullc ogioni de' Terremoti. Nn 1 '*«*-> 2S4- ^-«^^^ urti di quel fluido medelìnio , non incontrando , per gli nuovi materiali foprannati , come coibenti , quella libertà di effulione e di palfaggio , che prima godeva; fluido che liccome per gli primi tempi non ebbe veruno oiiacolo rilevante , fi diftonueva equabilmente dal corpo del globo e nell'atmosfera; onde niun difturbo, niuna irrej-iolarità ne nafceva ; tutto ugualmente anim.iva e vivificava; e la vita di cui egli è la primitiva cagione, parimente tutta equabile, tutta regolare, eiercitava fenza verun difturbo le proprie funzioni , Ma crefcendo per la fuperfì Je del globo gli oflacoli al fuo libero pilfaggio , cominciarono le irregolarità, gli urti, le violenze, gli slanci del fuolo, quindi gli fconcerti che crefcendo di mano in mano apportarono notabili e fpaventevoli rivoluzioni , una delle quali all.i per fine diede un guafto generale a tutta la lupertìcie, e tutto fovvertì a fegno che quella fi cambiò per ogni dove . Sicché per le nuove infolite difpofizioni e qualità di materiali rimelcolati, non più in appreli'o fi è goduta li collante generale equabilità deU'effufione di quel fluido nell'atmosfera; onde una ferie di moltiplici fconcerti fui fifico de' viventi, ed in confegucnza anche fui morale . La catena di que' monti mi fa fovvenire la promelTa di avvertire , che parte dell' eminente contorno di quella gran valle con porzione de' monti contigui fuiTe un tempo, dopo ritirate le acque , fcoppiata in volcano . Or il giogo di quella catena, e propriamente dell'Arpromonte, fi conolce fuori di ogni fua uniformità per la parte che guarda fettentrione , interrotto, anzi fpezzato, ed abballato in una valle rapprefentante un cratere cinto da colline , aperto foltanto in pi,;ciola parte a fettentrione . Egli è cotefto cratere tra le forgenti del fiume Cumi, e del fiume Sitizano, ambedue rami del Petrace ; e propriamente trai monte detto Cocozzo ad oriente , le montagne di Pedaali e Scido a ponente libeccio, e le colline di S. Criftina, una detta dello Spirito Santo , e l' altra detta Crifma a fettentrione ; ed il fuo contorno può ftimailì di circa miglia quindici. C^'J^U nel mezzo ha la lunghiinma collina derta monte Attatìo , altrimente ('.urrao, delle valli di brevi elknlioni, ma molto profonde. La lena di cotetìo cratere è tutta diverfa e dilìinta da qualunque noi ne incontrammo nel noftro cammino. Q.el monte , da cui Li icoira de" cinque di febbrajo fvelse a fettentrione da capo a fondo una lunga porzione , tutta liducendola in pezzi di diverfe grandezze , non è che un tufo calcareo, cioè conipoflo di terra calcarea che ne fa la dofe maggiore, di ari-illa, e di ghiaja j è di color bianco pallido; que' pezzi urtandoli fra loro davano un T rdo fuono tale quale lo danno le pietre calcaree cotte in fornace in calcina. Da noi lì iblpetta che fulfe {tata una delle colline formata d' arena eterogenea marina cotta lentamente di fuoco lotterraneo . Infatti incontrammo in uno de' luoghi di quell'ampia apertura molti di que' pezzi tutti invernicati neir interna loro folìanza d' una vernice prodotta da' vapori fulfurei , o come per liquore di piriti decompoAe : ed in quel fondo s' incontrarono delle globette di zolfo nativo , lanciate fuori dal fondo per la fcoflfa del terremoto . Tale tufo fi eftende anche per lo territorio di Lubrici, che fa parte di quel cratere. Son frequenti le pomici, che vi s'incontrano, e vengono raccolte da'paefani, come alcuni • di S. Criftina mi dicevano . Per le rive del fiume di Sitizano andando verfo Scido vi fono non equivoci fegni di lava. Ma bifogna penfare che le lave fon fo^gette alla decompofizione, onde facilmente fé ne perdono i caratteri, e con ciò nel nol\ro calo anche alla lunghezza immemorabile del tempo in cui dovè ivi andare quel volcano. Nella contrada detta di Franco, fui principio del territorio di Caflellace, polla tra i due predetti fiumi; contrada a fettentrione di Lubrici alla diftanza di un miglio, ed un miglio e mezzo dal Gurrao, la fcolla de cinque di febbrajo dalla parte, che fa cofta al fiume Sitizano, ne troncò a picco una gran porzione della profondità di circa piedi ottanta , tutta Tpezzandola in minuti pc.zi che mollravano efTere parte di quegli fìraii orizzontali, che quella contiada formano, compolii di argilla color celelie dilavato, di ibtiiliirinia arena, € Iparfa di mano in mano di globciti di fer.o fangoib , e di minuzzoli, benché rari, di conchiglie. Trai pezzi i più prolFimi alla rottura e i più grandi, ne incontrammo alcuni, che per tutta la loro lunghezza erano a lungo divifi da fìrati di arena volcani.a puuiicola, della denfità di un terzo o due di palmo napolitano : e fra immenli roitami girando, s'incontrava la ftelia arena Iparfa in molti luoghi. Tale lìrato di arena volcanica, come le rotture in quel territorio cagionate dal terremoto mollravano , iì eftendeva a lungo per circa miglia due . Or quelV arena volcanica , e gli altri materiali fopraddefcritti e i denotati caratteri di locale conformazione, troppo indicano che in quella contrada ardeva un tempo un vulcano, che qui diciamo (iurrao, dal nome del monte o collina, che femb/a cccupare oggi il mezzo di quel cratere ; collina detta eziandio Attafio , che vale infepolto, e nel cafo noftro non più profondato, nia recato ivi erto ed ifolato , come lo è infatti . Dal Cumi fino alla Sevena del Metauro il ramo più groffo per miglia fei verfo mezzogiorno, le radici di quella porzione dell'Alpromonte, fono un malTo rtupendo di argilla a fìrati fopra Arati di diverle deniità, e coloriti qual di celefte, e qual di pallido colore . Il malfo tutto inlìeme , ficcome i tagli prodotti dal terremoto dimofirarono, è della profondità di fopra piedi 150, per quanto appare al di lucri. La collina fu cui era pofta la città di Oppido , collina raù dal fiume Tricucci , le cui falde cadono a linea nel letto del fiume, è formata di coteiia argilla: ed è meraviglia che la parte fuperiore della collina è occupata da arena di mare . S' incontrano trai Cu mi, e la Sevena, e particolarmente nel territorio di Gallellace de' pezzi di argilla Jxilare rutta fimile alla terra, o ila. argilla rolTa d' Ifchia , che ben fappiamo elfer figlia delk amiche lave . Coteiìi pezzi ^•àL^ 1S7 viK!*^ recentemente tirati dal icno della terra fentono un certo che dcU'odorolo . Meritavano quel e contrade elFer viliiate con o^ ni diligenza, ma le noltre circoilanze non lo permilero. Veniamo ora a di correre delle miniere metalliche, che quelle montagne polfcggono nelle loro vifcere . Dalle relazioni dei diligenti viaggiatori ben fi rileva, che le qualità del luolo del Perù che >vì ricche e tante miniere poffiede, e quelle del luolo delle nolìre Calabrie quafi in nulla differì fcono . Si p.ilfi in quelle regioni, li ravvili il fuolo , fi vedrà immediatamente un alpetto tutto nuovo, e ben differente da qucUn di altri paeli. Da per tuttofi ravvifano, caratteri che troppo indicano la frequenza e ricchezza delle miniere che polfei^gono . La proflima vSicilia fi avvicina, anzi fi uguaglia in gran parte alle Calabrie per richezze di minerali • e ben ne increfce non poter noi metterlo alla villa con quella nettezza e precifione che l'affare meriterebbe. Or principiando dal Piiraro fui Faro, diciamo che quefto monte è tutto traverialo di filoni metallici. Nel luogo detto Motta S. Giovanni vi fono miniere di argento e di piombo , e nel luogo detto Ricciardo altra miniera di airgento , e vi è eziandio miniera di rame , Sono quelle di argento molto fruttuofe : una delle quali è miniera rolla, onde lecondo tutti i mineralilti deve elfcre molto ricca : quella, come anche le altre, ^\ ^erano negli ultimi tempi gi.t pofte in pratica , ma perchè erano arl'enicatc , le abbandonarono fubito , per non prenderfi la pena e la fatici di tirarne l'arienico, come fé quello non fuife lìato materiale fruttuofo . La miniera di rame fi moflrb di mediocre rendita per la tella de' filoni, ma profondandofi , come è di ragione, riefce certamente, per ogni regola met lUurgica , fruituofi e ricca. Diciamolo una volta per fenipre, furono in quelli ultimi tempi quelle miniere quafi tutte tocche loltanto per le tede, e pure riulcivano fruttuofe, come fi noterà. Le miniere di piombo dello lleffo Pittaro fono ftraordinariamente ricche y come quelle che polfono dare dal quaranra fino al felTanta di metallo puro, per un cantaro di minerale grezzo, e dippiù contengono anche dell'argento- ed intanto tono quelle ienipre ftate neglette . Prima di difcorrere delle miniere di Valanidi altro cafale di Reggio, biibgna, per la determinazione del luogo , làpere che '1 fiume , iuUe cui r;ve lon fitua e le cale di quel villaggio , da quello fino al Faro ne fcorre il fiume per un folo letto, da quello poi in fu verfo levante, fi divide in due rami, uno a finiùra detto propriamente Valanidi, r altro alla delira dopo pochi palli fi divide in due altri , uno detto Adda , e 1' altro Muiciddi . ,La cofla finiltra del Valanidi fin dal fiio principio per il corfò .di circa miglia tre, è tutta traverfata di magnifici flrati di quarzo da capo a fondo, e di firati del ridetto falfo micaceo quarzofo . La faccia di quella cofla nioftra per ogni dove il colore del rame di cui è gravida, colore ordinariamente 0 di fegato , o lionato , 0 roifognolo . Il quarzo fa da matrice, ed alcune volte anche in parte il fafTo micaceoquarzofo : i filoni ficguono la fiiuajione degli firati, vale a dire, perpendicolare, 0 poco inclinata all'orizzonte; carattere che ha fenipre indicata riccht;zza., e con i fatti verificata nello fcavo delle miniere , omie tnle fivuazione ha fempre animati i minatori allo fcavo. Tale fituazione s'incontra nelle miniere di quelle provincie , onde da ciò fi può in parte ben rilevare la loro ricchezza . Furono nella detta colia aperte due grotte, una nel luogo detto Strofa, e l'altro la Lamia. La prima li apri quafi a livello del letto del fiume, li profondò a iutlìcienza, onde aache con tutti gì' inconvenienti , che diremo a luo luogo , la rendita era fulfiaeiitifiìma . Frano in queflo luogo i filoni come ramificati, carattere che fpelfo s'incontra nelle , miniere di rame. Le loro ielle, come fcoirendo quella ' coda oflervammo, erano quafi tutti alla fcoverta, 0 vogliam dire a fior di terra . Cotelia miniera per ogni regola metallurgica ìè nieralliirgica fi pub dire ricca. Nino Manitti, che fu mia guida per que', luoghi, e che anni fette era fìato per minatore in quelle grotte, mi replicò più volte, tra l'altre co:e, che fpeilb fcavando s' incontravano de' pezzi ben grandi di matrice glubofa , che avevano del rame anche nativo . Kelìarono in quefla grotta , allor che furono abbandonati gli fcavi , tutti gli ulenlili. La bocca era lìata già dal tempo e dalle lave del fiume occecata . Lo fcavo, ficcome il Manitti mi diceva, era per gallerie. Quella della Lamia la ritrovammo aperta, ma tutta nel fondo ripiena di acqua, che dentro per la falda della cofia vi colava ; le pareti fi erano tutte calcinate : molìrava la iua gran ricchezza il pefo della fua calce , il colore per intero fempre lo fìeffo nella faccia delle fue pareti, e fratture de' pezzi, qual era un belliilìmo azzurro . Son frequentiffimi per quella cofla i filoni, i quali apparifcono, come già fi avvisò, a livello del di lei piano colle loro tede , E fi afferrarono per lo fcavo, come lo flelfo Manitti mi diceva, i più facili, non già i più ricchi . Dopo cento paffi prelfo la Lamia moflra quella cofia caratteri di notabile rie hezza . Graziofa cofa è il vedere le acque, lu per le falde erbole di alcune picelo e rupi in quella contrada, cadere in pioggia tutta a color di Smeraldo . La montagna, di cui fi è difcorfo, che fa cofta al Valanidi , feorre per miglia otto fino a Croceromeo , e Cardilo verfo tramontana, fempre nella medefima fìruttura, e nelle medefìme qualità fopraddefcritte . La cofta a man delira è molto baila , ed aliai più ha del fafib micaceoquarzofo , che di fìrati quarzoh ; e quefli fono in quella ripiegali, e come caduti dalla fua metà in •fu full' orizzonte.- lo che fembra effere accaduto per qualche -accidente fin dalla prima loro nafcita . Non ha, per quanto r efleriore dimoftra , quella fertilità della fua oppolla . OlTervammo dirimpetto alla grotta della Lamia in quefla cofla un piccjol filone di pirite di rame a color di fangue Oo '*SA^ 290 alFai viftofo ; così deiraltre piriti negli ftrati micaceoquarzofi che erano in atto di decompolìzione , da cui fi elevava un lottile vapore in qualità di ncbbietta all' altezza meno di un piede, e fenliva molto del folfo. Son molti i filoni in quella corti , ma fottili molto e piriticoli molto . Nella colla del ramo detto Adda vi lon fei grotte anche per ifcavo di rame: nel ramo Mufciddi altre quattro. Da quelle grotte , quantunque non della grandezza , e dei filici caratteri delle anzi defcritte , pure fi tirava del minerale grezzo , che nella fufione dava un rame di fquifitiffima qualità , Verfo la cima della cofta deftra del Mufciddi nel confine del territorio di Motta S. Giovanni , nel luogo detto l'edauli , efifte la famofa miniera di argento, da quei paefani chiamata l'Argenterà. E' queita cavata a pozzo, il cui diametro è circa palmi dieci , e la fua profondità , come il Manitti mi dicevi , di circa palTi quaranta . La fua rendita fi valuta di once diciotto in diciannove di argento puro per un cantaro di minerale grezzo; ma noi fiamo più che ficuri che renda molto più. Ci aificurava il Manitti che nello fcavo di quel filone fpelTo s' incontravano delle verghette di argento nativ^o puro. L'argento in qnefta miniera che merita bene il nome di ricca , è tutto per raniiticazioni , e alle volte s'incontra per piccioli nodi. Sieguono il monte Sagittario, e T monte Sagro, i quali hanno frequenti filoni metallici , e forfè più del Pittaro . Nelle montagne di S. Lorenzo , e Bagaladi , parti di quei due monti , fi fono fcoverte quattro 0 cinque miniere di argento con piombo , da ftimarfi fruttuofe . Nel luogo detto Grana di S. Lorenzo efiftono alla fcoverta fmifurati maiìi di miniera di rame con ferro in nutrice quarzofa , che ci parve povera ; ma forfè penetrando nelle vifcere di quel monte , che per altro col fuo clìerno indica di molto polfedere , può la miniera probabilmente migliorarfi . Nello tìeilo luogo eravifi principiata una girotta per tirarne il I rame grezzo per la R. Fonderia di Reggio . In S, Angelo Vallatucci diftanie cinque miglia da S. Lorenzo a fettentrione del monte Sagro, fono due miniere di rame anche praticate; ed in contrada di Ceralìo ve ne fono altre di argento già koverte . Hanno quelli due monti per ovunque tutti i caratteri , onde fi può francamente dire , che le loro vifcerg fon pienilfime di mmiere metalliche . Nelle falde del monte Zefirio preffo al Sagro , e propriamente nel territorio di Frecacore, fu rivelato che efifta ricchiifima miniera di argento con oro. Noi non pofFiamo darne altra notizia, o idea; ma ben poifiamo dire che quefta parte dell' Afpromonte è ricchilTima di miniere^ che traveriando il fuo corpo iporgono a fettentrione fulla gran valle . Nelle falde orientali dell' Efope in territorio di Canolo efiiìono ricche miniere di rame a foglietti, e noi ne ofTervammo in Gerace di bellilFimi pezzi tirati di recente dalle miniere . Quefte Ipecie di miniere logliono eifer ricche, e di ottima qualità. Nelle falde orientali del Gaulone in territorio di Cafìelvetere , nella contrada di Crochi , efilìono quattro iiiiniere di argento -con piombo, e due di rame, che lì vogliono fruttuofe fecondo le relazioni . Alla parte oppofta luUa tefta del Humc detto ivi Marro , fulla gran piana o valle, efille uua miniera di argento, che fi crede molto ricca . Dalla parte orientale del Caulone verfo grecolevante ■fporge un grolfo e corporato braccio , e fi prolunga per miglia fé i fino a Stilo , ove termina in forma di promontorio detto monte di Stilo . Qiiefto braccio per tutta la fua eftenfione ha le vifcere, e molto in fondo, pregne di ferro, 5Ì che -puh dirfi una continuata miniera di ferro, il cui tetto è il calcareo comn\une . Siegue immediatamente il JDonte Jejo, che fa molta parte del territorio di Stilo. Le vifcere di quefio fon parimente immenle e continuiate Oo 2 miniere di ferro . Tale è la quantità del ferro che in quelle montagne efifte, che dovunque voglia fcavarfi fi trovano miniere di quefto metallo, e Tempre vaiìe ; di modo che i fcavatori prendono a far degli fcavi dove loro rende piti commodo e per la fonderia più opporturiO . Ordinariamente non fono quelle miniere per fdoni , ma per maifi di lunghe eflenfioni , gli uni agli altri contigui, e fenza interruzioni: o vogliam dire, fon per filoni di vada fronte ed eftenlìone : per lo che gli (cavi fon quafi tutti per lunghe gallerie, ed ampie grotte. Si veggono gli fcavi antichi profondati tanto a lungo, che per poco non giunfero al livello del mare'. Si fono fpelfo incontrati laghetti di acqua , che però non han diiìurbato lo i'cavo ; imperocché per la vaftità delle miniere polTono i fcavatori divertirlo a loro piacere . Son tali miniere per lo più nello flato calciforme , e fempre pure; onde n' è facile refplottazlone . Si pratica in quella tenderla di fituare in fornace il carbone col minerale per iftrati alternativi per fondere il ferro : onde tutto li fa per riduzione. Il minerale in pietra olTìa duro, quando r incontrano , lo fcartano dal calciforme ofl'ia ocraceo , forfè per non prenderfi la fatiga di altre operazioni che richiede per metterlo poi in fonderia . E febbene il calciforme fia di molta rendita, nondimeno, per quanto offervammo, quello in pietra è pefantiflimo , e polfiede maggior quantità di ferro . L' eccellenti qualità e bontà del ferro di quelle miniere fon troppo note ed aifi curate prelTo le perfone patriotiche e non preoccupate ; e l'efperienze di ogni genere Than troppo evidentemente dimoflrato. C-i viene aihcurato che i cannoni fabbricati di quel ferro anche in azione viva di guerra fono riufciti migliori di quelli fabbricati di ferro ftraniero . Potrebbero quelle miniere fole foddisfare , in ragione di ferro, tutti i bifogni del regno ; e per altro fono in difpofizioni tali, che potrebbero beniilimo riceverne l'opere per gli fcavi . E quanto n^ai polla bifognare per completare una fonderia per grande che li voglia, trovali ivi tutto a foddisfazione , e fenza bifogno d' incomodare le vicine popolazioni. Dfpiù qualunque forte di lavori per lo comodo delle vie carrozzabili, fi può trafportare lino alla marina, ficcome oggi con i carri li trafportano fina alla marina del Pizzo . E pure in ragion di ferro fiamo in commercio pafTivo colle altre nazioni ! Nel fiume Machera ramo dello Stilaro, al di fotto di Pazzano nel luogo detto la falita ài Drappi Jj j ine ntrammo nella Tua colla molto vitriuolo di zinco, carattere dimolirativo della elillenza ivi della fua miniera . £ fé non c'ingannammo, efilìono per lo letto e per le rive di quel fiume pezzi dt pietra calaminare , oUìa giallamina color lionato , e color di fiamma ; e porzione di alcuni era tutta nera , e come sbricciolata e riloluta . La terra fu cui raccogliemmo il vitriolo era di color griggio piombino . Qiieflo ramo flello fi divide in duo altri piccioli ; verfo la fine del ramo deftro efil^ono fruttuofiiTime miniere di piombo; enei ramo linilìro lotto la forelìa detta Jel medico incontrammo un grolTo ftrato di quarzo che fa da matrice a una ricca miniera d' argento non ancor cognita . In territorio di Bivongi nell' inforcatura de' due rami maggiori dello Stilaro fi alza una grolfa e lunga collina , che poffiede fruttuofa miniera di argento , che fu già in pratica . Nella cofìa del ramo alla delira , nel luogo detto Vafali incontrammo la miniera di rame gialloverde , oiTia di color di foglia d' arancio . Ella è accompagnata come da matrice della pietra cornea, è pefantilfima, ha la tenitura granofa , la confiflenza morbida , di facile efplottazione , ed è molto ricca . Ad un miglio in avanti in territorio di S. Stefano nella contrada di Rafpa efilìe nella fìefla cofta la tanto famigerata miniera di argento detta di Rafpa , di cui ne fu principiata la pratica. Or quella di propoiito fi fece •crollare , e fé ne copcile la bocca . Per quanto potè fuperficialmente fcorgerfi e ravvifare, la tefta di un ramo laterale, forfè del filone maeftro, come dal fito lì congetturava, che trafverlalmente fi fpingeva fuori della bafla falda della cofla di quel fiume , pare che quella miniera debba avere per matrice la pietra cornea griggia , ed il filone n' è perpendicolare: onde fecondo tutte le regole metallurgiche effer dee quale appunto veniva decantata, la più ubertofa e la più ricca. E quando, fecondo che V.allemont Bomare pretende , è quella la miniera cornea , per eiferne la pietra cornea la matrice, dovrebbe, per conto delLi maggior parte de' mineralilìi, dar due terzi per quintale nella fua fufione, che farebbe una ricchezza ertraordinaria : e per altro ne leggiamo regiftrata la rendita della metà di argento per cantaro , Si notano in oltre le feguenti miniere , cioè una di argento con piombo nella Serra della (guercia , che dà once quattro di argento , e rotola trenta di piombo per caataro, e perciò da liimarfi fruttuofa : una fimile in contrada di Fiumari, che rende once fei di argento, e rotola venticinque di piombo per cantaro: altre d'argento in territorio di Stilo e nella contrada di Aifi del Noterò di rendita once dieci per cantaro ,: altra di argento e piombo nella medefima contrada , benché non mai praticata . Nella forefta di S. Giovanni il vecchio luogo detto i Cafoni efifte ricca miniera di argento, che fu in pratica; e per quanto olTervammo , è ella fruttuofa . Di fotto la fìcfla forefta lungo la cofta del fiume AiTi vihtammo una miniera di pirite di ferro con alquanto di rame , di una efìenfione e profondità meravigliofa : era fiata quefta aperta per quattro bocche tra loro molto diftanti, avanti delle quali vi era una notabile quantità di minerale grezzo elplottaio, ch'era per ragion del tempo in parte rilòluto e.decompofto, onde aveva al di fuori dato del vitriaolo, dell' alume, e molto folfo, il cui odore piinu di giungervi er» già cominciato a faifi ferii ire. E' quefta piiite di una teiTituri tuiia particolare, e pelaniilTima, ed ha poca matrice granoia di quarzo; il lolle è quello che iomminiftra in notabile dofe. Si fervivaiio di quella pirite per metallina . Alla riva dello Stilaro in afpeito di libeccio, dirimpetto alla Chiefa de'PP. Domenicani di Stilo, efifte una miniera di pirite di rame con lol petto di oro, che fi fece coprire. Or pofiiamo alFicurare che per poco che fi guardalfe il territorio di Siilo, di Pazzano luo calale, di Bivongi, e in parte di S. Sttlano, fi ravvifava Tempre del minerale, e ad (gni pedata li calpcflavano miniere. Le guiuC che ci fcortarono dicevano che alle forgenti del fiume Alli efilìevano ricche miniere di antimonio , che in fatti le ritroviamo regiftrate coli' elpreffione miniere di antimonio majfìccìoj ma il tempo che ci mancava non permife di andarle a vifitare. Cade qui a propofiio avvifare che dalla famofa miniera di antimonio di Nifi vicino MeiTina annualmente fi tirano intorno a diigentomila libbre di antimonio grezzo, che i foreftieri comprano a vililfimo prezzo, e fpecialmente i Veneziani , e a noi pofcia lo riportano per venderlo cariiTimainenie, purificato che l'hanno ne' loro paefi. La miniera di Nifi dà il quaranta di metallo puro per cento di minerale grezzo, onde fi deve fìimare ricchillimaj e dello flelTo valore dobbiamo uimare le fopraddette di Affi. Gioverebbe aiTailfimo di averne noi di tali miniere non folo la pratica, ma anche la purificazione, effendone Tuna e r altra operazione faciliflìma , e di poca fpela , e rifpetTivamenre di molta rendita . Ad oriente di S. Stetano fuUe rive del fiume Calipari in territorio di Baiolato fono miniere di argento, e piombo di molto frutto. Palfiamo luUa colia littorale del Tirreno . Nella marina del Pizzo cade colle fue falde il monte detto di S. Vere : in quelte falde, e propriamente nel luogo detto li /cogli 1 efifte miniera zincoferrea in doppia forma : vi è la miniera detta dal Cronftedt Minerà calciformis impura , ocra five calx zinci martlatis , 1.1 quale è per ammairi di grande eftenfione, facendo quafi tutta la falda del monte luUa marina , ed è nello flato di una continua fatifcenza , e decompofizione : la l'uà compolìzione è il quarzo color celefte Imoiio , ma per ^riccioli e granelli: le miche color d'oro, di argento, ed anche nerognolo : la parte loprabbondante è l'orra color giallognolo, o roffigno, ctie formala giallamina : riveggono ancora in elfa alcuni piccioli granelli quarzoli , per quanto appare , e fono della grandezza più o meno di un feme di canap.i , quali rotondi , -quali di^ornii, quali foUtarii, quali aggruppati in drufe , e di color rolfo vinolo : fon di faccia come crepolati, onde fi veggono come formati per foglietti micacei . L' altra è zincoferr£a granitola , oflia un faffo zincoferreo : e quefto è in maffi di lunga ellenfione , e fa da bafe all'altra foprannotaia. E' quello falfo compolìo di quarzo quafi per ovunque di colore acquamarina, di pochilfima mica, e de' medelìnii granelli, ove folitarii, ove druiici . Si ofTerva quello faffo andare , febbene lentamente , in fatilienza, e matfime ove è più carico di colore ; e formare ivi dell' ocra : quella mutazione lì oiferva particolarmente nella faccia contigua alla miniera fopra incumberite j ove lemhra che quella fulfe prodotta dalla decompofizione di quelìa , come le compofizioni di ambedue par che lo dimoflralfcro . Nel confine della contiguità di elfe fi olTervano per lo più generarli due vitriuoli , cioè il verde, ed il bianco, i quali alle volte s'incontrano uniti, alle volte folitarii . Una lunga filiera di groffi pezzi ci queflo falfo dal pie della rupe fi prolunga fino nell' onde del prolfimo mare : e fi veggono que' pezzi per la faccia efteriore tutti fioriti in ocra , o meglio in terra vitriuolica roHigna in forma di vernice , parte aderente a quel falfo : e tale invernicatura è molto più copiofa e denfa nella vicinanza , e confine tra le due predette miniere . Gli ufi economici dello zinco fon troppo noti : farebbe per altro dcfiderabil.e che la noftra nazione, giacché abbiamo miniere I »^iSt^ -97 ^'^^^ miniere ancora noi di zinco , imitalTe l' induftriofa nazione Francefe. Il Sig. iVlorvò ha tirato dal zinco un bianco inalterabile per qualunque fiogiUo j ne ha egli infcgnato il metodo , e gii li è in Francia pofto in commercio coti fommo vantaggio: ed ecco già foddislatto il defiderio dei pittori per un bianco inalterabile, giacché quello del piombo riufciva fempre infelice, perchè troppo volentieri li alterava, e fvit'ava le di loro belle opere. Bifogna qui avvifare che le montagne del Pizzo e Monteleone fon anch' elle formate per iltrati quarzofi , trai quali havvene anche de' micacei, e fono eretti full' orizzonte, ed in direzione eziandio dall'angolo di mezzogiorno all'angolo di fettentrione . Vi efifte benanche il Saxum ferreum , ed il Corneus trapezius, che compariice sì nelle laide fulla marina, come fnlla piana . Per le falde fpeflb s' incontrano di gran pezzi di grajiito : fulla cima ad oriente della città prellb il calìello s' incontrano groiTi pezzi di un faflb quaiì nero, che potrebbe flimarfi un Corneus, ma quello è comporto di moltiiTima mica bafaltina nera , e di granelli di quarzo in picciola dofe tra loro ben legati j onde fembra piuttofto falfo volcanico. Sono in Galanda in profonde e lunghe eftenfioni miniere di piriti . In Rofalì fopra la Catona efifte ricchiflìma miniera di argento, non mai praticata né rivelata, anzi fatta feppellire tollo che fu fcoperta . In Pedauli nella montagna detta 1' Ermelia c^i^t abbondantiffima miniera di ferro e di pirite di ferro eziandio, ben note a que' paefani, delle quali il Sig. Pacifico ne recò varie moflre molto lignificanti. In Mileto efifte ricca miniera di piombo con argento, ed è quefta la minerà di piombo a rombi, ben nota a que' paefani , dai quali ne ricevemmo qualche laggio . Nel luogo detto Saccari efifte per iftrati una terra ben particolare, di color fuliginofo chiaro, leggiera piuttofto, che rafa moftra P p una faccia tutta lifcia e fplendente , opportunilTìma per dilègnare . Sarebbe ufcir troppo lungi del nofìro cammino , fé voleiTimo in propofito di miniere fcorrere anche la Calabria citeriore , provincia che n' è in pofTeiro egualmente che l'ulteriore, e forfè in maggior numero, e in più opportune circoftanze . Ma per vantaggio del nolìro Sovr;;no, e per decoro della nazione, e per dilinganno de' deboli preoccupati, diremo foltanto, che efiftono in Longobucco dieci ben grandi e fruttifere e ricche miniere di argento , le quali furono in lunga pratica , e particolarmente . fin dai tempi degli Angioini: ove efiftono ancora tre famofe miniere di rame, fette di ferro , e cinque di piombo . Così che in lungo per le radici di monte Gocozzo, e per le cofte di Fiumefreddo efiftono nientemeno che diciaffette miniere di ferro, e due di rame; e vafte eftenfioni ftratificate di piriti. Si vuole altresì con ficurezza che in Caccuri efifta miniera d' oro . Le da noi fin qui notate fon le miniere aperte e cognite : molte e molte fono in ambedue quelle provincle le nafcofte , e molte che per efperienza elfendo fruttuofe e ricvhe, fecondo le politiche vicende del paefe, fi coprirono, e particolarmente in parte della Sicilia. Di miniere d'oro non par che fi faccia menzione alcuna, benché a noi fembri che ne debbano elifìerefi), e che non fieno per anche note per elTere di caratteri difficiliffìmi , e per non elferfi mai avuta premura di cercarle . Le anzi notate fono note e praticate ; perchè la natura liberale par che forzofamente abbia voluto gettarle avanti gli occhi; ed infatti elle quafi tutte fono colle loro tefte a fior di terra. Giova alfaiffimo, anzi è di tutto dovere qui avvifare. fi) E' coftante tradizione che nelle vicinanze di Nifi i Saraceni teneffero in pratica una miniera di oro da cfli ftefli in occafione di (concerti ricoperta . che in ambedue quelle provincie efiftono tutti i materiali necelTarii per fabbricar delle fornaci, come altresì materiali per qualunque opportunità per facilitare e migliorare la ìufione delle miniere di ogni condizione . Oltreacciò i fiumi cofpirano colle opportimità locali per piantare agiatamente le fonderie , a vantaggio delle compagnie e fenza incommodo delle popolazioni vicine . Frollimi , frequenti e di molte miglia di elìenfione fono i bofchi, così che fé ne può far taglio fenza difagio alcuno delle popolazioni , foprattutto quando la prudenza ne configlia e dirige l'ufo. Una porzione di bofco non più che di quattro o cinque miglia in quadro ripartita in un dato numero di divifioni pub a fufficienza fomminiftrar carboni e legna a molte fornaci, ed in perpetuo, f.icendofene il taglio, come è di dovere, nel modo e legge delle felve cedue divife in tante partizioni. Le fonderie di Stilo, detie le Ferriere, godono per la loro fituazione opportunità di ogni genere, maifimamente per le legna che fon proiTime, per le vie che fon carrozzabili , e per la falubrità dell' aria , Si pub In oltre mettere in pratica per le fonderie il carbon foffile. In Briatico nel fiume da que' paefani detto Spataro , una ben lunga , e profonda miniera di carbon folfile fa da letto a quel fiume , e molto fotto le al:e fue fponde fi dilata, il qual carbone ancor quando non riufciffe opportuno quale dalla miniera lì tira , può però benifiìmo accommodarfi e medicarfi fecondo le regole che c'infegnano oggi le nazioni induftriofe per renderlo atto al b i fogno . Fuori della miniera di Briatico vi fono indizj e lofpetti fondati che nelle vicinanze di quella fteiTa, ed in ahri luoghi delle due provincie efiftano altre miniere del medefimo genere . Or per quanto la fìoria ne infegna, furono le miniere delle Calabrie , ed in parte anche della Sicilia, fin dai più alti tempi in permanente e fruttuofa pratica . Ma fenza P p 2 montar tant' alto , i Regiftri del R. Archivio della Zecca di quelìa nofìra Capitale ci dettano che dagli Angioini lino a Carlo VI, furono quelle miniere cofìantemente e con frutto praticate . Da una fola delle dieci di argento di Longobucco gli Angioini tiravano fopra cinquecento quaranta libbre di notìro pelò di argento . Ultimamente quali che la natura per vecchiezza fulle divenuta infeconda, in tempo di Carlo III amantiirimo nortro Signore , ebbero quelle la difgrazia di eflere diicrediiate come incorrilpondenti ed infruttuofe prelfo la credulità forprefa dall' accortezza intereffata , Quelle miniere non mancarono giammai di corrifpondenza , fé non per molte e capricciofe ipefe e per opere inutili ed eflranee all' affare , che vollero farvifi ; e chi le ha vifitate e conofciute, e fattone anche colle più ubertofe di Europa il paragone, non le dirà mai infruttuofe e incorrifpondenti , ma bensì ubertofe e ricche , e per avventura fijperiori a molte altre dell'Europa. L' infufficienza o vera o fìnta degli artefici e lavoratori fece sì che i filoni fi praticarono Ibltanto per le tefte, che rifpettivamente fon fempre povere, né furono mai profondate a dovere , attaccandolene piuttofto di mano in mano dei nuovi lenza neceifità. Sembra che l' efplottazioni ovvero fcavi fi facelfero a dll'agio e fenza le regole metallurgichej e balla veder quelli che fi fecero nelle miniere di argento di Nifi per perfuaderfene , elfendo elfe tali miniere che fenza equivoco alcuno fi trovarono fempre in altri tempi fruttuole e felici in pratica . L' operazione la più fcrupolofa e di maffima e prima diligenza è lo fceltume , cioè la diligente feparazione per quanto fia polfibile della matrice dal fuo mineraU; operazione che ne;^letta o fatta contro le regole porta per ncceffità nella fufione fpefe molto maggiori e dilcapiio ed incorrifpondenza di metallo puro ; or quali fulfero fiate le fufioni nelle fonderie di Reggio , balla vederne le ferrugini ancora efiftenti in gran parte avanti di elfe . Dalla negligenza nell'anzidetta operazione e fufione ne avvenne per necelFaria confeguenza che fufTero quelle miniere valutate di poche once di rendila, quantunque forfè fi fufTerG conofciute più vantaggiofe; e contuttocib , come fi dirà, non infruttuofe. Quando dunque quefìe operazioni fuffero ftate fatte fecondo che la docimafia infegna, fiam più che certi, che la miniera, p. e., di argento di Valanidi che fu valutata per once diciotto per cantaro di minerale grezzo, l'avrebbero ficuramente valutata per libbre e non per once : e così maifimamente le miniere di Nifi , quella di argento in contrada di Alìì in territorio di Stilo , e quella di argento detta V Argenterà in territorio di Bivongi. La fimigcrata miniera di Rafpa , fiamo troppo ficuri , che debbafi valutare per libbre j per la fua ricchezza raanifella rimafe atterrata e coverta elfendofi lafciata cadere fulla di lei bocca la falda della collina . Ben volle il generofo Monarca farla riaprire; ma il cafo , o gli altrui artificj, o gli accidenti ne lo diftoUero . Non per tanto non fi vuole preterire che ad onta delle opere di prima mano fattevi con molto luffo e della vera o fimulata inefpertezza , il Regio Erario fé non ebbe vantaggio, non foffrì però difcapito alcuno, ficcome manifeftamente apparifce in un'occhiata dal bilancio che ci troviamo fortunatamente nelle mani favoritoci amichevolmente in Reggio . Or da qui giova aggiungere che quantunque fi valutalTe la rendita di quelle miniere per once dodici , quattordici , e diciotto, e quelle di Nifi diciannove, potfono beniffimo dirfi fruttuofe, non fembrandomi di sì picciolo valore l'aver di rendita per un cantaro di minerale grezzo , 0 dodici o quattordici o diciotto 0 diciannove once di argento puro, cioè per ogni cantaro 0 diciotio u ventuno o ventilelte o ventotto ducati e mezzo; fenza mettere a conio la miniera di Rafpa, ed altre che anche li polfono incontrare fruttuofe . Le altre miniere non hanno bifogno di apologia. Quelle di rame , quando anche h pratica non le avcffe dichiarate fruttuofe ed ubertofe e per ottimo il loro metallo. fi manifeflano tali dapcrtutto a' buoni oirervatori. (Quelle di ferro non hanno bifogno de' noftri elogii né per l'ubertofità, né per la vafìità, né perla bontà della loro natura. (Quelle di piombo prefentano per ogni dove copiofamente il loio metallo , onorate dalla compagnia dell' argento , per cui fruttuofilTima n' è la rendita . Quelle di antimonio fono fruttuofe e di otlima indole . Quelle di zinco che fino ad oggi iono rimade incognite, non li poifono valutare, febbene per altri caratteri promettono di elfere fruttuofe . Di quelle di arfenico , e di manganefe, benché fappiamo che efiiìano, non poflìamo darne idea chiara . Dell' efiftenza di quelle di i^agno e di mercurio nulla pcflìamo afficurare . Debbono ellervene di cobalto e bifnmto . Efifte in Squillace ubertofa miniera di plombagine , ed è di molta rendita per gli ufi civili ed economici : i caratteri efteriori indicano avere del ferro : e altre molte n' e fi dono in quella provincia: nelle rive del fiume Amato evvene eziandio in molta copia . Ne' luoghi detti Funghi e Poddillo in territorio di Bivongi ofTervammo due miniere di fquifita molibdena . Trattata collo ftefiTj procelfo di Scheele ci diede i medefimi rifultati : il Sicr. D. Antonio o Pitaro mi favorì di fua afTiftenza: le miniere di molibdena fono ftate fino ad oggi , per quanto mi ricorda , totalmente incognite in queflo paefe . E' troppo ftim 1 bile una fpezie di feldfpato che in quella provincia incontrammo . Ha la faccia vitrea e quafi diafana e fcintillante al batterlo coli' acciarino , refiflente agli acidi minerali; le particelle coflitutive fondi figura indeterminata, e folo in rariffimi punti fon come laminofe. Il colore è tutto bianco , in rare parti dei fuoi mafii comparifce alle volte acquamarino . Efifie ordinariamente in malfi di maravigliofa grandezza fervendo di falda alle colline ; s' incontra alle volte di qua e là in pezzi totalmente difparati, e di diverfe grandezze , o a fior di terra , o nelle fue vifcere internato. La natura con maraviglia di chi l'efamina '*!ÌJU ' ^03 >j1^^ dappreflb rlfolve quefta pietra in una farina fottilillìma e tutta bianc.i : lì vede alla prima fcrepolarfi fottilmente, indi come andare a perdere l' acqua della crillallizzazione e renderiì opaca, fé ne rilafciano in feguito vieppiù le particelle e comparifcono fin dal fondo come farinofe per la loro fuperficie; rifoluzione che nalce fin dal più interno de' malfi ; ond' è che in alcuni luoghi fembr.ino i fuoi mafli tanti groffi aggregati di minutiffimi briccioli come incalcinati,! quali alle percolfe facilmente fi fciolgoao . Ed ordinariamente è tale la rifoluzione che attacca tutto infiemc i mafTì e i pezzi che s' incontrano , e per tutta la di loro foflanza , anche prima di perdere l'acqua della crillallizazione^ di modo che anche Ibotìnandofi colle dita fi sbricciolano e fi convertono in polvere minuta. Nelle rupi piovendo, ii vede colare la lua farina in tanti rivoli di latte , che imbianca quanto ricopre. Pollo a fuoco di fufione quefto feldfp:ito , 0 la fua terra farinofa, come nella fornace della R. Porcellana la prima volta fi olfervò , fi fonde , fenza aggiunta alcuna di fall, in un vetro tutto duro, eguale, diafano, e di un color paglino leggeriflìmo e delicato, quando la fua farina n' è tutta fottile : ma la millura tutta infieme di grolTolano e di farinofo , acquilia un colore sfumato acquamarino . L' analifi ci dimolìrò , che fuor della lua terra filicea, ed argillofa, conteneva una dofe molto fenfibile di magnefia. •"uori delle terre predette nianifeflò polfedere anche del ferro, ma in una dofe di.prezzabile . Avendone da peifona pratica ed intendente del mefliero mo fare impafto coU'argilla di Vicenza, e formare piccioli lavori, cotelH bifcotti ^ febbene fatti per un femplice ed, Feftemporaneo faggio, e fenza le dovute lunghe preparazioni, fon pure riufciti tali , che prefcntati , e fatti efaminare a perfone troppo bene intete e pratiche, tutte comunemente gli hanno dichiarati, fenza equivoco alcuno per un faggio dimollrativo di una verace porcellana per tutte le lue qualità : convenendo in aflicurare che un tal materiale non lolo era opportunilììmo per tali lavori , ma che impalato colle dovute regole , e con argille proprie , avrebbe data una porcellana eccellente, fé non fuperiore, eguale certamente, e niente inferiore alle migliori di Europa. I più eccellenti e pratici vafellai della città l'hanno tutti comunemente fìimato per eccellente, e ne hanno fatte preniurofe richiefte. Oltreacciò le pruove han dimoltrato elTer proprio eziandio per la vernice o coverta della porcellana, nuicendo diliuta, trafparente e binnchilhma. Ma la proprietà più filmabile, e vantaggiofa di tal feldfpato , è appunto l'elfer di tutti i fondenti conofcluti il più proprio e qualificativo per formar degli fmalti , foprattutto a color blb , ed a color Verde, come 1' el'perienze fattefene hanno dimoftrato. L' ingrediente di cui i SalToni fi fervono per la loro eccellenti ili ma porcellana, filmata fuperiore ad ogni altra Europea, non è che il feldfpato, liccome è già ultimamente tìato fcoverto e pubblicato. E noi fiamo in opinione che 'i nof^ro feldfpato fia forfè aliai più perfetto di quello dei Saffoni, e che fi accofti al petunsì de' Ginefi , Per altro non farebbe maraviglia, maffime per coloro, che le condizioni delle noftre Calabrie conofcono bene, che elle poifedelTero un materiale quale la ftelfa Cina polFiede. Laonde avendoli .un' argilla porcellana verace qual li trova nella Cina , o iìmile almeno ( la qual cola né anche potrebbe mancare nelle Calabrie che hanno iì nobile petunsì ) potrebbe fabbrii;arfene una porcellana limile a quella che nella Cina fi fabbrica . Diciamb finceramente, per alcuni indizj e contralfegni che n'abbiamo, che un'argilla porcellana verace, facilmente eiilìa in quella provincia . Molte e molte eccellenti argille fono in quelle provinci e, onde li potrebbero fabbricare, non folo vafellami nobili di eccellenti e diverli gradi di bontà , ma eziandio di altre forti , che febbene d' inferior qualità, utiliffime farebbero per l' economia civile, che troppo li duole di elTerne priva, ed intanto le trafcurianio, e liam contenti di tirarle da flranicre contrade. Vuoili Vuolfi avvertire che '1 prelodato feldfpato non in tutti i luoghi s' incontra della medefima bontà , per quanto il fuo cfteriore par che dimofìri . Noi l' incontrammo in Paralia, in Tropea , in Calalnuovo , e nelle Serre di Sinopolillo , ed efifle ancora in molti altri luoghi. (Quello di Cafalnuovo ci parve di minor bontà , ficcome quello di Sinopolillo di tutti il migliore. Incontrammo parimente per que' luoghi altra pietra di limili proprietà, ma di color mifto di bianco e cenerino, o torchinetto, ed alle volte inclinante al verdognolo . Ella egualmente, fenza ajuto alcuno, è tutta fuiìbile, e dà un vetro quali tutto opaco , duro, fcintillante, eguale, di color grigio metallico limile al color che preienta nella fua frattura un pezzo di bronzo ; e con meraviglia fi vefte al di fuori di una vernice naturale tutta eguale , e che poco fente la lima, non trafparente, ma di un luftro metallico, e di color cafìagno affai vago : la quale veduta dagl' intendenti è fiata caratterizzata per la vernice di color caftagno della Cina, ma il fuo luftro è alfai più bello. Q.uefta pietra è comporta dello ftelfo fopraddetto feldipato, di molta argilla vetrificabile, e di non picciola dofe di ferro, e la natura la rifolve nella fìefTa guifa del feldfpato. S'incontra quali fempre per gran maffi già rifoluti , ma come pafìofi per la dofe dell'argilla fviluppata. Il feldfpato facendo da fondente, incontrando la calce metallica in .compagnia in quefìa pietra, ben e' intende la formazione di quelV efteriore fmalto , di cui fi vefte nella fua fufione : ed ecco come la fìefla natura ci fa da maeftra, e quando la fappiamo afcoltare, riportian3.o dalla fua fcuola fempre mai fpeciofi vantaggi. La parte la più fottile è quafi amidacea della terra farinofa del foprallodato petunsì pofta a digerire in vafo di vetro al fole , e coverto , in una dofe di acqua venti volte maggiore per ragion di pelò : dopo quindici in venti giorni cominciò quell' infufione a dare un puzzo fìomacofo, e quafi «he cadaverico j e quantunque fi fuiìe cambiata 1' acqua per 0.1 più volte, non perb cefsb quel puzzo, ma foltanto fi diminuì Cd al hne h dileguò totalmente, reftando quella terra limile ad un amido. Quelb fenomeno richiede ulteriori ollervazioni . Quali mezzi pratichi la natura per rifolvere, e diciamo anche decomporre, ] ietre di tal genere in quella provincia, (quando ,10^ fi vogliano quelle di fpecie d'un'i-ndole particolare) ^"T.ielTiamo non vedere con chiarezza . E' certo però che non mancano in quel luolo vapori falini, e tlogifìofalini, i quali incontrandole potrebbero fori'e indurvi liffatti cambiamenti , e far acquillare alla loro foftanza nuove qualità, ed eziandio tralmurarle in materiali di altra forte . Nella confinante Calabria nei territorio della terra Longobardi la miniera di marchefita , che ha per matrice il quarzo , li oflerva che decomponendoli , rifolve e decompone con i fuoi vapori fuliurei il fuo quarzo in una terra argillacea, e filicina tutta nera; ove friabile e come carbonol'a , ove reftando legata qmfi in forma di lapis da defignare : ed in fatti è tutta lilcia , dolce al tatto, ed imbratta di nero le dita, e noi ne abbiamo alcune moftre molto interelTanti . 11 fegato di folfo è frequente per quel fuolo : fi fa benilTimo, elevato quefìo in aria epatica, quanto vaglia fopra le folìanze metalliche manìmamente e per rifolvere, e per trasformare, e per decomporre, e per produrre nuovi prodotti . Avendo a lungo difcorfo della bruttura interna di quella catena di montagne , egli è fuperfluo parlar dei quarzi . Diciamo tuttavia che noi , fuori del Qiiarzum lacohimim^ v'incontrammo tutte l'altre fpezie : il cryjìa.llinufn è affai lodevole: V arenaceum s'incontra far delle rupi. In Drapia picciolo cafale dì Tropea fa quello da matrice ai granati , i quali febbene grandi , e ben faccettati, fon però friabili e farinofi. Molto frequenti ed aiTai lodevoli fono le criftallizzazioni quarzofe che s' incontrano in monte Cocozzo , e Fiumefreddo della Calabria confinante . La mica, che volgarmente diciamo talco, vi è anche in abbondanza. In Pedauli ve n'è una belliiTima miniera a lunghi Arati. In S. Lorenzo s'incontra i.i difpofizione alternativa col quarzo j quanto dire le lamine 0 tirati calcoli alt«rnano C( n gli ftraii quarzofi fottilillìnii . L' amianto color verdognolo è in abbondanza nel territorio di Cafalnuovo . Incontrammo 1' amianto aluta montana fui littorale della Calabria citeriore nel luogo detto Calamafcione . In S Fili per le rive del fiume Vacale , efifte per iflrati di lunghe eftenfioni lo Schijlus pinguis del Vallerio, Quefìa pietra iciolta in vaio pieno di acqua veggonfi a capo di un giorno a pelo d' acqua fpianate delle gocciole di petrolio.- l'acqua ne dà un odore piuttofìo graziofo ; e guftataun fapore eguale al fapore dell'acqua di pece liquida, o fia catrame. La terra di quetta pietra pariiìca;a rieke per la pittura aliai utile foprattutto per la fua facile e grande eRenlione. Le torbe in feno delle valli della pi.ina fon frequenti , e propriamente ne' luoghi argillofi . Le terre imbevute di petrolio fi lon fatte vedere in molti luoghi aperti dalle icolfe del terremoto . Le fcolfe de' terremoti dal fondo delle aperture per quella piana prodotte, diedero fuori in gran copia il ferro, detto ffiriim arenofitììi . Le fpezie di beatiti che in Vallerio leggiamo , tutte s'incontrano in quelle due provincie, e maffime nella citeriore, e fono alfai lodevoli. La Jìeatites laidites ^ 0 Jìeatites vera s'incontra per vene molto lar!;,he, e come a Tirati nella contrada detta degli. Aichi a tramontana di Reggio, ed è di afiTai buona qualità, e farebbe opportunifiìma per ornamenti, e per vafi . Or queftì fpezie di /ìeatites fé non dapertutto in ogni dove, trovafi in alcuni luoghi figlia del quarzo. Noi abbiamo un bel pezzo di quarzo, di cui una porzione è palfata in fìeatite ; e ci riferbiamo ad altro tempo r indagarne e dirne la rar ione . Q-.q ^ '•SA^ 308 Avendo nel noflro ritorno dovuto pernottare alla marina del Getraro, ne' pochi momenti che avemmo di agio, fcorfo alquanto il letto e le rive di quel tìume , incomrammo dialpri d' una durezza inefìimabile , e bei fafTì ferpeniini degni di adoperarli in qualunque nobil lavoro. Erane una fpezie dura, alquanto fcintillante, colore acquamarino , che pare una fpezie di zeolite, tutta guernita di glandole bianche lìlicine, il che produce una vifìa graziofa ; noi ne ferbiamo un pezzo . La Calabria citeriore è mclto ricca in pietre di ornamenti per altri ufi nobili. Sarebbe liato giovevole far V enumerazione delle fpecie de' tefìacei non ancor rifoluti , che nella Calabria ulteriore s' incontrano , veggendofene delle fpezie rare, ed alcune che ne' noflri mari oggi non vediamo. In Briatico, in Schiti^ in Tropea è frequente una fpezie di echino molto rara , che è \' Echinanthus Ovalis (i). Un'altra alfai più bella fpezie n'incontrammo nella marina del Pizzo alla deftra verfo l'AngitoUj la quale è V Echinanthus planus fecunda fpccies del Runfio (2) . Ne tralafciamo le defcrizioni per non efier troppo lunghi . la feno delle argille in Seminara , ed in altri luoghi vicini, alla profondità di cento cinquanta piedi, s'incontrarono molti ben groiTi dentali . Verfo le più alte parti del Jejo, e Sagro ad occidente , tra gli altri tef\acei s' incontrarono molti del Coma ammoni s (3). Mi ricorda a quello propofito, avere ad occidente di Monteleone poco fuori le mura , lungo la via, olfervato, non lenza maraviglia, le pareti di un picciolo antico edlfizio fabbricate di pezzi quadrati a taglio, il cui compofto naturale era un ammaifo ben legato e gagliardo di picciole telline con pochiffima fabbia tramifchiata. (l) Cualthtr. Tav. no, fig. IV. (a) Thsfaur. T b. Xrv, //■/. F. (3) Runf. T. LX, ///. X). 1 pezzi di taglio delle mura dell' antico Hypponium, nel eiu mezzo oggi lìede la città di Monteleone , fono arenari! compofti d'arena di mare, frantumi di tefìacei, e tefìacei interi legati con poca marga. Un miglio a mezzogiorno da Tropea nel luogo detto Riace , la colia che a picco^ cade fui lido arenofo , ed a lungo s'innalza per piedi cento cinquanta e dugento , è un ammalfo ben compatto e legato d'arena, di marga, e d'una iirabocchevole copia di diverte fpccie di teflacei , e vi s'incontrano eziandio madrepore, retipore , dell' rfide nobile, 0 fia corallo roffo, come VEchinanthus ovalis. Vi offervammo eziandio ne' luoghi roiti dal terremoto, ma di raro, de'pezzi di olfa , che di pefce non erano affatto . Nella ftelfa cofìa nel luogo detto il Campo in compagnia del Sig. D. Giufeppe Ruffa Profelfor di medicina in Tropea , offervammo che nelle falde ivi di una valletta erano profondi ammaffi di minutiffimi tritumi di teftacei già divenuti di foftanza fpatica ed in parte anchs fìlicea . Or quella penifola è bagnata, oltre de' piccioli rufcelli, da quTrantotio fiumi, che in gran parte raflembrano piuttofto torrenti . I due fiumi più ^roffi fono il Metramo, o come altri dicono Mefima, ed il Metauro, oggi detto Petrace, che 2 ponente sboccana nel golfo di Gioja, a dilìanza fra loro- di n'.iglia quattro. Quelli colle loro nioltiplici ramificazioni bagnano- tutta 1' eftenfione del fuolo di quella gran valle , o piana, il Metauro a mezzogiorno, ri Metramo a fettentrione; e cosi dividono- e fuddividono il fuolo per profondi tagli in tante linguate , che que' paefani chiamano file/c , fuUe quali lon pofìe per lo più le città e i villaggi della piana . 1 fianchi- di tali filefe , perchè fono ordinariamente compofte per la maggior dofe di marga bianca, comparlfcono a lunghi tratti bianchi, che vengono chiamate ^d/j//7^. I predetti due fiumi per un terzo del loro corfo in giù fino alle loro foci, fcorrono per piani molto baffi e dolci, fon perciò lenti e ardi , ed i loro letti ne fono a ribocco interrati , pec lo cV.e ne nafcono lateralmente varii rilìagni , ficcome fi vede con particolarità nel territorio di Rofaruo . Le acque del Metramo (per quanto nel mefe di mag:^io era la loro portata, e fecondo la larghezza del letto che olfervanimo ) e la loro altezza polfouo valutarfi per pafli venticinque in larghezza neir altezza di palmi due . Quelli del Petrace fon quali della fìelfa mifura . D' ordinario le acque di quella regione non fono di buona qualità, per la condizione del fuolo per cui korrono: onde ve ne fono anche delle nocevolilfune alla falute , malTimamente a perfone non avvezze a berne, e quefle propriamente per le marine : imperocch'ì fcorrono per fuoli niargaceoargillofì , o argillofi , onde fon fempre Lrde di tali elementi , che nuocono alla làlute . Sappiamo noi per efperienza che i luoghi argillofi fogliono fpeifo cagionar malattie perniciofe , e d' indole maligna . Da Reggio a Gerace per lo cammino di tre giorni fu la noflra picciola compagnia obbligata a tollerar la fete per. quel cocentiirniio iido, per la cattiva qualità dell'acqua. Sono in S. Biafe di Nicaftro fuUa marina delle terme molto copiofe, ma da noi non vifitate. Di quelle di Gerace fé n' è già fatto motto . Nel borgi della città del Pizzo vi è un picciolo rufcelletto di una deboliilima acidola, che forge tra gli fìrati del Saxum ferreum : nel fuo corfo tinge di ocra di ferro quanto incontra . Erano in Rofarno delle acque minerali, ma la negligenza le ha fatte difperdere. La piena e pronta vegetazione ed immancante ubertofità di quella provincia, particolarmente della piana, è tutta dovuta alla gran copia delle calci teftacee rimelcolate colle argille , e con altre terre vegetabili che dalle montagne dilamano : e ad una perenne e dolce fomentazione che '1 fuolo riceve da un fotterraneo nativo calore proprio del luogo per la qualità de' materiali fottopofti. Il fuolo quafi per ogni dove è occupato da vaPe e folte lelve di olivi di grandezza notabililTima , e di meravigllofa ubertofità; h bontà drgli olel, partlcolarmenta intendendo della colta fuljonio, è in grado eminente. Le piantagioni di vili lono abbondanti ; e la fquilìta quilità de' vini li vuole aniiporre a molti vini foreùieri. Quelli della predetta coita orientale del Jonio , e particolarmente que' di Ger^ce , fcnz' arte e lenza ajuto alcuno, liquori più tofto che vini polfono dirli , e lono d'una grazia di bocca ineflimabile, né loro manca per allucinare i ricchi che il titolo di llranieri . Il commercio delle fete, e degli fpiriti e liquori che fé n'eftraggono, dimoltra la feracità della provincia . Sono i lini, particolarmente detti jemmincìll ^ eguali a quelli di Aleirandria per la loro qualità; maffime quando non vengono adulterati per aliene mani, e quefìa derrata tutta fi manda fuori regno , I grani fono a fuflicienza, e per lo paraggio di Catanzaro e vicinanze in grado anche di commerciarli. Si potrebbero le vafte ellenfioni di quel marchefato impiegare a femina , quando non s' impiegano ad altro ufo niuno per follievo ed aumento di quella nazione. Vi fono fulTicienti pafcoli, e non pochi bof hi di quercie per la paftura . Sulla punta d' Italia , o fia Capo Spartivento , è quella picciola contrada alla delira del fiume Alice, o di Amendolia, non corrilpondente al fuolo di quella provincia, e per ogni altro carattere alfai particolare . Per l' afprezza del fuolo faifolb è tutta llerile ; onde gli abitanti ne fon poveri , maiTime che per l' inaccelTibilità de' luoghi manca ogni commercio con i circonvicini : per lo che vi è pochiffima, e quali niuna cognizione di denaro . Sono quegli abitanti un avanzo delle prime emigrazioni de' Greci venuti in quella cofìa, che non ha ricevuto niun'alterazione eftrinfeca, fuorché dal tempo ; per la qual cofa fenteii nelle loro bocche il nativo greco linguaggio, comechè debole e rozzo, fenza lafciare di polTederne alcune picciole reliquie e fmoite radici . XIV MEZZANA ANTICHITÀ IV CLASSE . XIV. ILLUSTRAZIONE DELLE MONETE CHE SI NOMINANO NELLE COSTITUZIONI DELLE DUE SICILIE DEL SOCIO D. DOMENICO DIODATI Letta nella R. A. in due ajfemblee nel 1784 e 1786. UNa novella accademia ftabilita a vantaggio e decoro dello stato è debitrice alla nazione di prima illufìrar le cofe patrie , anteponendo Tempre le utili e fruttuofe materie alle galanti . E' già gran tempo da che fi brama di veder melfa in lume quella parte di antichità, che tende a rilchiarar le leggi, colle quali viviamo; voglio dire il codice delle coltituzioni delle due Sicilie dell' immortai Federico II. Quell'opera Itupenda della mezzana antichità è il più delle volte ofcunflìma per le poco conofciute ufanze di que' tempi . Or fralle cofe che più ne turbano la chiarezza e l'efecuzione inlieme , fono appunto le monete che fpelTo vi fi adoperano, ora per pefi feudali, ora per ricompenfe, ipefljlFimo per pene pecuniarie, talvolta per falarj de' notari , tal altra ptr mercedi de' fubalterni, fenza punto annoverar le lomme prefcritte per norma de' contratti , e l'ordine de' giudizii : quindi è che fenza una efatta cognizione di que' danari , le leggi fuddette a buona equità non lì R r poffono efeguire , né ofTervare . Avendo io a quefte cofc riguardo, ho prefo ad jlluftrar le monete tutte nominate in quel codice , a determinarne il valore , e a far di elfe colla pecunia che oggi corre tra noi un accurato ragguaglio . Non fi riguardi quello lavoro come confacnto unicamente al foroj perciocché è diretto egualm.ente alla utilità della fìoria, della diplomatica, e delle antichità de' tempi mezzani; e febbene appartenga a' fecoli rozzi , ipero nondimeno che non fia per elfere difpiacevole . Le mule barbare , benché ruvide e difadorne , hanno pure le loro attrattive . Elfe però adefcano i legnaci loro non con vezzi , ma con doni ; e godono di elfere riputate anzi benefiche, che lulinghiere. PARTE PRIMA Valor legale delle monete nominate nelle cojìitu'^onl . Prima di entrare in aringo fa di mefìieri premettere un' oflervazione molto elfenziale , che ferve all'opera come di bafe e di fondamento . In tutte le monete li debbono diftinguere tre diverfe fpecie di valori, cioè; I il valor legale, 0 fia eftrinfeco; II il valore intrinfeco; e III il valore, che io chiamo di commercio. Si dice eflrinfeca, o legale, ed anche numeraria quella valuta, che la legge o il governo alfegna a ciakuna delle proprie monete . In quello regno, a cagion di efempio , è flato aflegnato al grano la valuta di dodici callij al carlino di dieci grana, al tari di venti, al ducato di cento, e cosi difcorrafi delle altre. Si chiama valore intrinfeco il prezzo del metallo , che ogni moneta in fé contiene . Quello valore è più 0 meno fecondo la qualità, il pefo, e la bontà del metallo, che ha la moneta . Così preffo di noi nove trappefi ed acini diciaifette e mezzo d' oro di carati ventuno e tre quarti formano il valore intrinfeco della doppia di fei ducati ; trappefi venticinque d' argento della bontà d' once dieci coftituilcono 'il valore intrinfeco del ducato di frelco coniito nella noRra zecca ; e trappefi lette di rame fanno 1' intrinfeco del nuovo grano . Chiamo finalmente valor di commercio quella proporzione , che la moneta ha colle cofe tutte che fono in commercio . Q^uefta proporzione non è coflante, ma varia cogli anni. Oggi, a cagion di efempio, venti carlini in circa corrifpondono al valore di un tomolo di farina : ma ne' paflati fecoli cogli fleflì carlini venti fé ne avevano più tomoli. E' flato offervato in un telkmento antico , che un nobile Siciliano laiciò ad un fuo fchiavo quattro grana al giorno con quefla efprelTione, i/r commode vivat [i). Oggi quattro grana appena ballerebbero ad una perfona per vivere di pane ed acqua j appunto perchè la proporzione tra la moneta ed i generi , che fono in commercio, è notabilmente variata. Stante quefte premelfe ognun vede , che per illuftrar pienamente le monete delle noftre coflituzioni , e per farne l' accurata riduzione , conviene di ricercare in effe le tre divifate fpecie di valori , e confrontarle co' refpettivi valori delle odierne. L'opera è ben malagevole, ma neceffaria, fenza la quale ogni rapporto è grolfolano ed inutile . (Quindi per ordinatamente procedere , dillribuirò quello mio accademico lavoro in tre parti , nelle quali efaminerò partitamente ciaicuno de' divifati valori ; ed in quefìa prima il valor legale . Della libbra, d' oro semplice . Quanto era ufata a' tempi barbari la libbra d' oro , altrettanto fconofciuta è a' giorni noftri . Che cofa era la libbra d' oro ^ Era nome di pefo , o di moneta ? Era metallo in malfa, lavorato, o pure coniato? ElTendo in (l) Memorie per la Star, Letter. di Sicilia tom. i par. 6 p. óó. Rr 2 3i6 maffa o lavorato , perchè fi adoperava per moneta ? E Te era moneta, perchè fi eiìgeva a pefo , e non in numero? In conclufione quanto fi valutava in que' tempi la libbra fuddetta :* Ecco qui un gruppo di dubbj intrigatiffimi, che niuno de' noftri fcrittori , per quanto io fappia, ha peniati ancora , non che kiolti . ElTendo una tal libbra ufata frequentemente nel codice Federiciano, e formando elfa una parte elfenziale della nnmiftnatica de' rozzi fecoli, farà pregio dell'opera efaminarla a fondo; tanto più perchè da elTa derivano molte altre monete non folo noftre, ma di altre nazioni d'Europa. Oifervo nelle colìituzioni del regno due fpecie di libbre Hti furiffimi , proporzione una libbra di 14 carati aveva di valore ducati dugentocinque, e -L2Ì . Ma poiché dilìicililTimo era in que' tempi il rinvenir monete di finiirmio oro, quindi credo che nelle occorrenze di doverfi pagare libbre puriflìme fi riceveffe anche 1' oro in mafla . L' oro in malfa correva in commercio in luogo di moneta lin dal quarto fecolò della chiefa , e veniva dimandato aurum puruiriy ovvero mundum, purgatum, obryzatumy colìum , puriffimum , cxcoiìum &c. Cofìantino il grande ini una collituzione pubblicata nell'anno J25 diede la facoltà ai popoli di pagare i tributi o in foldi coniali, o- pure in oro materiale (1). Lo fieflb fu ordmato dagl' imperatori Valentiniano il vecchio, e Valente con due altre coftituzioni, che fi leggono nel codice Teodofiano (2). Venne dichiarato» in una di elfe, che l'oro in malfa non potejì Ji/plicere, e che que fio modo di pagare ad compendium Jimplicis fatisfaàionis- inventum cfi . Anzi nella corte imperiale ci era un teforo particolare chiamato Scrinium aureae maffae j. al quale preledeva // Primieerius detto facrae majfae, il quale tra gli altri ollìziali aveva un Aurtfex per eonofcere la qualità dell'oro, che vi fi recava (3)! Quefta ufanza prefe maggior forza ne' lecoli pofteriori, ìiccome da innumerabili documenti apparisce ; rechiamone qualcheduno. Seiat fé compofiturum ducentas Itbras auri co£iÌ; così in un diploma dell' imperatore Errico del loi» (4). Ed in una carta recata dal Padre Carpentier ; Dedit michi domnus Albertus Abax quatiior libras coéìi auri (5). L'oro cotto- non era certamente in moneta, ma fquagliato, e ridotto in pafta; e cosi fi efigeva (1) Cod. Teod. leg. T Je Fonde, 'at. et anrì irtlationeV. Gotoff. ivi, (2) Cod. Teod. L. la et 13 :{{o valore del tari d'oro,* ma di mole maggiore , e proporzionata alla i;iferioricà del metallo . Nacquero dunque i tari di argento dai tari d'oro; ed in progrelTo di tempo elfendo crefciuti di prezzo i metalli, riufcirono più commodi i figli de' genitori. Sicché a poco a prco da quelli furono quelli cacciati, e recarono folamente t tari d' arge.uto, che tuttavia adopriamo. Del grano. Quefta moneta , che hi tanta voga nel commercio minuto de' giorni noftri , viene parimente adoperata nel codice Federiciano; cioè nella coflituzione Jn civiltbux cauJiSy e neir altra che comincia Humamtate nobia fuggerente . La fua origine deve ripeterli dalla libbra d'oro, di cui abbiamo ragionato abbafìanza. Dopoché il pefo della libbra in quelle nollre regioni fu filTato in quel modo che oggi fi «fa, cioè partita in dodici once, l'oncia in trenta tari, ed il tari in venti grani, 0 fieno acini; ficcome la libbra d'oro, l'oncia d'oro, ed il tari d'.oro da nomi di peli fi convertirono in nomi di monete; altrettanto addivenne al granò, che è il minimo componente, 0 Ila la fettemillefima ducentefima parte della libbra ; ed in confeguenza il grano nella fua origine fa moneta in oro. Non rechi meraviglia il fentire i grani d'oro ; conciofiacchè vendono fpeifo nominati nelle carte de' fecoli baffi. E per non ulcir dalle coftituzioni del regno, .nell'allegata coftituzione In civilibus caufis fi ordina, che il portiere per una intimazione dentro la città , non potefTe efigere più di un folo grano d' oro ; Appariiori prò qualtbet ci taf ione infra civitatem^ aut Ipcum facienda granutn uni ab aéìore praeèeatur . E così in moUiiTime altre carte i\ vede ufato il grano d'orofinp al fecole XVI (1). Vero è però (ij Archiv. della Cava Are. 16 num. 11 15 e 31. è per?) che il grano fuddetto era moneta immaginaria, e non reale . Un minuzolo d' oro quanto pefava un acino , incapace era di conio e d'imprellione. (Quindi intendevall col grano d' oro di pagar tanto prezzo , quanto valeva e pefava un acino di quel metallo . Il valor legale del grano d' oro era il medefimo dell'odierno grano di rame, cioè due tornelì; o pure la decima parte del carlino d' argento, che torni allo 11 elfo . Matteo degli Afflitti , nella cui età era tuttavia in ufo un tal grano, commentando l'allegata cofiituzione Jn civiliòiis caii/is , dice; Nota ex tcxtu lèi, granum auri ; quod prc quolibet homìnc citando intra civitatem nuncio dcbent folv'c pio a&u citationis dtios tornienfes , quia duo tornienjcs funt prctium grani unìiis ami (i), E nel Capitolo del regno lani fa^pe fi legge , che dieci grani d'oro formavano un carlino ; Ad rationem videìicet de granis auri àecem prò quolibi't caroleno .... recipiat , et expcndat . Dopo che il grano d'oro acquillò forza di moneta, e fé ne radicò l'ufo, per renderlo più comodo al commercio da immaginario fu ridotto in moneta reale; e per farlo coiì fu d'uopo fabbricarlo di metallo meno preziofo . Giatidonato Turbolo ci fa fapere, che fotto il governo di Filippo II, e propriamente negli anni 1572 e '573 nella zecca di Napoli li battevano grani d'argento (2). Ecco qui un nuovo argomento di meraviglia. Come, dirà taluno, grani d'argento? Monete di così tenue valore erano coniate anch? di metallo nobile ? Ma quello non deve recar meravi:;lÌ3. per più ragioni. I per».hc il valor dell'argento era in quei tempi diverfo dall'odierno. L'argento puro detto di coppella, che oggi fj compra a ducati diciaiTette e grana venti la libbra, allora lì aveva a ducati dieci e grana ottanta. fi) Affli'ro Cnm. ad conjìit. In civU'ibus n. 6. (1) Tuibolo Dilcorlo [liUe monete del regno pag. 34 Ci?* 35. V V r-sa^ 338 come lo fìclTo Turbolo rifevilce. II perchè quel grano era di piccoliiììnia mole. Ili perchè era di argento meno puro del carlino. IV linalmente perchè aveva in commercio valore più gr>mde di quello che ha oggidì : mentre allora con un grano li aveva più roba di quel che ora le ne ha . Per ben comprendere la forza di quelV ultima ragione, è necelTario che Icendiamo per poco in piazza a vedere i prezzi de' commeftihili di que'tempi, e quel che valeva nel commercio minuto la moneta del grano. Tra i capitoli del ben vivere pubblicati dalla nofìia città nel 1509, ne ritrovo uno che oggi darà da ridere a chilo fente.. Siami lecito di riferirlo colle medcfima fue parole,, comecché goffe; Qiiando la. farina faglie per guerra ^ 0 carefiia^ 0 per ìndifpojizione de fìagione de cinpite carlini in fu el thomulo ,. non fi debiano fare taralli ., f fanelli .^ ceppule ^ macarune , trii, vermccc'lll , ne- altra cofa di pafta , excepto in cafo de neceffita de malati fono pena de jnezo au gufi ale la prima voltJ. ec. (1), Sentifte ? 11 prezzo della farina a carlini cinque in l'u il tomaio era prezzo di guerra, e di careftia.. In fatti ne"^ regiftri dell'archivio di S. Lorenzo fi legge, che nel feguente ann:) 15 io vendevafi la farina al mercato alla ragione di grana venti , e venticinque il tomolo ; ed una palata di pane di ventidue once non coftava più d'un tornefe . Sarebbe materia di divertimento il rivangare i prezzi, onde in que'tempi compravanfi gli altri commeftibili alla minuta. Il dotto Gavalicr D. Domenico di Gennaro ni ha genrilmente proccurata un' affi fa fatta dalla città di Napoli neir iftelfo anno 1505), e giova al noftro intento riferirne qualche articolo, . La carne vaccina doveva!! vendere a grana due e 'mezzo il rotolo. La vitella di Sorrento a grana cinque . La carne di porco ad un grano , ed otto calli . (i) Priv., Cap., e Grazie della Città di Napoli voi. I p. 70. Il lardo a grana quattro il rotolo . Il cacio di Calabria a grana quattro ed otto cj///; Il caciocavallo a grana cinque il rotolo . In quell'anno niedelìmo il nionaftero di San Severino ì comprò il vino greto a carlini venti la botte, che veniva a grana Tedici ed otto calli il barile; e l'olio a grana ventuno lo lìajo (i): e così difcorraii del valore delle frutta, de' pefci , e di altri generi di grafce . Ma affinchè niuno porti invidia a quell' età , ed efclami col poeta O dolce tenifo, o vita follazzevoleì fa d' uopo confiderare, che a proporzione della roba fi guadagnava il denaro; le poco fé ne fpendeva per vivere, fé ne guadagnava anche poco. Oggi, a cagion d' efempio, un ferviiore ha ducati cinque il mefe di falario , che importano giornalmente grana 16 -/. ma in que' tempi aveva ducati fei l'anno che importavano un grano ed otto Calli il giorno (2). Oggidì, com'è noto, fi tiatta di (1) Veggafi II Conte Carli a^eccbe tf Italia tomo III par. a pag. 102 della prima edizione. (2) Nell'anno 1388 il iacro Confìglio affegnò ad una dama la ferviti», ed i veftimenti convenevoli al lue rango, e gliene tafsò l'importo. Giudico di far cofa grata ai curiofi di af.;giungere in queQa nota l'intera decifìone ricavata dalTarchivio di quel tribunale, anche per conofcere la frugalità di que' tempi, zz Die 17 Itilii 1488 .Zi: Jn caufa magnìfice Domine Marit Marramalde cum ejus filiis fuper petlta taxatione veflimentortim & alioriim neceffariorum prò perjona ipfius Domine Marie vidtte , ne ctiam fottitione fanitilorum &c. Confideratis omnibus confideraniìis & adhibitis expertls in talibus decretttm cjì per S.R.C, quod huiufmodi veflimenta & falaria taxintur prout prefenti decreto taxantur prò Jìngulo biennio ab bine in antea numerando per eofdem eitis filios ipft Domine Marie debenda ad fummam & qiiantitatem ducatorum o8oginta jex de carlenis argenti modo O" forma iiiferÌHS di/ìinHii & declaratis . In primis •viddicet . Per una gonnella de panno nigro ac^imato & baguj.Uo de Florencia canne doy di'caii quatutdìte .... XIIII V V 2 Vldurre la limofina della meira a grana venti l' una ; ma in que' tempi non era più di fette tornefi, o grana quattro, come ho ricavato da alcune memorie della chicfa di San Giovanni maggiore . E pure con tale limofina un preta pò. èva convenientemente campare. Si ufavano allora le piccole monete di rame dette cavallucci, o fiano calli, dodici delle quali formavano un grano ; ficchè fcambiando le quattro grana in calli , fi avevano quarantotto di quelle monetucce , ed una perfona le fcompartiva comodamente alli varj bifogni della vita. Ma tornando là, donde ci fiam dipartiti, da tutto ciò fi ricava , che il grano in que' tempi aveva coi generi di commercio una proporzione molto maggiore di quella che ha oggigiorno, onde non è da ftupire, fé veniva fabbricato di metallo nobile. Ma non più ragioni, non più autorità ; vengafi ai fatti : io ho il piacere di pubblicare un grano d'argento coniato in quel tempo, che da niuno >• Item per ana gonnella de faya negra de Perpignan» larga tantte doy palmi fey ducati qtiaiìro UH Item per tino mantello puro de Florentia palmi dudice dtuati dece tari doy, grana dece Jtem per una Toppetetla canna una ducati VII Item per una cortenera ducati Ili Item per doy dobUBi due. doy tjrì doy grana dece . . Item per doy para di calche ducati uno, tari uno . . . Item per cammije Jey ducati tre Item per fey para di [carpe tari tre Item per fey para di pianelle ducati uno tari uno .... Jtem per le cofcture de di6H ve/ììmenti ducati .... /// Item per panne de la tejìa ducati Item per lo foldo de quelle perjone faranno al [ervix'O de di8a Madammo Maria, che faranno tre perfone ad una onc^f ptr una cijjcheduno anno monta per doy anni ducati trentafei • . . XXXVI Son debitore di qucflo documento al Sig. D. Lorenzo Giurtiniano, che l'ha eftratto dal quaderno I[ de' voti e decreti dell'archivio del S. Configlio fegl. 211 & 212. ancora , per quanto io fappia , è fiato conofcluto . Eccolo appunto. Elfo rapprefenta da un lato la tefta di Filippo II allora regnante col motto in giro Philippus Rea Aragoniae ntriufque , e nel rovefcio fi vede imprefla una maglia della collana d'oro colle parole Siciliae Hierufalem. Ma finalmente coli' avanzar degli anni eflendo anche avanzato il prezzo dell'argento, fu neceffario di fabbricare il grano di rame, come lo è alprefente; e per confeguenza quefta moneta acquiftò nome e valore dell'oro, nacque in argento , e quindi fu convertito in rame , Del soldo Longobardo. Il foldo viene allegato una fola volta nel codice Federiciano , e propriamente nella coftituzione Violentias fuhicSìorum nojirorum'^ in cui fi determina, che colui il quale violentemente fpoglia un altro dal poifelfo di cofa immobile , oltre alla rcftituzione dello lìabile , e de' frutti raccolti , debba pagare la metà del valore della cofa fiefia , abolendo in tal guifa la pena di fei foldi prima ftabilita per coòi fatto attentato . Indi fi aggiunfe ; Deriforium namqiie creJimus aliquemfex folìJorum tantum poena damnari . ' Ma quanto era il valor legale di cotai foldi ? Or quefìo si che non è nodo da Icioglierfi al bujo , né è foffo da faUaifi a piedi giunti ; tanto più che i noftri fcriitorl , ed i coBimentatori delle cofìituzioni non ce ne hanno lafciata veruna traccia . Eranvi ne' fecoli barbari diverfe Ipecie di foldi ; altri erano i foldi imperiali , altri i Franchi, altri i Frifoni , altri i Longobardi, altri i foldt d' oro , ed altri quelli d' argento ; la maggior pirte de' quali era di diverfo valore, in modo che han imbrogliati i più valentuomini nelle antichità de' mezzi tempi , non eccettuandone né pure il Lindebrogio, il Dufrelne, i Padri Maurini , il Frehero , ed il Muratori . Sicché per venire alla foluzione del problema, prima di ogni altra cola conviene inveftigare di quali foldi parli la coflituzione , e quindi determinarne il valore . In quanto al primo punto ho per fermo , che nelia coftituzione fi parli de' foldi Longobardi ; perchè una tal pena la trovo ftabillta appunto nelle leggi di quella nazione : come può vederfi nelle leggi 3, . i rutr- iZ n. 2 . (») Priv., e Capir, della città di Napoli voi. i p. JO et a t. (3) Borgia Mcm. iflor. di Benevento t. I , pag. 41 d. _ (4) Di ciò ne afficurano l'Afflitto nel luogo citato, il Nigris Com. adCflp. (tri Hoc n. 130, il Capecelatro Co»/M/r. 69 t\. i^ Stefano di Stefano rag. fojl. t. I, e. i, n. 17, p. \^6 , ed altri. \ I HM^ 347 per troppo fottilizzare han meffo in dubbio cib che finora li è tenuto per indubitato, ponendo in campo diverfi oppofti fentimenii . EiTi han preia principalmente in mira una tefìimonianza di Riccardo da S. Germano j ed è mirabile come da un telto medefimo fé ne lìan tratte tante varie opinioni. Le parole di Riccardo fono quefìe; Thomas de FiinJo civis Stalcnfis novam monetam auri ^ quae augujìal'is dtcitur ad Saniìum Gcnnanum detul/t, ut ip/a moneta utantur homines in emptionibus et vendltionibus fuis juxta valorcin et ab imperiali providentia conjìitutum , ut qudibet niimmns aureus rccipiatur , et cxpendatur prò quarta unciae (i). I moderni, come diceva, hanno molto arzigogolato fu queflo tello, interpretando in diverfe maniere le uUime parole, cxpendatur prò quarta un:iac . Il Vergara ha prefa ì'Uncij per nome di pelo, giudicando che l'agortaro valelfe quanto una dobla d'Italia meno veniinove grani, fecondo il pefo e prezzo corri nte (2); e quello fentimento è flato adottato anche dal Muratori 13). Monfìgnor Tefla artivefcovo dì Monreale nella vita di Federico II re di Sicilia , ha lìmilmente prefa la parola uncia materialmente , opinando che l'agoftaro valelfe la quarta parte d^ill' oncia d'oro ir\ ii)afra(4). Il già dev'unto Abate Ferdinando Galiani nelle giunte al trattato della Moneta dopo [di avere adottata la comune opinione , fi ritrattò nd decorlo , e prefe la voce uncia per nome di pefo , aggiungendo che il teflo di Riccardo fia viziato, ficchè in vece di qua>-ta unciae debba leggerfi quinta ; e ne allegò quefla ragione , perchè avendo porto in bilancia un agolìaro ben tenuto, l'avea trovato di trappefi fei, che formano appunto la quinta parte dell'oncia (l) Riccardo da Sangermano Chron. ad an. 1122. (l) Vergara Monete del Regno prtf. paR 5, e nell' Op. pag. 15. ^3) Muratori ^ntiij. mtd. JEvì d'tff. 27 tom. II pag. 6z6 A. (4J Tefla de Vita tt rtb. grft. Fedetic. 1 1 pag. 141 . X X 2 ^•ài^ 34.8 a -pefò (i). Oltre a quefti il Conte Carli, benché fia del comun Pentimento, che valeiTe l' ago (taro carlini quindi<:i Napoletani , pure crede che avclfe potuto corrlfponderc ad un fiorino ed un quarto, come fu fcritto dal Malafpina, dal Villani, e dal Cafìiglionchio ec. (z) . Il Canonico Schiavo pretende, che l'agoftaro folfe valuto tari trentuno, e grana cinque moderni di Sicilia (3). Il Principe di Torremnzza finalmente fuppone , che valeva il quarto dell'oncia moderna Siciliana, che viene a ragguagliare grana 75 di no (ira moneta (4). Ma con buona pace di que(ìi dottifllmi uomini , che Tènero conve maeftri, le difcordanti loro opinioni dimollrano ■«juanto pericolerò fia allontanarfi talvolta da fentimenti comuni •€ ricevuti j maifimamente quando fono (iabiliti (òpra tradizioni antiche e co-tìanti. Che il valore dell' agofiaro fia fiato ■di fistte tari € mezzo, o vogliam dire di carlini quindici Napoletani , è un fatto attet^to concordej-nente da tutti gli icrittori e dalle menwrie di que' tempi. Primieramente il tello di Riccardo da Sanger mano, cTie è (iato tanto cavillato, prendendofi nel fcnfo ovvio e naturale, li uniforma al fentimento generale. Egli dilfe ; Qji'dibet A'igujìali^ recipiiitur , -et £xpendjtur prò quarta unc'cae . Pigliandofi la parola uncìa per V owcìì monetale^ che correva in que' tempi, e che valeva in commercio felfanta carlini j la quarta parte di ella era carlini quindici , cioè tari fette e mezzo , ed in -quello modo lo dorico fuddetto conferma l'opinione universale . Ricordano Malafpina storico Fiorentino contemporaneo di Federico II,, parlando di quella moneta dilfe; Gli cambiò (1) Galiani Dilla Moneta eih. del 1780 pag. ::?8i ^(^6 41^* (2) Carli Zecche di Italia tom. Ili pag. 215 ad Vi6. (3) Opitfcoli di autori Sìciiiimì tom. XVI pag. 34O. 5+9 ni ago/lari à' ero, che valeva /' uno fiorini uno ecl vn quarto (i). Giovanni Villani anche Florentiiio , che fiorì nel feguente fecolo 1 cri ile ; V aoojìaro d'oro vjUva F uno Id valuta et uno fiorino e quarto d'oro (i) . Di qjehe parole del Villani li fervi Lapo di Cartiglionchio celebre giureconfulro Tofcano dell' iftelTo fecoloXlV, ragguagliando l'agoftaro ad un fiorino e un quarto di Firenze (3). Ma il fiorino Fiorentino valeva in quefte noftre regioni lei tari, come appariice da innumerabili documenti, e tra gli altri da un conto del 1333 al 1336 rapportato dalDucnnge; De pecuniu recepta in Karoltnis aroentì, et rcduéìa ad fiorenos de Florentia , computata qualibet lincia prò qumque Jlorenis , tt quolibet floreno prò Jex tarenis , et quolìbet tareno prò duobus carolcnis , et quolibet car aleno., prò decem granis (4) . Adunque fé il fiorino di Firenze valeva fei tari , o fieno carlini dodici , è manifefto che un fiorino e quarto fiaceva' tari fette e mezzo , 0 pure carlini quindici . Giacomo , che regnò in Sicilia nell' ifteflb fecole di Federico, in uno de' fuoi capitoli ordinò, che l'agollaro fi fpendelfe in quella monarchia per tari fette e mezzo , fecondo il fuo natio valore j Providimus , et praecipimus auguftales generaliter recipi , et expendi ad rutlonent videlicet de tareais feptcm et granii decem prò quolibet augujìale (5) . Ma ciò più luminofaTuente fi compruova con due diplomi, che abbinmo nell'archivio della zecca, i quali ci fan fapere dirtintTmente non folo il valore dell' ago ilaro, rea anche il titolo . Efli fono così importanti che meritano (1) Ricord. Malafpina cap. i:jo pag. 109. (2) Giov. Villani Ltb. VI cap. Xf. (^) Lapo da Caftiglionchio epil". pag. 95. (4) Diif.ingf Glo{f. Latin, vice Uncia . (5) Citj>it. Regni Sicillae tota. 1 pag. 35 anno laSS- di eirer meiTi in veduta . Carlo I d' Angiò , come fi è accennato, volle che fi abolifTero gli agoftari e mezzi agoftari nell'una e nell'altra Sicilia, furrogando ad elfi due nuove monete da lui chiamate reali e mezzi reali. la quelle fìelfe commiflìoni emanate nel 1267 ordinò, che nelle zecche di Barletta e di Meflina lì folfcro battute le monete nuove, le quali dovelTero avere il medefimo pelo, bontà e valore delle Federiciane. Ecco le parole della commilhone per Barletta, e fi noti fé poiTono eire.e più precife j ManJanres ^uatenui . ... in eadem fida no (ira Baroli Re gale s medioS Rcgales et tarenos ami ad modum inirafcriptum laborari et cadi faciatis videlicct quod quelibet libra Regalìum et mediorunt Regahum contineat de auro puro in paniere uncìas aui i decem tarenos Jeptem et medium in pondere et quilibet Rcgalis Jit in pondere tarenos Jex et medius Regalis tarenos fium et Revalis quilibet prò tarenis Jeptem et medio et nicJius Regalia prò tarenis tribus et granis quindecim expendantur prout aiigujìalcs et medii augujìaìes olim erant diiìe tenute et ponderis et expendebantur hacìenus prò quantìiate predica . Neir illeffo modo fu dilìefa la commiflione per la zecca di MelTina , come fi può ofTervare dallo fquarcio in pie di pagim (i). Da quefti diplomi ricaviamo le propiiet:i tutte del reale, ed agoftaro infieme. Primieramente ne impariamo la bontà; Quelibet libra regalium contineat de auro puro in fondere uncìas auri decem tarenos feptem et medium . Che I ■ I I I ■ ■ ■— fi) Mandantes quatenut . . . . in tadem fida noflrj M^-ffane RegaleS medìts Regala tt tarenos auri ad modum infra ferì ptum Ijborari et cudi fjciatis videìicet quod quelibet libra Regalium et mediorum Regalium contineat de «uro puro in pondere uncìas decem et tarenos feptem et medium i» fonder* et quilibet Regalis fit in pondere tarenos fex et medius Rfgatit tarenos trium et Regalis quilibet prò tarenis feptem & medium et mfdiut Regalis prò tarenis tribus et granis quindecim expendantur prout augujiales et medii augujiales olim rrjnt diSie tenute et ponderis et expendebantur kaHenus pr» quantitate predicìm . Afih. della Zecca Rfgil^. iiSo Jit. C, Jol. ) et O T. ■vai quanto dire l'oro de' reali, e degli agoflari era di eirati venti e mezzo. Ne conofcianio in fecondo luog ) il pefo , ch'era di t ra ppeji IVi; QjtiUbct Rcgalis fit in pondcre tarenos fdx . Ne fappiaiiio per ultimo il vaio. e, ch'era di tari lette e mezzo; Reojìis quilihet prò turenis fc'ptcìn et medio expendatur pio ut auvujiales olim erant di^lc tea ite et ponderis et expendebantur haiienus p.o quanti tate predilla . Ed ecco qui il valor legale dell' agolìaro dillinio dal pefo, e dalla bontà . Or dopo rinvenuta quelU fpecie di documenti , farebbe una frenefia il dubitare più che l' agolìaro valelTe lètte tari e mezzo, come viene univerfalmente lìimato. E fio per dire , che una ventina di diplomi fimili a quefti bafìerebbero a diifipar le tenebre, delle quali fono ricoperte le nionete de' fe.oli mezzani. Da quefti med.lìmi diplomi fi conofcono parimente gli abbagli del Malafpina , del Villani e del Borghini nel defcriverci il titolo degli agoilari, fenza parlare de' moderni fcrittori . Il primo dilli, che la qualità dell'oro era di carati venti, il fecondo aiferì elTere di fne oro a paragone^ ed il terzo giudicò che folle di carati ventitre e mezzo o ventitre e tre quarti (i). Ma le teftimonianze di quefti privati fcrittori devono cedere all' autorità degli allegati diplomi , i quali in foftanza contengono due commiffioni regie emanate da un lòvrano nel proprio ftato dopo maturo elàme e diligenti pruove, come quelle che riguardavano una materia così importante j Summa premeditatione et deìibcratione penfata , et diligenti deliéeratione perhablta j fono quefte efpreiTioni inferite in detti diplomi, Commiflìoni in foni ma, che vennero pubblicate con tutte le folennità , perchè accompagnate con lettere patenti dirette a tutti i conti , giufìizieri , baroni , fecreti , caftellani , balli , giudici , alle univerfità d'entrambi i regni, ai quali fi fé nota la (l) Borghini Dtlla Moneta Fiorentina tom. II pag. 220. fabbrica, ed il titolo delle nuove monete, in tutto corrifpondenti al valore , pefo, e bontà degli agoftari ; ed in conieguenza fi deve conchiudere , che la bontà di quelli era di carati venti e mezzo ; il che venne anche atteftato da Maftro Iacopo di Fiorenza nella fua aritmetica fcritta nel 1307, dove dilfe J Che gli agojìari d'oro fono a carati vinti e mezzo (i). Ora per compimento dell' opera ne aggiungo qui il difegno ricavato dall' agoftaro che ho preifo di me. Eccolo appunto . Eflb rapprefenta da un Iato il mezzo bufto di Federico II colla leggenda CyESAR. AQG. IMP. ROM., enei rovefcio l'aquila imperiale col nome FRIDERIGUS . Stupifco come abbia potuto venire in mente al Poggio (2), al Liruti (3), ed altri, che quefta moneta folle fiata in ufo in Coftantinopoli a* tempi di Cofìantino il grande ; ed al Signor Apoftolo Zeno , al Muratori (4I , ed a Monfignor Borgia (5) , che r immagine in efla fcolpita ila di Celare Augufto , da cui tirano l' etimologia di augujìale . Stupisco, io diceva, come uomini (i) V. le h\ij:n. Letter. del Lami del 1754. col. 2j>5 . (i) Calogetà Opufc. tom. XIX paq. 414. (3) V. Argelati tom. II pag. 169. (4) V. Mjritorj antico. lui. dijf. 2" 40^ «'//T. ^S P. 471. (5) ' Borgia Man. eli B.nevento tom. I: p g- 51 et 200. domini così dotti abbian potuto proferire afTerzIoni cost pò o ponderate con manitclla violenza all' autorità di due fcrittori contemporanei, cioè di Riccardo da Sangermano , e di Ricordano Malafpina • il primo dc'quali chiamò l'agoftaro moneta nuova introdotta dal noAro Federico, ed il leconda dichiarò di eifervi improntato il voho dell' ilìelTo imperatore. Né per rinvenire 1' etimologia di a^;ortaro ci era bilbgno di ricorrere a tredici iecoli indietro, e falire fino ad Ottaviano, quando che fi poteva ricavare dall'i Ideilo Federico, al quale non era ftraniero il titolo d'ajgulìo, come apparifce da infiniti documenti. Ma lenza cercarli altrove, l'abbiamo nelle lìelTe coftituzioni , in fronte delle quali ci è l' iftelfo titolo apporto nell'agoftaro • ciò; Imperator Fredericns li Romanomm Caefar fcmpcr Augujìns . Oltre di che chi può mai perruaderfi, che Federico II, il quale fu tanto gc-lofo della fua fama, avelfe adoprato in una moneta propria il nome di un principe tanto remoto , col quale non ebbe mai alcuna relazione * Chi può mai credere che l'immagine impreifa nell' agolìaro Ha di Ottaviano, fé ci è fcolpito il nome FriJcricus? Ma fenza più intrattenermi a ribattere quelle erronee afferzioni, mi rimetto a quel di più che ne hanno fcritto lo Schiavo (i), e lo Zanetti (i)^ mentre io torno al mio fcopo principale, qual' è di filfare il valor legale di quel1:i moneta. Crederei adunque di lalciare in qualche modo dubbio il valor dell' agottaro, fé non indicaìTi la cagione degli abbagli dr' moderni avverfarj. A ben rifletterli, le lora difcordanze dipendono da puri equivoci , ne' quali fono incorfi , interpretando le teftimonianze di Riccardo da Sangermano, del Malafpina, del Villani, e del Caliiglionchioj equivoci faciliirimi a prenderli in fatto di monete barbare, quando non fi elaminano a fondo , ed a fan^jue freddo , (i) OpuTcoli di autori Siciliani forti. XVI pag. 2^7. (l) Zanetti Monete d'hai, tom. II pag. 430 t Jeg, Yy Primieramente la parola uncia ufata da Riccardo nel luogo ora citaiO è p rola ambigua e di doppio fenfo ; imperocché lignifica il pefo dell'oncia, e la moneta di quefto nome. Incontrandofi elfa nelle vecchie carte, conviene diligentemente avvertire quando indica pefo, e quando dinota la moneta; talché pigliandofì una co:a per l'altra, volentieri fi cade in errore . Tanto appunto è accaduto al Vergara , al Muratori , al prelaro di' Monreale , ed al coniiglier Galiani, i quali prendendola quarta unciae ufata dal cronifta per nome di pefo, fon ufciti di fquadra , perdendoli in diverfi calcoli. V uncia ufata da Riccaido è da intenderli per nome di moneta; mentre egli per far capire a lutti il valore del nuovo denaro fabbricato da Federico, ragguagliò l'agoftaro coU'oncia d'oro monetale allora nota a luai , che e rreva in commercio, come oggi corre il ducato. Sicché fece il ragguaglio fra moneta e moneta , e non già fra moneta e pefo, come è l^ato immaginato da' men ovati fcrittori . Or fé l' oncia monetale valeva trenta tari ; la quarta parte di elfa importava tari fette e mezzo, e tanto appunto, come fi è detto, valeva ra:^otì:aro . L'altro equivoco in cui facilmente fi cade parlando di monete barbare, confitte ne' nomi llelfi delle monete. Ve n'erano in que' tempi alcune che avevano il medefimo nome, ed un valore diverfo ,* come fi è olfervato di fopra parlando de' foldi, fenza nominare i tari, ed altre moiete conlimili. Altrettanto è da dirfi de' fiorini . Altro era il fiorino di Firenze , che allora era il comune , altro il fiorino di camera, altro quello di Aragona, ed altro il fiorino di Sicilia , come egregiamente olferva V illulìre principe ui Torremuzza (e). Il conte Carli de; deroio di conciliare l'autorità del Vlalafpina, del Villani, e del Cafiiglionchio, con una carta Siciliana communicat;igli dal canonico Schiavo, (i) Ofufc. di autori Sicil. tom. XVI pag. 345 e fcg. A alTerì, che l'agofìavo valefle un fiorino ed un quinto, e non già un fiorino e quarto, come era fiato avvifato dagli fcrittori già detti; ienza riflettere che il fiorino nominato in quella carta era fiorino di Sicilia, particolare di quell'ifola, che correva tari fei, e grana cinque, o fiano carlini dodici e mezzo, come apparifce dalle parole della ftelfa carta recata dal Carli. In JI areni s vigtnti-, compuùtìs tarcnis fix -, et granis quinque pi-o cjuolihet (i) . All'incontro il Malafpina, il Villani, il Caftiglionchio, come Tofcani, ragguagliarono l'agotìaro col loro fiorino di Firenze, che valeva foli carlini dodici, come abbiamo provato. (Quindi è che uno di quefti fiorini ed un quarto faceva tari fette e mezzo. Il canonico Schiavo poi abbaglio nell' interpretare il Mtdafpina, e 1 Villani che ragguagliarono l'agoftaro ad un fiorino e quarto di Firenze. Q^ael valentuomo per rintracciar la valuta del detto fiorino, fi avviò per una via tortuofa e malagevole , che il menò ben lontano dal fuo fcopo . Egli andò a ricorrere all' antico ducato d' oro di Venezia ; dicendo che il fiorino Fiorentino , ed il ducato Veneziano fono flati computati del medefimo prezzo e valore . Dopo quefta premeffa valutò l'antico ducato d'oro di Venezia all' ilìelTo prezzo che correva a' giorni fuoi il moderno zecchino Veneziano, cioè venticinque tari Siciliani. In quello modo fece sbalzare l'agoftaro a tari trentuno, e grana cinque di Sicilia; fenza far conto che l'antico valore del ducato d'oro di Venezia era tutto diverfo dall'odierno zecchino di quella repubblica. "Si fa da tutti, che il moderno zecchino viene valutato ne' dominj Veneti per lire ventidue. Ma il valore del ducato d'oro del XIII fecole è tuttavia incerto e controvertito. I Signori Zagat» (2) e Zanon (3), (l) Carli tow. HI Zecche d'Italia psg. 215 e zi6. (%) Z'gata Cron. di Verona prtffo Ar^elati r. II pag. 6^. (3) Zanon Lettere di ^gricol. fom. V pag, ig6. Yy . Credono che valeva tre ,lire . Il Uubeis fuppofc che valeva lire tre, e foldi due (i). Il Signore Zanetti giudica che valeva Ioidi 39, e ^c [i) . Il Conte Carli ftima che valeva diciotto grofli (3) . A qualunque delle divifate opinioni fi voglia ilare, li vede lempre che l'antico ducato d'oro aveva valore elìrinfeco di gran lunga inferiore a quello del moderno zecchino,* Ma lenza ricorrere altrove, il valore dell'antico lìorino ci viene direttamente avvifato da var} documenti, e lingolarmente da quello che ho recato poco fa, che computa ogni fiorino di Firenze per fei tari, ogni tari per due carlini , ed ogni carlino per dieci grana . Or fé il detto fiorino valeva dodici carlini ; dunque un fiorino e quarto corrilpondeva a quindici carlini Napoletani , e non già a tari trentuno e grana cinque di Sicilia, come credette il lodato Schiavo . E finalmente l' equivoco del principe di Torremuzza dipende da più remota cagione, come fi vedrà nella fine di quella prima parte : bafta per ora indicar il fuo inganno . K' colà indubitata , per ciò che fi è dimoftrato , che nel fecolo Xni l'oro fi vendeva circa a ducati otto l'oncia. Carlo I d'Ansio fece comprare 218 libbre d'oro di doppie, ch'era più puro, alla r;igione di ducati otto e gr.ina ventifei l'oncia, come dal diploma di fopra recato nell'articolo del tari . Ciò premefTo , il principe dì Torremuzza flima r agoflaro fette tapi e mezzo dell' odierna moneta di Sicilia, che fanno fettantacinque grana di moneta Napoletana . Ma r agoliaro pefava fei trappefi ; dunque cinque agofìari pelavano un' oncia . Che vai quanto dire cinque agoftari avrebbero avuto di valor eflrinfeco ducati tre , e grana fettantacinque, e d'intrinfeco prezzo d'oro ducati otto in (i) V. Argelati tom, I pag. 15(5. (a) Zanetti tom. II pag. 2^1. {3) Carli Zecche -jppefi fette e mezzo d'oro puro. Il pefo era di trappefi ire . Il valore linalmente era di tari tre , e grana quindici , o fieno carlini lette e mezzo di nolira moneta . Mcdius Rcgalis prò tarenis tribus et granisi quindecim expendjtur . . .... pì, una cola ftella. E ie oggi il denaro Siciliano vale la metà meno del noilro, è dipelo da una fconofciuta alterazione, che gli fi è data, dopo che la Sicilia fi fottraffe dal dominio de' noftri fovrani. Eccone le pruove . Primieramente lì è già accennata la grande uniformità, che per lo fpazio di più fecoli vi è ilata fra l'uno e l'altro regno. Fffi, per cosi dire, ebbero comuni i natali, perchè in un fecclo medelimo furono ridotti in principato , Dall' XI fino al XIII ebbero comuni i fovrani , i quali fififarono la loro fede in Pilermo, dove anche rifedevano i primar] officiali della coroni . Ebbero comuni parimente le leggi. In fomma fi diniwiìicarono tanto, e con sì amabil nodo fi collcgarono iniieme , che 1' uno comunicò all' altro il proprio nome : onde il nolìro continente lino da quei tempi acqiillò anche il nome di Sicilia. E benché avellerò avute feparate le zecche j ci ■> non citante parte per la vicinanza loro , parte per lo commercio delle due nazioni , e foprattutto per l'unità del governo, ebbero quafi tutte le monete uniformi , aJoprandole cogli flelli nomi , e proporzione tra loro. Se l'oncia Napoletana valeva trenta (i) OpufcolJ Sicijiani XVI pag. 249. Zza .tari , ed il tari venti grana ; anche l' oncia Siciliana valeva trenta tari, ed il tari grana venti, ed altrettanto dicali delle altre monete . Se in quelle provincie fi facevamo i conti in. once, tari, e grana; anche nelle regioni Sicule facevafi lo llelib . Dal chft fi ricava , che V une e l'altre monete ebbero comune l'origine, E fé furono uniformi ne' nomi , nella proporzione , e nel modo di conteggiarle , dovettero in conieguenza elfere le IteiTe in ambedue i regni . Secondo perchè alcuni principi di que' primi fecoli introdulfero in ambedue i doniinj alcune nuove monete. Il re Ruggiero , come avvi. a Falcone Beneventano , e' inrroduU'e i ducati ed i follari fuoi ; Monctam fuam ■introduxit , unam vero , cui ducattis nomcn iinpofuit , odo RomeJindS valentem .... Induxit etiam tres follarci £reos Romcfinain unain appret'iatos {^i) . Federico II e' intiodulfe gli agollari , come abbiamo dimoftrato coli' autorità di Riccardo da Sangermano . Carlo I d' Angiò e' introduife i carlini, che fono tuttavia in ufo nell'uno e nell' altro flato. Or chi può perfuaderfi, che quelle monete introdotte da' medefiiiii fovrani , in tempi che governavano l' uno e l'altro regn^, nelle noftre provincie aveifero avuto il doppio valore di quello , che avevano nella Sicilia ? Q^uefla farebbe fiata uni cofa motuuofa, né certamente fi farebbe taciuta dagli llorici teftè allegati . Terzo li pruova dalle ftelfe coflituzioni del regno. II codice delle colìituzioni , come ognun fa , fu emanato da federico non folo per le regioni di qua dal Faro, ma anche per le regioni di là, dove e tuttavia in olfervanza . In dette cnftituzioni adunque fi nominano varie fpecie di monete, che correvano in quei tempi in ambedue le parti, e queftc vengono adopratc e nominate fenza diiTerenza veruna; (tj FuIcoiK Beneventano cronic. anno 1140. ònd' è chiaro, die doveano elL-re le medefìme . Mi rplegherò meglio coH'elempio di .opra allegato. Nella coftituzione Qjiia nuinquam fciri potjji , m lìabilit >, che il medico per due vifite ai giorno non poteva elìgere più di mezzo tari , o fìano dieci grana. Or le le monete Siciliane di que' tempi valevano la metà meno delle nolìre, fi deve dire, che ia virtù di una ftelTa legge i medici di quello regno rifcuotevano dieci grana Psapolt-tane al giorno, e quelli della Sicilia non ne potevano eligere più di cinque, porto che il tari dì Sicilia foire valuto dieci grana noltrali, come vale oggi, E lo flelfo dicafi delle altre lomme ftabilite dalle collituzioni per gli notari, per gli fubalterni, per gli contratti, per le pene pecuniarie ec. , le qua i vengono determinate lenza veruna dilìinzione né di re^^no, né di valore. Può dirfi cofa più afTurda di queda ; che le lìelle leggi in una contrada dovelFero efeguirfi in un modo, e nell' altra in modo diverlb? Ceno che nò. Dunq.ie convien conchiudere, o che le cotìiiuzioni furono allurde , o che le monete dei due regni avevano in que' tempi ugual valore. Ma lafciam da banda le ragioni di convenienza ; io voglio addurvene una , che efdude ogni replica, dimolhando che in que' tempi le monete Siciliane e le noltrc erano eguali non iblo nel valore eftrinleco, ma anche nell'intrinfeco. I due diplomi del 1267 di (]arlo I di Angiò , più volte allegati, mettono quefta verità in tutto il lume. Si vede in efiì , che le monete , che fi battevano nella zecca di Mefllna, erano dello flelfo pefo, della ftelfa bontà, e dello flelfì valore delle monete, che fi coniavano nel nollro regno . Sarebbe qui di mellieri leggere intieramente la commilfione diretta agli zecchieri di Meflìna, e quella indirizzala agli zecchieri di Barletta j ma dai corvifpondenti fquarci, che ho fopra recati dell'una e dell'altra commithone, fi vede, che il tari noftrale era di carati 16 j- d'oro, pefava acini ao, e valeva venti grana: e che tal quale ^ era il tari di Sicilia . I mezzi reali , e mezzi agolìari di qucfte Provincie erano di carati ^o |-, pefavano tre trappefiy e valevano tari tre, e grana quindici; e tali erano i mezzi reali , e mezzi agoliari Siciliani . I reali , e gli agoftari noftri erano di carati ao i- , pefavano fei trappdfi ^ e fi fpcndevano per tari fette e mezzo: ed i reali, ed agoftari coniati in Meflìna erano fimilmente di venti carati e mezzo, di trappefi fei, e fi fpendevano per fette tari e mezzo, come tutto viene prec.famente fpic^^ato ne' diplomi già detti. Ed io aggiungo ancora, che gli agoftari noftri ed i Siciliani avevano il medefimo impronto, e l' ifcrizione medefima: mentre l'ago ftaro di quefto regno rapportato dal Vergara (1), dal Muratori (a), e da me poco innanzi, è fimiliffimo all'agoftaro di Sicilia rapportato dal Paruta (3), e dallo Schiavo (4,) . In lemma tutte quefte monete Siciliane, corrifpondevano cattamente alle noftre tanto nell' eftrmfeco, quanto nell'intrinfeco . Adunque per 1 \ necelfari i proporzione, che le monete hanno fra loro , tutto il denaro Siciliano -valeva lo fìelfo che il noftro . Può darli pruova di quefta più chiara ? Se quefta non merita titolo di dimoftrazione, qual altra pruova così chiameremo ? Quindi apparifce anche alle perfone più groflbiane, che la moneta di Sicilia ne' primi tre fecoli della monarchia, aveva un valore eguale alla noftra . E fé dopo di quel tempo le Siciliane fono valute la metà meno, è alTolutamente dipefo da alterazion di prezzo , che loro li è data . In qual tempo poi fofte accaduta così fatta alteraz4one, non ardifco ancora dillinirlo. Stimo perb, che ciò avvenifle in diverfe volte, dopo cr,e la Sicilia fi feparò da noi. Il fecolo XIV, fotto il regno de' fratelli Ludovico e Federico III , fu epoca molto calamitofa alla Sicilia per le guerre (1) Veri-ar,i Monete di Napoli Tav. VI, Num. 6, "J ■ (2) Muratori ^htiif. medi! aevi tom. Il, n. 8, 9 psg- 6:^^ e ó^S. (3) Paruta Sicilia Numifmatica P. IH. tr.v. CXCIV. n. 5. {4} Opul'coli degli Autori Siciliani tom. XVI pag. 239. civili, e per le difcordie de' conti di Chiaromonte, Palici, Miftretia , e di altri baroni , che fi refero padroni di quafi tutta l' iiola (i) j onde le rendite fi videro notabilmente minorare (2) . Maggiori furono le milèrie , che provo quel regno nel XV" fecolo , effendofi refo cosi povero , che per penuria di oro e di argento fi facevano generalmente i pagamenti in piccioli ( monete tenuilTime , ognuna delle quali corrifponde a due calli de' noflri ) . Continui erano i romori e le difcordie tra i contraenti : difcordie , che richiamarono 1' attenzione del governo, il quale con bando penale ordinb , che i pagamenti fi facelTero di tre quarti di nioneta d' oro , o di argento , e di una quarta parte di piccioli. Ma la fcarfezza de' tempi non tollerò punto un tal rimedio. (Quindi gli Ordini tutti del regno radunati ia parlamento nel 1457 fi videro obbligati di ricorrere al re Alfonfo di Aragona, e fralle altre grazie dimandarono la rivocazione del bando, perchè il regno era tanto efauflo, che appena vi fi trovavano i foli piccioli , Infatti ottennero la perniilTione di poterfi fare i pagamenti in qualfivoglia fpecie di denaro, come meglio riufcilfe, e potelTero i contraenti convenire (3) . In mezzo a quelle calamità io credo, che la moneta Siciliana dovette avanzare di prezzo, fé non in una volta, almeno a poco a poco . In elTetto ne ritrovo un efemplo accaduto nel XIV fecolo tra i privilegi della città di Palermo raccolti dal Vio(4.). Altri più chiari ne ritrovo nel XV. Imperocché nel 1457 gli Ordini di y quel regno cercarono ad Alfonfo la grazia di poter alterare il prezzo de* ducati Veneziani, e delle altre monete (5). E poiché quel fovrano prefe tempo a deliberare, quindi è che (l) Farzello de Rebus Sìculìs Dee. IT, cap. J. (l) Mongitore PrìvUeg. Eccl. Panorm. pag. iJ)($ ad 190. (3J Capitula Regni Siciliae Xtìm. l'pag- 410 cap. 530. (4) D; V io Privileg. Vrb. Panorm. pag. 59. (3j Caph via Regni Siciliae tofli. l pag. 407, 40S. nel 1458 appena Succeduto al regno Giovanni d'Aragona, fu rinnovata la rtelTa domanda, e fu già accordato di accrelcerfì il prezzo alla moneta, come fi legge ne'cnpitoli di quel fovrano (i). Veggo infatti, che Yalfonfmo^ moneta d'oro, nello fpazio di venti anni, cioè dal 1451 fino al 14,71 dal valore di carlini 22, che prima aveva, fu accrefciuto •fino a carlini 26, e grana z'~ (2). (Quello è quanto ho potuto rinvenire in generale iull'accrefcimento del valore delle monete Sicule. Ma lalcio ben volentieri quello campo alle ricerche de' nazionali, contentandomi di avere fcoperto il vero valore delle monete di que' primi fecoli. Qui pero convien che confeilì, che quefto cangiamento di valore è Rato fubodorato da due moderni autori , uno eftero, e l'altro nazionale. Il Come Carli, tra gli efieri, parlando dell' oncia Siciliana dice ; Potrebbe benijjimo ejfere , che un Fiorino eJ un quarto equivalejfero ad una moneta et oro , che foJJ'e la quarta parte i' altra moneta. appellata Oncia da Siciliani , e che noi non Conojchiamo più('i). Il canonico Schiavo, eh' è l'umco che io fappia tra gli fcrittori Siciliani, ha pure avvertito quefto cangiamento. Ma quefto valentuomo fé conobbe l'errore de' fuoi nazionali , non arrivò a conofcere il vero . Anzi per troppo difcoftarfi dal fallo comune , urtò in fallo più enorme. Laddove i Siciliani valutano l'oncia antica per tre ducati Napoletani , egli la quadruplicò, facendola di ducati dodici e mezzo. E quella, fé io non m'inganno, è la principal cagione per cui le monete e zecche della Sicilia de' baili tempi , non fono fiate molto conlìderate da' moderni autori , che han trattato delle zecche d' Italia . Il lodato principe di Torremuzza nella prefazione alle Memorie delle zecche di Sicilia, (1) Ibidem Cap. 25 Reg. Ioann. ppR. 444» 445- (2) V. Torremuz. Opulc. Sicil. tom. XVI pag. 321 a 324. (3) Carli tom. Ili dell* fue opere pag. 225. fl '^^^ 369 Sicilia fi duole de' fuddetti autori , e fingohrmente del Come Carii, i quali benché avelfero trattato generalmente delie monete d' lulia de' balfi tempi, ed an he di alcune olcure comunità, e di piccoli luoghi, pure nulla o ben poco hanno parlato delle monete , e ze>.che Siciliane . Ma quefla omiiFione è iculabile, perchè i tbrcliieri non han quegli ajuti che hanno i nazionali nel proprio paefe. Ecco intanto fquarc aio quel demo velo , che ha celato lìnora la parte più elfcnziale delle monete Siciliane: velo affai pregiudiziale alla icienza numifniatica de' baffi tempi. ConcioUacchè valuiai.do le monete de' primi fecoli delli monarchia lecondo l'odierno computo della Sicilia fi cade in errori enormilFimi . C^osì , a cagion d' efempio , li feicento Schifati^ che l'antipapa Anacleto preteie dal re Ruggiero per 1' invellitura d Ila Sicilia (i), fé fi valutano fecondo T amico e vero valore, formano la fomma di 960 ducati Napoletani, ma fecondo il computo Siciliano importano ducati 4b'o. Così il cenfo de' cinquemila tari , che nel 1160 fu impolìo a Caliagirone per la concelTione di (l) Vedi la bolla di Anacleto negli annali del Baronie an. ft^o. Due anni fa 1' erudito Sig. Marchefe di Breme inviato ftraordutario del re di Sardegna alla noftra corte, perbene intendere «juefto punto di ftofia, volle edere informato del valore dello Schifiito, Io gli feci fapere, che valeva otto taiì d'oro, ficcome fi ricava da una carta del I26p del re Corrado II, o fia Corradino, inferita nella cronica di Leone Urbr-vetano pubblicata dal dottor Lami nel tom. IV pag. 271. Delie, tmditor : rn Patroni videtiut navium , vel lignorum prò mircatoribus & tu>um mercatìonibus, de foto carico navigli "vcl tigni fchif fconofciuto fepolcro del loro Archimede ; bramo fohanto, che le due Sicilie, che fiorifcono oggi giorno fotto il principato di un comune PADRE , quafi due forelle dianfi amorevolmente le mani , ed a vicenda fi ajutino nel coltivare le fcicnze, e nell' illuftrare le patrie loro antichità . 37» e?» sK^ I N D I G DELLE DISSERTAZIONI. O ÌJfcorfo ijìorlco preliminare di Pietro Napoli' Signorelii, — Tondazione della Reale Accademia. — Storia deir Accademia . «— Lavori popojii alle quattro clajji . — Tentativi ejeguiti prima de" tremuoti dell' anno 17S3;. — Tentativi efeguiti dopo de tremuoti , Dijfertazioni e Memorie Matematiche . I. m/oluzione di alcuni problemi ottici del Socio Don Niccolò Pergola letta nella prima ajjemòlea nel 1780. II. Sopra le Caujìiche di Girolamo Saladlrù Canonico Bologne/e Accad. Penjìonario comunicata air Accademia /' anno 1 78 l. III. Compajfo Sferico efeguito dal Sacerdote Giampaolo jAnderlini di Bologna colla direzione del Con. Saladini, Memoria tra/mejfa alla R. A. nel 1782. IV". Sulla Stadera univerfale , DiJJert azione del Can. Saladini prefentata alla R. A. nel 1783. V. La Vera Mifura delU Volte a Jpira^ Dijfertazione del Sig. Pergola letta nel 1785. VI. Del falire dei corpi in aria per la loro Jpecifica leggerez.x.a. Licione del Can. Saladini Comunicata alla R, A. l'anno ì'ji^. Aaa 2 Pag. I XXI XXIII ivi XXXIV LXXVI IVI 15 39 47 65 VII. Nuovo Metodo da rifolvere alcuni problemi di fito e pojiiiione del Si^. Pergola propojio alla R. A. nel l'J^ó. IIj Vili. Continuazione del mede/imo argomento di D. Annibale Giordano recitato nella Ji. A. nel 1786. . ; . *39 IX. Nuove Ricerche falle rifoluzìoni d^i problemi di fto e poJiTi'.on-: JJ Sig. Tergala prcfentate alla R. A. nel 17B7. 157 Dijfert azioni della li Clajjfe , 17^ X. Ojfervazioni Fifiche concernenti VElettricìtà, il Magneti/ma e la Folgore de! Fenfìonario D. Giufeppe Saverio Poh lette nella R. A. nel 1784. ivi XI. Del Moto reciproco di^l /angue per le interne vene del capo Parte I Meccanifmo del Penjìonario '■ *~" D. Domenico Cotugno letta nella R. A. P anno 1782. ... 565 XII. ojfervazioni Jul Cyfinus , fulla Stellerà paffenna e fulla Ceratonia del Penjìonario Don Angiolo Fa/ano comunicate alla R. A. nel 1781. 235 XIII Saggio Geografico - f fi co fdla Calabria Ulteriore del mede/imo Sig. Fafano letto nella R. A. nel 1785. 251 Mezzana Antichità IV Clajfe . 313 XIV. lllujirazione delle Monete che fi nominano nelle Coflit'jzionì .delle dus Sicilie del Socio D. Domenico Diodati letta nella R. A, in due ajfemblee nel I784£'I786. ivi E I N £, V, xm, Lxiir, LXXVI, LXXX, xcv, XCVI, ivi errori; veri. Nel Difcorfo 8. prefcrix,i»ni 30 co' primi 14 rim^ffi 6 ìllus in fine al richiamo V Vicino z6 accadtmieche del mondo, Graam Hechell 16 CORREZIONI : nella Storia prolcrizioni co* prilmi rimcfli illius Tal accademiche del mondo. Gra4ni Hercell Nelle Difliertazìoni ». 7. 8, 9. 12, 13. 18, 30, SI, 75. 82, 88, 96, 107, S IO 6 18 22 7,8 17 18 7 as sfav'tllnnti V^<»'+2'-t-26f— <:•)( armili a —y farà direttamente come il di lei femidìamttroy ed inverfamente +^ = ABP fropor^ionalità appunto nel titolo 1783 tiiminuifca ^ mcds ^__, 13 II Q sfavillanti V^(" farà, eflendo coftante il di lei fsmidiamctro, inverfa» mente ^± APB. proporzionalità fa:pa : : Md" .■ Md"\ dal che ne viene />:/»':: ZI apicem . Jl'ili apicem ftili e 15 l'ìfundiòuli forme Infundibuliforme 238, t Tabulato dntpjnulatuiM TabuiatocampaDulatURl e 24 ^uaihipartlus quadrìpartitus e 3^ Ojcuris obicuris 3431 30 abbifognìno abbi fogni no i47. '9 qùadvipartxS d'itt quadripartitus: diu 248, S ■virefcentes , phroctitis . Herma' virefcentes , hermaphroditìfr as^, 9 [uà fuo 285, 19 globette glebette 2h6, 151 non pili non giìl 288, 12 Mufcidci! , « cosi altrove Mufcieddi 289, 8 accecata tarciecatl 306, 18 defignare d legnare 3^0, I ideo idem « ivi, V, ult. ^S6 B 47S C 34». ao tantam potna tantum poena 34*, 7 han hi Tal oiu I. Tavola, II. Fl'^.2. ^Mez zo Pie de Men zo Pie de 1^"2i/ t'iTluJ-cllì. -9 triste Tav.HL. ^a di'\^ Bo [ lo ' gr 1 t ) a di Pa ! ri I q^' I TUT. . IV. (:t^^ ri; >' Tavo/a V. , a "'iwilllll^ Tlc^.I <::nL. !:::>• o y Tav.A ni oncuz eli pi 7.1 1. lede auaiuriaue pted(^k j^L V o luz ione in Once 3 del piede di BoLoqria OC), Olì ce 1 — >- 7 Q - R ir' Pa -tiMtrt, ■i^ :ì'/.o. - J2Q. 300. 93 •2 HO. l'2'ìf -^ QÓO. l-'i-q — Q-^O. 5 3 8 3 0 HtUi^lU 1,1 P.iKMim. (3 9 (9 O . yjT^ 6o . •^Ó (^ .j-O. Ì^C), •2 O. 4.4^00. Suo Quacùuto so 6 ^ o -foo . 3 il Q.S ÓJ.Ó00 . 7'ió'7 6à 600 . iQqoQ^ò4.oo. uoi 6 01 o o 00 '2 g 03 Ci 4 4, o O- Ti TsLV. e. Once 3 del piede di -Lo n dra . Once Miv! PaA Minime Ridotte inParMuìi^ Suo (Quadrato 1 2 22 - 228. 76133. óC)io.5344 . 1 — 42 '2S6. 2^3 7 6. 236422 376 ^ -i 64, - 24. 23064. 031^ 480 qò. 2 — aj — lóQ.. ■307J2. ^4S óajj 04. 2-^ 106 —■ 230. 33440. 1477633600. 3 - 123 — 43. ^^25. 2J277C) 23 8 4. T- J\/£e-z zo Pte de T JW33 Ój ^1J^ . 2 i 100 — òó. 3 60 3ó. 2 3 0ai<17Q2^. 3 - l'io - JO<2. 433 0'2 . I a -js 0 63 'i.o 4.. One ti 3 del Palmo Po mono. Tai^.JD. \ Tavola . Vili. Tl :^ à B A- 9 e ... P Fiyii- '■■•■- ■"-, \ o-- ^.^^'^ ■ ^^ ...------!■'."' e- :>y ÌRf-J. ,-V A 7- Af i^^'-^ i '. X Tui X J: 7ÌZV.XI. tu^' Tar.Xn. N Tav.xm. ■■_»- &m i *v?/. >fw.. Ta.v.X \ J Tav.XP' /<■'/>■'■■ {'^^:- Tav.XVLni . A'^'"i> AV \^; ■w Tav.XVU.n'.7. \ "4- ' I ^. ¥■ Ta^.XlS.